ferra Anno VII. Fascicolo 1° Avvertenza. Vedi la seconda e terza pagina della copertina. SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA MENTE ET MALLEO Ufficio (li Presidenza per l’anno 1888. Presidente Conte comm. Giuseppe Scarabelli Gommi-Flamini Senatore del Regno Vice-Presidente Prof, comm. Giovanni Capellini. Vice-Segretario Prof. cav. Cesare D'Ancona Tesoriere Avv. Tommaso Tittoni Deputato al Parlamento Vice-Tesoriere Cav. ing. Augusto Statuti Archivista Prof. ing. Romolo Meli G onsiglieri Prof. Francesco Bassani \ Prof. comm. Luigi Bombicci Prof. comm. Giuseppe Bellucci Ing. cav. Celso Capacci Conte Francesco Cast cacane degli A ntelminelli Barone comm. Achille De Zigno Comm. ing. Felice Giordano Prof. cav. Arturo Issel Comm. Paolo Lioy Deputato al Parlamento Prof. comm. Giuseppe Meneghini Senatore del Regno Ing. cav. Enrico Niccoli Prof. cav. Orazio Silvestri ' Segretario Prof. dott. Giuseppe Tuccimei Commissione per le pubblicazioni. Conte comm. G. Scarabelli Gommi-Flamini Prof. cav. G. Omboni Prof. cav. A. D’Achiardi. Sede della Società — Roma - Via S. Susanna, 1 A, presso il Museo agrario BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Voi. VII. — 1888 ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI 1888 1 JUH.88 n . SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Presidente per l’anno 1882 Meneghini » » 1883 Capellini » » 1884 Stoppani Presidente per l’anno 1885 De Zigno » » 1886 Capellini » » 1887 Cocchi Ufficio (li Presidenza per l’anno 1888. Presidente Conte comm. Giuseppe Scarabelli Gommi- Flamini Senatore del Regno Vice-Presidente Prof. comm. Giovanni Capellini. Segretario Prof, doti Giuseppe Tuccimei Vice-Segretario Prof. cav. Cesare D’Ancona Tesoriere Avv. Tommaso Tittoni Deputato al Parlamento TVrelii vìst;i Prof. ing. Romolo Meli Consiglieri Prof. Francesco Bassaìii Prof. comm. Luigi Bombicci Prof. comm. Giuseppe Bellucci Ing. cav. Celso Capacci Conte Francesco Castracane degli Antelminelli Bal'one comm. Achille De Zigno Comm. ing. Felice Giordano Prof. cav. Arturo Issel Comm. Paolo Lioy Deputato al Parlamento Prof. comm. Giuseppe Meneghini Senatore del Regno Ing. cav. Enrico Niccoli Prof. cav. Orazio Silvestri. Soci perpetui 4. Quintino Sella (morto a Biella il 14 marzo 1884). Fu uno dei tre istitutori della Società, e venne annoverato tra i Soci perpetui per deliberazione unanime nell’Adunanza gene- rale tenutasi dalla Società il 14 settembre 1885 in Arezzo. 2. Francesco Molon (morto a Vicenza il 1 marzo 1885). Fu consigliere della Società, alla quale legava con suo testa- mento la somma di Lire 25,000; venne iscritto fra i Soci per- petui per deliberazione unanime nell’Adunanza generale del 14 settembre 1885. 5. Meneghini prof. comm. Giuseppe. Per i suoi insigni meriti scientifici venne acclamato Socio perpetuo nell’Adunanza generale di Savona il 15 settembre 4887. Elenco ilei Soci ordinari per Tanno 1888 (*) Àr.no di nomina 4881. Alessandri ing. Angelo. Via Broseta 14. Bergamo. 1881. Amici Bei/ ing. Federico. Cairo (Egitto). 1885. Anseimi Gabianelli Anseimo. Arcevia (Ancona). 4886. Anlonelli doti. D. Giuseppe. Via Giulia 55. Roma. 488:2. Aragona dott. Luciano. Robecco d’Oglio (Cremona). 4882. Avanzi Riccardo. Piazza Scala. Verona. 4884. Baldacci ing. Luigi. R. Ufficio geologico. Roma. 4887. Baldi ing. cav. Federico. Savona. 1884. largagli cav. Piero. Via de’ Bardi, palazzo Tempi. Firenze. 4882. 10 Bar gellini prof. Mariano. R. Liceo. Siena. 4884. Bassani prof. Francesco. R. Università. Napoli. 4885. Becchetti prof. Soslene. Taranto. 4884. Bellio prof. Vittore. R. Università. Pavia. 4885. Bellucci comm. prof. Giuseppe. Università. Perugia. 4887. Benecke cav. Evaristo. Savona. 4885. Benigni Olivieri march. Costantino. Fabriano. 4885. Benigni Olivieri march, dolt. Oliviero. Fabriano. 4885. Berti doti.. Giovanni. Via Cestello 2. Bologna. 4884. Biagi dott. Giuseppe. Casalmaggiore (Cremona). 4882. 20 Bollinger ing. Enrico. Via Principe Umberto 5. Milano. 4884. *Bombicci comm. prof. Luigi.. R. Università. Bologna. 4885. Bonetti prof. Filippo. Via S. Chiara, 57, p. 5. Roma. 4885. Borgnini ing. comm. Secondo. Direzione generale fer- rovie della Rete Adriatica. Firenze. 4881. Bornemann dott. J. G. Eisenach. 4882. Botti cav. avv. Ulderigo. R. Prefettura. Cagliari. 4884. Brugnatelli dott. Luigi. Via S. Martino 48. Pavia. 4884. Bruno prof. Carlo. R. Liceo. Mondovì. 4887. Bruno dott. Luigi. Geometra. Ivrea. (*) L’asterisco indica i soci a vita. 6 1881. 1884. '1882. 1886. 1882. 1882. 1882. ! 88 1 . 1881. 1881. 1883. 1881. ■1882. 1883. 4882. 1887. 1888. 1886. 1882. 1881. 1886. 1882. 1886. 1881. 1883. 1886. 1881. 1883. 1882. 1881. 1881. 1882. 1881. Elenco dei Soci *Bumiller comm. {ing. Ermanno. Via Lorenzo il Ma- gnifico 12. Firenze. 30 Cadolini co min ing. Giovanni deputato al Parlamento. Via Rasella 145. Roma. Cafici barone Ippolito. Vizzini (Catania). Calderoni ing. Rodolfo. Perugia. Camis ing. Vittorio. Piazzetta Nogara. Verona. Canavari prof. Mario. Museo geologico. Pisa. Cantoni ing. Angelo. Via Rocchetta 5. Pavia. Capacci cav. ing. Celso. Terni. Capellini comm. prof. Giovanni. R. Università. Bo- logna. Cardinali prof. Federico. R. Istituto tecnico. Macerata. Castelli cav. dott. Federico. Villa S. Michele. Porta ma- remmana. Livorno. 40 Castracane conte Francesco. Piazza delle Coppello. Roma. Cattaneo ing. R. Miniere di Monteponi. Torino. Cavarci Fridiano. Istituto botanico. Pavia. Chailus ing. Alberto. Bagnasco (Cuneo). Ceva (Miniera, di carbone). Charlon ing. E. Diano Marina (Porto Maurizio). Chelussi prof. Italo. Via de’ Camaldolesi 8. Forlì. Cherici dott. Nicolò. Pieve S. Stefano (Arezzo). Chigi Zondadari march. Bonaventura. Siena. C luminelli cav. dott. Luigi. Bussano (Vicenza). Chiodi Giuseppe. Numi. 50 Ciofalo Saverio. Termini Imerese (Palermo). Clerici Enrico. Vi i Sistina 75 1). Roma. * Cocchi cav. prof. Igino. Via de’ Pinti. 51. Firenze. Cocconi comm. prof. Girolamo. R. Università. Bologna. Colalè ing. Michele. R. Ufficio delle miniere. Caltanissetta. Conti ing. Cesare. R Ufficio delle miniere. Caltanissetta. Coppola ing. Liborio. Campobasso. Corini avv. Mariano. Via Arcivescovado 13. Genova. Cortese ing. Emilio. R. Ufficio geologico. Roma. Cossa cav. prof. Alfonso. R. Scuola per gli Ingegneri. Torino. 60 D'Achiardi cav. prof. Antonio. R. Università. Pisa. Dal Pozzo di Mombello cav. prof. Enrico. Università. Perugia. Elenco dei Soci 7 1885. D’Ancona prof. cav. Cesare. R. Istituto superiore (Museo geologico). Firenze. 1883. De Amicis dott. Giovanni A ugusto. R. Liceo Tasso. Salerno. •1882. De Betta comm. nob. Edoardo. Castelvecchio. Verona. 1881. De Ferrari ing. Paolo Emilio. Lungarno Torrigiani 51 ^ Firenze. 1883. De Gregorio Brunaccini march, dott. Antonio. Molo- Palermo. 1881. * Delaire cav. ing. Alexis. Boulevard St. Germain 135. Parigi. 188G. Del Bene ing. Luigi. Terni. 1883. Dal Buono ing. Angelo. Ufficio tecnico provinciale. Terni. 1881. 70 Delgado cav. Joaquim Philippe Neri/. Rua do Arco a Jesus. Lisbona. 1888. Della Campana nob. Cesare. Via Pastrengo 26. Genova. 1883. Dell'Angelo prof. Giovanni Giacomo. Domodossola (Novara). 1886. Dell' Erba ing. prof. Luigi. ViaTrinità maggiore6. Napoli. 1886. Del Moro ing. E. Segretario del Club Alpino. Savona. 1881. Del Prato dott. Alberto. R. Università. Parma. 1882. De Marchi ing. Lamberto. Via Napoli 65. Roma. 1881. De Rossi cav. prof. Michele Stefano. Piazza d’Araco.eli 17. Roma. 1881. De Stefani prof. Carlo. Via Pippo Spano 6. Firenze. 1886. De Vincent iis cav. Odoardo. Taranto. 1881. 80 Dewalque uffic. prof. Gustavo. Rue de la Paix 17. Liegi. 1881. De Zigno barone comm. Achille. Padova. 1882. Di Canossa march. Ottavio. Castelvecchio. Verona. 1883. Di Roasenda cav. Luigi. Sciolze (Torino). 1885. Di Stefano dott. Giovanni. R. Università. Palermo. 1882. Di Lucci cav. ing. Pacifico. Via Fontanella di Bor- ghese Palazzo Merighi. Roma. 1883. Elisei Alessandro. Gubbio. 1887. Eroli march. Giovanni. Narni. 1883. Fabri comm. ing. Antonio. Lungarno Torrigiani 29. Firenze. 1886. Fabbri dott. Alessandro. Terni. 1882. 90 Farina ing. Luigi. Via Nuova. Verona. 1882. Favero ing. Valentino. Bassano (Vicenza). 1888. Fazio sac. Agostino. Seminario vescovile. Savona. 1883. Fedrighini ing. Attilio. Ancona. 8 1887. Elenco dei Soci Fervori Bernardo. Ingegnere capo del genio imperiale Ottomano. Costantinopoli. 1883. Ferri Mancini prof. 0. Filippo. Via Botteghe Oscure 47. Roma. 1881. Flottes Leone. Rue de Courcelles 5*2. Parigi. 1887' Fai di prof. cav. Giuseppe. Savona. 1881. Foresti dott. Lodovico. Museo geologico. Bologna. 1881. Fornasini cav. dott. Carlo. Via delle Lame 24. Bologna. '1881. 100 Forsyth Major dott. Carlo Porto S. Stefano (Orbetello). 1885. Fossa Mancini ing. Carlo. Jesi. •1884. Fossen ing. Pietro. Carrara. 1887. Frumento ing. Giuseppe. Via Genova 6. Savona. 1881. Gamba ing. Cesare. Genova. 1885. Gatta cav. cap. Luigi. Piazza dell’ Indipendenza Roma. 4882. Gemrnellaro prof. comm. Gaetano Giorgio. R. Univer- sità. Palermo. 4884. Giordano comm. ing." Felice. Piazza della Pi lott.a- Palazzo Bruschi. Roma. 4884. Gobboni dott. Omero. Città della Pieve. 4886. Gozzi ing. Giustiniano. Terni. 4884. 110 Gualterio march, dott. Carlo. Bagnorea. 4886. Gualterio march, ing. Giambattista. Bagnorea. 4885. Guiducci dott. Antonio. Corso Vittorio Emman uele. Arezzo. 4881. * Hughes cav. prof. Thomas Mac Kenny. Università. Cambridge. 4888. latta cav. Antonio. Ruvo di Puglia. 1881. Issel cav. prof. Arturo. R. Università. Genova. 1881. Jervis cav. prof. Guglielmo. Museo industriale. Torino. 1885. Lais p. prof. Giuseppe. Via del Corallo 12. Roma. 1886. Lanzi prof. Luigi. Terni. 4885. Lattes cav. ing. Oreste. Via deFColl. romano 10. Roma. •1884. 120 * Levai ing. David. Rue de la Tremolile 28. Paris. 4882. Levi bar. Adolfo Scander. Piazza dJ Azeglio 7. Firenze. 4886. Licnj coniai. Paolo. Presidente del Club Alpino. Vicenza. 4885. Lorenzini dott. Amilcare. Porretta (Bologna). 4881. Lotti ing. Bernardino. Pisa. 1882. Malagoli dott. Mario R. Università. Modena. 1885. Mallandri.no ing. Pasquale. Messina. 1886. Mariani dott. Ernesto. Museo geologico della R. Uni- versità. Pavia. Elenco dei Soci 9 1883. Martelli ing. Federico. Tolentino. 1881. * Mattinolo ing. Ettore. Via Carlo Alberto, 45. Torino. 1881. 130 Mauro prof. Francesco. R. Scuola per gl’ Ingegneri. Napoli. 1881. *Mayer Eymar prof. Carlo. Scuola politecnica. Zurigo. 1881. Mazzetti ab. dott. Giuseppe. Via Correggi 5. Modena. 1881 Mazzuoli ing. Lucio. Via Palestro 13. Genova. 1881. Meli prof. ing. liomolo. R. Università. Roma. 1881. Meneghini comm. prof. Giuseppe. Senatore del Regno. R. Università. Pisa. 1886. Menicocci ing. Giuseppe. Terni. 1885. Mercalli ab. dott. Giuseppe. Seminario. Monza 1883. Milioni cav. Cesare. Fabriano. 1883. Milioni Giovanni Battista. Fabriano. 1881. 140 Missaghi cav. prof. Giuseppe. R. Università. Cagliari. 1883. Montani Ramelli march. Stefano. Fabriano. 1887. Morelli prof. D Niccolò. Roano. 1886. Moschetti ing. Claudio. Saluzzo. 1881. Negri dott. Arturo. R. Università. Padova. 1883 Neviani prof. Antonio. R. Liceo. Catanzaro. 1885. Nibbi ing. Dario. Cortona. 1881. * Niccoli cav. ing .Enrico. R. Corpo delle Miniere. Bologna- 1883. Niccolini march, ing. Giorgio. Via Paolo Toscanelli 1. Firenze. 1881. Nicolis cav. Enrico. Corte Quaranta. Verona. 1885. 150 Olivero comm. Enrico. Via Garibaldi, 5. Torino. 1881. Omboni cav. prof. Giovanni. R. Università. Padova. 1887. Pacini Candelo p. prof. Michele. Collegio della Missione. Savona. 1881. Pantanelli prof. Dante. R. Università. Modena. 1882. Parodi ing. Lorenzo. Via Palestro. Genova. 1881. Parona prof. Carlo Fabrizio. R. Università. Pavia. 1882. *Paulucci marchesa Marianna. Villa Novoli. Firenze. 1881. Pélagaud dott. Eliseo. Saint-Paul (Isola Borbone). 1881. Pellati comm. ing. Niccolò. R. Ufficio geologico. Roma. 1886. Pellizzari dott. Pietro. Taranto. 1887. 1G0 Perrando Rdo. D. Pietro. Stella S. Giustina (Savona). 1882. Piatti prof. Angelo. Desenzano sul Lago. 1882. Pili ing. Tommaso. Miniera Libìola. Sestri Levante. 1886. Pinna ing. Raffaele. Miniere di Morgnano e S. Croce. Spoleto. 10 Elenco dei Soci mi. 1881. 4881. -1881. 1883. 1884. 1886. 1885. 1883. 1884. 1881. 1881. 1884. 1886. 1881. 1881. 1881. 1885. 1882. 1881. 1883. 1883. 1881. 1882. 1886. 1883. 1882. 1887. 1883. 1882. 1886. 1881. 1881. Pirona cav. prof. Giulio Andrea. R. Liceo. Udine. Pompucci iug. Bernardino. Pesaro. Portis prof. Alessandro. R. Scuola d’applicazione per gl’ ingegneri. Roma. Ragazzoni cav. prof. Giuseppe. Brescia. Ragnini doti. Romolo. Capitano medico 3° reggimento bersaglieri. Roma. Ricci prof. Arpago. Spoleto. 170 Ricciardi prof. Leonardo. R. Istituto Tecnico. Bari. Ristori dott. Giuseppe. Museo Paleontologico (Piazza S. Marco) Firenze. Riva Palazzi colono. Giovanni. Gommali, il 45° fant. Messina. Sacco prof. Federico. Museo geologico. Palazzo Cari- guano. Torino. Salmojraghi ing. Francesco. Via Monte di Pietà 9. Milano. Scarabelli Gommi Flamini conte comm. Giuseppe. Se- natore del Regno. Imola. Schneider ing. Aroldo. Montecatini in Val di Cecina. Scioletle ing. Gio. Battista. Via dei Zingari 11. Roma. Secco Andrea. Solagna (Bussano veneto). Segrè ing. Claudio. Direzione ferrovie meridionali. Ancona. 180 Seguenza cav. prof. Giuseppe. R. Università. Messina. Sella ing. Corradino. Biella. * Silvani dott. Enrico. Via Garibaldi 4. Bologna. Silvestri cav. prof. Orazio. R. Università. Catania. Simoncelli ing. Remo. Arcevia (Ancona). Simonelli dott. Vittorio. R. Università (Pisa). Simoni dott. Luigi. Via Cavai iera 9. Bologna. Sorniani iug. Claudio. R. Ufficio geologico Roma. Spalletti contessa Gabriella. Piazza della Pilotta. Roma. Speranzini prof. Nicola. Arcevia (Ancona). 190 Spezia cav prof. Giorgio R. Università. Torino. Squinabol dott. Senofonte. Via S. Agnese. 1. Genova. Stassano dott. Enrico. Stazione Zoologica. Napoli. Statuti cav. ing. Augusto. Via dell’Anima 17. Roma. *Stephanescu prof. Gregorio. Università. Bukarest. Stoppani comm. prof. Antonio. Museo Civico. Milano. Strobel cav. prof. Pellegrino. R. Università. Parma. Elenco dei Soci 11 1882. Struver comm. prof. Giovanni. R. Università. Roma. 1881. Szabó cav. prof. Giuseppe. Università. Budapest. 1881. Taramelli cav. prof. Torquato. R. Università. Pavia. 1885. 200 Tellini Achille. Udine. 1881. Tenore ing. Gaetano. ViaS. Gregorio Armeno M. Napoli. 1885. Terrenzi dott. Giuseppe. Narni. 1885. Terrigi dott Guglielmo. Via Manin 9. Roma. 1881. Tiltoni avv. Tommaso. Deputato al Parlamento. Via Rasella. 157. Roma. 1881. Tommasi prof. Annibaie. R. istituto tecnico. Udine. 1885. Toni cav. conte Francesco. Spoleto. 1885. Toso ing. Pietro R. Corpo delle Miniere. Vicenza 1882. Tuccimei prof. Giuseppe. Via dell’Anima 59 Roma. 1882. * Turche ing. John. Ufficio dell’Acquedotto. Bologna. 1881. 210 Uzielli prof. Gustavo. R. Scuola per gli Ingegneri. Torino. 1885. Valenti prof. Esperio. Imola. 1882. Verri cav. magg. Antonio. Genio militare. Casale Mon- ferrato. 1885. Vilanovct y Piera cav. prof. Giovanili. Università. Madrid. 1885, Viola ing. Carlo. R. Corpo delle Miniere. Bologna. 1882. Virgilio dott. Francesco. R. Università. Torino. 1881. Zaccagna ing. Domenico. R. Corpo delle Miniere. Carrara. 1881. Zezi prof. ing. Pietro. Ufficio geologico. Pioma. 1885. Zonghi prof. Augusto. Fabriano. 1885. 219 Zuccari cav. Attilio. Ministero dell’Istruzione pubblica. Roma. ADUNANZA GENERALE DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA tenuta in Imola il 12 febbraio 1888. La seduta è aperta alle ore 1 poni, nella grande aula della Biblioteca comunale. Presidenza Scarabelli. Presenti i soci: Capellini vicepresidente, Berti, Dal Prato, De Stefani, Fedrighini, Foresti, Niccoli, Taramelli, Tittoni, Valenti, e il sottoscritto Segretario. Aderiscono alla riunione scusando la loro assenza per lettera o per telegrafo i soci : Bombicci, Castracane, Cocchi, Del Moro, Frumento, Meli, Moschetti, Omboni, Pacini, Verri. Viene letto ed approvato il processo verbale dell’ ultima adu- nanza generale tenuta in Savona il 15 settembre 1887. Su. proposta del vicepresidente Capellini si delibera l’invio di un telegramma di felicitazione al socio perpetuo Meneghini. Il tesoriere dietro invito del Presidente presenta il seguente bilancio consuntivo pel 1886, il quale resta approvato : 14 Adunanza generale CONTO A T T IVO C 0 N S t1 Eccedenza attiva del conto 1885 L, Erutti di lire 90 di rendita 5 ft/0 * Sussidio dal Ministero di agricoltura e commercio . . . . » Frutti semestrali della cartella di rendita nominativa prove- niente dal legato Molon - Vendita di Bollettini arretrati * Residuo dell'acquisto della cartella nominativa di rendita col legato Molon - Quote di 9 soci pel 1885 riscosse nel 1880 (') . . . . « Quote di 101 soci pel 1880 - Tasse d’ammissione di 11 nuovi soci » Interesse del 2 °/0 sulle somme versate alla Banca Romana dal tesoriere (2) » Totale L. 204 78 1000 558 50 48 : 18 241 5|k 55 iar 83 0410 del IfF li Tijd iren degl rii Residui attivi Quote di 40 soci pel 1880 L. 000.1 (•) Sono ancora morosi pel 1885, malgrado i numerosi inviti, epperò si propoli gano cancellati dall’albo della Società : 1 Brunetti. 2 Brogi-Reale. 8 Canestrini *G. 4 strini R. 5 Dal Fabbro. 6 Durval. 7 Fasciani. 8 Marsilli. 9 Moriniello. 10 Mercanti. 11 R (2) L’interesse corrisposto dalla Banca Romana è computato sulle somme effettiva versate dal tesoriere, come risulta dallo Stato di Cassa approvato dal Consiglio, nel non figurano talune entrate e spese del 1886 riscosse e pagate nel 1887, e figurano dei residui attivi e passivi del 1885. Il riassunto di detto stato di cassa è il segue In cassa al 31 dicembre 1885 T>. 4367. 90 Versamenti fatti alla Banca Romana dal tesoriere » 4358. 47 L. 8726. 37 Chèque. s rilasciati sulla Banca stessa ?> 7126. 82 L. 1599. 55 Interesse del 2 % n oo oo. 85 In cassa al 31 dicembre 1886 L. 1683. 40 tenuta in Imola il 12 febbraio 1888 15 0 DEL 1 8 8 6. ii;, P ASSITO del legato Molon per la riscossione del legato Molon manomorta e sopratassa pel legato Molon . . . i del bollettino spese di tipografia complessiva di tavole litografiche :ra di quattro copie del bollettino 1885 .... tbreria Loescher per rimborso spese di porto di pub dcazioni inviate alla Società retano per spese varie, posta e spedizione del bollettino degli estratti, come da suo conto hivista per spese, come da suo conto ' Oliere per spese, come da suo conto bidente per spese coazione all’usciere Totale L. L. 3000 209 55 105 60 7) 1260 7 24 70 289 20 » 20 7) 64 V 330 72 lì 44 45 71 57 50 -, 7 80 ri 30 L. 5443 52 ij'iiD 'A IR; nel RIASSUNTO Attivo L. 6416. 48 Passivo « 5443. 52 Eccedenza attiva al 31 die. 1885 L. 972. 96 IL PRESIDENTE Gr. Scartabelli Il Tesoriere Tommaso Ti (toni 16 Adunanza generale Sulla proposta del tesoriere, l’adunanza delibera la cancella- zione dall'albo dei soci dei signori : dott. G. Brogi Reale, ing. G. Bru- netti, prof. G. Canestrini, dott. R. Canestrini, prof. F. Dal Fabbro, ing. C. E. Durval, prof. G. Fasciani, A. Marsilli, ing. G. Mori- niello, prof. F. Mercanti, e D. Ragosa, i quali risultano morosi lino dal 1885. Lo stesso tesoriere dà lettura del bilancio preventivo pel 1888, dal quale apparisce un sopravanzo di L. 828, e che resta ap- provato. Il Presidente comunica che il socio ing. A. Statuti è stato da lui incaricato di rappresentare il tesoriere nella riscossione delle quote sociali. Con ciò l' uhi ciò dei soci collettori resta abrogato, e propone per essi un voto di ringraziamento per l’opera fin qui prestata a vantaggio delle finanze sociali. L’adunanza approva. È data notizia della morte dei soci Basterot e Dalgas, dei quali il Presidente pronunzia parole di elogio. Il Segretario dà lettura della seguente nota di pubblicazioni inviate in omaggio alla Società : H. Forir, Gontributions d l' elude du systeme cretacé de la Belgique. IL Etudes compierà, sur Ics crustacés v III. Biblio- graphie des Ihoracostracès cretacés conuus en 1887. Liège 1887 (1 voi. 4°, pag. 77, 1 tav.). Journal of thè Royal geological Society of Ireland, voi. XVIII, part. IL Dublin 1887. Société géologique Suisse, Compte rendu de la sixième reu- nion animelle en Aout 1887 a Frauenfeld. Lausanne 1887 (1 voi. 8U, pag. 79, 3 tav.). The gold fìelds of Victoria , Reports of thè miniug registrare, for thè quarter ended 30th september 1887 (4°, pag. 97, tav. 4). Bollettino del naturalista, diretto dal cav. S. Brogi. Siena, 1887, fase. 11, A. VII, 8°, pag. 16. Jervis G., Belle cause dei terremoti tellurici e dei possibili ripari. Estr. dal Filotecnico. Torino 1887 (8°, pag. 32). Clerici E., Sopra i resti di Castoro finora rinvenuti nei 17 della Società geologica italiana tenuta in Imola. dintorni di Roma. Estr. d. Bull. d. r. Comit. geol. it. Roma 1887 (8°, pag. 10, 1 tav.). Comunicayoes da commissao dos trabalhos geologicos de Por- tugal. T. I, fase. II. Lisboa 1887 (8°, pag. 344). Hebert E., Phyllcules de Saint- Lo et ' co nglomcrats pourprés dans le nord-ouest de la France. Estr. dii Bull, de la Soc. géol. de France. Ser. 3a t. XIY. Paris 1887 (8°, pag. 774 con tìg.). Bombicci L., Sulla costituzione fisica del globo terrestre , sull' origine della sua crosta litoide, sulle cause dei moli sismici che più frequentemente vi avvengono. Estr. Meni. d. li. Acc. delle scienze dell’Istituto di Bologna, S. 4a, T. Vili. Bologna 1887 (4° gr. pag. 31, 1 tav. col.). Id. , Sulla ipotesi detrazione e selezione magnetica del globo terrestre sulle materie cosmiche interplanetarie contenenti ferro. Estr. Mem. d. R. Acc. delle scienze dell'Istituto di Bologna. S. 4a. T. Vili. Bologna 1887 (4° gr. pag. 8). Strobel P., Notizie litologiche sulla provincia di Parma. Estr. d. Guida stor. art. e mon. d. città e prov. di Parma. Parma 1887 (8° picc. pag. 23, 1 tav.). Favol H. Etudes sur le terrain houiller de Commentry . lrG partie lythologie et stratigrapliie. Snt. Etienne, 1887. 1 voi., 8°, pag. 543, fig., con atl. di tav. 25. Giunsero in cambio le seguenti pubblicazioni : United States geological Survey Sixth annual report 1884-85. Bulletin of thè United States geological Survev n' 34 a 39. S. Nikitin, Bibliotheque géologigue de la Russie , 1886. Suppl. au T. VI du Bull, du Gomitò géologique Russe. Allegemeine geologische karte von Russland. Blatt. 138. Pie- troburgo 1887. R. Lydekker, Catalogne of remains of pleistocene and prei- storie Vertebrata contained in thè geological department of thè Indian Museum Calcutta. Calcutta 1886 (1 fase. 8°, pag. 16). Id., Catalogne of thè remains of Seivai il: Vertebrata con- tained in thè geological department of thè Indian Museum Calcutta. P. I. Marnmalia. Calcutta 1886 (1 fase. (1 fase, in 8°, pag. 114. Id., Catalogne etc. etc. P. II. Aves, replilia and pisces. Cal- cutta 1886 (1. fase. 8°, pag. 26) 18 Adunanza generale Ilarta geologica generala a Romanie i, lucrata de membrii biuroului geologie sub directiunea domnului Gr. Stephanescu. Tav. I a X. Carte geologigue du Turkestan russe , dressée en 1881 par M.M. G. Romanowsky et 1. Mouchketow, Tav. I a V. E. Comitato geologico italiano, Bibliographie geologigue et p aléo titolo g iepue de /’ Italie. Bologna 1881 (8°, pag. 630). Inoltre i periodici pubblicati dalle Accademie e Società scien- tifiche colle quali ha luogo il cambio. Fu chiesto il cambio degli atti : Dalla Società Beale di Napoli ; Dalla Société Linnéenne di Bordeaux. Kingraziano per l’invio del bollettino : Il E. Comitato geologico di Bumenia ; Il Sindaco di Savona ; Il Vice-presidente della Società economica di Savona ; Il socio Edo. P. Perrando Deogratias. Il Presidente dà lettura della modula a stampa, che in con- formità delle deliberazioni dell’Adunanza di Savona dovrà d’ora innanzi essere firmata dai nuovi soci. Vengono proclamati soci i signori : Jatta cav. dott. Antonio (Buvo di Puglia), proposto dai soci A. Verri e L. Bicciardi. Chelussi prof. Italo (Forlì), proposto dai soci E. Valenti e G. SCARABELLI. Della Campana nob. Cesare (Genova), proposto dai soci A. Issel e S. Squinabol. Fazio sac. Agostino (Savona), proposto dai soci E. Del Moro, e M. Pacini. Il Presidente legge una lettera dell’on. senatore Briosclii presidente della E. Accademia dei Lincei, colla quale promette di assegnare una sede alla Società geologica nei locali dell’Accademia. La Società delibera d’inviare speciali ringraziamenti. 19 della Società geologica italiana tenuta in Imola. Indi dallo stesso Presidente vengono partecipate due deli- berazioni prese nell’ultima seduta del Consiglio direttivo. La prima accorda ai nuovi soci che d'ora in poi saranno ammessi la facoltà di pagare entro tre anni la somma stabilita in L. 20U per diven- tare soci a vita, defalcata dalle quote pagate in quei tre anni. La seconda stabilisce la massima che i soci i quali saranno ammessi nell' adunanza invernale debbano cominciare dal pagare la quota dell’anno in corso; mentre per quelli nominati nell’adunanza estiva, l’obbligo del pagamento cominci dall’anno seguente. Resta poi in facoltà di questi ultimi di pagare l’anno corrente, avendo allora diritto al relativo volume del bollettino. Finalmente il Presidente comunica che la Società sarà rap- presentata ufficialmente alle prossime feste centenarie dello Studio Bolognese, essendo stato a ciò delegato egli stesso dal Consiglio, con facoltà di aggregarsi altri soci. Il Segretario presenta i fogli già stampati del 4" fase. 1887 del bollettino, nei quali sono contenuti i resoconti della adunanza generale tenuta in Savona nel settembre. Il socio Taramelli parla nel seguente modo degli antichi periodi alluvionali : « In seguito alla ipotesi dell’origine endogena dei vapori, che hanno determinati gli ultimi periodi diluviali, pliocenici e quater- nari, vengo ad esporvi, egregi colleghi, alcune ulteriori conside- razioni, che mi furono in parte suggerite dal libro dello Sterry- Hunt, Minerai Phijsiology and Physiography ; considerazioni, che mi sembrano di qualche valore, così per la esatta valutazione della enunciata ipotesi, come per la spiegazione dei fenomeni di erosione e di deposito dei vari periodi geologici. « A me pare che i periodi alluvionali, ben più che un epi- sodio delle più recenti epoche geologiche, rappresentino in tutta la serie di queste, la periodica concentrazione dei vapori acquei, trasudati, per così esprimermi, dall’ originario magma tellurico. Imperocché ogniqualvolta un continente od un’isola pei successivi corrugamenti orogenetici veniva a sporgere dall’oceano, che sempre più si arricchiva di acque e di salsedine, non mancava in misura 20 Adunanza generale assai piìi larga della attuale, di aver luogo una rapida, e profonda abrasione, accompagnata da un ampio sviluppo di depositi marini, lacustri od alluvionali, incomparabilmente più vasti e più potenti di quelli, che si formarono dappoi, ed in particolare degli attuali. # Che così fosse, lo dimostrano le vastissime formazioni are- nacee o marnose del devoniano, del permiano, del trias, della creta superiore e del terziario antico. E notiamo altresì un rinforzo di questa azione demolitrice ognivolta che detti corrugamenti oroge- netici erano accompagnati dallo stabilirsi di un sistema vulcanico tellurico, rappresentato da porfidi, melatili, basalti o t rachi ti. « Le formazioni marnose, così vaste e così uniformi, quali avven- nero ad esempio nel trias superiore, nell’infralias, nell’eocene e nel miocene ( schlier ), assai più dei depositi di conglomerato, rappre- sentano, a mio avviso, il periodo parossistico di queste successive abrasioni ; quando le correnti non solo trasportavano ma sminuz- zavano e riducevano in fango le rocce, sulle quali scorrendo inci- devano quei solchi, che ora non solo ci si presentano come valli o come fyordSj ma anche come seni di mare e come mediterranei. Figuriamoci anche soltanto la massa dell’ accennato deposito mar- noso dello schlier , che si stende dalla Spagna alla Siria ed alla Galizia, pressoché uniforme, ed avremo un’idea dell’abrasione, avve- nuta quando il corrugamento posteocenico aveva gettato il primo abbozzo dell’attuale conformazione della regione eurasica. « Non credo di dovere insistere nella dimostrazione di fatti evidenti. Piuttosto ne traggo la conseguenza che alcuni geologi ' ed astronomi hanno posto sopra una base falsa la questione dei climi diluviali, considerandoli esclusivi delle ultime epoche geo- logiche ; e peggio ancora, quando li considerarono effetto di irri- gidimento di clima. Credo invece che normalmente l’atmosfera fu sempre più umida che al presente; che tratto tratto per le eru- zioni vulcaniche, o dirò meglio per lo stabilimento di nuovi sisteuii vulcanici, questa atmosfera si arricchiva di nuove masse di vapori, che in lungo giro di secoli finivano col precipitarsi, aumentando stabilmente la massa acquea marina ; che quando lo permisero le condizioni termiche ed orografiche della superfìcie terrestre, com- parvero e si espansero i ghiaccia) ; infine, che questi periodici au- menti della massa acquea erano accompagnati da emissioni d’acido carbonico, del quale ben riconosciamo gli effetti, nella dissoluzione, 21 della Società geologica italiana tenuta in Imola. quindi nel deposito multiforme dei carbonati alcalini e terrosi. Se non erro, la scuola degli attualisti ha fatto il suo tempo » . 11 socio Foresti presenta per essere inserita nel Bollettino una memoria intitolata: Di una varietà di Strombus c or fi- na tus Defr e di un altra di Murex torularius Lh. del 'pliocene di Castel Viscardo ( Umbria ), con due tavole. Il vice presidente Capellini fa la seguente comunicazione sopra un Rostro di Dioplodon nelle sabbie marnose grigie della Farnesina sotto Monte Mario. « Trovandomi in Roma nel dicembre dello scorso anno in com- pagnia del comm. Malagola direttore dell’ Archivio di Stato di Bo- logna e questi avendomi ricordato al suo amico il comm. Fran- cesco Azzurri, questi lo pregò di chiedermi un parere intorno ad alcuni oggetti antichi scavati a Monte Mario. Il signor Malagola non esitò ad accettare, persuaso di fare a me pure cosa graditissima; e che non si fosse ingannato è assai facile di persuadersi quando si sappia che uno degli oggetti che il Malagola mi portò da parte del comm. Azzurri è per l’Italia una rarità paleontologica. « Si tratta infatti di un rostro di Dioplodon (Q perfettamente conservato, se si eccettua piccola porzione della estremità anteriore e due scheggiature di nessuna entità, in corrispondenza della rot- tura di esso rostro in due pezzi avvenuta per un colpo di piccone quando fu estratto dalla roccia nella quale era sepolto. « Questo rostro fu scoperto alla profondità di 5 a 6 metri sotto le sabbie marnose giallastre nella cava Ferri alla Farnesina e dai cavatori fu giudicato un fucile pietrificato ! Lo scopritore Angelo Guaiti presentò al direttore delle cave lo strano oggetto e una catena di ferro di nessuna importanza che però egli assicu- rava d’aver trovato ivi presso, e dal signor direttore Navone Luna cosa e l’altra furono donate al signor comm. Francesco Azzurri. « Interessandomi anzitutto di verificare l’esatto giacimento dell’ importantissimo fossile, prima di lasciar Roma mi recai alla (Q « L’esemplare fu presentato ai soci convenuti in Imola e questa breve nota è il sunto di quanto esposi verbalmente ». 22 Adunanza generale cava Ferri in compagnia del prof. Meli e potei constatare che quel rostro di zitioide proveniva da un vero Crag grigio ricchis- simo di fossili, alla base delle sabbie gialle e superiormente alla argilla turchina, cavata per laterizii, la quale alla cava Ferri pre- senta una potenza di circa m. 15 lino al piano della escavazione attuale. 1 fossili che si incontrano nel Crag grigio della Farnesina sono stati diligentemente notati anche in una recente memoria dei prof. Ponzi e Meli e in generale sono conosciuti sotto la indica- zione di fossili di Monte Mario; non è quindi il caso di riportarne qui la lunga lista; ciò nonostante per fare viemmeglio apprezzare i rapporti cronologici delle sabbie marnose grigie della Farnesina col Crag grigio di Anversa e col Crag di Suffolk, mi limiterò a citare le seguenti specie le quali per la loro frequenza possono anche considerarsi come caratteristiche. - Terebratula amplili a, Br. ; Ostrea lamellosa, Br. ; Poderi opercularis, Br. ; Corintia (gibbo. Olivi ; Trigonella subtruncata. Da Costa ; Venus ovata, Penn. ; Isocardia cor, Linu, ; Cardimi Deshayesi, Payr. ; Arca tetragona. Poli; Peetunculus insubricus, Br. ; Nassa semistriata, Br. ; Turritella 1 rico rinata , Br. “ Per ciò che riguarda la specie alla quale è da riferirsi il rostro di Dioplodon della Farnesina, dirò soltanto che oltre stretti rapporti con il lrioplodon gibbus dal quale per altro si distingue per alcune particolarità che mi riservo di rilevare in altra circo- stanza, quando darò del nuovo fossile una accurata descrizione accom- pagnata da figure, essendo incontrastabilmente il più bello e il più completo rostro di zifioide finora scoperto in Italia. Quanto allo stato di conservazione, devo aggiungere che, per la pirite e la glau- coma delia quale l’osso è tutto compenetrato, ricorda la bella con- servazione dei resti di zitìoidi fossili scoperti a Anversa e che si ammirano nel Museo di Storia Naturale a Bruxelles; sicché, sotto ogni rapporto, questo rostro di Dioplodon è pregevolissimo ed io fin da questo istante colgo l’opportunità per ringraziare anche pub- blicamente il sig. comm. Azzurri che si compiaceva di farmene grazioso dono a vantaggio della scienza e per accrescere impor- tanza alla ricca collezione di cetacei fossili del Museo di Bologna -. Dal medesimo Capellini è dato il seguente cenno sopra Denti di Scaroide nel miocene di Catane-aro. della Società geologica italiana tenuta in Imola. 23 “ Il prof. Antonio Neviani benemerito del museo geologico di Bologna per ripetuti doni di importanti avanzi di vertebrati fossili, tino dal 1886 mi inviava alcuni denti di pesci cbe dopo un primo esame riferii al genere Scarus J restando incerto sulla specie non conoscendo allora altri avanzi di pesci da identificare con questi provenienti dai dintorni di Catanzaro. « Desiderando di poter precisare se la mia determinazione generica era corretta e se si trattava di specie già nota, dopo avere indarno cercato in molti pregevoli lavori di ittiologia fossile, scrissi al signor dott. Canonico Probst per sapere se fra i numerosi avanzi di ittioliti della molassa di Baltringen da esso così maestrevol- mente illustrati gli fosse occorso di trovare denti simili a quelli inviatimi dal Neviani. Il dott. Probst avendomi risposto che non conosceva denti di pesci fossili identici a quelli dei quali gli aveva comunicato un esemplare, e nel tempo stesso avendomi mosso qualche dubbio sul riferimento fattone al genere Scarus , vieppiù mi interessai di risolvere il problema. « E poiché lo stesso dott. Probst mi aveva accennato a qualche rapporto col genere lloplogncitlius, scrissi al prof. Gunther per avere un esemplare per confronto, e per somma sua gentilezza e per cor- tesia del dott. Smith Woodward al quale mi era pure rivolto, ebbi in comunicazione uno dei più belli esemplari del museo britannico e potei così assicurarmi che i denti dell’ Iloplognatìms non pote- vano identificarsi con i denti fossili del Catanzarese. Confrontai allora col genere Capitodus, mentre per la forma non potea disco- noscere una qualche somiglianza fra il dente di Capilodus indicus figurato da Lydekker nella Paleontologia delle Indie (') ed ebbi a convincermi che neppure con questo ora possibile una esatta identificazione. « Parecchie lettere scambiate col dott. S. Woodward finirono per assicurarmi che se la mia prima determinazione generica non era corretta non era neppur nuova ; infatti, come ebbe a notare lo stesso paleontologo inglese, i denti in quistione corrispondono al- l’esemplare di dente di pesce raccolto a Carovizzo in Calabria e fino dal 1853 figurato e descritto da 0. G. Costa. (G Lydekker, Paleontologia indica, ser. X, voi. III. pag. 245, PI. 35 fig. IL 24 Adunanza generale « Il prof. Costa riferì dubitativamente al genere Scarna il dente che dice tratto dai terreni di alluvione di Pizzinni (Cala- bria ultra 2a) e precisamente dal luogo detto Laviamo o Caro- vizzo e ne fece una breve ma esatta descrizione accompagnata da due figure (1). « Pareva che dopo ciò ogni incertezza dovesse sparire, ma in seguito ad accurati confronti con diversi esemplari di Scarm messi gentilmente a mia disposizione dal collega prof. Emery ho dovuto definitivamente persuadermi che gli strani denti fossili spettano ad uno scaroide ma non si possono attribuire al vero genere Scarus. Qualora, pertanto, nuovi confronti con i denti delle diverse specie di Capito dus del miocene del Bacino di Vienna non mi induces- sero a ritenere il fossile calabrese in questo genere cui provvisoria- mente lo riferisco, sarebbe necessario di creare per essi un nuovo genere di Scaroidi aventi rapporto coi generi Capito dus, IIoplo- gnathus e Scarus. « Riservandomi di dare a suo tempo più particolareggiate notizie in proposito, aggiungerò frattanto che questi denti fossili provengono dal miocene delle Baracche di Catanzaro ove il prof. Neviani raccolse altresì parecchi importanti resti di Sirenii da me altra volta ricordati e riferiti al genere Metaxytherium *. 11 socio De Stefani parlando del Pectea hystrix Dodi. Meli, dice che esiste a Malamarenda, ed anzi vi è caratteristico ; che non appartiene alla zona littorale, ma è pelagico. Ritiene infine che il nome Pecten spinulosus debba avere la precedenza sugli altri due; P. Angelonii e P. hystrix. Foresti dice di esser d'accordo col De Stefani circa la loca- lità e le condizioni di esistenza del J\ hystrix. Il socio Dal Prato presenta una memoria intitolata : Sopra alcune perforazioni della pianura Parmense. Il Segretario presenta da parte del socio E. Clerici una f1) Costa Oronzio Gabriele, Paleontologìa del Regno di Napoli. Parte IIT. pag. 128, tav. XII, fìg. 11. Napoli 1853. 25 della Società geologica italiana tenuta in Imola. nota Sopra una sezione geologica presso Roma , da parte del Socio Verri ima memoria: Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii , con Appendice; da parte del Socio Fornasini ima nota intitolata : Tavola paleoprotistografica. 11 Presidente partecipa che il Consiglio direttivo ha deli- berato di tenere sugli ultimi d'agosto l’adunanza generale estiva a liimini, con escursioni e sedute nei dintorni. Annunzia poi che il direttore del manicomio di Imola invita i soci a visitare quei- rimportante stabilimento. La seduta è levata alle ore 2 { poni, e i soci si recano a visitare il manicomio. 11 Segretario G. A. Tuccimei. . . Di una varietà di Strombus co r onatus Defr. e di uni altra di Mure se torularius Lk. del Pliocene di Castel- Vi scardo (Umbria). (Con due tavole). Dietro alcune osservazioni fatte sopra una collezione di mol- luschi fossili di Castel- Viscardo, dono del principe Spada al Museo geologico e paleontologico della Università di Bologna, e sopra un'al- tra proveniente dal medesimo luogo, a me regalata dalla gentilezza dello stesso principe, ho potuto accertarmi, per lo studio della fauna malacologica e per la qualità della roccia della quale molte conchiglie erano coperte e riempite, come nella suddetta località sia molto sviluppato l’Astiano, formato da sabbie gialle e da ar- gille turchine sabbiose, analoghe a quelle che si riscontrano nelle montagne del Bolognese, che sorgono fra il torrente Lavino ed il Samoggia. Questi depositi littorali e sublitorali oltre contenere molti resti di vertebrati, sono ancora ricchissimi di avanzi di mol- luschi, abbastanza ben conservati ed abbondanti non solo per in- dividui, ma anche per generi e per specie. Fra i molti esemplari delle collezioni sopracitate, alcuni hanno attirato la mia attenzione, per mostrare certi caratteri particolari che non si riscontrano così di frequente negli esemplari che comunemente si raccolgono nelle stesse formazioni di altre località. Di due di queste modificazioni oggi fo soggetto di poche osservazioni, sembrandomi che special- mente ai conchiologi possa ciò tornare interessante. Sti’onibus coronatus Dfr. var. De GregoriL Tav. I. fig. 1, 2, e Tav. II fig. 3, 4. Fra le poche forme sotto cui si presenta lo Strombus coro- natus , una ve ne ha che più di ogni altra si allontana dalla forma elio io considero tipica, voglio dire da quella che più di frequente 28 Strombus coronatili >■ Defr. e Murex torularius Li'. s’incontra nelle nostre formazioni plioceniche, e che tino dal 1648 fu indicata e figurata dall'Aldrovandi nel suo Musaeum Metallicum a pag. 272 col nome di Murex albus. Confusa poscia da qualche autore con alcuna specie del Linneo, venne alla fine sistematica- mente descritta dal Defrance (’) nel 1827 sotto il nome oggi da tutti i conchiologi conosciuto ed adottato di Strombus coronatus. Le differenze che ho notato negli esemplari che ho preso in esame sono le seguenti. La forma loro generale è decisamente conica, molto più allungata della forma tipica e più stretta inferiormente. La spira è sempre più lunga, ma ora più ora meno acumi- nata. Il labbro esterno più sottile e meno espanso; i tubercoli sull’ultimo anfratto più piccoli e proporziouatamente meno spor- genti. La parte inferiore della columella molto meno piegata al- l’ indietro. La superficie esterna di tutti gli anfratti, specialmente negli esemplari giovani è segnata, nella loro porzione posteriore, da strie numerose, sottili, eguali ed abbastanza profonde, una delle quali è sempre un poco più marcata presso la sutura, la quale è irregolarmente ondulata. Negli esemplari adulti la porzione poste- riore dei tre ultimi anfratti, generalmente si presenta liscia, come pure gli anfratti mediani generalmente non presentano tubercoli. L'ultimo anfratto il più delle volte mostra nella sua porzione an- teriore, qualche stria, appena appena visibile e distante Luna dal- l’altra, accompagnate da una leggerissima e stretta depressione, per cui fra esse appaiono una specie di cordoni larghi, schiacciati e pochissimo prominenti. Uno di questi cordoni, un poco più ap- parente degli altri si mostra a metà circa dell’anfratto, ed un secondo anche più sporgente, al suo terzo inferiore, ossia a quel posto, ove in alcuni individui della forma tipica si osserva qualche volta una serie di tubercoli , come si può vedere anche nella tav. II, fig. 1, 2 che rappresenta un esemplare di piccole dimen- sioni. Negli esemplari giovani ben conservati, ed in cui la spira è molto allungata, si notano sui primi anfratti anche traccio di varici. Tutti quanti i caratteri ora accennati e propri di questa va- rietà, costantemente s’incontrano tanto negli esemplari di grandi dimensioni, come in quelli di dimensioni piccole ; e come negli (■) Dietimi. (]. se. nat., voi. LI, pag. 12-1. 29 del pliocene di Castel- Viscardo. esemplari della forma tipica, così in quelli di piccole dimensioni si osservano i caratteri loro propri, per cui io credo essere questa varietà molto bene caratterizzata, non essendo questione nè di età nè di dimensioni il presentare queste modificazioni. Ciò si può meglio verificare nei disegni della tav. II, fìg. 1, 2, 3, 4 che in grandezza naturale rappresentano la forma tipica e la varietà in esemplari di dimensioni piccole. L’esemplare di Strombus coronatus descritto ed illustrato dal Depontaillier ('), secondo il mio parere deve riferirsi alla var. De Gregorii e non alla forma tipica, presentando esso tutti i ca- ratteri da me accennati, e cioè forma più conica, spira più lunga ed acuta, tubercoli meno prominenti, strie più numerose e profonde. La dettagliata descrizione poi delTornamentazione dei primi anfratti fatta dallo stesso Depontaillier, corrisponde perfettamente cogli esemplari tanto della forma tipica, quanto della varietà; per cui auche per questo resta bene provato trattarsi di una semplice varietà della specie del Defrance. La figura data dal Fontannes (1 2) sotto il nome di Strombus tube radi fer as M. de Serr., avendo per la forma generale molta somiglianza colla varietà in discorso, come ancora per le varici die si riscontrano nei primi anfratti, io crederei che essa pure si dovesse riferire alla var. De Gregorii, sebbene ne diversifichi un poco, per presentare i tubercoli suH’ultimo anfratto più piccoli, più tondeggianti e molto meno prominenti. Benissimo e giusta- mente osservò il De Gregorio (;!) essere questa specie indicata dal Fontannes piuttosto una forma differenziata dello S. coronatm, di quello che un rappresentante della specie del M. de Serres ; specie ben diversa e di cui dubitava lo stesso Fontannes. 11 De Gregorio propose per questa il nome di F. Fontannesii ; e là dove parla dello S. coronatm la cita come una varietà della specie del Defrance. Io non ho adottata la denominazione del De Gregorio, perchè la figura data dal Fontannes resta ancora incerta, e la forma di quell’ esemplare è certamente alquanto rara, mentre la forma della (1) Cai. foss. plioc. d. Cannes. Journ. Conchyl., ser. 3a, voi. XXIV, pag. 24, tav. I, fìg. 2. (2) Moli, plioc. vali. Rhone et Roussillon, voi. I, pag. 155, tav. IX, fìg. 1. (3) Nota su taluni Strombus. Bull. Soc. Malac. ital., voi. XI, pag. 82. 30 Strombus coronatus Defr. e Murex torularius Lk. varietà da me ora indicata s’incontra abbastanza di frequento nei depositi pliocenici italiani. Siccome poi il marchese De Gregorio, appassionatissimo ed erudito naturalista ha saputo per primo co- noscere, come la specie indicata dal Fontannes, non si dovesse riferire che ad una modificazione della specie del Defrance, così mi son creduto in dovere di indicarla col nome del distinto conchio- logo siciliano. Lo S. sferracavallensis De Greg. ('), per le poche parole di descrizione che ne dà l'autore, e per essere stato dallo stesso in certo qual modo avvicinato alla figura data dal Fontannes (S. tu- borenti ferus) mi sembra dovere avere anch’esso qualche somiglianza colla varietà da me ora indicata; ma non avendo sottocchio nessun esemplare, non posso nulla affermare in proposito. Le fìg. 4, 5, tav. XVIII, dell’opera del dott. K. Hoernes (2) indicata dall’autore come forma di passaggio dello S. coronatus allo S. Bonellii , segnerebbe ancora un passaggio alla var. De Gre- (jorii; mostrando una forma generale relativamente più conica ed una spira più allungata. L’esemplare di S. coronatus figurato dal Pereira, da Costa (:i) sebbene sciupato e non completo, mostra una forma molto allun- gata, una specie di forma di passaggio dalla forma tipica alla var. De Gregorii. Il prof. D’Ancona ('*) ricorda nella sua Malacologia pliocenica la forma da me ora indicata, dicendo esser essa di dimensioni più piccole della forma tipica, con la spira più elevata, e coi tuber- coli meno sviluppati ; ed accenna ancora agli esemplari di piccole dimensioni della ferma tipica, che dubita si potessero ritenere come una varietà, ed in tal caso propone il nome di var. minor. Per togliere qualunque dubbio, ho fatto fare un disegno della varietà da me ora descritta, dal quale si possono benissimo ap- prezzare le differenze che vi hanno colla forma tipica, colla figura data dal Fontannes, colle descrizioni e colle illustrazioni di diversi autori. Ho parimenti fatto disegnare un esemplare di dimensioni più piccole delle ordinarie, tanto della forma tipica, quanto della (*) Opera citata, pag. 82. (2) Gaslcr. mioc. Oesterc-IJng. Monarci)., pag. 168. (:i) Gastcr. clepos. terc. Portar)., pag. 137, tav. XVII, iig. 3. (l) Malac. plioc. ital. Meni. Coni, geol., voi. I, p. 313. del pliocene di Castel- Viscardo ( Umbria). 31 varietà, per mostrare come i caratteri che le distinguono si mo- strano costanti. Gli esemplari più grandi e meglio conservati che io conosco sono di Castel- Viscardo ; altri un poco più piccoli ne posseggo del Bolognese, della Toscana, del Piacentino e di altre regioni. l)i queste ultime località i pochi individui che sono a mia cognizione presentano tutti una spira meno acuminata ed una forma generale un poco meno allungata degli esemplari di Castel-Viscardo ; per cui meglio assomigliano alla figura del Fontannes e all’altra del Depontaillier. La forma tipica, mentre in Toscana, nelle provincie di Parma e Piacenza ed altrove è abbastanza frequente, nel Bo- lognese è rarissima. Stando a quello che ho disopra accennato, secondo le indica- zioni dei diversi autori, la var. de Gregorii sarebbe stata raccolta nel Pliocene, tanto nel così detto Astiano quanto nel Piacentino; e il De Gregorio cita anche un individuo, simile alla figura data dal Fontannes trovato nel Tortoniano di Monte Gibbio. Indica poi il suo S. sferracele alle usis del Post-pliocene, al quale dubitativa- mente riferirebbe dei piccoli esemplari raccolti nel Saariano del- l'Italia meridionale dal Seguenza ('■). Quanto alla forma tipica essa ò stata raccolta nel Pliocene e nel Miocene di molte località sì italiane che straniere. Murex torularius Lk. (var. umbra)). Tav. I, fig. 3, 4, La forma degli esemplari di cui tengo ora parola, mi sembra più di ogni altra allontanarsi da quella più comune del M. toru- larius e da quelle modificazioni della stessa specie che più di frequente ci è dato incontrare nei nostri depositi pliocenici. I due soli esemplari che tengo nella mia collezione particolare di Castel-Viscardo, si confonderebbero a primo aspetto col M. Pari- se hi Hoernes (2), tanta ne è la somiglianza, specialmente per la forma generale; ma diligentemente osservati egli è facile conoscere (') Form, ter 2. prov. Reggio [Calabria], pag. 354. (2) Moli. Tert-Beck. v. IVien. Abhandl. cl. k. k. geol. Reichs., voi. Ili, pag. 258, tav. XXVI, fig. 5. 32 Strombus coronatus Defr. e Murex torularius Lk. come ne diversifichino e come altro non rappresentino che una va- vietà della specie del Lamarck. Negli esemplari di questa varietà la spira non è molto pro- minente, l'ultimo anfratto si presenta globoso; la coda stretta, di- ritta ed allungata; le strie ed i funicoli trasversali numerosi, uguali, ben distinti fra loro, come è dato osservare nel M. toru- larius, M. br andar is , M. Partschi. Cinque sono le coste longitu- dinali, e gli spazi interposti fra esse non presentano alcun indizio di altre coste o di tubercoli, come invece si osserva nella specie deH’Hoernes nella quale le coste longitudinali, o varici sono in numero di tre, e negli interstizi si mostra una costa più piccola, meno sporgente e con una nodosità un poco acuta nella sua maggiore convessità. Le coste longitudinali nella nostra varietà sono molto rilevate, non molto grosse e tondeggianti; sono attraversate da strie e da funicoli, ed al loro terzo superiore, ossia al punto della maggiore loro convessità si osserva una leggerissima prominenza, formata da uno dei cingoli trasversali un poco più grosso degli altri, che forma una esilissima carena, la quale si osserva ancora negli interstizi. La coda non presenta nè nodosità, nè spine e solo anche in essa si osservano due funicoli obliqui un poco più grossi degli altri. La bocca è ovale allungata, il labbro sinistro esterna- mente ingrossato da una varice, internamente ornato da numerose pieghe sottili ed eguali. 11 canale è più largo di quello che si os- serva nel il/. Partsclù. Per tutti i caratteri ora accennati, non v’ha dubbio alcuno che gli esemplari in discorso non appartengano al M. torularius , diversificandone solo per la maggiore globosità del- l’ultimo anfratto, per la mancanza totale di spine e di tubercoli e per l’ altre poche modificazioni ora accennate e che meglio si pos- sono apprezzare dalle figure. Noto ancora che le coste longitudinali in questa varietà sono in numero solamente di cinque, mentre negli esemplari tipici e negli individui viventi del M. brandaris sono sempre sei ; qualche volta in numero maggiore, e molto raramente in minor uumero. Fra i molti conchiologi che hanno parlato del M. torularius e delle sue moltissime modificazioni, solo il (Jocconi (') lui accen- (l) Emiri, sist. moli. mine, e fili oc. Panna c Piacenza. Meni. Ace. se. st. Bolog., ser. 8a, voi. Ili, pag. 434. 33 del pliocene di Castel- Viscardo ( Umbria). nato con precisione a questa varietà indicandola in tal modo « 7a var. anfractibùs nodosis , cciuda inermi » aggiungendo, per gli esemplari del Piacentino, che dice non essere molto frequenti, che le verruche rotondate sono modellate sulla rotondità degli an- fratti e che non vi ha nessuna traccia di spine tanto stille verru- che che sulla coda. 11 Bellardi (') accenna anch'esso alle princi- pali modificazioni del M. torulcirius che fra loro in diversi modi si combinano, ma non le indica separatamente e perciò non viene a precisarne alcuna. Il De Gregorio (2) enumera e succintamente descrive molte delle modificazioni della specie del Lamarck, che considera esso pure come una modificazione del M. brandaris) ma sebbene la nostra varietà con alcune di esse presentasse qualche rapporto, pure non si può con alcune identificare. Fra le diverse figure date dal D’Ancona (3) del M. torularius da lui chiamato M. pseudo-brandaris, quella che si avvicina un poco alla var. umbra , ma solo per la forma generale, si è la fig. 7, tav. II; differendone poi per le dimensioni, pei tubercoli sulle coste, per il giro di spine sulla coda. Questa figura secondo il De Gregorio (4) rappresenterebbe la sua var. tiricus , interessante forma di passaggio fra quelle spinose e le mutiche. Volendo questa varietà anche confrontarla con alcune forme viventi, presenterebbe qualche somiglianza per la forma generale, facendo astrazione dal numero delle coste col M. messorius , col M. ausiellum e con alcune varietà mutiche del M. brandaris tanto abbondante nei nostri mari italiani. La poca frequenza e la quasi niuna citazione di questa va- rietà, potrebbe forse, in chi segna i primi passi in paleontologia, avendo la combinazione di trovarne qualche esemplare, far nascere il desiderio di creare una specie nuova, egli è perciò che ho cre- duto interessante accennare un poco diffusamente i caratteri che presenta, dando in pari tempo due esatte figure, onde poterla di- stinguere, ma non separarla dalla specie del Lamarck. L. Foresti. (!) Moli. terr. terz. Piem. e Liguria. Mem. Acc. se. di Torino, ser. 2a, voi. XXVII, pag. 50. (2) Form. var. spec. dipend. Murex brandaris Bull. Soc. Malac. ital., voi. X, pag. 228. (3) Opera citata. (4) Opera citata pag. 231. 3 34 Strombus coronatus Defr. e Murex turularius Lk. etc. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. Tav. I. Fig. 1, 2. Strombus coronatus Dfr. var. De Gregorii. Esemplare di grandi dimensioni. » 3, 4. Murex torularius Lk. var. umbra. Tav. II. Fig. 1, 2. Strombus coronatus Dfr. forma tipica. Esemplare di piccole dimensioni. » 3, 4. Strombus coronatus Dfr. var. De Gr egorii. Esemplare di piccole dimensioni. ) Boll. Soc.Geol.Ital. Voi. VII. (1888), lav.T. E. Contali dis. dal vero e in pietra. Lit. G.Wenk; Bologna. Boll. Soc. Geol.Ital Voi .¥11.(1883), tav. II E. Contali, dis. dal vero e in pietra. Lit.G.Wenk, Bologna. SOPRA ALCUNE PERFORAZIONI DELLA PIANURA PARMENSE Nel quadriennio 1884-87 si eseguirono in alcuni tratti della pianura della provincia di Parma numerose perforazioni del suolo per costruzioni di viabilità e per la ricerca di acque saglienti. Giu- dicando che i risultati di tali perforazioni tornino in appoggio ed a complemento delle idee già sostenute intorno alla costituzione della pianura parmense (1), e per l’importanza che vanno acqui- stando i pozzi trivellati nell’igiene delle città (2), espongo ora quanto credo di aver bene osservato intorno alle condizioni geolo- giche e topografiche per le trivellazioni artesiane nel parmense. Ed a ciò sono indotto anche dal fatto, che queste condizioni riscontrate nel parmense precisano la teoria generale con un caso speciale forse non ancor esattamente descritto ed interpretato, dal Ramazzini al Doderlein (3) ; e nella probabilità che esse possano verificarsi, come avviene per il Modenese, in molta parte della pianura dipendente nella sua origine dall’Apennino settentrionale (4). Queste osservazioni d’altra parte, potranno forse tornare di qualche valore anche nella descrizione geognostico-idrografica della i1) Del Prato A., La Geologia ed il suolo coltivato della 'provincia di Parma. Bull, del Com. Agr. di Parma 1883. (2) Lotti B., Le condizioni geologiche di Firenze per le trivellazioni artesiane. Bull, del Com. Geol. It. Boma n. 9-10 1887. (3) Doderlein P., Note illustrative della Carta geologica delle provinole di Modena e Reggio. Mem. della K. Accademia delle Se. Lett. ecc. di Modena, tom. XII, Modena 1871. (4) Costa C., Notizie sui pozzi modenesi. Mem. della R. Acc. delle Se. ecc. di Modena, voi. IX, pag. 49-62, 1868. 36 Sopra alcune perforazioni Valle del Po, dal bacino del Benaco a quella del Reno, progettata non lia molto dal prof. Taramelli (')• Le perforazioni delle quali qui si tratta, riguardano pel mag- gior numero la costruzione di pozzi artesiani o modenesi o saglienti che dir si voglia, che a scopo igienico ed agricolo ormai si contano a centinaia in un breve tratto del parmense. Di tali pozzi non si aveva prima d’ora alcun rappresentante in questa provincia, per quanto vicina alla regione già classica in Italia per tale riguardo, e benché i metodi di perforazione vi siano stati da tempo larga- mente applicati nelle ricerche petroleifere. Ma la possibilità della loro riuscita, almeno in certi tratti del piano, era accusata, ne sembra, da condizioni ben chiare. Esistono, ad esempio, nelle frazioni di S. Donato e S. Prospero comune di S. Lazzaro presso Parma, sorgenti sgorganti con forza da sensibili profondità e con abbondanza di acque non solita per ampia apertura ben modellata circolare, ben diverse insomma dalle tante sorgenti che direi gemono per affioramento di strati. Queste sorgenti circondate di argini elevano le loro acque, e si presentano come isolate in terreni ben asciutti, attraversanti roccie che per massa e natura non avrebbero potuto scavare senza condizioni di fratture od altre: sono quindi da ritenersi saglienti e forse anche di origine artificiale. D’altra parte l’abbondanza e la potenza sagliente di acque sotterranee, nelle due frazioni citate è manifestata anche dal fatto che pozzi ordinari abbandonati si sono trasformati in vere sorgenti: ed è poi evidentissima nel cavo Gambalone, sempre nei luoghi citati, dove ricche sorgenti e profonde con sprofondamenti ampi e ben delimitati si succedono in breve tratto assai frequenti, al certo perchè una rottura del suolo o l’erozione del corso d’acqua ha facilitata la loro uscita per spinta. Ad ogni modo è da notare che i risultati delle perforazioni hanno confermato pienamente la bontà di tali induzioni. Il tratto della pianura parmense fin ora ben sperimentato colle perforazioni artesiane è quello compreso fra i due torrenti Enza e Parma; in esso però le acque saglienti si mostrano limitate a monte, da una linea che corre nella direzione dell’Apennino e che potrebbe esser data con abbastanza precisione dalla ferrovia centrale italiana, (') Taramelli T., Bull, del Com. Geol. Ih n. 5-6. Roma 1887. della pianura parmense. 37 mentre nelle frazioni di Ramoscello, Ravadese, Pizzolese, San Polo potrebbe essere collocata la linea inferiore die presenta però un an- damento irregolare. In questa zona, che si mostra assai limitata tanto nel senso parallelo come in quello trasverso all’Apennino, la successione lito- logica riscontrata nelle perforazioni, della quale si è potuto tener conto sufficientemente esatto ([), è oltremodo uniforme. Sotto il ter- reno coltivabile di piccolo spessore, troviamo sedimenti argilloso- calcarei, argilla ricca in avanzi vegetali da potersi dire torbosa, indi nuova argilla spesso abbondantemente e linamente sabbiosa, e finalmente delle ghiaie o sole o miste con poca sabbia. Ecco ad esempio la successione litologica riscontrata in due pozzi assorbenti del Giardino pubblico di Parma, superiormente al limite notato delle acque saglienti. I Terreno vegetale ed argilla cal- carea grigia. a 4 m. argilla micacea giallastra con resti di molluschi indeter- minati. 5 m. id. id. grossolana 6 m. id. id. bruna 7.50 m. ghiaia grossa indi argilla 11.50 m. argilla torbosa 12 m. id. micacea fina sab- biosa gialliccia 15 m. ghiaia ordinaria con acqua. II Terreno vegetale ed argilla cab carea grigia. id. 6-7 sabbia gialliccia e ros- sastra. 12 argilla torbosa 13 - 13,50 id. micacea sab- biosa 13,50 - 14 ghiaia mediocre con acqua. Ben poco vi è da osservare intorno alle diverse roccie che formano l’accennata successione. L'argilla chiamata torbosa, è una argilla ancora calcare, fine, compenetrata abbondantemente da resti vegetali decomposti ed indiscernibili ad occhio, facilmente ricono- (i) I dati relativi alle perforazioni furono raccolti dal costruttore D. Gio. vanni Capelli e ripetutamente riscontrati dallo scrivente. 38 Sopra alcune perforazioni scibile per la tinta nerastra; il suo spessore massimo fin ad ora notato è di m. 1,80 e qualche volta si ripete nello stesso punto a profondità differenti: così fu trovata a 9-12-13 m. a S. Donato, a 12-17-21 m. a Pedrignano, a 17-27-35 m. a Ravadese. Entro la cinta della città, oltre alle due profondità notate per i pozzi del Giardino pubblico, fu trovata a 17,15 m. nel teatro Reinacb. Costi- tuisce lo stato impermeabile che comprime la falda acquea copren- dola alla superficie superiore, condizione che assicurerebbe la sa- glienza delle acque, quand’anche lo strato inferiore su cui scorre la falda non fosse impermeabile (1). La ghiaia per natura è eguale a quella che trasportano attual- mente i nostri torrenti e che deriva dalle roceie dell'Apennino, e per dimensione paragonabile a quella che in corrispondenza della zona acquifera sagliente depongono oggi l’Enza ed il Parma. In gene- rale presenta uno spessore limitato e relativamente uniforme : da 1 a 5 m. comunemente da 2 a 3 m. e nello stesso punto sono rare le successioni; a Paradigna fu trovata a 31 m. senz’acqua ed a 39 m. acquifera. Costituisce lo stato permeabile che contiene la falda acquea dalla quale si originano i pozzi saglienti. L’argilla micacea abbondantemente sabbiosa si ritrova in modo abbastanza costante sopra la ghiaia acquifera, e la sabbia che vi è commista è fina e silicea. Esaminando ora i pozzi situati sensibilmente sopra la stessa linea nelle due direzioni longitudinale e trasversale, ben poco si può conchiudere all’ infuori della profondità dello strato ghiaioso e ' della relativa falda acquea sagliente. Secondo una linea nel senso ed in vicinanza del corso attuale dell’ Enza, la zona acquifera si mostra ben poco estesa e la profondità alla quale essa trovasi, compreso lo spessore della ghiaia, varia da 24 a 29 m. ma con prevalenza delle profondità da 26 a 27 m. L'altra linea parallela che si può prendere invece più presso il Parma, è sensibilmente più lunga con profondità da 21 a 31 m. prevalendo le profondità da 24 a 29 m. Vi è da notare che in questa seconda linea per un tratto non si ebbero acque saglienti. Nel senso trasverso a queste linee secondo altre due, vicine l’una al limite superiore, l’altra all’inferiore delle acque saglienti (x) De Lapparent, Traité de Góologie, pag. 239. della pianura parmense. 39 già indicati, si riscontrano le solite profondità colle solite varia- zioni; se non che forse, nella linea inferiore le profondità sono alquanto maggiori e più uniformi. Dopo queste condizioni che, è bene il ripeterlo, sono generali nella zona acquifera sagliente che esaminiamo, importa ora notare alcuni particolari di molto valore nella conclusione che si vuol trarre intorno alle condizioni de’pozzi saglienti nel parmense. Nella linea longitudinale de’pozzi verso il Parma si sono riscontrate le solite condizioni, solo a 31 m. in due pozzi fra loro distanti, e nella trasversa inferiore in un punto a 41 m. fra profondità veramente uniformi, come se vi fosse stato uno sprofondamento che venne poi riempito nelle condizioni dei punti vicini ; nello spazio limitato di una frazione (Pedrignano) colle solite profondità di 26-27 m. si associarono altre di 30-36-47-49 m. Nella linea inferiore limitante i pozzi normalmente saglienti, molte perforazioni furono abbandonate per l’abbondanza della sabbia; nella parte superiore, in qualche punto, per l’abbondanza della ghiaia. Fatti ancora da notarsi al nostro scopo, sono quelli di pozzi distanti solo 47 m. di notevole portata fra gli altri, e quasi egual- mente profondi: pf. 47 m. 2,200 lit. (Ravadese) v 46 » 2,180 » » di due pozzi distanti 60 m. che si dimostrarono comunicanti allor- ché colla pompa si estraeva l'acqua da uno di essi (Casalbaroncolo) ; di un pozzo che diminuì il suo getto per l’apertura di un altro ad un centinaio di metri nel senso trasverso, e che può influire su questo secondo se si abbassa l’apertura d’uscita delle sue acque, mentre si mostra indipendente da un terzo collocato un cinquanta metri più in basso e distante venti metri. (S. Donato). L’altezza raggiunta dalla colonna d’acqua sagliente fu perfino di 6 m. : ma di solito la spinta si mostra assai debole da uno a due metri dal suolo. Condizioni eccezionali si trovarono solo in un pozzo ad Ugozzolo (Raschi) dove le acque portarono fuori dalla profondità di m. 26,75 minute ghiaie discoidali uniformi quali non potrebbero esser date dai nostri torrenti apenninici, ed in altri due che diedero abque solforose e con carburi d'idrogeno infiammabili. Del resto le acque sono di qualità un po’ variabile. 4Q Sopra alcune perforazioni Un ultimo fatto, relativo ancora alla zona delle acque saglienti, ne apre per così dire la strada a vedere altre condizioni dell’interno della pianura parmense. In un pozzo in Paradigna si trovò da 27 31 una sabbia grigia con gusci di molluschi univalvi terrestri e d’acqua dolce, portati fuori in abbondanza assieme alla sabbia dalle acque, forse perchè più leggeri, e dei quali ecco l’elenco per deter- minazione dello Strobel. Succinea oblonga Drp. Limnaeus minutus Drp. Planorbis leucostoma Mich. Vertigo pygmaea Drp. Ilelyx palei iella Muli. Pupa marginata Drp. Specie queste già rinvenute nel parmense come viventi o che vi si debbono ritrovare (I). Non lungi da questo pozzo e superiormente, le acque portarono fuori ancora abbondantemente della sabbia ma con tinta giallastra. Nella parte inferiore e superiore ai pozzi saglienti, troviamo pozzi assorbenti alcuno dei quali neH’inverno si eleva anche tino ad uscire dal suolo. E per decidere della struttura della pianura par- mense riporterò ancora i risultati di alcune perforazioni eseguite dal limite inferiore dei pozzi saglienti al Po, sempre nel tratto fra il Parma e l’Enza. Un pozzo in Gainago nella proprietà Bai duino entro l'abitato, fu spinto fin oltre i 113,50 m. e mostrò la seguente successione: Da 0,00 a 18,00 m. terreno coltivabile ed argilla comune » 18,00 a 43,00 sabbia e ghiaie piccole, varicolori extrapenniniche » 43,00 a 90,00 argilla verdognola e nerastra ” 103,00 a 90,00 sabbia con interstrato di ghiaia grossolana » 103,00 a 113,00 sabbia grossolana, argilla compatta framezzata da uno strato di 0,70 di argilla mista a resti di vegetali legnosi. In questa successione le argille si diversificarono per colore, e la sabbia e ghiaia per dimensione degli elementi. (i) Strobel P., Intorno alla distribuzione oro-yeoyraficà dei molluschi viventi dal Tidone alla Secchia. Bull, della Soc. Mal. It., voi. III. Siena 1877. della pianura parmense. 41 In un pozzo nel fondo Bozzani in Fontanellato a m. 60 ghiaia di roccie primitive e di calcari extrapenninici ed un frammento di Dentatimi evidentemente trasportatovi. Nella fondazione del ponte sul Parma a Colorilo, nella linea Parma-Brescia, sotto il terreno vegetale si trovò argilla finissima per m. 2,40 indi per 9 l/2 m. sabbia pura. Finalmente nel ponte, sul Po, sempre sulla medesima linea, alla spalla sinistra nello spessore di metri 26, si trovarono terreno vegetale ed argilloso per 8 m. e nei rimanenti sabbia pura grigia che si fa più bianca nella parte inferiore: dai 19 ai 23 m. colla sabbia anche qualche ghiaia di dimensioni e natura diverse. In questi scavi nella terza pila ad 11 m. sotto il piano di campagna e nella quarta a 6 e 7 m. si trovarono resti isolati di ossa del genere Dos. Esposti questi dati e questi fatti sarebbe inutile il farne una più lunga discussione essendo per se stessi abbastanza significativi per conchiudere. La pianura parmense, nel tratto delle acque sa- glienti compreso fra l’Enza ed il Parma, presenta per la mag- gior parte nel suo interno un deposito continuo di ghiaie di pro- venienza apenninica, formante un piano inclinato con pendenza forse alcun poco maggiore della superficie verso il Po. Questo sepolto campo di ghiaie mantiene ancora la configurazione di una serie di alvei torrenziali colla loro irregolarità di andamento e di deposito, e da esso dipende una falda acquea che alimenta i pozzi saglienti; potendo coi suoi elementi sciolti e rotolati contenere molt’ acqua e permetterne il movimento con notevole facilità, e verificandosi del resto le altre condizioni necessarie idrostatiche. I dati delle perforazioni concordano tutti per ammettere ima tale condizione, ed assieme le particolarità presentate dai pozzi saglienti ricevono da essa più che sicura spiegazione. Interpretate le cose in questo senso, ben si apponeva verso la metà del secolo SYII il Cassini allorquando, dopo aver perforato egli stesso un pozzo mo- denese a Forte Urbano, riferiva alla Sorbona sui pozzi fra Modena e Bologna dicendo, « che essi derivano da acque dell’Apennino per canali sotterranei, distando Modena soltanto 18 kil. dall’Apennino ». Nella parte a valle della pianura il deposito profondo delle ghiaie si scontra con altri sabbiosi o diversi di origine extra apen- ninica, deposito sabbioso che facilita il disperdersi della falda aquea che accompagna la ghiaia, potendo la sabbia comune sciolta, secondo 42 Sopra alcune perforazioni Ansted, assorbire i due terzi del suo volume d’acqua cioè, più di 560 lit. per m. c. ; e potendo le acque che vi arrivano per certe dire- zioni principali formarvi una falda continua e regolare. Noto però, avendo affermato ciò altre volte, che questo scontrarsi di depositi di differente o variata natura litologica, costituisce un’ostacolo rela- lativo al corso della falda acquea ; poiché, come osserva Thurmann citato da Villanova, i ciottoli rotolati, sciolti sono molto permeabili , l’arena pura fina è soltanto permeabile , l’arena argillosa poco per- meabile (*). A questo punto rimarrebbero ancora da farsi due ricerche; ve- dere cioè, come venga alimentata la falda acquea che scorre entro la ghiaia, e come avvenne il deposito delle roccie di riempimento che sovrasta alla ghiaia stessa. La geologia non manca sicuramente di spiegazioni per la seconda questione : ma non è il caso, dopo di aver concluso strettamente dai fatti, di abbandonarsi a discussioni; tanto più che un esame più esteso di altri punti potrà darne, se non fu già data, una sicura risposta (2). Rilevo intanto, che guardando alla successione litologica riscontrata, parrebbe risultare probabile che il riempimento sia stato accompagnato da un lento abbassarsi della Valle del Po. E riguardo all’alimentazione della falda acquea noterò solo, che una successione quale si riscontra nella zona delle acque saglienti del piano, non si verifica in alcuna delle forma- zioni rocciose dell’Apennino parmense dal pliocene superiore all’eo- cene medio ; solo nei depositi superficiali delle prime colline (qua- ternario?), nel solito tratto fra il Parma e l’Enza, abbiamo una successione che può paragonarsi a quella del piano ed esserne considerata forse come l’affioramento a monte. Ecco ad esempio la successione in un pozzo scavato in vignale di Traversalo, sponda sinistra dell’ Enza, sotto la villa Strobel. Terreno vegetale da 0,00 a 0,85 Terra gialla con ciottoli » 0,85 * 6,75 Puddinga calcare « 6,75 « 7,75 0) Baldacci, Sopra alcuni recenti studi di pozzi trivellati in Italia. Ann. di Agricoltura, 108. Roma 1886. (2) Lombardini C., Della condizione idraulica della pianura fra l'Enza ed il Panaro. Il Politecnico, voi. XIII. Milano 1865. — Studi sull'origine dei terreni quaternari di trasporto e specialmente di quelli della pianura Lom- barda. Meni. dell’Ist. Lombardo 1861. 43 della pianura parmense. Ghiaia calcare disaggregata » 7,75 » 11,00 Argille marnosa, sabbiosa, micacea fine . . » 11,00 » 14,00 Terra bruna e ghiaia sciolta » 14,00 » 20,00 Terra giallo-bruna « 20,00 » 24,50 Marna calcare, sabbiosa, micacea .... « 24,50 » 31,00 Puddinga calcare a cemento argilloso calcare » 31,00 * 32,50 Tutti questi materiali si mostrano fortemente colorati per ossidi di ferro e manganese. Come limite estremo di prove per spiegare la costituzione della pianura parmense si potrebbe ancora ricordare, l’opinione ben probabile che ai tempi di Plinio, di Strabone e Tolomeo la Parma, con corso diverso dall’attuale, ai piedi dell’Apennino si perdesse nel- l’Enza (Affò); e l'affermazione di Strabone al libro Y che gli stagni del Po si estendessero ben più vicino all’Apennino. Alberto Del Prato. TAVOLA PALEO-PROTISTOGRAFICA. (Con una tavola) Gli esemplari di cui si osservano i disegni nella qui unita tavola III furono scelti nel residuo di alcuni frammenti di marna proveniente da quella zona inferiore del pliocenico bolognese, la quale, sviluppata particolarmente nei pressi del Ponticello di Sa- vena e fornita di speciali caratteri mineralogici e paleontologici, è già, per alcuni scritti ben nota ai geologi italiani (1). In una nota preliminare intorno ai rizopodi reticolari fossili nelle marne del Ponticello, pubblicata or sono cinque anni in questo stesso periodico, giudicai conveniente il distinguere in quel deposito fossilifero: 1° gli strati sottostanti alla lente glauconitifera, costi- tuiti da argilla più o meno plastica; 2° gli strati glauconitiferi ; 3° gli strati superiori, ricchi più degli altri di fossili, tra cui abbon- dano i resti di Pecten hystrix, di P. vitreus, di Ostrea cochlear , di miliolidi e di textularidi. Gli esemplari in discorso provengono dagli strati superiori, e mi offrono opportunità per le considerazioni seguenti : Fig. 1, 1 a, 1 b. — L’esemplare rappresentato da questa figura (ad un ingrandimento di 55 diametri) è riferibile con ogni proba- (*) (*) Silvestri, 1872, Atti Acc. Gioenia, ser. 8a, voi. VII, p. 63, 76 (Cita due specie di Nodosaria fossili in Savena). — Capellini, 1876, Mem. Acc. Se. Ist. Boi., ser. 3a, voi. VI, p. 598, 599, (Cenno sulla posizione stratigrafica). — Boll. Coir.. Geol. Ital., voi. Vili, p. 398, (Importanza mineralogica, geologica e paleontologica). — Manzoni, 1880, Ann. Soc. Nat. Mod., anno 14°, fase. 1° (Posizione stratigrafica. È inesatta l’indicazione della località). — Foresti, 1880, Mem. Acc. Se. Ist. Boi., ser. 4a, voi. I, p. 551, 554 ( Ostrea cochlear). — 1885, Boll. Soc. Geol. Ital., voi. IV, p. 97 ( Pecten hystrix). — Bombicci, 1881, L' Appennino bolognese, p. 30, 31 (Cenno miner., geol. e paleont). - Fornasini, 1883, Boll. Soc. Geol. Ital., voi. II. p. 176. — 1886, Ibidem, voi. V, p. 255, 350. — 1887, Ibidem, voi. VI, p. 29, 374, 379, 399 (Foraminiferi). Tavola paleo-protistografìca. 45 bilità alla specie medesima cui appartiene quello da me altra volta illustrato sotto il nome di Sagrino, affinis. Applicai ad esso questa denominazione, perchè mi parve prossimo ad una specie cretacea illustrata nel 1840 da d’Orbigny sotto il nome di S. rugosa. — 11 genere Sagrino fu istituito da d’Orbigny per distinguere certe specie enallosteghe, le quali, di natura indifferentemente ialina o arenacea, non differivano dalle textularie e dalle vulvuline che nell’apertura, che, oltre all’essere di forma circolare, era posta all’estremità di un prolungamento dell’ultima camera. D’Orbigny fece conoscere due specie di Sagrino,, la pulcliella e la rugosa. Egli, non osservando la disposizione delle prime camere, non si ac- corse che le due specie, meglio che biseriali, erano tri-hiseriali, e che quindi la prima (ialina) non era altro che una uvigerina di- morfa, la seconda (arenacea) una textularina poco dissimile dalle comuni gaudryine. Oggidì il termine Sagrino è limitato a un gruppo di specie ialine, uvigerine dimorfe, tri-hiseriali e tri-uniseriali. Quanto poi alla S. rugosa, essa fu riferita da Keuss, nel 1865, al nuovo genere Heterostomella, il quale differirebbe dal genere Gaudryina per l’apertura che non si trova nel sito normale delle textularie. Il Brady d’altra parte ritiene questo carattere differen- ziale come insufficiente per una distinzione generica e considera quindi Heterostomella sinonimo di Gaudryina. — Non solo nelle gaudryine ma anche nelle textularie vere si osserva talvolta che l’apertura è in posizione anormale, e la Textularia concava ne offre un esempio. L’esemplare da me illustrato sotto il nome di Sagrino a/finis, essendo arenaceo e puramente biseriale, non è ima Sagrino: di più non differisce dalle comuni textularie che nel sito e nella forma dell’apertura. E se bene esso si confronta tanto con quello illustrato dal Brady sotto il nome di T. concava {Foravi, diali., tav. XLII, fig. 14), quanto con quello riprodotto nella qui unita tavola, si vedrà che quest’ultimo può essere riguardato in certo qual modo come intermedio fra gli altri due, e che non torna inna- turale il riferirli tutti ad una stessa specie, la T. concava Karrer sp. (1868) 0). (') Esiste un’altra T. concava Terq. e Berth. (1875, Mém. Soc. Géol. Fr., ser. 2a, voi. X, tav. XI, fig. 8) , fossile nel lias medio, la quale non ha a che fare colla specie karreriana. 46 C. Fornasini Fig. 2, 2 a, 3, 4. — I tre esemplari rappresentati da queste figure (all’ingrandimento di 37 diametri) appartengono senza dubbio ad una medesima specie, la quale, secondo il concetto del Bradv e degli autori inglesi in generale, non sarebbe altro che la Textu- laria sagittulci Defr. — Giova qui notare che sotto questa deno- minazione furono spesso comprese almeno due forme, le quali, a mio avviso, può tornare utile il tenere tra loro distinte: l’una più grande, costituita da elementi più grossolani, carenata ma poco compressa, sovente corrugata , la vera T. sagittula frequente nel neogenico d’Italia, quale era intesa daDefrance, da d’Orbigny ( Tavole inedite ) e da Costa ( Paleont . del regno di Napoli ), e quale fu da me illustrata lo scorso anno in questo stesso periodico (voi. YI, tav. IX, fig. 1, 2; tav. XI, fig. 2): l’altra più piccola, la T. cu- neiformi d’Orbigny ( Foram . Cuba), costituita da fini elementi, talvolta corrugata , assai compressa e acutamente carenata, molto prossima, se non identica, alla forma recente illustrata da Parker e Jones (Phil. Trans., voi. CLV, tav. XII, fig. 77) e da Brady (Foram. Chall., tav. XLII, fig. 18) sotto la denominazione di T. sa- gittula. — Ritengo che la T. sagittula Costa, fossile nelle marne vaticane, benché insufficientemente figurata, sia la stessa alla quale vanno riferiti gli esemplari ora in considerazione. — Essendo inoltre questa specie molto variabile nei contorni, ritengo pure che essa sia affine alla T. pala Czjzek ('), alla T. acuta Reuss, nonché a quella forma oligocenica che il Reuss illustrò sotto il nome di T. pedinata (Denkschr. Ak. Wiss. Wien, voi. XXV, tav. IV, ' fig. 12, 13), che non appare identica alla T. pedinala del mio- cenico di Vienna e di Wieliczka. Fig. 5, 5 a, 6, 7. — Queste tre forme differiscono tra loro per il grado maggiore o minore di acutezza e per lo sviluppo del collo interno. Sono tutte più o meno compresse benché non care- nate, e in ciò differiscono principalmente dalla Lagena globosa e dalla apiculata; sono allungate, e ciò le distingue sopratutto dalla L. laevigata. — Non trovo ragione alcuna per doverle separare dalla L. lucida Williamson sp., comprendendo così sotto questa denominazione le forme apiculate e le non apiculate, come del resto f1) Nella nota preliminare poco sopra citata la indicai anzi col nomo di T. pala. 47 Tavola paleo-protistografica. intende lo stesso Williamson. Il Brady propone di distinguere le forme apiculate (compresse ma non marginate) col nome reussiano di L. acuta, e ciò può in molti casi convenire. — L’esemplare rappresentato dalla figura 5 (all’ingrandimento di 55 diametri) sa- rebbe riferibile alla tipica L. lucida. Degli altri due esemplari (disegnati all’ingrandimento di 70 diametri) l’uno (fig. 6) potrebbe riferirsi alla L. acuta , l’altro (fig. 7) ricorderebbe meglio una forma di mare profondo illustrata dal Rymer Jones sotto il nome di L. vul- garis, var. figurina (Trans. Linn. Soc., voi. XXX, tav. XIX, fig. 6), la quale a sua volta somiglia alla Fissurina (non Lagena ) api- culata Reuss. — La L. lucida può vedersi figurata (in sezione), oltreché nella monografia di Reuss, anche nel lavoro di Moebius sui foraminiferi di Mauritius, e per ultimo in quello di Balkwill e Millett sui foraminiferi di Galway (Journ. Mici-. Nat. Se., voi. Ili, tav. II, fig. 7). Fig. 8. — L’esemplare rappresentato da questa figura (in posi- zione obliqua perchè ne apparisca visibile il margine, e all’ingran- dimento di 65 diametri) è una Lagena appartenente al gruppo delle compresso-marginate, ed ha per carattere distintivo di pos- sedere doppia carena marginata nella metà inferiore soltanto. E una modificazione della L. marginata, e volendo distinguerla con nome nuovo, proporrei quello di L. bradyana. — La L. bicarinata Terq. secondo Balkwill, Millett, e Wright (Journ. Micr., voi. Ili, tav. II, fig. 4 ; Ir. Ak. Trans., voi. XXVIII, tav. XII, fig. 30) ha per in- tero doppia carena marginata. Fig. 9. — È la Nodosaria calomorpha Reuss, nel senso inteso dal Brady ( Foram . Chall.). L’esemplare fu disegnato all’ingrandi- mento di 70 diametri. Delle due forme illustrate dal Terrigi, luna, proveniente dalle sabbie vaticane, differirebbe per l’ apertura eccen- trica, simile a quella delle marginuline e delle vaginuline, l'altra, fossile nelle marne del Quirinale, si distinguerebbe per il prolun- gamento alla cui estremità è l’apertura. Alcune delle forme oligo- ceniche illustrate da Reuss sono apiculate, e così pure alcune di quelle illustrate da Schlicht (Foram. Fietepuhl, tav. VII, fig. 1 e seg.). La N. calomorpha raramente è costituita da più di tre camere. — Non credo fuori di proposito il richiamare l’attenzione su certe forme Basiche figurate da Terquem e Berthelin coll’indicazione « types divers » (Mém. Soc. Géol. Fr., ser. 2a, voi. X, tav. XII, fig. 7). 48 C. Fornasini. Tavola paleo-protistografica. Fig. 10, 11. — Sono due esemplari di Nodosaria Sil- vestri, nei quali la disposizione delle camere e dell'apertura si avvi- cina molto a quella di una Marginulina. Questa tendenza si os- serva già accennata nella figura 147 del Silvestri, che rappresenta un esemplare a tre camere. Ordinariamente la N. proxima è costi- tuita da due sole camere. — Le due figure in considerazione sono state disegnate all’ ingrandimento di 70 diametri. — La forma illu- strata dal Brady ( Foram . Chall., tav. LXIV, fig. 15) è ornata da costole rare e oblique. Quella illustrata da Parker e Jones sotto il nome di N scalaris Batsch sp. (Pini. Trans., voi. CLY., tav. XVIII, fig. 13) somiglia molto alla N. proxima , come del resto avviene di tutte le forme biloculari della N. scalaris. — Si confronti pure la Lagena vulgaris, var. bicamerata Rymer Jones (Trans. Linn. Soc., voi. XXX, tav. XIX, fig. 62). Fig. 12, 12 a. — È una elegante Uvigerina J alquanto com- pressa nella regione superiore e ornata da delicatissime costole lon- gitudinali. Le ultime tre o quattro camere tendono ad alternarsi disponendosi ad un intreccio caratteristico. — La specie che, per quanto mi consta, più le somiglia è V U. Parkerì Karrer, la quale è pure allungata, compressa e con tracce di costole, ma si distingue facilmente per una disposizione affatto diversa delle camere (Abhandl. geol. Reichsansb Wien, voi. IX, p. 385, tav. XVI£, fig. 50). Pro- pongo per la nuova specie la denominazione di U. bononiensis. — L’esemplare in considerazione è stato disegnato ad un ingrandimento di 65 diametri. C. Fornasini. Boll. Soc. Geol.Ital. Yol, VII. (ìsss^tav. III. C. Fornasin^ d i s . dal vero. Iit 6. Wenlc, Bologna. OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUI CRATERI VULSINII La bibliografìa compilata pel Congresso geologico di Bologna (1881) registra molte opere sul vulcanismo tirreno, e molte altre oggi si dovrebbero aggiungere. Il Ponzi, il quale più estesamente trattò il soggetto, poneva la zona vulcanica dentro una sinclinale, compresa tra la catena dell'Apennino ed una catena prolungata dalla Toscana ai monti della Tolta, ai Lepini, ai monti di Gaeta e di Salerno. Tra quelli che scrissero dei crateri Vulsinii, per quanto mi è noto, riferirono osservazioni originali particolarmente il Pareto (1844), il Rath (1868), lo Stoppani (1873). Il Pareto vi segnava tre centri di attività: Patera, Torre Alfina, Montefiascone ; il Rath segnalava la presenza della trachite, e considerava la conca lacu- stre di Bolsena quale effetto di avvallamento del terreno. Lo Stop- pani aggiunse nei centri di attività il monte Rado, e considerò il lago di Bolsena quale effetto di sventramento d’ un cratere. Poco adunque avendo da dire in più, specialmente dopo che avevo esposte nel 1878 le mie idee sulla quistione della genesi e cronologia dei tufi, ed avevo comunicata nel 1885 la scoperta delle lave di Montalto, m’era proposto di porre in disparte gli appunti presi nelle escursioni sul distretto Vulsinio negli anni 1881-82. Devo desistere dal proponimento fatto per accondiscendere al prof. Ricciardi, il quale mi chiese i campioni delle lave raccolte per analizzarle chimicamente, eppoi le inviò al prof. Klein per T analisi petrografia. Indotto perciò a completare colla descri- zione stratigrafica la Memoria presentata dal Klein all'Accademia reale delle scienze di Berlino, nella seduta del 2 febbraio (’), av- D) C. Klein, Petrographische Untersuchung einer Suite von Gesteinen aus der Umgebung der Bolsener Seés. — Sitzungsberiehte der koniglich preussischcn Akademie der Wissenscliaften zu Berlin. — Gesammtsitzung vom 2 Februar 1888. 4 50 A. Verri verto che non intendo scrivere una monografia, perchè mi mancò e mi manca il tempo ed il modo di farla completa (‘). Applicatomi, dopo le escursioni nel distretto Vulsinio, a stu- diare l’Apennino centrale, in base alle osservazioni esposte nelle comunicazioni precedenti, premetto le idee ultime, che mi sono formate sugli avvenimenti geologici della porzione di penisola cor- rispondente alla zona dei vulcani, affine d'indagare, colla ricerca dei movimenti anteriori, come erano preparate le masse, attraverso le quali eruppe il vulcanismo quaternario. Nella carta dell’Italia centrale, alla scala dell’ , risulta 85400 espressa con tanta evidenza la relazione tra la struttura fisica e topografica del territorio, che ho rinunciato ad unire alla Nota una piccola carta geologica. Il lettore può formarsi bene un’idea chiara delle cose che riferisco, segnando sulla prima le indicazioni contenute in questo scritto. I. Linee generali della struttura fìsica nella penisola italiana in corrispondenza alla zona dei vulcani tirreni. La sezione trasversale della vertebra centrale dell’Apennino , mostra un sistema ad onde, per curve alternate anticlinali e sin- clinali di formazioni mesozoiche. Il profilo longitudinale, oltre a diverse insellature e rotture nelle onde, mostra il sistema disposto secondo una grande curva anticlinale. Se la catena del monte San Vicino fosse 300 a 400 metri più alta, si potrebbe dire che il f1) Allorché visitai il territorio Vulsinio, fidandomi delle apparenze delle rocce, della direzione dei giacimenti, delle altezze di livello, trascurai di rac- cogliere saggi su tutti i punti dove trovavo affioramenti delle lave. Non ho avuto, nè spero piu di avere tempo per controllare quelle prime osservazioni collo studio petrografico. Le presento perciò come sono, perchè, essendovi indicati i luoghi di affioramento, potranno riuscire di qualche comodo per orientare chi creda intraprendere uno studio più accurato di quel sistema vulcanico. Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 51 sistema intero inclina verso occidente ; e così è disposto, salva quella eccezione. Mai appaiono formazioni più antiche del trias superiore. Dal trias superiore alla creta i tipi delle rocce testi- moniano sedimentazioni compiute con condizioni di fondo marino non molto differenti da luogo a luogo (!). Invece nel periodo ul- timo della creta prevalgono al sud calcari ippur itici, al nord cal- cari rosati con sopra una massa di schisti. La regolarità di struttura, il tipo delle rocce apenniniche ter- mina nell’onda confinante colla valle del Tevere, indicando sullo spazio, che chiamo sistema tirreno , diversità considerevoli nella sedimentazione e nei movimenti, ai quali le formazioni dei due sistemi furono soggette. In vari luoghi sono scoperte masse più antiche delle apenniniche ; le masse mesozoiche hanno la figura di ellissoidi isolate, senza ordine chiaro di distribuzione. Nella zona di contatto dei due sistemi, dalle montagne della Valdichiana in giù, le formazioni terziarie preplioceniche terminano coll’eocene medio; ed in queste, come in quelle dell’eocene infe- riore, ho trovate brecce di rocce petroselciose, di diaspri, di gneiss. Nel sistema apenninico invece oltre alinocene superiore, si ha qualche piano del miocene con brecce di rocce granitiche e por- fìriche, senza tracce delle rocce apenniniche (2). Lungo il versante adriatico la provenienza del materiale cristallino è chiaramente indicata da una terra contigua ad oriente, terra oggi scomparsa. La fauna è litorale e coralligena. Brecce di rocce granitiche e porfiriche troviamo provenienti altresì da occidente nell’eocene superiore o miocene inferiore com- 0) Fa eccezione il monte Malbe vicino a Perugia, del quale le forma- zioni, meno la cretacea, hanno il tipo del sistema tirreno. Questo monte s’al- linea sulla direzione d’una anticlinale apenninica ma ne è separato da inter- ruzione di più che 33 chilometri, e sta a contatto del sistema tirreno. (2) Nei materiali componenti le brecce di Campobasso ( Rapporti tra le formazioni con ofioliti dell'Umbria e le brecce granitiche del Sannio. Boll. Soc. geol. voi. VI) il Klein m’ha segnalati dei graniti, porfidi quarziferi, gneiss ravvicinantisi a micaschisti, rocce filladiche. Il prof. Taramelli, al quale ho mandati alcuni duplicati della collezione di Campobasso, mi scrive che, tranne il granito bianco, i campioni di quelle rocce cristalline hanno un’aspetto assai strano per le Alpi, senza ricordare le formazioni della Calabria: che in par- ticolare lo ha sorpreso il porfido quarzoso verde, per la sua diversità da quelli che gli sono noti nel permiano e nel trias. 52 A. Verri preso tra le onde apenniniche del versante tirreno. Non potevano provenire da oriente i ciottoli di granito del monte Deruta nella valle di Foligno, i componenti cristallini delle brecce di Schifanoia presso Gualdo Tadino; nè i ciottoli di granito, gneiss, porfido quarzifero, micaschisto della valle del Sacco; nè quelli del con- glomerato di Avellino (1). Nella regione meridionale del sistema apenninico, dove la creta superiore è rappresentata dai calcari ippuritici, spesso si vede la successione delle formazioni terziarie : invece nella regione settentrionale, dove la creta superiore è rappresentata dai calcari rosati e dagli schisti loro soprastanti, appare qualche lembo sal- tuario isolato di calcari nummulitici, però mai ho potuto vedere la successione della serie terziaria. Ho trovato sempre le formazioni terziarie marine più recenti sovrapposte direttamente a quelle cre- tacee, ed in qualche luogo le condizioni sono tali, che nemmeno si può supporre che l’eocene inferiore e medio siano nascosti nel fondo delle sinclinali, e si vede senza dubbio che mancano (2). Le formazioni del miocene superiore si trovano saltuariamente nelle zone laterali della penisola lungo i lidi tirreno ed adriatico; mancano nel sistema apenninico, e nella zona di contatto col si- stema tirreno, dove la sedimentazione pliocenica è preceduta da lavoro lunghissimo di corrosione collo scavo delle vallate. Per le circostanze esposte, fino dai tempi mesozoici, erano molto diverse le condizioni del fondo marino, tra lo spazio occu- pato dall’Apennino centrale e quello del sistema tirreno. Sono poi , molto oscure le vicende geologiche dell'Apennino nei periodi più antichi dell' èra terziaria. Mentre la disposizione delle formazioni eoceniche indurrebbe a credere che parte del sistema sia emerso in quei tempi, male si conciliano con questa ipotesi le brecce che accompagnano le formazioni preplioceniche, mancanti del tutto di materiali apenninici. Quel che appare di certo, e più importa pel soggetto, è clic (1) Verri, Note nel Boll. Soc. geol. voi. II, V, VI. William Branco, I vulcani Ernici, R. Acc. dei Lincei. Taramelli, Osserv. strat. nella provin- cia di Avellino, Atti R. Ist. lomb. di se. e lett. 1886. (2) Cito specialmente per questo riguardo la valle di Bugnola vicino a Terni, la valle di Antrodoco. Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 53 nell’eocene superiore, e per qualche periodo del miocene, lo spazio occupato dall’Apennino centrale costituiva un golfo compreso tra terre contenenti masse cristalline ; che per la depressione di quelle terre il fondo del golfo fu spinto in alto corrugato in onde; che, molto tempo prima del periodo pliocenico, il sistema apenninico e la sua zona di contatto col sistema tirreno erano emersi definiti- vamente. Ma allora il sistema apenninico non inclinava tutto verso occidente: bensì parte sull'uno, parte sull’altro versante della pe- nisola. La catena della Sibilla, del Gran Sasso e del Morrone era disposta rispetto una catena centrale, come è quella del San Vi- cino rispetto alla dorsale deH’Apenniuo umbro; e questo è dimo- strato ancora dalla inalveazione delle acque della conca Aquilana pel taglio di Popoli, col quale la Pescara separò le montagne del Gran Sasso da quelle del Morrone : taglio operato in una fase con- tinentale prepliocenica. È riconosciuto che il gruppo della Tolfa ha trachiti mioce- niche (Q; nelle trachiti Cimine trovai alla base un tufo che credo composto da pezzi d'una trachite più antica; negli argomenti ad- dotti per dimostrare postpliocenica la trachite Amiatina non vedo ragioni che escludano assolutamente la possibilità d’una eruzione miocenica; nella conca di Rieti, compresa tra le sinclinali apen- niuiche, scoprii una lava, la cui eruzione pare anteriore al plio- cene. La emersione definitiva del sistema apenninico fu pertanto accompagnata ad occidente da un vulcanismo, le cui manifestazioni dovevano ripetersi in scala più grande nei tempi posteriori. I sedimenti del pliocene mostrano il mare giunto contro le onde estreme del sistema apenninico, le vallate interne del sistema interrite da depositi fluvio-lacustri. Quindi depressione generale del territorio. I livelli del pliocene marino mostrano nella zona di contatto tra il sistema apenninico ed il tirreno una linea trasversale di sol- levamento massimo, ed al nord ed al sud della linea il pliocene disposto secondo piani inclinati. La declinazione settentrionale pare abbia trovato un arresto nell’ Appennino toscano, il quale s’in- nesta ad angolo all’Apennino centrale ; la declinazione meridionale (i) Cito solo l’adunanza 4 luglio 1886 della Società toscana di scienze naturali, la quale riassume la questione. 54 A. Verri è diretta verso sud e verso ovest, e non ha limiti visibili, sep- pellendosi il pliocene sotto le acque del mare Tirreno. 1 livelli del pliocene vallivo, internato nelle sinclinali apen- niniche, mostrano un massimo di elevazione sul centro della cur- vatura longitudinale, dove lo trovai alle quote tra gli 800 ed i 900 metri, mentre al nord ed al sud non supera i 500. Le diffe- renze di sedimentazione, le cause di disfacimento non giustificano tanto forti diversità di altimetria. Queste condizioni mi fanno ritenere che, nel sollevamento postpliocenico siasi elevata maggiormente la porzione dell’onda orientale apenninica, rappresentata dalle montagne della Sibilla, del Gran Sasso, del Morrone; e che questo maggiore sollevamento al nord-est abbia avuto per effetto di far rimanere più depresse le onde al sud-ovest, in corrispondenza della zona dei vulcani tirreni. Sulla linea trasversale di sollevamento massimo della zona di contatto tra il sistema apenninico ed il tirreno sta la cupola trachitica del monte Amiata, il cono di Eadicofani (’). Lungo quella linea coincidono le faglie delle masse mesozoiche del poggio Zoccolino ad est del monte Amiata, del monte di Cetona, del monte Malbe vicino Perugia: masse tutte con rocce del tipo tir- reno ; la faglia tra il pliocene marino di Città della Pieve ed il pliocene maremmano dei colli che dividono in due pianure la Valdichiana, per la quale faglia il pliocene marino è elevato circa 200 metri più di quello maremmano. Sul piano inclinato al sud della linea stanno i crateri Yul- - sinii, Cimini, Sabatini, Laziali. IL Particolari della struttura fisica nella zona dei vulcani tirreni. Parallelamente all'onda apenninica occidentale, ultimi rappre- sentanti delle formazioni del sistema tirreno, sorgono i gruppi iso- lati di Castro e della Tolfa: il primo composto di rocce ritenute C) Il pliocene marino a Radicofani è elevato circa 800 metri sul livello del mare. Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 55 del trias ; il secondo composto da rocce sedimentarie cretacee ed eoce- niche con trachi ti mioceniche e post-plioceniche. Poca è l’ elevazione di quei gruppi, e sono separati da larghe vallate riempite con sedi- menti pliocenici marini, i quali per altimetria seguono la legge di declinazione già accennata. Lungo la spiaggia si vedono formazioni marine quaternarie, contenenti' materie vulcaniche, ad indicare che la depressione del pliocene non è posteriore alle eruzioni, perchè contemporaneamente a queste o posteriormente quella spiaggia anzi fu sollevata. Al nord s’allinea sui due gruppi quello Amiatino, composto da rocce cretacee ed eoceniche, coll’ affioramento liasico ad est che presenta una faglia. Il gruppo è coronato da una cupola di tra- chite alta circa 1000 metri ed elevata 1732 metri sul livello del mare, la cui epoca di eruzione, come ho detto, non mi sembra an- cora definita con ragioni assolute. Nei monti dell’Elmo, ultimi al sud del gruppo, gli strati del nummulitico discendono sotto al territorio vulcanico, e ne riescono per costrurre il monte di Sorano, sostenendo nella sinclinale un colle di arenarie eoceniche. Tra il gruppo Amiatino e la prosecuzione eocenica dell’ultima onda apenninica è interpolata la catena delle montagne di Alle- rona-Cetona, la quale è composta al nord da un frammento liasico accartocciato, eppoi da un frammento di rocce cretacee ed eoce- niche. La catena è separata dalle montagne laterali per due larghe vallate riempite da sedimenti pliocenici marini: al nord accenna di collegarsi, per affioramenti sbucanti dal pliocene, coi monti del Chianti; al sud termina dove incominciano i crateri Vulsinii. Appresso ai crateri Laziali sorge la catena dei Lepini, dei monti di Gaeta e Salerno, la quale topograficamente sembra che segni la riapparizione della catena di Allerona. Tra la catena di Allerona e quella dei Lepini sono sparsi affioramenti mesozoici ed eocenici, i quali spuntano qua e là con altimetrie diverse : sulla linea che unisce le testate delle due ca- tene stanno i crateri Vulsinii, Cimini, Sabatini, Laziali. La catena dei Lepini e dei monti di Gaeta e Salerno è in- terrrotta in tre punti. Sul fianco della prima interruzione abbiamo i crateri Ernici ; tra le testate della seconda interruzione è il vul- cano di Bocca Monfina; tra le testate della terza sono il Vesuvio ed i crateri spenti di Napoli. 56 A. Verri Nel tratto tra le testate delle catene di Allerona e dei Le- pini il sistema apenninico appare schiacciato per modo, che le ul- time sinclinali prendono la figura d'un mezzo cono rovesciato. Nel- l’ultima anticlinale il ramo che discende nella valle del Tevere ha gli strati disposti con forte inclinazione. Sepolte del tutto o quasi le formazioni del giura, della creta, dell’eocene, vi dominano le formazioni del lias medio ed inferiore. 11 profilo longitudinale dell' anticlinale in complesso mostra elevazione massima al sud, e decrescendo di altitudine verso nord, vicino al luogo dove il Tevere taglia la catena per uscire dalle valli Umbre, il lias si perde per non più apparire sotto la creta e l'eocene. Però il pliocene marino addossato ali 'anticlinale segue la legge generale di declinazione verso sud. Sicché l’inclinazione dell’ anticlinale mesozoica è inversa all'inclinazione del pliocene, declinando la prima verso nord, la seconda verso sud. Considerato nei particolari, il profilo longitudinale dell’ ultima onda apenninica mostra due sinclinali di notevole curvatura: una coperta dall’eocene tra il monte Peglia ed i monti di Guardea; la seconda allo sbocco della Nera dai monti di Narni. Quell'onda scompare dopo essersi ravvicinata alla successiva in maniera da ridurre strettissima la sinclinale longitudinale interposta. Appresso abbiamo una larga interruzione nelle onde sulla valle del Farfa fino alla conca di Rieti, e lo spazio è riempito dal pliocene; poi altra interruzione riempita dall’eocene attraverso le valli dell’Aniene e del Turano. La struttura indica in quelle insellature anche ac- compagnamento di faglie. La prima insellatura coincide coi crateri Yulsinii e colle lave di Montalto; la seconda coi crateri Cimini; la terza colle lave di Rieti, coi crateri Sabatini, colle trachiti della Tolfa ; la quarta coi crateri Laziali. Il modo come nel periodo miocenico furono scavate le valli indica già preesistente una curvatura longitudinale nel sistema apenninico. Se lo schiacciamento del sistema concorre ancora a dimostrare, che tra i monti litorali e le onde apenniniche sono sepolte le masse di una catena intermedia, i livelli del pliocene escludono che il seppellimento di quella catena sia avvenuto nel sollevamento post-pliocenico. Il sistema tirreno appare rotto da tempi assai antichi in frammenti molto disarticolati. Ristabilendo 57 Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. i livelli pliocenici, coll’ elevare proporzionatamente i gruppi mon- tuosi laterali e gli affioramenti eocenici sparsi sul territorio vul- canico, appare avvenuta nella zona di contatto del sistema tirreno col sistema apenninico una depressione generale, contenente altre depressioni parziali, e ciò fino dal tempo del sollevamento miocenico dell’ Apennino, e quindi dell’abbassamento della terra tirrena. Sembra che debba esistere qualche rapporto tra le depressioni parziali dei frammenti della terra tirrena e le inflessioni trasversali e le faglie O notate nelle ultime onde apenninicbe, nel qual caso i centri di attività coinciderebbero coll’ incrociarsi di due linee di rottura. Il fatto delle depressioni parziali si ripete eziandio nel piano di declinazione generale segnato dai livelli del pliocene, ad indi- care ripetuti nel sollevamento post-pliocenico alcuni movimenti par- ziali delle masse imbasanti. I crateri Vulsinii, Cimini, Sabatini sono compresi dentro quella specie di vallata interposta tra l’Apennino ed i gruppi lito- rali; tra i crateri Laziali ed il mare è scomparsa invece ogni traccia del sistema tirreno. Il cono di Radicofani sta sul centro di una vallata del sistema tirreno ; i crateri Enfici stanno, come la lava di Rieti, dentro una vallata del sistema apenninico. Rocca Monfina, il Vesuvio stanno tra le testate d’ un’onda apenninica in- terrotta. Le lave di Montalto stanno nella interruzione tra i monti della Tolfa e di Castro, e vicino alla testata sud dei secondi. Le trachiti della Tolfa attraversano le rocce sedimentarie di quel gruppo montuoso. Più singolare di tutti, l’espandimento tracbitico Amiatino torreggia sopra un rilievo elevato tra 670 ed 850 metri misurati sul perimetro della trachite, nel quale rilievo al nord, al sud, all’est si vedono strati eocenici discendere nelle valli indi- cando una disposizione anticlinale. Se si osserva però, che la trachite del monte Amiata sta al- l’estremo della linea trasversale di sollevamento massimo della zona di contatto del sistema tirreno col sistema apenninico ; che prolun- gando ad ovest quella linea, i livelli del pliocene decrescono ; che la trachite ancorché considerata contemporanea alle Cimine, proverrebbe da eruzioni avvenute sul principio del sollevamento post-pliocenico: se quindi si fa ruotare il gruppo Amiatino in modo da porre il pliocene orizzontale, abbassandosi la vetta Rachitica ad est, si rial- zerebbe sulla pendice ovest il Piano delle Macine, dove trovai una 58 A. Verri lava trachitica bollosa e compatta, e supposi fino dal 1877 un cen- tro eruttivo (1). Aggiungo che sulla pendice est una faglia liasica s’in- terna nel seno della montagna, il centro eruttivo coinciderebbe colla faglia, e l'eruzione, anziché sul vertice d’un monte, cadrebbe nel fianco della terra, la quale limitava ad occidente il golfo pliocenico Se- nese : ossia nel fianco della vallata compresa tra il monte Amiata ed il monte di Cetona, sul centro della quale più tardi attraver- sava il pliocene il cono di Radicofani. III. Il distretto vulcanico di Bolsena. Figura generale. — Una curva di affioramenti cretacei ed eo- cenici, col monte di Canino, coi poggi di Toscanella, col monte Rasano e col monte Moro vicino Viterbo, cinge al sud il territorio dei crateri Vulsinii : talché, considerato rispetto al complesso delle formazioni antiche, appare colla figura di una conca, e sul centro della conca sta il lago di Bolsena. La figura del lago è approssimativamente ellittica, coll’asse maggiore da nord a sud. Però la curva della ellisse è tagliata da una secante nel segmento sud-ovest. Parallelamente alla secante sono allineate, a distanza di 2600 e 1700 metri le isolette Bisen- tina e Martana. L’asse maggiore della ellisse è lungo circa 13 chilometri, 10 l’asse minore. La superficie dello specchio d’acqua misura circa 112 chilometri quadrati. La quota del livello è calcolata 303 metri, la pro- fondità dell’acqua 140: sicché la quota del fondo sarebbe 163 metri. (’) Mi sembra che sia stata ornmessa questa trachite nella Memoria del sig. Williams: Ueber M. Amiata in Toscana und scine Gesteine, 1887. Per la disposizione generale della massa e pei suoi particolari, non convengo coll’A. nell’opinione, che il vertice del monte rappresenti il centro del sistema erut- tivo : anzi m’appare come un punto periferico dell’espandimento. La trachite del Piano delle Macine assomiglia a quelle del Monte San Magno e di Castel Giorgio nel distretto Vulsinio, ed alle analoghe del distretto Cimino, le quali mi sembrano prodotte da eruzioni suhaeree ed indicai col nome di lave con feld spati. Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 59 Il lago è chiuso da recinto, i cui punti più elevati hanno quote tra 600 e 680 metri. Il recinto è più basso al sud, e da questa parte la acque hanno aperto l’ emissario. Le pareti interne, costrutte per lo più da detriti vulcanici, non hanno la ripidezza che si vede in quelle del recinto cimino di Vico costrutte da lave. Preso nell’insieme, il territorio appare come un grande rilievo lenticolare, e conserva abbastanza bene questa forma in diversi tratti, specialmente nel settore nord-ovest. Però, esaminato nei particolari, mostra parecchie irregolarità: dove per eccesso di de- pressione, come nel piano di Viterbo ; dove per concavità intercluse, come nella contrada di Patera ; dove per un salto a forma di sca- glione, come tra il piano di Acquapendente ed il contiguo altipiano di Torre Alfina e Castel Giorgio. La superficie coperta dalle materie eruttate dai crateri Vul- sinii presenta figura d’anello sensibilmente concentrico al lago, con diametro di circa 40 chilometri. Ha un’appendice cuneiforme ad occidente, e può valutarsi a circa 1300 chilometri quadrati. Ma l’espandimento dei detriti è molto più esteso. Non solamente ne ho trovati fino ai piedi delle montagne di Guardea, ma anche presso Parrano, e sull’altipiano di Città della Pieve nella Valdi- chiana, a distanza di più che 40 chilometri dal centro della conca lacustre. Cronologia delle eruzioni. — L’ammasso enorme di lapilli, scorie ed altri detriti, coprente le deiezioni delle lave, rende dif- fìcilissimo nel distretto Vulsinio lo studio cronologico delle eru- zioni, e delle fasi diverse del vulcanismo, che agitò quelle con- trade. Salve poche eccezioni, le lave appaiono come affioramenti isolati di poca estensione. Nel prossimo distretto Cimino, sul quale assai meglio si pos- sono osservare le sovrapposizioni delle lave, notai la serie seguente, sostituendo la classificazione del Klein a quella che tenni nella Memoria sui vulcani Cimini (R. Acc. de’ Lincei, 1879-80): Trachiti propriamente dette e tufi trachitici ; Trachiti somiglianti a quelle dell’altipiano di Castel Giorgio e del monte di S. Magno nel distretto Vulsinio; Leucittefriti con abbondanti e spesso grossi cristalli di leucite ; Tufi leucitici. 60 A. Verri L’eruzione delle prime trachiti è sovrapposta direttamente al pliocene, ed a giudicare dai sedimenti marini trovati sopra le tra- cliiti di Orte, appare come eruzione sottomarina. L’altra varietà di tracliiti appare in correnti scaturite dai fianchi squarciati e dalla vetta della massa trachitica principale. Nelle leucittefriti notai che i cristalli della leucite sono più grandi e più abbondanti nelle masse superiori. Le leucittefriti si vedono eruttate dal cratere di Vico, indicando la cessazione di attività del cratere trachitico. Nè diversa sembra la serie cronologica delle eruzioni nel di- stretto Vulsinio, quantunque lo spesso mantello dei detriti che copre le lave, la molteplicità dei crateri ed i movimenti del suolo tolgano il modo di precisarla sempre con osservazioni dirette. Centri di attività. — Come ho premesso sono stati segnalati dai geologi nel distretto Vulsinio quattro distinti centri di attività: al nord i crateri trachitici ; ad est il monte Rado ; a sud-est Montefiascone ; ad ovest Mezzano : gli ultimi tre tutti crateri leu- citici. Però, dai residui che avanzano, mi sembrerebbe doverne ancora aggiungere un quinto tra Montefiascone e Mezzano, anche questo con eruzioni leuciticbe. Le diagonali che uniscono quei centri s’incrociano sul lago di Bolsena. Eruzioni trachitiche. — Ho trovata in posto la trachite pro- priamente detta accanto Bolsena, sull’alveo d’un fossatello, alla quota di circa 310 metri. L’affioramento della roccia è limitatis- , simo, nè si vede su quali formazioni posa. L’aspetto della roccia differisce da quello delle trachiti Cimine e di quelle Amiatine. Solo per la grandezza dei cristalli richiama le trachiti con piccoli felspati di quei due vulcani. Nell’altura accanto s. Lorenzo, alla quota di circa 510 metri, affiora una trachite con grossi cristalli di sanidino simile a quelle del Cimino e del monte Amiata. Neanche là si vede su quali rocce posa la trachite, quantunque stia in cima al recinto della conca lacustre, perchè la pendice verso il lago è costruita da una scarpata di detrito leucitico larga circa quattro chilometri e mezzo. Abbonda la trachite nello scaglione che separa il piano di Acquapendente- dall’altipiano di Castel Giorgio e Torre Affina ; e sulla ripa sinistra del torrente di Torre Affina ed Acquapendente, 61 Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. alla quota di circa 366 metri, lio potuto vederla posare sopra il pliocene marino sovrapposto a calcari eocenici. I poggi tra il casale della Sassara e Montalfina sul recinto nord del lago, elevati alla quota di 658 metri, presentano una massa di qualche entità di trackite-andesite. La massa è vicina alla trachite di san Lorenzo, ma i materiali sovrapposti nelle in- sellature del terreno isolano una massa dall'altra, nè ho potuto vedere quale relazione passi tra le loro eruzioni. Anche qui la scarpata del recinto, benché meno larga di quella sotto san Lo- renzo, è coperta da materie detritiche. Al di là di quei poggi, sull’altipiano di Castel Giorgio, ele- vato alla quota media di 586 metri, s’incontra un lungo affiora- mento di altra varietà di trachite. Di questa varietà, simile a quella che nel distretto Cimino appare in colate, se ne ritrova una massa eziandio sulla pendice del monte di S. Magno nel versante di La- tera, mentre la pendice del monte dalla parte del lago di Bolsena è formata da detriti. Neanche per questi affioramenti si vede la roccia sulla quale posano, nè quale relazione abbiano colle altre trachiti. Si nota soltanto distintamente che sono sottoposti alle leucittefriti. L’affioramento di Castel Giorgio dista solo poco più di tre chilometri dalle trachiti della Sassara, la sua altitudine ne è inferiore. La lava del monte di san Magno s’alza sul piano di Latera, il quale ha la quota di 508 metri, e si ritrova in cima al monte alla quota 623. Dista dalla trachite di san Lorenzo più di nove chilometri ; nè sulle pendici del recinto di Bolsena, nè altrove m’è riuscito di vedere traccia di collegamento tra le due masse. Noto che in una delle correnti di lava simile, proveniente da un fianco del cono Cimino, misurai quasi cinque chilometri di percorso. Le trachiti appaiono soltanto nella contrada settentrionale del distretto Vulsinio, nè in altri luoghi ne ho incontrata traccia. Ab- biamo un banco di tufo trachitico nella valle Vidone presso To- scanella posato sulle marne plioceniche alla quota di 147 metri, ma per la posizione quel banco parrebbe doversi riferire piuttosto al distretto Cimino. L’apparizione delle trachiti è immediamente sul luogo dove si perde la catena montuosa di Allerona. Interposti tra le grandi cupole del monte Annata e del Ci- mino, l’una elevata 1732 metri, l’altra 1056, gli affioramenti della 62 A. Verri trachite Vulsinia hanno quote inferiori a 700 metri. La posizione delle trachiti di san Lorenzo e Sassara rispetto alle trachiti di Bolsena e del monte di san Magno; lo scaglione trachitico che separa l’altipiano di Castel Giorgio e Torre Alhna dal piano di Acquapendente; l’interruzione in quel tratto tra le trachiti di san Lorenzo e quelle del monte di san Magno; l’essere le trachiti co- perte dalla parte del lago da detriti di eruzioni leucitiche indicano dislocamenti di masse al nord del lago dopo le eruzioni trachitiche. Però la misura, il tempo e gli effetti di quei dislocamenti non possono valutarsi che dopo esaminate le condizioni delle eruzioni posteriori. Cratere del monte Rado. — Il monte liado è un poggio di figura tronco-conica elevato circa 003 metri sul livello del mare. La pendice, seminata di bombe, scorie ed altri detriti ha declivio dolce e presenta ad ovest uno scaglione composto da scogliere di lava, la quale in un punto ha forma prismatica. Lo scaglione coincide con una linea parallela di depressione del terreno, e nelle alture opposte, elevate 558 metri, la stratificazione del lapillo in- clina verso la depressione. Le corrosioni dei torrenti, nella con- trada tra quelle alture ed il lago, mostrano grandi masse caotiche di scorie coronate dalla lava alla quota 524. Seguono detriti pili minuti stratificati con inclinazione verso il lago, pure coronati dalla lava; per ultimo, lungo il lago, si vede diminuire l'altezza dei detriti sottoposti alla lava, finché si perdono, e la lava co- struisce la scogliera dei sassi lanciati , così chiamata perchè in un punto ha l’ apparenza d'essere costrutta da prismi caduti dal- l’alto incastrandosi tra loro. Ad est del monte Rado si vede affiorare la lava in grande massa sopra Bagnorea, dove si estrae per pietra da lastrici ; si vede sotto Castelluccio ; riappare sul fondo dei torrenti nei dintorni di Porano, sottoposta ad altra lava ricca di grossi cristalli di leucite. Le altimetrie di questi affioramenti sono sempre inferiori alla lava del monte Rado. Sopra al lapillo ed al tufo che copre questa lava, al nord del monte Rado sta una corrente corta di angito-andesite, prodotta, per quanto si può supporre, da eruzione laterale. La disposizione delle lave segna adunque nella contrada del Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 63 monte Rado un centro eruttivo. Vi sono è vero segni di spostamento tra il monte Rado ed il lago : la scogliera sotto al monte, la valle longitudinale che la fiancheggia, la scogliera medesima dei sassi lanciati potrebbero indicare faglie con avvallamento verso il lago. Ma perchè la lava dei sassi lanciati provenisse da cratere situato nella conca lacustre, e passasse pel monte Rado, bisognerebbe rialzarla di circa 300 metri, nè mi pare che le condizioni locali si prestino a simile ipotesi. Resterebbe poi da conciliare col sup- posto del cratere sul lago l’eruzione della lava nera superiore. Il trovarsi le lave del monte Rado sul piano del lago di Bolsena non mi sembra che importi di necessità assoluta la pree- sistenza della conca lacustre ; perchè gli avvallamenti accennati dal terreno potrebbero avere abbassate quelle lave in periodo posteriore. È anche da considerare che il piano pliocenico, che imbasa le de- iezioni vulcaniche, è inferiore al livello del lago, e che perciò un cono poteva versare le lave fino a questo livello e più basso an- cora, benché non vi fosse la conca lacustre. Crateri di Monte frascone. — Scendendo da Montefiascone al lago s’incontra una valletta, col piano pochi metri sopra al livello dell’acqua. Un piccolo colle, alto circa 41 metri sopra quel livello, sbarra la vailetta. Il colle presenta dalla parte del lago una te- stata della lava ricca di olivina, coperta sopra e sulla pendice opposta da detrito. La scesa della valletta mostra il poggio di Montefiascone, il quale è elevato 614 metri sul livello del mare, composto di scorie, blocchi di lava ed altro detrito caotico. Tra i blocchi erratici figu- rano abbondanti quelli della lava notata, e di questi se ne trovano molti e di gran mole sulla pendice opposta del monte, a distanza di cinque chilometri dalla lava in posto. Di quella varietà di lava non ne ho veduta in nessun altro luogo, nè sul distretto Vulsinio nè sul distretto Cimino. Sulla pendice stessa di Montefiascone dalla parte del lago, alla quota 470, sta un’altra testata di lava diversa dalla prima, e contenente leuciti di mediocri dimensioni. Da Montefiascone an- dando verso Viterbo ho veduta affiorare .sull’alveo dei torrenti lava con leuciti alla quota di circa 353 metri a distanza di circa 3 chi- lometri dalla testata sopra indicata ; circa 4 chilometri più avanti 64 A. Verri appare scoperto a Ferento sopra al pliocene un grosso banco di lava con leuciti alla quota 309, e questa accompagna fino vicino Viterbo, dove termina alla quota 298. La direzione della lava di Ferento, le sue altimetrie, i punti di collegamento inducono a cre- dere che si riannodi alla testata sotto Montefiascone. In questo caso la lunghezza della corrente sarebbe di oltre 16 chilometri. Nella lava si vedono anche leuciti di una certa grossezza. Il ciglione del recinto lacustre decresce di elevazione da Mon- tefiascone a Marta, dove le acque del lago hanno l’emissario. Se- guendo quel ciglione, di tratto in tratto s’incontrano sotto al detrito lave con leuciti simili a quelle della colata Montefìascone-Ferento, e lave leucitiche costruiscono a Capodimonte una scogliera immersa nel lago. Anche qui la disposizione delle lave accennerebbe come punto di partenza Montefiascone : ma bisognerebbe verificare, almeno per le lave di Capodimonte, se non provengano piuttosto da eru- zione locale, o dalle eruzioni del finitimo centro ad ovest. Appiè del poggio di Montefiascone, al sud si stacca un'altura isolata coperta da lapillo ed elevata alla quota 450. Dentro questo colle fu scavato il tunnel della ferrovia. Il cavo del tunnel e di- versi affioramenti mostrano il nucleo dell'altura costrutto da una terza varietà di lava. A circa tre chilometri dal vertice dell’altura del tunnel si ha il vertice d’uri poggio isolato chiamato monte Jugo, elevato alla quota di 440 metri, e separato dall' altura del tunnel da una sella la cui quota è 344 metri nel punto più elevato. Il monte Jugo è , costrutto da scorie rosse e nere e da altri detriti ; dal fianco orien- tale vi sbuca un grumo di lave diverse dalle precedenti alla quota 352. Le lave del tunnel e del monte Jugo appaiono indipendenti tra loro, ed indipendenti dal cratere di Montefiascone. Sembrano eruzioni di coni esterni di quel cratere maggiore e forse posteriori. Tracciano la continuazione della fenditura eruttiva sulla lunghezza di circa 9 chilometri dalla testata della lava ricca di olivina, col- legando il cratere di Montefiascone coi crateri Cimini, dai quali il monte Jugo dista circa 17 chilometri. Non credo che la valletta sottostante a Montefiascone rappre- senti il fondo d’un cratere, quantunque appaia sbarrata prima clic il torrente tagliasse la collina elio la chiude. Credo piuttosto che Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 65 il taglio del torrente sia incominciato quando il fondo della valle era più elevato di quella collina, e che l’approfondamento mag- giore sia dovuto alla corrosione delle acque correnti nel materiale detritico. D'altronde la lava del colle di sbarramento accenna a sprofondarsi sotto la vailetta obliquamente ed a probabilità di eru- zione da un punto esterno verso il lago. Nemmeno la disposizione del detrito nei poggi laterali indica che questi rappresentino re- sidui d’un recinto. Però mi pare che tutto concorra ad indicare che ci si trovi presso un centro di attività, il cui cratere fosse aperto su quell’ angolo del lago, ed il cui recinto occupasse uno spazio della superficie lacustre. Tra la scogliera della lava di Capodimonte e la testata della lava ricca di olivina di Montefiascone, sorge sul lago l’isola Mar- tana, a distanza di circa 1700 metri dalla spiaggia. L’isola mostra distintamente i caratteri d’un cono eruttivo. È costrutta da lapilli ed altri detriti stratificati a mantello attorno al cono. Del cono manca la parte nord, e là l’isola termina con una rupe concava elevata 359 metri, ossia 56 metri sui livello delle acque. Consi- dererei quest’isola come un cono interno del cratere sventrato di Montefiascone. Crateri di Bisenzio e Valentano . — Ad ovest s’alza sulla riva del lago il monte dell’antico Bisenzio, costrutto da un grosso masso di lava scoperto e dirupato dalla parte dell’acqua, coperto da lapillo dalla parte del recinto. È elevato più di 100 metri sul li- vello del lago, ed ha i caratteri d’un cono eruttivo in parte demolito. Distante circa 2600 metri sorge l’isola Bisentina composta da una parte piana, situata verso il monte di Bisenzio e di una parte variamente elevata, la cui quota massima è 365 metri. La parte elevata è dirupata verso il lago, e la rupe mostra l’isola composta da strati di detrito vulcanico con interpolata una lava leucitica. Più che un cono eruttivo, pel modo come è interposta la lava, m’è sembrato che rappresenti un residuo di cratere demolito. Kimpetto al monte di Bisenzio domina il recinto lacustre il monte di Yalentano, composto da scorie ed altri detriti. Dal fianco est del monte, alla quota 619, sbuca una corrente di lava com- patta e bollosa, la quale accompagna nella strada che scende al lago. Lava identica si ritrova a Toscanella, dove alla quota di circa 220 metri gira una collinetta di arenarie eoceniche arrossate 5 66 A. Verri al contatto, e termina alla quota di 164 metri, posando su lapilli posti sopra marne plioceniche. Posto che la lava di Toscanella sia la continuazione di quella di Valentano, la lunghezza della co- lata misurerebbe circa 21 chilometri. Aggiunta a queste osservazioni l’ irregolarità di figura del ter- reno in quella contrada, disseminata di cucuzzoli composti da scorie, m’è sembrato che rappresenti un altro gran centro d’attività, il cui sventramento abbia concorso con quello del cratere di Monte- fìascone a generare il segmento meridionale del lago di Bolsena. Cratere di Mezzano . — La conca di Latera e Mezzano pre- senta due parti ben distinte, nonostante la fusione operata dalle forze endogene ed esogene: il piano di Latera, il piano di Mezzano. Il piano di Mezzano ha la quota di 530 metri, e contiene nel segmento ovest un laghetto sensibilmente circolare con dia- metro di circa 700 metri. Al nord ha un recinto elevato che si fonde nel recinto della conca di Latera colla quota 665 ; a sud- ovest vi si disegna un pezzo di recinto colla quota massima 631. 11 recinto nord è rilegato ad ovest al pezzo di recinto sud-ovest da una barra elevata 34 metri sul livello del laghetto. Ad est alcune piccole ondulazioni accennano topograficamente a comple- tare il recinto. Dentro questo recinto sorgono dei poggi conici iso- lati, il più alto dei quali è il Montione colla quota di 676 metri. Il recinto sud-ovest, la barra ovest, il vicino poggio isolato di Mezzano, e parte del recinto nord sono composti di lava con grossi cristalli di leucite. Nel cono del Montione invece si vede la lava con cristalli di leucite più piccoli. Al nord il Montione ha unito un altro piccolo cono, nel cui interno si estrae lo zolfo. All’esterno del recinto ovest s’eleva il monte Becco alla quota di 619 metri, e separato dal recinto da una valletta la cui quota è 530 metri. Il monte è costrutto da scorie rosse ed altri detriti ; ha la figura d’un cono tronco eoa riseghe, e parrebbe un cono erut- tivo esterno del cratere. Da sotto i lapilli ed i tufi, sull’alveo dei torrenti al nord di Onano, riappare la lava con grossi cristalli di leucite alle quote tra 471 e 455. Questa lava termina tra Acquapendente e Proceno con un banco grosso una ventina di metri, ora coperto, ora scoperto dalle materie detritiche. Sotto Acquapendente la lava presenta grandi prismi basaltini ; a Proceno si vede posare sopra detrit1 Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 67 vulcanici misti a marne, e contenenti paludine , limnee , ossami di cervi , bovi , elefanti , ad indicare uno degl’ impaludamenti cui era soggetto il territorio per l’intercezione delle acque prodotta dalle deiezioni vulcaniche. La quota della lava a Proceno è circa 438 ; la distanza dal centro di attività di Mezzano circa 16 chilometri. Tra i poggi trachitici di s. Lorenzo sta pure un banco della lava medesima, la cui quota superiore è 552. Quella lava penetra nell’altipiano di Castel Giorgio, e da là, girando per Torre Alfìna, va ad unirsi alla lava di Acquapendente. Lava di eguale apparenza si vede su tutti gli alvei dei torrenti tra San Quirico e Porano nei dintorni di Orvieto alla quota di circa 500, e quegli affiora- menti mi sembrarono la continuazione dell'espandimento lavico giunto sull’altipiano di Castel Giorgio. Le quali circostanze indi- cherebbero che tutta la lava con grandi leuciti, al nord del di- stretto, proviene dal cratere di Mezzano. La distanza di questo cratere dalla lava di Orvieto è 26 chilometri. È però impossibile conciliare l’espandimento da Mezzano a San Lorenzo e Castel Giorgio colla preesistenza del segmento nord della conca lacustre di Bolsena, e colla depressione del tratto di recinto, dove incomincia lo scaglione tracbitico di San Lorenzo : la lava avrebbe dovuto correre tutta verso Acquapendente e Proceno, o riversarsi in parte nella conca lacustre, fatto non accusato dalla costituzione delle pendici del recinto. Bisogna quindi supporre che quando avvenne l’eruzione o non esisteva la conca lacustre, o fosse limitata soltanto al segmento sud. Tra Torre Alfìna ed Acquapendente, si vede sopra alla tra- chite una lava con leuciti piccole, poi lapillo e scorie, e sopra queste il banco della lava con leuciti grosse, mostrando distinta- mente che le due lave hanno avuta eruzione distinta ; che quella con leuciti piccole è più antica. Questa condizione si ripete nei dintorni di Orvieto, e lo stesso notai nelle eruzioni Cimine. Dalle esposte osservazioni mi parrebbe pertanto di concludere che il cratere di Mezzano ebbe prima una eruzione, i cui residui sarebbero rappresentati dal poggio isolato del Montione, e dalla lava che ho trovata appiccicata alla trachite sulla vetta del monte di San Magno. A questa sarebbe seguita la eruzione della lava con grosse leuciti, formando un grande cono i cui frammenti compon- gono gran parte delPattuale recinto, ridotto quale lo ho descritto dalle fasi susseguenti del vulcanismo e dell’azione meteorica. 68 A. Verri Ho distinti i piani di Latera dalla conca di Mezzano. Quei piani, la cui quota è 508 metri, interposti tra i frammenti del cono leucitico e la trachite del monte di San Magno, mi sono sem- brati piuttosto l’effetto della corrosione d’un corso d’acqua inalveato tra il cono di Mezzano ed il monte trachitico. La demolizione del recinto est del cratere di Mezzano avrebbe immesse dipoi le acque di questo cratere nella valle di Latera. Lave di provenienza incerta. — Oltre alle lave delle quali potei immaginare con qualche approssimazione la provenienza, trovai affioramenti di lave, le quali non ho potuto formarmi una idea a quali centri eruttivi si debbano riferire. Presso Toscanella, sulla sinistra della Marta, affiora una te- stata di lava alla quota 164. Senza la diversa composizione si direbbe che appartiene alla colata della destra. Poco distante si ha la lava compatta, bruna, che alla quota 212 forma l’alveo del fosso Pantacciano. In genere questa varietà di lave non appare in colate di lungo percorso, e quella del fosso Pantacciano disterebbe 13 chilometri dalla spiaggia del lago di Bolsena, nè, per quanto ho potuto vedere, il terreno presenta segni di crateri eruttivi vicini. Delle lave di Santa Trinità e Canonica, vicino Orvieto, benché tra loro vicine, e l’una in prosecuzione dell’altra per modo, che si potrebbero considerare come due affioramenti di una eruzione me- desima, nè si può vedere se siano di eruzione medesima, nè si può vedere se siano di eruzioni differenti, nè immaginare da dove pro- vengano. Porse, poiché la lava di Canonica per composizione è compresa nella categoria della lava dei sassi lanciati, è probabile che appartenga alla colata del monte Rado, la quale si vede dalle tracce degli affioramenti che giunse nei dintorni di Orvieto. Eruzioni dei tufi. — Se col nome di tufo vulcanico si doves- sero qualificare tutti i detriti cementati, quasi tutti i lapilli, scorie ed altre materie vi sarebbero comprese. Difatti l’isola Martana composta di detriti è una mas sa tanto solida, che sulla vetta regge ancora i ruderi del castello celebre per la prigionia di Amalasunta, ed al piede della rupe mostra grossi blocchi, i quali resistono alla demolizione delle onde. Da detriti pure cementati è composta l’isola Bisentina, le cui scogliere si sostengono a picco dalla parto Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 69 del lago. Ho veduto grotte sepolcrali etnische, scavate in ammassi di pomici bianche e di lapilli, conservare i colombari intatti dopo tanti secoli. Ad evitare le confusioni nate su questo soggetto, col nome di tufo intendo distinguere da quelle materie più o meno solidificate, ma che, siano disposte in strati di poco spessore, siano accumulate in grandi masse caotiche, sempre hanno l’impronta di pioggie di detrito sciolto cadute attorno ai crateri, perchè ognuno degli ele- menti conserva la figura originale , ed ognuno appare caduto indi- pendentemente dagli altri sul luogo che occupa , le masse, nelle quali, oltre al mancare la stratificazione, frammenti di scorie, lave, cristalli sono disseminati caoticamente dentro una pasta, la quale dà alla roccia consistenza lapidea e la rende adatta all'uso di pietra per costruzione. Di queste rocce i crateri Vulsinii offrono più varietà. Nei dintorni di Proceno e Castellottieri ho notato un tufo ce- nere, di grana fina, adatto per pietra refrattaria, che sul luogo chiamano tufo enfierò. A Proceno si vede sovrapposto a terre vul- caniche ed altri detriti, ma sottoposto alla lava con cristalli grossi di leucite. La potenza del banco tufaceo non è molta. Nel tufo si vedono frammenti di sanidino, qualche leucite caolinizzata, qualche pezzetto di pomice gialla e di scoria nera con sanidino. Nel piano sopra Acquapendente si trova, tra gli strati di la- pillo, un banco apparentemente eguale al tufo enfero; ma non adatto ad estrazione di pietra da fabbrica. Nel banco sono conte- nute copiosissime pisoliti del colore medesimo, grosse fino tre cen- timetri. L’analisi delle pisoliti fatta dal prof. Ricciardi diede: Anidride silicica SiO2 . . . . 55.01 7ì fosforica Ph2 O5. . . . 0.21 Ossido di alluminio Al2 O3 . . . . 14.52 7) di ferro Fe2 O3 . . . . 7.51 Tì di manganese MnO . . . . 0.17 n di calcio CaO . . . . 5.86 V di magnesio Mg 0 . . . . 0.72 7) di potassio K2 0 . . . . 4.53 V di sodio Na2 0 . . . . 0.71 Perdite per calcinazione . . . . . 10.75 100.29 70 A. Verri Aggiunge il Ricciardi che nella parte centrale di due pisoliti trovò frammenti di trachite con alterazione inoltrata. Pare pertanto che su quel luogo abbiano surto acque minerali e che per questo siano state formate le pisoliti attorno elementi di trachite. La giacitura del banco è nella contrada nella quale 10 scaglione trachitico separa il piano di Acquapendente dagli al- tipiani di Torre Altina e Castel Giorgio, accennando una faglia per rottura: rottura che forse corrisponde al centro di eruzione delle trachiti. Il banco con pisoliti di Acquapendente è superiore alla lava, mentre il tufo enfero di Proceno le è sottoposto. Nonostante cre- derei probabile attribuire la sua formazione ad eruzione fangosa di quelle sorgenti, avvenuta prima della eruzione della lava colle grosse leuciti. A Gradoli si ha un tufo locale rosso bruno coll’aspetto di una lava scoriacea, adoperato per fabbriche ed anche per lastricati. Altra varietà di tufo si ha a Montefiascone. Il colore è tra 11 cenere ed il vinoso ; è ricco di mica e di pirosseni ; ha struttura brecciforme. I paesani lo chiamano peperino e lo adoperano per fabbriche e per lastricati. Il banco è superiore alle lave; comincia alla quota 515 e scende sulla pendice esterna. Mostra potenza di più che 20 metri. La massa principale dei tufi è però quella comune agli altri distretti dei vulcani romani, e compone, come in quelli, banchi potenti anche 70 e più metri. Domina sopratutto nel settore nord- • ovest; manca nel settore nord, ed abbonda nel settore nord-est dove il banco di Orvieto grosso 50 metri, oggi isolato dalla cor- rosione, si collega per Rocca Ripescena, Sugana, Porano al tufo di Bagnorea. Dopo una interruzione si ritrova al sud nelle ripe della Marta. Ad Orvieto, Bagnorea, Proceno si vede posare sopra strati di altri detriti vulcanici sovrapposti a marne del pliocene marino ; tra Orvieto e Bagnorea, e nel settore nord-ovest copre le lavo leu- citiche ; presso Toscanella copre un ammasso di frammenti sca- gliosi della lava che affiora sulla sinistra della Marta, fatto del quale non ho potuto comprendere la causa. Il colore di questo tufo è a volto ranciato, a volte cinereo. Se ne distinguono due varietà: una con grandi pezzi di pomice o scorie gialle e nere, chiamata tufo pomicco ; altra composta di Onnorv azioni geologiche sui crateri Vulsinii. 71 frammenti più sminuzzati, epperciò più compatta, chiamata tufo forte. La prima varietà è più ricca di leuciti; nel tufo forte le leuciti visibili sono più rare, il colore è più scuro. Ho notato che nel settore nord-ovest si hanno tufi con leuciti più abbondanti e di maggiore grossezza che negli altri settori, e che l’abbondanza e la grossezza delle leuciti diminuisce procedendo verso il perimetro dell’ espandimento (>). A Sorano ed Onano pare che si passi da una varietà all’altra per gradazione; ad Onano ho veduti banchi di tufo con interposte altre materie stratificate, ed anche un ammasso di pomici bianche : il che indicherebbe una duplice eruzione. La posizione stratigrafica di questi tufi pone fuori di dubbio, che anche pel distretto Yulsinio si tratti di eruzione su terra emersa, ed esclude del tutto l’ipotesi di eruzioni sottomarine, o subaeree su terreno coperto da acque. La circostanza notata di banchi di tufo con interpolate pomici bianche ed altri detriti pro- iettati dalle eruzioni, esclude anche pel distretto Vulsinio l’ipotesi, che il tufo sia il prodotto di materie detritiche eruttate sciolte dai vulcani, eppoi cementate dalle acque di pioggia. Per cui le cose vedute mi confermano nell’idea emessa fino dal 1878, che i tufi siano stati prodotti da eruzione di detriti misti ad acqua, e quindi si tratti di eruzioni fangose. Alcune circostanze m’avevano fatto dubitare che i tufi Vulsinii fossero fanghi proiettati dai cra- teri. Ma la localizzazione dei tufi in contrade determinate, mentre mancano in altre, mi fa oggi propendere di preferenza alla eru- zione mediante versamento dai crateri, perchè diversamente avreb- bero dovuto espandersi su tutto il territorio. Osservando la potenza dei tufi si avverte altresì una partico- larità, ed è che la potenza è massima in alcuni punti del peri- metro del distretto, e decresce da quei punti andando verso il centro. Così nel settore nord-ovest la potenza dei tufi che si vede a Sorano non si ritrova tra Sorano ed lago; nel settore nord-est la potenza massima appare ad Orvieto. Questo fatto può dipendere da ostacoli opposti dal terreno ad ulteriore espandimento, o da di- minuzione di fluidità coll’ allontanarsi della corrente dal centro (i) Trovai nel tufo di Proceno un frammento di calcare nero con filliti. Il Sordelli mi scrisse che potevano appartenere alla Neuropteris flexuosa Brgt. specie del carbonifero medio e superiore. 72 A. Verri eruttivo. Sulle ripe del torrente di Lubriano, vicino Bagnorea, ho veduto nel tufo fenditure poliedro. Condizioni tutte che indicano fino dall’origine essere stato il tufo una composizione pastosa. Altra osservazione, la quale dimostra che la eruzione dei tufi avvenne su terreno in fase di corrosione avanzata è, che lungo la valle del collettore subapennino, di tratto in tratto s’incontrano sbocchi di valli antiche riempite dai tufi. Ho notato questo par- ticolarmente ad Orvieto e ad Orte, e mi sembra indicare che, quando avvennero le eruzioni dei tufi, il territorio era già molto sollevato, e molto avanzato lo scavo della valle del Tevere. La differenza di livello tra la valle del collettore e quella degli af- fluenti antichi colmate dai tufi, e quindi l’approfondamento poste- riore è nella valle del Tevere di circa 50 metri. Nessun segno ho potuto vedere che m’indicasse i punti pre- cisi di partenza delle eruzioni di questi tufi. Poiché i tufi di Montefiascone, quantunque alquanto diversi dagli altri, per la posizione stratigrafica si pongono al medesimo livello, e si possono presumere eruttati da quel cratere, crederei che i tufi da Bagnorea ad Orvieto siano il prodotto del vulcano del monte Bado, e che quelli del settore nord-ovest provengano dal vulcano di Mezzano. Dei tufi al sud sul corso della Marta può darsi che l’eruzione partisse dal centro di attività del monte di Bisenzio e del monte di Yalentano. L’eruzione dei tufi, come nel distretto Cimino, appare poste- riore alle lave con grosse leuciti. Però nel distretto Vulsinio sem- • bra che dopo i tufi siano state emesse altre lave : quella nera su- periore del monte Rado, e forse anche quelle del monte Jugo e del tunnel di Montefiascone. Genesi del lago di Bolsena. — Nessuna delle grandi eruzioni del distretto Vulsinio accenna adunque ad essere partita dal vasto cratere lacustre, e tutte possono essere riferite con probabilità maggiore a crateri situati attorno a quella conca. Non per questo la conca può supporsi generata da intercetta- mento delle acque per le deiezioni vomitate dai vulcani che la cir- cuiscono, perchè, se è giusta la misura di profondità del lago, la quota di 163 metri non sarebbe in armonia colle quote del piano pliocenico costituente l’imbasameuto delle eruzioni, ma inferiore. Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 73 D’altra parte l’isola Martana ha tutto l’aspetto d’un residuo di cono eruttivo; la Bisentina, seppure non mostra apertamente d’essere stata un cono eruttivo per se stessa, non ha i segni che notai nel monte Venere sul cratere di Vico d’essere un frammento di masse sprofondate, e pare che sia il residuo in posto d’un sistema eruttivo sventrato. La porzione meridionale della conca lacustre potrebbe pertanto essere stata generata dallo sventramento dei crateri contigui di Montefiascone, e del sistema che con- tiene il monte di Bisenzio. Le faglie accennate dalla figura del terreno ad ovest del monte Bado possono indicare un’altra causa di slargamento ad est, forse nel tempo che l’azione violenta del vulcanismo sventrava i crateri meridionali. Se dai crateri Cimini si tira una linea, la quale passi pel monte Jugo, per Montefiascone, questa linea incontra il settore nord-ovest. Tra San Lorenzo e Gradoli ho veduto nel materiale detritico inferiore una faglia a pareti verticali: da una parte un banco di detrito uniforme, dall’altra detrito disposto a strati sot- tili. Spesso, come è naturale, accade di vedere i prodotti di eru- zioni posteriori riempire cavità prodotte dalla corrosione nei pro- dotti delle eruzioni anteriori: ma quelle cavità hanno pareti in- clinate, ossia quali risultano quando gli agenti meteorici e le acque correnti lavorano un terreno : per cui il taglio verticale su materie di poca consistenza non si spiega coll’azione erosiva. In quel tratto è interrotta la continuità delle trachiti e delle lave con grandi leuciti. Vi trovai il leucitofiro in massi erratici, nè potei vedere là, nè in altri luoghi, questa lava in posto, sicché può supporsi che sia scomparsa ; e la pendice del recinto non mo- stra che tufi, lapilli, scorie. Le ripe del torrente tra Molitorio e San Giovanni, sul punto d’uscita dal distretto vulcanico della linea tracciata, mostrano una massa di tufo approfondarsi non si sa quanto dentro al pliocene, nè la cavità riempita dal tufo richiama una valle scavata dalle acque. Più circostanze adunque indicano nel settore nord-ovest squar- ciale e mosse del terreno dopo l’eruzione delle lave con grosse leuciti, ed a queste cause mi pare che si potrebbe collegare lo slargamento al nord della conca lacustre: ed anzi mi pare che quello slargamento siasi esteso anche all’esterno del recinto attuale. Le eruzioni dei detriti e dei tufi avrebbero ristretto il lago, ricol- 74 A. Verri mando di poi in parte la cavità, e costruendo il recinto tra Gra- doli e San Lorenzo. La diga opposta dallo scaglione trachitico avrebbe arrestato l’espandimento dei tufi, ed impedito che si esten- dessero nell’altipiano di Castel Giorgio, come era avvenuto pel- le lave. Nella scesa da San Lorenzo al lago, si vede in alto la lava leucitica posata su detrito vulcanico stratificato. Procedendo nella lunga scarpata, che in quel punto forma la pendice del recinto, abbasso s’incontra un masso di tufo. Discorderebbe colla disposi- sene stratigrafica generale il supporre quel tufo sottoposto alla lava, nè le osservazioni locali m’hanno dato ragioni da ritenerlo come massa inferiore. Quindi credo più probabile che appartenga alla colata generale, la quale versandosi nella squarciatura restrinse la superfìcie del lago. Anche guardata topograficamente, la porzione di recinto del lago di Bolsena, tra Gradoli e San Lorenzo, appare diversa dalle altre, ed accenna a formare sistema col recinto di Latera pel de- clivio che finisce con una insellatura contro i poggi di San Lo- renzo, e per la direzione delle acque irradianti uniformemente dal recinto di Latera. IV. Lava di Monlalto. Come appendice al vulcanismo del distretto Vulsinio si pre- senta l’eruzione della lava leucitica di Montalto. Ho accennato al principio, che sedimenti marini composti da materie vulcaniche testificano un sollevamento quaternario della spiaggia tirrena. Però nella superficie della depressione pre-plio- cenica interposta tra i gruppi di Castro e della Tolfa, accanto ai monti di Castro si manifesta una zona di depressione parziale, per la quale è interrotta la continuazione del pliocene di Corneto. Con- siderata rispetto alle formazioni più antiche, la zona è contenuta tra i monti triasici di Castro, i poggi eocenici di Canino, Tosca- nella, Montebello; ed è disposta secondo un piano inclinato, che dal mare sale verso i poggi di Canino e Toscanella. Sicché nel sollevamento post-pliocenico le masse imbasanti il pliocene s’incli- Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 75 narono contro i monti di Castro, oppure i frammenti in cui erano rotte si piegarono in modo, da creare una conca imbutiforme. Anche questa depressione parziale fu un centro d’attività vulcanica. A capo della zona di depressione, accanto ed a nord del monte di Canino, elevato 432 metri sul livello del mare, s’alza il monte Fumaiolo alla quota 339, composto da alabastri, travertini, detriti vulcanici. Il monte Fumaiolo ba al sud, alla quota 180, una buca dalla quale esce un vapore caldo. Il calcare concrezionare s’estende considerevolmente a nord del monte Fumaiolo, e così al sud. La quota della zona appiè del monte è 116 metri. L’acqua del tor- rente Timone che la solca ha sapore acidulo. A circa metà lunghezza del piano inclinato, sulle ripe del torrente Timone, la lava affiora da sotto i travertini ; si rivede più al sud nelle ripe d’un torrentello, vicino ad un deposito alluvio- nale composto da ciottoli di lava, di calcare, di quarzite, e da sab- bione. Questi affioramenti segnano la fine dell’espandimento dalla parte dei monti di Castro. Abbondante detrito vulcanico copre il terreno dagli affioramenti della lava al mare. 76 A. Verri APPENDICE SUNTO DELLE ANALISI CHIMICHE E PETROORAFICHE DELLE LAVE (!). Nello studio di queste rocce, l’autore confermò completamente i risultati di Gr. vom Rath. Secondo questo autore al nord del Lago si trovano tracliiti, che si estendono alquanto ad est e ad ovest. Facendo astrazione dai tufi, la massa principale della roccia che si trova ad est, e ad ovest, e a sud, è una roccia leucitica chia- mata dal Rath Leucitofiro. Secondo l’attuale nomenclatura è da indicarsi col nome di Tefrite leucitica, la quale passa in parte alle Leucititi, in parte alle Tefriti leucitiche contenenti Olivina o Ba- saniti leucitiche. Presso Proceno nord-nord-ovest del Lago di Boi- sena, si ha ancora una Tefrite leucitica, la quale per contenere Sanidino passa ai Leucitofiri. A Gradoli nord-ovest del lago havvi un giacimento tipico di questa roccia (2). Oltre a queste roccie al Monte Rado presso Bagnorea, nord- est del lago, ne compare un’altra identificabile con Andesite augi- tica contenente Olivina accessoria. Non pare che alcuno abbia se- gnalata questa roccia. p) Come ho premesso nella introduzione, le analisi chimiche furono ese- guite dal prof. Ricciardi, lo studio petrografico è stato fatto dal prof. Klein. Il prof. Sansoni mi ha favorita la compilazione di questo sunto della Me- moria presentata dal Klein all’Accademia Reale delle Scienze di Berlino. Con alcune note ho collegato il sunto alla descrizione stratigrafica, affine di pre- cisare la posizione delle rocce analizzate. (2) Come ho accennato nella parte geologica, delxleucitofiro tipico trovai solo massi erratici, nò potei vedere la roccia in posto. Verri. Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 77 I. Rocce tracliitiche. 1. Trachiti con Olivina. Si trovano a Torre Alfina (fosso verso Acquapendente) e S. Lo- renzo. Sebbene lontani i due giacimenti mostrano tra di loro grande rassomiglianza, come del resto risulta dalla loro composizione chimica Torre Alfina S. Lorenzo Si O2 . . . . 63.22 63.26 P2 O5 . . . 1.07 0.51 Al2 O3 . . . . 16.26 16.05 Pe2 O3 . . . 1.41 1.04 Fe 0 . . . 3.84 6.13 Mn 0 . . . tracce 0.14 Ca 0 . . . 4.75 5.50 Mg 0 . . . 1.25 1.29 K2 0 . . , 4.18 3.18 Na2 0 . . . 2.42 1.62 Perdita al fuoco 1.87 1.57 Somma 100.27 100.29 Peso specif. . 2.481 2.416 Esame macroscopico. — Pasta fondamentale rosso-brunastra con feldispato vitreo in listerelle e tavole. Augite e Biotite di color bruno; prodotti di decomposizione bianco giallastri. Esame microscopico. — Struttura porfirica: tra gl'interclusi predomina il Sanidino; subordinati Augite, Biotite, Olivina, Pla- gioclasio, Magnetite. Sanidino. — Tavole e frantumi e listerelle. Di frequente individui isolati completamente terminati, talora un po’ piegati. Limpido, sfaldatura poco evidente con direzione di fenditura pa- rallela (100). Tra i gemini frequenti quelli secondo la legge di Carlsbad. In alcune sezioni opportunamente disposte si notò l’an- golo degli assi ottici assai piccolo; birifrazione negativa. Contiene poche inclusioni, che constano di pasta fondamentale bollicine e aghi di Apatite. Plagioclasio. — Raro come intercluso: ed in tal caso si pre- 78 A. Verri senta come geminato secondo la legge dell’ Albite, mostra tendenza alla struttura zonata; estinzione assai obliqua che rivela un feldi- spato basico. Augìte. — Come intercluso è più frequente della Biotite. Spesso si presenta in cristalli ben finiti che mostrano la zona dei prismi verticali, coi due pinacoidi terminati dalla piramide. Sfal- datura evidente secondo (110). Colore verde, pleocroismo debole: il raggio parallelo all’asse b è verde, quello sul piano degli assi è giallastro. Estinzione obliqua considerevole fino a 42°. Biotite. — Molto oscura; assorbimento energico dei raggi paralleli o quasi alle strie di sfaldatura. Le sezioni normali o quasi alla base palesano in parte un materiale ben conservato, in parte anche processi di decomposizione. Inclusioni di Magnetite verso gli orli. Non si osserva completa trasformazione in Magne- tite ed Augite. Olivina. — In sezioni limpide se inalterate e spesso termi- nate da (021) (010) disposte parallelamente o quasi a (100). Se ne osservò anche di quelle parallele (001) a (110) e (100) raramente secondo (010). Si hanno anche sezioni in altre direzioni. Sfaldatura secondo piani perpendicolari, cioè (010) (100) incom- pleta e non uguale. Direzioni di estinzioni disposte, coinè ri- chiesto, dal sistema rombico. È attaccata dall’ acido cloridrico perdendo dopo poco la trasparenza. Ordinariamente non si pre- senta integra e ben conservata ma più o meno alterata, solo nel centro della sezione suole essere ben conservata. Dalla perife- ria partono fenditure e strie, in cui osservasi del materiale ocra- ceo di decomposizione, che determina una colorazione bruna. Nel rimanente la sostanza assume colori vari, dal bruno al verdastro, che mostrano un debole pleocroismo. Nella pasta fondamentale vedonsi piccoli cristalli di Sanidino e Feldispato con lamelle di geminazione; indi Magnetite, in parte alterata e rossastra : qua e là anche in masse maggiori da assumere l’aspetto d'intercluso. Infine Apatite in aghi allungati. Laddove questi minerali son ridotti a piccolissime dimensioni ivi si ha indizio di struttura fluidale. La pasta fondamentale costituisce la massima parte della roccia, e risulta di un vetro con numerosi prodotti di vetrificazione. Il suo colore bruno risulta dai prodotti stessi (Globuliti, Cumuliti, e in parte Trichiti) in cui si concentrò il pigmento. I prodotti di de- Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 79 composizione bianco-giallastri sopra accennati hanno struttura rag- giata concentrica ed hanno poca influenza sulla luce polarizzata. 2. Trachiti andesitiche con Olivina. Yi si connettono i giacimenti trachitici di Sassara e Monte Alfina situati ad est di S. Lorenzo. L’analisi ha dato : Sassaia Monte Alfina Si O2 . . . . 56.76 56.32 P2 O5 . . . . 0.47 0.34 Al2 O3 . . . . 16.79 18.17 Fe2 O3 . . . . 2.07 2.23 Fe 0 . . . . 6.95 6.47 Ca 0 ... . 6.01 5.33 Mg 0 ... . 1.63 2.84 K2 0 . . . . 4.67 4.18 Na2 0 . . . . 2.43 1.80 Perdita al fuoco . 2.44 2.15 100.22 99.83 Peso specif. . . 2.470 2.520 Confrontando queste analisi con le precedenti si nota una dimi- nuzione di Si O2, ed un aumento di Ai2 O3, Ca 0, Na2 0. Ciò può significare una diminuzione di Feldspato acido, ed un aumento di Feldispato basico; come pure l’aumento di FeO, appresso all’au- mento di Ca 0, e diminuzione di Si O2, fanno conchiudere ad un aumento di Olivina. Si osserva infatti che l’Olivina è aumentata di quantità : un aumento ancor maggiore si nota nel Feldispato triclino, che come intercluso è altrettanto frequente che il Sanidino. Emme macroscopico. — Roccie grigio-brune, o rosso-brune, con molte lacune per entro una massa fondamentale analoga a quella prima descritta. Interclusi di Feldispato, Mica bruna ed Augite. Esame microscopico. — Tra gl’ interclusi predominano i Pla- gioclasii ; poi Sanidino ; subordinati Augite, Olivina, Biotite, Ma- gnetite, Apatite. Plagioclasio. — Mostra molte lamelle di geminazione se- condo (010), struttura zonata; estinzione obliqua fino a 30'’. Inter- clusi di sostanza vetrosa. 80 A. Verri Sanidino. — Meno frequente come intercluso, nei suoi carat- teri analogo a quello già descritto di Torre Aliina, S. Lorenzo : lo stesso dicasi dell’Augite, Magnetite, Olivina e dell’Apatite la quale è talora in grossi cristalli. Anche la Biotite ha i caratteri sopra descritti; talora mostrasi piegata e contiene Magnetite. È degna di nota la presenza di certi interclusi di Plagio- clasio, Augite, Olivina, in forma di grossi cumuli; ciò starebbe a dimostrare che tali cumuli spettano ad una formazione anteriore a quella della roccia. La pasta fondamentale risulta degli stessi minerali che costi- tuiscono gl’interclusi. È cristallina assai più di quella dei giaci- menti precedenti e contiene poca sostanza vetrosa. Alla sua costitu- zione prendono parte : listerelle di Plagioclasio in geminati secondo la legge dell’ Albite, Sanidino in cristalli semplici e geminati se- condo Carlsbad, Augite in prismi verdastri, cumuli di Biotite, Ma- gnetite ed Apatite. 3. Tracliite di Bolsena. G. v. Kath per l’esterna apparenza paragona questa roccia a quella di un giacimento del Siebengebirge; tale confronto non può farsi. Esame macroscopico. — Boccia a grana fina, grigio-chiara nella pasta fondamentale con interclusi di Feldispato, Augite e Mica. L’analisi dà : Si O2 — 57.97 P2 O5 = 0.42 Al2 O3 = 17.65 Fe2 O3 = 0.63 Fe 0 = 7.50 Mn 0 = 0.09 Ca 0 = 5.53 Mg 0 = 1.71 K2 0 = 5.31 Na2 0 = 1.50 Perdita al fuoco 1.82 100.13 Peso specif. 2.451 81 Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. Esame microscopico . — Come interclusi si hanno : Sanidino , coi caratteri sopradescritti; i cristalli contengono alla periferia inclusioni di Magnetite, Augite, e sostanza vitrea, ed aghi di Apatite. Plagioclasio . — Subordinato rispetto al Sanidino, gemini se- condo (010); qua e là struttura zonata e reticolata. I cristalli spesso contengono nel loro interno un granulo poligeminato, che al di qua ed al di là della sutura di geminazione mostra un’estinzione obli- qua da 26°-32°, ciò che c'indica un Feldispato basico. Questo gra- nulo è circondato da un orlo di inclusioni di Magnetite, vetro, Augite, spesso ha apparenza torbida ; talora è di sostanza omo- genea e approssimativamente ha un’orientazione ottica comune col granulo: probabilmente è un Feldispato acido. Augite > verde con i caratteri del pleocroismo, sfaldatura e direzione di estinzione già descritti. Piotile, bruna e con prodotti di alterazione costituenti Ma- gnetite e Augite. Magnetite e Apatite non mostrano nulla di notevole. Olivina non fu trovata, Orneblenda non fu riscontrata. La pasta fondamentale è cristallina con poca base vetrosa. Risulta di Sanidino in cristalli piccoli, semplici e gemini se- condo Carlsbad : il Plagioclasio in listerelle è poligeminato se- condo (010). Augite incolora, con estinzione obliqua sui prismi. Biotite in cumuli, ed aghi di Apatite. La. Magnetite finamente diffusa ed in piccola quantità; per la sua quantità l’analisi dà troppo poco Fe2 O3. 4. Trachite del Monte S. Magno (versante di Latera). Questo giacimento ad ovest-nord-ovest del lago fu già giu- stamente indicato dal Rath. È una roccia bruna o grigiastra, cristallina con lucentezza grassa con grossi interclusi di Feldispato ed Augite. All’apparenza ricorda la Fonolite. 6 82 A. Verri Analisi : Si O2 = 60.08 P2 O5 = 0.42 Al2 O3 = 17.05 Fe2 O3 = 1.83 Fe 0 = 4.15 Mn 0 = 0.09 Ca 0 = 6.58 Mg 0 = 1.12 K2 0 = 5.12 Na2 0 = 2.31 Perdita al fuoco 1.42 100.12 Peso specifico = 2.543 Esame microscopico. — Predominano i seguenti interclusi: Sanidino. — In listerelle allungate ed in tavole; cristalli semplici e gemini di Carlsbad, più di rado di Baveno. Essendo poco evidente la sfaldatura non si può determinare il piano de- gli assi ottici. Il Sanidino è integro e trasparente ; talora si osser- vano inclusioni vetrose, Augite, Magnetite, e Apatite. Plagioclasio non è raro. Cristalli geminati per lo più, se- condo la legge dell’Albite ed anche secondo la legge del Pen- dino, stipati gli uni appresso gli altri. Tenuto conto delle direzioni di estinzioni oblique misurate ' sopra (010) si può concludere sopra un Feldispato basico. Strut- tura zonata : singolare è la presenza del Plagioclasio in gruppi e cumuli nei quali talora riscontrasi Augite. Augite ha colore verde; è simile a quella dei giacimenti descritti, quanto ai rimanenti caratteri. Non rari i geminati se- condo (100) e la forma a clepsidra. Inclusioni vetrose e di Magnetite. Olivina non venne osservata. Biotite e Magnetite mostrano i caratteri ordinari. La pasta fondamentale predomina sugl' interclusi, e consta di un aggregato cristallino di listerelle di Feldispato monoclino e triclino polige- minato, ed anche colonnette di Augite giallo-verdastre, squame di Biotite e granuli di Magnetite. Mostrasi evidente la struttura Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 83 fluidale a cui prendono parte tanto i componenti la pasta fonda- mentale come grinterclusi : ciò concorda con una Trachite plagio- clasica. Tra le listerelle plagioclasiche disposte con struttura fluidale no', ansi delle forme arrotondate, intorno a cui si aggregano gli elementi feldispatici : queste forme hanno debolissima azione sulla luce polarizzata e talora nessuna. Con più. forte ingrandimento e colla lamina di gesso par di vedere delle Leuciti, oppure inclu- sioni ordinarie. Però riscontrandosi nella soluzione cloridrica poca quantità di K2 0, si deduce che debbano constare di sostanza ve- trosa. Il resto della pasta fondamentale che non è cristallino può identificarsi colle forme- anzidette e, finamente disseminato tra gli altri elementi cristallini, prende parte alla struttura fluidale di essi. Manca 1 ' Orneblenda che è sostituita dall’Augite. 5. Tufo trachitico di Valle Vidone. Questo giacimento sta a sud del Lago di Bolsena, assai più lontano dal lago che non la Trachite anzidetta di Torre Alfina. Esame macroscopico. — Colore grigio brunastro, con appa- renza stratificata, contiene frantumi di Peldispato. Analisi : Si O2 = 59.36 Al2 0:ì = 27.27 Pe 0 = 3.16 Mn 0 = 0.14 Ca 0 = 3.99 K2 0 = 1.65 Na2 0 = 1.11 Perdita al fuoco 3.38 100.06 Esame microscopico. — Pasta fondamentale consparsa di prodotti di alterazione con cristalli frantumati di Sanidino, Mica, Augite come si osserva nelle Trachiti: da ciò deve arguirsi che questo tufo siasi formato a spese di materiali trachitici. 84 A. Verri IL Rocce leucitiche. Nel gruppo di Bolsena s’incontrano Tefriti leucitiche, Basaniti leucitiche e Leucitofiri. Le Tefriti leucitiche hanno aspetto basal- tico e si avvicinano alle Leucititi : si ha poi presso Proceno una Tefrite leucitica tipica com’è sviluppata a Rocca Monfina; però per il contenuto in Sanidino si avvicina alle Fonoliti. Le Basaniti leuci- tiche nell’aspetto esterno differiscono dalle Tefriti; constano di una massa grigia porosa che ricorda le Doleriti. La composizione chi- mica, e il contenuto in Olivina le fanno distinguere dalle Tefriti. Tenuto conto della composizione mineralogica e dei risultati micro- scopici, astrazione fatta dell’Olivina, non si avrebbe differenza alcuna tra le Tefriti e le Basaniti. Il Leucitofiro fu trovato in masso erra- tico a Gradoli a nord-ovest del lago. 1. Tefriti leucitiche e Basaniti leucitiche. Essendo queste roccie identiche salvo il contenuto in Olivina possono riunirsi insieme. Tra i minerali considerati sono da notarsi : Leucite. — In grossi interclusi, che hanno inflenza sulla luce polarizzata con geminazioni secondo il supposto rombododecaedro. Spesso contengono inclusioni vetrose, o di Augite, riunite nel centro od alla periferia. Si hanno interclusi più piccoli vetrosi ed indi- vidui di Magnetite aggregati insieme a foggia di coroncina a cui spesso aderiscono piccoli prismi di Augite. Le Leuciti della pasta fondamentale mostrano contorni meno regolari, ed anche la biri- frangenza è più debole; nel qual caso soccorre alla determinazione la nota disposizione a coroncina: qualora manchi anche questa si può ricorrere utilmente al trattamento, con H Gl, che attacca la Leucite, la quale allora si distingue dagli altri minerali per la super- ficie non più liscia. Il trattamento con H CI non deve essere troppo prolungato, altrimenti la sostanza diviene opaca.' Augite. — Talora come interclusa di considerevoli dimensioni : sono caratteristiche le sue sezioni corrispondenti alla comune com- binazione dell’Augite (110) (100) (010) (111), quindi la sfalda- tura secondo piani quasi reciprocamente normali e la geminazione Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 85 secondo 100. Inoltre la struttura zonata e la forma a clepsidra. Estinzione obliqua considerevole da 35°-42° sulla faccia (010) ri- spetto all’asse c. Colore verde : notansi spesso granuli oscuri circuiti da involucro più chiaro, con estinzione obliqua minore che nel gra- nulo. Pleocroismo debole : color verde per i raggi paralleli a b, giallo per quelli nel piano di simmetria. Come intercluso si nota l’Augite in cristalli perfetti e anche in forme tali, le quali pare abbiano subito azioni corrosive : contengono inclusioni vetrose e di Magnetite, le prime spesso ordinate in serie; struttura zonata in cui spesso la Magnetite funge da strato di separazione. L’Augite della pasta fondamentale è in granuli piccolissimi, talora in prismetti e granuli chiari con forte potere rifrangente. Plagioclasio. — È subordinato rispetto all’Augite ed alla Leucite e tanto più laddove si contiene Olivina. In listerelle gemi- nate secondo la legge dell’ Albite, di rado in tavole estese. Tenuto conto della considerevole obliquità d’estinzione (26°-32°) e del risultato del trattamento con H CI deve concludersi per un Feldi- spato basico. Come intercluso ha poca importanza prendendo parte invece alla composizione della pasta fondamentale. Sanidino. — Non ha importanza alcuna per il giacimento generale : si osserva come intercluso, in cristalli semplici e gemi- nati di Karlsbad, nella Tefrite leucitica di Proceno. Magnetite. — In granuli spesso corrosi ai margini, cambiati in sesquiossido di ferro di colore rosso. Apatite. — È comune in tutti i giacimenti : è in aghetti che talora sono riuniti insieme in fasci. Hauyna incontrasi talora come intercluso, riconoscesi alle sezioni isotrope e regolari : talora è alquanto brunastra per prodotti di alterazione. Ne felina trovasi qua e là subordinata ; riconoscesi alla forma caratteristica delle sezioni, e dai fenomeni ottici : in alcuni giacimenti questo mine- rale è raccolto in druse. Olivina si trova solo in una parte delle roccie leucitiche di Bolsena, specialmente a Montefiascone. Riconoscesi dalla forma delle sezioni, dalla scabrosità della faccia di sezione e dalla sfal- datura secondo piani normali non ugualmente completa. Direzioni di estinzioni normali e parallele alle strie di sfaldatura. Il mine- rale è facilmente attaccato da H Gl. Dalla periferia comincia l’alte- razione procedendo per le linee di sfaldatura; ne derivano delle 86 A. Verri macchie brune di ossido di ferro : la porzione mediana rimane invece integra e trasparente e non mostra pleocroismo ; questo invece apparisce un poco nelle porzioni alterate. Scarsa è la so- stanza vetrosa nella pasta fondamentale ; per lo più è rappresen- tata dalle inclusioni minerali sopra descritte. Per ciò che riguarda l’aspetto di quelle rocce leucitiche esse, come ha osservato G. von Rath, ricordano le rocce basaltiche e doleritiche. L’esame geolo- gico ci chiarirà sul vero significato, di queste rocce ; dal punto di vista petrografico si può stabilire la seguente distinzione: A. Rocce leucitiche di abito basaltico. — a) Tefrite leuci- tica. Componenti essenziali : Leucite, Plagioclasio, Augite, Magne- tite. Contenuto in Si O2 circa 52 %• b). Tefrite leucitica. Componenti essenziali : Leucite e Augite, o Augite e Leucite con Plagioclasio subordinato e Magnetite. Con- tenuto in Si O2 48-49 %. B. Rocce leucitiche di abito doleritico. — Caratteristiche per contenere Olivina, per cui debbono considerarsi come Tefriti leuci- tiche con Olivina accessoria, ovvero come Basaniti leucitiche. Con- tenuto in Si O2 47 V2 - 49 %• Contenuto in Magnesia maggiore che negli altri giacimenti. C. Rocce leucitiche di abito tefritico. — Vi si connette la roccia di Proceno identificabile con quella di Rocca Monfìna tranne il contenuto in Sanidino. D. Come appendice vi si collega una Tefrite leucitica, di Montalto sud-sud-ovest del lago, la quale non corrisponde a nes- suna delle precedenti e deve ritenersi come un Andesite augitica con Leucite accessoria. Verranno queste rocce descritte neH’ordino suesposto accennando alle particolarità di ciascuna in confronto coi risultati dell’analisi chimica. Le rocce di Proceno e Montalto, che differiscono dalle Tefriti leucitiche del lago saranno trattate a parte. A. Rocce leucitiche di giacimenti finitimi al lago e con aspetto basaltico. a). Tefriti leucitiche. Vi appartengono i giacimenti di S. Trinità presso Orvieto nord-est; di Monte Bisonzio a sud-ovest; di Mezzano ad ovest; Toscanella (sulla sinistra della Marta) al sud del lago. Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 87 Analisi : S. Trin. p. Orvieto M. Bisenzio Mezzano Toscanella Si O2 = 48.28 52.16 52.35 51.24 P2 O5 1.71 1.15 0.85 0.58 Al2 O3 = 16.51 15.03 15.08 15.26 Fe2 O3 = 3.07 3.17 tracce 3.70 Fe 0 = 7.62 8.42 8.38 8.48 Mn 0 = 0.16 0.24 tracce 0.12 Ca 0 = 12.50» 10.07 11.12 7.63 Mg 0 •= 4.03 4.69 5.41 4.04 K2 0 = 1.84 2.47 4.12 2.85 Na2 0 = 0.86 2.38 1.28 1.08 Perdita al fuoco 3.51 0.72 1.84 . 5.29 100.09 100.50 100.43 100.27 Peso specifico 2.769 2.749 2.735 — Tra queste rocce la più integra è quella di Monte Bisenzio, un poco più alterata è quella di S. Trinità presso Orvieto, assai più quelle di Mezzano e Toscanella. La pasta fondamentale di queste rocce consta di listerelle di Feldispato triclino, Augite e Leucite, con interclusi di Augite, raramente di Leucite. Notasi inoltre : S. Trinità presso Orvieto. — Si ha una roccia grigia, bruna- oscura, a grana fina con prodotti di alterazione bruni in varie forme. Nella pasta fondamentale domina il Feldispato triclino. Ma- gnetite in aggregati ramificati. Augite come intercluso di grosse dimensioni; la roccia contiene alquanta Hauyna. Monte Bisenzio. — Grigia ed a grana fina. Nella pasta fonda- mentale contiene molto Feldispato : scarseggia la Leucite. L’Augite si mostra come intercluso in forma di clepsidra e con struttura zonata. Mezzano. (Masso erratico). — Grigio-verdastra alterata. La Leucite è in parte caolinizzata, quindi difficilmente determinabile al microscopio. Allorché è in grossi interclusi apparisce ben con- servata. L’Augite apparisce come intercluso in cristalli compieta- mente terminati : nella pasta fondamentale appresso al Feldispato si nota Magnetite (!). Toscanella. (Sulla sinistra della Marta). — Alterata special- mente nelle Leuciti. (!) Il campione fu staccato da un grosso erratico giacente presso il la- ghetto di Mezzano. Non potei vedere nelle adiacenze lava in posto dello stesso aspetto. — Verri 88 A. Verri b). Tefriti leucitiche che passano alle Leucititi. A queste si riferiscono i giacimenti : Vetta del Monte di S. Magno ad ovest ; Canonica (presso Orvieto) a nord-est ; Sassi lanciati di Bolsena a nord-est ; Montefiascone e Montefiascone Tunnel sud-est ; Monte lugo al sud-est e Fosso Pantacciano a sud del Lago di Bolsena. Analisi : S. Magno Canonica Sassi lanciati Si O2 50.19 52.71 48.75 49.03 P2 O5 1.39 1.47 0.31 0.27 Al2 O3 16.86 14.41 16.03 16.07 Fe2 O3 2.12 2.22 1.83 1.76 Fe 0 7.32 8.03 10.12 10.05 Mn 0 0.21 0.12 0.42 0.44 Ca 0 11.40 11.06 11.72 12.04 Mg 0 3.66 5.11 4.02 3.94 K2 0 3.78 2.55 2.94 3.06 Na2 0 2.11 1.34 1.89 1.73 S O3 — — 0.62 0.57 Perdita al fuoco 1.17 1.01 1.39 1.38 Somma 100.21 100.03 100.04 100.34 Peso specifico 2.708 2.816 — — Montefiascone Montefia- M. Iugo Fosso (a grossa grana) sconc (T.) Pantacciano Si O2 49.18 48.84 48.30 48.51 P2 O3 0.41 0.22 0.47 0.95 Al2 O3 16.07 15.45 15.07 14.56 Fe2 03 1.17 2.78 1.53 3.21 Fe 0 8.94 9.62 9.18 8.19 Mn 0 0.42 0.34 0.29 0.16 Ca 0 13.26 13.29 13.95 10.69 Mg 0 5.43 5.37 7.48 4.12 K* 0 2.07 1.83 1.73 4.24 Na2 0 1.25 1.24 0.94 2.15 S O3 0.48 0.56 — — Perdita al fuoco 1.62 0.72 1.78 2.80 Somma 100.30 100.26 100.72 99.58 Peso specifico — — — 2.726 89 Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. Questi giacimenti ad eccezione di quello del Fosso Pantacciano mostrano contenere minor quantità di Feldispati triclini in con- fronto di quelli della categoria precedente. Anche al microscopio scorgesi una pasta fondamentale di Augite, Magnetite e Plagio- clasio e piccole Leuciti, la quale circonda le grosse Leuciti. Tra gl’ interclusi domina l’ Augite : pili raramente (Montefiascone) anche la Leucite yì si trova in ugual proporzione ; talora (S. Magno) quest'ultima predomina. I singoli giacimenti hanno poi i caratteri seguenti : Vetta di S. Magno. — Boccia grigio-nerastra a grana fina; frequente la Leucite, intorno a cui gli altri componenti formano un reticolato. Le Leuciti contengono granuli vetrosi e di Magnetite. Canonica. — Roccia grigio-nerastra ed a grana fina. Predo- mina F Augite come intercluso, più scarsa la Leucite. Contiene Nefeiina. Sassi lanciati di Bolsena. — Roccia grigio-nerastra. Inter- clusi di Leucite e di Augite. Le Leuciti posseggono una corona granulare periferica ed inclusioni vetrose: hanno energica influenza sulla luce polarizzata. L’Augite presentasi in interclusi ben termi- nati, talvolta corrosi : si hanno anche forme a clepsidra. I cristalli di Augite hanno agli orli granuli di Magnetite e vetrosi. S’associa anche Hauyna. Montefiascone. — Roccia a grossa grana grigio-nerastra con interclusi di Augite e Leucite : quest’ultima mostra in sezione ben distinta la geminazione altre volte indicata. Talvolta contiene so- stanza vetrosa e pori a gas nella regione centrale. L’Augite può riconoscersi al color verde, sfaldatura primatica, estinzione obliqua sopra (010) di circa 35° e debole pleocroismo: notasi talora strut- tura zonata, ed inclusioni vetrose. Nella pasta fondamentale pre- domina T Augite, viene appresso la Leucite, scarseggia invece il Plagioclasio : la Magnetite è rappresentata da granuli. Non fu con- statata Hauyna, nonostante che l’analisi indichi la presenza di S O3 (x). Montefiascone (Tunnel ferroviario). — Roccia grigio-nerastra a grana fina. Interclusi di Augite e Leucite : la prima mostra (>) Di questa lava appare una testata dalla parte del lago alla quota 470. — Verri. 90 A. Verri tracce di fusione ed agli orli ha inclusioni vetrose. Struttura zo- nata e forma a clepsidra. La Leucite ha granulazioni a corona ed ha assai influenza sulla luce polarizzata. I minerali della pasta fondamentale non mostrano caratteri particolari : notasi un po’ di Hauyna decomposta. Tenuto conto della quantità di Leucite osser- vata al microscopio .appare assai piccola la quantità di potassa data dall’analisi. Monte Rigo. — Roccia grigio-nerastra con interclusi di Au- gite verde-scura. Leucite ed Augite prevalgono sugli altri com- ponenti. Fosso Pantacciano. — Roccia grigio-bruna di uniforme appa- renza. Contiene interclusi di Augite a forma di clepsidra. Nella pasta fondamentale appresso l’Augite si ha Feldispato triclino che prevale sulla Leucite. B). Rocce leucitiche di abito doleritioo dei dintorni del lago. Sono queste caratterizzate dal maggiore o minore contenuto in Olivina, la cui quantità sta in ragione inversa del Plagioclasio. All'apparenza queste rocce diversificano da quelle con abito dole- ritico, e prive di Olivina. Chimicamente si distinguono dalle Tefriti per contenere minor quantità di Silice Si O2, e più Ca 0, Mg 0. Al microscopio invece non si nota differenza alcuna : l’Olivina non influisce sulla struttura. A questo tipo si riferisce il giacimento ’ di Yalentauo sud-ovest del lago ; Fosso Pantacciano (masso erra- tico) al sud; Toscaneria (Madonna dell’Olivo) al sud e due giaci- menti di Montefiascone, distinti con Montefìascone 1° (masso erra- tico) e Montefiascone 2° sud-est del lago di Bolsena. Riguardo aria disposizione geografica di queste rocce si osserva che le Te- friti leucitiche con Olivina trovansi al sud del lago di Bolsena. Siccome le rocce di questo tipo non contenenti Olivina sono sparse a nord-est ed ovest, così ci servirà questo fatto come criterio di distinzione delle rocce in Tefriti e Basaniti : la distinzione defi- nitiva però deve poggiarsi sulla ricerca deri’andamento delle sin- gole correnti di lava. Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 91 Seguono le analisi : Valentano Fosso Pantacciano Toscanella Montefiascone 1° Mont. 2° (masso errat.) (Madonna dell’Olivo) (masso errat.) Si O2 — 48.09 51.94 49.03 47.61 49.23 P2 O5 0.41 0.62 0.86 0.61 0.17 Al2 03 13.60 14.78 15.18 17.38 15.04 Fe2 O3 = 2.52 2.94 2.07 2.03 1.39 Fe 0 = 9.36 9.13 6.32 7.24 9.03 Mn 0 — 0.10 0.17 0.19 0.21 0.37 Ca 0 : 13.05 8.51 12.58 15.61 13.58 Mg 0 = 6.75 2.63 6.05 6.21 8.02 E? 0 — 3.07 5.33 4.07 1.81 1.54 Na2 0 — 1.41 2.08 1.49 0.86 1.07 Perdita al fuoco 1.62 2.12 2.09 0.64 0.93 Somma 99.98 100.25 99.93 100.21 100.37 Peso specifico 2.762 — 2.743 2.731 — La struttura di queste rocce è porfirica e contiene interclusi, rappresentati da Augite, Olivina e Leucite. Scarseggia il Feldi- spato. Nella pasta fondamentale, specialmente nel giacimento ti- pico di Montefiascone, aumenta l'Augite in rapporto agli altri com- ponenti. I rimanenti giacimenti hanno le seguenti caratteristiche : Valentano. — Roccia grigia a grana media con vani in cui stanno piccoli cristalli di Nefelina. Domina l’Augite come inter- cluso assai sviluppato ; a struttura zonata in cui la parte centrale ha un’estinzione obliqua maggiore che le parti periferiche. Verso gli orli i cristalli appaiono alterati ed imbruniti : Magnetite rami- ficata ed Hauyna. Fosso Pantacciano (masso erratico). — Simile al precedente : nelle fenditure di questa roccia vedesi pure Nefelina, nelle forme (1010) (0001). Come interclusi notansi Leucite, Augite, Olivina. I primi due minerali, specialmente la Leucite, si vedono anche ad occhio nudo. La Leucite mostra nella porzione centrale sostanza vetrosa e pori a gas e mostra la geminazione solita : vi si trova in grande quantità della Potassa indicata dall’analisi. Augite ed Olivina mostrano i caratteri altrove indicati: nella pasta fonda- 92 A. Verri mentale, mostrasi poco Plagioclasio, Augite, Leucite, Magnetite, Apatite, Biotite (1). Toscanella ( Madonna cieli’ Olivo). — Roccia grigia a grana media con vacui ove si trova Nefelina. Come intercluso è rara l’ Au- gite. Anche al microscopio l’Augite non è frequente come inter- cluso ; per lo più contiene inclusioni vetrose ordinate in serie, i relativi cristalli appariscono corrosi : hanno uniforme sviluppo le Augiti e le Leuciti e scarseggia il Feldispato plagioclasio. Notasi anche Olivina, Hauyna e Nefelina. Monte frascone 1° (masso erratico). — Roccia grigio-chiara a grana media con vacui e cristalli interclusi di Olivina ed Augite. La prima se integra è verde-chiara, se alterata è brunastra. L’Au- gite è verde-oscura. La pasta fondamentale è cristallina e consta di Augite, poca Leucite, Plagioclasio, Biotite e Magnetite : in essa stanno disseminati grossi cristalli di Olivina, e più piccoli di Au- gite (2). Montefiascone 2°. — Nella pasta fondamentale analoga a quella dei giacimenti precedenti si notano grossi interclusi di Au- gite ed Olivina ; e riguardo agli interclusi, questa roccia pare più ricca in Augite della precedente e più povera in Olivina. Nella pasta fondamentale l’Augite ha diminuito in quantità, mentre si trova più Plagioclasio che nel giacimento precedente (3). C. Rocce leucitiche di abito tefritico. Vi appartiene la roccia di Proceno a nord-ovest del lago, a qualche distanza da questo. Ha aspetto diverso dalla precedente, mostrando analogia colla Tefrite leucitica di Rocca Montina. Per il contenuto in Sanidino la roccia di Proceno non è a conside- rarsi come una Tefrite tipica. Nella pasta fondamentale, grigio (!) Questo erratico raccolto nell’alveo del torrente, proviene probabil- mente da roccia in posto nel recinto sud del lago : eppoichè rappresenta una lava diversa da quella superiore di Montefiascone, accenna qualche altra massa eruttiva oltre quelle indicate nella descrizione stratigrafica. — Verri. (2) Erratici della lava in posto sul fondo della valletta sotto Montefiascone abbondanti agli Zepponami, sulla pendice opposta del recinto. — ]rerri. (3) Lava in posto al fondo della vailetta sotto Montefiascone. — Verri. 93 Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. chiara ed a grana fina, si vedono rami grandi e piccoli; inter- clusi di Leucite della grossezza piccoli ; si trovano anche Augite Segue l’analisi : Si O2 = P2 O5 = SO3 = Cl. = Al2 O3 = Fe2 O3 = Fe 0 = Mn 0 = Ca 0 = Mg 0 = K2 0 = Na2 0 = Perdita al fuoco Somma fino a cm. 1.5, ed anche più ì Sanidino. 59.69 tracce 0.64 tracce 16.22 1.93 8.17 0.44 4.80 2.72 3.09 1.03 1.54 100.27 Al microscopio si notano come interclusi : Sanidino. — Non tanto frequente, però in grossi cristalli tra cui alcuni gemini di Carlsbad, nel resto ha i caratteri altrove indicati. Plagioclasio. — In cristalli più piccoli del Sanidino però più frequenti. Si osservano gemini secondo (010) ed anche secondo la legge del Periclino. Accrescimenti di Feldispati triclini con estinzione obliqua variabile, in generale è però considerevole: qua e là i cristalli appariscono piegati ; inclusioni vetrose. Leucite. — In cristalli grossi che mostrano assai influenza sulla luce polarizzata, gemini secondo la solita legge : talora mo- strano inclusioni a coroncina ed inclusioni di Augite. Augite. — In cristalli pleocroitici grigio-chiari traenti al giallastro. Sfaldatura secondo il prisma dell’ Augite ; estinzione obliqua considerevole ; gemini secondo (100). I cristalli sono in- tegri, talora in frammenti. Biotite. — È rara, con pleocroismo energico, col noto assor- bimento, spesso circondata da Magnetite. Magnetite. — In masse assai grosse opache, rosso-brune ai 94 A Verri margini in seguito ad alterazione. In generale è associata ad Au- gite. Sono subordinati : Harnrna, Nefelina, Apatite. L 'Hciuyna in forme corrispondenti all’abito de’ suoi cristalli in parte frantumata. Per la forma delle sezioni e per i risultati ottenuti alla luce polarizzata nonché per le indagini chimiche si nota anche presenza di Nefelina. li Apatite è in aghi sottili. La pasta fondamentale risulta dai minerali anzidetti insieme a poca sostanza vetrosa. La massa maggiore della pasta fonda- mentale è data da cristalli di Plagioclasio con estinzione obliqua, minore che gl’interclusi. Si notano anche Sanidini riconoscibili alla estinzione obliqua particolare nonché alla geminazione polisintetica. Vi si trova anche Leucite in abbondanza. L’Augite presentasi in bacilli prismatici piccoli, giallo-verdastri con vivaci colori di pola- rizzazione, poco pleocroitici, con estinzione obliqua considerevole, talora in forma di clepsidra. D. Roccia leucitica di Montalto. Questo giacimento situato presso al mare ed assai lontano dagli altri sopraricordati e dal lago, è descritto separatamente. Montalto 1 Montalto 2 Montalto 3 Montalto 4 Si O2 55.11 55.08 56.07 56.32 P2 O5 0.75 1.02 0.92 0.93 Al2 O3 16.07 17.52 16.31 17.07 Fe2 O3 3.04 2.11 1.64 3.11 Fe 0 8.46 6.17 8.39 6.03 Mn 0 — 0.10 0.14 0.13 Ca 0 6.46 6.19 5.94 6.53 Mg 0 3.10 2.41 3.02 2.05 K2 0 5.07 4.32 5.27 4.03 Na2 0 1.58 1.37 1.22 2.24 Perdita al fuoco 0.89 4.03 1.17 2.04 Somma 100.53 100.32 100.09 100.48 Peso specifico 2.546 2.492 2.552 2.492 Considerando queste analisi tra loro notasi una discreta con- cordanza, salvo nelle quantità che si riferiscono alla perdita al fuoco, lo che potrebbe derivare da Calcite di formazione secon- daria disugualmente ripartita nella roccia. Le primo 3 rocce che Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 95 sono assai analoghe riguardo agli elementi mineralogici di cui constano, sono a grana fina, sono nere come le rocce basaltiche, hanno vacui ove talora si contiene Calcite, oppure sono vuoti, e le loro pareti sono ricoperte da una crosta giallo-bruna. La roccia n. 4 non ha vacui. Al microscopio le rocce n. 1, 3, assomigliano alle Àndesiti augitiche : infatti nella pasta fondamentale stanno tra loro intrecciate listerelle di Feldspato triclino, cristalli di Au- gite e Magnetite. Questi elementi sono quasi tenuti insieme da particelle vetrose ; tra queste alcune a contorni regolari, talora ottagonali, le quali attentamente esaminate risultano di Leucite, che mostrano poca influenza alla luce polarizzata, come si verifica in alcune rocce di Kaisersthul e del Tifel. Con ciò si spiega la quantità della potassa indicata dall’analisi. Questa Leucite che poi non si riscontra come intercluso, si deve essere formata in un periodo assai inoltrato durante il consolidamento della roccia. Come interclusi sono a notarsi : Augite, Olivina, Plagioclasio, Biotite, Magnetite, Apatite e Calcite di origine secondaria. Augite. — In cristalli semplici, di rado gemini secondo (100) con sfaldatura evidente secondo (110), di colore verde, pleocroismo debole, estinzione obliqua considerevole, fino a 42. Ha inclusioni vetrose. Plagioclasio. — Poligeminato secondo la legge dell’ Albite, con estinzione obliqua considerevole fino a 32°. Ha struttura zo- nata ed inclusioni vetrose raccolte verso il margine della sezione. Si osservò una volta un cristallo assai voluminoso di Plagioclasio poligeminato frastagliato ai margini cui aderisce Magnetite. Olivina. — Alterata verso i margini come nelle altre Tefriti. Biotite, con colori bruni, con inclusioni di Magnetite : tanto la Biotite come la Magnetite e l’Apatite hanno i caratteri altrove accennati. La Calcite di formazione secondaria è riconoscibile ai colori di polarizzazione, di più a luce polarizzata parallela mostra la croce d’interferenza, già osservata e descritta da Fouquè inerente alla sua struttura sferolitica. In complesso questa roccia sarebbe da ritenersi un’Andesite augitica e leucitica con Olivina accessoria: ma meglio è chiamarla col nome di Tefrite leucitica con Olivina accessoria, notando però i caratteri che la differenziano dalle Tefriti leucitiche, cioè la composiziono chimica, peso specifico, struttura ed apparenza della pasta fondamentale. La roccia indicata al n. 4 può considerarsi come una varietà vitrofirica della la descritta. 96 A. Verri Infatti si hanno in questa gli stessi minerali come interclusi, però in minor quantità, mentre predomina la pasta fondamentale, con- tenente molta sostanza vetrosa, Plagioclasio, Augite, e molta Ma- gnetite, non vi si riscontra però Leucite. Probabilmente un più rapido consolidamento di questa roccia molto vetrosa impedì la formazione della Leucite. 2. Leucitofiro. Il campione di questa roccia fu tratto da un masso erratico proveniente dai dintorni di Gradoli nord-ovest del lago. Ha color grigio- verdastro, grana fina e lucentezza grassa : di questa non fu fatta l’analisi. Al microscopio osservansi interclusi di un bisi- licato verde (Augite, o Orneblenda), Leuciti in individui grossi e qua e là Sanidino. Questi minerali stanno in una massa con toni di polarizzazione grigio-bluastri. Il bisilicato notato di sopra ba colore verde-oscuro con contorni poco netti, con tracce di corrosione ed insenature : il pleocroismo è intenso, per cui s’inclinerebbe a rite- nerlo come Orneblenda ; ma uno studio più accurato ba posto in chiaro trattarsi di Augite verde con pleocroismo energico ; talora è visibile la sfaldatura prismatica caratteristica : è notevole l’estin- zione obliqua, considerevole (35° circa sulla faccia (010)) rispetto alle strie parallele alla sfaldatura. Il pleocroismo offre colori verdi e giallo-bruni, e si constata assai bene nelle sezioni della zona (001) (100). Gli altri interclusi Leucite e Sanidino non mostrano nulla di notevole. Nella Leucite notansi i consueti geminati. Nella pasta fondamentale si osserva : Nefelina in sezioni esagonali e rettangolari, come pure in masse uniformi che cementano gli altri minerali; la presenza della Nefelina fu dimostrata mediante la cor- rosione e la colorazione colla Fuchsina. Leucite in cristalli assai evidenti stipati gli uni appresso agli altri tenuti insieme aderenti da sostanza nefelinica. Esercita debole influenza sulla luce pola- rizzata, assai minore di quanto funziona da intercluso. Sanidino in tavole e listerelle, spesso geminato secondo la legge di Carlsbad. Biotite, Magnetite, Apatite, sono subordinati e mostrano i carat- teri altrove descritti. Notasi pure Hauyna alquanto alterata. In appendice alle rocce leucitiche è degno di nota un tufo di Gradoli, bolloso, rosso-brunastro, talvolta verde. Al microscopio 97 Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. il colore della massa principale è il bruno : mostra parecchi vacui. Nella pasta fondamentale mostransi numerosi punti nerastri di Magnetite, frantumi di Augite di varie grossezze e qua e là fram- menti di Tefrite leucitica coi suoi minerali caratteristici Leucite, Augite, Plagioclasio ecc. L’analisi ha dato : Si O2 == 49.34 P2 O5 = 1.31 Al2 O3 = 18.99 Fe2 O3 = 3.11 Fe 0 = 6.07 Mn 0 = 0.26 Ca 0 = 7.89 Mg 0 = 3.51 K2 0 = 6.03 Na2 0 = 1.89 Perdita al fuoco — 1.98 Somma 100.38 Peso specifico 2.562 III. Andesite augitica con Olivina accessoria. Questa roccia trovasi al Monte Rado presso Bagnorea nord- est del lago (*). Ha color bruno, è compatta. Nella pasta fonda- mentale si notano interclusi di Augite e Plagioclasio. L’analisi ha dato : Si O2 : 56.42 P2 O5 ~~~ 7 1.08 Al2 O3 — 16.81 Fe2 O3 — 3.26 Fe 0 6.92 Mn 0 — 0.23 Ca 0 — 5.64 Mg 0 == 3.50 K2 0 3.07 Na2 0 — 1.21 Perdita al fuoco , 2.25 Somma 100.39 Peso specifico 2.625 (i) Costituisce la lava superiore del Monterado. — Verri. 98 A. Verri Al microscopio si notano come interclusi i minerali seguenti: Plagioclasio. — Mostra estinzione obliqua considerevole e i geminati secondo la legge dell’ Albite mostrano un’estinzione media di 28° al di qua ed al di là della sutura di geminazione: notasi anche la geminazione di Carlsbad. I cristalli di Plagioclasio spesso mostrano contorni netti e sono poveri d’inclusioni. Si notano pure talora zone di Feldspato basico circondate da Feldispato acido, lo che può argomentarsi dalla estinzione obliqua diversa : quest’ultimo è ricco d’inclusioni vetrose. Talora i cristalli di Plagioclasio sono circondati da sostanza vetrosa in cui sembrano nuotare. Augite. — In cristalli verde-chiari senza pleocroismo, con sfaldatura evidente, struttura zonata, ed estinzione obliqua consi- derevole : non mancano gemini secondo (100). Aggruppamenti di Augite con Olivina e Plagioclasio. Biotite. — Bruna, pleocroitica con assorbimenti. Talora in cristalli distinti, con processi di alterazione, associati a Magnetite; talvolta può constatarsi un cambiamento completo in Magnetite ed Augite. Geminazioni secondo la legge di Ischermak. Olivina. — In quantità variabile, spesso in aggruppamento associato ad Augite, Plagioclasio : mostra gli stessi processi di alterazione che nelle rocce leucitiche ; trovasi anche finamente diffusa nelle rocce. Apatite. — In aghi finissimi, notansi anche prismi aggrup- pati insieme, in cui osservasi il noto assorbimento e^> o. Sferoliti di Calcite. — Ben distinte ; a luce parallela mo- strano la nota croce d’interferenza. Nella pasta fondamentale si hanno listerelle di Feldispato triclino, dal cui ordinamento spesso può arguirsi un cambiamento di direzione nella corrente : piccole Augiti in vetro con numerosi prodotti di vetrificazione. Trattando la massa con H CI e Fuchsina si colorano alcuni prodotti di alterazione, che non si possono rite- nere come Olivina. Non si osservò Leucite nè tra gl’interclusi nè nella pasta fondamentale, per conseguenza il contenuto in potassa indicato dall’analisi può ascriversi a sostanza vetrosa od a miscela isomorfa di Feldispato potassico triclino nel Plagioclasio, oppure Sanidino della pasta fondamentale. Il contegno ottico di molte listerelle di Feldispato poligeminate non contraddirebbe questa ipotesi. Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. 99 L’apparenza di queste rocce è quella di un Basalto a cui si avvicina anclie per il contenuto in Olivina : ma se si considera l’analisi e specialmente il contenuto in Si O2 e che l’Augite è assai meno sparsa che nei veri Basalti, si può mantenere il nome di Andesite augitica con Olivina : è però degna di rimarco la vi- cinanza di questi giacimenti colle rocce leucitiche. Ma poiché Leucite non se ne trova, così siamo autorizzati a conservare il nome proposto. A. Verri. SOPEA UNA SEZIONE GEOLOGICA PEESSO ROMA Prendendo parte alle esercitazioni topografiche della R. Scuola d’ Applicazione per gl’ingegneri di Roma, nella squadra occupata al rilevamento delle località adiacenti al fosso di Pozzo Pantaleo, ebbi agio di notare alcuni appunti sulla costituzione geologica di quei luoghi, poiché si facevano colà forti movimenti di terra per 1’impianto di una grande fabbrica di mattoni, per la costruzione di una strada d'accesso, e per l’apertura di altre cave di tufo. Il monte Gianicolo, all’ esterno di Roma, scende rapidamente poco oltre la porta Portuense e non è separato dal Tevere che da una stretta spianata, ove presentemente si costruisce la stazione ferroviaria di Trastevere. In alcuni tagli ivi eseguiti, si mostrano le marne grigie e giallastre analoghe a quelle del Vaticano, re- golarmente stratificate, orizzontali sulla fronte parallela al Tevere ed inclinate verso questo in direzione normale. Le sabbie gialle e le ghiaie le ricoprono. Dal lato volto verso la villa Pamphili ed il Monte Verde, il Gianicolo scende molto più leggermente, e al nord si connette col Vaticano di cui è il prolungamento. Nella parte più elevata, come può ben vedersi presso la porta di S. Pancrazio, le ghiaie sono ricoperte da materiali vulcanici stratificati e poco coerenti. Nelle vicinanze della strada di Monte Verde, la quale si di- stacca dalla via Portuense ad 1 Km. da Roma, all’altezza delle marne marine si trovano i tufi, che si addentrano nella valletta del fosso di Pozzo Pantaleo e costituiscono il nucleo del Monte Verde. La seguente sezione, lunga oltre 1 Km., che forma l’oggetto di questa breve comunicazione, è alla sinistra del fosso di Pozzo Pantaleo, in direzione a questo parallela, facilmente visibile nelle sue parti sia nella fabbrica di mattoni che nelle vicine cave di tufo. La scala per le altezze è dieci volte maggiore di quella delle lunghezze, con tutto ciò alcuni strati sono rappresentati di altezza maggiore per renderli meglio visibili. 101 Sopra una sezione geologica presso Roma. 102 E. Clerici 1. Le marne a grana sottilissima sono orizzontalmente e rego- larmente stratificate a colore ora grigio (azzurrognolo se bagnate), ora giallastro eguali in tutto alle marne del Vaticano. Esse costi- tuiscono la parte terminale del pliocene inferiore. Vi fio trovato: Balantium Riccioli Cai. Terebratulina caput-serpentis Lamk. Brissopsis Genei Sism. Cidaris remiger Ponzi Orbulina universa Lamk. Globigerina biloba Reuss Nodosaria rapìianistrum Lin. Cristellaria adirata Montf. 2. Le marne suddette sono ricoperte dalle sabbie gialle, che ivi rappresenterebbero il pliocene superiore, le quali altrove, al Monte Mario e ad Acquatraversa sono ricche di fossili. La grossezza degli elementi è assai variabile; talvolta sono indurite in modo da for- mare delle lastre e delle concrezioni di arenaria: verso la parte superiore sono miste a ghiaie. 3. Le ghiaie sono mescolate con sabbia e con essa talvolta forte- mente cementate. Vi abbondano i pezzi di piromaca e vi mancano materie vulcaniche. Esse rappresentano la fine del pliocene ed il principio del quaternario. Secondo il Ponzi sono diluviali, e glaciali secondo lo Stoppani. 4. I materiali vulcanici incoerenti, con pomici più o meno decomposte, ricoprono tanto al Gianicolo che al Vaticano ed al Monte Mario le suddette ghiaie. Per il Ponzi questi tufi incoerenti erano glaciali. 5. Addossate alle marne ed alle sabbie plioceniche vi sono delle marne biancastre fluviali, con elementi vulcanici e con no- duli marnosi induriti. La loro stratificazione è poco regolare ma molto inclinata. 6. Marna bruna analoga alla precedente, con elementi vul- canici e pezzi di ghiaia irregolarmente disseminata. 7. Tufo litoide rossastro, molto compatto. 8. Tufo granulare rossastro. Differisce dal precedente per la grande quantità di leucite che contiene e perchè in molti punti 103 Sopra una sezione geologica presso Soma. mostrasi come un conglomerato di leuciti farinose, augite, mica bruna, frammenti di lave e di scorie. Del resto è molto compatto come il precedente. 9. Straterello di sabbia a grossi elementi; mica, pirosseno, leucite, lave. Esso è di variabile spessore, in qualche punto manca od è rappresentato da poche pomici nerastre. 10. Tufo omogeneo marrone, nettamente stratificato. 11. Sabbia argillosa giallastra di variabile aspetto nei diversi punti in cui si osserva ; nella parte a sinistra della strada di Monte Verde (in figura) è nerastra e ricca di mica. 12. Anche questo strato è assai differente d’aspetto come per i fossili che contiene, nei vari punti ove si osserva. a) Presso la vigna Emiliani e in gran parte della vigna S. Carlo costituisce il calcare argilloso di cui parlai in altro la- voro (1). I fossili che contiene, citando solo i più abbondanti sono : Zonites compressus Zieg. Zonites algirus Drap. ( Ilelix ) Eelix obvoluta Miill. Ilelix cinctella Drap. Ilelix nemoralis Din. Limnaea palustris Muli. (Buccinimi) C gelo storna elegans Miill. ( Nerita ) Recentemente vi ho trovato anche un molare superiore di Rlninoceros. b) Presso la vigna S. Carlo, marne cenerognole talvolta indurite ed allora simili al calcare argilloso. I fossili che in abbondanza contiene sono: Teslacella haliotidea Drap. Ilelix pulchella Miill. Ilelix profuga Schnidt Ilelix carthusiana Miill. Succinea Pfeifferi Rossm. Limnaea ovata Drap. (i) Sopra alcune formazioni quaternarie dei dintorni di Poma. (Boll, elei B. Com. Geol. 1885) 101 E. Clerici. Sopra ima sezione geologica presso Roma. Limnaea palustris Muli. (Buccinimi) Limnaea truncatula Milli. (Buccinum) Physa fontinalis Lin. (Bulla) Plcinorbis albus Milli. Planorbis umbilicatus Milli. Bgthinici tentaculata Lin. (Helix) Vertigo antivertigo Drap. (Pupa) Pisidium amnicum Milli. ( Tellina) c) Presso la vigna Rossi, marne argillose, grigie, finissime, con pochissimi fossili : Valvata piscinalis Milli., Bythinia ten- taculata Lin. , Corbiculci fluminalis Milli. , Pisidium amnicum Milli. (>). 13. Ghiaie siliceo-calcari con molti elementi vulcanici ; ricche di ossami : Elephas antiquus Pale. , Hippopotamus major Cuv. , Cervus, Equus, Bos, insieme ad una straordinaria quantità di TJnio sinuatus Lamk., U. romanus Rig. e Corbicula fluminalis Milli. Di esse anche parlai di recente nella nota sulla Corbicula (*). 14. La sommità è ricoperta da sabbie vulcaniche e da pomici più o meno decomposte. 15. Depositi marnosi recentissimi dell’attuale corso del Tevere sono addossati alla base delle colline. Riassumendo, i tufi litoide, granulare ed omogeneo, giacciono tra depositi d’acqua dolce e risulta naturale schierarli tra le for- mazioni fluvio-lacustri e ritenerli non differenti dalle sabbie , marne ecc., che per la speciale natura degli elementi, e riguardo all’età, non v’è dubbio, essi sono tutti postpliocenici. E. Clerici. t1) Sopra alcune form. quat. ecc. (2) Sulla Corbicula fluminalis nei dintorni di Roma e sui fos- sili che l'accompagnano. (Boll. Soc. Geol. Ital. 1888). La Società geologica italiana tiene due adunanze ordinarie all’anno ; l’una invernale nella città dove ha sede il Presidente, l’altra estiva in luogo da de- stinarsi anno per anno. Per far parte della Società occorre esser presentato da due soci in una adunanza ordinaria, e pagare una tassa annua di L. 15, e una tassa d’entrata di L. 5. La tassa annua può esser sostituita dal pagamento di L. 200 per una sola volta. I versamenti si fanno al socio cav. ing. Augusto Statuti, via dell’Anima 17, Roma. Ogni socio all’atto dell’ammissione si obliga di restare nella Società per tre anni, al cessare dei quali l’impegno s’intende rinnovato di anno in anno, se non venga denunziato tre mesi prima della scadenza. I soci hanno diritto al Bollettino che periodicamente si stampa in fascicoli. Nel bollettino si pubblicano le memorie presentate ed accettate nelle Adunanze o dalla Presidenza, insieme all’elenco dei soci, ai bilanci ed ai reso- conti delle adunanze generali e delle escursioni. Le memorie che non vengono presentate in Adunanza generale, saranno inviate alla Presidenza, e per essa al Segretario. L’Autore di una memoria fornita di tavole, se per la esecuzione di queste domanda un sussidio alla Società, deve lasciare a questa la cura di farle ese- guire, o almeno mettersi in pieno accordo colla Presidenza. Agli autori si danno 50 copie dell’estratto. Per le successive 50 il prezzo a carico dell’autore è in ragione di L. 6 per ogni foglio di pag. 16, e L. 3 per ogni mezzo foglio o frazione di mezzo foglio. I volumi arretrati del bollettino si vendono al prezzo di L. 20 l’uno, meno il voi. IV (1885) che si vende L. 30. Ai librai è accordato uno sconto da convenirsi. — Per l’acquisto diriggere lettere e vaglia al socio cav. ing. Augusto Statuti, via dell’Anima 17, Roma. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL PRESENTE FASCICOLO- Ufficio di ‘presidenza, soci perpetui , elenco dei soci per Vanno 1888. . pag. 3 Adunanza generale del 12 febbraio 1888 in Imola . » 13 L. Foresti. Di una varietà di Str ombus corona- t u s Defr. e di un altra di Mur ex torni arius Lk. del Pliocene di Castel- Viscar do {Umbria) (con 2 tav.) . . . » 27 A. Del Prato. Sopra alcune perforazioni della pia- nura parmense » 35 C. Fornasini. Tavola paleo-protistografica (con 1 tav.). » 44 A. Verri. Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. » 49 E. Clerici. Sopra una sezione geologica presso Roma. » 100 Anno VII. Fascicolo 2° BOLLETTINO \ DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Voi. VII. — 1888. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI 1888 Avvertenza. Vedi la seconda e terza pagina della copertina. SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA MENTE ET MALLEO Ufficio di Presidenza per l’anno 1888. Presidiente Conte comm. Giuseppe Scarabelli Gommi -Flamini Senatore del Regno Vice-Presidente Prof. comm. Giovanni Capellini. Segretario Prof. dott. Giuseppe Tuccimei Vice-Segretario Prof. cav. Cesare D’Ancona Tesoriere Avv. Tommaso Tittoni Deputato al Parlamento Vice-Tesoriere Cav. ing. Augusto Statuti Archivista Prof. ing. Romolo Meli Consiglieri Prof. Francesco Bassani Prof. comm. Luigi Bombicci Prof. comm. Giuseppe Beliucci Ing. cav. Celso Capacci Conte Francesco Castracane degli AntelmineUi Barone comm. Achille De Zigno Comm. ing. Felice Giordano Prof. cav. Arturo Issel Comm. Paolo Lioy Deputato al Parlamento Prof. comm. Giuseppe Meneghini Senatore del Regno Ing. cav. Enrico Niccoli Prof. cav. Orazio Silvestri Commissione per le pubblicazioni. Conte comm. G. Scarabelli Gommi-Flamini Prof. cav. G. Omboni Prof. cav. A. D’Achiardi. Sede della Società — Roma - Via S. Susanna, 1 A, presso il Museo agrario SULLA CORBICULA F LUMINALI S DEI DINTORNI DI ROMA E SUI FOSSILI CHE L’ACCOMPAGNANO (Con 2 tavole) Continuando le mie ricerche sulle formazioni quaternarie dei dintorni di Roma, trovai al Monte Verde una nuova località fos- silifera, la quale, benché assai povera di specie, era abbastanza interessante, perchè ne facessi una breve comunicazione. A tale scopo io ero intento a mettere insieme notizie sulla Corbicula fiuminalis Muli., che è la specie ivi più frequente, quando venni a cognizione di una memoria del Dollfus su questo argomento (l). In essa oltre alla completa sinonimia della specie vivente e fos- sile e la descrizione di alcune varietà, vengono dati dei parti- colari sul rinvenimento della fossile in parecchi luoghi; ma per ciò che riguarda l’Italia non vi è riportata che l’indicazione della località di Cefali presso Catania, ove la Corbicula fiuminalis fu trovata dal Philippi che la descrisse col nome di Cyrena Gem- mellari (2). Nulla vi è detto per i dintorni di Roma, benché il prof. Meli (3) fin dal 1881, abbia rimarcato la presenza di questa specie fra i fossili delle sabbie gialle del pliocene superiore di Acquatraversa. (J) Dollfus G. F., Le terrain quaternaire d' Ostende et le Corbicula fiuminalis Muller (species). Mém. de la Soc. Royale Malacolog. de Belgique, Tome XIX, 1884. (2) Philippi R. A., Enumeratio molluscorum Siciliae, Voi. I, 1836, p. 39. (3) Meli R., Notizie ed osservazioni sui resti organici rinvenuti nei tufi, leucitici della provincia di Roma. Boll, del R. Coiti. Geol., anno 1881, n. 9-10, nota a pag. 449. 8 100 E. Clerici Completando per così dire la citata memoria del Dollfus, per ciò che concerne i dintorni di Roma, credo utile parlare non solo della accennata località al Monte Verde, ma di tutti i de- positi in cui finora la Corbicula fluminalis è stata trovata, ag- giungendo qualche parola per i fossili che l’accompagnano, ri- portando così, con alcune modificazioni, qualche cosa che già esposi in precedenti lavori. I. Acqua traversa . A circa 5 Km. da Roma, a sinistra della via Cassia, trovasi una serie di colline fra le quali scorre il fosso di Acquatraversa. Queste colline sono costituite alla base da un banco di sabbia gialla mista a ciottoletti siliceo-calcarei e contenente fossili spesso frantumati e logorati, come di frequente si osserva sulle spiaggie. Un potente deposito di ghiaia più o meno sabbiosa, giace sulle sabbie gialle ed è a sua volta ricoperto in qualche punto sulla sommità delle colline, da materiali vulcanici incoerenti, che altrove furono demoliti ed asportati per l’azione degli agenti atmosferici. Nelle ghiaie il prof. Meli, (') trovò un molare frammentato di Bos ed il Ceselli, secondo il Pròre Indes (2), una testa di Hippopo- tamus major nella cava presso il 3° miglio. Quanto alle selci scheg- giate che si dicono rinvenute in queste ghiaie, secondo il mio modo di vedere, non mi sembrano tali; infatti, quella illustrata dal Ponzi (3) • che si conserva nel Museo Geologico della R. Università, ricorda un po' lontanamente la forma di certe cuspidi, ma non mostra alcuna traccia di lavoro umano, per quanto rozzo. E per le altre citate dal Ceselli (4) confusamente con quelle delle brecce ad elementi (‘) Meli R., Notizie ed osserv., Meni. cit. (2) Indes, Sur la formation des tufs des environs de Rome (Bull, de la Soc. Géol. de France, 2e ser., voi. XXVII, 1870). (3) Ponzi G., Sulle selci scheggiate rinvenute in Roma ad Acqua- traversa e al Gianicolo nel 1870. Corrisp. Scient. di Roma per P avanzai», delle Scienze, anno XII. (4) Ceselli L., Stromenti in silice dalla prima epoca della pietra nello campagna Romana, Roma 1866. 107 Sulla Gorbie u la fluminalis dei dintorni di Roma vulcanici, più recenti e di altre località, ove più probabilmente si potrebbero trovare, quand’anche in alcune si riuscisse a vedervi i caratteri della scheggiatura, il modo allora tenuto nella ricerca presso i cavatori era tale da far nascere giusti dubbi sulla pro- venienza come sull’ autenticità delle medesime. Quindi i resti della primitiva umana industria non possono fino a migliori e più fortunate ricerche, essere compresi nel se- guente catalogo dei fossili di questa località. Pesci Ho soltanto alcuni piccoli denti di squalidi e di ganoidi, nonché pochi otoliti, che in complesso apparterranno a cinque o sei specie. Mi riserbo per altro di dare quanto prima la loro completa de- terminazione. Gasteropodi Actaeon tornatilis Lin. ( Voluta ) Scaphander lignarius Lin. (Bulla) Cylichna cylindracea Pen. (Bulla) » mammillata Phil. (Bulla) * umbilicata Montg. (Bulla) Ringicula auriculata Mén. (Marginella) Raphitoma attenuata Montg. (Murex) — Pleurotomia gracile Phil. (Enum. moli. Sic., voi. I, tav. XI, fig. 28, pag. 198). Mangilia rugulosa Phil. (Pleurotomia) (Enum. moli. Sic., voi. II, pag. 169, tav. XXVI, fig. 8). Cancellarla Brocchi Crosse = Voluta piscatoria Brocc. È ritenuta come specie estinta. * Q) Cyclonassa neritea Lin. (Buccinimi) Nassa mutabilis Lin. (Buccinum) » circumcincta Adams. » ungulata Murex brandaris Lin. Un solo frammento. (i) Le specie segnate con * non figurano nella mia collezione, ma ho potuto vederle in quella del Museo geologico universitario od in quella pri- vata del prof. Meli. 108 E. Clerici * Murex erinaceus Liu. * Cerithium vulgatum Brug. » varicosum Brocc. (Murex) Cerithiopsis tubercularis Montg. (Murex) — Cerithium pygmaeum Pliil. (Enum. moB. Sic., voi. II, pag. 162, tav. XXV, fìg. 26). Cerithiolum pusillum .Jett'r. = C. submammillatum Ponzi e Rayn. Triforio perversum Lin. ( Trochus) Potamides tricinctum Brocc. (Murex) Specie estinta. Turritella communio Risso (Turbo) « tornata Brocc. (Turbo) La specie è estinta. Turritella subangulata Brocc. (Turbo) Specie estinta. Scalaria communis Lamk. » clathratula Ad. (Turbo) Scalaria sp. Vermetus triqueter Biv. Caecum trachea Montg. = Odontidium rugulosum Phil. Melanopsis oomorpha De St. Questa specie, ora estinta, si trova anche nelle sabbie marnose grigie della Farnesina (Coll. Museo). Alcuni esemplari hanno un principio di nodosità nell’ultimo giro. I piccoli esemplari ricordand la M. Dufouri Fér. attualmente vivente in Toscana. Melanopsis Esperi Fér. (De Stefani, Moli. coni, plioc., tav. II. fìg. 9). Ne ho un frammento che mostra perfettamente le macchie quadrangolari ros- sastre che ne ornano la superficie. La specie vive nella vallata del Danubio. Rissoa cfr. variabilis Miilhf. (Turbo) Rissoa sp. Cingula vitrea Montg. (Turbo) Emmericia Pigorinii Cler. n. sp. Bythinia sp. Limnaea sp. cfr. ovata Drap. 10!» Sulla G orbi cui a f luminali s dei dintorni di Roma Limnaea sp. cfr. palustris Muli. ( Buccinum ) Di ambedue non bo che frammenti. Planar bis cfr. spirorbis Lin. ( Helix ) * Valvata nati citta Menke Questa specie vive nella Prussia orientale, nel Danubio e nel Dnieper. Possile si conosce di varie località della Germania, in alcune delle quali presentemente non si trova più. Calyptraea chinensis Lin. ( Patella ) Fissurella neglecta Desìi. Xenophora commutata Piseli. Natica Josephinia Risso ( Neverita ) » millepunctata Lamk. « helìcma Rrocc. Specie ritenuta estinta. Natica macilenta Pliil. Niso terebellum Chemn. {Turbo) — N. eburnea Risso. Vive nell’Oceano Indiano. Eulima subulata Donov. {Turbo) n polita Lin. {Helix) Eulimella Scillae Scacc. {Melania) Oclostomia conoidea Brocc. ( Turbo) Parthenina indistincta Montg. ( Turbo) Bunkeria rufa Phil. ( Melania ) Turbonilla elegantissima Montg. {Turbo) Meritino sp. Phasicinella pulla Lin. ( Turbo) * Turbo rugosus Lin. Zizyphinus granulatus Bora ( Trochus) » striatus Lin. {Trochus) * turgidulus Brocc. {Trochus) n Laugieri Payr. {Trochus) Gibbuta maga Lin. ( Trochus) » Guttadciuri Phil. {Trochus) Scafopodi Dentalium rubescens Lamk. » fossile Lin. 110 E. Clerici Specie estinta. Dentalium sp. plur. (?) Non sapendo, per ora, dare migliore determinazione intendo accusare la presenza di quelle specie, che nei cataloghi di Ponzi- Rayn-v. d. Hecke, Conti, Zuccari, hanno i nomi di D. sexangu- lum Lin., B. septemcostatum Rig., D. octogonum Ponzi-Rayn. La loro distinzione è basata principalmente sul numero delle coste: il primo è assai più piccolo del vero D. sexangulum e non credo appartenga a questa specie e col nome di D. octogonum esiste in precedenza una specie di Lamark, vivente nella Cina e Giappone, con cui non sarà tanto facile l’identificarla. Dischicles bi/issus Wood ( Dentalium ). Pelecipodi Ostrea lamellosa Brocc. In esemplari di assai diverse dimensioni; alcuni si possono riferire alla var. plano-lamellosa May. (Cocconi, Enum. sist. dei molluschi mioc. e plioc. delle prov. di Parma e Piacenza, tav. 5, fig. 14-15). Anomia ephippium Lin. » electrica Lin. * Lima squamosa Lamk. » inflata Chemn. ( Pecten ) Vola Jacobaea Lin. ( Ostrea ) » maxima Lin. ( Ostrea ) Pecten varius Lin. ( Ostrea ) * opercularis Lin. ( Ostrea ) » Audouini Payr. = P. opercularis var. (Payraudeau, Cat. descr. et méthod. des annellides et des moli, de Vile de Corse , tav. II, fig. 8, 9). Pecten flexuosus Poli ( Ostrea ) = P. polymorphus Broun, var. a, /?, 4, e, rj, f. Phil. » similis Lask. (Wood, A monogr. of thè crag moli., tav. Y, fig. 4, pag. 25). Pinna sp. Ne ho soltanto dei frammenti insufficienti per una determi- nazione qualsiasi. Ili Sulla C orbi cui a fluminalis dei dintorni di Soma Mytilus gallopròvincialis Lamk. * Arca lactea Lio. » pulchella Reeve = A. lubricata Poli n. Brug. * Arca pectunculoides Scacc. * Barbatici barbata Lin. (Arca) * Anomalo cardia diluvii Lamk. (Arca) ” pedinata Brocc. (Arca) = Arca BreislaTci Phil. È una specie estinta. Soldania rnytiloides Brocc. (Arca) Anch’essa è estinta. Pectunculus violacescens Lamk. » pilosus Lino. Si trova anche in esemplari molto sviluppati, alcuni misu- rano fino a mm. 97 di lunghezza, mm. 98 di altezza e mm. 40 di spessore (valva isolata). Pectunculus, insubricus Brocc. (Arca) = Arca infiala Brocc. Peduuculus obliquatus Ponzi-Rayn. - v. d. Hec. (Ponzi e Meli, Moli. foss. del Monte Mario presso Roma. Atti K. Acc. dei Lincei, voi. Ili, ser. 4a, fìg. 3-4). Queste due ultime specie non si conoscono allo stato vivente. Nucula, nucleus Lin. (Arca) = N. rnargciritacea Lamk. Nucula Jeffreysi Bell. s= N. rugosa Conti. Non si conosce vivente. Leda pelici Lin. (Arca) » commutata Phil. = L. minuta Brocc. Cardita corbis Phil. »» silicata Brug. r» pedinata Brocc. (Chama) La specie è estinta. * Cardita intermedia Brocc. (Chama) Anche questa specie non si conosce vivente. Astarte fuseci Poli (Tellina) Lepton squamosum Montg. ( Solen ) (Jeffreys, British conchol., tav. XXXI, fig. 2). 112 E. Clerici Sportello, recondita Fiscli. ( Scintilla ) Cardimi hians Brocc. * » erinaceum Lamk. * » Bìanconianum Cocco'ni (Cocconi, Enum. sist. dei moli. mioc. e plioc. delle prov. di Parma e Piacenza , tav. IX, fig. 6-9). La specie è estinta. Cardium aculeatum Lin. * » echinatum Lin. « Deshayesi Payr. « tuberculatum Lin. » edule Lin. « edule Lin. var. pedinata = C. pedinatimi Lamk. n. Lin. Cardimi papillosum Poli » multico statimi Brocc. Specie estinta. Laevicardium norvegicum Spengi. ( Cardium ) » oblongum Chemn. ( Cardium ) Chama gryphoicles Lin. = C. asperella Desìi. Circe minima Montg. ( Venus ) Venus gallina Lin. » fasciata Da Costa » ovata Penn. In esemplari assai più piccoli di quelli che raccolgonsi al Monte Mario. Venus lamellosa Ponzi-Rayn. - v. d. Hec. = V. fasciculata Reuss. Specie non conosciuta vivente. » multilamella Lamk. ( Cytherea ) Cariatis islandicoicles Agass. ( Venus ) = V. Brocchii Desk, (par.) Specie estinta. Cariatis rudis Poli ( Venus ) = Cytherea venetiana Lamk. Cytherea chione Lin. ( Venus) * Dosinia exoleta Lin. ( Venus ) » lentiformi Sow. ( Venus ) (Wood, Monogr. of thè crag. moli. , tav. XX, fig. 7). Specie estinta. 113 Sulla Gorbicula fluminalis diti dintorni di Roma Dosinia discus Reeve (cfr.) La specie vive nell’Atlantico. Gli esemplari su cui l’ho con- frontata sono però di maggiori dimensioni. Corbicula fluminalis Muli. ( Tellina ) » fluminalis Muli. ( Teli.) var. trig ornila Wood Axinus transversus Broun ( Lucina ) Lucina borealis Lin. ( Venus) Myrtea leucoma Turt. ( Lucina ) — Lucina lactea Auct. * Myrtea spini fera Montg. ( Venus ) Loripes divaricatus Lin. ( Tellina ) = Lucina commutata Phil. Diplodonta dilatata Wood Diplodonta astartea Nyst ( Lucina ) Specie non conosciuta vivente. Donax trunculus Lin. » semistriatus Poli » venustus Poli Psammobia Ferroensis Chemn. ( Tellina ) » costulata Turt. Solenocurtus antiquatus Pult. ( Solecurtus ) = Solen coarctatus Gmel. * Polla legumen Lin. (Solen) Solen vagina Lin. » ensis Lin. Mesodesma corneum Poli ( Macina ) Mactra triangula Ren. » stultorum Lin. Cardilia Michelottii Desk. La specie è estinta ; negli strati del vicino Monte Mario non è finora mai stata trovata; ha notevole somiglianza colla C. semisul- catct Lamk. ( Lsocardia ) di Malacca, Borneo, Molucche, Giappone (*)• Corbula gibba Olivi (Tellina) Glycimeris Faujasi Mén. (Panopea) Specie estinta. Saxicava ar etica Lin. (Mya) (!) Dunker G., Index molluscorum maris Japonici, tav. Vili, fìg. 1-3, Cassel 1882. 114 E. Clerici Gastrochaena dubia Pen. ( Mya ) Tellina lacunosa Cliemn. = T. tumida Brocc. Questa specie non rara nel pliocene di varie località, vive ora nella Guinea. Tellina pulchella Lamk. « distorta Poli » donacina Lin. » incarnata Lin. » compressa Brocc. n. Desh. = T. strigilata Phil. Tellina nitida Poti » planata Lin. » serrata Ren. » tenuis Da Costa Arcopagia balaustina Lin. ( Tellina ) * » crassa Pen. ( Tellina ) » corbis Bronn ( Tellina ) Specie estinta. * Scrobicularia plana Da Costa ( Trigonella) = Mactra piperata Gmel. Syndesmya alba Wood ( Mactra ) « prismatica Montg. ( Ligula ) = Erycina anguiosa Bronn Pandora inaequivalvis Lin. ( Solen ) Clavagella sp. Ne ho soli frammenti. Braciiiopodi Megathyris decollata Chemn. ( Anomia ) Briozoi chilostomati Salicornaria farciminoides Johnst. = Vincularia fragilis Conti {Il monte Mario ed i suoi fossili subapp .) Membranipora calpensis Busk » tuberculata Bosc. ( Flustra ) (Busk, A monogr. of thè fossil polyzoa of thè Cray, tav. II, fìg. 1, pag. 80). 115 Sulla Gorbicula fluminalis dei dintorni di Roma Celle prora pumicosa Lin. Cupularia canariensis Busk = Discoporella rhomboidea Conti (Manzoni, Bryozoi pliocenici ital. Sitzb. d. math. natnrw. CI. LIX Bd., 1 Abt., pag. 26, tav. II, fig. 17). La specie vive a Madera ed alle Canarie. Cupularia Heuss lana Manz. = ? C. Oiveni Gray ( Lunulites ) (Manzoni, Brijoz. plioc. il ., p. 27, tav. II, fig. 18). Sembra si trovi vivente sulle coste dell’Algeria. Crostàcei Balanus perforatus Brug. Ho anche pochi frammenti di articoli e di chele di canceridi insufficienti a qualsiasi determinazione. Echinodermi Ho soltanto parecchi radioli e pezzi dell'apparato mandibo- lare di Echinus. Anellidi Bitrupa coarclata Brocc. ( Dentalium ) Antozoari Cladocora caespitosa Lin. (Madrepora) Turbinolia intermedia Miinst. (Goldfuss, Pelrefact. German ., tav. XXXVII, fig. 19). Spongiari Vioa sp. Eoraminiferi Poly stornella crispa Lin. (N aìitUus) Rotedia Beccari Lin. (Nautilus) * Nonionina comrnunis D'Orb. Miliolina sp. 116 E. Clerici IL Sedia del Diavolo. Questa località è posta a 3 Km. da Roma, a sinistra della via Nomentana. La Corbicula fluminalis si trova in un tripoli marnoso di colore giallastro-chiaro, leggero, ora friabile ora indu- rito da infiltrazioni calcaree; contiene elementi vulcanici, cioè, leucite caolinizzata, laminette di mica, cristallini di augite e tal- volta anche ciottoletti siliceo-calcarei. Inoltre è ricco di Diatomee, e specialmente abbondanti vi sono la Melosira variane Agard., la Cocconeis placentula Ehrn., insieme ai generi Epithemia, Nitzschia , Synedra, Navicala, Cijmbella , tì-omphonema (’). La posizione stratigrafica rilevasi dalla seguente sezione visi- bile nella grande cava di tufo : Terra vegetale; Argilla biancastra con noduli calcarei; Argilla di colore bruno-scuro; Banco di piccole pomici bianche; Tufo granulare biancastro poco coerente con impronte di vegetali : potrebbe anche chiamarsi un sabbione ad elementi vul- canici, fra cui molta leucite caolinizzata, debolmente cementato; Argilla bruno-rossastra ; Argilla cenerognola contenente pezzetti di lave rotolate; Ghiaia siliceo-calcarea con materie vulcaniche, talvolta un po' cementata da infiltrazioni calcaree ; Tripoli marnoso ; Ghiaia come la precedente; Sabbia minuta, leggera, debolmente cementata, di color marrone, assai ricca di mica bruna; Tufo omogeneo, giallo-rossastro chiaro, stratificato; Tufo litoide rossastro, che ha fornito resti di Cervus elaphus Lin. e di Elephas. I fossili del tripoli marnoso sono i seguenti: (!) Lanzi M., Le diatomee fossili della cava presso S. Agnese in Via Nomentana (Atti dell’Accad. Pontif. dei nuovi Lincei, voi. XXXIX, 1886). Sulla C orbi culo, flumin ali s dei dintorni di Roma 117 Vegetali (Carpoliti) Fagus sylvatica Lin. Laurus nobilis Lin. Quercus robur Lin. Trapa natane Lin. Molluschi Helix carthusiana Muli. var. minor » pulcliella Muli. Pupa pygmaea Drap. Carychium minimum Miill. Succinea Pfei fieri Kos sm. Limnaea ovata Drap. » palustris Miill. ( tìuccinum ) ■ truncatula Miill. ( Buccinimi ) Phys'a fontinalis Lin. {Bulla) Planorbis albus Miill. - umbilicatus Miill. » umbilicatus, Miill. var. subangulata Pliil. » nautileus Lin. (Turbo) » complanatus Lin. (Helix) P. fontanus L cigli. Velletia lacustris Lin. (Patella) Bythinia tentaculata Lin. (Helix) (tipo e varietà) » Boissieri Charp. var. Kickxi Westend. Hydrobia Melii Cler. n. sp. Valvata piscinalis Miill. ( Nerita ) Neritina Isseli Cler. n. sp. Corbicula fluminalis Miill. (Tellina) « ftwminalis Miill. ( Tellina) var. aequilatera Cler. n. v. Pisidium amnicum Miill. ( Tellina) » fossarinum Cless. var. calyculatum Dup. » italicum Cless. Anodonta cygnea Lin. (Mytilus) Vaio pictorum Lin. (Mya) 1 IN E. Clerici Mammiferi Cervus elaphus Lin. Elephas antiquus Falc. Le ghiaie che comprendono e talvolta si alternano col tripoli contengono molti ossami. Dalla Batteria Nomentana, località vi- cinissima, ove è stato fatto un grande scavo nelle ghiaie, proven- gono le seguenti specie (') : Cervus elaphus Lin. Bos primigenius Boj. Equus caballus Lin. Elephas antiquus Falc. » primigenius Blum. » meridionalis Nesti Rhinoceros rnegarhinus De Crist. » etruscus Falc. Hippopotamus major Cuv. Le pus timidus Lin. III. Monte Verde. Il Monte Verde è costituito da varie colline poste a destra della via Portueuse a circa 3 Km. da Roma ; ma la località pre- cisa d’onde ho tratto la Corhicula fluminalis è posta presso la stazione ferroviaria di S. Paolo. Due sono gli strati che la con- . tengono. Uno è di marna di color cinereo-chiaro, omogenea, a graua finissima, difficile a stemperarsi nell'acqua; ma la Corhi- cula vi è assai rara. L’altro, dove l’ho trovata recentemente e dove vi è assai abbondante, è costituito da ghiaia sabbiosa. Le ghiaie ricorrono su molte delle vicine colline, ma soltanto nel punto indicato si trovano le conchiglie fossili almeno con una certa frequenza. La seguente sezione visibile nella grande cava di tufo darà migliore idea della località: Terra vegetale; (*) Meli R., Sopra alcune ossa fossili rinvenute nelle ghiaie alluvio- nali presso la via Nomentana al 3° Km. da Roma (Boll, del R. Coni. Geol., il. 7-8, 1886). 119 Sulla Corbicula fluminalis dei dintorni di Roma Banco di piccole pomici irregolarmente stratificate; Sabbia grigia leggera ad elementi vulcanici regolarmente stratificata ; Ghiaia siliceo-calcarea, con augiti, leuciti, mica, lave, po- mici e Corbicula ; Marna sabbiosa giallastra con noduli che talvolta avvolgono valve di Unio sinuatus Lamk. ; Marna argillosa grigia; Argilla terrosa giallastra ad elementi vulcanici, con ve- stigia di vegetali e con qualche esemplare di Stenogyra decol- lata Lin., Helix profuga Scimi., Helix acuta Drap. ; Tufo giallo-rossastro omogeneo stratificato e sfaldabile ; Tufo litoide rossastro con moltissime leuciti, tanto da sem- brare granulare; Tufo litoide rossastro. I fossili della marna sono : • Succinea Pfeifferi Rossm. Limnaea ovata Drap. Planorbis albus Muli. Bythinia tentaculata Liu. {Helix) Valvata piscìnalis Miill. ( Nerita ) Corbicula fluminalis Muli. ( Tellina ) Pisidium amnicum Miill. ( Tellina ) Quelli delle ghiaie: Neritina fluviatilis Lin. Unio sinuatus Lamk. » romanus Rig. Cardimi edule Lin. Corbicula fluminalis Muli. ( Tellina ) » fluminalis Muli. ( Teli.) var. cor Lamk. » fluminalis Miill. ( Teli.) var. amnicoides Doli. Bos primigenius Boj. Del Cardimi edule ho poche valve assai logorate; le Unio sono molto abbondanti ma in pessimo stato di conservazione ; V Unio sinuatus non si trova più vivente nella prov. di Roma, ma con una certa frequenza si è trovato dal quaternario sino ai depositi recenti del Tevere. Come già dissi le ghiaie al Monte Verde hanno notevole 120 E. Clerici estensione e in vari tempi vi furono esercitate delle cave, dalle quali si ebbero molte ossa, talune in campioni giganteschi. Il Museo Geologico della R. Università ne è ben fornito. Le specie determinate sono: Bos primigenius Boj. Equus caballus Lin. Hippopotamus major Cuv. Elephas antiquus Fate. * meridionalis Nesti Rhinoceros megarhinus De Christ. IV. Osservazioni sopra alcune specie. La maggior parte delle specie segnate nei precedenti cata- loghi, sono abbastanza conosciute ; perciò ho ritenuto superfluo ag- giungere citazioni di figure nonché altre osservazioni. Solo ho ri- cordato le specie estinte, ed ho fatto qualche osservazione per qualche specie o nuova, o poco nota per i dintorni di Roma. Per le seguenti specie occorrendo maggiore spazio, onde non interrom- pere gli elenchi, faccio questo capitolo. Hydrobia IVJelii Clerici, n. sp. Tav. V, fig. 33-40. Testa acuta , elongato-couica , auguste rimata, soliduscula ; anfractibus 6-7 .V convexiusculis , sub lente longitudinaliter te-, imissime rugulosis, sutura disimela divisis ; ultimo tertiam totius longitudinis partem parum superante ; apertura oblique ovata , superne ungulata, perislomate acuto , margine columellari rejlexo. Alt. mm. 5,5 — 7 Lat. » 2,5 — 3 Ho molto esitato prima di stabilire questa nuova specie, tro- vata in formazione essenzialmente d'acqua dolce, per la sua grande affinità con quel gruppo di specie proprie di acque più o meno salmastre, indicate dagli autori coi nomi generici di Paludina , Ilydrobia , Peringia, Paludestrina , e specifici di acuta, stagnalis , ulvae, ventrosa, balthica; in modo che ne è sisultata una sinonimia incerta e complicata. Comunque sia, la specie alla quale più si Sulla Cor bicula fluminalis dei dintorni di Roma 121 avvicina è quella figurata col nome di Paludina stagnalis alla tav. XII, fig. 31-32, della descrizione delle Paludinae del Ktister, che secondo il Frauenfeld è da riferirsi alla Ilydrobia ventrosa Monti'.; ma ne differisce per essere relativamente più allungata, per le suture più oblique, per la maggior altezza dell’ultimo giro e per l’apertura un poco più oblunga. Dal confronto colla Hydrobia ven- tosa che abbonda sul litorale di Anzio, Nettuno e Civitavecchia, risulta che alcuni esemplari ne differiscono ancora meno. Inoltre somiglia anche ad alcune varietà della IL ulvae Pen., fra cui merita menzione la var. pseudostagnalis De St. (Moli, cont., tav. II, fig. 19-£) fossile nel pliocene di Pressa presso Siena. Dedico questa specie al chmo prof. Romolo Meli in segno di riconoscenza. JEiximericia JPig'orinii Clerici, n. sp. Tav. V, fig. 41. Testa conica , anguste rimata , so lui ala, sublaevigata ; an- fractibus 5 parum convexis , sutura distincta divisis , ultimo basi rotundato, f totius longitudini acquante ; apertura ovata, superne parum ungulata, labbro columellari adnato, labro externe parum expanso ac reflexo. Alt. mm. 5,5 — Lat. mm. 3,2 Questa specie, che dedico aH’illmo prof. Luigi Pigorini, ha solo lontana analogia con qualche varietà della E. palala Bruni, vivente, e colla pliocenica E. Umbra De St. di Castelritaldi e dei colli dell’Oro. Dalla prima si distingue, oltre che per la grandezza, per essere più conica, con gli anfratti meno gonfi, l’ultimo giro molto più grande degli altri, l’apertura meno obliqua, più allun- gata ed il labbro assai meno rovesciato. Dall’altra per la maggiore convessità degli anfratti, per la forma dell’apertura e per avere il labbro columellare meno retto. jNeritina Iss^eli Clerici, n. sp. Tav. V, fig. 46-52. Testa oblique ovali, convexa, spira brevissima, obtusa; an- fractibus 3 nitidis, sublaevigatis ; linei numerosis violaceo-ni- 9 122 E. Clerici grescentibus, paralleli, fulmineis ornata ; margine columellari edentulo , laeviter sinuato, fere recto , callo plano , lato; labro externo expanso , peristomate acuto. Alt. mm. 4 — 7 Lat. » 5 — 8,5 Questa elegante specie fu da me, nel primo studio sulle formazioni quaternarie, ritenuta come una varietà della N. fluvia- tilis ; ma in seguito a migliori ricerche credo si possa ritenere come nuova. La forma è perfettamente ovale un poco obliqua, la spira breve ed ottusa; l’apice è appena prominente, la sutura però è distinta. Gli anfratti in numero di tre sono lisci ed ornati da molte linee violacee parallele disposte a zig-zag; il margine co- lumellare non ha denticulatura, è leggermente insenato o quasi retto; il callo è piano, sottile ed esteso; il labro esterno un po’ svasato e tagliente. Per la forma generale questa Neritina è intermedia fra la N. fluviatilis e la N. danubialis , cioè è meno allungata della / luviatilis , ma meno gonfia della danubialis, alla quale specie si avvicina assai per l’ ornamentazione. Dalla N. danubialis del Da- nubio si distingue anche per non avere quella specie di angolo- sità arrotondata che si mostra nell’ultimo giro in vicinanza della spira, carattere che però manca negli esemplari di N. danubialis del Mantovano, gentilmenti fornitimi dal prof. Issel. Tanto nella N. fluviatilis che nella N. danubialis, l’apice è alquanto spor- gente, moltissimo in confronto della nuova specie; ed i primi giri sono relativamente più grandi. L’ornamentazione della N. fluviatilis è totalmente diversa da quella della N. danubialis e N. Isseli; ma qualche volta ho raccolto, insieme alla forma tipica, alcune varietà ornate con linee sottilissime a zig-zag, però poco regolari; è perciò che nella mia prima determinazione credetti possibile ascrivere la nuova specie alla N. fluviatilis. Fra le specie che hanno qualche analogia colla N. Isseli vi è la N. serratilinea Ziegl. ma essa ha l’apice assai sporgente e le linee meno abbondanti ed in generale flessuose più che poligonali; e la N. gardensis Sten, che è più tozza e con linee più sottili. Dedico questa specie al chino prof. Arturo Issel. Sulla Corbicula flummalis dei dintorni di Roma 123 Corbicula fluminalis Muli. ( Tellina ) Tav. IV, fig. 1-7, 13-15, 44-55 (tipo e vai-.). Rimandando alla monografia del Dollfuss, per ciò che con- cerne la sinonimia della specie sì vivente che fossile; noterò sol- tanto la citazione dei lavori in cui si parla della Corbicula dei dintorni di Roma. 1881. Cyrena consobrina Caill. — Meli, Notizie ed osservazioni sui resti organici rinvenuti nei tufi leucitici della provincia di Roma (nota a pag. 25 estr.). — Loc.: sabbie gialle di Acquataversa. 1882 (Vili). Cyrena consobrina Caill. — Zuccari, Catalogo dei fossili dei- dintorni di Roma (Coll. Eigacci) (pag. 12). — Loc.: Monte Mario e din- torni; la coll. Eigacci trovandosi ora nel Museo geologico universitario, posso precisare la località poiché sul cartellino v’ò la località di Acqua- traversa. 1882 (X). Cyrena consobrina Caill. — Meli, Ulteriori notizie ed osserva- zioni sui resti organici rinvenuti nei tufi leucitici della provincia ro- mana (nota a pag. 15 estr.). — Loc.: Sedia del diavolo. 1885. Cyrena consobrina Caill. — Clerici, Sopra alcune formazioni qua- ternarie dei dintorni di Roma (pag. 18, 25 estr.). — Loc.: Monte Verde, Sedia del diavolo. 1887. Corbicula fluminalis Muli. — Ponzi e Meli, Molluschi fossili del Monte Mario presso Roma (pag. 18 estr.). — Loc.: Acquatraversa. Questa specie offre un notevole esempio di polimorfismo, a giudicare almeno dalle figure che ho sott’ occhio, date da vari au- tori (Chemnitz, Chenu, Philippi, Lyell, Wood, Woodward, Martens, Sandberger, Dollfus), senza per altro uscire dai limiti di varietà. Anche per gli esemplari da me raccolti, stante la molteplicità delle forme ed il graduale passaggio dall’una all’altra, resta difficile il fissare quale debba essere la forma tipica. Gli esemplari delle sabbie gialle di Acquatraversa possono schierarsi colla var. trigonula Wood (fig. 53) e con una forma tipica, tendente però a questa var. trigonula (fig. 44, 45, 51, 52). Quelli del Monte Verde sono tipici come nelle fig. 46, 47, 49 e 55 ; altri sono a contorno più ovale (fig, 50, 54), la fig. 48 ha una forma tutta speciale intermedia alle fig. 54 e 55; inoltre vi compare la var. amnicoicles Doli. (fig. 15) e la var. cor Lamk. (% 13, 14). Gli esemplari del tripoli manioso della Sedia del Diavolo hanno un contorno un po’ ovale e l’apice poco prominente (fig. 1, 2, 4, 7): 124 E. Clerici tendono alla var. amnicoides. La tìg. 3 è perfettamente ovale, equilatera, assai più lunga che alta ; ha le seguenti dimensioni : lung. mm. 10,2; alt. mm, 75; spess. mm. 3; può ascriversi ad una nuova varietà: var. aequilatera Cler. Sembra dunque che dal pliocene recente al quaternario, il complesso delle forme accenni ad un passaggio dalla trigonale alla ovale; così pure la frequenza va aumentando dal pliocene al qua- ternario. È notevole la distribuzione di questa specie tanto fossile che vivente. Fossile è conosciuta in Inghilterra nel crag marino di Sulfolk e fluvio-marino di Norwich, nonché nel glaciale della valle della Bure, del Tamigi, e nella contea di Essex, di Cambridge presso l’estuario dell’Humber, nel Kent. ecc. (Wood, Dollfus). In Francia nei dintorni di Albeville, a Cergy in Seine-et-Oise, a Vitry-le-Frayais nel dipartimento di Marne e nella Cote-d’ Or- nella valle della Saòne (Prestwich, Dollfus, Bourguignat, Tournouér). Nel Belgio nel quaternario dei dintorni di Ostenda (Dollfus). In Germania a Bromberg e nei dintorni di Halle in Sassonia (Koenen). In Sicilia a Cefali presso Catania (Philipp j). Nella Spagna (Fischer). In Algeria, nel Sahara orientale, la Corbicula saharensis Fise, è una varietà della C. fluminalis’, analogamente può dirsi per la Cyretia cor e fluminalis trovata da Roche a Temassinin nel quater- nario del deserto. Hébert ha ricevuto dalla Tunisia allo stato subfossile la C. Saharica Fise, che devesi considerare come altra varietà. Così prue in Grecia la Corbicula hellenica Tourn. del pliocene recente di Corinto è un'altra varietà od una specie vicinissima. In Egitto la Corbicula fluminalis si trova ad Assuan in un qua- ternario posto da 100 a 120 piedi al disopra delle piene del Nilo (Zittel). In Siberia ad Omsk (Martens). Vivente ha pure una ragguardevole distribuzione. Abbondan- tissima in Egitto, trovasi anche nell’ Eufrate (Niebuhr), nei corsi d’acqua del Libano (Bellardi), nel Giordano (Martens), nella Georgia e nella Persia (Eichwald). Notevoli varietà si trovano anche nellTndia. Dimensioni (*) del tipo c di alcune varietà della Gorbicula fluminalis Miill. (Tellina) dell località accennate. VIVENTE POSSILE Egitto Palestina Inghilterra Belgio Francia Germania Sicilia Dintorni di Roma Acquatraversa Sedia del Diavolo Monte Verde • Tipo 24 20 25 _ 15 21 : 13 26 19 25 22 20 16 24 : 20 : 1S ! 14 23 20 25,5 23 #§6 w im4 lo, 5 15,5 11,5 2 (8) ’ 10,5 3’5 ’ 9,2 3 22.5 „ 20,5 „ 15 20.5 6,0 ; 19 6,7 : T3j(8'2) IM. „ . 16,5 13 17,4 5,5 ' 14,5 5 ’ 11,5 3,5 var. trigonula 21 20 21 20 19 10 19 ’ 10 19 17 18,5 ’ 16 iM47 13,2 ’ var. amnicoides 15 11 14 5 9 7 5,5 11 9,5 9,5 ; 8,5 18 17 15 ; 14 w3 var. ovaiina 15 13 / var. aequilatera 10,2 7,5 3 ~~ 14,5 12 15 ; 12 27 28 • b_ 36 31 i O Le dimensioni sono in min., spess.; lo spess. in parentesi è relativo alle due valve riunite. Sulla Corbicula fluminalis dei dintorni di Roma 125 y. Per concludere. Ed ora ecco ciò che si può concludere dalle cose finora esposte. Dalla località di Acquatraversa, tenendo solo conto delle specie completamente determinate, si hanno 176 specie, numero che con altre ricerche potrebbe essere un poco aumentato, ma di gran lunga inferiore a quello delle specie del vicino Monte Mario. Sulle 176. 25 specie si ritengono estinte, cioè il 14 per cento, proporzione a quanto finora si sa, molto inferiore a quella offerta dal Monte Mario (sabbie gialle e grigie) e da altre località plioceniche. Inoltre 7 specie, cioè il 4 per cento, emigrate o non ancora trovate nel bacino Mediterraneo. Piccolissimo è il numero delle specie di questa località non trovate al Monte Mario; ciò non ostante l’aspetto dei due giacimenti è molto diverso per la rela- tiva frequenza delle specie. Fra i molluschi, i pelecipodi hanno una grandissima prevalenza sia per il numero delle specie che per quello degli individui; e fra le specie sono abbondantissime le seguenti: Mcictra trmngula Iien., Corbula gibba Olivi, Venus gallina Lin., Cardium tubcrculatum Lin., Loripes divaricatus Lin., Tellina pidchella Lamk., Donai ? triMculus Lin., Leda pella Lin., Pectunculus violacescens Lamk., Pecten polymorphus Bron., Ringicula auriculata Mén., Cerithiolum pusillum Jeffr., Na- tica Josep>hinia Risso, Cnpularia canariensis Busk, Polysto- mella crispa Lin. Di più anche la presenza della ghiaia ne fa un deposito lit- toraneo, e l’ esistenza di molluschi estraniarmi accenna la vicinanza della foce di un corso d'acqua. Per la Sedia del Diavolo, considerando solo i molluschi si hanno 25 specie, fra cui 2 non conosciute viventi, benché molto prossime alle analoghe attuali, cioè P Hydrobia Melii e la Neri- lina Isseli , e la Corbicula emigrata. In quanto alla frequenza delle specie prevalgono assai : Planorbis albus Muli., Bythinia tentacidata Lin., Valvata pisci nalis Muli. Per i mammiferi su 10 specie 7 non figurano nella fauna attuale. Al Monte Verde su 14 molluschi, si ha: la Corbicula emi- grata; l’ Unio sinucitus in via d’emigrazione o d’estinsione e le altre 126 E. Clerici specie identiche alle attuali, li' Urlio romanus Rig. creduta una semplice varietà dell’ U. Requiem , è una specie ben definita e localizzata le cui origini risalgono al quaternario. Anche qui sopra 6 mammiferi non ne vive che uno. Riassumendo devesi notare che in tutta l’Europa occidentale e meridionale, come sulle coste settentrionali dell’Africa si è ve- rificata 1’esistenza di depositi quaternari con ghiaie a Corbicula fluinirialis , tutti sollevati almeno d’una dozzina di metri sull’odierno livello dei fiumi che scorrono nelle vallate ove tali depositi si rinvengono. Che questi giacimenti hanno in comune la maggior parte dei molluschi fluviali e terrestri, i quali con poche modificazioni sono giunti fino a noi. Che al tempo in cui la Corbicula fluminalis popolava i fiumi d’Europa, vivevano altresì abbondanti e con la stessa grande di- stribuzione geografica, grandi mammiferi come il Bos primigenia Boj., Hippopotamus major Cuv., Elephas antiquus Falc., E. pri- migenius Falc. , E. meridionali s Nesti , Rhinoceros , ecc. (che formano la maggioranza fra i resti di mammiferi nei suddetti depositi) i quali dovettero scomparire dall’Europa insieme alla Cor- bicula per la medesima causa, l’imperversare del periodo glaciale. E. Clerici. Sulla Corbicula flum inai is dei dintorni di Roma 127 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE C. = Collezione Clerici M. = » Meli U. = » Museo Universitario A. = Acquatraversa S. == Sedia del Diavolo V. = Monte Verde Tavola IV. (Tutte le figure sono in grandezza naturale) 1-2. Corbicula fluminalis Miill. ( Tellina ) (le due valve dello stesso in- dividuo). — C. S. 3. Corbicula fluminalis Miill .{Tellina) var. aequilatera Cler. n. v. — C. S. 4-7. Corbicula fluminalis Miill. {Tellina). — C. S. 8-12. Pisidium amnicum Miill. {Tellina). ■ — C. S. 13-14. Corbicula fluminalis Miill. ( Tellina ) var. cor Lamk. — C. V. 15. Corbicula fluminalis Miill. {Tellina) var. amnicoides Doli. — C. V. 16-19. Succinea Pfeifferi Rossm. — C. S. 20-22. Bytliinia tentaculata Lin. {Helix). — C. V. 23-28. Bytliinia tentaculata Lin. {Helix). (tipo e var.) — C. S. 29-34. Limnaea ovata Drap. — C. S. 35-37. Limnaea palustris Miill. {Buccinum). — C. S. 38. Cardilia Michelotti Desìi. — C. A. 39-40. Melanopsis oomorpha De St. — M. A. 41-43. Helix carthusiana Miill. var. minor. — C. S. 44. Corbicula fluminalis Miill. {Tellina). — M. A. 45. Corbicula fluminalis Miill. {Tellina). — U. A. 46-47. Corbicula fluminalis Miill. {Tellina) (valve dello stesso individuo) — C. V. (marne). 48-50. Corbicula fluminalis Miill. {Tellina). — C. V. 51-52. Corbicula fluminalis Miill. {Tellina). — M. A. 53. Corbicula fluniinalis Miill. {Tellina) var. trìgonula Wood. — U. A. 54-55. Corbicula fluminalis Miill. {Tellina). — C. V. 56. Unio pictorum Lin. (esemplare mediocre) — C. S. 57. Unio romanus Rig. — C. V. 128 E Clerici. Sulla Corbicula flum inalis dei dintorni di Roma Tav. V. (Tutte le figure sono in grandezza doppia della naturale) 1-3. Planorbis complanutus Lin. ( Helix ). — C. S. 4-5. Planorbis nautileus Lin. {Turbo). — 0. 8. 6-7. Ilelix pulchella Muli. — C. S. 8. Planorbis spirorbis Lin. {Helix). — C. A. 9-10. Velletia lacustris Lin. {Patella). — C. 8. 11. Carychium minimum Muli. — C. S. 12. Vertigo pygrnaea Drap. {Pupa). — C. S. 13-14. Pisidium amnicum Muli. {Tellina)- — C. S. 15-17. Pisidium italicum Cless. — C. 8. 18-19. Pisidium fossarinum Cless. var. calyculatum Dup. — C. 8. 20. Limnaea truncatula Muli, {lìuccinum). — C. 8. 21-22. Planorbis albus Muli. — C. V. 23-24. Planorbis albus Muli. — C. 8. 25-27. Planorbis umbilicatus Miill. — C. 8 28-29. Planorbis umbilicatus Miill. var. subangulata Phil. — C. 8. 30. Planorbis umbilicatus Muli. C. — 8. 31. Bythinia Boissieri Charp. var. Kickxi Westend. — C. 8. 23. Physa fontinalis Lin. {Bulla). — C. 8. 33-40. Hydrobia Melii Cler. n. sp. — C. 8. 41. Emmericia Pigorinii Cler. n. sp. — C. A. 42. Valvata piscinalis Miill. {Nerita). — C. V. 43. Valvata naticina Menke. — M. A. 44-45. Valvata piscinalis Muli. {Nerita). — C. 8. 46-52. Neritina Isseli Cler. n. sp. — C. S. Vol.VIl. Tav. IV Boll, della Soc. Geol.Ilal. Piotivi a Danesi Boll, della Soc. Geo! Ilal Far. V Voi. VII. ±>r.Ti ieri ci Roma. Fciohpis. Danesi IL PIANO AD A SPI!) 0 CERA S AGANTHICUM Op. IN COLLALTO DI SOLAGNA (Con una tavola) La catena montuosa che sorge sulla sinistra del fiume Brenta e che fa parte del gruppo del Grapa (m. 1773), non è certa- mente quella che i geologi abbiano visitato a preferenza di altre. Credo anzi non sia una esagerazione l’ asserire che questi monti furono quasi del tutto trascurati nello studio della geologia d’Italia da parte dei nostri geologi, fatta la ben dovuta eccezione del prof. Taramelli, il quale ne parla nelle sue magistrali opere: Monografia slratigrafica e paleontologia del lias nelle provincie venete , e Geologia delle provinole venete. Senonchè anche il chiarissimo professore, in quelle opere, per l’indole stessa delle medesime, dovette limitarsi a fornire ai geologi che amassero approfondire lo studio di località meno note, i capi saldi su cui basare ulteriori studi di dettaglio, i quali, sfortunatamente, rimasero finora ineseguiti. Della catena montuosa suddetta, fa parte un sottogruppo di monti denominati i Collalti di Solagna (m. 1300 in qualche punto) e si è appunto su questa località, come quella da me ripetuta- mente esplorata, che io mi permetto richiamare l’attenzione degli onorevoli colleglli della Società geologica italiana. E non mi pe- rito di aggiungere che ciò faccio incoraggiato pure dall’ illustre sig. prof, senatore Meneghini, il quale avendo onorato di qualche sua visita la mia modesta raccolta, trovò essere meritevole d’un cenno la zona ad Aspidoceras Acanthicum Op. da me rinvenuta in Collalto e nella quale si trovano copiosi i bei fossili, dei quali darò più sotto l’elenco. 130 A. Secco II prof. Taramelli nel quale è ammirabile la dottrina come la prontezza e la precisione del colpo d’occhio e della intuizione, a pag. 31 della prima delle citate due opere, parlando del Ti- tonico di questa località, dei vari livelli ai quali quel piano si mostra, e delle cave nello stesso esercitate dice : « Le Ammoniti « di queste cave, come delle prossime di Pove, sono anzi male “ conservate; distinti e molto larghi gli aptici, comune la forma « della Terebratula Diphya. « Però la potenza della zona intaccata sulla cava è di soli “ 10 metri, e vi è molto a scoprire al di sotto, colla speranza di “ rinvenirvi gli equivalenti dei banchi di Camporovere e di Torri ». Le ultime parole di questo inciso non fecero che ribadire in me anche una volta la fede che io ebbi sempre nel carissimo amico e maestro, e rinunciai definitivamente ad un’idea che per qualche tempo io coltivai; a quella cioè che nel gruppo del Grapa, a differenza di quanto si verifica in quello di fronte, dei Sette Comuni, si passasse bruscamente dai piani a Diphya, alla oolite del Dogger, ai piani, cioè, comunemente quanto impropriamente detti, dei calcari grigi a Geroillia , Terebratula rotzoana, T. Reni eri, Rema ecc. ecc. Un magnifico giacimento con Ilarpoceras Murchisonae Sow. rinvenuto dal mio caro amico dott. Arturo Rossi, nella località a N del Grafa, i fossili del quale furono descritti dagli onorevoli colle- ghi dott. Parona e dott. Canevari (*); una Oppelia Trachynota rin- venuta in una frana delle cave di Solagna ; una Terebratula rupi- cula Zit. ed una Oppelia compsa rinvenute in un masso di rosso * precipitato a valle nella località Collalto di Pove mi determinarono a ritenere per fermo che il Taramelli avea ragione una volta di più, e che nel gruppo di Collalto, tra il Titonico e la oolite sumenzionata, dovea esserci per lo meno la zona ad Aspidoceras Acanthicum. Nello scorso autunno 1887, animato da vivo desiderio di co- noscere da vicino, per quanto mi fosse dato, la compagine di questi monti, intrapresi le mie ricerche, le quali mi condussero ad un ri- sultato che certo io non osavo presagirmi lieto come in realtà riuscì. I piani del Titonico delle cave di Solagna hanno una marcata P) Parona e Canevari, Brachiopodi oolitici di alcune località dell'Italia settentrionale. Pisa, Nistri e C., 1882. Il piano ad Aspidoceras Acanthicum Op. eco. 131 inclinazione da nord a sud, salvo parziali dislocamenti dovuti a singole spaccature, per cui dalle cave (m. 800 circa) salendo poco oltre l’oste- ria del Campo (m. 1000 circa) si incontra il limite dei piani stessi, i quali sono ricoperti dal Neocomiano, che a sua volta forma il cappello dei Collalti come del Grapa. Tale inclinazione fa sì che progredendo nella salita, i piani più bassi delle cave non per anco esplorati, si trovano ad affiorare, sia nel versante a ponente come in quello a levante delle cime di Collalto, ovunque il Neo- comiano è stato abraso ed asportato. E questi piani sottoposti a quelli a Diphya io ho potuto seguire nel versante ovest dei Collalti, dalle Penise di Calceron fino molto oltre la località Pertuso, e nel versante est e nord- est, dalla località Collalto di Pove fino a Campo Roa, per un percorso, cioè, non inferiore a sei chilometri. Del resto ho l’onore di unire alla presente memoria un piccolo tipo della località, estratto dalla carta topografica militare, nel quale segnai in nero i punti fossiliferi. Tutta questa zona assai estesa, e che certamente si estende anche oltre i limiti delle mie osservazioni, è precisamente ima zona ad Aspidoceras Acanthicum della quale non mi consta che qualche geologo siasi occupato prima d’ora, e nella quale rinvenni i seguenti fossili: Aspidoceras Acanthicum Op. sp. A. longispinum Op. sp. A. Caletanum Op. sp. Waagenia hybonota Op. sp. Phylloceras Loryi Meun. Chalm. Ph. polyolcum Benk. sp. Ph. isotipum Benk. sp. Ph. cfr. Benacense Cat. sp. Ph. sp. ind. Haploceras verruciferum Mengh. II. cfr. caractheis Zeusch. H. cfr. fiatar Op. sp. Oppelia compsa Op, sp. O. cfr. tenuilobata Op. sp. Lytoceras montanum Op. sp. Perispliynctes contiguus Cat. sf. P. colubrinus Rein. P. cfr. Freyssineti Fav. 132 A. Secco Slephanoceras sp. (frani). Aptychus latus Park. Belemnites sp. Corbula Picleri Zit. Terebratuia rupi cui a Zit. T. cfr. Janitor Pict. (frani.) Sphenodus longidens Ag. (denti). Non credo che questi fossili possano lasciar dubbio alcuno sulla età relativa della roccia che li contiene, e che quindi la zona in discorso debba essere ascritta al piano di Kimmeridge. Evidentemente, il rinvenimento del piano ora descritto, da un lato, quello del Bathoniano da parte del Bossi dall’altro, fa sperare sempre più che almeno qualche traccia abbia pure a tro- varsi anche nel gruppo del Grapa, dei piani che si frappongono tra il Titonico e la grande oolite. Ma per parte mia devo disgra- ziatamente constatare, che nelle mie lunghe ed accurate ricerche, ripetute con maggior ardore in questi ultimi tempi, non sono riescito a trovare traccia alcuna del piano a Pelloceras transversarium Quenst.. amenochè a tale piano non vogliansi riferire certi calcari a spongiarì e gasteropodi che si trovano sotto la zona ad Acanthicum : ma io non oso proclamare un tale parallelo. Nò del piano a Po- sidonomya alpina Gras trovai traccia su questi monti, laddove esso abbonda nei Sette Comuni ('), ove pure sono assai frequenti la zona ed Acanthicum ed i detti calcari a spongiarì ad essa sottoposti, ed ove per converso non mi consta sia stato per anco rinvenuto nè il Pelloceras transversarium Quenst.; nè XHarpo- . ceras Murchisonae Sow. Devo alla gentilezza somma dell' illustre prof. Meneghini, come a quella del mio carissimo amico prof. Parona la determinazione di vari dei fossili dell’ elenco qui sopra esposti, ed adempio al dovere per me gratissimo di porgere a questi signori i miei più vivi ringraziamenti. Credo non sia mal fatto da parte mia presentare la figura del Phylloceras polyolcum Benk. rinvenuto in questa zona, perchè t1) Parona, I fossili degli strati a POSIDONOMY A ALPINA di Cam- porovere. Atti della Società italiana di scienze naturali, voi XXIII con una tavola. — Taramelli, op. cit. 133 Il piano ad Aspidoceras Acanthicum Op. ecc. gli esemplari che in essa si trovano, pel loro stato di conserva- zione, presentano assai marcate le qualità tipiche della specie. Più nettamente marcate di quanto, per avventura non le presen- tassero gli esemplari figurati dal sig. Benecke nella sua opera : Ueber Trias und Tara in dea Sud-Alpen (Mùnchen 1866, tav. Vili,) e dal sig. Favre nell’ opera : La zone à Ammonites Ac ali- tili cus, mèmoires de la Société paléontologique suisse voi. IV, tav. I, 1875. Credo opportuno ciò fare, perchè non sarebbe affatto strano se a prima vista si prendesse questo fossile non per quello che esso è in realtà. Solagna, maggio 1888. Andrea Secco. . Bollettino della - Società/ geologica* itaMa/ia Phyllocera: ,oiy° Si ab ht Bruì Voi VE (1888) Tav. VI olyolcum Benk. sp. IL CONO DI DEIEZIONE DELLA STURA DI LANZO. (Con una tavola) La valle padana è certamente, fra le grandi vallate d’Europa, una di quelle che si presenta più tipica per lo studio dei terreni quaternari, sia perchè grandiosi vi si verificarono i fenomeni di quest’epoca geologica, sia perchè i depositi che allora vi si for- marono conservano tuttora in gran parte la tipica disposizione originaria. Tali depositi quaternari si possono nel complesso distinguere assai bene riguardo al loro modo d’origine, cioè se per opera delle correnti glaciali o delle correnti fluviali; anfiteatri morenici nel primo caso, coni di deiezione nel secondo. Riguardo al Piemonte, che formò fiuora l’oggetto principale dei miei studi, ebbi già ad esaminare i due grandiosi anfiteatri morenici di Rivoli (]) e d’Ivrea (2), ed intendo ora colla presente nota di studiare anche lo stupendo cono di deiezione della Stura di Lanzo, che già attirò giustamente l’attenzione del Gastaldi (3) e del Baretti (4). Ad est dell’anfiteatro morenico d’Ivrea si possono ancora os- servare, specialmente in Lombardia, grandiosi coni di deiezione (') F. Sacco, L'anfiteatro morenico di Rivoli. Boll. Com. geol. ital. 1887. (2) Id. I terreni terziari e quaternari del Biellese. Torino, 20 set- tembre 1888. (3) B. Gastaldi e Ch. Martins, Essai sur les terrains superficiels de la vallèe du Pò. Bull. Soc. géol. de France, 2° sèrie, toni. VII, 1850. — Sulla riescavazione dei bacini lacustri per opera degli antichi ghiacciai. Meni. Soc. ital. di se. nat. voi. I, 1865. (4) M. Baretti, Studi geologici sul gruppo del Gran Paradiso. Meni. B, Acc. dei Lincei, serie 3a, voi. I, 1877. 136 F. Sacco del Sahariano , spesso però ridotti ora (per le erosioni avvenute nel periodo ter razziano) a resti più o meno importanti, soventi ad altipiani ( barraggie , brughiere ecc.), che terminano spesso a sud con un piccolo gradino mentre invece verso nord collegansi gra- datamente coi depositi morenici, oppure appoggiausi direttamente alle falde alpine. Tralasciando di trattare dei terreni antichi che sono in rap- porto col cono di deiezione della Stura, ma che non hanno im- portanza nel presente studio, passiamo direttamente ad esaminare i terreni pliocenici che formano l’imbasamento di detto cono, ma che vennero finora confusi coi terreni quaternari. Piacentino Tra Yalperga e Rivara, nella parte basale dei profondi burroni delle colline di Pertusio, veggonsi talora affiorare, fra le marne e le sabbie del pliocene superiore, alcuni strati marnosi, grigiastri che già ci indicano doversi trovare quivi l’orizzonte piacentino a poca profondità. Ma a nord-est di Levone, al fondo del rio di Cà Yietton, tra Crosaroglio superiore e Crosaroglio inferiore, si possono osser- vare degli strati argilloso-sabbiosi, ed anche talora ghiaiosi, gri- gio-bleuastri, a stratificazione talora alquanto irregolare e che hanno molto l’aspetto dei terreni piacentini. Quantunque finora non v’abbia ancora potuto raccogliere fossili determinabili e solo numerosi frammenti di lignite, tuttavia con- siderando: (1°) che una facies affatto simile osservasi in depositi, attribuibili al Piacentino superiore, esistenti presso Chiavazza nel Biellese, (2°) che questo deposito trovasi contro le falde alpine per modo che si formò probabilmente in vicinanza della foce di qualche piccola corrente terrestre, ed infine (3°) che i banchi in questione soggiacciono a quasi 80 metri di pliocene superiore, pare naturale l’ammettere che queste sabbie bleuastre siano già da riferirsi al Piacentino superiore od almeno ai banchi di passaggio tra il Piacentino e Y Astiano, e che la mancanza di fessili sia dovuta solo all’ azione di quelle correnti acquee che sboccando quivi nel mare di quell’ epoca, vi portarono gli elementi ghiaioso-ciottolosi ed i frammenti di legname a cui accennammo. Il cono di deiezione della Stura di Lanzo 137 I banchi esaminati ci rappresentano l’ultimo affioramento sub- alpino del Piacentino verso ovest, giacché quantunque questo orizzonte costituisca certamente l’ imbasamento di tutta l’alta valle padana sin contro le falde alpine, tuttavia per i potenti depositi che lo mascherano può solo riapparire molto più a Sud, cioè tra Cuneo e Mondo vi. Astiano La formazione del pliocene superiore subalpino ad ovest di Val d'Orco non è che la continuazione di quella che si stende da Val d’Orco alla Valle del Ticino, e ne sono quindi affatto simili i caratteri litologici e paleontologici. li Astiano, rappresentato da banchi marnosi e sabbiosi gial- lastri con qualche strato grigiastro intermedio, ed anche con lenti ghiaiose, si può osservare nella parte inferiore delle colline di Per- tusio che, specialmente presso questo paesello, si presentano pro- fondissimamente incise per modo da potersi studiare in tutti i suoi dettagli la serie stratigrafica. Anche nella parte inferiore della collina di M. Valle presso Levone, specialmente alle sue falde settentrionali, la formazione astiana , che si vede collegarsi gradatamente al Piacentino supe- riore, si può esaminare molto dettagliatamente in alcuni profondis- simi burroni che mettono a nudo quasi tutta la serie pliocenica superiore. Ad ovest di Levone la formazione astiana scompare com- pletamente sotto al Fossaniano, viene in massima parte sostituita sia dai terreni fossaniani, sia da quelli villafranchiani e non si può più osservare che alle falde delle Alpi marittime nelle col- line tra Cuneo e Mondovì, dove essa si mostra con caratteri molto simili a quelli che presenta alle falde delle Alpi centrali. Fossaniano La maggior parte del pliocene marino superiore subalpino è rappresentato in generale dai depositi littoraneo-maremmani, od an- che deltoidi del Fossaniano ([); questo fatto possiamo pure osservare (>) F. Sacco, Le fossanien, nouvel étage du 'pliocène d'Italic. Bull. Soc. géol. de France, 3a serie, t. XY, 1886. 10 138 F. Sacco molto bene nella regione in esame, percorrendo le colline di Per- tusio, di Crosaroglio e di Levone. In tutte queste località infatti si vede che al disopra di pochi banchi marnoso-sabbiosi giallastri &q\Y Astiano appaiono, ad interrompere la tranquillità del deposito, lenti, strati ed anche grossi banchi ciottolosi, giallo-rossicci, che ci indicano il vicino sbocco di una corrente terrestre e che ini- ziano così l’orizzonte fossaniano della potenza talora di oltre 60 o 70 metri. Molto interessanti per lo studio del Fossaniano sono i pro- fondi burroni, già sopracitati, di Pertusio, di Crosaroglio, e di M. Valle; quivi infatti possiamo vedere come banchi ciottolosi di varia potenza si alternino ripetutamente coi banchi sabbiosi e mar- nosi talora lignitiferi, divenendo in complesso più frequenti e ad elementi più grossolani verso l’alto, quantunque si osservino anche generalmente alcuni grossi banchi ciottolosi verso la metà circa del Fossaniano. In questo orizzonte esistono strati argilloso-sabbiosi, grigia- stri, utilizzati qua e là per laterizi e stoviglie e che corrispondono perfettamente a quelli ben noti di Castellamonte. Talora i banchi supremi del pliocene superiore assumono un aspetto di deposito fluviale preludiando allo sviluppo del Villa- franchiano , oppure formando il passaggio al Sahariano , come si osserva specialmente nella parte alta delle colline di Pertusio, dove non è sempre facile la delimitazione tra Fossaniano e Saha- riano. Anche verso lo sbocco di Val Viana rimane talora alquanto incerta tale delimitazione perchè il primo orizzonte è pure in gran parte costituito da potenti banchi ciottolosi ad elementi abbastanza ' grossi, appunto per essersi formati al termine di una valle alpina; tuttavia si osserva quivi che il Fossaniano presenta diversi ban- dii sabbioso-argillosi giallastri e pare inoltre che nelle colline delle vicinanze di Rivara le acque sahariane abbiano eroso in parte il Fossaniano per modo che talora si nota un salto netto tra i depositi ciottolosi, terrosi, rossastri, ed a disposizione al- quanto irregolare del Sahariano ed i depositi ciottolosi, sabbiosi e marnosi, abbastanza ben stratificati, giallastri, del Fossaniano. A sud-ovest di Rivara ritrovasi ben sviluppato il Fossaniano , coperto da un velo di Diluvium , a costituire lo sprone pianeggiante Il cono di deiezione della Stura di Lanzo 139 di Villa Sillano ; sprone che è una specie di caposaldo il quale serve molto bene ad indicarci l’originaria elevazione dell’antico cono di deiezione del torrente Viana essendo esso un residuo lasciato dalle correnti acquee di Viana e del Malone durante il periodo di profonda erosione del Terrassiano. Anche di lontano veggonsi comparire, nella parte medio-in- feriore di detto altipiano, i potenti banchi di sabbie marnose gial- lastre e grigio-biancastre, alternate come di solito con strati e banchi ghiaioso-ciottolosi. A Crosaroglio ed al M. Valle il Fossaniano colla sua solita costituzione e forma e con una potenza di oltre 70 metri, si ap- poggia direttamente alla roccia antica, innalzandosi sin oltre i 400,420 metri di elevazione. Nella parte inferiore i suoi strati, per mezzo di ripetute alternanze di sabbie e ghiaie passano gra- duatissimamente all’ Astiano ; talora anzi i banchi ciottolosi veggonsi persino alla base del pliocene superiore per modo che esiste allora un diretto per quanto insensibile passaggio tra il Fossaniano ed il Piacentino. Ma proseguendo l’esame del pliocene superire subalpino ad occidente di Levone, si trova come la formazione fossaniana cessa completamente e quasi di tratto presso lo sprone roccioso di Ma- donna delFAnnunziata, per modo che risulta evidente come sin dall’epoca pliocenica tale apofisi, direi, della regione montuosa era già costituita e serviva quasi di limite occidentale al golfo padano, giacché più ad Est troviamo il pliocene superiore essere solo più rappresentato da depositi villa franchia ni. Se però si esaminano le falde settentrionali dell'altipiano di Barbauia, e specialmente se si percorre l’incassato rio delle Lom- barde, possonsi osservare, sotto al Diluvium sahariano , potenti de- positi sabbioso-ciottolosi, talora marnosi, di color giallastro, a stra- tificazione talora alquanto deltoide, che sono certamente pliocenici e paiono ancora doversi racchiudere nel Fossaniano , per quanto formino certamente un bellissimo passaggio al Villafranchiano che vediamo poi tanto sviluppato più a sud. Sembra alquanto strano a priori che la formazione marina del pliocene superiore esista presso monte, mentre più a valle osservasi la formazione fluviale, ma ciò panni si spieghi osservando come anche il cono di deiezione sahariano della Stura si sviluppa 110 F. Sacco notevolmente verso sud, sino a Rivarossa, Lombardore. ecc., cioè secondo l’inclinazione generale della valle padana. Or bene, lo stesso fenomeno doveva pure verificarsi durante la seconda metà dell’ epoca pliocenica, quando il mare occupava ancora gran parte della valle padana spingendosi fin contro le falde alpine ; anche allora infatti le grandi correnti acquee sboc- canti dalla valle di Lanzo gettandosi in quel mare poco pro- fondo, lo riempirono tosto colle loro alluvioni e vi formarono un delta, complessivamente simile di forma al cono di deiezione saha- riano, cioè sviluppato specialmente verso sud-est, per modo che contro le falde alpine di Levone potè ancora sussistere per un certo tempo una specie di piccolo golfo o braccio maremmano, in cui si formarono i depositi sabbioso-ciottolosi ascritti al Fossaiiiaiio. VlLLAFRANCHIANO A causa sia della grandiosità delle correnti acquee sboccanti dalle importanti valli alpine di Lanzo, della Dora Riparia, del Po, ecc., sia della originaria maggior elevazione sul livello marino che pre- senta la massima parte della valle padana piemontese ìispetto a quella lombarda, derivò che in Piemonte verso le falde alpine la maggior parte del pliocene superiore è rappresentato da depositi fluvio-lacustri, cioè dal Villa franchiano . La delimitazione tra questo orizzonte e \' Astiano si è detto trovarsi ad un dipresso tra Levone e Barbania, ma essa è alquanto incerta a causa dei graduali passaggi che collegano i due depositi. La formazione villafranchiana si distingue in complesso assai facilmente pel fatto che ai suoi banchi sabbiosi, ghiaiosi e ciot- ' tolosi giallastri si alternano spesso strati o banchi argillosi giallo- grigiastri od anche verdastri ; questi banchi per essere difficilmente permeabili formano un velo acqueo abbastanza costante ed impor- tante che si rivela all’esterno per mezzo di numerose sorgenti, di regioni paludose, ecc. Già in lavori precedenti (!), specialmente trattando in generale del Villa franchiano subalpino, avevo accennato al fatto che la (') F. Sacco, Sull'origine dello vallate e dei laghi alpini ccc. Atti R- Acc. Se. di Torino, voi. XX, 1885. — Il Villa franchiano al piede delle Alpi. Boll. r. Com. gcol. ital. 1886. 141 Il cono di deiezione della Stura di Lanzo base del grande cono di deiezione della Stura di Lanzo è costi- tuita di depositi pliocenici, ed anzi avevo presentato una sezione geologica in appoggio di questo mio modo di vedere che era con- trario a quanto erasi scritto prima in proposito. Lo studio geologico dettagliato della regione in esame mi convinse sempre più della giustezza della ipotesi sovraccennata ed anzi mi fece conoscere che la formazione villafranchi ana è in realtà molto più estesa ed importante di quello che si potesse supporre a priori, giacché essa non compare solo presso le falde alpine, ma si sviluppa notevolmente a sud , sin quasi contro le falde settentrionali delle colline Torino- Valenza, essendo solo co- perta da pochi metri di depositi quaternari. Le regioni dove la formazione villa k francliiana (per fenomeni di profonda erosione o per locale conservazione) si può ancora oggi esaminare e che passeremo quindi a studiare sono: la parte orientale e la parte occidentale del cono di deiezione della Stura e le immediate vicinanze di Lanzo. È specialmente verso il fondo dell’ in Gassatissima valle Fan- daglia che, come già ebbi ad accennare in un precedente lavoro, si possono osservare molto bene i banchi villa franchiani coperti da una potentissima formazione sahariana ; infatti li vediamo quivi apparire subito a valle della forra serpentinosa di Bric Frera, presso la quota 401, dove le marne argillose verdastre spesso stra- terellate e ripieghettate s’appoggiano direttamente alla roccia olio- litica, e con questo aspetto le possiamo osservare interrotta- mente lungo l’alveo del torrente per tutto il suo sviluppo sino al Malone, ed anche là dove esse non compaiono a giorno le pos- siamo seguire indirettamente per le numerose sorgenti acquee a cui danno origine in causa della loro impermeabilità. Però la zona villafranchiana non costituisce solo il fondo della valle Fandaglia, ma si può spesso osservare anche lungo i suoi fianchi, là dove profondi spaccati naturali giungono sino al basso della valle, così sotto C. Buio, sotto C. Baretta, sotto Vauda di Front, ecc., sulla destra, ed in numerosi punti sulla sinistra. Anzi riguardo alla parte sinistra è molto utile, per lo studio del Villa frane hi ano, il risalire le principali vailette tributarie, perchè spesso il terreno in questione vi è messo assai bene allo scoperto ; tipica a questo proposito è la valle del Crot verso il suo sbocco, 142 F. Sacco giacché quivi sul lato destro alcuni profondi spaccati mettono stu- pendamente a nudo la serie villa franchiana assai ben conservata, costituita di ghiaie, sabbie, marne ed argille alternate, di color grigio-giallastro, abbastanza regolarmente stratificate, coi soliti veli acquei, iusomma colla caratteristica facies del Villa f raschiano subalpino piemontese ; il tutto è ricoperto di tratto dai depositi ciottoloso-terrosi rossastri sahariani a stratificazione alquanto irre- golare, ad elementi ciottolosi, generalmente più grossolani, disposti senza gran cernita. Lungo i fianchi della valle di Fandaglia, come d’altronde anche delle altre vailette che accenneremo in seguito, riesce spesso diffìcile l’osservare i banchi villa fr anelli ani perchè essi sono quasi sempre mascherati da scorrimenti di terreno sali, ariano in causa di frane o di semplice scolo per lenta abrasione della parte alta della terrazza. Però anche là dove si può esaminare direttamente la sovrap- posizione del Sahariano sul ViUafranchiauo , non è sempre facile il segnare la distinzione netta fra i due orizzonti geologici a causa del fatto che i supremi banchi villa franchiani sono spesso sab- bioso-ciottolosi e ad elementi alquanto grossolani per modo da fare quasi un passaggio agli inferiori banchi sahariani; tuttavia i primi presentano spesso degli strati alquanto argillosi, poco permeabili, ed inoltre hanno un color giallastro, mentre i secondi sono piuttosto rossastri, in massima parte ghiaioso-ciottolosi e per- meabili ; talvolta anzi il diverso modo di comportarsi rispetto all'acqua basta grossolanamente a distinguere un orizzonte dal- l’altro, tanto più che spesso nei tagli delle terrazze gli strati argillosi del villafranchiano formano una specie di gradino spor- • gente sotto ai depositi quaternari. Si è già accennato nel precedente capitolo come a nord di Barbania, nella valletta delle Lombarde, si possa osservare assai bene il passaggio tra il Fossaniano ed il Villafranchiano , con predominio però del primo, ciò che risulta anche dall’osservazione superficiale cioè dalla mancanza quivi di vere falde acquee continue. Nuovamente ben visibili sono i tipici banchi villa franchiani nelle vallette di Rio Secco presso Front ; quivi come in Val Fan- daglia, gli straterelli marnoso-argillosi grigio-verdicci, impermeabili, sono spesso ricchissimi in resti finitici, fra cui specialmente Il cono di deiezione della Stura di Lanzo 143 abbondanti quelli di Corylus ; sono pure comuni alcune piccole lenti lignitiche, ed è appunto una di queste, affiorante lungo il Malone, ad est del Cimitero di Front, che il Gastaldi (*) ed il Baretti in- dicarono come depositi lignitici interposti ai terreni quaternari; d’altronde è questa un’ opinione che concorda con quella tuttora esi- stente fra la maggioranza dei geologi, i quali credono quaternarie le ligniti di Leffe, di Dùrten, di Wetzikon, di Utznach, ecc., che sono invece veri depositi villafranchiani alpini, cioè del pliocene superiore, almeno a mio parere. Proseguendo l’ esame del Villafranchiano a sud di Front, lo vediamo formare il fondo di Yalmaggiore (quivi però quasi comple- tamente mascherato dai depositi alluviali recenti) e costituire la base della terrazza Front-Grange di Front, rivelandovisi con numerose sorgenti; appare anche in fondo di Val Verdeis, e di Val Miana, ma scarsamente però a causa dell’incisione poco profonda; del qual fatto troviamo la ragione nel residuo di terrazza quater- naria che si estende dalle Grangie di Front sin oltre le falde delle colline di Rivarossa. Ma in Val Maggiore di Rivarossa osservansi nuovamente alcuni spaccati che ci mostrano le marne e le sabbie grigie o giallastre del Villafranchiano alternate con lenti e banchi ghiaiosi e ciottolosi ; lo stesso dicasi di Val Riesca anche molto a monte del cimitero di Lombardore. Dovunque poi affiorano le argille villa fr anelli ane, anche se mascherate da ÌY humus, quivi abbiamo una serie di sor- genti, di regioni paludose, ecc. ; così dai dintorni di Osteria la Bottina e lungo la grande terrazza Lombardore-Volpiano, sin presso Volpiano, costituendo sempre quel caratteristico gradino sporgente, piuttosto acquifero, a coltura pratense, ecc., a cui già in generale accennammo poco sopra. Più raro è invece il caso di poter esaminare direttamente i ban- chi villafranchiani ; tuttavia ciò talora è possibile allo sbocco dei torrentelli che incidono più profondamente le terrazze; ciò per esempio si verifica al termine del Rio Bellotta, dove compaiono le marne gri- gio-verdastre, le sabbie e le ghiaie cementate del Villafranchiano tipico, a struttura talvolta alquanto irregolare, non di rado deltoide. I1) B. Gastaldi, Appunti sulla Memoria del sig. Geikie « On changes of olimaie during thè glacial epodi ». Atti R. Acc. se. Torino voi. Vili, 1873. 144 F. Sacco Verso sud e sud-est la formazione pliocenica in esame gradata- mente abbassandosi va ad immergersi sotto alle alluvioni terraz- zìane ; contuttociò essa non scompare del tutto ma si può ancora osservare in alcuni punti. Infatti già accennammo come lungo l’attuale letto del Malone a sud di Front si veggano qua e là affiorare le marne grigio-verdastre fìllitifere e lignitifere del Villa- franchiano ; la stessa osservazione si può anche fare lungo l’alveo dell’Orco a cominciare dalle vicinanze di Feletto, ed infine queste marne argillose a filliti si possono ancora osservare nelle vicinanze di Brandizzo, presso lo sbocco del Maionetto nel Malone, cioè a solo più un chilometro circa dalle falde delle colline Torino-Valenza per modo che riesce evidente che il Villa f ranchimo, e non Y Astiano, avviluppa a nord queste colline. — Ricordiamo a questo proposito che presso Valenza sono ancora i depositi villa franchiani , quelli che veggonsi sovrapposti quasi direttamente al Piacentino. D’altronde la grande quantità di sorgenti acquee, fontanili ecc. che incontransi nell’ampio bassopiano del Malone e dell’Orco ci indica chiaramente come sotto ai pochi metri di deposito ciot- toloso delle alluvioni terrazziane esista una formazione in gran parte impermeabile rappresentata precisamente dalle solite marne argillose del Villafranchiano medio o medio-superiore, essendo stati esportati dalle correnti acquee del periodo terrazziano i banchi superiori di questo orizzonte geologico. Alle falde meridionali dei grandi altipiani sahariani di Lom- bardore e Ciriè, da Volpiano a Balangero, per essere stata l’in- cisione meno profonda che in Val Malone-Orco, non vedesi in alcun punto affiorare la formazione villa franchiana , e non vi si os- serva altro che la potente serie sahariana , quantunque anche in . queste regioni la frequenza di grosse polle d’acqua nei bassipiani di Levili, Caselle, S. Maurizio, Ciriè, Noie, Matlii, ecc., ci avverta della presenza della zona argillosa villafranchiana a poca profon- dità sotto alle alluvioni ciottolose del Terrazziano ; infatti percor- rendo l'alveo della Stura di Lanzo, specialmente in periodi di siccità, e particolarmente la sua sponda destra dalle Grange di Noie verso la Veneria, là dove la Stura si getta contro le falde dell’altipiano Fiano-R.Mandria, quivi possonsi ancora osservare direttamente le solite marne argillose del Villafranchiano e raccogliervi anche filliti come negli altri affioramenti di questa formazione geologica. Il cono di deiezione della Stura di Lanzo 145 In causa della grande forza d’escavazione e di esportazione che avevano le fiumane del Sahariano , specialmente presso monte, entro la regione montuosa ed allo sbocco delle vallate montane, i depositi villafranchiani che si erano formati entro monte o presso le falde alpine furono quasi completamente abrasi, esportati, op- pure ne vennero solo più lasciati qua e là alcuni lembi (situati ora generalmente a notevoli elevazioni sull’attuale fondo delle valli), dove questa formazione spesso si presentava sotto forma di conglome- rato resistente o ceppo. È così che noi troviamo il Villafranchiano ceppoide (alluvioni preglaciali, alluvioni ipomoreniche in parte, ecc.) entroalpino nel Ve- neto, nella Lombardia nonché nelle regioni settentrionali delle Alpi, dove è conosciuto coi nomi di lócherige-Nagelfìue , Diluviai Nagel- flue , Preglac ial Schotter , Preglaciale D recete , Aelteres schw emu- lami, ancien Diluvium } Alluvione anciennes, Alluvione antéglaciai- res , Alluvione ferrugineuses , Alluvione infraglaciaires , Alluvione ipoglaciaires , Durtenien, Chamberyen , Cromerien , ecc. ecc. Senza entrare ora in considerazioni, già esposte nello studio particolare suaccennato sul Villafranchiano subalpino , il semplice sguardo a questa varietà di nomi basta a farci comprendere quanta confusione abbia regnato e regni tuttora su questi depositi che per me non rappresentano altro che le alluvioni plioceniche su- balpine, cioè il Villafranchiano. Lo studio del cono di deiezione della Stura di Lanzo mi porse occcasione di scoprire un lembo, forse Tunico in tutto il Piemonte, di Villafranchiano entroalpino. Infatti se si può presumere che sotto all' altipiano di Nevi- glie-Madonua del Vento-Eremo presso Lanzo, inferiormente ai potenti depositi sahariani, esistano ancora residui di Villafranchiano , è però solo ad ovest di Lanzo che si possono nettamente esaminare i carat- teristici banchi di questo orizzonte geologico e ciò precisamente nella regione Momello. Quivi già sin dal principio del corrente secolo eransi rinvenuti frammenti di lignite ed anzi si erano accordate più volte concessioni di escavazione, escavazioni fattesi di tempo in tempo ma senza gran profitto, come d’altronde di solito in questi terreni; nè i geologi avevano data alcuna importanza a questo fatto sempre supponendo d’aver che fare con depositi quaternari ; è bensì vero che, da quanto 146 F. Sacco mi disse un abitante della regione in discorso, eransi rinvenuti, circa 40 anni or sono, alcuni resti scheletrici frammezzo a questi depo- siti lignitiferi, ma di tali preziosi avanzi, spediti a Torino, io non potei più trovar traccia, per cui ritengo che siansi del tutto perduti. Percorrendo le vallettine che incidono le colline di Momello da C. Praje a C. Maddalena, vediamo come questa regione sia costi- tuita da un’alternanza più volte ripetuta di banchi marnoso-ar- gillosi, sabbioso-ghiaiosi e ciottolosi, a stratificazione complessiva- mente abbastanza regolare e quasi orizzontale ; in questa serie stra- tigrafica specialmente interessanti sono i banchi argillosi di color giallastro o grigio-azzurrastro formanti, come di solito, piccoli veli acquei e contenenti le lenti lignitiche che ci rappresentano i resti di quelle foreste che esistettero in Val Tesso nella seconda metà del periodo pliocenico. Commiste alle marne sabbiose troviamo spesso, sparse irrego- larissimamente, ghiaiette dilavate, biancastre; sovente i banchi ligni- tiferi assumono un color bleuastro tale da ricordare molto bene di lontano i depositi marini del Piacentino ; fatto che si osserva pure identico nei terreni lignitiferi di Lette, e d’altronde in quasi tutti i depositi formatisi in un'acqua relativamente tranquilla. È noto come uno degli argomenti più potenti che fanno cam- peggiare i sostenitori dell’età quaternaria dei depositi che includo uel Viilafranchiano , si è che spesso sotto ai terreni marnosi li- gnitiferi veggonsi ancora potenti banchi ciottolosi, fra cui si segna- larono persino ciottoli glaciali. Or bene, esaminando i profondi spaccati naturali della sponda destra di Val Uppia, quasi sotto a Momello, possiamo constatare che anche in questo lembo viilafranchiano di Lanzo, verso la, metà inferiore della sua serie stratigrafica, che ha una potenza complessiva di quasi 100 metri, esistono sotto ai banchi lignitiferi potenti banchi ciottolosi, ad elementi talora grossissimi (persino di oltre 1 metro), tanto da farci quasi credere d’aver che fare con un vero Diluvium sahariano ; ma i ciottoli relativamente dilavati, la stratificazione abbastanza regolare e l’interposizione di banchi mar- noso-sabbiosi giallastri poco permeabili che continuano ancora verso il basso della serie ci indicano come si tratti qui di depositi diversi dal tipico Diluvium , si tratti cioè del Viilafranchiano. Rimane ad ogni modo provato chiaramente che durante il 147 Il cono di deiezione della Stura di Lanzo periodo villaf ranchimo , poco prima della sua metà, le correnti acquee acquistarono uno sviluppo straordinario, e non è quindi im- probabile che in alcuni casi, non nel presente però, specialmente sul versante settentrionale delle Alpi, anche le correnti giaciali abbiano potuto svilupparsi tanto durante la prima metà del pe- riodo villa frane hi ano da discendere per qualche tempo sino a quelle regioni dove in seguito si formarono i depositi fluvio-lacustri lignitiferi del Villaf 'ranchiamo medio e superiore. Insomma per me, come già ebbi ad esporre altrove special- mente nel suaccennato lavoro sul Villa franchiano subalpino ed ancor più esplicitamente nella Nota: « On thè origin of thè Great Alpine Lakes , Proc. ofr. Soc. of Edimburgh, 1887 », la prima epoca glaciale, riconosciuta specialmente dai geologi d’oltr’Alpi, corrisponde veramente al Villa franchiamo cioè al pliocene superiore. L’ essersi conservato un lembo di formazione viUafranchiana presso Lanzo è un fenomeno affatto locale dovuto al fatto del trovarsi questo deposito in una specie di conca tranquilla e protetto contro l’erosione delle correnti acquee quaternarie dallo sprone roccioso di Novaire che le deviava a sud-est. Notiamo ancora, rispetto a questo deposito pliocenico, come esso pressoMomello e presso le C. di Giovanni e di Maddalena, là dove i suoi banchi appoggiansi sulla roccia in posto, s’innalzi sin oltre i 600 metri, che è l’elevazione massima del pliocene in Piemonte. È bensì vero che trattandosi qui di depositi continentali, il fatto di questa straordinaria elevazione non ha quell' importanza che invece offrono i depositi marini ; se ne può tuttavia concludere per ana- logia come il sollevamento della regione in esame dopo la fine dell’epoca pliocenica fu certamente superiore ai 500 metri. Infine una conclusione importante che si può trarre da questo piccolo lembo pliocenico è che originariamente la formazione villa- franchiana era molto estesa in Piemonte, sin contro le falde alpine ed in parte anche entro le stesse regioni alpine, solo che essa in seguito venne in parte erosa e distrutta dalle fiumane quaternarie ed in parte mascherata dai depositi di queste stesse correnti acquee. Per terminare lo studio del Villa franchiano del cono di deie- zione della Stura ci rimane ad esaminarne il lato occidentale. Si è già sopra accennato all’ affioramento di marne villafranchiane lungo l’alveo della Stura a valle di Robassomero ; ma dove questi ter- 148 F. Sacco reni si possono osservare meglio è nell’incassata valle della Ceronda, a sud di Monasterolo. Quivi infatti la formazione villafranchiana coi soliti caratteri, che è inutile tornare a descrivere, compare nella parte bassa di ValTronta dove è riconoscibile anche pel solo carattere esterno delle copiose sorgenti acquee a cui danno origine i suoi banchi argilloso-marnosi ; si può poi studiare molto bene in tutti i suoi dettagli dalla cappella di S. Rocco verso nord per oltre un chilometro lungo il fondo del rio di S. Rocco. Più a sud compaiono qua e là le tipiche marne in questione sotto Yalluvhm lungo l’alveo della Geronda, ma in questo caso, come per l’Orco, pel Malone, per la Stura, ecc. tali affioramenti sono sovente temporanei, spesso essendo visibili solo in certe epoche del- l’anno e, anzi soventi basta un periodo di piena per coprire gli affio- ramenti antichi e scoprirne dei nuovi, per cui mi limito ad accen- nare il fatto senza discendere a particolari in proposito. Oltre che nell’alveo attuale della Ceronda i banchi superiori del Villafranchiano veggonsi eziandio, verso il basso, su ambo i lati della valle, spesso però essendo riconoscibili piuttosto pel gradino che formano e per le sorgenti acquee a cui dauuo origine che non per osservazione diretta. Tuttavia verso lo sbocco di R. Ma- donna e specialmente del R. Gravas presso la Cassa esistono alcuni spaccati che mettono a nudo i supremi banchi villafranchiani co- stituiti di sabbie, ghiaie e ciottoli di colore giallastro, a stratifi- cazione alquanto irregolare, non di rado deltoide, e formanti un passaggio abbastanza graduato ai sovraccennati terreni sahariani , quantunque sembri che tra i due orizzonti siasi verificata general- mente un po’ di erosione. Dopo la confluenza della Val Ceronda nella Yal Casternone non ebbi più ad osservare traccie di VUlafraachiano ; sou persuaso’ però che questo terreno si continua a sud e sud-est e che solo la potenza dei depositi sahariani e terrazzani e la poco profonda inci- sione dei corsi d'acqua ne impedisce la diretta constatazione; ad ogni modo la grande abbondanza delle copiose sorgenti acquee nella pianura Caselle-Torino-Settimo ci prova ad evidenza che sotto ai depositi terrazzani di poca potenza esiste ima zona argillosa ab- bastanza regolare, che si spinge sin quasi contro le falde della collina torinese e che rappresenta la zona delle marne argillose del Villa- franchiano, i cui supremi strati sabbioso-ghiaioso-ciottolosi furono probabilmente esportati dalle correnti acquee del quaternario. Il cono di deiezione della Stura di Lanzo 149 Quindi sarebbero forse questi banchi argillosi villa franchiani che formerebbero la ben nota falda acquea sotterranea di Torino, falda acquea che sulla sinistra del Sangone e del Po dà origine ad una serie ininterrotta di sorgenti e di grossi fontanili (*). Infine, è forse ancora ai banchi argillosi del Villa franchi-ano superiore che debbonsi le copiose sorgenti acquee che osservansi a sud del Sangone nel bassopiano dell’ alta valle padana. Parrà forse a taluno esagerato questo grande sviluppo che attri- buisco alla formazione villafranchiana , ed anzi mi si potranno forse sollevare dei dubbi persino sull' età pliocenica di questi ter- reni, mancando le basi paleontologiche per tale attribuzione. Quantunque in questo caso i caratteri litologici abbiano a mio parere una grande importanza e non mi lascino alcun dubbio sul- l’età dei depositi sopra indicati non mancano tuttavia compieta- mente i caratteri paleontologici, solo che essi sono piuttosto scarsi a causa della natura stessa e della posizione dei terreni in questione. Ebbi già più volte occasione di menzionare come le marne argillose grigio-giallastre o verdastre, spesso fogliettate, del Villa- franchiano spesso contengano abbondanti resti vegetali, special- mente talliti. Or bene il loro studio riesce assai interessante, poi- ché se al primo esame si constata l’abbondanza dei Corylus , dei Glyptostrobas J dei Phragmites J ecc., una osservazione più detta- gliata ci conduce ad importanti conclusioni rispetto ai terreni in questione, e mi giovo a questo rispetto degli studi paleo-litologici del Sismonda (2), di cui è nota l’autorità in materia di paleontologia. In questo lavoro troviamo accennati ed anzi disegnati (tav. IV, tig. 1), resti di Glyptostrobus europeus Heer trovati « à la Caccia, pres de Druent, dans une argile plastique couverte par les eaux de la Céronde » . Più avanti vediamo menzionatj resti di Phragmites ceningensis Al. Braun trovati « à Turin dans une arenarie fine », e le figure (tav VI, 3, 4) date di questa forma corrispondono perfettamente (B F. Sacco , L'anfiteatro morenico di Rivoli. Boll. Comm. geol it al . 1887. (2) E. Sismonda, Matériaux pour servir à la Paleontologie du, terrain tsrtiaire da Piémont - Végétaux Ména. R. Acc Se. di Torino. Serie 2a, vol. XXII, 1865. 150 F. Sacco agli esemplari tuttora conservati nella collezione paleotìtologica del Museo di Torino, dove portano per indicazione di origine « Caccia presso Druent ». Rispetto poi al genere Corylus , che è forse il più abbon- dante nelle marne villafranchiane, notiamo come il Sismonda creò per le forme fossili piemontesi la specie C. Ileeri, che dice a ragione essere « très copieuse dans une argile plastique à la Caccia près de Druent, et à Felletto dans le lit de l’Orco » ; ed a tav. XXXIbis dìi per questa specie una bella figura riproducente un esemplare, tuttora conservato nella sovraccennata collezione, che proviene ap- punto dallo marne argillose villafranchiane della Caccia. Infine riguardo al genere Cassia troviamo ancora che il Sis- monda menziona resti di C. hyperborea Ung. « fossile à Turin, dans une argile micacee » ; orbene, l’esame delle figure (tav. XXXII, 2, 3) di questa specie, mette fuori dubbio che esse furono tratte da esem- plari tuttora conservati nella collezione del Museo geologico di Torino e che portano come luogo d’origine T indicazione di « argille lungo la Stura » . Ora, senza voler attribuire un valore assoluto alle determi- nazioni del Sismonda, ben conoscendo quanto esse siano spesso incerte, specialmente avendosi per base solo pochi resti mal con- servati, tuttavia ne possiamo trarre importanti deduzioni. Infatti il Glyptostrobus europeus Heer è una forma propria dei depositi miocenici e pliocenici, e trovasi anche in Italia nei terreni mes- siniani di Sarzanello ed astiarli di Yal d'Arno; anche il Phragmites oeningiensis comune nei terreni miocenici e pliocenici d’Europa, è abbondante in Italia, così fra i banchi messi niani di Guarene e fra quelli astimi di Yal d’Arno e di Bra (‘); quanto al Corylus Ileeri esso è menzionato oltreché nei depositi in questione, auclie nei terreni' messiniani di Guarene e in quelli pliocenici di S. Damiano d’Asti. Infine, la Cassia hyperborea, tanto abbondante in vari depositi miocenici e pliocenici d’Europa fu pure trovata nell’orizzonte astiano di Val d’Arno. Da tutto ciò pare assolutamente naturale di conchiudere che le marne fìllitifere che affiorano ovunque sotto il cono di deiezione (*) (*) F. Sacco, La valle della Stura di Cuneo, ecc. Atti Soc. ital. ili se. nat. voi. XXIX 1886. Il cono di deiezione della Stura di Lanzo 151 della Stura di Lanzo sono, non già del miocene medio, come indica il Sismonda nella sua citata opera, e neppure del quaternario come indicano il Gastaldi e Baretti rispetto alle lenti lignitiche che ac- compagnano queste lìlliti, ma bensì plioceniche e più precisamente villa franchicene. Sahariano. Quantunque i terreni quaternari costituiscano la parte princi- pale della regione in esame, tuttavia siccome essi sono già cono- sciuti per le descrizioni del Gastaldi e del Baretti, mi limiterò a pochi cenni a loro riguardo. Diluvium. — Come altrove in generale, questo terreno è co- stituito da una pila più o meno potente di banchi ciottolosi, giallo- rossastri, poco dilavati, a stratificazione abbastanza regolare nel complesso ma alquanto irregolare nei particolari ; gli elementi ciot- tolosi di svariate dimensioni, secondo i livelli ed i luoghi, in mas- sima parte di natura serpentinosa od eufotidica sono per lo più pro- fondamente decomposti tanto da sfacelarsi con tutta facilità, per quanto apparentemente conservino spesso il colore, la forma, e la struttura originaria : questi elementi divengono più grossolani, meno rotondeggianti, presso monte sino a passare gradatamente ai depositi breccioso-franosi dei pendìi montani. À questi depositi ciottolosi sovraincombe per lo più un velo più o meno potente di loess giallo-rossastro; il tutto corrisponde per facies e struttura al ferretto lombardo che è anch’esso ter- reno sahariano per quanto altri voglia portarlo a livello delle sabbie gialle dell 'Astiano. E interessante il piccolo cono di deiezione di Val Yiana, es- sendo conservato quasi completamente anche la sua parte entro- alpina che costituisce il ridente piano di Forno di Rivara. Le acque sahariane erosero certamente alquanto i depositi fossaniani allo sbocco della valletta alpina in questione, come osservasi nelle col- line a nord di Rivara , ed invece trovando negli spuntoni rocciosi di M. Pesmonte un ostacolo al libero corso verso sud, formarono quivi una specie di rigurgito, deponendo cosi il Diluvium costituente gli altipiani di Grosso, Macchia e Giors. Del vero cono di deiezione del T. Viana, che doveva confon- dersi poco a sud di Rivara con quelli grandiosi dell’ Orco e del 152 F. Sacco Malone-Stura, non troviamo più che pochi residui a causa delle profonde erosioni avvenute nel periodo lerrazsiano , specialmente per opera delle grandi correnti acquee dell’ Orco e del Malone. Di tali residui è specialmente da menzionare il piccolo alti- piano di Rivara e quello più importante, a forma quasi di penisola, di Piano Prime Foglie-Villa Sillano, i cui depositi sahariani , formanti la parte superiore di detto altipiano, debbonsi specialmente alle acque di Val Viana. Sul Fossaniano delle colline tra Rivara e Valperga trovansi placche ciottolose deposte in parte dalle acque di Val Viana, e in parte anche dalle acque di vai d’Orco e delle vailette di Bel- monte-Pratiglione in diversi periodi durante il Sahariano. Per la valle del Malone si verificò, durante l’epoca sahariana , qualche cosa di simile a ciò che ebbe luogo in Val Viana, poiché le grandi correnti acquee di quel periodo formarono entro la valle montana i depositi diluviali dell’altipiano di Corio ed incontrando ostacolo alla libera discesa verso nord e sud-est negli spuntoni roc- ciosi di Truc Carnovale e Bric Frera, formarono quivi una specie di rigurgito, deponendo il Diluvium dell’ altipiano di S. Pietro, sboccando poscia in parte verso sud, per modo da formare l’alti- piano diluviale di Benne in unione alle acque della Stura, ed in parte verso est in modo da depositare il Diluvium che forma la porzione superiore degli altipiani di Remondato-Barbania. In questo caso, come d’altronde anche per il Diluvium del T. Viana, ed ancor più per quello della Stura, si potrebbero distin- guere diversi piani sahariani formati in diversi successivi periodi di restringimento delle grandi correnti acquee ; così ad esempio il piano di C. Perala-Pioletti-Pilone tre Madonne, eoe., che è infe- riore e quindi più recente dell’ altipiano di Corio; così pure il piano- di borgata Vignali-Cimitero di Barbania, che è inferiore allo stretto altipiano di Barbania. Siccome però penso si debbano ancora includere questi vastis- simi terrazzi nel periodo sahariano , e siccome essi sono spesso li- mitati alle regioni più vicine a monte, così credo basti accennarli senza passare a descriverli e neppure a indicarli sulla unita carta geologica. Nell’alta vai Malone a C. Rastler, Ritornato, C. Rujat, Pian d’Audi ecc. esistono altipiani terrazzati che ci rappresentano l’alveo Il cono di deiezione della, Stura di Lonzo 153 sahariano di detta valle, e che presentano qua e là residui brec- cioso-ciottolosi di origine diluvio-glaciale, confondentisi talora coi depositi diluvio-franosi delle vallette secondarie. In causa della speciale configurazione orografica della valle di Lanzo al suo sbocco nella pianura, non esiste veramente l’apice del suo cono di deiezione di cui troviamo solo traccie diluvio-gla- ciali nell’altipiano di Pian Castagna e delle Grange di Germagnano. Per la potentissima azione erosiva esercitata dalle acque della Stura dopo il Sahariano , dei depositi alluvionali formatisi entro valle durante tale periodo troviamo solo più traccie sulla sinistra della vallata in una piccola terrazza esistente verso i 500, 540 metri tra S. Eusebio (sopra Germagnano) e Lanzo, e risulta evidente che le acque sahariane intaccarono ed abrasero in gran parte i depositi villa franchiani i cui pochi resti tuttora esistenti già esa- minammo precedentemente. A Lanzo i depositi diluviali della Stura si riuniscono con quelli del Tesso, che sviluppandosi a monte sin oltre Castiglione, costi- tuiscono così il potente Diluvimi degli altipiani di Lanzo e del- l’eremo di Lanzo. A dir il vero la parte meridionale dell'altipiano su cui posa il paese di Lanzo è costituita essenzialmente di roccia serpentinosa collegata originariamente colle serpentine di Monte Basso. Questo sprone roccioso, che non è altro che una continuazione della cresta di Monte Basso, fu per lungo tempo di ostacolo al libero' corso della Stura che già nel periodo sahariano lo appianò in parte, incidendolo però profondamente, come ora si vede, soltanto nel successivo periodo ter razzi ano. Si comprende quindi come la porzione meridionale dell’alti- piano di Lanzo è solo costituita di un piccolo velo alluvionale coprente direttamente la roccia; questo sottile velo ciottoloso de- vesi ancora includere nel Sahariano , quantunque rappresenti i più recenti depositi di questo periodo, giacché fa parte di un piano relativamente basso; un fatto consimile d’altronde si vede ancor meglio sulla sinistra del T. Coassolo (Tesso) dove osservasi che presso all’antico altipiano sahariano dell’Eremo evvi il piano più basso e quindi posteriore di Madonna del Vento, ed infine il piano ancor più recente di C. Galizia; siccome però credo che tali restringimenti ed approfondamenti delle correnti acquee presso monte siansi veli- li 154 F. Sacco ticati ancora nel periodo sahariano , così riunisco tutti questi depositi in un tutto solo, come già ho fatto e notato pel cono di deie- zione del Malone. A sud di Balangero si vede che il cono di deiezione sahariano , sotto cui osservansi ancora affiorare spuntoni ofìolitici presso Car- tiera Ghignone, si sviluppa in modo straordinario per modo da formare gli altipiani di Ciriè e Lombardore, congiungendosi col lato destro del cono di deiezione dal Malone ad un dipresso lungo una linea corrispondente alla valle Fandaglia. Questo Diluvium saha- riano è costituito come di solito da depositi ciottolosi coperti da un potente velo di Icess rossastro. Lo spessore del deposito diluviale va diminuendo in complesso da monte a valle, ed è generalmeute meno grande di quanto si potrebbe supporre con un esame superficiale ; infatti se il Diluvium sahariano raggiunge presso monte la potenza di 50, 60 ed anche 70 metri, come all’Eremo di Lanzo e sotto le Yaude di Front e di Ciriè, presso valle invece il suo spessore diminuisce molto, tanto che verso Yolpiano vediamo comparire il Villa franchiano , e con esso naturalmente la zona acquifera, sotto a solo una ventina di metri di Diluvium. Questo fatto è interessante poiché ci indica che i coni di deiezione nel loro sviluppo naturale da monte a valle sempre assottigliandosi vengono a terminare ad unghia verso l'esterno. Orbene tale disposizione ci spiega in gran parte, a mio parere, F importantissima zona acqui- fera che attraversa da est ad ovest circa la pianura lombardo-veneta, lungo una linea che corrisponderebbe ad un dipresso al termine mar- ginale degli antichi coni di deiezione sahariani ; qualche cosa di simile troviamo d'altronde anche nella pianura piemontese. Kiguardo alla parte sinistra del cono di deiezione della Stura occorre ancora notare che esso, come in generale i depositi saha- riani presso monte, si presenta suddiviso in diversi piani o terrazzi, di cui il più antico è quello di Benne, e il più recente invece quello amplissimo, naturalmente più basso, di Novero-Baracca- menti di Ciriè-Campo di Lombardore. Passando all’esame del lato destro del cono sahariano in que- stione, vediamo che presso monte questa formazione è ridotta a piccoli lembi o striscie residue, spesso confondentisi colle frane po- steriori, che osservansi sul lato orientale di M. Basso ad una cin- 155 Il cono di deiezione della Stura di Lonzo quantina di metri sopra l’attuale alveo della Stura; è solo a sud di Monasterolo che il Diluvium potè espandersi in ampia conoide che è tuttora in parte conservata formando il vasto altipiano di Fiano e della Mandria. Però anche in questo caso si può notare che presso monte tale altipiano è suddivisibile in almeno tre piani diversi, cioè quello più alto e più autico di Monasterolo, quello di Fiano - Grange di Fiano, e quello più recente e più largo (corrispondente a quello sovrac- cennato del campo di Lombardore) di Robassomero-R. Mandria ('). Così pure si osserva in questa parte occidentale del cono di deiezione della Stura che il Sahariano il quale ha una potenza di una cinquantina di metri presso monte, si assottiglia verso valle, quantunque in questo caso tale assottigliamento sia meno sensibile che non sul lato destro del cono stesso, a causa della concomitanza dei coni secondari della Ceronda e del Casternone ed inoltre per Tinfluenza del gran cono di deiezione della Boria Riparia. Là dove il diluvium si appoggia alla roccia in posto, come presso Monasterolo, Vallo, Varisella, Giordanino ecc., si può osser- vare molto bene il passaggio graduatissimo tra i depositi ciottoloso- diluviali e quelli diluvio-breccioso discesi dai vicini pendìi mon- tuosi, anzi in questi casi è quasi sempre impossibile scindere un deposito dall’altro, sia perchè essi si collegano realmente tra loro senza salti, sia perchè spesso il deposito alluvio-franoso viene a sovrapporsi per un certo tratto ai terreni sahariani deposti prima. Le stesse difficoltà di delimitazione del vero Diluvium trovansi pure risalendo le vailette secondarie di Tronta, di Ceronda, ecc. perchè effettivamente esiste quasi sempre quivi una lenta grada- zione dai depositi ciottolosi a quelli brecciosi. Quanto alla delimitazione del cono di deiezione della Stura verso sud, si può dire che essa corrisponde ad un dipresso al corso della Ceronda, poiché sulla destra di questa vailetta già comincia il terreno morenico dell’ anfiteatro glaciale di Rivoli ed il diluvium ad elementi provenienti in massima parte dalla valle di Susa, come ebbi già a notare in un lavoro speciale dell’ anfiteatro morenico di Rivoli. C) Vedi sezioni di questo bell’altipiano 'terrazzato in : F. Sacco, Il terrazzamento dei littorali e delle vallate ; Atti R. Accad. d’Agricolt, di Torino, voi. XXVIII, 1886. 156 F. Sacco Morenico. — Mentre il ghiacciaio di Val (l’Orco giunse sino allo sbocco della sua valle alpina deponendo i suoi materiali more- nici poco a sud di Cuorgnè, su ambi i lati della valle, (a sinistra sin quasi a Yalperga), invece il ghiacciaio di Val Stura si arrestò alla forra di S. Ignazio, a poco più di un paio di chilometri dallo sbocco della valle alpina. Infatti possiamo esaminare tipici depositi morenici nelle col- line di La Villa e di Perino, come pure sparsi residui di questo terreno osservansi sulle falde meridionali del monte di S. Ignazio sin sopra alla confluenza delle due Sture verso i 600 metri circa d'ele- vazione. Invece al Pian Bausano ed al Pian Castagna troviamo bensì depositi pseudo-glaciali a grossi elementi rocciosi, ma in com- plesso con una facies prevalentemente diluviale; abbiamo quivi cioè quei depositi diluvio-glaciali che sempre si incontrano là dove vennero a terminare quasi a lingua le fiumane glaciali. Se poi si considera come la forra di S. Ignazio venne esca- vata essenzialmente dalle acque del periodo ter razziano, pare naturale il concludere che questa specie di sprone roccioso che chiudeva in parte la valle durante il periodo sahariano influì ad arrestare la fiumana glaciale, da cui sboccarono quelle grandiose correnti acquee che deposero i materiali grossolani costituenti gran parte del Pian Bausano e Pian Castagna. Nell'alta vai Malone, specialmente sugli altipiani di Picat, Brancot eec. , esistono ciottoloni, commisti a frammenti rocciosi od anche posati direttamente sulla roccia in posto, che paiono do- versi considerare come residui glaciali. Giova ancora accennare come anche nella valle del Tesso durante il Sahariano esisteva un ghiacciaio relativamente abba- stanza sviluppato, che giungeva cioè sin presso a Castiglione, quivi terminando a lingua senza formare affatto cordoni morenici. Tro- viamo infatti qua e là su ambi i lati di Val Tesso dei residui, indelimitabili, di depositi diluvio-glaciali, passanti come di solito ad alluvio-breccie lungo i fianchi montuosi ; incontriamo pure spesso grossi ciottoloni erratici, così ad esempio presso borgata Creus, che poggiano quasi direttamente sulla roccia in posto. Sul piano di S. Pietro e specialmente su quello di Betta-Ca- stiglione-Tetto esiste un insensibile passaggio tra i terreni diluvio- glaciali ed il Diluvium , ambidue costituiti da elementi rocciosi 157 Il cono di deiezione della Stura di Lanzo profondamente decomposti, avvolti e coperti da loess e sabbie giallo-rossastre. Anche in questo caso riesce quindi evidente l’impossibilità di una netta delimitazione tra Diluvium e morenico essendo i due fenomeni una continuazione regolare l’uno dell’altro. I piccoli ghiacciai o meglio le vedrette glaciali che formaronsi nelle vailette montuose secondarie in relazione col cono di deie- zione della Stura non lasciarono traccie moreniche degne di esame speciale. Quanto allo stupendo anfiteatro morenico di Rivoli che col suo fianco sinistro limita a sud il cono di deiezione ora in esame, debbo rimandare allo studio fattone precedentemente in lavori speciali (Q. Terrazziano. Durante il periodo terrazziano il cono di deiezione ora nomi- nato fu profondamente inciso e largamente abraso dalle correnti acquee, per modo che il regolare e grandioso cono primitivo che si collegava originariamente coi coni più o meno sviluppati dell’Orco e della Dora Riparia, non solo fu completamente isolato da questi ultimi, ma venne esso stesso diviso in due ampi altipiani di forma triangolare, quello di Ciri è a sinistra e quello di Diano a destra, alla loro volta incisi e suddivisi in altipiani minori per mezzo di correnti acquee secondarie. I depositi alluvionali formatisi in questo periodo non hanno grande importanza sia per la loro uniformità che per la loro piccola potenza; essi generalmente ricoprono direttamente i terreni villa- franchiani ed è quindi in generale sotto questo terrazziano che corre la grande falda acquea la quale in causa dei pozzi, sorgenti, fontanili, ecc., a cui dà origine riesce di grandissima importanza per la pianura padana sia in riguardo all’agricoltura che all’indu- stria ed alla vita stessa di chi l’abita. (!) Accenno a questo proposito come mi risulti da recenti osservazioni come al Castello di Casellette, tra Casellette e Castello Camerletto ed in altri punti deH’anfiteatro morenico di Rivoli esistono fra il terreno glaciale pic- coli affioramenti di roccia in posto che non aveva portati sulle carte geolo- giche di queste regioni. F. Sacco 159 Si è sopra accennato come già nella seconda metà del periodo sahariano , cioè durante la deposizione degli anfiteatri morenici, incominciò, presso monte specialmente, un terrazzamento degli an- tichi altipiani diluviali, terrazzamento che però divenne poi solo potente, caratteristico, generale, nel periodo seguente. Senza discendere all’esame minuto delle varie e numerose modificazioni verificatesi nel corso delle acque durante il periodo terrazziano, basta accennare le terrazze più importanti che si ori- ginarono appunto in questo periodo. Ad est del cono di deiezione della Stura, in Tal d'Orco tro- viamo specialmente notevole la terrazza che dai Boetti, presso Cuorgnè si dirige a sud-est passando per Salassa, Rivarolo, reietto, Bosconero, ecc. sempre -però abbassandosi finché, a valle di S. Be- nigno, viene a congiungersi con quella quasi contemporanea ma assai più bassa che si può seguire sulla destra del Malone da S. Benigno verso monte per C. Tirio, C. Maspesiana, C. Babiasso, C. Manesco ecc. Entro la grande area mediana d’erosione del cono di deiezione della Stura, possiamo pure distinguere diversi ordini di terrazze. Fra le più importanti notiamo, sulla sinistra della Stura, quella assai netta e regolare che cominciando ad individualizzarsi bene poco ad ovest della stazione di Balangero, continua per Villanova, C. Fornelli, Borche, Volpe, S. Giacomo, Opificio Laclaire, ecc. abbassandosi rapidamente in seguito, sin quasi a scomparire. Sulla destra della Stura osserviamo una terrazza simile che ini- ziandosi presso i Paschero, si può seguire facilmente per C. Salvino,* Grange di Noie e Vastalla finché si perde sotto Robassomero, a causa della erosione fatta dalla Stura che quivi si getta direttamente contro l’altipiano sahariano di Tenuta della Mandria, scalzandola alla base e mettendo così a nudo i banchi del Vi llafranchiano. Menzioniamo infine come sia appunto durante il Terrazziano che nelle forre rocciose delle valli alpine, che le acque andavano continuamente e gradatamente incidendo ed approfondendo, si veri- carono quegli speciali fenomeni d’erosione i quali originarono le marmitte dei giganti , di cui si possono vedere bellissimi esempi, specialmente nelle roccie serpentinose, in vari punti della bassa valle di Lanzo, lungo il corso della Stura. Di alcune di queste marmitte, quelle che osservami presso il 159 Il cono di deiezione della Stura di Lanzo ponte del Diavolo, o ponte del Roc, ebbe già ad occuparsi particolar- mente il dott. Virgilio ([); esse sono di origine abbastanza recente, cioè della seconda metà del periodo ter razziano , giacché le più elevate trovansi a meno di 20 metri sull'attuale livello della Stura, mentre alla fine del Sahariano l'alveo roccioso del torrente doveva quivi trovarsi oltre a 50 metri più alto dell’attuale, per quanto si può giudicare dai residui sahariani coprenti l’altipiano di Lanzo. Alluvium. — Le alluvioni recenti, che riguardo al periodo geologico si possono forse ancora racchiudere nel Terrazziamo , hanno un’importanza relativamente piccola e quindi non credo sia il caso di farne un esame particolare per quanto occupino aree abbastanza ampie nella regione esaminata. Conclusioni. Da quanto si è esposto riguardo al cono di deiezione della Stara di Lanzo, si possono trarre le seguenti conclusioni più in- teressanti : 1° La regione studiata consta della seguente serie di terreni: Quaternario Alluvium — Terrazziano — Morenico — Diluvium Terziario Villafranchiano — Fossaniano — Astiano — Piacentino 2° Il Piacentino , che trovasi probabilmente quasi ovunque ad una profondità non molto grande sotto il grandioso cono di deie- zione esaminato, compare solo per breve tratto coi suoi banchi su- periori presso le falde alpine ad est di detta conoide. 3°. L 'Astiano ed il Fossaniano (stati confusi finora col quater- nario) che sono ben sviluppati presso le falde alpine, pure ad est del cono diluviale della Stura, vengono invece sostituiti verso sud ed ovest dai depositi fluvio-lacustri fìllitiferi e lignitiferi (anch’essi finora ritenuti quaternari) del Villafranchiano che forma l’imba- (i) F. Virgilio, Le marmitte dei giganti del ponte del Roc, Atti r. Acc. di se. di Torino, voi. XVII, 1882. 160 F. Sacco — Il cono di deiezione della Stura di Lanzo samento diretto del cono diluviale sahariano (dando origine ad un’importantissima falda acquea) e che si spinge a nord sin entro la regione subalpina ed a sud sin contro le falde delle colline Torino- Valenza. 4° L’elevarsi il Villa franchiano subalpino sin oltre i 600 metri, come in R. Momello, e Tesser stato quivi eroso lateralmente dalle correnti acquee del sahariano ci indicano come potentissimo, cioè di oltre 500 metri, fu il sollevamento della regione alpina pel grande movimento sismico che chiuse il periodo pliocenico ; fatto che va d’accordo con ciò che ci indicano i depositi pliocenici marini al piede delle Alpi centrali e delle Alpi marittime. Le grandi fiu- mane del Sahariano erosero piti o meno potentemente i depositi pliocenici, specialmente quelli subalpini. 5° Il cono di deiezione sahariano si va assottigliando da monte a valle. Il ghiacciaio dell’Orco giunse sino allo sbocco della valle montana, invece quello di Val Stura si arrestò a circa 3 chi- lometri di distanza, in linea retta, da Lanzo, cioè dallo sbocco della valle montana ; presso monte le correnti acquee cominciarono a terrazzare durante la seconda metà del Sahariano , cioè durante il cosidetto periodo degli anfiteatri morenici. 6° Le grandiose correnti acquee della Stura durante il pe- riodo terrazzano , pur continuando ad espandersi a ventaglio (dopo essere sboccate dalla valle alpina) come avveniva nel periodo sahariano , poterono tuttavia erodere potentemente il cono di deie- zione poco prima deposto, intaccando persino i depositi villa frati- chiani sino a raggiungere gradatamente 1 attuale lori corso, terraz- • zando regolarmente nelle successive loro fasi di r( stringimento e di approfondamento. Federico Sacco. FEDERICO SACCO . Il cono di deiezione della Stura di Lanzo Terreni prelenùari Piacentino Asinino Vii lafran eh iati o S. aJiavia.no Tervaxxiano Fossan iano Diluvium Morenica \ 1 IfP I n | | 1 i E30 ®off.cSoc.9coe.Jla.f. YIIOS88) Tav. VII. curve metri 50 Scala chilometrica di l a 100,000 > LE FORMAZIONI TERZIARIE NELLA VALLE DEL MESIMA Lo scorso anno riportai in questo periodico il risultato dei miei studi fatti nelle vallate del Mesima e del Marepotamo (voi. VI, pag. 169), come piccola contribuzione alla interessante geologia del Catanzarese; tale Nota fu presa in considerazione dal prof. De Stefani, onorandomi di una benevola critica pubblicata poco dopo nello stesso Bollettino (voi. VI, pag. 265). Siccome sono convinto che non tutte le osservazioni fatte dallo egregio professore sieno giuste, così nel rispondere alle sue parole, lo ringrazio dell'occasione che mi dà, di ritornare sullargomento e correggere alcune inesattezze sfuggite nel mio lavoro. Era mia intenzione di non pubblicare questa Nota, se prima non fossi tornato sul luogo a raccogliere nuovi dati in appoggio alle mie tesi ; ma varie occupazioni non me lo permisero, onde ho creduto inutile indugiare di più; servami questo di scusa se il lavoro non è riuscito così dettagliato come l'importanza dell’argo- mento lo comporterebbe e come io stesso lo avrei desiderato. Non starò a ripetere quanto ho pubblicato nel mio lavoro sopra citato e nell’altro Sui giacimenti dei Cetacei (v. q. Boll, voi. V, p. 61); invece seguirò parte per parte quello del professor De Stefani, facendo le osservazioni che saranno del caso. I. Miocene medio (Zancleano inf. di Seguenza). (De Stefani, op. cit., p. 266). In questa prima parte, il De Stefani parla successivamente delle marne finissime prive di fossili macroscopici, di un calcare compatto senza’, fossili, di sabbie con clipeastri e di banchi ma- dreporici, riportando tutto questo insieme al Tortoniano, che per 162 A. Neviani 1’ autore comprende il Langhiano, l’Elveziano, il Tortoniano e parte del Messiniano, considerando questi piani come plaghe di profon- dità diversa di un medesimo mare miocenico. Sotto questo punto di vista, nulla in contrario ho da ridire circa le sabbie con clipeastri ed ai banchi madreporici, che ho riferito all’Elveziano. Per sola esattezza ricorderò come io abbia fatto parola di queste madrepore prima dell’ing. Pepe, giacché nel mio primo lavoro, presentato alla Soc. geol. nel settembre 1885, ne parlavo già, notando che due erano le specie di zoan- tari osservati, e cioè la Porites straliformi Seg. ed una Helia- straea , che poi determinai per la //. Reussana Edw. et H., mentre l'ing. Pepe pubblicò il suo lavoro nell'aprile 1886. Riguardo al calcare privo di fossili, citato dal De Stefani, dal Seguenza e dall’ing. Pepe, sono persuaso che debbasi tenere distinto da quello ove io raccolsi brachiopodi e briozoi, che tro- vasi lungo la via nuova che da Monteleone porta a Stefanaconi ; ma di questo dirò più avanti. Quanto alle marne poi, non posso revocare, almeno per ora, ciò che ho creduto di esporre nel mio lavoro, e che cioè esse ap- partengono al pliocene inferiore. Parlando di questa formazione il De Stefani crede che io l’abbia confusa con altra contenente fos- sili posterziarì, e nel paragrafo 6° parla cercando di confutare il mio asserto. Volendo seguire l’egregio contradditore, punto per punto, dirò qui solo come abbia realmente trovato il Pecten histrix nelle marne che egli riporta al Tortoniano. II. Mancanza del pliocene. (De Stefani, op. cit., p. 268). Qui il De Stefani ripete solo come nella valle del Mesima manchi il pliocene classico quale mi dovrebbe essere noto per i miei studi nel Bolognese. Sono perfettamente d’accordo che manchi, non del tutto però, il pliocene classico, rappresentato specialmente dalle argille tur- chine e dalle sabbie gialle; ma nel Bolognese conosco pure un pliocene inferiore con Pecten histrix , studiato dal Capellini, dal Foresti, dal Fornasini, specialmente al Casazzo presso Pradalbino. ed al Ponticello di Savena, ed è a questo piano che intendo ri- ferire le marne bianche profonde della valle del Mesima. 163 Le formazioni terziarie nella valle del Mesima III. Postpliocene. (De Stefani op. cit. p. 268). Escluso così il pliocene, l’autore pone tutte le rocce sovrapposte alle marne anzidette nel postpliocene ; non facendo qui parola delle osservazioni del Cortese, del Gabelli e del Pignatari, riporta solo quelle dell’ing. Pepe e le mie, notando la concordanza di parere circa le arenarie silicee superiori. IY. Calcare detto concrezionato e strati attribuiti al- piano siciliano. (De Stefani, op. cit., p. 270). Ho sopra detto, come creda benissimo che si debba tenere separato il calcare di Monteleone e Stefanaconi da me citato, da quello di cui si è parlato dai vari autori e che per lo più si pre- senta senza fossili e che viene riferito al miocene; ed a questo proposito il De Stefani scrive: detto giustamente dal Pignatari che ben lo conosce, miocenico ; con tutto ciò debbo pur dire che il prof. Pignatari, in compagnia del quale raccolsi i fossili da me illustrati, riteneva anche questo calcare con brachiopodi e briozoi per miocenico, basandosi solamente sulla presenza delle tenebra- tale! da ciò l’associazione che io feci di queste due rocce ed il loro giusto riferimento al pliocene superiore. Che il prof. Pignatari confonda il calcare a brachiopodi, di cui tengo parola, con quello veramente miocenico, non è mia gra- tuita asserzione; ecco quello che si legge nelle Riflessioni sul miglior tracciato della Eboli-Reggio dal Savuto al Mesima di Domenico Ramondini (Messina 1885), ove è stampata una rela- zione del Pignatari sulla geologia del Monteleonese : « Si segua a la nuova via per Stefanaconi, ed a sinistra l'intaglio fatto nella « roccia mostra i cerilhium e le terebratulae , gli uni molto co- li numi a diversi piani, le altre che stanno lì a scolpire la ca- li ratteristica in fronte al periodo miocenico, che il sommo u Seguenza studiò e descrisse con quella accuratezza ed acume di n cui è arra il suo nome, e le descrisse con tutte le loro specie u e sottospecie ». In quanto poi all’ aver io chiamato questo calcare concrezio- nato, ricorderò che in gran parte lo è realmente e che d’altronde presentasi sotto tante forme diverse che, parlandone, l’ho detto ora compatto, ora facilmente disgregabile ed anche grossolano. 164 A. Neviani Circa il riferimento cronologico, l’ho riportato al pliocene su- periore o siciliano e quindi non sono molto lontano dal De Ste- fani che lo vuole postpliocenico. Noto qui una cosa di cui vedremo più oltre l’importanza, ed è, che questi calcari concordanti in tutto con le marne sottostanti, attribuite all’astiano, sono sconcordanti colle arenarie superiori decisamente postplioceniche. V. Strati attribuiti all' astiano . (De Stefani, op. cit., p. 270). L’autore ripete quanto ha detto precedentemente e che cioè le argille marnose riportate da me e dall’ing. Pepe all’astiano, sieno da ritenersi per postplioceniche. Richiamo qui l’osservazione poc’ anzi fatta, e che cioè le argille marnose sono coi calcari che le so- vrastano, sconcordanti colle rocce quaternarie, e quindi, dovendole ritenere di epoca più antica, bisogna considerarle o del postplio- cene inferiore, o del pliocene. Io propendo per quest’ultimo, e se la lista dei fossili pubblicata dal Gabelli, dal Pepe e da me, comprendono poche specie, bisogna ricordare che ho dichiarato essere queste argille poco estese; ed è naturale quindi che scarsi sieno stati i fossili raccolti, sui quali si possa fare assegnamento per un esatto riferimento cronologico ; del resto l’ing. Pepe ri- cordò il Fusus lo agir o ster, ed il Gabelli la Cytherea pedemontana, che sono specie estinte plioceniche. VI. Strati attribuiti al zancleano. (De Stefani, op. cit., p. 271). È questo il punto che ritengo di maggior importanza e sul quale debbo insistere alquanto. Ho accennato nel primo paragrafo, come, le rocce dal Seguenza, dal Cortese, e da me riportate al pliocene inferiore, sieno quelle che il De Stefani crede tortoniane, ed ho detto come rimanga fermo nella mia opinione. Il De Stefani vuol provare che gli strati dai quali ho tolto le 19 specie citate nel mio opuscolo appartengono al posterziario e quindi non abbiano nulla a che fare colle sue marne tortoniane. In primo luogo, le marne finissime , bianche , od un poco cerulee , friabili , formanti strati regolari , spesso prive di ve- getazione, hanno una facies così particolare, che è ben difficile con- fonderle con altre. D'altra parte poi i fossili macroscopici sono bensì rari, ma in alcuni punti se ne possono trovare in buon nu- mero, come infatti ne furono raccolti dal Seguenza nella provincia 165 Le formazioni terziarie nella valle del Mesima di Reggio, ed anche dal De Stefani a S. Gregorio d'Ippona. Ora fra i fossili da me riportati sonvene due, e cioè il Pecten histrix ed il P. commutatus, sui quali il De Stefani fa alquante osser- vazioni. Il Pecten liistrix Dod., dice il De Stefani, non risponde in- teramente e quindi dubita che sia stato scambiato con altre forme; posso assicurare il prof. De Stefani, che in questo caso non vi è stato scambio; nel mio lavoro feci notare come l’esemplare rac- colto fosse alquanto più piccolo di quello figurato dal dottor Fo- resti, ma dissi che tranne i caratteri dovuti al minor sviluppo dell’individuo, tutti gli altri senza eccezione corrispondevano colla specie tipica. Ad ogni modo, per essere più tranquillo sulla de- terminazione data, inviai il campione unitamente ad altri al pro- fessor Seguenza, il quale mi rispose che quella valva era con sicurezza it Pecten subspinulosus Seg. dello zancleano di Reggio: ora il P. subspinulosus Seg. non è altro che il P. Angelo ni Mngh. alla sua volta sinonimo del P. histrix Dod., ritenuto anche dal De Stefani caratteristico delle argille bianche veramente plio- ceniche. Riguardo al Pecten commutatus Mtrs. debbo confessare il mio errore; però questo anziché ritornare a vantaggio delle idee espresse dal prof. De Stefani, ridonda tutto a mio favore, giacché l’errore fu nella determinazione; quei pecten furono dal prof. Se- guenza determinati per giovani esemplari del Pecten cristatus Brocchi, che non è certamente specie quaternaria, segnando invece il limite superiore delle argille turchine (Capellini e Foresti) per quanto si trovi ancora nel miocene e specialmente nel tor- toniano. Con questo sembrami provato che le marne profonde della valle del Mesima sono plioceniche, come vogliono i più dei geo- ioghi che hanno ripetutamente visitate e studiate queste contrade. VII. Terreni miocenici di Cutro. (De Stefani, op. cit., p. 272). Nei dintorni di C litro ( non Cutrò), sul versante ionio, sono este- sissime le argille turchine plioceniche, nelle quali fu scavata la lunga galleria, e ce ne è testimone l’ing. Rambotti, che dirigeva quei lavori; se le marne fogliettate a pesci fossero mioceniche, dovrebbero essere costantemente sotto alle argille plioceniche, in ■ 166 .4. Neviani — Le formazioni terziarie nella valle del Mesirna vece ciò non avviene ed è frequente vedere di tali marne inter- calate alle argille turchine, e quindi anch'esse plioceniche; tale fenomeuo l’ing. Cortese, mi ha assicurato di averlo riscontrato in parecchi luoghi. Con tutto questo potrebbe darsi, che le marne fogliettate con pesci, studiate dal De Bosniascki e dal De Stefani, non sieno quelle che si trovano frequenti nei dintorni di Cutro e nelle quali ho trovato pure qualche impronta di pesci, ma si tratti di un sistema di strati veramente miocenici, che si sieno incontrati entro la galleria, presentandosi al livello del traforo per curva anticìi- nale. o per uno spostamento di faglia. Conclusione. (De Stefani, op. cit., p. 272). Come conclusione riporto la serie dei terreni della valle del Mesima, come fu da me altra volta pubblicata, ponendola in con- fronto coll’ordinamento dato dal De Stefani. NEVIANI DE STEFANI I \ ! / li Saariano . Arenarie silicee c- ... ( Calcare grossolano con Suthmo . , Bradi iopodi e BriozoL < Agliaio. Argille turchine — f ( Marna bianca con Pècten { 7‘andmno- j histrix e P. cristalli s. ... [ ? Conglomerato di Soriano. a \ a < i Arenaria con Clipeastri. J I Eh- esitino ’ f Calcare madreporico . . Paleozoico ? . Rocce cristalline diverse 1 Sabbie e ghiaiette . . . POSTPLIOCESK Calcare a ditrupa. • • • 1 3-4 Argille marnose / 4 Marna bianca con gto- \ . bigerme 1 - Calcare marnoso senza f MIOCENE MEDIO G Arenaria con Clipeastri! ^ (Pori ohi aio) 7 Calcare madreporico . . ì, Schisti cristallini Montalbano ed Huko- niano Catanzaro, maggio 1888. Antonio Neviani PRECEDENZA DEL PEC TEN ANGE LO NI I Mgh. AL P. HI S TR IX Dod. Il Foresti ha pubblicato una Nota (>), nella quale preferisce il nome del Doderlein a quello del Meneghini. Il P. Angelonii Mgh., prima inedito, fu descritto da me e dal Pantanelli nel 1878 (2) in modo non affatto dubitoso tanto che fu riconosciuto poi dallo stesso Foresti e dal Fornasini, come noi avevamo ravvisato in esso il P. Brummelì Cap. non Nyst. Il nome di P. histrix Dod. non fu pubblicato e figurato dal Meli che nel 1884, sei anni dopo (3), senza adeguata cognizione degli altri Pecten pliocenici italiani, giacché non solo non è indicato il nome nostro, ma nemmeno il P. subspinu- losus Seg. che gli è sinonimo, sfuggito pure al Foresti, che il Seguenza aveva convenientemente descritto nel 1880 (4), 4 anni prima del Meli, 2 anni dopo di me e del Pantanelli. Quest’ultimo nome non era però sfuggito a me che già l’avevo indicato come sinonimo del nostro (5). La convenzione che la priorità dei nomi specifici non sarà irrevocabilmente acquistata se non quando la specie sarà anche figurata, rimonta solo al Congresso geologico del 1881 e non ha ef- fetto retroattivo; è quindi incontestabile che il nome pubblicato e descritto da me e dal Pantanelli nel 1878 con più perfetta cognizione degli altri e senza aver tralasciato non uno nè due nomi (■) L. Foresti, Su! Pecten histrix Dod. Meli (Boll. Soc. geol. it. 1885). (2) C. De Stefani e D. Pantanelli, Molluschi pliocenici dei dintorni di Siena. (Boll. Soc. mal. it. 1878). (3) R. Meli Cenni geologici sulla costa d' Anzio e Nettuno (Ann. r. Ist. tecnico). Roma, 1884. (4) G. Seguenza, Le formazioni terziarie nella provincia di Reggio ( Co, labria) (Atti r. Acc. dei Lincei s. 3a voi. VI). Roma. 1880 p. 187. (5) C. De Stefani, Jejo, Montalto e Capo Vaticano. (Atti r. Acc. dei Lincei s. 3a, voi. XVIII. p. 174) 1884. 168 C. De Stefani. Precedenza del Pecten Angelonii Mgh. ecc. anteriori dello stesso terreno e delle stesse nostre regioni ; cioè il nome di P. Angelonii Mgh., deve avere la precedenza su quelli di P. subspinulosus Seg. e di P. histrix Dod. Ciò venne già rico- nosciuto anche dal De Gregorio (!). 11 Pantanelli mio collega nel fondare la specie, cui pare ri- monti Terrore commesso dal Meli, narra che egli, richiestone, spedì il P. histrix Dod. al Meli, che non riconobbe da prima la sua identità col P. Angelonii , che il Pecten di Malamerenda nel Senese da noi chiamato secondo lui inesattamente, P. Angelonii è diverso, che il P. histrix è specie litorale mentre quello di Malamerenda è di mare profondo (2). Egli però osservò più tardi, come già il Foresti, che T esemplare del P. Angelonii Mgh. esistente nel Museo pisano, colla provenienza generale di Siena , esemplare da noi appunto descritto, è lo stesso P. histrix : anche il Museo di Firenze possiede vari esem- plari completi coll'indicazione di Siena o Crete Senesi , e col nome di P. histrix Dod. scritto dal Pecchioli. Non ho sottocchio ora i frammenti pei quali io ed il Pantanelli si indicò la specie a Mala- merenda, ma li ricordo, e salvo l’essere un poco più lisci negl’ in- tervalli fra le coste, varietà comune, non rammento differenze da altri individui del nostro Pecten. Certo poi posseggo altri frammenti di questo trovati da me a Malamerenda. Il P. Angelonii = histrix è una delle specie più distintive dei terreni di mare profondo del tipo appunto di Malamerenda e sorprende che il Pantanelli abbia emesso T affermazione contraria. Basta guardare a tutte le specie che si trovano con esso a S. Rubilo, Pradalbino, Casazzo nel Bolognese, ad Arenzano in Liguria, a Corneto e ad Anzio nel Lazio, a Mala- merenda, a Orciano, in Val di Fine in Toscana, e in Calabria. Son Verticordiae, Nello, Malletiae, Limopsis , Ostrea cochlear, Dentalium triquetrum, D. tetragomm, ecc. ecc. Nemmeno dunque la citazione di Malamerenda fu da noi er- rata nello stabilire il nome che certamente ha la precedenza su quanti altri vennero stabiliti dopo. Carlo De Stefani. (') A. De Gregorio. Nota intorno ad alcune conchiglie mediterranee (Nat. siciliano 1886, p. 2). (2) D. Pantanelli, Pecten Angelonii e Pecten histrix. (Bull. Soc. malac. it. voi. XIII. 1888 p. 21). LE NUMMULITIDEE TERZIARIE DELL’ ALTA ITALIA OCCIDENTALE (Con una tavola) Parte I. Introduzione. Spetta al chiarissimo prof. Federico Sacco l’avermi consigliato ad intraprendere lo studio che ora presento, come pure l’avermi procurato i materiali, i libri e gli altri mezzi indispensabili per il compimento di esso; fu lui che mi diede molte preziose istru- zioni e consigli, e che mi incoraggiò durante la lunga e faticosa ricerca analitica, colla parola e sopratutto coll’esempio della propria instancabile perseveranza nel lavoro. È naturale quindi che io ri- volga anzitutto a lui il mio pensiero e gli esprima la mia più sincera gratitudine. È ancora merito dell’illustre dottor Sacco lo avermi generosamente comunicato dei risultati ancora inediti che egli ottenne durante il completo rilevamento geologico dei terreni terziari del Piemonte, i quali, io spero, faranno che il mio studio non sia, almeno dal punto di vista stratigrafico, affatto inutile; ed in tal caso alla mia umile parola di ringraziamento si unirà certamente il plauso ben più autorevole e più lusinghiero di co- loro che apprezzano tale sorta di studi disinteressati e che li se- guono con animo fiducioso. Rendo poi pubbliche grazie al cav. Ro- vasenda appassionato ed instancabile collettore dei fossili della collina di Torino, che gentilmente mi affidò per lo studio la sua raccolta nummulitologica, ed al prof. Baretti che mi concesse di frequentare il laboratorio del Museo di geologia di Torino. 12 170 .1. Teliini Il territorio di cui si occupa questo studio compreude all’in- circa ciò che una volta si chiamava Piemonte o meglio Stati Sardi in terraferma, cioè Piemonte in senso stretto, Liguria e Nizzardo. Il contine orientale della parte nummulitifera del territorio è se- gnata ad un dipresso dal F. Staffora, l’occidentale dal F. Varo ed il settentrionale dal gruppo del Monviso e dal corso del Po. In- cludendo quindi anche il dipartimento del Varo seguo la tradi- zione dei geologi piemontesi che nou disgiunsero mai il Nizzardo dalla Liguria, e si potrebbe farlo tanto meno nel caso mio in cui i terreni eocenici delle due regioni confinanti hanno la medesima facies e sono collegati fra loro per mezzo degli strati dell'alta valle della Stura di Cuneo, di quelli del Colle di Tenda e di quelli di Mentone e del capo La Mortola. È questione ben più controversa lo stabilire il limite della famiglia delle Nummulitidee o Nummulinidee. Nel trattato di paleontologia dello Zittel (ediz. francese 1884) questa famiglia comprende i seguenti generi : Archaediscus, Amphistegina J Ilemi- stegina, Operculina J Nummulites (suddiviso nei duo sottogeneri Nummidina ed Assillila), Polystomella. Nonionina, Heteroste- gina , Cycloclypeus ed Orbitoides ; ha cioè i limiti che le attribuì Carpenter nel 1862. Negli Elemente der Paleo litologie dell’Hoernes (1884), facendo astrazione del genere Archaediscus che d'altronde è del periodo carbonifero, i rimanenti generi vengono distribuiti in tre diverse famiglie, nel seguente modo : Nelle Nummulinidae i generi Num- mulina , Assilina , Operculina , Heterostegina ed Amphistegina ; nelle Calcarinidae i generi Cycloclypeus ed Orbitoides ed infine < nelle Polvstomellidae i due generi Polystomella e Nonionina. Il de la Harpe a pag. 40 e seg. dei suoi Ètudes sur les Nummulites de la Suisse intende le Nummulitidee, come famiglia zoologica, in un senso assai ristretto ed accentua il distacco da esse del genere Nonionina perchè semplicemente formato di cellule poste le une accante alle altre; del genere Polystomella perchè ha i setti cribrati da serie di forellini e del genere Orbitoides che non è formato dallo avvoltolamelo spirale di una lamina a V come le vere Nummulitidee. Egli divide quindi le forme che più si av- vicinano alle Nummuliti in due gruppi, cioè. Primo gruppo: Forme con tramesti impiantati nel soffitto 171 Nummulitìdee terziarie deli' Alta Italia occidentale e che lasciano spesso dei vani o delle interruzioni per le quali il protoplasma delle cellule vicine può comunicare. — Generi : Fum- iina, Asterigerina, Orbitoides. Secondo gruppo: Forme con veri setti formati di due la- melle ravvicinate che tappezzano il soffitto ed il pavimento di ogni camera. Questo gruppo si dividerebbe in due famiglie. La prima, che non ha ancora un nome, e che comprenderebbe i ge- neri liete rostegina, Alveolina (?) Peneroplis, è caratterizzata dalla presenza di setti trasversali e longitudinali rispetto al canale; la seconda è quella delle Nummulitidee che posseggono solamente setti trasversali e della quale fanno parte i generi: Nummdites , Assilina, Operculina, Amphistegina ed Hemistegina. Io sarei forse sufficientemente scusato seguendo a questo ri- guardo l'opinione di Carpenter adottata dallo Zittel nel suo trat- tato di paleontologia, che è il libro generale, più recente e più completo di questa scienza ; ma credo però che non sarebbe partito del tutto corretto seguirlo ciecamente, senza portarne le ragioni, dopo che il suo modo di vedere fu posto in dubbio con argomenti validi e da persone competenti, tra le altre quelle che abbiamo citato. Credo adunque che dal punto di vista zoologico le Nummulitidee, quali furono intese da Carpenter, non possano costituire una famiglia omogenea e naturale, e che quindi i di- versi generi debbano assumere altre disposizioni sistematiche come in parte vedemmo. Nello stabilire le denominazioni di questi nuovi gruppi non sarà utile implicare il nome di Nummulitidee, già troppe volte compromesso nelle diverse classificazioni; esso invece potrebbe servire per designare un gruppo di foraminiferi fossili che havvi ragione, dal punto di vista geologico, di poterli indicare con un nome collettivo. Infatti se ai generi enumerati dallo Zittel togliamo l’ Arcìiaediscus che appartiene al periodo carbonifero, e vi aggiungiamo X Alveolina, noi avremo fra essi compresi i foraminiferi più giganteschi che siano mai vissuti, e tutte quelle forme che sono caratteristiche dei terreni terziari, probabilmente di tutta la terra. È appunto per ciò che io ho creduto conservare in questo senso la denominazione collettiva del gruppo non naturale delle Nummuli- tidee. Le ragioni per cui questi foraminiferi furono da un pezzo rite- nuti atti a caratterizzare i diversi piani dei terreni terziari, sono le seguenti: Appartengono ad un tipo che per essere assai basso 172 A. Tellinì nella scala zoologica è rappresentato da un numero stragrande di individui, ed ha una distribuzione geografica vastissima : si trovano abbondanti anche in quegli strati che non contengono organismi più elevati : un solo frammento degli stessi impigliato in una roccia calcarea può dare dei criteri sufficienti per conoscere il genere e talora anche la specie, e quindi il livello stratigrafico, mentre un organismo di altro tipo nelle stesse condizioni di fossilizzazione non darebbe alcun utile risultato; infine la loro grandezza fa sì che sieno facilmente scopribili. La importantissima funzione di fossili caratteristici ha però i seguenti inconvenienti: la loro determina- zione è assai difficile poiché occorre esaminare caratteri interni assai complessi previa uua accurata preparazione; un errore nel classificarli potrebbe portare a conclusioni assai lontane dal vero. Manca inoltre un lavoro assai dettagliato di tutti i generi, ed un quadro che indichi le forme caratteristiche di ogni piano geologico. Quest’ultima lacuna è evidentemente dovuta in parte al fatto che una generale delimitazione dei piani geologici applicata a tutte le regioni studiate è ancora un desiderio. Ma grazie al rilevamento accurato che il dott. Sacco ha compiuto nel Piemonte meridionale e nella Liguria settentrionale delimi- tando scrupolosamente i diversi piani dei terreni terziari di questa vasta regione, tale lacuna non esiste più nel territorio su cui verte principalmente il mio studio. Per ogni esemplare nummulitico della regione, sia esso proveniente da località recentemente scoperta o da località paleontologicamente classica, si è ora nel caso di dire con sirurezza l’età relativa in cui visse. Per la maggior parte dei campioni raccolti molto tempo fa e per tutti quelli raccolti recente- < mente si può anche dire l’abbondanza numerica con cui le diverse specie sono rappresentate. La cognizione precisa dei piani geolo- gici eocenici del Nizzardo non può raggiungere lo stesso grado di certezza, poiché di quella regione non esistono lavori recenti ge- nerali, ed ho quindi dovuto attingere a diverse fonti più o meno attendibili. Evidentemente indicherò con cura ogni piano ed ogni località dubbia. Dal fin qui detto si capisce come lo scopo ultimo, ma non trascurabile, del lavoro, sia d'indole stratigrafica, ossia quello di presentare un quadro che mostri in quali età visse ogni specie e con quale abbondanza, e dia per ogni piano l’elenco delle specie 173 Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale che furono finora trovate nel nostro territorio. La maggior parte dei lavori nummulitici sulla regione, pubblicati finora, non ave- vano tale scopo, essendo fatti dal solo punto di vista sistematico. L’ultimo lavoro generale sull’argomento è di E. Sismonda (]) e risale a circa 17 anni addietro. In esso gli stessi generi che ci occupano contano complessivamente 28 specie e le varietà vengono trascurate. I luoghi di provenienza sono pochi e le indicazioni cro- nologiche sono, al giorno d’oggi, da considerarsi affatto insufficienti. D'altronde quel lavoro fu compilato per la parte dei foraminiferi su quelli di Giovanni Michelotti (2) e di Bellardi-Archiac (3). Il primo paleontologo si occupò a più riprese dei foraminiferi del Piemonte e della Liguria, quantunque i suoi riferimenti non sieno sempre affatto esatti e le descrizioni sieno troppo incomplete. Il d’Archiac nella monografia sui fossili nummulitici della contea di Nizza, studiò le nummuliti di questa regione con quella perspicacia che è degna del principe dei nummulitologi. Posteriormente al lavoro di compilazione del Sismonda, abbiamo quelli di la Harpe (4) sulle Nummuliti di Nizza ed un lavoro di Ernesto Aiariani (3) sui foraminiferi pliocenici di Savona. Da entrambi f1) E. Sismonda, Matériaux pour servir à la Paléontologie du terrain tertiaire du Piémont. 2° partie. Protozoaires et Célénterés. Mem. Accad. di Torino, serie 2a, tomo XXV, 1871. (2) Michelotti Giovanni, Saggio storico dei rizopodi caratteristici dei terreni sopracretacei. Memorie della Soc. ital. delle Scienze di Modena, tomo XXII, anno 1841. — Déscription des fossiles des terrains miocènes de V Italie septentrionale, in Naturkundige Verhandelingen van de Hollandsche Maatshappij der Vetenshappe te Haarlem. 3 deel. 2 stuk. con 17 tav., 1847. — Ètudes sur le miocène inférieur de l'Italie septentrionale. Mémoire publiée pa la Société hollandaise des Sciences à Haarlem, 1861. (3) Bellardi Louis et d’Archiac, Catalogne raisonné des fossiles num- mulitiques du comté de Nice. Mémoires de la Soc. géol. de France, deuxieme serie, toni. IV, deuxieme partie. Paris, 1852. (4) De la Harpe Phil., Note sur les Nummulites des environs de Nice et de Menton. In Boll. Soc. géol. de France, 1877, serie 3a, tomo V, p. 817, con una tavola. — Études stir les nummulites du comté de Nice, suivie d'une échelle des Nummulites. Bull. Soc. vaud. se. nat., tomo XVI. pag. 201, anno 1879 (colla medesima tavola del lavoro precedente). (5) Mariani Ernesto, Foraminiferi delle marne plioceniche di Savona. Atti della Soc. ital. di se. nat. 1888, una tavola. 174 A. Teliini questi autori, ma specialmente dal primo, io attingo grande quan- tità di dati. Accenno come in molti lavori puramente geologici, negli elenchi di fossili o citate come specie caratteristiche, vi sieno comprese molte nummulitidee. Tali lavori sono specialmente dei geologi Pareto, Sismonda Angelo ed Eugenio, Gastaldi, Murchison, d’Archiac, Mayer, Portis, Sacco, Mazzuoli, Issel, Zaccagna, De Stefani ecc. Indicherò solo che in essi si incontrano delle specie che non sono riportate nel mio studio, tra le quali Nummulites place titilla Desh., N. curvispira Meng., JV. Brongnarti tipo. Tali specie, panni, fanno parte della nostra fauna terziaria solo perchè vennero mal determinate. Così pure altre specie sono indicate provenienti da località dove non furono poi trovate, quantunque però esistano si- curamente in altro giacimento della regione. Sonvene infine altre riferite nei lavori paleontologici, la cui esistenza pare assai dubbia ; ma di queste parlerò nel corso del mio studio. Meritano alcune parole anche i materiali che mi hanno ser- vito e che esistono per la massima parte nel Museo geologico del- l’ Università di Torino. Essi si compongono delle seguenti collezioni: 1) Una serie di foraminiferi esistenti nel Museo stesso dalla prima metà del secolo e di cui i generi Nummulites ed Assilina passarono per le mani d'Archiac verso il 1850 e per quelle di De la Harpe nel 1881. Gli altri generi sono rappresentati assai scarsamente e mal determinati. La maggior parte degli esemplari provengono dal medio e dal basso Piemonte, pochissimi dal Nizzardo, nessuno dalla Liguria meridionale. 2) Le abbondanti raccolte fatte dal dott. Sacco in questi' ultimi anni in molte località di sua scoperta ed aventi precisa in- dicazione del sito e dell’età. Tutte del medio Piemonte e della Liguria settentrionale. 3) Collezione del cav. Rovasenda di Sciolze, che comprende fossili del Piemonte, cioè collina di Torino, Monferrato e valle della Bormida. 4) Materiale raccolto da me in alcune escursioni compiute durante i due ultimi anni nei dintorni di Torino ed a Gassino; ed abbondante collezione fatta nella primavera di quest'anno in una escursione apposita nel Monferrato e nella Liguria settentrionale. 5) Bella raccolta fatta dai professori Portis e Sacco al colle Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale < 175 di Tenda ed all’ Argenterà, ossia nell’alta valle della Stura di Cuneo. 6) Scarsi materiali nella collezione del compianto Bartolomeo Gastaldi. 7) Collezione proveniente dai dintorni di Nizza, ma senza indicazione precisa di località. Delle quali, fuorché la prima ed in parte la terza, le altre erano vergini di studio. Per il grande triangolo eocenico della Liguria occidentale com- preso tra il Colle di Tenda, Albenga e Ventimiglia, non ebbi alcun materiale; d’altronde in questa regione l’eocene è rappresentato in massima parte dal macigno e dalle argille scagliose del Ligu- riano e quindi credo che non contenga gran copia di fossili num- mulitici. Mentre la prima parte del lavoro si sta stampando, il dott. Squinabol, assistente alla cattedra di geologia dell’ Università di Genova, ha gentilmente promesso di inviarmi Nummuliti della Liguria e l'infaticabile amico Sacco ne va ogni giorno scoprendo nuovi giacimenti. Di tutto ciò non sarà possibile tener conto che in una appendice. Generi NUMMULITES ed i^SSILIlVA. Nel capolavoro di paleontologia che è la monografia delle Num- muliti di d’Archiac ed Haime, le Nummuliti genuine e le Assi- line stanno riunite in uno stesso genere. Molti dei paleontologi che seguirono fecero tutt’al più <ìq\Y Assilina un sottogenere delie Num- muliti; solamente de la Harpe di Losanna che ha studiato più attivamente e più a lungo di tutti questi due generi, li tiene sempre separati, facendo dell 'Assilina un genere equipollente alla Nummulites. Si capisce quindi come i due generi siano ancora riuniti dal punto di vista della loro storia, della loro nomencla- tura e della importanza stratigrafica e che non si possa parlare in generale delle Nummuliti senza che ciò che se ne dice non si rife- risca anche alle Assiline. È inutile indicare i caratteri differen- ziali ed i limiti dei due generi poiché ciò si trova in qualunque trattato di paleontologia; la loro storia la più completa fu trac- ciata nel 1853 nella monografia capitale sopracitata ; quello che è 176 A. Teliini stato fatto poi fino al 1883 è riassunto nelle opere di de la Harpe di cui le principali sono : Étucle sur les Num. de la Suisse, (mo- nografia, si può dire, generale delle Nummuliti, che l'autore con grande danno della scienza non potò compiere) e la Monografia delle Numm. raccolte in Egitto e nel deserto di Libia. In queste opere si possono trovare quasi tutte le specie buone descritte finora. Qui non è neppure il caso di fare questioni d’indole gene- rale. Riporterò solo un quadro che suddivide le Nummuliti in gruppi secondo la proposta del la Harpe. ( Étiale , pag. Gl e seg.). a filetti seti ali raggiati isenza camera centrale visibile i non granulose j ) (con camera centrale visibile Ì CfV a filetti settali reticolati) granulose non granulose granulose (senza camera centrale visibile con camera centrale visibile ^senza camera centrale visibile (con camera centrale visibile ^senza camera centrale visibile (con camera centrale visibile senza camera centrale visibile con camera centrale visibile Questa divisione in sezioni piuttosto artificiali è quella che io seguo nell’enumerazione delle specie come la più semplice e la più > facile. L’autore stesso però ha fatta e seguita una classificazione a gruppi più naturali in cui si tien conto del primo e secondo carattere del quadro, ma si tralascia il terzo ossia quello della presenza o mancanza di camera centrale, ed invece si bada al- l’aspetto generale della spira e dei setti. In questo modo de la Harpe ha stabilito i seguenti gruppi: della N. M archi so ni, della distans, della biarrizensis e discorbina, della Gizehensis, della planulata, della Brongnarti e della intermedia. Le Assiline for- mano un solo gruppo. Non essendo in questi comprese tutte le specie, poiché l’autore non potè finire l’opera sua, ho creduto per ora di non adottarli, trattando di una regione assai limitata. Nummulitid.ee terziarie dell' Alta Italia occidentale 177 È utile ancora dir qualche cosa sui criterii che mi furono di norma per stabilire se una serie di Nummuliti costituisse una specie od una varietà. Chiunque abbia studiato le Nummuliti. come pure qualsiasi altra famiglia di organismi abbastanza bassi nella scala zoologica, i quali si presentino con numero stragrande di individui e con una estesa distribuzione geografica, si è tro- vato dinanzi alla difficoltà di non poter delimitare la specie, perchè alcune forme sono così numerose e così variabili che di mano in mano che egli tiene conto di tutte le variazioni, la descrizione della specie diviene così elastica e comprensiva che si risolve ad essere la descrizione di un gruppo che antecedentemente era con- siderato come costituito di varie specie. Così de la Harpe che studiò con somma cura i gruppi delle Nummulites Gizehensis e perforata , ha trovato che fra tutte le specie di ciascun gruppo si avevano graduati passaggi, onde credette di riunirle tutte come varietà sotto un solo nome specifico che è quello della specie che dà il nome al gruppo. Quando invece si è davanti a pochi esem- plari derivanti da poche località o da una sola, essi si distinguono marcatamente dalle forme vicine, per cui non si dubita punto che costituiscano ima buona specie. Queste forme furono proba- bilmente di passaggio tra due specie più diffuse, e quindi indi- vidui poco numerosi di transizione, destinati ed evolversi rapida- mente od a spegnersi. Per giudicare quindi se una serie di individui doveva far parte di una specie o di una varietà mi sono servito delle seguenti norme. Per le specie già conosciute ho ritenuto l'opinione di Archiac ed Haime, allorquando di esse de la Harpe non si è occupato di pro- posito. Per i gruppi i quali furono oggetto di studi speciali del nummulitologo svizzero, ho accettato le sue conclusioni, quali sono nell’ultimo suo lavoro; -cioè p. e. che le specie Sellar dii, Sismondai , Deshayesi, Vcrneuilli , obesa, Renevieri, Lorioli , già ritenute specie autonome, non sieno che varietà della N. perforata. Per molte specie la Harpe stesso ha creduto nei primi lavori che sieno da cancellarsi, quali la N. Ramoudi che riteneva una giovane e la Beaumontì una varietà della biarriUensis ; la Guettardi una varietà della striata ( Étude sur les Nurnm. du comté de Nice, 1879, pag. 209) ecc.; ma delle stesse però nell'ultima opera ha accettata l’autonomia. Credette pure che la N. Roualti debba 178 A. Telimi porsi assieme alla N. Lucasana , ma per le forme che ebbi sot- tocchio non posso convenire in questo apprezzamento. Per giudicare della novità nelle forme non marcatissimamente distinte dalle già descritte, mi sono servito di questi criteri: Che fossero rappresentate da molti esemplari ben caratterizzati, almeno dalla forma esterna; che possibilmente località diverse avessero dato individui tra loro abbastanza somiglianti tanto nei caratteri della spira che in quelli esterni ; che non si fosse trovata nella nostra regione o negli stessi strati od allo stesso piano stratigrafico la specie tipo a cui la nuova specie si avvicina più o meno. Ho quindi tralasciato di fare delle specie nuove per le forme piccolissime o per quelle di media grandezza rappresentate da esemplari unici o poco numerosi e provenienti da una sola lo- calità, bene inteso nel caso in cui non avessero, mostrato un aspetto al tutto caratteristico. A più forte ragione ho tralasciato per ora di tener conto di quegli esemplari poco conservati, pic- coli, poco numerosi e di una sola località, i quali, quantunque la sezione rivelasse appartenere a specie diverse, pure non pote- vano separarsi tra loro per i caratteri esterni. Nello stabilire delle varietà ho cercato che esse rispondessero a caratteri esterni abbastanza marcati oppure a ditferenze interne costanti; molte però non saranno che forme locali. Come specie tipo fu considerata quella della Monografia d’Archiac. Ho ritenuto pure tutte le varietà o razze stabilite dal la Harpe. Dirò in fine come il riferimento alle specie recentemente stabilite da quest'ultimo sia spesso dubbio (come ho indicato in ogni singolo caso) perchè oltre alle buone descrizioni e figure occorrerebbe del materiale di • confronto che disgraziatamente non credo abbia passato le Alpi. Gen. NUMMUUTES .Lamk. 1801 Sezione la: Nummuliti a filetti settali raggiati, non granu- lose e senza camera centrale (Harpe 1880). .IN. compiantiti Lamk. 1804 1852. N. complanata Lamk. — Bellardi-d’Arcli., Foss. Numm. Nic. p. 272. 1853. » » — d’Arch. etHaime, Monographie dea Numm. pag. 87, tav. I, fig. 1-3. Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale 179 1853. N Dufrenoyi d’Arcli. et Haime, Monographie des Numm., pag. 89, tav. I, fig. 4 (forse varietà della N. complanata). 1871. N. complanata Lk. — E. Sismonda, Matériaux, pag. 270. Dimensioni Grandi esemplari .... Diametro 58mm spessore 5.5mm Esemplari medii ... » 28 » 4 Esemplari minori, giovani . * 11-18 * 1.6 nella forma discoide e 3mm nella forma sublenticolare. Esemplari giovanissimi, rari: Diametro 6ram spessore 1.7mm Giri di spira 40 per un raggio di 22mra circa » 36 ” 24 » s 30 » 20 " » 30 « 16 « n 23 » 14 * ”19 » 6 » (es. giov.) Setti 12 in j di giro a 3mm dal centro » 18 » » 6 n » 30 » « 10 » Angolo postero-superiore delle camere 20-30° circa. Angolo antero-inferiore 70-80” circa. Definizione. Nummulite assai grande, quasi discoide, piana, inornata. Spira a giri numerosissimi, ravvicinati, quasi equidi- stanti; lamina più sottile dell'altezza delle logge; setti arcuati, assai inclinati, quasi egualmente distanti in tutta la spira. Descrizione. Nummulite grandissima, quasi discoide, ondu- lata, pochissimo rigonfia al centro, di forma sublenticolare in al- cuni esemplari giovani. Il rapporto tra i due assi è variabile tra i limiti dila7edilal5 (negli esemplari di Candia tale rapporto sale fino a 1 : 36). Superficie liscia od in qualche punto marmorizzata in causa della corrosione parziale degli ultimi giri della lamina. Bordo ondulato, sottile, più o meno acuto. La sezione orizzontale mostra una spira serrata, regolare nei primi giri ma che diventa piuttosto irregolare nella seconda metà del raggio, poiché la lamina si addossa per qualche tratto all’uno od all’altro dei due giri adiacenti. La lamina spirale ha uno spessore quasi uniforme ossia pochissimo crescente dal centro alla periferia ; Il passo della spira è pure crescente ma di una piccola quantità ed 180 A. Teliini è doppio dell’altezza della lamina. Setti sottili un po’ arcuati, for- temente inclinati, che si assottigliano al loro apice, non equidi- stanti nè paralleli. Si comportano più regolarmente verso il centro che verso la periferia. La sezione trasversale è quella di una lente assai depressa ed ondulata. Canale spirale a sezione triangolare coll’angolo che sta verso la commessura più o meno acuto, oppure a sezione semilunare, colle due forme tanto nello stesso che in diversi indi- vidui. I giri della lamina, dal canale spirale al piccolo asse della sezione, sono ravvicinatissimi, e forse in parte saldati, onde lo spazio riserbato al protoplasma dell’animale doveva essere assai limitato rispetto allo sviluppo dello scheletro calcareo. Rapporti e differenze. A pag. 154 dell ' Elude s des Num. de la Suis.se , de la Harpe a proposito della N. irregularis dice che le sue varietà si collegano alla N. complanala , colla quale hanno pure relazione le seguenti specie e varietà: N. irregularis Desìi, Pratti d’Arch. ed H., distans var. a d'Arch. ed H., Murchisoni {pars), Kaufmani May. La N. Dafrenoyi d’Arch. ed Haime non sembra che una varietà depressa della N complanata Gli esem- plari del Piemonte sono intermedi tra queste due forme, quindi a più forte ragione la N. Dafrenoyi deve essere radiata come specie autonoma. Osservazioni. La pochissima diversità di colore tra il calcare pri- mitivo dell’animale e quello con cui furono riempite le cavità durante la fossilizzazione, fanno sì che questa specie, come tutte le Num- muliti di Gassino, non si possano studiare con il desiderato dettaglio. Associazione. Colle specie : biarritzensis, Rovasendai, Tchihal- . cheffi, striata , cartolarla, Roualti, Saccoi, reticulata, Boucheri. Orizzonte. Bartoniano! sup. ? Località. Gassino a C. Defilippi, molti esemplari ; solo i pic- coli intieri, dei grandi i frammenti. Museo di Torino e collezione Kovasenda. — Ottiglio (Monferrato) r. La N. complanata annoverata di Sospello nell’opera di Bel- lardi-d’Arch. e nei Matériaux di E. Sismonda, ed il cui campione esiste nel Museo di Torino, sembra, per autorità di de la Harpe stesso, essere invece la N. Paschi. Il de la Harpe non ha in- contrato mai la N. complanata tra le specie del Nizzardo, che egli studiò a più riprese e con molta cura. Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale 181 IN", biarritzensis d’Arch. 1837 1852. N. biarritzensis d’Arch. — Bell.-Arch., Foss. num. Nic. pag. 275. 1853. n » — D’Arch.-Haime, Monoqr. des N. pag. 131 tav. Vili, f. 4-6. 1871. N. biarritzensis d’Arch. — Sismonda, Matériaux , pag. 270 (pars). 1877. » » — De la Harpe, Num. de Nice, pag. 824- 1879. » n — De la Harpe, Étude sur les Num. de Nice, pag. 207. 1879. N. biarritzensis d’Arch. — De la Harpe, Num. des Alpes Fran faises pag. 415. 1883. N. biarritzensis d’Arch. -- De la Harpe, Monograpliie Aegypt- und Libys. Numm., pag. 168, tav. XXX, fìg. 19-28. Non 1861. N. biarritzensis d’Arch. — Michelotti, Foss. Mioc.inf., p. 19, tav. I, fig. 10-11. Orizzonte. Bartoniano inf. e sup. Località. Vence c Barton. sup. — Roquestéron ? Bart. sup. — Fontana Jarriel r Bart. sup. — La Mortola c Bart. inf. — Pa- lazzo Orengo, Mentone rr Bart. inf. — Col de Lauzannier (d’Arch.). — ? Col delle Lose (valle di Stura) /■ Bart. inf. — Gassino rr Bart. sup. var. depressa de la H. 1877 1853. N. biarritzensis (depressa) d’Arch. et Haime , Monoqraiihie , tav. Vili, 5, 5 a. 1877. N. biarritzensis var. depressa de la Harpe, Numm. de Nice pag. 824. > Località. Vence r Bart. sup. — Roquestéron r Bart. sup. — Font. Jarriel c Bart. sup. — Puget (Museo di Torino). Osservazioni. I risultati riferiti rispetto alla varietà ed alle località li desunsi per il Nizzardo dai due lavori di de la Harpe. Nel secondo lavoro inserito nel Bollettino de la Soc. vaud. di se. nat. 1879 egli non tiene parola della varietà depressa, e della varietà irregularis ne fa una forma della N. contorta ; inoltre secondo questo lavoro la N. biarritzensis apparirebbe del Nizzardo in due sole località, cioè : Mentone, palazzo Orengo rr e La Mor- tola, strati superiori (Bart. inf.) c . Seguo in parte l’opinione pri- mitiva del grande nummulitologo svizzero. 182 A. Telimi Michelotti nei suoi Études sur les mioc. inf. etc. considera questa specie come esistente a Grognardo, a Dego ed a S. Giulia; ne dà pure una figura che non serve a riconoscerla perchè indica i soli caratteri esterni della conchiglia. La figura sembra designare la N. Fiditeli non tipica. Egli poi distingue la creduta biarrit- zensis dalla N. striata (che è molto probabilmente la N. Rosai n. sp.) in un modo troppo indefinito perchè si possa attribuire valore alle sue descrizioni. Anche senza poter consultare l’esemplare cui allude il Michelotti e che si conserva nella sua collezione a Roma, credo di aver sciolto egualmente questo dubbio, poiché nel Museo di Torino vi è la N. Rosai di Acqui con i caratteri esterni della N. striata ed avente il nome di N. biarritsensis , dato evidentemente quando il Michelotti era in relazione coi paleontologi del Museo di Torino. D’altra parte la N. biarritsensis nelle ricerche recenti non si trovò mai nel miocene inferiore del Piemonte come sarebbe apparso dalla determinazione del predetto paleontologo piemontese. IV. contorta Desh. 1834 1852. N. contorta Desh. — Bellardi-d’Arch., Foss. Num. Nic. pag. 276. 1853. » » — D’Arch. et Haime, Monographie, pag. 136, tav. Vili, fig. 8 a,b. 1871. N. contorta Desh. — Sismonda, Matériaux, pag. 270. 1879. n « — De la Harpe, Étude Numm. de Nice, pag. 208. 1879. » » — De la H. Num. des Alpes Frane, pag. 414. 1880. » n — De la H. Descr. des Numm. de la Zone mo- yenne dè Biarritz. Estr. pag. 3. 1883. » » — De la Harpe, Monographie Aegypt. Numm., ' pag. 172, tav. XXXI, fig. 1-4. Osservazioni. La descrizione dettagliata di questa specie tro- vasi nei citati lavori di la Harpe. Differenze. Oltre che per l'età, la N. contorta eocenica, dif- ferisce dalla contorta miocenica ( miocontorta n. sp.), per avere un maggior numero di giri in esemplari dello stesso raggio, il che indica che la spira ha passo meno rapidamente crescente, ed i setti meno curvi e meno inclinati. Gli esemplari del Tongriano piemon- tese furono studiati solo superficialmente e giudicati dall’ Archine e dal la Harpe come facienti parte della N. contorta ossia 383 A ummulitidee terziarie dell' Alta Italia occidentale simili a quelli eocenici del Nizzardo, nel quale apprezzamento non posso convenire quantunque ammetta somiglianza marcata tra le due specie ed un legame filogenetico fra le stesse. Associazione. Colla N. striata var. e colla variolaria. Orizzonte. Barton. super. Località. Yence c. — Fontana Jarriel presso la Palarea, r. — Antibo. — Roquestéron. var. irregularis de la H. 1877. 1858. N. biarritzensis var. a d’Arch., Monograph., tav. Vili, f. 6 e 6a. 1877. » var. irregularis de la Harpe, Numm. Nice, pag. 824. 1879. N. contorta Desìi, var. irregularis de la Harpe, Numm. Comté Nice, p. 219. Località. Vence c Bart. sup. — Roquestéron c Bart. sup. — Fontana Jarriel c Bart. sup. — La Mortola e la Palarea (Bell.- Arch., pag. 276). IV. miocontorta r. sp. Tav. Vili fig. 4a-b. Dimensioni Grandi esemplari . . . Diametro llram spessore 2,8mnl « « ... « 10 « 3,5 . . 3,2mm Esemplari medi .... * 8 » 3 Esemplari minori ... - 5,5 - 2 Giri di spira 8-9 ; 7 nella forma minore. Setti 8-10 in di giro a 2,5-3mm dal centro « 12-14 n n 5 ” Angolo postero-superiore delle logge 40-55° circa; angolo au- tero-inferiore 70-90°. Definizione. Nummulite media, lenticolare, a margine più o meno tagliente, a strie irradianti che nel centro si contorcono a spirale. Spira regolare od irregolare a lamina assai sottile ed a passo gradatamente crescente. Setti sottili, paralleli, che aumentano 184 A. Teliini la loro distanza dal centro, e ricurvi specialmente verso il sof- fitto della loggia. Descrizione. Conchiglia lenticolare, sempre poco rigonfia, ta- lora a margine sottile, un po’ flessuoso, tagliente negli esemplari meglio conservati e in parte finissimamente dentellato. Il margine talora è piuttosto ottuso, invece in altri esemplari è assottigliato in corrispondenza di una porzione dell’ ultimo giro di spira. Le faccie sono ornate di strie più o meno visibili, irradianti dal centro, in generale ondulate, e fortemente contorte a spirale verso il punto da cui irradiano e che è più o meno vicino al centro della faccia. Le strie sono all’ incirca 40-50, si mantengono parallele e talune si bifidano al margine della conchiglia. La sezione orizzontale presenta una spira talora regolarissima, talora assai irregolare a passo continuamente crescente, mentre la la- mina dal centro alla periferia si ingrossa pochissimo, conservan- dosi sempre sottile, e non raggiungendo in spessore un terzo del- l’altezza delle logge. Setti sottili, subequidistanti nello stesso giro, ma che si allontanano tra loro gradatamente a partire dal centro. Sono curvi a semiluna, poco inclinati o quasi perpendicolari alla base, ma più inclinati all’apice poiché quivi la loro curvatura è più accentuata. Il filetto settale posteriore si continua visibilmente a ricoprire il soffitto della camera precedente. Il numero dei setti va sempre crescendo quantunque lentamente, a partire dal centro e considerando una medesima porzione di spira. La sezione trasversale è lanceolata, alle estremità più o meno * acuta. Le lamine vanno ravvicinandosi ed un po’ assot- tigliandosi presso l’asse minore. Il canale spirale si presenta a forma di Ar, con la base ingrossata ed arrotondata oppure appun- tita e le branche assottigliantisi gradatamente a seconda della forma esterna della conchiglia. Esistono nella parte mediana della sezione delle colonne che attraversano solamente alcune delle lamine. Associazione. Colle N. intermedia , Fiditeli , variabili sJ Do- sai etc. Orizzonte. Nel Piemonte meridionale è caratteristica del Ton- griano (s. str.) ossia del Tongriano inferiore delle carte pubbli- cate dal Sacco. Si trova più specialmente nella parte orientale del bacino terziario piemontese e più abbondantemente negli strati del Tongriano (s. str.) medio. 185 Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale Località. Lerma, Tongr. r. — Tra Carrosio e Voltaggio, Tongr. medio cc. — Idem sulla destra del F. Lemmo, Tongr. medio c. — R. Rigoroso (Carrosio), Tongr. medio r. — Costa di Ovada, Tongr. super, r (esemplari di media grandezza e piccoli, piuttosto esili). — Beiforte, Tongr. sup. c. — Case Mongiardino presso Bel forte, Tongr. super, cc. var. crassa mihi Differenze. Si distingue dalla specie per avere dimensioni più variabili, forma irregolare ondulata più rigonfia, margine più ot- tuso, quindi priva dell’orlo particolare descritto per la specie tipo ; strie della superficie poco visibili, e, quando sono apparenti, poco regolari. La sezione orizzontale mostra i giri molto irregolari, cioè le logge sono in molti punti innalzate od abbassate, la lamina è più grossa che nel tipo ed i setti, al punto di arrivo al soffitto talora ingrossati e festonati da depositi calcari. La maggiore va- riabilità di questa forma, e la grossezza maggiore relativa dell’in- tera conchiglia e delle sue parti scheletriche, credo dovute all’ab- bondanza di sali calcari esistenti in quel recesso di mare in cui tale varietà viveva. località. Rio Freddo (Marmorito), Tongr. cc. — Fontana sol- forosa di Marmorito, Tongr. c, — R. Rigoroso di Carrosio, Tongr. medio cc. var. exilis mihi Tav. VITI fig. 5a— c Differenze. Si distingue per avere l’asse trasverso assai piccolo ossia i due assi nel rapporto all’incirca di 1 : 8 .... 1 : 9. Ha queste dimensioni : diametro 9inm spessore lmm-l,2mm r 6 » 0,7 . . 0,8 Ha inoltre le facce con strie, quasi pieghe, ondulate, visibi- lissime ; il margine dentellato ed un solco circolare piuttosto mar- cato presso il bordo. L’ultimo giro mostra per trasparenza discreta, - 13 186 A. Telimi mente bene i setti interni. Nella sezione trasversale mentre il canale trasversale è ampio, gli spazi interlamellari sono ridottissimi ov- vero mancanti. Evidentemente questa varietà al contrario della precedente è dovuta a scarsezza di sali calcari nell’ambiente in cui viveva. Località. Lerma, Tongr. medio-sup. cc (in questi strati esiste la sola varietà). — Case Mongiardino presso Beiforte, Tongr. supe- riore cc. — Carcare, Tongr. rr. — Località ignota del Piemonte classificata dal d’Arch. col nome di N. Urlata var. c. (Museo di Torino). IV. Rosa i n. sp. Tav. Vili fig. la-b, 2, 3. 1852. N. striata d’Orb. (pars). — Bell.-Arch., Foss. Num. Nic. pag. 278. 1861. » d’Orb. — Michelotti, Étude sur le mioc. inf, pag. 19 tav. I, fig. 8-9. 1871. N. striata d’Orb. (pars). — E. Sismonda, Matériaux, pag. 272. 1881. » » ? — De la Harpe, nelle determinazioni degli esem- plari esistenti nel Museo di Torino. Dimensioni Maggiori esemplari . . . Diametro 8mm spessore 3,5 v n ... * 7 2,8 Esemplari medi . . V 6 » 2,5 n n a 5 2 » minimi . . . . V 2,5 1,5 Giri 9-10 nei maggiori esemplari J) 7-9 nei medi Jì 6-7 nei minori e minimi Setti 5 in un quarto del terzo giro y> 7-8 in un quarto di giro a mezzo raggio od all’estre- mità del raggio negli individui medi 9-11 all’estremità del raggio nei grandi individui Angolo postero-superiore delle logge 45°-55° circa; angolo antero-inferiore 80°-90°. Nvmmulitidee terziarie dell' Alta Italia occidentale 187 Definizione. Nummulite di media grandezza, più o meno sub- globosa, a strie radianti poco visibili, contorte, un po’ a spira verso il centro della faccia. Spira regolare a passo gradatamente cre- scente e lamina in media spessa circa la metà dell’altezza delle logge. Setti equidistanti, poco inclinati, ricurvi verso il soffitto della loggia. Descrizione. Nummulite subglobosa o lenticolare rigonfia, in cui il rapporto tra i due assi sta fra i limiti 1:2, 1 : 3,2 circa. Bordo diritto o leggermente flessuoso, ottuso, rarissimamente un po’ acuto o con un orlo in risalto. Le faccie degli esemplari meglio fossilizzati sono coperte da finissime strie flessuose, ma quando la la- mina esterna manca si osservano i filetti settali a guisa di vere pieghe, irradianti dal centro e facienti verso la cicatrice una curva a piccolo raggio. Queste pieghe non si biforcano ma si ispessiscono verso l’orlo dove producono una fine dentellatura. Alcuni esemplari presentano la superficie improntata per opera dei granuli di roccia dura formanti l’arenaria in cui giacciono. La sezione orizzontale presenta una spira subregolare a passo lentamente crescente ; lo spessore della lamina è metà od anche meno che non sia l’altezza delle logge; esso va aumentando gra- datamente dal centro nei primi giri, ma dalla metà del raggio in poi si mantiene quasi costante. In alcuni esemplari si osserva che la lamina, verso la metà del raggio, si fa per circa mezzo giro sensibilmente più grossa, ma nei giri successivi si mantiene uni- formemente un poco più sottile. I setti sono piuttosto fini, un po’ inclinati, arcuati, ma più diritti e quasi perpendicolari alla base. I filetti settali divaricando al tetto della loggia formano un piccolo triangolo che viene oc- cupato da una sporgenza della lamina; poscia rivestono il soffitto delle camere, il quale è arcuato. I setti sono subequidistanti tra loro e quasi paralleli ; essi vanno gradatamente allontanandosi dal centro. Vi sono esemplari più regolari nella forma esterna e nella spira, altri meno. La sezione trasversale è quella di una lente assai rigonfia, colle estremità piuttosto ottuse. Le lamine dal centro alla peri- feria si fanno gradatamente più spesse. Ognuna si mantiene uni- formemente grossa fuorché alla commessura dove si assottiglia di un terzo, onde nella sezione orizzontale le lamine appaiono più 188 A. Telimi sottili di quello che non sieno in tutta la conchiglia. Il canale spirale si presenta a sezione triangolare con angoli smussati. Gli spazi interlamellari sono sempre visibili ma vanno gradatamente diminuendo verso L’asse trasversale della conchiglia e sono spesse volte interrotti dalla sezione dei setti o colonnette. Nella porzione media della sezione si osservano delle piccole colonne che vanno dal centro verso la cicatrice. Rapporti e differenze. Questa specie si distingue nettamente dalla N. striata, di cui ha i caratteri esterni, perchè non possiede affatto camera centrale visibile. Le determinazioni errate del Mi- ehelotti, quindi del Sismonda, ed il riferimento con riserva di questa specie alla N. striata sono dovute al fatto della somi- glianza esterna. Si avvicina assai alla N. Ramondi Defr. ma non può essere compresa nella diagnosi che ne fa il d’Archiac secondo la quale la lamina sarebbe spessa quasi come l'altezza delle logge ed eguale in tutta la sua estensione. Si avvicina invece assaissimo alla N. Ramondi quale è descritta e figurata da la Harpe nella Monogr. delle Numrnulili d'Egitto, 1883. pag. 7, tav. XXXI, 5-12, ma 10 credo che in realtà differisca poiché nel Piemonte la N. Rosai è caratteristica del Tongriano, mentre in Egitto si trova solamente negli strati più bassi dell'Eocene. Osservazioni. Nella località tra Carrosio e Voltaggio (Tongr. medio) trovansi alcuni esemplari a lamina relativamente grossa; questa variazione è dovuta a maggiore assimilazione di sali cal- cari per parte di alcuni individui; volendo fra le Nummuliti mantenere alle varietà un valore di sottospecie, non credo doversi tener conto di# variazioni così poco importanti, specialmente quando gli individui che le presentano si trovano colle forme tipiche. Nelle località che andrò enumerando trovansi delle forme varie per l’aspetto esterno, 11 che è dovuto in parte alla fossilizzazione ed alla conservazione. Si hanno cioè esemplari biancastri o terrei, fossilizzati in calcare biancosporco nei quali si distinguono poco chiaramente le parti schele- triche da quelle di riempimento ; questi esemplari provengono dalle sabbie serpentinose della Valle del Lemno e della Collina di Torino. Altra serie di esemplari proviene da Cassinelle, Lerma e Sassello e la fossilizzazione è fatta er popera di calcare nerastro ; le par- ticolarità anatomiche sono ben visibili. In fine la terza categoria di Nummulitìdee terziarie dell'Alta Italia occidentale T89 provenienze è di Beiforte, Cassinelle (in parte) e Monte Cannello (Nizzardo) e la fossilizzazione è avvenuta per opera di calcare gial- lastro marnoso ; queste presentano per lo più rotta la lamina esterna e mostrano i fili settali a guisa di pieghe marcate. Ho dedicato questa specie all’ illustre elmintologo dott. Daniele Rosa. Associazione. Con la N. intermedia , Fiditeli, mio contorta, variabilis etc. Orizzonte. Tongriano medio e superiore del Piemonte. Località. Sassello, Tongr. c ? (Rovasenda). — Apennino set- tentrionale ; località indeterminata, Tongr. c (= IL. striata var. a secondo d’Arcli. - IL. striata ? secondo de la Harpe, nel Museo). — Case Mongiardino di Beiforte, Tongr. super, cc di forma rigonfia e vi- sibilmente striata. — Lerma, Tongr. sup. c. — Beiforte id. — Cassi nelle a sud del paese, Tongr. medio e sup. cc. — Dintorni di Acqui, Tongr. r- (numero 7222 della collezione del Museo N. biarritzensis secondo d’Arch. - N. striata secondo de la Harpe). — Carcare ? Tongr. rr. — Sulla strada tra Carrosio e Voltaggio, Tongr. medio cc , esempi, di tutte le dimensioni. — F. Lemno tra Carrosio e Voltaggio, Tongr. medio c. — R. Rigoroso (Carrosio), Tongr. medio c. — Marmorito, Tongr. r. — Gassino?? Bart. sup. rr. — Monte Can- nello (Nizzardo) Barton.? Museo di Torino (V. striata secondo d’Arch. - N. striata ? secondo de la Harpe). IV. Rovasendai n. sp. Tav. VITI fig. 6a-b Dimensioni Diam. maggiore 8,3mm diam. minore 7,7 spessore al centro 2 Giri 6-7 Setti 8-9 in j di giro a \ raggio n 9-10 » dell’ultimo giro Angolo postero-superiore delle logge 45° circa; angolo an- tero-inferiore 80°-100°. Definizione. Nummulite di media grandezza, piana o pochis- simo rigonfia, con accenno ad un piccolo umbone. Spira irregolare 190 A. Teliini o regolare rapidamente crescente, a lamina sottile. Setti arcuati, tra loro equidistanti e paralleli. Descrizione. Non ho potuto comprendere i due esemplari che ho sott’occhio in alcuna delle specie descritte del gruppo della N. Murchisoni , al quale questa specie certamente appartiene. Ha forma subdiscoide, pochissimo umbonata, non circolare, ossia coi due diametri un po’ diversi in causa della spira molto aperta. L’asse minore sta alla media dei diametri come 1 a 4.. Bordo ottuso, superficie liscia sulla quale si vedono strie non rilevate un po’ curve, più o meno regolari che vanno dal centro ai bordi. La sezione orizzontale presenta una spira regolarissima a subre- golare, a passo rapidamente crescente. Lamina crescente solo nei primi giri, poi si mantiene di spessore uniforme che nell’ ultimo giro ò 4-5 volte minore dell’altezza delle logge. Setti equidistanti, sottili dalla base all’apice, che vanno allontanandosi gradatamente a partire dal centro, incurvati a falce ma perpendicolari, ossia colla base e col- l’apice lungo lo stesso raggio della spira. Il filetto settale poste- riore riveste visibilmente tutto il soffitto della camera precedente. Rapporti e differenze. Le specie più vicine alla nuova descritta furono caratterizzate con una competenza insuperabile da la Harpe a pag. 149 e seg. del suo Étude sur les Num. de la Suisse. Questa specie distinguesi dalla N. Chartersi per essere generalmente meno regolare, per avere maggior numero di giri quantunque più piccola di oltre la metà, come pure per altri marcatissimi caratteri che si riscontrano nei setti ; dalla N. Murchisoni per essere in gene- rale più piccola, per avere più giri e minor numero di setti e questi non appuntiti. Questa forma non si può neppure attribuire ad alcuna delle varietà della N. irregulciris Desh., che pure é una specie assai polimorfa, perchè ha un numero di giri mag- giore proporzionatamente al raggio ; uno spessore relativamente più grande, cioè i due assi stanno nel rapporto di 1 a 4, mentre la irre- gularis ha i rapporti seguenti: 1 : 15, 1: 10, 1:8 e solo eccezional- mente 1:4; ed infime perchè i setti non sono mai appuntiti nè tlammulati, nè ondulati, nè anastomizzati. Ho dedicato questa specie al cav. Luigi Kovaseuda, cui sono riconoscente per la sua raccolta affidatami a studiare. Associazione. Con la N. complanata , Tc hi /late beffi, striata. Roualti etc. 191 Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale Orizzonte. Barton. sup. ? Località. Gassino rr. 2 soli esemplari. IV. Portisi n. sp. Dimensioni Diametro maggiore 7,5mm minore 6 ,5mm ; asse minore sconosciuto Giri 4 circa Setti 13 circa in j del penultimo giro » 15 » dell’ ultimo giro, presso alla bocca Angolo postero-superiore 35°-40° : antero-inferiore idem. Definizione. Nummulite di media grandezza, probabilmente sottile, a spira rapidamente crescente ed aperta, a lamina grossa, setti diritti assai inclinati ingrossati all’apice, e che si allontanano' tra loro a partire dal centro. « Definizione. Conosciuta la sola sezione orizzontale e questa mancante del centro. Spira subcircolare, abbastanza regolare, cre- scente rapidamente in guisa che il passo dell’ ultimo giro è doppio di quello del giro precedente. Lamina di spessore quasi uniforme; negli ultimi giri verso la bocca 0,5mm ossia circa j dell’altezza delle ultime camere. Centro della spira ignoto, ma è probabile che sia priva di camera centrale. Setti di aspetto assai particolare, cioè fortissimamente inclinati, quasi dritti e sottili alla base, mentre dalla metà al soffitto della loggia sono fortemente ingrossati, e quest’apparenza è data talora dal divaricarsi dei due filetti settali, che lasciano spesso tra loro una camera avventizia triangolare. I setti sono talora leggerissimamente ondulati, più o meno ravvici- nati nello stesso tratto di spira come pure più o meno sottili; però si allontanano tra loro a partire dal centro. L’ultimo setto è marcatamente più grosso degli altri e chiude la bocca della con- chiglia che è evidentemente operculiniforme. Osservazioni. Questa forma è assai diversa da quelle che sono state finora descritte; la dedico all’illustre paleontologo italiano, prof. Alessandro Portis. Mi resta però qualche incertezza sul posto che questa specie deve occupare nei gruppi delle Nummuliti, stante che essa non è conosciuta che per alcuni caratteri. Associazione. Colla N. variolaria e striato.. 192 A. Teliini Orizzonte. Bart. inf. (?) Località. Colle delle Lose (Stura di Cuneo). Un solo esemplare. IV. distans Desìi. 1838. 1852. N. distans Desh. — Bell.-Arch., Fossi!.. Num. Nice, pag. 273. 1853. n » — Arch. et Haime, Monograph. d. Num., pag. 91, tav. Il, fig. 1-5. 1871. N. distans Desh. — E. Sismonda, Matériaux etc., pag. 270. var. minor d’Arch. 1852. Orizzonte. Bart. sup. Località. Roqnestéron. Esemplari poco completi e dubbiosi, secondo d’Archiac. Osservazioni. De la Harpe nelle sue due Note sulle Num- muliti di Nizza asserisce di non aver trovato questa specie in nessuna collezione del Nizzardo; quindi la presenza di questa specie è assai dubbia. IV. Ramondi Defr. 1825. 1852. N. Ramondi Defr. — Bell.-Arch., Foss. Num. Nic., pag. 275. 1853. » n — d’Archiac et Haime, Monographie, pag. 1 28^ tav. VII, 13-17. 1871. N. Ramondi Defr. — E. Sismonda, Matériaux, pag. 271. 1883. » » — De la Harpe, Monograph. Num. Aegyp., p. 173; XXXI, fig. 5-12. Osservazioni. Nei primi lavori, de la Harpe crede che questa specie non sia che una giovane N. biarritzensis e nella Nota sulle Nummuliti di Nizza crede che le forme trovate dal Bei- lardi e classificate con questo nome, sieno o la N. Guettardi var .pii- cata ovvero la N. striata. Nell'ultimo lavoro però sulle Numm. d'Egitto egli ritiene che la N. Ramondi possa annoverarsi tra le specie autonome e la descrive e figura però in modo diverso che non abbiano fatto d’Archiac ed Haime nella loro monografia. Restando però nel dubbio, in mancanza di esemplari originali riferisco le lo- calità annoverate nei lavori precedenti. Nummulitìdee terziarie dell'Alta Italia occidentale 193 Orizzonte. Paris, e Barton. Località. Roquestéron, Bart. sup. — La Palarea, Barton. — Pnget. — Capo la Mortola, Paris e Barton. inf. — Colle di Braus, Paris. — San Dalmazzo. — Villafranca, varietà. — Colle di Lauzan- nier. — D’Arcliiac la cita incidentalmente nella Ilistoire des progrès de la geologie, anche di Gassino. IN. vasca J. et Leym. 1848. 1853. N. v a s c a J. et L. — D’Arch. et H. Monogr. pag. 145, pi. IX, fig. 1 1 a, b, d (non 11 c). 1879. N. vasca J. et L. — De la H. Numm. de Bìarritz, Bull. soc. de Borda extr. pag. 9, pi. I, fig. Ili, 1-3. 1883. N. vasca J. et L. — De la H., Étude Numm. Suiss. part. III. pag. 177, pi. VII, fig. 21-32. Orizzonte. Tongriano infer. Località. C. Croce Monte Rivarossa. (Garbagna) r. — Giara (S. Sebastiano Curone) Tongr. inf. c. Sezione 2a : Nummuliti a filetti settali raggiati, non granu- lose, con camera centrale. IV. Tolailaatclieffi d'Arch. et Haime 1853 1853. Idem. Monograph. des Num. pag. 99, tav. I, 9. var. depressa mihi. Dimensioni Esemplari maggiori . . . Diametro 7,5ram spessore 2mra » medii « 5,8 » 1,5 .. . 1,9 » medii » 5 » 1,7 » minori .... » 4 » 1,2 Giri nei maggiori esempi. 5-6 ; nei medii 4-5 ; nei minori 3. Setti 4 in un quarto del primo giro » 5 » di giro a mezzo raggio v 6 » dell'ultimo giro « 7 » dell’ultimo giro negli esemplari più grandi Angolo postero-superiore 10-15°; antero-inferiore 50-90°. 19-1 A. Telimi Definizione. Nummulite piccola, subdiscoide a superfìcie liscia, od ornata in parte di sottilissime strie ondulate. Camera centrale subcircolare assai grande. Spira irregolare a passo decrescente ed a lamina uniformemente spessa. Setti che dal centro alla periferia vanno un po’ ravvicinandosi, assottigliati all’apice, subondulati, fortemente inclinati. Descrizione. Nummulite subdiscoide, talora un po’ lenticolare, avente il rapporto tra i due assi, tra i limiti 1 a 4 e 1 a 3,8. Bordo ottuso, superfici liscie, talora in qualche punto ornate di finissime strie ondeggianti, poco visibili. La conchiglia lascia ve- dere per trasparenza traccie della spira ed anche della camera centrale. La sezione orizzontale presenta una grande camera centrale circolare od ovoidale del diametro di 0,8 .. . l,2rara. Le logge seriali del primo giro o di parte di esso, sono assai larghe e molto basse. La spira è irregolare e rapidamente crescente nel primo mezzo giro, poscia si mantiene per 1-2 giri di passo costante ed infine è de- crescente fino all’orlo. La lamina che circonda la loggia centrale è sottile come i setti, poscia aumenta un poco lo spessore che si conserva costante in tutti gli altri giri. I setti nella loro direzione generale sono fortemente inclinati (50° circa), però alla base alquanto meno; ad un quarto circa della loro altezza si ripiegano ed inclinano fortemente in modo da decorrere per un tratto parallelamente alla lamina successiva prima di saldarsi al soffitto. Essi sono ondulati dalla metà all’apice, affilati, non equidistanti e ravvicinantisi dal centro alla periferia della spira. Sezione trasversale a forma di elissi assai schiacciata, talora . lanceolata, col grande asse talora leggermente curvo. La camera centrale ha il diametro maggiore della metà del piccolo asse, le lamine quindi sono assai assottigliate e ravvicinate al punto di mezzo della sezione, però si mantengono distinte. Gli spazi inter- lamellari sono uniformemente sottili ; il canale spirale è triangolare ad angoli smussati; non esistono colonne. Rapporti e differenze. La var. depressa distinguesi dalla N. Tchihatcheff descritta da Archiac nella monografia a pag. 98 e dalla figura 9, tav. I, per avere una forma più schiacciata e dimensioni più piccole. Si distingue assai facilmente da tutte Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale 195 le altre specie in modo da presentarsi come una forma ben di- stinta. Le specie che più la rassomigliano quali la curvispira e la Roualti, appartengono però ad altri gruppi. Esemplari della specie tipica esistenti nel Museo di Torino e provenienti dall’ Un- gheria sono schiettamente subglobosi, e la sezione trasversale mo- stra che le lamine si mantengono egualmente spesse anche nella direzione del piccolo asse. In tali esemplari il diametro della loggia centrale è un terzo del piccolo asse. Associazione. Colla N. complanata , striata, Rovasendai etc. Il fatto dell’associazione di una grande specie senza camera centrale con una piccola specie avente camera centrale, si veri- fica anche a Gassino in cui la N. complanata è compagna fedele della N. Tehihatcheffi. Merita di confermare se questa associazione di Nummulites a coppie è assoluta per tutte le località; infatti se a Gassino ed a Raviara vi sono le due forme, a Montalero (Mon- ferrato) non si trovò finora che la piccola specie avente camera centrale. Orizzonte. Bart. sup. ? Località. Gassino, Bart. sup. cc. — Montalero (La Cascinetta) Bart. sup. c. — Raviara (Ottiglio) Bart. sup. c. IST. striata d’Orb. 1850. 1852. N. striata d’Orb. — Bellardi-d’Arch., Foss. Numm. Nic., pag. 278. 1853. » » — D’Arch. et Haime, Mono (/rapine des Numm., pag. 135, tipo Vili, 9, 9e. 1871. N. striata d’Orb. — E. Sismonda, Matériaux, pag. 272. (in parte). 1877 e 1879. N. striata d’Orb. — De la Harpe, Numm. de Nice. Non N. striata d’Orb. — Michelotti, Études sur le Mioc. inf., tav. I, fig. 8-9, 1861. Orizzonte. Bartoniano. Località. Antibo, Bart. sup. — Yence, Barton. sup. cc. — Roquestéron, Bart. sup. cc. — Fontana Jarriel, Bart. sup. cc. — Escarena, r. — La Mortola (d’Arch. e Bell.). — Col delle Lose (tipo?), Barton. cc. — Bersezio, Barton. c. Osservazioni. Questa specie è considerata nella monografia ca- pitale delle Nummuliti come assai polimorfa. La descrizione colà 196 A. Teliini tracciata non può comprendere tanto gli esemplari di Gassino come quelli di Faudon, che vengono ivi considerati egualmente tipici. Entrambe le forme che ho potuto esaminare negli esemplari esistenti nel Museo, differiscono almeno per caratteri che possono costituirne delle buone varietà. Descrivo qui sotto la nuova varietà pedemontana , e per le altre riferirò brevemente i soli caratteri differenziali. Non è il caso di poter ancora presentare una buona descrizione comprensiva di tutte le forme della specie. var. pedemontana mihi. Dimensioni Esemplari maggiori * minori Diametro 6min » 3,4 7i spessore 3 fi 1 n 71 - 1 Giri 6-7 negli esemplari grandi Setti 5-6 in ~ di giro a metà raggio dei grandi esemplari » 6-7 » all’ estremità del raggio dei grandi esemplari. Angolo postero-superiore 35°-45° ; antero-inferiore 80°-90°. Descrizione. Nummùlite media, lenticolare, rigonfia, che ra- pidamente si assottiglia al bordo il quale è più o meno acuto. Super- ficì ornate solo in parte di strie irradianti, più o meno manifeste, un po’ contorte verso il centro, curvate in corrispondenza dell’ultimo giro e diritte nel resto della loro lunghezza. Rapporto tra i due assi in media 1 a 3. La sezione orizzontale ha spira regolare, passo gradatamente crescente, però abbastanza grande anche da principio, ossia in pro- porzione colla loggia centrale. Lo spessore della lamina va gra- datamente crescendo, in modo che nell’ultimo giro esso è doppio di quello che è nel primo ; la lamina è circa la metà dell'altezza delle logge. La camera centrale è ovale o rotonda, e la prima camera seriale pure rotondeggiante e di grandezza poco diversa dalla cen- trale. Le due camere sono adiacenti assai distinte, talora a guisa di un 8 assai schiacciato. Potrebbero dirsi camere gemelle. Rara- mente poi] entrambe hanno la stessa forma e sono simmetriche 197 Nummulitìdee terziarie dell' Alta Italia occidentale come nella varietà di Faudon in Francia (*). Nella varietà di cui trattiamo la camera centrale è sempre più grande e più rotonda ed ha le pareti spesse, quindi più visibile della prima loggia se- riale. I setti si allontanano gradatamente dal centro, sono un poco inclinati, equidistanti, poco curvi e paralleli tra loro. I due filetti si divaricano appena verso il soffitto. Sezione trasversale ad estremità più o meno acute ; lamine più assottigliate alla commessura ed al piccolo asse; canale spi- rale triangolare in ogni sezione; spazi interlamellari abbastanza larghi (circa un quarto dello spessore della lamina). Nessuna traccia di colonne. Rapporti e differenze. Si distingue dalla forma tipica descritta dall'Archiac per avere strie non molto visibili, e per essere un po’ più rigonfia. Ha loggia centrale non più piccola della prima se- riale, o talora più grande: setti meno numerosi, quindi più di- stanti e piuttosto arcuati. Distinguesi pure per non avere colonne visibili. Associazione. Colla N. complanata, Tchihatcheff, Roualti etc. Orizzonte. Bartoniano. Località. Gassino, C. de Filippi, dove è comunissima; nella cava di calcare di Villa Aprile, più rara, Bart. sup. — Mon- talero (La Cascinetta) r, Bart. sup. — Raviara (Ottiglio) rr , Bart. sup. (') Var. gallica mihi. Distinguesi per essere più lenticolare, più irre- golare, a superficie visibilmente ornata di molte strie irradianti, diritte o po- chissimo contorte al centro. Spira di circa 8 giri, quasi regolare; camera centrale e seconda camera semicircolari, eguali, divise da un setto diritto co- stituenti insieme la forma di un 8 schiacciato, caratteristico. Setti diritti poco in- clinati, numerosi (7 a metà raggio, 11-12 aH’estremità). Camere seriali quasi romboiche. È varietà abbondantissima a Faudon in Francia. Apparterrebbero a questa forma esemplari esistenti nel Museo e provenienti dal Tongriano dell’Appennino. Io dubito alquanto però sulla loro provenienza, avendo gli esemplari aspetto di fossilizzazione diverso da tutti quelli piemontesi, e non essendone stati trovati altri nelle recenti ricerche. Questa forma certamente non conviene con la descrizione data nella Monografia che deve ritenersi quella della specie tipo. Il de la Harpe descrisse nel suo lavoro, Numm. des Àlpes Frane, pag. 418, 1879, la forma di Faudon come il tipo della N. striata. In ciò non posso convenire finché non sia dimostrato che non esiste una Nurn. striata tipo, quale viene descritta dal d’Archiac. 198 A. Teliini var. carrosiensis mihi. Dimensioni Diametro 4,2mm spessore 1,3 .. . 1.8mra Giri 5-6 Setti 5 a metà raggio « 8 all’estremità del raggio Angolo postero-superiore 50° circa; antero-inferiore 70°. Descrizione e differenze. Nummulite subglobosa a bordo ot- tuso, a strie sottili, irradianti, diritte od arcuate che cominciano al centro con macchie stelliformi assai piccole ed irregolari. Prima camera seriale più piccola della centrale : però presentano as- sieme forma di 8 come nella var. gallica. Spira coi soliti carat- teri, solo che la. lamina è sottile quasi un terzo l'altezza delle logge, i setti sono inclinati e un poco curvi, specialmente dalla metà all’apice. Associazione. Colla N. Rosai , intermedia , Fiditeli, miocon- torta etc. Orizzonte. Tongriano medio-superiore. Località. Lungo la strada tra Carrosio e Voltaggio r. var. obesa de la Harpe. 1877. 1853. N. Ramon di var. e.? d’Arch. e Haime, Monogr. d. Num. pi. VII fig. 16, 16°. 1877 e 1879. N. striata var. obesa de la Harpe, Numm. du Comté de Nice, tav., fig. 5 e 5b. È così caratterizzata da la Harpe: N. striata perfettamente rigonfia ad orlo smussato ed a filetti eccezionalmente fini e poco rilevati. Orizzonte. Bartoniano. Località. Antibo c. — Vence, Bart. sup. cc. — Font. Jarriel, Bart. sup. cc. — Escareua cc. — Roquestéron, Bart. sup. c. var. a d’Arch. — Monogr. tav. Vili, 10 e 10rt Località. Roquestéron, Bart. sup.? (Monogr.). Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale 199 var. e d’Arch. — Monogr. pi. Vili, 14 e 14® Località. Roquestéron, Bart. sup.? {Monogr.). IV. Gru.©ttard.i d’Arch. 1853. 1853. N. Guettardi d’Arch. — D’Arch. et Haime, Monographie, pag. 130. pi. VII tipo, fig. 18 e 18a. 1877. N. Guettardi d’Arch. — De la Harpe, Numm. de Nice, pag. 825, tav. XVII, fig. 9a-10b. 1879. N. Guettardi d’Arch. — De la Harpe, Étude Numm. de Nice, 210 tav. X, fig. 9a-10b. 1879. N. Guettardi d’Arch. — De la H., Numm. des Ala. Frane, pag. 420 1883. N. Guettardi d’Arch. — De la Harpe, Monogr. Numm. Aegypt. pag. 171, tav. XXX, 29-42. Località. Vence? Bart. sup. — La Mortola (cave) c , Paris. — Gassino, Bart. rr. — Fontava Jarriel? Bart. sup. var. striolata de la Harpe. 1877. 1877 e 1879. N. Guettardi var. striolata de la Harpe, op. c. fig. 9, Qb. Dimensioni Diametro dei maggiori esemplari 4mm spessore l,7mm * » medi » 3,5 » 1,5 Giri 5 a 5 e mezzo Setti 5-6 in un quarto del terzo e quarto giro » 8-9 » dell'ultimo giro Angolo postero-superiore 35-50° ; antero-inferiore 70-90°. Definizione. Nummulite piccola, lenticolare, rigonfia, striata. Caratteri della spira assai vicini a quelli della N. striata. Descrizione. Ha strie fitte e sottili, diritte ed irradianti dal centro al quale si confondono insieme senza ripiegarsi nè formare granulazioni. Alla periferia le strie sono talora in risalto e costi- tuiscono piccole pieghe. Bordo tagliente, in alcuni esemplari, nei più acuto e per un tratto dentellato. La sezione orizzontale presenta spira regolare a passo cre- scente; lamina quasi dello stesso spessore durante tutto lo svi- luppo della spira, cioè circa un terzo l’altezza delle logge ; camera 20) A. T eliini centrale grande a sezione circolare; prima seriale di forma e di- mensioni variabili, ma più piccola della centrale; setti subparal- leli, un po’ più ingrossati alla base, e che vanno allontanandosi dal centro. Sono più curvi e più inclinati nei primi giri che nei successivi. Sezione trasversale come quella di una lente ; lamine in- terne più sottili delle esterne, però ogni lamina si mantiene dello stesso spessore in tutta la sua estensione. Canale triangolare; ap- pena qualche traccia di colonne. Osservazioni. De la Harpe a pag. 210 d q\Y Éticde sur les Numm. de Nice osserva come questa specie sia poco diversa dalla N. striata e forse debba fondersi con quella. Egli però nel lavoro sulle Nummuliti delle Alpi francesi, pubblicato nello stesso anno e nella descrizione delle Nummuliti d’Egitto (1883) mantiene autonoma que- sta specie, la descrive e figura per stabilirne meglio i caratteri distin- tivi. Ho tracciato questa descrizione sopra esemplari di località in- determinata dei dintorni di Nizza. Piano. Bartoniano e Paris. Località. Dintorni di Nizza, Barton. c. — Escarena, c. — Menton-Garavan, Paris, c. var. plicata de la H. 1877. 1853. N. Guettardi d’Arch. var. a. — D'Arch. et H., Monografia, tav. VII, fig. 19, 19°; 17, 17“ 1877. » var. plicata de la Harpe, Numm. de Nice, tav. XVII, fig. 10“ 10b. 1879. N. Guettardi var. plicata de la Harpe, Etude Numm. de Nice, tav. X, fig. 10“ 10b. Orizzonte. Barton. e Parisiano. Località. Menton-Garavan, Paris, c. — La Mortola, cave, Pa- risiano c. — Escarena c. — La Mortola, strati super., Barton. r. IN", variolaria Sow. 1829. 1853. N. variolaria Sow. — D’Arch. et Haime, Monographie, pag. 146, tav. IX, fig. 13. 1877. N. variolaria Sow. — De la Harpe, Numm. dcArice,pag. 827. 1879. » » — De la Harpe, Étude Numm. de Nice, pag. 210. 1883. » n — De la Harpe, Monogr. Numm. Aegyp. p. 1 79 tav. XXXI. 28-32. Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale 201 Dimensioni Maggiori esemplari Diametro 2,5mm spessore l,3ram Minori « « 1,5 « 0,9 Giri 4-5 Setti 5 nel terzo giro; 6-7 nel quarto; 7-8 nel quinto Angolo postero-superiore delle logge 50°-70f’ ; angolo antero- inferiore 80°-90°. Definizione. Nummulite piccolissima, umbonata, a strie rag- gianti; spira regolare, crescente; setti subequidistanti, nei primi giri falciformi, negli ultimi giri curvi solo verso il soffitto ; diritti e perpendicolari alla base. Descrizione. Questa piccolissima specie si distingue per es- sere quasi globosa (rapporto tra i due assi 1:1,7 1 : 1,9). Ha orlo ottuso od acuto e strie rade e diritte, curve solamente verso il bordo. Il centro è occupato da un grosso mammellone caratte- ristico. La sezione orizzontale presenta una camera centrale circolare assai piccola ma distinta, una spira regolare, crescente abbastanza rapidamente. Se la sezione è spessa, tanto per luce riflessa che per luce trasmessa, in causa di un addensamento calcareo al tetto delle logge, pare che la lamina sia grossa come l’altezza delle camere ; tuttavia nelle sezioni accurate se si osserva con attenzione si vede che la lamina è assai sottile, ossia circa un terzo dell’altezza delle logge. Le camere dell’ ultimo giro sono alte circa una volta e mezza quelle del giro antecedente, onde si vede che il passo cresce abbastanza rapidamente. La lamina è più spessa nel penul- timo giro che non nei primi ed anche un pochino di più che non nel giro esterno. Setti subequidistanti, al centro più ravvicinati e più curvi : nei giri seguenti sono diritti e quasi perpendicolari alla base. Dalla metà al soffitto si incurvano. La sezione trasversale si presenta, in causa dell’ umbone assai pronunciato, come un rombo; ha 4-5 lamine spesse egual- mente, spazi interlamellari augusti ma uniformi, canale spirale assai grande, triangolare con due angoli prolungati in appen- dici interlamellari. Per lo più si osserva una sola sezione del ca- nale per ciascun lato della Nummulite, tra il terzo ed il quarto giro; le sezioni precedenti del canale sono assai anguste. 14 202 A. Tellini Rapporti e differenze. Concorda abbastanza bene colla descri- zione di Archiac ed Haime ; solo che la lamina si mantiene al- quanto più sottile, e per questo conviene anche colla descrizione e figura che ne dà de la Harpe nella monografia sulle Nummuliti d’Egitto. Associazione. Colla N. striata, Guettardi, perforata. Lu- casana etc. Orizzonte. Bartoniano e Parisiano. Località. La forma dei dintorni di Nizza, (Bart. Slip.) è quella che esiste in Museo e che ho descritto; c. — Gassino, Bart. sup., rr. — Yence, Bart. sup. cc. — F. Jarriel, Bart. sup. c. — Menton- Garavan, Paris, cc. — La Mortola, cave, Paris, r. var. minor d’Arch. 1853. 1853. N. variolaria var. minor d’Arch. et Haime, Monographie, pag. 146. 1877. » » d’Arch. — De la Harpe, Numm. de Nice, p. 827, tav. XVII, ll“-<*. 1879. N. variolaria var. minima de la Harpe, Etude Numm. de Nice, pag. 210, tav. X, fig. lla-rf. Orizzonte. Bartoniano. Località. Dintorni di Vence, Bart. sup. c. — Fontana Jarriel, Bart. sup. r. IV. variabili® n. sp. Tav. Vili, fig. 7*-° 1878. N. striata var. alpestris (pars?) de la Harpe, Note sur le Numm. des Alpes occidentales. Actes de la Soc. Helv. des Se. nat. reunic a Bex. 60 section. Compte rendu. Lausanne pag. 229. Dimensioni Grandi individui Diametro 5mm spessore l,lmm Medi « « 3,5 « 0,9 * » » 4,5 « 0,6 » ” « 2.2 * 0,5 14 Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale 203 Giri 6-7 nei grandi individui n 5-6 nei medi r> 4 nei piccoli Setti 3 in un quarto del primo giro » 4 A del secondo » 6 n del terzo 7 * del penultimo rt 8-10 " dell’ ultimo giro negli esem- plari più grandi. Angolo postero-superiore 45°-55° ; antero-inferiore 80°-90° circa. Definizione. Nummulite piccola, lenticolare assai depressa, or- nata di strie irradianti, fine, più o meno diritte o contorte. Spira regolare o subregolare, crescente in modo rapido, lamina sottile, setti equidistanti poco arcuati. Descrizione. Nummulite piccola, lenticolare depressa (rap- porto tra i due assi 1 : 3,5 ; 1 : 4,5) a bordo acuto a strie netta- mente visibili, quasi diritte, di rado contorte al centro : alcune ta- lora si dicotomizzano e nella parte che corrisponde all’ultimo giro di spira, si incurvano dolcemente come i setti dei quali sono la figura esterna. In taluni esemplari le strie sono diritte e rilevate a guisa di pieghe verso il bordo, dove formano delle dentellature assai fine. In generale la conchiglia non è chiusa e quindi non per- fettamente circolare, per cui alla bocca si osserva un dente un po’ più marcato. Gli esemplari provenienti da una località hanno alquanto assottigliata la porzione di bordo che corrisponde all’ultimo giro od a parte di esso quindi sono carenati. La conchiglia è talora pellucida, per cui vedonsi per trasparenza i setti dell’ultimo giro. Sezione orizzontale. Spira regolare ; del tipo della N. striata , crescente piuttosto rapidamente ; logge circa 3 volte più alte dello spessore della lamina, che è assai sottile e quasi uniforme in tutta la estensione. Sezione trasversale lineare acuta alle estremità e più o meno rigonfia verso il mezzo. Lamine esterne più spesse delle centrali. Ogni lamina è un po’ assottigliata al mezzo della sezione. Canale triangolare, spazi interlamellari assai angusti; alcuni esemplari mostrano tracce di colonne alla parte media delle facce. Rapporti e differenze. Gli ornamenti esterni e la forma de- pressa, oltre che la sottigliezza della lamina distinguono questa 204 A. T diini specie dalle altre vicine del tipo della N. striata . Riferisco dubita- tivamente alcune forme di questa specie alla N. striata var. al- pestri la Harpe che però ho trovata descritta in modo troppo in- completo. Osservazioni. Questa specie varia molto nelle diverse località qui sotto enumerate, per cui è probabile che debba venire in se- guito distinta almeno in diverse razze. Mi sono astenuto per ora dal farlo, perchè le differenze constatate sono troppo piccole e perchè finora la distinzione non porterebbe utilità dal punto di vista stra- tigrafico, poiché tutte le diverse forme sono della stessa età. Orizzonte. Tongriano medio e superiore. Associazione. Colle N. Rosai , miocontorta, Fiditeli, inter- media etc. Località. Rocchetta Cairo, Tongr. sup. rr. — Tra Grognardo e Ronzone, Tongr. super, rr. — Costa (Ovada) c, Tongr. super.; forma a pieghe diritte fino all’orlo. — Case Mongiardino (Beiforte) r, Tongr. super. — Lerma cc , Tongr. medio-super.; forma assai depressa e coll’ultimo giro più assottigliato esternamente. — Lerma c , Tongr. super.; forma piuttosto rigonfia. — F. Lemno, tra Carrosio e Vol- taggio cc, Tongr. medio-super. — Strada tra Carrosio e Voltaggio cc, Tongr. medio-super. ; la forma più tipica e più elegante. — R. di Pietra Bissara, Tongr. medio-super, rr. — Dintorni di Grondona e Roccaforte, Tongr. rr. IV. operciiliniforiiiis n. sp. Tav. Vili fig. 10-11 Dimensioni Grandi individui : Diam. magg. 4,5mm diam. min. 4lnm spess. 0,4mm Medi 3,7 » 3 » 0,3 Piccoli « - 2 * 1,5 71 Giri 4 circa Setti 6-7 in un quarto del penultimo giro * 7-9 « dell’ultimo giro Angolo postero-superiore 15-20°; antero-inferiore 85-95°. Definizione. Nummulite piccola discoidea assai depressa, con Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale 205 gli ultimi giri visibili all’ esterno. Spira crescente in modo assai rapido. Lamina assai sottile, setti lunghi, diritti e quasi perpen- dicolari alla base, fortemente curvi ed inclinati nella loro parte periferica. Descrizione . Questa specie è quella che a mio avviso più si avvicina alle forme del genere Operculina per l’aspetto esterno di alcuni individui ; la sezione trasversale tuttavia mostra chiaramente che le lamine più esterne abbracciano completamente i giri interni, quindi non v’è dubbio che si tratti di una vera Nummulite. Ha l’aspetto esterno di Operculina perchè i due ultimi giri crescono assai rapi- damente lasciando la bocca aperta, e perchè i setti che si inseri- scono alla parte interna della lamina producono un piccolo rilievo che si scorge pure all’esterno. La conchiglia adunque è discoide più o meno ondulata, sottile, coi diametri diversi fra loro nella proporzione di 1 : 1,1 o di 1 : 1,2 e col rapporto di 1:10, 1:15 tra il piccolo asse e la media dei grandi assi. L'orlo è ottuso, circolare, più rilevato che la parte corrispondente alle logge dell’ultimo giro. È più o meno visibile all’esterno la commessura delle lamine nel- l’ultimo o negli ultimi 2 giri; al centro sonvi granulazioni più o meno pronunciate, e da esse partono dei rilievi, che rappresentano le impronte dei setti, irradiati ad S ed aventi la curva esterna più ampia di quella interna. La sezione orizzontale presenta una camera centrale circolare piccolissima che si vede solo nelle sezioni più accurate. Spira più o meno regolare a passo rapidamente crescente in guisa che nel- l’ ultimo giro è talora tre volte maggiore che nel precedente (come nella figura 11), ma più comunemente è solo una volta e mezza, con tutte le variazioni intermedie. Lamina in tutti i giri assai sottile, cioè circa un quindicesimo dell’altezza delle logge. Setti quasi paralleli e quasi equidistanti, sottili, perpendicolari alla base eurvantisi dalla metà al soffitto della loggia lungo il quale decor- rono e poi vi si attaccano allo incirca lungo il prolungamento del raggio della spira passante per la base del setto avant’ultimo. Al centro i setti sono curvi in tutta la loro estensione mentre verso la bocca si fanno gradatamente più diritti alla base e si allonta- nano fra loro. È una specie assai variabile nell’ accrescimento della spira e correlativamente nella forma dei setti. Sezione trasversale lineare più sottile ad una estremità e 20G A. Tellini con il piccolo asse non centrale perchè l’ultimo giro è diversamente sviluppato lungo qualsiasi il diametro. Lamine di eguale spessore : canale triangolare assai allungato nei giri esterni. Rapporti e differenze. Quantunque non mi sia lecito asserire assolutamente che questa specie differisca da tutte le altre del gruppo della N. Murchisoni descritte nella parte postuma dell’o- pera di de la Harpe, stante il loro polimorfismo, tuttavia credo poterla distinguere perchè è la più operculiniforme che io conosca, per l'aspetto esterno e per l’accrescimento del passo della spira die raggiunge le proporzioni di 1 : 2,5, 1 : 3 non riscontrate nella N. Wemmelensis de la H. e Van der Broek, dalla quale differisce anche per avere camera centrale assai piccola e lamina molto sottile, oltre che per i caratteri esterni e per il livello stratigrafico, poiché la Operculiniforrnis sale certamente fino agli strati più alti dello Stampiano. Dalla Tournouéri differisce per i caratteri esterni, per il maggior polimorfismo e per il passo della spira che è più rapidamente crescente. Associazione. Colle Nummuliti intermedia , Fiditeli , miocon- torta , variabili?,. Rosai , etc. Orizzonte. Tongriano medio, superiore e Stampiano. Località. Presso Carcare, Tongr. c. — C. Catin (Rocchetta Cairo), Tongr. super, r. — Costalupara (Dego), Tongr. super, c. — Villa del Piano (Dego), id. — Piana Crixia (Dego), Tongr. su- per. c. — Groguardo, Stamp. infer. c. — Fra Grognardo e Ponzone, id. c. — Ponzone, verso Grognardo, Stamp. super, c. — Id., Stamp. medio. — Cassinelle, sud del paese, Tongr. super, e Stamp. infer. c. — Cassinelle, Rio Arnione, Tongr. medio-super, r. — Mo- lare, Tongr. super, r. — Costa di Ovada, Tongr. super, cc. — Case Mongiardino (Beiforte), Tongr. super, r. — Lerma, Tongr. super, c. ÌV. Tournouéri ? de la Harpe 1879. Tav. Vili, fig. 8«-&, 9. 1879. N. Tournouéri De la Harpe, Descr. des Num. de Binrritz. Bui/ Soc. de Borda a Dax, 4° anno, pag. 143, tav. I, fig. II 1-7. 1883. N. Tournouéri De la Harpe, Elude des Num. Suis. parte III, (po- stuma) pag. 166, tav. VI, fig 12-21. Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia, occidentale 207 Dimensioni Grandi individui diametro 4mm spessore l,2mm Medi » » 3 y> 0,9 Piccoli « « 2,5 » 0,8 Giri 4-5. Setti all’incirca 5 al terzultimo giro ; 6 al penultimo ; 7-8 nel- l’ultimo quarto di giro. Angolo postero-superiore 10-20° ; antero-inferiore 85-95° circa. Definizione. Nummulite piccola, sublenticolare, irregolare, a strie irradianti granulose al centro. Spira abbastanza regolare, a lamina sottilissima, a passo rapidamente crescente. Setti subequidi- stanti, perperdicolari alla base, fortemente piegati ed assottigliati al soffitto. Gradatamente si allontanano a partire dal centro. Descrizione. Nummulite sublenticolare poco rigonfia (rapporto tra i due assi 1 : 2,5 .... 1 : 3,3) generalmente un po’ aperta, a bordo più o meno acuto, talora assottigliato per una porzione corri- spondente esternamente all’ultimo giro. Superficie ornata al centro di qualche punto bianco, ed avente strie irradianti, non fitte, abba- stanza grosse e più o meno curve. Sezione orizzontale. Camera centrale piccolissima, rotonda; prima seriale semilunare ovvero più o meno simile alla precedente. Spira regolare a passo crescente, lamina sottilissima, al centro più sottile dei setti, va poscia un pochino ingrossandosi, ma rimane sem- pre inferiore ad un decimo dell’altezza delle logge. Il passo cresce come 1 a 1,5, - 1,7. Setti subequidistanti ed allontanatisi dal centro, diritti alla base e perpendicolari, a tre quarti dall’altezza sono forte- mente curvati allo indietro, ed appuntiti all’apice. Si saldano al soffitto verso il prolungamento rettilineo della base del setto antecedente. Sezione trasversale fusiforme con il canale spirale dell’ultimo giro, triangolare ed assai allungato. Osservazioni. Ho attribuito dubitativamente gli esemplari del Piemonte alla N. Tournoueri de la Harpe poiché mi mancano forme di confronto, e perchè i nostri individui differiscono dalla descrizione data dall’ illustre nummulitologo per avere un giro di più e caratteri esterni un po’ diversi. Credo tuttavia che il riferimento non sia al tutto errato stante che la specie di la Harpe, come quella dei Piemonte appartengono allo stesso livello stratigrafico. A. Taìlini 208 Associazione. Colle N. in! ermedia, Fichi eli, operculinifor- mis etc. Orizzonte. Tongr. super, e Stamp. medio. Località. Est di Carcare, Tongr. super, c. — Costalupara (Dego), Tongr. super, c. — Villa del Piano (Dego), id. — Fra Grognardo e Ponzone, Stamp. inf. r. IN". Bouoheri de la Harpe 1879 1870. N. Bou che ri de la Harpe, Xum. de Bjarritz. Bull. Soe. de Borda. 1879, voi. IV, pag. 146, tav. I, fig. IV1-10. 1883. N. Boucheri de la Harpe, Elude des Num. de la Suisse, parte III. pag. 179, tav. VII, fig. 33-59. Dimensioni Massimi esemplari diametro 4,2mm spessore l,8mm Minori » » 2,9 » 1,2 Giri 4 J a 6. Setti in un quarto di giro a metà raggio 6-8 circa » » dell’ultimo giro 8-9 Angolo postero-superiore 20-80°, antero-inferiore 60-80". Definizione. Nummulite piccola, rigonfia, subglobosa, a margini ottusi ed a strie radianti da un grosso punto ombelicale. Spira regolare a passo lentamente crescente, lamina un po' più sottile dell’altezza delle logge; setti numerosi, inclinati, curvi, non equi- distanti ed un po’ più ravvicinati nei primi giri. Descrizione. Questa piccola nummulite è subglobosa avendo i , due assi nei seguenti rapporti: 1:2,1; 1:2,8; ha bordo ottuso. Le facce hanno al contro un grosso punto frastagliato all’intorno e non rilevato, dal quale partono radialmente delle strie subgra- nulose più o meno distinte, diritte od un pochino curve. Sezione orizzontale presentante una camera centrale abba- stanza grande, di forma subcircolare , spira regolare a passo lenta- mente crescente, a lamina un po’ meno grossa dell’altezza delle camere vicine, e poco crescente nel suo sviluppo. Setti molto inclinati, un po’ ricurvi, più fitti al centro e subequidistanti in uno stesso giro. Sezione trasversale biogivale. Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale 209 Osservazioni. Gli esemplari sezionati del Piemonte corrispon- dono abbastanza bene alle figure date da la Harpe nella tav. VII del suo Étude sopra citato etc. Però la specie descritta differisce per avere la lamina più grossa di quella figurata, mentre concorda colla forma, numero e disposizione dei setti. Associazione. Colla N. complanata , Tchihatcheffi , striala, Rovasendai , Roualti etc. Orizzonte. Bartoniano superiore ?. Località. Gassino, Bart. super., r. — Coll. Museo e Coll. Rovasenda. var. incrassata de la Harpe? 1888. 1883. N. Boucheri var. incrassata de la Harpe, Étude des N. Suis. tav. VH, fig. 52-59. Dimensioni Esemplari maggiori diametro 2mm spessore lmm » medi » 1,8 » 0,8 Giri 3-5. Setti 4-5 in ~ terzo giro; 6-7 in \ dell’ultimo giro. Angolo postero-superiore delle logge 60° ; antero-inferiore 80° circa. Descrizione. Conchiglia piccola, subglobosa, a margine ottuso. Umbone più o meno visibile, dal quale irradiano strie curve o diritte, grosse e rade. Sezione orizzontale a spira crescente, regolare ; l’ultimo giro, verso la bocca, è proporzionatamente a passo meno ampio. La lamina è uniformemente spessa e raggiunge appena un terzo dell’altezza delle logge attigue. Camera centrale circolare, abbastanza grande, prima seriale piccola, semilunare o triangolare, variabile. Setti poco inclinati e poco curvi, quasi egualmente distanti al centro ed alla periferia. Sezione trasversale elittica a spazi interlamellari ed a canale assai ampio, con distinte colonne partenti dalla camera centrale ed arrivanti all’ umbone. Osservazioni. Varietà riferita assai dubitativamente a quella che de la Harpe figura nella tavola indicata, ma della quale non dà la descrizione in alcun lavoro. In ogni modo questa forma 210 A. Telimi differisce dalia specie tipica sopradescritta per molti caratteri, come pure per il livello stratigrafico. Gli esemplari del Monte Rivarossa, dov’è più abbondante, non mi permettono un accurato studio di essa perchè non liberi dalla roccia. Associarlo ili. Colla N. vasca e con altre specie. Orizzonte. Tongr. inf. Località. Bricco Sac (Brusasco), Tongr. inf. — M. Rivarossa di Garbagna alla C. Croce, Tongr. inf. cc. — Rio Freddo (Marmorito) Tongr. r. — Cassinelle R. Arnione, Tongr. medio-super.rr. — Giara (Varzi), Tongr. inf. c. Quivi però la forma è diversa dalla descritta. IV. anomala de la H. 1877. 1877. N. anomala de la H., Num.de Nice, pag. 827, tav. XVIII, fig. 12-18. 1870. » Etude sur l. Num. Comte de Nice, pag. 211, tav. X, fig. 12-18. Osservazioni. In entrambi i lavori de la Harpe accenna alla possibilità che questa specie sia una Amphistegina. Orizzonte , Paris, con N. lucasana, perforata , Guettardi e variolaria. Località. Menton-Garavan, rara. Sezione 3a. Nummuliti a filetti raggiati, granulose, senza ca- mera centrale. IV. perforata d’Orb., 1826. 1852. N. perforata d’Orb. — Bellardi-d’Archiac, Foss. Numm. de Nice pag. 274. 1853. N. perforata d’Orb. — D’Arcli. et Hairne, Monogr. des Numm. pag. 115, tav. VII, 1-12. 1871. N. perforata d’Orb. — E. Sismonda, Matériaux, pag. 271. 1877. » » — De la Ilarpe, Nurn.de Nice, pag. 822. 1879. » » » Etude sur les Numm. de Nice, pag. 205. 1881 . N. perforata d’Orb. — De la Harpe, Etude sur les Num. Suis. pag. 130. 1883. » » » Monogr. Num. Aegypt. pag. 204. Non 1861. » » Michelotti, Études sur le Mioc. infer., tav. I, fig. 34. 211 Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale Orizzonte. Parisiano tanto la specie che le numerose varietà. Località. Mentone. — Capo la Mortola. — Colle di Braus cc. — Sospello (Museo di Torino) c — Briga. — Colle di Tenda (Museo di Torino) c. — La Mortola (cave) cc. — Escarena c. — Menton-Garavan cc — PBersezio. — Gli esemplari del Colle di Tenda trovansi impigliati in uno schisto calcareo nerastro. var. Bellardii (d’Arch. 1852). 1852. N. Bellardii d’Arch. — Bellardi-d’Arch. Foss. Num. Nice, pag. 278, tav. XV, fig. 11-15. 1853. N. Bellardii d’Arch. — D’Arch. et H., Monog. pag. 113, tav. Y , fig. 9-9 ^ 1871. » » — E. Sisraonda Matériaux, pag. 269. 1877. N. perforata var. Bellardi De la Harpe, Num. de Nice, pag. 822. 1879. »’ » » Étude Num. de Nice, pag. 205 1881. « » » Études des Num. Suis. part. II, pag. 137. località. Colle di Braus r. — Menton-Garavan r. — La Mortola (cave) c — Dintorni di Nizza c (d’Arch.). var. aturensis d’Arch. et Haime 1853. 1853. N. perforata var. aturensis d’Arch. et Haime, Monogr. pag. 115. tav. VI, 5, 5a. 1877. N. perforata var. aturensis d’Arch» — De la Harpe, Num. de Alce , pag. 822. 1879. N. perforata var. aturensis d’Arch. — De la Harpe, Etude Num. d,e Nice, pag. 205. 1881. N. perforata var. aturensis d’Arch. — De la Harpe, Etude Num. Suis., pag. 133. Località. La Mortola (cave) c. var. umbonata de la Harpe. 1877. 1877. N. perforata var. umbonata de la Harpe, Num. de Nice, pag. 822, tav. XVII, fig. 4 a, Ab. 1879. N. perforata var. umbonata de la Harpe, Étude Num. de Nice, pag. 205, tav. X, fig. Aa Ab. 1881. N. perforata var. umbonata de la Harpe, Étude Num. Suis. p. 133, tav. Ili, fig. 5 e 5 a. Località. Menton-Garavan, var. La Mortola (cave) c. •212 A. Teliini var. subglobosa de la Harpe. 1877. 1 877. N. perforata var. sub globosa, de la Harpe, Num. de Nice, pag. 822. 1879. N. perforata, var. sph erica, de la Harpe, Étude Num. de Nice , pag. 205. 1 881 . N. perforata var. subglobosa de la Harpe, Etude Num. Suisse, pag. 133, tav. Ili, fig. 6. Località. Menton-Haravan c. — Mortola (cave) rr. var. obesa (Leym) 1852. N. obesa Leym. — Bell.-Arch., Foss. Num. de Nice, pag. 276. 1853. n » — D’Arch. et Haime, Monogr., pag. 134, tav. Vili, fig. 7 a-e 1871. N. obesa Leym. — E. Sismonda, Matériaux, pag. 271. 1 881 . N. perforata var. obesa (Leym). — He la Harpe, Etude Num. Suisse, tav. Ili, fig. 4, 4 a. 1883. N. perforata var. obesa (Leym) de la Harpe, Monogr. Num. Aegypt. pag. 306, tav. XXXV, fig. 1-10. Osservazioni. Questa forma è indicata da Hellardi assai dubi- tativamente come specie del Nizzardo. De la Harpe non la in- contrò mai. Osservazioni. Dopo il lavoro così minuto di la Harpe sul gruppo della Num. perforata , che forma la seconda parte del suo> studio sulle Nummuliti della Svizzera, ho creduto affatto inutile aggiungere parole a proposito dei pochi esemplari del Nizzardo e del Colle di Tenda che ebbi fra mano. Egli concluse come è noto, che questa specie, assai polimorfa oltre le varietà indicate possiede anche le seguenti : Deshayesi , Verneuilli, Sismondai, Lorioli, Renevieri , le quali una volta erano ritenute specie autonome. Tutte le forme del Nizzardo e Piemonte sono caratteristiche del Parisiano. Il Michelotti indica queste specie di Dego (Tongriano) ; dalle figure e della descrizione reputo che abbia egli così classifi- cata una orbitoide. Dummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale 218 IV. Saccoi n. sp. Tav. Vili, fig. 12a-b. f Dimensioni. Diametro 7mm spessore 3,8mm Giri 8 Setti 8 in 1f4 di giro a 7 2 raggio 10-11 « ” all’estremità del raggio. Angolo postero-superiore 50° circa ; antero-inferiore 65°-70°. Definizione. Conchiglia globosa a margine ottuso ; centro delle facce avente diversi granuli calcari bianchi, e superbe! a strie irra- dianti, contorte. Spira poco regolare, crescente ; i due ultimi giri a passo eguale. Setti inclinati, un po’ curvi che si allontanano a partire dal centro. Descrizione. Questa forma è assai bene distinta da tutte le affini per i caratteri esterni e della spira. È globosa, col rapporto tra i due assi di 1 a 1,8; bordo ottuso ; superheie a strie marcate, irradianti dal centro, più o meno diritte, talora contornate e tra loro al mezzo della faccia sono sparsi dei punti o granuli più o meno grossi in numero di 10 circa. I bletti radianti dal centro, un po’ ondulati e la sezione dei granuli che sono colonne assai marcate, si osservano assai distintamente mentre si sta facendo la sezione oriz- zontale della Nummulite, e non si è ancora raggiunto il piano me- diano. La sezione orizzontale mostra una spira poco regolare, crescente hno al 7° giro, mentre l’ultimo ed il penultimo sono a passo un po- chino più piccolo. La lamina è assai spessa cioè eguale alla altezza delle camere. Nel crescere e nel decrescere si comporta come il passo della spira. Setti grossi, al centro curvi in tutta la loro estensione, nei giri successivi più diritti e perpendicolari alla base, inclinati al sof- fitto e un pochino curvi. Essi vanno allontanandosi lentamente dal centro e mantenendosi subequidistanti. La sezione trasversale è un elissi un po’ schiacciata, le lamine assai grosse ed in qualche parte un po’ ondulate. Gli spazi inter- lamellari assai ridotti. Una lamina, forse per anomalia, cessa 214 A. Telimi gradatamente verso la metà della sezione ed il posto è occupato dalla vicina. Canale spirale semilunare con le due branche assot- tigliate e sviluppate per un tratto limitato. Colonne assai distinte che si estendono nella parte media della sezione, comprendendo un terzo della stessa. Osservazioni. L’unico esemplare finora trovato si differenzia nettamente da tutte le forme conosciute del gruppo. Ho dedicata questa specie all’ illustre amico Federico Sacco così benemerito degli studi geologici del Piemonte. Associazione. Colle specie complanata, Tchihatcheffi , striata , cartolarla, Roualti etc. Orizzonte. Bart. super.? Locatità. Gassino, Villa Detìlippi un solo esemplare. Sezione 4a. Nummuliti a filetti settali radiati, granulose con camera centrale. IV. Lucasana Defr. 1850. 1852. N. Lucasana Defr. — Bell.-Arch. Foss. Num. Nice, pag. 295. 1858. ’> » » — Arch. et Haime, Monograph.,])a.g. 124, pi. VII, fìg. 5, 5c. 1871. N. Lucasana Defr. — Sisraonda, Matériaux, pag. 271. 1877. » » » — De la Harpe, Num. de Nice, pag. 823. 1879. » » » — » Étude sur l. N. de Nice, pag .205. 1883. » n ” — » Monogr. Num. Aeggpt., pag. 208. Orizzonte. Paris, (comunissima) e Bart. (rarissima). Località. Raviara di Ottiglio, Bart. sup. rr. — Località appar- tenenti al Parisiauo : Capo la Mortola (d’ Arch.). — Colle di Braus c. — Menton-Garavan cc. — La Mortola (cave), r. — Colle di Tenda, cc. — Col delle Los e rr — Vallone di Pouriac? var. obsoleta de la Harpe 1877. 1877. N. Lucasana var. obsoleta, de la Harpe, Num. de Nice, pag. 824, tav. XVII, fig. 8“-8&. 1879. N. Lucasana var. obsoleta, de la Harpe. Ftudc Num. de Nicc, pag. 205, tav. X, fìg. 8a-8&. 1883. N. Lucasana var. obsoleta, de la Harpe, Monogr. Num. Aeggpt.. pag. 208, tav. XXXV, fig. 11-14. Nummulitideé terziarie dell" Aita Italia occidentale 215 Località. Colle Braus, cc. — Menton-Garavan, cc. — La Mor- tola (cave) cc. var. granulata de la Harpe 1877. 1853. N. Lucasana var. a, d’Arch. et Haime, Monogr., pag. 124, tav. VII, fìg. 7-7". 1877. N. Lucasana var. granulata de la Harpe, Num. de Nice, pag. 824, tav. XVII. fìg. 7a-7b. 1879. N. Lucasana var. granulata de la Harpe, Elude Num. de Nice, pag. 205, tav. X, fìg. 7°-7b. Località. Colle Braus, c. — Menton-Garavan, c. — La Mortola (cave) cc. var. mentonensis de la Harpe 1877. 1853. N. Lucasana var. d (depr e ss a) d’Arch. et H., Monogr. tav. VII. fìg. 12. 1877. » n mentonensis de la Harpe, Num. de IVicc pag. 822, tav. XVII, fìg. 6“-6c. 1879. N. Lucasana var. mentonensis de la Harpe, Étude Num. Nice. pag. 206, tav. X, fìg. 6°-6tf. Località. Menton-Garavan rr. Osservazioni. Intorno ai pochissimi e mal conservati esem- plari che ho avuto tra mano non ho potuto fare osservazioni utili da potersi aggiungere a quelle dottissime di la Harpe. IV. Roiialti d’Arch. et H. 1853 1853. N. Roualti. — D’Arch. et Haime, Monogr., pag. 121, tav. VI, fìg. 14a&. 1881. N. Lucasana var. Roualti de la Harpe, Numm. de la zone infé- rieure de Biarritz. Bull. Soc. de Borda, extr. pag. 4. Dimensioni Esemplari maggiori diametro 9mm spessore 4,2 » medi « 8 » 3,5 « piccoli e giovanissimi » 3 / A. Teliini •2 Hi Giri 7-9 nei medi e grandi individui Setti 7 in di giro a mezzo raggio « 9 nell’ultimo quarto di giro Angolo postero-superiore 30° circa; antero-inferiore 70-80°. Definizione. Nummulite di media grandezza, lenticolare rigonfia, o subglobosa, a bordo ottuso. Superficie più o meno visibilmente striata con granuli al centro e fra le strie. Spira poco regolare, a passo eguale, fuorché negli ultimi due giri in cui è un pochino decre- scente. Setti molto distanti fino dal centro curvi, e poco inclinati. Descrizione. Nummulite subglobosa o lenticolare con il rapporto tra i due assi oscillante tra 1:2,1 e 1:2,2 circa. Bordo più o meno ottuso; superfìcie più o meno completamente percorsa da strie ir- radianti, ondulate. Negli spazi fra le strie, che sono abbastanza larghi, havvi una serie di punti che va dal centro della faccia alla periferia ; questi sono visibili solo in parte delle facce e negli esemplari meglio conservati. Sezione orizzontale. Camera centrale circolare, grande, del dia- metro di circa lmm. Spira abbastanza irregolare a passo eguale o piuttosto decrescente. La lamina si inspessisce lentamente a par- tire dal centro, a carico dell’altezza delle logge. Al centro la la- mina è circa un terzo dell'altezza loro, verso il mezzo è la metà; nell’ultimo giro essa è uguale. Setti curvi leggermente e più o meno inclinati nei vari individui ; assai distanti fino dal centro e allon- tanantisi fra loro poco di più durante lo svolgersi della spira sono sottili, coi filetti che li compongono divaricati al soffitto. Le logge hanno soffitto arcuato in causa di un ingrossamento appa- rente della lamina al punto di arrivo dei setti. Sezione trasversale. Si presenta biconvessa a lamine molto grosse, un po’ assottigliate in corrispondenza del piccolo asse e più’ marcatamente alla commessura; spazi interlamellari ben distinti ed uniformi in tutta l’estensione loro; canale spirale grande, quasi semicircolare nel penultimo giro. Molte colonne al centro e late- ralmente; colonnette numerose e ben distinte. Osservazioni. Differisce dalla forma descritta nella Monografia di Arehiac per essere un po’ più piccola e più rigonfia ; per tutti gli altri caratteri vi corrisponde assai bene. È specie poco diffusa che è annoverata solo di Montfort, Gaas (Lande) nella Monografìa, e che si trovò poscia in pochissimi luoghi. De la Harpe, nel lavoro 217 Nummulitidee terziarie dell' Alta Italia occidentale sopraindicato, la ritiene una varietà della N. Lucasana , anche dopo averne esaminati gli esemplari tipici. Le Nummuliti che ho sott’ occhio sono per me qualche cosa di ben distinto dalla specie Lucasana . Associazione. Colla IV. complanata , Tcliihatcheffi, strùtta , va- riolaria , Saccoi , reticulata etc. Orizzonte. Barton. super. Località. Gassino, Defìlippi. rara (9 esempi.) Sezione 5a. Nummuliti a riletti settali reticolati, senza ca- mera centrale. IV. intermedia d’Arch. 1846. Tav. Vili, fig. 16. 1852. N. intermedia d’Arch. — Bell. — Arch., Foss. Num. Nice, pag. 273. 1853. » » — D’Arch. et Anime, Afonogr. pag. 99, tav. Ili, fig. 5-7. 1861. N. intermedia d’Arch. — Michelotti, Foss. Mìoc. inf. pag. 20, tav. I, fig. 5-7. 1871. N. intermedia d’Arch. — E. Sismonda, Matériaux, pag. 271. 1879. » » — De la Harpe, Numm. de la zone super, de Biarritz. Bull. Soc. de Borda, extr. pag. 13, tav. I, fig. V, 1-7. 1883. » » — De la Harpe, Monocjr . Num. Aegypt. pag. 210, tav. XXXV, fig. 15-22. Dimensioni Esemplari maggiori diametro 16mm spessore 3-3,5inm » medi » 10 » 2,7 !> minori » 6 » 2,5 Giri 12-22. Setti 8-10 in j di giro a mezzo raggio; 15 circa all’estremità del raggio dei grandi individui. Angolo postero-superiore delle logge 45° ; angolo antero-infe- riore 45° circa. Definizione. Num. di media grandezza, discoide o lenticolare, ondulata, a bordo arrotondato, superficie ornata di reticolatine. Spira poco regolare, crescente quasi fin verso il margine, gli ultimi due giri a passo decrescente. Lamina di spessore pure crescente che si presenta in tutta la spira allo incirca eguale all’altezza delle logge. 15 218 A. Teliini Setti che si discostano fra loro durante lo svolgersi della spira, diritti, abbastanza inclinati. Descrizione. Nummulite lenticolare, poco rigonfia, a bordo ar- rotondato e superfici irregolari più o meno ondulate. Lunghezza dei due assi variante tra i rapporti 1:3 e 1:5 circa. Superficie o liscia o improntata per la presenza di grauuli di roccic dure nello strato in cui si trovano gli esemplari. Sulle faccie si osservano con ingrandimento di 10 diametri più o meno distinte le reticolature laberintiformi di cui trovasi la figura nella tavola. La sezione orizzontale mostra una spira a passo lentamente crescente; negli ultimi due giri il passo è decrescente. La lamina è pure lentissimamente crescente, si mantiene però in media eguale all'altezza delle logge, salvo che il suo spessore è continua- mente variabile poiché si attenua al mezzo di ogni camera e si ingrossa verso l’interno al punto di attacco dei setti. Questi sono sottili, subequidistanti, si allontanano lentamente a partire dal centro, diritti od un po’ curvi, ed inclinati di 35° circa. I filetti settali si divaricano al soffitto e tappezzano visibilmente la volta delle camere. La sezione trasversale ha l’aspetto di una ellissi assai schiacciata, talora non simmetrica, per la flessuosità della conchiglia, che mostra numerosissime lamine uniformemente sottili iugrossantisi del doppio o del triplo nella regione della commessura ossia verso il canale spirale. Questo è triangolare ad angoli smussati, o semilunare, va- riabile nei diversi giri dello stesso individuo. Spazi interlamellari. ristretti ma visibili, aventi numerose colonnette. Tracce in tutta la sezione di colonne parziali ad ogni lamina. Osservazioni. Sembrami questa la descrizione che si conviene al tipo della specie e che corrisponde a quello della Monografia di Archiac ed Haime. Associazione. Colla N. miocontorta , Fiditeli , variabilis. Rosai etc. Orizzonte. Tongr. medio e super.; più comune però nel Ton- griano medio. Località. Marmorito, R. Freddo: cc. Tongr. medio? — R. Ri- goroso (Carrosio) cc. Tongr. medio. — F. Lemno (tra Carrosio e Voltaggio), Tongr. medio cc. — Costalupara, Tongr. super, rr (al- cuni rarissimi esemplari Incieliti passaggio alla variotà seguente). — Nummulitidee terziarie dell' Alta Italia occidentale 219 Roquestéron, Savona, Ventimiglia, Monte Cannello (Bell.-Arch., Tongriano ? !). var. bormiensis mihi Tav. Vili, fig. 14a, 14b, 15, 17. Dimensioni come la forma tipica, solo talora a piccolo asse proporzionatamente minore, e con predominanza di esemplari pic- coli ossia diametro 9mm, spessore l,5-2mm. Giri 16-17 negli esemplari grandi Setti 5 in j di giro a mezzo raggio nei grandi individui » 7 » all’estr. del raggio « » Angolo postero-superiore 30-40° ; antero-inferiore 80-90°. Rapporti e differenze. Ritengo questa varietà benissimo di- stinguibile dalla specie quantunque presenti alcune forme di pas- saggio. Nell’ indicare le differenze tengo conto degli esemplari che le mostrano più marcate ed accentuate. La forma di questa varietà è più depressa, in generale più piccola ed in tal caso quasi discoidea. Reticolatila esternamente ben visibile, bordo formato da un orlo rilevato, semicircolare. Spira con minor numero di giri, lamina flessuosa, con frequenti irregolarità nell’andamento, assai sottile e quindi colle logge più alte. La lamina è circa metà ed anche un terzo l’altezza delle logge vicine ; gli ultimi due giri non hanno passo marcatamente più piccolo dei precedenti. Setti in numero considerevolmente minore che non nella specie in modo che le camere periferiche sono 2-3 volte più lunghe che alte ; essi sono inoltre inequidistanti, non diritti, ma spesso angolosi o sinuosi, quasi per- pendicolari alla base, e poscia assai inclinati in modo che l’angolo postero-superiore è assai più acuto che nella specie. I filetti settali divaricati in alto rivestono assai visibilmente il soffitto di cia- scuna camera. Associazione. Compagna fedele della N. Fiditeli , non però sempre si trovano assieme nello stesso strato, il più delle volte la Fiditeli è numerosissima, la intermedia meno abbondante. Orizzonte. Tongr. super. Per le località seguenti, assai nume- rose, e che tuttavia sono solo le principali, sarà detto il piano stratigrafico solamente quando sia diverso dal Tongr. super. 220 A. Teliini Località . S, Giustina r. — Sassello c. — Carcare cc. — Est di Carcare c. — Costalupara (Dego) cc. — Piana Crixia cc, grandi esemplari. — Dintorni di Dego cc. — Villa del Piano (Dego) cc. — Acqui (Bormida) c. — Grognardo cc in ogni parte dei dintorni. — Val- lone Verazza tra Grognardo e Ponzone cc. — Idem. Arenaria so- vrapposta alla puddinga con lignite c. — Galletto a Grognardo c. — Tra Grognardo e Ponzone c, Stampiano infer. — Idem, Stamp. medio e sup. rr. — Poggio di Grognardo cc. — Cassinelle a sud del paese cc. — R. Arnione di Cassinelle cc (Tongr. medio-sup.). — Bric del Ratto a sud di Cassinelle r. — Molare. — Cassinelle tra C. Bassano e C. Vallerano cc. — C. Mongiardino (Beiforte) c. — Derma piccoli e rari esemplari. — Costa (Ovada) cc. — Carrosio cc. — Mornese c (un esemplare del diametro di 19mm Rovesenda). — Colline ad ovest di Piotrabissara r. — Rio di Pietrabissara r e piccoli esemplari. — Toleto (Apennino ligure) c. — Cadibona, Tongr. (Arcliiac). Sezione 6a. Nummuliti reticolate non granulose aventi camera centrale. IV. Fiditeli Michelotti 1841. 1841. N. Fiditeli,' Michelotti, Saggio storico Rizop. caratt. pag. 44, tav. Ili, fig. 7. 1847. N. Fiditeli, Michelotti, Déscr. des foss. cles terr. mioc. de V Italie, sept. p. 15, pi. I, fig. 9. 1853. N. Fichteli, Michelotti, — D’Arch. et Haime, Monogr., p. 100, pi. Ili, fig. 5a. 1853. N. garansensis Leyra. (pars.). — D’Arch. et Haime, Monogr aphie, pag. 101, pi. Ili, fig. 7a-9 (non 6“). 1871. N. Fichteli, Michelotti. — E. Sism. Matériaux, p. 270. 1879. » !i — De la Harpe, Numm. zone sup. Biarritz. Bull. Soc. de Borda, extr. pag. 14, tav. I, fig. 4, 1-10. 1883. » » — De la Harpe, Monogr. Num. Aegypt., pag. 211, tav. XXXV, fig. 23-28. Dimensioni Individui maggiori diametro 6,5mm spessore l,5mm » medi » 4 « 0,8-1, 2 » minimi » 1,5-2 » — Nummulitidee terziarie dell' Aita Italia occidentale 221 Giri 9 nei grandi esemplari; 7-8 nei medi. Setti 5-6 in j di giro a lram dal centro ossia a metà raggio » 6-7 « all’estremità del raggio degli esemplari medi ossia aventi 5mm di diametro. Angolo postero-superiore 70-80°; antero-inferiore 80-90° circa. Definizione. Nummulite piccola, discoide, piana o rigonfia, di forma sublenticolare ; in generale con orlo marcato circolare più o meno visibile ; superficie a finissime reticolature come nella N. in- termedia al centro, che però verso il bordo costituiscono un disegno a maglie quadrangolari disposte in serie più o meno regolari e che rap- presentano all’ esterno l’aspetto della spira e dei setti della sezione orizzontale. Camera centrale circolare, grande, spira regolai e, cre- scente. Setti che si allontanano tra loro dal centro, quasi diritti e quasi perpendicolari. Descrizione. Piccola specie discoide, un pochino rigonfia in alcuni esemplari, colla proporzione tra i due assi nei limiti 1 : 2 ... 1 : 5. Orlo flessuoso formato da un ispessimento cir- colare. Superfici al centro e nella parte mediana reticolate ; cor- rispondentemente all’ ultimo giro dei migliori esemplari havvi un disegno che riproduce la forma delle camere della spira. Conchiglia talora pellucida. Sezione orizzontale. Camera centrale abbastanza grande, sub- circolare, prima seriale piccola, semilunare. Spira subregolare len- tamente e regolarmente crescente ; lamina un po’ flessuosa a spes- sore crescente, poco più grossa di metà dell’altezza delle logge, un pochino attenuata nella parte di mezzo del tetto di ciascuna camera e protuberante a guisa di minutissimo triangolo al punto di attacco dei setti. Questi sono sottili, abbastanza diritti ed inclinati di pochissimi gradi ; si allargano a partire dal centro e sono subequidistanti in uno stesso tratto di spira; i filetti settali si divaricano al soffitto delle camere che rivestono assai visibilmente. Sezione trasversale fusiforme, rigonfia, a camera centrale circolare ; lamine più grosse verso il canale spirale, che è triangolare ad angoli smussati o semilunare, più sottili ed eguali nel resto della sezione ; spazi interlamellari uniformi, distinti, interrotti da colonnette. Associazione. Colle N. intermedia , miocontorta , variabilis , etc. 222 A. Telimi Orizzonte. Tongr. e Stampiano, (una varietà anche nel Barto- niano). Le località sottoindicate nelle quali non kavvi altra indi- cazione sono del piano Tongriano. Località. Sassello cc. — Carcare, cc. — Piana di Dego cc. — Costalupara (Dego) cc , (grandi esemplari). — Rocchetta Cairo cc. — Ponzone e Grognardo Tongr. medio, super., Stamp.infer. ovunque cc. — Id. Stainp. medio e sup. rr. — Poggio di Grognardo, Vallone Ve- razza, Galletto etc. cc. — Cassinelle cc ovunque, Tongr, medio e super. — Costa di Ovada cc. — C. Mongiardino di Beiforte c. — Beiforte c. — Berma c. — Carrosio c, Tongr. medio. — Rio di Pie- trabissara Tongr. medio c. — Dintorni di Grondona e Roccaforte Tongr. rr. — Giara (Tavoletta Varzi) Tongr. c. — R. Freddo Mar- moreo : Tongr. medio ? nelle sabbie gialle c , e nei conglomerati c. — id. — Fontana solforosa, Marmorito. Tongr. c. — Olivola. — Sala- bue (Monferrato). var. dubia miki Rapporti e differenze. Differisce dalla specie tipica per avere dimensioni mediocri (diam. 3,8mm), camera centrale subcircolare assai grande (0,8mm) spira poco regolare e di passo costante, ossia abbastanza grande fino dal centro e setti un po’ ingrossati al soffitto. Uno studio più completo di questa varietà verrà fatto allorché si trovi più abbondantemente ed in altre località. Orizzonte. Tongriano inferiore. Località. Bricco Sac (Brusasco) in arenaria quarzosa r. var. problematica mihi Dimensioni Diametro 2,7mm spessore l,5mm » 2 » 0,9 Giri 4-5. Setti 5 in un quarto di giro a metà raggio r 8 circa in un quarto di giro all’estremità del raggio Angolo postero-superiore 50-60° ; antero-inferiore 70-80°. Descrizione. Nummulite piccola, lenticolare, rigonfia (rapporto tra i due assi 1 : 1,8 .... 1 : 1,9) a bordo piuttosto ottuso e facce coperte di punti rilevati disposti a spira di cui quello che sta al centro è un poco più grande; l’ultimo giro di spira non è chiuso- Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale 223 Sezione orizzontale a spira regolare, avente passo costante o po- chissimo decrescente. Lamina grossa circa metà l’altezza delle ca- mere, di spessore quasi uniforme in tutta la spira. Camera centrale grande, irregolarmente semilunare, con parete spessa. Setti grossi con canale intersettale e con filetti un po’ divaricati al soffitto, poco curvi, inclinati, quasi egualmente distanti al centro ed alla periferia. Qualche camera abortita. Osservazioni , Non ho potuto scorgere nemmeno durante il sezionamento, la reticolatura dei filetti settali, che è caratteristica del gruppo. Per molti altri caratteri ancora si distingue dalla N. Fichteli tipica del Piemonte, mentre si avvicina moltissimo a quella d’Egitto quale è figurata e descritta da la Harpe nella sua Mono- grafia, pag. 211, tav. XXXV, fig. 23-28. Il piccolissimo numero di esemplari che ho sottocchio non mi permettono di fare uno studio più accurato per decidere se debba separarsi dalla specie e forse anche dal gruppo. Associazione. Finora non si trovò assieme ad alcun’ altra specie. Orizzonte. Anche rispetto all’età questa forma è dubbia; essa è associata con Orbitoidi di tipo Bartoniano e trovasi assai vicina agli strati Bartoniani. Il prof. Sacco ritiene in modo certo che gli strati che la racchiudono non siano inferiori all’Oligocene. Località. Gassino presso le fornaci a sud di Costa Battaina. Tre soli esemplari. Varietà indeterminate. Non ho dato per ora dei nomi a delle forme attribuibili spe- cificamente alla N. Fichteli perchè conosciute per un numero troppo piccolo di esemplari e perchè questi non presentano caratteri co- stanti. Queste forme, specialmente le due prime (a e b) sono importanti per il livello stratigrafico; dimostrano cioè indubbiamente che la N. Fichteli era rappresentata da individui collegabili col tipo anche negli strati certamente eocenici. a) Due esemplari provenienti da Montalero (Bart. super.) del diametro di 3 e 4mm, len.icolari, aventi sulla superficie delle rughe lineari interrotte, più o meno distinte, disposte nella stessa guisa che la spira interna. L’esemplare minore ha nella sezione oriz- zontale gli stessi caratteri che presenta la specie ; il maggiore sembrami alterato da una mostruosità poiché la sua sezione orizzontale presenta 224 A. Tellini visibili solamente i giri più interni in numero di 3 e mezzo e la lamina più esterna, il tratto corrispondente ai 3-4 giri periferici è occupato da una massa calcarea che io ritengo piuttosto secrezione morbosa dell’animale vivo che opera della fossilizzazione. La forma esterna di questi esemplari si avvicina assai alle figure date da la Harpe alla tav. XXXY, fig. 23-26 dalla Monografia delle Num- muliti d’Egitto, dove non è certamente figurata la forma tipica del Miocene inferiore del Piemonte sulla quale Michelotti creò la specie e che si riscontra anche nelle altre località oligoceniche europee. b) Dalla stessa località di Montalero (Barton. super.) pro- viene un esemplare di forma lenticolare, con la superficie esterna mostrante assai visibilmente la reticolatura a maglie quadrangolari. La spira è assai regolare ed i setti non equidistanti, diritti e quasi perpendicolari. Per la forma esterna si avvicina assai alla specie tipica, e non si può certamente dubitare della sua appartenenza a questo gruppo. c ) Da Piana di Dego, (Tongr. super.) e da Marmorito, con- glomerati di Rio Freddo, (Tongr.) provengono esemplari della solita dimensione e forma del tipo, ma che presentano spira regolare a la- mina spessa quanto l’altezza delle camere. Questo fatto risulta, come ebbi occasione di dire, da un maggior assorbimento di sali cal- cari per parte di alcuni individui, che si verificò specialmente in quei siti dove l’acqua marina ne era più ricca. IV. reticulata n. sp. Tav. Vili, fig. 13a. 13b. Dimensioni Diametro 8mm; spessore l,5ram Giri 6 Setti 5 in un quarto del 3° giro * 6 » del 4° e 5° giro ossia a mezzo raggio ni n dell’ultimo giro Angolo postero-superiore 45° ; antero-inferiore 70-80°. Definizione. Nummulite di media grandezza, discoide, a bordo ottuso e superfici più o meno visibilmente reticolate. Spira rego- B oU . d . Soc. Gcoloyim [tal. y0 1 yjj ( 188g j fav yjjjr •' Jt Bruno e S itonone Hjìwa Nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occidentale 225 lare a passo eguale ; camera centrale grande, irregolarmente ovale. Setti subequidistanti un po’ curvi e un po’ inclinati. Descrizione. Nummulite discoide, piana a bordo piuttosto ottuso; superficie colle reticolature irregolari assai simili a quelle della N. intermedia ; filetti settali reticolati, visibili specialmente nelle sezioni parallele alla orizzontale. Sezione orizzontale. Presenta nna spira abbastanza regolare, a passo crescente solo in una parte del primo giro ossia per le prime quattro camere seriali, poscia è costante oppure appena de- crescente. Lamina sottile nel primo giro, poscia aumenta di poco lo spessore dal centro alla circonferenza, in guisa che si conserva sempre, in media, circa la metà dell’altezza delle camere adia- centi. Camera centrale ovale ; probabilmente però la vera camera centrale è circolare, ma per la sottigliezza del setto che le divide dalla adiacente pare unica colla prima seriale ed assume la forma in- dicata; essa è assai grande ha cioè circa l,2mm di dimensione maggiore. Setti abbastanza grossi, perchè i filetti che li compongono non sono esattamente uniti ma lasciano tra loro un canale visibile ed al soffitto una piccola camera avventizia, triangolare. Sono subequidi- stanti ; la loro distanza cresce poco dal centro alla circonferenza ; sono poco curvi e poco inclinati. I filetti settali tappezzano il sof- fitto della camera, ma spesso in alcuni punti non sono del tutto aderenti alla lamina. Osservazioni. Ha analogia specialmente colla N. Fiditeli var. dubia per la spira e la camera centrale. Associazione. Colle specie, N. striata var. pedemontana , complanata , Romiti , Rovasendae ecc. Orizzonte. Barton. super.? Località. Finora un solo esemplare a C. Defìlippi, Gassino. Sezione 7a. Nummuliti reticolate granulose senza camera cen- trale . IV. Brongnarti d’Arch. et H. var. P liscili d’Arch. 1850. 1852. N. P u.sch i d’Arcli. — Bell. -Ardi., Foss. Num. de Nice, pag. 272. 1853. » » — D’Arch. et Haime, Monogr.. pag. 90, tav. I, fig. 5abc. 22G A. Telimi 1877. N. P u s c h i d’Arch. — De la Harpe, Num. de Nice, pag. 821, tav. XVIII, 1, 2, Sab. 1879. N. Brogliarti d’A. et H., var. Puschi (d’Arch.) — De la Harpe, Étude Num. de Nice, pag. 203, tav. X, fig. 1-3. Associazione. Colle N. Lucasana e perforata. Orizzonte. Parisiano. Località. Colle di Braus c. — Sospello (Museo di Torino) con N. Lucasana , perforata. L’ottavo gruppo, delle Nummuliti reticolate granulose, con camera centrale non ha dato finora rappresentanti in questa regione. Gen. ASS1LINA d'Orb. 1825 Sezione la delle Assiline senza camera centrale visibile. A., exponens Sow. 1840. var. glabra de la H. 1877. 1853. Nuin. granulosa d’Arch. — D’Arch. etHaime, Monogr. pi. X, fig. 10. 1877. A. sp. 1 var. glabra de la H. Num. de Nice pag. 289 e seg. 1879. A. exponens. Sow. var. glabra, de la H., Etude Num. de Nice, pag 212. Orizzonte. Bartoniano infer. Località. Palazzo Orengo (Mentone) r. — La Mortola strati super, c. var. granulata de la H. 1877. 1 853. N. exponens (pars) e N. granulosa (pars). — D’Arch. et Haime. Mo- nogr. pi. X, fig. 1, 3-5, 15°. 1877. A. sp. 1 var. granulata de la H., Num. de Nice, pag. 289 e seg. Il resto delle sinonimie ed orizzonte come sopra. Località. Palazzo Orengo (Mentone) cc. — La Mortola strati super, c. var. plicata de la H. 1877. 1853. N. exponens. Sow. — D’Arch. et Haine, Monogr., pi. X, fig. 2, (5. 1877. A. sp. 1, var. plicata de la H., Num. de Nice, pag. 289 e seg. ecc. 1879. etc. 227 Nummulìtidee terziarie dell' Alta Italia occidentale Località. Palazzo Orengo (Mentone) c. — La Mortola strati super, cc (J). Sezione 2a delle Assiline a camera centrale visibile. A. marci illata d’Arch. 1850. var. glabra de la H. 1877. 1853. N. exponens Sow. — D’Arch. et Haim. Monogr, pi. X, fig. 9, 10, 11“. 1877. A. sp. 2, var. glabra de la H., Num. de Nice pag. 289 e seg. 1879. A. mamillata d’Arch., var. glabra de la H., Étude Num.de Nice, pag. 213. Orizzonte. Bart. infer. Associazione. Colla specie precedente. località. Palazzo Orengo cc. — La Mortola strati super, cc. var. granulata de la H. 1877. 1877. A. sp. 2, var. granulata de la Harpe. Num. de Nice, pag. 829. 1879. etc., etc. Località. La Mortola strati super, r. var. plicata de la H. 1877. 1853. N. exponens Sow. — D’Arch. et H. Monogr. pi. X fig. 7 e 7“ 1877. A. sp. 2, var. plicata de la H., Num. de Nice, pag. 829 e seg. 1879. etc., etc. Località. Palazzo Orengo c. — La Mortola strati super, c. var. obesa de la H. 1879. 1879. A. mamillata d’Arch. var. obesa de la Harpe, Numm. de Nice pag. 215. * L,ocalità. Palazzo Orengo r. Achille Telline 0) A questo gruppo appartiene anche la Assilina granulosa d’Arch., che è ricordata nell’opera di Bellardi e nella Monografia di Archiac, e quindi dal Sismonda, come appartenente al Nizzardo e precisamente alle località del capo la Mortola, Eoquestéron e Ventimiglia; il de la Harpe non l’ha però mai trovata ed è supponibile sia stata dai paleontologi precedenti scambiata colla Mss. exponens. Il Murchison riferisce di Gassino in Piemonte la Num. (As- silina) placentula Desìi, che pare differisca dalla granulosa, ma io non l’ho mai incontrata tra le numerose Nummuliti di Gassino che ebbi tra mano, e penso che quella sia stata una erronea determinazione. 228 A. Teliini QUADRO DELLE SPECIE PIANI: Parisiano Bartoniano Liguriano T ongriano Stampiano Gen. Nummulites N.'complanata Lk. • • • • | lì • U l/Lt / / tt/is» O/OO f'O U HI Wi. var. depressa de la H. . . . N. contorta Desh. var. irregularis de la H. — N. miocontorta n. sp. var. crassa in ibi var. exilis mihi ? i 1 • JLUòLOC Ila S|L N. Rovasendai n. sp. _____ N. Portisi n. sp. N. distans Desìi, var. minor d’Arch. ? ? i T • JL l/Ui / / LU /OlA/ (t XJ U 1 X • N. vasca J. et I.eym. N. Tchihatcheffi d’Arch. et H. var. depressa mihi — ? var. pedemontana mihi —— var. carrosiensis mihi — var. obesa de la H. • var. a d’Arch. var. e d’Arch. N. Guettardi d’Arch. var. plicata de la H. var. minor. d’Arch. N. variabili s n. sp. N. op ercolini formi s n. sp. N. Tournouèri ? de la H. JV Ranch eri. de la. IT. var. incrassata ? de la H. Nummulitidee terziarie dell' Alta Italia occidentale 229 PIANI: Parisiano Bartoniano Liguriano Tongriano Stampiano AT anomala. de TT N. perforata d’Orb. 1 var. Bellardii (d’Arch.) var. aturensis (d’Arch.) var. subglobosa de la H. var. obesa (Levili) N. Sacco i n. sp. rr V. Lucasana Defr rr var. obsoleta de la, JJ var. glabra de la H. var. rn.entov.ensi s de la H N. Romiti d’Arch. et H. N. intermedia d’Arch. var. bormiensis mihi rr N. Fichteli Michel. rr var. dubia mihi ? var. 'problematica mihi 1 -- var. indet a. — var. indet b. var. indet c. N. reticulata n. sp. rr N. Brongnarti d’Arch. et H. var. Paschi (d’Arch.) Gen. Assilina A. exponens Sow. var. glabra de la H. var. granulata de la H. var. plicata de la H. A. mamillata d’Arch. var. glabra de la H. var. granulata, de la, H va,r. placata, de la. H var. obesa de la IL 230 A. Tt'llini SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Vili Fig. la Nummulites Rosai n. sp. vista di faccia (Cassinelle) x/i ; fig. I6, la stessa vista di profilo 1/1. » 2 N. Rosai n. sp. vista di profilo (Cassinelle) */i ; esemplare più de- presso. » 3 N. Rosai n. sp. (Lerma) sezione orizzontale 8/i- « 4" N. miocontorta n. sp. (Carrosio) vista di faccia, 1/t, Fig. 4b la stessa vista di profilo Vi- li 5“ N. miocontorta n. sp. var . exilis mihi (Beiforte) vista di faccia l/r> fig- 56 la stessa ingrandita 2/i 5 fig- 5C il medesimo individuo visto di profilo Vi- li 6“ N. Rovasendai n. sp. vista di faccia (Gassino) 1/1 ; 6b sezione orizzon- tale Vi- li 7a N. variabilis n. sp. vista di faccia (Carrosio) x/i ; fig. 7& la stessa vista di profilo l/i ; fig- 7C la stessa vista di faccia, ingrandita Vi- li 8* Ar. ToumouèriV de la H. (Costalupara) vista di fronte 2/x ; fig. 8b la stessa vista di profilo */t. ” 9 N. Tournouèri ? (Costalupara) sezione orizzontale ingrandita 8/,. ” 10 N. operculiniformis n. sp. (vai Bormida) vista di fronte l/i- » 11 » » » forma laxispirata sezione orizzontale ingrandita Vi- » 12a N. Saccoi n. sp. (Gassino) vista di faccia V»; fig- 12b sezione oriz-' zontale della stessa ingrandita Vi- li 13° N. reticulata n. sp. (Gassino) vista di faccia 1/1 ; fig. 13b sezione orizzontale della stessa, ingrandita Vi- ti 14» JY. intermedia d’Arch. var. bormiensis mihi (Costalupara) vista di faccia Vi 5 fig- la stessa di profilo Vi- li 15 Ar. intermedia d’Arch. (Costalupara). Reticolatura della superficie in- grandita 10/i circa. » 16 N. intermedia d’Arch. tipo (K. Rigoroso di Carrosio), sezione oriz- zontale ingrandita Vi- li 17 N. intermedia d’Arch. var. bormiensis mihi (Costalupara) sezione orizzontale ingrandita 4/i. ORIGINE DEL PORTO DI MESSINA E DI ALCUNI INTERRIMENTI LUNGO LO STRETTO (J). Lo stretto di Messina o del Paro che separa la parte NE della Sicilia dall' estremità meridionale della Calabria e d’Italia, diretto da S a N , ha forma irregolarmente triangolare; assai ampio a S, è più ristretto a N ove devia alquanto verso NE. La lar- ghezza a S fra il Capo d’ Alì e quello di Pellàro in Calabria è di 17 chilometri; fra Messina e Catona di 5500 metri; fra la Punta del Pezzo e Canzirri è ridotta a 3500 metri ; fra la Punta del Faro e la batteria di Torre Cavallo a 3200. La profondità va di pari passo diminuendo da S verso N ; a S è superiore a 600 fathoms; fra la Punta del Pezzo e S. Agata è di 120 metri. Fra i depositi litorali recentissimi che costeggiano lo Stretto alenni meritano speciale considerazione. Nel termine settentrionale dello Stretto la costa siciliana del medesimo devia con angolo molto acuto verso ponente, formando un promontorio, il quale ter- mina con un tratto sabbioso pianeggiante, piuttosto esteso, nella Punta del Faro. A SO lungo lo Stretto, come a 0 lungo la costa settentrionale, la pianura sabbiosa diminuisce e cessa al piede di pendici dirupate. (!) Negli ultimi due lavori da me pubblicati nel Bollettino della Società geologica, anno VI, fascicolo 3°, 1887, sono incorsi parecchi errori tipogra- fici, alcuni dei quali alterano il senso. Nel lavoro : L'Apennino fra il Colle dell' Altare e la Polcevera a p. 234 (p. 10 delle copie a parte) linea 20 sta: «non ho trovato serpentine nè diabasi » ; si legga invece « non ho trovato diabasi ». Nel lavoro: Il terreno terziario nella valle del Mesima, a p. 272 (p. 8 delle copie a parte) 1. 30, sta: « al miocene succede direttamente il plio- cene superiore », mentre deve essere: « il postpliocene superiore ». Parimente alla 1. 32, il nome dell’autore, S. De Bosniasld, che fu omesso, deve precedere il titolo : Sui pesci fossili terziarii delle marne di Cutrò e Reggio. 232 C. De Stefani Nella parte opposta calabrese, là dove la spiaggia diretta prima da S a N devia piuttosto bruscamente ma ad angolo ottuso verso NE, alla Punta del Pezzo, è pure una breve spiaggia sab- biosa nel cui prolungamento è un'accumulazione subacquea pure di sabbie, svelata dagli scandagli e dai saggi raccolti dal fondo, formante un’ansa od una mezza luna, fin verso la metà dello Stretto, convessa e più declive a SO, concava e relativamente più ripida a NE. Finalmente, di nuovo nella parte siciliana, più singolare fra tutti è il porto di Messina. Esso è chiuso da una lingua pure sabbiosa, pianeggiante, disposta pur essa ad ansa o mezza luna, ma emersa, convessa a levante, concava a ponente, che costituisce il termine settentrionale del piano sabbioso di Terranova e che è aperta a N dalla parte meno esposta ai venti predominanti, per cui le navi possono entrare nel porto in sicuro rifugio. La detta ansa termina restringendosi ed abbassandosi al Forte del Salvatore. Nella parte concava, interna, al Lazzaretto, parte dall'ansa una piccola protuberanza secondaria che segna probabilmente uno dei primi stadi di formazione del porto. I detti interrimenti formati da materie sabbiose alluvionali, furono certo prodotti da correnti. Rammentiamo in due parole i principi regolatori di queste, richiamando agli studi del Montanari e de’ suoi seguaci, ma specialmente a quelli del Cialdi, d’Elie de Beaumont, del Keller, del Mitchell, del Gilbert, del Cornaglia (*) ed alle nozioni più comuni e più elementari per un idraulico, se non per un geologo. 1. Le maree non producono correnti se non per eccezione, quando arrivano in bassi fondi, negli stretti, nelle baie lunghe e senza uscita. Ora lo Stretto è breve, aperto, fra due mari comu- (0 E. de Beunmont, Le(:oas de géologie pratique. T. 1, lesoli VII, levées de sahle et de galet. — A. Cialdi, Sul moto ondoso del mare e sulle correnti di esso, specialmente su quelle littorali. Roma 1866. - Dei movi- menti del mare sotto l'aspetto idraulico nei porti e nelle rive. Milano 1876. — H. Keller, Studien iìber die Gestaltung dee Sandkiistcn. — li. Mitchell, On thè reclamation of tuie lands (U. S. Coast Survey, Ann. Report, 1869). — G. K. Gilbert, The topographie features of Lake Shores (li. 8. geolog. Survey, 5 Ann. Rep.) Washington 1885. — P. A. Cornaglia, Du fot de forni dam Ics liquides en état d'ondulation (Ann. d. ponts et chaus.) Paris, 1881. 283 Origine del porto di Messina ecc. nicanti assai ampiamente per altra parte e non sottoposti a cir- costanze differenti. Infatti la differenza fra l’alta e la bassa marea dello Stretto a Messina non è superiore a 30 centimetri; è quindi ben poco notevole, come nell'Ionio e nel Tirreno e minore che nell’ Adriatico. Affermano però tradizionalmente, dai più antichi scrittori greci e romani, fino ai più recenti, senza che alcun saggio studio sperimentale abbia avvalorato la tradizione, che le correnti di marea, avvicendate ogni sei ore verso N o verso S, sono molto forti nello Stretto. L’onda di marea impiega 2 ore e fin 3 dalla Punta del Faro a Messina ('), solo per eccezione un’ora, ve- locità che alcuni affermano impropriamente essere la velocità media ordinaria fra quei punti (2). Essendo la distanza percorsa, secondo l’asse dello Stretto, di 12 chilometri, convien dire che l’onda corra nei primi casi in media 6 chilometri (8), e talvolta 4 l’ora, cioè solo m. 1,36 e talora m. 1,10 per minuto secondo, velocità più moderata assai, indi più verosimile di quella comu- nemente supposta e che sembra verificarsi solo in casi eccezionali. Considerano infatti comune la velocità di 5 nodi l’ora (4), cioè di m. 2,57 al minuto secondo, e realmente in certi pupti, secondo alcuni, fra la Lanterna e il Lanternino di Messina, presso la Torre di Faro e la Punta del Pezzo, le correnti giungono talora a 18 chilo- metri l’ora, cioè a m. 5 per minuto secondo (5), velocità però tutte tal- mente eccezionali ed enormi, da far desiderare i documenti e gli studi precisi sui quali furono fondate, tanto più che l'idea di quelle correnti sarebbe affatto inconciliabile colle supposizioni fatte da alcuni relativamente all’incominciamento, all’incontro e al cammino delle correnti stesse. È probabile che le velocità minori siano le velocità di propagazione dell’onda di marea senza o con poco trasporto delle acque da un punto all’ altro dello Stretto piut- tosto che costantemente la velocità di un vero e proprio moto delle (L F. Longo, Il canale di Messina e le sue correnti. Messina, Ribera, 1882, p. 8. (2) E. Cortese, Sulla formazione dello Stretto di Messina (Boll. Com. geol. 1882) p. 84. (3) Longo, p. 23. (4) C. Navone, Passaggio sottomarino attraverso allo Stretto di Mes- sina. Torino 1870, p. 19. (5) Longo, p. 24. 16 234 C. De Stefani acque da un luogo all’altro; come pure è probabile che le velocità maggiori delle correnti siano estranee all'onda di marea. Nella baia di Fundy le correnti prodotte dalla marea hanno velocità di 6 a 8 miglia l’ora; ma la differenza fra l’alta e la bassa marea arriva a più che 22 m. ; è cioè circa 80 volte maggiore che nello Stretto : l’argomento è talmente importante che meriterebbe di essere alla fine seriamente studiato anche per conto dei vari Mi- nisteri interessati. Ad ogni modo le correnti di marea, a differenza delle cor- renti litorali, sono assai più forti nel mezzo degli stretti e delle baie che ai lati verso le spiaggie, dove incontrano resistenza e dove la velocità, secondo il Keller, è diminuita di metà. La poca e secondo me niuna azione dell’onda di marea e delle correnti rela- tive, qualunque sia la loro origine, sul litorale, è provata anche dal numero degli ancoraggi lungo il medesimo, sempre sicuri, meno nel caso di fortunali e di venti di traversia, meno cioè circostanze indipendenti dalla marea ('). I pratici riconoscono poi che il cam- mino dell’onda di marea e delle correnti è turbato dai venti (2), i quali, allorché dominano qualche tempo costanti, possono so- spenderne il corso e contrariarlo, rovesciando le correnti anche per 10 giorni e più: tino dai più antichi tempi vari poeti e scrittori attribuirono le correnti al vento anziché alla marea. Per le dette ragioni sono di parere che le onde e le correnti di marea non ab- biano azione sulla distribuzione delle materie lungo i litorali dello Stretto, se non in quanto concorrono parzialmente con cause più potenti. La corrente proveniente dall’ Ionio diretta a settentrione o ascendente, è, dicono, più forte e più costante (3). 2. Tutte le coste del Mediterraneo, comprese quelle della pe- nisola italiana, sono lambite da una corrente litorale o radente che va dalla sinistra alla destra di chi dal litorale guardi il mare. Questa corrente percorrendo in media non più di mezzo miglio ma- rittimo l’ora, diversamente da quanto opinava il Montanari ha ben (l) Longo, p. 29. (*) C. Rossi, Piano della parte settentrionale dello Stretto di Messina. Genova, Ufficio idrografico, 1881. (3) Longo, p. 18, 21. 235 Origine del 'porto di Messina ecc. poca azione sulla distribuzione delle materie meno leggere lungo i litorali. Tale corrente, qualunque sia la sua origine, dovuta forse ai venti predominanti, sembra sovente percorrere pure i li- torali dello Stretto, dirigendosi ad ambedue le parti da S a N, cioè dall' Ionio al Tirreno (*), anco contemporaneamente alle cor- renti contrarie della marea (2). Ora la distribuzione delle materie lungo i litorali potrebbe per avventura risentire qualche azione da questa corrente, non dalle altre lontane dal litorale stesso. 3. Secondo la teorica del Cialdi, e, oserei dire, secondo i cri- teri geologici, la distribuzione e il trasporto delle materie meno leggere lungo i litorali, sono dovuti al moto ondoso del mare ed alle correnti locali che ne derivano od al / latto corrente prodotto dai venti dominanti. Nelle spiaggie sotto vento il moto ondoso e la distribuzione delle materie son nulli o minimi ; il trasporto delle materie sopravento è nullo o minimo con venti perpendicolari alla linea di costa, è massimo con venti obliqui alla linea stessa come già stabilirono lo Zendrini e il Lamblardie. I venti predominanti sulla costa orientale e siciliana dello Stretto, come in tutte le coste orientali adriatiche e ionie della penisola, sono quelli di SE o Scirocco. A Catania in 12 anni si ebbero 397 giorni di SE, 322 di ENE, 226 di SO e meno degli altri venti; a Siracusa in 7 anni soffiò per 217 giorni vento di E, per 212 di 0 ecc. (3). Per avere idea dell’azione del vento sulle materie litorali converrebbe conoscere la velocità chilometrica totale o per meglio dire la forza dinamica dei singoli venti in sopravento, idea che i riassuntori delle osservazioni meteorologiche non sogliono darci; in un anno un vento fortissimo d’un solo giorno può operare più di tutti gli altri venti dell’anno presi insieme. Però nel caso nostro i venti predominanti sono anche i più forti e quelli producenti più tra- versie e più movimenti di materie nel senso appunto della stessa corrente litorale, da S verso N. Sulla costa calabrese i venti re- gnanti sono quelli di N, probabilmente per le inflessioni che le correnti aeree risentono nelle montagne circostanti, ma sono venti (*) Th. Fischer, Beitràge zur physischen Geographie der Mittelmeer- lànder besonders Sicilien. Leipzig 1887, p. 9. (2) V. Cortese, 1. c. t. I. — Rossi, 1. c. Annotazioni. C) Fischer, p. 172, 181. 236 C. De Stefani bassi, locali e di non grande forza sul mare. Il vento più forte e più dannoso, benché non il più frequente, cioè il sopravvento, come in tutte le coste tirrene, è il Libeccio o SO; è questo in- fatti che produce le più memorabili burrasche come quelle del 27 febbraio 1858, del 27 ottobre 1866, e le altre ('). Ora i venti più forti lungo lo Stretto, quelli che producono i più forti movimenti delle acque litorali e che possono regolare il moto delle materie lungo le spiaggie, salvo parziali e fugaci inversioni, sono i venti di Scirocco sulle coste siciliane, di Libeccio sulle calabresi. Le materie vengono quindi distribuite secondo flutto corrente diretto da S a N. Cotali circostanze continuano anche lungo la costa calabrese fuori dello Stretto e sono uno dei cardini dell’ idraulica marittima lungo le coste italiane; non fu bene informato il Cortese quando affermò che la distribuzione delle materie lungo le Calabrie sul tirreno è regolata dai venti di ponente e maestro (2). 4. Alle correnti del mare si applicano in sostanza le stesse leggi delle correnti fluviali. Se la forza della corrente è superiore a quella bastante pel trasporto delle materie contenute, allora vi ha corrosione: ciò si verifica ordinariamente nelle spiaggie rocciose e ripide: se la forza è inferiore a quella minima necessaria pel trasporto vi ha deposizione: ciò accade d’ordinario sulle spiaggie sabbiose dove il moto ondoso via via che sale il declivio perde forza e deposita materie, prima le più pesanti, poi le più leggere. La diminuzione di forza delle correnti e la conseguente de- posizione di materie possono verificarsi per parecchie circostanze : , per deviazione della linea di spiaggia senza deviazione della cor- rente, o per deviazione orizzontale o verticale della corrente lito- rale, o per improvvisa variazione nel regime dei venti sulla spiaggia, di guisa che non combinandosi più le forze della corrente litorale dove questa esiste e del moto ondoso, ne succedano necessariamente diminuzione di forza e deposizione. In questi casi, nella direzione stessa della corrente si formeranno una punta sabbiosa emersa (') B. Lofaro, Sui loschi (R. Liceo Campanella). Reggio Calabria 1887, p. 21. (2) E. Cortese, I terrazzi quaternari del litorale tirreno della Calabria (Boll, della Coni. geol. 1886, p. 483). 237 Origine del porto di Messina ecc. come la punta del Paro ( Spit ), una barra (bar) quale i toscani con parola propria usata anche dal Castelli dicono cavallo , un’ansa, una mezza luna, come il Porto di Messina (hook), un tombolo concavo verso il mare o a cerchio (loop) oppure a triangolo colla punta verso il mare ( Wbar secondo Gilbert). L’estremità libera delie punte terminerà più stretta e più bassa con declivio che legger- mente si prolungherà sotto il mare. Il fianco di quelle barre verso il mare sarà pure più leggermente declive, e più ripido sarà il fianco verso terra. Questi fatti danno completa ragione dei depositi accennati a principio lungo lo Stretto. Alla punta del Faro si uniscono ad angolo acuto due spiaggie e confluiscono pure due flutti-correnti , quella che va da S a N lungo lo Stretto e quella che costeggia da 0 ad E il settentrione della Sicilia ; le materie portate dalle due correnti, ma principal- mente da quella assai più forte del Faro, adoprerò le stesse pa- role usate in generale dal Gilbert (p. 91): « non possono segui- tare la direzione cambiata della spiaggia perchè il moto ondoso che qui si manifesta non è accompagnato dalla corrente litorale oppure lo è da una corrente contraria alla prima; non possono seguitare la corrente litorale che passa in acque più profonde perchè nell’acqua profonda non è agitazione sufficente a muoverle. Perciò si arrestano. Ma il trasporto delle materie seguita e ne ri- sulta necessariamente un’accumulazione .... sempre maggiore .... un banco che segue il confine fra la corrente e l’acqua calma litorale » . Infatti la punta sabbiosa del Faro serra il Pantano grande e il Pantano piccolo, due lagune oggi d’acqua dolce ma un tempo salse e più estese. La punta poi si accresce continuamente e già molte volte il Faro dovette essere trasportato più avanti (Q. La conti- nuazione della corrente dello Stretto verso N e la deviazione della spiaggia verso S spiegano l’ansa subacquea del Pezzo « somigliante a quella emersa del Porto di Messina ». Scrissi già altra volta: « Io credo che possa trattarsi di un cumulo subacqueo di sabbie recenti in continuazione a quelle estese in sul litorale .... Il Li- beccio produce a S del Pezzo delle forti traversie, attese anche le circostanze speciali dello Stretto, ed i cattivi paraggi fra Scilla e (*) (*) Fischer, p. 10. 238 C. De Stefani Cariddi erano ben noti all’ antichità: a N del Pezzo invece* attesa la variata posizione del litorale, lungo questo per un certo tratto esso non infierisce più. Ora accade che durante le libecciate il moto ondoso del mare tenda a distribuire da S verso N le abbon- dantissime materie sabbiose portate dalle fiumare o tolte alla spiaggia preesistente e ne conduca una parte a N del Pezzo. Quivi le correnti e il moto ondoso diretti pur sempre a N trovano im- provvisamente nel fianco destro ed orientale una zona di calma relativa, onde, dopo aver seguitato per breve tratto, girano sopra se stessi formando dei vortici superficiali, e trovando il contrasto di acque meno agitate od anche di deboli correnti contrarie de- positano quella specie di promontorio sabbioso sottomarino a forma di mezza luna concavo a N (’) s. Più tardi spiegavo i tre banchi del Faro, del Pezzo e di Messina nel seguente modo: « Kitengo che le sabbie del Faro, come quelle sommerse del Pezzo, siano accumulate per effetto del contrasto ivi incentrato dal flutto-corrente costeggiante lo Stretto e proveniente ordinariamente dal Sud secondo la direzione del vento predominante. Se al Pezzo si verificasse un considerevole ed improvviso sollevamento non contrariato da altre circostanze su- perficiali, si avrebbe una diga simile a quella che chiude il porto di Messina, costituita pur essa, io credo, dalle correnti provenienti da S e SE che ivi abbandonarono una mezza luna di sabbie sot- tomarine. L’analogia fra l’ansa di Messina e quella subacquea del Pezzo è aumentata anche dalla presenza di una ragguardevole quantità di sabbie disposta, si direbbe, a monte della corrente, mentre a valle d’un tratto vengono quasi a mancare; ed anche questo mostra essere le correnti meridionali causa dell’ accumula- zione (2) ». Anche il Fischer prima di me (p. 9) avea attribuito la formazione del Porto di Messina alle correnti derivanti da S : « Tutte le materie portate (dalle fiumane) sono dalla corrente prin- cipale trascinate verso settentrione, all’entrata dello Stretto, dove esse cadono a fondo, quando i venti di NO, come spesso accade, (*) C. De Stefani, Studi geologici per la galleria ferroviaria a tra- verso lo Stretto di Messina (Giornale dei lavori pubblici, Roma 1883 )p. 24. (2) C. De Stefani, Jejo, Montalto e Capo Vaticano (Atti R. Acc. dei Lincei, voi. XVIII, 1884, p. 267). 239 Origine del porto di Messina ecc. contrastano la corrente, oppure questa, a tempo calmo, là dove la direzione della spiaggia devia, perde di forza. Così si formò la penisola ad ansa, che forma il Porto di Messina, il così detto Braccio di S. Raineri, nel cui lato orientale si forma ancora oggi il garofalo di Cariddi per l’ incontro della corrente principale colle correnti laterali opposte ». Dopo che io ebbi pubblicato nel 1883 e nel 1884 il mio modo di vedere sui depositi del Pezzo, del Faro e di Messina consentanee alle teoriche di tutti quelli che si occuparono della materia, il Gilbert pel primo, nel 1885, trattò metodicamente di quei depositi con idee identiche alle mie. I banchi litorali a mezza luna come il Porto di Messina si formano, secondo lui (p. 95, 98), quando, la « corrente mantiene la sua direzione e la linea di spiaggia diverge » ciò che avviene alla punta del Pezzo, ma non nel caso nostro « o quando la spiaggia mantiene la sua direzione e diverge la corrente (p. 91). In que- st’ultimo caso essa forma una punta ( Spit ); ma la corrente può non essere continua ; altri venti più deboli possono farle cambiar di- rezione all’estremità della punta, ed essa ricostruisce allora in questa direzione una nuova punta ad angolo colla prima, la quale, se rivolta verso terra, può diventare stabile. Non di rado tali punte accessorie sono formate ad intervalli durante la costruzione di un lungo banco (come p. es. la punta del Lazzaretto nel porto di Messina). Le correnti nella formazione di un porto a mezza luna (hook) non cooperano simultaneamente ma esercitano la loro azione alternativamente (p. 95). In conclusione la mezza luna che chiude il porto di Messina è formata da correnti e da venti i quali provengono da S. Può darsi che ivi si verifichi una deviazione della corrente, secondo i concetti del Gilbert, per via del frastagliamento e delle notevoli va- riazioni di profondità dello Stretto; ma è pure possibile che alla posizione di Messina risponda un netto confine tra venti notevol- mente diversi. A S lo scirocco, vento predominante e dei più forti, soffia provenendo dall’aperto ed ampio mare senza inciampare nelle alte montagne calabresi. La spiaggia a N di Messina è invece sot- tovento a queste montagne e lo scirocco non vi può mai giungere direttamente dal mare; perciò è inevitabile un cambiamento nel regime dei venti, che però le osservazioni meteorologiche non hanno 240 C. De Stefani. Origine del porto di Messina ecc. fin ora provato. Quel cambiamento non può essere senza influenza sulle correnti e sul moto ondoso nel litorale. Piccole correnti se- condarie ad angolo su quella principale od una successiva devia- zione della stessa corrente principale (Gilbert p. 98) possono aver contribuito a formare l’estremità settentrionale della mezza luna. È a ritenere per fermo che la mezza luna finirebbe col chiudersi ed il porto di Messina diventerebbe una laguna senza una continua pulizia della bocca del porto stesso ('). Carlo De Stefani. (*) Un egregio idraulico, "a proposito delle mie idee sopra riportate, spie- gando con altre cagioni i citati depositi aveva scritto : “ riconoscendo nel De Stefani attitudine a contraddire i miei giudizi verrei ad ammettere in me troppa inferiorità scientifica appetto a lui mi trovo nella impossibilità di chiamare ingegnosa la sua ipotesi che l’istmo sottomarino tra il Pezzo e Gan- zirri sia formato da un cumulo di sabbie recenti (cosa, del resto, provata dagli scandagli); chiunque abbia qualche nozione d’idraulica marina, ne com- prende 1’.... ingenuità : chi vede chiaro in fondo al mare, anzi attraverso il fondo, può anche credersi in diritto di emettere ipotesi del genere di quella accennata » (E. Cortese, La galleria ferroviaria attraverso lo stretto di Mes- sina. Giornale dei lavori pubblici, Roma, 19 sett. 1883). Spero che ora egli vorrà pubblicare le sue teoriche sui movimenti del mare e sull’ origine dei depositi littorali o per lo meno provare che le idee esposte da me non sono quelle del Gilbert, del Cialdi, e dei maestri nella materia. La Società geologica italiana tiene due adunanze ordinarie all’anno; l’una invernale nella città dove ha sede il Presidente, l’altra estiva in luogo da de- stinarsi anno' per anno. Per far parte della Società occorre esser presentato da due soci in una adunanza ordinaria, e pagare una tassa annua di L. 15, e una tassa d’entrata di L. 5. La tassa annua può esser sostituita dal pagamento di L. 200 per una sola volta. I versamenti si fanno al socio cav. ing. Augusto Statuti, via dell’Anima 17, Roma. Ogni socio all’atto dell’ammissione si obliga di restare nella Società per tre anni, al cessare dei quali l’impegno s’intende rinnovato di anno in anno, se non venga denunziato tre mesi prima della scadenza. I soci hanno diritto al Bollettino che periodicamente si stampa in fascicoli. Nel bollettino si pubblicano le memorie presentate ed accettate nelle Adunanze o dalla Presidenza, insieme all’elenco dei soci, ai bilanci ed ai reso- conti delle adunanze generali e delle escursioni. Le memorie che non vengono presentate in Adunanza generale, saranno inviate alla Presidenza, e per essa al Segretario. L’Autore di una memoria fornita di tavole, se per la esecuzione di queste domanda un sussidio alla Società, deve lasciare a questa la cura di farle ese- guire, o almeno mettersi in pieno accordo colla Presidenza. Agli autori si danno 50 copie dell’estratto. Per le successive 50 il prezzo a carico dell’autore è in ragione di L. 6 per ogni foglio di pag. 16, e L. 3 per ogni mezzo foglio o frazione di mezzo foglio. I volumi arretrati del bollettino si vendono al prezzo di L. 20 l’uno, meno il voi. IY (1885) che si vende L. 30. Ai librai è accordato uno sconto da convenirsi. — Per l’acquisto diriggere lettere e vaglia al socio cav. ing. Augusto Statuti, via dell’Anima 17, Roma. DELLE MATERIE CONTENUTE NEL PRESÈNTE FASCICOLO. E. Clerici. Sulla C orbi cui a f luminali s dei din- torni di Roma e sui fossili che l’accompagnano (con 2 tav.) pag. 105 A. Secco. FI piano ad Aspidoceras Acanthicum Op. in Collalto di Solagna (con 1 tav.) .... « 129 F. Sacco. Il cono di deiezione della Stura di Lanzo (con 1 tav.) » 135 A. Neviani. Le formazioni terziarie nella valle del Mesima » 161 C. De Stefani. Precedenza del Pecten Ang e Ioni i Mgh. al P. Histrix Dod » 167 A. Telline Le nummulitidee terziarie dell’Alta Italia occidentale (con 1 tav.) « 169 C. De Stefani. Origine del porto di Messina e di alcuni interrimenti lungo lo stretto » 231 Anno VII. Fascicolo 3° BOLLETTINO DELLA ITALIANA Voi. VII. — 1888. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI 1889 re f* >"’*& s- --waj Avvertenza . Vedi la seconda e terza pagina della copertina. SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Presidente Prof. comm. Giovanni Capellini Vice-Presidente Prof. cav. Torquato Taramelli. Segretario Prof. doti. Giuseppe Tuccimei Vice-Segretario Dott. cav. Carlo Fornasini Tesoriere Avv. Tommaso Tittoni Deputato al Parlamento Vice-Tesoriere Cav. ing. Augusto Statuti Areliivista Prof. ing. Romolo Meli Consiglieri Prof. comm. Giuseppe Beliucci Prof. comm. Luigi Bombicci Prof. cav. Antonio D’Achiardi Ing. cav. Celso Capacci Barone comm. Achille De Zigno Comm. ing. Felice Giordano Prof. cav. Arturo Issel Prof. Carlo Fabrizio Parona Prof. Dante Pantanelli Cav. maggiore Antonio Verri MENTE ET MALLEO Ufficio (li Presidenza per l’anno 1889. Commissione per le pubblicazioni. Conte comm. G. Scarabelli Gommi-Flamini Prof. cav. G. Omboni Prof. cav. A. D’Achiardi. Sede della Società — Roma * Via S. Susanna, 1 A, presso il Museo ADUNANZA GENERALE DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA TENUTA IN RlMINI )L 6 SETTEMBRE 1888. La seduta è aperta alle ore 1,20 poni, in una sala dello sta- bilimento balneare gentilmente concessa dal Municipio di Rimini. Presidenza Scarabelli. Presenti i soci: Capellini vicepresidente, Berti, Canavari, Cardinali, Cherici, Clerici, Del Prato, De Stefani, Mazzetti, Meli, Niccoli, Pompucci, Ristori, Segrè, Statuti, Tellini, Tommasi, e il sottoscritto Segretario. Hanno giustificato la loro assenza i soci: Anselmi, Bassani, Bellucci, Capacci, Cocchi, Del Moro, De Zigno, Eroli, Fo- resti, Lotti, Malagoli, Omboni, Pacini-Candelo, Pantanelli, Sciineider, Strobel, Taramelli. Il Presidente apre la seduta col seguente discorso: ti Sono trascorsi ben sette lustri, o Colleglli, dacché io, ap- pena trentenne, percorreva queste vicine montagne, pur balbettan- dovi sopra malamente, le prime frasi della nostra scienza. tt Allora, in tutte le nostre città di Romagna, imperava so- vrana la più folle e violenta reazione clericale, di guisa che il solo girovagare sui monti, quasi a diporto, non bastava neanche ad evi- tare persecuzioni e molestie. « Oh, quale differenza di tempi fra quelli e questi ! Quanti e prodigiosi avvenimenti d'allora in poi! Il solo rammentarli mi riempie Panimo di commozione, massime oggi in questo ameno 17 242 Adunanza generale recinto, dove, sul declinar della curva de’ miei giorni , e per le vostre stesse deliberazioni, venni di nuovo avvicinato a persone e luoghi carissimi, pieni di antiche e dolci rimembranze. - E basti fra tante l’accennarvi, o colleghi, come l'illustre rappresentante di questa nobile città, il conte Ruggiero Baldini, che ci ospitò tanto cordialmente in questo luogo di delizie, fosse già mio collega negli studi alla Università di Pisa, fino da quando vi avevano insegnamento di scienze naturali, il Savi, il Piria, il Matteucci ed il Pilla. Come in seguito egli stesso si trovasse non lungi da me volontario, nei campi del veneto, e vi fosse testimonio di quelle dolorose fazioni militari; talché in oggi reduce illustre e benemerito cittadino, esulterà con noi di avere vissuto abbastanza da vedere finalmente l’Italia fatta libera e indipendente, sotto il glorioso vessillo innalzato da un Re Galantuomo. « Ma che dirvi ancora, o colleghi, di questa regione geolo- gica interessantissima, nella quale primeggiano i monti del Sasso di Simone, il Carpegna, il Titano ed il Pincio ? Sì, o colleglli, nel rivederli fra poco, anche solo in parte in vostra compagnia, ne proverò la maggiore delle soddisfazioni che possa avere un ama- tore geologo: quella cioè di udire da Voi il sincero verdetto sulle mie povere osservazioni : da Voi, cui fu dato, più che a me cer- tamente, di sempre seguire in Italia e fuori, i grandi progressi della Geologia di questi ultimi tempi. « E veramente egli è bene che sappiate, o colleglli, come in questa provincia così dissimile dalle limitrofe dell’ Appennino cen- trale, e ricca di miniere di zolfo, si richieggano ancora studi ac- curati per stabilire in modo definitivo la vera cronologia de’ suoi’ depositi. Perocché bisognerà primieramente decidere se le argille scagliose coi loro calcari fucitici ed alcuni fossili cretacei, vi ab- biano a rappresentare tutte, o solo in parte, il piano cretaceo. Come pure verificare l’orizzonte e l’estensione di certe altre più giovani stratificazioni di arenarie, in gran parte prive di fossili, le quali ora si pensa, dagli operatori del nostro Comitato geologico, riporle nel Miocene anziché nell’Eocene. « Finalmente sarà molto opportuno rendersi bene ragione della tectonica tutta speciale, offerta dalla formazione gessoso-solfifera, la quale in questa provincia, si ripete atteggiata in diversi anti- clinali e sinclinali paralleli all’ Appennino, ma separati in mezzo 243 della Società Geologica Italiana da una vasta protuberanza di rocce spettanti a piani più antichi. Nè questi studi sulla tectonica delle nostre stratificazioni appen- niniche, reputo abbiano mai ad essere soverchi, mentre sarà da questi, che, coordinati passo passo fra loro, a mezzo di sezioni fre- quenti ed in esatta misura, si potrà finalmente verificare ed accer- tare il modo ed i tempi precisi in cui l’Italia assumeva la forma ed il rilievo in cui oggi si trova. « Ma qui ormai, o colleghi, Il tempo clic c’ò imposto Più utilmente compartir si vuole. Apro quindi senz’altro la presente seduta, ed incomincio col pro- porre per acclamazione ringraziamenti alla città di Rùmini ed al suo degnissimo rappresentante (Applausi). « Conforme alle vostre deliberazioni, io non mancai di rap- presentare la' nostra Società in Bologna, alla celebrazione del- l’ottavo centenario di quella Università. Lo feci associandomi il collega Fornasini, e così potemmo insieme assistere e prender parte a tutte le festose e solenni onoranze rese allo Studio di Bo- logna dagli scienziati ivi convenuti da tutte le parti del mondo » . Viene letto ed approvato il processo verbale dell’ ultima adu- nanza generale tenuta in Imola. Indi si approva la nomina dei se- guenti nuovi soci : Baggiolini dott. Alfredo (Bologna) proposto da Capellini e da Fornasini. Pepe ing. Gabriele (Salerno) proposto da De Amicis e For- N ASINI. Lanino comm. ing. Giuseppe (Bologna) proposto da Capel- lini e Fedrighini. Novarese ing. Vittorio (Roma) proposto da Niccoli e Zezi. Contessa dott. Ulisse (Stroncone) proposto da Lanzi e Ter- renzi. Il Segretario dà lettura della seguente nota di pubblicazioni giunte in omaggio alla Società: Bassani F., Colonna vertebrale di 0 xyr vitina Mantelli Ag. scoperta nel calcare Senoniano di Castellavamo nel bellunese. 244 Adunanza generale Estr. d. Mem. d. Soc. it. d. Scienze detta dei XL. Voi. VII, ser. 3a, n. 1 (4° pag. 5, 2 tav.). Bassani F., Di alcuni 'pesci del deposito quaternario di Fin- nico in Lombardia. Estr. A. d. Soc. it. di Se. nat. Voi. XXIX. Mi- lano 1886 (8°, pag. 8, 1 tav.). Id., Sopra un nuovo genere di fisostomi scoperto nell Foce no medio del Friuli. A. d. r. Acc. d. Scienze fis. e mat. di Napoli. Voi. Ili, ser. 2a, n. 4. Napoli 1888 (4°, pag. 4, 1 tav.). Id., Ricerche sui pesci fossili di Chiavón. Estr. dei Rend. d. R. Acc. d. Se. tis. e mat. di Napoli, fase. 7°, luglio 1888 (4°. pag. IO). Capellini G., Sui resti di M asto don Arv ente usi s re- centemente rinvenuti a Spoleto , Pontremoli e Castrocaro. Bolo- gna 1888 con 2 tav., (8° gr.). Id., Sulla scoperta di resti di una Meg attera fossile presso Montepulg nasco di Montezago. Atti Soc. geol. it. • Estr. voi. V. Roma 1888. Carez L., Note sur le terrain cretacé de la vallèe du Rhóne, et specialement des environs de Martigues ( Boudies du Rhóne). Extr. du Bull, de la Soc. géol. de France S. 3e, T. xvj 1888 (8°, pag. 6, 1 tav.). Ciofalo S. e Battaglia A., Su{l ' Iliprpopolamus Pentlandi delle contrade d’ Intera. Termini Imerese 1888 (4°, pag. 76, 1 tav.). Clerici E., Sopra alcune specie di felini della caverna al monte delle gioje presso Roma. Estr. d. boli, del R. Comit. geol. it. Anno 1888, n. 5 e 6 (8°, pag. 22, 1 tav.). Id., Sopra una sezione geologica presso Roma. Estr. d. Bull. ' d. Soc. geol. it. Yol. VII, Anno 1888 (8°, pag. 7). Id., Sulla Corbicula f lumina li s dei dintorni di Roma e sui fossili che V accompagnano. Estr. boli. d. Soc. geol. it. voi. VII 1888 (8°, pag. 26, 2 tav.). Id., Sopra una sezione geologica presso Roma. Estr. d. boli, d. Soc. geol. it. voi. VII 1888 (8°, pag. 7). Id., Sopra alcune specie di felini della caverna al Monte delle gioie. Estr. d. boli. d. R. Comit. geol. it. A. 1888 n. 5-6 (8°, pag. 22, 1 tav.). Dagincourt doct., Extr. de rAmmaire geologique uuiversel. T. HI, 1887. della Società Geologica Italiana 245 Levat D., Étude sur les gisements de nickel de cabali et de chrome de la Nouvelle- Ccdedonie. Proc. verb. de l’Ass. Fran^ polir l’avancement des Sciences. Séance du 29 sept. 1887 (8°, pag. 8, con fìg.). Ricciardi L., Sull' azione dell’acqua del mare nei vulcani. Bari 1887 (8°, pag. 6). Id., Ricerche di chimica vulcanologica. Confronto fra le rocce degli Euganei del M. Amiata e della Puntellarla. Bari 1888 (8°, pag. 13). Id., Sulle rocce vulcaniche di Dossena nell’ Emilia (8°, pag. 10). Scarabelli Gommi-Flamini G., Due tavole dimostranti la scheggiatura di alcune pietre lavorate quaternarie dell’ Imolese. Litografia Wenk. Bologna 1888. Id., Descrizione della carta geologica del versante settentrio- nale dell’ Ape nnino fra il Montone e la Foglia. Forlì 1880 (4° gr., pag. 116, fig.). Id., Carta geologica del versante settentrionale dell’ Apennino compreso fra i fiumi Montone e Foglia. Scala 1 a 100.000. In due fogli, con un terzo foglio di sezioni. Strobel P., Il vulcanetto di Traversetolo. Nel giornale II Pre- senten. 202 del 27 luglio 1888. Parma. Id., Barbai nel Parmigiano. Relazione alla Società geologica italiana. Parma, tip. Battei 1888. Tuccimei G., Bradisismi pliocenici della regione Sabina. Estr. Mem. della pont. Acc. d. N. Lincei, voi. IV. Roma 1888 (4°, pag. 17). Tommasi A., I terremoti nel Friuli dal 1116 al 1887. Estr. d. Ann. dell’uff. centi-, di meteorologia e geodinamica. Voi. Vili, parte 4a, anno 1886 (4°, pag. 23). Tra gli omaggi meritano di esser segnalati: 1. Carta geologica della prov. di Forlì eseguita da G. Sca- rabelli, ed offerta ad occasione della attuale riunione della Società geologica, dalla Deputazione provinciale di detta provincia. La carta è montata in tela ed elegantemente rilegata. 2. Statuti delle Università e dei collegi dello Studio Bolo- gnese} pubblicati da Carlo Malagola dottore collegiato onorario della facoltà giuridica della R. Università, e direttore dell’archivio di Stato di Bologna. Bologna, Zanichelli 1888 (4° gr., di pag. XXIV, 524). 246 Adunanza generale Edizione di lusso offerta dal Rettore della R. Univ. di Bologna in occasione del centenario al presidente Scarabelli e da questo donata alla Società. Giunsero in cambio le seguenti pubblicazioni : Travaux de la Societé des Naturalistes de St. Petersbourg, Section de Geologie et de Mineralogie. Voi. XIX, 1888 (8°, pag. 431-20, con 5 tav.). Actes de la Societé Linnéenne de Bordeaux. 4me serie, T. 6 a 10. Bordeaux 1881 a 1886. Annarulù biuroului geologici!. Bucuresci 1888, n. 1, 2 e 3. Dal R. Istituto geologico di Budapest: Jahresbericht der K. Ung. geologischen Anstalt fiir 1886. Budapest 1888 (8°, pag. 253. 1 tav.). Fòldtani Kòzlóny Itavi folyóirat k'ìadja a Magyaroni fòldtani tdrsidat. Budapest 1888, XVIII Kotet. 1-2, 3-4. Ludwig Petrik, Ueber Ungarische Porcellanerden mit beson- derer beriicksicticung der Ryolith-kaoline. Budapest 1887 (8°, pag. 15). Id., Ueber die Verwendbarkeit der Ryolithe fiir die zuecke der keramischen industrie. Budapest 1888 (8°, pag. 17). Mittlieilungen aus dem Jahrbuche der kón. Ungarischen geolo- gischen Anstalt. Vili Band., 1 a 6. Budapest 1886, 1887. Fu accettato il cambio degli atti col: Reale Istituto geologico di Ungheria; Societé Linnéenne di Bordeaux. Il vice tesoriere Statuti presenta una nota di soci morosi dal triennio 1886-87-88, che si propongono per esser radiati dal- l’albo dei soci, e pubblicati secondo le consuetudini. La proposta di pubblicazione dei nomi è combattuta dal socio JDe Stefani. Ma dopo lunga discussione alla quale prendono parte i soci Capellini, Cherici, Statuti e Tuccimei, De Stefani ritira la sua mozione, raccomandando però che nelle lettere di sollecitazione che il tesoriere scrive ai morosi, venga d'ora innanzi aggiunta la minaccia di pubblicazione dei nomi. La raccomandazione di De Stefani è accettata dalla Presidenza. Posta ai voti la proposta di pubblicazione dei morosi viene 247 della Società Geologica Italiana approvata a grande maggioranza. Essi sono i signori: De Betta comm. Edoardo; De Yincentiis cav. Odoardo ; Favero ing. Talen- tino; Lioy comm. Paolo; Mallandrino ing. Pasquale; Miliani cav. Ce- sare; Miliani Gio. Battista; Montani Ramelli march. Stefano; Pinna ing. Raffaele ; i quali con ciò cessano di far parte della Società. Su proposta del Presidente la Società conferma la nomina del socio Statuti a vice-tesoriere, la quale carica gli era stata già conferita dal Consiglio, perchè coadiuvasse il tesoriere Tittoni nella riscossione delle quote sociali. Il Segretario partecipa che i signori: prof. Y. Bellio, ing. Y. Camis, prof. A. Cossa, e prof. A. Stoppani, hanno inviato le loro dimissioni da soci. Il Presidente propone che seguendo le consuetudini e una deliberazione consigliare presa in Arezzo nel settembre 1885, si mandino d’ora in poi i fascicoli del Bollettino al comune di Rimini, il quale ha cooperato non poco alla buona riuscita della presente riunione. Capellini aggiunge che dovendosi in quest’anno tenere una adunanza a S. Marino, dove per cura del governo della Republica sono preparate accoglienze alla Società, egli propone che l’ invio delle pubblicazioni si faccia d’ora in poi anche a quella città. De Stefani non si oppone alla proposta del Presidente e del vice presidente. Egli però vorrebbe che d’ora innanzi si ponesse un freno all’eccessiva quantità di copie del Bollettino che si mandano in dono; ciò costituisce un aggravio sempre crescente per le finanze della Società. Propone anzi che abrogando qualunque deliberazione presa in proposito, a cominciare dall’ anno venturo i volumi non si dieno più ai comuni dove si tengono le riunioni. Dopo breve discussione, posta ai voti la proposta De Stefani, viene respinta. Tiene poi approvata all’unanimità la proposta d’inviare il Bollettino al comune di Rimini, e alla Republica di S. Marino ('). t1) A tutto il 1888 viene inviato regolarmente il cambio del bollettino ai seguenti corpi scientifici: Società geografica italiana. Roma. * R. Accademia dei Lincei. Roma. 248 Adunanza r/enerale Il Presidente comunica l'invito ufficialmente fatto alla nostra Società di partecipare al Congresso geologico internazionale che sta per aprirsi in Londra. Propone che, aderendo al cortese invito, dal quale apparisce quanto all’estero venga apprezzata la Società geolo- gica italiana, ne venga affidata la rappresentanza al vice presidente Capellini e all’archivista Meli, i quali vi si recano. Riguardo agli atti del Congresso, Capellini ricorda che non si danno se non pagando la relativa quota di adesione. Società degli architetti e ingegneri. Eoma. Societé Linnéenne. Bordeaux. Societé géologique de Trance. Paris. Societé géologique de Belgique. Liège. Bureau géologique romuain. Bucarest. K. K. Naturhistorisches Hofmuseum geol.-palaeontol. Abtheilung. Wien. Comité géologique (Institut des mines) Snt. Petersbourg. Societé des naturalistes. Section de mineralogie et de géologie. St. Petersbourg. Societé royale malacologique de Belgique. Bruxelles. Geological Society. London. Boyal Dublin Society. K. geologischen Landsanstalt und Bergakademie. Berlin. United-States geological Survey. Washington. Naturhistorisches Verein d. Preuss Rheinlande und Westphalens Bonn Deutsche geologiche Gesellsohaft. Berlin. Geological Survey of India. Calcutta. K. K. geologische Reichsanstalt. Wien. E. Institut géologique de Hongrie. Buda Pest. Viene poi inviato in dono al: R. Comitato geologico italiano. Eoma. Museo geologico della E. Università. Roma. Biblioteca universitaria. Bologna. Biblioteca comunale. Arezzo. E. Accademia Petrarca. Arezzo. Biblioteca comunale. Terni. Biblioteca comunale. Savona. Società economica. Savona. Biblioteca comunale. Fabriano. Biblioteca comunale. Eimini. Biblioteca «ella Eepublica di S. Marino. Biblioteca del club alpino. Savona. 249 della Società Geologica Italiana De Stefani raccomanda che il Presidente ed il vice-presi- dente usando della loro autorevole influenza, si adoperino onde la Società geologica sia ufficialmente rappresentata nei Consigli d'agri- coltura, come è di altre Società scientifiche d’ Italia. Il Presidente accetta la raccomandazione, e promette di fare il possibile. Il Segretario presenta a nome degli autori le seguenti me- morie e note inviate per inserirsi nel Bollettino: Bassani F., Sopra una nuova specie di E p hip pus scoperta nelUeocene medio di Val Sordina presso Lonigo ( Veronese) con una tavola. Mariani E., Foraminiferi del calcare cretaceo del Costone di Gavarno in Valseriana J con una tavola. Neviani A., Memoria del defunto ing. Rambotti intit.: Cenni sulla costituzione geologica del litorale Ionio da Cariati a Mo- nasterace J con carta geologica e una tavola di sezioni. Ristori GL, I crostacei oligocenici piemontesi della collezione 1). Ferrando Deogratias. Con una tavola. Il Socio Ristori fa la seguente comunicazione, Sopra un cro- staceo fossile del Veronese: « Il dott. Oppenheim ebbe la gentilezza di comunicarmi , mentre io mi trovava nell’ Istituto paleontologico di Monaco (Ba- viera), i resti di un crostaceo fossile da lui raccolto nel veronese, pregandomi di farne oggetto di studio, a complemento di un lavoro paleontologico, che egli aveva in animo di fare su quella regione. « Il fossile fu raccolto nell’Eocene e precisamente nel piano a Natica crassissima e la roccia, in cui trovavasi è un’arenaria a grana fina con cemento calcareo-argilloso. « Questo crostaceo fossile deve ascriversi al genere Scylla e probabilmente ad una nuova specie, perchè presenta notevoli diffe- renze nella forma dello scudo, tanto colle specie viventi quanto con quelle fossili finora conosciute. Infatti differisce dalla Scylla serrata fossile descritta e figurata dal Milne Edwards, per la di- versa arenazione dei margini laterali anteriori, e del margine fron- tale, e per le seghettature delle spine che ornano i margini me- desimi; dalla Scylla Michelini M. Edw., del Miocene di Sceaux presso Donò, per la minore robustezza delle chele, e finalmente 250 Adunanza generale anche dalla Scylla hassiaca Th. Ebert: (Beitrag zur kenntniss der tertiàren Decapoden Deutschlands), dell’Eocene superiore di Niederkaufungen presso Kassel, per il medesimo carattere. « Le condizioni di conservazione dell’ esemplare tossile comu- nicatomi, sono tali da non potervi fondare una nuova specie ; quan- tunque altri siasi qualche volta permesso di fare specie nuove anche su semplici diti isolati, coi quali soli, a mio credere, è molto di- scutibile se neppure genericamente possano distinguersi i crostacei ! ! « In ogni modo speriamo che ulteriori ricerche, ci offrano pro- pizia occasione di studiare meglio questo fossile, il quale ha spe- ciale interesse per la carcinologia fossile italiana , inquantochè l'esemplare è l’unico del genere che siasi finora trovato nei ter- reni terziari d'Italia ». Lo stesso Ristori fa un’altra comunicazione, Sopra alenile scimmie fossili del Valdarno e di Montebamboli : « Trovandomi nell’Istituto paleontologico di Monaco (Baviera) ebbi anche occasione di studiare i resti delle scimmie fossili plio- ceniche del Valdarno superiore e quelli miocenici di Montebamboli. Gli esemplari che ho avuti fra mano appartengono al Museo geo- logico e paleontologico di Firenze, e furono gentilmente messi a mia disposizione dal prof. Carlo De-Stefani. a Senza entrare in dettagli non consentiti da una comunica- zione verbale, dirò semplicemente che i resti del Valdarno appar- tengono tutti ad ima nuova specie del genere Inuus , assai vicina all’ Inuiis ecaudatus e non ad un nuovo genere ( Aulaxinuus ), come fu ritenuto dal prof. Igino Cocchi, che avanti di me studiò quel fossile.’ « In quanto alla scimmia di Montebamboli, studiata dal prof. Gervais su di una mandibula appartenente ad un individuo giovanissimo, dirò che stante il migliore e più abbondante mate- riale, che io ho potuto esaminare, sono riuscito a constatare, con- trariamente all’opinione del paleontologo francese , che questa scimmia non è a riferirsi ad un antropomorfo; ma invece è più vicina alle scimmie inferiori. « Del resto io lascio a questa scimmia il nome Oreopiteclius Bamboli impostogli dal Gervais, e solamente propongo di aggiun- gere questo nuovo genere ai Cynopithecidi togliendolo dagli An- tropomorfi. della Società Geologica Italiana 251 « La Memoria che presto intendo pubblicare su questo argo- mento spiegherà meglio i concetti ed i fatti, su cui mi sono fon- dato per venire a queste conclusioni affatto opposte a quelle dei due chiari paleontologi, che mi precedettero in questo studio ». Dopo la comunicazione del socio Ristori, De Stefani annunzia recentissimi studi sui vertebrati fossili del Valdarno. Weithofer esaminò i proboscidiani d’ Italia e le jene plioceniche descrivendo una II gcieaci topariensis Maj. vicina alla IL Perieri Oroizet et Jobert., ed una IL robusta Weit. sp. n. Fabrini ha studiato il MachairodusJ facendo importanti osservazioni sui materiali più ricchi che si conoscano, e ha distinto tre specie. 11 M. cultridens Cuv. = Meganthereon brav. è diverso dal M. arvernensis Croiz. et Job. pliocenici, come pure due specie nuove. Fa voti perchè i lavori relativi ai nostri mammiferi fossili, della cui grande importanza tutti gli stranieri parlarono — primi Falconer e Suess — sieno pubblicati in Italia, essendo a suo parere una questione di decoro nazionale. La seduta è levata alle ore 3 pom. Nelle ore pomeridiane del giorno stesso i soci si recarono a visi- tare i principali monumenti della città di Rimini. La mattina seguente, alle ore 5 x/2 ant. incominciarono le escursioni a seconda del pro- gramma diramato colla circolare del 20 giugno ('). Partiti in cinque vetture, si osservò il calcare a fucoidi (cretaceo) e il calcare a briozoi f1) A quella circolare era annessa la seguente bibliografia geologica e paleontologica della 'provincia di Forlì e del Sammarinese : 1814. Brocchi G., Conchiologia fossile subappennina con osservazioni geologiche sugli Appennini e sul suolo adiacente. Stamp. Reale, Milano. 1834. Procaccini Ricci, Osservazioni geognostiche da Monteluro nel Pesarese a Perticava. Tip. Nobili, Pesaro. 1842. Paoli D., Fatti per servire alla storia dei mutamenti avvenuti sulla costa d'Italia da Ravenna ad Ancona per gl' interrimenti, e conside- razioni sul moto radente, comunicati alla 8a riu nione degli scienziati italiani convocati a Firenze. Sez. di Geol. Miner. e Geogr. Stamperia Granducale, Firenze. 1845. Santagata I)., Dei gessi e della formazione dello Zolfo di Per- ticava. Nuov. Ali. d. Se. Nat., ser. 2a, voi. IV, Bologna. 1845. Santagata A. D., Della composizione ed origine dei bitumi tro- 252 Adunanza generale (miocene) di S. Giovanni in Galilea. Indi i gessi, il conglomerato improntato, e le ligniti con fossili miocenici di Sogliano. A S. Gio- vanni in Galilea furono fatte ospitali accoglienze dal Rdo. Arci- prete I). Giovanni Renzi, del quale fu visitata la ricca collezione composta di fossili, armi ed oggetti preistorici, pazientemente riu- nita col materiale raccolto in quei dintorni. A Sogliano la comitiva fu incontrata dal Sindaco cav. Mar- cosanti e dagli Assessori comunali, i quali fecero degnamente gli onori di casa ai membri nella Società geologica. La mattina del giorno 8 si partì da Sogliano alle ore 6 ant., e visitato il deposito nummulitico di Montegelli e di Barbotto, si andò alla celebre miniera solfìfera di Perticara, dove i soci furono accolti colla maggior cortesia dal direttore cav. P. Pirazzoli. Visi- tata la miniera e i dintorni si ripartì per Pennabilli, ove la comitiva giunse sull’annottare. A Pennabilli vi fu splendida accoglienza in casa del sig. G. Bocchi assessore comunale, e dal sig. Mattei- Gentili venne donata a ciascun socio una copia dell’ interessante libro Memorie del Mon- te feltro pubblicato dal prof. 0. Olivieri. Il mattino seguente, 9 set- vati nel terreno delle Miniere di Zolfo di Perticara. Nuov. An. di Se. Nat. ser. 2a, voi. IV, Bologna. 1848. Paoli D., Lettera al sig. conte Annibaie Ranuzzi intorno ad al- cuni slogamenti geologici , comunicata al 9° congresso degli scienziati ita- liani, nel di 17 settembre 1847. Sez. di Geol. e Miner. Tipi di Annesio Nobili, Pesaro. 1850-51. Scarabelli, Sur la formation Miocene de Bologne a Sinigallia. Bull, de la Soc. géol. de France, 2me se'rie, t. Vili. Paris, imprimerle Martinet. 1851. Scarabelli, Studi geologici sul territorio della Repubblica di S. Marino. Imola, Tip. Ignazio Galeati. 1854. Scarabelli, Di un conglomerato calcare gessificato. Lettera al eh. sig. Antonio Toschi. Imola. 1864. Scarabelli, Sui gessi di una parte del versante N. E. dell' Appen- nino. Imola, Tip. Ignazio Galeati. 1865. Pareto, Note sur la subdivision que l'on pourrait hlablir dans les terrains tertiaires des Appennin septentrional. Bull. d. 1. Soc. géol de France, 2me sèrie, t. XXII. 1867-68. Capellini, Giacimenti petroleiferi di Valacchia e loro rapporti oi tirreni terziari delVIlalia centrale. Meni. Acc. Se. Ist, Boi., sor. 2a, voi. VII, pag. 323-358. 253 della Società Geologica Italiana tembre, i soci partirono da Pennabilli per visitare lungo il tratto di strada che ancora rimaneva prima di giungere a S. Marino, le argille scagliose di Cadipanico ricche di fossili cretacei, i calcari con ZoophycoSj Taonurus etc. della stessa località, l'importante affio- ramento serpentinoso presso Secchiano. Lungo il tragitto ebbe luogo la refezione a Mercatino, dove quantunque tutto fosse disposto perchè i soci si quotizzassero, pure la ospitalità di quel Sindaco, sig. A. Masi, non lo permise, come già era avvenuto negli altri luoghi di fermata. Nelle ore pomeridiane i soci giungevano alla Repubblica di S. Marino ufficialmente ricevuti dai rappresentanti della Reggenza, insieme al concerto cittadino, e ad una onda di popolo mosso ad incontrarli. Anche colà l’accoglienza fu veramente ospitale. Il resto del giorno 9 fu impiegato a visitare il Borgo. Alla sera dopo il prauzo, su proposta del Presidente fu votato per acclamazione il seguente telegramma a S. M. la Regina d’Italia: « Marchesa di Villamarina — Monza « Presidente Società geologica italiana, insieme ai soci conve- nuti nelle balze di S. Marino, mandano saluto ed augurio di pro- 1869. Manzoni A. Fauna marina di un lembo miocenico presso So- gliono al Rubicone. Con 2 tav. Aus. dem LX Bde. d. Sitsb, d. k. Akad. d. Wissensch. Wien I Abth. Oct. Heft. Jabrg. N.B. La collezione impiegata in questo studio fu regalata dall’ au- tore al Gabinetto Mineralogico di Vienna. 1869. Capellini, Ariano e dintorni. Cenni geologici sulle valli dell' Ufita, del Calore e del Cervaro. Meni. Acc. Se. Ist. Boi., ser. 2a, voi. IX, p. 3-24, t. i. 1870. Scarabelli, Guida del viaggiatore geologo lungo le Strade Fer- rate. Tavola in cromolitografia. Civelli, Milano. 1873. Manzoni A., Il Monte Titano, i suoi fossili, la sua età ed il suo modo diorigine. Bull, del R. Comitato geologico. N. B. La raccolta dei fossili e delle roccie si trova nel Museo Pa- leontologico di Firenze. 1874. Jervis G., I tesori sotterranei dell'Italia. Parte seconda. Regione Appennina. Ermanno Loescher. Roma, Torino, Firenze. 1875. Manzoni A., I Briozoi del Pliocene antico di Castrocaro. Bologna, con 7 tavole. N. B. La raccolta si trova nel Museo Paleontologico di Firenze. 1875 Fuchs. Ik., Die Gliederung der Tertiar bildungen un Nordab- hange der Apenninen von Ancona bis Bologna, Sitzungsbericlite d. Kaiscili- 254 Adunanza generale sperità a S. M. la Regina d’ Italia, eccelso esempio d’ alpinismo alle donne italiane. « Scarabelli » . A questo telegramma faceva seguito la seguente risposta che giungeva in ritardo al Presidente: « S. M. la Regina ha vivamente gradito la conferma dei de- voti sentimenti della S. V. e dei soci, che convenuti nelle balze di S. Marino, le inviarono riverente saluto. L’augusta Sovrana esprime per mio mezzo i reali suoi ringraziamenti a V. S. ed alle persone che parteciparono al gentile pensiero. « Marchesa di Villamarina ». La mattina del 10 settembre tutti i soci mossero verso la città di S. Marino, sulla vetta del m. Titano, dove doveasi tenere radu- nanza. Una rappresentanza della Società, composta del Presidente, del Segretario e del consigliere Niccoli fu ricevuta solennemente nel palazzo del governo da uno dei due Reggenti, il quale presentò i sentimenti di rispetto e di amicizia dai quali era animato il go- clieu Akad. d. Wissensch. Bd. LXX, Erste Abthei lung, Seit. 163-178 Cari. Gerold’s Sohn. Wien. 1876. Foresti, Cenni geologici e paleontologici sul Pliocene antico di Castrocaro. Mem. d. Acc. d. Se. d. Istit. di Bologna, ser. 3a, voi. VI. 1875-76. Capellini, Sdi terreni terziari di una parte del versante setten- trionale dell' Apennino . Mem. Acc. Se. Ist. Boi., ser. 3a, voi. VI, pag. 587-624, t. i. 1880. Scarabelli, Monografia statistica economica amministrativa della Prov. di Forlì. Descrizione della Carta geologica del versante settentrionale dell' Appennino fra il Montone e la Foglia. Imola, Tip. Ignazio Calcati. 1880-81. Capellini, Le roccie fossilifere dei dintorni di Porretta nel Bolognese e l'arenaria di Raccapalumba in Sicilia. Rend. Sess. Acc. Se. Ist, Boi., pag. 116-123. 1884. Della raccolta paietnologica del eh. Are. dott. Francesco Renzi, in S. Giovanni in Galilea. Bull, di Palei Anno 10, pag. 66. 1885. Niccoli E., Sulla grande frana avvenuta nel Monte dì Perticara. Bull. d. R. Comit, geol. 1885. 1886. Castracane F., 7 trip oli marini nella valle Metaurense. Bull, della Soc. Geol. it. voi. V. Roma, Tip. della R. Acc. dei Lincei, 1887. 1887. Niccoli E., Sezione che dimostra la probabile continuazione dei gessi, ribaltati sotto il Monte di Perticara. Annali di Agricoltura 1887, Ri- vista del servizio Minerario, 1885, pag. 26. Firenze, Tip. G. Barbera. della Società Geologica Italiana 255 verno e i cittadini della Republica verso la Società geologica ita- liana e il suo Presidente. Espresse ancora l' interesse che colà si prendeva per le indagini che veniva compiendo la Società nelle sue escursioni, e particolarmente per gli studi originali fatti su tutta la regione circostante dall’on. Scarabelli. Il Presidente rispondeva ringraziando a nome della Società per le benevole espressioni, e per l’accoglienza splendida di cui tutti i membri erano stati l’oggetto. Terminato il ricevimento ebbe luogo l’adunanza generale nel palazzo del collegio Belluzzi di cui la gran sala era stata addob- bata con arazzi e bandiere. ADUNANZA GENERALE DEL 10 SETTEMBRE tenuta in S. Marino. L’adunanza è aperta alle ore 9 3/4 ant. nella sala del collegio Belluzzi gentilmente concessa dai Reggenti della Republica. Presidenza Scarabelli. Presenti i soci: Baggiolini, Berti, Canavari, Cardinali, Cherici, Clerici, Del Prato, De Stefani, Mazzetti, Meli, Moschetti, Niccoli, Pantanelli, Pompucci, Ristori, Statuti, Tellini, Tommasi e il sottoscritto Segretario. Giustifica la sua assenza il tesoriere Tittoni. E letto ed approvato il processo verbale dell’ adunanza prece- dente. Sulla proposta dei soci Mazzetti e Statuti sono proclamati nuovi soci i signori : Bocchi dott. Giovanni (Pennabilli) e Ange- lini prof. Giovanni (Messina). Il Segretario legge il seguente bilancio consuntivo del 1887 inviato dal tesoriere: 256 Adunanza generale BILANCIO CONS A T TIVO Eccedenza attiva del conto 1886 L. Frutti di lire 90 di rendita 5 % * Sussidio del Ministero di agricoltura e commercio . . . . » Frutti della cartella di rendita nominativa proveniente dal legato Molon Vendita di Bollettini arretrati « Quote di 5 soci pel 1885 riscosse nel 1887 ■» Quote di 10 soci pel 1886 riscosse nel 1887 » Quote di 153 soci pel 1888 * Tassa d’ammissione di 8 nuovi soci » Interesse del 2 °/0 sulle somme versate dal tesoriere (') . . * 97 1201 ©ri'.'1 uli 1111 & 19 . 15 229 1 Totale L. 603 Residui attivi Quote di 40 soci pel 1887 L. t1) L’interesse corrisposto dalla Banca Romana è computato sulle somme effettiv versate dal tesoriere, come risulta dallo Stato di Cassa approvato dal Consiglio, ne non figurano talune entrate e spese del 1887 riscosse e pagate nel 1888, e figurano dei residui attivi e passivi del 1886 e le quote di due soci a vita da rinvestirsi dita. Il riassunto di detto stato di cassa è il seguente : In cassa al 81 dicembre 1886 L. 1638. 40 Versamenti fatti alla Banca Romana dal tesoriere 3!’ 30. 66 L. 55 Chtques rilasciati sulla Banca stessa. 5564. 06 4960. 44 L. Interesse del 2 % » In cassa al 31 dicembre 1887 L. 603. 62 16. 68 619. 30 della Società Geologica Italiana 257 ») DEL 1 8 8 7. 1? $ PASSIVO lario per spese varie, posta e spedizione del bollettino .egli estratti, come da suo conto del bollettino L. 55 44 60 •A 532 65 - 4109 50 ^ 1 843 80 66 L. 5667 39 60c if-ttÌT 'li". » iiirano «tirsi i RIASSUNTO Attivo L. 6034. 78 Passivo s 5667. 39 Eccedenza attiva al 31 die. 1887 L. 367. 39 IL PRESIDENTE GS-. Scarabei! ì Il Tesoriere Tommaso Tiltonl ^ - 18 258 Adunanza generale Il Presidente osserva che i vari capitoli potrebbero diver- samente ripartirsi a maggio'1 chiarezza del consuntivo. De Stefani lamenta le spese eccessive della tipografia che assorbono troppa parte dei limitati proventi della Società. Ristori vorrebbe che la stampa del bollettino fosse traspor- tata a Firenze come già era stato progettato dall'ex presidente Cocchi. Dice che per incarico di questi l'anno scorso trattò colla tipografia delle Murate, colla quale erano state concretate le basi di un contratto, con notevole economia per la Società. Lasciò le trattative a metà quando dovette partire da Firenze ; ma ora pro- pone che quelle pratiche si riattivino. 11 Presidente dice che molte ragioni di convenienza consi- gliano di mantenere la stampa del bollettino in Roma. 11 Segretario rispondendo al socio De Stefani dice che le tavole assorbono il maggior contingente nella spesa del bollettino. Alla pubblicazione di esse, come delle memorie presentate, presiede la Commissione della stampa, della quale fa parte anche il teso- riere. sicché spetta ad essa giudicare della convenienza di pubbli- care le une e le altre, anche dal lato della spesa. Riconosce la ne- cessità di limitare la spesa delle tavole che nel 1887 fu notevole. Anzi a tal proposito ricorda che essendo presso ad esaurirsi la somma stanziata dal tesoriere nel preventivo del 1888 per le tavole, egli non può prendere alcun impegno circa la publicazione di quelle che corredano le memorie presentate pel 8° fascicolo dell'annata in corso. < Al Socio Ristori risponde che il Cocchi stesso non insistè sul progetto di portare a Firenze il bollettino come risulta dai verbali f del Consiglio direttivo. Dice che l'economia che si sarebbe ottenuta con quel progetto non era poi così grande, tenuto conto della resi- denza a Roma della segreteria e dell’archivio, lo che importava nuove spese di posta, trasporti etc. Aggiunge infine che dietro analoga deliberazione del Consiglio tenuto ad Imola lo scorso febbrajo, es- sendosi concluso un nuovo contratto per 6 anni colla attuale tipo- grafìa, qualunque altra proposta pel momento rimane inutile, e che v'è il tempo di studiare tutti i possibili progetti di miglioramento e di economia. Una delle basi del nuovo contratto fu la riduzione di 100 uel numero delle copie del bollettino. De Stefani appoggiando la necessità di sorvegliare la pub- della Società Geologica Italiana 259 binazione delle tavole, ne ricorda alcune meritevoli di severa cri- tica, e che a suo parere non avrebbero dovuto inserirsi. Il bilancio consuntivo del 1887 messo ai voti dal presidente, viene approvato. De Stefani vorrebbe che d’ora innanzi il consuntivo prima di essere sottoposto all'approvazione della Società fosse esaminato da due sindaci (Commissione del bilancio) eletti dalla Società stessa. Presenta formale proposta in questo senso. La proposta Do Stefani viene approvata. Riguardo alle modalità della esecuzione succede una discus- sione, la quale termina coll' approvazione del seguente ordine del giorno proposto dal socio Canavari, ed accettato dal Presidente: « La Società incarica la presidenza di fare le proposte più opportune per dare sollecita esecuzione alla massima approvata di nominare annualmente due sindaci per la revisione del bilancio; e passa all’ordine del giorno ». 0 Meli presenta a nome del socio Antonelli una memoria inti- tolata: Contributo alla fiora fossile dei dintorni di Roma ; e ne dà un breve sunto. Il Segretario presenta una nota del socio Malagoli intito- lata : Foraminiferi ‘pliocenici di Cà di Roggio nello Scandianese (. Reggio d’Emilia ), con una tavola; ed un’altra del socio Foni asini intitolata : Textularie plioceniche del senese, con una tavola. Clerici presenta una nota da parte sua e del socio Squinabol intitolata: Il quaternario di Capo Mele in Liguria, e ne dà un breve sunto a voce. Come pure di un’altra nota a nome proprio intitolata: I legni fossili dei tufi vulcanici della provincia di Roma, con varie tavole. Su proposta dei soci Canavari, De Stefani e Ristori la Società delibera all’unanimità l’invio del seguente telegramma al socio perpetuo Meneghini: t Comm. Meneghini, Senatore — Pisa. « Società geologica qui riunita manda saluto affettuoso rispet- 260 Adunanza generale toso suo primo Presidente, augurandogli ancora anni lunghissimi in prò della scienza e della patria (') ». Si procede allo spoglio delle schede trasmesse per la elezione del nuovo Vice presidente e di quattro Consiglieri. Il Presidente incarica i soci Meli e Pantanelli dell’ufficio di scrutatori. Il risultato della votazione è il seguente, ed è proclamato dal Presidente : Votanti 43. Eletto Vicepresidente per l’anno 1889: Taramelli prof. cav. Torquato con voti 41. Consiglieri pel triennio 1889-91: Parona prof. Carlo Fabrizio con voti 34 Pantanelli prof. Dante » 33 Verri rnagg. cav. Antonio » 24 D' Achiardi prò f. cav. Antonio » 23 Il socio De Stefani pronunzia un lungo discorso nel quale propone un ringraziamento al Presidente della Società on. Senatore Scarabelli, il quale così sapientemente ha guidato la comitiva, e della accuratezza delle cui osservazioni tutti si sono potuti con- vincere nei giorni scorsi. Propone inoltre un cordiale ringraziamento ed un saluto alle gentili persone ed ai comuni di Sogliano, Per- ticava, Pennabilli, Talamello, Rimini, non che alla Republica di S. Marino ed ai Reggenti di essa, per la ospitalità di cui tutti furono così larghi. Prende per ultimo la parola il Presidente, il quale esprime caldi ringraziamenti ai colleghi per la benevola accoglienza che gli hanno fatto, e pel valido aiuto prestatogli pel buon andamento del- l’attuale riunione. Manifesta la sua soddisfazione pei sentimenti di fratellanza e solidarietà scientifica di cui han dato prova nei giorni trascorsi insieme. È a tutti grato per l’attenzione con cui lo hanno seguito nell’esame della stratigrafia del Forlivese, e per l’interesse F) A questo telegramma giungeva il giorno appresso la seguente risposta: « Senatore Scarabelli. — Imola. Commosso fraterno augurio colleglli, non più in tempo di far giungere ad essi riuniti i sensi della mia gratitudine prego l'illustre Presidente farsene interprete. — Meneghini ». della Società Geologica Italiana 261 die hanno mostrato per gli studi da lui compiuti sulla geologia della provincia. Fa voti pel prospero avvenire della Società geologica italiana a maggior vantaggio della scienza e a decoro della patria. Conclude inviando un caldo saluto ai Reggenti e ai cittadini della repubblica di S. Marino, di cui la splendida accoglienza ed ospi- talità non sarà dimenticata dalla Società. L’adunanza risponde con applausi alle parole del Presidente, e la seduta è levata alle ore 11 ant. Terminata 1’adunanza i soci visitarono il collegio Belluzzi, i monumenti della città di S. Marino, la rocca, e le cave aperte sul calcare a briozoi del M. Titano, nelle quali si rinvennero pregevoli esemplari di denti di Oxyrrhina xiphodon Ag. Sphaerodus, etc. Tornati al Borgo sedettero a mensa offerta dai rappresentanti della Reggenza, e alle ore 3 poni, ripartivano nelle vetture per Rimini. Il Segretario G. A. Tuccimei 262 Adunanza generale RELAZIONE DELLE ESCURSIONI FATTE TRA RIMINI E S. MARINO Escursione del 7 settembre da Rimiai a Sogliano. Partiti da Rimini alle 6 ant. del giorno 7 in vettura, sotto la guida del nostro presidente sen. Scarabelli, costeggiammo la pianura tino a Sant’Arcangelo dove cominciammo a salire. Traversato breve tratto di sabbie gialle plioceniche coperte qua e là da ghiaie alluvionali, nel poggio sovrastante a Camerano cominciammo a trovare le argille plioceniche con Balantium , Vagiaella , Cuoieria , Otoliti e frammenti di bivalvi. Le argille sono però scarse di fos- sili. Da Poggio Berni scendemmo all’Uso e nel risalire sulla sua oo sinistra polla strada di S. Giovanni iu Galilea, presso l’affluenza del Medrino, trovammo in esse Scalaria , Cancellarla serrala , Natica helicina, Dentalium Delessertianum , ' Vagiaella , Nucula , Pecten De Filippii cioè Comitalus , Lembulus , Veaus, Arca diluvii , Quiaqueloculina ed altre foraminifere, crostacei anonimi ecc., fos- sili certamente pliocenici. Però continuando a salire, dopo non • molto, si passa alle argille ed alle sabbie del miocene. Al bivio di Sogliano scendemmo a piedi e ci avviammo a San Giovanni in Galilea; per via incontrammo i calcari compatti chiari, alternanti con argille galestrine, pendenti, come quasi tutte le rocce di quella regione, a sud-ovest. Yi trovammo Spiro- phyton ( Taoaurus o Zoophycos ), due o tre specie di Chondrites e Gleichenophycos grcinulosus Mass, o Zosterites pelagica Mgh., che è la fruttificazione delle Chondrites. Lo Scarabelli ritiene questi terreni cretacei ; altri li crede eoce- nici. Sopra ad essi sono i calcari a Cellepora di San Giovanni, rite- nuti, cogli altri calcari a briozoi, prima eocenici, poi del miocene in- 2G3 della Società Geologica Italiana feriore, e presentemente dal Fuchs, dal Manzoni e da altri come equi- valenti al miocene medio. Vi trovammo Cellepora , rari molluschi, Batycriìius , echini ; superiormente, come indica lo Scarabelli, sono arenarie con Pinna. Modiola Brocchii, molte altre bivalvi, poi ar- gille. A San Giovanni presso il degnissimo sacerdote Don Francesco Renzi parroco del luogo coadiuvato da due altri sacerdoti di sua famiglia ci attendeva una succosa refezione. Visitammo dopo l’Os- servatorio meteorico, l’archivio ricco d’importanti documenti sto- rici e la collezione d’ antichità, nonché geologica e paleontologica sulla quale specialmente ci soffermammo. Essa è costituita da soli oggetti rinvenuti nella Parrocchia ed è molto ricca : solo ci parve che il pregio assai ne aumenterebbe qualora fosse indicato il luogo preciso di provenienza di ciascun fossile. Sono naturalmente solo fossili miocenici e pliocenici. Ripartimmo verso le 3 poni., non senza prima aver lasciato la nostra effige in una macchina fotogra- fica e dopo avere molto elogiato i tre reverendissimi che ci ave- vano guidato e che impiegano in modo sì utile alla scienza il tempo disponibile. Per la via di Sogliano ci fermammo al cimitero, dove il sena- tore Scarabelli ci condusse al luogo ricchissimo di fossili Torto- niani illustrati dal Manzoni. In quel tempo alcuni andarono per la valletta ad esaminare i gessi che s’incontrano pure presso il ci- mitero. Alcuni li ritengono chiusi nel Tortoniano, altri più recenti; e fra questi ultimi alcuni li ritengono formare il fondo d’un pic- colo sinclinale fra i calcari cretacei od eocenici di San Giovanni e quelli di Casanuova-Calisesi. A Casanuova appaiono que' calcari coi soliti fossili: chi ritiene che formino un scoglio isolato la cui cima appare per denudazione, chi crede formino una piega rove- sciata sopra al Tortoniano. Seguitando per Sogliano si passa a sabbie: nel paese furone trovate filliti che da molti furono rite- nute plioceniche, mentre il Fuchs ed altri, dai molluschi, riten- gono quei terreni miocenici. Giunti al paese alcuni scesero nella prossima vailetta per vedere le cave smesse di lignite ; scendendo nelle sabbie del paese trovarono Mocliola Brocchii, Pecten Mal- vinae ed altre bivalvi certo mioceniche: inferiormente trovarono strati salmastri già noti con Melanopsis , Potamides, Melania, Dreissena ecc. alternanti con banchi di calcari compatti aventi i soliti Chondrites e Gleichenophycos. 2G4 Adunanza generale Parevano da prima vere alternanze nel pliocene ma si riten- nero formare pur essi pieghe ribaltate. A Sogliano ci attendeva un sontuoso desinare, con vini squisiti, in casa dell' egregio sindaco Pompeo Marcosanti, mentre la musica paesana ci rallegrava con liete sinfonie. C. De Stefani. Escursione dell’ 8 settembre da Sogliano a Pennabilli. Alle 6 ant. del giorno 8 si parte per la Perticara e Penna- billi prendendo posto nelle solite carrozze, dopo scambiato un ultimo saluto e rinnovati i nostri ringraziamenti al sindaco cav. Marcosanti e alle altre egregie persone di Sogliano, che con gentile pensiero hanno voluto ancora venire a stringere la mano a tutti al momento in cui, commossi per le cordiali accoglienze ricevute, si lasciava quella ospitalissima terra. La strada che mena anzitutto a Montegelli corre sul crinale tra le valli dell’Uso e del Savio, abbandonando dopo poco la pic- cola valle intermedia del Fiumicino o Bubicone che sia (*) e che nasce nelle alture di Strigara. In questo breve tratto in cui al di sotto delle molasse plioceniche vediamo ricomparire le marne a Candita Jouanneti già osservate a Calisesi, ci ritorna alla mente la bella lignite giacente nella parte inferiore di questo piano e della quale avevamo solo potuto esaminare alcuni campioni gentilmente procuratici dall'attuale proprietario della miniera signor Picconi. È dessa una lignite picea nera lucente, a struttura compatta o leg- germente fogliettata, poco o punto piritosa e perciò non soggetta ad alterarsi agli agenti atmosferici, come del resto lo mostrano i pezzi scavati da anni e rimasti intatti. Da quanto poi ne riferisce (■) Sulle mappe antiche e moderne, il nome di Rubicone viene più spe- cialmente applicato all’Uso (antico Luso) e all’altra corrente più settentrionale, detta Pisatello; ma fra gli archeologi che si occuparono dell’identificazione del celebre fiume, prevale l’opinione che il vero rappresentante dell’antico Rubicone sia il Fiumicino, come quello che meglio corrisponde, per la distanza da Rimini, alla frontiera della Gallia indicata da Cicerone e che conserva ancora l’antica etimologia in uno dei suoi rami, l’Urgone, Rugone o Rogone, che è confluente col Pisatello. 265 della Società Geologica Italiana il socio Niccoli, la medesima fu esperimentata con successo in di- verse officine e ne fu riconosciuta la potenza calorifica, di oltre a 5000 calorie. Se non che le esplorazioni eseguite a più riprese nella loca- lità nel volgere di quasi cent’anni, non fecero che constatare delle lenti lignitifere di limitata estensione, poste apparentemente in vari livelli stratigrafici. Queste lenti, come è accennato nella monografia del nostro illustre Presidente che ci è guida e lume nelle escur- sioni, trovansi entro le sabbie consolidate e conglomerati, essendo inoltre accompagnate dall’argilla grassa fetida di cui pure vedemmo un saggio a Sogliano assieme al combustibile. Ma lo stesso Niccoli osserva che i lavori non ebbero mai grande sviluppo e in conse- guenza non è esclusa la possibilità di rinvenire un qualche ricco banco di lignite, sia negli orizzonti finora esplorati, sia in orizzonti pi ìl profondi. Ond'è che ci auguriamo di vedere presto riattivati i tentativi di ricerca ai quali dovrebb’ essere d’incentivo e .d’incorag- giamento ad un tempo, e la eccellente qualità del prodotto di So- gliano e il bisogno sempre crescente di carbone nel nostro paese, che pur troppo, ad onta delle nuove scoperte e coltivazioni di gia- cimenti lignitiferi, è oggi più che mai tributario dell’estero per questo prezioso elemento di vita e prosperità industriale. Passata l’eminenza di Strigara, notiamo sempre la molassa ferruginosa del pliocene (Piacentino) che corona le creste, formando in principio una diramazione sulla Serra fin presso Montegelli, e poi, al di là di questo villaggio, un lembo isolato al monte Meleto. Ma a noi preme ormai di esaminare il primo affioramento di num- militico che s’incontra per via, epperciò, raggiunta la Chiesa di Montegelli, scendiamo e seguiamo l’instancabile nostro precettore sulla china di ponente, sulla quale trovasi il punto indicato dalla rispettiva carta geologica. Ivi infatti sporgono dei massi di calcare bianchiccio compatto con piccole Nummuliti, a volte screziato e quindi simile al caratteristico nummulitico dell’ Appennino, in mezzo al terreno marnoso che è offuscato dalla coltivazione dei' campi e dalla cava aperta nello stesso calcare per estrarne materiale da costruzione. Solo in una testata rimasta a posto possiamo ricono- scere la stratificazione del calcare, la quale presentasi emergente sul F. Savio e come troncata da una rottura che deve certo esi- stere più giù nei calcari fucitici verso il rio Fossatone, perchè in tal punto vi possano venire a contatto i depositi superiori del Tor- 266 Adunanza generale tornano. Le Nummuliti sono più abbondanti nei piani di stratifi- cazione, mostrandovisi mescolate con numerose lenticchie di selce bruna che danno alla roccia l’aspetto di un gres variegato. L’ordine di stratificazione e quindi la posizione del nummu- litico, si può meglio osservare al Barbotto sulla falda orientale di Monte Spellano, fra Rontagnano e Savignano di Rigo. Anche in tal luogo in cui si fa una seconda sosta, il terreno è adombrato dai continui rimaneggiamenti avvenuti per l’estrazione della pietra cal- care, ma non tanto che ne resti obliterata la formazione cretacea su cui poggia lo stesso calcare, formazione costituita da un potente deposito di scisti galestrini color cenerognolo, che va sempre più pronunziandosi alla base del monte dal lato settentrionale ove tra- bocca pure l’argilla scagliosa. Nel taglio di fianco alla strada gli strati, con apparente immersione a sud, sono fortemente tormentati, talché il detto calcare, già in gran parte asportato, si presenta ora in scarsi frammenti sparsi alla rinfusa entro gli scisti galestrini. Tuttavia servono i pochi pezzi a stabilire l’orizzonte geologico che in modo incerto ci era apparso a Montegelli, poiché la roccia pre- valentemente arenacea è piena zeppa di Nummuliti, e la vediamo sottostare al calcare a briozoi del Bormidiano formante cappello sulla cima del monte. E per tal modo si dileguano tutti i dubbi che a molti si erano a facciati nel visitare il primo punto di num- mulitico, tanto sulla natura specifica dei fossili quanto sulla posi- zione relativa dello stesso calcare. Continuando il cammino verso ostro per la medesima via della Serra, si attraversano alternativamente terreni miocenici e cretacei, ossia marne e argille scagliose con galestri, finché ci approssimiamo alle pittoresche e slanciate rupi di Perticara che già da lungi ci avevano colpito col loro profilo dentellato e prominente su tutte le cime dei dintorni. La via che dapprima rasenta un bel taglio di scisti cinerei alquanto rialzati verso lo stesso monte di Perticara, passa successivamente sotto le balze a picco formate dalle masse dell’arenaria conglomerato del miocene medio (Langhiano) che sono addossate all’argilla scagliosa, intersecando al punto di Casalecchio i due rami superiori della gran frana caduta sulla fine di gennaio del 1885 e di cui fece uno studio il Niccoli, stato pubblicato nel bull, del R. Com. geologico. All'ing. Statuti e ad altri della comi- tiva sarebbe piaciuto di osservare particolarmente questa frana, che della Società Geologica Italiana 267 offre un bell'esempio di vario genere di scoscendimento per la na- tura diversa dei terreni travolti ; ma il programma della giornata ancora in massima parte da esaurire, non permetteva di trattenersi nella località quanto sarebbe abbisognato, e a coloro che se ne inte- ressavano dovette bastare di sapere che la frana estendevasi a tutta l’alta valle della Chiusa all’ONO. di Perticara , per una lun- ghezza di circa 2800 metri compresi i due rami fra i quali sta il rialzo di Casalecchio, e che era generata all’ origine dai massi di arenaria precipitati dalle rammentate balze e trascinati dall’argilla scagliosa, e nel resto dallo sfacimento e travolgimento degli strati marnosi sovrastanti ai gessi della formazione solfìfera. Altre frane, ma antichissime, s’incontrano poi dopo il castello di Perticara nella valle del Gaggio in cui predomina l’argilla scagliosa; e sono anche esse sparse di blocchi dei quali taluni raggiungono dimensioni vera- mente colossali. Pertanto nelle copiose fontane che si trovano in vicinanza al paese lungo la Serra, possiamo riscontrare una causa concomitante del generale movimento che tuttodì si verifica occa- sionando continui spostamenti nella strada. E per vero le sorgenti d’acqua che scaturiscono al contatto dell’arenaria coll’argilla ad un livello superiore alla medesima strada, devono potentemente aiutare così il distacco della roccia dura già per sè fessurata, come il fra- namento della soggiacente massa rilassatissima. Sembra nondimeno che il movimento non si propaghi gran fatto verso il basso della valle, perocché non è dato scorgerne indizio nello scendere per la tortuosa via della miniera che attraversa l’antica frana ora sempre più rinforzata da grossi monoliti d’arenaria. Vedremo in seguito come siffatti monoliti imgombrino ancora buon tratto del torrente Fanantello, riversandosi come nella Chiusa sopra i terreni miocenici. Circa alle ore dieci arriviamo allo stabilimento di Perticara dove siamo festosamente accolti dall’egregio direttore cav. Pirazzoli, che con cordialità tutta romagnola ci apre le porte di casa e ci dà subito il grato annunzio che la colazione è pronta, se mai si credesse di approfittarne prima di continuare le nostre osservazioni. Su di che, come ben si capisce, non ha luogo discussione, mentre ognuno sente bisogno di ristorare le forze per prepararsi alle nuove camminate, le quali, specialmente per quelli che vorranno visitare il sotterraneo, saranno un vero esercizio ginnastico. Perciò accet- tiamo con gioia la proposta e ci mettiamo senz’altro a tavola a 268 Adunanza generale fare onore al nostro ospite cortese. E in un baleno passa il tempo che il presidente con paterna sollecitudine ha assegnato al nostro asciolvere, pensando al molto che è da vedere e alla lunga via che ne attende per giungere al termine della odierna escursione. Nè è a dire se pur piegando alla ragione ci duole di abbandonare il geniale ritrovo, in cui la più schietta allegria meglio che ogni parola ha potuto dimostrare la nostra calda riconoscenza a chi volle esserci cosi largo di attenzioni. È suonato il mezzogiorno e non ci avanza che poco più di due ore per visitare i lavori e le adiacenze della miniera. In questo tempo sarebbe impossibile esaminare ogni cosa da tutti; laonde la comitiva si divide in squadre a seconda degli obiettivi che si hanno in vista. La squadra più numerosa è quella che si propone di di- scendere nel sotterraneo; essa è composta dei soci Meli, Tuccimei, Ristori, Baggiolini, Moschetti, Statuti, Clerici, Del Prato, Teliini, Berti, Cherici, Tommasi ed è guidata dal cav. Pirazzoli. Formano una seconda squadra per studiare la sezione del Fanantello fino ad Ugrigno, i soci De Stefani, Canavari, Mazzetti, Pantauelli e Car- dinali. Infine il Senat.e Scarabelli e il Niccoli si uniscono per risalire alla cima di Montecchio, ove è attivato un nuovo pozzo d’estrazione e si può osservare nel taglio del piano inclinato per cui discendono i vagoncini, il secondo ripiegamento dei gessi pel quale lo spaccato della formazione in senso N. S. viene a prendere la forma di una Z. Lo stabilimento è posto all’altitudine di 560 metri (bocca del vecchio pozzo) sul fianco meridionale del colle di Montecchio, alla distanza di due chilometri circa dal castello di Perticara, che segna all’est una elevazione di 730 metri. Dall’altra parte del Fanan- tello è aperta la miniera di Marazzana sullo stesso giacimento, che continua nella direzione di ponente. 11 vecchio pozzo Alessandro ha la profondità di 233 metri, mentre quello di Montecchio, seb- bene scavato più in alto, non ha che 210 metri, incontrando lo strato solfureo ad un livello superiore. La brigata che segue il bravo Pirazzoli, dopo percorsa la sinuosa scala e la lunga galleria d’accesso, s’interna per l’intricato laberinto di cunicoli portandosi fino agli ultimi cantieri detti delle Cellette, che stanno aH'ostremo nord del sotterraneo a non meno di 600 metri dalla linea del primo ripiegamento. In questa avventurosa peregrinazione, compiuta colla 269 dello Società Geologica Italiana massima rapidità, essa ha potuto riconoscere la struttura, potenza e disposizione del giacimento minerale e le sue relazioni colle roc- cie incassanti, come pure il sistema di coltivazione e quant’ altro di singolare e d’ interessante si presenta in quella classica mi- niera; ma non ha potuto per certo formarsi un concetto del vasto edilizio che in un perseverante lavoro di oltre un secolo si è ve- nuto componendo nelle viscere della terra, e da cui mercè fatti nuovi e impreveduti sono scaturiti vividi sprazzi di luce per la geologia locale e specie per la tettonica. A ciò nullameno suppli- scono i bellissimi piani delle miniere, corredati di opportune ed istruttive sezioni, che parecchi hanno agio di esaminare prima della partenza. Dai medesimi infatti, oltre al ribaltamento generale dei gessi che può vedersi all’esterno neH’affioramento del Fanantello, risulta una disposizione tutta particolare della stratificazione per la quale, mentre la pendenza è generalmente verso sud, si ha un sensibile abbassamento tanto verso est quanto verso ovest, sulla destra e sulla sinistra del Fanantello, e ciò per effetto di un largo auticlinale od arco depresso, secondo cui, in corrispondenza allo stesso Fanantello, s'inflette la grande piega dei gessi. All’abbas- samento inoltre contribuisce, specialmente dalla parte di Perticata, una successione di faglie e salti, i quali, fatto degno di nota, cor- rispondono ad altrettante lenti solfuree comprese nei gessi e tutte allineate da sud a nord parallelamente all’indicato anticlinale, come le medesime faglie che ne producono il parziale rigetto. La mag- giore di queste lenti da cui si ricavò la più abbondante produzione, fu riconosciuta per ben 450 metri con una potenza di 80 metri all’origine ; tutte poi constano di solfo giallo quasi puro a differenza del minerale nero bituminoso, ond’è costituito il banco regolare che corre inferiormente dopo un intervallo di 4 metri di argilla nera a vene di sericolite. Per lo che bisogna supporre o che le lenti per la loro struttura abbiano presentato come tante linee di minor resistenza, perchè in corrispondenza ad esse avvenissero le rotture all’epoca del sollevamento ; o che le medesime lenti siansi formate posteriormente per un’azione di metamorfismo dovuta ad emana- zioni di gas riducenti, susseguite alle faglie (la grande quantità di carburi condensati nella formazione ne sarebbe una prova). Ma non basta ancora per quanto concerne la stratigrafia : un altro fatto importantissimo si appalesa nella grande piega dei gessi, che ha 270 Adunanza generale già fissato la nostra attenzione, ed è Io schiacciamento graduale della medesima piega nella direzione di Perticara, schiacciamento che non è spiegabile se non ammettendo ad un tempo una graduale diminuzione di potenza nei gessi. Ora i gessi assieme alle marne intercalate formano nel maggior spazio un deposito di almeno 100 metri di grossezza, e se si comprende che i medesimi possano tutti capire nella parte più ampia della piega, questo riesce inconcepibile per la parte più ristretta, anche immaginando una più intensa scon- nessione con scivolamento di strato su strato. E per vero l’ultima sezione trasversale ad est, a più di 600 metri dal pozzo Alessandro ove si aveva un angolo di quasi 60°, ci mostra un angolo di soli 25° col ramo superiore troncato e che accenna alla prossima cessazione della formazione gessosa. Dal che scende naturale la conseguenza già tratta dal nostro Scarabelli nello studiare i rapporti di crono- logia fra le varie masse del gruppo, che cioè i gessi si deponessero quando era cominciato il sollevamento del terreno cretaceo appog- giandosi al monte di Perticara, e si ripiegassero e rovesciassero nell’ ultimo periodo d’emersione dell’argilla scagliosa, che pervenne . a sormontarli e a circondarli dal lato nord-est, insinuandosi fra le stratificazioni più giovani del miocene. Nè contrasta all’idea di questo procedimento la mancanza del conglomerato più antico al di sotto dei gessi, quale appare manifesta nel taglio naturale del Fanantello; perocché si sa che depositi simili sono sempre limitati e si può benissimo ritenere che quello formatosi sopra l’argilla scagliosa del Monte di Perticara e del Pincio che ne è la conti- nuazione, non si estendesse nel bacino in cui si accumularono i sedi- menti marno-arenacei e gessosi che altrove ricuoprono senza inter- ruzione il detto conglomerato. D'altronde pel deposito di Perticara vale anche la considerazione che i ciottoli del conglomerato inter- stratificato nella molassa non derivano da roccie esistenti nell'alto Appennino , come da tempo aveva avvertito lo Scarabelli che li riconobbe provenienti da calcari antichi, quali soltanto si riscon- trano in Toscana nella così detta Catena metallifera. Le condi- zioni non erano quindi propizie ad un più largo sviluppo della formazione, la quale ha a comune colle altre prodotte da materiali del Carpegna il carattere dei ciottoli improntati, distinguendosi d’altro canto por la presenza non infrequente di ciottoli serpentinosi . Questi erano già caduti sott’ occhio destando una certa sorpresa, della Società Geologica Italiana 271 quando si entrava nello stabilimento col desiderio di ammirarvi piuttosto le belle cristallizzazioni di solfo onde va famosa quella miniera. Gli esemplari di ciottoli che per caso vi si trovavano, avevano l’aspetto di roccie dioritiche o di abasiche; ma la squadra andata ad esplorare il Fanautello ebbe poi campo di osservare di- verse varietà di roccie verdi nei massi rotolati giù nella valle, e di prenderne anche diversi saggi, Non meno profìcua intanto è riuscita la ricognizione lungo il Fanantello, nella quale il De Stefani e compagni hanno potuto esaminare tutta la compagine dei terreni principali del gruppo, risalendo dai più antichi che si appoggiano contro le stratificazioni rovesciate di Marazzana, fino ai più moderni che costituiscono il lembo isolato di Ugrigno. Una ricca messe di fossili raccolta dal De Stefani nell’arenaria di Ugrigno, ne attesta la formazione mio- cenica e precisamente del Tortoniano superiore come trovammo a Calisesi presso Sogliano. Il socio Canavari ha poi scoperto, nel letto del torrente, un piccolo affioramento di calcare nummulitico, che riposa ancora come al solito sui calcari galestrini ed argille sca- gliose. Di modo che viene pienamente a confermarsi quanto dal Presidente, coll'aiuto di uno schizzo, fu spiegato al Niccoli dall’ al- tura di Montecchio, dalla quale con uno sguardo si può bene ab- bracciare tutto il complesso di stratificazioni che sorgono in gran parte sconvolte dall’altra parte del Fanantello, notando dapprima i gessi e le respettive marne inferiori in posizione verticale e quindi, al seguito di una faglia, l’argilla scagliosa coi sovrapposti macigni eocenici e miocenici lievemente inclinati verso sud, argilla emer- gente infine in grande massa al Monte S. Benedetto al sud-est di Sant'Agata, ove si ripete, in capo a strati di nummulitico, il ma- cigno eocenico. Terminate tutte queste osservazioni, la comitiva si riunisce di nuovo allo stabilimento e qui abbiamo ancora una prova della somma gentilezza del direttore, nel trovare preparata e messa a nostra disposizione una bella raccolta di minerali. Alla vista dei magni- fici cristalli di solfo e di selenite, degli eleganti aggruppamenti di forme e colori diversi, prodotti anche dall’associazione del bitume e di cristalli di calcite, si svegliano le brame dei collezionisti ed è un vero ruba ruba per cui in un attimo tutto sparisce ed alcuni, che si erano già caricati di fossili e di campioni di roccie e pietra 272 Adunanza generale solfurea, non sanno quasi come trasportare il pesante fardello. A qualche fortunato è toccato uno dei rarissimi rombottaedri di solfo a faccie decrescenti e iridescenti, che sono una specialità di Per- ticai non posseduta che da pochi musei di mineralogia. Insomma più bel regalo non potevamo attenderci e noi, nel prendere com- miato dal cav. Pirazzoli, non riusciamo a trovare parole atte ad esprimere la nostra soddisfazione e la nostra gratitudine. Ce ne disimpegniamo come meglio possiamo assicurando quell’ottima per- sona che rimarrà in noi indelebilmente impresso il caro ricordo della visita fatta a Perticara. Risalendo alla Serra per quindi discendere a Mercatino, ab- biamo occasione di osservare sulla sinistra la imponente massa dell’ arenaria-conglomerato, la quale, dopo il ristrettissimo sincli- nale di Perticara contro cui stanno le stratificazioni dei gessi, forma un largo anticlinale a Monte Pincio elevantesi a circa 900 metri, per gettarsi poi nella valle della Marecchia. Su questo versante l’argilla scagliosa prende il sopravvento e riscontriamo di nuovo i segni di antiche frane nei soliti monoliti caduti dall’alto e tra- sportati dalla corrente argillosa lino a notevole distanza. La strada che percorriamo è costretta a serpeggiare continuamente tra i massi erratici, alcuni dei quali di grandissima mole hanno potuto servire di basamento alle case coloniche, che nel restante terreno non tro- vano un appoggio altrettanto sicuro. È un panorama singolare ed assai attraente, che ricorda certi luoghi alpini invasi pure da river- samenti di blocchi e detriti di roccie delle vicinanze. Il panorama cambia totalmente rimontando la valle dopo Mer- catino, giacché qui cessa il ricordato fenomeno e va sempre più sviluppandosi il terreno ritenuto cretaceo, di cui in breve appari- ranno gli strati più profondi portati a giorno dai maggiori solle- vamenti. Già appena attraversato il fiume si vedono lungo la strada di Pennabilli, mucchi di pietrame scavato dagli strati di calcare com- patto giallastro, che dalle traccie di Nemertiliti e di Gorgonie si riconosce appartenente alla parte inferiore del cretaceo. Ma non indugiamo a raggiungere la così detta Macchia dei Frati ove la nominata roccia è in posto e ben scoperta in un’ampia cava che andiamo subito ad esaminare. Colà, a poca altezza sulla strada, si ha un complesso di strati regolari dello spessore di un metro o poco 27:3 della Società Geologica Italiana meno, diretti alFincirca NO-SE. ed inclinati di 25° a 80; essi mo- strano per graduali transizioni strutture diverse, divenendo ora brec- ciosi ora granulari od arenacei, ma conservano un carattere spiccato in mezzo alla massa scura e molle che li contiene. È questa sempre costituita dall’argilla scagliosa, entro cui stanno poi superiormente strati di calcare psammitico di un colore olivastro o turchiniccio e perciò assomigliante alla pietra forte dei toscani. E poiché non man- cano neppure gli scisti galestrini, si può dire che nella località sono rappresentati tutti i membri del gruppo cretaceo di questa parte del- l’Appennino. Frattanto le ricerche che si fanno specialmente nei cal- cari compatti, fruttano subito parecchi esemplari di Fucoidi, essendo queste, unitamente alle protuberanze vermicolari, abbondantissime in tutte le superficie della roccia. Fra i molti esemplari dalle forme più svariate figurano non pochi Zoophicos ;’un Taounurus completo è adoc- chiato sopra una lastra ed è oggetto di disputa tra i più appassionati di paleontologia ; solo non è dato di scorgere un qualche Inoceramo che pure occorre, sebbene raramente, nella formazione. Ma non trascurando il regno minerale, si raccolgono eziandio dischi di Aragonite, che sono comunissimi in tutte le argille scagliose ; e così un nuovo e ricco contributo, che non sarà l'ultimo, viene ad aumentare il carico già da molti accumulato nelle carrozze. Ed eccoci all’ ultima tappa della giornata, nella quale, a causa della lunga e piuttosto ripida salita che s’incontra dopo il paese di Macciano, si deve procedere quasi sempre al passo per riguada- gnare presso a poco la medesima altitudine della miniera di Per- ticara. Nondimeno prima dell’imbrunire si entra in Pennabilli dove siamo fatti segno a nuove dimostrazioni di simpatia e d’affetto da quella cortese popolazione, che non vuol essere seconda alle altre nel rendere omaggio ai geologi. Anche qui godiamo la più larga ospita- lità presso le famiglie del paese, nelle quali alcuni ritrovano vecchie conoscenze e cari amici. Pertanto si passa lietamente la serata in casa dell’egregio dott. Bocchi, che ci ha convitati ad un lauto pranzo in un artistica sala, abbellita e rallegrata dalla presenza di gentili signore. Questa presenza rende veramente completa la festa. Il Pre- sidente, che ha alla sua destra la signora Bocchi, apre la serie dei brindisi bevendo alla salute di questa eletta rappresentanza del bel sesso, che tanto ci onora; è quindi un succedersi di evviva e rin- graziamenti all’ospitaliera cittadinanza di Pennabilli, di auguri alla 19 274 Adunanza generale Società geologica italiana di cui si apprezzano i servigi già resi alla scienza nel primo periodo di sua vita, nel mentre il buon umore e la cordialità non cessano mai di regnare tra i commensali, che senza accorgersene vedono giunto il momento di separarsi per prendere il riposo tanto necessario per la gita dell'indomani. Se ora ci facciamo a ricapitolare le cose osservate in questa escursione, non possiamo a meno di riconoscere che i risultati hanno pienamente corrisposto all' aspettativa. Malgrado le questioni controverse sull’età di certi terreni noi abbiamo potuto constatare tutta una successione di formazioni dalle terziarie più recenti sino a quelle che, per molte buone ragioni, un decano della geologia ha creduto di riferire al cretaceo superiore. L’esistenza di alcune si è resa evidente anche pei fossili caratte- ristici, che vi furono rinvenuti da parecchi di noi. Ciò vale tanto per le marne della parte più alta del Tortoniano, come per le scarse stratificazioni del calcare nummulitico che s’incontrano sempre a contatto delle argille scagliose. Trovammo pure, nell’ordine litolo- gico e stratigrafico, confermate tutte le indicazioni di quel magi- strale lavoro che è la carta del nostro chiarissimo Scarabelli. Così un bellissimo esempio di rovesciamento di strati si ebbe nei gessi di Perticara, dove inoltre si potè ammirare un classico giacimento di solfo. Ma due fatti salienti ebbero sopra a tutto ad emergere dallo studio del terreno più antico e più interessante della zona : il primo fu la orientazione divergente da tutte le masse subordinate all’ Ap- pennino e con questo allineate, nel gruppo di Perticara in cui per gli effetti degli ultimi sollevamenti sostenuti dalle argille scagliose, si travolsero gli strati sovrapposti, nella direzione est-ovest; il se- condo, fu la estensione di paese occupata dalle stesse argille sca- gliose nella parte del versante che comincia dal Carpegna e ter- mina a S. Marino, estensione che corrisponde molto bene a quella offerta nelle Marche dalle formazioni cretacee di natura e costitu- zione essenzialmente diverse. E. Niccoli della Società Geologica Italiana 275 Escursione del 9 settembre da Pennabilli a S. Marino. L'illustre nostro presidente sen. Scarabelli, si compiacque affi- darmi l’ onorifico, ma non meritato, incarico di redigere una breve relazione dell’ escursione da Pennabilli a S. Marino, fatta da pa- recchi colleglli della Società geologica italiana il 9 settembre scorso ('). Se non che appena iniziato agli studi geologici, mi riconosco incapace di fare un riassunto conveniente di quanto rillustre sen. Scarabelli, infaticabile ed espertissima nostra guida, con poche parole, ha potuto sul luogo istruirci e persuaderci sul risultato dei suoi studi sulle località attraversate. Conformemente al programma si partì per tempo da Penna- billi, ma prima di metterci in cammino non ci sfuggì l’occasione di osservare, sulle case costruite al limite del paese, un esempio evidente quanto dispiacevole per i suoi effetti, del lento e progres- sivo loro spostamento, essendo esse fondate su argille scagliose. Il prospetto di queste case è dolcemente contorto, e, benché esse non siano isolate, hanno subito forse in causa della differente accuratezza della costruzione o robustenza delle fondazioni, sposta- menti assai diversi, tanto che fra l’una e l’altra ne risulta una grossa fenditura od una risega. Per breve tratto si percorse la strada battuta sull’ imbrunire del giorno innanzi, raccogliendo scisti galestrini, nonché belli esemplari delle fucoidi che si sogliono indicare coi nomi di Chon- drites largioni Brong., Ch. intricatus Brong. ecc. come pure frut- tificazioni di Zosterites pelagica Menegh. Poco prima del ponte sul Marecchia, presso Bocca Canea, lasciata a sinistra la strada ci dirigemmo verso Maiolo, raccogliendo scisti verdastri a grosse fucoidi. Ci si mostrarono quindi le argille scagliose a Cadipanico, riconoscibili da lungi per il loro colore bvuno violaceo. f1) Presero parte all’escursione il Presidente e i soci Baggiolini, Berti, Canavari, Cardinali, Cherici, Clerici, Del Prato, De Stefani, Mazzetti, Meli, Moschetti, Niccoli, Pantanelli, Ristori, Statuti, Teliini, Tommasi e Tucciniei. 276 Adunanza generale La superficie del terreno, arato di recente, e dilavato dalle abbondanti pioggie dei giorni precedenti, era cosparsa da grande quantità di singolari nuclei di limonite manganesifera, molti dei quali ricordano, per la loro forma, talvolta le nemertiliti, tal'altra dei belemnitidi, e che si conoscono sotto il nome di Azzarolia per- forata. In alcuni pezzi non manca chi vi intraveda dei frammenti di ammoniti. Però il fossile finora meglio riconoscibile è il Zoo- phycos Villae Massai, di cui si raccolsero parecchi esemplari. Attraversato il Marecchia si giunse a Mercatino, avendo osser- vato poco prima il conglomerato a ciottoli improntati. Partiti da Mercatino, dopo la colezione, ci dirigemmo verso Secchiano e più precisamente alla località di Poggiale ove al pa- gliaio ci si mostrò l'affioramento di roccie ofiolitiche. In vero esso è tanto piccolo e nascosto che difficilmente lo si sarebbe potuto ritrovare senza esserne prevenuti. Dai campioni raccolti in posto e che ho esaminato in sezioni sottili, risulta essere l'affioramento costituito da diabase e da una serpentina. » La diabase è a struttura minutamente cristallina, formata da plagioclase a numerose strie di geminazione secondo la legge dell' albite, spesso molto decomposto, rimanendo trasformato in un ammasso lamellare di caolino. Il fondo della roccia è costituito prevalentemente dall’augite in grossi cristalli di colore rosso-bruno, per pleocroismo, fino al giallo chiaro ; talvolta alterata in clorite. Accessoriamente vi compare anche della magnetite in piccoli cri- stalli ottaedrici. La serpentina è costituita da olivina alterata, ricca di magne- * tite, e da cristalli di diallaggio. È notevole che questa serpentina non si possa ritenere come derivante dall’alterazione della diabase suddetta che non contiene olivina. Continuando la strada, prima dell’altro ponte sul Marecchia si mostrano i gessi le cui marne ed argille sottostanti fornirono Nassa sp ., Lucina dentata Bast. e briozoi. Abbandonata quindi la strada per Rimini cominciò la salita di San Marino, lungo buon tratto della quale sono di nuovo visibili i conglomerati a ciottoli improntati. Giunti al Borgo fummo festosamente accolti da una rappre- sentanza della reggenza della repubblica, e la comitiava si divise 277 della Società Geologica Italiana in gruppi. Salendo a S. Marino si ebbe agio di raccogliere qualche saggio di Porites ramosa Cat. a cui si deve l’origine madre- porica del Monte Titano, insieme a qualche frammento di Pecten , di echinodermi e di briozoi. Da alcuni operai si ebbero pure nume- rosi campioni dell’arenaria calcare con denti di Chrysophrys cin- ctus A g., Lamia contortidens Ag., Oxyrhina xiphodon Ag. ed altre specie già a tutti note. E con questo termino il mio compito, fidando nell' indulgenza che l’ illustrissimo presidente e gli egregi colleghi vorranno accor- dare a queste poche righe. Enrico Clerici. . 4 * SOPRA UNA NUOVA SPECIE DI EPHIPPUS SCOPERTA NELL’EOCENE MEDIO DI VAL SORDINA PRESSO LONIGO (VERONESE). (Con una tavola) Ephippris IVicolisi n. sp. Il fossile che forma l’oggetto di questa Nota fu scoperto nelle assise superiori dell’eocene medio di Val Sordina presso Lonigo, tra la gran fauna marina di Ronca e gli strati di Priabona, asso- ciato ad Echinanthus bufo, Schùuster bericus , Sismondia vice- tùia, ecc. All’esemplare mancano disgraziatamente la pinna codale, le pettorali, parte delle ventrali e il tratto superiore della testa; tuttavia mi sembra che la sua determinazione generica non am- metta alcun dubbio. La massima altezza del corpo, presa a livello dell’inserzione dei raggi ventrali, è di novantotto millimetri. Della testa rimangono la parte inferiore dell’osso mascellare e delTintermascellare e quasi tutto il dentario. Il mascellare è grosso e robusto; l’intermascellare sorpassa il primo in lunghezza e tocca il dentario; questo si mostra assai largo posteriormente e profondamente inciso, per dare inserzione all’articolare, altret- tanto robusto. Non rimane alcuna traccia sicura dell’orbita, la quale peraltro doveva avere — da sola o coi sottorbitali — dimen- sioni notevoli. Non so rilevare vestigia di denti. La colonna vertebrale, poco conservata, si avvicina anterior- mente alla linea del dorso, onde la cavità addominale appare ampia. Alcune vertebre, ben mantenute, si presentano bislunghe 280 F. Bassani e strozzate nel mezzo. Le nevrapofisi, abbastanza sviluppate ed allargate alla base, camminano quasi diritte ; le emapofisi, più sot- tili, si dirigono verso l' indietro. Le coste sono assai brevi. Dell’arto toracico sono conservati i sopraclavicolari e la cla- vicola, che scende fin sotto il livello della mandibola. Sulla clavicola si appoggiano le ossa del cinto pelvico. Delle pinne ventrali restano solamente due raggi, inseriti ad eguale di- stanza (5 rum.) fra il margine posteriore della mascella inferiore e l’origine dell’auale. Questa lascia vedere sei o sette raggi. Il primo, spinoso, manca; il secondo, pure spinoso, si presenta minutamente seghettato lungo l'orlo anteriore, coi denti abbastanza uniformi e rivolti all’ ingiù. Dei raggi successivi, i più lunghi dei quali misurano 45 mm., qualcuno si mostra più volte forcuto. Gli ossicini interapofisiarì sono robusti ed espansi, così come quelli delle pinne dorsali. Queste sono continue. L’anteriore conta sette od otto raggi spinosi, lunghi come quei dell’anale e sorretti da interapofisarì straordinariamente dilatati, che si spingono molto in basso fra le nevrapofisi. 11 primo di questi raggi è anteriormente dentellato, colle seghettature uniformi e rivolte leggermente all’ insù. La dor- sale molle è incompleta: vi conto almeno cinque raggi, il terzo dei quali è sei volte diviso. Il fossile descritto, che appartiene senza dubbio alla fam. Squamipennidae , richiama i generi EphippusJ Platax e Macro- stoma. Al Macrostoma altam Agassiz (‘), del calcare grossolano di Hauterive, somiglia per lo squarcio della bocca, per la direzione della mandibola, per la forma del corpo, per l’apparente mancanza di denti e pel numero delle vertebre addominali (circa dieci); ma se ne distingue per lo sviluppo relativo dell'intermascellare, per la direzione dei primi interapofisarì dell’anale e sopratutto per la forma delle vertebre, che nel Macrostoma sono molto più alte che lunghe. Dai Platax , ai quali si avvicina pei caratteri delle mascelle, lo separa nettamente la costituzione delle pinne impari. Restano gli Ep hippies, ai quali si associa indubbiamente per molte particolarità, mostrandosi affine all ' Ep /lippa s longipennis Agassiz L Agassiz, Poissons fossiles, voi. IV, pag. 259, tav. 30. 281 Sopra una nuova specie di Ephippus ecc. di Monte Bolca ('). Differisce poi essenzialmente da questa specie pei raggi spinosi denticolati della dorsale e dell’anale. L’esemplare si conserva nella collezione paleontologica del chiarissimo amico cav. Enrico Nicolis in Verona, che me lo comu- nicò gentilmente ad oggetto di studio ed al quale mi pregio inti- tolare la specie. Dal Gabinetto di geologia della r. Università di Napoli, settembre 1888. F. Bassani. (') Agassiz, Poiss. foss. voi. IV, pag. 225, tav. 40. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IX. Ephippus Nicolisi Bass., n. sp. Eocene medio di Val Sordina, presso Lonigo (Veronese). ■ • BoU. d. Soc. (iconica Hai. Voi W.(J888) Tcw.JX. Sassone -yM specie dlEphippus. Everdina Bassani dis ♦ FORAMINIFERI DEL CALCARE CRETACEO DEL COSTONE DI GAVARNO IN VAL SERIANA. (Con una tavola). Separato dal torrente Vallogna — piccolo tributario del Serio — il costone di Gavarno, all'altezza del paese di Alzano nella valle soriana, si dirige per lungo tratto isolato verso est, finché vicino alla vetta del Misma piega con leggera curva a nord, unendosi al versante meridionale di questo monte, che si erge fra Albino e Trescorre. Il professor Varisco nella sua carta geologica della pro- vincia di Bergamo (') spingendo molto più a sud di quel che non siano i terreni liasici, pone erroneamente nel lias superiore questo costone di Gavarno, che invece per recenti osservazioni si deve riferire indubbiamente al cretaceo medio, come già aveva ritenuto il Zollikofer nel suo pregiato lavoro geologico sulla Lom- bardia (2). Io non intendo ora entrare in minuti particolari sulla costi- tuzione geologica di questa piccola parte della valle soriana, sia perchè ciò sarebbe affatto inutile in una Nota puramente paleontolo- gica, sia perchè avrò occasione di trattarne in un prossimo lavoro. Mi basta ora aver accennato come questa costa di Gavarno si debba riferire indubbiamente ai terreni cretacei, e più particolarmente alla creta media (3). f1) A. Varisco, Carta geologica della provincia di Bergamo, 1881. (2) T. Zollikofer, Beitràge sur Geologie der Bombar dei. Aemtlicher Be- richt. der 32tc Versamml. d. Deutsch. Naturf. und Aerate in Wien, 1854. (3) Mentre stavo correggendo le bozze di questa mia nota, venni alla conoscenza di un lavoro recentemente pubblicato dal dott. Luigi Forni sulla geologia del M. Misma (Luigi Forni, Osservazioni stratigrafiche sul Monte Misma, 1888, Pavia). Io credo che l’autore ponga erroneamente tutto il Costone di Gavarno nella creta superiore, poiché quelle arenarie e quei calcari del 284 E. Mariani La roccia che nella massima parte forma il costone di Ga- varno è un calcare grigiastro assai compatto, che alterna con cal- cari rossastri, molto duro, a frattura quasi concoidale, che contiene grossi noduli di selce nera, e frequenti vene di calcite. Esaminato in sezioni sottili al microscopio si vede ricco di conchigliette di foraminiferi, le quali per lo più sono raccolte in piccole chiazze qua e là nella roccia. Bari noduli di limonite, granuli glauconiosi, come pure frequenti cristalli di quarzo e di calcite, sono disseminati nella roccia, la quale a occhio nudo si presenta affatto omogenea. Nella presente Nota io do l’elenco ragionato dei foraminiferi che mi fu dato determinare in questo calcare: questa microscopica fauna, sebbene non sia ricca di molti generi, pure per l’abbon- danza di certe specie, viene in appoggio ai dati stratigrafici nel fissare nettamente il periodo geologico in cui questo calcare assai siliceo si dovette formare. Nella tavola annessa a questa Nota ho disegnato solamente quelle forme che si sono prestate a una sicura determinazione, di altre mi sono limitato alla descrizione generica, riferendone alcune con riserva a specie comuni nella fauna a ri- zopodi del cretaceo (‘). Elenco sistematico dei Foraminiferi. 1. Ammodiscus incertus, d’Orb. sp. (Tav. 10 fig. 1). Operculina incerta, d’Orbigny, 1839, Foram. Cuba, p. 71, t. VI, f. 16, 17. Ingrand. 100 diam. — [In solo esemplare ben conservato, ap- partenente a un giovane individuo. È fossile fin dal carbonifero ( Trochammina incerta , Brady (2). Tuttora vivente. cretaceo recente, in cui è scavata la sella tra il costone di Gavarno e il Misma, e formanti la parte assiale di una sinclinale rovesciata a sud, non continuano sul versante meridionale della costa di Gavarno, mentre vi conti- nuano quelle roccie calcari assai compatte, per lo più grigiastre, a noduli silicei che sottostanno alle sopradette arenarie, e che, poggiando altrove sui calcari biancastri della creta inferiore, si devono riferire alla creta media. (1) Il dottor Forni nel sopracitato lavoro dà una lista dei generi di fora- miniferi del calcare di Gavarno, da me comunicatagli, non completa e poco esatta ; come pure poco esatte sono le conclusioni che egli dedusse da essa. (2) Brady, 1876, Monogr. carb. and Penn. Foram. p. 71, t. II, f. 10-14. Foraminiferi del calcare cretaceo ecc. 285 2. Textularia conulus, Reuss. (Tav. 10 fig. 2). Textularia conulus, Reuss, Beitràge zur Charak. d. Kreid. in den Ostalpen (Denks. d. k. Akad. d. Wiss. in Wien, 1854, p. 72, t. XXVI, f. 7). — Die Foraminiferen d. Westphàlischen K^eidef. (Sitz. 'd. kais. Akad. Wiss., 1860, p. 231, t. XIII, f. 3). Ingrand. 130 diam. — Del genere textularia è questa la sola specie che ho potuto determinare con sicurezza. Assai rara. Fossile è abbastanza diffusa nel cretaceo. 3. Textularia cfr. obsoleta, Reuss. Textularia obsoleta, Reuss, Die foram. und Ostrac. d. Kreide am Ka- nara-See b. Kùstendsche (Sitz. d. Kais. Akad. Wiss. in Wien, 1866, p. 455, t. I, f. 8). Riferisco con riserva a questa specie di cretaceo un solo esem- plare; la forma generale della conchiglia, come pure la forma e disposizione delle singole loggie e dei setti sono proprie di questa specie, ma con un solo individuo ed incompleto non si può venire a una sicura determinazione. Questa specie ha molta somiglianza colla T. sagittula , Dfr., colla quale forse si potrebbe unire. 4. Lagena globosa, Montagli sp. (Tav. 10 fig. 3, 4). Vermiculum globosum Montagu, 1803, Test. Brit. p. 523. Lagena globosa, Reuss, Monographie der Lagenideen (Sitz. d. kais. Akad. Wiss. Wien, 1862, p. 318, t. I, f. 3). Ingrand. 130 diam. — Abbastanza frequente; assai rare sono le forme subglobulari, più comuni invece gli esemplari piriformi. È fossile fino dal Giura; vive tuttora in tutti i mari a qua- lunque profondità. 5. Lagena apiculata, Reuss. (Tav. 10 fig. 5). Lagena apiculata, Reuss, Ibidem, p. 318, t. I, f. 4-8, 10, 11. Ingrand. 130 diam. — Assai rara. Individui quasi perfetta- mente affusolati. Si conosce fossile fin dal Lias, è abbastanza comune nella creta. Vive sì nella zona littoranea che a grande profondità. E. Mariani 28G (3. Nodosaria Lnsqpicln, d’Orbigny. (Tav. 10 fig. 6). Nodosaria h ispida, d’Orbigny, 1846, Forarti, foss. Vienne, p. 35, t. I, f. 24, 25. Ingrandimento 130 diam. — Ho disegnato un grande esemplare a due loggie: manca costantemente la punta sulla prima loggia. Poco comune. Fossile dal Lias in poi. Vive tuttora. 7. Nodosaria racliciiffn, Linné sp. (Tav. 10 fig. 7). Nautilus radicula, Linné, 1767, Syst. Nat. 12 édit. p. 1164, 285, ecc. Ingrand. 140 diam. — Poco comune; un solo esemplare com- pleto. È una specie antichissima, essendosi trovata abbastanza dif- fusa in alcune roccie del Permiano. Vive tuttora. 8. Nodosaria ambigua, Neug. var. cretacea. (Tav. 10 fig. 8). Nodosaria ambigua, Neugeboren, 1856, Die Foram. aus cl. Orci. d. Sti- chostegier v. Ober-Lapugy in Sieb. — (Denk. d. k. Àkad. Wiss. Wien, voi. XII, p. 71, t, 1, f. 13-16). Ingrand. 140 diam. — Il Brady non mantiene come specie a sè quelle forme illustrate dal Neugeboren (op. cit.) sotto il nome di N. ambigua , ma le raggruppa sotto la specie pel primo * descritta da Linné, la Nodosaria ( Nautilus ) radicula (1707, Syst. Nat. 12 éd., p. 1164, 485), facendone però una varietà. I miei esemplari però differiscono affatto dalla N. radicala, mentre più si avvicinano per la forma delle loggie alla N. am- bigua., specie tuttora vivente e che si trova fossile assai diffusa nei terreni terziari. Cosicché io ho creduto conveniente farne una varietà, conservando la specie del Neugeboren, per queste forme abbastanza comuni nella nostra fauna del costone di Ga- varno; nelle quali le loggie non sono mai più di tre , arrotondate la prima, e l’ultima non acuminata; l'apertura è piccola, rotonda e centrale. F or ambii feri del calcare cretaceo eoe. 287 9. INToclosariti simplex, Terq. e Berth. (Tav. 10 fìg. 9). No do sari a simplex, Terquem e Berthelin , Étude microscopique des mar- nes du lias moyen d! Essey-lès-Nancy (Mém. Soc. géol. de France, 1875, li sèrie, X tome, p. 19, t. I, fig. 16, a, b. c ). Ingrand. 120 diam. — Pochi individui; esternamente non of- frono alcuna ornamentazione : le loggie sono divise da un picciuolo che in generale è breve; la sua lunghezza va man mano dimi- nuendo dall’ultima alla prima loggia. Osservo però che non ho tro- vato esemplari in cui il peduncolo tra le loggie venisse a mancare totalmente, anzi in alcuni diventa lungo e sottile come nella N. rudis d’Orb. nel bacino di Vienna. 10. Oristella/ria lato, Corniiel sp. (Tav. 10 fig. 10). Marginili ina lata, Cornuel, Descript, de nouveaux fossiles microscop. du terr. crétac. inf.. ecc. (Mém. Soc. géol. de France, 1848, II sér. IH tome, p. 252, t. Ili, fig. 34-37). Ingrand. 130 diam. — Esemplare a poche loggie, largo, tron- cato obliquamente in avanti; le loggie sono grandi e arcuate, l’a- pertura trovasi su un piccolo prolungamento. Fossile è abbastanza comune tra i foraminifer'i mesozoici. Leggermente modificata vive tuttora a piccole profondità. 11. Oristellarifi votixlata, Lamarck sp. (Tav. 10 fig. 11). Lenticulites ro tu lata, Lamarck, 1804, Annales du Muséum, voi. V, p. 188, n. 3. — Tableau Encycl. et. Méth., t. 4 66, f. 5. Ingrand. 140 diam. — Un sslo esemplare. Fossile dal trias in poi, e tuttora vivente. 12. Cristellaria oixltrat», Montfort sp. (Tav. 10 fig. 12). Robulus cultratus, Montfort, 1808, Conchyl. System, voi. I, p. 214, 54 gen. Ingrand. 140 diam. — Si distingue facilmente dalla specie precedente per la presenza del margine periferico. Pochissimi esem- plari. Fossile dal lias in poi. Tuttora vivente. 288 E. Mariani 13. Cristellaria cfr. crepidula, Fichtel e Moli sp. Nautilus crepidula, Fichtel e Moli, 1803, Test. Micr. p. 107, t. XIX, f. g-i. Riferisco con riserva a questa specie un esemplare ovale allun- gato che rassomiglia a quello disegnato dal Reuss sotto il nome di C. planiuscula (*)• Ma forse è semplicemente una varietà della C. lata. 14. IPolymorjdiina compl essa, d’Orbignv. (Tav. 10 fig. 13). Polymorphina compressa, d’Orbigny, Fot. foss. Vienne, 1846, p. 233, t. XII, f. 32-34. Ingrand. 140 diam. — Pochi esemplari, alquanto meno allun- gati delle forme tipiche. Accenno alla presenza di alcune forme le quali si avvicinano alla P. problema d'Orb., ma non avendo potuto ottenere individui bene conservati, non posso accertare la presenza di questa specie, la quale, come la P. compressa , si trova fossile abbastanza fre- quente nel cretaceo. È tuttora vivente. 15. Globigerina bulloides, d’Orbigny. (Tav. 10 fig. 14, 15). Globigerina bulloides, d’Orbignv, 1846, Foram. foss. Vienne, p. 136, t. IX, f. 4-6. Ingrand. 120 diam. — È la specie più largamente rappre- sentata di tutte le altre; presentasi sotto diverse forme e dimen- sioni. Fossile dal cretaceo in poi. Vive tuttora in tutti i mari. 16. Globigerina, bulloides, d’Orb. var. triloba Reuss. (Tav. 10 fig. 16, 17). Globigerina triloba, Reuss, 1849, Neue Foram. aus clem Schichten d. ósterr. Tertiàr. (Denk. d. math-Natunv. Kl. Akad. Wiss. Wien, voi. I, p. 374, t. XLVII, f. 11 a-e). Ingrand. 140 diam. — Questa varietà è meno diffusa della G. bulloides. Vive tuttora. (0 Reuss, Die Foram. d. nord. Ilils u. Gault (Sitzungsb. d. k. Akad. Wiss. Wien, 1862, p. 71, t. VII, f. 15). F oraminiferi del calcare cretaceo ecc. 289 17. Glohiaerina cretacea, d’Orbigny. (Tav. 10 fig. 18, 19). Globigerina cretacea, d’Orbigny, Mémoir.es de la Société géologique de France, 1840, voi. IV, p. 34, t. Ili, f. 12-14. Ingrand. 120 diam. — Questa specie è molto frequente in esemplari bene conservati. È una globigerina che trovasi più dif- fusa tra i foraminiferi cretacei. In Italia venne trovata dal pro- fessor Seguenza in una marna cretacea di Anconi nella provincia di Reggio Calabria Q). Vive tuttora. Oltre a questi foraminiferi determinati, accenno ad alcune altre forme che si avvicinano alla Rosolina marginata , Reuss e alla R. canali culata Reuss (1 2), specie comuni nel cretaceo, e dal Bradv messe nel genere Globigerina (G. marginata , G. linneana d’Orb,). Osservo che la Globigerina marginata venne trovata dal prof. Pantanelli in alcune sezioni di un calcare rosso cretaceo di Montalmo in Sicilia (3). Accenno infine alla presenza di Froncli- cularia , foraminiferi stigostegi assai diffusi nel cretaceo; non mi fu dato determinarne neppure una specie, non avendo potuto ot- tenere altro che dei frammenti, che ho trovato inutile disegnare. Dall’esame di questa fauna a foraminiferi del costone di Gavarno, non molto ricca di specie, ma con abbondanza di forme caratteristiche dell’epoca cretacea, si può giungere a parecchie conclusioni di qualche importanza. Fare un confronto fra questa fauna con quelle classiche più note, illustrate così stupendamente dal d’Orbigny (4), dal Cornuel (5), (1) G. Seguenza, Studi geol. e paleont. sul cretaceo medio dell'Italia meridionale, 1882. (2) Denkschriften d. kais. Ak. d. Wiss. in Wien, 1854, p. 69, 70, t. XXV, f. 1, 4. (3) D. Pantanelli, Note microlitologiche sopra i calcari (E. Accademia dei Lincei, voi. XII, 1882). (4) D’Orbigny, F'oram. de la craie bianche du bassin parisien (Mém. Soc. géol. de France, I se'rie, tome IV, 1840). (5) J. Cornuel, Description de nouvcaux fossiles microscopigucs chi tcr- raìn crétacée inférieur du départcment de la Haute-Marne (Mém. Soc. géol. de France, II sèrie, tome III, 1848). 20 290 E. Mariani dal Reuss (’), dal Berthelin (2) e da molti altri illustri paleon- tologi, sarebbe cosa difficile, se non affatto impossibile, essendo troppo esiguo il numero delle specie che con sicurezza si pos- sono determinare. Solo si può dire come l’assenza completa di foraminiferi a guscio porcellaneo, la poca frequenza di individui appartenenti alla famiglia Textularidae , o meglio all’ordine degli Enallostegidi del d’Orbignv, gruppo più comprensivo del primo, l’abbondanza invece di Nodosaria , Frondicularia , Lagena ( Sti - gostegi, d’Orbigny), come pure di Cristellaria ( Elicostegi , d’Orbi- gny, pars) diano il carattere precipuo della fauna a foraminiferi del cretaceo medio. Già sopra dissi come questo compatto calcare di Gavarno doveva formarsi in un mare non molto profondo, come in generale ce lo attestano sia il predominio di forme speciali appartenenti ai generi lagena, Nodosaria, Cristellaria , forami- niferi anche di spiaggia, sia la scarsità di forme pelagiche e di molte forme a guscio arenaceo che vivono in mari profondi. Egli è vero che non mancano le Globigerine , che si trovano per lo più in esemplari di mediocre dimensione, nè le Textularie , ma si sa benissimo che le prime come forme cosmopolite vivono anche vi- cino alle coste, le seconde poi, scarse nella nostra fauna, sono rap- presentate da forme speciali che si trovano tra i foraminiferi di spiaggia. Osservo per ultimo come il mare in cui dovevano vivere questi foraminiferi, doveva essere temperato, come già osservava il d’Orbigny per quelli della creta bianca del bacino di Parigi. È vero però che fra le nostre specie trovansi alcune ( Nodosaria radicula , Lagena apic alata, Cristellaria rotatala, C. cultrata, (0 Reuss. Foraminif. u. Entomostr. d. Kreidemergels v. Lcmberg (Na- turvv. Abbaini. Wien, 1851, Bd. IV. — Beitràge zur Charakteristik der Krei- deschicliten in den Ostalpen, besonders ini Gosauthale und am ÌVolfgangsee (Denks. ci. kais. Akad. Wiss. Wien, 1854, Bd. V II). — Die Forum . d. ÌVestphà- lischen Kreuleformation (Sitz. d. kais. Akad. d. Wiss. Wien, 1860, Bd. XL. — Die Foram. d. Schreib/creide von Riigen (Sitz. d. Kais. Akad. d. Wiss. Wien, 1861, Bd. XLIV). — Die Foram. des norddeutsclien Hils und Gault (Sitz. d. kais. Akad. d. Wiss. Wien, 1862, Bd. XLVI). — Die Foram. und Ostrac. d. Kreide am Kanara-see b. Kùstendsche (Sitz. d. Kais. Akad. d. Wiss. Wien, 1865, Bd. LII). (2) M. Berthelin, Mémoire sur les foramini/cres fossitcs de l'étage albicn de Montcley ( Doubs ) (Mém. Soc. géul. de Trance, III serio, tome I, 1880). Foraminiferi del calcare cretaceo ecc. 291 C. crepidula) ('), che vivono assai comuni nei mari polari, ma nessuna di queste è ad essi esclusiva, trovandosi anche abbondan- temente nell’Adriatico e nel Mediterraneo. E forse le leggere dif- ferenze che pur si osservano fra le specie del cretaceo e le corri- spondenti che vivono nei mari glaciali, sono dovute alla adatta- zione in un ambiente abbastanza diverso. Ernesto Mariani. (!) Vedi Brady, 1884, Foram. Citali. — Uhlig, Foram. v. Jan Mayen 1886 (Die Internai. Polarforschung 1882-83 d. osterreichische Polarstation Jan Mayen, III Bd.). 292 E. Mariani. Foraminiferi del calcare cretaceo ccc. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA X. Fig. 75 77 75 77 77 75 75 75 75 75 75 75 55 75 1. Ammodiscus incertus, d’Orbigny sp. 2. Tcxtularia conulus, Heuss. 3. 4. Lagena globosa, Montagu sp. 5. » apiculata, Reuss. 6. Nodosaria hispida, d’Orbigny. 7. n radicala, Linné sp. 8. » ambigua, Neugeboren, var. cretacea. 9. » simplex, Terquem e Berthelin. 10. Cristellaria lata, Cornuel sp. 11. » rotulata, Lamarck sp. 12. » cultrata, Montfort sp. 13. Polymorphina compressa, d’Orbigny. 14. 15. Globigerina bulloides, d’Orbigny. 16. 17. » » » var. triloba, Reuss. 18. 19. « cretacea, d’Orbigny. SBoll. d Soc. Seoi. J tal. Vol.VII Tav. 10 CONTRIBUTO ALLA FLORA FOSSILE DEL SUOLO DI ROMA Fillili de’ tufi vulcanici delle Due Case ( Valchelta). A circa 9 kilometri da porta del Popolo sulla via Flaminia, trovasi un grande deposito di tufo vulcanico, che da parecchi anni si suole cavare per uso edilizio della città, in cui viene ado- perato in quantità assai grande. Il chiamo sig. prof. R. Meli, te- nendo dietro a questi scavi, ha potuto raccogliere un numero abba- stanza grande di fossili animali e vegetali, che si conservano nel Museo geologico della R. Università: i primi li ha studiati e pubblicati egli stesso, e vi ha riscontrato delle forme interessanti ; i secondi volle affidarli a me, quantunque nuovo in questo genere di studi. Molte sono le fìlliti rinvenute; ma finora io non presento che quelle de- terminate con esattezza, riservandomi di consegnare ad una seconda Memoria, quelle che sono in via di determinazione. Trovasi tale giacimento di tufo nella via suddetta poco al di là delia località detta Peperino , per la roccia vulcanica, che vi si estrae, chiamata peperino , di color grigio, compatta, usata anche questa per costruzione, e poco prima di arrivare alla tenuta delle Due Case. Forma un deposito considerevole per estensione e potenza : è litoide, di color giallo tendente al chiaro ; risulta di una pasta terrosa, talvolta assai fina, che contiene frammenti di rocce diverse, come pezzi di calcare per lo più angolosi, pomici ecc.T cri- stalli macroscopici e terminati di Augite, massi erratici di aggre- gati minerali di varia specie ecc. È addossato al pendio destro della valle dei Tevere: manca, come ha osservato anche il prof. Meli (*), di divisione prismatica; vi si distinguono banchi incli- (L Meli R., Molluschi terrestri e d'acqua dolce rinvenuti nel tufo litoide della Valchetta presso Roma, inser. nel Boll. d. Soc. geol. ital., voi. Ili, 1° an. 1884, pag. 71, 72. 294 G. Antonelli nati secondo la pendenza del colle ; il che fa credere che questo tufo vi fu depositato a varie riprese e, forse in tempo assai breve, perchè la stratificazione non è ben netta. Nel tufo di questa cava, come in quello vicino del Peperino, si osservano molte cavità rotonde o un po’ schiacciate, che rappre- sentano il posto occupato da’ tronchi di alberi; questi fori sono vuoti del tutto o solo per un tratto il più esposto all’azione degli agenti atmosferici. Non è difficile vedervi de’ fori più o meno lunghi, disposti in senso orizzontale , aventi un diametro di 40-50 cm., alla profondità dal terreno superficiale di 4 o 5 m., come più volte ho potuto scorgere io stesso. — Per dare un’idea esatta della potenza di questo deposito di tufo giallo, riporto due sezioni da me rilevate e una del tufo grigio per vederne i rapporti. L’ingresso alla tenuta delle Due Case è allo stesso livello delia strada Flaminia, e si offre dinanzi una valle di qualche centinaio di metri di larghezza scavata per l’esporta- zione del tufo giallo. La sezione seguente è presa a sinistra di chi entra in questa valle; a partire dall’alto si trova: 1. Terreno vegetale con ciottoletti sparsi non stratificato; m. 2,85. 2. Tufo giallo litoide, con interclusi minerali, con filliti e fori di tronchi d’alberi, a falsa stratificazione inclinata; m. 12. Pochi passi prima di arrivare alla località ora detta, sulla si- nistra di Via Flaminia per chi si allontana da Roma, si ha un’altra sezione, che dall’alto al basso risulta come segue: 1. Terreno vegetale coperto di erbe. 2. Tufo giallastro, compatto, litoide, molto ricco di fori con- tenenti tronchi d’alberi; insieme col 1° m. 2. 8. Tufo giallo litoide come quello delle Due Case più di 10 m. Segue la sezione del tufo grigio detto Peperino , che si vede sulla sinistra di via Flaminia, poco prima di giungere alla cava del tufo giallo : dall’alto al basso e con misure approssimative si ha : 1. Terreno vegetale privo di ghiaia m. 0,60. 2. Tufo giallo-grigiastro, quasi polveroso, perciò poco com- patto e non usato per fabbrica m. 1,20. 3. Tufo giallo, compatto, litoide, con interclusi minerali, so- migliantissimo a quello delle Due Case e sprovvisto di fossili; m. 5. 4. Terriccio di trasporto con ghiaia, a strati irregolari, on- dulati; m. 1,50. 295 Contributo alla flora fossile del suolo di Roma 5. Tufo litoide, grigio, ricco di filliti, di tronchi d’alberi, di gasteropodi e bivalvi d’acqua dolce; m. 4,50. 6. Strati di ghiaia alluvionale. L’epoca di formazione del tufo giallo litoide delle Due Case, come di tutti i tufi leucitici del suolo di Roma, è indubbiamente glaciale, come aveva già osservato il prof. Ponzi (<), cui aderisce ancora il prof. Meli (2), perchè è sovrapposto al pliocene recente e sopporta il terreno alluvionale. Anche il Negri (3) ritiene glaciale il tufo romano, perchè, quantunque al disopra delle sabbie gialle plioceniche, si trovino in qualche luogo strati ciottolosi, che sop- portano de’ tufi, tuttavia questi strati egli li ritiene egualmente pliocenici, mancando in essi un pezzo qualsiasi di roccia e.uttiva, caratterizzante così bene il tufo romano e risultando solo di fram- menti calcarei o silicei strappati agli Apennini. Il prof. Stoppani pure discutendo l’epoca, in cui cominciarono a erompere i vulcani romani, la fissa sul finire del pliocene o anche più tardi (4). Prima di passare a parlare delle filliti, cioè del modo come si presentano e delle specie rinvenute, credo utile riportare i nomi di alcuni fossili animali studiati pel primo dal prof. Meli (5). Egli vi ha trovato solo molluschi terrestri e d’acqua dolce mescolati tra loro. I principali tra i Gasteropodi sono IJyalina Draparnaldi Beck., che vive anche ora nella provincia romana, Helix olivetorum Herm., scomparsa da Roma, Zonites compressus Ziegler, vivente ora in luoghi più freddi di Roma, sul monte Meta (Abruzzo ulteriore II0) secondo lo stesso prof. Meli e la signora Paulucci, a 2000 m. sul livello del mare, e sulla Maiella secondo il Kobelt, Trìgonostoma obvoluta Muli., Xerophila ammonii A. Schuiidt, che attualmente trovasi in Sabina e, secondo lo Statuti, anche in Roma, Helix ne- moralis L., non molto comune oggidì nell’agro romano, mentre è comunissima in parecchie altre parti d'Italia, Cyclostoma elegans Miill. molto frequente, e pochi altri molluschi. (') Ponzi G., I tufi vulcanici della Tuscia rom.ana. Poma 1881, pag. 14 e ss. (2) Meli E., Notizie ed osservazioni sui resti organici rinvenuti ne' tufi leucitici della provincia di Roma. Estr. dal Boll, del r. Comit. geol. an. 1881, n. 9-10, p. 32. (3) Negri G., Geologia d'Ralia. Tip. Vallardi, Milano, pag. 189. (4) Stoppani A., Corso di Geologia. Milano 1873, voi. Ili, p. 383 e ss. (5) Meli R., Molluschi terrestri e d'acqua dolce ecc., pag. 71 e ss. 296 G. Antonelli Molto abbondanti e in genere ben conservati sono i resti ve- getali del tufo di questa località (‘). Essi consistono principal- mente in foglie, tronchi e rami di alberi ; non mancano però fratta e impronte di frutta. Fra queste merita di notarsi un nocciuolo di una drupa , un po’ schiacciato per la pressione sostenuta, e racchiuso ancora in una cavità assai più grande di esso, per la distruzione del pericarpio avvenuta dopo che questo frutto si trovò ravvolto nel tufo. Da un primo studio comparativo istituitovi, panni spet- tare al genere Amygdalus. Delle due parti, formanti l’endocarpio, una è intatta, e l’altra è spostata e adagiata un po’ sulla prima. In corrispondenza di una delle due suture si vede l’interno del- l'osso riempito di terra eguale al tufo. È singolare poi il modo, come si trovano le foglie ; ora sono piane, ora accartocciate, contorte, curvate in modo da formare sulla roccia un rialzo, oppure dispo- ste a cilindro o a vagina piena di tufo, o ripiegate in diverse strane guise, o agglomerate insieme e cementate in modo, che la roccia, alla rottura, ne mostra alle volte un numero abbastanza grande, benché per lo più della stessa specie. Le foglie non solo hanno la- sciato nel tufo l'impronta ; ma talvolta (e ciò osservasi assai più spesso nel tufo grigio), vi è rimasto il tessuto vegetale colorato in verde dalla clorotilla indecomposta, come si osserva nelle foglie coriacee, per es. del Uuxus sempervirens L. Esse si possono distac- care dalla roccia e mostrano anche le piti piccole particolarità delle nervature. I tronchi sono pure abbondanti e, talvolta, di conside- revole dimensione : per lo più il tessuto vegetale è sostituito da cal- cite più o meno completamente, che si riconosce dalla viva efferve- scenza cogli acidi ; spesso però si è conservato il tessuto fibroso, specialmente in qualche piccolo ramo, che offre l’aspetto delle libre d’amianto; queste libre si possono togliere, si piegano, si torcono (l) Sento il dovere di ringraziare vivamente i sigg. prof. R. Pirotta, di- rettore dell’Istituto botanico e R. Meli del Museo di Geologia per avermi con- sigliato, a intraprendere lo studio della Botanica fossile della campagna romana (campo da questo lato quasi inesplorato) e avermici sempre incoraggiato con consigli, con aiuti e, più di tutto, coll’avermi procurato quei libri di paleonto- logia vegetale, che formano la base di tale studio ; anzi è merito tutto loro se oggi si trovano nella R. Biblioteca delPUniversità alcuni libri di questa materia, di cui prima non ve n’era assolutamente alcuno. Particolari ringraziamenti devo pure al chiamo sig. prof. F. Sordelli, che si è compiaciuto togliermi alcuni dubbi sulla determinazione di alcune filliti. 297 Contributo alla flora fossile del suolo di Roma un poco, e, qualche volta, compresse tra le dita, si riducono in fibre più sottili; abbruciano alla fiamma mandando un fumo, che all’odore ricorda quello della carta bruciata (*) e lasciano un residuo analogo a cenere. Nel caso poi che la sostanza legnosa è convertita in calcite completamente, rimangono tutte le particolarità del fusto, la cor- teccia screpolata per l' aumento dei tessuti sottostanti, le zone le- gnose, i raggi midollari, il midollo ; sicché, segando uno di questi fusti e levigandone la superficie di sezione e anche pulimentandolo, a prima vista non si riuscirebbe a distinguerlo da un tronco analogo vivente, che rappresentasse la stessa specie. Una sezione di questi rami, osservata al microscopio, si comporta, il più delle volte, come una sezione fresca. Certo il modo come si trovano le foglie, alcune frutta e i rami de’ vegetali costituisce un fatto molto interessante per la ricerca della genesi de’ tufi, unitamente ai resti animali, come già da parecchi anni aveva fatto osservare il prof. Meli (2). Che nell’origine de’ tufi abbia avuta una parte attivissima l’acqua, credo si possa ammettere senza alcun dubbio ; e nel caso nostro, de’ tufi cioè della Yalchetta, la giacitura delle foglie e la maniera con cui si presentano panni indicare fino all’evidenza, che esso sia un tufo di trasporto operato dalle acque alluvionali quaternarie. L’idea generale di trasporto delle terre vulcaniche nel suolo ro- mano è ammessa e sostenuta anche dal chiarmo prof. Keller in una sua recente Nota (3). Questo tufo proverrebbe dal gruppo dei vulcani di Bracciano. Inoltre dalla bizzarra giacitura delle foglie si rileva ancora come questo tufo, quando fu trasportato nel luogo dove si trova attualmente, dovette essere pastoso o semifluido, al- trimenti non saprei come potere spiegare la strana maniera con cui si offrono i resti vegetali. Dalle filliti raccolte si rileva come la flora del periodo glaciale di questa località sia molto ricca di piante Dicotiledoni, che sono quasi le stesse, che vivono attualmente nella campagna romana o fuori : e alcune, come il Laurus nobilis L., Ylledera elix L., dovevano (Q Questo fatto fu osservato anche dal dott. Clerici E. nella sua Nota : Sopra alcune formazioni quaternarie de' dintorni di Roma. Roma, 1886 p. 10. Estratto dal Boll. d. r. Comit. geolog. an. 1885, an. 11 e 12. (2) Meli R., Notizie ed Osservazioni ecc., p. 6. (3) Keller F., Contributo allo studio delle rocce magnetiche dei din- torni di Roma. Roma, Tip. d. R. Àccad. dei Lincei 1888, pag. 331. 298 G. Anlonelli essere abbondantissime, a giudicare dalla quantità grandissima delle belle tìlliti trovate accanto a de’ carpoliti. Di Monocotiledoni, fin qui, ne souo state raccolte solo due specie, un Potamogeton , male conservato e un rametto con tre foglioline complete, che somigliano a quelle del Ruscus aculeatus L., da cui differiscono però, perchè l’impronta non indica affatto essere stata lasciata da una foglia coriacea, come sono quelle del Ruscus , ma piuttosto da una foglia molle, come sarebbero quelle del gen. Orchis o di parecchie gigliacee. Mancano, per ora, del tutto le A cotiledoni nella descrizione seguente ; ma esse sono state già trovate in località diverse e studiate dal dott. Lanzi, e si riferiscono a parecchie Diatomee (Alghe) ('). Descrizione delle specie. MONOCOTILEDONI Ord. Potamee. Gen. Potamogeton L. 1. Potamogeton sp.? Come già ho sopra accennato, si è rinvenuto un solo fram- mento di foglia appartenente a questo genere, il quale per essere molto male conservato non permette di determinare con sicurezza la specie. DICOTILEDONI Sez. I. Apetale dicline gimnospermiche. Ord. Conifere. — Sottord. Tassinee. Gen. Taxus Tournef. 2. Taxus baccata L. Sono piuttosto frequenti le impronte di foglie di questa specie, di cui alcune isolate, altre attaccate al ramo : sono brevemente pic- ciolate, lunghe, acuminate colla nervatura mediana molto ben netta; (') V. parecchie Note del dott. M. Lanzi, ira cui quella intitolata: Le Diatomee fossili del terreno quaternario di Roma., Tip. d. R. Accad. dei Lincei, 1887, che ne fornisce il catalogo colle località. 299 Contributo alla flora fossile del suolo di Roma attenuate alla base; vedute colla lente hanno superficie liscia. È trasformata la sostanza vegetale in alcune in carbonato di calcio, in altre si è conservato il tessuto organico. Vive anche ora nell'agro romano. — Fossile fu trovata da me nella località vicina alle Due Case, cioè nel tufo grigio del Pepe- rino, dal prof. Sordelli nel bacino lacustro-glaciale della Val-Borlezza (deposito di Pianico) in Lombardia (1), e dal Mascarini nel tufo ascolano (2). Sez. IL Apetale dicline angiospermiche. Ord. Amentacee — Sottord. I. Cupulifere. Gen. < L. 3. Quercus ilex L. V. Gaudin Ch. et le baron Piraino de Mandralisca, Contributions à la flore fossile italienne. V.me Mèra. Tufs vulcaniques de Lypari. Zuricli 1860, pag. 9, pi. Ili, lig. 10, 11. — Cavara F., Sulla Flora fossile di Mong or- dino. Bologna 1887, pag. 32; Mem. I; Tav. I, fig. 14, 16, 17. Pochi esemplari di questa specie di quercia, e quantunque nes- suno sia completamente sano, da tutti però si rileva la forma ge- nerale della foglia, il picciuolo e la base caratteristiche. Vivente è comune ne’ dintorni di Roma. — Fossile si trovò ne’ tufi vulca- nici delle isole Lipari (Gaudin e Strozzi) — e nel travertino del Tronto. Gen. I Tournef. 4. Fagus sigi valica L. V. Gaudin et Strozzi., Mémoire sur quelques gisements de feuilles fossiles de la Toscane. Zuricli 1858, pag. 31, pi. VI, fig. 6, 7 e Mém. IV, p. 20, pi. I, fig. 19, 20. — Bianconi G., Sul sistema vascolare delle foglie considerato come carattere distintivo per la determinazione delle filiti in Nuovi Annali delle se. nat. Bologna 1838, an. I, pag. 386. — Schimper , Traité de paléontologie végétale. Tom. II, pag. 606. — Pokorny, Oesterreichs holtzpflansen, pag. 135, tav. 27, fig. 400, 401. — Ettingshausen v. C., Ueber die fossile Flora der Ilóttinger-Breccie, p. 266. — Cavara F., Mem. cit. p. 39; tav. II, fig. 12. Pochi esemplari. Vive anche attualmente nella campagna di Roma. Fossile si ha nel travertino d’ Ascoli (Mascarini, Not. cit.), P) Stoppani A., Corso di geologia. Milano, 1873, voi. II, pag. 662. (2) Mascarini Ales., Le piante fossili del travertino ascolano. Roma, 1888. 300 G. Antonelli Casciana, Galleraje, Montebamboli (Gandin e Strozzi, Mem. cit.), nel travertino della punta di S. Giuliano sulla sinistra del Te- vere, nel tripoli marnoso della Sedia del Diavolo (Clerici) (•), e nelle brecce di Hòttinger (Ettingsliausen). Io ne raccolsi bei esem- plari nel travertino poroso de’ monti Paridi a parecchi m. al di’ sopra del livello medio del Tevere. Sottord. IL IUGLANDEE. Gen. Pterocarya Kunth. 5. Pterocarya Massalongi Gd. V. Gaudin et Strozzi., Mém. s. quelq. gìs. etc., pag. 40, pi. Vili, fìg. 1, pi. IX, fig. 2. — Sismonda C., Matériaux pour servir à la paléontologie du ter- rain tertiaira du Piemont. Acc. di Torino, pag. 444, pi. XXIII, fig. 7, pi. XII, fig. 6. — Schimper, op. cit. tom. Ili, pag. 261. Di questa specie abbiamo impronta e controimpronta conser- vate abbastanza bene per permetterne una sicura determinazione. Manca la base e il picciuolo e misura senza queste parti 8 cm.; comprese, c. IO cm.; è larga cm. 3 '/zi è nettamente dentellata e di larghezza uniforme ; la sommità è un po’ acuminata e i denti comin- ciano a qualche distanza dalla base ; il nervo mediano è forte ; i nervi secondari sono 9 (varia il numero da 6 a 15) ricurvi ad arco e si anastomizzano assai lontano dal margine. Conviene inoltre perfet- tamente colle fig. citate. Fu trovata fossile a Montajone, Castro (vicino ad Arezzo), Sar- zanello nelle argille del miocene medio, Guarène negli strati di gesso del miocene superiore. Sottord. III. Salicinee. Gen. Salix Tournef. 6. Salix cfr. acuminata Smith. V. Reichenbach Ludwig G., Deutschland Flora. Leipzig 1848, ser. la voi. VI, pag. 34, § 1252, tav. DCI. Descrizione. — Foglia non coriacea, lunga, elittica, acumi- nata; margine interissimo; penninervia; nervo mediano assai forte; 0) Clerici C., Mem. cit. p. 29 e 31. 301 Contributo alla flora fossile del suolo dì Roma i nervi secondari numerosi partono ad angolo poco superiore a’ 45° ; descrivono nel loro decorso un arco abbastanza ampio senza mai toccare il margine ; picciuolo breve. Lungh. cm. 10,5, largh. crn. 2,6. Un esemplare di questa specie è ottimamente conservato. A prima vista mostra qualche analogia col Laurus phoeboides Ettingsh. (*); da cui però differisce molto sensibilmente per non essere la nostra foglia coriacea, per la nervatura camptodroma e per la larghezza, che supera i cm. 2. Questa specie non vive più nè in Roma nè in altre parti d’Italia. Secondo il Nymen Friden (2) essa ora trovasi solo in alcune parti dell’ Inghilterra, in Danimarca, Olanda, Francia lungo i bordi delle acque, in Germania e nella Russia meridionale, cioè in paesi, la cui media temperatura annuale è inferiore a quella attuale di Roma. Anche il prof. Meli trovò negli stessi tufi il Zonites compres- sa Ziegler, proprio ora di climi più freddi, come già ho sopra ac- cennato. Fossile non l’ho riscontrata citata in alcuna località. Ord. Urticinee. — Sottord. I. Ulmacee. Gen. U 1 in ii s L. 7. Ulmus campestri L. V. Gaudin et Strozzi, Contributions àia flore fossile' italienne etc. Mém. IV, Zurich 1860, pag. 28, pi. II, fig. 7. — Pokorny, op. cit. pag. 40, tav. 12, fig. 138-144. Un solo esemplare frammentato. Trovasi vivente nella cam- pagna romana. Fossile fu rinvenuto a Pianico (Stoppani) (3), ne’ travertini to- scani (Gaudin e Strozzi) (4), nel travertino ascolano (Mascarini) (5), in quello della punta di S. Giuliano sulla sinistra del Tevere (Cle- rici) da me, piuttosto abbondante, nel travertino cavernoso dei p) Ettingsliausen, Die tertiàre Flora von Hàring in Tirai. Wien 1855, p. 47, tav. 12, fig. 1. (2) Nymen Friden C., Conspectus florae europaeae. Voi. I, p. 666, n. 15. (3) Stoppani A., op. cit. voi. II, p. cit. (4) Mem. cit. per questa specie. (5) Mem. cit. pag. cit. 302 G. Antonelli monti Paridi ; inoltre a Cannstadt, Kertsch in Gemi., Saint Za- charie, Mevrargues in Francia (De Saporta). Sottord. II. Bussinee. Gen. Buxus Tournef. 8. Buxus sempervirens L. V. De Saporta et Marion., Reciiercb.es sur les véyctaux fossiles de Mexe- mieux. Lyon 1876, pi. XXXII, fig. 6, y . d. Descrizione. — Foglie coriacee, splendenti, ovali, oblunghe, con picciuolo brevissimo quasi scorrente, intere; fusto ramoso coi rami tetragoni. È piuttosto abbondante in questa località. Se nc osservano di quelle ancora attaccate al ramo e di quelle staccate ma presso al ramo stesso; i rami frequentemente sono piegati ad ansa. Vivente tro- vasi tanto selvatico, quanto coltivato in Poma. Fossile fu trovato nel tufo grigio del Peperino , in stupendi esemplari, conservanti ancora la sostanza vegetale verde-cupa, nel travertino ascolano (Mascarini), a Pianico (Stoppani) e a Cannstadt. Sez. III. Apetale a fiori per lo più ermafroditi e a seme aperispermico. Ord. Laurinee. Gen. Laurus Tournef. 9. Laurus nobilis L. V. Pokorny, op. cit. pag. 135, tav. 27, fig. 400 e 401 e Ettingshausen v. C., Die Blattskelete der Apetalen. Wien 1858, p. 58, taf. 23, fig. 7. — Tor- ' nabeneF., Flora fossile dell'Etna. Catania 1859, pag. 128 e 129, tav. II e VI. Vivente non molto comune nella camp. rom. Di questa specie ne abbiamo un grandissimo numero (40 o 50 es.), e alcuni campioni di tufo ne sono così abbondanti, che si possono considerare come un vero impasto di foglie d’alloro. Le lilliti sono di tutte le dimensioni, dalle piccole, che misurano una lunghezza appena di 2 cm., a quelle di 8, 10 e più cm. Queste si riconoscono subito dall’essere cuoiose, lanceolate, ovali od elittiche, acute, intere, on- dulate al margine, un po’ attenuate alla base ; il picciuolo è breve, il nervo mediano molto forte; nervi secondari 7-10 camptodromi. Contributo alla flora fossile del suolo di Roma 303 In qualche rametto si osservano all’ascella delle foglie le impres- sioni lasciate dalle gemme pistillifere. Possile fu trovato ne’ travertini di Poggio a Montone, di Ascoli (Mascarini), S. Vivaldo, Bocca di Falco, ne’ tufi vulcanici del M. Somma e dell’Etna (Tornabene), nel tripoli marnoso della Sedia del Diavolo (a sinistra della via Nomentana) (Clerici) , da me nel travertino poroso de' monti Parioli, e nel tufo grigio del fosso di S. Lorenzo sul littorale romano a c. 24 kilom. da Anzio (Meli): Aygalades , Les Arcs (travertini quat.) (De Saporta) in Francia. 10. L. nobilis L. var. angustifolia (sin. salicifolia). Di questa varietà a foglie strette, come quelle del salice, vi sono parecchi esemplari. 11. L. princeps? Heer. V. Engelhardt Hermann, Die Tertiarflora des Gesuitengrabens bei Kundra- tintz in Nordbòhnen. Pag. 393, tav. XIV, fig. 3. — Gaudin et Strozzi, Mèra. s. quelq. gis. etc., pag. 36, pi. X, fig. 2 e Contrib. etc. Mém. II, Zurich, 1859, pag. 48, pi. VII, fig. 2, 3 ; pi. Vili, fig. 4 ; pi. X, fig. 3. Bella ma non intera è questa fillite. Numerose sono le ner- vature secondarie (13) visibili e completando la foglia superano le 15 ; numero questo tipico della specie. La nervatura è esatta- mente camptodroma, il nervo principale è forte; il margine è ondulato. Fossile si ha a Montajone (terziario sup.), Montemasso, e Val d’Arno sup. (Gaudin e Strozzi), Oeningen, Schrotzburg, Loche (mioc. sup.) in Svizzera, Schossnitz (mioc. sup.) in Germania. 12. Laurus canarie nsis Wild. V. Gaudin et Strozzi., Contribution etc. Mem. V ; pag. 9, pi. Ili, fig. 7-11. — De Saporta et Marion. Recherches sur les végétaux fossiles de Mexe- mieux etc., pag. 107; pi. XXVI, fig. «; pi. XXVIII, fig. jS. Due o tre esemplari perfettamente riconoscibili. Vive oggi questa specie di lauro solo a Madera e alle isole Canarie. — Fos- sile fu trovata ne’ tufi vulcanici di Lipari (Gaudin e Strozzi). Gen. Oreodaphne Nees. 13. Oreodaphne cfr. Heerii Gd. V. Gaudin et Strozzi, Mém. sur quelq. gis. etc. pag. 35, pi. X, fig. 4-9 ; pi. XI, fig. 1-7, e Contributions etc. Mem. cit. pag. 48, pi. Vili, fig. 2-6. — Sismonda C., Matériaux etc., pag. 439, pi. XXII, fig. 1 e 2 ; pi. XXIII, 304 G. Antonelli fìg. 1-3. — Schimper, op. cit., tom. II, pag. 850. — Cavara F., Meni. cit. pag. 53; tav, IV, fig. 8, 11, 12. tav. V fig. 7, 9, 12 — Saporta et Marion, Recherchese tc. pag. 112; pi. XXVI, fig. 5-9. Parecchie sono le impronte di questa specie, ma nessuna del tutto sana. Sono intiere, elittiche, acuminate, attenuate alla base ; il nervo mediano ben netto, i nervi secondari, vicini gli uni agli altri, sono curvi e si dirigono verso l'alto della foglia. Le impronte lasciate dalle pagine inferiori all’ascella delle nervature, quasi fino alla metà, mostrano de’ piccoli rilievi o verruche e quelle lasciate dalla pagina superiore offrono delle piccole cavità, prodotte dalle stesse verruche. Trovasi fossile a Montajone, Senigallia, Bozzone (terziario sup.), Puzzolente, Montemasso , Val d’Arno (Gaudin e Strozzi), Siena, Guarene e Sarzanello in Piemonte ecc. Di questo genere vi sono anche altre specie. Gen. Persea Gaertn. 14. Persea foetida Hort. V. Ettingshausen v. C., Die Blattskelete der Apetalen. Wien 1858, p. 55, tav. XXXII, fig. 1; tav. XXXIII, fig. 8-9. Questa specie è rappresentata da poco meno della metà infe- riore di una foglia. Si distingue dal Laurus nobilis L. per essere meno attenuata alla base, per avere il picciuolo più lungo (più di 1 cm.) e le nervature secondarie più regolari. Conviene in tutto colla fig. data dall’ Ettingshausen. Ord. Timelee o Dafnoidee. Gen. Daphne Tournef. 15. Daphne collina Sm. Un solo esemplare ben conservato. — Si rinviene anche oggi, benché non frequente, nella campagna romana. Somiglia alla Per- soonia limonensis Gd. (di cui v. Gaudin et Strozzi, Contribu- tions etc. Mém. VI, pag. 17, pi. 1, fig. 10); se ne distingue però per essere quella quasi la metà piii grande* e per non mostrare evidenti i nervi secondari. Paragonata con parecchi degli esemplari viventi conviene in tutto coi loro caratteri. Contributo alla flora fossile del suolo di Roma Sez. IV. Polipetale perigine a placentazione assile. Ord. Ilicinee o Aquifoliacee. Gen. llex L. 16. Ilex aquifolium L. V. Pokorny, Oesterreichs holtzpflanzen etc. pag. 287, tav. LXI, fig. 1054-1057. Descrizione. — Foglie cuoiose, cartilaginee a’ margini ; con pic- ciuolo breve, ovali, dentato-spinose , qualche volta intere; penni- nervie; nervo mediano forte; nervi secondari sempre alterni, 5-10: vicino al margine si biforcano ; un ramo va a terminare in un dente spinoso, l'altro si piega e si unisce ad un ramo del nervo seguente; questo non giunge mai esattamente al lembo; la nervatura è la camptodroma imperfetta e le areole formate dalle diramazioni dei nervi secondari sono poligoni irregolari: la foglia perciò è anche brochidodroma. Pochi esemplari, di cui uno ben netto. Vive anche oggi selvatica. — Fossile si ha nei tufi vulcanici sotto Monticelli, nel travertino d’ Ascoli (Mascarini), della punta di S. Giuliano (Clerici) e io l’ho trovato anche nei tufi vulcanici rac- colti in una località del dott. Lariani a Marciano presso Melfi (Basilicata) sul declivio del Volture, esistenti nel r. Museo di Geo- logia dell’Università romana, e che sono interessanti per l’eccellente stato di conservazione e per le varie forme che offrono. Ord. Araliacee. Gen. Hedera L. 17. Hedera helix L. Cfr. Gaudin et Strozzi, Contributions etc. V.>ème Mém., pag. 9, pi. II, fig. 3; e Mém. Ili0, pag. 17, tav. I, fig. 22-24. Abbondanti quanto quelle del Laurus nobilis L. sono le filliti di questa specie. Si distinguono le foglie grandi, lungamente pic- chiolate, intere, allungate de’ rami fiorali, e le allargate, 3-5 lobate col lobo mediano più lungo degli altri e un po’ acuminato e nervo medio molto forte, de’ rametti sterili. Le dimensioni pure variano passando per tutte le gradazioni. 21 306 G ■ Antonelli Vivente è comune allo stato selvatico. Fossile si è trovata nel travertino della punta di S. Giuliano (Clerici) e d’ Ascoli (Mascarini) e di Massa Marittima (Gaudin e Strozzi) ; nei tufi vulcanici di Lipari e del monte Somma (Gaudin e Strozzi) ; a Meyrargues, Aygalades in Provenza (travertini quater- nari) (De Saporta) ne’ travertini di Resson nel dipartimento della Senna (Fliche) (’), di Castelnau, Montplaisir, Martinet e Gasconnet presso Montpellier (2). 18. H edera helix L. var. hibernica Hort. Gaudin et Strozzi, Mem. cit. pag. 9, pi. II, fig. 8 ; pi. Ili, fig. 2-4. Si distingue questa varietà dall’#, helix L. per avere le foglie molto più larghe. È assai abbondante. Da queste poche piante, che ho esposto, si rileva come la più parte viva ancora ne’ dintorni di Roma ; una sola specie sia con- finata in regioni più fredde ( Salix cfr. acuminata Smith.), una li- mitata ad un clima più caldo nelle isole Canarie (Laurus canarien- sis Wild.) e tre siano spente, cioè non siano arrivate a noi ( Oreo - daphne cfr. Heerii Gd., Pterocarya Massalongi Gd. e il Laurus princeps ? Heer). APPENDICE I. Debbo aggiungere alcune altre piante da me studiate e tro- vate nel travertino de’ monti Paridi, di cui alcune ho già ricor- date (3). Questi monti, su cui si trova la passeggiata del Pincio, sono ricoperti, dal lato rivolto verso il Tevere, da un travertino molto poroso, alcune volte tanto da passare alle incrostazioni tartarose, di color giallognolo o bianco-sporco, che in alcuni punti con- ' tiene una grande quantità di impronte di foglie, le quali tal- volta formano degli ammassi assai importanti pel numero, che ne racchiudono. Le seguenti piante furono prese sul fianco destro del (!) Fliche, Ètude paléontologique sur les tufs quaternaires de Jìes- son. Bull, de la Soc. géol. de France, III sér., voi. XII, 1884. (2) Planchon G., Ètude des tufs de Montpellier au proint de vue géologique et paléontologique, 1864. (3) Queste filliti furono raccolte in una escursione, che feci in compagnia del mio amico prof. Filippo Bonetti, appassionato cultore degli studi geologici. 307 Contributo alla flora fossile del suolo di Roma monte, che si ha a sinistra di chi dall’Acqua acetosa, per la nuova strada, che cammina sul lato sinistro del fiume, va a Ponte Molle- È molto difficile estrarle sane, perchè il calcare, essendo sparso di cavità spesso grandi, le foglie sono state incrostate sopra una su- perficie di uno spessore alcune volte minore di un centimetro, per cui si rompono al più piccolo colpo, che si dia alla roccia per dis- gregarla e vanno in frantumi : però con molta diligenza e pazienza si può riuscire ad averne qualcuna intera: in quest’ultimo caso la determinazione non è diffìcile. Le piante riscontrate vivono tutte attualmente nella campagna di Roma. Come già sopra ho avvertito, questo travertino è pure quaternario e sta a parecchi metri al di sopra del livello medio del fiume. Ord. Ametancee. — Sottord. I. Betulacee. Gen. A-liius Tournef. 21. Alnas incana De Cand. Pokorny, Oesterreichs holtzpflanzen etc. pag. 27, tav. 5, fig. 81, 82. Di questa specie possiedo filliti complete. È piuttosto abbon- dante in questo travertino. Sottord. II. Corilacee. Gen. Coi'ylus Tournef. 22. Corylus avellana L. Pokorny, op. cit., pag. 33, tav. 7, fig. 98. Diversi esemplari in parte frammentati. Fossile fu trovato nel travertino ascolano (Mascarini) e in Roma nella marna argillosa di monte Verde e alla punta di S. Giuliano, che forma la prominenza degli stessi Monti Parioli sopra il Ponte Milvio (Clerici). Sottord. III. Salicinee. Gen. Salix Tournef. 23. Salite cinerea L. Pokorny, Op. cit., pag. 112, tav. 23, fìg. 316 e 317. — Gaudin et Strozzi, Con- trib. etc. Meni. IV, pag. 28, pi. VII, fig. 2. Un solo esemplare benissimo conservato. 308 G. Antonelli Ord. Urticinee. — Sottord. Moree. Gen. Ficus Tournef. 24. Ficus carica L. Pokorny, op. cit., pag. 51, tav. XIV, fig. 155 e 156. — Gaudin et Strozzi, Mem. cit. (IV), pag. 22, pi. IV fig. 1-4. — Planchon, Tufs de Montpellier, pag. 44, pi. II, fig. 4. Schimper, op. cit. tom. II, pag. 750. Parecchi esemplari, nessuno però intero ; questi frammenti non fanno scorgere differenza alcuna colle foglie viventi del fico. Fossile nel travertino della punta di S. Giuliano (Clerici) e in quello ascolano (Mascarini), ne’ travertini quaternari di Prota, Galleraje, Poggio a Montone, Castelnau nel Gasconnet etc. Ord. Eamnee. Gen. Rhamnus L. 25. Rhamnus alaternus E. Pokorny, op. cit., pag. 291, tav. 52, fig. 1093, 1094. Pochi esemplari, ma ben riconoscibili. Ord. Leguminose. — Sottord. Cesalpinee. Gen. Ccrcis L. 26. Cercis siliquastrum L. Pokorny, op. cit., pag. 423, tav. 79, fig. 1634. — Gaudin et Strozzi, Mem. cit. (IV), pag. 27, pi. VII, fig. 1-4 e 10. — Ettingshausen und Pokorny, Phy- siotypia plantarum austriacarum. X Bd. Tav. 1000, fig. 3. Un solo esemplare di questa specie rappresentante poco più della metà di una foglia. Fu rinvenuto fossile a Perone, Massa, Montone ne’ travertini (Gaudin), in quelli di Casicello vicino a Siena (Ristori) (!), di Meyrargues e Aygalades in Provenza, e della P) Ristori G., Filliti de' travertini toscani. Atti della Soc. tose, di se. nat. in Pisa; proc. verb., voi. V, 1886, p. 115. Contributo alla flora fossile del suolo di Roma 309 Celle a Moret (Saporta) (*) ; inoltre ne’ tufi vulcanici della Somma (Gaudin). APPENDICE IL Dopo avere passato in rassegna le filliti del tufo giallo della tenuta delle Due Case (chiamata anche Valchetta , benché impro- priamente) e del travertino poroso de’ monti Parioli finora studiati, per dare un’idea esatta delle piante fossili riscontrate nelle diverse parti della campagna di Poma da altri, che si occuparono e si occu- pano attualmente nello studiarla, credo utile riportar qui sotto l’e- lenco delle filliti con le località precise, per quanto sono a mia cognizione. Uno studio però assiduo e dettagliato delle filliti ro- mane, tanto de’ tufi, de’ travertini come delle sabbie gialle plioce- niche di monte Mario, per ora manca del tutto. Nel travertino delle Caprine sotto Tivoli il prof. Ponzi (2) riscontrò : 1° nel travertino bianco compatto, che forma il banco infe- riore un Arimelo donax L. 2° nel travertino superiore bianco: Carpinus sp. ? ) Ulmus sp. ? ) foglie soltanto. Quercus sp. ? Ne’ filoni di riempimento operato da acque dolci, che si osser- vano presso Monticelli e precisamente nel filone meridionale, frutti di Vicia; nel filone orientale Neslia ? (frutto). Nelle sabbie fine frapposte alle breccie alluvionali del Tevere al ponte Milvio Fagus sylvatica L. (3). Il prof. Meli (4) riporta altre filliti, ma provenienti dai tufi. (!) Saporta G., La flore des tufs quaternaires en Provence. Compt. rend de la 33® sess. du Congrès scient. de France. (2) Ponzi G., Dell'Aniene e suoi relitti, Roma 1862, pag. 18 e ss. (3) Ponzi G., Cronaca subapennina o abbozzo di un quadro generale del periodo glaciale. Roma 1875, pag. 55. (4) Meli R., Notizie ed osservazioni ecc. pag. 7 e 11. 310 G. Antonelli Nei tufi vulcanici di Monticelli (monte Celio) nei Cornicolani dai lavori del Prof. Ponzi ricava: Iiex aquifolium L. (abbondante). Crocifere ) foglie e semi. Leguminose ) e tronchi d’alberi terrestri. Nel tufo litoide delle Moiette sulla strada di Palombara e sulla sponda destra del Tevere nella località detta Ripalto a 15 miglia da Roma trovò impronte di Arundo donax L. Ne’ tufi litoidi vulcanici degli E mici al Capannaccio sotto Gavignano a destra del fiume Sacco, vicino alla stazione di Anagni e al ponte Nuovo sotto Cave i Quercus (rami). « ' Alnus glutinosa L. / Cornus sanguinea L. Buxus sempervirens L. e provenienti da’ tufi vulcanici esistenti sul piano del Cavaliere ebbe dal prof. Keller campioni con impronte di foglie del gen. Quercus ; e ne’ terreni incontrati nelle fondazioni tubulari del nuovo ponte di ferro costruito sul Tevere a Ripetta, nelle sabbie marnose trovate a 8m, 60 sotto il fondo del fiume (6ra, 50 sotto lo zero dell'idrometro di Ripetta) rinvenne foglie tanto abbondanti spettanti pure al gen. Quercus , da costituire quasi una torba papiracea (’). Il dott. Giuseppe Cuboni, da campioni dello strato torboso tro- vati a 6m,50 sotto lo zero dell’idrometro comunicatigli dallo stesso prof. Meli vi ritrovò diverse specie di muschi ( Hypnum ?), frammenti di foglie di Graminacee o Ciperacee, qualche porzione di foglie di una Dicotiledone, de’ semi riferibili a diverse famiglie (Crocifere, Ombrel- lifere, Borraginee), che non troverebbero riscontro in nessuna specie della flora attuale, (Ibid. pag. 8 nota). Il prof. Ponzi (2), oltre le prime tre, («) riconobbe ne’ tufi degli Ernici anche altre due specie, cioè Castanea vesca L. Arundo donax L. C) Meli R., Sulla natura geologica de' terreni incontrati nelle fonda- zioni tubolari del nuovo fonte di ferro costruito sul Tevere a Ripetta e sull' U ni o sinuatus Lmk. rinvenutovi. Roma, Tip. Salviucci, p. 3. (2) Ponzi G. Cron. subap. 311 Contributo alla flora fossile del suolo di Roma e nelle ligniti delle marne tortoniane del Monte Vaticano riscontrò tronchi, rami, foglie e frutti di Pinus silvestris con parecchie im- pronte di Fucoidi (‘). Presso la Cecchina, nella pagina inferiore de’ peperini, che si riscontrano per breve tratto, il prof. Meli vi trovò Lolium perenne L. Il G-audin cita una foglia di Ulmus Cocchii trovata nel tufo vulcanico di Monte Fiascone (Ciro, di Viterbo) ed esistente ora nel Museo geologico di Pisa (2), e nelle marne superiori di Fornello sotto Monticelli, Zostera e Fucoidi (3). Nella pagina inferiore del peperino, che forma le sponde della strada lungo il bordo occidentale del cratere Albano e che mena da questo paese a Marino, il prof. Mantovani trovò impronte nu- merose e ben conservate di Lolium perenne Tussilago farfara Bellis perennis e di altre piante erbacee; e ne’ banchi più profondi di peperino delle cave di Marino Quercus ilex Ceraionia siliqua Fagus sylvatica (4). Il dott. Clerici (5) nel travertino spugnoso che ricopre le argille del ponte Salario ha trovato Typha cfr. latifolia L. Sparganium cfr. ramosus Huds. Carex cfr. maxima L. (!) Ponzi G., I fossili del Monte vaticano. Roma, tip. Salviucci, 1876, pag. 30 e 31, e Lavori degli insetti nelle ligniti del Monte Vaticano. Estr. dal tom. Ili, ser. 2a d. sed. d. 7 maggio 1876 della R. Acc. dei Lincei. (2) Gaudin Ch. Ph., Note sur quelques empreintes végétales des terrains su- perieurs de la Toscane. Lausanne 1857. (Bull, de la Soc. vaud. d. se. nat. n. 14), citato dal prof. Meli in Notizie ed osservazioni etc. pag. 7. (3) Ponzi G., Cronaca subappennina etc. pag. 14. (4) Mantovani P., Descrizione geologica della Campagna romana. 2a ediz. Torino, Loescher 1884, pag. 77. (5) Clerici E. Mem. cit. 312 G. Antonelli e nell’argilla della stessa località Chara cfr. foetida L. e piante da riferirsi alle Tifacee e Ciperacee. Nel travertino a colore così vario, che si trova alla base delle colline di Tor di Quinto, sulla via Flaminia e che riposa sulle ghiaie, ha raccolto Ulmus campestris L. Fagus cfr. sylvatica L. Celtis cfr. australis L. Carex sp.? Nel tripoli marnoso della Sedia del Diavolo a c. 3 km. da Roma a sinistra della via Nomentana, oltre le già citate, ha tro- vato frequenti impronte di fusti , poche di foglie e parecchi di frutti di Corylus avellana L. Prunus comunis L.(?) Quercus suber L. Trapa natans L. e nel calcare argilloso di monte Verde rinvenne frutti di Celtis cfr. australis L. Nel deposito di travertino, presso Fiano Romano, dell’esten- sione di c. 8 Km. di lunghezza e di 1 a 4 di larghezza ha tro- vato le seguenti specie ('): Acer pseudoplatanus L. A. campestre L. Cercis siliquastrum L. Quercus Ilex L. Iledera helix L. Fraxinus Ornus L. Alnus glutinosa Garton. e altre piante riferibili alle Conferve, Graminacee e Cyperacee. Mentila aquatica L. Pianera Ungeri Ettings. Laurus nobilis L. L. canariensis Web. ? Buxus sempervirens L. Vitis vinifera L. 0) Clerici E., Il Travertino di Fiano Romano. Roma, Tip. nazionale di Reggiani e figli, 1887, pag. 4 e ss. Contributo alla flora fossile del suolo di Roma 313 Provenienti dalle concrezioni calcaree e dalle argille, presso la Piazza del Popolo al M. Pincio, il Brocchi riporta: (x) Populus alba L. Alnus glutinosa L. ì foglie Salice alba L. ) Tamarix gallica (ramoscelli) e impronte di Arundinacee : e nelle concrezioni calcaree trovate all’angolo di Via Sistina e di Capo le Case il dott. Clerici cita pure impronte di Typhacee e Cyperacee e specialmente di Carex pendula Huds. ( Carex maxima L.) e dal tufo grigio di Peperino (via Flaminia) ricava (2): Carex pendula Huds. Glgceria aquatica Wehl (cfr.) Potamogeton natans L. Hedera helix L. Buxus sempervirens L Taxus baccata L. Vilis vinifera L. luniperus communis L. Rosa sp. ? (fusti trasfor- mati in calcite) TJlmus campestris L. Dalla marna siliceo-calcarea alternata con straterelli d'argilla finissima giallo-chiara del Colle Viminale ha osservato impronte di Fagus sylvatica L. Ulmus campestris L. Ne’ terreni incontrati per la fondazione del nuovo Palazzo della Banca Nazionale in via Nazionale si sono rinvenute impronte di Laurus nobilis L. Chara sp.? (sporangio) (3) t1) Citato dal Dott. Clerici in: I fossili quaternari del suolo di Roma Doma Tip. nazionale, 1886, pag. 7 e ss. (2) Clerici E., Sopra alcuni fossili recentemente trovati nel tufo grigio di Peperino presso Roma. Tip. della R. Acc. de’ Lincei, 1887. V. anche dello stesso A. La Vitis vinifera fossile ne' dintorni di Roma. Roma, Tip. della R. Acc. de’ Lincei, 1887. (3) Clerici E., Sulla natura geologica de' terreni incontrati nelle fon- dazioni del palazzo della Banca Nazionale in Roma. Roma Tip. Naz. 1886. 314 G. Antonelli Nel tripoli marnoso della Sedia del Diavolo, posta a 3 Km. da Roma a sinistra della Via Nomentana si raccolsero carpo- liti di (>) Quercus robur L. Trapa natans L. Dalle marne poi sabbiose plioceniche del Monte Mario i sigg. Bleicher e Fliche trovarono le seg. specie : Phacidium coronatimi Fr. Ph. populi n. sp. Possidea cypericola n. sp. Cyperus anconianus Gd. Populus alba L. Quercus Tossa Bosc. Q. ilex L. Ulmus Cocchii Gd. Launis canariensis Webb. pliocenica Sap. e Mar. Fraxinus ornus L. (2). Come si scorge dall’esposizione che ho fatto delle piante fos- sili finora riscontrate nel suolo romano e venute a mia cognizione, vi figura un numero abbastanza grande, il quale aumenterebbe di molto coll’elenco delle Diatomee fossili studiate dal dott. Lanzi, e che sono circa 140 specie. Se da queste piante, che appartengono, pochissime eccettuate, al quaternario, si volesse dedurre qualche con- siderazione relativa a questo stesso periodo, parmi che si potrebbe formulare nelle seguenti proposizioni: 1° durante il quaternario la (1) Idem., Sulla Corbicula fluminalis de' dintorni di Roma e sui fossili che l'accompagnano. Boll. d. Soc. geolog. ital. Voi. VII, an. 1888, pag. 117. (2) Bleicher et Fliche, Note sur la flore pliocène du Monte Mario. Nancy. Imprim. Berger. Levrault. Riguardo alle specie di Monte Mario, che ho riportato da questa Nota, devo avvertire come le cito con molta riserva, perchè, esistendone alcuni campioni nel Museo geologico della R. Università sono state rivedute dal dott. Clerici, che non può ammetterne la stessa deter- minazione de’ sigg. Bleicher e Fliche, il che farà presto conoscere con una Nota critica. 315 Contributo alla flora fossile del suolo di Roma flora de’ dintorni di Roma era rappresentata da un buon numero di piante terrestri ed acqua dolce, delle prime poche erbacee, la maggior parte legnose; 2° la flora quaternaria romana aveva presso a poco le stesse piante, che vivono oggi nella campagna di Roma o in altre parti d’Italia ; 3° il clima doveva essere poco diverso dall’attuale. Gr. Antonelli. DI ALCUNE TEXTULARIE PLIOCENICHE DEL SENESE. (Con una tavola) Gli esemplari di Textularia di cui presento i disegni nella qui unita tavola XI fanno parte della collezione di foraminiferi fossili esistenti nel Museo geologico dell’ Università di Pisa, col- lezione ordinata e studiata dall’ illustre senatore prof. Meneghini, dal quale gli esemplari medesimi mi furono con squisita gentilezza comunicati. Come nei depositi argillosi del subapennino in generale , i resti di Textularia s’incontrano pure con frequenza in quelli del territorio di Siena; e Soldani, che per il primo li osservò nella località classica della Coroncina, li trovò tanto abbondanti che gli parve avesse la natura voluto compensare col numero la esiguità delle forme ('). Osservazioni posteriori sulle Textularia plioceniche del Senese sono dovute a Defrance, a d’Orbigny e a Silvestri. Forme illustrate da Soldani (1780, 1798): Nautili amphorarii (?). Janiformia. — Saggio, p. 108, tav. 7, fig. B-E. — Coroncina, ecc. Sagittulae microscopicae. — Ibidem, p. 120, tav. 14, fig. S, T. — Coroncina e San Quirico. Testae janiformes. — Testac., voi. II, p. 21, tav. 6, fig. ff, gg. — San Quirico. Corpuscula janiformia. — Ibidem, p. 21, tav. 6, fig. hh, ii. — Ibidem. 9) u In loco d. la Coroncina ita frequentia, ut, quo Natura in eorum corporum fabrica extitit parcior, eo ditior aut locupletior in numero fuerit ». 31 Di alcune textularie plioceniche del Senese Polymorpha janiformia. — Ibidem, p. 39, tav. 14, fig. h-m. — San Donnino e Ceraiolo. Polymorpha sagittulae. — Ibidem, p. 40, tav. 14, fig. n-q. — Ibidem. Exuviae janifonnes. — Ibidem, p. 46. — San Lazzaro. Specie illustrata da Defra nce (1824, 1828): Textularia sagittula. — Dict. Se. Nat., voi XXXII, p. 177; voi. LUI, p. 344; Àtlas, Conch., tav. 13, f. 5. Specie citate e illustrate da d’Orbigny (1826, 1846): Textularia plana. — Ann. se. nat., voi. VII, p. 263. — Foram. Cuba , ed. in 8°, p. 146. — Foram. Vienne , p. 244. — Proclrome, voi. Ili, p. 195. — Coroncina. Textularia carinata. — Foram. Vienne , p. 247, tav. 14. fig. 32-34. — Coroncina. Textularia abbreviata. — Ibidem, p. 249, tav. 15, fig. 7-12. — Ibidem. Specie citate da Silvestri (1862) ('): Textularia tuberosa d’Orb. » agglutinam d’Orb. » gibbosa d’Orb. » abbreviata d’Orb. » aciculata d’Orb. - cuneiformi d’Orb. sagittula Defr. « Par Ischi Czjzek " mayeriana d’Orb. « carinata d’Orb. » trochoides d’Orb. Del valore di tutte queste denominazioni specifiche ho avuto occasione di trattare nell’ « Indice delle textularie italiane » (2). (>) Sulla illustrazione delle opere del P. A. Soldani, ecc , p. 18. (2) Boll. Soc. geol. ital., voi. VI, p. 379. 318 C. Fornasini. Di alcune textularie plioceniche del Senese Presento ora i risultati delle mie osservazioni, illustrando alcune forme fossili del Senese. Textularia Soldini ii Fornasini (tav. XI, fi g. 1). Polymorphum sagittula, Soldani, 1791, Testac., voi. I, p. 120, tav. 133, fig. Q. Textularia sagittula var. Soldanii, Fornasini, 1883, Boll. Soc. geol. ital. , voi. II, p. 183, tav. 2, fig. a-d. Textularia Soldanii, Fornasini, 1887, Ibidem, voi. VI, p. 377, tav. 9, fig. 3, 4. La forma di cui ora presento il disegno differisce assai poco da quelle del Bolognese precedentemente illustrate, nonché da quella della spiaggia di Rimini (o del Tirreno) illustrata da Soldani. Textularia cordata Meneghini (tav. XI, fig. 2, 3, 4, 4 a, 5, ha). Textularia cordata Meneghini, 1856 (in litteris). Gli esemplari riprodotti dalle figure sopracitate stanno, insieme ad altri, in un tubetto della collezione del Museo di Pisa, accompa- gnato da un cartellino su cui è scritto di carattere del prof. Me- neghini: T. cordata. Reputo conveniente il conservare la denomi- nazione meneghiniana per questa textularia, la quale può forse essere riguardata come una varietà abbreviata della T. Soldanii. Textularia MenegTiinii Fornasini (tav. XI, fig. 6, 7, 8, 8 a). Anche questa textularia, al pari della precedente, può forse es- sere riguardata come una varietà inornata della T. Soldanii. Reputo conveniente il distinguerla per ora con una nuova denominazione. Carlo Fornasini. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XI. Fig; 1. — Textularia Soldanii Fornasini X 45 diam. » 2, 3, 4, 4 a, 5, 5 a. — Textularia cordata Meneghini X ” ” » 6, 7, 8, 8 a. — Textularia Meneghina Fornasini . . X ” ” Boll. Soc. Geol. Ital Voi. VII. (i8 8 s), tav. XI. / E. Contoìi, su pietra. iih G.Wenk e fi 5I1 -Bologna. C.Fornasini dis da] vero LA DUNA QUATERNARIA AL CAPO DELLE MELE IN LIGURIA Il chiarissimo prof. Issel avendoci avvisati, mentre eravamo insieme ili Liguria, che al Capo delle Mele tra Laigueglia e Marina d’Andora, si mostra una formazione quaternaria, non ancora stu- diata, pensammo bene di recarci sul luogo per ricercarvi, se pos- sibile, dei fossili. Quantunque le specie raccolte non siano tanto numerose quanto in principio avevamo sperato, crediamo tuttavia non inutile cosa il farne qui appresso un breve cenno. Il massivo del Capo Mele è costituito da calcare a fucoidi nettamente stratificato, talvolta scistoso, di color cenerognolo vol- gente al nerastro. Abbondano in esso oltre ai soliti fucoidi, Chondrites intri- catus Brongn., Ch. Targionii Sternb., Ch. furcatus Brongn., Ch. ligurianus Squin., anche le helmintoidee, Ilelminthoida crassa Schaph., IL labyrintìiica Heer, IL irregularis Squin., nonché altri residui indeterminabili, probabilmente coproliti di anellidi. Il quaternario, con una potenza di oltre 130 metri, è addos- sato al calcare eocenico, presentando principalmente verso il basso una specie di stratificazione oscura e trasgressiva quale suolsi tro- vare nelle dune. Noi infatti riteniamo che questo potente addos- samento di sabbie, un po’ ciottolose presso l’odierno livello del mare, non sia altro che una duna, come presentemente si osserva in via di formazione alle Arene Candide presso Pinalmarina e in tutto il littorale che corre tra la Caprazoppa e Albenga (Q. (■) La nostra ipotesi della duna quaternaria, condivisa' dal ch. prof. Tara- melli (Dei terreni terziari presso il Capo la Mortola in Liguria, Rend. del R. Ist. Lomb., ser. 2a, voi. II; 1887; nota a pag. 11 estr.), è ora pienamente 320 E. Clerici e S. Squinabol In alcuni punti la sabbia, prevalentemente quarzosa, di questa duna quaternaria è assai cementata, in altri rimane un po’ più in- coerente ; così pure ne è vario il colore rugginoso, dal giallognolo al rossiccio. Contiene molluschi terrestri abbastanza ben conservati insieme ad una grande quantità di minutissimi frammenti per la più gran parte inclassificabili, di molluschi marini, di radioli di Echinus , di gusci di ostracodi insieme a foraminifere assai guaste. Premesse queste poche parole di spiegazione, ecco la lista delle specie rinvenute: a) terrestri: Hyalina sp. Ne abbiamo alcuni frammenti che non permettono di decidere se si tratti della IL lucida Drap, o della IL cellaria Muli. Ilelix pulchella Muli. Pochi esemplari ; abbastanza comune vivente. Ilelix pulchella Muli. var. costata Un solo esemplare. Ilelix profuga Schmidt Vari esemplari ben conservati mostranti le traccie della colo- razione naturale. Ilelix cespitum Drap. È molto abbondante, in esemplari ben conservati colla colo- accettata anche dal eli. prof. Issel, che prima ( Sur l'altitude qu'atteignent les formations quaternaires en Ligurie, Comptes rend. de l’Acad. des Se.; 1887, pag. 960) ammetteva un fondo marino e costiero notevolmente sollevato. Anzi dall’essere forati da litofagi i ciottoli che si trovano conglomerati con la sab- bia, per un paio di metri, alla base del Capo (prodotti dal disfacimento delle assise eoceniche per opera delle onde del mare, come presentemente avviene di nuovo), il prof. Issel, in un recentissimo lavoro ( Il terremoto del 1887 in Liguria, Boll, del R. Com. Geol. d’Italia; suppl. al voi. XVIII; 1888, pag. 27) pubblicato mentre la presente comunicazione era in tipografia, trae argomento per completare la serie dei fatti che diedero origine a questo interessante giacimento; i quali sarebbero: 1. Sollevamento del Capo delle Mele e del deposito ciottoloso. 2. Formazione della duna. 3. Cementazione delle sabbie, per opera delle infiltrazioni rugginose e calcaree. 4. Abbassamento e sommersione della spiaggia che forni la sabbia per la duna. 321 La duna quaternaria al Capo delle Mele in Liguria razione naturale, di dimensioni un poco più piccole di quelli che si raccolgono nella riviera ligure. Ilelix nemoralis Lin. Anche questa specie è molto abbondante, alcuni esemplari mo- strano il peristoma tuttora colorato e le tre fascie della varietà 00345; altri hanno la spira un po’ elevata. Ilelix obvoluta Muli. Un esemplare più grande di quelli viventi raccolti in Li- guria, che abbiamo potuto esaminare. Attualmente è specie piut- tosto rara in vicinanza del mare. Nella collezione di molluschi ter- restri della Liguria del prof. Issel, ve ne sono di Triora, Cairo Ligure, Stazzano, Finalpia, Voltri, Serra Riccò, Passo di Nava, Boissano ; uno di noi l’ha pure raccolta al Monte Fasce sopra Bavari, e a Ceriana sopra S. Remo. L’esemplare fossile è tuttavia di dimensioni un po’ maggiori di quelle dei viventi liguri, avendo l'altezza di 7mm e la larghezza di 13,5mm. Ilelix rotundata Muli. Un solo esemplare alquanto più grande degli attuali. Helix melensis Clerici e Squinabol, sp. n. Testa late et perspectiviter umbilicata, depressa, spira vix elevata, costis parimi elevatis, distinctis, numerosis, ornata. Anfra- ctibus 4 j laeviter ac regulariter crescentibus : ultimo subcarinato, supra planulato vel vix conrexo, subtus inflato. Apertura valde obliqua, subtrapezioidali, peristomate acuto. — Diam. mm. 3 -f-. Alt. mm. Questa specie, del sottogenere Patula , è assai prossima all’ IL rotundata Muli, ed a qualche altra dello stesso gruppo; è larga- mente umbilicata, a spira molto depressa, ornata da molte costicine poco elevate. ^L’ùltimo giro è pianeggiante superiormente, rigonfio inferiormente e presenta una carena poco pronunciata. L'apertura 22 322 E. Clerici e S. Squinabol è assai obliqua, quasi a forma di trapezio dai lati e vertici arro- tondati. Bulimus obscurus Muli. Un solo esemplare; vivente è assai raro; la collezione Issel ha un solo esemplare ligure di Pedemonte. Pupa quinquedentata Bora (= P. cinerea Drap.) Di questa specie, un po’ variabile nella forma, ne abbiamo un esemplare completo, regolarmente fusiforme e lungo 12mm. Indi- vidui viventi ne abbiamo raccolti sulla duna delle Arene Candide e sulle pareti esterne della caverna omonima. Del resto è una specie abbastanza frequente. Vertigo muscorum Lin. Abbastanza raro vivente. Vertigo edentula Drap. Crediamo potersi annoverare anche questa piccola specie, benché non ne abbiamo trovato che un solo esemplare non del tutto sufficiente per una esatta determinazione. Cyclostoma elegans Muli. Questa specie comunissima anche vivente, è la più abbon- dante in questa formazione. Clausilia itala GL v. Martens Un esemplare ben conservato, il quale quanto alla lunghezza, larghezza e numero di giri è perfettamente identico agli esem- plari viventi attualmente in Liguria, ne differenzia tuttavia per avere la superficie degli anfratti pressocchè liscia, mentre invece è molto marcatamente striata negli esemplari viventi, di più la terza piega al basso della bocca è assai più accostata alla seconda nell'esemplare fossile che non nei viventi. Non pare una specie molto comune in Liguria ; gli esemplari viventi che abbiam potuto con- sultare sono di Finalpia, di Pian Marino presso Finalborgo, di V orezzi e Varese Ligure, località tutte un po’ più orientali che non quella di Laigueglia ove, per quanto ne consta non fu ancora rinvenuta. Cionella subcylindrica Lin. Un esemplare. Carychium minimum Muli. Un esemplare. 323 La duna quaternaria al Capo delle Mele in Liguria b ) marine : Cerithium scabrum Olivi {Mar ex) Cerithiolum pusiliurn Jeffr. Risso a sp. Dentalium cfr. novemcostatum Lamk. Pecten flexuosus Poli ( Ostrea ) Venus ovata Penn. Cythere sp. Echinus sp. (frani, di radioli) Ditrupa coarctata Brocc. ( Dentalium ) Polystomella crispa Lin. Rotatici Beccari D’Orb. Queste due specie sono molto abbondanti. Truncatulina cfr. lo batata Walk. Nonionina sp. Miliolina cfr. oblonga Mont. Spiroloculina nitida D’Orb. Enrico Clerici Senofonte Squinabol - CENNI SULLA": COSTITUZIONE GEOLOGICA DEL LITTORALE IONICO DA CARIATI A MONASTERACE Memoria postuma dell' ing. Vincenzo Rambotti. Osservazioni e Note del prof. Antonio Neviani. (con due tavole). L’ ingegnere Vincenzo Rambotti, nativo di Desenzano sul lago di Garda, cessava di vivere in Caltanisetta il dì 7 dicembre 1878 nella giovine età di 33 anni, lasciando per le sue ottime qualità di mente e di cuore ricordo imperituro in quanti ebbero la fortuna di avvicinarlo. Versatissimo nelle discipline geologiche, pubblicò due pregiate memorie nel Bollettino del R. Comitato Geologico e cioè: Osser- vazioni geognostiche sui dintorni di Catanzaro (1876 n. 9, 10) e note sulla formazione granitica lungo la ferrovia tra la marina di Catanzaro e quella di Soverato (1877 n. 1, 2); compì inoltre una dettagliata descrizione del littorale Ionico da Cariati a Mona- sterace, che rimase fino ad ora inedita ; questo studio fatto per inca- rico dellaDirezione dei lavori ferroviari, è corredato di una tavola di sezioni e di una bellissima carta geologica nella scala di 1:200000, da cui trassero utilissime indicazioni sulla geologia delle Calabrie parecchi che si occuparono di questi luoghi. Il Comitato Geologico l’aveva pure richiesto della Carta geologica della regione compresa fra le spiaggie dellUonio ed il golfo di S. Eufemia; ma non potè avere il necessario permesso dal ministero dei lavori pubblici. 326 V. Ramò otti — A. Neviani Nella Bibliographie géologique et paleontologique de l’ Italie, pubblicata in Bologna nel 1881 in occasione del 2° Congresso geo- logico internazionale, la citata memoria è ricordata al n. 3350, colla indicazione: Manuscript près du prof. Pignatari à Monte- leone; ed invero il Pignatari possiede un manoscritto che però è soltanto una copia e non l’originale conservato presso la famiglia in Desenzano ; debbo alla gentilezza del prof. Rambotti Giovanni e del prof. D. Angelo Piatti, se ho potuto avere il prezioso auto- grafo non solo, ma anche le carte di campagna a colori nella scala di 1:50000 e molti altri appunti geologici importantissimi special- mente sul Nummulitico della Sicilia, che stanno ad attestare sempre più la intelligente attività del compianto ingegnere. Il lavoro che ora, per benevolo consenso della famiglia Ram- botti, rendo di pubblica ragione, non è stato modificato in alcuna parte, solo quà e là ho creduto opportuno aggiungere qualche appunto che può dirsi storico , giacché poco o nulla infirmando quanto è detto nella Memoria, serve a render conto degli studi fatti poste- riormente ; osservazioni che ho riunite in ultimo assumendone tutta la responsabilità. Per ragioni facili a comprendersi, non viene pubblicata tutta la carta geologica a colori, ma solo a tratteggio i dintorni di Catan- zaro, come quelli più importanti per la varietà dei terreni e la tavola delle sezioni, che ho ridotto a metà dall’originale. Assumendo l’ incarico di questa pubblicazione, mi lusingo di avere compiuta opera buona e gradita agli studiosi ed ai parenti del caro estinto. Catanzaro, febbraio 1888. D.r Antonio Neviani Cenni sulla costituzione geologica ecc. 327 Cenni geologici. I terreni che fiancheggiano la ferrovia entro la zona rilevata da Cariati a Monasterace si possono dividere nel modo seguente: 1. Terreno recente. 2. Poster ziario. 3. Pliocene. 4. Miocene. 5. Terreni interposti alle roccie terziarie, ed alle cristalline propriamente dette. 6. Terreni Cristallini. I. Terreno recente. Il terreno recente si suddivide a sua volta in pianure litorali di origine marina, molto estese in lunghezza e di larghezza varia- bile, quasi perfettamente livellate, e risultanti di una alternanza di sabbie, e di ciottoli, talvolta ricoperte da un sottile strato di terreno vegetale : in dune molto sterili : in terreno d’ alluvione. Le dune e il terreno di alluvione si trovano, in parte, ancora in corso di formazione; mentre le pianure litorali rappresentano un epoca più antica. Il terreno recente assume il primo aspetto accennato nel tratto tra la punta dell’Alice e Cotrone, interrotto soltanto nel tratto dalla stazione di Torre Melissa alla stazione di Strongoli ; ove le colline del Miocene inferiore si spingono fino alla spiaggia ; dalla stazione di Isola continua poi fino alla punta di Stalletti. Al di là forma la pianura detta Sainaro , per interrompersi alla marina di Sove- rato, oltre alla quale hanno predominio le dune che continuano fino a Monasterace. Le dune si presentano pure tra la punta dell’Alice, e Cariati, e non molto prima della stazione di Crucoli si trovano ancora in corso di formazione ; talché si dovette ricorrere alla costruzione di siepi morte per impedire il loro sviluppo, e l’ ine- vitabile interrimento delle trincee della ferrovia. Dalla marina di Soverato a Monasterace, le dune si troverebbero già formate. La 328 V. Rambotti — A. Neviani ferrovia le attraversa per mezzo di trincee, colle cunette rivestite in muratura, senza bisogno di altre opere di riparo o di difese. I torrenti ed i fiumi molto frequenti, interrompono ad inter- valli la monotonia di questi terreni, trasportando una grande quan- tità di materiale lungo il loro corso ed alla foce, originando i delta ed i terrazzi , il di cui numero e disposizione restano bene indicati sul profilo longitudinale della linea ferroviaria; mentre l’ampiezza dei delta di alcuni tra i principali corsi d’acqua risulta dalla planimetria generale. Questi delta conservano la loro forma triangolare alla foce del fiume Fiumenicà, del Neto e del Lipuda mentre nelle altre località vennero distrutti perchè più esposti all' impeto del mare. Il delta del Neto va debitore della sua con- servazione al capo Colonna, il quale ha pure difeso il delta del Lipuda, senza però poter impedire che le burasche di sud-est spo- stassero il suo vertice più a nord alla punta dell’Alice, la quale ha poi riparato a sua volta il delta del Fiumenicà. Nella stagione invernale le piene frequenti modificano conti- nuamente l’altimetria dell’alveo di questi fiumi, nonché le loro sponde e la corrente improvisamente si espande sopra grandi esten- sioni arrecando danni rilevanti. Solo ultimamente in certi luoghi le difese dei ponti della ferrovia servirono a sistemarne il corso, diminuendo conseguentemente lo sviluppo della malaria nella sta- gione estiva, fomentato in gran parte dai ristagni d’acqua frequenti sopra un letto esteso, e molto irregolare. Queste alluvioni, sempre in relazione colle formazioni circo- stanti, nel tratto da Cariati a Cotrone contengono, oltre ai ciottoli di roccie cristalline, una predominanza di arenarie plioceniche, e mioceniche. Dal Tacina al Corace sono invece più abbondanti le roccie cristalline, perchè su questo tratto le pendici della Sila, si avvicinano di più alla spiaggia. Dallo Squillace poi fino allo Stilo, l’alluvione è pressoché esclusivamente costituita da gneiss e da gra- niti. In quest'ultimo tratto la pendenza dei fiumi e dei torrenti è- anche maggiore, e va decrescendo fino al Tacina ed al Neto, ove è minima, sicché trasportano soltanto materie minute. In queste spiagge ora aride, e soltanto quà, e là interrotte da qualche lembo di terreno fertile simile ad un’oasi, si stabilirono già le città enotrie, e quelle opulenti fondate dalle colonie greche, della maggior parte delle quali, non rimangono che poche macerie. 329 Cenni sulla costituzione geologica ecc. I fiumi navigabili in tempi storici, secondo alcuni autori, hanno ora i letti larghissimi di ghiaia e bassifondi ; le fertilissime terre, e le ricche ed odorose pasture, cantate dai poeti, vennero coperte di sabbie; le dune alla foce dei fiumi, formarono stagni melmosi che corruppero l’aria tanto dolce e salubre un tempo. Quanto squal- lore ricopre ora questi lidi ove un giorno svolgevansi, con tanto rigoglio di vita, insieme associati la greca civiltà, ed il pensiero italiano ! IL Poster ziario. Seguendo l’ordine cronologico discendente, al terreno recente della spiaggia, succedono i piccoli altipiani, e le collinette del Posterziario che resta distinto per la sua costituzione, e disposizione dalla formazione precedente, e dalla successiva. È quasi sempre costituito da ciottoli, da terre rosse, e da sabbioni grigi quarzosi, assolatamente privi di fossili tra loro alternanti, e disposti in strati orizzontali sotto forme di collinette, a ridosso delle colline plioce- niche. o sopra di queste disposti in altipiani. È quasi ovunque di origine marina, ma affatto litorale. Con tale aspetto si o.'Serva dalla stazione di Cariati fino a quella di Girò, ove prende un notevole sviluppo, per interrompersi sulla sponda sinistra del Lipuda. Tra la stazione di Strangoli ed il Neto riappare qua e là sulle argille plioceniche, poi non si mostra più che oltre il Tacina per continuare fino alla punta di Stalleti. Alla marina di Catanzaro forma delle collinette sempre disposte con stratificazione discordante evidentis- sima sopra le sabbie, e le argille plioceniche ; e la sua particolare natura e disposizione si manifesta nelle trincee della ferrovia, e della strada provinciale. Si vede superiormente uno strato di terra rossa vegetale, contenente ciottoli discoidali che ricopre delle sabbie sciolte quarzose grigiastre alternanti con sottili straterelli di ciot- toli discoidali della natura di quelli attualmente trasportati dal Corace. Oltre la marina di Catanzaro il posterziario si è spostato alcun poco dal mare, ed ha lasciato delle tracce quà e là sull’ alti- piano di Borgia, e di Caraffa riempiendo le accidentalità presentate dalle arenarie plioceniche. Vicino alla foce dello Squillace diventa un terreno alluvionale con ciottoli, prevalentemente di gneiss, e 330 V. Rambotti — A. Neviani riposa sulle argille plioceniche o sulla nuda roccia gessosa, ivi esi- stente in prossimità della strada provinciale che va da Catanzaro a Soverato. Sulla sponda destra del Soverato il terreno in discorso è un detrito quarzoso con pasta argillosa proveniente dal gneiss lì vicino. Con tale aspetto continua fino alla galleria di Soverato coprendo prima immediatamente qualche scoglio isolato di gneiss, poi le arenarie del miocene medio. L’altipiano di Soverato, è coperto da uno strato di ciottoli, e terre rosse appartenenti al posterziario ; e dello stesso terreno sono ricoperte, fino contro la formazione granitica, le piccole catene plioceniche che fiancheggiano l’Ancinale, il Felluso, l’Alaca. In questi luoghi il terreno in parola ha un aspetto piuttosto alluvio- nale e mostra superiormente uno strato di ciottoli arrotondati di granito, e di gneiss in decomposizione, che si appoggia sopra sabbie giallastre marine, prive di fossili in stratificazione discordante colle marne sottostanti. Più oltre le marne plioceniche rimangono a nudo per ritornare ad essere coperte dallo stesso terreno sulle sponde dell'Assi, e dello Stilo. In generale il postergarlo si mostra conformato in altipiani ristretti, distesi sulle colline plioceniche, nel tratto tra lo Stilo, e l’Ancinale ; mentre negli altri luoghi, oltre ad una tale disposi- zione, assume pure quella di collinette litorali arrotondate, poste a ridosso delle formazioni più antiche prendendo anche un maggiore sviluppo. III. 0 Pliocene. Il pliocene immediatamente sottoposto alla formazione sovrac- cennata, consta di una serie di strati costituita superiormente da sabbie giallastre, o da arenarie calcari, ora gialle ora grigie talvolta quasi interamente costituite da frantumi di conchiglie, che si appog- giano, nel tratto tra Stalleti e Cariati, sopra argille marnose varie- gate di biancastro, e di turchino. Le argille sono alla loro volta sostenute da arenarie calcari e da sabbie colla tinta predominante gialla, o giallo scura. Talvolta molto ricche di fossili, che alternano con sottili strati di argille sabbiose , micacee, cenerognole. Le marne zonate esistenti tra Soverato e Monasterace, equivalenti alle 331 Cenni sulla costituzione geologica ecc. argille, sono immediatamente coperte dal posterziario, e poggiano sopra sabbioni ed arenarie eminentemente quarzose, biancastre, o grigie prive di fossili, risultanti dalla demolizione immediata delle masse granitiche che oltre Soverato si avvicinano assai alla spiaggia. Più sotto abbiamo la potente formazione del conglomerato. Questo gruppo di strati ha la sua posizione ben determinata tra il gesso, ed il posterziario, ed i fossili rinvenutivi non lasciano dubbio sulla sua età pliocenica. Troverebbe il suo riscontro col pliocene della Sicilia, in modo tale, che alcune sezioni geologiche fatte in quella regione si mostrano quasi identiche ad altre fatte lungo il litorale del Ionio unite alla presente relazione. Le marne zonate molto ricche di f or amimi feri , corrispondono ai così detti trubì della Sicilia, sovrapposti immediatamente alla formazione gessosa solfì- fera, e sono quelle stesse, che continuando quasi senza interruzione lungo il litorale ionio vennero studiate in più luoghi da parecchi geologi ed in modo speciale dal professore Seguenza, celebre pei suoi studi geologici in Sicilia, e nell’ Italia meridionale, il quale vi rinvenne dei fossili caratteristici del pliocene inferiore. In quanto poi alle argille, il professor Capellini in base ai fossili trasmessigli ritiene quelle di Cutro come appartenenti pure al pliocene inferiore, e quindi equivalenti alle marne bianche zonate. Il che è in rela- zione anche alla loro posizione e disposizione stratigrafìca. La serie pliocenica sovradescritta lungo il tratto rilevato non si mantiene sempre eguale a se stessa per quanto concerne il numero e la disposizione degli strati diversi che la compongono. Da Cariati a Strangoli il pliocene si addossa immediatamente al miocene inferiore, e lo copre in diversi punti in forma di lembi isolati depositatisi entro le sue depressioni. Trovasi quivi rappresen- tato da arenarie calcari, conchiglifere, giallastre, con conchiglie tal- volta gigantesche dei generi Pecten ed Ostrea, che alternano con sabbie pure dello stesso colore. Gli strati di queste arenarie si tro- vano a Cariati fortemente inclinati verso mare, per un cedimento avvenuto posteriormente al loro sollevamento, e prima che si depo- sitasse il terreno posterziario che trovasi disposto orizzontalmente sopra le testate degli strati pliocenici. Ad occidente del paese gli strati di arenaria, si dispongono per l’originario sollevamento secondo una leggera inclinazione a mare, ed inferiormente fanno passaggio a sabbie argillose micacee che gradatamente si convertono 382 V. Rambotti — A. Neviani in argille sabbiose, ed in vere argille marnose turchine alternanti con strati di sabbia gialloscura ricca di mica. Gli strati di sabbia, prima eguagliano in spessore quelli di argilla, poi la loro frequenza diminuisce unitamente al loro spessore, colla maggiore profondità, lino a che non restano che le argille marnose. Allora a suddividere la massa subentra un calcare fibroso, candido, fragile, in sottilissimi straterelli, che lasciati a nudo pel dilavamento delle argille, si rom- pono in minuti frammenti ; sicché da lungi rassomigliano ad ammassi di conchiglie o ad efflorescenze saline. In queste argille come in tutte le altre fino a Cotrone i f ora- mini feri ( orbuline ) sono piuttosto rari ; in altre sono talvolta sab- biose e micacee. Hanno in complesso un aspetto più litorale di quelle scavate nella galleria di Cutro, e delle altre che si esten- dono fino a Squillane, e più ancora delle marne zonate oltre la marina di Soverato. Segnerebbero quasi un anello di transizione tra le sabbie e le marne. Questo fatto del resto si spiega anche colle diverse conformazioni orografiche del littorale. Infatti nel tratto dalla punta di Stalletti, verso Monasterace, il mare che andava a battere contro gli elevati monti granitici molto vicini alla spiaggia attuale dovea essere piuttosto profondo ; mentre dalla punta di Stal- letì al Tacina il letto del mare si disponeva secondo piani incli- nati con un pendìo sempre più dolce, formati da roccie terziarie più antiche per convertirsi poi in un bassofondo più oltre verso Cariati e meglio ancora entro il quadrilatero formato dal Tacina, dal Neto e dal mare. Il pliocene coi caratteri testò accennati, e col duplice aspetto di arenarie o sabbie, e di argille marnose, continua lungo il litto- rale sino al Lipuda ove interrotto dal miocene inferiore riappare a costituire i dintorni di Strangoli, formando degli altipiani di are- narie pressoché orizzontali ; tra i quali quello su cui sorge il paese elevato a 330 metri sul mare. Tale disposizione viene pure presen- tata dalle arenarie nei dintorni di Girò, situato presso a poco alla stessa altitudine. Oltre Strangoli, e su per la vallata del Neto questa stessa formazione venne seguita fino a Santa Severina, Scen- dale, e San Mauro, ma si spinge anche più oltre ('). Nei dintorni di questi paesi, le sabbie, e le arenarie calcari raggiungono una notevole potenza da sostituire delle intere catene di monti dispo- nendosi superiormente in forma di altipiani più o meno estesi in 333 Cenni sulla costituzione geologica ecc. lunghezza, talvolta limitatissimi in larghezza, e frastagliati da for- mare delle serre , ed elevati sul mare fino a 450 e 500 metri. Sugli altipiani quasi orizzontali, oppure inclinati, si trovano i paesi poc’anzi nominati, e lungo il pendìo dei monti le numerose sorgenti d’acqua potabile segnano i limiti fra le arenarie e le sabbie, e le argille su cui insistono. Mentre a tale distanza del mare le arenarie e le sabbie hanno un così grande sviluppo, il loro spessore diminuisce avvicinandosi alla spiaggia ed alle vallate del Neto e del Tacina, dove anzi ven- nero completamente esportate dalle correnti. Le colline argillose, denudate e frastagliate in tutti i modi da numerosi torrentelli e dalle pioggie, e formanti un labirinto molto intricato, non sono che parti isolate di quest’ esteso altipiano che in origine estendevasi tra il Tacina, il Neto ed il mare. Cogli altipiani di Isola, di Cutro e Santa Severina si può facilmente ricostruire l’ originaria pianura; misurare l’entità del sollevamento, l’inclinazione e la direzione. Questo sollevamento fu lento, regolare, senza alcuno improvviso sconvolgimento locale. Al di là del Tacina la zona pliocenica lito- rale costituita come si è detto fin’ ora, si restringe per ridursi sulla sponda destra del Crocchio, ad una lunghezza di circa quattro chi- lometri. Tale formazione va poi di nuovo e gradatamente aumen- tando, fino che sotto Catanzaro, sulla sinistra del Corace raggiunge una larghezza del doppio. Su questo tratto le argille plioceniche riposano sopra altri membri dello stesso gruppo, costituiti da strati di arenarie, di sabbie e di argille sabbiose fra loro alternanti, che si appoggiano sopra una potente formazione di conglomerato. Questi stessi terreni dal Tacina a Cariati vengono a giorno soltanto al limite meridionale del miocene inferiore sopra una linea che dal mare si dirige normalmente alla spiaggia verso Strangoli e San Nicola. Quivi sopra il gesso, come a Squillace, ed alla stazione di Koccabernarda, si mostrano immediatamente sotto le argille, delle sabbie e delle arenarie giallo-scure, talvolta fossilifere. Queste poi riposano sopra un conglomerato d’alluvione (che muore alla stazione di Iioccabernarda) costituito da ciottoli di dimensioni diverse, pro- venienti da rocce terziarie e cristalline. Il pliocene oltre il Tacina, presenta anche una nuova disposizione orografica, e trovasi suddi- viso dai torrenti, con una direzione pressoché parallela, in catene di colline, avanzi dell’originario piano inclinato, che si estendeva 33-1 V. Rambottì — A. Neviani parallelamente alla spiaggia fino dirimpetto a Catanzaro. Più oltre tra Catanzaro e Squillace aprivasi uno stretto nell’epoca della depo- sizione del pliocene. Fatto questo da molto tempo ammesso dai geo- logi per la natura dei terreni interamente non più antichi del plio- cene per tutto il tratto compreso tra il Ionio ed il Tirreno. In questa località il pliocene si presenta in tutta la sua potenza, e con tutti i suoi differenti strati discordanti colle formazioni sotto- stanti delle sponde dell' antico stretto, e disposti in forma di un ampio sinclinale col suo asse diretto da est ad ovest secondo la lar- ghezza dell’ istmo attuale, il quale rassomiglia così ad una sella per la sua leggiera inclinazione anche verso i due mari. La sincli- nale non è però che apparente e piuttosto che una ripiegatura tra- sversale dell’appennino, in origine, cioè prima della deposizione dei terreni terziari, sembra abbia esistito una grande faglia (2). Infatti da un lato, cioè sulla linea Squillace-Maida si ha il gneiss, che rappresenta una formazione più antica del calcare semicristallino che si osserva dall’altro lato sulla linea Catanzaro-Tiriolo-Nicastro, ed in modo speciale a sud-ovest di Catanzaro inclinato fortemente verso mezzogiorno. Sopra il gneiss ed il calcare delle sponde di questo stretto pliocenico si depositò poi mano mano la formazione terziaria secondo curve di raggio sempre maggiore, fino a che la parte superiore, costituita dalle solite sabbie ed arenarie risultò con- formata in estesi ed elevati altipiani ; quali gli altipiani di Borgia e di Caraffa. Ha precisamente avuto luogo un riempimento ed un sollevamento regolare lento e generale di tutto il litorale del Ionio. Come si è detto, gli altipiani di Borgia e di Caraffa, che raggiun- gono l’altezza di 350, e 400 metri al massimo sul livello del mare, constano superiormente di una arenaria calcare grigia, talvolta inte- ramente costituita da minuti frammenti di conchiglie, che si appoggia sopra sabbie gialle ricche in certi luoghi di conchiglie, tra le quali, un poco ad oriente di Borgia nella località denomi- nata Forio, entro la Fiumarella si trovano le seguenti, determinate come tutte le altre inserite nella presente relazione per cura dell’ illiìio prof. comm. G. Capellini (3). Ecco la lista doi fossili trovati entro le sabbie superiori di Borgia. Natica millepunctata Smh. » sordida Phil. Nassa prysmatica Broc. 335 Cenni sulla costituzione geologica ecc. Nassa semistriata Broc. Ciclonassa neritaea L. Calyptraea chinensis L. Turritella tricarinata Broc. Vermetus intortus Lmk. Dentalium entalis L. » elephantinum L. Mactra subtruncata Costa. Venus ovata Penn. » gallina L. Cytherea chione L. Lucina borealis L. » Pecten L. Cardimi edule L. » tuberculatum L. Nucula sulcata Broc. Mytilus edalis L. Pecten varius L. » opercularis L. » ftexuosus Pali. Vola jacobaea L. Anomia ephyppium L. Ostrea plicata Chem. Sotto alle sabbie anzidette succedono le argille marnose solite. In generale le argille plioceniche che da Stalleti si estendono fino a Cariati, sono povere di fossili. A Cutro entro queste argille, estratte dalla galleria, si sono trovate le seguenti conchiglie : Nassa semistriata Broc. Natica pseudo-epiglottina Sism. Chenopus pespelicani L. Turritella subangulata Broc. Drillia sigmoidea Bron. Dentalium elephantinum L. Pectunculus pilosus Broc. Limopsis aurita Broc. (4). Sotto alle argille succedono poi altre sabbie, ed arenarie tal- volta fossilifere, di un giallo-scuro, e finalmente il conglomerato con ciottoli di calcari, gneiss, graniti, e di roccie del periodo ter- 336 V. Rambotti — A. Neviani ziario. La sezione n. 1 qui unita, fatta tra Staletti, e Catanzaro attraverso l’ istmo corrispondente allo stretto pliocenico , indica l’ordine di sovrapposizione , e l’andamento degli strati accennati, nonché con sufficiente approssimazione la relativa loro potenza. Da quella si rileva come la base del pliocene sia costituita per tutta la larghezza, tra Stalletti e Catanzaro dal conglomerato, il quale sulla sponda sinistra dello Squillace, copre il miocene superiore rap- presentato dal gesso, mentre sotto Catanzaro è sostenuto immedia- tamente dal miocene medio rappresentato dal tufo calcare. In questi dintorni, e precisamente entro la valle del Corace in prossimità del ponte della strada nazionale per Pizzo, il conglomerato tra le altre roccie terziarie contiene il gesso compatto, e cristallino in ciottoli, e frammenti di straterelli arrotondati soltanto negli spigoli. Vi si trovano pure dei grossi massi di tufo calcare, e delle arenarie del miocene. Tale formazione è completamente identica a quella che si trova attraverso le valli del Simeri e dell’ Uria, all’altezza del paese di Simeri e di Soveria fino alla vicinanza di Cropani. Tanto il conglomerato, come le sabbie e le arenarie, sono equivalenti a quelle che tra Strangoli e San Nicola riposano sul gesso, nonché alle arenarie silicee grossolane che riposano sulla stessa formazione in vicinanza alla stazione di Boccabernarda. A questo stesso oriz- zonte corrispondono le arenarie calcari, e le sabbie gialle alternanti con strati di argille sabbiose turchine, visibili lungo le sponde del Corace e della Fiumerella di Catanzaro nelle località dette Santa Maria, Barone, Valli ecc. A Santa Maria le arenarie calcari color lionato che immediatamente sostengono le argille plioceniche sono molto ricche di fossili tra i quali si trovarono le seguenti con- chiglie. Fusus rostratus Oliv. Nassa mutabilis L. » prysmatica Bron. Eutria cornea L. Nassa sinistrata Broc. Natica helicina Broc. « mille jmnc tata Lmk. Cerithiolum reticulatum Costa. Cerithium mdgaturn Brug. Turritella triplicata Broc. 337 Cenni sulla costituzione geologica ecc. Turritella bicarinata Eich. Turbo rugosa, s L. Zmjphinus exasperatus Penn. ” miliaris Broc. Fissurella neglecta Desh. Caliptraea chinensis L. Gibbuta magus L. » umbilicaris L. Xenophorus crispus Konig. Clanculus corallinus Gml. Haliotis tuberculata L. Bentaliun dentalis L. » elephantium L. Mactra subtruncata Costa. Venus umbonaria Lk. » ovata Penn. » fasciata Costa. * verrucosa L. Cytherea ditone L. Lucina boreaiis L. Psammobia vespertina Chem. » co stulata Flirt. Cardium oblongum Chm. » tuberculatum L. Arca tetragona Poli. Pectunculus pitosus L. Mytilus g al topr ovine ialis Lk. Pecten varius L. » septemradiatus Muli. « opercularis L. » jlexuosus Poli. » pusio L. Vola Jacobaea L. Anomia Ephippvum L. Dosinia exoleta L. TÀma infiala Chem. (5). La disposizione delle arenarie, e sabbie di Santa Maria impor- tanti per le conchiglie fossili che contengono, si rende manifesta 23 338 V. Rambotti — A. Neviani dalla sezione naturale n. 2 visibile tra la marina di Catanzaro, e Pontegrande, posto circa a tre chilometri a nord di Catanzaro. A metà strada tra questa città, e la sua marina sulla destra del torrente Fiumarella, si vede come una rupe isolata elevata a 200 metri sul mare, circondata ed in parte coperta dalle argille plioceniche. La sua parte superiore, immediatamente a contatto delle argille, è costituita dalle arenarie calcari fossillifere da cui si sono estratti i fossili sopra enumerati. Sotto le arenarie succedono delle argille turchine sabbiose, e micacee, quasi prive di fossili; infatti si trovarono soltanto i seguenti : Pecten or er cubar is L. Dentalium elephantinum L. Nassa semistriata Broc. lurritella bicarinata Broc. Pectunculus pilosus L. Più sotto ancora si hanno delle sabbie finissime, giallastre, micacifere, prive affatto di fossili; indi ancora le stesse argille sab- biose, poi nuovamente le sabbie fine, giallastre, senza fossili. Un’alternanza di strati sabbiosi ed argillosi di formazione marina litorale. Alternanza indicata anche dalle sorgenti di acqua, esistenti a diverse altezze lungo il ripido pendìo del monte, e dalle quali dipende in parte la fertilità di quel luogo ombreggiato da una rigo- gliosa vegetazione. Oltre la marina di Soverato nella valle dell'Ancinale, il plio- cene è in parte rappresentato da un potente deposito di detriti, ciot- toli, e massi quasi esclusivamente di gneiss granitico grigio, che si appoggia sopra il gneiss della sponda sinistra, ed il granito della sponda destra del fiume. Mentre però sopra il gneiss giace imme- diatamente il conglomerato composto di grossi massi arrotondati, talvolta di qualche metro cubo di volume; sulla sponda opposta ad immediato contatto del vero granito si ha invece una potente for- mazione di detrito granitico formato da sabbie biancastre quarzose alternanti con sottili strati di ciottoli granitici in decomposizione appartenenti alla massa granitica su cui appoggia. Il conglomerato sostiene, senza alcuna discordanza nella stra- tificazione, delle sabbie marine biancastre quarzose alternanti con arenarie grigie silicee, alla loro volta ricoperte dalle marne zonate 339 Cenni sulla costituzione geologica ecc. plioceniche che da questo luogo continuano verso Reggio, sempre conservando gli stessi caratteri. Queste marne sono equivalenti, come si disse, alle argille marnose che si trovano da Soverato a Cariati; ma invece di essere variegate come quelle, si mostrano zonate di bianco e di bleu scuro con molta regolarità da presentare un aspetto singolare. Negli strati scuri abbonda l’argilla, negli strati chiari il calcare; ed in certe località, come vicino a S. Sostene, in una stessa cava si alternano a vicenda il materiale per la con- fezione dei mattoni, e quello per la calce, la quale essendo emi- nentemente idraulica venne impiegata con ottimo risultato nelle costruzioni della ferrovia. Questa marna analizzata dal chiarissimo sig. prof. cav. Ragazzoni di Brescia diede i seguenti risultati : Carbonato di calce 0,730 » di magnesia 0,010 Argilla insolubile 0,240 Sostanze solubili, ossidi d’alluminio, e ferro 0,020 Totale 1,000 Quarzo allo stato cristallino — tracce. Entro le marne della marina di Soverato fino a Monasterace, non fu possibile trovare altri fossili all’ infuori di una grande quan- tità di foraminiferi, fra i quali abbondantissime le orbuline , che si trovano indifferentemente tanto negli strati chiari quanto negli scuri. La massa è poi talvolta attraversata da sottili straterelli di terra rossa, o gialla ocracea frammista a tracce di selenite. Vi si trova pure la marcasita che al contatto dell’aria si converte in solfato di ferro ; e nelle sere di estate, dopo il tramonto, si è pure notato un certo odore di zolfo in mezzo a queste colline marnose, forse causato dalla decomposizione della pirite di ferro o marcasita, che si trova talvolta abbondante in forma di cilindretti tubercolati a frattura raggiata (6). La successione degli strati pliocenici incontrata nella valle dell’Ancinale, ed indicata nella sezione naturale n. 3; può ritenersi limitata a quel luogo. Più oltre verso Monasterace sulle sponde del torrente Felluso, dell’Alaca fino oltre a Sant’Audrea, il pliocene non è rappresentato che dalle marne. Poco prima poi di arrivare a Badolato fino a Monasterace, e certamente anche più oltre verso Gerace le marne poggiano immediatamente sopra il conglomerato 340 V. Rambotti — A. Neviani esclusivamente granitico. Questo conglomerato va sempre aumen- tando con una forma triangolare da Badolato fino oltre Monasterace, ove si presenta con una potenza ed una estensione considerevoli, sempre composto di massi, di ciottoli, e di detriti esclusivamente granitici, in relazione colla massa granitica interna. Solamente tra Stilo e Guardavalle si trova frammisto qualche frammento di schisti cristallini, che si rinvengono in parte nei dintorni, mentre poi a Badolato esistono dei massi voluminosi di gneiss tra i massi granitici predominanti. Esisterebbe quindi in questa località come una franatura tra il conglomerato granitico ad ovest di Monaste- race ed il conglomerato gneissico della valle dell’Ancinale. La note- vole formazione del conglomerato granitico d’alluvione, alterna in special modo alla sua base con detriti minuti granitici, ed anche con argille, e marne cenerognole sabbiose, prive di fossili, regolar- mente stratificate. In uno strato di arenaria concordante col con- glomerato, e situata al piede della strada che con forte pendìo sale al paese di Stilo, si trovano dei clypeaster , che sono gli unici fos- sili rinvenutivi. Mentre quindi la parte superiore del conglomerato rappresenta un terreno d’alluvione; le sabbie e le marne sottostanti accennano a depositi sottomarini litorali forse in parte miocenici. IV. Miocene. Benché il Miocene lungo il litorale da Cariati a Monasterace, non abbia una grande estensione, tuttavia vi è rappresentato in tutta la sua potenza, e lo si può suddividere nei tre piani distinti dai geologi, cioè: in Miocene superiore , medio ed inferiore. I. Miocene superiore. — Il Miocene superiore, come in tutte le altre parti d'Italia, trovasi rappresentato dalla formazione ges- sosa, che lungo il tratto rilevato si rinviene nei dintorni di Stron- goli, della stazione di Roccabernarda, e di Squillace. Benché questa formazione non sia immediatamente coperta dalle argille marnose a foraminiferi, tuttavia corrisponde per altri rapporti alla zona gessosa solfifera della Sicilia, delle Romagne, o della Toscana ed appartiene quindi al Miocene superiore od al Pliocene inferiore, secondo i diversi autori. 341 Cenni sulla costituzione geologica ecc. Siccome però nelle due località sopranominate tra il gesso e le argille a foraminiferi trovasi in posizione discordante col gesso medesimo tutta la potente formazione delle sabbie inferiori, e del conglomerato si è accettata l’opinione di quei geologi, che collo- cherebbero il gesso nel Miocene superiore, separandolo così netta- mente dal Pliocene. Come si disse, il gesso è coperto dal conglomerato a Strongoli ed a Squillace. Alla stazione di Roccabernarda e dintorni è invece ricoperto da una arenaria grossolana facile a sgretolarsi, priva as- solutamente di fossili concordante piuttosto colla formazione ges- sosa che colle argille plioceniche sovrastanti. Sulla linea Strongoli-San Nicola, limite, come si è detto, tra il Pliocene ed il Miocene, oltre il gesso esistono sul fondo di un torrentello quasi asciutto nella stagione estiva, delle sorgenti sol- forose e salate in modo eccessivo, alla cui superfìcie, coperta da molti insetti morti, si va continuamente formando una pellicola di solfo termogene che ingrossandosi precipita per dar luogo ad un’altra. I ciottoli circostanti sono rivestiti completamente da una incrostazione di zolfo e le sabbie cementate e ricoperte di efflore- scenze saline. Più giù lungo lo stesso torrentello che girando a sud di Strongoli, va poi a sboccare nel Neto, e precisamente nella località denominata Salinella, le efflorescenze saline causate da una sorgente salata, che lì vicino scaturisce al piede di una collina argillosa, si trovano distesa sopra una certa superfìcie dell’alveo. Di queste acque cariche di saimarino, se ne trovano pure nei din- torni di Marcedusa, ed anche nella valletta del torrente Frasso, vicino al Molino Rocco. In quest' ultima località, piuttosto che da uno strato di sale, potrebbero dette acque pervenire da una are- naria grigia, molto salata, appartenente al gruppo del tufo calcare del Miocene medio, addossata al gneiss di Cropani. Le sorgenti solforose sono poi in relazioni colle miniere di zolfo esistenti nei dintorni di San Nicola, coltivate con frutto da tre anni da una compagnia Messinese, residente in Cottone. Vi potrebbe essere qualche giacimento di zolfo anche più vicino, come credesi probabile, essendosi osservato in un punto a mezzo pendio del monte, a nord della sorgente un piccolo affioramento di un calcare cavernoso brecciforme, contenente nella cavità delle tracce di zolfo. 342 V. Rambotti — A. Neviani Il gesso di questo luogo è diverso da quello della stazione di Roccabernarda e di Squillace per la sua struttura che è sacca- roide e per la sua purezza. Ha un colore candido, trovasi sud- diviso da vene e piccoli filoncelli di cristalli lamellari di selenite, e talvolta si presenta sotto* forma di ammassi di minuti cristalli cementati tra loro da una materia amorfa, forse di gesso. La sua parte inferiore è costituita da un’arenaria giallastra a cemento se- lenitoso con lucentezza serica, alternante con gesso compatto, zonato, disposto in sottili straterelli, come le arenarie. Il gesso saccaroide si presenta piuttosto disposto qua e là lungo il pendio del monte miocenico in forma di collinette isolate e di ammassi visibili anche da lontano per il loro candore. A Squillace la formazione in parola ha una potenza maggiore, e trovasi costituita superiormente da straterelli di gesso compatto cenerognolo contenente delle particelle di sabbia, e di mica nera con piccole macchie di ossido di ferro. Al contatto dell’ aria si al- tera facilmente e diventa bianco, mentre le acque piovane lo sciol- gono in breve tempo, e rendono rugosa la superficie dei piani di stratificazione esposti alle intemperie. Le acque così sature di se- lenite filtrano attraverso le sabbie sottostanti, che rimangono ce- mentate secondo sottili straterelli alternanti con molasse, con argille sabbiose cenerognole e con argille ocracee scure. Questo complesso di strato piegato e ripiegato in piccole e ripetute sinclinali, ed anticli- nali si osserva sulla destra della nuova strada che dalla stazione mette a Squillace. Sotto alle sabbie ed argille sabbiose, si hanno delle argille turchine, contenenti della marcasita, suddivise in mi- nutissimi straterelli ripiegati in più maniere e talvolta come vicino alla città al sommo della salita, alternanti con sottili straterelli tutti contorti, di gesso fibroso, colle fibre disposte normalmente ai piani di stratificazione, forse prodotto per infiltrazione di acque seleuitose, come il gesso cristallizzato a rose visibili in più luoghi lungo la strada. Magnifici esemplari di serie olite si rinvengono entro le argille lungo la strada provinciale della marina di Ca- tanzaro a quella di Soverato alle falde settentrionali del promon- torio di Stalleti. In tutto questo complesso di strati, come a Roccabernarda ed a Strongoli, non si trovarono resti organici, ad eccezione di piccoli frammenti di vegetali indecifrabili entro gli straterelli papiracei 343 Cenni sulla costituzione geologica ecc. di marne, e di arenarie immediatamente soggetti al gesso compatto. Con ulteriori ricerche si dovrebbero trovare entro le marne e le arenarie dei fossili caratteristici degli strati a Congeria cui del resto la nostra formazione corrisponde per rapporti stratigrafici e litologici, che hanno pure molto valore in geologia. Il gesso della stazione di Roccabernarda e vicinanze rasso- miglia più a quello di Squillane che a quello di Strongoli. Ha però comune col gesso di quest’ultima località la cristallizzazione lamellare di alcuni suoi strati alternanti con argille cenerognole, e con arenarie a cemento selenitoso. Mostrasi in prevalenza, come si è detto, il gesso compatto, stratificato, cenerognolo, simile a quello di Squillane, che si trova anche vicinissimo alla stazione a metà altezza del monte Tenide, e che forma delle collinette isolate per opera della denudazione. La sua natura e disposizione è resa ma- nifesta dalle numerose cave aperte per la confezione del cemento e della pietra da fabbrica, impiegata con poca accortezza, nelle case coloniche dei dintorni, e nel paese di Bottricello. Sopra il gesso si hanno delle argille turchine alternanti con sottili straterelli di arenaria grigia selenitosa, contenente dei mi- nuti frantumi di conchiglie del genere Pecten , concordante col gesso, e finalmente l’arenaria grossolana giallastra incoerente più volte menzionata. L’estensione e la disposizione pianimetrica di queste tre pic- cole formazioni isolate, appartenenti all’epoca durante la quale in Sicilia formavasi la zona gessosa-solfifera, viene indicata senz’altro nel piano geologico che va unito alla presente relazione (*). II. Miocene medio. — Alla formazione sovraccennata succede in ordine cronologico discendente una serie di strati con un aspetto litologico affine, e tra loro perfettamente concordanti. Questa serie consta superiormente di tufo calcare marnoso, siliceo, giallo-chiaro o biancastro o azzurrognolo, che fa graduato passaggio a strati pa- piracei della stessa natura con resti di pesci e ricchi di infusori (leggi: scheletri di diatomee e di radiolari ), da costituire tal- volta un vero tripoli , come fece notare il distinto prof. dott. Lo- visato, in seguito ad osservazioni microscopiche da lui eseguite. Più sotto succedono delle arenarie giallastre silicee a cemento cal- (*) Le zone gessose non sono state comprese nella carta ridotta, ed unita a questa memoria. ( Nevi.ani ). 344 V. Rambotti — A. Neviani careo della natura del tufo sovrastante, prodottosi per infiltrazione. È questo l’ unico strato della serie in cui si rinvennero alcune con- chiglie fossili, tra i quali un ' Oslrea, che nella valle dell’ Alli co- stituisce un banco di una certa estensione, alcuni Clypeaster e dei Pecten fra i quali uno colossale ("). Del resto la posizione di questo gruppo di strati, tra il gesso e il Miocene inferiore caratterizzato dalle Orbitoidi , dà motivo sufficiente per ritenerlo come appartenente al Miocene medio ed equivalente al tripoli della Sicilia e della To- scana, sottostante allo zolfo ed al gesso. Questa formazione trovasi disposta sulle roccie più antiche a guisa di una nevicata, spianan- done le accidentalità, e distendendosi sotto forma di altipiani, op- pure addossandosi al pendio dei monti lasciando a nudo i tagli a picco, e quelli molto vicini alla verticale. Il Miocene medio lungo tutta la zona rilevata da Cariati al torrente Crocchio, non esiste che in un piccolo tratto sulla linea Strongoli-san Nicola, nella sua naturale posizione sotto il gesso, è adagiato sopra il Pliocene inferiore col quale discorda compieta- mente. L'intera serie non è quindi rappresentata che dal calcare marnoso papiraceo con resti di pesci, identico a quello che negli altri luoghi giace immediatamente sotto il tufo. Dal Crocchio fino poco oltre il piccolo torrentello chiamato Scilotraco di Itaca, ed al piede dell'altura su cui sorge il paese di Cropani, di tutta la serie non appare che il tufo e solo in un luogo sulla destra del torrente Frasso al Molino Rocco, si trova a contatto del gneiss un’arenaria grigia satura di sai marino, la quale con molta probabilità dà origine alle pozzanghere d’acqua salsa ivi esistenti, il tufo si trova pure ad immediato contatto del gneiss, su cui sorge Cropani adattandosi all’andamento cuneiforme di quell'antica formazione con una superficie continua tagliata poi dal Crocchio, dal Frasso e dal Scilotraco di Itaca. Tra questo tor- rentello ed il Simeri la formazione sovra accennata trovasi coperta se non è stata distrutta dal conglomerato pliocenico molto esteso e di una potenza considerevole raggiungendo al monte Raga un’al- titudine di 510 metri ed una potenza, sopra il piano del fiume, di 350 metri. Al nord del paese di Simeri ed entro la Valle del torrente di questo nome il tufo riappare adagiato al conglomerato miocenico. Separa cosi nettamente i due conglomerati, distinti anche per altri caratteri molto sensibili quali la discordanza nella stra- 845 Cenni sulla costituzione geologica ecc. tificazione e la natura diversa degli elementi. Forma poi in parte le sponde dell’ Umbro di Fegato eia sponda sinistra dall’ Alti sempre appoggiato sul conglomerato miocenico, coll’intermezzo però degli altri due membri della serie, cioè il tripoli e l'arenaria. Sulla destra di questo fiume trovasi invece a contatto immediato delle roccie primitive ricoperto però sempre dal conglomerato pliocenico bene sviluppato anche nella valle del Castagi. Ad est di Catan- zaro sulla sponda sinistra di un ramo della Fiumarella, si mostra di nuovo in tutto il suo sviluppo, come all’Alli, sul conglomerato miocenico tutto sconvolto, e sopra le roccie primitive formando degli altipiani leggermente inclinati a sud, e adattandosi al piano delle roccie sottostanti tagliate nettamente dal mare. L’altipiano su cui è fondato Catanzaro, non è che una parte staccata di quello poc'anzi accennato. Ad ovest della città sulla destra del braccio principale della Fiumarella si vede in alto sopra il calcare cristallino e gli schisti neri, la testata dello strato tufaceo che molto inclinato, si va poi a perdere sotto il conglomerato pliocenico sulla sponda sinistra del Corace, sempre rivestendo a guisa di mantello le formazioni più antiche. Risalendo questo fiume, poco sopra il ponte della strada nazionale pel Pizzo, lo si vede nuovamente appoggiato con incli- nazione a sud, sul conglomerato miocenico, mentre sostiene quello pliocenico. Si troverebbe quivi nelle stesse condizioni, che nella valle di Simeri, ed anzi a comprovare la identità esistono nel con- glomerato pliocenico dei ciottoli di gesso, come in quello della valle del Corace, che sono forse i rappresentanti di un deposito gessoso che in origine doveva esistere sopra il tufo calcare come a Squillace. Da Catanzaro dirigendosi verso sud si attraversa tutto il tratto fino alla punta di Stalleti sempre in mezzo a terreni pliocenici per ritrovare il tufo disteso in lembi isolati sopra il gneiss, e addos- sato alla base settentrionale dello sperone gneissico, ed immedia- tamente sottoposto alla formazione gessosa; precisamente sotto il gesso, e sopra il tufo si ha ima puddinga a cemento calcare, con ciottoletti di tufo in prevalenza. In questa località si trovano le cave dalle quali si è estratto il pietrame e la pietra da taglio per i ponti principali della ferrovia del Simeri fino al viadotto del. Gial- lone; mentre più oltre, dal tufo esistente sopra la galleria del 346 V. Rambotti — A. Neviani Grillone si estrasse il materiale per la confezione della calce. Alla galleria testé nominata cessa il tufo propriamente detto e solamente riappare un membro della serie del miocene medio, tra il fiume Soverato e l’Ancinale rappresentato da una arenaria grigia prove- niente dai detriti del gneiss su cui si appoggia direttamente, e con- tenente dei frammenti di conchiglie indecifrabili, tra cui abbon- danti le ostriche, e gli echini di. Vi si trovano pure quelli stessi clypeaster rinvenuti nelle equivalenti arenarie della Valle dell’ Alli, e dei dintorni di Catanzaro. Sulla destra del Soverato si vede il tufo calcare sopra l’arenaria ridotto in ciottoli e frammenti, proba- bilmente per opera del mare durante la formazione del posterziario. Tra la marina di Soverato, e l’Ancinale, la detta arenaria mioce- nica, è invece coperta dalle marne a foraminiferi. Oltre questo fiume la serie degli strati miocenici in parola non ha certamente lasciato traccie fino a Monasterace (8). III. Miocene inferiore. — La parte inferiore del miocene, e di tutta la serie dei terreni terziarj, rinvenuti entro la zona rile- vata da Cariati a Monasterace, trovasi rappresentato da un com- plesso di strati tra loro concordanti, ed in perfetta discordanza colle formazioni sopra descritte, e colle sottostanti. Lo strato superiore è costituito da straterelli in più maniere ripiegati da calcare mar- noso, talvolta sabbioso, ferruginoso, attraversato da uua rete di venuzze di calcite, contenente della selce piromaca, ed in cui l’ossido di ferro sembra abbia fatto sfoggio di tutti i colori della sua tavolozza. Questo calcare marnoso è privo di fossili ed alterna con vere argille scagliose, variegate di rosso e cenerognolo, e con arenarie grigie silicee ; in alcuni punti, quasi interamente costituite da orbitoidi che sono i fossili caratteristici dell’intera formazione, nella quale ad eccezione di qualche dente di squalo, e di qualche traccia di vegetale, non fu possibile trovare altri resti orgauici. Questo calcare marnoso fa graduato passaggio nella sua parte inferiore ad arenarie grigie silicee ferruginose, cariche anche di sali, che fanno efflorescenza alla superficie degli strati. Sono simili alle arenarie intercalate al calcare ; ma di quelle più grossolane facili talvolta a sgretolarsi, tal’altra durissime da servire come buon materiale da costruzione, contenenti dei piccoli brani di marna cenerognola e degli arnioni limonitici aventi nel loro centro un pez- zetto di lignite. 347 Cenni sulla costituzione geologica ecc. Contengono pure gli orbitoidi caratteristici e passano insensi- bilmente al conglomerato alternando da prima con quello, poi diven- tando più rare, e finalmente sparendo completamente. Porse parte del conglomerato sottostante potrebbe rappresentare anche una for- mazione piti antica del miocene. È certo però che hanno molta importanza nella classificazione del gruppo gli orbitoidi caratteri- stici del miocene inferiore trovati nel bel mezzo di questa serie parziale del miocene benissimo distinta, sotto ogni rapporto, dalle formazioni incassanti, e costituita da un gruppo di strati tra loro riuniti da insensibili sfumature, e perfettamente concordanti. Il conglomerato sovraccennato, posto alla base del terziario, e ad immediato contatto di formazioni molto più antiche, si trova com- posto di ciottoli di roccie diverse, come graniti, dioriti, gneiss, anfì- boliti, porfidi, schisti ardesiaci, calcari cristallini, e semi cristallini, micaschisti alternanti con detriti silicei, e argillosi variegati di rosso e cenerognolo, con breccie di puro calcare cristallino, con are- narie lignitifere, e con straterelli di marne sabbiose cenerognole. Il miocene inferiore mostrasi nella sua maggiore estensione nel tratto tra Cariati e Strangoli con altezza di 350 a 400 metri sul mare, limitato verso mare e tra Cariati ed il Lipuda dal pliocene, costituito dalle sabbie ed arenarie e dalle argille. Da questo fiume fino oltre la stazione ferroviaria di Melissa si spinge fino alla spiaggia formando dei monti che si elevano bruscamente, appena ricoperti da qualche lembo di argille plioceniche. A mezzogiorno resta poi limitato dalla linea che dal mare si dirige normalmente alla spiaggia verso Strangoli e San Nicola; sulla qual linea, dal mare fino sotto Strangoli, si hanno le argille che sostengono alti- piani di arenarie e le sabbie, e da Strangoli verso San Nicola gli altri membri del pliocene, ed il gesso unitamente alle sorgenti salate e solforose. Ad ovest si spingerà probabilmente fino contro le formazioni cristalline della Sila, non comprese nella zona da rile- varsi, e si estenderà forse a nord oltre Cariati. Entro questa estesa superficie così in parte delimitata il miocene non appare ovunque, ma costituisce semplicemente le alture, trovandosi lungo le valli secondarie, e principali ricoperto immediatamente dalle argille plio- ceniche, che si depositarono sopra un fondo di mare molto acciden- tato e seminato di scogli miocenici. Su questo tratto della zona rilevata la formazione si presenta anche nella sua massima potenza, 348 V. Rambotti — A. Neviani difficile però ad essere apprezzata nel suo giusto valore, trovandosi in più maniere sconvolta, probabilmente per opera di frane e sco- scendimenti posteriori al suo sollevamento, necessaria conseguenza di una alternanza di strati argillosi e di strati compatti e solidi. A tale sconvolgimento avrà certamente concorso anche il mare nell’epoca in cui si depositavano le argille fra quegli scogli isolati. In generale ecco quanto si può conchiudere intorno alla distribu- zione delle tre parti (calcare marnoso, arenarie, e conglomerato) di quest'ultimo gruppo del miocene. Il calcare marnoso tutto sconvolto, ed alternante con argille scagliose ed arenarie, forma i monti più vicini alla spiaggia del Lipuda, fino oltre la stazione di Torre Melissa. Un lembo di questo stesso terreno, lo si vede un poco ad ovest di Girò sovraposto all’ arenaria grigia silicea, che prendendo un maggiore sviluppo, va poi a formare verso nord-est le alture dietro Cariati, e quelle su cui sorge Oracoli, mentre a mezzogiorno, vicino a Strangoli resta delimitata dal gesso, e dalle argille plioceniche, ricoperte dalle are- narie plioceniche, costituenti l’altipiano su cui è fondato il paese. Il conglomerato si trova più internamente ; forma le alture su cui sorge Melissa, attraversa il Lipuda, e formando delle sponde molto erte ai piccoli affilienti di questo fiume, prende un certo sviluppo nella regione denominata Campana; attraversa pure il Fiumenicà ricoperto in gran parte dalle argille plioceniche, e lo si trova nuo- vamente sotto le arenarie con orbitoidi risalendo i torrentelli per tre o quattro chilometri a sud-ovest di Cariati. L’arenaria mioce- nica di Cariati come quella di Crucoli, somministrò del buon mate- riale per la costruzione delle opere murarie della ferrovia per tutto il tratto da Cariati fino presso alla stazione di Crucoli; dal qual luogo fino oltre la stazione Strangoli fu molto usato il calcare mar- noso siliceo di Torre Melissa. Più oltre nelle costruzioni si impiegò molto l’arenaria calcare pliocenica ben distinta dalla miocenica sotto ogni rapporto. Quest’ultima non è atta alla confezione della calce essendo silicea. L’arenaria pliocenica invece quando è molto ricca di conchiglie prende il nome di pietra manicava, e dà della buona calce. Un'altra località ove viene a giorno il miocene inferiore sarebbe la vallata del Scilotraco di liaca, ove immediatamente sotto il tufo calcare, ed a contatto del gneiss trovasi il conglomerato mio- Cenni sulla costituzione geologica ecc. 349 cenico. Questa stessa formazione riappare ad ovest di Simeri nella valle del fiume di questo nome. Costituisce in parte le sponde dell’ Alli, e si torna a mostrare sui dintorni di Catanzaro al piede della Sala e per un certo tratto lungo i due rami della Piurna- rella che in questo punto si incontrano. Eisalendo il braccio mag- giore di questo fiume lo si rinviene ancora sotto Pontegrande. Passa poi nella valle del Corace; e ne forma le sponde incominciando poco sopra il ponte della strada del Pizzo fino contro le roccie cri- stalline di Tiriolo, e Gimigliano. Al piede della Sala nei dintorni di Catanzaro, e precisamente lungo la strada vecchia che mette alla città, per porta Marina, non si vede solamente il conglomerato, ma presentasi pure il calcare marnoso ferruginoso, e l’arenaria grigia silicea cogli orbitoidi, e con qualche dente di squalo. La serie così completa si osserva pure sotto Pontegrande, ove il miocene inferiore va poi ad appoggiarsi ai micaschisti neri lucenti. Dai dintorni di Catanzaro bisogna recarsi nelle vicinanze di Stilo per trovare nuo- vamente traccia del terreno in discorso. Colà lungo l’antica strada che sale al paese si osserva un lembo del miocene inferiore, carat- terizzato pure dagli orbitoidi, ed identico in tutto al terreno dei dintorni di Torre Melissa, trovandosi lo stesso calcare marnoso alternante con argille scagliose variegato di rosso mattone, e di cenerognolo. Ad immediato contatto dal monte calcareo di Stilo il calcare marnoso si presenta turchino arenaceo, a frattura schistosa, e talvolta pieno di orbitoidi di diametro anche maggiore di un cen- timetro. Questo calcare marnoso fossilifero lo si trova quà e là in lembi isolati, ed in massi staccati sopra il nudo calcare compatto, e semicristallino di Stilo per tutta la lunghezza del monte Conso- lino ; mentre invece le argille scagliose variegate ed il calcare iden- tico a quello di Torre Melissa non vengono a giorno che in un pic- colo tratto a sud-est del paese. V. Terreni interposti alle roccie terziarie ed alle cristalline propriamente dette. Il complesso dei terreni fino ad ora accennati può ritenersi ad immediato contatto delle roccie cristalline, salvo alcune località 350 V. Rambotti — A. Neinani come intorno a Catanzaro ed a Stilo, ove prima di arrivare alla formazione cristallina si incontrano dei calcari e degli schisti. Nel tratto poi da Cropani tino a Cariati non si è toccato il limito delle formazioni terziarie perchè troppo lungi dal litorale, e quindi fuori della zona da rilevarsi. Fra i calcari e gli schisti esistono a due chilometri a sud-ovest di Pazzano, nei dintorni di Stilo, lungo la strada nazionale le celebri miniere di limo flit e , che somministra- vano il ferro alle officine della Mongiana al tempo del governo borbonico. Il minerale sembra contenesse dal 40, al 45 per cento di ferro puro, e veniva trasportato a Ferdinandea per essere ri- dotto, o direttamente alla Mongiana. Le officine di raffinamento e quelle per la sua lavorazione non esistevano che in questa ultima località. Il monte calcareo di Stilo, tagliato dalla sezione n. 4, col suo crinale frastagliato, rappresenta una vera serra con una direzione, da nord-est a sud-ovest. Un profondo burrone lo taglia vicino a Paz- zano, ove è attraversato dalla strada nazionale scavata entro la parete settentrionale, quasi a picco e di un aspetto orrido, e pit- toresco nel tempo stesso. Il tratto della serra compreso tra Stilo e Pazzano chiamasi monte Consolino , e l’altro tratto monte della Stella , e raggiungerebbe una altezza di circa 1000 metri sul livello del mare. Il crinale di tutta la catena calcarea trovasi formato dallo spigolo superiore della testata di uno strato fortemente inclinato a sud-est colla sua massima potenza vicino a Stilo, e col suo minimo spessore oltre Pazzano, verso il monte della Stella in gran parte costituito dagli schisti cristallini. Detti schisti tutti ripiegati, ed incartocciati, e su cui appoggiasi il calcare anzidetto, quando sono attraversati da frequenti vene di quarzo chiamansi servino ; nome che si applica pure dalla gente del paese ad una roccia analoga, che in Valtrompia contiene le miniere del siderose, di galena, e di calcopirite. Gli schisti di Stilo sono attraversati da filoni metal- lici, e sembra abbiano esistito delle miniere di calcopirite, nei din- torni di Bivongi, un poco ad occidente di questo paese, su per la valle dello Stilo, nella località chiamata Argentiera. Una miniera di ferro oligisto misto ad altri minerali trovasi nella valle vicina dell’ Assi, nella località denominata Foresta, ma anche questa venne abbandonata da una decina di anni ancora in principio della sua coltivazione dopo forti spese di impianto. I micaschisti trovansi 351 Cenni sulla costituzione geologica ecc anche attraversati da filoni di quarzo, ed alternano con calceschisti e con grafite; inoltre non si mantengono nella loro struttura uni- formi, presentandosi talvolta sotto la forma di veri micaschisti, tal’ altra sotto quella di schisti-ardesie, cioè in uno stato di meta- morfismo meno inoltrato. 11 calcare del monte Consolino e del monte della Stella lo si può suddividere, rispetto alla sua struttura, in due strati distinti. Uno strato superiore compatto, ceroide, di un calcare bianco, o bianco rossastro, attraversato da vene di calcite ; ed uno strato infe- riore costituito da calcare semicristallino con un colore bianco gial- lastro. Probabilmente apparterranno i due strati a due diverse epoche geologiche molto distanti, e delle quali poco si può dire per la mancanza di fossili e perchè troppo isolate. Però entro il calcare che probabilmente sarà stato il superiore, il prof, vom Rath ebbe a trovare dei fossili secondo lui caratteristici del cretaceo superiore. In questo caso il fatto comproverebbe che queste rupi calcaree isolate trovano il posto nel cretaceo, e vanno considerate quali lembi staccati dal cretaceo appenninico. Anche il calcare cristallino dei dintorni di Catanzaro, si sud- divide in due epoche distinte. Vi ha un calcare superiore agli schisti, semicristalliuo e non attraversato dalle roccie eruttive ed un cal- care alternante cogli schisti stessi, molto alterato per metamor- fismo di contatto operato dalle frequenti veue granitiche che lo attraversano. In vicinanza di queste vene il calcare diventa fibroso ed assume dei granati, mentre gli schisti neri, ardesiaci conten- gono della mica. Di questi ultimi la struttura è variabile e sembra che il processo del loro metamorfismo aumenti avvicinandosi alla massa granitica interna ove si convertono in micaschisti, e talco- scbisti, come sotto Pontegrande. Un calcare simile a quello di Catanzaro si trova pure sopra gli schisti ed il porfido nella valle dell’ Alli, poi scompare dal litorale, e solo intorno a Girò mostrasi un calcare compatto brecciforme molto più antico del terziario, e chiamasi volgarmente pietra clugna e viene impiegato per far calce di eccellente qualità. La mancanza di fossili, ed il modo isolato con cui presentansi queste masse calcaree, non permettono di sin- cronizarle tra loro, e di pronunciarne alcun che di deciso circa la loro età geologica (9). 352 V. Rambot.ti — A. Nevicali VI. Formazione cristallina. La formazione cristallina entro la zona rilevata trovasi costi- tuita dal granito, dal gneiss, e dalla sienite porfirica. Si trova per la prima volta il gneiss nei dintorni di Cropani, ove si avvicina fino a tre chilometri dalla ferrovia, nella Vallecola del torrente Frasso, che ne forma il limite occidentale ; poi si scosta nella valle di Crocchio si trova già ad una distanza dalla linea ferro- viaria di cinque chilometri. Da questa località facendo un' angolo retto, si dirige poi verso Andali e Belcastro, per non comparire più lungo il litorale. È un gneiss molto diverso di quello di Stal- leti e di Soverato. I suoi elementi cristallini sono più alterati nella loro forma ed hanno più l'aspetto vitreo che cristallino. Si possono però distin- guere alcuni cristalli prismatici di feldispato bianco, con lucentezza sericea e sfaldatura laterale, di una grandezza non mai maggiore di cinque o sei millimetri. Il quarzo piuttosto scarso vi si trova allo stato amorfo. La mica è nera, o verdastra molto lucida in pagliette piccolissime, irregolari, ed abbondanti da sostituire gran parte della massa, ciò che rende questo gneiss molto schistoso, ed in generale poco resistente. La proporzione dei tre elementi è però molto variabile, sicché la roccia talvolta rassomiglia ad un micaschisto; ma non prende mai l’aspetto granitico come il gneiss di Stalleti per la grande pre- valenza della mica sopra il quarzo ed il feldspato. Mancano pure gli interclusi e Fanfiholo (ciò che lo differenzia sempre più dal gneiss di Stalleti), ed ha nell’assieme l’apparenza di una roccia metamorfica. È attraversato da vene e filoni di quarzo, e di pegma- tite bianca a minutissimi elementi. Li vicino nella vallecola del Scilotraco di Itaca, esiste una collinetta isolata di granito grigio, con tavolette esagonali, o pa- gliette irregolari di mica nera, molto ricco di quarzo in granelli amorfi, con piccola quantità di feldispato roseo. Il grauito si mostra pure in vene e filoni, nella valle dell’ Alli e nei dintorni di Ca- tanzaro, ove presentasi sotto vari aspetti si ha il granito grigio Cenni sulla costituzione geologica eco. 353 ordinario granatifero, in cui i cristalli di granato, assai rari, si ren- dono appena visibili per la loro piccolezza, ed nn granito candido, fragile, a frattura prismatica, ricco di quarzo, e contenente dei cristalli di granato della grossezza di sette od otto millimetri. Si rinviene pure in piccole vene attraverso gli schisti un bel gra- nito roseo per il feldispato così colorato che contiene, unitamente a mica nera o verde cupo, ed a quarzo vitreo, trasperente ed amorfo, e lungo la strada per Pizzo, prima di giungere al ponte sulla Fiumarella, si può osservare un granito grigio porfiroide con grossi cristalli bianchi di feldspato sparsi entro una pasta granitica a minuti elementi grigiastra, e fragilissima. In generalo i graniti vicini a Catanzaro si presentano piuttosto alterati, e per la loro struttura non si prestano molto all’arte decorativa. Ciò non toglie però che presentino grande interesse scientifico per chi ne volesse fare uno studio speciale. Oltre questi graniti sparsi in vene, e filoni attraverso gli schisti ed i calcari, si trova nei dintorni di Catanzaro una roccia singolare chiamata dal prof, vom Ratti, porfido dioritico , o sienite porfrica. Presentasi con diversa composizione e struttura anche entro una limitata superficie, e trovasi colorata in varie guise con colori com- presi, tra il verde glauco, ed il rosso mattone. Assume il colore glauco o verde grigio nel suo stato normale. Ha una struttura piut- tosto granitoide, e contiene della mica convertita in clorito, dellVz/z- fibolo, o d oìVaugile, pure in parte essendo metamorfizzati in clo- i ite, del quarzo, e dell ' albite. Presentasi coperta dal calcare cri- stallino, e sostenuto dagli schisti cristallini, e sembra anteriore alla prima roccia, ed ai graniti che l’attraversano e la circondano in varie 'guise esercitando sovra essa anche dei fenomeni di meta- morfismo. Entro questa Sienite por f rie a si rinviene della baritina in vene racchiudenti dei piccoli arnioni di galena lamellare. Ha Catanzaro bisogna recarsi a Squillace, a Stalleti o a Copa- nello per trovare nuovamente la formazione cristallina ivi costi- tuita dal gneiss, ma affatto diverso da quello di Cropani. Asso- miglia moltissimo al granito grigio, ordinario, colla sola differenza della sua struttura schistosa. È molto ricco di quarzo, che per la sua struttura particolare lo rende assai duro talché venne impie- gato pei cuscinetti di posa delle travate metalliche, ed ha sommi- nistrato dell’ottimo materiale da costruzione per le opere della 24 V. lì mah otti — A. Neviani 354 ferrovia, quali i ponti compresi tra la galleria del Grillone, e l’An- cinale, che constano interamente di gneiss proveniente da diverse cave esistenti lungo questo tratto. Subito oltre l’Ancinale incomincia il granito, sicché questa massa di gneiss che si spinge in mare in tre diverse località sa- rebbe nettamente delimitata da quel fiume , e dallo Squillane è attraversata dalla ferrovia, in tre punti per mezzo delle gallerie di Stalleti, Grillone e Soverato. La prima passando a notevole pro- fondità (circa settanta metri sotto il piano di campagna) attra- versa il gneiss nel suo stato naturale, senza alcuna alterazione cagionata dagli agenti esterni. Le altre due gallerie sono più super- ficiali, ed il gneiss presentasi più o meno alterato. La sua minor durezza e compattezza potrebbe però anche attribuirsi all'intima composizione della roccia diversa di quella del promontorio di Co- panello. Infatti la cava da cui si è ricavato il materiale per il ponte sull’ Anci naie, trovasi a pochi metri sotto il piano di campagna, eppure la roccia se non presenta una consistenza eguale a quella del gneiss di Copanello, è però molto resistente. In generale questa roccia si compone di frammenti di cristalli di feldispato bianco diafano, di mica nera in pagliette irregolari, e di una pasta gra- nitica di quarzo vitreo amorfo, che riempie tutti gli interstizi. Contiene pure dell’ antibolo massime vicino a Squillane, ove grada- tamente passa da una roccia anfibolica, molto simile alla Tonatile. L'antibolo viene assunto gradatamente, ed anche in vicinanza del mare, si rinvengono nel gneiss dei rarissimi cristalli di questo minerale. Trovasi poi attraversato da vene, e filoni di quarzo, di pegma- llle , e di un granito bianco a grossi elementi contenente delle grandi tavolette di muscovite argentea. Alla dipendenza di questo vene e filoni si trovano dei grossi cristalli dodecaedrici di granato facili a sfaldarsi e contenenti anche nel loro interno della mica nera, dalla quale sono pure incrostati. Si trovano incastrati entro le vene di quarzo oppure entro il gneiss con un involucro quarzoso. Abbon- dano gli interclusi composti di ammassi di mica nera, con rari cristalli bianchi di quarzo e di feldispato, di sieniti e di dioriti a grana finissima. È poi degno di nota, che i detti interclusi hanno costantemente delle forme lcntìcolari allungate a guisa di foglia 355 Cenni sulla costituzione geologica ere. di alloro, o di salice colle loro faccie parallele ai piani di schisto- sità, e tutte orientate nello stesso senso, che è pure cpiello dei cristalli prismatici di antibolo, e di feldispato. Oltre l’Ancinale incomincia subito il granito che continua fino oltre Stilo modificandosi più o meno nella sua struttura, e nella proporzione dei suoi componenti. Sulla sponda del fiume Peliuso, e dell’Alaca si trova un granito piuttosto porfìroide con grossi cri- stalli di ortose trasparente, visibili per riflessione. Sparsi entro una pasta granitica con scarse pagliette di mica nera o verde cupa rac- chiusa anche dentro i cristalli di feldispato. TI quarzo resta ben distinto per la sua lucentezza vitrea, e trovasi allo stato amorfo. È un granito facile ad alterarsi perchè assai ricco di feldspato. Vicino a Davoli nella località detta Trona, ed entro un piccolo affluente delPAncinale a sud-est di Satriano, questa roccia è attra- versata da filoni di pegmatite, e di granito con mica bianca, molto ricco di feldspato che facilmente si scompongono in una specie di caolino impuro chiamato gilzo da quei del paese che lo mettono in commercio per la confezione delle majoliche. A Badolato esiste un granito grigio molto più resistente ed assai meno suscettibile di alterazione. È molto ricco di quarzo con tavolette di biolite della grandezza di due o tre millimetri, e pre- senta un aspetto porfìroide per alcuni cristalli di biotite della gran- dezza di cinque o sei millimetri sparsi irregolarmente nella massa. Contiene qualche rarissimo cristallo di anfibolo. È molto pesante, e di una grana grigio scura molto fina, c costipata ; sicché si presta bene per le costruzioni. Una varietà trovasi rappresentata da un granito roseo, pel feldspato così colorato che contiene, con mica verde-cupa e quarzo trasparente, pure assai duro, con grana più grossolana, e di bell'effetto. L’intera massa trovasi poi attraversata da filoni di granito bianco a grana finissima con moscovite. Il granito di Santa Caterina, è simile a quello di Badolato ma di grana più fina, e di colore grigio più carico per la maggior quantità di biotite che contiene. Ha inoltre un aspetto porfìroide più marcato per alcune grandi tavolette di mica nera di forma esagonale, e della grandezza di cinque o sei millimetri. Che con- trastano colla piccolezza regolare delle altre. E attraversato da vene e filoni di granito bianco con pagliette di biolite molto sparse, e con predominanza di quarzo e di feldispato di una grana finis- 35(5 V. Rambotli — A. Neviani sima e regolare da sembrare una arenaria. Il granito che si ri- scontra nella Valle deir Assi nella località Cocuzza ed Agliastri, presso a poco all'altezza di Bivongi, è affatto identico a quello di Santa Caterina. Cambia invece nella valle dello Stilo, nella località detta il Vignale, ove si incontra per la prima volta lungo il fiume. È un granito a grana grossolana con cristalli esagonali di mica nera della grandezza di quattro o cinque millimetri sparsi entro una pasta granitica bianca, talvolta leggermente colorata in verde chiaro, ed allora untuosa al tatto, con struttura non troppo resistente. Questa formazione è attraversata da granito roseo, a mi- nutissimi elementi, con microscopici cristalli di mica nera, e pic- colissime geodi di granati minutissimi (10). Con questo non si ha la pretesa di avere neppure accennato a tutte le accidentalità che può presentare il granito anche sopra una superficie limitata, non si è fatto che enumerare le varietà tipiche, piìi caratteristiche, essendosi inteso con questi cenni di por- gere niente più che alcune notizie sulla costituzione geologica del litorale jonico entro la zona rilevata, e cadente nelle vicinanze dei lavori eseguiti per la costruzione della ferrovia da Cariati al fiume Assi, posta nella giurisdizione della direzione governativa residente in Catanzaro. Catanzaro 15 ottobre 1877. Vincenzo Rambotti. Cenni sulla costituzione geologica ecc. 357 NOTE (') Le sabbie gialle e le argille turchine, nel quadrilatero compreso fra il Tacina, il Neto ed il mare, si estendono fin oltre Altilia sotto Cotronei. Subito sopra Cotronei, verso i monti Viscigliette (796 m.) e Sprovicco (945 m.), abbiamo le roccie cristalline formate principalmente da graniti, mentre tanto nella alta valle del Neto, quanto in quella del Tacina dominano gli gneiss. A S. Giovanni in fiore si trovano dei bei graniti con feldspato ortose rosso, e filoni di porfido grigiastro a grana minutissima, ove rinvengonsi frequenti dei cristallini isolati dodecaedrici di quarzo nebuloso ; tali roccie si ripetono in modo identico nella parte meridionale della provincia da Serra S. Bruno alla Mongiana ed oltre. Fra la formazione cristallina e la pliocenica, sonvi delle arenarie mio- ceniche probabilmente feW elveziano, come quelle di Belcastro e Caccuri; qui però non vi ho rinvenuto i clipeastri caratteristici ed abbondanti delle due località mentovate ; tali arenarie ora bianche riccamente silicee, ora grigie per sovrabbondanza di mica, sono fortemente discordanti colle sovrastanti argille. Non vi ho rinvenuto neppure il gesso così esteso sulla sinistra del Neto e sulla destra del Tacina. (2J Quasi tutti coloro che si occuparono della geologia delle Calabrie, hanno fatto parola della grande depressione che disgiunge la catena dell’Aspro- monte dall’ellissoide della Sila e del monte Reventino ; molti parteggiano, come fa il Rambotti, per la idea che una faglia sia stata la causa prima della inter- ruzione della catena montuosa calabrese ; altri, come il Lovisato, il Seguenza ed il De Stefani, ritengono che sia avvenuto un sollevamento nei due gruppi principali. Recentemente T ing. Cortese, fa di questo argomento soggetto di ima sua pregevolissima memoria, ed ascrive alla stessa causa la separazione della catena del Capo Vaticano da quella dell’ Aspromonte. Una faglia, che avrebbe prodotto lo stretto di Messina, passando presso Palmi e seguendo la valle del Mesima, avrebbe determinato l’ellissoide del monte Poro ; la seconda faglia poi trasver- sale sarebbe condotta quasi in linea retta dal Capo Stalleti al Capo Suvero. Dalle osservazioni che ho potuto fare nelle mie escursioni, sono con- vinto die la faglia non potrebbe essere stata causa prima dello stretto ter- 358 V. Rambotti — A. Neviani ziario, ma bensì ritengo che si sieno avuti due centri di sollevamento, l’uno a Montalto che avrebbe prodotto l’ellissoide dell’Asproinonte, l’altro a Monte Nero producendo quello della Sila ; nel mezzo avremmo avuto una specie di nodo o linea neutra che si sarebbe mantenuta depressa; tale sollevamento avrebbe contemporaneamente prodotto uno spostamento nelle roccie, produ- cendo cosi una faglia. Il punto più elevato nella linea di depressione fra i golfi di S. Eufemia e di Squillace è presso Marcellinara, circa 250 m. sul livello del mare ; il Mon- talto trovasi a m. 1958, mentre M, Nero si eleva a m. 1880; abbiamo quindi una differenza di m. 1708 per il primo e 1030 per il secondo, con una media di m. 1669. Ma noi sappiamo che le argille turchine, che occupano questa depressione , scendono sotto il livello del mare , quindi anche trascurando qualche cosa, possiamo ritenere le altezze del Montalto e del M. Negro come le differenze fra il punto più basso della sinclinale ed il più alto delle due anticlinali, da ciò una media di 1919 m. di dislivello. Tenendo ora calcolo della distanza che hanno rispettivamente il Montalto ed il M. Nero da Marcellinara, notiamo che il primo, in linea retta, dista di circa 100 km., mentre il secondo non ò lontano più di 37 km.; quindi la pen- denza media della regione sollevata darebbe il 19,58 %<, per il gruppo dello Aspromonte e del 50,81 %0 per la Sila; ed ancorché si volesse tener conto della elevazione di Marcellinara, avremmo una pendenza di 17,08 %o per l’Aspromonte e di 44,05 °/u0 per la Sila. Tanto nell’un caso però, quanto nell’altro, le pendenze risultano assai forti a mezzogiorno, enormi a nord. Ora è indubitato che le roccie per quanto sieno più o meno plastiche, offrono sempre una forte resistenza agli spostamenti enei caso nostro avremmo avuto una frattura più risentita nella parte bassa - faglia - c la contemporanea formazione di gran parte degli scisti cristallini che ricuoprono le roccie dio- ritiche e gneissiche, nuclei delle grandi masse montuose ora ricordate. Appli- cando questa interpretazione alla formazione dei vari ellissoidi montuosi, anche le cime del monte Roventino e della catena litorale indicherebbero altrettante regioni di sollevamento, e le valli del Lamato, Savuto e Orati sarebbero tante zone di faglia; il terremoto di Bisignano e dintorni comprova che tali linee di frattura sono da considerarsi ancora come linee sismiche. (3) Credo conveniente notare che il Rambotti fu allievo del prof. Capel- lini dell’Università di Bologna, e non del prof. Stoppani come inesattamente asserisce il De Stefani nel suo lavoro sulla geologia della Calabria meridionale (Acc. Lincei 1884 pag. 34 e 62), ed a questo proposito ricorderò che le col- lezioni calabresi e molte di Sicilia, esistenti nel ricchissimo museo di Bologna, ad eccezione di poche cose, furono fornite dal Rambotti stesso, per le quali ebbe lettere di ringraziamento e di encomio dal prof. Capellini e dal Mi- nistero. (4) Nelle citate località vennero in seguito raccolti un numero grandis- simo di fossili. Il Lovisato nel Riassunto sui terreni terziari e posterziari del circondario di Catanzaro (Boll. Coni. Geol. 1885), dà la nota di 8 specie per le argille di Borgia e Caraffa; di 116 per le sabbie della Serra di Spina Cenni sulla costituzione geologica ecc. 359 nella discesa da Borgia al Lamato ; di 15 per il posterziario da Borgia a Girifalco. Il De Stefani ( Escursioni scientifiche etc. [1877-78] Acc. Lincei 1884) ricorda 6 specie del Fondaco del Giudice; 7 specie fra Caraffa e Vena e 43 delle sabbie grossolane di Caraffa ; riporta pure le 2G specie qui segnate dal Rambotti, provenienti dalle vicinanze di Borgia, e vi aggiunge la nota di altre 14 specie raccolte pure dal Lovisato tra Squillace e Borgia ed altre 8 di Girifalco. Presso Borgia, in località detta Saffantino, ho raccolto nelle argille mar- nose 30 specie di fossili, con molti avanzi di un Eudelphinus. [Boll. Soc. Geol. It. 1887. Voi. VI fase. 1°). Presso Caraffa si sono raccolti recentemente alcune vertebre di Eudel- phinus sp. e molte vertebre ed altre ossa di un grosso Tursiops. Per il circondario di Cotrone (Boll. Soc. Geol. It. 1887. Voi. VI fase. 2°), ho compilato un elenco di 229 specie raccolte nelle sabbie ed argille plioceniche. (5) Delle sabbie di S. Maria riportate al pliocene antico (messiniano) il Lovisato pubblicò un elenco in ordine alfabetico di 203 specie ( memoria citata — Boll. Com. Geol. 1885) e cioè: 1 foraminifero, 2 coralli, 2 echino- dermi, 5 briozoi, 3 anellidi, 4 brachiopodi, 65 lamellibranchi, 7 solenoconchi, 112 gasteropodi; sono pure ricordati dei frammenti di crostacei e dei litho- thamnium. (G) Il De Stefani (Mem. cit. Acc. Lincei, 1884) ha trovato in queste marne, oltreché numerose foraminifere dei generi orbulina, globigerina e pul- vinulina, anche delle squame di pesci cicloidi, alcune spicele di spugne, delle diatomee. Sotto Badolato al vallone Vola, raccolse 7 specie di fossili vari, 4 poi sono citati come provenienti da S. Caterina al M. Forcato ; 88 da Mona- sterace e raccolte alcune dal De Stefani, altre dal Philippi e dal Seguenza. Le marne zonate che sono tanto estese nel versante dell’ Ionio, non si riscontrano nel Tirrenico ; io però credo che qua sieno rappresentate dalle marne bianche finissime sviluppate specialmente nelle valli del Me sima e del- l’Angitola. In una mia Nota pubblicata nel voi. VI, pag, 169 di questo Boll, ed in altra nel voi. VII, fase. 2°, provai come queste marne bianche, ritenute dal prof. De Stefani come tortoniane, sieno invece del pliocene inferiore. Nel primo dei due citati lavori riportai un elenco di 19 specie di fossili trovati in dette marne bianche plioceniche, ed il De Stefani (voi. VI, pag. 265) li volle riferire al posterziario ! Ora ripetendo che i fossili da me indicati fu- rono rinvenuti in lenti di marne arenacee intercalate alle marne bianche finis- sime con Pecten histrix Dod, aggiungo che dette marne bianche, contenendo lembi con fossili che si potrebbero perfino credere postersiari, non che ap- partenere ad un più che ipotetico tortoniano, non sono forse neppure di un pliocene inferiore o zancleano, ma bensi rappresenterebbero soltanto una zona batimetricamentc inferiore alle formazioni astiane, come le marne zonate sono ritenute contemporanee alle argille turchine, ma depositate in mare profondo. V. Rambotti — A. Neviani SCO (7) Le arenarie ed i conglomerati dei pressi di Catanzaro appartengono certamente allo Elveziano o faluniano, piano tanto esteso in Italia e fuori; ne fanno fede i moltissimi fossili che si rinvennero nei recenti scavi fatti ai Cappuccini presso la città, e cioè: Frammenti numerosi di ossa di Sirenoide, probabilmente di Metaxyterium. Parecchie centinaia di denti di pesci, riferibili alle seguenti 11 specie Teleostei Chrysophrys cincta (Ag.) Bas, Sargus Ileberti Bass. » incisivus Gervais •i cfr. Sioni M. Bouault CONDROPTERIGI Carcharodon productus Ag. Galeocerdo aduncus Ag. Lamna cuspidata Ag. Odontaspis contortidens Ag. Oxyrhina hastalis Ag. » xyphodon Ag. Sphyrna prisca Ag. Nuclei mal conservati *di Gasteropodi, e qualche impronta di Lamelli- branchio. Radioli a placche di Echinoidi. Qualche articolo di Isis sp. Fra i denti sopirà nominati, quelli riferiti dubitativamente al Sargus Sioni sono certamente i più importanti ; ed infatti per quanto presentino essi delle forme ben marcate non si è saputo ancora a quale specie, anzi a quale genere riportarli con esattezza. Il prof. Bassani, cui mi rivolsi per la deter- minazione, li riferì senz’altro al gen. Sargus e riconoscendo in essi una forma nuova, ebbe la gentilezza di specificarli colla denominazione di Sargus Ne- viani ; ma avendo io fatto notare che un dente simile era stato figurato dal prof. Issel, e determinato per uno Scaroide, proposi si chiamasse S. Isseli; in seguito al Barsani li riportò al S. Sioni Rouault del Faluniano di Francia, facendomi notare che i caratteri tutti corsispondevano tranne le di- mensioni minori in quelli di Francia. Il prof. Capellini cui pure diedi alcuni di questi singolari itti o d ont oliti , 11 riferì al gen. Scarus, e nella seduta della Soc. Geol. tenuta in Imola il 12 febbraio 1888 (Boll. Soc. Geol. It. Voi. VII, fase. 1°, pag. 23) annunziò che dopo avere avuto corrispondenza in proposito con Probst, Gunther e Wood- ward li riportava dubitatamente al gen. Capitodus (Scaroide), non esclu- dendo che si trattasse anche di un nuovo genere avente rapporto coi gen. Capitodus, Iloplognatus e Scarus. (8) Essendosi il Rambotti trattenuto a parlare della sola zona rilevata per i lavori della ferrovia, non ha potuto vedere lo sviluppo che assumono, 361 Cenni sulla costituzione geologica eco. le arenarie a clypeaster, e la conseguente loro importanza nella geologia di questa provincia. Della estensione di questo lembo miocenico, già ne parlò il Lovisato e ci fece sapere che quasi continuatamente circonda le falde meridio- nali, orientali e parte delle settentrionali della Sila, da Catanzaro a Belcastro, a Caccuri e per Rossano a Tarsia nella provincia di Cosenza. Nella parte meridionale della provincia, si trovano dei lembi lungo il littorale dellTonio, alcuni nelle valli del Mesima e dell’ Angistola, altri for- mano quasi una zona continua a N.O. della catena del Capo Vaticano. L’età relativa di queste arenarie secondo il Seguenza sarebbero diverse, quelle che circondano la Sila sarebbero aquitaniane, quelle a mezzogiorno dello stretto terziario apparterrebbero all 'elveziano. Il Lovisato, il Rambotti, il Cortese non fanno accenno a questa distinzione, solo il De Stefani ne parla, riportandoli tutti al tortoniano. Per me le arenarie a clypeaster delle falde silane sono inferiori alle are- narie elveziane contenenti avanzi di sirenoidi, partecipo quindi in parte della opinione del Seguenza nel distinguere le due formazioni, ritenendole però tutte per elveziane e depositate a diverso livello. Ecco la nota dei clypeaster raccolti nella provincia di Catanzaro e che ho procurato di rendere il più possibile completa. Il prof. Lovisato ebbe da Belcastro le seguenti specie (mem. cit., Boll. Com. Geol., 1885): Clypeaster intermedius Des Moul. Var. calabrus Seg. » n. sp. affine al C. altus Lk. » pyuimidaUs Michl. » Partschii Michl. » sp. affine all 'alticostatus Michl. — Tre esemplari; di questi, due sono affini al V alticostatus, uno è affine dll'acgyptiacus, tutti tre però sono mal conservati e perciò anche le affinità accennate sono da ritenersi come approssimative. Clypeaster Scillae Des Moul. » Reidii Wright. Var. depressus Seg. » gihbosus M. d. Ser. » melitensis Michl. Il Seguenza ( Formazioni terziarie etc. Acc. Lincei 1880) aveva già pub- blicato la seguente lista su fossili comunicatigli da Lovisato : Clypeaster pyramidalis Michl. » intermedius Des Moul. Var. Calabrus Seg. » sp. ? affine aÀYaegyptiacus. » Lovisati Seg. affine all 'altus Leske. » Partschi Michl. » Reidii Wright. Var. depressus Seg. » gihbosus M. d. Ser. n SciUae Des Moni. 362 V. Rambotti -■ A. Neviani Nelle ricchissime collezioni di roccie e fossili lasciate dal prof. Lovisato al gabinetto di Storia Naturale del R. Liceo di Catanzaro, trovo le seguenti specie, raccolte in varie località delle falde silane : Clypeaster cfr. pyramidalis Michl — sponda sinistra dell’Alli. » intermedius Des Moul — fra Caccuri e Cerenzia. » n Yar. Calabrus Seg. — Verzino. » Stilensis ? Seg. — Rossano. » pyramidalis Michl — Tarsia. » insignis Seg. Yar. acuminatus Seg. — Tarsia. Questa specie è segnata nei cataloghi ma manca l’esemplare in collezione. Clypeaster alticostatus Michl — Tarsia. Cattivo esemplare, d’incerta determinazione. N. 1 L esemplari provenienti da Monteleone ; essi non erano determi- nati; avendoli studiati, vi ho riscontrato le seguenti specie: N. 6 esemplari del Clypeaster pyramidalis Michl. « 1 » « » altus Leste. » 1 » » » insignis Seg. Var. acuminatus Seg. » 1 » n » Philippi Seg. » 2 » » » affine al formosus Seg. Nel bellissimo gabinetto di Storia Naturale posseduto dai marchesi Luci- fero in Cotrone, e curato con amore di scienziato specialmente dal marchese Armando, ho veduto parecchi clypeaster provenienti da Caccuri; essi non sono determinati, mi ricordo però di avervi specialmente riconosciuti il clyp. inter- medius Des Moul. ed il clyp. gibbosus M. d. Serr. Anche nei gabinetti della R. Scuola Normale femminile, e della R. scuola agraria sono alquanti Clipeastri, che però non sono determinati, e mancano pure di ogni altra indicazione. A Soverato, nell’arenaria grigia che trovasi tra il fiume Soverato c la marina e precisamente rimpetto al casello ferroviario n. 311, ho raccolto molti fossili, per lo più alterati, fra essi però ho separato tre individui ben conser- vati riferibili alle seguenti specie. Clypeaster insignis Seg. Var. acuminatus Seg. » portentosus Des Moul. Var. elatior Seg. » alticostatus Michl. L’ing. Gabriele Pepe {Il terziario nella Valle dell' Angitola e del Mesima, 1886) raccolse od ebbe dal prof. Pignatari queste specie rinvenute nella valle dei Mulini a S.E. di Monteleone : Clypeaster pyramidalis Michl. » insignis Seg. ìi Philippi Seg. » portentosus Des Moul. Nella stessa località ho rinvenuto dei frammenti del clyp. altus Leske. Il prof. Pignatari ha raccolto molti echinodermi dei dintorni di Monte- leone, ma non ha pubblicato alcun elenco. Di quelle località ho alcuni esemplari del clyp. pyramidalis Michl. che 863 Cenni sulla costituzione geologica ecc. raccolsi a Conidoni e Vena di sopra; del clyp. altus Leske di Vena; del clyp. pyramidalis del Pizzo. Il De Stefani raccolse nella parte meridionale della prov. di Catanzaro queste specie : Clypeaster pyramidalis Miclil. dalle arenarie a mezzogiorno di Sove- ratOj da quelle di Vena di mezzo, da Cavarizzi presso Tonadi, da Orsigliadi, dalla Rocchetta di Briatico e dal Pizzo. Clypeaster insignis Seg. dalle arenarie di Vena di mezzo. » portentosi is Des Moul. da Cavarizzi. » altus Leske sotto Spilinga. » Philippi Seg. dalle arenarie di Vena di mezzo, dalla Roc- chetta di Briatico, da Caria presso Tropea. Le altre specie citate dal De Stefani e forse alcune delle sopracitate, gli furono date dal prof. Pignatari, o furono riportate dai lavori del Seguenza. Il Seguenza (mem. cit. Acc. Lincei, 1880) fra i fossili riferiti all’Elve- ziano cita i seguenti clypeaster avuti da vari luoghi del monteleonese ; questa serie, con i fossili degli altri tipi è riportata pure dal De Stefani. Clypeaster pyramidalis Michl. » portentosus Des Moul. » » Var. elalior Seg. » alticostatus Michl. » altus Leske. » insignis Seg. » » Var. acuminatus Seg. » Philippi Seg. » » Var. media Seg. » Reidii Wright. Var. depressa Seg, » formosus Seg. Riassumo ora tutte le specie sopra notate dividendole in serie a seconda della loro distribuzione geografica. Si rinvennero esclusivamente alle falde silane : Clypeaster intermedius Des Moul. Var. Calahrus Seg. » Lovisati Seg. » Partschii Michl. » Scillae Des Moul. » gihhosus M. d. Ser. » melitensis Michl. r> Stilensis Seg. Nella parte meridionale della provincia si raccolsero : Clypeaster insignis Seg. » portentosus Des Moul. » » Var. elatior Seg. » Philippi Seg. » » Var. media Seg. n altus Leske. v formosus Seg. 364 V. Rambotti — A. Neviani Specie trovate a comune nelle due parti ora considerate : Clypeaster pyramidalis Michl. » Reidii Wright. Yar. depressus Seg. n insignis Seg. Var. acuminalus Seg. dubbio per Tarsia. » alticostatus Michl. dubbio esso pure per Tarsia. Le note cosi compilate mostrano ad evidenza la diversità delle due for- mazioni, dominando le forme alte nella parte meridionale della provincia e le basse o depresse nella parte settentrionale ; il che può indicare benissimo con- dizione diversa nell’ambiente ove vivevano quegli echinodermi. (9) La serie degli strati che dal monte Stella per Stilo si succedono fino al mare presso Monasterace, non è ritenuta eguale da tutti i geologi che si occuparono di queste formazioni; non avendo potuto visitare ancora quella loca- lità non posso dire il mio parere in proposito ; riporto quindi solo, in con- fronto con quella del Rambotti, le serie date dal Seguenza (Le formazioni terziarie nella provincia di Reggio-Calabria, Acc. Lincei, Roma 1879), dal Cortese ( L'interruzione dell' Apennino al Sud di Catanzaro, Boll. Com. Gool., voi. XII, n. 7-8, Roma 1883) e dal De Stefani ( Escursione scientifica nella Calabria [1877-78J, Acc. Lincei, Roma 1884). Rambotti Cortese De Stefani Seguenza Becente — Sabbie e gliiaje Posterziario — Sabbie ■ Quaternario ^ Becente — Panchine . 1 Postplioeene — Sabbie a 1 Astiano — Marne § Zancleano — Sabbie e marne Plio- i Are‘:ie S c'ene I c0ngi0Tnerat0 ( granitico Pliocene f . 1 Calcare mar- Miocinel . „ \ noso 111 ' ( Argille sca- gliose Miocene Eocene medio ed | infer. Pliocene — Argille Miocene ^ Conglomerati ^ ( Arenarie ( sup I M. ssiniano — Marne biancliio- cie Langhiano — Conglomerati ed argille Aquitaniano — Arenarie Miocene i Arenarie medio f Argille sca- gliose Tongriano Arenarie a scu- tella Mollasse Argille scagliose Lias Trias ) ? — Calcari Paleo- ) Micaschisti ^ Filladi zoico l granjy ( Graniti Miocene i Arenarie . inf. < \ ( Conglomerati 1 , grossolani > Calcari j Eocene medio — Calcare a ) C. Fornasini, Intorno ai caratteri esterni delle T e xtular ie. Boll. Soc. geol. ital., voi. YI, fase. 3°, 1887, tav. IX, fig. 1, 2. (2) E. Mariani, Foraminiferi della collina di S. Colombano Lodigiano. R. Istit. lomb. di scienze e lettere. Rendiconti serie 2a, voi. XXI, fase. 10, 11, 1888, p. 496. (3) M. Malagoli, Fauna miocenica a foraminiferi del vecchio Castello di Baiso. Osservazioni microlitologiche. Bull. Soc. gcol. ital., voi. VI. anno 1887, fase. 4°, p. 517. 373 For amini feri pliocenici di Cà di Roggio ecc. ai caratteri esterni delle T ex tuiarie. (Boll. Soc. geol. ital. voi. YI, fase. 3°, p. 374, fig. 3, 4). Un solo esemplare piccolissimo, in cui però si possono facil- mente riscontrare i caratteri del tipo. — L’ho pure trovata nelle marne plioceniche del Passo stretto presso Sassuolo. Textularia ponderosa, Fornasini. — Fornasini, 1887, Sulle Te x tuiarie abbreviate (Boll. Soc. geol. ital. voi. YT, fase. 3°, p. 399, tav. XI, fig. 5, 6). Fra i diversi esemplari raccolti, alcuni presentano la forma allungata osservata dal Fornasini negli esemplari provenienti dalle marne del Ponticello di Savena. — L’ho trovata pure frequente nelle marne plioceniche del Passo stretto in vicinanza di Sassuolo. Il Coppi nella sua Paleontologia modenese 'cita la Textularia abbreviata , d’Orbigny, di cui ha rinvenuti pochi esemplari nel pliocene della Fossetta. Textularia tuberosa, d’Orhignv. — D’Orbigny, 1826, Ann. se. rat., voi. YII, p. 262. Specie molto comune. Gli individui differiscono fra loro per lievissimi dettagli di forma. — Fu raccolta nel tortoniano e nel- l’astiano di Reggio-Calabria (Seguenza); e nel pliocene inferiore del Bolognese (1). Non è ancor bene accertato se questa specie viva nei mari attuali. Genere Bigenerina, d’Orbigny. Bigenerina nodosaria, d’Orbigny. — d’Orbigny, 1826, Ann. se. nat., voi. YII, p. 261, pi. XI, fig. 9-12. — Bigenerina agglu- tinaiis, d’Orbigny, 1846, Foravi, foss. Vienne, p. 238, pi. XIV, fig. 8-10. — Bradv, 1884, Forum, diali. , p. 369, pi. XLIY, fig. 14-18. Tre piccolissimi esemplari, uno dei quali ha le prime loggie alquanto depresse. Fossile nel pliocene di Girgenti (Stòhr) (2) ; nelle formazioni terziarie del bacino di Vienna (Fuchs e Karrer) ; nelle argille tor- (1) C. Fornasini, T extularia gibbosa e T. tuberosa. Boll. Soc. geol. ital. voi. VI, anno 1887, fase. 2°, p. 159. (2) E. Sthor, Il terreno pliocenico dei dintorni di Girgenti. Boll, del K. Com. geol. d’Italia, voi. VII, 1876, p. 451 374 M. Mala g oli toniane di Licodia-Eubea (Calici) ; nella provincia di Reggio-Calabria (Seguenza); fu trovata frequente nell’astiauo di Savignano sul Pa- naro e rara nel piacentino della Fossetta (Coppi); nelle sabbie gialle Vaticane (Terrigi) ; nel pliocene di Savona (Mariani) e nel miocene inferiore o tongriano di Lama Mocogno nel Modenese (Malagoli) ('). — Io l’ho raccolta ancora nel pliocene di Spezzano. È tuttora vivente. Genere Olavulina, d’Orbigny. Clavulina comunis, d’Orbigny. — D'Orbigny, 1846, Foravi, foss. Vienile , p. 196, pi. XII, fìg. 1, 2. — Brady, 1884, Forum, diali, p. 394, pi. XLVIII, fìg. 1-13. È una specie frequentissima. Fossile nel pliocene di Girgenti (Stòhr) ; nel terziario del bacino di Vienna (Fuchs e Karrer); nel tortoniano di Licodia Eubea(Cafici) ; nel miocene e pliocene di Reggio-Calabria (Seguenza); nel piacentino della Fossetta e nell’astiano di Savignano (Coppi) ; nelle marne plioceniche del Ponticello di Savena (Fornasini) (-). — Io l’ho trovata frequente anche nelle marne plioceniche dei din- torni di Sassuolo. Vive tuttora nel Mediterraneo e nell'Adriatico. Genere Bulimina, d’Orbigny. Bulimina Pyrula, d'Orbigny. — D’Orbigny, 1846, Foram. foss. Vienne , p. 184, pi. XI, fìg. 9, 10. — Brady, 1884, Foram. diali., p. 399, pi. L, fìg. 7-10. Non molto frequente. Differisce dalla Bulimina ovata , d'Or- bigny, per la forma e pel numero delle concamerazioni. Fossile nella collina di S. Colombano (Mariani) ; e dal mio- cene superiore in poi nella provincia di Reggio-Calabria (Seguenza) ; nelle marne plioceniche di Savona (Mariani) ; nel messiniano dei dintorni di Girgenti (Sthor) (3) e nelle formazioni terziarie del (') M. Malagoli , Foraminiferi delle arenarie di Lama Mocogno. Osservazioni microlitologicùe. Atti della Soc. dei nat. di Modena. Rendiconti delle Adunanze, serio 3a, voi. Ili, p. 106. (2) C. Fornasini, Nota preliminare sui Foraminiferi della marna plioce- nica del Ponticello di Savena. Bull. Soc. geol. ital., voi. II, Roma 1883, p. 176. (3) E. Sthor, Sulla posizione geologica del tufo e del tripoli nella zona solfi fera di Sicilia. Boll, del R. Com. geol. d’Italia, voi. IX, 1878, p. 398. 375 Foraminiferi pliocenici di Cà di Roggio eco. bacino di Vienna (Fuchs e Ivarrer). — Trovasi attualmente vivente nel Mediterraneo, nell’Atlantico, nel Pacifico e nell’Oceano Indiano. Genere "Virgili ina, d’Orbigny. Virgulina schreibersiana, Czjzek. — Czjzek, 1847, Haidinger' s. Naturwiss. Abhandl., voi. II, p. 147, pi. XIII, fig. 18-21. — Brady, 1884, Foram. Chall ., p. 414, pi. LII, fig. 1-3. Due soli esemplari; uno esilissimo, l’altro presenta le ultime loggie più rigonfie, che restringendosi sempre più a misura che si avvicinano alla loggia iniziale danno alla conchiglietta una forma conica. La loggia iniziale, è munita di una sottilissima punta. Possile nel tortoniauo e zancleano di Reggio-Calabria (Seguenza); nelle sabbie Vaticane (Terrigi); nelle marne sabbiose plioceniche di Tronconero presso Casteggio (') e in quelle di Savona (Mariani) ; nelle arenarie tongriane di Lama Mocogno nel Modenese (Malagoli). Trovasi inoltre nelle sabbie e nelle argille astiane dei dintorni di Girgenti (Schwager) (1 2) ; nelle formazioni terziarie del Bacino di Vienna (Fuchs e Karrer) e negli striati miocenici di Ortenburg in Baviera (Egger). — Questa specie cosmopolita vive tuttora nel Pacifico, nell’ Oceano Indiano, nel Mar Rosso e nel Mediterraneo. Genere JESolivina, d'Orbigny. Tav. XIV. Ingrand. 220 diam. Bolivina punctata, d’Orbigny. — Tav. XIV fig. 1-4. — D’Or- bigny, 1839, Foram. Amérique Meridional , p. 61, pi. Vili, fig. 10-12. — Bolivina antiqua , d’Orbigny, 1846, Foram. foss. Vienne , p. 240, pi. XIV, fig. 11-13. — Brady, 1884, Foram. Chall., p. 417, pi. LII, fig. 18, 19. Questa specie, frequentissima nelle marne plioceniche di Cà di Roggio, presenta di sovente alcune lievi differenze di forma. Però si distingue facilmente da tutte le altre per essere allungata, linguiforme e alquanto acuminata. La loggia iniziale è relativa- mente ampia, però in alcune, e specialmente in quelle più acumi- (1) E. Mariani, Foraminiferi pliocenici di Tronconero presso Casteggio. Rendiconti del R. Isiituto lombardo, serie 2a, voi. XX, 1887. (2) C. Schwager, Quadro del proposto sistema di classificazione dei Foraminiferi con guscio. Bull, del R. Coni. geol. d’Italia, voi. Vili, 1877, p. 18. 37(5 M. Malagoli nate, questa loggia è più ristretta. Le figure disegnate nella tavola annessa rappresentano alcune forme di tre specie del genere Bo- livina : lì. panciata, d'Orbignv, fig. 1-4; B. dilatata , Reuss, fig. 5-10; B. aenariensis , Costa, fig. 11, 12. Siccome i piccolissimi e nu- merosi esemplari che ho raccolti sono per lo più trasparenti, così ho creduto opportuno di presentare alcuni disegni ove si possono rilevare i caratteri interni della conchiglietta e le differenze abba- stanza notevoli che presentano. Nello studio di questo genere e nella determinazione delle specie, bisogna procedere con molto accor- gimento staute la grande varietà dei caratteri esterni ed interni che potrebbero facilmente condurre a creare delle specie nuove ove non si tratta che di semplici varietà o variazioni. La figura 1 dell’annessa tavola rappresenta un esemplare tipico, mentre le figure 2, 3 e 4 rappresentano alcune semplici variazioni. Trovasi fossile nel zancleano, astiano e saariano di Reggio-Ca- labria (Seguenza); nelle sabbie gialle Vaticane e nelle argille di Monte Verde (Te erigi) f) ; nelle marne plioceniche di Savona (Ma- riani) ; nelle marne tortoniane di Licodia-Eubea (Cafici) ed è inoltre citata dal Fornasini col nome di B. antiqua , come esistente nella marna pliocenica del Ponticello di Savena nel Bolognese e dall’Egger negli strati miocenici di Ortenburg in Baviera. Alcuni autori tengono distinta la Bolivina punctata dalla B. antiqua, anzi sogliono dare il nome di panciata alla specie vi- vente e di antiqua alla specie fossile. Io, seguendo la nomencla- tura del Brady, dò il nome di punctata anche alla specie fossile. — È tuttora vivente negli Oceani, nel Mar Rosso, nel Mediterraneo e nell’ Adriatico. Bolivina dilatata, Reuss. — Tav. XIV fig. 5-10. — Reuss, 1840, Denkschr. d. k. Akad. Wiss. Wien, voi. I, pi. XLVIII, fig. 15. — Brady, 1884, Forum. Chall., p. 418, pi. LII, fig. 20, 21. Specie molto frequente. Differisce dalla Bolivina punctata, d’Orbigny, per essere alquanto cuneiforme, più rigonfia e più dila- tata alla superficie; inoltre le linee settali delle camere e le ca- mere stesse, sono meno obblique. (*) (*) G. Terrigi, Le formazioni vulcaniche del bacino romano considerate nella loro fisica costituzione e giacitura. Atti della E. Accademia dei Lincei, serie 3\ voi. X, 1881, p. 359. 877 Foraminiferi pliocenici di Cd di Roggio ecc. Le ligure 5-10 rappresentano alcune modalità di forma in cpiesta specie. Come ben si vede gli individui della medesima sono molto variabili ; alcuni di essi hanno una forma decisamente ovoidale, iig. 9, e alcuni altri, fìg. IO, presentano il margine leggermente seghettato. Codeste differenze sono probabilmente dovute al modo variabile di accrescimento e di sviluppo della conchiglietta. L’Ehrenberg (*) ha figurato molte specie del genere Gram- rnostomum , che si deve considerare come sinonimo del genere Bo- livina, alcune delle quali si possono riferire con molta probabilità alla Boiivina dilatata , Reuss. Tali sono per esempio il Grammo- stomum aciculatum , figurato nella tavola XX al n. 10, il G. di- latatimi della tav. XXIX fig. 23 e il G. mille'pora , della tav. XXX, fig. 11. — Questa specie è stata pure rinvenuta dal Terrigi nelle sabbie Vaticane. È tuttora vivente. Boiivina aenariensis, Costa, sp. — Tav. XIV fig. 11, 12. — Brizalina aenariensis. Costa, 1856, Atti dell’ Accad. Pontaniana, voi. VII, p. 297, tav. XV, fìg. 1, A, B. — Brady, 1884, Foram. Chall., p. 242, pi. LUI, fìg. 10, 11. Specie molto meno frequente delle due precedenti. Si distingue da queste per l’uncino onde la conchiglietta è munita al di sotto della loggia iniziale e per alcune tenui costicine che decorrono in senso longitudinale sulle prime loggie. Nelle fig. 11 e 12 codeste costicine non sono disegnate, poiché rappresentano il piccolo fossile veduto per trasparenza. La conchiglietta è qualche volta incurvata come vedesi nelle figure or ora citate, ma codesto è un carattere tanto incostante da non tenerne conto. Possile nelle marne plioceniche di Savona (Mariani). — Questa specie è ancora vivente. LAGENIDAE. Genere Lagena, Walker et Boys. Lagena apiculata, Heuss. — Reuss, 1862, Sitzungsb. d. k. Ak. Wiss. Wien, voi. XLVI, p. 319, pi. I, fig. 4-8, 10, 11. — Brady, 1884, Foram. Chall., p. 453, pi. LVI, fìg. 4, 15-18. Alcuni piccolissimi esemplari. (0 C. G. Ehrenberg, Mikrogeologie Leipzig, 185 L 378 M. Malagoli Fossile nei terreni pliocenici e nel quaternario di Reggio-Ca- labria (Seguenza); nell’argilla giallastra di San Pietro in Lama presso Lecce (Fornasini) (Q e nel miocene d’Ungheria (Hantken) (2). — È tuttora vivente. Genere Nodosaria, Lamarck. Nodosaria (Glandulina) laevigata, d’Orbigny. — Glandulina laevigata , d’Orbignv, 1846, Forarti, foss. Vienne , p. 29, pi. I, fig. 4, 5. — Brady, 1884, Foram. Chall., p. 490, pi. LXI, fìg. 20-22. Questa specie molto comune presenta tutti i caratteri del tipo. Trovasi fossile nel pliocene di Girgenti (Stohr); in alcuni piani del miocene e pliocene di Reggio-Calabria (Seguenza) ; nelle argille tortoniane di Licodia-Eubea (Cafici) e nelle formazioni ter- ziarie del bacino di Vienna (Fuchs e Karrer). — È tuttora vivente. Nodosaria (Dentalina) filiformis, d’Orbigny. — Dentalina elegans, d’Orbigny, 1846, Foram. foss. Vienne , p. 45, pi. I, fig. 52-56. — Brady, 1884, Foram. Chall., p. 500, pi. LXIII, fig. 3-5. Questa specie, non molto frequente, è formata di loggie poco convesse, anzi quasi cilindriche; è sempre arcuata e la prima loggia termina con una lunga e sottile punta. Non tutti gli esem- plari sono interi, mancano generalmente delle prime o dell’ ul- tima loggia. Fossile nel miocene e pliocene di Reggio-Calabria (Seguenza) ; rara nel tortoniano di Montegibio, nell’astiano di Zappolino e più frequente nel piacentino della Fossetta (Coppi) ; un solo esemplare nelle marne del Quirinale (Terrigi) (3). — Io l’ho rinvenuta altresì nelle marne grigie plioceniche del Rio del Ponte nuovo presso Sassuolo e di S. Valentino nel Reggiano. Vive anche attualmente. (Q C. Fornasini, Lagene fossili nell'argilla giallastra di S. Pietro in Lama presso Lecce. Boll. Soc. geol. ital., voi. VI, 1885, p. 188. (2) Max von Hantken, Die Fauna der Clavulina Szaboi Schichten, I. Theil. Foraminiferen. Mittheilungen aus dem Jahrbuche der Hon. Ungar. Geologischen Anstalt., LV Band., I Heft. (3) C. Terrigi, Il Colle Quirinale, sua Flora e Fauna lacustre e terrestre, Fauna microscopica marina degli strati inferiori. Contribuzione alla geologia del bacino di Roma. Atti dell’Acc. pontificia dei nuovi Lincei, tomo XXXV, anno XXXV, sessione 6a del 21 maggio 1882 Roma. 379 For amini feri 'pliocenici di Cà di Roggio ecc. Nodosaria (Dentalina) pauperata, d’Orbigny. — Dentalina pauperata , d’Orbigny, 1846, Foram. foss. Vienne , p. 46, pi. I, fig- 57-58. — Brady, 1884, Foram , Chall., p. 500 e 501, fig. 14, a , b , c. Pochi esemplari, ma bene caratterizzati. Si distingue dalla Dentalina elegans , d’Orbigy, per la minore lunghezza e per l'am- piezza maggiore delle loggie. Fossile nel terziario di Baden (d’Orbigny); non rara negli strati a davalina Szabói (Hantken); rarissima nel piacentino della Fossetta (Coppi) ; nelle marne del Quirinale (Terrigi) ; nel tortoniano di Capo S. Marco in Sardegna (!) e nelle marne plio- ceniche di Savona (Mariani); nelle argille tortoniane di Licotìia- Eubea (Calici). — Questa specie non si conosce vivente. Nodosaria (Dentalina) comunis, d’Orbigny. — Dentalina inornata , d’Orbigny, 1846, Foram. foss. Vienne , p. 44, pi. I, fig. 50, 51. — Brady, 1884, Foram. Chall. , p. 504, pi. LXII, fig. 19-22. Un solo esemplare completo con sei loggie alquanto convesse e oblique. Apertura boccale eccentrica. È frequente nel miocene superiore e nel pliocene di Reggio- Calabria (Seguenza) ; nella marna miocenica di S. Rullilo presso Bologna (Fornasini) (2); rara nel piacentino della Fossetta, fre- quente nell’astiano di Savignano sul Panalo (Coppi) e nelle marne del Quirinale (Terrigi); pochi esemplari nelle marne plioceniche di Savona (Mariani). — È questa una specie che pure trovasi vivente. Nodosaria raphanistrum,. Linnaei. — Linnaeus C. A., 1758. Sy sterna naturae , pag. 1163, n. 282. — De Lamarck, 1801, Sy- stème des animaux sans vertèbres , voi. XI, p. 272. — Silvestri, 1872, Monografia delle Nodosarie (3), p. 27, tav. I, fig. 1-19. (0 E. Mariani e C. F. Parona, Fossili tortoniani di Capo S. Marco in Sardegna. Boll, di se. nat., Milano, 1885. (2) C. Fornasini, T e xtular ina ed altri foraminiferi fossili nella marna miocenica di S. Rufillo presso Bologna. Boll, della Soc. geol. ital., voi. IV, Roma, 1885. (3) 0. Silvestri, Saggio di studi sulla Fauna microscopica fossile ap- partenente al terreno suhapennino italiano, Memoria prima. Monografia delle Nodosarie. Atti dell’Accademia Gioenia di se. nat. di Catania, serie 3a, tomo VII, 1872. 380 M. Malagoli Molti esemplari, pochissimi dei quali sono interi. Alcuni si possono riferire alla varietà coarctata del Silvestri, presentando fra alcune loggie una sorta di restringimento, dovuto al prolunga- mento dell'asse, che dà alla conchiglietta un aspetto caratteristico tale da distinguerla tosto dal tipo. Si trova fossile nel miocene e pliocene di Reggio-Calabria (Seguenza) ; frequente nel tortoniano di Montegibio, nel piacentino della Niciola e della Fossetta, rara nell’ astiano di Savignano (Coppi); nel miocene superiore di Montegibio nel Modenese, di S. Agata presso Tortona e di Vigoleno nel Piacentino (Doderlein); rara nella collina di Torino e frequente nelle sabbie gialle dell’Astigiano (Mi- chelotti) ('); frequente nelle marne plioceniche del Ponticello di Savena nel Bolognese (Fornasini) e nelle argille tortoniane di Li- codia-Eubea (Cafici). Trovasi pure nelle argille astiane dei dintorni di Girgenti (Schwager). L’ho rinvenuta altresì nelle marne plioceniche dei dintorni di Sassuolo e di S. Valentino e nel lembo tortoniano della Sarsetta presso Montebaranzone (2). — Vivente nel Mediterraneo, nell’ Adria- tico e nell’Ionio. Nodosaria semen, Doderlein. — Doderlein, 1862, Cenni geol. intorno la giae. dei terreni mioc . sup. dell’Italia centrale, p. 11. — Malagoli, 1888, Descr. Foravi, nuovi del tort. di Montegibio (3), p. 2, tav. I, fig. 1, 2. — Specie frequentissima. L’ho trovata fossile anche nelle marne grigie plioceniche del Passo stretto, del Rio del Ponte nuovo, della Fossetta e di Spez- zano presso Sassuolo, e a S. Valentino nei Reggiano. Nodosaria hispida, d’Orbigny. — D’Orbigny, 1846, Foram. f'oss. Vienne, p. 31, pi. I, fig. 24, 25. — Silvestri, 1872, Mono- grafia delle Nodosarie, p. 80, tav. IX, f. 207-228. — Brady, 1884, Foram. diali., p. 507, pi. LXIII, fig. 12-16. (0 G. Michelotti, Description des Fossiles des Terrains miochies de Vltalie septentrionale. Harlem 1847, p. 12, pi. I, fig. 7. (2) M. Malagoli, Appunti paleontologici e geologici sulle marne torto- niane di Montebaranzone. Atti della Soc. dei Nat. di Modena. Rendiconti delle Adunanze, serie 8a, voi. Il, 1885, p. 126. (3) M. Malagoli, Descrizione di alcuni forammiferi nuovi del torto- niano di Montegibio. Atti della Soc. dei Nat. di Modena. Memorie, serie 3a, voi. VII, Anno XXII, fase. 1, 1888. 381 Foraminiferi pliocenici di Gà di Roggio ecc. Un solo esemplare, in cui le loggie sono rotonde, quasi a con- tatto e armate di minutissime punte. Fossile nei terreni subapennini dell' Italia, ove suolsi trovare di frequente. È comunissima nelle argille plastiche delle crete Senesi, abbonda nelle argille di Taranto (Silvestri); trovasi pure nel zancleano e nell’astiano di Reggio-Calabria (Segnenza); nel- l’astiano di Savignano (Coppi) ; nelle marne plioceniche di Savona (Mariani) ; in quelle del Ponticello di Savena nel Bolognese (Por- nasini) ; nel pliocene di Girgenti (Stohr) ; nelle argille tortoniane di Licodia-Eubea (Cafici) e nelle formazioni terziarie del Bacino di Vienna (Fuchs e Karrer). — Vive tuttora nel Mare Adriatico. Nodosarla monilis, Silvestri. — Silvestri, 1872, Monografìa delle Nodosarie , p. 71, tav. Vili, fig. 173-189. Due soli esemplari piccolissimi. Questa specie è piuttosto abbondante e diffusa nelle argille subappennine di tutta l’Italia (Silvestri); nel zancleano di Reggio-Ca- labria (Seguenza) ; nel torto niano di Montegibio (Coppi) ; nella marna miocenica di S. Rufìllo presso Bologna (Fornasini); in quella pliocenica di Savona (Mariani) e nel piccolo lembo tortoniano di Montebaranzone (Malagoli). Io ne ho rinvenuto un frammento anche nel calcare arenaceo della Pietra di Bismantova ('). — Questa specie vive ora nel- l’Adriatico. Nodosaria scalaris, Batsch, sp. — Nautilus ( Orthoceras ) sca- lar is, Batsch, 1791, Sechs Kupfertafeln mit Conciliglieli des See- sandes, n. 4, pi. II, fig. 4, a, b. — Nodosaria longicauda, d’Or- bigny, 1826, Ann. Se. Nat., volume VII, p. 254, n. 28. — No- dosaria longicauda Silvestri, 1872, Monografia delle Nodosarie , p. 58, tav. V, fig. 101-127. — Brady, 1884, Foravi. Chall. p. 510, pi. LXIV, fig. 16-19. Abbastanza frequente. 11 numero delle loggie varia da 4 a 6, la prima è ordinariamente più rigonfia della successiva ed è mu- nita di una punta esilissima; coste numerose e sottili. Fossile frequente nelle argille e marne subapennine del Tor- tonese, dell'Astigiano e del Torinese (Silvestri); nell’elveziano della (*) (*) M. Malagoli, Il Calcare di Bismantova e i suoi fossili microsco- pici. Atti della Soc. dei Nat. di Modena, serie 3a, voi. VII, fase. 2, 1888. 382 M Malagoli provincia di Reggio-Calabria (Seguenza) ; nelle marne plioceniche di Savona e nel tortoniano di Capo S. Marco in Sardegna (Ma- riani); nel pliocene del Ponticello di Savena e nella marna mio- cenica di S. Rufillo (Fornasini) ; nel pliocene di Termini Imerese (Ciofalo) ('); nelle argille di Monte Verde (Terrigi) e nelle marne tortoniane di Licodia-Eubea (Calici). Io l'ho trovata ancora nelle marne plioceniche del Rio del Ponte Nuovo e della Fossetta presso Sassuolo. — Vive anche attual- mente nel Mediterraneo, nell’ Atlantico e nel Pacifico. No&osaria perversa, Schwager. — Schwager, 1860, Novara-Ex- ped., geol. Theil, voi. II, p. 212, pi. V, tìg. 29. — Nodosaria pu- poides, Silvestri, 1872, Monografìa delle Nodosarie , p. 65, tav. IV, fig. 148-158. — Brady, 1884, Foravi. Ciudi, p. 512, pi. LXIV, fig. 25-27. Pochi e piccolissimi esemplari. Le prime loggie sono molto ravvicinate, l’ultima è rotonda e finisce can un prolungamento al- quanto svasato verso la sua estremità. Tutta la conchiglietta è ornata di leggeri solchi longitudinali. Fossile piuttosto raro e non diffuso a S. Quirico nella Pro- vincia di Siena e nelle marne mioceniche di Casteani nella ma- remma toscana (Silvestri); nel zancleano di Reggio-Calabria (Se- guenza); nella marna pliocenica del Ponticello di Savena nel Bo- lognese (Fornasini). — Vive tuttora. Genere Frontlicixlaria, d'Orbigny. Frondicularia alata, d’Orbigny. — D'Orbigny, 1826, Ann. se. nat., voi. VII, p. 256, n. 2. — Brady, 1884, Foravi. Chall. p. 522, pi. LXV, fig. 20-23. Numerosi frammenti. Loggie molto stretto e numerose ; super- ficie liscia o leggermente striata nel senso longitudinale della con- chiglietta. Consimili frammenti li ho rinvenuti anche nel Modenese e segnatamente a Spezzano presso Sassuolo. (0 Ciofalo, Enumerazione dei principali fossili che si rinvengono nella serie delle roccie stratificate dei dintorni di Termini Imerese. Atti dell’Ac- cademia Gioenia di scienze naturali di Catania, serie 3a, tomo XII, 1878, p. 115. Foraminiferi 'pliocenici di Cà di Roggio ecc. 383 Genere Yaginulina, d’Orbigny. Vaginulina legumen, Linnaei, sp. — Nautilus legume n , Lin- naei, 1758, Syst. Nat., ediz. 10a, p. 711, n. 248. — 1767, ediz. 12a, p. 1164, n. 288. — Vaginulina legumen, d’Orbigny, 1826, Ann. se. nat., voi. VII, p. 257, n. 2. Un solo esemplare, munito di rade costicine longitudinali in corrispondenza delle prime loggie. Fossile nel langbiano e tortoniano di Reggio-Calabria (Se- guenza) ; nel tortoniano di Montegibio (Malagoli) ; nel pliocene della Fossetta (Coppi) ('); nella marna miocenica di S. Rubilo presso Bologna (Fornasini) (2); nel pliocene di Termini Imerese (Ciofalo. — Questa specie cosmopolita vive anche attualmente; però sono pochi gli esemplari che si rinvengono e alcuni di dubbia provenienza, perchè raccolti nelle sabbie littorali. Genere Cristellaria, Lamarck. Cristellaria italica, Defrance, sp. Saracenaria italica , De- france, 1824, Dict. se. nat., voi. XXXII, p. 177; Atlas Condì., pi. XIII, bg. 6. — Frondicularia triedra , Costa, 1856, Atti dell'Ac- cademia Pontaniana, voi. VII, p. 174, tav. XIII, bg. 26, 27. — Brad}1, 1884, Foram. diali., p. 544, pi. LXVIII, bg. 17, 18, 20-23. Numerosi esemplari bene conservati. Presentano alcune modi- bcazioni di forma dipendente probabilmente da un diverso grado di sviluppo. Questa specie è citata pure dal Seguenza come esistente nel tortoniano e nel zancleano di Reggio-Calabria. — Vivente nell'Adria- tico, nel Mediterraneo e negli Oceani. Cristellaria orbicularis, d’Orbigny, sp. — Robulina impera- toria, d’Orbigny, Foram. foss. Vienne , pag. 104, tav. V, bg. 5, 6. — Brady, 1844, Foram. diali, p. 549, pi. LXIX, bg. 17. Piccola specie non molto frequente, ma bene caratterizzata. (0 F. Coppi, Catalogo dei fossili miocenici e pliocenici del Modenese. Annuario della Soc. dei nat. in Modena. Anno IV, 1869, p. 163. (2) Il Nautilus legumen di Linneo e la Vaginulina elegans di D’Or- bigny. Boll, della Soc. geol. ital., voi. V, anno 1886, p. 25. 384 M. Malageli Fossile in alcuni strati miocenici e pliocenici di Reggio-Cala- bria (Seguenza). — È una specie tuttora vivente. Cristellaria cultrata, Montfort, sp. — Robulus cultratus , Montfort, 1808, Conchyl. systém., voi. I, p. 214. — Robulina cul- trata, d’Orbigny, 1846, Foram.foss. F/ /ioli . Sor . Oro/. ìt . I W. M. ( 188 S ). Foramùi i/èri plioceni rì eie,, Fon. AVI' Lit . Bruno e Salomone .Roma CROSTACEI PIEMONTESI DEL MIOCENE INFERIORE (Con una tavola) I Fan parte delle preziose collezioni paleontologiche del Don Fer- rando Deogratias, già acquistate dal Museo di Genova, alcuni cro- stacei fossili raccolti nei terreni terziari del Piemonte. Questi fos- sili posti a mia disposizione dal prof. Arturo Issel, mi furono dal medesimo, dietro mia richiesta, inviati a Monaco di Baviera, ove potei studiargli sotto la guida del prof. C. Zittel e dove potei pro- fittare dei non comuni mezzi di studio che si hanno in quell’istituto paleontologico. È mio debito adunque rendere pubbliche grazie al prof. Issel, il quale con quella eccezionale cortesia che lo distingue, mi diede modo di intraprendere questo studio che forse potrà riuscire utile a chiarire qualcuna delle questioni secondarie (l) che ancora si agitano intorno alla precisa posizione geologica dei terreni ove i fossili qui studiati furono raccolti. Debbo però far notare fin d’ora che il maggiore contingente degli esemplari fu dato, per la collezione don Perrando Deogra- tias, dalle due località Sassello e S. Giustina; anzi da queste ne provengono quelli specificamente determinabili, perchè dei fram- menti raccolti a Cairo Montenotte ed a Mioglia solo alcuni si possono classificare per il genere, nessuno per la specie. A queste località debbo ora aggiungere l’altra non lontana di Dego, dalla quale provengono appunto alcuni Crostacei fossili della Collezione Michelotti, che il prof. Portis ebbe la gentilezza (l) De Stefani, L' Appennino fra il Colle dell'Altare e la Polcevcra. — Boll. Soc. geol. ital. voi. VI, 1887, pag. 250. 398 G. Ristori di comunicarmi ultimamente. Questi sono in generale ben conser- vati, per cui ho creduto bene studiargli ed aggiungergli agl’ altri, per rendere più completo questo lavoro. Dopo ciò non mi resta che passare alla descrizione e notazione delle specie. Fam. XANTHINAE. Gen. l^alaeocai’iìilivLS A. Edw. Palaeocarpilius macrocheilus Desm. Al. Bittner, D'ie Brachyuren des Vicentinischen Tertiàrgebirges, pag. 23. - A Mil. Edw., Ann. des scien. nat., 4a serie, Zoologie, tom. XVIII, pag. 54, pi. I, fig. 2; pi. II, fig. 1; pi. Ili, fig. 1; pi. VI, fig. 1-2. Sinonimia. Atergatis Strenua Reuss. - Zur Kvnntniss fossiler Krabben-, pag. 35, pi. II, fig. 5-7. P al aeo carpili us Strenui- us Reuss. — Mil Edw., Ann. des scien. nat. 4a serie Zoologie, toni. XVIII, pag. 56, pi. I, fig. 3, 3 a, 3b. Alle numerose sinonimie notate per questa specie dal Mil. Edw. e dal Bittner, aggiungo io anche queste due; poiché io sono convinto che l’individuo distinto dal Reuss col nome di Atergatis, Strenua debba riunirsi alla specie Atergatis Roseti , Desm. già si- nonimia di Palaeocarpilius macrocheilus. Dubitò pure di ciò il Mil. Edw.; ma poi mantenne distinte le due specie e ne copiò integralmente le figure dal Reuss. Io però, che ho avuto l'oppor- tunità di esaminare molti esemplari diversi di sesso e di età, mi sono accorto, che dei caratteri differenziali notati dal Reuss per distinguere il suo Atergatis Strenua dall’A. Rosevi Desm., alcuni non sono costanti nè troppo evidenti, come per esempio la maggiore ampiezza della fronte e la maggiore larghezza dell’addome nella femmina, altri come la divisione od insenatura che apparisce nel mezzo del margine frontale, sono caratteri propri del maschio: in- fatti in tutti gli esemplari appartenenti ad individui di sesso ma- schile, la divisione del margine frontale apparisce evidente ed è ora più ora meno profonda, a seconda che si tratta di esemplari col guscio conservato, oppure di modelli interni. Le femmine, al- meno tutte quelle che io ho avuto sott’occhio, non posseggono af- fatto questo carattere come pure non apparisce negli individui figu- rati dal Bittner, dal Reuss e dal Mil. Edw.; perchè tutti di sesso femmineo come è dato facilmente riscontrare dal loro addome. A 399 Crostacei piemontesi del miocene inferiore tutto ciò fa eccezione un individuo maschio figurato dal Mil Edw. (Ann. des scien. nat., serie 4a, tom. XVIII, pi. Ili, fig 1-la. In questo non apparisce come dovrebbe la divisione della fronte ed il margine frontale sembra assolutamente integro. Quest’unica ecce- zione però, io credo che non sia da ritenersi veramente tale; ma invece dipenda da che quell’esemplare è stato disegnato in una posizione che non lascia vedere il vero bordo del margine frontale: infatti in questa specie la fronte è sempre protatta in avanti ed anche leggermente refìessa in basso; per modo che è necessario, per vederne il bordo, dare all' esemplare una speciale inclinazione al- l’ indietro. Al contrario la figura in questione mostra evidente- mente, che l’individuo da essa rappresentato, non fu disegnato nella posizione più atta per vedere il margine frontale; poiché la fronte nel disegno è troppo poco protratta e troppo poco si avanza dalla linea dei margini orbitali; cosa questa che non si riscontra in nessuno individuo della specie, maschio o femmina che sia. Dietro ciò io credo che la specie Atergatis Strenua del Reuss non sia da distinguersi nè da tenersi separata dal Palaeocarpilius macro- clieilus , e quindi la ritengo sinonima. Questa specie sembra sia stata trovata anche nel Nummuli- tico, ma ciò non apparisce con troppa certezza. I terreni in cui veramente abbonda sono tutti quanti a riferirsi al Miocene inferiore. Bittner e Mil. Edw. citano molte località Dax a sud-ovest della Francia. In Italia negli schisti superiori del Vicentino, quindi nell’Oligocene (per noi Miocene inferiore) secondo Bittner. A Pria- bona, a Lonigo, a Mte. Magre presso Schio, e sembra anche a Maro- stica se pure questa specie non è stata qui confusa col Cancer pun- ctulatus tanto frequente in quella località. Secondo Bittner e Mil. Edw., questa specie si trova anche in Egitto, probabilmente in terreni nummulitici (?) e finalmente nell’India. 11 Desmarest ne descrive anche un individuo sotto il nome di Cancer macrocheilus come proveniente dalla China. Il Mil. Edw. però dubita molto di questa provenienza. Il Reuss cita per questa specie e per la sua sinonima Atergatis Strenua, le seguenti località: S. Floriana, Cittadella di Verona, Vicenza. 11 Sismonda ne ha determinato ed indicato un individuo raccolto a Dego in terreni che sono sincroni (') con quelli (‘) De Stefani, L' Appennino fra il colle dell'altare e la Polcevera: Bull. Soc. geol. ital., voi. VI. 1887, p. 247-250. 400 G. Ristori di Sassello da dove provengono i numerosi esemplari da me studiati. Località. Sassello. — Collezione don Perrando. — Museo di Genova. Fam. ERIPHIDAE Gen. JEripliifi. E ripida sp. ind. A questo genere sono da riferirsi due diti isolati, i quali pro- vengono da Mioglia. Questo genere è pure stato citato dal Sismonda, (App. alla Descr. dei Pesci e Crostacei fossili del Piemonte , pag. 24) e i frammenti di chela da lui esaminati furono raccolti a Dego, località non molto lontana da Mioglia e da Sassello. La roccia fossilizzante era un'arenaria serpentinosa, quindi simile e forse identica a quella su cui erano aderenti i diti isolati che io ho esaminati. Località. Mioglia. — Collezione don Perrando. — Museo di Genova. Fam. PORTUNIDAE Gen. Neptunus. Neptunus convexus n. sp. (Tav. XV fig. 1) Distinguo quest’unico esemplare di Neptunus con un nuovo nome specifico ; poiché in esso ho scorti caratteri differenziali così ben marcati da non poterlo confondere con nessuna delle specie fossili finora conosciute. La specie che maggiormente gli rassomiglia è il N. gra- nulata, specie propria del Miocene medio ed abbondante in Sar- degna, nell’isola di Malta e nei dintorni di Lecce (Q: infatti la mia nuova specie si ravvicina alla succitata per la forma generale dello scudo e per l’andamento dei margini laterali posteriori e del (') Mil. Echv., Ann. des se. nat., serie 4a, Zoologie, voi. XIV, p. 241. — G. Ristori, Alcuni crostacei fossili del Miocene medio. Atti della Soc. tose di scienze nat., pag. 215, tav. IV, fig. 5,11 voi. IX, Anno 1888. 401 Crostacei 'piemontesi, del miocene inferiore margine posteriore, differisce però molto nelle singole regioni dello scudo. La fronte poi è meno protratta in avanti e disegna una curva, il cui punto culminante appena giunge all’altezza raggiunta dai margini laterali anteriori. Questa particolarità è da tenersi in gran conto ; giacché non si riscontra in nessuna delle specie fossili lino ad ora conosciute. Se andassimo confrontando questa mia nuova specie con ciascuna delle già conosciute, spiccherebbero molte altre differenze, le quali appariranno più evidenti nella descrizione e nel disegno. Scudo caratteristico del genere. Fronte poco protratta in avanti, con margine arcuato ed ornato di piccole punte assai acute. Cavità orbitali, relativamente alle altre specie, poco incavate, ampie e assai fra loro discoste, per cui l’ampiezza della fronte viene ad essere grande. Margini laterali anteriori arcuati fortemente, ornati pur essi di punte più grandi ed anche più acute di quelle del margine frontale. Queste punte o spine sono in numero di 7 per parte non compresa l’ultima, la quale è lunga tre volte le altre e diretta orizzontalmente. Le diverse regioni dello scudo appariscono in generale distintissime e rilevate per modo che ne rendono molto disegnale la superficie e contribuiscono grandemente a farla appa- rire elegantissima. Regione frontale ben distinta, bipartita dal solco frontale, liscia in basso. Regioni orbitali depresse e limitate dal rilievo che determina il cominciamento dei due lobi frontali. Il lobo meta- gastico è distinto da un solco assai profondo nella cui parte superiore prende origine il solco frontale, dai lati si dipartono i due solchi arcuati, che disponendosi come due ali applicate al lobo metaga- stico medesimo, costituiscono nel bel mezzo dello scudo una figura caratteristica. I due solchi qui indicati danno poi origine a due corrispondenti e paralleli rilievi costolosi, i quali si spingono fino all’estremità delle due ultime maggiori spine, che dicemmo disposte in senso orizzontale e secondo il massimo diametro trasversale dello scudo. Il lobo mesogastrico è di forma pressoché tubercolare, ovale e col suo asse maggiore disposto trasversalmente. Inferior- mente è limitato da una profonda insenatura a cui succede una sella acuta e molto rilevata, la quale costituisce l’aureola postme- diale. I lobi cardiaci, tanto il posteriore che il superiore, nulla presentano di rimarchevole. I metabranchiali sono molto depressi rispetto agli altri, e vengono divisi dagli epibrauchiali per le so- 27 402 G. Ristori pradescritte costole, che finiscono nelle due spine orizzontali. I lobi epibranchiali si dispongono come sempre ai lati dell’aureola postmediale e sono anteriormente sollevati, posteriormente depressi a piano inclinato dall'avauti all’indietro. Dall’insieme di questa disposizione e forma delle singole re- gioni dello scudo succintamente descritte ne consegue, che lo scudo medesimo prende una forma centralmente rilevata, depressa assai anteriormente, molto posteriormente. Niente può dirsi dell’addome e delle appendici ; giacché il mio esemplare, sgraziatamente unico, non presenta conservato che lo scudo, ed anche di questo, per quanto benissimo conservato, non abbiamo che l’impronta, per cui ho do- vuto , per esattamente studiarne la forma e disposizione delle diverse regioni, servirmi di numerosi modelli in cera ed argilla da me fatti sull’ originale. Località. Sassello. — Collezione don Perrando. — Museo di Genova. Un addome probabilmente appartenente alla medesima specie, e proveniente dalla stessa località fa parte della Collezione Michelotti (Museo di Roma) Pam. GRAPSIDAE Gen. Grapsus. Grapsus sp. ind. (Tav. XV fi g. 2, 3) Due chele provenienti da Sassello sono da riferirsi a questo genere, essendo però molto incomplete non mi permettono di an- dare oltre la determinazione generica. Una chela pure riferibile a questo medesimo genere e proveniente dalle arenarie mioceniche del Colle di Torino, fu studiata dal Sismonda (*); però tanto dalla figura come dalla descrizione sommaria può facilmente vedersi, che questa molto differisce dalle mie; giacché quest’ultimo hanno il carpo più ridotto in lunghezza, non posseggono punteggiature alla base dei diti, e sono provviste invece nella superficie esterna della C) E. Sismonda, [iscrizione dei pesci e crostacei fossili del Piemonte, p. GO, tav. Ili, fi". 7. 403 Crostacei piemontesi del miocene inferiore mano di un rilievo acuto che si spinge fino nel dito mobile, e fi- nisce, dalla parte opposta, alla metà del carpo medesimo. Località. Sassello. — Collezione don Perrando. — Museo di Genova. Gen. Coeloma. Coeloma vigil A. Edw. (Tav. XV fig. 4. 5. A. Mil. Edw. Ann. des se. nat., serie 5a, Zoologie, toni. Ili, pag. 324, pi. 12, fig. 1, 2, 3. — Bittner, Die Brachyurcn des Vicentinischen : Tertiar- gehirges, pag. 37, tab. V, fig. 1-4. — Id., Neue Beitràge zur Kenntniss der Brac'iyuren-Fauna des Altertidrs von Vicenza und Verona, pag. 18. Ho sott’ occhio due esemplari di questa specie, figuro l’ad- dome e lo scudo del migliore dei due, e ciò più specialmente per porre in evidenza un carattere che si riscontra nel margine poste- riore dello scudo, e che non ho potuto vedere in nessuna delle figure e degli individui originali appartenenti a questa specie. Questo carattere consiste nella convessità del margine posteriore dello scudo, e nell’acutezza degli angoli nascenti al punto d’in- contro del margine posteriore coi due margini laterali posteriori. Per mio discarico ho creduto bene di mettere ciò in evidenza ; ma 10 ritengo che non abbia tale importanza da giustificare una di- stinzione specifica che ci si volesse basare; giacché lo reputo un carattere esclusivamente individuale, che non apparisce in nessuno degli esemplari finora studiati, causa essere essi stati meno compressi nella fossilizzazione. Del resto se osserviamo bene l’in- dividuo figurato dal Mil Edw., Ann. des se. nat., serie 5a, voi. Ili, pi. XII, fig. 1, si scorge in esso che il margine posteriore è leg- germente convesso all’infuori e quindi si avvicina di più agli in- dividui da me esaminati, per cui ho maggior ragione di credere 11 carattere in questione di poca importanza. Questa specie è comune anche all’Eocene, più abbondante nell’Oligocene o Miocene inferiore. Trovasi negli schisti di Pria- bona, Castel-Gomberto, Laverdà (di questa località è un esemplare della Collezione Michelotti), Bassano non che a Montecchio, e nei dintorni di Vicenza. Località. Sassello. — S. Giustina — Di quest’ ultima loca- lità è appunto l’esemplare mal conservato ma evidentemente ap- 404 G. Ristori partenente a questa specie. — Collezione don Perrando. — Museo di Genova. Fani. CALAPPIDAE. Gen. IVtixrsiopsis nobis. Tav. XV fig. 6. Non senza una certa esitazione, e non senza aver prima fatte lunghe e pazienti ricerche, sono venuto nella determinazione di de- scrivere quest’esemplare di crostaceo fossile, come appartenente ad un genere non per anche descritto. Avrei potuto riunirlo al genere Lambrus di Leach. o al genere Calappilia di Mil. Edw, e forse meglio al genere Hepatus o Mursia. Ma appunto perchè presenta contem- poraneamente delle analogie con tutti questi generi, così ho creduto che debba trattarsi di un nuovo genere da comprendersi nella fami- glia delle Calappidae. I generi fossili a cui si avvicina di più sono Lambrus , Calappilia Ilepatiscus le maggiori analogie però le ha col nuovo genere Ilepatiscus di Bittner. Fra i generi viventi si deve ravvicinare al genere Hepatus e più chè a tutti gli altri citati sia fossili o viventi al genere Mursia. In ogni modo eccone i principali caratteri che lo distinguono. Scudo in avanti rotondeg- giante, smussato e rientrante in corrispondenza dei margini late- rali posteriori, quasi perfettamente orizzontale nel bordo posteriore. Per cui nella parte anteriore lo scudo è simile ad una Calappilia , nella parte posteriore somiglia invece ad un Hepatus o ad una Mursia. In qnanto agli ornamenti secondari si avvicina pure al genere Calappilia e Lambrus , specialmente per la trilobazione dello scudo. Si avvicina invece molto ad una Mursia nell’insieme della forma dello scudo e nell’andamento ed ornamentazione dei margini del medesimo. Tutto sommato dobbiamo concludere che siamo davanti ad un nuovo genere il quale mostra le maggiori analogie col genere Calappilia fossile e col genere Mursia (’) vivente; ma non appartiene certamente a nessuno dei due ; perchè col genere Calap- (!) Il genere Mursia secondo Desmarest dovrebbe riunirsi al genere Hepatus con cui secondo l’autore delle Considérations générales sur la classe des crustacés, ha grandi analogie. L’autore di questa distinzione fu M. Latreille Des. op. cit. pag. 108). Crostacei piemontesi del miocene inferiore 405 pilici non risponde per la forma della parte posteriore dello scudo, col genere Mursia non risponde per l’evidente trilobazione longitudi- nale dello scudo. Così io lo distinguo col nome Mursiopsis e così lo caratterizzo: Forma generale dello scudo simile a quella di una Mursia , margini anteriore e frontale rotondeggianti, la- terali posteriori rientranti, margine posteriore leggermente con- vesso. Tutti quanti i margini sono elegantemente dentellati e tubercolati come nel genere Ilepatus. Lo scudo è trilobo longitu- dinalmente e più profondamente trilobo di quello che non sia nel nuovo genere Calappilia di Mil. Edw. (!). \ Mursiopsis pustulosus nov. sp. (Tav. XV Fig. 6. 7, 8) Scudo quasi rotondeggiante specialmente nella sua porzione anteriore. Margine frontale poco avanzato. Margini laterali ante- riori arcuati, provvisti di elegante punteggiatura, costituita da piccoli e numerosi tubercoletti come si scorge in molte specie del genere Hepatus. I margini laterali posteriori sono assai inca- vati, concavi ed anch’essi elegantemente punteggiati come gli ante- riori. In ciascuno di questi margini sono tre tubercoletti più grandi regolarmente e simmetricamente disposti, i due maggiori all’ estre- mità, il più piccolo nel mezzo. Il margine posteriore è pure pun- teggiato ed al suo centro abbiamo un piccolo tubercoletto, il quale è posto ad eguale distanza dai due maggiori che dicemmo essere all’estremo inferiore dei due margini laterali posteriori. L’andamento di questo margine posteriore è quasi orizzontale, solo un poco pie- gato all’infuori. Lo scudo è trilobo nel senso longitudinale, il lobo centrale comprende, procedendo dall’indietro all’ avanti, la regione cardiaca, Laureola postmediale, e la regione frontale non che l’epi- gastrica e l’ottica nella sua parte superiore più slargata. Gli altri due lobi longitudinali, disposti simmetricamente e lateralmente al centrale già ricordato, comprendono tutte le altre regioni di cui si compone lo scudo. t1) Mil. Edw. in Bouillé, Palaeontologie de Biarritz, pag. 8. — Noetling, Die fauna des samlàndischen Tertiàrs Lieferung II, Crustacea und Kermes, pag. 122, Zu Lief II, fig. 1. Abhandlungen, zur geologischen Specialkarte von Freussen ; Band VI, Heft 3. 406 G. Ristori La superficie dello scudo è tutta quanta consparsa di fina ed elegante granulazione pustolosa come mostra la fig. 8 dove questa è rappresentata ingrandita cinque volte. Oltre a questa fina gra- nulazione abbiamo tubercoli di varia grandezza, i quali sono simme- tricamente e regolarmente disposti. Questi nel lobo centrale sono se- condo una serie longitudinale e formano colla loro successione una specie di costola bernoccoluta. Nei due lobi laterali abbiamo pure que- sti tubercoli disposti in serie longitudinali, le quali s'incurvano tanto più quanto più si avvicinano ai margini dello scudo. La forma di tutti questi tubercoli non è costante, in generale sono globosi, ovali specialmente quelli del lobo centrale. Le loro dimensioni sono pure incostanti, i più grossi stanno al centro, i posteriori, gli anteriori ed anche in parte i laterali, sono più piccoli. Le serie costituite da questi tubercoli vanno obliterandosi in corrispondenza della re- gione cardiaca e specialmente presso la porzione posteriore e presso la regione frontale. Sui lobi ottici e più precisamente alla loro base, si hanno due gruppetti ciascuno di tre tubercoletti, simmetrica- mente disposti da ambe le parti, ed in corrispondenza del tuber- coletto più piccolo, con cui termina la serie longitudinale. Località Sassello. — Collezione don Perrando. — Museo di Genova. Fam. RANINIDAE Gen. IXanina. Ramila speciosa Miinster? Tav. XV fig. 9, 9bis, 10, 11, 12, 13. A. Bittner, Die Brachyuren des Vicentinischen Tertiàrgebirges, pag. 11, Tab. I, fig. 5a-5d. — Notling, Mecklenburger Archiv, Bb. 40, S. 81, tav. V, fig. 3, Sa. — Th. Ebert, Beitrag zar Kenntniss der ter. De- cepoden-Deutschlands, pag. 266, tav. IX, fig. la, 1 b, le. Sin. Hela speciosa v. Miinster, Beitràge zur Petrefatenkunde III, 24, tab. II, fig. 1. Ho esaminati ben 13 esemplari e molti altri frammenti, e tutti gli riferisco a questa specie. È una specie questa che pre- senta delle somiglianze colla R. Ilasslinskyi Reuss ('), colla R. gra- (') Reuss, Zur kenntniss fossiler Krabben, pag. 23, tav. IV, fig. 4-5. Crostacei piemontesi del miocene inferiore 407 nulosa ([) e anche colla R. palmea (2); del resto mi pare che si possa facilménte distinguere dalle due prime specie. Inquanto alla terza debbo notare che mentre qualcuno dei miei esemplari, stante una punteggiatura che si scorge nel bordo, potrebbe a questa rav- vicinarsi, basta paragonare le chele per persuadersi che esse nulla hanno che fare con quelle della specie del Sismonda: infatti la superficie delle chele nella Ramina speciosa , come nei miei esem- plari, è consparsa di pieghe ondeggianti, ed il dito fisso è nel bordo inferiore punteggiato; mentre nella R. palmea non esistono pun- teggiature nel dito, e la superficie del carpo e della mano è in- vece tubercolata, ed i tubercoli sono alti e sporgenti. Come già dissi, alcuni dei miei esemplari presentano i margini elegantemente punteggiati per tubercoletti piccolissimi rotondeg- gianti disposti in serie longitudinale (3). Ora questa punteggiatura, posta lungo il vero margine che mostrasi, in parte liscio, ed un poco rilevato, non ha nulla che fare con quella che si scorge nella R. dentata e nella R. palmea\ perchè in queste il bordo è evi- dentemente seghi forme. Tale carattere che non si mantiene costante neppure in tutti gli individui da me esaminati, per quanto non sia stato notato da altri come caratteristico della R. speciosa , pure io lo credo proprio della specie; poiché i miei esemplari hanno troppe so- miglianze, troppe corrispondenze e sono talmente identici fra loro e alle figure e descrizioni date per la R. speciosa , che non si pos- sono da quella distinguere, per un carattere, che si mostra inco- stante, che è secondario, e che può essere individuale e forse anche sfuggito per l’avanti all’osservazione. In ogni modo io figurerò nell’annessa tavola qualcuno degli individui meglio conservati e nei quali si mostra più evidente detto carattere, qualora in se- guito si volesse dare a quello qualche importanza. La Ranina speciosa è stata fin ora trovata in Italia nel Vi- (!) Mil. Edw., Not. sur quelques Crust. foss. app. aux Gen. Ranina et Galenopsis. Ann. des se. geol., tom. Ili, 1872, pag. 5, pi. Vili, tig. 1. (2) Sismonda, Descrizione dei pesci e dei crostacei fossili del Piemonte. Mem. Acc. di Torino, 2a serie, t. X, p. 64, tav. Ili, fig. 4. (3) Questi tubercoletti sono stati molto esagerati nel disegno, altrimenti non era possibile metterli in evidenza. 408 G. Ristori centino. Il Bittner crede che questa specie possa confondersi e sia stata confusa colla R. Ilaszlinskyi. Gli esemplari da me esaminati sono 13 non compresi parec- chi altri frammenti. Appartengono tutti alla medesima specie; pro- vengono dodici da Sassello, uno da Dego e questo appartiene alla Collezione Michelotti. In alcuni esemplari di Sassello si scorgono nella roccia fossilizzante delle Nummuliti tutte quante appartenenti alla specie N Fiditeli Michel, che abbonda in quelle formazioni. Località. Sassello. — Collezione don Perrando. — Museo di Genova. — Dego. — Collezione Michelotti. — Museo di Poma. Ramina Aldrovandiì (Ranzani) Il Mil. Edw. ed il Bittner ritengono dubbia questa specie; poiché si confonde facilmente colla R. Marestiana Koenig. Per la bibliografia di ambedue queste specie tanto affini, e forse identiche, vedi Mil. Edw : Note sur quelques Crust. foss. appari aux Gen. Ranina et Galenopsis — Ann. des scien. Geol. Tom. Ili, pag. 1-2 e 7-8. Bittner — Die Brachyuren des Vicentinischen tediar (jebir- ges pag. 4. Idem — Neue Beitràge zur Kenntniss Brachyuren- Fauna des Alttertiàrs von Vicenza und Verona pag. 8. Ambedue le specie sono secondo Bittner proprie anche dei terreni oligocenici (per noi Miocene inferiore) del Vicentino. Qua- dro sinottico comparativo Bittner op. citata pag. 47. Località. Dego. — Collezione Michelotti. — Museo di Roma. L’individuo più piccolo è forse quello stesso citato dal Michelotti: Éludes sur le Miocène Inférieur de V Italie septentrion. pag. 141. Fam. PAGURIDAE. Gen. lAjigitii’us. Pagurus sp. ind. (Tav. XV fig. 14, 15, 16) Appartengono a questo genere diverse chele, raccolte a Dego ed a Sassello. Quelle di quest’ ultima località sono di individui giovani, e le sole che io abbia figurate; poiché quelle di Dego, 409 Crostacei piemontesi del miocene inferiore più numerose, ed appartenenti ad individui adulti, sono della Col- lezione Michelotti, che solo ultimamente ho avuta a mia disposi- zione. Del resto tutte quante queste chele sono di Pagurus e la specie a cui appartengono è molto probabilmente unica e vicina al P. longitarsus o al P. Fdwardsii ( De Haan-Faima japo- nica pag. 211 tab. L fig. 1-3) oppure ad altra specie caratte- rizzata, come le due succitate, per notevole lunghezza dei tarsi e delle dita. Località. Sassello. — Collezione don Perrando. — Museo di Genova. — Dego. — Collezione Michelotti. — Museo di Roma. Fam. CALLIANASSIDAE. Gen. Callianassa. Callianassa Canavarii sp. nov. (Tav. XV fig. 17, 18) Ho esaminato molte chele e molti altri frammenti apparte- nenti indubbiamente al genere Callianassa. Certo è che si tratta almeno di 3 o 4 specie differenti ; ma attesa Fincertezza che sempre regna nella determinazione delle specie appartenenti a questo ge- nere, specialmente se fatta sulle sole chele, in cui spesso abbiamo differenze individuali e sessuali notevolissime, non mi azzardo a darne con sicurezza la determinazione specifica. Per un diligente esame però che ho potuto fare su questi numerosi frammenti di chele mi è venuto fatto di distinguerne due, le quali presen- tano caratteri così singolari da costringermi a separarle da tutte le altre, figurarle nella tavola, e descriverle come appartenenti ad una specie non per anco conosciuta. Passo quindi alla descrizione di queste due chele, e, per le altre indicherò le specie a cui mi sembra che somiglino di più ; senza però assumere nessuna respon- sabilità sull’esattezza della determinazione. Le chele adunque che io riferisco a questa nuova specie pro- vengono l'una, meglio conservata, da S. Giustina, l’altra da Sassello. La specie fossile a cui maggiormente si avvicinano è la C. Faujasi -Ilo G. Ristori Desili ('), ma anche con questa presentano notevolissime differenze, come p. e., la mancanza del dente centrale nel dito fisso, una punteggiatura, in luogo delle dentature seghiformi, nel margine in- feriore della chela e la presenza di elegante granulazione tanto nella faccia esterna come in queirinterna della superficie. In ogni modo eccone la descrizione. Chela robusta, dito fìsso acuminato più trigono che cilindrico, insenatura profonda nella faccia esterna in corrispondenza del punto d’ emergenza del dito fisso. Il bordo inferiore è adorno di una costola la quale va a finire in corrispon- denza della regione articolare. La faccia interna ha una serie di punteggiature disposte parallelamente al bordo inferiore. Il bordo superiore è pure provvisto di una costola, e quello intermedio fra il dito fisso ed il mobile presenta una fitta dentatura assai profonda simile a quella che si vede in molte altre specie anche viventi. La superficie esterna è nella sua porzione inferiore provvista di pic- coli ed eleganti tubercoletti irregolarmente disposti, è invece liscia nella superiore. Al contrario la superfice interna ha questi tuber- coletti solamente nella parte mediana e in quella superiore, è liscia invece nell’inferiore. Questi i principali caratteri su cui credo poter fondare la mia nuova specie. Località. Sassello. — S. Giustina. — Collezione don Fer- rando. — Museo di Genova. Callianassa sp. ind. Sotto questo genere riunisco tutte le altre chele ed i fram- menti provenienti da S. Giustina e da Sassello. Fra queste mi è parso riconoscervi principalmente le specie seguenti : C. Mìchelolti M. Edw. C. Desinar esliana M. De Serr. C. Sismondai M. Edw ; ma ripeto che da tutte quelle chele isolate e la più parte rotte e scomplete, non è possibile dare determinazioni esatte e sicure, quindi preferisco senz’altro di riunirle tutte sotto il nome Callianassa sp. ind. f1) Desm. Pagurus Faujasi. Hist. des Crust. Foss. pag. 127, pi. X, fig. 2, Mil. Edw. Ann. des. se. nat., Zoologie, 4a serie, torn. XIV-1860, pag. 327, pi. XIII, fig. 1. Crostacei piemontesi del miocene inferiore 411 Fara. ASTACIDAE Gen. Ilo pi o paria Hoploparia sp. ind. (Tav. XV fig. 19) A questo genere appartengono due esemplari dei quali uno assai ben conservato fu raccolto a Mioglia, l’altro a S. Giustina. Probabilmente questi due esemplari non appartengono alla mede- sima specie, ma a due diverse; giacché io vi scorgo delle diffe- renze nell’andamento delle linee di segmentazione dell’addome, unica parte conservata e studiabile. Del resto ambedue gli esemplari non si presentano in condizioni tali da poter essere specificamente de- terminati, non essendo in essi conservate nè appendici nè parti di scudo. Mi limito quindi ad indicare il genere e figuro nell’annessa tavola l’esemplare di Mioglia come il migliore e il più completo. Faccio poi notare che questa è la prima volta che si incontra in Italia nei terreni terziari questo genere. Località Mioglia. — S. Giustina. — Collezione don Ferrando. — Museo di Genova. Riassumendo in poche parole i risultati di questo studio, per- venire alle più dirette conclusioni, di cui possa valersi la crono- logia stratigrafica osservo. 1° Che il sincronismo delle formazioni di Dego, Sassello, S. Giustina, Mioglia, ecc. : è pure pienamente confermato dalla identità delle specie dei crostacei fossili che fu- rono raccolti in quelle località. 2° Che, tolte poche specie nuove, questa fauna carcinologica, ci mostra per le altre un identità per- fetta con quella simile del Vicentino, e mentre si distacca sempre più decisamente da quella più recente che ci hanno fornita i Colli di Torino, si rannoda così strettamente all’altra, da darci una va- lente prova in più, per ritenere queste formazioni del Piemonte sincrone con quelle del Vicentino. G. Ristori 412 G. Ristori. Crostacei piemontesi del miocene inferiore SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XV. Fig. 1. Neptunus convexus nov. sp. (Sassello). Fig. 2, 3. Grapsus sp. ind. (Sassello). Fig. 4, 5. Coeloma vigil. A. Edw. La flg. 5 rappresenta l’addome (Sassello). Fig. 6, 7, 8. Mursiopsis pustulosus nov. sp. La fig. 7 rappresenta il mede- simo individuo visto di fianco, e ciò per far vedere la convessità dello scudo e la punteggiatura dei margini. I disegni sono un poco più grandi dell’originale. La fig. 8 rappresenta la granulazione ingrandita 5 volte, che ricopre tutta la superfice dello scudo (Sassello). Fig. 9, 9 bis., 10, 11, 12, 13. Ranina speciosa Mùnster. La fig. 12 rappre- senta le scaglie nella parte anteriore, ingrandite 5 volte. La fig. 13 quelle dell’inferiore pure ingrandite 5 volte. Fig. 14, 15, 16. Pagurus sp. ind. (Sassello - Dego). Fig. 17, 18. Callianassa Canavarii nov. sp. La fig. 18 rappresenta la faccia interna della Chela raccolta a S. Giustina (Sassello - S. Giustina). Fig. 19. Iloploparia sp. ind. Alcuni segmenti addominali (S. Giustina - Mioglia). Voi. VII. (1888) Tav XV jt&SQi A. Cocchi dis eLil. jSìab.Pellas, Firenze. CONTRIBUZIONE ALLA FLORA DEI TUFI VULCANICI DELLA PROVINCIA DI ROMA Già altre volte ebbi occasione di comunicare il risultato della ricerca, da me fatta, di fossili contenuti nei tufi vulcanici dei din- torni di Roma. Accennai pure ai molti fusti che vi si ritrovano in una relativa abbondanza e spesso di notevoli dimensioni; ma ad esclusione di quelli di Vitis vinifera Lin., di cui detti notizia al congresso di Savona, non mi ero ancora occupato di determinarli completamente. Ora avendone radunati un buon numero, parte raccolti da me, parte già esistenti nel Museo Geologico Universitario, ne ho intra- preso lo studio, servendomi di sezioni sottili, trasversali, radiali e tangenziali come si pratica per le piante viventi. Ma il numero delle specie è assai limitato, contrariamente a quanto avrebbesi potuto credere basandosi sulla diversità apparente dei singoli cam- pioni, dovuta alla più o meno perfetta fossilizzazione. E la calcite che ha conservato, colla nota e mirabile perfezione, i più minuti particolari della struttura di molti fusti. Qualche volta si ha della lignite, tal altra nello stesso fasto alternativamente lignite e calcite. I campioni provengono da tre località : Peperino, che trovasi a 6 km. da Roma sulla via Flaminia ed il cui tufo è grigio. Valchetta, località prossima alla precedente ma più distante da Roma; il tufo vi è giallo. 414 E. Clerici Colline presso la stazione ferroviaria di Anagni; il tufo vi è grigio, molto simile a quello del Peperino, e verso la parte su- periore del banco volge al giallastro. Riserbandomi di pubblicare la dettagliata descrizione delle sin- gole specie appena ne avrò ultimati i disegni dei migliori prepa- rati ; annuncio le specie finora riscontrate, che sono : Abies ‘pedinata De Cand. Taxus baccata Lin. Corylus avellana Lin. Quercus peduncolata Khrh. » sessiliflora Sm. Celtis australis Lin. Vitis vinifera Lin. Clernatis vitalba Lin. Buxus sempervirens Lin. Uosa canina Lin. Rubus sp. Di Laurus nobilis Lin. e di R edera helix Lin. , le cui filliti sono molto abbondanti alla Yalchetta, non ho ancora trovato fusti. Per oltre la metà delle specie suddette non si hanno filliti; e perciò questo elenco, per quanto breve, porta una modesta con- tribuzione alla conoscenza della flora dei tufi, che ho riassunto nel seguente quadro ove la flora dei tufi della provincia di Roma è messa a confronto con quella dei tufi di altre località italiane ('); e siccome spero in seguito di poterlo ampliare così, per ora, mi esonero dal fare qualsiasi considerazione cui le specie possono dar luogo. p) Per Montefiascone, Somma, Lipari ed Etna vedasi: Gaudin T. C. et Strozzi C., Contrilution à la flore fossile cVItalie, mém. IV, Travertins to- scans, (Nouv. mém. de la Soc. hclvétique, 1860). — Gaudin T. C. et de Man- dralisca, Contribution à la flore fossile d' Italie, mém. V, Tufs volcaniqucs de Lipari, (Nouv. mém. de la Soc. helvétique, 1860). — Tornabene F. , Flora fossile dell'Etna, 1859. Per le altre località, escluse le fittili della Valchctta del cui studio altri si sta occupando, ho usufruito anche dei materiali del Museo Geologico Uni vcrsitario. Contribuzione alla flora dei tufi vulcanici della provincia di Roma 415 SPECIE Provincia di Roma CD fi r o K ce cg CD o t— > ri s o > o CS -P Pteris aquilina Lin Smilax mauritanica Lin Ruscus aculeatus Lin Chamaerops humilis Lin Arundo donax Lin Carex pendula Huds Gly cena aquatica Wahl. (cfr.). . Potamogeton natans Lin Abies pedinata De Ganci Taxus boccata Lin Corylus avellana Lin Quercus peduncolata Ehrh. . . . » sessiliflora Sin Ulmus campestris Lin. (cfr.) . . . » Cocchii Gaud Celtis australis Lin Laurus nobilis Lin » canariensis Web Vitis vinifera Lin Iledera helix Lin » » var. hibernica Gaud. Clematis vitalba Lin Myrtus communis Lin Pistacia lentiscus Lin >1 terebinthus Lin » sicula Torn » Bocconi Torn Vitex agnus-castus Lin Buxus sempervirens Lin Ilex aquifolium Lin Prunus spinosa Lin Pyrus communis Lin Rosa canina Lin Rubus dalmaticus Trat » tomentosus Broch Sorbus domestica Lin Glycirrhiza glabra Lin Lcguminositei robiniaeformis Gd. X X X X X sp. X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Roma, agosto 1888. Enrico Clerici XX SULLA ORIGINE DEL PORTO DI MESSINA E SUI MOVIMENTI DEL MARE NELLO STRETTO. Nel 2° fascicolo del Voi. VII (1888) del Bollettino della Società Geologica, è uscito un breve articolo del prof. De Stefani, dal titolo analogo a quello del presente, in cui io sono lateral- mente sì, ma acerbamente chiamato in lizza, per riconoscere che : o io ho sbagliato, o lui ebbe ragione, nei precedenti lavori con- cernenti la formazione dello Stretto di Messina. Voglio, prima di rispondere direttamente, premettere un po’ di storia. Incaricato del rilevamento della carta geologica, per la pro- vincia di Messina, mi trovava dal febbraio 1880 sulle rive dello stretto. Nell’ottobre 1881, l’ing. Gabelli mi richiedeva delle mie idee sulla natura del fondo dello stretto. Diedi dei profili geologici, degli appunti, ecc., e l'ing. Ga- belli ne fece l’uso che credette, non avendo messo io alcuna re- strizione. Però, nel principio del 1882 ho creduto opportuno affermare chiaramente le mie idee sulla costituzione di quella interessante regione e nel Bollettino del R. Comitato Geologico (nn. 1, 2) usciva una mia Nota intitolata: Sulla formazione dello stretto di Mes- sina, nella quale cercava di spiegare anche la formazione di quel Porto. Quella nota terminava con un periodo, che qui trascrivo in parte: « Non pretendo di aver trovato Tunica possibile esplicazione « per la formazione del Porto di Messina « , se la mia è falsa, valga per un primo tentativo « . Sulla formazione dello Stretto, in causa di una faglia, fui un po’ più assoluto, perchè aveva dati di fatto, e vi ritornava sopra 417 Sulla origine del porlo di Messina eco. nel 1883 (v. Boll. B. Cora. Geologico, luglio e agosto, nn. 7, 8, 1883, Sull’interruzione dell’ Agemino al sud di Catanzaro). Poco dopo, agosto 1883, usciva, sul Giornale dei Lavori Pubblici, una critica del sig. De Stefani, alle mie idoe, sulla formazione dello Stretto e su quella del porto di Messina. La critica era acerba, e non lo fu meno una mia risposta, sullo stesso giornale, nel numero del 19 settembre, stesso anno. Il mio contradittore, surto allora d’improvviso, tacquesi per 5 anni, ma ora, credendosi evidentemente armato di tutto punto, mi attacca di nuovo, limitando però la sua critica alla forma- zione del porto. Alla fine del suo articolo, pone una nota di vera sfida, e dice : « Spero che egli (Cortese) vorrà pubblicare le sue teoriche « sul movimento del mare e sull’origine dei depositi litorali, o per “ lo meno provare che le idee esposte da me (Do Stefani) non sono « quelle esposte dal Gilbert, dal Cialdi, e dai maestri della « materia » . Se io non volessi farlo, non avrei che ad ascoltare le parole di un « maestro della materia » , che mi consigliava a non ri- spondere ! Ma siccome io non sono un egregio idraulico , titolo di cui il prof. De Stefani mi gratifica, non so il perchè, e siccome, se sono ingegnere, cioè più in grado di lui di capire l’idraulica, non sono meno, perciò, un geologo, così debbo rispondere qualche osservazione alle molte fatte da lui; anche per mettere a posto certi fatti e rettificare certe asserzioni. Non è esatto, che la profondità dello Stretto diminuisca dal sud al nord; diminuisce dal sud fino all’istmo sottomarino che corre fra S. Agata e la punta di Pezzo ('), e poi cresce di nuovo. La linea delle massime profondità si trova segnata sulle carte a 1200 metri (ciò è più esatto e più italiauo dei 600 fathoms ), fra Alì e Capo Pellaro; passa per un minimo di 120, fra S. Agata e Pezzo, e discende a 275 metri, fra il Faro e Torre Cavallo, dove però le carte della marina francese (Darondeau) portano una buca di 332m di profondità. Nè è esatto il dire, pag. 232, che gli scandagli hanno rivelato (i) Citando località opposte, nello Stretto, il primo nome indica località del lido siculo, l’altro località calabrese. 28 418 E. Cortese un fondo sabbioso, alla punta di Pezzo, nella direzione dell'istmo sottomarino. Ho davanti le carte marine inglesi, francesi e italiane, e tutte, nella indicazione degli scandagli, segnano colà: roccia (Rock, roche, roccia - R.). Perchè negare V esistenza di veloci correnti di marea, nello Stretto ? E più ancora, perchè dire che « nessun saggio studio spe- rimentale ha avvalorato le tradizioni « di quelle ? Il compianto Bove ci diceva che, in certi punti dello Stretto, la velocità della corrente di marea arriva talvolta a 8 miglia Ma noi lo abbiamo, il « saggio studio sperimentale » ! Tolgo dal rapporto ufficiale, redatto a bordo del R. Piroscafo Washington, che fece nel 1877 la campagna idrogralìca colà: « Le « differenze di livello delle acque secondo la marea regnante, sono « appena percettibili, non raggiungendo più dei 20 centimetri (Da- « rondeau mette 25 a 30). Tuttavia le correnti generate nello Stretto, « dalle maree giungono qualche volta sino alla velocità di 5 miglia Dunque ecco che sparisce la tradizione e subentra, non solo la storia, ma il dato sperimentale. Vedemmo spesso un bastimento, a vele spiegate, far rotta al sud, colle vele gonfie, e andarsene a deriva al nord, portato dalla marea, o viceversa; lo esperimentammo pure, se vogliamo, e la barca era a quattro remi, e ben manovrati ! Del resto, qual meraviglia, se si hanno di quelle velocità ? Supposto parabolico il profilo del fondo, e l’area della sezione eguale quindi ai -f del prodotto della larghezza per la profondità, ab- biamo che : mentre tra il Faro e Torre Cavallo la larghezza è di 3100m, e la profondità massima di 275, l’area risulta di f X 3100 X 275 = 570000 metri quadri; fra S. Agata e Pezzo, è di J-X 3500 X 120 = 280000 m. q. e fra Alì e Capo Pellaro | X 17500 X 1200 = 14000000. Se la massa d’acqua fosse in movimento su tutta la sezione, deve o no, nella 2a località la velocità essere doppia che nella prima e 50 volte maggiore che nella 3a ? Se in quest' ultima aves- 419 Sulla origine del porto di Messina ecc. simo all'origine una velocità minima di 0,10 al 1", fra S. Agata e il Pezzo ne dovremmo avere una di 5 metri. Se non si verifica, tanto meglio, ma la possibilità naturale vi è. Le scale di mare, che si generano sulla marina di Cannitello, sono ascritte al rimbalzo della corrente discendente di marea, che urta sul fondo. Mettiamo che l’urto avvenga a soli 20m di pro- fondità; quel rigurgito proverebbe, senza tener conto anche delle perdite per l’urto e della sopraelevazione alla superficie, che la corrente incontra il gradino di roccia solida con una velocità di 20 metri. È troppo, ne convengo ; non ne occorrono tanti, per pro- vare che nella corrente di marea la velocità è grande, non solo alla superficie, ma anche sul fondo. Perchè dice il De Stefani che è di parere che le onde (?) e le correnti di marea non abbiano azione sulla distribuzione delle materie lungo i litorali dello stretto ? Crede proprio che tutti debbano essere del suo parere? Ve- diamo un poco : In un canale, per smuovere il fondo, occorrono le seguenti velocità : 0,30 per le sabbie 0,61 per la ghiaia e 0,615 per i ciottoli tondi 1,22 per il pietrisco 1,52 per terreno tenero, in posto. 3,05 per corrodere il fondo di roccia. E si tratta di acqua avente la densità 1, mentre l’acqua di mare ha una densità di 1,04. Una velocità di 1,20 al fondo di un fiume fa rotolare un ciot- tolo grosso come un uovo. Ammettiamo che la velocità al fondo sia la metà di quella del filone, quella sui Iati è maggiore poiché la velocità media, in un corso d’acqua, è i 4- di quella del filone. Su una costa direttamente colpita da una corrente, la velocità di questa non è vero si riduca della metà, e nemmeno tale riduzione si avrebbe se la corrente seguisse esattamente l’asse dello Stretto e si volesse considerare come una corrente fluviale. Anche sulla costa sicula, dalla corrente del flusso, la più forte, possono dunque essere stati trasportati dei ciottoli grossi come 420 E. Cortese un uovo e anche, più, a prolungare il piano di Terranova, presso Messina (!). Però è certo, è necessario , che colà dovesse esistere uno scoglio, su cui si formava poco a poco la falce del porto di Messina. Nessun vero idraulico, italiano, francese, inglese, tedesco, americano che sia, potrebbe spiegare quella formazione senza quel punto di ap- poggio per i materiali trascinati. Sono materiali trascinati dalla corrente venente dal sud (prima di lui lo disse il Fischer) dice il De Stefani, ma ancia io lo dissi prima di questo (Boll. R. Coni. Geol.., 1882, nn. 1, 2), e con espres- sioni analoghe a quelle del Fischer. 0 perchè questi ha ragione, e io no ? Io ho ammesso che la causa permanente che provocò quella penisoletta fu la corrente periodica di marea, ossia certa ; non respinsi perciò l'idea di trasporti di materie, causate dalle onde. Ma non diamo troppo valore alFaziono dello scirocco, ossia dei venti del 2° quadrante, lungo le coste siciliane. Torno a citare il rapporto ufficiale della marina italiana, alla lettera : « I venti del a 2° quadrante inclinano tino a sud-sud-est nel canale e vi solle- a vano alquanta maretta, ma non vi giungono quasi mai molto fre- a schi (2) , nè sono pericolosi, se non per un bastimento molto a vicino alla costa di Sicilia, al sud del Faro » . L’ultima frase distrugge il debole tentativo di teoria, fatto dal De Stefani ed espresso a pag. 239, ove parla di un netto con- tine fra venti notevolmente diversi. Egli dice colà, che la spiaggia al nord di Messina è al riparo dai venti di scirocco, ed è appunto la marina fra Messina e il Faro, che sappiamo battuta da quel vento ! Ed ora, lanciamoci in piena idraulica marina ! 11 Gilbert, tante volte appunto citato dal De Stefani, dice a pag. 86 : « Il lavoro effettivo di trasporto, fatto dalle onde, è com- « piuto dalle azioni congiunte, delle onde e delle correnti litoranee ». Accenna inoltre che quello delle onde è piccolo e trascurabile senza l’aiuto delle correnti e nota che nell’oceano, o per marce (•) Il conglomerato che forma il piano di Terranova è generalmente for- mato da elementi minuti; i ciottoli grossi come un uovo sono rarjf ed ecce- zionali. (2) Si sa cosa significa « venti freschi » in linguaggio di marina. Sulla origine del porlo di Messina eco. 421 o per diverso riscaldamento, le correnti litoranee sono forti e frequenti. Il De Stefani parla di un /lutto-corrente; ma, mi appello ai « maestri della materia » , esiste egli un flutto-corrente ? I flutti non creano correnti e il trasporto ha luogo per effetto delle onde, le quali tendono* bensì a raddrizzarsi e colpire la costa più normalmente possibile, ma fanno camminare i detriti lungo di essa. Questi subiscono definitivamente degli spostamenti in dire- zione opposta a quella in cui essa è colpita ad angolo acuto dalla traversia. Non fui male informato, no, quando dissi che sul litorale calabro, da Sapri a S. Eufemia, i materiali camminano dal nord al sud. Legga, il De Stefani, il Cornaglia, così male a proposito citato ('), e vedrà che l’idraulica marittima lungo le coste italiane è ben diversa da quello che egli crede. II De Stefani dice, che, dove la corrente (sempre parla di corrente, però) non ha la forza di trasportare le materie, vi ha deposizione. Ma perchè ? Non vi sarà trasporto, ecco tutto, ma non è necessario che vi sia deposizione. Dunque là dove batte il mare, facciamo una robusta scogliera di difesa ed esso, immedia- tamente, non potendo più corrodere, comincia ad imbonire ? Cosa vuol dire, accennando al « moto ondoso che, salendo sul declive « di una spiaggia, perde forza e deposita materie, prima le più « pesanti e poi le più leggiere » ? Che gli elementi più grossi sono in basso e i più lini alla battigia ? Ma se accade precisamente il contrario ! 11 Gilbert ha delle belltì'osservazioni, e la sua del V.bar può anche essere applicata convenientemente alla punta del Faro. Ma su che dati si basa il De Stefani per asserire che « già molte volte il Faro dovette esser trasportato più avanti » ? Io non lo intesi dir mai. Del resto, perchè citar sempre il Gilbert, che parla di laghi e premette al suo lavoro che: le condizioni dei mari sono diverse, per la coesistenza delle correnti litoranee (2) ? t1) P. Cornaglia, Delle spiaggie. Atti R. Accademia dei Lincei, anno 1888, voi. V, serie 4a, pag. 285. (2) La citazione delle cause di formazione degli spit.% bars, hooks, ecc. è troppo confusa per poterne discutere. Quali sono le correnti (c sempre cor- 422 E. Cortese. Sulla origine del porto di Messina ecc. Perchè far tanto spreco di lavoro intellettuale intorno ad un argomento che, in gran parte, è fuori di discussione, mentre vi sono dati di fatto, ben accertati, che lo provano? Lasciamo la for- mazione dello Stretto di Messina e del suo porto, in pace; <* non ho preteso trovar l’unica possibile esplicazione » , ma se si vuole attaccarla, lo si faccia almeno con ragionamenti altrettanto validi quanto i miei. E. Cortese. renti) ! che deviano orizzontalmente, o verticalmente, o per variazione del re- gime (?) dei venti ? 0 si parla di moto ondoso e trasporto di materiali che da esso dipende, o si parla di correnti vere e proprie, litoranee, che smuo- vono detriti, come succede per la formazione dei Vbars, degli spits ecc., in- dicati dal Gilbert, e allora non siamo più nelle premesse dell’articolo, nelle quali l’autore accenna a voler ascrivere tutti gli interrimenti lungo lo Stretto, all’azione dei flutti. INDICE ALFABETICO DEL VOL. VII. A Acquatraversa presso Roma. 106. Adunanze generali (resoconti). 13, 241, 255. Alluvium. 159. Alnus incana Dee. 307. Ammodiscus incertus d’Orb. 284. Analisi delle lave Yulsinie. 76. Andesite augitica. 97. Anomalina rotula d’Orb. 391. Antonelli G. 315. Aptychus latus Park. 132. Aspidoceras acanthicum Opp. 131. n caletanum Opp. ib. » loncjispinum Opp. ib. Assilina. 175. Assilina exponens Sow. 226. » mamillata D’Arcli. 227. Astiano. 137. B Basaniti leucitiche. 84. Bassani P. 281. Bathoniano. 132. Bibliografia geol. e paleont. 251. Bigenerina nodosaria d’Orb. 373. Bilanci consuntivi. 14, 256. Biloculina bulloid.es d’Orb. 368. » depressa d’Orb. ib. Bolivina aenariensis Costa. 377. » dilatata Reuss. 376. » punctata d’Orb. 375. Bolsena (distretto vulc. di). 58. Bulimina pyrula d’Orb. 374. Bulimus oòscuìus Muli. 322. Buxus sempervirens L. 302. C Capellini G. 21, 22. Callianassa Canavarii Ristori. 409. n *sp. ind. 410. Cariati. 327. Carychium minimum Muli. 322. Cassia hyperborea Ung. 150. Castel Yiscardo (Ombria). 27. Cercis siliquastrum L. 308. Cerithiolum pusillum Ieffr. 323. Cerithium scabrum 01. ib. Cionella subcilindrica L. 322. Classificazione delle Nummulitidee.170. Clausilia itala v. Mart. 322. Clavulina comunis d’Orb. 374. Clerici E. 104, 126, 277, 323, 415. Clypeaster. 361, 362, 363, 364. Caeloma vigil A. Edw. 403. Collalti di Solagna. (m.) 129. Cono di defezione della Stura di Danzo. 135. Corbicula fluminalis Miill. 105, 123. Corbula Picleri Zit. 132. Corrente radente o littorale. 234. Cortese E. 422. Corylus avellana L. 307. » lì ceri Sism. 150. Costa O. G. 24. Costituzione geologica del littorale Io- nico. 325. Indice alfabetico del voi. VII. 424 Costone (li Gavarno. 283. Cratere (li Mezzano. 6G. Crateri di Bisenzio e Talentano. G5. Crateri Ynlsinii. 49. Cristellaria calcar L. 381. » cassis Fieli, et Moli. ib. » costata Fieli, et Moli. 385. » cfr. crepidula Fieli, et Moli. 288. » cultrata Montf. 287, 384. » echinata d’Orb. 385. » glauca Dodi. 38G. n italica Deli'. 383. » lanceolata d’Orb. 38G. » lata Corn. 287. ii orbicularis d’Orb. 383. n rotulata Lamie. 287. ■n simplex d’Orb. 886. Crostacei piemontesi del mJoc. inf. 397. Crostaceo fossile del Veronese. 249. Cyclostoma elegans Muli. 322. D Daphne collina Sm. 304. Del Prato A. 43. Dentalium cfr. novemeostatum Lamie. 323. De Stefani C. 1G8, 240, 251, 264. Diluvium. 151. Dioplodon sp. 21. Ditrupa coarctata Br. 323. Duna quaternaria del Capo Mele. 320. E Elveziano. 3G0. Emmericia Pigorinii Cler. 121. Ephippus Nicolisi Bass. 279. Eriphia sp. ind. 400. Eruzioni del distretto di Bolsena. 60. Escursione da Rimini a Sogliano. 262. Id. da Sogliano a Pennabilli. 264. Id. da Pennabilli a S. Marino. 275. F Fagus sylvatica L. 299. Ficus carica L. 308. Flora dei tufi vulcanici. 413. Flora fossile di Roma. 293. Flutto corrente. 235. Foraminiferi cretacei di vai Seriana.283. Foraminiferi pliocenici di Cà di Rog- gio. 367. Foresti L. 33. Formazione cristallina pr. Catanzaro. 352. Formazioni terziarie nella valle del Mesima. 161. Forn asini C. 48. 318. Fossaniano. 137. Frana del monte di Perticara. 266. Frondicularia alata d’Orb. 382. G Genesi del lago di Bolsena. 72. Geologia della pianura parmense. 41. Gesso di Squillace. 342. Globigerina bulloid.es d’Orb. 288, 387. n a var. triloba. 288. n cretacea d’Orb. 289. a regularis d’Orb. 388. n triloba Reuss. 388. Glyptostrobus Europaeus Heer. 149. Gneiss del littorale Ionico. 352. Granito id. 352. Grapa (gruppo del m.). 129. Grapsus sp. ind. 402. H Ilaploceras vernici feruni Mng. 131. Ilarpocerus M urdù sonae Sow. 130. Federa helix L. 305. Ilelix cespitum Drap. 320. a Melensis Cler. e Squin. 321. a nemoralis L. 321. 42 5 Indice alfabetico del voi. VII. Helix obvoluta Muli. 321. » 'profuga Schmidt. 320. » pulchella Muli. 320. » rotundata Muli. 321. Iloploparia sp. ilici. 411. Ilydrobia Melii Cler. 120. I Ilex aquifolium L. 305. Interrimenti lungo lo stretto di Mes- sina. 231. Inuus ccaudatus Geoffr. 250. Iv Kiinmeridgiano. 132. Klein prof. 51. L Lagena acuta Reuss. 47. » apiculata Reuss. 285, 377. » Bradyana F ornasini. 47. » globosa Moni. 285. » lucida Will. 46. Laurus canariensis Wild. 303. >’ nobilis L. 302. » princeps Heer. 303. Lava di Montalto. 74. » di S. Trinità e Canonica. 68. » presso Toscanella. 68. Leucitofiro di Gradoli. 96. Ligniti di Sogliano. 264. Lytoceras montanara Opp. 131. M Malagoli M. 396. Malamerenda pr. Siena. 168. Maree dello stretto di Messina. 232. Mariani E. 291. Marmitte dei giganti. 158. Mesima (valle del). 161. Miliolina agglutinans d’Orb 371. Miliolina Guvieriana d’Orb. 370. » cfr. oblonga Mont. 323. » pulchella d’Orb. 370. »■ secans d’Orb. 370. » seminulum L. 369. Miocene inferiore. 346. » medio 161. 343. » superiore. 340. Monasterace. 327. Monte di Stilo. 350. Montefiascone (crateri di) 63. Montegelli. 265. Monte Mario. 21. Monte Rado. 62. Monteverde. 118. Molluschi fossili nei pozzi artesiani del Parmense. 40. Morenico. 156. Murex torularius Lamk. var. um- bra 31. Mursiopsis pustulosus Ristori. 405. Mursiopsis Ristori (n. gen.) 404. N Neptunus convexus Ristori. 400. Neritina Isseli Cler. 121. Neviani A. 166. 366. Niccoli E. 274. Nodosaria ambigua Neug. var. cre- tacea. 286. » calomorpha Reuss. 47. » comunis d’Orb. 379. » filiformis d’Orb. 378. » hispula d’Orb. 286. 380. » laevigata d’Orb. 378. monilis Silv. 381. » pauperata d’Orb. 379. » perversa Schw. 382. •’ proxima Silv. 48. ;> radicala L. 286. » raphanistrum L. 379. » scalar is Batsch. 381. » semen Dodrl 380. » simplex Terq. e Berth. 287. 426 Indice alfabetico del voi. VII. Nonionina pompilioides Fich. et Moli. 394. » scapila Fich. et Moli. 394. » umbilicatula Montg. 393. Nummulites Lamk. 175, 178. Nummulites anomala de la H. 210. » biarritzensis d’Arch. 181. ” Boucheri de la H. 208. » Bisognarti d’Arch. et H. 225. » complanata Lamk. 178. » contorta Desìi. 182. » distans Desìi. 192. •i Fiditeli Michtti. 220. » Guettardi d’Arch. 199. ” intermedia d’Arch. 217. » lucasana Defr. 214. » miocontorta Teliini. 183. » operculiniformis Teliini. 204. » perforata d’Orb. 210. n Portisi Teliini. 191. » Ramondi Defr. 192. » reticolata Tellini. 224. » Rosai Teliini. 186. » Roualti d’Arch. et H. 215. » Rovasendai Teliini. 189. n Saccoi Teliini. 213. » Striata d’Orb. 195. n Tchihatchelfi d’Arch. et H. 193. » Tournoueri de la H. 208. » variabilis Tellini. 202. » vasca I. et Leym. 193. Nummulitidee terziarie. 169. 0 Oppelia compsa Op. 130. 131. Orbulina universa d’Orb. 389. Oreodaphne Ileerii Gd. 303. Oreopithecus bamboli i Gerv. 250. Origine del porto di Messina. 231 416. P Pagurus sp. ind. 408. Palaeocarpilius macrocheilus Desia. 378. Pantanelli D. 168. Pecten Avgelonii Mng. 167. » flexuosus Poli. 323. » histrix Dod. 167. » histrix Dod. Meli. 24. » sulespinulosus Seg. 167. Perforazioni della pianura parmense. 35. Periodi alluvionali. 19. Perisphinctes colubrinus Cat. 131. » contiguus Cat. 131. Persea foetida Hort. 304. Perticara (miniera di;. 268. Phragmites Oeningentis Al. 149. Phylloceras Benacense Cat. 131. ” isotypum Ben. 131. n Lorisi Menn. Chalm. 131. « poly oleum Ben. 131. Piacentino. 136. Piano ad Aspidoceras acanthicum Opp. 129. Planispirina contraria d’Orb. 369. Pliocene. 330. Polimorphina compressa d’Orb. 288. ìi comunis d’Orb. 386. Polystomella crispa L. 323, 394. Ponzi G. 49. Porfido dioritico. 353. Posterziario. 329. Patamogeton sp. 298. Pozzi artesiani nel Parmense. 36. Prepaleozoico. 365. Pterocarya Massalongi Gd. 300. Pulvinulina partschiana d’Orb. 392. » schreibersii d’Orb. 392. Pupa quinquedentata Born. 322. Q Quercus ilex !.. 299. 427 Indice alfabetico del voi. VII. R Rambotti y. 856. Ranina Aldrovandi Ranz. 408. » speciosa Miinst. 406. Relazione delle escursioni. 262. Rhamnus alaternus E. 308. Ristori G. 249, 250, 412. Rocce leucitiche dei vulcani Vulsinii. 84. Rocce leucitiche di abito doleritico. 90. Rocce leucitiche di abito tefritico. 92. » » di Montalto. 94. Rotalia Beccarli d’Orb. 323, 392. » Soldanii d’Orb. 393. S Sacco E. 160. Sagrina affinis Fornasini. 45. Sahariano. 151. Salir cfr. acuminata Smith. 300. » cinerea L. 307. Sargus Sioni Rouault. 360. Scarabelli G. 241. Scaroide (denti di). 22. Scimmie fossili del Val d’Arno. 250. Scylla. 249. Secco A. 133. Sedia del diavolo pr. Roma. 116. Selci scheggiate di Acquatraversa pr. Roma. 106. Serie dal m. Stella a Monasterace. 364. Serpentina di Secchiano. 276. Servino (roccia). 350. Sezione geologica pr. Roma. 100. Sienite porfirica. 353. Sphenodus longidens Ag. 132. Spheroidina bulloides d’Orh. 389. Spiroloculina nitida d’Orb. 323. Squinabol S. 323. Strombus coronatus Defr. 27. Struttura fisica della penisola italiana. 50. T , • • * • r? « Taramei.li T. 19, 130. Tavola paleo-protistografica. 44. Taxus boccata L. 298. Tefriti leucitiche. 84, 86. » » passanti alle leuci- titi. 88. Tellini A. 227 Terebratula diphya. 130. » cfr. ianitor Rict. 132. » Reni eri. 130. » Rotzoana. 130. » rupicola. 130, 132. Terraziano. 157. Tenutaria agglutinans d’Orb. 372. » concava Karr. 45. « conulus Reuss. 285. » cordata Mng. 318. » Meneghina Forn. 318. ” obsoleta Reuss. 285. » ponderosa Forn. 373. » sagiltula Defr. 46, 372. » Soldanii Forn. 318, 372. » tuberosa d’Orh. 373. Textularie plioceniche del Senese. 316. Trachiti andesitiche di Sassara e m. Alfina. 79. Trachite del m. di S. Magno. 81. ” di Bolsena. 80. » di Torre Alfina e S. Lorenzo. 77. » dei Vulcani Vulsinii. 60. Truncatulina Dutemplei d’Orb. 391. » lobatula Walk. et Iac. 323, 390. » Ungeriana d’Orb. 390. Tuccimet G. 25, 261. Tufi Vulsinii. 68. Tufo di Gradoli. 96. » trachitico di valle Vidone. 83. 428 Indice alfabetico del voi. VII. U Ulmus campestri L. 301. Uvigerina bononiensis Foni. 48. » pygmaea d’Orb. 387. V Yalchetta pr. Roma. 293. Vallo Famìaglia. 141. V al Sordina (Veronese). 279. Vaginulina legumen L. 383. Venus ovata Perni. 323. Verri A. 99. Vertebrati fossili del Val d’Arno. 251 Vertigo edentula Drap. 322. » muscorum L. 322. Villafranchiano. 140. Virgulina Screibersiana Czjizek 375 W JVaagenia hybonota Opp. 131. Z Zolfo termogene. 341. INDICE SISTEMATICO DEL VOL. VII. Ufficio di Presidenza della Società geol. it. per l’anno 1888 . . Pag. 3 Soci perpetui „ 4 Elenco dei Soci ordinari per l’anno 1888 » 5 Adunanza generale tenuta in Imola il 12 febbr. 1888 » 13 Bilancio consuntivo del 1886 » 14 Presentazione di omaggi e cambi » 16 Nomine di soci e comunicazioni della Presidenza ... » 18 T. Taramelli. — Comunicazione Sugli antichi periodi alluvionali » 19 G. Capellini. — Comunicazione sopra un Rostro di Dio- plodon nelle sabbie marnose grigie della Farnesina sotto monte Mario » 21 Id. — Denti di Scaroide nel miocene di Catanzaro . . » 22 C. De Stefani, L. Foresti. — Discussione sul Pecten liystrix » 24 L. Foresti. — Di una varietà di S tr ombus cor onatus Defr. e di un'altra di Murex torularius Lk. del pliocene di Castel Viscardo ( Umbria) (con 2 tav.) , . . » 27 A. Del Prato. — Sopra alcune perforazioni della pianura parmense » 35 C. Fornasiui. — Tavola paleo-protistografica (con 1 tav.) ... :> 44 A. Verri. — Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii ... » 49 E. Clerici. — Sopra unu sezione geologica presso Roma ... » 100 Id. — Sulla Corbicula f luminali s dei dintorni di Roma c sui fossili che l'accompagnano (con 2 tav.) » 105 A. Secco. — Il piano ad Aspidoceras Acanthicum Op. in Collalto di Solagna (con 1 tav.) » 129 F. Sacco. — Il cono di defezione della Stura di Lanzo (con 1 tav.) » 135 A. Neviaui. — Le formazioni terziarie nella valle del Mesima . » 161 C. De Stefani. — Precedenza del Pecten Ang cloni i Mng. al P. Hystrix Dod » 167 A. Teliini. — Le nummulitidee terziarie dell'Alta Italia occiden- tale (con 1 tav.) » 169 C. De Stefani. — Origine del porto di Messina e di alcuni in- terrimenti lungo lo stretto » 231 Adunanza generale tenuta in Rimini il 6 settembre 1888. ... 241 Discorso d’apertura del Presidente G. Scarabclli. ... » ivi Nomine di nuovi soci » 24»> 430 Indice sistematico del voi. VII. Presentazione di omaggi e cambi Pag. 243 Discussione sulla pubblicazione dei nomi di soci morosi. » 246 Nomina del vice tesoriere „ 247 Proposte e comunicazioni della Presidenza » ivi Presentazione di lavori „ 249 G. Ristori. — Comunicazione Sopra un crostaceo fossile del Veronese „ jvi Comunicazione Sopra alcune scimie fossili del Valiamo e di Montebamboli » 250 C. De Stefani. — Comunicazione Sui vertebrati fossili Del Valiamo » 251 Adunanza generale tenuta in S. Marino il 10 settembre .... » 255 Bilancio consuntivo del 1887 » 256 Discussione sul medesimo „ 258 Presentazione di memorie „ 259 Votazione per la elezione del Vice presidente e di quattro Consiglieri » 260 C. De Stefani e G. Scarabelli (presidente). Discorsi di chiusura ,, ivj C. De Stefani. — Escursione del 7 settembre da Rimini a Sof/liano » 262 E. Niccoli. — Escursione dell'8 settembre da Sogliono a Penna- billi . . n 264 E. Clerici. — Escursione del 0 settembre da Pennabilli a S. Ma- rino « 275 F. Bassani. — Sopra una nuova specie di Ep hip pus scoperta nell'Eocene medio di Val Sordina pr. Lonigo (Veronese) (con 1 tav.) n 279 E. Mariani. — Foraminiferi del calcare cretaceo del Costone di Gavarno in Val Seriana (con 1 tav.) » 283 G. Antonelli. — Contributo alla fora fossile del suolo di Roma. » 293 C. Fornasini. — Di alcune textularie plioceniche del Senese (con 1 tav.) «316 E. Clerici e S. Squinabol. — La duna quaternaria al capo delle Mele in Liguria (con fig. intere.) » 319 V. Rambotti e A. Neviani. — Cenni sulla costituzione geologica del littorale Ionico da Cariati a Monasterace (con 2 tav.) » 325 M. Malagoli. — Foraminiferi pliocenici di Cà di Roggio nello Scandianese (con 1 tav.) . » 367 G. Ristori. — Crostacei piemontesi del miocene inferiore {con 1 tav.) » 397 E. Clerici. — Contribuzione alla flora dei tufi vulcanici della provincia di Roma » 413 E. Cortese. — Sulla origine del porto di Messina e sui movi- menti del mare nello stretto » 416 Indice alfabetico » 423 La Società geologica italiana tiene due adunanze ordinarie all’anno ; Furia invernale nella città dove ha sede il Presidente, l’altra estiva in luogo da de- stinarsi anno per anno. Per far parte della Società occorre esser presentato da due soci in una adunanza ordinaria, e pagare una tassa annua di L. 15, e una tassa d’entrata di L. 5. La tassa annua puà esser sostituita dal pagamento di L. 200 per una sola volta. I versamenti si fanno al socio cav. ing. Augusto Statuti, via dell’Anima 17, Roma. Ogni socio all’atto dell’ammissione si oldiga di restare nella Società pol- tre anni, al cessare dei quali l’impegno s’intende rinnovato di anno in anno, se non venga denunziato tre mesi prima della scadenza. I soci hanno diritto al Bollettino che periodicamente si stampa in fascicoli. Nel bollettino si pubblicano le memorie presentate ed accettate nelle Adunanze o dalla Presidenza, insieme all’elenco dei soci, ai bilanci ed ai reso- conti delle adunanze generali e ,delle escursioni. Le memorie che non vengono presentate in Adunanza generale, saranno inviate alla Presidenza, e per essa al Segretario. L’Autore di una memoria fornita di tavole, se per la esecuzione di queste domanda un sussidio alla Societii, deve lasciare a questa la cura di farle ese- guire, o almeno mettersi in pieno accordo colla Presidenza. Agli autori si danno 50 copie dell’estratto. Per le successive 50 il prezzo a carico dell’autore è in ragione di L. 6 per ogni foglio di pag. 16, e L. 3 per ogni mezzo foglio o frazione di mezzo foglio. I volumi arretrati del bollettino si vendono al prezzo di L. 20 l’uno, meno il voi. IV (1885) che si vende L. 30. Ai librai è accordato uno sconto da convenirsi. — Per l’acquisto diriggere lettere e vaglia al socio cav. ing. Augusto Statuti, via dell’Anima 17, Roma. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL PRESENTE FASCICOLO. Adunanza generale della Società geologica italiana tenuta in Rimini Id. RI. tenuta in S. Marino Relazione delle escursioni fatte tra Rimini e S. Marino F. Bassani. Sopra una nuova specie di Ep hippies scoperta nell'Eocene medio di Val Sordina presso Lonigo ( Veronese) (con 1 tav.) E. Mariani. Foraminiferi del calcare cretaceo del Costone di Cavarne in Val Seriana (con 1 tav.) Gr. Antonelli. Contributo alla flora fossile del suolo di Roma C. Fornasini. Di alcune textularie plioceniche del Senese (con 1 tav.) E. Clerici, e S. Squinabol. La duna quaternaria del capo delle Mele in Liguria Y. IUmbotti e A. Neviani. Cenni sulla costituzione geologica del litorale Ionico da Cariati a Mona- stercice (con 2 tav.) M. Malagoli. Foraminiferi pliocenici di Cà di Rog- gio nello Scandianese (con 1 tav.) G. Bistori. Crostacei piemontesi del miocene infe- riore (con 1 tav.) E. Clerici. Contribuzione alla flora dei tufi vulca- nici della provincia di Roma E. Cortese. Sulla origine del porlo di Messina e e sui movimenti del mare nello stretto .... Indice alfabetico del vol. VII Indice sistematico del vol. VII pag. 241 » 255 « 262 » 279 » 283 « 293 « 316 « 319 » 325 « 367 » 397 » 413 n 416 » 423 « 429 SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA (mente et malleo) STATUTO, REGOLAMENTO, DELIBERAZIONI SPECIALI DISPOSIZIONI DEL PREMIO MOLON ELENCO DEI SOCI AL 1° GENNAIO 1888. Iioma. — Tipografia dei Lincei SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA (mente et malico) STATUTO, REGOLAMENTO, DELIBERAZIONI SPECIALI DISPOSIZIONI DEL PREMIO MOLON ELENCO DEI SOCI AL 1° GENNAIO 1888. SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA FONDATA IN BOLOGNA IL 29 SETTEMBRE 1881 STATUTO 1. È costituita una Società geologica italiana , avente lo scopo di contribuire ai progressi della Geologia con pubblicazioni, con incoraggiamenti e coll’ agevolare i rapporti tra i Soci. 2. Per far parte della Società occorre essere presentati da due Soci in una delle adunanze ordinarie, e pagare una tassa annua anticipata di L. 15 e una tassa di entrata di L. 5. La tassa annua può essere sostituita dal pagamento di L. 200 per ima sola volta. 3. L’amministrazione della Società è affidata a un Consiglio composto di un Presidente, un vice-Presidente, dodici Consiglieri, un Segretario. Il Consiglio nomina due vice-Segretari, un Archivista e un Tesoriere. 4. I membri del Consiglio sono eletti a maggioranza assoluta dei votanti; ove ne sia il caso, si procederà ad una votazione di ballottaggio fra quelli che ebbero un maggior numero di voti. Tutti i Soci votano o direttamente nell’assemblea o per lettera. 5. 11 Presidente dura in carica un anno e gli subentra il vice-Presidente eletto nell’anno innanzi. Il Segretario dura in ca- rica tre anni; i Consiglieri parimente, e ciascun anno vengono cambiati per un terzo. — 4 — 6. Gli ufficiali uscenti di carica non possono essere rieletti nelle medesime funzioni prima che sia decorso un anno. 7. La Società tiene ciascun anno due adunanze generali, l’una estiva, l’altra invernale: e stabilisce anno per anno il luogo ove deve tenersi l’adunanza estiva. 8. Solo nell’adunanza ordinaria estiva si nominano gli ufficiali, si approvano i bilanci e si adottano le deliberazioni concernenti l’amministrazione della Società. 9. L’adunanza invernale sarà tenuta la seconda metà di gen- naio, nel luogo ove dimora il Presidente annuale della Società, o in altro luogo designato dalla Presidenza. 10. Quando almeno dodici Soci si accordino nel tenere adu- nanze scientifiche periodiche o straordinarie devono darne avviso alla Presidenza sei settimane prima, acciocché siano diramati gli inviti a tutti i componenti la Società. Le adunanze saranno tenute sotto la presidenza della persona scelta dai Soci presenti, la quale manderà al Presidente della So- cietà il processo verbale dell’adunanza. 11. La sede dell’archivio e della biblioteca della Società è in Roma ove risiederà pure l’Archivista. * 12. La Società pubblica un Bollettino periodico che viene distribuito gratuitamente ai Soci. In proporzione ai fondi disponi- bili si pubblicheranno anche delle Memorie . 13. Le modificazioni allo Statuto dovranno essere anzitutto approvate nell’ adunanza generale estiva. Esse saranno poscia sot- toposte al voto per lettera di tutti i Soci, i quali risponderanno per Si o per No. Le modificazioni non s'intendono definitivamente adottate se non quando siano approvate dai due terzi dei votanti. REGOLAMENTO 1. Consiglio direttivo. — Presenta all’approvazione della So- cietà i bilanci preventivi e consuntivi : coadiuva il Presidente nella direzione della Società. 2. Presidente. — Ha la rappresentanza ufficiale della Società; convoca e presiede le adunanze; firma la corrispondenza, potendo a tal uopo delegare il Segretario ; firma i mandati d’uscita ; no- mina la Commissione per le pubblicazioni della Società. 3. Vice-Presidente. — Subentra al Presidente nel caso di man- canza di questo, e convoca la Società per l’elezione del Presidente nel caso che non siano trascorsi sei mesi dalle elezioni. 4. Segretario. — Conserva la corrispondenza tenendone proto- collo ; dietro ordine del presidente dirama gl’ iviti per le adunanze; tiene il registro dei Soci ; è responsabile dei verbali del Consiglio direttivo e delle adunanze generali; è coadiuvato dai vice-Segre- tari eletti annualmente dal Consiglio. 5. Archivista. — Ha in consegna i libri della Società, le pub- blicazioni invendute, la corrispondenza anteriore all’anno in corso, e i documenti affidatigli dalla Presidenza tenendone regolare inven- tario ; cura la stampa delle pubblicazioni della Società a meno che non ne sia dispensato, e veglia alla distribuzione delle medesime ai Soci ; versa al Tesoriere il prezzo delle pubblicazioni vendute. 6. Tesoriere. — Risiede in Roma; tiene l’amministrazione della Società ; cura la riscossione delle quote annuali rimettendone la nota al Segretario e all’Archivista ; paga i mandati firmati dal Presidente e riscuote qualunque entrata della Società. 7. Pubblicazioni della Società. — La Società pubblica le Me- morie presentate ed accettate nelle adunanze o dalla Presidenza, in fascicoli in 8° ad intervalli possibilmente periodici, unitamente all’elenco dei Soci, ai bilanci e ai verbali delle adunanze ordi- narie e straordinarie. Nel caso di tavole unite alle Memorie e che la spesa sia consentita dal bilancio, gli autori dovranno ac- cordarsi per la loro pubblicazione con la Commissione a ciò de- legata. 1 Soci potranno presentare le loro Memorie alle adunanze srenerali ordinarie e straordinarie o inviarle direttamente alla Pre- o sidenza. 8. Timbro della Società. — Porterà scritto in giro : « Società Geologica Italiana mente et malico » e nella parte centrale, due martelli incrociati. — 6 — DELIBERAZIONI DEL CONSIGLIO E DELLA SOCIETÀ IN AGGIUNTA AL REGOLAMENTO 1. L'anno finanziario avrà principio e fine coll’anno solare; il versamento della quota annuale sarà fatto dai Soci entro i due primi mesi deH'aimo. ( Bologna , 18 marzo 1883). 2. Gli ufficiali uscenti di carica cederanno il posto ai nuov eletti soltanto il 1° gennaio dell’anno seguente, e regoleranno entro il mese di dicembre gli affari in corso. 3. Ciascuno dei due vice-Segretari resterà in carica per due anni. ( Fabriano , 1° settembre 1883). 4. Quando l’autore di una Memoria da pubblicarsi nel Bol- lettino, non vuole sostenere per intiero la spesa delle tavole che vi sono annesse, ma domanda un sussidio dalla Società, deve la- sciare a questa la cura di farle eseguire, o almeno mettersi in pieno accordo colla Società. Il Segretario comunicherà all’autore la quota di contributo della Società, che verrà determinata dal Consiglio. (Padova, 15 marzo 1885). 5. Saranno concessi ai Soci 15 giorni di tempo per la cor- rezione delle bozze di stampa. ( Bologna , 18 marzo 1883). 6. La Commissione per le pubblicazioni della Società, previ- sta dall’ art. 2 del Regolamento, sarà composta prò tempore del Presidente, Segretario, Tesoriere ed Archivisia, e dei tre consi- glieri D’Achiardi, Omboni e Scarabelli. La durata in carica è di tre anni. (Roma, 4 maggio 1885). — 7 — 7. A cominciare dal 1886 verranno date agli autori delle Memorie inserite nel Bollettino , 50 copie di estratti, invece di 25. (. Arezzo , 13 settembre 1885). 8. È istituita la nuova categoria dei Soci perpetui, riservata per quei Soci che hanno contribuito su vasta scala all’incremento e alla prosperità della Società. Fanno parte di questa categoria Quintino Sella che fu uno dei tre fondatori della Società; e Francesco Molon , che ad essa legava con suo testamento la somma di lire 25,000. {Padova, 15 marzo 1885). 9. Ogni Socio all’atto dell’ammissione si obbliga di restare nella Società per tre anni, al cessare dei quali l’impegno s’intende rinnovato di anno in anno, se non venga denunziato tre mesi prima della scadenza. La prima quota annuale e la tassa d’ingresso saranno pagate all’atto deH’ammissione. ( Savona , 13 settembre 1887). 10. Per i suoi insigni meriti scientifici il Socio prof. comm. Giuseppe Meneghini è nominato per acclamazione Socio a vita. ( Savona , 15 settembre 1887). 11. Il Socio ing. cav. Augusto Statuti (Yia dell'Anima 17, Roma) è incaricato della riscossione delle quote sociali. 12. I Soci che d’ora innanzi saranno nuovamente ammessi, avranno facoltà per un triennio di optare per divenire Soci a vita, nel qual caso le quote versate andranno in diminuzione delle 200 lire stabilite. 13. Il pagamento delle quote sociali comincerà dall’anno in corso per i Soci approvati nell’adunanza invernale, dall’anno se- guente per quelli approvati nell'adunanza estiva. {Imola, 12 febbraio 1888). — 8 — REGOLAMENTO PER IL PREMIO MOLOX Il comm. Francesco Molon di Vicenza nella seconda pagina del suo testamento olografo in data 14 gennaio 1885, rivolgendo un pensiero affettuoso alla Società Geologica Italiana, della quale era stato uno dei primi limatali e da poco tempo eletto Consi- gliere, così si esprime: « Procurando di cooperare secondo le mie forze alla dignità « della patria coH’incremento delle scienze, lascio la somma di « lire 25000 (venticinquemila) in proprietà alla rappresentanza - giuridica della Società Geologica Italiana residente in Roma, de- li stinandone la rendita per una terza parte a sussidio delle spese - di pubblicazione delle Memorie scientifiche, che presentate un- ii nualmente dai membri effettivi saranno giudicate da stamparsi « nel Bollettino ; e per le altre due terze parti ad istituire con- - corsi a premi sopra temi di Geologia e Paleontologia proposti da « apposita Commissione di tre membri eletti dal Consiglio diret- - tivo. Altra Commissione di altri tre membri, pure eletti dal Con- « siglio direttivo, giudicherà le Memorie da premiarsi, a maggioranza « di voti » . La Società Geologica, esaurite tutte le formalità legali attual- mente in vigore e soddisfatto il pagamento delle tasse, avendo rinvestito la intera somma di lire venticinquemila in una cartella nominale di consolidato italiano 5 °/o per la rendita annua di lire milleduecentosettantacinque , in seguito ad accordi del Presidente della Società con la signora Camilla De Muri vedova Molon, come risulta dalPistromento di consegna del legato, rogato in Vicenza il 28 aprile 1886, nella sua Va adunanza estiva in Terni, ha ap- provato il seguente Regolamento per-la istituzione ed aggiudicazione del premio che dal nome delPillustre Socio benefattore si intito- lerà: Premio Molon. Art. 1. Al premio Molon saranno attribuite due terze parti della ren- dita annua che deriverà dalla cartella nominale sopraindicata della rendita annua di lire milleduecentosettantacinque, salvo le condi- — 9 — '/ioni convenute neH’istromento di consegna, e prelevate le tasse annue imposte e da imporsi proporzionalmente, e qualunque altra spesa che potesse incorrere. Art. 2. Affinchè i concorrenti abbiano tempo sufficiente per svolgere il tema che sarà proposto da apposita Commissione di tre membri eletta dal Consiglio direttivo, e perchè l’entità del premio stesso sia tale da incoraggiare parecchi a concorrervi, il premio sarà triennale. Art. 3. Di regola il concorso verrà bandito dal Consiglio direttivo nell’adunanza estiva che la Società tiene ogni anno, secondo lo Statuto fondamentale, e si chiuderà nel marzo del 3° anno; nel- radunanza estiva susseguente alla chiusura del concorso si discu- terà e si approverà il rapporto della Commissione aggiudicatine e, costituita di tre membri nominati pure dal Consiglio direttivo, secondo la volontà del testatore e sarà bandito un nuovo concorso pel triennio successivo. Art. 4. I lavori presentati pel concorso potranno essere stampati e manoscritti, e non saranno restituiti agli autori. Nel caso di lavori manoscritti la Società si riserba il diritto di pubblicazione nel Bollettino , sentito il parere della Commissione per la stampa; qualora non fosse possibile la pubblicazione per conto della So- cietà, il Consiglio potrà, sotto condizione, concedere agli autori l’uso dei loro manoscritti per farli stampare altrimenti. Art. 5. Qualora entro il termine fissato non venissero presentati la- vori pel concorso, e nel caso che nessuna delle Memorie presentate fosse stata riconosciuta meritevole del premio, la somma stanziata a questo scopo verrà capitalizzata per la formazione di un fondo speciale la cui rendita sarà annualmente impiegata per le pubbli- cazioni scientifiche della Società. Art. 6. Dal fondo annuo dei premi potrà il Consiglio volta per volta e con speciali deliberazioni, prelevare piccole somme da destinare per incoraggiamento a traduzioni di opere di Geologia e Paleon- tologia dal tedesco e dall'inglese, secondo la espressa volontà del donatore Molon. Art. 7. Non potendo la Società Geologica essere completamente rim- borsata di tutte le spese occorse per l’accettazione e la tradizione del legato in discorso prima dell'anno 1892, l’entità dei due premi che saranno aggiudicati nel sessennio è fissata in misura diversa da quella che risulterà per i concorsi avvenire e dopo l’esperienza dei due primi concorsi. Il primo concorso sarà bandito in Terni nell’adunanza estiva del settembre 1886, come dall’impegno assunto nell’atto della consegna del legato con la vedova Molon ; verrà dichiarato chiuso colla fine del marzo 1889; nella adunanza estiva dello stesso anno, a norma deH’art. 3 di questo Regolamento, verrà presentato il rapporto della Commissione aggiudicatrice e conferito il premio ammontante a lire milleottocento. Nella stessa adunanza estiva del 1889 sarà pure bandito il concorso per il 2° premio, fissando la chiusura di esso alla fine del marzo dell’ anno 1892. La somma destinata per questo premio potrà ritenersi non inferiore a quella del premio antecedente e la Società si farà un dovere di aumentarla, quando si rendano possibili eco- nomie sulle tasse o sulle altre spese che possono occorrere. Nella susseguente adunanza estiva dello stesso anno 1892 sara aggiudicato il premio, in seguito al rapporto della Commis- sione e bandito il 3° concorso. — 11 — Art. 8. Pel maggiore interesse della scienza e per la prosperità della Società Geologica Italiana, che furono gli scopi della generosa elar- gizione Molon, il Consiglio si riserva di fare proposteTntorno a mo- dificazioni anche essenziali al presente Regolamento, previo accordo con gli eredi del donatore, e in seguito alle difficoltà che fossero per incontrarsi seguendo troppo letteralmente le indicazioni testa- mentarie relative ai modi del concorso. Letto ed approvato il presente Regolamento nella Seduta del Consiglio direttivo della Società Geologica tenutasi in Terni, il 23 ottobre 1886, essendo Presidente G. Capellini, Segretario R. Meli. Il tema pel concorso al premio Molon bandito nell’adunanza generale di Terni, 26 ottobre 1886, è il seguente: Storia dei progressi della geologia in Italia negli ultimi 25 anni ( 1860-1885 ). Premio lire 1800. Il termine per la presentazione delle Me- morie scade il 31 marzo 1889. • .il ■ SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Presidente per l’anno 1882 Meneghini ” » 1888 Capellini » » 1884 Stoppani Presidente per l’anno 1885 De Zigno » » 1886 Capellini n >7 1887 Cocchi lllticio di Presidenza per l’anno 1888. Presidente Conte comm. Giuseppe Scarabelli Gorami-Flamini Senatore del Regno ~\7~ ice-Presitiente Prof. comm. Giovanni Capellini. Segretario Prof. doti. Giuseppe Tuccimei Vice-Segretar io Prof. cav. Cesare D’Ancona Avv. Tommaso Tittoni Deputato al Parlamento A rcliivista Prof. ing. Romolo Meli Consiglieri Prof. Francesco Bassani Prof. comm. Luigi Bombicci Prof. comm. Giuseppe Beliucci Ing. cav. Celso Capacci Conte Francesco Castracane degli Antelminelli Barone comm. Achille De Zigno Comm. ing. Felice Giordano Prof. cav. Arturo /ssei Comm. Paolo Lioy Deputato al Parlamento Prof. comm. Giuseppe Meneghini Senatore del Regno Ing. cav. Enrico Niccoli Prof. cav. Orazio Silvestri 14 — Soci perpetui 1. Quintino Sella (morto a Biella il 14 marzo 1884). Fu uno dei tre istitutori della Società e venne annoverato tra i Soci perpetui per deliberazione unanime nell’Adunanza gene- rale tenutasi dalla Società il 14 settembre 1885 in Arezzo. . Francesco Molon (morto a Vicenza il 1 marzo 1885). Fu consigliere della Società, alla quale legava con suo testa- mento la somma di Lire 25,000 ; venne iscritto fra i Soci per- petui per deliberazione unanime nell’Adunanza generale del 14 settembre 1885. 5. Meneghini prof. comm. Giuseppe. Per i suoi insigni meriti scientifici venne acclamato Socio perpetuo nell’Adunanza generale di Savona il 15 settembre 1887. Elenco dei Soci ordinari per l’anno 1888 (*) Anno di nomina 1881. 1881. 1883. 1886. 1882. 1882. 1884. 1887. 1884. 1882. -1881. 1883. -1884. 1883. 1887. 1883. 1885. 1883. 1884. 1882. 188 1. 1883. 1885. 1881. -1882. 1884. 1884. 1887. Alessandri ing. Angelo. Via Broseta 14. Bergamo. Amici Bey ing. Federico. Cairo (Egitto). Anseimi Gabianelli Anseimo. Arcevia (Ancona). Antonelli doti. D. Giuseppe. Via Giulia 55. Roma. Aragona dott. Luciano. Robecco d’Oglio (Cremona). Avanzi Riccardo. Piazza Scala. Verona. Baldacci ing. Luigi. R. Ufficio geologico. Roma. Baldi ing. cav. Federico. Savona. * Largagli cav. Piero. Via de’ Bardi, palazzo Tempi. Firenze. 10 Bargellini prof. Mariano. R. Liceo. Siena. Bassani prof. Francesco. R. Università. Napoli. Becchetti prof. Sostene. Taranto. Bellio prof. Vittore. R. Università. Pavia. Beliucci comm. prof. Giuseppe. Università. Perugia. Benecke cav. Evaristo. Savona. Benigni Olivieri march. Costantino. Fabriano. Benigni Olivieri march, dott. Oliviero. Fabriano. Berti dott. Giovanni. Via Cestello 2. Bologna. Biagi dott. Giuseppe. Casalmaggiore (Cremona). 20 Bollinger ing. Enrico. Via Principe Umberto 3. Milano. *Bo?nbicc,i comm. prof. Luigi. R. Università. Bologna. Bonetti prof. Filippo. Via S. Chiara, 57, p. 3. Roma Borgnini ing. comm. Secondo. Direzione generale fer- rovie della Rete Adriatica. Firenze. Bornemann dott. J. G. Eisenach. Botti cav. avv. Ulderigo. R. Prefettura. Cagliari. Brugnatelli dott. Luigi. Via S. Martino 18. Pavia. Bruno prof. Carlo. R. Liceo. Mondovì. Bruno dott. Luigi. Geometra. Ivrea. (*) L’asterisco indica i soci a vita. 16 1881. 1884. 188'2. 1886. 1882. 1882. 1882. 1881. 1881. 1881. 1883. 1881. 1882. 1883. 1882. 1887. 1888. 1886. 1882. 1881. 1886. 1882. 1886. 1881. 1883. 1886. 1881. 1885. 1882. 1881. 1881. 1882. 1881. * Bumiller cornili., ing. Ermanno. Via Lorenzo il Ma- gnifico 12. Firenze. 30 Cadolini cornili, ing. Giovanni deputalo al Parlamento. Via Piasella 145. Roma. Cafici barone Ippolito. Vizzini (Catania). Calderoni ing. Rodolfo. Perugia. Camis ing. Vittorio. Piazzetta Nogara. Verona. Canavari prof. Mario. Museo geologico. Pisa. Cantoni ing. Angelo. Via Rocchetta 5. Pavia. Capacci cav. ing. Celso. Terni. Capellini comm. prof. Giovanni. R. Università. Bo- logna. Cardinali prof. Federico. R. Istituto tecnico. Macerata. Castelli cav. dott. Federico. Villa S. Michele. Porta ma- remmana. Livorno. 40 Castratane conte Francesco. Piazza delle Coppelle. Roma. Cattaneo ing. R. Miniere di Monteponi. Torino. Cavara Fridiano. Istituto botanico. Pavia. Chailus ing. Alberto. Bagnasco (Cuneo). Ceva (Miniera di carbone). Charlon ing. E. Diano Marina (Porto Maurizio). Chetassi prof. Italo. Via de’ Camaldolesi 8. Forlì. Cherici dott. Nicolò. Pieve S. Stefano (Arezzo). Chigi Zondadari march. Bonaventura.. Siena. Chiminelli cav. dott. Luigi. Bassano (Vicenza). Chiodi Giuseppe. Narni. 50 Ciofalo Saverio. Termini Imerese (Palermo). Clerici Enrico. Via Sistina 75 D. Roma. * Cocchi cav. prof. Igino. Via de’ Pinti. 51. Firenze. Cocconi comm. prof. Girolamo. R. Università. Bologna. Colale ing. Michele. Ufficio delle miniere. Caltanissetta. Conti ing. Cesare. R Ufficio delle miniere. Caltanissetta. Coppola ing. Liborio. Campobasso. Corini avv. Mariano. Via Arcivescovado 15. Genova. Cortese ing. Emilio. R. Ufficio geologico. Roma. Cossa cav. prof. Alfonso. R. Scuola per gli Ingegneri. Torino. 60 fD'Achiardi cav. prof. Antonio. R. Università. Pisa. Dal Pozzo di Mombello cav. prof. Enrico. Università. Perugia. 1885. — 17 — D’Ancona prof. cav. Cesare. R. Istituto superiore (Museo geologico). Firenze. 1883. De Amicis dott. Giovanni Augusto. R. Liceo Tasso. Salerno. 1882. De Betta comm. nob. Edoardo. Castelvecchio. Verona 1881. De Ferrari ing. Paolo Emilio. Lungarno Torrigiani 31, •Firenze. 1883. De Gregorio Brunaccini march, dott. Antonio. Molo. Palermo. 1881. *Delaire cav. ing. Alexis. Boulevard St. Germain 155. Parigi. 1886. Del Bene ing. Luigi. Terni. 1883. Dal Buono ing. Angelo. Ufficio tecnico provinciale. Terni. 1881. 7o Delgado cav. Joaquim Philippe Neri/. Rua do Arco a Jesus. Lisbona. 1888. Della Campanari ob. Cesare. Via Pastrengo 26. Genova. 1883. Dell’Angelo prof. Giovanni Giacomo. Domodossola (Novara). 1886. Dell'Erba ing. prof. Luigi. ViaTrinità maggiore6. Napoli. 1886. Del Moro ing. E. Segretario del Club Alpino. Savona. 1881. Del Prato dott. Alberto. R. Università. Parma. 1882. De Marchi ing. Lamberto. Via Napoli 65. Roma. 1881. De Rossi cav. prof. Michele Stefano. Piazza d'Aracoeli 17. Roma. 1881. De Stefani prof. Carlo. Via Pippo Spano 6. Firenze. 1886. De Vincentiis cav. Odoardo. Taranto. 1881. 80 Dewalque uffic. prof. Gustavo. Rue de la PaixlT. Liegi. 1881. De Zigno barone comm. Achille. Padova. 1882. Di Canossa march. Ottavio. Castelvecchio. Verona. 1883. Di Roasenda cav. Luigi. Sciolze (Torino). 1885. Di Stefano dott. Giovanni. R. Università. Palermo. 1882. Di Lucci cav. ing. Pacifico. Via Fontanella di Bor- ghese Palazzo Merighi. Roma. 1883. Elisei Alessandro. Gubbio. 1887. Eroli march. Giovanni. Narni. 1883. Fabri comm. ing. Antonio. Lungarno Torrigiani 29. Firenze. 1886. Fabbri dott. Alessandro. Terni. 1882. 90 Farina ing. Luigi. Via Nuova. Verona. 1882. Favero ing. Valentino. Bassano (Vicenza). 1888. Fazio sac. Agostino. Seminario vescovile. Savona. 1883. Fedrighini ing. Attilio. Ancona. •1887. 4883. 4881. 4887- 1881. 4881. 4884. 4885. 4884. 4887. 4884. 4883. 4882. 4881. 4884. 4886. 4884. 4886. 4885. 4884. 4881. 4881. 4883. 4886. 4883. 4884. 4882. 4886. 4883. 4881. 4882. 4883. 4886. — 18 — Ferrari Bernardo. Ingegnere capo del genio imperiale Ottomano. Costantinopoli. Ferri Mancini prof. J). Filippo. Via Botteghe Oscure 47. Roma. Flottes Leone. Rue de Courcelles 52. Paridi. Foldi prof. cav. Giuseppe. Savona. Foresti dott. Lodovico. Museo geologico. Bologna. Fornasini cav. dott. Carlo. Via delle Lame 24. Bologna. 100 Forsyth Major dott. Carlo. Porto S. Stefano (Orbetello). Fossa Mancini ing. Carlo. Jesi. Fossen ing. Pietro. Carrara. Frumento ing. Giuseppe. Via Genova 6. Savona. Gamba ing. Cesare. Genova. Gatta cav. cap. Luigi. Piazza dell’ Indipendenza Roma. Gemmellaro prof. comm. Gaetano Giorgio. R. Univer- sità. Palermo. Giordano comm. ing. Felice. Piazza della Pilotta. Palazzo Bruschi. Roma. Gobbani dott. Omero. Città della Pieve. Gozzi ing. Giustiniano. Terni. 110 Gualterio march, dott. Carlo. Baguorea. Gualterio march, ing. Giambattista. Bagnorea. Guiducci dott. Antonio. Corso Vittorio Emmanuele. Arezzo. x Hughes cav. prof. Thomas Mac Kenny. Università. Cambridge. lssel cav. prof. Arturo. R. Università. Genova. Jervis cav. prof. Guglielmo. Museo industriale. Torino. Lais p. prof. Giuseppe. Via del Corallo 42. Roma. Lanzi prof. Luigi. Terni. Lattes cav. ing. Oreste. Via del Collegio romano 40. Roma. *Levat ing. David. Rue de la Tremoille 28. Paris. 120 Levi bar. Adolfo Scander. Piazza d’ Azeglio 7. Firenze. Lioy comm. Paolo. Presidente del Club Alpino. Vicenza. Lorenzini dott. Amilcare. Porretta (Bologna). Lotti ing. Bernardino . Pisa. Malagoli dott. Mario R. Università. Modena. Mallandrino ing. Pasquale. Messina. Mariani dott. Ernesto. Museo geologico della R. Uni- versità. Pavia. — 19 — 1885. Martelli ing. Federico. Tolentino. 1881. * Mattirolo ing. Ettore. Via Carlo Alberto, 45. Torino. 4881. Mauro prof. Francesco. R. Scuola per gl’ Ingegneri. Napoli. 1881. 130 *Mayer Eymar prof. Carlo. Scuola politecnica. Zurigo. 4884. Mazzetti ab. dott. Giuseppe. Via Correggi 5. Modena. 4884. Mazzuoli ing. Lucio. Via Palestro 43. Genova. 4881. Meli prof. ing. Romolo. R. Università. Roma. 4881. Meneghini, cornili, prof. Giuseppe. Senatore del Regno. R. Università. Pisa. 4886. Menico cci ing. Giuseppe. Terni. 4885. Mercalli ab. dott. Giuseppe. Seminario. Monza. 4883. Milioni cav. Cesare. Fabriano. 4883. Milioni Giovanni Battista. Fabriano. 4884. Missaghi cav. prof. Giuseppe. R. Università. Cagliari. 4883. 140 Montani Ramelli march. Stefano. Fabriano. 4887. Morelli prof. D Niccolò. Roano. 4886. Moschetti ing. Claudio. Saluzzo. 4884. Negri dott. Arturo. R. Università. Padova. 4885. Neviani prof. Antonio. R. Liceo. Catanzaro. 4885. Nibbi ing. Dario. Cortona. 4881. * Niccoli cav. ing .Enrico. R. Corpo delle Miniere. Bologna* 4883. Niccolini march, ing. Giorgio. Via Paolo Toscanelli 4. Firenze. 4881. Nicolis cav. Enrico. Corte Quaranta. Verona. 4883. Olivero comm. Enrico. Divisione militare. Verona. 4881. 150 Ornboni cav. prof. Giovanni. Pi. Università. Padova. 4887. Pacini Candelo p. prof. Michele. Collegio della Missione. Savona. 1884. Pantanelli prof. Dante. R. Università. Modena. 4882. Parodi ing. Lorenzo. Via Palestro. Genova. 4881. Parano prof. Carlo Fabrizio. R. Università. Pavia. 4882. * Paninoci marchesa Marianna. Villa Novoli. Firenze. 4881. Pélagaud dott. Eliseo. Saint-Paul (isola Borbone). 1881. Pellati comm. ing. Niccolò. R. Ufficio geologico. Roma. 4886. Pellizzari dott. Pietro. Taranto. 4887. Perrando Rdo. D. Pietro. Stella S. Giustina (Savona). 4882. 160 Piatti prof. Angelo. Desenzano sul Lago. 1882. Pili ing. Tommaso. Miniera Libiola. Sestri Levante. 4886. Pinna ing. Raffaele. Miniere di Morgnano e S. Croce. Spoleto. - 20 — 4881. Pirona cav. prof. Giulio Andrea R. Liceo. Udine. 1881. Pompucci ing. Bernardino. Pesaro. 1881. Portis prof. Alessandro. R. Scuola d’applicazione per gl’ ingegneri. Roma. 1881. Ragazzoni cav. prof. Giuseppe. Brescia. 1885. Bagnini dott. Romolo. Capitano medico 5° reggimento bersaglieri. Roma. 1884. Ricci prof. Arpago. Spoleto. 1886. Ricciardi prof. Leonardo. R. Istituto Tecnico. Bari. 1885. 170 Ristori dott. Giuseppe. Museo Paleontologico (Piazza S. Marco) Firenze. 1885. Riva Palazzi colono. Giovanni. Comman il 45° fant. Messina. 1884. Sacco prof. Federico. Museo geologico. Palazzo Cari- gnano. Torino. 1881. Salmojraghi ing. Francesco. Via Monte di Pietà 9. Milano. 1881. Scarabelli Gommi Flamini conte comm. Giuseppe. Se- natore del Regno. Imola. 1884. Schneider ing. Aroldo. Montecatini in Val di Cecina. 1886. Scioletle ing. Gio. Ballista. Via dei Zingari 11. Roma. 1881. Secco Andrea. Solagna (Bussano veneto). 1881. Segrè ing. Claudio. Direzione ferrovie meridionali. Ancona. 1881. Seguenza cav. prof. Giuseppe. R. Università. Messina. 1885. 180 Sella ing. Corradino. Biella. 1882. * Silvani dott. Enrico. Via G-aribaldi 4. Bologna. 1881. Silvestri cav. prof. Orazio. IL Università. Catania. 1885. Simoncelli ing. Remo. Arcevia (Ancona). 1885. Simonelli dott. Vittorio. R. Università (Pisa). 1884. Simoni dott. Luigi. Via Cavaliera 9. Bologna. 1882. Sor mani ing. Claudio. R. Ufficio geologico. Roma. 1886. S pailetti contessa Gabriella. Piazza della Pi lotta. Roma. 1885. Speranzini prof. Nicola. Arcevia (Ancona). 1882. Spezia cav. pruf. Giorgio II. Università. Torino. 1887. 190 Squinabol dott. Senofonte. Via S. Agnese. 1. Genova. 1885. Stassano dott. Enrico. Stazione Zoologica. Napoli. 1882. Statuti cav. ing. Augusto. Via dell’Anima 17. Roma. 1886. *Stephanescu prof. Gregorio. Università. Bukarest. 1881. Stoppavi comm. prof. Antonio. Museo Civico. Milano. 1881. Strobel cav. prof. Pellegrino. R. Università. Parma. — 21 — 1882. S Ir aver comm. prof. Giovanni. R. Università. Roma. 1881. Szabò cav. prof. Giuseppe. Università. Budapest. 1881. Taramélli cav. prof. Torquato. R. Università. Pavia. 1883. Telimi Achille. Udine. 1881. 200 Tenore ing. Gaetano. Via S. Gregorio Armeno 41. Napoli. 1885. Terrenzi dott. Giuseppe. Narni. 1883. Terrigi dott. Guglielmo. Via Manin 9. Roma. 1881. Tittoni avv. Tommaso. Deputato al Parlamento. Via Rasella. 157. Roma. 1881. Tommasi prof. Annibale. R. Istituto tecnico. Udine. 1883. Toni cav. conte Francesco. Spoleto. 1883. Toso ing. Pietro R. Corpo delle Miniere. Vicenza 1882. Tuccimei prof. Giuseppe. Via dell’ Anima 59. Roma. 1882. * Turche ing. John. Ufficio dell’Acquedotto. Bologna. 1881. Uzielli prof. Gustavo. R. Scuola per gli Ingegneri. Torino. 1883. 210 Valenti prof. Esperio. Imola. 1882. Verri cav. magg. Antonio. Genio"militare. Casale Mon- ferrato. 1883. Vilanova y Piera cav. prof. Giovanni. Università Madrid. 1885. Viola ing. Carlo. R. Corpo delle Miniere. Bologua. 1882. Virgilio dott. Francesco. R. Università. Torino. 1881. Zaccagna ing. Domenico. R. Corpo delle Miniere. Carrara. 1881. Zezi prof. ing. Pietro. Ufficio geologico. Roma. 1883. Zonghi prof. Augusto. Fabriano. 1885. 218 Zuccari cav. Attilio. Ministero dell’Istruzione pubblica. Roma. • * n