9, k vi dii J Ng” no) Vv VIVI VIVA: } Vi0, î ‘ fs 9" VAVIVIV\IVI®, IWIGIVATAVI Na NIVIVISNIVA: VEGSIPAAO 2° MW vg urto e ISIN AVAY \ VUWIVV y ld vv Vi Vu 7) pi V x; fi dv, W vi VI Wi \ FA; A VIVO \ Nata N Y Jill > D pio e dr ) a bis » vi > LAVA MAI - DET NANNI Vl O ti \ = (e Se «LL LC = _@ IATA RISE SPO & fe È ; MV VIVO SU - do YI uv UE ENELO È ignari sì ASTA dico IAA A VIVAI VETERE E pace > Vuv STIA UU RITIVOI TAMMARO AVI n J” \J Ù di VIS 5 S4; NUTI SI AAA VU MMI vv JA VEN UMANI ai vu vu WIULCÙ VATI MATA ARIE MAGIONE PRU VAART DID MALATO NINNA VAI ove Uu VOY SI MISANM VI SIA MAM UU WU EMAIL VO VIVUÙ RIVA VI Mei SAAS DA “ MMM UN vu VV, MAGO Ip; (aa N Ml FEMVIT Vane aa VIGIVA® Sena 900, IMAA VIA VITA SVEVO MAIO SAMO View MI ah Valla une MAMyr eee DIA I My VAI Vivi vi Li c si D; v Cri > sc a % L Y- Al 00 ta 0 CISA À VO UN, ì \ ; 97 w v \ AO LI MAMA MI Vhs VIVI a una SAN uv ul A A y hi x MINI VASTA 1g NIN Ve fi VO, MII VO UCI ù dts VIVI, È Da Mix 7 Cig I RI VISLA 3 VIII VGVITO* RA, uva SETE RR UV ° YÙ /V di i i VS tI Ha a VAMATUI y vgvvgi er | FAMA A RARE AA yi LANIO, IMMAGINE RITO VOCAZIONI 9 A PARA AGATA MGIVIVIVAd MII IVI Yu VIII, Pes: MU AVA v VV MO/MAAONI Au I MAI I Ù Age vu AVIO) v° RS vS "Vuvyy* IVA SM N Wu ct je VIN Vj VA n ns) AGR Vus S USMATE VU NY audio cc “TA _< CIA: MAO Se RO UO N: di SG CC DK da TT IS VR CI _€< 4 o DANA Rie n GL: > UETRRT. < TE «Mi I A A A ll A A) A Mani A A Zan A Noi A À Hol ad: À GE (GC CECO CC CET. CES& ARRAAAARA an) VARA ZAR À ARARA ai A N À A Ya) a AIA VA DA À À A @) A IE « Cc € TC TOT CTC TE < (TI Ha GA: COC CC ; A TNA ARR al AA Fai A À I SARRI ADAG È Cl CL 2, 4 A AR " a ; DA ARA A EBAEOATAN A dA AIN i ADE RARA AYA TÀ Boa ala AÉ AA A S ASI RAND RATE A A ARNO ARAAA RARA, ada DO AAA A A La A A A A AA A a A A AAANNANAMA A A A A Ra A tai NARS A If A A PS ia AQ AA A laVAi Ì AL, AA AR Co CL ARAA AAA Cere AAA Aaph TOT CC E CTC CC CC | fa KA AAALABAA MARNA A RRAAA A RA MA A ala A) n A DA A A A A A À N IA VAS DI Al ela AA AABRRIADI A À R TP VE GARDA JN AAA MEO alti) INAAA À Mm lola lalalala A A A lala VA SCE dC. _CAATTCE < TS A } alle î i fl ll , è I x * È ic ti * } Y i . $ Ù \ - 3 3 è È < a No i . È 334 ble {7 ri = val È î Li frsbel gg Navi © AunoVi- 1897 3 BOLLETTINO | DELLA SOCIETÀ ROMANA PER GLI STUDI ZOOLOGICI ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA © i diretto dal Prof. A. CARRUCCIO +. ACANTOCEFALI IN ANIMALI DELLA CAMPAGNA ROMANA pel Dott. MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA Libero Docente di Parassitologia Medica La fauna elmintologica della Provincia di Roma sino a poco più di un decennio addietro era del tutto sconosciuta, motivo per cui il prof. Carruccio, quand’egli prese la dire- zione dell’Istituto Zoologico di questa R. Università, ebbe cura -di raccogliere e di far raccogliere tutti gli elminti, che riscon- travansi in animali dissezionati in Museo. Così a poco a poco si è costituita una mediocre raccolta di vermi comuni e rari appartenenti alle classi dei Platelminti e dei Nematelminti; collezione la quale è andata sempre più sviluppandosi e per il materiale messo insieme dal personale del Museo e per quello pervenutoci da varî donatori, fra cui piacemi ricordare:i si- gnori dottori G. Bertolini ed A. Toderi, veterinarî addetti al mattatoio di Roma. Nella presente nota mi occupo soltanto degli Acantocefali. In Museo, prima del 1884, non esisteva che un solo esemplare di Ech. gigas Goeze, del quale ignorasi la provenienza; cosicchè . gli Echinorinchi, che adesso vi si trovano, sono tutti aggiunte | posteriori e per più parte recentissime. i Nel 1874 la sola notizia che si aveva sugli Acantocefali della Provincia Romana era quella riguardante il rinvenimento da parte del prof. Moriggia di un FEchinorinco nella ana Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici. 1 4 sa, E cana OPA x MERI Date Fara i «ih Dà nar= n SI SP ast Hi Gf A: ora La ALA A NI NERE det RN MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA | esculenta L., del quale lo studente Carlo Bagnis HE a la seguente descrizione: «rhynchus, nè lo trovai rassomigliante all’Echinorhynchus he- « fuca Rudolghit ce one vi « Corpo giallastro oblungo, alquanto 4 Testa armata c » » L’Ech. depressus Nitzsch, l’Ech. putorii Molin e la spe- Si cie dubbia del Wedl (Ech. spec.? Wedl.) si rinvengono allo stato larvale, incapsulati, il primo fra le tuniche del duodono, il secondo fra le tuniche dei grossi vasi arteriosi della .cavità addominale ed il terzo fra le lamine del mesenterio. Basta questo solo carattere per differenziarli. mu L’Ech. ventricosus Rud. è specie evidentemente distinta, olteg che per le dimensioni (mm. 4. 5 - 6. 7), per la presenza di un collo armato e pel corpo in parte pur essc provveduto di uncini. L’Ech. napaeformis Rud. poi si differenzia per la forma a rapa del corpo, per la sua piccolezza (lungh. mm. 6.6, largh. mm. 1.1) e per la proboscide globulosa armata soltanto di 4 serie traversali d’uncini. Habit. — Rinviensi in autunno (settembre, ottobre) e in pri- O mavera (aprile) nell'intestino tenue del Putorius vulgaris Briss. In riassunto ecco la diagnosi della nuova specie ve Stossich: 3 dine PINI, DR cu Ta È Sfri TILI Pos 0 li n Ù e i a » >il FE 1) RIDARE ma x al IC: pe ì ACANTOCEFALI IN ANIMALI DELLA CAMPAGNA ROMANA 9. de na È ProBoscis longa (mm. 1. 2- 1. 5), cylindrica v. subcylin- drica, medio subclavata, interdum basi incrassata, uncinorum seriebus circiter 20-22 — CoLLum nullum — Corpus longum, cylindricum, aequale v. transverse plicatum, retrorsum attenua- tum, spiraliter tortum semel, bis, ter. Foeminae extremitas cau- dalis globosa, apice acuminata, maris apice rotundata. (Bursam maris nunquam extrofleram vidi). Longit. maris mm. 7-14, foem. mm. 16-25; crassit. mm. 1-1.5. Hasiracurum — Putorius vulgaris Briss.: în intestinis te- nuibus, vere et autumno. ECHINORHYNCHUS CARRUCCIOI n. Sp. — Proposors subconica brevis apice foveolata, uncinorum se- riebus obliquis 16, antice validorum postice tenuium. CoLLum inerme (longit.?) Corpus inerme longissimum, utrinque, praesertim retrorsum, attenuatum, densissime transversim fasciatum, apice caudali ob- tusum. Longît. foem. mm. 42; crassit. partis ant. mm. 1.1, med. mm. 1.5, post. mm. 0.83. HaBrracuLum — Dendrocopus major, (L.), Januario: in intestinis. Proboscide (fig. 2’) subconica, leggermente infossata all'apice, lunga mm. 0.65, ampia alla base mm. 0.46, verso l’apice mm. 0.82; armata di 16 serie di uncini alterne ed oblique dall’ alto al basso. Uncini della porzione anteriore della proboscide (fig. 3) assai ricurvi, acuti e robusti, lunghi w 24, grossi alla base ‘x 10; uncini della porzione posteriore (fig. 4) acuti, piccoli, quasi rettilinei colla punta appena ripiegata. Collo ampio quasi quanto la proboscide, inerme, di lun- ghezza non determinabile perchè in parte introflesso. Corpo (fig. 2) pur esso inerme lunghissimo, cilindriforme, assottigliato ad ambo le estremità, sopratutto alla posteriore, circondato da numerose fasce le quali gli danno un aspetto anel- lato, e tale anellatura apparente è così pronunciata, che, quando ho aperto l'intestino del Derdrocopus, al rinvenimento del pa- f ial+i@ Tha > Ani € ia id ha 4 n ill ad. dee STI: n ia Romana nel gennaio del 1897. o Nell’ intestino del Derdrocopus major (L.), finora è stato rin- sg venuto il solo Ec4. cylindraceus Schrank, specie che differisce dal- 10 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA | gr rassita in discorso mi è sembrato a tutta prima di aver da fare con un cestode; ma subito mi sono accorto dell’errore. Tali fasce, piccolissime anteriormente (fig. 2') si fanno mano mano più lunghe verso la porzione media del corpo, poi decrescono di nuovo progressivamente, conservando tuttavia all'estremità della coda (fig. 5a) una lunghezza maggiore di quella che avevano in principio. Le misure, che ho trovato all'esame micrometrico, sono anter. yu 116, nel mezzo w 334, poster. u 160. Queste fasce, le quali tanto ad occhio nudo che al microscopio si presentano di colorito molto oscuro, sono sepa- rate l’una dall'altra da spazî chiari, i quali in avanti sono stret- tissimi, quasi lineari, in prosieguo più ampii, indietro stretti di nuovo (fig. 50), in maniera da formare delle piccole zone chiare, A vo che si alternano con zone oscure relativamente più ampie. ec Ho rinvenuto ovuli in diversi stadi di segmentazione, che rappresento nelle annesse figure (fig. 6, 7, 8, 9, 10, 11): essi sono ovali, provveduti di capsula sottile, ed i loro diametri | — misurano wp. 40 per wu 27. Lung. del parassita mm. 42; gross. in avanti mm, Juli nel mezzo mm. 1.5, indietro mm. 0.80 (fig. 2). Habit. — Ho rinvenuto una sola femmina matura nell’ inte- sc stino di un Dendrocopus major (L. ), ucciso nella: Campagna 0 l’Echinorinco sopra descritto perla proboscide lunga e lineare, pel. minore numero di uncini(8-11ranghi trasversi), onde essa è arma- ta, e per la forma generale del corpo che non ha l’aspetto fasciato. L’Ech. fasciatus Westrumb, che riscontrasi parassita in alcune specie dei generi Troglodytes, Luscinia, Phylloscopus, Sylvia, Pratincola e mai in quelle del genere Dendrocopus, si distingue pure per le sue piccole dimensioni (lungh. 7-14-27 mm.) per la proboscide notevolmente lunga (mm. 1.2) ci- lindrica e un poco assottigliata alla base, e per gli uncini, i quali non offrono le variazioni di forma e di dimensione, che si riscontrano in quelli della nostra specie, ma sono da per tutto ugualmente 1 ricurvi e robusti. i ACANTOCEFALI IN ANIMALI DELLA CAMPAGNA ROMANA 11 | Per tali ragioni ho instituito una specie nuova, della quale ho fatto omaggio al prof. A. Carruccio. ECHINORHYNCHUS LANCEA Westrumb. SINONIM.E BIBLIOGR. — Echinor hynchus Vanelli, Goeze, Naturges- chichte der Eingeweidewiirmer thier, Korper, Blankenburg, 1782, p. 155- — Ech. Vanelli, Zeder, Anleîtung zur Naturgeschichte der Eingeweide- wrmer, Bamberg, 1808, pag. 162, n. 41. — Ech. Vanelli, Rudolphi, En- tozoorum sie vermium intestinalium historia naturalis, Amstelodami, 1810, Vol. II, P. I, pag. 308, n. 44. — Ech. Morinelli, Rudolphi, Entozoorum Synops's, Berolini, 1819, pag. 78, n. 75. — Ech. Oedicnemonis, Rudolphi, Ibid., n. 76. — Ech. lancea, Westrumb, De helminthibus acantocephalis commentatio, Annorer, 1821, pag. 26, Tab. I, 19, Tab. III, 4-7. — Ech. Iancea, Mehlis, în: Isis, 1831, pag. 166. — Ech. lancea, Dajardin, Histoire naturelle des helminthes ou vers intestinaux, Paris, 1845, pag. 517, n.84. — Ech. lancea, Diesing, Systema Helminthum, Vindobonae, 1851, Vol. II, pag.31, n. 81. — Ech.lancea, Stossich, Elminti veneti raccolti dal Dott. Ales- sandro Conte De Ninni e descritti da Michele Stossich, in: Bollettino della Società Adriatica di scienze naturali, Vol. XIII, Parte I, Trieste, 1891, pag. 112, n. 26, Tav. Ig fig. 6. Proboscide subglobosa, notevolmente ristretta indietro, di maniera che l'estremità libera di essa, ch’è tondeggiante, pre- sentasi claviforme. Si osservano in tutto 12-13 ordini trasver- sali ed alterni di uncini, dappertutto uguali per dimensione non però per forma, in quanto che quelii della porzione ante- riore della proboscide sono meno curvi quasi rettilinei. Il collo presentasi pieghettato trasversalmente, un po’ più ampio della proboscide e lungo circa la metà di questa. Il corpo, nove volte più Jungo che largo, è leggermente ovale nel terzo anteriore, cilindrico posteriormente. La lun- ghezza, secondo il Westrumb ed il Dujardin, oscilla dai mm. 13 ai mm. 22,5: i miei tre esemplari sono egualmente lunghi mm. 19, e grossi in avanti mm. 2 e indietro mm. 1.5. Ho osservato che l’ impianto di questo Echinorimo alla mucosa intestinale è così forte, che con grande difficoltà e non sempre si riesce a distaccarli; difatti, dopo reiterati ed inutili ‘tentativi, ho dovuto lasciare uno dei tre esemplari attaccato alla parete dell’intestino, del quale ho esciso un piccolo lembo. Penso che ciò dipenda, non trovando una spe- 12 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA ciale disposizione o forma degli uncini che lo giustifichi, dalla conformazione quasi globosa o a clava della proboscide. Gli ovuli (fig. 12) sono ellittici, provveduti di capsula robusta longitudinalmente striata: diametri w 53 per u 24. Habit. — Oedicnemus scoloparx (Gurl.) Vanellus capella Schaeffer, Eudromias morinellus (L.), Aegialitis cantiana Dress., Himantopus candidus Bonn. I nostri tre esemplari furono rinvenuti nell’intestino di Eudromias morinellus (1L.) il giorno 21 novembre 1890. ECHINORHYNCHUS PROTEUS Westrumb. SINONIM. E BIBLIOGR. — Echinorhynchus longicollis, Goeze, Natur- yeschichte der Eingeweidewiirmer thier, Korper, Blankenburg, 1782, p. 162, Tab. XII, 12-14. — Ech. Salvelini, Schrank, Verzeichniss der bisher hinlin- glich hekannten Eingeweidewiirmer, Miinchen, 1788, pag. 24. — Ech. Sal- monum, Rudolphi, Entozoorum Synopsis, Berolini, 1819, pag. 80. — Ech. piscinus, Zeder, Nachtrag., pag. 152. — Ech. nodulosus, Schrank, in: Ru- dolphi, Entozoorum seu vermium intestinalium historia naturalis, Amste- lodami, 1810, Vol 1I, P. I, pag. 287, n. 27, Tab. IV, fig. 4. — Ech. ova- tus, Zeder, Anleitung zur Naturgeschichte der Eingeweidewirmer, Bam- berg, 1803, pag. 157. — Ech. sphaericus, Rudolphi, Entozoorum seu ver- mium intestinalium historia naturalis, Amstelodami, 1810, Vol. Il, P. 1, pag. 291, n. 29. — Ech. tereticollis, Rudolphi, /béd., pag.284, n. 26. — Ech. proteus, Westrumb, De Helminthibus acanthocephalis, Hannoverae, 1821, pag .37, n. 66, Tab. I, fig. 11-12 e Tab. III fig. 22-26. — Bremser, Icones Hel- minthum, systema Rudolphii entozoologicum &lustrantes, Viennae, 1824, Tab. VII, fig. 12-13. — Creplin, Novae observationes de. Entozois, Berolini, 1829, pag. 44. — Dujardin, Histoire naturelle des HAminthes ou vers - intesti- naux, Paris, 1845, pag. 529, n.58. — Diesing, Systema Helminthum, Vin- dobonae, 1851, Vol. II, pag. 51, n. 86. — Stossich, Elminti veneti raccolti dal Dott. Alessandro Conte De Ninni e descritti da Michele Stossich, Estratto dal Bollettino della Società Adriatica di scienze naturali în Trieste, Vol. XI!, 1890, pag. 9, n. 36. — Hamann, Monographie der Acanthoce- phalen (Echinorhynchen), Jena, 1891, pag. 92. — Mingazzini, Nuove ri cerche sul parassitismo, in: Ricerche fatte nel. Laboratorio di Anatomia Normale della R. Università di Roma, Vol. V, Fasc. 3 e 4, 1896, pag. 169-187. * * La sinonimia dell’Echinorhynchus proteus Westrumb è più ricca ancora di quella, che io sopra ho dato: ho tralasciato per brevità moltis- | sime denominazioni, come, ad es., quelle di Taenia longicollis Pallas, Ech- candidus Miller, Ech. Ibdarî Gmelin, Ech. Bramae Goeze, Ech. Truttae Fabricius, Ech. laevis Miiller, Ech. attenuatus Miller, ecc. ecc. CEL pa 12 POE, Re TESE MA LETI E ti i DAL, pei pr RA rato Si AIN dll) Las ACANTOCEFALI IN ANIMALI DELLA CAMPAGNA ROMANA 13 Proboscide subcilindrica, appena dilatata nel mezzo, lunga mm. 0.5, ampia mm. 0.34, armata di 8 serie trasversali ed alterne di uncini disposti in 10 serie longitudinali. Bulla inerme, sferica, un poco schiacciata d’avanti indietro- Collo inerme, lunghissimo (mm. 3), sottile, leggermente ingrossato alla base. Corpo liscio, rettilineo o lievemente ricurvo ad arco, di colorito bianco-cereo o giallo d’oro, ovoide, allungato; assot- tigliato ad ambo le estremità, principalmente alla posteriore, che termina ottusa. Lunghezza totale (misurata nei miei esemplari) mm. 15-22, grossezza mm. 1.5-3 I Gli ovuli (fig. 13) sono allungatissimi, fusiformi, come quelli dell’Ech. propinguus Westrumb, (fig. 14), ma ne differiscono per le dimensioni un poco maggiori, e per la struttura molto più complicata. Essi misurano w 100 di lunghezza sopra w 17 di lar- ghezza, e sono provveduti di una sottile capsula la quale è a superficie liscia nella sua porzione media, bitorzoluta verso i due poli. Dalle due estremità dello embrione, pur esso allungato, ma meno della capsula, si partono due punte coniche, le quali, una per ciascuna parte, arrivano al vertice dei poli dell’ovulo. Ho studiato moltissimi esemplari, dei quali taluni sono stati rinvenuti nell’aprile del 1895, nell'intestino dei Godius avernensis Canestr. presi nel fosso detto Acquataccio; gli altri ho trovato nello stomaco e nella prima porzione dell’ intestino dei Barbus plebejus Val. e dello Squalius cavedanus Bp., pescati nel Tevere nei mesi di gennaio e febbraio del 1896. In Roma l’ Ech. proteus è comunissimo nelle sopradette specie di pesci, e da mia parte posso assicurare che in 40 e più fra Barbi e Cavedani, presi in esame, l’ho rinvenuto costan- temente, e di rado in commensalismo con altro parassita. Mai si riscontra in unico esemplare, quasi sempre in pa- recchi individui, talvolta è numerosissimo: in un solo Cavedano ne ho rinvenuto 104, occupanti lo stomaco e il principio del- l’ intestino. Habit. — L’Ech. proteus Westrumb in tutte le stagioni del- l'anno suole riscontrarsi nello stomaco, nell'intestino e, piu rara- = SR, o iii Premia a 1 Up È PICS ARR, SVI SOIN RI, Cottus gobio L., C. scorpius L., Gum jozo L., Zoarces vivipati rus (L.) Gadus padianoà Hideo! Molva vulgaris Flemti; Rhombus $ maximus (L.), Pleuronectes platessa L., P. flesus si Silurus | glanis L., Esox lucius L., Belone ne Risso, Tinca vulgaris | Cuv., Barba plebejus Val., Gobio fluviatilis Flem., Abramis brama (L.), A. vimba (L.), Blicca bjorkna (Nilss.), Scardinius. erythrophthalmus (L.), Leuciscus aula Bp., L. rutilus (L.), "ai Phoxinus laevis Ag., Cobitis barbatula L., Salmo salar (L.), S. salvelinus L., S. fario L., S. hucho L., Coregonus Wartman- ni (Bloch.), 7% Sinollu FIS Nilss., Osmerus eperlanus Log ot Anguilla vulgaris Turt., Acipenser sturio L., A. huso L., ecc. nei Gli esemplari, da me presi in esame MEI rinvenuti nel- | TIE l'intestino del Godius avernensis Canestr. del fosso Acquataccio, e in quello del Bardus plebejus Val. e dello Squaius cavedanus Bp., pescati nel Tevere nei mesi di gennaio, febbraio ed ot tobre 1396. Ri ECHINORHYN CHUS PROPINQUUS Dujardin. SINONIM. E BIBLIOGR. — Echinorhynchus globulosus (partim), Ech. scorpaenae et Ech. zenis, Rudolphi, Entozoorum Synopsis, Berolini, 1819, E pag. 65 et 318, n. 10, e pag. 79, n. 85 e 86. — Ech. globulosus (partim), ; Westrumb, De Helminthibus acanthocephalis, Hannoverae, 1821, pag. ill, n. 17. — Ech. globulosus (partim), Bremser, Icones Helminthum, systema 5; Rudolphii entozoologicum illustrantes, Viennae, 1824, Tab. VI, 5-6. — ne Ech. globulosus (partim) Creplin, Observationes de Entozois, Gr yphisw, 1825, pag. 29. — Ech. propinquus, Dujardin, Histoire naturelle des Helminthes : on vers intestinauxr, Paris, 1845, pag. 583, n. 57. — Diesing, Systema. Helminthum, Vindobonae, 1851, p. 28, n. 25. — Parona, Vermi parassiti în animali della Liguria, Nota preventiva, in: Annali del Musco Civico di Storia Naturale, Genova, ser. II, vol. IV, pag. 483-501, an. 1887. — Monticelli, Osservazioni intorno ad alcune specie di Acantocefali, Bollet- tino della Società dei Naturalisti, Napoli, Ser. I, Vol. 1, An. I, p. 19-29, 1887. — Stossich, Brani di elmintologia tergestina III, V, VI, VII serie, Bol- . lettino della Società Adriatica di scienze naturali, Trieste, vol. IX; XI; XII, é An. 1886, 1887, 1889, 1890. VaIS Part: ACANTOCEFALI IN ANIMALI DELLA CAMPAGNA ROMANA 15 . Corpo liscio rettilineo, affusolato, lungo da 7 a 12 mm. sopra mm. L1-1.5 di larghezza; rigonfio in avanti, cilindrico a parte posteriore, la estremità della quale, notevolmente as- sottigliata, termina ottusa. La proboscide, in tutti gli esemplari da me osservati, si è presentata invaginata, cosicchè non ho potuto constatare nè la forma, nè la dimensione, nè il numero e la disposizione degli uncini (secondo Dujardin six à huit rangées de crochets en quinconce), onde essa è armata. Ma, oltre che per l’hRaditat e per gli altri caratteri gene- rali del corpo, son sicuro della diagnosi per la forma caratte- ristica degli ovuli (fig. 14), i quali sono fusiformi, allunga- tissimi e misurano un diametro longitudinale di + 88 sopra uno trasversale di 12. La capsula, sottile, racchiude un protoplasma finamente granuloso anch’esso disposto a fuso. Non ho riscontrato traccia di segmentazione. Habit. — Dentex vulgaris Cuv., Umbrina cirrosa Cuv., Scor- paena scrofa L., Sphyraena vulgaris C. V., Gobius paganel- lus L., G. ophiocephalus Pall., G. jozo L., Solea vulgaris Quensel, _ Anguilla vulgaris Turt., ecc. In Roma, come sopra ho detto, è stato rinvenuto nell'intestino del Godius avernensis Canestr. (fosso Arone, settembre 1895) e dell’ Anguila vulgaris Turt. (Tevere, dicembre 1884). ECHINORHYNCHUS ANGUSTATUS Rud. SINONIM. E BIBLIOGR. — Taenia Haeruca, (partim) Pallas, Neue, nor- desche Beitréige zur physikalischen und geographischen Erdbeschreibung etc. St. Petersburg und Leipzig, 1781, I, 1, pag . 109. — Echinorhyn hus Percae, Miller, in: Schrift. d. Berlin. Gesell. Naturf. Fr. 1, pag. 205. — Goeze, Naturgeschichte der Eingeweidewiirmer thier;, Korper, Blankenburg, 1782, pag. 159. — Ech. Lucò, Miller, in: Natwrf. XLI, St. pag. 189-196, Tab. V, fig. 1-5. — Schrank, Verzeichniss der bisher hinlinglich bekannten Einge- weidewirmer, Minchen, 1788, pag. 238. — Fròlich, Beschreibung einiger neuer Eingeweidewiirmer (Halle) 1791, u. 1802, XXV St., pag. 100. — Ech. affinis, Rudolphi, Enfozoorum seu vermium intestinalium historia na- turalis, Amstelodami, 1810, Vol. II, P.I, pag. 268, n. 14, Tab. IV, fig. 1. _— Ech. augustatus, Rudolphi, Entoz. seu verm. ece., tom. II, pag. 266, n. 13. — Rudolphi, Entozoorum Synopsis, Berolini, 1819, pag. 68 et 318, — Westrumb, De Helminthibus acanthocephalis, Hannoverae, 1821, pag . 26. Vi eri Edd dA i it Meg E TÀ PR CT = mm. 1 sopra uno SR di mm. 0.7; due canali deferentii; ba pier 1 "I , DA ” 4 » 1 SSIS AT SE aio da - È di dea GS CR 3 a dA i sia, Eh > si Vi 1 ne K ì ted MCO = ; Y. HA aatas 3 fd ‘n = e Me * È 16. MARIO CONDORELLI FRANCAVISLIA * CAATMI X ngn — Creplin, Observationes de Entozois, Gryphisw, 1825, pag. 29. — Dad jardin, Histoire naturelle des Helminthes ou vers intestinaua, Paris, 1845, pag. 531, n. 54. — Diesing, Systema Helminthum, Vindobonae, 1851, Vol. II, pag. 48, n.66. — Stossich, Brani di elmintologia tergestina, LIT serie, in: Bollettino della Società Adriatica di scienze naturali, Vol. IX, n.2, 1886, e V Serie, Vol. IX, 1887. — Parona, Vermi parassiti in animal della Liguria, Nota preventiva, în: Museo Civico di Storia Naturale, Ge. nova, Serie 2, Vol. IV, 1887, pag. 492, n. 95. — Monticelli, Osservazioni — intorno ad alcune specie di Acantocefali, in: Bollettino della Società dei Naturalisti, Napoli, Serie I, Vol. I, An. I, pag. 19-29, 1887. — Stossich, Elminti veneti raccolti dal Dott. Alessandro P. Ninni, in: Bollettino delia ba Società Adriatica di. scienze naturali, Trieste, 1890, Vol. XII, pag. del- lestratto, n. 35. — Hamann, Monogr aphie der Acanthocephalen (on rhynchen), Jena, 1891, pag. 100. e, Proboscide cilindrica leggermente allargata alla base, lunga — mm. 1, ampia mm. 0.384, armata (nei miei esemplari) _h 18-20 serie ISRSAI di uncini molto robusti, sopratutto quelli della porzione anteriore della proboscide. sd) Collo inerme cortissimo (mm. 0.2), appena più robusto 9 della proboscide. dec Corpo inerme fusiforme, rigonfio. al fo terzi anteriori. Estremità posteriore della femmina terminata a punta con piccolo canale centrale; estremità posteriore del maschio RIRi veduta di capsula copulatrice ampolliforme, ove immette un pene sviluppatissimo. i Esistono due grossi testicoli situati l’uno immediatamente dopo l’altro, ovali di forma, con un diametro longitudinale did unico canale ejaculatore. La formula degli ovuli corrisponde in parte alla sacd descriziune data da Rudolphi (1), il quale pure li disegnò: < Ovula.... valde longa sed simul angustissima, ut fere linearia — « sunt, quo per proboscidem angustam facile deponi posse cre- diderim ». Lasciando da parte l’erronea interpretazione della speciale funzione che avrebbe la tromba rispetto alla deposi- zione degli ovuli, le poche parole che si riferiscono alla forma esteriore di questi è esatta. Essi (fig. 15) sono fusiformi, rive- (1) Rudolphi. — Entozoorum sive vermium intestinali historia “i turalis, Amstelodami, 1810, Vol. I, pag. 293. i ACANTOCEFALI IN ANIMALI DELLA CAMPAGNA ROMANA 17 rr stiti di capsula robusta, opercolata ai due poli, e racchiudente un embrione pur esso molto allungato e provveduto di due appendici a forma di bastoncino, che si prolungano sin quasi il contorno interno della capsula; misurano w 88 per yu. 20. Habit. — Nelle varie stagioni dell’anno, ma sopratutto nel- l'autunno e nell’inverno, si rinviene nell’intestino dei seguenti pesci: Perca fluviatilis L., Acerina cernua (L.), Lucioperca san- dra Cuv., Cottus gobio L., Gasterosteus aculeatus L., Molva vulga- ris Flem., Rhombus maximus (L.), Pleuronectes flesus L., Solea vulgaris Quensel, Stiurus glanis L., Esox lucius L., Belone acus Risso, Tinca vulgaris Cuv., Barbus plebejus Val., Gobio fluviatilis Flem.,, Leuciscus rutilus L., Scardinius erythrophthalmus (L.), Salmo fario L., Coregonus oxyrhynchus. L., Anguilla vulga- rîs Turt. n: In Roma ho rinvenuto due esemplari nell’Angwuilla vul- G garis Turt., viventi in commensalismo coll’ Ech. propinquus Duj. | »—»sopra descritto; ho però avuto in esame una cinquantina di altri i individui favoritimi dal prof. Decio Vinciguerra, che li rinvenne «| mell’intestino dei Gobius avernensis Canestr. provenienti da di- versi fossi dei dintorni di Roma, come quelli detti di Cecchi- gnola, di Fossataccio e di Vallerano (ottobre e novembre 1895). ECHINORHYNCHUS PARONAI n. sp. ProBoscis minuta, brevis, subcylindrica, uncinorum sertebus transversis alternisque 8. Connum inerme, lineare, longum, basi incrassatum. | Corpus inerme fusiforme, retrorsum magis attenuatum. : Bursa maris campanulata, penis tenuis, acuminatus; antice 2 testes ovales, postice 6 glandulae adcessoriae. A Longit. 3 mm. 5-6. Crassit. > 06 HasrracuLum - (Gobius avernensis Canestr (Apréli): in intestinis. | Proboscide (fig. 16p) piccola subcilindrica, lunga mm. 0.5 ampia mm. 0.23, armata di 8 serie alterne e trasversali di uncini disposti in 10 serie longitudinali. Uncini anteriori lun- Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici 2 : Pe Atri Ro na i Ba A MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA dietro e poco socgntuata; uncini posteriori (fig. 17) modesti più Lì da ricurvi, ma meno lunghi e meno robusti (# 110 X p 26). La Denti de” dell’uncino è ampia, lunga e triloba (fig. 18). unt E°. Collo inerme lineare (fig. 16c) con graduale ìngrossamentai } > alla base, lungo mm. 0.69, ampio mm. 0.20. “i Corpo iuerme, liscio, rettilineo, fusiforme, 7-8 volte più ER lungo che ampio, maggiormente assottigliato indietro che in | me - avanti. Fstremità caudale ottusa, con borsa campanuliforme std ìntro od estroflessa. Sa ae Gli organi genitali maschili risultano d'un 1 paio di te «RS coli (fig. 16) in rapporto con due vasi deferenti (fig. 16 rd ir che sì riuniscono in un condotto ejaculatore comune; digg er. gruppo di 6 ghiandole accessorie (fig. 169), i condottini eser ui tori (fig. 16ces) delle quali sboccano al principio del condotto ejaculatore (fig. 16dej); di un pene (fig. 16pn) e di una borsa > È. (fig . 168). » c» SE a Due grossi testicoli, situati l'uno in avanti dell'altro, oc se -95 cupano la porzione media della metà anteriore del corpo; essì e sono di forma ellittica e disuguali nelle dimensioni: l'anteriore, | p S che dista mm. 0.58 dalla fine del collo, misura mm. 0.5 per fe mm. 0.28; il posteriore, più grande del precedente e con esso i in contatto mediante l’uno nei poli, è lungo nel suo diametro SÒ longitudinale mm. 0.55 e nel trasversale mm. 0.31. La metà Sa posteriore del corpo è occupata dalle vie seminali e dall’ap- -PI parecchio copulatore. I canali deferenti, originantisi dal polo E posteriore dei testicoli, quasi rettilinei e paralleli si dirigono Fu: indietro, finchè, giunti alla distanza di mm. 0.5 dall'estrémitai x della coda, si congiungono in unico ed ampio canale o con- “d dotto ejaculatore. PR Le ghiandole accessorie, circondate da una membranella anista e trasparente, sono di forma ovale, e misurano un dia- metro longitudinale di w 280 per uno Les di w 150. — È Esse sono disposte in > serie longitudinali alterne di 3 cia- scuna; e siccome la loro distanza dal condotto ejaculatore di minuisce progressivamente dalla prima alla sesta vescicola, ne Rss: viene di conseguenza che la lunghezza del condottino esere- o "A tore, del quale è provveduta ciascuna vescicola, sta in ragione. È 5 n (Da * ì TAR CORI. fl À tà idea 51) b: FI È” LA . dA ION AO È È E: ci i Bet: 7 Re 1; di f (DI > : ACANTOCEFALI IN ANIMALI DELLA CAMPAGNA ROMANA 19 inversa della distanza della medesima dal condotto ejaculatore suddetto ; ed infatti il condottino escretore della prima ghian- LI dola accessoria è il più lungo e misura mm. 2, laddove quello dell’ultima è il più breve e misura appena mm. 0.670 di lun- ghezza; il diametro di essi è di yu 50. Tali condottini sboccano alla sommità del condotto ejacu- latore, ove uno strozzamento anulare segna il principio di que- sto e la fine delle vie seminali anteriori. Esso sbocco si fa per due aperture laterali ed opposte, a ciascuna delle quali con- vergono i tre condottini delle ghiandole del lato rispettivo. Co- siechè possiamo dire che i canalini delle sei ghiandole acces- sorie si fondono tre a tre alla loro estremità posteriore per co- stituire due sbocchi laterali, senza però che diano luogo, colla loro fusione, a due veri canali secondarî di maggiore diametro. Questo reperto differisce da quello che ha constatato Hamann (1) nell’Ech. haeruca Rudolphi, ove dalla fusione dei 6 condottini escretori tre a tre risultano due ampî canali secondarî. x Il condotto ejaculatore ha la forma d’un tubo conico con decorso rettilineo o tortuoso a seconda che l’apparecchio co- pulatore è intro od estroflesso; esso, a pene introflesso, è lungo mm. 0.6 ed ampio mm. 0.15, indietro però si assottiglia no- tevolmente, e termina in un pene retto, acuminato e sottile. La borsa, che estroflessa ho visto in un solo individuo mal conservato, è campanuliforme e piuttosto piccola: non mi è riuscito di essa studiare altri particolari. La lunghezza del parassita nei tre esemplari g° da me os- servati oscilla da mm. 5 a mm. 5.5, a mm. 6; la grossezza massima è di mm. 0.6 misurata in corrispondenza della por- zione media del corpo. Habit. — Questi tre Echinorinchi sono stati rinvenuti nel- nell’aprile del 1895 nell’intestino di un Godius avernensis Ca- nestr., pescato nelle acque del fosso detto Acquataccio presso Roma. Dedico questa nuova specie al Prof. Corrado Parona. (1) Hamann 0. - Monographie der Acanthocephalen (Echinorhynchen), Tena, 1891, pag. 77, Tab. IX, Fig. 22. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Ovulo dell’ Ech. Ninnii Stossich. Ech. Carruccioi n. sp. Estremità anteriore dell’ Ech. Carruccio? n. sp. Uncini della porzione anteriore della proboscide d Carruccioi n. Sp. Entire Uncini della porzione posteriore della proboscide de) Carruccioî n. sp. : di Estremità posteriore dell’Heh. Carruccio? n. sp.: @ fasce Sa b, fasce chiare circondanti il corpo del parassita. 6.7.8.9.10.11 — Ovali dell’ Ech. Garnucaona Dx SP di stadi di segmentazione. i 12 — Ovulo dell’Ech. lancea Westrumb. 13 — Ovulo dell’Ech. proteus Westrumb. t4 — Ovulo dell’Ech. propinguus Dujardin, 15 — Ovulo dell’Ech. augustatus Rud. ps 16 — Ech. Paronai n. sp.: p proboscide, c collo, { testicoli, nd t deferenti, ga ghiandole accessorie, ces condottini ‘escreto delle ghiandole accessorie, dej condotto ejaculatore, pn b borsa. 17 — Uncino della se dell’Ech. Paronai n. sp. 18 — Base dell’uncino. N.B. La figura 2 è di grandezza aule: le Gee 2/, 5, 16, sono state ri adoperando il microscopio Koristka, Oc. 2, Obb. 2, canna alzata a ‘160 mm. con zione a metà; per tutte le altre figure ho adoprato il medesimo mierstonn DI 0e. Obh. 8*, canna alzata a 160 mm. È; ora li della Campagna Romana. In anima M. Condorelli — Acantocefali Dott. G. ALESSANDRINI dîs. Bollett. Soc. Rom. Studi Zoolog., Vol. VI Fasc. I e II, 1 ISTITUTO ANTROPOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA Diretto dal prof. G. SERGI IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA per E. ARDU ONNIS Dott. in Medicina e Scienze Naturali « Come i meteorologisti non sanno nulla trarre di generale da quella farragine di cifre dettata dailoro istrumenti,nè da quelle sanno formarsi un adeguato concetto del clima di una regione, così noi, con tutte le cifre che riempiono le nostre tabelle, non ci fac- ciamo idea esatta della forma di un teschio >. ZANNETTI: Studii sui Cranii Etruschi. Arch. ital. Antrop., 13895, pag. 167. 1° Il prof. Paolo Mantegazza, volendo nel 1875 intra- prendere lo studio dell’Etnografia d’ Italia; per <« afferrare lo scoglio dal lato meno aspro », si propose di cominciare dalla Sardegna (1). < Avevamo «egli dice » un'isola vasta abba- « stanza per aver dato campo a diverse stirpi; non troppo grande « per stancarci e confonderci; avevamo un terreno rimasto ver- « gine a molte invasioni barbariche e transalpine; avevamo «quasi tracciato sulla carta le divisioni etniche delle provincie «e dei circondari; ci sembrava infine di poter camminare sul « sicuro, di poter concludere logicamente sopra fatti positivi, e « di poterci agguerrire su questo campo per discendere sul con- « tinente a conquiste più ardue e più gloriose . . . ». E dal Man- tegazza potevamo aspettarci l’una cosa e l’altra; nessuno con maggior fiducia di lui poteva affrontare cosiffatti problemi. Invece a quelle maggiori conquiste il Mantegazza non si è, ancor oggi, accinto, e delle ricerche sulla stessa Sardegna non ha osato trarre una conclusione. Come mai? Quanto egli ne ritrasse fu la convinzione, già sorta in lui durante un suo viaggio nell'Isola (2), che « 1’ elemento sardo patente ancor oggi dopo tante invasioni e tanti incrociamenti (1) Mantegazza e Zannetti: Note antrop. sulla Sardegna. Atti Arch. Antrop. Firenze, 1875. (2) Profili e paesaggi della Sardegna, Milano, Brigola, 1870. 22 ARDU ONNIS O 0° ein sia autoctono ». Il nocciolo etnico della popolazione lascerebbe adunque riconoscere tuttavia il tipo di quelle razze preisto- riche che, nell'oscurità dei tempi, hanno le prime popolato l’ Europa: gli Aborigeni. Ma poi che di questi Aborigeni è così poco nota la fisonomia, come può il Mantegazza riferire ad essi la Sarda? Egli deve esser giunto a questo suo con- vincimento per esclusione. I termini con cui esprime quel suo giudizio suscitano infatti l’ idea d’un’opposizione della Sardegna ad altri paesi: solo in essa persisterebbe codesto tipo primitivo? Lamentiamo che il Mantegazza non sia venuto a quello studio craniologico delle altre regioni d’Italia che si era proposto: i suoi cranii sardi antichi egli non li paragona con altri se non egiziani e fenicii. Da questi confronti risulta che i Sardi pre- senterebbero cogli Egiziani un’analogia abbastanza sagliente; ciò non esclude la possibilità di una parentela con una qua- lunque delle molte altre popolazioni circostanti, e della pre- senza anche in esse di elementi primitivi, autoctoni. Lo Zannetti, studiando 32 cranii sardi moderni (1), ripete il giudizio del Mantegazza, e ciò non ci sorprende, essendo egli stato del Mantegazza in queste ricerche colloboratore. Ma quella opposizione, che abbiamo visto balenare nelle parole del primo, acquista in lui forma definita. Se il Mantegazza, rin-. venute quelle analogie di cui sopra si è detto, reputa « op- portuno astenersi da qualunque altra considerazione », lo Zan- netti non ha tema d’affermare «non rinvenirsi traccia nei «cranii sardi ch’essi abbiano subito l’influenza d’alcun popolo « straniero »>. È un’amputazione della Sardegna dal corpo del- l Italia e dal mondo, la Sardegna pianeta solitario negli spazii antropologici. Frattanto, se cerchiamo con quanti popoli stra- nieri lo Zannetti abbia paragonato i Sardi, troviamo che an- ch’egli, ed è singolare, non si dilunga oltre i Fenicii e gli Eolo Il Livi, in un suo pregevole goio (2); riproduce l’opi- nione dello Zannetti. Ed egli studia non più i Sardi isolata- mente, ma dopo_le altre popolazioni italiane, per cui le sue (1) Note antropol. sulla Sardegna, Arch. ital. Antrop., 1876. ‘(2) La statura degli Italiani, Arch. Ital. Antrop. 1882. 3 sua tI AO, » h x IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA 33 asserzioni avrebbero una particolare importanza. Dall'esame della statura dei coscritti della Sardegna egli crede di poter indurre che nella popolazione di quell’ isola si riscontri una particolare unità di tipo, ed essa potrebbe certamente avvalo- rare il giudizio dello Zannetti. Crediamo di aver dimostrato, colle stesse cifre del Livi (1), come la sua proposizione non ci sembri troppo legittimata dalle sue ricerche, concedendo che la statura sia carattere atto ad una determinazione etnologica. L'unità di tipo del Livi rappresenta una ulteriore restrizione, come talora accade nei discepoli per le idee dei maestri, del concetto mantegazziano. Non solo la stirpe sarda sarebbe ari- stocraticamente antica e pura, ma il suo tipo uniforme. Non solo l'isolamento geografico della Sardegna è diventato antro- pologico, collo Zannetti, ma la fisonomia della popolazione intera senza variazione, monotona. Il De Méréjkowsky (2), misurando, nello stesso anno, una serie di 19 cranii sardi del Museo di anatomia comparata dell’ Università di Napoli, rinveniva invece molte varietà nel cranio del Sardo. « Noi vediamo (egli dice, a proposito del- « l’indice orbitario) nell’indice orbitario ancora un fatto che ci « conferma nell’idea della diversità dei tipi degli abitanti della «Sardegna, tanto più che questo indice è in rapporto col cefa- «lico ». Lo stesso Livi, in altre ricerche (3) rinveniva più tardi in Sardegna tracce di razze straniere; il Gilbert d’Hercourt (4) rinveniva anch’ egli in Sardegna parecchie varietà cranio-cefa- lometriche. Ma se questo carattere degli indici vale antropo- logicamente quello della statura del Livi, che cosa può dirci tuttavia colla sua percentuale di dolico o brachicefali sulla etnologia? L’ultimo ad occuparsi del tipo dei Sardi è stato il Lom- broso, che in una sua pubblicazione recente (5) afferma « un «cranio sardo somiglia come una goccia d’acqua ad un altro », (1) V. Ardu Onnis: Le varietà craniche in contributo all’ Antropol. della Sardegna. (2) Bull. Soc. Antrop., Paris, 1882, pag. 9. . (3) L'indice cefalico degli Italiani, Arch. ital. Antrop., 1882. (4) Bull. Soc. Antrop., Paris, 1882. (5) L’antisemitismo e la scienza, Torino, 1894. RE POE ETA PRE, a n i al Sn PSI AI 24 ARDU ONNIS Questo giudizio, che è evidentemente quello del Mantegazza portato alla sua ultima espressione schematica e dogmatica, se può confortare certe teorie, che nel libro vengono esposte, non è però confortato esso da opportune ricerche. Nè anche il Lombroso s’ è azzardato ad instituire confronti dei Sardi con altri Europei, per risolvere se anche essi Europei non si somiglino come due goccie d’acqua. Nel suo libro non è di ciò parola, come nè pur di ricerche sulla Sardegna. Dobbiamo ammettere adunque questa unità di tipo dei Sardi? Riconoscere questa impotenza del Mantegazza e degli altri autori (1) che studiarono i cranii della Sardegna a rin- venirvi una parentela con altre genti, in quella Sardegna che tuttavia sarebbe «lo scoglio meno aspro » dell’Etnografia d’I- talia? Sono i Sardi i trovatelli della famiglia europea, o esiste più tosto un vizio, comune, nelle indagini? Non piuttosto è nelle indagini l'impotenza all'analisi degli elementi etnologici ? Come mai, nel 1892, il Sergi sapeva rintracciare nei cranii sardi numerose varietà (2), e non sporadiche, ma tutte aventi il loro perfetto riscontro altrove ? 2° Uno degli errori nei quali omni tempore è caduta l’antropologia, è senza dubbio quello di aver portato nei suoi tentativi di classificazione dei criteri storici e psicologici. L'uomo eredita, a differenza d’ogni altro vivente, un lungo passato di storia civile; da ogni altro vivente si distingue per un’enorme produzione di fenomeni psichici; e l’antropologo non ha saputo restringersi ad essere un zoologo, a vedere nel ge- nere umano un semplice genere animale. In un problema che avrebbe dovuto essere essenzialmente anatomico ha chiesto il suffragio d’altre scienze: ha creduto di poter rischiarare le dubbie genealogie dei popoli chiedendo alla storia le tradizioni, alla sociologia i costumi e le arti, alla psicologia i linguaggi. Abbiamo potuto scorgere in altri o provare in noi stessi quanto sia profondo il sentimento di «nazionalità » e di < razza ». Questa nazione, questa razza, di cui ci sembra sen- (1) Anche il De-Quatrefages (Crania Ellenica) e il Nicolucci (Antrop. d’Italia), toccano dei Sardi, benchè di sfuggita. (2) Giorn. Accad. Med, Roma, 1892. ti Ù Cie i si i one 9 È . E IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA 25 x tire la grande anima battere nella nostra, a cui ci ascriviamo colla solidarietà degli individui d’una specie, come sor tutta- via costituite? Se i caratteri fisici son quelli che controdistin- guono anche gli uomini, individui che noi crediamo apparte- nenti a razze diverse e ci crediamo talora in diritto d’odiare, sono invece nostri fratelli, e quelle differenze che additiamo bastevoli a diversificare le razze, noi le rinveniamo fra noi. Le vicende politiche ci hanno creato una razza latina, .ger- manica, slava; ma se il termine razza deve serbare il suo si- gnificato anche per l’uomo, quelle non meritano tal nome. <« Da ogni dove si sente oggi ripetere (dice il Nicolucci) che Italia, Francia, Spagna, Portogallo non formino che un sol fascio di nazioni e non rappresentino che i membri diversi della gran stirpe latina... Onde viene adunque la pretensione delle genti non italiane ad appellarsi col nome latino ? Forse perchè furono un tempo soggette all’imperio di Roma? O forse | perchè i Latini posero colonie in. molte parti del loro terri- torio? O perchè parlarono per tanti anni la lingua del Lazio?... Niuna di queste ragioni è bastevole a giustificare quel nome applicato a stirpi dall’italica diverse... > (1). La storia non può nulla dirci della età, della provenienza, della gerarchia delle . stirpi. Come occhio vivente non s’aprì spettatore sulla terra che in tardi periodi geologici, la storia nacque, spettatrice anch'essa, in assai tardi periodi umani. Al suo nascere le stirpi son già uscite d’infanzia, e da gran tempo, abbandonate le terre materne, si sono avventurate pel mondo; hanno alter- nato usi e linguaggi, assunto nomi diversi, subìto vicende in- finite. Ed essa vede passarsi d’innanzi il fiume delle genti, impotente però a riconoscere di quante affluenze risulti, poi che ne ignora le fonti. L’ava veneranda, la tradizione, serba forse essa ricordo dell’oscuro passato, ma, come i vegliardi, mesce nella vacillante memoria favole puerili alla tela delle leggende. La linguistica ha preteso essa, da sola, risolvere i problemi etnografici. I primi linguisti rinvennero che gli antichi In- diani, Persiani, Greci, Latini, Celti, Germani, Slavi sono col- legati strettamente da un patrimonio comune di vocaboli e di (1) Antropologia del Lazio, Giornale Accad. Se., Napoli. Mo De sue 2 x RM PERI TLT IR ne” o = 3. CM: at E Li li r 20 ARDU ONNIS affinità grammaticali; come i mitologi riconobbero fra i dif- ferenti miti religiosi di questi popoli una corrispondenza me- ravigliosa. E ne dedussero l’esistenza d’una stirpe, il gran ceppo indo-ariano, che parve una trionfante e salda conquista. Ep- pure, questa gran Razza che, augurata dai destini, s'era mossa dall’altipiano dell’ Iran verso Atene e Roma, è ripiombata nel nulla. Gli stessi Linguisti la ricacciaron nella tomba. I moderni cultori di quella scienza, più rigorosi e più critici, scalzaron le basi alle troppo ardite costruzioni dei loro predecessori, ed esse crollarono, l'una dopo l’altra. Ma il ruinare di questa bella e armonica cattedrale dei padri Aria non distolse i Glottologi dal proposito di trattare il problema genealogico dell’ uomo, Conseguenza dei precedenti errori, ed in parte di una malsana educazione biologica, è l'illusione d’una mutabilità dei caratteri fisici che ha del chimerico; dalla fissità biblica delle specie siamo trascesi ad un’opposta esagerazione. La storia cambia così rapidamente di protagonisti e di scenarii, spariscono così spesso dal suo palco monarchi e popoli, che ci pare debba travolgersi ed interrompersi la sostanza stessa di quei fenomeni. La teoria della evoluzione, questa immensa teoria che ci rappresenta la natura in continua vicenda di. moti e di forme, in un’alterna ed eterna integrazione e divi- sione di sè stessa, e lì, per legittimare ai nostri occhi queste apparenze, e seminare indifferentemente di culle e di tombe il suo passaggio. Così, per colui che non ha di questa legge un concetto adeguato, sembra che ogni istante una razza sparisca nelle voragini del nulla, che ogni istante un’altra zampilli barbara e nuova come le fonti sotto la verga mosaica. O se non crediamo che interamente una razza si estingua, siffatto costume è il nostro di figurarci i popoli dalle vicissitudini po- litiche e sociali che ne sono l’esteriorità nel campo rappresen- tativo del passato, che la decadenza di quelle manifestazioni c'induce all’ idea d’una decadenza fisica. O se non crediamo. estinta una razza nel suo dileguare dal nostro campo visivo, la imaginiamo -assorbita da un’altra, da quella, dominatrice, che, al suo posto, riempie di se gli orecchi della fama. Se così non fosse non s’intenderebbe la comune sentenza che il « giovine » sangue teutonico era destinato a rinvigorire Sas IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA 27 le < esauste » vene latine. Che i Greci moderni non possono per nessun lato esser paragonati agli avi, quelli del secolo pe- ricleo, soffocati sotto la sedimentazione slava. Il francese si- | .gnor Rochet, nelle colonne della più pesante rivista antropo- | logica di Parigi, asseriva « il tipo romano è da lungo tempo scomparso... i Romani d’oggi sono una razza bastarda, avvilita, degradata... » (1). Filippo Fallmerayer nella sua Storia della — Morea nel Medioevo, asseriva, 70 anni fa, della nazione greca dalla passione di edificare nuove teorie etnografiche; oggi le lingue non sono ostacolo, come per la biblica torre, all’innal- zamento di moli vertiginose. Col Latham, col Benfey, col Geiger nuove ipotesi sorsero sulle ruine antecedenti. I nostri proge- nitori non hanno più l’antica culla in Oriente, ma nella stessa Europa; gli atavi delle grandi civiltà classiche non giungono più dall'Asia, ma discendono dal Nord, dal Centro del Con- tinente europeo, e si spingono peregrinanti. al Sud ed all’Est, fino alle grandi isole e penisole mediterranee, fino all’ Indo. Ohimè! se l'orgoglio delle prime conquiste aveva inebriato i fondatori della scienza del linguaggio, peggiore è quello che «turba la mente di codesti: l’orgoglio di razza (2). Celti e Ger- mani si contendono, come una provincia, la primogenitura della civiltà. Ma più lunga vita non è destinata dalle Parche a que- ste nuove creature glottologiche, nè vale ch’esse si traggano dietro talora, aia od ancella, la miope antropologia. Dovesse la scienza .dei linguaggi anche serbarsi immune da queste pietose debolezze, non è da lei risolvere somiglianti problemi. Come l’illuso eroe del Cervantes, essa si affanna ad impresa fantastica, e con lei Sancio, la buona e pesante antro- pologia che le se accoda dietro, «senza restrizione confessiamo « (confessa il Whitney) che assolutamente non si corrispondono (1) Essai d'une monographie en Rev. Authrop. Paris, 18. Non è il solo ad esprimere simiglianti concetti in lavori scientifici. V. Nicolucci. ed. cit. (2) Altre ipotesi non mancano. La più recente è quella dell’ italiano padre De Cara propugnante l’esistenza d’un popolo, l’Eteo, che, ricco d’una . civiltà propria, dall'Asia minore sarebbe immigrato nella Grecia ed in Italia, chiamato dai Greci Pelasgico. Sarà confermata dai fatti, intendiamo anato- mici? Certo lodiamo in essa, oltre la genialità, la serenità; l’autore non ha dato per stanza agli Etei un altipiano d’Italia. 28 ARDU ONNIS «le classificazioni del glottologo e dell’etnologo; lingue affatto da « diverse sono parlate da Società delle quali l’etnologo fa una « sola razza, e lingue affini sono parlate da uomini evidente- « mente di razza diversa. Ciò s'accorda con quanto dicemmo del « linguaggio, ogni uomo parlava la lingua che gli fu insegnata, «non essendo egli nato in possesso di alcuna in particolare...» (1). « Non esiste concordanza veruna (nota l’Haeckel) fra i tipi «linguistici e le loro suddivisioni e quelle delle sedicenti «razze » «umane che noi distinguiamo dietro i caratteri fisici » (2). che stava allora ricostituendosi, nulla potea vantar essa di ge- nuinamente ellenico. E la prima cosa di cui si occupa:lo Zan- netti nel suo studio sui cranii sardi moderni, è di ricercare le differenze che essi offrono per rispetto agli antichi: il depau- peramento della Sardegna un giorno più florida lo conduce irresistibilmente al dubbio di una decadenza etnica (3). Ma studiando l'Antropologia della Grecia, il Nicolucci dimostra quanto sia falsa l'opinione che lo slavismo abbia corrotto la razza ellenica; così nulla o presso che nulla è stata sul popolo greco l’influenza dei Veneziani e dei Genovesi; i Turchi lo im- brattarono della loro barbarie ma non ebbero potenza a modi- ficarlo (4), studiando l’Antropologia del Lazio, lo stesso Nico- x lucci dimostra come il tipo romano moderno è ‘oggi quale fu già rappresentato nelle opere d’arte antiche. « Il tipo romano — «non ha subìto per volger di secoli la benchè minima varia- «zione. Roma stette sempre salda contro i barbari; il dominio « di Odoacre, di Teodorico, degli altri Goti e Longobardi non «le tolse l’abito di regina, e ben oggi ella può vantarsi di non (1) La Vita del Linguaggio, XIII, 326. « Che cosa è îl francese, id. Col. cit. II) e chi sono quelli a cui esso appartiene ? La massa del popolo di Francia è di Celti, con tratti caratteristici che nessuna mistura o educa- zione è stata capace di obliterare, eppure è a mala pena notevole quel . tanto di celtico che vi è nel francese, che è quasi interamente un dialetto romanesco. Il propugnatore della /2ngua nata è il Max Miiller che faceva dei linguaggi un vero agonifero e della linguistica una scienza naturale. Si Lo sviluppo del linguaggio sarebbe tuttavia una cosa fatale, indipendente a dall'uomo, e con-esso, tuttavia, voleva classificarlo. (2) Hist. de la Création. nat., Ediz. franc. 1884, pag. 512. (3) Vedi Ardu: Capacità cranica dei Sardi, Arch. Autrop. 1894. (4) Antrop. della Grecia; Geom. Accad. Sc. Napoli. CAT I na PM a - Pipa ped IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA 29 «esser mai (in omne aevum) caduta sotto la podestà dei Bar- «bari! » (1). Singolare profondità di giudizio quella che attesta i Barbari aver rigenerato gli Italiani! Come se, al pari d’ogni razza conquistatrice, essi non siano stati una violenta ma ri- dicola minoranza in ogni regione, in ogni tempo; minoranza insolente che non si mescola mai col popolo suddito! Ancor oggi, quanta parte della nostra aristocrazia, questi privilegiati che scuotono la polvere del contatto degli altri umani, è di quel Barbari? Un popolo conquistato sparisce politicamente e così si estingue per noi, poichè, nella fucina degli eventi, un’altra gente incide le pagine della Storia: poichè al timone delle cose è un altro Cesare, e la storia, come nota lo Spencer, finora non è stata che la biografia dei Cesari. Ma non perisce il buon popolo oscuro, il proletario della città e dei campi, il grande innominato ch’è tuttavia l’humus umano, quel popolo dal quale i condottieri immortali reclutano i vincitori delle loro batta- glie e la gloria trae ogni tanto un genio. Passano i Cesari divorati dal tempo ed esso rimane, rifiorendo a nuove ignote primavere, con nuovi nomi. Presso i popoli antichi è sorta la favola della Fenice rinascente dalle sue ceneri, forse perchè sentivano una qualche oscura verità della lor schiatta. La necessità di grandi periodi di tempo all’evoluzione così “organica come inorganica, di stagioni non misurate sulla vita LI umana, è assoluta «l'ipotesi d’ intervalli di tempo assoluta- «mente enormi (dice l’Haeckel) è assolutamente necessaria per «la teoria del Darwin come per quella del Lyell » (2). «Io am- « metto pienamente (dice il Darwin) che l’elezioue naturale agi- «sca sempre con estrema lentezza. La sua azione dipende da « cangiamenti fisici che in generale sono molto lenti » (3). Lo Spencer: « ... la natura umana è modificabile all’ infinito, ma « nessuna modificazione si può fare rapidamente » (4). Oggi an- (1) Id. ed. cit. (2) Haeckel, loc. cit. Lez. VI. (3) Orig. Spec. IV. (4) In Introduz. Studio Sociolog. (capo VI) a proposito di due opposte convinzioni erronee sulla natura umana, nell’esame delle difficoltà obbiettive allo studio delle. Sociologie. Quanto potrebbe dirsi per l’Antropologia ciò che dice lo Spencer di quelle Scienze! 30 ARDU ONNIS cora rinveniamo colle ossa dei mammiferi quaternarii ossa e& cranii umani che per le proporzioni loro, pei caratteri antro- pologici ben poco differiscono dai moderni e non sempre oc- cuperebbero un gradino inferiore. Il cranio di Neander ha trovato ‘ancora fratelli nei do/mens, nei cimiteri gallo-romani, in quelli del medioevo, in tombe moderne di tutte le parti del mondo, sulle spalle dei viventi, e non sempre di poco conto, ma di vescovi, di scienziati, di eroi (1). La Natura muta, per certo, ma non colla RA d’una instabile dea moderna, bensì colla lenta maestà che le si addice. 3° Ma più grave difetto vizia l'organismo dell’Antropo- logia, il difetto del metodo, che, in ogni Scienza, è come il midollo spinale. « Un buon metodo (dice il Vogt) ha sovente più valore delle stesse ricerche, e in nessun altro campo ha tanta importanza come nelle scienze naturali » (2). Non a torto lodiamo in Bacone ed in Galileo gli instauratori del sapere, poi che essi hanno alla sua conquista disciplinato le menti. moderne. Pur, tutte seguendo il governo del metodo sperimen- tale, ogni scienza ha tuttavia particolar regime, che si adatta alla sua costituzione. Lo zoologo non pone come il fisico un teorema cui, cimentato alla prova, conferma, modifica o rigetta; . egli osserva e descrive. Penetra collo scalpello le strutture, ma. riassume coll’occhio le forme; determina il carattere analitico, ma compone di un complesso di forme unità sempre sintetiche, organiche. Il metodo zoologico è adunque morfologico. E quello | dell’Antropologia? Quando essa non era, or fa un secolo, che una branca modesta della zoologia, essa non ebbe differenti processi di ricerca. Il Blumenbach, suo padre vero, in quelle sue prime ricerche di cent’anni or sono non le diede abito diverso (3). Egli poneva a norma dello studio del cranio umano l’osserva- | zione, la veduta dall’alto (norma verticalis); e per essa porgeva i caratteri somiglianti e dissomiglianti. E il Camper introdu- (1) L’éspece hm. XXVII, razza di Canstadt. Lo stesso può dirsi della razza di Furfooz. (2) Lec. sur l'homme. Lez. II (3) Decades collectionis suae craniorum. Gottingen, 1820. . De generis: humani var ietate nativa, Sottingre, 1795. IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA sl ceva a sua imitazione l’ispezione del profilo; più tardi l’Owen quello della dase; il Prichard quello della faccia (1): ia buona via s’apriva d’innanzi. Allora l’Antropologia, la Scienza dell’uomo, salita in or- goglio, sdegnò gli umili termini nei quali era tenuta, i mo- desti abiti zoologici, e torse, come il Figliol prodigo, le spalle alla madre, avviandosi sola e baldanzosa pel mondo, coll’aureo . fardello delle illusioni giovanili. Il calcolo, colle lusinghe del- l’esattezza e dell’austerità, l’ebbe tosto invescata, e in breve tutte le sue ricerche ne furon dominate. La proiezione e il rapporto, la corda e l’arco, l'indice e la media presero la parte della ispezione e della descrizione; per opera in ispecie della Scuola francese, nella squadra fu posta l’esattezza e nel- l’indice la verità e il verbo. Alle Decadi del Blumenbach erano succedute delle altre; Sandifort nel 1830 aveva pubbli- cato le sue Tabulae croniorum diversarum gentium; nel 1831 Morton i suoi Crania Americana che furono il modello a cui sl inspirarono in seguito molte altre somiglianti ricerche (2). « Fortunatamente (dice il De-Quatrefages rimproverando il Morton di aver troppo fedelmente imitato il Blumenbach) venne presso la Società d’Antropologia di Parigi e con essa il nome del Broca a er legato al progresso della cra- niologia generale e particolare. Le sue ricerche sui punti spe- | ciali, gli angoli auricolari, le capacità craniche, i piani oriz- zontali della testa, l'indice cefalico, orbitale, nasale, hanno (3) considerevolmente perfezionato lo studio scientifico della testa » E così al metodo morfologico successe il craniometrico, alla visione corporea di forme e di aspetti la rappresentazione numerica; degli oggetti l'occhio non portò più al cervello im- magine concreta, ma l’astrazione algebrica o trigonometrica (4). (1) Il Prichard riunisce queste vedute, aggiungendovi la sua storia na- turale dell'Uomo. (2) Crania Britannica del Davis e Turnahm, 1856; Cr. selecta del Baer, 1857; Crania Helvetica dell’ His Rutimeyer ecc., vedi per l’Italia î lavori del Maggiorani, Nicolucci ed anche Zannetti e Morselli. (3) Crania Ethnica, pag. 161. È (4) Chi ha portato la eroniometria alla sua ideal perfezione scientifica è il Dr. De Toròk di Budapest che ammette in un cranio 5000 misure e 5 Ù a RI TAR e Ro aa BR MEA VA OSO Deng 2 ARDU ONNIS Ma poi che lo scopo ultimo della scienza è la ricerca delle origini, e solo in questa nozione si appaga lo spirito umano; poi che conoscere una forma fisica è determinarne il posto nell'oceano dei fenomeni, cioè classificarla; come ha classificato l’Antropologia la sua materia? La storia delle scienze, la storia della Zoologia e della Botanica ci rivelano i due stadii ti; necessarii che traversa ogni corpo di conoscenze, come ogni conoscimente; lo stadio sistematico e lo stadio metodico. L’ in fanzia nostra, come d’ogni scienza nel primo compone una congerie di nozioni, aggruppa obiettivamente e artificialmente, poi che anzi tutto è necessario, nella moltitudine, un ordina- mento qualunque; poscia la percezione dei rapporti e dei gradi porta ad un ordinamento gerarchico e naturale. Nel primo stadio Aristotele e Linneo traggono comunque dal caos la Zoologia e la Botanica; nel secondo De Candolle e Cuvier pongono base dei loro sistemi la Morfologia comparata; e nel primo hai forme fisse, come immobili idoli entro cellule chiuse, nel secondo le categorie tassinomiche ti rappresentano un istante dello sviluppo, l’anello di una catena solidamente con- tinua. Linneo, cni nessuno contrasta gl’ immensi beneficii resi alla scienza, l’avrebbe però per sempre arrestata, se avesse dovuto permanervi l'ordinamento da lui statuito ai viventi, stretto talora dall’artificio del sistema all@* più incompatibili unioni. Ina classificazione naturale, filogenetica drizza per contro un verace albero genealogico, nel quale ogni forma ha la dipendenza che veramente le spetta, nel quale la mente umana segue il cammino da quello percorso nella via della evoluzione. Seguono essi gli Antropologi codesta classificazione naturale? Dilungatisi dalla Zoologia e dalla osservazione anatomica, l’Antropologia ricadde di necessità nello stadio inferiore della classificazione sistematica. Come Linneo toglieva per classifi- care i suoi vegetali gli organi della fecondazione, quelli pre- 2500 angoli. Egli non la studia senza il soccorso della Trigonometria, del-. l’algebra e di macchine speciali degnamente semplici. Tuttavia il T6ròk, dopo ricerche pazienti senza fine confessa: « Lungi dal lusingarmi di aver trovato qualche cosa di straordinario dico, lasciate ogni speranza o voi ch’entrate nella Craniometria! » In: Mantegazza: di Alenne ece., Arch. Antr. 42. IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA 33 v P sero l’indice; gli stami ed i pistilli furono i diametri longitu- dinali e trasversi. Fu Anders Retzius, svedese come Linneo, che immaginò nel 1842 di rappresentare numericamente uno dei caratteri della norma ver/icalîs del Blumenbach: il rapporto j . della lunghezza alla larghezza. Quel carattere non veniva più, | per tal modo, apprezzato dall'occhio ma rilevato dal compasso, e parve così elevato a maggior dignità scientifica — ed esso solo fu tolto a criterio tassativo dei cranii. Da quell’ istante incominciò l'illusione craniometrica e la classificazione si- ‘stematica. Il Retzius riuscì benissimo, nelle prime applicazioni del suo indice, a scernere due tipi, (lappone e germanico) nel ‘cranio svedese (1); ciò che gli diede la superba speranza di ‘aver rinvenuta la spada che avrebbe tagliato il nodo gordiano delle razze umane. Ma più crebbe il numero delle teste su cui fu portato, e più si scopri l'incapacità di questo indice a tutte ‘contenerle e distinguerle; in ogni parte della terra si rinven- ‘nero teste lunghe e teste larghe. Non valse che il Retzius associasse all'indice cefalico l’angolo facciale, un astratto ad un astratto; non valse che più tardi il Broca, il Negromante della craniometria, aggiungesse una classe intermedia alle due estreme del Retzius, ricoverando sotto il tetto della mesotice- falia certi crani lasciati deserti e vaganti. L'indice cefalico ‘non dipannò la matassa etnografica Tuttavia il fallimento di quest’indice non sbolli gli entu- siasmi craniometrici, e nuovi Autori, stimandosi più fortunati, ne proposero dei nuovi, e falliti questi, altri Autori degli al- tri, coll’ardore dell’Alchimista dietro la pietra filosofale. IL Broca credette di aver rinvenuto il grande atteso nell’ indice masale, e credette per questo carattere del naso poter condurre gli uomini ad una definizione etnologica; ma gli uomini non si sono lasciati condurre (2). Il tentativo d’ieri, quello del Kollmann (3), basato sulla combinazione dell'indice facciale e (1) Ueber die Scaedelfonnen du Nordbevohnern, Stookholm, 1842. (2) Non si mostrarono più felici le classificazioni basate sopra un ca- rattere fisico esterno (can capelli) anch'essi unici, secondarii, e forse troppo variabili. (3) Die Wirkung der correlation auf den Gesichtschidel des Men- schen. 1883. BoMettino della Società Romana per gli Studi Zoologici 3 i tania nr a ti i hi n Mr i SIT VA a b: ». } 5 ak 34 ARDU ONNIS cefalico non è stata più felice. E domani ce ne sarà un'altro; spettacolo singolare di menti insigni travolte infaticabilmente, come gli ignavi di Dante, dietro un’ insegna non raggiungi- bile. Gli Antropologi come i Filologi, e non essi soli. Così viene talora il genio, semplice fanciullo, che, ridendo, ro- vescia d’ un soffio i castelli ponderosi di archivii e di memorie. E così ci spieghiamo come imponenti collezioni, diligenti e vaste ricerche, compiute fino ad oggi in numero straordi- nario, sono state tuttavia inani a risolvere il problema genea- logico. E prodigioso il numero dei cranii passati sotto gli occhi degli Antropologi (1). Ma pur quelle ricerche che più - seguirono fedeli il metodo del Blumenbach, isterilirono adug- giate dalla mala erba craniometrica, con cui speravano quello perfezionare ed arricchire. Così ci diamo ragione del come un Mantegazza fallisca nell’ impresa di descrivere 1’ Etnografia della Sardegna, e non inverta, collo Zannetti, nei quadri delle misure dei cranii sardi, varietà d’aspetti e di somiglianze. E perchè infine non fosse dato da noi molto valore ai risultati. del De Méréikowsky, degni altrimenti d’ogni considerazione, per es. presso la Società d’Antropologia di Parigi. î Questi non ci sono tuttavia inutili se ricordiamo il giu- dizio del prof. Lombroso. È stato egli tratto in errore dalle risultanze grossolane d’un indice? Scrive il Morselli, dei cranii siciliani: « ... l'indice cefalico dei Siciliani oscilla fra 662 e 788; tale differenza è troppo grande perchè si possano attri- ‘buire questi crani alla stessa razza. Difatti fra questi limiti abbiamo una distanza di 126 millesimi, superiore anche & quella che separa certe razze più distinte (specie di Haeckel). Dalla memoria di Pruner Bey risulta che la differenza fra i cranii di razza ariana e quelli di razza mongolica è soltanto di 93 millesimi ». Orbene, se il prof. Lombroso si prenderà la briga di misurare i cranii sardi che possiede, potrà consta- (1) La collezione descritta dal Dorvis in Thesaurus Craniorum contava 1540 cranii quella del Maton 1045; le raccolte del Museo britannico di Chirurgia e quelle di tutte le società antropologiche delle capitali civili formano assolutamente un materiale grandioso. È: 2" a. ti, - sr rd Tu, he la. dito nell’ Sidica cefalico non è in essi mi- giore di 93 millesimi. Il De-Méréikowsky (il D’Hercourt non ha che la - Dei cranii del eos l’autore dello scritto ha studiato “i in (| Comma) 3 ISTITUTO ZOULOGICO DELLA R. UNIVERSITA’ DI ROMA d'retto dal Prof. ANTONIO CARRUCCIO Sui COLEOTTERI della Provincia di Roma Fam. CARABIDAE bo: Comunicazione fatta alla Società Romana per gli Studi Zoologici Ex) del Dottor Giulio Alessandrini, assistente nel predetto Istituto |. {| {| {| Nel 1884, quando per consiglio del prof. Carruccio il >d prof. Pio Mingazzini, allora studente della nostra Università, pubblicò un primo catalogo sui Coleotteri della Campagna Romana (1), la famiglia Carabidae era rappresentata da soli. pe 19 generi con 27 specie. i Pochi anni dopo (1888) il Mingazzini stesso, allo scopo Es. di contribuire alla conoscenza delle specie di Carabici che si trovano nella provincia di Roma, in seguito a ripetute escur- sioni fatte nei dintorni della città, nei colli Laziali e sopratutto . nei dintorni di Filettino, pubblicò nel Bollettino della Società | È Entomologica Italiana (2) un secondo catalogo, nel quale si SU comprendono ben 61 generi (3) con 180 specie. Ca Di molti esemplari duplicati, ch’egli possedeva, volle farne G Li: dono al Museo Zoologico; di guisa che, aggiunti ai moltissimi raccolti annualmente dal direttore e fondatore delle collezioni faunistiche romane dell’istesso Museo, Prof. A. Carruccio, ed È . a quelli donati dai Signori Belardinelli, Bonarelli, Luigioni, DE Marantonio, Russo, e da altri, si venne a formare una collezione, | SA che per la sua importanza merita d’essere illustrata. 00. Scopo quindi di questo mio lavoro è quello di dare un tenue contributo allo studio della fauna entomologica provin- ciale e, nel tempo stesso, di riassumere i caratteri principali Des (1) Vedi Lo Spallanzani fasc. I, II, 1885. (2) Bollet. Soc. Ent. Ital, vol. XX, 1388. A (3) I generi Mesocarabus e Megadontus, considerati come tali dal Min- > gazzini, io lì considero come sottogeneri del Gen. Carabus. i n SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA dei generi e delle singole specie, per rendere facile allo stu- dioso ed al collezionista la determinazione degli individui ap- partenenti alla fam. Carabidae, che è una delle più difficili fra tutte le altre dei Coleotteri. Ringrazio fin da ora tutti coloro che agevolarono questo mio lavoro mettendo a mia completa disposizione le loro col- lezioni e sopratutto i Prof. Pio Mingazzini e Decio Vinciguerra , ed i Signori, Marantonio, Russo, Catastini ed Ing. Buti, i quali tutti hanno risposto volenterosi al mio appello. Fam. CARABIDAE Fairm et Laboulb. T.a Divisione. — Zampe anteriori intiere, loro speroni ii più spesso tutti due apicali. Epimeri metaloracici quasi sempre indistinti. 1° Gruppo CARABINI. Mesosterno distinto, speroni delle zampe anteriori tutti due apicali. Prosterno più o meno prolungato all'indietro. Palpi mediocri, loro ultimo articolo non scavato al disopra. Labro incavato bilobo o trilobo. Ultimo articolo dei palpi più o meno a scure. Ì Hanno generalmente grande dimensione, sono robusti e più o meno convessi. Gen. Calosoma Weber. (Caradus Lin., Rossi. - Carabus e Calosoma Fabr.) Labro incavato anteriormente, bilobato. Ultimo articolo dei palpi leggermente a scure. Mandibole striate trasversalmente. Terzo articolo delle antenne più lungo degli. altri, com- presso e tagliente all’indietro, (lungo quanto il 4° + !/, del 5° ). Elitre quadrangolari, leggermente convesse, I primi tre articoli tarsei delle zampe anteriori dilatati nei gY, e spugnosi al disotto, : Sd: ire e Roe Lian 4 RTRT E ee È è si Ni , Ss i) n. sl sà le DS "tg A Eri * Pe air er 14 ee i I REI fi È nima a TEN pr e) vi fai fi LA n ta 1 bela, fa ne ta 98 GIULIO ALESSANDRINI. C. sycophanta. Lin. (Carabus sycophanta Fab. Panz. Oliv. Rossi. - Carabus nitens Scopoli. - Calos. sycophanta Web. Fab. Latr. Dejean.). Facilmente riconoscibile per la testa d’ un nero violetto qualche volta un po’ verdastro; corsaletto d’un bleu violetto con riflessi verdastri ai bordi laterali; elitre larghe quasi il doppio del corsaletto d’un bel verde dorato con riflessi rosso- rame splendenti. Queste sono ricoperte da strie fortemente punteggiate e gli intervalli sono leggermente striati in senso trasversale: Sul 4°, 8°, e 12° intervallo esiste 1 una serie di punti impressi. Il Mingazzini, il quale possiede un g° preso a Villa Bor- ghese, dice ch’essa si trova assai raramente nei dintorni di Roma, all’ Acqua Acetosa ecc. Il sig. Marantonio ne raccolse un es. g' a Villa Borghese ove anche prese un es. 9 il sig. Russo. Il nostro Museo possiede due esemplari: una g raccolta nel maggio del 1891 a Monte Mario (100 m.) ed un g* preso nel luglio 1896 in Ronciglione (441 m.) dal Prof. Carruccio. Il. Dott. Andreini rei dintorni di Roma ne colse un esemplare e tre esemplari (2 g, 1 9) fanno parte della collezione del- l'Ing. Buti, il quale li prese all’Ariccia (380 m.) nel parco del principe Chigi. Si trova ai piedi degli alberi, più specialmente entro i cavi delle quercie, d’onde esce in cerca di bruchi verso sera o nelle prime ore del mattino. Vola abbastanza facilmente ma nen è capace di voli molto lunghi. È molto utile all’agricoltura. Gen. Procustes Bonelli. (Caradus Lin. Latr.). Mento con un forte dente mediano leggermente incavato all’apice. Labro trilobato coi lobi laterali convessi, mentre il mediano ci offre nel sto mezzo una leggera escavazione. Ultimo articolo dei palpi a scure. I tre primi articoli dei tarsi nelle zampe anteriori dilatati nel g. P. coriaceus Lin. (Caradus coriaceus Lin. Fab. Illig. Oliv. Rossi. Latr. Fairm et Laboulb. - Procustes coriaceus Bon. Sturm. Dejean). È assai comune in tutta la provincia ed è impossibile Re PROSE AR CREERÀ PARE, ei aa E ci ari Sn a ba fr I d ie. con ARA Ne ho potuti vedere molti esem- dA la: i. Un primo esemplare 2 dei dintorni di Roma faceva > dell'antica collezione del Rolli. Nel ala il prof. Car- Do Marantonio donò una 2 presa nella tenuta di Pietralata, In quarto individuo 9 dei dintorni di Roma donato dal Prof. ruccio differenzia leggermente dalla specie tipica poichè ha colorito generale d’un nero lucente che tende all’azzurro e rchè le elitre lungo la sutura sono alquanto lisce. Esso si fia - Vive nei luoghi umidi, nei campi, nei vigneti. Esce po- - RS chissimo di giorno, ma solo verso sera o quando le giornate 2 sono piovose. Distrugge un numero considerevole di bruchi, (A famiglia, ha subìto una straordinaria quantità di modificazioni e divisioni. È | °‘’0‘I Weber (2) lo chiamò Tachypus. Fischer de Wald- di heim (3) poi ne staccò i due generi //eetes per le specie - de- | pressus Bon, - Creutzeri Fab. - Fabricii Panz., e Cechenus per l’irregularis Fab. Questi due generi furono poi dal Kolenati @ quella fatta dal Solier nei generi Ceroglossus, FESSO Pa- chycranion, Megadontus e Coptolabrus e quella del Thompson, lho volle scindere il genere Carabus in venti sotto-generi, dei (1) Lin., Sysf. Naturae, II, 663. neri (@) Weber, Obserr. Ent., 19. ei (3) Fischer de Vald., Enf. de la Russie, II, 48, 52. ue GIULIO ALESSANDRINI quali in una monografia sui Carabici (1) da un breve ma. . . . . . } chiaro specchio. Per le specie che finora .si rinvennero nella nostra Provincia seguirò questa suddivisione che è anche in parte adottata dal Reitter nel suo catalogo. S-Gen. Megadontus Solier. Caput vertice postice haud tumido- incrassato. Palpi articulo penultimo apice haud piloso. Pro- sterni processus haud brevis nec apice deflexo. Mandibulae lon- gae, tomio apice parum inflexo, dente basali valido. Palpi la- biales articulo penultimo setis pluribus instructo. Gula pone. mentum puncto laterali setigero nullo. Protorax Sub: T punctatus. Labrum apicem versus dilatato. Specie tipica di questo sotto-genere è il M. coelatus (Fab. ) che trovasi in Gorizia e Carniola e che, secondo quanto dice il Dejean, fu anche preso sulle montagne del Jura. Nella nostra provincia esso è rappresentato dalla specie M. violaceus Lin. e dalle altre M. Germari Sturm. M. picenus Villa e M. purpurascens var. asperulus Kreutzer, le quali pos- sono tutte essere considerate come semplici varietà o razze (come le chiama il Pirazzoli) (2) dello stesso M. violaceus Lin. M. violaceus Linnè. (Caradus wviolaceus Lin. Fab. Panz. Oliv. Sturm. Dejean. Costa. - C. candisatus Duft. - C. coriaceus Scop. - C. Andrzejuschii Fisch.). Caratteristica di questo co- leottero è granulose, più o meno lucenti a seconda che la granulazione è più o meno fitta. La serie di punti impressi, che sono ma- nifesti nelle altre specie, qui appena si riconosce. Il colore può variare dal nero al nero-violetto con i margini a riflessi do- rati. Il sig. Marantonio ne catturò un bell’esemplare g' nella tenuta di Pietralata. M. Germari Sturm. (Caradus azurescens Dej.) In questa specie o varietà la granulazione si cangia in rugosità che tende (1) Thomson C. G., Opuscola entomologica, VII, 1875. (2) Dott. Odoardo Pirazzoli, ! Caradi italiani. Bullett. Soc. Ent. Italiana, anno III, 1871, pag. 261-281, 304-332. è quella di avere le elitre ugualmente e sottilmente | 41 SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA a disporsi in serie longitudinali. Esistono in esso sei linee ele- vate di cui tre sono deboli e tre più robuste. Queste sono in- terrotte da punti impressi. Il colorito varia dal nero ad orlo azzurro al violaceo con orlo dorato. Molto frequente nei dintorni di Roma, ove si rin- vennero tre esemplari g' dal Prof. Vinciguerra. Un gJ° del si- n gnor Marantonio, e due g° del signor Russo, sono della tenuta di Pietralata. Un g fu preso dall’ Ing. Buti nei dintorni . della città. Le ® di questa specie sono più grandi del J° e general- mente, per quel poco che ho potuto osservare, hanno il colorito più chiaro tendente al violetto con orlo rosso-violaceo splen- dente. Possediamo sei 9: fuv della tenuta di Pietralata do- nate dal Marantonio ; tre della stessa località donate dal Russo . ed una dell'Acqua acetosa del Marantonio. M. picenus Villa. (Caradus exasperatus Dutt. De)). In questo il fondo del colore è più nero, i bordi laterali del cor- saletto e delle elitre sono d’un violetto meno brillante. La granulazione delle elitre si trasforma in vere rugosità elevate disposte in modo da formare sei linee, tre delle quali sono più robuste ed interrotte da serie di punti ben marcati. Il Mingazzini lo trovò frequente presso Filettino (1075 m.) tanto da dire che ivi sostituisce il M. purpurascens. Ne pos- siede due esemplari un g° ed una % dei dintorni di Filettino ed il Buti anch’egli ha due esemplari di Ostia. Nella nostra collezione esistono tre esemplari: un g, dei dintorni di Roma, il quale faceva parte della collezione Rolli, una % di Filettino donata dal Mingazzini ed un terzo £ dal signor Marantonio presa ad Acqua acetosa. M. purpurascens var. asperulus Kreutzer. Di questa va- rietà, abbastanza comune, più grande di tutte le altre e dalle elitre che in tutti i nostri esemplari si presentano d’un verde più o meno oscuro a riflessi metallici con tre linee elevate marcatissime e interrotte da serie di punti e tre altre appena sensibili, possediamo quattro esemplari tutti g. Tre dei din- torni di Roma, una donata dal prof. Mingazzini e due dal ea da ; 42 GIULIO ALESSANDRINI prof. Vinciguerra, ed una quarta presa dal sig. Belardinelli sui colli Laziali nel 1892. Il Mingazzini ne possiede un es. 2 0 di Tor di Quinto e l’Ing. Buti ne ha un’altra presa all’Ariccia. Il 5. gen: Mesocarabus Thoms. differisce dal precedente per i seguenti caratteri: Gula antice utrinque pone mentum puncto angulari seti- gero instructa. Labrum lateribus fere parallelis. Corpus lateri- bus saltim metallicis. Elytra lineato-catenata. M. Rossii De]. É forse uno dei carabi più comuni della nostra provincia, ove trovasi sparso quasi uniformemente in pianura, colle e montagna. Ne ho potuto esaminare ben 38 esemplari: Cinque es: 3 dg -2 ® furono presi dal Prof. Car- ruccio in vicinanza del Ponte Nomentano dopo l’inondazione dell'Aniene del 1890, due ® dal sig. Luigioni nella stessa epoca e località, due g° dal prof. Carruccio in Arsoli nel 1889, un g nei dintorni di Roma dal prof. Mingazzini, un g° in Ole- > vano Romano (571 m) dal sig. Luigi Bertoni, una 9 ai prati di Castello dal sig. Troiani, una ® anche dei prati di Castello dal sig. Bonarelli, un g° a Ferentino (393) dal sig. A. Dessì, una 9 dell’Immacolatella presso Roma dal prof. Vinciguerra, una $ dei dintorni di Roma, un g° della tenuta di Pietralata ed una $ di Porta Salaria donati dai signori Marantonio e Russo. Inoltre potei osservare 6 esemplari della collez. Maran- tonio presi: una ® a Pietralata e due g' e tre 9 al Ponte Sa- lario e quattro esemplari (2 g° - 2 9) della collez. Russo presi tutti al Ponte Salario. — Il Mingazzini lo dice raro nei dintorni di Filettino; la sua collezione comprende quattro es. (2 g 2 9) tutti dei dintorni di Roma. Il Dott. Andreini ne ha un solo esemplare, ed il Buti cinque (2 g, 3 9) dei dintorni della città. Tutti questi esemplari corrispondono esattamente alla de- scrizione “data dai vari autori. Le elitre offrono delle serie di tubercoli ravvicinati aguzzi verso l'apice dell’elitra; ogni tre di queste serie ve ne è una maggiore. La lunghezza del- l’ insetto varia dai 23 ai 32 mm. ed il colorito dal nero al castagno-oscuro con margini del corsaletto e delle elitre verde- turchini. | ; i, i «i 3 * VAPORI RT ni a ne CD di DEIRA I AT Di be Re fi ROC PRI PES af n s è SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 43 Studiando tutti questi esemplari ne ho rinvenuto uno, raccolto nel marzo 1891 dal sig. Guido Bonarelli ai Prati,di Castello, che differisce dal tipo tanto da meritare, a mio av- viso, una breve descrizione. La rugosità caratteristica del capo e le screpolature trasversali del corsaletto sono un po’ meno marcate sebbene abbastanza visibili. La forma delle elitre, nel loro complesso, il riflesso verde-azzurro del loro margine quello del corsaletto non differiscono punto dal M. Rossi. Aveva in- fatti tale determinazione e fra gli altri si trovava confuso. Ma la scolpitura delle elitre ne differisce non poco. Var: elitris lineis distinctis elevatis, altera laevi altera cre- nata, tuberculorumque majorum punctis alternis impressîs tri- plice serie, interstitiis punctatis. Le elitre, come risulta dal disegno qui unito, sono così costituite : - Una linea liscia lungo la sutura e che giunge fino al- l’apice dell’elitra è seguita da un’altra che invece, per crenature trasversali, si mostra come costituita da piccoli tubercoli ravvicinati embricati alla base ed aguzzi alla punta. A questa ne segue un’altra liscia. Quindi una serie di tubercoli maggiori acuzzi all'apice ed interrotti da punti impressi. Poi un’altra li- nea liscia, un’altra crenata, e così di seguito in guisa da costituire un’elitra formata da tre serie di tubercoli allungati e alternati con punti. Ciascuna serie è limitata dalle due parti da una linea liscia elevata alla quale fanno seguito linee crenate o meglio formate da pic- colissimi tubercoli ravvicinati fra loro. Gl'in- terstizi sono punteggiati. Lungh. 27 mm. Del M. Rossi sono fino ad ora a me note tre varietà: la var. Pirazzolii Géh., la var. castaneipennis Costa., e la var. Stoecklini Lopez. Nessuna di queste tre può riportarsi al mio esemplare. Varia dalla prima per la lunghezza, oltre che per la scolpitura delle elitre e per avere gli interstizii punteggiati. 44 GIULIO ALESSANDRINI Dalla seconda per il colorito castaneo delle elitre sul quale carattere principalmente il Costa si è fondato per formare la varietà. Dalla terza per la scolpitura delle elitre nella quale e.istono invece delle serie di tubercoli ravvicinati, tre strie di punti separate da intervalli longitudinali assai piatti e privi di granulazioni. È quindi a mio modo di vedere una vera varietà che tande a ravvicinare, insieme con la var. StoeckZini, il M. Rossi alle specie che il Pirazzoli nel suo Catalogo comprende nel 7. gruppo. (C. arvensis F., C. catenatus Panz., C. monilis F., C. catenulatus Scop.) e che tutte hanno le elitre. con lineette elevate, ogni tre lineette una serie di tubercoli allungati. Le tre lineette elevate nel IM. ossi tendono a scomparire e sono confuse, ed è per questo che fu dal Pirazzoli collocato nel 6. gruppo (C. Faminit Dej., C. Genei Genè., C. Rossi Dej., 0. alyssidotus Ill., C. scabriusculus Ol.) che è caratterizzato per avere la elitre più 0 meno ricoperte da serie di tubercoli embri- cati dalla parte della base dell’elitra, aguzzi dalla parte de:l’apice > dell’elitra che è intatta. Potrebbe quindi ritenersi come una vera forma di pas- saggio fra l’uno e l’altro gruppo. S. gen: Chaetocarabus Thoms. Caput vertice postice haud tumido-incrassato. Palpi arti- culo ultimo depresso, linea impressa SI instructo, penultimo apice DEIDAGE » Tipo di questo sotto-genere è il C. intricatus L. che vive in tutta la parte elevata nordica (Pirazzoli). Fino all’estate scorsa non ne possedevamo alcun rappresentante. Nell'agosto 1396 il prof. Carruccio raccolse in Ronciglione un bell’esem- plare g* di: C. Lefebvrei Dej. È d’un bel colore bleu a lembo bleu-vio- laceo, zampe molto lunghe ed una forma piatta sua propria, tal che è difficile confonderlo con altri. Le elitre hanno numerose li- nee elevate interrotte dai punti lacunosi degli intervalli. Queste linee si alternano a tubercoli allungati più robusti di esse, di- sposti in triplice serie e alternati con punti rugosi ed incavati. Il SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 45 i ‘‘‘‘‘‘ tiiiiiitetimémImimTtIE1lr191PI1g1MIM>éEéH1I41€{ÉK"OeÀ@-W*W-WYWTIIT. C.Bayardi Sol. non sarebbe che una varietà o forse anche la femmina del C. Lefedvrei. Il sig. Marantonio possiede due 9 che prese una a Monte Mario, l’altra nel bosco di Acquatra- versa il 28 aprile di questo anno ed il Prof. Mingazzini un gf di Trisulti (797 m.). È frequentissimo nell’Ascolano, Napo- letano e nella Sicilia. S Gen. Carabus Thoms. Si caratterizza per avere: Man- dibulae breves, tomio apice abrupte sub angulo fere recto incurvo, scrobe basali brevi, bene determinata, dente basali haud lato, minus valido. Specie tipica di questo sotto-genere è il: C. granulatus Lin. Dej.Schaum. (C. cancellatus Fabr. Sturm., C. campestris Adams.). In questa specie il colorito varia dal nero bronzato al verdastro. La scolpitura delle elitre è carat- teristica. Su ciascuna di esse si scorgono tre linee rialzate principali ai lati delle quali ve ne sono altre più piccole gra- nulate e tre serie cateniformi di tubercoli allungati disposti quasi a rosario. i Esaminando i cinque esemplari che noi possediamo (23 è 3 9 appartenenti all'antica collezione Rolli) mi ha colpito il modo di-comportarsi fra loro delle linee elevate con le serie «dei tubercoli. La prima linea comincia larga e va mano mano sfumandosi quanto più si avanza verso l’apice dell’elitra. La seconda non raggiunge l’apice dell’elitra, ma si ferma là dove incontra le due prime serie di tubercoli che si uni- scono insieme mediante un tubercolo comune. La terza linea giunta verso l’apice dell’elitra si ripiega ad angolo acuto in alto quasi a formare una quarta linea che però, limitando la terza serie dei tubercoli, non giunge fino alla base dell’elitra ma si va sempre più sfumando quanto più ad essa si avvicina Per tal modo abbiamo che le due prime ‘serie di tubercoli si uniscono insieme. verso l’apice limitando la seconda linea- elevata, e la terza serie di essi è limitata dall'angolo che va a formare la terza linea. Il Costa cita una ‘varietà dai femori internamente di color rosso ferruginoso: ed ‘il Mingazzini nei pressi di Monte Circeo ha trovato la var. | #i ATA x tea de pat i n I Pl iti N 46 GIULIO ALESSANDRINI palustris Dahl. che dice piuttosto rara e di cui il colore è quasi a nero e le coscie sono nere. C. cancellatus Ill. Gyll. Dufts. Dejean. (C. granulatus lo Fabr. Panz., 0. Verrucosus Heer.). Non possediamo ia specie. tipica, ma solamente un esemplare 9 della var emarginatus Duft. (0. nigricornis Ziegl.) mi fu favorito dal signor Maran- tonio che lo raccolse nel 1888 in estate all’Ariccia nel parco del principe Chigi. Il suo colorito è di rame bronzato con riflessi verdastri specialmente ai bordi del corsaletto e delle x elitre. La scolpitura dell’elitre è costituita da tre costole alternate da tre linee cateniformi: gli interstizi sono rugoso- granulati. Il modo di comportarsi fra loro delle costole e delle linee cateniformi è presso a poco come quello del C'. granulatus Lin. Esiste anche qualche traccia di piccole linee granulate che invece di trovarsi ai lati delle linee o costole | rialzate cingono i tubercoli delle linee cateniformi. Queste: gra- ‘ . nulazioni sono appena visibili e per scorgerle è necessario un | leggero ingrandimento. C. monticola Dej. E d’un colore bronzato-oscuro con riflessi bluastri specialmente ai bordi laterali del corsaletto e delle elitre. Queste si presentano quasi liscie sebbene la loro scol- pitura sia costituita da serie di rugosità alternate con linee continue elevate delle quali tre più evidenti. Queste ultime hanno una serie di punti impressi distanti fra di loro. Secondo il Mingazzini la collezione Rolli possedeva un esemplare -di Albano che forse andò guasto perchè non fu da me ritrovato. Egli possiede due esemplari trovati alle sorgenti dell'Aniene, nei dintorni di Filettino, dove sembra comune, e sul Monte Cave (949 m.). Un esemplare preso all’Ariccia appartiene all’Ing. Buti. C. alyssidotus Illig. Dej. Ne possediamo due esemplari; un gd dell'antica collezione Rolli preso a Tor di Valle (din- torni di Roma) ed una £ presa dal signor Catastini ad Acqua acetosa nella primavera del 1895. Il disopra è di un bel colore rame con riflessi più splendenti ai margini. Il disegno delle Di e ra da dea SAR n dl PIERO : rr SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 47 elitre caratteristico è formato da linee cateniformi più robuste e più deboli. La prima, terza, quinta e le altri dispari sono composte di tubercoli piccoli; la seconda, sesta e decima hanno invece tubercoli oblunghi più grandi degli altri, ma minori di quelli che compongono la serie quarta, ottava e dodicesima. Gli intervalli hanne qualche punteggiatura. Fu trovato nel Napoletano, in Toscana (Vallombrosa, Pisa) nell’Ascolano e nell'Appennino modenese. L’Ing. Buti a Tri- sulti ne ha potuti prendere in varie epoche tre esemplari (1 3 e 2 2). Il Mingazzini, che ne possiede un solo esem- plare g* di Villa Borghese, constata che nei luoghi da lui visitati sia rarissimo sebbene fosse stato colto a Villa Pam- phyli e alle rive dell'Aniene. La scarsità degli esemplari dei quali ho potuto disporre mi fa ritenere che ciò sia verissimo contrariamente a quanto afferma il Pirazzoli, che lo dice fre- quente a Roma. 2° Gruppo: CYCHRINI. Prosterno non prolungato all'indietro. Palpi lunghi, loro ultimo articolo scavato al disopra. Gen. Cychrus Fabricius. (Caradus Oliv. Tenebrio Lin.) Labro bifido. Ultimo articolo dei palpi fortemente a scure, «concavo al disopra quasi a forma di cucchiaio. Antenne seta- cee. Mandibole strette quasi dirette e dentate internamente. Corsaletto cordiforme, quasi per nulla rialzato sui fianchi ; an- goli posteriori non prolungati all’indietro. Elitre ovalari sal- date, carenate lateralmente che dalla parte inferiore ricoprono una parte dell'addome. Zampe lunghe, sottili. Articoli tarsei quasi cilindrici, uguali in ambo i sessi. Non possedendo la nostra collezione provinciale nessun ‘esemplare di Cychrus, mi son servito di quelli posseduti dal prof. Mingazzini e dall’ing. Buti. In totale sei esemplari rap- presentanti tre specie. C. italicus Bon. (Caradus rostratus Petagna). Più grande degli altri ci offre fra gli occhi un solco trasversale. Il suo LETO drei) (FIT TRE SE STA è » NRE n RI HA 9 "A Le bale ai nu 1 48 GIULIO ALESSANDRINI corsaletto pianeggiante, ristretto ed a forma di cuore ha gli angoli posteriori tagliati in quadrato. Le elitre hanno punti elevati ben distinti e tre linee elevate delle quali le due prime sono un poco più marcate. I punti rotondi elevati lungo la carena sono piuttosto numerosi. Secondo il Mingazzini trovasi assai raramente nei din- torni di Roma (monti Parioli) in autunno. Sembra comune nei dintorni di Filettino; trovasi inoltre nelle paludi Pontine, nei | pressi di monte Circeo. Sta sotto i sassi e sotto gli alberi morti nei luoghi umidi. I due esemplari che egli possiede fu- e rono presi l’uno al monte Circeo, l’altro nei pressi dell'Acqua. acetosa: quello poi che appartiene all’ing. Buti fu catturato in una escursione sul monte Fanfilli (1952 m.) a più di 1000 m._ sul livello del mare. C. attenuatus Fab. (Caradus proboscideus Oliv.) Più pie È colo del C. italicus si differenzia da questo per avere il corsa- letto alquanto ovalare con la linea longitudinale ben marcata nel mezzo ed un infossamento presso la base. Le elitre sono generalmente d’un colorito bronzato ed hanno i punti elevati talmente ravvicinati fra loro da farle sembrare ricoperte da punti infossati che verso .la base ten- dono a disporsi in strie. Le tre linee elevate costituite da punti ‘allungati sono ben distinte specialmente verso l’ estre- mità dell’ elitra. I punti lungo la carena sono scarsi e poco distinti. Il prof. Mingazzini possiede due esemplari dei din- torni di Filettino e ritiene che esso si trovi nelle località più. fredde e più elevate della catena dei monti che dividono la provincia di Roma dagli Abruzzi. Sulla cima del monte Viglio (2200 m.) e nei monti vicini dei dintorni di Filettino esso non è comune. C. rostratus Lin. (Caradus rostratus Oliv.) È senza dubbio il più piccolo delle tre specie finora rinvenute nella nostra provincia. Ha il corsaletto più lungo che largo con la linea lon- — gitudinale infossata ed una impressione trasversale presso la base. Gli angoli posteriori di esso sono rotondeggianti, I punti che ricoprono le elitre spesso sono riuniti fra di loro dando ad SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 49 esse l’aspetto di granulose. Le tra linee longitudinali sono poco marcate ed i punti rotondi lungo la carena sono scarsi ed assai distinti. Il Mingazzini possiede un solo esemplare dei din- torni di Roma. 3° Gruppo: NEBRIINI. |. Labro intero o debolmente incavato. Ultimo articolo dei palpi leggermente dilatato verso l'estremità o sub-ovale. Sono generalmente piccoli ed hanno forma depressa. Gen. Leistus Frolich. (Pogonophorus Latr. Carabus Oliv., Rossi. Manticora Panz.) Labro intero quasi arrotondato in avanti. Ultimo articolo dei palpi mascellari alquanto dilatato verso l'estremità. Mascelle fortemente spinose esternamente. Mandibole dilatate esternamente a forma di lama appiattita verso la base, non dentate internamente. Antenne sottili, se- tacee. Corsaletto cordiforme, con gli angoli anteriori arroton- dati e poco distinti. Elitre oblunghe, quasi parallele. Tre primi articoli dei tarsi leggermente dilatati nei g'. L. fulvibarbis Dej. (Caradus rufibarbis Fab.). Bruno nera- stro nella sua totalità ha le mandibole ed i palpi d’un rosso ferrugineo. Le antenne di questo colore presentano una mac- chia brunastra nel primo articolo. Il corsaletto cordiforme è . liscio e lucente nel mezzo, fortemente punteggiato ai margini. Il suo bordo anteriore si protende alquanto all’innanzi for- mando un angolo ottuso nel mezzo, il posteriore è tagliato in quadrato. Le elitre hanno delle strie ben marcate fortemente ed uniformemente punteggiate. Sul bordo della terza stria a cominciare dalla sutura si trovano sei punti più marcati. È la sola specie di Leistus che posso citare per la pro- ‘vincia di Roma, ove sembra piuttosto raro. Il nostro Museo possiede due esemplari £ ed il prof. Mingazzini un altro esem- plare, tutti dei dintorni della città. Gen. Nebria Latreille. (Carabus Lin. Fab. Rossi. Alpaeus Bon. Helobia Leach. Curtis). Mascelle non spinose, mandibole Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici 4 dA iii dre ia Cei Pio DI distinti. Due bande nere irregolari, ineguali ed ondulate at- EA I RA stinti: “Pl tre articoli dei tarsi anteriori leggermente die sa } tati nei g, spugnosi al disotto. Elitre oblunghe quasi paral- peS lele, poco convesse o depresse. to Genere ricchissimo per specie, le quali appartengono per 3 la massima parte all'Europa. Vivono in regioni disparatissime per clima ed altezze. Dalla riva del mare alle più alte cime delle montagne fra le nevi perpetue. In queste regioni vi sono. delle specie attere che il Bonelli aveva diviso dalle altre for-. mandone un: genere a sè, l’A/paeus. . ip Et, ‘N. complanata Lin. È la più grande del genere, di forma molto appiattita quasi interamente gialla con la testa ed il corsaletto alquanto più oscuro. Il corsaletto cordiforme è liscio- La linea longitudinale è appena visibile. Due impressioni tra- sversali una presso il margine anteriore, che è prominente ad angolo ottuso nel mezzo, l’altra più marcata presso il poste- riore limitano degli spazi che si presentano finamente punteg- ‘ giati in nero come i bordi laterali. Le elitre parallele, arro- tondate all’estremità hanno sulla loro superficie otto strie di punti infossati tanto più distanti fra loro e più profondi quanto. | più si avvicinano alla estremità della elitra ove appaiono molto traversano l’elitra, una presso la base, 1’ altra poco al disotto della metà di essa, arrestandosi alla 7* stria longitudinale. In qualche esemplare ho veduto queste due bande fondersi la- SLA sciando appena fra di loro qualche macchia gialla. Si Il disotto è d’un bruno giallastro. Comune in riva al mare e sulle sponde dei laghi. : Otto esemplari del lago di Castiglione (1), facevano parte dell'antica raccolta Rolli; sette figurano oggi nella col- lezione del nostro Museo, ed una fu dal nostro Direttore, È . DA 5 ni ESE prof. Carruccio donata al Mingazzini, nella cui collezione ora. | si trova. RO di (Continua) (3 È io (1) Il lago di Castiglione, ora prosciugato, trovasi a circa 20 km. da Roma sulla via Prenestina. Sulle sue rive sorgeva l’antica città di Gabi. sa SULLA CATTURA 3 DI UNA AVEREA MAGGIORE (Lanius eacubitor Linn.) NELL’AGRO ROMANO Nello scorso mese di gennaio, sui tomboleti poco lungi dalla riva del mare fu presa questa bella Averla maggiore (Lanius' excubitor Linn.), che, sempre rara, fa tuttavia quasi ogni anno nei mesi d'inverno la sua apparizione fra noî. Nel- l’Agro romano non mi era riuscito mai incontrarne, ma pa- recchi esemplari già si trovano nella collezione faunistica ro- mana della R. Università; ed anche questo che è un g bel- lissimo, andrà ad accrescerne il numero. È quest’uccello pro- prio delle regioni settentrionali d'Europa; io stesso lo còlsi, e non una sola volta, in Russia d’estate, e vi nidificava. Son coll’ illustre Salvadori d’avviso, che, quantunque lo si rinvenga più frequentemente nell’Alta Italia, tuttavia non vi passa la buona stagione, e non vi nidifica. Anche nelle Marche non lo rinvenni se non d’inverno. A Roma la chiamano Castrica pa- lombina, ed è la specie più grande fra le europee, molto vi- cina e somigliante nel colorito e nelle dimensioni ad altre dell’Africa. Le parti superiori cenerino, quasi perlato, la can- didezza delle parti inferiori, la sua grossezza la fanno scoprire da lunge, quando appollajata attende dall’alto di qualche ce- spuglio il comparire di un grosso insetto sul suolo sottostante; ha tutta l’apparenza di un piccolo falchetto; ed io resto sempre nel mio apprezzamento col compianto Paolo Savi, quando esso pose i Lanidi primi nel suo ordine dei Passeres, dopo i rapaci; sono infatti essi, che più di tutti gli altri passeracei loro so- migliano: ed io, faunista dilettanta ma impenitente, son sem- pre per le classificazioni semplici, che mi ravvicinano gli animali dall’insieme dei loro caratteri esterni, facilmente’ a tutti accessibili. Il Gadow nel volume VIII del Catalogo degli Uccelli del Museo Brittannico, li pose vicino ai Paridi fra i Turdiformes cichlomorphoe: e segnò ammirabilmente i carat- teri differenziali, per distinguere la nostra specie da tutte le altre, non solo d’Italia ma anche esotiche. Gurpo FALCONIERI DI CARPEGNA. ho) i pa TÀ A e TRA © Pas ci i ER Pg RR Rate ME vite A) er ERI a BT TI Me in vi gd Qha WA si ° ma ARE tt Ce îy RESTO Sage ” ‘og n ri tti re Brevi notizie sulla Collezione faunistica del nostro socio VIANELLI FRANCESCO A SASSOFERRATO (MARCHE) È utile ed è importante conoscere le collezioni private, che, spesso nascoste nelle piccole città delle nostre provincie, contengono esemplari, che a volte valgono a risolvere qualche dubbio sulla presenza, o meno, di qualche specie non comune in questa o quella regione. Se l'inchiesta ornitologica si fosse occupata anche di esse, sarebbe riuscita più completa. Queste raccolte hanno il pregio di aver le sicure provenienze di quanto contengono; e a me venne fatto vederne un’altra di S. Angelo in Vado (Urbino) già appartenuta a un defunto medico; e di essa m’interessai assaissimo, dopo la piccola pubblicazione, che io feci delle mie poche osservazioni sull’avifauna della Provincia di Pesaro ed Urbino; e certo, se avessi conosciuta prima, avrei potuto notare qualche altra specie nel mio Ca- talogo. ona Della collezione Vianelli già ebbero a tener conto il pro- fessor Paolucci, che la classificò, e il prof. Gasparini, che nel suo recente lavoro ne mentovò alcuna specie. A me sembra opportuno darne un cenno riassuntivo, anche per far cosa grata al nostro nuovo socio, che ebbe la cortesia d’inviarmene il catalogo. Comprende essa N. 16 mammiferi, tutti del luogo, o delle vicinanze. Mi piace ricordare il gatto selvatico (Felis catus fe- rus Linn.) còlto nei boschi del monte Catria;la martora (Mu- slela martes Linn.); e i due piccoli Myoxus, il quercinus el l’avellanarius, che sono assai più rari del comunissimo ghiro (Myoxus glis Linn.) che ho tanto spesso trovato nidificante nei vecchi faggi del monte. Le specie degli uccelli sono N. 190. Era i rapaci diurni, trovo un avvoltojo (Gyps fulvus Gray), che fu ucciso in Arcevia nel giugno del 1872, e certo è uno strano ospite delle Marche; un falco pescatore (Pandion hali- aetus Linn.), che anch'io nello scorso Novembre potetti avere dai miei monti feltreschi per la prima volta, e che voi vede- ste in una delle scorse nostre sedute; e un Lanario (Falco © dtt A da BREVI NOTIZIE SULLA COLLEZIONE FAUNISTICA d3 Feldeggi Schleg.) che può ritenersi specie non comune. Fra i rapaci notturni abbiamo il gufo reale (Bubo ignavus Forst ), che seppi anch'io nidificante sul monte Nerone, e che quindi trovasi anche sul monte Catria. I rapaci sono in tutto N. 19. Fra i Passeres, le cui specie rappresentate sommano a N. 92, trovo il Beccofrusone (Bombycilla garrula Savi) che, unico Ampelide d'Europa, credo, sia il solo esemplare còlto nello Marche: l’elegante picchio murajolo (Tichodroma muraria Iig) cha s’inerpica per le rupi; il delicato daseftino delle paludi (Panurus biarmicus Koch.); la ballerina nera (Motacilla lugu- bris Temm.); l’Anthus Richardi Vieill.); lo storno roseo (Pastor roseus Tem.), distruggitore delle cavallette, rarissimo ed acci- dentale, che un’altra volta fu colto sulle rive del Marecchia nel Riminese; i due gracchi (l’alpinus e il graculus) che alcuna volta discendono al basso sui contraforti appennini; e il corvo èm- pertale (Corvus corax Linn) solitario abitatore dei monti più alti. Fra le colombe e i gallinacci, che sono N. 13, vediamo acconciamente preparate varie specie domestiche, quali il pa- vone, il fagiano e il fagiano dorato; e il fagiano di monte (Tetrao tetrix Linn.) è venuto dalle Alpi a rappresentarvi i tetraonidi. I Grallipedi sono N. 34: nulla di raro assolutamente, ma pure meritano essere mentovati la beccaccia di mare (Hoema- topus ostralegus Linn.), il cavalier d’Italia (Himanthopus can- didus Bonn.); la grà (Grus cinerea Linn ); le due cicogne (C. alba e C. nigra Linn.); e l’elegantissimo airone dianco (Ardea alba Linn), tenendo conto, che tutte queste specie furono còlte nella provincia d’Ancona. Da ultimo gli Acquatici, che son N. 29 mi afosa sol- tanto di rimarchevole un Marangone (Phalocrocorar carbo Leach) preso nelle acque di Ancona, e un gobbo rugginoso {Erismatura leucocephala Bp.) còlto lungo il fiume Misa. Sarebbe desiderabile, che altri privati collezionisti parte- cipassero alla Società romana ciò che possiedono. A questo modo gradatamente si avrebbe una recensione esatta di quanto esiste sparso; colle rarità, che eventualmente vi si trovano, e ne avvantaggerebbe lo studio delle faune locali. Guipo FALCONIERI DI CARPEGNA. NT IZ e EE AZIO e f È r ATEI ARIE ESCO STO TL 0 227° A; ra mit te i ei TNA A IR ORT CAPACE RI SERIA RE POV E Pn PET SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO COLLE DENOMINAZIONI DIALETTALI DELLE CINQUE CLASSI d DEI VERTEBRATI DELLA SARDEGNA pel Prof. Dott MARCIALIS EFISIO Crass. Aves ( Fra le vlassi dei Vertebrati viventi in Sardegna, questa degli uccelli la si può ritenere come la meglio studiata e co- nosciuta. Di essa annoveriamo nell’ isola un cospicuo numero : di specie per tutti i singoli ordini esistenti in Italia, e che se- . guendo il nostro più insigne ornitologo vivente, conte professore Tommaso Salvadori, sono sette, cioè: AcciPITRES, PICARIAE, PASSERES, COLUMBAF, (HALLINAE, (RALLATORES ed ANSERES (2). La maggior parte delle specie (e queste, secondo il predetto Salvadori, formavano nel 1864 un totale di 268) sono alla loro volta rappresentate da copiosissimi esemplari, sia.nella provincia. di Cagliari, sia in quella di Sassari. Per quanto riguarda la di- stribuzione geografica delle specie nelle varie parti di questa vasta terra insulare non può affermarsi che oggi, in con- fronto al passato, si abbiano notabili mutazioni: pure è vero che vennero alterate parecchie condizioni, le quali potevano favorire la moltiplicazione di non poche n quelle specie, ed anche di alcune appartenti alla classe dei mammiferi, Il prof. Carriccio in.un discorso pronunciato alla Società Zoologica ed a quella dei Cacciatori in Roma, ha ben tenuto parola di qual- cuna delle cause produttrici di siffatte mutazioni (3), e con (0) Ved. per le prime classi (Pisces, Amphibia, Reptilia\ i fase: III e IV del Bo/lett. della Società Romana per gli studi Zoologici, Vol. 1 1895, pag. 124-145. (2) Ved. Annali del Museo Civico di Storia ital. di Genova, pubbli- cati per cura di G. Doria e R. Gestro, serie 2., vol. III (XXIII), 1886. Per questo Catalogo Ornitologico sardo seguo per l'appunto la classifica- zione adottata dal Salvadori nel suo Z7erco degli uccelli italiani. |» (3) Ved. vol. III del Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici, pag. 63-10, anno 1894. Adunanza del 7 marzo 1894 presieduta dal prof. A. Carruccio. SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO dD lui, col chiar. prof. Pietro Pavesi e con alt "i vorremmo che contro gli abusi si provvedesse una buona volta efficacemente. Molti anni sono trascorsi senza che più siasi pubblicato un Catalogo metodico degli uccelli di Sardegna, il quale sod- disfi il desiderio di quanti, disponendo di poco tempo, vorreb- bero avere conoscenza esatta dei nomi scientifici e volgari di tutte le specie finora annunciate come viventi nell’ isola. Il Catalogo migliore è senza dubbio quello pubblicato in Milano dal Salvadori fin dal 1864, cui-fecero seguito le osservazioni del cav. Gaetano Cara nel 1866, ch’è pure l’Aut. dell’Elenco degli . Uccelli di Sardegna dato alle stampe in Torino nel 1842. Ma posteriormente, alle specie annoverate da questi due scrittori, altre ne vennero aggiunte come aventi diritto di far parte del. l’Avifauna Sarda; e mi basti quì ricordare almeno un esempio, cioè la Rissa tridactyla Bp., annunciata e descritta dal pro- fessore Carruccio, e da lui presentata alla Società Romana per gli Studi Zoologici (1): essa fu donata al R. Museo sui della Capitale, come poscia dirò. L’Avifauna sarda ha adunque avuto illustratori assai va- lenti, 1 quali, o totalmente o parzialmente, ci fecero conoscere le specie stazionarie, o di passaggio regolare ed irregolare, o ad- dirittura quelle che devono considerarsi affatto accidentali e rarissime (2). In particolar modo devono menzionarsi i nomi del Cetti, del Cara Gaetano, dell’Alberto Lamarmora, del Salva- dori, del Carruccio e di altri che non mancherò di citare nella bibliografia, compilata colla diligenza maggiore che mi fu pos- sibile, e che darò in fine al Catalogo. — Nella indicazione delle (1) Ved. Bollett. della Soc. Rom. per gli Studi Zoologici, Fase. I, II e III, 1894, vol. III, con tav. - (2) Leggo ora, che correggo le bozze, una nota del prof. C. Giglioli sul Corvus tingitanus Irby. Nella nota è detto che per la prima volta in Italia, e precisamente in Sardegna, nell'isola (che è in realtà penisola) di S. An- ‘tioco, dal conte Ugolino Martelli tu ucciso nel 1894 un individuo g'.ad. dell’indicata specie. - Nell’Avicula - Giornale ornitologico italiano - Fase. I, oltre dell'annuncio sul Corvus tingitanus, si legge pure una breve nota in cui il sig. Raf. Meloni fa nota la presenza del Cursorius gallicus in Sar- degna, avendo egli ucciso diversi anni or sono un 3° ed una 9 ad. sulla spiaggia di Quarto (Circond. di Cagliari). IEEE la la x rea de AE Teti 3 pre no e nr E MST A Fota des) >. re Zi SIL RARE x RELITTO e Cai 56 MARCIALIS EFISIO . I. Ord. Accipirres — I. Sub. Ord. A. Driurnt. I. Fam. Vulturidae. I. Gen. Vultur Linn. 1. V. monachus Linn. Nel Capo Meridionale (2) lo si chiama Bentruxiu. Antruxiu (1) o Ben- turzu nieddu; e nel Capo Settentr. Anturzu. — L’Avvoltoio è. comune e sedentario. Non poche collezioni ornitologiche di Musei italiani e stranieri hanno avuto dalla Sardegna scelti esemplari g° e 9, giov. e adulti di questa specie. II. Gen. Gyps Savigny. 2. G. fulvus Gmel. Nel C. M. è noto col nome di Bentruxiu murru, e nel C. S. col nome di Anturzu o Benturzu.— Più abbondante della specie prece-. dente. Non è raro che esemplari vivi siano chiesti da stabili- menti scientifici e da privati del continente. So che recentemente un bellissimo esemplare giov. fu tenuto a lungo vivo nel Museo Zoologico della R. Univ. di Roma, ed ora ta parte della ricca collezione di rapaci nostrani ed esotici ivi ordinata in questi ul- timi anni dall’attuale Dirett. prof. Carruccio. II. Fam. Gypaetidae. III. Gen. Gypaetus Storr. - 3. G. barbatus Linn. - Noto col nome di Bentruxiu de Angioni (cioè Avoltoio dell’Agnello) nel C. M., o Bentruxiu barbudu (Avoltoio barbuto). Nel C. S. lo si chiama Achila ossaia, oppure Benturza o Anturzu bar- budu. In Gavoi e dintorni (Circond. di Nuoro) si usa il nome di Gurtuzzu barbaghinu. Specie non frequente, ma non molto rara, e sempre interessante per le sue abitudini. (1) D’ora in poi per indicare le due grandi divisioni che soglionsi fare. dell’isola (Capo Meridionale e Capo Settentrionale, corrispondenti in mas- sima parte alla provincia di Cagliari il primo, alla provincia di So il secondo), mi varrò delle sole iniziali C. M. e C. S. : 1P% MANI va © n ra, Pa * ce 4 Dt; f } singole specie ho procurato di unire alla maggiore concisione, la più grande scrupolosità. SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 57 III. Fam. Falconidae. TV Gen. Aquila Brisson. - 4. A. chrysattos Linn. Nel C. M. Achili o Achiloni; Abila nel C. S.- Abbastanza comune e sedentaria più ai monti che al piano, ove scende di raro nell’ inverno. 5. A. pomarina C. L. Brehm. L’Aquila anatraia minore è pure rappresentata nel Museo Univ. di Cagliari. È acciden- tale. Non è indicata dal Cara, nò dal Salvadori. V. Gen. Nisagtus. 6. N. fasciatus Vieill. Achiloneddu nel C. M.; Abilastru nel C. S.- L'Aquila del Bonelli non è tanto comune, ma è sedentaria. VI. Gen. Archibuteo. T. A. lagopus (IL. F. Gml. ex Briinn). Nel Museo Cagliaritano questa specie è rappresentata da un solo esemplare. Il Cara ed il Salvadori la dichiararono già accidentale: nè oggi può dirsi altrimenti. 1 VII. Gen. Haliattus. 8. H. albicilla Linn. ex W illugh. Achi- liera nel C. M. e S. o Achila marina. L’Aquila di mare non è tanto comune, ma è nidificante. VII. Gen. Circéetus. 9. C. gallicus I. F. Gmel. Rarissimo è fra noi il Biancone, nè ha nome volgare proprio. TX. Gen. Pandion. 10. P. haliietus Linn. ex Gesn. Stori de pisci o Achili piscadrixi nel C. M., Achili de pisci nel C. S. Comune e sedentario è il Falco pescatore, qualcuno però emigra.. X. Gen. Buteo. 11. B. vulgaris Leach. Nel C. M. Stori tura puddos (Astore ruba galline). Storixeddu ; nel C. S. Astoreddu, Store de puddas. La Pojana è fra noi comunissima. Riservo il mio giudizio sul B. desertorum. quale specie distinta o sem- plice razza minore. XI. Gen. Pernis. 12. P. apivorus Linn. Fu preso a Cagliari dal Meloni. Il Falco pecchiaiolo non abbondante nè comune, | apparisce in primavera. XII. Gen. Milvus. 13. M. regalis Briss. Nel C. M. Zuaddia, Zueddia; nel C. S. Asturolia, Atturdia, Zurubia, Zirulia. - Co- mune e stazionario in Sardegna. 14. M. migrans Bodd. Raro fra noi, ricordato dal Cara; Salvadori ecc. SR | DA mic a 4) TIENITI Ve a vi LAP SU e Vega Me RTP. NO * iv # ATI NET Pe : d. SE IR STO - MI TT LI, Ord”, 00 Di Lo sini] 13 58 MARCIALIS EFISIO CRI, ; SE XIII. Gen. Accipiter. 15. A. nisus Linn. ex Gesn. Lo Spar- paù viere lo si chiama fra noi Feridori, Vedidori: sedentario e vi nidifica; ma è specialmente comune durante il passo regolare e nell’ inverno. XIV. Gen. Falco. 16. F. Saker Salv. L’aut. dell’ Elenco degli Uccelli italiani (pag. 50) scrivendo intorno alla Gennaia. LS Saker ricorda che il Cara aveva annunciato un Falco lanarius, tuttora conservato nel Museo di Caglia:i, e si esprime molto | dubbiosamente sull’esattezza della determinazione specifica di questo esemplare. L’istesso Salvadori riferisce l’opinione del Giglioli, il quale ritiene l'esemplare in discorso come una £ del Falco peregrinus, notevole pei baffi stretti, e forse riferibile | alla var. F. /eucogenys. 17. F. peregrinus Tunst. Falconi pellegrina nel C. M. Non comune, ma sedentario, forse alcuni altri giungono in autunno. 18. F. punicus Levaill. Scarso, ma sedentario. Il Falco minore fu ucciso alla Maddalena, presso Sassari, Porto Conte, Alghero ecc., e parecchi scrittori ci diedero notizie delle cat-. ture fatte. XV. Gen. Aesalon Kaup. 19. Ae, regulus Pall. Nel C. S. per lo più si chiama Astorittu, nel C. M. Storixeddu. Lo sme- riglio è specie invernale e di doppio passo. XVI. Gen. Hypotriorchis Boie. 20, H. Eleonorae. Sedentario e nidificante nelle isolette della Vacca e del Toro, ed anche a Capo Caccia, Capo Spartivento, Isola dei Cardi, Serpentaria. e Capo S. Elia. Belle varietà si conoscono del nostro Pala della Regina. x OH Subbuteo Linn. Nel C. S. Astoreddu, e nel C. M. Storixeddu. È spec. di passo irregolare in primavera ed in autunno. Trovato in parti diverse della Sardegna, e di recente il Bonomi ne prese alla Nurra e a Portotorres. XVII. Gen. Tinnunculus Vieill. 22. T. alaudarius Gul. (Cerchneis tinnunculus Bp.) Nel C. M. Zerpedderi, e nel C. S. ora Tilibricu, Tirulia, secondo i diversi paesi. Di passo in primavera ed autunno. Alcuni Gheppi svernano in Sardegna, altri si riproducono, e pare che qualcuno si aGCORR. colla È specie precedente. SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 59 23. T.timnuneuloides Natt. (Cerchneis Naumanni Fleisch.). Il Falco Grillaio ha gli stessi nomi volgari della specie pre- cedente: nidifica talvolta in Sardegna. XVIII. Gen. Astur Lacep. 24. A. palumbarius Linn. Nel CU. M. Stori Columbinu. Specie invernale, e quantunque non frequente pure talvolta nidifica fra noi. Il Bonomi ne uccise nel mese di agosto sul monte Ortobene (Nuoro). XIX. Gen. Circus Lacep. 25. C. aeruginosus Linn. Stori de puliga a Cagliari ecc., e altrove nella prov. Caboni de canna, Stori de pisci. A Sassari ecc. Astori marini. — È comu- nissimo e sedentario questo Falco ovunque siano paludi. 26. C. cyaneus Linn. Stori biancu in molti paesi del C. M. Non è specie comune l’Albanella reale, ma di passo au- tunnale e stazionaria. 27. C. Swainsoni Smith. Di passo preinvernale è VAl- banella pallida. Riceve l’istessa denominazione volgare della precedente specie. Il Martorelli la trovò più numerosa che altrove in Sardegna. 23. C. cineraceus Montagu. Di passaggio, non frequente è l’Albanella minore, chiamata pur essa Stori biancu. II. Sub. Ord. A. NocturnI II. Fam. Strigidae. XX. Gen. Strix Linn. 29. S. fammea Linn. Nel C. M. è nota col nome di Stria, o di Stria bianca; nel C. S. di Strea. Comune è il Barbagianni in Sardegna, ed offre varietà parec- chie nel piumaggio e nelle dimensioni. XXI. Gen. Curine Kaup. 30. C. noctua (Athene noctua Bp.). Nel C. M. la si chiama Cuccumeu, nome che per celia si ap- plica anche a certe persone; nel C. S. Cuccumiau. La Civetta è dovunque sedentaria e comune. XXIT, Gen. Budo Dumeril. 31. B. maximus Bp. (B. ignavus T. Forster). In non pochi paesi del centro dell’ isola prevale il nome volgare di Facci d’omu. Il Salvadori (pag. 32) dava per mancanti in Sardegna questa specie ed il Syrnium aluco: be ii Z VA Mi Va Late tette ad Pea dino A = SE È senta sant ehe: A, ut ‘ A » } #4 y i î C x 19 ce, Lal seal Pi ee ia den ci i a i a E CITATI DENTE A VI ZA 60 MARCIALIS EFISIO ma il Gufo reale non ci manca, per quanto limitato nelle parti. interne e montuose. i si XXIII. Gen. Aséo Brisson. 32. A. otus Linn. prende nel-. 3 l'isola gli stessi nomi volgari della Strix fammea, senza 196a I giunta dell’aggettivo « bianca » nel C. M. è | 33. A accipitrinus (Otus brachyotus Salv.). Anche per il | (ufo ed Allocco di padule valgono i nomi volgari della pre- È cedente specie (la quale non è comune come la seconda), ma alla denominazione Stria, si aggiunge l'aggettivo groga (gialla). XXIV. Gen. Scops Sa 34. S. giù Scupoli (Ephialtes scops K. et BI.) È la Zonca del (). M. o Tonca del C. S_del- l'Isola in cui è di passo irregolare, e può anche svernarvi. II. Ord. PICARIAF. I. Sub. Ord. ZyGoDAcTYLAE. I. Fam. Picidae. XXV. Gen. Gecinus Boie. 35. G. viridis Linn. Nel C. M. lo si chiama Biccalinna o piccalinna (becca-legno, cioè fora-legno). Altrove, ad es. in Aritzo e verso la parte settentrionale, in cui è comune, lo si chiama Attaccadorza (che credo vorrà | dire a o buca-corteccia,). XXVI. Gen. Picus Linn. 36. P. major Linn. (Dendrocopus major Salv. ecc.). Pappa formigas (mangia formiche) o Bicca linna nel C. M. Toccadorza nel C. S. — Il Picchio rosso mag- giore è assai comune e sedentario nei nostri monti, massime dove ancora non furono devastate le foreste. 37. P. minor Linn. (Dendr. minor Salv.). Riceve pu stessi nomi. Scarso, ma sedentario nelle foreste delle più alte montagne, ad es. di Gennargentu, Limbara, Monte Spada. | XXVII. Gen. /ynx Linn. 38. IL torquilla Linn. Pappa formigas, Formigaiu. Il Torcicollo è di doppio passo. È dub- bioso se sia sedentario. Non è comune. II. Fam. Cucudlidae. XXVIII. Gen. Cuculus Linn. 39. C. canorus Linn. Il Cu- culo riceve nella prov. di Cagliari vari nomi, ad es. Pachedu SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 61 in Arzana ecc., Cuccu evvai presso Iglesias, Cucù presso Ca- gliari, Tempio ecc. — Estivo e comune in primavera; sog- | giorna specialmente nel Sassarese. f II. Sub. Ord. ANISODACTYLAE. III. Fam. Coractidae. XXIX. Gen. Coracias Linn. 40. C. garrula. Per lo più in Sardegna la si chiama Piga de mari. La Ghiandaja marina è scarsa nell'isola, dove giunge in primavera, e riparte in set- tembre. Nidifica nel piano di Ardura, di Chilivani e forse altrove. IV. Fam. Meropidae. XXX. Gen. Merops Linn. 41. M. apiaster Linn. Puzone virde (uccello verde) a Fonni; Rundine morinesca a Mamo- iada; Miargiu a Lanusei; Abiolu a Cagliari ecc.:; Marragau a Cagliari ecc.; e altrove Apiolu o Pianu. Il Gruccione giunge in aprile e maggio. Abbondante. Nidifica. Parte in settembre. V. Fam. A/cedinidae. XXXI. Gen. A/cedo Linn. 42. A. ispida Linn. Pilleni de Santu Perdu in quasi tutto il C. M., e Puzzone de S. Martinu nel C. S. — Il Martin pescatore è comune e sedentario, ma più facilmente si vede nell’inverno. IV. Fam. Upupidae. XXXII. Gen. Upupa Linn. 43. U. epops Linn. È la Pu- busa o Pupusa del C. M., e la Pupuza del C. S. — La Bubola ‘od Upupa è di passo in Sardegna nella primavera. Nidifica e parte in settembre e in ottobre, è abbondante nei piani di Castiadas, Chilivani Oristano ecc. sd Lo AT RI 2 Sl » ‘dt (VA ESESEO pei di REA Pigi E 2% PAPI % Pi ran ta n * EI da Pi Eta si VR e e ° Ni vii da. PAR e È MARCIALIS EFISIO III. S. Ord, HranTES. VII. Fam. Cypselidae. XXXIII. Gen. Cypselus Iiger. 44, ce apus Savi. Rundoni Varzia in Cagliari ecc., Papparattu panza niedda, Barzi i Sbiru in Tempio ecc. Giunge il Rondone agli ultimi di marz e la massa ai primi di aprile, per ripartire alla metà di ag sto; ma non pochi si vedono ancora a tutto settembre. 45. C. melba Linn. Varzioni, Varzia de monti, Run doni bianca nella prov. di Cagliari: ETA panza bianca in quella di Sassari. Giunge in aprile, riparte alla fine di ago” sto. Abita le rupi a picco sul mare, principalmente nel C. S. (Bonomi). “pa VIII. Fam. Caprimulgidae. XXXIV. Gen. Caprimulgus Linn. 46. C. europeaus Linn, Nel C. M. Succiacrabas; Palitorta, Passatultata, Puzone d. Ut las noces nel C. S. — Cra è il Succiacapre nell’estati RS È DI: ma anche sedentaria, e specialmente lungo i fiumi; incontran- Ra: z dosi anche E e nell’inverno. ta Furti ME IN. Ord. Passeres. 1. S. ord. Oscines (Uscines latirostres). be: I. Fam. Hirundinidae. Sr " Di ; o wr: XXXV. Gen. Chelidon Boie. 47. Ch. «rbica Linn. I LE . . sita . . { RT £Rciai di, CAPRE da SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 65 | Biccamuru nella prov. di Cagliari. —Il Picchio muraiolo è raro ed invernale. n XLV. Gen. Certhia Linn 64. C. brachydactyla Brehm. Il Rampichino, non indicato nel Catalogo del Salvadori, è di passo accidentale. Presso il castello di San Michele (Cagliari) ne prese qualche esemplare il Bonomi nell'inverno del 1887-88. ING Ban. Troglodytidae. XLVI. Gen. Troglodytes Vieill. 65. Tr. parvulus Kock. Pilloni de beranu nei paesi della prov. Cagliaritana, e Puzzone de Veranu nel Sassarese. Il Re di macchia è comune nei monti d’estate, e d’inverno al piano. \ VIE. Fam. Cinclidae. | XLVII. Gen. Cinclus Bechst. 66. C. aquaticus Bechst. ex | Gesn. Meurra de arriu nel C. M., Sturru de aqua, o Sturro de riu nel C. S. — Ne vide il sig. Bonomi lungo il fiume ai piedi dell’elevato monte, il Gennargentu. Presso Luculli, nel — Nuorese, il Merlo acquaiolo pare più abbondante. VII. Fam. Turdîdae. XLVIII. Gen. Accentor Bechst. 67. A. modularis Linn. Come già fu notato dal Cara la passera scopaiola è di passaggio in primavera in Sardegna, ed egli d’inverno non ebbe mai oc- casione di vederla. Il Salvadori però ne uccise una nei monti d’Oridda presso Domus-Novas nel mese di febbraio del 1863. 68. A. collaris Scop. (A. alpinus Bechst.) Il Sordone, | come già dichiararono il Cara nel 1842 ed il Salvadori nel 1863 è accidentale nell’isola, ed è specie pure rappresentata nel Museo di Cagliari. | XLIX. Gen. Turdus Linn. 69. T. viscivorus Linn. Turdu _ columbinu nel C. M., e Trudu merinu nel C. S. La Tordela | è di passo regolare. In agosto si trova nel Nuorese. Secondo il Salvadori nidifica in qualche parte dell’isola. | Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici 5 E USA vi (2. T. pilaris Linn. Turdu colombinu, Turdu de cosà lori de cinixu (color di cenere). Non è comune la: Cesena: è % di passo invernale, specialmente nel Sassarese, al piano. Il primo ta «che notò questo fatto fu il Bonomi. «Saga DI RAMA I SARO POETS ZI NIE î ne CARTA AR E RI 66 MARCIALIS EFISIO 70. T. musicus Linn. Nel C. M. chiamasi Turdu, è Trudu murtidu nel O. S. od anche Ismurtidus. — In Fonni prende il nome di Cocloro, e di Coilonga in Mamojada, ecc. A Invernale ed abbondante. a 71. T. iliacus Linn. Turdu piticu, Turdulu de mata in molti paesi del C. M. ed anche in parecchi del C. S. Il tordo sassello è abbondante al passo invernale, specialmente nel “i 5 Sassarese. ® L. Gen. Merula Leach. si M. migra tor . Meurra, i Miurra nel C. M.; Merula nel C. S. — Abbondante è il Merlo e sedentario; ma specialmente ilo e di doppio passo. Giunge di novembre con i Tordi. I Merli sedentari scendono al piano col freddo. sa: 74. M torquata Linn. Meurra cum cannaca (con collare) : nel C. M.; Merula giaulada nel C. S. — Il Merlo dal collare ‘SR è talvolta frequente, ma solo alle epoche del passo. | > LI. Gen. Monticola. 75. M. cyanus Linn. Solitariu, Meurra de arroca nel C. M. e anche in parte nel C. S. — Il passero n solitario è fra noi sedentario, invernale, vi nidifica, ed è co- mune, forse più nel Nuorese che in altre parti. In settembre o poco dopo lo si è visto e vedesi fin dentro la nostra Cagliari. z 76. M. saxatilis Linn. Solitariu a coa de fogu (coda infuocata), o a coa arrubia (coda rossa), oppure Culu arrubiu. 3 — Il Codirossone è nell'isola molto scarso, ma però sedentario” sui più alti nostri monti. D'inverno capita non di rado di ve- i derlo nella piazza d’armi presso Cagliari. È più frequente presso Alghero, nella Nurra, nell’Asinara, ecc., cioè nel C. S. LII. Gen. Dromelaea (Saxicola). - TT. D. leucura Gml. s Culu biancu. Il Salvadori ricorda gli esemplari di Monachella Da nera esistenti nel Museo dell’ Università Cagliaritana, e ag- giunge che durante il suo soggiorno in Cagliari fu preso un esemplare sulle rocciose colline di S. Avendrace (e quindi | presso la stessa città), ove si trova non raramente, nidifi- candovi. DS: noto che la Monachella a a nera era ni noi co- I ii € stazionaria (?) nell'inverno in pianura, nei campi, presso saline, e nell’ostate nelle località montuose. 79. S. @nanthe Linn. Nota in quasi tutta l'isola col ome di Coa bianca. In primavera ed in autunno è fra noi di pe il Cul bianco, e Jo sl tod soffermarsi presso la {a specie presso Ca- (Continua). ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal Prof. A. CARRUCCIO ti | iS ALCUNI CASI DI OMOPOLIELMINTIASTA e brevi considerazioni sul parassitismo negli animali in vita libera | RR pel Dott MARIO CONDORELLI FRA NCAVIGLIA Libero Docente di Parassitologia Medica. a PA 1 34 L’egregio prof. Corrado Parona (1) pubblicava nel 1893 un importante lavoro sulla omopolielmintiasi, denominazione colla quale egli molto saggiamente intendeva specificare quella modalità di parassitismo data da molti vermi spettanti tutti ad un'unica specie. i È risaputo da tutti, medici e naturalisti, che taluni el- .. minti possonsi riscontrare nel corpo dell'ospite in numero straordinario; così nessuno ignora che la Trichina spiralis Owen, la ilaria sanguinis hominis Lewis, l’Anchilostoma duodenale Dub. la Taenia nana von Siebold a migliaia. e migliaia talvolta infestano 1’ organismo umano; che la Taenia solium L. è stata rinvenuta nell’intestino dell’uomo in numero di 40 individui da Kleefeld, 33 da. Kuchenmeister e 30. da Heller (2), numero veramente rilevante se si tiene conto. che la Tenia armata è lunga da due a otto metri, ed occupa quindi, anche a sola, un grande volume; che il Distomum hepa- ticum Abildg. e il D. Zanceolatum Mehlis, nei bovi e nelle pecore infarciscono i canali biliari ostruendoli, ed ingenerano nell’ospite quelle alterazioni anatomo-patologiche, che costi- (a tuiscono la cachessia idroemica. v | Riandando la letteratura elmintologica si trova menzione di molti altri casi simili: citiamo, a mo’ d’esempio, le osser- (1) Parona C. - Sovra una straordinaria polielmintiasi da echinorinco Sal nel G/obicephalus Svineval Flow., pescato nel mare di Genova, in: Afft& della Società Ligustica di Scienze - Naturali e Geografiche, vol. IV, n.3, anno 1893, p. 314-324. Un (2) Perroncito E. - /:parassiti dell’uomo e degli animali utili. Milano, 1882, p. 115. “a soi ALCUNI CASI DI OMOPOLIELMINTIASI 69 vazioni di Krause (1) e di Schwabe che rinvennero nel cavallo l'Ascaris megalocephala Cloq. il primo in numero di 519 e il secondo di più di 1000. Il prof. Parona nel lavoro suddetto riferisce casi parecchi ed interessanti di polielmintiasi, che gli sono occorsi nelle sue ricerche. Così egli parla dell’Meteralkis maculosa Rud., riscon- trata a centinaia nell'intestino di alcuni piccioni; del Cyste- cercus tenvicollis Rud., rinvenuto in numero stragrande nel peritoneo, nel fegato, nel mesenterio, fra le pareti dell’intestino e a ridosso dei reni di un muffione; dell’ Atractis dactylura Rud., che riempiva il cieco di parecchie Y'estudo graeca L., del . Bothriocephalus punctatus Rud., che quasi costantemente oc- cupava buona parte dell'intestino dei Rombi. Più importanti ancora sono il caso di filariasi nell’ Acridotheres albocinctus per | parte della aria Bhamoensis Parona, e l’altro di ascariasi, dovuto all’Ascaris halicoris Owen, trovato in quantità così co- piosa nell’intestino del Dugongo che si sarebbe potuto cavarne a piene mani; non che le ultime due osservazioni, l’una ri- guardante il Solenophorus megalocephalus Crepl., rinvenuto in numero di 81 individui nell’intestino di un Pitone (Liasîs ame- thistina), e l’altra l’Echinorhynchus capitatus v. Linstow, che il Parona rinvenne nell’intestino di un G/odicephalus Svineval Flow., in numero così meraviglioso da occupare, senza inter- ruzione, dodici metri e mezzo dell'intestino, in tutto circa 25000 e più esemplari. Faccio seguire la relazione di alcuni miei casi personali, che, quantunque per importanza non superino e nemmeno uguaglino quest’ ultimo veramente classico del Parona, pur nondimeno credo che meritino di essere conosciuti. 1° TAENIA cucuMmERINA Bloch — Lo studente sig. Bacci donava al Museo nell’aprile del 1891 una boccia piena di esemplari di un piccolo cestode, che riscontrai essere la Tuenia cucumerina Bloch. Ne contai più di 200 intieri, ed un numero ancora mag- | giore in frammenti più o meno lunghi. Erano stati espulsi in unica volta da un cane di 9 anni. £° TAENIA LITTERATA Batsch — Nell’intestino della Volpe, (1) Krause. - Wiegmann's Archiv., 1840, Tom. II, pag. 196. 70 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA tutte volte che mi è capitato sezionarne in Museo, ho rinve- SA nuto la Taenia litterata Batsch, e sempre in quantità notevole. S In una Vu/pes melanogaster Bp. ne abbiamo rinvenuto un grosso gomitolo formato da 204 individui intieri, più molti altri in frammenti, che non si sono potuti enumerare. i na 3° BorHRIOocEPHALUS PUNcTATUS Rud. — Questo cestade, "oe comune nelle varie stagioni dell’anno nel Gadus minutus (L.) nel Rhombus marimus (L.), nella So/ea monochir Bp., ecc., Dì in quantità veramente grande si rinviene nella prima specie. Nel mese di maggio del 1894 abbiamo trovato l'intestino tenue di un grosso Rombo chiodato, pescato nel mare di Civitavec- * chia, pieno zeppo di Bofhriocephalus punclatus Rud. Non sono riuscito ad enumerarne gli esemplari, ma senza dubbio essi a hanno superato i 500. Il RRombus marimus (L.) però non È ; ospita costantemente, come credesi, il detto Botricefalo: que- i st'anno ho avuto occasione di dissezionarne un altro esemplare : si adulto, pur esso proveniente da Civitavecchia, e non vi hori- scontrato parassiti di qualsiasi specie. Il Both. punctatus Rud. è riconoscibile pei seguenti ‘ca- ratteri: i Capo oblungo rigonfio nel mezzo, lungo mm. 2.5, grosso mm. 0.3; botrie laterali, molto grandi, ellittiche a bordi spor- : genti, con apertura più ampia indietro che in avanti - Collo mancante - Proglottidi trapezoidi in principio, poscia subqua- drate; le prime cinque volte più larghe che lunghe (mm. 0.75 X mm. 0,17), le medie larghe mm. 2 e lunghe mm. 0.5, le È ultime, subquadrate, misurano 4 mm. di lato. Una macchia nerastra assai rilevata nel centro di ciascuna proglottide ma- tura. Ovuli grigio-rossastri, ellittici, lunghi p 74 e larghi w 60, provveduti di capsula sottile opercolata; opercolo circolare ampio w 20. 5 Lunghezza totale cm. 20-60. Sa 4° ScHIsrtocePHALUS DpimorPHUSs Crepl. — Nell’adunanza p del 28 aprile 1894, tenuta dalla Società Romana per gli Studi Zoologici (1) ebbi occasione di riferire sullo .Schistocephatus (1) Condorelli M. — Sullo SchRistocephalus dimorphus Creplin parassita del Colymbus septentrionalis L. (ved. processi verbali del Bollettino della ||| Società Romana per gli Studi Zoologici, Vol. III, N. IV, Anno 1894, p. 116). ALCUNI CASI DI OMOPOLIELMINTIASI 71 dimorphus Crepl.; e mostrai alcuni esemplari, rinvenuti in statu inevoluto nei Gasterostei del lago di Bracciano, non che circa | 150 Schistocefali in statu evoluto, lunghi dai 4 al 6 cm. e larghi dai 5 agli 8 mm., con ovarî molto sviluppati, e for- mantì sulla linea mediana nel mezzo di ciascun articolo una macchia sporgente rotonda, rosso-nerastra. | Tutti questi Schistocefali a completo sviluppo erano stati rinvenuti dal prof. A. Carruccio nell'intestino di un Colymbus septentrionalis L. ucciso anni sono in provincia di Firenze. Il numero dei parassiti, ospitati da esso palmipede, mi pare considerevole, ove si tenga conto delle dimensioni piuttosto grandi dello Schistocefalo. > S00Y Nel 1896 il prof. Decio Vinciguerra (1) trovava lo Sch: - stocephalus nei Gasteratei e nei palmipedi del lago di Brac- ciano: in un Podiceps nigricollis Brehm, ucciso colà nel maggio di quell’anno, egli trovò i due ciechi completamente ripieni di ben $5 individui del platelminto in discorso. 5° HererAKIS vesicurarIs Fròl. — Sezionando i visceri di un Phasianus colchicus L., morto in Roma nel maggio del 1894 (2), ho trovato i due ciechi, principalmente quello di destra, tem- pestati da piccolissimi nematodi, taluni liberi sulla mucosa intestinale, altri attaccati alla medesima. Per 1’ habitat, per le dimensioni e per la forma subito feci diagnosi di Meterakis resicularis Fròl., diagnosi la quale confermai coll’ esame microscopico. | Colorito bianco o bianco giallastro. Corpo alquanto ri- | gonfio nel mezzo assottigliato alle due estremità, principal- mente alla posteriore. Bocca trilobata. Estremità caudale della 2 diritta, acuminata; vulva nel mezzo del corpo ad eguale di- stanza dal capo e dalla coda; ovuli ellittici, provveduti di capsula robusta liscia e splendente, a protoplasma granuloso (1) Vinciguerra D. — Contributo alla biologia della SchRisfocephalus | parassita degli spinarelli (ved. processo verbale del 6 giugno 1896 del Bol- Jettino della Società Romana per gli Studi Zoologici, Vol. V, Fase. III e IV Anno 1896 p. 160). (@) Condorelli M.— ZMeterakis resicularis Fròlich, trovato in un fa- giano (Vedi processo verbale del 16 giugno 1894 del Bollettino della Società Romana di per gli Studi Zoologici, Vol. III, N. 4, Anno 1894, pag. 117). 72 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA e senza indizio alcuno di segmentazione. Ano a mm. 1.5 dalla punta di questa. Estremità posteriore del J diritta, acuta, ma meno della 9, con borsa profonda formata da due ali mem- branose; ano distante dalla punta della coda mm. 0.54; 12,pa- pille caudali progressivamente crescenti in lunghezza da dietro in avanti, distribuite in 4 gruppi: il primo di 3 a mm. 0.40 dalla punta della coda, il terzo di 6 che circondano l’ano, il secondo di 1 situata ad uguale distanza fra questi due gruppi, ed il quarto di 2 in corrispondenza della ventosa. Queste due ultime papille o costole, a differenza delle altre, che sono sub- coniche o bacilliformi, hanno la porzione esterna rigonfia a mo’ di mazza. Due spicule disuguali, debolmente arcuate, un- cinate in punta. Lungh. del g° mm. 7-9, gross. mm. 0.37. » della 9 mm. 10-12, >» > 0.45. I due ciechi, che albergavano l’Heterakis, ron presentano segno alcuno di alterazione anatomica, cosicchè la morte del- l'ospite non possiamo farla dipendere dalla presenza del pa- rassita. i 6° FiLARIA FovEOLATA Mol. — Filarie, in numero vera- mente straordinario, abbiamo rinvenuto nei visceri di un Falco conservati in alcool, già posseduti dall’antico Museo. Nel car- tello era detto soltanto che appartenevano ad un Falco ucciso nella provincia romana. Il tessuto connettivo periesofageo, le pareti dell’esofago e le tuniche dello stomaco sono talmente infarcite dal parassita, da non lasciar vedere altro per tutta la estensione di essi organi che una superficie ineguale e fra- stagliata, che possiamo raffigurarci coll’immagine data da un ammasso di filo sottile e bianco ammucchiato insieme e non raccolto con ordine. Ne ho riscontrato anche, ma in poco numero, fra le cellule aeree dei polmoni, fra le lamine del me- senterio e le tuniche del primo tratto del tenue. Il loro in- treccio è così complicato da rendere difficilissima l’estrazione del parassita intiero. Con delicata manovra e pazienza e con l’aiuto delle pin- zette e delle forbici, sono riuscito a svolgere due g° intieri e due ® adulte, l’una in due e l’altra in tre pezzi. ALCUNI CASI DI OMOPOLIELMINTIASI 73 Fra le diverse Filarie, che si riscontrano nei Falchi, non mi riuscì difficile fare la diagnosi di F. foveolata Mol. Colorito bianco-giallastro, corpo filiforme, assottigliato alle due estremità. Estremità anteriore ottusa e più robusta della posteriore, la quale è rettilinea ed acuminata nella 9; nel gf uncinata e provveduta lateralmente sul margine concavo, per l'estensione di mm. 0.30 a partire dalla punta della coda, «di una sottile espansione membranosa pochissimo alta. A Cuticola sottile e longitudinalmente striata; musculatura È polimiaria. i Bocca infundibuliforme, inerme, scolpita nel centro di una "depressione trasversale all'apice del capo; esofago cilindrico, robusto, lungo, ampio mm. 0.150, separato mediante uno stroz- zamento circolare dall’intestino chilifero, ch'è più piccolo del- l’esofago, rettilineo; ano scolpito nello spessore della cuticola. terminale nella 9, nel g' distante mm. 0.140 dalla punta della coda. x Testicolo e canale seminale sottili, tubulari, cilindrici, de- correnti con qualche leggera ondulazione lungo il tubo di- gerente. Due ovari, più robusti del testicolo, si originano dalla parte anteriore, e, descrivendo dei giri attorno il tubo chili- fero, si dirigono posteriormente; indi risalgono di nuovo sempre ; flessuosi, fino a che, giunti a distanza di mm. 2.7 dall’estre- a mità del capo, si fondono in unico canale, utero, che mediante = una stretta e breve vagina si apre a mm. 1.5 dall’ apertura È orale. Vulva ampia, circolare, prominente. Ovuli grossi, ovali, con l’uno dei poli più piccolo dell’altro; provveduti d’una capsula spessa, liscia e trasparente, entro cui sta un grosso embrione ripiegato una o più volte su sè stesso. L’ovulo misura # 43 X w 34; l'embrione, disteso, misura # 70 in più, l'estremità anteriore ottusa è spessa w 17, la posteriore acuta v 10. È, 199 È si Lungh. del g° cm. 5-16; spess. mm. 0.460 » della 2 » 20-30; » » 0.750 7° EcHinorayNcHUSs PROTEUS Westr. - Nei Barbi e nei Cave- dani del Tevere ho rinvenuto costantemente l’Eck. proteus Westr. 74 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA Nel febbraio del 1896 nello stomaco di uno Squalius caredanusBp. ne ho rinvenuto un numero talmente straordinario da costi- tuire un vero caso dimostrativo di omopolielmintiasi. A. co- minciare dalla porzione cardiaca sino all’ orifizio pilorico, la mucosa dello stomaco rimane nascosta nella sua totalità dalla presenza dei parassiti che, infissi colla proboscide, pen- dono. fluttuanti nella cavità gastrica, ricoprendo i superiori col loro corpo la porzione superiore dei sottostanti. Un muco denso, bruno, attaccaticcio avvolge gli Echinorinchi, dei quali alcuni, principalmente i più giovani, si presentano di colorito bianco-cereo, gli altri di un colorito giallo o giallo-dorato. Se ne osservano di tutte le età e dimensioni, da 5 a 22 mm. La sierosa dello stomaco comparisce mammellonata ovvero sia cosparsa all’esterno da eminenze cupoliformi, dovute al. sollevamento di essa per parte delle proboscidi sottostanti; di più essa ha perduto in quei punti il suo colorito lucido splen- dente, ed é divenuta spessa per iperplasia connettivale. Alterazioni molto progredite si constatano nella mucosa, la quale nei punti prossimiori all’inserzione della proboscide presenta atrofia ghiandolare; e siccome gli Echinorinchi sono moltissimi (104) ed assai avvicinati l’uno all’altro, quindi pos- siamo parlare di atrofia ghiandolare generalizzata. Inoltre si constata un grado leggero di pigmentazione nerastra ed un aumento notevole del connettivo: insomma quel complesso di alterazioni che costituiscono l’ indurimento pigmentario dello stomaco. La porzione cardiaca è congestionata con mucosa rossa e tumefatta; presenta pure un notevole grado di ectasia in con- seguenza delle alterazioni anatomo-patologiche delle pareti ga- striche, e in corseguenza dell'ostacolo al libero passaggio dei cibi nel duodeno, ostacolo dovuto alla stenosi pilorica per parte di quei grossi vermi, alcuni dei quali per l'appunto si son fissati in corrispondenza dell’orifizio pilvrico. Una diecina di altri individui si sono inseriti al primo tratto dell’intestino, il quale è perfettamente normale. Questo complesso di alterazioni, per la loro entità, non potevano essere sopportate, senza danno, da quello Squalzus, il quale, se non fosse stato preso dalla mano dell’uomo, di certo AGE CLAS \Le dari dae 4 pi) te N, RI LIATI La Ta TUOI e oi ARTI lo anto o. ALCUNI CASI DI OMOPOLIELMINTIASI 75 avrebbe finito per soccombere ai malefizî dell’Echinorinco. Io l'ebbi vivo in Museo insieme con altri Barbi e Cavedani, che mi bisognavano in vita per certi studî. Ma quale e quanta influenza esercitano i parassiti sugli | animali in vita libera ? Il prof. C. Parona, contro l’opinione generalmente invalsa che in essi l’emintiasi riesca innocua, dichiara che, secondo lui, « una polielmintiasi. debba agire nello stesso modo, sia « che si presenti in un animale domestico, sia che capiti in al- < tro libero » (1). Da mia parte, con qualche restrizione, mi associo al suo modo di vedere, ed in vero chi la pensa «diversamente mi pare che rinunzî a favore della immensa maggioranza degli animali, che godono completa la libertà dei campi, del cielo e dell’acqua, a buona parte del nostro patri monio scientifico circa l’azione patogena esercitata dai vermi parassiti sul corpo di chi li ospita. _ È ragionevole ammettere, quantunque non sia provato, che nei vertebrati inferiori i disturbi nervosi riflessi, effetto di eccitazioni centripete sui nervi terminali, ad esempio del- l'intestino da parte di Tenie, Ascaridi, Ossiuridi, ecc., possano avere poca importanza a causa della poca eccitabilità di essi animali, nei quali il sistema nervoso è meno complicato nella sua struttura e quindi meno squisito nelle sue funzioni. Può anche ammettersi che le sostanze tossiche, che taluni elminti intestinali producono col loro metabolismo, come ad esempio si vorrebbe da Schiapiro per l’anemia dell’uomo da Botkrio- cephalus latus Bremser, da Lussana e da altri per l’anchilosto- miasi (nel quale ultimo caso concorrerebbe la perdita di sangue, in parte succhiato dal parassita ed in parte stillante dalle fe- rituzze intestinali); può ammettersi, ripeto, che dette leuco- maine, ove si formino per la presenza di altre specie di Asca- ridi e di Botriocefali alberganti l’intestino di animali liberi, assorbite e passate in circolo, vengano eliminate rapidamente, senza che abbiano tempo di indurre alterazioni nella crasi del . sangue, e ciò per effetto dell’iperattività funzionale di quelli (1) Parona €. - Lav. cit. p. 323. 76 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA apparati organici (cutaneo, respiratorio, urinario e dirigente) che costituiscono veri e provvidenziali emuntorî naturali. Nella scarsa conoscenza o nella completa ignoranza di possibili malattie prodotte da elminti in animali liberi, che molto o poco o punto interessano l’uomo nei suoi rapporti col mondo esterno, può concedersi quanto sopra si è detto; ma certamente non rinunzieremo mai a generalizzare indistinta— mente per tutti gli animali, sieno essi domestici o in vita libera, i malefizî del parassitismo per sottrazione di materiali nutritivi o per azione meccanica. Se la 7aenia solium L. e la Taenia saginata Goeze, indipendentemente d’altro, sono dan- nose perchè si nutrono a spese del chimo dell’ospite, e 1’ Anchi- lostoma duodenale Dub. di sangue; se talvolta gli Ascaridi lom- bricoidi aggruppati tra loro formano dei grossi gomitoli, che ostacolano la libera circolazione intestinale, producendo l’oc- clusione dell’ intestino colle sue pericolose conseguenze, o uno di essi, emigrando durante i conati di vomito, nel dotto cole- doco o nel laringe, dà luogo ad itterizia od a soffocazione; non c’è nessunissima ragione per mettere in dubbio che uguale sottrazione di chimo o di sangue si avveri, e colle medesime conseguenze, per parte ad esempio del Both. punctatus Rud. e dell’ Anchilostoma tubaeforme Zeder, quando l’uno si trova ab- bondante nell'intestino dei Rombi e l’altro numerosissimo in quello del Leopardo o della Tigre; o nor si possano temere i medesimi effetti di occlusione intestinale, quando l’Ascaris halicoris Owen è così abbondante nell’ intestino del Dugongo, da poterlo raccogliere, come nel caso di Parona, a piene mani: o non si debbano avere accidenti di soffocazione o di itterizia quando per caso uno di questi Ascaridi penetri nel laringe o mne] dotto coledoco di esso animale libero. Nel caso poi di polielmintiasi da Echinorinco, al nocumento, dovuto alla sottrazione di chimo assorbito dal corpo dei pa- rassiti, aggiungesi, secondo il mio modo di vedere, il difettoso assorbimento da parte di una superficie intestinale lentamente infiammatasi per la presenza dei molti vermi, che colla loro proboscide eminentemente perforatrice feriscono la mucosa e provocano infiammazione reattiva con ispessimento connetti- vale e distruzione di ghiandole di Lieberkiin. re io È; 09 î a M n. E a) S t) ® è 1 =l ALCUNI CASI DI OMOPOLIELMINTIASI Per virtù di questa azione complessa, e non diversamente, si spiega la motia, che talvolta si verifica nei suini per epi- zoozia da Echinorinchi, come fu per i giovani cignali trovati morti nella macchia di Tombolo (1). In ultimo mi permetto una considerazione. Il prof. P. Min- gazzini nel suo lavoro Nuove ricerche sul parassitismo (2) viene a delle importanti conclusioni circa le lesioni prodotte da | Echinorinchi nel processo di perforazione intestinale. Condi- vido le sue idee, quando, dal risultamento delle sue ricerche, conclude: « Il parassita dopo di avere eroso mercò i suoi un- «cini la mucosa e la muscolare, e dopo di avere determinato < per l’irritazione da esso prodotta un accumulo di leucociti ac Bice net vi k DE ii “> pe ue -w Ta é at \ ‘7 », vi n ta BONE, PI Tag TRAE PI URI ANRSINAN CLAN MIGONE vi My E ‘9 pi + pf 3 ti; ui t id ai PE È >» Re n è: ha \ : , i pi dvi vi TE ATTI , : 82 CAMILLO DE-LEO i 1 Sep PIO # Mii: - più recente in Bessarabia nel 1870), la difesa da esse, la leali DE i decreti e gli ordini per la caccia e distruzione delle caval- sa lette emanati sia in Italia, che in Francia, in Spagna, ecc. ‘A Il Doria fece la storia delle invasioni delle Locuste nella campagna romana negli anni 1807-1815. (Opera posseduta dalla Biblioteca del Museo Zoologico della R. Università). - OR Unici Ortotteri utili all'uomo sono le Mantidi, dappoichè — hi schiettamente carnivori, predatori, compiono le loro rapine di danno delle infeste e e anche di un buon numero di coleotteri e di altri ortotteri fitofagi. di Dall’ antichità più remota ai giorni nostri, dall’ estremo . Oriente all'Occidente, in tutti i tempi e in tutti i paesi le 0 cavallette sono state oggetto di ricordi e di scritti infiniti. scientifici e popolari. Molti popoli si- servirono come farmaco di quell’ umore oscuro, acido che segregano molte specie di ortotteri, e mai malattie, financo la malaria, vi curavano. : S La Mantis religiosa fu spesso causa di notevoli pregiudizi ses ed errori popolari. SG Presso gli antichi c’ era il culto di Sao e di Ercole — sterminatori delle cavallette. GRILLODEA. GRYLLIDAE. E x # Gen. GRYLLUS, L. 1. G. campestris, L. i ci i ù px E e È vo Prov.: Roma, Bracciano (300 m. sul livello del pare). Vale Colli Laziali (400 m.), Fumone (783 m.) si Di questa specie ho potuto studiare parecchi esemplari | | allo stato larvale. Sei esemplari in alcool lunghi da 5 a 10 mm. senza accenno nè di elitre, nè di ali, con cerci abbastanza in. LAI via di sviluppo, femori delle zampe posteriori color rosso dr sangue chiaro sul margine posteriore. Un ro in 3100006 bi A: STAR (NUOVE AGGIUNTE AGLI ORTOTTERI 83 15 mm. con accenno di elitre e di ali che cominciano a spun- | tare sotto il corsaletto. Testa caratteristicamente più grande del corsaletto. Femori posteriori e cerci più sviluppati. 2. G. desertus, Pall. Prov.: dintorni di Roma, Terracina. Testa non più larga | neri senza margine rosso. 3. G. dalmatinus, Herr. «— ——(Collez. Carruccio). Prov. Ronciglione, (441 m.). Alatri Fex6502;m,)). d Questa specie non è citata nel lavoro del dott. Messea.. Corpo slanciato, mancanza assoluta di elitre e di ali, color giallo sudicio macchiato di nera- stro, corsaletto cilindrico superiormente nerastro con una croce pallida irregolare e i lobi laterali | pallidi marginati di nero; (ved. fig.) addome con GRYLLOTALPIDAE. Gen. GRYLLOTALPA; Latr. 4. Gr. vulgaris, Latr. Prov. Roma, Manziana (379 m.). Molti esemplari ebbe | recentemente (aprile e maggio 1897) il nostro Museo dai si- gnori studenti Ferraris e Prina). OECANTHIDAE. A Gen. OECANTHUS, Serv. Prov.: Arsoli (473 m.), Ronciglione (441 m.). In qualche forma larvale osserviamo elitre ed ali rudimentali, accenno di | ovopositore, cerci in via di sviluppo, lunghezza 5-6 mm., co- : lorito giallo chiaro. Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici, c 6* Cene "Age til n, Di erat ta at * bra * Sto I Dede te # Tal ea, da pa E Lg METTA E \ ala cfr per La il Im. mandibularis, Charp. LOCUSTODEA. LOcuUSsTIDAE. Gen. LOCUSTA de Geer. 6. L. viridissima, L. Prov. Roma, Arsoli 473 m.), S. Vito Romano (698 * Ronciglione (441 m.). Lago di Bolsena (303 m.). DEA FIS Fo ConocEPRALIDAE. Gen. CONOCEPHALUS, Thumb. 0) Prov. Arsoli (473 m.). Spiccata l'inclinazione della fronto de; in avanti, che lo distingue dalla precedente. MECONEMIDAE, Gen. MECONEMA, Serv. 8. M. varium, Fab. Prov. Arsoli (473 m.). Si vede bene la fascia gialla che i pa dall’occipite prosegue sul corsaletto. DECTICIDAE. Gen. DECTICUS. Serv. 9. D. albifrons, Fab. . Prov.: Roma, S. Vito Romano (693 m.), Manziana o) mi, Capodimonte (Lago di Bolsena, 319 m.) Alcune forme larvali prese a Capodimonte ci offrono Lo ghezza 10-25 mm. color giallognolo, con tratti. scuri sui seg- menti addominali, elitre ed ali rudimentali, quelle più a "N di queste con ie belle macchie nere ciascuna. i Corsaletto con linea chiara lungo i lobi laterali. Altre prese nei dintorni di Roma sono più piccole delle precedenti, testa e corsaletto grossi, addome acuminato. Possono considerarsi. quindi come di 1° muta, mentre le precedenti di 2. i I Re fa] E Ct NUOVE AGGIUNTE AGLI ORTOTTERI 85 Gen. PLATYCLEIS Fieb. 10. P. affinis, Fieb. Prov.: Montecompatri (583 m.), Capodimonte (319 m.) Roma. © | Se ne possiedono parecchi esemplari in buone condizioni. 11. P. grisea, Fabr. 3 ._ Prov.: Ronciglione (441 m.) S. Vito Romano (693 m.) Roma. - | | 2% specie non citata dal Messea. È simile alla affinis, ma: Più bruna della precedente, fronte marmorata di bruno (pallida o rossastra nella affinis). Pronoto piano superiormente con lobi ripiegati inseriti ad angolo (bordi sbiaditi nella affinis). Elitre ed ali bene sviluppate, elitre mac- chiate di bruno (nella affinis le elitre non sorpassano mai l’apice dei fe- mori posteriori). Femori posteriori ornati esternamente di una striscia longitudinale bruna (nella affiris no). Il maschio è quasi uguale a quello della affinis; ma nella femmina ci sono differenze assai spiccate: Nella Fig. 2° Grisea (fig. 1°) tutti i segmenti ven- trali dell'addome delle. femmine sono piani, mentre nella affinis (fig. 2°) il 7° ha una bozza nel mezzo, e così il 6°, ma meno accentuata. Nella Grisea l’ovopositore è ricurvo alla base, (Fig. 1°) nell’affinis nel mezzo. (Fig. 2). Gen. PHANEROPTERA, Serv. 12. Ph. quadripunctata, Br. * Prov.: Arsoli (473 m.), Olevano (571 m.), Ronciglione (441 m.), Fiumicino, Terracina. 43. Ph. macropoda, Fisch. (Acrometopa macropoda, Burm.). oi serie A Sa Prov,: dintorni di Roma, Arsoli (473 m.). 14. Ph. falcata, Scop. a i Prov.: S. Vito Romano (693 m.). Dint. Roma. CAMILLO DE-LEO. STENOPELMATIDAE. A Gen. DOLICHOPODA. 5: 15. D. Linderi, Dut. gii Li ft ps) bia ‘BH 3 og N N oi; e Pi w (kt) IO ca EE ru -BgÈ bl o n D 5 00 pi ani ‘go DI È. 00 Age SE (ou BG I. SEG 5 D < D specie le posteriori, ben marcata la linea scura sul bordo steriore dei segmenti toracici e addominali. de CA vw dr MEO, Gen. POECILIMON. OCA RSRE VERO Re dir DE 16. P. Ionicus Kollar. (Odontura superba l'ischer). ‘a Prov.: Montecompatri (583 m.). DE: Gen. ODONTURA. 1750. serricauda Fisch. 1 00 sr Prov.: S. Vito Romano (693 m.). pra 5* specie non citata dal dottor Messea. Il Museo n possiede 2 esemplari 9 e uno dg. Ovopositore della femmina compresso con apice arrotondato e dentato rivolto all’ insù. i Specie importante perchè fece parte delle invasioni in. Sardegna nel 1869-70. i pese DIS EPHIPPIGERIDAE. 12 ARE? (I Gen. là Latr. 18. E. Zelleri, Fisch. o | Prov.: dona; Montecompatri (983 m.), Ss Vito Romano Db; ts (693 m.). ue < So Specie dano e frequente nel territorio romano. \: 19. E. vitium. Serv. pa NUOVE AGGIUNTE AGLI ORTOTTERI ; 87. : periore dell'addome e giallo della ventrale, e per la linea giallo-scura spiccata laterale che segna la delimitazione dei 2, colori... -;° Gen. PTEROLEPIS, Fieb. 20. Pt. femorata Fieb. (Thamnotrizon femoratus Fieb.). Prov. dint. Roma, Ronciglione (441 m.), Segni (668 m.). Di rimarchevole offre: I 2 punti neri sulla fronte tra le antenne, le 2 macchie nere intorno agli occhi che si conti- «nuano con quelle del corsaletto e anche dell'addome. Corsaletto a sella liscio, coi bordi laterali inferiori gialli. Femori poste- riori molto sviluppati con striscia nera esterna. In 2 belli esemplari maschi ho potuto veder bene i 2 cerci allungati muniti di dente interno vicino alla. base, la. | presenza delle elitre rudimentali, scure, che nella femmina man- cano sempre o quasi, e la fronte marmorata di scuro con mac- chie. pressochè simmetriche, con 2 linee nere più spiccanti tra le antenne. Tre forme larvali maschi (Segni : Carruccio) ci fanno vedere il colore più chiaro quasi verdognolo; ma già appaiono, appena accennate, le striscie nere sul corsaletto, le elitre pure con macchie nere e i femori già abbastanza sviluppati, ma senza macchie nere. 21. Pt. Chabrieri, Serv. (Thamnotrizon Chabrieri, Charp.) Prov. : Ronciglione (441 m.), Segni (668 m.). 5* Specie non citata dal Messea. Simile alquanto alla precedente, ma se ne distingue assai bene per i seguenti ca- ratteri: 1° Colorito verdognolo. £° Quattro macchie scure quasi allineate sulla fronte, e più propriamente le 2 laterali a forma di punti, le 2 cen- trali di lineette. o° Corsaletto con la parte posteriore molto protesa alc l’indietro con due leggiere impressioni trasversali. 4° Ultimo segmento dell’addome nero. Pi ; tai s° % meet ta TE & ‘a Sita fi VIE È ne asta di À, 4 i AN 4 Dodo Mt ee e dia Lr agace» 3 n ; VA der ITACA 4 83 . | CAMILLO DE-LEO Ri aa Di Gen. RHACOCLEIS, Feb. 22. Rhac. Bormansi, Br. Prov.: Roma (Palatino). i Simile alle precedenti, ma più piccola, e con fronte me morata di bruno. i Gen. THAMNOTRIZON, Fisch. 23. Th. BRUNNERI, Targ. Prov.: Montecompatri (Carruccio). RA Specie rara, vicina al Pt. Chabrieri. L’esemplare 3 P seduto, che è quello stesso che studiò il Messea, presenta, com questi accenna, 6 punti neri sulla fronte, in luogo di 4, com tutti gli into descrivono. Bisogna vedere se questo carattere. . è costante nelle altre specie del territorio romano. ACRIDIOIDEA. TRYXALIDAE. Gen. TRYXALIS, Fab. 24. T. nasuta, L. Prov.: Roma (villa Corsini, Orto botanico), Arsoli (473 PT Gen. STENOBOTHRUS, Fisch. | 25. S. rufipes, Zett. ___Prov.: Roma, Palestrina (472 m.) Alatri (502 m)) bio (783 mi). prima vista farlo mettere in qualche altra specie: valli dire 15 si DE ea nero delle elitre e del corpo (verde nelle femmine). (228 i femori posteriori rossi (brunastri marmorati nelle femmine). 26. S. Pulvinatus, Fisch. d. W. - Prov.: Arsoli (473 m.) Montecompatri (boa: m.), spaeii e pi cola (15 m. m.) CR xx DE SOSIO TORO SL SE PESI Mg NUOVE AGGIUNTE AGLI ORTOTTERI 89 .27. S. bicolor, Charp. Prov. Montecompatri (583 m.) 28. S. Hemorroidalis, Charp. Prov. : Arsoli (473 m) Palestrina (472 m.) | Simile al rufipes, ma: più piccolo, Elitre più corte dell’ad- dome, con fascie biancastre, femori marmorati di bruno, mai di rosso o rossi come nel rufipes, apice dell'addome rosso (va- | rietà Raymondi), corsaletto con macchie nere lungo le 2 linee posteriori divergenti. 29. S. tricolor, Griff. (Puracinema tricolor Thumb.) Prov. : Palestrina (472 m.) Ronciglione (441 m.) Più grande (25 mm.), bande nere sul pronoto, elitre verdi lungo i margini, brune nel mezzo, tibie post. rosse con denti bianchi, neri all’apice. 30. S. rufus, Fisch. (Gonphocerus rufus L.) dio. Arsoli (473 m.) S. Vito Romano (693 m.) Specie piccola (15 mm.) con antenne ingrossate in punta ed estremità bianca. Gen. STAURONOTUS, Fisch. 31. S. maroccanus, Thumb. (S. eruciatus Fisch.) Prov.: Montecompatri (583 m.) Palestrina (472 m.) Gen. PARAPLEURUS, Fisch. 32. P. alliaceus, Germ. Prov. : dintorni di Roma. 6° specie non citata dal Messea. Simile ai precedenti; ma più allungato, verde pallido; le bande nere laterali dagli occhi vanno su tutta la lunghezza delle elitre. È più comune nell’Italia settentrionale che da noi, infatti i il Museo possiede parecchi esemplari presi in Val d'Aosta. Sh a È A ‘ va di È N & s Delli ita E abaco» PREIS ELI v DA & 7 ” Ta 9 \ » Ta ) “a x » od RE EE Tira e E DIO di: è - : o EI, SA Masa de Pe Ù 9% CAMILLO DE-LBO @1' 1 tn ir i (441 m.) Palestrina (472 m.) Alatri (502 m.) Un po’ pr rara. «Si Gen. EPACROMIA, Fisch. cab: 33. E. strepens, Latr. Prov. : Arsoli (473 m.) Montecompatri (583 m.) Specie frequentissima. 34. E. thalassina, Fab. Prov.: Montecompatri (583 m.) Color verde anche sulle parti laterali del corsaletto, e femori più larghi e pure verdi. OEDIPODIDAE. Gen. OEDIPODA, Latr. 35. Oe. insubrica, Fisch. (Asrotylus insubricus Scop.). Prov.: Arsoli (473 m.) 36. Oe. miniata, Pall. Prov.: Palestrina (472 m.) Arsoli (473 m.) Colli Tuscglani 3 (500 m.) Alatri (502 m.) Frequentissima nel territorio romano. Il Museo ne possiede moltissimi esemplari. SE 37. Oe. coerulans, Serv. Prov.: Montecompatri (583 m.) Arsoli (473. m.) Ronciglione n: 38. Oe. coerulans, Serv. Prov.: Ronciglione (441 m.) vena 7° specie non citata dal Messea. Simile alla precedente e sta dovunque essa trovasi; ma se ne distingue per aver le ali tutte celesti senza fascie nere; pronoa più ristretto ante- riormente. Fece parte delle gravissime invasioni di Sardegna, cui a lungo assistettero in paesi diversi, e massime nel cir- DE condario d’ Iglesias, nell’anno 1869 il sn Targioni-Tozzetti. col prof. Carruccio, allora suo aiuto in Firenze, quando furono. entrambi dal Ministero dell’ Istruzione e di Agricoltura e ord mercio mandati in Sardegna, a scopo di studio. 39. Oe. gratiosa, 4 7” Prov.: Palestrina (472 m.) | NUOVE AGGIUNTE AGLI ORTOTTERI 91. VERA Pi ALE | Gen. PACHYTYLUS, Fieb. 40. P. nigrofasciatus de Geer.. . Prov.: Dintorni di Roma, Corneto Tarquinia (149 m.) Ronciglione (441 m.) Montecompatri (533 dI AL P. cinerascens, Fab. di Prov.: Roma (Ponte Nomentano). AGRIDIDAF. | ‘Gen ACRIDIUM, Geoffr. | 2009 SARCA aegyptium, L. | Prov.: Palestrina (472 m.) Montecompatri (583 m.) Arsoli 473 m.) Ronciglione (441 m.) Molto comune da noi; quasi esclusiva è «la sel lineola. Gen. CALOPTENUS, pian 4 "0: Italicus, IL . — Prov.: Roma, Arsoli, Corneto Tarquinia, Montecompatri, È i; Ronciglione, Olevano, (571 m.). RO: Molto comune. Numerosi esemplari; frequente la varietà. i marginellus, cioè con due striscie bianche laterali sul corsa- letto che si continuano sulle elitre. Alcuni iena hanno 4 | macchie nere sul corsaletto. s 1 Gen. PLATYPHY MA, Fisch. = E° PI. Giornae, Rossi. Prov.: Arsoli, Montecompatri, RORdizuone, S. Vito Romano. TETTIGIDAR. | Gen. TETTIX, Charp. 45. T. bipunctatus, L. Prow;: Ferentino (393 m.), Arsoli dintorni Roma, comu- " nissima.. 46. T. subulatus, L. Prov. Colli Tuscolani. d7- TE, meridionalis, Ramb. Prov.: Roma, (Acquacetosa). | PHASMODEA. no. Gen: BACILLUR, Late. NL 51600340008 9 RIS IO ue. Prov.: Moritecompatri, Ronciglione. 1a Magie: 49 Bi Sao OR: Lora SO i CRE MANTODEA. da” MantIDAR. ) - rASS08 Gan. MANTIRIIS 0 Sane pi: i 50. M. religiosa, L.. Prov. : Bol: Arsoli, Palestrina, Ferentino, Pinmicino, Subiaco. on Gen. EMPUSA, II. E SLA AA 51. E. egena, Charp. a Se? CIS Prov.: Roma (Casal de’ Pazzi fuori porta di SEA | _»’»—»—»— . ‘specie non citata dal dott. Messea. Il Museo ne pos i siede un esemplare, giovane, DA non c'è completo sviluppo | ‘ nè delle elitre nè delle ali. AT BLATTODEA. Ra PiiyLLODROMIDAF. i A Gen. LOBOPTERA, Br. a 52. L. decipiens, Germ. z S | Prov.: dintorni di Ria ® PERIPLANETIDAE. Gen. PERIPLANETA, Burm. è 58 P. orientalis, L. Prov.: Roma, Arsoli, Ronciglione. Gen. BLATTA, L. 54. B. Germanica, L. Prov.: Palestrina (Carruccio). Segni. 9° specie non citata dal dott. Messea. Specie piccola (11 mm.), bene alata, di color giallo-rossiccio, corsaletto gial- - lastro con due striscie scure, elitre lanceolate gialliccie, addome «depresso, zampe giallastre. FORFICULARIA. Gen. LABIDURA, Leach. 55. L. riparia Pall. Prov.: Roma, Ronciglione. Gen. FORFICULA; L. 56. F. auricularia E. Prov.: Roma, Alatri, Arsoli, Ariccia, Palestrina. Queste, per ora, le 56 specie romane studiate. _ Nel catalogo degli Ortotteri veneti del Ninni ve ne tro- viamo 66, tra cui molte che noi non possediamo; ma molte che possedianio noi, mancano a lui: Non cita per es. la Blatta Germanica; nel gen. Stenobothrus nè il pulvinatus, nè il bi- color, nè l’hRemorroidalis che noi possediamo; mancano lo Stauronotus maroccanus, il Parapleurus alliaceus, V'Epacromia strepenstra gli Acrididi. Tra i Locustidi mancano le specie: Meconema varium, Platycleis affinis, Phaneroptera quadripune- tata (da noi tanto comune), PR. macropoda, Dolicopoda Linderi, | NUOVE AGGIUNTE AGLI ONTOTTERI 93. 94 $ CAMILLO DE-LEO Odontura serricando, Ephippigera Zelleri, Pterolepis femorata, — R. Bormansi, Thamnotrizon Brunneri. ‘3 Negli Ortotteri lombardi del Pirotta figurano 76 specie: Tra esse non trovo: Gry2lus dalmatinus, Ephippigera Zelleri, | Phaneroptera macropoda, Pterolepis femorata, PR. Bormansi, Thamnotrizon Brunneri, Decticus albifrons, Platycleis affinis, Stenobothrus RS St. bicolor, St. pulvinatus, Epacro- mia strepens, Oedipoda miniata, Tettix meridionalis. Negli Ortotteri del Varesotto pure del Pirotta figurano 31 specie. Non trovo delle nostre: Gryllus desertus, Gr. Dalmatinus. pi:- Ephippigera Zelleri, Phaneroptera quadripuctata, Ph. ma- cropoda, Locusta viridissima, Platycleis affinis, Pterolepis femo- rata, Pt. Bormansi, Thamnotrizon Brunneri, Decticus albifrons. Tryxalis nasuta, Stenobothrus bicolor, St. hemorroîdalis, St. pulvinatus, Epacromia strepens, Oedipoda miniata, Oed. coe- rulans, Pachytylus, Tettix meridionalis, Periplaneta orientalis, Blatta germanica. Il Targioni Tozzetti negli Oratori agrarii (Firenze, Roma) accenna quasi tutti i romani, meno la Forficula riparia e al- cuni Stenobothrus. Dalla scorsa di questi cataloghi possiamo trarre delle con- clusioni : i i Nella Lombardia, nel Varesotto non troviamo il Gr. dal- matinus più proprio dell’ Italia centrale e meridionale (Tar- gioni-Tozzetti, Griffini). Nè in Lobato nè nel Veneto, nè nel Varesotto, tro-o . viamo l’Ephippigera Zelleri che gli autori infatti son concordi. nell’ammettere nell’Italia centrale e più ancora nella meridio- ‘ nale, mentre vi troviamo sempre quella che è propria del- l’Italia settentrionale, l’EphRippigera vitium. In tutti e tre troviamo costante la Phaneroptera TAR da noi un po’ rara. Manca pure il Decticus albifrons, essendo più proprio delle provincie settentrionali il verrucivorus, da noi più raro. Non trovo mai i generi Thamnotrizon Brunneri, Pterolepis — Bormansi, nè tra gli Acrididi l’Epacromia strepens, molto co- mune del territorio romano. a NUOVE AGGIUNTE AGLI ORTOTTERI 95 Mentre negli Ortotteri agrarî toscani del Targioni quasi tutti i nostri sono accennati: ma siamo infatti in una provincia con la nostra confinante. | E della provincia di Perugia, pure vicina alla nostra, possediamo quasi tutti gli esemplari della collezione romana. Con nuove escursioni in parti non ancora esplorate della provincia di Roma, il prof. Carruccio, come già fece nei pas- sati anni, e qualcuno dei suoi alliévi e collaboratori, potranno raccogliere nuovo materisle di studio, che ci auguriamo veder ‘compiuto come merita la nuova, ricca e importante collezione entomologica del Museo Zoologico della nostra Università. BIBLIOGRAFIA. Dottor Alessandro Messea. Contribuzione allo studio degli Ortotteri Ro- mani (Estratto dallo « Spallanzani » Giornale romano per le scienze biologiche fondato e diretto dal Prof. Antonio Carruccio, Anno XXVIII colla serie I. fascicoli VIII e IX 1890). . Fischer. Orthoptera Europea, 1853. Brunner von Wattenwyl. Prodromus der Europàischen Orthopteren 1882. A. Griffini. Ortotteri Italiani 1897. Finot. Insectes Ortoptères, 1892. Ninni. Contribuzione per lo studio degli Ortotteri Veneti, 1880. Pirotta. Degli Ortotteri genuini insubrici. Pirotta. Intorno agli Ortotteri del Varesotto. Targioni-Tozzetti. Annali di Agricoltura 1882, Ortotteri agrari. Doria. Estirpazione, propagazione e danni delle Locuste, 1815. Ometto, perchè non necessarie, altre citazioni di opere generali e spe- ‘ciali, pur consultate, che sono in possesso della Biblioteca del R. Istituto Zo ologico di Roma o di altre Biblioteche locali. & » hi g". CASO INTERESSANTE DI ASCARIASI IN UN CAVALLO e Rig I : » E” d LITRI ELOS NE Da i "O Nell’intestino di un bel cavallo da tiro, morto per pol- | p monite doppia, e che in salute andava soggetto da tempo a RE degli accessi furiosi di vertigine ricorrente, riscontrai una ic grandissima quantità di vermi, ed erano tanti, che raccoltine — p5 5 alla meglio più che si potesse, alla bilancia dettero il peso vi straordinario di chilogrammi 2.800. Se si fossero raccolti tutti, Si avrebbero di molto sorpassato il peso di 3 chilogrammi! dr; Uno di questi elminti rinvenni tra la terza e la quarta diramazione dei canali biliari; esso era lungo centimetri 14 e £ 5; del diametro massimo di centimetri 0.7. E’ certo che dal tenue, ‘© per il coledoco, questo verme aveva emigrato nel fegato, cau- ni sando successivamente catarro notevole dei canali biliari, ispes- È simento delle lorc pareti, ed aumento anormale del lume di Bor essi: la ghiandola epatica in conseguenza di queste lesioni era. Sd in degenerazione amiloide. i 00] Dall'esame che successivamente feci degli el/minti suddetti, î risultò che appartenevano alla specie Ascaris megalocephala fr Cloq. 13 È certo che i disturbi cerebrali, cui andava soggetto il - cavallo, erano di origine riflessa, e causati dalla presenza di tanti vermi parassiti nell'intestino; di ciò danno autorevole affermazione tutti i trattatisti di patologia veterinaria, che descrivono la vertigine cerebrale del cavallo. (Héring, Fried- berger e Fròner, Rigoni, Délafond, Perroncito, Diekeroff, Tra- sbot, ecc.). SS Importantissima a notare, è la presenza di uno di questi vermi nel fegato, poichè nella letteratura veterinaria ne sono ui; descritti pochissimi casi. Ne parlano genericamente il Perron- cito ed il Neumann nei loro classici trattati sui parassiti ani- v di ERIRE IENE NEO SEA SORA n È prc gati ie pn dé CASO INTERESSANTE D’ASCARIASI IN UN CAVALLO 97 mali; il Roll soltanto cita il caso di un ascaride nel coledoco di un cavallo; ed il Generali, in un cavallo morto di pneu- monite, ha riscontrato la presenza di un ascaride megalocefalo nel canale pancreatico. Nella letteratura medica non molto ra- ramente è rammentata la presenza di ascaridi nel fegato: molti autori ammettono che sieno migrazioni avvenute post mortem; il Marchiafava però ha provato, credo per il primo, che in- vece la presenza di questi parassiti nel ati avvenga anche durante la vita dell’uomo. Nel nostro caso è reso evidente che il verme si è intro- dotto nel fegato, durante la vita del cavallo, dalle lesioni ri- scontrate in questa glandula, cioè: dal catarro notevole dei canali biliari, dal notevolissimo ispessimento delle loro pareti, dal suo stato di degenerazione amiloide, nonchè dalla tinta sub- itterica delle carni e delle membrane apparenti. Secondo il mio modo di vedere, questo è un caso impor- tante, e degno di esser reso di pubblica ragione, tanto dal punto di vista della polielmintiasi, quanto dal lato della po- lizia veterinaria e dell'anatomia patologica, portando esso un contributo allo studio delle malattie parassitarie, cui vanno soggetti i nostri animali domestici. Dott. LeonARDO VALENTINI . Medico-Veterinario addetto all'Ufficio di Direzione di Igiene Municipale Ufficiale Sanitario Delegato per la Polizia Veterinaria. COSPICUO DONO AL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA ED ALLA COLLEZIONE FAUNISTICA DELLA PROVINCIA DI ROMA A molti ormai è ben noto che il Museo Zoologico dell’Univer- sità della Capitale fu richiamato a nuova vita dall’anno scolastico 1883-84 in poi, e si può oggi affermare ch'è affatto mutato anche | nelle sue condizioni materiali. Limitandomi alle attuali condizioni scientifiche dirò che le collezioni animali — per tutti i tipi e per tutte le classi — vennero non solo decuplicate, ma talune addirittura *. ricostituite. Pochi esempi basteranno a dimostrarlo: la collezione «dei Molluschi in alcool e delle conchiglie nell’anno scolastico 1883 G era rappresentata da un totale inferiore agli otto mila esemplari: oggi (giugno 1897) gli esemplari ascendono a più di cento settemila! Cita Sos Gli Artropodi che erano in quell’anno non più di tre mila, oggi sono oltre 38 mila; i Vermi che quando ho io assunto la direzione rag- giungevano a stento i 280 esemplari, quasi tutti marini, mancando ì più necessari per lo insegnamento dimostrativo (anche fra le specie endoparassitarie più comuni) oggi sono circa 2000. E man- cavano pure le forme più indispensabili per un insegnamento rego- lare tanto peri tipi degli Echinodermi, quanto dei Celenterati e dei Tunicati, tutti al presente rappresentati largamente, determinati ed —_—— ordinati nel miglior modo possibile. Che dire degli animali supe- riori? Tutti i Vertebrati nell’anno scolastico 1883-84 formavano un totale di 2650 esemplari; presentemente superano i diecimila, per- chè l'aumento tu di circa 7500, fra Mammiferi, Uccelli, Rettili, Anfibi e Pesci. E nuove affatto sono le collezioni ornitologiche, ittiologiche, entomologiche, ecc., per la provincia di Roma, da me fondate. La collezione degli Uccelli romani che in pochi anni potè raggiungere un totale di circa 1500 individui, on specie notevolis- sime sotto diversi rapporti, ricevette un forte e importantissimo incremento per il dono generoso quanto splendido, e da tutti gli amanti degli studi e della patria lodatissimo, fatto al nostro Mu- seo dagli egregi marchesi dott. Filippo Patrizi e dott. Giuseppe Lepri, i quali da anni, senza badare a spese e a fatiche, curavano la formazione di una collezione ornitologica privata. Essi hanno po- tuto riunire 350 esemplari, con specie di tutti gli ordini, di nota e sicura provenienza (dintorni di Roma ed altre località della pro- Li ip 3 Ri “a Me ernia) va è _ d Vai Da Fe ond Re, 5 î TOR BORE TATA TA OÙ LR) 2 14Id COSPICUO DONO AL MUSEO ZOOLOGICO 99 ‘.vincia), nel quale numero comprendonsi specie rare e pregevoli, talune prima mancanti alla collezione romana universitaria, in cui — come pure è noto — ebbi la fortuna d’ introdurre parecchi esemplari preziosi per qualsiasi voglia collezione locale ed italiana. Ma presto tutto ciò potrà meglio rilevarsi da una speciale pub- blicazione, che sarà complemento necessario a quella da me fatta nel 1888. Nella collezione Patrizi e Lepri tutti gl’ intelligenti pote- rono nei passati giorni, in cui il Museo ricevette numerosissime: visite, ammirare ì bellissimi esemplari di Aquila clanga, Haliaétus | albieilla, Pandion haliaétus, Circattus gallicus. Gennaia Feldeggi, Falco peregrinus, etc. fra gli Accipitres; di Dendrocopus minor, Caprimulgus europaeus, Cypselus melba, Thicodroma muraria, Corvus eorax, Nucifraga caryocatactes (rara nella prov. romana) etc. etc. per gli ordini Picariae e Passeres. E nell’ord. Gallinae citeremo il di Syrrhaptes paradoxus. Venendo all’ord. Grallatores eccoci a reali e desiderate rarità, quali il Charadrius fulvus, la Bartramia longicauda etc. E fra gli Anseres oltre due bellissimi esemplari ge £ di Casarca rutila, pur essi di provenienza romana indubitatissima come ben rileva- rono i benemeriti donatori (1), citiamo la Rissa tridaetyla, V Anser albifrons etc. — Dobbiamo aggiungere che tutti sono esemplari scelti e benissimo preparati o dall’egregio tassidermista della Casa Reale, sig. De Dominicis, o dal march. Lepri. Non occorrono altre parole per dimostrare il valore del savio dono, che accresce importanza alla collezione faunistica provin- ciale romana, la quale miglior sede non poteva avere che nella Università degli studi. — La Direzione del Museo Zoologico, col- l'appoggio del Rettorato e con assegno straordinario opportuna- mente concesso dall’onor. Ministro della pubblica istruzione, potrà presto provvedere all'aggiunta di nuovi scaffali, e all’allargamento delle collezioni sempre in via d’incremento; e queste, per quanto lo permette la insufficienza grandissima dei locali, furono e sa- ranno accuratamente disposte. Roma, 24 giugno 1897. ; Prof. A. CARRUCCIO. (1) Anche di questa specie, come del Charadrius fulvus, dell’ Oreocincla varia, Houbara undulata e di altre non meno rare annunciate e presentate di recente alla Società Romana per gli Studi Zoologici, tutte ora esistenti nel Museo Universitario; non poterono tener parola il principe Luc. Bona» parte e gli altri pochi che nei trascorsi anni si occuparono di Ornitologia romana, perchè da essi non catturate nè possedute. Mer dI .ANNUNZI BIBLIOGRAFICI OMAGGI E DONI PERVENUTI ALLA SOCIETA. Prof. Angelo Battelli. — Rapporti fra ì raggi catodici e i a raggi del Réntgen, Pisa, Tipografia Pieracini, 1897. Prof. A. Carruecio. — Studi compiuti nell’Istituto Zoologico della R. Università di Roma, e lavori pubblicati dall’anno 1898 all'anno 1896. Vol. II di pagine 400 con 48 figure, Roma, Tipo- grafia del Commercio 1897. Melani Prof. P. G. — Scariche elettriche nei gas rarefatti - influenza del magnetismo - ricerche sperimentali. Pisa, Tipografia Pieracini, 1897. Ministero delle Finanze. — Azienda dei tabacchi, relazione e bilancio per l’esercizio dal 1° luglio 1895 al 30 giugno 1896, Roma, Tip. Naz. Bertero, 1897. Idem, idem. — Azienda dei sali, relazione e bilancio, id. id. Pavesi Prof. Pietro. — Intorno ad un altro caso di emiteria per accrescimento degli incisivi di lepre. Con una tavola, Pavia, Tip. Bizzoni, 1895. i Idem, idem. — Aracnidi raccolti dal Capit. V. Bottego. (Esplo- razione del Giuba). Estr. d. Ann. di Mus. Civ. d. Stor. Nat. di Ge- nova, serie II, Vol. XV, 1895. Idem, idem. — Aracnidi raccolti nell'alto Zambesi dal Rev. TE Jalla. Estr. d. Boll. Mus. Zool. e Anat. comp. R. Univ. Torino, 1897. Idem, idem.— Calendario ornitologico pavese 1893-95. Estratto dal Bollettino scientifico N. 2-3, anno 1895. - Idem, idem. — Aracnidi raccolti dal Dott. E. Festa in Palestina, nel Libano, ecc. Idem, idem. (Opuscoli offerti dal Prof. Carruccio) Pennisi A. Mauro. — I veri principii etico-sociali. Tellini Prof. Achille. —I pesci e la pesca d’acqua dolce nel Friuli, Udine, Tip. Seitz, 1895. Annunziamo con piacere la pubblicazione di due nuovi pe- riodici : Aviecula-Giornale ornitologico italiano, diretto dal Cav. Sigi- smondo Brogi di Siena, col concorso di diversi e competenti natu- ralisti (prezzo annuo di abbonamento L. 4). Giornale italiano di pesca ed acquicoltura diretto dal Prof, Decio Vinciguerra, Roma (prezzo di abbonamento annuo L. 10). Saggese lea Lin W Stabilimento Tipografico di CARLO MARIANI e C. - Vicolo della Guardiola, 22 - ROMA. “17h ‘ % Fasc. Me IV. Vol. VI. Anno VI - 1897 BOLLETTINO | DELLA SOCIETÀ ROMANA PER GLI STUDI ZOOLOGICI ISTITUTO ANTROPOLOGICO DELLA R. UNI VERSITÀ DI ROMA i ‘Diretto dal prof. G. SERGI IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA per E. ARDU-ONNIS Dott. in Medicina e Scienze Naturali (Continuazione - Vedi fasc. I-II, vol. VI, 1897). 4° Se il Mantegazza, educato al metodo craniometrico, n'è stato seguace, arricchendone anche il patrimonio non in- differentemente, egli non se n’è però lasciato illudere a lungo. Primo penetrò la profonda miseria dissimulata sotto le pom- pose apparenze, e la scoperse ai ciechi seguaci. Fin dal 1875 <« alzava un grido d’allarme nel campo della craniolo- | gia(1)», trovando ch’era tempo di concludere qualche cosa di | tante misure e tanti indici, di seguire un indirizzo più logico, se non st voleva fare della metafisica geometrica o della cabali- stica di cifre. Scorgeva bensi qualche utilità nelle misure < dacchè, maggiore sarà il numero dei termini di confronto fra due o più cranî, e il giudizio che noi ne ricaviamo sarà più probabilmente in tutto o vicino al vero »; ma, infine, ammoniva a volersi tenere più fedelmente al vero scopo del- l’Antropologia, la classificazione degli uomini, e non « accon- tentarsi delle incomplete classificazioni dei popoli in brachice- fali e dolicocefali, in ortognati e prognati, e così via ». Alcuni anni dopo il Mantegazza si trovò disilluso affatto della craniologia intera, proponendo coraggiosamente una ri- forma (2). « S'io non m'inganno (egli dice), nel campo della (1) Dei caratteri gerarchici, ecc. Arch. ital. antrop. 1875. (2) La Riforma Craniologica. Arch. ital. antrop. 1880. Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici 102 ARDU-ONNIS craniologia si va preparando una crisi ch’è annunziata da un silenzio gravido di procelle. In Francia il Broca, il ponte- fice massimo della ipercraniologia moderna, col suo ardore eter- namente giovanile, non studia più cranî ma cervelli; in Ger- mania si prendono ancora misure sui teschi ma con rationa- bile obsequium, quasi si dovesse adempiere ad un dovere noioso ; in Inghilterra si continua sempre a sprezzare la Cra- niologia come cosa poco degna dello spirito pratico della razza anglo-sassone; e in Italia, paese più scettico di tutti perchè più antico e più stanco di tutti, si continua a misurare pur sorridendo dell’improba e pur inutile fatica... ». E il Mante- gazza dimostra che «si è sbagliato strada e si deve rifare il cammino »; che « si devono studiare i cranî come oggetti di storia naturale, che devono essere comparati fra di loro per ravvicinare ì vicini e allontanare i diversi e tracciare le leggi che governano la morfologia umana. Lo zoologo ha la sua fauna ed il botanico la sua flora per tracciare la geneologia e la parentela delle forme viventi, e colla fauna e colla flora noi possiamo classificare un nuovo animale e una pianta nuova, trovandone il battesimo specifico ed assegnando ad essi il posto naturale nel grand’albero delle forme organiche. E così dovrebbe essere della nostra Craniologia... ». Del traviamento dell’ Antropologia il Mantegazza ebbe adunque chiaro e preciso concetto, e della necessità di ritor- narla ai retti costumi delle istorie naturali. Ed egli non si contenta dei severi ammonimenti, ma le insegna le vie della. redenzione: riduce il numero delle misure, ridona importanza preponderante alla parte descrittiva, rimette in onore lo schema blumenbachiano. E in questo tornare addietro, alle fonti, è non poco coraggio e non poco merito; egli ha diritto alla ri- conoscenza degli Antropologi venuti dopo di lui, ai quali ha liberato la strada (1). Strada ch’egli stesso avrebbe per- corso sino al fondo, solo che egli avesse, nel proporre quella (1) La riforma del Mantegazza meritava però maggior numero di seguaci. La maggior parte dei Craniologi ha perdurato nei triti sen- tieri. Fra i pochi che abbiano seguito il metodo del Mantegazza è l’au- tore di questo scritto. V. Orani umani della « Magenta » ecc. Arch. ital, Antrop., 1854. i di IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA 103 sua riforma, che lanciò certo in un’ora di sdegno accesogli dalla vista dei ntovi Sisifi della Scienza, unito alla parola l’esempio. In una serie organica di studî non gli sarebbero falliti due risultati: la soluzione di qualche importante pro- blema etnologico, e l’ultimo temprarsi, alla prova, del suo istrumento di ricerca (1). Non soltanto in Italia era ormai sentito questo bisogno d’ una innovazione. His e Rutimeyer, in Crania Helvetica affermavano : « ... per la distinzione delle forme craniche, l’oc- chio è il giudice migliore, perchè i caratteri che si possono esprimere per mezzo di numeri fanno conoscere soltanto in modo grossolano le differenze delle forme, mentre un gran numero di caratteri tipici non può essere espresso mediante i | numeri, quando non si vogliano moltiplicare all'infinito le misure ». Nel 1876 l’Holder scriveva: « Si può nella cranio- logia battere due vie, o seguire il sistema artifiziale del Ret- zius, nel quale, essendo nel cranio europeo piccole le differenze dell'angolo facciale non rimane come principio di classificazione altro che l’indice cefalico; oppure, come in tutti gli altri rami della Storia naturale, riunire i singoli cranî in gruppi natu- _rali, secondo l’intero complesso dei loro caratteri, come hanno già tentato di fare His ed Ecker ». E non solo nei lavori del van Holder, dell’Ecker, dell'His e Rutimeyer, ma anche in quelli del. Virchow, del Kollmann, del Ranke e di altri si è tentato di stabilire i tipi craniali indipendentemente o quasi dall’indice cefalico. Ma disgraziatamente questo concetto non ebbe tutto il suo sviluppo, soffocato come la buona messe dall’erba maligna della Craniometria. Pareva che il Virchow, l’uomo più dotto in Antropologia, e che ha veduto più di tutti gli altri insieme cranî di tutti i popoli, dovesse maturare (1) Il Morselli ha pubblicato un notevole lavoro dal titolo « Critica e riforma del metodo in Antropologia », ma veramente esso non è che una critica e riforma della Antropometria. Nessun concetto morfologico vi è toccato, sibbene vi si dimostra la insufficienza della media rispetto al metodo seriale. Alla media anche si volle fare il rimprovero di non rivelare il #0, ed il Morselli preconizzava nel metodo seriale questa virtù. Ma pur questa speranza è fallita. Ciò si potrebbe ottenere solo nel caso di serie etnicamente pure. Vedi, Le varietà craniche, ecc., cit. 104 ARDU-ONNIS il buon seme dell’Antropologia tedesca, dando un valore af- fatto secondario alla craniometria, ma invece nell'ultima opera, ove distingue appunto i tipi e tenta di stabilirli definitiva- mente, colla sola craniometria li distingue e li fissa (1). In Francia, il De Quatrefages dovette forse sentire l’in- sufficienza del metodo craniometrico. Egli dice della classifica-. zione da lui seguita in Cranza Ethnica (2): « ... non si può pen- sare ad applicare il metodo naturale e siamo obbligati a tenerci. ad una classificazione sistematica. Ciò abbiamo dovuto fare Hamy ed io, e, senza dividere le idee assolute un tempo ammesse dal Retzius, noi abbiamo preso la forma generale del cranio per punto di partenza della nostra classificazione ». Senza dubbio questo criterio è stato seguito nel determinare le razze preistoriche, che non sono state raggruppate unicamente se- condo l’indice cefalico. Ma la craniometria domina in tutto il rimanente dell’opera, e le aspirazioni al metodo naturale non conducono affatto il De Quatrefages al concetto naturale del tipo. Non è certo nel Broca, o nel Topinard, suo erede e con- tinuatore, che troveremo qualche cosa di meglio. Da un altro scienziato italiano doveva muovere il tenta- tivo più rispondente a questo bisogno già tanto sentito; dal Sergi. Egli era veramente l’Antropologo più portato a produrlo, per l'indole dei suoi studî precedenti (3). Da uno dei suoi primi lavori era stato condotto al convincimento della pers stenza dei caratteri cranici da tempi immemorabili, e tal con- vincimento lo sciolse senza dubbio dai ceppi delle tradizioni e preconcezioni storiche, conducendolo a restituire tetragono: valore alle risultanze fisiche. E così ebbe egli due capi saldi, due solide basi su cui poggiare. Inoltre il Sergi non si lasciò avviluppare nella ragnatela craniometrica, 0, se vi cadde, seppe liberarsene a tempo; senza di ciò egli non avrebbe certo concluso, e nè meno forse concepito, nulla di notevole. Egli guardò adunque i cranî, indipendentemente da qualunque altra considerazione, come ui di storia naturale, nel loro. (1) Sergi, Le varietà umane, ecc. Att. Scc. rom. antrop., Da Li 26. (2) Quatrefages, La specie umana, ecc., capo XXV. (8) V. Cranî africani e cranî americani, Arch. antrop. , 1891. Ai ARR i Mt TE RANE Vat a e RE a DE ponti IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA 105 . aspetto anatomico; li guardò, come già il Blumenbach avea fatto, dall'alto, sinteticamente e comparativamente. Dopo un paragone ed una cernita più volte ripetuta, costituì dei gruppi e dei sottogruppi; e questi descrisse concisamente, col soccorso di pochissime misure (capacità cranica, diametri). Quei gruppi sottogruppi furono delle varietà e sot/ovartetà, ed ebbero un nome speciale (1); - e questo è il metodo Sergi (2). Ma questa semplicità non farebbe che deporre in suo favore, ed i'risul- tati ch’egli ha già potuto ottenere sono in realtà sorprendenti. 5° In che cosa, ciò posto, il Sergi, fece di più del Blu- menbach e del Mantegazza? Anche il Mantegazza, nella sua Riforma, si contenta di poche misure; anche il Mantegazza descrisse, con rapidi tocchi, parecchi tipi cranici, secondo uno schema succinto ed elegante; anche il Mantegazza intese che 1 cranî dovessero essere considerati zoologicamente. Il Sergi portò di nuovo due cose: a) i suoi tipi cranici sono veramente forme elementari morfologiche; 2) adotta una nomenclatura binomia. Che il tipo del Sergi sia differente dal tipo del Mante- gazza e del Blumenbach, e della maggior parte degli Antro- pologi che hanno seguito questi autori, è certo. Da una parte in essì il tipo è ancora un poco amalitico: si guarda in modo speciale alla fronte, all’occipite, alla faccia, ecc., esi attribui- sce un significato al relativo predominio di una regione cra- nica sull’altra. D'altra parte questi tipi non sono ancora prettamente morfologici (non parliamo del tipo criminale che in zoologia non esiste), ma' sono talora entità regionali, tradi- zionali, unità certamente compostte. Così nel tipo greco, latino, etrusco ben noti, si rinvengono realmente predominanti certe forme, e si rinvengono inalterate per lunghi periodi storici, e ciò attesta, malgrado tutto, l'occhio penetrante degli osserva- tori; ma questi tipi palesano la comprensività loro quando si scorge che abbracciano cranî dolico e brachicefalici. Questa (1) Sergi, Liguriì e Celti nella Valle del Po, Arch. ital. antrop. 1885. (2) V. Varietà umane della Melanesia; Boll. Soc. geogr. ital. 1891; Le varietà umane, cit. - Contiene la bibliografia delle numerose pubblicazioni di ricerche col nuovo metodo. 106 ARDU-ONNIS dolico e brachicefalia non può dirci qual? siano queste forme, ma ci indizia che per Zo meno ne esistono in quel tipo due. {l tipo del Sergi è invece più sintetico perchè del cranio co- glie la simmetria generale, la fisonomia, la species, risultante bensì dall’armonia dei caratteri singoli ma non singolarmente presi come nel metodo craniometrico ; allo stesso modo l’occhio esperimentato dal medico scorge d'uno sguardo la facies d’un morbo, abbenchè essa risulti dalla concomitanza di molti sin- tomi. E il tipo del Sergi risulta, nello stesso tempo, di unità veramente semplici ed equivalenti, non ulteriormente decom- ponibili, atomi etnologici. La sua varietà, che non è tuttavia la individuale, cui l'indice non rivela, potrebbe paragonarsi alla fisonomia dei fratelli in un parentado, che hanno diver- sità proprie, ma sono il non oltrepassabile termine di consan- guineità. x o Che non sia priva d’utilità una nomenclatura non può dubitarsi, quando si pensino gli inestimabili benefizi resi appunto da quella binomia del Linneo. Ben inteso, questa nomencla- tura per avere un valore scientifico deve corrispondere ad entità veramente distinte. Ed il Sergi pone nella sua classifi- cazione due categorie: la varietà e la sottovarietà. Se può mo- versi l'appunto (ed il Mantegazza l’ha mosso) ch’esse non corrispondono al genere ed alia specie del Linneo, tuttavia stanno senza dubbio per rispetto l'una dell’altra in una subor- dinazione paragonabile. Il pensiero è dunque lodevole ed è processo in tutto delle storie naturali. i Non poche obbiezioni, frattanto, sono state mosse alla in- novazione del Sergi. | |‘. «) Anzitutto, possiede il cranio sufficienza d’elementi per una classificazione? « Perchè, (chiede il Mantegazza in un suo scritto recente (1), in cui ha raggiunto il culmine il suo scetticismo craniologico) perchè allo studio del cranio, che non è poi altro che la buccia ossea del cervello, dedicare niente- meno che una scienza? Tanto varrebbe fare una chirologia della mano ». E si potrebbe, io credo; se questa chirologia do- vesse avere intenti zoologici e non diventare una chiromanzia. (1) Di alcune recenti proposte di riforma. ecc. Arch. ital. antrop., 1893. SA LRD i e oi pa VERI Mt - È 1 Da “ ; ni È d) i , IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA 107 Si dice che il Cuvier potesse con un osso fossile ricostruire lo scheletro intero d’un animale estinto;e questo è credibile, poi- chè. riconosciamo nel fondatore della Anatomia Comparata una esperienza immensa ed un genio quasi divino in questa dottrina. Si potrebbe adunque colle ossa della mano tentare una clas- sificazione; ma sarebbe d’uopo troppa acutezza d’analisi. È lo stesso del cranio? Dice il Mantegazza, nello stesso scritto : « ... un modesto osservatore che mi dice una sola parola, cioè che il tal cranio è australoide o negroide, me lo rappresenta agli occhi e me ne risveglia l’immagine ». Ciò è perfettamente vero, e contiene la verità che ci è necessaria: la fissità eredi- taria del tipo, il cranio capace di un tipo riconoscibile. Dal- l’anomalia o dal bernoccolo del cranio non vogliamo dedurre la tendenza psichica, cerchiamo nel cranio un carattere zoolo- gico. E il Mantegazza non avrebbe scritto una Riforma cra- niologica, se il cranio avesse dovuto aver il valore d’una vescica aggrinzata; e sarebbe follia senza esempio che tanti cienziati, da un secolo, gli si fossero dati d’attorno, senza ch’esso avesse offerto una consistenza sostanziale. 8) L'occhio, fallibile, come ogni cosa umana, può essere assunto giudice di questi fp? cranici? Il Topinard, a proposito dell’opera già citata del Prichard, così dice del metodo cranio- scopico ch’egli disprezza: « Per quanto attraenti siano alcuni dei. caratteri forniti dall’occhio e le forme così riconosciute 4 priori, gli uni e le altre sono insufficienti per stabilire le basi di una scienza esatta, e la craniologia ridotta ad un simile bagaglio giustificherebbe poco le speranze che fa nascere. Il signor Broca mostra quotidianamente di quante illusioni si può esser trastullo con questo metodo ». Crediamo che il Broca abbia mostrato benissimo queste illusioni ai suoi scolari, e anche che possano esistere, come tutte le discipline ne otfrono agli inesperti. Ma dubitiamo che il Broca abbia mostrato quelle altre della craniometria, in cui non esiste, per quanto essa sia scientifica, un punto di ritrovo costante per le misure, un istrumento paragonabile ad un altro, una tecnica per poco uniforme (1). « Malgrado le proposte del patto di Francoforte, (1) V. Ardu: La capacità, ecc. cit. ico Ù 108 ARDU-ONNIS ognuno misura come più gli piace, e libri e riviste si vanno empiendo di cifre che non si possono confrontare » (Man; tegazza, loc. cit.). In realtà è più fallibile la mano che non l'occhio. In Zoologia ed in Botanica non si adopera il metro che raramente, e vi esiste una classificazione naturale. da molto tempo. I tipi, le classi, i generi non si determinano a palmi o ccl filo a piombo, e non per questo sono meno esat- tamente determinati e universalmente noti. È la nostra penna che deve piuttosto esercitarsi ad esprimere quello che il nostro occhio vede; non è la Cranioscopia insufficiente ma la Cranio- logia « perchè a risponder la parola è sorda ». Ma certo me- glio la parola della cifra, come il ragionamento del simbolo. Y) Sono state mosse al Sergi delle obbiezioni sulla no- menclatura. Quella del Benedikt, che lamentava le parole troppo lunghe e greche, può dirsi formale, e non ha, ormai, più ragion d’essere, perchè il numero di questi bardarismi è venuto nei lavori del Sergi riducendosi man mano. L’inven- zione di questi vocaboli, ch'è la parte meno originale del Sergi, è anche quella che può più facilmente difendersi; ter- mini come elissoide, ovoide, sferoide, cuneiforme, sono comunis- simi in tutti gli antropologi. Abbiamo notato le tre forme tipiche del Prichard; il Mantegazza nella sua Riforma ha teste ovali, subovali, piramidali; è caratteristica la tte cunéiforme relevée del Gosse (1). Sostanziale è l’obbiezione del Mantegazza, che cioè le varietà e sottovarietà: del Sergi non avrebbero un valore determinato: «...i tipi cranici li chiama varietà, ma confessa che avrebbe dovuto chiamarli specie. Ha adoperato, "per non compromettersi, una parola larga, larghissima, tanto larga da evaporarsi... » Ma il Sergi confessa di aver delibera- tamente prescelto queste denominazioni come provvisorie (2), per non intoppare in un ginepraio di questioni, come sarebbero quelle di monogenismo e poligenismo: « Nello stato attuale delle mie osservazioni personali limitate all'Europa meridio- nale... io non posso osare la soluzione dei problemi generali sull'unità o pluralità delle specie umane... Sino a nuovi e più (1) V. Ardu, Cranî umani della « Magenta » cit. (2) Sergi, Relaz. congresso antrop. Mosca. Arch. ital. Antrop. 1893. 4° \ \ \ \ \ "R IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA 109 ‘larghi studî io chiamerò quindi... ecc. ». Il saper distinguere le varietà dalle sottovarietà e dalle variazioni individuali è senza dubbio ricerca scabrosa, ma questa scabrosità non può impu- tarsi al Sergi, e nemmeno alle forme craniche soltanto; è difficolta della tassonomia. Necessaria è però una nozione esatta dei caralteri cranici e della importanza loro relativa per la loro subordinazione (Cuvier), bisogno a cui il Sergi ‘mon provvede nelle sue Istruzioni. Così tace affatto dei carat- teri patologici, sessuali, di sviluppo, e ci sembra difetto non trascurabile (Vedi ‘Radi loc. cit., parte III). Resta molta incertezza ai suoi seguaci, dal numero e dalla virtù dei quali sarà, in fondo, affermata la sua innovazione. | è) L’obbiezione più grave di un vivo e minuzioso la- voro crit.co del Regalia (1) può dirsi appunto questa: che il metodo Sergi non sarebbe atto a determinare queste varietà e sottovarietà che si propone. Esse si seguirebbero nella realtà con tali impercettibili gradazioni, che sarebbe opera vana vo- lerle scindere l’una dall’altra. Ma questa è difficoltà, come ab- biam detto, di ogni classificazione; sono queste le spine della variabilità delle specie. E il Regalia nello stesso scritto, di- mostrando come il concetto di «varietà » umana non sia stato trovato dal Sergi, ma sarebbe invece antichissimo, poichè do- vettero averlo tutti i classificatori passati del genere umano, dimostra frattanto che, per mezzo di qualche carattere, queste varietà sono tuttavia determinabili. Resta a vedere il valore di questi caratteri, se cioè il linguaggio, o il colore della pelle, o la forma dei capelli siano più costanti e più rimarchevoli degli scheletrici. Il Regalia nota che forse il Sergi attribuisce troppo valore a queste « varietà » craniche, le quali oppone a qualunque altra: se il colore della cute farà di due individui un bianco ed un negro, ne faremo tuttavia una razza sola, se (1) Sulla nuova classificazione del prof. Sergi Arch. ital. Antrop., 1893. Seti Regalia rileva anche parecchie inesattezze in cui il. Sergi è caduto, ma esse non toccano l'essenza del metodo, ed è certo che il Sergi è stato un poco affrettato, come tutti quelli che hanno qualche cosa di nuovo da esporre — per cui gliele possiamo perdonare. La rettificazione di questi particolari tocca ordinariamente ai seguaci ed ai critici. 110) ARDU-ONNIS la varietà cranica è la stessa? Il Sergi la fa (ad es., gli Abis-_ sini, che anche il De Quatrefages colloca fra le razze bianche). Chi avrà ragione? I fatti dimostreranno quale sarà l'opinione più fondata. i Ma certo il Sergi è tutt’altro che ignaro della difficoltà oppostagli dal Regalia. È anzi la prima cosa a cui pensa nei suoi Principii, e non se n’è lasciato sopraffare per nulla, tanto che se un rimprovero dobbiamo movergli è questo anzi ch'egli se la cava troppo bene. Il segreto con cui riesce a superara quell’ostacolo è la persistenza dei caratteri. Questa persistenza non fu egli il primo a dimostrarla (1), ma si può dire che fu per lui l’udî consistam archimedeo. La riversione dei caratieri col suo ricondurre i prodotti dell'incrocio ad uno dei tipi ori- ginarii è la base di questa persistenza (2). Nei suoi Principe, a proposito del modo con cui sì comporterebbero questi ca- ratteri nel fenomeno dell’ incerociamento, scrive: « È 1mpossi- bile non ammettere l’ibridismo umano. . Ma quello che si co- nosce di tal fatto è lo scambio dei caratteri esterni e la mi- stione cogli interni, cioè l'unione dei caratteri esterni di un tipo coi caratteri interni di un altro tipo.... » (3). Dobbiamo ciò ammettere ? Una quantità di ricerche basate su questi ca- ratteri esterni verrebbero per tal modo destituite d’ogni va- lore, le razze miste ci apparirebbero, nell’ ipocrita doppiezza dell’esser loro, come il corvo della favola sotto le penne altrui. 21 regno animale due progenitori bastevolmente differenti non producono prole somigliante ad un solo di loro, e questo an- che per l’uomo, in regola generale. Il bianco ed il negro ge- nerano il mulatto e non dei bianchi o dei negri. E quale delle due razze trasmetterebbe piuttosto i caratteri interni che gli esterni? Sarebbe la madre che tradurrebbe inalterati ai figli i caratteri scheletrici aviti, sotto l’effigie supposta? L'uomo? Non sarebbe necessario il saperlo ? Aggiunge il Sergi poco più oltre: « Ma quello ch'è più (1) Si può dire che il Nicolucci in tutta la sua Antropologia di Hatia: non dimostri altro fatto. (2) Dawin, Org. della specie; Cap. 6°. (3) Atti Società rom. antrop., I, 21. IL METODO ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA 111 importante in questo ibridismo umano così vario e così mol. teplice è la mancanza di fusione dei caratteri esterni ed in- terni, da che non si può avere nuove varietà umane. Vi ha soltanto relazione di posizione fra i diversi elementi etnici, sincretismo di caratteri o vicinanza, come suol dirsi, e quindi facilità a disgregarsi e ad associarsi. con altri... ». « Se non vi fosse altra causa di tale assenza di fusione, ci deve essere quella che le relazioni colle quali si producono le mescolanze non sono uguali e costanti... avviene che alla prima e alla seconda generazione si aggiunge un terzo elemento... e allora è facile comprenlere come siano instabili i caratteri degli ibridi... » (pag. 21-22, loc. cit.) ». La miglior ragione di que- sta mancanza di fusione sarebbe quella stessa accennata in- nanzi: se i caratteri paterni e materni devono scambiarsi uni lateralmente, di essi non accade nè meno incontro. Ma il Sergi non scambia qui la mancanza di fusione, il sincretismo, colla instabilità ? I i E se non c’è fusione come si comportano i caratteri? «.. la forma cranica può associarsi a forme facciali diverse e inversamente, frattanto avviene che le struttnre prese di- stintamente nel composto ibrido rimangono invariate > (p. 22). <« In gruppi che hanno subito mescolanze in qualunque epoca ‘e per qualunque numero di volte si possono discernere gli ele- menti etnici che li compongono esaminando il cranio cere- brale soltanto » (pag. 25). Questa persistenza e questo scam- bio di forme craniali e facciali corrisponde a ciò che abbiamo visto pei caratteri interni ed esterni. Possiamo fare la stessa domanda, quale delle due razze incrociate tramanda inalterati la sua faccia od il suo cranio? I caratteri fisici degli ibridi o meticci, ostili, per così dire, come le stirpi da cui talora provengono, non si compongono in un equilibrio duraturo ; per- chè potessero consistere definitivamente sarebbe necessario un incombere della stirpe avventizia a parità numerica per un numero di generazioni quale di rado si verifica. Questa lotta dei caratteri, manifestataci dall’atavismo, può suscitarci l’idea della coesistenza, della contiguità loro: ma che valore hanno essi? Sono della estensione d’una faccia e d’un cranio cere- brale, o sono caratteri istologici, trofici? Il Roux ci ha svelato 112 ARDU-ONNIS le meravigliose lotte e gli adattamenti delle minime parti del- | l'organismo (1), delle strutture intime degli organi; sarebbein essi il teatro della lotta reversiva? È l’ibrido costituito come un panno rattoppato, dei brandelli dei progenitori, o come un. tessuto fine e regolare? Questi concetti ci paiono una esagerazione della legge di persistenza, una di quelle personificazioni mentali a cui tanto in- cliniamo. Ed essa può, crediamo, essere intesa altrimenti e non mancare ai suoi effetti. Certo se l’incrociamento non riesce mai a modificare la forma cranica, è facile determinarla; ma co-- risponde ella ad una razza pura? Non potrebbe essere la bu- giarda insegna d’un bastardo, frutto in qualunque epoca di un qualunque numero di mescolanze? La forma cranica di un ibrido nel quale i caratteri diversi siansi invece, anche insta- bilmente, composti, non è meglio, è vero, determinabile sen- z’altro; ma se conosciamo le forme progenitrici, ciò riesce pos- sibile. Ed anche se quelle non fossero note, per la varia azione degli incroci e della riversione, numero di varietà si aggrup- peranno, digradanti, attorno ad una forma fondamentale, la primitiva, verso cui le altre, per così dire, migrano; e ciò rende possibile ancora la determinazione etnica. E ciò accade nella realtà. Mentre quelle forme immutabili non ci portano esse all’assurdo di una fissità senza variazione? Se elle fos- sero, non esisterebbe il formidabile intrico che forma la fatica e la disperazione del tassonomo. Ma fortunatamente questa esagerazione teorica del Sergi non ha per nulla influito sulla pratica. ) Più grave di tutte è l’obbiezione mossa recentissimamente ‘dal Mantegazza (2). Il Sergi nella sua osservazione sintetica dei gruppi cranici venne colpito da certe approssimazioni geometriche dei loro profili, e, appunto per fissarne la forma nella nomenclatura, benchè un poco schematicamente, non rifuggì dal ricavare delle denominazioni della geometria. Questo criterio, ch'è certo di molta utilità pratica, in ispecie (1) Wihl Roux, Der Kampf der Theile in Organismus. Vedi anche Claus, Zoologia Generale. te; (2) Il poliedrismo del cranio umano. Arch. ital. antrop., 1896, fasc. I. IL METODI ZOOLOGICO IN ANTROPOLOGIA 113 per chi ha poca domesticità delle varietà craniche, fa dubitare il Mantegazza che il Sergi non sia sfuggito alla trigonometria craniometrica, per cadere nella geometria pura e semplice. Il Mantegazza chiama « poliedrismo » queste forme geome- troidi del Sergi, ed egli ha sempre avuto questo poliedrismo semplicemente in concetto d’un carattere d’ inferiorità. « Il eranio delle scimmie sarebbe un tetraedro, e dal tetraedro all’elissoide umano non si passa per un salto ma per gradi, per cui si può dire ‘che il poliedrismo va diminuendo dalle razze inferiori alle superiori. Nelle nostre razze credo che non si debba trovar mai la poliedria del cranio fuori del campo patologico. Nelle razze inferiori invece è un carattere frequente, e a produrlo credo che possano concorrere questi diversi ele- menti: Forti attacchi dei muscoli temporali - Forti creste occi- pitali -. Un grande sviluppo delle gobbe parietali -— Una grande irregolarità del frontale dovuta specialmente allo svi- luppo eccessivo delle arcate sopraorbitali e delle creste frontali. La superficie non uniformemente appianata di tutte le ossa Hel'cramio -..:; >. i Sono le forme determinate dal Sergi un poliedrismo? Anzitutto, il Sergi non classifica sempre geometricamente le sue varietà; poscia questi caratteri grossolani di sviluppo, per quanto l’autore di questo scritto ha potuto finora verificare egli stesso, non si accompagnano sempre con forme geome- triche; moltissime di queste sono anzi notevoli per la delica- tezza delle ossa, delle curve, degli attacchi muscolari del cranio onde risultano. E certi cranî sferoidi, quelli appunto che meno dovrebbero essere poliedrici, presentano quei rudi caratteri sopra accennati. Il poliedrismo, che il Mantegazza pone più frequente nelle razze più basse, il Sergi lo trova egualmente in tutte; un cranio stesso di scimmia non è per lui più po- liedrico d’un cranio umano, allo stesso modo come non è più o meno dolico o brachicefalo. Questo è il nostro pensiero e non dubitiamo che sia pur quello del Sergi. Le obbiezioni che abbiamo riferito sono cer- tamente di molto valore, ma non v'è dottrina che si salvi dall’incisivo della Critica. Ciò malgrado il principio del Sergi ci sembra biono;. esso rinnesta l’Antropologia alla scienza il giudizio del prof. Lombroso, se egli non fu tratto a giu-. na dicare uniformi i cranî della Sardegna per la fallacia d'un. ò x “ & 114 ARDU-ONNIS Mg si naturale, e in questo, secondo noi, è la salute. La traviatali s DE Craniologia ritorna pentita e disillusa-fra le perdonanti braccia. della Zoologia. E questa gran conversione torna ad onore del Sergi e della Scuola antropologica italiana. 6° Abbiamo voluto mettere alla prova questo mietodon zoologico. In una serie di 63 cranî sardi del Museo d’Antropologia deggiante, quasi sferico, e a superficie Vada ha un diametro di mm. 0.38; esso è situato poco in avanti dei testicoli, dai quali dista circa 150 w. nt L’egregio elmintologo Prof. Michele Stossich, al quale ho inviato in comunicazione taluni esemplari di Distomum hians. Rud., ha notato questa speciale forma e disposizione delle | da Strtanifiole sessuali. & Gli altri organi corrispondono alla descrizione, ca di essi i ha dato lo Stossich: vitellogeni grappoliformi estesi lungo i margini del corpo dall’estremità posteriore in su sino al livello della ventosa ventrale; apertura genitale in corrispondenza I della biforcazione iena cirro sottilissimo. Gli ovuli sono. di forma ovale, di colorito ao grossissimi : il diame- tro longitudinale misura # 150, il trasversale w 84. Entro la capsula, ch'è robusta e a doppio contorno, si scorge un em- brione oblungo con le due estremità arrotondate, delle quali l'anteriore, dietro una prominenza papilliforme, presenta due caratteristiche macchie di nero pigmento rotondeggianti in (1) Stossich. — I D'stomi deg gli Uccelli, in: Bollettino della Società. | Adriatica di scienze naturali in Trieste, Vol. XIII, P. 1I, 0 pag. dh 5 l'estratto 18, n. 84. ; ELMENTI TROVATI IN UN HYDROCOLAEUS MINUTUS 121 ì. contatto l’una coll’altra, contorno leggermente frastagliato e . della dimensione di » 8 ciascuna. Lungh dei miei esemplari da mm. 7 a mm. 12; largh. da mm. 1.5 a mm. 3. — Habitat. — È questa la prima volta che 1’ Hydrocolaeus minutus (Pallas) viene segnalato quale ospite del /istomum — hians Rud., per lo innanzi rinvenuto soltanto in: Ardea cinerea L. (Parona, Stossich), Nycticorax griseus Bp. (Parona), Ciconia alba Bechstein (Gurlt) e ©. nigra (Rudolphi, Nathusius, Du- jardin, Diesing). Esso parassita preferisce, come luogo di dimora, le igano .. dell’esofago (Rudolphi, Gurlt, Dujardin, ecc.),: di E il ven- tricolo (Nathusius), eccezionalmente l’ intestino (Rosenthal). I miei esemplari furono tutti rinvenuti nell'intestino tenue. In Italia il Dist. hians Rud. è stato rinvenuto a Cagliari (Parona, 1881), a Genova (Parona, 1886), a Trieste (Stossich, 1891), a Roma, (Condorelli, 1897). EcHINOSTOMUM SPINULOSUM Rud. Sinonim. e Bibliogr.— Distomum spinulosum, Rudolphi, En- tozoorum sive vermium intestinalium historia naturalis, Amstelo - dami, 1810, vol. II. P.I. pag. 425, n. 58; ejus., Entozoorum Synopsis, Berolini, 1819, pag. 116 e 419; Dujardin, Histotre naturelle des. Helminthes, Paris, 1845, p.430,n. 61; Creplin, Wiegmann's Arch. 1846, pag. 141,144 e 146; Diesing, Systema Helminthum, Vindobonae, 1850, vol. I. pag. 392, n. 185; Baird W., Catalogue of the Entozoa in the British Museum Collection (London), 1857, pag. 56; Molin, Prospectus Helmintum, quae in | prodromo faunae helminthologicae Venetae continenter (Wien), 1858 (Sitzungsber d. k. Akad. XXX, pag. 130); ejus., Pro- _ dromus fuunae helminthologicae Venetae (Wien) 1801 (Denkschr. d. k. 4kad, XIX, pag. 220, tav. III, fig. 6, tav. IV, fig. 2); Echinostomum spinulosum, Cobbold, Synopsis of the Distomidae (London) 1860 (Journ. Proceed. Linn. Soc. I., pag. 86); Lin- stow, Arch. f. Naturg. XXXXIII, 1877, pag. 183, tav. XIII, fig. 14; Stossich, I Distomi degli uccelli, in: Bollettino della Società Adriatica di scienze naturali in Trieste, Vol. XIII, ia ine Chie 45 e Pelù IRA a ENT È da rale a? LR ei air TANI Sat anne 7 ad 122 : MARIO CONDORELLI FRANCA VIGLIA II. 1892, pag. 27 dell'estratto, n. 50; ejus., Ricerche elmin- | tologiche, in: Bollettino della Società Adriatica di scienze natu- vali in Trieste, vol. XVII, 1896, pag. 9 dell’ estratto. Colorito bianco giallastro, corpo cilindrico un poco schiac- ciato da sopra in sotto, indietro inerme, armato in avanti, ove presenta un collo lungo, conico ed assottigliato, originan- tesi da un capo breve ed ampio. Gli uncini, formanti 50 e più serie trasversali, differiscono a seconda le regioni d’im- pianto; in generale sono tozzi, rettilinei, triangolari con fàccia esterna convessa ed interna pianeggiante o leggermente con- cava, e con punta poco acuminata. Gli uncini “aa capo, i più robusti fra tutti, misurano p 70 di lunghezza sopra una lar- ghezza di u 25; essi formano una corona di 22 uncini con la. punta rivolta sio e l'ampia base impiantata al margire anteriore del capo, ossia al margine esterno della ventosa an- teriore. Gli uncini del collo, assai più piccoli, da principio sono molto avvicinati l’uno all’altro, ma in seguito si fanno. sempre più distanti, mentre s'impiccioliscono; i pochi, che si estendono sino al livello del margine posteriore dell’ultimo testicolo, sono piccolissimi ed assai distanti l’uno dall’altro. Ho osservato che questi ultimi cadono facilmente. Ventosa anteriore terminale e circolare, con orifizio ampio ve w 80 e circondato al suo margine esterno dalla sopradescritta | corona di uncini. Ventosa ventrale alla base del collo molto più grande della precedente e della medesima forma, con svi- luppatissimo lembo muscolare a fibre radiate, e con apertura circolare di w.40. Faringe breve e ampolliforme, esofago ci- iindrico e lungo con biforcazione al disopra della ventosa ven- trale; ciechi intestinali estendentisi, senza congiungersi, alla ‘estremità posteriore del corpo. Due grossi testicoli fusiformi, lunghi mm. 0.52 e grossi mm, 0.26 si toccano colle estremità dei diametri maggiori, ed occupano circa il quinto medio del corpo del parassita. L’ovario è piccolo, irregolarmente sferico ed anteriore al te- sticolo. Gli ovuli, non molto numerosi (circa 100), ricuoprono . l’ovario ed occupano tutto lo spazio compreso fra il margine anteriore del primo testicolo ed il margine posteriore della ventosa ventrale; essi sono ovali, di grande dimensione e prov- - ELMINTI TROVATI IN UN HYDROCOLAEUS MINUTUS 125 . veduti di una capsula robusta ad un solo contorno: i loro diametri misurano & 100 per y 65. I vitellogeni, molto numerosi e irregolarmente poligonali per mutua compressione, si estendono dall’estremità posteriore del corpo al margine anteriore dell’ultimo testicolo. Non sono riuscito a scorgere nè il cirro nè lo sbocco degli organi ge- nitali. Lungh. dei miei esemplari, mm. 4.5 - mm. 6. Largh. Rì si dd OE Habitat. — Finora sono stati riscontrati ospiti dell’E- chinost. spinulosum Rud. le seguenti specie di uccelli: Buce- phata clangula L., Querquedula circia Steph., Phalacrocorax graculus L., Chroocephalus ridibundus L., Chr. minutus Pall., . Larus glaucus Brunn., L. argentatus Brunn., L. capistratus, Colymbus septentrionalis L., Uria grylle Cuv., Totanus fuscus L., Podiceps cristatus L., Numenius arquatus L. L’intestino è la sede esclusiva del parassita, il quale suole rinvenirsi in e- | state nei mesi di giugno, luglio ed agosto; è quindi eccezio- nale il rinvenimento degli esemplari, da me descritti, nella stagione invernale (13 febbraio 1897). ia TAENIA popecacanTHA Rrabbe. ___- Sinonim. e Bibliogr. — Taenia porosa (partim), Rudol- | phi, Entozoorum sive vermium intestinalium historia naturalis, Amstelodami, 1810, Vol. II, P. II, pag. 190, n. 71, Tab. X, fig. 1; ejus., Entozoorum Synopsis, Berolini, 1819, pag. 168 e 520, Tab. III, fig. 98; Bremser, Icones Helminthum, Systema Rudolph entozoologicum illustrantes, Vienne, 1824, Tab. XVI, fig. 10-14; Dujardin, Histoire naturelle des Helminthes, Paris, 1845, pag. 561, n. 13; Diesing, Systema Helminthum, Vindo- me: bonae, 1850, Vol. I, pag. 546, n. 26; Taenia dodecacantha, __Krabbe, Bidrag til Kundskab om Fuglenes Baendelorme, in: Kongelige Danske Videnskabernes Selskabs Skrifter, ottende Bind, Kjòbenhaun, 1870, pag. 261, n. 5. Scolice piriforme lungo # 132, largo w 84, molto ampio in avanti per lo sviluppo relativamente eccessivo delle ven- À RASO E LEM VELA ELMA tose, le quali sono anteriori, fe e Hel ina di Rostrello sviluppatissimo, subcilindrico, con estremità li rigonfia a mezza sone ed armata di 12 uncini, lunghi | piezza massima u 38. Collo liscio, sottile e brevissimo, tanto da potersi « co» derare mancante, È li Strobilo esile formato da proglottidi vr EI goli posteriori sporgenti: primi anelli brevissimi. (alti 2 pochi micromillimetri) ed ampi y 90; i segmenti semp lunghi ed in proporzione meno ampii, e quelli mati rano una lunghezza di » 72 ed una larghezza di w time proglottidi si fanno relativamente più lunghe #; ste, e l’ultima, ch'è di forma quasi. sferica, ha un diam u 200 ed è attaccata alla precedente per. mezzo d' un » colo assai ristretto. È SR | Pori genitali laterali ed irregolarmente alterni; lindrici, inermi, un poco ricurvi e rivolti in “e 3 n 30, ampi w_ 7. E lo dei miei sso dai 12 ai 22 mm. _ Habitat. — - La di Di Krabbe nen è | SECONDA CATTURA DI UN PIVIERE ORIENTALE - (CHARADRIUS FULVUS) NEI DINTORNI DI ROMA Comunicazione alla Società Romana per gli Studi Zoologici del Prof. Giovanni Angelini e Conte Guido Falconieri di Carpegna | Il giorno 11 dello scorso maggio, recatici per la caccia delle quaglie sulla spiaggia dell'Isola sacra, ci fu mostrato per ‘caso da tre cacciatori, che avevano preso stanza colà, vicino alla foce del Tevere, un uccello somigliantissimo al piveere co- mune (Charadrivus pluvialis), di un terzo circa più piccolo. Attentamente esaminatolo, riconoscemmo ben tosto in esso un bell’individuo del raro Charadrius fulvus in abito prime- | verile quasi completo. Fatto accorto della nostra soddisfazione | per tale fortunato incontro, e dell’ interesse che quell’ uccello | c’ispirava, il suo proprietario volle gentilmente farcene dono; | e questo esemplare ben preparato, ad ali semi-aperte, abbiamo oggi il piacere, egregi colleghi, di presentarvi in questa no- | stra adunanza. Come vedete, si può così brevemente descrivere: Parti superiori screziate, a macchie nerastre, biancastre e | giallastre, con prevalenza delle macchie nere e bianche; fronte, sopracciglia continuantisi in una larga fascia, che scende ai lati del collo di color bianco-candido ; lati della testa e del collo, gola, gozzo, e mezzo del petto e del ventre di un del nero morato, mescolato di penne biancastre, specialmente ai lati ; penne ascellari e subalari di un grigio bruniccio uniforme ; becco nero ;. piedi scuri. a fotale mm. 240; ala mm. 165; coda mm. 65 ; » becco mm. 22; torso mm. 42 ; spazio nudo della gamba main. 18. Esso è un maschio, e la sua descrizione concorda piena- ‘mente con quella datacene dall’illustre Salvadori nella sua Or- | mitologia della Papuasia e delle Mollucche (vol. III, p. 294). È infatti il CA. flvus proprio dell’ Asia orientale, ed, | emigrando, si sparge nell’Arcipelago malese, nell’Australia, e nella Polinesia; fu pure trovato nell’ Africa meridionale, e di OE ESTRO x LIZ LE x "Mer Lean e E CS, ha AI DI e dr x dia ih a da RETSAIPTÀÌ BA | mus ts = hi. ‘hd % Gi w ni mis fi ò ‘ ben difficile che un cacciatore non ornitologo veda in esso una 126 ANGELINI - FALCONIERI DI CARPEGNA gio 0, o : i zi fi; Sa qui, probabilmente, risale in primavera qualche individuo fino — a noi. In quanto all'Europa, era stato trovato due sole volte © a Malta (marzo del 1845 e maggio del 1861), prima delle due straordinarie catture avvenute qui a Roma con poco più di un anno d’intervallo. vii E il nostro piviere neppure era solo. Fummo assicurati dal suo uccisore, che lo aveva còlto il dì innanzi, mentre in- di sieme ad un altro compagno gli passava sopra il capo, alla spiaggia del mare, diretto verso il Nord. E pare che il com- pagno superstite non proseguisse subito il suo viaggio. Infatti, mentre il detto cacciatore ci stava facendo il suo racconto, si udì un fischio speciale, che egli non esitò a riconoscere pelo grido di richiamo di questa specie. E, qualche ora dopo, e nello stesso luogo, quell’uccello, rasentando quasi la spiaggia, | passava a volo innanzi ad uno di noi; certamente esso cer- cava ancora il compagno perduto. Essende il tiro alquanto lontano, disgraziatamente non riuscimmo ad ucciderlo; ma la. sua figura, che nettamente si disegnò sul fondo grigio della spiaggia, non ci lascia alcun dubbio che si trattasse d’un in- dividuo di questa specie. ul Non è improbabile, che il Piviere orientale capiti da noi di quando in quando, e che sia stato preso già altre volte, ma forse non notato, perchè creduto un piviere comune, eccezio- nalmente più piccolo del solito. Infatti anche l'esemplare della collezione Lepri-Patrizi fu trovato abbandonato, e quasi di- menticato sul tavolo di un pollajuolo, e quello nostro, al no- stro arrivo, era prossimo ad essere spennato e cotto. Stante la quasi perfetta somiglianza di colorito col piviere nostrale, è specie diversa e meritevole di speciale considerazione; non è quindi fuor di proposito ricordare che il Piviere orientale si. distingue dal Piviere dorato per i seguenti caratteri : 1° /a sua —— statura di un terzo almeno più piccola; 2° il tarso, e special- mente l'adiacente spazio nudo della gamba, più lunghi (ond’ebbe dal Temmink il nome di O%. ?ongipes); 3° il colorito delle — piume ascellari e subalari, che è yrigio-scuro invece che bianco. | L'individuo di CA. fulvus a noi donato sta ora ad accre- E scere il pregio della importante collezione regionale della no- LI mi du i ricordo, che egli ci lascia, e che sarà ge- ente. "custodito, unitamente al nostro sincero rimpianto, e di qualche conforto al padre ed al fratello di Imi, cru- ente colpiti da tanta sventura. = a n ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA” DI ROMA diretto dal Prof. ANTONIO CARRUCCIO | 334 Sui COLEOTTERI della Hr india di Itoma SE Fam. CARABIDAE 1 ; Comunicazione fatta alla Società Romana per gli Studi Zoologici a: dal Dottor Giulio Alessandrini, assistente nel predetto Istituto. (Continuazione: Vedi fasc. I-II, vol. VI, 1897). A Gen. Nebria Latreille. N. psammodes Rossi. (Carabus psammodes Rossi. Nebri ani psammodes Bon.). Si riconosce abbastanza facilmente per avere fe: I la testa ed il corsaletto d’un giallo-ferrugineo, mentre le elitre” Bic: sono d’un nero assai brillante con una bordura giallastra mol Bi è uniformemente nero. Le zampe sono anche esse chtlaen Gli individui giovani hanno in generale le elitre bruta: ui Hi possiede un solo esemplare colto nei dintorni della città. > dice invece comune alle sorgenti dell'Aniene, nelle rive de ruscelli che nascono dai monti dei dintorni di Filettino. In queste località ne prese. molti io dei quali dei fanno — i + Rocca di Papa, due dei dintorni di Roma) ed altri tredici esem plari tutti donati regli anni 1889-90, dal prof. Carruccio il qual li Ticcohe nella località detta del Molino Vecchio, presso Arsoli Bb È ia VE N. brevicollis Fab. (Caradus drevicollis Panz., C. rùfom ginatus Marsh., C. pilicornis Rossi, C. infidus Rossi, N. 6 Ft abi - ; f] 13 cx AZ : È È | SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 129 vicollis Latr., N. fuscata Bon., N. salina Fairm et Laboulb). D'un colorito uniformemente bruno nerastro al disopra. Ha le antenne, le zampe, i tarsi, i trocanteri e la base delle coscie bruno-rossastre. Le elitre, depresse, non sono esattamente paral- lele, ma arrotondate all’estremità e ci offrono delle strie for- temente punteggiate. Al margine interno della terza stria si no- tano quattro punti impressi, quasi alla stessa distanza fra di loro. ci In giovani individui il colorito è generalmente più chiaro, . fino ad arrivare ad un colore giallastro. La N. fuscata descritta dal Bonelli (1) non è altro che un esemplare giovane. È comunissima nella nostra provincia ove trovasi sotto le pietre ed alla base degli alberi, sotto le foglie secche. Ne possediamo nella nostra collezione ben ventidue esem- plari raccolti nei dintorni di Roma, nella tenuta di Campo di . Merlo, al Bosco Sacro, Isola Sacra, Fiumicino, Prati di Castello Arsoli, Colosseo, e donati dal prof. A. Carruccio, prof. Min- | gazzini, e sigg. Luigioni e Bonarelli. Il sig. Russo ne possiede un esemplare preso alla Farne- sina ed il sig. Marantonio due esemplari raccolti nei pressi di Ponte Salario. La collezione Mingazzini ne ha quattro esem- plari di Roma. N. andalusica Ramb. var. bardara Chaudoir. Secondo il prof. Mingazzini si troverebbe assai raramente nei dintorni di Roma. Non possediamo in Museo alcun esempl. di questa specie. È N. tibialis Bon. (A/paeus tibialis Bon., N. tibialis Dejean.). È d’un colorito uniformemente nero brillarito con palpi ed an- | tenne d’un rosso ferruginoso. Le elitre, poco più larghe del corsaletto, sono depresse, in ovale allungato, con i bordi laterali leggermente rialzati. Sono bene distintamente striate e le strie | punteggiate. Gli intervalli lisci sono convessi e sul bordo della | terza stria si vedono da quattro a sei punti infossati, poco marcati e spesso appena visibili. Il disotto del corpo è nero. Le coscie d'un bruno nerastro e le zampe ed i tarsi rosso-fer- ruginosi. (1) Bonelli. Observations entomologiques - I. ‘pag. 44. GIULIO ALESSANDRINI Due esemplari che il prof. Mingazzini raccolse in Filettino e donò al Museo fan: parte della nostra collezione provinciale. È Egli poi nella sua collezione provata. ne ha altri due pure essi x mr di Filettino. sE 4° Gruppo: NOTIOPHILINI. Prosterno a forma di spatola molto sporgente all’indietro | in guisa da ricoprire l’apice del mesosterno, che è prolungato w in avanti in una carena cuneiforme. Gen. Notiophilus Duméril. (Cicindela Lin. Elaphrus Fab.) Testa larga, molto corta, senza accenno di collo all'indietro. Fortemente striata fra sli occhi e quasi incassata nel proto- LS race. Occhi molto grandi e sporgenti. Labro anche esso spor- | gente, arrotondato in avanti che cuopre le mandibole. Palpi mascellari col Joro ultimo articolo, più lungo del terzo, ovalare assai grosso e come rigonfiato. Mento con dente mediano largo e bifido. Linguetta larga arrotondata all'estremità. Palpi labiali | che hanno il secondo e terzo articolo quasi della stessa lun- ghezza ed il terzo che ha la stessa forma dell’ultimo dei ma- scellari. Mandibole internamente inermi, antenne du lunghe quanto la testa e protorace insieme: i loro primi quattro articoli lisci. Corsaletto pianeggiante, quasi quadrato e con il bordo anteriore che forma quasi un rialzo nel suo mezzo. hero scudetto è molto grande. Elitre allungate, quasi piane, par. rallele. Sono striate e fra la prima e la-seconda stria vi è un | largo intervallo liscio. I tre primi articoli dei tarsi sono ap- > pena dilatati nei g. SRI PERITI LAT I e =] N. acquaticus Lin. (Cicindela aquatica Lin., Elaphrus aqua- ticus Fab., Panz., N. aestuans Stéven., Motsch). A D'un e: i con riflessi rameici brillanti al di sopra. Ha i palpi nerastri. Le elitre, poco più larghe del cor-. saletto, assai allungate, quasi parallele ed arrotondate all’estre- mità ci offrono otto strie formate da punti infossati. La prima di esse è prossima alla sutura, le sei seguenti, molto ravvici-. (SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA bo4 | nate fra di loro, lasciano un largo spazio molto levigato ed «assai brillante fra la seconda e la prima stria. L'ottava poi costeggia il bordo ‘esteriore ed è un po’ meno marcata. La prima e la settima di esse giungono fino all'estremità dell’ e- litra, mentre le altre si spengono un po’ prima. Si i ne punto molto marcato, verso il terzo dell’elitra, SIE scontra fra la terza e la quarta stria. Il disotto del corpo è - bruno leggermente bronzato. Non è raro nei dintorni di Roma «ove ne furono raccolti due esemplari S. Un terzo esemplare | fa parte della collezione Mingazzini e fu catturato presso Fi- lettino. Due esemplari poi favoritimi dal prof. Vinciguerra, | pure essi dei dintorni di Roma per avere il colorito d'un bronzo molto più brillante, la base delle antenne ed il mezzo delle gambe d'un giallo un po’ rossastro, la punteggiatura delle strie | più marcata e la presenza d’un secondo punto impresso verso l'estremità posteriore, in corrispondenza del termine delle strie che non giungono fino all'estremità, la quale si presenta d’un colorito un poco più chiaro tendente al giallastro, mi hanno in- dotto a credere che appartengano al N. biguttatus Fab., che dalla | maggior parte degli autori è ritenuto come una semplice va- | rietà od anche differenza di età della stessa specie N. aquaticus. s Oltre a questi esemplari che fanno parte della collezione provinciale Romana esistente nel nostro Museo il prof. Min- | gazzini nei dintorni di Filettino prese un esemplare di: N. palustris Dufît., e nei dintorni di Roma due esemplari di: N. substriatus Waterh. (N. punctulatus Wesmaél., N. puncti- — collis Kuster., N. subopacus Chaudoir). La scarsezza degli esemplari non mi hanno permesso di fare dei paragoni minuziosi: ma le differenze che io ho potuto | scorgere in questi pochi esemplari di specie ritenute per dis verse, sono così poche e tanto poco appariscenti da farmi per ora ritenere che essi appartengono tutti ad una stessa specie molto variabile e per l’età e per la località in cui essa | viene a trovarsi. GIULIO ALESSANDRINI > 0/0 Gruppo: OMOPHRONINI. Mesosterno indistinto, intimamente unito al metastasi e Do ricoperto dal prosterno; speroni delle zampe anteriori uno api cale, l’altro anti- apicale. st sirnd Labro sirotidi ‘poco sporgente, con una leggera fs sura anteriormente. Ultimo articolo dei palpi molto lungo, leg-. germente ovalare e troncato all’apice. Mento con un dente me-. diano semplice. Mandibole inermi internamente. Antenne fili-. formi lunghe quasi quanto la metà del corpo. Padre da assai convesse e corte. Le zampe sottili e lunghe: i due primi articoli doi “ai anteriori dilatati nei g* e spugnosi al disotto, il primo di essi 0 è quasi quadrato un po’ allungato, il secondo triangolare. De: O. limbatus Fabr. (Scolytus limbatus Fabr., Carabus ui tus. Fabr., Oliv., Rossi, Carabus dubius Herbst., Omophron lim-. batum Latr., Dejean., Nitidula coccinelloides Petagna Li). Rae È la sola specie che trovasi in Italia ed è comunissima. a sulle rive dei fiumi e dei ruscelli di tutta la provincia. La 5 sua forma e il suo colorito caratteristico non lo lasciano con- | fondere con alcun altro Carabo. Il colorito di fondo è giallo con macchie verdi. Una macchia verde-bronzo trovasi al mar- x Foeff SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 133 dietro ed è un poco convesso. Nel suo mezzo una vasta mac- chia verde bronzato va a toccare il margine posteriore e si allunga in avanti senza toccare il margine anteriore. Esso è fortemente punteggiato. Le elitre sono ricche di strie ben marcate e fortemente punteggiate. Gli intervalli sono lisci. La sutura è d’un verde-bronzato. Tre bande dello stesso colore disposte trasversalmente, ineguali e sinuose non raggiungono il bordo esterno, che è giallo chiaro. La prima di esse è si- tuata alla base dell’elitra, la seconda nel suo mezzo ma un po’ più all’innanzi, la terza fra il mezzo e l’estremità. Queste bande variano in larghezza a seconda degli esemplari e pos- sono anche fondersi in guisa da occupare quasi tutta la super- ficie dell’elitra. Il disotto del corpo è uniformemente giallo-ferrugineo, un po’ più chiaro ai margini. Le zampe sono giallo chiare. Due esemplari dei dintorni di Roma appartengono alla collezione provinciale. Il prof. Mingazzini possiede tre esem- plari dei quali due dei dintorni della città. ed uno preso alle rive dell'Aniene. Il signor Russo, presso ad Arsoli, ne raccolse "un esemplare che è per dimensioni più grande degli altri e le sue elitre sono quasi uniformemente verdi-bronzate, tanto sono larghe e riunite le bande verdi trasversali. Questo fatto mi fa pensare che lo spessore delle fascie verdi aumenti col crescere dell'individuo tanto più che nei sei esemplari da me veduti il più piccolo per dimensioni è anche quello in cui il colorito giallo predomina. II.= Divisione. — Zampe anteriori più o meno incavate dal lato interno: speroni uno apicale l’altro anti-apicale. Epi- meri metatoracici quasi sempre distinti. 1° Gruppo: SCARITINI. Addome composto di sei segmenti nei due sessi. Protorace diviso dal resto del corpo da un peduncolo più o meno distinto; Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici. 9 n TAR per li ITTNEITENE "a Va dd sh & tali Ù be e AI R 4 i È 3 K. 3 134 GIULIO ALESSANDRINI corpo più o meno allungato. Zampe anteriori palmate-digitate esternamente alla estremità. Gen. Scarites Fabricius. (Parallelomorphus Motsch.). Mento grande, concavo, longitudinalmente carenato nel suo mezzo; è trilobato ed il dente mediano, semplice ma molto robusto, arriva o di poco oltrepassa i lobi laterali, che sono generalmente arrotondati. Mascelle arcuate ed acute in cima. Ultimo arti- colo dei palpi mascellari subcilindrico, arrotondato e troncato verso l’apice. Mandibole robuste più o meno sporgenti allar- gate alla base, arcuate verso la estremità, fortemente dentate internamente, striate e solcate superiormente. Labro corto, trasversale, trilobato o tridentato: il dente mediano è più stretto e di poco più sporgente dei laterali. Antenne lunghe quasi quanto la testa e le mandibole riunite. Il primo articolo di esse è molto grande e tende ad allargarsi alla sua estre- mità; gli altri sono molto più corti, quasi tutti uguali ad eccezione del secondo che è un poco più lungo degli altri. Testa quadrata, molto grande, larga quasi quanto il protorace. Questo si presenta fortemente cordiforme, copuliforme o qua- drato, e sui lati della base tagliato obliquamente. Gli angoli posteriori di esso sono raramente distinti. Le elitre sono assai allungate, spesso parallele, spesso che vanno dilatandosi po- steriormente, il più delle volte munite di un piccolo dente su ciasenna spalla. Zampe robuste. Le. anteriori larghe, palmate, digitate e spinose; le mediane qualche volta sono un po’ più larghe verso l'estremità, munite di una o due spine robuste dal lato esterno: le posteriori sono semplici. I tarsi sono sem- ‘plici, spinosi e ciliati in tutti due i sessi. S. buparius Forst. (S. ferricola Bon., S. gigas Fab., Oliv. Rossi., S. giganteus Gmel., S. pyracmon Bon., Dejean). D'un colore nero lucente. La testa più grande nel g° che nella % è larga, quasi quadrata e pianeggiante. Posteriormente è assai liscia lievemente solcata all’innanzi. Ha due impres- sioni oblique assai grandi e marcate che lasciano una parte elevata fra loro che è liscia. Queste due impressioni sono sol- cate longitudinalmente. Una linea ondulata poco marcata presso i | SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 135 OE I II na il bordo anteriore, che è molto irregolare simile a due graffe unite l’una all’altra. ——- - Tl labro superiore è piccolo, stretto fortemente solcato nella sua superficie superiore, triden- tato col dente di mezzo leggermente incavato. Le mandibole, bene sviluppate e lunghe quasi quanto la testa, sono fortemente arcuate all'estremità nel g un po’ meno nella 9. Hanno alla base due larghi denti di forma variabile che si incastrano l’un l’altro. Nella mandibola della 9 a sinistra esiste un terzo dente molto piccolo che non è sensibile nel di Hanno al disopra due coste elevate che si riuniscono alla base, ove sono legger- mente striate. Le antenne sono un po’ meno lunghe della testa e mandibole insieme. I primi quattro articoli sono neri gli altri bruni e un po’ pubescenti. Occhi nerastri piccoli per nulla prominenti. Corsaletto più largo della testa quasi a mezza-luna, concavo anteriormente, convesso e un po’ prominente alla base. E liscio ed ha una linea longitudinale mediana ed una trasversale sinuosa quasi parallela al bordo anteriore. I bordi laterali e la base leggermeute rialzati. Gli angoli an- teriori soro prolungati in avanti e due piccoli denti si vedono al posto degli angoli posteriori. La base ha una leggerissima x insenatura nel suo mezzo. Lo scudetto è assai grande, quasi a forma di triangolo, concavo nei lati e rotondeggiante ante- ‘riormente e posteriormente. Una linea trasversale lo divide in I due parti di cui la superiore è punteggiata e rugosa, la infe- riore, liscia, ha due punti infossati da ciascun lato. Le elitre, meno larghe del corsaletto, vanno allargandosi verso la base ove raggiungono la larghezza di quello. Hanno superiormente delle strie longitudinali appena visibili e leggerissimamente pun- teggiate. Delle granulazioni finissime esistono lungo il bordo esterno come sono visibili due punti sulla terza stria in pros- simità dell’apice dell’elitra. La base è un po’ sinuosa, tagliata in quadrato, e termina lateralmente con un piccolo dente. I bordi esterni sono un po’ depressi, rialzati e ‘posteriormente dilatati. Il disotto è intieramente nero. Le zampe anteriori sono larghe e quasi palmate con due spine robuste dal lato interno e tre forti denti dal lato esterno, e cinque o sei den- ticolazioni in prossimità del terzo dente. Le zampe interme- diarie hannc due robuste spine vicino alla estremità, una n ta 7 x ae 4 a ‘_ dire a RR RE i an i e La 136 GIULIO ALESSANDRINI sull'altra e guarnite di peli rosso ferruginei come le po- steriori. Alla descrizione minuziosa di questo caratteristico Carabo labro, (fig. 1), della testa (fig. 2), e delle mandibole, destra e sinistra, sia del gJ° (fig. 3). come della 9 (fig. 4), perchè quelle che ho potuto vedere nei vari autori non corrispondono esattamente al vero e quindi molto poco anche alle descrizioni. Di S. dbuparius Forst. posse- diamo due esemplari uno dei quali 9 fu preso' nel 1890 a Fiumicino e donato dal sig. Marantonio al nostro Museo; l’altro g* preso qui in Roma, e precisamente all’ Orto botanico dallo studente sig. Tassara, fu do- nato al prof. Carruccio nel 1891. Di Fiumicino ne possiede nella sua collezione due belli esemplari il prof. Mingazzini. Si trovano non di rado sulla riva del mare sotto le pietre. S. laevigatus Fab. (S. Zittoralis Creutz., S. sabulosus Oliv., S. arenarius Petagna., S. tauricus Chaud., S. hispanus Motsch.). Al disopra d’un nero un po’ opaco. La testa quasi insensibil- mente solcata su tutta la sua superficie. Le due impressioni oblique che lasciano una parte elevata fra di loro. Queste im- pressioni sono fortemente solcate nel senso longitudinale. ll bordo anteriore è ondulato. Il labro superiore è piccolo, stretto con due lobi laterali che nella superficie superiore ci offrono un profondo punto impresso ciascuno ed un lobo mediano acuto che giunge appena all'altezza dei laterali. Le mandibole, lunghe quasi quanto la testa, hanno sulla loro superficie superiore due linee rialzate che si congiungono alla estremità. Alla base pre- sentano, come nello S. duparîus, due larghi denti che si inca ho voluto unire anche i disegni del | SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 137 fe I ii i a strano l’un l’altro. In tutti gli esemplari da me esaminati esiste ‘nella mandibola sinistra un terzo dente piccolo come in quella della £ dello S. duparius. Un solo esemplare della collezione già dei fratelli Emery, ha le mandibole più piccole, quasi dirette e che anche serrate non si sovrappongono. In questo esistono appena le traccia di un solo dente alla base di cia- scuna mandibola (1). Le antenne sono brunastre con i primi quattro articoli neri, lucenti e gli altri bruni e sono lunghe quasi quanto la testa e le mandibole riunite. Gli occhi bru- nastri sono poco sporgenti. Il corsaletto quasi quadrato è poco più largo della testa, tagliato un po’ obliquamente posterior- mente ove la base si prolunga lievemente e presenta ai suoi lati due leggere impressioni. Liscio e convesso presenta la li- nea mediana molto marcata ed una linea trasversale presso il bordo anteriore. I bordi laterali e posteriori sono un po’ rial- zati ed esistono due piccoli denti al posto degli angoli poste- riori. La parte superiore dello scudetto è arrotondata e zigri- nata nel mezzo, è liscia e rialzata ai margini; quella inferiore è piccola, corta, a forma di cuore e termina con una linea elevata trasversale poco marcata. Le elitre sono un po’ de- presse, larghe quanto il corsaletto; alla base si allargano leg- germente verso l’estremità che è arrotondata: sembrano liscie ma vedute con un ingrandimento ci si mostrano striate e fi- namente punteggiate. Esse hanno verso la base due punti im- pressi presso la terza stria di cui il primo è al terzo poste- riore l’altro all’estremità. I bordi esterni sono un po’ depressi e leggermente rialzati. Il disotto del corpo è nero uniforme. Le zampe anteriori in prossimità del terzo dente hanno due distinte dentellature. La collezione del nostro Museo ne possiede due esemplari, che furon presi sulla spiaggia del mare e che facevano parte dell’antica collezione Rolli. Uno della collezione del sig. Ma- rantonio fu preso a Ladispoli. Due altri esemplari mi furono favoriti dal prof. Vinciguerra e sono di località non precisa, ma sicuramente della nostra provincia. (1) Sarebbe forse una anomalia? 138 GIULIO ALESSANDRINI Il prof. Mingazzini ne possiede un solo esemplare preso a Fiumicino. Gen. Clivina Latreille. (7’enebrio Lin., Scarites Fab., Rossi). Mento di forma variabile, trasversale con un forte dente me- diano, che oltrepassa i lobi laterali. Ultimo articolo dei palpi la- biali e mascellari il doppio più lungo del penultimo e piriforme. Mascelle uncinate all'estremità. Mandibole tridentate alla loro base variabili per forma. Labro avanzato e tagliato quasi in quadrato. Antenne corte, che si vanno un po più ingrandendo verso l’estremità, il secondo articolo è lungo tanto quanto il primo ed un po’ più del terzo e del quarto; gli altri sono glo- bosi. Testa ovale con un solco longitudinale dal lato interno di ciascun occhio. Piotorace quadrato, quasi pianeggiante, più largo della testa ed un po’ più lungo che largo. Elitre poco più larghe del protorace; alla base si vanno leggermente allar- gando, allungate e convesse. Il bordo esterno delle zampe anteriori munito di più denti o digitazioni distinte al disopra del suo sperone terminale. Il bordo delle intermediarie terminato da uno sperone lungo, pre- ceduto da qualche smarginatura. C. fossor Lin. (Scarites arenarius Fabr.). Variabile pel colorito, dal bruno scuro al giallo pallido: la sua forma è al- lungata cilindrica. La testa è quasi triangolare, ristretta dietro gli occhi: ha due impressioni longitudinali da ciascun lato ed un piccolo punto infossato oblungo nel suo mezzo. La sua parte anteriore e la bocca sono ordinariamente d’un colorito più chiaro. Le mandibole sono poco avanzate. Le antenne lun- ghe quasi quanto il corsaletto sono d’un bruno ferrugineo. Gli occhi nerastri ed assai sporgenti. Il corsaletto di poco più largo della testa è quasi tanto lungo quanto largo, quasi qua- drato ed anteriormente tagliato in quadrato ed in obliquo po- steriormente, con il mezzo della base un po’ prolungata e anche esso tagliato in quadrato. È assai convesso ed ha qualche stria trasversale poco marcata: nel mezzo ha una linea longitudinale assal infossata ed un’altra trasversale meno marcata presso il suo bordo anteriore. Gli angoli anteriori sono un po’ arroton în SUI COLEOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 139 MI en dati ed i bordi laterali e posteriori un po rialzati. Lo scudetto è liscio e triangolare. Le elitre, poco più larghe del corsaletto, sono allungate, parallele, tagliate in quadrato alla base e molto arrotondate all’apice. Hanno delle strie ben marcate e molto | visibilmente punteggiate. Sulla terza stria si notano, su cia- scuna elitra, quattro punti infossati, distinti, quasi alla stessa à distanza fra loro, ed una serie di punti molto ravvicinati lungo il bordo esterno. Il disotto del corpo è un poco più chiaro. Le zampe sono rosso-ferrugineo. Quelle anteriori hanno tre denti robusti ben distinti. Le intermediarie hanno una spina molto lunga ed altre minori e più corte verso l’estre- mità. È comune nei dintorni di Roma ove si trova sotto le pietre ed i detriti vegetali, lungo i corsi d’acqua, stagni e luoghi umidi. Ne possediamo due esemplari ambedue dei dintorni di Roma che appartenevano alla collezione Rolli. Un esemplare del signor Marantonio fu raccolto alla tenuta di Pietralata sulle rive dell'Aniene ed un altro dal sig. Russo fu preso nella stessa località. Un esemplare, raccolto dal sig. Marantonio in Arsoli per la sua testa d’un colorito bruno nerastro come il corsaletto e le elitre invece molto più chiare potrebbe essere considerata come la varietà C. collaris Herbst. Il prof. Mingazzini ne possiede quattro esemplari presi tutti al Colosseo. (Continua) RE SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO COLLE DENOMINAZIONI DIALETTALI DELLE CINQUE CLASSI DEI VERTEBRATI DELLA SARDEGNA pel Prof. Dott. MARCIALIS EFISIO (Continuazione: Ved. fasc. I-II, vol. VI, 1897). LIV. Gen Pratincola Koch. 80. Pr. rubetra Linn. Conca de moru nel C. M.; Sartiarellu in quasi tutto il C. S. — « Lo Stiacino dev'essere in parecchie parti dell’isola assai meno comune della specie seguente, e il Salvadori col Gennari espres- sero il dubbio che siasi confusa la Pr. rudetra colla Pr. rubi- cola (Carruccio) (1). 81. Pr. rubicola Linn. — PEA de canna o Conca de moru nel C. M.; Sartiarellu verso il C. S. — Il Saltimpalo è comune e midiioa fra noi. ì LV. Gen. Ruticilla. Brehm. 82..R. phoenicurus Linn. — Nel C. M. Coa arrubia, Coa de ferru. Il Codirosso è comune, di doppio passo; qualche volta rimane a nidificare. — Come notò il Cara, questa e la seguente specie preferiscono vivere nelle roccaglie. 82. E. titys Scop. ex Linn. — Nota anche questa specie col nome di Coa de fogu. — Il Codirosso spazzacamino è scarso, ma di passaggio annuale. « Il Salvadori nota che du- rante l'inverno lo trovò assai comune al Capo S. Elia, cioè vicino a Cagliari (Carruccio) ». (1) Le diverse e numerose note introdotte dal prof. A. Carruccio, | Dirett. del Museo Zool. della R. Univ. di Roma, trovansi comprese fra vir- golette. In questa ed in altre note di esso professore, per la prima volta figura il nome del compianto prof. Patrizio Gennari, già Direttore del Museo Cagliaritano; ed era giusto che questo nome fosse richiamato essendosi per cura del prof. Carruccio pubblicati (quando in Cagliari di- rigeva il giornale scientifico da lui fondato, e continuato per molti anni in Firenze, Modena e Roma) diversi articoli del predetto prof. Gennari, che si possono considerare o come ignoti ai più, o dimenticati. Essi hanno . il titolo: Frammenti d’Ornitologia, ecc. Vedasi La Sardegna medica del 1865, anno III, fasc. 4, 6 e 7 (Cagliari, Tip. della Gazzetta P'opaRra, pag. 76-79, 109-115, 136-139. 11 SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 14 OMO ee rrrrg9rtgg;@9romt vis pig ya Mo LVI. Gen. Erithacus Cuv. 83. E. rubecula Linn. Nel C. M. lo si chiama Pettusa rrubiu: nel Logudoro Chirisi (Bonomi); Nanni pittiruiu presso Bosa; Scalurugiu in Sindia. — È una delle specie che secondo i paesi delle due provincie riceve altre de- nominazioni, taluna assai curiosa: Raccolgo le seguenti: Bar- barubia, Grisu, Liddi, Baingiu ciecu (Gavino cieco), Consi- glieri, Frate gavinu (Sassari), Ogu de boi, Ghiru, Traddera. Nidifica sui monti e scende al piano d’inverno. Il Pettirosso è comune dovunque nell’ isola. LVII. Gen. Luscinia Brehm. 84. L. vera Sund. (Aédon lusci- nia Linn. ex Gesn.). — Rosignolu nel C. M. ; Passarillanti nel C. S. e anche Picciorru. — Il Rosignolo spesso giunge in marzo od in aprile, nidifica; riparte in ottobre. Lo credo più abbon- dante nella prov. di Sassari. 85. L. philomela Bp. Comparisce di rado in primavera questo Rosignolo orientale? « Il prof. Gennari dubitava della presenza di questa specie nell’ isola, e scrisse a pag. 110 del precit. lavoro, che sotto il nome di Sylvia philomela a lui fu dato in consegna una Luscioniopsis luscionioides (Carruccio) ». LVIII. Gen. Sylvia Scop. 86. S. atricapilla Linn. Conca niedda, Conca de moru nel C. M.; nel C. S. la P chiamasi Muschitta, il g Filomena. Comune è la Capinera al soprag- giungere di primavera (Salvadori). Nidifica in talune parti. Abbondante nel Sassarese, specialmente nei monti. 87. S. curruca Linn. Biccafigu, Topi de mata nel C. M. — La Bigiarella è fra noi affatto accidentale. 88. S. cinerea Bechst. ex Briss. Nel C. M. oltre il nome di Stampa cresuras ha pur quello di Biccafigu. La Sterpazzola non è tanto comune, ma nidifica. Scende al piano in settembre. ; 89. S. conspicillata La Marmora. Topi de . mata nel C. M. La Sterpazzola sarda giunge in agosto e rimane l’in- verno. Sedentaria, nidifica ai monti. All'epoca del passo ab- bonda al litorale ove non si trova nel giugno e nel luglio. 90. S. subalpina Bonelli in Temm. — La Sterpazzolina giunge in settembre e parte in primavera. 91. S. salicaria Linn. (S. hortensis Lath.) Biccafigu. — Non comune e di passo irregolare. 142 MARCIALIS EFISIO 92. S. melanocephala Gmel. (Pyrothalma melanoce- phala Gmel. ex Cetti). Ogu de boi, Filomela de mata, Mu- schitta, Imbecidda Conca de moru, secondo le regioni dell’isola. — L’Occhiocotto è comunissimo, sedentario. LIX. Gen. Meltzophilus Leach. 93. M. sardous La Marm. v « La Magnanina sarda è comune e sedentaria, specialmente ai monti e dove il terreno offre eriche e cisti (CYystus monspel- lensis), nascosto per lo più fra i cespugli formati da dette piante. Le abitudini ed i caratteri del Y e della 9 trovansi ben deseritti dal Salvadori (pag. 31-32), e giuste sono le rettifiche intorno al genere, fino allora, scriveva con piena ragione il compianto Gennari, se è Zecita l’espressione, malversato (Carruccio) ». 94. M. undatus Bodd. (M. provincialis Leach.). Questa Magnanina, meno comune della precedente, colla quale però con- vive, scende d’inverno al piano. « Il suo grido, scrive il Sal- vadori, può, sebbene malamente, esprimersi colle sillabe ché, chè, rapidamente emesse talora una sola volta, e talora ripe- tute per due volte. Il primo individuo di cui venne in possesso il Museo di Cagliari, mi venne favorito (così il Gennari) dal Salvadori, il quale lo uccideva nelle colline di Mara Calagonis (Carruccio) ». LX. Gen. PhyMloscopus Boie. 94. Ph. rufus Bechst. In sardo Papa muschittu (Mangia zanzare). Comune è il Luì piccolo nell'inverno, e nidifica. Di passo regolare, ma anche se- dentario. « Il Salvadori trovò esservene in numero grandissimo presso l’istmo della Scaffa alla Maddalena, specialmente sui cespugli di solani e sugli alberi di fico presso Giorgino (p. 54) ». 95. Ph. trochilus Dresser. Il Luì giallo sembra assai raro fra noi. L'individuo, primo annunciato dal Salvadori, fu da lui ucciso presso il Rio di S. Gerolamo in vicinanza di S. Barbara (Carruccio). 96. Ph. Bonelli Vieilll — Il Luì bianco non è dato nei cataloghi del Cara, Salvadori, ecc., come esistente in Sar- degna; ma secondo il Bonomi si trova lungo i fiumi del Sas- sarese, e può trovarsi pure nella prov. di Cagliari: comunque non è comune. LXI. Gen. Hypolais Brehm. 97. H. icterina Viell. Più o meno scarsamente il Canapino maggiore appare nel Sassarese. (9° SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 143 < Quando nel 1864 il Salvatori pubblicò il suo catalogo ebbe ra- gione di scrivere le seguenti parole: « Nessuna specie del ge- nere Ficedula Koch (Hypolais Brehm) esiste nel museo di Ca- gliari, nò è notata dal Cara nell'opera citata, e neppure io ne ho incontrata alcuna durante l’aprile. Questo genere non ha adunque nessun rappresentante in Sardegna ? Io stento a cre- derlo ». Il fatto dimostrò come la domanda del Salvadori fosse opportuna (Carruccio). LXII. Gen. Acrocephalus Naumann. 98. A. palustris Be- chst. — Scarso è il passaggio della Cannaiola verdognola. Fu presa presso lo stagno di Sorso, ecc. 99. A. arundinaceus Linn. ex Briss. — Anche il Cannareccione, di assai scarso passaggio, fu pure preso presso lo stagno di Sorso. LXIII. Gen. Oglamodus Kaup. 100. C. schoenobaenus Linn. — Scarso come le due precedenti è il Forapaglie, parimenti colto presso lo stagno di Sorso. LXIV. Gen. Cettia. Bp. 101. C. Cettii.La Marm. — Al Rosignolo di padule nel catalogo del Salvadori vien dato il nome volgare sardo di Passarilanti, ma il nome che si rife- risce a questa specie è quello di Rosignolu de riu. Comune e nidifica al piano in luoghi paludosi. < Il venerando mio suocero prof. comm. i. Falconi, già preside della Facoltà medico-chirurgica dell’Università ii Cagliari, mi assicurò che la Cettia Cettiî sì chiama più comu- nemente, nella prov. di Cagliari, o Topi de mata de arriu, o Papa musca de arriu (Carruccio) ». LXV. Gen. Cisticola Kaup. 102. C. cursitans Frank. — Papa muschittu, Punta canna nel C. M. — Il Beccamoschino è comune e sedentario anche a breve distanza da Cagliari, ecc. VIII, Fam. Motacillidue. _ LXVI. Gen. Motacilla. Linn. 103. M. alba Linn. ex Gesn. — Coetta bianca nel C. M.; Culisaida nel C. S.; Culisaitta presso Bosa; Mudisceddu, o Modisceddu in altri paesi dell’isola, e x Zinzigagoa a Gavoi. — La Ballerina è invernale, sedentaria, abbonda al piano. Le immigranti giungono al Capo meridio- nale in settembre. 144 MARCIALIS EFISIO 104. M. boarula Penn. — Coetta groga (cioè gialla) nel C. M., Culisaida groga nel C. S. — La Cutrettola è di. passaggio in autunno e in primavera al piano. « Il Salvadori però opina che questa specie sia stazionaria in Sardegna, perchè ne vide alcuni individui in inverno (p. 57) (Carruccio) ». LXVII. Gen. Budytes Cuv. 105. B. lavus Linn. ex Gesn. — Curisarida presso Sassari, Coetta groga a Cagliari, ecc. « Non è difficile che come questa specie, così osserva il Salvadori, arrivi in Sardegna, anche la Motacilla cinereo-capilla Savi e la Bu- dytes nigri-capilla Bp., ossia la M. melanocephala Savi nec Licht. (p. 58). E ciò fu ammesso anche dal Cara nelle contro os- servazioni fatte al Salvadori (Carruccio) ». 106. 5. cinereocapillus Salv. — In conferma delle ora citate previsioni possiamo aggiungere che la Cutrettola si os- servò che può anche nidificare nell'isola, ad es., sul tetto del- l'Università di Sassari. LXVIII. Gen. Anthus Bechst. 107. A. campestris Bechst. — Pispoleddu e specialmente Fanfarroni nel C. M., e Fanfarrone . nel C. S. — Il Calandro arriva in autunno, parte in prima- vera (Cara). 108. A. Richardi Vieill. — Calandria, Calandriedda a biccu fini nel C. M. — Il Calandro forestiero è raro. Giunge in primavera. Non fu indicato nè dal Cara, nè dal Salvadori. 109. A. pratensis Linn. — È chiamato Pispanti de campu nel C. M., Pispante nel C. S. — La Pispola, d’inverno si vede St al piano. 110. A. cervinus Pall — Rara è la Pisjbla a gola gialla, ma di doppio passaggio al piano: 111. A. spinoletta Linn. ex Ray. — Pispanta de arriu C. M. — Secondo il Cara è numeroso il passaggio dello Spion- cello in autunno, e riparte in primavera e al principio del- l'estate. i 112. A. arboreus Bechst. — Anche a questo si dà a Cagliari e nel C. M. il nome di Fanfarroni. Il Prispolone sa- rebbe stazionario, secondo quanto ne scrisse il Cara. SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 145 (Sect. OscinEs SCUTELLIPLANTARES — Salvadori) IX. Fam. Alaudidae. LXIX. Gen. A/auda Lin. 113. A. arvensis Linn. Nella maggior parte dell'Isola la Lodola riceve il nome di Calandria o Calandriedda, cioè nella prov. di Cagliari (C. M.), o di Chi- landra nella prov. di Sassari (C. S.). Sedentaria, frequente, anche di doppio passo, predilige il piano e i colli verso il mare. — « Ebbe pure a notare il Salvadori che d’inverno vi ha fra noi un numero grandissimo di Lodole, e che molte vi nidificano (Carruccio) ».. 114. A. arborea Linn. (Lullula arborea Savi). Per lo più Calandriedda nel C. M., e Chilandra nel C. S. Comune ovunque, sedentaria, e di doppio passo è la Tottavilla. — Citata anche dal Carruccio pei monti di S. Gregorio in cui la prese col Targioni-Tozzetti nell’escursione fattavi nel 1869 (ved. cat. cità). LXX. Gen. Calandrella Kaup. 115.. C. brachydactyla Leisl. — Il Calandrino chiamasi nel C. M. o Toccaterra o Ca- landriedda. Nel Lugodorese e in generale nel C. S. lo si de- nomina Accucaditta, e presso Gavoi Terrina. — Comune ovun- que al piano e stazionario, sembra però più abbondante nel GC. M.— Citato dal Carruccio per Settimo S. Pietro, ecc., in occasione della predetta escursione. LXXI. Gen. Galerita Boie. 116. G. cristata Dress. — « Secondo il Cara la Cappellaccia è fra noi di comparsa acci- dentale, e benchè in piccolo numero comparirebbe nella pri- mavera e nell’estate d'ogni anno (ved. Osservaz., ecc., p. 65, 1865). Il Salvadori però scrisse che questa specie non si trova in Sardegna (Cat., p. 61). A mio avviso nuove e perseveranti osservazioni sarebbero ancora opportune (Carruccio) ». LXXII. Gen. Melanocorypha Boie. 117. M. calandra Bp. - Calandrioni, Calandria manna nel C. M., Calandria reali a Bosa, Chilandria reale nel C. S. — « La Calandra è sedentaria e comune ovunque, sì al piano come in collina. Nidifica fra noi (Cara). — Il Salvadori scrive di aver notato che in Sarde- gna non è così diffidente come nell’Agro Romano e in altri luoghi. Forse perchè non è molestata (L. c., p. 61 Carruccio) » S ’ P è CIRIB TTI casi TI RR GEAR STR WE LIADO eee ce de : Peas Lia a ari i 146 MARCIALIS EFISIO (Sect. OSCINES CONIROSTRES). X. Fam. /ringulidae LXXIII. Gen. Embderiza Linn. (Miliaria ©. L. Brehm). 118. E. miliaria Linn. — Nel C. M. Orgiali od Or- giali de denti; nel C. S. Cimirri a dentis, Macottu, Strillozza, Dentici. Lo Strillozzo è frequente ovunque, sedentario. 119. E. cirlus Linn. Oltre i predetti nomi, in taluni paesi ne riceve uno diverso, quello di Zinziza. — Frequente, sedentario, di doppio passo è il Zigolo nero. Abita al piano, nelle vallate, ovunque. — Il Carruccio cita la località di Set- timo S. Pietro, dove col prof. Targioni-Tozzetti ebbe questa specie nel 1869. « Il Salvadori non ammette la esistenza dell’E. citrinella in Sardegna, ammessa dal Cara. — Anche il (rennari non l’ammise (1. c. Carruccio) ». i 120. E. cia Linn. — Lo Zigolo muciatto è acciden- tale; nel Sassarese però appare talvolta men raro che altrove nell’Isola. « Il Cara così ne scrive: Raro si fa vedere fra noi quest’uccello, qualche volta in aprile ». 121. E. hortulana Linn. L'Ortolano in Sardegna è specie di passaggio accidentale (Cara). i 122. E. schoeniclus Linn. — Nel C. M. Orgiali de cannas o de is cannisonis, e altrove Orgiali de is mustassus. — Il Migliarino di padule nidifica ovunque trovansi canneti, LXXIV. Gen. Passer Briss. 123. P. salicicola Salvad. — Nel C. M. Crucculeu; nel Logudoro F'urfurinu, Furfuragiu; ad . Oristano Zuga; nel Marghine Bruffularzu; a Gavoi Puzone de turre; ad Olzai Muntanarzari; in altri paesi nel C. S. Biddisò, Cedda de palazzu. — La Passera sarda è frequente e sedenta- ria dovunque in città; s'introduce fin dentro le case di cam- pagna, nidifica anche su alberi dei cortili, ecc. — Non sono rari gl’individui presi da albinismo, isabellismo, ece. 124. P. montanus Salvad. Il Cara affermò già che la Passera mattuggia è rarissima in Sardegna, più recentemente vi fu trovata da Bonomi. LXXV. Gen. Petronia Kaup. — 125. P. stulta ‘Ep. — La. SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 147 Passera lagia chiamasi nel C. M. Crucculeu de monti; nel G. S. Furfurinu de monti. — Comune e nidificante, ama 1 luo- ghi rocciosi, a diverse altezze, ma pare prediliga le rocce a picco sul mare. — Non di rado si vedono branchetti più o meno numerosi. LXXVI. Gen. Coccothraustes Briss. 126. C. vulgaris Pall. — Biccu grussu nel C. M.; Pizzu grussu, Re de l’alipinte, Sciucca, Mendula nel C. S.—- Comune, nidificante, specialmente in di- verse parti della prov. di Sassari. — Anche invernale, e di doppio passaggio. — « Il Salvadori ebbe ad osservare i Frosoni anche nei boschi di Oridda nel mese di febbraio (Carruccio) ». LXXVII. Gen. Fringilla Linn. 127. F. coelebs Linn. Nel C. M. Passareddu, nel C. S. Passarella, Cioni ecc. Comune specialmente nel C. S. ove nidifica. Di doppio passo regolare. LXXVIII. Gen. Ligurinus Koch. 128. L. chloris Salvad. — Vardarolu nella prov. di Cagliari; Birdarolu, Papalinu, Verde d’Oro, Canariu areste secondo i paesi della prov. di Sassari. — Frequente, nidifica ovunque. LXXIX. Gen. Chloroptila Salvad. 129. Ch. citrinella Salvad. — Il Venturone non si credette dal Salvadori far parte dell’Avifauna sarda; ma ora può affermarsi che vi si trova, come dimostrò il dott. Lepori (Ved. Att. Soc. dei Natur. di Modena, ser. III, vol. IV, pag. 163). LXXX. Gen. Chrysomitris Boie. 130. Chr. spinus Linn. — Il Lucarino in parecchie località dell’isola è chiamato Car- dellinu grogu (Bonomi), in altre Canarinu deis montis. Arriva in autunno e parte in primavera. LXXXI. Gen. Carduelis Briss. 131. C. elegans Steph. — La notissima Cardanera del C. M., è nel C. S. chiamata Car- dellina. In qualche paese, ad es. in Dualchi, la chiamano Zin- .grulina. — Comune, sedentaria, vi nidifica. LXXXII. Gen. Serinus Koch. 132. S. hortulanus Koch. — Nel C. M. Canariu de’ monti o Canariu birdi; nel C. S. Ca- nariu areste. Il Verzellino è ovunque frequente e nidificante. LXXXIII. Gen. Cannabina Brehm. 183. C. Linota Salvad. — Fanella, Passareddu, Passarellu nel C. M.; Passericu nel C. S. — Il Fanello è dovunque comune e nidificante. Fre- quente nelle spiagge marine. « Vedonsi grandissimi branchi nei side + a DEN 148 MARCIALIS EFISIO prati a S. Bartolomeo presso il Capo S. Elia, e spesso mesco- lati coi Verdoni e colle Pispole (Salvadori, pag. 65) ». LXXXIV. Gen. Pyrrhula Briss. 134. P. europaca Vieill. — Questa specie non è indicata dal Cara, dal Salvadori ecc. Quest'ultimo anzi nel suo diligentissimo Elenco degli Uccelli italiani (1886, pag. 179) scrive che il Ciuffolotto « finora non è stato osservato in Sardegna ». Ed io, pur mantenendo il dubbio, devo però avvertire che mi venne riferito come questo uccello siasi preso talvolta nel Capo settentrionale dell’ Isola, dove la sua comparsa sarebbe accidentale. LXXXV. Gen. Loria Linn. 135. L. curvirostra Linn. — Nel C. M Biccu trottu, Biccu o Pizzu torta nel C. S.— Il Crociere è fra noi di rara comparsa nell’inverno. II. Sub. Ord. PAPERES CULTRIROSTRES. XI. Fam. Sturnidae. LXXXVI Gen. Sturnus. Linn. 136. S. unicolor La Marm. — E’ una delle specie quasi caratteristiche della Sardegna, dove è più frequente che altrove (Sicilia, ecc.) Nel C. M. lo si chiama Sturru nieddu, e nel C. S. Sturru neru. — Abita al piano e al monte, ma preferisce il piano in vicinanza a qualche stagno. È sedentario, ed in talune località comunissimo. — « Il Salvadori nel suo Catal. degli Ucc. di Sard. (pag. 68-70) rità diligentemente la descrizione del Y° e della 9, e dimostra come il dubbio del Bonaparte sulla legittimità di questa bella specie sia insussistente. Anche il Gennari nei /rammenti di Ornitologia pubblicati nel mio antico giornale aggiunge qualche ‘notizia: « Io posso aggiungere, scrive, che gli Stornelli di Sardegna pongono lor nido anco nel bel mezzo dell’abitato : e chi è stato a Iglesias avrà veduto lo stuolo di stornelli che nei mesi di aprile e maggio, mentre attendono al nido e alla cura della prole, fanno gazzarra attorno al campanile della cattedrale, mandando fischi così acuti e potenti da assordarne. (L. c. p.) (112). — Questa osservazione del Gennari potemmo confermare io ed il prof. Targioni-Tozzetti nel maggio del 1869 nei giorni in cui ci fermammo ad Iglesias e nei dintorni (Car- ruccio) ». SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 149 137. S. vulgaris Linn. — Sturru nel C. M., Sturru giaulau, Stureddu, Strudu, Sturnu, Sturru grandinadu, Picchettadu, Pintu, secondo le diverse località del C. S. — Giunge in agosto e in autunno, parte in primavera. Frequenta i canneti e i luoghi paludosi. « Il Salvadori pensa che alcuni vi nidifi- cano avendo visto qualche individuo giovanissimo conservato nel Museo di Cagliari (L. c. pag. 68). — Il Cara nelle sue osser- vazioni, in una noterella a pag. 74, scrive: « Nel 1844 si è ‘osservato il fenomeno che il passaggio di questa specie si ve- rificò di soli giovani storni (Carruccio) ». | LXXXVII. Gen. Pastor Temm. 138. P. roseus Temm. — Lo Storno roseo fu pure preso in Sardegna, ma è affatto accidentale la sua comparsa, che si osservò anche in occasione d’invasioni di cavallette. XII. Fam. Orzolidae. LXXXVIII. Gen. Oriolus Linn. 139: O. galbula Linn. — Canariu selvatico nel C. M., C. areste nel C. S. — Giunge in primavera, riparte verso il settembre, nidifica. « Il Cara nota che i giovani sono comunissimi, rari gli adulti in per- fetta livrea. Il Salvadori ricorda esemplari visti in aprile presso Capoterra (nel bosco di Nizza, circond. di Cagliari - Car- ruccio) ». XIII Fam. Corvidae. LXXXIX. Gen. Pyrrhocorax Tunstall. 140. P. graculus. Savi. — Per le specie diverse della Fam. Corvidae inomi vol- gari che predominano in Sardegna sono quelli di Carroga o Corroga e di Crobu. Questa, cioò il Gracchio corallino, men frequente d’altre nei nostri monti, nel C. M. chiamasi Car- roga, nel C. S. Taccula. « Il benemerito Alb. La Marmora tro- volla stazionaria al Gennargentu, ed al Salvadori fu detto esser comune nelle montagne presso Ierzu. — Il Cara poi fece noto che sulla fine del gennaio 1842 fu colto un individuo nelle vicinanze di Cagliari (Carruccio) ». — Il Salvadori (El. d. Uce. ital., pag. 186) dichiara che il Pyrrhocoraa alpinus manca in Sicilia ed in Sardegna. » Bol'ettino della Società Romana per gli studi Zoologici 10 i; SOSTE 1 si 150 MARCIALIS EFISIO XC. Gen. Corvus Linn. 141. C. corvus Linn. — Nel C. M. Crobu mannu. Il Corvo maggiore ed imperiale è comune al piano come al monte, sedentario in tutta l’isola, principal mente presso luoghi paludosi. « Salvadori ricorda di averne uccisi persino su degli ulivi entro il villaggio di Domus Novas, ove venivano a dormire ed a divorare le olive (p. 72). — Ma all’occasione, come notai, il Corvo maggiore cibasi avidamente colle carni di cavallo, e nel 1867 vidi parecchi di questi uc- celli presso un letamaio a divorare intestina di un cane che in esso erano state gettate (Carruccio) ». 142. B. frugilegus Linn. ex Aldr. — Crobu nel C. M., Corbo nel C. S. — Inverriale, abbonda più nel C. S. — Il Cara nota ch'è specie comune durante l’inverno. 148. C. corone Linn. — Corroga niedda o Crobu nel nieddu C. M., Corbu nel C. S. — Invernale al piano in- sieme al C. corax (Bonomi) è la Cornacchia nera. 144. C. cornix Linn. ex Gesn. — Corroga braxia o barza nel C. M., Corronca, Carronca nel C. S. — Comune e stazionaria è la Cornacchia bigia. 145. « Nella noterella alla brevissima introduzione di questo catalogo fu già richiamata l’attenzione del lettore sul Corvus tingitanus Irby, della quale specie il primo esemplare (3° adul.) preso in Italia sarebbe quello annunciato dal prof. Gi- glioli, ucciso a S. Antioco, prov. di Cagliari, dal conte Ugolino Martelli (Avicola, Giorn. ornitol. ital., fasc. I, 1897). L'annuncio destò non lieve sorpresa (Gesta) ». 146. C. monedula Linn. — Anche a questa specie nel C. M. si dà il nome di Corroga niedda, e di Taccula nel C.S. — La Taccola fra noi è sedentaria, comune pl al piano, erratica. XCI. Gen. Nucifraga Briss. 138. N. caryocatactes Savi. — Alla Nocciolaja si dà il nome di Carrughedda giaulada (Bonomi). — Accidentale specialmente nel C. M. — « Un indi- viduo fu predato nelle montagne d’Aritzo in tempo d'inverno, e poi nel 1863 il Cara ne introdusse un secondo nella colle- zione del museo di Cagliari (V. osserv., ecc. a pag. 75). Manca in Sardegna la Gazza (Pica rustica vel P. caudata) (Carruccio) ». XCII. Gen. Garrulus Briss. 147. G. glandarius Bp. — " È È 4 CATALOGO METODICO 150 SAGGIO DI UN La Ghiandaia è nota in più parti dell’isola col nome di Mar- rapiga o Piga. — Comune, sedentaria, specialmente nei monti alberati. 2S se IV. Ord. COLUMBAE. XIV. Fam. Columbidae. XCIII. Gen. Columba Linn. 148. C. palumbus Linn. — Il Colombaccio in sardo è noto col nome di Columbu areste o selvaticn (C. M.); di Tidu (C. S.); Tidori (Fonni). Di passo copioso in autunno ed in primavera. — Anche invernale e se- dentario e nidifica nelle foreste. 149. C. oenas Linn. — In sardo Columbedda, Tidori, Succella. La Colombella giunge in autunno, parte in prima- vera. Ritiene il Bonòmi che sia sedentaria e nidifichi, perchè ne uccise in luglio al Capo settentrionale. 150. C. Zivia Bonnat. Piccione selvatico. — In sardo Columbu de is arrocas, Succella, Columbu areste. Abbondante e sedentario è il Piccione selvatico lungo i liti rocciosi. XOIV. Gen. Turtur Selby. 151. T. communis Selby.— In sardo Turturi, Turturu. Di passo ed estiva e nidificante. La Tortora parte ai primi di settembre ed ai primi di ottobre. V. Ord. GALLINAE. XV. Fam. Perdicidae. XCV. Gen. Perdix Briss. 152. P. Petrosa Savi. Pernice sarda. — In sardo Perdixi (C. M.); Perdighe, Perdigi (C. S.); Pudda de matta a Fonni; Parricia a Tempio. Comune e se- dentaria per tutta l’ uh è la Pernice sarda, della quale si fanno copiose esportazioni nel continente. XCVI. Gen. Coturnix Bonnat. 153. C. communis Bonnat. - Quaglia. — In sardo Quaglia (C. M.), Circuri, Circuredda; Trespotres (C. S.); Trapudé (Tempio); Trappudé (Sassari). Sta- zionaria anche d’ inverno. e ti Tita pig 2 dr Sani * up 8 E $ Los ie de, mia ug ap Si gl i { ag SIAE - br) 152 MARCIALIS EFISIO VI. Ord. GRALLATORES. — 1. Sub. Ord. Lmrcorar. XVI. Fam. Otidae. LCA XCVII. Gen. Otis Linn. 154. O. tetrax Linn. -—- La Gal-- lina prataiola chiamasi in sardo, e secondo i diversi paesi, coi nomi o di Giaddina de campu, o di Pudda campina, Pitarra, Pidraxiu, ecc. Giunge in autunno e parte in primavera. Poche coppie sono sedentarie e nidificano. XVII. Fam. Glareolidae. XCVIII. Gen. Glareola Briss. 155. G. pratincola Linn. — Perdixi de mari nel C. M.; Perdighe marina nel C. S. — La Pernice di mare non è comune in Sardegna. — « Il Cara la credeva di passaggio in primavera ma non annuale; ed il Salvadori scrisse: Sembra. che il suo passo non sia costante ad ogni anno (Carruccio) ». XCIX. Gen. Cursorius. Latham. 156. C. gallicus Gmelin. — « Su questa specie, non data prima come esistente in Sar- degna, ha testè richiamato l’attenzione degli Ornitologi il signor Raf. Meloni (1), annunciando ch'egli catturò sulla spiaggia di Quarto due individui g° e 9. Ricorda come il Sal vadori scrivesse che il Corriere biondo fu trovato accidental- mente ovunque, tranne che in Sardegna (Elenco degli Uccelli ital., 1887, pag. 205), e neppure altri lo ebbero dall’isola. I due esemplari presi dal Meloni ora si trovano nel Museo Zoolo- gico dell’ Università di Cagliari (Carruccio) ». XVIII. Fam. Charadridae. C. Gen. Oedicnemus Temm. 157. O. crepitans Temm. — L’Occhione riceve in Sardegna, secondo le località, il nome di Pudda media, Ciurlina, Tiridu, Puddighinu, Pudda aresti; predomina il primo e l’ultimo. — Comune e sedentario. (1) V. Avicula, Giorn. Ornitol. Ital., num. 1, pag. 5, 1897, Siena. “& w rlan aa SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 159 COR RI e GI. Gen. Vanellus Briss. 158. V. capella Schaeffer. La Pavoncella è nota. fra noi col nome di Lepori de Argiola (Campidano di Cagliari); e nel Lugodoro Corn’in cuccuru; al- trove Gavigari o Pipingena. — Invernale, di passo abbondante in autunno. CII. Gen. Squatarola Leuch. 159. S. helvetica Savi. — La Pivieressa o Squatarola, chiamata Curruliu brenti niedda nel C. M., dal Bonomi la si crede invernale: egli però ne ebbe alla fine di ottobre, ed anche in primavera nelle saline di Cagliari. CIII. Gen. Charadrius Linn. 160. Ch. pluvialis Linn. — Culingioni o Culirgioni de terra nel C. M.; Culurzone d: terra nel C. S., e anche Pivieri, Zurliu, Conch’ e denti secondo le località. — È comune il Piviere, e giunge in autunno, ripar- tendo in primavera. D'inverno lo si vede abbondante nei piani di Chilivani e presso Ozieri. CIV. Gen. Eudromias C. L. Brehm. 161. E. morinellus | Boie. — La specie fu data ed ammessa dal Cara, ma il Sal- vadori si limita ad osservare (Catal. del 1864, pag. 82) quanto segue: «< Non so con certezza se questa specie si trovi in Sar- degna, giacchè io non l'ho veduta vivente, nè esiste nella col- lezione del Museo; però il Cara nota essere di passo regolare giungendo in autunno e partendo in primavera (Op. cit. pa- gina 118) (Carruccio) ». Il nome volgare del Piviere tortolino sarebbe questo strano assai di Zurraliu conca de molenti. CV. Gen. Aegialitis Boie. 162. Ae. hiaticula Boie. — Al Corriere grosso oltre il sovraindicato e strano nome, si dà pur quello di Zurruliu de mari a cannacca, di Zurruliu peis grogus, di Ziriolu e di Urineglia de vin. — Comune, nidifi- cante e di passo autunnale. 163. Ae. curonica Dress. — Ha il Corriere piccolo il nome di Zurrulioteddu o di Zurruliu conca de molenti nel C. M., e di Ziriolu pitiu nel C. S. Si dubita che fra noi nidifichi. — «Il Salvadori lo dice stazionario, e così pare lo giudicasse anche il Cara nelle sue controsservazioni (Carruccio) ». 164. Ae. cantiana Dress. Prende quasi tutti i nomi volgari del Corriere grosso. — È frequente e sedentario. CVI. Gen. Strepsilas Illiger. 165. Str. interpres Savi. agli NPI TARE RA RR NEI Ò ” 4 = ; ra Pan DA I, Sa 154 MARCIARIS EFISIO = 2// i — Il Voltapietre prende il nome di Turturi de mari. Il Bonomi SLA | ne uccise in agosto, ed anche nell’antunno ed inverno, e poi in | EE primavera. Il 18 agosto 1888 ne potè uccidere due, Y e 9, non. "9 lungi dal Ponte della Scaffa presso Cagliari. — « Cara e Sal 2 . vadori non parlano che della sola primavera (Carruecio) a i | CVII. Gen. Haematopus Linn. 166. MH. ostralegus Linn. È — Beccaccia de mari nella prov. di Cagliari ecc. È invernale % ; e di doppio passo, non nidifica in Sardegna. — « Il Cara scrisse bo che sebbene in scarso numero se ne incontrano in ogni sta. 3 gione .... (Carruccio) ». XIX. Fam. Sco/opacidae. È i CVIII. Gen. Lecuvirostra Linn. 167. PR. avocetta Linea — Nel C. M. Paisanu, nel C. S. Filippu. — È invernale ma SE | irregolare nelle sue comparse: in alcuni anni giunse copiosa- | | mente, in altri la si vide scarsa assai. — Parte nel marzo. « Dal Cara e poi.dal Salvadori sono specialmente ricordate le. rive degli stagni di Cagliari e Oristano (Carruccio) ». ‘50 CIX. Gen. Mimantopus Briss. 168. H. candidus Bonnat. — A Cagliari il cavalier d’Italia è noto col nome di Solu. — Di scarso. passo in primavera. — Il « Salvadori così osserva: « Il è Cara vorrebbe che venisse in autunno per svernarvi e ripar- 3 . tisse al principiare d’estate » (pag. 85 del Cat. cit... — Edil Cara alla sua volta rispose che scrisse quanto gli risultò dalle. È 3 sue osservazioni (pag. 93). — Giova tener conto delle EA asserzioni (Carruccio) ». CX. Gen. Calidris Cuvier. 169. C. arenaria Savi. _ Zur- ruliu de mari in molti paesi dell’isola. — La Calidra nera è comune, è invernale e di passo nell’autunno. Qualche volta nidifica in Sardegna. Il Bonomi ne uccise in estate. + CXI. Gen. Limicola Koch. 170. L. platyrhyncha Temm. -— La si chiama da noi Beccaccinu de matta. — « Dell’esi- — stenza in Sardegna del Gambecchio frullino il Salvadori parla dubitativamente (ved. El. pag. 218), ed è da augurarci che | si facciano da chi può nell'isola nuove e attente indagini = (Carruccio) ». CXII. Gen. dle cia Kaup. 171. A. subarquata epui RITOAE SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 105 — Noto in più paesi col nome di Beccaccinu de mari arru- biastu. — Il Piovanello è comune, arriva in agosto e set- tembre, più abbondante nell'inverno, parte al principio del- l'estate. CXITI. Gen. Pelidna Cuvier. 172. P. alpina Salvad. — In Sardo Beccaccinu differenti. — Il Piovanello pancia nera è comune, giunge in agosto e settembre, e vi rimane l'inverno. — Frequenta di preferenza gli stagni (Cara). . CXIV. Gen. Actodromas Kaup. 173. A. minuta Salvad. — Il Gambecchio, Beccacineddu nel C. M., passa in autunno e in primavera. Non si sa se nidifichi in Sardegna. 174. A. Temmincki Salvad. — Al Gambecchio nano si dà il nome di Beccacinu de mari. Di scarso passaggio in primavera ed in autunno nel Capo settentrionale. CXV. Gen. Tringa Linn. 175. T. canutus Linn. — Bec- caccinu de mari. Raro, di passo è il piovanello maggiore. CXVI. Gen. Machaetes Cuv. 176. M. pugnax Linn. — In Sardo Peis grogus. — La Gambetta è di-passo più o meno regolare da agosto a tutto aprile. « Fu indicata per la prima volta dal Salvadori; e nei frammenti d’ornitologia dell'ottimo amico e collega prof. Patrizio Gennari, che rileggo volentieri dopo sì lunghi anni dacchè ebbi a pubblicarli in Cagliari, trovo un ricordo concernente il veterano più insigne fra i nostri naturalisti in Africa, il march. Orazio Antinori, che .conobbi nella mia Cagliari, presentato a lui dal Gennari. Il quale così scriveva nella Sardegna Medica (fasc. 6, marzo 1865, pag. 113): « Anche questa specie è stata scoperta in Sardegna dall’ ocu- latissimo nostro giovane autore (Salvadori), e fu precisamente nel territorio di Nurri poco lontano dal Flumeudosa, che la vide, presente me e il comune amico nostro march. O. Anti- nori, (il viaggiatore intrepido dell’Africa centrale e del Fiume bianco, mentre assieme ci enna alle montagne di Seui (Carruccio) ». CXVIEL Gen. Tringoides Bonap. 177. 7. hypoleucus Linn. —— In molti paesi dell’isola lo si chiama Zurruliu de spiag- gia, — Il Piro-piro piccolo è comune, sedentario e nidifi- cante. Molti giungono in agosto e partono al principio del l'estate. a ATA si SA EAT E 156 MARCIALIS ErISJO CXVIII. Gen. Helodromas Kaup.178. H. ochropus Salvad. — Chiamato dove Zurruliu, dove Culu bianca. — Il Piro- piro cul bianco è di passo, ma pure sedentario e nidificante in tutta l'isola. x% CXIX. Gen. Totanus Bechst. 179. T. glareola Gmel. — Beccaccinu differenti o Zurruliù peis birdis (C. M.). — Il Piro. piro boschericcio è talvolta di passo abbondante dall’agosto all'aprile. — « Il Cara nelle controsservazioni fatte al Salvadori insistè nell’asserzione che questa specie nidifichi in Sardegna, mentre l’istesso Salvadori (pag. 87) aveva espresso il suo dubbio colle seguenti parole: È egli certo che vi. nidifichi? (Car- ruccio) ». 180. 7. fufus Savi. — In sardo Zurruliottu, o Zur- ruliù peis arrubius. — La Gambetta fosca (Chiò-Chiò, Savi) non è molto comune, e la si trova in primavera ed autunno. 181. 7. calidris Savi. — In sardo Cruccugioni, Zur- rulin peisarrubius. — La Pettegola è comune dall’agosto a tutta la primavera, di passo, ma può nidificare in varie parti del- l’ isola. 182. 7. stagnatilis Bechst. — È chiamato, secondo i vari paesi, o Zurruliotteddu o Zurrulin peis longus. — Il Piro- piro gambe lunghe è piuttosto ‘raro in Sardegna. Nelle Saline . presso Cagliari se ne trova dall’aprile al settembre. 183. 7. glottis Linn. — Anche questa specie riceve fra noi il nome di Zurruliu. — La Pantana non è comune in Sardegna, e la si trova d’autunno e di primavera. CXX. Gen. Limosa Briss. 184. L. belgica Salvad. (L. melanura Savi). — In sardo Beccaccinu de is cannas. — . La Pittima è piuttosto rara. Autunno ed inverno. 185. L. lapponica Linn. (L. rufa Savi). — A questa si dà il nome di Beccaccia de is cannas. ed inverno. — «Il Cara, rispondendo al Salvadori, nota che nel mese di settembre, per migrare ai principii della primavera (Carruccio) ». CXXI. Gen. Numenius Briss. 186. N. arquata Savi. — Prende il nome o di Zurricchiotta o di Zurruliu imperiali. — « Il Chiurlo maggiore è dato per comune tanto dal Cara, questa specie viene in Sardegna, « sebbene in numero ristretto, È rara. — Autunno —. 4 ini SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 157 quanto dal Salvadori; ma dal primo credesi anche nidificante in Sardegna, ciò che non ammettesi dal secondo; nè so che altri abbia avuto opportunità di fare osservazioni per confer- mare o no gli opposti pareri (Carruccio). » 187. N. tenuirostris Vieill. — In sardo Zurrulliotta. — Il Chiurlottello non è comune; passa in primavera ed in autunno. i 188. N. phaeopus Savi. — Anche questa specie riceve fra. noi il nome di Zurrulliotta, e non è comune. Il Chiurlo piccolo è di passo in primavera e ai primi di agosto e nel- l'autunno. CXXII. Gen. Scoloparx Linn. 189. S. rusticula Linn. — In sardo Pudda de matta, o pudda de murdegu, e anche Ca- . boni de murdegu (C. M.); Cabone de murdegiu (C. S.) Di passo, abbondante ed invernale. Giunge in novembre, e parte in febbraio e marzo. CXXIII. Gen. Gal/linago Leach. 190. G. major Bp. — Lo chiama Beccaccinu imperiali (C. M.) Beccaccinu (0. S.) — Il Croccolone è comune. Di passo in primavera ed in settem- bre. Alcuni svernano nell'isola. 191. G. caelestis Dress. — Beccaccinu reali (C. M.); Beccaccinu (C. S.). — Il Beccaccino giunge in autunno, e parte in primavera; però ne furono presi in luglio ed in agosto presso 1 comuni di Ardara e di Assemini. Qualche coppia ri- mane a nidificare in Sardegna. CXXIV. Gen. Limnocryptes Kaup. 192. L. gall'inula Salvad. — Chiamasi dove Beccaccinu, dove Zirriolu. — Il Frullino è invernale, e di passo in primavera ed in autunno. II. Sub. Ord. FuLICARIAE. XX. Fam. Rallidae. CXXV. Gen. Rallus Linn. — 193. AR. aquaticus Linn. — Sturru de acqua (C. M.); puddighina de Aba (C. S.) — Comune e stazionaria (Cara). CXXVI. Gen. Crea Bechst. — 194. C. pratensis Bechst. — kei de is quaglias (C. M.); Re de is trespotres. — Il Re di quaglie è accidentale in primavera ed in autunno. 158 MARCIALIS EFISIO CXXVII. Gen. Por®na Vieill — 195. P. fulicula Salvad. (Ortygometra porzana Salvad ) pudixedda de acqua (C. M.); puddighina de Aba (C. S.). — Di passo, ma anche sedentaria e nidificante, specialmente nel Capo settentrionale, 196. P. Bailloni Savi. — Ha gli stessi nomi volgari | Ei dello spec. preced. — Di doppio passo, e forse sedentaria, ma | scarsa è fra noi la Schiribilla grigiata. 197. P. parva Dress. — Non ha nomi distinti dalle precedenti. — Di doppio passo, ma forse anche sedentaria è la Schiribilla, CXXVIII. Gen. Gallinula Briss. — 198. G. chloropus Bp. — Pudighedda o Caboniscu de acqua (C. M.); Pudda de aba, Giadina de aba, Pudighetta de aba (C. S.). — Comune e sedentaria è la Gallinella d’acqua o Sciatica. CXXIX. Gen. Porphyrio Brisson. — 199. P. coeruleus Salvad. — Conosciuto fra noi ccì nome di Puddoni, — Il Pollo sultano è sedentario allo stagno di Cagliari, frequenta anche lo stagno d’Elmas, ecc. — Già il Cara aveva fin dal 1842 av- vertito che i polli sultani in Sardegna sono « Di passaggio in autunno; in alcuni anni numerosi, in altri scarsi, ed in altri rarissimi: la parte che più sogliono frequentare è quella d’Elmas. — Il Salvadori alla sua volta nel 1863 concluse: «se alcuni individui restano in Sardegna durante l'inverno, molti più vi giungono in primavera e ne ripartono in autunno, e quindi questa specie deve ritenersi fra le nidificanti (Cat. ecc., p. 85). — Nell’Elenco poi del 1886 l’istesso Salvadori scrive: « Sta- zionario in Sicilia e forse anche in Sardegna, ove tuttavia in alcuni è più comune che non in altri» (pag. 237). — Il Gen- nari fece conoscere di aver avuto 4 a 5 individui di questa specie fra il mese di ottobre e dicembre (Sard. Med. fasc. 6, pag. 118, Carruccio) ». CXXX. Gen. Fulica Linn. — 200. F. atra Linn. — No- tissima fra noi col nome di Puliga. — Abbondante, di doppio passaggio ed invernale è la Folaga. 201. F. cristata Gen. — È chiamata col nome di Pu- liga a chirighista (Cagliari, ecc... — La Folaga crestata od africana è accidentale, e di rara cattura in Sardegna, ove pare (così il Salvadori, Elenco, pag. 239) che abbia nidificato. - °‘SAGGIO DI UN CATALOGO METODICO 159 III. Sub. Ord. ArEcTORICDES. XXI. Fam. Gruiîdae. _ CXXXI. Gen. Grus Pallas. 202. G. communis Bechst. . Grui (C. M.) Di passaggio invernale ed irregolare è fra noi la Grue. 7 * % n “E +à; mi. : È ì : % DE Ta SRE (E IV. Sub. Ord. HERODIONES. CO SP e Eri ei XXII. Fam. Ardeidae. Mpa PUO ERO La PRA 1 CXXXII. Gen. Ardea Linn. 203. A. cinerea Linn. — Menga (C. M.); Perdezornadas (C. S.). — Comune, sedentaria, | ed in parte migrante. — « Salvadori ricorda di averne visti moltissimi individui, dal gennaio al finire d’aprile, emersi sui margini dello stagno grande di Cagliari; ed.il Cara aveva già «notato che vi stanno sino al maggio, in cui partono. Chi è | nato a Cagliari, o vi ha fatto lunga dimora, non può non confermare queste osservazioni (Carruccio) ». DI dif E 203. A. purpurea Linn. -- Menga arrabia (C. M.); Di Perdezornadas (C. S.). — L’Airone rosso è di passo in autunno. Di < Come notò il Cara è specie meno comune della precedente n (Carruccio) ». 3 SA CXXXIII. Gen. Herodias Boie. 204. H. alba Salvad. - A «_ Menga bianca, Garza bianca (C. M.); Cau marinu (C. S. in p.). — È: L’Airone bianco o maggiore è di passo in primavera ed in À autunno, ed è assai comune sulle rive del precitato stagno di : Cagliari. RA 205. H. garzetta Salvad. — Garzixedda bianca (C. M.). s Di passo in primavera ed in autunno e anche in inverno. Qualcuna rimane. È CXXXIV. Gen. Buble Pucheran. 206. B. /ucidus Salvad. È | —< L’Airone guardabuoi, specie affatto accidentale, fu ricono- | sciuta e indicata in Sardegna per la prima volta dal Cara, e ne tennero imparzialmente nota il Salvadori ed il Gennari | (Carruccio) ». i “a a è A it e * TIRA To P. tante 7, sE TÉ i SaR ni DI Ù a anse VE, 160 MARCIALIS EFISIO CXXXV. Gen. Ardeola Boie. 207. A. ralloides Salvad. — | Menghixedda groga (C. M.). — La Sgarza ciuffetto è di ua saggio irregolare in primavera ed in autunno. CXXXVI. Gen. Ardetta G. R. Gray. 208. A. minuta Sal- ; vadori. — Menghixedda (C. M.). — Il Tarabusino o Nonnetto è di passaggio in primavera ed in autunno, e non è frequente. CXXXVII. Gen. Botaurus Stephens. 209. B. stellaris Bp. — Corvu ambidastru (C. S.); Caboni de canna, Cargia (C. M.). — Giunge in primavera, nidifica e parte. È comune fra le canne palustri. CXXXVIII. Gen. Nycticorax Stephens. 210. N. griseus Bp. Nella Prov. di Cagliari la Nitticora è di passaggio irregolare in primavera ed in autunno. — « In alcuni anni è copiosa, come notò già il Cara, ed in altri è scarsa.. Il Salvadori nel 1863 osservò moltissime Nitticore nello Stagno di Cagliari durante l'inverno (Carruccio) ». XXIII. Fam. Cicontidae: CXXXIX., Gen. Ciconia Brisson. 211. C. alba Bechst. — Gi- cognia è chiamata nei nostri paesi, ed è rara, di passaggio irregolare. 212. C. nigra Linn. ex Bell. — In Siad Cicognia nieddu, ed è pure rara e di passaggio irregolare. « Il Cara, Salvadori ecc., sono però d’accordo nel ritenere che la Cicogna | nera apparisce in Sardegna più frequentemente della specie precedente (Carruccio) ». XXIV. Fam. Idididae. CXL. Gen. Plegadis Kaup. 213. P. falcinellus Linn. ex Gesn. — Todanu (C. M.). — Il Mignattaio è di passaggio ir- regolare ed in autunno. Qualcuno sverna. CXLI. Gen. Platalea Linn. 214. P. leucorodia Linn. — In Cagliari la chiamano col curioso nome di Gragallu o Gragalla. La Spatola è di passaggio irregolare: giunge in fine di autunno e riparte nella’ primavera. (Continua). Nota di MICHELE ALFONSO GATTI 0. G. Costa descrisse certe nuove specie di Leuciscus della Italia meridionale, che alcuni ittiologi dubitarono si potessero riferire al gen. A/burnus. Il dubbio non è stato sciolto finora. | Disponendo del materiale necessario, mi è possibile risolvere s a questione, e affermare che questo genere dell’ittiofauna Ei d’acqua dolce europea e asiatica, non è da noi esclusivo delle ioni settentriohali, ma si ritrova negli estremi della peni- la in un’area di distribuzione geografica ancora più ampia cà anche perchè luna spiana la via all’altra. __L’Alburnus lucidus è una specie che si incontra frequen- tissima nei fumi e nei laghi di oltr'Alpe, e che manifesta una i grande tendenza a variare nei caratteri esteriori. Variano i rapporti di proporzione dell’altezza del tronco, degli arti, della testa, dell'occhio; varia il numero delle squame e dei raggi delle pinne; varia la prominenza della mandibola, la forma del muso, e così via. Ora persistono i caratteri della giovane età; ora le differenze sessuali sono così accentuate, che baste- rebbero a distinguere nettamente due specie fra di loro. Ii Patio (1), nella sua grande opera « Faune®des vertébrés de la . Suisse », dopo una rigorosa e accuratissima revisione dei sin- | SR goli caratteri usati nella sistematica di questo genere, fatta Si sopra un abbondante materiale di provenienze, stagioni ed età a | diverse, stabilisce come tutta la variabilità dell’ Alburnaus Zu- sE per. La | (1) V. Fatio. — Faune des vertébrés de la Suîsse: Vol: IV: Genève n “a et Bale 1882: pp. 414-440. P ss 162 M. A. GATTI cidus si possa raggruppare sotto due tendenze principali, con- ducenti l’una all’elevazione e l’altra all’allungeamento del corpo Ss po, e costituenti, nei loro estremi, due varietà, che potrebbero ve- nire distinte, per maggiore chiarezza, sotto i nomi di var: elata e var: elongata; tendenze fra le quali si troverebbe il « type moyen » della specie. Negli A/burnus dal tronco assai elevato, la bocca è sovente meno obliqua e la mandibola meno promi- nente che negli individui dal corpo molto allungato: il muso è perciò meno troncato e più puntuto nei primi che non nei secondi. Si potrebbero allora, secondo il Fatio, distinguere due altre forme divergenti rispetto all’estremità rostrale, ossia una var: 0xycephala e una var: colobocephala, se questi « corol- lari » dipendenti dalle due principali tendenze, avessero acqui- stato tanta costanza da meritare di venire sistematicamente presi in considerazione. Con un ricco materiale, si riesce a trovare fra due esem- plari che rappresentano gli estremi della loro variabilità, nu- DT, merose forme di passaggio denotanti come un dato carattere | tenda a variare mano mano, con lievi differenze da una forma ad un’altra, e raggiunga il massimo di questa tendenza in un individuo, che per tutto il resto si classificherebbe senza dif- ficoltà alcuna per A. lucidus. Una serie di gradi transitori da una parte, e il non verificarsi dall’ altra costantemente una, per così dire, contemporanea variazione di più caratteri, im- pediscono di segnare alcuna linea netta di demarcazione spe- cifica fra la forma elevata e quella allungata. Nè è a dire che differenti habitat e ambienti siano sempre in stretto rapporto con- queste variazioni. Il Fatio osserva come in Svizzera gli Alburnus che popolano le acque correnti e un po’ torbide, as- sumono d’ordinario una forma più alta di quelli che vivono con maggiore costanza nei laghi o nelle acque più trasparenti; ma egli stesso trova subito un’ eccezione nelle acque tran- quille dei laghi di Neusiedl e Platten, i cui A/burnus indicati da Heckel e Kner (i) come var: lacustris, affettano tut- tavia una forma relativamente elevata. Sembra probabile al Fatio che altre condizioni del mezzo, quali la natura (1) J. Heckel e R. Kner — Die Stissvvasserfische: Leipzig, 1858: p. 134. è z % »_ RATES RE Na Ci CR, 0 PR ea - E Ra pri CONTRIBUZ. ALLA CONOSCENZA DEL GENERE ALBURNUS IN ITALIA 163 del fondo delle acque e la ricchezza negli elementi nutritivi, come pure le differenti condizioni meteorologiche, debbano avere un'influenza sulla bocca e sul tronco, modificando più o meno, sotto vari aspetti, questi piccoli pesci. Qualche osserva- zione fatta da lui stesso sopra il Lewciscus rutilus libero e sul Carassius auratus tenuto in acquario, appoggerebbe la sua supposizione, in quanto che la bocca si faceva di mano in mano obliqua in questi animali, quando erano costretti a prendere l'alimento per la maggior parte alla superficie delle acque, laddove la fenditura boccale tendeva ad essere più orizzontale o a divenire subinferiore nel caso che dovevano cercarlo dentro & le acque oppure sul fondo. Egli è certo ad ogni modo che, i N rapporti fra la specie e fra quell'insieme di condizioni chia- mato ambiente e il genere di vita, sono troppo poco noti ri- : 3 spetto ai pesci d’acqua dolce, perchè riescano cose chiare » le numerose loro manifeste variazioni: e sarebbe desiderato lo stabilire una serie di accurate ricerche in proposito, le quali potrebbero anche contribuire a portare luce sopra ‘parecchi fatti di distribuzione geografica, che sembrano molto strani. Riconosciuto che la variabilità degli A. lucidus non è asso- I lutamente costante secondo la diversa loro dimora, e che, se- | condo il Fatio, i caratteri di dettaglio, i quali avrebbero do- vuto sostenere le distinzioni specifiche, si presentano con tutti i gradi di passaggio, sia nelle forme di transizione, sia in quelle dove riscontrasi il massimo di deviazione, si potè dimostrare la insussistenza di molte specie, come per es. del- VA. obtusus Heck., acutus Heck., mirandella Blanch., breviceps Heck. Kn., fabraci Blanch., le quali tutte il Fatio ricondusse semplicemente o a titolo di varietà all’A. lucidus. Ma con molta esitazione, una forma affinissima a quest’ultima, venne conservata come specie distinta: essa è l’avola (Aspius albo- relta del De Filippi) (1) che trovasi, diffusissima, nei laghi e nei fiumi dell’Italia settentrionale. Confrontando l’accurata descri- zione datane da Hechel e Kner e l’altra accuratissima del Fatio con quelle degli stessi autori relative al lucidus, si scorge ben presto che caratteri differenziali non esistono, all’infuori di uno eb get i a (1) F. De Filippi. — Cenni suì pesci d’acqua dolce della Lombard a : in Notizie natur. civ. sulla Lombardia, Vol. I. Milano, 1844: pag. 402. (a in dA asl Pb i ai rele Ca 6: PI TRAE era PONE I so. È 164 M. A. GATTI dedotto dal numero delle vertebre. Se in luogo di confrontare le descrizioni, si confrontano direttamente fra loro numerosi esem- plari di /ucidus e alborella, si è tentati a vedere nelle parecchie « petites dissemblances » fatte risaltare nelle precitate deseri- zioni, quasi la preoccupazione di cercare di separare le due forme in maniera ad ogni costo più netta di quello che sia in realtà. « Tutti i caratteri del Zucidus desunti dalle propor- zioni tra le diverse parti del corpo, e la forma delle ossa faringee si riscontrano soventi anche nella nostra avola » (A. alborella), così dice il Festa (1) nel suo pregevole lavoro sui Pesci del Piemonte. Il Canestrini (2), dopo il confronto di molti alborella con esemplari di Qucidus della Moravia, conclude affermando che « difficilmente trovasi qualche carattere atto a separare le due forme ». Il Giinther (3) infine tratta in modo conciso e più giusto dell’a/bore/Za con queste semplici parole: « This species is extremely similar to A. Lucidus, with which it agrees, except in having generally fewer scales and anal rays, also a smaller number of vertebrae ». Il Giinther, come vedesi, annovera due altre differenze ricavate dal numero delle squame disposte lungo ia linea laterale e dal numero dei raggi anali; ed una quarta, secondo le affermazioni concordi degli altri ittiologi, se ne deve aggiungere, che consiste nella statura minore del corpo. In conclusione, l’a/bore/la sarebbe distinta dal Zucidus !) per il numero minore delle vertebre, °) per il numero minors dei raggi anali, *) per il numero mi- nore delle squame della linea laterale, ‘) per la statura mi-. nore, °) per la diversa distribuzione geografica. Facendo astrazione dall’entità di ciascuno di questi cinque | caratteri, essi sarebbero più che sufficienti per contraddistinguere due specie di un genere di Ciprinidi fra di loro; e non sì saprebbe perciò come giustificare tutta quell’esitazione espres- samente dichiarata da quanti si sono occupati dell'alborella, (1) E. Festa. — / Pesci del Piemonte, in Boll. Mus. Zool. Anat. comp. R. Univers. l'’orino, Vol. VII, N. 129, 10 agosto 1892: (estr.p.69). (2) G. Canestrini. — Prospetto critico dei Pesciì d’acqua dolce d’ Italia: in Archiv. Zool. Anat. ecc., Vol. IV, Fasc. 1, Modena 1865: p. 85... (3) A. Giinther. — Catalogue of the Fishes: Vol. VII, London 1868: pp. 313-314. i CONTRIBUZ. ALLA CONOSCENZA DEL GENERE ALBURNUS IN ITALIA 165 prima di accingersi a ritenerla per una specie distinta. Ma, considerati nel loro giusto valore, se non sono tutti « petites dissemblances » come molti altri, non rappresentano in gene- rale neppure grandi e recise differenze. Per cominciare dalla pinna anale, il numero dei raggi di questa perde ogni im- portanza nella sistematica delle due specie, quando si osser- vino le formole date dai varii autori, e che riporto: A. lueidus (Giinther !) = 5/16-20 A. alborella — 3/13.16 5 (Ratio.®) = 2/15-18 Ù °/13-16 (17) 1 (HeckeleKner ®) = 8/7.%0 ; Sass e (Siebold ©) 2/y1-20 » GIS DEI (Schulze (5) ) e 3/11-90 RETE » (Canestrini ©) TIE n (Festa ©) = — — 3/13-16 (®) IAAIHI bb) 3/13-16 Giova qui subito avvertire che, sebbene si notino diffe- renze sensibili fra una formola e un’altra, non si può nutrire tuttavia dubbio d’inesattezza per nessuna, avendo gli autori dedotta la propria fermola ciascuno da esemplari di località diversa. Heckel e Kner, il Siebold e lo Schulze la ricavarono dai lucidus della Germania, il Fatio invece da quelli della . Svizzera. Ciò premesso, è facile convincersi con un semplice sguardo gettato sopra i dati riuniti in tabella, che, rispetto al raggi anali, la stessa relazione che corre fra l’alborella e il Zucidus della Svizzera, corre egualmente fra il lucidus della Svizzera e quello della Germania. L’alborella, vale a dire, raggiunge. e sorpassa, riguardo all’anale, il numero minimo dei raggi molli del lucidus della Svizzera, ma non ne rag- (1) A. Giinther. — Loc. cit.: p. 313 e p. 214. (2) V. Fatio. — Loc. cit.: p. 415 e p. 441. (3) J. Heckel e R. Kner. — Loc. cif.: p. 182 e p. 137. (4) C. Th. E. v. Siebold. — Die Stwsswasserfische: Leipzig 1873: p. 155. (5) E. Schulze. — Fauna piscium Germaniae: K6nigsberg 1892: p.36. (6) G. Canestrini. — Loc. cif.: p. 84. (7) E. Festa. — Loc. cit.: p. 63. (*) Il Canestrini contò in un esemplare del Lago di Garda 16 raggi: lo stesso numero ho riscontrato in due altri esemplari della medesima provenienza. Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici 11 i A (3 i Ù, * ti bag an La RPS Tia (AR per AEM; 166 M. A. GATTI giunge il numero massimo; il 2uc:dus della Svizzera nella me- desima maniera raggiunge e sorpassa il numero minimo dei raggi molli del /ucigus della Germania, ma non ne raggiunge, almeno quasi mai, il numero massimo. Ora, se sotto questo punto di vista, non si pensa a separare in alcun modo gli Alburnus germanici dagli svizzeri, non si capisce il perchè ciò voglia farsi invece per quelli dell'Italia settentrionale. poi quale differenza specifica nel vero senso della parola, può dedursi da un carattere comune in parte alle due forme? Mi pare dunque avere mostrato come il numero de’ raggi anali, che è dal Fatio ritenuto come « un des principaux cara- ctères distinctif de l’Ablette meridionale (a/bore/la) >» non possa avere valore davvero differenziale. Ad eguale conclusione si arriva considerando le squame della linea laterale. In fatto, le formole date dal Fatio per il lucidus e per l’al/borella, sono i 54 (58), ae 50; e, senza che io v' insista, esse denotano da sè l'impossibilità di venire com- prese fra le principali caratteristiche di due specie. Restano la statura e il numero delle vertebre. La sta- tura sembra essere di qualche importanza. In vero, mentre per gli A2burnus della Germania Heckel e Kner danno una media di 4-5 pollici (poco più di 10-12 centim.) e un massimo di 7 (poco più di 17 centim.); per la Svizzera il Fatio asse- risce che la maggioranza dei Zucidus adulti misura in lunghezza totale 13-16 centimetri e che non è raro il caso di pescare, nei diversi laghi, individui dai 17 ai 19; per il Rodano presso Ginevra il Lunel fa menzione di un esemplare della lunghezza di 21; per la Francia finalmente il Blanchard pone una media di 12-14 e un massimo di 15: l’a2boreZla invece ha la lunghezza va- riabile fra i 9-13 centim., e il Pavesi soltanto ne ebbe una del massimo di 16. Il Canestrini osservò che gli A/burnus dell’Italia settentrionale sono in media più grandi che quelli dell’ « Italia centrale », vale a dire delle parti più meridionali dell’ Italia set- tentrionale, perchè egli considera come appartenente a quella la città di Modena, che è il luogo più meridionale donde egli rispettivamente 45 ottenne l’a/borella. A me sembra si debba dire più precisamente, che gli Alburnus delle regioni più vicine alle Alpi giungano a Ti î IR CONTRIBUZ. ALLA CONOSCENZA DEL GENERE ALBURNUS IN ITALIA 167 dimensioni un po’ maggiori che nelle acque di pianura Invero, secondo le notizie fornite dal Festa, nei laghi alpini del Pie- monte le avole sono alquanto superiori in lunghezza di quelle del resto della regione; dal Lago di Lugano il Pavesi ebbe l'esemplare già ricordato lungo 16 centim., e il Fatio uno di 13 millim ; e dal Lago di Garda io ne ho avuti parecchi della lunghezza di poco più di 13 centim. (compresa la codale). Invece nelle acque di pianura in genere, per quanto a me consta, non è stata raggiunta mai una cifra superiore a Il, e il massimo individuo veduto dal Canestrini (106 millim.) era proprio dei dintorni di Modena. Venendo ora al numero delle vertebre, esso differenzia, come abbiamo gia accennato, in modo netto e costante le avole da tutti gli Aburnus d’ oltr' Alpe. Non è da aspettarsi una grande disparità fra le due cifre: quella dell’ alborella è 37 a 39, quella del 2ucidus 41 a 44; ma quantunque minima, si può stabilire in modo assolutamente certo, in base al numero rilevante di scheletri osservati da. più di un autore, che in Italia non esistono avole con 41 o più vertebre. La differenza di quattro o tre o due vertebre in più nel lucidus, in meno nell’al/borella, è la sola alla quale si può attri- buire una vera importanza, perchè non soffre eccezioni; tutte le altre non ne meritano alcuna, perchè, riepilogando il fin qui detto, esistono ?ucidus con tanti raggi anali e squame della linea laterale quanti sono quelli dell’a/bore/Za, ed esistono alborella con la statura dei lucidus. Questo, sistematicamente; ma non si può d’altra parte non rivolgere tutta l’attenzione al fatto che in Italia sono più che rari gli A/burnus dalle dimensioni eguali a quelle di oltr' Alpe, e non ne sono stati riscontrati mai, in tanta copia d’esemplari esaminati, alcuno con un numero di raggi anali eguale ai massimi che si osser- vano appena oltrepassate le Alpi. Si potrebbe dire che l’alborella sia il lucidus meridionale, con una riduzione subita in alcune sue parti. Questa, è l'opi- nione del Gunther, del Canestrini, del Festa e dello stesso Fatio. Il Fatio, propenso a considerare i due Ciprinidi come due specie parallele, accettò il parere del Giinther e degli al- tri, anzi pare sì domandi se non sia qui il caso di ura «Sub- 4) prete ne Agrit abi bilie. 1 3a GA ET RAI I PI APRPENIO N d gna LE A È b 3 168 M. A. GATTI species meridionalis » (1), in seguito alla cattura di un aQbo- rella straordinariamente grande e quasi transitoria rispetto al lucidus. Quell’esemplare, per la lunghezza di 177 millim., per l’anale costituita da 17 raggi divisi, per la nuca alquanto ar- cuata, per la testa relativamente piccola contenuta nella lun- ghezza totale del pesce 5 '|» volte, per le serie di squame che sono 9 al disopra della linea laterale e 50 lungo essa linea, ecc., si poteva ritenere senz'altro come un A. lucidus. Ma, sempre secondo l’ittiologo di Ginevra, la mascella inferiore assai pro- minente che oltrepassava di molto la superiore, la bocca obli- qua che si apriva al di sotto della pupilla, l’occhio piccolo che non misurava più di !|, della lunghezza della testa, e così via, l'avrebbero invece fatto riferire all’ A. a/borella. La varietà « alborella maxima » fa creata tuttavia sopra quest’ unico esemplare, del lago di Lugano (donde il Pavesi ebbe l’avola di 16 centim.), il quale, in ultima analisi, se presentava del lucidus la lunghezza e un raggio anale di più dell’ a/borella, non possedeva di questa nulla di proprio rilevante, per la. semplice ragione che essa stessa, almeno giusta il modo di vedere di altri e come me ne sono convinto confrontandola con esemplari del lago di Costanza e del Reno a Basilea, non offre di caratteristico che solamente il numero delle vertebre, e le altre differenze sono da interpretarsi in una maniera tutt’ af- fatto relativa, come del resto è stato detto più sopra. Sarebbe stato di sommo interesse contare il numero delle vertebre, perchè, pure non attribuendo alcun valore alla rassomiglianza con l’alborella, desunta dalle parecchie « petites dissemblan- ces» volute fra essa e il Zucidus, è molto probabile che l’esem- plare rappresentasse una bella forma di passaggio unicamente per il numero dei raggi divisi dell’anale e per le dimensioni, una volta che nel Lago di Lugano si trovano vere e proprie avole, e che, dal punto di vista della distribuzione geografica, . già siamo nella regione dell’a/boreZla. Ma il Fatio non cre-. dette di sacrificare quell’'esemplare unico. > Noi già abbiamo osservato come in Germania, ossia in paese più settertrionale della Svizzera, l'A. lucidus raggiunga, (1) V. Fatio. — Loc. cit. p. 415. kosi 3a CONTRIBUZ. ALLA CONOSCENZA DEL GENERE ALBURNUS IN ITALIA 169 | 6 quanto ai raggi divisi dell’anale, le cifre 17-20, mentre più a sud, cioè in Svizzera, il numero più grande, sempre o quasi, è dato dalla cifra 18. Questa osservazione avvalorerebbe l’ipo- tesi che l'esemplare del Lago di Lugano rappresenti una forma di transizione, piuttosto che la forma, per così dire, primitiva, la quale al di là delle Alpi e in tutto il resto dell’Italia set- tentrionale si sia andata lentamente modificando, sotto vari | ‘aspetti, in un habitat e in un ambiente differenti. Favorevoli | ad ammettere che l’alborelZa sia il lucidus meridionale, do- vremmo procurarci qualche prova che lo dimostri. E preci- samente e per esempio, se in Italia gli A/burnus vivono anche A È 1-8 i È ia n è "EAT 0) SEA A Le in un’area geografica più meridionale dei luoghi di dove sono sj i stati registrati finora, essi in questi luoghi dovrebbero presen- s tare nel numero dei raggi molli anali un’ inferiorità relativa, SE i rispetto alle avole settentrionali. È si O. G. Costa (1) annovera, come già dicemmo, tra le tante i a specie di Leuciscus da lui descritte per nuove, un Leuciscus È __ulturius del lago di Monticchio (Basilicata), che Cuvier e la PAR Valenciennes chiamano « un joli petit poisson » conosciuto col nome di sardella. L'apertura obliqua della bocca e il nu- «mero complessivo 15 dei raggi della pinna anale sono due caratteri che immediatamente ricordano il genere A/burnus piuttosto che uno qualsiasi di tutti gli altri nei quali venne = a sdoppiato il primitivo genere Lewciscus, che fanno parte del- l’Ittiofauna della nostra Penisola. Gli Squalius, per es., i Te- da lestes e così via, non raggiungono mai, riguardo ai raggi anali, complessivamente la cifra 15, ma sempre un numero inferiore. Il Canestrini (2) arguisce dalla descrizione che qui si tratti appunto di un A/0urnus; il Giinther (3) esprime l'opi- nione che il L. albidus Costa si possa riferire all’a/borella, e «con l’albidus lo stesso Costa afferma come abbia « stretti rapporti » il vulturius mentre il Dybowski (4) dice del L. vul- ° - y A i (1) O. G. Costa. — Fauna del Regno di Napoli: Pesci, Parte 12 Fasc. 19 a 22 (data di pubblicazione 1888): p. 17-19; Tav. XV. (2) G. Canestrini. — Loc. cit.: p. 124. (3) A. Giinther. — Loc. cit.: p. 314. (4) B. N. Dybowski. — Versuch einer Monographie der Cyprinoiden Livlands, Dorpat 1862 p. 110 (feste Canestrini, Loc. cit. p. 115). 170 M. A. GATTI turius « seiner Liingsbinde wegen zur Gattung Telestes gehòren, wenn die 15 strahlige Afterflosse es nicht zweifelhatt machte ». La listarella di cui parla il Dybowski e che in senso longitudinale e « risplendente d’acciaio » corre sopra i fianchi del ©ulturius, non infirma l’idea di considerarlo come una alborella, perchè è noto come le giovani avole possono avere una fascia laterale, e la Var. alborella lateristriga di Cane- strini, ritenuta giustamente dal Fatio come una forma giova- nile sta a dimostrarne la verità. Il Costa non fa menzione della lunghezza totale del suo Leuvciscus; ma la figura, in grandezza naturale, non oltrepassa i 56 millim., e l’aver egli trovato uova sviluppate nella femmina di forse queste dimen- sioni, nel mese di aprile, lo avrà erroneamente persuaso che sl trattasse di forme adulte. Dico erroneamente, perchè la pre- cocità nello sviluppo delle uova si verifica con una certa fre- quenza, forse in rapporto con la vita in acqua dolce, in più. di un genere di Ciprinidi. Io ho trovato non raramente uova. già sviluppate in Leuciscus aula Bp., dei fossi dei dintorni di Roma, quando essi misuravano appena 6, 7 centim.; e il Fatio avverte che ha potuto ingannare qualche ittiologo la presenza di dette uova in A. al/borella, che presentino ancora una statura assai piccola, e che « con gli attributi dell’adulto » portino spesso la livrea dell’età giovanile. | Ma ogni dubbio circa la pertinenza del L. vulturius al genere Alburnus, è svanito in me, confrontandone direttamente un buon numero d’esemplari di località autentica con avole del Lago di Como, del Lago di Garda e del Fiume Narenta (Dalmazia). Devo al mio chiar.®° prof. Vinciguerra, che viva- mente ringrazio dell'ospitalità che m’ha accordato nel suo Gabinetto e dell'amore col quale mi guida negli studi ittiolo- gici, l'avere avuto a mia disposizione un ricco e prezioso ma- teriale d’A/durnus, esistente nelle collezioni di questa R. Sta- zione di Piscicoltura. Compio un mio dovere rendendo grazie al prof. Gruber, che, pregato dal prof. Vinciguerra, inviò recen- temente parecchi esemplari di lucidus del Reno a Basilea, il sig. Giuseppe Besana che inviò avole del Lago di Como, e il dott. E. Bettoni che ebbe la compiacenza di ottenermene nu- merosi individui del Lago di Garda. CONTRIBUZ. ALLA CONOSCENZA DEL GENERE ALBURNUS IN ITALIA 171 Confrontando dunque gli esemplari di vulturius .con avole della Lombardia, si riscontrano in essi tutte le principali ca- ratteristiche del genere A/burnus, ossia la bocca più o meno obliqua; la mandibola alquanto prominente con « l’estremità anteriore incastrata in un’escavazione fra le mascelle (Siebold) »; i denti faringei biseriali, 5 esternamente, 2 internamente; la pinna dorsale breve, che prende origine bene in addietro alle ventrali. Dell’anale tratteremo in seguito. Resta quindi accer- tato che questo genere non è esclusivo dell’ Italia settentrio- nale, ma che si rinviene pure nell'Italia meridionale. E non solo uel Lago di Monticchio. Già il Costa dice che la Sardella bianca del Lago Pensile (Lagopesole fra Potenza e Rionero) è una forma la quale non differisce dal vulturius che per la statura alquanto maggiore; e già ci è occorso di accennare al L. albidus Costa del Torrente Staffoli, affluente dell’Alento (1), | che viene considerato dal Giinther come a/borella. Ma ancora # più vasta è l’area di distribuzione geografica del genere in parola nell’Italia meridionale. Studiando l'abbondante e vario materiale di pesci d’acqua dolce, che il prof. Vinciguerra ha egli stesso raccolto nelle sue gite nelle provincie meridionali della Penisola, trovo che esso vive anche nelle acque i del fiume Sele tributario del Mar Tirreno » Sinni » » Ionio » Basento » » » » Ofanto » » Adriatico E veniamo ora a parlare dell’anale, ripigliando il discorso là dove è stato detto che, se la riduzione relativa dei raggi della pinna anale è davvero in relazione con la latitudine, gli Alburnus di regioni sempre più meridionali, dovrebbero offrire sitfatto fenomeno di riduzione, più manifesto ancora. Di fatto è così, essendo *|10-14 la formola ricavata dall’esame di 47 esem- (1) Nelle carte dello Stato Maggiore al 50,000 non è indicato alcun torrente Staffoli, affluente dell’Alento, ma ritengo che debba riferirsi a questo un piccolo corso d’acqua affluente di destra dell’Alento, che passa presso alcuni casolari che portano il nome di Stafali. Cr nti f Una > S w E l : I } Ù 172 M. A. GATTI “ fi plari, e precisamente da tanti esemplari per ciascuna località quanti risultano dall’annesso specchietto: Num. totale 1 (Raggi molli . #59 400000 ci Località an esemplari | in num. di | per esemp. |di lung. mm. Da e L. di Monticchio... .| 29 14 2 46-47 sr ; pp : 18 9 41-91 i > SR re » 12 19 42-95 ; i Ki F. Sele a Contursi . . . 5 13 2 80-113 i ; ita . 19 3 78104, PS F. Sinni a Latronico . . 10 12 4 48-59 | | » : » TRE 6 56-111 4 I F. Ofanto a Monteverde. 2 11 2 64-85 SLM F. Basento a Potenza ‘ 11 6 46-95 sl > NE » 10 1 69 Se ora accanto a questa formola anale (/10-14) si pone i l’altra corrispondente agli A/burnus del settentrione d’ Italia (36-17), ognuno s’avvede come sia possibile ripetere la stessa | osservazione fatta in proposito dell’ a/borella cisalpina e del ; lucidus transalpino. I raggi anali divisi, cioè, delle forme delle regioni più meridionali della nostra penisola, raggiungono e sorpassano il numero minimo di quelle dell’Italia settentrionale, ma non ne raggiungono il numero massimo. E se si considera con un po’ d’attenzione il precedente specchietto, si scorge che nei Laghi di Monticchio e nel Sele dove la massa delle acque «E è superiore a quella del Basento, dell'Ofanto e del Sinni, che ‘sono fiumi a carattere torrentizio, ma d’ordinario assai poveri. d’acqua, massime nelle parti alte del loro corso, l’anale risulta costituita del numero relativamente massimo di raggi, e che 5 in 29 esemplari degli stessi laghi non se ne è trovato alcuno | dall’anale di 11 raggi molli, come nei fiumi. Si penserebbe al- lora ad una relazione intima fra la quantità delle acque e CONTRIBUZ. ALLA CONOSCENZA DEL GENERE ALBURNUS IN ITALIA 173 l’anale degli A/burnus, la quale pinna si sa avere, come pure la dorsale, una funzione in special modo di equilibrio nei pesci, e con questa supposta relazione si sarebbe tentati a spiegare tutta la variazione della pinna, a partire dal lucidus della Germania e venendo fino al vulturius. E si potrebbe pretendere di addurre prove in favore, quale la mancanza assoluta in Italia di generi di Ciprinidi con anale così numerosa come riscon- trasi nell’Abramis, per es., nella Blicca, ecc., tutte forme di paesi più settentrionali, e quale la presenza nel fiume Crati in Calabria, di certi Squalius con 7 raggi molli nell’anale (descritti da Costa come specie distinta col nome di Leuciscus brutius), numero minimo che non è mai raggiunto dagli Sq. cephalus (L.) del resto della penisola, che a me sembra non possano essere separati specificamente da quelli. Ma, per dare un fondamento di vero a questa, per così dire, ipotetica ipotesi, sarebbe necessario che quanti si occupano di itticfaune locali cercassero d’indagare, in ordine alle teorie generali sul variare della specie, i rapporti con le differenze d’ ambiente tra fiume e fiume e fra lago e lago. Niuno di certo negherà come l’accertare quali e quante specie, si trovino in una data regione costituisca uno solo degli intenti cui mirano le ri- cerche faunistiche, mentre un altro potrebbe e dovrebbe essere lo spiegare o per lo meno l’ accennare con la massima dili- genza le sensibili differenze fra le forme nei diversi luoghi d’una stessa regione e da regione a regione. Le formole finora considerate sono: 3/r1-20 per la Germania; 3153-13 per la Svizzera; 33-15 per l’ Italia Settentrionale; 3/10-14 per l Italia Meridionale. Per rispetto alla pinna anale si può senz'altro riferire al- l’ alborella il vulturius, che, non avendo poi nessun carattere di proprio, è lecito ritenere definitivamente come sinonimo di quella. Le diverse proporzioni degli esemplari da me osservati, sono state riunite nel seguente specchietto insieme con la dor- sale e il numero delle squame in serie longitudinale e in serie trasversale : 174 M. A. GATTI + 3 È & s È È È È Ss. |s4|&i|#3|£8|38]3 Località a P È E) , S AR RR dali: Squame SO n = ds di a niet] ° 5 S9lL-Ea NERE RSU a < lei fa) E Die AA Lago di Mon- 81/3 ticchio . . . |445mm.|1:5,2]1:3,8|1:3,8]1:3,8|1:3,8/3/8| 45 ils Id. 49» [L:4,91:3,7|1:3,31:98,7 1:43 de Id. 60°» .[1T:5-|1:3,6 1:88 1/41/1740 ao 71/9 Id. 81,5» <[1:41/1:41|1:3,6L:3,6| 13,6 (Ma VETRI 8 1/9 Id. 84,5». |1l:4311:39)]1:3,61-9,6/1-36)6 ij Id. 95-00 |1:4,80174\1:38|1:38|1:3 sea 9 1/2 Simi 49 a VI: 44 TI 404 8 a 7 d 1/2 Id 09: 3,0 174 | 180133133 È 9 1/a Id 10,3: (0; «i| 133,64 14,5 [744 33 E 31h Id. 11,1 >» {1L:3,/1:48|1:4.|.1:33413)| dec : 8 1/0 Basento‘... ;:|95 i» 1:39 14,4] 1:39 186.) 1: 2:06 Tila Ofanto 85.» | 1:41|1:3,5/1:34|1t:3,2|1:42| 650 SELES za Lio: Bot 1.:4,D-11:9,6/1:4,941:3/6] > [4605 91/3 Id. 96,» air 41|1 493 40 88 ded ga dal quale risulta che le sardelle del Lago di Monticchio hanno in generale il tronco relativamente più basso. In principio di questa Nota è stato accennato all’ osservazione del Fatio che 1 lucidus assumono una forma più allungata nelle acque tran- quille, coll’eccezione offerta dal Neusiedler e dal Plattensee. Quanto si deduce dal nostro specchietto trova anch'esso, per. . CONTRIBUZ. ALLA CONOSCENZA DEL GENERE ALBURNUS IN ITALIA 175 ciò che si sa finora, un’eccezione nei laghi del Piemonte, nei quali l’avola, secondo il Festa, presenta un corpo più alto. Heckel e Kner descrissero una nuova specie di A/burnus del Montenegro, che denominarono scoranzoides (1), distinguen- dola da tutte le altre per la formola anale = #/0-11 e per le squame = 7 !/,,41-42/3. Essa, come si vede, non è che un vulturius, e come tale un'a/borella. L’ Alburnus scoranza Heck. (2) avrebbe, giusta il descrittore della specie, le squame del lucidus (ossia 9-3/50-51/4) e l’a- nale dell’a/borella (ossia 8/11 ecc.). Per le cose dette finora, noi riteniamo questa specie, del confine fra l’Albania e il Monte- negro, come sinonima dell’a/borella. Le vertebre negli A42burrnus dell’Italia meridionale (si aspetterebbe di trovarle in numero inferiore dell’avola) sono 89, e due scheletri, fra i dieci da me osservati, ne presen- tano 40. Noto come in un esemplare del Lago di Garda, ho contato fino alla stessa cifra; il che viene a restringere ancora la differenza fra il lucidus e l’alborella. Riassumendo, l’alborella non differenzia dal lucidus che per un solo carattere esclusivo e costante, cssia per una ver-. tebra in meno, e raggiunge raramente la cifra 16, quanto ai raggi anali, e più raramente le dimensioni ordinarie del /uc2dus, ‘quanto alla lunghezza. A me sembra che non si possa pertanto ritenere l’a/borella come una specie, bensì come una semplice varietà locale del lucidus, che dovrebbe chiamarsi in omaggio alla legge di priorità, var. albida (Costa) e non var. alborella De Fil., (il L. albidus risale all'anno 1838, mentre l’alborella al 1844). Chiudo questa nota accennando alla grande importanza che ha, dal punto di vista di distribuzione geografica, il rin- venimento, e su vasta scala, dell’ A/burnus nell’ Italia meridio- nale, il quale genere manca in tutta la centrale, almeno per quanto si sa finora. Questa singolare distribuzione geografica non trova ri- scontro, almeno in parte, che in quella di un altro Ciprinide, (1) J. Heckel e R. Kner. — Loc. cit.: p. 139. (2) J. Heckel e R. Kner. — Loc. cit. p. 138-139. 176 Mm. A. GATTI & il Ohondrostoma Genei Bp., che, presente in tutta l’Italia. settentrionale fino all’ Emilia, si rinviene poi nell’Abruzzo Te- ramano (1), mancando, nelle regioni intermedie. ‘Ma le conoscenze ittiologiche di « Casa nostra » sono sempre. più scarse, a mano a mano che dal nord ci facciamo al sud; e a ciò probabilmente devesi che la distribuzione geografica appaia È così singolare. Tuttavia, se ulteriori indagini potranno procu-. rare qualche altra sorpresa, è lecito non dubitare fin d’ora dell’ineguale, e, per così dire, saltuaria, distribuzione di alcune Cottus, nè Alburnus, popolino le acque del Lazio, così dili gentemente investigate dal Bonaparte e dal Vinciguerra. E allora quali spiegazioni se ne potrebbero dare? La risposta CR ardua e sarebbe precoce. Per me sono convinto che allora solo | si potrà parlare di proposito di distribuzione geografica de pesci d’acqua dolce in Italia, quando per ciascuna regione si possederanno lavori, come « La distribuzione dei pesci Lombardia » dei Pavesi, quando sarà meglio conosciuta ] ittiofauna fossile del nostro paese e quando infine si avrà suf- ficiente conoscenza dei rapporti delle varie specie fra di loro e coll’ambiente in cui vivono e con le modificazioni che pro avere apportato l’uomo. Dalla R. Stazione di Piscicoltura di Roma, giugno 1897. (1) M. A. Gatti. — I Chondrostoma Genei, Bp. nella Piodinea di Teramo: in Boll. Soc. Rom. per gli Stud. Zool. Vol. V, 1896, Fasc. Va CORRISPONDENZE ANCORA UN GRAVE CASO DI ASCARIASI NEL CAVALLO Oggi alla Sardigna ho sezionato un cavallo di razza ro- mana, di anni 7, di mantello baio zaino, di proprietà della So- cietà Romana Tramways-Omnibus, morto con sintomi colici. Nello stomaco e nell’intestino ho rinvenuto una grandis- sima quantità di vermi, che contati hanno raggiunto il nu- mero straordinario di 1142! Anche in questo caso trattasi di ascaridi megalocefali. . Notevole è il fatto che il tenue è perforato in più punti, di- modochè 27 di questi elminti, sono passati nella cavità peri- toneale, causando intensa peritonite e la morte del cavallo. Era opportuno di tener nota anche di questo caso, per- chè è dimostrativo riguardo alla frequenza dell’ascariasi negli equini di Roma; e quanto fu pure da me stesso riferito nel Bollettino della nostra Società per gli Studi Zoologici (vedi fasc. 1° e 2° del 1897, a pag. 96 e 97), mi sembra che sia nuova prova e dell’interesse scientifico di questi fatti, e della necessità di studiar meglio le cause di siffatta frequenza e gravità. Roma, 13 luglio 1897. Dott. LronarRDo VALENTINI. SUNTO DEI PROCESSI VERBALI Tornata del giorno 3I marzo 1897. Presidenza del Vice-Presidente: Conte Gurnpo FALCONIERI DI CARPEGNA. La seduta è aperta alle ore 4,30 pum. Soci presenti 17. Il Segretario legge il processo verbale dell'adunanza pre- cedente, che viene approvato. Indi vengono fatte le seguenti comunicazioni scientifiche: 1. Prof. M. ConporeLLI. Acantocefali in animali della Campagna Romana. 2. Dott. G. AressanDRINI. Sui Coleotteri della Provincia di Roma. Fam. Carabidae. | 3. Conte Gurno FALCONIERI DI CARPEGNA. Sulla cattura di un’ Averla maggiore (Lanius excubitor Linn.) nell’ Agro Ttomano. x 4. Conte Guino FALCONIERI DI CARPEGNA. Brevi motizie sulla collezione faunistica del consocio Vianelli Francesco a Sassoferrato (Marche). I 5. Dott. Arpu-ONnNIS. Il metodo zoologico in Antro- pologia. i 6. Dott. C. De Leo. Nuove aggiunte agli Ortotteri della Provincia di Roma. i 7. Prof. M. ConporeLLi. Alcuni casî di omopolielmintiasi e brevi considerazioni sul parassitismo negli animali in vita libera. 8. Prof. A. CarRuccIo. Sugli Anfibi anuri ed urodeli della Provincia di Roma (1). (1) La comunicazione dovendo far parte del lavoro completo sui Vertebrati della Provincia Romana, che spero di poter presto pubblicare, a complemento di un altro dato alle stampe nel 1888, dalla qual’epoca in poi potei fare molte aggiunte a tutte le cinque classi, perciò nel Bollettino e in questa brevissima nota, mi limito a ricordare che sugli Anfibi in quest’ultimo decennio ho potuto raccogliere numerose notizie ed osser- | SUNTO DEI PROCESSI YERBALI i 179 9. Dott. L. VALENTINI. Caso interessante di ascariasi în un cavallo. Esaurito l’ordine del giorno, l'adunanza viene tolta alle ore 5.30 pom. II Segretario Prof. M. ConDORELLI. vazioni. E in particolar modo furono soddisfacenti alcune fatte durante le escursioni del 1896 e 1897 in diversi Comuni del Circondario di Viterbo (Ronciglione, Bassano di Sutri, Caprarola, Nepi, Bagnaia presso Vi- terbo, ecc:) che prima non avevo ancora potuto visitare. Nell’istessa comunicazione ho naturalmente citato tutte le specie della Classe degli Anfibi finora raccolte e studiate, introdotte volta per volta nel Museo, ed appartenenti ai due ordini Anuri e Urodeli, coi rispettivi sottordini, colle famiglie e coi generi, secondo le più recenti classificazioni di competenti erpetologi. Sono inoltre citate esattamente tutte le provenienze bene accertate, le varie altitudini in cui ebbi a trovare talune di esse specie, le varietà che sino ‘al presente ho riscon- trato, le dimensioni e via dicendo. Nè ora potrà più dirsi, come fu detto, che il Museo Universitario di Roma sia privo perfino dei rappresentanti de’ generi e delle specie | più comuni, sia degli Anuri (sub. ord. Discodactyla e sub. ord. Oridactyla), sia degli Urodeli. Per citare un solo esempio dirò che nella fam. Disco- glossidae il gen. Bombinator non era nel Museo Zoologico rappresentato neppure da un solo esemplare, nè della Provincia Romana, nè di verun altra; mentre non passò guari, dopo presa da me la direzione dell’Isti- tuto, che e specie e varietà notevoli potei rinvenire in diverse località (principalmente nei dintorni di Arsoli, di San Vito Romano, ecc.) non indicate dal Bonaparte, nè da altri: sono adunque al presente rappresen- tate da numerosi individui nella nuova Collezione Faunistica provinciale e nella generale, oltre qualche scheletro e altre preparazioni anatomiche della Collezione didattica. — L’istesso si è potuto fare per gli Urodeli, e per tutte le tre collezioni, giacchè il Museo non possedeva che po- chissimi cattivi esemplari della specie più comune, il Triton cristatus Laur., mancanti però, al solito, d’ogni indicazione precisa di provenienza. A. CaRrRUCCIO. "e Ei ni 180 SUNTO DEI PROCESSI VERBALI Tornata del giorno 30 giugno 1897. i Presidente : Prof. A. CARRUCCIO. ip La seduta è aperta alle ore 4.40 pom. ; Soci presenti 17. ì i Il Segretario legge il processo verbale dell'adunanza pre- cedente, che viene approvato e presenta i nuovi cambi e le pubblicazioni pervenute in dono. 5 Comunicazioni scientifiche: ss | 1. Prof. A. CarRucoro. Recenti doni ed aggiunte alle collezioni faunistiche romana e generale. Di 3 L’A. fa rilevare il nuovo incremento che in questi ultimi giorni ha ottenuto il Museo Zoologico della R. Università di Roma; e segnala al plauso dell’assemblea l’atto generoso dei si- gnori soci marchesi Filippo Patrizi e Giuseppe Lepri, che spinti da un nobile sentimento di amore pel patrio Ateneo, fecero generoso dono della loro cospicua e bellissima collezione orni- “a tologica a questo R. Museo Zoologico. Presenta inoltre ai consoci gli esemplari dei generi e delle specie più notevoli per la loro rarità e nella Provincia Romana e in tutta la peni- sola; dei quali parecchi mancanti nella ormai completa o quasi completa raccolta provinciale che l’istesso professore ha insti- tuito nel Museo da lui diretto. Finisce col dire che la colle- zione ora donata sarà prestissimo ben disposta ed ordinata, perchè possa esser visitata da quanti s’interessano di studi ornitologici, avendo l’on. ministro Gianturco saviamente prov- veduto i mezzi necessari per l’opportuno collocamento della medesima. \ 2. Prof. G. ANGELINI e Conte Guinpo FALCONIERI DI CAR- ; PEGNA. Nuova cattura di un Piviere orientale (Charadrius ful- © i . vus Gml.) nella Provincia di Roma. 3. Dott. A. ANDREINI. Caso di echinococco del cuore umano. 4. M. Ganri. Comunicazioni ittiologiche. | 5. Prof. M. ConporeLLi. Elminti trovati in un Hydro- colacus minutus (Pallas). $ Esaurito l’ordine del giorno, l'adunanza vien tolta alle ore 6.15 pom. : Il Segretario Prof. M. ConpoRELLI. Stabilimento Tipografico di CARLO MARIANI e C. - Vicolo della Guardiola, 22 - ROMA. n i nn anne II E e Ti, Fase. Ve VI. Li Vol. VI. Anno VI - 1897 Ri DELLA SOCIETÀ ROMANA PER GLI STUDI ZOOLOGICI © Spyra alcuni caratteri morfologici del SARCOPTES MINOR Firstenberg versità. Lo studio poi delle alterazioni anatomiche dell’acariasi 1 — BOLLETTINO e sovra alcuni fatti di trasmissione scabbiosa meno noti. Comunicazione alla Società Romana per gli Studi Zoologici del socio Dott. MARIANO CARRUCCIO Libero docente di Dermatosifilopatia nella R. Università di Roma ; (Suntv dell’autore) Il presente riassunto volge su alcuni fra i principali caratteri del parassita che studiai, ed è tolto dalla particolareggiata relazione da me già comunicata, col corredo di numerose pre- parazioni microscopiche eseguite nella R. Clinica Dermosifilo- patica, e talune anche nell’ Istituto Zoologico della nostra Uni- nei conigli e nell'uomo con lepra anestetica, m'ha permesso di fare un’altra comunicazione scientifica alla R. Accademia Medica di Roma (1). Ora intendo solo di far rilevare il vantaggio e la necessità di una diligente diagnosi del Sarcoptes minor Fùrst., perchè non di rado venne in Italia e fuori confuso con altre, forme specifiche, o con varietà del Sarcoptes scabiei Latr. ecc.. Se la scabbia prodotta dal piccolo acaro fu già descritta, come nota anche il prof. Railliet, nel 1672 da Wedelius, avendo essa in forma epizootica dominato in Westfalia, la conoscenza però, certamente non esatta, del parassita, pare che pel primo si debba al Gohier; il quale narra nelle sue Memo- rie di averlo osservato con lente sul coniglio verso la fine di luglio nel 1813. (1) CarRUCcIO M. Bollett. della pred. Accad. Anno XXII, 1899-96. E Fascicoli III e IV, pag. 266-272 (con tav.). Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici 12 182 MARIANO CARRUCCIO Fo La 194 PRORS lo osservò bene nel Gatto e lo descrisse nel 1838 col nome di Sarcoptes cati (1). Paul Gervais lo ridescrisse nel. Si 1841 (2) annoverandolo nel nuovo genere da lui instituito, quello di Psoroptes (Psoroptes cati). Il Gerlach 1857 (Ardtze und Raude), fece una nuova e accurata descrizione dell’ istesso parassita col nome di Sarcoptes cuniculi. Nel 1861 il Fiirstem- berg, dimostrando il valore reale della specie, la denomine <> 0 Sarcoptes minor. Il Delafond ed il Bourguignon nel 1862 si valsero della di denominazione Sarcoptes notoedres (3), la quale fu mantenuta — 8 dal Megnin nel 1877 e 1880 (4), e successivamente da alcuni So altri scrittori. — Le citazioni che ho scelto, ed altre che potrei cu SE aggiungere, provano che non è scarsa la sinonimia dell’acaro “Ai pur da me osservato. E questa diversità di nomi e genericie specifici la si trova non solo in opere di Zoologia, ma anche di Dermatologia. CAS Ma se mi pare superfluo moltiplicare le citazioni sino- LI nimiche, non così credo dover tacere della suddivisione pro- pe «posta dal prof. Railliet del genere Sarcoptes in tre sezioni o 96 sotto generi: Eusarcoptes, Notoedres e Knemidokoptes. A. chi ni piaccia Asd di accettarli tutti e tre, dovrà far rientrarela ni specie di cui mi occupo, nel 2° s. g., chiamandola Notoedres. minor (5). “ole Il prof. Canestrini, che ha riassunto assai bene quanto fino a questi ultimi tempi venne scritto intorno alla famiglia .Psorotidae ed al Sarcoptes minor Fiirst., ch'egli però fa appar- tenere al gen. Notoedrus (perchè non NO edi come scrivono Delafond, Megnin, Railliet, ecc.?) preferisce usare la denomi-. ua nazione CAI cuniculi Gexlach (6). (1) HerIn& E. Die Koitomilloadoo Thiere undi einige i Asten, nach eigenen Untersuchungen beschrieben (Mit 3 faf.). (2) GERVAIS. Annales des science. natur. Serie 2a Tom XV, 1841 (8) DeLAFOND et BouRGUIGNON. Traité prat. d’entom. et de path. comparée de la psore ou gale de l'homme et des aniîm. domestiques Paris, 1862. (4) MEGNIN. Les parasites et les maladies parasitaires. Paris, 1880. (5) RaILLIBT. Traité de Zool. médic. et agric. Deuxiéme édit. 1895, pag. 640 e 660. — Il MEGNIN (I. c. p. 172) ricorda in nota l'etimologia del vocabolo Notoedres da v&poy, dos, et "Edpa, anus. n (6) CaNnESTRINI Giov. Prospetto dell’ Acarofauna Italiana. Parte VI. 188 ; L’istesso Canestrini ricorda come il Neumann adottasse il nome di Sarcoptes scabiei var. cuniculi, dichiarando che questo lE ‘ acaro produce nel coniglio domestico una rogna particolare assai no | contagiosa. Inoltre al Neumann sembrava che a questa mede- sima forma di acaro si dovesse attribuire la rogna del gatto (1). .°°‘’/Non mancano ragioni valide per mantenere il nome datogli i dal Fiirstemberg, il quale, come dissi, nel 1861 considerò questo i ectoparassita come specie a sè, e non come semplice varietà (2); e volendo adottare il sotto genere Notoedres proposto nel 1393 dal Railliet, lo chiameremo N. minor (3). In questo sotto genere Notoedres seguendo il Ralliet proponente, vi si devono anno- i do ia dei Psoroptidi. — Padova. 1894. L’istesso prof. Canestrini a dare i caratteri dei generi (vedi pag. 724 della parte VI) così riassumo quelli del Gen. Notoedrus Railliet (1393) : Ù « Le ventose copulative del maschio ed i tubercoli copulativi della femmina pubere mancano ». ‘« Le ventose tarsali sono lunghe ed inarticolate, e trovansi nella Ag femmina agli arti del primo e secondo, nel maschio sl arti del primo, | secondo e quarto paio ». « Ano dorsale ». « Animali ovipari, parassiti dei mammiferi ». È Distingue poi (pag. 792) quali specie a sè, il N. catì Her. dal N. cu- miculi Gerl., ma non dà per le due specie caratteri tali da poterle differen- |. ziare. Della prima scrive così: « Sul dorso esistono delle squamme ot- tuse. I coni scapolari sono sostituiti da spine, e le spine iliache sono assai più robuste che nel N. muris. L’ano, sebbene dorsale, è nella fem- mina molto avvicinato al contorno posteriore del corpo ». « Questa specie vive sul gatto, dove produce una scabbia particolare . che ha sede specialmente al capo ». MePer il: N. cuniculi il Canestrini si limita a dire soltanto: « È assai affime al precedente, ma vive sul coniglio, e la scabia che produce è assai poco contagiosa... » E neppure nelle dimensioni delle due specie, che non . credo sia il caso di mantenere distinte, sono dal Canestrini indicate dif- ferenze di sorta, avendo le 9 ovigere dell’una come dell’altra una lun- | ghezza di mm. 21,5 a 0,23,0 o appena 0,23,5; una larghezza di mm. 16,5 a 0,17,5. Ig parimenti da mm. 14,5 a 0,15, o 0,15,15. (1) NEUMANN G. Sur une nouvelle forme de gale sarcoptique. Revue véter. 1892. (2) FURstaMBERG. Die Kriitamilben der Meschen und Thiere. Leip- zig, 1861. (3) RAILLIET. Zool. medie. cit. pag. 600, e Me sn LO Sosa: MARIANO CARRUCCIO 184 verare le forme colla « faccia dorsale guernita di spinuzze_ e talvolta di scagliette smusse. Gli epimeri del primo paio sono senza prolungamento dorsale. L’ano trovasi nel noto- gastro. Le specie sono parassite dei mammiferi ». ESA La descrizione, che io credo di dare esatta, per quei cR- LR ratteri i quali di preferenza ho voluto riesaminare, è fatta Di come dissi, in base a numerosi preparati microscopici. Con n questi ho potuto non solo osservare i caratteri propri della. femmina adulta e ovigena, ma quelli del maschio parimenti adulto, delle larve esapode, delle ninfe ottopode e degl adulti pure ottopodi. | Onde riuscire ad avere preparazioni nette, ho dovuto più. d'una volta tenere a lungo i detriti delle croste dure (stac- cate specialmente dalle zampe dei conigli, e più di raro dal padiglione auditivo e dal muso) in soluzione concentrata di KO caustica. Sotto alle croste secche mi è accaduto di rinve- nire gruppetti o piccole colonie di questi acari in diverso | grado di sviluppo. SIAE Vo’ qui accennar soltanto che alcuni autori osservarono | già che in questa forma di scabbia sarcottica le croste si. essiccano e s'induriscono, diventando per lo più forforacee, mentre nella scabbia psorottica le croste si essiccano a stento. dara e sempre incompletamente. Le mie osservazioni confermano Ho SÙ È fatto del notevole essiccamento e indurimento che possono offrire le croste. I <> RR Nello studio degli acari forniscono, com’è noto, buoni ca- : “o ratteri morfologici il rostro, le due faccie del corpo, gli arti, ecc. Il corpo del S. minor è tondeggiante, ma abbastanza mani- festa è la prevalenza del diametro longitudinale sul trasver-. sale. Non si osserva ai due lati del corpo veruna depres- sione o incavatura, e sono quindi affatto regolari i suoi con- torni. Ni Ù Il rostro è costituito da due mandibole protrattili, piut- ia) tosto robuste, conformate a chela, con palpi semplici, triarti- colati, dei quali i soli due ultimi articoli sono liberi. Quando si le due chele sporgono dal camerostoma e sono divaricate, si | vedono distintamente. Negl'individui adulti il rostro offre una lunghezza di 48 u., ed una larghezza di 31 a 36 w. Presso al SOVRA ALCUNI CARATTERI MORFOLOGICI DEL SARCOPTES MINOR 185 .rostro vedonsi due setole marginali che apparisono più lunghe del medesimo. Ù La faccia ventrale è quasi piana, col primo epimero di. destra e sinistra riuniti in modo da formare un V marcatis- simo, colla punta rivolta in mezzo e all’ indietro: proporziona- tamente appare più lungo quello del 3g, e meno appuntito dell’epimero della 9. Gli altri epimeri, ricurvi ed appuntiti, sono del pari visibilissimi al microscopio con ingrandimenti inferiori ai 2 cento diametri; e si scorgono sempre più netti cogli arti corrispondenti se si usano ingrandimenti maggiori. Su questa faccia ventrale si vedono sorgere nella 9 sei spine colla punta rivolta all’ingiù, simmetricamente disposte, due sopra ed all’interno del primo paio di zampe, 2 sopra il 3°, e 2 sopra il 4° paio. Nel invece, e nella stessa faccia, si vedono distinte due sole spine, disposte fra il 3° e 40 paio di arti, una per lato. Le ventose tarsee delle 4 zampe anteriori della 9 sono assai ben sviluppate, ma in proporzione lo sono anche quelle delle stesse zampe nel g), con peduncoli corti e piuttosto grossetti : ai lati si vedono setoline più o meno brevi e in numero di 6 o più, principalmente nel primo paio di zampe della 9. La medesima è mancante di ventose peduncolate nelle quattro zampe posteriori o addominali, le quali offrono una lunga e grossa setola nel centro del tarso, che ha agli angoli due pic- colissimi rialzi unciniformi. Di setole consimili è fornito il 3° paio di arti del g, ma il 4° paio offre ventose peduncolate, quasi identiche per dimensioni a quelle delle due paia anteriori. L'orificio pel quale nella 9 vengono fuori le uova è posto in alto nella faccia ventrale, ed ha la forma di una fessura lievemente arcuata. (La figura di quest’orificio come è data nell’opera del Railliet ed in altre, non è esatta nè per sede, nè per forma). A differenza dei veri Psoroptes la £ non offre neppure in questa specie i noti organi copulatori, nè il Y° presenta ventose copu- latrici. — Sulla faccia dorsale di questi acari si vede una serie di squammette e pieguzze cutanee non continue, ma abbastanze distinte l’una dall’altra, tutte concentriche fra loro, e per lo più equidistanti; alcune tendono a farsi ondulose, mentre il de 2 o, tig gita MANTRA RE IA î NOE REI SO RIO PAST dia NOR? ge a LVL uao do; è prior gu re Re RE en Ea si Sia ji Ea n REA È Be; Pi : «di bp > ssaf Rs Lal una forma elissoidale, con contorno semplice, offre un diametro MARIANO CARRUCCIO maggior numero sono regolarmente curvilinee : in tot. sono 10 a 12. Esse esistono anche, ma assai meno pronunciate, nell faccia ventrale, particolarmente ai lati. Sulla faccia dorsale osservano inoltre delle spine disposte simmetricamente in serie curve, sopra e sotto l’orificio anale mediano, che resta distante dalla porzione terminale del corpo. Queste spine, numerose nella : faccia dorsale delle 9 (24 a 26 o più), sono meno numerose nei J (16 a 18), oltre due setole marginali e sporgenti. Nei g'_ l’ano è posto quasi alla fine e nel mezzo della faccia dorsale! circondato da parte delle preindicate spine. Infatti sopra l’istesso orificic anale, stanno 2 per parte presso il principio, e 1 per parte verso la fine. Altre 6 spine sono disposte più ‘in alto, sa 4 equidistanti in serie lineare presso la fine del cefalo-torace, e 2 quasi verso la metà dell’addome. Le molte spine già notate sulla faccia dorsale delle 9, e le poche dei J° si vedono sorgere sovra altrettanti tubercoletti cutanei: hanno per ciò l’aspetto di piccolissimi spilli colla relativa capocchia, posti a distanza pressochè eguale l’uno dal- | l’altro. a Credo utile il far rilevare un po’ minutamente tutte que bi particolarità morfologiche perchè od indicate in modo incompleto da autorevoli trattatisti di Acarologia, od anche del tutto omesse, Le dimensioni delle femm. ovifere (preso taluno degli esemplari meglio conservati e più grossi) sono le seguenti: diametro longitudinale da 228 4 a 288 u, diam. trasversale 244 y. Il rostro misura 48 & per 36 w. L’ovulo (che si vede nettissimo | attraverso le pareti trasparenti della regione addominale) ha longitudinale di p 156 e trasversale di 88 u. — Quest’ovulo * relativamente grosso, esaminato con diversi. Re. non. presenta ancora traccia di segmentazione, mentre in altri ovali, — DOG fuorusciti dal corpo delle genitrici, ho osservato che la segmen- tazione è più o meno manifesta. pe cp In una femmina pubere, purescelta fra le migliori preparata; | x il diametro longitudinale è di 240 yu, ed il trasversaledi 190 p. — Le larve esapode che già dovevano aver subìto parecchie È mute, ma prive ancora degli organi sessuali, misurano in Lune ghezza 144 wu, ed in larghezza 120 p. i | Finalmente i maschi adulti, meglio sviluppati, hanno un LT5 &, ed uno trasversale di 157 u. | perla femm. ovifera dimensioni alquanto maggiori di quelle da me trovate per la stessa femm. della var. cuniculi, cioè 300 u — Il Neumann poi (lavoro già citato) dà per la femm. = dell’istessa var cuniculi dimensioni maggiori di quelle da me trovate, cioè diam. longit. 410 u. e trasversale 320 w. (1), e per il g' diam. long. 230 &, diam. trasv. 170 w. Ciò prova | che anche in questa forma di acaro si hanno, come in altre | numerose specie dell’istessa classe di Artropodi, o di classi di- verse, dimensioni intermediarie, con un massimo e con un minimo che non è sempre facile precisare. E quì si potrebbe pur domandare: Posto che si abbia a fare col Sarcoptes minor e colla var. cuniculi. data una diversa razza del Lepus cuni- & = culus, data una diversa influenza di regime, e quindi di clima ece., x | non può l’acaro in discorso offrirci modificazioni morfologiche . abbastanza apprezzabili? Ora gioverà che riassuma le ricerche sperimentali meglio riuscite che sono a mia conoscenza. Tra queste mi sembrano i o) Recentissimamente il prof. Bruno Galli-Valerio in diverse sue Note parassitologiche così scrive: « Sarcoptes minor var. cati Fiirst. — Lo segnalo per Monza. Le 9 erano lunghe pw 250, larghe w. 195; i Anno VII, 1897, N. 2, pag. 24). © DI | °‘’ 2) Recherches suria transmissibilité de la gale du Chat et du Lapin ‘000 | due au Sarcoptes minor First. Comptes sai de la Soc. de Biol (9), Be; | IV, pag. 315, 1892, Paris, aa MARIANO CARRUCCIO minata indubbiamente dal Sarcoptes minor nel primo dei due citati mammiferi, Il Railliet ha dimostrato che mentre questa | forma di scabbia trasmettesi con facilità dal Melis catus ad altri individui dell’istessa specie, da questi invece o non viene: comunicata al Lepus cuniculi, o con somma difficoltà quest’ul-. timo la contrae, e solo dopo una coabitazione con Gatto. scabbioso durata per cinque mesi. Una volta però che al Co- niglio erasi comunicata la scabbia, questa poteva passare ad altri conigli sani. E concludendo soggiunge: « Nous n’avons. Ae pas réussì è obtenir une contamination en retour du chat, par. les Lapins infestés de la sorte ». dle Hertwig dapprima, poi Weber e Megnin osservarono ‘che questa forma di scabbia sarcottica può dal Gatto comunicarsi. al Cavallo. Il Megnin la comunicò a un Cavallo presso toa A nocchio, fissando su questo un pezzo di pelle tolta da un Gatto TI fe: Delafond e Bourguignon poterono trasmetterla al Cane, e diversi giovani cani ebbero a soccombere per siffatta scabbia loro comunicata. In una Scimmia non ottennero che un’eruzione si 3 effimera. Gerlach tentò di trasmetterla ai suini, ma con risul- “i tato affatto negativo. ; L’istessa affezione scabbiosa, derivante cioè dal Sarcoptes minor, è dimostrato che puossi comunicare dal Gatto all’uomo, . i Citasi dagli autori il caso narrato da Hertwig di una donna di servizio infetta da un Gatto scabbioso che essa teneva a dor- mire nel di lei letto; da Berthold di una ragazzina infetta pure. da un Gatto che le si era messo a dormire sul petto; e altri | casì narrano Marrel, Hering, Perroncito, Leonhard, Bieler, ecc. Ma le esperienze sile più importanti sono duci fatte dal Gerlach su allievi della Scuola di Medic. Veterin. di Berlino, ai quali sulle braccia dove vennero posate croste di gatti scabbiosi si sviluppò la predetta scabbia dopo un periodo di _ dieci a venti giorni. | de: Oltre la descrizione particolareggiata del caso osservato dal prof. Perroncito, che lessi nel vol. 35 del Giorn. della E. Accad. di Medic. di Torino (1) di ben constatata trasmis- 5 (1) Vedi anno 1887, pag. 219-220. — Questa signora, scrive il Perron- i cito « presentava vescicole e sollevazioni dell’epidermide, punticini rossi e squammette precisamente come nel gatto... » SOVRA ALCUNI CARATTERI MORFOLOGICI DEL SARCOPTES MINOR 189 sione dal gatto ad una signora dianni 35-36, dalle braccia della quale l’autore tolse esemplari diversi di < maschi e femmine di Sarcoptes minor identici a quelli che incomparabilmente più abbondanti si trovavano sul gatto », ho letto un’altra in- teressante narrazione fatta dal dott. Probo Carafòli, medico- condotto di Castelfranco nell'Emilia. Da quest’ altra narra- zione (1) risulta non meno evidente la diretta trasmissione della rogna da un piccolo e giovane gatto a un bambino di ‘4 a 5 anni, certo Lucchi Ettore, il quale avendo trovato per strada quella bestiola, dimagrita per privazioni e per malattia, la raccolse e la portò in casa. E « tanta era, scrive il Cara- foli, l’affezione da cui fu preso per questo animale, che sempre se lo teneva in braccio e piangeva dirottamente se i di lui genitori non glielo lasciavano prendere anche in letto. Questa passione il fanciullo dovette però « scontarla » perchè il gatto gli comunicò la malattia di cui era affetto, ossia la rogna ». E quì l’autore descrive le alterazioni osservate non solo nel gatto, ma nel fanciullo: nel primo trovavansi nel corpo e spe- cialmente nella testa molte croste di diversa misura, distacca- bili con qualche difficoltà, con denudamento della cute. « As- sieme a queste croste si riscontravano noduli migliariformi con disopra piccole vescicole. E simili alterazioni polimorfe si ri- scontravano pure nel fanciullo, e cioè vesciche, pustole, croste ed escoriazioni in diverse località, ma più specialmente nelle mani alla regione radio-carpea e fra le dita, non che al collo, producenti grande prurito, specialmente di notte, per il quale ron poteva aver requie ». Il dott. Carafòli (che nell'Università di Modena aveva seguito con grande profitto gl’ insegnamenti teorico-pratici che sulla parassitologia dava sempre, come ora li dà in Roma, mio padre), pensò subito di eseguire alcuni preparati microscopici ; nei quali ebbe a rilevare «tanto dall'esame delle croste del gatto, che da pustole del fanciullo, molti esemplari di maschi e fem- mine di Sarcoptes minor. Avevo dunque non solo la prova clinica, ma eziandio la materiale della trasmissione della rogna (1) Ved. Riv. Ital. di Terap. e Igiene. Piacenza, anno XI, 1891, pag. 69-76, dal gatto all'uomo, resa SuVbei Mi o: dall interro della famiglia del piccolo paziente che, immune da quest lattia, aveva veduto ammalarsi il piccolo Ercole una sett o poco dopo che aveva trovato il gatto ». ‘Se piccolo paziente guarì in circa due Sitia (colta pr i sica delle unzioni solforose ». | Si Se altri casi di autori stranieri sono. di prefe non trovo che altrettanto siasi fatto coi due conclu del Perroncito e del Carafòli, e perciò su di essi mi di richiamare in modo speciale l'attenzione di quanti s ressano a questi studi, I Prof. M. CarRuccIO - Sovra alcuni caratteri morfologici del Sarcoptes minor. (F3cecia dorsale) È % sarcoplés muItor Fiirslemberg. se Bollett. Soc. Rom. Studi Zoologici, vol, VI, fase. V e VI, DEI VERTEBRATI DELLA SARDEGNA | pel Prof. Dott. MARCIALIS EFISIO (Continuazione ; Vedi fasc. IMT-IV, vol, VI, 1897). IV. Sub. Od PHOENICOPTERI. XXV. Fam. Phoenicopteridae. CXLII. Gen. Phoenicopterus Linn. 215. P. roseus Pall — Notissimo specialmente a Cagliari col nome di Mango di Gente arrubia in Oristano, di Zente rubia o Manzone : stano stanno disposti in linea molto regolare, onde assai gio hi stamente il La Marmora diceva che sembrano fila die end o la testa immersa EI pescano col loro becco o, co: | chiglie quali i mytili e le cyclostime, ed anche semi di pian o marine ». Ì « Le abitudini di questa bella specie vennero esposte ‘da parecchi diligenti osservatori, prima e dopo del La Marmora con altri particolari oltre quelli scarsi che, per ragion di bre vità, qui ho riportato (ved. il più volte cit. Cat del Salvadori a p. 100-101); e queste abitudini in Cagliari è facile di rios servare annualmente. Per parte mia ricordo le molte volte che presso lo stagno di Santa Gilla, in ‘compagnia di cari ansi î gliori per osservare le SERI de is MU opel arrivati; o non contento di quelle che soffermavansi nelle vicinanze di Ca- 8AGGIO DI UN CATALOGO METODICO 198 Lt rrr——————————ÉÈÉ—_————É—_—_——É—@—@€ dato da altre schiere dei graziosi fiammanti nello stagno più lontano de is Arenas. (Carruccio) ». «Anche il Bonomi ricorda in un recentissimo lavoro (1) non solo la magnifica vista che danno questi uccelli quando in alto fanno le loro evoluzioni sopra la città, per tramutarsi dall’uno all’altro stagno (di Santa Gilla, cioè, presso Cagliari, e delle Arene presso Quarto S. Elena), ma le strane e forti grida con cui i ragazzi accompagnano queste periodiche evoluzioni. Lo stesso Bonomi espone le prove dimostranti la realtà delle due specie emigranti in Sardegna, cioò il Phoen. roseus ed il Phoen. erytraeus, ch'egli chiama, a buon diritto, minore; ma gia il Salvadori nel 1864, scrivendo di questa seconda specie, in rap- porto alla prima assai più numerosa, così esprimevasi a pa- gina 103: « il Fenicottero minore è in minor numero dell’altro. (Carruccio) ». 216. Ph. erytracus Verraux. — Ù questo noto nel C. M. col nome di Mangoni piticu, Mangoneddu, e nel C.S. di Mangone minore. « Il Cara volle sostenere nelle sue osservazioni al Sal- vadori, che gl’individui fatti appartenere alla presente specie < tutto al più sono varietà della specie Phoenicopterus roseus di Pallas ». Ma dal Verraux in poi altri diligenti ornitologi tennero per buoni i caratteri del Ph. eryiraeus. (Carruccio) ».. VII. Ord. ANSERES. — 1. Sub. Ord. A. LAMELLIROSTRES. XXVI. Fam. Anatidae. —_ CXLIII. Gen. Cygnus. Bechst. old olori(J E-Go) In più luoghi della prov. di Cagliari prevale il nome di Cignu, altrove di Sisini o Cisini. — Solo casualmente, e per lo più in seguito a burrasclie, compare il Cigno quasi annualmente nel- l'isola. Il Cara più precisamente scrisse: « Di passaggio an- nuale in autunno, e parte in primavera. Di rado vedesi nelle acque di Cagliari, ma più frequentemente in quelle di Ori- stano >». (1) P. Bonomi. Nota zoologica sopra î Fenicotteri emigranti în Sar- degna. -- Cagliari, Tip. Litogr. Commerciale, 1896. MARCIALIS EFISIÒ dt STI tea ia n à porre Sort La [e 4 “ 218. C. musicus (Bechst.).—Il Cigno selvatico riceve in. | Sardegna gli stessi nomi volgari della precedente specie: è dio a comparsa accidentale. Il Cara aveva già avvertito che di questa | Di specie « alcune coppie se ne vedono fra noi d'inverno ». re Mes; OXLIV. Gen. Anser Briss, 219. A. cinereus Mejer. — Im. SA sardo Oca aresti, Oca de mari, Cisini. — « L’Oca selvatica giunge — Sa casualmente nei rigidi inverni. Il Salvadori ricorda anche lui. 2a che nell'inverno in cui trovossi in Cagliari branchi assai nu- merosi durante il giorno stavano disposti in lunga fila sulle a acque basse dello stagno della Scafa. (Carruccio). » si; 219. A segetum Gmelin. — Piglia nelle varie parti | dell’isola il nome o di Oca areste o selvatica o di Cisini. È di. passo regolare nell'inverno. CXLV. Gen. Tadorna Fleming. 221. 7. cornuta Gmelin. Si — In Sardegna è nota col nome di Anadiera o di Anariera. È di passo in primavera ed in autunno. Molte Volpoche sver-. nano e nidificano. Ad esempio nell’Asinara si ricoverano neue insenature coperte di Tamarischi. de CXLVI. Gen. Anas Linn. 222. A. boschas Linn. — Nalii a C. M. chiamasi Anadi conca birdi, nel C. S. Anade conca irdi | ed anche Anade reale. Abbondante, sedentaria, nidifica in ni inverno. Soa CXLVII. Gen. Chaulelasmus Bp. 223. C. un, Bp.—. Noto tra noi col nome di Frigali o Trigali. La Canapicloo SU abbastanza comune, invernale e di passo. 24 iS CXLVIII. Gen. Mareca Steph. 224. M. penelope Bp. — Ù In sardo Anari conca arrubia ed anche Buscinu o Busciu, Hog sie Fischione è di passo in autunno ed in primavera, ma dali or in qualche luogo sedentario e lo si vede leo nello stagno di Sorso. di CXLIX. Gen. Dafila Steph. 225. D. ‘acuta Bp. — Nota fra noi col nome di Agu. L’Anatra codona è invernale e di passo, abbondante in autunno e in primavera. Sa CXLX. Gen. Spatula Boie 226. S. clypeata Sai _ ui sardo Cucciarone (C. S.) o Biccangia (OC. M.) Il Mestolone è gui invernale, di passo, abbonda in autunno e in primavera. va CLI. Gen. Querquedula Steph. 227. Q. crecca Bp. — Nota. : nel C. M. col nome di Circuredda o Craveddu, e nel C. S. Ana- SAGGIO DI UN CATALOGÒ METODICO 195 done. Di passo in autunno e inverno, più abbondante in pri- mavera. Fu osservata»talvolta sedentaria e nidificante. 9928. Q. circia Salv. — Nel C. M. Circuredda conca- bianca ed anche Circuredda d’Espagna; nel O. S. Anadone. La Marzaiola è di doppio passo ed invernale. Anche questa tal- volta osservasi sedentaria e nidificante. CLII. Gen. Marmaronetta Reichembach 229. A. angusti rostris Bp. — Di questa specie fece menzione il Salvadori nel suo catalogo, tanto per i due esemplari mandati dalla Sarde- gna al Temminck dal Cantraine, come di un’altra dal Cara al Durazzo, e da questi al Bonaparte. Recentemente trattò am- piamente di questa specie il prof. A. Carruccio nel Bollettino della Società Rom. per gli studi zoologici (Vol II., 18983, Fase. sl, 2 0.3). ; GLITI. Gen. Callichen G. L. Brehm. 230. C. rufinus Brehm. © — Nel C. M. Piberoni, nel C. S. Busine o Anade cum chi- ghirista. Il Fischione turco è di doppio passo, invernale ed in scarso numero. Talvolta videsi sedentario e nidificante. CLIV. Gen. Nyroca Fleming. 281. N. africana Salv. — In sardo Niedduzeddu. La Moretta tabaccata è invernale, di doppio passo. CLV. Gen. Fuligula Steph. 232. F. cristata Savi. — Noto fra noi coi nomi di Niedduzzu o di Anadi conca niedda. Im- vernale di doppio passaggio. 233. F. marila Savi. — Anche questa da noi è nota col nome di Niedduzzu. La Moretta grigia è invernale ed è rara. Nel piccolo Museo Zoologico di Sassari vi è conservato un individuo di questa specie. CLVI. Gen. Aethyia Boie. 234. Aeferina Bp. Chiamasi in Sardegna Cabarossu. Il Moriglione giunge in autunno e parte in primavera. Assai abbondante neilo stagno di Cagliari. CLVII. Gen. Clangula Fleming. 235. C. glaucion Bp. — Nel C. M. il Quattrocchi lo si chiama Anari furistera, lo si vede nella stagione invernale apparire molto scarsamente. CLVIII. Gen, Oedemia Fleming, 236. O. fusca Flem. — « L’Orco marino o Germano di mare è ricordato dal Salvadori per l'esemplare che cons:rvasi nel ben fornito Museo Zoo- logico dell’Università di C..4 iari (Carruccio). » È raro in Sar- e netti paruccia. CLVIX. Gen. Erismatura Bp. 237. E. leucocephala Bp. — Noto principalmente nel C. M. dove col nome di Anari de di si Spagna, dove con quello di Tittillonasciu o Cappuccinu. Il Gobbo rugginoso è di doppio passo ed invernale. Fu osser- vato in qualche parte dell’isola sedentario e nidificante. Molti svernano ed alcuni nidificano al Capo settentrionale nello sta- gno di Sorso, ove spesso si vedono traversare quelle dune per andare o ritornare dallo stagno al mare, misti colla T'adorna. e colla Fuligula rufina. — Questa osservazione venne fatta e pubblicata dal Bonomi. L. c. (Carruccio). CLX. Gen. Mergellus Selby. 238. M. albellus Gigl. — Nel C. M. chiamasi Strallera bianca o Scoccalettu. Di Pesciajole non si ha mai copia. « Alcune arrivano in fin d’autunno e. svernano (Bonomi)». Alla sua volta il Lepori scrisse: « Co- munissimi i giovani, rari gli adulti ». (Carruccio). CLXI. Gen. Mergus Linn. 239. M. serrator Linn. — Nel. C. M. Strallera, in alcuni luoghi Scoccalettu; in altri, al esem- pio a Bosa, Cucumarzolu, e nel C. S. Cucumarzolu comune. Giunge in autunno e parte in primavera. Specie comune. 240. M. merganser Linn. — In Sardegna predomina il nome di Anadi imperiali, ma da taluni gli si dà il nome volgare della specie precedente (Strallera). Lo Smergo maggiore è più o men raro, capita in autunno ed in inverno. II. Sub. Ord. STEGANOPODES. XXVII. Fam. Pelecanidae. CLXII. Gen. Phalacrocorax Briss. 241. Ph. carbo Linn. — Nel C. M. Crobu anguidargiu o Crobu marinu; nei O. S. Corvu marinu. — Comune e sedentario è il Marangone. — « Un bellissimo‘ esemplare g* ebbi nel 1869, preso verso il Capo | S. Elia (Cagliari) nell’escursione fattavi col prof. Adolfo Tar- gioni Tozzetti di Firenze. (Carruccio) ». 242. Ph. graculus Leach. — Nel C. M. Crobu oggi bianca. Anche il Marangone col ciuffo è comune e sedentario | SAGGIÒ DI UN CATALOGÒ METODICO in Sardegna. Nell’Elenco del Bonomi leggiamo quanto segue: ; <« Staccola de’ monti a peis arrubius (cioè a zampe rosse). Abita sui monti più alti dell’isola, ma più specialmente a Perdaliana Gi sui monti tutti della Barbaggia e 00 ». Il Carbo doch Luondia coi giovani del WA col ciuffo, come vi nota il Lepori (Carruccio). > \< GLXIII. Gen. 2. Linn. 243. P. onocrotalus Linn. — i Pellicanu, ma poco noto nell'isola, perchè rarissimo ed affatto accidentale. | i TI. Sub. ord. LowgiPaNNEs. XXVI II. Fam. Laridae. - CLXIV. Gen. Thalasseus Boie. 244. Th. caspius Salv. — Nel C. M. Cau biccu grussu, e in qualche luogo Marragau de mari mannu. « IL Salvadori scrisse ch'è specie non rara; il Le- pori ‘non molto rara; il Bonomi di rara comparsa nel litorale marino di Cagliari, ove potè osservarlo in aprile presso la lo- calità chiamata Giorgino, senza poterlo prendere; e già prima, pure in aprile e in località prossima, cioè sullo stagno ‘della Scaffa (Cagliari), il Salvadori ne aveva visto un individuo ivi | ucciso. Il Cara assicura che questa specie sia più comune nella | parte settentrionale, presso lo stretto di Bonifacio, ove Can- traine ne vide e ne uccise, ed ove fu trovata una femmina che -. viaveva posto il nido ». Queste ultime parole sono del Salvadori, |. il quale cita il Temminck, Man. d’Ornith, parte IV, pag. 454. Ma precisamente in questa pagina trovo che il Temminck | scrive alquanto diversamente: « M. Cantraine l’a vu et tué w dans le detroit de Bonifacio. Une couple (dunque non una sola femmina) nichait dans le voisinage de l’île Sans Stefans. » | (Carruccio). È 254. Th. (Actochelidon) cantiacus Gm. Nel C. M. Caitta a . biccu nieddu; nel C. S. Rundine marina. Il Beccapesci è assal _ comune nelle duo provincie, e vi è stazionario. «Il Salvadori nota come più volte ne uccise tirando dal ponte della Scaffa (Cagliari), o sullo stagno andando in barca (L. c. p. 121). (Carruccio). | Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici 13 CLXV. Gen. Sterna Linn. 246. S. fluviatilis Nam. (S. Rirundo Salvi). — Nel C. M. riceve dove il nome di Caixe dove quello di Marragau de mari a peis arrubius. — Nel la si chiama Rundine marina. — Di Da in PERA nell'autunno, ed anche aglio > isa sr, ali pa ch'è specie non comune in > Senda, come. primo il ue: è di passaggio. (Carruccio). » 249. H. fissipes.. Bp. (H. nigra ‘Tiun? ex Bri) Caixedda niedduzza o Caietedda a peis nieddus. nel 01 s ebbi nel maggio 1869 a Sant’ cu Sti ri vandomivi col prof. Targioni-Tozzetti (Carruecio). » CLXVIII. Gen. Gelochelidon Brehm. 250. G. angiico del SCE Ea specie in Sardegna al chiarissimo prof ‘P rÌ- zio Gennari, il quale si è compiaciuto d’i inviarmene due i in li- da vidui dei quattro che egli ne ha avuti durante il - maggio ( 1863 i gli altri due ha deposti nella collezione del Museo di Cagl ] che ne mancava. » (Op. cit. pag. 121). L’ istesso Salva pensava che questa specie non debba essere molto rara. i Sardegna; ma non mi è potuto risultare’ se il Beccapesci da glese, o Rondine di mare zampe nere, sia stato, dopo il Gen. nari, preso nell’istesso o in maggior numero, ciò che ve ) in appoggio del pensiero dell’ornitologo di To SAGGIO Di UN CATALOGO METODICO ‘conserva un individuo adulto in abito invernale, cioè colla |. testa bianca, ucciso*in Cagliari il 1° maggio 1879 (Carruccio) ». —CLXIX. Gen. Hydrocolaeus Kaup. 251. H. minutus (Pall.). - Cau marinu, od anche Caixeddu nella prov. di Cagliari. Non co- di mune, di passo irregolare. — «Il Cara aveva nel suo primo catalogo scritto questa nota, che merita di essere riferita: |< Pare che questa specie sia stazionaria fra noi, poichè il mio | amico prof. Cantraine ne prese un individuo nel golfo di Ca- | gliari nell’inverno del 1829. In ne ebbi in aprile ed agosto ». Il Lepori crede il Gabbianello specie scarsa in Sardegna, ma | stazionaria. Il Giglioli (1. c. p. 422) parla di un individuo ‘preso a Cagliari nel mese di ottobre (Carruccio). sa 202. H. melanocephalus (Natt.). Per questo come per . altri Gabbiani prevale fra noi il nome volgare di Cau ma- | rinu. — < Io non ho la certezza, scrive il Salvadori (1. c. p. 124) | che questa specie si trovi in Sardegna, giacchè non ne ho | potuto osservare alcun individuo non esistendo neppure nel . Museo, ove il nome di Larus melanocephalus era dato agl’in- dividui in abito di primavera del Larus ridibundus ..... Però, continua, siccome esso è proprio delle regioni meridionali, e si trova comune in Sicilia, io non sono lontano dal credere che si trovi anche in Sardegna ». Successivamente fu tolto ogni dubbio sull’esistenza del Gabbiano corallino, che fu preso a Cagliari ecc.; ma è vero che è di passo irregolare e raro. — Il Giglioli (1. c. p. 423, 1886) neta che « In Sardegna non è comune, ma ne ho ricevuto esemplari colti durante l'inverno ». Scrive pure (pag. 424) che conserva individui colti « in marzo ._ ed aprile a Genova, Cagliari e Venezia (Carruccio). » | 263. H. ridibundus (Linn. ex Briss ). Cau nel C. M., Gavina del C. S. Invernale, abbondante ‘ed anche nidifica SR so l'isola. — « Dopo molti anni rividi in Cagliari, mia patria . (aprile 1896), gli esemplari in buon numero del Gabbiano co- | mune conservati in quel Museo zoologico universitario, alle cui collezioni furono fatti parecchi notevoli incrementi. Il Sal- | vadoriavea già osservato la numerosa serie d’individui di questa | specie, notando la grande varietà che esiste nelle dimensioni del becco e dei tarsi, per modo che essi formano una serie graduata, e si passa dall’ uno all’altro in modo insensibile. (Carruccio). » \ CLXX. Gen. Gelastes DEE: 254. Gi Genei Blvd ser, tre pochi giovani (I. c. p. 629) » ». Dal Salvadori poi (Catali prec. ; d. Uce. di Sard. p. 126-128) venne rifatta una diligente de- | scrizione della specie, desumendola dagli esemplari che si co servano nel Museo di Cagliari. Fra le osservazioni ch'egli fe | nel 1863, ricordo questa: « Un'altra cosa degna di essere n a tata, e de se costante, mi sembra che abbia grandissimo V | lor è il na rosso gia mentre che nella tav. 45 dell Fauna italica di Bonaparte viene ARICRA come bruna» ». Motte sia sE) colorito delle piume, sia nella varia lunghezza del pra: dei tarsi, ecc. L’istesso Salvadori aveva nel 1863 proposto il nuovo genere Lambruschinia, colla spec. L. gelastes Salv., mi (A ebbe ragione per non insistervi (Carruccio). Meri SO VRLRATAR CLXXI. Gen. Larus Linn. 255. L. Audouini Payr. CER Cau de Mari nel C. M. Il Gabbiano corso non è comune, 0 uu ron _ facile ad aversi. perchè VI per le. si lungo la Corsica e la Maddalena, credeva si avesse a trovar < pure per tutta la costa della Sardegna ». Nel 1882 il Lepori. costa occidentale, nei quali anche nidifica; e finalmente che ‘200 in quell’anno il Museo di SE possedeva tre ssetBD tut fi» presi in Lt (Carruccio) > di Ago ” ol “n UE | A ecc., nè posseduto dal Museo so Cagliari n ir se che lVammette ‘Galla uo dal Cara « sebbene non l’abbia trovato » (i cap. SE; Com è noto sh specie è acci- 257. L. marinus Linn. — Non ha nome volgare di- dai precedenti. « In Sardegna il Mugnajaccio è di passo 259. L. fuscus Linn. i) il Can o Cau braxiu dei Lo Zafferano mezzo moro non è comune. Nell'ottobre e novembre del 1886 ne furono spediti pa- _ CLXXII. Gen. Stercorarius Briss. 260. S. pomathorinus Dress. — Il Gabbiano nero è raro e di casuale comparsa. Il rimo ad ucciderne un individuo presso lo stagno di Cagliari nel marzo 1878, è stato il sig. Bonomi. IV. Sub. Ord. Tupimares. XXIX. Fam. Procellaridae. . CLXXIII. Gen. Puffinus Briss. 261. P. yelkouan Salvad. P. anglorum Temm.). Nella maggior parte dell’isola è noto ol nome volgare abbastanza curioso di Giaurru. — La Berta MARCIALIS EFISIO — scrive il Bonomi, che ne trovò « un tot A in parte annegate mare, e parte putrefatte fra le scogliere, certo a causa di tem porale o ciclone (Bonomi, El. cit. Risult. dell’ Inch. Ornito e parte 2° pag. 629) ». — Il Salvad. nel Catal. degli Uce. di Sard. ricorda il primo individuo che dall’ isola fu introdotto nel Mus Zoologico di Torino dal benemerito generale Alberto De La Ai questa specie ir dal pred. conte, la quale all’ He Cara n «occorse mai di vedere in dt » com’ egli scrisse nel 18 (L. c. pag. 148- 4, E ». i volta scrive: «. Sirion tra le isole; og e ‘nidi. cante. Nei mesi d’estate si avvicinano ai nostri porti ed i pescatori ne fanno buona preda coll’amo ». (L. c. p. 630). (Carruccio). E CLXXIV. Gen. Pr ocellari ia Linn. 263. Pr. Pelagica Tale — Nome. volg. predominante Pibinga o Pibingia e Giaurru solo in qualche paese. — Già il Cara nel suo Elenco d 1342 aveva scritto essere : « Comunissima questa specie fra no abita sopra gli scogli degli isolotti, ove nidifica ». Nè a questa informazione vi sarebbe da mutare o da aggiungere, se non sor-. gesse il dubbio che dopo molti anni 1’ Uccello delle tempeste | si fosse fatto meno comune presso le coste della Sardegna, | delle parole che ha scritto il Bonomi (L. c. p. 630): « Un in-. dividuo fu da me catturato nel golfo di Cagliari. Solo due ne. ebbi dacchè sono in Sardegna; vi nidifica (?) » (Carruccio). | CLXXV. Gen. Oceanites Keyserling. 264. O. Wilsoni Bait — Di quest'altro uccello delle tempeste, americano, ecco quanto scrive il RL nel suo E/enco degli Ucc. Ital. (pag. tr: < i; Sub. Li PyGOPODES. xXx Da Alcidae. .CLXXVI. da Fratercula Briss. 265: Fr. arctica (Linn.) AAT Cagliari si da a quest’uccello lo scherzoso nome di Dottori o di Nasoni. « Tanto il Cara, quanto il va ne accidentale questa specie di Sardegna, altrove in Italia. Il Bonomi aggiunge che il Pulcinella di mare è raro, ma gli capitò a Cagliari di acquistarne alcuni, in primavera da pescatori, i quali li avevano. presi coll’amo _ e nelle reti. Un individuo fresco lo mandò a Torino nella pri- - mavera del 1888 » (Carruccio). ‘—’©LXXVII. Gen. Alca Linn, 266. A. torda L. (Utamania i Salv.).. — Anche a questa specie si. dà in Cagliari ecc. il nome burlesco di Dottori. — «Il Cara nel 1842 scriveva che le Gazze marine vedevansi in Sardegna raramente di pas- ‘saggio; soggiungendo che sole tre, per quanto era a sua no- i ‘zia, ne erano state predate nello spazio di 10 anni. Le notizie grande. numero; nel porto di Cagliari fra i bastimenti tran- — quillamente si ano e ne vennero prese parecchie coll’amo, ‘colle fiocine, e dai monelli anche con pietre », (Carruccio). n va” 4 : ria peri du x 4 = XXXI. Fam. Criyndita Ù CLXXVIII. Gen. Col ymbus Linn. 267. c. pu dial i — Di molto rara ed accidentale comparsa dn è1 rs Salvadori, ecc. ». (Carruccio). 269. C.. septentrionalis Linn. — Del pe viene. gliari ecc. denominato Gangorra. i i XXXII. Fam. E — Nei GI, paesi dell’isola, dove si Sol md chiama ora Cazzola, or@ 1 Coacciu. na di Beta, in a nale. « Il Bonomi scrive di averne sempre Visti allo. stagno Li Sorso ». Pagina 271. P. migricollis O. L. Brehm. hh la Co così a Cagliari come in altri paesi. — « Il Bonomi nota « i essa in gran numero sverna in dadi sui nostri stagni, "N qualche coppia vi nidifica. Ma già il Cara molti anni prima aveva avv ertito come questa specie fosse abbondante: nel | Alla sua volta il Salvadori aggiunge essere gue Ò 2. ) più comune ed abbondante ». (Carruccio). Pi 9420. cormutus Gmelin, (UP: auritus Lera — N n che ritiene come questa specie P. nigricollis; ammette sì ch'è comparsa nell’isola, Dall'altra issimo, come afferma lo steso Salvadori, nel i e nella Sicilia. (Carruccio) ». _ —CEXXX.Gen 7achybapies Reichenbach. 273. T. favola Tunstall. (Podiceps minor Lath.). — Cazzoleddu, Accabusoni s . «Il Salvadori ricorda in modo speciale alcuni individui di Cogli To osservati nel Museo di Canna 1 quali invece di dactyla. In una mia comunicazione fatta alla Società Romana per gli | studi zoolozgici, e pubblicata insieme a una tavola illustrativa nei fasci- coli I, II e III del Bollettino dell’istessa Società, volume III 1891, ho esposto tutte le più diligenti notizie che ho potuto procurarmi tanto he | l'esemplare ucciso nella provincia di Sassari, e gentilmente donatomi dal . dott. Ausonio De Gaspari. quanto sugli scrittori che più o meno dubi- tatisamente avevano accennato all'esistenza. Rimando adunque a quella ° pubblicazione chi voglia essermi cortese di conoscere le notizie date. Ma a queste sono lieto di poter dare nuova conferma con quanto opportu- ui | namente scrive il signor Raf Meloni, preparatore nell’Istituto di Zoo- logia e Anat. comp. della R. Univ. di Cagliari, in un breve articolo pub- cato or ora nel giornale ornitologico italiano L’Arzcula, fasc. 8, marzo- prile 1898, pag. 84. L'articolo, col titolo : La Rissa trida tyla in Sardegna, n conoscere che « una terza Rissa tridactyla » fu uccisa a Gega (pro- Prof. A. Li i SIN da bi ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA A Diretto dal Prof. Ac "CARRUCCIO. NOTA ELMINTOLOGICA del Dott. MARIO CONDORELII FRANCAVIGLIA | ‘Libero Docente di Parassitologia Medica ‘Cysticercus pisiformis Zed. "e Taenia serrata Gana, 01 ysticercus pisiformis Zed. se non è So: non è n. nissimo in Perno di Roma. per esperienze, numerosi SIE di quasto iene] dei quali donò al Museo. Nel 1891 il dott. Alfredo Andr ne rinvenne altri nell'omento. del coniglio, e e li wi Koch= che tiene in una sua campagna fuori Poli Pi un Li... di conigli, rinvenne nel IC3: e nel IR Du deroso di sapere cosa dh me È inviò per. io studio; riscontrai trattarsi del Cisticerco pisiforme. : a forma di grappolo, di solito costituito da pol sino a 50 individui ; non, comunemente. essi sì Li in Io in i uan della cavità addominale a n ui omento una Ri, considerevole di Ci Gerd merano circa 300 individui, sviluppati così da e u agli altri che dell’omento non lasciano li bero che piccoli tr Le vescicole sono rotonde» od ovali, e queste hanno la di sione approssimativa di mm, 8 nel digit più lungo e mm. 6 NOTA ELMINTOLOGICA | 207 nel più breve. Talune sono di forma irregolare e 2 o 3 volte maggiori; ma nel loro interno, guardate per trasparenza, lascian vedere dei sepimenti de le dividono in vescicole minori. a Presi qua e là dei cisticerchi e preparatili conveniente- ante, riscontrai, all’osservazione miscroscopica, ch’erano tutti allo stesso periodo di sviluppo ; d'onde desumo che tutte uelle cisti si debbono ad unica e sim:.Itanea infezione. IN GC ‘ysticercus pisiformis Zed. in Italia è comune a buona parte delle provincie (in Lepus timidus L.: Firenze, Redi; Venezia, v. Martens, 1824; Torino, De Silvestri, 1872; in Lepus cuniculus L.: Torino, De Silvestri, 1872; Rovellasca, 1878; Bologna, Piana, 1881; Spezia, Parona, 1887 ecc. ecc.), e, dove | ancora non si è rinvenuto, ciò non indica che esso vi manchi, «ma è indizio quasi certo di non fatta o d’insufficiente ricerca. Il rinvenimento del Cysticercus pisiformis Zed. va di pari ‘passo con quello della sua forma adulta, la Taenia serrata . Goeze, parassita del Canis familiaris L., che in Italia si è rinvenuta con qualche frequenza a Pisa (Civinini, 1842), To- ‘tino (De Marchi, 1872; Cini, 1887; Perroncito, 1387), Padova il prof. Ant. Carruccio, e poscia la rinvenni io varie volte; e due | anni addietro il dott. Regolanti, allora studente in medicina, | ne rinveniva nell’intestino di un cane da caccia, morto per tumore maligno al retto, un grosso gomitolo. La diagnosi fu da me fatta sopra frammenti favoritimi gentilmente dal collega. Taenia crascicollis Rud. — Di questa Tenia è la prima volta che si fa menzione nella provincia di Roma. L'ho rin- È venuta (16 dicembre 1895) in numero di due esemplari in com- mensalismo con 16 Ascaris m ystax Zed., nell'intestino tenue di un gatto. Questo cestode qui non deve essere molto comune, ‘perchè mai l'ho rinvenuto in molti gatti, che in parecchi anni ho avuto occasione di dissezionare. Dei due esemplari l’uno è lungo cm. 15, l’altro cm. 16; l'ampiezza massima (mm. 6) è in corrispondenza della porzione anteriore dello strobila a breve distanza dal robusto e tozzo collo, caratteristico della specie, il quale. contiene un grosso scolice, cilindroide in avanti, mu (Polonio, 1860), Spezia (Parona, 1887). In Roma l’ha rinvenuto. nito di quattro ventose ampie e molto prominenti e di w strello con doppia corona di robusti uncini, gli uni più * (mm. 0.35) e der altri più corti (mm. 0.25). tanto lunghe quanto larghe, e le ur Aci co wi mature, raggiungono una lunghezza doppia dell’ampiezza.. (oli ste proglottidi mature però, mano mano che si allungano, ventano strettissime (lungh. mm. 4, amp. mm. 2) in pr zione delle PPOEIAINA) della Spe RIERRARA dello: #0) del Lana di 31 a 35 u. La 7. crassicollis Rul. di rado trovasi sola, per. lo i in commensalismo coli’ Uncinaria trigonocephala (Rad. o l’Ascaris mystax (Zed.), col Dipylidium caninum (L.). In Italia, ove è meno comune del D. caninum al n a Bologna. (Alena 1854), nel Friuli (Romano, 1877), Cascina Aurata (Parona C. ed altro Autore, 1879). delli, 1758 e Molin 1859; Torino, Cini, 1877 e Pertini 188 Cagliari, Parona, 1887; Gail Pa 1887; Catania, Rove ed altro Autore 1888 e 1889; Pisa, Sonsino, 1889: Venezia Sti sich, 1890; Felis catus L.: Torino, Cini, 1877; Cagliari, rona, 1877; Napoli, Caparini, 1887), abbiamo rinvenuto | 10 in Ro Conserviamo in Museo hi DET; e insi colle feci da gatti nell'ottobre del 1890 e nel marzo del 189: non che altri esemplari, eliminati da un cane, puo in Rc nel 1891. BUTI Il dott. Alfredo Andreini, nell'ottobre dell’anno segna corso, donava all’ IStnto Zoologico di questa. R. Università. da |: NOTA ELMINTOLOGICA Dodi: razza pointer. La provenienza di essi però non è di Roma, ma di Firenze. Essi formavano un grosso gomitolo intrigatis- . simo, che con una certa difficoltà sono riuscito a disciogliere E rompere la catena dei singoli individui. Di questi i più brevi erano lunghi cm. 5.5, i più lunghi cm. 32. 5 La diagnosi del D. caninum (L), oltre che per i carat- teri delle scolice (provveduto di.ampie ventose e di rostrello guernito di numerosi e piccoli uncini caduchi) si ta facil- mente per la conformazione ellittica o a semi di cocomero de- gli anelli maturi, i quali sono lunghi da 8 a 12 mm. ed ampî «da 3 a 4, ed hanno aperture genitali ai due bordi laterali. Gli ovuli maturi, di forma globulosi, hanno 'un diametro di 42 yu; e, | osservati per dilacerazione di una proglottide oppure in pro- | glottide intiera, si presentano costantemente in gruppi di 50 de più. Filaria quadrispina Lies. — Presento pure alla Società ; VA la Filaria quadrispina Dies. [F. mustelarum (pulmonalis) Rud., F. perforans Mol.] che ho rinvenuto nel tessuto connettivo sot- tocutaneo del collo e del dorso di una Muszela foina Briss., k, avuta il 1° febbraio corrente anno da Retorbido rosbera). Questo verme pertanto non è della provincia romana, ma di al quella pavese, ove sotto il nome di Gordio 10 è stato già rinvenuto un secolo addietro (1794) da V. Rosa in una Mustela martes L. In Italia è stata riscontrata soltanto in talune delle pro- | Vincie settentrionali, e precisamente a Pavia (V. Rosa, 1794), a . Padova (Molin, 1858), a Genova (Parona 1886), a Venezia (Stos- ti sich 1390), sotto la pelle, nel sacco pericardico, nella cavità to- i ragica ed addominale della Mustela foina L., della Mustela mar- tes Li. e del Putorius communis Cuv. | Gli esemplari da me rinvenuti sono piuttosto numerosi e DI così fittamente intricati fra le maglie del tessuto connettivo, che con grande difficoltà sono riuscito ad isolarne taluni per lo où | microscopico. Lunghezza del y mm. 70-75 » della 9g» 150-200, da cal 5 ii ea re ce È ea a ak SN ù rea DL pt ii SIR PRATT An Rea Lt IETA© he a Me ti dae CE DIE deine RE ET RS SE ki RIE TESE PPP ba RT c% di 24 - di Mer Mi Le FRENI e e I pe Tia Ì ì SE SI dIÒ -— MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA Spessore mm. 0.6 nella 9, un poco meno nel gg. Rapporto tra lunghezza e spessore 1 a 250 a 330. Corpo bianco efiliforme, sensibilmente assottigliato indietro. Bocca piccola, orbicolare. con 4 papille noduliformi in- crociate ed opposte; papille submediane un poco spostate verso ‘ la faccia ventrale del maschio. Estremità caudale della 9 quasi rettilinea; del Y spiraliforme e provveduta d’un’ampia borsa genitale armata di 9 paia di papille, delle quali tre preanali e sei postanali; due spicoli disuguali col più lungo provvisto di ali trasve :salmente striate. Vulva vicinissima alla bocca; uova piccole, ellittiche con guscio molto spesso e finamente gra- nuloso alla superficie esterna. nell Agro Aadano Comunicazione del socio Conte Guido Falconieri di Carpegna. ‘|. Un venturone ( Chrysomitris citrinella Boie; Cilrinella al- pina Bp. e Savi; Chloroptila citrinella Salvad.) è stato preso alle reti aperte, fuori di Porta Cavalleggeri, a poche miglia da Roma il giorno 3 febbraio. L’elegantissimo e raro uccel- letto fu da me acquistato, ed ho il piacere di presentarvelo ‘nella sua piccola prigione, @ cui si è subito e facilmente adat- tato. Il Savi dapprima,-il Salvadori recentemente non potet- ctero. affermare, che questo piccolo fringillide fosse stato còlto nel Romano o in Toscana; eppure un bell’esemplare g* è con- servato nel Museo Zoologico universitario e nella vecchia col- lezione del compianto e benemerito nostro socio M.*° Massi- Ù miliano Lezzani; e la sua provenienza romana, dalle stesse Sa dichiarazioni del perduto rispettabile amico, poteva dirsi ac- > certata. Ora però a noi è dato di aggiungere questa specie alla nostra Avifauna con piena e lele sicurezza. | Fu còlta insiemo a una punta di lucherini numerosissimi î nello scorso ottobre, e di cui non pochi son restati a svernare fra noi. Il nostro. esemplare è -una £; almeno tale appare dal «suo color verde meno vivace è più tendente al cinereo, e dal dorso le cui penne grigio-fulvastre hanno strie longitudinali È brune sul loro mezzo. Ne ho ‘potuto avvertire il canto, tutto ine c° affatto ‘speciale, e che non somiglia a quello del lucherino, e pic ‘molto meno a quello del verzellino e del funello. Ascoltando DA quel piccolo trillo un po tremolante, ma acuto e interrotto, mi LOR ‘ssovvenni di un giorno, in cui, trovandomi al mio paretajo, iù i parimenti fuori di Porta adi dal 1870 al 1874, notai | ‘un gruppetto di piccoli uccelli, che passarono sopra: le mie reti, senza degnare al richiamo, e parvemi, che un simile grido si essi emettessero volando; nè il mio vecchio cacciatore seppe ‘toni io FALCONIERI dirmi che uccelli ne Che giungano i contunoni: 1 ra forse in quegli anni medesimi, in cui irregolarmente giune i lucherini? E perchè ciò non potrebbe essere? Senza valermi del nuovo nome generico del Salv (seguendo il costume di non moltiplicare generi, contra mente pur troppo all’andazzo aella scienza moderna), quello dell'autore del Catalogo degli uccelli del Museo Kt vol. XII, e pongo la mia specie nel Sme si. quest'unica specie, la raggruppò co pati termedia fra il lucherino e il fanta specialmente p ISTIDETO Z00LOGICO DELLA R. UNIVERSITA’ DI ROMA diretto dal Prof. ANTONIO CARRUCCIO COLEOTTERI della Provincia di Roma Fam. CARABIDAE “Comunicazione fatta alla Società Romana per gli Studi Zoologici dal Dott. Giulio Alessandrini, assistente nel predetto Istituto (Continuazione: Ved. fase. I-II, III-IV, vol. VI, 1897). i — 2° Gruppo: SIAGONINI. i ) i È P . . . _Addome Roo di sei SI nei due sessi. Protorace Hipa i non palmato nè digitate ii atta volte. debolmente incavate, alle volte intiere. Mento molto } SEDE, 30 alla parte prebasilare, a Siagona Latr. ( (ian Galerita Fabr.) I Mento spor- sa te, fortemente incavato e provvisto d’un dente mediano Hiedo, lobi laterali arrontondati all’avanti, che oltrepassano di molto iL lobo mediano. Ultimo articolo dei palpi mascellari che i va un do ingrossando Verso ori la de è troncata. E un ‘collo i6hO corto che è quasi liscio. Antenne lunghe con tutti gli articoli pubescenti: il primo di essi è molto più grande, degli altri, lungo quasi quanto la testa. Protorace cordiforme, ‘ molto ristretto ed allungato alla base, con solchi più o meno profondi e regolari al 10: leggermente in- cavato anteriormente. Elitre pianeggianti, allungate, legger- ‘mente ovali: Zampe corte: coscie robuste e quasi rigonfiate; dar. 20 bie anteriori fortemente incavate dal lato interno, le altre | Bollettino della Società Raga per gli Studi Zoologici d 14 to IT i GIULIO Die ale af oblunga bruno-rossastra di sì fogne AA ca ol Pe. rimanente più scuro. È per questo carattere che il Dejea nI ha fatto una varietà della S. europaea, che /na il Sa un formemente bruno scuro, quasi nero. Il corpo di essa scente, la testa ed il corsaletto finamente punteggiati à meno FAVVIOII di quel che non siano (RESO pae troppo serrati fra loro. i RAS ae % Il disotto del corpo è leggermente più. chiaro, come chiare, rosso-brune, sono le antenne, ‘e le ZARA da 6 anche questo dei dintorni della città. 5 Li essi la Macchia suturale varia molto a colorito Le “i zampe posteriori incavate esternamente n mità. Palpi mascellari più lunghi della testa. h Gen: Apotomus Illig.((Scarites Rossi. Oliv. sa Monti (fig. 3) trasversale con due lobi ie sufficientemente SLI el «'—. SUI COLFOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 215 LI ; Must ed il quarto è un poco più corto in ovale allungato, S subeilindrico. Palpi Jabiali corti e sottili. Mandibole (fig. 2) poco salienti, leggermente arcuate ed inermi dal lato interuo. Labro in un quadrato trasversale, un poco scavato anteriormente. Antenne filiformi lunghe quasi quanto la metà del corpo. Il loro primo articolo è un poco più grande 9 dei seguenti, il secondo è poco più corto degli altri, che sono quasi tutti cu della stessa misura, allungati e cilin- drici. Solamente il primo articolo può 3. dirsi glabro. Testa molta piccola; occhi | rotondeggianti, grandi e molto sporgenti. Protorace globoso più lungo che largo, alquanto prolungato posteriormente, quasi peduncolato. Elitre più larghe del corsaletto oblunghe, | convesse, arrotondate posteriormente. Zampe lunghe e sottili. . Tarsi lunghi, sottili, semplici in ambedue: i sessi. ‘A. rufus Oliv. (Scarites rufus Rossi.) Tanto superiormente | quanto inferiormente è d’un rosso ferrugineo; quasi per intiero ricoperto da peli lunghi e molto fitti d’un colorito più chiaro del rimanente del corpo. La testa, assai sporgente, è molto convessa. In apparenza liscia ad un sufficiente ingrandimento vedesi ricoperta da sottili peluzzi; è leggermente granulosa | per fine punteggiatura, che nella porzione posteriore tende a formare delle rugosità trasversali. Le antenne sono lunghe ‘quasi quanto la metà del corpo, d’un colore più scuro di tutto il resto dell'insetto. Gli occhi neri e sporgenti. Il corsaletto anteriormente è quasi tagliato in quadrato, posteriormente è ‘arrotondato. La linea longitudinale è appena marcata e la base nel suo mezzo si prolunga indietro. Nessuna traccia degli angoli anteriori e posteriori. Lo scudetto è molto più lungo «nel senso trasversale a forma di triangolo il cui lato maggiore | ‘è rivolto anteriormente: esso è perfettamente liscio. Le elitre «sono più larghe del corsaletto, assai allungate, tagliate quasi in quadrato anteriormente, cogli angoli della base e l’estremità arrotondati. Ciascuna di esse ha nove strie di punti bene im- ss xi 4 Pa feti Coe i E sat ri ea peer pressi. I bordi sono leggerissimamente EpORSCn ed un D rialzati. Le zampe sono anche esse dello stesso colore del corpi Il e che ne possiede tre esemplari, due Di basilare come nei Siagonini ma separato da una cai ben distinta. Generalmente le antenne sono filiformi cou i primi | tre o quattro.articoli glabri. Elitre oblunghe od ovali pri e di angoli anteriori che si presentano arrotondati. Zan) ant riori non palmate. Corpo lucente, liscio, A Har 30 Clairv., Gyll. "Cepilolea a) Mento trasversa 5; concavo, IENE d’un grosso ed acuto dente mediano ; lobi È laterali arrotondati anteriormente. Ultimo articolo dei palpi Go mascellari subcilindrico, tronco all’estremità. Mandibole non. | molto sporgenti PORESE, assal aguzze ui ed arcua e. glabri ed il terzo più lungo degli altri. Protorace co ) separato dalle elitre per un intervallo ristretto e tubuloso poste- | riormente ove gli angoli sono arrotondati. Elitre allungate, parel lele cogli angoli omerali arrotondati. Zam pe mediocri. Tre prim articoli dei tarsi anteriori dei maschi IU dilatati RI L unica specie che fino ad ora siasi brovata nella nostra provincia è il: o B. cephalotes Lin. (Carabus cephalotes Lin., Fab, D Dub, Scarites cephalotes Illig., Oliv., Panz. Harpalus Mu es i Testa ovale non ristretta posteriormente, punteggiata in modo . evidente specialmente dietro gli occhi e sui lati, leggermente bruno-nerastri coll’estremità di ciascun articolo rossastro. An- ui; ‘tenne lunghe quasi quanto la testa ed il corsaletto riuniti; i - pe primi quattro articoli di esse sono neri, gli altri bruno-scuri. Occhi poco sporgenti. Corsaletto poco più largo della testa e quasi tanto lungo che largo, convesso, ristretto posteriormente. . Ha delle strie trasversali ondulate, ravvicinate e distinte: la . linea longitudinale molto marcata, mentre appena accentuate sono le linee trasversali anteriore e posteriore. Lungo il bordo ‘anteriore e la base esiste qualche punto infossato e qualche ò leggera stria irregolare, che lo fanno sembrare un po’ rugoso. Il bordo anteriore è assai leggermente incavato, i lati un poco rialzati e gli angoli posteriori e la base tagliati in quadrato. Lo «scudetto nella sua superficie quasi liscia ci offre due punti | infossati uno per ciascun lato ed il suo apice raggiunge appena la base delle elitre. Queste sono più larghe del corsaletto, al- lungate, quasi parallele ma un po’ più larghe oltre la metà, assai convesse. L'angolo omerale è arrotondato. Sembrano quasi liscie ma osservandole attentamente fanno vedere nove strie, formate da punti infossati molto piccoli, le quali lasciano fra loro degli intervalli piani, i quali però a forte ingrandimento si vedono solcati da strie trasversali ondulate ed irregolari. Lungo il bordo esterno, presso l’ottava stria, si nota una serie di punti .infossati, piccoli, lontani fra di loro. Il disotto del corpo e le | zampe sono nere. È rarissimo nei dintorni di Roma ove un . solo esemplare fu trovato dal Mingazzini sotto i sassi. +00 5° Gruppo. BEMBIDIINI. In questo gruppo non esiste peduncolo fra il torace e l'addome. Palpi che offrono l’ultimo articolo lesiniforme, piccolo , ‘e come situato all’estremità del penultimo che è rigonfiato verso Gen: Tachypus Laporte. (Cicindela Lin., Sen Fiopioli dé di > | Soa Duftsch. Bembidium Sturm., Dejean. ) La DORGRISO DEA renzino anche per vari caratteri e N per la pu a, per il colore metallico, per la sporgenza degli occhi e per ra) scolpitura delle elitre, caratteri tutti che li avvicinano mo agli Elaphrus Fab. La testa è triangolare, corta ristretta addietro; gli occhi molto sporgenti, globosi, ovali. Le antenne mediocri, filiformi, col primo articolo più grosso e più lungo go degli altri, che sono quasi uguali fra di loro. Protorace € diforme, a rfotendata sui fianchi all’innanzi, senza angoli di- stinti, nè solchi, nè depressioni ai lati della base. Elitre oblun- À ghe, rugose e più o meno foveolate. Corpo metallico, pube- scente. T. flavipes Lin. (Cicindela flavipes Lin., Elaphrus favipes Fab., Rossi., Oliv., Panz. Carabus flavipes Mull.. Bembidium ; i Gyll. si, Dejean, ecc.). Il suo colore è bronzeo riflessi rameici. È Madia coperto da punti piccoli, info sati e molto ravvicinati fra di loro e da una peluria i triangolare, Um. giallo-chiaro. COTTO lunghe quasi Rina la metà del corp > con i primi quattro articoli giallo-chiari, gli altri bruno-ne- rastri, alle volte un po’ rossastri. Occhi bruni, ernia mo Os sporgenti. 3 è bruscamente ‘ristretto all’ indietro, cordiforme e convesso. La . nea longitudinale è poco marcata nel mezzo e non oltrepassa i Jinee trasversali, di eni l’anteviore, che forma un an volo sula a mediara, e; o evidente e la posteriore è appena di- nta. Da ciascuna parte della base presso l’angolo posterioro ssiste una piccola impressione oblunga, poco sensibile. Il bordo D anteriore è tagliato in quadrato, gli angoli anteriori sono ottusi ed i lati con i bordi rialzati specialmente verso la base, colla a formano un angolo retto; questa è tagliata in quadrato i ‘convesse in Sw SEE Po di macchie cui sar denti, disposte senza ordine nè simmetria. Solamente verso la ‘sutura vi è qualche traccia di stria. Esistono due punti assai | grandi, in fossati, il primo al quarto, l’altro quasi ai due terzi | delle elitre. (iusiche punto poco distinto vedesi lungo il bordo esterno. Il disotto è d’un verde bronzo oscuro e le zampe sono 0 La: Sa «Tre esemplari presi nei dintorni della città furono donati al nostro Museo dal Mingazzini, il quale nella sua collezione pos- | siede quattro esemplari. Cinque ne presi io stesso sotto i tronchi d’albero rigettati dal mare nella spiaggia di Montalto . di Castro, e due presso i ruscelli di Villa Pamphyli furon cat- durati dal Marantonio. (T. pallipes Duft (Elaphrus pallipes Duft., Bembidum pal ; ipes Sturm., Gyll., Dejean.). Più grande del 7. flavipes, di co- lorito più brillante ed a riflessi ramei più splendenti, ha la testa più allungata, il penultimo articolo dei palpi mascellari bruno-nerastro ed il primo articolo delle antenne più scuro ui. degli altri e al disopra spesso leggermente bronzato. Gli occhi ‘sono meno grandi e meno sporgenti. Il corsaletto è tin poco Possediamo un al esemplare da; ra CA Roma, i però non è raro ed ove trovasi nelle stesse. Jocalità del , cedente. Il Mingazzini ne PORRE tre Cn “ER guenti anche essi dello stesso colore ma colla base. i rimanenti bruno-nerastri tendenti un po’ al ver a macchie delle elitre sono più oscure; le traccie , e le zampe d’un giallo-rossastro con la base e la verdastra. i Sebbene il Mi lo dica non comune, possediamo nove esemplari dei quali cinque foi presi Acqua Acetosa dal Dott. Andreini, tre nei dintorni delle dal Mingazzini stesso ed uno ad dina dal sig. 3. Marantoni VETO nella località denominata’ Pantano. SE Ù i FIA5t Non RARE in Museo nessun esemplare del: ein e che dice più raro del precedente; dal quale ferisce per avere le antenne bruno-oscure e le. elitre. monte ricoperte da una peluria cinerea che ne annebbia . lorito. Inferiormente è bruno-rameo con le bo ed L TS ferruginei. AN T. Rossii Schaum. Questo Tachy, ypus, che, sti di i du Val dovrebbe. ritenersi SpPIO: un Bembidion pal cia abbastanza spiccati da doverne mantenere. la SI distinta, che fu proposta dallo Schaum. Esso non pra 000 DA 03 di pt +8 ferisce da Fast per il colorito meno bronizato; DE: le ad ana STRA | : da i tanic È Ù colorito bruno rossastro con i primi due articoli verde- inzei solamente sulla parte superiore; per il corsaletto più n° per la statura molto più grande; per il ir più uro (1); per avere anche il secondo articolo delle antenne verde-bronzato al disopra ; per il corsaletto meno a cuore e più co. to ; per le strie delle elitre quasi per nulla visibili; per le coscie bruno-bronzate superiormente ed'infine per le zampe che, giallo-chiare nel 7°. pall:pes sono testacee con la base e la estre- tà verdastre nel 7°. fossi. i «Otto esemplari servirono al mio studio. Di essi due sono di Sicilia e gli altri tutti della nostra provincia e raccolti dal | Mingazzini e Russo nei dintorni della città ed a villa Borghese 4 "e dal Marantonio lo 5corso anno in Olevano Romano. 706 e Bembidion Latr. (Tuchypus, Notaphus, Tachys, du Steph, Elaphrus Duft., Ocydromus Clairv., Peryphus Steph., Meg., Casteln., Kirby. i; eja Meg., Dej. Phulactus Steph., Casteln. opha Steph., Meg., ecc. ecc.). i Mento ae munito d’un dente ‘mediano semplice e raramente bifido, con i lobi laterali terminati a punta acumi- nata. Penultimo articolo dei palpi molto grande rigonfiato al- l'estremità e l’ultirno piccolissimo appuntato, lesiniforme. Man- | dibole arcuate ed aguzze all'estremità. Labro corto, trasversale, vol più spesso intero, qualche volta debolmente incavato. Testa sh > triangolare, che offre fra gli occhi due solchi paralleli in alcune ‘a | specie, obliqui in altre. Antenne filiformi, leggermente ingros- sate all’estremità. Protorace gener almente Zi qualche volta quadrato, raramente rotondeggiante, quasi mai ristreito 2 nteriormente. Se) | Elitre AI per forma, con le strie spesso quasi sfu- Lr all’indietro. Zampe sottili con i primi due articoli dei (MCO, Si può dire che nel 7. pallipes il colorito predominante è bronzo. rameo rossastro con le macchie delle elitre verde-bronzo; mentre nel T. Rossii predomina il colore verde-bronzo oscuro, con delle macchie bruno-oscure sulle elitre. GIULIO ALESSA NDRINI do, tarsi anteriori. dilatati nel maschio; il neo di essi è drato molto grande, il secondo triangolare o cordiforme e O guarniti di peli e squamette al disotto. i B. laticolle Duft. Il colorito è al disopra d’un. verde bronzato assai brillante. La testa, assai allungata, ha le < impressioni appena marcate. Le mandibole sono bbc a re le i Tor irabyertali di cui l'anteriore in arco di c cer appena visibile e la posteriore . È molto marcata. Da Li riscenti. Il DES anteriore è incavato, gli pes dui ottusi, 1 fianchi, rialzati, formano colla base un angolo qu retto ma molto aguzzo. i; elitre, più larghe del corsaletto, 50 assal allungate, leggermente va poco convesse: SORA a ee i arrivano fino all'estremità. fra i detriti da Fu raccolto una sola Sa nei dintorni della città dal Mingazzini. f dium CRC Da) n suo colorito tende al. ui È bronzato. La testa è di forma triangolare allungata. Le antenne ci offre delle solcature trasversali ondulate abbastanza visil è poco ristretto posteriormente e quasi pianeggiante. Le eli sono allungate, in un ovale molto ristretto; gli angoli omerali sono quasi scomparsi. Le strie hanno i punti poco appariscenti fed appena visibili. I due punti che si trovano sul terzo inter- i vallo sono situati l'uno poco più avanti il mezzo dell’elitra, tro poco dopo i due terzi di essi. Nei rimanenti somiglia o alla specie che segue (B. lampros Herbst). È frequente, come dice il Mingazzini, sulle rive del Te- vere e dell'Aniene: ed è anche molto abbondante nelle materie egetali portate dalle piene dell’uno e dell'altro di questi fiumi. Il nostro Museo possiede tre esemplari che furono donati dal ingazzini stesso, il quale li raccolse nei dintorni della città. ella sua collezione questa specie è rappresentata da due. esemplari. x .B. lampros Herbst. (Carabus rufipes Payk., Rossi. Bembi- dium celere Gyll., Sturm., Dejan. Z'achypus celer Steph. Phs- loctes celer Casteln. Bembidium felirianum Heer. Carabus tr.stis Fabr. Elaphrus p o Meg; Dott, ecc.).. D'un colorito sronzeo al disopra più o meno Hilonke. Testa triangolare. Mandibole e palpi brunastri. Base dei primi articoli delle an- tenne, almeno al disotto, rossastri. Corsaletto, molto ristretto presso la base, è Jinftndto sui fianchi anteriormente a forma di core e convesso. Linea longitudinale poco marcata; impres- sioni trasversali anteriore ed inferiore ben visibili. Una im- pressione ben marcata ed arrotondata da ciascun lato della base la quale nel suo mezzo offre qualche punto infossato. Si vede. sulla sua superficie qualche solcatura ondulata poco mar- “cata. Le elitre hanno otto strie, ricche di punti ben marcati. La prima ed ottava giungono fino all'apice dell’elitra, le altre non vi arrivano e le esterne terminano sfumate prima delle interne, rimanendo quindi più corte. Gli intervalli sono lisci ‘e sul terzo intervallo si notano due punti, uno dei quali al quarto anteriore dell’elitra, l’altro quasi ai due terzi: il primo è più. marcato, il secondo meno. Il disotto del corpo è d’un mero assai Voillanto qualche volta un po’ bluastro. Le zampe sono di colorito testaceo un po’ rossastro. Le coscie ed i tarsi sono più oscuri e spesso a riflessi bronzei. pone nei dintorni della città nei luoghi umidi. Oltre B. punctulatum Drapiez. (E/aphrus striatus Daft. Bombidi striatum Sturm., Dejcan. Bembidiun chlorophanum Stur B. aerosum Erichs., Heer., Kiister. B. velor Dawson). Il colorito è al disopra d’un bronzo assai chiaro e brillante. testa triangolare è interamente ricoperta di punti infossa evidenti e DOS ravvicinati. L’i na long] 3 punti SR ravvicinati RR sui margini. Tali di longitudinale è molto appariscente, mentre lo sono molto p le due impressioni trasversali anteriore e posteriore. Il b anteriore è tagliato in quadrato e gli angoli di essi sono 0 tusi. I fianchi sono rialzati e vanno a formare con la base un. i angolo retto. Le elitre allungate, leggermente ovali ed assa; convesse, hanno le strie punteggiate e inter verso la base d e le esterno sono un po’ più marcate e interne. a tera scono Hate a due. si DIRE quattro o cinque et sono quasi piani, gli altri un po’ rialzati e sul terzo intervallo pres la terza stria si notano due punti infossati molto distinti il primo al terzo delle elitre, il secondo ai due terzi. Il disotto. 7 è bluastro con riflessi Uro Coscie e zampe testaesoi ros. sastre. I tarsi bruno-nerastri. ASIA fiumi e dei tukcelli della provincia. È sa dal 3 figa zini (due esemplari); ma non è rappresentato nella callsazo: ì del nostro Museo. mo to marcate. Le. mandibole ed i pra sono bruno tendente i rossastro. I primi quattro articoli delle antenne sono testacei ros astri con una macchia bruno-bronzata sul primo ed al- sremità degli altri tre e; i rimanenti sono bruno-rossastri od due terzi dell’elitra; l’estremità di questa è anche essa giallo- 3 hiara e verso i bordi tende a confondersi colla terza macchia. | strie sono finamente punteggiate: si ‘comportano gene- di ee come nelle LE precedenti. Gli intervalli sono x B adustum Schaum ti fumigatus Duft., Notaphus fumigatus Dejean. Notaphus erarticulatus Meg. NEEAN TA ustu- latus. Gebler., Panz.). wi Molto cime al precedente ne differisce per essere propor- zionatamente più corto e più largo; per avere la testa più allungata. I primi tre articoli delie antenne e la base del uarto. sono giallo- testaceo molto chiaro mentre gli altri sono iron Le due strie longitudinali che si trovano ai i della base sono più accentuate. Le elitre poi, che sono più ESSA RR i coi corte, più larghe, più ovali, hanno le macchio più grandi, tan da dare ad esse l’aspetto di giallo-testacee chiare leggermei a riflessi bronzei con tre fascie ondulate verde-bronzo-oscu La prima di esse è al quarto anteriore dell’elitra, la second circa la metà e la terza verso l'estremità. Le strie punteggi sono un poco più marcate. Il disotto del corpo è nero-yerdasti »_——’Le zampe sono interamente giallo-testaceo-chiaro. "LARE Di questa specie possediamo un solo esemplare preso sieme al precedente sulle rive di Ostia nel giugno 1892 o dott. Andreini. i ASA colorito ii a ii verdastri. La testa è all iS) triangolare. Le mandibole e i palpi sono bruno-nerastri.. antenne hanno il primo articolo testaceo oscuro, quale! volta intieramente RT al disopra, gli altre.) sono marcata. Limpiasione che trovasi pocternadi dI ®© a nella base è molto grande e il fondo ed i bordi us 1 sono allungate, Cosio ovali, quasi ge 6 pia gianti. In esse le strie sono fortemente. punteggiate, spec. o. verso la base, e vanno sfumandosi man mano che sesta sono appena IU © quasi scomparse. TA duò P infossati sono ben distinti e si trovano: il primo. poco. av al mezzo, il secondo ai tre quarti dell’elitra. Il disotto è SIIT Le gambe ed i Hi sono bruno-rossastri. “ È È raro nella nostra provincia ed io ho potuto vele esemplare. so I DI FCHINOCOCCO DE :L CUORE UMANO ‘ pel Dott. ATFREDO ANDREINI, 'l'enente Medico -— Sunto della Comunicazione fatta alla Società Rom. per gli Siudi Zool. dal predetto socio ordinario. La sera del 16 maggio Toi fi anno, verso le 22 1/,, reniva portato a questo Ospedale Militare AE ove quel orno ero di guardia, il cadavere del soldato Magi Modesto, “Roma; morto a circa un’ora e mezzo avanti. . Il tenente medico Pantano, del detto corpo, venuto a con- gnare il cadavere mi raccontò di aver saputo che il Magi ra io nel ‘tempo della libera uscita in una a osteria nei pressi IS ato nella camera mortuaria, presentava il cappotto ed altre parti del vestiario imbrattate di vomito; i lineamenti, che non mo- (‘alfredo sapienti. * vd stravano alterazioni, e A arti senza alcun accenno di contrattu confermavano che la morte era avvenuta rapidamente, con riferivano i presenti, e che questa non era stata preceduta è movimenti convulsivi. Continuando l'esame esterno dopo fatto procedere alla svestizione, non potei raccogliere alcv segno su cui fondare una diagnosi di probabilità circa la cai della morte. Solamente la percussione eseguita molto inc pletamente mi fece sembrare alquanto ingrandita l’are ottusità cardiaca; il che fece pensare tanto al collega Pant; che a me ad una paralisi cardiaca da causa ignota, non A | sospettare di un vizio organico o di un aneurisma in un ind viduo, che i suoi compagni assicuravano concordemente a sempre goduto di ottima salute; nò mai essersi dato' amma: lato e nemmeno aver accusato o dato segno di disturbi o sof ferenze da parte degli organi toracici in genere è del cuore in ‘reperto che riguarda 0 cuore ed il suo involucro. PericarpIo : I due foglietti del pericardio sono complet mente aderenti in tutta la loro estensione, per modo che i cavo O è intieramente sparito. Con qualche a SL robusta! e che in uu 07 cia ric rere a strumenti taglicnl: per poter completare. il distacco sn reso appena visibile, si nota una larga chiazza estendentesi DO la parte tn e e posteriore, di colorito Di splendente Praticando in questo punto una incisione, esce i fuori un getto di liquido Co: equoso incolore, limpidis- simo, a cui tengon dietro alcune vescicole ovoidali di varia grandezza, costituite ni da una tenue membrana lalina e ripiene di liquido pure incolore. Si tratta quindi di una cisti idatica sviluppatasi nella parete cardiaca. Prolungando l’incisione, . pui; sl scuopre una grossa ca- Or vità tappezzata da una membrana fragile, di co- DIA, lorito bianco sporco, di- ‘visa in parecchie logge da tramezzi IRCCIADIA e contenente ‘A A 15 ALFREDO ANDREINI | Il numero totale delle cisti contenute nella cavità 6 certamente superiore al centinaio, e di queste non meno. cinquanta di volume superiore a quello di un cece. La membrana è facilmente distaccabile, e dopo tolta. riconosce che la cisti ha il volume di un pugno ed un: forma allungata con una estremità terminante a guisa di cu pola in direzione della cavità ventricolare, e l’altra diretta. verso il Dareioe Preci di cui segue la curva senza. fare rs n alla parte posteriore della io tendinea più n - nominata. Sull’area occupata da questa la cisti è ricoperta. da sai » fibroso di poco più di 1 mm. di spessore. Aprendo le cavità ventricolari si trova che lo spessore. della muscolatura è notevolmente aumentato, massime nel setto e nella parete del ventricolo sinistro al disotto della cisti. Queste sporge nella cavità del ventricolo sinistro pel volume di un 3 mezzo mandarino, al disotto dell’ostio aortico ; non è perforata nella cavità del Ve ma ne è però separata da uno strato di sostanza cardiaca atrofizzata, di spessore certamente non su periore al !/, mm. sa I ventricoli e gli atrii sono vuoti. DR Le valvole sono tutte quante normali, gli orifizi pure. i Esaminando l’atrio destro si trova il forame ovale tuttor pervio, e tanto ampio da poterci passare comodamente una co- mune tenta scanalata. ; Per tale reperto ho fatto la diagnosi anatomica di Sii pericardica di antica data, voluminosa cesti dé echinococco della | ‘ parete anteriore del dii sinistro; stasi recente del fe- gato, della milza e dei reni; mancata ciao del forame ovale. I Ab. La casistica di echinococco del cuore umano, ‘piuttosto fi; ricca in altri paesi, è assai rara in Italia, ove la prima osser- So vazione sicuramente accertata devesi al Maestrelli; (Caso di ©. echinococco del cuore e dei polmoni, in: Giornale medico de “Ca IR. Esercito, ann. 1871) che lo rinvenne all Atto nel cuor “ e nei polmoni di un soldato. pina Di Mel “? OCOCCO DEL CUORE UMANO 231° « Meritando il pezzo anatomico di essere conservato, lo posi ad indurire in liquido di Miiller per poi mantenerlo in alcool. Ecco ora alcuni maggiori particolari ritratti dal pezzo trattato nel modo sopra esposto. Peso gr. 390. ‘Lunghezza cm. 12,5 dalla punta all'origine dell’aorta. Larghezza massima cm. 13. Spessore medio della parete esterna del ventricolo destro dI im. 0,5 — Spessore della parete del ventricolo sinistro: al di- sotto della cisti cm. 2,2; alla punta cm. 0,8 — Spessore medio | del setto dei ventricoli cm. Iarà La cisti che, come ho detto più sopra, non sporgeva al- l'esterno, aveva scavato nella muscolatura cardiaca una cavità di una grandezza circa eguale a quella di un pugno; di forma - allungata e misurante in lunghezza oltre 9 cm., mentre la lar- «ghezza presa in vari punti va dai 4 ai 5 cm. Essa sì può con- » siderare come divisa in due cavità ben distinte, ma ampia- mente comunicanti, separate da una cresta di sostanza musco- are alta circa 1 om. e situata più la dei ?/, della sua lun- hezza, la quale partendosi dalia parete posteriore si porta alla nteriore. | La parte maggiore della cavità ha dapprima una forma irregolare (come dimostra la tavola), e poi nell’approfondirsi . verso la cavità ventricolare si regolarizza e va a terminare in | una vera cupola; essa è. scavata principalmente nella parete inferiore del ventricolo sinistro, ed in parte nella porzione su- periore e anteriore del setto dei ventricoli, che è reso assai ‘sottile in corrispondenza del cono arterioso destro. | La seconda parte è più piccola e più regolare, costituendo | ad un dipresso una mezza sfera della grandezza di un mezzo | mandarino, ed è anch'essa scavata per la maggior parte nella parete anteriore del ventricolo, e per la minore nella poste- | riore. La parete della cisti verso la cavità ventricolare è in pa- |. recchi punti così sottile da esser trasparente; il che si vede manifestamente guardando contro la luce dalla cavità del ven- | tricolo stesso. : ‘È facile immaginare che il trovare una lesione così grave, ‘come quella che ho cercato di descrivere nel miglior modo possi- meraviglia e mi facesse subito dubitare dell’esattezza de affermazioni dei suoi compagni. Mi recai perciò al reggimen onde accertarmi, per mezzo dei registri dei ricoverati all’osp dale e all’infermeria del corpo, se veramente la salute di cosa che potei trarne furono alcune qualità fisiche, cioè sr rimetro toracico che era di cm. 88, e la statura di metri Le ma inosservata ed inavvertita malattia da cui era ei dal suo foglio matricolare risultò che egli era giunto al corp ai 7 marzo 1893, e che era trombettiere dal 15 agosto 1894. Si militare da oltre 26 Di e bEomibegtrere da 9 lo dividuo stesso avanti di venire alle armi, e circa il Zi suo e dei suoi, per vedere se fosse stato possibile chiarire un. po’ la etiologia, il decorso e la durata della malattia. ‘o Ed ecco qualche notizia in proposito fornitami gentilmenti sono tuttora viventi e sani; dei due fratelli uno pare va soggetto ad affezioni dell'apparato respiratorio (bronchiti ?) e un’altro è imbecille. Una sorella morì un mese dopo il pax forse di nefrite. È da ii i UMANO Has NOAA circondata da fossi. Gli abitanti usano in generale di qua piovana, ma nell'estate anche di quella di un fosso, al ale abbeverano le bestie, situato a valle del paese. | Come si vede queste notizie forniscono ben poco lume sul ). e solamente confermano nell'opinione che la malattia si volta subdolamente e seaza mai dare sintomi subiettivi rezzabili da parte di gelte piuttosto rozza e trascurata. amente il fatto dell’uso eventuale dell’acqua di un fosso & ui si abbeverano animali domestici, associato a quello pure comunicatomi dal collega Paggi, che nel paese stesso poco ‘tempo addietro è morta una bambina di un echinccocco del ato, può far ritenere come cosa quasi certa che la malattia a stata dal Magi contratta nel paesello nativo. SUNTO DEI PROCESSI VERBALI. SII CARPEGNA. La seduta è aperta alle ore 9.30 a. m.. | È Il Segretario legge il processo verbale dell'adunanza. CC pervenute in dono. Vengono proclamati: March. Benedetto Guglielmi, socio ordinario. Wilfrido Zannichelli, socio ordinario. Mena i Prof. Giambattista Condorelli, socio straordinario. | RE Comunicazioni scientifiche: sh "DE lago Rodolfa.” in E ai materiali raccolli dalla spedizione si No; Bòttego. dI 3. March. i Parmizi. Sulla uu d'una Fuligula marila (L.) presso Palo. i ARE 4. Dott. G. ArrssanDRINI. Carabici della Provi di Roma. Mu 5. Dott. C. De Lo. Comunicazioni su alcuni Ortott africani e dell America meridionale. i 6. Prof. M. ConporeELLI. Appunti sui visceri d'un Pel gius monachus (F°. Cuv.) preso ad Anzio. (A Esaurito l’ordine del giorno, l’adunanza viene tolta al ore: ll a. m. Il Segretario ni. . Prof. M. ConpoRELLI. — ni 798, mà at A) “ 3 LG 5 e v” ai ur SUNTO DEI PROCESSI VERBALI Adunanza generale amministrativa del di 30 gennaio 1898. Presidente: Prof. Du CARRUCCIO. La seduta è aperta alle ore 10 a. m. Il Segretario legge il processo verbale dell'adunanza am- ministrativa precedente che viene approvato, e presenta i nuovi Il Presidente comunica all'Assemblea di aver ringraziato per lettera il consocio marchese Lepri dott. Giuseppe pel dono n presidente medesimo IS poi uan slave - damento della Società nel decorso anno accademico 1897, e mette in rilievo l'incremento morale e materiale dell’istessa Società; la quale al 31 dicembre ha chiuso l'esercizio finan- | ziario con un notevole avanzo di cassa. > 1 prof. Vinciguerra legge e propone il seguente ordine | del giorno: | _’»—’—’<« La Società Romana per gli Studi zoologici, riunita in | adunanza generale, presa cognizione del memoriale redatto . dalla Direzione del Museo Civico di Storia naturale di Genova, intorno alle infelici condizioni di detto Stabilimento ed all’ur- genza di assegnargli una nuova e più ampia sede, fa voti che l'Autorità municipale di Genova provveda con cli alla sistemazione e conservazione in modo degno di collezioni zoologiche che rappresentano il risultato dei più importanti viaggi compiuti da naturalisti italiani, e formano così parte integrale del patrimonio scientifico della nazione ». Il presidente prof. «Carruccio fa conoscere che i più in- signi naturalisti e direttori di stabilimenti scientifici d’ogni | mazione già espressero i più caldi voti perchè in Genova sorga un novello Museo, quale meritano le preziose collezioni che in quella città fortunatamente si trovano. Si unisce quindi al prof. Vinciguerra, colla certezza di avere il concorso di tutti di i consoci presenti all’adunanza. Messo ai voti, l'ordine del e {giorno del proponente è approvato all’unanimità. Ri SENTO! pei processi ‘viali A ve % L'Assemblea approva pure ad ia la proposta. le conte Guido Falconieri di Carpegna, già siero dal (e I deliberazione dà LA al presidente di ringraziare i. modo più-vivo il principale e benemerito donatore, il vice-pr A questa avevano concorso anche i signori marchesi Sao- chetti e Patrizi, principe Giustiniani Bandini, prof. Agostino Bonomi di Bavareti, dott. De Filippi nob. Carlo, don Giu seppe Speranzini, conte Mamiani Cesare, prof. Domenico C sagrande, sig. Calamani Alfredo, ecc, donando chi uno, c parecchi uccelli di specie diverse. V Vien data lettura dall’ Economo-Cassiere dei bilanci con suntivi del 1897 e preventivo del 1898, i quali sono approvati. ) Nella elezione di quattro dei membri del Consiglio dose tivo, scaduti il 31 dicembre 1897, hanno la riconferma i soci : nta Prof. Antonio Carruccio, presidente (60m voti 35 su ir, votanti). Prof. Giovanni Angelini, consigliere (con voti 35 37 votanti). . Prof. Mario Condorelli, consigliere (con voti 36 su 3 votanti). RI E viene nominato ex-novo il March. dott. Giuseppe Lepri i consigliere (con voti 28). ‘9 Esaurito l’ordine del giorno, l’alunanza: vien tolta alle Da ‘ore 12 meridiane. Il Segretario Prof. M. ConporELLI. Tornata del giorno 14 marzo 1898. Presidenza del Vice-Presidente: Conte Grumo Fatconteni DI CARPEGNA. | wu d La seduta è aperta alle ore 4 pom. i Il Segretario legge il processo verbale dell'adunanza pre ; | SUNTO DEI processi VERBALI lente che viene approvato, e presenta i nuovi cambi e le pubblicazioni perventite in dono. ; Il Presidente proclama soci straordinari i signori Giro- lamo Renzetti e Giuseppe Meglio!a; e commemora il defunto ocio march. Massimiliano Lezzaci, ai cui figli il presidente R. Università di Roma, 12 febbraio 1898. IMustrissimi Signori, La notizia che ricevo cortesemente dalle Signorie Loro mi i L o. Li L venerando loro | genitore, ico si illuminato i quegli studi geniali, non da ‘molti coltivati, che concernono la italica ornitologia. Dopo il | principe Luciano Bonaparte, il marchese Massimiliano, io credo | che sia stato in Roma il raccoglitore più coscienzioso di mol- Do notevoli specie, quali possono offrire tanto la nostra provincia, quanto altre confinanti, per la classe degli Uccelli. | Male virtù dell’animo del compianto Marchese, il costante "e bale appoggio di cui fu largo alla Società Pina per . gli Studi Zoologici, lo fano e faranno sempre ricordare, non a me soltanto, ma agli egregi colleghi del Consiglio Direttivo Mi ed a tutti i. componenti dell’istessa Società, col più vivo af- | fetto e colla maggiore titudine dell'animo. «Io prego Loro Sinti cLe si compiacciano gradire la | espressione più sentita del mio dispiacimento, e sono sicuro di ‘amici studiosi che amavano il compianto e ottimo genitore delle Signorie Loro. Colla più distinta stima e considerazione mi abbiano pel loro dev.mo. Prof. A. CARRUCCIO. Agl'illust.mi signori marchesi AnprEA e GiusepPE LEZZANI Roma, rispettabile in data 12 febbraio. Riconoscentissimi per la memoria che la S. V. mi serba per il caro defunto, la ringraziamo vivamente, pregan dola di essere interprete presso gl’ illust."' colleghi del Consig] Direttivo di tali sentimenti di gratitudine, e con dii stima e considerazione ci professiamo Casa, 21-2-98. ANDREA LEZZANI — GIUSEPPE ati IN ONORE DEL MARCH. MASSIMILIANO LEZZANI. Non posso a meno non ricordare con dolore la recen perdita del marchese Massimiliano Lezzani! Egli, per noi Ro mani principalmente, rappresentava una cara e venerata figu di antico amatore delle Scienze Naturali, il quale nella sì giovinezza era stato ammiratore e compagno dell’illustre prin cipe Carlo Luciano Bonaparte, gloria romana e di tutta. da A 1. March. dott. Gi. Leni. "Elminti parassiti in lapaci Sena ‘Romana. | ARE Conte o ea DI na Sulla cattura Il Segretario . Prof. M. Coxpo£rELLI. pe Sea a FARC, {a INDICE GENERALE. DELLE MATERIE CONTEN UTE NEL VOLUME VI Comunicazioni scientifiche. ALESSANDRINI dott. GruLto — Sui Coleotteri della provincia 99, di Roma, Fam. Carabidae (con tig.) . . . 36-50, 128-189, 219.996) ANDREINI dott. ALFREDO — Caso di Echinococco del cuore vi UMANO te e NARRATE TO ANGELINI prot. Giova am e FALOONTIRI DI CARPEGNA (oe Gumo: Seconda cattura d’un Piviere orientale (Charadrius fu- lous Gmelin) nei dintorni di Roma .. . ... : ArDpu ONNIS prof. Eristo — Il metodo Zoologico in Anni opa A E SIE aio CARRUCCIO prof. ANTONIO —_ detto dono a Musso Zoologico della R. Università di Roma ed alla collezione faunistica . della provincia di Roma . . . . ; < pei TRO IpeM IDEM — Note ornitologiche al Catalogo me toga del pro- fessor E. Marcialis. . . . . Me 198-208 CarRUCccIO prof. MARIANO — Sovra dossi caratteri morfologidi del Sarcoptes minor First, e sovra alcuni fatti di tra- sal smissione scabbiosa meno noti. (Con tav.)..\.. . è, +. 1811908 ConporeLLI prof. MARIO — Alcuni casi di omopolielmintiasi e brevi considerazioni sul PITRES RO tene animali in. VIGANLLO TO È CN IpeEM IDEM — Ce in dual SIONE compagna romana (COMAVi) i ati CES A IpeM IpeM — Elminti MER in un CRI SE Pallas 118-124 Ipex IpeM — Nota elmintologica (sul Cysticercus pisiformis e We Taemia serrata: sulla Filaria quadrispina ecc.). . . . 206-210 fi DE Leo dott. CAMILLO — Nuove URRA nali Ortotteri della AR provincia di Roma (con fig.) . ; : sata FALCONIERI DI CARPEGNA conte GUDO SR Sulla a di una Averla IRRGCIOne (Lantus excubitor Lin) nell’agro romano IpeM IneM — Cattura di un Venturone (Chrysomitris citrinella Boie), nell'asto-r6mano "tl aa i N Gatti MicaeL® ALFonso — Contribuzione alla conoscenza del Gen: A(burnus in Italia: 0 MO Ve MarciIaLIS prof. Eristo — Saggio di un catalogo metodico colle. denominazioni dialettali delle cinque classi dei Vertebrati della Sardegna (class. Aves) . . . . . 51-67, 140-160 192. 208. VALENTINI dott. LeonARDO — Casi interessanti di n in Po do cavalli ge + PAR ARIE LIETA RA 96-97.) PROCESSI VERBALI delle a tenute dala Società il 31 marzo, il 30 giugno, 3 dec. 1897, il 30 genn., e 14 marzo 1898. 178- 180 294-208 Inpice generale delle materie contenute nel vol. VI (1897). . ANNUNCI BIBLIOGRAFICI i e Le et e O e I Rigi Fasc. I e II. Vol. VI. Anno VI. - 1897. «BOLLETTINO DELLA | SOMMARIO. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE : Vertebrati della Sardegna (Class. A- 1. Condorelli Francaviglia Dott. Mario. DES) e e piego era re AG: 54-67 Acantocefali in animali della Campa- 7. Condorelli Francaviglia Dott. Mario. gna Romana. (Gon tav.) . . .Pag. 1-20 Alcuni casi di omopolielmintiasi, e 2. Ardu Onnis Dott. Efisio. II metodo brevi considerazioni sul parassitismo —___ zoologico in antropologia. . +. . . » 24-35 negli animali in vita libera . . +. » 68-78 SEE SER ; 8. De-Leo Dott. Camillo. Nuove a8- pieni Done halo, SRI Co; giunte agli Ortotteri della Provincia darabidae ma > 36-50 di Roma. - Con fig. - (Istituto Zoologico “i della R. Università di Roma). . » 79-95 4. Guido Conte Falconieri di Carpegna. Gi valentini DAtL Medisrdo Casp'in. Sulla cattura di un’Averla maggiore ; a N TISSE iascariasi i »ravallo » 96-97 (Lanius ewcubitor Linn.) nell'Agro feressante di ascariasi in un cavallo BOARIO NOTIZIE. 9. Guido Conte Falconieri di Carpegna. Carruccio Prof. Antonio. Cospicuo dono Brevi notizie sulla Collezione fauni- al Museo Zoologico della R. Università stica del consocio Vianelli Francesco a di Roma ed alla collezioue faunistica Sassoferrato (Marche)... +... » 52-53 della provincia di Roma . . . . » 98-99 6. Marcialis Prof. Efisio. Saggio di un Annunzi bibliografici . . . . . .- > 100 — catalogo metodico colle denomina- l zioni dialettali delle cinque classi dei AVVISI IMPORTANTI sulla copertina. AVVISI IMPORTANTI, A tutti i nuovi Soci ed Abbonati i quali ne faranno domanda, accom- pagnata dall'importo anticipato, verranno spediti, franco di posta, i cinque volumi arretrati dal 1892 al 1896 al prezzo dì favore di lire quaranta, in luogo di L. 75. Il Bollettino della Società pubblicherà estese recensioni di tutte quelle opere della quali perveranno in Omaggio due copie alla Direzione. Si. faranno annunzi speciali gratuiti di tutte quelle pubblicazioni che verranno spedite in Omaggio dai Sig. Autori o Librai-Editori. A coloro i quali poi desiderassero annunzi sulla copertina di Pubblicazioni, Colle- zioni, o di quanto altro ha attinenza con la Zoologia saranno fatti prezzi e condizioni di favore. Fascicoli di saggio del Bollettino verranno spediti gratis dietro richiesta. (CONTO CORRENTE COLLA POSTA) ESTRATTO DELLO STATUTO Art. 2. — La Società si prefigge i seguenti scopi: a) promuovere e divulgare le ricerche intorno agli organismi animali, sotto i punti di vista biologico, anatomo-fisiologico, embriologico, paleon- tologico e sistematico, e specialmente l’acquisto di conoscenze teorico-pra- tiche sulle specie animali della provincia, di Roma e dei territori limitrofi; 6) formare raccolte zoologiche ; c) dare istruzioni, consigli, appoggio morale, e, quando alla Società sarà possibile, fornire aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle sue varie applicazioni. ART. 3. — La Società è composta di quattro categorie di soci, cioè: 1° di Soci ordinari, residenti in Roma od altrove, i quali pagheranno lire dieci all’anno; 2° di Soci straordinari, pure residenti o non residenti in Roma, i quali pagheranno lire sette annue; 3° di Soci onorari, italiani e stranieri, proposti dal Consiglio Diret- tivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi che formano lo scopo complesso della Società; i 4° di Soci benemeriti, che saranno nominati, dietro proposta del Con- siglio Direttivo, fra quelle persone che con doni importanti, con altri atti di segnalata benemerenza, o versando nella Cassa sociale una somma non inferiore a lire 300, favoriscano lo sviluppo della Società e il consegui- mento dei suoi scopi. Tutti i Soci hanno diritto a ricevere le pubblicazioni sociali. ABBONAMENTO PEI NON SOCI. Italia . . 12 lire annue ( eat À 560 Ù Ì i Vi TVRON i i pagamento anticipato e Volumi arretrati Italia L. 15 - Estero L. 18 (franchi di posta) ‘Un fascicolo separato L. 4 Sede della Società: Istituto ZooLogico - R. Uvn:ivErsITÀ Via della Sapienza - ROMA Roma - Stab. Carlo Mariani e ©,, Vic. Guardiola 22. Fase. III e IV. Mola, WE: TI N pa ha Anno VI. DOLCELIINO ETA RON ER GL TDI LG COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE : 4. Ardu Onnis Dott. Efisîo. Il metodo zoologico in antropologia (Istituto An- tropologico della R. Università di ROMAE ee inn PAIA AL 2. Condorelli Francaviglia Dott. Mario. Elminti trovati in un 7#?drocolaeus minutus (Istituto Zool. della R. Uni- versità di Roma) . . . ... + » 118-124 3. Angelini prof. Giovanni e C.te Guido Falconieri di Carpegna. Seconda cattura di un piviere orientale (Charadrius fulvus) nei dintorni di Roma . 125-127 4. Alessandrini Dott. Giulio. Sui Co- leotteri della Provincia di Roma. Fam. Carabidae (Istituto Zool. della R. Uni- versità di Roma) . . . . » 128-139 5. Marcialis Prof. Efisio. Saggio di un catalogo metodico colle denomina- zioni dialettali delle cinque classi dei vertebrati della Sardegna (Class. Aves). Continuaz. - Pag. 140-160 6. Gatti Michele Alfonso. Contribu- zione al genere Alburnus in Italia » 161-176 CORRISPONDENZE Valentini Dott. Leonardo. Ancora un grave caso di Ascariasi nel cavallo » 177 PROCESSI VERBALI di due tornate della Società — Nota del prof. A. Car- ruecio sugli Anfibi anuri e urodeli della provincia di Roma. . . . . » 178-180 AVVISI IMPORTANTI sulla copertina. AVVISI IMPORTANTI, A tutti i nuovi Soci ed Abbonati i quali ne faranno domanda, accom- pagnata dall'importo anticipato, verranno spediti, franco di posta, i cinque volumi arretrati dal 1892 al 1896 al prezzo dì favore di lire quaranta, in luogo di L. 75, r——n—————-—-"“ mr_nm_anae———"—"—""* __DTAT_yTT_Trrr---*T-*<-