Mi'
BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO.
VOLUIME QUARANTUNESIMO.
(lo della Y Serie).
1910
ATTI UFFICIALI
BOLLETTINO
DEL
R. GOMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA
1910. — Anno XLI.
h
-\
( ■_
Anno XLI
1910. -
BOLLETTINO
DEL
R. COMITATO GEOLOGICO
D’ITALIA
Volume Quarantunesimo
(lo della 5^ Serie)
N. 1 a 4
ROMA
STAB. TIP. DELLA SOCIETÀ EDITRICE LAZIALE
19 10
INDICE
DELLE MATERIE CONTENUTE NEL BOLLETTINO DEL 1910 .
(Volume quarantunesimo o primo della 5^ serie)
Introduzione Pag. 1
NOTE OEIOINALT.
B. Lotti. — Il bacino sorgentifero del fiume Nera Pag. 5
P. Vinassa de Eegny. — Rilevamento geologico della Tavoletta « Pa-
1 lizza » » 29
G. Crema. — Nuova specie fossile di Dentalium » 67
V. Sabatini. — L’eruzione dell’Etna del marzo-aprile 1910 .... )> 71
S. Franchi. — Sui giacimenti di minerale di ferro leptocloritico con
struttura oolitica della Nurra in Sardegna ò 125
M. Gortani. — Retico, Lias e Giura nelle Prealpi dell’Arzino ... » 157
P. Vinassa de Begny. — Fossili mesozoici dello Prealpi delPArzino » 17D
8. Franchi. — Appunti sulle ricognizioni geologiche eseguite nel Nord
della Sardegna nel maggio 1908 229
G. F. Parona. — Osservazioni sulla piccola Grifea {Liogryphaea
Franchii n. f.) del calcare di Alghero » 262
ilf. Cassetti. — Struttura geologica della regione montuosa orientale
del Gran Sasso d’Italia » 265
B. Lotti. — La riunione della Società geologica italiana a Porto-
ferraio e l’ipotesi del Termier sulla' tettonica dell’isola d’Elba . » 281
V. Novarese. — Il presunto piano milonitico dell’isola d’Elba ... » 292
8. Franchi. — Il Retico quale zona di transizione fra la Dolomia
principale ed il Lias a « facies piemontese » — calcescisti con
Belemniti e pietre verdi — nell’Alta Valle di Susa » 806
G. Capellini e L. Baldacci. — La XI Sessione del Congresso geolo-
gico internazionale e la II Conferenza agrogeologica a Stoccolma » 377
B. Lotti. — Verrncano e pseudoverrucano in Toscana » 391
V. Sabatini. — Cronologìa delle eruzioni dei Vulcani Cimini ... » 401
C. Crema. — Sezione geologica attraverso la valle di Licenza, nel
bacino dell’Anione » 406
G. Bai Piaz. — Altipiano del Cansigllo e Regione circostante ... » 423
M. Gortani. — Rilevamento geologico della Vaicalda Gamiche) » 440
VI —
N^OTIZIE BIBLIOaEAFICHE.
Agamennone Gr 93
Alfano G.B 93, 94
Almagià R 94
Aloidi P 94, 95
Anastasl A 95
Angot A . 95
Arbenz P ^89
Argand B 95 a. 98, 490
Artini E 98. 99
Baldacci L
Baltzer A 190
Baratta M lOO
Barvir I. L 101
Bassani P 1^90
Bassoli G. Gr 101
Bellini R 101, 102
Banaghi R 192
Bentivoglio T IO2
Bibolini A 191
Bonetti D. F 192
Boussac J 103, 491, 492
Bressan A 103
Brunati R 103
Bruno Li 104
Bussandri G 104
Gabella A. 104
Cacciamali G. B 105
Cannizzaro M. E 105
Capellini G 492
Cassetti M 106
Cerulli-Irelli S 107
Cliecchia-Rispoli G. . 107, 108
Ciampi A 108
Cimino E 109
CiofaloM 109
Girerà R 109
Colomba L 109, 110
Commissione incaricata di
studiare e proporre nor-
me edilizie obbligatorie
per i Comuni colpiti dal
terremoto del 28 dicembre
1901 e da altri anteriori . 110
Commissione Reale incari-
cata di designare le zone
più adatte per la ricostru-
zione degli abitati colpiti
dal terremoto del 28 di-
cembre 1908 o da altri pre-
cedenti 489
Consorzio antifilosserico
bresciano 110
Cortese E Ili, 112
Crema C 112, 493
Cruciani A 494
D’Achiardi G 113
Dainelli G 114
Dainelli G. e Marinelli O, 114
Dal Piaz G 114
D’Andrimont R. 114
De Angelis d’Ossat 115 a 117, 201
De Gasperi G. B 201
De Giorgi C 117, 118
Del Campana D 118
De Lauuay L 202
De Palo M 119
Delkoskamp R- 202
De Stefani 0 119
Douvillè R 495
Eginitis D 203
Eisenmenger G 203
Eredia F 203
Fabiani R 203, 204
Fermann A 204
Flores E 204
Ferrerò L 205
Forel F. A., Murot E. et
Mercanton P. L 495
Fornasini C 205
Franchi S 496 a 498
Frenguelli G 206
Fucini A 206
Gabella A 207
Gautier A 206
Gemmellaro M 207
Girasoli D 207
Gorgey R 208
Gortani M 208
Grosmann M 208
Haug E 208 a 211
Hezner L 212
Irving A 212
Istituto (R.) d’incoraggia-
mento di Napoli .... 213
Jonston-Lavis H. J 213
Kilian W 498
Lacroix A • . . . 213
Lagrange E 213
Lamparelli M 214
Limanovski IVI 214
Lincio G 215
Lorenzi A 215
Lohest 216
Lotti B 215, 216, 499
Lovisato D 217
Lucerna R 500
Maddalena L 217
Malladra A 217
Manasse E 218
Mariani E 218
Marinelli 0 218. 219
Marinelli O. e Dainelli G. 219
Marino Zuco F.e Tonelli .1. 220
Martelli A 220, 221
Martinelli G 222. 223
Mauceri L 223
Matiry E :34i
Meli R 341 a 343
Mercalli G 343,344
Merlo G 344
Millosevich F 344, 345
Nasini R., Levi M. G. e Ago-
ne F 345
Navarro M. M. S 346
Nicolis E. o Marchetti G. . 346
Novarese V 346, 347
Obermayer H 348
Oddo G 348
Oddone E 349
Omeri F 349
Orlando L. 350
OsimoG 350
Pacchioni A. e Baravelli
O. C 351
Panichi U 351
Parona C. F 351 a 353
Patrini P 353
Pelloux A 354
Penek A. et Brùckner E. 354
Perret F. A 354
Perrone E 355
Piolti G 355
Platania Gaet 356
Platania Giov 356
Ponto G 357
Ponti G 357
Poeta F 357
Piutti A 35"
Porena F 358
Portis A 358, 359
— vn —
Prever P. L 1559, 860
Preziotti L 960
Prieliìiusscr M 360
Principi P 361, 362
Repossi E 363
Rethly A 364
Ricciardi L. 364
Ricco A 364,365
Roccati A 366
Rovereto G 367
Rubin de Cervin 36^
Sabatini T 368
Sacco F 369 a 372
Salmoiraghi F 459, 460
Sangiorgi Belluso Y. . . . 460
Sangiorgi D 461, 462
Sartori P. . 462
Sawicki L. (von) . . . 462, 463
Scalia S 463, 464
Schardt H 465
Serra A 465, 466
Silvestri A 466, 467
Simoens G 468
Società degli Ingegneri ed
Architetti Italiani . . . 468
Soellner J 469
Statuti A 469
Stefanini G 470
Stiibel A. . . 471
Taramelli T 472 a 474
Tertaier P 474 a 476
Toiniiiasi A 476
Toniolo A. R 477
ioula F 477
Traverso G. H 478
Ugolini R 478, 479
Uh’ig Y 479 a 481
Uziel R 481
Uzielli G 481
Verri A 483
Vicentini G 483
Yinassa de Regny P. . . . 484
Wiele (van de) C 485
Wolff F, V 485
Zaccagna D 486
Zambonini F 488
TOTIZIE DIYEESE
Pubblicazioni del R. Ufficio Geologico Pag. 121, 225, 378, 501
Elenco del personale componente il Comitato e l’Ufficio geologico alla
fine dell’anno 1910 » IX
ILUUSTRAZIOXI.
Sezioni geologiche nel bacino del Xera {B. Lotti) . . . Pag. 21, 23, 21, 25
Sezione geologica fra Costa di Crignis e R. Lanza (P. Vinassa de
Begny) Pag. 38
Sezione geologica fra Forca Salinchiet e M. Cullar {detto) .... » 61
Tav. I. — Fossili del Devoniano medio di Yalpudia e del Pian di
Germula {detto) . » 64
Dentalium calabrum (Montrs. ms.) n. sp. (0. Crema) » 69
Yedute varie relative all’eruzione etnea del marzo-aprile 1910 (F. Sa-
batini) Pag. 71 ad 87
Sezione microscopica della lava {detto) Pag. 88
Tav. II. — Eruzione dell’Etna del 1910 {detto) » 92
Minerale della Xurra {8. Franchi) » 144
Bavalite di Ste Brigitte (Morbilian) {detto) » 147
Tav, III e lY. — Minerale della Nurra {detto) » 156
Sezione dal M. Piombad al M. Dobis ( Jlf. (ror^nm) » 170
Tav. Y. — Calcare a Dimyodon intusstriatum : M. Tarond (detto) . , » 127
Tav; YI. — Il Monte Piombhd e la conca di Avrint. Il Monte Lo-
vinzola {detto) ■ . » 172
Tav. VII. — Fossili mesozoici delle Prealpi dell’Arzino (P. Vinassa
de Begny) • . . . . » 200
Tav. YIII. — Cava di pietra cantone nella massa del tufo trachitico
alle falde di M. Gordiani (Ozieri): Anfiteatro di erosione nella
VITI — -
grfinde lente quarzifera del Vallone Baddi di la Pedra a IS”. dì
M. Canistreddu {8. Franchi) » 260
Tav. IX. — Vallone Baddi di la Pedra; Colata di trachite ad ovest
di Porto Torres {detto) » 260
Tav, X. — Scogli di calcari dolomitici a Liogryphaea Fravrchi nf.
Par: Calcari colitici a Miliolidi presso la banchina di Porto Conti
(Alghero) {detto) » 260
Sezione geologica fra Colle della Gruardia e M. Meta {M. Cassetti) . . » 271
Sezione geologica fra Campo Imperatore e M, Camicia {detto) .... » 279
Sezione geologica attraverso il M. Pabbrello {B. Lotti) » 288
Tav. XI. — Profilo prospettico e geologico della G-rande Hoche e
due altri profili geologici attraverso al suo contrafforte {8. Franchi) » 340
Tav. XII. — Prospettiva schematica della sinclinale del Monte Cha-
berton e profili geologici attraverso allo stesso gruppo montuoso
{detto) » 340
Sezione della galleria di Soriano (F. 8ahatini) » 402
Ripiegature della scaglia argillosa sul fosso delle Chiuse {C. Crema) » 4l2
Sezione attrav-, rso la valle di Licenza {detto) » 413
Sinclinale rovesciata nei terreni terziaci fra Licenza e Civitella {detto) » 420
Sezione dalla Valle Salatis al M.te Tremol (6r. Dal Fiaz) » 424
Sezione longitudinale dell’altipiano del Cansiglio {detto) » 425
Seziene trasversale deH’altipiano del Cansiglio e dell’alta valle di Padalto » 427
Tav- XIII, — La Valcalda veduta dalla cima del monte Zoncolan
{M. Gortani) » 458
PARTE UFFICIALE.
R. Decreto 24 febbraio 1910 relativo alla costituzione del R. Comitato
Geologico Pei 9- I
R. Decreto 27 febbraio. Nomina di membri del R. Comitato Geolo-
gico » 2
Verbale delle adunanze del giorno 4 gennaio 1910 del R. Comitato
Geologico » 3
Verbale della adunanza del 6 giugno 1910 del R. Comitato Geologico » 13
Relazione al R. Comitato Geologico sui lavori eseguiti per la Carta
Geologica nel 1909 e proposte di quelli da eseguirsi nel 1910 . » 21
INDICE DEI FASCICOLI.
N.
1. —
Primo
trimestre 1910
»
2. —
Secondo
id.
D
3. —
Terzo
id.
4. —
Quarto
id.
Atti ufficiali
da pag. 1 a pag. 124
» 125 » 228
» 229 » 376
» 377 » 504
» 1 » 33
ELENCO
del personale componente il Comitato e l’Ufficio geologico
alla fine del 1910.
R. Comitato geologico.
Capellini Gtio vanni, prof, di geologia, R. Università di Bologna, Pre-
sidente.
Bassani Francesco, prof, di geologia, R. Università di Napoli.
Cermenati Mario, prof, di storia delle scienze naturali, R. Università
di Roma.
Cocchi Ioino, prof, di geologia, Firenze.
De Lorenzo G-iijseppe^ prof, di geografia fìsica^ R. Università di Napoli
IssEL 4-RTURO^ prof, di geologia, R. Università di Grenova.
Pantanelli Dante^ prof, di geologia^ R. Università di Modena.
Parona Carlo Fabrizio, prof, di geologia, R. Università di Torino.
Stri? VER Giovanni, prof, di mineralogia, R. Università di Roma.
Taramelli Torquato, prof, di geologia, R. Università di Pavia.
Il Direttore del R. Istituto geografico militare in Firenze.
Il Presidente della Società geologica italiana.
Mazzuoli Lucio, Ispettore superiore. Capo del R. Corpo delle Mi-
niere, Roma.
Zezi Pietro, Ispettore superiore nel R. Corpo delle Miniere, Roma.
Baldacci Luiui, Ing. Capo del R. Corpo delle Miniere, Capo del
R. Ufficio geologico
Personale addetto ai lavori della Carta geologica.
Direzione :
Ing. Mazzuoli Lucio, predetto.
Ing. Zezi Pietro, predetto.
R. Ufficio geologico:
/ Cassetti Michele.
Aiutanti . ) Tissi Enrico.
principali. \ Moderni Pompeo, (a)
\ Lusm^eroh Cesare, (a)
Aiutante . . Cruciani Alberto.
Archivisti. ) Cozzolino Filippo.
disegnatori / Aureli Amedeo.
Ufficiali . . ( Diammarchi Gtetulio.
d’ordine . . j Nocito Pietro.
( Andreis Nicol ao.
Uscieri . . | Spar voli Vincenzo.
f Salvatelli Filippo.
Baldacci Luigi, Capo
[ dell’Ufficio.
I Lotti Bernardino.
Ing.“ capi s Zaccagna Domenico.
i Mattirolo Ettore.
f Aichino Giovanni.
' Novarese Vittorio.
Sabatini Venturino.
] Franchi Secondo.
Ingegneri Camillo.
( PiLOTTi Camillo.
(a) Distaccato presso altro ufficio
La sede del R. Ufficio Geologico è in Roma, via Santa Susanna^ n. 1.
10 A'JG.1910
Voi. XLI (P della Serie V') Anno 1910 - Fase. I ’.
BOLLETTINO
DEL
R. COMITATO GEOLOGICO D’ITALIA
SOMMARIO DEL EASC. IL
Note originali. — I. - L. Lotti. Il bacino sorgentifero delfìnme Nera. (Relazione
sul rilevamento geologico eseguito nel 1909, con 4 fìg.). — II. - P. Vi-
NASSA DE Regnt. Rilevamento geologico della Tavoletta «Paluzza» (con
una tav. e 2 fìg.). — III. - C. Crema. Nuova specie fossile di Dentalium
(con una fìg.). — IV. - V. Sabatini. L’eruzione dell’ Etna del marzo-
aprile 1910 (con una tav. e 18 fìg.).
Notizie bibliografiche. — Bibliografìa geologica italiani per il 1909.
Pubblicazioni del R. Ufficio Geologico.
Atti ufficiali. — R. Comitato Geologico: Verbale delle adunanze del 4 gen-
naio 1910.
a
SOMA
STAB. TIP. DELLA SOC. EDIT. LAZIALE
1910
ELKNCO
del personale componente il Comitato e l’Ufficio geologico
R. Comitato geologico.
Capellini G^iovanni, prof, di geologia, E. Università di Bologna. Pì'e-
sidente.
Bassani Francesco, prof, di geologia, E. Università di IS^apoli.
Cermenati Mario, prof, di storia delle scienze naturali, E. Università
di Eoma. >
Cocchi Igino, prof, di geologia, Firenze.
De Lorenzo GtIIJSeppe^ prof, di geografia fisica, R. Università di Napoli.
IssEL Arturo, prof, di geologia, E. Università di Uenova.
Pantanellt Dante, prof, di geologia, E. Università di Modena.
Parona Carlo Fabrizio, prof, di geologia, E. Università di Torino.
Strììver Uiovanni, prof, di mineralogia, E. Università di Roma.
Taramelli Torquato, prof, di geologia, E. Università di Pavia.
Il Direttore del E. Istituto geografico militare in Firenze.
Il Presidente della Società geologica italiana.
Mazzuoli Lucio, Ispettore superiore, Capo del E. Corpo delle Mù
niere, Eoma.
Zezi Pietro, Ispettore superiore nel E. Corpo delle Miniere, Eoma,
Baldacci Luigi, Ing. Capo del E. Corpo delle Miniere. Capo del
■ E. Ufficio geologico.
Personale Mdetto ai lavori della Carta geologica.
; Direzione :
Ing. Mazzuoli Lucio, predetto.
Ing. Zezi Pietro, predetter.
R. Ufficio geologico:
(1 Baldauci Luigi, Capo
dell’Ufficio.
Lotti Bernardino.
lng.“ capi < Zaccagna Domenico.
i Mattirolo Ettore.
[ AiCHINO GtIOVANNI.
\ Novarese Vittorio.
I Sabatini Venturino.
] Franchi Secondo.
Iiig^giieri \ Camillo.
( PiLOTTi Camillo.
( Cassetti Michele.
Aiutanti ; Moderni Pompeo.
principali i ^
[ Luswergh Cesare.
Aiutante Oruciani Alberto.
Archivisti ^ Cozzolino Filippo.
disegnatori ^ Aureli Amedeo.
Ufficiali ^ Gtiammarchi Gtetltlio,
d^ ordine ^ Nocito Pietro.
^ Andreis Nicolao.
Uscieri . . Sparvoli Vincenzo.
I Salvatelli Filippo.
La sede del R. Ufficio Geologico è in Roma, via Santa Susanna, n. 1.
BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO
D’ITALIA.
. Serie V, Voi. I. Anno 1910. Fascicolo V.
SOMMAEIO.
Note originali. — I. - B. Lotti. Il bacino sorgentifero del fiume Nera. (Relazione
sul rilevamento geologico eseguito nel 1909, con 4 fig.). — IL - P. Vi-
NASSA DE Regnt. Rilevamento geologico della Tavoletta «Paluzza» (con
una tav. e 2 fig.). — III. - C. Crema. Nuova specie fossile di Dentalium
(con una fig.). — IV. - V. Sabatini. L’eruzione dell’Etna del marzo-
aprile 1910 (con una tav. e 18 fig.).
Notizie bibliografiche. — Bibliografia geologica italiana perii 1909.
Pubblicazioni del R. Ufficio Geologico.
Atti ufficiali. — R. Comitato Geologico : Verbale delle adunanze del 4 gen-
naio 1910.
In seguito al disastroso terremoto del 28 dicembre 1908,
che distrusse in Calabria e in Sicilia popolose e fiorenti
città e gettò nel lutto le popolazioni superstiti e Tintera
Nazione, fu dal goyerno del Re nominata, fra le altre,
una Commissione presieduta dal Senatore prof. Pietro
Blaserna con lo speciale incarico di studiare le condizioni
dei terreni sui quali erano stati costruiti gli abitati mag-
giormente danneggiati e la convenienza di rifabbricarli
su più sicure sedi. Allo studio delle particolari condi-
zioni geologiche e statiche di numerosissimi paesi nelle
provincie di Messina, Reggio Calabria, Catanzaro e Co-
senza, furono da quella Commissione Reale chiamati a
prender parte ben cinque funzionari del R. Ufficio Geo-
logico, i quali, quantunque il loro còmpito fosse gran-
demente facilitato dalla esistenza delle Carte geologiche
particolareggiate della Sicilia e della Calabria, ebbero
1
2
tuttavia a compiere un disagevole e faticosissimo lavoro
che si protrasse fino alla metà del 1909. Parte delle loro
relazioni in proposito vennero già pubblicate nel Bol-
lettino dell’anno decorso, ed altre saranno pubblicate
nel corso di quest anno.
In conseguenza di questo gravoso lavoro fu impos-
sibile spingere con la consueta attività nel primo seme-
stre deir anno i lavori di rilevamento e di revisione in
campagna, e d’altra parte, secondo i desideri e i voti
manifestati dal R. Comitato Geologico, si trovò più conve-
niente rendere più attivo il lavoro di pubblicazione delle
numerose carte manoscritte, alcune di esse rilevate già
da più anni e giacenti negli archivi deirUfflcio Geolo-
gico; così mentre rUffìcio attendeva alla riduzione e pre-
parazione di vari fogli della Carta geologica a , spe-
cialmente deiritalia Meridionale per far seguito a quelli
già pubblicati della Lucania, si curava la ripresa della
pubblicazione, da lunghi anni interrotta, delle Memorie
del R. Comitato Geologico, di cui venne alla luce la
parte R del voi. V®, contenente una importantissima me-
moria del prof. C. P. Parona sul Cretaceo di Monte d’Ocre
(Abruzzo Aquilano), e si preparava la memoria del-
Fing. Lotti sulla geologia della Toscana, la quale uscì
nei primi mesi di quest’anno.
I lavori di campagna furono poi ripresi da tutti i fun-
zionari e condotti attivamente nelle Alpi Centrali, nelle
Prealpi Bresciane, nell’ Umbria, Abruzzo e Marche, nei
Vulcani Yulsini, nella Sardegna Settentrionale.
II Comitato Geologico deliberò di affidare il rileva-
mento geologico delle Alpi Venete ai prof.'' Dal Piaz,
3
Vinassa de Regny e Gortani, i quali già da tempo anda-
vano illustrando quelle regioni con importanti pubblica-
zioni, e i tre professori suddetti si occuparono quindi di
quei rilevamenti per conto di questo Ufficio, e li prose-
guiranno anche nella campagna geologica di quest’anno.
Fra le missioni importanti avute dal personale del-
l’Ufficio Geologico, oltre a quelle già rammentate per i
lavori della Commissione Reale presieduta dal Sen. Bla-
serna, ricordiamo quella affidata dal Ministero degli
Esteri all’ing. capo deH’Ufficio, Baldacci, di riferire sui
giacimenti metalliferi della Colonia Eritrea e in parti-
colar modo sulle concessioni di miniere aurifere. Detto
funzionario adempiè alla sua missione dai primi di set-
sembre alla metà di dicembre circa, e presentò poi una
particolareggiata relazione al Ministero degli Esteri.
L’ing. capo Lotti visitò per incarico privato alcuni gia-
cimenti cinabriferi nella Sierra ìs evada in Spagna, e
ring, capo Novarese, sempre per incarico privato, una
miniera carbonifera nel bacino del Donetz (Russia Meri-
dionale). Oltre a questi incarichi il nostro personale ebbe
ad adempierne numerosi altri, provenienti specialmente
dal Ministero dei Lavori Pubblici, per commissioni spe-
ciali riguardanti frane, spostamenti di abitati, scelta di
tracciati stradali, studi di materiali da costruzione, ecc.
Nel laboratorio Chimico-petrografico lo stesso limita-
tissimo personale, reso anche più scarso dalla assenza
dell’ ing. capo Mattirolo che ottenne una aspettativa per
motivi di salute, attese con la consueta alacrità a nume-
rose analisi richieste sia dal Ministero, sia dagli opera-
tori della Carta geologica, sia anche da privati, ed alla
4
preparazione di sezioni sottili per lo studio microscopico
di roccie e minerali.
Nelle collezioni sì litologiche che paleontologiche si
ebbe il consueto annuale aumento, e yì furono destinati
nuovi scaffali per mettere a posto specialmente i fossili
del M. d’Ocre (Abruzzo) studiati dal prof. Parona, e quelli
del M. Oansiglio raccolti dal prof. Dal Piaz, gentilmente
determinati per conto di questo Ufficio dal Parona stesso,
oltre ad altre importanti raccolte proyenienti dai nostri
operatori.
Anche la Biblioteca ebbe notevole incremento, e vi
entrarono per doni, cambi ed acquisti 1524 opere (vo-
lumi, fascicoli, opuscoli) e 484 carte di cui 271 carte
geologiche.
Le pubblicazioni in preparazione e in corso di stampa
riguardano per quest’anno le carte geologiche delle Pu-
glie e dell’Italia Meridionale fino circa al parallelo di
Terracina in prosecuzione di altre la cui stampa è già
assai avanzata e che raggiungono circa il parallelo di
Napoli, vari fogli a delle Alpi Occidentali e una mo-
nografìa dell’ing. Sabatini sui Vulcani Cimini, la quale
sarà accompagnata da carte geologiche e da numerose
tavole e figure nel testo.
NOTE ORIGINALI
I.
B. Lotti. — Il bacino sorgentifero del fiume Nera (Rela
zioiie sul rilevamento geologico eseguito nel 1909).
(Con quattro figure).
Riferii ranno decorso ^ sulle condizioni geologiche dell’alta Val-
nerina limitatamente al tronco del bacino compreso fra Visso e Scheg-
gino, come volta a volta avevo fatto ^ negh anni precedenti per il
tronco inferiore del bacino stesso fra Scheggino e lo sbocco del fiume
nel Tevere presso Orte. Col rilevamento della decorsa estate, che si
estese da Visso a tutta l’area delle sorgenti della Nera e ad una parte
del gruppo dei Monti Sibillini, la costituzione geologica di questo
bacino idrografico, meravigliosamente ricco di energia idrica, può
dirsi conosciuta in tutti i suoi particolari litologici e tettonici.
Idrografia. — L’alto bacino sorgentifero della Nera non contri-
buisce del resto al corso del fiume che per una piccola parte delle ac-
que da esso raccolte per via, cioè per circa 4 me. presso Visso su 72 che
^ B. Lotti, Rilevamento geologico nelValta Valnerina, eco., (Boll. R. Com.
Geol. 1, 1909).
^ Id., Sulla costituzione geol. del gruppo montuoso d'Amelia, (Ibid.,2, 1902);
1 terreni secondari dei dintorni di Narni e di Terni, (Ibid., 1, 1903); Di un caso
di ricuoprimento presso Spoleto, (Ibid., 1, 1905); Rilevamento nei dintorni di
Ferentillo, Piediluco, eco., (Ibid., 1, 1906); Osservazioni geologiche nei dintorni
di Rieti, (Ibid., 4, 1906).
6
B. lotti
porta al suo sbocco nel Tevere presso Orte ^ ; il di più è dato in parte
da sorgenti che scaturiscono nel suo letto, in parte da’ suoi affluenti
grandi e piccoli, essi pure sorgentiferi, fra i quali si distinguono il
Corno con me. 5 e il Velino con circa 40.
Presso l’abitato di Visso convergono, provenienti dai due qua-
dranti orientali, cinque corsi d’acqua: il fosso di Val di torcia, il Fos-
sato, la Nera propriamente, detta, l’Ùssita e il fosso delle Rote, dei quali
i più importanti sono la Nera e l’Ùssita che spingono i loro rami alti,
con direzione rispettivamente verso S.E. ed E.N.E., fin dentro alle
propaggini occidentali e nel cuore dei Monti Sibillini, e costituiscono i
veri rami sorgentiferi del bacino. Questi due rami portano circa me. 2
d’acqua a 1" ciascuno in tempo di magra.
Stratigrafia. — Le formazioni da cui risulta costituito l’alto ba-
cino della Nera sono quelle stesse incontrate in tutto il resto del suo
corso, segnatamente nel tratto contiguo fra Visso e Borgo Cerreto, e
che furon prese in rassegna nella precedente relazione.
Eocene. — Cominciando dai terreni più giovani, fatta astrazione
dai piccoli lenibi alluvionali, da insignificanti depositi di travertino “
e di tufo vulcanico rimaneggiato e da vaste coperte di detrito accumu-
lato sulle falde e negli avvallamenti compresi fra gli alti rilievi della
dorsale appenninica, troviamo presso Visso una zona di strati mar-
noso-arenacei la quale, procedendo da S.S.E. presso il Monte Cardosa,
attraversa lo spartiacque dell’Appennino presso le Fornaci e prosegue
verso N.N.O. acquistando in estensione e potenza e invadendo una
gran parte del bacino del Chienti e del Potenza nel Camerinese, da
dove si continua poi ininterrotta colla stessa direzione fra le due catene
quasi parallele di terreni secondari del Catria-M. Nerone ad ovest
e dei monti Furlo-San vicino ad est.
Questo stesso terreno fu trovato un poco più a valle di Visso nel
bacino del Campiano e ne furono esposti i particolari stratigrafici e
paleontologici nella relazione dell’anno precedente. Dissi allora che le
’ E. Perbone, Il Tevere (Carta Idrogr. d’Italia, n. 26-bis, Eoiiia 1908).
Presso Nocria e presso Visso.
IL BACINO SORGENTIFERO DEL FIUME NERA
7
marne di questa formazione presso Castelvecchio son piene di ptero-
podi ed altri fossili di abito miocenico e che su di essa si osservavano
frammenti sparsi di calcare nummulitico che non potevano prove-
nire se non dal terreno stesso su cui si trovavano. Raccolsi in seguito da
uno strato in posto un campione di calcare con nummuliti riconosciute
eoceniche dal Tre ver, e nella estate decorsa staccai dei campioni da
due strati di calcare nummulitico fra i quali era compreso un letto di
marne a pteropodi di circa due metri di spessore. Un altro piccolo
lembo di questo terreno comparisce nella valle di Torsa presso
Fonte Murata sopra Croce al piede ovest del Monte Tema, racchiuso
in una piccolissima sinclinale ribaltata di scaglia argillosa. Un altro,
pure piccolissimo, un rimasuglio di cui non è facile spiegare la presenza,
trovasi nel fondo della Valle di Norcia, racchiuso fra alte pareti di
scaglia rossa.
La zona principale di questo terreno è quella che dai dintorni di
Visso, come ho detto, stendesi verso Camerino. Essa dalle pendici del
Monte Cardosa, presso le Fonti del Vinghetto, scende fino a Visso, com-
presa fra masse di scaglia argillosa, e prosegue nelle stesse condizioni
fino al valico dell’ Appennino ed oltre. Le rocce da cui risulta costi-
tuita sono le solite arenarie friabili, marne e calcari marnosi del tipo
alberese, più volte alternanti fra loro e con letti di rocce arenaceo-
argillose a frattura concoide. Al valico dell’ Appennino sono vere ar-
gille scure utilizzate per laterizi, da cui il nome di Fornaci dato al
valico stesso, alternanti con strati d’arenaria friabile.
Tutte queste rocce sono molto disturbate da pieghe e contorci-
menti che nell’insieme costituiscono una sinclinale ribaltata verso est.
Esse racchiudono i soliti fossili di abito miocenico raccolti nel bacino
delle Preci poco sopra ricordato, presso Piediluco ^ ed in altre parti
deU’Umbria. Presso il passaggio, alla scaglia argillosa che succede in
ordine discendente e con perfetta concordanza e continuità, si osser-
vano le marne dure, grigie, con zone di selce nera come dappertutto
nell’Umbria.
B. Lotti, Rilevamento nei dintorni di Piediluco eco., loc. cit.
8
B. LOTTI
I fossili compariscono in tutti questi vari tipi di rocce, ma special-
mente in quelle arenaceo-argillose a frattura concoide, e dal prof. Pa-
rona vi si riconobbero le seguenti specie :
Procardia Ganavarii Simon.
Brachycardium sp.
Aequipecten Malvinae Dub.
Ostrea neglecta Mich.
Balantium carinatum Audenino.
Siamo, come vedesi, sempre di fronte al problema dell’età di questa
formazione che allo scrivente e ad altri osservatori risulta per dati stra-
tigrafici riferibile all’Eocene, mentre secondo i vigenti criteri paleon-
tologici dovrebbe attribuirsi al Miocene medio.
II fatto si è che dove la serie eocenica è completa, come fra Cor-
tona e Umbertide, nel Casentino e nella Val Tiberina superiore, la suc-
cessione dei terreni è la seguente dall’alto in basso :
a) arenaria superiore e calcari marnosi ad H elminthoida (et ero-
piche) ;
h) calcari alberesi e scisti argillosi (zona delle rocce ofiolitiche) ;
c) arenaria e scisti arenacei con strati di calcari ad orbitoidi e
nummuhti ;
d) scisti argillosi variegati con strati di calcare nummulitico;
e) arenarie glauconifere, marne con pteropodi e calcari con fos-
sili di tipo miocenico ;
/) scaglia argillosa o cinerea con nummuhti dell’Eocene infe-
riore ;
g) scaglia rossa senoniana.
La formazione fossilifera e si trova sempre e dovunque alla base
della serie e fa passaggio graduato alla scaglia per mezzo di marne
dure con selce nera. Non solo dunque non dovrebbe essere miocenica,
ma sarebbe da riferirsi ad un piano molto basso dell’Eocene.
Scaglia argillosa nummulitica {Eocene inferiore). — Questa forma-
zione succede, come ho detto, con perfetta continuità e con passaggio
litologico graduale, in ordine discendente, alla zona marnoso-arenacea
e la segue in tutto il suo corso stendendosi ai lati di essa. Nella sua
IL BACINO SORGENTIFERO DEL FIUME NERA
9
parte più meridionale forma la cima del Monte Cardosa (1859 m.);
scende poi verso Visso formando le alture del Grognale e del Colle
Cerreta, fra le quali è racchiusa la valle del Fossato, e seguita nella stessa
direzione verso lo spartiacque dell’ Appennino lungo il piede orien-
tale del Monte Fema e quello occidentale del Monte Careschio, in-
torno al quale stendesi poi anche verso K.E. ed est formando il Colle
Morello e i dintorni di Macereto fino a Cupi. Lembi notevoli di questo
terreno compariscono inoltre tra il Monte Moricone e il Monte Forga-
letta ad est, al Monte Banditella presso Cupi e sul Pizzo de’ Tre Ve-
scovi.
Questa formazione consta di calcari generalmente rossi, molto
argillosi e scistosi, alternanti con calcari e scisti calcarei grigi e ver-
dastri in cui stanno racchiusi strati di calcari bianchi con selce, costi-
tuiti quasi esclusivamente da nummuliti. I calcari scistosi rossi sono
del tipo della scaglia rossa immediatamente sottostante ed a questa
si collegano per graduati passaggi.
Presso la Croce di Cardosa, sotto la sommità del monte omonimo
a S.O., il calcare nummulitico è costituito da un conglomerato di ciot-
toli calcarei con briozoari, grosse nummuliti e qualche frammento
d’echinide. Le nummuliti si trovano qui sciolte e sparse in abbondanza
sul terreno.
Gli strati nummulitici sono specialmente sviluppati nei dintorni di
Macereto a sud e S.E. dello splendido tempio (1004 m.), presso S. Maca-
rio e alle Arette. Le nummuliti si trovano anche nella selce del calcare
e sono esse pure silicizzate. Presso S. Macario si osservano sulle su-
perficie degli strati belle impronte di nemertiliti.
Le nummuliti di questo terreno furono studiate dal Prever su
campioni raccolti dal Chelussi il qual© ne cita le specie in una sua me-
moria sui dintorni di Visso h Esse sono pressoché le stesse, determi-
nate pure dal dott. Prever, da me raccolte alla Mad. del Monte presso
Forgino nella parte superiore della scaglia e di cui feci cenno nella
relazione dell’anno decorso (pag. 40).
' I. Chelussi, La barra di Visso (Atti Soc. ital. Se. nat., XLV, 1907).
10
B. LOTTI
Scaglia rossa (Senoniano). — Sotto alla scaglia superiore, calcareo-
argillosa, nella quale gli strati nummulitici raggiungono il massimo
sviluppo e che pare perciò attribuibile all’Eocene inferiore, fa seguito
con graduale transizione litologica, come fu detto, la scaglia rossa
costituita da calcare marnoso rosso, con rari noduli e lenti di selce
rossa, distintamente stratificato, alternante con zone di strati di cal-
care bianco e di calcare roseo pur essi marnosi e della stessa tessitura
della scaglia rossa.
Per entro la massa rossa di questa formazione, che ha di solito
uno spessore complessivo di circa 400 m., serpeggiano, seguendo l’an-
damento delle sue pieghe bizzarre, rari grossi strati di calcare bianco
cristallino a grossa grana, alcuni dei quali son pieni di nummuliti.
Questi strati, nettamente distinti per colorazione e per grossezza da
quelli della scaglia rossa in mezzo alla quale compariscono, si ripetono,
benché a rari intervalli, in tutta la formazione fin presso a quella
successiva sottostante detta degli scisti a fucoidi, di cui diremo in
appresso.
La scaglia rossa costituisce il terreno più sviluppato e potente
di questa parte dell’ Appennino centrale. Essa forma le maggiori ele-
vazioni che fiancheggiano i rami sorgentiferi della Nera convergenti
verso Visso, quali il Monte Fema (1515), il Monte Moricone (1429), il
Monte Cardosa (1819), il Monte Fausole (1756), il Monte Lieto (1944),
il Monte delle Prata (1800), la parte più elevata del gruppo dei Sibillini
coi monti Porche (2235), Sibilla (2175), Pizzo Berrò (2259), Pizzo della
Regina (2334), Tre Vescovi (2092) e Monte Rotondo (2103), non che
i monti Forgaletta, Efra e Careschio che sovrastano immediatamente
a Visso. E’ in questi ultimi, come anche nel Monte Cardosa, dove può
misurarsi assai esattamente lo spessore della formazione fra la scaglia
nummulitica e gli scisti a fucoidi.
Presso la cima del Monte Lungo, nella parte più elevata della
Val di Norcia che scende a Visso, comparisce nella scaglia rossa uno
strato di calcare bianco cristallino con nummuliti, appena a qualche
decina di metri dagli scisti a fucoidi.
Le nummuliti oltreché nel calcare si trovano anche nella selce
IL BACINO SORGENTIFERO DEL FIUME NERA
11
bianca che sta racchiusa in lenti nel calcare stesso o in strati con
questo alternanti.
Fra Macereto e Cupi, sulla destra del Fosso Caldaraccio, si osser-
vano vari grossi strati di questo calcare bianco cristallino associati ad
un calcare marnoso bianco in strati sottili che potremmo chiamare
scaglia bianca per analogia litologica con quella rossa colla quale al-
terna in zone. Nel calcare cristallino vi sono dei Taunurus, e nella
selce grigia della scaglia bianca si osservano rifioriture di carbonato
di rame.
Lo Zittel ^ distingue la scaglia rossa {Rothe scaglia) dal calcare rosato
{Rosenrother Kalh) che ad essa succede al disotto nel Monte Catria e nel
Monte Nerone. Io pure potei fare questa distinzione in altre parti del-
rUmbria, specialmente nel gruppo del Monte Malbe presso Perugia
ma nel seguito del rilevamento di questa regione non mi fu più possi-
bile. Il calcare rosato non sempre esiste fra la scaglia rossa e gli scisti
a fucoidi e talvolta, come nell’area di cui si occupiamo, esso compa-
risce a diversi livelli della formazione e precisamente al passaggio fra
le varie zone di scaglia rossa e di scaglia bianca che spesso alternano
ripetutamente fra loro.
Come provenienti da questo terreno, che pur racchiude strati,
benché rari, di calcare uummulitico, sono stati citati dei fossili di abito
cretaceo, e lo Zittel li riferisce senz’altro al Senoniano. Egli ricorda
il Cardiaster italicus e VArchiacia nasica raccolte dal Piccinini nella
scaglia rossa del Monte Cucco presso S. Felice, Emiliano e Perticano,
e corrispondenti alle stesse specie della scaglia rossa del Tirolo meri-
dionale e del Veneto, e VAnanchytes ovata Lamk. trovata dallo Scara-
belli ^ al Monte dei Cap]3uccini presso Fossombrone. Il Bonarelli de-
terminò poi le seguenti specie senoniane su esemplari della collezione
^ A. Zittel, Geoio gische Beohachtungen aus den G entrai- Apenninen {Geo g\\.-
palaeontolog. Beitrage, Benecke 2, II, 1869).
- B. Lotti, Rilevamento geologico nei dintorni del Trasimeno, di Perugia
e di Umhertide (Boll. Com. geol. 1899, n. 3).
^ Massalongo e Scarabelli, Studi sulla flora fossile e la geologia strati-
grafica del Sinigalliese, Imola 1859.
12
B. LOTTI
Beliucci in Perugia, provenienti dalla scaglia rossa di vari punti del-
TAppennino centrale’:
Stenonia tubercolata Defr.
Offaster globulosus P. de Lor.]
Stegaster suhtrigonatus Cat.
St. cfr. suhtrigonatus Cat.
St. cfr. planus Ag.
Scagliaster italicus Ag.
PtycJiodus Beliucci n. f.
La maggior parte di questi fossili proviene dai dintorni di Visso
e dai Monti Sibillini. Io però, ad onta di ricerche accuratissime ese-
guite sul materiale frammentizio di diverse cave di pietra aperte nella
scaglia rossa, non riuscii a scuoprire in essa la benché minima traccia
di tali fossili.
Scisti a fucoidi (Astiano). — Lo Zittel (loc. cit. pag. 115) accenna
ad un passaggio brusco dal calcare rosato della scaglia alla sottostante
zona degli scisti a fucoidi, ma in realtà dovunque io li ho osservati ho
notato sempre fra essi e la scaglia rossa un passaggio graduato per
mezzo di strati di calcari chiari o leggermente rosei che si ripetono
anche m alternanze coi primi strati degli scisti a fucoidi.
Lo spessore di questa zona scistosa, che costituisce un prezioso e
caratteristico orizzonte, non giunge a 100 metri e spesso si riduce a
qualche diecina. Essa è costituita qui, come dappertutto nelPUmbria,
dai seguenti tipi di rocce:
1. Calcare compatto bianco con tendenza al giallo-chiaro e al
roseo-chiaro, in strati sottili, che forma il passaggio alla scaglia so-
vrastante.
2. Calcare granulare leggermente verdastro, pure in strati sottili,
intercalato a scisti argillosi violetti e verdi.
3. Calcare granulare bianco alternante con sottili letti argillosi
verdastri.
4. Scisti calcareo-argillosi violetti chiazzati di grigio.
5. Scisti calcareo-argillosi grigio-cupi e scisti neri bituminosi
ittiolitiferi caratteristici ed esclusivi di questa zona scistosa.
IL BACINO SORGENTIFERO DEL FIUME NERA
13
6. Calcare granulare verdastro al passaggio ai calcari neoco-
miani sottostanti.
Intercalati ai diversi tipi di scisti stanno dei letti sottili di selce che
è rosea o verdastra anche se gli scisti possiedono altra tinta.
Gli scisti a fucoidi, sempre compresi fra le due zone calcaree della
scaglia e del Neocomiano, formano nella regione di cui è parola una
sottile striscia continua che circonda completamente l’area delle for-
mazioni più antiche, neocomiane e giuraliasiche, del bacino sorgen-
tifero della Nera. Nella valle deU’Ùssita si attraversano questi scisti
colla rotabile presso la Madonna delFUccelletto da dove, rimontando
la pendice orientale del Monte Careschio, girano in alto presso Val-
lestretta, coperti in gran parte da detrito e, spostati in basso da una
faglia, passano poi da Tempori, Capovallazza e Casali. La parte di essi
rimasta in posto si osserva sopra il villaggio di Casali, nella parete quasi
verticale denominata le Cute che forma la costa sud del Monte Ro-
tondo, da dove la zona scistosa prosegue verso est e va a passare poco
sotto la linea di spartiacque fra il Pizzo dei Tre Vescovi e il Pizzo Berrò.
A questo punto scende nel versante adriatico, ma risale tosto per
Valle Orticcia allo spartiacque presso il Monte Porche, gira a nord del
Monte della Prata e, piegando poco dopo verso sud, va ad espandersi
presso la Mad. delle Grazie sopra il Pian Perduto del Castelluccio. Di
qui riprende il suo corso tenendosi a mezza costa dei monti Vallopra,
la Bandita e Cardosa, da dove discende, da sinistra, nella valle della
Nera che attraversa a mezza strada fra Visso e Ponte S. Benedetto.
Risale poi suUa destra dall’altro lato fino a S. Placido e qui, dopo aver
mandato un ramo a mezza costa verso S.E. fino al fosso di S. Chiodo,
stendesi sopra una vasta superfìcie fra Pian della Croce e Calcara.
Da Calcara la zona, restringesi di nuovo e tenendosi a mezza costa del
Monte Torrone, ritorna al punto di partenza nella valle dell’Ùssita.
Gli scisti a fucoidi dei monti Cardosa, la Bandita e Fausole, pas-
sando sotto aUa scaglia rossa, che forma la parte più elevata di questa
catena di alture, ricompariscono dal lato di Campi nel bacino del Cam-
piano, girano in alto la vallecola del Condotto, vanno a formare i
colli dell’Acquaro e, lambendo il piede est del Monte Lungo, scendono
14
B. LOTTI
al M.o d’Abeto nel Campiano. Un po’ più a valle, presso TAcquaro e
Piedivalle tornano ad affiorare intorno a due cupolette di calcare neo-
c ondano .
Nella descrizione delle sue escursioni nella valle d’Ùssita e in quella
della Nera il Clielussi ^ non fa cenno di questo orizzonte scistoso e pone
al suo posto fra la scaglia e il Neocomiano un calcare bianco marmo-
reo che dice esser comune neH’Urbinate. Si tratta forse del calcare
bianco granulare n. 3 della serie che è soltanto un membro di tutto il
complesso.
Questa zona scistosa, quando corre lungo il lato dirupato delle
montagne, come avviene ad esempio nei profondi solchi deU’Ùssita e
della Nera, presenta sempre una rientranza, quasi un gradino, fra i cal-
cari neocomiani sottostanti e la scaglia sovrincombente. General-
mente questi ripiani son coltivati ed occupati da piccoh campi, sia
per la natura calcareo-argillosa delle rocce producente un buon suolo,
sia perchè il terreno è relativamente pianeggiante in confronto colla
ripidità dei calcari contigui.
Neocomiano. — Il calcare bianco con selce neocomiano, denomi-
nato dallo Zittel, « Felsenkalk » o calcare rupestre, succede in serie
discendente e con graduato passaggio agli scisti a fucoidi ed accompagna
la zona di questi dappertutto dove la denudazione e le incisioni del
terreno misero aUo scoperto le formazioni secondarie di essi più antiche.
Cosi lo vediamo comparire nei due solchi profondi dell’Ussita e della
Nera, nelle alture del Cornaccione e del Monte Bove e nel ripido ver-
sante tirreno dei Monti Sibillini fra il Monte Rotondo e il Monte Por-
che. Nella valle del Campiano forma il Monte Macchialunga ed una
zona a mezza costa sopra Campi ed Ancarano. Altri affioramenti iso-
lati si hanno più in basso, nella stessa valle, tra Preci e Piedivalle, al-
l’Acquaro e sulla costa S.O. del Monte Moricone, ed altri ancora lungo
il corso della Nera fra Visso e Triponzo, dei quali fu reso conto nella
relazione precedente.
Sembra corrispondere al calcare neocomiano la roccia che il Che-
^ F. Chelussi, loc. cit.
IL BACINO SORGENTIFERO DEL FIUME NERA
15
lussi (loc. cit.) chiama corniola, forse per la selce che contiene ma che
però non è un carattere esclusivo di questa formazione.
Poiché il calcare neocomiano è attraversato normalmente dai due
profondi solchi dell’Ùssita e della Nera, e poiché rimane quivi netta-
mente hmitato fra la zona degli scisti aptiani in alto e quella litologi-
camente analoga giurassica in basso, di cui dirò in appresso, il suo
spessore può essere misurato con molta precisione e può ritenersi di
circa 150 metri. In altri punti però, per esempio sotto le Piagge d’Or-
vano, nell’alto della valle di Rapegna, sotto il Pizzo dei Tre Vescovi,
sopra Campi nell’alta valle del Campiano ed altrove, sembrano aversi
spessori di 200 ed anche di 300 metri , ma in questi casi non può esclu-
dersi che un tale aumento di spessore sia dovuto a complicazioni tet-
toniche.
Questa formazione benché sviluppatissima in tutta l’Umbria e in
gran parte dell’Appennino centrale é stata sempre ritenuta poverissima
se non priva di petrefatti, perché soltanto alcuni pochi eran citati nel
calcare neocomiano del Catria, del Monte Nerone e del San vicino. Pel
Monte Catria il Zittel (loc. cit.) ricorda la Terebratula Euganeensis
Pict. e pel Monte Nerone le specie :
Ammonites Grasianus d’Orb.
A. Didayanus d’Orb.
A. intermedius d’Orb.
Hamites sp.
Pel Monte Sanvicmo il Canavari ^ cita la Terebratula Euganeensis
Pict.
Nell’alto bacino della Nera presso Ponte Nuovo, allo sbocco a valle
della stretta d’Orvano, io raccolsi in questi calcari un’impronta di
Pecten, e sopra la fonte di Frontignano a N.O. del Monte Cornaccione
un aptico che il prof. Parona giudicò appartenere alla specie Ayty-
chus Seranonis Coq.
Il calcare neocomiano di S. Placido sulla destra del torr. Nera a
monte di Visso mi offerse alcune ammoniti mal conservate, e quello
^ M. Canavari, La Montagna del Suavicino (Boll. Com. geol. 1880).
16
B. LOTTI
della Spina di Gualdo, sopra le sorgenti della Nera sulla sinistra, un’am-
monite ritenuta del Parona cfr. Haploceras Grasianum d’Orb.
Sotto i Casali nell’alto della valle d’Ùssita il calcare neocomiano,
invece che compatto e a tessitura di maiolica, è ceroide o subscristal-
lino e si scambierebbe con quello del Lias medio se non si trovasse nella
sua posizione normale sotto gli scisti a fucoidi. Il Lias medio sembra
invece mancare da questo lato anche al suo posto sopra il Lias infe-
riore delle Cute, come indica la sezione, fìg. 2 a pag. 23.
Giurassico sup. e medio. — Sotto al calcare neocomiano segue con
perfetta continuità e graduato passaggio un’altra zona scitosa lito-
logicamente simile a quella degli scisti a fucoidi che lo ricuoprono e,
come questa, di limitata potenza non superiore forse a 150 m. Essa
comparisce dappertutto dove si scuoprono terreni più antichi del Neo-
comiano. Cosi, oltreché nella stretta gola d’Orvano, di cui fu detto
nella relazione dell’anno precedente, la troviamo ai Monticelli, a Campi
e sopra Ancarano nella valle del Campiano; presso Norcia, a Rape-
gna, a Gualdo, in Valle Infante e al Passo Cattivo, sullo spartiacque,
in Val di Nera ; al Sasso, a Castelfantellino, nel fondo del vallone del
Pànico, sotto il Pizzo dei Tre Vescovi e nella valle del Bove, fra Monte
Bove e Monte Bieco, in Val d’Ùssita.
Il passaggio dal calcare neocomiano agli scisti giurassici è formato
da calcari bianchi del tipo maiolica come quelli neocomiani, ma in
strati più sottili e con spalmature argillose verdastre fra strato e
strato.
Le rocce da cui risulta costituita la zona scistosa giurassica sono
le seguenti a partire da quelle di passaggio :
1. Calcare bianco tendente al giallognolo e al verdastro, a strut-
tura leggermente ceroide, in strati sottili a superficie regolari, intra-
mezzati da sottihssimi letti argillosi verdastri.
2. Strati listati di sottilissimi letti alternanti di calcare ceroide
grigio e di selce bianca.
3. Calcare granulare verdastro in strati sottili, con sfoglie argil-
lose verdi interposte, simile al n. 2 della zona degli scisti a fucoidi.
4. Calcare dello stesso tipo, pure in strati sottili, un po’ ruvido al
IL BACINO SORGENTIFERO DEL FIUME NERA
17
tatto, grigio-chiaro, simile al n. 3 della serie aptiana, alternante coi
tipi seguenti :
5. Calcare granulare violetto quasi scistoso alternante con scisti
argillosi violetti e verdastri simili a quelli n. 4 delle serie aptiana.
6. Scisti calcareo-argillosi violetti alternanti coi calcari n. 4.
7. Scisti calcarei fogliettati con calcari granulari grigio- verdastri .
8. Calcari compatti violetti chiari, con selce violetta, intercalati
a scisti argillosi violetti.
9. Calcari compatti grigio-giallastri fra scisti calcareo-argillosi
violetti presso il passaggio al Lias superiore.
Questa zona scistosa giurassica presenta, come ho detto, una sor-
prendente analogia d’insieme con quella degli scisti a fucoidi con la
quale sarebbe facilmente confusa se non fosse ben definita la sua po-
sizione stratigrafica e se non fossero i fossili che non mancano mai in
questa serie giurassica, mentre non ve ne ha traccia nella serie su-
periore.
Il prof. Parona determinò le seguenti specie : A'ptychus ycrnoidcs
Stopp. nel calcare selcioso verdiccio di Nocria presso Castel S. Angelo;
A. profundus (Voltz) Stopp. nei calcari bianchi sopra Castelfantellino
ad ovest del Monte Bove e negli scisti calcarei della Fonte del Pànico
ai piedi del monte stesso a N.E. Presso la cima del Monte Cornaccione
gli scisti calcarei rosso-cupi oltre ad aptici della specie A. suhlaevis
d’Orb. offrirono una terebratula che il prof. Parona riferì alla T. (Val-
dheimia) bilobata Stopp.
Lias superiore. — A giudicare da quanto si osserva in molte altre
parti dell’Umbria e dell’Appennino centrale, alla formazione di cui
abbiamo fatto cenno dovrebbe seguire con concordanza e continuità
quella pure scistosa, marnoso-calcarea del Lias superiore, ma in realtà
questo non si osserva che in pochi punti ed è a ritenersi o che manchi
effettivamente o che sia rappresentata da pochi strati che si confon-
dono forse con quelli della zona ad aptici.
Il Lias superiore, sotto forma di scisti calcareo-marnosi grigi con
Posidonomya Bronni, Pecten, ammoniti e fucoidi comparisce lungo la
strada' rotabile di Calcara sotto l’abitato di Sorbo in Val d’Ùssita e
2
18
B. LOTTI
al piede nord del Monte Bove per la strada di Fonte del Pànico, sem-
pre sovrapposto al Lias medio.
Le poche ammoniti ivi rinvenute e che si associano nello stesso
esemplare alle posidonomie, furono dal Parona riferite alle specie:
cfr. Grammoceras fluitans Dum. e cfr. Lytoceras spirorbe Mgh.
Presso il castello d’Ancarano in Val di Campiano il Lias superiore,
formato da calcare marnoso rosso macchiato, sovrapponesi in parte
direttamente al Lias inferiore, in parte al Lias medio.
Lias medio. — Ad onta dell’intimo legame fra questi pochi strati
del Lias superiore e quelli del Lias medio, è forza riconoscere che an-
che in questa parte della Valnerina, come in tanti altri punti del-
rUmbria ed anche in Toscana (Elba, Gerfalco, ecc.), una disconti-
nuità esiste fra il Lias superiore o, in mancanza di questo, fra la zona
giurassica ad aptici e il Lias medio, discontinuità dimostrata dalla
sovrapposizione diretta di questa zona scistosa al calcare del Lias
inferiore.
Tale sovrapposizione diretta oltreché intorno al nucleo basico
d’Orvano, come fu detto nella precedente relazione, si osserva sulla
cima del Monte Bove, alle Cute sopra Casali in Val d’Ùssita, sopra le
sorgenti della Nera presso Castel S. Angelo e al castello d’Ancarano,
come fu detto.
Il Lias medio costituito da calcari grigio-chiari talvolta marnosi,
talvolta ceroidi con selce, assai ricchi di ammoniti spesso limonitiz-
zate, comparisce in una zona lungo la sinistra delPÙssita sotto il Monte
Bove fra la sorgente del Pànico e Castelfantellino, nella Val Bove sotto
il Monte della Croce, presso la cima del Monte Cornaccione, nel val-
lone di Macchia presso le Frascare, a Vallinfante, a Castel S. Angelo,
fra Nocelleto e Gualdo, e nell’alto della valle del Campiano presso
S. Biagio e Campi.
Sul fianco nord del Monte Bove il calcare del Lias medio si appog-
gia per fagha alle testate del Lias inferiore, come vedremo più oltre.
Presso S. Angelo e Gualdo, dove è molto sviluppato, è costituito
da calcari marnosi bianchi e grigi, spesso con noduli e lenti di selce. Il
calcare grigio, essendo molto marnoso, potrebbe essere utilizzabile per
IL BACINO SORGENTIFERO DEL FIUME NERA
10
la fabbricazione del cemento. Qualche strato fra i più marnosi insieme
ad ammoniti racchiude anche fucoidi ed assomiglia alle marne del
Lias superiore.
Come in altre parti dell’ Umbria, in questa formazione, almeno
presso Gualdo e Castel S. Angelo, son da distinguersi: una parte su-
periore marnosa molto fossilifera, ed una inferiore di calcare subcri-
stallino o ceroide, con rare ammoniti, che fa passaggio al Lias infe-
riore. Gli strati di quest’ultima, grossi circa 40 cent., alternano rego-
larmente con sottilissimi letti di argille grigie laminate.
Il Chelussi (loc. cit.) ricorda questo calcare del Lias medio presso
Gualdo e cita di esso le specie Ilarpoceras radians, Hammatoceras suh-
armatum I. e B. sp. Io pure vi raccolsi molti esemplari di ammoniti
fra i quali il Parona riconobbe le specie seguenti del Domeriano: Ae-
goceras Paronai Lettoni (gen. Phricodoceras sec. Fucini), Hildoceras
cfr. algovianus Opp., Lytoceras cornurolandi Bottoni ; la prima prove-
niente da Nocelleto presso Gualdo, le altre dal vallone del Bove.
Lias inferiore. — Oltreché nel cuore del nucleo secondario d’Or-
vano, come fu detto altrove C comparisce il Lias inferiore nella parte
più alta della valle d’Ùssita, dove forma quasi per intiero l’aspra massa
del Monte Bove, il Monte Bieco e il Monte la Cesa, e dove appare in
finestra attraverso una faglia presso le Cute sulla costa sud del Monte
Rotondo; rispunta poi presso le sorgenti della Nera sopra Castel S. An-
gelo ed in un piccolissimo affioramento attraverso il greto della Valle
Infante contornato da un po’ di Lias medio; lo ritroviamo poi nell’alto
bacino del Campiano a S. Biagio, Campi ed Ancarano.
Il massiccio del Monte Bove, che torreggia con pareti ripidissime
e in qualche punto addirittura verticali sul lato sinistro della Valle
d’Ùssita, è formato di calcare cristallino bianco e contiene terebra-
tule, chemnitzie ed altri gasteropodi che difficilmente possono estrarsi
dalla roccia. E’ stratificato in grossi banchi leggermente inclinati verso
est dal lato di Val Bove e possiede un clivaggio verticale.
^ B. Lotti, Rilevamento geologico nelValta V alnerina, (Boll. Com. Geol.,
1, 1909).
20
B. LOTTI
Anche negli altri affioramenti esso è ugualmente caratteristico e
fossilifero.
Tettonica. — La struttura geologica generale del bacino sorgen-
tifero della Kera risulta essenzialmente da un nucleo centrale di rocce
del Lias inferiore con lembi di Lias medio, ricoperto tutto intorno
da un potente mantello di terreni del Secondario superiore.
Il nucleo, relativamente piccolo e smembrato, trovasi presso lo
spartiacque dell’ Appennino, ma intieramente nel versante tirreno ‘
ed elevasi alla quota notevole di 2113 m. nel Monte Bove. I terreni |
che lo recingono formano ad oriente l’alta catena idrotemica e ad
occidente i tre grandi speroni che da essa si distaccano e che con-
vergono verso Visso, racchiudendo fra loro le profonde e strette valli
della Nera e dell’Ùssita.
La disposizione dei terreni, almeno nel tratto inferiore dei tre spe-
roni, è molto semplice e regolare, ma nel tratto più elevato di essi e
nel nucleo basico intervengono notevoli dislocazioni ' e specialmente
faglie, come vedremo. ;
Una importante linea tettonica separa nettamente l’area sorgen- j
!
tiferà della Nera da tutto il resto del suo bacino a valle di Visso e co- '
stituisce il primo tratto, a cominciare da sud, della sinclinale che, con
direzione S.S.E.-N.N.O., passando per Visso attraversa l’Appennino j
presso le Fornaci e va ad interporsi fra le due catene parallele del Catria-
Monte Nerone ad ovest e dei monti del Furio e del Sanvicino ad est.
Essa incomincia a manifestarsi a sud nella scaglia rossa del Monte
Col ventoso e della Bandita, fra i due nuclei antichi d’Ancarano e di
Rapegna; presso il Monte Cardosa entra a far parte della sinclinale
la scaglia argilloso-calcarea nummulitica e poco appresso, prose-
guendo verso N.N.O., nella valle del Fossato che scende a Visso
si osserva compresa nella sua parte assiale la formazione marnoso-
arenacea eocenica, la quale continua nella stessa direzione verso il
valico dell’ Appennino, ove raggiunge un notevole sviluppo, e stendesi
fino a Casalecchia nel versante camerinese. Nel Fossato e nella valle
delle Rote, che scende a Visso dallo spartiacque, e più oltre verso nord
fin presso Aschio la sinclinale è ribaltata verso oriente e presso Tabi-
IL BACINO SORGENTIFERO DEL FIUME NERA
21
tato di Visso oltre ad essere ribaltata
sembra compressa e strozzata fra il
nucleo antico della gola di Orvano
ad ovest e le masse secondarie che
scendono dal gruppo del Monte Bove
ad est.
Dallo spartiacque la sinclinale
procedendo verso Camerino acqui-
sta sempre in ampiezza e regolarità
e terreni sempre più giovani com-
pariscono lungo la sua zona me-
diana.
I rapporti tettonici fra il nucleo
antico d’Orvano e questa sinclinale
presso Visso, sono espressi dalla unita
sezione alla scala di 1:50,000.
In questo tratto, come vedesi, la
sinclinale principale del Fossato è
preceduta da un’altra piccola ondu-
lazione sinclinale, pur essa ribaltata
verso est, la quale, fusa presso Vai-
loppa colla sinclinale principale, si
sviluppa poi e si estende, divergendo
da questa, sulla sinistra della Val di
Norcia, un poco sotto al Monte For-
galetta e al Monte Moricone. La Val
di Norcia risulta quindi valle di an-
ticlinale e la presenza nel suo fondo
di un piccolo lembo isolato di ter-
reno marnoso-arenaceo eocenico, di
cui fu fatto cenno più indietro, e
che riposa direttamente e con discor-
danza sulla scaglia rossa, è probabil-
mente dovuta allo scivolamento in
Fig. 1 — e, arenarie, marne o calcari (Eocene) ; se, Hcaglia calcareo-argillosa nummulitica (id.) ; sr, scaglia l’ossa (Senoniano) ; sf, scisti a fucoidi
(Aptiano) ; ne, calcare con selce (Neocomiano) ; F, faglia; g, scisti e calcari ad aptici (Giurassico sup. e medio); li, calcari del Eias inferiore.
22
B. LOTTI
basso di un frammento di quel terreno che un tempo faceva parte
della piccola smclinale.
La zona sorgentifera della Nera, che succede immediatamente
verso est alla sinclinale ora descritta, può riguardarsi tettonicamente
come una parte dell’ampia anticlinale dei Sibillini, costituita in pre-
valenza da terreni secondari superiori, la quale involge lungo la sua
linea assiale varie masse di terreni secondari inferiori (Lias inferiore
e Lias medio), isolate fra loro, smembrate e dislocate da faglie.
Due di tali faglie, aventi andamento quasi parallelo da est ad
ovest, hanno luogo sui due lati del tratto superiore della valle d’Ls-
sita, una sul fianco nord del Monte Bove, l’altra su -quello sud del
Monte Rotondo, ed ambedue formano insieme uno sprofondamento
a fossa {Grabensenkung dei tedeschi) in corrispondenza della valle
(vedi fig. 2, pag. 23).
La faglia del Monte Bove, diretta quasi esattamente da ovest ad
est, è resa manifesta dal fatto che i calcari del Lias medio (Im) com-
pariscono ai piedi dell’alto dirupo del Monte Bove stesso formato dai
calcari del Lias inferiore (li) e si appoggiano in discordanza alle te-
state di questi ultimi in modo da apparire ad essi sottostanti.
La faglia del Monte Rotondo è diretta da O.N.O. ad E.S.E. ; con-
verge cioè leggermente verso la precedente e verso l’asse della catena
sibillina. Per effetto di essa, a cominciare dal fosso della Foce, che
scende dal Monte Rotondo sulla destra dell’Ussita, sono spostati in
basso la scaglia rossa, gli scisti a f uccidi e il calcare neocomiano, i quali
terreni compariscono quindi in due zone sovrapposte sulla costa sud
del Monte Rotondo, una sotto il villaggio di Casali, l’altra sopra. In t
questa superiore, rimasta ferma, oltre il Neocomiano si osserva la zona
scistosa del Giurassico e il Lias inferiore, i quali terreni sor* messi a nudo j
nel piano stesso della faglia che apparisce come in finestra nel dirupo !
delle Cute attraverso la scaglia rossa scorsa in basso. Il piano di scor- *
rimento di questa faglia si rende manifesto nella parete verticale
quasi levigata del calcare basico. Lungo il fosso di S. Simone queste
varie formazioni, che nella accennata finestra affiorano in zone oriz-
zontali, son limitate bruscamente da una linea verticale e coperte
IL BACINO SORGENTIFERO DEL FIUME NERA
23
0) (M
da un lembo di scaglia rossa che dalle coste di Pao scende a Capo-
vallazza.
La sezione attraverso le due faglie della valle d’Ussita si pre-
senta, come nella unita fìg. 2, alla scala di 1:50,000.
La massa calcarea {li) del
Monte Bove sembra essere
stata spaccata in tre parti,
una delle quali forma la cima
della montagna e la Croce
di Monte Bove, un’altra il
Monte Bieco e la terza i due
piccoli dorsi dei monti La
Cesa e Selvagnana che dal
Cornaccione scendono verso
Calcara. Fra le prime due^si
allarga il circo di Val Bove
dentro il quale sprofonda-
rono i terreni giurassici e
neocomiani (g e ne, fìg. 2)
coperti in gran parte da de-
triti che dal circo scendono
ripidamente, a guisa d’una
fiumana di enorme esten-
sione e potenza, fino a Cal-
cara. Fra la seconda e la
terza stendonsi i detriti delia
valle di Selvagnana discen-
denti essi pure colla massa
principale a Calcara.
A S.O. del gruppo del
i Monte Bove, e precisamente
lungo il brusco contatto del
massiccio calcareo coi terreni secondari superiori, ha luogo un’altra
faglia diretta da N.O. verso S.E. la quale passa esattamente per la
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24
B. LOTTI
cima del Monte Cornaccione, attraversa il vallone di Macchie, va a
formare il gradino del Colle La Croce, sotto i dirupi del Passo
Cattivo (fìg. 3), e la costa ripida delle Porche di Valle Infante fino a
Fonte Sambuca da dove, secondo il rilevamento del Moderni, sembra
prolungarsi colla stessa direzione nel lato occidentale del Monte Vet-
tore raggiungendo cosi almeno 12 chilometri di lunghezza.
La presenza di questa faglia è messa in luce dai seguenti fatti :
IO Fra Calcara e il Monte Cornaccione, alla estremità N.O. della
faglia, si vedono giustaposti al Lias inferiore indifferentemente gli
scisti a fucoidi, il calcare neocomiano e la zona scistosa ad aptici del
Giurassico.
20 Nel vallone di Macchie si osserva la ripetizione a due livelli,
distanti verticalmente circa 300 m. l’uno dall’altro, del calcare neo-
comiano e degli scisti ad aptici.
30 Nel Colle della Croce e nelle Porche di Vallinfante si osserva lo
stesso fenomeno della ripetizione delle due zone a due livelli differenti,
oltredichè il Colle della Croce si presenta come un gradino formato dalla
discesa d’una zolla di terreno dove il calcare neocomiano (ne) sembra
andar sotto agli strati ad aptici (g), come mostra l’unita sezione.
C.le la Croce V.le Orticcia
R. le Frascare 1640 1750
Questa faglia viene attraversata obliquamente da un’altra molto
più piccola, che dal Cornaccione scende per la vallecola del fosso del
IL BACINO SORGENTIFERO DEL FIUME NERA
25
Chiodo alle sorgenti della Nera. Essa è resa manifesta nel modo più
chiaro dall’arresto brusco dei vari affioramenti secondari all’incontro
della linea del fosso e dal difetto di corrispondenza di esse formazioni
dai due lati del fosso stesso.
Lo spostamento in basso sulla
destra risulta di circa 200 metri.
Il nucleo basico del Monte
Bove e l’area circostante, per
entro un rettangolo di circa
50 chmq. col lato maggiore di-
retto da nord a sud, formano
nel loro insieme un campo di
fratture senza pieghe di note-
vole importanza. Soltanto a sud
del detto rettangolo, presso il
Monte Spina di Gualdo, si av-
verte una piega ribaltata verso
est, con conseguente inversione
della serie per cui il calcare neo-
comiano della Spina va sopra
agli scisti a fucoidi di Colle In-
fante e questi alla scaglia del
Monte delle Prata, come mostra
la unita sezione, fig. 4.
E degno di nota il fatto
che l’area di questo campo di
fratture è lungi dal rappresen-
tare un centro di movimenti
sismici; che anzi, mentre alla
distanza di 20 o 25 ehm. fre-
quenti ed anche disastrosi ter-
remoti si manifestarono nei I
centri sismici di Norcia e di Cascia, nei dintorni di Visso non si
avvertirono che leggere scosse di propagazione.
Fig. 4. — (Serie come nelle figure precedenti).
26
B. LOTTI
Sorgenti. — Qui, come nei dintorni di Rieti, Cittaducale, Xorcia
ed in altri punti deirAppennino centrale, sono da distinguersi due cate-
gorie di sorgenti: quelle della zona vadosa e. quelle del livello idrosta-
tico. Le prime hanno per caratteri specifici una mediocre portata, un
livello di sortita generalmente elevato sul fondo delle valli circostanti e
le loro condizioni stratigrafiche ben chiare fra una formazione di soste-
gno quasi impermeabile ed una assorbente sovrapposta; le altre sono
caratterizzate dalla loro notevole portata per cui son generalmente da
riguardarsi come produttive di energia, dal loro fivello costantemente
presso il fondo delle valli principali e dalla loro scaturigine da rocce
permeabilissime indipendentemente dalla età di queste e senza un letto
apparente di sostegno.
Le sorgenti vadose delPalta Valnerina si manifestano specialmente
al limite fra la zona degli scisti a fiicoidi e la sovrapposta scaglia.
Poche altre si osservano a livelh geologici diversi, cioè al disotto di
masse detritiche, fra i calcari nummulitici e i sottostanti scisti argil-
losi della scaglia e fra i calcari neocomiani e la sottoposta zona scistoso-
diasprina giurassica.
Le sorgenti del livello degli scisti a fucoidi sono qui, come in tutta
l’Umbria e nel restante Appennino centrale, tanto numerose che sarebbe
ozioso il ricordarle singolarmente. Questo luogo geologico delle sorgenti
fu messo in rilievo anche dallo Zittel (loc. cit.).
Sorgenti di sotto ai detriti son quelle di Fonte Badessa presso Cal-
cara in Val d’Ussita, quella dell’Oppio presso S. Macario, quella di
Vallazza nel letto dell’Ùssita e quella sotto Vallinfante nel letto della
Nera. Queste due ultime però sono da riguardarsi piuttosto come ri-
sorgenti sottofiu viali.
Disotto ai calcari nummulitici al contatto colla scaglia argillosa
scaturisce la sorgente del Vinghetto sotto Monte Cavolese.
Dalla zona degli scisti ad aptici presso il contatto col sovrastante
calcare neocomiano scaturiscono le sorgenti di Gualdo, quella di Ra-
pegna, quelle dell’Acquaro e del Lupo nel vallone di Macchie, quella di
Nocria poco sotto Castel S. Angelo sulla destra della Nera, quella del
Pànico al piede N.E. del Monte Bove ed altre di minore importanza.
IL BACINO SORGENTIFERO DEL FIUME NERA
27
Tutte queste sorgenti della zona vadosa benché talvolta assai co-
piose son ben lontane dal raggiungere la portata richiesta per poterle
utilizzare come produttrici di energia. Sono invece atte a questo scopo
le sorgenti delPaltra categoria che dicemmo rappresentare il trabocco
di un livello idrostatico. Tali sono le sorgenti della Nera presso Castel
S. Angelo, quella della Mad. deirUccelletto nel Val d’Ùssita, quella
dell’acqua potabile di Visso poco distante dall’abitato e quella di Vai-
loppa circa un chilometro a sud di Visso nel torrente di Val di Norcia.
Fatta astrazione da alcune scaturigini nell’alveo del torrente e che
meglio potrebbero dirsi risorgenti, le polle principali della Nera si ma-
nifestano al piede di una cupoletta di calcare bianco cristallino del
Lias inferiore tra Castel S. Angelo e Vallinfante. La loro portata è di
me. 0.035 al l " \ però, essendo la portata complessiva del torrente
presso l’abitato di Castel S. Angelo, circa 700 m. più a valle, di 2 me.,
resta dimostrato, come osserva il Terrone (loc. cit.), che un notevole
contributo viene dato da sorgenti subalvee. Può esser utile notare che
in corrispondenza di queste sorgenti della Nera ha luogo la faglia del
Fosso del Chiodo per effetto della quale i terreni secondari superiori
spostati in basso formarono una sbarra quasi impermeabile davanti
al calcare permeabilissimo del Lias inferiore.
Presso l’abitato di Castel S. Angelo altre polle scaturiscono dal de-
trito alluvionale del letto della Nera in corrispondenza dei calcari del
Lias medio. Il Terrone (loc. cit.) assegna ad esse una portata comples-
siva di me. 0.040.
Una grossa sorgente nella valle di Rapegna sopra Nocelleto, per le
sue condizioni topografiche e geologiche (essa pure scaturisce dai cal-
cari del Lias medio) è da ritenersi di sfioramento del livello idrostatico.
La sorgente dell’acqua potabile di Visso, sulla destra della Nera,
quasi al livello del torrente, come pure altra presso le prime case di
Visso, scaturiscono dai calcari della scaglia rossa e sono esse pure da
ritenersi di sfioramento del livello idrostatico. Il loro letto di soste-
gno, formato dagli scisti a fucoidi, deve trovarsi a notevole profondità
’ «Carta idrografica d’Italia», voi. 26-bis, Tevere, pag. 140.
28
B. LOTTI
sotto le scaturigini, forse oltre 300 m. a giudicarne dallo spessore
della scaglia interposta fra esse e gli scisti all’est erno.
La grossa sorgente della Mad. dell’Uccelletto scaturisce al livello
del torrente Ussita dai calcari del Neocomiano ed ha una portata ordi-
naria di 0.020 me. a 1".
Un gruppo copiosissimo di sorgenti è finalmente quello di Valloppa,
poco più d’un ehm. a sud di Visso, aventi nel loro insieme una portata
di circa 200 1. a L'. Le condizioni geologiche di queste sorgenti, che sca-
turiscono di fra gli strati quasi verticali della scaglia argilloso-calcarea
superiore, poco permeabile, non offrono una chiara spiegazione del loro
regime sotterraneo, . ma per la posizione topografica ed altimetrica e per
l’abbondanza delle loro acque sembrano doversi ritenere nella categoria
delle sorgenti del livello idrostatico.
II.
P. YmAssA DE EEaNY. — Rilevamento geologico della Ta-
veletta « Palussa ».
(Con una tavola e due figure).
Scopo della campagna geologica decorsa è stata la revisione accu-
rata del rilevamento geologico già eseguito, nelle sue grandi linee,
da me e da Gortani, ed il carteggiamento a nuovo della porzione più
meridionale della tavoletta, nella quale ancora non avevamo fatto
ricerche.
La revisione della porzione già rilevata si è però svolta come un
vero e proprio rilevamento a nuovo. Difatti per lo scopo dei nostri
passati studi bastavano le grandi linee, e solo per necessità di inter-
pretazioni stratigrafiche o tettoniche speciali occorreva scendere a
minuti particolari. Ma per la Carta geologica d’Italia necessita se-
gnare con esattezza ogni singolo confine, e numerose gite devon farsi
anche là dove, dal punto di vista generale, l’interesse può dirsi quasi
nullo. Nè però di questa minuziosità, che mi ha portato via molto
tempo, ho troppo da dolermi, perchè è appunto per essa che ho
avuto la fortuna di scoprire, là dove credevo che ormai il campo do-
vesse considerarsi mietuto, taluni fatti interessanti. Cosi ad esempio
l’esistenza del Neosilurico nel versante settentrionale del Germula e
del Caradoc fossilifero sopra il Chiadin di Danza. Fatti che non mo-
dificano in nulla le idee già da noi espresse sulla stratigrafia e la tet-
tonica di queste montagne, ma che sono anzi documenti ottimi per
confermarne la esattezza.
Per gravi ragioni di famiglia Gortani ha dovuto restringere il suo
campo di azione ai dintorni di Tolmezzo, ed a me, con gran dispia-
cere per la mancata compagnia fraterna dell’amico, è toccato prò-
30
P. VINASSA DE KEGNY
cedere al lavoro anche nel campo ove il Gortani aveva in modo pre-
cipuo rilevato negli anni decorsi; e cioè nella porzione più occidentale
del quadrante SW., quella porzione cioè che noi distinguemmo col
nome di Gruppo dei Monti di Dimon e di Paularo ^ comprendente
prevalentemente rocce eruttive e scisti ed arenarie ad esse connesse.
In questa porzione anche le ricerche dovettero essere molto accurate
e minuziose per la grandissima difficoltà non solo di segnare accura-
tamente i confini, ma anche di distinguere Tuna dall’altra le singole
formazioni. Ma nemmeno qui le ricerche minuziose furono inutili, anche
dal punto di vista generale, poiché fu per esse che potei rinvenire un
interessantissimo lembo devoniano, ultima propaggine visibile dei
calcari di Timau, sporgente dalla copertura trasgressiva carbo-
permica.
L’estensione di terreno rilevata quest’anno è abbastanza grande,
tenuto conto del numero delle suddivisioni che ho potuto distmguere.
Nè mi sarebbe stato possibile in una sola campagna, per necessità
climatiche e per fatiche non indifferenti forzatamente breve, rilevare
tanto, se non avessi avuto a base gli studi precedenti e la cono-
scenza topografica della regione.
La porzione di terreno rilevata quest’anno è tutta compresa nella
tavoletta 1:50.000 di Paluzza; s’inizia a Nord dal confine di Stato,
ad oriente confina colla tavoletta di Pontebba, ad occidente con
quella di Prato Gamico in alto, in basso segue il decorso della But;
a mezzogiorno poi si estende sino ai terreni triassici e più precisa-
mente si termina con una linea che dal M. Cullar, per Forca Griffon
e M. Fuarmi giunge al Tersadia e da qui al Cuc e pel M. di Rivo
scende alla But di faccia a Priola.
Per necessità di rilevamento e per opportuni collegamenti ho fatto
anche ricerche nel quadrante SW. della tavoletta di Pontebba, più
che altro per chiudere i limiti di certi terreni lungo la Pontebbana.
* ViNASSA, Nuove osservazioni geologiche sul Nucleo centrale delle Alpi
Gamiche. Proc. verb. Soc. tose. Se. nat., 3 maggio 1908. Citato in seguito
come: Vinassa: Nuove osserv. geolog.
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA « PALUZZA » 31
Nel quadrante NE. di Prato Gamico ho fatto nuove ricerche sino al
Pizzo di Collina, raccogliendovi messe non indifferente di fossili, che
serviranno di documento ai futuri rilevamenti particolareggiati di
questa nuova tavoletta, riservata alla campagna ventura.
Dal rilevamento completo della tavoletta restano adunque fuori
tutte le montagne della Val Calda, a destra della But, e due piccole
j porzioni triassiche a sud del Tersadia e a SE. del M. Cullar.
Ma i Monti della Val Calda formano un tutto unico cogli altri
che si estendono anche nella tavoletta di Prato Gamico sino al Do-
gano, ed il rilevamento di essi non può scindersi in due parti. La
chiave per il loro rilevamento e la loro interpretazione sta però, a
I mio parere, nelle condizioni geologiche già rilevate attorno a Paluzza
! nel gruppo del Monte Dimon.
Quanto alle porzioni triassiche non è per adesso possibile farvi
j distinzioni esatte. Occorrerà studiare, strato per strato, il Tersadia ed
il Cuc ; e dai fossili, che già avemmo la fortuna di rinvenirvi e che
I certo saranno aumentati da nuove ricerche, si potrà dedurre una
I divisione possibile ad esprimersi graficamente sulla carta geologica.
! Per adesso questo è impossibile.
' *
* ♦
' In questa porzione di territorio, sono numerosissimi i terreni, i
1 quali possono aggrupparsi nel modo seguente :
Alluvione recente.
Detriti di falda.
Alluviale antico.
Morenico rimaneggiato.
Morenico.
A Calcari con pietra verde (Buchenstein ?).
Trias ^ Muschelkalk.
V Werfeniano.
i' Calcari con Bellerophon.
^ Xeopermico ^ Marne e dolomie gessifere.
Termico . < \ Dolomie cariate.
' Eopermico — Arenarie e conglomerati (Valgardena).
Quaternario
I
32
P. VINASSA DE REGNT
y eocarbonifero
cd Eopermico
y eocarbonifero
Devonieo .
Siluri co
Porfiriti ed altre rocce eruttive.
\ SpiUti, scisti e arenarie metamorfosati.
' Scisti e arenarie connesse alle rocce verdi.
^ Calcari con Fnsnlina.
ì Scisti, arenarie e conglomerati.
. superiore — Calcare con Climenie.
Neodevonico
/ ^
in generale
Scisti.
Calcari.
Mesodevonico — Calcari corallini.
Eodevonico — Calcari corallini.
\ Scisti.
' Neosilurico
Mesosilurico
Silurico in generale
I Calcari.
Scisti e calcescisti del C arado c.
\ Scisti.
Calcari.
Passerò in rassegna tutti questi terreni, compresi nel territorio ri-
levato, a cominciare dai più antichi e soffermandomi solo su quelli pei
quali il nuovo rilevamento ha dato risultati di qualche interesse, e
che non ancora era stato pubblicato nei precedenti lavori miei e di
Gortani.
Terreni siluriani.
Occupano ima estensione abbastanza ragguardevole nella porzione
nord- orientale della tavoletta, e più specialmente nel gruppo del Ger-
mula e di Lodin e Costa alta: appariscono poi sporadicamente dalla
Avostana al Freikofel.
Il Siluriano si presenta sotto due tipi litologici diversi: calcareo
cioè e scistoso. I calcari sono vari di colore, grigi, rossastri o deci-
samente rossi, venati, mandorlati, a reticolature bianche o caffè
e latte.
Gli scisti sono argillosi grigi oscuri, nerastri o decisamente neri,
carboniosi; talvolta passano a tipi leggermente quarzoso- arenacei ed
anche a breccioline e conglomerati silicei, di colore scuro con piccoli
joezzi bianchi quarzosi, di aspetto identico ai tipi carboniferi, coi quali.
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA « PALUZZA « H'ì
per la trasgressione neooarbonifera, vengono spesso a contatto, riu-
scendo allora difficilissimo il tenerli distinti; e talora assolutamente
impossibile.
Svariata è pure la successione delle facies, la loro reciproca posi-
zione, la loro potenza; qualunque deduzione basata sul criterio lito-
logico è poco sicura.
Dei terreni siluriani non si possono distinguere ovunque con sicu-
rezza se non quelli neosilurici. Solo eccezionalmente la presenza di
fossili permette di segnare il Caradoc. E’ perciò che nella carta è di-
stinta una facies calcarea ed una scistosa del siluriano in generale,
comprendendo in esse tutti i terreni anteriori al neosilurico e distin-
guendovi, ove era possibile, il mesosilurico.
I terreni preneosilurici sono limitati ad una zona, esclusivamente
scistosa, diretta da NW. a SE., dal M. Scarniz sino presso M. Pizzul,
ai piedi meridionali dei M. Costa Alta e Germula; e ad una piccola
porzione di calcare grigio, compatto, con rari Orthoceras, che dal Cer-
I cevesa per Gas. Eamàz e Gas Maledis arriva al Malinfìer.
I Gli scisti ai piedi del Germula e i calcari di Ramàz e Meledis
sono riferiti a questo periodo perc.hè entrambi sottostanno agli scisti
fossiliferi del Caradoc, rispettivamente affioranti a Costa di Crignis e
sopra la Gas. Meledis. Si capisce facilmente come sia difficile dare un
esatto limite a questa formazione, essendo limitatissimi gli affiora-
menti mesosilurici, e non avendosi alcun carattere litologico per di-
stinguere questi scisti e questi calcari da quelli meso- e neosilurici.
Ricerche accurate e ormai ripetute per vari anni non hanno dato di
questa formazione nemmeno un fossile, di modo che se superiormente
possiamo esser sicuri che non si oltrepassa Finizio del Caradoc o ri-
spettivamente del neosilurico, inferiormente non possiamo in alcun
modo dire se si giunga al Cambriano o forse anche più in basso.
Certo è che sotto alla Gas. Costa di Crignis ove affiora il mesosilurico,
gli scisti si continuano per altri duecento metri almeno.
II mesosilurico è rappresentato da scisti bruni, verdastri o gial-
lastri; argillosi ma spesso anche calcarei, sempre con macchie ocracee,
con nidi fossiliferi specialmente di brachiopodi e monticuliporidi.
3
34
P. VINASSA DE REGNY
La prima scoperta di questo importante orizzonte venne da me
fatta a Meledis ^ ove i calcoscisti brrmi e verdastri sono intercalati
tra banchi di calcare grigio inferiormente e superiormente tra scisti
neri carboniosi con Bastrites del Gotlandiano inferiore.
A Gas. Meledis, tra l’altro, ho raccolto :
Tri'plesia C?) spiriferoides M’ Coy sp.
Orthis Actoniae Sow.
O. calligramma Dalm.
O. porcata M ’ Coy.
O. hif orata v. Schlth.
O. vespertilio Sow.
A questa prima località presto se ne aggiunse una seconda sul
fianco orientale del Palon di Pizzul e dalla quale quest’anno ho
tratto altro materiale. Vi ho, tra l’altro, raccolto :
Porambonites intercedens Pand. var. filosa.
Triplesia insnlaris Eichw. sp.
Orthis Actoniae Sow,
O. flabellulum Sow.
0. calligramma Dalm.
0. porcata M ’ Coy.
O. unguis Sow. sp.
0. alternata Sow.
O. retrorsistria M ’ Coy.
O. ellipsoides Barr.
Orthis pathera Salt. in Mngh.
O. vespertilio Sow.
Strophomena espansa Sow. sj).
Str. grandis Sow. sp.
8tr. rhomhoidalis Wilk. sp.
Leptaena trasversali Wahlb.
L. sericea Sow.
^ ViNASSA, Nuove osserv. geologiche, loc. cit., pag. 4.
^ ViNASSA e Gortani, Nuove ricerche geologiche sul nucleo centrale delle
Alpi carniche. Eend. E. Acc. Lincei, 5, XVII, 2° sem., fase. IO, pag. 603.
Citato in seguito come: Vinassa e GtORtani, Nuove ricerche geolog.
IIILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA «PALIJZZAn
Ma le nuove ricerche mi hanno fatto scoprire una nuova località
mesosilurica dalla quale ho ritratto i migliori esemplari sino ad ora
raccolti in questo orizzonte nelle Gamiche, e che sto attualmente stu-
diando. L’illustrazione completa di questa interessante fauna delle
tre località ora accennate vedrà, spero in breve, la luce in una me-
moria presentata alla Accademia Gioenia.
Questa nuova località è posta a SW. del Chiadin di Lanza ove si
ha ridottissima la serie siluriana. Infatti gli scisti giallastri del Caradoc
hanno uno spessore di 5 m.: sopra ad essi stanno degli scisti neri,
privi di fossili, ma evidentemente riferibili al Gotlandiano inferiore,
per uno spessore di circa 20 m. Sopra a tali scisti seguono dei banchi
di calcari giallicci e rossastri, che essendo in diretta corrispondenza
coi calcari grigi e rossi ad Orihoceras di tutto il versante meridionale
del Germula vanno riferiti al neosilurico superiore: lo spessore loro
non oltrepassa i 30-40 m. e ad essi segue il calcare di scogliera eode-
vonico. La lingua scistosa del neosilurico superiore, che segue rego-
larmente i calcari neosilurici sul fianco del Germula, muore sull’angolo
orientale della montagna in faccia alla Forca di Lanza.
Gli scisti mesosilurici sono, sotto alla grande massa del Germula,
quasi raddrizzati, ma verso l’alto si curvano leggermente verso il sud.
Per questo supposi che una massa cosi ricca di fossili e anche litolo-
gicamente ben distinguibile dovesse necessariamente riaffiorare in
qualche punto del versante meridionale della montagna. E mi diedi
perciò alla sua ricerca lungo la malagevole parete che circonda o
sovrasta la Gaserà Gesta di Grignis. Dopo due giorni di infruttuose ri-
cerche potei finalmente rinvenire in due punti, a NW. della casera
e alla quota di 1600 m., gli scisti gialli con Monticuliporidi del Garadoc.
Anche qui agli scisti gialli seguono scisti neri e poi calcari neosilurici,
ma questa volta con. spessore molto grande.
La scoperta di questo orizzonte è stata di grande interesse, poiché
ha servito a dare un criterio per giudicare dell’età della grande massa
scistosa ed a fornire dei punti esatti di appoggio per la interpreta-
zione della tettonica della montagna, confermando però in tutto le
idee già da noi ripetutamente espresse.
30
P. VIXASSA DE REGXT
Se il mesosiliirico è solo per eccezione riconoscibile e documenta-
bile con fossili; non così è pel neosilurico. Questo pure si 2:)resenta
nella doppia facies calcarea e scistosa: ma, mentre gli scisti manten-
gono lo stesso tipo ovimque; nei calcari possono distinguersi vari tipi.
Gli scisti hanno aspetto identico a cpiello dei precedentemente de-
scritti. Essi si trovano intercalati ai calcari neosilurici; od anche, ma
per eccezione, hnmediat amente sottostanti all'Eodevonico. Xon hanno
dato smora altri fossili oltre Graptohti. Dallo studio di cpieste è risul-
tato ’ che esistono due orizzonti graptohtiferi. imo inferiore, a Ra-
sfrites, rappresentato dagli scisti neri carboniosi di Ca«. Meledis. ed
imo superiore, a Monograptus coìoìiu-s Barr.. negh scisti pure neri di
Rio del Musch presso Gas. Lodin. Questi due orizzonti, che rapj) re-
sentano il Gotlandiano inferiore e superiore, non possono in alcim
modo venir distinti sul terreno, e vengono perciò indicati sulla carta
coirindicazione di Xeosilurico a facies scistosa.
I calcari neosilurici si distinguono dai più antichi solo m parte.
Smo ad oggi, per esempio, non son riuscito a scoprire nel preneosi-
lurico il calcare rosato che si presenta invece comime nel neosilurico.
Svariatissime, come ho già detto, sono le facies calcaree del Xeo-
silurico sia per aspetto sia per estensione. In j^ochi pimti la serie che
si può rilevare è identica a serie rilevate m punti anche vicini, e le
diversità sono non solo nel numero e nella potenza dei membri, ma-
anche nella loro reciproca posizione. Cosi i calcari neri, grigi, rosati,
venati, reticolati caffè e latte e grigi con coralh sihcizzati si succedono
in ordine svariato, talvolta mancano or Fimo or l'altro: tutt'al più
si può dire che i calcari rosati, quando son presenti, sono prevalenti
nella porzione terminale.
E rispetto alla potenza relativa basterà confrontare il profilo sopra
il Chiadin di Danza, già accennato, nel quale dal ùlesosilurico al De-
voniano corrono circa 50 m. di s23essore, con la massa neosilurica
della Stua di Ramaz potente varie centmaia di metri, a causa forse
anche di piegature successive.
^ ViXASSA, Graptoliti carniche, Atti Congr. natili, it. in Milano, 1906.
BILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLE'l TA « PALUZZA » ‘M
Sempre tipica è la forma di lente, tanto negli scisti ({uanto nei
calcari: ho accennato alla lingua di scisti che muore alla curva orien-
tale del Germula : ricorderò i calcari ad oriente della (Jas. Ginio-
nùt che vanno a perdersi negli scisti che ne sono una continuazione
diretta.
A mostrare quanta diversità di facies possa aversi in punti molto
vicini mi limiterò a riportare il profilo dei due Zuc, quello della
Guardia e quello di Maleseit, le due punte, senza nome sulla carta,
poste a NNE. del Palon di Pizzul.
Nel Zuc della Guardia sopra al siluriano del Palon, rappresentato
prima da calcari rossi ad Orthoceras, poi da calcari caffè e latte reti-
colati, vengono scisti con spessore di 12 m. Ad essi seguono dei cal-
cari bianchi venati, abbastanza simili a quelli che al passo di Volaia
seguono ai calcari con Rh. Megaera.
Morfologicamente simile lo Zuc di Maleseit è diverso nella succes-
sione degli strati. Infatti sui calcari grigi, rossi e mandorlati del Palon
seguono calcari grigi con coralli silicizzati, a cui seguono ancora cal-
cari grigi e giallastri: vengono adesso circa 15 m. di scisti nerastri o
verdognoli con macchie ocracee, poi nuovamente calcare rosso e final-
mente il grigio corallino devoniano. Nel fondo poi, per una piega
contorta, affiorano anche scisti mesosilurici.
Come si vede adunque a meno di 700 m. di distanza, quanta ap-
punto ne corre tra le due punte, la successione è diversa: nuova
prova da aggiungere alle numerose già fatte notare in questa re-
gione della inutilità di procedere a minuziose suddivisioni in base a
profili, che non si riproducono più nemmeno a pochi metri di distanza,
e della difficoltà che deriva da questo continuo cambiamento.
La facies scistosa neosilurica è rappresentata prevalentemente sul
versante meridionale del Germula da una lunga e sottile striscia e
al Palon di Pizzul da una piccola lente: torna poi a N. del Cui di
eretta in una lente allungata e quindi sul versante meridionale dei
j M. Val di Puartis, Lodin e Creta rossa. Apparisce poi per una este-
j riore di pochi metri a breve distanza ad est della Gas. Pai piccolo
di sotto.
P. VINASSA DE PEGKT
Molto più diffusa è la facies calcarea. Essa si estende dalla Pon-
tebbana pel Palon di Pizzul e da Gas. Val Bertàt per la Stiia di
Ramaz sino a Gas. Culèt; una seconda zona va da Gas. Meledis di
sopra sino oltre la Cima Costa alta; una terza forma le cime Val di
Puartis e Lodin.
Questi affioramenti erano già noti da tempo. Era invece ignoto
e potei trovarlo nel rilevamento di quest’anno, un limitato affiora-
mento nel nucleo del Germula, proprio di faccia a Gas. Val Bertàt.
Quivi alla quota di 1450 affiora un calcare rosso con Orthoceras,
sopra al quale vanno dei calcari giallastri e dei calcari grigi con la
tipica facies dei coralli silicizzati. Ma già alla quota 1480 torna il
Devoniano in copertura. Questo siluriano rappresenta la continua-
zione del calcare di Cima Costa alta, del M. Culet e della Malalastra
a sud della Stua di Ramàz.
La seguente sezione mostra come avvenga l’affioramento del neo-
silurico per effetto della erosione della copertura devoniana.
Co^ta di Crignis Germula Costa Cliiadin R. Lanza Confine
Fig. F. — 1. Scisti anteriori al Caradoc - 2. Scisti del Caradoc - 3. Scisti iieosilnrici - 4. Calcari
iieosihirici - 5. Calcari eodevonici - 6. Calcari mesodevonici - 7. Neocarlionifero trasgressivo -
8. Detrito. 1 : 25.000
La pendenza degli strati è piccola, di circa 20®-25o a N., e tanto
negli strati neosilurici quanto nei soprastanti devonici si nota una
tendenza a leggere ondulazioni, che evidentemente devono anche con-
tinuarsi nell’interno della montagna.
Ignoti sino all’epoca dei nostri studi erano anche gli affioramenti
neosilurici nel gruppo di Timau e dei Pai. Tali affioramenti sono i
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA « PALUZZA
39
molto limitati, ma liaiino ima importanza grande, anzi fondamentale,
per la tettonica della regione, cosa che è stata fatta ri])etutamente
rilevare da Gortani e da me. La loro hnjiortanza è anche grande per
la conoscenza della fauna neosilurica in Italia. Infatti sono state
raccolte in quei calcari ben 41 forme, recentemente illustrate ^ e che
per tre cpiarti sono nuove per ritalia ed una metà per tutte le Al])i
orientah. E dallo studio di questa fauna è risultato essere per lo meno
prematura, ed in parte anzi erronea, una divisione in zone come
quella proposta dal Frech -.
Lna facies interessante del neosilurico calcareo è cpiella dei calcari
grigi a coralli silicizzati. La facies, litologicamente, non ha grande
valore j^oichè tipi simili di calcare si hanno pure nel Xeodev onice.
Ma poiché i coralh, specialmente le Stromatoporiti, sono facilmente
riconoscibili, Tesarne paleontologico anche sul terreno non è difficile.
Tah calcari si trovano talvolta al disopra dei calcari rossi con
Ortliocems, taTaltra sono ad essi intercalati: e quando si trovano
assieme ai calcari rossi rappresentano un orizzonte molto utile per
‘ segnare la separazione tra siluriano e devoniano.
Di questi calcari ho trattato recentemente illustrandone la fauna
non starò quindi a ripetermi. Ai^ertirò solo che essi, oltre che nel
gruppo di Lodili sono dihusi anche in altre locaTtà. Così ad esempio
ho trovato questa facies al Palon di Pizzul, sia verso io Zuc di Ma-
leseit sia verso la Forca Pizzul; ])OÌ tra le due casere Germula,
^ Gortaxi e ViXASSA, Fossili neosilurici del Pizzo di Timau e dei Pai.
(Mem. R. Acc. Se. Bologna, 6^, VI).
- Frech, Ueher das Devon der Ostalpen (Zeitsclir. d. d. g Gesell., XXXIX,
pag. 714: Dis Karnisclien Alpen, pag. 241, 249).
^ VixASSA, Fossili dei Jlonti di Lodili (Palaeont. ital., XIV. 1908). Xella
recensione di questo lavoro per parte del Dollfcss (Eévne crit. de Paleozoo-
logie 1910, pag. 61) mi si fa dhe che io riferisco al Xeosihmco questa fauna
<> par des raison de sentiment». Evidentemente il Dollfnss non ha forse una
conoscenza molto profonda delTitaliano, e ciò può valere a sua scusa. Mi
sembra però che le sezioni geologiche che accompagnano il lavoro siano abba-
stanza chiare, facilmente comprensibili e niente sentimentali.
40
P. vinassa de regnt
presso al nuovo lembo siluriano del versante settentrionale del Ger-
mula e finalmente nel gruppo di Timau e dei Pai in relazione ai
giacimenti con Orihoceras alla Pradersachia, in faccia a Gas. Pai
grande di sotto, tra le due casere Pai grande di sotto e Pai piccolo
di sotto, e sopra alle Gas. Pai piccolo alla quota di circa 1700.
Coi calcari grigi, rossi o reticolati a netta stratificazione, tal-
volta colla facies a coralli silicizzati, raramente cogli scisti si passa
al calcare di scogliera del Devoniano, che, in perfetta concordanza,
segue al Siluriano superiore.
Terreni devoniani.
Com’era caratteristica pei terreni siluriani la grande diversità di
facies, altrettanto ne è caratteristica, pel Devoniano inferiore e medio
specialmente, la uniformità. Si tratta sempre di calcari grigi, com-
patti, talvolta a grandi masse, talaltra nettamente stratificati, sempre
o quasi sempre corallini.
Nella grande massa del Germula si ha rappresentato solo il De-
voniano inferiore e medio : di terreni neodevonici sino ad ora non
trovasi traccia
Per quanto siano state accurate le ricerche nella difficile parete
calcarea meridionale del Germula, al di sotto della località ove tro-
vammo brachiopodi e coralli mesodevonici dell’orizzonte con Strin-
gocepìialus Burtini ^ non è stato possibile rinvenire nemmeno una
forma eodevonica. Lo stesso è avvenuto per il Freikofel e pel Pizzo
di Timau. La distinzione quindi del Devoniano inferiore è stata pos-
sibile, nella regione rilevata, solo là dove si avevano neosilurico e
mesodevonico fossiliferi. L’eodevonico perciò occupa sulla carta una
zona lunga ma stretta sul versante meridionale del Germula, ed una
seconda, molto limitata, sul versante settentrionale in rispondenza
^ Vinassa e Gortani, Osservazioni geologù-he sui dintorni di Paidaro.
(Boll. S. g. it., XXIV, 1, pag. 5 (estratto). Citato in seguito come: Vinassa
e Gortani, Paularo).
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA «PALUZZA»
41
del neosilurico recentemente scoperto. Nel Pizzo di Timau è segnato
in una piccola porzione a sud del Rio Gajer, e dal Freikofel in una
zona un poco più estesa attorno al nucleo eroso dei calcari neo-
silurici con Orthoceras e Cardiola interrupta.
Se PEodevonico fossilifero manca, è invece quasi ovunque ricca-
mente fossilifero il Mesodevonico rappresentato da calcari corallini
con brachiopodi. Questi si rincontrano: nel Germula, nell’alto Rio
Lanza, nel Pizzo di Timau, specialmente alla Pradersachia a W. della
Gamspitze, ed al Freikofel specialmente sopra la Gas. Pai grande di
sotto, quasi esattamente in corrispondenza dal punto ove nella carta
del Frech è segnato il confine del calcare a Climenie.
Attualmente ho in studio la ricca fauna corallina di queste e di
altre località: non entrerò quindi m particolari sui fossili che ho rac-
colto, limitandomi per adesso al sopraindicato elenco delle località
ove il Mesodovonico è fossilifero. Farò una sola eccezione per il Me-
sodevonico di Valpudia presso Paluzza e di Pian di Germula presso
Paularo data la grande importanza che questi due lembi, e special-
mente il primo, scoperto quest’anno, hanno per la geologia carnica.
Sino dal 1905 avevamo notato la presenza di calcari presso Val-
pudia a N. di Paluzza. Ma, pur tenendone conto nel primo rileva-
mento, non demmo loro grande importanza, trattandosi di un limi-
tato affioramento di età incerta, in quanto non riuscimmo a trovarvi
fossili. Le ricerche di quest’anno sono state più fortunate, ed ipochi
ma caratteristici fossili, che descrivo più avanti, bastano per stabilire
la pertinenza al Mesodevonico di una parte almeno di questi calcari.
Sporgono questi calcari da una copertura trasgressiva di scisti,
arenarie e rocce verdi, connessi all’arenarie di Valgardena, di cui farò
parola in breve. Un punto interessante per vedere la successione
degli strati è poco oltre gli stavoli Valpudia, nel Rio senza nome
alla quota di circa 1050. Quivi sopra a scisti nerastri stanno dei calcari
pure nerastri, a cui fanno seguito dei calcari grigio scuri a reticola-
ture bianche; lo spessore di questi è circa 30 m. Sopra a questi cal-
! cari altri ne compaiono grigi, qua e là venati di bianco con fauna
corallina mesodevonica.
41^
P. vrS ASSA PE KEGNT
Con molta probabilità gli scisti più profondi sono da riferirsi al
Xeosiliirico superiore e i primi calcari rappresentano, foiose in parte
il Xeosilurico. e quindi V Eodevonico, privo di fossili, come sempre
in questa porzione del Nucleo centrale carnico.
Presento qui descrizioni e ligure della faunula mesodevonica dei
calrari grigi di Valpudia.
CvaTlioplivUiim vermiculare Gdfs.
Tav. I. fìg. 1.
liX's. Cy a rìiopliyllum venuienlare Gdfs. - VivaSSa. Fossili dei Monti di Lodin.
Fahus'ui. Uaìùfi. XI F. pag. 173. tav. XXI. tìg. 2 {cum syn.).
Due frammenti ed un esemplare che mi ha j>ermesso di fare una
sezione trasversale e di figurarla.
L'esemptiaie misima mm. di diametro massimo: ha ima forma
cilindroide che si appnintisce al basso. Nulla posso dire delia super-
ficie esterna poiché Tesempìlare è inglobato nella roccia, e perciò non
si vede di esso che la forma generale ed i setti. Questi sono in nu- i
mero di 32. tra i quah qua e là compaiono setti di second'ordinej ma
in numero limitatissimo.
Dei se*tti tahmi non arrivano al centro e terminano a punta acuta
e sottile, altri invece arrivano al centro e si uniscono tra loro. Essi
sono pochissimo ondulati.
Le tavole settah sono numerose, sottfiij irregolarmente dispioste.
tiilvolta un poco ricurve. La parete cahcinale è fortemente inspessita,
con inspessimento in taluni punti maggiore.
L'esemplare, per quanto piccolo, mostra spiccati i caratteri di
questa spiecie, prevalentemente mesodevonica. e ditìùisissima in tutti
i ìriacimenti mesodevonici della Camia.
Heliolires porosus Gdfs.
Tiiv. I. fig. 4.
190S. Heliolitès porosus Gdfs. - Vivassa. Fossili di Lodiu. Palaeoiìi. iUilica,
XIV. pog. 175, tav. XXI, fig. 3 cum
Ho tre esempilari di questa specie, dai quali non risulta però, per,
il loro stato di conservazione, la forma del corallo: solo si puoi
RILEVAMENTO GEOLOGICO DEILA TAVOLETTA «PALLZZA))
43
j dire che esso si presenta in generale abbastanza tondeggiante e (piasi
j globoso.
!I calici sono circolari o appena ovalari: nella sezione se ne vedono
dei decisamente ovali a causa della sezione riescita un poco incli-
nata rispetto ai singoli poliperiti. Le dimensioni di essi oscillano di
poco, e cioè da un massimo di mm. 2 ad un minimo di mm. 1.4. La
loro disposizione è abbastanza irregolare poiché si hanno calici di-
stanti tra loro meno di 1 mm. e calici che distano quasi 2 mm.
' I canali cenenchimatici sono poliedrici, a pareti molto sottili: la
dimensione loro si può calcolare in media di di mm.
La teca calicinale è ingrossata, a contorno ondulato più o meno
regolarmente. Dodici setti, nettissimi, di dimensioni su per giù uguali,
partono dalla parete e si spingono verso il centro: taluni arrivano sino
a riunirsi coi processi spiniformi centrali, dando così l’aspetto di una
falsa columella.
In sezione longitudinale si notano numerose lamelle trasversali,
I molto avvicinate contandosene da 3 a 4 per ogni millimetro, sottili,
un poco ricurve colla concavità verso l’alto, quasi sempre indipen-
denti da un tubulo all’altro: un poco meno numerose nei calici.
La forma, variabile ma pur sempre facilmente riconoscibile, va
j dal Siluriano al Mesodevonico. Pei setti molto allungati gli esemplari
1 di Valpudia si avvicinano molto agli esemplari tipici del Mesodevo-
|| nico europeo.
Pachypora cervicornis de Blainv. sp.
Tav. I, fìg. 2-3.
■'I 1879. Pachypora cervicornis de Blainv. sp. - Nicholson. Structiire and affini-
ties of thè « Tabulate Corals » of thè Palaeozoic Period, pag. 82, tav. IV,
ffg. 3 {cum syn. excl. Pc reticulata).
j Ho due esemplari di questa forma, entrambi di dimensioni non
; molto grandi. Il primo misura mm. 40 di altezza e mm. 5 di lar-
'ghezza: il secondo rispettivamente mm. 36 e mm. 7.
I
Il corallo ha forma dendroide, ramosa, subcilindrica, ed è com-
I posto da poliperiti poligonali costituenti delle camere il cui lume è
44
P. VINASSA DE IlEGìsT
ridotto da una deposizione secondaria di sclerenchima; deposizione
che verso l’apertura del poliperite si fa un poco maggiore. Aperture
dei calici rotondeggianti, per effetto di questa deposizione, mentre i
calici sono poligonali. Le dimensioni non variano molto ed oscillano
tra mm. 1.25 e mm. 2 o poco più. Le tabule sono rarissime, complete e
regolari: pori murali pure radi, larghi e irregolarmente distribuiti.
La divisione dei nuovi poliperiti avviene sempre per dicotomia.
La parete cellulare è nettamente divisa in due lamine, come in
tutte le Pachypom.
Intesa in questo senso la Pachypora cervicornis si distingue dalla
P. reticulata per la maggiore dimensione dei pohperiti che raggiungono
i 2 mm., per il minore inspessimento delle pareti e per l’accrescimento
sempre dicotomico.
Il Nicholson nega valore a queste diversità, e sostiene che le due
forme sono specificamente identiche : accetta però che il nome di reti-
culata possa conservarsi per quelle forme ove, oltre alla dicotomia,
si abbia pure l’anastomosi delle pareti cellulari.
Poiché nella tipica cervicornis questa anastomosi non avviene mai,
ed ormai è accettato nei tabulati come carattere differenziale, persino
generico, il modo di accrescimento, così preferisco tenere distinte le
due forme, come già ho fatto per la P. reticulata dei Monti di Lodin.
Questa forma così intesa è tipicamente devoniana.
Pachypora reticiilata de Blainv. sp.
Tav. I, fig, 5.
1908. Pachypora reticulata de Blainv. sp. - Vinassa, Possili di Lodin. Pa-
laeont. italica, pag. 178 {cum syn.).
Ho un solo esemplare, molto piccolo, poiché misura mm. 8 di al-
tezza, per mm. 3 di larghezza massima. Esso presenta però nettissimi
i caratteri della specie, intesa nel senso del Milne Edvards e del
Giirich ; senso, come ho accennato prima, un poco più ristretto di
quello del Nicholson, che questa forma riunisce alla cervicornis.
La Pachypora reticulata de Blainv. sp. é un corallo dendroide, sub-
cilindrico, composto di poliperiti poligonali, costituenti delle camere
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA « PALUZZA w
45
il cui lume è molto ridotto da una deposizione secondaria di scleren-
chima. I calici sono poligonali, ma la loro apertura a causa dello scle-
renchima secondario è ovalare o circolare. Le dimensioni dei calici
variano pochissimo e sono tutte inferiori di poco ad un mm. Le tabule
sono rarissime, e rari sono pure i pori, irregolari. L’accrescimento del
corallo avviene per dicotomia, ma in parecchi punti le pareti si toccano
anastomosandosi, ed il corallo assume così una forma reticolata.
E’ sempre netta la divisione della parete, nella quale è visibile una
linea divisoria più scura; e netta è pure la formazione di lamelle con-
centriche sottilissime dello schlerenchima secondario.
La forma, pur non essendo esclusiva, è però prevalente nel Meso-
devonico europeo.
Alveolites suborbicularis Lmk.
Tav. T, fìg. 7.
1879. Alveolites suborbicularis Lam. - Nicholson. Tabulate Corals, pag. 126,
tav. VI, fìg. 2 {cum syn.).
Dopo la compiuta illustrazione che il Nicholson ha dato di questa
forma, mi sembra inutile spendervi attorno parole.
Gli esemplari di Valpudia sono in generale piccoli, incrostanti.
Nei calici non ho mai riscontrato traccio di setti. In sezione tra-
sversale si vedono numerose tabule. In nulla si distinguono quindi
i miei esemplari dagli altri ben noti e tipici del Mesodevonico.
Actinostroma clathratum Nich.
1908. Actinostroma clathratum Nich. - Vinassa, Fossili di Lodili, pag. 179,
tav. XXI, fìg. 11-17 {cum syn.).
Forma massiccia, incrostante, a lamine concentriche e un poco on-
dulate: la superficie è priva di protuberanze o mammelloni.
La sezione tangenziale mostra netti i pilastri a sezione circolare,
non mai angolosa.
La sezione trasversale presenta la caratteristica reticolatura a ma-
glie regolari di forma quadrata. Le maglie sono assai piccole, contan-
dosi da 4 a 5 pilastri per ogni mm. Gli esemplari di Valpudia corri-
46
P. VINASSA DE REGNA
spondoiio quindi al tipo che distinsi col nome di var. conferta nel mio
sopra citato lavoro a pag. 180, tav. XXI, fìg. 14-15.
Questa forma è comune nel Mesodevonico, ma non ha valore cro-
nologico, essendo abbastanza diffusa anche in altri orizzonti.
Stromatopora concentrica Gdfs.
Tav. 1, fìg. 6.
1891. Stromatopora concentrica Gdfs. - Nicholson. Monograph of thè British
Stroniatoporoids, III. Palaeont. Society, 1890, pag. 164, tav. Ili, fìg. 5;
XI, fìg. 15-18; XX, fìg. 10; XXI, fìg. 1-3; XXIV, fìg. 9-10 {cum syn).
Questa forma è rappresentata pure tra i fossili raccolti a Valpudia,
ma non mai in esemplari isolati. Essa si manifesta prevalentemente
nelle sezioni dei calcari, ove si vede inglobata assieme a Pachy'pora, ad
Alveolites ed altri tipi. Ma le sezioni di essa sono più che sufficienti
a dare sicurezza della specie, come del resto lo prova la figura di una
porzione di sezione che ho riprodotta nella tavola.
La specie è molto e ben nota, ed i miei esemplari nulla possono
aggiungere alla sua conoscenza. Mi limito perciò semplicemente a far
rilevare la somiglianza tra l’esemplare figurato e quello descritto e
figurato dal Nicholson nella tav. XX, fig. 11.
La forma è caratteristica del Mesodevonico.
Non mi sembra necessario spendere molte parole per mostrare
come questa faunula, per quanto povera di forme, accenni con ba-
stante sicurezza al Devoniano medio. Se il Cyatho'phyllum vermicidare,
V Heliolites porosus, la Pachypora reticulata e V Actinostroma clatlira-
tum, che pure hanno grande diffusione nel Mesodevonico, scendono
anche al Siluriano superiorissimo, la Pachypora cervicornis, V Alveo-
lites e la Stromatopora concentrica sono caratteristiche del Devoniano
medio. A ciò si aggiunga poi che le stesse identiche forme, colla stessa
identica facies di fossilizzazione e di aggruppamento, si trovano in tutti
gli altri calcari corallini camici, appartenenti senza alcun dubbio al
Mesodevonico, della cui fauna sto attualmente occupandomi.
RILEVAMENTO GEOLOGICO CELLA TAVOLETTA « PALUZZA»
47
Anche molto interessante è la massa devoniana, localmente; rove;-
sciata, che si ha tra M. Culet e Gas. Germula; questa massa, inter-
rotta da scisti trasgressivi neocarboniferi, si connette aU’altra un j)e)e:o
minore del così detto Pian di Germula. Questi strati elcvoniani d(;ve)ne)
interpretrarsi come la gamba meridionale rovesciata, a causa di spinte
locali, della grande anticlinale erosa del Germula. A differenza di
quanto avviene per il Germula, in questa massa però si riscontra
anche il Neodevonico fossilifero con Climenie. Già nel 1899 il
De Angelis ^ notava di aver raccolto Climenie al P. Fuset : e forse si
tratta della stessa località nostra. Effettivamente il Fuset è un quasi
inaccessibile passaggio sul Chiarsò, posto molto più in basso in fondo
alFasprissima forra del rio.
Nel 1905 notavamo ^ tra il Rio da Pièrtie e Pian di Germula
calcari grigi con sezioni di ammonitidi, che riferimmo in generale
al Devoniano.
Quest’anno nei calcari più meridionali a poca distanza dalla Maina
della Schialute, ho raccolto :
(?) Gardiola BeusJiauseni Holzapf.
Bellerophon Frechi De Ang. in Gort.
Glymenia laevigata v. Mììnst.
Tornoceras simplecr v. Buch.
Non vi può quindi esser dubbio sulla pertinenza al Neodevonico
superiore di questi calcari.
Proseguendo più verso Tinterno della massa calcarea ho però
trovato altri fossili, che per la loro importanza e buona conserva-
zione descrivo e figuro, i quali parlano chiaramente, e tolgono ogni
dubbio sulla pertinenza al Mesodevonico dei calcari che li conten-
gono. E così il rovesciamento, accennato per primo dal Geyer, è anche
paleontologicamente documentato.
' De Angelis d’Ossat, Seconda contrih. allo studio della fauna fossile pa-
leozoica delle Alpi carniche. Mem. E. Acc. Lincei, 5^, III.
^ Vinassa e Gortani, Paularo, loc. cit., pag. 3 dell’estratto.
48
P. VINASSA DE REGXY
Ampllipora ramosa Phill. sp.
Tav. I, fìg. 9-A, 10-a, 10-b.
1892. Ampllipora ramosa Phill. sp. - Nicholsox. Britisli. Stromatoporoids,
IV, pag. 223, tav. IX, fìg. 1-4; XXIX, fìg. .3-7 {cmtyi syn.).
1891. Ampllipora ramosa Phill. sp. - Guerich. Das Palaeozoicum im polni-
schen Mittelgebirge. Verh. russ. Minerai. Gesell., 2, XXXII, pag. 129,
tav. I, fìg. 5.
Un ammasso di tronchi di questa forma si trovano nella por-
zione inferiore di un blocchetto formato nella maggior parte dal
Clathrodictyum regulare Ros. che descriverò in seguito, il quale h
investe e ricopre coi suoi ripetuti strati.
Non sono riuscito a porre allo scoperto la superficie e quindi la
determinazione si fonda esclusivamente sui caratteri interni, i quali
sono però più ehe sufficienti a dare sicurezza di determinazione.
La porzione assiale dei cilindretti è occupata da un tubo più o
meno regolarmente cilindrico, il quale è traversato da tabule rade
e irregolarmente disposte. Attorno al tubo assiale è il tessuto ceno-
steico reticolato, irregolare, senza alcun accenno a distribuzione con-
centrica o radiale degli elementi. Alla periferia in talmii esemplari
si notano delle vescicole di maggior dimensione.
La struttura scheletrica è caratteristica. Essa è compatta : manca
ogni traccia di porosità. Le lamine cenenchimatiche sono spesse e
mostrano tutte una lamella centrale compatta, scura, nettamente
visibile in tutte le sezioni, di andamento ondulato, che qua e là va
come morendo nel tessuto secondario, costituito da fibre sottili,
chiare di tipo cristallino.
Le dimensioni massime della larghezza variano da 4 a 6 mm.
Questa forma si può dire esclusiva del Devoniano medio : infatti .
il Gilrich (loc. cit., pag. 131) la cita eccezionalmente e sporadica-
mente nel Neodevonico. Ma a grandi ammassi forma dei depositi
(Ramosa-Banke di Schulzt) esclusivi della parte parte superiore del
Mesodevonico tanto in Germania quanto in Inghilterra. In Gamia
questa forma, per quanto io ricordi, non venne sino ad ora citata.
rilevamento geologico della tavoletta «paluzza»
49
Clathrodictyuin regulare Kosen sp. var. carnica n.
Tav. I, fìg. 8, 9-B.
1908. Clathrodictyiim regulare Rosen sp. - Vinassa, Fossili diLodin, pag. 182,
tav. XXI, fìg. 18-20.
L’esemplare ricopre con grandi ed ampi strati concentrici l’am-
masso di Amphipora precedentemente descritto.
Se si volesse dare molta importanza alle dimensioni delle logge
l’esemplare del Pian di Germula potrebbe considerarsi come una
nuova forma.
Difatti nel tipico Cl. regulare, le lamine concentriche sono da 6
a 7 per ogni mm. E questo numero pure ho notato nell’esemplare
siluriano di Lodin da me estesamente descritto. Invece nell’esemplare
ora in studio se ne contano al massimo tre, ed anzi talvolta tra
una lamina e l’altra corre un mm. di distanza. A prima vista si di-
rebbe che l’esemplare appartenga agli Actinostroma, e più che altro
alla forma a maglie larghe dell’Ac^. claihratum. Solo il vedere come i
pilastri non siano continui da una lamina all’altra, e come anzi taluni
nemmeno raggiungano la lamina inferiore fa risaltare che si ha a che
fare con un Clathrodictyum e più specialmente con una forma a larghe
maglie del Cl. regulare.
E inutile una descrizione molto estesa. Tutto quanto ho detto
per la forma di Lodin ^ salve le dimensioni, può ripetersi per questa.
Lamelle concentriche leggermente flessuose, talora fuse o biforcate,
con linea mediana scura, nettissima. Pilastri talvolta ridotti a sem-
plici prolungamenti della lamella superiore. Logge irregolari per di-
mensioni avendosene talune lunghe 0.3 mm. e talaltre sino a 0.9 mil-
limetri ed anche 1 mm.
E notevole che questa forma, così rara e piccola altrove, si trovi
frequente ed in grandi esemplari in Gamia.
^ Colgo l’occasione per correggere nn errore di stampa nella mia sopra
citata memoria. Là dove dice (linea 24) che le lamine hanno lo spessore di
iq di mm. deve dire Vio di mm.
4
50
P. VINASSA DE REGNY
La specie perde, col nuovo ritrovamento, il suo valore cronolo-
gico, salvo il caso che la varietà a larghe maglie, che potremmo di-
stinguere col nome di carnica, non si dimostri esclusiva del Meso-
devonico.
*
* *
I terreni neodevonici, eccezionalmente rappresentati nella por-
zione orientale della tavoletta al Pian di Germula, presentano il loro
massimo sviluppo nella parte occidentale e precisamente nei gruppi
del Timau e dei Pai. E qui anche si presenta nuovamente la facies
scistosa, che mancava nel Devoniano inferiore e medio.
Del Neodevonico si possono talvolta distinguere i due orizzonti,
inferiore e superiore, rappresentato dal calcare a Climenie. Ma non
sempre questo è possibile : perciò nella carta è distinto il Devoniano
superiore in generale ed è segnato il calcare a Climenie solo là dove
i fossili lo hanno permesso. E dirò subito che il calcare a Climenie
è molto più esteso di quanto sino ad ora non si credesse ; cosa che
del resto già era stata fatta notare nei nostri precedenti lavori.
La scoperta della fauna a Rhynchonella cuhoides, che sarà tra
breve illustrata, diede modo di conoscere i tipi litologici principali
che costituiscono l’orizzonte inferiore del Neodevonico. Ciò mi ha
servito per segnare il Neodevonico anche là dove mancava la fauna
con Climenie, specialmente poi per la grande diffusione del Mesode-
vonico fossilifero, che dava un ottimo orizzonte di riferimento.
Sono da assegnare al Neodevonico in generale tutte le masse cal-
caree formanti l’unghia meridionale del Ereikofel, del Pai piccolo,
della Gamspitze e nel Pizzo di Timau sino molto in alto verso la
vetta. E poi buona parte del versante settentrionale in territorio au-
striaco del Pai piccolo e del Ereikofel.
È verso il termine del Neodevonico, poco prima dei calcari a Cli-
menie od intercalata ad essi, che si presenta la facies scistosa neode-
vonica, che noi per primi ^ dimostrammo appartenere certamente,
^ ViNASSA e Goetani, Nuove ricerche geologiche, loc. cit,, pag. 609.
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA « PALUZZA )>
51
per la sua posizione, a questo periodo. La facies scistosa neodevonica
in nulla si distingue dalla precedente siluriana e dalla successiva
carbonifera. E perciò, mentre da un lato semplicizza taluni problemi
tettonici, dall’altro aumenta le difficoltà, già grandissime, per tener
distinte le varie formazioni scistose. Questi scisti neodevonici sono
disposti a lenti e da ciò e dalla loro plasticità risultano forme strane
di intercalazioni, e irregolarità grandi nello spessore e nelle dispo-
sizioni. In generale nella porzione rilevata gli scisti non assumono
grande potenza : hanno uno spessore più che in altri luoghi notevole
sotto il Pai piccolo.
La prima località ove si potè stabilire con sicurezza la presenza
della facies scistosa neodevonica fu precisamente lungo la costa tra
la Forcella di Avostana e la vetta del Pizzo di Timau. Netta è
pure la intercalazione degli scisti al Neodevonico presso la Gas. Pro-
mosio di sotto e lungo il Rio Selleit. Così sono forse da riferirsi al
Neodevonico gli scisti che vanno a Sud del Passo Promosio sino al
Lago di Promosio. Invece quelli lungo il Rio Collina a W. di Timau,
e gli altri che dapprima in grande massa agli Stavoli Roner e a Sud
della Cas. Pai piccolo di sotto, vanno poi estendendosi in una lingua
sottile verso il Passo di M. Croce, per riunirsi poi alla massa che
si trova attorno Cas. Collinetta di sotto, possono con maggiore pro-
babilità riferirsi al Neocarbonifero.
Anche le masse scistose che si trovano nell’alta valle del Rio
Gaier, e che si connettono agli scisti che culminano al Pai grande,
sono da riferirsi pei loro rapporti col neodevonico allo stesso oriz-
zonte. Scisti coevi ho trovato anche sotto ai calcari neodevonici
nella pendice settentrionale del Freikofel, in territorio austriaco: la
loro intercalazione al Neodevonico con Climenie si vede esattamente
seguendo il sentiero che dal passo di Freikofel conduce a Plocken. Sem-
pre in territorio austriaco, a N. del Pizzo di Timau ed a S. della Mòssel
Alpe andando verso il Passo Avostana, si hanno scisti della stessa
età. Essi infatti sono sottoposti ad un calcare rosato con Climenie,
del tutto ignoto in questa località, il quale ha grande interesse,
poiché coi suoi strati ripidamente pendenti a Nord, completa benis-
52
P. VINASSA DE EEGNY
simo anche a settentrione Felissoide del Timau, e dà molti dubbi
sulla asserita età siluriana della grande massa di scisti segnati uni-
formemente in questo punto dalla carta geologica austriaca ^ .
Il calcare a Climenie generalmente è grigio o grigio cupo, tal-
volta a masse compatte e grossi strati, talaltra^ sottilmente strati-
ficato. È così che si presenta, ad esempio, alla Gas. Promosio.
Ma altri tipi di calcare a Climenie si hanno e tra questi il più
importante è quello del calcare rosato, talvolta uniforme, talaltra
sfumante nel grigio. Non di rado il calcare rosato ha un colore ab-
bastanza acceso : ed è appunto questo colore, consimile a quello di
taluni calcari neosilurici, che può aver tratto in inganno per il pas-
sato taluni rilevatori : cosa che già facemmo rilevare pel Neosilurico
del Pizzo di Collinetta
Il Neodevonico della Gamspitze, strapiombante sul Fontanone, è
appunto rappresentato da calcare rosato; e calcare rosato è pure
l’altro lembo neodevonico posto in territorio austriaco a N. della
Creta di Timau.
Le facies litologiche del Neodevonico ripetono quasi esattamente
le facies del Neosilurico ; poiché ai calcari grigi uniformi o con vene
caffè e latte, nerastri con vene bianche, rosati uniformi o sfumati, si
uniscono anche calcari grigi con concrezioni e fossili silicizzati, spor-
genti, somiglianti molto ai neosilurici superiori con stromatoporidi.
La conoscenza esatta del Neodevonico è di grande importanza
per questa porzione delle Gamiche : ed è stato difatti in base ad
essa che si è potuto procedere ad interpretazioni tettoniche più sem-
plici, più logiche e meno catastrofiche o fantastiche di quelle imma-
ginate dal Frech.
E le ricerche di quest’anno attorno alle due casere di Collinetta,
che escono però dal limite della carta di Paluzza, mi hanno dato
nuove prove della giustezza delle idee da noi sostenute, e nuovi
^ Geologische Karte... der Oester, Ungar. Monarchie, S.W. Qruppe n. 71,
Blatt Oberdrauburg u. Mauthen. Wien, 1901, von G. Geter.
^ ViNASSA e Gortani, Nuove ricerche geologiche, loc. cit., pag. 608.
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA « PALUZZA ))
53
documenti a spiegare, forse con maggior semplicità, taluni punti
che, come la Cresta verde (Griine Schneide degli austriaci) sembrano
tuttora molto complicati \
Terreni carboniferi e permiani.
Sono i terreni ai quali ho dato maggior tempo allo scopo di poter
vedere se avessi potuto trovare qualche carattere, il quale mi per-
mettesse di assegnare con sicurezza ad un determinato periodo quella
grande massa di scisti ed arenarie connesse alle rocce verdi che si
estendono per varie decine di chilometri quadri e della cui età sino
adesso non si aveva alcuna sicurezza. Riferiti al Culm, senza alcuna
ragione, dal Frech, vennero per la maggior parte segnati dal Geyer
come scisti di età paleozoica indeterminata. L’importanza della que-
stione risultava altresì dal fatto che tutta quanta la Val Calda è co-
stituita da tali rocce, e che, se fossi riuscito a trovare un punto di
riferimento esatto alla sinistra della But, il futuro lavoro di rileva-
mento sarebbe stato assai più facile.
Posso dire sino da ora che i risultati delle lunghe ricerche, dello
studio di numerosi profili furono buoni : e credo di non errare asse-
^ Vedasi a questo proposito il recente lavoro : Spitz A., GeologiscTie Studien
in den Zentral-Tcarnischen Alpen. Mitt. d. geolog. Gesell. Wien, II, 1909. Questo
lavoro mi è pervenuto quando, già era scritta questa relazione, e non ne
ho potuto perciò tener conto, seguendo del resto il metodo dello stesso Spitz.
Egli difatti deve aver composto la sua nota due o tre anni or sono : e non
ha creduto di doverla modificare, per quanto egli dia come sue molte osser-
vazioni che sono state invece fatte da noi sino dal 1908. Si limita a citare
in nota i lavori nostri o a parlare delle nostre idee nel testo, osservando che
anche noi siamo d’accordo con lui. Forse il principio di priorità non è in
tal modo molto salvaguardato ! Tolto questo lieve appunto però, godo nel
poter dichiarare che il lavoro dello Spitz è molto accurato e serio. E sono
anche molto heto di constatare come, anche dai nostri vicini di oltr’Alpe,
vengano conferme al nostro modo di vedere e interpretare il Nucleo centrale
carni co, modo di vedere così profondamente diverso da quello sostenuto
dal Frech.
54
P. VINASSA DE EEGNY
rendo che i terreni scistosi ed arenacei connessi più o meno diretta-
mente alle rocce verdi, sino ad ora riferiti parte al siluriano e parte
indeterminati, appartengono invece ad un periodo che va dal Neocar-
bonifero al Permiano inferiore.
Ho iniziato gli studi su questa formazione a cominciare dagli im-
mediati dintorni di Paularo.
Salendo verso gli stavoli Battaia alla quota di circa 1000 m., dojoo
le arenarie di Valgardena pendenti 35^ a ESE. in potenti strati, si
hanno sotto ad esse porfiriti e spiliti. E proseguendo ancora più avanti
verso il ponticello sul Rio si vedono le arenarie di Valgardena pen-
denti 10^ a N., ma in leggera antichnale, ricoperte prima da una brec-
ciola di Valgardena e spilite poi dalle spiliti, dalle porfiriti e dalle
altre rocce scistose ad esse connesse in grandi banchi pendenti a Nord.
La intercalazione qui delle rocce verdi alle porzioni inferiori dell’are-
naria eopermica è nettissima. Ma l’interesse di questa sezione è anche
maggiore se si risale un poco il Rio Prabon. Si continuano le rocce
verdi, gli scisti e le arenarie e quindi, circa alla quòta 1300, si passa
ad una massa scistosa la quale verso oriente ed oltre il Rio da Nasa,
va ad unirsi alla grande massa dell’arenaria fossilifera tipicamente
uraliana del Pizzul.
Altra sezione interessante si vede andando da Sicceit a Pedreit
lungo il Chiarsò. Anche qui, nei contorcimenti e rovesciamenti che
hanno le arenarie di Valgardena sono comprese le rocce verdi, come
pure gli scisti e le arenarie che le accompagnano. Più oltre le stesse
rocce vanno a contatto con scisti e anageniti che in nulla si distin-
guono da quelle uraliane del Pizzul. Onde è che la intercalazione di
tali rocce superiormente all’ arenarie eopermiche e inferiormente agli
scisti neocarboniferi, se non così netta come al Rio Prabon, è pure
sempre abbastanza chiara.
Di maggior interesse è il profilo che si rileva salendo da Villamezzo
per Pisignaris e Cravostis.
La grande massa di arenaria eopermica fa alcune ampie curve : un
asse di sinchnale, ad esempio, si rileva in rispondenza di Pisignaris,
mentre il fondo del Rio Ruat è un asse di anticlinale. Difatti poco
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA «PALUZZA» 55
prima di giungere al Ruat le arenarie pendono 20^ a 8SVV., e oltre-
passato di poco il rio la pendenza è 40° a NNE. Poco dopo si hanno
rocce verdi, coi soliti scisti e arenarie ad esse connesse, le quali com-
prendono in una nuova sinclinale, rispondente su per giù alla altezza
di Clapeit, nuove arenarie di Valgardena. L’interposizione non po-
trebbe essere più netta. Ma ancora più avanti il fatto torna a ripe-
tersi chiaramente, ed a Gas. Montute di sopra si vede pure benissimo
come l’arenaria di Valgardena ricopra nettamente le rocce verdi coi
connessi scisti ed arenarie.
Si vede dunque chiaro che questa formazione, cosi discussa, non
oltrepassa in alto l’Eopermico inferiore.
Allo scopo di vedere invece la posizione di queste rocce rispetto
ai terreni più antichi sono interessanti questi profili, che passerò rapi-
damente in rassegna.
I primi calcari che si hanno al Pian di Germula e contro i quah
battono gli scisti connessi alle rocce porfiritiche delle Schialute, è un
calcare grigio reticolato di giallo, simile a quello neodevonico del
Collina : ed infatti, poco oltre, il neodevonico è fossillifero.
II rapporto tra i calcari e gli scisti è svariatissimo: il più delle
volte i calcari pendenti a NE. sottostanno agli scisti, ma anche av-
viene l’opposto. Non si può parlare di una faglia con andamento cosi
irregolare : a mio parere si tratta di movimenti posteriori alla tra-
sgressione neocarbonifera, e le complicazioni sono dovute al fatto
di esser qui venuti a contatto scisti plastici e calcari devoniani com-
patti. Che questo punto sia poi stato un luogo di grande compres-
sione, localizzata però, lo prova il fatto delle forti curve e dei rove-
sciamenti che ha subito l’arenaria di Valgardena verso Sud, come
pure verso Nord il rovesciamento del Devoniano e la forte costipa-
zione del Neosilurico verso la Stua di Pamàz. Ne è stata forse causa
l’eruzione delle porfiriti della Schialute : ed alla stessa causa vanno
pure forse riferiti i contorcimenti ed i rovesciamenti che si hanno
sulla destra del Chiarsò, in rispondenza a quelli del Pian di Germula.
Difatti condizioni identiche si riproducono alla Gas. Culèt. Qui gli
scisti connessi alle rocce verdi del gruppo dei monti Dimon e Paularo
56
P. VINASSA DE REGNT
con forti curve e raddrizzamenti vanno a battere contro il devoniano
quasi raddrizzato, pendente cioè 80° a N. e quindi rovesciato sotto
al siluriano. Tali scisti sono connessi ad arenarie con vermicolazioni
identiche a quelle del Neocarbonifero di Lanza, e le arenarie hanno
anche tipo litologico identico a quelle, pure uraliane, di Cima Val
di Puartis ecc.
Una interessante sezione si ha pure salendo da Paluzza oltre
Valpudia per Naunina.
Lasciata l’arenaria di Valgardena a contatto col neopermico,
oltrepassato il morenico di Naunina, si entra in una massa di scisti
di arenarie e di porfiriti che poggiano direttamente sopra una massa
di Valgardena la quale, nel bosco oltre Enfrators, dalla quota 800
si spinge sino a 1000 m. e tiene intercalate masse bellissime di por-
fìrite. A 1000 m. all’arenaria rossa tipica si uniscono anche gli scisti
arenacei verdicci pure eopermici ; e tutta questa massa si appoggia
a nuovi scisti connessi ad altre porfiriti. Un secondo lembo di Val-
gardena è presso la casera rovinata di Valpudia a 1158 m. ; esso
pende 30® NE. e si sovrappone anch’esso agli scisti precedentemente
accennati. Onde anche qui è netta l’intercalazione degli scisti e delle
arenarie connesse alle porfiriti nell’Eopermico. Salendo ancora cessa
del tutto l’arenaria di Valgardena e gli scisti assumono il tipo car-
bonifero. Solo verso la vetta di M. Paularo, Neddis e Dimon tornano
le già accennate intercalazioni all’arenaria di Valgardena, di cui par-
lammo nei precedenti nostri lavori.
Tutti questi scisti si dispongono poi come una grande copertura
trasgressiva sui terreni devonici, poiché sotto gli stavoli alti di Val-
pudia, alla quota di circa 1000 m., compaiono le masse calcaree di
cui già ho parlato, e che affiorano per erosione della copertura con
pendenza 40° a E., mentre gli scisti pendono 15° a SSE. e vamio
a battere contro il Devoniano.
Altro profilo abbastanza istruttivo è quello che si può rilevare da
Gas. Promosio al Rio Bagnadories. Quivi lungo tutto l’unghia neo-
devonica ed anche a contatto cogli scisti neodevonici, intercalati al
calcare a Climenie, si notano scisti, tipicamente trasgressivi, nei quali
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA «PALUZZA » 57
sono comprese le rocce verdi della Cima Cercevesa e del Rio Bagna-
dories stesso. Risalendo il Rio Selleit e incrociando tra esso e Rio
Bagnadories si vedon benissimo e la intercalazione delle rocce verdi
agli scisti e la disposizione trasgressiva di questi sopra al calcare
neodevonico.
È quindi fuori di dubbio che questa discussa formazione non
possa spingersi inferiormente al di là del Carbonifero. Abbiamo perciò
limitato il campo tra il Carbonifero inferiore e TEopermico inferiore :
e dico Eopermico inferiore poiché nelle arenarie di Valgardena più
alte, prossime alla Dolomia neopermica non si ha più traccia di queste
rocce verdi e degli scisti e delle arenarie ad esse connesse.
La sola difficoltà quindi sta nel limitare il principio di questa for-
mazione, che potrebbe anche appartenere al Kulm, come ritenne il
Frech. Ma al Rio Bagnadories e al Pian di Germula la formazione
in parola è trasgressiva sul Neodevonico fossilifero. Oltre a ciò è
ormai nota la grande importanza che ha avuto la trasgressione neo-
carbonifera nel nucleo centrale carnico : sarebbe quindi poco logico
il non considerare neocarboniferi anche questi scisti e le rocce ad
essi connesse, che sono pure tipicamente trasgressive. Conferma questo
mio modo di vedere il fatto accennato avanti, che cioè questa di
scussa formazione passa gradatamente, verso Oriente, agli scisti ed
alle arenarie, litologicamente identiche, che sono riccamente fossi-
lifere con fauna tipicamente uraliana.
Concludendo quindi, allo stato dei fatti, pur non possedendo
ancora documenti paleontologici di grande valore (pochi Lepido-
phyllum sp.) mi sembra che si possa accettare per questa formazione
una età che dal Neocarbonifero giunge all’ Eopermico inferiore.
Delle ricerche preliminari ho eseguito allo scopo di controllare
questi risultati vedendo se potevano applicarsi anche alle rimanenti
parti della formazione in parola. E le gite sui monti a destra della
But, sopra Cercivento, al M. di Terzo ecc., mi hanno confermato
pienamente nelle mie precedenti deduzioni.
Su talune rocce di questa formazione sta attualmente compiendo
uno studio il dott. Aloisi, e spero che presto esso potrà veder la luce.
58
P. VINASSA DE PEGXT
Non è quindi il caso di entrare in particolari su di esse. Accennerò
solo come queste arenarie e le altre rocce connesse alle rocce verdi
debbano considerarsi come metamorfìzzate e derivate da rocce erut-
tive. Per quanto poi si riferisce alle altre rocce eruttive comprese
nella tavoletta, rimando al relativo lavoro di Gortani \
Poco ho da aggiungere rispetto ai terreni trasgressivi fossiliferi
uraliani, e rimando per questi alla mia nota: Sull’estensione
del Carbonifero superiore nelle Alpi carniche
Lembi tipicamente trasgressivi e poco disturbati, che riferisco
perciò al Neocarbonifero, si trovano al Passo Avostana, nella collina
di fronte e a Sud del Lago di Promosio ed in pochi altri punti.
Confermo ancora una volta l’assoluta mancanza di ogni traccia di
lacuna tra il neocarbonifero e Feopermico.
Nemmeno per il Permiano tipico ho molto da aggiungere.
Posso solo far notare che, in generale ma non in via assoluta, strate-
relli scistoso-arenacei rossi o verdicci sono intercalati all’arenaria di
Valgardena principalmente nella sua porzione inferiore.
Rispetto alla sua estensione accennerò solo come la Valgardena
affiori anche in località sinora ignota, sotto alle dolomie neoper-
miche a Sud di Paluzza, lungo la mulattiera che conduce a Rivo.
E questo è per ora il punto di affioramento più meridionale alla si-
nistra della But. Ad oriente l’arenarie eopermiche van morendo verso
la Pontebbana, ove, del resto, tutti gli orizzonti sino al Trias medio
sono molto ridotti : poi si allarga molto verso Ligosullo, dà grandi
masse sui monti Dimon, Paularo ecc., si presenta in lembi staccati
attorno a Paluzza, per riprender poi grandemente in potenza verso
Cercivento.
Il Neopermico si addossa ala Valgardena nelle sue tre forme
litologiche di dolomia cariata, dolomia gessifera e di calcare a Belle-
’ Gortani, Studi sulle rocce eruttive delle Alyi carniche (Mem. Soc. tose.
Se. nat., XXII, 1906, pag. 166).
2 Boll. Soc. geol. ital., XXV, 2, pag. 228, e cartina pag. 227.
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA « PALUZZA » oO
rophon. La più grande estensione del Neopermico si ha, partendo
dal Rio Turiée in rispondenza di Ligosullo e di Treppo Gamico. Da
Paluzza esso si estende a Sud lungo la But e forma lo zoccolo sul
quale si appoggiano i terreni triassici.
E da notare che la dolomia neopermica si manifesta non solo nel
bacino del R. Turice, da dove già era nota, ma si trova anche nel pro-
fondo del Rio Chianaipade, che su per giù può ritenersi come rispon-
dente ad un asse di anticlinale ; anticlinale fratturata, molto contorta
e schiacciata, le cui gambe vanno a Nord sotto al Werfeniano di Gas.
Chianaipade ed a Sud sotto al Werfeniano che forma la base del
M. Cullar.
Anche il M. Cistilir è formato da una grande anticlinale neoper-
mica, che sta regolarmente sotto al Werfeniano. Essa si continua nel
centro della grande frana di Zòuf, che permette di vedere un profilo
molto netto ed interessante.
Terreni triassici.
Ho già accennato in principio che non è ancora possibile trattare
esaurientemente di questi terreni, sino a che non siano fatte accurate
ricerche nei vari strati allo scopo di arricchire le già iniziate raccolte
di fossili, che soli potranno darci un’idea dell’età di complessi litolo-
gicamente diversi, ma coevi, o viceversa litologicamente identici ma
di età- diversa.
Nella carta, sino ad ora, non si può distinguere che il Werfeniano,
poi il Muschelkalk insieme ad altri calcari più recenti; una facies cal-
carea con filoni di « pietraverde » è pure distinguibile: essa venne dal
Geyer (op. cit.) riferita al Buchenstein.
In modo particolare interessa il Werfeniano, sul quale ho potuto
fare ricerche abbastanza accurate, che mi hanno servito per talune
nuove interpretazioni tettoniche.
Il Werfeniano si presenta generalmente e prevalentemente sotto
forma di scisti, regolarmente susseguenti e concordanti col neoper-
mico, talvolta disposti sopra un letto di calcari che non possono di-
60
P. VINASSA DE REGNT
stinguersi da quelli scuri a Bellerophon. Gli scisti sono arenaceo-mi-
cacei bruni, verdastri, ma per lo più violetti e rossicci, caratteristici.
Essi alternano con banchi calcarei, specialmente verso la loro termi-
nazione. Ma gli scisti sono spesso disposti a lente ed allora, invece di
alternare con banchi calcarei, passano lateralmente ad essi. Talvolta,
come ad esempio alle falde settentrionali del Salinchiet lungo la Pon-
tebbana, gli scisti del Werfeniano sono ridotti a semplici intercala-
zioni di calcescisti argillosi rossi tramezzo a banchi calcarei pure rossi.
Qui adunque la facies calcarea si continua ininterrotta dal Neoper-
mico a tutto il Trias, mentre poco più a Sud il Werfeniano è rappre-
sentato da grandi masse scistose tipiche.
Lo sviluppo normale, caratteristico del Werfeniano sotto forma
di scisti e calcari alternanti, si ha ad ovest ed a mezzodì del Salinchiet,
cioè alla Pradulina, alla Gas. Chianaipade, al M. Zòuf, e in una grande
zona che dal M. di Castoia pel M. Cimon giunge al M. di Rivo.
Cambiamento rapido di facies da scisti a calcare si ha nella fra-
nosa pendice occidentale del Salinchiet, dove i tipici scisti varicolori
passano a calcari grigi della stessa età, e sono ricoperti da calcari
litologicamente identici, ma appartenenti invece al Trias medio.
L’aver riconosciuto questo rapido cambiamento di facies nel Wer-
feniano mi permette di dare oggi una sezione del Salinchiet diversa
da quella già da noi data \ e dalla quale vien tolto quell’unico carreg-
giamento, se così può chiamarsi un rovesciamento di poche centinaia
di metri, che sino ad ora si fosse veduto nelle nostre ben radicate Alpi
carniche.
Il Salinchiet è costituito, come risulta dalla sezione seguente, di
una base permiana poggiante a N. sull’arenarie neocarbonifere. L’are-
narie di Valgardena sono limitate ad un piccolo affioramento alla For-
cella di Salinchiet; più verso Sud scompaiono. Le dolomie gessifere in-
vece oltre che alla Forcella si veggono alla base del Salinchiet ed in
rispondenza della Forca Pradulina formano una ripida anticlinale.
Sopra a queste dolomie sta il Werfeniano : a Nord di piccolo spessore
^ ViNASSA e Gortani, Paularo, loc. cit., pag. 13 (estratto).
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA «PALUZZA»
61
ed a facies calcarea, più a Sud invece a facies scistosa potente e gran-
demente contorta; ricopre il tutto, in concordanza sino a che perdura
la facies calcarea Werfeniana, e in discordanza solo geometrica
quando si ha la facies scistosa, il calcare del Trias medio.
Si tratta di una cupola ellissoidale rotta a metà ; i calcari del Salin-
chiet infatti, come anche quelli più meridionali, pendono altresi verso
Forca Salinchiet M. SalincMet F. Pradulina O. Turiee M. Cullar
1 : 25.000
oriente, dimodoché essi formano come una semicalotta sul Werfeniano.
Evidentemente la contorsione degli scisti Werfeniani, che anche, ma
per pochi metri esagerati nella sezione, si rovesciano sul calcare me-
sotriassico, va interpretata come Teffetto di una compressione di ma-
teriale plastico tra due masse rigide, quali le dolomie eopermiche in-
feriormente ed i calcari triassici superiormente. E che si tratti di una
discordanza solamente geometrica tra gli scisti Werfeniani e le rocce
resistenti inferiori e superiori, è dimostrato dal fatto che non solo al a
Forca Salinchiet, ma lungo la Pontebbana, ove il Werfeniano è a facies
calcarea, la concordanza è perfetta.
Rispetto al Werfeniano hanno interesse i dintorni di Dierico, verso
Faùl, ove, sopra al calcare neopermico, si ha una facies Werfeniana
ignota sino ad ora nella regione carnica meridionale. Sono scisti are-
naceo-micacei bruni, nerastri o verdastri, molto franosi, che vanno
ad immergersi sotto alle grandi masse calcari nel fondo del Rio Mueia .
Questi scisti ripetono cosi la facies Werfeniana che si trova nelle
G2
P. VINASSA DE REGNY
Alpi della Gaila ^ Questa facies del Werfeniano, che ho potuto rico-
noscere, avendo avuto occasione di fare escursioni nella Gaila, iden-
tica a quella settentrionale, ha forse indotto in errore il Geyer, il
quale, in questo punto, direttamente sopra al Permiano, segna gli
strati di Buchenstein, che, a mio parere, non cominciano se non più
a Sud, oltre il Rio Mueia. A confermare questa opinione sta poi anche
il fatto che presso alla fonte di Faùl, nel complesso degli scisti ne-
rastri e dei calcari grigi, si vedono intercalati scisti verdolini somi-
gliantissimi a quelli del tipico Werfeniano.
Nulla ho da dire che già non sia noto rispetto al Muschelkalk in
generale, che si presenta al Salinchiet, al M. Cullar, e forma un’ampia
zona a metà costa del Tersadia e del Cuc, e che finalmente corona il
M. di Rivo.
I calcari a strati non molto spessi, grigi o grigio-scuri, con interca-
lazioni di rocce eruttive verdi sono, nella citata carta del Geyer,
riferiti al Buchenstein. Essi possono abbastanza bene distinguersi a
cominciare dal passo di Eorchiutta sino a Fuarmi. Si vedono poi, ma
senza intercalazioni di rocce eruttive, verso la vetta del Tersadia e
sulla cima del Cuc.
Ma sull’età di questo calcare, come del resto in generale sulle divi-
sioni del Trias al disopra del Werfeniano, ogni giudizio è prematuro.
A
Terreni quaternari.
Hanno solo interesse i depositi morenici dei quali altri ho potuto
aggiungere sulla carta quest’anno. La diffusione di essi sta a dimo-
strare l’imponenza del fenomeno glaciale in questa regione.
Alle indicazioni date nella carta austriaca si possono aggiungere
i depositi morenici sulle pendici occidentali del Pizzul e Costa di Cri-
gnis; quelli sotto il Pian di Germula, presso Misincinis, allo sbocco
^ G. Geyer, Erlàuterungen zur Geolog. Karte d. Oest ung. 3Ion. (Blatt.
Oberdrauburg u. Mauthen, pag. 57).
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA ((PALUZZAw
63
del Rio da Nasa nel R. Fosco, sotto la Gas. Ruvis, ^iresso la (jas.
Pecol di Cliiaiila alta, alla base settentrionale del Dimon, da Cra-
vostis sino a Gas. Fontana Fredda lungo il Gercevesa ; poi lungo la
Pontaiba a Tausia, Murzalis, Sialo ecc. E nella parte più meridionale
della Tavoletta sotto al Sernio, allo sbocco del Rio Pecol lungo nel
Rio Vintulis.
*
* *
Prima di chiudere questa nota credo aggiungere poche parole sulla
tettonica della regione, ed a costo di ripetermi tengo ancora una volta
a dichiarare che le Alpi carniche sono una catena a pieghe, nella quale
le faghe non hanno che una subordinata funzione. Non mancano cer-
tamente fratture, trattandosi spesso di potenti masse calcaree che son
non certo plastiche come gli scisti, ma tali fratture ed anche faglie
sono conseguenza della resistenza varia alla piegatura delle varie rocce
e non possono infirmare il concetto della assoluta prevalenza di forze
e spinte tangenziah,
A tah conclusioni giunsi ^ coU’osservazione delie grandi hnee e
non sono certo il risultato del rilevamento di una piccola estensione,
che forse potrebbe condurre a risultati erronei. Infatti Talternanza
degh scisti o dei calcari, caratteristica del Siluriano, del Neodevo-
nico e del Garbonifero, porta naturalmente a complicazioni locali che
sembrano insolubih. I piccoh salti, i piccoh rovesciamenti, le apparenti
irregolarità di deposizione che si possono rilevare in certi limitati punti,
ove maggiore è il costipamento o più svariata Talternanza di rocce di
diversa resistenza, non possono cambiare le grandi linee. Il far della
tettonica generale limitandosi ad una piccola porzione di territorio,
ad im solo profilo, o viceversa il volere che le condizioni apparente-
mente contrarie all’andamento generale di un limitato punto debbano
cambiare il concetto derivato da uno studio più comprensivo, porta
con sè rimpossibilità assoluta ad intendere un fenomeno, che, per la
sua stessa essenza, rifugge dai minuziosi jDarticolari.
^ ViNASSA, Nuove osservazioni geologiche, loc. cit., pag. 9.
64
P. VINASSA DE PvEGNT
Quando sia fatta accuratamente la stratigrafia in base ai fossili si
possono tracciare le grandi linee tettoniche: le apparenti incongruenze
di taluni particolari possono, anzi debbono riportarsi a fatti locali di
secondaria importanza. E nelle Gamiche, e molto anche nella regione
studiata in questa nota, sono numerosi i luoghi ove si vedono taluni
fenomeni, per es. dei rovesciamenti, che generalizzati porterebbero a
delle concezioni del tutto erronee.
Località, per disturbi locali abbastanza complicati, si hanno, ad
esempio, tra il Pai grande e l’Avostana.
Alla Gas. Pai grande di sotto i calcari meso- e neodevonici piegati, e
in corrispondenza del Rio Gaier anche contorti, vanno a battere contro
il nucleo siluriano del Timau. Qui evidentemente si tratta di frattura
derivata da piegature secondarie e dalla forte compressione provata
dagli strati, per cui si ruppe Tellissoide del Timau quasi in corrispon-
denza del corso del Rio Gaier, là dove veniva a contatto coll’ ellissoide
del Timau l’ellissoide del Pai. La gamba settentrionale dell’ ellissoide
di Timau sarebbe dunque ridottissima e la compressione delle due el-
lissoidi molto forte. A conferma di questo citerò la verticalità degh
strati nella Gamspitze e le pieghettature, inginocchiature e arriccia-
tura di tutti i calcari e degli scisti neodevonici lungo l’alto Rio Gaier.
Invece l’ellissoide del Timau, per quanto ridotto, si chiude regolar-
mente a Nord in territorio austriaco colla presenza del calcare rosato
a Climenia di cui già ho parlato.
Salendo al passo di Avostana per discendere al lago di Promosio
si vede come gli strati calcarei che formano la parete sul lago pendano
di 10- 150 verso oriente; e come contro gli scisti laminati e addrizzati
dell’Avostana vadano degli altri scisti, apparentemente trasgressivi.
Probabilmente anche qui si ha la copertura neocarbonifera, e ciò è
confermato dalla presenza di porfiriti anche sull’ Avostana. Dimodoché
suppongo che una accurata revisione della grande massa scistosa com-
presa tra il confine italiano e le cime silurico-devoniche del Pollinek e
della Wurmlacher Alpe possa riserbare qualche sorpresa.
Per concludere adunque si può asserire che base a tutta la inter-
pretazione tettonica del Nucleo centrale carnico sono : la piegatura
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA TAVOLETTA « PALUZZA »
05
paleocarnica, la trasgressione neocarbonifera ^ la piegatura meso-
zoica ; subordinatamente intervengono : le eruzioni di rocce verdi e la
diversità di resistenza alla spinta tra calcari e scisti.
Catania, R. Università, dicembre 1909.
^ A proposito della importanza delle trasgréssioni in questa porzione
delle Alpi mi preme rilevare sino da adesso, che essa è anche maggiore di
quanto sino ad ora avevo ammesso e dimostrato pel Neocarbonifero. Dalle
mie ricerche, per quanto brevi pur sempre sufficienti, sui terreni della Gaila,
sembra risultare che il Trias di quella regione viene a contatto con le rocce
antiche non per una faglia, ma sibbene per una vera e propria trasgressione.
11 movimento negativo paleocarnico si iniziò col Neo carbonifero per il nucleo
centrale, si estese verso il Cadore coll’Eopermico e non interessò il gruppo
settentrionale se non nel Triassico. Si tratta quindi certo di un graduale ab-
bassamento della catena, che, iniziatosi a Sud, si estese poco a poco verso
il settentrione.
5
66
P. VINASSA DE REGNT
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA.
Devoniano medio di Valpudia.
Fig. 1 . — Cyathophyllum vermiculare Gdfs . . .
Sezione del calice
Fig. 2-3. — Pachypora cervicornis de Blainv. sp. .
2. Esemplare eroso
3 -a. Sezione longitudinale
3- h. Sezione tangenziale
Fig. 4. — Heliolites porosus Gdfs. .......
4- u. Esemplare levigato
4-&. Sezione tangenziale ......
Fig. 5. — Pachypora reticolata de Blainv. sp. . .
Sezione longitudinale
Fig. 6. — Stromatopora concentrica Gdfs. . . .
Sezione trasversale
Fig. 7. — Alveolites suborbicularis Gdfs. . . . .
Sezione tangenziale
IDag. 42 ‘
grand, nat.
» 43
2: 1
7: 1
7: 1
» 42
2: 1
7: 1
» 44
7: 1
» 46
7: 1
.) 45
7: 1
Devoniano medio del Pian di Germula.
Fig. 8-9- B. — Clathrodictyum regolare Roseo sjj.
var. carnica
8. Sezione trasversale 7: 1
9-jB. Esemplare incrostante l’Amphi-
pora ramosa 1. 5: 1
Fig. 9- A e 10. — Amphipora ramosa Phill. sp. .
9- A. Massa calcarea costituita da
tronchi di Amphipora 1.5: 1
10- a. Sezione longitudinale 7: 1
10-6. Sezione trasversale 7: 1
pag. 49
» 48
III.
C. Ceema. ■ Nuova specie fossile di Dentalium,
Il Philipp! nella sua Enumeratio molluscorum Siciliae (v. II, p. 207)
descrisse alcuni dentali! fossili della Calabria e della Puglia, come ap-
partenenti al D. incertum Desh., ma la sua breve descrizione dimostra
che si tratta di un’altra forma, e Jeffreys seguito poi da G. 0. Sars,
L. Seguenza, Watson, Carus, Locard, Bellini, ecc., credette di poterla
riferire al D. agile M. Sars. Il marchese di Monterosato aveva dap-
prima accettato tale nuovo riferimento ma poi dubitò della sua
esattezza e dal confronto di numerosi esemplari della forma fossile
con altri della vivente avuti dal museo di Copenaghen, non tardò
a convincersi che il D. incertum Ph. (non Desh.) non può essere
confuso col D. agile, ma costituisce una specie a sè, alla quale diede
in schedis il nome di D. calabrum.
Sotto questa denominazione, rimasta fin qui inedita, e determinati
dallo stesso marchese di Monterosato, si trovano presso il R. Ufficio
geologico di Roma molti dentali! facenti parte di una collezione di
fossili raccolti nelle marne plioceniche della valle del Mesima in Ca-
labria dal prof. Giovanni Di Stefano. Dietro cortese suggerimento di
quest’ultimo, da tempo io mi era proposto di illustrare tale fauna.
^ Mediterranean mollusca (Ann. and Mag. of Nat. Hist. for july 1870, p. 74).
Nuova rivista delle conchiglie mediterranee (Atti dell’Acc. palermitana di
Scienze, Lett. ed Arti, serie 2^, voi. V, 1875, pag, 20 dell’estratto) — Catalogo
delle conchiglie fossili di Monte Pellegrino e Ficarazsi presso Palermo (B oli. del
E. Com. geol. d’Italia, voi. Vili, Roma, 1877, pag. 33).
Nomenclatura generica e specifica di alcune conchiglie mediterranee (Pa-
lermo, 1884, pag. 32).
68
c. crema
ma distratto da altri lavori non potei finora occuparmene, nè lo potrei I
in questo momento; perciò, avendo ora dovuto comprendere H D. ca- f
labrum in un breve elenco di fossili, testé pubblicato i, parmi conve-
niente di non tardar più oltre a far conoscere questa forma, che
è effettivamente diversa dal D. agile, e della quale non si ha che la
descrizione insufficiente e non accompagnata da figure, datane dal
Philipp! sotto il nome di D. incertum Desh. Intanto devo qui viva-
mente ringraziare il marchese di Monterosato per le informazioni,
delle quali mi fu largo, e per il materiale di confronto che volle met-
tere a mia disposizione.
Dentalium (Antalis) calabriim (Montrs. ms.) n. sp.
1844. D. incertum Desh. Philippi, Enumeratio, etc., voi. II, p. 207.
1909. D. calabrum Montrs. ms. Crema, Una visita, eoe., Boll. d. E. Com. geol.
d’Italia, voi. XL, pag. 417.
Testa angusta, Tiaud multum solida, fere recta, ad apicem leviter fiexa et
sensim attenuata, opaca, nitida: apice tenuissimo oblique truncato, ad marginem
dorsedem profunde rimato et tubulo supplementario parum prominente instructo.
Superficies testae lineis incrementi obducta ; striis longitudinalibus circiter 15
postice distinctis, basim versus evanescentibus, minoribus interpositis , sculpta.
Descrizione. — Gli esemplari da me posseduti danno per la con-
chiglia una lunghezza massima di 35 mm., lunghezza alla quale cor-
risponde un’apertura anteriore del diametro di 3 mm. La conchiglia
presenta una curvatura debolissima, talvolta quasi nulla, però in
prossimità dell’apice si ha un netto ripiegamento, almeno nel mag- j
gior numero degli esemplari. La rastremazione è assai lenta nella \
parte subretta del tubo, cosicché questo assume una forma subcilin-
drica più pronunciata forse che in qualsiasi altro dentalio ; la porzione
apicale è più marcatamente conica.
C. Crema, Una visita alle salse dette « Bocche del Drago » presso S. Vin-
cenzo la Costa, nel circondario di Cosenza (Boll, del R. Com. geol. d’Italia,
voi. XL, Roma, 1909, pag. 417).
NUOVA SPECIE FOSSILE DI DENTALIUM
69
La conchiglia, piuttosto gracile, è opaca e lucente. L’ornamenta-
zione consiste in una serie di strie longitudinali fine e numerose
(circa 15), che, ben marcate presso l’estremità posteriore, vanno man
mano attenuandosi fino ad obliterarsi, per lo più completamente,
nella parte anteriore del tubo. Queste strie sono nette, sottili, fra loro
subequidistanti ed alternano con un numero pressoché uguale di
strie intermedie, assai più fine e che per lo più non si spingono fino
all’apice. Le strie intermiedie solo di rado e difficilmente possono
Fig. 1. Esemplare in gr. nat. della Valle dei Molini pr. Monteleone cal. (Pliocene);
fig. 2, porzione del tubo, ingr. 5 volte ; fig. 3, apertura anteiùore in gr. nat.
Fig. 4. Esemplare in gr. nat. del Vallone dell! Manchi pr. S. Vincenzo la Costa (Post-
pliocene) ; figg. 5 e 6, apice ingr. 5 volte.
scorgersi ad occhio nudo ; talvolta però qualcuna di esse si rinforza
sino a raggiungere la grandezza delle strie principali.
Le linee di accrescimento, ben visibili spesso anche ad occhio nudo,
sono pressoché perpendicolari all’asse della conchiglia. Su questa si
scorgono spesso anche traccie di fratture assai irregolari, ma tutte di-
rette secondo piani fra loro subparalleli, normali al piano di curvatura,
assai inclinati all’asse del tubo e colla pendenza rivolta verso l’apice
della conchiglia, quando questa venga situata in posizione orizzontale
colla faccia dorsale in alto. In corrispondenza di queste fratture si
; notano spesso dei bruschi cambiamenti nel diametro della conchiglia.
1
70
C. CKEMA
L’orifizio anteriore è circolare, a bordo continuo ed alquanto ta-
gliente. L’estremità posteriore della conchiglia è finamente appun-
tita ed obliquamente troncata; l’orifizio si prolunga sul dorso in un’in-
cisione triangolare larga ma poco profonda; in uno dei miei esemplari
è ancora parzialmente visibile una parte del tubo supplementare
interno, il quale si estende appena oltre l’estremità del tubo principale
e termina in modo analogo.
Rapporti e differenze. — Il D. calabrum appartiene evidentemente
al gruppo del D. agile presentandosi particolarmente affine alle sue
due varietà minor e subcostulata stabilite dal Locard ^ ed alla var. Or-
tìirum di Watson -; tuttavia, a prescindere dalle minori dimensioni
presentate dalla nostra specie, questa si distingue immediatamente
per la minor curvatura del tubo, per il suo netto ripiegamento presso
l’apice, per la sua forma più cilindrica, per la maggiore conicità del
suo tratto apicale ed infine per l’alternanza di strie minori con strie
più marcate.
Più spiccate ancora sono le differenze fra il D. calabrum ed ili), strio-
latum Stimpson (= D. abissorum Sars), il quale è assai più incurvato
del D. agile, ha forma ancor più lontana dalla cilindrica e presenta
inoltre le strie estese all’intiera conchiglia.
Distribuzione. — Le località di rinvenimento date dal Philippi
e quelle degli esemplari posseduti dal R. Ufficio geologico e dal mar-
chese di Monterosato (Valle dei Molini presso Monteleone cab, Mono-
sterace, Seminara e Melicuccà presso Palmi), mostrano che il D. ca-
labrum trovasi con relativa frequenza nel Pliocene dell’Italia meri-
dionale; nel Postpliocene sembra divenuto assai raro, tuttavia posso
segnalarne la presenza nelle argille della valle del Grati e, con qualche
riserva, nei depositi argillosi subetnei.
Il marchese di Monterosato ebbe la cortesia d’informarmi che
questa specie non è conosciuta vivente.
^ Expéd. scient. du « Travailleur )) et du « Talisman », 1880-83 — Mollusques
testacés, par A. Locard, tome II, Paris, 1898, pag. 117.
- E. B. Watson, Mollusca of thè Challenger )) expedition (II, Joiirn. of
thè Linn. Soc. Zoology, voi. XIV, London, 1879, pag. 512).
IV.
Fig. 1. — • Montagnola e colata.
Sul davanti a destra i Monti Rossi in parte (dalla rotabile Nicolosi-Borello).
dagli strumenti. Alle ore 8,15 a. m. dello stesso giorno 23 si vide
sollevarsi bruscamente il pino vulcanico al disopra del Piano del
Lago. Esso usciva da una fenditura apertasi al piede sud-occidentale
V. Sabatini. — L' eruzione de W Etna del marzo-
aprile 1910,
(Con una tavola e cliciotto figure).
L'eruzione dell’ Etna del corrente anno 1910 fu preceduta il
22 marzo decorso da irrequietezza negli strumenti dell’Osservatorio
di Catania.
Nelle prime ore del giorno seguente si ebbero forti scosse all’Os-
servatorio etneo (2942 metri s. m.) non avvertite a Catania altro che
72
V. SABATINI
della Montagnola. Tale fenditura si prolungò per 1600 metri circa
tra le quote 2350 e 1900 con direzione da Nord a Sud nella prima
metà e da N.N.E. a S.S.O. nella parte rimanente. Parecchie bocche
si aprirono lungo questa frattura, e la poca lava che ne era venuta
fuori, in piccola colata verso Sud, fu presto sostituita da un impo-
nente efflusso, determinatosi col prolungarsi della stessa frattura alla
Fig. 2. — 11 fumo della fenditura e delle bocche, dal disotto.
estremità inferiore di questa ultima in un sito a circa 300 m. a N.O.
della Cantoniera, la quale trovasi a 1882 metri s. m.
Il 5 aprile salii fino al disopra del Monte Castellazzi e potetti os-
servare le bocche, le quali erano sei esplosive e due effusive, nelPordine
seguente (non contando altre bocche intermedie inattive quel giorno):
1. Rivestita alPinterno di sublimazioni gialle. Emetteva fumo
bianco.
2 e 3. Emettevano fumo bianco e ad intervalli di pochi minuti
davano piccole esplosioni con fumo scuro (ceneri).
l’eruzione DELL’ETNA DEL MARZO-APRILE 1910
73
4. Dava sbuffi rumorosi di fumo bianco.
5. Dava fumo bianco continuamente.
6. La più attiva tra le bocche di esplosione, situata molto vicino
alla precedente, dava fumo abondante, in volute dense colorate in
un bel rosa-incarnato pel riverbero della lava sottostante, e ad inter-
valli brevi di uno o due minuti, a volte anche meno, lanciava insieme
Fig. 3. — Fenditura con le bocche esplosive 1, 2, 3 e 4 (viste dal disopra
o dal Monte Castellazzi). Dietro il fumo si solleva la Montagnola coperta da chiazze di neve.
al fumo proiezioni stromboHane di piccoli frammenti incandescenti,
numerosi ma non troppo fitti, e che si sollevavano a non più di
I 150-200 metri.
j Anche dal primo tratto della frattura, a monte della bocca 1,
j come da altri dei punti intermedii tra le bocche sottostanti, veniva
i fuori poco fumo bianco. Queste bocche mostravano piccoli coni e il
maggiore di tutti era quello della bocca 6, che valutai, ad occhio,
' alto 50-60 m., e che era costituito di scorie nere ed era diviso in
due parti separate dalla fenditura (fig. 4).
74
V. SABATINI
A circa 20 metri al disotto della bocca 6 si trovavano due bocche
effusive, come aperture di cunicoli rivolti in basso. Esse si vedevano
molto bene di notte e furono da me osservate nella notte tra il 30
e il 31 marzo. La bocca maggiore era ad Ovest, la minore trova vasi
più ad Est. Due colate ne uscivano e si univano dopo brevissimo
tratto in una colata unica con 40 metri di larghezza e 15® di pendenza.
Fig. 4. — Bocche esplosive 5 e 6. La seconda mostra una proiezione stromboliana e il suo fumo
si confonde a destra con quello dell’origine della colata (dall'alto o dal Monte Castellazzi).
che scorreva silenziosamente, colorata in un giallo abbagliante, con
ondate alte come grandi cavalloni marini, trascinando senza rotolarli
blocchi dello stesso colore. Questi ultimi emergevano quasi comple-
tamente dalla corrente ed avevano fino ad 8 o 10 metri di diamerto.
Il modo come erano trasportati, come si urtavano senza rumore,
come per effetto del spio movimento si deformavano e si aprivano
sgranandosi in diversi pezzi ad orli sfilacciosi ne attestavano la
parziale plasticità. Essi difatti erano solcati da linee nere mostranti
le parti più raffreddate, spesso corrispondenti a fenditure secondo
l’eruzione DELL’ETNA DEL MARZO-APRILE 1910
75
cui avveniva lo sgranamento. Insomma erano nelle condizioni di un
tessuto cellulare a pareti solidificate e pieghevoli per la sottigliezza e
per la non ancora completa rigidità, le di cui maglie erano riempite
da nuclei liquidi o pastosi. Tale struttura ne rendeva possibile la
deformabilità e lo spaccamento, al quale quindi si adatta il verbo
sgranare da me adoperato. Alla cascata di Monte Faggi questi blocchi
potevano rotolare per la forte pendenza di 30®-35o che la corrente vi
Fig. 5. — Bocca esplosiva 6, con l’origine della lava immediatamente al disotto.
ebbe fino al principio d’aprile, ma il movimento sempre dolce e si-
lenzioso attestava ancora una parziale plasticità e quindi la deforma-
bilità che attutiva gli urti. La stessa colata in prossimità delle bocche
mostravasi di già coperta di macchie nere numerose e di strisce
sottili e nere del pari, in direzione dello scorrimento (fig. 6). Le macchie
mobili e brevi alternanti con le parti luminose davano l’impressione
dei riflessi alternamente luccicanti che la superficie del mare legger-
mente increspata produce sotto i raggi del sole o della luna, ed erano
dovute alle scorie già prive d’incandescenza, malgrado la vicinanza
belle bocche. Le strisce nere erano gli allineamenti delle stesse scorie,
76
V. SABATINI
onde nel mezzo il filone della corrente, per la sua maggiore velocità,
produceva la più grossa e più continua di tali strisce. Scendendo
verso Monte Faggi le macchie nere aumentavano di numero e di
estensione e le linee nere non erano più visibili. Come in ogni cor-
rente, la velocità diminuiva sui fianchi, anzi in questa si riduceva
a zero e le scorie lungo le sponde venivano abbandonate.
Fig. 6. — La colata in prossimità delle bocche effusive, vista di notte.
Immediatamente al disopra delle bocche effusive il fumo che
veniva fuori abondantemente dalla bocca 6 appariva nella notte
rosso-arancione e, con quello che si risollevava in poca quantità dalla
lava, nascondeva il cono della bocca suddetta, meno la cima acumi-
nata della sua parte occidentale che appariva abbastanza netta
nei momenti in cui il fumo si diradava alquanto. Le grandinate di
pezzi incandescenti, che eruttava la bocca 6, ricadevano sulla parte
a volte visibile del suo cono e sul vicino Monte Castellazzi ad occi-
dente, o rotolavano sui loro fianchi. Queste esplosioni erano quasi
silenziose anch’esse. Difatti il solo rumore che si avvertiva era quello
l’eruzione DELL’ETNA DEL MARZO-APRILE 1910
77
d’un sobbollimento di sostanza metallica alle bocche effusive ed era
dovuto allo sbattimento della lava affluente a spinte contro le pareti
della bocca, da cui spesso si vedevano distaccare i pezzi arroventati
che si univano ai blocchi vomitati dalle parti più interne.
Da questa descrizione si capirà quale spettacolo meraviglioso fosse
per l’osservatore questa emissione tranquilla di lava, tanto più che,
Fig. 7. — Bocca 6 e principio della colata dai pressi della cantoniera.
i fenomeni esplosivi essendo ridotti ad un innocuo fuoco d’artifìzio,
si poteva starsene a 200'metri dalle bocche e a 5 o 6 metri dalla lava
fluente, sdraiati sulle scorie ancora calde, consolidate appena due
giorni prima sulle sue sponde, e senza altro disturbo che quello d’un
fortissimo calore e di poca quantità di esalazioni solforose.
Di giorno, insieme alla spaccatura principale, si vedeva il suolo
lateralmente screpolato in tutte le direzioni, sopra una zona di un
50-100 metri di larghezza, ed altre fenditure si osservavano sul
Piano del Lago in prolungamento della spaccatura medesima.
78
V. SABATINI
Il percorso e la configurazione della colata fino a tutto il 5 aprile,
quale li ho rappresentati sulla cartina annessa a questo articolo
(v. Tav. 2), erano i seguenti. Dalle bocche, a circa 1900 metri s.m., la
lava scendeva verso Sud fino a Monte Faggi con una larghezza di
30-40 metri. Di li piegava a S.O., passando tra il detto Monte e il Monte
Caprioleddu, restringendosi al disotto del primo e formandovi una
cascata bellissima alla fine di marzo (nei giorni seguenti ricolma e
Fig. 8. — Gola tra Monte S. Leo e Monte Rinazzi (dal Casale di Monte S. Leo).
sparita) con 15 metri circa di dislivello con una ventina di metri di
lunghezza e con 8-10 metri di larghezza. Oltrepassata questa prmia
gola la lava continuava allargandosi fino a 250 metri, con direzione
S.S.O. fino alla inghiottita Casa del Bosco. Quindi girava a Sud, la-
sciando scoverta qualche isola di vecchio terreno (dàgala) e dividen-
dosi in più rami. Di essi due o tre ad Ovest si fermarono poco più
a Sud della Casa Guasta, il ramo occidentale invece, con soli 100
metri di larghezza, passava sotto Monte Sona, contornandolo a Sud
ed ivi dilagando tra lo stesso Monte Sona Monte Elici e Monte San
Leo, raggiungendovi la massima larghezza di 1250 metri. Quindi
l’zkuzione dell ztna del maezo-apeile 101<'»
79
si restringeva bruscamente ad un 50 m. nella gola tra ]Monte S. Leo
e Monte Rinazzi (fìg. S), oltrepassata la quale con direzione S.S.E. si
allargava nuovamente e gradatamente fino a 7CK) metri, abbozzando
verso Monte Xoeilla una diramazione presto arrestatasi, e conti-
nuando col ramo occidentale verso Sud dapprima con una larghezza
di 300 metri, poi di 500 metri all’altezza di Monte Segreta, quindi
di 275 m. a Casa Bruno e di 350 m. a Pradiavolo. Di li, sempre più
restringendosi, andava a finire il 1® aprile a 100 m. di distanza dalla
Fig. &. — Panorama della lava dai Cabale di Monte S. Leo verso Favanzamento.
A destra si vedono i Monti Bossi,
quota 736, ossia a 7C>0 m. dalla rotabile. In quest’ultimo tratto, a
partire da Casa Bnmo. la lava tendeva continuamente dalla parte
orientale a dividersi in rami più sottili, che si riunivano successiva-
mente a misura che tutta la massa avanzava.
n percorso di questa lava fino al 5 aprile fu di circa chilom. 9,5
coprendo un’area di ettari 317,5.
Gli spessori da me constatati furono di tre m. all’avanzamento,
5 o 6 m. ad un centinaio di metri più a monte. Da Fradiavolo a
Cistema dei Preti l’altezza era molto variabile, ma spesso compresa
tra 10 e 15 metri. A Fradiavolo, p. es., la lava è più alta del fabbri-
cato, composto di piano terreno e primo piano, ivi esistente, e di
cui la parte più orientale fu inghiottita fino aUa cornice, della quale
80
V. SABATINI
un pezzo sporge in fuori dalla colata (fìg. 10). Più a monte, da Ci-
sterna dei Preti fino a Sud di Monte San Leo, la potenza è di 5 m., in
qualche punto 6-7 m., per salire ad 8-10 m. e anche più nella gola
tra Monte S. Leo e M. Rinazzi. Finalmente tale potenza verso l’alto
si va sempre più attenuando. Escludendo i primi 1500 metri a
monte, fino a Monte Faggi, nel quale tratto la potenza è debole ed è
Fig. 10. — La fattoria di Fradiavolo in parte inghiottita dalla lava.
anche debole la superficie coperta, in base ai dati precedenti, può
ritenersi che l’altezza media sia compresa tra 6 ed 8 metri. Perciò la
cubatura di tutta la lava emessa può ritenersi in cifra tonda tra venti
e venticinque milioni di metri cubi.
Dopo la mia partenza cioè dopo il 5 aprile e fino al 10 quando
la lava non avanzò più il suo percorso aumentò di qualche centinaio
di metri, giungendo a circa 400 m. dalla rotabile Nicolosi-Borello.
L’aumento di cubatura non superò dunque uno o due centinaia
di migliaia di metri cubi e il risultato precedente dopo il 5 aprile
l’eruzione DELL’ETNA DEL MARZO-APRILE 1910
81
non fu spostato sensibilmente, mentre il percorso totale raggiunse
poco meno di 10 chilometri.
La velocità fu molto variabile da giorno a giorno e da punto a
punto. Il prof. Ricco la calcolò di 6 metri al 1" alle bocche e di
3 metri al l" più in basso, al principio delPeruzione. Nella notte del
30 al 31 marzo la velocità a 200 metri dalla bocche era di 2 m. al 1".
Il giorno prima il prof. Riccò ed io la valutammo alla cascata di
Monte Faggi in 2-3 m. al 1". Queste velocità nel tratto dove la lava
era abbastanza liquida si andavano attenuando più a valle, a misura
che la massa perdeva una parte della sua, liquidità, almeno in prossi-
mità della superfìcie esterna, spezzandosi e riducendosi ad ammassi
di pietre più o meno scoriacee, generalmente con piccole cavità. La
massa avanzava non solo sospinta dal peso della parte liquida a monte,
che aumentava sempre, ma anche per effetto della minor resistenza
che opponeva allo spostamento la parte a valle per la sua pastosità
interna. Lo stesso involucro scoriaceo di questa seconda parte era reso
mobile per una semi-pastosità ancora esistente in moltissimi dei suoi
punti (analoga sebbene minore di quella descritta nei blocchi trasci-
nati dal primo tratto della corrente), per l’alta temperatura e a volte
per l’infìltrazione di materia pastosa delFintemo che faceva da lubri-
fìcante. Quando, sotto questo complesso di spinte, la massa vinceva
gli ostacoli e gli attriti passava oltre dove il materiale precedente era
passato o sopra parte del medesimo o accanto; quando invece non
poteva avanzare si corrugava, si sollevava in ammassi in creste, o
dava diramazioni laterali che si prolungavano di più o di meno a
seconda delle condizioni variabili e complesse a cui era sottoposta.
La stretta gola tra Monte S. Leo e Monte Rinazzi ha agito come diga
formidabile arrestando gran parte dell’efflusso. Difatti la lava che vi
giungeva, dopo circa 5 ehm. di percorso, abbastanza raffreddata non
poteva incanalarvisi tutta, e una parte di essa si gettava ad Occidente
del percorso a Nord del Monte S. Leo. Così, mentre ivi il 29 marzo
la colata era larga circa 400 metri, il 5 aprile aveva formato un lago
di scorie di 1250 metri di larghezza e 750 metri di lunghezza (secondo
il verso della corrente). E contandosi solo 6 metri di altezza media
6
82
V. SABATINI
— cifra certamente inferiore al vero — si ha una cubatura di cinque
milioni e mezzo di metri cubi, ossia un quarto delFintera massa erut-
tata. Ora, nelle stesse condizioni della colata attuale, con 300 metri
di larghezza all’avanzamento e 6 metri di spessore, bastava un
terzo della cubatura precedente a fare avanzare la lava di un altro
chilometro, attraversando la vicina rotabile e giungendo accanto a
Borello. Quindi se la lava avesse avuto una maggiore fluidità o se
invece di passare ad Est di Monte S. Leo fosse passata ad Ovest,
ove il terreno era incomparabilmente più libero, il dilagamento sud-
detto non si sarebbe formato e Borello oggi sarebbe forse distrutta.
Il movimento di avanzata non solo alla fronte ma anche lateralmente
è costituito dunque, non da un movimento continuo, ma da franamenti
successivi che si determinano or qua or là, specialmente nei punti
ove l’attività è maggiore o dove è maggiore la temperatura, che è lo
stesso. Le superficie nuove che si mettono successivamente allo sco-
perto rosseggiano anche di giorno, dei solchi incandescenti percor-
rono i fianchi neri della colata onde di lontano si direbbero rigagnoli
liquidi. Anche da vicino spesso, col pulviscolo incandescente che
accompagna nei franamenti i pezzi maggiori, è difficile non ingan-
narsi e non credere a veri rigagnoli di lava liquida. In sostanza non
sempre si ha davanti nelle parti incandescenti che franano dei veri
materiali solidi ma a volte dotati d’una certa plasticità, variabile da
punto a punto, specialmente nella parte media della colata. Con
questi franamenti le campagne sono successivamente coperte, gli
alberi prima disseccati dall’irradiamento del calore della corrente
sono poi ravvolti dai materiali franati. Le loro parti più coperte
distillano lentamente dando un fumo azzurrognolo, le parti emerse
spesso s’infiammano. Invece neH’interno della colata, fin dove si
trova materiale liquido o almeno pastoso, havvi un vero e proprio
movimento continuo d’avanzata.
Le pressioni laterali che la massa lavica era obbligata a subire
producevano in essa una specie di laminazione, per cui, non potendo
fluire abbastanza rapidamente, si sollevava in creste parallele alla
direzione del movimento, lunghe da 15 a 20 metri fino a 100-200 metri.
l’eruzione DELL’ETNA DEL MARZO-APRILE 1910
83
alte fino a 10-15 metri, co’ contorni frastagliati, costituenti neH’in-
sieme una serie di file, che all’occhio che ne esagerava le altezze
sembravano le linee capricciose di catene parallele di colline, le quali
si continuavano per una lunghezza di oltre due chilometri tra Monte
Fig. 12. — Ci’este in deriva. Panorama d’insieme. (Pocek dis.).
Capriolo e Monte S. Leo e sopra una larghezza di alcune centinaia
di metri (fig. 11, 12, 13, 14). Queste creste erano mobili, con movi-
84
V. SABATINI
mento lentissimo, simile a quello d’un piroscafo che entri in porto
dopo fermate le macchine. Queste masse nere in deriva, durante il
loro lento avanzamento, si vedevano ora rigarsi di rosso pel fenomeno
di franamento già descritto, ora modificarsi nei contorni, ora spac-
carsi a ventaglio con fratture dalPalto in basso, ma divergenti dal
Fig. 14. — Creste in deriva. Particolare di blocco seinipastoso nell’atto di sgranarsi.
(Pocek dis.).
basso in alto, e cosi divise in frammenti precipitare con le nuove
superfìcie scoperte incandescenti e sparire nel mare nero di lava.
l’eruzione DELL’ETNA DEL MARZO-APRILE 1910
85
spesso coperto di vapori leggeri da cui queste creste emergevano.
La somiglianza tra questo fenomeno e quello degli ice-herg era im-
pressionante, e così una volta ancora ritorna il paragone tra colate
di lava e ghiacciai. Io propongo per tale fenomeno una parola corre-
lativa di ice-herg e cioè fire-herg avuto riguardo aU’incandescenza
deirinterno e che si rivela ad ogni franamento della crosta. Una
parola italiana per indicare il fatto completo di masse infuocate in
deriva è difficile trovarla e, come in ice-herg, si potrebbe rinunziare
ad una parte del concetto e noi adottare la locuzione creste in deriva.
Fig. 15. — Origine {della colata e Montagnola di dietro.
Cono terminale coperto di nere dietro la Montagnola.
I disegni riproducono il fenomeno descritto e sono dovuti alla cor-
tesia del mio buon amico il pittore signor P. Pooek, che si trovava
con me.
In vicinanza di S. Leo il movimento di tali creste si attenuava
coll’arresto che la lava subiva nel passare per la gola sottostante
e per cui era obbligata a dilagare a monte della medesima.
Riepilogando, la lava liquida o pastosa scoperta o quasi si seguiva
fino alla cascata di Monte Faggi, le creste in deriva fino al Monte
S. Leo, e nel resto il movimento non era più sensibile che per le
dislocazioni e i franamenti della massa.
86
V. SABATINI
L’emissione di questa lava fu tranquilla, accompagnata cioè da
insignificanti fenomeni esplosivi per cui si edificarono una mezza
dozzina di coni di pochi metri. Esplosioni e boati quindi se ne ebbero
solo nei primi giorni, e il 30 marzo erano già diventati deboli e
rari quando il camino si era sufficientemente allargato. Questi boati
alla fine di marzo erano prodotti dalle esplosioni della bocca 6 e
si udivano al disopra dei 1000 metri salendo sul vulcano, mentre le
altre bocche esplosive non si facevano sentire che nelle immediate
Fig. 16. — Come la precedente, col cono terminale più in vista perchè presa più dall'alto,
cioè dal piede di Monte Castellazzi. Il Monte S. Leo si vede a sinistra.
vicinanze. Dopo il 30 marzo anche la bocca 6 continuò il suo lavoro
quasi silenziosamente.
Il fumo emesso era ordinariamente bianco e senza odore, quindi
costituito quasi tutto da vapor d’acqua. L’odore di anidride solforosa
si avvertiva nelle vicinanze immediate delle bocche e non era tale
da riuscire di troppo disturbo alla respirazione. Anche il cratere
terminale dette poco fumo, ma continuamente. Questo, alla bassa
temperatura dell’aria intorno al suo punto di emissione, si conden-
sava abbattendosi come calotta sul vertice del monte, ove spesso si
confondeva con le nuvole che vi erano attratte.
l’eruzione DELL’ETNA DEL MARZO- APRILE 1910
87
Molte volte, durante le soste notturne accanto alla lava, agli
altri osservatori ed a me venne fatto di notare al disopra della cor-
rente liquida, in prossimità delle bocche, delle fiamme d’un bianco
vivo, che una volta perdurarono per 5 o 6 minuti. L’ing. Perret
pel primo vide che in quel sito erano caduti degli uccelli, ed io
stesso potetti in seguito controllare il fatto. Il vivo chiarore not-
turno attirava difatti gli uccelli che, spiccato il volo verso la lava.
Fig. 17. — Come la precedente.
quando il calore e le esalazioni della medesima li investivano non
I avevano più la forza di tornare indietro e storditi vi cadevano
dentro.
j Finalmente l’esame petrografico della nuova lava mostra che an-
I ch’essa è una labradorite augitica e peridotica come quella del 1908
I (fig. 18), ma manca dei microliti d’olivina allungati secondo l’asse del
I prisma che furono ritrovati in quest ’ultima h La nuova lava risulta
)[
^ A. Lacroix, L^éruption de VEtna en avril-mai 1908, li parte, Eev. Gén.
d. Se., 30 avril 1909, p. 363, Paris, Colin.
88
V. SABATIN]
di un primo tempo con felspati contenenti da 45 a 70 % d’anortite
(labrador e bitunite) oltre poca augite colorata debolmente in verde-
bottiglia chiaro. Nel secondo tempo sono microliti finissimi di oligo-
clasia con 20 % d’anortite e di labrador, oltre granelli d’augite senza
sfaldature visibili, pochi granelli d’olivina e abondanti gr anellini
minutissimi di ferro ossidulato.
Dei campioni da me esaminati alcuni provenivano da’ pressi delle
bocche ed erano scoriacei; altri da’ pressi di Monte S. Leo ed erano
Fig. 18. — Sezione microscopica della lava.
abbastanza compatti; altri, abbastanza compatti anch’essi, dal fronte
d’avanzamento a 700 metri dalla rotabile Nicolosi-Borello. Tutti conte-
nevano materia amorfa giallo-scura, in maggior quantità nei campioni
presso le bocche nei quali anche gli elementi cristallizzati del secondo
tempo erano più piccoli e meno numerosi. Procedendo verso il basso della
colata questi elementi si fanno più grandi e l’augite tende a prendere
forme allungate. I grandi felspati contengono poi dovunque inclusioni a-
bondanti di materia amorfa giallo-scura trasparente o traslucida, e non
di rado appariscono zonati sebbene mai sottilmente. L’estinzione vi
è non di rado ondulata. Una sezione perpendicolare ad Up era di
l’eruzione DELL’ETNA DEL MARZO-APRILE 1910
89
45 % A„ , un’altra i % era composta di tre zone, di cui l’estema
risultò di 48 % , la media di 60 % e Tintema di 70 %.
In mezzo ai blocchi e frammenti diversi in cui la nuova lava si
frantumava spesso spiccavano in bianco di neve degl’inclusi d’are-
naria, già noti nelle eruzioni precedenti. Si sa che le arenarie affio-
rano sui fianchi dell’Etna a diverse altezze, giungendo presso Maletto
a più di 1100 metri d’altitudine. Gl’inclusi relativi, quindi, possono
essere stati strappati alla profondità minima di circa 800 metri nel-
l’ultima eruzione \ Il prof. Lacroix ha descritto tali inclusi nella
lava del 1883 ^ e i professori Duparc e Mrazec li hanno descritti del
pari nelle lave del 1886 e del 1892 Essi mostrano fusione parziale
del quarzo e talvolta ricristallizzazione del vetro risultante. L’incluso
da me raccolto sulla lava attuale ha 20 centimetri di lunghezza e
mostra una serie di fenditure parallele. Una sola di esse essendo
larga da 2 a 5 millimetri è stata penetrata dalla lava. La massa
dell’arenaria è divenuta d’un bianco-niveo, come già si disse, meno
a contatto immediato della lava ove è grigio-chiara e mostra una
leggera apparenza di sostanza fusa {fritte dei francesi). Inoltre è di-
venuta poco coerente in tutta la sua massa, per cui si sfarina fa-
cilmente sotto la pressione delle dita. Al microscopio non si scorge
alcun indizio di fusione nei granelli di quarzo che costituiscono l’in-
cluso, meno nelle vicinanze dei contatti dove il magma nerastro della
roccia avvolgente si è infiltrato tra i medesimi granelli, che alla loro
superficie si vedono qualche volta trasformati in vetro senza colore
o grigio. Dippiù alcuni granelli di quarzo parzialmente fusi hanno
emigrato tra’ cristalli della roccia avvolgente in vicinanza dei con-
^ Nelle collezioni dell’ Ufficio Geologico non ho trovato campioni della
arenaria di Maletto. Ne ho trovato invece di quella di E andazzo, che affiora
ad un’altezza minore. È gialla e nel forno a carbone arrossa. Forzando la
temperatura al cannello si riuscì a renderla un po’ chiara. Differisce dagl’in-
clusi della lava perchè contiene un po’ di plagioclasia che non esiste in questi
ultimi.
^ Les enclaves des roches volcaniques, Macon, Protat, 1893, p. 40.
" C. K. Acad. de Se., Paris, 10 oct. 1892.
90
V. SABATINI
tatti. È evidente che le tracce di fusione non sono dovute alla
temperatura a cui l’incluso fu esposto, bensì all’azione del magma
della roccia eruttiva che funzionò da fondente, senza di cui non si
sarebbe avuta fusione di sorta alcuna.
Cerchiamo ora di ricavare qualche dato sulla temperatura della
lava nel cammino vulcanico e nei primi momenti del suo efflusso
all’aperto, quando appariva fusa al colore giallo brillante, a cui pel
ferro e pel platino, non ancora fusi, corrisponde una temperatura
valutata a circa 1200®.
Il rammollimento del quarzo incomincia a 1406®, mentre fonde
a 1425® secondo Cusack b Secondo Brun tale fusione avviene a
1780® Gli elementi del primo tempo, labrador e bitunite, hanno
punti di fusione assai più bassi, ma alquanto incerti, come risulta
dal quadro seguente :
CUSACK >
(1897)
DOELTER 3
(1901)
BRUN
(1902)
Augite
1187-1199
1095-1115
1230 ^
Labrador ....
1223-1235
1125
1370
Anortite . . , . .
—
1132
1490-1520
Or che i cristalli detti di primo tempo siano intratellurici è non
solo generalmente ammesso ma basta, pel caso attuale, esaminare
le scorie e le ceneri lanciate dalla bocca 6 per capirlo. In entrambe
si trovano pirosseni e felspati già costituiti. La temperatura della
lava dunque prima dell’emissione doveva essere discesa al disotto
di 1230® se si tien conto de’ risultati di Brun, o al disotto di circa
UGO®, se si tien conto di quelli di Doelter. Inoltre la lava dell’Etna
1 Proc. Roy. Irish. Acad., 1897, 4.
^ A. Brun, Archiv. d. Se. phys. et mat. Genève, 13, 1902.
^ Tschermak’s Min. n. Petr. Mitt., B. XXXI.
^ Augite dei Monti Rossi (Etna, eruzione 1669).
l’eruzione DELL’ETNA DEL MARZO-APRILE 1910
91
0
I
!
si rammollisce a 970° e fonde a 1040^^ secondo lo stesso Doelter
e paragonando queste temperature a quelle dello stesso autore sulla
fusione dei minerali, per renderle comparabili, si vede come la va-
riazione delle medesime nel passaggio dalFinterno; aH’esterno del
camino, fino ad alcune eentinaia di metri dalle bocche, fu inferiore
a 50-600.
Nel camino tale variazione doveva essere lenta per la velocità
del magma ascendente. Difatti ritenendo questa velocità non inferiore
a 10 metri al 1", nei primi giorni dell’eruzione (23-30 marzo), un
chilometro veniva percorso in non più di un minuto e mezzo, spesso
in assai minor tempo (specialmente il primo giorno). Così alla pro-
fondità a cui l’incluso da me esaminato venne strappato la tempe-
ratura non solo non era più sufficiente a rammollire il quarzo, quindi
inferiore a 1400°; ma gli elementi del primo tempo erano forse anche
formati, quindi si aveva meno di llOOo.
Se passiamo all’aperto, l’irraggiamento e quindi la dispersione del
calore era fortissima, ma la massa della corrente era difesa dal velo
di scorie che immediatamente prendeva a ricoprirla. E se invece ap-
pariva scoverta nel maggior numero di punti, tra le scorie nere galleg-
gianti che trascinava, si deve ammettere che quel velo veniva conti-
nuamente lacerato e ricostituito e se le parti di superfìcie nude pareva
che conservassero il loro calore ciò dipendeva dal fatto che venivano
continuamente rinnovellate. Perciò, mentre la massa fusasi conservava
ad una temperatura compresa tra 1100° e 1040^, le scorie, che avevano
perduta la luminosità, erano discese a meno di 970®.
Il dott. F. S. Starrabba trova, in un articolo comparso mentre
questa nota era già in tipografia una temperatura tra 1200^ e 1300°
per la lava all’aperto nel primo tratto del suo percorso. Oltre che con
tale temperatura i cristalli di primo tempo avrebbero dovuto formarsi
dopo l’emissione, mi pare che il su lodato A. sia incorso in un equi-
^ Loc. cit. Le cifre 970 e 1040 si riferiscono alle fusioni in forno elettrico.
I In forno a gas diventano rispettivamente 962 e 1010.
I * R. Ac. Lincei, Roma, 17 apr. 1910.
92
V. SABATINI
VOGO. Egli difatti si basa suiresperimento del rammollimento d’ima
verga di ferro di 9 mm., e sulla fusione d’una verga di rame di 3 mil-
limetri nella lava fluente. Ora il rame fonde a 1054® e il ferro si ram-
mollisce tra 900® e 1200® \ onde si dovrebbe dedurre per la lava ,
fluente una temperatura tra 1054® e 1200® d’accordo con le mie
precedenti conclusioni. È però da notare che, a parte le variazioni
di composizione del ferro del commercio, si sa quanto siano incerte
le temperature sugli stati di questo metallo. Così per la fusione si sa
che oscillano, a seconda degli sperimentatori, tra 1550® e 1804® i
Ma le cifre da me date precedentemente per la temperatura della l
lava dell’ultima eruzione, basandosi sopra dati sperimentali di mag-
gior valore, non potranno essere spostate Ano a quando i medesimi
non verranno modificati.
’ V. ZoppETTi, Arte Siderurgica, Hoepli, Milano, 1883, I, p. 243.
H. Moissan, Traité de Gliimie Minérale, Paris, Masson, 1905, IV, p. 307.
Anno 1910 (V Sabatini) TaviU.
‘ aB^\C:$cor^one- :
Ermioiìf^ (k//'t'/ìHf fkliW.
fLa nuom Atyg fin-, a/ i
1
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,
NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE
I
! BiBrviooi«À:F'rA OE^orvOoiOA i3:'ài^iajva
1
I PER l’anno 1909 1.
Agamennone G. — Importante particolarità nei sismogrammi del IL Osser-
\ vatorio Geodinamico di Rocca di Papa in occasione dei terremoti Calabri
delVS settembre 1905 e 28 dicembre 1908. (Rend. R. Acc. dei Lincei, ser. 5^,
voi. XVIII, fase. 7°, 1° sem., pag. 339-343). — Roma, 1909.
La Memoria, compendia una constatazione sulla assenza dei tracciati
idovnti ai primi e secondi tremiti preliminari, nei sismogrammi dati dagli ap-
iparecchi dell’Osservatorio, in occasione dei due indicati terremoti.
La registrazione si sarebbe iniziata bruscamente con la traccia delle onde
lente della così detta fase principale.
' In appoggio a tale rilievo, FA. riporta i dati numerici concordanti, for-
biti da altri importanti Osservatori.
Alfano G. B. — Alcune osservazioni sugli epicentri sismici della Calabria e
del Messinese. (Riv. di Fis. Mat. e Se. Nat., anno X, n. 110, pag. 125-140).
— Pavia, 1909.
L’A. dopo aver enumerati i principali epicentri della regione Calabro-
Messinese, stabiliti dal prof. Mercalli in numero di diciotto, ne cita gli otto
più importanti, segnandoli graficamente in una cartina allegata alla Memoria.
lOsserva inoltre, sempre appoggiandosi sulle idee del Mercalli, una migrazione
ideila sismicità di questi epicentri, dalla Calabria citra alla Calabria ultra, dal
1600 ad oggi. Ricordate in seguito le teorie del Suess, e discussa l’ipotesi
Itectonica, espone abbastanza ampiamente la teoria proposta dal Mercalli e
’ Vi sono comprese anche quelle pubblicazioni, che pur trattando di loca-
lità estere, interessano la geologia d’Italia od hanno rapporto con essa.
94
!
relativa all’esistenza dei focolari magmatici sotterranei che tendono ancor oggi : •
a farsi strada all’ esterno della crosta terrestre sovraincombente ; questa sa- i;
rebbe la causa immediata dei moderni terremoti calabri. Come valido ap-
poggio a tale teoria, invoca poi gli studi del prof. Eiccò, sulle anomalie della :
t3
gravità nelle terre di Sicilia e di Calabria. p
Alfano G. B. — I fenomeni geodinamici della sorgente minerale in Valle
di Pompei. (Riv. di Fis. Mat. e Se. Nat., armo X, n. 112, pag. 350-365;
n. 113, pag. 416-434). — Pavia, 1909.
L’A. studia i fenomeni presentati dalla sorgente sprigionatasi all’improv-
viso, nel 1907, per un foro di trivella fatto, a scopo di ricerca d’acqua e ab-
bandonato poi alla quota di 96 m., nella proprietà del conte De Fusco, in
Valle di Pompei, avendo dato risultati in modo assoluto negativi.
Riporta le osservazioni da lui eseguite sulle variazioni di periodo della sor-
gente, e formula delle ipotesi a spiegazione di tale fenomeno, definendo in-
fine la sorgente in parola, come un geyser a gas freddo.
MI
dai
Almagià R. — Fenomeni di erosione accelerata nel pliocene di Val Tronto.
(Rend. R. Acc. Lincei, serie 5^, voi. XVIII, fase. 2®, 1° sem., pag. 72-79).
— Roma, 1909.
Descrive l’A., i fenomeni dovuti al disfacimento meteorico ed all’erosione
accelerata e talvolta catastrofica, delle aree plioceniche (argille turchiniccie
sabbie ed arenarie grossolane) comprese nella regione fra il Tronto inferiore
ed il Tesino. 11 paesaggio a calanchi ed a forre, è appunto il risultato carat
teristico della erosione rapida, prodotta nel piano di campagna dalla circola
zione delle acque superficiali.
Aloisi P. — Il quarzo dei marmi di Carrara. (Mem. Soc. Tose. Se. Nat.
voi. XXV, pag. 41). — Pisa, 1909.
L’A. riassume nel primo capitolo della Memoria, la bibliografia esistent
sull’argomento, riportando le determinazioni eseguite dai vari mineralisti
sulle forme cristallografiche del quarzo di Carrara; riassume quindi i sim
boli delle faccio riscontrate in diversi cristalli del detto minerale, concludend
che esso presentasi con grande semplicità di forme.
Esamina le principali particolarità presentate dalle faccio stesse, i moc
di unione dei cristalli, le inclusioni che in essi si osservano ed infine tratt
della origine dei minerali che si trovano nelle geodi del marmo di Carrara
95
Aloisi. P. — Studio di alcune rocce del Monte Corica (Calabria). (Proc.
Verb. Soc. Tose. Se. Nat., 4 luglio 1909, pag. 9). — Pisa, 1909.
L’A. riferisce sullo studio petrografìco di tre roccie da lui eseguito su
campioni provenienti da detta località e definite come Serpentina, Oficalee e
Prasinìte. Riporta ancora i risultati di un’analisi chimica fatta su quest’ul-
tima roccia.
Angot A; — Sur le tremblement de terre du 28 décernbre 1908. (Comptes-
rendus des Séances de l’Acad. des Sciences, tome CXLVIII, n. 1, pag. 62).
— Paris, 1909.
L’A. descrive le registrazioni avute all’Osservatorio del Pare Saint-Maur,
sopra un sismografo Milne, riproducendo il tracciato del diagramma descritto
dal pendolo N. S. i di cui movimenti sono smorzati.
Anastasi a. — Alcune idee sulle costruzioni nei territori soggetti ai terremoti.
(Ann. Soc. Ing. Arch. Ital., anno XXIV, n. 7, pag. 231-237). —
Roma, 1909.
L’A. esamina nella 1^ parte della sua breve esposizione, gli effetti che
il terremoto ebbe sul suolo della città, variamente lesionato, sollevato e scon-
volto, basando su tali elementi alcune deduzioni sulle cause delle lesioni
li prodotte nei fabbricati e delle rovine avvenute. Nella 2^ parte tratta succin-
ie tamente del problema delle ricostruzioni, considerandolo sotto i due punti di
ifl vista, tecnico ed economico.
In ultimo tocca la questione della qualità di edifici più convenienti a
ii^. resistere ai movimenti sismici così frequenti nella regione, sia riguardo alla
struttura sia riguardo ai materiali da impiegarsi nelle costruzioni edilizie.
Conclude esprimendo l’avviso che nel caso in esame il tipo più conveniente
j di casa sia quello di villino, piccolo e compatto, alto non più di 10 metri,
con muri a mattoni collegati con legami metallici, e con fondazione a platea.
Argano E. — Carte géologique du w^assif de la Dent Bianche, scala 1:50,000.
^ (Publiée par la Commission géologique Suisse, 1908, nouv. sèrie, livrai-
^ son XXIII, carte spéciale n. 52.
iJ
j La carta non comprende tutto il massiccio ma solo la parte compresa fra
,,jle vaUi della Visp (Zermatt) e la valle d’Evolena, oltrepassando il confine
politico per buon tratto nella Valtournanche e Valpellina; perciò comprende
^ piuttosto il massiccio orografico che non quello geologico della Dent-Blanche.
96
La serie dei terreni comprende solo tre grandi divisioni : Pretriasico,
Mesozoico, Quaternario.
Il Pretriasico è diviso in due facies : la più importante, quella della falda
della Dent Bianche a sua volta in due serie, una superiore o di AroUa, es-
senzialmente gneissica e granitica, ed una inferiore o di Valpellina dioritico-
kinzigitica. L’altra facies, del Gran San Bernardo, corrisponde agli scisti di
Casanna degli autori, e sarebbe in parte permo -carbonifera.
Il Mesozoico è pure diviso in due facies quella del substrato della falda
pretriasica che risponde alla formazione dei calcescisti e pietre verdi delle Alpi
occidentali, ed una facies particolare che compare nel Mont Dolin.
Il Quaternario è rappresentato dalle formazioni glaciali e torrenziali e dai
detriti di falda.
L’autore comprende pure in questo gruppo il ghiaccio fossile, quello cioè
detto morto, che compare al disotto di depositi morenici non più in via di
deposito.
Ad illustrare la carta serve il lavoro seguente :
Argano E. — U exploration géologique des Alpes Pennines centrales. (Bull,
de la Soc. Vandoise des Sciences Naturelles, 5® sèrie, voi. XLV, n. 166,
pag. 217-276). — Lausanne, 1909.
Lo scritto è una estesa comunicazione preliminare intorno alla compo-
sizione ed alla tettonica del massiccio della Dent Bianche di cui l’autore pub-
blica contemporaneamente la carta geologica (vedi sopra).
L’autore considera il massiccio della Dent Bianche come un’unità tetto-
nica formata da un lembo di ricoprimento sovrapposto ad un complesso di
terreni mesozoici, fra il lembo però ed il suo substrato non esiste superfìcie
di carreggiamento, ma una zona di passaggio graduale, circostanza già segna-
lata dal Gerlacb. Il massiccio della Dent Bianche appartiene alla zona del
Piemonte e fa parte di una piega coricata complessa, vale a dire ancora av-
volta nella parte inferiore dal suo mantello mesozoico. Nella parte superiore
i vestigi dell’antico mantello secondario si troverebbero nel Mont Dolin (si-
nistra della Val d’ Arolla).
Al substrato mesozoico della falda {nappe) della Dent Bianche l’autore
assegna il nome di zona del Grand Combin; la più alta cima mesozoica delle
Alpi. Questa zona è composta dai tre gruppi seguenti:
1® Inferiore o mantello secondario normale della falda del Gran San
Bernardo; costituito da quarziti, calcari e scisti lucenti (calcescisti);
2° Medio, formato da pieghe coricate venute da S.E.
1)7
3° Superiore, o mantello mesozoico rovesciato della falda della Ueut
Bianche, a cui è stato accennato sopra.
Nel 1° gruppo le quarziti del trias si appoggiano agli scisti di Casaniia
coi quali hanno passaggi verticali, ed orizzontali, ciò che indicherebbe una
equivalenza almeno parziale.
Il 2° gruppo della zona del Combin ha maggiore potenza fra i tre, e
consta degli stessi elementi del 1°, con intercalazioni prasinitiche e breccie
calcari.
Il 3° gruppo pure constando degli stessi tipi si distingue dai prece-
denti per una facies speciale e la maggiore abbondanza di rocce prasinitiche
comprendente il Trias ed il Griurese (G-iura-lias).
Dopo qualche considerazione sulla ripartizione delle zone isopiche, che
l’autore tenta di ricostituire sviluppando le falde e le pieghe, passa a descri-
vere la facies dei terreni pretriasici sul massiceio della Dent Bianche e le di-
vide in due gruppi che chiama la serie di Arolla o parte superiore, e la serie
di Valpellina o inferiore. La prima comprende gli gneiss di Arolla e le arke-
sine degli antichi autori coi micascisti e gneiss minuti associati, i quali avreb-
bero formato la calotta dell’ apparato granitico rappresentato dall’ arkesina,
e che ora, rovesciato giace sopra di questa. La serie di Valpelline abbraccia
kinzigiti, dioriti, e calcari coll’ aggiunta di micascisti e gneiss minuti indisso-
lubilmente assoeiati, corrisponde alla formazione dioritico-kinzigitica degli
autori italiani di cui l’autore abbraccia senza riserva le idee, rinunciando al-
l’opinione espressa in lavori precedenti che i calcari in essa compresi fossero
triasici.
L’autore si sofferma quindi sulla geologia e tettonica del Cervino, parte
dell’elissoide in questione. Le eufotidi caratteristiche del massiccio (Col du Lion
al Cervino, Mont Collon) secondo 1’ Argand, farebbero parte della serie di
V^alpelline, sebbene l’autore affermi non potersi pronunciare recisamente, e
corrisponderebbero a teste di anticlinali.
In quanto alla tettonica l’autore accoglie l’idea già esternata fino dal
1903 dal Novarese per cui la parte superiore della piramide (al disopra della
capanna Luigi di Savoia) appartiene alla serie di Valpelline e la documenta
colle proprie osservazioni, combattendo le asserzioni dello Schmidt che l’at-
tribuisce al mesozoico.
La tettonica generale della falda sarebbe stata influenzata dalla presenza
del massiccio del Monte Bianco specialmente nella sua parte sud occidentale
che avrebbe assunto la struttura a ventaglio, mentre quella nord orientale
di cui non resta che un lembo, ha andamenti più regolari e più favorevoli
all’ipotesi.
98
La radice della falda della Deiit Bianche sarebbe la zona Sesia-Yal di
Lanzo.
Il lavoro si chiude con una figura schematica che rappresenta le falde
di ricoprimento della catena x)ennina (Alpi Pennine) secondo le ipotesi del-
l’autore, che si riserva di svolgere le sue idee in altri lavori.
Argand e. — Sur la racine de la nappe rìiétique. (IMitteilmigen schveizeri-
schen geologischeii Kominission, I, Jahrg. 1909, pag. 7). — Bern, 1909.
L’autore ricerca la radice della falda retica alpina di ricoprimento e
crede trovarla in quella zona di graniti, porfidi, calcari, scisti, melafiri, ecc.
che si estende da Levone presso Torino a Losone poco lungi da Locamo sul
lago Maggiore, alla quale l’autore dà il nome di zona del Canavese. Essa com-
prende oltre le zone citate anche i noti scisti di Fobello e EimeUa ed è com-
presa fra la zona dioritico-kinzigitica di Ivrea e l’elissoide Sesia-Yal di Lanzo.
L’autore paragona la costituzione litologica della zona a quella delle Prealpi
svizzere, e crede trovare una perfetta corrispondenza fra diverse roccie co-
muni alle due formazioni. È notevole che pur essendo la zona compresa fra
due masse altamente metamorfiche le formazioni che la compongono non pre-
sentino traccio di metaformismo ed appaiano come sedimenti e zone eruttive
normali.
La falda retica sarebbe quindi caratterizzata da una radice interna nel
senso di Lugeon.
1/ autore non si pronunzia nettamente ma accenna alla possibihtà che
le ftaniti di Casanna e quelle delle Alpi Cozie segnalate dal Franchi al col
della Traversiere in Yal Maira, e nei dintorni di Acceglio, Yillanova, Mondo vi
e Cairo Montenotte siano lembi della falda retica.
Artini e. — Gli scisti bituminosi di Besano in Lombardia. (Rend. E . Accad.
Lincei, serie 5^, voi. XA'III, E seni., fase. 4°, pag. 197-201). —
Roma, 1909.
Gdi scisti di Besano, riferiti attualmente alla parte più recente del
Trias medio o, secondo altri alla parte più antica del Trias superiore, costitui-
scono una formazione molto potente che si appoggia aUa dolomia inferiore, e
sfuma superiormente con le marne varicolori del Baihliano tipico. Nota l’A.
che, ove questi schisti trovansi più ricchi in bitume, là vi è maggiore abbon-
danza di resti fossili, talché ciò si può spiegare ammettendo che gli olì da cui
detti materiali sono impregnati provengano da accumulo di resti di animali
marini uccisi da particolari condizioni di ambiente e sepolti in seno al mare
09
ove subirono uno speciale i)rocesso di putrefazione. Gli scliisti di B esano sareb-
bero di composizione identica a quelli di Seefìeld dai quali si estrae !’« iLliolo »
tanto è vero che vengono utilizzati per la preparazione di composti a questo
analoghi.
Artini e. — Brugnatellite ; nuova specie minerale trovata in Val Malenco.
(Rivista di Min. e Ciristall. ital., voi. XXXVII, pag. 1 19-123). —
Padova, 1909.
Illustra, l’A., una nuova specie minerale trovata in piccoli litoclasi, entro
la peridotite più o meno serpentinizzata, lungo la strada che va da Torre
Santa Maria (frazione di Ciappanico), a Chiesa. Egli propone la nuova deno-
minazione di Brugnatellite, in onore del prof. Brugnatelli che studiò, per il
primo, i giacimenti amiantiferi della valle Malenco. Si tratta di un carbonato
ultra-basico ed idrato di magnesio e ferro con acqua di cristallizzazione, il
quale potrebbe anche essere ritenuto come un minerale secondario, epigenetico
della brucite.
Artini e. — I manufatti litici del museo Ponti aW Isola Virginia (lago di Va-
rese). (Rend. R. Ist. Lomb. di Se. e Lett., serie II, voi. XLII, fase. XV,
pag. 720-727). — Milano, 1909.
L’A in questa breve nota preventiva, espone i risultati sommari del-
l’esame petrografico e chimico eseguito sulle roccie con le quali sono fatti
alcuni utensili neolitici (ascie e lisciatoi) provenienti dagli scavi praticati nel-
l’isola Virginia, ed esistenti nella ricca collezione del Museo Ponti.
Baldacci L. — Sulle linee ferroviarie direttissime Firenze- Bologna e Genova-
Milano. (Boll. Soc. Geolog. Ital., voi. XXVIII, fase. V, pag. 96-102). —
Roma, 1909.
L’autore prende in esame varie critiche fatte dal prof. Sacco ai pareri di
due Commissioni nominate dal Governo per lo studio e scelta dei tracciati
proposti per le linee ferroviarie direttissime Bologna-Firenze e Genova-Milano.
Dimostra per la prima che il tracciato preferito dalla Commissione è proprio
quello propugnato dal prof. Sacco. Per la direttissima Genova-Milano poi, la
Commissione non potè prendere in seria considerazione tutti i tracciati pro-
gettati, in alcuni dei quali la galleria di valico era lunga una trentina di
chilometri e dovette limitarsi a indicare quello che, secondo il suo parere.
100
pur tenendo conto delle condizioni statiche dei terreni, presentava i più grandi
vantaggi per la brevità e altimetria del percorso, lunghezza dei sotterranei e
principalmente della galleria di valico, esercizio, ecc. L’autore opina inoltre
che le difficoltà di costruzione dipendenti dalla natura franosa degli scisti
argillosi non devono più spaventare come per il passato, poiché i guai la-
mentati di enormi spese e perdite di tempo furono, come è ormai noto, dovuti
assai più a cattivi metodi di lavoro che alla natura dei terreni.
Baltzer a. (von). — Bemerkungen und. Korrehturen zum geologischen
Kàrtchen der Umgebungen des Iseosees und zu den Ueberschiebung zwis-
chen Camonica-und Chiesestal. (Centralblatt fùr IVIin. Geolog. imd Pa-
laontol. 1909, n. 5, pag. 135-136). — Stuttgart, 1909.
In questa breve nota l’A. avverte della necessità di alcune aggiunte, e
correzioni alla cartina geologica dei dintorni del lago d’Iseo, daini pubblicata
con la scorta di carte preesistenti e dei sommari rilievi suoi personali. Parti-
colarmente nel terzo superiore di detta carta si mostrano indispensabih qua
e là dei cambiamenti di natura stratigrafìca-tettonica ; per es. presso Bisogne
nella parte occidentale della Valcamonica e nei dintorni di Zone. Qui, per
Tolina, passano due strisele di scisti raibliani di cui si sconosce il mutuo
legame tettonico ; se cioè appartengano ad una sella aerea o ad una conca
sotterranea o ad altra accidentalità geologica. In altro lavorò dello stesso
autore, sulla geologia del lago d’Iseo e dintorni, si trova una sezione nella
quale la stratigrafia fra la Valcamonica e la valle del Chiese è rappresentata
da una faglia di ricuoprimento (Ueberschiebung) ; questa interpretazione ha
trovato alcune contradizioni per es. nei rapporti con la bassa Valcamonica, a
Nord-est di Bisogne.
È possibile, conclude FA., che invece della ipotesi di una grande faglia
di ricuoprimento vi si possa vedere soltanto una piega rovesciata (liegende
Faltung) nel bordo sud.
Baratta M. — Il terremoto calabro -siculo del 28 dice'ìvhre 1908. (Bollettino
della Soc. Geograf. Ital., ser. IV, voi. X, n. 8, pag. 852-882; n. 9, pag. 980-
1017). — Roma, 1909.
È un esame minuzioso sullo stato degli edifici nelle varie zone della città
di Messina, dopo il terremoto del 1908, connesso con imo studio geognostico
del terreno costituente il suolo della città. Numerose citazioni e ricordi sto-
rici, intorno alle rovine apportate alla città dai precedenti disastrosi terremoti
101
e la riproduzione di disegni tratti da antiche incisioni completano l’esposi-
zione dei fatti. L’A. istituisce ancora opportuni ed interessanti confronti fra
gli effetti delle differenti commozioni telluriche che hanno interessato questa
regione.
Baevir I. L. — 0 jedné z hlavìiich pricin zemetreseni jihoitalskélo . (Hornické
a Imtiiické hsty, X, 1909, pag. 8).
Secondo Fautore, fra le cause della catastrofe tellurica del 28 dicembre 1908
nell’ Itaha meridionale ebbero parte preponderante i fenomeni cosmici, i quali
per la teoria di Zenger avrebbero la loro sede nella superfìcie solare. I fatti
che ivi si producono devono dare origine non solo a forti cambiamenti nel-
l’atmosfera terrestre ma devono altresì agire energicamente sopra i movi-
menti del magma fluido interno, dando così origine ai terremoti. Zenger cer-
cava di dimostrare, come vuol fare ora l’autore, la giustezza di questa ipo-
tesi con la contemporaneità di forti disturbi atmosferici, che accompagnarono
anche Fultimo terremoto delFItalia meridionale.
L’autore cerca un altro appoggio a queste teorie nella eclisse solare che
poco prima del terremoto fu visibile nell’emisfero sud, ed anche nell’esatto
accordo della data del terremoto con le teorie di Zenger sulla periodicità dei
fenomeni vulcanici.
Bassoli G. G. — Otoliii fossili di pesci. (Atti Soc. Nat. e Mat. di Modena,
serie IV, voi. XI, anno XLII, pag. 39-44). — Modena, 1909.
Descrive FA. numerosi otoliti fossili di pesci, trovati nelle sabbie della
Fossetta, di Gallina (Catanzaro), ed in materiale di collezione già posseduto
dal Museo della Università di Modena, proveniente da Montegibbio e da ac-
quisti e cambio fatti con collezionisti dell’estero.
Descrive, quindi, in dettaglio, sette specie riconosciute assolutamente
nuove.
Bellini R. — lìevisione delle Dentaliidae dei terreni terziari e quaternari
d'Italia. (Palaeontographia italica, voi. XV, pag. 215-236). — Pisa, 1909.
È un lavoro di sintesi, rappresentante la diffusione delle Dentalidae nei
vari piani del terziario e del quaternario italiani, ed insieme le relazioni di
discendenza delle varie specie di detti molluschi.
Bellini R. — Ueber das Vorkommen des Pelagosit auf der Insel Capri. (Cen-
tralblatt fiir jMin., Geol. n. Palaont. 1909, n. 21, pag. 667). — Stutt-
gart, 1909.
L’A. comunica di aver rinvenuto questo interessante minerale, nelle roccie
calcaree della parte meridionale di Capri, quasi al livello del mare; esso si
mostra anche qui come una incrostazione nero verdastra con splendore piceo.
Rileva altresì che, per la composizione chimica questo minerale uguaglia T altra
analoga varietà trovata nell’isola Pelagosa, contenendo però un poco di si-
hcato di alluminio.
Benaghi R. — Contributo allo studio dei guani sardi, con 'speciale riguardo
alla determinazione delVazoto ammoniacale. (Le Stazioni sperim. agrarie
ital., voi. XLII, fase. 3°, pag. 195-230). — Modena, 1909.
L’A. riferisce sull’esame di sei campioni di guano proveniente da diverse
grotte o caverne naturali che, in alcune località dell’Isola, esistono nella
roccia viva o nel tufo calcare , queste nella stagione invernale servono di ri-
fugio a pipistrelli, a colombi selvatici e ad uccelli marini. Egli è di parere
che i guani sardi siano da classificarsi come guani ammoniacali e da ritenersi
per la loro bontà, non inferiori ai guani americani ed africani.
Bentivoglio T. — Bibliografia geo-mineralogica e paleontologica del Mode-
nese e del Reggiano. (Atti Soc. Nat. e Mat. di Modena, serie IV, voi. XI,
anno XLII, pag. 1-28). — Modena, 1909.
È il seguito ad analoga bibliografia pubblicata nel 1901 dallo stesso A.
e con identico criterio per le due accennate località, relativamente al periodo
dal 1469 al 1900. Sembra essere intendimento dell’A. stesso di tenere d’ora
innanzi al corrente la bibliografia di quinquennio in quinquennio.
Bonetti D. F. — ■ Sopra il rinvenimento di un materiale diatomifero presso
Riano. (Atti della Pontificia Accad. romana dei Nuovi Lincei, anno LXII,'
(1908-1909), Sess. II del 17 gennaio 1909, pag. 55-57). — Roma, 1909.
Riferisce l’A. le determinazioni da lui fatte di alcune diatomee rinvenute
presso Riano, in un materiale tripolaceo costituito da sabbietta valcanica
molto fina. Specialmente per la presenza di alcune particolari specie di queste
diatomee, egli arguisce che la formazione in esame sia attribuibile a depositi
103
avvenuto se non in laguna assolutamente salmastra, almeno in acque che
potevano avere comunicazioni col mare od erano suscettibili ad essere invase
da correnti di sorgive ternio-minerali.
Boussac J. — Alpes, Provence. Pevision du nummulitique alpin (feuilles
d’Avignon, Nice et Antibes au 320,000®). (Bull, de la Carte Géologique
de France, n. 122, tome XIX, opusc. di 18 pag.). — Paris, 1909.
Stabilite le notazioni che contraddistinguono, nella [Carta geologica della
Francia, i vari sottopiani compresi nei terreni nummulitici, riprende lo studio
di queste formazioni per quanto riguarda la zona delle Basse Alpi e delle
Alpi Marittime.
Esamina, tanto dal punto di vista stratigrafìco che da quello paleonto-
logico, i piani Anversiano e Praboniano, di questa regione, sofiermandosi sulla
determinazione della età, degli strati a Cerithium diaboli, nel Praboniano.
Infine tratta della transgressione graduale dei calcari nummulitici e dello
spostamento delle facies, cercando di stabilire i limiti tra l’Eocene medio ed
il superiore, e tra l’Eocene e l’Oligocene.
Bressan a. — Giacimenti minerari nei peloritani. (Rassegna deH’Industria
solfìfera, anno XXI, n. II, pag. 13-14). — Caltanissetta, 1909.
Descrive l’A. i nuovi giacimenti scoperti con i lavori di esplorazione fatti
ad iniziativa della Società Anonima per le Miniere Aprile, dei quali cinque
in località Foresta, ed uno che ritiene importantissimo in località Comune,
suUa sinistra del torrente Floripotena.
Dà ancora alcuni sommari cenni sugli affioramenti di Piriti e Pirro tine
cuprifere da lui riconosciuti in contrade Ferrà, Arhorita, Bizza, Gamalda e
Bocche Strette, concludendo per la notevole importanza industriale di tutte le
mineralizzazioni sopra accennate.
Brunati R. — Sopra alcune ossa faringee fossili spettanti al genere Labrus
e considerazioni sopra le ossa faringee di alcuni Lahridi viventi nel Medi-
terraneo. (Atti Soc. ital. di Se. Nat. e del Museo Civico di St. Nat. in
Milano, voi. XLVIII, fase. 2^, pag. 104-114). — Pavia, 1909.
L’A. illustra due esemplari di ossa faringee fossili, uno del Museo Civico
di Milano e proveniente dal quaternario di Avenza (Vigna dei Sali), l’altro
trovato nel Pliocene di CasteUarquato ed in ottima conservazione. La de-
1Ó4
scrizione è fatta col raffronto di altro importante materiale congenere, forni-
togli da alcuni Musei e collezionisti privati. Alla Memoria è allegata una
tavola in eliotipia.
Bruno L. — Cenno sommano dei giacimenti minerari sul contrafforte Tra-
versella-Cogne, e S'pecialmente sui giacimenti ferriferi. (Rassegna Mine-
raria, anno XV, voi. XXX, n. 12, pag. 177-179). — Torino, 1909.
Descrive l’A. io stato attuale di sfruttamento di questi giacimenti, i
lavori fattivi in passato, nonché le caratteristiche del minerale in rapporto
ai mezzi dei quali oggidì si può disporre per una razionale coltivazione mi-
neraria. Conclude che, essendo venute ora meno le ragioni per le quali si
abbandonarono da tempo quelle escavazioni, ne sarebbe a suo parere conve-
niente la ripresa.
Bussandri G. — Note geotectoniche sul Monte Barro. (Opusc. di 9 pag.). —
Lecco, 1909.
Trattasi di una breve nota preliminare che sarà seguita poi da un lavoro
più completo : l’autore, dopo aver accennato alle conclusioni a cui erano venuti
nello studio di questa località gli autori che l’hanno preceduto, ritiene che
il motivo tectonico del Monte Barro, non sia così semplice come a qualcuno
d’essi era sembrato, ma che desunto dalle osservazioni su le direzioni e incli-
nazioni degli affioramenti, debba rappresentarsi come una doppia piega anti-
clinale comprendente una stretta sinclinale, complicato il tutto da due scor-
rimenti principali. Entrambi i piani degli scorrimenti ora accennati sarebbero
diretti all’incirca da E. ad 0. e fortemente inchnati a N.
Gabella A. — Risultati deir analisi deir acqua termo-minerale della sorgente
San Calogero neWisola di Lipari. (Boll, della Soc. di Naturalisti in Na-
poli, voi. XXII, pag. 38-44). — Napoli, 1909.
La sorgente trovasi a circa 40 m. sul livello del mare, nel versante occi-
dentale dell’isola, a circa 200 m. entro terra, ed è chiusa entro un’antichis-
sima costruzione detta Stufa, che ha molta analogia con i Nuraghe della
Sardegna.
I risultati delle analisi avrebbero provato : 1® che l’acqua è assolutamente
priva di microrganismi patogeni; 2® che è stata oggi riconosciuta non solfo-
rosa, come già nel 1872 risultò anche dalle analisi del prof. Giuseppe Arrosto,
di Messina; 3° Che la sua mineralizzazione è dovuta ai cloruri e solfati di
sodio, potassio e calcio, ed ai bicarbonati di calcio e magnesio.
Cacciamalt G. B. — Le roccie di Valcamonica. (Tllustrazione Camuria,
anno VI, n. 11-12, pag. 3-7). — Breno, 1909.
Dopo aver descritto le roccie che formano il suolo della Valcamonica e
la loro posizione tettonica, l’A. giunge alle seguenti conclusioni: 1” Nell’èra
primaria, e precisamente nel periodo permiano, la regione è pianeggiante e
costituita dagli scisti cristallini: l’eruzione dei porfidi quarziferi, e la demo-
lizione dei coni vulcanici per l’azione delle acque continentali, dà origine agli
strati alluvionali di arenaria; 2° Nell’èra secondaria (dal Trias in poi) il mare
che ha invaso questa regione, depone un’enorme pila di sedimenti calcarei
sulle arenarie permiane- ; 3° Nell’èra terziaria si ritorna al regime continentale,
per il corrugamento degli strati; si formano sinclinali ed anticlinali, si ori-
ginano le fratture e si ha l’intrusione della massa tonalitica, poi smantellata
completamente dalle acque continentali, nei periodi più recenti.
Infine tratta delle varie manifestazioni glaciali avvenute in Valcamonica
nel periodo quaternario e dei fenomeni morenici, di trasporto e di deiezione
dai quali dette manifestazioni sono oggi costituite.
Cacci AMALI G. B. — Complemento dei rilievi geotectonici tra il Lago d' Iseo
e la Valtrompia. (Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1908,
pag. 63-100). — Brescia, 1909.
La Memoria è divisa in tre parti : D Serie normale delle roccie, compren-
dente sette gruppi cronologici: Virgloriano o Kecoariano {Muschelkalk e Bu-
chenstein), ambedue prevalentemente calcarei; Wengeniano od Esimano, ora
arenaceo -marnoso, ora calcareo; Carnico o Kaibliano, arenaceo-marnoso ; No-
rico, prevalentemente dolomitico; Retico od Infraliassico, per lo più marnoso-
calcareo ; Liassico, calcareo e calcareo-marnoso ; 2» Tettonica ed orogenesi ;
in particolare: studio del corrugamento e della fratturazione delle roccie di
questa regione, fenomeni che, secondo l’A., datano dall’Oligocène, 3^ Idro-
grafia sotterranea; esame delle manifestazioni dalle quali si può dedurre il
regime delle sorgenti nella contrada in esame.
Cannizzaro M. e. — Le rovine di Messina. (Ann. Soc. Ing. Ardi. Ital.,
anno XXIV, n. 7, pag. 226-231). — Roma, 1909.
La breve Memoria fa parte di una serie di scritti pubblicati in appen-
dice alla relazione della Commissione eletta in seno alla Società, per studiare
le norme da adottarsi nella costruzione dei fabbricati nei paesi soggetti alle
azioni sismiche.
L’A. studia qui, in massima, i dettagli costruttivi delle case abbattute
dal terremoto del 28 dicembre 1908, esaminando la struttura dei muri e delle '
altre parti degli edifìzi, in relazione alle malte ed ai materiali impiegati lo-
calmente. Esamina acora gli effetti del complesso movimento sussultorio ed
oscillatorio sopra i collegamenti ed i membri di una costruzione, riassumendo
infine alcune sue proposte, che ritiene adatte a difendere gii edifici stessi dalla i
rovina per un terremoto disastroso, quale quello che colpì di recente la città i
di Messina e la Calabria.'
Cassetti M. — Sulla struttura geologica del bacino deW Aterno da Aquila a
Sulmona. (Boll, del R. Com. Geol. d’Italia, serie IV, voi. X, fase. '2P,
pag. 158-190). — Roma, 1909.
Dopo un rapido cenno topografico del corso dell’ Aterno, l’A. passa a de-
scrivere i vari terreni del tratto di valle compreso tra Aquila e Sulmona. 11
terreno più antico della serie locale, cioè il Cretaceo, è rappresentato da calcari
di vario aspetto, dei quali l’A. indica la estensione e potenza, facendo rilevare
che ad un dato livello s’incontra una zona a fauna indubbiamente Cenoma-
niana, perfettamente analoga a quella dei vicini monti di Bagno, illustrata
dal prof. Parona, e ne deduce che la zona di calcari sottostanti potrebbe rap-
presentare Ppiani più bassi del Cenomaniano fino a raggiungere probabilmente
il Neocomiano, mentre ritiene che la zona dei calcari superiori non vada più
su del Turoniano.
Anche il terreno terziario è rappresentato da calcari, riferibili parte al- -
l’Eocene e parte al Miocene, non ostante che essi sembrino in perfetta con- !
tinuità. I
I calcari eocenici contengono abbondanti nummuliti, che furono deter-
minate dal dott. Prever, quelli miocenici contengono denti di squalo, deter-
minati dal prof. Bassani, Heterostegine ancora da studiare, ma che da un i
esame sommario fatto dal dott. Prever sono risultate affini aUe specie mio-
ceniche, e numerosi Pecten generalmente mal conservati. ?
Sui detti terreni si appoggia indifferentemente un deposito di marne e
conglomerati, che FA. ritiene di origine lacustre e di questa opinione spiega;
le ragioni.
Accenna poi ad alcuni depositi brecciosi quaternari, ai depositi alluvio- •
nali e ai detriti di falda. i
Infine descrive la tettonica, caratterizzata da diverse faglie, delle quali \
la principale segue quasi esattamente il corso dell’ Aterno e le secondarie sono :
dirette in vario senso, e di queste alcune parallele e prossime fra loro, così
107
che nel bacino si hanno evidenti esempi di disposizione tectonica a gradini.
La Nota è illustrata da una cartina geologica del bacino e da una tavola
di sezioni.
Cerulli-Irelli S. — Escursione ai Monti Albani (21 settembre 1908).
(Boll. Soc. Geol. Ita!., voi. XXVII, fase. 4^, pag. cxxxvii-cxl). —
Roma, 1909.
Descrive l’A. in questa breve comunicazione una gita geologica fatta da
alcuni soci della Società, insieme al Presidente prof. Portis, ai Monti Albani,
il 21 settembre 1908.
Gerulli-Ieelli S. — Fauna malacologica mariana. Parte 3^ e appendice:
Cyrenidae, Donacidae, Psammohiidae, Solenidae, Mesodesmatidae, Mac-
tridae, Cardiliidae, Myidae, Corbulidae, Glycymeridae, Gastrochaenidae,
Tliyasiridae, Diplodontidae, Lucinidae, Tellinidae, Scrobieulariidae, Pan-
doridae, Vèrticordàidae, Lyonsiidae, Anatinidae, Pholadomyidae, Clava-
geUidae. (Palaeontographia italica, voi. XV, pag. 125-214, con 10 tav.).
— Pisa, 1909.
È una descrizione dei caratteri specifici dei fossih sopra enumerati, pro-
venienti dalla zona del Monte Mario.
Checchia-Rispoli G. — Xuova contribuzione alla conoscenza delle Alveoline
eoceniche della Sicilia. (Palaeontographia italica, voi. XV, pag. 59-70,
con 1 tav.). — Pisa, 1909.
Il presente lavoro illustra una quantità di alveoline raccolte in località
diverse, nella formazione eocenica dei dintorni di Bagheria e di Termini- Imerese.
Checchia-Rispoli G. — La serie nummulitica dei dintorni di Termini-
Imerese. — lì. La Legione Cacasacco. (Giorn. di Se. Nat. ed Econ. di
Palermo, voi. XXVII, pag. 177-210, con 2 tav.). — Palermo, 1909.
La regione studiata è costituita da terreni eocenici, ed in particolare dalle
argille scaghose del Luteziano superiore, dai calcari marnosi a fucoidi del
Bartoniano inferiore e dalle arenarie del Bartoniano superiore.
Le conclusioni alle quali viene l’A., dopo lo studio di quella regione, ten-
dono ad escludere l’ipotesi del rimaneggiamento, con la quale si vorrebbe
108
spiegare la presenza di quelle forme, in quantità abbastanza ragguardevole
in quella formazione.
La Memoria è corredata da due tavole e da una sezione geologica.
Checchi a-Rispoli G. — La serie nummulitica dei dintorni di Termini-
Imerese. — I. Il Vallone Tre Pietre. (Giorn. di Se. Xat. ed Econ.,
voi. XXVII, pag. 53-156, con 7 tav.). — Palermo, 1908-1909.
L’A. esamina la località detta Vallone Tre Pietre, importante per lo studio
della questione delle Lepidocnclina, e per la netta successione che presentano
i vari membri della formazione nummulitica. Insiste poi molto, riguardo alla
stratigrafia del Vallone in esame, nella quale esclude che esistano pieghe o
rovesciamenti, discutendo ampiamente sulla questione deiresistenza delle Le-
'pidocydina nell’ Eocene.
La Memoria è corredata da sette tavole, delle quali, due panoramiche e
cinque, paleontologiche, e da una sezione intercalata nel testo.
Checchia-Rtspoli G. e Gemmellaro M. — Seconda Nota sulla Orhitoidi del
Sistema Cretaceo della Sicilia. (Istit. Geologico della R. Università di
Palermo). (Giorn. di Se. Nat. ed Econ. di Palermo, voi. XXVII, 1908,
pag. 158-174, con 2 tav.). — Palermo, 1909.
La presente nota è continuazione dello studio sulle orbitoidi del Cretaceo
della Sicilia; vi si descrivono molte forme nuove provenienti dal Senoniano
superiore della Rupe del Castello di Termini- Imerese, da quello di Bagli cria e
di Pachino.
La Memoria è corredata da due tavole in fototipia.
Ciampi A. — La miniera di Perda Niedda in Sardegna. (Rassegna Mine-
raria, voi. XXX, n. 14, pag. 209-214). — Torino, 1909.
Descrive, l’A., i lavori di esplorazione fatti nel giacimento ferrifero, nel
quale è compresa la detta miniera, in massima costituito da limonite, con
intercalati dei letti di minerale magnetico puro e compatto.
Esamina ancora le condizioni di formazione di questo giacimento, che
ritiene originato dall’ossidazione di una grossa lente di pirite sostituitasi al i
calcare cristallino entro il quale, per l’intrusione dei graniti, fu aperta la via
alla circolazione delle soluzioni mineralizzatrici. La breve memoria è corredata
da alcune sezioni geologiche intercalate nel testo.
100
CiMmo E. — Nota sulle Miniere Virdilio e Mintinella. Parte 1^ : Cenni
descrittivi e geologici. (Boll. Soc. licenz. R. Scuola di CaltanisBctta,
anno XXI, n. 9, pag. 1-6; a. XXII, n. 1, pag. 1-8; n. 2, j)ag. 5-7). —
Caltanissetta, 1909.
È una nota descrittiva della formazione di quella località, con speciale
riguardo alle caratteristiche geologiche di quel giacimento zolfifero.
In particolare tratta poi delle cause che determinarono la caduta della
miniera, degli errori che, secondo FA, furono commessi nella coltivazione ed
infine dei lavori fatti in seguito per sfruttare il molto minerale rimasto fra
le macerie delle vecchie lavorazioni.
È corredata da una tavola con piante e sezioni.
CiOFALO M. — Orografia, geologia e tectonica della zona scossa dai terremoti
di Termini dal settembre 1906. (Boll. Soc. Sism. ital., voi. XIII, ii. 4,
pag. 153-185). — Modena, 1909.
Esamina, FA., le particolarità geologiche e tettoniche della zona tormen-
tata dai terremoti del 1906, ricostruendo le linee di frattma che solcano la
regione. Segue un elenco delle principali scosse verificatesi dal settembre al
dicembre 1906, dal gennaio al settembre 1908 e nei mesi di maggio e giu-
gno 1908. La monografia è corredata da una tavola a dimostrazione delFan-
damento delle linee orotectoniche della Sicilia occidentale.
Girerà R. — Sur le tremblement de terre du 28 décembre 1908. (Comptes-
rcndus des Séances de FAcadémie des Sciences, tome CXLVIII, n. 1,
pag. 64). — Paris, 1909.
Riporta alcuni dati desunti dalle registrazioni avutesi, in occasione di
questo terremoto, sugli strumenti dell’Osservatorio delFEbro.
Colomba L. — Baritina di Brosso e Traversella. (Atti della R. Acc. dei
Lincei, voi. XVIII, fase. 10®, 1® sem., pag. 530-534, Roma, 1909).
(Rivista di Min. e Cristall. ita!., voi. XXXIX, fase. 3®, 4®, 5® e 6®,
pag. 51-57). — Padova, 1909.
Fa seguito ad altra Nota precedentemente pubblicata sullo stesso argo-
mento (Atti R. Acc. Lincei, 1906, 2° semestre).
Dopo riferiti i risultati delle ricerche chimiche e cristallografiche da lui
eseguite sul minerale di Brosso e TraverseUa, FA. conclude doversi ritenere
questa baritina chimicamente pura ed esente ancora da sensibili tracce di
110
stronzio. In ambedue i giacimenti la baritina è associata con siderite ed al-
cune volte con dolomite ; a Traversella, in particolare, si trovano prn^e insieme
alla baritina cristalli di pirite e di blenda.
Colomba L. — Osservazioni mineralogiche e litologiche sulValta Valle della
Dora Riparia. {Rocce e minerali della Beaume, Oulx). (Riv. di Min. e
Cristall. ital., voi. XXXVIII, pag. 50, con 1 tav.). — Padova, 1909.
Riassume l’A. i risulati ottenuti dallo studio delle roccie contenenti le
specie minerali già da lui descritte in precedenti sue monografìe. Descrive in
particolare l’ossatura del Seguret, alla base del quale trovasi il giacimento
della Beaume. Tratta infìne dal lato mineralogico le specie osservate in detto
giacimento, diffondendosi più particolareggiatamente su quelle che assumono
maggiore importanza.
Commissione incaricata di studiare e proporre norme edilizie obbligatorie
per i comuni colpiti dal terremoto del 28 dicembre e da altri anteriori. \
Relazione. (Giorn. del Genio Civile, Roma, 1909).
La Relazione riassume il lavoro delle tre Sottocommissioni, incaricate: !
runa di una visita sui luoghi del disastro; l’altra di studiare le pubblicazioni
fatte sì in Italia che all’estero sulla edilizia sismologica; la terza di pre^iarare i
uno schema di Regolamento edilizio.
Le norme tecniche date dalla detta Relazione sarebbero le seguenti : i
P Scelta del terreno, evitando i luoghi paludosi e franosi, ed i confini tra ij
terreni geologicamente diversi; 2° In quanto alle fondazioni, si ritiene siano q
da proscriversi tutti i sistemi che rendono la casa indipendente dal suolo ; >
3® Per l’edifìcio in genere, prescrive norme rigorose sulla scelta del materiale,
suUa costruzione delle scale, dei tetti e delle aperture; P Per le strade, sta-
bilisce la larghezza minima di m. 10, per i centri più importanti, e di m. 8
per gli altri ; 5® Propone altre norme da seguirsi nei calcoli di stabilità deUe ■
costruzioni; 6° Tratta finalmente dei metodi più adatti per la ricostruzione
e riparazione degli edifìci, e più conformi all’igiene, e propone le sanzioni a
tutte le norme sopra accennate.
Consorzio antifilos serico bresciano. — Studio gcologico-viticolo dei
terreni 'delle regioni della provincia di Brescia, dove più estesamente è
coltivata la vite. Parte 2^ e 3^ (fase, di 58 pag. con 3 carte). —
Brescia, 1909.
Premesse alcune considerazioni generali sopra la derivazione dei terreni
agrari dalle roccie e sopra la natura delle roccie stesse, passa allo studio di
Ili
una estesa plaga di quella Provincia, suddividendola in cinque zone: n) Alla
' riviera del Garda; h) Valle del Chiese; c) Valle Troinpia e dintorni di Brescia;
d) Collebeato, sino a Provaglio d’Tseo; é) Monte Alto e Monte Orfano (diii-
[ torni). L’argomento è trattato dal punto di vista dei terreni agrari, che soruj
distinti in : terreni formatisi in posto per alterazione delle roccie, ed in ter-
reni alluvionali derivanti da trasporto acqueo. E per i vari tipi di terreno, a
seconda delle roccie dalle quali essi hanno origine, indica i principali porta-
innesti che si possono ritenere più adatti. Nella terza parte dello studio esa-
mina i vari terreni costituenti P anfiteatro morenico-sebino, mettendo in rilievo
la variabilissima natura del terreno agrario di origine morenica, avvertendo
che in considerazione della limitata area occupata dall’ anfiteatro stesso le
indicazioni date nella Carta allegata sono da prendersi in senso molto ge-
nerale, e come per serbare a ricordare soltanto la prevalenza del tipo di
terreno.
Fanno parte della monografia diversi prospetti di analisi agronomiche
dei campioni tipici dei vari terreni della regione.
Cortese E. — Fratture geologiche della Regione Calabro-Sicula. (Annali
i della Società degli Ingegneri e degli Architetti Italiani, aimo XXIà",
n. 5, pag. 121-131, con 1 tav.). — Roma, 1909.
Premesse alcune osservazioni d’indole generale sulla formazione della terra,
viene a parlare dei movimenti sismici, i quali avvengono sempre lungo le
l grandi fratture che solcano la crosta del nostro pianeta. Le cause che deter-
I minano tali movimenti dovrebbero ricercarsi nelle pressioni che i gas ad alta
! tensione, prodotti in focolai o centri di generazione del calore, esercitano nel-
I ' linterno delle fratture medesime,
i
I L’A. si ferma, in particolare, sulla frattura che chiama dello Stretto di
Messina, dalla quale dipendono i fenomeni sismici che hanno sempre turbato
quella regione costiera; ne è stato un terribile esempio l’ultimo del 28 di-
cembre 1908, avvenuto appunto nelle dipendenze di questa frattura.
Parla ancora, infine, dei bradisismi dello Stretto, del maremoto che sus-
seguì aUa scossa del 28 dicembre e delle costruzioni antisismiche. Ammessa
I quindi resistenza di vuoti o corridoi che dovrebbero essersi formati lungo le
j linee di frattura, e nei quali si accumulerebbero i gas che determinerebbero
^ poi il movimento, FA. crede che con la perforazione, se possibile, di pozzi a
I grande diametro e profondi da 5 a 6 mila metri, si potrebbe dare sfogo ai detti
!gas e vapori distruttori, evitando così il rinetersi dei movimenti sismici.
I
1
112
Cortese E. — Sul terrazzamento delle Coste tirrene della Calabria. (Riv.
Geograf. ItaL, annata XVI, fase. Vili, pag. 492-494). — Firenze, 1909.
È una breve confutazione ad un lavoro del sig. M. Gignoux {La Calabre),
pubblicato negli « Ann. de Géographie » del 1909, nel quale si nega che, sui
terrazzi costituenti la formazione litoranea tirrena della Calabria, si sia tro- ]
vata traccia di depositi marini recenti, L’A. rimanda anche ad una Memoria
del prof. Gr. Seguenza, pubblicata nel 1880, negli Atti della R. Accademia
dei Lincei e nella quale trovasi un lungo elenco dei fossili trovati nei terrazzi
quaternari della costa calabrese, fino ad 830 metri sul livello del mare.
Cortese E. — Sollevamenti di spiaggie e di coste e loro cause. (Boll. Soc.
Geol. ital., voi. XXVIII, fase. E, pag. I03-I29). — Roma, 1909.
L’A. prende in esame diversi esempi di istmi, barre litoranee, linee di
litofagi e terrazzi, che si presentano lungo le coste del Continente italiano e
delle isole, nell’Africa Mediterranea, nel Mar Rosso, nell’Atlantico, suUe coste
del Pacifico e dell’Oceano Indiano. Tratta dei lenti movimenti del suolo {Bra-
disismi), e richiama altre sue speciali pubblicazioni, nelle quali sono dimostrati «
i sollevamenti e gli abbassamenti a cui vanno soggette le coste siciliane e
calabresi, lungo lo Stretto di Messina. Per quanto riguarda la formazione ter- i
razziana della Calabria, l’A. la ritiene dovuta a grandi sollevamenti che si
dovettero produrre non molto tempo prima della venuta dell’uomo sulla terra, t
deducendo ciò dall’età geologica dei terrazzi stessi che si trovano ad altezze it
variabili fra i 30 ed i 1300 m. sul mare.
Nei capitoli li e III della Memoria enuncia una speciale teoria sulla i
diminuzione della quantità di acqua rimasta sulla superficie del globo, dovuta i
a filtrazione di essa entro il globo stesso, dove in presenza alla « materia
prima » ivi esistente, genera dei focolai fra loro indipendenti, dando luogo a
reazioni ed alla generazione del calore interno ; di qui i sollevamenti graduali i
e moderati che si traducono nelle emersioni di istmi, barre e dighe. Final- i
mente lo spostamento dei poli terrestri, spiega i grandi sollevamenti a ter-
razzi ed in conseguenza i cospicui abbassamenti che ad essi corrispondono, i
Crema C. — Riunione della Società Geologica Italiana in Sicilia nel-
Vanno 1909. (Boll, del R. Com. Geol. ital., fase. 3®, pag. 11, con 2 tav.).
— Roma, 1909.
Descritta sommariamente l’inaugurazione della riunione, l’autore descrive
le diverse escursioni e prima di tutto quella al famoso giacimento fossilifero
postpliocenico di Ficarazzi.
113
Il giorno 8 gli escursionisti si divisero in due schiere, una compì l’ascen-
sione del Pizzo Bifarera; l’altra per la regione Cicìo si recò nei dintorni della
fattoria Casale ad osservare la classica località fossilifera del Lias inferiore
Il giorno 9 una parte degli escursionisti si recò ad osservare il Pliocene
riccamente fossilifero nei tagli naturali esistenti lungo il torrente Milicia nei
dintorni della stazione ferroviaria di Altavilla ; riunitisi poi con gli altri con-
gressisti alla stazione di Termini, per le colline di San Girolamo, risalendo il
vallone Tre Pietre, si recarono fino aUe falde del Cozzo Balata osservando le
rocce del Bartoniano e del Luteziano. Nel pomeriggio una parte dei congres-
sisti continuò a risalire il vallone per osservare i terreni secondari; l’altra
parte si recò alla vicina contrada Cacasacco a studiarvi le controverse forma-
zioni eoceniche.
Il 10 una parte dei congressisti, giunti la sera prima a Caltanissetta, an-
darono a vedere le note Maccalube, ad esaminare la serie geologica dei din-
torni, dal Phocene Inferiore al Miocene Superiore, ed a visitare la miniera di
Trahonella: nel pomeriggio si riunirono agli altri congressisti, recatisi in-
tanto a Catania dove avevano impiegata la giornata nella visita di collezioni
geologiche.
Il giorno 11, con treno speciale, i congressisti percorsero la linea circum-
etnea, facendo alcune fermate e svariate osservazioni.
Il 12 seduta del congresso; ed il 14 e 15 furono impiegati nell’ascensione
dell’Etna. Un piccolo numero di congressisti che il 14 non avevano preso
parte aUa gita dell’Etna si recarono al Monte Scalpello, nel gruppo del Monte
Judica, per visitarvi il Trias fossilifero di quella località e le formazioni ter-
ziarie, attraverso aUe quali emerge la cresta calcarea triassica. Il 15, dopo vi-
sitate delle collezioni private, andarono a vedere la splendida Grotta delle Pa-
lombe nelle lave colonnari, e poi, per mare la costa fino ai Faraghoni dei Ci-
clopi; da ultimo i basalti globulari ed altri interessanti fenomeni nei dintorni
di Aci Castello.
Il 16 i congressisti si recarono a Messina a vedere gli effetti del disastroso
terremoto del 28 dicembre 1908.
D’Achiardi G. — A proposito delV origine dell’acido borico nei soffioni bori-
feri della Toscana. (Atti Accad. Lincei, voi. XVII, s. 5^, pag. 238-239).
— Roma, 1908.
È una breve Nota a chiarimento di alcune considerazioni fatte dall’ A. in
una precedente sua Memoria sullo stesso argomento e rilevate dal prof. Na-
sini in altra Nota critica di risposta a quella.
8
114
Dainelli G. — ì^ota preliminare sopra i lamellibranchiati eocenici del
Frinii. (Mem. Soc. Tose, di Se. Nat., voi. XXV, pag. 126-144). —
Pisa, 1909.
È un parziale elenco dei lamellibranchiati fossili, tratti dai terreni eoce-
nici del Friuli, con dettagliata descrizione delle specie più notevoli.
Dainelli G. e Marinelli 0. — A proposito di una nostra Carta geologica
della regione etiopica. (Riv. Geograf. ita!., annata XVI, fase. VII,
pag. 377-387). — Firenze, 1909.
Contiene alcune delucidazioni di dettaglio relative al materiale utilizzato
nella compilazione della Carta geologica della Regione etiopica (Atlante
d’ Africa) ed agli elementi che gh autori hanno creduto di accettare in detta
compilazione.
La differenza essenziale fra la Carta in esame e quelle precedentemente
pubblicate, riguarda la regione ad occidente del lago Tana ; di questa diffe-
renza si danno le ragioni.
Dal Piaz G. — - Nuovo giacimento jossilijero del Lias interiore dei Sette
Comuni ( Vicentino). (Mém.. de la Soc. Paléont. Suisse, voi. XXXV (1108)
pag. 10, con l tav.). — Genève, 1909.
Riferisce sul rinvenimento, lungo il fianco destro della Valle del Portide,
di uno strato in posto, costituito da una vera lumachella di conchiglie; la
roccia è costituita da un calcare bianco, in qualche punto subsaccaroide, so-
vente cavernoso, quale si rinviene spesso alla base dei ben noti calcari grigi.
Fa seguire un elenco delle specie più comuni rinvenute in questo giaci-
mento e sufficienti a fissarne il livello cronologico, che deve ritenersi apparte-
nente al più basso Lias, presentando la fauna in esame strette affinità con
quelle del Monte Pisano, di Taormina e delle Montagne del Casale e di Bei-
lampo in Sicilia.
D’Andrimont R. — Etude géologique faite en Calabre et en Sicile, après le
tremblement de terre du 28 décewbre 1908. (Revue universelle des Mines,
de la Métallurgie, etc., 53® aimée, 4® sèrie, tomo XXVIII, n. 2,
pag. 95-129). — Liège, 1909.
L’A. espone le osservazioni da lui fatte in una visita eseguita ai luoghi
devastati dal terremoto, premettendo alcune nozioni generali sulla geologia
115
della Calabria e della Sicilia, desunte dagli scritti dei geologi italiani clic si
occuparono dell’ argomento, e più specialmente dalla Memoria delFing. Cortese
sulla Calabria. Esamina i movimenti tettonici che interessano i terreni cri-
stallini, le faglie notevoli nei terreni terziari, i terrazzi marini, le faglie e gli
scivolamenti dei terreni superficiali.
Kiporta alcune brevi considerazioni sui dintorni di Reggio, di Nicotera,
di Gioia, di Palmi e Scilla, ed anche sui dintorni di Messina, in Sicilia. Ri-
guardo alle cause del terremoto egli ritiene doversi ricercare nell’azione di
forze tangenziali combinate con un movimento di sprofondamento, in seguito
ad una brusca accentuazione del distacco fra la Calabria e la Sicilia, in di-
rezione N.N.E. Come chiusa al suo articolo, l’A. enuncia alcune sue opinioni,
sulle migliori regole da seguirsi nella riedificazione dei paesi distrutti e sulla
scelta dei terreni a ciò più adatti.
De Aggeli s d’Ossat G. — Sulla geologia della provincia di Roma. —
VII. La, roccia di Petronio a Salone. (Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVII,
fase. 40, pag. cxxviii). — Roma, 1909.
L’A. presenta il campione di un aggregato incluso nella pozzolana, e
tratto dalla località ove sorge l’Acqua Vergine, riportando la descrizione che
della roccia fa A. T. Petronio, nel Be Victu Bomanorum et de Sanitate
tuenda: libri quinque ad Gregorium XIII. Bomae, 1581.
De Angeeis d’Ossat G. — Scisto bituminoso, ad ittiolo, neW Appennino
centrale. (Rass. Mineraria, anno XV, voi. XXX, n. 4, pag. 49-52). —
Torino, 1909.
Riferisce l’A. i risultati di una sua visita agli affioramenti di tale roccia,
da lui visitati nel versante orientale del M. Catria, dove detti scisti si ri-
scontrano a preferenza bituminosi, e mostransi importanti per la preparazione
dell’ittiolo. Per quanto riguarda la posizione tettonica, essi sono incassati da
un calcare comunemente riferito al Cenomaniano; per le caratteristiche, fisiche,
chimiche ed industriali, le analisi fatte avrebbero dimostrato che l’ittiolo ita-
liano non è inferiore a quello di Seefeld e possiede identica efficacia tera-
peutica.
Per la posizione topografica, i giacimenti in esame si presterebbero bene,
a suo parere, ad un conveniente sfruttamento industriale.
116
Db Angelis d’Ossat G. — Sulla geologia, della 'provincia di Roma. —
VI. Lava alla stazione di Lunghezza. (Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVII,
fase. pag. cxxviir). — Roma, 1909.
Tale giacimento di lava (leuciti te) finora sconosciuto, sarebbe^ a circa
100 m. dalla stazione di lunghezza (Roma-Tivoli).
L’A. pone la questione se detta lava appartenga aUa colata che scende
da S. Cesareo presso Zagarolo, affermando che mentre i caratteri costitutivi
della roccia confermerebbero questa ipotesi, tra le due località egli rinvenne
una breccia formata da frammenti lavici e da altre roccie (calcari) forte-
mente cementati e che giace al riposo della lava di S. Cesareo ed allo stesso
livello di quella ora esaminata. Il fatto merita un particolare studio.
De Angelis d’Ossat G. — Sulla geologia della provincia di Roma. (Boll.
Soc. Geol. Ita!., voi. XXVIII, fase. D, pag. 169-172). — Roma, 1909.
Trattasi di un esame particolare sulla provenienza dei tufi della cam-
pagna romana, alla sinistra del Tevere, col quale si viene a porre in dubbio
che essi siano stati esplosi dai vulcani laziali. L’A. ammette come indiscusso
che tutte le correnti laviche laziali siano da riferirsi alle vere leucititi e che
quindi anche i tufi siano tutti leucititici. Nessuna lava e nessun tufo, sicura-
mente laziali, presentano natura trachitica, come quella delle pomici, mentre
queste trovansi in corrispondenza litologica con lave e tufi dei vulcani a Nord
di Roma.
De Angelis d’Ossat G. — Sulla geologia della provincia di Roma. —
IV. Ghiaie al Gasale dd Pietralata. (Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVII,
fase. 40, pag. cxxvii). — Roma, 1909.
Riferisce sul rinvenimento della formazione ghiaiosa sulla riva sinistra
dell’Aniene, la quale formazione si ricollega alla destra con i giacimenti ana-
loghi della tenuta Rebbibia.
De Angelis d’Ossat G. — Sulla geologia della provincia di Roma. —
V. Peperino nelle tenute Morena e Casalotto. (Boll, della Soc. Geol. Ital.,
voi. XXVII, fase. 40, pag. cxxvii). — Roma, 1909.
L’A. riferisce brevemente sull’ accertamento della presenza del peperino
htoide nelle due tenute di Morena e Casalotto ed in vicinanza della mola
Cavona nella Valle Marciana. Ciò farebbe aumentare di molti chilometri qua-
drati l’area occupata dalla formazione peperinica.
117
; De Angeli s d’Ossat G. — Giacimenti cinabri] eri in quel di Piancastaqnaio
{Siena). (Rassegna Mineraria, anno XV, voi. XXX, n. 9, pag. 129-131).
— Torino, 1909.
I Riferisce su alcune osservazioni fatte nel territorio di Piancastagnaio
ed in particolare, nelle contrade Solforate e Gasa di Paolo, nei dintorni delle
note miniere del Siele e delle Solforate. Esplorando i materiali convogliati
dai torrentelli che solcano questa regione, l’autore dà i risultati di alcuni
saggi da lui eseguiti e conclude per la probabilità dell’esistenza, qui, di ma-
li. teriali cinabriferi, convenientemente sfruttabili.
3 De Angelis d’Ossat G. e Novarese V. — La geologia del terremoto
Calabro- Siculo 28 dicembre 1908. (Annali della Soc. Ing. Archit. Ital.,
I anno XXIV, n. 8, pag. 241-244). — Roma, 1909.
Fa parte della Relazione della Commissione nominata dal Consiglio di-
I rettivo della Società degli ingegneri e degli architetti italiani per stabilire le
norme edilizie per i paesi soggetti a terremoti.
Dopo avere fatto un breve cenno geologico della regione calabro-sicula
colpita dal terremoto ed avere enumerati i materiali da costruzione usati nei
paesi colpiti si diffonde sulla difficoltà di giudizio, sugli effetti del terremoto,
e tratteggia infine le condizioni geologiche che influiscono sulla stabilità dei
fabbricati.
De Giorgi C. — La, genesi naturale del 'porto di Brindisi. (Opusc. di 75 pag.).
— Lecce, 1909.
Dopo aver fatto la descrizione geografica del porto di Brindisi e dintorni,
dopo aver accennato alle successive modificazioni da esso subite dalla mano
dell’uomo e dalle vicende politiche, l’autore dimostra che alla formazione na-
turale di questo porto concorsero più cause: l’erosione delle rocce del conti-
nente operata dalle acque torrenziali cadute sul finire dell’èra quaternaria, la
demolizione delle coste prodotta dall’Adriatico, e l’azione lenta e secolare dei
bradisismi terrrestri. Passa quindi in esame queste diverse cause e termina
accennando all’importanza militare del porto di Brindisi.
I Alla Memoria è annessa un’appendice contenente i seguenti capitoli:
j Statistica della pioggia caduta in Brindisi e in Oria dal 1877 al 1907 — Fre-
j quenza e velocità del vento in Terra d’Otranto — Sezione geologica in Brin-
I disi e nei suoi dintorni — Idrologia sotterranea del Brindisino ed analisi
I delle acque.
!
i
1
De Giorgi C. — Il problema delVacqua in Puglia. Conferenza. (Opusc. di
48 pag.). — Lecce, 1909.
Premesso un confronto fra le Murge e la penisola deU’ Istria, dal punto
di vista orografico e geologico, passa ad esaminare il regime delle acque me-
teoriche, che cadono sulla Puglia, e le vie per le quali dette acque aono as-
sorbite dalle roccie che ne formano il suolo.
Il problema dell’acqua, secondo l’oratore, deve essere studiato in Pugha
sotto un duplice aspetto : quello che riguarda l’igiene pubblica e quello che
riguarda l’agricoltura. Afferma che la costante preoccupazione delle autorità
amministrative, è stata di ricercare acqua potabile, tralasciando di occuparsi
di quelle altre acque delle quali la necesità è risentita da tutte le città pu-
gliesi, per l’irrigazione, per la nettezza pubbhca ed anche come elemento es-
senziale per jalimentare le industrie meccaniche, chimiche, estrattive ed
agrarie.
Conclude : La Pugha non ha bisogno di sola acqua potabile, ma di
quella necessaria per tutti gli altri usi e che sarebbe illusione pensare po-
tesse venir fornita dall’acquedotto pughese.
Parla poi della deficienza di stazioni meteorologiche, neUa regione e degh
sforzi fatti per istituirne alcune con razionale ubicazione, insistendo sulla
utilità degli elementi in queste raccolti ; infine, esaminata la costituzione geo-
logica e stratigTafica della Pugha, si occupa deUa possibilità di praticare dei
pozzi artesiani, invocando i buoni risultati avutisi in molti casi, malgrado ogni
affermazione in contrario.
Chiude la conferenza col proporre un ordine del giorno per il quale il
Consorzio agrario di Bari, si fa iniziatore della proposta di chiedere al Go-
verno che venga esplorato il sottosuolo della Pugha, con trivellazioni pro-
fonde aUo scopo di risolvere in modo completo il problema dell’ ahment azione
idrica di sì importante regione.
Del Campana D. — Vertebrati fossili di Monte Tignoso {Livorno). (Boll.
Soc. Geol. Ital., voi. XXVIII, fase. 2°, pag. 349-388, con 1 tav.). —
Roma, 1909.
Le ricerche dell’autore aggiungono molte specie airelenco dei mammi-
feri fossih quaternarii, già fatte conoscere dal Cocchi, daH’Appehu* e dal
Forsyth -Major, e rintracciati nella zona del Monte Tignoso. Due specie di
uccelli sono qui poi nuovamente descritte.
Sono inoltre corrette in questa Memoria alcune determinazioni fatte, sul-
l’argomento, dall’Apx)ehus.
119
I De Palo M. — Quale è il miglior sistema di costruzione per le zone sismiche?
I (Annali Soc. Ing. Archit. ItaL, anno XXIV, n. 7, pag. 237-239). —
Roma, 1909.
Prendendo ad esempio quanto fu praticato per la ricostruzione della
città di S. Francisco in California dopo il terribile terremoto del 1906, in-
siste sulla necessità di non limitarsi, nel presente caso di Messina e Reggio,
a riprodmre dei piccoli edifìzi, ma di studiare il problema delle grandi costru-
zioni capaci di resistere alle scosse di terremoto. Esamina i tre tipi adottati
dalla legge edilizia americana cioè : a) con scheletri d’acciaio e per una ele-
vazione massima di 340 piedi (S% scrapers); b) in cemento armato, fino al
limite di 102 piedi di altezza; c) in mattoni e travicelli di legno e ferro, sino
a 70 piedi. Quest’ultimo tipo, scartato a priori dalle Commissioni tecniche in-
caricate di studiare gli effetti delle scosse sui fabbricati, fu solo permesso per
non danneggiare troppo gli industriali e gli operai del genere.
Le costruzioni del tipo a) si comportarono splendidamente in occasione
del terremoto e la loro resistenza venne provata da edifìzi a 20 e 25 piani.
Questo genere di edifìzi a noi sconosciuto, ha uno scheletro di acciaio il di
cui costo in America, viene calcolato a circa un terzo del valore totale dei
fabbricato, mentre da noi ove l’altezza delle case non supererebbe i 5 o 6 piani,
costerebbe molto di meno; la durata di queste costruzioni è ragguaghata ad
un massimo di 75 anni. Anche in merito alle costruzioni in cemento armato
l’autore afferma che esse sono atte a resistere ai movimenti del suolo, aggiun-
gendo che le Commissioni americane ed europee, furono concordi nel consi-
gliarle per la riedifìcazione di S. Francisco.
De Stefani C. — La frana del Duomo di Pienza. (Giornale di Geologia
pratica, anno VII, fase. P e 2®, pag. 1-7). — Catania, 1909.
Esamina dal punto di vista geologico la costituzione del coUe di Pienza
per giungere a determinare le cause che poterono concorrere ai danni verifì-
catisi nella costruzione del Duomo di quella città. Giunge a concludere che
i pericoli del Battistero e della Tribuna della chiesa stessa, rimontano al tempo
della loro prima costruzione, e risiedono nei fondamenti e forse dipesero anche
daU’instabihtà di alcuni massi di arenaria presi per base di fondazióne.
{Continua).
PUBBLICAZIONI BEL R. UFFICIO GEOLOGICO
(31 lOlO)
LIBRI
Bollettino del R. Comitato Geologico: Voi. I a XXXIX, dal 1870 al 1908.
Prezzo di ciascun volume L
Idem dell’abbonamento annuale in Italia »
Idem idem all’ estero »
Memorie per servire alla descrizione della Carta geologica d’Italia:
Voi. I. Firenze 1871. — Introduzione. — B. Gastaldi:
Studii geologici sulle Alpi Occidentali, con appendice mineralo-
gica di G. Struevee, — S.Mottuea: Sulla formazione terziaria
nella zona solfìfera della Sicilia. — I. Cocchi : Descrizione geo-
logica dell’Isola d’Elba. — C. D’Ancona : Malacologia plioce-
nica italiana. — Un voi. inA® dipag. 364 con tavole e carte
geologiche »
Voi. II, Parte D. Firenze 1873. — Introduzione. — C. W. C.
Fuchs : fonografia geologica dell’Isola d’IscMa. — F. Gior-
dano : Esame geologico della catena alpina del San Gottardo
che deve essere attraversata dalla grande galleria della ferrovia
italo -elvetica. — S. M ottura : Sulla formazione terziaria nella
zona solfifera della Sicilia; Appendice. — C. D’Ancona : Ma-
lacologia pliocenica italiana (seguito), — Un volume in-4o di
pag. 264 con tavole e carte geologiche »
Voi. II. Parte 2^. Firenze 1874. — B. Gastaldi: Studi
geologici sulle Alpi Occidentali ; Parte seconda. — Un volerne
in-40 di pag. 64 con tavole »
Voi. Ili, Parte D. Firenze 1876. — C. Doelter : Il gruppo
vulcanico delle Isole Ponza. — C. De Stefani : Geologia del
Monte Pisano. — Un volume in-4o di pag. 174 con tavole e
carte geologiche »
Voi. Ili, Parte 2^. Firenze 1888. — G. Meneghini: Pa-
leontologia delVIglesiente in Sardegna. — M. Canavari : Con-
tribuzione alla fauna del Mas inferiore di Spezia. — Un volume
in-40 di pag. 230 con tavole - »
Voi. IV, Parte 1^. Firenze 1891. — A. Scacchi: La re-
gione vulcanica fluorifera della Campania. — G. Terrrigi : I
depositi lacustri e marini riscontrati nella trivellazione presso la
via Appia antica. — Un volume in-4o di pag. 136 con tavole »
Voi. IV, Parte 2^. Firenze 1893. — C. A. Weithofer : Pro-
boscidiani fossili di Valdarno in Toscana. — M. Canavari :
Idrozoi titoniani della Legione mediterranea appartenenti alla fa-
miglia delle Ellipsactinidi. — Un voi. in-4o di pag. 214 con tavole »
10 —
8 —
10 —
35 —
25 —
5 —
10 —
15 —
8 —
16 —
12-2
Voi. V, Parte P. Eoma 1909. — C. F. Parona con la
collaborazione di C. Crema e P. L. Prever : La fauna coral-
ligena del Cretaceo dei monti d^Ocre. — Un volume in-4o di
pag. 242 con 28 tavole
Memorie descrittive della Carta geologica d’Italia :
Voi. I. Roma 1886. — a.cci : Descrizione geologica
delVIsola di Sicilia. — Un volume in-8o pag. 436 con tavole
e una Carta geologica .
Voi. II. Roma 1886. — B. Lotti: Descrizione geologica del-
l'Isola d'Elha. — Un volume in-8o di pag. 266 con tavole e
una Carta geologica
Voi. III. Roma 1887. — A. Farri: Eelazione sulle mi-
niere di ferro delVIsola d'Elba. — Un voi. in-8o di pag. 174
con un atlante di carte e sezioni
Voi. IV. Roma 1888. — G. Zoppi : Descrizione geologico-
mineraria delVlglesiente {Sardegna). — Un voi. in-8o di pag. 166
con tavole, un atlante ed una Carta geologica
Voi. V. Roma 1890. — C. De Castro : Descrizione geolo-
gico-mineraria della zona argentifera dèi Sarrahus {Sardegna). —
Un volume in-8® di pag. 78 con tavole e una Carta geologico-
mineraria
Voi. VI. Roma 1891. — L. Baldacci : Osservazioni fatte
nella Colonia Eritrea. — ■ Un in-8o di pag. HO con Carta geo-
logica annessa
Voi. VII. Roma 1892. — E. Cortese e V. Sabatini : De-
scrizione geologico-'petrografica delle Isole Eolie. — Un volume
in-8® di pag. 144 con incisioni, tavole e carte geologiche. . . »
Voi. Vili. Roma 1893. — B, Lotti: Descrizione geologico-
mineraria dei dintorni di Massa Marittima in Toscana. — Un
voi. in-8o di pag. 172 con incisioni, tavole e una Carta geologica »
Voi. IX. Roma 1895. — E. Cortese : Descrizione geologica
della Calabria. — Un volume di pag. 338 con incisioni, ta-
vole ed una Carta geologica »
Voi. X. Roma 1900. — V. Sabatini: 1 vulcani delVltalia
centrale e i loro 'prodotti. Parte D .• Vulcano Laziale. — Un vo-
lume in-80 di pag. 392, con incis., tavole ed una Carta geologica »
Voi, XI. Roma 1902. — A. Stella : Descrizione geognostico-
agraria del Colle Montello {provincia di Treviso). — Un volume
in-80 di pag. 82, con tavole ed una Carta geognostico -agraria »
Voi. XII. Roma 1903. — Autori diversi : Studio geologico-
minerario sui giacimenti di antracite delle Alpi occidentali ita-
liane. — Un volume in-8o di pag. 232, con incisioni, tavole e
Carte geologiche »
Appendice al voi, IX. Roma 1904. — G. Di-Stefano : Os-
servazioni geologiche nella Calabria settentrionale e nel Circondario
di Possano. — Un voi. in-8odi pag. 120, con tavola di sezioni »
Voi. XIII. Roma 1909, — B. Lotti: Geologia della To-
scana. — Un volume in-8o di pag. 484, con 4 tavole .... »
» 30
10
10
20
15
8
6
8
8
12
12
8
10
3
10
123
CARTE
.arta geologica d’Italia, nella scala di \ a \ 000 000, in due fogli :
2^ edizione. — Koma 1889 Prezzo L. 10 —
]arta geologica della Sicilia, nella scala di 1 a 100 000, in 28 fogli e 5
tavole di sezioni, con quadro d’unione e copertina. — Roma 1886 » 100 —
B. I fogli e le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue:
’oglio N. 244 (Isole Eolie) . .
L.
3 —
Foglio N. 262 (Monte Etna) . . L.
5 —
»
248 (Trapani) . . .
»
3 —
»
265 (Mazzara del Vallo) »
3 —
»
249 (Palermo) . . .
»
4 —
»
266 (Sciacca) .... »
4 —
»
250 (Bagheria) . . .
»
3 —
»
267 (Canicatti) ...»
5 —
»
251 (Cefalù) ....
»
3 —
»
268 (Caltanissetta) . »
5 —
»
252 (Naso) ....
»
4 —
»
269 (Paterno) .... »
5 —
»
253 (Castroreale) . .
»
4 —
»
270 (Catania) .... »
3 —
»
254 (Messina) . . .
»
4 —
»
271 (Girgenti), . . . »
3 —
»
256 (Isole Egadi) . .
»
3 —
«
272 (Terranova). . . »
4 —
»
257 (Castelvetrano) .
»
4 —
»
273 (Caltagirone) . »
5 —
»
258 (Corleone) . . .
»
5 —
»
274 (Siracusa) ...»
4 —
»
259 ( Termini Imerese
) »
5 —
»
275 (Scoglitti). . . . »
3 —
»
260(Nicosia) . . .
»
5 —
»
276 (Modica) .... »
3 —
»
261 (Brente) ....
»
5 —
»
277 (Noto) »
3 —
Tavola di sezioni N. 1 (annessa ai fogli 249 e 258) . . L. 4 —
» » N. II (annessa ai fogli 252, 260 e 261) » 4 —
» » N. Ili (annessa ai fogli 253, 254 e 262) » 4 —
» » N. IV (annessa ai fogli 257 e 266). . . » 4 —
» » N. V (annessa ai fogli 273 e 274). . . » 4 —
Jarta geologica della Calabria, nella scala di l a 100 000, in 20 fogli
e 3 tavole di sezioni, con copertina. — Roma 1901 L. 60 —
B. I fogli e le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue
^oglio N. 220 (Verbicaro) . . L. 3 —
» 221 (Castro villari) . » 5 —
» 222 (Amendolara). . » 3 —
» 228 (Cetraro) . ... » 3 —
» 229 (Paola) .... » 5 —
» 230 (Rossano) ... » 4 —
>> 231 (Girò) » 3 —
[ » 236 (Cosenza) ... » 4 —
I » 237 (S. Griovanni in F. ) » 5 —
i » 238 (Cotrone). ... » 3 —
I » 241 (Nicastro) ... » 4 —
Foglio N. 242 (Catanzaro) . . L. 4
» 243 (Isola Capo Piz-
zuto) .... » 3
» 245 (Palmi) .... » 3
» 246 (Cittanova) . . » 5
» 247 (Badolato) ... » 3
» 254 (Messina). ... » 4
» 255 (Gerace) .... » 4
« 263 (Bova) » 3
» 264 (Staiti) » 3
l'avola di sezioni N. I (236, 237, 238, 241, 242), N. II (245, 246, 247,
' 255, 263), N. Ili (220, 221, 229, 230), ciascuna L. 4
I
124
Carta geologica della Puglia, nella scala di 1 a 100 000.
Ne sono pubblicati i fogli seguenti :
Foglio N. 201 (Matera) . . . . L.
3 —
Foglio N. 213 213 (Maruggio) .
L.
I —
» 202 (Taranto) . . . »
2 —
» 214 (Gallipoh) . . .
»
2 —
» 203 (Brindisi) . . . »
3 —
» 215 (Otranto). . . .
»
I —
» 204 (Lecce) .... »
2 —
» 223 (Tricase) ....
2 —
Carta geologica della Lucania, nellct scala di 1 a 100 000.
Foglio N. 198 (Campagna) . . L.
4 —
Foglio N. 211 (S. Arcangelo) .
L.
5 —
» 199 (Potenza) ... »
5 —
» 212 Tursi
»
3 —
» 200 (Laurenzana) . »
4 —
Sezioni geologiche, Tav. I . .
»
3 —
» 209 (Vallo Lucania). »
4 —
» » Il . .
»
4 —
» 210 (Lagonegro) . . »
5 —
» » III . .
»
4 —
Carta geologica della Campagna romana e regioni limitrofe, nella scala di 1
a 100 000, in 6 fogli e una tavola di sezioni, con copertina. — Eoma,
1888 L. 25 —
NB. I fogli e la tavola dì giusta Carta si vendono anche separatamente come segue:
Foglio N. 142 (Civitavecchia) . L. 4 —
» 143 (Bracciano) . , » 5 —
» 144 (Palombara) . . » 5 —
Foglio N. 149 (Cerveteri) .
» 150 (Roma) . . .
» 158 (Cori) . . .
Tavola di sezioni (annessa ai fogli 142, 143, 144 e 150), L.
. L.
»
4.
4 —
5 —
4 —
Carta geologica delle Alpi Apuane, nella scala di 1 a 50 000, in 4 fogli e 3 ta-
vole di sezioni con copertina. — Roma, 1897 L. 30 —
NB. I fogli e le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue:
Foglio Carrara L. 5 — | Foglio Stazzema L. 5 —
» Castelnuovo » 5 — | » Seravezza » 3 —
Le tavole di sezioni, ciascuna . . . L. 5.
Carta geologica della Toscana {in corso di stam'pa), nella scala di 1 a 100 000.
Ne sono usciti i fogli : Livorno (L. 2); Volterra (L. 5); San Casciano Val
di Pesa (L. 5); Massa Marittima (L. 4); Siena (L. 5); Piombino (L 3));
Grosseto (L. 4); Santa Fiora (L. 5); OrbeteUo (L. 4); Toscanella (L. 5);
Pisa (L. 3); Lucca (L. 5); Firenze (L. 4); Arezzo (L. 4); Montepul-
ciano (L. 5); Tav. I e II di sezioni (L. 4 ciascuna).
Carta geologica delPIsola d’Elba, nella scala di 1 a 25 000, in due
fogli con sezioni — Roma, 1884 L. 10 —
Carta geologico-mineraria dell’Iglesiente (Isola di Sardegna), nella
sccda di l a 50 000, in un foglio. — Roma, 1888 » 5 —
Carta geologico-mineraria del Sarrabus (Isola di Sardegna), nella scala
di l a 50 000, in un foglio. — Roma, 1889 » 5 —
Carta geologica della Sicilia, nella scala di 1 a 500 000, in un foglio
con sezioni. — Roma, 1886 » 5 —
Carta geologica della Calabria, nella scala di l a 500 000, in un foglio.
— Roma, 1894 » 3 —
Carta geologica dei Vulcani Vulsinii, nella scala dii a 100 000, in un
foglio, con testo. — Roma, 1904 » 5 —
Carta geologica delle Alpi Occidentali, nella scala di 1 a 400 000, in
un foglio. — Roma, 1908 » 6 —
Per le commissioni rivolgersi alla ditta libraria Fratelli Treves in Roma,
Bologna, Milano e Napoli.
V
BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO
PARTE UPPICIALE
VITTORIO EMANUELE III
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE d’ITALIA
I Visti i Nostri Decreti del 23 gennaio 1879, n. 4715 (serie 2^); 22 febbraio 1885,
In. 2979 (serie 3^), e 25 gennaio 1894, n. 39;
Sulla proposta del Ministro Segretario di Stato per l’Agricoltura, l’Industria
ed il Commercio ;
Abbiamo decretato e decretiamo :
Il Comitato Geologico istituito presso il Ministero di Agricoltura, Industria
e Commercio si compone di dieci membri nominati con Nostro Decreto e scelti
fra le persone più versate nelle dottrine geologiche e minerarie.
I Fanno inoltre parte di diritto del Comitato gli Ispettori superiori del
;R. Corpo delle Miniere, iFDirettore dell’Istituto geografico militare e il Presi-
I dente della Società geologica italiana.
' Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato, sia in-
serto nella Raccolta ufficiale delle Leggi e Decreti del Regno d’Italia, man-
dando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 24 febbraio 1910.
i
I F.to VITTORIO EMANUELE.
I
J V. Il Guardasigilli C.to Luzzatti.
i f.to SCIALOJA.
2
VITTORIO EMANUELE III
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D’iTALIA
Visto il Nostro Decreto del 24 febbraio corrente;
Sulla proposta del Ministro per l’ Agricoltura, Industria e Commercio ;
Abbiamo decretato e decretiamo :
Sono chiamati a far parte del R. Comitato Greologico, istituito presso il s
Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, i signori:
Di Lorenzo prof. Giuseppe, Ordinario di geografìa fìsica nella E. Uni- '
versità di Napoli, per il biennio 1910-911.
Pantanelli prof. Dante, Ordinario di geologia e mineralogia nell’Università i
di Modena, per l’anno corrente.
Il Ministro proponente è incaricato della esecuzione del presente Decreto, »■
che sarà registrato alla Corte dei Conti.
Dato a Roma, addì 27 febbraio 1910.
F.to VITTORIO EMANUELE.
Registrato alla Corte dei Conti,
addì 25 marzo 1910.
Registro 240, Personale civile, F. 289,
C.to L. Luzzatti.
f.to Jung.
V. Il Capo Ragioniere
f.to C. Panfili.
:ì
B. Comitato Geologico. - Verbale delle adunanze del 4 gennaio 1910.
Seduta antimeridiana.
La seduta è aperta dal presidente Capellini alle ore IO, essendo presenti i
membri Bassani, Cermenati, Issel, Mazzuoli, Parona, Taramelli, Striiver, Zezi,
il generale Gliamas, direttore dell’Istituto Geografico militare, e l’ing. Bal-
dacci, quale presidente della Società geologica italiana e Capo del E. Ufficio
geologico. Assiste alla seduta in qualità di segretario l’ing. Crema.
Il Presidente annunzia che il prof. Cocchi ha scusato per lettera la sua as-
senza; partecipa quindi la morte deirillustre Sergio Nikitin, geologo-capo di
U classe nel Comitato geologico russo, e del Comm. Grober, presidente del
Club alpino, aggiungendo acconcie parole di commemorazione. Dà infine la
I parola al Direttore del servizio.
Mazzuoli, ricordato l’incarico affidato lo scorso anno agli ingegneri Nova-
rese, Sabatini, Franchi, Crema, Pilotti, dell’Ufficio geologico, ed all’ing. Ba-
raffael, capo del Distretto minerario di Caltanisetta, di visitare gli abitati col-
piti dal terremoto per designare le zone più adatte alla loro ricostruzione e ri-
ferirne poi alla Commissione Beale presieduta dal sen. Blaserna, dice che II
mese di giugno scorso fu occupato nella redazione delle singole relazioni le
quali furono presentate aUa Commissione verso la fine di quel mese. Questo la-
voro servì di base al R. Decreto del 15 lugho p p., n. 542, e riuscì di piena soddi-
sfazione del Ministro e del Presidente della Commissione, i quali elogiarono vi-
vamente gh ingegneri per rattività, l’inteUigenza. lo zelo e l’abnegazione di-
i mostrate.
Mazzuoli, passando quindi ad altro argomento, annunzia che è giunto il
60 fascicolo della Carta geologica d’Europa. Dei 300 esemplari ricevuti 175 fu-
rono mandati, come di consueto, al Ministero della Pubblica Istruzione ed i
rimanenti restarono a dispostine del Ministero d’ Agricoltura.
Capellini osserva che, per quanto è a sua conoscenza, il Ministero della P. I.
non ha finora distribuito tale Carta che a pochi istituti, i quaU ne fecero ri-
I chiesta; riterrebbe perciò opportuno di far conoscere a detto Ministero che la
i pubbhcazione della Carta geologica d’Europa è ormai giunta a tal punto che
i senza aspettarne il completamento si potrebbe distribuire i fascicoli già pub-
I bficati almeno agli Istituti di geologia e mineralogia ed alle bib ho teche,
i II Gomitato approva.
I
4
Mazzuoli comunica che col P settembre u. s. ebbe termine Taspettativa
deH’ing. Zaccagna il quale potè riprendere regolarmente servizio continuando
il rilevamento delle Prealpi lombarde. Aggiunge che l’ing. Mattirolo aveva
chiesto il suo collocamento a riposo, ma dietro vive insistenze modificò la sua
domanda chiedendo invece l’aspettativa per motivi di salute, che gli fu accor-
data a partire dal P ottobre.
Informa ancora che per la riunione della Società geologica italiana tenuta in
Sicilia lo scorso settembre, fece al Ministero la proposta, da questo approvata,
di dare incarico agli ingegneri Sabatini e Crema di prender parte alle adunanze
ed aUe escursioni. L’ing. Crema ha già presentato una relazione che uscirà
nel 3^ fascicolo del Bollettino attualmente in corso di stampa.
Mazzuoli passa quindi in rassegna gli altri incarichi speciali affidati al per-
sonale dell’Ufficio dopo rultima adunanza.
L’ing. Baldacci fu incaricato dal Ministero degli Esteri di recarsi in Eritrea
per riferire sulle miniere aurifere ed in generale sui giacimenti minerari di quella
colonia. Per questo incarico l’ing. Baldacci rimase assente dall’Itaha dal 3 set-
tembre al 6 dicembre. Lo stesso ingegnere continuò a far parte della Commis-
sione Beale incaricata di dar parere sull’ordine da seguire nella esecuzione dei
lavori di consolidamento e trasferimento in nuova sede degli abitati compresi
nelle tabelle Z> ed E? della legge 9 luglio 1908, n. 445, non appartenenti alle
Provincie della Calabria; e per questa ebbe a fare nel luglio una gita per lo
studio delle condizioni statiche per l’abitato di Uavorrano (G-rosseto).
L’ing. Lotti fece parte della Commissione di esame di concorso a posti di
aiutanti nel R. Corpo delle Miniere e per incarico privato, debitamente autoriz-
zato, visitò i giacimenti cinabriferi dell’AIpujarras a Sud della Sierra Nevada
(Spagna).
L’ing. Aichino e l’ing. Novarese furono pure membri della suddetta Commis-
sione esaminatrice ; inoltre il primo fece ancora parte di altra Commissione di
esame per il concorso a posti di a Uievo- ingegnere ed il secondo, dietro regolare
autorizzazione e per incarico privato, visitò la miniera di Rosetta nella parte
orientale del bacino carbonifero del Donetz nella Russia meridionale.
Durante la permanenza in Eritrea dell’ing. Baldacci, l’ing. Sabatini Io
sostituì nelle visite fatte dalla suindicata Commissione reale nei comuni di
S. Giorgio Lucano (Potenza), Roscigno, M. Corvino Pugliano (Salerno). L’ inge-
gnere Sabatini fece poi parte di apposita Commissione nominata dal Ministerc
dei LL. PP. per lo studio delle frane minaccianti l’abitato di Lauria.
L’ing. Franchi, per conto dello stesso Ministero, ebbe l’incarico di visitare
per poi riferirne, gh scoscendimenti presso Amalfi. Lo stesso ingegnere fu ancon
incaricato di studiare l’esatta natura dei prodotti delle cave d’Iselle, i quali
5
prima entravano in Isvizzera in esenzione di dazio come graniti, mentre ora non
si vorrebbero più considerare come tali, ma bensì come gneiss soggetti a dazio.
Il Franchi presentò già la sua relazione dimostrando che tali rocce sono di na-
tura granitica.
I/ing. Crema continuò nelle sue funzioni di segretario della Commissiono
Reale sismologica, presieduta dal sen. Blaserna.
Mazzuoli viene infine a parlare dei lavori di campagna compiuti nel 1909 ed
il cui esame propone venga fatto, come già lo scorso anno, coU’intervento dei
singoli operatori, i quah, presentando le minute dei rilievi eseguiti, potranno
i dare tutti gli schiarimenti del caso .
I II Gomitato approva.
! Vengono perciò successivamente chiamati gli ingegneri Lotti, Novarese, Sa-
; batini. Franchi, Crema, Filetti e l’aiutante Cassetti, i quali riferiscono sui lavori
1 compiuti.
i L’ing. Zaccagna non potè presentarsi perchè ammalato.
Il Comitato esamina da ultimo le minute inviate dai professori Vinassa,
[Del Piaz e Gfortani, giusta Fincarico loro affidato nell’ultima adunanza.
La seduta è tolta alle ore 12.10.
!
1 Seduta pomeridiana.
j
La seduta incomincia alle ore 15. Sono presenti: il presidente Capellini, i
membri Baldacci, Bassani, Cermenati, Gliamas. Tssel, Mazzuoli, Parona, Tara-
^ melli, Strùver, Zezi ed il segretario Crema.
Il Presidente, aperta la seduta, esprime la soddisfazione sua e del Comitato
I per le carte presentate dai rilevatori ; si congratula con la Direzione per il la-
voro compiuto lo scorso anno, malgrado il poco tempo di cui si potè disporre.
Mazzuoli ringrazia e dice che non mancherà di far conoscere tale plauso al
personale deH’Ufficio.
Mazzuoli, riprendendo quindi la sua esposizione, passa a parlare delle pub-
1 bhcazioni, e rileva innanzi tutto che quest’anno si ebbero gravi ritardi nella
stampa del Bollettino, ritardi dovuti però esclusivamente alla lentezza con la
quale si svolse qualche pratica amministrativa presso l’Economato generale,
ed a vari incidenti verificatisi nella tiratura delle tavole.
Informa poi che nel bilancio 1909-1910 la somma assegnata all’Ufficio (all’in-
fuori di quella per le indennità) è di L. 40,700, daUe quali, deducendo L. 17,700
previste per le spese d’ufficio e la stampa del Bollettino, rimangono L. 23,000
per le pubblicazioni. Questa somma, con gli impegni già presi e con la pubbli-
9
6
cazione dei 13 fogli della Campania e della Puglia, già in corso di stampa, di 4 fo-
gli dell’Umbria in preparazione e della Memoria dell’ing. Sabatini sui Vulcani
Cimini, verrà interamente esaurita entro l’anno finanziario.
È necessario, però, preoccuparsi fin d’ora delle pubblicazioni da farsi nel
prossimo esercizio, e ciò perchè la preparazione dei fogli per la stampa richiede
un tempo non indifierente. Propone quindi che si stabilisca di iniziare la pub-
bhcazione dei fogli delle Alpi occidentali, già rilevate da anni, cominciando dalle
Alpi marittime ; una diecina di fogli può già essere impegnata per la stampa, *
intanto si potranno fare le revisioni occorrenti pei fogli seguenti. Siccome però ■
la geologia alpina ha dato luogo a differenze d’interpretazione, che non po- !
trebbero essere mantenute in una Carta in grande scala, riterrebbe necessaria i
una conferenza di due membri del Comitato, scelti dal presidente, coi rilevatori, ,*
onde dirimere tah controversie.
Parona plaude vivamente alle proposte del Direttore, che gli sembrano molto
opportune.
Il Gomitato approva all’unanimità.
Il Presidente delega i professori TarameUi e Parona, perchè d’accordo con ì
la Direzione del servizio, cerchino di concihare le dissidenze sorte neU’interpre- \
tazione della serie alpina.
TarameUi e Parona accettano.
Mazzuoli ritiene necessario che i geologi addetti ai rilevamenti delle Alpi (j
dedichino la prossima campagna alle revisioni occorrenti e che si inizmo pm’e |
le revisioni necessarie ai fogli che fanno seguito a quelli già pubbhcati nel- f
l’Itaha meridionale. I lavori di rilevamento rimarranno perciò necessariamente f
assai ridotti.
TarameUi consente in massima col Direttore, ma non vorrebbe che si tra- s
lasciassero del tutto certi rilevamenti, ad es. quelh in corso nelle Prealpi lom- i
barde per opera dell’ing. Zaccagna, tanto più dopo la comparsa di qualche la-
voro che non potrebbe restare a lungo senza risposta da parte dell’Ufi&cio.
Mazzuoli risponde che sarebbe certamente megho poter far procedere con- i
temporaneamente i rilevamenti e le revisioni, ma che purtroppo ciò non è pos- i
sibile per necessità di bilancio. Nel caso speciale però spera di poter almeno m i
parte rendere soddisfatti i desiderii espressi dal prof. TarameUi.
Kitornando quindi aU’ argomento deUe pubbUcazioni in corso od io prò- '
getto, fa osservare al Comitato la grave difficoltà proveniente daUa mancanza
di un sufficiente numero di disegnatori.
Cermenati prega l’ispettore Mazzuoh di voler dare qualche schiarimento in
proposito.
Mazzuoli risponde che altre volte l’Ufficio ebbe un maggior numero di dise-
7
gnatori tutti straordinari, ma che questi poi si ridussero a due, passati recen-
temente in pianta stabile.
Germenati chiede se non sarebbe possibile di prendere dei disegnatori straor-
dinari per lavori determinati.
Ze2ii crede che se si facesse presente al Ministero che per le pubblicazioni da
farsi i due disegnatori sono insufficienti, si otterrebbe la autorizzazione di pren-
derne un terzo per la circostanza, pagandolo mensilmente.
Cermenati promette d’interessarsi per la buona riuscita della pratica e giac-
ché ha la parola ne approfitta per affermare la necessità che dal Governo venga
megho riconosciuta l’importanza dei lavori deU’Ufficio geologico.
Mazzuoli ringrazia e coghe quest’occasione per esprimere all’on. collega la
sua gratitudine per essere lui intervenuto alla Camera in favore del servizio
geologico.
Mazzuoli presenta lo studio compiuto per incarico del Comitato dal dottor
Prever sulle Numuhtidi dell’alta valle dell’Aniene. Il lavoro può ormai con-
j siderarsi come ultimato e l’autore si impegna a consegnare il testo e le tavole
! pronte per la stampa entro il venturo mese di febbraio, così che lo studio po-
trebbe venir pubblicato ancora nel corrente anno finanziario. Propone che se ne
approvi la stampa come parte 2^ del V volume delle Memorie in-4o.
Il Comitato approva.
Mazzuoli ricorda che a tenore del voto fatto dal Comitato il 5 giugno 1905,
si deve ora stabihre il compenso da proporsi per l’autore.
Dopo breve discussione tale compenso viene fissato in L. 600, da pagarsi al-
! l’autore appena avrà consegnato il lavoro ultimato in ogni sua parte.
} Mazzuoli dice che il prof. Bassani ha pure terminato lo studio dell’ittio-
, fauna degh scisti argillosi di Castro dei Volsci. Malgrado la cattiva conserva-
izione dei fossih, egli ha potuto stabihre che il giacimento appartiene al Miocene
superiore. Ringrazia vivamente il valente collega ed aggiunge che il lavoro po-
i Irebbe pubblicarsi nel Bollettino, non essendovi annessa che una sola tavola.
Baldacci dice che potrebbe uscire nel 4® fascicolo del 1909 di imminente
ipubbhcazione.
j Bassani acconsente e ricorda che nel suo lavoro, conformemente a quanto
jCra stato stabihto, egh fu coadiuvato dai professori Meschinelli e Neviani, i
Squali studiarono gh avanzi vegetali e gh ostracodi dello stesso giacimento ;
jpropone perciò che essi vengano ringraziati da parte del Comitato.
; Il Gomitato approva.
Bassani aggiunge ancora che prima che il suo studio venga pubbhcato sa-
irebbe bene che il giacimento venisse visitato per accertare la reciproca posi-
zione degli scisti argillosi chiari e scuri che ne formano la parte superiore.
8
Mazzuoli risponde che non vi è nessuna difficoltà al riguardo e che potrà es-
sere incaricato della cosa l’ing. Crema.
Mazzuoli, rivolto al gen. Ghamas, ricorda le difficoltà che l’Ufficio ha
sempre incontrato nella pubbhcazione delle sue Carte, perchè l’Istituto geo-
grafico non concede i suoi trasporti per la stampa del nero. Chiede se nei casi .
nei quali l’Istituto non può occuparsi esso stesso della stampa delle Carte, non \
potrebbe concedere i suoi trasporti in via eccezionale e con le necessarie garanzie,
a qualche litografo degno di fiducia.
Gliamas risponde che, benché il regolamento dell’Istituto sia al riguardo
quasi proibitivo, tuttavia in casi speciah e trattandosi di un servizio deUo Stato
farà il possibile per assecondare il desiderio manifestato.
Mazzuoli ringrazia e soggiunge che per contiuare la pubbhcazione dei fogli i
al 100,000 deU’Itaha meridionale, sarebbe necessario disporre deU’edizione senza i
tratteggio attualmente non ancora pubbhcata. !|
Gliamas risponde che per la trasformazione attualmente aUo studio delle ’ij
Carte a tratteggio in quelle a sfumo si dovrà prima preparare le Carte senza ti’at- d
leggio. Ma qui si presenta il quesito, non ancora risolto, se convenga o no con- «
servare lo stesso tipo, perchè le scritturazioni ed i segni ora adottati ed adatti jj
a spiccare sul tratteggio, risulterebbero troppo grandi sullo sfumo.
Mazzuoli chiede se, in ogni caso, si incomincierebbe dai fogh occorrenti al- i
l’Ufficio. ’
Gliamas risponde che l’ordine di preparazione dei nuovi fogh dipenderà daUo - ;1
stato degh aggiornamenti.
Mazzuoli informa che il Comitato ordinatore del Congresso geologico di .
Stoccolma chiese che l’Itaha contribuisse aho studio del cambiamento di clima, j
verificatosi al principio del Quaternario, rivolgendosi anche aha Società geoio- j
gica, ah’ing. Lotti ed al dott. Borzi. Essendo però troppo ristretto h tempo per ^
permettere al personale deh’ Ufficio di occuparsi di quest’ardua questione, venne ]
pregato h prof. Taramehi di assumersi egli tale incarico, al che gentilmente ac-
consentì.
Eicorda poi che il Servizio geologico itahano fu sempre rappresentato agi i
altri Congressi e prega h Comitato di decidere se debba esserlo anche a questo i
Il Gomitato è di parere favorevole.
Mazzuoli confida che h Ministero acconsentirà e crede che, come per i
passato, tale incarico dovrebbe venir affidato al presidente sen. Capellini.
Capellini ringrazia, e senza prendere fino da questo momento un impegn»
definitivo, dice che spera gh sarà possibhe di recarsi a Stoccolma in quest;
circostanza. Soggiunge però che agh altri Congressi fu per lo più accompagnat'
dal Direttore del Servizio e confida che lo sarà anche questa volta.
9
Mazzuoli ringrazia, ma prevedendo di non poter accettare per ragioni per-
sonaK, dichiara che ove il Ministero accolga tah proposte, egh desidererebbe di
farsi sostituire dal Capo deirUfficio geologico, comm. Baldacci, che in quest’anno
è anche presidente della Società geologica.
Capellini osserva che allo scopo di far conoscere la geologia itahana, che dopo
il Congresso di Bologna ha preso un enorme incremento, pei passati Congressi
venne concessa dal Ministero qualche facihtazione a quegli ingegneri dell’Uf-
ficio che vollero recarvisi; ritiene opportuno che il Comitato faccia voto che
ciò abbia luogo anche questa volta.
Il Gomitato approva.
La seduta è tolta alle ore 17, dopo aver autorizzato il presidente a firmare
il verbale delle sedute.
Il segretario
ng. C. Crema.
Il presidente
G. Capellini.
Annunzi di pubblicazioni
• '
j.LMAGiÀ E. — Fenomeni di erosione accelerata nel Pliocene di Val Tronto
I (dai Eendic. E. Acc. dei Lincei, serie V, voi. XVIII, losem., ri. 2, pag. 9). —
; Eoma, 1909.
Ihecchia-Eispoli G. — Ija serie nummulitica di Termini-Imerese (dal Gior-
nale di Se: Nat. ed Econ. di Palermo, voi. XXVII). — Palermo, 1909.
jJHECCHiA-ErsPOLi G. e Gemmellaro M. — Seconda Nota sulle orbìtoidi del
sistema cretaceo della Sicilia (ib., pag. 20, con tav.).. — Palermo, 1909.
i Colomba L. — ; Baritina di Brosso o Traversella (dai Eendic. E. Acc. dei
Lincei, serie V, voi. XVIII, 1® sem., n. IO, pag. 5). — Eoma, 1909.
DEM. — Osservazioni mineralogiche e litologiche^ sull’alta Valle della Dora
Biparia; Rocce e minerali della Beaume, Oulx (dalla Eiv. di Mineralogia e
Cristallografìa Italiana, voi. XXXVIII, pag. 50, con tav.). — : Padova, 1909.
Cortese E. — Fratture geologiche della Regione Calabro -Sicula (dagli Annali
della Società ing. arch. it., marzo 1909, pag. 13, con tav.). — Roma, 1909.
)al Piaz G. — Nuovo giacimento fossilifero del Lias inferiore dei Sette Co-
muni (Vicentino) (dai Mémoires de la Soc. Snisse, voi. XXXVIII, pag. 10,
I ' con tav.). — Genève, 1909.
I ?ORNASiNi C. — Revisione delle Lagene reticolate fossili in Italia (dai Rendiò.
[ E. Acc. Se. Bologna, Voi. XIH» n. 1, pag. 8, con tav.). — Bologna, 1909.
1
ì
t Lamparelli M. — Sulla idrografia sotterranea della provincia di Bari e su
; una possibile alimentazione idrica d^lla Regione (op. in-S®, 88 pag.). —
Torino, 1909. ^
Mielose viCH F. — Appunti di mineralogia sarda: Andesina di Monte Palmas
(dai Eend. E. Acc. dei Lincei, serie V, voi. XVIII, 1° ^em., fase. 1®, 4 pag.).
— Eoma, 1909.
(Seffue).
{Seguito: V. pagina precedente).
Mlllosevich F. — Sopra gli epidoti poco ferriferi (clinozoisite -epidoto)
St. Barthèlemy in Val d’Aosta (dagli Atti Società Lig. di Se. Na
Geog., voi. XIX, fase. 3-4, 9 pag.). — Genova, 1909.
PiOLTi G. — Sull’oncosina di Variney (Valle d’Aosta) (dai Eendie. E. Aec.
Torino, 1908-1909,, pag. 6). — Torino, 1909.
Principi P. — Gli stratta Posidonomya alpina nel Monte Tezio presso Pe
(dai Eendie. E. Aec. Lineei, serie V, voi. XVIII, 1° sem., fase. 11, 3 p
Eoma, 1909).
Idem. — Contributo allo studio dei radiolari miocenici italiani (dal Boll. S
Geol. Ital., voi. XXYIII, fase. 1°, 22 pag., con tav ). — Eoma, 1909
Eiccò A., Camerana E., Baratta M., Di Stefano G. — Il terremoto
16 novembre 1894 in Calabria e Sicilia : Relazione scientifica della Co
missione incaricata degli studi dal R. Governo (Annali Ufficio centr
Met. e Geod., serie II, voi. XIX, parte I, 1897, pag. 342, con tav.).
Roma, 1909.
Sacco F. — Glacialismo ed erosioni nella Majella (dagli Atti della Soc. I'
Se. Nat., voi. XLVII, pag. 13, con tav.). — Pavia, 1909.
Idem. — Il Molise: schema geologico (dal Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XX
fase. 4°, 50 pag., con tav.). — Eoma, 1909.
Idem. — Il gruppo della Majella (dalle Mem. E. Acc. Se. Torino, serie ;
t. LX, 39 pag., con tav.). — Torino, 1909.
Serra A. — Studi intorno a minerali sardi: Mimetite del giacimento cuprif
Rena de Pàdin (Ozieri) (dai Rend. E. Acc. Lincei, serie V, voi. XV
P sem., fase. 7®, 3 pag.). — Roma, 1909.
Taramelei T. — Dei terremoti di Calabria e Siefiia : conferenza (dalla
vista di Fis., Mat. e Se. Nat., anno X, n. 109, 28 pag.). — Pavia, E
Prezzo del presente fascicolo: L. 2.
y ■
è:
k.
V- ■
)rol. XLI (r della Serie V') Anno 1910 - Fase. Z'’.
BOLLETTINO
r
DEL
COMITATO GEOLW D’ITALIA
■potè originali. — I. - S. Franchi. Sui giacimenti di minerale di ferro leptoclo-
ritico con struttura ooUtica della Sardegna (con due tavole e due fìg.). - —
II, - M. Gortani. Eetico, Lias e Giura nelle Prealpi deU’Arzino (con
i due tavole e una fìg.). — III.-P. Vinassa de Kegnt. Fossili mesozoici
^ delle Prealpi dell’Arzino (con una tav.).
Notizie bibliografiche. — Bibliografìa geologica italiana per il 1909.
. Pubblicazioni del R. Ufficio Geologico (fìno al 31 luglio 1910).
: Atti ufficiali. — R. Comitato Geologico; Verbale dell’adunanza del giorno
|!;f 6 giugno 1910.
ROMA
,/ STAB. TIP. DELLA SOC. EDIT. LAZIALE
1910
ELENCO I
del personale componente il Comitato e TUfficio geologico £
R. Comitato geologico.
Capellini G^iovanni, prof, di geologia, R. Università di Bologna. Pre-^
sidenie. ' - f.-
Bassani Francesco, prof, di geologia, R. Università di Napoli. ^
Cermenati Mario, prof, di storia delle scienze naturali. R. Università^*
di Roma.
Cocchi Ioino, prof, di geologia, Firenze.
De Lorenzo Uiitseppe^ prof, di geografia fìsica^ R. Università di Napoli.^
IssEL Arturo, prof, di geologia, R. Università di Ceno va. £
Pantanelli Dante, prof, di geologia, R. Università di Modena.
Paron;a Carlo Fabrizio, prof, di geologia, R. Univers’tà di Torino. 4
STRiiyER UiovANNi, prof. di mineralogia, R. Università di Romfe.
TaraMelli Torquato, prof, di geologia, R. Università di Pavia.
Il Direttore del R. Istituto geografico militare in Firenze.
Il Presidente dellà Società geologica italiana.
Mazzuoli Lucio, Ispettore superiore, Capo del R. Corpo delle Mi-^P*^
niere, Roma. ^
Zezi Pietro, Ispettore superiore nel R. Corpo delle Miniere, Roma.
Baldacci Luigi, Ing. Capo del R. Corpo delle Miniere. Capo deli
R. Ufficio geologico .
Personale addetto ai lavori della Carta geologica. f
Direzione : |
Ing. Mazzuoli Lucio, predetto. V
Ing. Zezi Pietro, predetto. ;
R. Ufficio geologico:
I Baldacci Luigi, Capo
dell’Ufficio.^ ^
Lotti Bernardino.
Ing." capi / ZaccAgna Domenico.
Mattirolo Ettore.
AiCHINO GrIOVA:NNI.
Novarese Vittorio. .
Sabatini Venturino.
Franchi Secondo.
Ingegneri ^ crbka Camillo.
PiLOTTi Camillo.
Aiutanti
principali
Aiutante
Archivisti
disegnatori
Ufficiali
d’ ordine
Cassetti Michele.
Moderni Pompeo.
f Luswergh Cesare. .
Cruciani Alberto.
^ CozzoLiNo Filippo.
I Aureli Amedeo. i,
^ GtIAMMARCHI GtETULIO.
) Nocito Pietro,
^ Andreis Nicolao.
Uscieri . . Sparvoli Vincenzo.
' Salvatelli Filippo.
La sede del R. Ufficio Geologico è in Roma, via Santa Susanna, n. 1..
BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO
D'ITALIA.
Serie Y, Yol. I. Anno 1910. Fascicolo 2^.
SOMMAEIO.
Note originali. — I. - S. Franchi. Sui giacimenti di minerale di ferro leptoclo-
ritico con struttura ooKtioa della Sardegna (con due tavole e due fìg.). —
II. - M. GtORTAni. Eetico, Lias e G-iura nelle Prealpi deU’Arzino (con
due tavole e una fìg.). — III.-P. Vinassa de Regnt. Fossili mesozoici
delle Prealpi dell’Arzino (con una tav.).
Notizie bibliografiche. — Bibliografìa geologica italiana per il 1909.
Pubblicazioni del R. Ufficio Geologico (fino al 31 luglio 1910).
Atti ufficiali. — R. Comitato Geologico : Verbale dell’ adunanza del giorno
6 giugno 1910.
NOTE ORIGINALI
I.
S. Fracchi. — Sui giacimenti di minerale di ferro lepto-
cloritico con struttura oolitica della Nurra in Sardegna,
(Con due tavole e due figure).
Fra gli autori che si occuparono della geologia e dei minerali della
Nurra il Lamarmora ed il Lovisato parlano di minerali di ferro, che
hanno visti in alcuni punti. Il primo, nella sua ammirevole opera
Voyage en Sardaigm, parla di sdiistes moditiés et fortement teints d^ ema-
tite rouge al Monte Rosso presso la bergeria Roma e deWamas consi-
dérable de fer oxidulé del vicino Monte Astimini (forse il gemello del
Monte Trudda delle carte dell’ Istit. geogr. militare, sovrastante al rio
Astimini) , la cui sommità è appunto costituita da un grosso banco di
minerale di ferro, inclinato di circa 20° circa verso est) .
126
S. FRANCHI
I
Il Lovisato ^ parla pure degli scisti ferrugiaosi dei Monti E osso.
Astimini e Trudda, ma gli sfugge l’importanza dei giacimenti. Questa ji
non sfuggì invece al signor Dante Gerini, che probabilmente sulla ^
traccia delle indicazioni di quegli studiosi o di qualche minatore della d
vicina Argenterà che aveva visto quel materiale, visitati i luoghi, in- ij
travedendo la possibilità dello sfruttamento industriale di tah giaci-
menti, domandò nel 1907 diversi permessi di ricerca comprendenti le
principali masse.
Io visitai minutamente tali giacimenti nel maggio 1908 in com-
pagnia del signor Cesare Gerini, fratello del suddetto, e gli debbo
essere grato perchè in sua compagnia mi fu facilitato e reso piacevole
il soggiorno in quella regione, la quale, malgrado l’ospitalità degh
abitanti, non presenta nè comodità nè risorse per il forestiero. Anzi
nelle gite fatte con lui si trovarono alcuni piccoli affioramenti non
ancora noti, quelli a S.E. di Monte Forte, i quali, se pure non hanno i
importanza industriale, presentano qualche interesse dal punto di vista i
della grande estensione e della distribuzione dei giacimenti.
Fu in una di quelle gite che si visitarono le discariche della pie- \
cola galleria scavata a N.O. di Monte Bainzu Melinu dalla Società del- 1
l’Argentera della Nurra, allo scopo di rintracciare se in profondità, |i
oltre il ferro vi fossero minerali più ricchi, e vi raccolsi i campioni di •
ferro freschi i quali pare siano tuttora i soli che ci possano permettere I
di farci un criterio sulla vera natura del minerale non ossidato in prò- i
fondità la cui struttura colitica, evidente in alcuni campioni, mi!
ricordava quella di certe roccie glauconiose del cretaceo della Valle' : *
Roja. Appena giunto a Porto Torres ne mandai a Roma dei cam-| '
pioncini pel taglio di lamine sottili, insieme ad alcuni campioni del
minerale degli affioramenti e ad alcuni esemplari dei calcari colitici dei
^ Lovisato, Nota sopra il Permiano ed il Triasico della Nurra in Sardegna^
(BoU. R. Com. geol., 1884).
^ L’ing. Oreglia, da me richiesto, gentilmente mi confermava in data scorse
maggio, che quelli di quel cunicolo erano i soh campioni del minerale in prò,
fondità che allora si possedessero. i
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO OOLITICO DELLA N URRÀ 127
. calcari giuresi dei Monti di Bidda e di quelli a « diplopore » di Monte
, Santa Giusta \
Si fu allora che io espressi al signor Cesare Gerini il mio desi-
I derio che dei cunicoletti come quello suddetto fossero eseguiti in più
punti attraverso il banco di minerale, scegliendo quelli dove essi risul-
! tasserò meno lunghi e costosi, e si prelevassero ad ogni cinquanta cen-
: timetri dei campioni, i quali avrebbero permesso di farci un criterio
f esatto della costanza o meno del tipo di minerale, delle eventuali inter-
I stratificazioni di scisto sterile, e di valutare cosi nel modo più sicuro
[ l’importanza del giacimento.
I Tornato a Roma la corrispondenza fra il minerale fresco del cuni-
colo e quello degli affioramenti, intraveduto sul luogo coll’esame alla
I lente, fu confermato dall’esame dei preparati sottili, che trovai pronti
al mio arrivo j e riespressi per iscritto ai signori Gerini la mia convin-
1 zione dell’utilità dei saggi in profondità, con preghiera di mandarmi
i campioni che avessero estratti nei successivi cunicoli.
La campagna geologica alpina mi impedì per alcuni mesi di oc-
cuparmi del minerale, e fu solo il giorno 4 gennaio 1909 che, espo-
; nendo i risultati delle mie gite di ricognizione nei dintorni di Ozieri
j e nella Nurra, davanti al R. Comitato geologico, parlai degli impor-
i tanti giacimenti di ferro e della loro interessante costituzione e strut-
i tura micrografica.
' La missione urgente affidatami in seguito al terremoto di Messina
mi costrinse a passare in Sicilia il tempo che avrei destinato a com-
piere il rilevamento della Nurra, cosicché non avendo avuto gli
altri campioni del minerale in profondità, rinunciai per allora ad
esporre uno studio speciale sui giacimenti, accontentandomi dipar-
; lame nella relazione sulle gite già fatte, che presentai per la stampa
nel luglio 1909 all’ingegnere capo del R. Ufficio geologico. Causa la
molta materia del Bollettino e lo studio micrografico dei calcari ese-
, guita dal prof. Parona e dalla dott.^ Osimo, che si pensò in seguito
I
^ Questi preparati, recanti i numeri dal 14009 al 14025 incisi sul vetrino,
nei registri del laboratorio portano la data del giugno 1908.
I
128
S. FRANCHI
di inserirvi, perchè interessantissimo, questa relazione si potrà solo
pubblicare ora, dopo che sui giacimenti di ferro ha scritto le sue
notizie ring. Ciampi b e dopo che, impedito io novellamente di tor-
nare in Sardegna nella scorsa primavera, il signor Ispettore-capo del
Corpo reale delle miniere, nello scorso aprile, pensando che i lavori
compiuti avessero condotto ad una ricognizione completa dei giaci-
menti, si rivolse al Distretto di Iglesias per avere un rapporto, m cui si
tenesse conto di tutti i lavori eseguiti, da ^pubblicarsi nella Rivista
del servizio minerario pel 1909, rapporto che fu redatto daU’ing. Mi-
chele Taricco
Ho voluto esporre questi particolari per avvertire che se non ho
scritto prima d’ora sui giacimenti della Nurra non è che mi fossero
sfuggiti l’importanza di essi, il che non poteva essere avendone rile-
vate le principali masse, e l’alto interesse scientifico, a causa della
sua peculiare struttura e costituzione mineralogica, che avevo tosto
riconosciute.
Dopo le due pubblicazioni avvenute sul minerale nurrese ho cre-
duto conveniente di stralciare dalla suddetta relazione la parte rela-
tiva ai giacimenti di ferro, dandole un maggiore sviluppo, ed accom-
pagnandola con una analisi chimica, eseguita dall’ing. G. Aichino
nel Laboratorio del R. Ufficio geologico.
RoCCIE a cui sono associati I BANCHI DEL ONERALE.
Una linea leggermente ondulata, diretta in media N. 15° 0. fra la
bassura che limita ad occidente il Monte Santa Giusta ed i pressi di
C. Maccigotteddu, e diretta invece N. 30o 0. fra queste case e quelle
di Pedra Bianca, ad E. di Monte Forte, costituisce il limite fra la
formazione fili adica che sta ad occidente ed i terreni secondari (Trias
' Soie sui giacimenti ferriferi della Narra. (Jlassegna Mineraria, ecc.,
voi. XXXIII, n. 6, 7 e 8).
- I giacimenti di ferro oolitico della Narra. (Rivista del servizio minerario
nel 1909, pag. 25.3) uscito nel settembre 1910.
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO OOLITICO DELLA NURRA
129
Dogger) che stanno dal lato di levante ^ . Detto limite al di là della
Punta di Crabileddu, volge bruscamente verso S. 0., a S. E. di M. Forte,
con un angolo di circa 100° dalla direzione primitiva, talché mentre
esso era dapprima poco inclinato sulla media direzione delle fìlladi
ne diventa quasi normale.
Nella parte più orientale delle filladi sono situati i banchi del
minerale di ferro, aventi direzioni alquanto divergenti dalla linea li-
mite sovraindicata.
Le arenarie variegate dell’Eotrias, che si possono seguire quasi
ovunque lungo quel limite, dopo lo svolto di quelPultima punta, si
vedono affiorare sul piano alluvionale di lu Bachileddu e poscia alla
base del Monte Zirra, segnando così essi il limite meridionale del Silu-
riano della Nurra.
In questa regione, dove anche i monti calcarei hanno soventi mo-
venze dolci di colline plioceniche, come ad esempio i singolarissimi
monti Leposu, Branca, Siareddu, ecc., la formazione filladica presenta
pure generalmente, insieme ad una topografia complessa e frastagliata,
contorni collineschi con miti pendìi, eccetto che nel versante occiden-
tale, dove la costa è in forte erosione, e sono corsi d’acqua brevissimi
e relativamente rapidi.
Fanno eccezione a quella regola, le cime costituite non da filladi
ma da roccie più resistenti in esse intercalate, come il Monte Forte e
varie cime circostanti. Monte Canistreddu, Rocca della Bagassa, ecc.,
costituite da quarziti e da filladi quarzitiche, intercalate in lenti di
varia potenza nelle filladi stesse ; il ciglione occidentale Monte Ca-
naglia e di Bainzu Melinu, quello orientale di Monte Trudda, ecc.,
dati dalle testate del potente banco di minerale di ferro, ed in minor
grado le protuberanze corrispondenti alle roccie eruttive, le cui masse
lenticolari si intercalano in molti punti nelle filladi stesse.
Non starò a descrivere petrograficamente le filladi, nè le impor-
tanti masse di quarziti in esse intercalate, affioranti nel gruppo di
’ Di questi terreni verrà trattato nella relazione sul rilevamento geologico
della Nurra nel fascicolo seguente di questo Bollettino.
130
s. franchi
Monte Forte, credute erroneamente triasiche da qualche geologo. È
però interessante notare il fatto che mentre i campioni di ferro ricchi
in magnetite non contengono titanio dosabile, le filladi sono soventi
cosi ricche di aghetti di rutilo da averne i preparati microscopici
annebbiati, in parte anche da cristalletti di tormahna, come accade
per le filladi argillose di molte regioni e di età diverse da me stu-
diate (Apuane, Alpi marittime, ecc.). i
Accennerò brevemente agli interessanti ritrovamenti di fossih fatti
nelle filladi daU’ing. Taricco, pei quali le assimilazioni cronologiche,
fatte dal Lamarmora basandosi sulle analogie del complesso htologico
della formazione, vengono nelle grandi linee confermate.
Fra i resti fossili raccolti dall’Ing. M. Taricco il Prof. Parona crede
di riconoscere esemplari di Palaeos'pongia prisca e di C oscinocyathus
cancellatiis, descritti dal Bornemann come provenienti dal Cambriano t
di Canalgrande in Sardegna. Vi sarebbero pure traccio di graptohti.
Ci sarà dunque possibile affermare sopra dati certi, le analogie
anche dal lato cronologico, di altri giacimenti di ferro intercalati nel i ’
siluriano di alcune regioni europee con questi della Nurra. ^
Io debbo inoltre dare una parola di spiegazione sulle determina- r-
zioni che si sono fatte delle roccie eruttive intercalate od intruden- J
tisi nelle filladi, un po’ disparate dalle mie. ?
L’ing. Ciampi e l’ing. Pio Soria notarono masse di tali roccie erut-
tive a Monte Canaglia, a Monte Bainzu Melinu, a Monte Trudda ed ^
a Cuili S.* Gioii, e sembra che essi pensino si tratti di un tipo litoio- «tì
e
gico unico. I
Lo studio microscopico fatto a Parigi dall’ing. Milio Tsapalos con- Nr
durrebbe alla conclusione che si tratti di dioriti augitichc. Però la II
sua diagnosi petrografica, nella quale fra l’altro è posto lo zircone
fra i minerali secondari, e non si parla dell’apatite, abbondante in k
alcune di quelle roccie (Cuili S. Gioii, C. Arulesse) non è molto con- i
vincente, e lascia adito a molti dubbi sulla determinazione di qualche i
minerale e sul nome che spetti alla roccia. E il caso di ricordare che
la diabase che il Viola studiò come proveniente dal calcareo Monte f
Corredda, in pieno secondario, e sul giacimento della quale egli non dà j
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO OOLITICO DELLA NURRA 131
ì
particolari, possa provenire da erratici, provenienti appunto da queste
masse inserite negli scisti paleozoici, delle quali alcune corrispondono
perfettamente alla descrizione data dall’ing. C. Viola ^
Questi ha fatto uno studio approfondito della roccia e ne diede
l’analisi, dalla quale risulta trattarsi di un magma fondamentale
gabbro-peridotitico; e se può parere che il Viola enunci un paradosso
quando ad un certo punto dice che la particolarità di questa diabase
sta neU’avere pirosseno anziché anfibolo, i due fatti non sono anti-
tetici, perchè io ho ragione di credere che l’anfibolo visto dal Viola
sia il prodotto dell’uralitizzazione del pirosseno primitivo della roccia
diabasica.
Questo fatto ho notato oltreché in alcune diabasi, in diverse masse
di eufotidi a grana minuta, uralitizzate e in parte prasinitizzate, fra
le quali sono tipiche quelle del Nuraghe a tergo di C. Canaglia. Nei
I campioni di esse sono frequenti gli elementi di pirosseno (diallagio e
I diopside) più o meno profondamente trasformati in uralite (attinoto)
verde azzurrognola, come si osserva nelle analoghe roccie alpine; e fre-
I quentemente oltre alla clorito, la zoisite e l’epidoto, havvi una neo-
generazione di albite, in tutto analoga a quella che si osserva nel
processo di prasinitizzazione da me descritto nel 1894 per le roccie
I gabbro-diabasiche delle Alpi occidentali, e anteriormente delle roccie
I della Liguria e delle isole dell’Arcipelago toscano.
I Alcuni campioni del Nuraghe Canaglia, possedenti una leggiera
I tinta violacea, mi hanno fatto pensare che l’anfibolo secondario potesse
! essere glaucofane, ma in lamina sottile non ne potei accertare il poli-
; eroismo caratteristico, forse a causa della troppo leggiera colorazione.
Noto ancora come anche il Viola abbia osservato nella sua diabase
j il processo di saussuritizzazione, con formazione di albite, epidoto e
' mica che in fondo sono, specie i due primi, minerali costanti nel pro-
' cesso di prasinitizzazione. Egli trovò pure la roccia molto ricca in
! apatite, la quale è particolarmente abbondante appunto nelle diabasi
La diabase anfibolica della Nurra {Sardegna). (Boll. E. Com. geol. 1905,
pag. 106.
I
132
S. FRANCHI
o meglio porfìriti labradoritiche a felspati listiformi (come nelle dia- f
basi ofitiche) dei pressi di Cuili S. Gioii, di C. Orulesse e di qualche
altra località.
Un altro carattere comune alla diabase studiata dal Viola con
queste ultime è la presenza di abbondanti elementi di ilmenite più o
meno profondamente trasformati, a cominciare dal contorno, in leu- i
coxene (sfeno granulare). Sovente sono cristalli e laminette isolate
semplici, altre volte raggruppamenti di piccoli cristalli ed altre volte [
invece sono plaghe di ferro titanato informi, le quaU nel processo di
trasformazione in leucoxene, colle lamine residue, mettono in evidenza
la simmetria del minerale.
L’albite, oltre che nella massa rocciosa metamorfosata si pre-
senta, come nelle diabasi alpine, in vene nella roccia ; e il Viola
la studiò attentamente e Tanalizzò, riscontrando in essa una delle
albiti piu pure e più prossime per costituzione a quella della f or-
mola teorica.
L’ing. Taricco parla delle «roccie scistose cristalline verdi cloritiche
ed anfiboliche che compaiono tra Nuraghe Canaglia, C. Canagheddu
e C. Orulesse » e dedica appresso un paragrafo alla roccia eruttiva, che
sembrerebbe perciò altra cosa da quelle.
Accettato il nome di diorite dato dalFing. Tsapalos, egli indica
numerosi affioramenti di essa, aggiungendo che i caratteri ne sono \
costanti. i
Occorre però dire che anche quelle roccie verdi sono di origine \
eruttiva, ed allora, anche pel ristretto numero di masse delle quali ho j
riportati i campioni, è d’uopo riconoscere che i diversi tipi sono di ^
aspetto molto variabile. Ad esempio nessuna rassomiglianza esiste fra le
eufotidi, uralitizzate e rese scistose e talora irriconoscibili, della massa
sulla quale e con cui fu costrutto il Nuraghe Canagha ed i tipi porfìritici j
di Cuili S. Gioii e di C. Orulesse; nè alcuna rassomiglianza macrosco- ^
pica, quantunque vi sia molta corrispondenza nei caratteri microscopici, '
esiste fra queste ultime e le porfìriti verdi scure aventi l’aspetto di !•
prasiniti zonate e mostrantesi invece al microscopio come porfìriti I j
con marcata struttura fìuidale, di qualche piccola massa della regione I i
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO OOLITICO DELLA NURIiA 133
a N.O. di Monte Canaglia, e delle quali trovai grandi lastroni in un
Nuraghe distrutto presso Case Santa Giusta.
Talora in una stessa massa, come ad esempio in quella sulla quale
stanno le Case Orulesse, si presenta una grande varietà di tipi li-
tologici.
Nei tipi di queste roccie basiche più profondamente metamor-
fosati si riconoscono talvolta abbondanti ottoedrini di magnetite,
come si constatano soventi nelle prasiniti anfiboliche alpine, pro-
venienti dalla metamorfosi di diabasi.
Questi cristalli sono stati visti dal Taricco in scisti verdi di
cui giustamente egh sospetta possano esistere dei passaggi alla sua
roccia eruttiva.
Io ho parlato di roccie eruttive intercalate, come risulta dalle masse
' osservate da me, modo questo in cui si presentano le roccie eruttive
j della zona delle pietre verdi nelle Alpi occidentah; con ciò non intendo
di escludere che qualche massa possa nella Nurra mostrarsi intrusa
; attraverso alla formazione filladica paleozoica. Qualunque sia però il
modo con cui sono venute quelle roccie, o per colate contemporanee
' agh scisti incassanti, o per intrusione laccohtica o filoniana posteriore,
' non bisogna credere che le azioni metamorfiche da esse esercitate sui
banchi di ferro oohtico possano avere una importanza -pratica, fuorché,
forse, nei punti dove ne venissero a diretto contatto.
Data poi la indiscutibile origine per deposito contemporaneo a
quello delle filladi dei banchi di ferro, la genesi loro sarebbe asso-
lutamente indipendente dalle masse di roccie filoniane posteriori.
Le roccie eruttive intercalate nel Siluriano nurrese nella zona dei
giacimenti ferriferi sarebbero adunque roccie nelle quali l’anfibolo,
che non ha mai i caratteri deU’orneblenda delle dioriti, è un anfìbolo
attinohtico secondario, sviluppatosi insieme a mica, magnetite clorite,
epidoto, zoisite ed albite. Esse rappresenterebbero delle forme me-
tamorfosate di vari tipi di consolidazione di magma gabbroidi-diaba-
sici, abbastanza vicini, come si è verificato in molte formazioni dal
Paleozoico alFEocene.
Osservo fin d’ora che secondo Barrois delle diabasi esistono in
134
S. FRANCHI
Bretagna in vicinanza dei giacimenti di ferro oolitico del Siluriano me-J
dio (ordoviciano) della penisola armoricana, minerale (bavalite) che,
come vedremo, presenta molte analogie con quello dei giacimenti nurresi.
Chiarite queste differenze, le quali daltronde non hanno alcuna
importanza dal punto di vista dello studio dei giacimenti di ferro,
della loro genesi e della loro eventuale coltivazione, passiamo a de-
scriverne brevemente gli affioramenti. I
Distribuzione dei principali banchi di minerale.
$
S:
I banchi di minerale di ferro, più o meno estesi e potenti, e so-
venti di forma lenticolare, sono localizzati in una zona non molto
larga, al più 3, ma estesa circa 11 chilometri fra i pressi di Case Colti,
al limite orientale della tavoletta di Capo dell’Argentiera, e le falde i
orientali della Rocca di la Bagassa, nel gruppo di Monte Forte. }
Essi si possono dividere in cinque sezioni, che diremo I, II,
III, IV e V, per trattarne separatamente.
I banchi a N. del R. Astimini sono distanti dal limite orientale |
delle fìlladi, quello della sezione I di circa tre chilometri, e di due
chilometri i banchi della sezione II, invece quelli a sud di esso sonoj
sempre molto vicini a detto limite.
Sezione I. — Il banco di minerale di ferro più settentrionale e
più occidentale da me osservato è quello che attraversa il limite fra
le tavolette al 50.000 di Capo deW Argentiera e di Monte Forte allaj
latitudine di 400.47' e circa 24", a S.E. delle Case la Colti, con dire-
zione S.E., lungo un’ansa dall’alta Valle del Castello, e poco soprali
al suo letto. Più in alto, presso il punto di quota 95, trovai un banco |
di scisto limonitico povero, parallelo al banco di minerale. Nei puntin
da me visti il banco ha piccola potenza e non uniforme (da 2 a 3 m.).;
Sezione II. — Un forte spessore di fìlladi, se i due banchi non'
si corrispondono attraverso a pieghe, separa quel primo banco poco| «
potente e poco esteso, dal banco importantissimo che, con direzione, <
N. 220 0. e pendenza 200-30® verso E.N.E., affiora lungo le coste i
N. e S.E. del monte quotato 178, a forma di V molto aperto e passa per i
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO OOLITICO DELLA NUIìRA Ilio
e cime m. 183 e m. 178 del Monte Bainzu Melinu, con un affiora-
nento (in pianta) a contorno d’orecchio, col lobo a S.S.E.
Nel complesso l’affioramento ha i suoi estremi a distanza di circa
L200 m., ed ha uno sviluppo sensibilmente maggiore, ed il banco ha jio-
:enza forte, raggiungendo in alcuni punti 10-12 m., come a M. Canaglia.
Verso sud il banco di M. Bainzu Melinu, giunto alla strada che
scende da C. Crabileddu verso Regione la Pimpinella, non si vede
dìù affiorare. Qualche ricerca fatta nel 1908 col sig. Gerini non con-
iusse ad alcun ritrovamento nella sua prosecuzione che, ove non
esistessero gravi disturbi, dovrebbe osservarsi attraverso il Monte
Rosso a sud dell’Astimini.
Sezione III. — Invece, a sud di questo rio, gli affioramenti del
banco di ferro si spostano di nuovo per più di un chilometro verso
iievante, dove con forte potenza e pendenza di 20° verso S.S.E.
bostituiscono la sommità del monticello di quota 114 m., che sta
la N. di Monte Trudda (forse il monte Astimini del cui affioramento
jii minerale parla il Lamarmora) e del Monte Trudda stesso.
! Sezione IV. — Altri affioramenti di assai minore importanza, che
'non è possibile indicare con precisione, causa l’inesattezza della carta
! topografica in quel tratto, si trovano poco discosti del limite di Trias
^inferiore nelle colline che stanno a destra di chi scende verso la stretta
jgola fra Monte Rosso ed i Monti di Bidda, laddove, come in altri
punti attorno il triasico Monte di Santa Giusta, fra le arenarie varie-
Igate affiora una piccola massa di porfido quarzifero rosso.
A questa serie si possono collegare i piccoli affioramenti delle
ifalde del monticello su cui stanno i Cuili (ovili) S. Gioii.
. Sezione V. — Un altro gruppo di piccoli affioramenti di ferro,
j situati come i precedenti presso la linea limite della formazione
delle filladi coll’Eotrias, ricoperto dal quaternario antico terrazzato,
si trova ad E. del Monte Forte e più precisamente presso le Pinette
'Niediluzzu e verso la parte bassa delle falde N. E. della Rocca di
la Bagassa, dove sono diverse piccole masse allineate (en chapelet),
intercalate nelle filladi, soprastanti alle grandi lenti quarzitiche,
tanto sviluppate in quel gruppo.
136
FRANCHI
Natura del ^iinterale.
Minerale fresco in profondità. — I campioni tolti alle discariche
del cunicolo presso C. Canaglia, il quale raggiunge il banco a profon-
dità di 20 o 30 m., ci permettono fortunatamente di dare i caratteri
del minerale fresco primitivo.
Esso è compatto, bigio- verdastro neirinsieme, ma alla lente si vede
costituito da lina massa di grani tondeggianti nero-verdastri (ooliti
leptocloritiche con magnetite) cementati da un minerale brimiccio
chiaro a clivaggi aventi splendore grasso (siderite).
Delle lenti sottili e delle strisele verdastro-scure, essenzialmente
cloritiche, interrompono l’uniformità della massa, e delle vene chiare
rettilinee di siderite la attraversano in più direzioni.
La roccia è fortemente magnetica ; i piccoli frammenti e la pol-
vere sono in gran parte attratti dalla calamita.
La densità misurata daH’ing. G. Aichino è di 3.80.
La costituzione chimica di un campione da collezione, del minerale
fresco di C. Canaglia, ma con uno spigolo profondamente ossidato,
eseguito dallo stesso ing. Aichino nel laboratorio del R. Ufficio Geo-
logico, è la seguente (materiale essiccato a 100<^) :
Residuo insolubile neh’ HCl a caldo 7.36 %
Fe- 0" 17.90 ì
FeO 45.09 \ (Ee = 47.60 o/o)
Mn" 0" 0.17
AP 0^^ 1.81
Ca 0 3.00
MgO 1.01
S 0.25
C 0'^ 18.12
Si 0“ solubile 2.57
Ph- 0" 2.26 (Pb = 0.98 o/o)
Ti 0^ assente
0 (b 1.12
100.66
^Xon determinata direttamente, ma desunta dalla perdita per calcina-
zione, tenendo conto deH’anidride carbonica e della perossidazione del ferro
allo stato ferroso.
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO OOLITICO DELLA NURRA
137
Il residuo insolubile, del quale non si fece Tanalisi completa,
conteneva 87.4% di silice; vi si determinò inoltre il ferro e l’allu-
mina (corrispondenti a 6.9 di perossido) e la calce (0.42); di ma-
gnesia non vi si riscontrarono che traccie.
11 tenore di 3 % in calce, dato che l’esame microscopico non
rivela calcite, dimostra che la siderite è calcarifera ; ed il tenore
di 1 % in magnesia è probabile provenga dalla leptoclorite e forse
anche da un pò di clorite normale.
Interessantissima è la fisiografia microscopica del minerale, che
crediamo valga di essere descritta con qualche particolare, onde
metterne in evidenza le grandi analogie coi minerali di alcuni gia-
cimenti famosi di varie regioni dell’ Europa centrale, appartenenti
a terreni poleozoici e secondari.
La caratteristica principale e che tosto colpisce è la struttura
colitica del minerale, già riconoscibile alla lente.
Le ooliti, aventi grossezze generalmente inferiori a mm. 1.5, hanno
forma di ovoidi generalmente molto appiattiti ; la loro struttura è a
gusci concentrici di diversi minerali, ma la costituzione a, causa della
importanza relativa di questi, ne è variabilissima; cosicché si hanno:
I IO Ooliti essenzialmente magne titiche.
I 20 Ooliti essenzialmente o quasi esclusivamente leptocloritiche.
' 30 Ooliti essenzialmente sideritiche, più rare e che sfuggono ad
I un meno attento esame.
30 Ooliti a gusci alternanti di spessore variabilissimi di magne-
tite e di leptoclorite. '
40 Ooliti essenzialmente leptocloritiche con numerose inclusioni
di cristalli di magnetite.
5® Ooliti nelle quali la leptoclorite è in parte sostituita da
quarzo nel nocciolo centrale o in zone intermedie od esterne.
00 Raramente fra quelli di magnetite e di leptoclorite nell’oolite
si interpone un guscio di siderite, o di questo minerale è costituito
il nocciolo centrale, e più sovente è di siderite l’ultimo strato, che,
rimane separato dalla siderite del cemento da una linea scura net-
tissima.
138
S. FRANCHI
70 Ooliti di un minerale di color paglierino senza caratteri di-
stinti, non polieroico, monorifrangente^ senza clivaggi netti e che in-
clude soventi lamelle di leptoclorite.
Di questo stesso minerale sono costituite masserelle tondeggianti j
od allungate e più raramente zone concentriche di alcune ooliti. Il |
minerale si comporta quindi nella struttura della roccia allo stesso j
modo della leptoclorite, ma la sua natura non potè essere de termi- ^
nata.
Esso include sovente un pulviscolo di siderite, chiaramente visi-
bile quando esso, in luce polarizzata, è estinto, lamelle cloritiche,'
della magnetite, e in qualche caso delle ooliti dello stesso minerale
con guscio esterno leptocloritico.
Vi sono poi delle parti costituite da plaghe ovali o tondeggianti
composte dalla stessa leptoclorite con struttura confusa di lamelle
più o meno minute.
Queste aree sono talora contornate da magnetite, di cui includono
molti cristalli; talora sono tempestate da romboedri di siderite, ecc.
Altre plaghe tondeggianti con inclusi di magnetite o di clorite
sono costituite da quarzo a mosaico.
Esaminando a forti ingrandimenti i preparati si constatano molte
particolarità interessanti di cui citerò solo qualcuna :
Molte ooliti sono schiacciate, deformate e rotte; se si tratta di ooliti
magnetitiche i gusci si rompono e le fratture sono ricementate dalla side-
rite (v. fig. 1, tav. I); quelle di clorite si deformano senza rompersi.
La siderite delle zone esterne di certe ooliti è iso-orientata con
quella del cemento, attraverso alla linea netta bruniccia che ne lascia
ancora nettamente riconoscere il contorno.
i
Sovente la siderite in contatto colle ooliti è più trasparente ed è |
limitata con certa nettezza da quella interstiziale, che è sovente bru- j
niccia e un po’ torbida od anche quasi opaca. ^
In conclusione, il minerale cloritico, la magnetite, la siderite e il j
quarzo entrano indifferentemente a far parte delle ooliti, senza alcuna t
regola, salvo, nelle parti da me esaminate, una relativa minor abbon- (
danza del quarzo.
i
)
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO COLITICO DELLA NURRA
Le ooliti leptocloritiche a struttura concentrica, in luce polarizzata,
danno le apparenze di una croce scura, generalmente più o meno ir-
regolare, o di pseudo-iperboli, come nelle figure assiali dei minerali
biassi, quando le ooliti sono molto allungate, per causa dell’estinzione
delle lamelle parallelamente agli assi dei nicol.
Le ooliti delle varie costituzioni suddette si possono poi associare
in vario modo fra loro, con prevalenza dell’una o dell’altra o con
scarsità di ognuna per costituire il minerale, che talora in qualche
preparato si mostra essenzialmente sideritico.
La stessa leptoclorite si presenta poi in alcune parti del minerale in
plaghe tondeggianti a struttura confusa insieme a rare ooliti, e del
pari si osservano plaghe- tondeggianti, senza struttura a gusci concen-
trici, del minerale incolore birifrangente ad un asse ottico positivo
che ritengo essere quarzo (granelli rotolati ?).
Laddove il minerale non ha struttura oolitica sono pure ristrette
plaghe tondeggianti (come sezioni di elementi rotolati) di un mine-
rale isotropo a forte rifrangenza, attaccabile all’HCl a freddo, in-
coloro, in lamina sottile, presentante numerosissime sottili fratture
riempite da siderite e sferoidi del minerale incoloro birifrangente sud-
detto (quarzo).
In alcuni casi quel minerale sembra far passaggio a quello
pure isotropo, di color paglierino che si disse costituire delle ooliti
1(7° pag. X), e non è improbabile che ad esso corrisponda, non dif-
jferendone che per la tinta.
I La clorite costituente delle ooliti e vivamente polieroica : verde-
lerba scuro (Ug) parallelamente ai clivaggi e giallo-verdognolo (np)
{normalmente ad essi, e si estingue normalmente al clivaggio facile.
{ La birifrangenza è superiore a quella del quarzo.
I Non mi fu possibile trarne elementi che permettessero di esami-
jnare in buone condizioni la figura assiale, nè fu possibile estrarne
i
luna quantità di sufficientemente pura per farne un saggio chimico;
|però essa è completamente attaccata dall’HCl a caldo.
, Per tutti i caratteri surriferiti il minerale corrisponderebbe alle
^leptocloriti che diversi autori hanno analizzate e che costituiscono un
elemento importante dei minerali di ferro ai quali ho accennato e
dei quali farò in seguito una breve rassegna. ^
Nessun carattere mi permise di distmguere il minerale cloritico
(leptocloriti) delle ooliti da quello delle plaghe a struttura confusa;
cosicché penso che i due, che si trovano contemporaneamente in
quasi tutti i campioni di minerale ferrifero corrispondano alla stessa
specie mineralogica.
Però causa la mancanza di anahsi o di elementi che si possano !
studiare almeno otticamente in modo completo, del silicato verde la- i
mellare del minerale di ferro della Nurra non ci è possibile di dare i,
una determinazione specifica : cosi noi siamo nella impossibihtà di
affermare se esso corrisponda ad una chamosite o ad una thuringite t
piuttosto che ad una qualunque delle altre leptocloriti. Allo stato at- i
tuale degli studi del materiale sarebbe ingiustificato qualunque nome i
^ Lo Tschermak distinse nel 1891 nn gruppo di cloriti, più scure e più
dense delle ordinarie orthocloriti, e le denominò leptocloriti (da abtz-.ìz, tenne),
La loro maggior densità è dovuta al forte tenore in ferro. Le proprietà otti- •
che sono: angolo assiale piccolo o nullo e biscettrice ottusa, nella maggior parte ^
dei casi negativa, quasi normale alle lamelle.
Lo Tschermak considera le leptocloriti come miscugh isomorfìci di di- /
versi corpi fondamentali, analoghi a quelli ammessi come partecipanti aUa.
costituzione delle ortocloriti.
Basandosi sui diversi raggruppamenti egfi divide le leptocloriti in tre
gruppi con numerose specie, fra cui sono la chomosite e la thuringite. scoperte r
nei minerali di ferro di Chamoson e di Schmiedefeld:
I.
IL
III.
1. Daphnit
3. Metachlorit
9. Diabantit
2. Cliamosit
4. Klementit
10. Aphroside:
5. Tlìuringit
11. D elessi!
6. Cronstedtit
7. Eurahth
8. Strigovit
12. Paimpfit
Vedasi il grande trattato Handhucli der Mineralogie del Dr. Cari Hintze
voi. II, p. 73.5, Leipzig. 1897.
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO OOLITICO DELLA NURRA 141
le al minerale verde si volesse dare, e tanto più al minerale roccioso
costituzione complessa e non del tutto nota, del quale essa è un
)stituente importante, basandoci sulle rassomiglianze di questo mi-
grale con quelli del Vallese e della Thuringia.
Tutto al più queste analogie, veramente molto grandi, ci possono
itorizzare, date alcune proprietà ottiche e la forte limonitizzazione
le in esso si osserva, a ritenere che il minerale cloritico sia
olto ricco in ferro, e sia una leptoclorite, ed a dire leptocloritico,
l a leptoclorite il minerale di ferro oolitico della Nurra. Andar oltre
.rebbe pura fantasia.
Onde dare un’idea concreta del minerale fresco di C. Canagha de-
:riverò ora quello che si vede nei preparati sottili di cui sono date
riproduzioni nelle tavole III e IV.
La figura 1 della tavola III rappresenta una parte del minerale
articolarmente ricco in ooliti essenzialmente magne titiche.
Esse sono in parte schiacciate, deformate o rotte e ricementate
i siderite e in piccola parte da quarzo.
Il loro fondo è costituito da siderite, in parte anche da leptoclo-
te, talora in parte da quarzo, di rado esclusivamente da questo
inerale.
All’angolo inferiore sinistro e in qualche altro punto prevalgano
iaghe irregolari od ooliti leptocloritiche tempestate da magnetite o
i piccoli rombedri di siderite.
La figura 2 della stessa tavola mostra una grande varietà di ooliti,
isenzialmcnte magnetitiche, od essenzialmente sideritiche, con centro
gusci cloritrici, o leptocloritriche tempestate da magnetite, con
ascio esterno irregolare di siderite o di quarzo, alcune schiacciate e
)tte. Vi sono aree irregolari o triangolari curve, comprese fra di-
3rse ooliti, di siderite torbida con una zona periferica più chiara,
e zone chiare concentriche di due ooliti hanno il fondo costituito
3I minerale isotropo del quale si è detto innanzi.
La fig. 1 della tavola IV rappresenta un ingrandimento di parte
3I preparato precedente. La oolite zonata ha il nucleo centrale di
ptoclorite con magnetite; il 2° guscio scuro di leptoclorite, con rari
142
S. FRANCHI
cristalli di magnetite ; la zona chiara più interna come parte da quella
più esterna, salvo dove questa è impregnata di pulviscolo sideritico se- ;
gnante delle strisele scure, sono costituite dal minerale isotropo, j
Ooliti di magnetite, siderite e quarzo, altre irregolari di leptoclorite
(bigie) tempestate da magnetite ; quindi siderite interstiziale e nella |
grande area torbida con contorno più chiaro (al lato inferiore).
La figura 2 della tavola IV rappresenta una parte meno ricca in i
ferro: (1) grandi plaghe tondeggianti od allungate di leptoclorite, tempe-
state da elementi sideritrici, talora predominanti ; (2) ooliti e plaghe
irregolari essenzialmente leptocloritriche, con rari inclusi di siderite e di
magnatite ; (3) elemento del minerale indeterminato monorifrangente;
quello a destra include un’oolite di magnetite ed è compenetrato <
irregolarmente da molta leptoclorite (parti oscure); (4) ooliti sideri- ’
tiche con inclusi o con guscio esterno di magnetite; quest’ultimo &
in basso con rotture riempite di quarzo; (5) siderite interstiziale ^
in parte torbida, con cristalli e plaghe irregolari di magnetite ; ^
(6) quarzo.
i
Minerali ossidati degli affioramenti. — La trasformazione all’affio-
ramento del minerale di ferro ora esaminato è avvenuta, come d’or-
dinario, per ossidazione, con tendenza alla produzione del minerale
più stabile, cioè di quello la cui formazione sviluppa il maggior r
numero di calorie, ossia del sesquiossido : il silicato verde di protos- ì
sido di ferro (leptoclorite), il carbonato (sale di protossido) e la ma-
gnetite, in presenza degli agenti atmosferici e dell’acqua, dovettero i
ossidarsi ed il loro ferro ridursi in limonite. ^
Noi vediamo infatti nei campioni del cunicolo presso C. Canaglia ]
delle parti freschissime passare rapidamente per transizioni graduate <
a parti profondamente limonitizzate, pur conservando intatta l’os-
satura oolitica, fatto che si può facilmente osservare con la lente, i
e che riesce d’una grande evidenza all’esame microscopico delle se- ;
zioni sottili. !
Ed anche nelle parti più superficiali degli affioramenti le più coni- l
pletamente limonitizzate, la struttura oolitica primitiva è talora È
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO COLITICO DELLA NURRA 143
riconoscibile ad occhio nudo o colla lente ed è soventissimo molto
chiara in lamina sottile.
Il minerale è alla superficie molto vario per costituzione ed aspetto,
a causa delle azioni superficiali che hanno in diverso modo eroso,
corroso e in parte sciolto il minerale primitivo già ossidato, che ri-
mane compatto solo ad una certa profondità.
Il minerale superficiale è raramente compatto ed il più delle
volte mostra la struttura zonata per alternanze di parti compatte
0 di altre cariate con vani ed alveoli rivestiti di limonite concrezio-
nata.
La limonite concrezionata è talora rossa, tal altra nerastra e di
aspetto piceo.
Non è infrequente nel minerale una struttura concamerata, analoga
a quella delle carniole. Le concamerazioni, grandi da diversi centimetri
a qualche decimetro, sono costituite da minerale limonitico compatto
e resistente, includente ooliti e nell’interno di esse una massa di ooliti
talora ocracee alla superficie, e solo leggermente cementata, tiene il
posto della farina dolomitica delle cavità della carniole. Evidente-
mente la miassa di minerale rotta e pervasa dalle acque circolanti colla
1 dissoluzione della siderite formante il cemento delle ooliti, lasciò que-
ste quasi libere, mentre per concrezione si consolidarono le parti la-
teralmente alle fratture.
i
I La limonitizzazione lungo le pareti delle fratture, giunta ad un
‘certo spessore, preservava dal processo ossidante dei nuclei del mi-
|nerale, il quale venendo a contatto dell’aria inseguito all’erosione ed
lai franamenti superficiali, per dissoluzione della siderite per parte de-
jgli agenti atmosferici, lasciava incoerente la massa delle ooliti e ta-
|lora queste completamente libere.
I Talora la soluzione della siderite è seguita da una concrezione delle
I limonite attorno alle ooliti, sicché si hanno campioni in cui le ooliti
jsono tenute insieme dalla concrezione limonitica (talora pura e tra-
, sparente con tinta rosso- vivo) che le riveste.
La magnetite che forma le ooliti o che è inclusa nelle ooliti lepto-
|Cloritiche e nella siderite si trasforma essa pure in limonite compatta
144
S. FRANCHI
quindi scura nei preparati, conservante airincirca la forma primitiva,
però con contorni sfumati.
Le ooliti leptocloritiche nelle parti superficiali ossidate si osservano
in tutti i gradi di trasformazione. Da verdi si fanno verde-giallognole,
poi bruno-giallastre. Anche nel minerale più completamente limoni-
tizzato lo scheletro delle ooliti è sovente visibile, perchè più traspa-
rente nelle zonature concentriche, dove sonvi residui di silice e di sili-
cato, del rimanente del materiale.
Fig. 1. — Minerale limonitico dell’affioraraento, con struttura a spugna,
includente l’are ooliti ancora riconoscibili.
Il minerale è talora ridotto ad una vera spugna di limonite,
come dimostra la sezione sottile della figura 1; ed anche in questo
caso sono conservate traccie della struttura oolitica primitiva (nel
quadrante superiore destro è riconoscibile una oolite).
Attaccando con HCl concentrato ed a freddo delle parti di la-
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO OOLITICO DELLA N'UKRA 145
T
mine sottili di minerale, la limonite e la magnetite residue si s dol-
gono e rimangono come gli scheletri delle ooliti leptooloritiche odei
gusci concentrici di un minerale incoloro, possedente una certa biri-
frangenza, come se la clorite ferrifera si fosse trasformata in una clo-
rito povera in ferro e più birifrangente. Rimane pure inattaccato il
minerale bianco-chiaro (quarzo).
Coll’attacco all’HCl bollente, oltre a quest’ultimo minerale non
rimane che un residuo quasi incoloro, costituito essenzialmente da
silice gelatinosa.
L’ing. Ciampi dà come « composizione media, risultante da nu-
merosissime analisi dal minerale degli affioramenti », le cifre della
colonna I :
Ferro
da
48
a
49
da 42
a
44 '
%
36.8-48.60
Silice
»
11
»
12
»
8
»
10
»
(insolubile) 9.98-17.60
Manganese
»
0.50
»
1
»
0.50
»
1
»
\
Allumina
»
5
»
»
3
»
5
»
1.37- 7.30
Calce
)>
0
)>
0.50
»
0.8
»
0.9
»
0.8- 1 —
Magnesia
»
0
»
1.00
»
0.50
»
1
»
0- 1.05
Solfo
»
0.03
»
»
0.1
»
0.2
»
— —
Fosforo
»
0.70
»
0.80
»
0.75
»
—
»
0.91- 1.91
Perdita al fuoco »
9.00
»
10.00
»
14
»
18
»
10.4- 17
mentre quelle della colonna II rappresenterebbero la composizione
media del carbonato di ferro « che comparisce in alcuni punti allo
I stato inalterato » avente « colore da grigio a verdastro, struttura fina-
I mente granulare e compatta » ed includente talora granuli di
I pirite.
Il colore verdastro ed i risultati dell’analisi dimostrano che la si-
derite analizzata non era esente da clorite.
Dei blocchi di minerale completamente ossidato a differenza di
quelli dell’analisi I, che conterrebbero ancora del carbonato, dareb-
146
S. FRANCHI
bero, secondo l’ing. Ciampi, dei tenori in ferro superiori, fino
a 58 %.
Campioni con questi tenori però dovrebbero rappresentare la
ossidazione di parti ricche in magnetite e povere in silicati, o una
speciale concentrazione della concrezione limonitica.
La colonna terza è la riproduzione dei risultati delle analisi della
Società Toscana di Industrie minerarie, riportati dall’ing. M. Ta-
ricco.
Giaciimenti di ferro analoghi a quelli della Nurra.
Numerosi depositi ferriferi, aventi con quelli ora descritti delle
grandi analogie, si trovano in varie regioni d’Europa, in banchi in-
tercalati nel Siluriano, nel Lias e nel Giurese e perfino nel Creta-
ceo. Crediamo sia interessante esaminarli brevemente.
Nel Siluriano. — Nel Siluriano medio (ordoviciano) della Bretagna
e di Normandia esiste un orizzonte di minerali di ferro oolitici che
sono estratti in vari punti. L’orizzonte è quasi costantemente inter-
posto alle arenarie armoricane, o fra le medesime e gli schisti a
Calymene.
Il primo giacimento studiato da PouiUon-Boblaye è quello della
foresta di Lorges, il cui minerale serviva ad ahmentare l’alto-fomo
del Pas. Dalla località detta Bas-V allei ad 8 km. da Quintin il mi-
nerale fu detto ^Bavalite » da Huot.
Lo stesso Pouillon-Boblaye fece conoscere una bavalite analoga
alla precedente a Sainte- Brigitte, presso le ferriere di Salle de Rohan
nel Morbihan.
Alfredo Lacroix, il notissimo professore di mineralogia al Museum
di Parigi, trovò nelle collezioni ivi esistenti campioni di bavahte del
Calvados, ed esaminò campioni della miniera di Perni, presso Saint-
Gildas-des-Bois, nel dipartimento di Maine-et-Loire.
Lo stesso autore studiò delle arenarie cementate da una clorite
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO OOLITICO DELLA NURRA 147
analoga a quella della bavalite provenienti da Saint- Victor (Loire)
e da Mortain (Manche
Dice questo preclaro mi-
neralogo essere la bavalite
« une roche d’un noir verdàtre
ou bleuàtre, magnétique, atta-
quable par les acides sans ef-
fervescence. avec résidu de si-
hce ».
La roccia è costituita es-
senzialmente da clorite e da
magnetite, le cui proporzioni
sono molto variabili come pure
è mutevole l’abbondanza delle
oohti.
Queste sono costituite da
zone concentriche di clorito e di magnetite, dove l’uno e l’altro mi-
nerale può prevalere. Il cemento è costituito dagli stessi minerah
non orientati.
Un altro costituente è il granato, includente talora magnetite che
talora anche lo avviluppa.
Xella figura 2 è riprodotta quella di una lamina di bavalite inse-
rita a pag. 400 del fascicolo II del volume primo del trattato di
A. Lacroix citato a piè di pagina.
Fra la bavalite brettone ed il minerale nurrese esistono adun-
I que differenze essenziali nel contenere questo come costituente im-
■ portante la siderite e nell’assenza di granato. Si deve però notare
I che i campioni freschi esaminati provengono da un solo punto, e che una
parte di essi presentano poca o punto siderite, sicché ivi si avrebbe
I il tipo bavalitico. Xon è quindi escluso che questo tipo si possa ri-
j scontrare neUa Xurra quando si faranno esplorazioni profonde in
: molti punti degh estesissimi giacimenti.
Fig. 2. — Lamina sottile della bavalite
di Sainte - Brigitte, nel Morbilian.
(Lnee naturale ingrand.: 60 diametri)
^ A. Lacroix, Minéralogie de la France et de ses colonies, Dijon.
I
148
S. FPvAXCHI
Anche nei giacimenti di ferro ooitico del Siluriano inferiore di
Schmiedefeld, presso Saafeld in Thuringia, si riscontra una leptoclo-
rite come quella della bavalite, detta Thuringite da Breithaupt
nel 1832.
Così pure nelle regioni a S.0.0. di Praga vi sono nel Siluriano in-
feriore dei potenti giacimenti di ferro oolitico molto simili ai prece-
denti, pure caratterizzati dalFabbondanza di un silicato di protossido
di ferro. Questi furono studiati da vari autori, fra cui Feistmantel,
che pubblicò fin dal 1876 ottime vedute microscopiche dei minerali
oolitici di Boemia e del Vallese. Altri giacimenti di ferro oolitico
simili esistono pure in Boemia presso Zbirow, presso Radnic e nella
miniera di Buchlow presso Sebesic (Hintze, p. 738).
Il Loretz pensò che la Thuringite non sia dovuta a metamor-
fismo, ma sia un elemento primitivo del deposito ferrifero.
J. L. Smith riconobbe l’identità alla thuringite con Vowenite
dei minerali di ferro di alcune località del Nord-America.
Nel Lias. — Il ferro oolitico di Hayanges presso Metz (interca-
lato dagli scisti a Murchisonae del Lias superiore) contiene pure un
minerale cloritico. Berthier vi distinse tre componenti, calcite (11 %),
N
siderite (40 %) ed un silicato (48 %), il quale ultimo venne poi
detto Berthierina da Beudant. Qualche campione della suddetta lo-
calità, secondo il Lacroix, ha le ooliti costituite totalmente da una
leptoclorite, con una lamina centrale più grande che ne permette
talora lo studio, e mostra frammenti di fossili rivestiti dallo stesso
minerale. Altri campioni magnetici hanno le ooliti costituite da
gusci alternanti di magnetite o da clorite come nella bavalite, e il
cemento è costituito da calcite e da clorite. Le ooliti hanno soventi
come centro un frammento di fossile.
In altri campioni di Aumetz, il Lacroix trovò ooliti cloriti che
e altre di magnetite e clorite. L’alterazione nelle parti superficiali,
pur conservando la forma delle ooliti, le trasforma in limonite. L’at-
tacco coll’acido lascia uno scheletro di silice gelatinosa.
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO COLITICO DELLA NURRA 140
Nel Giurese. — Giacimenti di ferro oolitico presentanti grandi
analogie coi precedenti esistono in terreni ancmra più giovani, cioè
nel Giurese, in più punti della Svizzera.
Fin dal 1820 Berthier esaminò il minerale di ferro scavato a Cha-
moson (non Chamoison) presso St. Maurice nel Vallese; e detrattine
] i carbonati, analizzò il residuo, considerandolo come un silicato puro,
che denominò Chamoisite, nome .che fu poi nel 1869 mutato da
Studer, data l’etimologia da Chamoson, giustamente in Chamosite.
1 II tenore in magnetite del residuo fece si che il tenore in Fe 0 fosse
i molto alto, per cui l’analisi del Berthier è senza valore.
: Nel 1845 Dufrenoy propose di includere il silicato ferrifero della
bavalite e la Berthierina sotto il nome di Chamosite.
In seguito furono soventi inesattamente detti Chamosite i mine-
rali di ferro contenenti quel silicato ferroso ; ed il Loretz nel 1884
propose di adottare tal nome in senso litologico per designare le
roccie ferrifere scure grigio- verdognole costituite da carbonati e da
un minerale cloritico, con magnetite o ferro titanato.
Giustamente venne però osservato da Schmidt (1. c. p. 60), che
il nome di Chamosite era stato dato prima da Berthier non alla
roccia complessiva, ma ad un determinato silicato che entrava nella
sua costituzione, e che perciò quei minerali di ferro potevano dirsi
chamositici, mai Chamositi.
Il minerale di ferro oolitico di Vindgallen, nel cantone di Uri,
nella falda nord della Valle Maderan, interatestificato nella parte
alta del Giura Bruno sarebbe, secondo C. Schmidt, molto simile a
quello di Chamoson h
Il sig. van Werveke (Erlaut. Uebersichtsk. westl. Deutsch. Lothr.
1887, 93; 1901, 5, 165) dice che in parecchi dei grandi giacimenti
lorenesi la limonite proviene da un silicato glauconitico, chamositico
3 turingitico che forma le ooliti ed anche il cemento, insieme a cal-
ate, argilla, eoe. Questi apparterrebbero al Dogger inferiore.
I ^ C. Schmidt, TJeber die Mineralien des Eisenoolithes an der Vindgallen
\m Canton Uri, (Groth’s Zeitsch. f. Krist. B. B. XI, 1886).
!
I
150
S. FRANCHI
Nel Cretaceo. — Qualche analogia presenta ancora coi precedenti
un giacimento di ferro oolitico di età cretacica, che fu per molto
tempo coltivato nel circondario di Vouziers nelle Ardenne.
Esso si trova alla base delPAptiano in banchi argillo-sabbiosi
di qualche metro di spessore, con Vs si. di ooliti limonitiche o
glauconiose.
L. Cayeux che lo studiò dimostra che le ooliti limonitiche proven-
gono dalla alterazione dei granuli verdi di glaucoma, avendo egli ri-
scontrato fra di essi tutti i termini del passaggio ^ .
Dalla breve nota non risulta che VA. abbia escluso con saggi
chimici, che anziché di glauconia non si tratti ivi di una lepto-
clorite, la cui ricchezza in ferro potrebbe meglio spiegare la sua tra-
sformazione in minerale di ferro utilizzabile nell’industria.
Dopo quanto è stato esposto in questa breve rassegna, riflet-
tente i minerali di ferro oolitico dei giacimenti europei, emerge chia-
ramente che, fallita la proposta fatta dal Loretz nel 1884 di dare
al nome di chamosite un significato litologico, anziché mineralogico,
e di comprendere sotto di esso i minerali del tipo Chamoson, il mi-
nerale della Nurra, costituito essenzialmente da una leptoclorite in-
determinata specificamente, da magnetite e da siderite, non possa
avere altro nome, se uno glie se ne vuol dare, che quello derivato
dalla struttura o dai suddetti componenti.
Potremo perciò dirlo minerale oolitico leptocloritico con magnetite
e siderite, nome che può variare a seconda della importanza rela-
tiva dei costituenti, che si verrà a riconoscere nei campioni presi
in esame.
Genesi del minerale.
Il modo di presentarsi del minerale di ferro della Nurra, in per-
fetta intercalazione nelle filladi, i passaggi al contatto fra il mine-
rale e lo scisto, le intercalazioni di scisto in sottili striscio nel banco
''L. Cayeux, Génèse d'un minerai de fer par décomposition de la glau-
conie. (C. R. de l’Ac. de Se. de Paris, Séance 9 avril 1906).
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO OOLITICO DELLA EURRA
151
I del minerale e, infine, la sua natura oolitica, sono dati sufficienti ]ier
affermarne Porigine per deposito contemporaneo a quello degli scisti
incassanti. Questo dato di fatto ha grande importanza per Pesten-
sione probabilmente grande dei banchi ferriferi in profondità che ne
possiamo dedurre, e per la regolarità e continuità di essi, entro certi
limiti.
A conforto di questo concetto al quale nessun fatto contraddice,
sta la intercalazione da tutti affermata dei banchi di ferro oolitico
tanto simili a quelli nurresi dei diversi giacimenti europei ora esami-
nati, in alcuni dei quali anzi le ooliti includono frequentemente dei
frammenti di fossili.
Recentemente anzi Fr. Gaub ha interpretato la formazione delle
ooliti ferrifere ed a Chamosite della Svevia come dovuta al con-
corso di una forma di foraminifero del genere OpMhalmidium b
Quanto al pensare che vi sia un rapporto di concomitanza
fra le masse di roccie eruttive basiche intercalate negli scisti silu-
riani in prossimità dei banchi di ferro, nel senso che le eruzioni di
quelle roccie siano state accompagnate da emanazioni e da sorgenti,
ricche in composti di ferro, che abbiano dato origine al deposito dei
minerali ferriferi del banco, io credo sia prudente riservare ogni
giudizio.
E bensì vero che anche alcuni giacimenti della Brettagna (Lor-
ges) secondo Barrois sono in stretti rapporti con masse di diabase,
I ma nulla di simile è stato notato nei giacimenti giuresi di Chamo-
I son e del Vindgallen.
j La esatta concomitanza delle masse eruttive col deposito dei
I banchi non è finora dimostrata, e la vicinanza osservata potrebbe
essere puramente accidentale, tanto nei giacimenti brettoni come in
quelli sardi.
Per quanto questi fatti non bastino per escludere un rapporto
! fra il minerale e le suddette roccie eruttive, osserverò che nella
I -
I ^ Fr. Graub, Die jurassiscìien Oolithe der Schwàbischen Alò., N. I. f. M. G.
I n. P., II Bd. 1908, p. 87.
I
152
S. FRANCHI
Nurraper quanto a me consta molti banchi di ferro non hanno in vi-
cinanza immediata roccie eruttive basiche, e molte masse di queste
sono perfettamente isolate senza traccia in loro vicinanza di mine-
rale di ferro.
Ammessa poi come indiscutibile Torigine per deposito dei ban-
chi ferriferi, i loro rapporti genetici non potrebbero ad ogni modo
sussistere che colle masse di roccie eruttive che si dimostrassero
contemporanee ad essi ; nessun rapporto si potrebbe sospettare ad
esempio con masse eruttive comunque inserite in strati che si po-
tessero dimostrare posteriori al minerale di ferro, o che fossero in
colate entro a scisti inferiori ad essi. Ora le masse da roccie erut-
tive io le osservai sempre in lenti intercalate nelle fìlladi sotto e
sopra, non in prosecuzione dei banchi di ferro oolitico.
Malgrado la costituzione chimica abbastanza diversa delle lepto-
cloriti che sono costituenti importanti dei minerali di ferro dei vari
giacimenti ora menzionati, da quella della glauconia, la grande
diffusione di questo minerale nella serie dei terreni cretacei di
molte regioni, ed anche nei depositi attuali nell’Oceano e lungo le
terre, al di là della zona littorale, ci fa pensare ad una analogia di
origine dei depositi ferriferi di quei terreni paleozoici e mesozoici,
senza la necessaria concomitanza di eruzioni di roccie basiche h La
glauconia ha tenori in ferro molto variabili. Su venticinque analisi
riportate dall’Hintze (Bd. II. p. 850) i tenori in FeO variano
da 3 a 24 %.
La struttura oolitica è certamente primitiva ; ma si può pensare
^ Le esplorazioni sottomarine del Challenger permisero lo studio delle con-
dizioni in cui si genera la glauconia. I signori Murray e Renard hanno di-
mostrato che la glauconia si forma attualmente sul fondo del mare fra 200
a 1800 metri di profondità, all’infuori della zona litoranea, insieme a sabbie,
marne e calcari, e che i grani glauconiosi sono talora tanto abbondanti che
il deposito ne sembra esclusivamente costituito.
Tale ricchezza in glauconia si nota per esempio in alcune parti dei terreni
glauconiosi del Cretaceo inferiore di Val Severa e del Nizzardo.
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO COLITICO DELLA NURRA ÌThi
col Loretz, chela leptoclorite, come minerale, siasi prodotta durante
il deposito ovvero che se ne siano solo, sotto altra forma, non cri-
stallina, depositati gli elementi chimici. Il fatto delFesistenza della
glaucoma in depositi punto metamorfosati come il cretaceo del Niz-
zardo potrebbe costituire un argomento per analogia in favore del-
l’ipotesi del Loretz.
Ove questa si avverasse, il che però non possiamo per ora con-
fermare, le leptocloriti delle ooliti dei minerali di quelle epoche tanto
disparate o costituenti masserelle lamellari compatte nella massa ce-
mentante le ooliti stesse insieme a siderite, eco., dovrebbero consi-
derarsi, al pari della glauconia che si forma attualmente, come
elementi primitivi del deposito.
Gli agenti che produssero il metamorfismo generale dei sedimenti
siluriani ed ai quali è dovuta la generazione dei silicati micacei, e spe-
cialmente della sericite, abbondante in tutte le forme litologiche che
costituiscono quel terreno, e che hanno profondamente trasformato,
come si è visto, quelli delle roccie eruttive basiche intercalate, avranno
pure agito sui banchi di ferro trasformandoli nelle forme cristalline-
leptocloritiche con siderite e magnetite; ma ormai è impossibile il
jprecisare Timportanza dell’azione da essi svolta. Forse sarà ad essi
dovuta la formazione degli scarsi elementi del silicato indeterminato
[felspato) e del quarzo autigeno che vedemmo essere relativamente
1 abbondante nella costituzione delle ooliti ed associarsi al cemento,
I
inglobando cristalli di magnetite, lamelle di leptoclorite, ecc.; e forse
jaon è improbabile che quelle azioni abbiano avuto una parte nel dare
iper lo meno maggior sviluppo agli elementi leptocloritici del primi-
tivo deposito, nel quale evidentemente dovettero sostanzialmente
generarsi i vari tipi di ooliti precedentemente elencati.
I Quantità del minerale disponibile
I nell’eventuale sfruttamento dei giacimenti.
I
Il giacimento di gran lunga più importante, e sulla valutazione
|iel quale bisogna principalmente basarsi per ogni progetto di
154
S. FRANCHI
sfruttamento, e in ciò mi trovo in accordo coiring. Taricco, è quello
del II gruppo, cioè quello Monte Canaglia-Monte Bainzu MeUnu. Vo-
lendo stimare il minimo di minerale ivi contenuto e facilmente estrai-
bile, si può partire daU’ipotesi, molto probabile, che il banco si pro-
segua in profondità almeno fino alla congiungente delle due
estremità deiraffioramento cioè di quella nord deiraffioramento a V
di Monte Canaglia, e di quello sud dell’affioramento di Bainzu Me-
limi. È molto probabile che questo banco, che si prosegue per più di
un chilometro in direzione con potenze forti, raggiungendo in alcuni
punti 12 m., oltrepassi la linea suddetta nella sua immersione sotto
gh scisti. La potenza media misurata secondo la verticale che si può
attribuire al banco fino a quella linea, parmi si possa molto ragione-
volmente supporre non inferiore a m. 3. Cosi, moltiplicando per
tale cifra l’area in metri compresa fra la congiungente suddetta ed
il contorno dell’affioramento del banco, area che misurata al pla-
nimetro risulta di circa mq. 140.000, noi abbiamo il volume di
me. 420.000 di minerale. Attribuendo a c{uesto una densità media
di 3.6, si hanno, in cifra tonda, tonnellate l.oOO.OOO, come quantità di :
minerale certamente esistente nel gruppo M. Canaglia-M. Bainzu Me- ♦
hnu. Tale computo venne fatto con coefficenti bassi in modo da restare f
al coperto contro eventuali imperfezioni della carta topografica, in di- 1
fetto di rilievi topografici speciali.
Questa quantità di minerale potrà estrarsi in parte a cielo scoperto, i
forse per ^5 ; rimanente si potrà estrarre in galleria in buone con- (
dizioni, attaccando il giacimento in più punti, oltre che in direzione 1
aU’estremità degli affioramenti, anche dal tetto, non molto potente, i
con gallerie traverso il banco.
Ma la convenienza della coltivazione, oltre che da altri elementi, i
dipende essenzialmente dalla ricchezza del minerale prevalente 0 *
dalla ricchezza media del minerale da estrarsi, che è ben lungi dal- 1
l’avere uniformità di costituzione.
Noi vedremo difatti che in pochi campioni e talvolta nello stesso
campione delle discariche del cunicolo presso C. Canagha, il minerale
è molto vario. Il fondo sideritico di tutte le varietà può considerarsi
SUI GIACIMENTI DI MINERALE DI FERRO COLITICO DELLA NURRA I o5
come rappresentare il m'nerale con tenore medio fra i campioni suddetti.
In alcuni di essi nei fondo sideriti 30 sono incluse abbondantissime
ooliti di magnetite, ed allora si ha un minerale buono ; in altri le
ooliti sono in parte di magnetite e in parte di clorite e può darsi che
il maggior tenore delle une compensi il minore delle altre. Ma, pur-
troppo, vi sono poi delle parti dove le ooliti leptocloritiche a strut-
tura concentrica o le masserelle tondeggianti o le strisele a struttura
confusa prevalgono di gran lunga, ed allora si ha un minerale più
povero della siderite. Tutto ciò senza considerare F eventualità pro-
babile, ed osservata in qualche punto, di intercalazioni di scisto sterile
0 povero. Inoltre neppure sappiamo fino a quale profondità si pro-
tragga Falterazione atmosferica, nè come vi diminuisca.
N E ciò indipendentemente dal dubbio che qualcuno ha affacciato
che all’ossidazione avanzata del minerale di ferro oolitico primitivo
abbiano contribuito le azioni di contatto od altre delle masse di roccie
eruttive che affiorano in vicinanza dei giacimenti; nel qual caso
il minerale potrebbe essere stato modificato ed arricchito anche in pro-
fondità. Questo dubbio, o se vogliamo questa speranza, non parmi fon-
data sopra nessun concetto generale e mi sembra d’altronde debba
escludersi, quando si ponga mente alla grande freschezza del minerale
estratto dal cunicolo suddetto, quantunque con esso non si attaccasse
1 il banco a grande profondità, dove certo il minerale non sarà in ge-
I
I nerale ossidato, salvo che in prossimità di fratture o diaclasi ed al
j contatto delle roccie eruttive che l’avessero attraversato.
Per tutte queste considerazioiii, parmi non si possa dare un giu-
I dizio sicuro sul reale valore del giacimento, che quando si saranno
I esaminati accuratamente i campioni di minerale in diversi cunicoli,
j ovvero di un certo numero di trivellazioni attraverso tutto lo spes-
j sore del banco.
; Delle sistematiche prese di campioni all’affioramento con relative
analisi saranno certo utilissime, ma non saranno sufficienti che a dare
' in modo incompleto il tenore medio del minerale inalterato del banco
' oltre una certa profondità, sul quale è giuocoforza fare assegnamento
I nella evenienza di una coltivazione mineraria.
156
S. FRANC HI
Del III gruppo, che diremo di M. Trudda-M. Astimini, le masse
più importanti di que:^} due monti, in condizione di estrazione fa-
cilissima, in buona parte a cielo scoperto, anche per la loro ubi-
cazione poco discosta dal gruppo di M. Bainzu Melinu, potrebbero
contribuire in qualche misura (forse 200.000 tonnellate) aH’avvia-
mento di una industria mineraria ferrifera nella regione.
Il complesso di questi due gruppi II e III, abbastanza vicini
al punto dove può giungere una ferrovia, la quale sul terrazzo allu-
vionale incolto che sta sulla sinistra del Rio Astimini-S^- . Osanna^ ov-
vero lungo la scarpata di esso e quindi nella regione pianeggiante fra
le Case Brancadeddu e Porto Torres, dove sotto il quaternario antico
affiorano successivamente Trias, Dogger, una formazione trachitica
ed il Miocene, può avere facile ed economico sviluppo, con un per-
corso di circa 16 chilometri, fra le masse affioranti e quelle che l’af-
fioramento permette di valutare con sicurezza esistere in profondità
in condizioni di non difficile estrazione, permette di fare assegnamento
sopra non meno di 1.700.000 tonnellate di minerale.
Delle trivellazioni non molto profonde nelle bassure che stanno
immediatamente ad est di Bainzu Melinu permetterebbero di rico-
noscere se e con quali spessori si prosegua in profondità il banco, e
quindi la possibile esistenza di quantità di minerale ancora maggiori; ^
ed uno studio statigrafrico - tettonico accurato potrà forse chiarire
l’importante problema se si tratti di diversi ritorni di uno solo o
di diversi orizzonti ferriferi sovrapposti.
Nel caso che si verificasse la prima delle due ipotesi un altro
problema di grande importanza pratica potrebbe essere posto: a
quali profondità si svolgano le eventuali pieghe sinclinali del banco
di minerale ferrifero.
Roma., giugno 1910.
^ Il giacimento di magnetite di Cogne era valutato a circa 1.000.000 di ton-
nellate, però le trivellazioni eseguite ultimamente hanno permesso di ricono-
scere l’esistenza di una massa di minerale cinque o sei volte maggiore.
Boll, del R. Com. geol. d’ Italia.
(S. FRANCHI Anno 1910 - Tav. lii
Fig 1 - Lamina sottile della parte con ooliti di magnetite prevalenti.
(Luce naturale con 12 ingrandimenti)
Fig. 2 - Parte con ooliti complesse 'magnetite, leptoclorite, siderite,
quarzo) talora prevalentemente leptccloritiche, magnetidche o
sideritiche.
(Luce naturale con 15 ingrandimenti
Fotot. Danesi - Roma
i
.y..
;rCD
Boll, del R. Com. ^eol. d’ Italia.
(S. FRANCHI) Anno 1910 - Tav. IV
Fig. 1 - Una parte del preparato precedente ingrandito di 33 diametri.
Fig. 2 - Parte di lamina con rare ooliti magnetitiche e miste e
larghe plaghe di leptoclorite a struttura confusa.
(Luce naturale con 14 ingrandimenti)
Fotot. Danesi - Roma
J
II.
M. Gortajn^i. — Betico, Lias e Giura nelle Prealpi del-
r Arsino,
(Con due tavole e una figura).
La catena settentrionale delle Prealpi deH’Arzino è tra le meno
conosciute del Veneto. Eppure, fra i monti che attorniano la conca
di Tolmezzo, è in essa che troviamo le formazioni geologiche più
interessanti : interessanti così per i terreni rappresentati, ignoti
o mal noti nel circostante Friuli, come per i fossili che ci permet-
tono di fissare i vari orizzonti.
Iniziando il rilievo geologico della Gamia meridionale, feci meta
di alcune escursioni i gruppi del monte Loviftzola e del monte
Piombàd, a sud di Tolmezzo. La letteratura geologica che li ri-
guarda è ben poca cosa. Nel 1856 lo Stur dedica poche righe al
monte Verzegnis (gruppo del Lovinzola), dicendo di avervi trovato
strati grigio-chiari con Plicatula intusstriata, e più in alto calcari
rossi a Crinoidi senza fossili determinabili ^ . Quindici anni più tardi
il Taramelli, in un’escursione lungo l’Arzino -, nota soltanto strati
a grosse Bivalvi probabilmente infraliasiche sopra Pozzis ; nel 1881
egli stesso, citato lo Stur, confessa di non poter aggiungere una
parola a quelle di lui e di non potere anzi nemmeno confermare il
’ D. Stur, Die geologische VerJiàltnisse der Thàler der Drau, Isel, Mòli
und Gali in der Umgebung von Lienz, ferner der Gamia im Veneti aniscJien
Gehiete. Jb. k. k. geol. E.-Anst., VII; pag. 51*52 d. estr.
“T. Taramelli, Escursioni geologiche fatte nelVanno 1871. Ann. scient.
E. Ist. Tee. di Udine, V, pag. 121.
158
M. GOETAXI
SUO rinvenimento ^ , per quanto abbia percorso ripetutamente il ver-
sante occidentale e meridionale del monte Verzegnis e le regioni cir-
costanti. Nella carta geologica annessa al lavoro di Taramelli, i gruppi
del Lovinzola e del Piombàd sono segnati di dolomia principale sor-
montata verso le cime da « dolomia delblnfralias, Lias e Giura infe- n
riore »; a nord una cintura di « alluvione sarmatica ». Per completare |:
la bibliografia geologica dei monti considerati, non ci resta poi da esa-
minare che la carta allegata allo studio di Taramelli, Pirona e Tom- ji
masi sui terremoti di Tolmezzo Essa non differisce dall’altra se non j
per una maggiore estensione della tinta riservata ai « calcari giuresi i
♦
e liassici » e per l’indicazione di aree disseminate di massi erratici, j
Nelle pagine che seguono esporrò la serie dei terreni quale risulta , [
dal mio rilievo, e le principali condizioni tettoniche. A documentare !fj
i nuovi orizzonti, il materiale paleontologico sarà illustrato a parte jii
dal prof. Vinassa de Regny, che ne ha già iniziato lo studio. ;
I
1
1. Trias superiore.
Del Trias superiore sono rappresentati i due piani Carnico e
vavico. \
Carnico. — Una serie di calcari dolomitici grigi in strati sottili,!'
calcari marnosi grigi o nerastri con sfatticio giallognolo, scisti calcarei|<
o marnosi bituminosi e dolomie cariate brecciformi, rappresenta il f
sottopiano di Raibl. Sviluppatissimi nel versante settentrionale del;
monte Lovinzola, dove hanno la potenza di più centinaia di metri.]' ;
questi strati sono via via meno visibili verso est, finché la zona rai-
! .
^ T. Taramelli, Spiegazione della carta geologica del Friuli. Pavia, ISSI]- (
pag. 83. Qui, evidentemente per un lapsus calami, l’A. attribuisce allo Stu - i
il rinvenimento della Plicatula intusstriata e della Avicula contorta, mentre i , ;
geologo austriaco non parla che della Plicatula.
2 Taramelli, Pirona e Tommasi, Dei terremoti avvenuti in Tolmezzo edii i
altre località del Friuli nell’anno 1889. Ann. Uff. centr. di Meteor. e Geod. (2'i i
XIL 1893. I
RETICO, LIAS E GIURA NELLE PREALPI DELL’ARZING
Ia9
bliana, già molto assottigliata dall’erosione e dalla disposizione tet-
tonica, finisce con lo sparire sotto il mantello dei depositi preglaciali,
glaciali e posglaciali. I suoi ultimi affioramenti verso oriente sono tra
Villa di Verzegnis e S. Stefano e fra Chiaulis e Intisans, dove preci-
samente spunta fuori dalle morene e dalle alluvioni terziarie.
Nonostante la potenza di questa formazione sul Lovinzola e la
ricchezza paleontologica che la contrassegna in località non lon-
tane, soltanto nei due ultimi affioramenti riuscii a raccogliere fossili:
Pinna Paronai Tomm.
fra Chiaulis e Intisans, e
Modiola gracilis Klipst sp.
Myophoria cfr. Misanii Tomm.
» sp.
Chemnitzia sp.
Looronema sp.
tra Villa e S. Stefano. Le tre specie determinate sono tutte raibliane;
del resto la facies litologica e la posizione stratigrafica non lasciano
dubbio sull’età della formazione.
La povertà di avanzi organici in confronto con la ricchezza fauni-
stica di quasi tutta la zona raibliana in Carnia e nel Canal del
Ferro, è probabilmente in relazione col fatto che a Verzegnis e sul
Lovinzola affiora soltanto la parte superiore della serie, che sovente
è sterile o quasi. Tanto più che nell’area del Lovinzola (è bene no-
tarlo fin d’ora) la facies raibliana si mantenne più a lungo che nel-
l’area contermine. Con lo stesso fatto è in rapporto anche la man-
canza delle marne scistose e delle marne gessifere, che affiorano poco
più ad ovest. Sono invece presenti tufi verdastri, ma in quantità li-
mitata e in un solo punto (origine della vai Piera). E notevole è
l’esistenza di numerosi straterelli bituminosi e talora di piroscisti,
intercalati fra i calcari marnosi o dolomitici a strati sottili della vai
Piera e del monte Navado.
luvavico. — La facies consueta sotto cui si presenta questo piano
nelle Alpi e Prealpi friulane è quella della cosi detta dolomia princi-
160
M. GORTAXI
pale, sia sotto forma delle classiche scogliere dolomitiche con strati-
ficazione poco o punto distinta, sia sotto forma di calcari compatti
dolomitici e dolomie nettamente stratificati. Quest’ultima forma sol-
tanto compare nei gruppi esaminati, dove è sviluppata a sud di
Verzegnis lungo l’alto corso del rio Ambiesta e più ancora lungo
l’Arzino nei dintorni di Pozzis, ove la dolomia contiene anche Me-
galodon, Dicerocardium e Coralli indeterminabili.
Ma la facies dolomitica del piano luvavico manca totalmente
nel versante settentrionale del Lovinzola. Sui calcari marnosi e bi-
tuminosi a facies raibliana, che continuano fino a circa 1000 m. di
altezza con una potenza complessiva di oltre 600 m., si appoggiano
direttamente e in piena concordanza i calcari selciferi che per co-
mune consenso spettano al Lias, e che infatti, come vedremo, due-
cento metri più in alto racchiudono fossili del Lias inferiore. Ora,
data la concordanza degli strati nell’intera serie, è difficile pensare
a lacune. E d’altra parte va considerato : che in nessun punto della
regione contermine la serie raibliana raggiunge ima potenza cosi
enorme, anche dove è completa; che i fossili raccolti sono nell’estremo
lembo nord-orientale del territorio considerato, dove per le partico-
lari condizioni tettoniche affiorano gli strati più bassi della nostra
serie; che il piroscisto scavato sul monte Navado ha la maggiore
analogia col boghead di Resiutta, incluso nella dolomia principale,
mentre differisce nettamente dalle antraciti raibliane della Gamia ;
che infine anche la dolomia cariata raibliana, solita a trovarsi in
Gamia negli strati superiori della formazione h a Verzegnis occupa
una zona lungo l’alto rio Malazza poco sopra la base della serie,
a breve distanza dai calcari fossiliferi.
Ritengo perciò che parte dei calcari a facies raibliana del Lovin-
zola siano equivalenti alla dolomia principale e spettino quindi
al piano luvavico. Può darsi che allo stesso piano sia da riferirsi
anche la parte più bassa dei calcari selciferi ; ma per ciò può restare
1 Cfr. ad es. M. Goetani, Appunti geologici sulValta valle del Taglinmenfo.
Atti Congr. Natur. ital. in Milano, 1906, pag. 5 d. estr.
RETICO, LIAS E GIURA NELLE PREALPI DELL’aRZINO
lOl
poco margine, tolta la parte che rappresenta certamente il Retico
e quella, verosimilmente spettante al Lias inferiore, in contatto im-
mediato con gli strati fossiliferi di questo livello.
Tali equivalenze di facies si possono riassumere nel prospetto
seguente :
Lias inferiore .
A
Retico
I uva vico .
::S
O
C amico .
2. Retico.
Dopo l’asserzione dello Stur, aveva particolare interesse la ri-
cerca dei calcari con Dimy odori intusstriatum, che in nessun altro
punto del Friuli sono stati segnalati finora. Tanto più che nessuno
aveva potuto confermare il rinvenimento, annunciato in modo così
succinto mezzo secolo fa.
Le ricerche ebbero pieno successo. Tanto nel versante friulano
(valle dell’Arzino) quanto nel versante carnico (valle dell’Ambiesta),
il Retico è indubbiamente rappresentato da calcari grigio-chiari,
zeppi di Dimyodon intusstriatum. La roccia è gremita di fossili, tutti
spettanti alla medesima forma : due campioni sono fotografati nella
tavola V. La prima località è sul Lovinzola, nella faggeta verso Pozzis,
un centinaio di metri sopra il paese ; la seconda è sul monte Tarond,
presso Duebis (Doibis della tavoletta), a circa 650 metri.
In contatto con i calcari a Dimyodon stanno calcari dolomitici
e dolomie privi di fossili, che passano gradualmente a calcari con
162
M. GOETANI
liste e noduli di selce ; calcari con sezioni di Megalodontidi, già se- j
gnalati dal Taramelli, si hanno sopra Pozzis e spettano probabilmente,
almeno in parte, al medesimo orizzonte. Sul fianco settentrionale del
Lovinzola esso è rappresentato invece nella sua totalità da calcari
selciferi, come ho prima accennato.
3. Lias infebiobe.
Calcari bianchi marnosi con sfatticcio giallastro, calcari dolomitici ,
farinosi, calcari compatti chiari a frattura più o meno concoide, '
calcari bituminosi grigio-scuri o nerastri, in prevalenza con liste j
e noduli di selce, sono i principali tipi litologici sotto cui si presenta ^
il Lias inferiore nell’area studiata. Questo piano è sicuramente rap- i
presentato : a Fuignis tra i calcari retici con Dimyodon e i calcari '
con fossili del Lias medio, di cui diremo tra poco ; sul fianco setten- .
trionale del monte Lovinzola; nella corica di Avrint. Sul Lovinzola ,
infatti, poco sotto la casera Palaribosa, a circa 1200 m., nei calcari •
con selce si trovano rari nuclei ove sono aimidati i seguenti Brachio-
podi e Lamellibranchi :
SpiriffiHna alpina Opp. !
» rostrata Opp.
Rhynchonella plicatissima Quenst.
Rh. curviceps Quenst.
Terehratula punctata Sow.
Pecten Belili d’Orb.
» » var. T)i Blasii Di Stef.
Dimyodon intusstriatum Emme.
Anornia numismalis Quenst.
Placunopsis alpina Winkl.
Ostrea anomala Teeq.
Schizodus isosceles Stopp.
Nella conca di Avrint, presso la ripida parete fra i monti Piom-;
bàd e Bottai, calcari compatti bituminosi e calcari marnosi conten-
gono molti esemplari di
1
Pecten Hehli d’Oeb.
Pecten Hehli var. Di Blasii Di Stef.
RETICO, LIAS E GIURA NELLE PREALPI DELl’aRZINO
103
Rhyncohnella curviceps Quenst.
Bh. plicatissima Quenst.
Entrambe le faunule spettano al Lias inferiore.
4. Lias medio.
In una sola località posso documentare con fossili la presenza del
Lias medio. E tra Fuignis e Culees, a breve distanza dalla mulat-
tiera da Chiaicis a Chianzutan, pochi metri sotto lo stavolo Cròus,
(quotato, senza nome, 783 sulla tavoletta), che alcuni strati di cal-
cari a Crinoidi contengono i Brachiopodi seguenti :
Spiriferina alpina Opp.
» rostrata v. Schlth.
» gryphoidea Uhl.
ì » ohtusa Opp.
I » angulata Opp.
Bhynchonella flahellum Mngh.
» curviceps Quenst.
» Fraasi var. paucicostata Dal Piaz.
» cfr. inversaeformis Buse.
Pseudolcingena Capellini Di Stef.
Waldheimia appenninica Zitt.
j » cerasulum Zitt.
I Calcari dello stesso tipo, e probabilmente dello stesso orizzonte,
I si notano sul Lovinzola sopra cas. Palaribosa (da dove provengono
i esemplari di T. Aspasia Mngh.), e ai lati della conca di Avrint
' sopra i calcari eoliassici.
i
i 5. Lias superiore, Giura.
!
j Sopra il Mesoliassico, il solo orizzonte fossilifero che potei ac-
: certare è il Titoniano. Fra l’uno e l’altro vi è una pila di strati il
' cui spessore varia da 300 a 400 metri. Vi è quindi posto per i rima-
1 nenti piani del Lias e del Giura senza dover ricorrere all’ipotesi di
164
:\I. GORTAXI
una lacuna nella sedimentazione ; tanto più che una simile ipotesi
non sarebbe appoggiata dall’esame delle condizioni di giacitura, ben
visibili nella splendida sezione naturale offerta dalla conca di
Avrint.
Nella pila di strati in parola si possono distinguere due zone.
L’inferiore è costituita da calcari: selciferi dolomitici, selciferi bitu-
minosi, neri compatti laminati, grigi compatti omogenei a frattura
concoide, arenacei e marnosi a sfatticio giallastro, compatti roseo-
persichini. Superiormente prevalgono calcari biancastri con retico-
lature e noccioli di selce in quantità enorme, che danno passaggio
a calcari neri con vene silicee gialle o aranciate, calcari scistosi
intercalati a strati di selce verdognola, aranciata o rossastra, scisti
calcareo marnosi rossi o variegati, a cui segue finalmente il Tito-
niano fossilifero.
In mancanza di resti organici, è impossibile precisare dove sia il
passaggio tra Lias e Giura : per convenzione nel rilievo cartografico
ho assegnato al Lias l’inferiore delle due zone, al Giura la superiore.
Ma tale convenzione è forse eccessivamente arbitraria, trattandosi
di terreni dove le facies litologiche sono molto variabili . Sotto questo
punto di vista, è molto istruttivo il fianco sud-orientale del Lovin-
zola. Mentre nella parte che spetta al bacino del Tagliamento do-
minano le rocce ora enumerate, nella parte che guarda l’Arzmo la
facies litologica cambia interamente, e fra i 1000 e i 1500 metri non
si incontrano che calcari dolomitici senza selce e con stratificazione
poco distinta : la facies dalla dolomia principale si mantenne qui per
tutta la durata del Lias.
6. Titoì^iano.
Sul fianco settentrionale del monte Piombàd la serie descritta
nel paragrafo precedente è ricoperta da calcari rossi o mandorlati
rossi e biancastri, compatti o brecciati, con aspetto litologico singo-
larmente vicino a quello dei calcari neosilurici dell’alta Gamia.
RETICO, LIAS E GIURA NELLE PREALPI UELL’ARZINO
105
I-
* Nella faggeta lungo il sentiero che sale da Culees a cas. Avrint,
a circa 900 m., ho raccolto in posto, nei calcari mandorlati:
Perisphinctes cfr. Geron Zitt.
Belemnites sp .
Poco più ad est, i medesimi strati si tagliano alla base della
conca di Avrint, a 950 m., dove contengono:
Perisphinctes rectefurcatus Zitt.
Phylloceras KocJii Opp.
Belemnites sp.
e proseguono sul monte Bottai sotto e dietro la cas. Avrint bassa
(1050-1150 m.), dove insieme a molti esemplari senza valore rinvenni
altri esemplari di Perisphinctes specifi-camente indeterminabili e la
Rhynchonella' triangulus Lm.k.
Nei calcari si posson distinguere vari tipi : brecciati con Ammoniti
informi, compatti e reticolati con Ammoniti e Belemniti, di tipo are-
naceo con Crinoidi e Belemniti, compatti con Belemniti e rarissimi
Brachiopodi.
Tutti questi tipi si presentano altresi sul monte Lovinzola. Sopra
la forcella Palaribosa, a 1730 m. c’è tra i calcari selciferi una prima
netta intercalazione di calcari rossi, di circa 10 metri di spessore;
e 60 o 70 m. più in alto i calcari rossi ricompaiono, e con potenza
maggiore; i tipi già notati si alternano senza ordine, come sul Piom-
bàd e in Avrint.
7. Terziario.
Con il Titoniano cessano nell’area esaminata, come in tutta la
Gamia, le formazioni marine. Delle formazioni continentali, che si
sovrappongono alle prime, le più antiche spettano senza dubbio al
Terziario superiore. Sono alluvioni cementate, così resistenti da
prestarsi bene come materiale da costruzione. Limitate a una zona
I lungo il corso attuale del Tagliamento, sono costituite da materiali
! uguali a quelli che il fiume trascina anche oggi: grande prevalenza
'166
M. GORTAXI
di calcari e arenarie del Permiano superiore e del Trias, provenienti
dalle valli del Tagliamento, del Lumie! e del Legano. Le dimensioni
degli elementi non giungono di solito al decimetro cubo; raramente
si hanno blocchi di qualche decimetro di lato ; d’altra parte non man-
cano in taluni punti straterelli di sabbie cementate, come a Da-
vons di fronte a Tolmezzo, e alla Madonna del Ponte presso In-
villino.
Dette alluvioni poggiano sui calcari raibliani e, a oriente di Chiau-
lis, sulla dolomia principale che ricompare sotto di esse a Davons.
I punti in cui sembrano avere maggiore potenza sono sul fianco set-
tentrionale del monte Navado e presso S. Stefano di Verzegnis, dove
si ergono più di 200 metri sul letto attuale del Tagliamento. Tale spes-
sore è però forse più apparente che reale, perchè quivi il conglomerato
si appoggia sulla superficie di strati inclinati 60^-70® verso il fiume,
e rimane perciò il dubbio che il piegamento si sia accentuato dopo
la formazione del deposito; in ogni modo uno spessore di 180 metri
è indubitato più a valle, alla forra presso la foce dell’Ambiesta.
Che le alluvioni in parola siano preglaciali, è dimostrato dai de-
positi morenici che esse sopportano a varia altezza^; che non si
tratti di Terziario antico lo dimostra, oltre le considerazioni geo-
logiche generali, lo stato di conservazione in cui le sorprese l’avan-
zata dei ghiacciai.
8. Quateenario.
I depositi del periodo glaciale sono straordinariamente abbon-
danti in tutto il territorio di Verzegnis, fino a un’altezza variabile
da 700 a 1000 m. sul mare (rispettivamente 400 a 700 sul letto at- :
^ Si potrebbe supporre cbe esse spettino a un interglaciale anteriore alla
deposizione delle morene; ma tale ipotesi è da escludersi per la potenza di
queste alluvioni cementate in tutta la conca di Verzegnis, Soccbieve ed Am-
pezzo, e per le posizioni occupate dalle morene, che si mostrano depositate
sopra una base notevolmente scolpita ed incisa.
RETICC, LIAS E GIURA NELLE PREALPI UELl’aRZINO
107
tuale del Tagliamento) . Tutta la regione da Verzegnis a Invillirio,
a Gavazzo e a Pozzis, è sparsa di materiali portati dal ghiacciaio
tilaventino, e si incontrano spesso depositi morenici importanti
per estensione e potenza, come a Chiampaman, Chiaicis, Intissans,
Chialandi, Fuignis, valle Englaro; costituita di deposito glaciale è
anche tutta la cima dal monte Tarond (A 741 m.). Morene tutte
ricche di ciottoli levigati e striati, e in cui è molto frequente la
pupdinga quarzosa permiana o permocarbonifera proveniente dal
Comelico; sul versante settentrionale del monte Navado si hanno
anche ciottoli di granito e granito sienitico, provenienti dalla Pu-
steria.
Meritano anche un cenno, per la loro importanza antropica, le
feraci alluvioni che si stendono tra Villa di Verzegnis e Chiaulis,
e che spettano al Diluviale recente o all’ Allu viale antico.
9. PsODOTTI MINERARI E DA COSTRUZIONE.
Combustibili fossili. — Come già dissi parlando dei terreni tria-
sici a facies raibliana, tanto lungo la vai Piera, quanto sul monte
Navado si incontrano non di rado straterelli di marne e calcescisti
fortemente bituminosi o di piroscisto, compresi fra i calcari compatti
e sottilmente stratificati. Due di tali affioramenti furono anche og-
getto di ricerca mineraria. Il 19 ottobre 1903 fu data hcenza di li-
bera indagine ai fratelli Lunazzi di Verzegnis ; gli assaggi furono
fatti nella località Daugnana di fronte ad Assais. L’esito, come era
prevedibile, non fu molto incoraggiante. In un primo punto, pochi
metri a sud dello stavolo Pazient, a 620 m. sul mare, fra due
banchi di dolomia marnosa sottilmente stratificata si trovarono sol-
tanto calcoscisti bituminosi laminati di 1 m. di potenza comples-
siva. Un centinaio di metri più a ovest, a m. 625, fu messo allo
scoperto uno strato continuo di piroscisto, di spessore variabile fra
10 e 40 cm., con pendenza 200-25° NE.
Il combustibile ha i caratteri di una lignite compatta, a frat-
168
M. GORTANI
tura concoide, di colore bruno o piceo. Xe furono fatte due analisi.
che diedero questi risultati :
1.
11.
Acqua igroscopica
. . 0.60 .. .
• • -
Materie volatili .
.53 . 56
■ 34.0
Carbonio
... 27.3
Ceneri
. . 45.84 .. .
... 38.2
100.00
100.0
Potere calorifico in calorie. .
. . 2362 . .
. . . . 2800
Un confronto con le analisi riportate dal Marinoni ^ mostra come
l’analogia già notata col boghead di Resiutta sia non soltanto di
aspetto, ma anche di composizione.
Sorgenti idrosolforose. — Allo sbocco del rio Piera, di fronte a
Villa, in relazione coi prossimi gessi raibliani, sgorga una piccola
sorgente idrosolforosa, utilizzata dalla popolazione.
Materiali da costruzione. — Il territorio è fornito di buone pietre
da costruzione. I calcari rossi liassici e giuresi sono impiegati sia per
lavori ornamentali, sia per architravi e incorniciature di porte e
finestre; ricercati allo stesso scopo sono anche i blocchi erratici di
puddinga quarzosa disseminati qua e là su tutto l’altipiano di Ver-
zegnis. Il conglomerato preglaciale è da per tutto usato come ma-
teriale edilizio e viene anche esportato sull’opposta sponda del Ta-
gliamento per costruzione di argini e ponti.
10. Tettonica.
I gruppi di Lovinzola e del Piombàd hanno un’architettura pro-
fondamente diversa ; diversità così grande, che difficilmente può es-
servene una maggiore fra due monti contigui e appartenenti alla
stessa catena, anzi alla stessa linea di vetta.
^ C. Marinoni, Sui minerali del Friuli. (Ann. stat. d. prov. di Udine,
III, 1881, pag. 151).
RETICO, LIAS E GIERA NELLE PREALPI DELL’aRZI N (> 100
Il Lovinzola è un incoìnpleto ellissoide di stiramento, o altrimenti
un principio di ellissoide stirato e rotto. Nella parte inferiore della
montagna gli strati sono compressi, talora pieghettati minutamente;
nella parte più alta invece si mostrano laminati per stiramento. Da
lontano i calcari rossi della vetta Lovinzola, in strati regolari e quasi
orizzontali, sembrano giacere indisturbati e fan sorgere le più liete
speranze di ricca mèsse paleontologica. Ma sul posto ogni speranza
si dilegua, vedendo quelle masse profondamente fessurate, con i fos-
sili resi deformi o informi e gli strati laminati per l’intensità delle
forze stiranti.
All’opposto, tutta la cresta e il versante settentrionale dei monti
Piombàd e Bottai fino a Verzegnis costituiscono una sinclinale co-
ricata verso SSW. e con l’asse in direzione ESE-WNW. Le località
fossilifere che son riuscito a rinvenire lungo la zona trasversale
dalla vetta del Piombàd a Villa di Verzegnis, permettono di docu-
mentare la sezione particolareggiata di questa piega (fig. 1). Piega
che ha notevole interesse, essendo la continuazione verso occidente
della sinclinale Mena-M. Festa-M. Plauris-R. Barman, la più setten-
trionale della serie di corrugamenti rilevati dal Marinelli^ nelle
Pealpi Giulie occidentali.
E da notarsi il fatto che i calcari titoniani, che si trovano qui
nel nucleo della sinclinale coricata, sono meno laminati e racchiu-
dono fossili assai meno deformati dei calcari del Lovinzola formanti
la volta dell’ellissoide : tanta è l’intensità del dinamometamorfismo
che questi ultimi hanno subito.
Nelle due gambe della sinclinale i termini si corrispondono per-
fettamente dalla dolomia principale in su ; ma a costituire la gamba
settentrionale prendono parte anche i calcari raibliani, che non
compaiono sull’altro lato, e nella dolomia si hanno arricciamenti
locali (segnati schematicamente nel profilo) fra Chiaicis e il monte
jlarond.
I
I
I
! . ’ 0. Marinelli, Descrizione geologica dei dintorni di Tarcento in Friidi.
![Piibbl. R. Ist. Studi sup. in Firenze, XLIII, 1902).
i
I
170
M. GORTANI
Lungo il Tagliamento poi, tanto a nord del Lovinzola quanto
a nord del Piombàd, gli strati sono raddrizzati. Tale sconcerto è in
relazione con la nota flessura del Tagliamento, che in nessun punte
RETICO, LIAS E GIURA NELLE PREALPI DELL’ARZINO
171
^ è evidente come in questo, dove lo spostamento oltrepassa il mezzo,
migliaio di metri.
11. Geomorfologia.
Sotto il punto di vista geomorfologico il territorio studiato si
può dividere in tre parti : il Lovinzola, il Piombàd col Bottai, l’al-
tipiano di Verzegnis. Nelle prime due l’orografìa è strettamente le-
gata con la tettonica ; nell’ultima invece la morfologia dipende inti-
mamente dall’idrografìa terziaria e dell’azione glaciale.
La sola tettonica infatti può dar ragione della coesistenza dei due
rilievi montuosi contigui cosi diversi in ogni parte, benché costituiti
dalle medesime rocce. La forma arrotondata del Lovinzola, cinto
dell’uniforme faggeta sino a 1300 o 1400 metri, con le sue varie
cime regolarmente piramidali e spesso a gradinate, è in relazione
j con la breve e larga piega anticlinale in cui il massiccio fu legger-
mente curvato. Altrettanta influenza ebbe il motivo tettonico nel
determinare i pendii ripidissimi, il profilo angoloso, la cresta sottile
dei monti Piombàd e Bottai. Ed esso pure favori la formazione tra
i due monti della conca di Avrint, pianoro a terrazza veramente
bellissimo, che fu in seguito modellato certamente da un piccolo
! ghiacciaio e dove anche oggi la neve si mantiene tutto l’anno, circon-
data da una flora prettamente alpina, a soli 1300 m. di altezza.
I Fin qui si mantengono intimi anche i legami fra particolari oro-
! grafici e particolari tettonici, poiché la regione di vetta del Lovinzola
i corrisponde alla volta dell’ellissoide e la maggiore incisione, quella
! del torrente Faeit, corre lungo l’asse della sinclinale. Fatto notevole,
I perché opposto a quanto avviene nella prosecuzione orientale della
i catena stessa, e immediatamente a nord lungo il Tagliamento.
1 Poiché il Tagliamento scorre appunto lungo l’asse deiranticlinale
I che dovrebbe limitare a nord la sinclinale accennata e che é stata
! quasi completamente distrutta. A spese di essa (o meglio della gamba
I comune alle due pieghe) durante il Terziario il territorio di Verzegnis
I fu spianato, poi scavato e successivamente livellato di nuovo con le
I alluvioni, intaccate poi a loro volta fìno all’invasione glaciale. E il
I
I
I
172
M. GORTANI
ghiacciaio, potentemente erosivo in questo punto e per la sua massa
e per i movimenti di rotazione determinati dalla confluenza col
ghiacciaio della But e dalla biforcazione attraverso la sella di valle
Englaro, modellò mirabilmente l’altipiano, e nel ritiro deflnitivo ne
riempì di depositi le insenature e gli incavi. Cosi l’altipiano prese in
più luoghi (massime lungo l’Ambiesta) una flgura terrazzata, a cui
si sarebbe indotti ad attribuire origine ben più recente se i terrazzi
non si mostrassero ricoperti da morene e sostenuti da alluvioni anti-
chissime o da roccia in posto.
Nel Posglaciale, poiché il Tagliamento abbandonò l’antico de-
corso per la depressione del lago di Gavazzo e approfondi il suo
letto spostandolo verso nord, la cintura dei conglomerati terziari
difese l’altipiano e si modellò come un gigantesco muraglione di pro-
tezione e sostegno, inciso soltanto allo sfocio dei corsi d’acqua prin-
cipali. Per la natura della roccia, le incisure divennero forre pro-
fonde e pittoresche, e con modellamento analogo al carsico fu sco -
pita dalle acque la superficie dei conglomerati terziari.
Bologna, E. Istituto Geologico, novembre 1909.
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE.
Tavola V.
Calcare a Dimyodon intusstriatum. — M. Tarond tra Fnignis e Dnebis.
Tavola VI.
Fig. 1. — Il monte Piombàd e la conca di Avrint dalla casera Avrint bassa, r
Fig. 2. — Il monte Lovinzola dalla casera Avrint bassa.
i
Boll, del R. Com, g^eol. d’ Italia.
(GOHTANl) Tav. V
Gortani fut.
Fotot. Danesi - Roma
Boll, del R. Com. g^eol. d’ Italia,
(GORTANI) Tav. VI
Fig. 1
Fig. 2
Gortani fot.
Fotot. Danesi - Ruma
«
i i
III.
P. ViiN^ASSA DE REajNTY. — FossìU mesosoicì delle Prealpì
deir Arsino,
(Con una tavola).
La presente nota è destinata esclusivamente a documentare
paleontologicamente il rilevamento geologico dei dintorni di Ver-
zegnis fatto dal prof. Gortani e di cui è parola nella relazione pre-
cedente.
i Non entrerò quindi in particolari sul giacimento dei fossili per
i
I evitare inutili ripetizioni. Solo mi permetto ancora una volta di
! far rilevare l’assoluta impossibilità di fare un rilevamento, special-
j mente in questa regione, senza aver la fortuna di rinvenire fossili.
! Il criterio litologico è assolutamente inapplicabile. E stata dunque
una vera fortuna di aver potuto raccogliere fossili sufficientemente
I ben conservati ed abbastanza caratteristici tali da permettere un
I sicuro riferimento cronologico. Ed una fortuna anche maggiore in
I quanto era insperata. Difatti, sino ad ora, le Prealpi Gamiche
erano note per la mancanza quasi assoluta di fossili.
: I fossili raccolti hanno permesso a Gortani di stabilire la pre-
, senza del Raibliano e del Retico; a me quella del Lias inferiore, del
I Lias medio e del Titoniano.
Lo stato di conservazione dei fossili non sempre è molto buono,
i ma è pur tuttavia sufficiente a permettere determinazioni sicure
I ed anche abbastanza buone figure, che ho ottenuto mediante la fo-
; tografia.
I
1
: 1. Fossili di Lias inferiore.
I Provengono dai calcari grigi sotto Gas. Palaribosa, ove rinve-
nimmo una faunula abbastanza ricca di specie ma povera di in-
4
174
P. VINASSA DE KEGNT
dividui, e dai calcari grigi di Avrint, ove la fauna è viceversa f
povera di specie ma ricca di individui.
Tra le due località ritengo non vi sia nessuna differenza di età,
quantunque ad Avrint manchi sino ad ora il Dimyodon intusstria-
tum. Ma la Rhynchonella plicatissima ed il Pecten Hehli non possono
in alcun modo distinguersi da quelli raccolti a Gas. Palaribosa, i
anche come facies di fossilizzazione.
Ostrea anomala Terq.
Tav. VII, fìg. 1 a-b.
1903. Ostrea anomala Terq. — Cossmann, Sur V.Infralias de la Vendée et des deux. ^
Sèvres. — Bull. S. g. France, 4, III, pag. 500, tav. XVI, fìg. 1-3, {cum syn. . J
Forma molto piccola d’ostrica, misurando essa appena mm. 13 |
di altezza, mm. 8 di larghezza e mm. 7 di spessore l’esemplare j
maggiore, e solo mm. 10 di altezza il minore, che è il meglio con- j
servato e che ho creduto bene di figurare.
Le due valve, conservate nel solo essmplare minore, sono molto i
disuguali: la forma generale è ovale, ma i contorni sono diversi,
poiché in alto e dal lato posteriore il margine è quasi rettihneo,
mentre dall’altro lato sino al basso il margine è convesso. Gli um-
boni sono pochissimo sporgenti e posti quasi esattamente in rispon-
denza del margine superiore rettilineo.
Valva inferiore molto alta e profonda, irregolarmente convessa,
con lamelle di accrescimento irregolari, nell’ultimo terzo verso l’um-
bone un poco escavata, superficie di attacco non molto estesa,
valva superiore pianeggiante, a superficie irregolarmente lamellosa,
un poco rigonfia ed inspessita ai margini. Linea di unione delle due
valve lungo i margini laterali leggermente sinuosa.
Questa forma presenta qualche analogia colla 0. irregularis Miin-
ster, e specialmente cogli esemplari figurati dal Dumortier (Bassin
du Rhóne, Lias inférieur) a tav. XIII, fig. 2-5. Ma la forma del
Munster raggiunge in generale dimensioni assai maggiori non solo,
ma anche la valva inferiore ha tipo del tutto diverso presentando
una superficie di attacco molto più estesa. Invece per questo ca-
FOSSILI MESOZOICI DELEE PREALPI DELL’ARZINO
175
ratiere le rispondenze colla specie del Terqiiem sono grandissime.
Resta però tuttora la dimensione che nell’esemplare carnico è mi-
nore assai. Ma già il Cossmann ha descritto forme di O. anomala
di 26 mm. di altezza massima, e quindi la forma carnica va con-
siderata come un’O. anomala anche minore di quella francese.
Un esemplare completo ed una valva inferiore dei calcari sopra
Cas. Palaribosa.
Placunopsis alpina Winkl. sp.
1906. Placunopsis alpina IV m'KL^p. — Vinassa, Fossili retici di Gaprona. —
Boll. S. g. it., XXV, 3 (pag. 833. {cum syn.).
Come gli esemplari da me già descritti di Caprona, quello pure
della Gamia è di piccole dimensioni, misurando un’altezza mas-
sima di 8 mm. Si assomiglia abbastanza a quei tipi chiamati
dal Winkler e dallo Stoppani Anomia Schafhdutli. Come for-
ma generale si hanno anche notevoli somiglianze colla forma fi-
gurata da Dumortier (Bassin du Rhòne, Infralias) a tav. XIII,
fig. 14.
Nei calcari grigi sotto Cas. Palaribosa. Unico,
j Anomia striatula Opp.
j 1908. Anomia striatula Opp. — Principi, Studio geologico del M. Malbe e del
I M. Tezio. — BoU. S. g. it., XXVll, 2, pag. 191, tav. VII, fig. 6, {cum syn.).
Ne ho un esemplare molto giovane, alto appena 6 mm., il quale
' permette un ravvicinamento a questa forma.
i Sono innegabili le somiglianze con l’esemplare descritto dal Du-
I mortier (Bassin du Rhòne, Lias inférieur) a pagina 224 e da lui
I figurato nelle fig. 13-14 della tav. 49; esemplare che proviene dalla
! zona con Oxynoticeras orynotum,
I Altri esemplari maggiori raggiungono sino a 19 mm. di altezza
j e sono rispondentissimi alle più tipiche forme di questa specie, co-
i mune nel Retico e nel Lias inferiore.
Nei calcari grigi sotto Cas. Palaribosa : 4 esemplari.
176
P. VINASSA DE PvEGNT
Anomia cfr. numismalis Quenst. ? (An. striatula Opp. ?).
Tav. VII,flg. 2.
1861. Anomia numismalis. — Stqliczka, Ueher die Gastropoden und Acephalen
der Hierlatz Schichten. — Sitzimgb k. k. Akad. Wissensch. Math. Xaturw.
CI. XLIII, 1 Abt., pag. 201, taf. VII, fìg. 5; non : Quenstedt, dura,
pag. 311, tav. 42, fìg. 9.
La conchiglia è quasi circolare, pochissimo spianata verso il mar-
gine cardinale. La sua convessità è ^minima: solo verso Tumbone si
nota un leggero rigonfiamento. Tqtóa la superficie è munita di sot-
tili ma nette strie concentriche di accrescimento, intersecate da hnee
radiali, queste però finissime e visibih solo colla lente. Tali strie
sono anche molto leggermente ondulate.
La forma non raggiunge mai dimensioni molto grandi, avendo
un’altezza di mm. 10.5 ed una larghezza di mm. 11.5.
Mi sembra, come del resto risulta anche dalla figura, che la forma
carnica non possa in alcun modo|distinguersi da quella del Hierlatz
descritta dallo Stoliczka, che è solo più alta che larga. Piuttosto
però è da osservare se veramente la forma dello Stoliczka sia da
riferire a quella descritta dal Quenstedt. Infatti la forma del Quen-
stedt è liscia, non è rigonfia all’apice e quindi non ha altra somi-
glianza colla forma del Hierlatz se non per il contorno. Ma non mi
sembra, trattandosi poi di forme così poco distinguibih tra loro
come le Anomia, necessario separare con un nuovo nome VAno-
mia descritta dallo StoUczka. Come non mi sembra necessario di-
stinguere la forma carnica che è solamente più circolare di quella
descritta da Stoliczka. Può però anche darsi che si tratti di una va-
rietà della comune A. striatula.
Nei calcari grigi sotto Gas. Palaribosa : 1 esemplare.
Dimyodon intusstriatum Emm. sp.
1906. Dimyodon intusstriatum Emm. sp. — Vinassa, Fossili retici di Caprona,
pag. 835 {cum syn.).
Poco diffusa nei calcari grigi di Gas. Palaribosa, manca in quelli
di Avrint. Gli esemplari presentano le maggiori analogie con quelli
figurati dal Diimortier nella fig. 1 della tav. I. (op. cit.).
FOSSILI MESOZOICI DELLE PREALPI DELL’aRZINO
177
Pecten Hehli d’Orb.
Tav. VII, fig. 3-4.
1893. Pecien Hehli d’Orb. — Greco, Il Lias inferiore nel cireondario di Pos-
sano Calabro, pag. 83, tav. V, fìg. 13 {cum syn.).
Su questa forma e sulla sua prossima P. Di Blasii Di Stef., furono
fatte lunghe discussioni tra il Fucini, il Di Stefano e il Greco. Dal
canto mio, accettando pienamente le ragioni del Greco, che del resto
l’Autore stesso della specie, il prof. Di Stefano, ritenne abba-
j stanza giuste, considero il P. Di Blasii una varietà del P. Hehli.
In tal maniera il P. Hehli d’Orb. è caratterizzato da una forma ovale
od ovale arrotondata, sempre più lunga che larga, da un angolo api-
cale piuttosto acuto, di 80<^-90o, con lati apicali lunghi e spesso di-
ritti, e da orecchiette ornate di sole strie di accrescimento. Anche la
conchiglia ha sottili strie di accrescimento.
Questa forma molto diffusa nel Lias inferiore ed anche nell’Ettan-
giano, è comunissima anche neirEoliassico carnico sia al Lovinzola
sotto Gas. Palaribosa, sia nella Conca di Avrint. Anzi ad Avrint
dei blocchi calcari sono farciti esclusivamente di P. Hehli e di Rhyn-
chonella plicatissima.
Le dimensioni degli esemplari sono svariatissime e oscillano da un
minimo di altezza di mm. 6 per esemplari di Palaribosa, ad un mas-
simo di mm. 22 per esemplari di Avrint. Tutti presentano nette le
caratteristiche della specie, misurando un angolo apicale variabile
da 80° a 90°. Sono per lo più lisci, con linee di accrescimento ap-
pena visibili.
Calcare sotto Gas. Palaribosa: Comune (12 es.).
Calcare della Conca di Avrint: Comune (11 es.).
Pecten Hehli d’Orb. var. Di Blasii Di Stef. sp.
j 1893. Pecten Hehli var. Di Blasii Di Stef. — Greco, Op. cit., pag. 84, tav. V,
j fìg. 14 {cum syn.).
i La varietà è caratterizzata dalla forma orbicolare, quasi subcirco-
j lare, dall’angolo apicale costantemente superiore ai lOO^ variante
178
P. VINASSA DE REGXT
anzi, in generale, da 110° a 115®, e dai lati delle regioni cardinali
brevi e per lo più un poco concavi. Il Di Stefano ^ aggiungeva
pure il carattere delle strie di accrescimento forti ed embriciate.
Ma questo ultimo carattere non ha gran valore, anzi può esclu-
dersi del tutto.
Infatti tal quale come negli esemplari di Greco anche nei miei
la striatura è finissima, non embriciata ed in tutto e per tutto
identica a quella del P. Hehli tipico.
La varietà è più rara che non la specie, ma è rappresentata
in entrambe le località ove venne scoperto il Lias inferiore. Al solito
l’esemplare di Palaribosa è più piccolo di quelli di Avrint, misu-
rando esso appena 10 mm. di altezza ed un angolo apicale pros-
simo a 105®. Questo fatto sta a dimostrare, contrariamente a quanto
credeva il Fucini che non l’età porta ad un ampliamento del-
l’angolo apicale, ma che questa maggiore ampiezza è caratteristica
del P. Di Blasii.
Tra gli esemplari di Avrint il maggiore misura, completato, circa
26 mm. di altezza, e presenta netto l’angolo apicale prossimo a 100®
coi margini apicali brevi e nettamente incavati.
Calcare grigio sotto Gas. Palaribosa : Unico.
Calcare grigio della Conca di Avrint : 5 esemplari.
Mytilus cfr. minutus Gdfs.
Gli esemplari sono troppo mal conservati per poterne dare un giu-
dizio sicuro; ed è quindi solo con molto dubbio che li avvicino a
questa forma retica.
Calcare grigio sotto Cas. Palaribosa : 5 frammenti.
^ A proposito di due Pettini dei calcari neri lionati di Taormina. (Naturai.
Siciliano, XI, 2-3, pag. 2).
^ A proposito di due specie di Pecten del Lias inf. di Longobucco. (Proc. verb.i
Soc. tose. Se. nat. Adun. 6 marzo 1893, pag. 197).
FOSSILI MESOZOICI DELLE PREALPI DELL’aRZINO
J70
Schizodus isosceles Stopp. sp.
1906. 8 chizodus isosceles Stopp. — Vinassa, op. cit., pag. 840 [cum syn.).
La forma, non rara nel Retico, è nettamente riconoscibile i)el
suo caratteristico contorno e per le sue dimensioni.
Calcare grigio sotto Gas. Palaribosa : Unico.
AstoHe cfr. cingulata Terq.
Trattandosi di un modello non ho potuto riscontrare la orna-
mentazione a costoline concentriche alternanti di dimensioni, e quindi
non sono del tutto sicuro della determinazione. Per la sagoma ed
il contorno però l’esemplare corrisponde assai bene al tipo descritto
dal Terquem deH’P^ttangiano francese.
Calcare grigio sotto Gas. Palaribosa : Unico.
Spiriferina alpina Opp.
1907. Spiriferina alpina Opp. — Dal Piaz, Sulla fauna liasica delle Trame
di Sospiralo. - Mem. d. 1. Soc. paleont. svizz., XXXIII, pag. 11, tav. I,
fig. 1 {cum syn.).
Ho di questa forma, abbastanza ben nota e del resto anche re-
centemente descritta da Dal Piaz, tre valve ventrali ed una sola
dorsale. Le dimensioni delle ventrali sono minori di quelle della dor-
sale come risulta dal seguente specchietto :
I. li.
Valva dorsale Valva ventrale
Altezza .
Larghezza
Spessore .
9.5 mm. 5.5
10 7.5
6 > 2
E’ caratteristico in questo mio esemplare di valva dorsale il grande
spessore, superiore a quello riscontrato ad esempio da Dal Piaz negH
esemplari delle Tranze. Per questo carattere e per altri ancora di
forma, ma di minore importanza, il mio esemplare si distingue da
quelli figurati dal Haas (Elude monogr. et critique des hrachiopodes
180
P. VINASSA DE KEGNT
rhétiens et jurassiques des Alpes vaudoises. Mém. Soc. paléont. suisse •
1885, tav. II, fìg. 8-10). Invece grandi somiglianze si hanno cogli
esemplari figurati dal Geyer {Ueber die lias. Brachiopoden d. Hierlatz.
Verh. k. k. geolog. Reichsanstalt, XV), e più specialmente coU’esem-
plare da lui figurato a tav. Vili, fig. 7, salve le dimensioni molto -
maggiori di questo.
Viceversa le tre valve ventrali, anche per le dimensioni non
molto dissimili, presentano le maggiori analogie coll’esemplare figu-
rato dal Haas (op. cit.) a tav. II, fig. 10.
Questa forma non ha valore cronologico essendo diffusa tanto
nel Lias inferiore quanto nel medio.
Nei calcari grigi sotto Gas. Palaribosa.
Spiriferina rostrata v. Schloth sp.
1907. Spiriferina rostrata Schloth. — Dal Piaz, op. cit., pag. 12, tav. I, !
fìg. 2 [cum syn.).
Anche questa forma è notissima, e di questa ancora il Dal Piaz i
ha recentemente dato un’accurata descrizione ponendo in rilievo lo
differenze colla forma precedente. Non starò quindi ad entrare in i
particolari descrittivi, tanto più che il mio esemplare, la sola valva i
dorsale, perforata, è incompleto presso al margine laterale destro, i:
Esso misura mm. 13.5 di altezza per 11 mm. di larghezza. E per
conseguenza anch’esso di piccole dimensioni.
Per essere molto slanciato, e per non avere così spiccati gli in- lì
cavi presso l’umbone, il mio esemplare si differenzia da quello figu- »
rato da Dal Piaz, presentando invece analogie maggiori colla forma 1 1
del Hierlatz, com’è figurata dal Geyer (op. cit.) a tav. Vili, fig. 3.
Nei calcari grigi sotto Gas. Palaribrosa : Unico.
Rhynchonella curviceps Quenst sp. i
1893. Bhynchonella curviceps Quehst sp. — Greco, Il Lias inferiore del Circoli.
di Bossano Calabro, pag. 37 {cum syn.).
Garatteristica della specie è la forte globosità della valva ventrale, i
la quale si presenta spiccatissima nei miei esemplari, come del resto ! i
risulta dal seguente specchietto delle dimensioni: I
FOSSILI MESOZOICI DELLE PREALPI UELL’aRZINO
181
Valva dorssale
Valva vonlralr-
I.
n.
I. II.
Altezza .
. . , mm. 14
17
min. 13.5 10
Larghezza .
. . . » 14.5
17.5
» 14.5 J7.5
Spessore
. . . 4
5
» 0 9
Le coste in numero di 16-18 sono continue partendo dall’apice
per raggiungere il margine, e si piegano fortemente verso la regione
frontale. La grande valva conta sul seno da 4 a 5 coste, la ventrale
sul lobo da 5 a 6 ; lobo e seno sono ampi ma poco spiccati. L’um-
bone è molto ricurvo.
I miei esemplari sono normali e rispondono perfettamente alle
figure della specie tipica. Si hanno altresì somiglianze notevoU col-
l’esemplare figurato da Di Stefano del Lias di Taormina, alla fìg. 25
della tavola II ; anche un mio esemplare somiglia, salvo per le coste
un poco più numerose, all’esemplare maggiore di Taormina figurato
alla fig. 29.
N^el calcare grigio della Conca di Avrint.
Rhynchonella plicatissima Quenst.
Tav. VII, fìg. 5-11.
1894. Bhynchonella plicatissima Quenst. — Fucini, Fauna dei calcari bianchi
ceroidi del M. Pisano. - Mem. Soc. tose. Se. nat., XIV, pag. 43 {cum syn.).
Conchiglia talvolta depressa, talvolta abbastanza rigonfia, in ge-
nerale di piccole dimensioni; talvolta altrettanto larga quanto alta,
nella maggior parte dei casi più larga che alta, ma non raramente
più alta che larga : in generale però sempre di forma subtriangolare,
con umbone piccolo, acuto, non tanto ricurvo, talvolta lateralmente
un poco ristrettito e con margini laterali a spigolo. Falsa area poco
sviluppata, forame piccolo e compreso dalle due porzioni deltidiali.
Valva dorsale non molto arcuata, per lo più uguale nella conves-
sità alla ventrale, non mai maggiore, spesso minore. Essa presenta
un seno largo, che si estende per quasi tutta la larghezza frontale.
In generale questo seno è abbastanza debolmente pronunziato,
son rari i casi in cui invece esso sia abbastanza netto e profondo.
182
P. VIXASSA DE EEGXT
La valva ventrale, spesso più rigonfia della dorsale, presenta un
lobo mediano largo, che esso pure in generale è assai poco delimitato
lateralmente, ma che talvolta può essere anche ben pronunziato.
La commessura laterale delle valve è in generale appena ondu-
lata; solo negli esemplari un poco rigonfi e con lobo e seno bene
sviluppati si ha una curvatura, verso la commessura frontale, più
sentita.
Tutta quanta la superficie è ornata di numerose coste, le quah
son molto variabili di numero. Infatti sulla valva dorsale dal nu-
mero di 4 coste nel seno e di 4 o 5 per ciascun lato, si arriva a forme
che hanno sino ad 8 coste nel seno e da 7 a 8 coste per ciascmi lato.
Tutte le coste partono direttamente daU’umbone, talune si bifor-
cano, e via via che progrediscono nel loro percorso aumentano al-
tresì di rilievo. In generale la forma delle coste è acuta, anzi in ta-
tuni casi nettamente angolosa.
Le dimensioni nei miei esemplari sono abbastanza variabih, come
risulta dal seguente specchietto :
I. II. in. IV.
Altezza rnm. 5.5 mm. 5.5 mm. 10 mm. 12
Larghezza .... » 5.5 » 6.5 » 11 » 12.5
Spessore » 2.5 » 2 » 6.5 » 8
Gas. Palarihosa.
V. VI. VII. vili.
Altezza mm. 10 mm. 11.5 mm. 15 mm. 17
Larghezza .... » 11 » 12 » 17 » 18
Spessore » 5.5 » 8 » 10 » 10.5
Avrint.
Risulta da questo specchietto come negli esemplari camici non
manchino individui di dimensioni abbastanza grandi e superiori
a quelle degli esemplari di Taormina, ad esempio, ed anche del
Hierlatz.
Altra caratteristica, comune questa cogli esemplari del Lias infe-
riore di Sicilia, è il numero grande di coste, superiore a quello indicato
FOSSILI MESOZOICI DELLE PREALPI DELl’aRZINO
1S3
per la forma tipica, ad esempio dal Haas. Ma se il Haas ha in genere
figurato, nelle belle e numerose figure, esemplari con al massimo
18 coste, ciò non vuol dire che effettivamente questo sia il numero
massimo, E mentre il Geyer già figura esemplari con oltre 20 coste,
parla di forme del Hierlatz che da 14 arrivano a 24.11 Di Stefano cita
esemplari di Taormina con 25 coste.
Nulla di più variabile del numero di queste coste anche nei miei
esemplari; mentre rari sono gli individui con 15-16 coste, molto più
comuni sono i tipi che oltrepassano le 20 e raggiungono anche le 26.
Come pure varia il numero delle coste sul seno e sul lobo corrispon-
dente. Alcuni pochi esemplari contano 4 coste, mentre in parecchi
altri si arriva alle 6 ed anche alle 8 coste.
Le somiglianze maggiori si hanno cogli esemplari di Taormina
e del Hierlatz. E più specialmente, degli esemplari siciliani, con quelli
figurati dal Di Stefano nella tav. II, alle figure 30, 32 e 34. Ma
degli esemplari camici se ne hanno di più piccoli e di più depressi
che non quello della figura 34. •
Degli esemplari del Hierlatz somigliano alle forme carniche quello
della figura 33 della tav. VI, e delle figure 2 a 5 della tav. Vili. La
figura 3 della tav. VII del Geyer è altresì rispondente per dimensioni.
Come ho detto le somiglianze con gli esemplari figurati dal Haas
sono minori; sia perchè questi hanno coste meno numerose, sia perchè
le coste non raggiungono sempre l’apice, mentre negli esemplari
camici ciò non avviene che per eccezione. Pur tuttavia ho esem-
plari che offrono somiglianze notevoli colle figure 19 e 39 della
tav. Ili dell’opera del Haas, come pure colla figura 20 della tav. II.
Gli esemplari figurati mostrano chiaramente, del resto, come le
somiglianze maggiori si abbiano coi tipi di Taormina e del Hierlatz.
Nei calcari grigi sotto Gas. Palaribosa, e della Conca di Avrint :
Comune.
! Rh. cfr. fissicostata Suess.
Trattandosi di un solo esemplare incompleto, non posso esser
i sicuro della determinazione.
184
P. VINASSA DE REGXY
Mi limito quindi ad accennare alle grandi somiglianze che si hanno
coll’esemplare figurato dal Geyer del Lias inferiore del Hierlatz,
esemplare esso pure riferito dubitativamente alla forma del Suess.
Nei calcari grigi della Conca di Avrint ; Unico.
Terehratula jpunctata Sow.
Tav. VII, fìg. 12-13.
1893. Terehratula 'punctata Sow. — GtRECO, Il Lias inferiore di Lassano Ca-
labro, pag. 43 {cum syn.).
La forma notissima e comunissima in tutti quanti i depositi di
Lias inferiore più noti, non ha bisogno di ulteriori illustrazioni. Solo
noterò come gli esemplari camici siano tutti piccolissimi, come ri-
sulta dal seguente specchietto :
I. ir.
Altezza della valva dorsale. . mm. 5.5 mm. 6
Altezza della valva ventrale . » 5 » 5.5
Larghezza » 5 » 6
Spessore » 1.5 » 3
Per dimensioni è quindi simile agli esemplari di Ugliancaldo nelle
Alpi Apuane descritti dal Fucini (Alcuni fossili del Lias inf. delle Alpi
Apuane, tav. I, fig. 10) ; mentre è diversa, anche per la forma assai
più tondeggiante, dagli esemplari figurati dal Di Stefano del Lias
inferiore di Taormina.
Salve le dimensioni molto minori, i miei esemplari rispondono
perfettamente alla fig. 1 della tav. I del lavoro del Geyer (Lias. Bra-
chiop. vom Hierlatz) riproducente un esemplare tipico della specie,
ciò che del resto risulta anche molto chiaramente dalla figura della
mia tavola.
Nei calcari grigi sotto Gas. Palaribosa : 2 esemplari.
Terehratula punctata Sow. var. Andleri Opp.
Tav. VII, fìg, 14.
1861. Terehratula Andleri Oppel, Ueber die BracTiiop. des unteren Lias. —
Zeitschr. d. deut. geol. GeselL, XIII, pag. 536, tav. X, fìg. 4.
1886. Terehratula punctata Sow. var. Andleri Opp. — Rothpletz, Geolog. Pa-
laeont. Alonogr. der Vilser Alpen — Palaeontogr., XXXIII, pag. 109.
FOSSILI MESOZOICI DELLE PREALPI DELL’aRZINO
85
1889. Terebratula punctata Sow. var. Andleri Opp. — Geyer, lAas. Brachiopo-
den vom Hierlatz, pag. 3, tav. I, fìg. 3-8, 11, 13, 15, 16.
Questa forma, che giustamente il Rothpletz riferisce come varietà
alla comune T. punctata Sow. , è caratterizzata da un contorno penta-
gonale ovalare, e più che altro da un margine frontale rettilineo che
ottuso si unisce ai margini laterali con un angolo ottuso.
La forma descritta da Oppel come specie autonoma e da lui ma-
gnificamente figurata, ha anche nella valva ventrale un leggero seno ; ma
il Geyer ha pure figurato del Hierlatzjun individuo sprovvisto di seno.
Il mio esemplare assai piccolo, poiché misura un’altezza di mm. 8,
una larghezza pure di mm. 8 ed uno spessore di mm. 4, è del tutto
rispondente alla figura 11 del Geyer e presenta, come l’esemplare da
essa rappresentato, un netto seno sulla valva ventrale.
Nei calcari grigi sotto Gas. Palaribosa : Unico.
La faunula dei calcari grigi di Gas. Palaribosa e della Gonca di
Avrint è costituita adunque da 17 forme distribuite nel modo indicato
dalla seguente tabella :
Lias inferiore
Palaribosa Avrint Retico -
—
—
—
Ettan-
g’iano
Sinemu-
l'iano
Lias
medio
Ostrea anomala Terq
+
—
—
+
—
—
! Placunopsis alpina Winkl. . . .
+
—
+
+
—
—
1 Anomia striatula Opp
+
—
+
+
—
1 Anomia cfr. numismalis Quenst.
+
—
—
—
+
—
j Plicatula intusstriata Emr. sp. .
+
—
+
+
—
—
Pecten HeJili d’Orb
+
—
+
+
—
Pecten Hehli var. Di Blasii,
Di Stef. sp
+
—
—
+
—
Mytilus cfr. minutus Gdfs.
+
—
-f
+
—
—
Schizodus isosceles Stopp.
+
—
+
— -
—
—
1 Astarte cfr. cingulata Terq. . .
+
—
+
+
—
—
! Spiriferina alpina Opp
+
—
—
—
--
+
1 Spiriferina rostrata Schlth. . .
+
—
—
—
+
+
j PbyncTionella curviceps Quenst.
—
+
—
—
_i_
—
j Bhynchonella plicatissima Quenst.
+
+
—
+
+
—
1 Bh. cfr. fissicostata Sue SS. . .
—
+
+
+
A
—
1 Terebratula punctata Sow.
—
—
+
' Terebratula punctata var. Andleri,
' Oppel
+
—
—
—
_L
—
I
186
P. VrS'ASSA DE PvZGXT
Da questo prospetto subito si riconosce come vada del tutto escluso
il R etico inferiormente ed il Lias medio superiormente. Siamo quindi
iielbEoliassico senza alcun dubbio.
Più difficile è stabilire Porizzonte preciso, poiché accanto a forme
retiche si hanno forme pertinenti persino al Lias medio. Ma la mag-
gioranza sembra tendere piuttosto al Retico ed all’Ettangiano che
non al Sinemuriano : cosicché io propenderei per ritenere i terreni
che comprendono questa faunula, anche avuto riguardo aUa posizione
che occupano, corrispondenti airEttangiano, o tutt’al più passanti
dalP Eohassico inferiore alP Eohassico superiore.
2. Fossili di Lias medio.
Xon molto numerosi sono i fossili del Lias medio, ma sufficienti
a st ab dire Tetà dei calcari rosati che li contengono.
La maggiar parte delle forme provengono dai calcari presso lo
Stavolo Crous, ma anche nel Lovinzola si hanno forme di questo pe-
riodo e più particolarmente la Ter. Aspasia in tipi che sono preva-
lentemente mesohassici. Ora siccome anche per giacitura tali calcari
corrispondono al Lias medio, così credo che la T. Aspasia sia in
questo caso da considerarsi come fossile del Lias medio. Per il mo-
mento non si sono rinvenute altre forme insieme alla T. Aspasia^
ma non dubito che nuove ricerche faranno ritrovare una fauna me-
sohassica in questi calcari, nei quah i fossih sono megho conservati
che non queUi dello Stav. Crous.
La faunula é costituita dalle forme seguenti :
S pirii erina ohtusa Off.
Sp. angulata Off.
.
12
Spessore .... » 3.5 » 4.5 » 5.5
L’apice robusto e ricurvo è disposto sopra l’area, più larga che
alta, fornita di apertura nettamente triangolare. Non si ha mai
traccia di seno, e la forma generale è slargata, quasi orbicolare.
FOSSILI MESOZOICI DELLE PREALPI DELL’aRZINO ISO
Per questi caratteri si distingue nettamente dalla Sj). rostrata che
è molto più ovalare, allungata, e che presenta un nettissimo seno,
anche negli esemplari non molto grandi.
Stavolo Crous: 7 esemplari.
i
j Spiri ferina rostrata Schlth.
I 1907. Spiriferina rostrata Schlth. — Dal Piaz, Fauna lias. Tranze Sospiroloy
I pag. 12, tav. I, fìg. 2 (cum syn.).
I Questa forma si distingue dalla precedente per il suo contorno
! ovale allungato, il suo spessore un poco maggiore e più che altro
per la presenza di un ampio e depresso seno nella valva dorsale.
Anche di questa specie non ho che sole valve dorsali. Le dimensioni
: sono al solito abbastanza limitate, sebbene siano un poco maggiori
degli esemplari di Sp. alpina, come risulta dal seguente specchietto:
I. IT.
Altezza mm. 9 mm. 12
Larghezza » 8 » 13
Spessore » 4.5 » 7
L’umbone è ricurvo, ma meno alto che non nella specie prece-
dente; la fessura deltidiale pure è abbastanza più alta e stretta. In
un esemplare meglio conservato si notano delle grossolane strie di
accrescimento.
L’esemplare maggiore presenta innegabili somiglianze con quello
figurato da Dal Piaz. L’esemplare minore invece, salve le dimensioni,
ha più analogie coll’esemplare del Hierlaz, figurato dal Geyer.
Calcari rosati dello Stav. Crous : 4 esemplari.
i Spiriferina gryphoidea Uhl.
Tav. VII, fìg. 17-18.
1907. Spiriferina gryphoidea Uhl. — Dal Piaz, Fauna lias. Tranze di Sospi-
] roto, pag. 16, tav. I, fìg. 4 {cum syn.).
Anche di questa forma non ho che esemplari della valva dor-
sale. La valva è ovale, allungata, poco ristrettita all’ umbone, glo-
bosa e rigonfia, come è indicato dalle seguenti dimensioni :
5
190
P. VIXASSA DE PvEGXT
I. ri.
Altezza mm. 9 mm. 19
Larghezza » 7.5 » 13
Spessore » 4 » 7
Manca ogni e qualsiasi traccia di seno. L’umbone, acuto, ricurvo
come un becco, non giunge mai a ricoprire la valva ventrale. L’area
alta e stretta ha una netta apertura triangolare. In due esemplari si
scorgono delle grosse strie di accrescimento.
Il Geyer credè di poter riunire questa specie alla Sp. brevirostris
Opp. Già rUhlig però ne aveva fatto notare le differenze, e recente-
mente il Dal Piaz ha recato nuove prove in favore dell’ autonomia
di questa forma.
I miei esemplari somigliano assai a quello figurato da Dal Piaz,
ma sono al solito più piccoli.
Calcare roseo dello Stav. Crous : 8 esemplari.
Rhynchonella curviceys Quenst.
Tav. VII, fìg. 19.
1907. Bhynclionella curviceps Quenst. — Dal Piaz, Fauna liassica d. Trame
di Sospiralo, pag. 23, tav. II, fìg. 1-3 [cum syn.).
Una sola valva dorsale, molto rigonfia, globulare, di dimensioni
abbastanza limitate, come risulta dal seguente specchietto :
Altezza mm 9
Larghezza » 10
Spessore » 5
Umbone appuntito non molto ricurvo con angoli laterali arro-
tondati. Seno largo, ampio, ma appena distinto. Si contano 4 coste,
comprese le terminali, in corrispondenza del seno, e pure 4 coste pei
lato. Le coste sono abbastanza rilevate, ottuse alcune quasi eva-
nescenti verso l’umbone. Fronte molto alta ; commessura frontali
fortemente ricurva in rispondenza del seno.
Per il numero minore delle coste e per le minori dimensioni i
mio esemplare si distingue nettamente da quelli figurati da Dal Piaz
FOSSILI MESOZOICI DELLE PREALPI DELL’aRZINO
191
avvicinandosi invece piuttosto alle forme del Lias di Taormina figu-
rate dal Di Stefano, ma distinguendosi subito per maggiore glo
bosità.
Nei calcari rosei dello Stav. Crous : Unico.
Rhynchonella cfr. inversaeformis Bose u. Schlosser.
Riferisco con dubbio a cjuesta forma un esemplare incompleto,
che non mi permette sicurezza di determinazione.
Gli autori della specie, dopo aver rilevato le somiglianze e le dif-
ferenze colla Rh. inversa^ fanno notare (Bose u. Schlosser, Ueber die
mittelliasische Brachiopcdenfauna von SUdtyrol, Palaeontographica,
1900, pag. 192, tav. XVII, fig. 27) come se ne abbiano due tipi :
uno a coste pià rilevate, ed uno a coste più depresse; sempre le coste
in numero di 5-6 al massimo.
Il mio esemplare presenta coste abbastanza rilevate ed ha note-
voli analogie colle figure 27 e 27a della tav. XVII.
Nei calcari rosati dello Stav. Crous : Unico.
Rhynchonella flabellum Mngh.
1907. Bhynchonella flabellum Mngh. — Dal Piaz, Fauna Massica d. Tranze di
Sospiralo, pag. 26, tav. II, fig. 9 {cum syn.).
La forma è caratterizzata dal suo contorno triangolare con la
fronte arrotondata. Le valve sono depresse, il lobo ed il seno sono
pochissimo distinti. Le coste sono assai rade, rilevate, ottuse e tutte
intersecate da linee di accrescimento non molto distinte.
Di questa forma ho due esemplari maggiori, alti circa mm. 12 e
largi mm. 14 i quali rispondono benissimo agli esemplari figurati dal
Gemmellaro (Sopra i fossili della zona a T er . Aspasia , tav. XI,
fig. 25 e 26).
Un esemplare minore, alto mm. 6, risponde invece assai bene alla
forma junior descritta dal Canavari (Brachiopodi d. strati a Ter eh.
Aspasia nelV Appennino centrale, psig. 28) e da lui figurata nella
fig. 7 della tav. IV.
Nei calcari rosati dello Stav. Crous : 3 esemplari.
192
P. VINASSA DE REGXT
Rhynchonella palmata Opp.
1907. Bhynchonella palmata Opp. — Dal Piaz, Fauna liassica d. Trame di
Sospiralo, pag. 27 [cum syn.).
La Rhynchondla palmata è forma molto rara nei giacimenti del
Lias medio delle Alpi venete. Il Dal Piaz non ne cita che due soli
esemplari di Sospirolo, ed io non ho che un solo frammento abba-
stanza bene riconoscibile per la sua forma triangolare, la sua fronte
tronca e la mancanza di lobo e di seno. Le coste sono abbastanza
alte e convesse.
L’esemplare non è molto grande, misurando mm. 13 di altezza.
Nei calcari rosati dello Stav. Crous : Unico.
Rhynchonella Fraasi Opp. var. paucicostata Dal Piaz.
1907. Rhynchonella Fraasi Opp. var. paucicostata Dal P]az, Fauna liassù-a d.
Trame di Sospirolo, pag. 32, tav. II, fig. 8 {cum syn.).
Questa forma si differenzia dalla specie tipica solamente per il
minore numero delle coste, che sono soltanto nove sulla valva dor-
sale ed otto sulla valva ventrale. Anche le coste sono abbastanza più
rilevate che non nella forma tipica.
La forma è rarissima, non avendone che un solo esemplare di
dimensioni anche molto limitate, poiché misura appena mm. 5 di
altezza.
Nel calcare rosato dello Stav. Crous : Unico.
Pseudokingena Capellina Di Stefano sp.
1891. Kingena Capellina Di Stefano sp.. Il Lias medio del II onte S. Giu-
liano. — M. della Soc. Gioenia di Se. nat., voi. Ili, pag. 265, tav. IV,
fig. 24-26.
1901. Pseudokingena Capellina Pose u. Schlosser, Ueber die mittelliasische
Brachiopodenfauna von Sudtyrol, pag. 179, tav. XVTI. fig. 3.
Questa specie venne considerata come tipo di un nuovo genere
da parte di Pose e di Schlosser, ed effettivamente merita di esser
FOSSILI MESOZOICI DELLE PREALPI UELL’aR/INO 1 Ji.'J
tenuta distinta dal genere del Davidson. Il mio esemplare non mi
permette di entrare in particolari sulla struttura interna del bra-
chiopode, e quindi mi baso, per il riferimento, soltanto sulla forma
esterna, la quale è rispondentissima a quella dell’esemplare figurato
dai Bose (fig. 3 c), dal quale si distingue solo per le sue dimensioni
maggiori misurando il mio esemplare mm. 5 di altezza, mentre quello
di Bose è alto solamente mm. 4.
Nei calcari rosati dello Stav. Crous.
Terehratula Aspasia Mngh.
Tav. VII, fìg. 20-21.
1907. Terehratula Aspasia Mngh. — Dal Piaz, Fauna liassica d. Trance di
Sospiralo, pag. 45 {curri syn.).
Alle numerose ed accuratissime descrizioni che di questa forma
hanno dato gli autori precedenti nulla ho da aggiungere.
Ho di questa forma due frammenti e due esemplari completi, che
misurano le seguenti dimensioni :
I. II.
Altezza mm. 12 mm. 8
Larghezza » 16 » 24
Spessore » 9 » 4
L’esemplare minore, che è quello figurato, ha grandissime somi-
glianze coll’esemplare figurato dal Gemmellaro (Sopra i fossili della
zona con T. Aspasia della Provincia di Palermo, tav. XI, fig. 1)
dalla quale si distingue solo per avere la valva ventrale più pia-
neggiante.
Una certa analogia presenta pure colla forma dal Geyer (Brachio-
poden des Hierlatz) riferita alla T. nimbata Opp. e figurata nella
tavola III, alla figura 12; ma la forma diversa che nella T . nimbata.
ha la valva dorsale, la distingue immediatamente.
L’esemplare maggiore ha invece analogie grandissime con quello
figurato dal Canavari (BrachiojMdi d. strati con T. Aspasia nelVAp-
194
P. VINASSA DE EEGNT
pennino centrale) nella tavola I alla fig. 2, che risponde alla var.
major di Zittel.
Anche il Dal Piaz ha riconosciuto tra gli esemplari delle Tranze
di Sospirolo la var. major.
Nei calcari rosati del M. Lovinzola : 4 esemplari.
Waldheimia cerasulum v. Zitt.
Tav. VII, fig. 22-25.
1863. Terebmtula cerasulum Zittel, Geologische Beobachtungen aus cleri Central-
Appenninen, in: Benecke Geolog. u. Paleontol. Beitrage, 11,1-2, pag. 145,
tav. XIV, fig. 5-6.
1894. Terebratula cerasulum Zitt. — Fucini, Fauna dei calcari bianchi ceroidi
del M. Pisano, pag. 72, tav. VII, fìg. 17 {cum syn.).
Conchiglia di pìccole dimensioni, come risulta dal seguente
specchietto :
J.
II.
UT.
Altezza
6
8.5
Larghezza ....
. . . . » 6
6
9
Spessore
. . . .. » 3.5
4
4.5
La conchiglia è globulare arrotondata, molto rigonfia in entrambe
le valve. La convessità è varia nelle due valve : difatti mentre la valva
ventrale è uniformemente convessa ed è perciò più rigonfia al centro,
la valva dorsale ha il suo spessore massimo in corrispondenza del-
Tumbone dal quale il rimanente della conchiglia scende rapidamente
verso il fronte. L’apice è molto ottuso e fortemente ricurvo. Tutta
quanta la conchiglia è minutamente punteggiata, con punteggiatura
nettissima.
La forma è molto comune, anzi è la più comune di tutti i bra-
chiopodi del calcare dello Stavolo Crous. Ne ho esemplari tipici che
in nulla si distinguono da quello figurato dallo Zittel nella figura 5
della tavola XIV.
Nei calcari rosati dello Stav. Crous : 19 esemplari.
FOSSILI MESOZOICI DELLE PREALPI DELL’arZIXO
195
Waldhtimia appenninica Zitt.
1863. Terehratula appennìnica Zittel, Geolog. Beohach. aus den C entrai- Appen-
ninen, pag. 127, tav. XIV, fig. 9.
1889. Terehratula appenninica Zittel. — Geyer, Liasische Brachiopodenf auna
des Hierlatz, pag. 33, tav. IV, fig. 8-12.
Questa bella forma venne cosi ben descritta dal Geyer, che non
credo necessario aggiungere nemmeno una parola alla sua descri-
zione accuratissima.
I miei esemplari rispondono benissimo, due alla figura 11 del Geyer,
uno alla figura 9 ed il quarto, oltre che alla figura stessa del Geyer,
anche alla figura 9 della tavola dello Zittel, colla quale sono anche
rispondenti le dimensioni.
Queste sono sempre abbastanza limitate, come risulta dallo spec-
chietto seguente :
I. II. ni.
Altezza mm. 4 7 8.5
Larghezza » 3.5 6.5 8
Spessore » 1.5 2.5 3
La forma sembra abbastanza rara in Italia. Il Canavari la cita
deir Appennino centrale solo sulla fede di Zittel, non avendone
avuti tra mano esemplari. Il Dal Piaz nemmeno la ha trovata nel
giacimento di Lias medio delle Tranze di Sospirolo.
Nei calcari rosati dello Stav. Crous : 4 esemplari.
3. Fossili titoniani.
I fossili titoniani sono, per adesso, rappresentati da un brachio-
pode e da tre soli non ben conservati esemplari di ammoniti, prove-
nienti dai calcari rossi con macchie verdicce, di aspetto caratteristico
identico al Titoniano appenninico.
Non mi sarebbe stato possibile determinare questi fossili senza il
valido aiuto dei profi. Canavari e Fucini, che tengo a ringraziare cal-
damente, e senza il materiale ricchissimo di confronto che venne
messo a mia disposizione nel Museo pisano.
P. VINASSA DE REGXY
9 6
Le forme :
Perispinctes rectefureatus Zitt.
P. cfr. Geron Zitt.
Phylloceras Kochi Opp.
non lasciano il più piccolo dubbio sulla pertinenza al Titoniano dei
calcari della base del M. Piombad, che chiudono la, serie mesozoica
di questo gruppo montuoso e limitano, insieme ai calcari del Lias
medio, uno spazio nel quale nuove ricerche, spero, faranno rinvenire
fossili del Lias superiore, che già sembra essere accennato dal nostro
materiale, per adesso troppo scarso e dubbioso per dare sicurezza di
determinazione .
Da Gas. Avrint, alla quota 1100 m., proviene invece, insieme
ad un Perispinctes molto dubbioso, anche un esemplare di Terebra-
tuia triangulns, costante accompagnatrice della diphya. Il tipo del
calcare lascia sperare in questa località il rinvenimento di una
buona fauna titoniana.
Terehratula triangulus Lmk.
Tav. VII, fìg. 26.
1885. Terehratula triangulus Lmk. — Quenstedt, Petrefalctenlounde (III Ed.),
pag. 716, tav. 55, fìg. 31.
Un solo esemplare abbastanza ben conservato, come si può rile-
vare dalla figura, è del tutto rispondente a questa specie, fedele com-
pagna, come dice il Quenstedt, della Pygope diphya Colonna.
Il mio esemplare misura un’altezza di mm. 23 ed una larghezza
massima di mm. 22 con uno spessore di mm. 13.5.
La forma è tipicamente triangolare, troncata alla fronte che ])re-
senta netta ed ampia una insenatura non molto profonda. L’umbone
ottuso e poco ricurvo sporge più di un mm. sulla valva ventrale.
La globosità, non molto forte, è massima verso la regione um-
bonale.
Il mio esemplare è leggermente dissimetrico, accusando da un i
lato un'angolosità maggiore all’incontro del margine laterale col
margine frontale.
Nei calcari rosati di Gas. Avrint : Unico. i
FOSSILI MESOZOICI DELLE PREALPI DELl’aRZINO
107
J^erisphinctes rectefurcatus Zitt.
1886. PerispJiinctes rectefurcatus Zitt. — Siemiradski, Monofjr. der (Jattung
Perisphinctes. Palaeontographica, pag. 160 {cum syn.).
Anche questa forma è rappresentata da materiale frammentario,
sufficiente però ad una sicura determinazione, essendo conservate
benissimo le ornamentazioni delFultimo giro.
La forma è discoide con ombelico molto ampio ; la sezione del
giro è subquadrangolare, o meglio ovalare, essendo un poco più alta
che larga ed a lati esterni leggermente arrotondata.
Sulla superficie si scorgono delle coste nette, rilevate, rotondeg-
gianti, perfettamente diritte, che regolarmente a metà del giro si
biforcano. Esternamente tutte le coste sono interrotte da un solco
mediano abbastanza ampio ma poco profondo.
Delle forme prossime si possono escludere il Per. transitorius , il
quale ha una sezione quadrangolare e coste abbastanza più fitte ed
un poco ricurve ; il Per. exornatus perchè ha Tombelico più ampio ed
un rigonfiamento ben distinto al punto ove le coste si biforcano ;
e finalmente il molto prossimo Per. eudichotomus , il quale invece di
avere le coste diritte come il rectefurcatus le ha invece un poco pie-
gate e curvate in avanti.
M. Piombad sotto Gas. Avrint : Unico.
Perisphincies cfr. Geron Zitt.
E un frammento delFultimo giro, che non saprei a quale specie
meglio riferire, ma che non permette certo una sicura determi-
nazione.
La forma è discoide, pianeggiante, esternamente ricurva. La se-
zione del giro è molto più alta che larga, e presenta la massima lar-
ghezza nella porzione fiancheggiante l’ombelico, dove si nota, come
nelle tipiche forme di P. Geron, un’angolosità formata dalle porzioni
laterali del giro che scendono quasi perpendicolarmente verso l’om-
belico.
198
P. VIXASSA DE PtEGXY
La superfìcie è tutta quanta segnata da coste uniformi, acute,
fitte, quasi rettilinee, un poco solo dirette verso l’avanti; queste coste
sui lati e poco oltre la metà si biforcano ed i rami cosi formati si
continuano anche sul margine esterno senza interruzione.
Le dimensioni del mio esemplare corrispondono quasi esattamente
a quelle date dallo Zittel; difatti si ha :
Diametro deU’esemplare completato . . mm. 135
Altezza delFultimo giro n 40/100
Ampiezza deH’Qmbelico % 35/100
Spessore » 25/100
Una variazione cioè in meno per l’altezza e lo spessoro di 1 1 00.
Invece una differenza si nota nel numero delle coste che nel
mio esemplare è molto superiore.
M. Piombad sotto Gas. Avrint : Unico.
Phylloceras Kocìii Opp. sp.
1869. Phylloceras Kochi Opp. sp. — Zittel, Die Cephalopoden der Stramberg
Schichten, pag. 65, tav. VI, fig. 1; tav. VII, fìg. 1-2.
1876. Phylloceras Kochi Opp. sp. — Zittel, Die Fauna der aelteren Gephalo-
poden fiihrenden Tithonbildungen, pag. 159.
Diametro deH’esemplare mm. 63
Altezza dell’iiltimo giro » 56/100
Ombelico » 6.5/100
Spessore » 36.5/100
La forma è, a primo aspetto, molto prossima al liassico Ph. Nils-
soni ; ma un accurato esame riesce a tenerla distinta, poiché la for-
ma titoniana è abbastanza più tozza di sagoma, misurando uno
spessore maggiore.
Il mio esemplare è anche un tantino più rigonfio di quello di
Zittel, che segna per lo spessore solo 36/100. Inoltre il Ph. Nilsoni
è più pianeggiante ai lati.
Il massimo spessore è presso la regione ombelicale, la quale è
molto ristretta, i giri essendo quasi del tutto involuti.
FOSSILI MESOZOICI DELLE PREALPI DELL’AEZINO
100
Trattandosi di un modello, non sono riuscito a scorgere i lobi.
I solchi in numero di cinque sono forti; si iniziano alPombelico, pro-
cedono rettilinei per lungo spazio sui margini laterali e solo verso
Fultimo quinto si volgono leggermente in avanti, e sul lato esterno
formano una linea un poco convessa in avanti, ma sono meno spic-
cati che non sui margini laterali.
La forma non è rara nel Tifoni ano. Zittel ne cita un esem-
plare gigante di 300 mm. di spessore proveniente da Rave Cupa al
M. Catria nell’ Appennino centrale.
M. Piombad sotto Cas. Avrint : Unico.
Catania, Istituto Geologico della R. Università, dicembre 1909.
P. VINASSA DE REGNY
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA.
1.
Ostrea anomala Trqm
Gas. Palaribosa.
2.
Anomia cfr. numismalis Opp. .
2: 1
»
»
3.
Pecten Hehli d’Orb
2: 1
»
»
4.
Pecten Hehli d’Orb. . . . Grand, nat.
»
Conca d’Avrint.
5-7.
Bhynchonella plicatissima Quen-
STEDT
2 : 1
»
Gas. Palaribosa.
8-11.
Bhijnchonella plicatissima Quen-
STEDT Grand, nat.
»
»
12-13.
Terebratula pu notata Sow. . . .
2 : 1
»
»
14.
Terehratula punctata var. An-
dleri Opp
2 : 1
»
»
15-16.
Spiriferina angulata Opp. . . .
2 : 1 Lias medio
Stavolo Croiis.
17-18.
Spiriferina gryphoidea Uhl. . .
2:1
»
»
19.
Bhynchonella curviceps Quenst.
2 : 1
)>
»
20.
Terehratula Aspasia Mngh. . .
2 : 1
»
M. Lovinzola.
21.
Terehratula Aspasia var. major
ZiTTEL Grand, nat.
»
»
22-25.
Waldheimia cerasulum ’Aitt. . .
2 : 1
»
Stavolo Crous.
26.
Terehratula triangulus Lmk. Grand, nat.
Titoniaiio
Gas. Avrint.
Fotot. ['«ne.si - Roma
201
NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE
OE^OJL^OOrOA
PER l’anno 1909 ^
De Angelis d’Ossat G. — Inchiniamoci alle supreme leggi deir Universo.
(Carità di Patria, numero unico prò Sicilia e Calabria). — Roma, 1909.
L’autore prendendo le mosse dalle tracce di sollevamenti antichi e recenti
che si osservano su le coste della Sicilia e della Calabria, suppone che la causa
del terremoto e del maremoto sia dovuta ad un nuovo sollevamento dello
Stretto. Consiglia per le nuove costruzioni delle prescrizioni che obbediscano
alle leggi di Natura perchè se ne possano vincere i parossismi.
De Gasperi G. B. — / dintorni di Cividale del Friuli. Studio geoagronomico.
(Bull. Associaz. Agraria Friulana, 1909, pag. 1-152, con Carta e tav.). —
Udine, 1909.
11 territorio esaminato in questo studio, misura circa 130 chilometri qua-
drati, e comprende l’intera tavoletta di Premariacco attaccandosi poi verso
ovest alle due tavolette di Udine e di Tricesimo dell’Istituto Geografico Mili-
tare. Lo studio completo riflette solo il comune di Cividale che occupa circa
metà della regione presa in esame, mentre la rimanente porzione si presenta
in condizioni pressoché identiche. Premesso un rapido esame oroidrografico
e geologico della regione, sono riportati i risultati dei numerosi sondaggi ese-
guitivi a scopo di ricognizione del suolo e del sottosuolo, seguiti dalle analisi
chimico -agrarie dei campioni di terre e di roccie raccolti. Completano la Me-
moria numerose notizie agrarie intorno al territorio rilevato.
^ Vi sono comprese anche quelle pubblicazioni che, pur trattando di loca-
lità estere, interessano la geologia d’Italia od hanno rapporto con essa.
202
De Launay L. — Le cataclisme de Messine. (La Xature, n. 1859, 9 janvier
1909, pag. 82-83).
Accenna ai principali fatti che accompagnarono il fenomeno, ed esamina la
geologia della regione interessata dal terremoto, chiudendo con una discus-
sione teorica sull’origine del movimento sismico e sulla sua particolare natura.
De Launay L. — Le désastre italien. (La Xature, n. 1860, 16 janvier 1909,
pag. 103-106).
Espone alcune indicazioni complementari sul terremoto di Messina.
Delkeskamp R. — Die Sudsaline zu Volterra. (Kali Zeits. f. die Ge-
winn., etc., der Kalisalze, III, 13, 1909).
È questa la prima parte di un lavoro destinato ad illustrare in tutti i
suoi più minuti particolari l’industria della estrazione del sale delle saline di
Volterra mediante l’evaporazione artificiale delle acque salse del sottosuolo
ed in questa prima parte l’autore tratta della storia della industria e delle
condizioni geologiche dei giacimenti di sale che la alimentano.
Dopo avere accennato ai vari mezzi di procurarsi il sale da cucina usati
in Italia nei tempi antichi e moderni, e delle varie sorgenti di questa sostanza,
l’autore parla della situazione topografica delle saline di Volterra, ed espone
la storia dell’industria che fa rimontare al 1015. Fino al 1716 si estrasse l’ac-
qua dai pozzi senza sapere da dove proveniva il sale in essa disciolto; soltanto
a cominciare da quell’epoca con nuovi pozzi e perforazioni fu messo in luce
il giacimento salino. L’autore presenta quindi la sezione geologica di una di
queste perforazioni eseguita nel 1832 e^ riporta le notizie raccolte e pubblicate
da Karsten {Lehrbuch der Salinenkunde), da Russegger (V. J. f. jlin. ecc.,
1840) e da Fr. v. Alberti {Halurgische Geól., 1852). Ricorda poi i lavori di
ricerca con pozzi e gallerie eseguiti dal Savi dal 1829 al 1857 coi quali furon
messe in piena evidenza le condizioni stratigrafiche del giacimento: e dopo
una sommaria descrizione della costituzione geologica di quei dintorni
passa alla esposizione particolareggiata dei risultati ottenuti in seguito alle
indicate esplorazioni e riporta la sezione geologica di una delle più importanti
trivellazioni. Accenna finalmente ai recenti lavori eseguiti nel sottosuolo ed allo
stato attuale della produzione, riservandosi di discorrere dell’ordinamento
e delle condizioni tecniche ed economiche deil’industria in una prossima se-
conda parte.
203
Egixitis D. — Sur les tremblements de terre du 28 décemhre 1908 et du
23 janvier 1909. (Comptes-rendus Acad. des Selene esporne CXLVlir,
11. 11, pag. 739-740). — Paris, 1909.
Piporta le registrazioni rilevate al sismografo dell’Osservatorio di Atene,
dopo il terremoto del 28 dicembre 1908, dalle quali deduce che, per la man-
canza di onde preliminari, era chiaro doversi trattare di un movimento vicinis-
simo. Esamina ancora il diagramma dato, dallo stesso sismografo, il 23 gen-
naio 1909 e ne deduce una distanza epicentrale di circa 3000 km.
Eredi A F. — Contributo allo studio dei terremoti messinesi. (Boll. Soc. Si-
smolog. ital., voi. XIII, n. 9-10, pag. 481-496). — Modena, 1909.
L’A. riporta, in questo articolo, molti dati ed osservazioni da lui raccolti
intorno al periodo sismico manifestatosi in provincia di Messina, nell’agosto
del 1898. Deduce che le scosse più fortemente avvertite, in questo periodo, nella
città di Messina, sono state quelle aventi i loro centri a E ometta ed a
Lar deria.
Dalla comparazione dei dati stessi con quelli di precedenti e susseguenti pe-
riodi risulta che le manifestazioni sismiche avveratesi nel Messinese dal 1893 al
1904 hanno interessato aree epicentr ali che trovansi spostate le une rispetto alle
altre verso nord. Si può così affermare che i movimenti sono attribuibili
ad unico fenomeno, manifestatosi in posizioni successive e quindi ammettere
resistenza di un solo centro sismico avente sede nella regione peloritana.
Eisenmenger G. — Surcreusement glaciaire du lac de Carde {Italie). Comp-
tes rendus Académie des Sciences, tome 149, n. 18, pag. 749-751). —
I Paris, 1909.
L’A. esaminando la coaformazione attuale delle rive del lago di Garda,
conclude come, anche ammettendo la sua origine dovuta ad una depressione
tettonica nei tempi mesozoici, bisogna riconoscere che la sua configurazione
ultima è l’opera di una potentissima erosione glaciale.
Fabiani R. — Carta della 'permeabilità delle rocce del badilo delVAgno e brevi
note illustrative. (R. Magistrato alle Acque. Ufficio idrografico. Pubbli-
cazione n. 6, pag. 1-8, con tav.). — Venezia, 1909.
Nella Carta in esame furono adottate le quattro divisioni seguenti: P Bocce
( impermeabili (micascisti, arenarie werfeniane, porfìriti, basalti, tufi basaltici
I e terreno morenico). 2° Eoccc poco permea&^7Ucalcari, triasici, giuresi, oligocenici
204
non carsici, marnosi dell’ Eocene superiore e dolomia stratificata). 3° Bocce
semi-permeabili (arenarie di Val Gardena e scaglia del Cretaceo superiore).
40 Bocce permeabili (calcari fratturati dell’Eocene superiore e dell’Oligocene in-
feriore, detriti di falda ed alluvioni minute e grossolane).
La carta è redatta in scala di 1 a 100 mila, ed in essa sono segnati a co-
lori i vari gradi di permeabilità secondo la classifica sopra riportata.
Fabiani R. — Nuovi giacimenti a Lepidocyclina elepìiantina nei Vicentino,
e osservazioni sui cosidetti strati di Schio. (Atti R. Istit. Veneto di Se.,
Lett. ed Arti, tomo LXVIII, disp. 9^, pag. 821-828). — Venezia, 1909.
Considera l’A. specialmente la successione stratigrafica osservata nel colle
di Castelliero, per far conoscere con esattezza la posizione occupata dal de-
posito a Lepidocyclina elepìiantina. Conclude da tali osservazioni: 1° che gli
sembra inesatto mantenere il termine « strati di Schio » quale sinonimo di
Aquitaniano, come pure il termine « strati a Scutella subr »: nello stesso senso.
2° Che il livello specifico della Lepidocyclina è alla base deH’Aquitaniano
o Miocene più basso. 3° Che almeno in via generale nel bacino vicentino-ve-
ronese si ha continuità di sedimentazione fra il più alto Ohgocene ed il Mio-
cene inferiore.
Fermann a. — Ueber den Quarz aus dem Granii por pìiyr der 1 risei Elba.
(Bull. Ac. Se. St. Pétersbourg, pag. 187-197).
I fenomeni di contatto dei graniti porfirici deH’interno dell’Elba, mostrano
che i cristalli di quarzo idiomorfi sono attraversati da fratture di risalto, le
quah sono orientate secondo una faccia del prisma (1010) o del romboedro
fondamentale. Poiché negli individui non si riscontra nè struttura zonata nè
traccie di geminazione, deduce che le faccie di separazione sono da attri-
buirsi a scorrimenti avvenuti prima del completo consolidamento del magma
ed anche non è raro di osservare, su dette faccie, cristalli di quarzo di nuova
formazione.
Simili fenomeni, sebbene in più piccola scala, si riscontrano, secondo l’au-
tore, nei graniti porfirici o porfidi quarziferi di Schoschiswildo a Tiflis, neH’Harz
ed a Verespatak in Ungheria.
Flores E. — La scoperta delVHelium nelle sublimazioni vesuviane. (Rivista
« La Gioventù italiana », voi. I, n. 7, pag. 5). — ■ Bologna, 1909.
In questa breve nota l’autore cita la comunicazione fatta dal prof. Luigi
Palmieri, ai soci della Reale Accademia di Scienze fisiche e matematiche di Na-
205
poli, nella seduta del 12 novembre 1881, nella quale annunziava la scoperta del-
l’Helium, in una sostanza raccolta su l’orlo di una fumarola prossima alla bocca
di eruzione del Vesuvio.
Di qui prende le mosse per dimostrare come sia doveroso rivendicare al
Palmieri stesso l’onore della scoperta di questo importante elemento, fìn’oggi
attribuita al Eamsay ed al Clève, che ne dettero notizia nel 1895.
Molti altri fatti sono addotti in appoggio alla tesi sostenuta, dai quali egli
deduce come indiscussa la priorità del Palmieri in una scoperta di tanto valore.
Ferrerò L. — Osservazioni sul Miocene medio nei dintorni di 8. Mauro
Torinese. (Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVIII, fase. P, pag. 130-143,
con 1 tav.). — Roma, 1909.
Descrive l’autore la fascia di terreno miocenico che, in discordanza, cir-
conda ranticUnale eocenica di Gassino, ed è esclusivamente costituita da for-
mazioni del Langhiano e dell’Elveziano. 11 Langhiano s’innalza fino a Superga
(654 m.) e risulta di marne, sabbie e conglomerati alternantisi fra loro, con
fossili numerosi e ben conservati; l’Elveziano è scarsamente rappresentato da
una stretta fascia che, in particolare, a nord è erosa e ricoperta dalle allu-
vioni [del ;Po. L’insieme delle due formazioni indica un ambiente abba-
stanza vario di mare poco profondo e di htorale. Alla descrizione generale della
località fa seguire poi le hste dei fossili raccolti nei vari orizzonti e descrive
una nuova forma di lepidocyclina {LepidocycUna Negrii n. f.) riprodotta in
una tavola annessa alla Memoria. Conclude infine che, dopo questo studio
ed il precedente del Prever sul versante al Po del colle di Superga, non risulta
resistenza di una chiara hnea di separazione fra una parte più antica ed una
più recente nella serie miocenica in esame. Resterebbero da considerarsi i ca-
ratteri paleontologici, ma anch’essi, sebbene accusino differenze attribuibili
piuttosto a diversità di ambiente che a relazioni cronologiche, non potrebbero
permetterci una netta distinzione fra i due periodi accennati. L’unico dato
per riferire al Langhiano le zone più profonde, consiste nel rinvenimento delle
descritte forme di lepidocyclina, alle quali però le affinità con le miogypsine
diminuiscono forse il significato di fossile caratteristico del Langhiano.
Fornasini C. — Revisione delle Lagene reticolate fossili in Italia. (Rend.
delle Sess. della R. Acc. delle Se. di Bologna, voi. XIII, n. s., opiisc.
di 8 pag., con 1 tav.). — Bologna, 1909.
L’autore si occupa in questo studio, della revisione di forme di Lagene
reticolate neogeniche italiane, confrontandole con tipi stranieri descritti da
6
206
varii paleontologi. Il lavoro è corredato da una tavola riproducente disegni
di vari autori e tipi di specie.
Frenguelli G. — Escursione a Viterbo fatta dalla Società Geologica Italiana
nei giorni 23-24 settembre 1908. (Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVII,
fase. 4P, pag. cxli-clvjh). — Roma, 1909.
La relazione si mostra interessante in particolare per la discussione sulla
genesi del peperino che occupa tutt’attorno la base del Monte Cimino. In ap-
pendice sono poi riportate le conclusioni inviate per iscritto, dagli ingegneri
Clerici e Sabatini e dal prof. Fantappiè sul connato argomento.
Fucmi A. - — La Clielone Sismondai Fort, del Pliocene di Orciano in provincia
di Pisa. (Palaeontographia italica, voi. XV, pag. 101-125). — Pisa, 1909.
Lo scheletro di Chelone esaminato nella Memoria, è ritenuto uno dei più
importanti fin qui trovati nel Pliocene. Esso presenta molte affinità con le
specie dei viventi: Oh. midas propria dei mari caldi e trovata due volte nel-
l’Adriatico, e Oh. imhricata; estendendo però i confronti si possono rintrac-
ciare legami filogenetici tra la specie in questione e la Oh. girundica miocenica.
Il lavoro è corredato da cinque belle tavole in eliotipia nelle quali è rappre-
sentato il prezioso esemplare di Orciano nei suoi vari stadi di ricomposizione.
Fucmi A. — Ulteriori osservazioni sui calcari cavernosi della Tosaina.
(Proc. verb. Soc. Tose, di Se. Nat., voi. XVIII, n. 3, pag. 33-36). —
Pisa, 1909.
È una ulteriore confutazione alle idee espresse dall’ing. Lotti a proposito
dell’età dei marmi gialli di Siena nonché dei calcari cavernosi e degh scisti
varicolori della Toscana ed in particolare su uno dei punti più controversi
della questione, quello cioè riguardante i calcari cavernosi e gli scisti vari-
colori della parte N.O. del Monte Pisano, ritenuti retici dal Lotti. L’autore so-
stiene anche qui le opinioni espresse in precedenza, cioè che detti materiali
siano da attribuirsi al Cretaceo e stiano in ordine cronologico naturale.
GautierA. — Sur le gaz des fumerolles volcaniques . (Comptes reiidus Acad.
des Sciences, tome 148, pag. 1708-1715). — Paris, 1909.
L’autore espone i risultati delle analisi da lui fatte sui gas delle fumarole
prossime al cratere principale del Vesuvio, dopo la grande eruzione del 1906.
I gas rintracciati furono : acido cloridrico, anidride carbonica, idrogeno, ossigeno.
207
argon e vapore d’acqua; esclusa la presenza di ossido di carbonio, idrocarburi,
ossidi d’azoto, acido solforoso ed acido solfidrico, ed anche di acido fluoridrico
e floruri di silicio e di boro. Osserva però che i gas di queste fumarole attac-
cavano rapidamente l’acciaio ed il rame, ed avevano un odore che richiamava
il bromo od il cloro; promette quindi di dare in altra nota i maggiori rag-
guagli su tali osservazioni.
Gemmellaro M. — Nuove oservazioni paleontologiche sul Titonico inferiore
della provincia di Palermo: I. Gasteropodi . (Giorn. di Se. Nat. ed Econo-
miche di Palermo, voi. XXVII, a. 1908, pag. 241-262, con 2 tav.). —
Palermo, 1909.
I fossili descritti dall’autore provengono tutti dai calcari di scogliera delle
regioni Eotoli e Favara presso Palermo, dai dintorni di Carini, da Terrasini e
dalla Eupe del Castello di Termini Imerese. Delle specie comprese nella me-
moria 17 sono nuove, mai finora indicate in Sicilia e 2 nuovamente descritte,
perchè trovate in esemplari migliori di quelli posseduti.
Gabella A. — Risultati delV analisi deir acqua termominerale della sorgente
San Calogero nelVisola di Lipari. (Boll. Soc. dei Nat., XXII, pag. 38-
44). — Napoli, 1909.
La sorgente trovasi nel versante occidentale dell’isola, a circa 40 metri sul
livello del mare: l’autore fa la descrizione delle operazioni fatte per la ricerca
dei gas, dei nitriti, nitrati, dell’ ammoniaca, dell’idrogeno solforato e dei sol-
furi. Eiporta quindi il risultato delle diverse analisi qualitative e quantitative
eseguite per determinare la composizione dell’acqua.
Dalle medesime si deduce che quest’acqua, la quale fu creduta sempre
solfurea e specialmente ricca di solfuri in genere e di ferro in specie, non è
nè solfurea nè solforosa, ma la sua mineralizzazione è dovuta invece ai clo-
ruri e solfati di sodio, potassio e calcio ed ai bicarbonati di calcio e magnesio.
Girasoli; D. — SulVargilla gialla di Ruvo {Bari). Atti R. Istit. d’Inco-
ragg. (6), LX, pag. 15-17). — Napoli, 1909.
Nei dintorni di Euvo, al disotto di una roccia calcarea conchiglif era, com-
patta ma friabile, indicata col nome locale di càrparo, si rinviene deH’argilla
stratificata di color giallo -chiaro, la quale, fin dai tempi della Magna Grecia, è
usata su vasta scala per la fabbricazione delle terre cotte e delle maioliche.
208
1
Gorge V K. — Eine neue Ajjatitvarietàt aus Elba. (Centralbl. fiir ^Mineralogie
Geol. u. Pai., 1909, n. 11, pag. 337). — Stuttgart, 1909.
11 minerale in esame si ^trovò nel cantiere « Speranza » a San Piero in
Campo, all’ Elba, nella pegmatite tormalinifera, insieme con zooliti. L’abito
cristallografico che esso mostra è diverso dagli altri tipi conosciuti di apa-
tite; i bei cristalli violetti sono specialmente sviluppati secondo una faccia di
prisma tabulare in modo da rassomigliare a cristalli monoclini, e presentano
geminazioni secondo una faccia di piramide.
Gortani M. — Avanzi di mammiferi rinvenuti in alcune grotte friulane.
(Mondo sotterraneo, anno V, pag. 18, con 1 tav.). — Udine, 1909.
L’autore descrive in questa Memoria gli avanzi di mammiferi fossili delle
grotte friulane conservati nel Circolo speleologico di Udine. Interessanti sono
due crani e quattro mandibole riferiti al canis lupus ed è soprattutto impor-
tante ì’ursus spelaeus, var: minor, finora esclusivo della Francia e della Liguria.
Grossmann M. — Analyse quantitative des gaz occlus dans les laves des der-
nières éruptions de la Montagne Pelée et du Vésuve. (C. R. Ac. Se.,
tome 148, pag. 991-992). — Paris, 1909.
L’autore, avendo sottoposto all’esame chimico i gas provenienti dall’ar-
rostimento, in un tubo da combustione, delle lave del Pelée (andesite e po-
mice) e del Vesuvio (lave e lapilli), riassume, infuno specchietto, le quantità di
gas ben definiti, ottenuti per ogni 100 grammi di roccia»
Dall’esame spettroscopico eseguito sui residui risultò poi resistenza di
traccie di Snella pomice del monte Pelèe, di Argon nella leucotefrite di
Boscotrecase (Vesuvio) e l’assenza di gas rari nei lapilli d’Ottaiano.
Haug e. — Caractères strati graphiques des nappes des Alpes francaises et
suisses. (Comptes-rendus Acad. des Se. tome CXLVIII, n. 201,
pag. 1345-1347) — Paris, 1909.
L’autore si propone, in una serie di note di cui questa è la prima, di ve-
rificare e completare mediante i metodi stratigrafici i risultati a cui ha con-
dotto lo studio tettonico delle Alpi. Enumera quindi le diverse falde, colla
estensione del ricoprimento e la successione delle facies più caratteristiche,
insistendo principalmente su quelli del Giurese, ed omettendo quelli del Cre-
taceo superiore e del Nummulitico.
209
I. Falda del Gapengais (Gapensese o Vapicense) e regioni autoctone delle
Alpi francesi. Va dal Trias rudimentale fino al Cretaceo.
II. Falde dei Diablereis e massiccio delV Aar. Trias rudimentale Lias-bal-
lovlano neritici; Oxfordiano spesso mancante; gli altri x)iani del giurese varii;
Cretaceo mancante sulle Alpi Bernesi e rudimentario a levante.
III. Falde elvetiche in numero di tre con digitazioni molteplici; anche qui
il Trias è rudimentale, ed i piani del Giurese hanno delle facies speciali sulle
tre falde. Le radici di queste falde sono di difficile determinazione coi metodi
stratigrafici.
IV. Falda^ inferiore delle Prealpi corrispondenti alle Prealpi interne ed
esterne di Lugeon ed^alla falda friburghese di Steinmann.
V. Falda media delle Prealpi, che è la principale delle Prealpi del Chia-
blese e della Svizzera francese. Le radici di questa falda si troverebbero nella
stretta fascia giurese fSembrancher-Saxon e nella zona degli scisti lucenti
del Vailese.
VI. Falda superiore delle fPrealpi. Dal Trias con calcari a Diplopora fino
al Titonico. Avrebbe per radice l’anticlinale cristallino del Gran S. Bernardo
coi calcari di Pontis.
VII. Falda della breccia del Chiablese. Dal Trias rappresentato da carniole
e calcari dolomitici fino al giurese superiore. Le radici sono difficih a precisare.
Haug e. — Sur les racines des nappes supérieures des Alpes occidentales .
(Comptes-rendus Acad. des Se. tome CXLVIII, n. 21, pag. 1427-1429).
— Paris, 1909.
L’autore ricerca in questo lavoro le radici delle falde enumerate e distinte
nella nota precedente, cercando le analogie stratigrafiche e litologiche delle
facies diverse, e viene alla conclusione che nè le falde delle Prealpi (IV, V,
iVI) nè quella della breccia (VII) hanno le rispettive radici nell’orlo meridio-
nale delle Alpi occidentali, e per ciò nessuna di esse è una falda a radici in-
terne nel senso attribuito a quest’espressione da Lugeon. Questa conclusione
sarebbe confermata dai lavori dello Steinmann nei Grigioni; ma le cinque falde
stabilite in quest’ultimo paese non possono seguirsi verso occidente perchè
nelle Alpi ticinesi, in seguito ad una sopraelevazione trasversale molto intrusa,
tutto il mantello sedimentario dei massicci cristallofilliani è scomparso per de-
jaudazione. Si osservano solo gli scisti lucenti ed il Trias nelle sinclinali che
jpenetrano nelle grandi pieghe coricate del Sempione, dell’ Adula, di Tambo e
puretta. Tutte queste pieghe coricate, interpretate a torto come falde, fanno
jparte della zona degli scisti lucenti del Vailese; l’anticlinale del Gran S. Ber-
jQardo passa più a S. e può essere seguito fino a Domodossola.
L’autore assegna il numero d’ordine Vili e la denominazione di falda
ofiolitica, al gruppo costituito dai calcescisti con serpentine, eufotidi, varioliti e
dalle radioloriti del Giurese superiore. Le roccie di questa falda Vili si ritro-
vano nella zona del Piemonte, che comprende enormi potenze di scisti lucenti,
e differisce dalla zona del VaUeseper il grande sviluppo delle zone ofìolitiche.
Le due masse, press’a poco sincrone, sono state a torto confuse; non sono
separate dalla zona del Gran S. Bernardo, precisamente come gli scisti lucenti
dei Grigioni (V), prolungamento di quelli del Vallese, sono separati dalla falda
Vili, dalle falde VI e VII. Il substrato della falda Vili è formato in parte
da anticlinali neotriassici, in parte da grandi dorsi di roccie cristalline scistose
(monte Rosa- Gran Paradiso).
La radice della falda Vili sarebbe quindi nella zona del Piemonte, cosicché
essa dovrebbe essere denominata la falda del Piemonte.
Haug e. — Sur les nappes des Alpes orientale^ et leurs racines. (Comptes-
rendus Acad. des Se., tome CXLVIII, n. 22, pag. 1476-1478). —
Paris, 1909.
Nelle Alpi orientali gli studi di stratigrafia sono molto più progrediti di
quelli di tettonica: per ciò dall’esame delle diverse facies può aversi la con-
ferma dell’ipotesi delle falde sovrapposte venute dal sud, formulata per le
Alpi occidentali ed estesa alle orientali. L’autore riassume per ciò i caratteri
stratigrafici di ciascuna falda.
La falda inferiore delle Alpi occidentali ricompare nelle orientali sotto
forma di scisti lucenti e roccie verdi, formando i fianchi dell’Alto Tauern, e
scomparendo intorno a quest’elissoide sotto ad altre falde più elevate. Confina
a S. colla zona cristallina dei Laghi, radice di numerosi lembi di ricoprimenti
granitici che dal Tirolo al Piemonte posano sugli scisti lucenti o sopra le an-
fìboliti della zona d’Ivrea. Questa zona cristallina, continua nella zona tonali-
tica, doveva avere un mantello sedimentario di facies neritica, a giudicare dal
Lias dei dintorni di Orta e di Lugano.
Segue la falda dei Teuern di Padstadt, composta di Trias e Giurese fossi-
liferi: indi quella della Baviera che avrebbe le sue radici nelle Alpi calcari della
Lombardia, vale a dire nelle Dinaridi, che per ciò non sarebbero un com-
plesso indipendente dal resto delle Alpi come è stato ammesso finora.
Segue al di sopra la falda del Todtes Gebirge che avrebbe le sue radici al
S. della zona della Gailthal.
La falda del Sale e quella di Hallstadt, sebbene indipendenti, possono essere
attribuite alla stessa zona iropica le cui facies caratteristiche si trovano nelle
Alpi Gamiche e nelle catene di Tùffer e di Ivan^ica.
211
L’ultima falda sarebbe quella del Dachstein, le cui facies ricompaiono sul-
l’orlo meridionale delle Alpi venete, al di là di una zona tabulare dov'c il
Trias ha degli aspetti molto differenti da quelli del versante N. delle Alpi.
Per ciò nelle Alpi orientali come nelle occidentali le radici si succedono
da N. a S. nello stesso ordine di sovrapposizione delle falde.
Haug e. — Les géosynclinaux de la cimine des Alyes pendant les temps se-
condaires. (Comptes-rendus Acad. des Se., tome CXLVIII, n. 24,
pag. 1637-1639). — Paris, 1909.
L’autore dopo avere enumerato e delimitato le falde e le radici nelle Alpi
occidentali ed orientali, ricostituisce la comune linea della batimetria del mare
antico, rimettendo ipoteticamente le falde sovrapposte nella loro posizione
primitiva, giustaponendole dopo avere precisato la situazione della radice
primitiva.
Nelle Alpi francesi il geosinclinale del Delfinato si stende fino all’orlo occi-
^ dentale della fossa del Brianzonese: sul prolungamento: di quest’ultima il mas-
siccio dell’Aar costituì durante tutto il mesozoico un geoanticlinale, che divi-
deva in due rami il geosinclinale del Delfinato.
In seguito possono distinguersi sulle Alpi svizzere ed orientah i seguenti
geosinclinah e geoanticlinali.
I. Geosinclinale vindeliciano , nascosto in gran parte dalla melassa; ramo
settentrionale del precedente.
! 1. Geoanticlinale elvetico, riconoscibile sul basamento della Dent de Morcles
I e nel mantello sedimentario del massiccio dell’Aar a facies neritica.
' II. Geosinclinale vallesano. Ramo meridionale del sinclinale del Delfinato.
I Dalla Tarantasia ai Grigioni.
! 2. Geoanticlinale brianzonese.
1 III. Geosinclinale piemontese, corrispondente ad un immensa accurnula-
' zione di scisti metamorfici con zone ofìolitiche intercalate. Le radiolariti neo-
giuresi permettono di fissarne il limite superiore.
3. Geoanticlinale lombardo, comprendente la zona cristallina dei laghi e la
striscia (?) tonalitica fra i geosinclinali alpini e quelli dinarici.
IV. Geosinclinale bajuvavico, comprendente le Alpi calcari lombarde, le ca-
j tene sulla destra dell’Adige, la zona di Gailtal e le Karawanken del N., radici
i della falda della Baviera.
' 4. Geoanticlinale carnico, a facies di calcari del Dachstein e nelle Alpi
I calcari meridionali corrispondenti ad un antic finale passante per Recaro.
V. Geosinclinale juvavico. Facies che si ritrova a Belluno e a Feltro.
212
5. Geoanticlinale forojuliense, indicato da calcari norici coralligeni sull’orlo
meridionale delle Alpi venete.
VI. OeosincUnale illirico, che doveva esistere sulla sponda dell’Adriatico
attuale.
Nessuno dei sei geosinclinali ha una decisa prevalenza sugh altri, cosicché
nessuno può dirsi assiale.
Hezner L. — Der Peridotit von Loderio {Kt. Tessin). (Vierteljahrsschr:
d. Naturi. Ges., in Ziirich Jahrg. 54, 1909).
Dopo l’indicazione della località nella quale si è rinvenuta questa roccia
(contenuta nel gneiss ticinese presso l’uscita della valle diBlegno) se ne descrivono
i caratteri morfologici essenziali; essa si compone di olivina solcata da vene di
serpentina e da aghetti di tremoli te incolora, aguzzi e lunghi qualche centimetro.
Le roccie derivate dalla peridotite sono varie: talcoscisti, scisti raggiati e clo-
riti, prodottisi pery l’azione delle sostanze organiche entro le fessure, in vici-
nanza della superfìcie della terra.
Nelle zone alterate della peridotite sono molti e grandi cristalli di ma-
gnesite, i quali possiedono spesso le forme dell’ augite.
Hezner L. — Petrographische Untersucìiung der kristallinen Schiefer auf
der Sudseite des St. Gotthard {Tremolaserie). .(N. J. f. Min., Geol.
u. Pah, Beil: — Bd., XXVIII, H. 1, s. 157-217, 1909).
L’autoreMescrive gli scisti cristallini della cosiddetta 8 cric della Tremola,
ì quali si rinvengono fra la dolomite deH’imbocco sud del tunnel del S. Got-
tardo e lo gneiss di Sorescia^del massivo omonimo. Egli distingue in tale serie:
scisti ad hornehlenda, anfìboliti, scisti micacei fìlladici, gneiss, quarziti e cal-
cari contenenti silicati.
Irving a. — The Italian Earthquake (Nature, Il febb., 1909).
L’autore ammette che i movimenti della crosta terrestre, provocati da
variazioni delle condizioni meccaniche, in obbedienza alle leggi di gravità,
avvengano per lo più secondo le sinclinali od anticlinali esistenti. Di qui ne
verrebbero due tipi di moto, l’uno di scorrimento, l’altro di sollevamento,
al quale ultimo sarebbe dovuto il terremoto del 28 dicembre 1908.
Fa, in seguito, alcune considerazioni sull’andamento della frattura cala-
bro-sicula del Suess e ritiene che questa si biforchi in ^corrispondenza dei
Peloritani anziché nei pressi dell’Etna.
Infìne, accenna al terremoto manifestatosi il 13 gennaio nell’alto Adria-
213
tico, che sarebbe dovuto ad assestamento della catena Appenninica in seguito
alla perturbazione avutasi nel bacino del Tirreno.
Istituto (R.) D’mcouAGGiAMENTo di Napoli:. — Delle conseguenze arrecate
alle campagne ed alle culture agrarie dcMa eruzione vesuviana deW aprite
1906. (Atti del R. Istituto d’incoraggiamento di Napoli, serie 6^, voi. V,
pag. 19, con 1 tav.). — Napoli, 1909.
Istituto (R.) d’incoraggiamento di Napoli. — Contributo alla ricerca
delle norme edilizie per le regioni sismiche. (Atti del R. Istit. d’incoragg.
di Napoli, serie 6^, voi. VI, pag. 25, con 7 tav.). — Napoli, 1909.
John ston-La VIS H. J. — The eruption of Vesuvius in aprii 1906. (The
Scientific Transactions of thè Royal Dublin Society, voi. IX, series II,
n. 8, pag. 139-200, con 19 tav. e 2 carte). — Dublin, 1909.
Dopo aver esaminato le condizioni del cono vesuviano quali risultano dai
rilievi fatti prima dell’eruzione del 1906, l’autore fa seguire il diario del nuovo
periodo di attività del vulcano, che va dal 2 al 18 aprile di quell’anno. Studia
in seguito i caratteri generali delle lave ora emesse dal Vesuvio, e riferisce
sulle loro proprietà petrografìcbe e chimiche. La Memoria termina con nume-
rose osservazioni sulla mineralogia della eruzione.
Lacroix a. — Resumé de quelques observations de M. A. Ricco sur le
tremblement de terre de Sicile et de Calabre du 28 dicembre 1908. (Comptes-
rendus Acad. des Se. tome CXLVIII, n. 4, pag. 207-209). — Paris, 1909.
In questa breve comunicazione fatta all’Accademia, intorno alle osserva-
zioni del prof. Ricco, sul fenomeno, l’autore riporta l’andamento del moto
sismico, a seconda della sua intensità, allegando uno schizzo dimostrativo
con le principali isosismiche a termine della scala di Mercalli. Esamina poi
gli effetti del maremoto che seguì il terremoto, concludendo che dopo gli
scandagli da eseguirsi nello Stretto, altri elementi saranno raccolti per deci-
dere se il maremoto stesso debba attribuirsi, piuttosto che ad un abbassa-
mento orogenico del suolo, a dei semplici scivolamenti dei terreni alluvionali
costieri.
Lagrange e. — Quelques notes au sujet du mégasisme de Messine et Reggio.
(Bull. Soc. Belge de Géologie. Mémoires, tome XXIII, pag. 3-14, 1909).
L’autore riporta una serie di notizie riguardanti il terremoto del 28 di-
cembre 1908, accompagnandole con nozioni sismologiche di carattere generale.
214
La nota è divisa in 4 parti : la prima si occupa del numero delle scosse,
della loro durata, della loro intensità e dell’estensione della superfìcie colpita;
la seconda si occupa del maremoto e della sua origine ; la terza tratta dei
rumori sismici, e la quarta della possibilità o meno che il tremendo fenomeno
possa ripetersi e quando.
Lamparelli; M. — Sulla idrografia sotterranea della jyrovincia di Bari e su
una possibile alimentazione idrica della regione. (Volume di 88 pag. in-8o).
— Torino, 1909.
L’autore combatte l’idea, oramai generalmente ammessa, della mancanza
di buone acque potabili nelle tre provinole delle Puglie, citando i buoni risul-
tati dei tentativi fatti da vari Comuni per provvedersi di acqua, e gli studi
del prof. De Giorgi suUa idrografìa del Leccese, studi ai quali avrebbero
corrisposto sperimentalmente i fatti. Esamina le varie soluzioni proposte,
dal 1862 ad oggi, per ottenere una defìnitiva sistemazione del rifornimento
delle suddette provincie, soffermandosi sul progetto dell’acquedotto Pugliese
e discutendolo sia dal lato tecnico che da quello finanziario, concludendo che
la colossale costruzione poteva essere risparmiata, qualora si fosse posto mente
alla possibilità di eseguire gallerie filtranti, ed accurate ricerche nel sotto-
suolo. Nella seconda parte della Memoria, entra poi nell’argomento propo-
stosi e, premessa una descrizione della provincia di Bari, dal lato topografìco,
orogenico e tettonico, presenta alcune analisi sul costo dei pozzi trivellati
nei vari terreni e per diverse profondità.
Limanovski; M. — Sur la tectonique des Monts Péloritains (Sicile). (Bull.
Soc. Vaudoise des Sciences Nat., 5® serie, voi. XLV, n. 165, pag. 1-64). —
Lausanne, 1909.
La serie dei terreni formanti questa regione (Sicilia orientale) è definita
dall’autore nel modo seguer te :
Dal basso in alto : P Filladi ; metamorfìche. 2° Conglomerati rossi, riferiti
al Verrucano. 3® Lias. 4° Dogger. 5° Malm. 6° Cretaceo. 7° Eocene, nel quale,
contrariamente aH’opinione dei geologi italiani, egli comprende soltanto i
calcari a mummuliti della valle di S. Giovanni e le argille ad Opere: Animo-
nea di Giardini e Capo S. Andrea. 8° Miocene, la di cui deposizione sarebbe
posteriore alle pieghe che si produssero nella località. 9° Phocene, con le
argille ad amphistegine, calcari brunastri ed argille azzurre, probabilmente
siciliane. 10® Quaternario, specialmente rappresentato dai terrazzi di Taor-
mina. Per quanto riguarda la parte tettonica, distingue poi tre pieghe: quella
di Taormina, quella di Marica e quella del Capo S. Andrea, tracciandone io
andamento ed indicando le formazioni in esse comprese. Conclude esprimendo
il parere che la parte N.E. della Sicilia e le Calabrie costituiscano una re-
gione di falde, e che l’ Aspromonte appartenga a quella dei Peloritani ; que-
st’ultima poi dovrebbe immergersi ad Ovest sotto la falda a facies palermi-
tana, descritta dal Lugeon e dall’Argand.
Lincio G. — Sulla baritina dello scavo Cungiaus, miniera di Monteponi {Sar-
degna). (Atti R. Acc. delle Se. di Torino, voi. XLIV, disp. 14, pag. 747-
772, con 1 tav,). — Torino, 1909.
La baritina della quale si occupa l’autore, trovasi sparpagliata sulla super-
ficie del minerale di Cungiaus (carbonato di zinco in prevalenza, e limonite),
là ove esso è più friabile e più ricco di limonite. Premessa l’esposizione dei
caratteri cristallografici riscontrativi, esamina i risultati di molti studi chi-
mici sulla baritina in genere ed in particolar modo per indagare se la so-
stanza cristallizzi pura o si debba ammettere in essa la presenza di altri
sali isomorfi di stronzio e di calcio.
Lorenzi A. — Intorno alla caratteristica idrografia della pianura pedemore-
nica del Friuli. (Riv. Geograf. Ital., annata XVI, fase. 3°, pag. 113-135).
— Firenze, 1909.
L’autore studia in questa Memoria la particolare idrografia, del tutto effi-
mera, che scende a perdersi nella permeabilissima pianura diluviale, costituita
dai depositi fluvioglaciali delle fronti moreniche, ad occidente di Udine, in
vicinanza dei corsi d’acqua principali (Tagliamento e Torre) di provenienza
alpina e prealpina. In questa area, presso la linea superiore delle risultive, che
limita a S. della pianura, le acque dilavanti e correnti della regione alta,
divenute presto freatiche, ritornano alla superficie, generando una ricca idro-
grafia locale.
Lotti B. — Sui rapporti d'origine fra i gessi del calcare retico ed i giaci-
menti metalliferi della Toscana. (Rassegna Mineraria e della Industria
chimica, voi. XXX, n. 1, pag. 13). — Torino, 1909.
L’autore, in base alle osservazioni da lui fatte in tutta l’area della
catena metallifera Toscana, stabilisce che le masse gessose della zona costiera
della Toscana, ad eccezione di quelle spettanti al Miocene superiore, compa-
riscono quasi esclusivamente nel calcare retico, pur non essendo contempo-
ranee a questo terreno e possedendo le caratteristiche essenziali dei gessi me-
216
tamorfìci. Solo due esempi si hanno nel M- Amiata, di gessi nelVEocene e
nel Lias medio. Alla stessa guisa delle masse gessose, trovasi racchiusa nel
calcare retico la maggior parte dei giacimenti metalhferi e, tanto questi
come i gessi, compariscono quasi sempre ai contatti inferiori del calcare retico
coi terreni incassanti. Alcuni di tah giacimenti sono in stretta associazione
con masse gessose. Come le masse gessose, così anche i giacimenti metalliferi
non sono contemporanei al terreno che li racchiude e, sebbene frequenti nel
calcare retico, essi trovansi in tutta la serie geologica, dall’ Arcaico aU’ Eo-
cene. Il calcare cavernoso gessificato o mineralizzato, trovasi quasi sempre
confuso fra scisti e calcari dell’Eocene e scisti e calcari del Trias o del Verru-
cano, L’autore quindi mette in rilievo il fatto che tanto i gessi come i mi-
nerali metalliferi si trovano di preferenza in una formazione calcarea, eminen-
temente permeabile per le sue fratture e per le sue cavità, e compresa fra
terreni quasi impermeabili.
La conseguenza che possiamo trarre da questi fatti, egli dice, non può
essere che questa : che soluzioni analoghe a quelle che produssero le masse
ferrifere calaminari o gh originari solfuri, da cui esse derivarono, devono
aver dato origine agli ammassi di gesso, convertendo il calcare stesso in
solfato di calce.
Lotti B. — Sulla posizione stratigrafica dei calcari cavernosi della Toscana.
(Boll. R. Com. Geol., anno 1909, fase. P, pag. 7). — Roma; 1909.
In contrapposto alla opinione espressa dal prof. Fucini, che i calcari
cavernosi della Toscana siano da attribuirsi al Cretaceo, anziché al Retico,
e siano corrispondenti ai calcari grigio- cupi con selce, che nei monti d’oltre
Serchio e nelle Alpi Apuane stanno fra il Neocomiano e il Lias superiore,
l’autore insiste sui seguenti fatti :
1° che i calcari grigio-cupi con selce non sono mai cavernosi ;
2® che i calcari grigio-cupi formano una zona continua, disposta a man-
tello sulla formazione marmifera delle Alpi Apuane e sono ricoperti dapper-
tutto dai calcari retici riccamente fossiliferi.
3® che i marmi delle Alpi Apuane racchiudono fossili di forme miste di
tipo basico e triasico ; e lo stesso verificasi per quelli della montagnola senese.
Lohe.st. — Le tremblement de terre du 28 dicembre 1908 en Sicile et en Ca-
labre et ses rapports avec la tectonique de la région. (Annuaire de la Société
Géologique de Belgique, tome XXXVI).
217
Lovisato D. — Ctypeaster Pillai Lov. (Palaentograpliia italica, voi. X\',
pag. 297-302). — Pisa, 1909.
Trattasi di una nuova specie di echinide, un grosso Clypeaster, già rife-
rito dal Cottau alla specie C. intermedius e proveniente da una località vicina
a Bosa nella Planargia, raccolta nel calcare giacente sopra il vulcanico antico
e sotto il vulcanico recente fra Munis e Monte Alvu.
Alla monografìa è annessa una tavola raffigurante Tesemplare in discus-
sione.
Maddalena L. — Studio petrografico delle roccie porflricìie del bacino del
Posina nelValto Vicentino. (Atti R. Ist. Veneto di Se., Lett. ed Arti,
tomo LXVIII, parte 2^, pag. 829-848). — Venezia, 1909.
Esposti i risultati dell’esame petrografico di queste roccie, l’autore con-
clude che esse debbono attribuirsi ad una grande massa effusiva, di origine
sottomarina.
Maddalena L. — Un basalto doleritico di Ghinda {Eritrea). (Boll. Soc.
Geol. Ital., voi. XXVIII, fase. 2°, pag. 341-348, con I tav.). —
Roma, 1909.
La roccia studiata è compresa nella diorite quarzifera affiorante tra i
pozzi di Ghinda ed il torrente Arghesana, ed alla quale già accennò l’inge-
gnere Baldacci, nelle sue « Osservazioni fatte nella colonia Eritrea ». L’autore
ne ha rintracciato un potente filone presso Ghinda, sulla collina ove è posta
la villetta del Governatore; essa viene classificata come un « basalto doleri-
tico privo di olivina » e con molte zeoliti quasi esclusivamente riferibili ad
epistilbite.
Malladea a. — Il sismogramma alpino del grande terremoto calahro-messi-
nese. (Riv. di Fis. Mat. e Se. Nat.). — Pisa, febb. 1909.
L’autore riproduce e studia il sismogramma dato dai Tromometrografi
Omori, dell’osservatorio di Domodossola di cui egli è direttore, dopo il terre-
moto del 28 dicembre 1908. Deduce quindi, dopo aver rilevato l’ora dell’ar-
rivo dei primi tremiti in dodici stazioni a distanza sempre crescente da Mes-
sina, la velocità media di propagazione fra l’epicentro e Domodossola in 6280
metri al secondo. Crede infine poter dedurre dalle ampiezze del sismogramma
e da questa velocità di propagazione, la produzione di onde lunghe 120 km.
e dell’ampiezza di mm. 0.08.
218
Maxasse E. — Contribuzioni allo studio petrografico della Colonia Eritrea.
(Pag. 168, con 9 tav.). — Siena, 1909.
Lo importante studio è rivolto ad una ricca collezione litologica raccolta
dei professori G. Dainellie O. Marinelli, durante la loro escursione nella Colonia
Eritrea, nei mesi dal settembre 1905 al gennaio 1906. Sono premessi alcuni
cenni sulla geologia della Colonia Eritrea.
Le roccie sono classificate in tre gruppi : scisti cristallini, roccie eruttive e
roccie sedimentarie ; infine in due quadri sono date le formole magmatiche
di 3 1 roccie eruttive analizzate, secondo i metodi di Loewinson-Lessing edi Osann.
Mariani: E. — Osservazioni geologiche sui pozzi trivellati di Milano e sul
pozzo trivellato di S. Vittore a Monza. (Atti Soc. Ital. di Scienze nat.,
voi. XLVIII, fase. E). — Milano, 1909.
9
Le principali conclusioni aUe quali l’autore giunge, dopo aver enumerato
genericamente le varie trivellazioni fatte in Milano dal 1888 al 1909, dall’Uf-
ficio Tecnico di quel Comune, sarebbero le seguenti : Una generale diminuzione
nella grossezza dei frammenti rocciosi in senso verticale; una varia altera-
zione di parte del materiale roccioso, alpino e prealpino; una relativa abbon-
danza di interstrati argillosi, in special modo nelle alluvioni più basse; una
irregolarità, pressoché generale, nella distribuzione delle alluvioni nel senso
orizzontale. Per quanto riguarda il pozzo di S. Vittore a Monza, descritta la
regione alluvionale Monzese, compresa tra il Seveso e la Molgora, riporta la
serie dei terreni attraversati con la detta perforazione ed un elenco dei fossili
che, nei saggi raccolti, egb ha potuto determinare.
Marinelli 0. — Nuove osservazioni sopra i ghiacciai del Canin. (In Alto,
anno XIX, n. 6, pag. 49-53; anno XX, n. 1-2, pag. 4-7, n. 3, pag. 21-23,
n. 4, pag. 35-37, n. 5-6, pag. 64-67). — Udine, 1908-1909.
L’autore, facendo seguito ad altre Note su lo stesso argomento, riporta i risul-
tati delle osservazioni da lui fatte sui ghiacciai del Canin, negli anni 1900, 1901,
1903 e 1904, 1907, 1908, 1909 e dalle quali rilevasi che questi ghiacciai si
muovono con estrema lentezza. Nel testo sono intercalate figure schematiche
comparative di fotografìe rilevale in tempi diversi, che dànno un’idea delle
modificazioni che subiscono i detti ghiacciai.
Marinelli 0. — Ancora a proposito dei laghi jnn elevati delle Alpi. (Riv.
Geograf. Ita!., annata XVI, fase. IX, pag. 554-555). — Firenze, 1909.
Cita il caso del laghetto Schulz nel gruppo deH’Adamello, situato preci-
samente al piede meridionale del Monte Veneròcolo, l’acqua del quale sarebbe
219
contenuta nella pozza d’un ghiacciaio a somitrlianza di altri, i rpiali, ])f'rciò,
non possono considerarsi come veri e proj)rj la^hi,
Marinelli; O. — La vita di un piccolo lago. (Opusc.di 11 pag. con tav). —
Firenze, 1909.
Descrive il piccolo lago d’Alba, formatosi per lo sbarramento del corso
del rio d’Alba, avvenuto per frana distaccatasi dalle pareti della stretta valle,
ed asciugatosi poi, dopo pochi anni, per il facile abbassamento dell’ emissario
nei mobili materiali della frana.
Marinelli; 0. e Dainelli; G. — Somalia Italiana e Colonia Eritrea. (Con
tav. e 12 cartine nel testo. Atlante d’Africa, disp. XVI, tav. 33-34). —
Bergamo, 1909.
Il fascicolo in 4° contiene notizie geografiche, politiche ed economiche,
riassuntive sulle accennate regioni, illustrate da numerosi disegni intercalati
al testo e da una carta corografica p colori.
Date dapprima notizie sulla Somalia Britannica, sulla sua superficie e
popolazione, geogr..fia fisica, amministrazione e commercio, il lavoro tratta
della Somalia Italiana, e dopo importanti cenni storici sulle esplorazioni di
quella regione, la cui estensione si avvicina ai 400,000 kmq. con una popo-
lazione non superiore ai 300,000 ab., vengono descritte le coste e le condizioni
atmosferiche particolari, derivanti dai monsoni dominanti a seconda delle
stagioni. Nel capitolo riguardante il suolo, si accenna alla scarsità di nozioni
sub’ argomento e sulla costante presenza di una falda acquifera sotterranea.
Vengono quindi le notizie sul clima, sulla flora e fauna, sulla etnografia, sulle
città c villaggi della costa, sulle comunicazioni con l’Italia, prodotti, com-
mercio e ordinamento amministrativo.
La parte riguardante specialmente la Colonia Eritrea, tratta dapprima
dei confini, estensione e coste. L’intera area della colonia è valutata in 119,000
kmq., cioè più di 2/5 del regno d’Itaha. Nel capitolo destinato alle condizioni
orografiche non è riconosciuta possibile la distinzione di singoli gruppi orogra-
fici nei due maggiori territori montuosi, nei quali però non è difficile ricono-
scere varie regioni con particolari caratteri del rilievo. Si dànno sommarie ma
precise notizie sulla zona montuosa costiera e sulla depressione o zona dancala,
sulla zona marittima di Massaua, suH’altipiano etiopico e sue pendici, sulla
regione delle Bore (nei territori degli Habab, Maria e Mensa) suUe regioni
delle valli e pianure occidentali. Nel capitolo sulla idrografia si descrivono i
corsi d’acqua più importanti (Setit, Mareb-G-asc, Barca, Anseba, Dandero, ecc.).
Si tratta quindi, in speciali capitoli, del clima, vegetazione, popolazioni, lingue.
220
religioni, centri principali, viabilità, agricoltura, industria e commercio
ordinamenti amministrativi, terminando l’importante monografìa con un
elenco di date più notevoli nella storia civile e militare dell’Eritrea.
Lo scopo della monografìa è essenzialmente geografìco, e per ciò che
riguarda la costituzione geologica della nostra Colonia, conviene ricorrere
ad altre opere.
Marino Zugo F. e Tonolli; J. — SulVittiolo ottenuto da schisti di 'provenienza
italiana. (Atti Soc. Ligustica di Se. Xat. e Geograf., voi. XX, n. 3-4,
pag. 144-148). — Genova, 1909.
È uno studio chimico di alcuni schisti oleosi provenienti da grandi depo-
siti rintracciati in Toscana. Per ragioni di convenienza non si accenna alla
locahtà di origine. Sottoposti a distillazione, si è trovato che detti schisti
contengono l’S % di olio grezzo, nel quale fu poi determinato il carbonio,
l’idrogeno, l’azoto e lo zolfo, col metodo di Edinger. La composizione del-
Toliò è assai simile a quella dell’olio derivato dagli schisti analoghi della Ger-
mania, ed il tenore dello zolfo nell’acido solfoittiolico ottenuto e legato diret-
tamente sotto forma solfidrica, si presenta molto alto. L’ittiolo che se ne
ritrae sarebbe quindi di notevole importanza.
Martelli A. — Le roccie trachitiche di Orciatico in provincia di Pisa.
(Boll. Soc. Geol. Ital., fase. 2°, pag. 419-420 ; fase. 3°, pag. 421-438). —
Roma, 1909.
L’autore esamina il lembo trachitico di Orciatico che trovasi a cinque
chilometri circa, in linea retta, verso N.N.W., da quello di Montecatini Val
di Cecina e che starebbe a rappresentare l’estrema traccia sporadica del
gruppo vulcanico più settentrionale del nostro Appennino. L’esame è esteso
ai rapporti di esso lembo con le formazioni sedimentarie della regione, e si
hmita a studiare la roccia dal lato petrografìco, mineralogico e chimico,
mentre poi si promette una dimostrazione per parte di un collaboratore, il
dott. Stefanini, del fatto che l’eruzione di questa roccia si verifìcò proprio
durante il periodo pliocenico, desumendone gli elementi dalle posizioni relative
delle espansioni trachitiche e dei depositi pliocenici fossiliferi.
Martelli A. — Ciottoli di roccie cristalline nell' Eocene di Moscia7io presso
■Firenze. Studio geologico-petrografìco. (Pubblicazioni del R. Istituto di
studi sup. pratici e di perfez. in Firenze, pag. 1-33, con tav.). —
Firenze, 1909.
L’autore passa prima in rassegna la letteratura relativa alla formazione
arenacea e calcarea di Mosciano, e quindi in particolare viene alla esposizione
221
dei risultati ottenuti con Tesarne micrografìco dei ciottoli esogeni che tro-
vansi in detta formazione. Egli divide le roccie costituenti i suddetti ciottoli
in tre categorie : roccie abissali, granito anormale o metamorfosato da cause
dinamiche; roccie filoniane, grsirìito di tipo aplitico, porfìrite pirosseno-minacea,
porfìrite uralitica; scisti cristallini, gneiss, micascisti granatiferi, cloroscisti,
scisto quarzitico e quarzite (abbondantissima).
Come conclusione alla sua Nota, l’autore deduce che i ciottoli studiati
starebbero a rappresentare resistenza di isole, ora scomparse, di terreni cri-
stallini antichissimi, corrispondenti a quelli che, secondo il De Stefani, dovreb-
bero occupare il sottosuolo toscano a pochissima profondità, mentre li tro-
viamo allo scoperto a Campiglia, a Gavorrano e nelle isole, oppure inclusi
nelle roccie vulcaniche recenti, come al Monte Amiata e nei porfidi dell’Elba.
Il presente studio petrografico varrebbe dunque a dimostrare, che i ter-
reni cristallini che si dovrebbero trovare sotto alla Creta del bacino di Firenze,
sarebbero costituiti dalle stesse forme granitiche, filoniane e scistoso-cristal-
line ben conosciute nella regione centrale delle Alpi e delle Prealpi.
Martelli A. — Il porfido quarzifero del conglomerato pliocenico di Fano.
(Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVIII, fase. 2^, pag. 245-253, con I tav.).
— Roma, 1909.
L'autore riferisce i risultati delTanalisi chimico -petrografica eseguita su di
un ciottolo porfirico raccolto nel conglomerato pliocenico di Pano, conclu-
dendo che questa roccia è da annoverarsi fra i porfidi quarziferi molto acidi,
per quanto essa si presenti come un termine che volge verso le porfiriti
quarzifere per la relativa ricchezza in ossidi del gruppo RO, e per l’abbon-
danza degli elementi sodico calcici.
j Allo stato delle conoscenze attuali egli crede poter asserire che la roccia
I presenta le maggiori rassomiglianze petrografiche con i porfidi della nostra
regione alpina, non essendo stati ancora rilevati porfidi quarziferi analoghi
nel versante balcanico ed appenninico dell’Adriatico, nè in quello pure appen-
ninico del Tirreno.
Martelli A. — Ricerche petrografiche e chimiche sulle formazioni granitiche
di Gavorrano. (Rend. R. Acc. Lincei, serie 5‘\ voi. XVIII, 2° sem.,
fase. 12^, pag. 661-668). — Roma, 1909.
Dopo aver accennato ai pochi che si occuparono dello studio di questi
graniti, rileva di essere d’accordo col Lotti, per quanto riguarda la disposi-
222
zione dicchiforme del granito in roccie mesozoiche ed eoceniche, alterate dal
contatto, ma di scostarsi da lui, affermando, col vom Eath, che il granito
termalinifero forma nella massa del cosidetto granito normale (granitite por-
fìroide) un filone, mal limitato, è vero, da quello incassante, ma non avente
con questo alcun graduale passaggio, e che presenta nette apofisi filoniane
ed intrusioni bene sviluppate dentro il calcare, a S.O. di Gavorrano.
Ammette quindi, per la formazione granitica di questa località, resistenza
di due successive ed immediate emissioni: la prima granitica, in forma di
grandioso dicco, con superficie di affioramento di oltre 3 kmq. e la seconda
di tipo aplitico in forma di filone potente da 60-70 m. ed affiorante a circa
100 m. in linea retta dal paese di Eavi, con apofisi nella granitite incassante
e nei calcari sopra accennati.
Nei calcari e scisti a contatto, l’autore rileva abbondanti produzioni
metamorfiche microlitiche di clorite, mica, tormahna, granato, epidoto, anda-
Insite e minerali di ferro.
Passa quindi alla descrizione delle due forme petrografiche, dandone le
analisi chimiche e le relative formule magmatiche secondo le classificazioni
del Loewison-Lessing e deH’Osann.
Martinelli G. — Osservazioni 'preliminari sul terremoto calabro-messinese
del mattino del 28 dicembre 1908. (Boll. Bimens. Soc. Met. It., serie III,
voi. XXVIII, n. 1-3, 1909).
Da un primo spoglio del copioso materiale raccolto dalla sezione geodi-
namica deirUfficio Centrale, l’autore può stabilire alcuni dati interessanti fra
i quali quello della forma ovale della zona epicentrale, avente i due assi
rispettivamente di 45 e 15 chilometri; della durata della scossa sensibile
all’uomo, che fu di 35s nella zona epicentrale e di 20® fuori di detta zona, ad
eccezione di poche località dove rimase al disotto di questo minimo ; della
constatazione di moti rotatori sino a distanze di 50 chilometri dall’epicentro.
Da ultimo, studiando il maremoto, rileva come l’intensità del fenomeno,
massima nello Stretto, abbia avuto una rapida decrescenza lungo la costa,
calabra, sino ad essere quasi inavvertito al nord di Palmi; per la costa sicula
invece si propagò al nord, sino a Termini Irnerese, fu violento, ad oriente,
sino al capo Passero, e, girando al Sud, si rese sensibile sulle coste della
provincia di Siracusa. Come per la Sicilia, anche per la Calabria, il maremoto
fu assai più intenso nel versante ionico.
223
Martinelli; G. — Fenomeni sismici calabro -siculi precedenti il terremoto
del 28 dicembre 1908. (Boll. Soc. Sismol. Ital., voi. XIII, n. 0, 1908-
1909, pag. 305-326). — Modena, 1909.
Scopo della Nota è quello di stabilire se alcune scosse di terremoto avve-
nute in periodi che precedettero quella del 28 dicembre 1908, abbiano qualche
legame con quest’ultima; l’autore prende in considerazione il periodo novem-
bre-dicenbre 1908, limitando le sue indagini al Messinese ed alla estrema
Calabria.
Matjceri; L. — Siracusa nel suo avvenire. Il regolamento edilizio e V attua-
zione del piano regolatore per Vampliamento della città. (Giornale Are-
tusa, n. 4).
Mauceri; L. — Messina e Reggio risorgeranno come risorsero dopo il terre-
moto del 1783. (Rivista delle comunicazioni e dei trasporti, n. 1-2, 1909,
pag. 2-10). — Roma, 1909.
{Continua).
I
PUBBLICAZIONI BEL R. UFFICIO (IFOl.OCICO
(31 ivi^llo lOlO)
LIBRI
Bollettino del R. Comitato Geologico: Voi. I a XXXIX, dal 1870 al 1908.
Prezzo di ciascun volume L. 10 —
Idem dell’abbonamento annuale in Italia » 8 —
Idem idem all’estero » 10 —
Memorie per servire alla descrizione della Carta geologica d’Italia:
Voi. I. Firenze 1871. — Introduzione. — B. GtASTaldi:
Studii geologici sulle Alpi Occidentali, con appendice mineralo-
gica di Gr. Struever — S.Mottura: Sulla formazione terziaria
nella zona solfifera della Sicilia. — I. Cocchi : Descrizione geo-
logica dell’Isola d’Elba. — C. D’Ancona : Malacologia plioce-
nica italiana. — Un voi. in-d® dipag. 364 con tavole e carte
geologiche »
Voi. II, Parte U. Firenze 1873. — Introduzione. — C. W. C.
Fuchs : Monografia geologica dell’Isola d’Ischia. — F. Gior-
dano: Esame geologico della catena alpina del San Gottardo
che deve essere attraversata dalla grande galleria della, ferrovia
italo -elvetica. — S. M ottura : Sulla formazione terziaria nella
zona solfifera della Sicilia; Appeìidice. — C. D’Ancona : Ma-
lacologia pliocenica italiana (seguito). — Un volume in-d® di
pag. 264 con tavole e carte geologiche »
Voi. II. Parte 2^. Firenze 1874. — B. Gastaldi: Studi
geologici sulle Alpi Occidentali ; Parte seconda. — Un volerne
in-40 di pag. 64 con tavole »
Voi. Ili, Parte D. Firenze 1876. — C. Doelter : Il gruppo
vulcanico delle Isole Ponza. — C. De Stefani : Geologia del
Monte Pisano. — Un volume in-4o di pag. 174 con tavole e
carte geologiche »
Voi. Ili, Parte 2^. Firenze 1888. — G. Meneghini: Pa-
leontologia dell’Iglesiente in Sardegna. — M. Canavari : Con-
tribuzione alla fauna del lias inferiore di Spezia. — Un volume
in-40 di pag. 230 con tavole . »
Voi. IV, Parte 1^'^. Firenze 1891. — A. Scacchi: La re-
gione vulcanica fluorifera della Campania. — G. Terrigi : I
depositi lacustri e marini riscontrati nella trivellazione presso la
via Appia antica. — Un volume in-4o di pag. 136 con tavole »
Voi. IV, Parte 2^. Firenze 1893 — C A. Weithofer : Pro-
boscidiani fossili di Valdarno in Toscana. — M. Canavari :
Idrozoi titoniani della Legione mediterranea appartenenti alla fa-
miglia delle Ellipsactinidi. — Un voi. in- 4° di pag. 214 con tavole »
35 —
25
10 —
15 —
8 —
16 —
226
f
Voi. Y, Parte P. Koma 1909. — C. F. Pakona con la
collaborazione di C. Crema e P. L. Prevee : La fauna coral-
ligena del Cretaceo dei monti d'Ocre. — Un volume in-4o di
pag. 242 con 28 tavole » 30 —
Memorie descrittive della Carta geologica d’Italia :
Voi. I. Koma 1886. — Li. BaIjDACCI : Descrizione geologica
dell’Isola di Sicilia. — Un volume in-8o pag. 436 con tavole
e una Carta geologica » 10 —
Voi. II. Roma 1886. — B. Lotti: Descrizione geologica del-
l'Isola d'Elba. — Un volume in-8o di pag. 266 con tavole e
una Carta geologica » 10 —
Voi. III. Roma 1887. — A. Farri : Relazione sulle mi-
niere di ferro dell’Isola d’Elba. — Un voi. in-8° di pag. 174
con un atlante di carte e sezioni » 20 —
Voi. IV. Roma 1888. — U. Zoppi : Descrizione geologico-
mineraria dell’ I glesiente {Sardegna). — Un voi. in-8o di pag. 166
con tavole, un atlante ed una Carta geologica « 15 —
Voi. V. Roma 1890. — C. De Castro : Descrizione geolo-
gico-mineraria della zona argentifera dèi Sarrabus {Sardegna). —
Un volume in-8° di pag. 78 con tavole e una Carta geologico-
mineraria » 8 —
Voi. VI. Roma 1891. — L. Baldacci : Osservazioni fatte
nella Colonia Eritrea. — Un in-8o di pag. 110 con Carta geo-
logica annessa » 6 —
Voi. VII. Roma 1892. — E. Cortese e V. Sabatini : De-
scrizione geologico-petrografica delle Isole Eolie. — Un volume
in-8® di pag. 144 con incisioni, tavole e carte geologiche. . . » 8 —
Voi. Vili. Roma 1893. — B, Lotti: Descrizione geologico-
mineraria dei dintorni di Massa Marittima in Toscana. — Un
voi, in-80 di pag. 172 con incisioni, tavole e una Carta geologica » 8 —
Voi. IX. Roma 1895. — E, Cortese : Descrizione geologica
della Calabria. — Un volume di pag. 338 con incisioni, ta-
vole ed una Carta geologica » 12 —
Voi. X. Roma 1900. — V. Sabatini: I vulcani dell’Italia
centrale e i loro 'prodotti. Parte P .• Vulcano Laziale. — Un vo-
lume in-80 di pag. 392, con incis., tavole ed una Carta geologica » 12 —
Voi, XI. Roma 1902. — A. Stella : Descrizione geognostico-
agrariadel Colle Montello {provincia di Treviso). — Un volume
in-80 di pag. 82, con tavole ed una Carta geognostico-agraria » 8 —
Voi. XII. Roma 1903. — Autori diversi: Studio geologico-
minerario sui giacimenti di antracite delle Alpi occidentali ita-
liane. — Un volume in-8o di pag. 232, con incisioni, tavole e
Carte geologiche » 10 —
Appendice al voi. IX. Roma 1904. — G. Di-Stefano : Os-
servazioni geologiche nella Calabria settentrionale e nel Circondar io
di Possano. — Un voi. in-8o di pag. 120, con tavola di sezioni » 3 —
Voi. XIII. Roma 1909, — B. Lotti: Geologia della To-
scana. — Un volume in-8° di pag. 484, con 4 tavole .... » 10 —
227
CARTE
Carta geologica d’Italia, nella scala di l a l 000 000, in due fogli :
2^ edizione. — Roma 1889 Prezzo L
Carta geologica della Sicilia, nella scala di 1 a 100 000, in 28 fogli e 5
tavole di sezioni, con quadro d’unione e copertina. — Roma 1886
NB. / foglie le lavale di questa Carta si vendono anche separatamente come segue:
Foglio N. 244 (Isole Eolie) . . L.
10 —
100 —
244 (Isole Eolie) . . L. 3
248 (Trapani) ... » 3
249 (Palermo) ... » 4
250 (Bagheria) ... » 3
251 (Cefalù) .... » 3
252 (Naso) .... » 4
253 (Castroreale) . . » 4
254 (Messina) ... » 4
256 (Isole Egadi) . . » 3
257 (Castelvetrano) . » 4
258 (Corleone) . . . » 5
259 (Termini Imerese) » 5
260(Nicosia) . . . » 5
261 (Brente) .... » 5
Foglio N. 262 (Monte Etna) . . L. 5
» 265 (Mazzaradel Vallo) » 3
» 266 (Sciacca) . ...» 4
» 267 (Canicatti) . . . » 5
» 268 (Caltanissetta) . » 5
» 269 (Paterno) . ...» 5
» 270 (Catania) . ...» 3
» 271 (Girgenti), ...» 3
« 272 (Terranova). . . » 4
» 273 (C alt agirono) . » 5
» 274 (Siracusa) . . . » 4-
» 275(Scoglitti). ...» 3
» 276 (Modica) . . . . » 3
» 277 (Noto) » 3 •
Tavola di sezioni
N. I (annessa ai fogli 249 e 258) . .
N. II (annessa ai fogli 252, 260 e 261)
N. Ili (annessa ai fogli 253, 254 e 262)
N. IV (annessa ai fogli 257 e 266). . .
N. V (annessa ai fogli 273 e 274). . .
L.
4 —
4 —
4 —
4 —
4 —
Carta geologica della Calabria, nella scala di l a 100 000, in 20 fogli
e 3 tavole di sezioni, con copertina. — Roma 1901 L. 60
NB. / fogli
Foglio N.
le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue:
220 (Verbicaro) . . L. 3 —
221 (Castrovillari) . » 5 —
222 (Amendolara) . . » 3 —
228 (Cetraro) . ... » 3 —
229 (Paola) .... » 5 —
230 (Rossano) ... » 4 —
231 (Ciro) » 3 —
236 (Cosenza) ... » 4 —
237 ( S . Giovanni in F. ) » 5 —
238 (Cotrone). ... » 3 —
241 (Nicastro) ...» 4 —
Foglio N. 242 (Catanzaro) . .
» 243 (Isola Capo Piz-
zuto) . . . .
» 245 (Palmi) ....
» 246 (Cittanova) . .
» 247 (Badolato) . . .
» 254 (Messina). . . .
» 255 (Gerace) ....
« 263 (Bova)
» 264 (Staiti)
L. 4
» 3
» 3
^ 5-
» 3-
» 4-
» 4-
» 3
» 3-
Tavola di sezioni N. I (236, 237, 238, 241, 242), N. II (245,246, 247,
255, 263), N. Ili (220, 221, 229, 230), ciascuna L. 4
228
Carta geologica della Puglia, nella scala di 1 a 100 000.
Ne sono pubblicati i fogli seguenti :
Foglio N. 201 (Matera) .
» 202 (Taranto)
» 203 (Brindisi)
» 204 (Lecce) .
L. 3 —
» 2 —
» 3 —
» 2 —
Foglio N. 213 213 (Maruggio)
» 214 (Gallipoli) . .
» 215 (Otranto). . .
» 223 (Tricase) . . .
L. 1 —
» 2 —
» 1 —
» 2 —
Carta geologica della Lucania, nella scala di 1 a 100 000.
Foglio N. 198 (Campagna) . . L. 4 —
» 199 (Potenza) ... » 5 —
» 200 (Laurenzana) . » 4 —
» 209 (Vallo Lucania). » 4 —
» 210 (Lagonegro) . . » 5 —
Foglio N. 211 (S. Arcangelo) .
L. 5 —
» 212 Tursi
» 3 —
Sezioni geologiche, Tav. I . .
» 3 —
» li . .
» 4 —
» III . .
» 4 —
Carta geologica della Campagna romana e regioni limitrofe, nella scala di 1
a 100 000, in 6 fogli e una tavola di sezioni, con copertina. — Eoma,
1888 L. 25 —
NB. I fogli e la tavola di questa Carta si rendono anche separatamente come segue:
Foglio N. 142 (Civitavecchia) . L. 4 —
» 143 (Bracciano) . . » 5 —
» 144 (Palombara) . . » 5 —
Foglio N. 149 (Cerveteri) .
» 150 ( Roma) . . .
» 158 (Cori) . . .
Tavola di sezioni (annessa ai fogli 142, 143, 144 e 150), L.
Carta geologica delle Alpi Apuane, nella Scala di l a 50 000, in 4 fogli e 3 ta-
vole di sezioni con copertina. — Roma, 1897 L. 30 —
NB. / fogli e le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue:
Foglio Carrara L. 5 — j Foglio Stazzema L. 5 —
» Castelnuovo » 5 — | » Seravezza » 3 —
Le tavole di sezioni, ciascuna . . . L. 5.
Carta geologica della Toscana {in corso di stampa), nella scala di 1 a 100 000.
Ne sono usciti i fogli : Livorno (L. 2); Volterra (L. 5); San Lasciano Val
di Pesa (L. 5); Massa Marittima (L. 4); Siena (L. 5); Piombino (L 3));
Grosseto (L. 4); Santa Fiora (L. 5); Orbetello (L. 4); Toscanella (L. 5);
Pisa (L. 3); Lucca (L. 5); Firenze (L. 4); Arezzo (L. 4); Montepul-
ciano (L. 5); Tav. I e II di sezioni (L. 4 ciascuna).
Carta geologica dell’Isola d’Elba, nella scala di 1 a 25 000, in due
fogli con sezioni. — Roma, 1884 L. 10 —
Carta geologico-mineraria dell’Iglesiente (Isola di Sardegna), nella
scala di 1 n 50 000, in un foglio. — Roma, 1888 ....... » 5 —
Carta geologico-mineraria del Sarrabus (Isola di Sardegna), nella scala
di l a 50 00Q, in un foglio. — Roma, 1889 » 5 —
Carta geologica della Sicilia, nella scala di l a 500 000, in un foglio
con sezioni. — Roma, 1886 » 5 —
Carta geologica della Calabria, biella scala di l a 500 000, in un foglio.
— Roma, 1894 » 3 —
Carta geologica dei Vulcani Vulsinii, nella scala dii a 100 OCO, in un
foglio, con testo. — Roma, 1904 » 5 —
Carta geologica delle Alpi Occidentali, nella scala di 1 a 400 000, in
un foglio. — Roma, 1908 » 6 —
Per le commissioni rivolgersi alla ditta libraria Fratelli Treves in Roma,
Bologna, Milano e Napoli.
BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO
PARTE UEFICIÀLE
R. Comitato Geologico. - Verbale dell’adunanza del 6 giugno 1910.
Seduta antimeridiana.
La seduta è aperta dal Presidente Capellini alle ore 9.30, essendo pre-
senti i membri Cermenati, Issel, Mazzuoli, Pantanelli, Parona, Strùver, Tara-
melli, Zezi, il Direttore dell’ Istituto Geografico militare, maggior -generale
Gliamas, e l’ing. Baldacci, quale Presidente della Società Geologica italiana
e Capo del E. Ufficio Geologico. Assiste alla seduta in qualità di segretario
ring. Crema.
Il Presidente partecipa che hanno scusato la loro assenza i proff. Bassani
e De Lorenzo. Dà quindi lettura di una lettera direttagli da S. E. il Mini-
stro d’ Agricoltura, il quale invia i suoi ringraziamenti e l’espressione della
sua soddisfazione per l’opera prestata dal Comitato; comunica che il Mini-
stero della P. I. ha distribuito i fogli pubblicati della Carta geologica d’Eu-
ropa conformemente al voto del Comitato e che con recente decreto sono
stati nominati membri di quest’ultimo il prof. De Lorenzo ed il prof. Pan-
tanelli, al quale dà il benvenuto.
Infine commemora il compianto prof. Omboni, per tanti anni membro
del Comitato, ricordandone le benemerenze.
Cermenati e Mazzuoli si associano alle parole del Presidente per la per-
dita dell’ illustre collega.
Il Presidente dà quindi la parola all’ Ispettore Mazzuoli per le comunica-
zioni della Direzione del Servizio.
14
Mazzuoli porge innanzi tutto un cordiale saluto al prof. Pantanelli, che
darà con la sua scienza un valido aiuto al servizio geologico. Quindi inco-
mincia la sua esposizione ricordando il voto del Comitato, perchè una
rappresentanza sua e deirufììcio partecipasse al prossimo Congresso geologico
internazionale di Stoccolma. Il Ministero aderì a tale voto, purché la spesa
occorrente venga prelevata dal capitolo relativo alle missioni nell’ interesse
dei servizi geologico e minerario (cap, 12, E); ora tale fondo è già notoria-
mente inadeguato per i bisogni normali del servizio, sempre crescenti, cosic-
ché egli non crede assolutamente possibile distrarne una porzione qualsiasi.
Mette in rilievo la parte già presa dal prof. Taramelli e dall’ ing. Aichino per
i lavori preparatori del Congresso e confida che il Presidente potrà ottenere
che la somma richiesta venga prelevata su altro capitolo del bilancio.
E ermenati fa rilevare l’ importanza, anche pratica, degli argomenti che
saranno trattati al Congresso geologico ed alla Conferenza agro-geologica,
che avrà luogo contemporaneamente, e propone il seguente ordine del giorno,
che, messo ai voti, è approvato all’unanimità :
« Il K. Comitato Geologico italiano,
« considerato che l’XI Congresso geologico internazionale e la Conferenza
agro-geologica, che avranno luogo nel prossimo agosto a Stoccolma, fra le
altre importantissime questioni scientifiche, discuteranno i problemi relativi
alla produzione mondiale del ferro ed alla costruzione delle Carte agro-geolo-
giche, i quali problemi grandemente interessano l’ industria e l’agricoltura
del nostro paese ;
« fà voti che il Governo — senza che la spesa abbia a gravare sui fondi,
già scarsi, pei servizii geologico e minerario — invii al Congresso ed alla con-
temporanea Conferenza una rappresentanza ufficiale del Eegio Comitato e del
Regio Ufficio Geologico, la quale riferirà circa i risultati scientifici e pratici
di quella riunione internazionale ».
Baldacci propone che intanto l’Ufficio sia inscritto al Congresso ed alla
Conferenza, onde possa riceverne le pubblicazioni.
Il Gomitato approva.
Mazzuoli informa che il prof. Vinassa de Regny con una sua lettera, di
cui dà lettura, aspira aH’incarico di rappresentare il Comitato alla Conferenza
internazionale agro -geologica di Stoccolma, anche perchè potrebbe così avere
roccasione di visitare qualcuno dei giacimenti siluriani e devoniani della
Scandinavia, ciò che gli sarebbe di vantaggio per i suoi rilevamenti nelle
Alpi Venete.
Il Presidente fa notare che anche altri geologi si troverebbero in condi-
zioni analoghe e che d’altra parte le condizioni del bilancio non permettono
ora nemmeno di provvedere convenientemente per il personale del Comitato
e deirUfficio; propone, perciò, di rispondere al prof. Vinassa che il Comitato,
pure apprezzando le sue buone disposizioni, per ragioni finanziarie è dolente
di non poter dar esito alla sua domanda.
Il Gomitato approva.
Mazzuoli comunica che T ing. Mattirolo è sempre in aspettativa, ma con-
fida che possa presto riprendere servizio.
Annuncia ancora che anche dopo Tultima seduta del Comitato, gli inge-
gneri deirUfficio continuarono ad essere richiesti dell’opera loro dal Ministero
dei LL. PP. e da altre amministrazioni, ciò che dimostra che TUfficio Geolo-
gico è sempre meglio conosciuto ed apprezzato.
Mazzuoli informa che il Ministero della Guerra ha chiesto un concorso
finanziario per la rettificazione della Carta topografica della Sicilia e la pub-
blicazione di una seconda edizione di essa. Tale concorso dovrebbe essere ri-
partito in molti anni; tuttavia crede che per l’esiguità del nostro stanzia-
mento non possa essere concesso prelevandolo da questo.
Baldacci riconoscendo la grande utilità che presenterebbe una nuova edi-
zione di tale Carta e data l’esiguità della somma annualmente richiesta, la
quale non supererebbe le lire 4000, propone che il Comitato emetta un voto
perchè il Ministero d’ Agricoltura concorra su altro capitolo a tale lavoro.
Capellini e Zezi sono dello stesso parere.
Il Comitato approva.
Mazzuoli spiega le ragioni che hanno ritardato la pubblicazione degli ul-
timi fascicoli del Bollettino, col quale però si è ora quasi al corrente, ed an-
nunzia che la stampa della Memoria del dott. Prever è già stata iniziata.
Presenta la Memoria geologica sulla Toscana dell’ ing. Lotti, da poco pub-
blicata, oltre a 13 fogli della Carta della Campania e della Puglia al 100,000,
in bozze.
Altri tre fogli deU’Umbria vennero già mandati aH’Economato e, a que-
sto proposito, accenna agli inconvenienti causati dal sistema di ricorrere per
ogni gruppo di fogli ad una specie di asta pubblica, sostenendo la necessità
che la pubblicazione della Carta geologica al 100,000 venga affidata ad una
Ditta che possa eseguire il lavoro con ogni garanzia possibile, in modo che
ne risulti un tutto armonico. Presenta un analogo ordine del giorno.
Issél fa rilevare la necessità che nella stampa delle Carte geologiche ven-
gano impiegati colori che non sbiadiscano facilmente.
16
Mazzuoli prega il prof. Issel di preparare egli stesso un’aggiunta aH’ordine
del giorno già presentato.
L’ordine del giorno Mazzuoli-Issel viene messo ai voti nella dizione se-
guente :
« Il Comitato, considerando la necessità che la pubblicazione della Carta
geologica al 100,000 sia fatta in modo da avere un lavoro il più soddisfacente
possibile e tale da sostenere il confronto coi lavori similari esteri ;
« considerando che, nelle carte geologiche, non si richiede solamente la
immediata conformità degli stampati al modello eseguito a mano, ma ancora
la stabilità delle tinte adoperate; cosicché alcune di queste debbono essere
scelte aH’uopo fra le più dispendiose; escludendo l’uso di altre preferibili dal
punto di vista economico ma che in breve tempo spariscono, risultandone
edizioni intere imperfette od inservibili;
« considerando essere pure necessario che esista uniformità di esecuzione
fra i diversi fogli della Carta, benché tirati in epoche diverse;
« é di parere, che detta pubblicazione sia affidata alla ditta riconosciuta
meglio adatta per eseguirla e rivolge calda preghiera al Ministero di Agricol-
tura, perché a mezzo deH’Economato generale sia concluso con tale ditta un
contratto continuativo per una somma complessiva determinata e per un
tempo determinato, sulla base di un prezzo unitario, variabile secondo il
numero delle tirature occorrenti per ogni foglio '>.
Il Gomitato lo approva aH’unanimità.
Mazzuoli ritornando alle pubblicazioni, e tenendo presente che é ancora
disponibile sul bilancio 1909-1910 la somma di circa L. 8000, propone che a
coprire tale somma si consegnino per la stampa alcuni fogli delle Alpi, impie-
gando la rimanenza nell’acquisto di mobili, strumenti, ecc., necessari al-
rUfficio.
Rammenta poi che, perché si possa proseguire la stampa dei fogli delle
Alpi, occorre prima risolvere la nota questione dei calcescisti e perciò prega
vivamente i proff. Parona e Taramelli di compiere nel prossimo estate le
escursioni necessarie, affinché essi possano presentare al Comitato proposte
concrete al riguardo.
Parona e Taramelli dichiarano che essi saranno liberi dalle loro occupa-
zioni scolastiche verso gli ultimi di luglio.
Mazzuoli passa a parlare delle pubblicazioni da intraprendere nel pros-
simo anno finanziario e cioè : la Memoria dell’ ing. Sabatini, alcuni fogli delle
provincie meridionali, che si ridurranno al più presto al 100,000 ed altri delle
Alpi occidentali, già ridotti a tale scala.
17
Cermenati chiede se in tale programma non potrebbe includersi anche la
Carta geologica delle Alpi Apuane al 25,000.
Mazzuoli informa che negli anni precedenti il Comitato ebbe già ad oc-
cuparsi di tale pubblicazione e ne riconobbe l’inopportunità, bastando quella
al 50,000 già da tempo pubblicata. Nè la pubblicazione della carta al 25,000
è necessaria per la preparazione del volume, da tanto tempo richiesto al-
r ing. Zaccagna, poiché questi la possiede manoscritta, mentre jjoi per la mag-
gior intelhgenza del testo è già stato deliberato che, annesse al volume, j)os-
sano venire stampate quelle porzioni di tale Carta che il Comitato riterrà
convenienti.
C ermenati, riconoscendo la giustezza di tali considerazioni, non insiste
nella sua proposta.
Mazzuoli, continuando, dice che, Tesposto programma di pubblicazioni
porta con sè il programma della prossima campagna, giacché tanto per l’Italia
meridionale quanto per le Alpi occidentali occorreranno importanti revisioni.
A[^questo proposito dà lettura di una lettera del prof. Stella, il quale dice
che si terrà a disposizione delFUfficio, per quelle revisioni o brevi comple-
tamenti che fossero necessari nell’area dei fogli da pubblicarsi. Pel caso che
l’intervento dello Stella- risulti opportuno, chiede al Comitato la facoltà di
valersi della lattagli proposta.
Il Comitato approva.
Mazzuoli aggiunge che i rilevamenti ordinarii, da proseguirsi nelle regioni
già incominciate, saranno nella prossima campagna necessariamente molto
ridotti e limitati alle Prealpi lombarde (Zaccagna), all’ Appennino centrale
(Lotti e Crema) ed alla Sardegna (Pilotti). In quanto all’incarico affidato ai
proff. Dal Piaz, Vinassa e Gortani, ritiene sia il caso di rinnovarlo per una
seconda campagna.
Capellini chiede qualche informazione sui lavori già compiuti.
Baldacci informa che il Vinassa rilevò una porzione della tavoletta di
Paluzza, il Gortani parte di quella di Tolmezzo e il Dal Piaz l’altipiano di
Cansiglio e regioni limitrofe.
Taramela fornisce qualche altro schiarimento su questi rilevamenti, aggiun- .
gendo che i risultati gli sembrano accettabili.
Cermenati fa alcune nuove proposte di incarichi per geologi estranei
aU’ Ufficio.
Mazzuoli oppone la mancanza di fondi ; soggiunge poi che, anche in
migliori condizioni finanziarie, non sarebbe conveniente di affidare nuovi rile-
vamenti a geologi privati, tanto più mentre è in corso un esperimento, sul
18
quale non è possibile pronunziarsi. Si dichiara invece favorevole ad incarichi
per studii speciali sul genere di quello compiuto dal dott. Prever, con buoni
risultati.
Il Presidente richiama le disposizioni in base alle quali vennero conferiti
i precedenti incarichi a geologi, che già avevano compiuti importanti lavori
nella regione da rilevare, lavori che furono così, senz’altro utilizzati. Si trat-
tava quindi di una questione di opportunità; ma non crede conveniente di
incaricare dei giovani di studiare regioni che loro riuscirebbero nuove.
Cermenati non ha nulla da obbiettare alle ragioni esposte dall’Ispettore
Mazzuoli e dal Presidente relativamente alle sue proposte, ma desidera sia
ricordato come nacquero questi incarichi.
Mazzuoli risponde che pel momento si deve pensare alle pubblicazioni,
non ad intensificare i rilevamenti e che del resto non tarderà l’assegnazione
aU’Ufficio di due nuovi allieW, attualmente all’estero. Dichiara di nuovo che
per mantenere le necessarie uniformità ed armonia nei lavori di r levamento,
questi devono essere compiuti dal personale dell’Ufficio, laddove sarà invece
utilissimo pel servizio di affidare a geologi estranei studii speciali, particolar-
mente di carattere paleontologico. Egli sarà sempre lieto di accettare pro-
poste di questo genere, purché prima ben ponderate e rispondenti veramente
ai bisogni dei rilevamenti.
Germenati replica sembrargH che il sistema degli incarichi, quando si
riconoscano possibili ed utili, dovrebbe essere largamente adoperato.
Mazzuoli comunica al Comitato il seguente ordine del giorno approvato
dall’Associazione mineraria sarda nella sua assemblea del 17 aprile u. s.
«L’Associazione mineraria sarda,
«ritenuto che lo studio geologico della regione mineraria igiesiente abbia
«una. somma importanza economica per Tavvenire delle miniere ;
« ritenuto che i materiali cartografici e mineralogici esistenti e i dati
« d’esperienza raccolti nelle miniere siano sufficienti per una sintesi geologica;
« ritenuto che fra i fini del E. Corpo delle Miniere vi è quello di coadiii-
« vare con studi e ricerche lo sviluppo dell’industria mineraria ; ritenuto che
« se il Ministero della Guerra ha tenuto conto dei desideri e bisogni della
« industria mineraria nella compilazione delle carte topografiche della regione
« mineraria igiesiente, è naturale sperare che il Ministero d’Agricoltura, Indii-
« stria e Commercio, dal quale dipende il servizio minerario., prenda altret-
« tanto interesse alla industria mineraria ed al suo avvenire ;
«fa istanza a S. E. il Ministro d’Agricoltura, Industria e Commercio ed
« al K. Ispettorato delle Miniere affinché venga senza indugio posto mano
«alla geologia mineraria della regione iglesiente, incaricando di tal lavoro un
« geologo specialista ».
Ricorda che l’Iglesiente fu una delle prime regioni delle quali ebbero ad
occuparsi gli ingegneri del Corpo delle Miniere, i quali procedettero in mezzo
ai più gravi disagi, non solo ai rilevamenti geologici, ma anche alla costru-
zione di una carta topografica, che mancava. Ora non si tratterebbe di com-
piere un nuovo rilevamento, ma soltanto di utilizzare i numerosi elementi
venuti in luce e di coordinarli a vantaggio dell’industria.
Tale incarico potrebbe affidarsi alT ing. Lotti, il quale vi attenderebbe
nel prossimo inverno, e come aiuto gli si potrebbe dare Ting. Pilotti, che già
stava lavorando con l’ing. Franchi nel Nord della Sardegna. Quest’ ultimo
rilevamento verrebbe momentaneamente sospeso, ma non fu certo male di
averlo iniziato, trattandosi di regione del tutto ignota e nella quale ebbero
luogo importanti scoperte minerarie.
Germenati plaude alla proposta Mazzuoli, ma deve comunicare all’assem-
blea che, per mezzo suo, l’ing. Stella offre la sua opera pel caso che questa
potesse riconoscersi utile.
Mazzuoli, senza prendere alcun impegno, dice che terrà presente tale
offerta.
Il Comitato approva.
Baldacci presenta come di consueto i dati relativi ai lavori di campagna
I ed una concisa relazione sui lavori d’ufficio e di laboratorio, sulle collezioni e
I la biblioteca. Vi ha pure unito un breve rapporto riassumente i rilevamenti
I
eseguiti, sui quali già riferirono a voce gli operatori nelPultima seduta del Co-
mitato e gli incarichi straordinari, (V. in appendice al verbale). Coglie questa
occasione per segnalare le benemerenze del prof. Parona verso riJfficio per
le molte determinazioni di fossili, che si compiacque di compiere; ricorda
particolarmente le determinazioni delle ammoniti del Cansiglio, raccolte dal
prof. Dal Piaz.
11 Presidente ringrazia vivamente il prof. Parona a nome del Comitato.
Parona dichiara che sarà sempre lieto di contribuire al buon andamento
dei lavori deH’Ufficio geologico. Esprime, poi, il suo compiacimento per la re-
lazione presentata dall’ingegnere Baldacci, ma desidererebbe che questa, come
in passato, venisse stampata e distribuita prima della seduta.
Mazzuoli dice che fu indotto a sostituire la relazione stampata con quella
orale, perchè questa è certamente più proficua alle discussioni. Ricorda, poi,
che i rilevatori, oltre la relazione presentata oralmente al Comitato, devono
prepararne una da stamparsi sul Bollettino; lo scorso anno gli incarichi straor-
20
dinarii causati dal terremoto distrassero il personale dell’ Ufficio dai suoi
consueti lavori.
Parona non nega i vantaggi di una relazione orale, ma ne segnala gli
inconvenienti, fra i quali quello che molte osservazioni minori, non collega-
bili all’argomento delle singole pubblicazioni, vanno necessariamente perdute.
Preferirebbe, perciò, che si ritornasse all’antico sistema, - anche per ovviare
al ritardo che può verificarsi nella pubblicazione delle relazioni individuali.
Capellini e Zezi sono della stessa opinione.
Dopo breve discussione rimane stabilito che, in avvenire, per l’adunanza
estiva verrà inviata la relazione in bozze ai membri del Comitato, almeno
una quindicina di giorni prima della riunione.
Il Presidente comunica una lettera del prof. De Lorenzo, nella quale
questi lamenta che nel foglio di Lagonegro, della Carta geologica al 100,000,
non si sia tenuto conto dei terreni morenici da lui scoperti nel M. Sivino.
Baldacci spiega che si tratta di una involontaria dimenticanza e crede
che tali terreni potrebbero ancora rappresentarsi nella Carta già stampata,
se la scala di questa lo permetterà.
Il Presidente fa sua questa proposta.
Il Gomitato approva.
La seduta viene tolta aUe ore 12.10, dopo aver autorizzato il Presidente
a firmare il verbale della seduta.
Il segretario
Ing. C. Crema.
Il presidente
G. Capellini.
RELAZIONE AL R. COMITATO GEOLOGICO
sui lavori eseguiti per la Carta Geologica nel 1909
e proposte di quelli da eseguirsi nel 1910
Lavori geologici del 1909.
In occasione delle adunanze del R. Comitato tenute nel giugno 1909 e
nel gennaio 1910 venne già dato un cenno sul lavoro straordinario che vari
funzionari deU’Ufficio ebbero a compiere per incarico della Commissione Reale
presieduta dal Senatore Blaserna nelle regioni Calabresi e Siciliane devastate
dal terremoto del 28 dicembre 1908, specialmente per studiare le condizioni
degli abitati maggiormente danneggiati e la convenienza di ricostruirli o no su
più sicure sedi. Questo incarico, potè dai nostri funzionari essere adempiuto
solo a prezzo di disagi e fatiche non indifferenti, e pel suo lodevole adempi-
mento essi ebbero ad incontrare il pieno gradimento della Commissione Reale
e del Ministero.
Le relazioni riguardanti gli studi degli ingegneri Novarese, Sabatini e
Franchi vennero già pubblicate nel Bollettino, e prossimamente si pubbliche-
ranno quelle degli ing. Crema e Filetti.
In conseguenza di questo gravoso lavoro fu impossibile spingere con la
consueta attività nel primo semestre dell’anno i lavori ordinari di campagna
per rilevamento e revisione ; tuttavia questi non furono interrotti per parte
dei pochi funzionari disponibili non incaricati di studi per il terremoto e ven-
nero poi regolarmente ripresi da tutti nel secondo semestre. Esponiamo ora
brevemente quanto venne fatto dai vari operatori nell’anno 1909, ricordando
però che nella adunanza del R. Comitato tenuta in Roma il 4 gennaio 1910,
gh operatori stessi furono chiamati a presentare al Comitato le carte rilevate
durante l’ultima campagna ed a dare spiegazioni verbali sulle più interessanti
particolarità dei loro lavori.
' Ing. capo B. Lotti. Terminò il rilevamento della tavoletta di Visse
(prov. di Macerata) per km-. 26.0 e si estese in quella di Camerino per km-. 50
e in quella di Amendola per km. 60, ri,^ ^Yando in tutto km^. 380. Questo rile-
22
vamento particolareggiato pose in evidenza alcune particolarità tectoniche nella
parte occidentale del gruppo della Sibilla, e fece scoprire alcuni ammoniti nel
calcare neocomiano di quelle località, dove finora non erano stati trovati
fossili.^
Pel rilevamento a nuovo di km^. 380 l’ing. Capo Lotti impiegò 59 giorni,
percorse su vie ordinarie km. 1131 e incontrò una spesa ferroviaria compresa
il decimo aggiunto., di L, 21.18, La spesa totale fu di L. 1309.53.
Ing. capo D. Zaccagna. L’ing. Zaccagna, ripreso servizio dopo una aspet-
tativa per motivi di salute, incominciò assai tardi, cioè nella seconda metà di
settembre i lavori di campagna nei monti formanti il bacino del Lago d’Iseo
e particolarmente nella regione compresa nelle tavolette al 25.000 di Iseo, Gar-
done, Lovere e Pisagne.
I terreni della regione appartengono alla serie paleozoico-secondaria, che
si appoggia sugli scisti cristallini discendenti dalla Valtrompia in Valcamonica
per il Colle della Eucola. Sono ivi rappresentati il Permico, gli scisti del Ser-
vino, i calcari del Muschelkalk, gli scisti e le arenarie con lenti di calcare rife-
ribili al Eaibliano, la Dolomia principale, i vari piani del Lias, il Titonico ed
il Neocomiano.
In tutti i piani del Trias si trovano affioramenti gessosi di origine epige-
nica, ed inoltre la regione presenta delle masse di porfirite intruse a vari li-
velli nelle roccie secondarie.
La superficie rilevata dalking. Zaccagna fu di km^. 90, e vennero impiegati
49 giorni di campagna, percorsi 907 km., spese per ferrovie L. 105.77, con una
spesa totale di L. 969.37.
I7ig. capo V. Novarese. Eiprese nel mese di agosto il rilevamento geo-
logico della regione fra il Ceresio ed il Lario e continuò in questo lavoro nei
mesi di settembre e ottobre, facendo anche una ricognizione preliminare nella
alta Valcamonica, al Tonale ed all’Aprico. La superficie rilevata è di circa
100 km^., con l’impiego di 44 giorni, con percorso di km. 653, spesa ferroviaria
238.95 e spesa totale di L. 959.85.
Ing. Sabatini. Ha continuato nei mesi da luglio ad ottobre il rileva-
mento geologico della regione vulcanica Yulsinia facendo centro successiva-
mente a Sorano, Montorio ed Onano e impiegandovi 64 giorni, con percorso
di km^. 1621, spesa ferroviaria di L. 53.98 e spesa totale di L. 1179.98.
Ing. Franchi. Parte del mese di luglio, tutto l’agosto e parte di settembre
furopo da lui impiegati a completare lo studio stratigrafico e tettonico delle
zone di terreni secondari dell’Alta Valtellina. Parte del settembre e ottobre
venne dedicata allo studio del versante destro dell’Adda fra Sondrio e Dubino,
e alcuni giorni di ottobre alle formazioni calcaree della riva orientale del Lago
23
di Como, fra Bollano e Mandello, per riconoscerne le analogie ed i ray>r>orti
tectonici coi terreni dell’Alta Valtellina.
Vennero impiegati in questi lavori 60 giorni, percorsi 1344 km. con spesa
ferroviaria di L. 136.44 e con una spesa totale di L. 1134.64.
Ing. Crema. Per le ragioni sopra esposte anche l’ing. Crema dovette in-
cominciare in ritardo, cioè nella seconda metà di agosto la sua campagna geo-
logica; nella prima parte di questa si occupò dello studio del gruppo IMonte
Giano - Monte Calvo (Aquilano), iniziando il collegamento del rilevamento geo-
logico di questo con quello del gruppo del Monte d’Ocre; l’affinità di questi
due gruppi sia come serie dei terreni, sia come tettonica risultò completa. Nel-
l’autunno avanzato fece un certo numero di escursioni nella Conca Anticolana
e regioni limitrofe, ma dovette lasciarne incompiuto lo studio per il cattivo tempo
sopravvenuto. Senza contare le aree solo riconosciute, quelle rilevate in questa
campagna dall’ing. Crema ammontano a km^. 120 circa.
Per i detti lavori l’ing. Crema impiegò 49 giorni di campagna, col per-
corso di km. 963, spesa ferroviaria di L. 59.07 e spesa totale di L. 830.47.
Ing. Pilotti. Si recò nell’autunno avanzato in Sardegna per continuarvi
l’intrapreso rilevamento nella regione nord -occidentale dell’isola e vi rimase
dal 24 ottobre al 3 dicembre. In questo periodo di tempo si occupò dapprima
del rilevamento nei quadranti di Osohiri e di Monti, il primo dei quali è notevole
per la complicata zona di contatto fra scisti e graniti e per l’intrusione fra
questi terreni di importanti masse di materiali vulcanici (tufi e trachiti) rico-
perti qua e là da un deposito terziario d’acqua dolce; nelle tavolette diPlogghe,
Chilivani, Mores, Tiesi e monte Sassu oltre ai tufi, alle trachiti ed ai de-
positi miocenici che vi stanno sopra, assumono una certa importanza le mani-
festazioni vulcaniche più recenti, costituite da colate basaltiche.
L’ing. Pilotti fece anche un sommario studio sulle formazioni mioceniche
del Cagliaritano per trarne elemento di confronto con le coeve formazioni del
nord dell’isola.
Per tali lavori furono impiegati 40 giorni, percorsi kg. 846, con una
spesa di ferrovie e piroscafi di L. 113.51 e con una spesa totale di L. 764.81.
Aiut. 'principale Cassetti. Dal luglio al settembre completò il rilevamento
dei monti del gruppo del Gran Sasso, esclusa però la parte centrale; egli potè
delimitare con precisione l’affioramento della Dolomia principale, distinguendola
da quella assai più estesa appartenente al Lias inferiore, su cui si appoggiano
generalmente in discordanza i calcari eocenici, quindi gli scisti marnosi, are-
nacei ed argillosi e i conglomerati.
NelPottobre il Cassetti rilevò il bacino solfifero, detto del Peglio, nella
regione marchigiana, situato sulla sponda destra del Taruco affluente del
Metauro presso isola di Fano.
24
Durante la campagna del 1909 egli rilevò neH’Abruzzo una superfìcie di
circa 250 km‘^ e nelle Marche di circa 80, e in questo lavoro impiegò 82 giorni,
di campagna, con un percorso di km. 1844, spesa ferroviaria di L. 135.35 e
spesa totale di L. 1242.35.
Kilevamenti geologici nelle alpi venete. — Questi rilevamenti ven-
nero affidati ai sigg. profì. Dal Piaz, Vinassa e^Gortani, i quali da vari anni
si erano dedicati all’esplorazione geologica di quelle regioni, ottenendone impor-
tanti risultati.
Sul lavoro compiuto per incarico del K. Comitato Geologico nella cam-
pagna del 1909 i tre professori suddetti presentarono già le loro relazioni
le quali verranno a mano a mano stampate nel Bollettino. Nel 1^ numero di
quest’anno è ora in corso di stampa la relazione sul rilevamento geologico
della tavoletta di Paluzza, intrapresa dal prof. Vinassa e nei successivi fascicoli
verranno pubblicate quelle del prof. Dal Piaz e del dottor Gortani, accom-
pagnata quest’ultima da una appendice paleontologica del prof. Vinassa.
25
Anno 1909. — Rilevamenti geologici - Riassunto generale delle escursioni.
OPPiRATORl
Giorni impiegati
_o
’S
ii
o
tì
3
Km.
percorsi
su vie
ordinarie
Spese
di
ferrovia
(far. C)
e
piroscafi
7,0 sui
l)iglietti
ferro V.
(tarif.
diff. A)
Spesa
totale
R E ti I () N I
L. c.
L. c.
L. c.
Prof. T. Taramelli .
—
—
—
—
—
242 —
Direzione per le Alpi
Venete e Prealpi.
Ing.-capo Baldacci .
2
—
—
42.50
7.07
67.57
Adunanza del Comi-
tato Geologico.
Ing.-capo Lotti .
68
58
1,414
82.40
13.93
1,309.53
Umbria e Marche.
Ing.-capo Zaccagna.
49
49
907
90.35
15.42
969.87
Prealpi Lombarde.
Ing.-capo Novarese.
44
42
653
208.15
30.80
956.85
Eegione dei laghi Lom-
bardi.
Ing. Sabatini . . .
78
74
1,833
150.20
23.67
1,500.97
Vulcani Vulsini e adu-
nanza Società Geol.
Ing. Franchi .
60
58
1,344
121.20
15.24
1,134.64
Valtellina.
Ing. Crema . . .
62
58
1,181
155.10
22.69
1,142.09
Abruzzo, Appennino
Eomano; adunanza
Società Geologica.
Ing. Filetti
40
39
846
102.65
10.86
764.81
Sardegna Nord-occid.
Aint. princ. Cassetti
82
77
1,844
116.35
19 —
1,242.35
Abruzzo e Marche.
Totali . . .
485
455
10,032
1,068.90
158.68
9,330.68
Ing. Caldi ....
1,831.23
Zona petroleifera Emi-
liana
Prof. Vinassa de Eegny
900 —
Alpi Venete.
Prof. C. Dal Piaz .
750 —
» »
Prof. M. Cortani
700 —
» »
{a) Le pernottazioai fuori di residenza dànno. a partire dal 1° luglio 1910, diritto airaumonto di %
sulla diaria.
26
Anno 1909. — Rilevamenti geologici - Riassunto 'per regioni.
REGIONI
Scopo delle escursioni
Operatori
Giorni impiegati
_o
J
"o
a
P-i
Km.
percorsi
su vie
ordinarie
Spese
di
ferrovia
(tar. C)
e i
piroscafi j
1
Vio -Ili :
biglietti
ferrov.
(tarif.
diff. A)
1
Spesa
per
operatori
Spesa
totale
L. c.
L. c,
L. c.
L. c.
Direzione, ecc. . .
Taramelli .
—
—
—
—
—
242 —
242 —
Baldacci .
2
—
—
42.50
7.07
67.57
67.57
Alpi Centrali . .
Novarese .
44
42
653
208.15
30.80
956.85 1
2,091.49
Franchi . .
60
58
1,344
121.20
15.24
1,134.64'
1
1
Vinassa . .
—
—
—
—
—
900 —
1
Alpi Venete .
Dal Piaz .
ì
—
—
—
—
—
750 —
^ 2,350 —
1
Gortani . .
—
—
—
—
—
700
i
Prealpi Bresciane .
Zaccagna .
49
49
907
90.35
15.42
969.87
969.87
(
liOtti .
68
58
1,424
82.40
13.93
1,309.53
j
Umbria, Abruzzo e .
: Crema . .
49
46
963
i0.70
8.37
830.47
r
, 3,382.35
Marche.
1
Cassetti .
82
77
1,844
116.35
19 —
1,242.35
Vulcani Vulsini. .
Sabatini .
64
61
1,621
46.25
7.73
1,179.98
1,179.98
Sardegna Setten-
Pilotti . .
40
39
846
102.65
10.86
764.81
764.81
trionale.
Zona petroleif era
Galdi . .
_
_
1,831.23
1,831.23
emiliana.
Adunanza Società
Sabatini .
14
13
212
103.95
15.94
320.99
Geologica in Si-
632.61
cilia.
1 Crema . .
1
13
12
218
104.40
14.32
311.62
13,511.91
Totale generale .
Resoconto delle spese (lo gennaio-31 dicembre 1909).
Adunanze del R. Comitato Geologico Ij. l.Oló ìl2
Indennità di campagna e trasferte diverse :
Direzione dei rilevamenti L. 8t)9..)7
Alpi Centrali ♦ 2,091.19
Alpi Tenete » 2,3,ó0 —
Prealpi Bresciane » 969.87
Umbria. Abruzzo. Alarcbe » 3,382.3ó
Vulcani Vulsini • 1,179.98
Sardegna Settentrionale » 764.81
Zona peti-oleifera Emiliana :> 1.831. 23
Adunanza Società Geologica » 6.32.61
Totale. . . L. 13,511.91 L. 13.511.91
Spese generali :
Ufficio e Laboratori (Sezioni sottili, cancelleria, ecc.) L. 1,6.52.80
Re.stauri ai locali, mobili, ecc » 3.093.35
Illuminazione, riscaldamento, ecc » 2.164.28
5Iateriali per laboratorio, collezioni, ecc » 646.82
Spese di guide, portatori, ecc » 1,200 —
Biblioteca (acquati e abbonamenti) » 1,489.45
Totale. . . L. 10.246,70 L. 10,246.70
Pubblicazioni :
5Iemoria Parona, Bollettino, ecc L. 9.371.70 L. 9,371.70
Spese diverse :
Assicurazioni contro l'incendio L. 97.20
Compensi per lavori straordinari » 915.60
SuS'idio alla Società Geologica > 500 —
Id. al Circolo Speleologico di Udine » 300 —
Compenso al portiere dell'Ufficio di Torino » 100 —
Trasporti ferroviari » 863.61
Totale. . . L. 2,776.41 L. 2.776.41
j-otale delle spese per il 1909 . . . L. 36,952.04
28
Incarichi straordinari.
Su questi incarichi già venne dato un sommario accenno nella relazione
presentata al K. Comitato nella seduta del 30 gennaio 1910. E’ tuttavia utile
che tale accenno venga qui completato affinchè ne rimanga precisa notizia.
Ing. capo Baldaccì. Continuò a far parte della Commissioue nominata
dal Ministero dei Lavori Pubblici per il consolidamento e lo spostamento degli
abitati minacciati da frane e dette il suo parere sullo spostamento proposto
per l’abitato di Gavorrano (Grosseto) sulla stabilità del terreno dove parte
di questo abitato dovrebbe trasferirsi e ciò in seguito a visita eseguita nel
luglio come già venne accennato nella seduta del Comitato del gennaio 1910.
Per incarico del Ministero di Agricoltura fece parte di una Commissione
di esami di concorso per l’ammissione di allievi ingegneri nel E. Corpo delle
Miniere.
Dai primi di settembre fino al 6 dicembre, incaricato dal Ministero degli
Esteri di visitare i giacimenti minerari della Colonia Eritrea con speciale
riguardo a quelli concessi alla Società Eritrea per le miniere d’oro nel territorio
di Asmara, fu in missione nella Colonia stessa. Per l’adempimento della sua
missione egli ebbe occasione di percorrere molte parti del territorio non visitato
nel suo primo viaggio (1890), quali l’Acchelè Cusai, lo Scimeziara, parte del
Seraè, i commissariati di Agordat e del Gaso Setit le regioni vulcaniche a
Sud di Massaua e di Zula e lo sbocco di alcuni corsi d’acqua provenienti dal-
l’altipiano nella parte settentrionale della depressione dancala.
L’ing. Baldacci presentò già al Ministero degli Esteri un relazione sugli
incarichi affidatigli, la quale verrà probabilmente pubblicata per conto del
Ministero stesso.
Ing. capo Lotti. Per incarico del Ministero di Agricoltura ebbe a visitare
il territorio di Montegrimano in provincia di Pesaro allo scopo di provvedere
alla sistemazione di terreni franosi presso l’abitato e nei dintorni.
Fu chiamato dal Ministero stesso a far parte della Commissione per gli
esami di concorso ad alcuni posti di aiutante nel C. K. delle Miniere, che
ebbero luogo nell’ottobre.
Ottenuta poi la debita autorizzazione dal Ministero, visitò nel mese di
ottobre i giacimenti cinabriferi della Sierra Nevada in Spagna, i quah si suc-
cedono sopra una linea di faglia per oltre 8 km. sulla destra del Rio Gua-
dalfeo nella regione detta Alpujarras. Una relazione su questa visita venne
pubblicata nel 4P fascicolo del nostro Bollettino per il 1909.
20
Ing. capo Zaccagna. Ottenuta l’autorizzazione del Ministero, eseguì una pa-
rizia giudiziaria dinanzi al K. Tribunale di Massa per la ricerca ed il ristabili-
mento di antichi limiti di cave. La perizia venne poi pubblicata e una copia
ne fu data daU’ing. Zaccagna per la nostra Biblioteca.
Ing. capo Mattirolo. Continuò a far parte di una Commissione nominata
dal Municipio di Livorno per lo studio del progetto di una conduttura di acqua
potabile per quella città.
Dal Ministero dei Lavori Pubblici fu chiamato a far parte di una Com-
missione per l’impiego delle pozzolane e cementi nella confezione dei massi ar-
tificiali per opere marittime.
Partecipò anche ai lavori di una Commissione per studiare le norme per
l’impiego delle pozzolane.
Fu incaricato dal Municipio di Torino di dare il suo parere sull’apertura
di una cava per materiali da inghiamento da servire per quella città.
Ing. capo Aichino. Nel luglio fece parte della Commissione già rammen-
tata per gli esami di concorso per allievi -ingegneri nel E. Corpo delle Miniere
e nell’ottobre di altra Commissione per l’esame di concorso per aiutanti nel
Corpo stesso.
Ing. capo Novarese. Nel maggio e giugno si occupò per incarico della Com-
missione Eeale presieduta dal sen. Blaserna di studi relativi al terremoto nella
città e provincia di Eeggio e impiegò in queste lavoro 43 giorni. I risultati
dei suoi studi sono consegnati in una relazione pubblicata nel 4*^ fascicolo del
Bollettino 1909.
Fece parte della Griurìa per il concorso di case asismiche, indetto dalla So-
cietà Coperativa di Lavori Pubblici a Milano.
Con la dovuta autorizzazione ministeriale si recò per incarico privato, fra
il luglio ed agosto, nella Kussia meridionale per visitarvi una miniera di an-
tracite (Eosetta) nel bacino del Donetz.
Nell’ottobre fece parte per incarico del Ministero di Agricoltura della ci-
tata Commissione di esame per l’ammissione di nuovi aiutanti nel E C. delle
Miniere.
Ing. Sabatini. Per incarico del Ministero dei Lavori Pubblici fece parte di
una Commissione per lo studio dei provvedimenti da prendersi per il Porto d
Messina in seguito al terremoto, ed impiegò in questa visita cinque giorni.
Nel marzo, aprile, maggio e giugno impiegò per incarico della Commis-
sione Eeale Blaserna, 52 giorni nei circondari di Grerace, Palmi (in parte),
Eeggio (in parte) per lo studio di provvedimenti nei paesi devastati dal ter-
remoto.
Fu nell’agosto chiamato a far parte della Commissione (Ministero Lavori
30
Pubblici) per lo spostamento dei paesi danneggiati da frane, e visitò in questa
occasione gb abitati di S. Giorgio Lucano, Roscigno e Monte Corvino Pugliano.
Per analogo incarico visitò poi nel novembre Lauria (circ. di Lagonegro);
in queste visite impiegò complessivamente 12 giorni.
Nel settembre ebbe incarico di rappresentare coiring. Crema il R. Ufficio
Geologico alla riunione della Società Geologica in Sicilia, impiegandovi 14
giorni.
Dal 15 maggio al 15 giugno fece le osservazioni sul terremoto nel terri-
torio di Messina e delle Ville circostanti per incarico della suddetta Commis-
sione Reale.
Ing. Franchi. Nella seconda metà di luglio fu chiamato a far parte di una
Commissione (Lavori Pubblici) per i provvedimenti da prendersi contro un
scoscendimento nella costiera di Amalfi, che minacciava il bacino portuale di
questa città.
Ai primi di dicembre ebbe dall’Ispettore Capo l’incarico di visitare le cave
di roccia granitoide di Iselle per raccogliere elementi atti a stabihre la vera
natura e classificazione delle roccie in parola; ciò in riguardo a una vertenza
fra lo Stato nostro e l’Amministrazione doganale Svizzera, la quale vorrebbe
tassare quei materiali come gneiss mentre la nostra Amministrazione sostiene
trattarsi di granito che sarebbe esente da dazio doganale.
Ing. Crema. Nella sua qualità di Segretario della Commissione presieduta
dal Senatore Blaserna per studi! relativi al terremoto del 28 dicembre 1908,
accompagnò nel febbraio sui luoghi una apposita Sottocommissione, impiegan-
dovi 12 giorni. In seguito impiegò 77 giorni per la visita dei 133 abitati dan-
neggiati dal terremoto nelle prov. di Cosenza e di Catanzaro, e di 30 altri
abitati in provincia di Reggio.
Unitamente all’ing. Sabatini fu incaricato di rappresentare l’Ufficio alla
riunione della Società Geologica in Sicilia e ne pubblicò una relazione nel 3° fa-
scicolo del Bollettino.
Per incarico del Ministero dei Lavori Pubblici si occupò con una speciale
Commissione deUo studio del tratto dalla Fiumarella al Sinni di Noepoli della
strada nazionale n. 55v (Potenza).
Ing. Pilotti. Fu occupato, come venne già indicato, per 77 giorni In Cala-
bria, a disposizione della Commissione Blaserna per gli studi! sugli abitati de-
vastati dal terremoto, nella provincia di Reggio Calabria.
Per gli incarichi conferiti al nostro personale da altri Ministeri (Esteri e
Lavori Pubblici) le spese furono pagate dai Ministeri stessi.
:n
Collezioni.
L’ultima campagna geologica fruttò discreta raccolta di fossili fra i quali
ricordiamo :
P ammoniti neocomiane e braohiopodi giurassici dei dintorni di Visse,
raccolti daH’ing. Lotti. Le ammoniti neocomiane, hanno, come fu già accen-
nato, uno speciale interesse poiché è la prima volta che se ne trovano in () nella
regione.
20 Coralli, lamellibranchi e gasteropodi cretacei, oltre a numerose nura-
mulitidi raccolti nell’ Aquilano dall’ing. Crema.
30 Corallari, echinidi e lamellibranchi miocenici dei dintorni di Mores e
tronchi di legno fossile di Oschiri (prov. di Sassari) riportati dall’ing. Pilotti,
40 Ammoniti specialmente del Lias inferiore di Cagli (Marche) raccolte
dal signor Cassetti.
50 Fossili degli strati a Caprina del Monte Cansiglio, raccolti dal pro-
iessore Dal Piaz, e da lui mandati per lo studio al professore Parona,il quale
si compiacque di farne la determinazione e li rimandò poi a questo Ufficio
insieme a tutti i fossili del monte d’Ocre che avevano formato oggetto del
di lui studio importantissimo, già pubblicato nelle Memorie in 4°.
Per facilitare la sistemazione e l’ordinamento del materiale, sempre in
aumento, furono destinati alle collezioni paleontologiche e collocati nel cor-
ridoio d’ingresso dell’Ufficio due grandi scaffali a vetri, che si trovavano nel-
r Ufficio geologico di via Po a Torino.
Laboratorio chimico petrograflco.
Neiranuo 1909 avendo l’ing. capo cav. Mattirolo chiesto ed ottenuto il
collocamento in aspettativa per motivi di salute, a partire dal P ottobre la
direzione del laboratorio e la esecuzione dei lavori relativi rimase affidata al-
l’ing. capo cav. Aichino.
Al consueto, furono eseguite come ordinario lavoro saggi ed analisi di
minerali e roccie richieste dai funzionari dell’Ufficio, fra cui quelle di funa
serie di roccie vulcaniche dei Cimini. Per incarico del Ministero di Agricol-
tura furono eseguiti diversi studi di indole pratica, e fra questi l’esame di vari
calcari del Cosentino dal punto di vista della fabbricazione del cemento,
e quello di alcuni campioni di roccia del fondo del porto di Trapani, per
i quali era sorta una controversia fra il Governo e una Impresa costruttrice
intorno all’affermata difficoltà eccezionale di scavo.
La esecuzione delle sezioni sottili di roccie, affidata al preparatore del
32
laboratorio, continuò con la consueta alacrità, preparandosi mensilmente un
centinaio di sezioni.
Le sezioni sottili esistenti alla fine del 1909, e per la massima parte ese-
guite in ufficio, erano 15680,
Biblioteca.
, Nel corso dell’anno 1909 pervennero alla Biblioteca per doni, cambi od
acquisti 1524 opere (volumi, fascicoli, opuscoli) e 484 carte. I libri si suddi-
vidono in 245 monografie ed in 1279 volumi o fascicoli di Rivista.
Le Riviste pervenute sono in totale 377, di cui 83 dai vari Istituti scien-
tifici d’Italia e complessivamente 289 dall’Europa, 6 dall’Africa, 59 dall’Ame-
rica, 8 dall’Asia, 15 dall’Australia.
Le carte si suddividono in 271 carte geologiche, 193 topografiche, 20 di-
verse.
Ogni anno diventa sempre più ristretto lo spazio per la nostra Biblioteca
e riesce oramai impossibile collocare convenientemente le opere che entrano
annualmente e per le quali occorrono non meno di 10 metri di scaffalatura.
E’ quindi imperioso ed urgente il bisogno di nuovi scaffali per la conveniente
disposizione del materiale librario.
Della Biblioteca fu compilato il 7° supplemento, che comprende il mate-
riale arrivato nel triennio 1907-08-09.
Proposte per la campagna geologica 1910.
Alpi. — In vista della pubblicazione già deliberata, e che l’TIfficio sta
preparando, della Carta geologica al 100.000 delle Alpi occidentali, sono indi-
spensabili per i fogli che primi verranno pubbhcati, e che comprendono l’Alta
valle d’Aosta, varie revisioni, aggiornamenti e ritocchi, e di questo urgente
lavoro potranno occuparsi nei mesi di luglio e agosto gli ingegneri Novarese
e Franchi. Essi potranno poi riprendere i ^oro rispettivi rilevamenti già in-
trapresi negli anni decorsi, nella regione dei laghi liombardi per il primo e
nell’Alta Valtellina per l’altro.
L’ing. capo Zaccagna potrebbe continuare il rilevamento già incominciato
nelle Prealpi Bresciane.
Alpi Venete. — Nelle Alpi Venete il prof . Vinassa potrebbe proseguire lo
studio e rilevamento della tavoletta di Paluzza e zone contigue, il prof. Dal Piaz
avrebbe da continuare lo studio del gruppo di Monte Cavallo, la revisione
della Carta geologica del Bellunese, e da fare qualche escursione di orienta-
mento nel Vicentino, nel Trentino e nel Veronese. Sarebbe anche desiderabile
3:ì
che egli facesse qualche escursione nello Zoldano e nel Cadore per condurre
a termine uno studio tettonico e di rilevamento lasciato in sosi)eso due anni
addietro. Il prof. Gortani, se le sue condizioni di salute e di famiglia glielo
permetteranno, potrà continuare e condurre a termine il rilevamento della
tavola di Tolmezzo già intrapreso nella decorsa campagna geologica.
Umbria, Marche e Abruzzo — Del rilevamento di queste regioni potranno
come negli anni decorsi essere incaricati l’ing. capo Lotti, l’ing. Crema e l’Aiu-
tante principale Cassetti; il primo ha da continuare il rilevamento della ta-
voletta di Foligno e limitrofe, l’ing. Crema, quello della tavoletta di Antrodoco e
limitrofe e il sig. Cassetti proseguirebbe nell’estate il rilevamento dei monti
secondari del gruppo del Gran Sasso, per riprendere il rilevamento dei terreni
terziari marchigiani nella stagione più avanzata. L’ing. Crema avrebbe an-
che da completare il rilevamento della Conca Anticolana.
Vulcani Vulsini. — Il termine del rilevamento di questo gruppo vul-
canico sarà da affidarsi all’ing. Sabatini che vi attende già da parecchie
campagne.
Sardegna Settentrionale. — Nella stagione propizia; cioè verso il fì-
finire dell’autunno, l’ing. Pilotti potrebbe tornare in Sardegna per continuarvi
il rilevamento incominciato negli anni scorsi.
Sarebbe anche desiderabile che, durante l’estate, egli facesse qualche escur-
sione in altre regioni d’Italia, per esempio nell’Umbria e Marche con l’inge-
gnere capo Lotti per acquistare famigliarità anche con l’aspetto dei terreni
secondari e col loro rilevamento.
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■;
Annunzi di pubblicazioni
Aichino Gt. — Les ressources en minerai de fer de PItalie (Kxtrait de ' l lie
Iron Ore Resources of thè World »; 1 op. in-4^). — Stockholm, 1910.
Bassani F. — Sui fo^ssili e suIPetà del deposito di Castro dei Volsci in provineia
di Roma (Estratto dal Boll. R. Comitato Geologico d’Italia, anno 1909,
fase. 4»; 1 óp. in-S®, con tav.). — Roma, 1910.
Canevari I. — Composizione chimica dei calcari marnosi da cemento di Fa-
briano (Estr. dai Processi Verbali della Soc. Toscana di Scienze Naturali,
3 luglio 1910,; 1 op. 'in-8o). — Pisa^ 1910.
Idem. — Rocce della formazione Verrucana e Pseudoverrucana del dintorn
di Grosseto (Estr. dalle Memorie della Soc. Toscana di Scienze Naturali,
voi. XXYI; 1 op. in-80). — -Pisa, 1910.
Ideivi. — La Fauna dei calcari m^arnosi da cemento delle vicinanze di Fabriano
(Estr. dalla « Palaeontographia Italica », voi. XVI; 1 fase. m-4P, con tav.).
— Pisa, 1910.
Canestrelli Gr. — Denti dPPtychodus Agass. nel terziario dell’ Appennino
Tosco-Emiliano (op. in-8o, con tàv.). — Pisa, 1910,
De Toni A. — Studio mineralogico della sabbia della Piave (R. Magistrato
delle Acque; 1 op. in-8o). — Venezia, 1910.
Ferrari M. — ^ Studio chimico e microscopico delle roccie granito-pegmatitiche
del giacimento di Groppo Maggio nelPAppennino Parmense (Estr. dai Ren-
diconti della R. Accad. dei Lincei, Classe Se. Fis. Mat. e Nat.,, voi. Vili,
dicembre 1909; 1 op. in-4o, con taV.). — Roma, 1910.
Galdieri a. — Le terrazze orografiche dell'alto Picentino a nord-est di Sa-
lerno (Estr. dalle Mem. della Soc. Geologica Italiana; Voi. XXIX, 1910 -
fase. IO; 1 op. in-8®, con tav.). — Roma, 1910.
Gortani e ViNASSA DE REGNy. — ^ Possili neosilnrici del Pizzo di Timau e del
' Pai, nelPalta Carnia (1 fase. inA®, con tav.). — Bologna, 1910.
IssEL A. — Le misure di gravità ed il presagio dei parossismi vulcanici (Estr.
dalla Rivista Ligure di Scienze, Lettere ed Arti ; 1 op. in-S®). — Ge-
nova, 1910.
{Segue).
{Seguito: r, pagina precedente).
Mercauli G. — 1 danni prodotti dai terremoti nella Basilicata e nelle Calabrie
(Estr. dalla Eelazione della S. Giunta Parlamentare d‘ inchiesta, sulle
condizioni dei contadini nelle provincie meridionali e nella Sicilia, voi. V,
tomo III; 1 op. in-40). — Eoma, 1910.
Paxichi U. — Bournonite di Yal di Castello - Pietrasaiita (Estr. Eendìc. della
E. Accad. dei Lincei, Classe di Se. Fis. Mat. e Nat., voi. XIX, .serie 5*,
1® sem., fase. 10°; 1 op. in-80). — Eoma, 1910.
Perrone e. — Acque salienti e pozzi artesiani della pianura Emiliana, dal
Panaro alla Marecchia, e del litorale adriatico da Porto Corsini a Pesaro
(Estr: dalle Memorie illustrative della carta idrografica d’Italia, voi. 35;
1 fase, in 8°, con tav.). — Eoma, 1910.
Peataxia G. — I fenomeni eruttivi dello Stromboli nella primavera del 1907
(Estr. dagli Annali delCUfficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica,
voi. XXX; 1 op. in-4®, con tav.). — Eoma, 1910.
Sabatixi V — Analogie tra 3Ionte Amiata e Monte Cimino (Estr. Eendic.
E. Accad. dei Lincei, voi. XIX, serie 5^, 2° sem., fase. 6°; 1 op. in-4o). —
^ Eoma, 1910.
Stella Stakkabba F. — La melilite negli inclusi delle lave etnee (Estr.
Bend. E. Accad. dei Lincei, voi XIX, serie 5^, 1° sem., fase. 11; 1 op. in-8o)*
— Eoma, 1910.
Idem. — Il cratere di S. Teresa nei Campi Flegrei (Estr. Accademia ^c, Fis. e
Matem. di Napoli, voi. XIV, serie 2^. n. 7; 1 fase, in-40. con tav.). — Na-
poli, 1910.
Toxiolo a. e. — Sulle variazioni di spiaggia a Foce d’Arno - Marina di Pisa -
dalla fine del secolo XVIII ai nostri giorni (Studio storico -fisiografico
pubblicato a cura del Comune di Pisa; 1 fase, in-40. con tav.). — Pisa, 1910.
ViXASSA DE EEGxy. — I nuovi 31onti Ricco (Estr. dal BoU del Club Alpino
Italiano, voi. XXIX, n. 4; op. 1 in-80, con tav ). — Catania. 1910.
Prezzo del presente fascicolo: L. 2
Anno 1910 - Fase. 3 '
Val. XLI (r della Serie V^)
BOLLETTINO
'ITALIA
SOMMARIO DEL FASC. 3o.
Note originali. — I. - S. Franchi. Appunti sulle ricognizioni geologiche eseguite
nel nord della Sardegna (con tre tavole). — > II. - C. F. Parona. Osser-
vazioni suUa piccola Orifea (Liogryphaea Franchi! n. f.) del Calcare di
Alghero. — III. - M. Cassetti. Struttura geologica della regione mon-
tuosa orientale del Gran Sasso d’Italia (con due figure). — IV. - B. Lotti.
La riunione della società geologica italiana a Portoferraio e l’ipotesi del
Termier suUa tettonica dell’isola d’Elba (con una figura).^ — V. - V. Nova-
rese. Il presunto piano milonitico dell’isola d’Elba. -4- VI. - S. Fran-
chi. Il Éetico quale zona di transizione fra la Dolomia principale ed il
Lias a « facies piemontese » — calcescisti con Belemniti e pietre verdi —
nell’Alta Valle di' Susa (con due tavole).
Notizie bibliografiche. — Bibliografia geologica italiana per il 1909.
Pubblicazioni del R. Ufficio Geologico (fino al 30 settembre 1910).
STAB. TIP. DELLA SOC. EDIT. LAZIALE M
1910
ELENCO
del personale componente il Comitato e TUfficio geologico
R. Comitato geologico.
CapelIìINI GtIOVanni, prof, di geologia, E. Università di Bologna, Pre-
sidente.
Bassani Francesco, prof, di geologia, E. Università di Napoli.
Cermenati Mario, prof, di storia delle scienze naturali, E. Università
di Eoma.
Cocchi Igino, prof, di geologia, Firenze.
De Lorenzo GtIHSEppe^ prof, di geografia fisica^ E. Università di Napoli.
IssEL Arturo^ prof, di geologia, E. Università di Grenova.
Pantanelli Dante, prof, di geologia, E. Università di Modena.
Parona Carlo Fabrizio, prof, di geologia, E. Università di Torino.
Struver Uiovanni, prof, dì mineralogia, E. Università di Eoma.
T4HAMELLI Torquato j prof, di geologia, E. Università di Pavia.
IL Direttore del E. Istituto geografico militare in Firenze.
Il Presidente della Società geologica italiana.
Mazzuoli Lucio, Ispettore superiore. Capo del E. Corpo delle Mi-
niere, Eoma.
Zezi Pietro, Ispettore superiore nel E. Corpo delle Miniere, Eoma.
Baldacci Luigi, Ing: Capo del E. Corpo delle Miniere, Capo del
E. Ufficio geologico.
Personale addetto ai lavori della Carta geologica.
Direzione :
Ing. Mazzuoli Lucio, predetto.
Ing. Zezi Pietro, predetto.
Ing.“ capi
Ingegneri
B. Ufficio geologico:
Baldacci Luigi, Capo
deirUfficio.
Lotti Bernardino.
Zaccagna Domenico.
Mattinolo Ettore.
Aichino GtIOVANNI.
Novarese Vittorio.
Sabatini Venturino.
Franchi Secondo.
Crema Camillo.
PiLOTTi Camillo.
Aiutanti
principali
Aiutante
Archivisti
disegnatori
Ufficiali
d’ ordine
Cassetti Michele.
Moderni Pompeo, (a)
Luswergh Cesare, (a)
Cruciani Alberto.
CozzoLiNo Filippo.
Aureli Amedeo.
GtIAMMARCHI GtETULIO..
Nocito Pietro.
i Andreis Nicolao.
Uscieri . . < Sparvoli Vincenzo.
( Salvatelli Filippo.
(a) Gli aiutanti principali Moderni e Luswergh sono a disposizione di altri uffici.
La sede del E. Ufficio Geologico è in Roma, via Santa Susanna, n. 1.
BOLLETTINO DEL R, COMITATO GEOLOGICO
D'ITALIA.
Serie V, Yol. I. Anno 1910. Fascicolo r.
SOMMARIO.
Note originali. — I. - S. Franchi. Appunti sulle ricognizioni geologiche eseguite
nel nord della Sardegna (con tre tavole). — II. -■ C. I\ Parona. Osser-
vazioni sulla piccola Orifea (Liogryphaea Franchii n. f.) del Calcare di
Alghero. — III. - M. Cassetti. Struttura geologica della regione mon-
tuosa orientale del Gran Sasso d’Italia (con due figure). — IV. - B. Lotti.
La riunione della società geologica italiana a Portoferraio e l’ipotesi del
Termiei sulla tettonica dell’isola d’Elba (con una figura). — Y. - V. Nova-
rese. Il presunto piano milonitico dell’isola d’Elb^a. — VI. - S. Fran-
chi. Il Retico quale zona di transizione fra la Dolomia principale ed il
Lias a « facies piemontese » — calcescisti con Belemniti e pietre verdi —
nell’Alta Valle di Susa (con due tavole).
Notizie bibliografiche. — Bibliografia geologica italiana per il 1909.
Pubblicazioni del R. Ufficio Geologico (fino al 30 settembre 1910).
NOTE ORIGINALI
I.
S. Franchi. — Appunti sulle ricognimoni geologiche ese-
guite nel nord della Sardegna nel maggio 1908,
(Con tre tavole).
DINTORNI DI OZIERI.
La Direzione del Servizio geologico avendo incaricato me ed al-
cuni Colleglli di intraprendere, nella primavera dell’anno 1908, il
rilevamento della Sardegna settentrionale, nella prima decade di
maggio mi sono occupato della ricognizione dei dintorni di Ozieri,
in compagnia dell’ing. Pilotti, che da poche settimane si andava
iniziando al rilevamento geologico. Io esporrò quindi molto succin-
tamente i fatti osservati più salienti, non potendo dare uno studio
metodico ed esauriente, che sarà riservato a chi completerà il rile-
vamento della regione.
Quella cittadina è situata a mezza costa in fondo ad una conca
fra monti di scisti cristallini con intrusioni di grandi masse grani-
tiche, di cui quella grandissima del N.E. della Sardegna (la massa
230
S. FRANCHI
Sardo-Corsa) ha il suo limite a pochi chilometri da essa verso E.
e verso N.E. Un affioramento minore di granito, con frequenti fi-
loni, si mostra pure ad accidente di Ozi eri, intrudentesi negli scisti
cristallini con limite irregolarissimo. Essa è ricoperta dalle forma-
zioni vulcaniche recenti, che dal lato N.O. si adagiano pure in parte
su quegli scisti lungo il Rio Monte Nieddu, e che verso X. vengono
a ricoprire i graniti della grande massa citata innanzi.
Scisti cristallini. — La massa fondamentale della formazione cri-
stallina dei dintorni di Ozieri da me visitati è costituita da filladi,
di tipi svariatissimi, anche pel grado molto diverso di cristallinità.
Il La Marmora nel suo fondamentale e classico lavoro aveva asse-
gnata questa formazione al Siluriano, nè hawi osservazione da fare
in proposito. Trattandosi, come s’è visto, di una zona di filladi non
larga, compresa fra masse granitiche di cui una almeno è straordi-
nariamente grande, è assai probabile che su di essa abbiano agito
più o meno intensamente le azioni modificatrici di contatto, e che
i veri tipi primitivi, dovuti al solo eventuale metamorfismo regionale,
non vi si riscontrino. Tuttavia nella Regione Monte Imi, a S.E. di
Ozieri, a meno di un chilometro dal contatto coi graniti, sono svi-
luppate delle filladi plumbee sericitiche lucenti zigrinate, ricchissime
in rutilo e quasi sempre tormalinifere, le quali non sono molto dis-
simili da certe filladi argillose tabulari della Nurra e di altre del
Trias superiore delle Apuane, o di alcune forme paleozoiche della
Valtellina, che non subirono metamorfosi di contatto.
Nei dintorni immediati di Ozieri le filladi presentano soventi
delle forme arenacee, ma hanno sempre uno sviluppo di pagliuzze
di mica chiara ed anche di biotite, minerali che si sviluppano
più largamente, e in modo da dare veri micascisti e gneiss schietti,
biotitici o più soventi a due miche, nelle zone a contatto col gra-
nito, dove inoltre si mostrano, sebbene come suole accadere, in modo
non continuo nè uniforme, le macchie ed i minerali caratteristici di
contatto, fra cui più frequentemente felspati potassici e sodico-cal-
cici, biotite, muscovite ed andalusite.
Queste forme litologiche si osservano naturalmente anche negli
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA 2.31
scisti che sono frequenti in piena massa granitica, a guisa di inclusi
colossali di diecine e centinaia di metri.
L’andalusite è in alcuni punti, come al contatto a N.E. di
M. Tramentu, e presso la miniera Bene e Padru, ben sviluppata,
con cristalli imperfetti lunghi alcuni centimetri e costituisce un ele-
mento importante ed anche prevalente della roccia. In lamina sot-
tile è sempre nettamente polieroica e con tinta rosea a luoghi più in-
tensa; è però soventi zeppa di inclusioni, specialmente di bio-
tite, che la fa parere talvolta completamente nera.
In altri punti, e pure presso la miniera suddetta, l’andalusite è
ad elimenti più minuti, ma sempre abbondanti, intimamente asso-
ciati cogh altri elemeuti della roccia gneissiforme e specialmente
colla Moti te. Quest’ultimo minerale, soventi con caratteri e forme
speciali (elementi tondeggianti, con chvaggi poco appariscenti) è
largamente sviluppato, insieme a muscovite, in quelle roccie di
contatto, le quali perciò presentano una grande cristalli nità.
Il contatto dei graniti con roccie calcaree si osserva assai bene
in una trincea ferroviaria ad occidente della Stazione Vigne presso
Ozieri, dove pure sono in essi interessantissimi filoni di roccie basiche.
Il calcare è trasformato in un calcefico granatifero, dove talora il
granato roseo prevale sul calcare. Il compianto dottor Riva vide
nei muri a secco presso quella Stazione dei calcefici granatiferi,
senza averne riconosciuta la esatta provenienza.
Vi sono pure banchi di filladi ferrifere analoghe a quelle che
nella Nurra si associano a quei grandi banchi di minerale di ferro,
e nella regione R . di Ozieri nei caleari cristallini sono frequenti zone
bruno-scure, pesanti, ricche in siderite.
Nella formazione suddetta hanno grande importanza i calcari
cristallini, in lenti che sono talora molto potenti ed estese. Una di esse,
potente oltre 200 m. passa sotto la parte S.O. dell’abitato di Ozieri;
un’altra ad O. costituisce la parte alta del Monte sul quale sta la
Madonna di Monserrato, ed una terza ad 0. del M. La Niera.
Ma la massa più importante è quella che con direzione S.E. N.O.
si sviluppa a S.O. del M. Litta a M.Balires, e nei monti Badde Mag-
232
S. FRANCHI
giore/ S. Giovanni Deo e M. Giovanni Villighe. Le massa minore
di Nugheddu, trasversale alla valle Licchittu, è particolarmente in-
teressante per i bei filoni di porfiriti che la intersecano nelle rupi
sotto la chiesetta di S. Pietro.
Il La Marmora nella sua notissima opera dà un profilo geologico
dei dintorni di Ozieri abbastanza approssimato.
Detti calcari sono soventi marmorei e saccaroidi, o venati come
i bardigli, o micacei, con forme calcescistose. Soventi, presso il con-
tatto col granito sono zeppi di minerali e trasformati in veri cal-
cefiri, il più delle volte granatiferi, come già fu detto nella trincea
della ferrovia presso la Stazione Vigne.
Roccie granitiche. — Le roccie granitiche dei dintorni di Ozieri
sono graniti ordinari il più soventi non a grossa grana, e presen-
tano frequenti locali passaggi a forme dioritiche. Oltre a concen-
trazioni magmatiche basiche presentano soventi inclusi di scisti che
furono metamorfosati in roccie scistose gneissiche, biotitiche ed an-
fiboliche, come ad e. a M. Cucui. Nel granito anche a grande distanza
dal contatto sono inglobate ripetutamente delle masse di diecine
e ventine di metri di rocce scistose, più o meno profondamente me-
tamorfosate, come a S.O. di M. Orcu, e presso il Ponte sul Manno
presso la stazione di Fra j gas. La corneane di questo contatto sono
citate dal compianto dottor Piva, nella sua pregevole opera postuma
« Le roccie granitoidi e filoniane della Sardegna » come contenenti,
oltre ai felspati, mica bruna, muscovite, andalusite e corindone, con
probabile cordierite.
Roccie di filoni. — Oltre ai graniti che irregolarmente si intrudono
nella massa filladica, innumerevoli filoni poco potenti di roccie acide
e basiche la lardellano in molti punti anche a distanza dal contatto
di quelli.
Nelle gite fatte tali filoncini si trovarono particolarmente fre-
quenti a N. di Ozieri e specialmente nei dintorni di Nugheddu di
S. Nicolò, dove essi sono a gruppi di 4 o 5 associati e acidi e basici.
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
233
Le roccie dei filoni acidi sono graniti porli rici, apliti, e porfidi
felsitici; quelle dei filoni basici sono microdioriti, porfiriti andesitiche,
pirosseniche anfiboliche e micacee (roccie lamprofiriche del dottor
Riva)^ le quali presentano una grande varietà di grana e di strut-
tura nella stessa regione, nello stesso gruppo di filoni e nello stesso
filone dai contatto al mezzo di esso.
Queste roccie sono ganeralmente molto compatte; però tutte hanno
subite profonde metamorfosi, caratterizzate dalla sericitizzazione dei
feldspati , cloritizzazione della biotite ed uralitizzazione delForneblenda
bruna. In alcune roccie un anfibolo verde-bleuastro chiaro, isoorien-
tato sulForneblenda bruna, la sostituisce irregolarmente alla periferia,
distinguendosene oltre che pel colore anche per una più forte biri-
frangenza.
Questo complesso di roccie filoniane è in tutto simile, e talora
identico anche in particolari, alle roccie filoniane che iniettarne molte
formazioni cristalline alpine a me note, come il massiccio dell’ Argen-
terà, la massa dei micascisti eclogitici a S. del Monte Rosa, gli gneiss
e micascisti dalla parte sud- occidentale del Monte Rosa stesso (mas-
siccio Sesia-Vai di Lanzo), e gli gneiss e le filladi dell’Alta Valtellina.
Ricerche minerarie al contatto dei graniti. — La ricerca di rame
Bene e Padru e la miniera di Piombo Su-Elzu, si trovano appunto
nella zona di contatto tra granito e filladi a IST.O. di M. Tramentu
la prima, e tra granito e filladi con calcari la seconda a poca di-
stanza dalla stazione Vigne citata sopra. Entrambe sono aperte nel
granito, ma le gallerie sono rivolte verso il contatto colle roccie stra-
tificate.
La prima ricerca, famosa per il ritrovamento di minerali rari (Va-
nadinite, Mimetite, Stolzite) studiati dal Lovisato, ha finora poco
sviluppo di gallerie e mostra un filone di] minerale di rame di 0,30
di potenza.
E’ interessante il modo di giacimento di quei minerali nelle frat-
ture della massa granitica laminata e profondamente alterata, a poca
distanza del filone cuprifero.
234
S. FRANCHI
La Miniera Su Elzu, per gravi questioni sorte sulla proprietà di
essa è ora in completo abbandono, sicché fu impossibile entrare nelle
gallerie che sono invase dall’acqua e franate. In prossimità del pozzo
in mezzo al granito affiora un grande filone di quarzo, diretto N.O.
S.E., con pendenza N.E., presentante tracce di mineralizzazione.
Altre ricerche sono in piena massa filladica, come quella Su Littu
per P. b. Ag. Mn, a N.O. del monte Littu, presentante un filone di
qualche decimetro, ed alcune negli scisti cristallini nel territorio di
Nugheddu S. Nicolò; ma mi riservai di visitarle quando si com-
pirà il rilevamento geologico della regione.
Le formazioni vulcaniche, tanto estese verso occidente, nei din-
torni di Ozieri vengono a sovrapporsi direttamente alle filladi con
calcari ed ai graniti, sopra i quali l’erosione ha lasciato in molti
punti lembi di colate, le quali, pel materiale propizio e per la dispo-
sizione di ripidi ciglioni che limitano piccole piattaforme, sono stati
scelti come sedi di Nuraghe (Nuraghe sa Charma, a Magna fave.
Pianude Lizzu, C.S. Pietro) a N. di Ozieri, dove le roccie vulcaniche
si insinuano in mezzo ai graniti, staccandosi dalla coda di tale for-
mazione che forma in parte il sottosuolo della Piana di Ozieri e si
insinua fin oltre Oschiri. Noto fin d’ora come le colate sono sepa-
rate dal granito da pochi metri di materiali arenacei, argillosi, tu-
facei stratificati, dove in molti punti figurano strati fortemente co-
lorati in verde, che debbono il loro colore a un minerale cloritico
molto diffuso del quale avremo occasione di riparlare.
In alcuni punti la regolarità di certi strati afanitici, con aspetto
di argille silicizzate, i quali alternano ripetutamente con banchi di
tufo di grana varia e con essi sfumano, fa pensare all’origine subac-
quea di questa sottile formazione di base. La quale è caratteristica,
tanto alle sponde del Rio Mannu, 400 m. a N. di C. Isteddula,
come presso la cantoniera Sas Piras, dove gli strati verdi più omo-
genei, aventi pendenza leggiera, hanno dato luogo ad una piccola
estrazione di materiali che si spediscono in continente, probabil-
mente per materie coloranti.
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
23r>
Questo deposito di base affiora al limite coi graniti presso il
Pianu de Lizzu e in diversi punti presso il Rio Monte Nieddu , presso
il jDonte del torrente Battule, sulla strada di Mores, nel Rio Calo Righes
presso Ittireddu eco. La roccia è in molti casi un vero tufo poco coe-
rente, ricco in elementi telepatici relativamente freschi, ed il minerale
verde è sempre clorite. Col tufo nettamente caratterizzato alter-
nano sfumandosi con esso, roccie a grana fina e frattura concoide,
che a prima vista sembrano calcari compatti bruno- giallognolo- ver-
dognoli, ma che non danno reazione coll’H.Cl. Si tratta quindi di
depositi subacquei, forse lacustri, di elementi argillosi forniti dai
materiali tufacei cinerei piùfìni.
Le formazioni vulcaniche sono costituite essenzialmente da roccie
vitrofiriche compatte, in colate estese e non molto potenti, affioranti
in ciglioni caratteristici, lungo i quali havvi sovente una struttura a
pilastri, alternanti con delle zone più o meno potenti di materiali
trachitici non molto coerenti, che in alcuni casi si mostrano schiet-
tamente come materiali tufacei ed in altri lasciano il dubbio che
possano essere trachiti di natura diversa profondamente alterate.
La distinzione e la delimitazione cartografica esatta fra lave e
tufi costituisce una grave difficoltà, e richiederà un rilevamento mi-
nuzioso con lo studio microscopico di numerosissimi campioni. Trat-
tandosi però di roccie effusive le quali hanno una massa fondamen-
tale vetrosa od a struttura microlitica. Pesame microscopico con-
durrà tuttavia senza gravi difficoltà a distinguerle dai tufi, quando
Pesame porti non su di un solo ma su parecchi campioni scelti con
criterio.
La ristrettezza della regione di quei terreni da me percorsa non
mi permette ora di dare giudizi definitivi; però non mi par dub-
bio che debba trattarsi di materiali tufacei, malgrado la grande
uniformità loro e la regolarità della grana, laddove, alle falde del' M.
Gordiani, a S.O. di Ozieri, sono aperte le grandiose cave per pietra
da taglio detta pietra cantone, allo stesso modo che tal nome è dato
236
S. FRANCHI
altrove a dei tufi calcarei, a causa dell’id entità deU’uso ^ (Vedasi la
figura 1 della tavola Vili).
Questi tufi alle falde di M. Gordiani hanno potenza superiore ai
100 m., e riposano sopra una colata di lava rosso mattone che si
sovrappone al granito (Nuraghe di M. Malosu) e un po’ sulla fillade,
ivi nerastra e carboniosa, nel vallone di Fontanabria. Essi sono ge-
neralmente bigi molto chiari o leggermente brunicci. In una delle
cave a N. N.O. del monte sono frequenti bombe sferiche e più ra-
ramente ovoidali grosse da 20 a 30 cm., talora gemelle e fra di loro
saldate, di tufo trachi tico rossigno consistente, per cui rimangono in
risalto sulla parete rocciosa. Spaccate queste bombe si vedono costi-
tuite da un tufo compatto un po’ alterato verso la superficie, con
numerosi frammenti di plagioclasi e di biotite, e racchiudere nel loro
centro un nucleo più o meno grande di minerali di natura diversa
a zonature irregolarmente concentriche verdi, verdi-brune e rosee.
In alcuni la parte zonata termina da un lato con un ciottolo an-
goloso, separato dal tufo da una patina di minerale nero, polve-
roso, indeterminabile senza un saggio chimico.
Nella maggior parte dei casi però esiste una vera sfumatura fra
il tufo compatto e la parte zonata inclusa, la genesi e lo studio mi-
neralogico della qnale può essere di qualche interesse.
Le lave sono in colate alternanti, come si disse con materiali
meno coerenti, e risaltano nel paesaggio coi ciglioni prodotti dalla
loro divisione a pilastri, come muri ciclopici che si seguono per chi-
lometri e chilometri, e che si riconoscono, talora anche a distanza,
sia per la plastica che pel colore rossigno.
La pendenza delle colate è generalmente debole, ma in alcune re-
^ In quelle cave vi si fanno le tagliate nella massa stessa della roccia separando
i parallelepipedi da 3 lati e staccandoli secondo il quarto con puntate e con leve
in ferro. Si possono con essa eseguire ornamenti e rilievi abbastanza fini e
le cornici la modeUtura è fatta con pialle dopo che il materiale è posto in opera,
come si usa per molti tufi calcarei nostrali e pel càlcaire grossier del bacino
di Parigi.
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA '>'M
gioni a N. di Ozieri essa raggiunge i 15^0 E, fatto curioso, lad-
dove si addossano ai graniti la pendenza è rivolta verso 0. e N.N.O.,
come se le colate fossero scese dai monti granitici, dove più non
havvi traccia di roccie vulcaniche. Questa fatto è probabilmente
dovuto a movimenti posteriori, di cui d’ altronde si hanno prove
nella formazione miocenica più giovane.
La varietà delle lave sembrerebbe grande giudicandole all’aspetto
esterno, ma in realtà i tipi di essa, nella regione ristretta da me
esaminata, non sono numerosi.
Si tratta quasi sempre di roccie a base vetrosa prevalente, con
rari inclusi del primo tempo, colorate in rosso mattone o rosso bruno
o bruno, anche in parte ristrette di una stessa colata. Sono gene-
ralmente compatte, ma soventi alla superficie delle colate sono tipi
vacuolari e spugnosi. Le vacuole sono in alcuni punti tappezzate di
belle druse di zeoliti (specialmente nella colata presso il ponte sul
Rio Manno, presso la stazione di Fra j gas), ma il più soventi da una
materia verde, che al microscopio si è riconosciuta per clorite, con
intensità di colorazione molto variabile, di non facile determina-
zione, e che potrebbe essere celadonite o delessite.
Alcune vacuole ne sono ripiene, anche quando la massa è rossigna,
ma altre volte tutto il fondo dalla roccia è verde e al microscopio si
vede allora che il materiale cloritico impregna tutta la massa fon-
damentalevetrosa, mettendone in risalto la struttura sovente fluidale h
E’ notevole il fatto che nessuno dei campioni di lave trachitiche (ve-
ramente non numerosi) da me esaminati presenti i felspati microlitici
della seconda generazione, come del pari quelli della prima sono sem-
pre, oltre che di numero, di dimensioni ridotte.
^ Le tinte verdi dei tufi della formazione stratificata di base e di alcune
di queste trachiti, pure della parte più profonda della formazione eruttiva, ave-
vano fatto sperare che potessero presentare qualche tenore in rame, come al-
cune roccie trachitiche del circondario di Alghero studiate dello Stella. Però tutti
i campioni dei dintorni di Ozieri sono privi di rame e il loro colore verde si
è finora mostrato dovuto sempre a minerale cloritico.
238
S. FRANCHI
[Nelle roccie a fondo vetroso con struttura fluidale schietta, al pari
che in certi tufi si trovano frammenti minuti di roccia a struttura mi-
crolitica, talora con microliti felspatici del primo tempo poco più
grandi di quelli del secondo, ed anche frammenti di roccie con fondo
vetroso diverso.
In alcune di queste roccie, coi forti ingrandimenti si notano fe-
nomeni di avanzata devitrificazione della massa vetrosa, specialmente
in quelle dove le vacuole siano ripiene di zeohti o di calcite, fatto
quello pure natato da Millosevich per le roccie del Sassarese.
Senza analisi è impossibile fare una classificazione di queste
roccie vulcaniche, ma dal complesso dei felspati sembra si tratti,
piuttosto che di vere trachiti, di trachi-andesiti, che sono appunto tipi
frequenti nelle regioni più ad ovest secondo le ricerche di diversi
autori.
Particolarmente interessante è la roccia del lembo residuo di una
colata, il più occidentale fra quelli isolati sul granito, a S. delle
Case Motta Segada a N.O. di Ozieri. Essa è compatta, scura, con frat-
tura e splendore vetroso. Al microscopio il fondo vetroso è bruno
rossiccio chiaro, con bellissima struttura fluidale. Sono minuti inclusi
diversi di roccie a struttura mierolitica od a base vetrosa più scura,
e di plagioclasi piuttosto basici (labrodor), di pirosseno monoclino
ed ortorombico, minerali ferriferi opachi informi, apatite, zircone.
Una roccia vetrosa analoga trovasi al Pianu de Lizzu alla base della
formazione vulcanica, separata solo dai graniti da una formazione
detritica potente un venti metri, nella quale sono elementi delle
roccie cristalhne antiche. Si tratta qui naturalmente di roccie molto
più basiche, colle quali sembra siasi iniziato il periodo eruttivo nella
regione.
Ad occidente di Ozieri la formazione è meno erosa ed alla parte
superiore di essa compaiono, formandovi ristretti altipiani, le roccie
basaltiche, talora vacuolari c vetrose. Così è di quello ristrettissimo
della vetta di M. Gordiani, donde i detriti basaltici staccantisi dal ci-
glione supremo scendono fino alle cave di tufo trachitico, e dell’altro
ad occidente di C. Fontanabria, entrambi sedi di Nuraghe distrutte.
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
2:ìu
Kella regione Badde Tanohis, al cimitero e sotto l’abitato stesso di
Ittireddu ed alle falde del M. Lisiri, si sviluppano basalti neri com-
patti, amigdalari, sovente scoriacei, freschissimi, con sviluppo della
stuttura microlitica. I rapporti di questi basalti con quelli anzidetti
degli altipiani non ebbimo campo di esaminare nell’unica gita fattavi
coll’ing. Pilotti.
Quaternario. — Le formazioni quaternarie hanno poco sviluppo
nella parte essenzialmente montuosa dei dintorni di Ozieri da me
esaminata, però in alcuni punti lungo il Rio Mannu e l’affluente Rio
Monte Nieddu ho osservati dei terrazzi a grandi blocchi tondeggianti
di roccie eruttive antiche (graniti, dioriti, porfiriti, ecc.).
Qualcuno di questi terrazzi oltrepassava i 30 m. di altezza sull’al-
luvione recente, e nella conca di Ozieri il piano alluvionale inclinato
verso nord su cui sta il cimitero è di circa 100 più alto del piano
alluvionale recente del Rio Mannu.
In alcuni punti presso quel cimitero si vede affiorare ed è stato
intaccato con scavi non molto profondi, un sottile banco di creta
finissima incoerente e bianchissima, utilizzata negli stucchi, della
quale altri giacimenti mi fu detto tro vinsi presso Mores. Il mate-
riale si scioglie completamente nelPHCL diluito, ed al microscopio
si presenta come costituito da tanti piccoli cristallini di calcite,
senza traccia di organismi.
LA OTJRRA.
I pochi giorni passati nella Nurra, l’assenza di ogni mezzo di
rapide comunicazioni, la difficoltà di trovarvi una qualsiasi sosta fuori
di Alghero e Porto Torres, unitamente alla stagione troppo inoltrata
ed ecezionalmente calda, non mi permisero che semplici e rapide
traversate, per cui il contributo di osservazioni che posso dare dopo
lo studio meraviglioso del La Marmora ed i lavori pubblicati sulla
statigrafia della regione da Lovisato, Canavari, De Stefani, Fucini,
Tornquist, Dainelli, Taramelli, Deninger, Parona, Osimo, e da Viola,
240
S. FRANCHI
Millosevich, Ciampi, Taricco, su roccie e minerali, sarà modestissimo.
Espongo tuttavia questi brevissimi appunti, ignorando quando gli ur-
genti lavori in corso nelle Alpi mi permetteranno di riprendere il re-
golare rilevamento di quella interessantissima regione. Sono spia-
cente di non aver conosciuto allora il lavoro di K. Deninger del
1907, colla scorta del quale le mie poche gite avrebbero potuto es-
sere più fruttuose h
Siluriano.
Filladi. — La formazione filladica della Nurra è stata dal La-
marmora assimilata al siluriano fossiliferro di altre regioni sarde, quan-
tunque non avesse mai dato fossili. Della sua età si poteva solo dire
con sicurezza che essa è anteriore al Trias inferiore, che in molti
punti lo ricopre in trasgressione ; e che perciò esiste certamente una
lacuna, di cui non si può affermare l’entità, fra quella e questa base
dei terreni secondari. Nello scorso maggio però l’ing. Taricco ebbe
la fortuna di trovare dei fossili nella regione a N. di M. Lu Ferru, i
quali, quantunque mal conservati, permisero al prof. Parona di deter-
minarli, facendo solo qualche riserva a causa del loro cattivo stato
di conservazione.
Si tratterebbe di esemplari di Palaeospongia prisca e di Coscino-
cyatus cancellatus, descritti e figurati dal Bornemann come prove-
nienti dal Cambriano di Canalgrande in Sardegna.
Così l’età siluriana di quella formazione, intuita dal La Marmora,
viene ad essere confermata.
La gran massa di tale formazione è costituita da filladi argillose,
sericitiche e quarzitiche, le quali in alcuni tipi sono abbastanza si-
mili a quelle dei dintorni di Ozieri meno metamorfosate dal contatto
coi graniti.
Lo studio degli scisti filladici della massa in discorso che si pro-
1 K. Deninger. Die mesozoischen Formation auf Sardinien. (N. J. f.
Min. Geol, u. Pai., B. B. XXIII).
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
•241
segue nell’isola Asinara, dove in essi sono intruse masse granitiche
importanti, potrà permettere di giudicare meglio sulle più o meno
intime rassomiglianze colla formazione cristallina di Ozieri.
Roccie verdi intercalate nelle filladi. — Una grande differenza nel
complesso fìlladico nurrese di quelle di Ozieri è data dal grande nu-
mero di lenti di roccie basiche che vi sono intercalate in m olti punti ,
mentre non ne vidi traccia nella regione ozierese da me perlustrata.
Questa per contro è tagliata da numerosi filoni di roccie acide e ba-
siche (porfidi e porfiriti), mentre filoni ben chiari non trovai finora
nella Nurra. Non è escluso che si possano trovare, specialmente più a
nord, in prossimità delle masse granitiche dell’isola Asinara.
In questo scritto io mi limiterò a dare brevissimi cenni sommari
sulla natura delle masse lenticolari di rocce massicce basiche dei
diversi tipi. Esse, eccezion fatta della massa di roccia eruttiva af-
fiorante presso la fonte S. Gioii, il cui modo di giacimento è poco
chiaro, si possono paragonare alle roccie gabbro-diabasiche alpine,
che sono parte delle cosi dette pietre verdi.
Le roccie verdi intercalate nelle filladi della Nurra sono roccie
porfiritico-diabasiche ed eufotidiche, potentemente laminate e profon-
damente metamorfosate. E’ in esse generale la uralitizzazione dei pi-
rosseni (diopside e diallagio), talora con isoorientazione deH’anfibolo,
essenzialmente attinolitico, sul pirosseno primitivo, come pure è fre-
quente la metamorfosi dei felspati basici, con neoformazione di un pla-
gioclasio acido, di muscovite, di zoisite, di epidoto, di calcite, ecc. Sono
in fondo i fenomeni generalmente osservati nelle analoghe roccie al-
pine della zona delle pietre verdi. Non mi fu dato rinvenire finora con
caratteri chiari anfiboli del gruppo della glaucofane, nè lawsonite,
minerali che sappiamo essere caratteristici di alcuni tipi delle analoghe
roccie alpine e liguri, e che si vennero riconoscendo in molte masse
di roccie gabbro-diabasiche delle isole toscane.
Anche l’aspetto esteriore di queste roccie è tale che molti cam-
pioni si confonderebbero con analoghi alpini. Questi fatti dimostrano
come i fenomeni di uralitizzazione e prasinitizzazione delle roccie a
242
S. FRANCHI
magma gabbrico siano fenomeni quasi generali che si sono verificati
in terreni di epoche lontanissime ed in condizioni di metamorfismo
molto diverse.
La difficoltà di trovare in quelle masse della Nurra campioni
freschi, non obliterati dagli agenti atmosferici, rende alquanto difficile
un paragone particolareggiato colle analoghe roccie alpine.
Particolarmente frequenti sono le lenti di roccie basiche nella
regione ad 0. e S.O. di M. Santa Giusta, talora in vicinanza dei
banchi ferriferi. Interessante è quella formante il culmine della col-
lina sulla quale è situato l’ovile Orulesse, dove sono tipi diabasici
ed eufotidici abbastanza freschi. Il Nuraghe sopra C. Canagha è
collocato sopra una massa di eufotide uralitizzata, ed è, o meglio
era con grandi massi di essa costruito.
Altre masse sono presso l’ovile Viglianu Addis, presso C. Cana-
glieddu, ecc. h
Nella grande varietà di tipi litologici che si notano in tale for-
mazione di deposito due ve ne sono che hanno una grande im-
portanza per le loro masse, cioè : P le filladi quarzitiche, passanti
soventi a vere quarziti; 2° i tipi più o meno ferriferi passanti a veri
minerali di ferro, in banchi potenti ed estesissimi.
Quarziti del Monte Forte. — I tipi quarzitici sono particolarmente
sviluppati al Monte Forte, la cui massa è costituita da una grande
lente, essenzialmente quarzitica, potente 1500 m., e lunga più di
2 Km., diretta pressoché N.O.-S.E. Il monte Bojareddu, la rocca
Bagassa e le punte Candoleri e Crabileddu sono cime aspre e
ripide dovute a masse di filladi quarzitiche. Nel versante N. di
M. Canistreddu una grande lente di quarziti, con forme di erosione
molto pittoresche e caratteristiche, ci riporta col pensiero alle impo-
^ Vedasi quello che è stato detto su queste roccie parlando dei giacimenti
di ferro dalla Nurra nel fascicolo precedente di questo Bollettino.
Approfitto di questa nota per avvertire uno scambio avvenuto fra le pa-
role pirosseno ed anfiholo a pag. 131 alinea 8^ di quel mio lavoro.
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
nenti masse quarzitiche deU’Eotrias di molte valli Alpine, come nelle
valli Roia e Tanaro. Un bel circo di erosione in queste quarziti è
riprodotto nella figura 2 della Tav. Vili, la quale rappresenta un
punto della lente quarzitica di M. Canistreddn (Tav. IX, fig. 3). Il
versante S.O. di quello stesso monte mostra ripetute alternanze, con
reciproche sfumature, di filladi e quarziti filladiche sericitiche, in
banchi di una certa importanza, che formano ciglioni aspri sulle
movenze dolci della massa filladica.
Nella regione a S.O. di Monte Forte sono altri banchi quarzitici
in piena massa filladica, emergenti lungo certi contrafforti o in pic-
cole sommità secondarie, con andamenti sempre prossimi alla N.O. S.E.
e pendenze N.E.
Tale modo di giacimento di quelle roccie quarzitiche e le sfuma-
ture litologiche che presentano colle filladi permettono di essere molto
espliciti neH’escludere che si possa trattare di una formazione poste-
riore alle filladi e in queste pizzicata per azioni orogeniche, ad esempio
di Trias inferiore, malgrado le grandi rassomiglianze litologiche di
quelle roccie colle quarziti, sovente micacee e talora felspatiche, del-
l’Eotrias metamorfico alpino (facies 'piemontese).
E in tale esclusione si è rafforzati dai caratteri completamente
diversi che questo terreno ha pure nelle vicinanze di Monte Forte,
alle cui falde affiora in molti punti, non meno che dalla evidente
trasgressione di esso sul complesso filladico-quarzitico.
In tutta la massa filladica sono frequenti filoncini di quarzo, dai
quali senza dubbio ebbero origine i ciottoli quarzosi, tanto abbon-
danti nel quaternario lungo il fiume Santo.
Ricordo qui come in alcuni punti della costa presso Istintino ad
0. di Porto Torres la ghiaia sia così prettamente quarzosa che può
essere adibita, dopo cernita sommaria, come materia prima nella fab-
brica dei materiali refrattari silicei del tipo Dinas, richiedenti una
percentuale di Si molto alta.
Pel minerale di ferro rimando alla nota pubblicata nel precedente
fascicolo di questo bollettino.
244
S. FRANCHI
Terreni secondari.
Trias. — Il Trias non era stato distinto dal La Marmora, nella
cui Carta è compreso nei terrains jurassiques. Riconosciutovi dal Lo-
visato a M. S. Giusta nel 1884, in questi ultimi anni è stato visto
presso Alghero dal Prof. De-Stefani, e fu studiato in modo speciale
dal dott. Tornquist, il quale vi avrebbe riscontrati due orizzonti a
nodosus, con delle grandi analogie col Muschelkalk germanico, sia a
sud di Alghero che a M. Santa Giusta.
La formazione arenacea sottostante alle dolomie del Trias era
considerata come permiana del Lovisato, e fu il De-Stefani che col-
locò primo giustamente nelTEotrias l’analoga formazione a Sud
di xA.lghero. Il Tornquist confermò quest’assegnazione, rilevandone
l’identità col Buntsandstein.
Questo terreno ben sviluppato costituisce la base di quel monte,
attorno al quale affiora in modo continuo, nei lati N.,N.O. e S.O. e
in qualche punto a levante del canale di Chirigu Cossu, dove la sua
costituzione di banchi alternanti di arenarie e scisti multicolori, rossi,
violacei, gialli, verdognoli, talora con ciottoli di quarzo, è veramente
caratteristica. Nella parte bassa di tale formazione si intercalano
colate di porfidi quarziferi rossi ricchi in biotite e più raramente dei
tufi porfirici chiari. Le arenarie rosse con porfidi affiorano nella
bassura tra Monte Rosso (tutto in filladi) ed i monti di Ridda che,
salvo un piccolo spessore di Trias alla base, sono di calcari oolitici
giuresi; nell’altra bassura a ponente di case Maccigotteddu, lungo la
strada che ad esse mena, a N. di M. Bojareddu e nella pianura fra
P. Crabileddu e Monte Zirra, alle falde occidentali del quale esse
furono già citate dal Lovisato. Si ha così una estesa linea di affio-
ramento del Trias inferiore che separa la formazione filladica antica da
quelle calcaree secondarie. Per un certo tratto esse sembrano seguire
in direzione l’andamento delle filladi, colle quali però non esiste un
contatto molto chiaro, non velato da detriti o da alluvioni; ma a
S.O. di M. Forte, nel piano, a S.E. dei Cuili Culiazza Veccia, il limite
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA 245
fra le filladi ed il Trias inferiore corre normalmente alle direzioni di
quelle, per raggiungere il lato ovest del M. Zirra, non lasciando
dubbio sulla trasgressività di questo membro del Trias sulle filladi,
in cui si intercalano le quarziti in ingenti masse a Monte Forte, e
nella loro parte più alta i banchi di minerale di ferro ^ . Il Trias infe-
riore si trova pure in R. Pianu di Tres Elighes, secondo Lovisato, ed
a M. Pedrosu, ad 0. di M. Doglia; ed alla Gisciera Mala verrebbe se-
condo Deninger a contatto col Giurese per mezzo di una faglia. Questi
punti non furono però da me visitati; ma osservai quel terreno lungo
la costa a S. di Alghero fra la Cala Bona ed il Tantaro dove pure fu
riconosciuto, come dissi, dal De-Stefani, dal Tornquist e dal Taramelli.
Trias medio. — Al disopra delle arenarie compaiono calcari dolo-
mitici chiari, a grana fina, in banchi di media potenza, e calcari
marnosi, con intercalazioni argillose verdiccie caratteristiche, in di -
versi punti attorno a M. Santa Giusta, presso C. M. di Bidda, presso
C. Maccigotteddu, sempre poco lungi dal contatto colle arenarie degli
affioramenti già citati daU’Eotrias.
Calcari identici con le intercalazioni argillose verdi compaiono
lungo il fiume Santo alle falde 0. diM. Elva e ai due lati dello sbocco
del vallone Chervaggiu, cioè alla Fonte d’Esse ed a levante di C. Appiu
alla falda N. di M. Rosé. In alcuni punti alla base di questo ter-
reno si mostrano carniole (P. di Visti, C. Maccigotteddu) e gessi,
talora associati con argille (P. di Visti) i quali poi sono svilup-
luppatissimi a S. di Porto del ferro, e sono noti a S. di Alghero nel
canale dell’ Omo morto. Ma mentre il Monte Santa Giusta è tutto
triasico, i suddetti calcari sono negli altri punti tosto ricoperti dai
calcari oolitici giuresi, fra essi ed i quali esiste una grande lacuna.
1 Lo schizzo geologico annesso alla nota del Dott. Deninger sopra citata,
la quale è ricca di dati e di osservazioni, non indica questo lungo affiora-
mento quasi continuo di Eotrias, limitante a levante il Siluriano. Forse è alla
mancata conoscenza di esso che si deve l’idea di una fagha separante quel ter-
reno da quelli secondari, ipotesi che mi sembra finora non completamente
giustificata.
2
246
S. FRANCHI
Il Giurese si sarebbe quindi deposto dopo un lungo periodo di emer-
sione e di erosione sul Trias, ridotto nella parte media della Nurra
a’ suoi termini inferiori, mentre nella parte meridionale, a M. Zirra
e forse a Sud di Alghero, esisterebbero ancora il Retico e probabil-
mente diversi orizzonti basici.
10 non ho fatte che poche escursioni tanto a M. Santa Giusta che a
sud di Alghero, sicché non posso nè confermare la serie stabibtavi
del dottor Tornquist nè escluderla, non avendo trovati esmplari di
Geratites. Posso confermare che il Monte Santa Giusta è comple-
tamente costituito da Trias, a cui appartengono pure i grossi banchi
di calcare dolomitico chiaro che dalla vetta si vedono inflettersi e
scendere verso la punta di quota 181 m. Proprio presso alla vetta
essi mi offrirono diplopore, ed altre diplopore, come quelle indeter-
minabili, furono trovate presso C. S. Giusta, poco al disopra dei banchi
a Terebratule {T. Vulgaris?) e ad Encrinus liliiformis, che pure ri-
scontrai presso la fornace per calce in R. Maccia di Spina. Altri fos-
sili trovati nelle due escursioni fattevi e che furono, cogli altri raccolti
nella regione, esaminati dal dott. Fucini, sono Lima striata Desh. e una
Miophoria, specificamente indeterminabile. Le selci frequenti nei
banchi di calcarei dolomitici bigi in banchi sottili, tanto sviluppati
presso la sella quotata 198 m., non hanno mostrato in sezione sottile
alcuna traccia di organismi.
11 Trias lungo la costa a sud di Alghero si mostra sovente negli
scogli a fior d’acqua, essendo tosto ricoperto da una panchina are-
nacea che forma il sottosuolo della pianura algherese sopra una
grande estensione b In altri punti il Trias affiora più in alto in mezzo
I Questa panchina arenacea è stata utilizzata in molti punti come pietra
da taglio (massacà) e, tanto a S. che a N. di Alghero, sono traccio di grandis-
simi scavi praticati in essa, colle taghate analoghe a quelle che si usano per
la pietra cantone di diversa natura in molte località della Sardegna,
II Prof. Taramelh la ritiene un deposito eolico cementato dalle acque pio-
vane, non avendovi trovati resti di conchiglie, che il La Marmora trovò ad
esempio presso il Forte Sperone (alcune osservazioni geo-idrologiche sui din-
torni d’Alghero, Eend. R. Ist. Lomb., Serie II, voi. XXXIX, 1906).
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
247
alla pianura di essa, o vi forma rupi ripide sul mare o si sviluppa nelle
cime montuose più alte come a S. di P. Argenterà. Questi affioramenti
limitati e saltuari unitamente alla grande variabilità delle direzioni
e delle pendenze, le quali fanno pensare ad una serie di pieghe, come
pure afPermarano il De-Stefani ed il Tornquist, ed alle fratture, ren-
dono difficilissimo lo stabilire una serie che rappresenti la successione
naturale degli strati, senza il sussidio di numerosissimi fossili. A N.
del canale dell’ Omo morto havvi una alternanza di strati giallognoli
marnosi con banchi di lumachelle su cui stanno dolomie bigie e gial-
lognole speciali. Nel piano a S. di P. dell’Argentera nei calcari è
frequente VEncrinus liliiformis, e lungo la costa a N.O. dello stesso
monte sono calcari dolomitici bigi, a striature più chiare, con diplo-
pore e corallari.
Le porfiriti allo sbocco del R. di Cala Bona sono dalla panchina
quaternaria completamente isolate dai calcari del Trias, che formano
gli scogli a mezzodì di quel Rio e che si sovrappongono direttamente
alle arenarie ed anageniti rosse del Trias inferiore. Non mi è quindi pos-
sibile affermare se quella roccia tagli il Trias o vi si intercali in
quel punto b
Lungo la costa ad E. di C. S. Michele i calcari dolomitici delle
alte rupi dalle quali si staccano grossi pilastri sono immediata-
mente ricoperti da calcari marnosi bigio chiari e giallognoli, che si
sgretolano in pezzi angolosi, come accade di molti calcari marnosi
di varie età.
Si raccolgono in essi begli esemplari di Lima striata Desh., delle
terebratule prossime alla T. vulgaris e dei frammenti di organismi ra-
mificati indeterminabili, forse di coralli.
Lias. — Più presso ad Alghero dei banchi di calcari raddrizzati
formano gh scogli un 500 m. a S. del Forte Sperone, scogli che sono
a due m. di altezza ricoperti dalla panchina, al cui contatto i marosi
^ Il Tarara elli, (1. c. ) riporta una diagnosi di questa roccia fatta dal pro-
fessore Brugnatelli, che la definisce una porfirite quarzoso -micacea .
248
S. FRANCHI
scavarono piccole caverne (Vedasi la fìg. 1 tav. X). E’ questa
senza dubbio la località in cui il Lamarmora ha raccolti i cam-
pioni zeppi di piccole bivalvi, che furono dal Meneghini determinate
per Ostrea obliqua, e figurate nella tavola R, fig. 4, 4 c', 4 c", 4 d^ , del
suo Atlante. Sono pure frequenti dei pettini e dei Vermetus a se-
zione pentagonale, da non confondersi coi Pentacrinus di cui parlerò
in seguito, non avendovi nessuna rassomiglianza.
Il La Marmora afferma di avere pure trovata quell’ostrica nel
calcare rosso colitico di M. Zari, a S. Giorgio della Nurra, a M.
Ai vara ed aUa Piscina del soldato. Però il dott. Deninger ne cor-
resse la determinazione riferendola all’O. acuminata Sow, attribuendo
gli strati che la contengono al Batoniano inferiore. Ora gh strati ad
ostriche di Alghero, costituiti da un calcare bigio compatto un po’
argilloso e selcioso, sono completamente raddrizzati, mentre il Giu-
rese della Nurra non ha mai forti pendenze; inoltre essi paiono tal-
mente legati al Trias fossilifero a poca distanza (con Lima striata)
che mi sembra che essi non possano appartenere ad un orizzonte
giurese di tanto più giovane h
Si deve inoltre notare che vicinissimi e apparentemente concor-
danti coi banchi di calcale grigio ad ostriche sono dei banchi di
una breccia calcare con cemento oolitico includente molti elementi
rotolati di esso, il qual fatto si potrebbe interpretare con la con-
cordanza apparente di banchi in realtà separati da una trasgressione,
alla quale però sarebbero ad ogni modo anteriori gh strati coUe
supposte ostriche. Questi miei dubbi espongo a titolo di indagine a
farsi, con tutto il rispetto aUe osservazioni del La Marmora ed aUe
determinazioni paleontologiche del compianto Meneghini e del Dot-
tore Deninger, secondo il quale pure nella Nurra una grande lacuna
nei depositi interverrebbe fra il Keuper ed il Batoniano.
Rimane così posto il quesito: di vedere se le ostree delle altre
^ Gli strati del Giurese nel vicino M. Agnese hanno pendenze da 15 a
25®, e di poco più forti sono le pendenze solo in qualche punto delM. Doglia,
ma, come in tutta la regione più a Nord, esse non superano mai i 30°.
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
249
località sopra mentovate corrispondano indubbiamente a queste di
Alghero, se la determinazione specifica di queste sia inoppugnabile,
e se pure colà l’ipotesi della loro età più antica si possa confermare,
o per lo meno non sia contraddetta da altri fatti. Si tratta, in so-
stanza, di vedere se la lacuna di cui si è parlato antecedentemente,
e che precedette il deposito del Giurese (trasgressione bajociana se-
condo Tornquist e Fucini, o batoniana come afferma Deninger )
sia nella Nurra, posteriore ai banchi ad Ostrea, e se essa comprenda
anche il Retico e il Lias, oppure no h
^ Avendo esposto queste mie osservazioni e questi dubbi al Prof. Pa-
rona, all'epoca della riunione del E. Comitato geologico nello scorso giugno,
egli accondiscese alla mia preghiera di sottoporre ad una revisione le deter-
minazioni paleontologiche delle supposte ostriche di Alghero, e di esaminare
un Pentacrinus raccolto in banchi attigui. Mentre sto correggendo le bozze
di questi appunti, egli, colla bontà che tanto lo distingue, mi comunica i ri-
sultati delle sue osservazioni in proposito, le quah, per la loro importanza
vengono pubblicate a parte in seguito a questo mio scritto (pag. 262). Io
sento Pobbhgo di esprimere al chiaro Professore la mia viva riconoscenza, sia
per avere colla nuova determinazione non solo dimostrati fondati ma anche
risolti i miei dubbi, che per avere voluto dal nome mio distinguere la forma,
che a lui risultò nuova, della Gryfea di Alghero, denominandola « Liogryphaea
Franchii » .
Debbo ora dire quello che al Prof. Parona avevo taciuto, allo scopo di
lasciargh la più completa libertà nel suo giudizio, ed è che il fossile in que-
stione era stato pure ritenuto una forma probabilmente nuova di Liogryphaea
da H. Douvillè, quando la vide alPUfflcio geologico mesi sono.
Il Prof. Parona volle per di più discutere a quale orizzonte possa appar-
tenere quella Liogryphea, e pei fossili determinati dallo stesso Meneghini come
con essa coesistenti, e per il Pentacrinus da me raccolto, che con riserva ri-
ferisce al P. angulatus Opp., ritiene trattarsi di Lias medio od inferiore.
Il Lias esiste adunque oltre che al Capo di Sopra, dove il Lavisato rac-
colse V Harpoceras studiato dal Canavari, anche presso Alghero, come d’al-
tronde già opinava il De-Stefani, ed esisterebbe alla Piscina del Soldato ed
a Monte S. Giorgio, dove è già noto il Trias. E poi assai probabile che in
alcune di quelle località esistano pure il Lias inferiore ed il Letico, il quale
ultimo è stato sospettato dal Lovisato presso Alghero, e dal Tornquist rico-
nosciuto ben caratterizzato a Monte Zirra.
250
P. FRANCHI
Giurese. — Quanto al giurese, i fossili da me raccolti in varie
località nel gruppo montuoso di M. Alvaro e M.te S. Giorgio, furono
mandati al prof. Mario Canavari, che con somma gentilezza assunse
di farli studiare nel Museo di Pisa, dove esiste tutto il materiale
raccolto dal Lamarmora e studiato dal Meneghini.
Il Dottor Fucini, che dal prof. Canavari ebbe incarico di esami-
narli, mi scrive che, a suo avviso, vi sarebbero rappresentati due
orizzonti, uno inferiore a Pecten e Brachiopodi (Bajociano) ed uno
superiore, senza limite netto, a Nerinee (Batoniano), e ciò con le
riserve necessarie a causa della grande prevalenza di brachiopodi nei
fossili da me raccolti h
La natura litologica dei calcari di M. Elva, di M. Alvaro e di
M. Agnese (presso Alghero), essenzialmente colitici, come quelli
a fauna giurese, e la presenza di qualche Belemnite in quei due primi
monti mi fanno consentire col Deninger nell’escludere il Cretaceo da
quelle località Qualche Belemnite trovai pure nei banchi a bra-
chiopodi sopra C. Lu Crabioni.
D’accordo col prof. Canavari, il prof. Parona, accettò di fare
studiare microscopicamente nel suo laboratorio i calcari delle di-
verse località. Ed in proposito ultimamente mi scrisse che nulla di
caratteristico fu trovato in foraminiferi, e che spera qualche risultato
dallo studio dell’alghe calcari, del quale egh stesso si occupava e
degli idrozoi che sta studiando la signorina dottoressa Osimo.
La caratteristica litologica più importante delle formazioni giu-
rese e cretacea nella Nurra è il grande sviluppo della struttura ooli-
tica. Dei calcari in grossi banchi di una grande uniformità sono co-
stituiti da ooliti, che però non si toccano, e sono di grana talora uni-
forme e regolare per tutto il banco, talvolta variano irregolarmente
^ Quei fossili potranno essere ulteriormente studiati ed illustrati dal
chiarissimo dottor Fucini, che vivamente ringrazio, insieme a quelli che si
raccoglieranno nel completare il rilevamento geologico della Nurra.
^ Secondo il Prof. Parona spetterebbero probabilmente pure al Cretaceo
alcuni dei campioni da me riportati da M. Agnese (v. più avanti a pag. 256).
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
251
di grandezza, la quale va da una frazione di millimetro a 10 e perfino
a 20 millimetri.
Il cemento, di calcite cristallina, è trasparente mentre le ooliti
sono generalmente colorate e torbide, a contorno nettissimo.
Quando sono messi in evidenza dall’alterazione atmosferica i gusci
concentrici rimanendo in risalto, fanno pensare a strutture organiche,
le quali furono realmente riconosciute dal Prof. Parona, come appa-
rirà dagli appunti suoi che riporterò in seguito.
A M. Alvaro ed a M. San Giorgio sono frequenti zone di calcari
arenacei rossigni ad elementi quarzosi uniformi, che rimangono in
risalto sul calcare, e vere arenarie. Nella prima località esse conten-
gono piccole ostriche piatte indeterminabili.
Faunisticamente e litologicamente il giurese della Nurra non ha
nulla di comune con terreni italiani. Già il Fucini parlando del
M. Timidone disse che la fauna del Ba tornano nurrese ha molte
affinità con quelle di quel terreno in Francia, in Inghilterra, in Ger-
mania e nelle Alpi orientali, e il Deninger aggiunge che la cor-
rispondenza petrografica colla grande oolite tedesca è così grande
che non si distinguerebbero campioni sardi da quelli germanici. Il
Dott. DaineUi trova inoltre un esatto riscontro coi terreni della peni-
sola iberica e cogli strati del Batoniano a Mytilus delle alpi di Vaud.
La compattezza e la uniformità di questi calcari oolitici in grossi
banchi e la loro bella tinta, tendente al roseo, al carnicino ed al
bruniccio, potrebbero far pensare ad una possibile utilizzazione in-
dustriale, che certo ne potrebbe essere fatta se essi si trovassero in
posizioni convenienti sul continente. Presso Alghero fu fatto a
M. Agnese qualche tentativo, che poi non ebbe seguito. Certo quei cal-
cari giallognoli a grandi oohti si presterebbero ottimamente come
materiali decorativi.
Cretaceo. — Quanto al Cretaceo io l’osservai in posto solo al
ponte presso lo stagno di Calich (Alghero) dove dei calcari compatti
chiari, tortorini sono zeppi di grosse Actaeonelle. Alcuni esemplari da
me raccolti non sono determinabili, ma il Deninger vi riscontrò
252
S. FRANCHI
Actaeonella gigantea Sow. e H. Oppeli. Presso porto Conti e presso
il Nuraghe Piletta, nel piano ad E. di M. Alvaro, trovai non in posto
dei frammenti di r udiste.
Cosi è certo anche pér le ricerche deldott. Deninger che il Cretaceo
(Turoniano o Senoniano) si sviluppa attorno al M. Doglia, che è in
Giurese, in basse colline e radure (M. Rudeddu, Punta del Rumani,
P. Negra e P. del Gal).
Lo studio microscopico dei calcari oolitici di M. Pedrosu e delle
sue falde permise al Prof. Parona la determinazione di una faunula
di foraminifere cretacee con traccio di un’alga calG&ve (Triloparella) .
(Vedi a pag. 256).
I rapporti fra Cretaceo e Giurese non furono peranco ben chiariti;
però quel geologo pensa che fra quei terreni esista nella regione con-
tinuità di deposito, stabilita dalla presenza del Malm e del Neoco-
miano. Si deve tuttavia avvertire che questa ipotesi poco si conciglia
cogh andamenti degh strati giuresi a Monte Doglia e colla distri-
buzione del Cretaceo a Sud ed a Levante di questo monte, siccome
essa è raffigurata nello schizzo geologico della Nurra dato dallo stesso
Deninger (1. c. tav. XIII). Questo schizzo è molto imperfetto ed
inesatto, per ciò che riguarda lo sviluppo del Trias e del Giurese,
a N. 0. ed a N. di M. Elva, pel limite e lo sviluppo del Trias a
N. di M. Alvaro e particolarmente pel limite orientale delle filladi e
per lo sviluppo dell’Eotrias.
Siccome già dissi il prof. C. F. Parona ha voluto molto benevol-
mente assumersi il compito di esaminare al microscopio i numerosi
preparati sottili dei calcari giuresi e cretacei della Nurra, ed io
glie ne esprimo la mia più viva riconoscenza, come pure alla signo-
rina dottoressa Osimo, che volle addossarsi una parte dello studio,
quello degli Idrozoi. Sono lieto di poter inserire testualmente nella
presente relazione i risultati interessantissimi che mi vengono co-
municati:
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
253
Sui caratteri micropaleontologici
DI ALCUNI CALCARI GIURASSICI E CRETACEI DELLA NURRA IN SARDEGNA.
(Appunti).
1. Calcari oolitici del Dogger con avanzi di alghe si fonee codiacee.
— I numerosi preparati da me esaminati furono tagliati da campioni
raccolti dalPing. Franchi nelle seguenti località: Monte Elva (lato
N,0. e falda occident.), Monte Rosé (falda N.), Monte Alvaro,
Case Monti di Ridda, Case LuCrabioni, sopra le Case Badde Agliastre,
e M. Agnese (Alghero). Sono calcari giallastri fossiliferi a Belemniti,
che, riferendoci alla tabella delle formazioni mezozoiche proposta
dal Deninger ^ per la Sardegna, corrisponderebbero alla serie del Dog-
ger. Lasciando impregiudicata la questione dell’età baiociana o bato-
niana, che si risolverà collo studio dei fossili macroscopici, è da esclu-
dere, anche per consenso dell’ing. Franchi, che questi calcari appar-
tengano al Trias superiore, sviluppato nella Nurra con caratteri li-
tologici diversi e ben conosciuti, od al Retico. Nessun dato ci per-
mette poi di ascrivere questi calcari al Lias.
Spiccatissima è la loro apparenza oolitica a grana più o meno
minuta, ma evidente anche senza mezzi d’ingrandimento, coi quali
la roccia si presenta in generale come un aggregato a cemento spa-
tico di corpuscoli coli tif ormi in prevalenza e di pezzi di cidariti,pen-
tacrinidi, apiocrinidi, ecc., rosette di Antedon, di Oloturidi (Chirodota)
spicule di forme svariate, rari lembi di colonie di briozoi e detriti di
altri fossili indeterminabili. Liberi, non numerosi e spesso compresi
nei corpi oolitiformi, si presentano, foraminiferi, che, per confronto
colle faune giurassiche illustrate da Schwager, Terquem e Dee?ke,
sono da riferire ai generi Spiroloculina, Pentellina, Cornuspira, Ha-
plophragnium, Ammodiscus, Trochammina, Textularia, Glandulina
Dentalina, Frondicularia, Cristellaria, Polymorphina, ecc. Le più
^ K. Deninger, Die mesozoischen formationen auf Sardinien, N. Jahrb.
f. M. G. u. P., XXIII Beil.-Bd., 1907, pag. 470.
254
S. FRANCHI
comuni sono certe sezioni trasverse di una forma indeterminata,
a«sai simili a quelle del genere cretaceo Vidalina Schlumb.
L’interesse particolare che offrono questi calcari dipende dal fatto,
che i corpi oolitiformi, i quali in generale hanno le strutture fibroso-
radiata delle tipiche ooliti, comprendendo spesso dei raggruppamenti
di cristalhni di calcite, non dì rado presentano, più o meno manifesti,
i caratteri delle alghe sifonee codiacee, i quah si presentano nel genere
Sphaerocodium Rothpl b Questo genere è comune colla sua forma
tipo, Sphaerocod. Bornemanni Rothpl., nel Trias superiore e più raro
nel Retico alpino, e non venne finora, per quanto mi risulta, ritro-
vato in orizzonti geologici più recenti; ora la presenza nei calcari
della Nurra attesterebbe, ch’esso persistette, attraverso il Lias, fino
nel Dogger.
La descrizione di Rothpletz si adatta, può dirsi, esattamente a
questa forma giurassica: infatti i piccoli corpi sferici o subsferici av-
volgono piccohssimi pezzi di crinoidi, frammenti e forme embrionali
di conchiglie di molluschi, nicchi di foraminiferi ed altri corpi fossih,
che costituiscono il nucleo centrale, o spesso sono inglobati come
corpi stranieri nel successivo sviluppo in spessore dell’alga. La strut-
tura a tubi cellulari aggrovigliati è in molti casi ben riconoscibile e
talvolta chiarissima alla superficie del tallo o neU’interno. Quivi
stanno le cavità degli sporangi, allungate e disposte secondo le zo-
nature caratteristiche del corpo dell’alga ed occupate, così come i
tubi cellulari, da calcare spatico, che spicca per la sua traspa-
renza sulla massa dell’alga, costituita da calcare più o meno intensa-
mente colorata in giallo od in bruno, e talvolta quasi opaco anche
nelle sezioni molto sottili. Riguardo a questi caratteri struttu-
rali non saprei trovare differenze essenziali in confronto colla Sphae-
roc. Bornemanni: tuttavia è da ritenere, che si tratti di una nuova
forma specifica per la costante piccolezza degli individui, che non
^ Rothpletz, Fossile Kalhalgen aus den Familien der Codiaceen und
der Oorallineen. Zeitschr. d. Deutschgeol. Gesellsch., XLIII Bd.. 1891, pag. 296,
tav. XV, fig. 3, 5, 6; tav. XVI, fìg. 2-9, 11-13.
lì
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
255
raggiungono la dimensione massima di 2 centim. di diametro notato
da Rothpletz, mantenendosi in generale nelle dimensioni di circa un
miUimetro o poco più.
Una eccezione tuttavia si deve fare, ed è per un calcare giallo di
M. Agnese (Alghero), che appartiene più probabilmente alla serie
del Cretaceo, sulle cui superfici l’erosione meteorica ha posto in
evidenza, nel modo più chiaro, delle forme che variano di diametro
da 1 mm. circa a 2 cent, e più, che nell’aspetto riproducono esat-
tamente le figure, in grandezza naturale, 3, 5, 6 della tav. XV
di Rothpletz. Se non che, mentre Tesarne col microscopio dei nume-
rosi preparati permette di formarsi la convinzione, che questi corpi
siano realmente avanzi di codiacee, in nessun caso si osservano i tubi
cellulari aggrovigliati in modo cosi nitido come negli SpUaerocodium
degli altri calcari suaccennati; il che probabilmente è da attribuire in
parte al fatto che la struttura fibrillare di questa forma del calcare
di M. Agnese si presenta effettivamente assai più minuta.
In ogni caso la caratteristica struttura a tubi cellulari non è ma-
nifesta che eccezionalmente nei corpi oolitiformi; tuttavia, conside-
rando l’assoluta identità negli altri caratteri di forma e di aspetto,
parmi di poter ammettere che tutti questi corpi traggano la loro ori-
gine dall’alga; siano cioè talli, i quali più o meno completamente
abbiano perduto i caratteri dell’organismo per assumere la struttura
oolitica.
Pensando a questa interpretazione della struttura oolitica nei
calcari giurassici della Nurra, ritenni opportuno di estendere l’esame
ai calcari con struttura oolitica, frequenti specialmente nelle serie
del Lias e del Giura del Veneto e delTAppennino centrale e nella
Creta delTAppennino centrale e meridionale. Ma lo studio fatto
di numerosi preparati non mi ha dato finora la prova sicura
della presenza dell’alga calcare, pur riconoscendo che nelle dimen-
sioni, nel modo di presentarsi e per l’inclusione di corpi stranieri
le ooliti, segnatamente quelle intensamente colorate in rossastro
ed in giallastro delle Prealpi venete, ben corrispondono ai corpi
256
S. mANCHI
oolitiformi Spìiaerocodium^. Ad ogni modo non mi pare azzar-
data la supposizione, che la perfetta struttura fibroso-radiata ooli-
tica, ingeneratasi nelle piccole alghe sferiche o subsferiche, abbia
distrutto e siasi sostituita alForiginaria struttura fìbro-cellulare. Roth-
pletz riferisce che spesso i banchi calcari negli strati di San Cas-
siano e di Raibl e negli strati retici risultano quasi esclusivamente
di quest’alga oolitiforme [S^h. Bornemanni), e ciò può valere come ar-
gomento indiretto per giustificare il quesito, che possiamo proporci sul-
l’origine organica di molte delle ritenute ooliti giurassiche e cretacee.
2. Calcari a Miliolidi trematof orate del Cretaceo superiore. — La
corrispondenza nei caratteri micropaleontologici permette di conside-
rare in gruppo i preparati dei calcari raccolti nei dintorni di Porto
Conte (presso la Cantoniera; alla falda N., presso la vetta, alla sella,
a S. ed alla torre a N. di Monte Pedrosu, Molo e vicini Scogh), e di
Alghero (M. Agnese e Ponte Calich). Fra i calcari di P. Conte son-
vene di compatti, ma prevalentemente sono oolitici, finamente ooli-
tici; frequentemente al centro delle piccole concrezioni olitiche si
osserva un avanzo organico, foraminifero, gasteropodo minutissimo,
ecc., oppure al centro o disseminati nella massa stanno dei cristal-
lini di calcite. Altrettanto può dirsi dei calcari di Alghero,.
Questi calcari sono ben caratterizzati dalla loro ricca fauna a fo-
raminiferi. Vi osservai: Lituolidae (Lituola, Haplophragmum), Milio-
lidae (Idalina antiqua d’Orb., Periloculira Zitteli M. Ch. et Sdii.,
Lacazina elongata M. Chal.), Lagenidae [C ristellar ia^ Vaginulina),Bot'a>-
lidae (Rotalia, Rotalina), Nummulinidae {Nonionina cretacea Sebi.)
Textularidae (Cuneolina conica di Ovh., Textilaria, Textularia, Mean-
dropsina Vidali Schl.), Globigerinidae. Vi si riconoscono inoltre de-
triti di crinoidi e di briozoi e sonvi frequenti le traccie di una pic-
cola alga calcare, che ritengo appartenga al genere Triloporella .
Le poche foraminifere specificatamente determinate costituiscono
^ Vedi la nota pubblicata dopo l’invio di questi appunti: C. F. Paroxa.
A proposito dei caratteri micropaleontologici di alcuni calcari mesozoici della
Nurra in Sardegna. Atti della E. Accad. di Scienze di Torino, Voi. XLY: 1910.
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
2o7
un gruppo assai interessante, corrispondente a quello dei calcari (sab-
bie calcari) di Trago di Noguera in Spagna, attribuiti al Santoniano
(parte superiore del Senoniano inferiore) secondo il riferimento di
Schlumberger ^ .
Riferendo sulla presenza di questa faunula nei calcari del Cretaceo
superiore del litorale sardo occidentale posso aggiungere, eh’ essa si
presenta nella Penisola nei calcari pur del Cretaceo superiore del
M. Terminio e di M. Laceno (Picentini) nell’ Avellinese e di Noicat-
taro nelle Puglie.
3. Idrozoi nei calcari giuresi. — T calcari delle Pinette di Elva
che presentano passaggi a varietà colitiche e che contengono abbon-
danti avanzi di trochiti e di cidariti e detriti di altri fossili, sono
assai interessanti per gli Idrozoi, riguardo ai quali la signorina dot-
toressa G. Osimo comunica quanto segue:
Nel calcare giallo-rossiccio osservai numerosi e ben conservati
esemplari di Idrozoi, di forma subconica più o meno allungata e re-
golare, le cui dimensioni massime variano da 10 a 15 cent. Questi
fossili, insieme con altre forme cretacee dell’ Appennino centrale e
meridionale formano un gruppo ben distinto, che conferma la pre-
senza nel Mesozoico di stromatoporidi, collegate indubbiamente per
numerosi caratteri alle tipiche stromatoporidi paleozoiche. Una di
queste forme, proveniente dal Batoniano della Sardegna, fu già de-
scritta e figurata dal Deninger ^ col nome di Stromatopora Torn-
quisti. Nello stesso calcare trovo pure qualche frammento di un’altra
forma di Idrozoo, forse incrostante, non ben determinabile, proba
bilmente nuova, ma appartenente alla stessa famiglia ^ Non avendo
^ C. Schlumberger. Note sur quelques foraminifères nouveaux ou peu
connus du Crétacé d’Es'pagne, Bull. d. la Soc. Géol. de France, sér.,
tome XXVII, 1899, pag. 456, tav. VIII-XI.
K. Deninger. Einige neue Tahulaten und Hydrozoen aus mesozoischen
Ahlagerungen, N. Jahrb.f. M., G. u. P.; 1 Bd., 1906, pag. 66, tav. VII, fig. 7-
^ Stromatopora Franchii Os.. ved. la memoria di recente pubblicazione
« G. Osimo, Alcune nuove Stromatopore giuresi e cretacee della Sardegna e del-
V Appennino. Mem. d. R. Accad. d. Se. di Torino, tomo LXI, 1910».
258
s. franchi
finora condotto a compimento lo studio minuto di questi fossili non
posso stabilire con quale sezione delle stromatoporidi essi siano più
specialmente congiunti.
In un altro calcare grigio cereo delle Pinette d’Elva si osserva
un Idrozoo diverso dai suindicati, con struttura a lamine concentriche
collegate da pilastri radiali, che a tutta prima si direbbe una grande
Ellipsactinia: se non che i caratteri minuti rilevabili, coll’esame delle
lastrine sottili, al microscopio, sembra escludano tale interpretazione.
Al calcare giallo-rossastro delle Pinette d’Elva si può collegare
il calcare di Fonte Basso, fiume Santo, perchè contiene la forma di
Idrozoo subconico già menzionato, con avanzi abbondanti di cri-
noidi {Pentacrinus, Apiocrinus, forse Antedon) di rari corallari, con
rarissimi foraminiferi, e colla presenza di tracce di alghe calcari,
forse affini al genere Boueina.
Torino, maggio 1910.
C. F. Parona.
EOCENE.
In una escursione fatta aUe falde meridionali della Punta di
Pannaroni, uno dei più occidentali monti calcari che prospettano il
Monte Forte, ho raccolto, oltre a numerose terebratule giuresi
dei campioni di calcari diversi, alcuni zeppi di nerinee dei tipi
visti in altre località, ad esempio nel piano ad E. di M. Alvaro.
Nella stessa escursione e certamente non lungi da C. Badde Agha-
stra, ho pure raccolto un frammento di calcare rosso che mi parve
interessante per la tinta e per una particolare struttura organica,
riconoscibile alla lente, colla quale si distinguevano delle forami-
nifere, che in lamina sottile si riconobbero per nummuhti. Paren-
domi di grande interesse la loro determinazione specifica ne mandai
cogli altri preparati le lamine al prof. Parona, il quale riconosciu-
tovi litotammi, ortofragamine e nummuliti, li passò al dott. Prever,
il quale fra queste ultime riscontrò le specie seguenti :
APPUNTI SULLE PICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA
259
Numm. (Paronaea) subdiscorbina
» » Heeri
» » subBeaumonti
» » variolaria
giudicando trattarsi di Eocene, non più recente del Luteziano in-
feriore.
L’esistenza dell’Eocene nella Nurra non essendo finora nemmeno
sospettata, il campione in discorso viene ad avere una eerta im-
portanza, ed il rinvenimento e la delimitazione di lembi di Eocene
e lo studio dei loro rapporti col Cretaceo o col Giurese sono com-
piti che si aggiungono ai molti altri per completare lo studio ed il
rilevamento geologico di quella interessantissima regione sarda.
Roccie vulcaniche.
I terreni vulcanici nella Nurra propriamente detta sono scarsa-
mente rappresentati. Nella earta del generale Lamarmora è indicata
una colata di trachite lungo il Rio Mannu di Porto Torres, fra i din-
torni della Crucca ed il mare; in verità le trachiti si trovano pure in
punti molto più ad oeeidente. Esse affiorano nella regione pianeggiante
a N. di Nuraghe Ferrali, dove pure sono dei basalti neri, vetrosi,
compatti e vacuolari; ma la massa più importante è quella in eui si
scavarono i blocchi per fare le gettate pei nuovi lavori del Porto di
Porto Torres. Essa si estende per eirca 1500 metri fra BaddiTrippida
ed il Nuraghe Nieddu, che è su di essa e con materiali della mede-
sima eostrutta, analogamente a quanto accade nel ristretto affiora-
menfo del Nuraghe Mendras, due chilometri più a S. Il fronte d’at-
tacco in quelle cave, è in alcuni punti alto una diecina di metri in
una trachite rossigna, soventi sfumante in bruniccio, porosa con
grandi e piccole vacuole le quali ne mettono in evidenza la marcata
struttura parallela (fluidale). Lo scavo si fa utilizzando le numerose
superficie di divisione (sovente concoidi) della roccia; e se ne staccano
blocchi di parecchi metri cubi. La colata nella parte N. dello scavo
si mostra coperta dal quaternario regolarmente stratificato, al cui
260
S. FRANCHI
contatto la trachite è pure imperfettamente stratificata e resa porosa
e leggiera e soventi anche scolorita, per una attiva lisciviazione di
acque cariche di acidi organici (vedi la fìg. 4, tav. IX).
Le roccie vulcaniche della Nurra presentano grandi analogie con
quelle dei dintorni di Ozi eri. Ad esempio alcuni campioni della
colata di Naraghe Nieddu a S. o di Porto Torres presentano molte
analogie, salvo una minor compattezza, con quelh della colata presso
il Ponte di Fra j gas. La massa vetrosa fondamentale prevalente un pò
più scura, bruna nelle parti meno, gialla in quelle più alterate, pre-
senta qui pure le bellissime e caratteristiche strie della struttura
fluidale, la cui trama è ancora riconoscibile anche quando essa è
localmente più o meno cancellata dall’avanzato processo di devitri-
ficazione.
Ivi pure sono inclusi numerosi frammenti di roccie diverse, so-
vente colla struttura microlitica ben sviluppata. Presso Nuraghe Fer-
rali delle roccie vetrose nere compatte e vocuolari, con trattura
picea ricordano abbastanza bene anche per gli inclusi di roccie mi-
crolitiche ed olocristaUine e degli elementi ferromagnesiaci la roccia
vetrosa del lembo di 0. Motta Segada N. 0 di Ozieri. In questa
oltre alla struttura fluidale, indicata da striscie e lingue di vetro
più scuro, notasi una frattura pseudoperlitica.
Le masse laviche suddette poggiano sopra calcari colitici rossi
affioranti in molti punti nella pianura fra una sottile coperta quater-
naria, negli elementi della quale sono stati trovati in diversi punti
blocchi di calcari con rudiste.
Fra Porto Torres e la massa trachitica Paddi Trippida-Nuraghe
Nieddu, lungo il Rio Manno e nella vasta pianura affiora il Miocene, ;
ovunque l’incisione dei ruscelli od anche solo l’approfondirsi delle strade I
più battute ha asportato il poco potente mantello quaternario, for-
mante un terrazzo alto circa 20 m. sul mare. ;
Non posseggo finora dati per stabilire a quale terreno apparten- !<
gono numerosi resti di una panchina essenzialmente zoogena, che io ji
osservai in molti punti lungo il Rio Chirigu Cossu a levante ed a :
Fig. 1 - Cava di pietra cantone nella massa del tufo trachi- Fig. 2 - Anfiteatro di erosione nella grande lente quarzi-
tico alle falde di M. Gordiani (Ozieri). tica del Vallone Baddi di la Pedra, a N. di M. Canistreddu.
Boll, del R. Com. g’eol. d’ Italia.
(S. FRANCHI) Anno 1910 - lav. IX
Fig. 3 - Vallone Baddi di la Pedra e lente quarzitica fra filladi
alla falda N. di M. Canistreddu (Veduta in -direzione N. S.)
Fig. 4 - Colata di trachite ad Ovest di Porto Torres, donde si
estrassero i blocchi per la gettata del nuovo molo.
Boll, del R. Com. g-eol. d’ Italia.
(S. FRANCHI) Anne I9IC
Fig. 5 - Scogli di calcari dolomitici a Liogryphaea Franchii n. f. Par.,
e panchina arenacea soprastante, a Sud dei forte Sperone (Alghero).
Fig. 6 - Grossi banchi di calcari oolitici a Miliolidi presso la banchina
di Porto Conti ^Alghero .
Fetot. Danesi - Ruma
APPUNTI SULLE RICOGNIZIONI NEL NORD DELLA SARDEGNA 2<'.l
nord del Monte Santa Giusta. In lamina sottile la roccia si mostra
costituita da un impasto di piccoli litotammi e frammenti dei me-
desimi.
Il quaternario della Nurra potrà essere importante oggetto di
studio, pel fatto della grandi distese di pianura che si osservano
senza che vi siano corsi di fiumi tanto importanti da gistificarle, e
per le numerose colline di calcari arrotondate, da quelle pianure emer-
genti, le quali indicano una singolare continuità di emersione dal
Miocene fino al quaternario.
Cito per ora solo la grande pianura in gran parte incolta, ricor-
dante le groane dell’Alta Italia, che si inoltra fra il triasico Monte
Santa Giusta ed i monti giuresi del gruppo del Corredda, fino al
contatto colle filladi fra il Canale Chirigu Cossu e il R. di Sant’O-
sanna, detto poi fiume Santo nel tratto presso la foce. Tale pianura
terrazzata a dolce declivio verso il mare sopra un’estensione di 5 o
6 km. e larghezza di poco più di un km. fra il Gapu aspru e la foce
del Fiume Santo, è costituita essenzialmente da argilla rossa, con ciot-
toli rotolati di quarzo. Questo proviene, come dissi, da vene di quarzo
frequentissime nelle filladi, di una grande massa delle quali esso sta
a rappresentare il residuo di un lungo periodo di rimaneggiamento.
In alcuni punti della vicina costa le ghiaie sono poi quasi esclu-
sivamente quarzose, e al punto che esse, con una rapida cernita
sommaria, sono estratte ed esportate in continente dove, siccome
già avvertii precedentemente, servono senza ulteriore preparazione
come materia prima per laterizi refrattari dando una percentuale
di silice non inferiore al 95 %.
Il terrazzo in parola è più alto dell’attuale corso del fiume Santo
di una quarantina di metri a monte e di circa trenta metri presso la
spiaggia.
II.
C. F. Paeoin'a. — Osservazioni sulla piccola Grifea
(Liogrypliaea Francliii n. f.) del Calcare di Alghero,
L’ing. Franchi raccolse nei calcari della spiaggia di Alghero un
gran numero di esemplari di una piccola ostrea, e gentilmente voUe
comunicarmeli in esame, chiedendomi di rivedere in base ad essi le
determinazioni che di essa furono fatte dal Meneghini e dal
dott. Deninger, sembrandogli, dalle osservazioni sue sul terreno,
che i calcari che la contengono, siano anteriori alla trasgressione
baiociana, o batoniana che sia, della Nurra h
Sono esemplari completi o di valve isolate (specialmente sinistra)
che rappresentano senza dubbio la forma da Meneghini (Paléont. de
Vile de Sardaigne, 1857, pag. 200, tav. E. fig. 4 e 4 c. d.) de-
scritta e figurata come Ostrea obliqua Lamck. Se non che questa
determinazione non sembra accettabile per il fatto, che soltanto una
troppo breve frase diagnostica, senza figura, ricorda questa forma
del Lamarck, la quale per quanto mi risulta, nessun altro autore
prese successivamente in considerazione, e proviene da un livello
geologico indeterminato. Dapprima mi parve che potesse essere
riferita alla 0. suhlamellosa Dunker, secondo Fillustrazione datane
dal Dumortier (Dép. jurass. Bassin du Rhóne, Infralias, pag. 79,
tav. I e VII 1864); ma la differenza dipendente dalla maggiore
obliquità e maggior rigonfiamento della valva sinistra mi risultò poi
evidente, specialmente in confronto col tipo di Dunker (Palaeon-
^ Vedasi in questo stesso fascicolo la nota a pag. 229.
OSSERVAZIONI SULLA PICCOLA GRIFEA DEL CALCARE DI ALGHERO 203
tographica, I, 1851, pag. 41, tav. VI). Il caratteristico rigonfiamento
della valva sinistra distingue anche evidentemente la piccola forma
sarda dalla batoniana Ostrea acuminata Sowerby {Min. Conch., II,
1818, pag. 78, tav. 135), pur avendo queste due forme in comune
il carattere della spiccata obbquità. Queste due ostree, suhlamellosa
e acuminata, sono riferibib al gruppo Liostrea, distinto da H. Dou-
villé {Mission Scient. en Perse par J. De Morgan, t. Ili, pag. 273,
1904), mentre la nostra piccola forma grifeata spetta invece al gruppo
Liogryphaea (Fischer, 1886), che ha per tipo la GrypTiaea arcuata
Lamck. Qualche autore riunisce alla G. arcuata, tipo, altre forme a
mio parere specificamente distinte ; nel caso nostro è da ricordare
la G. obliquata Sow. (op. cit. II, p. 24, tav. 112), la quale, appunto
per il carattere da cui deriva il nome, meglio della G. arcuata tipica,
si avvicina alla forma sarda, pur mantenendosene distinta per la
conchiglia assai più allargata di quest’ultima. Di questa è poi par-
ticolare e caratteristica la piccolezza costante; essa è una forma
pigmea, come risulta dalla descrizione del Meneghini e dalle centi-
naia di esemplari raccolti dall’ing. Franchi. Si potrà riservare per
altra occasione la più completa descrizione di questa Gryphaea, da
farsi in base ai numerosi esemplari abilmente isolati dallo stesso
ing. Franchi; per ora le suesposte considerazioni bastano a dimo-
strare Fopportunità di distinguerla con una nuova denominazione
« Liogryphaea Franchii n. f. ».
Resta la questione assai importante dall’età dell’orizzonte geo-
logico, caratterizzato dalla abbondanza di questa piccola Gryphaea.
Il Meneghini riferisce, che coll’ostrea si trovano: Lima sp. ind.,
Pecten disciformis Schubl., Pecten Lacazei J. Haim., Pentacrinus sp.
ind. (cfr. hasaltiformis MilL). Ora il Pecten disciformis è basico ed
il P . Lacazei è una forma di Majorca, proveniente da un giacimento
a strati decisamente basici, per la presenza di Aegoceras Jamesoni
So\V., Pecten disciformis Schlobl., Pecten textorius SchL, Radula pec-
tinoides Sow., RTiynchonella tetraèdra Sow., ecc. (ved. J. Haime,
Sur le géol. de Vile de Majorque, Bull. S. G. d. F., 2 ser., t. XII,
1855, pag. 734). Il frammento di stelo di pentacrino, dame avuto
264
C. F. PABONA
in esame insieme colle ostree, mi pare riferibile al P. angulatus Opp.;
ma, per non essere meno prudente del Meneghini, considero come
incerto questo riferimento. Ad ogni modo abbiamo dei dati paleon-
tologici per ritenere con fondamento, che il calcare con Liogryphaea
Franchii sia basico, del Lias inferiore o medio. Se tale è l’età di
questa forma e se si considera che la Gr. arcuata si trova già ben
caratterizzata nella zona a Psiloceras planorhis, riesce difficile il de-
terminare il grado di parentela delle due grifee, d’altronde ben di-
stinte l’una dall’altra e nella forma della conchigha e nei caratteri
ornamentali. Ove si ritenesse dimostrata l’età del giacimento ante-
riore al Lias medio, si potrebbe tuttavia considerare la possibilità,
che la G. Franchii sia una mutazione della G. arcuata.
III.
M. Cassetti. — Struttura geologica delia regione montuosa
orientale del Gran Sasso d’ Italia.
(con due figure).
Dalle ripide pendici orientali del Monte Corno, che s’innalza a
2914 m. sul mare e forma la più elevata cima del gruppo del Gran Sasso,
e più esattamente, dal così detto Vado di Corno, cli’è il valico più alto
e centrale del gruppo tra la provincia Teramana e quella Aquilana,
si diparte la importante ed elevata catena del Monte Camicia, il cui
crinale segna la linea di confine tra le due connate provincie e il cui
erto versante meridionale forma il ciglione di un grande altipiano che
si estende nella regione centrale del gruppo, denominato Campo Im-
peratore.
La catena del Monte Camicia si prolunga dal Vado di Corno verso
Oriente, per ben 16 chilometri circa, quasi in linea retta, indi volge
a mezzogiorno, chiudendo da quel lato il citato Campo Imperatore.
Oltrepassata la valle Continola, si collega colla successiva catena
del Monte Meta, che s’innalza ad Est di Castel del Monte e che
prosegue a Sud fino a raggiungere la valle del fiume Pescara, costi-
tuendo l’alta sponda sinistra del suo affluente il Tirino.
Sulle pendici meridionali dello stesso Monte Corno si addossa
il Monte Portella, sulla cui sommità è sorto il nuovo rifugio del Gran
Sasso denominato Duca degli Abruzzi e il cui erto versante meridionale,
insieme a quello del contiguo Pizzo Cef alone, della Cima Malecoste
e del Pizzo di Camarda sovrasta la vallata di Assorgi.
Al detto Monte Portella fa seguito ad oriente una serie ininter-
rotta di alte e basse montagne, che chiudono dal lato di mezzogiorno
il Campo Imperatore, e che in gran parte appartengono ai finitimi
territori di S. Stefano di Sessanio, Calascio, Castel del Monte e Ofena.
266
M. CASSETTI
La suindicata regione montuosa del Gran Sasso è precisamente
quella di cui ci occuperemo nella presente nota.
Serie dei terreni. — Il Prof. Parona della P. Università di Torino \
in una sua recente nota pubblicata in questo Bollettino ^ illustra **
l’abbondante raccolta di fossili mesozoici, da me fatta, durante la i
campagna geologica del 1908, in alcuni punti dei monti del gruppo del j|
Gran Sasso, non senza accennare ai terreni ai quali tali fossili si rife- J-
riscono. |'
A complemento delle notizie da Lui esposte, parmi non privo i
d’interesse, il dare, col maggior dettaglio possibile, la descrizione della 4
tectonica e della estensione sia dei terreni mesozoici, cui si accenna in t
quel lavoro, sia di altri terreni che s’incontrano nella suindicata re- 1
gione del Gran Sasso, e così chiarire viemmeglio la struttura geoio- f
gica di questo interessante ed aspro gruppo di monti del nostro Ap- j
pennino centrale.
Le notizie che verranno qui in appresso esposte, assumono una
speciale importanza pel fatto che esse sono il risultato della scoperta '
di una copiosa fauna mesozoica caratteristica, la quale determina con
esattezza l’età di formazioni calcaree abbastanza estese, come ad esem- '
pio quella della importante catena del Monte Camicia, che era stata j
riferita all’eocene dai precedenti osservatori, e che è invece formata |
di dolomie e calcari basici, e per ultimo dal prof. Sacco, il quale recente- ^
mente pubblicò una memoria speciale, sul gran Sasso con annessa carta |
geologica Questa carta richiede per conseguenza radicali e notevoli |
modifiche. j
La regione in esame comprende in gran parte depositi di calcari e do- »
lomie dell’epoca mesozoica, i quali vanno dal periodo triasico a quello I
cretacico, e di calcari eocenici, che nell’insieme formano una potente ed |
estesa massa di roccie calcareo-dolomitiche, la quale rimane contor- t
^ C. F. Parona. — Nuovi dati 'paleontologici sui terreni mesozoici del-
V Abruzzo. Boll. K. Com. geol., 1908. !
Il gruppo del Gran Sasso d’Italia. Studio geologico del prof. Federico p
Sacco. Reale Accademia delle Scienze di Torino. Anno 1907-08. '
GEOLOGIA DEI MONTI AD EST DEL GRAN SASSO
207
nata, specialmente dal lato di Nord-Est, da un esteso deposito di roc-
cie essenzialmente argillose, arenacee e marnose del periodo mioce-
nico, che vi si appoggia in vario senso.
Abbiamo poi le ampie valli interposte fra i monti secondari e
terziari, e gli altipiani, occupati da depositi quaternari più o meno
recenti, mentre in dati punti sulle pendici di tali monti s’incontrano
sovente delle masse detri tiche, alcune delle quali di notevole esten-
sione e potenza.
Serie secondaria — Dolomia triasica. — Uno studio accurato e
minuzioso della regione centrale del Gran Sasso fu fatto nel 1884 dal-
ring. Baldacci e dal prof. Canavari ^ ed essi per i primi segnalarono
la presenza della dolomia triasica nelle pendici occidentali del Monte
Corno, per avervi raccolto alcuni frammenti di fossili ritenuti caratte-
ristici di tale terreno.
Il prof. Sacco nella sua citata memoria ^ non accenna affatto
alla esistenza del Trias in tutta la regione del Gran Sasso. Egli, tanto
nella memoria come nell’annessa carta geologica, indica il terreno
infraliasico come quello più antico del gruppo e lo limita semplicemente
al fianco orientale del Monte Corno.
Lo scrivente, nella regione centrale del Gran Sasso, stante l’ac-
cennato precedente studio fatto dal Baldacci e dal Canavari, si è li-
mitato a fare poche escursioni, dirette esclusivamente allo studio tee to-
nico dei vari depositi che la costituiscono e più specialmente allo scopo
di rilevare le relazioni esistenti tra l’affioramento dolomitico basico
del Monte Corno con quello della contigua catena del Monte Camicia
col quale si collega e con l’altro successivo della catena del Monte Meta
ad Est di Castel del Monte, anche questi certamente basici, come si
dimostrerà in seguito.
Le fatte osservazioni mi hanno pienamente convinto della possi-
bilità che la zona più bassa della dolomia del Monte Corno, rappre-
'' La regione centrale del Gran Sasso d'Italia. Osservazioni Geologiche
(li L. Baldacci e M. Canavari. Boll. R. Com. Geol. Anno 1884.
- Op. cit.
268
M. CASSETTI
senti effettivamente il Trias superiore, poiché essa occuperebbe la
medesima posizione della dolomia che afi&ora nella seconda delle indi-
cate catene e precisamente al Colle della Guardia, dolomia che è stata
riconosciuta indubbiamente triasica, come ora vedremo.
Questo colle giace tra l’abitato di Castel del Monte e quello di
Ofena. Ivi affiora una roccia dolomitica grigio-scura, a struttura mas-
siccia e molto tenera in modo da ridursi facilmente in frantumi ed
anche in polvere sotto i colpi del martello.
Con accurate ricerche vennero scoperti in questa dolomia alcuni
rari esemplari di Worthenia Contahulatcì Costa (= Turbo solitarius
Seneche) secondo la determinazione fattane dal prof. Parona, che
studiò il materiale da me raccolto.
Siffatta scoperta è sufficiente per dimostrare come la presen,za
del Trias nei monti del gruppo del Gran Sasso, sia ormai un fatto in-
discusso.
Il citato affioramento di dolomia triasica è soltanto limitato al
detto Colle della Guardia, giacché dal lato di levante esso é ricoperto
dai calcari cretacei, che vi si appoggiano in discordanza, e dal lato op-
posto é sormontato da un altro potente affioramento di dolomia con
sovrapposti calcari, entrambi riconosciuti indubbiamente basici.
Dolomia liasica. — Questa dolomia é generalmente bruna e leg-
germente bituminosa, dove piuttosto compatta, dove alquanto sci-
stosa e tenera, racchiude sovente dei rognoni di spato calcare, a tinta
biancastra o rossastra ed a struttura ora zonata ed ora raggiata.
Mostra in dati punti numerosi esemplari di ammoniti, general-
mente spatizzati e talmente ammucchiati gli uni sugb altri da risul-
tarne talvolta un vero impasto, di modo che ivi la roccia assume l’a-
spetto di una vera lumachella.
Ho fatto un’abbondante raccolta di campioni di dolomia letteral-
mente gremita di ammoniti spatizzate, delle quali molti esemplari,
per effetto del lavaggio prodotto daUe acque piovane, essendo stato
sciolto ed asportato il calcare magnesiaco contornante il fossile, si
presentano alla superfìcie perfettamente in rilievo e con rara evidenza.
Quella parte del materiale, nella quale le ammoniti offrivano mag-
GEOLOGIA DEI MONTI AI) EST DEL GRAN SASSO 200
giormente i caratteri necessari alla loro determinazione specifica, è
stata inviata al sullodato prof. Parona in Torino per farne lo studio,
e questi vi ha riconosciuto le seguenti specie:
« Arietites solar ioides Costa.
« Phylloceras cylindricum Son.
« Tropites {?) ultratriasicus Canav.
le quali portano a ritenere la dolomia in esame come appartenente al
Lias inferiore.
L’affioramento della indiv^ata dolomia ammonitifera è molto
esteso e assai potente. Esso abbraccia le alte e ripide pendici occidentali
della catena del Monte Meta, la quale si innalza a Sud-Est dell’abi-
tato di Castel del Monte e a Nord-Est sopra l’abitato di Ofena e più
precisamente gli erti versanti dei successivi monti Capo di Serra, Pie-
tra Aspra e La Monna.
Comprende una potente pila di grossi banchi, rialzata dal lato occi-
dentale, di guisa che le testate degli strati si affacciano ben delineate
per tutta l’erta costa adiacente e soprastante al detto Colle della Guar-
dia, con una direzione costante da Nord-Ovest a Sud-Est e una dolce
pendenza verso Nord-Est.
La massima potenza, che oltrepassa i 400 metri, viene raggiunta
sotto la cresta del Monte Pietra Aspra; a partire da questo punto
la potenza va gradatamente decrescendo fino a ridursi a zero, nelle
due estremità della detta catena, e cioè al Monte Capo di Serra a Nord-
Est e al Monte Cannatina a Sud-Ovest, dove la dolomia rimane com-
pletamente ricoperta dal superiore affioramento di calcari basici.
La sua complessiva lunghezza può calcolarsi non inferiore agli
otto chilometri.
Come sopra ho accennato, sulla descritta dolomia basica si ap-
poggiano in concordanza dei calcari di vario aspetto, pure ricono-
sciuti indubbiamente basici, i quali formano una zona abbastanza
estesa e potente.
Prima di passare alla descrizione di questi calcari, credo oppor-
tuno intrattenermi sulla esistenza di una interessante accidentabtà
tectonica, che si osserva nella catena dei monti basici in discorso.
270
M. CASSETTI
Salendo da Villa S. Lucia, che sta nei pressi del Colle della Guar-
dia, al così detto Vado di Capo di Serra, che si apre tra la cresta del
Monte Pietra Aspra e quella contigua del Monte della Monna, si os-
serva che r affioramento della dolomia basica si biforca ed uno dei
rami si dirige verso Nord inoltrandosi nella R. Vallestrina, adiacente
alla cresta del Monte Serra Aspra, e propriamente lungo l’erto dech-
vio occidentale del Monte Meta.
Quivi gli strati della dolomia, si presentano notevolmente rial-
zati rispetto a quelli del sottostante Monte Serra Aspra e tra di loro
vediamo interporsi una fascia dei superiori calcari basici, i cui strati
da un lato si sovrappongono in concordanza sulla detta dolomia del
Monte Serra Aspra e dal lato opposto vanno a battere contro le testate
degli strati della dolomia del Monte Meta. Si osserva altresì che gb
strati corrispondenti dei detti calcari, si riaffacciano neUa parte più
alta del citato declivio del Monte Meta e nel contiguo Bosco Carbonara,
sovrapposti e concordanti colla sottostante dolomia del decbvio
stesso, ed in conseguenza gb strati della dolomia e dei superiori cal-
cari basici del Monte Meta vengono ad occupare un bvebo più alto
dei corrispondenti strati del contiguo Monte Serra Aspra.
Siffatta disposizione non può spiegarsi che ammettendo una frat-
tura con rigetto la cui linea, diretta da N-0 a S-E, passa lungo la detta
Ra Vallestrina
L’effetto di tale frattura è stato semplicemente quello di rompere
la continuità del giacimento dolomitico e dei sovrapposti calcari dal
lato di Nord-Ovest, dividendolo in due lembi e sollevando uno di que-
sti in modo da dar luogo ad un salto, ovvero sia ad un gradino, come-
viene indicato nella sezione seguente: Fig. 1. (Vedi pag. 271).
Un altro affioramento di dolomia, assai più esteso e potente di
quello sudescritto, abbraccia le ripide pendici meridionali della lunga i
ed elevata catena del Monte Camicia, vale a dire di queUa serie di i
monti successivi, che si collegano e si estendono allineati ad Oriente £
del Monte Corno, e che formano, come ho detto, il ciglione che limita £
a Nord il piano di Campo Imperatore.
Esso comincia ad apparire nelle falde del Monte Guardiola, presso :)
GEOLOGIA DEI MONTI AD EST DEL GRAN SASSO
271
la fonte Piala, all’estremità orientale di Campo Imperatore, e quindi
prosegue ininterrottamente nei successivi declivi del Monte 8. Vito,
Monte di Siella, Monte Camicia, Monte Frena e Monte Brancastrello,
oltrepassa il Vado di Corno, che sta all’est remità occidentale di detto
Campo Imperatore, e quivi si collega colla dolomia del \dcino Monte
Corno, riconosciuta come appartenente al Lias inferiore da Baldacci
e Canavari h
Colle della, (^laxrdrcL M.PietreA Taramellii Prev,
Laharpeia Dalpiazi Prev.
Paroma Rainondi D’Arch.
» atacica Leym.
» Guettardi D’Arch.
» sub Beaumonti De La H.
» Mela Teli.
Orthophragmina Bratti Mich.
» nummuUtica Gtiinb.
Il prelodato dott. Prever mi ha fatto sapere che la suindicata
fauna è riferibile al Luteziano inf., forse anche al medio, specialmente
quella del Monte Paradiso.
Calcari eocenici, analoghi a quelh suddescritti che si addossano in
discordanza sulle dolomie basiche deba costa meridionale deba ca-
tena del Monte Camicia, si riaffacciano nel versante opposto di detta
catena e quivi b troviamo appoggiati in concordanza sui calcari a
Rhynchonella Clesiana che sovrastano la detta dolomia, e discendono
ad immergersi sotto i posteriori depositi miocenici che occupano i suc-
cessivi territori della provincia di Teramo, i quab aba loro volta, si na-
scondono sotto ai depositi pbocenici che si prolungano fino ab’ Adriatico.
Miocene? — Non parmi privo d’interesse accennare ad un piccolo
lembo di calcare sabbioso giabastro, già in gran parte sgretolato e di-
strutto, il quale si appoggia direttamente sui calcari secondari neba
282
M. CASSETTI
parte più alta della Rocca di Calascio, vale a dire alla quota di 1464 metri
sul livello del mare.
In questo lembo s’incontrano con discreta abbondanza, nume-
rosi esemplari di pecten generalmente frammentari più o meno forte-
mente cementati fra loro. I pecten per il loro cattivo stato di conserva-
zione non si prestano, secondo il prof. Parona, che si compiacque di
esaminarli, ad una determinazione specifica.
Non pertanto si ritiene che siffatto giacimento potrebbe rappre-
sentare gli ultimi avanzi di un deposito eocenico e fors’anche mioce-
nico, già esistente prima del sollevamento appenninico, e poscia di-
strutto per effetto delle successive erosioni.
Ad ogni modo il fatto sembrami degno di speciale attenzione e
merita che altri studiosi vogliano occuparsene di proposito.
Depositi quaternari. — Il più esteso dei depositi quaternari della
regione centrale del Gran Sasso è certamente quello che occupa il più
volte citato altipiano di Campo Imperatore alla quota di più di 1500 j
metri sul livello del mare, il quale abbraccia parecchi chilometri qua-
drati di superfìcie. !
E’ un giacimento di poca potenza costituito essenzialmente di
ciottoli di varie dimensioni in generale poco coerenti, misti a sabbia
silicea piuttosto fina e a terriccio vegetale.
Altri analoghi depositi quaternari di molta minore entità, si in- <
contrano racchiusi fra i monti del gruppo. Così quello denominato i
Piano S. Marco che si estende a S.-O in prossimità dell’abitato di Ca-
stel del Monte; il Piano Viano che sta sotto Calascio, i due piani adia- : i
centi al paese di S. Stefano di Sessanio; la così detta Piana Maggiore
deUa R. Loccee il Piano di Fogno entrambi a N.E. del detto paese ed I
altri ancora di minore importanza.
Degni di particolare attenzione sono le imponenti masse detri- I
tiche che si vedono appoggiate sulle falde di diversi monti del gruppo,
alcune delle quali raggiungono una notevole altezza sulla costa aUa
quale si addossano.
Di queste masse citeremo soltanto quelle che occupano le falde
delle ripide pendici meridionali della catena del Monte Camicia, quella
GEOLOGIA DEI MONTI AD EST DEL GRAN SASSO
283
che da poco sotto il Vado di Corno scende nel versante opposto per
parecchi chilometri, fino a toccare la borgata di S. Pietro del comune
di Isola del Gran Sasso e finalmente quella assai potente ed estesa
che si appoggia sulle ripide pendici della catena del Monte Portella
a Nord sopra Assorgi, nella quale si estende Fimportante bosco di que-
sto comune denominato Macchia Grande e che è attraversato per tutta
ia su0^on indifferente altezza, dalla strada mulattiera che da Assorgi
sale al vecchio rifugio di Campopericoli e al nuovo del Duca degh
Abruzzi, e che deve essere percorsa dagli escursionisti diretti alla vetta
del Gran Sasso/
Roma^ dicembre 1909.
IV.
B. Lotti. — La riunione della società geologica italiana a
Portoferraio e Vigotesi del Termier sulla tettonica del-
risola d'Elba,
(Con una figura).
Ai colleghi della Società geologica, riuniti quest’anno in Porto-
ferraio tra il 17 e il 23 settembre, era stato proposto, con saggio pen-
siero, dal presidente ing. L. Baldacci di studiare se e in quah limiti
fosse da accettarsi un’ardita ipotesi dell’eminente geologo francese
P. Termier sulla costituzione tettonica dell’isola d’Elba.
I particolareggiati resoconti delle adunanze e delle osservazioni
fatte alle miniere di Rio e di Calamita, suUe rocce ofiolitiche di
Longone, sui filoni granitici a minerali di S. Piero e suUe rocce me-
tamorfiche di Pr occhio, già pubbhcati nella Rassegna Mineraria ed
in altri periodici scientifici, mi dispensano da una ormai tardiva ri-
petizione. Credo quindi opportuno di limitare questa mia relazione
alle osservazioni speciali ed accurate istituite allo scopo della riso-
luzione del problema fondamentale suaccennato.
II Termier ha esposto sommariamente la sua ipotesi in varie ^pub-
bhcazioni prehminari’ e l’ha sviluppata dipoi in una recentissima -
corredata di piante e sezioni illustrative.
Essa riducesi sostanzialmente a questo: L’Isola d’Elba sarebbe
in gran parte il risultato di carreggiamenti di terreni da grandi di-
^ P. Termier. — Sur le granites, les gneiss et les porpliyres écrasés de Vile
d’Elhe (C. E. Ac. Se., CXLVIII, p. 1441). — Sur les nappes de Vile d’Elbe
(ibid., p. 1648). — Sur les relations tectoniques de Vile d’Elhe aree la Corse et
sur la situation de celle-ci dans la ehaìne alpine (ibid., CXLIX, p. 11).
^ Idem. — Sur la teetonique de Vile d’Elhe (Bull. Soc. géol. de Fr., s. 4^, X,
1910, p. 134 e seg).
l’ipotesi del termier sulla tettonica dell’isola d’elba
285
stanze e costituirebbe un anello di congiunzione fra le falde di ricuo-
primento della Corsica orientale e quelle dell’ Appennino, ideate dallo
Steinmann b Gli argomenti addotti dal Termier a sostegno della sua
tesi sarebbero essenzialmente i seguenti: P l’andamento lenticolare
delle formazioni, aventi potenze bruscamente variabili, per cui si pro-
ducono frequenti discontinuità locali, mentre gli strati sono gene-
ralmente concordanti; 2° la presenza nella parte orientale dell’isola
di una formazione che egli chiama milonite e che sarebbe prodotta
dallo schiacciamento e dalla laminazione di graniti, micrograniti e
gneiss, per effetto dello scorrimento sovr’essi di grandi masse
carreggiate; 3^ la sovrapposizione del Siluriano all’Eocene presso il
Monte Fabbrello, tra il Golfo di Portoferraio e il Golfo Stella.
Trattandosi di un fatto ammesso pacificamente, i congressisti
non credettero necessario di procedere alla constatazione della forma
lenticolare dei terreni eocenici. Tutti più o meno avevano osservato
questo fenomeno nelle varie rocce costituenti l’Eocene dell’Appen-
nino e segnatamente in quei sedimenti speciali che accompagnano
le ofiohti, quali, ad esempio, i diaspri e le ftaniti a radiolarie. Non fu
accordato quindi alcun valore probativo al primo argomento del Ter-
mier.
Allo scopo di rendersi conto della natura e della essenza della
così detta milonite, che costituirebbe il secondo argomento del Ter-
mier, i congressisti visitarono la cava di pietra della Valdana presso
il punto 20 della carta geologica, indicato dal Termier come quello
nel quale potevano osservarsi i più belli esempi della produzione di rocce
d’apparenza gneissica per schiacciamento e laminaggio di microgra-
nito. I congressisti esaminarono minutamente la roccia e ne raccol-
sero numerosi esemplari. Tutti riconobbero in essa la struttura d’un
gneiss e non esclusero che esso potesse essere il prodotto della lami-
nazione d’una roccia granitica, porfirica od anche tufacea, come si
\rerifica per certe rocce gneissiche delle Alpi Occidentali, ma nessun
^ G. Steinmann. — Alpen und Apennin (Monatsber. d. deuts. geol. Ge-
sells., 1907, p. 177).
286
B. LOTTI
fatto fu riscontrato che autorizzasse a ritenere che la roccia madre (
di questo gneiss della Valdana fosse il microgranito terziario dell’Elba, t
E fu notato a questo proposito che mentre il microgranito di 1
detta cava sarebbe stato laminato e ridotto in gneiss, esso rimase \
perfettamente allo stato primitivo a poca distanza nel Monte Puccio i
e nel Monte Fabbrello, proprio sul piano di scorrimento della supposta i
falda. Lo studio petrografìco eseguito dal collega ing. Novarese e »
pubblicato in questo stesso fascicolo del Bollettino, nonché le sue i
considerazioni chimico-htologiche comparative depongono manifesta- i
mente contro la natura milonitica di questa roccia e sopratutto >
contro la sua provenienza dallo schiacciamento di granito e di mi-
crogranito cibano.
Ma l’argomento più decisivo per il Termier è il terzo: la sovrap-
posizione del Siluriano all’Eocene presso il Monte Eabbrello ; «Là est
le noeuddela geologie elbaine « egh dice » et M. Lotti en a parfaitement
compris l’importance et a montré que la coupé de cette colhne était
une enigme tectonique». Io ho cercato invano alla pagina 28 della
mia Memoria, citata dal Termier, ed anche in altre parti del hbro un
mio accenno a tale enigma tettonico, e veramente mi avrebbe me-
ravigliato di trovarvelo perchè ritenni sempre il fenomeno del Monte
FabbreUo un fatto semplicissimo spiegabile con una giustaposizione
per faglia, come feci nella sezione principale che accompagna la carta.
Il Termier nega la esistenza di questa fagha e dice che al Monte
Eabbrello si osserva invece Taccavallamento del Siluriano sull’Eocene.
Giova qui riportare testualmente le sue minuziose e ben preci-
sate osservazioni:
« Pour bien voir la structure du Monte Fabbrello «egh dicei> ^
«ilfaut suivre la mauvaise route qui, de la Casa Marchetti, s’élève à
l’Est vers la Casa Traditi. «A 500 ou 600 m. de la Casa Marchetti,
à un col, un sentier se détache de cette route à gauche et contourne
le versant Est. Voici ce que Fon observe, en suivant d’abord la route,
ensuite le sentier. Les assises, dans l’ensemble, sont horizontales ou
^ Termier. — Tectonique de Vile d'Elhe, pag. 144 e 145.
l’ipotesi del termier sulla tettonica dell’isola d’elba
287
plongent faiblement au Nord-Ouest. On est d’abord dans le Silurien;
puis, le Silurien se relevant un peu, la route coupé la serpentine; puis
on rentre dans le Silurien. Brusquement, à 350 ou 400 m. de la Casa
Marchetti, le Silurien se relève, et Fon volt s’enfoncer sous ce terrain,
avec interposition d’une brèche de friction et d’une lame de quelques
centimètres de serpentine, les calcaires et lesgrés de l’Eocène {alberese
et macigno). Un peu plus loin, le sommet de cet Eocène est formò
d’un banc de microgranite compact, du type appelé eurite par M. Lotti».
Apro qui una parentesi. Se l’A. fosse disceso un poco sotto strada
avrebbe veduto ricomparire quasi subito il Siluriano e i micascisti e si
sarebbe persuaso che questo Eocene non s’immerge sotto il Siluriano,
ma forma una placca ad esso semphcemente appoggiata. E’ un pic-
colo lembo della parete superiore della faglia, e la breccia di frizione,
indicata dal Termier, è dovuta probabilmente alla faglia stessa. Se
l’Eocene fosse stato realmente sottoposto e avesse quindi formato
la superficie di scorrimento della falda (nappe) non si comprenderebbe
come il banco di microgranito, cui accenna il Termier e che effetti-
vamente fa parte di questa placca d’Eocene, non siasi trasformato
in miloni e . «Plus loin encore » continua l’A. «les terrains s’abais-
sent, on rentre dans le Silurien, qui descend méme en contre-bas de
la route: là dans un ravin, on peut voir les schistes noirs siluriens
reposer sur l’Eocène. La route rentre ensuite dans l’Eocene, qui forme
le col où le sentier, qui va vers le Nord, se détache de la route. A
quelques mètres au Nord de ce col, le contact Eocène-Silurien rede-
scend, et Fon traverse le banc eurite bianche qui est le sommet de
l’Eocène ».
Nessuno dei congressisti riuscì ad osservare in questo tratto di
strada, presso la sella (col) e sotto di essa da ambedue i lati la sovrap-
posizione del Siluriano all’Eocene. A tutti invece fu manifesta nel
modo più chiaro la sovrapposizione, con pendenza verso est, dell’Eo-
cene al Siluriano presso la detta sella ove si biforcano le due strade.
In questo punto preciso l’Eocene risale da ambedue i lati della
sella, come si deduce anche dalla carta geologica, e dal lato ovest si
appoggia sulle testate degli scisti siluriani. La giacitura degfi strati eo-
288
B. LOTTI
cenici è qui concordante col profilo della sella stessa, come indica la
sezione più sotto riportata; scendono cioè dalla pendice orientale,
piuttosto ripida, del Monte Fabbrello, divengono orizzontali in cor-
rispondenza della sella e risalgono poi leggermente proseguendo per
la strada verso C. Traditi. Tanto scendendo dal lato del Golfo di Por-
toferraio quanto da quello di Valdana, la linea di separazione fra TEo-
cene e gli strati siluriani e presiluriani, dal punto più elevato ad ovest
della sella, volge ad est e non ad ovest, come dovrebbe essere se
l’Eocene fosse sottostante ai terreni più antichi.
La sezione passante per la cima del Monte Fabbrello e per la sella
è esattamente come appresso:
Acquahona M. Fabbrello Sella
e — calcari, scisti e arenarie dell’Eocene; pm — verrucano (Permiano);
S — serpentina antica; pr — micascisti ecc. (Presiluriano); F — faglia.
La linea di faglia F è nettamente riconoscibile per breve tratto
nel taglio della strada.
I congressisti pertanto furono concordi nel riconoscere che l’ar-
gomento principale invocato dal Termier in appoggio della sua ipo-
tesi veniva a mancare.
Mi sia ora permessa a titolo di conclusione una breve disamina
della tesi enunciata dal Termier sotto un punto di vista più generale.
Lo scrivente non ha preconcetti contro i carreggiamenti. Egh
ne ha descritto, coi più minuti particolari, uno presso Spoleto ^ ed
un altro nel Monte Pisano A Spoleto si osserva il calcare fos-
1 B. Lotti. — Di un caso di ricoprimento presso Spoleto {Umbria) (Boll.
R. Comit. geol. d’Italia, 1, 1898).
2 Idem. — Un problema stratigraflco nel Monte Pisano (Ibidem, 1 e 2, 1888).
l’ipotesi del termier sulla tettonica dell’isola d’eliìa
289
silifero del Lias inferiore direttamente sovrapposto al calcare rosso
(scaglia rossa) del Senoniano, con vere finestre in vari punti di mas-
sima erosione del calcare liasico e con vere brecce di frizione lungo il
piano di scorrimento del terreno superiore sul sottostante. Nel Monte
Pisano le formazioni triasiche, simiK a quelle delle Alpi Apuane,
sono direttamente sovrapposte agli scisti fossiliferi del Lias superiore
e ai diaspri pure fossiliferi del Titoniano, e ciò avviene sopra un’ampia
superficie curvata in anticlinale.
In questo, come nel caso di Spoleto, si trattava di spiegare dei
fenomeni stratigrafici anormali pei quali sarebbe stata insufficiente
la invocazione di faglie e di pieghe ordinarie, ma nel caso dell’Isola
d’Elba e dell’Appennino quali questioni insolubili si presentavano
per dover ricorrere ad ipotesi tettoniche cosi ardite ed in contrasto
coi fatti meglio accertati ed accettati dalla comune dei geologi che
fino ad oggi studiarono l’Italia?
Nella metà orientale dell’Isola d’Elba si avevano due serie suc-
cessive ed isoclinali di identiche formazioni. Bastava una fagha, as-
sai chiaramente marcata del resto anche dalla topografia, per spie-
gare il fatto; ma al Termier sembrarono le cose più complicate e credè
di dover fare all’Elba una distinzione sostanziale fra sedimenti eoce-
nici con microgranito e sedimenti pure eocenici con ofioliti, e ritenne
che il primo gruppo, che egli include nella sua serie I, fosse autoctono,
e che l’altro, spettante aUa sua serie III, fosse stato carreggiato da
lontane regioni " . Sta in fatto però che questi due gruppi di forma-
zioni eoceniche, fatta astrazione dalle intrusioni porfiriche, si ritrovano
'' Noto a proposito di questa distinzione che nel gruppo microgranitico si
trovano ofioliti presso Capoliveri, come ammette anche il Termier, e in quello
ofiolitico si trova il microgranito (porfido) alla Punta Schioppo presso Marciana
(filone di porfido nella diabase eocenica, vedi B. Lotti — Descrizione geol. del-
Vlsola d'Elba, pag. 165 e tav. IV).
Avverto anche di esser d’accordo col Termier nel ritenere d’età eocenica
le rocce ofiolitiche e i sedimenti metamorfici del Monte Capanne, come affermai
nella mia nota Apofisi della massa granitica del M. Capanne presso Fetovaia
(Boll. Comit. geol., 1894).
290
B. LOTTI
in tutta la Toscana, in tutto l’ Appennino settentrionale ed anche nella
Basilicata, cogli stessi caratteri e colla stessa successione stratigrafìca. .
La serie tipica dell’Eocene si osserva nel gruppo delle Alpi Apuane,
dove essa è cosi costituita dall’alto al basso:
A — Calcari marnosi (alberesi) con II elminthoida labyrint}iica\
B — Calcari e scisti argillosi con strati di calcare nummulitico
e con rocce ofiolitiche.
C — Arenaria con banchi di calcare nummuhtico alla base.
In altre parti deh’ Appennino settentrionale, nei dintorni di Fi-
renze, nel Casentino, nella Val Tiberina e altrove, i calcari ad Bél-
minthoida del piano A racchiudono stratereUi d’arenaria, col prevalere
dei quali si passa lateralmente ad arenaria poco differente da quella
del piano G e che fu detta superiore perchè sovrapposta alla forma-
zione del piano 5 con ofiolitih Questa formazione ofiohtif era 5, pre-
valentemente scistosa, fa passaggio graduato a quella superiore preva-
lentemente calcarea e a quella sottostante arenacea per mezzo di alter-
nanze, e tah zone di passaggio sono talvolta cosi potenti da dar luogo
a formazioni promiscue che si ritenne opportuno di tener separate
nel rilevamento geologico in grande scala. La esistenza di tah passaggi
contrasta in modo assoluto coUa ipotesi deUo Steinmann-^ già combat-
tuta dal Taramelli che la presenza di questa formazione scistoso-
ofìolitica dell’ Appennino sia il risultato d’un carreggiamento. Essa è ;
neUa sua posizione originaria e rappresenta il deposito di un ambiente
batimetrico intermedio fra quello deh’ arenaria e queUo dei calcari.
Dove le rocce ofiolitiche e specialmente la diabase sono molto svi-
luppate si associano ad esse, e sempre al disopra di esse, i calcari bian- i
chi e rosei (e'^ della serie elbana) e i diaspri a radiolarie (e- idem). .
Questi sedimenti speciali e'\ e', sono sempre di forma accentuata- f
^ B. Lotti. — Inocerami nell’ Eocene del Casentino (Boll. E. Com. geo!., 1896). (
^ G. Steinmann. — Alpen und Apennin (JMonatsb. d. deiits geol. Ge- i)
sells., 1907). ' :
^ T. Taramelli. — A proposito d’una nuova ipotesi sulla struttura del- i;.
V Appennino (R. C. del E. Ist. Lomb. disc., ecc.,s. 2, XLI, 1908).
l’ipotesi del termier sulla tettonica dell’isola d’elua
291.
mente amigdalare e variano notevolmente di potenza da pochi strati,
come a Montecatini Val di Cecina, ad enormi masse, come all’Elba.
Sotto le ofioliti ricompariscono sempre o quasi sempre gli strati
argilloso-calcarei del piano B, che all’Elba furon distinti col segno e' .
Le masse ofìohtiche sono quindi costantemente associate a sedi-
menti eocenici della stessa natura e spettanti allo stesso livello stra-
tigrafico, e sono perciò da ritenersi contemporanee ai terreni incas-
santi. All’Elba vi è traccia dell’arenaria superiore (piano A) fra l’A-
conella e il Monte Tambone (e^), ma vi manca totalmente l’arenaria
inferiore del piano G sottostante alla formazione calcareo-argillosa B;
fatto questo che non può sorprendere, perchè si ripete frequentemente
in Toscana e specialmente, non però dappertutto, dove l’Eocene so-
vrapponesi direttamente ai gruppi di terreni antichi della Catena Me-
tallifera.
Nessun problema stratigrafico adunque si presenta nell’Isola
d’Elba per la soluzione del quale sia necessario far ricorso ad una ipo-
tesi tettonica che sconvolge addirittura la geologia non solo dell’isola ma
di tutta ritaha. Le formazioni eoceniche dell’Elba presentano la
stessa successione di quelle pure eoceniche del prossimo continente,
e sarebbe invero un fatto ben strano che una falda di carreggia-
mento, proveniente da lungi, avesse depositato, come vorrebbe il Ter-
mier, le formazioni sedimentarie ed eruttive del gruppo ofiolitico B,
serie III Termier, proprio al posto ad esse spettante per origine, cioè
di seguito a quelle del gruppo A, serie I Termier, gruppo che, anche
secondo lo stesso autore, sarebbe autoctono.
V.
Y. Noyaeese. — Il presunto piano milonitico dell’isola
d’Elba.
I.
Nella ricchissima bibliografia geologica deU’isola d’Elba ai terreni j
cristallini stratificati è riservata ben piccola parte, lo sforzo maggiore i
degli studiosi essendosi rivolto di preferenza alle roccie massiccie ed ai
terreni sedimentarii, in grazia dei grandi problemi di interesse gene- |
rale per la scienza che ad essi si collegavano. E’ merito del Termier l’a- j
vere recentemente richiamato l’attenzione dei geologi sui negletti sci- '
sti cristallini dell’Elba, ponendoli in relazione con una delle più arden- i
ti questioni del giorno nel campo della geologia.
I
Come è noto, fra le rocce designate dalla carta geologica del Lotti 1
col nome di « micascisti gneissiformi tormaliniferi », il Termier afferma is
avere riconosciuto il prodotto dell’intima frantumazione dei graniti, lij
gneiss e micrograniti dell’isola, in conseguenza dei grandiosi feno- l'j
meni di carreggiamento avvenuti nell’intiera regione alpina mediter-
ranea, interessando pure l’Appennino, l’Elba e la Corsica. I micascisti [
gneissiformi in buona parte altro non sarebbero se non una roccia mas- f
siccia del magma granitico, macinata per così dire dal passaggio di i
un’enorme falda di ricoprimento; donde il nome di milonite granitica e |
microgranitica datogli dal Ternier. Il resto della formazione sarebbe i
gneiss, che l’autore chiama vero in contrapposto nelle predette mi- |
leniti che cadrebbero nella categoria dei falsi gneiss.
IL PRESUNTO PIANO MILONITICO DELl’iSOLA d’eLBA
293
Durante Fultima riunione della Società Geologica italiana all’isola
d’Elba, dovendosi esaminare sul terreno gli argomenti addotti dal Ter-
mier a conforto delle sue ipotesi tettoniche, le presunte miloniti diedero
luogo a discussioni ampie e vivaci, semplicemente però in via prelimi-
nare, perchè senza studio petrografìco del materiale era impossibile ai
più dei convenuti giungere a conclusioni proprie. E’ in seguito a tale
studio, compiuto sopra campioni riccolti da me o gentilmente favoritimi
dal prof. Fantappiè, che riprendo a trattare la questione.
Per la discussione delle idee del Termier in quanto riguarda la mi-
lonite granitica, i punti fondamentali da dilucidare sono due. Può essa
dirsi realmente un granito, un porfido granitico, unicamente laminato
o macinato da una poderosa azione tettonica, od ha subito un’azione
metamorfica di un altro genere ? Ed in ogni caso la roccia originale
era identica realmente a qualcuna delle roccie massiccie acide che co-
nosciamo nel centro e nel ponente dell’isola?
A rispondere ai due quesiti giovano non poco le più che numerose
pubblicazioni sui graniti e porfidi dell’Elba, e per quanto riguarda la
roccia in questione un accurato e diligente studio compiuto dal dottor
Pietro Aloisi ^ anteriore alle escursioni del Termier all’Elba e relative
pubblicazioni sebbene stampato solo nel 1910.
^ Pietro Aloisi. Bocce granitiche negli scisti della 'parte orientale del-
l'isola d'Elba. (Atti della Soc. tose, di Se. nat. Mem. Voi. XXVI. Pisa 1910).
— Il lavoro era già stato presentato al sesto concorso rinnovato per il premio
Molon, tema di petrografìa, nel 1908.
2 Pierre Termier. Sur les granites les gneiss et lesporphyres écrasés de
Vile d'Elhe. — (Comptes rendus des s. de TAc. des Se.; t. CXLVIII, p. 1441).
(Séance 1® juin 1909).
Id. Sur les nappes de Vile d'Elbe (Ibidem t. CXLVIII, p. 1648 (séance
21 juin 1909).
Id. Sur les relations tectoniques de Vile d'Elbe avec la Corse et sur la
situation de celle -ci dans la chaine alpine. (Ibidem t. CXLIX, p. 11; séance
5 juillet 1909). Paris 1909.
Id. Sur la tectonique de Vile d'Elbe. (Bull, de la Soc. Geol. de Franco
4« Ser. T. X. 1910, pp. 134 a 165). Paris 1910.
5
294
V. NOVARESE
Il Termier distingue nel suo « piano delle miloniti » un granito
« stritolato », che si troverebbe verso Portolongone, da un microgra-
nito pure « écrasé » le cui forme più tipiche occorrono nella Valdana, i
in una piccola cava aperta a N. della strada, presso il punto nel quale la |
quota è esplicitamente indicata sulla Carta colla cifra 20.
Secondo il Termier qui si troverebbero roccie che sarebbero i più i
begli esempi che egb abbia mai veduto, della produzione, per lamina- 5
zione, di roccie di apparenza gneissica ^ .
Nella cava, la roccia, non molto distintamente scistosa, a frattura 1
pobedrica e struttura compatta afanitica, di color chiaro tendente al i
carnicino, richiama subito l’idea di un porfido a caobnizzazione inci- ■
piente. I veli e le scagbette sericitiche richiedono per essere scorti un i
esame minuto e l’uso di una buona lente. Nessun accenno, macroscopi- •
camente, di macchie porfiriche.
Io, giunto casualmente prima dei colleghi alla cava, senza sapere 1
ancora che fosse quella segnalata dal Termier, non potei trattenermi :
daU’esprimere l’opinione si trattasse di un porfido laminato, affer-
mando anche la forte rassomiglianza della roccia con talune varietà
analoghe che ho studiato nella zona granitico-porfirica del Canavese,
a Levone, a Ri vara, a Castellamonte ed a Lessolo
In sezione sottile al microscopio la roccia appare subito oltremodo
interessante, perchè vi si mostrano associati quasi senza transizioni,
gfi elementi caratteristici di due strutture litologiche molto diverse,
cioè di uno scisto cristallino, scisto sericitico, e di una roccia massiccia,
porfido.
L’Aloisi ne dà una diagnosi minuta, studiandola senza alcun pre-
concetto, non avendo alcuna tesi da sostenere in proposito; il Termier
la descrive coll’eleganza consueta di stile e la calda eloquenza di chi ha
trovato un argomento inconfutabile in favore della propria ipotesi.
^ P. Termier. Sur la tectonique eie. pag. 138.
^ Avverto che la rassomiglianza è puramente esteriore. Nei porfidi del
Canavese la natura della roccia in sezione sottile è sempre nettamente rico-
scibile. Solo in rari casi si può rilevare una metamorfosi che ha dato luogo a
strutture microscopiche identiche a quelle degli scisti cristallini.
IL PRESUNTO PIANO MILONITICO DELL’ISOLA d’eLBA
295
In sezione a primo sguardo si scorge come lo scisto cristallino
di Valdana corrisponda perfettamente, anche nei suoi minimi parti-
colari, salvo uno su cui mi soffermerò in seguito, alla descrizione dei
porfiroidi nel senso di Rosenbusch b I cristalli porfìrici di quarzo e di
ortose, con tutti i caratteri di quelli dei porfidi schietti, cioè contorno
cristallografico più o meno perfetto, corrosioni, fenomeni di riassorbi-
mento parziale, intrusioni della massa fondamentale, sono sparsi
in un fondo olocristallino, costituito esclusivamente da quarzo e da
sericite, colla struttura cristalloblastica parallela, nel senso di Becke e
Grubenmann, caratteristica degli scisti cristallini. In questa massa
fondamentale di scisto sericitico tipico, che penetra anche con carat-
teri inalterati nelle corrosioni dei cristalli porfirici, è scomparsa ogni
traccia così di strutture come di eventuali minerali anteriori. Per
quanto io abbia impiegato ogni mezzo a mia disposizione, non mi è
riuscito di trovare nel tessuto quarzo-sericitico alcun vestigio di fel-
spato, e nemmeno felspato di nuova formazione.
Per conseguenza nella massa fondamentale della roccia è scom-
parso ogni residuo della pasta microgranitica, da cui nelFipotesi della
milonite dovrebbe essere derivata, e che il Termier afferma aver ve-
duto; nè esiste più traccia alcuna dei fenomeni di frantumazione dei
suoi elementi; di più, sarebbe stata completa la metamorfosi in quarzo
e sericite dei felspati e delle miche. L’unico minerale accessorio che po-
trebbe apparire come refitto, se non si trovasse sempre ed ovunque, sa-
rebbe lo zircone, nei soliti granelli e cristallini. Nei miei preparati, certo
accidentalmente, manca la tormalina, che è stata trovata dall’Aloisi
e dal Termier, e che secondo il Lotti si trova in fioriture sulle facce di
scistosità e non nel corpo della roccia. Di biotite nessun indizio certo.
Le infiltrazioni di limonite, molto frequenti, hanno talora colorato la
sericite in modo da dare Tillusione di una biotite; ma la mancanza to-
tale di pleocroismo prova trattarsi appunto di un’illusione.
Fra i cristalli porfirici il quarzo, che raggiunge anche la dimen-
^ H. Rosenbusch. Clemente der Gesleinslehre. 2^ Ed. Stuttgart 1901,
pagg. 275 e 476.
296
V. NOVARESE
sione di 1 mm., è spesso bipiramidato con spigoli arrotondati e riassor-
biti; in esso si osservano le più belle intrusioni della pasta di fondo.
L’estinzione ondulosa è appena accennata, e gli stessi grani evidente-
mente frantumati e spezzati non lo sono di più di quanto si osservi di
frequente nelle forme effusive del magma granitico, porfidi quarziferi
o lipariti.
L’ortose, in grani maggiori del quarzo, giunge anche a due o tre
millimetri; per lo più abbastanza fresco e determinabile, a contorno
cristallografico distinto se non perfetto.
Talvolta però gl’individui di ortose hanno subito un’alterazione
che, mantenendo la forma esterna, li ha trasformati in minuti aggre-
gati a tinte di polarizzazione molto basse. Spesso, quando l’individuo
di ortose è ancora fresco, minuti aggregati di quarzo si trovano in spazi
triangolari posti nei cosìdetti angoli morti rispetto al verso della sci-
stosità, ai due estremi per così dire del cristallo stesso. In genere, però,
anche nei cristalli porfirici, se vi ha qualche traccia di azione meccanica
si è però lontani dagli indizi di un’mtensa frantumazione.
Qualche segno più chiaro di azioni dinamiche si trova piuttosto
nella tessitura generale del fondo cristaUoblastico. Come in ogni roccia
consimile nelle sezioni sottili, specie se normali alla scistosità, il fondo
consta di alternanze di zone, diverse solo per la dimensione dei grani e
le proporzioni relative dei due elementi costitutivi, quarzo e sericite,
sempre microscopici. Ora la grana aumenta ed i granuli di quarzo di-
ventano visibili con ingrandimenti medii, e sembrano avere quasi il
predominio sulla sericite; ora invece il tessuto diviene più fitto e non
si scorge se non un aggregato confuso di sericite, irreducibile, con fre-
quenti punti neri (minerale metallico); il quarzo od è scomparso o
non si distingue più.
Però, e questa è la specialità che caratterizza fra i porfiroidi la
roccia di Valdana, a cui ho alluso in principio, oltre queste alternanze
che sfumano le une nelle altre e potrebbero, come i cristalh porfirici,
essere un relitto e l’indizio di una struttura fluidale primitiva, nelle
sezioni sottili spiccano ben distinte e sempre parallele o quasi alla
scistosità, vene ora più, ora meno tenui, di quarzo in aggregati di grani,
IL PRESUNTO PIANO MILONITICO DELL’iSOLA d’eLBA
297
nella pluralità mo^to maggiori che non quelli del fondo, nettamente
delimitate e completamente prive di sericite nel loro interno. L’im-
pressione che jisveghano queste vene, talora molto numerose ed estre-
mamente tenui, ma continue per tutta la sezione, è quella di numerosi
filoncelh di quarzo infiltrati od injettati parallelamente alla scisto-
sità nella roccia preesistente, già divenuta scisto sericitico.
Le più sottili venule di questo quarzo, che si direbbe secondario,
presentano la singolarità di essere ripiegate tanto più minutam.ente
quanto più sono tenui, cosicché in qualche plaga della sezione le ripe-
tute pieghe rinserrate degh esilissimi filetti di quarzo simulano la nota
struttura elicitica (Weinschenck). Questi minutissimi ripiegamenti
costipati, che si osservano qua e là, sono la prova di deformazioni su-
bite dada roccia nella sua intima struttura, dopo però l’intrusione
dei filetti di quarzo. Anzi l’esservene in ogni sezione alcuni deformati
ed altri no, dimostrerebbe che i movimenti avvennero durante il pe-
riodo della loro formazione.
Alla presenza di questo quarzo accenna pure l’Aloisi, che anzi
ricorda essere la roccia della Valdana solcata visibilmente da fre-
quenti filoncelh di quarzo che danno luogo anche a lenti di una certa
importanza.
Lo scisto della Valdana è quindi senza dubbio alcuno uno scisto
sericitico od un porfiroide nel senso di Rosenbusch (non di Lossen)
essendo i cristalli porfirici anteriori e non posteriori alla formazione
del fondo cristalloblastico, e quindi gli unici avanzi conservati dello
stadio anteriore della roccia.
Per comune consenso degh autori, queste rocce derivano dalla
metamorfosi di porfidi quarziferi o di hpariti o dai loro tufi. E così
può ritenersi dello scisto di Valdana. Il quarzo secondario che vi si
osserva in vene, potrebbe essere stato generato tanto per secrezione
dalla roccia stessa, facilmente spiegabile se in origine è stata un tufo,
permeabile alle acque, quanto portato nella roccia da soluzioni d’altra
origine che l’hanno attraversata deponendovi anche la tormalina.
298
V. NOVARESE
In genere i porfiroidi e gli equivalenti scisti porfirici sono stati consi-
derati da molti autori come esempi tipici di puro metamorfismo dinamico
nelle Ardenne, nel Taunus, nelle Alpi, sebbene sia rimasta sempre
inesplicata Fincolumità dei cristalli porfirici di fronte alla totale meta-
morfosi della pasta. Perciò, per quanto la mancanza di una struttura
cataclastica possa far apparire impropria la denominazione di milo-
nite, estensione di un nome applicato in origine alle breccie di frizione
di origine puramente meccanica, il concetto fondamentale del Ter-
mier non rimarrebbe vulnerato dalla determinazione della roccia per
un porfiroide, se potesse dimostrarsi che la costituzione chimica di
questo è identica a quella delle rocce massicce acide dell’Elba, por-
fidi quarziferi e graniti. Invece che da una delle forme conosciute at-
tualmente nell’isola, il porfiroide potrebbe derivare da una manife-
stazione del magma granitico che non incontriamo più, come un por-
fido felsitico o magari da un tufo. La difficoltà cagionata dalla man-
canza di struttura cataclastica sarebbe eliminata e sussisterebbe sem-
pre l’interpretazione tettonica.
Ad escludere definitivamente questa interpretazione soccorre il
confronto dell’analisi chimica, che fortunatamente l’Aloisi ha fatto
della roccia in discussione, colle analisi dei graniti e porfidi dell’isola
pubblicati finora. Il loro numero, contrariamente a ciò che farebbe
supporre la ricchissima bibliografia, non è grande, ma è più che suffi-
ciente.
Ad agevolare il paragone ho raccolto in una tabella le due anahsi
dell’Aloisi, e le altre otto che ho potuto raccogliere.
IL PRESUNTO PIANO MILONITICO NELL’iSOLA d’eLBA
299
Porfiroide
Eurite
Graniti
Granito aplitico
1
I
II
III
IV
V
VI
VII
Vili
IX
X
Perdite
per arrov.to
1.61
1.71
0.97
1.07
0.59
2.14
0.92
0,42
0.43
0.32
Si
02
76.65
74.57
75.85
71.58
69.92
67.49
76.52
77.11
73.90
76.28
Ti
02
-
-
0.83
-
-
-
-
-
-
Zr
02
__
-
-
tr .
-
—
-
—
—
B2
0.3
-
—
—
-
—
—
tr.
—
—
—
Al2
03
14.24
14.73
9
14.99
13.01
15.68
17.33
14.17
13.31
15.20
14.22
Pe2
0. ;
! 1.84
1.44
- ;
1 3.13
> 4.57
- ;
0.54
0.81
tr .
tr.
Pe
0 *
1
0.58
!
3.46
Ca
0
0.41
0.27
tr.
1.81
1.85
1.68
0.61
1.32
1.20
1.19
Mg
0
0.52
0.43
—
1.14
0.92
1.17
0.20
0.21
tr.
tr.
N2
0
1.28
1.01
4.04
3.33
4.35
2.73
4.24
4.39
4.49
4.95
E.2
0
4.35
5.13
2.37
3.63
3.18
5.24
3.66
3.21
4.14
3.90
P2
05
-
-
-
-
0.24
-
-
0 07
0.09
tr.
Totali
100.90
99 29
98.80
99.53
101.30
101.24
100.85
TOO.85
99.45
100.81
P
. s.
2.68
2.65
2.609
2.64
2.575
-
2.59
2.66
2.60
-
I. Porfiroide di Valdana anal. Aloisi 1910
Aloisi 1. c. pag. 6.
IL Id. id Id.
Ibidem.
III. Eurite di Portoferrajo. Al piede del Montebello . Damour 1851
Damour in. Fournet Notes sur les roches felds-
pathiques de l’Iled’Elbe. Ann. de la Soc. d’Agr.
et hist. nat. de Lyon, T. Ili, 1851.
IV. Granito in filoni di Mar di Larvisi Aloisi 1910
Aloisi 1. c. pag. 17.
V. Granitile del M.te Capanne Manasse 1900
Manasse 8tilbite e i or e site nel granito elbano.
Mem. Soc. tose, di Se. nat. voi. XVII; Pisa, 1900.
VI. Granito dell’Elba. (Località ?) Anal. Bunsen 1861
In J. Both. Beitràge zur Petrograph. der plut. Ge-
steine, Berlino 1869 pag. XLII-XLIII.
VII. Granito aplitico in filoni (Longone) Aloisi 1910
Aloisi: 1. c. pag. 20.
300
V. NOVARESE
Vili. Id. alcalino (facies periferica, S. Piero in Campo). D’ Acchiardi 1902
G. D’Achiardi : Metamorfismo sul contatto fra
calcare e granito, etc. (Elba). Mem. Soc. tose.
di se. nat,;vol. XIX; Pisa. 1902.
IX. Aplite in vene S. Piero in Campo Id. id.
Ibidem.
X. Aplite (fìloncello nelle rocce anfiboliche) Id. 1904
G. D’Aghi A REI: Cenno su di una anfìb olite
orneblendica nel granito di S. Piero in Campo
(Elba). Proc. verb. Soc. Tose. disc. nat. 3 lu-
glio 1904, Pisa, 1904.
Le analisi mostrano chiaramente che il magma granitico nelle
sue varie manifestazioni all’Elba ha una composizione abbastanza
costante e sensibilmente diversa da quella del porfìroide della
Valdana.
Le analisi delFAloisi ci dicono in primo luogo che lo scisto di Val-
dana ha la composizione chimica di un porfido quarzifero o di una fi-
pari te, che è anche quella di taluni porfiroidi, come, ad es., quello della
valle di Haderbach presso Sitzendorf, Turingia, riportata dal Rosen-
busch \ col quale ha comune pure il peso specifico. L’analisi chimica,
se conferma la diagnosi, lascia incerti sulla provenienza della roccia
piuttosto da una forma effusiva che da un tufo, dubbio del resto che
si verifica spesso anche con tipi litologici analoghi non metamorfo-
sati: sono note le vivaci discussioni sulla natura trachitica o tufacea
di certe rocce vulcaniche recenti.
Però nessuna incertezza è possibile in confronto delle altre rocce
dell’Elba. La composizione della nostra è caratterizzata dall’estrema
povertà in CaO, e dalla relativa ricchezza in alcali, che ne fanno quasi
un magma puro porfiritico o granitico nel senso di Rosenbusch. Inol-
tre è quasi un magma puro potassico perchè dalla media fra le due
analisi si vede che la potassa sta alla soda come 4 ad 1.
La roccia che più si avvicina alla nostra fra quelle dell’Elba, al-
meno per l’aspetto, e che secondo ilTermier dovrebbe esserne la madre.
’ H. Kosenbusch. 1. c. pag. 456, anal. 2.
IL PRESUNTO PIANO MILONITICO DELl’iSOLA D’eLBA
.301
è Teurite (III), un microgranito tormalinifero con scarsi cristalli por-
firici; essa è anche più povera in calce, in magnesia ed in ferro, di
acidità identica, ma differisce radicalmente per la proporzione relativa
dei due alcah essendo la soda in proporzione quasi doppia della po-
tassa, e quadrupla della corrispondente soda della roccia di Valdana.
La derivazione di questa dal microgranito è quindi esclusa sen-
z’altro.
Nei tre graniti (IV) (V) (VI), uno dei quali attraversa in filoni
lo stesso porfìroide di Valdana, in primo luogo l’acidità è sensibilmente
minore, l’allumina poco differente, ma le proporzioni del ferro, della
calce e della magnesia più che doppie in complesso, accennano al-
l’abbondanza della biotite e del plagioclasio. La proporzione relativa
degh alcah è pure assai differente per la maggior abbondanza della soda
che in due uguagha o supera la potassa, e nella analisi VI è circa il
53 ^7' o ^ quest’ultima. In questi graniti i tenori elevati di calce e soda
indicano una tale abbondanza del plagioclasio di fronte aU”ortose da
costituire una profonda differenza dal magma potassico della roccia
di Valdana, differenza che nessuna metamorfosi, e tanto meno se
unicamente meccanica, potrebbe cancellare.
Per abbondanza ho aggiunto le anahsi (VII) (Vili) (IX) (X) di
graniti aphtici, di composizione singolarmente costante, sebbene pro-
vengano da locahtà deU’isola molto lontane fra loro. Se si avvicinano,
come l’eurite, al porfìroide per l’acidità, sono più poveri di ferro, ma
più ricchi in calce e sopratutto in soda, che anche qui supera sempre
la potassa. Le apliti dell’Elba sono magma granitici molto alcahni,
quasi privi di ferro e prevalentemente sodici, vale a dire l’opposto
della nostra roccia, quasi esclusivamente potassica.
In conclusione, pei suoi caratteri strutturali la roccia di Valdana
è bensì uno scisto sericitico porfìroide derivato da una forma effusiva
del magma granitico (porfìdo quarzifero, liparite) o da un suo tufo, ma
non può affermarsi sia una milonite granitica, perchè i segni di azioni
meccaniche che tuttora mostra non sono quehi specifici deUe rocce
metamorfosate unicamente per laminazione (pressione unilaterale o
302
V. NOVARESE
stress di Van Hise), ma quelli generici che in diversa misura sono co-
muni a tutti gli scisti cristallini; i quali perciò potrebbero tutti chia-
marsi miloniti ed addursi dovunque e sempre come prove di carreg-
giamento, perchè in essi la pressione, di qualunque natura, è stata
certamente uno dei fattori di metamorfosi. A favorire questo equivoco,
le cui conseguenze, come di leggeri si vede, sarebbero incalcolabih, si
presta purtroppo la stessa espressione « metamorfismo dinamico »,
che mette in evidenza uno solo degli agenti che hanno collaborato
alla trasformazione, senza che finora si sia potuta misurarne l’effi-
cacia in confronto degli altri.
Però, qualunque sia stata la causa della .metamorfosi, e la natura
originaria della roccia di Valdana, essa era costituita, direttamente
o mediatamente, da un magma granitico puro, prevalentemente po-
tassico, ed in ciò profondamente diverso dal magma granitico preva-
lentemente sodico di cui sono costituite le altre roccie massicce della
famiglia granitica conosciute nell’isola.
E’ quindi infondata Taffermazione che il porfiroide di Valdana
sia una facies milonitica dei porfidi microgranitici dell’isola, e cade
per ciò il valore che ad esso vuol darsi come prova di un carreggia-
mento.
II.
Non voglio invadere il campo riservato al collega Lotti, troppo
autorevole e profondo conoscitore della geologia dell’Elba perchè
io non debba cedergli il passo per discuterne col Termier la tetto-
nica, ma, limitandomi sempre al « piano milonitico » e rimanenti
terreni presiluriani associati, non voglio astenermi dal porre in luce
alcune circostanze e considerazioni a sostegno di quanto ho esposto
finora contro le idee del Termier.
Il chiaro geologo francese accetta senza obbiezioni i quattro
piani in cui il Lotti ha diviso la serie presiluriana dell’isola, (cinque
se si comprende la serpentina) ma li raggruppa ed interpreta in
modo radicalmente diverso. Essi invece che una serie unica, costitui-
IL PRESUNTO PIANO MILONITICO DELl’iSOLA d’ELBA
rebbero due falde di carreggiamento sovrapposte. L’inferiore, (falda I)
forse autoctona, comprenderebbe i micascisti gneissiformi tormalini-
feri del Lotti (pr^), corrispondenti esattamente al « piano milonitico »,
ed i calcari cristallini dolomitici superiori (pr^). Il Termier riconosce
in questi calcari i caratteri petrografici del Trias alpino semicristal-
lino, e sebbene con qualche riserva, ammette per essi tale età, ciò
che lo porta ad attribuire in conseguenza al piano milonitico un’età
anteriore, ed a considerarlo come « une veritable sèrie cristallo j.hyl-
lienne ». una serie cristallina di grande antichità, indipendente dal
granito sottostante.
Sopra questa falda I, ve ne sarebbe un’altra (II) costituita dai
marmi e cipollini designati con pr”^, dai micascisti lucenti (pr^) e
dalla serpentina presiluriana (s^). Questo complesso sarebbe equiva-
lente degli scisti lucenti della Corsica, e formerebbe una serie com-
prensiva metamorfica dal Trias superiore all’Eocene, intercalata fra
la falda I ed il siluriano, base di una falda III che comprenderebbe
la serie dei terreni sedimentarii in facies normale dell’Elba, dal Silu-
riano in su, quali risultano dalla carta del Lotti.
Noto di passaggio che ammettendo l’età triasica dei calcari
dolomitici cristallini (pr^) cioè l’equivalenza cronologica col Trias
alpino della stessa facies, che è Trias medio, secondo le ipotesi del
del Termier pr’, pr^, pr"^ e le serpentine s^ formerebbero una serie
ascendente regolare dal Trias aU’Eocene, cosicché la necessità di in-
trodurre una superficie di carreggiamento fra pr‘^ e pr^ non appare
manifesta, e può solo essere stato un’espediente suggerito dal bi-
sogno di interpretare secondo uno schema prestabilito la serie elbana.
Il piano inferiore della serie, il «piano milonitico» ((pE), è
adunque un piano molto antico; ma siccome il Termier accetta pure
senza riserve l’opinione del Lotti intorno all’età posteocenica del
granito e dei porfidi elbani, le miloniti granitiche e microgranitiche
che compaiono intercalate nella formazione non possono derivare
se non da masse di granito e di porfido iniettate negli strati « molto
antichi » ed almeno pretriasici preesistenti, durante le eruzioni po-
steoceniche, e poiché sono « milonitizzate » cioè stritolate, dovevano
304
V. NOVARESE
essere già consolidate quando avvennero i carreggiamenti. Quali sono
le rocce che costituivano questi strati antichi ?
Il Termier afferma che nel suo piano milonitico alle miloniti
granitiche, ed a quelle microgranitiche, che sarebbero dei « falsi gneiss »,
sono associati dei « veri gneiss », che raramente stritolati al punto
da originare vere miloniti gneissiche, presentano però frequentemente
fenomeni di laminazione, in conseguenza delle pressioni dinamiche
subite durante i carreggiamenti.
Una delle località dove, sempre a detta del Termier, ricorrono
tali veri gneiss, è il promontorio ad ovest del fosso di Mar di Car-
visi, cioè il promontario che separa la valle di quest’ultimo dalla
Valdana. Ora è appunto da questo promontorio che provengono i
campioni di porfiroide raccolti, studiati ed analizzati dalFAloisi, nel
suo lavoro del 1910, e di cui ho parlato nelle pagine che precedono.
I « veri gneiss » del promontorio sulla destra della Valdana sono
quindi assolutamente identici ai « falsi gneiss » della cava del punto
20 sulla sinistra, e la distinzione non ha alcun fondamento.
Non ho potuto studiare alcun campione delie miloniti granitiche
descritte dal Termier, ma da una gentile comunicazione epistolare
del dott. Aloisi, che sta preparando un lavoro suUo stesso argo-
mento della presente nota, esse non sarebbero sostanzialmente di-
verse dai porfiroidi ora descritti, salvo non si voglia in esse rico-
noscere quei graniti che secondo l’Aloisi presentano la mortelslruktur,
da lui denominata assai felicemente struttura a smalto \ che si
osserva talvolta nelle masse granitiche intruse nella formazione pr^,
e che è tanto più sviluppata quanto minori sono le masse stesse.
Nella formazione però occorrono certamente rocce che non sono
porfiroidi nè graniti colla struttura a smalto. Lo stesso Aloisi ha
data la diagnosi petrografica e Tanalisi chimica di un micascisto
andalusitico trovato presso il contatto delle rocce granitiche, sempre
nel piano pr\ fra il fosso di Mar di Larvisi e Longone ^ e che
’ P. Aloisi. 1. c. pag. 19.
Id. 1. c. pag. 7.
IL PRESUNTO PIANO MILONITICO DELL’ISOLA d’eLBA :U)r>
evidentemente è una roccia metamorfosata dalla eruzione del granito.
Siccome in rocce di tal genere la metamorfosi non muta sensibil-
mente la costituzione chimica totale, ma soltanto quella mineralo-
gica, l’analisi chimica ^ è quella che meglio giova a dare un con-
cetto della natura della roccia primitiva. Ora l’abbondanza dell’al-
lumina (23,97 per cento) e del ferro (12,61 di Fe^, 0.) di fronte al
47,71 per 100 di silice, è tale che basta ad escludere subito la deri-
vazione da una qualsiasi roccia eruttiva conosciuta. E’ pure assai
poco probabile che si tratti di un tufo puramente formato da ele-
menti inalterati di una roccia eruttiva. La composizione si avvicina
anzi talmente a quella di mn argilloscisto, di una fillade o di uno
scisto micaceo, derivato da rocce sedimentarie, che si può ritenere
senz’altro la roccia come un parascisto, metamorfosato per contatto
dalberuzione granitica, quando già aveva assunto il carattere cri-
stallino in grazia di una metamorfosi precedente, regionale, dinamica,
od altro che dir si vogha.
Per ciò, indipendentemente da qualunque ipotesi tettonica, la
natura delle rocce, quali risulta da un’indagine petrografica obbiet-
tiva, dimostra che il piano pF del Lotti è costituito da un complesso
di scisti cristallini, che, come tutti i complessi analoghi, proviene
per metamorfosi in parte da rocce eruttive, in parte da rocce sedi-
mentarie, di età ignota, e che nulla esclude sia presiluriana.
Il fatto che ha determinato questa trasformazione generale di
una serie normale in una serie cristallina è certo pur esso molto
antico; ad ogni modo anteriore alle grandi eruzioni granitiche e
porfiriche dell Elba, le quali pure, col loro contatto, hanno provo-
cato delle metamorfosi locali nella serie in questione.
Quindi nessun argomento sussiste in favore dell’ipotesi che
negli scisti cristallini dell’Elba vi siano « veri greiss » molto antichi
alternanti con « falsi gneiss » recentissimi derivanti dalle miloniti
microgranitiche, prodotte da non meno ipotetici carreggiamenti.
Roma, dicembre 1910.
'' P. Aloisi. 1. c. pag. 10.
VI.
S. Feat^chi. — Il Retico quale sona di transisione fra
la Dolomia principale ed il Lias a ^‘facies piemontese^,
— calcescisti con Belemniti e pietre verdi — nelV Alta
Valle di Susa.
(Con due tavole).
Le revisioni eseguite la scorsa estate nell’area dei fogli al 100000
comprendenti la Valle d’Aosta, quelle di Lanzo e quella di Susa, dei
quali è stata decisa la pubblicazione, hanno condotto a dei risultati in-
teressanti, di alcuni dei quali credo utile dare subito una breve notizia
preliminare.
In essa mi limiterò ad esporre sommariamente le ragioni per
cui credo debbansi riferire al Retico estese ed importanti zone di
terreni di età finora incerta od ascritte ad altri orizzonti, ad affer-
mare l’esistenza di qualche nuova plaga di Lias, ed a tratteggiare
i principali fatti tettonici nella regione di confine fra Bardoneccliia
ed il Colle del Monginevro, finora punto o poco noti.
Della Valle di Susa io avevo anni addietro rilevata la parte a valle
di Bussoleno, mentre la parte a monte è stata campo di studio dei col-
leghi Ing‘ . Zaccagna e Mattirolo. Però, dovendosi redigere una leggenda
unica per tutti quei fogli, credetti opportuno fare alcune traversate an-
che nelle regioni alte di detta valle, in parte pure a me già note, tanto
più che nutrivo ferma speranza di trovarvi delle prove palmari della
concordanza e del passaggio graduale fra le dolomie del Trias superiore
ed i calcescisti e del rovesciamento di quelle su questi, tanto nella zona
di confine, che fra Melezet ed il colle della Rho.
Questi fatti, già da me intraveduti nel vallone della Rho e presso
il Monginevro, armonizzanti con tutte le osservazioni fatte nelle Alpi
IL RETICO nell’alta VAL DI SUSA
307
Cozie e Graje, e che erano già stati da me utilizzati nel dare i profili
interpretativi della zona sinclinale di calcescisti con pietre verdi detta
del Colle del Frejus in precedenti lavori, nel 1898 e nel 1904, hanno ora
avuto una conferma più positiva e valida di quanto io osassi sperare.
Nella grande sinclinale del Frejus o di Bardonecchia.
Il Retico di Melezet. — Le prime revisioni le feci appunto nei pressi
di Melezet sopra Bardonecchia, laddove nella parete a N. di quel-
l’abitato è il hmite fra Trias dolomitico e calcescisti, e nella carta geo-
logica francese ad 1:80000 (foglio di Brian^on) è indicata come interpo-
sta una sottile zona di Lias.
Chi risalga da Melezet verso la regione Piano del Colle attraversa,
a distanza di circa 750 m., delle dolomie chiare compatte, i cui grossi
banchi, diretti NO. - SE., vengono a ricoprire i calcescisti costi-
tuenti le rupi dominanti a NO. quel caseggiato. Una ampia e ri-
pida falda detritica, in alto della quale sono rupi dolomitiche scoscese,
ricopre dal lato di levante la prosecuzione dei calcescisti, i quali invece
verso NO. costituiscono il contrafforte orientale della Gasparre.
Nella falda detritica suddetta, oltre ad elementi dolomitici, sono
frequenti frammenti di roccie di tipo molto speciale, con abbondanti
traccio di fossili, specialmente presso il mulino che sta a destra della
strada, a 250 o 300 m. da Melezet. Sono calcari a grana fina, più o meno
compatti, bigi a patina bigio -verdastra, verde-giallognola, ocracea,
aranciata, con sfumature varie nello stesso pezzo, calcari scistosi ne-
rastri, ecc. I fossih più frequenti e meglio conservati e riconoscibili sono
coraTari, terebratule, rinoonelle; e molte traccie organiche indefinibili
sono sparse nella superficie di molti elementi del detrito, fra cui fi-
gurano svariati tipi di lumachelle compatte e scistose.
Risalendo la falda detritica proprio ad occidente di Melezet, su-
perati alcuni ristretti affioramenti di calcescisti da quella emergenti, si
raggiunge una zona potente da 20 o 30 m. dove sono sviluppati i tipi
litologici suddetti e che si interpone esattamente fra le dolomie ed i
calcescisti. Essa si può osservare molto bene nei pressi di una piccola
308
S. FRANCHI
sorgente incrostante, che scaturisce a circa 250 m. sull’abitato, pro-
prio a ponente del centro di questo, poco al disotto dal contatto delle
dolomie con essa, che è nel suo complesso impermeabile.
La concordanza di questa zona colle dolomie soprastanti è
manifesta, ed il passaggio si inizia con intercalazioni di scisti lu-
centi talcoidi, di scisti argillosi nerastri, ferruginosi, fìUadic , con
banchi dolomitici giallognoli, o chiari, con fini disegni pseudogeometrici
di calcite. Parimenti la concordanza ed il passaggio coi calcescisti sot-
tostanti è molto eh aramente dimostrata dalla interca azione fra i cal-
cescist di qua che banco di calcare giallo a coraUarì identici a quelh che
si trovano nel mezzo della zona, ed anche da qualche banco dolomitico
fra calcescisti. Si verifica qui il modo di passaggio dal Trias dolomitico
ai calcescisti da me descritto per diverse locahtà delle valli Grana,
Maira, dei pressi di Courmayeur e della Thuile, ecc., al quale passaggio
corrisponde la zona da me recentemente preconizzata rappresentare
il Retico a /ac^es piemontese in quelle località, e particolarmente:
presso Castelmagno in Valgrana (anticlinale di M. Chiahno) e at- ;
torno all’ellissoide triasico del vallone d’Elva in Val Maira L
Ritenuto fuor di dubbio che le dolomie immediatamente sopra-
stanti in concordanza alla zona siano neotriasiche, essa non 'può che
rappresentare il Retico o il Lias inferiore. Però esistono tali identità'
htologiche tra di essa e il Retico fossilifero e pure htologicamente ca-
ratteritico tanto dei dintorni di Albenga, da me riconosciuto fossihfero,
nel 1891, e del quale ho compiuto lo studio nel 1905-06 (BoU. RJ
C. geol. 1906, Atti Ufi. p. 35 e 1907, Atti Ufi. p. 32) ^ che dell’Alta
^ S. Franchi. — I terreni secondari a facies 'piemontese ecc. (Boll. E.
Com. geol, d’Italia, 1909 p. 549-50).
2 Tra i fossili da me raccolti nel 1891 il Prof. Canavari potè determi
nare Avicula contorta e Terebratula gregaria.
Il rovesciamento della serie del Trias superiore sul Lias fu riconosciuti
nel 1905, quando ripresi lo studio della regione, studio che compiei nel 1906
In quell’anno ho pure riconosciuto una importante ed estesa formazione hrecciosj
ad elementi di dolomie triasiche, scisti permiani, calcari cristallini con Pen
tacrini, la quale io riferii al Lias {facies hrianzonese).
IL RETICO nell’alta VAL DI SUSA
301)
Valtellina, noto fin dai tempi di Theobald, e che io ebbi campo di ben
conoscere in due campagne geologiche (1908-09), che il concetto della
comune età nacque spontaneo. Se poi si ridette che i fossih del Melezet,
quantunque finora non determinabili, ricordano assai bene per l’abito
i brachiopodi ed i corallari di quelle due regioni, che le dolomie sopra-
stanti alla zona in parola sono certamente neotriasiche e che i calcescisti
sottostanti sono del pari senza dubbio basici, si vede tosto non poter
essa rappresentare altro terreno che il Retico; il che discuteremo
meglio in seguito, quando avremo descritto la zona in tutto il suo
sviluppo.
Tale posizione nella serie dei terreni noi vedremo essere confer-
mata dal modo di presentarsi deUa zona neUa catena di confine fra
il Col des Acles ed il Monginevro, di cui parleremo fra breve. Intanto
essa si può seguire 'ungo il limite fra dolomie e calcescisti fino al con-
trafforte deUe Tre Croci; e si può vederla rappresentata, quantunque
meno tipicamente, sotto ai banchi di dolomie, lembo residuo deU’an-
ticlinale dei Tre Re, le cui testate formano le rupi scoscese che bmi-
tano il Piano dei Morti ^ a sud ed a levante. Ivi sono ancora traccie
di fossih, però meno abbondanti che a Melezet, ed il passaggio daUe
dolomie ai calcescisti è più rapido, allo stesso modo come si vedrà
nel gruppo del Grand Roc.
In seguito aUe conclusioni tratte dalle osservazioni fatte nei
pressi di Melezet, debe revisioni si dimostrarono tosto indispensa-
bib in tutta la catena di confine, daba vabe di Bardonecchia al Mon-
ginevro, neUa quale era presumibile si sviluppasse il Retico, ed attorno
aU’ebissoide dolomitico del Grand Roc, affiorante fra i calcescisti
della sinclinale del Frejus, siccome ho dimostrato nel 1898.
Più tardi ITng. Zaccagna nel suo studio « Conformazione stratigrafìca fra
il torrente Neva ed il Pennavaira in territorio di Alhenga » accompagnato da
una carta geologica, confermò i rovesciamenti da me sommariamente descritti
I alcuni anni prima, attribuendo però al Permiano la suddetta formazione brec-
ciosa (Boll. E. C. geol. 1909).
^ Da non confondersi col Clos-des-Morts di cui parleremo in seguito.
1 6
310
S. FRANCHI
Il Retico della catena della Grande Boche. — La zona retica del
Melezet, per effetto di importanti disturbi tettonici, non la ritro-
viamo verso SE. che al Passo della Mulattiera, ed i calcescisti sotto-
stanti vengono inopinatamente a formare i ridossi più occidentali
della depressione del Col des Acles, attraverso il quale una importante
linea di frattura, estendentesi lungo il thalweg del torrente des
Acles, oltre confine, in direzione S. S. E., li separa dalle dolomie del
Muschelkalk (a D. pauciforata) a banchi raddrizzati, della Gugha del
Mezzodi.
Il limite fra calcescisti e dolomie nella bassura del colle suddetto
è poco chiaro, e passa a NO della colhnetta di queste ultime roccie
sulla quale è un posto di guardia degh alpini francesi, ai quah anzi
ho dovuto chiedere il permesso per oltrepassare la hnea di confine,
ivi molto irrazionale, per megho riconoscerlo. Esso è diretto N. 60° E.
con pendenza SSE. di 35°. Data la difficoltà di fare ivi ricerche,
essendo il limite del lato italiano ricoperto da potente detrito, non
potrei dire se la zona retica vi sia in qualche modo rappresentata.
Essa invece è ben caratterizzata al lato SSE. del vicino Passo della
Mulattiera, dove i suoi strati si immergono con direzione N. 25° E.
e pendenza di 35° sotto le dolomie chiare della Punta d’Arbour,
la più occidentale delle cime della imponente catena, essenzialmente
dolomitica, che per la Grande Hoche ed il Chaberton termina aUa
Rocca Clari, oltre la strada del Monginevro. La zona retica si appoggia
invece inferiormente sui calcescisti, coi quah non solo è concordante,
ma presenta veri passaggi litologici, calcescisti di tipi svariatissimi,
formanti una enorme pila isoclinale lungo tutto il contrafforte che
per La Selle tta e la P'"". Colonnon scende al forte Bramafam ed
aUa Dora presso la stazione di Bordonecchia (Vedasi la fig. 2, tav. XI).
La zona retica si può seguire nettamente distinta, con andamento
prossimo aU’EO. nel versante N. della P.ta., d’Arbour, donde risale
rapidamente alla bassura che sta ad E. di queUa cima, per effetto
di una ripiega sinclinale rovesciata di essa, il cui braccio orientale, rico-
prente le dolomie del gruppo deUa Grande Hoche, ridiscende con am-
pia curva per venire ad immergersi sotto di esse aUa roccia detta
IL RETICO nell’alta VAL DI SUSA
Jean Roche, recante la quota 2113 m. Aggiungo subito che la sincli-
nale retica secondaria rovesciata affiora solo nell’alto del versante
francese, dove è una spianata per batterie da montagna, e che tutto
il versante attorno è costituito da lastroni dolomitici scendenti verso
la valle. Il profilo della fig. 3 tav. XI taglia appunto questa sinclinale
rovesciata presso l’estremità della cerniera che per breve tratto pe-
netra al di là del confine.
Fra la Rocca Jean Roche (2115) e la Roche de la Carde (2163)
la zona retica presenta un affioramento quasi continuo, con un anda-
mento ondulato grossolanamente orizzontale, mostrandosi intima-
mente legata ad una potente zona di calcescisti che la sopporta,
la cui costituzione esamineremo fra breve.
Profilo della Grande TI oche. — La zona retica ora descritta è molto
interessante e merita uno studio particolareggiato, che io non ebbi
campo di fare, specialmente per la sinclinale rovesciata che essa pre-
senta fra la Punta d’Arbour e la Grande Hoche, nelle pareti NO. della
quale quella zona mi parve mostrarsi trasversale ai banchi dolomitici,
come se la piega si fosse insinuata in una grandiosa frattura di essi.
Comunque si venga a chiarire il fatto a cui ho accennato con ri-
serva, è certo che la zona riprende tosto il suo andamento regolare
di intercalazione fra dolomie e calcescisti, come si disse quasi oriz-
zontale, fra Rocca Jean Roche e la Roche de la Carde. In questo
tratto, specialmente in corrispondenza del torrente di Beaulard, so-
pra S. Giusto, una potente zona di calcescisti bigi resistenti, a causa
deUe fitte intercalazioni di calcari cristalhni compatti, e formante balze
inaccessibili, sottostà alla zona retica, colla quale sembra costituire
un tutto a chi la osservi da lontano spiccare in bigio fra le masse chiare
delle dolomie soprastanti e del detrito essenzialmente dolomitico delle
falde sottostanti. Però in corrispondenza della vetta (2753) della
Grande Hoche, sotto il contrafforte che ne scende verso NE, tutta la
serie dei calcescisti potè essere esaminata con cura, sicché ne posso
dare un profilo interessante, che è quello della fig. 1, della tav. XI,
la cui leggenda particolareggiata è esposta nella spiegazione a pag. 3 6.
312
S. FKANCHI
Le Belemniti sono abbastanza frequenti, tanto nei calcescisti re-
lativamente teneri, che nei calcari cristallini compatti intercalati.
Nessuna di esse è determinabile, ma il fatto che i banchi che le con-
tengono sono separati dalle dolomie dalla non potente zona che at-
tribuiamo al Retico è sufficiente a dimostrare che si tratta della
parte inferiore del Lias.
Così pure è dei banchi con elementi brecciosi dolomitici, dei
calcari diasprigni varicolori i, dei calcari a minute punteggiature ne-
re spatiche (crinoidi?) e delle sottih lenti di breccie, rappresentanti
sporadici queste del Lias a facies hrianzonese.
Proprio sotto al grosso banco calcare, col quale si può supporre
termini il Retico, trovai un frammento di calcare bigio-scuro com-
patto che mostrava una struttura che poteva far credere trattarsi di
diplopore. In lamina sottile si potè vedere non essere che un calcare
oolitico, le cui ooliti allungate racchiudevano o un nucleo di calcite
spatica come quella del cemento, ovvero dei frammenti di conchiglie
sul cui contorno si modella la parte apparentemente concrezionata
dell’oolite. E’ assai probabile che . quel frammento provenga dalla
zona retica.
Indicazioni 'precedenti sulle zone di Melezet e della Grande HocTie. —
Nessuno parlò più, dopo il Lory, il quale credeva che i noti fram-
menti di lumachelle provenissero da una zona retica sottostante
alle più orientali fra le dolomie del Chaberton, salvo il Mortillet
coll’accenno citato sui corallari dei pressi di Bardonecchia ed il
sottoscritto in un recente lavoro, di Retico nella regione piemontese
a levante della grande zona antracitifera brianzonese; e vedemmo
^ In queste roccie sono striscio quarzose a finissimo mosaico, con la-
minette di sericite, provenienti dalla metamorfosi delle parti diasprigne, quali
si notano pure nelle radiolariti di M. Cruzeau. In esse però non riuscii a di-
stinguere resti di radiolari; e, delle quali invece sono ricche alcune strisele delle
ftaniti che trovai associate alle diabasi variolitiche, la cui massa è attraversata
daH’ultimo risvolto della strada nazionale nella salita al Monginevro; le quali
nutro fiducia che si possano determinare.
IL RETICO nell’alta VAL DI SUSA
:U3
come il Kilian ìndiclii in un suo profilo quale Lias la zona di ]\Ielezet
che ora io sono indotto a ritenere retica (1. c. t. II, P*’ fascicule,
p. 229’). Però nel foglio di Brian9on è distinto col simbolo T (« trias in-
déterminé » nella leggenda) e come « un ensemble de schistes calcaires
gris, de marbres zonés, de bancs quartzeux versicolores, avoisinant les
serpentines et les schistes lustrés, et dont l’àge est incertain» (senza par-
lare di traccie di fossih), un terreno che in qualche tratto coincide colla
nostra zona di Retico. Difatti il Kilian (al quale è dovuto il rilevamento
di questa zona frontiera) ha indicato tale terreno (T) oltre che fra il Col des
Acles e Clavières attraverso il Col des Trois Frères mineurs (dove non
havvi forse che in piccola parte, sotto il Col des Acles, corrispondenza con
detta zona) nei punti seguenti, al contatto fra dolomie e calcescisti:
al Passo della Mulattiera, al Col de la Crande E oche, poscia in una
estesa zona quasi continua, fra le falde a N. del Pas de VOurs
(n. Passo della Grande Hoche) e quella ad E. della Ghallanche Ronde
(n. Rocca del Lago) in corrispondenza non esatta colla zona retica
rovesciata, da noi detta della Grande Hoche, costituente la transi-
zione fra Trias dolomitico e calcescisti con Belemniti e pietre verdi,
ma tale da indicare che si tratta della medesima zona. Dello stesso
terreno (T) è poscia indicato un lembo alla Pointe des Trois Scies
(n. Punta Charniers), che è appunto una delle cime dove giunge
la grande zona retico-liasica del Chaberton, la quale, come già si
disse, comprende la zona indicata come Lias, con sviluppi diversi
nella carta geologica francese all’ 80, 000 ed in quella italiana al
al 400,000 aUa falda orientale del Chaberton ed al Clos-des-Morts.
Il valentissimo collega e amico a cui è dovuto il rilevamento di
questa regione, se non giunse alla soluzione, che io credo ora s’imponga,
è forse per causa della facies litologica molto diversa che gli strati del
Retico della Moriana presentano rispetto a questa zona del ver-
^ In questo profilo è s^iustamente indicata una concordanza assoluta
fra le dolomie e i gessi del Trias (localmente sviluppati), il supposto Lias (no-
stra zona retica) ed i calcescisti, il tutto in serie rovesciata. Io non vidi però
i gessi al disotto del Retico.
314
S. FRANCHI
sante della Dora, essendo colà « représenté d’une facon constante par
des petits bancs de calcaires noirs pétris de fossiles » come dice la nota
esplicativa del foglio di S. Jean de Maurienne, mentre da noi presenta
un complesso litologico vario e caratterizzato da banchi con patine
cromatiche speciah, senza tener conto dei fossili indeterminabih. fra
cui sono abbondanti i corallari. Un’altra ragione che concorse ad im-
pedire che egli giungesse allora alla soluzione definitiva sta forse nel fatto
che, pure dopo l’importante lavoro di M. Bertrand del 1894, si ritene-
vano i calcescisti rappresentare bensì oltre il Trias anche il Lias,
ma forse ancora più il Trias che il Lias. Solo le scoperte di Belemniti
alla parte inferiore dei calcescisti ricoprenti il Trias superiore in Valle
Grana (strati a Worthenia solitaria) (1896-98), al Piccolo S. Bernardo
ed al Col de la Seigne (1899-900), dimostrarono in modo inoppugna-
bile che, se pure in alcune regioni la facies di calcescisti può rappre-
sentare orizzonti del Trias, ed anche tutto il Trias, in altre regioni,
come nell’alta Valsusina, essa rappresenta essenzialmente una serie post-
triasica. La carta geologica francese aveva però il merito di indicare
l’esistenza di una zona speciale di età da determinarsi, ponendo così
un quesito che era sfuggito precedentemente, e che io credo di aver
ora risolto. La suddetta notizia esphcativa parla pure di una facies
breccioide alla parte superiore del Betico, ad Allevard; banchi di breccie
si trovano nel vallone della Rho, però in pieni calcescisti, come nel
profilo della Grande Hoche, dove tali roccie sono superiori (inf. p. ro-
vesciamento) a zone di calcescisti e calcari cristalhni con Belemniti,
e quindi già certamente basiche, come la hrèche du Télégraphe di
Kilian, tanto sviluppata dall’altro lato deU’antichnale carbonifera.
Posto ora che siano indubbiamente retiche le zone di cui ho di-
scorso nel versante della Dora, riesce sommamente interessante il
fatto che il Retico presenti facies così diverse a distanze non grandi
(attualmente di 21 Km. fra Melezet e l’alta valle di Valloire, ma che
sarebbe minore e di soli 18 Km. fra Fourneaux ed i pressi di S. Michel,
mentre tante analogie si riscontrano col Retico dei dintorni di Albenga,
da un lato a 160 Km. circa e dell’Alta Valtelfina dell’altro a distanza
ancora maggiore. Tanto più ciò è notevole in quanto che tettonica-
IL RETICO nell’alta VAL DI SUSA
3 io
mente il Retico di Albenga e quello della Moriana appartengono alla
stessa zona esterna all’asse del ventaglio anticlinale carbonifero. Come
pure alla stessa zona corrispondono il Retico fossilifero del Colletto
di Salè, di tipo molto diverso quantunque di tanto più vicino, e la
formazione scistosa varicolore con calcari nankin delle valli della
Stura di Cuneo e del Gesso, se, come io sono disposto a credere, essa
rappresenta in qualche parte il Retico.
Nella carta geologica francese (f. di Brian9on) è indicata presso
il confine a levante di Bordonecchia una zona sinclinale di Lias alle
falde della Grande e della Piccola Tempesta, la quale si prolunga ol-
tre confine fin sopra Névache.
Si potrebbe essere tentati ad assimilare quella zona con quella
del Melezet e considerarla come una sinclinale retica corrispondente
forse a quella del Chaberton; però il diverso simbolo (V) da quello
della zona di Mélezet dimostra trattarsi di altro terreno. D’al-
tronde si ha un profilo del Kihan passante pel Lago di Thures, dal
quale appare che detta sinclinale è di Lias a facies breccioide. {Etudes
géol, etc. t. I, p. 200). E’ tuttavia possibile che il Retico sia in essa
in qualche modo rappresentato.
Il Retico nelle valli della Cerveyrette e del Quii (?). — A mezzodì
della regione che abbiamo finora esaminata, oltre la zona, con pie-
tre verdi predominanti, rispetto alla quale si è sprofondato il Trias
ripiegato del Chaberton, le dolomie triasiche riaffiorano sulla si-
nistra della Cerveyrette, corrispondente forse nel suo corso inferiore
ad una faglia, analoga a quella Rocca-Clari-Mont Janus, di cui sarà
detto in seguito. Quelle dolomie, che costituiscono una lunga dor-
sale, culminante all’ardito e pittoresco Pie de Rochebrune, sono
rovesciate sui calcescisti, in modo analogo a quanto abbiamo visto
nella catena della Grande Hoche (tav. XI, fig. 3).
Benché in tutto analoga a questa, la catena del Pie deRechebrune,
sembra dovuta ad una anticlinale triasica coricata più occidentale
di essa, da quanto risulterebbe dallo esame della carta geologica dei
dintorni della città Brian9on, a levante della quale essa sembra pren-
dere origine, sempre da questo lato della zona assiale carbonifera.
316
S. FRANCHI
Viene quindi spontanea la domanda, se pure a levante di quella
cima, fra dolomie e calcescisti, esista la zona di transizione retica.
Ed una risposta molto suggestiva è fornita dall’osservazione che
una zona del terreno del quale si è detto precedentemente, distinto
col simbolo T, è indicata fra quelle due formazioni, nello stesso
fogHo di Brianpon della carta geologica francese, analogamente a
quanto si è visto per la zona del medesimo terreno, la quale, fra
il Passo della Mulattiera e le falde di Punta Clotesse, si vide corri-
spondere assai bene alla zona di Petico, che dicemmo della Grande
Hoche.
Nel profilo dei signori Kilian e Lugeon dalla Gironda alla fron-
tiera italiana ^ fra i calcari dolomitici dell’anticfinale del Pie de
Pochebrune ed i calcescisti su cui si appoggia è indicata una zona
di schistes calcaires du Trias, corrispondente certamente a quella
suddetta indicata col simbolo T.
Fra tale zona ed i calcescisti nel profilo sembra indicata una
linea di contratto anormale, la quale ad ogni modo non rappresen-
terà che un fenomeno locale e di poca importanza, altrimenti sa-
rebbe stata indicata nella carta geologica, pubblicata posteriormente
al profilo
Queste constatazioni ci sembrano legittimare la presunzione che
la zona retica ora descritta, costituente il passaggio dal Trias supe-
riore dolomitico ai calcescisti, abbia la sua prosecuzione con analoglii
caratteri, a levante della dorsale dolomitica del Pie de Pochebrune,
il che spero sarà presto confermato dal Prof. Kilian.
Forse allo stesso terreno corrisponde Tinsieme, secondo il Kifian
formato : « 1° de calcaire noir, cristallin, sonore, en plaquettes, nion-
’ C. E. Ac. Se, Paris, 2 Janvrier 1899.
^ E’ bensì vero che nella carta geologica della Francia ad 1.000,000 a
levante del Trias del Pie de Kochebrune è segnato un contatto anormale fra
dolomie e calcescisti, ma tale indicazione, come la analoga, certo erronea, a le-
vante della catena della Grande Hoche e di Melezet, procede probabilmente
da semplici concetti teorici, mentre corrisponde al vero nel tratto fra la Punta
Clotesse ed il Chaberton.
IL RETICO nell’alta VAL DI SUSA
317
trant des traces nomb reuse de fossiles et rappelant un peu les pla-
quettes de Tlnfralias; 2° de schistes satinés durs, grisàtres et de
calcschistes cristallins; 3® de gres bancs de calcaires noiràtres à dé-
bris d’entroques » ricoprente le carniole ed i gessi del Trias ancora
più a Sud, presso Ceillac (Kilian et Rbvil, 1. c. fase. R, p. 213).
E’ possibile che in quelle valli francesi la zona retica diventi
litologicamente meno caratteristica e più povera in traccie di organi-
smi, analogamente a quanto abbiamo già veduto accadere nel val-
lone della Rho, a poca distanza da Melezet; tuttavia la zona del
terreno T ivi indicata, pure sui rilievi del Kilian, dimostra che
esiste una zona, litologicamente almeno, abbastanza distinta.
Una diminuzione sensibile nella evidenza dei peculiari caratteri
di questa zona di passaggio fra dolomie e calcescisti, e la loro to-
tale sparizione si osservano procedendo verso levante, rispettiva-
mente attorno agli ellissoidi triasico del Gran Roc e permo-triasico
a facies piemontese dei Monti D’Ambin.
Il Retico nel gruppo del Grand Roc. — Era per me di grande inte-
resse la constatazione del Retico anche alla sommità dell’elissoide do-
lomitico del Grand Roc, dove fin dal 1898 io avevo constatato una
zona di passaggio graduale fra le dolomie ed i calcescisti soprastanti.
E veramente tale zona di passaggio, se pure non presenta traccie di
fossili, si mostra a circa 800 m. da Turras lungo il torrente di Thures
con diversi dei tipi litologici caratteristici di quel terreno nelle zone
ora descritte. Io non ebbi campo di esaminare le zone di passaggio
in altri punti di queirimportante affioramento di Trias, ma non è impro-
babile che in qualche punto si trovino anche traccie di fossili. Ad ogni
modo, dopo quanto si è osservato, credo si possa affermare resistenza
del Retico anche in queirinteressantissimo ellissoide triasico b
’ Mentre correggo le bozze vengo a scoprire che il Balmafi, dove secondo
il Michelotfci (in Gastaldi 1. c. p. 349), si sarebbero trovati coiallarì come quelli
del Chaberton, non è che un antico nome del Roc del Boucìier, la più alta
cima, in calcescisti ricoprenti le dolomie, del gruppo del Grand Eoe. Attorno
a questo elissoide triasico il Eetico è perciò pure in qualche punto fossilifero.
318
S. FRAXCHI
Il Betico nelValta valle del Chisone (?) B. Gastaldi nel suo breve
lavoro Deux nots sur la geologie des Alpes Cottiennes (C. R. d. l’A.
d. S. de Turin, 28 aveil 1872), dopo di aver dato la figura di belle
sezioni di corallari non spatizzati di un campione raccolto salendo al
Clos-des-Morts, il che lascia adito alla speranza che ivi si possa tro-
varne di determinabili, viene a parlare d’un fossile simile, portatogli
nel 1856 da ufficiali dello Stato Maggiore, che dissero di averlo rac-
colto sulla punta del M. Ghinivert, sul contrafforte fra Chisone e
Germanasca ; e ne riproduce la sezione, dicendo che è un polipaio
identico a quello del Chaberton, e che solo i rami ne sono comple-
tamente spatizzati.
L’Ing. Xovarese ha già fatto rilevare che dalle ricerche sue e
del Mattirolo le massa del Ghinivert risulta tutta di calcescisti. Però
se l’indicazione fornita da quegli ufficiali è giusta, il corallario in que-
stione potrebbe provenire da colonie isolate nei calcescisti, analoghe
a quelle da me rinvenute in Valle Grana, ed essere forse del Lias.
Ma potrebbe pure darsi il caso che vi sia stato scambio di località e
che il campione provenga dal lato opposto della Troncea, dal con-
trafforte della P.^^ Rognosa, dove esiste un importante affioramento
di Trias, attorno a cui potrebbe esservi la zona di transizione retica.
Il che mi riservo di verificare nella seguente campagna geologica.
Assenza del Betico litologicamente o paleontologicamente distinto
a ridosso del massiccio d^Ambin. — Il Trias delle regioni di confine e
del Melezet, del ramo rovesciato sui calcescisti della sinchnale del
Frejus, e quello del ramo normale di essa che ricopre il Permocarbo-
nifero micascitoso dei monti d’Ambin, quantunque fra loro corrispon-
denti e attualmente fra loro distanti non più di 4 km., sono note-
volmente differenti; sia pei calcari cristallini (calcefiri a glaucofane :
alla Beaume), che prevalgono spesso sulle dolomie, che pel grande '
sviluppo dei gessi, i quah pure presentano speciafi intercalazioni i
di scisti micacei nella seconda di quelle formazioni triasiche. Questo '
fatto costituiva una delle ragioni per cui il Lory riteneva i gessi i
sotto e soprastanti e in parte intercalati e la grande massa isochnale i
IL RETICO nell’alta VAL DI SUSA
310
di calcescisti, costituire un solo termine del Trias (Keuper), interposto
fra il Trias di Savoulx {a facies piemontese) ed il Retic o, che credeva
esistere in posto, laddove invece non si videro che dei frammenti nel
detrito nella salita a Clavières. Al Retico dovevano soprastare le
dolomie del Chaberton o della Grande Hoche, ritenute rappresentare
il Lias, tanto i due Trias gli erano parsi differenti !
Ma ora, pur riconoscendo la loro equivalenza, si è tuttavia col-
piti dal modo del passaggio litologico completamente diverso che
ai due lati della grande sinclinale si osserva fra i calcescisti di que-
sta e le roccie del . Trias superiore, gessi, dolomie e calcari cri-
stallini.
Nè presso Salvoulx, nè fra Gad e Salbertrand, al lato destro della
Dora, dove si trovarono i fossili del Muschelkalk dallo Zaccagna e
dal Mattirolo \ esistono alla sommità di quel Trias dei tipi litolo-
gici che presentino analogie con quelli caratteristici della zona retica
ora descritta.
Al disopra dei calcari o dei gessi rispettivamente nella prima e
nella seconda di quelle località, esistono micascisti teneri, ovvero
quarziti, queste pure regolarmente interposte, e costituenti un banco
molto esteso, che fu inesattamente rappresentato nella carta
al 400,000.
Se quivi, per analogia di quanto vedemmo precedentemente,
parrà logico, fino a prova contraria, ritenere il limite superiore dei
gessi e dei calcari coincidere col limite inferiore del Retico, essendo
la serie indubbiamente continua, noi dovremmo ritenere che i de-
positi sincroni di questo terreno vi siano rappresentati dalle quar-
ziti e dagh scisti micacei sopra indicati insieme a calcescisti.
Non potrei affermare che in nessun punto, sopra questo Trias,
residuo di quello che completamente ammantava il Massiccio d’Am-
bin, di potenza e di costituzione htologica molto variabile da punto
a punto, si trovino i rappresentanti htologici del Retico; quello
che posso dire è che di essi non havvi neppure traccia sopra il
^ A. Porti s, Nuove loealità fossiliferi, eco.
320
S. FRANCHI
Trias, pure singolarissimo, a facies 'piemontese spiccata, di Meana,
Foresto, Chianoc ecc. Le rapide revisioni di quest’ anno mi Tanno
fatto scoprire crinoidi più chiari di quelli trovati nel 1897, e delle
intercalazioni ripetute di micascisti a sismondina della più alta cri-
staUmità, nei calcari cristallini magnesiaci tabulari, soventi micacei
e calcescistosi, localmente molto sviluppati, costituenti in gran
parte quel Trias medio-superiore.
Xel gruppo del Chabertox.
Sinclinale retico-liasica del Chdberton. — La zona di calcari
scuri, dolomitici, marnosi con scisti ed abbondantissime traccie di
fossili, la quale si intercala fra le dolomie aUe falde E. e XE. i
zona anticlinale permo-carbonifera, dove fu segnato dai colleghi del è
Servizio geologico francese al margine nord del fogho eli Brianyon,
ivi solo litologicamente distinto, e quindi attraverso i fogh di S. Jean ji
de Maurienne e di Albertville, dove è riccamente fossihfero, con j
Avicula contorta Porti., Didymia intusstriata Emm., Terebratula gre- j >
garia Suess, Gervilleja inflata Chafh, ecc. E’ meravighosa la conti- j’
nuità delle sottili zone (doppie o triple) che dai pressi di Valloire si
possono seguire ai lati della sichnale del Perron des Encombres e dei i
Rochers des Planchettes fino in Tarantasia. !
IL RETICO nell’alta VAL DI SUSA
Principali acoident alita’ tettoniche nel gruppo del Chaberton
E NELLE REGIONI CIRCOSTANTI.
Il motivo tettonico della grande anticlinale triasica detta dei
Tre Re^ il cui studio particolareggiato sarà del più alto interesse, si in-
terrompe alla Dora di Mélezet, certo a causa di una grande faglia a
quella trasversale. Si è detto dianzi della grande frattura, quasi normale
a quest ’ultima, del Colle e del Vallon des Acles, e delle aberrazioni
forti deir andamento della zona Retica a quel Colle ed al Passo della
Mulattiera, nonché della sinclinale trasversale rovesciata di questa
zona fra Les Arbours e la Grande Hoche.
Grandi irregolarità nella disposizione degli strati si consta-
tano più oltre alla Punta Gros Vallon, nell’alto della quale le do-
lomie hanno pendenza verso NE. Alla Punta Ciò tesse, la cui cima è
in Retico, è accennata una anticlinale, e nel suo contrafforte NEE.
delle incuneazioni reciproche di dolomie con lembi di Retico e calce-
scisti, profonde 500 m., si mostrano come il risultato di pieghe rotte
con scorrimenti ingenti. Delle lamine di Trias, costituite da dolomie,
carniole e gessi, si trovano a tre diversi orizzonti intercalate nei calce-
scisti alle falde della Croce Gardiol. Una di queste lamine costituita
dalle stesse roccie ha il suo proseguimento alle falde NE. e SE. del
serpentinosoiMonte Sisnières e va a collegarsi alla grande massa carnio-
hca dell’erto piede del Chaberton verso il Grand Vallon h Una grande
frattura separa inftne le dolomie dai calcescisti attraverso il vallone
di Eenils ed il contrafforte di M. Sisnières, portando ivi i calcescisti a
contatto colla sinchnale retica, tanto forte è il salto (forse non meno
di 300 o 400 m.), e viene a seguire per un tratto il corso del Grand
Vallon a SE. di quel monte. E’ probabile che la stessa frattura li-
^ Le lamine di dolomie, carniole e gessi delle quali è parola, potrebbero
essere da qualcuno ritenute vere intercalazioni nei calcescisti; però l’osserva -
zione degli incuneamenti nei contrafforti di P. Clotesse ed il raccordo della
lamina a levante del Monte Sisnières col Trias (fìg. 2, tav. XII) ci fanno
escludere quell’ipotesi.
836
S. FRANCHI
miti a levante tutto il Chaberton e la R, Clari (Vedansi i profili delle
fig. 2 e 3 della tav. XII) .
Tralasciando per ora di parlare di quelle non accertate, una frat-
tura trasversale importante si trova fra la Grande Hoche ed il M. Gros
Vallon; un’altra lungo il Vallone dei Morti, dove per un buon tratto, ■
almeno 300 m. le testate delle dolomie e del Retico si trovano a com-
baciare, ed attraverso il Colle Chaberton, ivi inclinata fortemente
verso SE.
La più importante di queste fratture trasversali è quella che
esiste certamente in corrispondenza della bassura delle Grangie La Co- j
che, con direzione prossima N. 35° E., separante la fronte delle testate
dei banchi dolomitici raddrizzati, larga quasi due chilometri, della
R. Clari e del Monte Fort du Boeuf, dalle grandi masse di pietre
verdi della Punta Rascia e del M. La Piane.
Credo sia appunto il proseguimento di questa importantissima
frattura trasversale che separa oltre confine la massa dolomitica del
Mont Janus dai calcescisti della Cime de Gondrand b A delle fratture |
importanti od a vere falde di ricoprimento bisogna ricorrere per
spiegare i lembi di roccie cristalline con porfiriti del Colle Chaberton,
dell’altra a % dalla cima, e della terza cingente la vetta verso 0. e NO., :
dove pure sono delle quarziti. j
Lembi di questi terreni, per spiegare la posizione dei quali bi- |
sogna ricorrere ad una tettonica complicatissima, sono quelli del |
thalweg del Rio Secco a Gr. Baisses, l’altra più a valle e quelle del I
Col de l’Alpette, delle falde della Serra Tibaud, ecc. alcuni dei quali Iti
sono già stati oggetto di studio dei Colleghi francesi Kilian e Termier. ji
Questi problemi tettonici però non si possono risolvere in modo p
soddisfacente che colla conoscenza della geologia delle regioni adia-
^ Debbo a questo proposito notare come nel foglio più volte citato di j
Briangon sia indicato oltre la Rocca Clari il prolungamento verso S. E. di una j
zona di dolomie triasiclie, di cui in realtà non esiste traccia, cessando esse bru- j
scamente al contatto di quella grande faglia trasversale.
IL LETICO nell’alta VAL DI SUSA
centi oltre confine, regioni per altro che non è possibile percorrere con
animo tranquillo, trattandosi di gelosissime zone militari.
Le lamine di roccie triasiche che si vedono come intercalate
fra calcescisti ai fianchi della Croce Gardiol e nel versante N. E.
della P.ta Clotesse, dove havvi pure qualche lembo di Retico, atte-
stano di scorrimenti importanti, susseguenti ad una struttura a
pieghe imbricate complicatissima.
Lo stesso dicasi delle intercalazioni di scisti cristallini nel Lias
del contrafforte del Pie Lausin e dei lembi di tali scisti presso la
vetta sulla costa settentrionale ed al Colle di Chaberton, i quali
sono separati dalle dolomie sulle quali si appoggiano da uno strato
più o meno potente di una breccia carniolica di frizione con fram-
menti cristalhni.
Tanto questa breccia che la struttura a frammenti lenticolari
a superficie liscia saponacea di quegli scisti ricordano i lembi cri-
stallini esotici delle falde di ricoprimento della Valtellina, e mi indu-
cono nella convinzione che a quella tettonica complicata abbiano
concorso importanti fenomeni di scorrimento e di ricoprimento.
Alla fase finale del periodo di sconvolgimenti che è documen-
tato da quella struttura tettonica corrisponderebbero la faglia che
limita a mezzodì la massa triasica Rocca-Clari — Mont Janus e quella
orientale del Chaberthon (fig. 2 di profili fig. 2 e 3 tav. XII), le
quali sarebbero faglie di assettamento^ dovute al sovraccarico delle
pieghe accavallate e alle falde provenienti da ponente.
Nella concezione di P. Termier, il quale suppone che nella regione
le falde di ricoprimento (nappes) provenissero da levante, con moto
verso ponente, il rovesciamento verso E. della piega anticlinale dei
Tre Re e della sinchinale del Frejus era spiegato come un movimento
di reazione (pii de retour). Gli elementi tettonici di cui ho indicata
l’esistenza ed abbozzati i principali caratteri potranno forse condurre
ad un concepimento alquanto diverso da quello del chiarissimo col-
lega e amico, tanto più quando essi si pongano in armonia col ro-
vesciamento costante degli strati verso est lungo il contrafforte fra
338
S. FRANCHI
Chisone e Dora fino alla media valle del Sangone (Coazze) e più a Sud
dalla valle della Duranza alla pianura del Po.
Certo è difficile il concepire il rovesciamento generale e molto
sentito verso levante di pile di strati larghe 50 o 60 chilometri, come
un semplice fenomeno di reazione o di contraccolpo, susseguente al
movimento di grandi falde, aventi movimento verso ponente. I profili
che si pubblicheranno, a corredo delle carte geologiche al 100.000
delle Alpi occidentali, ci permetteranno di esprimere i nostri concetti
suirimportantissimo argomento.
Conclusione.
I fatti nuovi, ed in parte certo inattesi, dei quali io ho trattato
sommariamente, in ordine alla stratigrafia ed alla tettonica di una
regione fra le più studiate e più facilmente accessibili delle nostri Alpi,
ci mostrano quanto in essa resti ancora a fare, sia per ciò che ri-
guarda lo studio dei fossili, che pazienti ricerche permetteranno di i
rinvenire abbondanti e in parte determinabili, che per la esatta de- j
limitazione fra Retico e Lias, e fra i diversi orizzonti possibili di
quest’ultimo terreno, specialmente nella sinclinale del Chaberton e
nel vallone Rio Secco, nonché per la più rigorosa determinazione delle
importanti accidentalità tettoniche, in armonia colla struttura gene-
rale delle zone alpine aH’interno della zona assiale carbonifera. 1
La scoperta del Retico, orizzonte geognostico interessante ed uti- i
lissimo, ha sempre segnato un importante progresso nella geologia j
delle singole regioni; ed è certo che la determinazione sicura di esso,
con costanza di caratteri, sopra grandi estensioni nell’alta valle di lì
Susa, lungo il contatto fra il Trias superiore ed i calcescisti [fossih- 1-
feri] con 'pietre verdi, sarà considerata quale argomento decisivo, che !
valga a dissipare i dubbi, che qualcuno ancora possa avere, sull’età
secondaria di questa potentissima ed estesissima formazione, costi-
tuente così grande parte delle Alpi piemontesi. l
IL RETICO nell’alta VAL DI SUSA
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE.
Tavola XI.
Fig. A — La Grande Hoche (2759 m.) vista di profilo dalla Boche de la Garde
(2189 m.) in direzione N. O. 0. — Anticlinale di dolomie triasiche rovesciata
sul Eetico e sui calcescisti con Belemnites (Lias a facies piemontese).
Fig. 1 — Porzione del profilo della Grande iloc/ie (ingrandito su quello della fo-
tografìa precedente). 1 e 3 calcescisti con lenti e sottili banchi ondulosi di
calcari cristallini, con Belemnites; 2 calcescisti fìlladici neri; 4 calcescisti e
calcari cristallini con lenti e banchi di brecciole; 5 calcescisti con brecciole
ferruginose; 6 scisti argillosi lucenti giallognoli; 7 scisti sericitici rossi, vio-
lacei e verdi e calcari quarzosi varicolori, con fìlaretti di diaspri metamorfo-
sati, identici a quelli a radiolarie di M. Cruzeau; 8 calcescisti con interca-
lazioni di calcari cristallini punteggiati (crinoidi?); 9 calcescisti ordinari.
Fig. 2 — Profilo presso il Colle della Mulattiera (circa tre chilometri ad Ovest
del precedente). Dp — Dolomia principale; R — Retico; Lp — Lias a facies
piemontese (calcescisti, ivi prevalentemente arenacei).
Fig. 3 — Profdo fra il Yallon des Acles e la Dora presso Beaulard, passante
per Jean Boche (a circa 1250 m. ad occidente di quello della Grande Hoche.
Scala di 1: 66000 circa). Valgono le indicazioni precedenti.
Tavola XII.
Fig. I — Schizzo dimostrativo del gruppo del M Ghaberton — visto da S.S.E.
— D Dolomie del Trias superiore (pr- p. dolomia principale Dp); R — Re
tico con Lias inferiore della sinchinale Clavières — Piano delle Marmotte —
Clos-des-Morts, ecc.; cg — carniole; s — serpentina; db — diabase varioli-
tica laminata, della massa associata a diaspri con radiolarie, attraversata
dalla strada del Monginevro; cs — calcescisti; dt — detrito
Fig. 2 — Profilo dal Gonfine attraverso il Bio secco, il Ghaberton e la Dora
a Fenils (scala di I: 66000 circa), sex — scisti cristallini (Perniano?) con
porfìriti, (in fondo al Sio Secco e nei lembi esotici del Ghaberton); qz —
quarziti ed anageniti dell’Eotrias; ext — calcari cristallini tabulari listati
con lenti di calcari dolomitici (facies locale del Trias medio sotto il Colle
Ghaberton) ; Dp — Dolomia principale ; R — Retico nel Rio Secco, e Re-
tico includente orizzonti del Lias inferiore nella sinclinale Clavières — Clos-
des-Morts; Ld — Lias a facies dauphinois (calcari tabulari bigi leggermente
marnosi con Belemnites ); Lp — Lias a facies piemontese] s — serpentina; cs.
340
S. FRANCHI
— calcescisti; V — lamina (?) di scisti cristallini x^ermiani inclusi nel Lias;
— lamina di dolomie, carniole c gessi inserita fra calcescisti; fj — fa-
glia del Kio Secco, od occidentale, e f^ — faglia orientale del Chaberton;
fr — numerose fratture pseudo-parallele nei calcescisti; mo — morenico.
Fig. 3 — Profilo dal Confine pel Col des Troie Frères mineurs. Bocca CJiarniers,
Croce di 8. Giuseppe e Dèsertes alla Dora (scala di 1: 66000 circa). Servono
le annotazioni precedenti. La faglia orientale fi è rappresentata da una
larga zona di carniole, talora con elementi cristallini e da gessi (g). La
» sincbnale a fondo rialzato retico-basica si mostra flancbeggiata da due anti-
clinali di cui rimangono dei testimoni ai Rochers de Marapa, oltre confine, ed
alla Punta Clotesse. Ai fianchi della Croce Gardiol sono due lamine di do-
lomie, carniole e gessi del Trias, inserite fra calcescisti.
f loll. del R. Com. geoL d’Italia, anno 1910
(S. Franchi) Tav. XI.
Grande Hoche
DANESI - ROMA.
IS^OTIZIE BIBLIOGRAFICHE
OE^OlvOOIO^
PER l’anno 1909 1.
Maury e. — Nouvelles ohservatioiis sur les nappes de la Corse Orientale.
(Compì, rend. Acad. des Se. Tom. CXLVIII, n. 22, pag. 1481-1482). —
Paris, 1909.
Do]Do avere stabilito che i fenomeni di carreggiamento prendono sempre
maggiore estensione e divengono più evidenti nella regione sud della Corsica
orientale, conclude che tutta la parte orientale dell’Isola dove trovansi gli scisti
lustrés è stata ricoperta completamente da due falde almeno, costituite da
granito «schiacciato» al quale sovrastano terreni sedimentari non metamorfici.
Questo granito «schiacciato» si collega alla catena di granito alcalino la-
minato (protogino) che, diretto da N 0 a S E, divide l’Isola infdue regioni
geologicamente e mineralogicamente diverse.
Meli R. — Breve relazione sulla qualità delle roccie incontrate nella perfora-
zione della Galleria di Montorso {Ferrovia direttissima Roma-Napoli)
dalVimbocGO Napoli fino alla progressiva 1380 metri. — Roma, 1909, —
1 opusc. in-8 di 23 pagine.
XeU interesse dell’impresa della parte sud delia galleria di Montorso fra
Piperno e Fondi per la direttissima Roma-Xapoli, l’autore fa l’esame chimico
e petrogTafico dei diversi calcari cretacei attraversati, e dimostra che i mede-
simi sono andati mutandosi chimicamente, mineralogicamente, litologicamente
e fisicamente, perchè sono passati da calcari più o meno magnesiaci a dolomia,
e sopratutto è cambiato il grado di compattezza e di tenacità della roccia.
Alla Memoria sono uniti degli Allegati riferentisi agli esperimenti per la
resistenza, eseguiti dal Eegio Istituto tecnico superiore di Milano e dalla Di-
rezione Generale delle Ferrovie dello Stato.
^ Vi sono comprese anche quelle pubblicazioni che, pur trattando di lo-
calità estere, interessano la geologia d’Italia od hanno rapporto con essa.
8
342
Meli R. — Escursioni geologiche al Vesuvio e nei dintorni di Napoli eseguita
con gli allievi ingegneri della R. Scuola di Applicazione di Roma nelVanno
1909. — Roma, 1909. — 1 opusc. in-16 di 15 pagine.
Descrive sommariamente i terreni dei monti che si vedono percorrendo
in ferrovia la linea Roma-Napoli; quindi le cave di pozzolana situate tra Baia
e B acoli; accenna alla loro natura, alle differenze esistenti tra queste e quelle
romane, nonché alla probabile loro provenienza; descrive inoltre la visita fatta
alla Solfatara di Pozzuoli ed al tempio di Serapide e la gita all’orlo del
cratere vesuviano.
Meli R. — Presentazione di una ippurite rinvenuta nella perforazione di
MonVOrso sotto Sonnino. (Boll. Soc. Geol. Ital. voi. XXVII, fase. 4P,
pag. cxxx-cxxxii). — Roma, 1909.
L’autore presenta un esemplare di Hippurites efr. cornuvaccinum Bronn,
rinvenuto nei calcari traversati dalla galleria di Montorso nei Monti Ausoni,
per la direttissima Roma-Xapoli. Nel fare tale presentazione egli ne fa rile-
vare l’importanza, essendo questo esemplare l’unico finora trovato nell’escava-
zione di detta galleria, il quale stabilisce perciò l’età turoniana dei calcari
in mezzo ai quali fu rinvenuto.
Meli R. — Presentazione di calcari fossiliferi del circondario di Roma. (Boll.
Soc. Geol. Ital., voi. XXVII, fase. 4^, pag. cxxxiii-cxxxiv). —
Roma, 1909.
L’autore presenta due campioni di calcari, facenti parte d’una sua colle-
zione di pietre ornamentali; il primo, proveniente dal Monte di Castel S. Pietro
nei Prenestini, contiene sezioni di Nerinea e di Acteonina ed è perciò riferibile al
Cretaceo medio. Il secondo campione, proveniente dai dintorni del paese di
Licenza (Valle dell’Aniene), contiene una quantità di nummuliti ed è perciò da
riferirsi, secondo l’autore, all’Eocene inferiore.
Meli R. — Sopra un'altra meteorite caduta a SanC Albano in Valdinizza nella
provincia di Pavia. (Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVII, fase. 4°, pagine
cxxxv-cxxxvi). — Roma, 1909.
Tratta di una meteorite, caduta presso Sant’Albano nel territorio di Val-
dinizza, circondario di Varzi, provincia di Pavia, contemporaneamente all’altra
343
meteorite descritta già dall’autore con la Xota: Sopra una meteorite caduta in
Yaldinizza nella provincia di Pavia.
Egli ritiene che le due meteoriti siano frammenti di uno stesso bolide
scoppiato nell’alto dell’atmosfera. Xe consegue quindi che i due frammenti
abbiano lo stesso aspetto esterno e la stessa pasta e struttura interna.
Si tratterebbe di pietra meteorica (aerolite), del tipo sporadosideriie, sotto-
gruppo oligosiderite. Appartiene alle litosideriti di Shepard, è formata cioè di
materiale di aspetto litoide e di aspetto metalhco insieme; varietà pleioUtiche
con materie litoidi prevalenti.
Meli R. — Sulla corrente di lava leucitica (leucitite) di Lunghezza presso
Roma. (Boll. Soc. G^ol. Ita!., voi. XXVII, fase. 3°, pag. 485-488, fase.
4®, pagine 489-490). — Roma, 1909.
Illustra due mierof otografie della lava leucitica della corrente che vedesi a
Lunghezza presso la riva sinistra dell’Aniene, tra le vie Tiburtina e Prenestina
a circa 15 km. ad est di Roma.
Xel fare questa illustrazione l’autore fa osservare che questa colata non
proviene forse dal cratere G-abino come fu supposto dal Ponzi, ma probabil-
mente va ad unirsi alla ingente massa di lava, incontrata più a monte dalla
via Rabicana o Casihna.
Meecalli G. — A proposito dei recenti disastri sismici calabresi. (Rassegna
Nazionale, fase. 1® marzo 1909, opusc. di 8 pag.). — Firenze, 1909.
Meecalli G. — Contributo allo studio del terremoto calabro-messinese del
28 dicembre 1908. (Reale Istituto d’incoraggiamento di Napoli,
serie VII, voi. VII, pag. 46, con 8 tav.). — Napoli, 1909.
L’autore, incaricato dal Presidente della Commissione parlamentare d’in-
chiesta sulle condizioni dei contadini del ^.lezzogiorno, di studiare quale in-
fiuenza possano avere i terremoti, in generale, nel disagio economico in cui si
trovano i centri rurali delle due Calabrie e della Basilicata, visitò a tale scopo
i paesi più colpiti dal disastro del 28 dicembre 1908. Riferisce quindi in questa
memoria le osservazioni fatte e i dati raccolti sulle modalità della scossa,
sui fenomeni precursori e sull’entità dei danni subiti dai vari abitati e sul
numero delle vittime avutesi per ciascun centro. Chiude lo scritto un con-
fronto dell’attuale movimento sismico con i passati terremoti che funestarono
la regione Calabro -Messinese.
344
Mercalli G. — Notizie vesuviane (1906, gennaio-aprile). (Boll. Soc. Sism.
italiana, voi. XIII, n. 4, pag. 193-206). — Modena, 1909.
L’autore dà particolareggiate notizie circa i fenomeni che precedet-
tero immediatamente la grande eruzione vesuviana cominciata il 4 aprile 1906,
cioè sulle manifestazioni di attività date dal vu cane nei mesi dal gennaio al
marzo di quell’anno. Dall’esame dei massimi principali verificatisi in questa
epoca, rileva non solo un crescendo evidente e continuo nell’attività esplo-
siva ed effusiva del magma nei tre mesi che precedettero il parossismo, ma
un fatto ancor più notevole, cioè la persistenza di un efflusso lavico suhter-
minale per oltre 10 mesi, insieme all’attività del magma già effluito e in po-
sizione tanto elevata. Calcola poi il volume delle lave fluite ad un milione e
circa di metri cubi, e riferisce su alcune determinazioni delle temperature
delie lave solidificate, fatte in spaccature dalle quali esciva solo aria caldissima
e che perciò non era possibile scambiare per fumarole, visto che nessuna alte-
razione sensibile si manifestava agli orifizi. Tali temperature trovò variabih
da un massimo di 412° ad un minimo di 162°.
Merlo G. — Circa una nuova ipotesi sopra la origine dei calcoscisH nel-
V I glesiente. (Estr. dalla Rassegna Miner.. voi. XXX, n. 18). — To-
rino 1909.
Eispondendo ad una Nota delTing. Ciampi, dissente da lui su la genesi
dei calcoscisti; egli crede che il fenomeno di mineralizzazione osservato dal
Ciampi, al contatto del calcare metallifero con il granito di Oridda, si debba
interpretare nel senso che al contatto tra la formazione del calcare metalli-
fero, compresi in questa i calcoscisti, e la formazione delle filladi siasi prodotta
una grande rottura che ha favorito l’eruzione della roccia granitica, la quale
ha certamente contribuito ad intensificare il fenomeno di metamorfismo cui
erano già andati soggetti quei banchi di calcare metallifero, che, trovandosi
nella zona di contatto con le filladi, avevano subito una prima trasformazione
strutturale.
Perciò, secondo il modo di vedere dell’autore, il granito di Oridda sarebbe
più recente non solo della formazione calcarea! Cambriano) in genere, ma
anche di quella parte di essa che già era stata laminata e trasformata in
calcoscisto al contatto delle filladi.
Millosevich F. — Appunti di Mineralogia sarda. — Andesina di Monte
Palmas (fra Sassari e Alghero). (Rend. R. Acc. dei Lincei, serie 5^, voi.
XVIII, F sem., fase. ]o pag. 22-25). — Roma, 1909.
345
In questa località, situata su la linea ferroviaria a 13 cliiloinetri da Sas-
sari, v’ è una interessante formazione che si può definire come un conglomerato
poligenico costituito in prevalenza di elementi di origine vulcanica. In esso si
trovano abbondanti cristalli di plagioclasio (andesina) unitamente a lamine
di hiotite che si possono isolare assai facilmente e raccogliere in quantità nella
cunetta della ferrovia che taglia in trincea la collinetta denominata Monte
Palmas.
Di questi cristalli, le cui dimensioni sono ordinariamente di 1 a 2 mm. e
raramente arrivano a 4 mm. o poco più, l’autore fa ia descrizione cristallografica
e presenta i risultati dell’analisi chimica.
Facendo un esame comparativo tra l’andesina di Monte Palmas e quella
deU’Arcuentu, l’autore ha trovato grandissime analogie dal lato cristallografico,
minori invece dal lato chimico.
Millosevich F. — Appunti di mineralogia sarda, — ■ Forme nuove o rare
nella fosgenite di Monteponi. (Rend. Reale Acc. dei Lincei, serie 5^,
voi. XVIII, 2® sem., fase. 4°, pag. 116-119). — Roma, 1909.
L’autore descrive 4 cristalli di fosgenite statigli regalati dal direttore della
Miniera di Monteponi.
Nasini R., Levi M. G. e Ageno F. — Indagini chimico-fisiche e analisi del-
V acqua ferrico-arsenicale di Roncegno. — Relazione (Atti R. Ist. Veneto
Se., Lett. ed Arti. Tomo LXVIII, disp. 10^, pag. 935-970). — Ve-
nezia, 1909.
Premesso un breve esame* delle proprietà fisico-chimiche dell’acqua stessa,
comprendente il peso specifico, le prove crioscopiche, la conducibilità elettrica,
il comportamento relativamente ai fenomeni di Tyndall, alla dialisi e catalisi,
nonché alcune misure sulla sua radioattività, riscontrata invero assai piccola,
si espongono i risultati dell’anahsi qualitativa e quantitativa estese anche ai
fanghi depositati nelle vasche di raccolta.
Le osservazioni sopra esposte portano alla conclusione che l’acqua di Ron-
cegno mantiene il suo posto d’onore tra le acque arsenicali, per la notevole
proporzione di arsenito ed arseniato ferrico acido che contiene.
Altri sah di rame, di nichel, di cobalto e di manganese vi sono contenuti
in quantità non grandi, ma perfettamente dosabili, e le loro proprietà speciali,
terapeutiche, sono state già illustrate da diversi autorevoli osservatori. Oltre
a ciò la natura fortemente ossidante e catalizzatrice dell’acqua di Roncegno,
la sua debole pressione osmotica e la presenza di ferro colloidale, la rende
quasi unica fra quelle arsenicali.
346
Navaj4E0 M. M. S. — 0 recente terreyrmto de Messina. — (Broteria, Serie de
Vulgarizacào se., voi. Ili, fase. Ili, 1909). S. Fiel, Portugal.
Nicolis e. e Maechetti G. — Materiali litoidi di manutenzione stradale
del Veneto. (Giornale di Geologia pratica, anno VII, fase. E e 2°, pa-
gine 8-67) — Catania, 1909.
La memoria è pubblicata dal collaboratore sig. Marchetti, pur essendo
rimasta incompleta per la morte dell’autore cav. E. Nicolis. Trattasi di uno
studio dettagliato dei materiali usati per Tinghiaiamento della rete stradale
del Veneto e del Mantovano, avuto riguardo aUe località dalle quali il mate-
riale stesso viene ricavato, in generale prossime ai tracciati delle singole strade.
Il lavoro è corredato da numerose osservazioni sui caratteri delle roccie
utilizzate (in prevalenza frammenti di trasporto dei fiumi e corsi d’acqua che
solcano la regione) e da quadri sinottici ove sono esposte le cifre relative alla
resistenza allo schiacciamento del materiale in esame, tanto in pezzi che in
polvere, anche dopo Tassorbimento di CO^, al suo peso specifico ed alla sua
composizione litologica .
Novarese V. — Il terremoto del 28 Dicembre in Reggio Calabria e pro-
vincia. (Boll, del R. Coni. geol. d’Italia, serie IV, voi. X, fase. 4
pag. 424-496, con 1 tav.). — Roma 1910.
Il lavoro è diviso in due parti. Nella prima sono riportate le osservazioni
fatte dall’autore nelle numerose località che dovette visitare e precisamente
Reggio Calabria colle sue numerose frazioni, Bagnara, SciUa, Villa S. Giovanni,
Pèllaro, Lazzaro, ecc. notando per ogni luogo i danni e ponendoli in rapporto
colla natura del suolo e le circostanze topografiche.
Nella seconda parte le osservazioni singole sono coordinate in modo da
lumeggiare le circostanze che influiscono sulla gravità dei danni cagionati dal
terremoto, esaminandosi partitamente l’influenza dei fattori fisici quali l’in-
tensità dell’urto sismico, la natura litologica, le condizioni tettoniche e topo-
grafiche, e dei fattori dipendenti dall’opera dell’uomo. Sono enumerati i terreni
divisi nelle due categorie di solidi e pericolosi, descrivendosi partitamente
questi ultimi ed indicando le cause che hanno determinato la costruzione su
di essi della massima parte delle abitazioni in Calabria. Si accenna pure bre-
vemente aH’influenza delle frequenti frane, a quella più di tutte deleteria dei
cattivi sistemi di costruzione consueti nel paese, e degli effetti dei terremoti
anteriori. Emerge dallo studio come un singolare concorso di circostanze fisi-
che, igieniche, economiche e storiche abbia cospirato in Calabria a fissare la
347
sede di numerosi centri abitati precisamente sulle aree di minor resistenza allo
urto sismico e quindi di maggior pericolo, ed a determinare la costruzione col
metodo meno adatto che potesse escogitarsi. Per ciò a parità di urto sismico
gli effetti sono in Calabria più disastrosi che in qualsiasi altro paese.
Sono esaminati in un paragrafo speciale gli effetti del maremoto nelle
spiaggie dello Stretto. In questo le spiagge si formano per l’azione combinata
delle correnti marine fortissime, delle fiumare e delle mareggiate, ma per l’e-
strema ripidità delle sponde sottomarine sono necessariamente instabili e sog-
gette anche in circostanze normali a rapidi mutamenti e sprofondamenti. Il
terremoto e l’onda di maremoto hanno determinato lungo tutta la sponda
una serie di frane sottomarine, a cui sono da attribuirsi la scomparsa improv-
visa di molte parti della spiaggia stessa (Pèllaro, Lazzaro) e l’abbassamento
generale fra Pezzo e Capo dell’ Armi visibile in molti luoghi, e determinato
numericamente dalla hvellazione di precisione.
La tavola annessa alla memoria comprende un abbozzo di carta geogno-
stica del sottosuolo di Peggio ed uno schizzo topografico degli effetti del ma-
remoto suUa spaiggia di Lazzaro.
Novarese V. — Il profilo della Grivola {Alpi Graje). (BoU. del R. Com.
geol. d’Italia, serie IV, voi. X, fase. 4 pag. 497-525, con una tav.).
— Roma 1910.
L’A. descrive minutamente il profilo della giogaja che, partendo dal Gran
Paradiso, passa per la Grivola e finisce a Villeneuve, per giovarsene nella di-
scussione di alcuni problemi di cronologia e tettonica dei terreni alpini.
Dopo aver passati in rassegna i lavori ed interpretazioni di autori pre-^
cedenti, e descritta la serie dei terreni che comprendono la serie mesozoica
con facies piemontese (Trias e Lias), il Carbonifero, e gli gneiss e micascisti
del massiccio del Gran Paradiso di età incerta, l’autore si addentra nel pro-
blema tettonico, dimostrando come dal profilo appaia senza dubbio possibile
una sinchnale di Mesozoico rovesciata verso S. che culmina nella Grivola,
coperta a N. da un’anticlinale detta del Gran Nomenon, pure ribaltata a S.,
costituita da terreni sedimentarii del Carbonifero e da un nucleo eruttivo di
diorite sfenica, localmente laminata. L’autore descrive la continuazione della
anticlinale e della sinclinale ad oriente nella Val di Cogne ed a ponente nella
Val di Ehème e nella Savoia, e si sofferma nella descrizione delle sinclinah
periferiche che accompagnano la sinclinale maggiore, specialmente di quella
della Corta e Valle dell’Inferno fra Grivola e Gran Paradiso.
Da ultimo l’autore discute obbiettivamente le ipotesi delle falde di car-
reggiamento ^atta dal Lugeon e dall’Argand interpretando secondo le loro
348
idee il profilo della Grivola e le regioni adiacenti e rilevando quei fatti e
circostanze che non vanno d’accordo colla teoria 'e che consiglierebbero al-
meno a modificarla.
Obeemayer H. — Les formations glaciaires des Alpes et VJiomme paléoU- I
thique. (L’Anthropologie, t. XX, pag. 497-522, 1909). 1
, L’autore, che nei suoi studi sui Pirenei era pervenuto a dare dell’uomo
paleohtico una cronologia notevolmente diversa da quella già stabilita dal
Penck, trova applicabili anche alle Alpi le sue nuove vedute ; Boule e molti
altri geologi ed archeologi francesi si sono uniti a lui, mentre il Penck continua
a combattere tah opinioni. Attribuisce il Magdaleniano aH’epoca postgla-
ciale dopo lo stadio di Biihl, citando il fatto che presso Gobelsberg ed Aggsbach,
il Magdaleniano tipico sta sotto un potente banco di lòss, fenomeno che si
osserva ancora, secondo Breuil e Schmidt, nella stazione magdaleniana di
Miinzingen, nel Baden; avremmo così, contro le opinioni del Penck, un ÌÒss
post-glaciale. Istituisce quindi il parallelo tra il Solutriano, rAurignachiano, il '
Mousteriano, TAcheuleano ed il Chelleano, con i corrispondenti periodi del-
l’epoca glaciale, basandosi sui particolari fenomeni chmatici che ognuna di
queste fasi presenta in relazione alle caratteristiche della fauna relativa, discu-
tendo infine le varie qualità di manufatti litoidi estratti dai depositi stu-
diati .
Oddo G. — Impiego del minerale di zolfo per la preparazione delV acido
solforico: 2^ relazione a S. E. il Ministro d’ Agricoltura. (Boll. Min.)!
Agr. Ind., Comm., anno Vili, voi. II, serie C, fase. 9, 72 pagine con
3 tavole). — Roma, 1909. t
Questa relazione contiene, oltre aUa parte di indole industriale, due ca-^»
pitoh che rientrano nella presente bibliografia: l’uno suUa «ricchezza del mi- in
nerale di zolfo », e l’altro suUa « struttura del minerale di zolfo e natura dei >
giacimenti solfiferi di Sicilia e del Continente ». Quanto alla ricchezza, l’autore !
conferma quello che ha già dichiarato in precedenti scritti: che essa è notevol-
mente maggiore di quello che generalmente si ritiene. Quanto alla struttura e
natura del minerale l’autore, dall’avere osservato in buona parte del mi-
nerale siciliano una struttura arborescente, è indotto a concludere che cadono
tutte le ipotesi genetiche che ammettono contemporaneità fra matrice e zolfo,
e ad enunciare una sua nuova ipotesi.
349
Oddone E. — Apjìunti fisici per lo studio del terremoto di Sicilia e (^alabria
(addi 28 dicembre 1908). (Ann. Soc. Ing. Archit. Ital., anno XXIV, n. 7,
pag. 217-226, con 1 tav.). — Roma, 1909.
E’ un rapido esame delle manifestazioni sismiche avvenute nella notto
del 28 dicembre 1908, nella zona orientale della Sicilia e nella Calabria ultra,
sulla base delle informazioni raccolte dall’autore nelle località devastate dal
terremoto e dal maremoto. Analizza poi il sismogramma dato dai microsismo-
grafo Vicentini del R. Osservatorio di Messina, rilevando che nessuna scossa
precedette il grande movimento, apportatore di tanti danni anche alla Calabria.
Finalmente entra nella discussione molto ardua della origine da assegnarsi
a questo gTande movimento sismico, cercando poi di precisare, in generale,
quali siano da ritenersi terremoti di origine tettonica e quali di origine vul-
canica, venendo infine al calcolo della profondità dell’ipocentro (circa 9 chilo-
metri) e ad alcune osservazioni sulla direzione ed intensità delle così dette
onde sismiche e sulla influenza di esse sui vari membri di una costruzione.
Oddone E. — Calcolo provvisorio della profondità delV ipocentro del terremoto
calahro-siculo del 28 dicembre 1908. (Rend. R. Acc. dei Lincei, ser. V,
voi. XVIII, fase. 4P, 1^ sem., pag. 186-192). — Roma, 1909.
Applica per la determinazione dell’ipocentro del terremoto calabro -siculo
del 28 dicembre 1908 il metodo nuovamente ideato dal prof. Kovesligethy,
ottenmdo una profondità di 9 chilometri, circa.
Il focolare sismico starebbe quindi immediatamente sotto alla massa
degli scisti cristallini che formano l’ossatura di quelle regioni, od anche negli
scisti stessi, ed il coefficiente di assorbimento calcolato in 0.02, suggerirebbe
l’idea che la crosta terrestre sia colà profondamente disgregata o fratturata.
Omori F. — Preliminary Report on thè Messina-Reggio Earthquake of
Dee. 28, 1908. (Bull, of thè imper. Earthq. Investig. Comm., voi. Ili,
n. 2). — Tokyo, 1909.
Inviato dal suo G-overno su i luoghi colpiti dal disastroso fenomeno,
l’autore riferisce le osservazioni fatte. Calcola l’area nella quale il terre-
moto fu distruttore e quella nella quale fu |soltanto sensibile. Dall’esame
dei danni egli calcola che il terremoto dev’essere stato inferiore a quello
di Mino-Owari del 1891, ed attribuisce il maggior numero fdelle vittime di
Messina alla difettosa costruzione delle case dal punto di vista sismologico.
1
350
Dalla posizione dell’area maggiormente scossa e dalla direzione principale
del moto in località diverse, deduce la posizione approssimativa dell’epicentro;
ed esclusa ogni origine vulcanica del fenomeno, lo attribuisce ad una improv-
visa formazione od estensione di una frattura della crosta terrestre.
L’esame degli effetti del maremoto su le coste dello Stretto fa credere
all’autore che questo abbia avuto un centro differente da quello del terremoto,
e che sia dovuto a variazioni della crosta terrestre sul fondo del mare.
Da ultimo, riportando sopra una carta le aree di 13 violenti terremoti
italiani, l’autore osserva che possono dividersi in tre gruppi, l’uno nell’Abruzzo
Aquilano, l’altro nel Napoletano ed il terzo calabro- siculo, aUineati lungo una
linea parallela alla costa tirrena ed a quella orientale sicula, che da Aquila
attraversa l’Italia meridionale. Secondo l’autore, lo spostamento che s’ è
sempre verificato delle aree di massimo scuotimento, renderebbe sismicamente
più pericolosi i punti della linea sino ad ora lievemente scossi.
Orlando L. — Alcune idee 'pratiche sul recente disastro, (Ann. della Soc.
degli Ing. e Arch. Ital., anno XXIV, n. 3, 1® febbraio 1909).
Trattasi di una lettera al Direttore della Eivista, nella quale l’autore
spiega l’operato della squadra tecnica romana dei volontari, recatasi a Ba-
gnara ed a Scilla dopo il terremoto del dicembre 1908, aggiungendo alcune
considerazioni sull’opportunità e sui modi da adottarsi nelle ricostruzioni.
OsiMO G. — Studio critico sul genere Alveolina d'‘Orh, (Palaeontographia ita-
lica voi. XV, pag. 71-100, con 4 tav.). — • Pisa, 1909.
L’autrice, volendo determinare specificamente numerose Alveoline, conte-
nute, assieme a delle nummuliti, in un calcare eocenico proveniente da Spina di
Potenza, ne fece molte sezioni senza poter giungere ad alcuna determinazione
soddisfacente, tanto che, potendo disporre di abbondante materiale di molte
locahtà, le venne l’idea di procedere ad una revisione di questo genere.
Premesso un riassunto storico dello studio di questi fossili, passa
alla descrizione dei medesimi e conclude che, secondo i criteri da lei seguiti,
si possono distinguere nel genere Alveolina le seguenti forme : A. rotella
(D’Orb.); A. s'phaerica (Fort.); A. S'phaerica (Fort.) var. granum milii Bosc; A.
s'phaerica (Fort.) var. Haueri D’Orb.; A. ovoidea D’Orb.; A. granum festucae Bosc;
A. granum festucae Bosc var. elongata D’Orb.; A. Quoi D'Orb.; A. Morgani
(Douv.); A. hulloides D’Orb.; A. bulloides D’Orb. var. sphaeroidea Cart.; A. bulloi-
des D’Orb. var. sphaeroidea-oblonga (Fort.); A. bulloides D’Orb. var. oblonga n. f.
351
Pacchioni A. e Baha velli G. C. — Norme edilizie per i paesi soggetti a ter-
remoti. — I. Relazione generale. (Ann. Soc. Ing. Archit. ital., anno XXIV,
n. 7, pag. 177-217). — Roma, 1909.
E’ studiato il terremoto negli effetti che produce sulle costruzioni; sono
passati in esame i diversi sistemi di costruzione ed è fatta una minuta ana-
lisi dei medesimi, onde vedere quelli che meglio si adattano alla zona calabro.
sicula, così fortemente colpita dal terremoto del 1908.
AUa memoria è unita un’interessante bibliografìa di edilizia sismica.
Panichi U. ~ Ricerche petro grafiche, chimiche e geologiche sul Monte Fer-
rato (Toscana). (Memorie della Soc. Tose. Se. Nat., voi. XXV, pag. 3-20,
con 1 tav.). — Pisa, 1909.
Il Monte Ferrato è costituito da serpentine, eufotidi e diabasi; abbondano
principalmente la serpentina e l’eufotide.
Dallo studio tectonico della regione da lui fatto, l’autore crede che le
rocce eruttive siano contemporanee agli scisti marnosi ed argillosi (galestri)
che in quella località si presentano spesso intercalati con strati di calcari
marnosi .
Panichi U. — Sulla pirite delV Elba. (Riv. Miner. e Cristall. ital.,
voi. XXXVIII, pag. 12-35, con 1 tav.). — Padova, 1909.
Descritti i giacimenti elbani della pirite, fra cui il più conosciuto è quello
della miniera di Vigneria, ed accennato che la pirite è accompagnata dall’e-
matite, dalla magnetite, dal quarzo, da un pirosseno fìbroso-raggiato, più rara-
mente dall’ortoclase, dalla calcopirite e marmatite, e dal solfato di allumina
e magnesia, l’autore passa alla descrizione cristallografìca.
Il materiale studiato appartiene al Museo mineralogico di Firenze ed in parte
fu raccolto dall’autore: nella Memoria sono indicate le forme dedotte dall’esa-
me di 1267 cristalli, come pure sono indicate le località dove i medesimi fu-
rono raccolti.
Parona C. F. — Relazione sullo studio geologico del Prof. F. Sacco, col ti-
tolo: Il Gruppo della Majella. (Atti R. Acc. delle Se. di Torino, vo-
lume XLIV, disp. 2^ e 3^, 1908-1909, pag. 120-121). — Torino, 1909.
In questa relazione, concludente per la pubblicazione della memoria, è
sommariamente indicato il contenuto di questa.
352
Parona C. F. — La fauna coralligena del Cretaceo dei Monti d'Ocre nell' A-
hruzzo aquilano (con la collaborazione deH’Ing. Dott. C. Creali e del 1
Dott. P. L. Prever). (Mem. per servire alla descrizione della Carta Geo- j
logica d’Italia, voi. V, part. 1^ (1 cartina geologica, 28 tavole e 60 inci- |
sioni nel testo). — Roma, 1909. |
La memoria risulta di tre capitoli: Cenni morfologici e geologici sul gruppo p
del monte d’Ocre (ing. Crema); Caratteri paleontologici degli orizzonti fossiliferi i
del gruppo stesso; Fauna cenomaniana dei calcari di scogliera (spetta al dot- |
tore Prever la descrizione dei f or aminif eri e degli antozoi). |
Nel primo capitolo, esposti i caratteri morfologici del gruppo, che per questo I
riguardo presenta grandi analogie con parecchi altri grappi abruzzesi, FA. lo rico- ^
nosce prevalentemente costituito da formazioni cretacee, con largo sviluppo del- ì
la struttura carsica, e fasciato nelle pendici medie e basse da terreni eocenici, mio- o.
cenici e quaternari, come risulta dalla carta geologica. La serie cretacea consta |
quasi esclusivamente di calcari, a volta dolomitici , con rare intercalazioni di marne j
e breccie, con numerosi affioramenti di bauxite, a parecchi livelli nelle masse ^
riferibili al Cenomaniano (parte alta) ed al Turoniano. L’Eocene ha sviluppo u
limitatissimo, con calcari subcristallini, contenenti una fauna nummulitica, ad
ortofragmine, del Luteziano. Assai più importante ed estesa è la formazione il
miocenica in due livelli ben differenziati: l’inferiore essenzialmente calcareo- li
marnoso, con ricca fauna a foraminiferi (Lepidocyclina), corallari e molluschi; i/
il superiore prevalentemente arenaceo e senza fossili, salvo qualche raro fora- É
minifero. Riguardo al Quaternario della regione, l’ing. Crema non ritiene dimo- 5
strate le traccie glaciali, ed accenna a depositi lacustri ed alla terra rossa, siila,
quale, ed in genere alle argille quaternarie, sono commisti dei materiali spesso \>
vulcanici di trasporto eolico. La tettonica del gruppo non è complicata; l’iin- r
palcatura cretacea, che ne forma la membratura, dalla quale dipende la confi- |
gurazione esterna del rilievo, si può considerare come il residuo di un ellissoide, I
diretto da N 0 a S E- disturbato da un sistema di faglie subparallele all’asse l
suo, con formazione di erte pareti e grandiose gradinate.
Nel capitolo sui caratteri paleontologici degli orizzonti fossiliferi si espon-
gono gli argomenti che confermano il riferimento al Cenomaniano dei calcari a j
Chamacee, proposto nella prima comunicazione sulla fauna di Colle Pagliare; !
si fanno dei confronti specialmente coi giacimenti di Termini-Imerese in Sicilia i
e del Col dei Schiosi nel Veneto, e con dettaglio viene illustrata la serie
cretacea, risconosciuta nei monti d’Ocre, riassunta come segue: |
o
= ^Calcari bianchi ad oi-bitoidi (Pianola) e calcari coreo-chiari compatti, a piccoli gasteropodi
! e foraminiferi (Idalina eLaca;:ina).
2
S
U!
o , Calcari cereo-chiari con ippiiriti {Orhig' ya Beqiiieni) o l)iradioliti.
2 \ Calcari cerei e bianchi c.m Nerinea nchanxiana, Ner. incavata, Glaiiconia JRenauxinna,
p 'i Actaeonella, Chondrodonta Joannae, Monojìlenra Schnarrenbergeri, ecc. Monte Lo
3 \ QuarLora, Munte Cerasetti).
o
C5
O
3
O
Calcari compatti, cerei, con Ellipsactinia, piccole Feqnìeniae e Bhynchonella Cheliissii,
1 e calcari biancastri o giallastri, stratificati o massicci, assai potenti, a Nerinea foro-
1 jntienais, con sviluppo nella R. Coperchi, E.^si inglobano per passaggi laterali ed inter-
calazioni; i calcari bia nchi di scogliera con Orbitolina e ricca fauna di molluschi
casia Stein wanni, Hinieraelites, Caprotina, Nerinea forojnliensis ecc.) e coralli (Possa
i Agnese, Possa Mezza Spada, ecc.); ed i calcari stratificati, con marne variamento co-
\ locate, brecciose, a detriti di riidiste e gasteropodi, con ricca fauna di coralli (Orizzonte
della Fonte Cera&etti e di Possa Mezza Spada).
Chiude il capitolo uno sguardo riassuntivo allo sviluppo dei calcari di scogliera
nel Cretaceo dell’ Appennino ed alla loro successione cronologica, con accenno
anche airUrgoniano a, Toucasia, Matheronia, Bequienia, Ethra, Pachytraga, Of-
fneria eValletia, che erroneamente il Douvilló aggiunge alla serie dei monti
d’Ocre nella sua recensione (Eev. crii, de Paléozool., 1910, pag. 212) del lavoro
in esame.
li capitolo terzo della memoria è riservato alla descrizione ed illustrazione
della fauna cenomaniana, ricca quasi di 300 specie, ripartite fra i foraminiferi (6),
antozoi (134), idrozoi (14), molluschi bivalvi (140), coi caratteristici generi
Toucasia, MaiTieronia, Monopleura, Himeraelites, Polyconites, Gaprotina, ecc., e
univalvi (77), con qualche rara forma inderminata di echinodermi, vermi e
briozoi. Fatta eccezione perle Chamacee, in gran parte corrispondenti a quelle
d. Termini -Imerese illustrato dal Di Stefano, la fauna risulta quasi comple-
tamente di forme nuove.
Pateini P. — Considerazioni geologiche sul lago Gerundo ed osservazioni
sulla temperatura dei fontanili della Gera d^Adda. (Rend. R. Ist. Lomb.
di Se. e Lett., ser. II, voi. XLII, fase. 14°, pag. 579-587). — Milano,
1909.
L’autore descrive questo lago o meglio grande padule, ora ridotto per
colmatura a fertili campi, ed è di parere che anticamente le acque che ali-
mentavano il padule erano fornite dal fiume Adda e non dal Serio. A sostegno
di questo suo parere cita diversi fatti: fra questi sono le osservazioni da
lui eseguite su i fontanili della regione, il livello dei quali si abbassa nei pe-
riodi di magra del fiume; ciò proverebbe, secondo l’autore, che questi fontanili
sono in relazione con un velo acquifero lasciato daU’Adda lungo l’antica zona
del suo percorso, zona che sarebbe appunto quella del lago Gerundo.
354
f
A complemento di questa sua nota, l’autore riporta una serie di osservazioni
su la temperatura dell’acqua di alcun', fontanili spettanti alla zona di acque
risultive della suaccennata plaga, denominata Gera d’Adda, dalle quali egli
crede poter concludere che tanto queste acque sorgive, come quelle risultanti
dalla zona di acque risultive della pianura milanese, sono sensibilmente più
calde d’autunno che di primavera.
Pelloux a. — Spangolite di Arenas e polibasite del Sarrabus in Sardegna,
(Ann. Museo Civico di St. Nat., ser. 3^, voi. IV, pag. 194-200). — Ge-
nova, 1909.
11 calcare metallifero è attraversato in questa miniera da tre filoni, diretti
N-S, quarziferi, mineralizzati con galena e poca cerussa. Uno di essi, il filone
S. Carlo, ha tagliato il giacimento zincifero, che, assieme al carbonato di piombo,
ad una roccia granatifera ed aUa quarzite, costituiscono il tetto del giacimento,
ricoperto da un mantello di scisti siluriani, ed è penetrato nelle quarziti
formando in esse un affioramento nel quale si trovano molti minerali inte-
ressanti e fra questi la spangolite. La polibasite descritta proviene dalle mi-
niere di Tuviois e Serra s’Ilixi nel Sarrabus.
Penck a. et Brùckner Ed. — Les glaciations des Alpes du Sud — Tra-
duction du III® livre de l’ouvrage intitulé Die Alpen in eiszeitalter
fase. VII, 1905 (Bull. Soc. d’Histoire Nat. de Savoie Sèrie T.
XIII) Chambéry, 1909.
Questa traduzione fa seguito ad un’altra già comparsa intitolata «Les
Alpes francaises à l’époque glaciaire » estratta dall’opera « Die Alpen im Eis-
zeitalter » tradotta da Louis Schaudel e riveduta dal Kilian. La parte ora tra-
dotta riguarda l’era glaciale nella valle della Durance, e nelle vaUi minori
delle Alpi Provenzah e Marittime, fra cui le vaUi del Varo, della Linea, dello
Vesubia e della Roja.
Perret F. a. — Preliminary Report on thè Messina Earthquake of De-
cember 28, 1908. (Amer. Journ of Se. Fourth series, voi. XXVII,
Aprii 1909).
L’ autore riporta alcune osservazioni, da lui personalmente fatte sui
luoghi devastati dal terremoto, nei giorni immediatamente susseguenti al di-
sastro ed in special modo relative al ripetersi dei movimenti sismici dopo la
355
grande scossa della notte del 28 dicembre 1908. Esamina poi le traccio lasciate
dal terremoto sugli edifìci della città di Messina, rilevando i difetti di costru-
zione che questi in generale presentavano per il rozzo materiale (ciottoli arro-
tondati) e per la cattiva qualità delle malte impiegate nelle murature. Nella
ricerca delle cause probabili alle quali debbansi attribuire i terremoti calabro-
siculi, inclina per l’opinione del Mercalli, cioè che siano dovuti a movimenti
del magma profondo, appartengano cioè al tipo di quelli dovuti a fenomeni
endovulcanici. In ogni modo, conclude domandandosi se la causa primitiva
di tutti i terremoti tettonici non sia da ricercarsi in una intrusione magmatica,
avuto rigardo al fatto che essi non si verifìcano negli immediati contorni dei
vulcani attivi e si manifestano in prevalenza piuttosto nelle porzioni più pro-
fondamente corrugate della crosta terrestre.
Pepeone e. — Ricerca d'acqua 'potabile nelle Puglie — Relazione al Ministero
di Agricoltura, Ind. e Comm. (Opuscolo di 20 pag.). — Roma, 1909.
Espone i risultati ottenuti nelle trivellazioni eseguite entro l’abitato di
Bari, dove, nonostante le asserzioni dei rabdomanti dei quali si erano giovati
molti comuni di Puglia per le indicazioni delle località ove dovevano esistere
acque utilizzabih, oltrepassati i 100 m. non si trovò che acqua salata. Le
conclusioni alle quali si dovette venire in seguito a questi esperimenti furono
le seguenti: 1° Nelle Murge, nella zona costituita dai calcari, non vi sono
acque salienti; vi si può trovare qualche lama d’acqua a livello del mare. 2® I
limitati lembi di sabbie che sovrastano le argille plioceniche sono impregnati
d’acque che si possono raccogliere con pozzi o con gallerie em ungenti, ma non
; con fori di trivella. 3° L’acqua sotterranea della pianura ai piedi delle Murge è
I salmastra e non saliente; qui i fori di trivella non possono dare buoni risultati.
Neppure i pozzi aperti in tale località hanno mostrato acqua veramente buona.
I 4P I tre centri dai quali oggi si può attingere in quantità acqua potabile in
I Puglia sono l’Ofantino, il pozzo G-uardati e le sorgenti dei dintorni di Taranto.
I
I PiOLTi G. — SulVOncosina di Variney {Valle dAosta). (Reale Acc. delle Se.
; di Torino, voi. XLIV, disp. 14, pag. 743-746). — Torino, 19C 9.
' L’autore ha raccolto in una cava di calcari per inghia iamento, presso
' Variney, un minerale di color verde, che riconobbe, in base ai saggi fìsici e
I chimici, per oncosina. Di esso dà l’analisi che egli ne fece e che corrisponde
alle sole tre fìnora esistenti per l’oncosina.
356
Platania Gaetano. — Effetti magnetici del fulmine sulle lave di Stromboli.
(Rend. e Mem. R. Acc. Se., Lett. ed Arti degli Zelanti, Acireale, serie 3^,
voi. V, 1906-907, pag. 163-168). — Acireale, 1909.
Platania Gaetano. — Su alcuni avanzi di Cervo nei tufi- dell’Etna. (Rend.
e Mem. R. Acc. Se., Lett ed Arti degli Zelanti, Acireale, serie 3^, voi. V,
1906-907, pag. 169-171). — Acireale, 1909.
Platania Giovanni. — ■ 1 fenomeni marittimi che accompagnarono il terre-
moto di Messina del dicembre 1908. (Riv. Geograf. ItaL, annata XVI,
fase. 30, pag. 154-161). — Firenze, 1909.
Dopo aver accennato al fatto che alcune navi al largo e nello Stretto
avvertirono dapprima uno sbalzo e quindi prolungati scuotimenti, e riassunti
i danni verificatisi nei cavi telegrafici, passa a descrivere il fenomeno. Dap-
prima l’acqua si ritirò lasciando scoperto per qualche momento il fondo
marino; poi il mare si gettò su la spiaggia con un’ondata seguita da
altre due o tre meno intense e da oscillazioni durate più ore. L’autore ha
potuto determinare l’altezza dell’onda massima in molte località fra Catania
e Messina, e su un tratto della costa calabra presso Reggio; e riporta i
dati ottenuti assieme a quelli comunicatigli da altri osservatori.
Le osservazioni fatte dall'autore su la direzione dell’onda, indicata dai
danni, dalle interruzioni dei cavi e da qualche altro fenomeno, gli fanno
credere che il focolare sismico possa essere stato nella parte centrale dello
Stretto.
Dairesame poi dei mareogrammi delle stazioni mediterranee, egli ha potuto
rilevare la velocità media effettiva di propagazione.
Platania Giovanni — Il maremoto dello Stretto di Messina del 28 dicerribre
1908. (Boll. Soc. Sismol. ItaL, voi. XIII, n. 7-8, pag. 369-458). — Mo-
dena, 1909.
Dopo aver esposto diffusamente i risultati delle osservazioni fatte e delle I
informazioni attendibili ottenute sul posto, l’autore fa delle considerazioni sul i
maremoto e cioè su l’altezza *del flutto sismico, su la sua velocità e la sua ^
ampiezza; parla poi delle scosse marine e dell’interruzione dei cavi sottomarini. :
Tratta da ultimo la causa del maremoto e, scartata l’ipotesi di un’eruzione
sottomarina, l’autore conclude doversi ritenere che quella causa deve essere ‘
stata lo scuotimento del letto marino, con probabile abbassamento di qual-
che limitata zona di esso.
357
Ponti G. — Il diabase di Paraspora ed i fenomeni di deformazione dei
suoi feldispati (Meni. R. acc. Lincei, Ser. V. voi. VII, p. 620-622 con
una tav.) Roma, 1909.
Si mostra questo diabase nei depositi eocenici nelle Madonie (Sicilia), nel
Monte Scalpello, nei versanti settentrionali delle alture di Paraspora, presso
la sponda destra del Dittamo.
Trovansi sovente in esso dei feldispati alterati.
L’agente di deformazione devesi, secondo l’Autore, attribuire alla pressione
esercitata dalla sostanza (forse augit e basica) che alterandosi si cloritizzava ed
aumentava di volume.
PocTA F. — Opricinach zemetreseni italského. (Hornické a hutnické listy-X,
1909, pag. 22).
L’autore combatte l’argomento fondamentale del Barvir (v. questa Bi-
bliografia) riguardo alla connessione del terremoto e dell’attività vulcanica
con la esistenza di un magma fluido. Egli si accosta invece alla teoria del
Wieckert, che insegna che l’interno del globo terrestre è solido. Anche se la
attività vulcanica e i terremoti fossero tra loro connessi, la prima sarebbe da
considerare come conseguenza degli altri, poiché la lava fluida può fuoriuscire
traversole fessure prodotte dai terremoti, ciò che talvolta accade, talvolta no.
L’autore è assolutamente contrario alle vedute dello Zenger e a quelle
! attuali del Barvir sulla periodicità delle eruzioni vulcaniche e dei terremoti,
! e altresì sulla connessione di questi fenomeni coi disturbi atmosferici e coi
I fatti cosmici. L’autore corrobora le sue vedute con le statistiche delle eruzioni
i e dei terremoti, le quah non dimostrano alcuna periodicità.
I
I
! Ponte G. — Deflazione prodotta dalle sabbie vulcaniche nella Valle del Bove.
(Boll, delle sedute deH’Acc. Gioenia di Se. Nat. in Catania, fase. 5° e 6°,
serie II, pag, 13-15). — Catania, 1909.
i L’autore riporta alcune sue osservazioni circa il levigamento delle lave
j nella Valle del Bove, prodotto dalle sabbie vulcaniche spinte dai venti, ed il
I minore o maggiore grado di arrotondamento dei granuli di sabbia a seconda
i della materia di cui sono costituiti. La faccia levigata delle rocce indica anche
' il vento dominante nella Valle del Bove, che è quello di ponente.
i
I PiUTTi Arnaldo. — UElio nelVaria di Napoli e nel Vesuvio. (Rend. dell’ Acc.
i delle Se. Fisiche e Matematiche, Sez. della Società Reale di Napoli,
9
serie 3^, voi. XV, anno XLVIII, fase. 80-12°, agosto-dicembre 1909). —
Napoli, 1909.
Vento tto anni addietro il prof. Palmieri asserì di avere notato nello
spettro emesso da una sostanza d’incrostazione raccolta in una fumarola pros-*
sima alla bocca del Vesuvio, una linea ben distinta corrispondente aUa D.1
dell’Elio; susseguen temente, nel 1906, E. Nasini ed F. Anderlini, continuando)
tali ricerche, pur non riuscendo ad osservare il detto fenomeno, non esclusero;
la possibile esistenza deH’Elio. Attualmente l’autore, per mezzo di apparecchi
da lui ideati e descritti in dettaglio nella Memoria, analizza alcuni minerali
cristallini e proietti lavici del Vesuvio, esaminandone il grado di radioattività.
Isolata dalla massa la parte più radioattiva, trova che questa è costituita i
da cristalli di zircone, nei quali egli giunge a riscontrare alcune linee caratte- i
ristiche dell’Elio. Confrontando i risultati ottenuti con lo zircone del Vesuvio. ;
con altri di diversa provenienza e di cui riassume le analisi da lui eseguite,) j
istituisce un parallelo fra il diverso tenore in Elio ed i fenomeni di radio- ;
attività presentati dai diversi materiali osservati. 1
PoEENA F. — Lo stretto di Messina ed i suoi terremoti. (Boll. Soc. Africana
d’Italia, anno XXVIII, fase. 3° e 4°). — Napoli 1909.
Nella prima parte di questa conferenza l’autore traccia in breve la storia delle!
origini di Messina e di Reggio come città marinare e commerciali, in rela-
zione alla loro posizione suUo Stretto. Viene quindi a parlare della tettonica!
della regione, ricordando alcuni fra i più notevoli cataclismi del passato e]
fermandosi a parlare dell’ultimo gravissimo terremoto. Infine, esaminando la]|ià
cartina delle isosismiche compilata dal prof. Ricco, conclude non potersi ragio-
nevolmente dubitare che l’ultimo terremoto fu causato da un urto fra le due'l
masse sulle quali sorgono dal mare i Peloritani e l’Aspromonte.
PoRTis A. — A proposito del terremoto del 28 dicembre 1908. Un po'
teoria. (Carità di Patria, numero unico prò Sicilia e Calabria). — Roma.j
1909.
Esposta la teoria secondo la quale avvengono le fratture nella crosta'
terrestre, accenna alle principali fratture longitudinali e trasversali esi-
stenti nella penisola italiana : i terremoti avvengono nelle zone adiacenti a
queste fratture, per lo staccarsi e scivolare lungo le faglie, di falde di roccia, le 4
quah anche per la corsa verticale, di un solo millimetro, date le masse consi-
derevoli, daranno luogo ad urti contro la massa sottostante, funzionalmente
1
359
rigida ed impenetrabile; urti che si trasmetteranno tangenzialmente alle rocce
circostanti e alle sovraincombenti ad esse, con vibrazioni che si estenderanno
fino ad emergere a distanze più o meno grandi fino alla superficie.
L’autore ritiene che il terremoto dello Stretto di Messina sia appunto di
questa specie, ossia tettonico, e perciò che nulla abbia a che fare con il
vulcanismo ,
PoRTis A. — Avanzi di canidi fossili d,ai terreni sedimento-tufacei di ìioma.
(Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVIII, fase. pag. 203-243, con 2 tav.).
— Roma, 1909.
La maggior parte di questa memoria è consacrata allo studio di avanzi
di canidi provenienti dai terreni tufacei sedimentari dei dintorni di Eoma.
L’autore mette in evidenza sovrattutto tre specie: una di lupo, una di scia-
callo ed una di volpe.
PoETis A. — Sei frammeìiti di critica geologica pratica o teoretica editi ed ine-
diti, occasionati dal terremoto calabro-siculo del 28 dicembre 1908. (Fase,
di 79 pag.). — Roma, 1909.
In sei articoli, scritti in epoche diverse dopo il grande terremoto calabro-
siculo, l’autore espone considerazioni teoriche sul fenomeno, e pratiche intorno
all’ edilizia in rapporto ad esso.
Peevek P. L. — Le formazioni ad orhitoidi di Rosignano Piemonte e din-
torni. (Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVIII, fase. R, pag. 144-155). —
Roma, 1909.
L’autore illustra i materiali calcarei biancastri, farinosi, più o meno
i compatti e facilmente disgregabili dagli agenti atmosferici, che trovansi in-
tercalati in straterelli nelle marne formanti colline non molto elevate dal
sistema Torino- Valenza, un po’ a sud-ovest di Casale Monferrato. Detti cal-
! cari sono costituiti da un impasto di fossili, tra cui numerosi hthotamnii,
; abbondantissime lepidocichne e rare miogipsine; dalla distribuzione dei
residui degli straterelli calcarei che ricoprono specialmente la sommità di
, molti dossi collinosi è facile immaginare che una volta essi ricoprissero, a
guisa di vastissimo mantello, tutta la regione. Tutta questa formazione, rite-
nuta miocenica, confina ad occidente con terreni più vecchi, e specialmente
poi a nord, per una faglia diretta da ovest ad est a partire dalla Stura, tro-
I
360
vasi a contatto con una formazione marnoso-arenaceo -calcarea, potente, dal
Sacco e dal D’ Alessandri indicata col nome di Lignriano e riferibile al-
TEocene inferiore e medio: in detta formazione trovasi qualche strato di cal-
care arenaceo nummulitico.
Di questi strati l’autore studia i fossili, dando l’elenco delle principali
specie di mummuliti, di orbitoidi, di lepidocicline e miogipsine ivi rintracciate.
Peever P. L. — Coralli giurassici del Gran Sasso d'Italia (Atti R. Acc.
delle Se. di Torino, voi. XLIV, disp, 15, pag. 986-1001, con 1 tav.)
Torino, 1909.
La nota enumera 22 forme di Coralli titoniani raccolti dal prof. Sacco e
dal signor Cassetti in cinque località nelle pendici del Gran Sasso d’Italia, fra
cui le nuove forme Amphiastracea Saceoi, Cryptocoenia Cassetta, Phyllastraea.
Aprutina e Diplarea Isseli.
Preziotti L. — Le acque sotterranee della parte nordica della valle Folignate
in rapporto alV irrigazione. (Giorn. di Geol. Pratica, anno VII, fase. 3®
e 4P, pag. 69-132, con 1 tav.). — Catania, 1909.
Premessa una breve descrizione generale della località in esame, l’autore
passa ad indagare le caratteristiche particolari dell’acqua ed il regime delle
variazioni periodiche nei vari pozzi esistenti, dividendoli in : pozzi comuni (con
acqua ferruginosa o non), pozzi artesiani (con acqua ferruginosa, con acqua
sulfurea e con acqua di tipo carsico) e finalmente pozzi assorbenti. Alla stessa
maniera prosegue con l’esposizione delle indagini fatte per le polle d’acqua
della contrada, per le acque freatiche ed artesiane, completando la Memoria
con alcuni capitoli sulla qualità delle acque sotterranee in rapporto all’igiene
e sui metodi da lui impiegati per l’analisi microchimica. Conclude riportando
in sunto alcuni dati economici sul modo più opportuno di risolvere il pro-
blema dell’irrigazione nella parte nord della Valle Folignate.
Priehaussee M. — Die Nickelmagnetkieslagerstàtten von V ar allo- Sesia,
Prov. Novara. (Zeitschrift fùr praktische Geologie XVII Jahrg.,
Heft 3). — Berlin, 1909.
Nella prima parte della Memoria, l’autore riporta e discute le difterenti opi-
nioni dei principali geologi sui depositi nicheliferi in generale. Descrive poi la
geologia dei dintorni di Varallo, compresi nella così detta Zona d' Ivrea, fra
361
Ivrea e Locamo sul Lago Maggiore, per una lunghezza di 02 miglia elica, c
giacenti fra lo gneiss di Strona a sud-est e gli gneiss della Sesia a nord-ovest.
Quegli gneiss, mostrando i caratteri del metamorfismo di contatto, deb-
bono, secondo l’autore, classificarsi fra gli scisti d’iniezione, mentre gli gneiss
della Sesia hanno più il carattere del granito centrale (protogino). I membri
della zona d’ Ivrea vanno dalle noriti, relativamente ricche in silice, alle x>erido-
titi basiche, le quah in particolare sono, nei dintorni dì Varallo, associate ai de-
positi metalliferi e passano frequentemente al gabbro ad orneblenda. Il numero
degli ammassi di minerali solforati, sparsi fra Ivrea ed il Lago Maggiore, è con-
s derevolissimo, ma pochi di essi hanno offerto un vero profitto industriale;
quelli sfruttabili sono stati trovati nei dintorni di V^arallo. Variabili sono i tipi
di minerale nichelifero, sebbene questo si presenti sotto identiche condizioni
di giacitura; molti sono ricchissimi di pirite magnetica nichelifera ad alto
tenore di cobalto, in altri il cobalto è appena rappresentato, in altri, infine,
predomina la calcopirite.
Descrive poi l’autore i depositi di Cevia o Laghetto, di Sellabassa, di La
Balma, di Val di Mengo e di Fei, nei quali soltanto furono aperte lavorazioni
anche oggi in qualche modo accessibili. Il lungo periodo di abbandono di
queste miniere costituisce una notevole difficoltà per l’investigatore, avuto
riguardo alla tendenza dei minerali solfurati a decomporsi sotto l’azione degli
agenti atmosferici. Talché non è possibile, secondo l’autore stesso, avere una
sufficiente base per estendere anche alla genesi di questi giacimenti la teoria
della differenziazione magmatica, come per i depositi congeneri del Canada,
della Norvegia, dell’Erzgebirge e della Foresta Nera.
Principi P. — Materiali da costruzione deir Umbria. (Giorn. di Geologia Pra-
tica, anno VII, fase. V, pag. 139-200). — Catania, 1909.
Nelle considerazioni generai della sua Memoria, l’autore nota come ad
esclusione della parte presso Orvieto, nella quale si estendono le manifesta-
zioni vulcaniche della Campagna romana, l’Umbria offra notevole unità di
tipo geologico. Trovansi infatti in essa masse di calcari mesozoici, immerse in
grandi estensioni di svariate zone del terziario più antico, unitamente ad
argille, conglomerati pliocenici e quaternari e travertini.
I calcari adoperati come pietra da ornamento (Giura-lias) sono: il man-
j dorlato, la pietra patombina, il marmarone e la pietra corniola, suscettibile di
1 bella pulimentazione. Alcune qualità di calcari cretacei, detti rosati, compatti
I ed uniformi, possono essere adoperati come pietra litografica (M. Subasio presso
I Spello). I materiali da costruzione abbondano nell’Eocene, e tra questi è da ri-
cordare specialmente il calcare alberese : nel Quaternario i travertini costi-
362
tiiiscono una eccellente pietra di resistenza notevole. Andre i basalti ed i
tufi costituiscono buoni materiali da costruzione e da taglio.
Di tutti questi materiali, dopo averne descritti i principali caratteri lito-
logici e geologici, sono forniti i dati tecnici caratteristici per giudicare dell’op-
portunità del loro impiego, cioè : peso specifico, coefficiente d’imbibizione e gra-
do di compattezza.
Principi P. — Contributo allo studio dei radiolari miocenici italiani. (Boll,
della Soc. Geol. Ital., voi. XXVIII, fase. P, pag. 1-22, con 1 tav.).
— Roma, 1909.
L’autore descrive 107 specie di Radiolari trovate nella località Quattro
Castella pressò Reggio Emilia, e delle quali 66 sono nuove. Seguendo la clas-
sificazione dello Haeckel, fon data su criteri esclusivamente geometrici, la più
piccola variazione determinò, per necessità, l’istituzione di una nuova specie,
ed anche fu giocoforza istituire due generi nuovi, riferentisi ambedue ai Gyr-
toidea, Sijringium e Stylocapsa .
Principi P. — Osservazioni geologiche sid Monte Subasio. (Boll. Soc. Geol.
Ital., voi. XXVIII, fase. 2°, pag. 254-268). — Roma, 1909.
Le formazioni del monte Subasio comprendono tutta la serie dei terreni
che dall’ Eocene vanno sino al Lias inferiore, essendo più ampiamente rappre-
sentati quelli del Cretaceo, che giungono sino alla sommità, mentre quelli del
Giura e del Lias compaiono in sottili lembi lungo la parte occidentale del
monte. L’autore descrive in dettaglio i singoli orizzonti: il Sinemuriano, il Lias
medio, il Toarciano, V Aleniano, il Giura inferiore, VOxford-lcimmeridgiano, il Ti-
toniano, Vlnfr acretaceo, V Abbiano, il Cenomaniano, il Turoniano, il Senoniano e
l’Eocene, dando ancora l’elenco dei fossili in ciascuno di essi rintracciati.
La Memoria si chiude con un quadro dei terreni costituenti il gruppo meso-
zoico del Subasio, e con alcune considerazioni sommarie sulla tettonica della
regione.
Principi P. — Gli strati a Posidonomya alpina nel AI. Tezio presso Perugia.
(Atti della R. Accademia, dei Lincei, voi. XVIII, fase. 11°, R sem.,
pag. 605-607). — Roma,1909.
Riferisce l'A. che in una escursione nel monte Tezio, percorrendo le falde
meridionali di monte Tezino, presso il podere Romitorio, nella zona da lui
indicata come titonica in una carta precedentemente pubblicata, e nella
parte più bassa degli scisti ad Aptici rinvenne varii frammenti ben conservati
di Posidonomya alpina. Questi strati, secondo il Bottoni, stanno a rappresen-
tare, nella provincia di Brescia, il Calloviano, od almeno la parte superiore
del Dogger, mentre appare poi evidente che anche qui detti strati si trovano
al disotto degli strati ad Aptioi che succedono ad essi con insensibile, gra-
duale passaggio. Kiporta quindi la serie stratigrafìca della località esaminata,
confrontandola con l’altra serie rilevata dal Bottoni nei dintorni di Brescia,
e deducendone la perfetta corrispondenza nella successione. Conclude che il
calcare grigiastro superiore agli strati ad Aptici, che fa graduale passaggio
alla maiolica dell’Infracretaceo o Neocomiano, sta a rappresentare il Titonico.
Repossi e. — Gli scisti bituminosi di Besano in Lombardia. (Rend. R. Acc.
dei Lincei, serie 5^, voi. XVIII, fase. 4°, R sem., pag. 197-201). Roma,
1909. — (Atti Soc. It. di Se. Nat., voi. XLVIII, fase. R). Milano,
1909.
I lavori per l’esplorazione di questi scisti, in passato interrotti a pa-
recchie riprese, sono ora diretti a studiarne l’estensione entro il territorio
svizzero, nei dintorni di Meride (Canton Ticino). 11 giacimento forma una
grande curva, che si estende da nord ad est attraverso la frontiera, da Besano
a Monte S. Giorgio, e quindi da sud verso est per la Valle Mendrisio. Gli
scisti di Besano sono stati ritenuti appartenenti aH’epoca del S. Cassiano, cioè
alla parte più alta del Trias medio od alla più bassa del Trias superiore, ma
l’autore concorda col Tarameli! nel considerarli esattamente equivalenti agli
scisti di Raibl.
La parte industrialmente utile è costituita da un’alternanza di venti pic-
cole strisele bituminose di 8-10 centimetri di spessore, per una potenza in
complesso ragguagliabile a poco più di sei metri, compresi alcuni straterelli di
calcare povero in magnesia. I fossili trovansi per lo più nelle parti bituminose:
i resti di pesci e rettili negli scisti più ricchi, mentre i molluschi (bivalvi ed
ammoniti) si mostrano a profusione negli straterelli di calcare intercalati.
Ciò dimostra che probabilmente il bitume di Besano è derivato dalla putre-
fazione delle spoglie dei pesci e dei sauriani. Gli scisti sottoposti a distillazione
secca, oltre a prodotti vari, come idrocarburi gassosi, acque ammonia-
cali, idrogeno solforato, ecc., danno un olio nero, denso, di odore sgradevole,
I contenente 5 % di solfo e 6<^/o circa di azoto, percentuali superiori a quelle
I trovate nella generalità dei bitumi ed olì naturali, e che l’autore attribuisce
j al fatto dell’essersi, il bitume di Besano, formato in situ, mentre molti degli
idrocarburi di altre località sono stati prima sottoposti ad una preventiva di-
364
stillazione che li avrebbe spogliati dei loro componenti originali. Detti scisti |
sono quindi comparabili a quelli della formazione retica di Seefeld nel Tirolo. |
utilizzati alla preparazione di prodotti farmaceutici analoghi a. quelli che si !p
ottengono dagli scisti di Besano.
r
Rethly a. — ■ Az. 1908 évi december hó 28-i délolaszorzdgi katasztró- •
fardi (Budapest) 1909. |
Ricciardi L. — L'attuale eruzione dell'Etna e il terremoto del 28 decembre k
1908 (11 Giorno, 13-14 aprile 1909). Napoli, 1909. I
Richiesto l’autore se possa esservi relazione tra l'eruzione dell’Etna e L
l’immane disastro calabro- siculo del 28 dicembre 1908, egli rispose afferma- h
tivamente, esternando altresì la convinzione che il disastro stesso debba at-
buirsi ad una eruzione sottomarina, come lo comprovano vari caratteristici r.
fatti che accompagnarono il cataclisma, quali sbuffi di gas e sollevamento di il
masse d’acqua nello Stretto qualche giorno prima dell’orrenda notte; la luce i*
abbagliante vista a Patti, Riposto, Messina e Reggio alle ore 5. 20, ossia h
nel momento fatale; l’acqua calda che investì i soldati d’artiglieria nelle ma- (
cerie del quartiere S. Salvatore nella cittadella di Messina, lo sviluppo di |i
acido solfìdrico dalle fratture di Messina e di Reggio, l’acqua del mare an- ji
cor tiepida nel porto di Messina dopo le ore 8 del memorabile giorno, ecc. j'
L’Autore esclude in via assoluta che il cataclisma debba riferirsi a fe- ^
nomeno tectonico o di assestamento, sebbene altri sostenga questa
ipotesi, e conclude esternando il convincimento che, ad eccezione di
poche altre scosse che potranno verifìcarsi nei dintorni di Messina e di Reggio,
la continuazione dell’eruzione dell’Etna segnerà la fìne del tragico avveni- l
mento: soggiungendo che avendo ormai il magma lavico ritrovato l’antico |
canale del Mongibello, il dinamismo endogeno fìnirà di tormentare quella ;
regione e che Catania sarà certamente risparmiata.
Ricco A. — Terremoto del Messinese e della Calabria del 28 dicembre 1908
(Boll. Acc. Gioenia, ser. II, fase. 6o). Catania, 1909. I
Raccogliendo gli elementi di alcune osservazioni dirette e di altre comu- j
nicategh, in totale per 170 località delle regioni colpite dal terremoto, l’au- i
tore ha tracciato le linee sismiche che presentano forme molto prossime ad j
ellissi, con centro comune in prossimità dello Strétto, ma più verso la Ca- j
labria che la Sicilia. Le principali isosismiche starebbero a rappresentare il !
collegamento dei punti interessati da scosse di X, IX ed Vili grado. Ri- !
porta poi notizie sul maremoto, che seguì immediatamente la scossa del 28
dicembre, iniziandosi col ritiro del mare, il quale ritornò poi subito contro la
spiaggia con ondata di 4 m. di altezza per la costa sicula e maggiore per la
Calabria. Il moto ondoso si propagò poi fino a Gerace, Termini Imerese e Si-
racusa. Comunica infine i risultati della visita da lui fatta ad un preteso cra-
tere che sarebbe apparso presso Palmi, dopo il terremoto, riferendo trattarsi
di una antica grotta scavata nello gneiss, nella quale si notavano : una tem-
peratura superiore di 5° soltanto a quella esterna, ed alcune emanazioni di
aria calda e vapore acqueo, provenienti forse da qualche spaccatura con la
quale la grotta venne in comunicazione per effetto del movimento sismico.
Ricco A. — Eruzione etnea del 28 aprile 1908 (Boll. Acc. Gioenia
serie II, fase. 5° e 6^ pag. II e 12). Catania, 1909.
Da una osservazione fatta, avendo rilevato che Fincollatura di Serra
Giannicola, ove trovasi la più settentrionale delle bocche esplosive, è all’alti-
tudine di m. 2345, che la bocca dalla quale è uscita la lava della colata me-
ridionale è all’altitudine di m. 2275, cioè che il dislivello fra le due bocche è di
m. 70 e la distanza sul pendio uniforme è di m. 200, esprime il dubbio che
vi possa essere una frattura sotterranea ed una specie di galleria per quale
le due bocche comunicano. Cita altri esempi di fenomeni similari che si ve-
rificano tanto per l’Etna quanto abitualmente per lo Stromboli.
Ricco A. — Il terremoto e maremoto del 28 dicembre 1908. Nota 2^ (Boll.
Acc. Gioenia fase. 7° e 8°, marzo-maggio 1909, pagine 10-17). Cata-
nia, 1909.
Constata, l’autore, che i danni prodotti dal terremoto crescono rapidamente
da Catania a Messina e quindi accennano a diminuire, irregolarmente,
da Messina al Faro. Egli osserva ancora che essi sono maggiori, data una
eguale distanza da Messina, in questa ultima direzione che non nella prima,
e che in generale le alture per la loro posizione e per il genere degli edifizi
hanno sofferto di più che non le corrispondenti località alla marina. In Ca-
labria i maggiori danni sarebbero a Cannitello. E’ degno di nota il fatto che,
col tempo, le lesioni si aggravano, e ciò viene attribuito tanto alle frequenti
scosse come alle intemperie invernali ; a Messina è evidente il continuo ab-
bassarsi del terreno di trasporto sul quale poggia l’abitato, posato a sua volta
sul ripidissimo pendio della spiaggia. In quanto alle repliche del fenomeno
sismico l’autore trova che è verificata la formula generale data dal prof. Omori
cioè che: tempo X frequenza = costante. Cita le osservazioni fatte sullo stesso
366
fenomeno dal prof. Martinelli, notando specialmente la constatazione di due |
massimi secondari in Sicilia; uno a Raddusa (Vili grado) l’altro a Me- i
lidi (VII ed VII) grado), il primo dipendente della presenza di grandi fratture J
I*
apertesi nel suolo. Due analoghi massimi egli ricorda aver constatati nel ter- if
II
remoto del 1894, però l’uno con centro a Mineo (spostato cioè alquanto a SE.
dell’attuale di Raddusa), l’altro con centro sempre a Melilli. Conc ude che ji
in questi due terremoti vi fu risveglio di noti ed antichi focolari sismici o più |
probabilmente il movimento fu più intenso nelle regioni già prima scosse, e é
quindi meno resistenti. Esamina poi il fenomeno del maremoto, deducendo, |
dopo un calcolo approssimato del volume che l’onda dovette avere sulle coste i
dello Stretto, non essere ammissibile nè l’innalzamento nè l’abbassamento del !•
fondo, e promettendo di discutere in seguito altre ipotesi sull’origine deU’oscil- }•!
lazione violenta del mare. K
1
Roccati a. — Il supposto Porfido rosso della Rocca delVAlisso {Alpi j|i
Marittime) (Atti R. Acc. delle Se. di Torino, voi. XLIV, disp. 14
pag. 773-790, con 1 tav.). Torino, 1909. j*
L’autore esamina prima i vari rilievi fatti da precedenti studiosi sulle forma- y
zioni di questa contrada, nei quali alcuni avrebbero segnalata, all’ Abisso, lapre- |
senza di porfidi rossi, altri, fra i quali il Sacco ed^il Franchi, non ne avrebbero tro- If
vata traccia convincendosi della non esistenza di dette roccie. Egli trova poi una )
roccia rossa, compresa tra le an ageniti che costituiscono la sommità della Rocca k
dell’Abisso e gli gneiss che ne formano i due versanti, ma tale roccia, afferma, \
non corrisponde a porfido. Essa è rosso -violacea con sfumature di varia in- i
tensità, che qualche volta si trasformano in macchie verdastre, chiare ; è di 1
due tipi, cioè: compatta e sehistosa per effetto di fenomeni di laminazione.
La varietà compatta, più abbondantemente sviluppata, è durissima, fi- i
namente granulare e talora quasi afanitica senza accenno a scistosità, per ■
quanto talvolta tenda a dividersi in lastre parallele al piano di stratificazione. -
e non ha sempre l’aspetto porfirico mancando i granuli macroscopici dissemi- i
nati nella pasta, ma ricorda, eccezione fatta pel colore, certe arenarie od '
anageniti a grana finissima che s’incontrano nella formazione anagenitico-sci-
stosa del bacino del Monte Bego. Ritiene quindi che non sia da considerarsi ,
di origine endogena ma appartenente alle roccie clastiche, che nella zona delle j
Alpi Marittime raggiungono la potenza di circa 1000 m. i
!
La roccia dell’ Abisso dovette formarsi nel mare che alla fine del Permiano j
ed al principio del Trias occupava gran parte della regione lasciando emer- j
gere il massiccio gneissico dell’ Argenterà. Sembra che i componenti di questa 1
roccia non siano stati soggetti ad una fluitazione prolungata, ma si siano |
depositati in vicinanza del luogo di origine. '
Rovereto G. — La zona di rico'primenio del Savonese e la questione dei
calcescisti. (Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXV^III, fase. pag. 389-41S,
con 2 tav.). Roma, 1909.
L’autore si propone di trattare in questa Memoria principalmente la que-
stione dei rapporti dei calcescisti e delle pietre verdi con le masse dolomitiche
triassiche, degli gneiss con gli scisti permo- carboniferi e col granito. Il terri-
torio illustrato, compreso nella tavoletta di « Altare », fu già esplorato dagli
ingegneri Zaccagna e Franchi, e di questi due operatori riporta le opinioni
sulla questione dell’orizzonte al quale sarebbero da riferirsi ^^i calcescisti che
egli trova, in tutta la parte orientale del massiccio, sottoposti ai calcari do-
lomitici, concludendo che per poterli ritenere più recenti del Trias inferiore,
« bisognerebbe ricorrere ad una ricostruzione a base di falde e di andamenti
lenticolari ». Studiando poi la serie dei terreni della tavoletta di Altare, esa-
mina dapprima le roccie sedimentarie, gneiss tipici associati a micascisti, in
alto a contatto con gli scisti del Carbonifero ; l’insieme di queste roccie for-
merebbe un solo complesso discordante con tutte le altre formazioni comprese
quelle ascritte al Carbonifero, che egli in particolare ritiene precarbonifere.
Succedono poi gli scisti plumbei, sericitici, irregolari, ritenuti da lui carboni-
feri, per il fatto che lungo il confine orientale del massiccio, sono intercalati
in discordanza fra gli gneiss e gli scisti sericitici del Permiano e starebbero a
sostituire le filladi sericitiche e le roccie conglomeratiche con antracite della
valle delle Bormide. In quanto alle quarziti, alcune triassiche per la loro posi-
zione, altre di età incerta, contornano il massiccio granitico ; le ritiene do-
vuta all’eruzione granitica e quindi pernio -carbonifere. Descrive poi tre specie
di calcari appartenenti al Trias medio ed al superiore : gli scisti rasati va-
ricolori, stanno sopra ai calcari dolomitici del Trias medio ed a nord della
cartina si osservano i calcescisti ehe sembrano superiori agli scisti varicolori.
Essi sono certamente superiori ai calcari dolomitici del Trias medio e possono
rappresentare una serie comprensiva mesozoica. In ultimo trovansi i conglo-
merati ed i sabbioni oligocenici formanti un mantello che nasconde alla vista i
terreni anteriori. Espone quindi la serie delle roccie eruttive di questa regione,
cioè : graniti, eiifotidi, serpentine ed anfiboliti, descrivendone le caratteristiche
morfologiche e le particolari differenziazioni in ordine cronologico.
Riporta i risultati dei rilevamenti eseguiti nei dintorni delle stazioni fer-
roviarie del Santuario e della Sella sulla linea Savona- San Giuseppe e dell’a-
bitato di Ellera nella valle Sansobbia, discutendo le relazioni tettoniche delle
varie formazioni esaminate. In ultimo tratta diffusamente della questione dei
I calcescisti studiata in Liguria, esprimendo due possibili ipotesi ; o la regione
368
ha subito un corrugamento anteriore a quello del Terziario, con pieghe già
smantellate quando si depositò l’Eocene per cui questo occuperebbe l’area del
calcescisto asportato ; o si tratta di una o più nappes con il susseguente sti-
ramento e andamento lenticolare. Discute dette ipotesi senza però concludere
per la maggiore probabilità dell’una o dell’altra.
Rubin de Cervin. — Escursione ad Asmara e a Keren. Miniera di Medrisien
(Boll. Soc. Geograf. Ital., ser. IV, voi. X, n. 10, pag. 1181-1184).
Roma, 1909.
Descritte le principali località attraversate, specialmente dal punto di vista
agricolo, dà alcuni brevi cenni sulla importanza deUa miniera di Medrisien
che ritiene atta ad essere economicamente sfruttabile specialmente allorché
sarà completata la ferrovia dell’ Asmara, e di conseguenza sarà possibile con-
tare su di una maggiore offerta di mano d’opera indigena, che ora trova migbore
impiego nei lavori della ferrovia in costruzione.
Sabatini V. — Contribuzione allo studio dei terremoti calabresi (Boll.
R. Com. Geol. Ital., voi. XL, fase. 3®, pag. 235-345). Roma 1909.
In un primo paragrafo l’autore studia le condizioni del suolo calabrese. Xel de-
scriverne sommariamente le rocce insiste sulle loro condizioni d’alterazione e di
resistenza. Le rocce cristalline sono spesso alterate in sabbie che sembrano
rimaneggiate mentre sono in sito. Da esse è assai difficile ricavare un campione.
Nelle condizioni di clima e di latitudine l’autore trova la ragione di una così
inoltrata alterazione. Anche le arenarie subiscono un tale disfacimento, ma
più spesso avviene in esse una fr tturazione in prismi o in blocchi. E’ quanto
si vede sotto Carignana, Sant’Agata di Bianco, Caraffa, Bruzzano, Brancaleoiie
Superiore ecc. L’erosione in queste arenarie produce begli esempi di roccia a
grappoli (Gorio di Boghedi) e di blocchi perticati (idem) dalTautore figurati. L’in-
stabilità di terreni come i precedenti è pericolosissima, risultando essi da
manti di rocce detritiche o sabbiose di poco spessore su terreni resistenti come
le argille. Passando a parlare di queste, l’autore insiste sul fenomeno di frana
che descrive nelle cause e negli effetti con esempi numerosi tolti dalla Cala-
bria, dalla Basilicata e dal Chietino. Le rocce dure non fratturate son poche
in Calabria. La resistenza delle rocce dure è messa in evidenza a Gerace Sup.,
a Bova Sup. ecc. L’autore stabilisce un rapporto tra frane e terremoto. Con ci-
tazioni di terremoti precedenti e con fatti verificatisi nel terremoto del 1908
mostra che nei grandi sismi il fenomeno di frana è costante. 0 la frana esiste
e il terremoto può aggravarla, o è preparata e può produrla. Anche il caso
309
inverso può verificarsi di terremoti prodotti da grandi franamenti, per quanto
il fenomeno sismico in tal caso sia limitato. L’autore propone di curare il ter-
remoto, per quanto si può, curando le frane.
In un 20 paragrafo parla dell’ influenza dei forti 'pendìi citando esem-
pi numerosi. Nel paragrafo terzo paria delle fratture e franamenti da lui con-
statati nel terremoto del 1908, ad Africo, Roccaforte, Bruzzano, Casignana e
dintorni, Pardesca, Gerace, Mammola, Piatì, S. Giovanni, S. Ilario, Staiti,
Pellaro, Lazzaro, Messina. Conchiude che presso il mare si ebbe sommersione
per rassetto, erosione, scoscendimenti di sponda e scorrimento.
Un altro paragrafo riferisce le informazioni sismiche da lui raccolte con
discussione sommaria. Nel paragrafo quinto si parla del maremoto, il quale è
un movimento di massa che si propaga fino al fondo del mare e che avanza len-
tamente(onde era possibile salvarsi), senza cavalloni nè spuma, con larghe ondu-
lazioni, con fronte a declivio insensibile che si accentua al diminuire della pro-
fondità. Non si deve quindi confondere la velocità del maremoto con le vibrazio-
ni trasmesse dal fondo del mare alla sua massa che (con o senza maremoto)
hanno una velocità considerevole (parecchi Km. a P). Le altezze massime
constatate sono circa m. 6. 50 presso Letoianni in Sicilia, 5-6 m. a Giardini, e
in Calabria circa 10 m. a Pellaro. Dislivelli di 6m. si ebbero a 500 metri di
distanza.
Il paragrafo seguente è sulle condizioni edilizie, cattive o pessime do-
vunque. L’autore tenta una valutazione dei danni materiali in alcune tavole
e rinunzia a qualsiasi rappresentazione grafica, di cui dimostra l’assurdità.
Sacco F. — La Terra è viva ! (Numero Unico Pro Sicilia et Calabria,
opusc. di 8 pag.). Torino 1909.
L’Autore espone in forma piana ed accessibile anche ai profani di geo-
logia e di fisica terrestre, il meccanismo al quale sono dovuti i terremoti in
generale, richiamando numerosi esempi di cataclismi del genere. Passa poi ad
esaminare le numerose fratture che solcano l’Italia, fermandosi in particolare
a descrivere quelle che attraversano la Calabria e la Sicilia, citando le da-
te dei terremoti rovinosi che interessarono quella regione nel periodo
dell’ Era cristiana. Ricorda gli effetti che tali movimenti ebbero sulla confi-
gurazione orografica del paese, gli scoscendimenti di spiaggie e di montagne
che ne sarebbero derivati ed infine i danni sempre apportati e paragonabih
con quelli avutisi nell’ultimo disastro del 28 dicembre 1908. L’articolo è cor-
redato da numerose fotografie per constatare gli effetti prodotti nelle costru-
zioni di Messina e Reggio, e sul suolo delle spiaggie prospicienti a queste città.
370
Sacco F. — lì Molise — Schema geologico, (Boll, della Soc. Geol. Ita!.,
Voi. XXVII fase. 40, pag. 492-538, con carta geologica ed altra tet-
tonica). Roma, 1909.
Questo studio è il complemento di quello sugli Abruzzi, che l’autore
stesso pubblicò precedentemente. I terreni del Molise sono descritti regolar-
mente nei loro caratteri litologici e paleontologici, nonché dal punto di vista
della loro potenza, altimetria e sviluppo. La serie s’inizia con i depositi del
secondario (Trias. Giuralias e Cretaceo), segue il terziario (Eocene e Mio-
plicene) ed in ultimo il quaternario (Pleistocene ed Olocene). E’ degno di
nota il fatto che nel Molise si sviluppa una facies argillosa ad immedia-
to contatto con la facies calcarea tipica dell’Abruzzo, e che ricorda mol-
tissimo le argille scagliose dell’ Appennino settentrionale. L’Eocene, che
alla Majella raggiunge l’altezza massima conosciuta per questo orizzonte
nell’ Appennino centrale (2800 m.), è formato nella zona media da banchi
di polipai, mentre nella superiore abbondano Foraminifere, Echinidi, Mollu-
schi, denti di Squalo ecc., dando alla roccia una fìsonomia miocenica. Vi si
trovano ancora estese impregnazioni di bitumi e di asfalti. Il Miopliocene è
caratterizzato dai gessi, da banchi di conglomerati e da marne argillose spesso
in frana, e che formano delle regioni depresse.
La Memoria si chiude con un breve cenno sulla influenza che i fenomeni
vulcanici, accusati dall’esistenza di numerose fratture e pieghe tanto nei ter-
reni cretacei che in quelli eo-miocenici, hanno ancora sull’ orografìa del paese,
in relazione al sollevamento orogenetico dell’Appennino che l’autore ritiene
continui a manifestarsi tuttora.
Sacco F. — Glacialismo ed erosioni nella Majella (Atti della Soc. Ital.
di Se. Nat. Voi. XLVII, opusc. di 8 pag. con ] tav). Pavia, 1909.
In questa nota sono illustrati specialmente i residui del glacialismo, la-
sciati nella parte alta della Majella, come accumuli morenici, detriti di ne-
vati ecc. ed i fenomeni di erosione e d’incisione de’ quali si osservano traccio
profonde (200 a 300 m.) di preferenza sul fìanco orientale del gruppo montuoso
e verificatisi durante l’epoca quaternaria. Ne descrive infine il meccanismo
antico e recente.
Sacco F. — Il gruppo del Gran Sasso d'Italia (Mem. R. Acc. delle Se. di
Torino, ser. II, tomo LIX, pag. 61-88, con 1 tav). Torino, 1909.
Riporta, riassunti, i principali risultati dello studio di questo importante
gruppo montuoso, eseguito durante la campagna del 1906.
A partire dalla base stratigrafica del gruppo, rappresentata da calcari
dolomitici biancastri dell’ Infr alias, di incerta interpretazione cronologica per
mancanza, quasi, di fossili, l’autore passa a descrivere la serie giuraliasica rappre-
sentata dal Lias assai potente, e che può, in base ai fossili studiati particolar-
mente dal Canavari, dividersi in sette piani. I terreni del Giuralias vengono a
giorno essenzialmente per fratture, dirette in via normale da Ovest ad Est e
che succedendosi quasi parallelamente vanno dal Gran Sasso ad Aquila, co-
stituendo quasi una gradinata che scende dai 2900 m. ai 700. Segue la for-
mazione cretacea, potente ed estesa, rappresentata da calcari giallo-miele, con
abbondanti fossili, non suscettibile però di una netta distinzione in piani. An-
che in essa notasi un esteso campo di | fratture con rigetti e sprofondamenti,
pure riconoscibili alla forma di gigantesche gradinate, per lo più dirette da
N.O. a S.E. I terreni eocenici presentano poi uno straordinario sviluppo, co-
stituendo quasi il mantello superiore del gruppo del Gran Sasso, e si distin-
guono dai cretacei sia per la maggior compattezza, sia per la grande quantità
di fossili che visi trovano. E’ notevole la frequenza di impregnazioni asfaltiche
0 bituminose in diversi piani della serie eocenica. Attribuisce poi al Miocene
superiore, od al Miopliocene, l’immensa fascia settentrionale ed orientale che
recinge la regione montuosa, costituita da lembi discontinui di strati e banchi
arenacei alternati con strati e zonule marnose, il tutto in serie potentissima.
1 terreni pliocenici trovansi solo a grande distanza dal Gran Sasso ed apparendo
per poca estensione sono rappresentati soltanto dalla serie inferiore o Pia-
cenziano. Le formazioni del Plistocene hanno poi qui grande sviluppo e pos-
sono dividersi in depositi diluviali e depositi glaciali a seconda della loro ori-
gine.
Chiude la Memoria con alcuni cenni sulle formazioni oloceniche della
regione che non presentano una grande importanza, ed in generale oltre che
dai soliti depositi alluvionali dei bassopiani, sono costituite dai terreni che
ricuoprono le conche sparse nelle zone montuose eoceniche e cretacee ; il ma-
teriale argilloso impuro e terroso ghiaioso venuto dai monti per l’azione
delle acque dà luogo tuttora ad analoghi ricuoprimenti. Sovente questi de-
positi sono anche di tipo lacustre e torboso ; ed in certe regioni hanno am-
phssimo sviluppo i detriti di falda che talora s’innestano a conoidi detritiche
e talaltra passano a depositi de tritici cementati non sempre distinguibili dai
pleistocenici. Possono ancora osservarsi qui notevoli esempi di terrazzamento;
di quel fenomeno, cioè, che fece dare all’Olocene il nome di Terrazziano. Si
rileva infine che all’epoca quaternaria sono da attribuirsi in gran parte i fe-
nomeni carsici che tormentano più o meno profondamente i terreni calcarei
della regione.
Sacco F. — Il gruppo della Majella (Mem. Reale Acc. delle Se. di Torino,
Serie II, Tomo LX, opusc. in-4 di 39 pag., con carta geologica). To-
rino, 1909.
L’autore presenta una Monografìa geologica del gruppo della Majella in-
teso in senso lato, cioè del bacino che va da Sulmona aUe colline di G-uardia-
grele e dal Pescara al Molise settentrionale. I terreni di questa regione sono
in grande parte calcarei e presentano la serie seguente: Giuralias, Cretaceo,
formazione argille -scistosa tra il Cretaceo e l’ Eocene tipico, Eocene, Miopliocene,
Pliocene, Pleistocene e Olocene. Di ogni terreno egli indica i caratteri prin-
cipali orografìci, litologici, paleontologici, stratigrafìci, di spessore, d’utilizza-
zione ecc. Chiude la memoria un indice bibliografìco géo-paleontologico di più
di 60 articoli; vi è allegata poi una carta geologica ed una sezione (scala
1:100.000) con le quali si vuol dimostrare la conformazione del massiccio, e
l’esistenza delle grandi fratture e dei rigetti che conferirebbero ad esso certe
particolari anomalie orografìche.
PRESENTED
1 6 MAR. mi
PUBBLICAZIONI DEL R. UFFICIO GEOLOGICO
(30 lOlO)
LIBRI
Bollettino del K,. Comitato Geologico: Voi. I a XL, dal 1870 al 1909.
Prezzo di ciascun volume L. 10 —
Idem deir abbonamento annuale in Italia » 8 —
Idem idem all’estero » 10 —
Memorie pei servire alla descrizione della Carta geologica d’Italia:
Voi. I. Firenze 1871. — Introduzione. — B. Gastaldi:
Studii geologici sulle Alvi Occidentali, con appendice mineralo-
gica di G, Struever — S.Mottura: Sulla formazione terziaria
nella zona solfifera della Sicilia. — I. Cocchi : Descrizione geo-
logica dell’Isola d’Elba. — C. D’Ancona : Malacologia plioce-
nica italiana. — Un voi. in-t^ dipag. 364 con tavole e carte
geologiche »
Voi. II, Parte U. Firenze 1873. — Introduzione. — C. W. C.
Fuchs : MonograficL geologica dell’Isola d’ Ischia. — F. Gior-
dano: Esame geologico della catena alpina del San Gottardo
che deve essere attraversata dalla grande galleria della ferrovia
italo -elvetica. — S. M ottura : Sulla formazione terziaria nella
zona solfifera della Sicilia; Appendice. — C. D’Ancona : Ma-
lacologia pliocenica itcdiana (seguito). — Un volume in-é® di
pag. 264 con tavole e carte geologiche .»
Voi. II. Parte 2^. Firenze 1874. — B. Gastaldi: Studi
geologici sulle Alpi Occidentali ; Parte seconda. — Un volume
in-40 di pag. 64 con tavole »
Voi. III, Parte D. Firenze 1876. — C. Doelter : Il gruppo
vulcanico delle Isole Ponza. — C. De Stefani : Geologia del
Monte Pisano. — Un volume in-4o di pag. 174 con tavole e
carte geologiche »
Voi. Ili, Parte 2^. Firenze 1888. — G. Meneghini: Pa-
leontologia delVIglesiente in Sardegna. — M. Canavari : Con-
tribuzione alla fauna del lias inferiore di Spezia. — Un volume
in-40 di pag. 230 con tavole »
Voi. IV, Parte 1^. Firenze 1891. — A. Scacchi: La re-
gione vulcanica fluor-'fera della Campania. — G. Terrigi : I
depositi lacustri e marini riscontrati nella trivellazione presso la
via Appia antica. — Un volume in-4o di pag. 136 con tavole »
Voi. IV, Parte 2^. Firenze 1893. — C. A. Weithofer : Pro-
boscidiani fossili di Valdarno in Toscana. — M. Canavari :
Idrozoi titoniani della Pegione mediterranea appartenenti alla fa-
miglia delle Ellipsactinidi. — Un voi. in- 4° di pag. 214 con tavole »
35 —
25 —
5
10 —
15 —
16 —
374
Voi. V, Parte P. Roma 1909. — C. F. Parona con la
collaborazione di C. Crema e P. L. Pre ver : Xct /atma cor aZ-
ligena del Cretaceo dei monti d'Ocre. — Un volume in-é® di
pag. 242 con 28 tavole » 30
Memorie descrittive della Carta geologica d’Italia ;
Voi. I. Roma 1886. — L. Bald acci : Descrmone geologica
delVlsola di Sicilia. — Un volume in-8o pag. 436 con tavole
e una Carta geologica . » 10
Voi. II. Roma 1886. — B. Lotti: Descrizione geologica del-
Vlsola d'Elba. — Un volume in-8o di pag. 266 con tavole e
una Carta geologica » 10
Voi. III. Roma 1887. — A. Farri : Relazione sulle mi-
niere di ferro delVlsola d'Elba. — Un voi. in-8° di pag. 174
con un atlante di carte e sezioni » 20
Voi. IV. Roma 1888. — Gr. Zoppi : Descrizione qeologico-
mineraria-delV I glesiente (Sardegna). — Un voi. in-8° di pag. 166
con tavole, un atlante ed una Carta geologica « 15
Voi. V. Roma 1890. — C. De Castro : Descrizione geolo-
gico-mineraria della zona argentifera dèi Sarrabus (Sardegna). —
Un volume in-8® di pag. 78 con tavole e una Carta geologico-
mineraria » 8
Voi. VI. Roma 1891. — L. Baldacci : Osservazioni fatte
nella Colonia Eritrea. — Un voi. in-8o di pag. 110 con Carta
geologica annessa » 6
Voi. VII. Roma 1892. — E. Cortese e V. Sabatini: De-
scrizione geoio gico-petro grafica delle Isole Eolie. — Un volume
in-8° di pag. 144 con incisioni, tavole e carte geologiche. . . » 8
Voi. Vili. Roma 1893. — B. Lotti: Descrizione geologico-
mineraria dei dintorni di Massa Marittima in Toscana. — Un
voi. in-8° di pag. 172 con incisioni, tavole e una Carta geologica » 8
Voi. IX. Roma 1895. — E. Cortese : Descrizione geologica
della Calabria. — Un volume di pag. 338 con incisioni, ta-
vole ed una Carta geologica » 12
Voi. X. Roma 1900. — V. Sabatini : I vulcani dell'Italia
centrale e i loro prodotti. Parte D .• Vulcano Laziale. — Un vo-
lume in-8o di pag. 392, con incis., tavole ed una Carta geologica » 12
Voi, XI. Roma 1902. — A. Stella : Descrizione geognostico-
agraria del Colle Montello ('provincia di Treviso). — Un volume
in-8o di pag. 82, con tavole ed una Carta geognostico -agraria » 8
Voi. XII. Roma 1903. — Autori diversi : Studio geologico-
minerario sui giacimenti di antracite delle Alpi occidentali ita-
liane. — Un volume in-8o di pag. 232, con incisioni, tavole e
Carte geologiche » 10
Appendice al voi. IX. Roma 1904. — Gr. Di-Stefano : Os-
servazioni geologiche nella. Calabria settentr ionale e nel Circondario
di Rossano. — Un voi. in-8o di pag. 120, con tavola di sezioni » 3
Voi. XIII. Roma 1909, — B. Lotti : Geologia della To-
scana. — Un volume in-8o di pag. 484, con 4 tavole . . . . > 10
375
CARTE
Carta geologica d’Italia, nella scala di l a \ 000 000, in due fogli :
2^ edizione. — Roma 1889 Prezzo L. 10 —
Carta geologica della Sicilia, nella scala di l a 100 000, in 28 fogli e 5
tavole di sezioni, con quadro d’unione e copertina. — Roma 1886 » 100 —
NB. I fogli e le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue:
Foglio N. 244 (Isole Eolie) . . L.
3 —
Foglio N. 262 (Monte Etna) .
. L. 5 —
»
248 (Trapani) ...»
3 —
»
265 (Mazzara del Vallo) » 3 —
»
249 (Palermo) ...»
4 —
»
266 (Sciacca) . . .
. » 4 —
»
250 (Bagheria) . . . »
3 —
»
267 (Canicatti) . .
. » 5—
»
251 (Cefalù) .... »
3 —
»
268 (Caltanissetta)
. » 5 —
»
252 (Naso) .... »
4 —
»
269 (Paterno) . . .
. » 5—
»
253 (Castroreale) . . »
4 —
»
270 (Catania) . . .
. » 3 —
»
254 (Messina) ...»
4 —
»
271 (Girgenti), . .
. » 3 —
»
256 (Isole Egadi) . . »
3 —
«
272 (Terranova). .
. » 4 —
»
257 (Castelvetrano). »
4 —
»
273 (Caltagirone)
. » 5 —
»
258 (Corleone) ...»
5 —
»
274 (Siracusa) . .
. » 4 —
»
259 (Termini Imerese) »
5 —
»
275(Scoglitti). . .
. » 3 —
»
260 (Nicosia) . . . »
5 —
»
276 (Modica) . . .
. » 3 —
»
261 (Brente) .... »
5 —
»
277 (Noto) . . . .
. » 3 —
Tavola di sezioni N. I (annessa ai fogli 249 e 258) . . L. 4 —
» » N. Il (annessa ai fogli 252, 260 e 261) » 4 —
» » N. Ili (annessa ai fogli 253, 254 e 262) » 4 —
» » N. IV (annessa ai fogli 257 e 266). . . » 4 —
» » N. V (annessa ai fogli 273 e 274). . . » 4 —
Carta geologica della Calabria, nella scala di l a 100 000, in 20 fogli
e 3 tavole di sezioni, con copertina. — Roma 1901 L. 60 —
NB. / fogli e le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue.
Foglio N. 220 (Verbicaro) . . L. 3 —
Foglio N. 242 (Catanzaro) . . L.
4 —
»
221 (Castrovillari) . » 5 —
»
243 (Isola Capo Piz-
»
222 (Amendolara). . » 3 —
zuto) .... »
3 —
»
228 (Cetraro) . ... » 3 —
»
245 (Palmi) .... »
3 —
»
229 (Paola) .... » 5 —
»
246 (Cittanova) . . »
5 —
»
230 (Rossano) ... » 4 —
»
247 (Badolato) ...»
3 —
»
231 (Ciro) » 3 —
»
254 (Messina). ...»
4 —
»
236 (Cosenza) ... » 4 —
»
255 (Gerace) .... »
4 —
»
237 (S. Giovanni in F.) » 5 —
«
263 (Bova) »
3 —
»
238 (Cotrone). ... » 3 —
»
264 (Staiti) »
3 —
»
241 (Nicastro) ... » 4 —
Tavola di sezioni N. I (236, 237, 238, 241, 242), N. II (245, 246, 247,
255, 263), N. Ili (220, 221, 229, 230), ciascuna L. 4 —
376
Carta geologica della Puglia, nella scala di 1 a 100 000.
Ne sono pubblicati i fogli seguenti :
Foglio N. 165 (Trinitapoli) .
» 176 (Barletta) . .
177 (Bari). . . .
» 178 (Mola di Bari)
» 188 (Grravina) . .
» 189 (Altamnra) .
» 190 (Monopoli) .
» 191 (Ostuni) . . .
L. 1.50
» 2.50
» 2 —
» 1.50
» 3 —
» 3 —
» 2.50
» 1.50
Foglio N. 201 (Matera) . . .
» 202 (Taranto) . .
» 203 (Brindisi) . ,
» 204 (Lecce) . . .
» 213 (Maruggio) .
» 214 (Gallipoli) . .
» 215 (Otranto). . .
» 223 (Tricase) . . .
Carta geologica della Lucania e Campania, nella scala di 1 a 100 000.
Foglio N. 183 (Ischia) . . .
» 184 (Napoli) . . .
» 185 (Salerno) . .
» 196 (Vico Equense)
» 197 (Amalfi) . . .
» 198 (Campagna) .
» 199 (Potenza) . .
» 200 (Laurenzana)
L. 1.50
» 3 —
•> 4.50
» 1.50
» 1.50
» 4 —
» 5 —
» 4 —
Foglio N. 209 (Vallo Lucania)
» 210 (Lagonegro) .
» 211 (S. Arcangelo)
» 212 Tursi ....
Sezioni geologiche, Tav. I .
» I III .'
L. 3 —
» 2 —
» 3 —
» 2 —
^ 1 —
» 2 —
» 1 —
» 2 —
L. 4 —
» 5 —
» 5 —
» 3 —
» 3 —
» 4 —
» 4 —
Carta geologica della Campagna romana e regioni limitrofe, nella scala di 1
a 100 000, in 6 fogli e una tavola di sezioni, con copertina. — Eoma,
1888 L. 25 —
NB. I fogli e la tavola di questa Carta si vendono anche separatamente come segue:
Foglio N. 142 (Civitavecchia) . L. 4 —
» 143 (Bracciano) . . » 5 —
» 144 (Palombara) . . » 5 —
Foglio N. 149 (Cerveteri)
» 150 (Eoma). .
» 158 (Cori) . .
. L. 4 —
. » 4 —
Tavola di sezioni (annessa ai fogli 142, 143, 144 e 150), L. 4.
Carta geologica delle Alpi Apuane, nella scala di 1 a 50 000, in 4 fogli e 3 ta-
vole di sezioni con copertina. — Eoma, 1897 L. 30 —
NB. / fogli e le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue:
Foglio Carrara L. 5 — | Foglio Stazzema L. 5 —
» Castelnuovo » 5 — | » Seravezza » 3 —
Le tavole di sezioni, ciascuna . . . L. 5.
Carta geologica della Toscana {in corso di stam'pa), nella scala di l a lOOOOOl
Ne sono usciti i fogli : Livorno (L. 2); Volterra (L. 5); San Fasciano Val
di Pesa (L. 5); Massa Marittima (L. 4); Siena (L. 5); Piombino (L 3));
Grosseto (L. 4); Santa Fiora (L. 5); Orbetello (L. 4); ToscaneEa (L. 5);
Pisa (L. 3); Lucca (L. 5); Firenze (L. 4); Arezzo (L. 4); Montepul-
ciano (L. 5); Tav. I e II di sezioni (L. 4 ciascuna).
Carta geologica delPIsola d*Elba, nella scala di 1 a 25 000, in due
fogli con sezioni. — Eoma, 1884 L. 10 —
Carta geologico-mineraria delPIglesiente (Isola di Sardegna), nella
scala di l a 50 000, in un foglio. — Eoma, 1888 » 5 —
Carta geologico-mineraria del Sarrabus (Isola di Sardegna), nella scala
di l a 50 009, in un foglio. — Eoma, 1889 » 5 —
Carta geologica della Sicilia, nella scala di l a 500 000, in un foglio
con sezioni. — Eoma, 1886 » 5 —
Carta geologica della Calabria, nella scala di l a 500 000, in un foglio.
— Eoma, 1894 . » 3 —
Carta geologica dei Vulcani Vulsinii, nella scala di 1 a 100 000, in un
foglio, con testo. — Eoma, 1904 » 5 —
Carta geologica delle Alpi Occidentali, nella scala di 1 a 400 000, in
un foglio. — Eoma, 1908 » 6 —
Per le commissioni rivolgersi alla ditta libraria Fratelli Treves in Eoma,
Bologna, Milano e Napoli.
Annunzi di pubblicazioni
Aloisi P. — Roccie granitiche negli scisti della parte orientale deU’ isola d’Elba
(Memorie della Società Toscana di Se. Nat., voi. XXVI, 1810; 1 opi in-8®
con tav.).' — Pisa, 1910.
Baldacci L. — Studio sui giacimenti minerari nella Colonia Eritrea (Ministero
degli Affari Esteri — Direzione Gl^nerale Affari Coloniali; 1 fase. in-4o con
carta e tav.). — Roma, 1910.
Bahatta M. — La catastrofe sismica Calabro-3Iessinese del 28 dicembre 1908
(1 voi. in-8o con tav. e atlante). — Roma, 1910.
Colomba L. — Sopra alcuni minerali dell’alta valle di Aosta (Atti della R. Ac*
cademia delle Scienze di Torino, voi. XLV, 1910; 1 op. in-S® con tav.). —
Torino, 1910.
Idem. — Sopra un granito ferri-cromifero di Praborna (S. Marcel) (Rend. della
R. Accad. dei Lincei, classe di Se. Fis. Mat. e Nat., voi. XIX, serie 5\
20 sem., fase. 3®, 1910; 1 op. in-8o). — Roma, 1910.
Lotti B. — Geologia della Toscana (Memorie descrittive della carta geologica
dTtaHa, voi. XIII; 1 voi. in-8o con tav. e carte). — Roma, 1910.
Martelli A. — Ricerche chimiche e geologiche su taluni calcari da cemento
della Toscana e della limitrofa Romagna (1 op. in-8o). — Firenze, 1910.
Martinelli G. — Notizie sui terremoti osservati in Italia durante l’anno 1906
(BoU. Soc. Sismologica italiana, appendice al voi. XIII; Parte I-II; 2 vo-
lumi‘in-So). — Roma, 1910.
Millosevich F. — Una varietà di calcite cobaltifera di Capo Calamita nell’isola
d’Elba (Rend. R. Accad. dei Lincei, voi. XIX, 1® sem., fase. 2°, 1910;
1 op. in-4o). — Roma, 1910.
Platania G. — Stromboli (Memorie R. Accad. degli Zelanti in Acireale, serie 3^
voi. V; 1 op. in -80 con tav.). — Acireale, 1908.
{Segue).
{Seguito: V. pagina precedente).
Platania G. — Effetti magnetici del fulmine (Memorie E. Accad. degli Ze-
lantiin Acireale, serie 3^, voi. V; 1 op. in-8o). — Acireale, 1908.
Idem, — I singolari terremoti di S. Caterina (Acireale) (Memorie E. Accad.
degli Zelanti in Acireale, serie 3^ voi. V; 1 op. in-8o). — Acireale...
Idem. — L’erosione marina all’isola di Aci-Trezza (Memorie E. Accad. degli
Zelanti in Acireale, serie 3®', voi. V; 1 op. in-8o). — Acireale, 1909.
Principi . P. — Possili retici del gruppo montuoso d’Amelia (Umbria) (Eivista
Ital. di Paleontologia, anno XVI, fase. I-II, 1910; 1 op. con tav.). —
Perugia, 1910.
Salmoiraghi F. — Un’aggiunta alla composizione mineralogica del calcare di
S. Marino e della Verna (Atti Società Ital. Se. Nat., voi. XLVIII, 1910;
1 op. in-8o). — Pavia, 1910.
Taramelli T. — Osservazioni stratigrafiche nell’alta valle brembana e presso
Como (Eendic. E. Jst. Lombardo di Se. e Lettere, voi. XLIII, serie 2S 1910;
1 op, in-80). — Milano*, 1910.
Termier P. — Sur la tectonique de Pile d’Elbe (BuU. Soc. Géolog. de Franco,
4® sèrie. Tome X, année 1910; 1 op. in-8o). — Paris, 1910.
ViNASSA DE Eegny. — La colata lavica dell’eruzione etnea del 23 marzo 1910
(Boll. Accad. Gio^enia di Se. Nat. in Catania, serie 2^ fase. XIII, 1910;
1 op. in-80). — Catania, 1910.
Idem. — Fossili or doviciani del nucleo centrale carnico (Atti Accad. Gioenia
di Se. Nat. in Catania, serie 5^, voi. Ili, 1910; 1 op. in-4o con tav.). —
Catania, 1910.
\
Prezzo del presente fascicolo: L. 2.
U') * '
Voi. XLI [r della Serie V')
Anno 1910 - Fase. 4 :
BOLLETTINO
DEL
R. COMITATO GEOLOGICO D’ITALIA
SOMIVIARIO DEL FASC. 4o.
Note originali. — I. - G. Capellini e L. Baldacci. La XI Sezione del Congresso
geologico internazionale e la II Conferenza agro -geologica a Stoccolma. —
II. - B. Lotti. Verrucano e pseudoverrucano in Toscana. — III. - Y. Sa-
batini. Cronologia delle eruzioni dei Vulcani Cimini (con una figura). —
lY. - C. Crema. Sezione geologica attraverso la valle di Licenza nel ba-
cino deU’ Amene (con tre figure). — Y. - G. Dal Piaz. Altipiano del
Cansiglio e Regione circostante (con tre figure). — YI. - AI. Gortani.
Rilevamento geologico della Yalcalda (Alpi Carniebe) (con una tavola).
Notizie bibliografiche. — Bibliografia geologica italiana per il 1909 (continua-
zione e fine).
Elenco del personale componente il Comitato e l’Uf&cio geologico alla fine del 1910.
Pubblicazioni del R. Ufficio Geologico (fino al 31 dicembre 1910).
ROMA
STAB. TIP. DELLA SOC. EDIT. LAZIALE
1911
ELENCO
del personale componente il Comitato e l’Ufficio geologico
R. Comitato geologico.
Capellini GtIOVANni, prof, di geologia; R. Università di Bologna, Pre-
sidente.
Bassani Francesco, prof, di geologia, R. Università di Napoli.
Cermenati Mario, prof, di storia delle scienze natnmli, R. Università
di Roma.
Cocchi Igino, prof, di geologia, Firenze.
De Lorenzo GtIIJSEppe^ prof, di geografìa fisica^ R. Università di Napoli,
IssEL Arturo^ prof, di geologia, R. Università di Genova.
Pantanelli Dante, prof, di geologia, R. Università di Modena.
Parona Carlo Fabrizio, prof, di geologia, R. Università di Torino.
Strtìver Giovanni, prof, di mineralogia, R. Università di Roma.
Taramelli Torquato, prof, di geologia, R. Università di Pavia.
Il Direttore del R. Istituto geografico militare in Firenze.
Il Presidente della Società geologica italiana.
Mazzuoli Lucio, Ispettore superiore. Capo del R. Corpo delle Mi-
niere, Roma.
Zezi Pietro, Ispettore superiore nel R. Corpo delle Miniere, Roma.
Baldacci Luigi, Ing. Capo del R. Corpo delle Miniere, Capo del
R. Ufficio geologico.
Personale addetto ai lavori delia Carta geologica.
Direzione :
Ing. Mazzuoli Lucio, predetto.
Ing. Zezi Pietro, predetto.
R. Ufficio geologico:
/ Cassetti Michele.
\ Tissi Enrico.
V Moderni Pompeo, {a)
\ Luswergh Cesare, (a)
Cruciani Alberto.
J CozzoLiNO Filippo.
( Aureli Amedeo.
( Giammarchi Getulio.
( Nocito Pietro.
( Andreis Nicolao.
\ Sparvoli Vincenzo.
( Salvatelli Filippo.
(a) Distaccato presso altro ufficio
Baldacci Luigi, Capo
deirUfficio.
Lotti Bernardino.
Ing.“ capi ( Zaccagna Domenico.
Mattinolo Ettore.
Aichino Giovanni.,
Novarese Vittorio.
I Sabath^i Venturino.
Franchi Secondo.
tiig^gneri Camillo.
PiLOTTi Camillo.
Aiutanti
principali
Aiutante
Archivisti
disegnator
Ufficiali
d’ ordine
Uscieri . .
La sede del R. Ufficio Geologico è in Roma, via Santa Susanna, n. 1.
BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO
D'ITALIA.
Serie V, Yol. I. Anno 1910. Fascicolo 4^
SOMMARIO.
Note originali. — I. - G-. Capellini e L. Baldacci. La XI Sezione del Congresso
geologico internazionale e la II Conferenza agro -geologica a Stocolma. —
II. - B. Lotti. Verrucano e pseudoverrucano in Toscana. — III. -V. Sa-
batini. Cronologia delle eruzioni dei Vulcani Cimini (con una figura). —
IV. - C. Crema. Sezione geologica attraverso la valle di Licenza nel ba-
cino deir Anione (con tre figure). — V. - G. Dal Piaz. Altipiano del
Cansiglio e Regione circostante (con tre figure). — VI. - M. Gortani.
Rilevamento geologico della Valcalda (Alpi Carniche) (con una tavola).
Notizie bibliografiche. — Bibliografia geologica italiana per il 1909 (continua-
zione e fine).
Elenco del personale componente il Comitato e TUfiìcio geologico alla fine del 1910.
Pubblicazioni del R. Ufficio Geologico (fino al 31 dicembre 1910).
NOTE ORIGINALI
I.
G. Capellini e L. Baldacci. — La XI Sessione del Con-
gresso geologico internazionale e la 11 Conferenza Agro-
Geologica a Stoccolma.
(Relazione a S. E. Il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio).
Agli scriventi fu affidato dal Ministro di Agricoltura Industria e
Commercio l’incarico di rappresentare quel Ministero e il Servizio della
Carta geologica del Regno (R. Comitato geologico e R. Ufficio geo-
logico) alla XI Sessione del Congresso geologico internazionale e alla
23- Conferenza agro-geologica, che ebbero luogo a Stoccolma nell’a-
gosto 1910. Essi presentarono in proposito a S. E. il Ministro la
relazione che segue.
Inizio del Congresso Geologico Internazionale.
La sera del 17 agosto, precedente al giorno della solenne inaugura-
zione del Congresso, la Società geologica di Stoccolma offrì ai Con-
gressisti un sontuoso ricevimento, durante il quale i geologi prò-
378
G. CAPELLINI e L. BALDACCI
venienti dai più lontani paesi ebbero agio di rinnovare le personaK
relazioni e di stringerne delle nuove, e fin dalla mattina del giorno
seguente fu tenuta la seduta preparatoria del Consiglio, in cui,
a norma del primo Regolamento dei Congressi geologici internazionali,
confermato a Vienna nel 1903, doveva procedersi alla costituzione
definitiva del Consiglio direttivo. In questa riunione preparatoria il
Consiglio veniva temporaneamente presieduto dal Prof. Gerardo De
Geers, Presidente effettivo del Comitato ordinatore, avendo come Se-
gretario il Prof. I. G. Andersson, Segretario generale di detto Comi-
tato, ed era costituito dagli antichi Presidenti, dai membri del Comi-
tato fondatore, da quelli del Comitato esecutivo, dai Presidenti at-
tuali delle Società geologiche, dai Direttori dei grandi servizi geolo-
gici di Stato.
Il Prof. Capellini in qualità di antico Presidente e l’Ing. Baldacci,
quale Presidente per il 1910 della Società Geologica Italiana, entra-
rono di diritto a farne parte.
Nella seduta preparatoria venne approvata dal Consiglio la com-
posizione deirUfficio per la XI Sessione, conia elezione del Prof. G. De
Geers a Presidente effettivo e del Prof. I. G. Andersson a Segretario
generale e con la nomina dei Vicepresidenti e dei Segretari. Fra gli ita-
liani il Prof. Capellini prese posto nel gruppo degli antichi Presidenti
di Congressi internazionaJi, e vennero nominati Vicepresidenti del
Congresso attuale L. Baldacci, C. De Stefani, B. Lotti, E. Mattirolo.
Il numero degli inscritti al Congresso era di 871, dei quali una
forte proporzione apparteneva 'alla Svezia (196): veniva in seguito
per numero di inscritti la Germania con 178, e occupavano il 3° posto
gli Stati Uniti d’America con 78 inscritti. Dall’Italia si erano inscritti
30 soci, dei quali 14 si trovarono presenti a Stoccolma.
I Governi, le Società e Istituti Scientifici rappresentati furono 181
dei quali 8 italiani (Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio,
Ministero della Pubblica Istruzione, R. Comitato Geologico, R. Ufficio
Geologico, Società Geologica, Società Geografica, R. Istituto di Studi
Superiori di Firenze, R. Università di Parma).
Nel pomeriggio del 18 agosto ebbe luogo nella gran Sala dell’Ac-
CONGRESSO GEOLOGICO INTERNAZIONALE A STOCCOLMA
379
cademia di Musica la solenne inaugurazione del Congresso con l’in-
tervento di S. M. il Re di Svezia, di S. A. il Principe Ereditario, dei
Ministri e di numerosi altri importanti personaggi.
S. A. il Principe Ereditario Gustavo Adolfo, Presidente onorario,
pronunciò un elevato discorso (in inglese) presentando auguri! ai
Congressisti per il miglior successo dei loro lavori e per il progresso
della scienza e della geologia in particolare, e in nome del Re dichiarò
aperta la XI Sessione del Congresso internazionale.
Xella stessa seduta inaugurale il Presidente del precedente Con-
gresso tenutosi a Messico nel 1907, Prof. I. Aguilera, rassegnò la sua
carica di Presidente nelle mani del Prof. G. De Geers, e il Prof. E. Or-
donez, già Segretario generale del Congresso del Messico, propose
alFapprovazione deH’assemblea le deliberazioni del Consiglio riguardo
alla costituzione deH’Ufficio dell’attuale Congresso.
Il Presidente Prof. G. De Geers lesse (in inglese) una interessante
conferenza sulla « Storia geologica della Svezia nepli ultimi 12000
anni », cui fece seguito un’altra conferenza (essa pure in inglese) del
Prof. C. K. van Hise, Rettore della Università di Wisconsin: a Influenza
della geologia applicata e della industria mineraria sullo sviluppo
economico del mondo ». Questa però, sia per ragioni di forma che per
poca novità di concetti, non suscitò grande interessamento negh ascol-
tatori.
Dopo la seduta inaugurale le LL. MM. il Re e la Regina si com-
piacquero di offrire ai Congressisti un brillante ricevimento nel Pa-
lazzo Reale.
Sedute ordinarie
Le ordinarie sedute del Congresso vennero poi sempre tenute nel
palazzo del Parlamento svedese (Riksdaghuset) messo graziosamente
e interamente a disposizione del Congresso, e per tutta la durata di
questo regnò nelle grandi aule del palazzo la più fervida attività scien-
tifica con importantissime discussioni e conferenze, mentre in altre
sale procedevano le adunanze del Consiglio direttivo e quelle delle
varie Commissioni incaricate dello studio delle proposte presentate
al Congresso.
380
G. CAPELLINI e L. BALDACCI
I vari uffici amministrativi del Congresso e tutti gli indispensabili
servizi erano organizzati in modo veramente grandioso ed ammirabile.
Così la iscrizione alle numerose escursioni, la distribuzione delle pub-
blicazioni, i servizi di posta, procedettero col massimo ordine affidati
ad un personale cortesissimo, intelligente e poliglotta, in modo da
lasciare pienamente soddisfatti e riconoscenti i numerosissimi inter-
venuti al Congresso.
Le conferenze e discussioni tenutesi senza interruzione presen-
tavano alto interesse tanto scientifico che di applicazione pratica, ed era
veramente da rimpiangere che, per gh impegni delle sedute del Co-
siglio e delle Commissioni, riuscisse impossibile assistere a tutte quelle
che maggiormente avrebbero interessato. L’attività del Congresso
si svolse nelle seguenti Sezioni:
I. Sedute scientifiche — Problemi generah della geologia — II. Geo-
logia applicata — III. Petrografia e mineralogia — IV. Geologia ge-
nerale e regionale — V. Stratigrafia e paleontologia — VI. Ghiacciai
e fenomeni quaternari.
Fra gli argomenti che dettero occasione a più importanti
discussioni e a più numerose comunicazioni sono da citare queUi
sull’Era glaciale, sulla subitanea apparizione della fauna del Cam-
briano, sulla sismologia, su nuove applicazioni della magneto-
metria per lo studio dei giacimenti ferriferi, sulle condizioni geolo-
giche delle regioni artiche ed antartiche secondo le osservazioni delle
più recenti spedizioni polari, sui giacimenti di minerali radioattivi e
sulle condizioni di produzione del radio, su interessanti problemi pa-
leontologici, stratigrafici e tee tonici nelle Alpi e in altre regioni.
Durante il Congresso ebbero luogo numerose escursioni geologiche
e agro-geologiche, e cioè: L al terreno arcaico di Stoccolma; 2° per lo
studio dei fenomeni quaternari di Stoccolma; 3® alla torbiera di Ors-
mossen; 4^ al terreno arcaico di Nynas; 5^ al terreno quaternario di
Uppsala con splendido ricevimento offerto ai Congressisti da quella
celebre Università;]6oaVisby (Quaternario e Siluriano); 7° aVaxholm-
o
Saltsj obaden; 8° nell’Arcipelago di Stoccolma (Skargarden o Giardino
di Scogh). Per le ragioni già dette, coloro che facevano parte del Con-
CONGRESSO GEOLOGICO INTERNAZIONALE A STOCCOLMA
381
sigilo e di varie Commissioni erano impediti dal prender parte alle
escursioni, e a noi fu possibile partecipare solo a quelle di Uppsala e
di Saltsjobaden.
Verrà in seguito accennato alle grandi escursioni che ebbero luogo
prima e dopo del Congresso, alcune delle quali di grande importanza
per la loro estensione e durata e per Finteresse scientifico delle loca-
lità visitate.
Proposte presentate al Congresso.
Tutte le proposte presentate al Congresso vennero dapprima
ampiamente studiate dalle Sottocommissioni speciali e presentate
alla provvisoria approvazione del Consiglio e quindi alla deliberazione
dell’Assemblea. Le proposte principali furono le seguenti:
I. Il Servizio geologico degli Stati Uniti (U. S. Geological Sur-
vey) per mezzo del suo Direttore G. 0. Smith presentò una proposta
per una « Carta ufficiale geologica del mondo alla scala di 1 : 1,000,000».
Dopo matura discussione di questa proposta in Commissione
ed in Consiglio, e riconosciuto che all’epoca presente troppa è la parte
della superficie del globo sulla cui struttura geologica non si possiedono
dati nemmeno approssimativi, e che neppure il Geological Survey
americano da cui parte la proposta sarebbe in grado di fornire per gran
parte del territorio degli Stati Uniti gli elementi per una carta a un
milione, fu deliberato dal Consiglio e poi ratificato dall’Assemblea
che la questione sia da ora posta allo studio. Per questo vennero ag-
giunti vari membri alla Commissione per la Carta geologica d’Eu-
ropa, cui fu affidato in massima lo studio, e furono particolarmente
incaricati di presentare alla prossima Sessione del Congresso interna-
zionale un piano elaborato di questa Carta geologica del globo i signori
Beyschlag, G. O. Smith, E. Sney, J. J. H. Teall.
II. Il Prof. W. H. Hobbs di Ann Arbor, Michigan, propose una
cooperazione internazionale per lo studio delle fratture della crosta
terrestre,
III. Il Prof. E. Stolley della Scuola Tecnica Superiore di Braun-
382
G. CAPELLINI e L. BALDACCI
schweig propose la creazione di un Istituto internazionale per lo scam-
bio di oggetti geologici.
IV. Il Dott. L. Waagen della Geologische Reichsanstalt di Vienna
fece la proposta per la pubblicazione di un Lessico dÀ stratigrafia.
V. Il signor Immanuel Friedlaender, residente a Napoli, appas-
sionato studioso di vulcanologia, presentò la proposta per «La crea-
zione di un Istituto vulcanologico internazionale a Napoli ').
Lo studio di questa proposta venne dal Consiglio affidato a una
Sottocommissione composta del Prof. C. Doelter, Dott. E. Ordonez e
Ing. L. Baldacci, la quale concluse col riconoscere la convenienza ed
opportunità che il Consiglio e l’Assemblea prestassero il loro appoggio
morale per lo sviluppo e applicazione delle idee del signor Frie-
dlander.
Secondo il concetto di questo, l’Istituto, fondato e amministrato
come una Società privata da erigersi col progresso del tempo in ente
morale, avrebbe lo scopo dello studio di tutti i fenomeni fìsici, chi-
mici, ecc. del vulcanismo in generale, sarebbe provvisto di adatti labora-
torii e corredato di tutti gli strumenti per misure termiche, elettri-
che, ecc., e di personale specialmente versato nei vari rami della vulcano-
logia. Il suo impianto e la sua esistenza dovrebbero essere assicurati
da sottoscrizioni private per una volta tanto o con impegno annuale
e da quelle di Co verni, Accademie, Università, Corpi scientifìci, ecc.
e l’Istituto dovrebbe mettere a disposizione degh studiosi di tutto il
mondo, debitamente presentati e accreditati, locah, strumenti, bibho-
teca e tutti i mezzi di studio dei fenomeni vulcanici e di quelh conco-
mitanti.
La scelta della eittà di Napoli come sede dell’Istituto internazio-
nale sarebbe dovuta al fatto che Napoli si trova al centro di uno dei
distretti vulcanici più importanti del mondo, nel quale tutti indistin-
tamente i vulcani, sia attivi, sia spenti, presentano la maggiore facihtà
di accesso, a cominciare dal classico apparato Somma-Vesuvio, e d’al-
tra parte in Napoli stessa ebbero la prima origine per merito di scien-
ziati e osservatori in gran parte italiani i più antichi studi vulcano-
logici.
CONGRESSO GEOLOGICO INTERNAZIONALE A STOCCOLMA
383
Alla Commissione non parve allora che la creazione di un simile
istituto a Napoli, dove già esiste un Osservatorio Vesuviano e cattedre
espressamente istituite per lo studio di quel distretto vulcanico, po-
tesse interpretarsi come atto di critica per parte di stranieri sui meto-
di nostri di studio dei vulcani, chè anzi le due istituzioni vulcanologi-
che, e cioè quella universitaria governativa e quella internazionale, po-
trebbero aiutarsi e completarsi a vicenda pel maggiore interesse della
scienza, forse anche con una non lontana speranza di giungere, mercè
costanti e sistematiche ricerche ed osservazioni, fatte intensiva-
mente ed estensivamente, alla previsione dei parossismi vulcanici.
Il Consigho e l’Assemblea accolsero assai favorevolmente il parere
della Commissione, e in seguito a ciò il signor Friedlaender incominciò a
diramare le sue circolari e iniziò le sottoscrizioni, offrendo per suo
proprio conto L. 100,000 a fondo perduto e L. 10 ,000 aH’anno. L’at-
tuazione dell’ idea del signor Friedlaender è subordinata alla possibihtà
di aver raccolto ai primi del 1912 non meno di un mihone e mezzo a
fondo perduto per impianto dell’Istituto e di cinquantamila hre an-
nue per il suo mantenimento.
Fra le importanti proposte presentate al Congresso è da ricor-
darsi quella dell’Americano G. F. Becker, riguardante l’analisi chi-
mica e meccanica delle acque dolci. Il Becker fa rilevare la grande
importanza di anahsi sistematiche fatte sulle acque di grandi fiumi e di
laghi, la cui costituzione è sinora imperfettamente conosciuta. Negli
Stati Uniti d’America fu già riconosciuto il grande valore di tah studi,
che sono indispensabili anche ai geologi per lo studio della denuda-
zione chimica e delle grandi questioni dipendenti dall’azione solvente
delle acque.
Il Congresso riconobbe dal canto suo la importanza teorica e
pratica di simifi analisi e concluse con l’invitare i delegati di tutti i
paesi a dare opera affinchè si possa arrivare ad effettuare con un
programma sistematico delle analisi chimiche e meccaniche.
Il Prof. Beyschlag espresse il suo desiderio per la nomina di una
Commissione internazionale in seno al Congresso, con lo scopo di fare
una inchiesta scientifica sui giacimenti di ferro di tutti i paesi del
334
G. CAPELLINI e L. BALDACCI
mondo, Commissione che dovrebbe esser composta di un numero
uguale di geologi e di pratici.
Tale proposta fu approvata e il Prof. Beyschlag stesso si incaricò
dei lavori preliminari per la costituzione definitiva di quella Com-
missione.
In occasione di questo Congresso si riunirono altre Commissioni,
come quella del Grado geotermico, quella della « Palaentologia uni-
versalis », quella per la Carta geologica d’Europa alla scala di 1/1,500,000
attualmente presieduta dal già rammentato Prof. Beyschlag, Diret-
tore dell’Istituto Geologico Prussiano.
Nella riunione di questa Commissione, i cui studi interessano
assai il nostro paese, che è impegnato per i due Ministeri di Agricoltura
e dell’Istruzione pubblica per l’acquisto di 300 copie della Carta geo-
logica internazionale d’Europa, il Presidente Prof. Beyschlag dette
conto dello stato dei lavori per la pubblicazione. ;
Come è noto, la Carta si compone di 49 fogh, dei quah sono at-
tualmente pubbhcati 33 fogli in 6 fascicoli.
I fogli C IV e C V, i quali comprendono gran parte della Germa-
nia e della Danimarca, il Belgio, la Francia orientale, la Svizzera, l’Au-
stria occidentale e l’Italia settentrionale, con intiera la cerchia delle i
Alpi, essendo quasi esauriti, sono ora in corso di ristampa e, per ciò i
che riguarda l’Italia, saranno introdotti nel foglio C V i risultati dei ì
nuovi nostri rilevamenti nelle Alpi. j
Per il foglio G II (Siberia Nord-Orientale) è pronta la topografia, I ^
e per i fogli G III, G IV, G V è fatta anche la coloritura geologica, in | \
modo che essi verranno assai probabilmente pubblicati entro il 1911.
Altri tre fogli (E I, F I,F V) sono in preparazione, ma sinora non si pos- j j
siedono sufficienti dati topografici nò geologici per i fogli D I, G I, ; !
G VI, G VII, E V, E VI, E VII, F V, F VI, F VII. Così, più di un '
quinto della Carta internazionale dell’Europa e regioni limitrofe alla
scala di 1/1,500,000 è ancora assai lontano dalla possibilità di una
pubblicazione, e ciò dimostra ancor più quanto sia prematura la pro-
posta americana di una carta geologica ufficiale del mondo intero.
CONGRESSO GEOLOGICO INTERNAZIONALE A STOCCOLMA
:ì85
Sede della prossima Sessione.
Riguardo alla scelta della sede della prossima Sessione (XIR) del
Congresso internazionale si avevano di fronte due proposte ufficiali
per parte del Belgio e del Canadà. Tanto nel Consiglio che nell’As-
semblea generale di chiusura le due proposte vennero strenuamente
sostenute da un lato dal Prof. D’Andrimont per il Belgio e dall’altro
dal Prof. Adams per il Canadà. L’invito per la riunione al Canadà, che
era già stato fatto al Congresso di Vienna, è stato ripetuto questo
anno dal Governo del Dominio del Canadà, appoggiato particolarmente
dal Governo provinciale di Ontario: analogo invito è stato fatto dal
(( Mining Institute » del Canadà, Società composta di circa 1000 in-
gegneri di miniere abitanti in ogni parte del vastissimo paese. I Go-
verni hanno promessi fondi importanti per coprire una parte delle
spese del Congresso, e la Società delle Ferrovie Canadian-Pacific si
propone di fare ai membri del Congresso delle forti riduzioni sui tras-
porti. M. Adams fece risaltare la grande importanza scientifica di una
visita al Canadà per lo sviluppo raggiunto da quasi tutti gli orizzonti
geologici in quel territorio.
Il Consigho, udito anche il rappresentante belga D’Andrimont,
che fece una succinta ma chiara esposizione delle condizioni geologiche
così interessanti del territorio del Belgio, deliberò che la XID Sessione
del Congresso geologico internazionale debba tenersi nel 1913 in Ca-
nadà, e tale deliberazione venne ratifica.ta per acclamazione nell’As-
semblea generale di chiusura, con impegno di tenere in Belgio la riu-
nione successiva.
Nella seduta di chiusura parlarono applauditi il Presidente del
Congresso, G. De Geers, ringraziando gli intervenuti, il Prof. J. J. H.
Teall, Capo del Geological Survey inglese, il Prof. Barrois di Parigi e
il Prof. Beyschlag, i quali tutti presentarono entusiastici ringrazia-
menti ai colleghi svedesi per la perfetta organizzazione del Congresso,
per i suoi risultati e per le cordialissime accoglienze ricevute.
Finalmente il Prof. De Geers dichiarò chiusa la XI^ Sessione del
Congresso geologico internazionale.
386
G. CAPELLINI e L. BALDACCI
Escursioni speciali.
Già venne accennato alle escursioni che ebbero luogo durante
le sedute del Congresso, ma altre importantissime escursioni erano
state fatte prima del Congresso e altre si fecero dopo il termine di
questo.
Fra le escursioni precedenti il Congresso la più grandiosa fu quella
A 1 airisfjord (Spitzberg) della durata di tre settimane, e nella quale
venne raggiunta una latitudine prossima ai 79® i
La escursione A 2 aveva per scopo la regione del Norrlan con vì-
sita ai grandiosi e celebri giacimenti di ferro di Gellivare e di Kiiruna-
vaara (20 giorni). La A 3. era una escursione speciale per gli inge-
gneri minerari alle miniere suddette (10 giorni). Altre escursioni si
proponevano lo studio dei fenomeni glaciali e morfologici, ed una fra
queste, la A 5, al Norrbotten, nelle regioni alpestri di Sanek e valle
di Lubealp, ebbe la durata di 20 giorni.,
Dopo la Sessione furono fatti due gruppi di escursioni: uno nella
Svezia Meridionale, eccettuata la Scania, e uno della durata di 7 giorni
in Scania per lo studio del Siluriano, Mesozoico e fenomeni glaciali e
postglaciali.
A nessuna di queste grandi escursioni potemmo, con nostro som-
mo rammarico, prender parte, sia per la mancanza di tempo, sia per
altre ragioni in parte già esposte.
Accoglienze.
Le accoglienze fatte dalla Famiglia Reale, dal Governo svedese,
dagli Istituti scientifici e dai colleglli svedesi ai geologi accorsi a
Stoccolma da ogni più remota parte del mondo furono veramente
grandiose e cordiali.;
Fu già accennato al sontuoso ricevimento dato dalla Società
geologica di Stoccolma la sera del 17 agosto, a quello offerto nel giorno
- Su questa importante escursione verrà nel 1° fascicolo del Bollettino
del 1911 pubblicata una relazione dell’mg. E. Mattirolo, che vi prese parte.
CONGRESSO GEOLOGICO INTERNAZIONALE A STOCCOLMA
387
successivo dalle LL. MM. al Palazzo Realee a quello dato a Uppsala
da quella celebre Università il 21 agosto. In questo stesso giorno il
prof, e la signora Sjogren offrivano a una parte dei congressistij^un
sontuoso ricevimento nella loro splendida residenza di Nynas.
Il Comitato speciale dei festeggiamenti offri poi la sera del 24 ago-
sto una geniale ed originalissima festa nel magnifico Parco e Giar-
dino Zoologico di^Skansen, con invito a tutti i congressisti nei tre
grandi ristoranti entro il Parco stesso e con musiche e danze caratte-
ristiche in costumi nazionali svedesi e lapponi.
I Musei scientifici, artistici ed etnografici di Stoccolma furono per
tutta la durata della Sessione aperti gratuitamente ai congressisti.
Una esposizione speciale del Congresso geologico e della Con-
ferenza agro-geologica era disposta in un locale della Scuola Tecnica
in Mastersamuelgatan, 44. Essa comprendeva per la parte del Con-
gresso: U delle collezioni geologiche appartenenti a varii Istituti e rac-
colte dalle spedizioni polari svedesi: 2® delle Carte geologiche, pub-
blicazioni, collezioni, strumenti, ecc., presentati dai membri del Con-
gresso; 30 delle carte e delle serie di campioni relativi alla struttura
delle torbiere svedesi.
In altro locale (Jernkontoret) era preparata una interessante
esposizione destinata a illustrare particolarmente lo sviluppo storico
e lo stato attuale di due rami della scienza mineraria, e cioè la magne-
tometria e la topografia sotterranea.
La esposizione comprendeva specialmente degli strumenti magne-
tometrici antichi e moderni,' |^delle carte magnetiche antiche, delle
carte magnetiche recenti, alcune delle quah accompagnate da sezioni
e modelli di,|miniere per illustrare i risultati ottenuti con la esplora-
zione magnetica. In questo campo era specialmente interessante una
Carta magnetica del Distretto metallifero Kiirunavaara-Lossavaara
alla scala di 1 : 2000 e un modello di queste miniere alla scala di 1 : 4000.
La Sezione di topografia sotterranea comprendeva strumenti
topografici svedesi antichi e moderni e piani di miniere, fra cui note-
vole principalmente un piano ritenuto il più antico del mondo, co-
struito con proiezioni geometriche.
388
G. CAPELLINI e L. BALDACCI
Come perenne ricordo del Congresso rimane un’opera importan-
tissima, «The Iron Ore Resources of thè World », che può considerarsi
come un esatto inventario, nel limite delle conoscenze attuah, del
minerale di ferro su tutta la superfìcie della terra. A questa grande
opera contribuirono tutte le Nazioni civili e tutti i Servizi geologici e
minerari ufììciah del mondo, ed essa venne stampata in due grossi vo-
lumi a Stoccolma, sotto gli auspicii del Comitato Esecutivo del Con-
gresso e mercè le cure del benemerito ed infaticabile Segretario Gene-
rale del Congresso, Prof. I. G. Andersson.
Gli elementi riguardanti l’Italia furono raccolti e forniti al Co-
mitato daU’Ing. Capo del R. C. delle Miniere, Cav. G. Aichino, in se-
guito ad incarico ricevutone dall’Ispettore Superiore, Capo del
R. Corpo stesso.
Conferenza agro-geologica internazionale.
Presidenti onorari della Conferenza erano S. E. 0. Nylander, Mi-
nistro di Agricoltura, e C. Lundeberg, Presidente dell’Accademia
Reale Agronomica. Il Prof. Gunner Andersson, Professore di geografìa
alla Scuola Superiore di Commercio di Stoccolma, era Presidente del
Comitato Esecutivo e fu poi Presidente effettivo della Conferenza.
Le riunioni si tenevano nei locali della Scuola Superiore di Com-
mercio (Brunkerbergstor, 2) a breve distanza dal Palazzo del Parla-
mento, dove aveva luogo il Congresso geologico;, ma ciò nonostante,
siccome generalmente le ore delle sedute coincidevano nei due locali,
assai raramente era possibile prender parte alle une senza trascurar
le altre.
L’inaugurazione della Conferenza, alla quale erano inscritti
146 membri, di cui 8 dall’Italia ivi compreso il R. Ufficio Geologico
eia Società Geografica Italiana, ebbe luogo il 17 agosto con un discorso
del primo Ministro, S.E. Lindman, econuna conferenza del Presidente
G. Andersson: « Sui tipi di suoli agrari svedesi e sulla loro estensione ».
Le sedute si continuarono poi regolarmente sino al 24, con qualche
interruzione per escursioni nei dintorni di Stoccolma, aventi per scopo
CONGRESSO GEOLOGICO INTERNAZIONALE A STOCCOLMA
389
lo studio di terreni agrari e di qualche azienda agricola (proprietà
di Hamra, appartenente alla Società anonima « Separator »).
Il programma comprendeva delle discussioni riguardanti le que-
stioni proposte dal Comitato agro-geologico internazionale e delle
conferenze libere. Detto Comitato deliberò che le quattro prime que-
stioni da discutersi sarebbero le seguenti :
1) Nomenclatura e classificazione generale dei terreni agrarii.
2) Fissazione di una scala concernente la grossezza dei grani
nelle analisi meccaniche dei terreni.
3) Preparazione degli estratti di terreni per analisi chimiche.
4) Metodi di cartografia agro-geologica.
Gli argomenti principali di indole generale sui quah furono fatte
importanti conferenze furono i seguenti:
a) Analisi meccanica dei terreni (A. Attenberg e P. Vinassa de
Regny), in tedesco.
h) Significato dei colloidi dei suoli agrari (E. Ramann), in
tedesco.
c) La materia colloidale e la sua valutazione (D. I. Hissink)
in tedesco.
d) Sulla azione fisiologica dei sali nutritivi nei terreni e del re-
lativo calcolo dei medesimi (D. Dicent), in tedesco.
e) Sui principali problemi della preparazione delle soluzioni
di terreni per l’analisi chimica (A. v. Sigmond), in tedesco.^
/) Sulla ricerca dei sali nutritivi assimilabih delle piante nei
terreni agrari (A. Rindell), in tedesco.
g) Nuovi principii delle ricerche sui terreni agrari (A. Atten-
berg), in tedesco.
h) Lo scopo e i principii fondamentali della classificazione dei
terreni (E. W. Hilgard e R. H. Longhridge), in inglese.
i) Nomenclatura e classificazione delle specie di terreni agrarii
(B. de Inkey), in francese.
l) Sopra l’analisi chimica dei terreni paludosi per la bonifica
a scopo agricolo (H. v. Zeihtzen), in tedesco.
m) Sulle materie nutritive delle piante, oltre all’acido fosforico
390
G. CAPELLINI e L. BALDACCI
e all’azoto, nei terreni acidi e sulla loro valutazione (M . M . W eibuU)
in tedesco.
n) Sopra certi metodi di analisi perle ricerche sui terreni agrari
(A. Verterbery), in tedesco.
Le conferenze di cui sopra ed altre riguardanti particolari re-
gioni vennero riassunte e pubblicate in un fascicolo pubblicato per
cura del Segretario Generale H. Hesselman.
Il 24 agosto ebbe luogo la seduta di chiusura della Conferenza, e
fu deliberato che la prossima Conferenza agro-geologica internazio-
nale sia tenuta a Pietroburgo nel 1914.
La esposizione della Conferenza agro -geologica comprendeva
delle carte pedologiche, dei 'diagrammi, fotografìe, campioni dei più
importanti terreni | forestali e coltivabili svedesi, e di apparecchi per
ricerche speciali e per analisi.
Principafì esponenti erano:
L'Accadèmia Reale Agronomica. Terreni arabili.
U Amministrazione Reale dell' Agricoltura. Carte agronomiche.
Il Servizio Geologico di Svezia. Carte.
L'Istituto di esperienze forestali dello Stato. Terreni forestali e Carte.
La Società Svedese per la messa in coltivazione delle paludi. Ter-
reni torbosi. Carte.'
Oltre a queste istituzioni ufficiali, altri avevano privatamente
esposti sopratutto campioni di terreni agrari.
II.
B. Lotti. — Verrncano e pseudoremicano in loscana.
Fino dal 1891, rendendo conto del rilevamento geologico nei dintorni
di Grosseto notai la presenza, in mezzo a terreni indubbiamente su-
periori al Lias e probabilmente del Cretaceo superiore, di alcune rocce
aventi una certa analogia con quelle del verrucano permiano di pros-
sime località. Giova riportare integralmente quanto scrissi:
« Sui calcari basici del CoUecchio e sopra una parte di quelb della
Burraia riposano certi scisti argibosi violetti e gialb con diaspri man-
ganesiferi e qualche stratereUo di calcare rosso somigbante aUa scagba
senqniana. A queste rocce altre se ne associano di singolare apparenza e
costituzione che compariscono altresì aUa Torre deUe Bocchette (tav. di
Castigbone della Pescaia), al poggio Rispescia e nelle colline di Mon-
tebrandob (tav. di Grosseto). Sono esse costituite da arenarie quarzose
violette, scisti argillosi deba stessa tinta e conglomerati quarzosi ad
elementi più o meno angolosi. Si direbbe a primo aspetto questo terreno
il verrucano permiano, ed io altra volta - lo ritenni tale per analogia
btologica e perchè neUa località dove Favevo osservato appariva come
il terreno più antico di quei dintorni. Qui invece lo troviamo tra FEo-
1 B. Lotti. — S ole descrittive sul rilevamento geologico delle tavolette d'Or-
betello, ecc. (Boll. E. Comit. geol. d'Italia, 1891).
- Idem. — Lembo di verrucano presso Castiglion della Pescaia. (Bob.
E. Comit. geol., 1887).
392
B. BOTTI
cene e il Lias, e intimamente collegato con strati manifestamente seno-
niani, che nella parte superiore passano grado a grado all’Eocene ed al-
ternano con strati nummulitiferi. Questo fatto verificasi tanto al
Collecchio quanto nella collina che fiancheggia la via Aurefia, fra la
stazione d’Alberese e la Burraia, ed è confermato, come vedremo più
innanzi, nel modo il più evidente nelle altre località sopra ricordate
della Rispescia e di Montebrandoh. Siccome poi abbiamo il vero ver-
rucano permiano a poco più che un chilometro di distanza, è facile
rilevare dal confronto le notevoh differenze che esistono fra questo e
quello, che chiamerei per brevità pseudoverrucano. Uno dei caratteri
più salienti per tale distinzione consiste nella mancanza nel pseudo-
verrucano di quelle numerose varietà di scisti e di arenarie micacee
multicolori che si osservano nel verrucano permiano ».
E più oltre: «Nelle colline di Montebrandoh, a sud di Moscona,
sotto ai calcari nummulitici comparisce il pseudo verrucano formato,
come nelle altre locahtà sopra ricordate, da arenarie quarzose violette,
scisti argillosi della stessa tinta e conglomerati quarzosi, nei quah, in-
vece della tormalinite, come nel vero verrucano permiano, trovansi
frammenti di un diaspro nero. La differenza fra questo terreno riferi-
bile al Senoniano e quello permiano, che trovasi a poca distanza nei
monti di B atignano, è qui pure rimarchevole, oltreché per la struttura
delle rocce anche pel fatto che mancano in questo di Montebrandoh le
numerose varietà di scisti e arenarie micacee multicolori che si osser-
vano nel permiano. Anche qui la parte superiore di questa formazione
clastica è costituita da scisti argillosi rosso-violetti con calcari rosei o
giallastri, pure scistosi, che sono ad essa collegati per passaggi ed alter-
nanze, come lo sono col sovrapposto calcare nummuhtico. Questo fatto
esclude in modo assoluto che possa trattarsi del vero verrucano e, del
resto, verso nord la formazione di Montebrandoh sovrapponesi, come
nelle colline dell’Alberese, agli scisti ed ai calcari del Lias. Il conglo-
merato quarzoso apparisce talvolta come un impasto di frammenti
più o meno angolosi di diaspri rossi, verdi e neri e di quarzo bianco, rosso
e roseo, cementati da una sostanza violetta argihosa, nel qual caso si
direbbe il prodotto della frantumazione e ricomposizione in posto di
VERRUCANO E PSEUDOVERRUCANO IN TOSCANA
393
strati argillosi, diaspri rossi e verdi e diaspri venati, come quelli di
Barga, rocce abituali del Senoniano in Toscana ».
Questa constatazione della esistenza di rocce di tipo verrucano nel
Cretaceo superiore della Catena Metallifera, fenomeno che non vidi ri-
petersi in altri punti della Toscana, fece buon giuoco all’ottimo profes-
sor Fucini di Pisa in appoggio della sua idea che tutto il verrucano di
questa regione debba ritenersi cretaceo, idea affacciata qua e là in vari
suoi scritti e ultimamente concretata in una nota dal titolo: Sulla età
e sulla posizione del verrucano in Toscana, (^roc. verb. della Soc. tose,
di Scienze nat., maggio 1910). In questa nota, insieme a varie osserva-
zioni stratigrafiche e tettoniche sul verrucano del Monte Pisano, tutt’af-
fatto contrarie a quelle da me rilevate e che mantengo, sono esposte, in
appoggio del suo modo di vedere, varie considerazioni, una delle quali
riflette appunto i rapporti litologici fra il vero verrucano permiano e il
pseudo verrucano cretaceo dei dintorni di Grosseto.
« Il Lotti, egli dice, aveva intanto osservato in più luoghi della pro-
vincia di Grosseto, in posizione stratigrafica tale da essere anche da lui
ritenuto cretaceo, un complesso di rocce che egli, col nome impostogli di
pseudo verrucano, riconobbe per lo meno molto vicino al verrucano ti-
pico. Siffatto complesso di rocce essendo identico, checché ne dica il
Lotti in proposito, a quello tipico della Verruca e non distando, per la
maggior parte delle località, che poche centinaia di metri dal complesso
roccioso dei Monti deirUccellina, riferito anche dal Lotti al verrucano
tipico, veniva ad aumentare enormemente il mio primo dubbio. Non
sarebbe stato infatti molto strano che lo stesso complesso di rocce, spe-
ciale e non certo comune, si ripetesse, secondo le idee del Lotti, ora nel
Permiano, ora nel Trias, ora nel Cretaceo, mentre i fenomeni tettonici
I complicati di Rupe Cava e quelli di tale strana ripetizione litologica
j sarebbero stati completamente appianati, quando si fosse potuto ricono-
j scere che anche il verrucano tipico era cretaceo insieme coi calcari ca-
golarmente spiegata la sovrapposizione di rocce verrucane e dei con-
nessi calcari cavernosi ai marmi gialli della Montagnola Senese, senza
ricorrere a rovesciamenti, come taluno ha fatto, o a ritenere che gli stessi
394
B. LOTTI
marmi sieno triasici, ma con fossili di Lias, come vorrebbe il
Lotti? ».
Noto subito che, mentre al Fucini sembra strano il fatto della ri-
petizione a diversi livelli di rocce di tipo verrucano, non gh è sembrato
altrettanto strano quello della ripetizione non di una roccia, ma di un
complesso di rocce svariatissime (arenarie, scisti varicolori, calcescisti,
calcari listati con selce, marmi e grezzoni) che compariscono colla stessa
successione nelle Alpi Apuane, nel Monte Pisano e nella Montagnola
Senese; rocce che io ritengo tutte del Trias, mentre egli, se anche giun-
gesse a dimostrare cretacee quelle della Montagnola Senese e del Monte
Pisano, non riuscirebbe mai a dimostrare postliasiche quelle davvero
identiche delle Alpi Apuane che son coperte a mantello da terreni retici
e basici fossiliferi.
Ma possono in realtà dirsi identiche, come egli afferma, le rocce del
verrucano, permiano e quelle del pseudoverrucano cretaceo? L’esame
sul terreno esclude ciò in modo assoluto e ne ho detto più sopra le ra-
gioni, ma anche le analisi petrografìche sono ben lungi da appoggiare
la conclusione del Fucini.
Il dott. Igino Canavari ^ eseguì di recente uno studio petro-
grafico comparativo di rocce del vero e del pseudoverrucano, e seb-
bene egli ne concluda, forse un po’ troppo affrettatamente, che le diffe-
renze esistenti fra le rocce verrucane antiche e quelle cretacee « dal
lato petrografico son minime se non mancanti addirittura », a me pare
che dal suo studio accurato emergano conseguenze alquanto diverse.
In un esemplare del pseudoverrucano di Rosolie il Canavari nota la
presenza di certi frammenti angolosi, più o meno grossi, di una sostanza
nera avente, come egli dice « tutta l’apparenza della tormahnohte,
ma che al microscopio si riconosce costituita da silice criptocristal-
lina attraversata da venuzze quarzose e cosparsa di minuti cristalhni
di magnetite ». Questa silice è certamente la selce nera di cui io rilevai la
presenza nello pseudoverrucano di Montebrandoli presso Rosolie, e che
1 I. Canavari. — Bocce della formazione verruca, na e 'pseudoverrucana dei
dint. di Grosseto. (Meni. Soc. tose. Se. nat. XXVI, 1910).
VERRUCANO E PSEUDOVERRUCAN O IN TOSCANA
395
non si trova affatto nel vero verrucano permiano. Un campione di que-
sta località, che si conserva nelle collezioni del nostro Ufficio geologico,
ne contiene un grosso frammento parallelepipedo, di circa 9 centimetri
cubi, e di esso e della roccia il collega ing. Franchi eseguì lo studio mi-
croscopico, di cui ecco i risultati comunicatimi:
« Si ^tratta d’un conglomerato ad elementi di quarzo prevalente-
mente rossi e diasprigni, perfettamente cementati, con una scistosità
appena accennata. Vi sono inclusi degli elementi di selce nerastra di
cui alcuni minuti ed uno più grosso, di 3 centimetri di lunghezza,
angoloso. ^
« Al microscopio in lamina sottile si vedono gh elementi di quarzo,
generalmente un po’ arrotondati, recanti tracce di forti azioni meccani-
che con estinzione ondulosa, rotte e talvolta con vera struttura cata-
clastica. Alcuni elementi, anziché di un solo individuo, sono costituiti
da un vero mosaico quarzoso più o meno fino; altri, oltre al mosaico
quarzoso, presentano lacinie sericitiche, rivelandosi così come elementi
allotigeni di rocce metamorfiche.
(( Non sono rari degli elementi di selce avente la caratteristica strut-
tura criptocristalhna, con vene di quarzo e minutissimi cristalhni rom-
boedrici spesso opachi talvolta trasparenti, che probabilmente son di
siderite in parte fresca, in parte ossidata.
« Gh interstizi fra gli elementi maggiori sono occupati da elementi
minori, meno arrotondati, di quarzo semplice od a mosaico, con qual-
che raro elemento felspatico pure allotigeno, e dal cemento compat-
tissimo.
«Questo è costituito essenzialmente di quarzo quasi sempre inqui-
nato da pulviscolo ferruginoso e subordinatamente da sericite la quale,
come il quarzo costituente un fine mosaico sovente con disposizione
parallela, è in parte autigena.
« Solo eccezionalmente il quarzo e la sericite autigeni del cemento
presentano una disposizione radiata attorno a qualche elemento di
quarzo, come suole avvenire sovente in alcuni tipi di quarziti ed ana-
geniti metamorfiche ».
396
B. LOTTI
In nessun campione di vero verrucano è stata mai segnalata la i
presenza della selce, nè G. D’Achiardi nè l’Aloisi ^ la riscontrarono
nel verrucano permiano delle valli d’Asciano e d’Agnano ed in quello
probabilmente triasico di Rupe Cava nel Monte Pisano, ed ho la con-
vinzione che mai lo sarà perchè questa selce non può provenire che da
terreni più recenti del Permiano.
Ma se anche le rocce verrucane e pseudoverrucane dei dintorni di j
Grosseto fossero state identiche, come vuole il Fucini, la loro sincro-
nizzazione s’imbatterebbe in un’altra grave difficoltà. Xei prossimi '
monti deirUccellina e del Monte Argentario, come anche in tutti gh
altri della Catena Metallifera, il verrucano permiano è sempre rico-
perto, e lo ammette pure il Fucini, da una formazione potente di cal-
care dolomitico e cavernoso, che la generalità dei geologi ritiene retico
e che egli invece attribuisce al Cretaceo insieme al verrucano sotto-
stante. Nelle località citate dove comparisce il pseudoverrucano, di
questo calcare dolomitico cavernoso non se ne ha traccia, e, di più. il j
pseudoverrucano si trova, come fu detto, in intima associazione cogli i
scisti argillosi policromi che passano al mummulitico. Se anche potesse i
spiegarsi plausibilmente questa mancanza, si dovrebbe ritenere ad ’
ogni modo che il pseudoverrucano ed il calcare cavernoso, che acciden- i
talmente ivi mancherebbe, sono da riferirsi alla parte più alta del Cre-
taceo, e questa conclusione pare che non si accordi colle vedute del Fu- ^
cini circa la precisa posizione stratigrafica di tali formazioni. Egli nei
Monti d’Oltre Serchio e nel Monte Pisano ^ pone il suo verrucano sotto
a quella potentissima pila di calcari con selce che sta fra gli scisti seno-
niani e il Lias superiore ed è divisa in due parti da una zona relativa-
mente sottile di scisti e strati diasprini attribuiti al Titoniano; la parte '
superiore di questa formazione è formata di calcari bianchi, tipo maio-
1 Gr. D’Achiardi. — Le rocce del verrucano nelle valli d' Ardano e d'Agnano
nei monti pisani. (Meni. Soc. tose. Se. nat., XTI, 1892).
2 P. Aloisi. — Su di alcune rocce di Ripafratta. (Ibid. XX, 1903).
3 A. Fucini. — Ulteriori osservazioni sui calcari cavernosi della Toscana.
(Proc. verb. Soc. tose., ecc., marzo 1909).
VERRUCANO E PSEUDOVERRUCANO IN TOSCANA
307
lica, con selce, perfettamente corrispondenti a quelli dell’Umbria e
deir Appennino centrile, e, come questi, attribuiti al Neocomiano; la
parte inferiore è formata di calcari grigio-cupi pure con selce, che furon
riferiti al Titoniano come gli strati della zona scistoso-diasprina, ma
che forse debbonsi estendere a tutto a il Giurassico superiore e medio.
Qui nei monti d’Oltre Serchio, adunque, il verrucano si troverebbe per
lo meno fra il Titoniano ed il Lias superiore e non nel Cretaceo superiore,
come presso Grosseto. E’ vero però che il Fucini non esclude che tutti
questi calcari con selce e relativa zona scistoso-diasprina interposta
spettino all’Eocene, ma è vero altresì che il Zaccagna ha raccolto fos-
sili neocomiani nei calcari con selce superiori e fossili titoniani nella
formazione scistoso-diasprina. Ecco quanto egli scrive in proposito
« Nè i calcari grigi inferiori, nè quelli della zona superiore ai dia-
spri d’ordinario sono fossiliferi; per cui le sole analogie litologiche ed i
rapporti di stratificazione avevano dapprima servito di guida allo scri-
vente per la loro classificazione nella serie cronologica. In seguito però
allo studio di alcuni affioramenti delle stesse rocce attornianti l’Alpe
Apuana, che offersero fossili titoniani nella zona calcareo-diasprina
(Aptychus Beyrichi, Apt, punctatus, Belemnites semisulcatus) e fossili
neocomiani nei calcari biancastri e grigiastri soprastanti {Apt. angu-
licostatus, Apt. Didayi) ed alla scoperta degli stessi fossili nei lembi di
Casola ed Ugliancaldo in Lunigiana che appartengono alla parte
nord della ellissoide, rimase viemeglio giustificata l’opinione mia in-
torno a simile formazione, la quale occupa una parte notevolissima nella
serie apuana. I diaspri, gli scisti ed i calcari rossi con essi alternanti
sono quindi indubbiamente i rappresentanti del Titoniano. Nè può
allontanarsi molto da questo periodo l’età dei calcari grigi selciferi
sottostanti che ad essi si collegano, tenuto conto anche del fatto che
la formazione calcarea e ladiasprina sono in certo modo complementari
l’una e dell’altra; vale a dire, laddove i calcari raggiungono grande po-
tenza, come nel Camaiorese, è relativamente esigua la zona diasprina,
1 D. Zaccagna. — Carta e sezioni geologiche delle Alpi Apuane. (Boll. R. Co-
mit. geol., 1897).
2 Idem. — Lembi titoniani a Soraggio e a Casola in Lunigiana, e loro rap-
porti coi terreni adiacenti. (Proc. verb. Soc. tose., ecc.: Ili, pag. 207 e 215).
398
B. LOTTI
mentre nel versante dove son potenti i diaspri, i calcari della base son
poco o punto rappresentati. Si aggiunga che ad Ughancaldo i calcari
stessi con fossili titoniani penetrano in lenti fra gli scisti accompa-
gnanti i diaspri, dimostrando la loro equivalenza cronològica. Una di-
sposizione analoga si presenta anche nel Rio Fontanino sulla destra del
Serchio, presso Gallicano, dove una potente serie di strati della zona
diasprina s’incunea fra i calcari grigio-cupi della serie sottostante ».
Il Zaccagna ricorda poi ^ aptici titoniani e belemniti nella zona
diasprina che separa i calcari neocomiani da queUi inferiori presso le
origini del Serchio di Sor aggio (Aptychus Bey richi, Apt. punctatus, Be-
lemnites semisulcatus , B. sp.) ed impronte di Apt. angulicostatus nel
sovrastante calcare bianco con selce, neocomiano, sotto le capanne di
Camporanda nella valle stessa.
Giova notare che nei monti dell’Umbria e dell’ Appennino centrale
questa zona scistoso-diasprina si ritrova, con identici caratteri hto-
logici e con aptici e altri fossili giurassici, alla base di una pila di cal-
cari bianchi con selce, tipo maiolica, nei quali lo scrivente raccolse di
recente un aptico giudicato dal Parona della specie Apt. Seranonis Coq.
ed un’ammonite cfr. Haploceras Grasianum d’Orb
Da quanto è stato esposto sembra dunque difficile di confinare i
nell’Eocene o nel Cretaceo superiore queste potenti e caratteristiche
formazioni calcaree dei Monti d’ Oltre Serchio e del Monte Pisano (Monte
Maggiore) e tanto meno quindi di farvi entrare anche il calcare caver-
noso ed il verrucano.
Lopseudoverrucano dei dintorni di Grosseto devesi pertanto rite- j
nere come una formazione limitata a questa sola locafità e ben di- i
stinta litologicamente e stratigraficamente dal verrucano permiano,! .
ed è da riguardarsi probabilmente come formata coi materiali pro-
venienti dal disfacimento di questo, allorché si trovava emerso a poca *
distanza, e del quale conservò grossolanamente i caratteri.
1 D. Zaccagna. — Nuove osservazioni sui terreni costituenti la zona cen-
trale delV Appennino adiacente alVAlpe Apuana. (Boll. K. Comit. geol., 189S).
2 B. Lotti. — Il bacino sorgentifero del fiume Nera. (Boll. K. Comit.
geol. 1910).
VERRUCANO E PSEUDOVERRUCANO IN TOSCANA .‘399
Dovrei ora prendere in esame gli argomenti del Fucini a sostegno
della sua opinione che il vero verrucano del Monte Pisano e di tutta la
Catena Metallifera toscana sia cretaceo e non permiano, ma è un po’
difficile una discussione su osservazioni locali che io credo fermamente
conseguenza di erronee interpretazioni e della confusione da lui fatta
fra le rocce del verrucano e quelle del Trias, tanto diverse nel loro com-
plesso e nei loro particolari.
Mi hmito soltanto ad affermare che gli strati del verrucano, che
compariscono tra S. Maria del Giudice e Villa Trivellini presso Vaccoli,
nel versante lucchese, stan sempre e dovunque sotto e non sopra i cal-
cari basici del Monte Morighon di Penna e del Monte delle Croci, men-
tre quelli triasici, che per il Fucini sarebbero cretacei, stan sopra ai
detti calcari per effetto di un ricuoprimento. Nessun legame di conti-
nuità esiste fra quelli e questi, e ciò è ammesso dallo stesso autore, che
però spiega il fenomeno come effetto di erosione.
Dato e non concesso che il verrucano di cui è parola sia cretaceo ,
diviene poi inesphcabile il fatto che profonde valli, come quelle di Calci
e di Vorno, penetranti nel cuore del Monte Pisano fin quasi sotto il
punto centrale della cupola, non abbiano messo allo scoperto i calcari e
le altre rocce secondarie che pur dovrebbero trovarsi sotto al verru-
cano se cretaceo.
E che dire del fatto, accidentale secondo il Fucini, della associazione
al verrucano, supposto cretaceo, di rocce litologicamente simili con
flora permo-carbonifera, nel Monte Pisano e a Jano presso Volterra?
Un numero enorme di difficoltà dovrà vincere il Fucini se, con-
tinuando i suoi studi, vorrà estendere questi suoi criteri ad altri punti
della Toscana. Come riescirà, ad esempio, a far entrare nel Cretaceo la
zona di verrucano della costa orientale dellTsola d’Elba, che dal Monte
di Rialbano a nord stendesi fino al Monte Fico a sud, sovrapposta ad
una zona parallela di Siluriano fossilifero ad est e sottostante ad un’al-
tra pure parallela di rocce basiche fossilifere ad ovest? Egli che trova
strano il ricuoprimento di Rupe Cava nel Monte Pisano, dovrà in que-
sto caso giovarsi di ben più complicati artifizi.
400
B. LOTTI
E delle anageniti ed arenarie quarzitiche che al Capo Corvo nei
monti della Spezia stan sotto al Retico fossilifero e questo sotto al
Lias pure fossilifero che ne pensa? Sono anch’esse cretacee?
E quelle ricordate dal Zaccagna ^ che trovansi nella parte supe-
riore degli scisti centrali delle Alpi Apuane nel letto del torr. Lucido
alla base del Poggio Troncone ed al Cantone della Macina sotto ai di-
rupi del Pizzo d’Uccello, sono esse pure cretacee?
E il verrucano delle Alpi Orientali, identico a quello della Toscana
da cui prese il nome e ritenuto permiano da tutti i geologi italiani e stra-
nieri, dovrà esso pure ringiovanire ?
La questione, come vedesi, è complessa ed involge dei problemi
che oltrepassano i ristretti limiti del Monte Pisano e della Toscana.
Roma, dicembre 1910.
1 D. Zaccagna. — Carta e sez. geologiche , ecc., loc. cit.
III.
y. Sabatici.
Ciinini,
Cronologia delle eruzioni dei Vulcani
(Con una figura).
Malgrado che molti geologi si siano occupati della l’egione ci-
mina, la serie delle sue eruzioni non fu mai stabilita. Qualche volta
fu tentata, ma, oltre a non essere basata sopra un numero suffi-
ciente d’osservazioni, non ebbe nemmeno l’aùsilio di determinazioni
petrografiche sicure, onde il Prof. Rosenbusch, nella quarta edizione
della sua « Fisiografia » pubblicata tre anni fa, potè scrivere che uno
studio geologico approfondito sui rapporti delle rocce di questa re-
gione, e di quelle intorno ai laghi di Bracciano e di Bolsena, sa-
rebbe desiderabile in sommo grado h
Certo il compito era tuttaltro che facile, ciò che spiega, in parte
perchè non fu tentato da altri. Io stesso, che pure ebbi a mia di-
sposizione tempo e mezzi, mi urtai spesso in apparenti contradi-
zioni dovute alla natura d’un terreno troppo coperto dalla vegeta-
zione e specialmente da boschi nelle parti più elevate e quindi più
importanti. Errori inevitabili entrarono perciò nelle mie prime se-
zioni, e solo quando le osservazioni divennero numerose e le analisi
petrografiche estese a tutta la ricca collezione da me raccolta e
quando altresi potetti contare sopra le analisi chimiche dei prin-
' Voi. II, p. 982-983.
402
V. SABATIX:
cipali tipi di rocce, dovute in buona parte al mio collega ing. G. Ai-
chino, la successione delle eruzioni potè essere corretta e mi au-
guro completata. Essa è riassunta nel quadro in fine di questa nota
e sarà sviluppata nella mia opera su I Vulcani Cimini in corso di
stampa.
di stabilire la successione tra il peperino delle alture e il peperino
tipico. Agli argomenti da me già sviluppati ^ va principalmente
aggiunto il controllo ottenuto nello scavo della galleria di Soriano
per la costruzione della tramvia Viterbo-Civita Castellana.
Questa galleria ha l’imbocco verso Civita a m. 420.20 s. m. ad
Oriente di Soriano, passa vicino al lavatoio del Ponticello, quindi
sotto la Piazza principale, e, descrivendo una curva con la conves-
sità rivolta a Sud-Ovest, va ad uscire a Nord-Ovest della borgata
a m. 421.65 neda Valle di Papacqua accanto alla Via del Lavatoio
Perciò trovasi sotto la depressione tra l’altura di Soriano e il masso
principale di Monte Cimino.
L’imbocco verso Viterbo è preceduto da una trincea in cui si
osserva la sezione:
4. — Peperino tipico.
3. ■ — Conglomerato di peperino delle alture.
2. — Materials d’aspetto marnoso.
1. — Peperino delle alture.
Il n. 1 ha i caratteri del peperino delle alture con grandi sa-
nidine. Mostra fratture con fortissime inclinazioni, talvolta riem-
^ Il 'peperino dei Monti Cimini, a Boll. Gomm. Geol. 1902.
^ La galleria è a doppia pendenza col punto più alto a m. 422.20 s. m.
CRONOLOGIA DELLE ERUZIONI DEI VULCANI CIMINI
403
pite da vera breccia di frizione della stessa natura, attestante i
movimenti che la massa ha subito e che potrebbe subire ancora.
Il materiale del n. 2 ha l’aspetto di marna indurita, ma si
vede facilmente che non lo è, non facendo effervescenza con gli
acidi. Esso è un prodotto d’alterazione del peperino delle alture.
Difatti appare come un banco arcuato, con 25® di pendenza media,
con spessore variabile da m. 0.40 a m. 1.50, di colore rossastro in
in alto, rosato nel mezzo, bianco alla base, e passante gradatamente
al peperino delle alture in basso e al conglomerato in alto. E la
stessa roccia che trovasi in inclusi nel peperino tipico e che fu spesso
confusa con la marna. Evidentemente essa ha subito una caoliniz-
zazione, non ancora così spinta da farla divenire molle e plastica.
Il n. 3 è simile ai conglomerati del Monte di Vitorchiano, del
Ponte a Ferro di Cavallo o Volpara di Bagnaia, del Casino Cecchini
presso Vitorchiano, del Fosso Lupara sotto la Palanzana, ecc. A
Soriano è nettamente interposto tra peperino tipico e peperino delle
alture, mentre al Ponte di Bagnaia è intercalato nel peperino tipico,
ciò che mostra come l’erosione della roccia delle alture abbia avuto
nn maaGiTTir» -fìni mip.nHo il -nArkArinrk t.i'niAr» «i Ara. cria, in na.rf.A.
p» 403 linea 3 dal basso — invece di peperino leggere peperino tipico.
» >> » .5 » » orientale » occcidentale
peperino tipico.
La galleria di Soriano è lunga 270 m. Di questi 44 m. verso
l’imbocco orientale sono nel peperino tipico, 132 m. nel peperino
delle alture, 24 m. nel materiale d’aspetto marnoso e 71 m. nel
conglomerato. Il peperino comincia all’esterno col solito colore grigio
e con la solita consistenza, ma a 31 m. di profondità comincia ad
alterarsi. Il colore si fa dapprima rosso poi bianco, la coesione si
402
V. SABATINI
cipali tipi di rocce, dovute in buona parte al mio collega ing. G. Ai-
chino, la successione delle eruzioni potè essere corretta e mi au-
guro completata. Essa è riassunta nel quadro in fine di questa nota
e sarà sviluppata nella mia opera su I Vulcani Cimini in corso di
stampa.
Uno dei problemi che maggiormente mi occuparono fu quello
di stabilire la successione tra il peperino delle alture e il peperino
tipico. Agli argomenti da me già sviluppati ^ va principalmente
aggiunto il controllo ottenuto nello scavo della galleria di Soriano
per la costruzione della tramvia Viterbo-Civita Castellana.
Questa galleria ha l’imbocco verso Civita a m. 420.20 s. m. ad
Oriente di Soriano, passa vicino al lavatoio del Ponticello, quindi
ci; t/v VI X C¥i L tl.± Vy .
2. — Materials d’aspetto marnoso.
1. — Peperino delle alture.
Il n. 1 ha i caratteri del peperino delle alture con grandi sa-
nidine. Mostra fratture con fortissime inclinazioni, talvolta riem-
^ Il 'peperino dei Monti Cimini, a Boll. Comm. Geol. f>, 1902.
^ La galleria è a doppia pendenza col punto più alto a m. 422.20 s. m.
CRONOLOGIA DELLE ERUZIONI DEI VULCANI CIMINI
403
pite da vera breccia di frizione della stessa natura, attestante i
movimenti che la massa ha subito e che potrebbe subire ancora.
Il materiale del n. 2 ha l’aspetto di marna indurita, ma si
vede facilmente che non lo è, non facendo effervescenza con gli
acidi. Esso è un prodotto d’alterazione del peperino delle alture.
Difatti appare come un banco arcuato, con 25° di pendenza media,
con spessore variabile da m. 0.40 a m. 1.50, di colore rossastro in
in alto, rosato nel mezzo, bianco aUa base, e passante gradatamente
al peperino delle alture in basso e al conglomerato in alto. E la
stessa roccia che trovasi in inclusi nel peperino tipico e che fu spesso
confusa con la marna. Evidentemente essa ha subito una caohniz-
zazione, non ancora così spinta da farla divenire molle e plastica.
Il n. 3 è simile ai conglomerati del Monte di Vitorchiano, del
Ponte a Ferro di Cavallo o Volpara di Bagnaia, del Casino Cecchini
presso Vitorchiano, del Fosso Lupara sotto la Palanzana, ecc. A
Soriano è nettamente interposto tra peperino tipico e peperino delle
alture, mentre al Ponte di Bagnaia è intercalato nel peperino tipico,
ciò che mostra come l’erosione della roccia delle alture abbia avuto
un massimo che fini quando il peperino tipico si era già in parte
depositato. Ma questo non prova affatto che la continuazione del
processo che produsse il detto conglomerato giunse a produrre con
elementi più piccoli il peperino tipico, il quale invece è indubbia-
mente una roccia di prima formazione, come risulta dall’osservazione
microscopica più elementare. Il conglomerato suddetto va conside-
rato come un detrito di falda, che cioè non subì un trasporto no-
tevole, mentre 1 pezzi più piccoli andarono dispersi in gran parte
trascinati dalle acque e nel resto furono racchiusi principalmente nel
peperino tipico.
La galleria di Soriano è lunga 270 m. Di questi 44 m. verso
l’imbocco orientale sono nel peperino tipico, 132 m. nel peperino
delle alture, 24 m. nel materiale d’aspetto marnoso e 71 m. nel
conglomerato. Il peperino comincia all’esterno col sohto colore grigio
e con la solita consistenza, ma a 31 m. di profondità comincia ad
alterarsi. Il colore si fa dapprima rosso poi bianco, la coesione si
404
V. SABATINI.
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Roccia trachiandesitica (peperino delle alture) e oligolabra-
doriti di Bagnaia e di M. Torello.
CRONOLOGIA DELLE ERUZIONI DEI VULCANI CIMINI
4or>
va indebolendo, onde la roccia a contatto del peperino delle alture
appare del tutto sfarinata. Il contatto è fortemente inclinato essendo
in media superiore ai 50°, considerato nella parte attraversata dalla
galleria ed in quella superiore fino alla superficie del terreno. Il pas-
saggio è brusco e rivelato dalle grandi sanidine che appariscono
improvvisamente nel peperino delle alture. Il peperino tipico forma
dunque qui una lamina addossata alla vicina roccia, la quale perciò
è più antica.
Il materiale d’aspetto marmoso appare in questa galleria come
un banco di m. 3.50 di spessore, rossastro sopra, bianco sotto, e si
vede passare dalla volta al piede con andamento ondulato. La sua
superficie inferiore ha 8° di pendenza media e la superficie superiore
12°. Pare evidente che questo banco sia la continuazione di quello
già descritto nella trincea d’imbocco col quale formerebbe una sin-
clinale, che è tutta riempita dal conglomerato. Questo non aggiunge
nuha alle osservazioni fatte al Ponte di Bagnaia, mentre invece l’ad-
dossamento del peperino tipico a quello delle alture, evidente nella
detta galleria, è un eccellente controllo.
lY.
C. Ceema. — Sezione geologica attraverso la valle di Licenza,
nel bacino delV Aniene.
(Con tre figure).
Fra gli affluenti di destra dell’ Aniene tiene uno dei primi posti il
torrente Licenza — il jrigidus Digentia rivus di Orazio — il quale
ha la sua origine nel punto più settentrionale del bacino idrografico
di cui fa parte, fra i colli Cima di Coppi e Migliore. Il suo corso, ge-
neralmente poco tortuoso, si svolge in direzione N-S per una lun-
ghezza di circa 12 km. a volo d’uccello e cioè fino ai piedi del colle
di S. Cosimato; ma giunto a questo punto, a poche centinaia di
metri daU’Aniene, piega bruscamente verso Est, cosicché la con-
fiuenza non ha luogo che circa un chilometro e mezzo più a monte.
La valle del Licenza, o vai Ustica, come viene pure denominata,
trovasi in una regione di facile accesso, comoda e ricca di attrattive
per lo studioso; tuttavia scarse possono dirsi le notizie geologiche,
che se ne hanno.
La valle di Licenza si trova compresa nella Carta geologica
del Bacino di Boma del Ponzi (1871) ed in quella della Campagna
romana del Mantovani (1875), ma per queste vecchie carte, in
iscala assai piccola e di infelice esecuzione e per le memorie cui
vanno unite, basterà il semplice ricordo, come per la Carta geo-
logica della Campagna romana nella scala di 1 a 250,000, annessa
SEZIONE GEOLOGICA ATTRAVERSO LA VALLE L>I LICENZA
407
alla Monografia della città di Roma e della Campagna romana (1878)
ed opera pressoché di sola compilazione.
Soltanto colla pubblicazione, fatta nel 1888 dal R. Ufficio geo-
logico, del foglio 144 (Palombara Sabina) della Carta geologica
d’Itaba al 100,000, si ha una carta della valle costrutta surilievi geo-
logici regolari ed in grande scala b In questa carta sono riferiti al
Mesozoico pressoché tutti i calcari del versante destro del Licenza
e gli scisti calcareo-marnosi, che compaiono lungo il suo piede e co-
stituiscono quasi per intero l’altro versante sono indicati come eoce-
nici. Pei dintorni di Perche quest’ultimo riferimento era stato adot-
tato dal Ponzi fin dal 1866 ^ e venne poi più tardi seguito dal pro-
fessor Meli che lo estese anche ai pressi della Villa d’Orazio.
I risultati dei rilevamenti eseguiti a cura dell’Ufficio geologico
avevano però già trovato posto, in forma più sintetica, nella Carta
dell’Agro romano, che accompagna le Conferenze sul Clima di Roma
del prof. C. Tommasi-Crudeli essi furono poi convenientemente uti-
lizzati nelle carte annesse alle monografie del Tevere e dell’Aniene
pubbhcate ad illustrazione della Carta idrografica d’Itaha
Nel 1897 il prof. De Angelis, in due importanti memorie di-
mostrava la presenza, anzi la grande estensione del Miocene
'' Un opuscolo illustrativo accompagna questo e gli altri fogli compren-
denti la Campagna romana con le regioni limitrofe.
^ Gr. Ponzi, Quadro geologico dell' Italia centrale. (Att. d. Acc. pont. d.
Nuovi Lincei, T. XIX), Roma 1866.
^ R. Meli, Sulla presenza delV Iberna signatus Per. nei Monti JErnici e nei
dintorni di Terracina. (Riv. it. d. Se. nat. e B. d. Nat. anno XIV), Siena 1894, p. 3.
Presentazione di calcari fossiliferi del circondario di Roma. (Boll. d. Soc.
geol. it. V. XX,VII) Roma, 1908, p. CXXXIV.
^ Carta topografica delVAgro Romano con indicazioni geologiche ricavate da
rilevamenti eseguiti per cura del R. Ufficio geologico (scala da 1: 100,000)
Roma, 1886.
^ Ministero di Agr. Ind. e Commercio, Carta idrografica d'Italia: U A-
niene, 1891; Tevere, 1‘'^ ed. 1899, 2^ ed. 1908.
G. DE Angelis D’ossat. L'alta valle delVAniene (Mem. d. Soc. geogr.
it., V. VII), Roma 1897.
— Contribuzione allo studio paleontologico delV alta valle delVAniene. (Boll,
d. Soc. geol. it., V. XVI) Roma, 1897.
408
C. CEEMA
nella valle dell’Aniene, illustrando la fauna degli scisti marnosi so- j-
pra accennati e delle altre formazioni eteropiche fin allora ritenute eoce-
niche ; ^ qualcuna delle località fossilifere indicate si trova nella
valle di Licenza, al suo sbocco in quella deH’Aniene.
Intanto TUfficio geologico affidava l’incarico di completare •
il rilevamento del’Appennino romano all’ing. C. Viola, il quale aveva U
così occasione di compiere anche importanti revisioni nelle por- j-
zioni già rilevate e pubblicate, ed in qualcuna delle sue escursioni 'i
gli furono compagni il professor Giovanni Di Stefano, allora Paleon- |-
tologo dell’Ufficio geologico, e lo scrivente.
Nelle sue revisioni nella valle del Licenza l’ing. Viola riconobbe -
che soltanto i calcari della porzione meridionale del versante de-
stro erano mesozoici, mentre gli altri erano da riferirsi al Terziario,
come gli scisti marnosi; delle due formazioni cenozoiche, i calcari
e gli scisti, attribuì, almeno in via provvisoria, i primi all’Eocene, i
secondi al Miocene. Egli delimitò le varie formazioni e potè rac- j-
cogliere nei calcari e negli scisti terziari un abbondante materiale
paleontologico nel quale predominavano per numero e buona j
conservazione le nummulitidi. Senonchè in seguito alla sua nomina
a professore di Mineralogia nella R. Università di Parma egli |
abbandonava l’Ufficio geologico quando appena aveva iniziato lo
studio della ricca fauna a foraminiferi raccolta nella vai Licenza |
e nelle regioni limitrofe, e questo veniva allora affidato al dottor
Prever. La memoria illustrativa di tale fauna è tuttora attesa, ma
in due note preliminari ^ compirse nel 1907 il Prever confermava
le conclusioni del Viola; quasi contemporaneamente, però, il prof. !
F. Sacco, in un sommario rilevamento della regione considerata, ' ^
fatto per inquadrare la carta geologica degli Abruzzi, tanto per la
^ P. L. Prevek, Bicerche sulla fauna di alcuni calcari nummulitici delV Ita-
lia centrale e meridionale. (B. d. Soc. geo!, it., v. XXIV, Boma 1907.
— Su alcuni terreni a nummuliti e ad orbitoidi delValta valle dell' A-
niene. (B. d. R. Com. geol. d’it., v. XXXVIIl.) Roma, 1907.
SEZIONE GEOLOGICA ATTRAVERSO LA VALLE DI LICENZA
400
distribuzione dei terreni di vai Licenza quanto per il loro riferi-
mento cronologico ritornava invece alla Carta geologica del 1888 b
Succeduto all’ing. Viola neirincarico di completare il rileva-
mento deir Appennino romano, ebbi anch’io occasione di compiere
qualche altra escursione nella valle di Licenza e nelle porzioni fini-
time del bacino dell’Aniene ed ora mi propongo appunto di far co-
noscere le osservazioni fatte. Le mie conclusioni collimano con quelle
deU’ing. Viola e del dottor Prever ; confido tuttavia che questa breve
nota possa presentare qualche interesse, perchè sulle ricerche compiute
dal Viola non si ebbe che qualche brevissima notizia data quando
le sue revisioni erano appena iniziate ^ e parzialmente in contra-
sto coi risultati ai quali egli giunse posteriormente e d’altra parte
lo studio cui stà attendendo il Prever ha carattere esclusivamente
paleontologico.
Nelle mie escursioni avendo potuto raccogliere anch’io nume-
rose nummulitidi, mi affrettai ad affidarle allo stesso dottor Prever,
affinchè potesse comprenderle nell’importante monografia che stà pre-
parando e debbo qui vivamente ringraziarlo per avermi fin d'ora
comunicato gli elenchi delle specie determinate, perchè potessi uti-
lizzarli in questo mio lavoro.
*
* *
La valle di Licenza, come già dissi, si estende dalla Cima di
Coppi al colle di S. Cosimato, ma non mi occuperò che della sua
parte mediana nella quale principalmente si svolsero le mie escur-
sioni e che corrisponde all’incirca al territorio di Licenza. Questo
^ F. Sacco, 8ur la valeur stratigra'phique des Lepidocyclina et des Miogy-
psina. (B. Soc. geol. d. France, 4 s. t. V.) Paris, 1906.
— Gli Abruzzi. (B. d. Soc. geol. it. v. XXV) Koma, 1906.
^ Queste notizie si trovano sparse nelle Eelazioni annuali al R. Comitato,
geologico sui lavori eseguiti per la Carta geologica e particolarmente in quelle
per gli anni 1901, 1902 e 1903. (B. d. R. Com. Geol. d’It. voi. XXXIII,
XXXIV e XXXV).
3
410
C. CREMA
grosso borgo si adagia sull’erta cresta compresa fra romonimo tor-
rente ’ ed il più importante dei suoi aifluenti, cioè il fosso, che va-
riamente denominato nei suoi successivi tronchi (Pisciarello, Mar-
ricella, Castighone) raccoglie le acque dei tre monti Pellecchia, Ariaoni
e Rotondo.
In questa regione le formazioni sono talvolta fortemente con-
torte e ripiegate ed anche rovesciate, e perciò la stratigrafia non si
presenta sempre facile a chiarire. Esporrò le mie osservazioni e le
mie vedute illustrando la sezione rappresentata nella fig. 2, che
tagha la valle approssimativamente in direzione Est-Ovest e passa
pel M. Santo Chirico, per l’estremità settentrionale della cresta del
M. Ariaoni, pel Cimitero di Licenza (situato a poco più di mezzo
chilometro a Nord del paese), per la C.^^ Montanello e per il colle
dei Cerri. Questo profilo venne costruito in base agli elementi offerti
dalle belle sezioni naturali messe in evidenza dalle profondi inci-
sioni dei fossi Gattaceca, delle Chiuse, Pisciarello, che scorrono al
piede del M. Santo Chirico e del M. Ariaoni, e dal rio Secco, fra il
paese di Licenza eia C.°® Montanello; nella sua parte sostanziale
esso risultò poco diverso dalla corrispondente sezione rilevata dal-
l’ingegnere Viola ed esistente manoscritta presso 1’ Ufiicio geologico
coll’indicazione « C. Viola, 1905 (da rivedere))). Nell’analisi del profilo
procedo da Ovest ad Est, descrivendo così la serie in ordine ascen-
dente.
Mesozoico. — I terreni mesozoici sono poco sviluppati in que-
sta parte della valle ; anzi, come già dissi, nel bacino di Licenza essi
sono molto meno estesi di quanto altre volte si ritenesse. Dai rile-
vamenti (tuttora inediti) dell’ing. Viola è risultato infatti che le
formazioni mesozoiche vi sono confinate a Sud del Pizzo di Pellec-
chia e, salvo forse piccoli affioramenti in fondo a qualche burrone,
hmitate verso Est da una hnea che partendo dal Pizzo Pellecchia
passa per i colh S. Chirico, Cornazzani, Cantamessa, donde si dirige
^ Il torrente o fosso di Licenza in questo tratto riceve comunemente il
nome di rio Secco.
SEZIONE GEOLOGICA ATTRAVERSO LA VALLE DI LICENZA
411
verso Sud-Est fino alla sorgente della Valle d’Oro (alla quota di
m. 450) per seguire poi press’a poco il sentiero fino al fosso Cavalunga
indi salire dolcemente poco sopra all’Ara delle Micelle ed al M. Li-
poni. Ad Ovest esse si estendono al di là dello spartiacque passando
nelle valli adiacenti dove assumono un grande sviluppo.
Le mie escursioni in Val Licenza non avevano per iscopo lo
studio dei terreni mesozoici, studio del resto che non sarebbe pos-
sibile se non esteso alle altre valli, più ad Ovest, tuttavia eseguii
anche una gita di orientamento in questi terreni spingendomi fino alla
fonte Malatesta; disgraziatamente la natura boschiva di gran parte
dei luoghi attraversati non mi permise che poche e saltuarie osserva-
zioni. Si è quindi colla maggiore riserva che riporto la mia impressione,
basata sopra analogie litologiche e di posizione, che la serie sia qui
affine a quella che si osserva nell’altipiano di Leonessa, in provin-
cia d’Aquila, serie che non fu ancora compiutamente descritta, ma
della quale l’ing. Lotti ha già incidentalmente fatto conoscere
qualcuna delle più importanti caratteristiche h
A partire dalla fonte Malatesta e procedendo verso Oriente so-
pra i calcari grigiastri, subcristalhni del Lias medio, si hanno infatti
dapprima dei calcari scistosi, molto marnosi, di poca potenza, colo-
rati variamente ma per lo più in rosso-violetto, con fucoidi e nume-
rose e ben conservate Posidonomya Bronni, evidentemente da at-
tribuirsi al Lias superiore.
Sopra questi scisti sembrano far seguito i terreni del Giura
medio e superiore analoghi a quelli di Leonessa, specialmente per
la presenza della caratteristica brecciola variegata, tanto sviluppata
nel Giurassico di quell’altipiano.
Più oltre compaiono scisti argillosi o calcareo-marnosi grigi, verda-
stri o rossastri, ricchissimi di fucoidi, che rappresenterebbero la così
1 B. Lotti, Osservazioni geologiche nei dintorni di Bieti (B. d. E.. Com,
geol. d’It. V. XXXVII) Eoma, 1906.
— Rilevamento geologico nelVAlia V alnerina durante la campagna 1908 (ibid,
V. XL) Eoma, 1909.
412
C. CREMA
detta zona degli scisti a f uccidi dell’Aptiano, la quale è probabil-
mente anche qui separata dal Giura dai calcari neocomiani.
Come a Leonessa si hanno infine al M. Santo Chirico dei cal-
cari bianchi o grigio-chiari, granulari, ben stratificati, ma qui vi si
riscontrano talvolta rognoni rossastri con dei frammenti di fossili
indecifrabili e che al microscopio si mostrano ricchi di frammenti
di briozoi, globigerine e spugne. Questi calcari passano senza ap-
parente discontinuità alla formazione eocenica superiore, alla quale
forse si sarebbe tentati di riunirli senza la presenza di piccole am-
moniti indeterminabili ; quale o quali piani del Cretaceo rappre-
sentino è per ora impossibile di determinare.
Eocene. — A questi calcari di età non ben precisata fa seguito la
potente e complessa formazione conosciuta sotto il nome di scaglia,
Fig. 2. Sezione attraverso la Valle di Licenza alla scala di 1 : 35000.
SEZIONE GEOLOGICA ATTRAVERSO LA VALLE DI LICENZA
413
414
C. CREMA
la quale costituisce quasi da sola il M. Ariaoni e gran parte dei monti
contigui a Nord ed a Sud.
Questa formazione comprende inferiormente i noti calcari mar-
nosi, con una tinta rosso-mattone, ben stratificati e con piccoli letti
e lenticelle di selce di color rosso più o meno vivace (scaglia rossa)
e superiormente degli scisti marnosi, di color verdastro, od anche
vinato (scaglia argillosa o superiore). La potenza di questa forma-
zione può ritenersi certamente non inferiore a 500 m. I calcari
rossi e gli scisti raramente contengono fossili macroscopici, ma sono
invece spesso ricchissimi di nummuhti, orbitoidi ed altri foramini-
niferi i calcari cristallini, bianchi, per lo più a grana fina, che vi
formano frequenti e talora importanti intercalazioni.
La formazione presenta numerose, minute ripiegature special-
mente nella porzione superiore più argillosa (fig. 1), ma nel suo insieme
costituisce un’unica, grande antichnale, ribaltata verso Oriente, e nella
quale l’erosione ha scavato la valle del Pisciarello. A causa dell’ac-
cennato ribaltamento nella metà inferiore della falda orientale del
M. Ariaoni e nella maggior parte del colle di Civitella la serie rimane
rovesciata e gli strati nummulitici, che pendono fortemente ad
Ovest, sembrano sovrapporsi a quelli miocenici i quah compaiono
in una esile hngua, che dal Cimitero di Licenza si dirige a Nord verso
il colle Pio ed a Sud verso la villa d’ Orazio.
Ad Oriente di questa striscia miocenica appare nuovamente la
formazione nummuhtica nel burrone del rio Secco spingendosi
sulla sua sponda destra fin sopra l’abitato di Licenza, sulla sinistra fino
sopra la Montanello, ma qui essa si presenta”costituita da calcari
cristalhni di color bianco o biancogiallastro in grossi banchi, fra i
quah stanno quà e là inframmezzati sottili letti marnosi ; gh scisti
verdastri vi compaiono appena, vi si osservano invece lenti anche
grandiose di un calcare in piccoh banchi, avente la stessa tessitura
della scaglia tipica ma di colore bianco con rarissime chiazze rosee
(scaglia bianca). I banchi presentano un andamento traquillo e for-
mano una cupola poco elevata, profondamente incisa dalla valle
SEZIONE GEOLOGICA ATTRAVERSO LA VALLE DI LICENZA
415
del rio Secco. Siccome l’abitato di Licenza sorge su questi calcari,
potremo chiamarli calcari di Licenza.
Non è possibile osservare se esista passaggio laterale fra questi
calcari di Licenza o del rio Secco e la formazione della scaglia del
M. Ariaoni, poiché questo passaggio non può aver luogo che in profon-
dità sotto i terreni miocenici, ma non può esservi dubbio che tali
grossi banchi mummulitici con intercalazioni di scaglia bianca rappre-
sentino il massimo sviluppo dei calcari cristallini, che si interpon-
gono nella scaglia tipica del M. Ariaoni e del fosso Pisciarello. Casi
affatto consimili di eteropia sono stati infatti constatati nelle valli dei
Salto e del Turano ^ e passaggi laterah degli scisti pohcromi della
scagha ai calcari bianchi e grigi in grandi banchi si osservano quasi
dappertutto nelle Alpi Apuane e principalmente nella valle del
Serchio, come apparisce chiaramente dalle sezioni che accompagnano
la Carta geologica deU’ing. Zaccagna e specialmente dalla XVIII e
dalla XIX Analoghe constatazioni sono state fatte dal Lotti,
dal Moderni, e da] me sull’altipiano di Leonessa, dove sopra agli
scisti a f uccidi od ai calcari che talvolta vi sovrastano, ora trovammo
la scaglia, ora dei calcari nummulitici ora infine alternanza degli uni
e degli altri. Infine, a distanza non grande dalla località in discorso,
nel territorio di Castel Madama, fra l’Aniene e l’Empiglione, potei
osservare che i calcari bianchi nummulitici dei colli Papese e Monitola
racchiudono lenti, anche importanti, di scaglia rossa
La tabella seguente comprende indicate nella colonna A le specie
finora raccolte nella formazione della scaglia del M. Ariaoni e zone
^ B. Lotti, Osserv. geol. nei dintorni di Mieti, 1. c. p. 97.
- Vedi anche la memoria dello stesso autore Carta e Sezioni geologiche
delle Alpi Apuane (B d. E. Com. geol. d’It. voi. XXVIII), Koma 1897, p. 332.
® I calcari di questi due colli furono descritti dal prof. Canavari e dal-
l’ing. Cortese {Sui terreni secondari dei dintorni di Tivoli,^, d. E. Com. geol.
voi. XII, Eoma, 1881 p. 43), che riservarono però ogni definitivo apprezza-
mento cronologico non avendo avuto la ventura di rinvenirvi resti organici
sufficienti a stabilirne l’età.
416
C. CREMA
adiacenti \ nella colonna L i fossili dei calcari di Licenza essa
ci mostra che la fauna è assolutamente la stessa nelle due forma-
zioni nummulitiche che devono perciò considerarsi come eteropiche :
ci mostra inoltre che appartengono all’Eocene inferiore e medio ^
Occorre, però, osservare che nelle mie escursioni non mi fu dato di
rinvenire fossili nella parte più profonda della scagha cosicché la
distinzione dei calcari mesozoici da quelli terziari deve ritenersi
alquanto arbitraria.
y.
d’ord.
Fossili dei calcari eocenici in territorio di Licenza
A
L
1
Bruguierea
sub-Capederi Prev
*
2
»
Taramelhi Prev
*
3
»
Ficheuri Prev
*
*
4
»
sub-Ficheuri Prev
*
*
5
))
Heilprini Hantk
*
*
6
»
sub -depressa Prev. .
*
7
»
Virgilio! Prev
5fC
*
8
»
sub -Virgilio! Prev
*
*
9
Laharpeia
Lamarcki d’Arch
*
*
10
))
tuberculata Brug
*
11
))
Benoisti Prev
*
12
))
Molli D’Arch
*
13
»
sub-Molli Prev
*
*
14
))
Rosae Prev
*
*
15
»
sub-Rosae Prev
*
16
))
Puschi D’Arch
*
17
Gùmbelia
lenticularis Ficht. e Moli
*
18
))
Paropai Prev
*
19
))
sub- Par on ai Prev
*
20
»
0 esteri Prev
*
^ I fossili furono principalmente raccolti lungo la mulattiera che da Li-
cenza conduce alla fontana di S. Chirico, presso la vetta di m. Ariaoni, lungo
il fosso delle Chiuse, sotto la R. Costa Venalunga, ecc.
^ I principali punti da cui provengono i fossili si trovano presso l’abitato
ed il cimitero di Licenza, nelle adiacenze della Cascina Montanello, sotto il
coUe Mario] o e sulle falde occidentali del colle Vettone.
In quattro località, tre del gruppo A, ed una del gruppo L, situate tutte,
per quanto pare, alla base degli stati nummuhtici, sole o con tipiche nummu-
hti ed orbitoidi eoceniche si trovarono pure qualche Siderolithes e Lepidocyclina
di tipo cretacico. La discussione di quest’importante associazione di specie vena
fatta dal dott. Prever nella già accennata memoria di prossima pubblicazione.
SEZIONE GEOLOGICA ATTRAVERSO LA VALLE DI LICENZA
417
N.
d’ord.
Fossili dei calcari eocenici in territorio di Licenza
A
L
21
Gùmbelia
Meneghinii D’Arch
*
22
»
parva Prev
*
*
23
Paronaea
latispira Mngh
*
*
24
»
biaritzensis D’Arch
*
*
25
))
Guettardi D’Aroh
*
*
26
))
variolaria Lmk
*
*
27
»
venosa Ficht. e Moli
*
*
28
»
Heberti D’Arch
*
*
29
»
crispa Ficht. e Moli
*
*
30
»
mamilla Ficht. e Moli
*
31
))
Heeri De la Harpe
*
*
32
»
sub-Heeri De la Harpe •
*
33
»
deserti De la Harpe
*
*
34
»
Eamondi D’Arch
*
*
35
»
sub-Eamondi De la Harpe
*
*
36
»
nitida De la Harpe
*
37
»
Melii Teli
*
38
»
Beaumonti D’Arch
*
39
»
sub-Beaumonti De la Harpe ....
*
*
40
»
discorbina D’Arch
*
*
41
»
sub -discor bina De la Harpe ....
*
*
42
Assiima
exponens Sow
*
43
»
mamillata D’Arch
*
*
44
n
canalifera D ’ Arch
*
45
»
spira De Eoissy
*
*
46
»
sub spira De la Harpe
*
*
47
Amphistegina
Niasi Verb
*
*
48
»
sp
*
*
49
Opercnlina
complanata Defr
*
50
Operculina
pyramidum Schwag
*
51
Heterostegina
granulosa Bouss
*
52
»
reticulata Eut
*
*
53
»
glabra Os
*
*
54
Orthophragmina Fratti Mich
*
*
55
»
tenella Gùmb
*
*
56
»
discus Eut
*
*
57
))
sella D’Arch
*
*
58
))
appianata Gùmb
*
*
59
»
strophiolata Gùmb
*
*
60
»
Archiaci Schlumb
*
*
61
»
scalaris Schlumb
*
*
62
))
Bartholomei Schlumb
*
*
63
»
dispansa Sow
*
*
64
a
aspera Gùmb
*
*
65
))
Douvillei Schlumb
*
66
a
nummulitica Gùmb. ........
*
67
a
Marthae Schlumb
*
*
68
a
Munieri Schlumb
*
69
a
patellaris Schlumb
*
*
70
a
radians D’Arch
*
*
71
a
V ariana Hauf
*
72
a
stella D’Arch
*
*
73
a
priabonensis Gùmb
*
*
74
a
lanceolata Schlumb
*
*
418
C. CREMA
N.,
d’ord.
Fossili dei calcari eocenici in territorio di Licenza
A
L
75
Orthophragmina
Taramellii Mun-Ch
*
*
76
»
Eovasendai Prev. . *
*
77
Gypsina
vescicularis Park, e Jon
*
♦
78
Baculogypsina
cornuta Mngh
*
*
79
»
Bonarellii Os
*
*
80
Alveolina
sphaerica Fort
*
*
81
»
bulloides D’Orb
*
82
»
ovoidea D’Orb
*
83
»
granum festucae Bosc
*
Miocene — AU’Eocene fa seguito in ordine ascendente una
formazione, che nettamente se ne differenzia sia dal punto di vista
paleontologico che da quello litologico. E’ questa la nota zona
calcareo-marmosa tanto estesa nelFAppennino e costituita da marne
e calcari più o meno marnosi, ripetutamente alternanti fra loro e
con strati alquanto arenacei od arenaceo-argillosi.
Nei banchi marnoso-arenacei compaiono, spesso in numero straor-
dinario, le caratteristiche impronte vermicolari, altre volte ritenute
fucoidi ; i letti più calcarei si mostrano in generale ricchissimi
di grandi e piccoli foraminiferi, di cui talvolta anzi sembrano quasi
esclusivamente costituiti. Le specie più interessanti sono le seguenti ^ :
Amphistegina Niasi Verb.
» sp.
Operculina complanata Defr.
» libyca Schwg.
)) ammonea Leym.
» pyramidum Schwg.
Heterostegina reticulata Eut.
» glabra Os.
» granulosa Bouss.
» ruvida Eut.
Lepidocyclina Mantelli Mort.
» Mortoni Prev.
» Chaperi Lem. e Douv.
» formosa Schlumb.
» Eauliui Lem. e Douv.
^ Questi fossili sono stati principalmente raccolti sulle falde orientali del
colle Eotondo, lungo la rotabile fra il ponte sul Pisciarello e l’abitato di Licenza,
nella E. Pezza gentile, nel fosso Prata (all’altezza del colle Serranile) e poco
ad Ovest di Colle Vettore.
SEZIONE GEOLOGICA ATTKAVERSO LA VALLE DI LICENZA
419
Lepidocyclina dilatata Micht.
)) marginata Micht.
» Giraudi Douv.
» Morgani Lem. e Douv.
» Formai Prev.
» angularis Neut. e Holl.
» Verbeki Neut. e Holl.
)) Ferrerò! Prov.
)) sumatrensis Brady.
Myogypsina irregularis Micht.
» taurinensis Prev.
)) complanata Sohlumb.
» burdìgalensis Gùmb.
I fossili macroscopici, comprendono rari echinodermi e lamel-
libranchii, questi ultimi, rappresentati quasi esclusivamente da grandi
Lucine che conferiscono un particolare interesse al giacimento. Queste
Lucine sono per lo più allo stato di modello interno e la loro deter-
minazione presenta perciò gravi difficoltà; tuttavia sarebbe da augu-
rarsi che se ne tentasse Tillustrazione la quale riuscirebbe certo assai
utile per Tesarne comparativo di sedimenti simih, poiché la fauna che
le accompagna permette di stabilire Tetà della colonia.
La formazione in parola si adagia in concordanza sulTEocene,
mascherando così la lacuna paleontologica che intercorre fra essa
ed i calcari nummulitici, fatto questo senza alcun dubbio fra i più
importanti ed i più oscuri della geologia appenninica e sul quale
spero di poter presto ritornare.
Nella valle di Licenza questi terreni presentano uno sviluppo
assai ineguale sui due versanti, poiché mentre costituiscono quasi
tutto quello orientale, non occupano che le più basse pendici di quello
occidentale. Nei dintorni di Licenza poi la cupola eocenica incisa
dal rio Secco ne separa un’esile pizzicatura fra Licenza e Civitella,
dando origine alla striscia che si stende fra colle Mario] o ed i resti
della villa d’Orazio, dove si ricongiunge al resto della formazione.
Come ben si scorge dalle fìg. 2 e 3 questo lembo miocenico viene
a costituire la parte centrale d’una sinclinale rovesciata verso
Oriente.
Civitella Licenza Rio Secco
Sinclinale rovesciata nei terreni tcrziarii fra Licenza e Civitella.
(Le notazioni sono le stesse che nella fig. 2).
SEZIONE GEOLOGICA ATTRAVERSO LA VALLE DI LICENZA
421
Ho già avuto altrove ^ occasione di attribuire questa forma-
zione al Miocene medio, e non posso che confermare tale riferimento
legittimato dalla fauna del sedimento e non contradetto in alcun modo
dalla stratigrafia E’ quindi un nuovo sedimento italiano a grandi
Lucine che viene riconosciuto miocenico, come già avvenne per la
massima parte di quelli sulla cui età non ci può essere contro-
versia
Ho già detto che gli strati calcare o-marnosi verso Ovest si im-
mergono sotto i varii calcari nummuhtici. Per spiegare questo con-
tatto anormale il prof. Sacco ha supposto resistenza di una faglia,
come appare dalla cartina schematica annessa alla già citata sua
memoria sugli Abruzzi ; ma il rovesciamento messo in evidenza
dai tagli naturali del fosso delle Chiuse, Pisciarello, ecc., esclude
ogni necessità di tale ipotesi almeno in questa parte della valle.
Quaternario. — In altre parti del bacino dell’ Anione sopra i cal-
cari marnosi del Miocene si hanno ancora altri terreni marini; nella
valle di Licenza invece non si hanno più che terreni continentali.
Questi nel territorio esaminato sono rappresentati oltreché dalle al-
luvioni dei torrenti e dai detriti di falda, dai piccoli lembi di tra-
vertino dei fossi Marricella e delle Chiuse ed infine dai tufi che si
trovano presso le rovine della villa d’ Orazio. Questi tufi sono ter-
rosi, leucitici, più o meno alterati ed analoghi, pare, a quelli dei
dintorni di Vicovaro
^ Memorie per servire alla descrizione della Carta geologica d’Italia, voi. V.,
parte 1», pag. 16, Roma, 1909.
Devo qui dichiarare che le Paronaea, di cui si fa ivi cenno come presenti
talvolta in questa formazione e che erano state interpretate come fossili rima-
neggiati, sono invece, come mi comunica ora il Dott. Prever dopo un nuovo
esame delle sezioni sottili, esemplari di AmpJiistegina Niasi Verb.
^ Credo superfluo dichiarare che non intendo affatto di estendere, le mie
conclusioni oltie la regione considerata.
^ G. Di-Stefano, Il calcare con grandi Lucine dei dintorni di Centuripe in
provincia di Catania. (Att. d. Acc. Gioenia, S. 4°, v. XVI), Catania 1903, p.21.
^ V. Sabatini, 7 vulcani dell’ Italia centrale ed i loro prodotti: I. Vulcano
laziale. (Mem. descr. d. Carta geol. d’It., v. X), Roma, 1900, p. 72.
422
C. CREMA
Xella porzione terminale della valle di Licenza il Quaternario
assume importanza coi travertini di S. Cosimato ed i conglomerati
di Mandela dei quali non è però qui il caso di occuparsi atteso la
loro lontananza dalla regione esaminata.
Eoma, dicembre 1910.
V.
Gr. Dal Piaz. — Altipiano del Gansiglio e Regione circo-
stante, (Relazione sommaria della campagna geologica
deiranno 1909).
(Con tre figure).
Tettonica.
Il vallone bellunese, compreso tra Belluno e Feltro, risponde, come
dimostrarono diversi geologi, ad una grande sinclmale separata dalla
pianura veneta da un’anticHnale fortemente asimmetrica, alla quale va
riferita la catena montuosa Grappa-Tomatico-Col Visentin.
All’oriente del Col Visentin l’accennata anticlinale trova la sua
continuazione nel gruppo di M. Cavallo, la cui cima si può dire coin-
cide con l’asse dell’anticlinale che prosegue poi nel M. Caulana e nel
M. Piz. Dalla vetta del M. Cavallo scendendo verso nord si riscontra che
gh strati, costituiti da un calcare coraUigeno del Cretaceo superiore, in-
clinano pure a nord per un certo tratto, si inflettono a sinchnale piatta
in coincidenza della forcella Asté e riprendono poi la loro incflnazione
a nord nei contigui monti Castelat di Val di Piera e Guslon fino all’alta
Val Salatis, dove si ripiegano in un’altra sinchnale (fìg. 1).
Secondo la carta geologica della provincia di Udine del Taea-
MELLi ’ e secondo la carta geologica e gli spaccati che accompagnano
lo studio del Pirona ^ sulla fauna fossile giurese del M. Cavallo in
^ Ti-Ramelli T. — Carta Geologica del Friuli. Udine, 1881.
^ Pirona G. A. — Sulla fauna fossile giurese del Monte Cavallo in Friuli.
Memorie del E,. Istituto Veneto. Voi XX.
424
G. DAL PIAZ
Friuli, fra il M. Caulana e il M. Cavallo dovrebbe esistere una stretta
sinclinale, il cui nucleo sarebbe occupato da un lembo di Lias superiore.
Per quanto io abbia esaminato la regione, non mi venne dato di
scoprire alcuna traccia di terreni basici, e neppure di disposizione a sin-
clinale.
Egualmente dicasi per ciò che riguarda la grande trasgressione (se-
gnata nello spaccato del Pirona) del Cretaceo sulla dolomia retica, della
quale trasgressione non si riuscì a scoprire alcun fatto che possa giu-
stificarne l’esistenza. Secondo il mio avviso, i monti che costituiscono
il così detto gruppo del Cavallo, considerati tutti assieme, formano una
Valle di Val Forcella M M
Salatis di Piera Astè Cavallo Tremo 1
N
Livello del mare
Fig. 1. — Sezione dalla Valle Salatis al M.® Tremol, attraverso il massiccio
del Cavallo (Scala 1 a 100,000). — cr = Calcare a Rudiste.
grande volta anticlinale il cui asse, diretto da SO a NE, va abbassan-
dosi di fianco verso il bacino di Alpago.
La falda sud di questa volta anticlinale di M. Cavallo scende ab-
bastanza uniforme per un buon tratto del profilo e passa poi, in coinci-
denza all’altipiano del Cansigbo, ad una sinclinale piatta a cui, sull’orlo
meridionale dell’ altipiano stesso, tiene dietro Tanti cbnale esterna di
Monte Croce (fig. 2).
Nel suo complesso generale l’altipiano del Cansigbo ha una struttura
tettonica del tutto corrispondente a quella dell’altipiano dei Sette Co-
muni. Tanto l’uno quanto l’altro risultano di una inflessione secondaria
che interrompe l’uniforme andamento di una falda di anticlinale.
ALTIPIANO DEL CANSIGLIO E REGIONE CIRCOSTANTE
425
La sinclinale delFaltipiano del Cansiglio. come si può dedurre an';he dal-
Tesame delia carta geologica, è diretta da SO a NE e, data la semplicità
dei rapporti tettonici della regione, è resa manifesta da un grosso lembo
eocenico. E’ interessante osservare come anche in questo caso la dire-
zione delle pieghe (anticlinale di M. Cavallo e sinchnale del Cansiglio)
si mantenga costante, parallela cioè aH’andamento generale delle pie-
ghe deir area compresa fra il Meduna e TAstico, andamento che è il
motivo predominante e caratteristico della tettonica di tutta quella
regione.
Ho detto adunque che l’altipiano del Cansiglio è attraversato da una
sinclinale piatta, diretta da SO a NE. L’asse di questa sinclinale ha un
Col Frare Altipiano del Cansiglio M. Croce
Livello del mare
Fig. 2. — Sezione longitudinale dell’altipiano del Cansiglio’ da Col Frare al
I M.® Croce. (Scala 1 a 100,000). — eo = Eocene, s = Scaglia, cr = Calcare
! a Eudiste.
i
percorso pressoché orizzontale nel tratto mediano in corrispondenza
j alla regione del Palazzo, e va rialzandosi ai due estremi di Vall’Orch e
j di Val Manera. Per tale disposizione stratigrafica 1’ altipiano del
I Cansiglio costituisce una conca tettonica col fondo ad un livello
j medio di poco superiore a 1000 metri, nella quale, favoriti ap-
; punto dall’accennata disposizione, oltre che dalla natura litologica,
' i fenomeni d’erosione carsica assunsero uno straordinario sviluppo.
I Le figure 2 e 3, che rappresentano due sezioni fra loro quasi nor-
mali, possono servire ad illustrare la descritta disposizione a conca, e
I danno anche un’idea dei piccoli fenomeni d’asimmetria che si riscontrano
; di frequente tra le falde di una stessa sinclinale.
1
426
G. DAL PIAZ
Ora che abbiamo esaminato i rapporti tettonici dell’ altipiano del
Cansiglio col gruppo di M. Cavallo, del quale non rappresenta, come s’è
visto, che una propaggine meridionale, vediamo quali rapporti esistono
fra lo stesso altipiano e le regioni che lo limitano dagh altri lati. '
A nord e a nord-ovest del Cansiglio si apre, come un enorme im-
buto, il bacino d’Alpago, il cui fondo è occupato dal lago di |;
S.^ Croce. I geologi austriaci, e precisamente I’Hoernes ^ e il 1
Mojsisovics ammettevano che il bacino d’Alpago fosse per- •
corso, in direzione NS e in continuazione al canale di Fadalto, j,
da una frattura (frattura di S.^ Croce) la cui esistenza si colle- j-
gherebbe ai fenomeni sismici del Bellunese. Il Taramelli ^ ha già rile- -
vato come tale frattura in realtà non esista, e come il bacino di Alpago
non sia altro che la continuazione della sinclinale bellunese contorta t
verso sud e strozzata poi verso oriente in direzione Barcis-Starasella. ,
A completare questa interpretazione io debbo aggiungere (come rilevai i
anche in altro scritto, ^ che la presunta frattura Fadalto-S''^. Croce non n
è altro che una seconda sinclinale che si raccorda alla prima per l’ac- li
cennata inflessione ad arco del bacino d’Alpago. Del resto i legami
di continuità fra la sinclinale bellunese e quella di S. Croce o meglio i»
di Calloneghe, sono così stretti che le due sinclinali potrebbero es- l
sere concepite anche come una sola inflessione, la quale, percorso il •
Vallone bellunese, si piegherebbe a gomito in coincidenza dell’ Alpago , ii :
e risolvendosi poi in una serie di piccole ondulazioni andrebbe a |
sfumare, eon direzione pressoché parallela alla primitiva sinchnale '
bellunese, lungo i fìanehi orientali meridionali del Col Visentin. |
Alla sinclinale di S Croce appartiene il nucleo eocenico che nei pressi i
di Fadalto si trova subito sopra il villaggio di Basta. Esso è colle-
gato a quello di Vall’Orch dalla continuazione deiranticlinale diM. Ca-
1 Hoernes R. — Aufnahmen in d. TJngeh. von Belluno^ Serravalle, Lon- i
gavone, Feltre und Agordo. Verhand. d. k. k. geolog. R., 1876. j
Mojsisovics E. — Die Dolomit-Biffe. Wien, 1878-79. I
^ Taramelli T. — Geolog. Prov. Venete, pag. 199. j
^ Dal Piaz G. — Studi geotettonici sulle Alpi Orientali. Padova 1909. s
ALTIPIANO DEL CANSIGLIO E REGIONE CIRCOSTANTE
427
vallo, che segue il fianco occidentale del Cansiglio, comprendendo, nelle
parti più elevate dell’arco, M. Costa, il Col delle Fede e Mirifret (fìg. 3).
Il passaggio tettonico della conca di Alpago all’anticlinale che forma
il fianco destro del Cansiglio è facilmente rintracciabile e bene visibile
specialmente di fronte al paese di S.^ Croce. Meno evidente invece (causa
la profonda erosione che originò il canale di Fadalto) è il passaggio al-
l’altipiano dal nucleo sinclinale di Lasta e di Calloneghe. Chi os-
serva però attentamente i fianchi orientah di M. Pascolet, nota
subito come gli strati del Cretaceo si ripieghino regolarmente verso
valle per passare poi al disotto del nucleo eocenico di Lasta e
M. Pascolet Lasta Fadalto C. Fede Vall’Orch Col dei Schiosi
Livello del mare
Fig. 3. — Sezione trasversale dell’altipiano del Cansiglio e dell’alta Valle di
Fadalto, dal Col dei Schiosi al M® Pascolet. (Scala 1 a 100,000).
f = detrito di falda, mo = Morenico, eo = Eocene, s = Scaglia, cr =- Calcare
a Eudiste. ci = Cretaceo medio ed inferiore.
ricollegarsi quindi in alto con quelli del Cansiglio. Non cosi ven-
nero interpretati dal Futterer ’ i rapporti tettonici di questa
regione. L’autore, accettando come dimostrata l’esistenza della fagha
di S^. Croce descritta dall’HoERNES e dal Mojsisovics, viene ad am-
mettere che i lembi eocenici di Croce e senoniani di Fadalto si siano
abbassati per avvenuti scorrimenti. Io ho già accennato anche altrove ^
come codesta interpretazione si trovi in aperta contraddizione coi
dati di fatto che si ricavano dall’esame della giacitura e dei reciproci rap-
1 Futterer. — Die oberen Icreidebildungen der TJngeb. des Lago S.^ Croce.
Palaeontolog. Abhand. N. F. Bd. II.
Dal Piaz D. — Studi geotettonici, ecc., pag. 180 e seg.
428
G. DAL PIAZ
porti delle singole formazioni, nè credo sia il caso di spendere altre pa-
role per discutere un’interpretazione che parte da una premessa (pre-
senza della faglia di S.^ Croce) che è affatto erronea. ^
Verso mezzogiorno, come già ricordai, la sinclinale del Cansigho '
compie un beU’arco anticlinale che si rovescia e fa passaggio poi, verso i , i
piedi della massa del Cansiglio, ad una sinclinale coricata e comprendente | •
nel suo nucleo anche i conglomerati del Miocene superiore. Anche qui, i
come sarà discusso in altro lavoro, nessuna traccia di vere faghe nel !i
senso classico della parola, tah cioè che implichino il concetto della f or- j :
mazione di piani di frattura lungo i quali siano avvenuti degh scorrimenti. ' :
Finalmente, all’oriente del piano del Cansigho gli strati s’innalzano .{
dolcemente e poi, dopo varie ondulazioni, si piegano a volta di botte e if
si rovesciano verso la pianura poco sopra Polcenigo e Budoia.
Note per servire alla descrizione dei terreni. ;
I
CRETACEO SUPERIORE. |
il
I I
Sull’altipiano del Cansiglio e nelle regioni circostanti compren- j
denti le parti più elevate di M. Tremol e di M. Cavallo, il terreno ; j
più antico che vi affiora è riferibile al Cretaceo superiore, mentre i
il Cretaceo inferiore si mostra solo nelle parti più basse delle inci-
sioni che circondano lo stesso gruppo del Cavallo e lungo i fian- ■
chi del canale di Fadalto.
Tralascio di parlare del Cretaceo inferiore perchè di esso ;
tratterà a suo tempo il dott. De Toni, che intraprese in proposito
delle ricerche, e mi limito quindi alla serie dei terreni del Cretaceo I
superiore e delFEocene.
Un orizzonte cretaceo abbastanza costante, relativamente fa-
cile a rintracciarsi ed esteso a gran parte dell’area veneta, è costi-
tuito da una serie di calcari neri o cerulei, bituminosi, più o meno ;
ricchi di argilla, riferibili, in base ai dati paleontologici e stratigrafici, :
al Cenomaniano. Nell’area presa in esame questo livello si mostra |
assai bene lungo la ripida parete che dall’altipiano del Cansiglio fa
ALTIPIANO DEL CANSIGLIO E REGIONE CIRCOSTANTE
429
passaggio alla Valle di Fadalto, e meglio ancora verso la base
dell’appicco che si apre sotto le case di Calloneghe.
Dall’esame delie varie località si rileva come i calcari neri
bituminosi non costituiscano una serie uniforme e continua, ma ri-
sultino da una successione di strati calcarei più sottili e più inten-
samente colorati in nero, alternati a grossi banchi di un calcare più
chiaro a venature e picchiettature rosse, spesso brecciato e assai più
tenace dei primi.
Nella parte superiore i calcari bituminosi cenomaniani passano
per gradi insensibili ad un calcare grigio-chiaro pure tenace, talvolta
con accenni a struttura finamente subsaccaroide.
Le ricerche da me fatte in questi calcari grigi non mi hanno
fornito alcun materiale fossile degno di nota, ma potei osservare
come essi facciano passaggio ad una grossa pila di calcari talvolta gros-
solani, tal’altra oolitici, finamente saccaroidi, teneri, di apparenza
dolomitica, ora bianchi uniformi ed ora macchiati di giallo, spesso
ricchi di fossili fra i quali sono particolarmente frequenti le Caprine
e le Ostree. E’ questo il principale orizzonte fossilifero, con facies
di rivage del Cretaceo superiore, corrispondente al livello della
fauna del Col dei Schiosi, che il Futterer riferì al Turoniano
superiore. Giorgio Boehm ^ invece, dopo un diligente studio
paleontologico e stratigrafico, venne alla conclusione che la fauna
di Col dei Schiosi potrebbe rappresentare il più alto Cenomaniano,
mentre i più recenti studi di Marinelli - e specialmente quelli del
Parona se non confermano del tutto l’opinione di Futterer
^ Boehm G. — Beìtràge zur Kenntniss der Kreide in dem Sudalpen. 1 Die
Schiosi-und Calloneghe-Fauna. Palaeontographica Bd. xli. Struttgart, 1894.
Marinelli 0. — Descrizione geologica dei dintorni di Tarcenfo in Friuli.
Pubblicazioni del E. Istit. Sup. di Firenze, 1902.
^Parona C. F. — Saggio per uno studio sulle Caprinidi del Calcare di sco-
gliera delle Prealpi Venete. Memorie E. Accad. Lincei, 1908.
4 Futterer K. — Die oheren Kreidebildungen der Umgebung des Lago di
Santa Croce in den V enetianer Palaeontologische Abhandlungen. N. F.
Bd. II. Heft. 1. Jena, 1892.
430
G. DAL PIAZ
dimostrano però che si tratta di fauna turoniana, e con ogni pro-
babilità del Turoniano inferiore o Ligeriano.
La celebre località di Colle dei Schiosi, tenuto conto special-
mente della straordinaria abbondanza dei Gasteropodi, è certo il
più ricco giacimento fossilifero della regione, ma, or più or meno
e specialmente in fatto di Caprine, si può dire che il Turoniano
si mostra fossilifero quasi dappertutto.
E’ noto infatti come tanto al M. Pascolet e al M. Faverghera,
quanto sul lato sinistro del Canale di Fadalto, a cominciare dalle
rive del Lago di S.^ Croce fino alle Prese e via via più a sud nella
parte più elevata del pendio, i calcari Turoniani mostrano fre-
quenti tracce di fossili e specialmente di Caprine. Di tutte queste
località quella che presenta le migliori condizioni per uno studio
di dettaglio della successione stratigrafica è forse quella delle Prese
comprendente la celebre cava di Pinè, la quale rappresenta un fi-
vello superiore a quello a Caprine e corrispondente, con ogni pro-
babilità, agli strati pure fossiliferi della cava Dal Paos poco lungi
dal caseggiato di Calloneghe.
Sull’altipiano del Cansiglio il Turoniano è particolarmente ricco di
fossili lungo la strada che da Candaglia conduce al Torrione e quindi
anche a Col dei Schiosi. Ma il giacimento più ricco, specialmente in
fatto di Caprine, è quello che si trova in un punto completamente
perduto nel bosco, quattrocento metri aU’incirca a nord dello stesso
casello Candaglia.
Il sito fossilifero fu messo in evidenza (e poi completamente dimenti-
cato) molti anni or sono, nel fare una spianata che doveva ser-
vire per depositarvi del carbone. Seppi da un vecchio stradino che suo
padre gli raccontava come nell’eseguire lo scavo fu estratta una grande
quantità di fossili, spediti quindi ad un signore di Padova. Trattasi, con
ogni probabilità, della ricca collezione di Caprine del Catullo, recente-
mente studiate dal Parona, collezione ch’io ebbi la ventura di rinve-
nire in una soffitta degli eredi dello stesso Catullo, senza alcuna indica-
zione di provenienza. Sono indotto ad una simile interpretazione, non solo
pel racconto dello stradino, ma anche per aver constatato, fra la colle-
ALTIPIANO DEL CANSIGLIO E REGIONE CIRCOSTANTE
431
zione del Catullo e il materiale da me raccolto, una perfetta corrispon-
denza litologica, lo stesso tipo di fossilizzazione e la medesima abbon-
danza di determinate forme, ciò che non si riscontra invece facendo un
confronto col materiale proveniente da Col dei Schiosi o da Fadalto,
dove la roccia ha un aspetto più compatto e meno grossolano.
Solo lo studio dei fossili, tenuti rigorosamente distinti, fatto da uno
speciahsta, potrà stabihre con precisione se tutte queste località fos-
sihfere appartengono realmente ad un unico livello, ciò che io sono pro-
penso a ritenere fin d’ora. Intanto, per le necessità della stratigrafia e di
un primo studio di preparazione e di orientamento, io le riunisco in un
unico livello caratterizzato dalla comune e straordinaria abbondanza
della Caprina schiosensis Boehm, quasi ovunque accompagnata dalla
Caprina carinata, dalla Neithea Zitteli Pir. e dalla Nerinea forojuliensis
Pir., che con qualche altra forma rappresenterebbero, come s’è già ac-
cennato, il Turoniano inferiore.
Sulle pareti del bacino il cui fondo è occupato dal Lago di
S.^ Croce i calcari a Caprine sono separati dalla Scaglia da calcari
grigio-chiari, a macchie verdastre e gialliccie, corrispondenti ai cal-
cari a Conocrini del Taramelli. All’ infuori di articoli di Crinoidi
spatizzati, la roccia non contiene fossili, nè si può dire che tale
materiale costituisca un livello molto costante, giacché in alcuni
punti pare scompaia o sia sostituito da rocce di natura completamente
diversa. Così nel profilo Calloneghe-Fadalto basso, dai calcari turo-
niani grossolani od oolitici ad Ostreidi e rare Caprine si passa len-
tamente ad altri calcari coralligeni di un bianco latteo, contenenti:
Kella nomenclatura dei terreni ho creduto opportuno conservare ancora
la vecchia denominazione di Calcari a Eudiste attribuendo a questo gruppo
di Lamellibranchi il senso più generale dato da Steinmann {Pala ontologie 1903,
pag. 245) e da altri autori. Non mi è parso opportuno seguire l’esempio di
chi usa chiamare questi materiali con la denominazione di Calcari a Oamacee,
perchè secondo alcuni altri il gruppo Camacee è affatto artificiale, essendo le
Chamidae ben distinte dalle Eudiste, alle quali vennero erroneamente riunite.
(Douvillè H. Travaux scientifiques, 1907, pag. 67).
432
G. DAL PIAZ
Plagioplychus Arnoudi, H ippurites Oppeli, Volvulina laevis, Acteo-
nella Sanctae-Crucis, Natica fadaltensis, ecc., le quali forme provano
che si tratta, con tutta probabilità, di Senoniano inferiore. Vera- !
mente codesti calcari lattei sovrastanti agli strati a Caprine non |,
hanno un unico orizzonte di affioramento, ma presentano per lo meno
due livelli fossiliferi. Future ricerche, per ora appena iniziate, di-
mostreranno se si tratta di ripetizione della stessa fauna o se ab-
biamo a che fare invece con livelli cronologici fra loro distinti; co-
munque, nessuna traccia in essi degli accennati calcari a Conocrini.
Nè è il caso di pensare ch’essi occupino un livello più elevato,
giacché dai calcari coralligeni di Calloneghe si passa per gradi ad
un calcare subsaccaroide, poi quasi compatto e quindi alla Scaglia,
senza intercalazioni d’altro genere di materiali. j
Sull’altipiano del Cansiglio l’esame della successione strati-
grafica per arrivare alla distinzione di vari livelli fossiliferi riesce
assai più difficile e incerti sono quindi i parallelismi stratigrafici.
Soltanto in qualche località appena al di sopra dei calcari a Ca-
prine (che vedemmo assai bene rappresentati e che anche pei ca-
ratteri litologici costituiscono un livello di abbastanza facile rico-
i
noscimento) succedono dei calcari compatti, leggermente saccaroidi,
di colore bianco-gialliccio e nelle parti più elevate maccliiati di
rosso. Ciò si può osservare ad esempio nei brevi spazi di terreno
libero da bosco che sovrastano la strada da Candaglia a Col dei
S chiosi, e specialmente nel tratto meridionale della locahtà Ter- I
mine, subito sopra la strada prima di uscire dal bosco andando j
verso Col dei Schiosi. In tale località non sono rare le Radioliti, le i i
quali, benché in cattivo stato di conservazione, ricordano alquanto
certe forme che sono abbastanza frequenti nel calcare di Pinè sotto |
le Prese. I ì
1
Non va poi dimenticato, per gli eventuali paralleli stratigra-
fici che si potranno istituire in avvenire, che in area quasi confi- |
nante (Bocca di Crosis nei dintorni di Tarcento) il Marinelli ^ con- |
Marinelli 0. — Op. cit., pag. 47-48.
ALTIPIANO DEL CANSIGLIO E REGIONE CIRCOSTANTE
433
statò con la stessa immediata sovrapposizione al livello a Caprine,
resistenza di un calcare ad Ilippurites cfr. giganteus ^ specie molto
diffusa, caratteristica del Coniaciano o Senoniano inferiore e con
tutta probabilità presente anche a Pinè.
Altre località in cui gli strati a Caprine sono ricoperti da cal-
cari non più compatti, ma grossolani, coralligeni a Radioliti, si os-
servano all’est di Val Manera, ma, data la folta vegetazione bo-
schiva, non mi riusci di stabilire per ora l’ordine di successione dei
diversi materiali che costituiscono l’intera serie locale e neppure i
rapporti di continuità che probabilmente esistono fra questo giaci-
mento e quelli del Termine e del Col dei Schiosi.
In alcuni siti che circondano l’altipiano del Cansiglio, come ad
esempio in Vall’Orch, presso i casoni Vich, alla casera di M. Costa, al
Col Frare, in Val Manera, ecc., ai calcari saccaroidi o compatti dei li-
velli or ora descritti fa seguito la Scaglia. Il passaggio è di solito gra-
duale, ma non mancano esempi, come tra casera Fornesiga e Val Manera,
in cui tale passaggio è segnato da una breccia calcarea con qualche ele-
mento siliceo. Altrove, verso Cima. Costa e nel versante settentrionale
del Cansiglio presso la Madonnetta, si hanno esempi in cui la Scaglia si
alterna ai calcari bianchi a Rudiste. Finalmente, attorno al vero piano
del Cansiglio nella regione del Palazzo, a nord della casera Formica, in
VairOrch, all’est del Piano delle Osterie, la solita Scaglia rossa è sosti-
tuita da una Scaglia biancastra, leggermente giallognola, talvolta mar-
nosa, nel quale caso è assai difficile distinguerla dall’Eocene. I fossih
della Scaglia sono assai rari e quasi sempre in cattivo stato di conserva-
zione. Non è difficile osservare qua e là del tritume di Rudiste; finora però
non è stato possibile rinvenire degli esemplari discretamente conservati,
tuttavia, data la grande importanza che assumerebbe la raccolta di un
materiale determinabile, io mi riserbo di eseguire in proposito più mi-
nute ricerche.
* Boehm G. — Beitrag zur Gliederung der Kreide in den Venetianer Al-
yen. Zeitschrift der Deut. geolog. Gesehschaft. Bd. IL. pag. 172-174. Ber-
lin, 1897.
434
G. DAL PIAZ
Ricorderò in fine che in Val Manera, nelle parti più elevate della Sca-
glia, si trovano dei banchi ad Ostreidi che ricordano gli analoghi letti
ad Anemie che in diversi siti del Veneto si osservano negli strati che
fanno passaggio dalla Scaglia alFEocene.
Eocene.
Al nord dell’altipiano del Cansiglio, nel bacino dell’Alpago, si trova
un esteso giacimento eocenico con facies di Flysch, costituito cioè da
un’alternanza di marne e di calcari arenacei. Fatta eccezione di qual-
che Fucoide e di qualche altra impronta indeterminabile, in questi ma-
teriali non mi riuscì di raccogliere alcun avanzo fossile.
Quantunque l’esistenza dell’Eocene sull’altipiano del Cansigho sia
sfuggita finora all’osservazione dei vari geologi che percorsero la regione,
esso vi è forse meglio rappresentato che nel vicino Alpago. L’^Eocene
del Cansiglio costituisce, come s’è detto, la sinchnale che attraversa
tutto l’altipiano da Vall’Orch a Val Manera. Consta di marne che nella
parte inferiore si alternano alla Scaglia, in Val Manera; di calcari sca-
ghosi, grossolani e poi compatti ad articoli di Crinoidi superiormente,
nel piano del Cansiglio; di calcari cerulei, marnosi, brecciati a numerose
Orbitoidi e a rare Nummuliti, in Vall’Orch.
Attorno alla regione del Palazzo e più lungi a NE delle casere Fihp-
pon l’Eocene ha facies di calcare grigio, granulare, finamente brecciato
a rare e piccole Nummuliti, ed assume nell’insieme un aspetto che ri-
corda moltissimo la pietra piasentina dell’Eocene friulano.
L’esame di lastre levigate, e di lamine sottili del calcare marnoso ad
Orbitoidi di Vall’Orch e di quello compatto del piano del Cansiglio, per-
mise di constatare che le piccole Nummuliti presenti hanno rapporti dì
somiglianza con la Numm. holcensis, ciò che indurrebbe a ritenere trat-
tarsi di Eocene inferiore.
ALTIPIANO DEL CANSIGLIO E REGIONE CIRCOSTANTE
435
Formazioni quaternarie.
Materiale morenico.
La Valle Runal, che limita i piedi settentrionali deH’altipiano del
Cansiglio, presenta lungo i suoi fianchi numerosi depositi morenici
riferibili al grande ghiacciaio del Piave. Questi depositi hanno le so-
lite caratteristiche del materiale morenico abbastanza fresco e s’in-
sinuano entro le vallecole laterali, fino a raggiungere un’altezza mas-
sima di poco inferiore ai 1000 metri. Massi erratici, o meglio ciottoli
erratici, di dimensioni varie, si trovano però anche ad altezze mag-
giori, cioè fra i 1050 e i 1100 metri, tanto sull’altipiano del Cansiglio,
al Casello Palughetto, quanto lungo i fianchi del bacino d’Alpago nei
pressi del Vivaio forestale. Questi massi erratici, fra loro isolati, non
accompagnati cioè da altro materiale morenico, sono per lo più ri-
feribili alle arenarie rosse permiane o a porfidi e, or più or meno,
presentano caratteri di un’ alterazione assai più avanzata di quella
che si riscontra nei corrispondenti materiali morenici dei livelli in-
feriori.
Non è improbabile che tali massidei livelli più elevati apparten-
gano ad un periodo d’invasione glaciale più antico e più esteso di
quelli a cui sono da riferirsi i materiali di Val Runal, per la quale
interpretazione starebbero in accordo inoltre i caratteri di una più
intensa alterazione e la relativa rarità degli avanzi morenici che fu-
rono inevitabilmente esposti ad una maggior somma di agenti di-
struttivi .
Nella parte superiore o settentrionale della valle di Fadalto i
materiali morenici, riferibili al ramo glaciale che staccandosi dal
Piave scendeva verso Vittorio e verso la Valle di Revine, sono assai rari.
In genere le piccole colline che s’incontrano quà e là lungo i
fianchi o sul fondo della Valle sono attribuite a frane. Tale è ad
esempio la più recente opinione sulle così dette frane di Fadalto che
sbarrano il lato meridionale del lago di Santa Croce e che costitui-
scono, per la località, l’esempio più grandioso del genere. Che sui
436
G. DAL PIAZ
fianchi della Valle presso il passo di Fadalto vi siano delle frane
che scendono a guisa di falde o di depresse conoidi non v’ha dubbio,
ma è altrettanto vero però, come affermarono il Moetillet ' e
I’Hoernes -, che la parte mediana di queste pretese frane, che è la
maggiore e che sbarra completamente la Valle, ha la struttura e la
morfologia esterna del materiale morenico. Basta elevarsi infatti
qualche poco sull’uno o sull’altro fianco della Valle, per constatare in
uno sguardo d’insieme come le varie colline, per lo più orientate
con direzione parallela all’asse della Valle, siano affatto indipen-
denti dai fianchi, dai quali le separano delle vallette o delle depres-
sioni a mezzaluna.
Le numerose cave che a scopo di estrarre sabbia, ghiaia e
massi da costruzioni sono aperte specialmente vicino alla strada,
mostrano poi come il materiale di cui risultano le collinette di Fa-
dalto (materiale quasi esclusivamente calcareo) presenti tutte le
caratteristiche degli accumuli morenici che si riferiscono a ghiacciai
di breve percorso e nei quali, salvo casi eccezionali, si ha la presenza
esclusiva o quasi di una sola qualità Htologica. Se dal passo di
Fadalto noi scendiamo verso sud, non tarderemo ad accorgerci che
la presenza di simih apparati collineschi non è esclusiva all’accen-
nata locahtà, ma, conservando gli stessi identici caratteri morfo-
logici e strutturah, tali apparati si ripetono, in proporzioni più mo-
deste, in vari punti dell’intera vallata. Degno di nota, per la sua
regolarità e per la sua evidenza, è soprattutto l’insieme delle colhnette
(costituenti un vero apparato morenico frontale) che si adagiano
sul fondo e in piccola parte sul fianco sinistro della valle, ad oriente
della strada carrozzabile fra case Crosera e Cima Nove. La coUina
principale, lunga quasi un chilometro, costituisce un argine alto una
cinquantina di metri sul fondo della valle, e si lega poi, special-
mente verso sud, ad altre collinette laterali di modo che ne risulta
^ De Mortillet G. — Carte ^des anciens glaciers du versant méridional
des Alpes. Atti Soc. Ital. di Scienze Natur. Voi XIII, Milano, 1861.
2 Hoernes e. — in Dolomit- Biffe di E. Mojsisovics, pag. 473.
ALTIPIANO DEL CANSIGLIO E REGIONE CIRCOSTANTE
437
un magnifico arco con la concavità rivolta verso M. Pizzocco. Dei
pozzi aperti dalla Soc. costruttrice Cellina a scopo esplorativo attra-
verso la maggiore di queste colline, mi permisero di esaminare la
sua costituzione, che risultò affatto corrispondente a quella delle
cave citate precedentemente. Orbene, tanto le colline di Fadalto,
quanto quelle di Cima Nove ora descritte, ed altre che seguono sul
fianco destro, rappresentano gli apparati morenici di piccoli ghiac-
ciai affatto locali e fra loro indipendenti , che persistevano dove la
favorevole conformazione del terreno poteva facilitare l’accumulo
delle nevi.
La loro azione si svolse naturalmente in tempi posteriori all’ul-
tima fase d’espansione glaciale o per lo meno dopo che il ramo del
ghiacciaio del Piave scendente verso Vittorio s’era già definitiva-
mente ritratto a nord della sella di Fadalto.
Non meno interessanti di queste formazioni di piccoli ghiacciai
entro valle sono quelle d’alta montagna del Gruppo di M. Cavallo,
dove predomina la caratteristica fisionomia del paesaggio a circhi.
Considerata morfologicamente, la parte più elevata di M. Cavallo ri-
sponde ad un enorme cocuzzolo ad ellissoide, attorno al quale sono
state poi incise delle conche (circhi) che nel vicino Col Visentin
vengono indicate con l’appropriato nome di Cori C Nel versante
orientale sono bene conservati i circhi di Val Piccola e Val Grande,
in quello occidentale, che ora più ci interessa, sono esempi di circo
il piano della casera Palantina, l’alta Valle di Piera e un poco più a
nord la Valle del Cadin. Anche in tutti questi circhi, con maggiore o
minore evidenza da l’uno all’altro, si riscontrano dei freschissimi avanzi
di piccole morene, tanto sui fianchi, quanto sulla fronte. Come esem-
pio di morene frontali di circo citeremo quelle di Valle di Piera, dove
una piccola collina a semicerchio poggiante su zoccolo roccioso so-
praelevato rispetto la parte interna del fondo, sbarra, come un vero
argine, l’imboccatura del piccolo circo. Queste morene sono dovute
^ Marinelli 0. — Salita al Col Visentin — Giornale In Alto. Anno XII.
Udine, 1902.
438
G. DAL PIAZ
naturalmente a piccoli ghiacciai che persistevano entro i singoh
circhi oggidì in parte trasformati da fenomeni carsici e da detrito
di frana, e vanno pure riferite ad uno degli stadi del ritiro post-
wurmiano.
E’ facile comprendere come il materiale delle modeste formazioni
glaciali di circo, se presenta nell’insieme la morfologia esterna delle
morene dei veri ghiacciai, non ne ha certamente la struttura interna,
risultando di elementi locali, appartenenti cioè soltanto al bacino che
costituisce il circo stesso, affatto angolosi e accatastati in modo
non diverso da quello delle comuni frane.
Ma le formazioni dipendenti da questi piccoli ghiacciai locali
non si limitano naturalmente al semplice bacino del circo. Esistet-
tero infatti delle fasi in cui gli accennati ghiacciai di circo scendevano
assai più in basso, fino a raggiungere il livello dell’enorme massa di
ghiaccio occupante il bacino d’Alpago. Un simile fatto trae docu-
mento dall’esistenza a valle dei singoli circhi, e in modo partico-
lare di quello della Palantina, di un vero canalone ad U (Valle di
Piera) fiancheggiato da due lunghi ed evidéntissimi argini morenici.
Per il bacino dipendente dal circo della Palantina questi argini
glaciali che (come si può constatare nei tagli aperti per la costru-
zione della strada del Cansiglio) hanno la tipica struttura morenica
dipendente da materiale elaborato, scendono fino poco sotto il Vi-
vaio forestale, oltre il quale limite si deprimono e s’allargano fon-
dendosi con altre collinette male delineate. Nella regione che segue
a valle di questo sfumarsi degli argini morenici con depresse on-
dulazioni collinesche, sotto la quota 1050 m., succedono delle grandi
e piatte conoidi alluvionali a guisa di altipiani debolmente in-
clinati a valle. Anche l’esame della struttura di queste estese re-
gioni pianeggianti dimostra che si tratta di depositi fluvio-glaciali,
o più probabilmente di posteriori alluvioni di sfacelo morenico, di-
pendenti dai materiali dei piccoli ghiacciai che traevano la loro ori-
gine dai circhi del versante occidentale di M. Cavallo.
Due bellissimi esempi di questo genere di formazione si hanno
nel tratto settentrionale dell’area esaminata, e precisamente in Val
ALTIPIANO DEL CANSIGLIO E REGIONE CIRCOSTANTE
439
Manera del Cansiglio e nel ripiano aH’ovest del Casello Gran Vivaio,
dove, entro una vallecola, si osserva l’interessante particolare dell’al-
luvione fluvio-glaciale ad elementi esclusivamente locali dei circhi
di Val di Piera e Palantina, che ricopre il sottostante materiale mo-
renico wurmiano del grande ghiacciaio del Piave.
Frane.
Ho già accennato che nella valle di Fadalto le frane sono as^
sai frequenti, tanto che si comprende come con esse furono confuse
e comprese anche le piccole formazioni moreniche dei ghiacciai lo-
cali h Ciò non esclude naturalmente che alla formazione di qualche
accumulo morenico abbiano contribuito anche degli scoscendimenti
che slittando sul dorso delle vedrette si distribuirono sui fianchi
e sulla fronte. In tal caso la distinzione da frane sarebbe impos-
sibile se la morfologia degli accumuli non fosse tale da testimoniare
l’esistenza di piccole masse glaciali indipendenti. Oltre alle frane che si
susseguono quasi ininterrottamente lungo i fianchi della Valle di Fadalto
fino a S. Florian, vanno ricordate quelle non meno estese del ver-
gante orientale di M. Pascolet e quelle che succedono ai piedi della
Croda Liscia sotto le Prese, la cui natura litologica è particolarmente
favorevole alla formazione e al continuo incremento di simili fe-
nomeni.
Altre frane degne di nota sono pure quelle che si trovano tutt’at-
torno al gruppo del M. Cavallo e che vanno, un po’ alla volta, in-
gombrando i fianchi ed il fondo dei vari circhi glaciali.
Nè dobbiamo dimenticare infine che in molti punti dell’altipiano
del Cansiglio o delle vicine aree pianeggianti il suolo è sovente ricoperto
da una specie di terriccio grossolano, formato quasi esclusivamente
’ Toniolo a. e. — Traccie glaciali in Fadalto e Valmareno. Atti della
Soo. Tose, di Se. Nat. 1905.
440
G. DAL riAZ
di pietrisco siliceo più o meno profondamente alterato e compreso in
una specie di fango argilloso. L’impressione che si ritrae da un primo
esame è quella che si tratti diletti alluvionali, ciò che, fatta eccezione
pel tratto di Val Manera legato al M. Cavallo donde scendevano
prodotti fluvio-glaciali, pare sia da escludersi. Per la maggioranza
dei casi io sono portato a credere che simile mantello detritico sia
il residuo locale della solita corrosione carsica subita dai calcari,
corrosione che sull’altipiano del Cansiglio raggiunse un’eccezionale
intensità.
YI.
Michele Gortani. — Rilevamento geologico della Valcalda
{Alpi Carniche),
(con una tavola fototipica).
1. Introduzione.
La Vaicalda è nota come uno dei luoghi più ameni e ridenti della
Gamia. « L’attrattiva del paese sta nella sua singolare e pittoresca ori-
ginalità. Pochi paesaggi delle nostre Alpi, dove pure il verde fresco e
brillante domina con tanta vivacità di tinte e dolcezza di linee, si pre-
sentano cosi attraenti e graditi come quello della Valcalda. Quella conca
ampia, ridente, ondulata, coi suoi vasti prati, con le macchie svariate
di larici, di abeti, di frassini, di ontani, forma una successione infinita
e diversa di giardini inglesi, ma con uno sfondo infinito di cielo a le-
vante e a ponente dove l’orizzonte si apre lungo le insenature del ca-
nal della Pontaiba di là e della Pesarina di qua e con le vette del Ter-
sadia, del Cucco, dell’Arvenis e del Col Gentile per finimento. E in
mezzo a tanta serenità di linee naturali, le sparse casupole delle bor-
gate, dai tetti bizzarri, tra olandesi e svizzeri, e le non meno curiose
chiesette, completano il paesaggio con una perfezione così estetica,
che nessuna fantasia saprebbe trovar la migliore ». Questa bella pit-
tura, fatta da Giovanni Marinelli C rende fedelmente 1’ impressione
della conca magnifica: ampia insellatura aperta ai lati orientali e
occidentali, dove i torrenti Gladegna e Margò scendono alla Bùt e al
1 G. Marinelli. Guida della Gamia. Udine e Firenze, 1898, pag. 444-45.
5
442
M. GORTANI
Degano; chiusa a mezzodì dai ripidi declivi dei monti di Sùtrio, Zon-
colàn e Pozzòf; estesa a tramontana su vaste pendici boscose od erbose
fino all’acuta cresta, tutta verde anch’essa, che dalle vette Tènchia e
Zoufplàn corre per il Cimòn, la Crasulina e il Pizzacùl al Crostis e al
Saffrucella.
Convien dire però che la conoscenza della Valcalda è limitata
quasi esclusivamente alla parte più bassa deH’insellatura, abitata, ri-
dente, facile a raggiungersi e a percorrersi. Le parti elevate sono in-
vece fra le meno note e meno percorse della Gamia dagli alpinisti e
turisti. E meno ancora dagli studiosi. Il Taramelh ^ il Frech ^ e
il Geyer ^ ci hanno dato bensì tre carte geologiche del territorio in
esame; ma il riscontro sul terreno ha dimostrato che parte del terri-
torio stesso era da considerarsi come non direttamente esplorata.
Il pendio che chiude la sella a mezzodì è concordemente riferito
dai tre autori al Permiano superiore e al Trias inferiore, variando solo
l’estensione data all’uno e all’altro terreno; i confini rimangono però
sempre schematici e molto discosti dalla loro posizione reale. Discre-
panze molto maggiori abbiamo nelle interpretazioni date dai rilevatori
alla zona settentrionale, che è tutta paleozoica. Il Taramelh la segna co-
stituita da argilloscisti siluriani in prevalenza; da arenarie permiane di-
sposte in una striscia lungo il fondo della insellatura e in una larga mac-
chia sulla regione terminale del M. di Terzo (corrispondente al gruppo
delle cime di Terzo, Tènchia, Zoufplàn e Cimòn); da rocce porfiriche
in due colate affioranti presso la cima dello stesso monte di Terzo e un
poco sopra Cercivento.
Dispetto a quella del Taramelh, la carta del Frech segna un re-
gresso. I confini e la divisione della zona permotriasica meridionale
egli ricopia bensì dal nostro autore (senza però nominarlo); ma lo
ignora del tutto nella zona settentrionale, fedele al suo principio di
1 T. Taramelli. Carta geologica del Friuli. Udine, 1881.
2 F. Frech. Die Karnischen Alpen. Halle, 1894.
G. Geyer. Geologische Speziallcarte der Oesterreichisch-Ungarischen
Monarchie. Blatt Oherdrauhurg-Mauthen. Wien, 1901.
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA VALCALDA
443
non tener conto degli studi italiani nel territorio paleozoico. La grande
massa scistosa per lui appartiene al Culm; rocce eruttive mancano, e,
tranne il corso del rio Gladegna, mancano arenarie permiane.
Il Geyer è assai più accurato; ma, data appunto la sua accuratezza,
si deve dubitare che egli abbia percorso i monti ^della Valcalda. Segna
per primo una doppia striscia di calcari siluriani sulla sinistra del De-
gano, da Comeglians fino a Ravascletto. Ascrive al Siluriano gli scisti;
si attiene alle indicazioni del Taramelli per le colate porfiriche e le are-
narie permiane del monte Zoufplàn; su tutta la parte elevata e in
qualche punto staccato della catena Zoufplàn-Crostis stende una larga
pennellata di tufi diabasici e argilloscisti verdi di età paleozoica inde-
terminata. Fin dove tali indicazioni segnino un progresso, e fino a che
punto siano ancora incomplete e ipotetiche, apparirà dai risultati del
mio rilevamento, che passo ora ad esporre h
1 Sarà opportuno premettere due parole sulle tavolette deH’Istituto
geografico militare che hanno servito di base al rilevamento. La Valcalda
è compresa nei quadranti Prato Gamico SE e Paluzza SW, rilevati al 50.000
e ingranditi al 25.000. Nomi e tracce dei sentieri sono in questa parte ine-
satti e incompleti; e ciò ha ostacolato non poco l’esatto rilevamento. Ac-
cennerò alcune principali correzioni ed aggiunte. Delle cime, la Vetta Grra-
solina e il M. Piccimede sono chiamate sul luogo Pìoòn di GmsuUna e Picòn
di Picimede; il nome di M. Gulsin va trasportato al rilievo a focaccia che
si trova più verso Eavascletto, a circa 1400 metri. Casere e rivo Toront
vanno corretti in Tarònd, la C. Paozilinas in C. Panzit, la cas. Grasolina
in Grasulina, la cas. Rumai in Biumàl; e la casera sita di fronte a questa
(sull’opposta riva del Morassò) e senza nome sulla carta, è cas. Pecòl. Cas.
Chiaulamosan va corretto in cas. Ghiaulamale. Il rivo che scende fra cas. Vi-
disèit e Pecòl è il rio di Vidisèit; quello a nord di cas. Spadula è il rio da
Glerie; quello a sud della stessa è il rio da Pissande; il rio Degheria della
carta è il rio da Bogiarét, e il rio Marassò va corretto in Morassò, Sul monte
di Sutrio gli stavoli Stuart sono invece Suart, il ripiano verso Zoncolan è il
piano di Laas, e a SW di questo, a quota 1457 è lo stavolo Valdinuf. A W
di Coi Daer l’altura a quota 1571 è il Gol Daeròn. E presso Cercivento i rivi
fra le due Màine si chiamano rio da Paca l’occidentale, rio da Maina l’orien-
tale; e il rivo che scende vicino ai casali Costa e Vidal è detto rio di Gosta.
444
M. GORTANI
2. Siluriano.
Nella depressione di Comeglians, in fondo alla valle, il Degano e i
suoi affluenti di sinistra Vaglina e Margò sono per un certo tratto fian-
cheggiati da scoscese rupi calcaree. Strapiombano per cinquanta o
cento metri sul fondo dei torrenti; talora si posson seguire per un altro
centinaio di metri più in alto; poi spariscono sotto gli scisti o sotto il
mantello morenico. Lungo il rio Vaglina continuano fino all’altezza di
Mie i; lungo il Margò fino a metà strada fra Comeglians e Ravascletto fi
Sono calcari compatti, in grossi banchi o in strati di vario spessore
pendenti a mezzodì, stirati, compressi, talvolta laminati, talvolta mar-
morei, cosi da rivelare un intenso metamorfismo dinamico, e in qualche
punto (come presso Povolaro) anche un metamorfismo d’influenza. E
tuttavia riconoscibile il tipo dei -calcari reticolati propri del Neosilurico
carnico; per lo più sono neri a vene bianche o nerastri o grigi a vene
caffè e latte. Che si tratti realmente di calcari neosiluriani è provato non
soltanto dal tipo litologico, ma anche dalla loro connessione con i cal-
cari di S. Giorgio di Comeglians, dove il Geyer trovò Ortoceratidi e
Cardiola cfr. interrupta Sow. e con i calcari rosei e grigi di Magna-
nins e Rigolato, dove il Geyer (1. c.) ed io stesso ^ trovammo ab-
bondanti Ortoceratidi e Brachiopodi di tipo silurico. Un mal conser-
vato avanzo di Orthoceras potei d’altronde raccogliere anche nei cal-
cari che a ENE di Povolaro sono incisi dal torrente Margò.
E’ incerto se negli strati superiori di questi calcari sia rcippresen-
tata anche parte del Devoniano inferiore. Ciò sembra probabile pel
fatto che i calcari stessi si fanno superiormente grigio chiari, con Crinoidi
e Coralli indeterminabili: così sulla sinistra del rio Margò e presso l’An-
cona a quota 669 sulla mulattiera da Povolaro a Campivolo. In ogni
1 II Geyer li estende fino a Ravascletto, ma prima ancora di Campi-
volo essi spariscono sotto la morena.
2 G. Geter. Ein neues Vorìcommen fossilfiihrender Silurhildungen in
den Karnischen Alpen. Verh. k. k. geol. R-Anst., Wien, 1895, pag. 308.
3 M. Gortani. Itinerari per escursioni geologiche nelValta Gamia. Boll.
S. geol. it., Roma, 1905, pag. 111.
rilevamento geologico della valcàlda
445
modo, la presenza di questa sovrapposta alla prima sta a com-
provare ancora l’esattezza del riferimento precedente.
Un attento esame e un diligente rilevamento di tutti questi spun-
toni rocciosi (massime risalendo i torrenti) mostra che essi si conti-
nuano e sono strettamente collegati fra loro, e che si tratta di un’unica
piattaforma calcarea incisa dai torrenti, rotta dalle eruzioni, ricoperta
dai terreni posteriori. Nelle incisioni sono insinuate alcune lingue di
scisti, di color bruno scuro o nerastro, per lo più grafìtici, lucidi, lami-
nati, raddrizzati, pieghettati e contorti, che affiorano tra Comeglians
e Runchia, tra Povolaro e Mieli, e in fondo ai torrenti Maglina e Margò.
E’ difficile dire se questi scisti siano più antichi dei calcari e sbuzzati
fuori nella piegatura, o se siano stati deposti in trasgressione sui calcari
erosi e poi compressi dalla piegatura o dalle eruzioni.
3. Carbonifero superiore e Permiano inferiore.
Nettamente trasgressiva e discordante sopra la piattaforma cal-
carea siluriana o silurico-devoniana, è la massa scistosa del monte di
Monaio. I rapporti dei due terreni sono evidenti presso Mieli e fra il
Maglina e il Margò, dove la vegetazione e la copertura morenica non im-
pediscono di osservarli.
La grande massa scistosa comprende tutti i monti a nord della
Malcalda fino al piede del Coglians; nella Malcalda è il basamento su cui
si eleva tutta la cresta dal Zoufplàn al Crostis. I tipi litologici sono
sempre quelli ben noti della intera zona scistosa carnica, a lungo e vi-
vamente discussa: scisti bruni, nerastri, ocracei, violacei, grigio-ver-
dastri, grigio-rossastri, verdognoli, argillosi o arenacei; arenarie com-
patte, per lo più grigio-verdastre, talora durissime. Mancano però, o'
sono molto limitate, le arenarie più friabili, quarzoso-micacee, e le
breccio e silicee, che altrove sono invece abbondanti.
La monotona uniformità della serie scistosa, che ha uno spessore
apparente di oltre un migliaio di metri, è rotta dalla comparsa di rocce
eruttive o di rocce immediatamente derivate da queste. Rocce erut-
tive non erano segnalate in Malcalda, tranne che al monte Zoufplàn;
eppure in nessun’ultra plaga delle Alpi Gamiche esse raggiungono forse
446
M. GORTaNI
uguale sviluppo e potenza. Gli affioramenti eruttivi sono disposti in
due ordini principali. Una prima serie è tra 500 e 1000 metri: nel ver-
sante della Bùt comincia di fronte a Enfrators lungo il rio Aracli; nel ver-
sante del Degano comincia alla confluenza Degano-Margò (dove rompe
la piattaforma siluriana) e sotto Mieli e Naiaretto, donde si continua
a nord rimontando la valle principale e ad oriente per Tualis e St. Pan-
zit. Altri due affioramenti si hanno lungo il profondo solco del rio Mo-
rassò a nord di Zo vello. Prevalgono in questi espandimenti inferiori
tipi di diabasi e porfiriti diabasiche.
Porflriti quarzifere e porfidi quarziferi sono invece dominanti
nelle colate superiori, che da 1500 o 1800 metri in su costituiscono quasi
per intero le creste e le cime. Non vi sono colate imponenti solo al monte
Zoufplàn, dove le scoprì il Taramelli b ma anche e più al Cimòn, al
Picimede, al Pizzacùl, dove le rocce eruttive torreggiano allo scoperto
per più centinaia di metri d’altezza. Sono verdi o rosso-cupe così nel
fresco còme nelle superflci alterate, frammischiandosi confusamente
i due tipi e alternando frequentemente con spiliti, oflcalci, brecce e
tufi da essi derivati. Lo studio petrografico accurato di tutte queste
rocce sarà fatto dal dott. Aloisi, che ha già iniziato l’esame dei numerosi
campioni raccolti.
Il raggruppamento delle colate in superiori e inferiori non deve far
supporre che le prime siano indipendenti e più recenti delle seconde.
Si tratta di un raggruppamento topografico, non stratigraflco; le
une e le altre sono in contatto con gli stessi terreni, e non mancano
fra loro anche collegamenti diretti, come nella valle del rio Morassò.
Tutte le rocce eruttive di cui si è discorso sono intimamente con-
nesse con la massa scistosa. Esse si mostrano nella maggior parte degli
affioramenti non intruse, ma interstratificate agli scisti e arenarie; e
spesso questi appaiono chiaramente non alterati, ma derivati dalle
rocce effusive. In molti luoghi (ad es. sul Picco di Saffrucella, sul
monte di Monaio, sotto lo St. Panzit, sul versante orientale del monte
1 T. Taramelli. Osservazioni stratigraiicJie sulle valli del Bui e del
Chiarsò in Gamia. Ann. scient. R. Ist. tecn. Udine, 1870, pag. 35.
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA VALOALDA
447
Vaisecca, sulla Tènchia, Zoufplàn, eco.), si può seguire per tutti i gradi
il passaggio dalla roccia eruttiva alle brecce, ai tufi arenacei, alle are-
narie scistose e agli scisti prima violacei o verdognoli, poi bruni od
ocracei.
Ma le rocce eruttive non dànno passaggio soltanto agli scisti
finora veduti, bensì anche a scisti e arenarie di tipo diverso. Sono questi
in prevalenza rosso-vinati, e compaiono in mezzo ad essi e associati
con essi altri scisti di color rosso-rubino, rosso-mattone, violaceo, roseo,
e spesso anche verdastro o glauco; le tinte sfumano una nell’altra o
contrastano anche in vene, liste o chiazze sopra un medesimo pezzo di
roccia. Là superficie di sfaldatura è per lo più sericea, lucente, e dà
così maggiore risalto ai colori bellissimi. Queste rocce talvolta sono in-
cluse nelle masse eruttive o si alternano con espandimenti: esempi
chiari ne abbiamo al Pizzacùl, alla Crasulina, al Cimòn, ai laghetti
Zoufplàn, e nel crinale Crostis-Saffrucella. Altre volte riposano, poco o
punto disturbate, sulle masse eruttive, e si hanno allora tutti i pas-
saggi dal porfido o dalla porfirite a spiliti verdi o rosse e a scisti glau-
chi o vinati, con o senza conglomerati e brecce tufacee: così sul monte
Zoufplàn, sul Pizzacùl, sulla cresta Valsecca-Picimede. Altre volte an-
cora sono insinuate o addossate sulle masse eruttive, e curvate dol-
cemente o pizzicate in strette sinclinali: così fra il Crostis e il Safìru-
cella, in tutta la conca di Tarond e fra le cime Tènchia e Zoufplàn.
Codesti scisti rosso-vinati sono gli equivalenti delle cosidette arenarie
di Val Gardena, rappresentanti il Permiano inferiore. Le tinte sono
forse più delicate, la scistosità più accentuata, la lucentezza più viva
e sericea che nelle arenarie scistose comuni in tutto il Permiano in-
feriore delle Alpi Gamiche. Ma nessun’altra interpretazione mi sem-
bra possibile. Anche rapportando queste rocce a derivazioni locali
dalle porfiriti, la questione non è che trasportata, e si può ritorcere
contro tutti i sedimenti rossi eopermici di cui non conosciamo la pro-
venienza e le cause della colorazione. D’altronde a Staipe Vas, nello
stesso bacino del Legano, vediamo le rocce eruttive far graduale passag-
gio ad arenarie scistose rosse la cui posizione stratigrafica esclude il più
448
M. GORTANI
lontano dubbio sulla loro pertinenza al Permiano inferiore b E si noti
ancora che le arenarie e scisti vinati vengono altresì a contatto con gli
scisti bruni e riposano su di essi in piena concordanza, seguendoli nella
curvatura e rimanendo talora impigliati nei loro contorcimenti: così
sotto cas.Vidiseit e fra Gracco e Naiaretto. Del resto anche il Tararne h
ed il Geyer sono d’accordo nel riferire alla formazione di Val Gardena
gli scisti vinati e variegati della vetta Zoufplàn, che hanno i caratteri
sopra notati.
Sul Zoufplàn e sulla cresta dal Zoufplàn al Cimòn gli affioramenti
di tali scisti sono numerosi e sulla carta si son dovuti segnare in modo
schematico. Altri ve ne sono fra il Zoufplàn e la Tènchia (lungo il sen-
tiero a W del crinale), sul versante meridionale del Cimòn, presso le
casere Vidiseit, Crasulina, Picimede e Vaisecca, sulla cima Vaisecca,
fra i monti Vaisecca e Picimede, alla forca Crasulina, in più luoghi so-
pra le casere Tarond e Crostis, fra il Crostis e il Saffrucella; e anche in
basso sotto Ramazaas, sotto cas. Vidiseit e nel bosco di Tualis. Sono
lembi talora assai piccoli, talora estesi per centinaia di ettari, come a
sud delle cime Crostis, Pizzacùl, Picimede.
Con i tipici caratteri delle arenarie di Val Gardena, la formazione
eopermica si stende a sud della massa scistosa. Sono arenarie rosso-vio-
lacee in grossi banchi, arenarie scistose rosso-vinate ricche di mica
bianca, e arenarie scistose rosso-violacee lucide, con intercalazioni di
scisti lucenti verdi o cilestrini e talvolta di arenarie micacee gialla-
stre. La massima potenza di questa formazione è presso Cercivento,
dove ha oltre 100 metri di spessore e comprende anche, alla base, ti-
pici conglomerati rossi di Val Gardena. Verso oriente si continua con
la zona eopermica potentissima della Val Pontàiba; verso occidente ri-
monta il corso del rio Gladegna spostandosi dalla sinistra alla destra
del torrente e riducendo man mano il suo sviluppo fino a sparire prima
di Ravascletto sotto i terreni quaternari della Valcalda. Riappare sol-
1 Cfr. M. GtOrtani. Osservazioni geologiche sui terreni 'paleozoici dell'alta
valle di Gorto in Gamia. Rend. R. Acc. Se., Bologna, sess. 30 gennaio 1910.
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA VÀLCALDA
449
tanto in due piccoli affioramenti, in contatto coi calcari siluriani, in
fondo al rio Margò sotto Campivolo e dietro le prime case diComeglians.
Nei dintorni di Cercivento, in tutta la falda sud orientale della
Tèndila, questa zona eopermica è sempre in perfetta concordanza con
la sottostante formazione scistosa- e ne segue le piegature. Così, fra
Cercivento di Sotto e di Sopra e Prà del Moro, l’erosione esercitata sulle
rocce ripetutamente piegate ha portato ad affiorare in mezzo al ter-
reno permiano gli scisti su cui esso si stende. Pure concordante cogli
scisti è un altro lembo impigliato di arenarie di Val Gardena, che s’in-
contra sulla destra del rio di Costa, a metà strada fra Vidal e cas.
Vidiseit. Più a occidente, lungo il Gladegna e il Margò, le condizioni
si mutano invece per l’intervento di una piccola faglia che esamine-
remo meglio più avanti.
Riassumendo, abbiamo dunque:
1 Una potente formazione scistosa, trasgressiva su terreni del
Paleozoico antico;
£0 II complesso arenaceo-scistoso eopermico, concordante sugli
scisti;
3° Le rocce eruttive, strettamente connesse con entrambe que-
ste formazioni.
E’ tempo di discutere l’età da assegnarsi alla massa scistosa e
alle rocce eruttive.
Dall’esposizione dei dati di fatto, che ho cercato di constatare con
diligenza scrupolosa, risulta che gli scisti sottostanno in concordanza
alla formazione eopermica (della quale rimangono lembi copiosi) e
sono in stretta connessione e anche in relazione di dipendenza con le
stesse rocce eruttive connesse agli scisti e arenarie di Val Gardena. Si
viene quindi al risultato che la massa scistosa spetta ai tempi immedia-
tamente precedenti l’Eopermico, e cioè al Carbonifero superiore.
Tale conclusione è però in contrasto con i risultati del Taramelli,
del Erech e del Geyer. Per il Frech anche la massa scistosa della Vai-
calda spetterebbe al Culm, come spetterebbero al Culm in gran parte
gli scisti del versante meridionale delle Gamiche. Ma come spiegare
allora la concordanza degli strati permiani su questi scisti eocarbonici
450
M. GORTÀNI
e il doppio legame con gli uni e gli altri della formazione eruttiva?
E si noti ancora che nella breve emersione ammessa dal Frech tra il
Neodevonico e il Culm, l’erosione avrebbe avuto agio di demolire
tutta la serie calcarea devonica per mettere allo scoperto la piattaforma
siluriana; mentre nella lunga emersione dalla fine dell’Eocarbonico
all’Eopermico non avrebbe avuto ragione dei ben più erodibili scisti,
che torreggiano ancora con masse imponenti. Questa contraddizione
e la necessità di ammettere con tale ipotesi due trasgressioni e due
ben distinti periodi eruttivi, nonché la posizione degli strati di Val
Gardena, mi sembrano sufficienti a escludere il riferimento del Frech.
Per il Tarameli! ed il Geyer gli scisti sono invece riferibili al Silu-
riano. Il Tarameli! basa il riferimento sulle Graptoliti rinvenute nel
bacino del Chiarsò d’Incaroio; il Geyer su Graptoliti rinvenute presso
Timau e alla forcella Morarét, e sui fossili neosilurici dei calcari di Co-
meglians e Pigolato. Ora, quanto alle Graptoliti è da osservare che
esse sono state rinvenute in località troppo lontane dalle nostre per po-
ter servire di base a un riferimento. Presso la stessa forcella Morarét
e in più punti a sud della giogaia del Coglians sono state rinvenute
finiti neocarbonifere negli scisti b i fossili qui non hanno valore che
per il punto dove si trovano. E neppur han valore per noi i fossili
neosilurici dei calcari di base; poiché già si é detto che gli scisti sono
nettamente discordanti e trasgressivi sopra di essi.
Si noti infine che il riferimento al Neooarbonifero degli scisti
della Valoalda è in pieno accordo con i risultati ottenuti da me ^
e dal Vinassx ^ nel vicino grappo del monte Dimon e nella valle
di Gorto.
Ciò posto, Tetà delle ro 3 eie eruttive é fuori di discussione, da]
momento che esse sono legate intimamente agli scisti e alla forma-
1 Cfr. M. Gortani. Osservazioni geologiche nelValta valle di Gorto ecc.,
già citato.
2 Cfr. M. Gortani. Osservaz. geol., ecc., già citato; Studi sulle rocce
eruttive delle Alpi Gamiche. Mem. S. Tose, di Se. nat., XXII, 1906.
2 P. ViNASSA. Rilevamento geologici della tavoletta Paluzza. Boll.
R. Com. geol., XLI, 1910.
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA VALCALDA
451
zione di Val Gardena. Come le eruzioni della Gamia orientale e di
Rigolato, anche queste cominciarono sullo scorcio del Neocarbonico
e continuarono nei primi tempi permiani.
4. Permiano superiore, Trias.
Sopra le arenarie di Val Gardena, a sud del rio Gladegna, della sella
di Ravascletto e del rio Margò„ si ammassano in concordanza i cal-
cari bituminosi e le dolomie cariate e brecciate, non di rado gessifere,
che in tutta la Gamia rappresentano il Permiano superiore. Il gesso è
presente alla base e in qualche ^punto anche presso la sommità della
serie: così sul monte di Sutrio, dove il piano di Chiaulamosan e Laas
è tutto bucherellato da piccole doline di cedimento e di erosione sub-
detritica. Un piccolo lembo di dolomia gessifera rimane a ricoprire
la Val Gardena anche sulla destra del torrente Gladegna, sopra i mo-
lini di Cerci vento inferiore. Nei dintorni di Sùtrio la serie ha una po-
tenza di circa 20G metri; verso occidente, all’opposto del terreno eoper-
mico, acquista sempre maggior estensione e potenza, fino a superare
presso Comeglians i 500 metri di spessore. La dolomia cariata è ste-
rile; tracce di fossili si riscontrano invece qua e là nei calcari bitumi-
nosi, dove sembra frequente la
Diplopora hellerophontis RothpL,
e sopra la chiesa di Sùtrio anche in calcari scistosi e marnosi, che però
non mi diedero materiale determinabile.
Sopra il terreno neopermico seguono, sempre in concordanza, le
arenarie del Trias inferiore. Sono estese nella regione di vetta dei monti
di Sùtrio, Zoncolàn e Pozzóf, da 1200 o 1400 metri in su; maggior do-
minio acquistano verso Sutrio, dove scendono fino a 800 metri. General-
mente sono di un rosso vivace o di un giallo ocraceo pallido alla base,
mentre in alto prevalgono arenarie di un rosso cupo o violaceo, alter-
nate con altre verdi-giallastre. Vi sono anche piccole alternanze di stra-
terelli calcarei. Fossili si rinvengono in molti luoghi nelle arenarie su-
periori. Gosì sul monte di Sutrio presso gli stavoli Suart, dove raccolsi
Pseudomonotis cfr. aurita Hauer sp.,
AnoplopJiora elongata Gieb.,
452
M. GORTANI
Gervillia sp.;
sul monte Zoncolàn sopra Valdinùf, dove è copiosissima la
Naticella costata Mstr. sp.
insieme con
Avicula venetiana Hauer,
Avicula n. sp.,
Gervillia mytiloides v. Sctiloth.,
Gervillia cfr. Meneghina Tomm.;
sul monte Pozzòf presso cas. Marmoreana, dove notai
Pseudomonotis Clarai Emmr. sp.,
Gervillia Meneghina Tomm.,
Psammoconcha Servini Tomm.,
Naticella costata Mstr. sp.,
Tirolites sp.
Sul monte Zoncolàn si notano anche arenarie gialle marnose con
Myacites; nel versante orientale del Pozzòf si raccolgono calcari are-
nacei zeppi di gusci d’una Myophoria affine alla M. laevigata Goldf.
I passaggi, le sfumature, le alternanze di facies rendono inde-
cisi i limiti della serie eotriasica tanto inferiormente quanto superior-
mente. In alto le arenarie passano a una dolomia cariata simile a quella
permiana. S’incontrano serie difficoltà nella delimitazione tanto in-
globando questa roccia nella serie werfeniana, come fa l’Arthaber,
quanto ponendola invece alla base del Trias medio; poiché anche la do-
lomia cariata passa insensibilmente ai calcari compatti superiori. Tut-
tavia mi è sembrato preferibile riunire nella carta questo terreno alla
serie prevalentemente calcarea mesotriasica, avuto anche riguardo
alle varie applicazioni pratiche che si richiedono a una carta geologica.
Che del resto tale divisione sia sostenibile anche stratigraficamente, è
provato dal fatto che presso casera Col Daer la dolomia cariata supe-
riore manca ed è sostituita come suo equivalente dal conglomerato po-
licromo, che per comune consenso va riferito nel Trias alpino al Muschel-
kalk inferiore, e che poggia direttamente sulle arenarie werfeniane.
Nel territorio esaminato, al Trias medio sono riferibili soltanto i
terreni suddetti; i quali sono limitati all’alto bacino del rio di Vaicalda
RILEV-iMENTO GEOLOGICO DELLA VALCALDA
453
e ai rilievi Col Daeròn e Col Daer. L’alternanza di strati più e meno ero-
dibili neUa zona di passaggio dalle arenarie alla dolomia, dà origine
nel versante sud del Col Daeròn a forme di erosione, tra cui domina su-
perba un’alta piramide isolata, detta Tor di Coti.
5. Terziario ?, Quaternario.
Sulle formazioni marine, che si chiudono nel territorio studiato col
Mesotriasico inferiore, si stendono in molti luoghi depositi alluvionali
e glaciali potenti ed estesi.
Il più antico di questi terreni affiora tra Sutrio e Priola: è un con-
glomerato alluvionale tenace, analogo per origine e natura ai conglo-
merati della valle del Tagliamento, che il Taramelli \ ritiene miocenici
e che in ogni modo sono preglaciali Questa roccia forma il colle su
cui sorge la Pieve di San Biagio, e si spinge a circa 90 metri di altezza
sull’alveo attuale della Bùt. Coperta di rigogliosa vegetazione, è però
franosa nello sprone meridionale che dal colle si protende fino al rio
Saustri, e, veduta dalla strada carrozzabile che segue l’opposta sponda
della Bùt, facilmente si confonde con le sovrastanti rocce permiane.
In questo errore incorse anche il Geyer, mentre l’alluvione cementata
non era sfuggita al Taramelli, che la segna appunto come alluvione
sarmatica.
Estensione particolarmente notevole hanno in Vaicalda i terreni
glaciali. Morene tipiche intatte e fresche sono abbondanti sul versante
meridionale della Tènchia, massime sopra la zona delle arenarie di
Val Gardena; morene tipiche sono anche di fronte a Zovello e presso
Mieli e Tualis. Sui declivi scistosi i depositi glaciali sono frequenti, ma
per lo più rimaneggiati e misti a detriti di falda: non sempre si può fare
una separazione netta, e sarebbe forse opportuno di adottare p essi
una segnatura speciale sulla carta. Di gran lunga più esteso e impor-
tante è il grande deposito in parte morenico rimaneggiato e in parte al-
1 T. Taramelli. Dei terreni morenici e alluvionali del Friuli. Ann. scient.
R. Ist. Tecn. Udine, Vili, 1875.
2 Cfr. M. Gortani. Belico, Lias e Giura nella Preal'pi delV Arzino.lòoM. R.
Com. Geol., XLI, 1910, pag. 12 d. eslr.
454
M. GORTANI
Inviale antico, che ricopre tutto il fondo della Valcalda dal torrente Mo-
rassò al Vaglina, sopra una lunghezza di 6 chilometri e una larghezza di
oltre mezzo chilometro a levante, di 2 a ponente. La maggiore estensione
a ponente è in relazione con la maggior importanza del ghiacciaio del
Legano; un ramo del quale si insinuava largamente e profondamente
nella Valcalda, arrotondando in guisa mirabile i fianchi del monte di
Monaio e portando fino a 1500 metri di altezza sul monte Culsin ciot- ii
toli di calcare siluriano e devoniano strappati ai gruppi del Coghans
e del Canale. Benché i ghiacciai della Bùt e del Legano fossero in comu-
nicazione fra loro attraverso la Valcalda, in tutto il bacino del rio Mo-
rassò e nella larga conca di Tarond i materiali morenici sono invece
tutti di origine locale, e risalta in essi il colorito vivace degli elementi
eopermici.
I materiah depositati dai ghiacciai entrano certamente in buona
parte a costituire i terrazzi di Sutrio, S. Nicolò, Cercivento di Sotto e
di sopra, la cui superficie si raccorda in un unico piano alto una qua- i
rantina di metri sull’alveo della Bùt e del Gladegna.
Tra le alluvioni posglaciali è infine da accennare al riempimento del
lago quaternario di Sutrio
6. Tettonica.
I rapporti tettonici fra i terreni di origine marina che abbiamo pas-
sato in rassegna sono per lo più assai semplici. La piattaforma silu-
riana o silurico-devoniana è formata da strati pendenti a mezzodì;
su di essa gli scisti neocarbonici sono nettamente trasgressivi; sopra di
questi tutti gli altri terreni seguono concordanti e con pendenza ge-
nerale a sud.
La massa scistosa è ripetutamente piegata, ed è sconvolta inpros- |
simità delle rocce eruttive quando le colate non sono interstratificate |
agli scisti. Arenarie e scisti carboniferi sembrano in generale meno di-
sturbati a misura che ci si alza dal fondo delle valli. La massa degli ;
1 Ctr. 0. Marinelli. Studi orografici nelle Alpi Orientali. Mem. S. geogr.
it., Vili, 2, 1898, pag. 390-92.
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA VALCALDA
455
scisti è prevalentei^iente inclinata a nord; fra le pieghe che li interes-
sano va segnalato Tanticlinale che li volge a sud in prossimità del-
l’asse della Valcalda. Le arenarie di Val Gardena seguono, come si è
detto, le curvature degli scisti e quindi anche questa piega anticlinale;
il che è ben visibile sopra Cercivento. Ma verso ponente ranticlinale si
è spezzato, ed è avvenuta una piccola faglia che, limitando e restrin-
gendo la zona eopermica, porta a battere le arenarie inclinate a sud
contro gli scisti pendenti a nord. Tali rapporti sono evidenti lungo il
Gladegna sotto Zo vello.
La faglia continua e si accentua verso Comeglians. Nel fondo del
Margò sotto gli stavoli Pregiei le arenarie scistose di Val Gardena bat-
tono contro i calcari siluriani di base; a Comeglians, la trincea di ac-
cesso alla galleria della nuova strada provinciale ha messo allo scoperto
le arenarie di Val Gardena laminate contro il dossone calcareo siluriano
di fronte a S. Giorgio. La faglia si prolunga visibilmente anche sulla
destra del Legano lungo il rio della Rossa.
I terreni neopermici e triasici hanno ondulazioni leggiere, turbate
soltanto da qualche sconcerto locale, di cui il più notevole è forse
nel fianco occidentale del monte Pozzòf . La cresta dello Zoncolàn è leg-
germente curvata ad anticlinale; sul Col Daer invece gli strati sono
pressoché orizzontali. Ma a breve distanza le pendenze mutano, e nei
terreni triasici non si può che rilevare l’andamento generale, senza
seguire punto per punto i dettagh locali, che hanno assai limitata
importanza.
7. Prodotti minerari e da costruzione.
Nella Valcalda si riscontrano in qualche punto le piccole vene e i
filoncelli di solfuri metallici, che in molti luoghi della Carnia sono con-
nessi agli scisti e rocce eruttive del Paleozoico.
Procedendo da occidente verso oriente, cominciamo col notare
vene di tetraedrite (che si palesano all’esterno con efflorescenze di ma-
lachite e azzurrite) nei calcari siluriani fra Comeglians e Povolaro.
Presso Povolaro affiora anche negli scisti grafitici un filoncello di pi-
rite e stibina, racchiuso in una ganga di quarzo, che mezzo secolo fa
456
M. GORTANI
si tentò invano di utilizzare. Negli scisti si hanno depositi grafitici presso
Mieli, e non lungi da Tualis si rinvengono cristalli cubici di pirite di
piccole dimensioni (meno di 1 cm. di lato), ma perfettamente confor-
mati. Sul monte di Monaio sono citate \ calcopirite e galena associata
a stibina e siderite; non si fecero tentativi di esplorazione mineraria,
ma è difficile che eventuali tentativi possano venir coronati da suc-
cesso. Altrettanto si dica per la calcopirite segnalata presso Zovello,
Praticamente più interessanti sono i depositi di argilla, derivati da
sfatticcio degli scisti e da sfatticcio morenico, che si trovano nella sella
di Ravascletto e Zovello e dànno vita a sei fornaci di laterizi grossolani.
La dolomia brecciata permiana, facile a cavarsi e a lavorarsi, è lar-
gamente usata come materiale da fabbrica. Al gesso che vi è associato
in più luoghi, si è già accennato. Come materiale da costruzione meri-
tano di essere anche ricordate le rocce eruttive, che sono suscettibili
di pulimento e si prestano come solide pietre da fabbrica e befiissime
pietre ornamentali.
8. Geomorfologia.
La dipendenza delle forme del suolo dalla natura delle rocce e
dalla storia geologica è quanto mai evidente in tutta la Valcalda; e
ciò non soltanto nei motivi principali del rilievo, ma anche nei minuti
particolari.
Procedendo da nord a sud, vediamo in primo luogo le creste Piz-
zacùl-Zoufplàn e Crasulina-Valsecca costituite da rocce eruttive, alla
cui maggiore resistenza in confronto degli scisti è appunto dowto il sus-
sistere delle creste medesime. La cima del Crostis è scistosa; ma sono
scisti ripidamente inclinati, protetti a mezzodì da colate porfiriche e so-
stenuti a nord da rocce eruttive e loro derivati. La forma delle cime è
in relazione con la potenza delle eruzioni e l’estensione dei dicchi e delle
colate; così il Picòn di Picimede eleva la sua svelta punta conica, e il
1 Cfi . Jervis. I tesori sotterranei d’Italia. I, 1873, pag., 340; C. Marinoni.
Sui minerali del Friuli. Ann. stat. per la prov. di, Udine, III, ISSI. pag. 82^
e segg.
RILEVAMENTO GEOLOGICO DELLA VALCALDA
457
Pizzacùl e il Cimon si impongono con masse tozze e irregolari, contra-
stando con le creste sottili e talora frastagliate che li collegano.
In questa regione di vette sono anche da notarsi itre piccoli circhi
dei laghi Tarònd, Crasulina e Zoufplàn. Il primo è sopra casera Tarònd
alta, e ha la conca lacustre scavata negli scisti di Val Gardena, poco
profonda e in gran parte trasformata in palude. Il secondo è fra la ca-
sera e il Picòn di Crasulina: è una magnifica conca profondamente
scavata nelle porfiriti e spiliti, e ha il fondo occupato da un laghetto lim-
pido e azzurro intenso. Il terzo circo, fra Zoufplàn e Cimòn, è pure con-
tornato da porfiriti e spiliti; sul fondo ha due piccoli bacini allungati,
disposti parallelamente e separati da un dossoncino di roccia erut-
tiva che ricopre scisti di Val Gardena.
Scendendo a mezzodì, le rocce scistose ci presentano ben di rado le
pareti a picco delle rocce eruttive, ma degradano con pendii general-
mente ripidi, che lo sprone resistente Pie imedo- Vaisecca addolcisce
ed estende.
L’insellatura della Valcalda è scavata nella zona più erodibile,
dove la frattura di cui si discorse e la minor resistenza delle rocce neo-
permiche facilitavano il lavorìo distruttore delle acque. Legami con la
tettonica non vi sono, aH’infuori dell’accennata frattura e dell’in-
fluenza che ha la maggiore o minore inclinazione degli strati sulla ripi-
dità dei pendii.
Nel versante meridionale della valle c’è da rilevare soltanto qual-
che contrasto fra le ondulazioni delle cime arenacee e l’andamento
irregolare, spesso ripido e a salti, delle pareti di calcare e dolomia ca-
riata che le sostengono.
Considerando l’insellatura della Valcalda, dobbiamo definirla come
un tronco di valle longitudinale. L’allineamento da occidente a oriente
della vai Pesarina, della Valcalda e delle valli Pontaiba, Minischite,
Turriee e Pontebbana, fa pensare a un primitivo tracciato idrografico
(terziario o forse anche più antico) con una valle longitudinale paral-
lela a quella della Galla, e spezzata successivamente dalle catture del
Legano, della Bùt e del Chiarsò. A parte le considerazioni rispetto agli
altri tronchi, è facile spiegare in tal modo la singolare forma allungata
6
458
M. GOKTÀNI
deirinsellatura, il cui profilo tra Bùt e Degano sopra 10 chilometri
di lunghezza ne ha 3 quasi orizzontali.
Anche la larghezza della valle può ascriversi in parte aUe condizioni i
idrografiche antiche. Ma vi ha certamente contribuito l’erosione glaciale, i
I ghiacciai hanno lasciato in Vaicalda profondissime impronte. IL col-
legamento delle grandi masse gelate del Degano e della Bùt attraverso
la sella di Ravascletto portò come necessaria conseguenza ad allargarne i
il fondo, ad arrotondare intensamente i fianchi dei monti verso i due
sbocchi, a depositare da ogni parte cumuli morenici talora imponenti.
Dai bacini di Tarònd e del Morassò piccoli ghiacciai scendevano e ve-
nivano a confiuire coll’altro; ma la loro azione modellatrice non po- j
te va paragonarsi a quella del ghiacciaio maggiore. E perciò il profilo |
arrotondato ad U della valle principale contrasta con i profili a V delle
vallette tributarie; e alle grandi morene che sostengono campagne e vii- j
laggi fanno riscontro in alto ondulazioni e ripiani di deposito glaciale e
detrito su cui sono di preferenza costruite le casere.
Allo sviluppo dell’idrografia posglaciale dobbiamo invece ascri-
vere da un lato i terrazzi di cui già facemmo parola, dall’altro i burroni, |
di tipo diverso a seconda dei vari terreni, in cui sono incassati gli at- ^
tuali torrenti.
Tolmezzo, novembre 1910.
M, (llo'fliinis M. Kellorspit/
M. Caiialfì M. Crosti s RI. l’izzacul M. IMcinierio M. Ciiiion M. Zoufplaii
ri('co .SnUVuctìlla M. YnLsecca
LA VALCALDA VEDUTA DALLA CIMA DEL MONTE ZONCOLÀN
NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE
BiBXviooRÀi^iÀ OE:or^ooiOA lorAr^iAJxrA.
PER l’anno 1909 1.
Salmo JRAGHi F. — Di alcuni saggi di fondo dei nostri mari (Rend. R. let.
Lombardo di Se. e Lett., voi. XLII, serie II, pag. 698-719, con 1 tav.).
— Milano, 1909.
Premette l’autore di essere debitore di questo studio aH’ing. Emanuele
dona che, per conto della Società Pirelli e C. di Milano, sovraintende alla
posa ed alla riparazione dei cavi telegrafici sottomarini italiani.
I saggi vennero raccolti dal novembre 1901 al febbraio 1909 in occasione
della riparazione dei cavi che congiungono La Maddalena (Sardegna) al con-
tinente itahano, Ustica a Palermo, Palermo a Napoli, Panaria a Stromboli,
Peggio a Messina, ed Otranto a Tallona d’Albania.
I saggi concernono la materia di [fondo rimasta aderente all’àncora a
fùngo posata per trattenere la boa di segnale, oppure al grappino con cui si
ricerca e si afferra il cavo da riparare, o infine al cavo medesimo.
Si raccolsero 22 saggi che si ripartirono in tre categorie, giusta i diffe-
renti processi occorrenti per studiarli, e cioè in ghiaie, sabbie ed arenarie,
mélme.
Dopo avere esposto in una 1^ Tabella le notizie concernenti la data del
prelevamento, la posizione (latitudine e longitudine), la profondità del punto
in cui il campione fu prelevato e la natura litologica del saggio, l’autore
passa a descrivere partitamente i caratteri fisici, chimici e mineralogici delle
tre categorie suindicate, cioè delle ghiaie, delle sabbie ed arenarie e delle
melme.
Allega una tavola geografico -dimostrativa indicante graficamente i
punti di prelevamento dei saggi, alla quale fa seguire una 2^ tabella dimo-
strante la composizione mineralogica ed i gradi di frequenza dei componenti
^ Vi sono comprese anche quelle pubblicazioni che, pur trattando di lo-
calità estere, interessano la geologia d’Italia od hanno rapporto con essa.
460
delle sabbie estratte per levigazione e decalcifìcazione dai saggi di cui alla
tabella 1^, raggruppati per località, che in seguito nel medesimo ordine, ac-
curatamente illustra e descrive, per spiegare specialmente la provenienza dei
minerali componenti i diversi saggi esaminati, e — subordinatamente — per
dar conto del loro modo di formazione, ossia in virtù di quali fatti e feno-
meni i minerali stessi si sono radunati.
Salmo JRAGHI F. — Le sabbie delle depressioni di Samoli e di Badda sul con-
fine fra V Eritrea e la Dancalia (Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVIII,
(1909), fase. IO, pag. 63-95). — Roma, 1909.
Esamina alcuni campioni di sabbie raccolte dai professori D ain ehi e Ma-
rinelli, in un loro viaggio compiuto dal settembre 1905 al gennaio 1906 nella
colonia Eritrea.
Egli le divide in tre categorie : R — Sabbie provenienti dalle falde che
scendono alla pianura di Samoti. 2^ — Sabbie della pianura depressa sotto il
livello del mare e compresa fra la Dancalia ed Aràfali. 3^ — Sabbie del de-
serto esistente nella regione settentrionale della limitrofa valle Dancala, de-
nominata Badda, divisa dalla pianura di Samoti da una zona di roccie vul-
caniche.
L’analisi di dette sabbie è fatta col metodo di Artini, descritto dal
Saimoiraghi in precedenti lavori.
In un quadro annesso alla Memoria sono indicati i minerali componenti
principali, con numeri che esprimono il loro grado di frequenza in stato arric-
chito ; si danno anche alcuni cenni dei componenti secondari. Fra i minerali
utni l’autore dirige le sue ricerche specialmente all’oro, e conclude che se pur non
riuscì a trovarne traccia nei campioni trattati, non può concludersi per l’as-
senza del prezioso metallo, essendo a ciò necessario l’esame di una quantità
notevolmente maggiore di sabbia.
Sangiorgi Bellitso V. — Il sistema cretaceo di Sicilia (Riv. Ital. di Se.
Nat., anno XXIX, n. 5-8, pag. 37-80). — Siena, 1909.
L’autore descrive le caratteristiche principali che il sistema cretaceo
offre in Sicilia, discutendo nello stesso tempo, brevemente, le opinioni dei
principali geologi che di tale argomento trattarono. Studia la ubicazione e
l’essenza delle varie /actes che il detto sistema presenta nei differenti piani che lo
compongono ; enumera i fossili più importanti e più diffusi in ciascuno di essi e
conclude per la massima importanza che il Cretaceo presenta, in Siciha, quan*
tunque rappresentato da ristretti lembi e da sparsi affioramenti, per l’unifor-
mità perfetta dei suoi caratteri generali e per il rilevante nume-o dei fossili
4f31
caratteristici, facilmente riconoscibili. Segue un prospetto riassuntivo dello
sviluppo del Cretaceo in Sicilia, un elenco bibliografico dello opere che ad esso
si riferiscono, ed infine un quadro sinottico dal quale si deduce la distribu-
zione stratigrafica e geografica dei fossili cretacei nell’Isola.
Sangiorgi D. — I graniti di Groppo Maggio nelV Appennino Parmense (Boll,
Soc. Geol. Ital., voi. XXVIII, fase. 1^, pag. 156-168, con 1 tav.). —
Roma, 1909.
Dopo avere accennato al ritrovamento delle masse granitiche nell’ Appen-
nino Emiliano, l’importanza delle quali non è però tale da permetterne un
conveniente sfruttamento dal punto di vista industriale, accenna all’interesse
che esse presentano per lo studio geologico della regione. Si ferma in partico-
lare sui graniti del Parmense, come quelli di notevole estensione, e, fra questi,
sul giacimento di G-roppo Maggio che ricuopre a guisa di calotta lo sprone di
Monte Binaghè, gruppo serpentinoso nell’alta valle della Manebiola. Il fatto
più importante che si rileva dall’esame del Groppo Maggio, è la grande
varietà di tipi che i graniti presentano e che l’autore riduce a tre principali.
In alcune parti la massa granitica può ritenersi un vero e propiio conglo-
merato, in altre un accumulo di grossi frantumi cementati o no fra di loro.
In conclusione, nella detta formazione si riscontrerebbe un mantello di con-
glomerato granitico, costituente la massa principale del giacimento e, nella
parte inferioie, un nucleo di roccia omogenea, di pegmatite granitica, im-
mune dai fenomeni di erosione e di rimpasto, che invece ha subito la massa
soprastante.
Non concorda con l’idea del Pareto, sostenuta dal Taramelli, che trattisi
di roccie strappate da un fondo granitico e portate su dall’eruzione serpenti -
uosa, data l’imponenza della massa rocciosa, e dato che le serpentine non im-
pastano nè compenetrano, come in tal caso dovrebbe riscontrarsi, i rottami
di granito.
La causa della presenza di quest’ultimo sarebbe quindi da ricercarsi nella
emissione di magma acidi avutasi al termine delle eruzioni serpentinose, e che
avrebbe dato origine alle formazioni granitiche. Gli stessi fenomeni poi che
determinarono la formazione dei conglomerati ofiolitici sarebbero intervenuti
a ridurre nell’identico stato la massa del granito.
Sangiorgi D. — Sopra un supposto calcare nummulitico delValta Valie
della Marecchia (Atti Soc. Ital. di Se. Nat. e del Museo Civico di Sto-
ria Nat. in Milano, voi. XLVII, fase. 4°, pag. 339-341). — Milano, 1909.
Esamina alcuni campioni di un calcare biancastro che trovasi a for-
mare una grande placca ad est del paese detto Le Balze, presso le sor-
462
genti del Senatello affluente della Marecchia. In detto calcare, studiato
dallo Scarabelli, dal Manzoni e dal Sacco, si accenna sempre alla presenza
di nummuliti. L’autore, dallo studio di parecchie sezioni microscopiche, ri-
leva la presenza in esso di litotamni, oltre ad altri avanzi fossili, di nu-
merose forme di nummulitidi : per queste ultime ritiene trattarsi di Amphi-
stegina anzi che di vere e proprie NummuUtes. Eiporta che tale deduzione
è anche confermata dal dott. Prever al quale furono comunicate in esame
le stesse sezioni. Non pretende di stabilire un riferimento cronologico in
base a questa sola specie di rizopode, ma ritiene di un certo valore la
constatazione, da lui fatta, di specie che sono prevalentemente comuni
nel Miocene.
Sartori F. — Dell' esistenza di un lembo carbonifero fra Monteponi e San
Giorgio (Resoconti delle riunioni dell’Ass. Min. Sarda, anno XIV,
n. 5, pag. 13-14). — Iglesias, 1909.
L’autore, dopo aver rilevato che nel n. 4 del 1908 dell’Associa-
zione Mineraria Sarda, il socio ing. Merlo afferma che il lembo di strati
pianeggianti adagiantisi sullo scisto caotico della valle che divide S. Gior-
gio da Monteponi debba probabilmente riferirsi all’Eocene, dichiara di non
poter condividere quell’opinione; anzitutto perchè gli strati in questione ri-
posano direttamente sullo scisto cambriano, mentre l’Eocene del luogo si
adagia sullo scisto sii urico, come del resto chiaramente dimostrano i fossili
rinvenuti nelle due accennate località.
Enumera altre circostanze d’ordine litologico e stratigrafìco pei dimo-
strare insostenibile il riferimento all’Eocene del lembo in parola, ed accenna
anche alla scoperta di fossili carboniferi "nei calcari e nelle arenarie di questo
bacino fatta dal signor Vittorio Gambera nel 1897.
Conclude col dire che per poter esprimere al riguardo un definitivo giu-
dizio occorreranno ulteriori constatazioni paleontologiche; per conto suo
però ritiene che il terreno in questione potrà, tutt’al più, riferirsi al Rothlie-
gende medio, mai al Terziario.
Sawicki L. (Von). — Un profilo morfologico attraverso V Appennino (Riv.
Geogr. ìtal., anno XVI, fase. 6^, pag. 313-330, fase. 7*^, pag. 388-401).
— Firenze, 1909.
È uno studio particolareggiato della regione dell’ Appennino settentrionale,
■^che a partire dal basso piano del Po nei dintorni di Faenza ed Imola, con la
zona pliocenica su questo poco elevata (200-300 m.) si svolge nel Miocene
dei valichi per le valli del Santerno, del Lamone e del Senio e scende al
versante toscano, eocenico-cretaceo, per Firenzuola ed il Mugello. Sono esa-
minate le diverse forme strutturali dei rilievi, delle incisioni e dei bacini
che in detta regione si osservano, in dipendenza degli effetti meccanici delle
erosioni e delle figure che le acque dei vari fiumi ed affluenti vi hanno, con
la loro azione, impresse.
Sawicki R. — Der Nordapennin un die Westkarpathen, eine morphologi-
sche Parallele. (Mitt. d. k, k. Geogr. Ges. in Wien. B. 52-1909, H. 4-5).
L’autore descrive le analogie e le differenze dei due sistemi montuosi; le
prime ridettone specialmente le particolarità dei rilievi, rappresentate da sezioni
schematiche dei due sistemi; le seconde si riferiscono specialmente alle età dal
punto di vista geologico e morfologico ed alle differenze nei riguardi del clima.
L’autore espone poi in un prospetto i risultati ,\dei raffronti morfologico-
geologici che ne deriverebbero qualora, oltre ai predetti due sistemi, si pren-
desse in considerazione anche quello alpino.
ScALiA S. — Il gruppo del Monte Judica (Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVIII,
fase. 2°, pag. 269-340, con 2 tav.). • — Roma, 1909.
L’autore descrive il gruppo del Monte Judica, che sorge a 35 chilometri
ad Ovest di Catania, in vicinanza delle stazioni di Sferro Muglia, Catenanuova
e Saraceni (già Agira) della ferrovia Catania -Palermo. Ricorda le varie ipotesi
emesse sull’ origine e sull’età del gruppo stesso da diversi autori tra cui il Prevost,
l’Hoffmann, i Gemellaro, il Baldacci, il Calcara, l’Aradas, il Gravina, il Mari-
neUi, il Di Stefano, il De Lorenzo, ecc., e più tardi Lugeon ed Argand, e quindi
passa alla particolareggiata descrizione dei terreni mesozoici del gruppo, for-
mato da una serie appartenente al Carnico, la quale è costituita in basso da
una formazione marnoso-calcareo-arenaceo-argillosa, su cui riposano in concor-
danza potenti masse di calcari compatti con noduli di selce, coperti in qualche
punto da scisti silicei policromi e da scisti marnosi rossastri, sui quali poggiano
i terreni del Flysch.
Enumera le varie specie fossih rinvenute in questi due membri del Carnico,
tra cui alcune nuove. ?Fa poi un elenco comparativo delle specie note
della fauna triassica del Judica in confronto a quelle della Sicilia occidentale,
dell’Italia meridionale, della Prealpi Lombarde, di S. Cassiano, di Raibl e delle
Saiser Alpen.
Descrive poscia gli scisti siliceo -marnosi sovrastanti, che attribuisce dubi-
tativamente al Lias superiore, e quindi i terreni del Flysch e le roccie erut-
464
tive che vi sono associate, cioè l’augitite anfìbolica e la diabase, e successiva-
mente passa alla descrizione del Pliocene, del Postpliocene e del Eecente.
Coll’ausilio di diverse sezioni illustra infine la tettonica del gruppo e con-
clude affermando :
a) Che nel grupppo del Monte Jndica il terreno più. antico è rappresen-
tato dal Trias superiore con fauna del S. Cassiano-Eaibl ;
h) Che in Sicilia gli scisti siliceo marnosi rappresentano una facies che
si ripete ordinariamente nel Trias, nel Lias medio, nel Titonico e nell’Eocene;
c) Che le roccie mesozoiche di questo gruppo montuoso sono ben radi-
cate sotto i terreni del Flysch eo -miocenico ;
d) Che l’ipotesi che essi rappresentino i resti di una grande falda di
scorrimento è insostenibile, e doversi invece ammettere che i rilievi del gruppo
montuoso sono dovuti a spinte tangenziali che fecero sgusciare dal mantello
terziario le anticlinah mesozoiche.
ScALiA S. — Sul Cenomaniano dei dintorni di Traina, in provincia di Ca-
tania (Rend. R. Acc. Lincei, serie 5^, voi. XVIII, fase. 4°, 2° semestre,
pag. 120-126). — Roma, 1909.
L’autore illustra qui un piccolo lembo di Cenomaniano, che nei dintorni
di Troina affiora presso la cantoniera Serro-Croce e l’aia Portare ed è costituito
identicamente agli altri membri equivalenti del Palermitano, del Messinese e
del Reggiano, da marne e da argille scagliose, con intercalazione di letti di
calcite fibrosa e di calcare. Queste marne ed argille scagliose cenomaniane sono
identiche a quelle del Flysch eo -miocenico, dalle quali non si distinguerebbero
senza l’aiuto dei fossili cretacei di cui sono ripieni i calcari intercalati. Dimostra
quindi inesatti i pretesi rimaneggiamenti dei fossili cenomaniani nelle argille
scagliose eoceniche, le quali non appartengono ad un solo periodo geologico,
ma rappresentano piuttosto una facies litologica che si ripete nel Trias supe-
riore, nel Cretaceo superiore, neU’Eocene e nel Miocene della Sicilia e della
Calabria meridionale.
ScHARDT H. — Les causes des tremblements de terre de Messina (Arch. des
Se. phys. et nat. de Genève, T. XXVII, p. 317-320). — Genève, 1909.
Dopo avere definito le cause tettoniche del terremoto di Sicilia, l’autore
addita un certo numero di scosse sismiche appalesatesi nella Svizzera occi-
dentale nel dicembre 1908 e nel gennaio 1909 e che probabilmente ebbero
relazione col grande cataclisma siciliano del 28 dicembre 1908.
405
ScHARDT H. — Eboulement préhistorique siiué entre Lavar go etGiornicodans
la vallèe du Tessin (Arch. des Se. phys. et nat. de Genève, T. XI,
p. 477-478; Eclogae geol. Helvetiae, T.X, pag. 755-756). — Genève, 1909.
Serra A. — Studi intorno a minerali sardi: Mimetite del giacimento cu-
prifero Lena {d) e Padru [Ozieri) (Rend. R. Acc. dei Lincei, serie 5^
voi. XVIII, fase. 7°, 1® sem., pag. 361-363). — Roma, 1909.
Le varietà qui studiate si rinvennero in una roccia granitica, sotto forma
di piccoli cristalli ad abito prismatico, spesso riuniti in gruppi. Due sono le
varietà rintracciate fra i campioni raccolti : l’una gialla, prevalente; l’altra
incolora o bianchiccia, assai scarsa. Oltre all’esame cristallografico delle due
varietà, l’autore ha fatto l’analisi della prima: la seconda era già stata ana-
lizzata dal dott. Rimatori.
Serra A. — Studio dei basalti delle piattaforme dei dintorni di Tiesi (Sar-
degna settentrionale) (Rend. R. Acc. Lincei, serie 5^, voi. XVIII, fase. 8,
1° sem., pag. 399-405). — Roma, 1909.
Nel piano che da Pozzomaggiore si estende verso Ploaghe, già chiamato
dal Lamarmora VAlvernia sarda e di cui è centro la piccola città di Tiesi,
si riscontrano abbondanti prodotti di eruzioni e residui di apparati vulcanici.
Le piattaforme di Monte Santo, di Monte Pelao, di Keremule e di Già ve
campeggiano sulle assise mioceniche di questa zona e l’autore ne intraprende
lo studio, collegando l’esame stratigrafico con le ricerche litologiche. Con-
clude che dette piattaforme appartengono geneticamente allo stesso periodo
eruttivo, e che le loro eventuali varietà sarebbero dovute solo all’influenza
delle circostanze nelle quali avvenne il consolidamento; in origine poi alcune
di esse dovettero costituire un ampio mantello rotto e dislocato ad altezze
differenti, per movimenti orogenetici.
Serra A. — Studi intorno a minerali sardi: Baritina di Boncei {Mara) ed
Heulandite di Colle Ginargada { Villanova- Monteleone) (Rend. R. Acc.
dei Lincei, voi. XVIII, serie 5^-, 2° sem., fase. 3®, pag. 80-82). — Ro-
ma, 1909.
I cristalli di baritina si presentano raramente completi e spesso si mo-
strano concresciuti in associazione parallela secondo (100); generalmente sono
bianchicci ed omogenei in tutta la loro massa. Le dimensioni variano da
5 a 2 mm.
466
I bei cristalli di heulandite bianchi-madreperlacei trovansi in cavità &
druse, talvolta a strati paralleli e costituiscono come una crosta spalmante
la trachi-andesite del colle di Ginargarda.
Serra A. — Studi intorno a minerali sardi: alcune specie mineralogiche
della provincia di Sassari (Rend. R. Acc. dei Lincei, serie V, volu-
me XVIII, fase. 9°, 2® sem., pag. 348-349). — Roma, 1909.
I minerali studiati sono la heulandite di colle Ginargada (Villanova-
Monteleone), la mesolite ed il quarzo di Su Murratzu (Osilo), e la smithsonite
della miniera Sos Luattos (Lula).
Serra A. — Su alcune rocce basaltiche dei dintorni di Giave, Cossoine, Poz-
zomaggiore, Bonorva {Sardegna) (Rend. R. Acc. dei Lincei, Serie V,
voi. XVIII, 2® sem., pag. 463-469). — Roma, 1909.
E’ uno studio sintetico delle roccie basaltiche di questa zona, che con
Faiuto deir esame petrografìco rende possibile precisare la cronologia delle
formazioni. Conclude che nel periodo di estravasione basaltica dell’Isola si
devono distinguere quattro fasi dominanti che danno luogo ad una serie
graduale di sviluppi che caratterizzano rispettivamente : 1® i basalti ande-
sitici di tipo acido ; 2° gli identici di tipo basico ; 3° le piattaforme ; 4° le
scorie recenti.
Serra A. — Su un notevole cristallo di scheelite di Traversella (Rend. R.
Acc. Lincei, Serie 5^, voi. XVIII, 2^ sem., fase. 12°, pag. 630-631). —
Roma, 1909.
II cristallo studiato presenta un notevole interesse per il fatto che di-
mostra doversi distinguere nella scheehte di Traversella due periodi di for-
mazione : uno nel quale si stabilisce il predominio della bipiramide (111) e
l’altro, molto più limitato, nel quale si sono formati i cristalli come quello
studiato con predominio della forma (101), eccezionali per Traversella.
Silvestri A. — Osservazioni ad uno scritto di G. Rovereto: Sur le Stampien
à Lépidocyclines des environs de Varazze (Atti della Pontif. Acc. ro-
mana dei Nuovi Lincei, anno LXII (1908-1909), Sess. R del 20 dicem-
. bre 1908, pag. 17-25). — Roma, 1909.
' L’autore espone le sue vedute riguardo alle conclusioni tratte dal Ro-
vereto, dopo il rinvenimento di una formazione rupeliana a Lepidocy cline
467
nei dintorni di Varazze in Liguria, che cioè, date le forme ivi rinvenute e
la miocenicità di altre forme, si sarebbe dovuto assegnare al genere Lepi-
docyclina « una distribuzione cronologica molto più estesa di quel che non
si ammetta in generale » Egli dice non potersi associare a queste conclu-
sioni, avendo in precedenza constatata la oligocenicità della L. himerensis
e della L. planulata (Checchia). Produce poi la sezione equatoriale di un’altra
Nummulite oligocenica, la Paronaea miocontorta A, trovata insieme con ] esse,
e fa conoscere una LepidoGyclina proveniente da materiale raccolto dal com-
pianto prof. G-. Seguenza nel sannoisiano d’Antonimina in Calabria, che as-
segna alla specie tournoueri di Lemoine e Douvillé. Espone infine, in un
quadro, la distribuzione in ordine cronologico delle Orbitoidine, secondo che
rileva dalle attuali conoscenze sull’argomento.
Silvestri A. — La successione delle faune nel Vallone Trepietre presso
Termini-Imerese {Palermo) (Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXII,
(1908-1909), pag. 95-110, con 2 fig.). — Roma, 1909.
Trattasi di un esame critico della Memoria del dott. G. Checchia-
Rispoli « La serie nummiditica dei dintorni di Termini Imerese » per quanto
riguarda la località Vallone Trepietre : in seguito al quale esame l’autore,
come già pel livello detto superiore eocenico a LepidoGyclina, conclude per
l’oligocenità anche del livello inferiore.
Silvestri A. — Nummuliti oligoceniche della Madonna della Catena presso
Termini-Imerese {Palermo) (Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XXVII, fase. 4^,
pag. 593-654, con tav.). — Roma, 1909.
E’ una prima confutazione dell’opinione emessa dal prof. G. Di Stefano,
e dal dott. Checchia- Rispoli, sull’età dei due livelli inferiore e superiore, a Lepi-
doGyGlina, dei dintorni di Termini Imerese, che egli ritiene oligocenici anziché eo-
cenici. L’autore siriserba di pubblicare altro materiale a meglio documentare la
sua affermazione. In questa Memoria egli studia il materiale raccolto dai profes-
sori Michele e Saverio Ciofalo. Ritiene poi che nell’Eocene di detta località si pos-
sano trovare forme di LepidoGycline, ma queste sarebbero niente altro che Orhi-
toidi e LepidorMtoidi del Cretaceo rimaneggiate durante l’Eocene. L’eocenicità
della LepidoGyGÌina non è scientificamente assurda; ma se essa può sostenersi
morfologicamente e strutturalmente, oggi, allo stato dei fatti, non è provata
perchè le supposte prove sono in contrasto tra di loro e con i capisaldi della
paleontologia stratigrafica.
Può infine un certo livello a Lepidocy cline comprendersi nell’Eocene
qualora si sposti un poco il limite inferiore dell’Oligocene; ma tale spo-^
468
stamento dovrebbe per ora esser fatto soltanto prendendo come indice una
mescolanza di fossili, che fin qui è sempre da ritenersi accidentale.
SiMOENS G. — A propos des secousses seismiques du détroit de Messine
(Bull. Société belge de Géol. Pai. et Hydr., 23^ année, tom. XXIII,
1909, pag. 20-24). — Bruxelles, 1909.
Eicorda l’autore che fin dal 1907 nella sua nota Sull’età del vulcano di
Quenast egli affermava « esistere tre ordini di fenomeni che, sebbene stati
talora studiati separatamente, sembrano tuttavia presentare fra loro intima
relazione di causa ad effetto, cioè i fenomeni tettonici, vulcanici e sismici ».
Osserva altresì che come risposta a coloro che invocavano la momentanea
assenza del terremoto nel cataclisma della Martinica per sostenere l’indipen-
denza dei fenomeni vulcanici da quelli sismici, sopravvenne il terribile
scuotimento che poco appresso rovinò l’isola.
L’autore si compiace che l’ipotesi da lui ripetutamente sostenuta della
stretta relazione esistente tra i fenomeni sismici e le eruzioni vulcaniche sia
condivisa dal suo dotto collega dott. Van de Wiele, dal quale tuttavia di-
scorda in ciò che riguarda l’origine dei movimenti che interessarono lo Stretto
di Messina. Il Van de^Wiele parte dal principio che le quote o altitudini che
presentano i sedimenti pliocenici dal bacino del Po alla Calabria vanno gra-
datamente aumentando da Nord a Sud, e che quindi la sopraelevazione del
Pliocene è l’effetto di un continuo sollevamento avente il suo maximum
nella zona devastata, per cui il terremoto è dovuto, secondo lui, aduna re-
crudescenza del fenomeno di sollevamento.
L’autore è d’opinione affatto contraria e crede che i vulcani si trovino
lungo le fratture dovute a movimenti e che le emissioni delle lave non
sono che l’effetto della discesa od abbassamento e della conseguente com-
pressione di porzioni della crosta terrestre. Ciò posto, è evidente che se il
fenomeno vulcanico è il risultato dell’ anzidetto abbassamento, i terremoti
non possono essere altro che la propagazione aUa superfìcie delle vibrazioni
causate dal cedimento stesso, e ritiene pertanto che gli scuotimenti cala-
bro -siculi sono dovuti a fratture radiali della regione, di cui alcune proba-
bilmente passano per Eeggio e Messina.
Società degli Ingegneri e Architetti Italiani. — Norme edilizie per
i paesi soggetti a terremoti (Ann. della Soc. degli Ing. e Arch. Ital.,
anno XXIV, pag. 177-251; 257-263; 277-282). — Roma, 1909.
In seguito al terremoto calabro -messinese del 28 dicembre 1908 la Società
•degli Ingegneri e degli Architetti Italiani deliberò di intraprendere lo studio
460
di norme edilizie per le regioni sismiche, affidando il compito ad una Com-
missione di ingegneri e cultori di scienze fìsiche e naturali. Eisultato di tale
studio è la presente pubblicazione la quale comprende: una Relazione gene-
rale (ing. A. Pacchioni ; ing. G. C. Baravelli), seguita da Memorie e relazioni
speciali, di qualcuna delle quali, più direttamente interessante la geologia,
fu reso conto a suo luogo in questa bibliografìa.
SoELLNER J. — Beitràge zur Kenntnis des Cossyrits von Pantelleria (Zeit-
schrift fur Krystall., XVII Band, 6 Heft, pag. 518-562, con 1 tav.).
— Leipzig, 1909.
L’autore ha soggiornato a Pantelleria parecchie settimane nel 1907, a scopo
di studio, e l’attuale è il primo di una serie di lavori che intende pub-
blicare suUa geologia, petrografìa e mineralogia dell’isola. Ha ripreso con
abbondante materiale lo studio della cossirite, descritta per la prima volta
dal FQrstner, rimisurandone gli angoli e facendo una nuova determinazione
dei parametri ; studiandone le proprietà ottiche e la composizione chimica,
con analisi del Dittrich.
In conclusione la cossirite fa parte di un gruppo che l’autore chiama
delle aenigmatiti, ed è isomorfa coll’aenigmatite stessa e la rhOnite. Essa è
triclina oloedrica, ricca di alcali e povera di sesquiossidi. Il gruppo delle aeni-
gmatiti starebbe fra gli anfìboli ed i pirosseni.
Stateti A. — Sopra un Codice Vaticano Latino contenente una illustrazione
inedita del secolo X\^II sulV acqua di Anticoli- Campagna denominata
di Fiuggi (Mem. Pontif. Accad. romana Nuovi Lincei, voi, XXVII,
pag. 375-441). — Roma, 1909.
L’autore riporta il testo latino del suddetto Codice, seguito dalla tradu-
zione italiana, e dà una serie di note e commenti atti a dimostrare l’inte-
resse che già in quel tempo i dotti prendevano nell’ esaminare le virtù te-
rapeutiche delle acque minerali di Anticoli. Il testo del Codice è tratto da
una copia anonima di esso rinvenuta casualmente nella Biblioteca Vaticana, es-
sendo risultato irreperibile l’originale che pur fìgurando nel catalogo non fu potuto
rintracciare nelle collezioni dei manoscritti della Lancisiana. In complesso la
pubbhcazione ha maggior interesse dal lato storico-terapeutico che non da
quello della geologia o dell’analisi delle proprietà chimiche ed idrologiche delle
sorgenti.
470
Stefanini G. — Echinidi del Miocene medio dell' Emilia. Parte 2^; (Palaeon-
tographia italica, voi. XV, pag. 1-58, con 4 tav.). — Pisa, 1909.
L’autore è riuscito a determinare 59 specie o varietà di echinidi nei ter-
reni terziari dell’Emilia, ch’egli ritiene appartenenti al Miocene medio.
In un quadro sinottico è rappresentata la distribuzione dei fossili rac-
colti in relazione alle località di loro provenienza, cioè dal Bolognese, dal
Modenese e dal Eeggiano, con distinzione della roccia che li racchiudeva nei
due principali gruppi di marne e molasse -arenarie e con la singola denomi-
nazione delle specie fossili rinvenute.
In un secondo quadro l’autore confronta i rapporti delle specie da lui
trovate con le altre faune echinologiche italiane e straniere, cioè con quelle
del Piemonte, di Ancona e Fabriano, di Camerino, di S. Marino, deU’Um-
bria, degli Abruzzi e Molise, di Sicilia, di Sardegna, di Pianosa, di Malta,
della Corsica, dell’Egitto, dell’Algeria, della Provenza, della Spagna, del Por-
togallo, della Brettagna, della Svizzera e dell’Austria.
Fa una particolareggiata descrizione dei caratteri fisico -paleontologici di
diverse specie con l’indicazione delle località ove si trovano, degli autori
che le studiarono e dell’epoca del rinvenimento.
Conchiude col ritenere ormai provata la pertinenza al Miocene medio di
tutti i terreni onde i fossili da lui studiati provengono.
Stefanini G. — Nicchie di erosione nei terreni 'pliocenici nella Vald'Era
(Riv. Geograf. Ital. annata XVI, fase. 4P, pag. 209-225). —Firenze, 1909.
L’autore descrive alcune singolari forme di erosione nel terreno phocenico
nella Val d’Era le quali, a differenza delle altre cavità che si riscontrano suUa
superficie nuda deUe roccie e che sono dovute in generale al disfacimento me-
teorico, sono in evidente relazione con la presenza di acquà raccolta in vene
o rigagnoh sia naturah che artificiali. Le dette nicchie sono cavità cihndriche
aperte entro pareti verticali argillose e che terminano in alto al contatto fra
le argille e le sabbie. L’acqua dei rigagnoh superficiah raccoghendosi sull’alto
deUa parete, penetra neUe fessure che trovansi nelle arenarie e dàluogo aUa for-
mazione della nicchia nelle sottostanti argille, con un processo assai rapido.
In tal modo egh spiega vari tipi di nicchie rintracciati nelle argille appenni-
niche. AUo stesso modo egh spiega le cavità esistenti ahe Balze di Volterra.
Stefanini G. — La Calabria e la sua storia geologica secondo un recente
studio (Riv. Geogr. ital., annata XVI, fase. 7°, pag. 424-430). — Fi-
renze, 1909.
Trattasi della recensione critica di una nota del dott. M. Gignoux, pub-
blicata dagli Annales de Oéographie (XVIII, n. 98, 1909), e nella quale si so-
471
«tiene la ipotesi deH’abbassamento della Calabria, in contrapposto all’altra
opinione da molti condivisa ed appoggiata all’esistenza delle note terrazze
calabresi elevantesi fino ad oltre 1000 metri, secondo la quale la regione
stessa trovasi invece tuttora in fase di sollevamento.
Il Gignoux spiega la caratteristica di simmetria del due versanti della
Calabria, considerando quella penisola come un massiccio antico e piegato,
invaso poi dalle trasgressioni marine secondarie e terziarie inferiori, di cui
non si vede oggi che la zona marginale orientale. L’autore, dopo avere esa-
minate tutte le ragioni addotte dal Gignoux stesso a prova del suo asserto,
pur riconoscendo la originalità e l’importanza dello studio fatto, conclude
come questo non riesca a scuotere l’opinione oramai accettata e sostenuta
dai più illustri conoscitori della geologia calabrese, che in Calabria perduri
tuttavia il fenomeno del sollevamento.
Stùbel a. — Der Vesuv — Bine vulkanologische Studie fiir jedermann. Er-
gdnzt und herausgegehen von W. Bergt. V ero ff enti. d. stàdi Mus. /.
Lànderkunde zu Leipzig. Miti Uebersichtskarte, 9 Abbildungen im Text
und 10 farbigen Lichtdrucktafeln. — Leipzig, 1909.
L’autore si era proposto di pubbhcare le numerose opere sui vulcani,
e particolarmente quelle concernenti le regioni vulcaniche italiane e te-
desche dedotte da viaggi fatti da lui o da altri. La pubblicazione delle pre-
cedenti 10 figure, che rappresentano il Vesuvio sotto diversi punti di vista
anteriormente all’ultima eruzione del 1906 ed in parte anche sullo stato
del 1878, si deve alla di lui sorella. Il testo che le accompagna fu lasciato
dall’editore sostanzialmente invariato; furono aggiunte soltanto alcune notizie
complementari ed un riassunto.
In questa postuma opera uscita, come tutti i precedenti lavori del-
l’autore, in edizione di lusso, lo Stùbel, dopo una escursione intorno al
classico vulcano espone la sua teoria sui vulcani monogenici e pohgenici, sulla
formazione delle caldère, dei focolai periferici, eoe. Egli parte dalla doppia
forma del monte; il Somma che, secondo lui, è un vulcano monogenico, non
si è formato poco a poco per successiva sovrapposizione di materiali, ma bensì
per un’unica catastrofica emersione. Nell’interno poi, a motivo di fenomeni
endogeni, la crescente cupola era sempre fluida allorché per una ritirata della
lava si formò l’anulare caldèra. L’autore ritiene fuori di dubbio che l’attuale
cono vesuviano si sia formato nell’anno 79 a. Cristo, d’onde deriverebbe che
la pausa dopo la prima emersione sia perdurata fino ai tempi storici e che
472
la fase di caldèra del monte in confronto alla fase di formazione del Somma
abbia avuto una durata estremamente lunga.
Anche da ciò si apprende che la durata di una eruzione è enormemente
piccola dirimpetto al tempo che richiede un focolaio eruttivo per mettersi
nuovamente in azione.
Un breve riassunto fatto dall’editore sull’attività del Vesuvio nel periodo
storico forma chiusa alle 21 pagine del testo.
Le tavole sono, nella maggioranza, copie di disegni dell’autore mede-
simo e ne dimostrano la grande perizia.
Coll’impiego di diversi colori le parti coltivate della regione sono distinte
dalla formazione vulcanica, e fra queste in modo speciale si distinguono il
cono del Somma dal cono eruttivo e sue lave e la recente cima lavica del
Colle Umberto.
Le descrizioni vesuviane dello Stùbel ricordano in c.rto qual modo le
descrizioni dell’Etna di Sartorio v. Waltershausen. Esse offriranno certamente
anche ai cultori di geologia un gradevole esempio di illustrazione.
Taramelli T. — Un pozzo trivellato che raggiunge il Pliocene marino presso
Belgiojoso (Rend. R. Ist. Lomb. di Se. e lett., serie II, voi. XLII,
pag. 660-665). — Milano, 1909.
L’autore rileva esser • recentemente comparsa una importante Memoria
del prof. Mariani sui pozzi trivellati di Milano e di S. Vittore di Monza,
contenente notizie e considerazioni da aggiungersi a quelle esposte sullo stesso
argomento da altri autori allo scopo di far conoscere la struttura del terreno
diluviale nella regione insubrica della Valle Padana, ed aggiunge che il pre-
detto prof. Mariani indica, pei dintorni di Monza, due quote importanti per
determinare la posizione del sepolto sedimento dell’ultimo golfo marino, del
quale i depositi litoranei, in lembi isolati, sono da tempo conosciuti in vari
punti delle falde prealpine, ad altitudini che variano da 270 a 518 metri.
Soggiunge l’autore che queste due quote del Pliocene presso Monza, rinve-
nute luna al pozzo di S. Vittore e l’altra a quello di Canonica-Lambro, sono
troppo differenti fra loro per non ingenerare la convinzione che ciò derivi da
una notevole diversità nella misura del sollevamento subito dal fondo del
mare pliocenico padano, diversità che — sempre secondo l’autore — può es-
sere stata causata o da uno spostamento originariamente obliquo, oppure da
una fratturazione contemporanea o di poco posteriore al sollevamento. Dif-
ferenze così notevoli di altitudine nei diversi lembi di Pliocene marino non
possono attribuirsi ad originaria differenza di profondità marina, trattandosi
sempre di depositi litoranei della medesima natura, consistenti in argille ci-
47 li
neree od azzurrognole, più o meno sabbiose, con frustoli di legno e con fora-
miniferi spiccatamente litoranei.
Le specie fossili determinate dal prof. Mariani col materiale fornitogli
dal pozzo di S. Vittore lo lasciano tuttavia dubbioso se il lembo pliocenico
marino incontrato con detto pozzo spetti al Piacenziano od all’ Astiano. Altri
lembi pliocenici prealpini sembrano riferibili al Piacenziano; qualcuno però
appartiene al piano pliocenico più recente.
Mancano pertanto dati certi per stabilire con sicurezza la precisa cor-
rispondenza di ciascuno dei lembi pliocenici lombardi all’uno od all’altro dei
piani del Pliocene, e soltanto ulteriori studi ed una più abbondante rac-
colta di elementi paleontologici porranno in grado di esprimere su ciò un
sicuro giudizio.
L’autore fa seguire la descrizione della serie dei terreni attraversati fino
alla profondità di m. 113.40 col pozzo della Cascina Zagonera presso Bei-
gioioso, posta a m. 76 sul livello del maro.
Essendosi col detto pozzo incontrato il primo strato di argilla con con-
chiglie marine a 64 m. di profondità, cioè a circa 10 m. sopra il livello del
mare, e poiché l’affioramento di argille plioceniche con calcare corallino a
Miradolo, cioè alla distanza di circa 11 chilometri in linea retta, è alla quota
di 70 metri, se fos.ie accertato il carattere litoraneo di questo deposito plio-
cenico in entrambe le località, si avrebbe un buon dato per argomentare
della deformazione del fondo marino pliocenico padano.
Taramelli T. — Dei terremoti di Calabria e Sicilia (Riv. di Fis.,Mat. e St.
Nat., anno X, pag. 3-24). — Pavia, 1909.
In questa trattazione che offrì all’autore materia di una conferenza te-
nuta in Pavia, si discute intorno all’origine dei fenomeni sismici di quelle
regioni, che in generale, secondo le idee del Mercalli, del Baratta ed in parte
anche del Suess, vengono attribuiti a quella classe di terremoti detti 'perime-
trici o tectovulcanici (Stoppani) e che infestano aree non molto distanti dalla
grande zona di attività vulcanica perimetrica ai continenti e che hanno rap-
porto con tale attività. Non sembra all’autore nè possibile nè giusto inclu-
dere ogni manifestazione sismica nelle due classi di terremoti, vulcanici e di
assettamento, stabilite dai moderni trattatisti, ed è da ammettere che se la
fratturazione tettonica del suolo è necessaria per la esistenza di un’area
sismica, non ne è la causa. In sostanza i terremoti perimetrici sarebbero do-
vuti ad iniezioni di masse laviche in rotture profonde, in opposizione alle
teorie del Mercalli che a questo fatto attribuisce soltanto le repliche ma non
l’inizio del periodo sismico.
7
474
Le roccie massiccie cristalline] della regione calabro-sicula non differi-
scono da quelle delle Alpi, mentre l’assenza del mantello di ghiacci e di nevi
le rende fino ad una certa profondità incoerenti ed instabili. Ritiene ipoteti-
che le numerose faglie e fratture ammesse dal Cortese e dall’Hobbs, avendo
egli constatata soltanto resistenza di quella della bassa Valle del Grati. In-
fine le lave tuttora in elaborazione sotto i terreni cristallini e che vengono
emesse dai crateri delle vicine isole Eolie, si inietterebbero nelle antiche e
nuove fratture spingendo dei gas ad alta tensione e scuotendo l’area so-
vrastante.
Taramelli T. — Il paesaggio lombardo e la geologia — Discorso per Vinau-
gurazione degli studii (Opusc. di 34 pag,). — Pavia, 1909.
L’autore tratta della morfologia e della orogenia della regione lombarda,
riportando le impressioni provate nelle numerose escursioni fattevi, alcune delle
quali anche sotto la guida dello Stoppani. E’ in fatto, una volgarizzazione di
concetti scientifici, così ridotti alla portata dei più e spogli di tutta quella nomen-
clatura geologica accessibile solo ai cultori di tale disciplina. Accenna ai due ul-
timi mutamenti avvenuti nell’area esaminata, l’uno detto erciniano, prodottosi
poco prima del periodo carbonifero e che fu seguito da ampie eruzioni di lave
porfiriche; l’altro detto oligocenico, prodottosi verso la metà dell’epoca terziaria
al quale seguì l’eruzione dei basalti, delle trachiti e delle lave terziarie, quater-
narie ed attuali. Chiude il suo dire con una breve esposizione dei fenomeni dei
quali fu teatro la regione ora deida dei laghi, rilevandone le caratteristiche
bellezze e l’origine che egli attribuisce al fenomeno glaciale già molto stu-
diato dai geologi italiani e ricostruito con larga sintesi negli importanti la-
vori del Penck e del Brùckner.
Termier P. — Sur les relations tectoniques de Vile d'Elbe avec la Corse et
sur la situation de celle-ci Idans la cTiaine alpine (C. R. Ac. Se.,
voi. CXLIX, pag. 11-14). — Paris, 1909.
Rileva come nell’isola d’Elba la falda profonda (fra le tre riconosciute
dall’autore stesso in precedenti studi) sia formata da graniti, gneiss, mica-
scisti e da una serie sedimentaria molto incompleta, dove trovasi Trias ed
Eocene mescolato a micrograniti e sprovvisto di roccie verdi, mentre in
Corsica, invece, gli scisti lucenti e le relative roccie verdi costituiscono a loro
volta la falda più bassa dei terreni di quest’isola.
Discutendo poi la questione dei rapporti tettonici fra l’Elba e la Corsica,
l’autore pone il quesito: se le falde córse prolungandosi verso oriente for-
mino l’isola d’Elba, oppure se fra le due isole sia interposto un paese di ra~
475
dici, le cui pieghe siano orientate in direzioni differenti, ed in particolare
quelle occidentali verso la Corsica e quelle orientali verso l’Elba e EAppennino.
In conclusione si domanda se la Corsica appartenga alla gTande catena
terziaria delle vere Alpi oppure all’ Appennino. Ora, pur riscontrando che la
falda profonda dell’Elba non ha il suo equivalente in Corsica, l’autore trova
come, per Tidentità dell’Eocene sovrapposto agli scisti lucenti nella falda su-
periore elbana, questa sia da ritenersi il prolungamento orientale della falda
corrispondente córsa. E che quindi appartenendo la Corsica all’ Appennino,
l’Elba non sia che un coUegamento fra le falde còrse e quelle appennine, so-
luzione già indicata dallo Steinmann, come la più probabile.
Infine la Corsica granitica che presenta nella sua parte occidentale tutti
i caratteri di un paese autoctono, confinerebbe con la striscia pure autoctona,
oramai invisibile, che separa il regime alpino da quello appenninico; e questa
striscia continuerebbe il suo cammino sotto il livello del mare verso sud-
ovest. Il problema tettonico alpino sarebbe quindi spostato restando da ri-
solvere le questioni relative alle Baleari, alla Sierra Nevada ed al Eif nel
Marocco.
Termier P. — Sur les granites, les gneiss et les por'phyres écrasés de Vile
d'Elhe (C. R. Ac. Se., tome CXLVIII, n. 22, pag. 1441-1445). —
Paris, 1909.
Avendo già stabilito in seguito ai risultati di precedenti studi che la
Corsica è un paese di falde, l’autore ha voluto visitare l’isola d’Elba, dove
le roccie caratteristiche (granito, gneiss e porfido quarzifero intimamente
mescolato all’Eocene) potevano lasciar sospettare l’esistenza di analoghi
fenomeni, ed ha concluso che nei terreni granitici della regione orientale
dell’Elba, si riscontrano fenomeni di frantumazione tanto intensi quanto
quelli rilevati in Corsica ed allo stesso modo evidenti. E questa serie gra-
nitica frantumata, qualche volta ricoperta da una potente formazione di
micascisti, starebbe a rappresentare il piano definito dal Lotti come quello
degli gneiss 'presilurici, piano che per quanto sembri immergersi sotto una
serie sedimentaria nella quale si hanno scisti siluriani fossibferi, non mostra
in alcuna parte il suo substrato. Esso costituisce la penisola della Cala-
mita, e nei dintorni di Porto Longone le roccie presentano il massimo di fran-
tumazione e offrono i più bei tipi di milonite granitica; oltre alle miloniti
sono da ricordare come indici del carreggiamento anche le breccie di fri-
zione che si osservano specialmente al contatto del microgranito e delle
roccie verdi, nel quale contatto si deve pur riconoscere una superficie di
carreggiamento .
476
Termier P. — Sur les nappes de Vile d'Elhe (C. R. Ac. Se., tome CXLVIII,
n. 25, pag. 1648-1651). — Paris, 1909.
Premesso di avere già rilevata in altra Memoria resistenza di un piano
granitico e gneissico presentante fenomeni di schiacciamento e laminazione
abituali ed intensi da considerarsi come un sintomo di carreggiamento, allo
stesso modo che le breccie di frizione accusano lo stesso fenomeno in molti
punti dell’isola, aggiunge che l’andamento lenticolare straordinariamente
sviluppato nei diversi termini della serie dell’Elba ne è la conferma. Altro
fatto infine degno di nota ed assolutamente decisivo sarebbe il ricuoprimento
dell’Eocene da parte del Siluriano al Monte Fabbrello, anomalia che il Lotti
ha risolto con l’ipotesi della faglia del golfo di Portof erraio .
L’isola d’Elba sarebbe dunque un paese di falde come la Corsica orien-
tale. Ed il Siluriano del Monte Fabbrello, termine inferiore della serie sedi-
mentaria classica dell’isola d’Elba, non sarebbe in posto, riposando sui cal-
cari ed i grès eocenici ed essendovi tra esso e l’Eocene una intercalazione di-
scontinua e lenticolare di scisti lucenti, con serpentina. Vi sono, a parere del-
l’autore, nell’isola d’Elba tre falde: una profonda di granito, gneiss e mi-
cascisti intatti ad ovest e frantumati all’est, con sopra del Trias marmoreo
e dolomitico, e quindi un Eocene calcareo con intrusioni microgranitiebe, ma
senza serpentina; una intermedia lenticolare di scisti lucenti identici a quelli
di Corsica, e con roccie verdi; serie comprensiva e totalmente metamorfica;
una infine superiore con Siluriano fossilifero, scisti probabilmente carboniferi
di Rio Marina, Verrucano e quarziti del Trias, Lias ed Infralias dolomitici,
Lias fossilifero ed un Eocene differente da quello della prima falda, che com-
prende molte roccie verdi senza intrusioni microgranitiebe, scisti, diaspri,
ftaniti e calcari bianchi.
Tommasi a. — Cenni preventivi per una nuova fauna triasica della Vaisecca
in Val Brembana (Rend. R. Ist. Lombardo, XLII, pag. 366-369).
— Milano, 1909.
Rileva l’autore che avendo studiato una discreta quantità di fossili rac-
colti dal Caffi nella Vaisecca (alta Valle del Brembo), si persuase trattarsi di
una fauna analoga a quella di Esino, ciò che lo indusse a recarsi sul posto
insieme al Caffi stesso ed al prof. Taramelli per studiare più davvicino quei-
rimportante deposito fossilifero ed accertarne i rapporti di giacitura.
Vennero così raccolte 16 forme di fossili del Muscbelkak e 45 forme di
fossili del piano ladinico che l’ autore riporta in speciali elenchi.
Soggiunge poi che il materiale raccolto contiene altre formo o già note
477
o nuove; tra quest’ ultime, sette nuove specie di Waldheimia: altre ne offrono
in particolare i lamelli branchi ed i cefalopodi con cui si aumenterà l’elenco
della fauna scoperta, che sembra staccarsi da quella di Esino ed avvicinarsi
invece a quella della Marmolata.
L’autore promette la illustrazione completa del materiale appena ne
avrà completato lo studio.
T’oniolo a. R. — L’Eocene dei dintorni di Rozzo in Istria e la sua fauna
(Palaeontographia italica, voi. XV, pag. 237-296, con 3 tav). —
Pisa, 1909.
In questa Memoria l’autore, a complemento di precedenti suoi studi
€ premesse alcune notizie tettoniche della regione, fa una particolareggiata de-
iscrizione dei fossili da lui rinvenuti, tra cui, oltre la Rotularia spirulaca,
enumera 18 forme di echinidi, 7 di gasteropodi, 22 di lamellibranchi, 2 di
cefalopodi, 4 di artropodi e 4 di pesci.
Le forme nuove contemplano due sole specie di echinidi, cioè: Cyclaster
Oppenheimi, e Brissopsis De Stefani.
Le tre tavole illustrano le due forme nuove ed alcune delle antiche,
cioè le più caratteristiche e le meglio conservate.
Toniolo a. R. — Altre osservazioni sopra i ghiacciai dei gruppi Sorapiss
e Cristallo {estate 1908) (Riv. Geograf. Ital., annata XVI, fase. IX,
pag. 551-554). — Firenze, 1909.
L’autore riferisce su di una visita da lui fatta ai ghiacciai, nella
quale rilevò alcuni notevoli cambiamenti nel loro aspetto; nella stessa
epoca e simultaneamente i prof. Marinelli e Feroglio fecero alcune osser-
vazioni su altri punti degli stessi ghiacciai.
A conclusione della breve nota, egli riferisce che i ghiacciai dei gruppi
Sorapiss e Cristallo, in base alle osservazioni fattevi nel 1908, hanno di-
mostrato un periodo di leggera accentuazione sul fenomeno di ritiro già
incominciato negli anni precedenti.
Toula F. — Erdheben von Messina (Vortrag. gehalten am 4 Febr. u.
am 10 Marz 1909). (Schriften d. Ver. 2. Verbr. naturw. Kenntn.
XLIX Bd. 11, H. 42 S.). — Wien, 1909.
Trattasi di due conferenze nelle quali 1’ autore offre dapprima una cro-
naca relativa ai terremoti che colpirono la regione, ricordando in particolare
quelli del 1638 e del 1783. Eitiene che tanto l’attuale quanto i precedenti
478
terremoti in esame abbiano avuto una comune causa tettonica, e presenta
su di una carta di Europa (1 : 1 milione) Tandamento delle principali linee
di frattura: riprende così la rappresentazione fatta da F. Hoffmann fino
dal 1838, e dimostra come le scosse del 1908 ci diano la prova di perturba-
zioni avvenute negli edifìci rocciosi dei citati territori.
Accenna anche ai rilievi fatti dal Suess e dal Montessus, i quali dànno,
come dimostrazione grafìca, il prodursi di fratture ad arco di cerchio. Dà,
in ultimo, un rapido sguardo alle più recenti ipotesi sulla natura dei ter-
remoti (Eudolf, Sieberg, Gerland, Stiibel, ecc. ) e constata la rassomiglianza
di alcune delle descrizioni fatte da detti autori con gli effetti del recente
disastroso fenomeno.
Traverso G. B. — Le miniere d'argento in Sardegna (Un volume in-8o di
118 pag.) — Alba, 1909.
L’ing. G. B. Traverso, che ebbe parte principale nello sviluppo deir in-
dustria mineraria del Sarrabus sin daH’inizio, ne tesse in questo lavoro la
storia, esponendo la natura dei giacimenti ed i lavori in essi fatti.
Ugolini R. — / terreni di Rosignano e Castiglioncello. Studi e ricerche di geo-
logia agraria. Parte U (Mem. della Soc. Tose, di Se. Nat., voi. XXV,
pag. 186-236). — Pisa, 1909.
Premesso un riassunto bibliografìco delle opere degli autori che si occu-
parono in particolare della geologia dei Monti Livornesi, passa alla descri-
zione geografìco -fìsica delle località, oggetto del presente studio. Queste ap-
partengono alla zona litoranea, ad una piccola giogaia di monti compresi fra
la foce dell’Ardenza e quella della Fine, limitati dalla parte di terra dal
fìume Torà e dalla via Emilia di Scauro, ossia Strada regia maremmana. L’oro-
grafìa di questa zona è semplice e può considerarsi divisa in due zonule:
l’una montuosa, inferiore ai 200 m., e l’altra pianeggiante con dolce declivio
verso il maro. La geologia dei terreni di Rosignano e di Castiglioncello è in-
timamente legata a quella dei Monti Livornesi, ed a partire dai più antichi
l’autore vi distingue : Eocene superiore: 1° Diaspri e ftaniti, scisti galestrini e
calcari alberesi adagiantisi direttamente sulle roccie ofìohtiche formanti il
nucleo della regione rosignanese; 2° Roccie ofìolitiche: serpentina, eufotide,
diabase e, talvolta, porfìrite diabasica e Iherzolite. La serpentina occupa ge-
neralmente la base della serie ofìolitica e forma pochi lembi, quasi sempre
in unione con l’eufotide e la diabase. — Miocene superiore: Calcari con-
chigliari, arenarie e conglomerati ofìolitici; i calcari .^risultano da un impasto
di piccole conchiglie miste a lythotamni, cementate da abbondante materia
479
calcarea, ed al di sopra altre roccie di origine clastica, in parte a caratteri
arenacei, in parte costituenti veri e propri conglomerati con ciottoli di natura
prevalentemente oflolitica, tenuti insieme da cemento calcareo ; 2” Gessi e
marne gessose con resti di Oyprise Gongeria, roccie che l’autore ritiene doversi
ascrivere alla parte più elevata del Miocene. — Pliocene: Esso ^rientra per
piccola estensione nella zona del territorio rosignanese descritta nel presente
lavoro, e risulta quasi del tutto costituito dalla solita argilla turchina, talora
anche fossihfera. In tutto il lato occidentale della regione il Pliocene è coperto
da una formazione calcareo -arenacea, posteriore, riccamente fossilifera, dove
furono raccolti numerosi esempi di gasteropodi, di lamellibranchi, di coralli
e di foraminifere. Quaternario antico e recente: — ^11 primo è costituito in pre-
valenza dalla così detta 'panchina, estesa per tutto il litorale toscano, netta-
mente stratificata in banchi di limitata potenza; l’altro comprende tutti i
depositi fluviali della Fine ed i depositi marini ohe vanno tutt’oggi accu-
mulandosi lungo il litorale. Segue uno studio litologico delle roccie dell’Eocene
e chiude la Memoria un capitolo sull’idrografia superficiale della regione cor-
redata da un quadro nel quale sono riportate le caratteristiche idrologiche
dei principali corsi di acqua della regione.
Ugolini R. — Rocce di Montecristo (Atti Accad. Fisiocritici, 6, 1909). —
Siena.
L’autore descrive una serie di roccie raccolte dal signor R. Foresi edera
appartenenti alla collezione del Museo Geologico di Firenze. Lo studio è ri-
volto prima ad un’eufotide anfibolizzata a lawsonite facente parte del gruppo
di roccie eterogenee (Lotti) che affiorano a N. 0. dell’Isola presso la Punta
del Diavolo, poi ad una granitite normale, ad una Tporfirite-tormalinica ed
infine ad un porfido granitico.
Uhlig V. — Ueber die Tektonik der Ostalpen (Gesellschaft Deutscher Na-
turforscher und Aerzte. Verandlungen, 1909).
Premesso un rapido rL ssunto della teoria dei ricoprimenti e del suo
sviluppo, l’autore ne fa l’applicazione alle Alpi orientali.
Lungo la linea del Reno la falda elvetica s’immerge sotto la falda le-
pontina che compare nel Rhatikon, neH’Allgau e nel Prattigau, ricoperta a
sua volta dalle falde alpine orientah. Per conseguenza la maggior parte
delle Alpi orientali verrebbe a stare sopra le falde delle Occidentali. L’autore,
seguendo l’esempio del Suess, riunisce alle Dinaridi le Alpi orientali me-
ridionali con ripiegamenti coricati verso Sud che si distinguono dalle orien-
tali settentrionali rovesciate ed accavallate verso Nord.
480
La zona del Flysch nelle Alpi orientali non è autoctona, ma ribal-
tata e spinta verso N, in continuazione delle falde elvetiche, ed è ricoperta dalle
falde delle Alpi calcaree. Nei monti di Bregenz la zona del Flysch consta di
una serie di pieghe; più all’ E si manifesta la struttura embricata predomi-
nante. Il lembo o scaglione inferiore ha ancora le caratteristiche elvetiche,
ma quello superiore consta di marne a fucoidi e di arenarie; ed una zona
di Flysch con lembi di Titonico e di calcare neocomiano ad aprici forma lo
scaglione supremo ad oriente della valle di Traisen. La zona di Flysch è
quindi molto svariata e presenta analogie con la falda beskidica dei Carpazi.
NeH’Allgau (Algovia) fra la falda elvetica e quella alpina orientale s’in-
contrano lembi diroccie lepontine (= facies piemontese), che si perdono verso E
e non ricompaiono come zona continua che oltre G-munden; cosicché co-
stituiscono sopra un certo tratto una vera zona di Klippen, con analogie
alla falda delle Klippen (Carpazi) ed a quella retica della Svizzera. Questa
zona ha struttura isoclinale, con lembi circondati da Flysch lepontino (calce-
scisti! fìlladi!), la cui prosecuzione s’incontra nella falda penninica dei Carpazi.
Il complesso delle falde lepontine spunta sotto forma metamorfìca a
giorno in tre luoghi (Engadina inferiore, Tanern, Semmering). Nella fìnestra
dell’Engadina inferiore le dette roccie appaiono attraverso le falde alpine
orientali. La fìnestra del Tauern incomincia al Brennero e continua fìno al
passo Katschberg. Lo gneiss centrale è ammantato da scisti che nella loro
parte più recente sono mesozoici e corrispondono al Trias ed ai calcescisti
(Bùndnerschiefer) delle Alpi occidentali. I massicci di gneiss centrale hanno
le loro radici a S, ma verso N sono rovesciati sopra l’ammanto scistoso. Le
radici delle falde settentrionali stanno a S dei massicci radicati dello gneiss
centrale.
La semplicità della struttura delle Alpi orientali è diminuita da frat-
ture verticali di assettamento, da un’irregolare espansione deUe falde, da
rovesciamenti e retroflessioni verso Sud, così delle radici come degli orli
delle falde alpine orientali, da forti avanzate settentrionali delle Dinaridi e
dalle denudazioni subite nel Terziario antico e nel Cretaceo superiore.
Per queste ragioni le varie falde che esistono indubbiamente nelle Alpi
orientali non si sono ancora potute distinguere. Sopra i nuclei scistosi le-
pontinici dello gneiss centrale appare il sistema di falde del Tauern (falde
del Brennero e di Eadstatt) che non appartiene ancora al sistema delle falde
orientali, e che ha un contatto anormale, rappresentato da una breccia di
frizione coll’ammanto scistoso (Schieferhulle).
Sopra la sua zona radicale compaiono micascisti granatiferi e gneiss; così
pure verso N gli gneiss del massiccio di Schladminger ed i micascisti della
massa dell’Oetztal stanno su di esso. Sopra gli gneiss stanno le roccie della
481
zona delle grauwacke, che si divide a sua volta in due gruppi, uno inferiore
carbonifero, ed uno superiore paleozoico antico. Il passaggio fra la zona c i-
stallina antica orientale e la zona radicale ha luogo intorno alla finestra del
Tauern.
Nella parte mesozoica o calcarea della falda orientale si possono già di-
stinguere parecchie falde parziali: per esempio quattro sul Salzkammergut e
Salisburghese. Altre divisioni analoghe possono farsi nelle Alpi della Bassa
Austria e del Tirolo settentrionale. La zona radicale delle Alpi calcaree si
trova nei monti della Goiltal e nella loro prosecuzione orientale.
Uhlig V. — Der Deckenbau in den Ostalpen. (Mitt. der Geol. Ges. Wien,
II, 1909, pag. 462-491, con una tav.). — Wien.
E’ lo stesso lavoro precedente alquanto ampliato, ed illustrato con un pro-
filo schematico delle falde delle Alpi orientali.
UziEL R. — Nota sul ritrovamento di un frammento di pomice nelle marne
plioceniche di Via XX Settembre in Genova (Atti Soc. Lig. di Se. Nat.
e Geog., voi. XX, n. 1, pag. 31-33). — Genova, 1909.
Premette l’autore che il terreno marnoso di via Venti Settembre in Ge-
nova, nel quale si praticano gli scavi per le fondazioni degli erigendi palazzi
della Posta e della Borsa, appartiene al Pliocene inferiore o Piacenziano,
come lo dimostrano i fossili caratteristici in esso rinvenuti, tra cui V Amus-
sium cristatum (Broun), lo Stromhus coronatus (Defr.) lo Spondylus gaedero-
pus (Lamk. ).
In tale terreno, a circa 20 m. di profondità, l’autore trovò un grosso
frammento di pomice, misurante circa 50 cm. nella maggiore dimensione. E’
di colore grigio -chiaro, spugnoso, leggero, friabilissimo, contenente lamelle
nere, lucenti di mica biotite. La roccia dà la reazione del sodio e del po-
tassio. Essa contiene cloruro di sodio, ciò che staiebbe a dimostrare che ha
subito un prolungato soggiorno in acque marine; non è però ancora possibile
stabilire con certezza d’onde il frammento provenga.
UziELLi G. — I terremoti calabro-siculi del 1908-1909 (Riv. Geograf. Ital.),
annata XVI, fase. R, 2°, pag. 44-58). — Firenze, 1909.
E’ un esame critico dalle varie teorie, oggi più d scusse, sulla origine
dei terremoti ed in particolare su quelli che si sono manifestati in passato
e continuano a manifestarsi nella regione calabro-sicula. L’autore insiste sul
482
fatto che l’attribuire i movimenti sismici esclusivamente a fenomeni tet-
tonici, senza risalire alla causa che a detti fenomeni possa dare origine, è
una spiegazione molto imperfetta e non scientificamente rigorosa.
In merito a questa causa egli riassume le opinioni dei vari scienziati e
specialmente combatte quella ammessa dal Suess sugli sprofondamenti del
suolo da cui seguirebbe la profezia della progressiva scomparsa della terra
sicula, contrariamente alle osservazioni del De Stefani ohe vede nell’esi-
stenza delle terrazze marine dell’Italia meridionale prove ben chiare di
un sollevamento fortissimo e contemporaneo di tutta la Calabria meridio-
nale. Questo innalzarsi del suolo intera Italia non esclude però resi-
stenza di abbassamenti locali parziali nè che possa ammettersi attual-
mente anche un movimento inverso. Accenna anche agli erronei apprez-
zamenti sui terremoti per essersi finora in ogni luogo registrato solo il nu-
mero, non tenendo conto della loro intensità, mancando i dati e gli accer-
tamenti a tale riguardo. Così daU’esame delle carte che rappresentano la
sismicità numerica e non dinamica di una regione, non possiamo formarci
un concetto della sua stabilità sismica; ad esempio dalla carta del Ba-
ratta, che accompagna l’opera dovetegli ha raccolto importantissime notizie
storiche sui terremoti d’Italia, si verrebbe alla conclusione che tutta la
Calabria meridionale bagnata dal mare Jonio compresa la città di Eeggio,
risulti affatto incolume, mentre appaiono in gravi condizioni sismiche Reggio
Emilia e le regioni limitrofe essenzialmente asismiche come intensità di
movimenti.
I criteri essenziali per la costruzione degli edifici in regioni di notevole
intensità sismica sarebbero due: la conoscenza della variazione della gravità
nel sottosuolo e la costituzione geologica [della data località. A questo pro-
posito ricorda doversi distinguere, secondo la teoria dell’Oldham, due specie di
movimenti: i terremoti ed i terre-urti; i primi consisterebbero in ondulazioni del
suolo, gli altri sarebbero causa delle fratture che si producono nel terreno.
E’ però da notarsi che forse spesso le due forme di terremoto possono essere
coesistenti pur prevalendo o l’una o l’altra. Nei paesi terremossi gli edifici
dovrebbero essere costruiti o sempre su roccie resistenti, o sempre su terreni
sciolti. Se però un terreno sciolto si trova fra colline o montagne costituite
da roccie resistenti il terre-urto non ha forza di infrangere queste ultime e
sarebbe chiaro che la casa costruita sulla roccia solida presenta maggior
garanzia, perchè il terreoo sciolto sarà tanto più. danneggiato quanto più il
terremoto sarà stato grande ed i monti più vicini. Se però il terremoto sarà
tale da produrre crepacci sulle roccie, i danni si presenteranno maggiori negli
edifici posati su queste. In conclusione ritiene che il metodo da seguirsi sia
quello fondato sull’esperienza avuta, scegliendo così i terreni solidi od i
483
terreni sciolti secondo che in essi gli effetti dei terremoti passati siano stati
minori.
Lamenta la mancanza in Italia di veri ingegneri sismologi, poiché il
problema della ricostruzione dei paesi danneggiati assume qui speciale in-
teresse e dovrebbe essere oggetto di studi sistematici ed accurati, tanto per
la scelta delle località più favorevoli nelle singole regioni, quanto per stabi-
bre i tipi edibzi più adatti.
Verri A. — Sulla natura del terreno di Roma a sinistra del Tevere (BoW.
Soc. Geol. Ital., voi. XXVIII, fase. 1°, pag. 173-202), — Roma, 1909.
Riferisce sui saggi di una trivellazione eseguita nello stabilimento Peroni,
in via Ancona, fuori Porta Pia, confrontandoli con i dati forniti dagb scavi
eseguiti nella vicina Villa Patrizi, e discutendo i risultati nei rapporti con la
composizione del sottosuolo di Roma. Descrive quindi particolareggiatamente i
sedimenti di mare profondo, i depositi di spiaggia e di maremma, sia isolati che
uniti ai tuff vulcanici; passa ad esaminare in seguito i prodotti principali del
Vulcano Laziale, le formazioni lacustri e vulcaniche posteriori aUa eruziore
della pozzolanella e del tufo lionato litoide ad essa associato, e finalmente i
depositi superiori naturali nella pianura del Tevere, le rovine e macerie nella
pianura e sovra i colh, trattando anche in particolare della posizione delle
roccie tartarose dell’ A ventino, problema questo ch’egli ritiene di soluzione
abbastanza complicata. Ancora in separati paragrafi tratta dell’isolamento dei
colli Capitolino e Palatino, e del regime delle acque sotterranee, dei cunicoh
e grotte che solcano in ogni senso il sottosuolo di Roma. Alla memoria sono
unite numerose sezioni schematiche.
Vicentini G. — Sismogrammi di terremoti calahro-siculi ottenuti nelVOs-
servatorio geodinamico della R. Università di Padova (Dal numero unico
« Pro Sicilia et Calabria). — Padova, 1909).
Riproduce, l’autore, il tracciato del sismogramma dato dal grande sismo-
grafo a due componenti orizzontali, con pendolo smorzato, durante la scossa
del 28 dicembre 1908, e l’altro fornito dal microsismografo normale a pendoh
smorzati, l’S settembre 1905. Seguono brevi considerazioni sul calcolo della
distanza degli epicentri e sulla ubicazione di quello del terremoto del 28 di-
cembre 1908, che l’autore ritiene trovarsi al Nord dello Stretto, con epicentro
poco profondo.
484
ViNASSA DE Regny P. — Fauna di calcari con Rhynchonella Megaera de'',
passo di Volaia (Boll. Soc. Geol. Ita!., voi. XXVII, fase. 4o, pagi-
ne 574-592 con I tav.). — Roma, 1909.
L’autore descrive in questa memoria una fauna non molto ricca ma
interessante per la geologia delle Alpi Gamiche e contenente la Ehynchonella
Megaera, scoperta sul versante italiano al passo di Volaia. Rileva le opinioni
del Frech, che egli ritiene erronee, circa la costituzione stratigrafìca della
serie del Coglians, dandone la sezione geologica relativa al passo di Volaia,
e dopo l’esame della fauna che conta ben 25 forme esclusive del Xeosilurico,
conclude che gli strati a Bhynchonella Megaera appartengono al Siluriano
superiore.
ViNASSA DE Regnvt P. E._ — Su talune acque sotterranee del Monte Pisano
(Giornale di Geol. pratica, anno VII, fase. 6°, pag. 203-222). — Cata-
nia, 1909.
Dopo avere descritto il Monte Pisano, sia dal lato topografico che dal
lato geologico e petrologico passa a stabilire le generahtà idrologiche delle
iroccie che lo compongono.
Classifica queste ultime in tre categorie : permeabilissime (calcari caver-
nosi infrahassici e calcari fratturati e talvolta cavernosi, del Lias); semi-per-
meabili: (quarziti ed anageniti); impermeabili: (scisti alterati, talvolta anche
permeabili quando siano molto fratturati e fogliettati e non abbiano subito
l’azione delle acque che in generale li trasforma in pasta argillosa). Espone
in seguito i calcoh fatti sull’estensione dei tre bacini di Xoce, di Calci e di
Agnano fermandosi specialmente sul secondo, per le acque artesiane di tipo
Verrucano, e sul bacino di Agnano per le acque di tipo Carsico. Esamina la
frequenza ed il valore delle precipitazioni atmosferiche nei due suddetti ba-
cini per il decennio 1897-1906, giungendo aduna media annua di mm. 796.6
al minimo e di mm. 1044 al massimo. Per quanto riguarda i due tipi di
acque sopra considerati, egli le ritiene abbondanti e di qualità ottima, ed in
particolare le artesiane della Valle di Calci migliori di quelle carsiche che sono
più dure e meno fresche in dipendenza dei materiali attraverso ai quali esse
circolano.
Infine l’autore chiude il suo studio esponendo i calcoli diretti a stabilire
la quantità di acqua disponibile nei due bacini di Calci e Agnano, per ognuno
dei quali egli ritiene sia da garantirsi di molto superiore a quella che può es-
sere necessaria, cioè ai 50 litri al minuto secondo.
WiELE (VAN de) C. — L'évoluiion iedonique de la xéninsule italienne dejmi^
le Pliocène et ses rap'ports aree le sisme du déiroit de Messine (Bull.
Société Belge de GéoL, Pai. et Hydr., 22® année, tome XXlll, 1909,
pag. 14-20). — Bruxelles, 1909.
Premette l’autore che di tutte le regioni d’Europa, l’Italia è senza dubbio
la più recente, essendone il suolo costituito da roccie formatesi dopo il Cre-
taceo superiore: soltanto al Nord e al Sud si incontrano roccie più antiche
delle secondarie. Il prolungamento delle Alpi Marittime dal Colle di Tenda a
Savona si presenta come una fascia di terreni la cui età va dal Carbonifero
al Giurassico. La Calabria è formata da un aggruppamento di massici grani-
tici ricoperti da roccie cristalline d’età non bene precisata, e questi massici
sono, secondo l’autore, la sede della sismicità che da lungo tempo vi si ma-
nifesta. Lo stretto di Messina — sempre secondo l’autore — è formato da
una frattura tettonica, profonda circa 1000 metri all’altezza di Peggio,
mentre che più a Nord, presso lo scogho di Cariddi, la profondità ne è di
100 metri. La formazione della frattura non risalirebbe al di là del Pliocene.
L’autore prende ad esaminare le due zone tettoniche formate l’una dalla ca-
tena appenninica verso l’Adriatico e l’altra dal versante tirreno ove si accu-
mulano le formazioni vulcaniche della Toscana, del Lazio e della Campania,
ed espone i cambiamenti subiti da queste due zone a partire dal Pliocene per
mostrare l’intensità e la rapidità dell’evoluzione tettonica della penisola
itahana.
La cornice o fascia dei sedimenti pliocenici è stata, secondo l’autore,
sollevata dal bacino superiore del Po fino ad Aspromonte: ma il solleva-
mento fu molto più pronunciato al Sud, ove raggiunge i 1300 metri, mentre
nel bacino del Tanaro le quote plioceniche raggiungono appena i 400 metri.
In Sicilia il Pliocene occupa specialmente la parte Sud-Ovest. Da Mar-
sala al Capo Passero il Pliocene s’eleva poco sopra il livello marino,
ma verso Castrogio vanni le stratificazioni si elevano fino a 900 metri.
Il massimo sollevamento si è dunque manifestato verso l’estremità Nord-Est
dell’Isola, e poiché anche nella catena appenninica il massimo sollevamento,
nel periodo pliocenico, si effettuò nella punta meridionale della penisola, Tau-
tore spiega con ciò la formazione dello stretto di Messina e le conseguenti
catastrofi sismiche che frequentemente vi si manifestano.
WoLFE P. V. — Beitràge zur Petrographie und Geologie des Bozener Quarz-
porphyra — I. Die Glìederung und petrograpliische Beschaffeìiheit des
Quarzporphyrsystems der Umgegend von Bozen {Sudtirol)!^. Jh, Min.,
Geol. u. Pai., Beli. B. XXII, H. 1, S. 72-156, 1909).
486
L’autore studiò recentemente il porfido quarzifero al Nord di Bolzano,
estendendo le sue escursioni ad Oriente fino a S. Ulrich, al Sud fino a Mendel
e ad Ovest fino alla valle del Talfer.
Le singole colate eruttive si distinguono al microscopio specialmente per
il variabile tenore di plagioclasio. Nelle ricerche macroscopiche vennero spe-
cialmente considerati i rapporti tra i cristalli porfirici ed il fondo, ed in parte
anche i caratteri di decomposizione. I rapporti di età risultano dalle posi-
zioni relative delle colate; bisogna tuttavia fare molta attenzione a causa delle
numerose dislocazioni.
Solamente la sovrapposizione immediata e visibile può distinguere l’età.
Più sicure, ma, purtroppo, rarissime sono le inclusioni di roccie erut-
tive antiche in quelle più recenti. La base del porfido quarzifero, il gneiss
muscovitico, il micascisto, le filladi, l’anfibolite e lo scisto grafitico furono
recentemente rappresentati. Vi fa immediatamente seguito un conglomerato
di base, assolutamente privo di porfido.
Dopo avere descritto un profilo eruttivo in ordine ascendente, con una
dettagliata esposizione della serie rocciosa che lo costituisce, l’autore tratta
delle differenze tra le antiche classificazioni e suddivisioni del profilo erut-
tivo e le proprie, segnalando specialmente le differenze tra la sua classifica-
zione e quelle del Eichthofen, del Layen e del Trener.
La giacitura del porfido sopra una superficie di abrasione e la ricca com-
partecipazione dei tufi indica la roccia come proveniente da eruzione sotto-
marina. Essa derivò probabilmente da una spaccatura che aveva aH’incirca
la direzione dell’odierna valle dell’Eisach. I magmi vennero eruttati da una
parte e dall’altra. La configurazione delle singole colate è più quella di una
larga corrente che non di una vera e propria espansione.
Zaccagna D. — Conformazione stratigrafica fra il torrente Neva ed il Pen-
navaira in territorio di Alhenga {Liguria occidentale) (Boll. R. Com.
Geol. Ital., voi. XL, fase. 1°, pag. 4-38, con 1 carta). — Roma, 1909.
In questa nota l’autore si propone di illustrare le forti compheazioni
tettoniche esistenti nei terreni che costituiscono i dintorni di Zuccarello in
territorio di Albenga. Dopo una breve descrizione oro-idrografica della re-
gione, che abbraccia principalmente il gruppo montuoso dipendente dal
M. Galé, l’autore espone succintamente la forma Etologica e la serie dei vari
terreni che la compongono, i quali vanno dal Paleozoico al Terziario su-
periore.
Come apparisce dalla Carta geologica annessa alla nota il Paleozoico si
487
«viluppa principalmente nella zona verso Nord; ed è formato dal Carbonifero
e dal Permiano. Il primo è limitato ai dintorni di Eialto e si compone, come
il rimanente Carbonifero della Liguria, di puddinghe ed arenarie grigie micacee,
di scisti sericitici grigi e di scisti neri antraciferi; il secondo è formato princi-
palmente dalla besimaudite colle solite associazioni di scisti anfibolici, mi-
eascisti, calcescisti, calcari marmorei, porfido e granito, caratterizzanti il
Permiano delle Alpi Marittime.
I terreni secondari si stendono di preferenza lungo una zona mediana e
comprendono il Trias, composto di quarziti e scisti sericitici alla base, poi di
calcari dolomitici a Gyro'porellae nella parte media e superiore; il Eetico rap-
presentato da calcari grigi subcristallini, calcari scistosi ad Av. contorta, lu-
machella e calcare nero a vene gialle; il Lias da calcari grigi cupi a Belemnites
-e calcari a liste di selce.
Nella zona a Sud sviluppansi potentemente i terreni terziari, composti
di arenerie, scisti e calcari dell’Eocene che si addossano alle precedenti for-
mazioni; infine di conglomerati, sabbie ed argille del Pliocene formanti le
basse colline che declinano verso il piano d’Albenga.
Le complicazioni tettoniche si svolgono specialmente nella zona dei ter-
reni secondari, epperciò tra la valle del torrente Neva e quella del suo con-
fluente il Pennavaira; e sono il risultato di varie fortissime pieghe che l’au-
tore descrive valendosi di una serie di otto sezioni geologiche condotte tra-
sversalmente alle pieghe stesse, che sono dirette press’ a poco da Est ad Ovest.
Da esse apparisce come il motivo stratigrafico sia essenzialmente for-
mato da una amplissima doppia piega (sinclinale ed anticlinale) che ha luogo
nei calcari Lassici e triassici, completamente ribaltata sino a ridursi in po-
sizione orizzontale, ed occupante tutta la valle del Pennavaira; talché questo
torrente ha il suo letto nei calcari Lassici, mentre le alture incassanti sono
formate dagli strati del Trias . Una serie di altre grandi pieghe si svolge però
anche nel bacino del Neva fra il contrafforte del monte Galè e le alture che
formano il crinale spartiacque verso la Bormida, fra le quali è la massa tur-
rita della Eocca Barbena.
A complicare maggiormente la configurazione stratigrafica di questa
plaga geologica l’autore ha rilevato altresì l’esistenza di due grandi frat-
ture dirette quasi secondo l’andamento delle pieghe, che dettero luogo a
forti spostamenti nelle stratificazioni. L’una di esse partendo dai pressi di
ZuccareUo passa in valle del Pennavaira per terminare al Monte Lapeu; e
l’altra dall’incontro con questa nel poggio di Veravo si prolunga fin sotto la
falda Sud del Monte Galè.
Infine, dopo alcune considerazioni generali sulla orogenesi della regione,
l’autore fa rilevare l’antichità della vallè del Neva; la quale risulta certa-
488
mente preterziaria, essendoché gli scisti e calcari eocenici tutta la occupano
come roccie di riempimento sulle più. antiche dalla sua origine fino a Zuc-
carello; scisti e calcari che poi il torrente ha riescavato per formare il suo
nuovo letto. Solochè nel suo tratto inferiore il Neva invece discendere come
attualmente ad Albenga congiungendosi col Pennavaira, doveva mettere
direttamente al mare seguendo la valle di Balestrino attraverso il Colle del
Pian dei Prati, laddove l’Eocene riempie un sinclinale triassico e si protrae fin
presso Toirano.
Zambonini F. — / minerali del Monte Somma e del Vesuvio (Natura, voi. I,
fase. F, pag. 9-21). — Milano, 1909.
Passata rapidamente in rassegna la serie degli autori che, dal xviii se-
colo in poi, scrissero sui minerali vesuviani, riporta una classificazione dei
minerali stessi, che egli presenta come più semplice e nel medesimo tempo
più completa di quella data da Arcangelo Scacchi nei suoi Cataloghi.
Accenna alla suddivisione in quattro tipi delle fumarole del cratere e
delle lave del Vesuvio seguendo l’ordine proposto specialmente dal Lacroix,
e studiandone i minerali caratteristici.
Infine tratta dei minerali che fanno parto essenziale od accessoria delie
roccie del Monte Somma e del Vesuvio (in massima parte leucDtefriti) accen-
nando alle cristallizzazioni che tappezzano le numerose geodi dalle quali
dette roccie sono costituite.
Zambonini F. — Sulla identità della belonesite con la sellaite (Rend. R. Acc.
Lincei, Serie 5^, voi. XVIII, F sem., fase. 6°, pag. 305-308). —
Roma, 1909.
Secondo l’autore, la belónesite del Vesuvio corrisponderebbe alla sellaite di
Gehroulaz in Savoia, studiata dallo Strùver; se non che mentre la prima
deve ritenersi prodotta da sublimazioni, la seconda sarebbe dovuta ad un de-
posito da soluzioni.
489
APPENDICE
Relazione della Commissione Reale incaricata di designare le zone più adatte
per la ricostruzione degli abitati colpiti dal terremoto del 2^^ dicembre 1908,
o da altri precedenti (Con 15 tavole e 4 figure nel testo). — Roma, 1909.
Premesse le notizie concernenti l’istituzione della Commissione Reale, no-
minata con Decreto 15 gennaio 1909; ricordati i successivi Decreti 18 aprile
e 15 luglio del medesimo anno e la corrispondenza al riguardo intervenuta
tra S. E. il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Presidente della Com-
missione, la mlazione riporta 7 prospetti od elenchi di Comuni e frazioni com-
presi nelle tre provincie calabresi ed in quella di Messina, pei quali la Com-
missione stabilisce speciali norme d’indole tecnica od igienica per ciò che
concerne le riparazioni e le ricostruzioni degli edifìzi pubblici e privati stati
danneggiati o distrutti dal terremoto del 28 dicembre 1908 o da altri prece-
denti, o la costruzione er novo nel sito anteriormente occupato o in sede
nuova, nonché per quelb che minacciati o danneggiati da frane debbono su-
bire lo spostamento totale o parziale in forza della legge 9 luglio 1908, n. 445.
La relazione contiene altresì alcune proposte della Commissione per un
secondo periodo di studi complementari e come allegati riporta :
a) Una |relazione speciale del professore Taramelli sull’operato della
Sottocommissione che visitò le località devastate dal terremoto del 28 di-
cembre 1908 ;
h) I risultati degli scandagli eseguiti dalla R. Marina ;
c) La descrizione dei saggi estratti dal fondo del mare con gli scandagli
suddetti ;
d) Le bvellazioni di precisione eseguite dall’Istituto geografico mititare;
e) Le osservazioni gfatte dal professore G. B. Rizzo nei giorni del
terremoto.
Arbenz P. — Die Wurzelregion der kelvetischen DeckenimHinterrheinthal
bei Bonaduz und Rhàzilng (Verh. d. Scbweiz. Naturforscb, Gesell. 92.
Jahresvers. im IX in Lausanne, 1909, Bd. I). — Aarau, 1909.
Secondo l’autore, nella bassa vallata del Reno, da Reicbenau giù giù fino
a Nundraus si trovano il Trias, il Malm ed il Dogger nella loro facies elve-
tica; ed ancora alla zona elvetica appartiene verosimilmente il Trias che si
8*
490
mostra presso Pardisla e Eodels nel Domschleg. Gli scisti dei Grigioni sono
poi dal punto di vista stratigrafìco e tettonico indipendenti da questo sub-
strato elvetico e sono spinti al di sopra di esso (esempii, le Finestre elvetiche
presso Nundraus). Rispetto alla facies che presenta questa zona elvetica,
conclude che essa sta fra l’autoctona e la falda di riouoi)rimento di Glaris.
Le radici del mantello superiore, ad esempio quelle del Verrucano di Glaris,
debbono ricercarsi ancora verso Sud. Il massiccio del Gottardo cheè frapposto
nelle appendici orientali di questa massa degli scisti dei Grigioni appare
nella sua parte Nord forse allo stesso modo fortemente accavallato sopra i
terfeni elvetici.
Argano E. — La Doire Battée en avai d' Aoste. (Revue de Géographie
annuelle, Tome III, 1909). — Paris, 1909.
L’autore cerca di dimostrare coll’ipotesi delle falde di carreggiamento
che la Valle d’Aosta, nel suo tronco fra Aosta e St. Vincent è una valle
tettonica; ciò che già era stato affermato dal B aretti coll’ipotesi degli elis-
soidi di sollevamento. Nonostante una differenza di livello di circa 2000 m.
fra la presunta base mesozoica del lembo del M.te Emihus, e quella del mas-
siccio di M.te Mary, l’autore crede poter escludere una frattura lungo la
valle, e giudica sufficiente un’ insellatura subtransversale del piano assiale della
falda di scorrimento.
Siccome la Valle d’Aosta corrisponde ad un ombelico tettonico, l’autore
dal fatto che il tronco fluviale più importante di una grande regione coin-
cide press’a poco, sopra una porzione notevole del percorso, colla regione
più depressa delle superfìcii strutturali, ritiene legittimo inferire che tale con-
formazione tettonica ha avuto una parte importante nella genesi della scul-
tura della superfìcie attuale.
Bassani F. — Sui fossili e sull' età del deposito di Castro dei Volsci in provincia
di Roma. [Miocene superiore) (Boll. R. Com. Geol. d’Italia, voi. XL,
pag. 409-416 con una tavola). — Roma.
L’autore, dopo avere descritti i principali caratteri del giacimento, ac-
cenna ai fossili in esso riscontrati, tra cui molti pesci, qualche gasteropodo,
parecchi ostracodi e molte piante. Però tutti gli esemplari sono in cattivo stato
di conservazione.
I pesci appartengono agli actinopterigii e sono rappresentati dai generi
Glupea e Labrax, che l’autore partitamente descrive.
I gasteropodi non permettono, per la cattiva conservazione dei relativi
4)1
esemplari, una determinazione generica sicura; l’a itorc ritiene tuttavia che
spettino ai generi Melania e Paludina.
Anche la classificazione dei crostacei riesce incerta a motivo della defor-
mazione e della avanzata calcificazione delle conchigliette. Con dubbio x)er-
tanto l’autore li riferì ai generi Candona, Gypridina e Bairdia.
Gli avanzi vegetali sono rappresentati, in generale, da impronte di foglie
che si presentano molto incomplete. Essi furono studiati ed enumerati dal
prof. Meschinelli.
Scarsi ed incerti sono pertanto, nel complesso, i risultati paleontologici,
per decidere sull’età del giacimento in parola; i numerosi individui di Lahrax
senigensis autorizzano tuttavia a riferirlo al Miocene superiore.
Bibolini a. — 'La catastrofe di Prà e Lagunaz nelV Agordino (Boll. Com.
Geol. d’Italia, voi. XL, pag. 62-67, con 2 tavole) — Roma.
L’autore ricorda che la catastrofe avvenne nella notte del 3 dicembre 1908,
in seguito al distacco di una grossa porzione di roccia dalla così detta Cima
dell’Ambrosogn, cioè da una delle vette del gruppo dolomitico denominato
Pale di S. Lugano, ergentesi ai fianchi della valle omonima ohe adduce le
acque del torrente Tignas al fiume Cordevole. Da quella caduta vennero in-
vestiti e danneggiati i due piccoli abitati di Prà e Lagunaz, frazioni del Co-
mune di Taibon; si ebbero a deplorare 28 morti ed una diecina di feriti.
Il disastro è attribuibile all’azione termica dell’atmosfera ed ai conseguenti
effetti del gelo e del disgelo sulla massa dolomitica già vulnerata da fenditure
dovute alla presenza di clivaggi pressoché verticali ed obliqui alla direzione
degli strati.
I danni agli abitati furono prodotti dai materiali che li investirono,
dalla scossa subita dal terreno e dalla ventata, ossia dal violento sposta-
mento degli strati d’aria causato dalla valanga, che ebbe la forza di sco-
perchiare tetti e di spezzare alberi.
Una parte della vetta dell’Ambrosogn è tuttora pericolante in causa
specialmente di una vecchia fenditura, larga circa m. 0,70, ed in dipendenza
altresì dello strapiombo che la balza presenta. L’autore opina tuttavia che
la caduta di quella rupe non possa prodursi che in conseguenza del lento
processo delle azioni atmosferiche sulla spaccatura principale e dello sfalda-
mento del masso sulle faccie esterne della base su cui poggia.
Boussac Jean. Les méthodes strati graphiques et le Nummulitique Alpin.
(Bull. Soc. Géol. de France, 4^ sèrie, tome IX, fase. 1-2, pag. 30-33). —
Paris, 1909.
392
Boussac Jean. — Observations sur le Nummulitique des Alpes Suisses. (Bull.
Soc. Géol. de France, 4® sèrie, tome IX, pag. 179). — Paris 1909.
L’autore risponde per esteso ad un lavoro di Arn. Heim {Bull. Soc. géol.
de France (4) 9. 25) pure sul nummulitico delle Alpi svizzere, notando che il
passaggio dal luteziano al priaboniano presso Altdorf non è dimostrato con
certezza. Nella serie del Pilato lo Heim divide l’unico piano che egh ammette in
due grandi orizzonti : gli strati calcarei e quelli sabbiosi del Pilatus coperti dal
Flysch. I primi nel loro membro inferiore, gli strati di Biirgen, non sono più
ammessi come un orizzonte litologico determinato, ma per facies diversa, e gh
strati a globigerine, a seconda delle località, sarebbero Luteziano, Anversiano,
o Priaboniano. Negli strati salmastri del Eaeligstock mancano le grosse num-
muliti del Luteziano e le faune a Cerithium Diaboli, per modo che possono at-
tribuirsi all’ Anversiano, e se calcari al Priaboniano.
Le arenarie con nummuliti del gruppo N. contorto- striatus sarebbero invece
più antiche dell’ Anversiano, eco. I profìh dei Diablerets e del Wildhorn dimo-
strerebbero che gli strati a Cer. Diaboli sono più giovani degli strati salma-
stri sopradetti. Nella Svizzera occidentale il Luteziano è poco potente, ma verso
NE si ingrossa straordinariamente abbracciando la maggior parte degli strati
a globigerina che costituiscono non uno ma più orizzonti.
L’autore termina dichiarando infondata l’attribuzione delle faune a pro-
vince zoologiche diverse, che lo Heim ha creduto di fare.
Capellini Giovanni. — Le cicadee fossili del Museo Geologico di Bologna
(Memorie R. Acc. Se. dell’Ist. di Bologna, classe di scienze fisiche, se-
rie VI, tom. VI, pag. 121-139, con 2 tavole). — Bologna, 1908-1909.
L’autore rileva anzitutto che la bella collezione delle Cicadeoidee dell’I-
stituto Geologico di Bologna ha potuto arricchirsi a tal segno da essere giu-
stamente ritenuta la più importante d’Europa, così per il particolare interesse
offerto da alcuni esemplari raccolti nell’Emilia, come per quelh splendidi pro-
venienti dall’America Settentrionale.
Ricorda altresì che nella storia della scoperta delle Cicadee fossih e delle
prime descrizioni che ne furono fatte, il posto d’onore spetta all’Itaha ed ai
naturalisti bolognesi.
L’autore passa partitamente a descrivere gli esemplari rinvenuti nell’Emi-
ha, le circostanze che ne accompagnarono la scoperta ed il collocamento nel-
l’Istituto Geologico di Bologna, i nomi degli scienziati che pei primi li studia-
rono e h classificarono e quelli delle persone che in vari modi contribuirono
a raccoglierli.
493
Fa poscia una minuta descrizione degli esemplari di provenienza arneri-
eana che concorsero ad arricchire il Museo di Bologna ad opera specialmente
del piof. R. Wieland della Garnegie Institution di Washington e del Museo di
New Haven.
La memoria è illustrata da due tavole con 9 figure lappresentanti i mi-
gliori esemplari raccolti.
Crema C. — Una visita alle salse dette Bocche del Drago presso San Vin-
cenzo la Costa, nel Circondario di Cosenza (Boll. R. Com. Geol. Ital.,
voi. XL, fase. 40, pag. 417-423). — Roma,.
Le salse in parola si trovano a circa 3 chilometri da S. Vincenzo, in una
piccola conca detta volgarmente la Dragherà.
Questa conca è, come le altre parti basse della regione, costituita da ar-
gille marnose e sabbiose azzurrognole, sulle quali, nei poggi circostanti, stanno
concordemente sovrapposte delle sabbie giallastie, talora argillose; la cima delle
alture è coronata da piccoli lembi di conglomerati sabbiosi, rossicci, del Qua-
ternario .
Secondo l’autore, tanto le argille quanto le sabbie appartengono al Post-
pliocene, come confermano anche i fossili raccolti.
Nella parte centrale della conca, aUa quota di 210 metri sul mare, si^os-
servano due plaghe argillose incolte, che sono i campi di attività delle salse;
runa trovasi presso il rio delli Manchi e l’altra alquanto più a Sud. Quest’ul-
tima, di forma grossolanamente elittica, coll’asse maggiore di circa un centi-
naio di metri, era attraversata da parecchie spaccature dirette da SO a NE,
che pare siano state prodotte dal terremoto dell’S settembre 1905. Nella parte
centrale dell’ehsse esistevano due prominenze tondeggianti, alte poco più di
un metro, con diametro di circa 7 metri, dovute a materiale eruttato dalla
salsa ; su di esse si osservavano molti piccoli coni, di ampiezza e forma va-
riabili ma sempre molto depressi, terminanti in un minuscolo cratere del dia-
metro di 1-2 centimetri e da eui lateralmente traboccava una finissima melma,
originante un minuscolo rigagnolo, che bentosto scompariva nel suolo. Nel
cratere notavasi un continuo ribollimento con saltuaria produzione di bolli-
cine gazose.
L’altro campo, addossato al fosso delli Manchi, aveva forma semicircolare,
con diametro di m. 150, circa. Si rimarcavano in esso tre protuberanze, di cui
una ad Ovest alta circa m. 2,50 con diametro di 15 m. la quale era attraversata
da un crepaccio largo circa 40 centimetri, dovuto al terremoto dell’S settem-
bre 1905. Un secondo crepaccio, parallelo al piimo, attraversava una delle
altre due prominenze. I conetti presentavano gli stessi caratteri che nell’altro
494
campo ; uno di essi emetteva la solita acqua melmosa, nella misura di circa
4 litri all’ora. Nessuna traccia di depositi salini nè in questo nè nell’altro
campo.
Allo scopo di sottoporla ad analisi, almeno qualitativa, l’autore, non
avendo di meglio in quel momento, riempì di acqua melmosa due barattoli
di vetro di circa V4 di litro ciascuno, li chiuse con tappo di sughero ed al
-suo ritorno a Koma li consegnò all’ing. E. Mattirolo, direttore del laboratorio
chimico del R. Ufficio Geologico, il quale poi riferì di essersi dovuto limitare
ad alcune ricerche qualitative. Potè tuttavia constatare la presenza dell’ani-
dride carbonica, che in parte può essere propria dell’acqua. Nel residuo solido
furono trovati: magnesia, soda, cloro, anidride carbonica e solforica, nonché
traccio di silice, ossido ferrico, allumina, calce, potassa, litina. L’acqua dell’al-
tra maccaluba era affatto analoga a quella ora descritta.
Al momento della visita le salse si trovavano in una fase di debolissima at-
tività, ma persone del luogo, tra cui il locale medico condotto, dichiararono
che non solo remissione fangosa non cessa mai interamente, ma che in ogni
anno, specialmente dopo le piogge primaverili, si verifica un risveglio di atti-
vità, che si ripete in occasione di movimenti tellurici.
L’ autore afferma che il terremoto del 28 dicembre 1908 non influì sul
grado di attività di quelle salse, e chiude formulando l’augurio che possa
presto compiersi uno studio sistematico delle manifestazioni secondarie del-
l’attività endogena di tutta la Calabria.
Cruciani a. — Alcuni appunti sugli eff^etti prodotti dal terremoto che funestò
Messina e la Calabria il 28 dicembre 1908 (Rassegna ind. solf.,anno XXI,
n. 1, 31 gennaio 1909, pag. 1-6). — Caltanissetta, 1909.
L’autore riassume nel breve scritto le impressioni provate alla vista dei
luoghi devastati, subito dopo il disastro del 28 dicembre 1908. Premesso uno
schizzo sulla geologia della regione ed in particolare dei dintorni di Messina,
passa a ricostruire, secondo le informazioni da lui 1 accolte, il modo di mani-
festarsi del terremoto e dei fenomeni concomitanti; rileva gli effetti prodotti
dalla grande scossa, e finalmente, a mo’ di conclusione, chiude con alcuni ap-
prezzamenti sulle possibili cause del terribile fenomeno e sulla ripercussione
che esso ebbe in molte contrade della Sicilia, in special modo a Caltanissetta,
dove il movimento sismico conservò una notevole intensità. Ammette che la
minor violenza del fenomeno sia dovuta alla maggiore profondità dello ipo-
centro, avuto riguardo al maggiore spessore dei terreni sovrapposti alla sede
della frattura lungo la quale l’ oscillazione si sarebbe prodotta in profondità.
Tratta infine brevemente del maremoto verificatosi subito dopo, ritenendolo
495
come naturale conseguenza del terremoto e spiegabile solo che si fermi l’at-
tenzione sullo spostamento che dovette piodursi nelle acque del mare in se-
guito al dislocamento dei terreni terrazzati costieri per la subitanea, per
quanto leggera, immersione di sì grande volume di terra.
Douvillè Robert. — Sur la questiondes i^Argiles écailleuses )) desenvirons
de Paierme (Bull. Soc. Géol. de France, 4® sèrie, tome IX, n. 5-6, 1909,
pag. 232-233). — Paris, 1909.
La nota rileva come la memoria del signor Checchia-Rispoli relativamente .
all’età delle argille dette scagliose dei dintorni di Palermo non sia, in sostanza,
che un seguito della discussione sorta su tale argomento tra l’autore, il me-
desimo signor Checchia-Rispoli ed il signor Di Stefano e delia quale ebbero
più volte ad occuparsi i membri della Società geologica.
Pur rendendo omaggio al lavoro del signor Checchia-Rispoli, l’autore non
ne condivide le idee e ritiene che la sezione di quella formazione, esposta nella
memoria di cui trattasi, debba essere differentemente interpretata, soggiun-
gendo essere impossibile, per un giudice imparziale, di non ravvisare in questa
esatta ripetizione della medesima successione degli strati a Lepidocy cline a
quelli nettamente luteziani, colla medesima lacuna occupante sempre il posto
del Bartoniano e del Sannoisiano, la prova dell’ esistenza di due scaglie
tettoniche.
Forel F. a., e. Muret et P. L. Mercanton. — Les variations périodiques
des glaciers des Alpes suisses: 29^^^^ Rapport, 1908 (Jahrb. des S. A. C.
44 Jahrg. 1909, S. 286-312).
La nota concerne gli studi che gli autori hanno dedicato alle cause in-
fluenti sull’ablazione dei ghiacciai delle Alpi svizzere e sul conseguente regime
dei torrenti glaciali.
Il signor Forel cerca di dimostrare l’influenza preponderante che sull’a-
blazione esercita la radiazione solare diretta, che, secondo lui, è più impor-
tante di quella che deriva dal contatto dell’aria.
In un altro capitolo il signor Mercanton tratta della raccolta di neve
nel 1908, che fu minore che nel 1907 ma più tardiva e che presentò un secondo
maximum nel settembre e rileva come l’anno 1908 segni una stazionarietà per
ciò che concerne i nevai delle Alpi svizzere.
I signori Forel e Muret hanno dimostrato che nel 1908 la decrescenza dei
ghiacciai prevalse nella Svizzera, giacché di questi 51 su 67 subirono diminu-
zione, e soltanto 14 piccoli ghiacciai segnalarono un leggero accrescimento.
496
Franchi S. — Il terremoto del 28 dicembre 1908 a Messina in rapporto alla
natura del terreno ed alla riedificazione della città (Boll.'R. Com. GeoL
ItaL, voi. XL, fase. 2®, pag, 111-157, con tav.). — Roma, 1909.
L’autore, incaricato dalla Commissione reale per il terremoto del 28 di-
cembre 1908 di riferire sulla città di Messina e comuni annessi ha presentato
questa relazione che fu autorizzato a stampare.
Premesso un breve cenno suUa posizione topografica deUa desolata città
l’autore tratta della natura geologica del sottosuolo della città e dei dintorni.
Questa era situata nella maggior parte sopra delle conoidi alluvionali e in pic-
cola parte su depositi litoranei nei quali si intercalano banchi di panchine are-
nacee interessanti, di formazione recentissima e attuale, già veduti dallo Spal-
lanzani.
Una parte della città era situata su gneiss ed un’altra sopra colline di
Quaternario antico sciolto (ghiaie con blocchi di roccie cristalline).
Sobborghi e case isolate sono situati sulle arenarie o sulle marne mio-
ceniche.
A parità di altre condizioni le rovine furono maggiori sul Quaternario an-
tico, di poco minori sulle alluvioni recenti . Le arenarie e le marne mostrarono
di essere terreni abbastanza buoni, e migliori di tutti incontestabilmente e
chiaramente si mostrarono gli scisti cristallini, quando non fossero superficial-
mente franosi per condizioni specialissime.
L’autore paria in seguito di piccoli franamenti avveruti nelle regioni di
terreni sciolti con forti pendii e degli smottamenti litoranei, all’importanza dei
quali, oltre il terremoto, concorse il maremoto colle sue violenti fluttuazioni.
A quest’ultimo fenomeno sono legati in parte gh abbassamenti locah attorno
al porto e lungo la spiaggia.]
Venendo ad esaminare la direzione delle scosse l’autore constata che
essa era stata sensibilmente diversa da punto a punto, e descrive interes-
santi e compheati rovesciamenti e giramenti nei monumenti del belhssimo ci-
mitero. Spiega i vari sensi di questi ultimi come effetti di semplici oscillazioni
sollecitanti solidi il cui centro di gravità è fuori del piano verticale avente
la dilezione della ondulazione e passante pel punto d’appoggio che il solido
viene ad avere aU’inizio del suo movimento. Non vi sarebbe adunque bisogno
di ricorrere alle scosse vorticose per spiegare quei movimenti.
L’autore enumera le molteplici cause che concorsero all’enormità del di-
sastro, le quali si possono riassumere nei pessimi ed irrazionali metodi di co-
struzione, nei cattivi materiali e nella eccessiva altezza dei fabbricati e nel-
l’oblio di essere in una regione eminentemente sismica.
Per la riedificazione l’autore riconosce che di necessità bisognerà utilizzare
497
le parti pianeggianti vicine al porto e il piano Mosella dovesix)otrà essere tran-
quilli costruendo case basse con razionali concetti di difesa e con ottimi ma-
teriali. Egli porta molti esempi di case a due piani che non soff ei sero danni
sensibili.
In ultimo l’A. consiglia di eseguire sistematiche trivellazioni nel sotto-
suolo, la cui natura è molto imperfettamente nota, per cavarne norme per le
futuie fondazioni.
Franchi S. — I terreni secondari a « facies piemontese)) e di calcari cristallini
a crinoidi intercalati nei calcescisti presso Villeneuve, in Valle d'Aosta
(Boll. R. Com. Geol. Ita!., voi. XL, fase. 4«, pag. 526-551). —
Roma, 1909.
L’autore riassume gli argomenti di vario ordine, stratigrafico -paleon-
tologici stratigrafico- tettonici, paleontologici e stratigrafico -litologici pei quali
è dimostrata 1’ età secondaria della zona delle pietre verdi. In seguito
egli dimostra che in conseguenza dei ritrovamenti di fossili in molti
punti ed allo studio litologico completo dei terreni cristallini delle Alpi occi-
dentali, sia meno in armonia colle idee del Gastaldi il concetto dell’età ar-
caica che quello dell’età secondaria. Quella formazione triasica e Basica co-
stituiva pei geologi italiani le facies cristallina e mista del Trias e del Lias. Siccome
queste facies sono particolai mente sviluppate nelle Alpi piemontesi, l’A. pro-
pone di chiamarla facies piemontese anziché facies lepontinica come era stata
denominata dallo Steinmann, e in ciò è d’accoido coll’ing. Novarese.
A causa della grande vaiietà di costituzione del Trias, costituente la base
deUa formazione calcescistosa, solo alcuni tipi di quel terreno possono dirsi
facies piemontesi di esso; però si può parlare di una facies piemontese (calce-
scistosa o cristallina con pietre verdi del Lias) come si potrà tra poco preci-
sare una facies piemontese del Retico.
In seguito l’autore nel dare notizia di un banco di calcare ciistallino a
ciinoidi nei calcescisti presso Villeneuve enumera gH argomenti che si posseg-
gono per ritenere questi secondari e ricorda come la Società geologica nel 1907
avesse riconosciuto l’identità dei calcescisti di Sarre, che sono quelli di Ville-
neuve, con quelli della sinclinale di Courmayeur. I crinoidi sono molto mal
conservati e corrispondono a macchie spatiche tondeggianti sovente scure,
mostranti al microscopio qualche traccia di struttura organica. Il disegno dei
setti, quantunque molto imperfetto, apparso dopo l’attacco con acido clori-
drico diluito e la osservazione fatta altrove di passaggi graduali in un solo
banco di crinoidi chiari a delle macchie come quelle di Villeneuve possono
solo dare la convinzione che trattisi ivi pure di crinoidi.
498
Calcari a macchie apatiche come i precedenti sono frequenti in una zona
di transizione fra la Dolomia principale fossilifera ed il Lias inferiore pure fos-
silifero in Valgrana ed in Val Maira (Vallone d’Elva), perciò l’autore dice
esser probabile che quella zona rappresenti il JRetico a facies piemontese.
Franchi S. — Bihiliografia ragionata dei principali lavori concernenti la
cronologia dei terreni a « facies piemontese » (Zona delle pietre verdi , schis-
tes lustrés, Biindnerschiefer, Schieferhiille) (Boll. R. Com. Geol. Ital.
voi. XL, fase. 40, pag. 552-591). — Roma, 1909.
Questa bibliografìa è stata dall’autore pubblicata in appendice al prece-
dente lavoro onde facilitare il compito a quei geologi che volessero rendersi
conto della questione dell’età della zona delle pietre verdi e segnatamente
dei lavori che riguardavano la parte italiana di quella formazione non facil-
mente rintracciabili in rapporti uflìciali sommari.
Da esso appare chiaramente il grande accordo ora esistente fra i geologi
francesi, svizzeri, austriaci ed italiani, seguito ad un periodo di discussioni e
di prevalenza dell’una o dell’altra delle due soluzioni arcaica e secondaria,
nel ritenere come non più discutibile quest’ultima. La quale è basata sopra
molte osservazioni tettoniche e stratigrafìche, e sopratutto sui numerosi ritro-
vamenti di fossili, dei quali non pochi, nè i meno importanti e decisivi, in re-
gioni italiane. Quello che colpisce, e che costituisce la miglior garanzia che
dualmente si è raggiunta la soluzione giusta, è la concordanza e l’armonia
delle osservazioni lungo la grande distesa in cui quei terreni affiorano dalle
Alpi Liguri (Gruppo di Voltri), per le Alpi marittime, Cozie, Graje, Pennine,
Lepontine, ecc., al Tauern ed al Semmering. Essi costituiscono i terreni se-
condari a facies piemontese {facies de la zone du Piémont dei geologi francesi,
leponiinische facies di Steinmann, e piemontesische facies di E. Suess).
Kilian W. AperQU de la Geologie, de VOrographie et de V Hydrograpìiie des
Alpes dauphinoises (Annuaire de la Soc. des Touristes du Daiiphiné,
n. 33, et Trav. Lab. géol. Univ. Grenoble, t. IX, 1909).
Questo lavoro tratta della geologia ed orografìa, poscia dell’idrologia della
• egione delfìnese.
Nella prima parte si riassumono i caratteri dei diversi terreni che lo co-
stituiscono: Scisti cristallini. Carbonifero, Permiano, Trias e Giuralias.
Quest’ultimo s’inizia col Retico fossilifero, e gli fa seguito il Lias colle di-
verse facies, dauphinois (marnoso), briangonnais (brecciforme) od intermedio.
Nella zona del Piemonte e^^o presenta la fa-^ies calcescistosa cristallina.
499
Il Giurese medio, marnoso nelle parti media ed occidentale, presenta la
facies neritica in alcuni punti verso levante; ed il Giurese superiore con facies
marnosa ad Ammoniti nelle catene subalpine e nella zona del Brianzonese
presenta un tipo amigdalare a cefalopodi.
Il Cretaceo con facies diverse non esce dalle catene subalpine e verso il
Xord presenta delle forme zoogene di scogliera (Urgoniano).
I terreni terziari sono rappresentati dal nummulitico (Eocene medio e
superiore) nelle catene infra-alpine, e nelle catene esterne dall’Eocene e dal
Miocene.
II Delfinato comprende diverse regioni naturali di cui la più importante è
quella delle Alpi del Delfinato, che si possono così suddividere in zone:
P Catene subalpine; 2® Catene cristalline delfino -savoiarde; 3° Zona di
Gap e di Embrun; 4® Zona del Brianzonese; 5° Zona del Piemonte.
Il lavoro è accompagnato da due tavole di sezioni, e uno schema struttu-
rale delle Alpi frane o-itahane fra il lago di Ginevra ed il Mediterraneo.
Dall’insieme si ha l’impressione di spiate provenienti daU’mterno dell’arco
alpino che avrebbe accavallato verso i massicci ercinici delfino -savoiardi già
ripiegati una serie di falde con facies differenti. Lo sprofondamento dell’alta valle
del Po e il sollevamento delle parti marginali, seguiti da ima erosione straordi-
naria. non avrebbe lasciato persistere che resti delle falde nella regione del-
rUbaye e le radici arcuate di quelle falde, ed iufine delle pieghe retroflesse
(plis en retour) verso l’Italia si sarebbero prodotte nelle più mterne fra di esse,
attorno al bacino di .sprofondamento della regione torinese.
XeUa seconda parte essenzialmente idrografica si parla pure dei ghiacciai,
dei loto tipi, delle regressioni loro, ecc.
Lotti B. Rilevamento geologico nelValta Valnerina durante la campagna
1908 (Boll. R. Com. Geol. Ital., voi. XL, fase. 1°, pag. 39-61). —
Roma 1909.
L’autore tratta della costituzione geologica di quella parte deU’L^mbria
compresa nelle tavolette di Xorcia, Visse e Foligno e solcata dalla Xera al
di sotto di Visse e dai suoi tributari Corno, Fissino e Vigi. I terreni che for-
mano questa contrada sono le marne e le arenarie, con pteropodi ed altri fos-
sili di abito miocenico, ma che l’autore iasiste nel ritenere eoceniche, la
scaglia ciuerea con abbondanti strati nummuhtici, la scaglia rossa, senoniana,
gli scisti a fucoidi deU’Aptiano, il calcare con selce neocomiano, gli scisti cal-
carei e diasprini del Giurassico superiore e medio, gli scisti marnosi del Lias
superiore, di cui si hanno solo tracce, il calcare con selce del Lias medio e il
calcare bianco del Lias inferiore.
500
Sono specialmente descritte ed illustrate da sezioni varie dislocazioni tet-
toniche e cioè: un’anticlinale ribaltata [verso NE ai Cappuccini presso Visso;
una faglia che mette in contatto gli scisti giurassici colle testate del Lias in-
feriore lungo la stretta gola della Nera presso Orvinio ed altre a questa nor-
mali un poco più a valle; una grande faglia nel tratto inferiore della valle del
Corno presso Triponzo, la quale mette in contatto il Giurassico colla parte
incompleta e rovesciata verso est di un’anticlinale del Lias inferiore. A questa
anticlinale fa seguito un’ampia sinclinale pure ribaltata verso est presso Bi-
selli. Lungo la fagha del Corno si fanno strada le acque termali di Triponzo,
ed altre sorgenti termali dovettero in passato scaturire da questa frattura a
giudicarne dai resti di travertino che schieransi lungo il suo percorso. Un’altra
sinclinale, ribaltata pure verso est, si osserva sulla destra della valle del Vigi.
Essa spingesi a nord fin oltre Forfi e verso SSO per Montefiorello, S. Martino
e Ceselh prosegue sulla destra della Nera fino a riunirsi con quella di Morro
Beatine, descritta in relazioni precedenti, misurando nell’ insieme oltre 50 chi-
lometri. Una notevole dislocazione formata da piccole anticlinah e sinclinali
ribaltate e complicata da una faglia viene dall’autore segnalata nel Vallone di
Gavelli fra i monti Coscerno e Civitella.
Si fa cenno infine di alcuni movimenti sismici che ebbero luogo in que-
st’area presso Scheggino durante la campagna geologica cui si riferisce la nota.
Lucerna R. — Ueber die glazialgeologische Erforschung von Korsika (Mitt.
d. K. K. Geogr. Gesells, in Wien, B. 52, Hef. 4-5). — Wien, 1909.
L’autore ritiene che il territorio granitico, nella parte orientale dell’isola,
non fu mai sede di ghiacciai, ma che lo furono invece gli alti monti, più ad
occidente, costituiti de terreni secondari. Egli crede poi che vi regnasse una
grande povertà di morene, contrariamente a quanto verificossi nelle Alpi. I
circhi nevosi sono situati molto in alto.
Sempre secondo l’autore vi erano bensì ghiacciai isolati ma non ghiacciai
collegati, nè vere e proprie correnti di ghiaccio. Egli crede di poter dimo-
strare che i ghiacciai ebbero quattro periodi di formazione, ed un regresso,
svoltosi in tre stadi, dopo l’ultimo periodo glaciale.
Presso la costa le terrazze fluvio -glaciali si mostrano come terrazze di
spiaggia.
Nel più remoto periodo glaciale il livello del mare era più elevato ed andò
poi progressivamente abbassandosi.
PUBBLICAZIONI DEL R. UFFICIO GEOLOGICO
(30 «otte ioni lOlO)
LIBRI
Bollettino del E. Comitato Geologico; Voi. I a XL, dal 1870 al 1909.
Prezzo di ciascun volume L. 10 —
Idem dell’abbonamento annuale in Italia » 8 —
Idem idem all’estero ..... » 10 —
Memorie per servire alla descrizione della Carta geologica d’Italia:
Voi. I. Firenze 1871. — Introduzione. — B. Gastaldi:
Studii geologici sulle Alpi Occidentali, con appendice mineralo-
gica di G. StPvUEVEe, — S. Motttjua : Sulla formazione terziaria
nella zona solfifera della Sicilia. — I. Cocchi : Descrizione geo-
logica dell’Isola d'Elba. — C. D’Ancona : Malacologia plioce-
nica italiana. — Un voi. in-4o dipag. 364 con tavole e carte
geologiche » 35 —
Voi. II, Parte U. Firenze 1873. — Introduzione. — C. W. C.
Fuchs : 3Ionografia geologica delVlsola cVIschia. — F. Gior-
dano: Esame geologico della catena alpina del San Gottardo
che deve essere attraversata dalla grande galleria della ferrovia
italo -elvetica. — S. M ottura : Sulla formazione terziaria nella
zona solfifera della Sicilia; Appendice. — C. D’Ancona : Ma-
lacologia pliocenica italiana (seguito). — Un volume in-4o di
pag. 264 con tavole e carte geologiche » 25 —
Voi. II. Parte 2^. Firenze 1874. — B, Gastaldi: Studi
geologici sulle Alpi Occidentali ; Parte seconda. — Un volume
in- 4° di pag. 64 con tavole .... » » 5 —
Voi. Ili, Parte D. Firenze 1876. — C. Doelter : Il gruppo
vulcanico delle Isole Ponza. — C. De Stefani : Geologia del
Alonte Pisano. — Un volume in-4o di pag. 174 con tavole e
carte geologiche » 10 —
Voi. Ili, Parte 2^. Firenze 1888. — G. Meneghini: Pa-
leontologia deir I glesiente in Sardegna. — M. Canavari : Con-
tribuzione alla fauna del lias inferiore di Spezia. — Un volume
in-4° di pag. 230 con tavole » 15 —
Voi. IV, Parte 1^. Firenze 1891. — A. Scacchi: La re-
gione vulcanica fluorifera della Campania. — G. Terrigi : I
depositi lacustri e marini riscontrati nella trivellazione presso la
ina Appia antica. — Un volume in-4o di pag. 136 con tavole » 8 —
Voi. IV, Parte 2^. Firenze 1893. — C. A. Weithofer : Pro-
boscidiani fossili di Valdarno in Toscana. — M. Canavari :
Idrozoi titoniani della Begione mediterranea appartenenti alla fa-
miglia delle Ellipsactinidi. — Un voi. ìn-4.^ di pag. 214 con tavole
16 —
§02
Voi. V, Parte P. Roma 1909. — C. F. Parola con la
collaborazione di C. Crema e P. L. Prevee, : La fauna coral-
ligena del Cretaceo dei monti d'Ocre. — Un volume in-4o di
pag. 242 con 28 tavole »
Memorie descrittive della Carta geologica d’Italia :
Voi. I. Roma 1886. — L. Baldacci : Uescrmone geologica
delVlsola di Sicilia. — Un volume in-8o pag. 436 con tavole
e una Carta geologica . »
Voi. II. Roma 1886. — B. Lotti: Descrizione geologica del-
Vlsola d'Elba. — Un volume in-8o di pag. 266 con tavole e
una Carta geologica »
Voi. III. Roma 1887. — A. Farri : Relazione sulle mi-
niere di ferro delVlsola d'Elba. — Un voi. in-8o di pag. 174
con un atlante di carte e sezioni »
Voi. IV. Roma 1888. — G-. Zoppi : Descrizione geologico-
mineraria dell' 1 glesiente {Sardegna). — Un voi. in-8° di pag. 166
con tavole, un atlante ed una Carta geologica «
Voi. V. Roma 1890. — C. De Castro : Descrizione geolo-
gico-mineraria della zona argentifera dèi Sarrabus {Sardegna). —
Un volume in-8o di pag. 78 con tavole e una Carta geologico-
mineraria »
Voi. VI. Roma 1891. — L. Baldacci : Osservazioni fatte
nella Colonia Eritrea. — Un voi. in-8o di pag. 110 con Carta
geologica annessa »
Voi. VII. Roma 1892. — E. Cortese e V. Sabatini : De-
scrizione geologico-petro grafica delle Isole Eolie. — Un volume
in-80 di pag. 144 con incisioni, tavole e carte geologiche. . . »
Voi. Vili. Roma 1893. — Lotti '.Descrizione geologico-
mineraria dei dintorni di Massa Marittima in Toscana. — Un
voi. in-8o di pag. 172 con incisioni, tavole e una Carta geologica »
Voi. IX. Roma 1895. — E. Cortese : Descrizione geologica
della Calabria. — Un volume di pag. 338 con incisioni, ta-
vole ed una Carta geologica »
Voi. X. Roma 1900. — V. Sabatini : I vulcani dell'Italia
centrale e i loro prodotti. Parte D : Vulcano Laziale. — Un vo-
lume in-80 di pag. 392, con incis., tavole ed una Carta geologica »
Voi, XI. Roma 1902. — A Stella : Descrizione geognostico-
agrariadél Colle Montello {provincia di Treviso). — Un volume
in-80 di pag. 82, con tavole ed una Carta geognostico -agraria »
Voi. XII. Roma 1903. — Autori diversi : Studio geologico-
minerario sui giacimenti di antracite delle Alpi occidentali ita-
liane. — Un volume in-8o di pag. 232, con incisioni, tavole e
Carte geologiche »
Appendice al voi. IX. Roma 1904. — G. Di-Stefano : Os-
servazioni geologiche nella Calabria settentrionale e nel Circondario
di Rossano. — Un voi. in-8odi pag. 120, con tavola di sezioni »
Voi. XIII. Roma 1909, — B. Lotti : Geologia della To-
scana. — Un volume in-8<^ di pag. 484, con 4 tavole .... »
30
10
10
20
15
8
6
8
8
12
12
8
10
3
10
503
CARTE
Carta geoloprica d’Italia, nella scala di \ a \ 000 000, in due fogli :
2^ edizione. — Koma, 1889 Prezzo L. 10 —
Carta geologica della Sicilia, nella scala di 1 ti 100 000, in 28 fogli e 5
tavole di sezioni, con quadro d’unione e copertina. — Eoma, 1886 » 100 —
NB. / foglie le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue:
Foglio N. 244 (Isole Eolie) . . L. 3 —
» 248 (Trapani) ... » 3 —
» 249 (Palermo) ... » 4 —
» 250 (Bagheria) ... » 3 —
251 (Cefalù) .... » 3 —
» 252 (Naso) .... » 4 —
» 253 (Castroreale) . . » 4 —
» 254 (Messina) ... » 4 —
» 256 (Isole Egadi) . . » 3 —
» 257 (Castelvetrano). » 4 —
» 258 (Corleone) . . . » 5 —
» 259 (Termini Imerese) » 5 —
» 260 (Nicosia) . . . » 5 —
» 261 (Brente) .... » 5 —
Foglio N. 262 (Monte Etna) . . L. 5
» 265 (M azzar a del Vallo) » 3
266 (Sciacca) . ...» 4
267 (Canicatti) ...» 5
268 (Caltanissetta) . » 5
269 (Paterno) . ...» 5
270 (Catania) . ...» 3
271 (Girgenti), ...» 3
272 (Terranova). . . » 4
273 (Caltagirone) . » 5
274 (Siracusa) ...» 4
275 (Scoglitti). ...» 3
276 (Modica) . ...» 3
277 (Noto) » 3
Tavola di sezioni N. 1 (annessa ai fogli 249 e 258) . . L. 4 —
» » N. 11 (annessa ai fogli 252, 260 e 261) » 4 —
» » N. Ili (annessa ai fogli 253, 254 e 262) » 4 —
» » N. IV (annessa ai fogli 257 e 266). . . » 4 —
» » N. V (annessa ai fogli 273 e 274). . . » 4 —
Carta geologica della Calabria, nella scala di l a 100 000, in 20 fogli
e 3 tavole di sezioni, con copertina. — Roma, 1901 L. 60 —
NB. / fogli e le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue.
Foglio N.
220 (Verbicaro) . . L. 3 —
Foglio N.
242 (Catanzaro) . . L.
4 —
»
221 (Castrovillari) . » 5 —
»
243 (Isola Capo Riz-
»
222 (Amendolara). . » 3 —
zato) .... »
3 —
»
228 (Cetraro) . ... » 3 —
»
245 (Palmi) .... »
3 —
»
229 (Paola) .... » 5 —
».
246 (Cittanova) . . »
5 —
»
230 (Rossano) ... » 4 —
»
247 (Badolato) ... »
3 —
»
231 (Ciro) » 3 —
»
254 (Messina). ...»
4 —
»
236 (Cosenza) ... » 4 —
»
255 (Gerace) .... »
4_
237 (S. Giovanni in F.) » 5 —
«
263 (Beva) »
3 —
»
»
238 (Cotrone). ... » 3 —
241 (Nicastro) ... » 4 —
»
264 (Staiti) »
3 —
Tavola di sezioni N. 1 (236, 237, 238, 241, 242), N. 11 (245, 246, 247,
255, 263), N. Ili (220, 221, 229, 230), ciascuna L. 4 —
504
Carta geologica della Puglia, nella scala di 1 a 100 000.
Ne sono pubblicati i fogli seguenti :
Foglio N. 165 (Trinitapoh) . .
L,
. 1.50
Foglio N.
201 (Matera) . .
»
176 (Barletta) . . .
»
2.50
»
202 (Taranto) .
»
177 (Bari)
»
2 —
»
203 (Brindisi) .
»
178 (Mola di Bari) .
»
1.50
»
204 (Lecce) . .
»
188 (Gravina) . . .
»
3 —
»
213 (Maruggio)
»
189 (Altamura) . .
»
3 —
»
214 (Galhpoli) .
»
190 (Monopoli) . .
»
2.50
»
215 (Otranto). .
»
191 (Ostuni) ....
»
1.50
»
223 (Tricase) . .
L. 3
» 2
3 —
2 —
1 —
2 —
1 —
2 —
Carta geologica della Lucania e Campania, nella scala di 1 a 100 000.
Foglio N. 183 (Ischia) . . . . L. 1.50
» 184 (Napoli) .... » 3 —
» 185 (Salerno) ... » 4.50
» 196 (Vico Eqnense). » 1.50
» 197 (Amalfi) ....). 1.50
» 198 (Campagna) . . » 4 —
» 199 (Potenza) ... » A —
» 200 (Laurenzana) . » 4 —
Carta geologica della Campagna romana e regioni limitrofe, nella scala di 1
a 100 000, in 6 fogli e una tavola di sezioni, con copertina. — Poma,
1888 L. 25 —
Foglio N. 209 (Vallo Lucania)
» 210 (Lagonegro) .
» 2ir(S. Arcangelo)
» 212 Tursi ....
Sezioni geologiche, Tav. I .
» » TI .
>> » III .
L. 4 —
» 5 —
» 3 —
» 3 —
» 4 —
» 4 —
MB. / fogli e la tavola di questa Carta si vendono anche separatamente come segue:
Foglio N. 142 (Civitavecchia) . L. 4 —
» 143 (Bracciano) . . » 5 —
» 144 (Palombara) . . » 5 —
Foglio N. 149 (Cerveteri) . . L. 4 —
» 150 (Poma). ... » 5 —
» 158 (Cori) .... » 4 —
Tavola di sezioni (annessa ai fogli 142, 143, 144 e 150), L. 4.
Carta geologica delle Alpi Apuane, nella scala di l a òQ 000, in 4 fogli e 3 ta-
vole di sezioni con copertina. — Poma, 1897 L. 30 —
NB. / fogli e le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue:
Foglio Carrara L.5 — 1 Foglio Stazzema L. 5 —
» Castelnuovo » 5 — j » Seravezza » 3 —
Le tavole di sezioni, ciascuna . . . L. 5.
Carta geologica della Toscana {in corso di stampa), nella scala di l a lOOOOOw
Ne sono usciti i fogli : Livorno (L. 2); Volterra (L. 5); San C asciano Val
di Pesa (L. 5); Massa Marittima (L. 4); Siena (L. 5); Piombino (L 3));
Grosseto (L. 4); Santa Fiora (L. 5); Orbetello (L. 4); Toscanella (L. 5);
Pisa (L. 3); Lucca (L. 5); Firenze (L. 4); Arezzo (L. 4); Montepul-
ciano (L. 5); Tav. I e II di sezioni (L. 4 ciascuna).
Carta geologica dell’Isola d’Elba, nella scala di 1 a 25 000, in due
fogh con sezioni — Poma, 1884 L. 10 —
Carta geologico-mineraria dell’Iglesiente (Isola di Sardegna), nella
scala di 1 a 50 000, in un foglio. — Poma, 1888 » 5 —
Carta geologico-mineraria del Sarrabus (Isola di Sardegna), nella scala
di l a 50 000, in un foglio. — Poma, 1889 » 5 —
Carta geologica della Sicilia, nella scala di 1 a 500 000, in un foglio
con sezioni. — Poma, 1886 » 5 —
Carta geologica della Calabria, nella scala di l a 500 000, in un foglio.
— Poma, 1894 » 3 —
Carta geologica dei Vulcani Vulsinii, nella scala di 1 a 100 000, in un
foglio, con testo. — Poma, 1904 » 5 —
Carta geologica delle Alpi Occidentali, nella scala di 1 a 400 000, in
un foglio. — Poma, 1908 » 6 —
Per le commissioni rivolgersi alla ditta libraria Fratelli Treves in Poma,
Bologna, Milano e Napoli.
SERATA -CORRiaE.
p. 131 Hnea 8
» 312 nella nota
» 328 Hnea 26
Atti ufficiali
la 14a.
scambiare fra loro le parole pirosseno e anfibolo.
radiolarie e radiolarie.
Axilis exilis.
pag. 30 — Le linee 8, 9 e 10 si debbono trasportare dopo
Annunzi di pubblicazioni
Argand e. — La Doire Baltée en avài d’Aoste (Eevae de Góographie an-
nuelle, Tome III, 1909; I op. in-S®). — Paris...
Baratta M. — Per la ricostruzione di S. afeniia d’Aspromonte, distrutta dal
terremoto del 28 dicembre 1908 (1 op. in-8o ). — Vogherà 1910;
Capacci C. — Giacimenti lignitiferi del Val damo superiore — Gita all’Isola
d’Elba ed a Piombino (1 op. in-8o). — Prato, 1910.
Idem. — Gisements aurifères de l’Abyssinie et ^de l’Erytrée (Intemationaler
Kongress Dusseldorf 1910; 1 op. in-8o).
Chelussi I. — Sulla presenza di minerali caratteristici in molte rocce mioce-
niche dell’Italia Centrale (Atti della Soc. Ligustica di Se. Nat. e Geog.,
VoL XXI, fac. 2o, 1910; 1 op. in-8o). — Genova 1910.
De Alessandri G. — Studi sui pesci triasici della Lombardia (Società Ital. di
Se. Nat. e del Museo Civico di Storia Nat. di Milano, Memorie, Voi. VII,
fase. P, 1910; 1 voi. in-P) — Pavia, 1910.
Lovisato D. — Una parola sul Clypeaster Lovisatoi Cotteau e specie nuove
di Clypeaster ed Echinolampas (Palaeontographia Italica, Voi. XVI; 1 op.
in-P). — Pisa, 1910.
Meli E. — Escursioni geologiche eseguite con gli Allievi Ingegneri della R. Scuola
d’ Applicazione di Roma nell’anno scolastico 1909-1910 (1 op. in-S»). —
Roma, 1910.
Merciai G. — Mutamenti avvenuti nella configurazione del litorale tra Pisa
ed Orbetello dal Pliocene in poi (1 voi. in-P). — Pisa, 1910.
Moderni P. — Note preliminari sul pozzo artesiano perforato a Foggia per
cura del Ministero di agricoltura, industria e commercio (1 op. in-8o). —
Roma, 1910.
{Segue).
{Segnito: V. pagina precedente).
OsiMO Cre — Alcune nuove Stromatopore giuresi e cretacee della Sardegna e
dell’ Appennino (Eeale Accad. delle Scienze di Torino, Memorie, 2» Serie,
Tomo LXI; 1 op. in-4o). — Torino, 1910.
Pantanelli D. — Ricerche sul petrolio emiliano (1 op. in-4o). — Modena, 1910.
Pabona C. F. — A proposito dei caratteri micropaleontologici di alcuni cal-
cari mesozoici della Nurra in Sardegna (Atti della R. Accad. delle Scienze
di Torino, . Voi. LXVj 1 op. in-S®). — Torino, 1910.
Principi P. — Sulla presenza di cristalli di quarzo nei prodotti di disgrega-
zione dei tufi di Pomello, Perugia (1 op. in-8o). — Roma, 1910.
Idem. — Brachiopodi del Lias medio di Castel del Monte, Acquasparta (1 op.
in-8o). — Roma, 1910. i
Taramelli T. — Le condizioni geologiche delle Fonti termali di S. Pellegrino
(Giornale di Geologia Pratica; Anno VII, fase. IV; 1 op. in-8o). — Pe-
rugia, 1910.
Trottarelli G. e Verri A. — Le sorgenti di Pacce (1 op. in-8o) — Temi, 1909,
'v..
Prezzo del presente fascicolo: L. 2.
Anno XLI
1910. -
BOLLETTINO
DEL
«
R.* COMITATO GEOLOGICO
D’ITALIA
Volume Quarantunesimo
(1° della 5^ Serie)
N. 1 a 4
ROMA
STAB. TIP. DELLA SOCIETÀ EDITRICE LAZIALE
19 10
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