xo (0)e o 0.e v,° © vv love de aiperoresì na 01 ee vee dd 0 0 pale a'83 ee 7) 10 FIFA NTPETTA TI OTT EIOOO riapre dead) ri cl upon pp a RI N ITA er pat to ira tti rie bas idr se cla tdra res ale ICI fritti © a s;p 17 0,0 1,4 2/T.O 00 00 0-0 0 dle i enim alal 010 00 000 Gee eee rei T Sla, alaia ine miepestia die ratoioisio ie icioa cià 6010 io du ana dano nt dd Pa L'è Ca è, a j0i0fdle(0j0ja 0 j0je er, rl 0a 10) dela ]airto urdigealeta ast i ii lelvio è. den Lele i >", î a 2 - n N dn = Ur pa las A "| 4 TI a “ pol a * PE ria MESI tà à ve dl e. << Î - el Gi n 4 € svra AA + ari BOLLETTINO R. COMITATO GEOLOGICO D'ITALIA -- LR di 1916-1918 Depp ea XLVI È N va î 4 x i i Pi DE CIS n N RIT Fi PIRSTI bali bb al 1 ty) | ii sig VE a, A° sil tia ida È foi, 19164 1918 — - Volume XLVI 4 Dia! RIT, Ab E: uo ) BOLLETTINO R. COMITATO GROLOGICO D'ITALIA VOLUME QUARANTASEIESIMO (6° della V Serie) N1a4 i bi ROMA TIPOGRAFIA DITTA LUDOVICO CECCHINI 1918 è de i o -ASLA NS vw INDICE NOTE ORIGINALI, 4 — CASSRTTI M. — Cenni geologici su alcuni monti della Campania e della Ba- silicata (Campagna geologica 1914-1915) P . Ip — Struttura geologica di alcune regioni limitrofe della Capitanata e : dell’ Irpinia : ) o s , . CHECcCHIA-RISPOLI G. — L' Ebobni nei ; dintorni di Roseto Valfortore e con- siderazioni sulla sua fauna n IsseL A. — Bioliti e pisoliti . _ LotTI B. — Il gruppo montuoso del Monte Martano (Umbria) PARONA C. F. — Saggio bibliografico sulle RESSE con indici dei nomi di autore, di genere e di specie PRO E + MOT, < — SABATINI V. — Lo stato dell’attività vesuviana so finira dell anno 1916 | Im. — L'eruzione della maccaluba di Bassano in Teverina del maggio 1917 . | Tosò P, — Sulla Spinea dei giacimenti solfiferi di Sicilia, formulata da Walter 6°. Hm Fa —_ Necrologia: C. F. PARONA. — A ricordo di Francesco Bassani Calanchi nelle argille plioceniche del Fosso S. Patrizio presso Atri (Teramo) Elenco dei componenti il Comitato e l’' Ufficio geologico . Bibliografia geologica italiana per il 1914. ATTI UFFICIALI. LorTI B. — Relazione sui lavori di campagna e d ufficio SIA durante l’anno finanziario 1915-1916 e proposte di/quelli da eseguirsi nel © corso dell’anno 1916-1917 . Fascicoli 1 e 2-3. (Veggasi l'indice per autori in fine della. Bibliografia). | DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOLUME 46° Pag. ì» Nomine nel R. Comitato geologico. . . . . è la ULT XALI La Il eee CÀ TPE, ge re è) LA VR pa: co Sp ui r 2° È it loi i È de Atl: ua ISP SI CE SEN 3 i PIERRO e n > tipe Mi i ima SE ta ne e | "Ea gna SV SS i i CORE AE i SL: S10 «VOS Verbale delle adunanze del R. Comitato geologico, del 25 e 25 luglio 1916. i > Verbale delle adunanze del R. Comitato geologico, del 6 e 7 luglio 1917 . LoTTI B. — Relazione sui lavori di campagna e d'ufficio eseguiti nell'anno finanziario 1916-1917 e proposte per quelli da eseguirsi durante lo - stesso periodo 1917-1918 aa Fascicolo 1: Note originali Bibliografia Atti ufficiali Fascicolo 2-3: | Note originali Bibliografia Atti ufficiali Fascicolo 4: Note originali Atti ufficiali ’ INDICE DEI FASCICOLI. . 89204 45-12 XVII=XXX 297-353 I I d: b - XXXI>XLVII de AN Li è Forio V, Vol. VI. Anno 1916. 'Paneicolo E e———"—__—_—=—_=======—=—=—+;+-—+ + +/----““““"«-"“—-““«=<=<=<=%"%*<+#+ egli, e sull’età dei giacimenti nei quali hanno fatto la loro comparsa o nei TÉ SALO SA É 1 C. F. PARONA Li o - Po 7 a # dd Ln Ti , LU) Li x > e ” = PI p in base ai dati forniti dal notevole progresso fatto nella conoscenza | i delle rudiste, specialmente a merito di H. DOUVILLÉ, per ciò che ri. guarda i caratteri di organizzazione ed i rapporti di parentela è di 3 i successione. I rapporti stessi risulterebbero, è vero, più evidenti ove i fossero presentati in un albero o schema filogenetico ; ma, quando Di c anche si ammetta il carattere di provvisorietà da attribuirsi a questi SA tentativi di sintesi, soggetti a variare col progredire degli studi, la filoge- ia nesi delle rudiste espressa in un quadro genealogico potrebbe sembràre ; pi © È di avere la pretesa di una sicurezza nei riferimenti sistematici e cro- nologici, che troppo contrasterebbe colle incertezze e colle divergenze di vedute dei diversi autori nella valutazione dei rapporti di affinità quali essi si estinsero, generi e specie. Tuttavia questi elenchi di nomi di genere devono essere chiariti al fine di mettere in evidenza i dati fondamentali, da ritenersi acquisiti, | I sulla filogenia delle rudiste e sulla successione o contemporaneità dei diversi raggruppamenti e dei diversi generi a ciascuno di essi ascritti. La presenza e lo sviluppo delle rudiste sono più o meno diret- tamente connessi alle facies coralligena o di scogliera, che nel Giuras- sico superiore e nel Cretacico ebbe così grande sviluppo, tipico spe- cialmente nella facies urgoniana: quella facies di scogliera nella quale in tempi anteriori, e in particolare nel Triassico superiore e nel Lias- sico inferiore, le rudiste ebbero, può dirsi, come precursori i me- galodonti, fra i preeterodonti. i Troviamo nell’Oxfordiano superiore il ceppo di origine delle ru- diste: esso è dato dal genere Diceras, alla sua volta verisimilmente derivato, secondo DouvILLE, dal genere Pterocardium. Dal genere Di- ceras sono derivati diretti i Diceratidi coi generi successivamente comparsi; Hipelasma nel Kimmeridiano, Toucasia nel Barremiano, Late- si) ralmente si originarono dallo stesso ceppo dei Diceras i generi He- Matheronia — S Pseudotoucasia nell’Aptiano ed Apricardia. nel Cenomaniano. terodiceras nell’Astartiano, Monneria nel Kimmeridiano, nel Valanginiano, Requienia nel Barremiano e Bayleia nel Turoniano. i Nei Diceratidi si raccolgono forme fisse ora per la valva destra, ora — ; per la valva sinistra e colle valve a sviluppo spirale. } (O) SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE . Dal Valanginiano dominano le forme inverse, fisse per la valva _ destra e colle valve di forma frequentemente subconica, con preva- lente sviluppo della valva destra (inferiore) caliciforme: sono i Gyro- pleuridi e i Monopleuridi, che si innestano sul ramo Heterodiceras. Monneria e Valletia con Gyropleura e Bicornucopina ed il collaterale YU onopleura sono i generi originari delle due grandi branche di ru- — diste, che ebbero il sopravvento e grande diffusione durante il Cre- | tacico, dal Valanginiano al Daniano. Dei Gyropleuridi compaiono nel Barremiano i generi Ethra, — Pachytraga e Chaperia; nell’ Aptiano Praecaprina, Caprina, Offneria e Horiopleura; nel Cenomaniano-Turoniano i generi Sellaca, Caprotina, ___ Sphaerucaprina, Schiosia, Caprinula, Plagioptychus, quest’ultimo pas- sante al Senoniano coi generi Coralliochama e Sabinia. Dallo stesso Di RI . . . . — —ristici del Senoniano. ceppo dei gyropleuridi si ritengono derivati gli Ippuritidi, caratte- 6: Non meno importante per numero di generi e diffusione di specie E è la discendenza dei Monopleuridi. a Il genere Monopleura comparve nel Valanginiano e poco ona nel Barremiano il genere affine Agria, al quale si rapportano come È: a ceppo i Monopleuridi di derivazione diretta e i Radiolitidi costi- be. tuenti una diramazione laterale con forme di costituzione più com- | plessa, similmente a quanto può notarsi per gli ippuritidi, ultimo por- | tato dell’evoluzione dei gyropleuridi. Fra i Monopleuridi abbiamo il genere Polyconites comparso | nell’Aptiano, i generi Petalodontia, Himeraelites, Anodontopleura nel | Cenomaniano, Mitrocaprina nel Turoniano, Polyptychus e Rousselia nel Senoniano. Nei Radiolitidi si riconoscono due branche a sviluppo parallelo, sign propriamente detti e sauvagesidi, che fanno la loro prima Ò è’ comparsa alla fine dell’Aptiano. I radiolitidi si presentano col genere = oradiolites, che ha caratteri di stretta parentela con Agria. Il filo î quindi si scinde, derivandone: i generi Praeradiolites, Sphaerulites, 6 ol genere Ichthyosarcolites ancora mal conosciuto e di dubbio collo- | camento sistematico, nel Cenomaniano; i generi Radiolites, Biradio- 6 C. F. PARONA lites, Bournonia nel Turoniano; e nel Turoniano-Senoniano Distefa- nella, genere direttamente collegato per affinità a Eoradiolites, e Sar- latia, Joufia, Radiolitella collegantisi piuttosto al genere Radiolites. Meno complesso è il ramo delle sauvagesinae comparse, contempora= neamente al genere Eoradiolites, col genere Sauvagesia, cui seguirono i generi Durania nel Turoniano e Lapeirousia nel Senoniano. In questa enumerazione di generi ho ricordato e considerato sol- tanto quelli che ritengo resistenti nella selezione operata dalla critica; ma non attribuisco a tutti questi generi lo stesso significato e va- lore stratigrafico-cronologico; ;nel senso che ‘parecchi, fpiuttosto che veri generi, sono da considerare quali sottogeneri e complessi di forme di passaggio nel processo evolutivo, o di forme aberranti e regressive, come ne hanno l'impronta parecchie di quelle comparse sul finire del periodo cretacico, mentre si andavano preparando e agivano le cause della brusca scomparsa della fauna a rudiste, così singolare e caratteristica, quando essa toccava l’apogeo nello sviluppo delle forme, nel numero e nella statura. La progredita conoscenza delle successive faune e gli studi compa- rativi, mentre ci informano sullo sviluppo evolutivo nel limitato ciclo di esistenza delle rudiste, hanno inoltre per risultato di presentare dati attendibili sulla loro distribuzione geografica. Ed anche in questo campo spetta a H. DouvILLE il merito di avere coordinato i dati rela- tivi e di avere tracciato i limiti del « mare a rudiste », del vasto Mediterraneo da lui distinto col nome di« Mésogée », e di avere messo in luce l’associazione delle faune a rudiste con ‘faune a corallari e con grandi foraminiferi (Orbitotina, Orbitolites, Loftusia, Alveoslina, Orbitoides, Omphalocyelus ecc.) di clima caldo, tropicale, in marcata opposizione colle faune a Belemmitella dei mari settentrionali. Dagli studi diretti a precisare la data della comparsa e scomparsa dei generi e delle specie, per valutarne l’importanza relativa nei riferi- menti cronologici dei depositi a rudiste, si ottennero pure dei risultati 3 notevoli: ma per verità devesi riconoscere che sono tuttora in molti casi incerti i proposti sincronismi dei depositi stessi colle zone e cogli orizzonti caratterizzati dalle ammoniti, vale a dire dai documenti più accreditati per la determinazione cronologica dei terreni mesozoici. a È Foa + à A Voda »$ È SET dt E te Sa PI Ia La ppt A ci ii n e Li sent FA" ì Ae Mi. UN LI = >; % » ra” i uo a-È - AZZ I Zi) enni ° h Pg ST. SEI î, AEREE n fi a » : sU ta dr,» + ea agent SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE i 7 I. — Elenco in ordine cronologico delle pubblicazioni riferentisi alle Rudiste © — 1672. FERRANTE ImpPERATO. — Historia Naturale. — Venetia (Sec. impr.). POR Combi e La Noù (4°), pag. 582, con fig. 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Bayle E.18 55, 1856, 1857, 1873, 1878 | Cornalia E." 1851 Bernard F. 1895, 1897 | Cornet 1866 Binkhorst v. d. Binkhorst J. 1859 | Costa O. G. 1846, 1853, 1864, 1866 Blanckenhorn M. © 1890 | Cragin F. W. 1892-93 Blayac J. 1900 | Cuvier G. 1817 Blumenbach 1798 Boehm G. 1881, 1882, 1883, 1885, | Dacqué E. 1903 1887, 1891, 1892, 1893, 1894, | Dainelli G. 1901, 1907 1896, 1897, 1898, 1899, 1902 - Bose E. 1906 _ Bose L. 1803 — Bowé 1832-33 Briart 1866 Broderip 1839 Bronn H. G. 1824, 1831, 1832, 1848, 1851-56. Bruguière 1792 Buch v. L. 1828, 1840 Campiche G. 1868-1871 Canavari M. 1881 Capellini G. 1869 Carex L. 1894, 1903 Catullo T. A. 1827, 1832-38, 1842, 1844, 1845. Chaper M. 1873 Chenu»: J. G. 1862 D’Archiac A. 1835 (1837), 1851-53 Da Rio N. 1843-44 De Alessandri G. 1899 De Blainville H. 1825, 1827 De Cisneros D. J. 1910 De Ferussac 1822 Defrance 1816-30, 1824 De Franchis 1903 De Geer G. 1887 De Gregorio A. 1882 De Grossouvre A. 1889, 1892, 1894, 1896, 1901, 1903. Delamétherie J. C. 1805 De Lapparent 1886-88 De Lorière G. 1868 De Loriol P. 1866, 1868, 1872, 1888, 1891, 1893, 1895. . 1877-78 1884 De Guerne De Lacvivier 42 C. F. PARONA Deluc G. A. 1801, 1803, 1804 Deninger K. 1907 Denys de Montfort 1808 De Ryckholt P. 1847, 1853 De Saussure H. B. 1803 De Sauvages 1746 Deshayes G. P. 1805, 1824-29, 1825, 1828, 1830, 1830-32, 1838, 1849, 1839, 1853, 1855. Desmarest A. G. 1812, 1817, 1827 Des Moulins €. 1826 De Verneuil E. 1860, 1868 D’Hombre Firmas 1838, 1839, 1839-40, 1840. Di Stefano G. 1888, 1898, 1901 Dixon F. 1850 Dollo L. 1883 D’Orbigny C. 1822, 1823 D°’ Orbigny A. 1840, 1842, 1845, 1845-47, 1847, 1849, 1850, 1851. Douvillé H. 1886, 1887, 1888, 1889, 1890, 1891, 1892, 1893, 1896, 1891-97, 1889-98-99, 1898, 1900, 1901, 1902, 1904, 1908, 1909, 1910, 1911, 1912, 1913, 1914, 1915. Dubbers 1888 Dufrénoy 1838 Dujardin F. 1835 Duncan M. 1865, 1869 Eiehwald E. 1829, 1840, 1865 Eschwege G. B. d’ 1831, 1832 Etallon 1859, 1859-63 Ewald J. W. 1847, 1848, 1849, 1851, 1852, 1856, 1872, 1878. Favanne Favre A. 1780 1843 Felix J. 1890-91, 1905, 1908, 1910 Fischer de Waldheim G. 1834 Fischer P. 1866-69, 1887 Fitton 1836 Fortis A. 1771, 1774, 1802 Fourtau . 1903, 1904 Fraas 0. 1867, 1878 Franke F. 1911 Fric A. (Fritsch) 1869, 1909 Fritel P. H. 1901 Futterer K. 1892, 1893, 1896 Gabb W. M. 1862, 1869 Geinitz H. B. 1839-42, 1849-50, 1872-75. Gemmellaro C. 1845, 1846, 1848 Gemmellaro 6. 6. 1868-76, 1875. 1860, 1865, Giebel E. G. 1852 Giebel C. 1866 Gilles de la Tourette 1844 Gioli G. 1889 Goldfuss A. — 1834-40, 1840 Grabau A. W. 1909 Gras A. 1852 Gras S. 1840. Gray 1848 Griepenkeri 1889 Gimbel K. W. v. 1861, 1888 Guiscardi G. 1862, 1864 Hall J. 1855 Hamlin €. E. 1884 Hauer F. v. 1847 Hébert 1867, 1872 Heilprin A. 1890 Heyden v. 1853 Hilber V. 1901, 1903 tour Bb; 1893, 1898, 1901 Hoernes R. 1882 Hofmann K. 1913 Holzapfel E. Hupsch V. Karakasch N. I. Keferstein €. Kilian W. Klingardt F. Kner R. Knorr G. W. Krejci J. Ktenas Kurz V. Imperato Ferrante Lajard Lamarck J. 1801, 1835-45. Landerer J. Lanza F. Laube G. C. Léenhardt Leymerie A. Logan W. N. Longhi P. Lory Lundgreen B. Lydekker R. Lyell C. Mallada L. Mantel G. Mantovani P. Marinelli 0. Martin K. Matheron Ph. Meek F. B. Meli R. Meneghini G. Menke C. Th. (E. SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 1889 1840 1907 1828 1897 1912 1852 1755-1769 1869 1907 1877 1672 1824 1805, 1815-22, 1874 1856, 1860 1868, 1884, 1885 1881 1877 1898 1900, 1903 1881 1870 1889 1836 1888 1833 1875 1902 1888 1839, 1842, 1878-80 1855, 1876 1901, 1908 1855, 1857, 1868 43 Menzel 1904 Mercatus M. 1719 Michelin 1840, 1842 Morris J. 1843 Muller G. 1890 Miller J. 1859 Munier-Chalmas 1867, 1869, 1873, 1882, 1888, 1890, 1895. Negrel 1824 Nicholson H. A. 1889 Noetling F., 1886, 1902 Ooster 1869 Oppenheim P. 1889, 1892, 1906 Otto E. 1856 Paquier V. 1895, 1897, 1899, 1900, 1901, 1903-05, 1908. Parkinson J. 1808-11, 1814 Parona C. F. 1897, 1899, 1900, 1904, 1905, 1906, 1907, 1908, 1909, 1911, 1912, 1914, 1916. Pellat E. 1906 Peron A. 1877, 1885, 1889-93. Pervinquiére L. 1912 Peters K. F. 1867 Pethò J. 1882, 1903, 1905-06 Philippi R. A. ‘* 1853 Picot de Lapeirouse 1781 Pictet F. J. 1852, 1853-55, 1868-71 Pilla L. 1845, 1846 Pillet L. 1875 Pirona G. A. 1867, 1868, 1869, 1875, 1878, 1880, 1886, 1887. Pocta F. 1888, 1889 Ponsi G. 1866 Prevost C. 1844 Pruvost P. 1913 44 Quenstedt F. A. 1867 Ramirez S. 1880 Ravn. J. P. J. 1902 Redlich K. A. 1899, 1900, 1901 Renevier 1881 Repelin M. 1898 Requien 1843 Reuss A. E. 1840-44, 1846, 1853, 1854 Roemer F. A. 1841, 1849, 1852, 1864-66, 1870, 1888. Rogala W. 1911 Rolland du Roquan 0. 1841 Rolland G. 1881 _ Romanowski G. 1884 Rothpletz A. 1893 Roulland F. 1829, 1830 Roussel J. 1892, 1893 Roux W. 1852 Saemann L. 1849 Schafhaeutl 1863 Schmidt 0. 1890 Schmidt W. 1908 Schnarrenberger C. 1901 Schubert R. J. 1912 Scupin Hans 1912-13 Seguenza G. 1882 Seunes J. : 1888, 1890 Sharpe D. 1850 Shimer H. W. 1909 Snethlage E. 1905 Sohle U. 1900 Sowerby de Carle J. 1835 Sowerby G. B. 1842 Spada 1744 Stache G. 1864, 1889 Statuti A. 187 Stearns R. E. C. 1900 Steenstrup J. 1848, 1850 C. F. PARONA Steinmann G. 1907, 1908 Stoliezka F. 1871 Stoppani A. 1857 Strombeck A. v. 1863 Studer B. 1834 Teller F. 1877, 1882 Thomson W. 1801, 1802 Thurmann J. 1851, 1852, 1859 Toucas A. 1891, 1892, 1896, 1898, 1901, 1902, 1903, 1904, 1905, 1906, 1908, 1910. Toula F. ‘ 1878, 1889, 1904 Toulouzan 1824 Trautschold H. 1858 Triger 1860 Tuomey M. 1854 Urquiza 1882 Vacek M. Vadasz E. M. Vandelli A. A. Vankov L. Vasseur G. Vidal L. M. 1874, 1877 Villa A. e G. B. 1844, 1863, 1878 Virlet 1833 Vredenburg E. W. 1909 Waugan T. W. 1898 Wegner T. 1905 Whitfield R. P. 1897 White C. A. 1884, 1885 Wolf H. 1865 Wollemann 1902 Woodward S. P. 1854-55, 1862 Zekeli F. 1854 Zittel K. A. 1866, 1888, 1883, 1903 Zlatarski G. N. 1886, 1901 li CEST AAT ep RE PeR cul i a ber i, do * >» ill Pd dA del ni ee. ei ul E (AA de lu SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 45 III. — Indice dei nomi di genere Acardo, Brug. 1792, Bose 1803, Feruss. 1822 (Zadiolites), Eichw. 1829, Desh. 1830-32 (Sphaerulites). Agria, Math. 1878, Fisch. 1887, Pellat 1906, Touc. 1906, 1907-09, Douv. 1911, 1913. Anodontopleura, Felix 1890-91, Douv. 1900. Apricardia, Guér. 1853, Fisch. 1887, Douv. 1887. Arcinella, Teller 1882. Arnaudia, Bayl. 1887, Fisch. 1887. (Hippur. Arnaudì sec. Douv.). Barrettia, Woodw. 1862, Fisch, 1887. Batolites, D. de Montf. 1808, Feruss. 1822, Fisch. 1887. Bayleia, Mun.-Ch. 1873, Fisch. 1887, Douv. 1887, 1911. Bicornucopina, Hofm. 1913. Bihippurites, Futter. 1896, Boehm 1896. Biradiolites, d’ Orb. 1847, 1850, Ewald 1852, Gabb 1862, Fisch. 1887, Douv. 1902, 1910, Toucas 1903, 1907-1909, Douv. 1913. irostrites, Lamck. 1819, Feruss. 1822, Bronn 1824, 1848, Blainv. 1825, —Lamck. 1836-45, G. B. Sow. 1842, Fisch. 1887 (radiolitidi). Bournonia, Fisch. 1887, Douv. 1902, 1910, 1913, Toucas 1907. Campilocerati, Fortis 1774. Caprina, C. D’Orb. 1822, Desh. 1838, D’Orb. 1847, Bronn1848, D’Orb. 1849, 1850, Gabb 1862, G. G. Gemm. 1865, R. Hoernes 1882, Teller 1882, Boehm 1882, 1884, 1894, Fischer 1887, Douv. 1887, 1888, Paquier 1901. Caprinella, d’Orb. 1847, 1850, Gabb 1862, Gemm. 1865, Fischer 1887. Caprinula, d’Orb. 1847, 1850, Sharpe 1850, Gabb 1862, Douv. 1887, 1888. Caprotina, d’Orb. 1839, 1847, 1849, 1850, Bronn 1848, Gemm. 1865, Teller 1882, Fischer 1847, Douv. 1887, Di Stefano 1888. Caprotinella, d’Orb. (== Requienia Math.) 1847-49, Douv. 1911. Chama, Lamck. 1835, Teller 1882, Dollo (Chamidae) 1883, Douv. 1886, Douv. 1915. | Chaperia, Mun.-Chal. 1873, 1882, Fischer 1887. Conia, Lyell 1836 (Sauvagesia). i Coralliochama, White 1885, Fischer 1887, Douv. 1888, Boehm 1892, Bòse 1906. Cornucaprina, Futterer 1892, Boehm 1893, 1894. Cryptaulia, Pocta 1889. 46 i C. F. PARONA Diceras, Lamck. 1805, 1835-45, Desh. 1830-32, 1838, Fisch. d. W. 1834, Res fren. 1838, Bronn 1848, Gabb 1862, R. Hoern. 1882, Mun. Ch. 18! Teller 1882, Boehm 1882, 1887, Douv. 1886, Fisch. 1887. at È Dipilidia, Math. 1842, d’Orb. 1847 (Caprotina, Requienia), Bronn 1848, Gabb 1862, Fisch. 1887, Douv. 1887 (Radiolites). Distefanella, Par. 1900, 1911, Douvillé 1913. Durania, Douv. 1910. Eoradiolites, Douv. 1909, 1910, 1913. Ethra, Math. 1878, Fisch. 1887. Gemmellaria, Mun.-Ch. 1873, Fischer 1887. Gyropleura, Douv. 1877, Ravn 1902. Heterocaprina, Mun.-Chal. 1873, Fisch. 1887, Douv. 1887 (v. Polyconites). Heterodiceras, Mun.-Chal. 1869, 1882, Douv. 1886, Fisch. 1887. | Himeraelites, Di Stef. 1888, Douv. 1900. Hippuritella, Douv. 1908, 1910. Dice Lamek. 1801, 1836-45, 1845, Bosc 1803, Cuvier 1817, Desh. 1824-29, 1825, Bronn 1824, 1831, 1848, Blainv. 1825, v. Buch 1828, Roul- land 1830, Eschwege 1831, Vandelli 1831, Goldf. 1834-40, Fisch. d. W. 1834, v. Buch 1840, Sow. 1842, Math. 1842, Costa 1846, D’Orb. 1847, 1850, Bayle 1855, Gabb 1862, Ewald 1878, Fisch. 1887, Mun.- Chal. 1890, Vasseur 1894, Douv. 1891-97, 1910, Toucas 1891-1910. Horiopleura, Paquier 1895. Hypelasma, Paquier 1897. Ichthyosarcolites, Desm. 1817, Desh. 1825, 1830-32, Roull. 1830, Fisch. d. W. 1834, Gill. d. 1. Tour. 1844, d’Orb. 1847, Gabb 1862, Fisch. 1887, Douv. 1887, Seun. 1890. Jodamia, Defr. 1816-30, De Blainv. 1827, Desh. 1826, 1830-32, Fisch. d. W. 1834, Sow. 1842, Bronn 1848, Gabb 1862, Fischer 1887 (radiolitide). Joufia, Boehm 1897, 1898, Snethl. 1905. Lapeirousia, Bayle 1878, Fischer 1887, Douv. 1886, 1911, 1915. Matheronia, Mun.-Ch.1873, 1882, Fisch. 1887, Douv.1887, 1914, Paquier 1903. Mitrocaprina, Boehm 1894. Monopleura, Math. 1842, d’Orb. 1847, Gabb. 1862, Mun.-Ch. 1882, Douv. 1886, 1887, Fisch. 1887, Di Stef. 1888. Mouretia, Douv. 1902 (— Sarlatia Douv. 1910). Monmieria, Paquier 1897. Offneria, Paquier 1905. Orbignya, Wood. 1862, Fisch. 1887, Douv. 1891-97, 1910, Toucas 1903. Orthoceratites, Pic. de Lap. 1781 (Hippurites). Orthoptychus, Futter. 1892, Boehm 1894. LO frate SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 47 Osteocollus, Mercati 1719. “ | Ostracites, Pic. de Lap. 1781 (Radiolites). — Pachytraga, Paquier 1900, 1905. Petalodontia, Pocta 1889, Douv. 1900. Pileochama, Par. 1900. | Pironaea, Mgh. 1868, Fisch. 1887, Douv. 1894, Toucas 1903. Plagioptychus, Math. 1842, Gabb 1862, Ewald 1872, Fisch. 1887, Douv. 1887, 1888, Boehm 1894. Plesiodiceras, Mun.-Ch. 1882, Fisch. 1887. Polyconites, Roull. 1830, Fisch. 1887, Douv. 1887, Paquier 1895, Di Stef. 1898. Polyptychus, Douv. 1904. Praeradiolites, Douv. 1902, Toucas 1907-09, Douy. 1911. Pseudodiceras, Gemm. 1881, Mun.-Ch. 1882, Fisch. 1887. Pseudotoucasia, Douv. 1911. Fadiolitella, Douv. 1904, 1910. Radiolites, Lmek. 1801, 1836, Bose 1803, Bronn 1824, 1848, Blainv. 1825, Desh. 1825, 1828, 1880-32, 1839-53, Sow. 1842, Math. 1842, Fisch. d. W. 1843, d’Orb. 1847, 1850, Zek. 1854, Gabb 1862, Fisch. 1887, Douv. 1902, 1908, 1911, Toucas 1905, 1907-09. Requienia, Math. 1842, Bronn 1848, d’Orb. 1847, 1850, Gabb 1862, Mun.-Ch, 1869, Fisch. 1887, Douv. 1887, Paquier 1903, Douv. 1914. Rousselia, Douv. 1898. Sabinia, Par. 1908. Sarlatia, Douv. 1910. Sauwvagesia, Bayle 1886, Douv. 1902, 1910, Toucas 1907-09. Schiosia, Boehm 1892, 1894, Douv. 1900, Par. 1908. Sellaca, Di Stef. 1888, Paquier 1905. Simacia, Pocta 1889. Sphaerucaprina, Gemm. 1865, Fisch. 1887, Boehm 1892, 1894, Par. 1908, Douv. 1910. Sphaerulîites, Delam. 1805, Blainv. 1825, Desh. 1829, 1830-32, Roull. 1830, Lmek. 1836-45, Fisch. d. W. 1843, Bronn 1848, d’Orb. 1847, Gabb 1862, Pethò 1882, Fisch. 1887, Di Stef. 1898, Douv. 1902, 1910, Toucas 1907-1909. Stelechites, Mercati 1719. Stenopleura, Pocta 1889. Synodontites, Pirona 1867, Fischer 1887, Toucas 1909 (= Biradiolites). Toucasia, Mun.-+Ch. 1873, Fisch. 1887, Douv. 1887, 1914, Paquier 1903. Vaccinites, Fisch. 1887, Douv. 1891-97, Touc. 1903. Valletia, Mun.-Ch. 1873, 1882, Fisch. 1887, Douv. 1887, Paquier 1901. Ca F. PARONA IV. — Indice dei nomi di specie . Acardo lithuanus Eichw. 1829, Bronn 1848. Agria abbreviata Math. 1878-80 (A. Blumenbachi in Touc. 1907, A. marticen- — sîs Douv. 1913). Blumenbachi (Stud.) 1834, Toucas 1907-09. Boehmi Par. 1908. carinata Math. 1878 (A. Blumenbachi in Toucas 1907, marticensis Douv. 1913). Choffati Touc. 1907-09. Davidsoni (Hill) 1893, Douv. 1900, 1902, Touc.i1907-09 (v. Eoradiolites). excavata (d°Orb.) 1847, Touc. 1907-09, Douv. 1912 (Bournonia). fascicularis (Pir.) 1869, Touc. 1907-09. Favrei Math. 1878-80 (A. Blumenbachi in Touc. 1907). Fumanyae (Vidal) 1878, Touc.' 1907-09. gardonica Touc. 1907-09. Grossouvrei Toue. 1907-09. irregularis (d’Orb.), 1847, Touc. 1909. marticensis d’Orb. 1847, Math. 1878-80 (A. Blumenbachi in Toue. 1907, Douv. 1910, 1913). i Moroi (Vidal) 1878, Touc. 1907-09. multicarinata Math. 1878-80. i mutans Math. 1878-80 (A. Blumenbachi in Touc. 1907, marticensis Douv. 1913). neocomiensis (d’Orb.) 1847, Touc. 1907 (in sinon. Agria Blumenbachi). Osensis (Vidal) 1878, Touc. 1907-09. proacezcavata Toue. 1907-09. pulchella Math. 1878-80 (A. Blumenbachi in Touc. 1907, marticensis Douv. 1913). i | Rousseli Touc. 1907 (v. Sphaerulites). salignacensis (Bayle) 1877, Touc. 1907-09. semicostata Math. 1878-80. — suecica (Lundgr.) 1870, Touc. 1907. tetragona Math. 1878-80(A. Blumenbachi in Touc. 1907). triangularis (d’Orb.) 1847, Douv. 1902, Touc. 1907-09 (Praerad. Douv.)i i Amnodontopleura speciosa Felix 1890-91, Douv. 1900. ui bit : into sit i ie n ni We» sata e TP — SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 49 Apricardia Archiaci Douv. 1887, 1914. — carantonensis (d’ Orb.) 1847, Douv. 1887, Par. 1900, Dain. 1901, De Franch. 1903 — carinata Guér. 1853, 1867, Douv. 1887. — Douvillei Thom. et Per. 1889-93. — laevigata (d’Orb.) 1847, Dain. 1901. — Noetlingi (Blanck.) 1890, Par. 1909. — Pironai Boehm 1892, 1894, Futter. 1892, Oppenh. 1906. — tenuistriata Futter. 1896, Par. 1911. Barrettia monilifera Woodw. 1862, Whitf. 1897, Douv. 1891-97, 1898. — multilirata Whitf. 1897, Douv. 1898. — sparcilirata Whift. 1897, Douv. 1898. Batolites organisans Den. d. Mont. 1808, d’Orb. 1847, Douv. 1891-97. — tirolicus Douv. 1891-97. Bayleia Pouechi Mun.-Chal. 1873, 1878, 1882, Douv. 1887-1911. — subaequalis (d’Orb.) 1842, Douv. 1911. Bicornucopina Petersi Hofm. 1913. Bihippurites plicatus Futter. 1896. Biradiolites acuticostatus (d’Orb.) Touc. 1909. — affilanensis Par. 1908 (v. Durania). — Aguilerae Bose 1906. — amngulosus d’Orb. 1847, Touc. 1909, Scubert 1912. _ — amgulosissimus Touc. 1909. — apulus Par. 1900 (v. Durania). — Arnaudi Choff. 1886-902, Touc.1909(Sawvagesia), Douv. 1910 (Durania), Parona 1911, Douv. 1912, Pruvost 1913. — aquitanicus Touc. 1909. — austinentis (Roem.) 1852, Douv. 1904 (v. Durania). — Baylei Touc. 1909. — beaussetensis Touc. 1909. — camaliculatus d’ Orb. 1847, Wood. 1855, Toue. 1909, Douv. 1913. — Carezi Touc, 1909. — Cardenasensis Bose 1906. — Chaperi Bayle, Touc. 1909. — Coquandi Touc. 1909. — cornu-pastoris d’Orb. 1847, Bronn 1851-56, Choff. 1886-902, Douv. 1886, 1891, 1904, Par. 1900, 1908, Touc. 1909 (Sauvagesia), Parona 1911 (Durania). — Daîinellii Par. 1911. — depressus Touc. 1909. 4 C. F. PARONA | | Biradiolites fasciger Scupin 1912-13. — — fissicostatus d’Orb. 1847, Toue. 1909. Futtereri Par. 1908 (v. Durania). Heberti Touc. 1909. hellenicus Mun.-Ch. 1888, Touc. 1909. hercinius Ewald 1856. sbericus (Vidal) 1878, Touce. 1909. ingens (Des M.) 1826, Touc. 1909. irregularis Douv. 1911. Lacvivieri Touc. 1909. Lameracensis Touc. 1909. Leychertensis Touc. 1909. lumbricalis (d’Orb.) 1847, Douv. 1904, 1911, 1912, Touc. 1909, Perving. 1912, Douv. 1913. Mauldei (Coq.) 1859, 1860, Touc. 1909. Moroni Douv. 1911. Muschketoffi (Noetling) 1907, Douv. 1914. Orbignyi Touc. 1909. persicus Douv. 1904, Toue. 1909. Potosianus Bose 1906. — praefissicostatus Touc. 1909. € pn praeingens Touc. 1909, Douv. 1914. quadratus d°Orb. 1847, Touc. 1909. Rozowii (Fisch.) Ewald 1865 (= Cibicides Rozowii). royanas (d’Orb.) 1847, Touc. 1909. runaensis Choff. 1886-902, Douv. 1904 (v. Durania). sammiticus Par. 1900 (v. Durania). sciosensis Touc. 1909. siracensis Touc. 1909. Stoppanii (Pir.) 1869, Touc. 1909. ? Zignoana Pir. 1869, Pocta 1889. Zumoffeni Douv. 1911. Birostrites inaequiloba Lmek. 1819, d’Orb. 1847 [v. Praer. Hoeninghausi (Des M.)}. Bournonia africana Douv. 1911. Bournoni (Des M.) 1826, Par. 1900, 1911, Douv. 1913. ercavata (d’Orb.) 1847 Douv. (var. roachensis) 1912, Par. 1911-1912. Fourtaui Douv. 1911-1912. Lecocqui Pervinquiére 1912. SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE OL Caprina adversa C. d’Orb. 1822, 1823, d’Orb. 1840, 1847, Bronn 1851-56, | Douv. 1887, 1888, Boehm 1898, 1899. s — affimis C. d’Orb. 1822. È — Aguilloni d'Orb. 1840, 1847, Wood. 1855, Gemm. 1865, Zitt. 1866 (v. Plagioptychus). — Baylei Coq. 1865 (v. Horiopleura). — Bellardiana Gemm. 1860 (Radiol. acuticostatus. d’Orb., Gemm. 1865). — bipartita C. d’Orb. 1823, d’Orb. 1847 (= C. adversa seo. d’Orb.). — Boissyi d’Orb. 1840. | ._—— Choffati Douv. 1898. _— Coquandiana d’ Orb. 1847. — communis Gemm. 1865 (ved. Gemmellaria M. Ch.). — crassifibra Roem. 1849, 1852. — costata d°Orb. 1840. — Doderleini Gemm. 1865. È — Douvillei Paquier 1905. — erigua Reuss 1853. — exogyra Reuss 1853. È: — Guadalupae Roem. 1849, 1852. | — gigantea Whitf. 1897. — Hauerì Tell. 1887. — incerta Pocta 1889. | — jamaicensis Whitf. 1897, Douv. 1898. | —— laminea Geinitz, Reuss 1846, Wolf 1865, Laube 1868, Pocta 1889. — Michelini Math. 1842, d’Orb. 1847 (Requienia sec. d’Orb.). — Matheroni Coq. 1862. — occidentalis Conrad 1855, 1857, Whitf. 1897 (ved. carati). — Partschi Hauer 1847, d’Orb. 1847 (C. Aguilloni sec. d’Orb.), Quenst. 1867. Ò — planata Conrad 1855. i quadrangularis Whitf. 1897. Ro — quadrata Conrad 1855. È _— quadriloculata d’Orb. 1840. — ramosa Boehm 1898, 1899 (v. Schiosia). _— fussiensis d’Orb. 1845 (v. Gyropleura). | — schiosensis Boehm 1892, 1894, Futter. 1896, Longhi 1900, Par. 1908. _— semistriata d’Orb. 1840, Bronn 1851-1856. — striata d'Orb. 1840, Pocta 1889. . —4* texana Roem. 1849, 1852. — Vernevilli Bayle 1860, Coq. 1865 (v. Polyoonites). % è A FP. . , ” 3 mia RT e i SR, PI, #0. O En RT PR PR PM RI C. F. PARONA Caprinella Baylei Gemm. 1865. — bicarinata Gemm. 1865 (v. Ichthyosarcolites). — coralloidea J. Hall 1855. —— € = caput-equì Gemm. 1865. depressa Corn. e Chiozza 1851. Dublieri d’Orb. 1847. gigantea Gemm. 1865. occidentalis Whitfield 1897, Douv. 1898. quadrangularis Whitfield 1897, Douv. 1898. Sharpei Gemm. 1865. triangularis (Desmarets) 1817, d’Orb. 1847 (v. Ichthyosaroolites). Cipro anguis (Roem.) 1888, Douv. 1900. —— Boiîssyi d’Orb. 1847, Sharpe 1850, Bronn 1851-56, Woodw. 1855, Douv. 1888, Redlich 1901. brevis Sharpe 1850. ? cedrorum (Blanck.) 1890, Douv. 1910. Distefanoi Boehm 1897, Redlich 1901. d’Orbignyi Sharpe 1850. Doublieri (d’Orb.) 1847, Sharpe 1850, Douv. 1888. gigantea Whitfield 1897, Douv. 1898. incerta Leym. 1881, Douv. 1904. Lacvivieri Mun.-Chal. 1888. neapolitana Mgh. 1855. olisiponensis Choff., Douv. 1888. Sharpei Choff., Douv. 1888, Par. 1906. Caprotina aculeata Poeta 1889. —_& —_— € ——- ? acuminata Pocta 1889. ammonia d’Orb. 1847, Quenst. 1867 (v. Requienta). aprutina Par. 1909. Archiaciana d’Orb. 1847 (v. Requienia). carinata d° Orb. 1847 (v. Requienia). caucasica Eichw. 1865. caudiculata Pocta 1889. cenomanensis d’Orb. 1847, Stoliez. (v. Gyropleura) 1871, Sohle 1900. contorta Pocta 1889. | costata d’Orb. 1847, Douv. 1886 (v. Chaperia). costellata J. MU .1859 (v. Gyropleura). deformis Pocta 1889. Delarueana d’Orb. 1847 (v. Gyropleura). SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 53 Caprotina Distefanoi Par. 1909. — Grasiana G. De Mort. 1856 (ved. Matheronia Munieri Paquier 1903). — gryphoîdes d’ Orb. 1847, Paquier 1903 (part. in sin. Matheronia gryphoides). — hirudo (Pir.) 1887, Boehm 1894. — imbricata d’Orb. 1847 (v. Monopleura imbricata Math.). — laevigata d’Orb. 1847, Sohle 1900 (v. Fequienia). — lamellosa d’Orb. ? 1847 (Requienia) (ved. Matheronia Munieri Paquier 1903). — Lazichowii Eichw. 1865. — IDonsdalii Sow. 1835, d’Orb. 1847 (v. Requienia, v. Toucasia transversa). — navîs d’Orb. 1847 (v. Gyropleura). — Planensis Geinitz 1872-75. — pleuroidea Pocta 1889. — perplera Pocta 1889. — quadripartita d’Orb. 1847, Wood. 1855, Douv. 1886, 1887. — Roemeri Gabb 1861, 1862. — Roemeri Gemm. 1865, Di Stef. 1888, Par. 1909. — rugosa d’Orb. 1847 (v. Requienia). — russiensis Eichw. 1865 (v. Gyropleura). — semistriata d’Orb. 1847, Geinitz 1872-75, Pocta 1889, Sohle 1900. — Senseni (Conr.) Gabb 1862. — sinuata Pocta 1889. — sodalis Pocta 1889. — stimulus Pocta 1889. — striata d’Orb. 1847, Douv. 1886, 1889, Di Stef. 1888. — strix Di Stef. 1888, Par. 1899, 1909. — subaequalis d’Orb. 1847 (v. Requienia). — sulcata d’Orb. 1847 (v. Monopleura sulcata Math.). — texana Roem. 1852. — toucasiana d’ Orb. 1847 (v. Requienia). — trilobata d’Orb. 1847 (v. Monopleura trilobata Math.). — umbonata Pocta 1889. — wnisulcata (Math.) 1842, d’Orb. 1847, Douv. 1887 (v. Radiolites). — vadosa Pocta 1889. — varians d’Orb. 1847 (v. Requienia). — Virginiae A. Gras 1852, Mun.-Chalm. 1873, Paquier 1903 (v. Matheronia). Ohama ammonia Goldf. 1834-40, Requien 1843, d’Orb. 1847 (v. Requienia). — bicornis Brug. 1792 (Diceras). — bifrons Griepenkeri 1889, Wegner 1905. ra to 54 C. F. PARONA Chama callosa Noetl. 1902. — Coquandi Vidal 1877. — cornucopiae d’Orb. (v. Gyropleura). — costata Roem. 1841, Wegner 1905. — deplanata Stoliezka 1871. — forojuliensis Pir. 1869. — Gasoli Vidal 1877. — gracilicornis Pict. et Camp. 1868-71. — Moritzi Strombek 1863, Griepenkeri 1889 [= Gyropleura Cipliana (de Ryckh.)). | — multicostata Wegner 1905. — Miùiinsterìi Goldf. 1834-40, Quenst. 1867. — pulcra Ravn 1902. — — semiplana Roem. 1841. — spondyloides Bayle 1856 (v. Monopleura). — suborbiculata C. d’Orb. 1822. — Torbòki Petho 1905-06. — triedra Pict. et Camp. 1868-71. Chaperia costata (d’Orb.) Mun.-Chal. 1873, 1882, Douv. 1886. Coralliochama Bayani Douv. 1888, Boehm 1884 (v. Mitrocaprina). — Bòohmi Béòse 1906. — Orcutti White 1885, Boehm 1892, Douv. 1888, Stearns 1900. Cornucaprina carinata (Boehm) Futter. 1892 (= Caprina carinata). Cryptaulia paradoza Pocta 1889. — perlonga Pocta 1889. — triangulum Pocta 1889. Dentalium Blumenbachi 1798 (ved. Agria Blumenbachi). Diceras acutum Boehm 1883. — affine Gemm. 1868-76. — angulatum Bayle 1873, Mun.-Ch. 1882. — arietina Lmek. 1805, Bronn 1824, Goldf. 1834-40, Hupsch 1840, Favre 1843, Desh. 1850, Bayle 1873, Thurmann 1852, 1859-63, Woodw. 1855, Quenst. 1867, Bayle 1878, Pirona 1878, De Lapparent 1886-88, De Lor. 1891. — bavaricum Zitt., Boehm 1881, Mun.-Chal. 1882. — Bernardina d’Orb. 1850 (v. Plesiodiceras). — Beyrichi Boehm 1883, De Lor. 1888. — Bourgeats De Loriol 1888. — bubalinum Peters 1867. * SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE DO Diceras Buvigneri Bayle 1873, Mun.-Chal. 1882. — carinatum Gemm. 1868-76. — Chantrei Mun.-Ch. 1882. — Cornappi Marinelli, 1902. — Cotteaui Bayle 1873, De Lor. 1895. — elungata Costa 1866. — Escheri De Lor. 1866, Gemm. 1868-76, Ooster 1869. — egimium Bayle 1873, De Lapparent 1886-88, De Lor. 1893. — Favrii Sharpe 1850. — fringelianum Thurmann 1851. — gaultina Pict. et Roux 1852. — Germani Pict. et Camp. 1868-71 (v. Valletia). — gracile Dubbers 1888, Menzel 1904. — Guiraudì De Lor. 1888. — Kobyi De Lor. 1891, 1895. — Koeneni Dubbers 1888, Menzel 1904. — Lonsdalii Sow. 1835, Fitton 1836, d’Orb. 1847 (Requienia). — Lorioli Pict. et Camp. 1868-71. — Luci Defr. 1779, Favre 1843, Thurm. 1852, Quenst. 1867, Boehm 1883 (v. Heterodiceras). — marginatum Bayle 1873. — minor Desh. 1850, Thurm. 1852, Peters 1867. — Montbeliardense Contej. 1869. — Moreani Bayle 1882. — Miinsieri Goldf. 1852, Oost. 1869, Gemm. 1868-76, Pirona 1878, Boehm 1881, (v. Plesiodiceras). — monstrum Peters 1867. — Noetlingi Blankenh. 1890 (v. Apricardia). — Oosteri Gemm. 1868-76 (v. Heterodiceras). — originale Bayle 1873, 1878. — Pironaì Boehm 1885, Pir. 1886, Redlich 1901. — podolicum Alth 1882. — Sanctae Verenae Gresly, Thurm. 1852, 1859, (v. Plesiodiceras). — semistriatum Hofm. 1913. — sinistra Desh. 1824, 1850, Bayle 1873, Mun.-Ch. 1882, De Lor. 1891. — sinuatum Gemm. 1868-76. — speciosa Minst., Goldf. 1834-40, Thurm. 1852, Peters 1867, Boehm 1881, Mun.-Chalm. 1882. — strangulatum Bayle 1873. 3 — suprajurensis Thurm. 1852, 1863, De Lor. 1872, Pir. 1878. WEAR O ATE PIENA EE LR N METIS ia 1 fio È A med le. UT 56 C. F. PARONA “ Diceras ursicina Thurm. 1852, 1863, De Lor. 1891. — valfinense Boehm 1881, De Lor. 1888 (v. Plesiodiceras). Dipilidia Marticensis Math. 1842 (v. Requienia in d’Orb.). — texana Roem. 1849 (v. Monopleura). — wnisulcata Math. 1842, d’Orb. 1847 (Caprotina), Douv. 1887 (v. Radiolites). Distefanella Bassanii Par. 1900, 1911. — Bertholoni (Perv.) Douv. 1913. — Douvillei Par. 1900, 1911. — Guiscardii Par. 1900, 1911. — lumbricalis Par. 1900, 1911 (v. Dist. Salmojraghiî). — lumbricalis Douv. 1913. — Rossî Par. 1912. — Salmojraghii Par. 1911. - Durania affilanensis Par. 1911. i — apula Par. 1911. — Arnaudì (Choff.) Douv. 1911, 1912, Pervinq. 1912, Pruvost 1913. — arundinea Par. 1911. — austinensis (Roem.) 1852, Par. 1911. ‘— Bertoloni Pervinq. 1912 (v. Distefanella, Douv. 1913). — Blayaci (Toue.) 1809, Pervinq. 1912. — cornu-pastoris (Des M.) Par. 1911. — Farajrahensis Douv. 1912 — Flicki (Touc.) 1909, Douv. 1910, Perving. 1912. — Futtereri Par. 1911. — gaensis (Dacqué) 1903, Douv. 1910, 1912, Perving. 1912. — hippuritoidea Par. 1911. — Humei e var. inermis Douv. 1912. — laevis Douv. 1911. — Martelli Par. 1911. — Mortoni (Mant.) 1833, Douv. 1910. — Pervinquiérei (Toue.) 1909, Pervinq. 1912. — runaensîs (Choff.) 1901, Par. 1911, Douv. 1912. — ? sammitica Par. 1911. — Spadai Par. 1912. Eoradiolites colubrinus Par. 1911, 1912. — Dawvidsoni (Hill) 1893, Douv. 1909-10, 1913. — Grossouvrei Douv. 1909. — liratus (Conr.) 1852, Douv. 1910, 1912, Par. 1911, 1912. — plicatus (Conr.) 1852, Douy. 1910, 1913. — Kousseli Douv. 1909. e. > PP esi € PATIRE Se ST e TOA ? MIRA he n; SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 57 Eoradiolites triangularis (d’Orb.) Douv. 1909, 1910, 1913. Ethra dubiosa Math. 1878-80. — Munieri Math. 1878-80, Paquier 1905, Par. 1909. Gemmellaria communis (Gemm.) 1865, Mun.-Chal. 1873. Gyropleura Boulangeri Douv. 1887. — cenomanensis (d’Orb.) 1847, Douv. 1887. — ciplyana (De Ryckh.) Douv. 1887, Holzap. 1889, Wollem. 1902. — cornucopiae (d’Orb.) Douv. 1887. — costulata (Miller) 1855, Douv. 1887; o costellata? — Delaruei (d’Orb.) 1847, Douv. 1887. — Kiliani Paquier 1905. — laevis Holzapfel 1889. — Lommickvi Rogala 1911. — mnavis (d’Orb.) Douv. 1887. — ornata (d’Orb.) Douv. 1887. — russiensis (Eichw.) 1865, Douv. 1887. — sublaevis Douv. 1887. — supracretacea (d’Orh.) Douv. 1878. — Telleri Redlich 1901. Heterocaprina polyconilites (d’Orb.) 1847, Mun.-Chalm. 1873, Douv. 1887, (ved. Polyconites operculatus). Heterodiceras Luci (Defr.) Mun.-Ch. 1882, Paquier 1897. Parona 1912, — Oosteri (Gemm.) 1868, 1876, Mun.-Ch. 1882. — Zejsneri Mun.-Chalm. 1882. — Zitteli Mun.-Chal. 1882. Himeraelites acuta Schnarr. 1901. — aduncus Par. 1909. — Dowvillei Di Stef. 1888, Par. 1899, Schnarr. 1901, Par. 1909, 1916. — frontonis Par. 1909. — Gemmellaroi Di Stef. 1888, Par. 1899, Schnarr. 1901. — mediterraneus Di Stef. 1888, Par. 1899, Schnarr. 1901, Par. 1909. — meghistoconchus Di Stef. 1888, Par. 1899, Par. 1909. — obliquatus Di Stef. Par. 1899, Par. 1909. — operculatus Par. 1909. — transversus Par. 1909. — Tulae Felix 1891, Douv. 1900. — Ugdulenae Di Stef. 1888. — vultur Di Stef. 1888, 1898, Schnarr. 1901, Par. 1909. Hippuritella cornu-copiae (Defr.) Douv. 1910. — Grossouvrei Douv. 1894, Douv. 1910. 58 C. F. PARONA Hippuritella incisa Douv. 1895, Douv. 1910. — Libanus Douv. 1910. — Maestrei (Vidal) 1877, Douv. 1908, Douv. 1910 (tipo del sottog.). — Morgani Douv. 1910. — qpraetoucasi (Touc.) 1903, Douv. 1910, Pervinq. 1912. — resecta (Defr.) 1821, Douv. 1910, Perving. 1912. — wvariabilis (Mun.-Chal.) 1867, Douv. 1910. — Vasseuri Douv. 1894, Pervinq. 1912. Hippurites acerosa Lindl. in Eickw. 1840. — agariciformis Goldf. 1834-40 (= Sphaerul. foliaceus Lmk. sec. Touc. 1908). — alpinus Douv. 1891-97, Touc. 1903 (Vaccinites). — arborea Lanza 1856, 1860, SéEle 1900 (ved. in H. gosaviensis Douv. 1890). — Archiaci Mun.-Ch. in Douv, 1892, 1895, 1897, Redlich 1899, Touc.1903 (v. Vaccinites). — Arduini Guisc. 1864. — Arnaudi Coq. 1859, 1862, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbignya). — atheniensis Ktenas 1907. . — Austinensis Roem. 1849 (v. PRadiolites). — Bayani Douv. 1891-97 (in Orbignya Maestrei (Vid.) Touc. 1903). — Baylei Guise. 1864. — bioculata Lmek. 1801, D. d. Montf. 1808, Defr. 1816-30, Bleinv. 1827, Roll. d. R. 1841, d’Orb. 1847, Bronn 1851-56, Douv. 1891-97, Futter. 1892, Touc. 1903 (v. Orbignya). — Blumenbachi Stud. 1834, Favre 1843, Touc. 1907, Douv. 1910 (v. Agria). — Boehmi Douv. 1891-97, Touc. 1903, Felix 1908 (v. Vaccinites). — brevis Futter. 1892, Douv. 1897 (cfr. H. Carezi). — bulgaricus Toula 1889, Douv. 1891-97 (v. H. variabilis, H. Lapeirouset). — calamitiformis Barcena 1875, Douv. 1900 (v. Petalodontia). — canmaliculata Roll. d. R. 1841, d’Orb. 1847, Bronn 1851-56, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbignya). — Carezi Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbignya). — carinthiacus Redlich 1899, 1900, Felix 1908. — Castroi Vidal 1874, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbignya). — cedrorum Blanck. 1890, Douv. 1910 (v. Caprinula). — Chalmasi Douv. 1891-97, Touc.1903 (in sinon. Vaccinites Boehmi Douv.). — Chaperi Douv. 1891-97, Touc. 1903, Par. 1908, 1911 (v. Vaccinites). — chilensis d’Orb. 1842 (probabil. Agria sec. Douv. 1913). — colliciatus Woodw. :1855, Douv. 1891-97, Redlieh 1899, Parona 1900, Touc. 1903, Felix 1908 (= H. eraratus Zitt.), Schmidt 1908 (v. Orbignya). — contortus Catullo 1832-38, 1842 (v. Radiolites è Sauvagesia). ti SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 59 perno corbaricus Douv. 1891-97, De Gross. 1892, Reuss. 1892, Touce. 1892, 1903 (v. Vaccinites). corniculum Math. 1878-80, Douv. 1893, Touc.1903 [= Orbignya sublaevis (Math.)). cornucopiae Thoms. 1801, 1802, Defr. 1816-30, 1824, Bleinv. 1827, C. Gemm. 1846, d’Orb. 1847, De Greg. 1882, Douv. 1891-97, Par. 1900, Touc. 1903 (Orbignya), Douv. 1910 (v. Hippuritella). cornupastoris Desm. 1826, Cat. 1842, Capell. 1869 (v. Durania). cornu-vaccinum Bronn 1831, Goldf. 1834-40, d’Orb. 1847, Woodw. 1855, Bronn 1851-56, Bayle 1857, (= H. galloprovincialis sec. Douv.), Guise. 1864, Zittel 1868 (= gosaviensis sec. Douv.), Douv. 1886, 1890, 1891-97, Touc. 1903 (v. Vaccinites). corrugata Math. 1880, Douv. 1893, Touc. 1903 (= Orbignya sublaevis). corrugatus Woodw. 1855, Math. 1878-80, Douv. 1897 (Pironaea), Touc. 1903 (Vaccinites). costulatus Goldf. 1834-40, 1840, d’Orb. 1847. crassicostatus Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbignya). crassicostatus Futter. 1896 (= H. (Vaccinites) Chaperi Douv.). cristatus Douv. 1891-97, Toue. 1903 (in sinon. Orbdignya Matheroni). cucullifera Math. 1878-80. curva Lmek. 1819, d’Orb. 1847 (= H. Hiccwielii. dentata Math. 1842, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Vaccinites). dilatata Defr. 1821, Parkins. 1808-11, Cat. 1832-38, 1842, Goldf. 1840, — d’Orb. 1847, Bayle 1857, 1878, Zittel 1886, Douv. 1891-97 (dilatatus _ auctorum, ved. H. sublaevis, turgidus, Oppeli). Dowvillei De Aless. 1899. ellipticus Geinitz, Reuss 1846, Wolf 1865. elungata Costa 1866. Espaillaciana d’ Orb. 1847, Dar 1895, Touc. 1903 (ved. Orbignya La- peirousei). exaratus Zittel 1866, Douv. 1897, Touc. 1903 (v. Orbignya colliciata). fasciatus Cat. 1842. falcatus Reuss 1846. — fistulae Desm. 1821, d’Orb. 1847 C. Gemm. 1846, Douv. 1894 (= Batolites organisans), Touc. 1903 (v. Orbignya). — fitoloideus Cat. 1827, fitoideus Cat. 1842, Parona 1908. — flabellifer Cragin 1892-93. — florida Math. 1878-80, Douv. 1893, Touc. 1903 (= Orbignya sublaevis). — Fortisi Cat. 1827, 1842, C. Gemm. 1848, Par. 1911 (= Vaccinites Chapers). C. F. PARONA Hippurites galloprovincialis Math. 1842, d’Orb. 1847, Douv. 1894-95, Touc. 1903 (v. Vaccinites). Gaudryi Mun.-Ch. 1867, 1888, Douv. 1897, Touc. 1903, Scubert 1912, Par. 1908 (v. Vaccinites). Germari Geinitz, Reuss 1846. gigantea d’°H. F. 1838, d’Orb. 1847, Douv. 1886, 1891-95, Boehm 1897, Touc. 1903, Schmidt 1908, Par. 1908 (v. Vaccinites). Giordani Pirona 1880, Douv. 1891-97 (cfr. H. Gosaviensis). gosaviensis Douv. 1890, 1891-97, Futter. 1892, 1896, Felix 1908, Touc. 1903, Schmidt 1908, Vredenburg 1909 (v. Vaccinites). gracilis Costa 1864, 1866. Grateloupi Des M. (ved. Douv. 1891-97 sotto H. Lamarcki). Grossouvrei Douv. 1894, Touc. 1903 (Vaccinites), Douv. 1910 (v. Hippu- ritella). Heberti Mun.-Ch. 1888, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbdignya). hirudo Pir. 1887 (v. Caprotina). Hoeninghausi Goldf. 1834-40, 1840 (v. Praeradiolites). imbricatus Cat. 1842. inaequicostatus Miinst., Goldf. 1834-40, Douv. 1891-97, De Aless. 1899, Touc. 1903 (v. Vaccinites). inferus Douv. 1891-97, Longhi 1903, Futter. 1893, 1896, Toue. 1903 (v. Vaccinites). intermedia Math. 1878-80, Douv. 1893, Touc. 1903 (= Orbignya sublaevis). intricata -Lanza 1860, Sohle 1900. Jeani Douv. 1891-97, Touc. 1903 (in sin. Vacecinites galloprovincialis). Jouanneti Des. M., Goldf. 1840 (v. Lapeirousia). Jullieni Douv. 1912 (Vaccinites). Lamarckii Bayle 1858, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbignya). Lapeirousei Goldf. 1834-40, Douv. 1891-97, Redlich 1899, 1900, Par. 1900, Dainelli 1901, Touc. 1903, Scubert 1912 (v. Orbignya). lata Math. 1842, d’Orb. 1847, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Vaccinites). Lewisi Fraas 1878, Hamlin 1884 (v. Eoradiolites plicatus Conrad). liratus Conr. 1852 (v. Eoradiolites). Lojtusi Woodw. 1855, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Vaccinites). Maestrei Vidal 1877, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (Orbignya), Douv. 1908 (v. Hippuritella). Matheroni Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbignya). mazimus Cat. 1842, Parona 1908 (= Vaccinites praecorbaricus). Medunae Futter. 1896, Par. 1911 (var. H. Oppeli). mezicana Barcena 1875. to (7 A * - lottato « La? PISA SMIL, Li PRE n o CA “0, SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 61 Hippurites microstylus Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v: Orbignya). — Montsecanus Vidal 1877, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (in sin. Orbignya Matheroni). Mortoni Mantel 1833, Dixon 1850 (v. Durania). Moulinsi d. H. F. 1838, Douv. 1891-97, Toue. 1903 (v. Vaccinites). nabresinensis Futter. 1893, Douv. 1891-97 (= H. (Orbîgnya) Lapeirousei). nanus Cat. 1832-38, 1842, Par. 1908 (= Vaceinites praecorbaricus). Oppeli Douv. 1891-97, Boehm 1894, De Aless. 1899, Touc. 1903, Félix 1908 (v. Vaccinites). organisans Montf. 1808, Roll. d. R. 1841, d’Orb. 1847, Bronn 1851-56, Zittel 1866 (H. organisans Zitt. = Batolites tirolicus sec. Douv.), Douv. 1891-97 (Batolites), De Gross. 1896, Toue. 1903, (v. Orbignya). Peroni Douv. 1891-97, Touc. 1903 (Orbignya Sarthacensis (Coq.) v. Pe- roni see. Toucas). petrocoriensis Douv. 1891-97, Futter. 1892, Toue. 1903 (v. Vaccinites). plicatus Conrad 1852, Hamlin 1884, Blanck. 1890 (v. Eoradiolites). polystylus Pir. 1868, Douv. 1894 (v. Pironaea), Touc. 1903 (v. Vaccinites). praesulcatus Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Vaccinites). radiosa Des M. 1826, Goldf. 1834-40, d’Orb. 1847, Woodw. 1855, Bayle 1855, 1857 (H. radiosus Bayle = H. Lapeirousei sec. Douv.), Vidal 1877, Arnaud 1887, Douv. 1891-97, Par. 1900, Touc. 1903 (v. Orbignya), Steinm. 1908. resecta Defr. 1824, d’Orb. 1847, Douv. 1891-97, Toue. 1903 (Orbignya È Requieni var. resecta) (v. Hippuritella). Requieniana Math. 1842, d’Orb. 1847, Douv. 1891-97 (Requieni), Touc. 1903, Parona 1908 (v. Orbignya). Rousseli Douv. 1894, Touc. 1903 (v. Vaccinites). rugosa Lamek. 1801, d’Orb. 1847 (= H. bioculata). rugulosus Cat. 1842, Parona 1908 (= Vaccinites giganteus). Sabinae Roem. 1849 (Radiolites sp. 1852). Sarthacensis Coq. 1859, De Gross. 1889, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbigny a). Sazoniae Roem. 1840-41, Reuss 1846 (v. Radiolites). serratus Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbignya). socialis Douv. 1891-97, Toue. 1903 (v. Orbignya). sublaevis Math. 1842, d’Orb. 1847, Douv. 1891-97, Toue. 1903 (v. Orbignya). — striata Defr. 1821, Roll. d. R. 1841, d’Orb. 1847, Douv. 1889, 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbignya). _ styriacus Hilber 1903. 62 C. F. PARONA Hippurites subdilatatus Geinitz, Reuss 1846. — subinferus Futter. 1892, Douv. 1897 (espéce insuff. définie). — sulcatus Defr. 1816-30, Blainv. 1827 Goldf. 1834-40, Roll. d. R. 1841, d’Orb. 1847, Zittel 1866, (H. sulcatus Zitt. — H. Boehmi sec. Douv.), Douv. 1889, 1891-97, Redlich 1899, De Aless. 1899, Toue. 1903 (v. Vaccinites). sulcatissimus Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Orbignya). sulcatoides Douv. 1891-97, Toue. 1903 (v. Orbignya). syriacus Conrad 1852, Fraas 1867. Taburni Guisc. 1864, De Aless. 1899, Douv. 1891-97, Parona 1900, SR 1903, Douv. 1910 (v. Vaccinites). tenwistriata Math. 1878-80. teranus Roem. 1849, 1852. Toucasiana d’ Orb. 1847, Woodw. 1855, Zittel 1866 (H. Toucasianus Zitt. = H.Chalmasi, H. alpinus sec. Douv.), Mun.-Ch. 1888 (Toucast), Douv. 1891-97, Futter. 1893, Touc. 1903, Scubert 1912 (v. Orbignya). Traguriensis Lanza 1860. turgida Roll. d. R. 1841, d’Orb. 1847, Douv. 1891-97, Touc. 1903 (v. Or- bignya). turriculatus Cat. 1827, turricula Cat. 1832-38, 1842, Parona 1908, 1911 (v. Sauvagesia). variabilis Mun.-Chal. 1867, 1888, Douv. 1891-97, Toue. 1903 (Orbignya), Douyv. 1910 (v. Hippuritella). Vasseuri Douv. 1891-97, Touc. 1903 (in sinon. Orbignya incisa). Vernewilli Bayl. in Douv. 1891-97, Touc. 1903 (in sinon. Orbignya Heberti). Vidali Math. 1878-80, Douv. 1891-97, Toue. 1903 (in sinon. Orbignya Heberti). vesiculosus Woodw. 1855, Douv. 1891-97, Touc. 1903, Douv. 1912 (v. Vaccimites). undulatus Geinitz, Reuss 1846, Wolf 1865. Zitteli Math. 1878-80 Douv. 1893 (in sinon. H. sublaevis). Zitteli Mun.-Chalm. 1881 (H. SEA Douv. 1891-97). Zavetti Cat. 1842. Zurcheri Douv. 1891-97, Touc. 1903, Par. 1908 (v. Vaccinîtes). Horiopleura Almerae Paquier 1905. Baylei (Coq.) 1865, Mallada 1888, Douv. 1889. ; Lamberti Mun.-Ch. 1888, Douv. 1889, 1898, Paquier 1905, Pervinq. 1912. Hypelasma Colloti Paquier 1897. Ichthyosarcolites anguis Roem. 1888 (v. Caprinula). —_ bicarinatus (Gemm.) 1865, Parona 1914, 1916. n Stipe rd SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE» RUDISTE 63 Ichthyosarcolites cornutis Tuomey 1854. | — ensis Pocta 1889. — loricatis Tuomey 1854. — ? marginatus Pocta 1889. — quadrangularis Tuomey 1854. — triangularis Desm. 1817, Blain. 1827, d’ Orb. 1847, Bronn 1851-56, Douv. 1887, Peron 1889-93, Paquier 1905, Pervinq. 1912, Parona 1914. Jodamia bilinguis Defr. 1822, Blainv. 1827, d’Orb. 1847 (= Praerad. Hoenin- ghausi (Des M.). — Duchateli Blainv. 1825 (= P. Hoeninghausi). Joufia reticulata Boehm 1897, 1898, Snethlage 1905, Douv. 1904, Steinm. 1908, Klinghardt 1912, Par. 1916. Lapeirousia aumalensis Douv. 1915. — crateriformis (Des. M.) 1826, Douv. 1915. — fallax Douv. 1915. — Jouwanneti (Des M.) 1826, Bayle 1878, Touc. 1908 (Sphaerulites), Par. 1900, 1911, Douv. 1910. — Nicolasi Whitfield 1897, Douv. 1898. — Pervinquiérei (Touc.) 1908, Par. 1911, Pervinq. 1912. — Zitteli Douv. 1913. Matheronia affinis Math. 1878-80. — arcuata Math. 1878-80, Paquier 1903. — aptiensis Math. 1878-80, Paquier 1903. — Arnaudi Math. 1878-80. — ® ausonicola Par. 1909. — Drinovi (Zlat.) 1886, Paquier 1903. — gryphoides Math. 1878-80, Paquier 1903. — Lovetchensis (Zlat.) 1886, Paquier 1903. — Munierì Paquier 1903. — Romani Paquier 1897 (v. Monnieria). — semirugata Math. 1878-80, Paquier 1903. — subsimilis Math. 1878-80. — triangularis Math. 1878-80, Paquier 1903. — Virginiae (A. Gras) 1852, Paquier 1903, Par. 1905, 1909. Mitrocaprina Bayani (Douv.) 1888, Boehm 1894. — plavensis Par. 1908. — Vidali Douv. 1904. Monnieria Romani Paquier 1897. Monopleura affinis Math. 1878-80. 64 C. F. PARONA Monopleura birostrata Math. 1842, d’Orb. 1847. biassalica Karak. 1907. Bockhi Hofm. 1913. calamitiformis (Barcena) 1875, Douv. 1900 (v. Petalodontia). cingulata Math. 1842, d’Orb. 1847. Coquandi Math. 1878-80. corniculum Piet. et C. 1868-71. cumulus Pocta 1889. depressa Math. 1842, d’Orb. 1847, Math., 1878-80. Dumortieri Math. 1878-80. eurystoma Pict. et C. 1868-71, De Lor. 1868. Falgasi Vidal 1877. Felixi Douv. 1900 (v. Petalodontia). Figolina Vidal 1877. forojuliensis Pirona 1886, Boehm 1894, Futter. 1892, Oppenh. 1906, Par. 1899, 1909, 1916. gracilis Math. 1878-80. imbricata Math. 1842, d’Orb. 1847, Woodw. 1855, Pict. et C. 1868-71, Math. 1878-80. incisifera Math. 1878-80. Lorioli Math. 1878-80. marcida White 1884, Roemer 1888, Hill 1893, 1898, 1901, non Schnarr. 1901. Martini Math. 1878-80. Michaellensis Pict. et C. 1868-71. minuta Vidal 1877. Montsecana Vidal 1877. multicostata De Franch. 1903. mutabilis Math. 1878-80. obliqua Futter. 1892. operculiformis Math. 1878-80. Otomitli Felix 1890-91. pinguiscula White 1884, Roemer 1888, Hill 1893, 1898, 1901. procera Math. 1878-80. rugosa Math. 1878-80. Schnarrenbergeri Par. 1909 (M. marcida Schn. non White). sulcata Math. 1842, d’Orb. 1847, Pict. et C. 1868-71, Math. 1878-80. subtriquetra Roem, 1852. terana Roemer 1852. SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 65 Monopleura trilobata (d’Orb.) 1824, Pict. et C. 1868-71, Math. 1878-80, Vacek 1879, De Lapparent 1886-88. — Tulae Felix 1890-91, Douv. 1900 (v. Himeraelites). — urgonensis Math. 1842, d’Orb. 1847, Math. 1878-80. — walangensis Pict. et C. 1868-71, De Loriol 1868. | — Valani Felix 1890-91. — waldensis Piet. et C. 1868-71, De Loriol 1868. — wvarians Math. 1842, d’Orb. 1847, Math. 1878-80. Mouretia Arnaudì Douv. 1902, Touc. 1909 (= Sarlatia Douv. 1910). Offneria intermedia Paquier 1905. — ‘interrupta Paquier 1905. — rhodanica Paquier 1905, Par. 1909. Orthoceratites colliciatus Pic. d. Lap. 1781. ._— en tuyaux d’orgue Pic. d. Lap. 1781 (v. Batolites organisans). Ostracites angeiodes Pic. d. Lap. 1781 (v. Radiolites). Orbignya Arnaudi Coq., Touc. 1903. — bioculata Lmk., De Lapparent 1886-88, Touc. 1903. — bulgarica Toula 1889 (— H. Lapeirouseì e H. variabilis sec. Douv.). — canmaliculata R. d. R., Touc. 1903. — colliciata Woodw. 1855, Touc. 1903. — cornucopiae Defr., Touc. 1903, Douv. 1910 (v. Hippuritella). & — crassicostata Douv., Touc. 1903. È — Castroì Vidal, Touc. 1903. 3 '— Carezi Douv., Touc. 1903. — crassa Douv. nom. emend. Felix 1910. io # — Heberti Mun.-Ch. 1888, Toue. 1903. * — ‘incisa Douv., Touc. 1903, Douv. 1910 (v. Hippuritella). w — Lamarcki Bayl., Touc. 1903. ca — Lapeirousei Goldf., Touc. 1903. hi — Matheroni Douv., Touc. 1903. 9 _— microstyla Douv., Touc. 1903. È — Maestrei Vidal, Touc. 1903, Douv. 1910 (v. Hippuritella). — organisans Montf., Touc. 1903. — praetoucasi Touc. 1903 (v. Hippuritella). | praerennensis Touc. 1903. ( — praesulcatissima Touc. 1903. — praecessor Douv., Touc. 1903. — praebioculata Touc. 1903. — fradiosa Douv., Touc. 1903. — rennensis Douv., Touc. 1903. ee ere, — de o 5 66 C. F. PARONA Orbignya Requieni Math., Touc. 1903, Par. 1908. —_ EKoquani Touc. 1903. serrata Douv., Touc. 1903. socialis Douv., Touc. 1903. Sarthacensis Coq., Touc. 1903. striata Defr., Touc. 1903. sublaevis Math., Touc. 1903. sulcatissima Douv., Touc. 1903. sulcatoides Douv., Touc. 1903. Toucass d’Orb., Touc. 1903. tirolica Douv., Touc. 1903. turgida R. d. R., Touc. 1903. vartabilis Mun.-Ch., Touc. 1903 (v. Hippwuritella). . Orthoptychus striatus Futter. 1892, Boehm 1894, Parona 1908. Pachytraga Lapparenti Paquier 1905, Par. 1909. — paradoxa (Pict. et C.), Paquier 1905, Par. 1905, 1909. Petalodontia aculeodentata Pocta 1889. CC — a tbohemica Poùta 1889. calamstiformis (Barcena), Douv. 1900. crassodentata Pocta 1889. Felizxi Douv. 1900. foliodentata Pocta 1889. Germari (Gein.) Pocta 1889. opima Pocta 1889. planoperculata Pocta 1889. Pileochama Oremai Parona 1900. Pironaeca persica Vredenburg 1909. Plagioptychus Aguilloni (d’Orb.), Douv. 1888, Redlich 1899, Par. 1916. —- polystylus (Pir.), Mgh. 1868, Fisch. 1887, Douv. 1894, Pethò 1903, 1905-06, Dain. 1901, 1907, Touc. 1903. slavonica Hilber 1901, Touc. 1903 (in Vace. polystylus). Arnaudì Douv. 1888, Boehm 1894. beoticus Mun.-Ch. 1888. Coquandi (d’Orb.), Chaper 1873, Douv. 1886. ? cordatus Roemer 1888. dissimilis Mun.-Ch. 1888. Haueri (Tell.), Pocta 1889. paradoxus Math. 1842, Douv. 1886. T'elleri Laube 1885. e et e ac) et SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 67 Plagsoptychus Toucasianus Math. 1842, Toucasi, Douv. 1888, Repelin 1898. Plesiodiceras Bernardina (d’Orb.), Mun.-Ch. 1882. — Mîùinsterì (Goldf.), Mun.-Ch. 1882, De Lapparent 1886-88. — Sanctae Verenae (Gresly), M.-Ch. 1882. — .valfinensis (Boehm), M.-Ch. 1882, De Lor. 1888. Plesioptychus Lacvivieri Mun.-Ch. 1888. — dissimilis Mun.-Ch. 1888. Polyconites Boehmi Di Stef. 1898. — *® declivis Par. 1909. — Dowvillei Di Stef. 1898. — Distefanoi Par. 1909. — foveolatus Par. 1909. — Gemmellaroi Di Stef. 1898. — operculatus Roull. 1829, Douv. 1887, De Lapparent 1886-88, Par. 1900. — subvernevili Douv. 1898. — Verneuili Bayle, De Verneuil 1860, Douv. 1889, 1896, Di Stef. 1898, Pervinq. 1912, Douv. 1913. Polyptychus Morgani Douv. 1904. — striatus Douv. 1911. Praecaprina Gaudryi Paquier 1905. — varians Paquier 1905. Praeradiolites alatus (d’Orb.), Touc. 1907. — Aristides (Mun.-Ch.), Touc. 1907. — Biskarensis (Coq.), Touc. 1907, Pervinq. 1912 (Pr. Biskraensis). — Boucheroni (Bayle), Touc. 1907, Par. 1911. — Bournoni (Des M.), Touc. 1907 (v. Bournonia). — caderensis Touc. 1907. — Coquandi (Bayle), Touc. 1907. — cylindraceus (Des M.), Touc. 1907. — Davidsonî (Hill), Douv. 1902, 1904, Touc. 1907 (Agria), Douv. 1909-10, 1913 (v. Eoradiolites). — Fleuriausa (d’Orb.), Douv. 1902, Touc. 1907-09 (Fleuriauà). — Hoeninghausi (Des M.), Touc. 1907, Par. 1911, 1912. — trregularis Douv. 1910. — Leymeriei (Bayle), Touc. 1907. — Pailletei (d’Orb.), Touc. 1907. — Pironai Par. 1909, 1916. — plicatus (Lajard, Negrel et Toul.), Touc. 1907. — Ponsianus (d’ Arch.) 1835, Douv. 1904, 1911, Touc. 1907, Pirving 1912, Douv. 1912 (var. aegyptiaca). 68 C. F. PARONA Praeradiolites praecoquandi Touc. 1907. — qpraerequieni Touc. 1907. — praesinuatus Touc. 1907. e n CS pulchellus (Vid.), Touc. 1907. Requieni (d’H. F.), Touc. 1907. riberacensis Touc. 1907. , Saemanni (Bayle), Touc. 1907. sarladensis Touc. 1907. sinaiticus Douv. 1912. sinuatus (d’Orb.), Touc. 1907. subcoquandi Toue. 1907. subpailletei Touc. 1907. subtoucasi Touc. 1907. Tissoti Douv. 1911. Toucasi (d’Orb.) Touc. 1907. i triangularis (d’Orb.) 1847, Douv. 1902, Touc. 1907 (Agria), Douv. 1910 (v. Eoradiolites). Pseudotoucasia santanderensis Douv. 1911. Radsolites acuta d’'Orb. 1847, Fraas 1878, Touc. 1908 (in sin. Praerad. Hoe- e — —-. —- ninghausi). acuticostata d’Orb. 1847, Séhle 1900, Touc. 1909 (v. Biradiolites). Adansoni Math. 1878-80. adherens Whitfield 1897, Douv. 1898. agariciformis d’Orb. 1847, Bronn. 1851-56, Geinitz 1872-75, Touc. 1908 (in sin. Sphaerulites foliaceus). Aimesii Tuomey 1854. alata d’Orb. 1847 (v. Praeradiolites). albonensis Touc. 1908. angetodes Pic. d. Lap. 1781, Lamk. 1801, d’Orb. 1847, Touc. 1908, ‘eSchmidt 1908, Parona 1911, 1912, Perving. 1912. — angulosa d’Orb. 1847, Bayle 1856, Pirona 1869, Vidal 1877, Sohle 1900 | (v. Biradiolites). annulosus Whitfield 1897, Douv. 1898. Aristides Mun.-Ch. 1888 (v. Praeradiolites). Arnaudi Coq. 1860 (v. Biradiol. quadratus d’Orb. in Touce.). aurigensis Mun.-Ch. 1888, Touc. 1908. austinensis Roem. 1852, Hill 1901, Bòse 1906 (v. Durania). Baylei Lanza 1860. Beaumonti (Bayle) Touc. 1908, Scubert 1912. benacensis Mun.-Chal. 1888. SIRIO NICMBIVESIRT VECI GOREVRY DICO ONIRIN ATENEO SFIATO ANO " y * #9 ; l'uva SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 69 Radiolites bicornis Quenst. 1867. — biosculatus (Cat.), Parona 1911. — Biskarensie Coq., Peron 1889-93 (v. Praeradiolites). — bohemicus Tell. 1887, Pocta 1889, Touc. 1909. — Bournoni (Des M.) d’Orb. 1847, Bayle 1857 (v. Bournonia). — briantea Stopp. 1857. x — calceoloides Des M. 1826, Bronn 1851-56, Touc. 1907 (in sin. Praerad. Bournoni). — cancellatus Whitfield 1897, Douv. 1898. — cantabricus Douv. 1889, 1898, Touc. 1908 (v. Sphaerulites). — carinifera Math. 1878-80. — Catulli Pir. 1869, Touc. 1909 (Sphaerulites ind.). — Catulloi Par. 1908, 1911. — Choffati Thom. et Peron 1889-93, Touc. 1908 (in sin. Rad. Trigeri). — contortus (Cat.) Futter. 1892, Par. 1908, 1911 (v. Sauvagesia). — cordiformis Schnarr. 1901. — cornu—pastoris (Des M.) Bayle 1856 (v. Durania). — crateriformis (Des M.) 1828, d’Orb. 1847, Touc. 1908 (v. Sphaerulites). — Da Rio Futter. (non Cat.) 1892 [v. Sauvagesia turricula (Cat.)]. — Dawvidsoni Hill 1893, 1898, 1901, Douv. 1900, 1904, Douv. 1910, 1913 (v. Eoradiolates). — Depuouliniana Math. 1842. — Desmouliniana Math. 1843, d’Orb. 1847, Touc. 1907 (in sinon. Praerad. plicatus). — dilatata d’Orb. 1847, Touc. 1907 (in sin. Praerad. Hoeninghaust). — Douvillei. Touc. 1908. — elegans Math. 1842, Touc. 1909 (cfr. Rad. galloprovincialis). — excavata d’Orb. 1847, Touc. 1907 (Agria), Douv. 1910, 1912 (Bournonia). — fascicularis Pirona 1869, Touc. 1907 (v. Agria). , — Fleuriausa d’Orb. 1847, Stearns 1900 (v. Praeradiolites). — forojuliensis Pirona 1875, Douv. 1904 (v. Radiolitella). _ Fumayae Vidal 1877, Touc. 1907 (v. Agria). — gaensis Dacqué 1903, Touc. 1909 (Sauvagesia), Douv. 1904, 1910, 1912 (v. Durania). — galloprovincialis Math. 1842, d’Orb. 1847, Touc. 1908, Par. 1911, Perving. 1912. — Gastaldiana Pirona 1869, Touc. 1908 (in sin. Pad. porse): — Gazola Cat. 1827, 1842. -—— Germari Geinitz 1872-75, Romanowscki 1884 (v. Petalodontia). — Gosae Roem. 1864-66, Mill. 1890. 70 C. F. PARONA Radiolites gregaria Conrad, Gabb 1869. — Guiscardii (Pirona) 1869, Touc. 1908. — Hamlini Stearns 1900. hercynius Ewald, G. Miiller 1890. — hexagona Lanza 1856, Touc. 1909. —& e Hoeninghausi Des M. 1826, d’Orb. 1847, Bronn 1851-56, Quenst. 1867, Romanowscki 1884, Dainelli 1901 (v. Praeradiolites). horrida d’Orb. 1847. humilior Pocta 1889, Touc. 1909. inexpectus Laube 1885. irregularis d’Orb. 1847, Sohle 1900, Touc. 1909 (v. Agria). Jouanneti (Des M.) 1826, d’Orb. 1847, Bayle 1886 (v. Lapeirousia). laciniatus Vidal 1877. Lamarckii Math. 1842, d’Orb. 1847, Touc. 1909 (in sin. Rad. gallopro- vincialis). lamellosa d’Orb. 1847. lamellosis Taomey 1854. Lefebvrei Bayle (1881), Peron 1889-93, Rothpletz 1893, Touc. 1909 (in sin. Rad. Sauvagesi). lesinensis Schubert 1912. Leymeriei Bayle 1881 [Touc. 1907 (v. Praeradiolites)). liratus (Conr.) Parona 1909, 1912, Douv. 1910, 1913 (v. Eoradiolites). lumbricalis a’ Orb. 1847, Pir. 1869, Douv. 1913 (v. Distefanella). lusitanicus (Bayle) Touc. 1908, Par. 1906, 1911. macrodon Pir. 1887, Boehm 1894, Redlich 1901, Parona 1909. . macroplicatus Whitfield 1897, Douv. 1898. mamillaris Math. 1842, d’Orb. 1847, Touc. 1908, Parona 1912. Mantelli Woodward 1855. Massalongi Pirona 1869, Toue. 1909. Matheroni Touc. 1908. Martiniana d’Orb. 1847. Marticensis d’Orb. 1847, Toue. 1907 (in sin. Agria Blumenbachi). Mauldei Coquand 1859, 1860, Toue. 1909 (v. Biradiolites). mazimus Logan 1898. monoptera Pirona 1869, Touc. 1909 (indeterm.) Morgani Douv. 1904, Touc. 1909 (probab. Bournonia sec. Toucas). Moroi Vidal 1877, Touc. 1907 (v. Agria). Mortoni (Mant.) 1833 (non Woodw. 1855, Zittel 1866, Fraas 1867, Par. 1900, 1904) (v. Duranta). Miilleri Wegner 1905. i ali deg i i SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 71 Radiolites Muschetoffi Noetling 1907 (v. Biradiolites). — mutabilis Stoliezka 1871. — Nicaisei Coquand 1862, Touc. 1909 (v. Sauvagesia). — neocomiensis d’Orb. 1847, Touc. 1907 (in sin. Agria Blumenbachi). — nebrodensis Gemm. 1888, Di Stef. 1888 (aff. Birad. angulosus), Touc. 1909. — Nouleti (Bayle), Touc. 1907-09. — Ormondiì Tuomey 1854. — Osensis Vidal 1877, Touc. 1907 (v. Agria). — pailletteana d’Orb. 1847, Touc. 1907 (v. Praeradiolites). — paillonica Leym. 1881, Peron 1885 (= Sphaer. Sauvagesi), Douv. 1904 (= Hipp. Lapeirousei). — Paronai Dainelli 1901, Par. 1911 (? Sauvagesia). —_ pavonina Mgh. 1855. — Peroni (Choff.) 1886, Douv. 1904, Touc.1907-09, Parona 1911, Douv. 1912. — peucetius Parona 1911. — plicatus Lajard, Negrel et Toul. 1824, Bronn 1851-56, Toue. 1907 (v. Praeradiolites). — polyconilites d’Orb. 1842, Geinitz 1872-75, Fraas 1878 (v. Polyconîtes operculatus). i — Ponsiana (d’Arch.) 1835, d’Orb. 1847, Sohle 1900, Touc. 1907 (v. Prae- radiolites). — praegalloprovincialis Touc. 1908. _— praesauvagesi Touc. 1908. — pusillus Lundgr. 1870, G. Miiller 1890. e — quadratus (d’Orb.) 1847, Sohle 1900 (v. Biradiolites). — radiosa d’Orb. 1847, Sohle 1900, Touc.1908 (part. in sin. Rad. Beaumonti). — rotularis Lamk. 1819, d’Orb. 1847 (in sin. Rad. angeiodes). — Royana d’Orb. 1847, Touc. 1909 (v. Biradiolites). — rudis Whitfield 1897, Douv. 1898. — saticulanus Par. 1911. — Sauvagesi (d’H. T.), d’Orb. 1847, Pocta 1889, Touc. 1908. — Sazoniae (Roem.) 1840-41, Geinitz 1872-75, Pocto 1889, Touc. 1908 (in sin. Rad. socialis). — scalaris Math. 1878- a — Sanctae-Barbarae Pocta 1889, Touc. ct (in sin. Rad. mamàllaris). — semicostata Math. 1878-80. — similis Math. 1878-80. sinuata d’Orb. 1847, Touc. 1907 (v. Praeradiolites). sironensis De Aless. 1899. 72 C. F. PARONA Radiolites socialis d'Orb. 1847, Pocta 1889, Touc. 1908. — Spallanzanii (Gemm.) 1865. — spinulatus Parona 1912. — squamosus d’Orb. 1847, Toucas 1908. — styriacus (Zittel) Touc. 1908. — suecicus Lundgr. 1870, De Geer 1887, Touc. 1907 (v. Agria). — subangeiodes Touc. 1908, Perving. 1912. — sublaevigatus Lundgr. 1870, Miller 1890. — subradiosus Touc. 1908. — Taramellii Pirona 1869, Touc. 1909. — tener Pocta 1889, Touc. 1909 (? Sauvagesia). — Toucasiana d’Orb. 1847, Corn. e Ch. 1851, Touc.1907 (v. Praeradiolites). — trialata Pirona 1869, Toue. 1909. — triangularis d’Orb. 1847 (v. Eoradiolites). — Trigeri (Coq.) 1860, Bayle 1857, Touc. 1908. — Tuomeyana Gabb 1861, 1862. — turbinata Lmk. 1819, Defr. 1816-30, Blainv. 1827, d’Orb. 1847 (in sin. Rad. angeiodes) Lanza 1856, 1860. — turricula (Cat.) Parona 1908, 1911 (v. Sawvagesia). — undulatus (Gein.) 1839, Pocta 1889, Toue. 1909. — undulata Tuomey 1854 (v. È. Tuomeyana Gab.). — unisulcatus (Math.) 1842, Douv. 1887. — wventricosa Lmk. 1819, Bronn 1824, d’Orb. 1847 (in sin. Rad. angeiodes) — Zignoana Pirona 1869, Touc. 1908 (in sin. Radiol. squamosus). Radiolitella forojuliensis (Pir.) 1875, Douv. 1904. Rhaphanister campanulatum Den. d. M. 1808 (Radiolites). Requienites ammonia (Goldf.) Math. 1839 (v. Requienia). — turbinata Math. 1839, Paquier 1903 (in sin. Requienia ammonia). Eequienia ammonia (Goldf.) 1838, Math. 1842, d’Orb. 1847, Woodw. 1855, Pict. et C. 1868-71, Bayle 1878, Vacek 1879, Douv. 1887, De Lapparent 1886-88, Paquier 1903, Parona 1905, 1909, Douv. 1914. — archiaciana d’Orb. 1847. — carentonensis d’Orb. 1847 (v. Apricardia). — carinata Math: 1842, d’Orb. 1847 (v. Apricardia). — cenomanensis d’Orb. 1847 (v. Gyropleura). — ciplyana De Ryckholt 1853 (v. Gyropleura). — Delarueana d’Orb. 1847, Romanow. 1884, Douv. 1914 (probabil. Gyro- pleura). — depressa d’Orb. 1847. itato AI vor bp 3 ETTI PIT TA zii. SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 73 Requienia Drinovi Zlatarski 1886 (v. Matheronia). — eurystoma Pict. et C. 1868-71. — Gorjanovici Vankov. 1892. — gryphoides Math. 1842, d’Orb. 1847, Pict. et C. 1868-71, Vacek 1879, Paquier 1903 (v. Matheronia). — Jaccardi Pict. et C. 1868-71. — laevigata d’Orb. 1847. — lamellosa d’Orb. 1847, Paquier 1903 (in sin. Matheronia Munieri). — lithuana Eichw. 1865. i — Lonsdaliî Sow., d’Orb. 1847, Woodw. 1855, Pict. et C. 1868-71, Paquier 1908 (in sin. Toucasia carinata). — Lovcensis Zlatarski 1886 (v. Matheronia). — Marticensis d’Orb. 1847. — Mîchelini d’Orb. 1847. — Moroi Vidal 1877. — navis d’Orb. 1847 (v. Gyropleura). — ornata d’Orb. 1847. — parvula Costa 1866. — patagiata White 1884, Hill 1898, 1901. — Pellati Paquier 1903, Douv. 1914. — plicata Costa 1864, 1866. — Renevieri Paquier 1903. — rugosa d’Orb. 1847. — sealaris Math. 1878, Paquier 1903 (var. Requienia ammonia). — subaequalis d’Orb. 1847, Bronn 1851-56. — texana (Roem.) White 1884, Hill 1893. — Toucasiana d’Orb. 1847, Romanow. 1894, Douv. 1914. — varians d’Orb. 1847. — Zlatarskii Paquier 1903. Rousselia Guilhoti Douv. 1898, 1904. Sabinia anienis Par. 1908, Klinghardt 1912. — sinuata Par. 1908, Klinghardt 1912. — sublacensis Par. 1908, Klinghardt 1912. Sarlatia Arnaudi Douv. 1902, 1910 (= Mouretia). Sauvagesia apulus (Par.), Touc. 1909 (v. Durania). — Arnaudì (Choff.), Touc. 1909, Parona 1912, Pruvost 1913 (v. Durania). — austinensis (Roem.), Touc. 1909 (v. Durania). — Blayaci Touc. 1909. — contorta (Cat.), Parona 1911. — cornu-pastoris (Des M.), Touc. 1909 (v. Durania). 74 C. F. PARONA Sawvagesia Da Rio Touc. (non Catullo) 1907-09. — Fheki Touce. 1909. — ga’ensis (Dacqué), Touc. 1909 (v. Durania). — garganica Par. 1911, 1916. — Ginestousi Pervinquiére 1912. — Meneghîinsi (Pirona), Touc. 1909. — Mortoni (Mant.), Touc. 1909 (v. Duranta). i — Nicaisei (Coq.) Fisch. 1887, Peron 1889-93, Douv. 1904, Toue. 1909, Perving. 1912, Par. 1912. — ® Paronai (Dain.), Parona 1911. — Pervinquierei Touc. 1909. (v. Durania). ea praesharpei Touc. 1909. — runaensis Choff., Parona 1912. — Sharpei (Bayle), Douv. 1891, 1904, Touc. 1909, Par. 1911. — texana (Roem.). Douv. 1904, Touc. 1909. — turricula (Cat.) Par. 1911. i Schiosia carinata Boehm 1892. — forojuliensis Boehm 1894, Par. 1908. — ramosa (Boehm) 1898, Douv. 1900. — schiosensis Boehm 1892, 1894, Par. 1908, 1916. Sellaea Ciofaloi Di Stef. 1888. — coespitosa Di Stef. 1888, 1898, Par. 1909. — himerensis Di Stef. 1888, Par. 1909. — laticoncha Di Stef. 1888. — Orbignyi Di Stef. 1888. — Pironae Di Stef. 1888, Par. 1899. — plagioptychoides Di Stef. 1888. — sicula Di Stef. 1888. — Zatteli Di Stef. 1888, 1898, Par. 1899, 1909. Stmacia minima Pocta 1889. Sphaerucaprina ® Carezi Douv. 1911. — Felirxi Boehm 1898, 1899. — forojuliensis Boehm 1892, 1894, Par. 1908. — Lenki Boehm 1898, 1899. — occidentalis (Conrad) Boehm 1898, 1899. — striata (Futter.) Boehm 1894 (v. Orthoptychus). — Woodwardi Gemm. 1865, Douv. 1910, Par. 1916. Sphaerulites Aagerensis Vidal 1877, Touc. 1907 (in sin. Radiol. Pailleter). — agariciformis Blainv. 1825, Bronn 1837, Toue. 1908 (in sin. Sphaer. fo- liaceus). DI SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE 75 Sphaerulites alatus (d’Orb.) Bayle 1878 (v. Praeradiolites). angeiodes (P. d. L.) Zittel 1866 (v. Radiolites). Beaumonti Bayle 1857, Pir. 1869 (v. Radiolites). bioculata Des M. 1826, d’Orb. 1847 (Hippurites cornu-vaccinum). Blumenbachii Stud., Pict. et C. 1868-71, Vacek 1879 (v. Agria). bohemicus Teller 1887 (v. Radiolites). Boreaui Touc. 1908. Boucheroni Bayle 1878 (v. Praeradiolites). calceoloides Des M. 1826, Desh. 1849, Touc. 1908 (in sin. Praer. Bournoné) (v. Bournonia). cantabricus (Douv.) Toue. 1908. Catulls Pir. 1869, Touc. 1909. crateriformis Des M. 1826, Touc. 1908 (v. Lapeirousia). cylindracea Des M. 1826, Douv. 1886 (v. Praeradiolites). Da Rio Cat. 1332-38, 1842, Par. 1908, 1911. De Alessandri Par. 1900, 1911. dilatata Des M. 1826, Touc. 1907 (in sin. Praerad. Hoeninghauss). dobrudschensis Toula 1904. duplovalvata Cat. 1832-38, 1842, Par. 1908 (in sin. Radiolites radiosus). ellipticus Geinitz 1839, Touc. 1909. erratica P. et C. 1868-71 (caprotinide, v. Paquier 1903-05). expansus Dujard. 1835, Touc. 1909. | Faujasi Bayle 1857. Fedtschenkoi Romanow. 1884. foliacea (Lmk.) 1819, Defr. 1816-30, Bronn 1824, Blainv. 1827, Sow. 1842, d’Orb. 1847, Bayle 1856, Douv. 1886, 1887, Touc, 1908. Germariì Geinitz 1839 (v. Petalodontia). Guiscardiana Pirona 1869, Touc. 1908 (v. Radiolites). Hoeninghausi Des M. 1826, Bayle 1857, 1878 (v. Praeradiolites). indica Stoliezka 1871. Jouanneti Des M. 1826, Touc. 1908 (v. Lapeirousia). Lefebvrei Bayle 1881, Roll. 1881 (v. Eadiolites). Leymeriei Bayle, Vidal 1878 (v. Praeradiolites). lustitanicus Bayle, Choff. 1886-902 (v. Radiolites). macrodon (Pirona) 1887 (v. Radiolites). Massalongiana Pir. 1869 (v. Radiolites). medeensis Pir. 1869, Touc. 1909. Meneghiniana Pir. 1869 (v. Sauvagesia). minor Vidal 1877, Touc. 1907 (in sin. Praeradiol. Voduandi). 76 C. F. PARONA Sphaerulites multicostata Seguenza 1878, Touc. 1909 (in sin. Sauvagesia Ni- LS e —— —— ——_ caisci). navis Roull., d’Orb. 1847 (v. Requienia). Nicaisei Coq., Seguenza 1878 (v. Sauvagesia). Pasiniana Pir. 1869. paradora P. et. C. 1868-71 (v. Pachytraga). patera Arnaud 1877, Par. 1906, Touc. 1908. patula C. Gemm. 1846. Peroni Choff. 1886-902 (v. Radiolites). Pervinquierei Touc. 1907-09 (v. Lapeirousia). planicostatus Vidal 1877. plicatus (L., N. et T.) 1824, Bayle 1878, Touc. 1907 (v. Praeradiolites). ponderosa Pirona 1869, Touc. 1909. Ponsiana d’ Arch. 1835, Pir. 1869, Vidal 1877 (v. Praeradiolites). plicatus Laj., Négr. et Toul. 1824, Bayle 1878. — pulchellus Vidal 1877, Touc. 1907 (v. Praeradiolites). — Requieni d’H. F. 1839, 1839-40, 1840, Toue. 1907 (v. Praeradiolites). Rousseli Touc. 1908. Saemanni Bayle 1878, Touc. 1907 (v. Praeradiolites). salignacensis Bayle, Arnaud 1877 (v. Agria). Sauvagesi d’H. F., Blanck. 1890, Di Stef. 1898 (v. Radiolites). Saroniae Roem. 1840-41, Touc. 1908 (in sin. Radiol. socialis). Schweinfurti Zittel 1883, Touc. 1909. Sharpei Bayle, Choff. 1886-902 (v. Sauvagesta). Spallanzanii Gemm. 1865, Touc. 1909 (v. Radiolites). solutus Pethò 1905-06. styriacus Zittel 1886, Touc. 1908 (v. Radiolites). subdilatata Geinitz, Romanow. 1884, Douv. 1914. Tenoreana Guiscardi 1862. Towcasi d’Orb., Vidal 1877 (v. Praeradiolites). Trigeri Coquand 1859 (v. Radiolites). umbellata Cat. 1832-38, 1842, Par. 1908 (= Vaccinites praecorbaricus). undulatus Geinitz 1839 (v. PRadiolites). ventricosa Roll. d. R., 1841 (v. FRadiolites angeiodes in Touce.). Visianica Pir. 1869, Touc. 1909. Stenopleura anqustissima Pocta 1889. carinoperculata Pocta 1869. pileus Pocta 1889; venusta Pocta 1869. SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE TI Synodontites Stoppaniana Pir. 1869 (ved. Biradiolites). Toucasia carinata (Math.) Bayle 1878, De Lapparent 1886-88, Douv. 1889, 1914, Paquier 1903, Parona 1904, 1909. santanderensis Douv. 1889, 1896, 1898, Paquier 1903, Douv. 1911 (v. Pseudotoucasia). Seunesi Douv. 1889. |. Steinmanni Schnarr. 1901, Par. 1909. transversa Paquier 1903, 1905, 1909. . Vaccinites alpinus (Douv.), Touc. 1903. 6 n —— —_ _ Archiaci (Mun.-Ch.) Touc. 1903. Beaussetensis Toucas 1903. Boehmi (Douv.), Touc. 1903 (= V. Chalmasi sec. Toucas). Chaperi Douv., Touc. 1903, Par. 1908, 1911 (= H. Fortisi Cat., H. cras- sicostatus Futter.). corbaricus Douv., Touc. 1903. cornu-vaccinum Bronn, De Lapparent, 1886-88, Touc. 1903. corrugatus Woodw., Touc. 1903. dentatus (Math.), Touc. 1903. galloprovincialis (Math.), Touc. 1903 (= H. Jeani Douv. sec. Touc.). Gaudryi Mun.-Chal., Touc. 1903, Par. 1908. gigamieus (d’H. F.), Touc. 1903, Par. 1908, 1911. gosaviensis (Douv.), Touc. 1903. Grossouvrei (Douv.), Touc. 1903. inaequicostatus (Miinst.), Touc. 1903. inferus (Douv.), Touc. 1903. Jullieni Douv. 1912. Loftusi (Woodw.), Touc. 1903. latus (Math.), Touc. 1903. Moulinsi (d’H. F.), Touc. 1903. Marticensis (Douv.), Toùc. 1903 (= H. corbaricus var. Marticensis Douv. sec. Toucas). i Oppeli Douv., Touc. 1903, Par. 1911 (= H. Medunae Futter.). organisans (Montf.), De Lapparent 1886-88 (v. Orbignya). — petrocoriensis (Douv.), Touc. 1903. — polystylus (Pir.), Touc. 1903 (v. Pironaea). — praecorbaricus Touc. 1903, Par. 1908. —- praepetrocoriensis Touc. 1903, Par. 1908. praegiganteus Touc. 1903. praesulcatus (Douv.), Touc. 1903. x rende a ia Ce ct it a att 78 C. F. PARONA -— SAGGIO BIBLIOGRAFICO SULLE RUDISTE Vaccinites radiosus (Des M.), De Lapparent 1886-88 (v. Orbignya). — robustus Touc. 1903. — Rousseli (Douv.), Touc. 1903, 1911. — sulcatus (Defr.), Touc. 1903. — Taburni (Guisc.), Touec. 1903, Douv. 1911. — wvesticulosus (Woodw.), Touc. 1903. — Zurcheri (Douv.), Touc. 1903, Par. 1908. Valletia aliena Pocta 1889. — Germani Pict, et Camp. 1868-71, Hofm. 1913. — Pilleti Mun.-Ch. 1882. — Tombecki Mun.-Ch. 1873, 1882, Parona 1909. II. M. CASSETTI CENNI GEOLOGICI SU ALCUNI MONTI DELLA CAMPANIA E DELLA BASILICATA (Campagna geologica 1914-15) La regione di cui trattasi abbraccia due importanti gruppi mon- tuosi e cioè: 1° Il gruppo di monti che si estende da Montella e da Ba- gnoli Irpino alla città di Campania nel senso longitudinale, e dal monte Acellica, che sorge tra Montella e Montecorvino-Rovella, al comune di Calabritto nel senso latitudinale, e più precisamente quel gruppo di monti che s’innalza sulle due sponde del fiume Tusciano dalle sue sorgenti fino ad Olevano, e che da una parte separa la valle di questo fiume da quella del Calore e dall’altra le due valli pre- dette da quella del Sele. In mezzo a questo gruppo di monti si de- linea lo spartiacque appenninico su cui passa un buon tratto della linea di confine tra la provincia di Avellino e quella di Salerno ; 2° Il contiguo gruppo di monti che separa la valle del Sele da quella della Fiumara di S. Luca sotto Muro-Lucano e dalla valle del Torrente Chiatone sotto Ricigliano, e cioè il gruppo di monti che si estende dalle pendici dei monti sotto Laviano, Valva e Colliano, ai territori di Muro-Lucano, di Bella e di Ricigliano. La struttura geologica della suindicata regione montuosa è stata studiata, su grandi linee, molti anni or sono, da altri operatori ed è stato pure tracciato un sommario rilevamento geologico . | Nel 1914 è stato dato a me l’incarico di completarne lo studio e in pari tempo eseguire un rilevamento più dettagliato, in modo da 80 M, CASSETTI approntare senz’altro le tavolette della Carta topografica dell’Istituto Militare da essa abbracciate, per la prossima pubblicazione. Ecco intanto un piccolo riassunto delle mie osservazioni geologiche. Trias. — Tanto nell’uno conìe nell’altro dei gruppi montuosi di cui ci occupiamo, il terreno basale è quello triasico, rappresentato da dolomie leggermente bituminose a struttura prevalentemente sci- stosa e talvolta compatta e cristallina. È Nel primo di essi il citato terreno triasico è notevolmenti l svi- luppato e la dolomia scistosa, di cui è essenzialmente costituito, non ‘è che il proseguimento di quella che affiora nei vicini monti di Giffoni, nella quale s'incontra un’abbondante fauna ittiolitica che formò og- getto di studi negli anni 1862-66 e 68 da parte del prof. O. G. Costa (1) e nel 1896 dal prof. Fr. Bassani (2). La suindicata dolomia triasica nel nostro gruppo montuoso oc- cupa i monti che si estendono dall’abitato di Montecorvino-Rovella alle pendici meridionali del monte Acellica, dove dal lato occiden- tale si collega colla dolomia di Giffoni e dal lato opposto s’inoltra lungo la sponda destra della Valle Isca della Cupa, influente del fiume Tusciano, e nella quale scaturiscono le prime sorgenti di questo fiume. Quivi si protende fino al piccolo monte su cui sorge il diruto castello denominato La Rotonda e che forma spartiacque appenninico tra la valle del fiume Calore sotto Montella, confluente del Volturno, e la valle del citato fiume Tusciano, che sbocca nel golfo di Salerno. Dalle pendici meridionali del monte Acellica la dolomia triasica prosegue nella valle del Tusciano al disotto dell’altipiano quaternario su cui sorge l’abitato di Acerno, da dove s’innalza fino quasi a rag- (1) O. G. Costa. — Studi sopra i terreni ad ittioliti del Regno di Napoli diretti a stabilire l’età geologica dei medesimi. (Appendice agli Atti della R, Ac- cademia delle Scienze). Napoli 1862. O. G. Costa. — Illustrazione di due ittioliti del genere Lepidobus recen- temente ottenuti dagli schisti bituminosi del Pettine presso Giffoni, seguita da talune critiche osservazioni su questo genere. Napoli, Atti Accademia Scienze, III, 1866-68. (2) F. BASSANI. — La ittiofauna della dolomia principale di Giffoni (prov. di Salerno) (Palaeontographia italica, Vol. I). — Pisa, 1896. CENNI GEOLOGICI SU ALCUNI MONTI DELLA CAMPANIA E DELLA BASILICATA 8] giungere la cima del monte Polveracchio per proseguire ad Est nella parte più bassa dell’alta valle destra del Sele e ad Ovest sulle due sponde del Tusciano fin sotto il paese di Olevano a pochi chilometri a Nord di Eboli. La pendenza degli strati dolomitici triasici non oltrepassa i 30° ed è rivolta verso Ovest nelle pendici adiacenti alla valle del Tusciano e in enso opposto nell’alta valle del Sele, così che fra le due regioni abbia Lo una leggera sinclinale. Nel successivo gruppo di monti ad oriente del Sele il terreno triassico è rappresentato solo da due limitati lembi di dolomia, dei quali uno affiora nell’alta sponda sinistra del Sele lungo le pendici che separano l’abitato di Valva da quello di Laviano e l’altro nella stessa sponda sinistra del Sele nelle falde occidentali del monte Pruno di fronte all’abitato di Oliveto. Precisamente nelle adiacenze di questo piccolo affioramento do- lomitico, a pochi metri dal corso del Sele, sgorgano le sorgenti di acqua termo-minerale di Oliveto-Citra, assai apprezzate come mezzo curativo e dove sorgono all’uopo alcuni stabilimenti di bagni. Nella regione dolomitica sopra indicata, da me percorsa in vario senso, non mi è stato dato di rinvenire dei fossili, nè tanto meno 3 n «del punti fossiliferi analoghi a quello di Giffoni. Cretaceo. — Sulle suindicate dolomie triasiche si appoggia diret- tamente e con stratificazione quasi sempre discordante, una enorme massa di calcari cretacei, i quali mostrano qua e là, benchè assai ra- ‘ramente, degli avanzi di Requienie e impronte di turriculate, molto probabilmente del genere Nerinaea. Di guisa che è da ritenersi che detti calcari siano tutti riferibili al Cenomaniano. Tanto nell’uno come nell’altro dei gruppi di monti in esame, gli accennati calcari cretacei, nella parte più bassa, in quella cioè che | sta a contatto colla sottostante dolomia, si presentano a struttura semicristallina, sono leggermente dolomitici ed a tinta prevalente- mente grigiastra. Mano mano però che passiamo alla zona più alta tale facies cambia gradamente fino a trovarci in presenza di calcari bianchi compatti e a grana fina. i = Ia a PI ME PESI SATIRA DIE NRE LI IA DR De I OL 82 M. CASSETTI Nel primo gruppo il calcare cretaceo, dopo avere occupato la zona culminante del Monte Acellica, discende nei successivi monti a Nord-Ovest adiacenti e soprastanti all’abitato di Montella sulla sponda sinistra del Fiume Calore, s’inoltra quindi nella sponda op- posta di detto fiume sopra Bagnoli, dove poi va a costituire quella importante corona di monti dellà catena appenninica che contorna il piano di Laceno, della quale fa parte il così detto Montagnone di Nusco, che forma l’alta sponda destra dell’Ofanto e che si estende a Sud fin sopra l’abitato di Acerno e ad est fino sopra gli abitati di Caposele, Calabritto e Quaglietta, dove forma l’alta sponda destra del Sele. Ed è appunto questa grande massa calcarea cretacea quella che costituisce il bacino assorbente, da cui provengono le abbon- danti sorgenti di Caposele, le quali, per effetto di sfioramento, al contatto cioè tra i detti calcari e le argille eoceniche .che vi si ad- dossano in discordanza, scaturiscono presso l’abitato di detto comune; esse sono già incanalate nel grande acquedotto, destinato a dare la tanto necessaria acqua potabile alle tre provincie pugliesi. La pendenza predominante degli strati di detta massa calcarea, segue presso a poco quella della sottostante dolomia triasica e cioè volge verso oriente e solo in dati punti la stratificazione forma delle leggere anticlinali e sinclinali. Uno di questi punti dove tale ac. cidentalità stratigrafica si osserva con molta evidenza è al Monte Polveracchia dove gli strati sono disposti ad anticlinale col centro nella cima di detto monte, come è indicato nella unita sezione geologica. s= = 5 o O 2 (o) = = ,S ras ia 3) (©) = air e (02) ca = © 50 = 5 ES S ca O od. _— » mn O l'i da © = 2 pi (2) à 3 S cas 3 S 2 E = È _ E Su ® = è x 0° : è ul a Fi > (©, 2 CENNI GEOLOGICI SU ALCUNI MONTI DELLA CAMPANIA E DELLA BASILICATA 83 I calcari cretacei del contiguo gruppo montuoso sulla sinistra del Sele occupano quasi tutta la sua estensione, dappoichè solo nella sua parte centrale più verso Nord, essi sono ricoperti da ter- reni posteriori eocenici e pliocenici dei quali parleremo in appresso. Eocene. — Nel primo dei due gruppi montuosi in esame il terreno eocenico si presenta in lembi più o meno estesi,i quali si appoggiano in discordanza ora sui calcari cretacei, ora sulle sottostanti dolomie triasiche e talvolta sugli uni e sulle altre contemporaneamente come appare nella superiore sezione tra il Torrente Castellaccio e il V. del Deserto. IL’ Eocene è principalmente rappresentato da scisti argillosi, cal- carei e marnosi, nei quali si vedono qua e là intercalati dei calcari nummulitici e delle arenarie grossolane più o meno compatte, come si può facilmente osservare alla Serra della Manca ad est sopra Mon- tecorvino-Rovella. Questa Serra è quasi completamente costituita dalle citate roccie eoceniche appoggiate direttamente sulle dolomie triasiche della valle del Tusciano a Nord-Est e dei monti sopra Mon- tecorvino-Rovella a Nord-Ovest. L’Eocene si estende dal lato di Sud- Ovest fin sotto l’abitato di detto comune e fin presso le piccole fra- zioni di Salcito e Valle e quindi s’inoltra verso la successiva valle del fiume Picentino. Come sopra ho accennato nella citata Serra della Manca affio- rano dei lembi di calcari indubbiamente intercalati negli scisti ar- gillosi, uno dei quali occupa la cima della detta Serra. In questi calcari si scoprono ad occhio nudo numerose forami- nifere fra le quali qualche nummulite. Furono da me raccolti alcuni campioni di detti calcari e da essi sono state ricavate diverse sezioni sottili, le quali furono stu- diate dal dott. Prever del Museo geologico di Torino, che mi ha gen- tilmente comunicato le determinazioni seguenti : Bruquierea sub-Virgilioi Prev. î » sub-Ficheuri Prev. ) cfr. Ficheuri Prev. ‘Paronaea latispira Mngh. 84 M. CASSETTI | LS Spyroclypeus granulosus Boussac Orthophragmina Pratti Mich. ) cfr. parmula Rit. » cfr. aspera Giimb. Cycloclypeus cfr. crunulatus Mart. ) Sp. Rotalia cfr. annectens. Calcarina Sp. Chapmania gassinensis Silv. Amphistegina Sp. Rupertia Sp. Polystomella sp. Alveolina sphaerica Fort. pc ) var. granum milii Bosc. » Haueri d’Orb. Miliolidae (abbondanti) Lithothamnium (rari). i Il dott. Prever aggiunge che la suindicata fauna porta a ritenere che si tratta di Eocene medio e più precisamente di Luteziano. Nel contiguo gruppo di monti ad Est del Sele, il terreno eocenico è essenzialmente rappresentato da calcari, ì quali sembrano assai svilup- pati nella regione centrale a Nord tra i due limitrofi territori di La- viano e di Muro Lucano e precisamente nelle adiacenze della località in cui esiste un’antica cava d’asfalto, ora abbandonata, e dove s° in- contra altresì un lembo piuttosto limitato di scisti argillosi eocenici. Ma in questa località non ho potuto completare le mie escur- sioni per constatare sia l'estensione dei citati calcari eocenici, sia l’esistenza di altri lembi di scisti. Mi riserbo di far ciò nella pros- sima campagna. Nella regione a Nord di questo gruppo il terreno eocenico ac- quista un notevole sviluppo, dapoichè oltrepassa lo spartiacque ap-o penninico e scende nella opposta valle dell’Ofanto, sempre rappre- sentato da scisti argillosi, marne argillose e calcaree con intercala- zioni di calcari e di arenarie. CENNI GEOLOGICI SU ALCUNI MONTI DELLA CAMPANIA E DELLA BASILICATA 85 Mi limiterò a parlare. di quello che occupa l’alta valle del Sele, vale a dire i dintorni degli abitati di Calabritto e di Caposele, avendo già descritto in una precedente mia nota le roccie eoceniche che formano l’alta sponda destra dell’Ofanto fino al Monte Cresta del Gallo, su cui passa il citato spartiacque appenninico (1). A ridosso dei monti cretacei su cui si appoggiano gli abitati di Calabritto e di Caposele troviamo che insieme alle argille e marne eoceniche appariscono degli affioramenti più o meno estesi e potenti di masse costituite di un’alternanza di arenaria grossolana micacea giallastra a grossi banchi, di arenaria compatta giallastra e bluastra a grana fina e a piccoli banchi, non che di straterelli più o meno sottili di scaglia rossastra e bluastra ora calcarea, ora marnosa ed ora argillosa. Ma la roccia predominante è sempre l’arenaria grosso- lana micacea. Siffatti affioramenti risultano contemporanei alle argille e marne eoceniche fra le quali si trovano, e tale mia asserzione è avvalorata dal fatto che alcune di dette masse arenacee si vedono indubbia- mente intercalate nelle dette argille. Un esempio assai evidente di tale intercalazione può facilmente osservarsi nel colle arenaceo sulla cui sommità sorge il rinomato convento di Mater Domini. In questo colle, che s’innalza sulla sponda sinistra del Sele e su cui si appoggia una delle spalle del ponte di Caposele, in prossimità dell’abitato del detto paese, si rileva in modo indiscutibile che gli strati arenacei, marnosi e scistosi del colle in discorso, si sprofondano con forte pendenza nel lysch eocenico entro cui scorre gran parte di detto fiume. Analoghi affioramenti, dei quali alcuni notevolmente estesi ed in cui si ha un’assoluta preponderanza di strati di arenaria grossolana micacea, si affacciano nella contigua regione ad Est dell’alta valle del Sele, in quella cioè che rimane compresa tra la detta valle e gli abitati di Castelgrande e di Pesco Pagano. Ivi i depositi arenacei si (1) M. CASSETTI. — Relazione preliminare sulla campagna geologica del 1912 (Bollettino del R. Comitato geologico d’ Italia. Vol. XLIII, fasc. 4°, 1912). x 86 M. CASSETTI presentano generalmente appoggiati sugli scisti argillosi e solo in pochi punti sono a questi intercalati. Tali affioramenti arenacei sono altresì appoggiati sui calcari eocenici, i quali in masse più o meno estesè e potenti si incontrano anch'essi nella regione in discorso, e che tutti insieme si addossano ai calcari cretacei del gruppo. Parmi pertanto che in vista delle suindicate condizioni tecto- niche sia senz’altro da escludere che i descritti depositi arenacei possano ritenersi miocenici, e che debbano invece ritenersi eocenici, cioè contemporanei agli scisti in mezzo ai quali si trovano. I Perciò, fino a prova contraria, bisogna ammettere che nella re- gione di cui ci occupiamo il Miocene manca completamente. Pliocene. — Dal terreno eocenico si passa senz’altro a quello pliocenico, il quale si presenta con un ‘notevole sviluppo special- mente sulla sponda sinistra della Frazione di S. Luca, a valle degli abitati di Muro Lucano e di Bella. | Quivi s'incontrano giacimenti abbastanza estesi e potenti costi- tuiti di un conglomerato arenaceo quasi sempre incoerente, associato e talvolta soprastante a limitate zone di sabbia gialla, da riferirsi indubbiamente al Pliocene superiore. Essi sono ora completamente appoggiati al /lysch eocenico, come quelli che formano la così detta Toppa del Tesoro e la Serra Casale a Sud Ovest sotto Bella ed ora sono addossati in parte sull’ Eocene e in parte sui calcari cretacei, come, quelli che affiorano a ridosso e a valle dell’abitato di Muro. ( Altri lembi di conglomerato, ma di poca entità, li troviamo ada- giati sulla gran massa di calcari cretacei costituenti il gruppo mon- tuoso sulla sinistra del Sele, quali sarebbero : quello che affiora nella Serra Raitello poco lungi dal monte Paratiello a Sud-Ovest di Muro e quelli adiacenti alle Masserie di Guastapane e di S. Giuliano ad Ovest della così detta Difesa degli Stursi a Nord di Ricigliano. Nell’altro gruppo di monti in esame abbiamo il colle a S. O. sopra l’abitato di Montecorvino-Rovella e precisamente quello su cni sorge il vecchio castello e la cappella della Madonna delle Grazie, il quale è pure costituito di conglomerati sabbiosi più o meno ce- CENNI GEOLOGICI SU ALCUNI MONTI DELLA CAMPANIA E DELLA BASILICATA 87 ‘ mentati, analoghi a quelli precedentemente descritti, appartenenti anch’essi al piano superiore del Pliocene. Si tratta di un giacimento piuttosto potente, il quale dal lato che guarda il detto paese si appoggia direttamente sulle dolomie triasiche e dagli altri lati riposa sul flysch eocenico. Quaternario. — Questo terreno comprende depositi più 0 meno estesi di breccia calcarea piuttosto minuta e generalmente poco ce- mentata e depositi di detriti calcarei e argillosi, misti a tufi terrosi vulcanici aerei, provenienti probabilmente dai non lontani vulcani estinti e cioè il Vulture e il Somma. Gli uni e gli altri dei citati depositi sono riferibili al Quaternario antico. I depositi di breccia s'incontrano ordinariamente nel fondo delle valli e in alcuni declivi montuosi, gli altri occupano le conche carsiche e le bassure interposte fra i monti. Essi sono piuttosto numerosi, frequenti ed anche estesi nel primo dei due gruppi montuosi di cui ci ‘occupiamo, in quello cioè che dalla valle del Tusciano passa a quella sul Sele; nell’altro invece sono assai rari e sempre limitati. | Meritano particolare menzione: | 1° Il deposito detritico misto a tufi terrosi, che sì estende dal- l’altipiano di Acerno alla sottostante valle Isca della Cupa, dove s'innalza ad una discreta altezza sulle due sponde di detta valle e sì protrae fino al punto di distacco di questa. e cioè al suindicato monte La Rotonda. E qui parmi opportuno di notare che lungo la valie del Tu- | sci&no, proprio sotto Acerno, e più esattamente poco a monte delle dirute cartiere, appariscono, intercalati nel detto deposito, alcuni piccoli letti di torba di qualità non disprezzabile, ma che per la poca entità del giacimento, non dà affidamento alcuno per una proficua lavorazione. a 2° Il deposito di tufi terrosi che occupa l’esteso piano di Laceno ad Est sopra Bagnoli e quelli analoghi, ma assai "più limitati, che in A RA i ni re i ri e e tte « —©ccupano le conche adiacenti denominate Piano di Savrano, Piano : Acernense e Piano del Gaudo. 88 M. CASSETTI-— CENNI GEOLOGICI SU ALCUNI MONTI DELLA CAMPANIA ECC. 3° I diversi giacimenti di breccia calcarea terrosa e spesso in- coerente che affiorano più specialmente nei monti adiacenti alla valle. del fiume Tusciano dei quali il più esteso e potente è quello che dall’alveo di detto fiume, poco a valle delle sue sorgenti, sale da un lato ad una notevole altezza sulle Coste del monte Polveracchio e dall’altro s’ inoltra nella contigua valle del fosso Pinzarrino. Questo deposito di breccia rimane ‘addossato in parte sulla dolomia triasica e in parte sui calcari cretacei a Requienie. Altri due analoghi giacimenti s'incontrano sulla sponda sinistra del Tusciano a Sud di Acerno, uno che occupa il Piano di Pontuni e un altro poco più a Sud adiacente alla Valle Astrata e che si estende sulle pendici occidentali della Serra Alta, entrambi completamente addossati sulla dolomia triasica. Vanno citati altresì quello che abbraccia il così detto Piano An- tico a metà circa della strada rotabile Acerno-Montecorvino e un altro che affiora nella R. Faito sopra l’abitato di Montecorvino-. Rovella, entrambi appoggiati sulla dolomia triasica. Nell’altro gruppo di monti sono soltanto da notare i due depo- siti quaternari, uno di detriti di falda e l’altro di conglomerati quasi sciolti, i quali appariscono sulla sponda destra del Sele; e precisa- , mente il primo parte dall’abitato di Scuerchia e discende con una discreta larghezza fino a toccare il corso del detto fiume, e l’altro ab- braccia le due limitrofe regioni dette La Difesa e il Sorbo, adiacenti a Nord dell’antica e diruta cartiera di Oliveto-Citra. Tralascio di parlare delle numerose sorgenti di acqua potabile e di acqua minerale esistenti, oltre a quella di Caposele, nella regione montuosa in esame, giacchè tale argomento è ampiamente trattato nelle apposite pubblicazioni fatte a cura del Ministero di agricoltura, concernenti la Carta Idrografica d’ Italia (1). Roma, aprile 1916. (1) Carta IArografica d’Italia: Sele, Tusciano ecc. Vol. 37. » . ù | BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA — Ti 1 - 5 et: | PER L’ANNO 1914. | wi si G ® | bd fl . 7 DI i Lai 1 Da { = . s \ i x î . ) à ' ' . . 4 : » x XI % « Lai ; 4, _ . da » la nr +» i 4 d A 3 & e n = Li y A NI ” 3 à J P. » : . » 9 RA 1) Pes A È A n ” qc e» a - la se - - . d: =, % € L . È 6 bad . va 5 + d - i x . * a . È È a » a - À € “ A ; 4 ] + - » ° Ù \ i è , - ì « p . / . ‘ n LI } à * J . . a À . * n i PRO = ” . è ‘ ECIRERRP SPORE ELARIO CENTO NI A NREIZ O VOTI SIT e o SI FIT perio : +* CA BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA PER L'ANNO 1914 0) ANONIMO. — La torbiera di Codigoro. (L’Ind. chim., min. e metall., Anno I, N. 12, pag. 337-339). — Roma-Torino. Prendendo norma dai risultati offerti dall'esercizio della torbiera di Orentano in provincia di Firenze, la «Società per l’utilizzazione dei com- bustibili italiani» assunse, verso la metà del 1912, lo sfruttamento della torbiera di Codigoro, costruendo all’uopo un grandioso impianto basato sul concetto informatore di utilizzare la torba non già direttamente come com- bustile povero, ma bensì di trar partito di quei suoi componenti che — come l’azoto — hanno valore industriale superiore al carbonio, nonchè di tutti gli altri prodotti e sottoprodotti che vanno interamente perduti quando Ì la torba viene direttamente utilizzata nei focolari. La coltivazione della torba, secondo il concetto informatore anzidetto, esige pertanto la costruzione di opifici speciali a diversi reparti, dai quali s possa ricavarsi quanto la torba contiene di utilizzabile. | Esposti i caratteri fisici ed industriali della torba di Codigoro e l’entità È del giacimento torbifero, l’autore descrive sinteticamente tutte le varie fasi i della complicata lavorazione, indicando la natura e la quantità dei prodotti ‘che se ne ottengono, tra cui il più importante è il solfato d’ammonio. di (E. TIssi). ANONIMO. — Giacimento di lignite in Sicilia. (Rass. ind. solf., Anno XXVI, N. 1, pag. 4). — Caltanissetta. Riferisce l’autore che un giacimento di lignite torbosa dello spessore di 3 a 9 metri è stato scoperto, mediante trivellazioni eseguite nel 1912, nella proprietà Fiaccavento-Rizzo, in contrada Giummarito del territorio di Noto, in provincia di Siracusa. (1) Vi sono comprese anche quelle pubblicazioni che, pur trattando di località estere, interessano la geologia d’Italia od hanno rapporto con essa. - di 4 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 Il giacimento riposa sui calcari miocenici ed è coperto da terreni di natura alluvionale così da lasciar comprendere che si tratti di formazione quaternaria. Trovandosi il banco lignitifero a circa 20 metri di profondità sotto il piano di campagna, furono scavati, ad una distanza di 140 m. l’uno dal- l’altro, due pozzi per iniziare la coltivazione sotterranea del combustibile, ma per diverse ragioni i lavori vennero sospesi in attesa che qualche Ditta mineraria pratica della partita ne riprenda la lavorazione, sembrando che il giacimento, oltre ad un notevole spessore, presenti anche una discreta estensione superficiale. (E. TIssi). ANTONELLI G. — Di alcuni giacimenti diatomeiferi della campagna romana. (Mem. Pont. Ace. Lincei, Vol. XXXII, pag. 187-234). — Roma. Nella presente memoria sono elencate e descritte le diatomee contenute nei sedimenti diatomeiferi scoperti dall’ing. Enrico Clerici nelle seguenti località : 1° Via Laurentina al km. IV (presso le Tre Fontane); 20 Via Laurentina al km. VI (oltre Ponte Buttero); 3° Torraccio, sulla Via Ostiense; 4° Mostacciano, sulla Via di Castel Porziano ; 5° Casetta, presso Grotta Osenza sulla Via Tiberina; 6° Tor Vergara; 7° Torrimpietra. A questi giacimenti si aggiunge quello di Isola Farnese, il cui ma- teriale diatomeifero fu raccolto dal prof. Bonetti. 1° Il giacimento di Via Laurentina al km. IV trovasi prima delle Tre Fontane. Le formazioni di questa località risultano da argilla giallo- verdastra in basso, e più sopra dal complesso di tufi granulari stratificati e brecciformi con pomici, da uno strato di argilla tripolacea con diatomee, in prevalenza Epithemie, da pozzolana rossa, dal conglomerato giallo, da un nuovo strato di tripoli insieme con spicule e amfidischi di Spongilla fluviatilis e diatomee di acqua dolce. L’ing. Clerici ha dato un elenco di 14 specie di diatomee rinvenute nel materiale di questo giacimento, elenco che l’autore riporta nella presente memoria. 2° Il giacimento di Via Laurentina al VI km. si trova dopo Ponte Buttero: è biancastro, leggero e compreso tra materiale tufaceo sabbioso, ricco d’impronte di filliti, e terra rossiccia, ricoprente a sua volta una Sale e dia fi Dire Seite a BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 (di; serie di strati brecciformi a materiali vulcanici, scorie, lapilli, lave, oristalli di augite, melanite, leucite, ecc. 3° Il giacimento del Torraccio è situato sulla Via Ostiense ed è una vera farina fossile. Gli strati marnoso-tufacei diatomeiferi sono intercalati alla formazione travertinosa a tutte le altezze. 4° Il giacimento di Mostacciano, nel quale il banco di tripoli bian- castro è sovrapposto lalla serie di tufi granulari e ricoperto da pozzolana rossastra, si trova sulla Via di Decima e Castel Porziano, che si dirama dalla Ostiense al 4° chilometro. L’ing. Clerici ha dato di questa località un elenco di 23 specie, che sono riportate nella presente memoria. Li : 50 Il giacimento di Casetta trovasi presso Grotta Oscura, sulla Via Tiberina, ed è in strati biancastri e farinosi, soprastanti ad antichi tufi li- toidi gialli. 6° A Tor Vergara la successione dei terreni nei quali si trova incluso { ‘ il tripoli è — dal basso all’alto — la seguente: sabbia gialla ghiaiosa, ar- gilla giallastra e grigia, sabbia gialliccia, tufi granulari, tufo giallognolo a pisoliti, terra bruna, tufi granulosi, strato di tripoli bianchissimo di acqua dolce, tufi granulari e terrosi. Di questa località è dato l’elenco di 21 specie. 7° A Torrimpietra sinotano particolarmente strati marnoso-tripolacei con interposte fasce di lapilli e sabbie vulcaniche. In questa località si sono trovati anche resti di pesci. 8° Ad Isola Farnese il tripoli diatomeifero si trova presso il Casale ed è ricoperto da tufi vulcanici. i Tutti i suddetti giacimenti sono quaternari. È Dal particolareggiato elenco di diatomee inserito nella nota, si deduce È che si tratta di giacimenti di acqua dolce, ad eccezione di quello di Torrim- 4 pietra che è salmastro. A questo riguardo osserva l’autore che se tra i giacimenti d’acqua dolce si trova qualche rarissima forma salmastra, ciò non infirma la loro natura - di depositi di acqua dolce, ben noto essendo che molte forme salmastre sono anche di acqua dolce, e che anzi alcune sono d’acqua dolce, salmastra e anche marina. La facies generale, complessiva, è d’acqua dolce. Il giacimento di Torrimpietra, salmastro, indica una comunicazione con l’acqua del mare e la persistenza, in qualche punto, di acqua salmastra in tempo non troppo remoto. E poichè questi giacimenti diatomeiferi si trovano intercalati — oltre chè ad altre rocce — a tufi vulcanici, ne segue che l’origine di questi tufi non è certamente marina. (E. TISSI). 6 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 ARCES B. — Descrizione geologica dei dintorni di Calascibetta e delle miniere Realmesi. (Rass. ind. solf., Anno XXVI, n. 8, pag. 6-8, con 3 tav.). — Caltanissetta. In questa nota l’autore ideserive la costituzione geologica dei terreni formanti le località di. Realmesi e Calascibetta, enumera le miniere che vi furono attivate, riporta la successione stratigrafica, la natura litologica e la potenza delle formazioni riscontrate coi lavori, e ricorda infine le prin- cipali particolarità verificatesi durante lo sfruttamento delle miniere e le dif- ficoltà di vario genere che dovettero essere superate. ; (E. TISSI). ARTINI E. — Sulla diffusione delle rocce a Nefelina nella Libia. (Rend. R. Accad. Lincei, S. V, Vol. XXIII, fase. 1°, 1° sem., pag. 25-27). — Roma. Con riserva di pubblicare per esteso i risultati delle sue ricerche, l’au- tore si limita nella presente nota ad una esposizione sommaria e sintetica dello studio petrografico da lui effettuato sul materiale roccioso raccolto dall’ing. Ignazio Sanfilippo durante il suo noto e fortunoso viaggio in Tri- politania. Furono raccolte fonoliti nelle seguenti località : a) Gebel Tkut, nel Garian ; b) Bacino del Hira, tra Garian e Tarbòna; c) Monti del Gem, a S-0 di Tarhòna; d) Lembi occidentali del Gebel-es-Soda. Sono in gran parte fonoliti ad egiîrina. i Vi sono abbondanti la nefelina e il sanidino. Nella fonolite del Garian è abbondante la sodalite, mentre nelle altre si trova, non scarso, l’analcime. Come accessori si mostrano orneblenda, titanite, apatite. Basalti nefelinici furono trovati : a) Nella regione a S-0 del Garian ; b) Sulle falde settentrionali dei monti del Garian ; c) Nel bacino del Hira, tra Garian e Tarhòna. Sono rocce molto rieche di augite bruno-violacea, talune anche di olivina, e piuttosto povere di nefelina. Abbastanza abbondanti i granuli minutissimi di magnetite; accessori biotite, apatite e tracce di egirina, Basaniti nefeliniche furono constatate tra le rocce provenienti da a) Gebel Tkut, nel Garian; b) Bacino del Hira, tra Garian e Tarhòna; c) Gebel-es-Soda, regione a Sud di Socna. - iam ua cadi ATE O SIR RE PRATI BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 7 Queste rocce sono caratterizzate dalla associazione di un plagioclasio basico (labradorite), in cristalli geminati, con nefelina. Tra gli elementi colorati prevalgono l’augite e l’olivina. Abbondante la magnetite; accessori biotite, apatîte, ilmenite, analcimo. Basalti feldspatici si rinvennero, jbenchè scarsamente, fra i campioni raccolti: a) nel bacino del Hira, tra Garian e Tarhòna; b) nella regione a Sud del Uadi Beni-Ulid. Sono rocce alquanto bollose, con abito doleritico, e con tipica struttura intersertale. L’awgite bruniocia si modella nettamente sulle liste di plagioclasio basico (labradorite) è sulla olivina non scarsa. Dall’eseguito esame l’autore è portato a concludere che in tutta la vasta regione percorsa dalla spedizione Sanfilippo-Sforza le zone basaltiche della serie gabbro-dioritica, cioè i basalti feldspatici, rappresentano una assoluta minoranza, mentre la maggior parte delle rocce eruttive raecolte spetta alla serie foyalitico-theralitica. (E. TISSI). ARTINI E. — Note di petrografia libica. 1° Monchiquite di Kaf Batùs. (Rend. R. Ist. lomb. di Sc. e lett., S. II, Vol. XLVII, fasc. XIV-XV, pag. 719-727). — Milano. Facendo seguito alla precedente nota, l’autore inizia con la presente monografia la deserizione degli esemplari di rocce eruttive raccolti dalla Commissione governativa per lo studio agrologico della Libia, nella regione fin qui esplorata dalla Commissione medesima. i Con riserva di pubblicare i risultati completi delle sue ricerche in una serie di successive memorie, l’autore comincia a descrivere nella presente nota una roccia di tipo assolutamente nuovo per la regione. Si tratta di una roccia filoniana, costituente un dicco di 1-2 metri di potenza, che at- traversa i banchi quasi orizzontali della serie triasica al Kaf-Batùs, a S-E di Azizia, ma che sembra doversi trovare anche in altre località del Gebel. Macroscopicamente, la roccia — di color grigio-nerastro — ha aspetto ba- saltico e struttura porfirica; vi si notano subito numerosi grossi interclusi di orneblenda e macchiette gialle dovute a carbonati pseudomorfi di olivina. La giacitura filoniana; la composizione mineralogica ed altri peculiari caratteri, indussero l’autore a ritenere la roccia in questione come una mon- chiquite camptonitica ad augite ed orneblenda, vale a dire come un tipico lamprofiro theralitico. L’augite è presente in notevole abbondanza ed è forse lil minerale pre- valente della pasta fondamentale. Anche l’orneblenda è piuttosto abbondante. 8 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 Di olivina inalterata la roccia non presenta, nei campioni esaminati, più traccia alcuna, ma nella massa non difettano i segnievidenti dell’alterazione di tale elemento. Il feldspato plagioclasico forma parte della pasta in listerelle di dimensioni un poco maggiori di quelle dei cristalli d’augite e d’orneblenda. Abbondantemente diffusi in tutta la pasta sono gli ossidi di ferro, da rife. rirsi specialmente alla magnetite e all’ilmenite. L’autore gpresenta, per ultimo, l’analisi quantitativa completa della roccia studiata. {E. TISSsI). Azzi G. — Sulla formazione di una caverna nelle argille. (Boll. Soc. geogr. it., S. V, Vol. III, n. 10, pag. 1094-1106). — Roma. Nella presente nota sono descritti i caratteri topografico-morfologiei di una grotta scoperta dall'autore nell'autunno del 1912 tra i Calanchi del Rio Corsignano, nel bacino del Santerno, e sono posti in evidenza i rapporti della grotta stessa con una profonda rete di crepacci che ivi interessano la massa argillosa (argille azzurre del Pliocene). L’imboccatura della grotta in parola è alta m. 2,20 e larga m. 1$0. Vi sì accede dal fondo del Rio Corsignano per una breve fossa profonda- mente intagliata ed erosa dalle acque correnti. La lunghezza totale dal fondo all’imboeco è di m. 16,60; la larghezza varia da m. 1,30 a m. 4,00 e l’altezza è variabile da m. 2,60 a m. 3,60. Il pavimento della grotta è intaccato dal solco d’erosione, largo 30-40 cm. e profondo 50-60, il quale corvoglia verso l’esterno le acque che si accumu- lano nella grotta medesima. Contenendo le argille azzurre del Pliocene quantità talora rilevanti di carbonato di calcio, solubile, ed una estesa e complicata rete di screpolature che ne rompe la massa, non desta meraviglia se nelle argille medesime, in parte solubili e serepolate, si riscontrino, sebbene in scala ridotta, fenomeni analoghia quelli carsici; secondo l’autore le forme di rilievo dovute a fenomeno carsico nelle argille corrisponderebbero al clima dell’estate (forme estive). La grotta di cui trattasi si sviluppa in corrispondenza al punto idrogra- fico di un bacino collettore nelle argille : nei punti omologhi degli altri ba» cini collettori si osservano invece dei profondi solchi di erosione, profondi 5-7, larghi 1-2 e lunghi qualche decina di metri, nei quali si raccoglie l’aoqua che scorre e si accumula tra le creste calancoidi, Circa le cause che rendono possibile, nelle argille, il fenomeno carsico, specialmente in corrispondenza al punto idrologico, l’autore ritiene siano le seguenti: ansia entita ho s& e. ca ti» Le BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 9 a) in primo luogo la enorme massa d’acqua che, raccolta tra gli in- numerevoli solchi di erosione, improvvisamente confluisce nell’area ristretta del punto idrologico ; b) in secondo luogo la forte discontinuità di pendenza che si osserva tra la pendice del bacino collettore ed il piano su cui giace il canale di effluvio (scolo). (E. TIssI). BASSANI F. — Sopra un pesce fossile degli scisti calcareo-marnosi triassici del Galletto presso Laveno sul Lago Maggiore (Peltopleurus humilis Kner). (Boll. R. Com. g30l. d’Italia, vol. XLIV, fasc. 2°, pag. 101-105, con 1 tav.). — Roma. La nota ha per oggetto la descrizione di un piccolo pesce fossile rac- colto dall’ing. Pullé, dell’ Ufficio geologico, in una zona di scisti marnosi, intercalati fra la dolomia triassica, i quali affiorano sulla sponda orientale del Lago Maggiore, presso l'imbocco N. della galleria di Laveno, a breve distanza dal caratteristico masso di dolomia detto Sass Galet. Osserva l’autore che l’ittiolito offre notevole interesse, anzitutto perchè la sua determinazione permette di stabilire con esattezza l’orizzonte geolo- gico al quale gli accennati scisti appartengono, e poi perchè il suo buono stato di conservazione offre modo di aggiungere altri caratteri a quelli ri- levati sugli esemplari già noti della medesima specie. Dal complesso dei suoi caratteri l’autore ritiene che l'esemplare in pa- rola sia da ascriversi al genere Peltopleurus, e precisamente al Pelt. humilis Kner., e che pertanto la zona calcareo-marnosa del Galletto appartenga alla Dolomia principale. (E. TIssI). BASSANI F. — Sopra un Bericide del calcare miocenico di Lecce, di Rosignano Piemonte e di Malta. (Atti R. Acc. Sc. Napoli, S. II, vol. XV, N. 1, con 2 tav.). — Napoli. La nota descrive ed illustra quattro pesci fossili della famiglia Bery- cidae, due dei quali provengono dal calcare di Lecce (pietra leccese), uno dal calcare di Rosignano Monferrato in Piemonte (pietra da cantoni) ed uno dal calcare dell’isola di Malta (pietra di Malta). Scopo principale della me- moria è di dimostrare che gli anzidetti fossili rappresentano tutti un’ unica specie ( Myripristis melitensis A. Smith Woodward, sp.) e di fornire pertanto un nuovo argomento in favore deila contemporaneità ‘dei tre giacimenti di Lecce, di Rosignano Monferrato e di Malta, confermando così l’età langhiana . del deposito di Rosignano, già indicata da qualche autore e recentemente sostenuta anche dal Prever. (E. TISSI). 10 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 BASSANI F. — Sopra un Pholidophorus del Trias superiore del Tinetto nel golfo della Spezia. (Rend. R. Acc. Lincei, S. V, vol. XXXIII, fase. 9, 2° sem., pag. 379-383). — Roma. Di un resto di pesce fossile trovato dal Pilla«negli scisti bruni delTinetto» e conservato nel Museo geologico dell’Università pisana, nonchè di un altro ittiolito raccolto nel 1856 nei medesimi calcari scistosi dal prof. G. Capel- ini e presentemente custodito nel Museo geologico dell’ Ateneo bolognese, si occupa la presente nota. Il fossile raccolto dal Pilla appartiene sicuramente — a giudizio del- l’autore — al genere Pholidophorus, e precisamente alla specie Phol. latiu- _soulus Agassiz, di cui riproduce completamente i earatteri. Quanto all’esemplare raccolto dal Capellini nulla — sempre secondo l’autore — può dirsi di sicuro, ma è verosimile ch’esso corrisponda al primo, ossia a quello raccolto dal Pilla. (E. TIssi). BERTONI G. — Ricerche sulla composizione chimica dell’acqua ferro-manga- nesifera-arsenicale di T'artavalle (Valsassina, circond. di Lecco, Provincia di Como). (Estr. dal Boll. Chimico-farmaceutico, anno 52°, fase. 21, opus. in-8° di 11 pag.). — Milano. Premesse alcune notizie d’ordine storico, geografico, demografico, ed esposte alcune considerazioni sulla costituzione geologica, sulla orografia, sulla natura litologica e mineralogica, sui caratteri idrografico-morfologici, sulle vicende industriali a cui andò soggetta la Valsassina, l’autore viene a parlare delle sorgenti d’acqua minerale di Tartavalle, di proprietà dei re- verendi sacerdoti fratelli Fondra, le quali scaturiscono — a detta dell’au- tore — da una formazione costituita da grani minutissimi di quarzo piri- toso, commisto a detriti della puddinga rossa e delle arenarie variegate, che coi micascisti e coi calcari dolomitici formano quasi il fondo della valle. L’autore ha di recente eseguito nuove ricerche e nuove analisi dell’acqua della sorgente principale di Tartavalle, che scaturisce, con zampillo dal ter- reno presso il fondo della valle, con portata di circa 1000 litri all’ora, por- tata costante per qualsiasi influenza meteorica. L’aequa alla fonte è per- fettamente limpida; col tempo all’aria diventa leggermente opalescente, depositando — dopo qualche giorno — dei fiocchi ocracei. Ha un lieve sa- pore astringente in sul principio, al quale succede una decisa sensazione sa- lino-metallica. Non ha odore apprezzabile e la sua reazione è debolmente acida per acido carbonico. La temperatura fu trovata, alla sorgente, di 119,8 C, essendo la temperatura esterna di 6°,6 C, alle ore 9 del 17 no- vembre 1911, a cielo sereno e tempo calmo. È ct el o | ® ‘ ee — e » hell A Le BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 1] Dopo ciò l’autore espone i risultati delle analisi da lui eseguite dell’acqua i n parola, dalle quali emerge che entrano a far parte dei componenti mine- | ralizzatori due nuovi elementi, cioè il manganese e l’arsenico, che associati al ferro, la cui presenza era già nota, stabiliscono il valore terapeutico di quest’acqua minerale, in cui sono contenuti elementi a proprietà biogene- tiche, curative e medicamentose di prim’ordine, per cui l’acqua stessa può giustamente definirsi una vera e propria acqua ferro-manganesifera-arsenicale. (E. TISsI). BIANCHI A. — Ilmenite e titanite di Val Devero (Ossola). (Riv. di min. e crist. it., vol. XLIII, fase. III, IV, V e VI, pag. 76-88, con 1 tav.). — Padova. Col proposito di eseguire uno studio mineralogico completo della Val Devero, pel quale intende continuare e completare le osservazioni e le ri- cerche intraprese già da alcuni anni, l’autore fa conoscere in questa nota preliminare alcuni cristalli assai interessanti di ilmenite e di titamie da lui raccolti nell’estate del 1913, dei quali porge ora la déscrizione della forma cristallina, sperando tuttavia di poter dare in seguito anche un’ana- lisi chimica esatta. L’autore rinvenne l’ilmenste cristallizzata sul versante italiano della catena di confine fra il M. Cervandone e la Punta della Rossa, sopra la morena del ghiacciaio della Rossa. La titanite fu da lui raccolta in due loca- lità della suddetta valle, cioè sulle falde del Monte Cervandone e sul Monte Forno di Baceno. (E. TISSI). Bonco F. — I fossili tortoniani del Rio di Bocca d’Asino presso Stazzano (Ser- ravalle Scrivia). (Boll. Soc. geol. it., vol. XXXIII, fas. 2°, pag. 395-484, con 1 tav.). — Roma. Osserva l’autore che fra le regioni più ricche di fossili del Piemonte e della Liguria sono da annoverarsi i colli Tortonesi. Nelle colline di Staz- zano, Vargo, Monterosso, Sardigliano, Cuquello, Bavantore, Guisulanella, S. Agata Fossili, S. Allosio, da oltre un secolo illustri scienziati italiani e | stranieri raccolsero numerosi fossili ed arricchirono di stupende raccolte una gran parte dei Musei paleontologici d'Europa. Tutte le suindicate località appartengono al Tortoniano, piano inferiore del Miocene superiore. Particolarmente degne di nota, trai terreni tortoniani del Piemonte, sono alcune colline di Stazzano, generalmente costituite da marne azzur- rognole poco compatte, con intercalazione di lenti ghiaiose e ciottolose. x I fossili che formano oggetto della presente nota furono raccolti nel ba- 12 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914. cino del Rio di Bocca d’Asino o Valle Armarengo, tra Monterosso e Poggio Forche, nei pressi di Stazzano. A Bocca d’Asino l’autore ha riscontrato 273 specie e 358 forme, tra specie e varietà. Delle 358 forme egli ha osservato che 101 sono locali e sono state segnalate nel solo territorio di Stazzano; 76, tra cui 8 nuove, non vi erano ancora state rinvenute; 32 erano state raccolte nel solo Tortoniano di S. Agata, Montegibbio, ecc.; le altre — infine — erano state notate o nel solo Elveziano, o nel solo Piacenziano, o nell’Elveziano e Piacenziano del bacino piemontese e ligure. L’ autore espone quindi, assai dettagliatamente, la graduatoria delle specie più comuni a Bocca d’Asino, graduatoria indicata secondo l’ordine — di frequenza delle specie stesse. (E. TISSI). BoTtTINI E. — I. L’acqua sulfurea del Colle Mancanello nel Comune di Civi- tella Casanova in provincia di Teramo. — II. La lignite di Campo Impe- ratore in provincia di Aquila. — III. Il marmo del Gran Sasso. (Atti Soc. it. progr. Sc., Settima-Riunione, Siena, sett.1913, pag. 919-920). — Roma. In occasione della Settima Riunione della Società Italiana per il Pro- gresso delle Scienze, tenutasi in Siena nel settembre 1913, l’autore ha presentato tre comunicazioni con le quali ha fatto conoscere: 1°) Che nei pressi del così detto Colle Mancanello, in territorio Co- munale di Civitella Casanova (Teramo) esiste una sorgente d’acqua sulfurea, usata localmente per bagni e per bevanda ; 2°) Che nella pianura denominata Campo Imperatore, a nord-ovest di Castel del Monte (Aquila) esiste, in quantità piuttosto rilevante, della roccia asfaltica o bituminosa, che potrebbe dar luogo a proficue indagini minerarie ; | 3°) Che nei dintorni del Gran Sasso, in parecchi punti, si trovano dei marmi bianchi e colorati di bell'aspetto e suscettibili di perfetto puli- mento, benchè nessuna cava di questo materiale sia stata finora aperta in quella regione. i (E. TISSI). BraUuN G. — Der Monte Argentario in Toskana. (Peterms. Mitt., 60 Jahrg. 1914, Januar H., pag. 17-20). — Gotha. L’autore esordisce rilevando come uno dei più nitidi e caratteristici esempi d’una porzione di continente trasformatasi in isola sia offerto dal Monte Argentario, nella Toscana meridionale. Osserva altresì l’autore che mentre quel promontorio viene da lungo tempo citato nei trattati di geo- logia e di geografia fisica come un esemplare veramente tipico, nessuno stu- «e 7 ai de di Nat lanci) DÒ ei ‘ METRI MRO i la v BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 13 dioso si è tuttavia accinto finora a darne una descrizione radicale e parti- colareggiata ed a spiegare esaurientemente la storia genetica dei Tomboli, ossia di quelle lingue di terra che congiungono la singolare prominenza alla costa toscana. L’autore passa quindi a descrivere la costituzione geologica ed il pro- filo morfologico del Monte Argentario, la conformazione del suo perimetro costiero, i caratteri litologici e morfologici dei tre Tomboli (Tombolo della Giannella a Nord, Tombolo di Orbetello nella parte mediana e Tombolo di Feniglia a Sud), le varie vicende altimetriche a cui dovette andar 80g- getto, in passato, il livello del mare, ed esprime l’ipotesi che la separazione del Monte Argentario dalla costa toscana deve essersi verificata nel Diluvium recente e che lo sviluppo delle lingue alluvionali (Tomboli) che lo congiun- gono alla terra ferma si trovano oggidì in una fase stazionaria. Soggiunge altresì che i rapporti strutturali e morfologici col circostante litorale toscano lasciano supporre che nel periodo Diluviale il livello del Mediterraneo do- veva essere più elevato dell’attuale. (E. TISSI). CACCIAMALI G. B. — Appunti sull’anfiteatro morenico benacense. (Rend. R. Ist. lomb., S. II, Vol. XLVII, fasc. IX, pag. 431-450). — Milano. Dalle osservazioni effettuate in vari periodi di tempo ed in vari punti del vasto anfiteatro benacense, l’autore ha potuto constatare non essere sempre possibile una netta distinzione fra le morene profondamente ferret- tizzate e le morene poco ferrettizzate, come pure tra queste e quelle scevre di ferrettizzazione, e come non sia, conseguentemente, facile cosa lo stabi- lire una sicura demarcazione tra i depositi delle successive glaciazioni. In- fatti tra gli archi più esterni presentanti una tipica, massima ferrettizza- | zione e gli archi più interni caratterizzati da una altrettanto tipica assenza completa di ferretto, si interpongono più serie di archi dimostranti via via tutte le possibili gradazioni tra i citati.Jimiti estremi. Dopo una particolareggiata descrizione dei caratteri morfologici e lito- logici delle varie cerchie moreniche relative alle singole fasi glaciali, l’autore deduce che siccome il Wurmiano colle sue due più grandi penetrazioni ha operato le sue massime demolizioni e le sue massime ricostruzioni rispet- tivamerte a ponente e a levante della striscia Peschiera- Volta Mantovana, così è su questa {medesima striscia che meglio si sono conservati gli archi Rissiani, ed osserva altresì che l’asse del ghiacciaio benacense nel periodo Wurmiano dovette essere sulla linea Peschiera-Custoza, e ciò probabilmente in dipendenza di un affondamento della parte veronese dell’anfiteatro du- rante l’interglaciale Riss-Wurmiano. 14 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 Quanto alle varie fasi del Wurmiano indicate dal Penck, l’autore crede che si potrebbe tentarne il riferimento rispettivameute ai vari archi di morene fresche benacensi, e ritenere che nelle sue due fasi di massima avan- zata il Wurmiano abbia spinte le proprie morene fin contro le grandi cer- chie Rissiane; che nella avanzata di Bull abbia costrutto la cerchia di Ca- stel Venzago e che nelle soste di Gschnitz e di Daun abbia prodotto i mag- giori archi interni. L’autore accenna quindi alle alterazioni postglaciali avvenute nel campo morenico Wurmiano ed alle formazioni postglaciali intermoreniche, osser- vando al riguardo come nel campo morenico Wurmiano si sono formati co- cuzzoli sassosi e ripiani terrosi, però senza il fenomeno della ferrettizzazione. Quanto alle torbe l’autore distingue le esterne, cioè quelle formatesi fuori della periferia delle cerchie Wurmiane, e quelle interne, cioè formatesi nel campo Wurmiano medesimo. La nota si chiude con la elencazione delle principali torbiere dell’anfi- teatro benacense. (E. TISSI). CanAVARI M. — Osservazioni idrologiche sulle Vene del Senatello (gruppo della Falterona) e sulla loro possibile utilizzazione. (Giorn. geol. pr., Anno XII, fasc. II-III, pag. 33-44, con 1 tav.). — Parma e Pisa. Questa nota è in relazione al progetto ideato per l'acquedotto Consor- ziale Ravenna—-Cesena, lungo la valle del Savio, utilizzando le acque del Senatello appartenente al bacino idrografico del fiume Marecchia. Le vene del Senatello si trovano alla distanza di 2 chilometri dal paese denominato Balze, alla quota di m. 1046, e sgorgano alla base della for- mazione calcareo-arenacea che costituisce il ciglione meridionale del Monte Aquilone, che fa parte del gruppo del Monte Fumaiolo. La roccia calcareo-arenacea, di età miocenica, riposa sugli scisti mar- nosi e galestri intercalati da straterelli di alberesi, i quali scisti essendo quasi impermeabili ostacolano l’approfondirsi delle acque meteoriche cadenti dal gruppo di Monte Fumaiolo, la parte più elevata del quale essendo — come già fu notato — costituita dalla roccia calcareo-arenacea, sufficiente- mente permeabile, assorbe le acque che vanno poi a defluire lungo la su- perficie di contatto delle accennate due formazioni. Oltre le « Vene del Senatello », che sono di gran lunga le più copiose, si trovano nel medesimo bacino imbrifero anche le così dette « Sorgenti delle Balze» e le « Vene del Tevere ». Per la speciale costituzione della massa rocciosa che le alimenta, le Vene del Senatello sono di indiscutibile importanza e formarono oggetto di studi BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 15 da parte di molti Municipi che intendevano fruirne pei bisogni delle rispet- tive popolazioni. Dopo alcune considerazioni e computi sulla loro portata, sul rendimento idrico per km*, sul fenomeno carsico, assai sviluppato nella regione ed al quale è in parte dovuto l'abbondante portata delle Vene del Senatello, l’au- tore espone le proprie vedute sul modo più opportuno di utilizzarle per lo scopo sopra accennato, ossia per il progetto d’acquedotto consorziale Ra- venna-Cesena. (E. TIssi). CERULLI-IRELLI S.— Fauna malacologica mariana. Parte settima: Melantidae, Littorinidae, Fossaridae, Solariidae, Rissoidae, Capulidae, Calyptraeidae, Xenophoridae, Lamellariidae, Naticidae, Scnlidae, Aclisidae, Eulimidae, Pyramidellidae. (Palaentogr. it., Vol. XX, pag. 183-277, con 9 tav.). — Pisa. Sono descritte : 5 forme di Melanopsis fra cui nuove M. nodosa var. ovoidalis, anodifera, transiens; 1 di Lacuna, la L. mariana n. sp.; 1 di Fos- sarus; 1 di Solarium; 23 di Rissoia, fra cui nuove R. vitrea var. serrata, E. (Hyala) subglobutosa, R. (Cingulina) Ventricosella; 1 di Barleeia; 1 di Rissoina; 2 di Capulus; 6 di Brocchia, fra cui nuove Br. laevis var. pileata, lunulata, Contii (n. m.= Br. depressaConti); 1 di Calyptraea; 1 di Crepidula; 1 di Xenophora; 1 di Lamellaria; 8 di Natica; 32 di Scala di cui nuove Se. spinifera v. affinis, Sc. frondosa v. turriculata, Sc. muricata var. elongatula e reflexespinosa, Sc. pseudoscalaris var. spinosella, ventricosella e pseudo-com- mutata; Sc. (Gyroscala) intricata, Sc. (G.) mariana; 1 di Aciìrsa; 3 di Aclis di cui nuove A. supranitida var. planata ed interposita; 8 di Eulima di cui nuove #. bipartita, E. distincta sp. et var. abbreviata; 2 di Niso fra cui nuova il N. marianum; 2 di Pyramidella fra cui nuova la P. plicosa var. lineolata; 11 di Odontostomia di cui nuova la O. lineolata; 2 di Eulimella; 2 di Syrnola; 11 di Parthemina di cui nuove P. nassoides, P. indistincta v. transiens, P. semiornata, P. cylindrata; 15 di Turbonilla fra cui nuove 7. rufa var. depressecostata e ventricosa, T. (Pyrgostilus) interposita. (C. C.) CHECCHIA-RISPOLI G. — 1°) Nuove osservazioni sulla formazione pliocenica di Apricena (Capitanata); 2°) Sul Pecten rhegiensis Seguenza dei Pliocene garganico. (Estr. dal Giorn. di Sc. Nat. ed Econ., Vol. XXX, anno 1914, opus. in 4° di 10 pag. con 1 tav.). — Palermo. L’autore continuando le sue ricerche sulla formazione pliocenica dei dintorni di Apricena ha potuto stabilire che essa è costituita dal basso in alto dai tre membri seguenti, fra i quali vi è passaggio graduale : dept 16 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 1° Calcare brecciato compatto, varicolore, bene stratificato, ricco in coralli, piccoli brachiopodi e molluschi; 2° Brecciolina calcarea, tenace, bianco-gialliccia formata da un impasto di piccoli organismi e di frammenti di più grandi; 3° Calcare grossolano molto fossilifero, di color paglierino, più c meno ben cementato e capace di fornire talvolta un buon materiale da costru- zione, detto tufo. Avendo avuto la fortuna di raccogliere in questo tufo molti esemplari di tutte e due le valve di Pecten rhegiensis Seg., ottimamente conservati, l’autore ne approfitta per illustrare questa forma anche perchè gli è stato possibile di osservare molte variazioni individuali, fino ad ora non ancora riscontrate. (C. C.) | CHECCHIA-RISPOLI G. — Osservazioni geologiche sull’ Appennino della Capi- tanata. Parte III. (Estr. dal Giorn. di Sc. Nat. ed Econ., Vol. XXX, anno 1914, opus. in 4° di 8 pag.). — Palermo. A prosieguo dell’iniziato rilevamento geologico dell’ Appennino della Ca- pitanata, l’autore si occupa in questa nota dello studio di quella parte del Subappennino compresa nel Circondario di Sansevero, ossia di quella zona che si estende tra il fiume Fortore ed il torrente Saccione, regione collinosa che raggiunge la sua massima elevazione a Serra Capriola e della quale ben scarse sono le notizie geologiche che si posseggono. Dalle osservazioni eseguite e dai fossili raccolti l’autore crede di poter ora precisare l’età di quel complesso sabbioso-argilloso e dei conglomerati sovra giacentivi e di stabilirne la seguente successione stratigrafica : In basso argille giallastre o cenerine, a cui succede tutta la grada- zione delle argille sabbiose e delle sabbie argillose, e porse le sabbie più o meno cementate e quindi i conglomerati. I fossili raccolti in questa formazione appartengono a forme oggidì quasi tutte viventi nel Mediterraneo. Ricordato che durante l’ Olocene avvenne la formazione della laguna di Lesina, che precedette quella di Varano, l’autore fa seguire la descrizione della collina di Lucera, collina che si erge caratteristicamente isolata sul grande Tavoliere e che, dal basso all’alto, è così costituita : a) Marne argillose, cenerine, nettamente stratificate, fossilifere, qua e là passanti ad altre di color giallo seuro; b) Argille sabbiose, associate a sabbia gialla argillosa e ad arenaria giallastra; ce) Sabbie e conglomerati. 4) È UY BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 Le marne, le argille sabbiose e le sabbie argillose pare debbansi aseri- vere alla parte superiore del Pliocene (Astiano); le sabbie ed i conglomerati invece appartengono al Quaternario. (E. TISSI). CHECCHIA-RISPOLI G. — Bibliografia geologica e paleontologica della Capita- nata. (Opus. di 45 pag.). — Palermo. Osserva l’autore che se la Bibliografia geologica e paleontologica della Capitanata è relativamente copiosa, scarsi tuttavia sono gli studi im portanti che la riguardano, essendo essa delle tre provincie pugliesi la meno nota e la meno studiata. L*autore rileva pure che, nonostante tale deficienza di accurate ricerche, l’interesse che offre la Capitanata dal punto di vista geologico è grandissimo, giacchè oltre ad una parte non trascurabile della Catena Appenninica essa. comprende anche il rinomato promontorio garganico con i suoi laghi costieri e le sue isole ed il Tavoliere. Al riguardo osserva anzi l’autore che fare la bibliografia geologica e paleontologica della Capitanata val quasi quanto dire fare quella del Gargano, giacchè delle tre parti ben distinte, ma intimamente connesse tra di loro, che costituiscono il suolo di quella provincia, cioè Zona calcarea garganica, tavoliere e regione subappenninica, la più interessante pel geologo è, senza dubbio, la prima. ; Dopo avere sinteticamente riassunto gli studi e le osservazioni dei vari ‘autori che più o meno diffusamente si occuparono della geologia della Capita- - nata, l’autore mette in evidenza quanto resti ancora da fare per completare le ricerche stratigrafiche, paleontologiche e tettoniche di quella regione e per prospettare razionalmente quelle morfologiche, che possono dirsi appena iniziate. Per ciò che concerne la regione appenninica egli ricorda come nulla ancora si sappia della vasta zona montuosa compresa tra Motta Montecor- vino, Volturara Appula, Volturino, Roseto Valfortore, Castelluccio Val- maggiore e venendo giù sino a Troia, come pure della regione compresa tra il torrente Calaggio ed il fiume Ofanto. | In tutta questa parte di Appennino meridionale non si ha conoscenza di terreni più antichi dell’Focene superiore, sebbene qua e là si rinvengano frammenti di rocce più antiche e particolarmente di calcari ippuritici. Ma molto più resta da fare riguardo alla geologia del Gargano, tanto per la stratigrafia quanto per la tettonica, mancando ancora una chiara concezione dell’elissoide garganico e ciò per la ragione che non si conoscono N 18 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 con precisione le varie formazioni che lo compongono ed in particolar modo quelle riferite al Cretaceo. Segue quindi la bibliografia geo-paleontologica della regione. (E. TISSI). CHECCHIA-RIsPOLI G. — Sul Mastodon angustidens Cuvier, dei dintorni di Burgio, în provincia di Girgenti. (Giorn. di Sc. nat. ed econ., Vol. XXX, Anno 1914, Opus. in 4° di 7 pag. con 2 fig.). — Palermo. In questa nota 1 A. descrive l’ultimo molare inferiore destro ben conser- vato di un giovane individuo di questa specie per la prima volta segnalata in Italia. Il fossile si trova nel Museo geologico della R. Università di Palermo e proviene dalla brecciola calcarea a Lepidocyclina, Miogypsina, ittiodontoliti, che affiora nella reg. Garebbici presso Burgio. Questo dente è lo stesso già riferito al M. arvernensis dal prof. Capellini (1893), il quale però era stato erroneamente informato sulla sua provenienza. (C.C). CHECCHIA-RIsPOLI G. — Sopra alcuni Echinidi del Cretaceo superiore della Tripolitania, raccolti dal cav. Ignazio Sanfilippo. (Estr. dal Giorn. di Sc. nat. ed econ., Vol. XXX, Anno 1914). — Palermo. I fossili illustrati in questa nota si conservano nelle collezioni paleon- tologiche dell’Università di Palermo e fanno parte del materiale raccolto dal Sanfilippo durante il suo fortunoso viaggio in Tripolitania, prima della sua prigionia o lungo il percorso fatto come prigioniero; provengono da calcari dolomitici, calcari silicei e marne con colorito dal bianco al paglierino od al roseo, del Maestrichtiano del Gebèl Hàmra, dell’Uadi Ururìgh e dal Gebèl Tar. Le forme descritte sono le seguenti: Leiocidaris sp., Holectypus Nach- tigali Krumb. sp., Pseudocatopygus Rohlfsi Krumb. sp., P. Sanfilippoi n. sp., Batriopygus tripolitanus Krumb. sp., Globator Lamberti n. sp., Hemiaster San- filippoi n. sp., H. sp. Questi echinidi sono accompagnati da un gran numero .di altri fossili: foraminiferi, coralli, briozoi, brachiopodi, lamellibranchii, gasteropodi e cefalo - podi in parte già fatti conoscere dal Krumbeck in parte nuovi ed attualmente in corso di studio da parte del prof. G. Di Stefano. (C..C.). CueLussI I. — Alcuni ciottoli cristallini del conglomerato di Campobasso. (Boll. Soc. geol. it., Vol. XXXIII, fase. 1°, pag. 1-14). — Roma. L’autore, compreso della grande importanza, nel campo paleografico, dello studio di ciottoli e frammenti cristallini che si trovano nelle forma- BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 19 zioni sedimentarie dell’ Appennino, ha esaminato sei ciottoli provenienti dal conglomerato di Campobasso, conglomerato che, secondo gli studi sul Molise del prof. Sacco, apparterrebbe al Mio-Pliocene e, secondo le deduzioni del- l’autore, al secondo piano mediterraneo del Suess. Nel conglomerato di Campobasso, ugualmente che in altri dell’ Appen- nino, prevalgono i ciottoli granitici. Dopo aver riassunto quanto è a sua conoscenza sui ciottoli di roccie cristalline che si trovano più che altro nelle formazioni terziarie di sedimento in Italia, fatta astrazione da quelli che, per la loro prossimità ai massicci alpini ripetono dai medesimi la loro origine, l’autore viene alle seguenti conclusioni : 1° Ciottoli e frammenti di roccie cristalline sono frequentissimi in molte formazioni di sedimento in Italia, e più spesso nelle formazioni ter- ziarie con preferenza in quelle del Miocene; 2° Nell’Italia settentrionale e media i ciottoli in parola sarebbero predominantemente costituiti da graniti e porfidi quarziferi. Y (E. TISSI). CHeLUSSI I. — Alcune sabbie marine della Sicilia. (Boll. Soc. geol. it., Vol. XXXIII, fase. 19, pag. 21-40). — Roma. In precedenti pubblicazioni l’autore descrisse la composizione minera- logica di moltissimi campioni di sabbie marine prelevate nei due versanti adriatico e tirrenico dell’Italia peninsulare, traendo dal loro studio varie deduzioni, tra cui le seguenti: Nelle sabbie litorali a nord del 43° parallelo predominano i minerali che sono frequentissimi nelle Alpi, specialmente occidentali, e per conseguenza nelle sabbie padane, quali i glaucofani, la staurolite, il cloritoide, la cianite, l’epidoto ecc. Nelle sabbie litorali a sud del predetto parallelo predominano invece elementi di roccie neo-vulcaniche e specialmente magnetite, ilmenite, augite verde, pirosseno incoloro e feldspati basici. Col presente lavoro egli completa l’esame delle sabbie marine dell’Italia continentale con lo studio di quelle delle isole di Sicilia e Sardegna. Nella Sicilia egli prelevò le sabbie dalle seguenti località : Nel litorale settentrionale. — Sferracavallo, Isola delle femmine, Palermo, l’Aspra (spiaggia di Bagheria), Fondachella (spiaggia di S.ta Flavia), Alta- villa Milicia, S. Nicola l’Arena, Trabia, Termini Imerese, Campofelice, La- Seari, Cefalù, Marina di Tusa, S. Stefano di Camastra, S. Agata di Militello, Capo d’Orlando, Milazzo. * ire dia LI Lele it Riti Le nt SR Tr 20 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 Nel litorale orientale. — Pistunina, Tremestieri, Mili, Ponte Schiavo, Giampilieri, Capo Schisò, Giardini, Fiumefreddo, Riposto, Acicastello, Aci- trezza, Catania, Augusta, Siracusa, Contrada Ognina, Avola, Noto, Pachino. Nel litorale meridionale. — Sampieri, Licata, Porto Empedocle, Trapani, Marsala. Per la Sardegna l’autore esaminò alcune sabbie e alcuni saggi di fondo della costa Sud-Ovest, fornitigli dall’ Ufficio idrografico della R. Marina. La profondità massima alla quale furono raccolti i saggi di fondo fu di 48 metri, perlocchè si possono considerare come facenti parte delle sabbie marine. Gli elementi che le compongono sembrano appartenere in parte a roccie anagenitiche ed in parte a roccie neovulcaniche che formano una gran parte della costa occidentale sarda. I minerali più importanti, oltre quarzo, feldspato, ecc. della parte che | galleggia nel liquido densimetrico, sono granato, tormalina, biotite, musco- vite, zircone, provenienti verosimilmente da roccie anagenitiche; poi augite verde, egirina, orneblenda basaltica, iperstene, epidoto, magnetite, ilmenite, provenienti da roccie vulcaniche che formano a sud le isole di S. Pietro e di S. Antioco, e a nord la estesa formazione compresa fra Alghero e Monte Ferru. Altri campioni di sabbie del litorale nord-orientale sardo non dettero minerali caratteristici che in misura estremamente scarsa ; in generale o sono minerali colorati profondamente alterati, o prodotti ferriferi. (E. Tissi). CHELUSSI I.— Terzo contributo alla petrografia delle roccie terziarie di sedimento în Italia. (Boll. Soc..geol. it., vol. XXXIII, fase. 1°, pag. 53-74). — Roma. In precedenti lavori, aventi per oggetto il residuo sabbioso ottenuto dalla decalcificazione di roccie terziarie italiane, l’autore aveva tratto le se- guenti deduzioni: a) che le roccie italiane di sedimento del secondo piano mediterraneo del Suess (Elveziano e Tortoniano) presentano, dopo la decalcificazione, un residuo sabbioso contenente minerali caratteristici, come glaucofane, elori- toide, cianite, ece., che non si mostrano invece in roccie di sedimento più antiche, a partire da quelle del periodo Langhiano; b) chele roccie contenenti i suddetti minerali dovevano costituire un massiccio cristallino che occupava approssimativamente l’area dell’attuale Tirreno; derivanti dall’anzidetto massiccio possono considerarsi anche i con- glomerati poligenici ad elementi cristallini, abbastanza frequenti nelle for- mazioni dell’Italia centrale. ) I : BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 21 Con la presente monografia l’autore annovera altre località con roccie elveziane e tortoniane (arenarie, calcari, argille) contenenti i sopra citati minerali, località che si trovano nella regione Tosco-Emiliana (provincie di Arezzo, Firenze, Pisa, Bologna) nonchè nella Calabria e nella Sicilia. L’autore ritiene con ciò di avere esaminato la più gran parte delle roccie terziarie, specialmente mioceniche, d’Italia, e spera di avere per tal modo dimostrato che nella nostra penisola la distinzione più sicura tra Lan- ghiano ed Elveziano sia la presenza, nelle roccie di quest’ultimo, dei minerali caratteristici mancanti nel primo. Egli è d’avviso che finora non si siano trovati in Italia minerali caratteristici in roccie di sedimento più antiche dell’Elveziano all’infuori di formazioni eoceniche e di calcari in diretta cor- rispondenza con massicci cristallini, e conelude pertanto col dichiarare che i minerali caratteristici di cui trattasi sono propri delle roccie elveziane e tortoniane e di qualche altra roccia più recente che deriva dal disfacimento di quelle. (E. TISSI). CHELUSSI I. — Alcune roccie cristalline della Calabria. (Boll. Soc. geol. it., vol. XXXIII, fasc. 2°, pag. 177-196). — Roma. Questa nota ha per oggetto la descrizione petrografica delle roccie cri- stalline della Calabria onde ricercare se nelle medesime esiste il glaucofane o, meglio, gli anfiboli azzurri (minerali — a giudizio dell’autore — geolo- gicamente importantissimi perchè tipicamente caratteristici di roccie ter- ziarie di sedimento dell’Elveziano o del Tortoniano), ed oltracciò per sta- bilire quali analogie petrografiche possano esistere tra le roccie delmassiccio calabrese ed i ciottoli cristallini della Basilicata. Dallo studio delle accennate roccie l’autore crede di poter trarre le se- guenti deduzioni: a) che non si sono trovate roccie contenenti sicuramente anfiboli azzurri; b) che nelle roccie calabresi prevalgono i graniti passanti a tonaliti e gli scisti a sillimanite, minerale caratteristico tanto delle roccie calabresi quanto di alcune roccie peloritane; c) non potersi — in definitiva — ammettere che i ciottoli cristallini dei conglomerati della Basilicata provengano dal massiccio calabrese, anche in considerazione che tra i medesimi ciottoli rinvengonsi porfidi quarziferi neri e porfidi sferolitici bruni stati trovati anche in alcuni affluenti dell’Ofanto e che non figurano tra le roccie della Calabria. (E. TISSI). 22 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 CHELUSSI I. — Sulla presenza dell’anfibolo azzurro in una sabbia marina di Licata (Sicilia) e di Sampieri tra Pozzallo e Scicli. ( Atti Soc. it. progr. Se., Settima riunione, Siena, sett. 1913, pag. 910-911). — Roma. L’autore crede opportuno richiamare l’attenzione degli studiosi di mi- neralogia e di geologia sul fatto che in un campione di sabbia marina cal. carifera di Licata, egli trovò cinque granuli di anfibolo azzurro, pleocroico, accompagnato da biotite, muscovite, tormalina bruna, epidolo pistacitico, zoisite, staurolite, titanite, granato, zircone, nonchè da magnetite, ilmenite, augite verde, egirina, oltre i soliti quarzo e feldspati della parte leggera di questa sabbia. Osserva al riguardo l’autore che nei campioni di sabbie marine della Sicilia orientale e settentrionale egli non ebbe mai a trovare quell’ insieme di minerali, come glaucofani, epidoto, cianite, cloritoide ecc., che egli suole chiamare minerali padani, mentre trovò la massima parte dei minerali stessi, compresi gli anfiboli azzurri, nella sabbia di Gallipoli, nel fondo di mare del golfo di Taranto e a mezzodì del Capo di Santa Maria di Leuca. Questi mi- nerali l’autore li crede derivati dalle torbide padane o per lo meno dalle torbide dei fiumi del versante orientale dell’ Appennino, nel quale sono nu- merosi i calcari e specialmente le arenarie terziarie che contengono i mi- nerali di cui trattasi. Da quanto sopra l’autore deduce che i minerali della sabbia di Licata provengono dalle formazioni del Terziario superiore della Sicilia meridionale, le quali — come le coeve arenarie marchigiane e abruzzesi — lt devono contenere, e che pertanto possa ritenersene esclusa l’origine dagli scisti a glaucofane della Grecia. (E. TISSI). CaeLUSSI I. — Sulla diffusione degli anfiboli azzurri in molte roccie di sedi- mento italiane. (Atti Soc. it. progr. Se., Settima riunione, Siena, sett. 1913, pag. 909-910). — Roma. In questa nota l’autore presenta l’elenco delle località italiane ove esi- stono roccie di sedimento, specialmente terziarie e recenti, contenenti an- fiboli azzurri, con eccezione di quelle situate in prossimità delle Alpi, delle quali ebbero ad occuparsi altri studiosi. L’elenco in parola comprende : 1° caleare di Rosignano in Piemonte ; 2° calcare di Montese (Modena), di Serra de’ Guidoni (Bologna), di Bismantova (Reggio Emilia); 3° calcari del Montefeltro S.Marino, Uffogliano, Pennabilli, Sasso di Simene e dell’Alta Val di Marecchia (Pesaro Urbino); BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 23 4° le estesissime formazioni elveziane delle Marche e degli Abruzzi, dal fiume Marecchia al Pescara; 5° in Toscana il calcare della Verna, e altre formazioni alla Castellina in Chiantî, a Galampio, alla Pisana sull’Ombrone (Siena), a Casteani, alla Bandita, nelle sabbie marine di Follonica e dei due tomboli d’Orbetello, in alcune terre al Ponte di Massa e alla stazione d’ Alberese (Grosseto), nella sabbia marina della torre del Marzocco presso Livorno ; 60 Nell’Italia meridionale e nelle isole: nel calcare di Mendicina presso Cosenza, nella pietra Cantone presso Messina, nelle terre rosse di Casteldaccia presso Palermo, nella sabbia marina di Licata, nei calcari elveziani di San Michele in Sardegna, nelle sabbie marine di Monopoli sull’Adriatico e di Gallipoli presso Taranto; 7° in quasi tuttii fondi di mare del Tirreno settentrionale e in un fondo marino del golfo di Taranto e a sud del Capo di Santa Maria di Leuca. Tutti questi anfiboli azzurri sono prevalentemente di tipo glaucofanico. (E. TISSI). CIPOLLA F. — Le Pleurotomidi del Pliocene di Altavilla (Palermo). (Palaen- togr. it., Vol. XX, 1914, pag. 105-181, con 3 tav.). — Pisa. Questa monografia illustra in base alla moderna sistematica le Pleuro- tomaridae del Pliocene di Altavilla presso Palermo. Le specie studiate sono una sessantina delle quali cinque nuove: Clavatula Raffaelei, Drillia (Cyma- tosyriux) Stoppanii, Mangilia (Clathurella) Cheechiai, Daphnella (Raphitoma) Di-Stefanoi e D.(Teretia) Monterosatoi; e 7 per la prima volta indicate per la località: Drillia (Crassispira) Geslini Desm., Daphmnella (Teretia) anceps Eichw., Clavatula rustica Br., Mangilia clathrata De Serr., M. costata Donov., M. Bertrandi Payr. e Peratotoma (Leufrayia) concinna Sc. Completa opportunamente lo studio l’esame comparativo’ delle pleuro- tomidi fossili di Altavilla con quelle del Postpliocene della città di Palermo e con quelle viventi, stabilendosi così quali specie abbiano subìto delle va- riazioni ed in che misura e quali siano rimaste immutate. Gli originali descritti e figurati si conservano quasi tutte nell’Istituto geologico della R. Università di Roma. i (C. C.). CoLomBa L. — «Speziaite ), nuovo anfibolo di Traversella. (Estr. dagli Atti della R. Ace. Se. Torino, Vol. 49, 1913-14, opus. in-8° di 10 pag.). — Torino. Fa notare l’autore che tra le formazioni di contatto più caratteristiche del giacimento di Riondello, a Traversella, sono da annoverare le pirosse- | niti spesso granatifere che costituiscono una parte molto importante delle ae 24 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 imponenti masse di silicati localmente denominate porta del ferro, perchè dietro di esse cominciano a presentarsi le vere formazioni metallifere. Le pirosseniti in parola sono spesso anfiboliche e in alcuni punti passano a vere anfiboliti pirosseniche. Però mentre in queste comuni anfi- boliti pirosseniche l’anfibolo è sempre costituito da attinoto, nelle vere pirosseniti invece al posto dell’attinoto è contenuto un altro minerale che, per quanto ane.ra riferibile al gruppo degli anfiboli monoelini, presenta tuttavia un complesso di caratteri che permettono di considerarlo come una varietà ben distinta o meglio ancora come una vera specie minerale indi— pendente. Al minerale di cui trattasi e del quale in questa nota sono descritte le caratteristiche fisiche, chimiche, cristallografiche ed ottiche, {l’autore ha dato il nome di Speziaîte, in omaggio alla memoria del compianto pro- fessore Giorgio Spezia. (E. TISSI). CORRIDORI G. — Itinerario da Sirt all’Uadi Sciati (Fezzan). (Riv. geogr. it., Anno XXI, fasc. V-VI, pag. 380-387). — Firenze. In questa nota sono prospettate alcune osservazioni e deduzioni di vario genere, tra cui alcune d’ordine fisico—litologico e demografico, che l’autore ebbe occasione di fare percorrendo — per ragioni militari — l’iti- nerario Sirt-Themet-Hassan-Pozzi di Ziden-Bu Ngeim-Bu Etla-Bir Tar-Socna- Eschida-Brak. Il primo tratto (60 km.) da Sirt a Themet Hassan, segue la linea co- stiera; il terreno è uguale a quello di tutta la Libia litoranea, cioè dune lungo il mare, più o meno coperte da cespugli, e dietro a questo primo sordone litoraneo una vasta zona pianeggiante acquitrinosa, soggetta, durante la stagions delle pioggie, ad essere qua e là coperta di stagni. Da Themet Hassan ai Pozzi di Ziden (distanza 45 km.) la strada percorre la depressione dell’ Uadi Bey, scavata nell’altipiano roccioso a dispo- sizione embricata. Da Ziden a Bu Ngeim (75 km.) il terreno sì mostra più nudo del precedente; però intorno a Bu Ngeim si incontrano delle dune di sabbie e delle palme crescenti in quel punto acquifero. Da Bu Ngeim a Socna (180 km.) il terreno è arido con quasi completa assenza di vegetazione: solo in vicinanza dei pozzi Bu Etla, Bir Tar e Hamman si notano alcuni esemplari di palme. Hamman è l’ultima località acquifera precedente a Soena, a circa 6 km. da questa. E’ una oasi di discreta estensione, provveduta d’una ricca sorgente d’acqua dolce, BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 25 Socna è un’importante centro abitato, dove fanno capo numerose vie carovaniere. E’ situata — secondo l’autore — alla quota di 400 m. sul mare e cir- condata da una vasta corona d’alture, collegantisi all’altipiano di Gebel Soda. Geograficamente parlando, Socna fa parte dell’oasî di Giofra, che è composta dei tre centri abitati di Socna, Hon e Uueddan, situati a circa 20 km. l’uno dall’altro in direzione est-ovest, in località favorita da una falda acquifera che alimenta numerosi pozzi. All’infuori delle citate tre oasi — che dànno origine a tre centri abi- tati di una certa importanza — la regione è pressochè desertica. Da Socna alle falde del Gebel Soda vi sono circa 30 km. Osserva l’autore che la regione è indubbiamente vulcanica, giacchè nel mezzo del vasto anfiteatro formato dall’anzidetta corona d’alture, sorge una collina (chiamata dagli indigeni Tuilet, ossia Vulcano), di forma conica, coperta da rocce basaltiche e da scorie. Il Gebel Soda si presenta come un vasto altipiano o tavolato di una desolante uniformità, dal quale emergono due sole prominenze, una ad est e l’altra ad ovest, denominate Ghelb Mogareg luna e Ghelb Uargan Valtra, di poco eccedenti i 600 m. di quota. L’altipiano — che è solcato da 5 widian aperti in direzione est-ovest — è disseminato da una grande quantità di ciottoli e blocchi più o meno grandi di roccia basaltica nera, infissi nel suolo. | ‘ L’altipiano si protende da nord a sud per circa 65 km. All’uscita dal Gebel Soda ci si trova in pieno deserto, ossia nel deserto classico o almeno ritenuto tale dalle concezioni primitive di chi non l’ha mai veduto: una sconfinata pianura nuda con splendidi effetti di miraggio. — Questo primo tratto è costituito dal tipo di terreno detto localmente Serir, cioè un terreno unito e compatto, cosparso di ghiaia minuta ed anche di piccoli ciottoli. In questo tratto di Serir, privo di ogni minimo rilievo, la ghiaia è delle più minute, e sembra cosparsa al suolo ed attentamente ripartita come sui viali d’un parco. Sono sassolini di varia tinta, tutti levigati, che i venti trasportano, smuovono e ripartiscono nella immensa pianura. Per circa 80 km., senza la più lieve traccia di vegetazione, procedendo Verso sud sud-est, si percorre questa zona, dopo di che si inoltra in una altra zona di carattere diverso, nella quale il terreno si fa ondulato, tor- mentato e cosparso di lastroni rocciosi, tra i quali cresce una gramigna che i cammelli amano brucare anche nella loro lenta avanzata in carovana, Questo secondo tipo di deserto è chiamato Gargaf e si distende per circa 70 km. Dopo il Gargaf si entra in una seconda zona di Serir, nella quale 26 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 il terreno è cosparso di ghiaia minuta, commista a scorie vulcaniche ed a lave basaltiche recenti. Il terreno ondulato si rannoda poi a brani di altopiano embricato, presentanti la forma di piccole ambe scoscese ed erose ai fianchi, sopra- elevate di 80-100 m. sul circostante terreno. ò Questa zona si percorre per circa 80 km., dopo di che si incontra la prima oasi dello Sciati, l’oasi di Eschida, distante da Brak circa 20 km. Le oasi dello Sciati orientale (Eschida, Brak, Agar, Maharuga, Gurda e qualche altra), si susseguono ad una distanza di 10-20 km. l’una dall’altra, ed hanno tutte, press’a poco, la stessa natura. Abbondante acqua di sor- giva e terreno sabbioso radunatosi attorno al folto della vegetazione e rappresentante l’oasi come adagiata su prominenze sabbiose. La rigogliosa vegetazione dell’oasi trattiene la sabbia spinta dai venti, e ne consegue che le oasi si sopraelevano sul circostante terreno. Il terreno coltivabile è perciò costituito dalla sabbia portata dai venti, successivamente irrigata dalle ri- serve d’acqua delle vasche. (E. TISSI). CRAVERI M. — Note geologiche sulla valle Antrona e sul lago d’ Antronapiana nell’Ossola. (Boll. Soc. geol. it., Vol. XXXIII, fase. 1°, pag. 129-143). — Roma. ! Con la presente memoria l’autore si propone di dimostrare come nella Valle Antrona (una delle più belle e pittoresche dell’Ossola, costituente il bacino imbrifero del torrente Ovesca, affluente del Toce), si siano verificate almeno tre glaciazioni. P La Valle Antrona — osserva l’autore — è scavata quasi interamente nella formazione di gneiss-scistoso di epoca arcaica, con intercalazione di rocce pirossenico-anfiboliche (diorite, gabbro, anfibelite) e di banchi di cal- care ed è anche ricca di minerali metalliferi. E’ fuor di dubbio che la Valle Antrona fu modellata dal ghiacciaio scendente dalle cime di Andolla, Bottarello, Antigine, ecc., nella prima fase del Pleistocene continentale ad ingrossare il ghiacciaio del Toce-Ticino, come lo attestano oggidì le antiche morene, le rupi lisciate e striate ed i numerosi massi erratici dispersi, Circa l’origine del lago di Antronapiana l’autore ricorda che il 27 lu- glio 1642 un’enorme frana staccatasi dalla Cima Pozzuoli (m. 2546), a NE di Antronapiana, sbarrò il corso del torrente Troncone cagionando la ro- vina di molte case e la morte di parecchie persone, ed il torrente riempì, nel tratto a monte della frana, un preesistente bacino, originando così il lago di sbarramento che prende il nome da Antronapiana ed è situato a et! . dii DIE cala a BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 27 1083 metri sopra il livello del mare. L’area del bacino sarebbe di 290.000 m?, il perimetro di circa 2500 m., il volume delle acque di 5.230.000 m?. circa, la profondità massima del lago di m. 49,50, la profondità media di m. 18. Secondo l’autore il ghiacciaio dell’Ovesca dovette raggiungere quello assai più potente che riempiva le Valle del Toce e confondersi con questo soltanto nella prima grande invasione glaciale caratterizzata dalla disper— sione dei massi erratici che il ghiacciaio abbandonò ritirandosi nella prima fase interglaciale. Durante la prima glaciazione esso occupava dunque tutta la valle, arrotondando le cime elevate e non lasciò morene visibili almeno sulla fronte che si confondeva col ghiacciaio del Toce. La seconda glaciazione fu probabilmente meno estesa della prima ed il ghiacciaio occupò allora tutto il fondo della valle dove questa è più larga, non ricoprendo più le alte cime ma deponendo le sue morene laterali sui fianchi montuosi e lisciando e striando le rupi. Nella terza glaciazione, infine, furono deposte quelle morene che for- mano un piccolo anfiteatro di colline entro valle, delimitando la conca di Antronapiana ed il bacino lacustre. Nel Postglaciale — soggiunge l’autore — forse tutta la conca di An- tronapiana come pure l’attuale piccolo bacino lacustre furono occupati da diversi laghi in seguito al ritiro definitivo del ghiacciaio. Le piccole cerchie di colline parallele fra di loro si possono spiegare come depositi successivi nei periodi di sosta del ghiacciaio durante il ri- tiro definitivo avvenuto nel Postgiaciale, ed il lago di Antronapiana sa— rebbe pertanto da ascrivere alla categoria dei laghi di sbarramento e nello stesso tempo a quella dei laghi intermorenici, occupando esso le depressioni interposte fra antiche morene. (E. TIssI). CRAVERI M. — Saggio di geo-idrografia sotterranea dell’Ossola. (Boll. Soc. geol. it., Vol. XXXIII, fasc. 2°, pag. 345-394). — Roma. In questa memoria l’autore fa anzitutto osservare come lo studio della idrografia sotterranea dell’ Ossola sia molto semplice e molto complicato nel medesimo tempo. E’ semplice se si considera l’uniformità morfologica delle valli ossolane e della conca di Domodossola, ma eomplicato se si prendono in considerazione tutte le cause che influiscono sull’origine e sul decorso delle acque più o meno profonde. Ricordata la stretta relazione intercorrente tra l’idrografia sotterranea e quella superficiale di una determinata regione, l’autore mette in evidenza che la distribuzione delle acque correnti è quasi unicamente determinata dai profili orografici e dalla distribuzione delle pioggie, noto essendo che 28 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 \ ) i due fattori principali dell’idrografia continentale sono il fattore climatolo- gico (differenza fra la piovosità e l’evaporazione) ed il fattore orografico, che determina il corso delle acque. Nella presente nota l’autore tratta dapprima del fattore orografico o morfologico e quindi del fattore climatologico, i quali hanno entrambi grande importanza tanto per l’idrografia superficiale quanto per quella sotterranea. Tratta in seguito del regime delle acque correnti e della loro relazione con quelle sotterranee, e — per ultimo — svolge alcune considerazioni sulle possibili applicazioni delle riserve idriche di quella regione. i i (E. Trssi). CREMA C. — Di una trivellazione per ricerca di acque potabili eseguita presso la stazione di Sezzè (Alessandria). (Boll. Soc. geol. it., Vol. XXXIII, fase. 1°, pag. 144-146). — Roma. Questa trivellazione, eseguita nell'inverno 1912-13, venne spinta fino a m. 115,80 di profondità, ma con esito negativo. Sin verso i 13 m. incontrò alluvioni recenti, indi marne sabbiose con strati a Bithinia tentaculata ed altri molluschi d’acqua dolce, probabilmente del Villafranchiano. (C. C.). D’ACHIARDI G. — Magnesite dì Castiglioncello (Monti Livornesi). (Atti Soc. tosc. Se. nat., Proc. verbali, XXII, 5. — Pisa; (L’Ind. chim. min. e. metall., Anno I, n. 12, pag. 340-341). — Roma-Torino. in questa nota preliminare, che: sarà seguita da uno studio più parti- colareggiato, l’autore dà notizia di un giacimento di magnesite, di forma apparentemente filoniana, che traversa e sporge tra roccie verdi (serpen- tina ed eufotide) nei pressi di Castiglioncello (Monti Livornesi). Il giacimento è costituito specialmente da magnesite biancastra o leg- germente giallognola, talora venata e macchiata in verdastro, ed è rac- chiuso fra roccie verdi alterate e contenenti vene di silice calcedoniosa e opalina ed altri prodotti di alterazione. La genesi di questo giacimento è da ricercarsi — secondo l’autore — nell’azione di acque termali, carboniche, che si fecero strada attraverso alle roccie verdi, presso il contatto con l’alberese, alterandole e dando luogo alla formazione di carbonati e di silice calcedoniosa ed opalina. (E. TI1881). ® è dee nt \ La de Me PEC Lg PRONTI BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 29 De Castro C. — Le miniere di mercurio del Monte Amiata. (Mem. deser. Carta geol. d’Italia, Vol. XVI, volume di 203 pag. con 15 tav.).— Roma. In questa monografia, certamente destinata a portare un utile contri- buto nell’indirizzo da darsi alie ricerche minerarie della regione Amiatina, le cui miniere cinabrifere hanno oggidì acquistato tale importanza da oc- cupare il secondo posto tra le miniere di mercurio del mondo, l’autore, dopo un accenno ai principali giacimenti di mercurio finora conosciuti, e dopo avere descritte l’orografia, l’idrografia superficiale e sotterranea, le emanazioni gassose e la costituzione geologica della regione in parola, espone — riassumendo i dati di fatto più salienti — la cronistoria delle lavorazioni state fin qui praticate nella regione medesima, esprime le ipo- tesi sulla genesi probabile dei giacimenti cinabriferi e, per ultimo, fornisce alcuni dati sulla metallurgia del mercurio, sulla sua produzione, sul "suo commercio ed impiego. La memoria è corredata da 15 tavole. (E. Tissi). DE CastRO C. — Genesi dei giacimenti cinabriferi del Monte Amiata. (Rass. min., Vol. XLI, n. 2, pag. 21-26). — Roma. E’ un capitolo dell’opera precedente. (E. TISSI). DeFIorE,0. — Il periodo di riposo del Vesuvio iniziatosi nel 1906. Studi morfolo- | gici. (Atti R. Ace. Sc. Napoli, S. II, Vol. XV, n. 14, con 6 tav.). — Napoli. I periodi d’attività del Vesuvio — osserva l’autore — sono invariabil- mente chiusi da una eruzione parossismale catastrofica, e dopo un periodo più o meno lungo di riposo ricomincia l’attività del vulcano, preceduta, accompagnata e seguita da speciali fenomeni che egli, nella presente me- moria, particolareggiatamente descrive. Dopo il catastrofico parossisma eruttivo del 1906, il Vesuvio, come spossato dall’immane sforzo, tacque, e tutte le sue manifestazioni d’attività si ridussero a lievi esalazioni di vapori. Ma dopo circa 7 anni di riposo tutto annunzia un prossimo risveglio, nel quale l’autore erede si rinnove- ranno i fenomeni che caratterizzano i periodi eruttivi Vesuviani. Esaminando tutta la serie degli accennati fenomeni, verificatisi al Ve- suvio nel periodo di riposo intercorso dal 1906 al 1913, l’autore ha potuto distinguervi varie fasi principali, caratterizzate, ciascuna, dal predominio di taluni fatti particolari, ma la cui caratteristica più precisa è la distru- zione prodotta dagli agenti esogeni sulle forme recenti, la quale si esplicò coi seguenti fenomeni: frane, erosione e trasporto di materiali recenti. 30 i BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 Gli effetti sull’edificio furono di demolizione degli orli del cratere, i cui materiali riempirono in parte la voragine esplosiva sollevandone il fondo, e di denudazione delle pendici esterne, alle quali vennero sottratti dei mate- riali che si accumularono alla base del cono. (E. TISSI). DE GaspeERrI G. B. — Sulle forme d’erosione nelle Crete Senesi. (Riv. geogr. it., Anno XXI, fase. VIII, pag. 534-539). — Firenze. In questa nota l’autore, riferendosi alla descrizione data, una ventina d’anni fa, dal prof. Porena, del singolare paesaggio della regione delle Crete Senesi, mette in evidenza il profilo morfologico dei dintorni di Collanza ed in generale delle contermini plaghe o Crete, che sono costituite da una serie di poggi poco elevati, litologicamente formati da argille biancastre, alquanto sabbiose, del Pliocene. Nell'insieme il paesaggio dimostra una serie ininterrotta di ammassi cupoliformi, addossati gli uni agli altri, e la cui superficie nuda è solcata, lungo le linee di massima pendenza, da rivoletti pluviali. Nel loro insieme le cupole presentano sempre forme convesse (a diffe- renza dei calanchi emiliani e delle gaveddule del Valdarno superiore) e ciò, probabilmente, causa la natura un po’ sabbiosa delle argille, che sono meno spappolabili di quelle emiliane ove si formano i calanchi. Caratteristica nelle Crete è una straordinaria segmentazione dei rilievi e una scarsa continuità del sistema idrografico, caratteri che vanno sempre più accentuandosi quanto più avanzato è il ciclo d’evoluzione del paesaggio. La presente nota porta un contributo allo studio delle forme d’ero- sione dei terreni argillosi (che in Italia, e specialmente nelle zone subap- pennine, hanno estensione ed importanza grandissima), e ciò in attesa che un lavoro d’insieme, confrontante i caratteri dei vari fenomeni del mede- simo ordine (calanchi, gaveddule del Valdarno, forme d’erosione nei depo- siti pliocenici del Volterrano, ece.), metta maggiormente in luce le loro re- lazioni genetiche. (E. TISSI). DE Gasperi G. B. -— I laghi alpini della valle di Gressoney. — Mondo sott., Anno IX, n. 4-5, pag. 80-85). — Udine. Osserva anzitutto l’autore che le valli che irradiano dal gruppo del Monte Rosa — come quelle che essendo state occupate e percorse da ghiae- ciai, e che per la resistenza delle roccie cristalline meglio sì prestano a con- servare le impronte del loro modellamento — contano tutte un certo nu- mero dilaghi alpini, di circo, di terrazzo o d’altro tipo, ma sempre, o quasi sempre, di escavazione glaciale. pEr LAT AT A PETTO 3 Pod 44 00 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 31 Osserva ancora l’autore che la valle di Gressoney è certamente, fra tutte, la meno ricca di bacini lacustri, i quali non dovettero essere numerosi nep- pure nelle epoche andate, colmate essendo anche le depressioni che ordina- riamente rappresentano l’ultimo stadio d’evoluzione nella vita d’un lago. Le indagini fatte dall’autore sul posto e le informazioni da lui appo- sitamente assunte porterebbero a stabilire che nella valle di Gressoney cinque sono i laghi attualmente esistenti, cioè: il lago Salze superiore, il lago Salze inferiore, il lago Gabiet ed i due laghi di Netschio. Ciò premesso l’autore porge speciali indicazioni sopra ciascuno dei sud- detti laghi, ne descrive la configurazione perimetrale, la natura litologica e morfologica delle rive, l’estensione superficiale dello specchio d’acqua, la pro- fondità del lago, la quota altimetrica, il tipo, l’crigine, il bacino idrografico, la posizione astronomica, il colore e la temperatura delle acque, la flora e la fauna, l’esistenza o meno di emissari od immissari visibili, di isolotti, di vegetazione marginale, eec. La maggiore estensione superficiale è data dal lago Gabiet, con ettari 5,20 ; la minore dal lago Salze inferiore che misura appena ett. 0,19. Più elevato di tutti è il lago Salze superiore con quota di m. 2670; il più basso è il Gabiet che trovasi all'altezza di 2339 m. dal mare. (E. TISSI). DE GaspPeERI G. B. — I laghi della conca del Baîtone. (Gruppo dell'Adamello). (Mondo sotterraneo, Anno X, n. 1-3, pag. 21-32). — Udine. Fra le vallate che circondano il gruppo dell'Adamello quella del Bai- tone, che versa le sue acque nel torrente Remulo, affluente di sinistra del- l’Oglio, èla più ricca in laghi. Ne conta otto : di cui ilmaggiore, il Baitone, ha un’area di -ettare 18,25, ed il minore, il Prencassone, non misura che tre quarti d’ettara. Il Baitone trovasi a 2247 m. sul livello del mare e ri- ceve le acque di tutti gli altri ; i due laghi detti Gelato inferiore e Gelato superiore (effettivamente gelati gran parte dell’anno) sono l’uno a 2770 m. e l’altro a 2800 m. e sono i più alti dell’intero gruppo dell'Adamello. Sono tutti laghi di escavazione glaciale, uno (quello di Baitone) di tipo intermedio fra il vallivo e di circo ; due (i laghi Gelati) di terrazzo; e gli altri, di circo. L’autore descrive partitamente i diversi laghi. (G. A.). DE GaspPERI G. B. — Gli spostamenti d’aria nelle grotte.(Mondo sotterraneo, Anno IX, n. 4-5, pag. 85-90). — Udine. L’autore riassume in questa nota i risultati delle ricerche da lui com- piute nelle grotte friulane, in ordine al fenomeno dei movimenti d’aria ed PP — — Coe FRA n 32 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 in relazione anche agli appunti ricavati, sul fenomeno medesimo, dalla bi- bliografia speleologica. L’autore afferma che ben poche sono le Lione in cui non si manife- stino movimenti, più o meno vivi, d’aria, alla quale "circostanza parteci- pano i tre seguenti fattori: lo Movimento di acque {causa meccanica); 20 Dislivello di temperatura (causa termica); 30 Dislivello di pressione (causa meteorica). Di solito i moti d’aria sono prodotti dal movimento di masse d’acqua. Ciò verificasi, in special modo, in vicinanza di cascate e dove i cunicoli sono ristretti, perchè allora si verifica una Si di tiraggio che richiama l’aria dalle anfrattuosità vicine. I movimenti di fmasse d’aria dovuti a squilibrio di temperatura sono più pronunziati presso gl’imbocchi, specialmente in quelle grotte che hanno due o più aperture poste a differenti livelli. Le grotte di Vedronza e di Vil. lanova, nel Friuli, si trovano in queste condizioni. Tuttavia anche nelle cavità che comunicano con l’esterno con una sola apertura si producono correnti d’aria, e tra queste le più interessanti sono quelle all’uscita delle voragini, tra cui particolarmente interessante, sotto questo rapporto, è quella situata presso il ricovero Brazzà nel gruppo delCanin. E’ evidente che così per le voragini come per le grotte ad un solo ori. fizio, il richiamo d’aria deve prodursi o per l’orifizio stesso o per fessure inaccessibili. Però spostamenti di masse d’aria si verificano anche fra i vari ambienti di una medesima grotta e ciò per la naturale tendenza allo sta- bilimento di un livello termico nelle varie parti della grotta stessa, come pure per la caduta di masse d’acqua od anche per effetto di stillicidi che, evaporando, producono un abbassamento di temperatura. (E. TIssr). DEL CAMPANA D. — Intorno ai resti di Ursus spelaeus della Grotta di Scalea in provincia di Cosenza. (Boll. Soc. geol. ital., Vol. XXXIII, fasc. 1°, pag. 15-20). — Roma. In questa memoria l’autore descrive gli avanzi di vertebrati ed inver- tebrati rinvenuti nella Grotta di Scalea, in provincia di Cosenza, in di- pendenza degli scavi eseguiti posteriormente alla pubblicazione del dottor Mocchi, con la quale veniva data notizia dei prodotti dell'industria umana e dei vertebrati fossili rinvenuti nella grotta medesima. Di tutti i resti fossili raccolti a Scalea, i più meritevoli d’essere presi in considerazione sono quelli di Ursus spelaeus Rosemmiill, e ciò non già per la pria a x ai 499 fp ide Mi I sro î > retro BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 33 loro quantità ma bensì per l’esiguità delle loro dimensioni, sempre uniformi e piccole, e quindi diverse da quelle offerte dai resti di Orso di altre località e particolarmente delle caverne friulane. (E. TIssI). DEL CAMPANA D. — Mammiferi nuovi 0 poco noti della Grotta di Cucigliana (Monte Pisani). (Boll. Soc. geol. it., Vol. XXXIII, fasc. 2°, pag. 197-211) — Roma. Facendo seguito alla illustrazione degli avanzi di Batracie di Rettili, fatta dall’autore in precedenti pubblicazioni, sono da lui descritte nella presente nota altre specie rinvenute negli strati superiori della Grotta me- desima, le quali porgono il modo di formarsi un’idea abbastanza completa della fauna di Cucigliana. Le specie esaminate sono le seguenti: 1°) Cerons ( Megaceros) euryceros Aldr.; 29) Miogus glis Alb. Magn.; 39) Arvicola sp.; 4°) Lepus europaeus Linn.; 5°) Talpa europaea Linn.; 6°) Erinaceus europaeus Linn.; Rhinolophus jerrum-equinum Buff.; 8°) Dy- ‘ sopes cestomi Savi; 9°) Foetorius puiorius Linn.; 10°) Meles taxus Linn.:; 11°) Felis fera Bourg. Le specie di cui ai numeri 39, 4° e 10° sono citate anche dall’ Acconci. (E. TISSI). | DeL Campana D. — Resti di uccelli nella Grotta di Cucigliana (Monti Pi- sani). (Riv. it. di paleont., Anno XX, fase. II, pag. 59-69). — Parma. I resti di uccelli [della Grotta di Cucigliana che l’autore descrive in questa nota appartengono alle specie seguenti: Turdus musfcus Linn.; Fringillasp.; Corvus cornix Linn.; Perdix perdix Linn.; Teirao urogallus Linn.: Gallinago media Frisch.; Anas boschas Linn. (E. TISSI). DEL CAMPANA D. — Sopra alcuns resti di Canis familiaris Linn. del deposito eneolitico di Maggiano (prov. di Pisa). (Mondo sott., Anno X, N. 1-3, pag. 18-21, con 1 tav.). — Udine. In questa nota l’autore illustra e descrive alcuni resti di Canis, rin- venuti dal prof. N. Puccioni nel deposito eneolitico di Maggiano in prov. di Pisa. I caratteri di tali resti dimostrano che si tratta di un cane domestico, di dimensioni alquanto maggiori di uno sciacallo e che certamente deve ‘appartenere ad una razza ben distinta del cane delle terremare emiliane. (E. TI8sI). 3» 34 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 19]4 DEL CAMPANA D.— La Lycyaena lunensis n. sp. dell’ossario pliocenico di Olivola {Val di Magra). (Palaentogr. it., Vol. XX, 1914, pag. 87-103, con 1 tav.). — Pisa. In questa nota viene descritto ed illustrato un cranio di Lycyaena, genere rappresentato finora da resti assai scarsi e di cui sono friconosciute due specie, una proveniente dal Miocene di Eppelsheim e di Pikermi, e l’altra dal Pliocene indiano. I resti del cranio in parola provengono dal noto ossario di Olivola in Val di Magra. (E. TISSI). DeL Grosso M. — Sopra alcuni carbonati misti di Traversella. { Atti R. Acc. Se. Torino. vol. 49, pag. 1106-1117). — Torino. La nota riassume gli studi eseguiti dall'autore sulla costituzione chi- mica dei carbonati misti di calcio, magnesio e ferro, che si trovano fra i minerali dei giacimenti di Traversella. I carbonati in discorso contengono di solito quantità di ferro così no- tevoli da non potersi più logicamente comprendere sotto il nome generico di dolomiti, ma devono più giustamente assegnarsi all’ankerite od alla dolo- mite ferrifera. L'autore espone i risultati analitici ottenuti dallo studio di alcuni cam- pioni appositamente soelti fra quelli più caratteristici indicati col nome di dolomiti, risultati che confermano l'abbondante percentuale di ferro contenuta anche in quei campioni che si presentavano in bei cristalli perfettamente incolori ed in bianchissimi aggregati selliformi ed in cui pertanto era lecito supporre una grande purezza della sostanza dolomitica. (E. TISSI). DE MagISTRIS L. F. e MARINELLI 0. — La « Fossa Lupara » nei monti Pre- nestini (Lazio). (Mondo sott., Auno IX, N. 4-5, pag. 77-80. — Udine. Ricordato che nei gruppi montuosi della jprovincia di Roma sono ab- bastanza comuni le forme carsiche, sia associate, come nel vasto acrocoro dei monti Simbruini e nella catena dei Lepini, sia con distribuzione spo- radica come nei Monti Prenestini, gli autori descrivono nella presente nota la così detta « Fossa Lupara », cioè una grande dolina che si trova a N-E di Palestrina e a S-E di Castel S. Pietro Romano. “La cavità, di cui trattasi ha — nell’insieme — una forma a caldaia, col fondo pianeggiante con circa 200 m. di diametro e con profondità va- iabile dai 16 ai 60 metri a seconda dei punti del ciglione da cui si guarda. ce sti e o de + va - È F _ È BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 39 E’ aperta nei calcari marnosi attribuiti all’Eocene, o — secondo altri — al Cretaceo medio. La sua origine va ricercata nell’azione delle acque meteo - riche, ma la ragione per cui il fenomeno si mostra colà quasi isolato non è ancor bene chiarita. (E. TISSI). D’Erasmo G. — La fauna e l'età dei calcari a ittioliti di Pietraroia (Bene- vento). Palaentogr. it., Vol. XX, 1914, pag. 29-86, con 7 tav.). — Pisa. In questa memoria l’autore illustra e descrive i fossili di Pietraroia, in provincia di Benevento, ed espone la determinazione cronologica dei calcari che la contengono, le cui particolarità litologichè e stratigrafiche si mostrano specialmente evidenti nella località fossilifera denominata « Cavère ». : L’insieme dell’ittiofauna presenta grandi affinità con quelle cenomaniane di Castellammare, di Comen (Istria) e della Dalmazia e va probabilmente riferita al Cenomaniano inferiore. Le specie descritte, ed in parte raffigurate in apposite tavole, sono 23, cioè 1 di Rettili, 2 di Anfibii, 19 di Pesci ed 1 di Crostacei. (E. TISSI). DE STEFANI C. — Su una nota di Steinmann intorno ai diaspri di Prato in Toscana. (Rend. R. Acc. Lincei, S. V, Vol. XXIII, fasc. 6°, 1° sem., pag. 635-640). — Roma. .L’autore confuta in questa nota le asserzioni esposte dallo Steinmann (Ueber Tiefenabsitze des Oberjura in Apennin-Geologische Rundschau, Bd. IV, Heft 7) sopra i calcari ed i diaspri o Radiolariti concomitanti delle rocce serpentinose dei dintorni di Prato in Toscana, e precisamente di Figline in Val di Ripa, in dipendenza dei quali criteri il medesimo Steinmann deduce ; che i diaspri formanti, insieme con le serpentine, una zona periferica esterna È ; alla collina appartengono al Malm medio; che i calcari ed i galestri più | interni appartengono al Titonico, cioò al Giura più alto, oppure al Neoco- miano per una foraminifera (la Calpionella Alpina Lorenz) ch’egli vi ha re ritrovato; che la pietraforte appartiene al Cenomaniano ed il macigno al Turoniano, Senoniano ed incertamente al Terziario inferiore. L’autore non condivide le concezioni dello Steinmann ed indica per- % tanto quale sia la vera disposizione stratigrafica nella zona in esame, la quale costituisce un ampio e regolare anticlinale accompagnato da lievi pieghe laterali. (E. TIssI). 36 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 DE STEFANI C. — Fossili paleozosci dell'isola d'Elba. (Rend. R. Acc. Lincei, S. V, vol. XXIII, fase. 12°, 1° sem., pag. 906-913). — Roma. L’autore descrive in questa notai fossili da lui trovati nel 1892 e 1893 alla casa Baocetti, presso il Cavo (nella parte orientale dell’ Isola d’ Elba) nei più alti strati di quella regione scistoso-arenacea, cioò negli soisti filladici scuri. Tali fossili furono dall'autore dapprima attribuiti al Devoniano, ma un più attento esame lo fece persuaso che trattasi invece di resti riferibili al Carbonifero. I fossili in parola, come la roccia che li contiene, sono quasi tutti screpo- lati e inerinati da fenditure, o — come direbbero alcuni — milonitizzati; certo è che durante gli spostamenti e le ripiegature della roccia risentirono rag- guardevoli pressioni. (E. TIBSI). DE STEFANI C. — La geologia della provincia di Siena. (Atti Soc. it. progr. So., Settima Riunione, Siena, sett. 1913, pag. 916-917). — Roma. Nel fare una rassegna critica della geologia senese dal 1861 in poi, l’autore mette in evidenza i progressi effettivamente stabiliti ed i punti tut- tora controversi. Egli attribuisce definitivamente al Lias inferiore il marmo giallo di Montarrenti, e orede liassici anche gli scisti secondari della Montagnola, giusta il riferimento da lui fatto sin dal 1881. Quanto ai calcari cavernosi egli non ammette i criteri di chi li colloca tutti nell’Infralias, nè di chi li attribuisce indistintamente al Cretaceo; egli crede che ve ne siano di varie età, anche eocenici e più recenti ancora. Esamina quindi rapidamente i terreni eocenici e le relative rocce erut- tive, e successivamente quelli miocenici e pliocenici. Cita — per ultimo — le trachiti del Monte Amiata, i soffioni boraciferi e le altre manifestazioni della vulcanicità tuttora esistente, (E. TI8sI). De STEFANO G. — Osservazioni geologiche sull’Eocene della Calabria meri dionale. (Atti Soc. it. se. nat. e Museo Civ. st. nat. in Milano, vol. LII, fasc. 29-3°, pag. 309-363, e faso. 4° pag. 369-370). — Pavia. Premette l’autore che scopo della presente nota è quello di apportare un po’ di luce sulle controverse questioni che concernono la tettonica e la cronologia di alcun® formazioni terziarie ed in ispecial modo sul Cenozoico inferiore della Calabria meridionale. L’ossatura della regione nella quale si riscontra il Flysch eocenico — os- serva l’autore — è formato dalle rocce cristalline più antiche, le quali ri- beati at ca dacia 245 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 37 sultano costituite da un insieme di elementi molto diversi. Si tratta di un complesso di potenti masse di rocce fondamentali, cioè micascisti, filladi e scisti lucenti, ai quali sono associati scisti cloritici, lenti di serpentine, taloo- scisti, gneiss granatiferi, ecc. Queste formazioni furono variamente interpre- tate dai vari geologi che le studiarono, tanto sotto l’aspetto tettonico, quanto sotto quello petrografico e cronologico. Il Flysch eocenico è poi specialmente interessante dal punto di vista geo-tettonico. Esso è rappresentato essenzialmente da un complesso di cal- cari, di conglomerati ad elementi cristallini, di arenarie e di argille sca- gliose, ai quali principali tipi si associano subordinatamente altri terreni, come marne bianche a fucoiCi, scisti bituminosi, straterelli calcarei e banchi di sabbie argillose, i quali imprimone qualche volta al Flysch una certa va- riazione di facies. Lè osservazioni stratigrafiche fatte passando in rassegna le varie forme litologiche della serie che costituisce il Cenozoico inferiore della Calabria meridionale, appoggiate sulle determinazioni paleontologiche, dimostrano — secondo l’autore — che nella regione in esame l’Eocene è rappresentato dalla sola parte superiore, cioè dal Bartoniano, e che ‘il solo tipo litologico che puossi verosimilmente ritenere quale rappresentante della parte più alta dell’Eocene medio (Luteziano) è il calcare contenente Nummulites perforata, N. lucasana, N. Molli, ecc. che è stato raccolto in piccoli massi erratiei nei burroni o nell’alveo di qualche torrente. | Le formazioni cenozoiche descritte in questa nota debbono, secondo l’autore, essere considerate come facies cronologicamente equivalenti. I fatti osservati modificano in taluni punti le conoscenze che finora si avevano sui terreni terziari, ed assegnano all’Eocene superiore una estensione maggiore di quella ad esso attribuita da altri studiosi. (E. TIssI). DE STEFANO G. — I cervi e le antilopi fossili attribuiti al Quaternario del- l'isola di Pianosa. (Atti Soc, it..sc. nat. e Museo civ. St. nat. in Mi- lano, vol. LII, fasc. 20-30, pag. 105-155). — Pavia. Questa nota rappresenta l’ultima parte delle ricerche eseguite dall’au- tore sui mammiferi fossili attribuiti al Quaternario dell’isola di Pianosa nel Mar Tirreno, i cui avanzi, già componenti la collezione Pisani, si conservano nel Museo geologico dell’ Università di Torino. Essa completa pertanto le osservazioni in precedenza fatte dall’autore sulla stessa raccolta, ed illustra così tutti quegli ossami che appartengono alle sotto-famiglie Cervinae e Antilopinae e, che, nel loro coînplesso, indicano una fauna di mammiferi pleistocenici già noti in altri depositi di Europa. (E. TISsI). * | RAR à ri iliaczitemcà alii sii de. - È. ha 38 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 DE STEFANO G. — Nuovo contributo alla dimostrazione che gli avanzi dei mam- miferi fossili della raccolta Pisani appartengono all’isola di Pianosa. (Riv. it. di Paleont., anno XX, fase. II, pag. 70-72). — Roma. Facendo seguito a precedenti sue pubblicazioni relative agli avanzi dei mammiferi fossili appartenenti alla collezione Pisani e conservati nel Museo geologico della Università di Torino, l’autore rende conto in questa nota degli studi da lui recentemente eseguiti su nuovo materiale stato diretta- mente raccolto all’isola di Pianosa dal defunto paleontologo G. Chierici ed ora conservato nel Museo geologico dell’ Università di Parma. Si tratta bensì di avanzi incompleti, ma che presentano lo stesso grado di fossilizzazione di quelli conservati nel Museo di Torino e, come quelli, sono ricoperti della solita tenace crosta argillosa. L’autore ha potuto rico- noscervi avanzi dei generi Cervus, Antilope, Capra, Bos, Lepus, ossia di una fauna di mammiferi identici a quelli della raccolta Pisani del Museo di To- rino, onde egli ritiene doversi ammettere?che nel Pleistocene è vissuta alla Pianosa una rioca fauna di mammiferi e che alle brecce ossifere della me- desima isola appartengano tanto gli avanzi fossili della eollezione Pisani quanto quelli conservati nel Museo di Parma e dei quali specialmente si occupa la presente nota. (E. TIssi). DE TONI A. — IMustrazione della fauna triasica di Valdepena (Cadore). (Mem. Ist. geol. R. Università di Padova, vol. II, pag. 113-194, con 6 tav.).— Padova. L’autore, testè caduto eombattendo, illustra e "descrive in questa nota il copioso materiale da lui e dal prof. Dal Piaz raccolto in una cava di calcare rosso e grigio situata in luogo detto Valpedena, in territorio co- munale di Lorenzago di Cadore (Prov. di Belluno), calcare che in certi punti si mostra ricchissimo di fossili. L’intera fauna è costituita di 70 specie, tra cui 50 cefalopodi, 2 gaste- ropodi, 13 lamellibranchi ed 1 erinoide, ed il calcare rosso e grigio che la racchiude è completamente circondato di sedimenti marnosi: si tratta quindi di formazioni eteropiche. La fauna di Valpedena è una caratteristica forma del Wengen (Longo- bardico), comeechè si debba in essa notare la persistenza di un piccolo nu- mero di forme dell’anisico e del ladinico inferiore, come pure la presenza di qualche raro tipo comune al piano carnico. - La fauna in parola ha strette affinità paleontologiche con le faune del Wengen di altre località dinariche, nonchè con la fauna di Esino. (E. TIssI). BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 39 . DI Franco S.— Sui cristalli di quarzo epigenico sullo zolfo delle zolfare sici- ‘ liane. (Atti Acc. Gioenia, Maggio 1914, fasc. 31°, pag. 12-15). — Catania. Dopo avere accennato ai giudizi espressi da alcuni studiosi, quali 1’ A- lessi, il Bombicci, il Lasaulx, lo Spezia, intorno alla scarsezza di cristalli di quarzo nei giacimenti solfiferi della Sicilia e della Romagna, l’autore afferma che dai campioni di minerali che accompagnano lo zolfo nelle mi- niere della Sicilia, da lui esaminati, risulta che effettivamente il quarzo è meno frequente degli altri minerali ad eccezione della melanoflogite. L’autore espone quindi i caratteri cristallografici di parecchie centinaia di cristalli da lui esaminati. (E. TISSI). DI STEFANO G.— Le Richthofenia dei calcari con Fusulina di Palazzo Adriano nella valle del fiume Sosio.(Palerme) (Palaeontogr.it., Vol. XX, pag. 1-27 con 3 tav.). — Pisa. In continuazione all’opera di G. G. Gemmellaro su La fauna dei calcari con Fusolina della valle del fiume Sosio nella provincia di Palermo, 1887-1889, l’autore comincia dallo illustrare in questa Memoria le Richthofenia, e ciò in considerazione della grande importanza scientifica che presenta questo strano genere, ancora poco conosciuto, e sulla cui posizione sistematica l’autore ritiene che possano ancora sollevarsi delle controversie. (E. TIssI). FABIANI R. — La serie stratigrafica del Monte Bolca e dei suoi dintornt. (Mem. Ist. geol. R. Univ. di Padova, Vol. II, 1913-14, pag. 223-235, con -2 tav.), — Padova. L’autore premette alcune osservazioni sull'importanza dei depositi fos- siliferi della regione in esame, rilevando come da vari secoli il nome di Bolca sia noto ai cultori delle scienze naturali, poichè dei pesci fossili che si escavano nei monti del piccolo villaggio veronese si trova menzione già nel 1552 nei discorsi di Pietro Andrea Mattioli, professore di medicina al- l’Università di Padova; e, quale miniera inesauribile, il giacimento di Bolca continua tuttora a fornire alle collezioni private ed ai pubblici Musei del mondo intiero un materiale ittiologico dei più interessanti per bellezza di esemplari e per varietà di forme. Ma oltre che per i Pesci la regione bolcense è conosciuta e giusta- mente famosa anche per le ligniti a Coccodrilli, per i depositi a Palmizi ed altre piante della Purga di Bolca e dei Vegroni : anche gli strati a Crostacei, Molluschi, Echinidi del vicino Monte Postale contribuirono larga- ra E° Merola RE RI PRI PERE, II e È 40 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 mente ad arricchire le raccolte paleontologiche e fornirono materia a nu- merose pubblicazioni. Ma, ciò rilevato, l’autore osserva che anche per il territorio di Bolca avvenne quello che s’è verificato per altre località riccamente fossilifere, e cioè che mentre si moltiplicarono i lavori paleontologici, non venpe invece ancora compiuta una illustrazione stratigrafica adeguata alla importanza dei giacimenti, in modo da renderne evidenti, anche iconograficamente, la distribuzione ed i reciproci rapporti. Giova al riguardo notare che nella regione in esame sono oltremodo sviluppate le rocce eruttive e piroclastiche non stratificate che attraversano e coinvolgono le roèce sedimentarie, i cui strati rimasero seompigliati e in- terrotti, di guisa che affiorano qua e là isolati e spesso in lembi ristrettis- simi. Si comprende pertanto come a fornire una esatta rappresentazione di tale stato di cose e dei rapporti stratigrafici siano insufficienti le carte topografico-geologiche fin qui pubblicate, e come sia, di conseguenza, sem- brato opportuno di completare le osservazioni stratigrafiche su Bolca e suoi immediati dintorni con ricerche più particolareggiate, in modo da poter risolvere certe questioni cronologiche ancora controverse, ciò che indusse l’autore ad allegare alla presente memoria una carta geologica alla scala di 1:10000 ed una tavola fotografica della zona Purga di Bolca-Monte Postale, a migliore chiarimento delle indicazioni contenute nella Memoria. Dopo ciò egli raccoglie in un quadro d’insieme la successione strati. grafica delle formazioni terziarie del territorio di Bolca, esaminando poi e discutendo partitamente la posizione cronologica assegnata ai vari orizzonti. (E. TISSI). FABIANI R. — I Brachiopodi terziari del Veneto. (Mem. Ist. geol. R. Univ. di Padova, Vol. II, 1913-14, pag. 1-42, con 4 tav.). — Padova. In questa monografia l’autore descrive ed illustra i Brachiopodì ceno- zoici della regione veneta, rivedendo e figurando anche tutte le specie di cui s’erano occupati gli autori precedenti. Oltre quello raccolto dall’autore medesimo, il materiaie da lui studiato appartiene in prevalenza all'Istituto geologico dell’Università di Padova e poi a quello dell’ Università di Pisa, ai Musei civici di Verona e di Vicenza, al Museo geologico dell’Istituto di Studi superiori di Firenze, al Museo della Scuola delle miniere di Parigi e al Naturaliencabinet di Coburgo. Fin dal 1870 compariva la monografia di Thomas Davidson intitolata « On Italian Tertiary Brachiopoda » nella quale il chiaro specialista non solo prendeva in esame ed illustrava i Brachiopodi cenozoici del nostro BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 4l paese, ma aumentava altresì le conoscenze relative a tale gruppo di orga- nismi con un notevole contributo di specie nuove. I Brachiopodi descritti dal Davidson provenivano in massima parte dalla Sicilia, dal Piemonte e dal Veneto e comprendevano, in tutto, una settantina di specie, numero che venne notevolmante accresciuto dalle successive ricerche. Delle 61 forme descritte nella Memoria del Davidson, appena 14 proveni- vano sicuramente dal Veneto; attualmente i Brachiopodi della regione Veneta, certamente conosciuti, sono rappresentati da 23 specie e da una varietà. Tale scarsezza non deve imputarsi a difetto di ricerche, ma è piuttosto dovuta alle condizioni ambienti in cui si sono deposte le formazioni terziarie della regione ed al fenomeno generale di decadenza biologica al quale andò incontro il gruppo dei Brachiopodi dopo il Mesozoico. (E. TISSI). FABIANI R. — Sulla posizione degli strati con Nummulites Brongniarti di Ronvà nella serie sedimentaria del Veronese e deduzioni cronologiche che ne derivano. (Estr. dagli Atti dell’Acc. d’agr., sc. e lett. di Verona, S. IV, Vol. XV, Anno 1914, opus. in 8° di 6 pag.). — Verona. L’autore, durante i lavori di rilevamento geologico compiuto nei Les- sini, ha trovato nei colli di Soave, presso $S. Bonifacio. un deposito fossi- lifero riferibile all’orizzonte con Nummulites Brongniarti d’ Archiac di Roncà. I fossili sono rappresentati quasi esclusivamente da Nummuliti e da Molluschi, con abbondanza straordinaria quante ad individui, ma con esiguo numero di specie, le quali ascendono a 22, determinate in modo sicuro. Per quanto breve, l’elenco delle sp:cie determinate permette tuttavia di stabilire con certezza che il giacimento appartiene all’orizzonte con Nummulites Brongniarti di Roncà. Il giacimonto di Soave, a parte la constatazione della sua esistenza, noD presenta, a prima vista, grande interesse dal lato puramente paleonto- logico, ma offre, per converso, una grande importanza dal punto di vista ; stratigrafico; perchè, mentre a Roncà non è possibile stabilire diretti e si- curi rapporti tra la formazione con Nummulites Brongniarti e gli strati immediatamente più antichi (per il fatto che detta formazione è isolata in piccoli lembi compresi fra le rocce basaltiche massicce o piroclastiche senza fossili), a Soave invece i sedimenti con N. Brongniarti succedono in con- cordanza perfetta a tutta una serie calcarea regolarmente stratificata, con la quale è quindi agevole fissare in modo diretto le relazioni stratigrafiche. i (E. TISSI). no nali sù a 9 E I ORI 9 TRE GI MT dotti fe ol 42 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 FABIANI R. — Cenni sugli avanzi di Mammijeri quaternari posseduti dal Museo di Verona. (Estr. da Madonna Verona, Anno VIII, N. 2-3, fasc. 30-31, opusc. in 8° di 10 pag. con 2 fig.). — Verona. i! L’opuscolo comprende l’elenco dei resti di Mammiferi quaternari con- servati nel Museo di Verona, i quali avanzi provengono : a) dalle torbiere di Peschiera, di Cascina, di Castelnuovo e del Feni- letto di Oppeano; b) dalle alluvioni di Dossobuono; e) dalle breece del Serbaro di Romagnano e di Soave; d) dalle caverne di Velo; e) dalle stazioni preistoriche di Breonio e di S. Briccio di Lavagno. La fauna a Mammiferi del Quaternario veronese risulta rappresentata dalle seguenti specie: Ursus spelaeus Blum. et Ros.; Canis lupus L.; Canis familiaris pa- ustris Riit.; Canis familiaris cf. intermedius W oldr.; Felis leo spelaca Goldf.; Felis pardus antiqua Cuv.; Castor fiber L.: Equus caballus ; Sus scrofa L.; Cervus elaphus L.; Capreolus capreolus L.; Capra hircus L.; Qvis aries L.; Bos primigenius Boj.; Bos brachyceros Riit.; Elephas antiquus Fale. A Volendo l’elenco completo delle specie trovate nei giacimenti “quater- Inari del territorio veneto, bisogna aggiungere alla lista sopra riportata la seguente: Ursus spelaeus minor Strobel.; Mustela foina Erxleben; Vulpes vulpes L.; Felis domestica L.; Marmota marmota L.; Lepus timidus L.; Rhé- noceros Mercki Jaeger. (E. TISssI). FABIANI R. e STEFANINI G. — Sopra alcuni fossili di Derna e sull’età dei calcari di Slonta. (Atti Acc. Ven.-Trent.-Istr., S. terza, Vol. VI, pag. 75-82). — Padova. Forma oggetto della presente nota una collezione di rocce e fossili di Derna, pervenuti in dono all’ Istituto geologico dell’ Università di Parma, tra cui è specialmente interessante un gruppo di specie che provengono da uno stesso livello e che permettono di fare delle deduzioni le quali vengono @ modificare l’opinione degli studiosi che si erano in precedenza occupati della regione. Il materiale esaminato comprende: a) calcari grossolani, bianchi, omogenei, con Nummuliti, tra le quali grandi esemplari di Nummulites gizehensis Ehr. (tipica). Questi calcari spet- tano all’Eocene medto, e corrispondono —a giudizio degli autori — al « Cal. care bianco di Derna con N. gizehensis » del Gregory; nitriti hi cat Gli ISRESSIZINTO NIRANTA E” i ì BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 43 b) calcare bianco brecciato, costituito di un vero impasto di modelli in- terni di molluschi, specificatamente indeterminabili, con qualche Nummulite; e) calcare grossolano, bianco candido, con piccole nullipore e Pecten cyrenaicus di Newton, specie che questo autore riferisce al Priaboniano ; ; d) roccia calcareo-marnosa ferruginosa, giallastra, zeppa di Nummu- liti e abbastanza ricca di Echinidi e di molluschi lamellibranchi. Un tale complesso accenna all’esistenza, finora non segnalata, in Cire- naica di un livello indubbiamente oligocenico, prevalendo in esso le specie tipicamente oligoceniche, ed allo stesso livello corrisponderebbero, almeno in gran parte, i calcari di Slonta, nonostante che questi siano stati dal Gre- gory riferiti al Priaboniano. Nelle regioni prossime alla Cirenaica i terreni da porre in parallelo coi calcari di Slonta sarebbero: il livello di Chérichira in Tunisia, già riferito dal Boussac all’Oligocene; il livello di Kef Ighoud in Algeria, attribuito all’Eocene, ed in Egitto i depositi fluvio-marini a Natica crassatina e Pa- laeomastodon del Fayoum. | Relativamente al miscuglio di una fauna {nettamente oligocenica con specie di tipo assai più antico e inflessibili all’Eocene medio, la questione non è ancora chiarita. Il Gregory, al quale l’eterogeneità di questa faunetta non era sfuggita, afferma che se mescolanza vi fu, essa avvenne in natura, poichè lo stesso esemplare racchiude spesso specie indicanti età diverse. Se si deve escludere una più prolungata persistenza delle grandi Nummuliti in . Cirenaica, bisogna ammettere che le forme eoceniche siano rimaneggiate, data la natura grossolanamente clastica di quel calcare. Per ora unica con- clusione sicura è l’esistenza in Cirenaica di un livello indubbiamente oligo- cenico e corrispondente ai così detti « Calcari di Slonta ». L’Oligocene viene con ciò segnalato, per la prima volta, in Cirenaica. (E. TISSI). FERUGLIO E. — Fenomeni carsici dell’altipiano di M. Prat. (Mondo sott., anho IX, N. 4-5, pag. 90-93). — Udine. Nella presente nota l’autore tratta delle cavità carsiche esistenti nel- l’altipiano detto del M. Prat, tra la valle del torrente Arzino ed il fiume Tagliamento, a circa 750 m. sul mare. La regione, costituita da calcare cre- taceo, compatto, bianco o bruno-chiaro, con frammenti di conchiglie e con EUspsactinie, presenta nella sua superficie numerose cavità, variamente con- formate, con sfogo sotterraneo, diguisachè manca completamente qualsiasi corso d’acqua esterno, mentre molto sviluppata vi è l’idrografia sotterranea, manifestantesi con numerose sorgenti che sgorgano ai piedi o lungo la pen- dice montuosa. hi 4 LOI SUN 44 » BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIA "* Pd ®» suda! . n 4 1914 Le doline di cui trattasi, in numero di 30 circa, con forma circolare odelittica e fondo pianeggiante, possono aseriversi al tipo delle doline semplici (a piatto, a scodella, ad imbuto) e delle doline ad inghiottitoio, e sono state prodotte dall’acqua che agendo intorno ad una o più fessure preesistenti le allargò prima chimicamente e poi per azione meccanica. (E. TISSI). FERUGLIO E. — La temperatura di alcune sorgenti dell'anfiteatro morenico del Tagliamento. (Mondo sott., anno X, N. 1-3, pag. 33-39). — Udine. L’autore si occupa in questa nota delle sorgenti esistenti nell’anfiteatro morenico del Tagliamento e che vengono a giorno in una bassura paludosa presso Lanzacco, nonchè di alcune altre che compaiono nelle vicinanze di Leonacco Superiore (Tricesimo) e che sono soggette a forti magre, special. mente durante l’estate. Principali tra le accennate sorgenti sono quelle denominate Tamisdde, Saline e Citon, delle quali l’autore riporta in questa memoria i risultati delle misurazioni termometriche da lui eseguite. Le sorgenti in parola trag- gono alimento dalle precipitazioni atmosferiche che cadono sulle soprastanti colline. La circolazione interna dev'essere piuttosto lenta, a causa della na- tura del terreno morenico costituito di materiale caotico e di banchi di conglomerato. (E. TISSI). FeRUGLIO G. — Nota preliminare sulle frane d’ Anduins (Valle dell''Arzino). (Mondo sott., Anno IX, N. 4-5, pag. 93-95). — Udine. Le frane che si manifestano nei pressi di Anduins, frazione del comune di Vito d’Asio, sulla destra dell’Arzino, sono di 3 tipi. ‘ Il primo tipo, che si manifesta nelle formazioni dell’Eocene, è di smot- tamento, secondo la recente definizione del Trabucco. Le marne e le are- narie, sotto l’azione dell’acqua, si trasformano in una massa incoerente, fan- gosa, mobile e dànno luogo a delle smotte, più o meno imponenti, che met- tono a nudo le stratificazioni secondarie sottostanti. Il secondo tipo è invece di scorrimento degli strati calcareo—cretacei, scorrimento causato principalmente dalle forte inclinazione degli strati. Il terzo tipo di frane si manifesta nei depositi ghiaiosi e detritici, che inzuppandosi d’acqua tendono a scivolare e a scomporsi, causando perciò anche il distaoco di grossi massi da una soprastante parete rocciosa. (E. TIssI). PA — BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO. Laos fa — VoLume QuaRrANTAcINQUESIMO (5° della V Serie) 1915 tieni li - } ATTI UFFICIALI NOMINE NEL R. COMITATO GEOLOGICO Con Decreto Luogotenenziale del 30 gennaio 1916: i signori professori: M. CERMENATI; Senatore G. DE LorENZO; A. IssEL; F. SAcco e M. ZAMBONINI, sono confermati membri del R. Comitato geologico per il biennio 1916-1917; il prof. sig. A. IssEL è confermato presidente per l’anno 1916. * * * | Con Decreto Luogotenenziale del 14 maggio 1916: il prof. ETTORE ARTINI, Direttore del Museo civico di Storia naturale di Milano, è eletto membro del R. Comitato geologico sino al 31 dicembre 1916. - sedile RELAZIONE sui lavori di campagna e d’ ufficio eseguiti durante l’anno finan- ziario 1915-916 e proposte per quelli da eseguirsi nel corso dell’anno 1916-917. (1) RILEVAMENTI. Per ragioni inerenti allo stato di guerra del nostro paese e per richie- ste dell’opera dei nostri geologi da parte di altre amministrazioni dello Stato, non si potè disporre, nel corso dell’anno finanziario 1915-16, che in misura scarsa, pel rilevamento geologico, del personale d’Ufficio e special- mente del personale giovane, restando quasi tutto il carico del lavoro di campagna addossato sul personale anziano, come vedremo. Il sottoscritto col lavoro del 2° semestre 1915 e del 1° semestre 1916, oltre ad alcune revisioni nella tavoletta 1:50.000, già rilevata, di Massa Martana, potè portare a compimento quella contigua alla stessa scala di Bevagna, che insieme con quella di Spoleto, già da tempo rilevata, e quella . di Foligno, mancante solo di una piccola parte nell'angolo NE, formano il foglio 131 della carta 1:100.0C0. L’area rilevata fu di circa kmq.300, impiegando in detto lavoro giorni 23, con un percorso di km. 676 ed una spesa totale di L. 606,58. «*. La campagna geologica dell’ ing. capo Zaccagna si svolse intiera- mente in Liguria. Nel periodo estivo egli si occupò dei rilevamento nelle , tavolette 1:25000 di Busalla, Lerma e Rivarolo appartenenti al foglio 82 della 4 carta 1:100.000. Nella primavera 1916 proseguì il lavoro sulla tavoletta di Ù Rivarolo e lo estese a quelle di Genova, S. Olcese, Nervi e Savignone del È foglio 83. td L’area definitivamente rilevata lin questa campagna fu di kq. 270 È così ripartiti: tavoletta Busalla kq. 40, Lerma 36, Rivarolo 50, Genova 9, Nervi 25, S. Olcese 100, Savignone 10. I giorni impiegati furono 94 con un percorso di km. 2056 ed una spesa totale di L. 2470,38. «*x Per ragioni di salute l’ing. capo Novarese nella estate del 1915 non | potè attendere, come negli anni decorsi, al rilevamento delle Alpi. Essendosi (1) Presentata alla riunione del R. Comitato geologico del luglio 1916. En JN na ° et. < A Ca VE: Fiat VI ATTI UFFICIALI in seguito ristabilito si dedicò al rilevamento dell’Iglesiente dedicando ad 3 esso 72 giorni, di cui 30 nell'autunno 1915 e 42 nella primavera 1916, con un percorso chilometrico di 1663 km. ed una spesa totale di L. 1791,16. La superficie rilevata non fu grande, da 200 a 250 kmg., essendosi do- vuto occupare successivamente della istruzione dei due giovani ingegneri Fiorentin e Grossi, nuovi al rilevamento della Sardegna. Potè però portare a compimento la tavoletta d’Iglesias e provvedere agli attacchi con quelle circostanti di Nebida, Barbusi, S. Benedetto e Domusnovas. «*+ L'ing. capo Sabatini continuò i suoi studi sul gruppo vulcanico dei Vulsini, incominciando la campagna in settembre nel territorio di Ca- podimonte. Passò quindi a Tuscania per rilevare la tavoletta omonima che però non potè terminare, anche per le complicazioni incontrate. Nel giugno decorso intraprese le revisioni nei dintorni di Montefia— scone in base ai primi risultati delle analisi petrografiche. L’area rilevata e quella sulla quale furono fatte le revisioni fu rispetti. . vamente di kmq. 60 e kmq. 40. Per questo lavoro furono impiegati giorni 85 con un percorso di km. 2075 ed una spesa totale di L. 1964,07. a*. Nei mesi di agosto e settembre 1915 l’ing. Franchi eseguì dei la- vori di completamento e di revisione nelle alte valli Maira e Stura, nelle i tavolette al 50.000 di Prasso, Monte Chambayron e Argentera, e per pochi , giorni del settembre nei dintorni di Ivrea e di Biella. Nei mesi di maggio e giugno 1916 proseguì il rilevamento, iniziato molti anni sono, della parte orientale del gruppo di Voltri e della zona di terreni terziari che vi si addossa nelle tavolette al 25.000 di Voltaggio, Lerma, Busalla, Masone, Rivarolo Ligure fino alla Scrivia ed alla Polcevera, facendo anche alcune gite di collegamento ad oriente di questi fiumi. Negli ultimi di giugno l'ing. Franchi fece escursioni nella Valle Ar- gentina, rilevata negli anni 1891-93, allo scopo di riconoscervi il prose- guimento delle fratture e dei ricoprimenti di Colle di Tenda. La superficie nuova rilevata nelle Alpi Marittime fu di circa 30 kmq. e quella rilevata in Liguria di circa 90 kmq. Per tale lavoro occorsero giorni 103 con un percorso di km. 2107 ed una spesa complessiva di L. 2516,75. «*, L'ing. Crema, come risulterà meglio più avanti, dovette impiegare gran parte dei mesi di luglio, agosto e settembre del 1915 dapprima in so- praluogi ai paesi colpiti dal terremoto del 13 gennaio, quindi nella reda- zione delle singole relazioni sui numerosi abitati visitati, cosicchè lo scorso anno non potè attendere agli ordinarii lavori di rilevamento che durante una parte dell’autunno, avendo spesso le escursioni contrariate dall’ incle- Ke o tritate n RELAZIONE SUI LAVORI DI CAMPAGNA E D'UFFICIO VII mensa del tempo e dovendo inoltre dedicare una diecina di giorni a ricer- che complementari sugli effetti del terremoto. Potè tuttavia pressochè ul- timare il rilevamento della porzione settentrionale della catena del M. Nu- ria estendendolo anche ad una larga zona sulla destra del fiume Velino fra Cesoni ed Antrodoco. Più fortunato fu il rilevamento compiuto nella primavera di quest'anno perchè generalmente favorito da tempo propizio. In meno di due mesi l’ing. Crema potè rilevare definitivamente il tratto sulla sinistra del fiume Salto compreso fra Vallececa, Ricetto, Sante Marie e Poggio Valle ed inoltre intra- prendere e condurre quasi a termine il rilevamento delle Montagne della Duchessa fino ai piani di Pezza e di Campo Felice. Complessivamente i rileva- menti compiuti dall’ing. Crema nella campagna 1915-16 si estesero a 240kmq., non comprese due piccole zone solo preliminarmente riconosciute. Nell’esercizio passato l’ing. Crema ebbe in tutto per conto dell’ Ufficio 87 giorni di trasferta con una spesa di L. 1724,70 ed un percorso su strade ordinarie di 1793 km. x* Nei mesi di ottobre-novembre l’ ing. Pilotti fece qualche escursione nel Sassarese, a complemento dei rilievi già da lui effettuati in quella regione : ciò durante la sua permanenza in tale zona per gli incarichi avuti dall’ Ufficio speciale per la Sardegna. Urgendo la redazione del rapporto su questi in- carichi, non potè in seguito dedicarsi al rilevamento geologico dell’ Iglesiente nei mesì di novembre e dicembre. Fu pure impedito di recarsi in questa regione nel mese di maggio, insieme coll’ ing. capo Novarese, essendo in quell’epoca necessaria la sua presenza a Roma per ragioni di servizio mili- tare. Appena esonerato definitivamente da questo servizio si recò, sul finire dell’anno finanziario, per alcuni giorni a Fabriano onde eseguire escursioni nella tavoletta di Gualdo Tadino ed adiacenze. Complessivamente potè dedi- care al servizio geologico 13 giorni rilevando circa 50 kmq., con una spesa di . L. 264,16 ed un percorso di km. 249. **. Trattandosi della prima campagna geologica dell’ing. Grossi più che un rilevamento fu da lui fatto uno studio generale dei dintorni d’Igle- sias in compagnia e sotto la guida dell’ing. capo Novarese, ed alcune gite di ricognizione nell’Isola di S. Antioco. La durata della campagna fu di giorni 29 con un percorso di 699 km. ed una spesa di L. 685,64. «*#« L'ing. Fiorentin per ragioni di salute e per un incarico di cui diremo a suo luogo non potè attendere al rilevamento geologico che nella prima- vera (maggio e giugno) del 1916. In questo periodo di tempo dopo un breve tirocinio coll’ ing. capo Novarese potè iniziare il rilevamento nell’ Iglesiente N i et PRI de PO CE i La 3 I ATTI UFFICIALI : collaborando nella tavoletta d’ Iglesias ed estendendosi in quelle contigue di Nebida, Barbusi, Domusnovas, $S. Benedetto, La Duchessa, Fluminimag- giore e Montevecchio. ; Complessivamente vennero rilevati kmq. 120 circa con un percorso di 1773 km. ed una spesa totale di L. 1250,19. +* Durante il 2° semestre del 1915, l’Aiutante principale Cassetti pro- seguì la revisione del rilevamento geologico di alcune regioni della Cam- pania e della Basilicata, e precisamente di quelle comprese nelle due tavolette di Montecorvino Novella e di Calabritto del foglio 186, già in parte da lui rivedute precedentemente, e della tavoletta di Muro-Lucano del contiguo foglio 187. Durante il 1° semestre del 1916 riprese la revisione del rilevamento delle otto tavolette dei fogli 174 e 175, appena iniziato negli anni prece- denti, le quali abbracciano territori della Basilicata, della Capitanata e dell’Irpinia, rilevamento fatto in gran parte da lui stesso negli anni 1888-89 e in piccola parte dall’ ing. Cortese nel 1886. Con le gite fatte nella Campania e in Basilicata il Cassetti ha portato a termine la revisione della tavoletta di Montecorvino-Rovella. Della tavo- letta di Calabritto manca solo di rivedere quella parte di zona montuosa ad Est sopra Laviano, dove esiste un affioramento di calcare asfaltifero, che è stato esplorato molti anni fa e quasi subito abbandonato. Della tavoletta di Muro Lucano è pressochè completa la revisione della metà occidentale, quella cioè limitrofa alla tavoletta di Calabritto e che presenta maggiori dettagli geologici. i Colle gite fatte nel 1° semestre dell’anno corrente, stante la relativa facilità della struttura geologica di gran parte delle regioni comprese nei detti fogli 174 e 175, trattandosi di grandi estensioni di terreno quaterna- rio e pliocenico sovrapposto alle argille scagliose, il Cassetti ha potuto por- tare a compimento la revisione delle due tavolette di Ascoli Satriano e Candela del foglio 175 e di gran parte delle tre tavolette di Bovino, Lace. donia e Ariano di Puglia del foglio 174, per modo che poco resta a fare per la totale revisione di questi due fogli. In complesso può calcolarsi che il Cassetti, colle gite fatte nell’anno finanziario di cui si tratta, ha fatto la revisione geologica di kmq. 900 circa di terreno, per la quale ha impiegato 86 giorni con un percorso su vie ordinarie di km. 2126 ed una spesa di L. 1592,44. RELAZIONE SUl LAVORI DI CAMPAGNA E D'UFFICIO IX INCARICHI SPECIALI AFFIDATI AL PERSONALE. AI sottoscritto, Direttore dell'Ufficio, fu rinnovata la nomina a membro «della Commissione centrale per le sistemazioni idraulico-forestali e le boni- fiche, la quale era stata sospesa per riduzione dei membri in seguito a De- creto luogotenenziale. pie Fu incarieato dal Ministero di agricoltura, industria e commercio, in seguito ad invito del Prefetto dell’ Umbria, di un’ inchiesta e di osserva- zioni sui fenomeni sismici di Terni verificatisi nel mese di agosto 1915. Nel maggio 1916, dietro richiesta del Ministro dei LL. PP., eseguì lo «studio delle frane della collina di Todi, con speciale riguardo a quella, im- ponente, detta delle Lucrezie, che minaccia una parte della città, onde stu- diarne i mezzi di difesa.” Fu inoltre dall’ Amministrazione Torlonia chiamato a far parte d’una _ Commissione d’ingegneri per lo studio delle condiziuni geologiche e idrau- —liche del bacino di Fucino, il fondo del quale sembrava aver subito dopo n 3 il terremoto un abbassamento, che fu poi riconosciuto doversi attribuire a costipamento dei depositi superficiali. d Per incarico della Società Italiana per condotte d’acqua eseguì lo stu- dio delle sorgenti del Monte Fumaiolo « dl giogo di che Tever si disserra » e dei terreni sui quali doveva posarsi la conduttura per le città di Cesena e di Ravenna. Continuò poi a far parte della Commissione per l’acquedotto di Piom- bino ed a questo scopo propose e fu eseguita una Étrivellazione nel piano della Cornia ottenendo per risultato un getto di ll litri a 1” da una profon- dità di m. 45. pi Di tutti questi lavori pubblici e privati fu data relazione ed una copia di ciascuna fu messa al casellario dell'Ufficio. L’ing. Zaccagna, insieme agli ispettori superiori del G. C. comm. Bracco | © De Gregori, ebbe incarico di procedere all’esame delle condizioni geolo- giche del terreno lungo il tracciato d’una variante al progetto della strada provinciale Cetraro-Fagnano in provincia di Cosenza, presentando appo- sita relazione. co Ai i “I Venne pure incaricato dall’Ufficio di provvedere al completamento della i _eollezione dei marmi italiani, che è in via di formazione, come diremo più | —‘avanti, nella sala a ciò destinata nel Museo, ed a tale scopo ebbe a fare ‘ . anche alcune gite sui luoghi di produzione dei marmi per la scelta dei cam- È w pioni e per la loro preparazione. . : \ e \ : X ATTI UFFICIALI Nel luglio 1915 per inearico del Ministero dei LL. PP. l’ing. Novarese fece una nuova visita al tronco Puocolo Calalzo della ferrovia Belluno-Pieve di Cadore, insieme con l’Ispettore Capo Ing. Baldacci, per constatare il "9 buono stato della linea dopo il tempo trascorso dalla prima visita nelmarzo 1914, periodo in cui l’esercizio era stato permesso con speciali cautele in via d’esperimento. Nel settembre 1915 col Genio Civile visitò in Calabria i terreni in cui dovrà svolgersi la provinciale costruenda Gisseria Falerna in provincia di Catanzaro, e le cave di granito di Briatico che debbono provvedere il ma- 7 i teriale per l'ampliamento di Porto Santa Venere. 3 “U Nel giugno su domanda della Deputazione Provinciale della Calabria È b. Citeriore ebbe a studiare le condizioni di stabilità di un tronco della provin- ciale Bisignano-Acri. Per incarico ministeriale l’ing. capo Franchi visitò i giacimenti di com- bustibile dei comuni di Muro Lucano e Rapone in provincia di Potenza e quelli dei comuni di Lacedonia ed Andretta in provincia d’Avellino. Visitò poi un giacimento supposto di lignite nel territorio di Fragnito Monforte pure in provincia d’Avellino. ER? Per incarico del municipio di Torre de’ Passeri visitò la sorgente d’acqua potabile in regione Tre Monti, territorio di Tocco di Casauria nella valle del Pescara. Nel 1915 l’ing. Crema dovette dedicare ancora gran parte del mese di luglio in sopraluoghi ai paesi più gravemente danneggiati dal terremoto marsicano per stabilire in unione al Genio Civile la possibilità di mantenerli in tutto od in parte sulle antiche sedi o la necessità di trasferirli parzial - mente o totalmente. Gli abitati visitati a questo scopo dall’ing. Crema ammontarono com- plessivamente a 182 ed irelativi sopraluoghi, iniziati, come già fu detto nel- l’ultima relazione, sulla fine dellaprimavera 1915, ebbero termine il 2 agosto. Sulla fine di questo stesso mese fu incaricato di studiare in unione ad un funzionario dell’ufficio del Tevere l’ammissibilità all’ istruttoria sotto i riguardi geognostiei, igienici ed artistici di un progetto di derivazione delle acque di piena del Liri, del Simbrivio e dell’ Aniene per la formazione di un grande bacino di ritenuta nella conca di Fiuggi. Nel marzo del 1915 l’ing. Crema studiò alcune frane insidianti l’abitato di S. Lucia di Fiamignano. Le relazioni relative a tutti questi incarichi furono a suo tempo pre- sentate al Ministero dei LL. PP. a spese del quale erano stati eseguiti i rispettivi sopraluoghi. ; dl il » A da'e AE de On LP RELAZIONE SUI LAVORI DI CAMPAGNA E D'UFFICIO Quale membro aggregato del Comitato speciale del Consiglio dei LL. PP. 4 ì per lo studio delle questioni relative al terremoto marsicano continuò nel secondo semestre dello scorso anno a prender parte ai lavori di quel Con- sesso ed infine anche in quest'anno l’ing. Crema rimase a disposizione del È | prof. Blaserna presidente della R. Commissione sismica nella sua qualità di | segretario della Commissione stessa. Nel mese di settembre 1915 l’ing. Pilotti si recò, insieme con un inge- È gnere dell’ufficio del Genio Civile di Rieti, a studiare i provvedimenti da prendere circa le ricostruzioni da farsi nell’abitato di Montorio in Valle | gruppi di abitati. Tale relazione fu poi presentata alla Direzione Generale _ di Sanità. (frazione del comune di Pozzaglia, Umbria), danneggiato dal terremoto. Pure nel mese di settembre 1915 fu designato a far parte di una Com- A missione nominata dal Ministero dei LL. PP. per riferire sul progettato spostamento dell’abitato di Salle (Chieti), minacciato da una vasta frana. Nei mesi di ottobre e novembre 1915 si recò nella Sardegna settentrio- nale per conto dell’ufficio speciale per la Sardegna onde visitare i comuni e % . dei circondari di Sassari, Alghero, Ozieri e Tempio che risultavano sprov- visti di acqua potabile e riferire, per ognuno, sui modi di provvederli. In seguito alle sue visite, fece un’ampia relazione, in cui, tenuto conto È di tutti gli elementi, veniva indicato, per ogni paese, l'acquedotto più con- veniente da eseguire, ed eventualmente il modo di fare ricerche di acque, Adi $ q Mm | salientio no, e quello di raggruppare economicamente in consorzi alcuni __ Neimesi di maggio-giugno 1916 fece parte della Commissione, nominata dalla R. Prefettura di Roma, per gli esami degli aspiranti conduttori di caldaie a vapore. L’ing. Grossi ebbe un incarico privato per accertare la presenza di mi- nerali di manganese e di mercurio nei dintorni di Prec aganio nel Monte Amiata. Per incarico del Ministero dell’Interno, Direzione generale della Sanità | Pubblica, l’ing. Fiorentin eseguì un piano di ricerche idrologiche nell’isola di S. Pietro in Sardegna nei mesi di settembre e ottobre 1915. In seguito 4 a questo studio fu dallo stesso Ministero incaricato del rilevamento e del | progetto dell’acquedotto di Carloforte che egli portò a compimento, per | quanto si riferisce ai lavori di campagna, nei mesi di febbraio, marzo e | aprile 1916. " \ > +0 ai PRE ta *£1 CIPE SII Palo 0 IL ATTI UFFICIALI PUBBLICAZIONI. Durante il periodo dell’anno finanziario 1915-16 venne pubblicato il quarto fascicolo del vol. XLIV, 1913-14 e tutto il vol. XLV del 1915. Il vol. VI, in due parti, delle Memorie per servire alla descrizione della Carta geologica d’Italia è ormai tipograficamente completo e sarà presto pub- blicato. Esso contiene l’opera del prof. P. Principi « Le dicotiledoni fossili del giacimento oligocenico di S. Giustina e Sassello in Liguria» e quella del dott. Checchia-Rispoli « Studio stratigrafico e paleontologico sui terreni ter- ziari inferiori del versante settentrionale delle Madonie ». Quest’ultimo è già stato pubblicato in estratto e si attendono ora le tavole relative alla memoria del prof. Principi per la pubblicazione del volume. Alle cinque tavolette della carta geologica delle Alpi Apuane alla scala di 1:25.000, della cui pubblicazione fu data notizia l’anno decorso, se ne aggiunsero altre quattro in quest'anno d’esercizio, cosicchè si hanno in tutto . a disposizione della scienza e dell'industria le tavolette seguenti: Castel. nuovo Garfagnana, Vagli di Sotto, Massa, Forte de’ Marmi, Monte Sagro. Ameglia, Sarzana, Monte Altissimo e Pietrasanta, e non ne resta che uno, Pescaglia, per aver completa questa importante pubblicazione che, insieme alla memoria cui attende l’ing. Zaccagna, è destinata ad illustrare sotto il duplice aspetto geologico e industriale la nostra regione marmifera. LABORATORIO CHIMICO. Dopo quanto si è diffusamente detto nella relazione del 1915 intorno alle condizioni di questo laboratorio non è il caso di riparlarne ora, altri- menti, che per registrare che le condizioni stesse sono rimaste immutate. Le ripetute richieste di saggi di interesse pratico che per l’accentuarsi dei bi- sogni del paese si sono avute, hanno messo in evidenza anche maggiore, se possibile, la necessità di fare presto qualche cosa perchè, senza pregiudizio di un ulteriore organico ordinamento, il laboratorio risponda in modo meno imperfetto ai bisogni per i quali venne creato, SISTEMAZIONE DELL'UFFICIO NEL LOCALE INGRANDITO. Si è cominciato a dare esecuzione al programma tracciato nelle sue linee essenziali nella relazione dello scorso anno. Provveduto a buon numero di nuovi scaffali, si poterono trasportare al primo piano le collezioni dei marmi e dei prodotti delle miniere e cave. Per questi ultimi si è potuto finalmente ritirare il ricco materiale che da anni era a Torino, non disponendo l'Ufficio di locali in cui sistemarlo. n ‘ dhe Piedi lè Î Peri a SY. RELAZIONE SUI LAVORI DI CAMPAGNA E D'UFFICIO XIII Esso era stato colà provvisoriamente deposto presso il R. Politecnico, riuscendo molto utile per la Scuola di miniere di nuova istituzione: la quale nel frattempo, venne costituendosi collezioni proprie, per cui le riuscì meno sensibile il vuoto lasciato dalla fatta restituzione, tanto più che ebbimo il pia- cere di poter donare alla Scuola un discreto numero di campioni che costi. tuivano per noi duplicati. Per la collezione dei marmi, che già forma una così cospicua ricchezza dei nostro Ufficio, stiamo provvedendo a dare un conveniente sviluppo alla parte relativa ai prodotti nazionali: il che non erasi potuto fare prima d’ora per difetto di spazio. Abbiamo predisposto un’ampia scaffalatura in cui po- tranno degnamente esporsi marmi in lastre ed in blocchi di dimensioni tali . da consentire di metterne in piena evidenza i caratteri. Di questa collezione | si occupa l’ing. capo Zaccagna, la particolare competenza del quale, gene- ralmente riconosciuta, offre affidamento sicuro di un risultato sotto ogni ri- guardo soddisfacente. i Anche le altre collezioni industriali (prodotti di miniere e cave) sono su- scettibili di ingrandimento per il quale speriamo avere assistenza da parte degli stessi produttori. L'ordinamento di esse procederà con la maggiore po s- sibile sollecitudine compatibile con le altre occupazioni dei funzionari che dovranno attendervi. Nel salone al 2° piano, rimasto libero per il trasporto al 1° piano del ma- teriale che vi era esposto, Si sono cominciati ad ordinare i campioni che corredano il rilevamento geologico e che non trovavano più posto nel cor- rispondente locale del 3° piano. Per ora la Stazione di patologia vegetale occupa la parte maggiore del 2° piano; è certo però che essa non tarderà molto ad essere trasferita altrove per imprescindibili necessità del suo normale funzionamento. A noiinteressa che ciò abbia luogo il più presto possibile, non tanto per lo sviluppo che ci permetterà di dare alle nostre collezioni per il quale dobbiamo anche far conto con la scarsità dei mezzi finanziari a nostra disposizione, quanto per il bisogno in cui siamo di nuovi locali per camere da studio e per il vagheg- giato ingrandimento del laboratorio. BIBLIOTECA. Durante l’anno finanziario 1914-15, per la grande guerra che-si combatte | e che si può chiamare mondiale per le conseguenze che se ne risentono in | ogni parte di mondo, il materiale giunto alla nostra Biblioteca è stato sen- sibilmente inferiore a quello degli anni decorsi. Fin dall’esercizio finanziario antecedente, era cessato ogni arrivo di libri dal Belgio; dichiarata la guerra XIV ATTI UFFICIALI anche da parte dell’Italia, cessò ogni arrivo dalla Germania e dall’Austria- DI Ungheria; arrivo irregolare, con ritardi e dispersioni, si verificò pure negli invii da altre parti dell’ Europa, specialmente dalla Francia, e fin anche dall’ America. Durante quest'anno finanziario sono giunte alla Biblioteca 1246 opere (volumi, fascicoli ed opuscoli) e 41 carte. Questo materiale fu in parte acquistato nella misura indicata dall’an- nessa nota delle spese, mala parte maggiore di esso è pervenuta per cambi o doni, Il valore totale di tutto questo materiale, quale risulta dalle va- riazioni fatte all’inventario della Biblioteca, è di L. 3341. Le Riviste di Società ed Istituti scientifici pervenute alla Biblioteca si dividono secondo le lingue in; italiane 63, francesi 10, inglesi 42, spa- gnuole 2, slave 1, diverse 7. Oltre alla sistemazione di questo nuovo materiale arrivato furono pre- parate altre 1360 schede per il nuovo schedario, avendo ceosì questo rag- giunto la cifra totale di 7775 schede. È Le spese fatte per la Biblioteca durante l’anno finanziario sono le seguenti: Acquisto di il lix cla AA Rilegatura di bibrio i; dig. FRE Gr Pet 4000: sehedo, --—. <.l/Sel AI ki N. 10 cassette di noce per schedari . . . . . . . . » 140,00 Totale. . . L. 1.932,20 Il continuo arrivo di materiale richiede, come ho accennato altre volte, la continuità anche nel preparare nuovi scaffali ove collocare i nuovi arrivi; devo perciò segnalare che alcune parti della Biblioteca sistemate appena da 4 o 5 anni; come ad esempio l'America in generale e più specialmente il Ca- nadà, si trovano già in eondizioni critiche per ristrettezza di spazio. Nella sala delle poligrafie europee, la cui sistemazione con il nuovo ordinamento non è ancora interamente compiuta, vi è già la parte occupata dalle poli- grafie francesi divenuta insufficiente: per far posto a queste bisognerebbe portare altrove le poligrafie, meno lette, d’altre parti d'Europa. E qui debbo fare osservare quanto sia necessario evitare questi spostamenti di libri, provvedendo in tempo la scaffalatura necessaria, poichè lo spostamento porta per conseguenza la modificazione su la scheda della topografia del libro, e la modificazione richiede un lavoro lungo e paziente, a compiere il quale O manca alla nostra Biblioteca quello speciale impiegato d’ordine che per cir- 8: costanze diverse non si è potuto finora ottenere. id "a é d''astd a De PO TRO fi | vee RELAZIONE SUI LAVORI DI CAMPAGNA E D'UFFICIO COLLEZIONI. fi”. Le collezioni geologiche e paleontologiche non subirono altra variazione 3 che il loro normale ineremento in accordo col progresso dei lavori di rile- vamento geologico. Di quelle dei materiali edilizi ed ornamentali fu detto precedentemente . parlando della sistemazione di esse nel locale ingrandito. PROGRAMMA DEI LAVORI E DELLE PUBBLICAZIONI DA FARSI DURANTE L’ANNO FINANZIARIO 1916-17 3 RILEVAMENTI. Per i lavori e le pubblicazioni da eseguirsi nell’esercizio finanziario ora iniziato, il Direttore del servizio della Carta geologica, Ispettore Baldacci, ha approvato il seguente programma redatto dal sottoscritto. Alpi Occidentali. — L’ing. capo Franchi sarà incaricato di fare alcune escursioni nell’area dei fogli 1:100.000 di Biella, Varallo, Dronero e De- k monte, i quali presentano qua e là soltanto delle piccole lacune, dopodichè sarebbero pronti per la pubblicazione essendo il rilevamento geologico già riportato alia detta scala. ai ing. capo Novarese farà pure alcune revisioni nei fogli di Varese e di -3 Varallo, nella parte di quest’ultimo da lui rilevata. Liguria. — L’ing. capo Zaccagna proseguirà il rilevamento della Liguria nel foglio 83. - Umbria. — L’ing. capo Lotti potrà portare a termine la tavoletta 1:50.000 di Norcia, con che risulterà compiuto il rilevamento geologico dell’ Umbria. Vulcani dell’Italia Centrale. — L’ing. capo Sabatini porterà avanti lo studio del gruppo vulcanico di Bolsena. ‘Abruzzi. — L’ing. Crema terminerà le due tavolette di Borgocollefe- gato e Antrodoco e proseguirà il lavoro in quella di Aquila. Campania e Basilicata. — L’aiutante principale Cassetti continuerà la revisione della tavoletta di Calabritto e di quella contigua di Muro Lucano, estendendosi eventualmente in quella del foglio contiguo 174. È Sardegna. — Nell’ Iglesiente saranno continuati i lavori per opera dello î ing. capo Novarese e degli ingegneri Pilotti, Grossi e Fiorentin che ese- A i guiranno il rilevamento sotto la sua guida. 7 TABOR VANE, CABI O ISO I E E, via Aa Di i LEE R PI 06 N PSI PR AA » ‘ ì e Y x —_ dt dpd007 ‘ » - 2 e Dai o va ai XVI ATTI UFFICIALI — RELAZIONE SUI TLAVORI DI CAMPAGNA F D'UFFICIO — LI L 5 PUBBLICAZIONI. da Nel corso dell’anno finanziario sarà portata a termine la pubb $ razione della carta geologica delle Jalpi Apuane alla scala di 1:25.000 con le lette di Pietrasanta e Pescaglia. - ei Saranno poi pronti per la pubblicazione i fogli 30, 43, 79 e 90 delle Alpi Occidentali appena che gli ing. Novarese e Franchi abbiano eseguito quelle | poche revisioni di cui fu fatto cenno più sopra. A&VO- . Il Direttore dell’ Ufficio B. LOTTI, È P ° & i Pai È. ve 1 S % ; r ai ,% t + Ma Ala Lat to Bollettino del IR. Comitato Geologico d'Italia Serio Yi Vol. VI. Anno 1916. | Fascicolo 2°.3 i A ricordo di FRANCESCO BASSANI Il R. Comitato Geologico ebbe in breve volgere di tempo tre gravi perdite; prima quella di DANTE PANTANELLI, poi di GIOVANNI STRU VER, ed ora di FRANCESCO BASSANI. Tre lutti per la Scienza, per la Scuola italiana e per il Comitato, al quale Essi portarono il prezioso con- tributo della grande esperienza acquistata in studi e ricerche diverse per indirizzo e scopo, ma egualmente utili nelle applicazioni ai rile- vamenti geologici. Invitato dal nostro Presidente a commemorare l’illustre e com- pianto nostro collega BASSANI, mentre mi accingo a scrivere di Lui, devo confessare con sincero senso di rammarico, di non poter esa- minare adeguatamente e degnamente l’opera sua scientifica. ricono- j 3 scendomi troppo poco competente nel campo della ittiopaleontologia, al quale Egli dedicò, con dottrina pari alla passione, la parte mi- gliore della sua rara attività, e nel quale emerse come maestro, le- gando il suo nome a questo importante ramo della Paleontologia. E ritengo necessaria questa confessione anche per giustificarmi della con- seguenza che ne deriva, ed è che ben poco potrò aggiungere a quanto già dissi altrove (1) dell’amico carissimo, pochi giorni dopo la sua morte: nè parmi necessario di modificare quanto mi venne allora spontaneo alla mente sotto l’impressione penosa dell’improvviso, ferale annunzio. Pag FRANCESCO BASSANI, nato a Thiene (Vicenza) nel 1853 da An- tonio e Anna Brolis, studiò Scienze naturali e si laureò a Padova (1) Vedi: Atti R. Accademia delle Scienze — Torino (LI), 7 maggio 1916. È è de - ha ide 01 NECROLOGIA nel 1375 sotto la guida del geologo lombardo Giovanni Omboni, del quale fu assistente, dimostrando fin dai suoi primi studi la tendenza a specializzarsi nelle ricerche sui pesci fossili. Vinti due concorsi di perfezionamento all’estero, fu a Parigi, a Monaco di Baviera, a | Vienna, dove profittò dei corsi e dei consigli di Gaudry, di Zittel, di Neumayr, di Suess, acquistando la stima di questi insigni maestri. Ritornato in patria, fu per qualche tempo insegnante nelle scuole medie a Padova e a Milano; utile preparazione all’insegnamento uni- versitario, al quale fu chiamato nel 1887, colla nomina alla cattedra di Geologia nell'Università di Napoli, succedendo a G. Guiscardi : nel 1889 ebbe inoltre l’incarico per l’insegnamento della Paleontologia. L’attività scientifica del BASSANI si esplicò specialmente nel . campo paleontologico : tuttavia i suoi doveri di docente per la geologia, e la tendenza ad applicare alla geologia stratigrafica e cronologica i risultati dei suoi studi, lo portarono necessariamente a trattare talune questioni geologiche, nel modo stesso che il soggiorno nella classica re- gione vulcanica lo indussero ripetutamente ad occuparsi di vulcanismo. Così furono geologiche le sue ricerche sul calcari eretacici di Pigna- taro Maggiore in provincia di Caserta e di Pietraroia nel Beneven- tano, e quelle in collaborazione col De Lorenzo nella penisola di Sorrento e sul Monte Consolino di Stilo. Sue e del Galdieri sono le relazioni geologiche sulla sorgente minerale di Valle di Pompei e sugli scavi in Capri, diretti a verificare i rapporti cronologici fra gli avanzi di mammiferi proboscidati e i manufatti archeolitici di selce e quarzite scoperti nell’isola. Egli contribuì alla vulcanologia flegrea ‘con notizie su manifestazioni recenti della solfatara di Pozzuoli, rilevando anzi l'opportunità di uno studio sistematico di questo cratere e dei lenti movimenti del suolo presso il Serapeo, proponendo col Chistoni i mezzi più opportuni per attuarlo. Nè gli sfuggì l’opportunità di studio che si offrì colla grande conflagrazione vesuviana dell’aprile 1906: raccolse notizie e ricercò col Galdieri la spiegazione più razionale delle varie forme di rotture, e specialmente dei fori subcircolari, nei vetri di Ottajano, ritenendole dovute all’urto di lapilli deviati dal vento. Fece inoltre parte delle Commissioni scientifiche, che con ap- NECROLOGIA 91 posite relazioni riferirono sulle conseguenze arrecate alle campagne ed alle colture dall’eruzione ora ricordata, e sulle ricerche delle norme edilizie per le regioni sismiche. Ma il campo nel quale le sue indagini scientifiche, segnarono orma veramente profonda e duratura fu quello della paleoittiologia : e furono i terreni del nostro paese, quasi esclusivamente, che gli forni- rono gli avanzi fossili di pesci, illustrati da numerose pubblicazioni. Un rapido cenno dei suoi lavori, raggruppandoli in ordine di crono- logia geologica, basta per far apprezzare la vastità del campo esplorato Prima che Egli se ne occupasse, poco si conosceva della fauna ittiologica del Trias italiano. Con due note, su avanzi raccolti nei calcari marnosi del Trias superiore di Laveno in Lombardia e di Dogna in Friuli, portò nuovi argomenti alla conferma delle af- finità organiche fra Keuper e Retico; e con una memoria storico- critica preliminare avviò su più sicura via lo studio della complessa fauna a rettili, pesci, ammoniti degli scisti bituminosi triassici di Besano in confronto con quella di Perledo; studio ripreso poi dal De Alessandri e dall’Airaghi. Ma più del Trias delle Prealpi e del Golfo della Spezia, che pure gli prestò materiale di studio, egli si occupò con particolare amore degli Scisti bituminosi di Giffoni e della Do- lomia di Mercato S. Severino in provincia di Salerno, ponendo in . luce il caratteristico livello a pesci della parte superiore della Do- lomia principale, illustrandone magistralmente la fauna ittiologica, e appoggiando lo studio dei pesci degli scisti con quello degli altri fossili della Dolomia. Non è da trascurare il contributo portato alla conoscenza dei pesci del Giurassico superiore veronese e trentino, anche per le no- tizie sulla probabile esistenza del genere Charcarodon nel mare di quel periodo. Ma impulso senza confronto maggiore ebbe dai suoi studi la conoscenza della fauna cretacica per le ricerche istituite sulle Ittiofaune della regione alpina veneta, del Carso, dell’ Istria, della Dalmazia e del Capo d'Orlando presso Castellamare di Napoli, sia per l'abbondanza del materiale esaminato, sia, specialmente, per il numero e l’importanza delle pubblicazioni relative. % Pi ì e N “, : ci A se ER ERA ESATTO SO Ri LE v LI [Penne * Pd e si % 1. 4 v NECROLOGIA Fra queste meritano particolare menzione la grande monografia sui pesci di Lesina, con 16 tavole, pubblicata nel 1883 dall’Acca- demia delle scienze di Vienna e quella, in collaborazione col suo allievo D’Erasmo, sulla fauna di Capo d’Orlando, nella quale venne all’ importante conclusione che questa fauna è di età cenomaniana, come quelle di Pietraroia, della Dalmazia e dell’ Istria, e forse degli scisti bituminosi a pesci dell'Appennino Centrale e del Veneto, e dei caleari con ittioliti di Terra d’Otranto. Ancora più estesa fu la sua esplorazione nei terreni ittiolitiferi dei successivi piani della serie cenozoica. Per l’Eocene sono da ri- cordare: la monografia sulla fauna del calcare di Gassino, che valse a definire una lunga questione scientifica sull’età di questo tanto discusso giacimento, e, fra le diverse note su pesci del Veneto, la deserizione di un nuovo genere di Fisostoni, nonchè il più antico lavoro, in data del 1876, col titolo « Annotazioni sui pesci fossili del calcare eocene del M. Bolca ». Oligocenici sono gli avanzi di pesci delle marne del bacino di Ales in Sardegna, illustrati da brevi note. Per il Miocene sono numerosi gli scritti, oltre quello sui pescì di Gahard in Francia. Egli ne pubblicò su ittioliti di questo pe- riodo delle Prealpi Venete, della provincia di Roma, delle Tremiti, di Terra d’Otranto, della Sardegna, del Piemonte; e classiche rimar- ranno le ricerche sui pesci fossili di Chiavon, illustrati in 18 tavole, i contributi alla paleontologia della Sardegna e di Rosignano Mon- ferrato, e la ittiofa una della pietra leccese, ultimo dei suoi lavori (1915), preceduto da uno studio in collaborazione col Misuri, sopra un delfino- rinco (Ziphiodelphis Abeli Dal Piaz) della stessa pietra. Brevi sono le note sui pesci fossili pliocenici della Toscana e della Basilicata, ma interessanti per la conclusione d’ordine generale, che la fauna ittiologica pliocenica risulta in grandissima parte di specie viventi, e che non vi sono rappresentate specie mioceniche o meso- zoiche. Nè meno interessanti sono i risultati ai quali giunge il no- stro A. nella memoria sulla ittiofauna delle argille pleistoceniche della Terra d’Otranto, avendone egli verificato la perfetta corrispon- denza con quella dei mari attuali e precisamente del Mediterraneo, in cui vivono tutte le specie che la compongono. NECROLOGIA 93 A parte le pubblicazioni geologiche e di vulcanologia, le necro— logie e altri seritti di argomenti vari, i lavori di paleoittiologia si avvicinano alla cinquantina. E’ dunque una ben lunga serie di lavori, dei quali meglio si apprezza l’importanza e il merito quando se ne consideri l’insieme, che ci si presenta come il risultato dello studio coordinato e comparativo, descrittivo e critico, della fauna ittiologica italiana nel suo sviluppo evolutivo attraverso l'enorme spazio di tempo dal Trias al periodo recente ed attuale. E non fa meraviglia che con così vasta, continua e diligente indagine abbia acquistato una riconosciuta competenza in questo difficile ordine di studi. Caratteristiche degli accuratissimi scritti del BASSANI sono: l'ampiezza dei confronti, confortati da critica sicura, usata colla pa- dronanza dello specialista sperimentato ; lo scrupolo scientifico spinto talvelta quasi alla diffidenza verso l’interpretazione propria; la se- rena e riguardosa considerazione dell’opera altrui. Lo dissi specia- lista per le personali ricerche in un campo relativamente limitato, coordinate ad un fine preciso; ma devo aggiungere che Egli si guardò dal danno che spesso viene agli specialisti, di cadere nell’esclusivismo, isolandosi negli studi prediletti e trascurando gli altri campi di in- dagine. La sua larga coltura alimentò di continuo collo studio, per amore del sapere e perchè il suo insegnamento procedesse di con- certo col progresso scientifico. Così Egli poteva competentemente guidare gli allievi che si esercitavano e con successo lavoravano in campi diversi del suo, e interessarsi alle ricerche dei colleghi, e spesso giovare col consiglio o incoraggiare con apprezzamenti fondati e giu- dizi meditati. Egli fu un valente insegnante. Io non ebbi la fortuna di assi- stere a sue lezioni, ma il giudizio mio si appoggia alla testimonianza degli allievi ed anche alle ripetute, spontanee sue affermazioni riguardo al piacere che provava nel fare lezione. Evidentemente questo pia- cere non era che il riflesso dell’attenzione e dell’interessamento che dimostrava l’uditorio conquistato dalla sua parola dotta, ornata e chiara. L'efficacia del suo insegnamento è del resto nel miglior ,modo dimostrato dal numero e dalla valentia dei suoi allievi geologi e paleontologi, dei quali ricordo, in ordine di tempo, il Meschinelli, 94 NECROLOGIA il Matteucci, il De Lorenzo, il Galdieri e il D’Erasmo, suo collabo- ratore in questi ultimi anni, che promette di seguire degnamente l'indirizzo del Maestro, continuandone le ricerche paleoittiologiche. Fra gli altri, devesi attribuire al nostro collega anche il merito dello sviluppo e dell’ordinamento del museo geologico napole— tano. Allorchè Egli ne prese la direzione, il museo geologico di Napoli e parecchi altri universitari del Regno, raccoglievano molto: materiale di studio, che richiedeva un paziente e delicato lavoro di cernita, di determinazione e di ordinamento secondo più razionali | criteri scientifici e didattici; lavoro che pose in evidenza l’urgente necessità di collocamenti più degni in ambienti nuovi o opportuna- mente adattati, anche per far posto a materiali nuovi che affluivano di continuo, come effetto del fervore nuovo per gli studi geologici e paleontologici nel nostro paese e per le ricerche personali degli addetti ai musei stessi e di appassionati dilettanti. E il BASSANI attese pure con’ zelo a questo ufficio, ed ebbe la soddisfazione di di— rigere il trasporto del suo Istituto e dell’annesso museo in ampia e magnifica sede e di disporne l’ordinamento’e l’arredamento, ormai completo, secondo le sue vedute. I meriti del BASSANI e le sue benemerenze erano riconosciute nel mondo scientifico: fu infatti chiamato a far parte di numerose istituzioni scientifiche ; ricordo che Egli fu Socio Nazionale dei Lincei, uno della Società dei XL, socio della R. Accademia, del R. Isti- tuto di Incoraggiamento e dell’Accademia Pontoniana di Napoli e corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Torino, del Regio Istituto Lombardo e di quello Veneto. Socio fondatore della Società Geologica Italiana, ne fu presidente nel 1898, nel quale anno organizzò col senatore De Lorenzo il riuscitissimo convegno della Società a La- gonegro in Basilicata. FRANCESCO BASSANI è veramente degno di rimpianto perchè fu udmo buono nel senso più puro e nobile della parola: di alto sen- tire, modesto e simpatico anche per il suo tratto abitualmente afta- bile e per la spontaneità cortese e premurosa colla quale si prestava a vantaggio di chi lo richiedeva di consiglio e di aiuto. Visse per la alia Giiala aliori ._ ul MNT TT EI e PTOLE PE e NECROLOGIA scienza, per la scuola e per la famiglia, e in questa e in quelle cercò e trovò negli ultimi anni conforto e sollievo alle sofferenze. Dopo una grave crisi superata nello scorso anno, si sperava che il male insidioso gli concedesse tregua: invece un improvviso attacco ne troncò in poche ore la preziosa esistenza. Il 26 aprile, pochi giorni prima che la sua bella prealpe vicentina fosse invasa, con effimera offesa, dall’austriaco e che fosse minacciata la natia Thiene, Egli si spense jn Capri, lontano dai figli Guido e Mario, chiamati alla guerra dal sacro dovere verso la patria. Ma non gli mancò il dolce conforto del- l'assistenza amorosa della diletta consorte Everdina Douves-Dekker, figlia di illustre scrittore olandese ; gentile e colta signora ed esimia disegnatrice, che legò il suo nome all’opera scientifica del marito, avendo disegnato le tavole, che, aumentandone il pregio, corredano e fedelmente documentano i lavori di Lui. Egli volle che la sua salma riposasse in quel « lembo di cielo » dov'era spirato e dove la vedova rimane fida e pietosa custode della tomba lacrimata. * Rx ; Cogli studi suoi e con quelli dei suoi valenti allievi il prof. BAS- SANI ha fissato dei capisaldi assai importanti, e per taluni riguardi fondamentali se consideriamo specialmente la serie dei terreni meso- zoici, nella conoscenza dell’ Appennino Meridionale; contribuendo così in modo diretto ed indiretto al rilevamento della Carta geologica di questa parte d’Italia. E’ questo un altro titolo di benemerenza che gli riconosce il R. Comitato Geologico, il quale l’ebbe assiduo alle sue riunioni e interlocutore autorevole nelle discussioni sui lavori del R. Ufficio geologico inerenti al rilevamento e all'indirizzo più oppor- tuno sotto il punto di vista scientifico da seguire nel progressivo suo svolgimento e nella pubblicazione delle Carte e delle Memorie illustra- tive. Ed il Comitato Geologico, rammaricandosi della perdita di un collega così stimato e ben voluto, porge riverente ed affettuoso saluto alla sua memoria, associandosi al cordoglio ed al lutto della esimia signora, diletta compagna confortatrice della sua vita, e dei figli. Settembre 1916. C. F. PARONA IR BREE IN te PRE A n RE a Se COME Ve” dt x : ) = Li + | ci bi» Pi di ar e e TEN RS # CAP 96 NECROLOGIA Elenco delle pubblicazioni (1). Annotazioni sui pesci fossili del calcare eoceno di M. Bolca.(Atti Soc. Veneto- Trentina di Sc. Nat., 1876, vol. III, fasc. II, pag. 169-191). — Padova, 1876. Pesci fossili nuovi del calcare eoceno di M. Bolca. (id. 1876, vol. V, fasc. I, pag. 143 a 154, con l tav.). — Padova, 1876. Nuovi squalidi fossili. (Atti Soc. tosc. Sc. nat., 1877, vol. III, fase. I, pag. 77- 80, con 1 tav.). — Pisa, 1877. Ittiodontoliti del Veneto. (Atti Soc. Veneto-trentina di Sc. nat., 1877, pag. 275- 309). — Padova, 1877. Traduzione dell’opera di C. DARWIN: L'espressione dei sentimenti nell'uomo e negli animali (in collaborazione col prof. G. CANESTRINI). Torino, Unione tipografico-editrice, 1878, in-49, pag. 257. Notes sur les poissons fossiles du Laboratoire de paléontologie au Jardin des plantes de Paris, in-8° (Guide du géologue à l Exposition universelle de 1878, et dans les collections publiques et privées de Paris. — Parigi, 1878. Ricerche sui pesci fossili del Miocene medio di Gahard in Francia. (Atti Soc. Veneto-Trentina Sc. nat., vol. VI, fasc. I, pag. 43-70, con 1 tav.). — Pa- dova, 1879. Vorlàufige Mittheilungen iber die Fischfauna der Insel Lesina. (Verhandlun- gen der K. K. geolog. Reichsanstalt. n. 9, Wien, 1879, pag. 161-168). — Vienna, 1879. Ueber einige fossile Fische von Comen. (id. id., n. 9, 1879, pag. 204). — Wien, 1879. Cenni sull'organizzazione dell’ I. R. Istituto Geologico di Vienna,in 8°, pag. 9. (Bollettino n. 2 della Soc. Veneto-trentina di Sc. nat., resid. in Padova, 1879, pag. 41-49). — Padova, 1879. Contribuzione alla fauna ittiologica del Carso presso Comen in Istria. (Id. id., vol. VII, fasc. I, pag. 3-15, con 2 tav.). — Padova, 1880. Note paleontologiche. (Id.id., vol. VII, fasc. I, pag. 16, con 1 tav.). — Padova, 1880, Su due giacimenti ittiologici nei dintorni di Crespano. (Bollettino n. 4 della Soc. Veneto-trentina di Sc. Nat., Padova, 1880, pag. 47-154). — Padova, 1880. Parole a ricordo di Pietro Maraschin e Lodovico Pasini, lette a Schio nell’adu- nanza 30 maggio 1880 della Soc. Veneto-Trentina di Sc. Nat. (Bollettino n. 4 id. id, 1880, pag. 81-99. — Padova, 1880. (1) Fatto in base a quello che accompagna la « Commemorazione » letta dal prof. sen. G, De Lo- renzo innanzi all'Accademia delle Scienze di Napoli(Rend. R. Acc. Sc. fis. e mat., fasc. 5 e 6, maggio- gingno 1916). VU de eli Lele n. rà PA ri è sieve tane a an (i ia Ru. NECROLOGIA 97 Appunti su alcuni pesci fossili di Austria e Wùrtemberg. Soc. Veneto-Trentina ‘ di Se. Nat., vol. VII, Padova, 1880, pag. 74-109, con 1 tav. — Padova, 1880. Nuove note paleontologiche. (Bollettino n. 5 della Soc. V. T. di Sc. Nat., Padova, 1881, pag. 187-189). — Padova, 1881. Osservazioni sulla lista di pesci fossili del calcare di Montegazzo data dal- l'abate Ferretti. (Bollettino n. 1, id. id., 1881, pag. 18). — Padova, 1881. Descrizione dei pesci fossili di Lesina, accompagnata da appunti su alcune altre ittiofaune cretacee. (Denkschr. matbh-naturw. CI. Kais. Akad. Wiss., Wien, vol. XLV, parte II, 1882, pag. 195-288, con 16 tav.). — Vienna, 1882. I pesci attraverso le. cre geologiche. (Bollettino n. 3 della Soc. Veneto-Trentina di Se. Nat., Padova, 1883, pag. 116-117). — Padova, 1883. Intorno ad un nuovo giacimento ittiologico nel Monte Moscal. (Atti Soc. Sc. Nat. Veneto-Trentina, vol. IX, fasc. I, Padova, 1883, pag. 149-150). — Padova, 1883. Sopra una zanna di Elephas meridionalis scoperta nelle sabbie gialle di Salso- maggiore. (Bollettino Soc. Geologica It., vol. III, pag. 16). — Roma, 1884. Ueber zwei Fische aus der Kreide bei Monte S. Agata in GOrzischen. (Jahr- buch d. k. k. geol. Reichsanstalt. Band 34, Ill Heft, pag. 403-406, con 1 tav.). — Wien, 1884. È Sull’età degli strati a pesci di Castellavazzo nel Bellunese. (Boll. Soc. geol. it. p- ki vol. VI, nag. 143-148, con 1 tav.). — Roma, 1885. Elementi di Zoologia descrittiva ad uso delle scuole secondarie. Milano, F. Val- © lardi, 1885. | Sulla probabile esistenza del gen. Carcharodon nel mare titonico. (Atti Società Italiana di Sc. naturali, vol. XXVIII, Milano, pag. 75-81). — Milano, 1885. Risultati ottenuti dallo studio delle principali ittiofaune cretacee. (Rend. del __R. Ist. Lomb,, S. II, vol. XVIII, fase. X, pag. 513-535). — Milano, 1885. Avanzi di pesci oolitici nel Veronese. (Atti Soc. it. di Sc. Nat., vol. XXVIII, pag. 142-163, con | tav.). — Milano, 1885. Sui fossili e sull'età degli scisti bituminosi triasici di Besano in Lombardia. (Atti Soc. It. di Sc. Nat., vol. XXIX, pag. 15-72). — Milano, 1886. Su alcuni pesci fossili del deposito di Pianico in Lombardia. (id. id., vol. XXIX, pag. 344-351). — Milano, 1886. x Colonna vertebrale di Oxyrhina Mantelli Ag., scoperta nel calcare senoniano di Castellavazzo nel Bellunese. (Mem. Soc. It. delle Scienze (detta dei XL), - vol. VII, serie III, n. 1). — Napoli, 1888. ; Sommario delle ricerche dei pesci fossili di Chiavon. (Rend. R. Acc. Sc, Fis. e Mat. di Napoli, fasc. 7, pag. 373-382). — Napoli, 1888. “Sopra un nuovo genere di Fisostomi scoperto nell'Eocene medio del Friuli. (Atti R. Acc. delle Sc. Fis. e Mat. di Napoli, vol. III, serie 22, n. 4, con l tav.). — Napoli 1888. ii CS Pei I Sd Ao 4007 a i > è 98 NECROLOGIA Notes of some researches of the fossil Fishes of Chiavon. (DE Meeting of the British Association). — London, 1888. Sopra una nuova specie di Ephippus scoperta nell’Eocene medio di Val Sor- dina presso Lonigo nel Veronese. (Boll. Soc. geol. it., vol. VII, fasc. 39, pag. 279-281, con l tav.). — Roma, 1888. Alla venerata memoria di G. Meneghini. (Rend. R. Acc. di Sc. Fis. e Mat., fasc. 2°, pag. 29-30). — Napoli, 1889. Alla venerata memoria di G. Seguenza. (Id. id., fasc. 39, pag. 57-58). — Napoli, 1889. Ricerche sui pesci fossili di Chiavon (strati di Sotzha, Miocene inferiore). (Atti R. Acc. Sc. Fis. e Mat,, fasc. III, serie 22, n. 6, con 18 tav.).— Napoli, 1889. Elementi di Zoologia descrittiva. II edizione riveduta, in-89, pag. 252, illustr. da 327 incisioni. — Milano, 1889. | Il calcare a Nerinee di Pignataro Maggiore, in prov. di Caserta. (Rend. R. Ace. Sc. Fis. e Mat., fasc. 7° e 8°, pag. 190-205). — Napoli, 1890. Alla venerata memoria di Antonio Stoppani. (Rend. R. Ace. Sc. Fis. e Mat., fasc. 1°, pag. 13-15). — Napoli, 1891. Contributo alla paleontologia della Sardegna. Ittioliti miocenici. (Atti R. Ace. Sc. Fis. e Mat., Napoli, vol. 4°, serie 23, n. 3, con 2 tav.). — Napoli, 1891. Sull’età del caleare di M. Pettine presso Giffoni Vallepiana, in provincia di Salerno. (Boll. Soc. Geol. It., vol. X, pag. 1005). — Roma, 1891. Alla venerata memoria di Achille de Zigno. (Rend. R. Acc. Sc. Fis. e Mat. fasc. 1° e -29, pag. 22-23). — Napoli, 1892. Alcuni avanzi di vertebrati inferiori nel calcare marnoso triasico di Dogna nel Friuli. (Rend. R. Ace. dei Lincei, serie V, vol. I, 1° semestre, 1892, pag. 284-287). — Roma, 1892. Marmi e calcare litografico di Pietraroia in provincia di Benevento. (Rend. R. Istituto d'Incoraggiamento, fasc. 7° e 8°, pag. 43-46). — Napoli, 1892. Sui fossili e sull'età degli scisti bituminosi di Monte Pettine presso Giffoni Valle Piana in provincia di Salerno. (Mem. Soc. It. delle Scienze (detta dei XL), tomo IX, serie 32, n. 3). — Napoli, 1852. Gl'ittioliti delle marne di Salcedo e di Novale nel Vicentino. (Atti R. Ist. Ve- neto di Sc., lett. e arti; tomo III, serie VII, pag. 1031-1045). — Venezia, 1892. Molluschi fossili nella dolomia triasica dei dintorni di Mercato S. Severino in provincia di Salerno. (Atti R. Acc. delle Sc. Fis. e Mat. di Napoli, vol. V, serie 22, n. 9). — Napoli, 1893. Per la geologia della penisola di Sorrento (in collaborazione col dott. DE LoRrENzZO). (Rend. R. Ace. Lincei, vol. II, 1° semestre, serie V, pag. 202-203). — Roma, 1893. Il Monte Consolino di Stilo in Calabria (in collaborazione del dott. DE LORENZO). (Atti R. Ace. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, vol. VI, serie II, n. 8). — Napoli, 1893. siae irrita ea NECROLOGIA 99 | Avanzi di Carcharodon auriculatus scoperti nel calcare eocenico di Valle Gallina | presso Avesa (prov. di Verona). (Accademia di Verona, vol. LXXI, serie III, fase. I, pag. 5-11). — Verona, 1895. Da Napoli a Cuma. (Annuario del Circolo Filologico di Napoli « Francesco de Sanctis » pel 1893-1894). — Napoli, 1894. Appunti d'ittiologia fossile italiana. (Atti R. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, vol. VII, serie II, n. 27). — Napoli, 1894. La ittiofauna della Dolomiu principale di Giffoni (prov. di Salerno). (Palaen- tographia Italica, vol. I, pag. 169-210, con 7 tav.). — Pisa 1895. Rivista critica di opere di ittiologia fossile. (Rivista It. di Paleont., fasc. di febbraio 1896). — Bologna, 1896. Luigi Palmieri. (Annuario dell’Università di Napoli per l’anno 1896-97, pag. 351-353). — Napoli, 1897. | Aggiunte all'ittiofauna eocenica dei Monti Bolca e Postale. (Palaentographia Italica, vol. III, pag. 77-88, con 2 tav.). — Pisa, 1897. Parole pronunziate a Lagonegro inaugurando il XVII Congresso delta Società Geologica Italiana. (Boll. Soc. Geol. It., vol. XVII, 1898, fase. IV, pa- gine XCVI-CIV). — Roma, 1898. Di una piccola bocca apertasi nel fondo della Solfatara. (Rend. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, fasc. XII, pag. 441-442). — Napoli, 1899. La ittiofauna del calcare eocenico di Gassino in Piemonte. (Atti R. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, vol. IX, serie II, n. 13). — Napoli, 1899. Su la Hirudella laticauda O. G. Costa, degli scisti bituminosi triasici di Giffoni nel Salernitano. (Rend. R. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, fasc. VIII a XII, pag. 225-227). — Napoli, 1899. Avanzi di Clupea (Meletta) crenata, nelle marne di Ales in Sardegna. (Id. id., fasc. V a VII, pag. 156-158). — Napoli, 1900. Su alcuni avanzi di pesci nelle marne stampiane del bacino di Ales in Sar- degna. (Id. id., fasc. V a VII, pag. 191-194). — Napoli, 1900. Di un congegno per facilitare l'isolamento dei fossili. (Atti R. Ist. d'Incorag- giamento di Napoli, serie V, vol. II, n. 4, con 1 tav.). — Napoli, 1900. Rivista critica di lavori di ittiologia fossile. (Riv. It. di Paleontologia, anno VII, fasc. I) — Bologna, 1901. i | Su alcuni avanzi di pesci fossili nel Pliocene toscano. (Monitore Zoologico Italiano, anno XII, n. 7, pag. 189-191). — Firenze, 1901. Il Notidanus griseus Cuvier nel Pliocene della Basilicata e di altre regioni italiane e straniere. (Rend. R. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, fasc. V, pa- gine 175-180). — Napoli, 1901. Nuove osservazioni paleontologiche sul bacino stampiano di “a in Sardegna. (Id. id., fasc. VII, pag. 262-264). — Napoli, 1901. Me 100 NECROLOGIA Rivista critica di larori di ittiologia fossile. (Riv. It. di Paleontologia, anno VII, fasc. III). — Bolugna, 1901. Sui pesci fossili della pietra leccese. (Lettera al prof. Cosimo De Giorgi, in ‘Lecce). -— Napoli, 1903. Rivista critica di lavori di ittiologia fossile. (Riv. It. di Paleontologia, anno IX, fasc. III). — Bologna, 1903. Indice generale dei lavori pubblicati dal 1737 al 1903 dalla R. Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli. Tip. R. Acc, Sc. Fis. e Mat., 1904, in-8°, pag. 111. — Napoli. La ittiofauna delle argille marnose pleistoceniche di Taranto,e di Nardò. (Atti R. Ace. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, vol. XII, serie II, n. 3 con 3 tav.). — Napoli, 1903. Rivista critica di lavori di ittiologia fossile. (Riv. It. di Paleontologia, anno X). — Perugia, 1904. | | Gaetano Giorgio Gemmellaro. Necrologia. (Rend. R. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, marzo 1904). — Napoli, 1904. Gaetano Tenore. Necrologia. (Boll. Soc. Geol. It., vol. XXIII) — Roma 1904. Relazione della Commissione incaricata di proporre il rimedio più opportuno per eliminare i danni derivanti all’Osservatorio Vesuviano dalla ferrovia elettrica. (Annuario scol, 1904-1905 della R. Università di Napoli, pagine 15, in-4°, piccolo). — Napoli, 1905. Sur quelques restes de poissons fossiles recuellis dans les argiles écailleuses ophitifères de l’Apenin septentrional (in F. SAcco, Les formations ophi- tifèeres du Crétacé). Bull. Soc. Belge de Géol., Paléont. et Hydrol., tomo XIX). — Bruxelles, 1905. Avanzi di Cyrtodelphis sulcatus Gerr. sp. nel calcare miocenico di Lecce. Co- municazione preventiva (Boll. Soc. Geol. It., vol. XXIV). — Roma. 1905. In memoria di Leopoldo Pilla. Parole lette nell'adunanza del dì 16 dicembre 1905 della R. Acc. di Sc. Fis. e Mat. di Napoli (con biografia e ritratto). (RBR R. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, dicembre 1905. Notizie sull’attuale eruzione del Vesuvio. Aprile 1906 (in collaborazione con A. GALDIERI. (Rend. R. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, aprile 1906). Commemorazione del socio Senatore Giuseppe Scarabelli-Gommi-Flamini. (Rend. R. Acc. dei Lincei, fasc. IV, Napoli, aprile 1906). Relazione sul concorso al premio Reale per la Mineralogia e Geologia sca- duto il 31 dicembre 1904 - Commissarii DE STEFANI, EMERY, GRASSI B., TARAMELLI @ BASSANI relatore, (Rend. adunanza solenne del 3 giugno 1906 della R. Ace. dei Lincei). — Roma, 1906. Sulla caduta dei proietti vresuviani in Ottaiano durante l'eruzione dell'aprile 1906 (in collaborazione con GALDIERI A.). (Rendiconti R. Ace. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, 1906, fasc. VII e VIII). ace ita ili tit a NECROLOGIA 101 Di una piccola bocca nel fondo della Solfatara di Pozzuoli, con alcune con- | siderazioni sulla opportunità di uno studio sistematico di questo cratere e dei lenti movimenti del suolo presso il Serapeo. (Rend. R. Acc. Sc. Fis. e ; Mat. di Napoli, 1907, fasc. 3). Relazione sulla opportunità di uno studio sistematico della Solfatara e dei lenti movimenti del sunlo presso il Serapeo di Pozzuoli, e sui mezzi più adatti per attuarlo (in collaborazione con C. CHISTONI). (Rend. R. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, 1907, fasc. IV). i Su alcuni avanzi di pesci nell’arenaria glauconiosa delle isole Tremiti. (id. id. 1907, fasc. IV). Sui vetri forati di Ottaiano nella eruzione vesuviana dell'aprile 1906 (in col- laborazione con A. GALDIERI), (id. id., 1907, fasc. V e VI). Relazione sul concorso al premio Tenore bandito nel 1906 dalla Accademia Pontaniana di Napoli sul tema: Contributo alla conoscenza del terreno triassico del Salernitano. (Atti Acc. Pontaniana, vol. XXXVIII). — Napoli, 1908. La sorgente minerale della valle di Pompei. Relazione geologica (in collabora- zione con A. GALDIERI). (Atti R. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, vol. XIII, Serie II, n, 2, 1908). Commemorazione di Alberto Gaudry. (Rend. R. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, 1908, fasc. VIII a XII). Delle conseguenze arrecate alle campagne ed alle culture agrarie dalla eruzione vesuviana dell'aprile 1906. (Atti R. Istituto d’incoraggiamento, serie VI, vol. V). Commissione composta da 0. Comes, F. Bassani, G. De Lorenzo, G. Froio, V. Matteucci, F. De Rosa, 0. Bordiga relatore. — Napoli 1909. di Contributo alla ricerca delle norme edilizie per le regioni sismiche. (Id. id., se- Si rie VI, vol. VI), in collaborazione con G. De LoRENZO, U. MasonI, G. MER- È CALLI, F. NITTI, G. PEPE. È fi Sui fossili e sull’età del deposito di Castro dei Volsci în provincia di Roma + (Miocene superiore). (Boll. R. Comit. Geol. d’ Italia, fasc. IV). — Roma 1910. In memoria di Arcangelo Scacchi nel / Centenario della sua nascita, 10 lu- glio 1910. (Rend. R. Acc. Sc. Fis. e Mat., vol. XVI, fasc. VII, supplemento). — Napoli 1910. i Scavo geologico eseguito a Capri (in collaborazione con A. GALDIERI), (Atti Soc. It. p. il progr. delle Sc., IV Riunione, ottobre 1910). — Roma, 1911. Sopra un Bericide del calcare miocenico di Lecce, di Rosignano Piemonte e di Malta. (Myripristis ‘melitensis A. S. Woodward sp.). (Atti R. Acc. Sc. Fis. e Mat., vol. XV, s. II). — Napoli, 1911. Gabriele Minervini. (Atti Acc. Pontaniana, vol. XLI). — Napoli, 1911. Sopra un delfinorinco del calcare miocenico di Lecce (Ziphiodelphis Abeli Dal Piaz) in collaborazione con A. MisuRrI. Memorie R. Ace. dei Lincei. — Roma, 1912. È E PR E E RT PE CRnige N PIT is 3° I LEE ORA pr = Nn a ce? | TI e ‘ e xv“ — 7 2 f 4 pl de ngi 1 _S sx ì b PIET » . u ) ni Pt e a va LE Ù 102 a | NECROLOGIA La ittiofauna del calcare cretacico di Capo d'Orlando, presso Castellammare (Napoli) in collaborazione con G. D'ERASMO. (Memorie Soc. It. delle Scienze, detta dei XL, serie III, tomo XVII, con 6 tav.). — Roma, 1912. Sopra una nuova fumarola nel fondo della Solfatara di Pozzuoli. (Rend. R. Acc. Sc. Fis. e Mat., adunanza 1° febbraio 1913). — Napoli. 1913. Commemorazione del prof. Giuseppe Mercalli. (Rend. R. Acc, Sc. Fis. e Mat. di Napoli, 1914). Sopra un Pholidophorus. del Trias superiore del Tinetto nel Golfo della Spezia. (Rend. R. Acc. Lincei, serie V, vol. XXIII, II semestre). Sopra un pesce fossile degli scisti calcareo-marnosi del Galletto presso Laveno sul Lago Maggiore (Peltopleurus humilis Kner). (Boll. R. Comit. Geol. d’Italia, vol. XLIV). — Roma, 1914. La ittiofauna della pietra leccese. (Atti R. Acc. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, HI, vol. XVI, n. 4, con 4 tav., 1915). PRotE:ORIGINALI I . B. LOTTI IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO (Umbria) OROGRAFIA. La piccola catena del Monte Martano può esser concepita, tanto geograficamente quanto per la tettonica dei suoi terreni, come la ripresa verso nord della Catena Sabina, la quale, partendo dai monti tiburtini e seguendo una direzione meridiana, sì spezza presso Terni, arrestata bruscamente da una depressa zona di fratture per la quale si fecero strada i torrenti trasversali Nera e Tescino. Da questo punto si biforeano due allineamenti montuosi: uno a destra, che passando pel Monte Fionchi e il Monte Maggiore, dirigesi verso NNE e poi, pel Monte Pennino ed il Monte Penna, volgesi decisamente a nord, e l’altro, comprendente il gruppo di Cesi ed il Monte Martano, che dirigesi prima a NO e poi a nord deviando solo di pochi gradi verso ovest. Nel primo tratto della biforcazione, fra Terni e Giuncano questi due rami di montagne si confondono geograficamente ma non tettonicamente perchè fra essi resta compreso lo stretto solco del torrente Serra, sul cui fondo corre la ferrovia Terni-Spoleto, e che è costituito, come esposi altrove (1), da una sinclinale con asse di retto da SE a NO e rovesciata verso NE. Questa sinclinale, angusta (1) B. LotTI. — / terreni secondari nei dintorni di Narni e di Terni. (Boll. R. Comit. geol., 1903). Mure 4, ba " B. LOTTI e schiacciata verso lo sbocco della Valle presso San Zenone, slar- gasi in alto, varcail bacino del torrente Serra estendendosi in quello del Maroggia, che scorre in direzione opposta verso Spoleto e, sempre più sviluppandosi in larghezza col progressivo divergere delle due catene fra le quali è compresa, va a formare l’ampio bacino della Valle Umbra o conca di Foligno. i | La sinclinale di cui è parola e la conseguente depressione geo- grafica della Valle Umbra fiancheggiano il Monte Martano ad est e lo limitano a nord presso Torgiano alla confluenza del torrente Chiaggio col Tevere. Il tratto del Tevere fra Torgiano e Todi limita poi il gruppo a NO, mentre a SO, fra Todi e Terni, resta limitato da una zona di colline, occupata da depositi salmastri e lacustri che. sten- desi fra questa del Monte Martano e la catena mesozoica d’Amelia. Nel gruppo del Monte Martano così circoscritto, e che molto approssimativamente occupa un’area elittica coll’asse maggiore di circa 50 km. e l’asse minore di 22, sono da distinguersi due allinea- menti montuosi: quello meridionale, che costituisce la Catena Mar- tana propriamente detta, diretto da sud a nord fino alla sommità del Monte Martano e. deviato bruscamente verso NO da questo punto fino .a San Terenzano, e quello settentrionale diretto da SE a NO e parallelo al tratto deviato della Catena Martana, costituente la catena eocenica di Gualdo Cattaneo. | Le due catene sono divise dal torrente Puglia che dal Monte Martano scende al Tevere presso Collepepe; però la linea di spar- tiacque fra la Valle Umbra e il Tevere non coincide in questa zona montuosa coll’allineamento delle maggiori elevazioni poichè, mentre queste dalla cima del Monte Martano deviano, come fu detto, verso NO, lo spartiacque volgesi prima con tortuoso giro verso NE, poi verso nord attraversando la zona depressa solcata dai torrenti At- tone e |Pugliola ove raggiunge una minima altitudine di appena 300 m. sotto il Colle S. Croce presso Gualdo Cattaneo. In questo tratto lo spartiacque viene scortato dai due torrenti Attone e Pu- gliola i quali scorrono paralleli fra loro e allo spartiacque per oltre 5 km. e ad una distanza media di circa 300 m. dalla sua linea. VT a PO SLI CIT, PNT I E et IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO Così con questa linea idrotemnica e con quella orografica delle maggiori alture viene a formarsi un bacino quasi circolare, aperto soltanto a nord per lo stretto passaggio del torrente Puglia; e questo bacino che, come vedremo a suo tempo, racchiude un ‘importante deposito di lignite, dovette un tempo scolare verso la conca di Fo- ligno, probabilmente per mezzo del torrente Attone. L'attuale scolo del bacino verso il Tevere dovrebbe considerarsi quindi come il risul- tato della cattura del Puglia sull’ Attone in conseguenza dell’apertura dello stretto passaggio fra Gualdo Cattaneo e Pozzo. L’Attone scende al F. Topino seguendo quasi per intiero un corso longitudinale parallelo alla catena eocenica di Gualdo e com- preso fra questa e il gruppo di colline di Montefalco e di Bevagna. L'orografia e l’idrografia della Catena Martana propriamente detta sono più semplici e regolari. La linea di spartiacque, diretta secondo il meridiano, coincide con quella delle massime elevazioni e il si- stema idrografico nei due versanti non presenta alcunchè di anormale. Soltanto può osservarsi che il torrente Naia, che scende al Tevere sotto Todi, inizia il suo Corso con due rami opposti, convergenti, paralleli all’asse della catena: uno procedente dai dintorni di Massa Martana a nord, l’altro da Sangemini ed Acquasparta a sud, ve- nendo così a costituire una zona longitudinale depressa ai piedi della catena mesozoica e compresa fra questa e una serie di colline ter- ziarie. Questa depressione, come vedremo, corrisponde ad una notevole dislocazione tettonica. STRATIGRAFIA. Le formazioni del gruppo dei Monti Martani sono quelle stesse che costituiscono le altre catene e gli altri gruppi montuosi isolati dell’Umbria e della Sabina. Sono cioè, a cominciare dalle più basse: calcari grigio-scuri retici; calcari bianchi ceroidi e suberistallini del Lias inferiore; calcari con selce grigio-chiari del Lias medio ; marne, scisti variegati e calcari rossi del Lias superiore; calcari scistosi, diaspri e scisti variegati del Giurassico medio e superiore ; N 2 i ed = e |. a SIE a "se AN È pa ; x + s ur = EE TORTA RIO TSO gi ME SA DR CE OT E) PRO RT 106 B. LOTTI calcari bianchi con selce del Neocomiano; scisti argillosi varicolori a fucoidi e calcari comprendenti l’Aptiano, l’ Albiano (Gault) e il Ce- nomaniano; ealcari rosei e rossi (scaglia rossa) del Senoniano ; calcari argillosi scistosi variamente colorati (scaglia cinerea) dell’Eocene in- feriore; marne dure grigie con selce nera, marne tenere e arenarie (formazione marnoso-arenacea) dell’Eocene medio. | Fino al Lias medio, questo compreso, la serie è continua, ma fra il Lias medio e il Lias superiore presentasi a luoghi la sovrap- posizione diretta di quest’ultimo terreno agli strati inferiori del Lias medio e al Lias inferiore, ciò che significa una discontinuità nella serie dei depositi, discontinuità che in molti altri punti del- l'Umbria è dimostrata, oltrechè dalla diretta sovrapposizione del Lias superiore al Lias inferiore ‘ed al Retico, anche dalla presenza di roccie clastiche nel Lias superiore stesso. Dal. Lias superiore fino all’Eocene inclusivamente la serie è di nuovo continua, dopodichè si affaccia la grande lacuna comune al- l'Umbria e ad altre regioni d’Italia, che comprende tutto il sì- stema miocenico. Qui nella Catena Martana infatti sopra l’Eocene ed anche sopra terreni ‘più antichi fa seguito il Pliocene lacustre costituito in basso da argille lignitifere e superiormente da sabbie e ciottoli. Al Pliocene lacustre succede una formazione, pur essa lacu- stre costituita in basso da sabbie argillose cui sovrappongonsi strati alternanti di marne a Melanopsis e calcari travertinosi, col prevalere dei quali si passa finalmente a deciso travertino. Con questo termina la serie dei terreni costituenti il gruppo dei Monti Martani, non tenendo conto di pochi lembi di tufo vulcanico sparsi qua e là, specialmente alle falde occidentali della catena me- sozoica, delle masse detritiche e dei terreni alluvionali recenti. I terreni più. antichi, dal Lias medio al Retico, formano il nucleo della catena e vengono allo scoperto quasi intieramente nel versante occidentale per circa 15 chilometri, fra Portaria e Castel Rinaldi, distribuiti in zone parallele, arcuate, colla convessità verso oriente. In tutto questo tratto i detti terreni vengono a contatto diretto colle formazioni postplioceniche (v. Carta geol.). al nt"? i De È mi, * ME E LT it Tit ìà Ò \ " i x TO. ‘soia - sù rt dit TRE 9 e Seli IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 107 I terreni più recenti, fra il Lias superiore e l’Eocene, cingono i precedenti in zone continue secondo curve grossolanamente ellit- tiche nel lato orientale della catena, restando interrotte nel lato occi- dentale fra Portaria e Castel Rinaldi dove, come abbiamo visto, com- pariscono i terreni più antichi. Nell’insieme i terreni mesozoici della Catena Martana compa- riscono in una zona arcuata, ad ampia curvatura, di circa quattro ‘chilometri di larghezza media e colla convessità rivolta verso est. ReETICO. — Come nel Monte Malbe presso Perugia, nel Monte Arnata e nel Monte S. Croce in quel d’Amelia, presso Poggio fra Narni e Calvi, al Fuscello e nel Fosso del Molino sopra Piediluco ad ‘est, il Retico del Monte Martano è formato da strati di calcare grigio in parte ceroide con venature spatiche, in parte d’aspetto dolomi- tico, fetido, bianco o grigio-cupo, con letti intercalati di scisti ar- gillosi della stessa tinta. Esso mostrasi soltanto in due affioramenti poco estesi al piede occidentale del Monte Cerchio fra Laussa alta e Colpetrazzo. Il calcare presenta a luoghi tracce di fossili indetermi- nabili e gli scisti racchiudono resti ben riconoscibili di bactrilli. La presenza di questo terreno nella Catena Martana fu segnalata per la prima volta dal Verri (1), cui dobbiamo riconoscere il merito di aver gettato le basi della geologia dell'Umbria, e fu poi ricordata dal Principi nel suo studio sui fenomeni carsici di questa catena (2). I due lembi di calcari retici sono allineati da nord a sud e se- parati fra loro da una placca di calcare bianco del Lias inferiore conformata in anticlinale. La stessa conformazione è presentata dagli strati del Retico ed è perciò che fra Laussa bassa e C. Monti affiora di mezzo al Lias inferiore come indica la sezione A-B (v. Carta geologica). Nel fondo dell’insenatura fra C. Monti e Colpetrazzo ed ai piedi «del monte si vedono in quantità. detriti di calcari scuri grigi ed (1) A. VERRI. — Un capitolo della geografia fisica dell'Umbria. (Atti IV Congr. geogr. italiano, 1901). (2) P. PrINcIPI. — Secondo contributo allo studio dei fenomeni carsici nell'Umbria (Catena dei Monti Martani). (Mondo Sotterraneo. — Rivista di Speleologia, IX, 3, 1913). x WE VE SI, 1 e di ii e i tie ei ia di \ . md 108 B. LOTTI anche neri, fetidi, manifestamente del Retico, però poco di questo terreno vedesi in posto, anche perchè gran parte di esso è coperta da una crosta travertinosa che maschera la stratificazione. LIAS INFERIORE. — Questo terreno, come il Retico, comparisce soltanto nel versante occidentale della catena ove viene in contatto diretto coi depositi pliocenici e quaternari, ad eccezione di quel breve tratto nel quale è sostenuto dagli strati retici e di alcuni lembi isolati che spuntano più a nord presso l’estremità della catena mesozoica, uno costituente il Monte Schignano e due altri presso le rovine di Castelvecchiaccio. Tolti questi lembi, isolati e racchiusi fra terreni più giovani, il Lias inferiore forma un affioramento continuo di circa 17 chilometri lungo il versante ovest della catena fra Portaria a sud e le Lacciare presso Massa Martana a nord. Il massimo sviluppo è da esso raggiunto nel Monte Cerchio e fra Monte del Colle e Monte Rotondo a SE d’Acquasparta. La roccia costituente questo terreno è il solito calcare ceroide . o subcristallino, bianco, generalmente poco stratificato o stratificato in grossi banchi. Fra Colpetrazzo e Mezzanelli è pieno di gastero- podi che però si presentano sempre in sezione e difficilmente possono isolarsi. Fossilifero è pure il calcare del Lixs interiore del Monte del Colle presso Castel del Monte ad est di Acquasparta. LIAS MEDIO. — Il Lias medio segue in zona continua e contigua l'andamento del terreno precedente che accompagna in tutto il suo affioramento tranne a nord e a sud della catena, rispettivamente nel gruppo isolato Monte Schignano-Rocchette e in quello del Monte Rotondo a SE di Acquasparta. Il suo maggiore sviluppo vien rag- giunto nella parte media della catena mesozoica, tra il Colle del- l’Aiale e il Colle S. Bartolomeo in corrispondenza del maggiore svi- luppo raggiunto dal Lias inferiore nel Monte Cerchio. In generale il Lias medio affiora, come il terreno precedente, nel versante occidentale, ma nella zona Aiale-S. Bartolomeo occupa le maggiori alture della catena ed è ripartito fra i due versanti. Tra Pian della Noce e Massa Martana staccasi dall’affioramento 1L GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO continuo principale un lembo, isolato in mezzo a terreni più recenti, che costituisce la sommità del Monte Forzano sulla linea di spartiacque. | Esso ricomparisce finalmente presso l’estremità NNO della ca- tena mesozoica accompagnato dal Lias inferiore nei Monti di Grutti presso le rovine di Castelvecchiaccio, ove presenta un notevole svi- luppo costituendo la metà SE di quella piccola catena ellissoidica secondaria, isolata. Il Lias medio è costituito in grande prevalenza dal solito calcare biancastro o grigiochiaro con selce, con ammoniti frequentemente limonitizzate. La sua parte superiore però, al passaggio del Lias su- periore è formata da un calcare brecciato, grigio e violetto, molto ricco di brachiopodi. Fino dal 1902 il De Angelis d’Ossat (1) presentò una nota di brachiopodi raccolti a Castel del Monte presso Acquasparta. A questo seguì nel 1910 uno studio del Principi (2) sui brachiopodi di quella stessa località da lui raccolti, dal quale risultano 11 specie comuni al Lias medio dell’Appennino centrale, 14 comuni al Lias medio di . Gozzano e 15 a quello della Sicilia. Fra i brachiopodi studiati dai detti paleontologi prevalgono i generi Terebratula, Waldheimia, | Rhynchonella e Spiriferina. | Oltrechè a Castel del Monte il calcare del Lias medio è fossi- lifero anche nei dintorni di Scoppio, nella vasta area Aiale-S. Bar- tolomeo occupata da questo terreno. Qui ed altrove, dove è più sviluppato, esso è composto da due forme principali: la superiore marnosa compatta generalmente molto fossillifera e la inferiore suberistallina, ceroide, con selce e con ammoniti limonitizzate ‘che fa passaggio al Lias inferiore. Lo | strato di passaggio è costituito di solito da un calcare ceroide a crinoidi spesso leggermente colorato in roseo. Esso è specialmente sviluppato alle Canepine a sud del Monte del Colle. x (1) G.DE ANGELIS D'OssaT.— Fauna liassica di Castel del Monte (Umbria). | (Boll. Soc. geol. ital., XXI, 1902). (2) P. PRINCIPI. — Brachiopodi del Lias medio di Castel del Monte (presso. Acquasparta). (Riv. ital. di paleontologia, XVI, 3, 1910). as A he” TO 110 B. LOTTI È A Castel del Monte queste due forme e le loro condizioni stra- tigrafiche si osservano chiaramente lungo la via che conduce ad È Acquasparta. Poichè il calcare con selce del Lias medio presenta una notevole analogia litologica col calcare, pure con selce, del Neocomiano ed è, come vedremo, da esso separato da un’esigua zona abissale comprendente scisti, calcari scistosi e diaspri del Lias superiore e del Giurassico, avviene che trovandosi questa zona di separazione sulla dorsale della catena e coperta da un coltrone erboso, difficilmente si riesce a distinguere con precisione le due formazioni calcaree. LIAS SUPERIORE. — In molti altri gruppi di terreni mesozoici dell'Umbria fu messa da me in rilievo una marcata discontinuità fra il Lias superiore ed i terreni sottostanti (1) dimostrata dalla sovrapposizione diretta di esso al Lias inferiore ed anche al Retico, nonchè dalla natura clastica di quel terreno osservabile, sotto forma di arenarie e puddinghe minute, negli speroni occidentali del Monte Terminillo. Nella catena del Monte Martano il Lias superiore comparisce in una zona continua generalmente di esigua estensione e potenza, sopra il Lias medio; soltanto per la strada fra S. Michele e le Ca- nepine, neì monti ad oriente di Acquasparta, un lembo di calcare rosso ammonitifero, accompagnato da diaspri e calcari rosso-violacei giurassici, si osserva direttamente posato sul Lias inferiore. Però più a sud, nei Monti di Cesi, tale discontinuità della serie sì veri- fica in più punti. Si può osservare inoltre che la zona del Lias superiore nei Monti Martani non succede dovunque alla parte superiore del Lias medio, cioè ai calcari marnosi grigi ammonitiferi od al calcare brec- (1) B. LorTI. — Rilevamento geologico nei dintorni del Trasimeno, ecc. ( Boll. Comit. geol., 1899; IpeMm. — Sulla costituz. geol. del gruppo dei monti d' Amelia. (Ibidem, 1902; IpeM. — / terreni secondari di Narni e di Terni. (Ibid. 1903); IpeM. — Sui risultati ‘del rilevamento geol. nei dint. di Piediluco. (Ibid. 1906); IDEM. — Osser». geol. nei dint. di Rieti.(Ibid. 1906); IpeMm. — / monti di No- cera Umbra. (Ibid. 1911). Il, GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 1ll ciato a brachiopodi, ma a luoghi riposa su questi strati, a luoghi sul calcare ceroide con selce che, come fu detto, forma la parte più bassa di quel terreno. Nell’estremità settentrionale della catena il Lias superiore com- pariscce in due lembi piccolissimi sui Monti di Grutti sovrapposto rego- larmente ad una parte del Lias medio e ricoperto dai diaspri rossi giurassici. | La roccia costituente il Lias superiore è quasi esclusivamente 11 solito calcare rosso marnoso ammonitifero, accompagnato qua e là da scisti calcareo-argillosi rossi e grigi e da calcari mandorlati a noduli grigi e violetti, quasi sempre ricchissimi d’ammoniti. Le loca- lità più rieche di fossili sono: il ripiano sotto il Monte del Colle, ad ovest di Castel del Monte, i due lati della vallecola dell’Eremità, i dintorni di Scoppio, il fosso di Terzo S. Severo in alto, il lato si- nistro del fosso della Rena sopra Pian della Noce, l’alta vallecola del | torrente Tribio presso Monte Forzano, Monte Scopi presso S. Pietro e i dintorni di Zampani, circa tre chilometri a nord di Massa Martana. Presso Scoppio, paese pittoresco sulla sinistra del fosso Matassa sul Neocomiano fanno seguito per rovesciamento diaspri violacei e calcari rossi a noduli zeppi di ammoniti. Se ne osservano di grandi dimensioni specialmente dove la strada di Firenzuola traversa il fosso. Un esauriente lavoro del prof. Principi sulle ammoniti del Lias superiore dei Monti Martani (1) ha reso superfluo lo studio delle molte da me raccolte. | Le forme descritte dal Principi sono 31, di cui due nuove ed una incerta. La maggior parte delle specie sono esclusive del Toar- ciano ; due giungono sino al Giurassico inferiore e otto si riscontrano anche negli strati del Iias medio. Qualche anno prima il De Angelis d’Ossat, illustrando la fauna dei calcari del Lias medio di Castel del Monte (Acquasparta), cita al- cuni cefalopodi del calcare rosso della stessa località, fra i quali le (1) P. PrINcIPI. — Ammoniti del Lias superiore dei Monti Martani (Umbria). (Boll. Soc. geol. ital, XXXIV, 1915). Mec = Ag Ò fuor de arie io “rat Vea 4 CR, MP, ai B. LOTTI specie seguenti: Phylloceras Nilsoni Heb., Harpoceras bijrons Brug., H. comense de Buch, Coeloceras Desplacei d’Orb. GIURASSICO MEDIO E SUPERIORE. — La zona delle rocce che, come negli altri gruppi mesozoici dell’Umbria comprendono il Giu- rassico medio e superiore, stretta e di esiguo spessore come quella del Lias superiore, accompagna quest’ultima in tutto il suo svolgi- mento ed è ad essa così intimamente legata, per continuità di depo- sito e per analogia di forme. litologiche, che una delimitazione netta fra le due formazioni è materialmente impossibile. Qualche eccezione occorre nel Monte Rotondo a SE d’Acqua- sparta ed in alcuni punti dei monti di Cesi, dove questo terreno sembra cuoprire direttamente il Lias inferiore, ma è dubbio se possa trattarsi d’una riduzione al minimo degli strati del Lias superiore che sì confonderebbero con quelli giurassici od anche d’un fenomeno locale di dislocazione. Le rocce costituenti questa formazione sono i soliti scisti e dia- spri verdi o violetti, calcari granulari scistosi degli stessi colori, sempre caratterizzati da resti di aptici, e calcari con selce grigi, sottilmente stratificati che a luoghi si trasformano in strati di pura selce o in strati dove questa predomina sul calcare. In altre parti dell'Umbria e specialmente nei monti di Norcia e di Rieti, alle rocce suaccennate si aggiunge un calcare bianco gra- nulare, stratificato e di notevole potenza, nel quale si notano fram- menti di crinoidi e sezioni di gasteropodi. A luoghi questa pila di strati calcarei è intramezzata da strati di calcare con selce e da diaspri simili a quelli degli scisti e calcari ad aptici di cui è parola. - Presso Viepri, sulla rotabile da Massa Martana per Montecchio, tra la Maestà e il Monte Schignano, sopra una superficie di poco più d’un ettaro, appena leggermente inclinata, comparisce immediata- mente sotto il calcare neocomiano un calcare giallo-verdastro, cri- stallino, di lucentezza perlacea, dolomitico (1), che nella parte su- periore presso il contatto col Neocomiano diviene pienamente gra- (1) Il suo contenuto in magnesia determinato nel nostro laboratorio chimico dall'ing. Aichino, fu trovato di 12,34 per 100. ud “e ge E Vl se ” "ren, PR 6 di 7 SPE init ET aan parata e sarei et i uni dat A pit iii a VIEN ARIA VM PIO TOPI ACI PELO RO 0° POI ® . » « LI di 4 è è ha T IL, GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO LIS nulare e ceroide e racchiude tracce di ammoniti, aptici e gasteropodi. Questi fossili si trovano associati in uno stesso banco e le impronte d’ammoniti, aleune delle quali di circa 10 cent. di diametro, si pro- lungano in basso nella dolomia cristallina, la quale però essendo durissima rende oltremodo difficile il distacco anche di frammenti di questi fossili. La stratificazione di questa roccia è ben netta e manifestamente concordante col calcare neocomiano. Alcuni banchi, nella parte infe- riore dell’affioramento sono formati da strati sottili fortemente sal- dati fra loro. E°’ probabile che questa dolomia vada ad appoggiarsi diretta- mente sul calcare del Lias inferiore del Monte Schignano che com- parisce a circa 500 m. di distanza verso NNO, ma i detriti che cuoprono la zona di contatto ne impediscono la constatazione. Il contatto invece col Neocomiano non solo è visibile, ma è altresi manifesto il passaggio graduato dall’una all’altra formazione. Da uno stesso banco, proprio al contatto, io potei staccare un esemplare di calcare granulare dolomitico ed uno di calcare granulare compatto a frattura concoide ed a tessitura analoga a quella del calcare neo- comiano. i _Il prof. Parona, alla incontestabile competenza del quale sotto- posi l’esame di alcuni campioni di questa roccia con impronte mal conservate di ammoniti e di aptici, potè dirmi soltanto che, quanto alle ammoniti, forse trattasi di Lytoceras, genere che dal Lias infe- riore sale alla Creta superiore, e quanto agli aptici, per quanto po- tevasi giudicare da esemplari imperfetti, potevano interpretarsi come Aptychus Seranonis Coq., i quali troverebbero corrispondenza in certi esemplari trovati nel biancone infracretaceo del Veneto e dell’Ap- pennino centrale. In seguito a questa seconda considerazione del prof. Parona ed al fatto che ammoniti ed aptici trovansi nello stesso banco, non vi ha dubbio che questa formazione dolomitica fossilifera debba ritenersi collegata al N eocomiano e non al Lias inferiore e ‘quindi riferibile alla parte superiore della serie giurassica e probabilmente al Titoniano. LATE PD ‘ Li 4 114 B. LOTTI Anche alle Canepine, ad est d’Acquasparta, dove si ha pure la. sovrapposizione diretta del Neocomiano al Lias inferiore, compari- scono, come a Viepri, dei calcari giallastri dolomitici ad immediato contatto col calcare del Lias inferiore. i Nella vallecola di Terzo S. Severo il Lias superiore è separato: dal Neocomiano da un’esigua zona di calcari con selce in strati sot- tili i quali manifestamente rappresentano tutto il Giurassico medio e superiore perchè al disopra fanno passaggio graduato al calcare neo- comiano e inferiormente al calcare rosso-violetto a noduli del Tas superiore qui, come fu detto, molto ricco d’ammoniti. A S. Michele, per la strada di montagna fra Acquasparta e i monti delle Canepine, un lembo isolato di calcari rosso-violetti fissili con aptici riposa direttamente sul Lias medio. Alle Canepine venne secnalato dai Verri (1) un caleare marmoreo rosso-violaceo con sfumature giallastre, contenente un modello di am- monite determinato dal prof. Parona come specie del gruppo Harpo- ceras opalinum specie del Dogger inferiore. Deve probabilmente trat- tarsi di qualche piccolo lembo di questo terreno isolato sul Lias infe- riore, perchè in questa località il Lias inferiore è direttamente ricoperto dal calcare neocomiano. Il massimo sviluppo, almeno per estensione di affioramento, viene raggiunto dagli strati giurassici sulla costa della montagna fra il lago di Firenzuola e S. Lucia sulla destra del Naia e nella preci. pitosa parete a destra della vallecola dell’Eremita. Nei dintorni di Scoppio, dove il Giurassico è pure discretamente sviluppato, fa parte di questa formazione un calcare rosso marnoso che partecipa molto della scaglia rossa cretacea ed è alla stessa maniera stratificato. Nella piccola catena secondaria isolata dei Monti di Grutti, alla estremità NO del Monte Martano, sopra i caleari rossi mandorlati ammonitiferi del Lias superiore i diaspri giurassici sono notevolmente sviluppati un'po’ a SE del Monte Pelato, in parte coperti dal calcare (1) A. VERRI. — Problemi orogenici dell'Umbria (Boll. Soc. geol. ital., XX.II, 1903). 3 » eine ATL È de DELITTO VE Pe IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 115 neocomiano, in parte direttamente dalla scaglia neocomiana come diremo. Ho accennato poco più sopra che in questa zona scistoso-calcarea doveva intendersi rappresentato tutto il Giurassico medio e superiore ed altrove (1) esposi le ragioni stratigrafiche in appoggio di questa tesi; ma anche argomenti paleontologici la suffragano e questi sono dovuti a studi ed osservazioni del Principi, il quale negli strati sel- ciosi di questa formazione nel Monte Tezio presso Perugia (2) rin- venne la Posidonomya alpina ed in un lavoro successivo rese conto del ritrovamento nel Monte Subasio (3) della Ericina fallar dell’ Ale- niano ed espose le ragioni che lo persuasero a riferire gli strati ad ap-_ tici non più al Titoniano ma al Giurassico medio. Già fino dal 1901 il Verri (4) accennava alla probabilità che 1a serie giurassica fosse completa nell’Umbria e nel 1903 (5) esponeva che sul tipico Lias superiore della Fonte delle Caldarelle preso Cesi riposava una zona di calcari chiari, intramezzati da scisti rossi e calcari duri rosso-violacei, zeppi di ammoniti, i quali, arricchendosi di selce a vari colori, passano agli strati selciosi titoniani. Nei primi strati sovrastanti al rosso ammonitifero tipico egli rinvenne fram- menti di ammoniti, terebratule e rinconelle indeterminabili, mentre negli scisti rossi interposti trovò varie specie di ammoniti riferite dal Parona al Lias superiore e sui calcari duri violacei specie riferite al- l’Aleniano e al Titoniano. Possiamo pertanto ritenere dimostrato che anche nella catena del Monte Martano nessuna discontinuità esiste fra il Lias superiore ed il Neocomiano e che nella esigua zona interposta, costituita da rocce (1) B. LorTI. — Osservazioni geologiche nei dintorni di Rieti. (Boll. Comit. geol., 1906, p. 307). (2) P. PRINCIPI. — Gti strati a Posidonomya alpina nel M. Tezio presso Perugia (Atti R. Accad. dei Lincei, XVIII, 11, 1909). (3) IpEM. — Osservazioni geologiche sul M. Subasio. (4) A. VERRI. — Ur capitolo della geografia fisica dell'Umbria. (Atti IV Congr. geogr. ital., 1901). / i (5) IDEM. — Problemi orogenici dell'Umbria. (Boll. Soc. geol. ital., XXII, 1903, p. 455). Si Le re ie i dea 116 B. LOTTI di grande profondità e quindi a deposito lentissimo, si debba ricono- scere rappresentato tutto il Giurassico medio e superiore. | CRETACEO INFERIORE (Neocomiano). — Come in altre località me- sozoiche dell'Umbria, può ritenersi che anche nella catena Martana una parte degli strati più bassi del calcare bianco maiolica, riferito al Neocomiano, appartenga ancora al Giurassico e più precisamente al Titoniano, come sarebbe indicato dalla persistenza nei suoi strati di qualche rara specie titoniana di Aptychus. Il passaggio però dagli scisti e diaspri giurassici ai calcari è ap- parentemente brusco sebbene a luoghi si noti nel calcare presso il contatto una stratificazione più sottile ed una colorazione che dal bianco maiolica sfuma in bianco-giallastro. Ad ogni modo. però nel rilevamento non è possibile seguire altro limite di separazione fra il Giurassico e il Neocomiano che quello litologico ben marcato fra la zona scistosa e il calcare sovrastante. Il Neocomiano è costituito intieramente, qui come in tutta Vl Um- bria, dal calcare bianco, conosciuto in Lombardia e altrove sotto il nome di maiolica, con lenti di selce piromaca e regolarmente stratificato. Anch’esso è distribuito in unà zona continua sopra quella giu- rassica, ma di gran lunga di questa più estesa e potente. Di esso son formate le principali alture della catena e specialmente quelle del versante orientale, come il Monte Faeto, la Cima Pauco e il Monte Forzano. La zona passa nel versante occidentale presso S. Pietro, a nord del gruppo, e presso Castel del Monte a sud. Nella piccola ellissoide dei monti di Grutti se ne osserva un lembo fra il M. Pelato presso S. Terenzano e Castelvecchiaccio. Nel Monte Schignano, presso l’estremità nord della catena mesozoica, nel Monte del Colle ed alle Canepine a sud, il calcare neocomiano riposa direttamente sul Lias inferiore con evidente di- scordanza e discontinuità. Tali condizioni stratigrafiche anormali si ripetono in vari punti più a sud nei monti di Cesi e di Terni, come ebbi occasione di esporre altrove (1). (1) B. LoTTI. — / terreni secondari nei dintorni di Narni e di Terni, (Boll. Comit. geol., 1903). lAztiabinidela Deir iii a, riesi Ta IST AT dio Ao IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO Presso Firenzuola, scendendo dal lago omonimo, il calcare neo- comiano mi offerse un’impronta di ammonite, indeterminabile, nei suoi strati superiori prossimi al passaggio agli scistî a fucoidi. A1- trove (1) riferii su ammoniti ed altri rari fossili da me rinvenuti nel calcare neocomiano dell’alto bacino del torrente Nera, fra i quali il prof. Parona potè determinare un Aptychus Seranonis Coq. e un Haploceras grasianus d’Orb. (Aptiano e Albiano). — Anche senza l’aiuto dei fossili il calcare neocomiano trovasi stratigraficamente limitato e nettamente indivi- duato fra due formazioni caratteristiche: quella calcareo-silicea, giu- rassica, inferiormente e quella degli scisti a fucoidi, riferita all’ Ap- tiano ed all’Albiano, superiormente. | Quest'ultima consiste in una esigua zona di scisti argillosi grigi, violetti e verdastri, tanto somigliante nell’insieme a quella giurassica che se non fosse, costantemente e dovunque, separata da questa per mezzo della potente massa calcarea neocomiana, sarebbe molto dif- ficile tener distinte le due formazioni scistose. La zona degli scistì? a fucoidi si svolge in una stretta fascia inin- terrotta attorno al Neocomiano, in massima parte sul versante orien- tale della catena, salvo un tratto di circa tre chilometri ad ovest del Monte Martano fra Acqua Canala e gli Albanelli dove, presso le Lacciare, acquista un notevole sviluppo giungendo ad oltre un chilometro di larghezza d’affioramento. Dopo una breve interruzione, forse coperta dai detriti, si riaf- faccia più a nord presso la Maestà di Viepri da dove può seguirsi per tre o quattro chilometri fin verso le Torri. Sotto il Passo del- l'Acqua Canala, nel versante di Massa, essi affiorano in finestra sotto la scaglia rossa cretacea ed un piccolo lembo, pure in finestra, si osserva anche poco sotto al Passo stesso nel versante orientale. A sud della catena, a cominciare dalle Canepine, questa forma- zione riposa direttamente sul Lias inferiore fino a Palombaiolo presso Portaria, poi di nuovo sul Neocomiano sopra questo villaggio e poi (1) B. LoTTI. — Il bacino sorgentifero del fiume Nera. (Boll. Comit. geol., 1910). N di " al "ie x > ‘nt PAT Re LE I 4 ME ALI vr VO 1 18 B: LOTTI ancora, sempre più a sud nei monti di Cesi, in parte sul Neocomiano, in parte sul Lias inferiore. | i Questa zona scistosa fu riferita all’Aptiano per la presenza di resti di pesci del genere Berix, rinvenuti per la prima volta dal Canavari (1) nel Camerinese; ma è probabile che in essi si trovi rappresentato anche il Gault ossia l’Albiano e fors’ anche i piani supe-. riori di passaggio al Senoniano, se a quest’ultimo terreno dovrà essere totalmente attribuita la successiva formazione della scaglia rossa. CRETACEO SUPERIORE (Cenomaniano). — Gli scisti a fucoidi fanno infatti passaggio nella Catena Martana, come altrove, alla scaglia. rossa con perfetta concordanza e per gradazioni litologiche talmente insensibili che difficile oltremodo si presenta la loro separazione e la conseguente delimitazione sulla carta. In altre località umbre e forse nel maggior numero di esse, fra gli scistt a fucoidi e la scaglia rossa senoniana s’interpongono dei calcari bianchi stratificati che in parte presentano i caratteri dei calcari associati agli scisti imme- diatamente sottostanti, in parte di quelli della scaglia senoniana, astrazion fatta dal colore. | In altre parti dell'Umbria dove questa zona di calcari bianchi è sviluppata tanto da meritare di esser distinta nel rilevamento, come nei monti di Leonessa, in quelli circostanti al lago di Piediluco, nella parte più elevata della catena mesozoica fra Terni e Spoleto, nei Monti di Nocera Umbra, nel lato occidentale della Catena Sabina, vi si notàno dei calcari con selce bianco-giallastri e dei calcari bianchi granulari con traccie di fossili. Questa zona di calcari bianchi, interposta fra gli scisti a fucoidi e la scaglia, fu attribuita al Cenomaniano e tal riferimento, oltrechè nella sua posizione stratigrafica trovò ragione nel fatto che dal Cana- vari furinvenuta in quei calcari nel Monte Sanvicino una Radiolites (2) e nei dintorni di Spoleto si rinvennero, sebbene erratici, una Siîpho- (1) M. CANAVARI. — Gli scisti a fucoidi e gli scisti bituminosi dell'Ap- pennino centrale (Proc. verb. Soc. tosc. sc. nat., III, 1881, p. 6) (2) M, CANAVARI. — Loc. cit. 1L GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 1109 nia piriformis Gold. e una Radiolites squamosa d’Orb., probabilmente provenienti da questo terreno, i quali fossili si conservano nella Collezione Toni in Spoleto. Di questa formazione, come fu accennato, non si ha traccia nella Catena Martana e quindi, mancando affatto una discontinuità di deposito, esse deve intendersi cronologicamente rappresentata da parte degli strati superiori degli scisti a fucoidi e da parte degli strati inferiori della scaglia. | (Senoniano). — Questo terreno è costituito dal solito calcare marnoso roseo 0 rosso mattone in strati di spessore non superiore a 10 cent., frequentemente intercalati da sottili letti di scisti argil- loso-calcarei rossi. Nel suo insieme questa formazione prende il nome di scaglia rossa o calcare rosato. Essa presentasi notevolmente sviluppata .ed estesa nel gruppo montuoso -di Cesi a sud della Catena Martana dove cuopre le alture principali svolgendosi poi intieramente ed in zona continua nella pendice orientale della catena stessa fino al Monte Martano (1094). di cui forma la cima e la parte maggiore .di esso. Dal Monte Martano questa formazione -scende anche nel versante. occidentale e prosegue verso NO fin presso le Rocchette, dopodichè si ritrova nella piccola catena dei Monti di Grutti della quale costituisce quasi la metà settentrionale. Di essa è formato quasi intieramente il Monte Pelato nel quale si osserva il fenomeno anormale della sovrapposizione di- retta di questo terreno ai diaspri giurassici. Due piccoli lembi nella ‘estremità SE di questa catena si appoggiano direttamente sui calcari del Lias medio. In questa formazione, tanto sviluppata, dell'Umbria furono tro- vati fossili decisamente senoniani presso Visso e nel Camerinese, consi- stenti specialmente in echinidi che furono studiati dal Bonarelli (1). Io vi trovai soltanto delle tracce di bivalvi indeterminabili presso i Bagni di Nocera e presso Costacciaro nel gruppo del Monte Cucco e (1) G. BONARELLI. — / fossili senoniani dell'Appennino centr. ecc. (Atti _R. Accad. Sc. di Torino, XXXIV, 1899, p. 1020-1027). x s*. Mi 2° 3a 4 ta re _ | ti ai 120 BL LOTTI qualche strato di calcare bianco nummulitico cristallino presso Visso (1). | EOCENE INFERIORE. — Alla scaglia rossa senoniana succede in serie ascendente la scaglia cinerea 0 argillosa, cosidetta perchè mentre è strettamente legata per passaggi al calcare marnoso rosso della scaglia, distinguesi da essa al tempo stesso sia per la sua colora- zione variabile ed alternata fra il grigio-chiaro o verdastro ed il rosso violetto o rosso mattone, sia per la sua natura argilloso- calcarea. Nella Catena Martana prevale in questa formazione il colore grigio—cenere e il grigio—giallastro. Essa comparisce quasi esclusivamente nel versante orientale della catena mesozoica, in una zona continua che partendo a sud dalla stretta sinclinale del torrente Serra, fra Terni e Spoleto, corre a mezza costa del Monte Torre Maggiore, penetra nell’alto bacino del Maroggia, dove acquista notevole estensione, ed accompagna poi la zona della scaglia rossa in una stretta striscia che svolgesi lungo il piede orientale della catena mesozoica fra Macerino e Montemartano. Da questo punto guadagna di nuovo in ampiezza, formando quasi intieramente il gruppo del Monte Cucco fino a Giano nell’Umbria, passa per Montecchio e va a finire a S. Terenzano ove, girandone l’estremità, circonda la piccola ellissoide di Grutti, in parte ricuoprendo regolarmente la scaglia rossa, in parte sovrapponendosi direttamente alle formazioni più antiche fino al Lias medio. Nel versante occidentale della Catena Martana manca comple- tamente fra Terni e Massa Martana, ma comparisce più a nord presso l’Abbadia di Viepri, nel Pisciarone, in alcuni fossi presso Castel Ri- naldi sotto la potente coperta detritica di quei dintorni, e più oltre ancora presso Castelvecchio e Rocchette fino a S. Terenzano. Il massimo sviluppo è presentato da questa formazione tra l’abitato di Montemartano, Morciechia e Giano dell'Umbria ove è costituita da alternanze di scisti argillosi giallastri, violetti e rossa- stri in strati ondulati, ma poco inclinati verso est. (1) B. LOTTI. — /! bacino sorgentifero del fiume Nera. (Boll. Comit. geol., 1, 1910, pag. 10). le dì, AI CDR l'aa Td da ep A IAU feci | MATA IPPPPRI EI GITE N MITTENTE SETA LI r IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 121 In questo terreno tanto ricco di strati calcarei nummulitiferi in altre parti dell'Umbria, nessuna traccia ne appare in questa contrada, come del resto non ve ne ha intorno ai gruppi mesozoici occidentali di tutta l’Umbria. La zona nella quale la scaglia cinerea è nummulitifera occupa i dintorni di Rieti, Antrodoco, Ferentillo, Leonessa, Norcia e Visso; quella cioè che forma la regione di pas- saggio dalla facies umbra o di mare profondo alla facies abruzzese 0 di scogliera del Cretaceo. Oltre le nummuliti non si rinvennero in questo terreno che degli inocerami (Znoceramus umbrius sp. n. del Di Stefano) (1) e delle ostriche che, secondo il medesimo autore, ricordano la Ostrea vesi— cularis del Cretaceo. EOcENE MEDICO. — Come, quasi senza eccezione, in tutta l’Um- bria, anche nel gruppo dei Monti Martani alla scaglia cinerea o ar- gillosa fa seguito, con perfetta concordanza e continuità, una serie di strati di marne dure con selce nera che formano una zona di esiguo spessore, ma oltremodo caratteristica. Questa sua presenza dappertutto sulla scaglia cinerea, la sua natura litologica per cui non è possibile segnare un limite netto fra essa e la scaglia cinerea al passaggio e la perfetta concordanza fra le due formazioni son fatti tali che non possono conciliarsi col riferimento di quella supe- riore al Miocene medio, come da alcuni autori si credette di fare basandosi su incerti criteri paleontologici. Sarebbe ozioso il seguire questa zona di strati tutt'intorno alla Catena Martana; basterà quindi notare che essa trovasi in tutta la parte orientale della catena stessa, dalla valle del torr. Serra presso Terni fino a S. Terenzano, alla base del terreno eocenico di tipo /ysch che appoggiasi alla scaglia cirenea. Nella parte occidentale manca generalmente come manca il terreno eocenico sovrastante e ne com- pariscono soltanto tracce su qualche piccolo lembo di scaglia cinerea come si verifica, ad esempio, a Castelvecchio, presso le Torri e al Piano presso Viepri. (1) B. LoTTI. — Inocerami nella scaglia cinerea presso Titignano (Orvieto). (Boll. Comit. geol., 3, 1901). 3 a dini i ndr e eine ici abbaia Ciatti 122 B. LOTTI Presso l’abitato di Montemartano si presentano condizioni favo- revolissime per lo studio del passaggio da questa zona di marne dure con selce alla scaglia cirenea. In questa località furono da me prelevati quattro campioni sopra una larghezza di circa 30 metri di passaggio: uno in piena scaglia cinerea, uno al passaggio di essa alle marne dure, un terzo in queste marne dure con selce ed un quarto in décise marne dure senza selce e con pteropodi. Esaminati questi campioni in sezioni sottili furon trovati tutti di identica composi- zione e struttura e l’esame paleontologico eseguito dal prof. Prever su 20 sezioni dette per tutti e quattro i campioni il seguente iden- tico risultato: « qualche radiolaria; globigerine e orbuline abbon- danti; altri foraminiferi di secondaria importanza; facies incerta, ma simili facies in altre località anche dell'Alta Italia son proprie di roccie dell’Eocene inferiore ». E’ da notarsi che questi strati presso Piediluco, a C. Milord presso Foligno, a Valfabbrica, ai Bagni di Nocera e a Gubbio (1) racchiudono piccoli Pecten ed Ostrea che si vorrebbero attribuire al Langhiano. Sopra le marne dure con selce nera fa seguito quasi costante- mente una zona di marne grigie tenere con pteropodi e poi alternanze di marne e di arenarie. Dagli strati eocenici sottostanti al banco di lignite di Morgnano proviene una cassidaria. Nella sinclinale eocenica del torr. Maroggia prevalgono le marne a pteropodi. Negli strati marnoso-arenacei dei dintorni d’Uncinano sì osservano dei Palaeodictyon e tante altre impronte analoghe a quelle che si osservano nel flysch eocenico della Toscana. Presso Castel Ritaldi vi trovai diverse forme di Helminthoida e fucoidi specialmente sulle superfici degli strati d’arenaria spalmati d’argilla. La posizione stratigrafica e cronologica di questa estesa forma- zione marnoso-arenacea viene fissata dai due orizzonti: scaglia cinerea nummulitifera e argille scagliose che non compariscono nell’area della Catena Martana, ma in un’ampia zona più a nord, fra Gubbio, Pe- (1) B. LorTI. — / monti di Nocera Umbra. (Boll. Comit. Geol., 1911). — IpEM, Relaz. sulla campagna geol. dell’anno 1912. (Ibid., I, 1913-14). -4 o È. ira - NV da Bea (>) Mesi ppt pit _ " PAOLO EEA Pra A è IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 123 rugia e Gualdo Tadino. Essendo le argille scagliose riconosciute come spettanti all’Eocene superiore, sia per gli strati nummulitiferi che racchiudono, sia per le masse ofiolitiche che ad esse si associano, sembra logico il riferimento della formazione marnoso-arenacea al- l’Eocene medio, in ciò d’accordo coi recenti studi del prof. Principi (2). Questo terreno stendesi sul versante orientale della catena oc- ‘cupando tutta la valle del Maroggia fino alla confluenza del Fosso di $. Severo e più a nord quelle del Fosso Tattarina e del Fosso Ravic- ‘ciano; procede quindi verso NO sempre a fianco della catena stessa fino a S. Terenzano dove gira intorno all’ isolotto mesozoico dei Monti di Grutti che recinge fino a Castelvecchio nel lato occiden- tale. Da S. Terenzano la formazione si allarga poi verso nord nella valle del Puglia e de’suoi affluenti e va a costituire per intiero la ‘catena eocenica che da Gualdo Cattaneo in direzione NO spingesi fin presso Bettona. In questa catena sono nettamente distinte due formazioni: una ‘superiore intieramente arenacea ed una inferiore marnoso-arenacea, ‘costituita, cioè, da strati alterni di arenarie e marne. L’arenaria occupa quasi esclusivamente la stretta dorsale della catena, da Gualdo a Col di Luna, da dove diramasi poi nei vari contrafforti di Mont’Alba, Veduta del Lago, Monte Fargneto e Cin- que Querce, abbassandosi progressivamente verso la pianura tiberina fino a formare per intiero il gruppo dei monti di Deruta e di Bettona. Nella formazione marnoso-arenacea, tra S. Antonio e il Collet tino, circa un chilometro ad ovest di Gualdo, potei raccogliere pa- recchi esemplari di grosse lucine racchiuse al contatto fra gli strati di arenaria e i letti marnosi. Queste lucine ed alcuni gasteropodi dei generi Cassidaria, Eudo- lium, ecc., insieme a numerose impronte di pteropodi, tutti fossili di solito specificamente indeterminabili, furon da me raccolti negli strati marnosi di questa formazione in altre località dell'Umbria: a (2) P. PRINcIPI. — Alcune considerazioni sul Terziario dell Umbria. {Boll. Soc. geol. ital, XXXIII, 1914). N IN e rt e I dipte La A loft CAR lib detail tri La , a ER. i a 124 83. LOTTI Piediluco, a Collemincio presso Gualdo Tadino, a Visso e a Valfab- brica (1). In Toscana e nell'Appennino settentrionale sono noti i gia- cimenti di Dicomano, di Sambavello, del Monte Gattaia, di Porretta e di Barigazzo e il Pantanelli (2), a proposito di quest’ultima loca - lità, scrisse che « gli strati a Lucina e a Pecten nonchè quelli a Lepi- docyclina, che risalgono fin sotto il Lago Scaffaiolo presso il culmine del Corno alle Scale, si trovano costantemente alla base della forma- zione da lui riferita all’Oligocene e che riposa immediatamente sulle argille scagliose dell’Eocene superiore ». In questa posizione infatti furon da me trovati i fossili di Barigazzo (3). Nell’Umbria la posizione stratigrafica di questi fossili è alquanto diversa perchè invece che. sopra la zona delle argille scagliose il loro giacimento non solo trovasi nella formazione marnoso-arenacea ad esse sottostante, ma quasi costantemente nella parte inferiore di essa formazione. Così è il caso presso l’abitato di Montemartano, a Ve- scio presso Foligno, a Fossato di Vico, a Valfabbrica e altrove. L’arenaria dei monti di Bettona e di Deruta è quella che rac- chiude lenti di conglomerati ad elementi poligenici (4). | Il monte di Gualdo e quello delle Civitelle son formati d’are— naria in strati orizzontali sulla dorsale ed inclinati verso l’Attone sul fianco orientale della catena. Gli strati di puddinghe ad elementi poligenici, insieme a strati d’arenaria grossolana sono intercalati alle marne immediatamente sottostanti a quest’arenaria di Gualdo e di Deruta. | Di queste zone esclusivamente arenacee nella parte superiore della formazione marnoso-arenacea ve ne sono in diversi altri punti del- (1) B. LorTI. — Zl bacino sorgentifero del F. Nera. (Boll. Comit. geol., I, 1910). (2) D. PANTANELLI. — Discussione sul Terziario medio dell'Umbria. (Verb. adunanza 11 settembre 1912 della Soc. geol. it., Boll. vol. XXXI). (3) B. LorTI. — Strati eoccenici fossiliferi presso Barigazzo nell'Appennino modenese. (Boll. Comit. geol., 4, 1895). (4) G. DEANGELIS D’OssaT. — / Ciottoli esotici nel Miocene del Montè Deruta (Umbria). (R. C. Accad. ‘dei Lincei, S. V, vol. IX, 12, 1° sem., Roma, 1900). i “ ; % " nali I ti Ti it sari e i i IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 125 l’Tmbria, segnatamente nelle colline a nord d’Assisi e nei monti di Perugia. Nel M. Caciolfo, sul lato orientale della Catena Martana, vi è la cosidetta pietra caciolfa la quale non è altro che un calcare tenero della parte inferiore della formazione marnoso-arenacea dove esso è fre- quente, e può considerarsi come la parte finamente granulare e cre- tosa del calcare a lepidocicline. Sotto la pietra caciolfa fa seguito la zona marnosa a pteropodi. La formazione arenaceo-marnosa è ordinariamente priva di sor- genti. Solo qualcuna se ne ha in quei punti dove una discreta massa d’arenaria sta sopra a strati essenzialmente marnosi, come a Gualdo Cattaneo, nei monti di Bettona, di Deruta e altrove. MIOCENE (Tortoniano). — Come fu accennato, nell’area della Ca- tena Martana non compariscono le argille scagliose e nemmeno vi comparisce l’ arenaria eocenica (per ‘altri oligocenica) che vi sta sopra in altre parti dell’Umbria come, ad esempio, nel Monte Murlo ad ovest d’Umbertide, nei monti di Magione e d’Agello (1) ad ovest di Perugia ed altrove. Neppure vi si notano quei residui di terreno miocenico con fÎos- sili marini, tanto frequenti nei dintorni di Perugia e di Gubbio, nei dintorni di Casa Castalda, a S. Maria Tiberina, a Pieve de’ Saddi ed in varie altre località e che, per la loro piccolezza e sporadicità, e per trovarsi tutti posati sulla formazione marnoso-arenacea, furono la causa dell’erroneo riferimento di questa formazione al Miocene medio. Pure coi lavori sotterranei della miniera di Morgnano fu incon- trata una roccia marnosa dura con bivalvi marine a guscio osseo ben conservato che il dott. Checchia riferì ad una Solenomya aff. | Doderleini Meyer del Miocene medio e superiore dei Colli di Torino. In seguito a quanto fu da me esposto altrove (2) questi lembi isolati di terreno miocenico, sparsi qua e là in tutta 1’ Umbria, nel (1) P. PRINCIPI. — Alcune considerazioni ecc. l.-c. (2) B. Lori. — Il Monte Fumaiolo e le sue sorgenti. (Boll. Comit. geol., 3 e 4, 1916. N dio caniti did ie vc ELE a e ai di cede” PIATTINO MOI Me A IO I PSI GE RA E TIA LEO, ORIO Sa Lo) RITIRO 126 B. LOTTI Casentino, in Val Tiberina e in Romagna, devono ritenersi come residui d’un terreno tortoniano denvudato. Questo di Morgnano sarebbe stato preservato dalla denudazione perchè ricoperto dal terreno pliocenico. PLIOCENE LACUSTRE. — Il terreno immediatamente più giovane dell’Eocene medio nell’area della Catena Martana, che comparisce allo scoperto, è quindi il Pliocene lacustre. Il riferimento di questo terreno al Pliocéne viene stabilito essenzialmente dalla fauna fossile delle ligniti, come vedremo più avanti. Ad est della catena esso stendesi alla base dei monti fra Spoleto, Scatarci e Petrognano sul limite occidentale della Valle Umbra. Non è escluso però che il lago pliocenico penetrasse un tempo nel- l'ampia valle del torrente Tattarina che sbocca fra Bruna e Petro- gnano nel grande bacino di Spoleto e di Foligno. In vari punti, nella sinistra di detta valle, si osserva una formazione sabbiosa, gialla, che ricuopre con piccolo spessore l’Eocene e che presso Zaccarello ha tutto l’aspetto di quella pliocenica; però non vi è traccia di ciottoli. I depositi pliocenici riprendono poi più a nord presso Merca- tello per svilupparsi in ampia zona intorno a Montefalco, penetrano nella valle del Puglia fino a Fontevecchia, scavalcando il depresso Spartiacque di Colle S. Croce, e si stendono prima sulla destra, poi sulla sinistra dell’Attone formando le basse colline della catena di Gualdo Cattaneo che scortano presso la pianura del Topino fin sotto Bettona. Nelle colline di Bevagna e di Montefalco il Pliocene lacu- stre è costituito da ciottoli e sabbie con prevalenza dei primi; però l’ossatura delle colline di Bevagna è di rocce eoceniche della forma- zione arenaceo-marnosa. Ad occidente è anche più sviluppato perchè dalla conca di Terni, da esso intieramente riempita, spingesî. verso NNO fino al Todi, poi verso nord fino a Perugia in una zona della larghezza media di circa 6 chilometri incassata da un lato dalla catena Mar- tana e dai monti di Gualdo Cattaneo, dall’altro della catena meso- zoica di Amelia e dai monti eocenici che formavano un’antica bar- riera fra il mare ed il grande lago tiberino, e che oggi il Tevere | i i ar ue MPOR Et, "POREIE V PES O TORTI > E LOS SNA GIRLS GENS UIITT $ | ‘ SA Idi pt bd ; A IL GRUFPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 127 È attraversa fra Todi e Orvieto passando per lo stretto e profondo solco È di Titignano. "4A Questo terreno lacustre pliocenico è, come fu accennato, general - mente costituito da ciottoli e sabbie nella parte superiore e da ar- gille nella parte inferiore le quali, in prossimità delle rocce eoceniche su cui riposano racchiudono banchi di lignite xiloide. Il passaggio dalle sabbie alle argille è formato da argille sab- biose le quali, non essendo sufficientemente permeabili da lasciarsi attraversare facilmente dalle . acque, nè impermeabili al punto da non lasciarle passare, s° impregnano di acqua, aumentano di peso e, quando trovansi alla superficie in pendenza, franano danneggiando gravemente le strade rotabili e gli abitati. A Alla superficie questo deposito lacustre è rappresentato nella | quasi totalità dai ciottoli e dalle sabbie; le argille affiorano sol- tanto presso le miniere lignitifere di S. Angelo e "di Morgnano, ss nella parte occidentale, e fra Castel Todino, Colle Secco, Rosaro e i Rosceto nella parte occidentale ove se ne ha una zona assal estesa. Nei dintorni di Castel Todino e Montecastrilli s’incominciano a trovare tracce di transizione a depositi marini, specialmente lit- toranei, che acquistano poi sviluppo nei dintorni d’ Amelia dove ; manifestamente doveva esservi uno sbocco in mare del gran lago ; umbro e dove sembra si verificassero incursioni temporanee marine ì nel lago stesso. | “de È Presso Castel Todino il terreno lacustre è specialmente costituito i da sabbie che sembrano formare una sbarra o cordone littorale ad 3 una formazione lacustre più giovane di cui diremo fra breve. Que- 13 ste sabbie divengono marine un po’ più ad ovest di Castel Todino. Nei dintorni di Sangemini e d’Acquasparta è difficile un rile- re dp fr ad PRI a+ | vamento esatto delle condizioni stratigrafiche di questi depositi sia Y per la intensa coltivazione e per la vegetazione spontanea che alte- È rano e nascondono il terreno naturale, sia perchè quivi si ha, come ho detto, il passaggio da un regime marino ad un regime lacustre. A Rosario ed in altri punti della zona di contatto del bacino x” 4 è, no oli aa ind pliocenieo lacustre del torrente Naia coll’Eocene di Montenero do- MAR i Re e n n, 128 B. LOTTI mina una formazione di ciottoli in gran parte proveniente dalle marne dure con selce da cui l’Eocene stesso è formato. Sotto ad essi stanno delle argille che, a giudicarne dagli affioramenti di banchi di lignite dei vicini dintorni di Dunarobba, dovrebbero esser quelle del piano dei giacimenti lignitiferi di Spoleto. I ciottoli son rico- perti dalle sabbie nelle quali presso Selvarelle sotto Rosceto, sulla destra del Naia, si osservano lenti di argille con Helix. Nelle sabbie si trovano delle valve di Unio. Bacini lignitiferi. —— Due essenzialmente sono i bacini lignitiferi finora ben caratterizzati nell’area dei monti Martani: quello di Spoleto, che comprende le miniere di Morgnano e di S. Angelo. e quello di Gualdo Cattaneo colle escavazioni superficiali di Fontevecchia e le esplorazioni della Puglia e di Cavallara. Tracce di lignite se ne hanno in vari altri punti, come a sud di Montefalco (C. Montioni e C, Marzioli) presso il M. dell’Attone, a Du- narobba, a Montecastrilli, a Configni, alla stazione di Massa Martana, a Collazzone, a Deruta, a Morcella, a Compignano, presso lo sbocco del torr. Puglia nel Tevere, presso Bevagna e altrove; e sebbene in molti casi sembri trattarsi di sporadiche manifestazioni, pure i banchi estesi e di notevole spessore messi in evidenza in questi ultimi tempi con opportune trivellazioni a Montecastrilli, a Massa Martana, a Collazzone, a Compignano e a Pietrafitta fanno ragionevolmente presagire che a questo ramo occidentale dell’antico Lago Tiberino, che da Perugia per Todi va ad unirsi al bacino di Terni, non sia per essere meno ricco di lignite xiloide di quello orientale che chiudesi presso Spoleto e che comprende l’antica e ricca miniera di Morgnano. I due bacini di Spoleto e di Gualdo, il primo utilmente sfrut- tato da molti anni, il secondo soltanto esplorato, oltrechè mineraria- mente riconosciuti, sono morfologicamente e geologicamente ben ca- ratterizzati e delimitati. Il primo è compreso in un gran seno aperto verso nord-est, di circa 6 chilometri di larghezza e 7 0 8 di profondita ed è circoscritto ad ovest dalle colline eoceniche poco elevate di Morgnano ed Un- cinano che salgono gradatamente al Monte Martano, a sud-ovest, dai ER e VIE i, tl d'a R'PIO SSA a VIETA ni Vizio aci a Rea e RR O ERI III T VIRALI II TRO I I Adi e 9 DI moti "e 4 . PA ni : ft ii Regate a i ‘ ela Albe: IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 129 monti secondari ed eocenici che fiancheggiano la ferrovia Spoleto- Terni, ad est dai monti mesozoici di Spoleto. Questo seno lacustre vien però diviso in due da una sbarra longi- tudinale di terreni eocenici e secondari che affiorano in vari punti da Colle Ferretto a Ponte Bari. E’ appunto questa sbarra che limita a r % da x À r È 3 di À sud-est il bacino lignitifero di Morgnano e S. Angelo, separandolo dall’altro inesplorato più orientale compreso fra detta sbarra e le colline di Collerisana e di Spoleto. Della probabile esistenza di combu- N " DO I TO a stibile in questo secondo bacino potrebbe aversi qualche indicazione in un affioramento d’argille del piano lignitifero presso Tre Fontane. 1 nel fosso sotto Colle Ferretto ed in una cava d’argilla da laterizi in prossimità della stazione di Spoleto ove fu fatta una trivellazione. Il sondaggio però non incontrò un banco, ma solo delle tracce di lignite. Il Toso (1) nel suo ottimo lavoro sulle ligniti italiane non | esprime fiducia sulla presenza del combustibile in questo seno di Spoleto perchè crede che esso fosse percorso all’epoca pliocenica, come lo è oggi, dal torr. Maroggia, il quale avrebbe impedito la formazione della torba e il deposito sul fondo del materiale legnoso fluitato. Questa ragione ha certo il suo valore, ma non credo ancora dimostrato che, sia pure in parte, il combustibile racchiuso in que- sti bacini debba la sua origine a vegetazione torbacea che richiedeva condizioni tranquille d’ambiente, mentre d’altra parte il Maroggia "ai poteva portare un notevole contributo di materiale legnoso staccato dagli alti monti del suo bacino idrografico. Questi vegetali, per le stesse ragioni che concorsero alla formazione del deposito contiguo di Morgnano e S. Angelo, dovettero probabilmente depositarsi nel seno di Collerisana. Una trivellazione è troppo poco per la esplorazione di . questo seno lacustre: altre dovrebbero farsene fra Collerisana e l’abi- O tato di Spoleto, alla stazione di Morgnano, sui due lati del Tissino È i fra Spoleto e Ponte Bari, tra le colline di Croceferro e il Cartoccione : e fra il Cartoccione e Spoleto. A (1) P. Toso. — Notizie sui combustibili fossili italiani (App. alla Rivista Mineraria pel 1890). PRE SETE AES 130 e B. LOTTI Nelle miniere di Morgnano e S. Angelo il deposito lacustre plio- cenico è formato in alto da un potente accumulamento di ciottoli e ghiaie calcaree, cui succedono in basso le sabbie, poi le argille e finalmente il banco di lignite con uno spessore di circa 7 metri. Sotto la lignite seguono di solito altre argille con non grande spessore, ma talvolta esso riposa direttamente sull’Eocene. Fra le argille e il banco lignitifero sottostante trovasi general- mente un sottile strato di sabbie, marne e calcari friabili con ab- bondanti fossili lacustri. Le argille e le sabbie superiori al banco sembrano sostituirsi lateralmente, perchè talvolta fra lo strato di ciottoli ed il banco trovansi sabbie sole o sole argille. I resti fossili, specialmente di vertebrati, rinvenuti nelle ligniti di Spoleto dimostrano a sufficienza la età pliocenica di queste e quindi, con probabilità, di tutti i depositi argillosi, sabbiosi e ghiaiosi soprastanti, sebbene non possa escludersi che parte di questi depo- siti superiori alla lignite possano riferirsi al Pliostocene.. Il Pantanelli (1) cita per le ligniti il Tapirus arvernensis, il Mastodon arvernensis e il M. Borsoni. Il Capellini pure illustrò un molare di M. arvernensis (2). Il Clerici (3) descrisse quattro molari di castoro trovati nel banco di lignite che alimenta le miniere di S. Croce e di Morgnano e li ritenne appartenenti con molta proba- bilità al Castor fiber Lin. di cui furono illustrati dal Tuecimei (4) alcuni molari provenienti dalle argille lacustri di Castel S. Pietro in Sabina. Il Clerici cita inoltre parecchie specie di Diatomee provenienti dal calcare friabile, marnoso, giallastro che ricuopre generalmente il banco. della lignite. ——_ _—_——___m —- — — — — —— i ’‘‘_-__—_—____lltl1l1Beemé@O—E”E EAuMllEe., (1) D. PANTANELLI. — Vertebrati fossili della lignite di Spoleto. (Mem. Soc. tosc. sc. nat., VII, Pisa, 1886). (2) G. CAPELLINI. — Sui resti di Mastodon arvernensis recentemente sco- perti a Spoleto, ecc. (Mem. R. Ace. sc. Ist. di Bologna, S. 48, vol. IX, 1888). (3) E. CLERICI, — Sul ritrovamento del castoro nelle ligniti di Spoleto. (Boll. Soc, geol. ital., XIII, 1894). (4) TUCCIMEI. — Alcuni mammiferi fossili della prov. Umbra e Romana. (Mem. Acc, pont. N. Lincei, VII). Pa STRO OT % A La » ele ire dà eni Sini i ieri n nc ina ctr rst Uri» IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO Lo strato lignitifero inclina piuttosto fortemente verso est, cioè verso la pianura di Spoleto-Foligno, ciò che è dovuto proba- bilmente alla faglia che, come vedremo più avanti, fiancheggia la pianura stessa nel lato orientale della conca. E’ probabile però che nella zona del bacino compresa fra le case operaie di Morgnano e Ponte Bari, non ancora esplorata sotterraneamente, il banco rimonti formando fondo di battello dimodochè presso le dette case operaie esso banco debba presentarsi quasi orizzontale. Nella zona coltivata della miniera lo strato di lignite trovasi dislocato da due ordini di faglie; alcune principali convergono radial- mente in basso seguendo la pendenza, altre sono trasversali. Le prime spostarono il banco orizzontalmente, financo di circa 200 metri, facendo discendere verso il punto di convergenza zolle triangolari di terreno; le altre sono faglie verticali con piccolo rigetto comuni a tutti gli strati di combustibili. Fu appunto probabilmente per esser ‘capitati in uno di questi spazi sterili compresi tra faglie radiali che una trivellazione profonda 231 m. presso S. Pietro non incontrò il banco. Ora, molto opportuna- mente, verranno fatti vari sondaggi più a valle verso S. Venanzio ove il banco dovrebbe essere orizzontale 0 risalire in senso inverso. Lo spuntone di calcare del Lias medio, piccolissimo e basso, dei Collicelli presso Ponte Bari è un testimone dell’abbassamento gene- rale del bacino verso la Valle Umbra per effetto della grande faglia che corre al piede dei monti fra Spoleto e Foligno, e sembra chiaro che i terreni del bacino lignitifero di Morgnano nel loro insieme deb- bano presentare la seguente sezione Fig. 1. $S.Silvesiro DS ue S È ù Valle -__ i Umbra LIS % ER DN Fig, l. i q= Quaternario recente; p1?- Pliocene lacustre (ciottoli e sabbie); pl , - Id. (argille); linea nera - banco di lignite; e? - Eocene (formazione marnoso-arenacea); 1? - Lias medio (calcari). id PIRATE, Ita La ‘tre La PIA.) Ù Palla dtt Pe Ù E o pr pe sta ATA I LL = li Ci Fot, E TEO SI e III DR IT, SA DI CIS af o LE - 4 + v 4 n ATA Car a Ò ; 132 B. LOTTI I due lati del fondo di battello, in conseguenza dell’abbassa- monto ad est, dovettero trovarsi a differente livello: più elevato ad ovest, più basso ad est, come è indicato nella sezione. | La larghezza di questo seno pliocenico lignitifero, quasi costante in tutta la sua estensione, misura circa 3 chilometri, e la lunghezza dallo sbocco nel gran lago della Valle Umbra al circo di chiusa a monte è approssimativamente del doppio. Il seno pliocenico lignitifero di Gualdo Cattaneo presenta un orientamento molto diverso da quello di Spoleto; esso apresi cioè verso ESE ed è circoscritto dai monti di Gualdo Cattaneo e dalle estreme appendici NO della Catena Martana. Esso attualmente non è chiuso a NO come dovette esserlo un tempo prima della formazione del solco del torrente Puglia e della cattura da esso operata negli an-o tichi affluenti dell’Attone come fu detto in principio. Il Puglia solca oggi il bacino per un tratto di 4 o 5 chilometri fino alla confluenza del Pugliola e limita per altrettanto sulla sua sinistra la formazione lacustre lignitifera. Gli affioramenti sono un po’ dappertutto, ma spe- cialmente sulla destra del Puglia presso Cavallara e sulla sinistra presso Fontevecchia dove la lignite è stata scavata a giorno. Il bacino lignitifero di Fontevecchia racchiude due banchi: uno superiore di circa m. 1.20 ed uno inferiore di m. 4, separati fra loro da uno spessore di argilla di circa 50. Al letto del primo banco vi è uno strato di calcare tenero, friabile, con paludine ed altre conchiglie lacustri, e fra queste ed il banco interponesi uno strato di sabbia. Questo strato calcareo comparisce anche sopra il secondo banco. Nell'insieme il terreno sembra un po’ dislocato perchè mentre il banco inferiore inclina verso SSO, il superiore inclina verso NE. La parte superiore del terreno lacustre è costituita da sabbie raramente coperte da ciottoli. QUATERNARIO ANTICO LACUSTRE. — Questo terreno è costituito da una serie di strati lacustri che succedono alla formazione pliocenica li- | gnitifera. Presso Acquasparta essi sono così costituiti dal basso all’alto: 1° sabbie scure littorali coperte a luoghi da argille salmastre; 2° alternanze di strati di calcare tenero, friabile e di calcare IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 133 | —’travertinoso concrezionato, marne tenere, letti argillosi e torbosi, il | tutto con Melanopsis, Bithynia, Helix ed altri generi lacustri e terrestri; 3° strati di travertino senza fossili. In generale è orizzontale o leggermente ondulata; in alcuni + Lin rali ù n punti però si notano pendenze notevoli, anche di 45° dovute mani- È festamente a scoscendimenti che hanno dato luogo a piccole faglie $ locali. In generale l’inclinazione è verso il corso d’acqua principale È rappresentato dal torr. Naia. La potenza di questa formazione è va- riabile e giunge ad un massimo di m. 160 presso Montecastro sulla ca i sinistra del Naia fra Acquasparta e Massa Martana dove il torrente È 3 dalla direzione meridiana volge il suo corso verso ovest. i È Questo terreno stendesi lungo il piede occidentale della catena 3 i mesozoica dalle rovine di Càrsoli (Carsulae) fino a Ficareto a NO di ) | —Massain una zona di 20 km. di lunghezza e tre in media di ampiezza, | s zona corrispondente ad una depressione del terreno interposta fra la : Catena Martana e le colline ad ovest di Acquasparta e di Massa e sol- cata dal torr. Naia e suoi tributari provenienti dal sud e dal fosso di Castel Rinaldi, dal Tribio e da altri minori provenienti dal nord. Questo terreno lacustre, di cui la serie termina superiormente, come fu detto, con una formazione di puro travertino, è separato ad ovest dal Pliocene lacustre per mezzo d’una specie di cordone di IROCIE: 4%; dPNAUPIA SPIRA Reti sabbie scure che passano lateralmente alle sabbie giallastre del Plio- $ cene stesso. Questo cordone può seguirsi dalla Fonte di Sangemini, | lungo la strada per Castel Todino fino all’Eocene di Collesecco. 3 L'origine di queste sabbie scure è manifestamente littoranea come x mostra la loro bizzarra stratificazione somigliante a quella della pan- Si china del littorale toscano e di cui un esempio ci è offerto dall’unito schizzo di sezione Fig. 2. Le sabbie sb son grossolane e passano a minuti È ciottoli. | po dr *. Le PIRRO i nes ia dt ue n LIRE . "A s Li tao » e . ped 134 B. LOTTI In vicinanza dell’abitato di Massa Martana questo deposito lacustre è costituito, come presso Acquasparta, da travertini e da alternanze di marne tenere e strati di calcare concrezionato con È Melanopsis, Helix, ecc. ; però qui prende sviluppo in basso una for- a mazione d’argille o sabbie con qualche strato di lignite torbacea. Anche È n queste argille però sono racchiuse delle Melanopsis e delle Unio. : Al M° S. Maria, presso la stazione di Massa Martana, forando questo terreno con un pozzo per la ricerca d’acqua potabile, fu incontrato a 6 m. di profondità il banco di lignite di cui fu già fatto cenno. Esso ha uno spessore di 7 m. ed inclina verso ovest. La qualità del combustibile e la sua inclinazione, in contrapposto alla orizzontalità del Quaternario lacustre sovrastante, fanno rite- nere probabile che esso faccia parte della formazione pliocenica distante appena 500 m. Travertino. — I travertini che formano, come abbiamo detto, la parte superiore di questo deposito lacustre quaternario, cuoprono estese plaghe del deposito stesso. Le maggiori si osservano presso le rovine di Carsoli, fra Acquasparta e Ponte Romano, fra la Mad. di x DI IT er - VS cgiasparla Fig. 3. Caino e Massa Martana, in gran parte coperti dal detrito di falda e fra 3 Massa e Ficareto sulla sinistra e sulla destra del Fosso di Castel Rinaldi. A Massa Martana il travertino è sviluppatissimo in estensione e in spessore. La sua potenza giunge forse a più di 50 metri ed è solcato da profondi burroni con pareti a picco in corrispondenza i ir a 0 dell’abitato ed ha alla base la solita formazione lacustre a Melanopsts. RR RIE Ne OTT PRE TOTI I ETA O ERI e I REIT TE IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 135 I travertini d’Acquasparta, sulla sinistra del Naia, mentre sulle alture si mantengono in strati quasi orizzontali, inclinano subita- mente e fortemente verso il fiume a breve distanza da questo e la flessione accentuata che ne risulta diviene faglia sotto l’abitato di Acquasparta, come può vedersi nella sezione naturale Fig. 3 sul piccolo braccio di strada che dalla stazione va al paese. Un'altra grande coperta di travertino, non accompagnata questa dalle marne e dai calcari concrezionati a Melanopsis altrove sotto- stanti, stendesi presso S. Terenzano alla estremità NO dell’ isolotto mesozoico dei monti di Grutti e poi in lembi intorno ad esso, picco- lissimi nel lato orientale, più grandi in quello occidentale, ai quali fa seguito a sud quello dell’Abbadia di Viepri. Appare manifesto che queste estese coperte di travertino che fian- cheggiano la catena mesozoica del Monte Martano nel suo lato occi- dentale debbano la loro origine ad una grande faglia che, come sarà detto fra poco, sventra la catena stessa da questo lato rendendone in- completa la struttura e mettendo in contatto diretto i terreni terziari e quaternari con tutta la serie dei più antichi dal Cretaceo fino al Retico. Tufi vulcanici e detriti. — Il tufo vulcanico, di prima formazione e rimaneggiato, si presenta in lembi al piede occidentale della Catena Martana tra Sangemini e S. Terenzano coperto in gran parte da detriti di falda. Piccoli depositi si osservano anche nei ripiani e nelle depres- sioni sulle alture della catena mesozoica stessa. Per la strada che dal torrente Naia presso Acquasparta sale a _S. Michele i tufi vergini, gialli, contengono in copia cristalli perfetti d’olivina. Questi tufi sono scavati ed utilizzati come pozzolana. Essi prendono poi notevole sviluppo sulla destra del Naia tra M. Romani e Bosco di Colle ove pure vennero scavati e largamente impiegati nelle opere d’arte della ferrovia Terni-Todi-Umbertide. .Il tufo comparisce pure nel bacino del Lago di Firenzuola e del resto forma il fondo di quasi tutti gli sprofondamenti crateriformi 0 doline frequentissimi nella Catena Martana, come diremo più avanti. . Presso Villa Ponte e Villa Perticara in quel di Massa Martana | il tufo è leucitifero. N DU "i Ma Da 136 B. LOTTI Trascurando i frequenti, piccoli accumulamenti di detriti che sì manifestano un po dappertutto sulle falde dei monti e allo sbocco. dei torrenti montani, citeremo soltanto, come degne di nota speciale, l'enorme estensione e la potenza del detrito nella zona pedemontana di Massa fra Colpetrazzo e Viepri. In alcuni punti esso è formato quasi esclusivamente da frammenti di silice proveniente dai diaspr e dalle selci dei calcari del sistema giura-liasico che mostransi allo scoperto in quelle pendici occidentali della catena. La silice di questi frammenti ha subìto un’ alterazione speciale per la quale ha perduto la colorazione originaria, è diventata bianca e talvolta porosa e friabile, mentre si è arricchita di acido silicico che giunge sino al 98°. Questa alterazione fu osservata altrove e studiata dal Lacroix (1). Questa silice fu riconosciuta ottima per la confezione di mattoni refrattari, sia per la sua tessitura microcristallina 0 praticamente amorfa, sia per il suo elevato tenore in acido silicico, ma la sua me- scolanza, a poca profondità, con elementi calcarei avrebbe resa neces- saria una cernita che ne frustrava la sua economica applicazione. Sorgenti di acqua potabile. — In accordo colla tettonica, come vedremo, sorgenti notevoli scaturiscono nel versante orientale della catena mesozoica. Però quasi affatto priva di acque sotterranee si presenta, come fu già accennato, la vasta zona della formazione marnoso-arenacea eocenica che stendesi al piede della catena stessa. Una bella sorgente scaturisce fra i calcari del Lias superiore rovesciati e i sottostanti scisti e diaspri giurassici sopra S. Severo. Una parte di essa è condotta al paese. Bert Nelle stesse condizioni stratigrafiche si hanno varie sorgentiì presso Scoppio. — A Pian della Noce una grossa fonte scaturisce dalla potente ed estesa massa di detriti soprastante, posata sulla scaglia rossa. Nel versante occidentale sulla via fra Montemartano e Massa poco dopo oltrepassato lo spartiacque scaturisce la sorgente dell’ Acqua Canale fra la scaglia rossa senoniana e gli scisti a fucoidi sottostanti. i (1) A. Lacrolx, — Minera'ogie de la France et des ses Colonies, II, pag. 132. n ite PA e © % 2° den IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 137 Nelle stesse condizioni trovasi la sorgente della Rocca che for- nisce l’acqua potabile a Massa Martana. Presso l’abitato di Acquasparta acque abbondanti sgorgano da | (liverse bocche immediatamente di sotto ai travertini. Quella dell’ Ame- E rino, poco distante, cui sono attribuite qualità terapeutiche simili a quella di Fiuggi, oltrechè dal travertino è filtrata anche dagli strati ‘marnosi e dai calcari teneri, eretosi a Melanopsis immediatamente sottostanti. Sorgenti minerali. — Le sorgenti minerali dell’area circostante alla Catena Martana sono quelle di Sangemini e di Villa S. Faustino acidulo - alcaline e quella acidulo-ferruginosa di Bettona. La sorgente di Sange- | mini scaturisce dalle marne del Pliocene lacustre ricoperte in quel ‘punto dai ciottoli. Quella di Villa S. Faustino è stata allacciata nel _ deposito alluvionale del torrente Naia presso il suo letto. Circa un chilometro più a SSO, sotto Casigliano, si manifesta una potente ema- nazione di acido solfidrico, misto forse ad acido carbonico, che gorgo- glia in una pozzanghera d’acqua fangosa. La sorgente minerale di Bettona scaturisce presso Monte Lauro, sotto il paese, di fra i banchi d’arenaria eocenica. TETTONICA. La catena mesozoica dei Monti Martani è costituita nel suo in- sieme da un’anticlinale incompleta che, partendo dal gruppo mon- tuoso di Torre Maggiore presso Cesì, dirigesi prima a nord per un tratto di circa 10 km., poi a NO per altrettanto, restringendosi gra- datamente e terminando- in coda presso l’abitato di S. Terenzano. La piegatura, quasi brusca, trovasi in corrispondenza di Terzo S. Severo nel versante orientale, e di Colpetrazzo in quello occidentale. Quest’anticlinale è deficiente in tutto il lato occidentale, ad ec- pi cezione di un breve tratto di poco più che due chilometri presso la | sua estremità NO dove la scaglia cinerea eocenica cuopre regolarmente e recinge la scaglia rossa cretacea del Monte Pelato, e tale deficienza è » dovuta ad una grande faglia (v. Carta geol., Sez..A-B e C-D) la quale LI # (deg Br ene È PASTORE SVFATA a x Sidia va ai ei ia ele init me St n 1 PAS CR I RETRE a b4 pe A È, Li e ci in tutto il versante ovest della catena mette a nudo i suoi terreni più antichi, liasici e retici, contro le testate dei quali vanno a giustaporsi quelli pliocenici e quaternari lacustri. Questa faglia non interessa soltanto la Catena Martana, ma pro- lungasi anche più a sud fino ai monti di Terni e a parte di quelli della Catena Sabina. La presenza di detta faglia viene anche comprovata dal fatto, degno di nota, che lungo tutto il piede occidentale della catena, | dai dintorni di Cesi fino alla sua estremità nord-ovest presso S. Te- renzano, stendesi, come sì è veduto, una zona continua, di tre o quattro chilometri di ampiezza (v. Carta geol.), di travertino manife- stamente prodotto da efflussi di acque -termali che si fecero strada lungo la frattura della faglia stessa. Il massimo dello sventramento della catena corrisponde alla sua parte mediana, nel Monte Cerchio, presso Colpetrazzo, dove, al piede della boscosa montagna, affiora il calcare retico conformato in com- pleta anticlinale (v. Carta geol. Sez. A-B) e tale conformazione di- mostra che prima dello squarciamento della catena stessa quest’anti- clinale del suo più antico terreno dovette formare il nucleo centrale di tutta la grande anticlinale martana. Se quindi immagimiamo rieo- struita quest’ anticlinale troviamo che essa, nella sua zona mediana, dovette avere una larghezza all’incirca doppia di quella attuale. In questo concetto l’antica catena dovette presentare una forma ellissoidale allungata coll’asse diretto secondo il meridiano, piegato appena di pochi gradi verso ovest. L’anticlinale della catena Martana, oltrechè sventrata longitu- dinalmente ad occidente della faglia di cui fu fatto cenno, è ri- baltata verso est nel suo tratto medio, in corrispondenza del mas- simo sventramento, presentando la serie dei terreni rovesciata tra Macerino e Montemartano. | Nei monti ad oriente di Acquasparta, e più a sud, la serie è regolare. Così presso Macerino e fra le Canepine e il torrente Ma- roggia sul calcare neocomiano seguono gli scisti a fucoidi in strati quasi orizzontali e quindi la scaglia rossa senoniana; però, andando RETI MRS RS TRAE BRE IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 139 verso Messenano, la serie si raddrizza bruscamente e si inizia il ro- vesciamento il quale si accentua progredendo verso nord. Fra la Cese e Messenano, in una ondulazione della scaglia cinerea ribaltata, comparisce la formazione marnoso-arenacea anche quì accompagnata, al passaggio alla scaglia cinerea, dalle marne dure con selce nera. Nei dintorni di Firenzuola, presso l’abitato, la serie incomincia ad invertirsi, mentre, poco più in alto, presso il lago omonimo, si ripresenta normale, come vedesi nella unita sezione Fig. 4 che ripro- duce il taglio naturale sulla destra del torrente. Lago di Firenzuola cr3 al GIZ4TE = | [{FRFREE335 \ REZZZ 0 Fig. 4. Per il sentiero da Fogliano ad Arezzo si cammina sempre sopra le marne dure con selce rovesciate. A Fogliano esse sono coricate quasi orizzontalmente, ma poco oltre il passo per la via di Rapic- ciano, i loro strati si rialzano fino a circa 45°. La scaglia cinerea so- vrapponesi sempre in questi dintorni alle marne dure facendo ad esse graduato passaggio. Presso Arezzo, sulla pendice ovest del Colle di S. Stefano nella sinistra del Maroggia, gli strati della scaglia cinerea e delle marne dure con selce si rialzano dalla prima posizione di ribaltamento ac- “ cennando a completare l’anticlinale rovesciata della catena mesozoica, e qui anche la formazione marnoso-arenacea e?, che dal piede della catena stendesi verso est fino alle colline mesozoiche di Spoleto, pre- sentasi rovesciata, ma il rovesciamento è limitato ad una stretta x zona in prossimità della catena stessa; nel rimanente è semplice- mente ondulata. Vi cali ai, 140 B. LOTTI La unita sezione Fig. 5, tra Firenzuola e Colle S. Stefano, rappre- senta in x il ribaltamento e in y una delle ondulazioni della formazione marnoso-arenacea e*. Firenzuola El Ss Stefano cr Nella valle che da Fogliano scende ad Arezzo la sinclinale coricata delle formazioni marnoso-arenacea e? e delle marne dure e° e la ondulazione y della sezione precedente sono rappresentate rispettiva- mente in e? e in e! dalla sezione Fig. 6 e l’ondulazione anticlinale y viene dimostrata dal fatto che nel fondo della valle stessa compari- scono sotto la formazione marnoso-arenacea e? gli strati delle marne dure con selce ei: Fd Fogliano < @ Tae ans gi Ss « 2 > S DS ti ZI = = 3° x = =. Presso la Costa, un po’ più a noid di Arezzo la serie è regolare ma con stratificazione fortemente raddrizzata. Ad ovest della Costa il colle dirupato sul quale è fabbricato il pittoresco villaggio di Scoppio, sulla sinistra del Fosso della Matassa, presenta la seguente sezione naturale Fig. 7 splendidamente disegnata sulla parete a picco sotto l’abitato. i o La serie invertita, che essa rappresenta, è rotta da una faglia nettissima Y ed in parte piana e levigata. Si tratta manifestamente poro 4 9 RE e iii à ef Mera» Ca si IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO 141 di una faglia inversa la quale comparisce anche sul lato opposto dellalrupe di Scoppio. Sopra Terzo S. Severo sulla serie rovesciata del Cretaceo compa- risce il calcare rosso mandorlato del Lias superiore, molto ricco di ammoniti, il quale presso il Monte Cucco forma, insieme coi calcari Gel Lias medio una strettissima anticlinale ribaltata, come mostra l’unito schizzo di sezione Fig. 8. Me@ucco Terzo $S Severo Qurar0080 La Sez. A-B (v. Carta geol.), in scala uguale per le orizzontali e per le verticali, tracciata un poco più a nord attraverso il colle S. Bar- tolomeo e il Monte Cerchio, nella zona centrale del gruppo, mentre rappresenta la sintesi tettonica della catena, mette in rilievo l’anda- mento di questa piccola anticlinale ed il ristabilimento della serie regolare nella sua gamba occidentale e nell’anticlinale assiale della catena stessa rotta dalla faglia. Nelle alture fra Monte Scopi e Monte Capoccia Pelata, sullo Spar- tiacque della catena hanno luogo varie pieghe in conseguenza delle quali appariscono diverse zone parallele di calcari rossi, scisti argil- 142 B. LOTTI losi e strati diasprini separati da zone di calcare neocomiano. Nel versante ovest del Monte Scopi una di queste pieghe è rovesciata verso est, per cui il Lias medio va sopra al Lias superiore e questo, insieme coi diaspri giurassici, al Neocomiano. Nel Monte Martano propriamente detto la serie ritorna normale; però un piccolo accenno a rovesciamento può essere ancora avver- tito in alto sopra l’abitato di Montemartano. Procedendo verso l’estremità nord-ovest della catena e in tutto il lato occidentale di essa i fenomeni tettonici principali consistono in faglie e in trasgressioni nella successione stratigrafica. La scaglia rossa in questa parte della catena si appoggia in discordanza su tutti i terreni sottostanti. Nel lato orientale del piccolo gruppo dei Monti di Grutti sembra esservi una faglia, almeno in un tratto, perchè gli strati del Lias medio sono nettamente tagliati a picco sul ripiano delle Torri e sotto Je rovine di Castelvecchiaccio, ad est, vedesi la scaglia cinerea a contatto diretto col Lias medio in una parete a picco (v. Carta geologica). Il versante dei monti fra Massa Martana e Acquasparta presenta numerose accidentalità stratigrafiche tantochè è difficile determinare con esattezza i rapporti di posizione fra i diversi terreni. Nell’ insieme sembra esservi continuità e concordanza fra i terreni mesozoici supe- riori, fino al Lias superiore, e discontinuità e discordanza fra il Lias superiore ei terreni sottostanti. Però in alcuni punti si sovrappongono a questi direttamente anche gli scisti a fucoidi ed i calcari neocomiani. Il calcare bianco del Lias inferiore, che predomina in quasi tutta la ripida parete di questo versante, presenta qua e là placche e piz- zicature di scisti della zona diasprina giurassica. Al piede e sulla costa del monte sopra S. Michele presso Acquasparta sul Lias inferiore si appoggia in serie continua il Lias medio, il Lias superiore, il Giurassico e il Neocomiano con inclinazione verso ovest. Sul nucleo liasico del Monte del Colle si appoggia ad est di- rettamente il Neocomiano e ad ovest la serie scistoso-calcarea giu- rassica insieme con il Lias superiore ammonitifero ; sembrerebbe quindi che ad ovest del monte dovesse esservi una faglia, anche per la CI à - 9 e 1 #0 0 a " = gr, dla tei ‘ SEI, e go. 1 #7 1 dii ir inn st sezione C-D della Carta geologica ; è però più probabile che si tratti feet dini eli in na crd RT debba limitarsi il piegamento della Catena Martana. E’ vero però che Di x ” LEI e birtoa ze te DPR gi ar ed PERLE 7 î Pr IL GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO ; 143 presenza in questo lato di un accentuato gradino, come vedesi nella d’una discordanza e discontinuità di deposito perchè ad est non si ripete la serie scistosa giuraliassica e perchè i detti terreni, compreso il Neocomiano, cuoprono il Lias inferiore a mantello. Da quanto è stato esposto rimane dimostrato, ciò che del resto era già acquisito non solo per l'Umbria, ma anche per la Toscana (1) e per altre regioni d’Italia, che il piegamento tettonico della catena Martana si compiè dopo il deposito ed il consolidamento dei ter- reni eocenici perchè questi, come i più antichi, furono assoggettati al massimo sforzo orogenico. La discordanza fra i depositi del Pliocene lacustre ed i terreni sottostanti, non che la formazione di quello a spese di questi, sono fatti che dimostrano ad evidenza che un lungo periodo d’emersione decorse fra il deposito dei terreni eocenici e quelli del Miocene supe- riore e del Pliocene. Fu quindi manifestamente in questo lungo pe- riodo che dovette verificarsi il corrugamento ed il sollevamento della Catena Martana insieme a quello degli altri membri del sistema mon- tuoso dell’ Umbria. Ad analoghe conclusioni dovetti giungere in seguito allo studio geologico della Toscana con questo di più che, per lo sviluppo che ebbero in detta regione i depositi del Miocene superiore e medio fu possibile constatare che essi, benchè dislocati per fratture e faglie, non presentavano fenomeni di corrugamento e fu quindi possibile limitare il periodo del massimo sforzo orogenico fra l’ Eocene ed il Miocene medio. Sembra logico pertanto che a questo stesso periodo anche qui si osservano fenomeni notevoli di dislocazione riferibili ad ‘un periodo geologico molto più recente, ma è facile riconoscere che essi non hanno alcun rapporto col fenomeno generale di corrugamento. Così ad ovest della Catena Martana deve essere avvenuto un (1) B. LoTTI. — Geologia della Toscana (Mem. descritt. della Carta geologica d’Italia, XIII, 1909). da BLOC o CS AI abbassamento dopo il Pliocene perchè la formazione lacustre plio- si cenica ed anche quella lacustre quaternaria compreso il travertino. presentano un’inclinazione costante verso la catena mesozoica, come risulta anche dalle quote cui si trovano i residui di quest’ultimo : 397 alla Casella presso Castel Todino, 378 presso Configni, 320 ad Acquasparta e 250 in media presso il piede dei monti ; 461 a S. Ri- raldo, 450 a Massa Martana e sotto 300 verso i monti mesozoici. A pag. 133 trattando di questi travertini fu fatto cenno delle mo- dalità stratigrafiche che accompagnano questa loro disposizione ge- nerale e fu riprodotto un taglio naturale sotto l’abitato di Acqua- sparta lungo il braccio rotabile. | Ora, poichè il travertino ebbe origine indubbiamente da sor- genti che trovarono la via lungo la faglia che corre al piede della catena, ed i suoi strati dovettero in erigine essere orizzontali od in- clinare verso ovest anzichè verso est, è forza ammettere che essi subirono un movimento in senso inverso dopo la loro formazione. Un abbassamento analogo, e forse contemporaneo, verso est do- vettero subirlo i terreni lacustri pliocenici della Valle Umbra. ed esso pure riferibile a faglie di cui la principale è quell a che corre in direzione meridiana lungo il piede della catena mesozoica fra Spoleto e Foligno e che prosegue poi, un po’ piegata verso ovest, ai piedi del Monte Subasio fra Foligno ed Assisi. Devesi a questa fa- glia la mancanza assoluta di terreno pliocenico ai margini est e NE della pianura fra Spoleto ed Assisi, mentre esso comparisce costan- temente e ininterrotto lungo i margini ovest e SO di essa fra Spo- leto e Bevagna e fra Bevagna e Bettona. In conseguenza di questa e di altre faglie secondarie il deposito pliocenico lacustre lignitifero di Spoleto dovette inclinare verso il fondo della conca di Foligno, come fu indicato nella sezione riportata più addietro a pag. 131. Proluntando .ora quella sezione attraverso la pianura fino ai monti mesozoici che la limitano ad oriente fra Spoleto e Campello, ne risulterebbe il seguente taglio, Fig. 9, il quale può dare un’ idea dell’origine della conca e delle condizioni tettoniche del suo sottosuolo profondo, A ", dad da ti su 4 I À 3 ETA 108 i È AI 0 fl d Pi î ch sita i Cia ’ Mast peli ia 2 4 Sa ART Ni, È Pi NA 7) OSE i nd * 3 Ta o È spari da P IL GRUPPÙ MONTUOsO DEL MONTE MARTANO 145 — —‘’‘In conclusione può dirsi che Ja Catena Martana, e ciò che dicesi wi VEN È. per essa è applicabile a tutto il resto dell’ Umbria e a tutto l’Appen- nino centrale e settentrionale, presenta due fasi tettoniche riferibili x SSf/vestro P"Barr Barsano Croceferro È, a due periodi diversi. nella prima, compiutasi durante 1’ Oligocene ed il Miocene inferiore, si produssero dislocazioni prettamente oroge- | miche, cioè pieghe, rovesciamenti, faglie inverse, accavallamenti e carreggiamenti; nella seconda iniziatasi forse verso la fine del Mio- cene e continuatasi nel Pliocene e nel Quaternario, si ebbero essen- zialmente delle fratture, faglie e sprofondamenti, ossia dislocazioni di ‘carattere topografico, con conseguente formazione d’aree di de- pressione nelle quali si raccolsero i sedimenti di acque lacustri plio- ceniche e che, più ristrette per ulteriore inabissamento, produssero pi: gli attuali bacini montani crateriformi dell'Umbria, degli Abruzzi ed in genere dell'Appennino centrale, occupati oggi dai depositi la- 4 | custri più recenti o dalle acque. 9 Fenomeni carsici. — Da questi bacini a quelli di natura carsica il passo è breve e graduato e la differenza è essenzialmente inerente alle dimensioni. Così dai bacini di sprofondamento per faglie di Rieti e di Piediluco si passa a quelli di Colfiorito (Colle Fiore, Piano d’Anifo, Piano di Arvello, Padu!e di Colfiorito e Piano di Ricciano) posti sullo 3 spartiacque dell’ Appennino nei monti di Nocera Umbra, dovuti proba- bilmente a sprofondamento per erosione sotterranea, e da questi al 1, piccolo bacino del lago di Firenzuola presso lo spartiacque della Ca- tena Martana che è un tipo caratteristico di dolina carsica. ex. Pr ali a PR "al 4 ‘ ri x sa o doi he È c Lats sà vidi PA «di ida la pag si, da Kos -- "Ero = Î a E 59 < 2 (RA ga hag Pal Fafia Pa PERE: : Ei e Figc lerici Ceo, 1%. NEO te, SESTO] 146 B. LOTTI - 1L GRUPPO MONTUOSO DEL MONTE MARTANO E’ questa la più grande fra le numerose doline sparse sulla ca- tena mesozoica e che possono essere enumerate come appresso an- dando da sud a nord: Conca di Càrsoli (Carsulae), Corva dell’ Ere- mita, Caccaro di Pascuccio, Fondo di Canneto, Fondo di Cricchio, Caccaro di Colombaiolo, Tifeno, Canepine, Conca di Castel del Monte, Lago di Firenzuola, Caccaro di Colle delle Rose, Conca di Mezzanelli, Buca della Casaccia, Buca delle Lacciare. Al fenomeno delle doline devesi aggiungere quello di natura analoga delle voragini e delle grotte. Una di queste voragini, deno- minata il Pozzale, si apre sulla destra del torr. Tribio al piede del Monte Capoccia Pelata ed un’altra, denominata la Pozzicula, a poca distanza sulla pendice occidentale del Monte Forzano. Fra le grotte sono da ricordarsi quella detta dei Cani presso Acquasparta, quella dei Banditi nel Monte Rotondo, quella del Ticchetacche sulla de- stra del Fosso dell’Eremita e finalmente quella. splendida di Cesi presso l’abitato la quale è l’attrattiva dei visitatori di quell’antica cittadina etrusco-romana. Tutti questi fenomeni carsici sono stati eruditamente studiati e descritti dal Principi (1) ed io non avendo che poco o nulla da aggiungere non posso che rinviare il lettore a quella fonte. (1) P. PRINcIPI.— Secondo contributo allo studio dei fenomeni carsici del- lVUmbria. (Mondo sotterraneo, IX, 3, 1913). 301]. R.Comit.Geol.d'Italia Vol XLVI B.LOTTI Il Monte Martano CARTA GEOLOGICA DELLA CATENA MARTANA LI Tsi A Aureli dis SCALA DI 1:100.000 Mil Cerchio CES Dartofomeo Sez. A:B __ Scala por lo sezioni 150.000 a Cia L{ Depositi fleviali È G il Zotriti Soaglia massa. (Senoniano) Solsti a fhvotdi (Aptiano) Cretaceo Iuft vulcanici Quoare maiotica (Neocomiano ) come Zavertini Î Sotaticalcari e diaspri con aptici Subbie ciloari e marne con Melanopsis, & Velati © alert rari ummonitiferi | Qouoli sabbie e argille sabbiose lori von velo ammonitiferi Quaternario Giura-Lias Anyille Vignitifine Guloari bianchi fossilifori Pliocene renarla Guoart sorte velati a bactrilti, formazione mamassarmaci Focene Songlia cinesi Il VENTURINO SABATINI LO STATO DELL'ATTIVITÀ VESUVIANA SUL FINIRE DELL'ANNO 1916 Il giorno quattro del decorso novembre visitai il cratere vesu- viano la cui attività si è ridestata.da due anni circa. Sulla parte meridionale del fondo erano aperte tre boc- Nora ©he, che indicherò nello DI schizzo della figura 1 con le lettere A, B, € (1). Sui fianchi erano nume- rose fumarole, anzi certi siti erano così permea- bili ai gas che venivano dall’interno da essere di- venuti fumarole estesis - sime in cui non sempre sì poteva scorgere di dove il fumo emanasse. N Fig. 1. — Figura schematica rappresentante la posizione Nel tratto dei fian- delle tre bocche esistenti in fondo al cratere vesuviano 1l giorno 4 novembre 1916, riferite alla parte più vicina del recinto. chi rappresentato nella figura 1 in D erano numerose fumarole verso il basso, e in E su tutta l’altezza del fianco. e —___—_______— (1) L'ascensione alla bocca del cratere che secondo molti profani sarebbe assai difficile è invece una delle più facili che possano compiersi. Basta ricordare che non solo la funicolare vi accede con le sue vetture, ma la stradella segnata MN nella figura 1 permette a chi voglia salire da Boscotrecase di arrivare a cavallo Magia, Ie ù ve 148 { VENTURINO SABATINI Delle tre bocche, la A si era aperta da molti mesi, la B circa quindici giorni prima, cioè verso i 20 di ottobre e la C era la più recente risalendo a quattro o cinque giorni prima, cioè il 31 ottobre o il 1° novembre. N .Fig. 2. — La sagoma attuale del Vesuvio presa poco più a monte di Boscotrecase. Dalla bocca A che è quella più a destra nelle figure 4 e 5 ve- niva fuori molto fumo bianco emesso tranquillamente e continua- mente per quanto con intensità variabile. In certi momenti questo fumo s’illuminava verso il basso pel riverbero della lava nel ca- mino, ma tale fenomeno non va confuso con le linee rossastre che fanno parte delle circonvoluzioni più esterne del fumo. Queste di- fatti, essendo incavate tra globo e globo, di giorno si trovano più o meno in ombra e perciò appariscono come linee nerastre tra le fino a pochi passi dalla voragine. Quanto alla discesa è anche più facile poichè può farsi non solo con la detta funicolare, ma anche a piedi e così rapidamente che in pochi minuti si arriva alla base del cono. Più difficile è la discesa nel cratere dopo gli ultimi franamenti, ma anche ora con l’aiuto di corde può essere eseguita sull'esempio di qualche guida locale. Del resto accontentandosi come feci io di una parte sola della discesa si può fare a meno anche delle corde (fig. 6). , d’'osiei alaii aa e y ‘ Y g SP ; F = ae n nt h : RIA del ef n À 7 ? È " 3 ti na 43» di si da de ì ì r b: > Sera % ae dl eat ili Afeì e ° . ù ‘ di y CL è. LO STATO DELL ATTIVITÀ VESUVIANA SUL FINIRE DELL'ANNO 1916 149 Mn À pi a volute bianche o grige o giallastre; ma nei momenti in cui la cenere vien fuori più densa e più calda s’illuminano dove più dove meno. Questa bocca A coi materiali frammentarii emessi al suo inizio, quando l’intensità eruttiva vi era maggiore e il camino più ristretto, ha creato un piccolo cono dell’altezza di qualche decina di metri che si vede nella figura 5 ed ha dato degli efflussi lavici che hanno coperto tutto il fondo del grande cratere. ‘ Fig. 3. — Il Vesuvio preso dalla Casa Bianca. La bocca B è quella che si vede a sinistra della bocca A nelle” figure 4 e 5. La bocca € è quella che trovasi più indietro della B 3 nella figura 4, mentre nella figura 5 è coperta dal fumo della bocca A. Le B e C il 4 novembre davano esplosioni e grandinate di piccoli lembi di lava, incandescente, molle, che venivano lanciati a poca. a aa altezza nell’interno del grande cratere e che ricadevano all’intorno deformandosi. Queste grandinate erano seguite dall’emissione di altro 3 fumo bianco ma in assai minor quantità di quello emesso dalla È. bocca A al quale spesso si univa. a Della lava uscita da quest’ ultima ho potuto avere alcuni. À campioni, per la cortesia dell’Ing. Luigi De Luise. Questi campioni i I] La 2° né = si Sini e” PA II he. PLEASE TREO "ESTERA - pb £ vt 3 RIA E i (a; ame « : , piene - ri Ù my" a “ento LI 150 VENTURINO SABATINI furono raccolti dall'ing. Perret. in una sua discesa dentro il cratere fatta nell’agosto del decorso 1916 ed appartengono all’emissione par rase ge re nni SSR e o PE sor VIRA E ACL x 2a it) I si ci Fig. 4. —- Le tre_bocche nell’interno del cratere, prese da S.E. del precedente 80 luglio, ciò ‘che spiega perchè non ,fu possibile averne di compatti e si dovette accontentarsi di quelli scoriacei. E Fig. 5. — Le tre bocche nell’ interno del®eratere, prese da, S.E. Il fumo ha coperta la più orientale. e MR 100, 7 i ted BEM, 7 o ; È Mer, Park PERE 1 VO " LO STATO DELL'ATTIVITÀ VESUVIANA SUI, FINIRE DELL'ANNO 1916 151 devo allo stesso Ing. De Luise un frammento di scoria lanciata il 9 luglio del 1915. Tutti questi campioni scoriacei, siano dovuti ad effusione che a proiezione, sono neri, facilmente sgretolabili, e mostrano una lu- centezza simile a quella che avrebbero acquistata se fossero stati cotti nel balsamo. Nel microscopio mostrano tutti la stessa struttura e la stessa composizione. Vi si vede una pasta amorfa abondante grigo-verdognola, a vviluppante frammenti grandi e piccoli e cristalli più o meno interi di pirosseni e di felspati, nel cui interno sono facole numerose della stessa pasta avvolgente e leuciti e qualche raro prismetto di apatite. Fie. 6. — L’interno del cratere e le fumarole che ne attraversano il fianco a S.0., preso da una delle sue halze interne sul fianco Sud del recinto. L’elemento predominante, non per numero ma per grandezza, è il pirossene augite senza colore o coloratoin verd e chiaro. È l’unico elemento che può dirsi in grandi cristalli raggiungendo mm. 1,5 o 2 e contiene grandi e piccole facole piene della pasta esterna. Le parti senza colore sono interne a quelle colorate e sembrano spesso rattoppature di buchi, mentre si sono formate prima, poi sono state talvolta rotte e corrose, e poi sono state circondate dalle parti verdi. VENTURINO SABATINI n ESS SL Talvolta si sono avute delle alternanze onde uno di tali cristalli mo- | Di: stra un cuore di augite bianca, una zona avvolgente di augite verde, i quindi una zona poligonale (poliedrica) di altra augite bianca, e final- mente una larga zona esterna di altra augite verde che ha incluso anche un cristallino di augite bianca, oltre quelli precedenti. Non di rado l'orientamento tra parti bianche e verdi è diverso, onde le sfaldature non sono parallele. Qualche prismetto d’apatite vi è anche incluso. =“ I felspati sono in piccoli cristalli, molti dei quali sono allungati nella zona del prisma e altri semplicemente appiattiti secondo la É faccia g' . Contengono facole piccolissime e abondanti in zone o i » LS e STIA AME LI pe pic catia Fig. 7. — Preparazione microscopica d’un frammento della lava in luce naturale (Dis. di Cozzorino). esi i Ra gruppi isolati, e souo tutti compresi tra il labradoro e lanortite. RR VI ge Na q Difatti alcune misure han dato nella zona L g' . estinzione a 31°... . ....labradoro 60 % An. ) ISEE SE 010) ) 65 ) » ZO” si PIV » 70 ) » DOS VAIO e » anortite. Una sezione nella zona | g' ha dato le estinzioni a 2 X30°, quindi si tratta di un termine che va riferito almeno al labradoro "Pe ri hg DI * on, I Li resti È. Ae LO STATO DELL'ATTIVITÀ VESUVIANA SUL FINIRE DELL'ANNO 1916 153 : a Db" 1 su di compreso fra 47 e 50 % An. E altra sezione prossima ad essere nella stessa zona e con le geminazioni dell’albite e di Carlsbad ha dato le estinzioni (1) = 33°, (1') — 24°, (2) — 41° cioè un felspato prossimo all’anortite. Le leuciti sono generalmente piccole. Le maggiori da me riscon- trate sono di circa 800# e le minori visibili discendono a meno di 15 #. Sono disseminate da sole o a sruppi nella pasta, ma non ì di rado si vedono le più piccole agglomerate fittamente intorno ad ; "una parte del perimetro dei maggiori elementi cristallini, cioè delle o i augiti. | Quanto alla definizione dei campioni, dai pochi microliti di felspato che sono riconoscibili nella pasta e dalla natura di tutte le lave vesuviane — in attesa di analisi e di campioni compatti — può i dirsi che trattasi di leucotefrite. vd Roma, 1° dicembre 1916. La nota precedente era già composta in tipografia quando il 29 del corrente luglio salii nuovamente sul cratere vesuviano. Ac- certai che le bocche esplosive B e C si erano estinte dopo aver co- struito due piccoli coni. Invece la bocca A continuava ad emettere 3 molto fumo, a sbuffi che si susseguivano silenziosamente ad inter- È valli appena percettibili. Osservando dai punti dell’orlo craterico che ‘sono prossimi alla stazione superiore della funicolare, il cono della È bocca A, che era già costruito come si è detto al tempo della mia precedente visita, mostrava in cima due aperture vicine, quindi in i | sostanza le bocche su questo cono erano due, alla distanza di alcuni metri e con un metro o due di diametro. Il fumo usciva da entrambe, ma, poichè a volta a volta si scopriva ora l’una ora l’altra, non potetti stabilire se pulsassero contemporaneamente. Mi fu assicurato che una terza apertura si trovava in vicinanza delle due precedenti e che anch’essa fino a pochi giorni prima aveva emesso fumo. Pi 3 agosto 1917. x 5) Sa III G. CHECCHIA-RISPOLI L’EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE E CONSIDERAZIONI SULLA SUA FAUNA PARTE PRIMA CAPITOLO I. INTRODUZIONE. Lo studio dell’Eocene dei dintorni di Roseto Valfortore in Capi- i tanata, insieme con quello degli altri terreni affioranti in questa parte «dell'Appennino Meridionale, è stato da me già eseguito în un lavoro a parte pubblicato or non è molto (1). Per la natura esclusivamente geologica di quella Nota, destinata insieme ad altre alla descrizione geologica della zona subappenninica pugliese, io ho dovuto omettere la illustrazione della fauna di quegli strati ed ho appena sfiorato alcune importanti questioni d’interesse generale, che mi propongo invece di svolgere qui facendole poi seguire dallo studio paleontologico del materiale raccolto. Per quanto io abbia limitato il presente studio ai soli fossili raceolti negli immediati dintorni di Roseto Valfortore, pure le conclu- sioni riguardanti la determinazione di età di detti strati si intendono estese all’ intera formazione nummulitica compresa nel circondario di Foggia rilevata da me nella campagna geologica dell’anno scorso. (1) CHECCHIA-RISPOLI G. — sservazioni geologiche sull’Appennino della | Capitanata, Parte Quarta, (Boll. Soc. Geol. Ital., vol XXXV), Roma, 1916. % 156 G. CHECCHIA-RISPOLI Tutto il materiale illustrato in questo lavoro proviene da una località a sud di Roseto Valfortore detta la Petriera a sinistra del fiume Fortore, affluente del suo omonimo, che nasce invece presso Montefalcone nella provincia di Benevento. Le argille scagliose di color cenerino, che proprio in quei luoghi passano a vere argille smectiche, coni:ngono qua e là intercala ti degli strati spessi 5 a 6 centimetri eraramente più di una vera brecciuola a foraminiferi, la quale passa ad un calcare un po’ arenaceo, tenace, compatto, a frattura ruvida, di color bianco-grigiastro, con punteg— ! giature verdastre o rossastre dovute alla presenza di glauconia. Debbo ora fare una premessa per evitare di ripetermi sempre e cioè che quando, nel corso di questo mio lavoro, io parlo di fossili dei dintorni di Roseto Valfortore, mi riferisco esclusivamente e sempre a quelli provenienti dalla suddetta località e da un’ unica lastra di quel calcare, la quale io ho scelto a preferenza delle altre per la sua ric- chezza di fossili. Gli altri fossili da me raccolti in vari punti e qui citati sono gli stessi di quelli contenuti nella suddetta lastra calcarea. Come generalmente avviene per la formazione eocenica della Si- cilia e di tutto il nostro Appennino anche qui i fossili sono quasi esclusivamente dei Foraminiferi. I rappresentanti di altri tipi di organismi costituiscono delle rarità. | Quelli che io ho potuto finora studiare appartengono alle se- guenti specie : Alveolina milium Bose, Alv. milium Bose var. lepidula Schwager, Alv. oblonga Fortis, Alv. festuca Bose; Nummulites latispira Savi et Meneghini (A), Numm. atacicus Leymerie (A) e (B), Vumm. vascus Joli et Leymerie (A) e (B), Numm. variolarius Lamarek (A) e (B), Numm. frentanus Checchia-Rispoli (A) e (B), Numm. Beaumonti d’Archiac (A), Numm. striate sp. div. ind., Numm. Parischi de la Harpe (A), Numm. bayhariensis Checchia-Rispoli (A), Numm. sub- Capederi Prever (A), Numm. Fabiani Prever (A), Numm. millecaput Boubée (A); Assiîlina spira de Roissy sp. (A), Ass excponens J. de Sowerby (A); Amphistegina Niasi Verbeek sp.; Operculina lybica Schwager ; H eterostegina reticulata Riitimeyer; Orbitoides media d’Ar- L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 157 chiae; Lepidocyelina appula Checchia- Rispoli, Lep. inflera Checchia-Ri- | spoli, Lep. Morgani Lemoine et Douvillé, Lep. marginata Michelotti sp.; Orthophragmina Archiaci Schlumberger, Orth. ephippium Sehlo- theim sp., Orth. Di-Stefanoi Checchia-Rispoli, Orth. dispansa J. de Sowerby sp., Orth. aspera Gimbel sp., Orth. radians d’Archiac sp.; Miogypsina complanata Schlumberger ; Gypsina globulus Reuss sp. Nelle varie sezioni sottili della roccia della stessa lastra calcarea appariscono poi diversi altri foraminiferi, dei quali abbiamo provvi- soriamente trascurato lo studio, essendo sufficienti, per lo scopo del presente lavoro, quelli che abbiamo per ora determinati. CAPITOLO II. SULL'ETÀ DELLA FAUNA NUMMULITICA DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE. Prima di venire ora a parlare della distribuzione geologica dei vari fossili raccolti, onde precisare l’età della formazione nummulitica dei “dintorni di Roseto Valfortore, ci occorre di avvertire che in questo nuovo lavoro, come abbiamo fatto anche per quelli anteriori, con- tinueremo a servirci ancora dei tre termini inferiore, medio e superiore per indicare le varie divisioni dell’ Eocene, fissando brevemente il significato e l’estensione di ognuno. Così il primo dei tre termini, cioè l’inferiore, è sinonimo per noi di Swuessoniano o di Spilecciano: esso corrisponde a tutto l’Eonummulitico secondo E. Haug. Il secondo termine, cioè il medio, comprende il Luteziano e l’Auversiano, ed in- fine l’ultimo, cioè il superiore, equivale al Bartoniano degli antichi autori od al Priaboniano di quelli più moderni. Generalmente in Italia si è d'accordo nel riconoscere che le sud- dette divisioni sono le sole che si possono applicare nello studio del nostro Eocene e che riesce difficile se non impossibile, almeno per ora, il poter introdurre tutte le altre, che gli autori francesi hanno stabilito specialmente per l’Eocene inferiore ed il superiore. Contraria- mente al modo di vedere di qualche autore, consideriamo l’Auver- E “a eg a( ” mel dii i a Cd . Ne 5) N sa fi 158 G. CHECCHIA-RISPOLI siano come la parte più elevata dell’Eocene medio, anzichè come la base del superiore, per le maggiori affinità dei caratteri faunistici - che corrono tra di esso ed il Luteziano ; dello stesso nostro parere sono il Prever (1) ed il Fabiani (2). è, » * * Ciò premesso veniamo ad esaminare i singoli gruppi di Forami- niferi, che sono i fossili i quali costituiscono esclusivamente la fauna dell’Eocene di Roseto Valfortore, dando la preferenza alle Nummuliti. Queste per il loro grande valore cronologico ci permettono da sole di paragonare la serie sedimentaria del Terziario inferiore delle re- gioni mediterranee ed alpine con quella del bacino anglo-parigino. L'ordinamento sistematico che seguiamo è quello stabilito recen- temente da H. Douvillé, tra gli altri, e sintetizzato dal Boussac in una sua pregevole recente memoria; tale ordinamento ci sembra il più naturale perchè informato al criterio della successione di questi importanti foraminiferi. Secondo questo criterio le forme più evolute sono quelle più grandi e con strie molto complicate, meandriformi, o reticolate, con granuli abbondanti, a spira stretta e formata di giri numerosi, mentre le forme piccole con strie radiali, poco o per nulla granulate, devono essere considerate come le più vicine al tipo primitivo (3). | Il Boussac divide poi le Nummuliti in due grandi gruppi, secondo che sono o pur no provviste di pilastri e distingue quelle senza pi- lastri in due sottogruppi: uno comprende le Nummuliti a strie mean- (1) PREVER P. L. — La Fauna a Nummulitie ad Orbitoidi dei terreni terziari dell’ alta valle dell'Aniene. (Memoria p. serv. a. descr. della Carta geo- logica d'Italia, vol. V, Parte 22), 1912. | (2) FABIANI R. — Prospetto stratigrafico riassuntivo e comparativo del Terziario inferiore del. Veneto. (Mem. d. Istituto Geol. d. R. Università di Pa- dova, vol. III), 1915. i (3) Boussac J. — Études paltontologiques sur le Nummulitique alpin. (Mém. p. serv. à l'expl. d. 1. Carte géolog. détaill. d. 1. France), Paris, 1911. A ER A re ay aaa a DE si PNT I LI Dia RAI - L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 159 driformi (Es. Numm. distans Deshayes) e l’altro quelle a strie radiali (Es. Numm. globulus Leymerie). Il gruppo delle granulate, quelle cioè provviste di pilastri, comprende le Nummuliti a strie radiali (Es. Numm. lucasanus Defrance), quelle a reticolo semplice (Es. Numm. laevigatus Bruguière sp.), quelle reticolate con lamina trasversa (Es. Numm. Fabiani Prever) e quelle a strie meandriformi (Es. Numm. gizehensis Forskal sp.). Per quanto riguarda la distribuzione geologica dei vari sotto- gruppi, in base agli studi finora eseguiti, si può dire in via generale che le Nummuliti debuttano nell’Eocene inferiore con forme sprov- viste di pilastri e che solo nel loro completo sviluppo presentano delle strie meandriformi (Numm. planulatus). Si sviluppano conside- revolmente in tutto l’Eocene medio (Luteziano ed Auversiano) con i rappresentanti di tutti e sei i sottogruppi, ognuno dei quali è rap- presentato da numerose specie. Nell’Eocene superiore (Bartoniano s. l., Bartoniano s. str. e Ludiano) permangono solo due sottogruppi, quelli delle striate e delle reticolate provviste di lamina trasversa. Questi due tipi ridotti considerevolmenie in numero di specie permangono ancora nell’Oligocene (Neonummulitico). E° dunque nel Mesonummulitico (Eocene medio e superiore) che le Nummuliti raggiungono l’apogeo del loro sviluppo. Seguendo ancora il Boussac anche riguardo alla nomenclatura delle Nummuliti, da noi già applicata in precedenti lavori, notiamo che dopo la scoperta del dimorfismo non v’ è più alcuna ragione per tenere distinte con due nomi differenti la forma megasferica (A) da quella microsferica (B) di una stessa nummulite, come se si trattasse di due specie distinte : < ... On ne voit », scrive giustamente a questo proposito il nominato autore, « réellement pas pourquoi les Nummu- lites auraient le privilège d’avoir deux noms par espèces, et puisque le nombre des espèces doit étre diminué de moitié, il en est de méme du nombre des noms. Ici encore certains auteurs ont voulu voir la question très compliquée, alors qu'elle est en réalité très simple. Ils se sont demandé si l’on devait conserver le nom de la forme mégaspherique, alors qu'il est si simple d’appliquer les régles X | > adi È siete i Pipe RE pEr ie © a - rai tti le PRETE sale "nido li e Sho è e RAT « 160 G. CHECCHIA-RISPOLI ordinaires de la priorité: quand une éspèce à recu plusieurs nom on lui conserve celui qui a été le plus enciennement légitimé. Done nouvelle et plus pressante nécessité de remonter aux types figurés des espéces » (1). * RE) Le Nummuliti per abbondanza di specie e di individui occupano il primo posto nella fauna eocenica di Roseto Valfortore e sono riferi- bili ad undici specie già note. Ma oltre a queste ne abbiamo raccolte varie altre che abbiamo provvisoriamente lasciate indeterminate per la scarsezza 0 cattiva conservazione del materiale, che ci è stato insufficiente per una completa diagnosi. Quello che più interessa, soprattutto per lo scopo del presente lavoro, è di mettere in rilievo la grande abbondanza specifica ed anche numerica delle Nummu- liti, nonostante che avessimo limitato le nostre ricerche ad una parte solamente del blocco di calcare raccolto in quelle argille eoce- niche e che nemmeno abbiamo potuto spezzare tutto. Le specie già note studiate sono : Numm. latispira, Numm. ata- cicus, Numm. vascus, Numm. variolarius, Numm. Beaumonti, Numm. frentanus, Numm. Partschi, Numm. bayhariensis, Numm. sub-Capederi, Numm. Fabiani, Numm. millecaput, rappresentate ognuna da esem- plari ben conservati e di differenti dimensioni; per ricchezza di in- dividui si distinguono N. Partschi, N. latispira, N. Beaumonti e N. atacicus. | Se diamo uno sguardo alla fauna nummulitica raccolta, consta- tiamo che a formarla vi concorrono i rappresentanti dei sei sotto- gruppi, in cui sono state distribuite tutte le Nummuliti e che il sottogruppo più abbondante di specie è quello delle striate. Una associazione di nummuliti così composta e così abbondante di specie non può essere che eocenica non solo, ma non può caratterizzare che la parte media dell’Eocene, così come è stata da noi intesa: ed invero le nummuliti che la formano vissero tutte nell’Eocene medio, (1) Boussac, loc. cit., pag. 4. diet L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE» 169 riferì invece quei calcari al Cretaceo superiore e ritenne che essi, anzichè costituire una lente calcarea intercalata nelle argille sca- gliose dell’Eocene medio o a queste sovrapposta, formassero una pila assai salda e con radici profonde (1). Dovendosi procedere da parte dell’ Ufficio geologico alla pubbli- cazione del foglio 186 della Carta fu mandato di nuovo in quei luoghi il Cassetti per eseguire un più attento lavoro di revisione. Questo autore in base a nuove osservazioni personali potè riaffer- ‘mare l’ eocenicità dei calcari della sommità del monte Cresta del Gallo, i quali si trovano intercalati nella ben nota formazione delle argille scagliose, che è costituita ivi da argille e marne con inter- calazioni di calcari ed arenarie; il che chiaramente si desume dalla sezione geologica che accompagna la Nota dal Cassetti. Queste nuove osservazioni ebbero poi una conferma dal risultato dello scavo della grande galleria, che lungo il tratto sottostante al monte Cresta del Gallo ha incontrato le argille e le marne dell’ Eocene medio (2). Il materiale paleontologico fu poi mandato in esame al Prever, il quale così si esprime sull’età di quei calcari: «. .. Malgrado la « forte preponderanza dei fossili cretacei, crederei di poter ritenere « la formazione da cui provengono le sezioni di età terziaria per i « seguenti motivi : « 1° Presenza di alcune sezioni di Amphistegina Niasi e Gypsina c vescicularis; che si trovano nell’Eocene ‘e nel Miocene e non prima. « 2° Presenza di parecchi altri foraminiferi di minor importanza, « che ricordano la facies di molti foraminiferi terziari. «3° Stato frammentario, quasi sempre, delle Lepidocyelina « cretaciche e loro colore diverso da quello dei fossili sicuramente « terziari (3) ». (1) SIMONELLI V. — Risultati dell'ispezione geologica compiuta nel set- tembre 1906 nel percorso della prima tratta del 1° tronco dell’ acquedotto Pugliese, 1906. i (2) CAssETTI M.— Relazione preliminare sulla cam pagna geologica del 1912. (Boll. Com. Geol. d’Italia, vol, XLIII, fasc. 4), 1912. (3) V. lavoro sopra citato. PR VAT 170 G. CHECCHIA-RISPOLI Più recentemente si è occupato ancora di quel calcare l’inge- gnere B. Galdi, il quale così scrive: « . 4 A 4 A DA « « « Avendo a mia volta avuto occasione di visitare quella regione ed altre limitrofe, interessantissime per le copiose emanazioni idro- carburate che vi si conoscono, ho potuto convincermi che Cassetti ha perfettamente ragione e che i calcari della Cresta del Gallo ri- posano, in stratificazione concordante, con le testate rivolte verso la valle del Sele, sugli strati vari della serie argillosa eocenica. Non mi è parso però che essi siano intercalati, come si deduce dalla. sezione che accompagna la nota del Cassetti. Quei calcari a me sembrano sovrapposti, cioè superiori a tutte le assise eoceniche aft- fiorantiin quel tratto del crinale spartiacque; ma non avendo spinto le mie perlustrazioni molto in basso a valle di Teora, non escludo che da quel lato possa apparire qualche strato superiore del flysch appoggiato sui calcari. Ciò che interessa di mettere in chiaro è che à . ° . x . . non si tratta di spuntoni appartenenti ad una massa calcarea si- tuata alla base del flysch. Resta intanto da chiarire una questione importantissima, quella dei fossili che si rinvengono in detto cal- care ed in altri affioramenti similmente disposti nel medesimo cri- nale. I fossili raccolti da Cassetti, secondo la determinazione fattane con riserva dal dott. Prever, appartengono a specie dell’ Eocene e del Miocene, ma non è da escludere che il dott. Simonelli abbia potuto rinvenire delle rudiste », e più avanti, « . . . . Coordinando queste osservazioni con varie altre fatte nell’ Avellinese concludo che il calcare eocenico, compatto o suberistallino, con 0 senza rudiste, orbitoidi e nummuliti, non si trova solamente alla base del flysch eocenico avellinese, ma è sovente intercalato (come ritiene Cassetti per l’affioramento di Cresta del Gallo), ovvero sovrapposto (come a me è risultato) al /lysch stesso . . . » (1). Risulta quindi indiscutibile, mercè le osservazioni del Cassetti e del Galdi, l’età eocenica del calcare di Cresta del Gallo. Ora è solo (1) GaLpI B. — Sul calcare di Cresta del Gallo nell’ Avellinese (Mem. d. R. Acc. d. Scienze d. Istituto di Bologna, CI. sc. fis., sez. VII, tom. 1), 1913-14, Met, _L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 171 allo scopo di precisare meglio l’età di quel complesso marnoso-calcareo che io stimo utile esporre i risultati tratti dall’esame paleontologico di alcuni campioni di roccia di quella regione gentilmente favoritimi dal signor Cassetti. La maggior parte di detti campioni provengono dalla sommità della Cresta del Gallo e propriamente dal banco in questione. Vari altri sono frammenti di straterelli calcarei intercalati nello spessore delle argille, sottostanti al fascio calcareo ora detto, le quali furono attraversate dalla grande galleria. Alcune sezioni sottili di questa roccia, che è un calcare compat- tissimo di color leggermente ceruleo, mi hanno mostrato i seguenti fossili: Alveolina milium Bosc e la sua varietà lepidula Schwager, Al. oblonga Fortis, Flosculina decipiens Schwager, Nummulites ata- cicus Leymerie (A), Nummulites sp. div. ind., Assilina spira de Roissy (A), Orthophragmina applanata Gimbel sp., Orth. Isseli Prever, Orth. dispansa Sowerby sp., Orth. aspera Giimbel sp., Orth. varians Kauf- mann Sp., ecc. Per quanto la maggior parte delle determinazioni sia stata fatta sulle sezioni trasversali noi le riteniamo esatte. Le sezioni sottili del calcare della cima, oltre a qualche PRotalia, Globigerina, Biloculina e frammenti che sembrano di Orthophragmina, non presentano altri fossili sicurissimamente determinabili che le Or- bitoides s. str.: le quali sono inoltre molto abbondanti ed apparten- gono alle solite specie (Orb. media, Orb. apiculata, Orb. Tissoti, ecc.), comuni tanto nel Cretaceo che nell’ Eocene. L’abbondanza numerica e specifica di tali foraminiferi, il loro ottimo stato di conservazione, il loro colorito perfettamente identico a quello della roccia che li contiene, tanto che a prima vista non. si distinguono dalla massa calcarea, l’averli trovati nei vari saggi di calcare presi in diversi punti e a varie altezze del grande banco, indicano chiaramente che le orbitoidi sono assolutamente in posto e che quei calcari fanno parte incontestabilmente della forma- zione delle argille scagliose, che per la fauna che contiene non può appartenere che all’ Eocene medio, come è stato da noi inteso. _ n } 4 i ’ 172 G. CHECCHIA-RISPOLI da, E' stato di certo il pregiudizio che quelle Orbitoidi fossero esclusive del Cretaceo che ha tratto in inganno qualche osservatore sull’ età di quei calcari, sulla quale chissà quante altre discussioni si sareb- bero fatte, se la perforazione della galleria non avesse in modo molto convincente dimostrato che sotto quei calcari non si trovano che ar- gille scagliose dell’ Eocene medio. | Lo stesso fatto si ripete per altri luoghi dell’ Appennino meri- dionale ed è stato recentemente constatato da noi in vari campioni di rocce prelevati dall’ ing. S. Franchi. Alcuni di questi provengono dai dintorni di Rapone sulla destra dell’Ofanto, in Basilicata, da lenti di un calcare biancastro intercalato a varie altezze nello spessore delle argille scagliose; talune di queste lenti poggiano direttamente anche sul Trias superiore selcifero. I fossili che vi ho riconosciuti appartengono ad Orbitoides (0. media, 0. T'issoti, ecc.) e a Stderolites. In un altro campione di calcare identico raccolto invece sulla sini— stra dell’Ofanto presso Andretta (pr. di Avellino) oltre a Stderolites ed a più abbondanti Orbitoides, ho distinto pure numerose Ortho- phragmina. sa Da quanto abbiamo detto risulta che i ritrovamenti di Orbi- toides s. Str. nell’ Eocene inferiore e medio costituiscono un fatto quasi costante e, come accade per tanti altri fossili e per altri ter- reni, tali organismi possono trovarsi sia negli stessi frammenti di roccia insieme con altri foraminiferi indiscutibilmente eocenici, o col loro accumulo possono esclusivamente formare delle lenti calcar ee intercalate nello spessore delle argille scagliose, comes avviene al Monte detto Cresta del Gallo presso Teora. Or noi potremmo ancora accrescere la serie dei ritrovamenti a3- giungendovi i non pochi altri fatti da coloro i quali, però, seguendo senz'altro l’opinione di H. Douvillé, ne attribuiscono la presenza nel- | l’Eocene al rimaneggiamento. Pur mettendo, in via provvisoria, d@ parte questi ritrovamenti, non essendoci a noi, per ova, note le con- dizioni di quei giacimenti, ci sia permesso di ripetere ancora una wa Tudo, fotte en A crea è È K L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 173 volta .a tale riguardo che il rimaneggiamento invocato in questo caso si basa esclusivamente sopra un preconcetto. Per quanto ri- guarda i molteplici casi dai noi verificati, come anche per quelli del Prever, noi ci sentiamo facoltati a respingere l’ipotesi di un rimaneg- giamento in forza di vari fatti osservati, che andremo enumerando. Principieremo con quelli di ordine fis'co per seguitare con quelli che entrano in un ordine ancora più elevato. Questi fatti sono i seguenti : 1° La natura della fossilizzazione delle Orbitoides, la quale è la stessa di tutti gli altri fossili, che sono quasi sempre dei forami- niferi, con cui si trovano associati ; 2° Il colorito di esse, che è il medesimo non solo degli altri fossili che l’accompagnano, ma anche della roccia che li con- tiene tutti. 3° La perfetta conservazione della superficie del plasmostraco delle Orbitoidi, di guisa che su di essa si possono osservare tutte le minime particolarità della ornamentazione. 4° La integrità dei margini sempre più o meno assottigliati; e ciò non potrebbe verificarsi qualora questi fossili fossero andati soggetti ad un rimaneggiamento di qualunque natura. | 5° La perfetta conservazione interna di questi foraminiferi o per lo meno eguale a quella degli altri con cui si trovano associati. 6° Le differenti dimensioni degli esemplari appartenenti ad una stessa specie; dal quale fatto si deve dedurre che le orbitoidi si svilupparono mentre avveniva la deposizione di quegli strati del- l’Eocene. 7° L’abbondanza specifica delle orbitoidi: il che dimostra che noi ci troviamo presenti a vere faune in pieno sviluppo. 8° La constatazione di specie nell’ Eocene, che fino ad ora non sono state trovate ancora nel Cretaceo (Orb. Schuberti, Orb. Ca- roli, Orb. Cremai,; ecc.). 9° La frequenza dei ritrovamenti nell’Eocene inferiore e medio. 10° Infine l’assoluta mancanza di Orbitoides in istrati più gio- vani di quelli appartenenti all’Eocene medio. E°’ strano che tali fos- * gf ì, ” A Ae A 174 G. CHECCHIA-RISPOLI | a sili (almeno finora) non siano stati indicati nel Miocene e nell’Oligo- cene 0 nello stesso Eocene superiore. In migliaia di sezioni sottili di rocce a foraminiferi di terreni ora indicati, che si eseguiscono giornal- mente, nessuno vi ha ancora segnalata la presenza di Orbitoides 8. str., nemmeno là dove queste rocce si sono formate a spese del sottostante cretaceo. E il non averle trovate, almeno finora, vuol dire che questi fossili si estinsero negli ultimi strati dell’ Auversiano, dove infatti sono già abbastanza rari. sa Anche pel gen. Omphalocyclus e pel ger. Siderolites, pur essi rite- nuti esclusivi del Cretaceo, è accaduto lo stesso. À Il primo di questi generi fu segnalato da noi nello stesso gia- cimento eocenico di Cacasacco presso Termini-Imerese insieme con le Orbitoides ora dette (1); di recente e ancor più abbondantemente. gli esemplari dell’Omphalocyclus macropora sono stati da noi rinve- nuti nell’Eocene dei dintorni di Isnello in Sicilia (2). Nè il fatto è limitato alla sola Sicilia, perchè il Prever ha indicato la presenza di questo genere in alcune formazioni eoceniche dell’Appennino cen- trale (3). Per questo ritrovamento detto autore esclude l’ipotesìi del rimaneggiamento. Il Prever lascia indeterminato l’Omphalocyclus dell’Eocene dei dintorni di Licenza, però egli descrive e figura nello stesso tempo una Linderina Baldaccii sp. n. che, per noi, sembra chia- ramente un Omphalocyclus macropora Lamarcek, come apertamente dimostra la Figura 7 della Tavola VIII del detto autore. A conferma di quanto diciamo giova riportare ciò che il Prever scrive a propo- sito di questa sua nuova forma : «... Io ho potuto esaminare diverse se- « zioni equatoriali di una Linderina, che è certamente diversa dalla « Linderina Paronai Os., per avere una lamina più spessa e delle e —____—_—_—_—___—_—. ——É e E) ]o ww —————— eee)” (1) CHECCHIA-RISPOLI. — La Regione Cacasacco, 1909. (2) CHECCHIA-RISPOLI. —- Sui terreni terziari inferiori del vers. sett. delle Madonie, 1916. (3) PREVER. — Loc. cit. ROERO A Fr. L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 175 camere più grandi. Una sezione sottile di Regione la Pietra mi mo- stra un fossile che ha tutto l’aspetto di un Omphalocyclus, anzi per A l'apparato embrionale quadripartito s’avvicinerebbe all’Omph. ma- i > cropora Lmk.; ne è però molto più piccolo di dimensioni e le ca- SI merette sembrano anche più piccole, per cui ritengo si tratti di spe- cie nuova e în posto. D'altra parte mi ricorda assai il genere Lin- EN derina e poichè nelle sezioni sottili della medesima regione ho rin- 4 SI venuto delle sezioni equatoriali indubbiamente riferibili a questo > ultimo genere, così inclinerei a credere si tratti di una specie nuova da riferirsi precisamente a questo genere. > « Se poi si trattasse di un Omphalocycelus malgrado qualunque cosa possa venir detto da altri, affermo che non si tratta di jossile CS rimaneggiato, ed allora si avrebbe una prova di più, dato che ce ti ne fosse bisogno, della sopravvivenza di eerti generi cretacei nel- >» << l’ Eocene. Del resto Linderina comparisce nella Creta e si trova pure i nell’Eocene e fors’anche nel Miocene e nessuno ha mai provato a mettere tale cosa in dubbio ». > Il Prever cita questa specie in varie (otto) località differenti dell’ Appennino. Anche il gen. Siderolites è stato indicato in varie località eo- ‘ceniche e le specie rinvenute, secondo il Prever, sono le stesse di quelle del Cretaceo, cioè Sid. calcitrapoides Lmk., con la varietà brevispima Os., Sid. Preveri Os., ecc. Questo genere è stato anche rinvenuto nell’Eocene medio di Cacasacco presso Termini-Imerese in Sicilia, in quello di Rapone (Basilicata) e di Andretta (Avellino), Or trattandosi di forme che hanno il plasmostraco ancor più fragile di quello delle Orbitoides riesce più difficile sostenere per esse il ri- maneggiamento. Il Prever a proposito di tutti questi generi scrive che si tratta di forme eretacee sopravissute sino all’Eocene inferiore ; noi ripetiamo quanto abbiamo già scritto per i primi, che cioè la vita di tutti questi piccoli organismi si è estesa sino all’ Focene medio. La constatazione nell’Eocene di forme così basse della vita, le quali già vissero nel Cretaceo, è uno dei tanti fatti che ogni giorno 176 G. CHECCHIA-RISPOLI si verificano col progredire delle nostre ricerche ; lo stesso è avvenuto ed avviene per altri fossili ben più importanti e per altri terreni. Tanto più era poi da aspettarsi la constatazione di certi fatti nello Eocene, in quanto chel’esame paleontologico e stratigrafico minuto della serie eocenica del bacino mediterraneo non era, nè è in verità così avanzato, da poter ritenere che le nostre conoscenze sulla distribuzione geologica di certi organismi siano definitive e debbano riguardarsi come immutabili. 2° — Sul genere Lepidocycelina Gumbel. Si è detto nelle pagini precedenti che nel calcare eocenico di di Roseto-Valfortore sono comuni anche le Lepidocyclina. Le specie determinate in questo lavoro sono quattro, ma non escludo che nel materiale raccolto possa esservene qualche altra ; infatti sulla super- ficie dei vari pezzi si osservano taluni esemplari, che per i caratteri esterni sembrano differire da quelli studiati. Non avendo ‘potuto esaminare in modo tompleto questi esemplari, siamo stati costretti a lasciarli per ora indeterminati, avendo preferito, per lo scopo di questo lavoro, lasciarli ancora attaccati alla roccia. La esistenza di foraminiferi appartenenti al genere Lepidocyclina in quella roccia, in- sieme con altri sicuramente dell’Eocene medio, è fuori di ogni di- scussione. Ora poichè questo fatto è innegabile, non sappiamo quale nuova congettura potrà essere messa fuori, visto che coloro i quali per sistema negano la presenza di Lepidocyclina nell’Eocene (a dir vero ultimamente anche il prof. H. Douvillé ha finito con l’ammet- terne la esistenza nell’Focene superiore dell’ America), sono più che mai pronti ad invocare, contro ogni nuova prova da noi addotta, lo intervento di questo 0 tal altro fenomeno tettonico, che l’esame ob- biettivo dei fatti dimostra semplicemente inammissibile. Per questo nuovo ritrovamento sarebbe assolutamente infondato invocare le pieghe, i pizzicamenti, le scaglie tettoniche, gli accaval- lamenti e perfino i carreggiamenti, perchè qui su di una superficie © d e” le ce e 0 SUE REA A " re Cena L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 177 di pochissimi centimetri quadrati si osserva l’associazione di Lepido- cyclina con fossili sicuramente eocenici. Ciò nonostante roi vogliamo discutere qui due ipotesi e sono le sole che gli oppositori sistematici possono tirar fuori per tentare di aver ragione. La prima sarebbe quella che tuttii fossili da noi descritti siano rimaneggiati, eccetto, si comprende, le Lepidocyclina. La seconda che parte o tutte le determinazioni specifiche siano errate e che non si tratti di una fauna eoc?nica (precisamente au- versiana), ma oligocenica. Vediamo intanto se può essere sostenibile la prima delle due ipotesi, cioè che tutte le Nummuliti, le Assiline, le Alveoline, le Or- tofragmine, ecc., rappresentate da circa 30 specie, siano rimaneggiate e se le sole Lepidocicline siano vissute durante la deposizione di quegli strati calcarei. Cominciamo intanto con l’osservare che tutti i fossili indistin- tamente, comprese anche le Lepidocicline, presentano lo stesso modo di fossilizzazione e lo stesso colorito bianco-gialliccio della roccia, tanto che per distinguerli da questa, per la riproduzione fotogra- fica di alcuni dei campioni, siamo stati costretti a colorirne il fondo diversamente. La conservazione esterna di tutti i fossili è ottima nel vero senso della parola: infatti, se si tratta di nummuliti, si possono distin- guere nettamente, sia ad occhio nudo che con una lente, la forma delle strie ed il numero e la disposizione delle granulazioni, che or- nano la superficie del plasmostraco, se queste esistono. Le assiline dal canto loro mostrano in rilievo la lamina ed i setti e le granu- lazioni della parte centrale, come pure le ortofragmine il reticolo e le sranulazioni, che ornano il loro nicchio. Altrettanto dicasi della conservazione dei margini del plasmostraco, compreso quello di talune ortofragmine dal guscio molto assottigliato e quasi papiraceo. Tutti questi fatti significano che i fossili non hanno subìto alcun rimaneggiamento. Non inferiore per bontà e freschezza è la conser- vazione interna di essi. 178 G. CHECCHIA-RISPOLI Se nelle sezioni di rocce appaiono anche dei fossili allo stato frammentario, questo avviene pure per le lepidocicline. Trattandosi di un deposito litorale, come indica la natura della roccia, è natu- rale che pel movimento delle onde alcuni di essi, specialmente quelli i del guscio più delicato, siano andati soggetti a spezzarsi e a ridursi Ì a anche in frammentini irriconoscibili. Il che, come è noto, avviene per tutti i fossili e per tutti i terreni. Valga infine, a questo propo- sito, tutto quanto abbiamo scritto nel Capitolo precedente per le Orbitoides, al quale, per non ripetermi continuamente, mi rimando. Discutiamo ora l'ammissibilità della seconda ipotesi, cioè che le determinazioni dei fossili siano sbagliate. Noi non intendiamo escludere che qualche errore di determinazione eventualmente possa esserci; ma quand’anche tutte le determinazioni fossero errate, il che non è, restano come capisaldi inoppugnabili i seguenti fatti : 1° Una fauna di oltre dodici specie di nummuliti, in gran parte striate, accanto. alle quali però si trovano anche delle meandriformi, delle granulate-striate, delle meandriformi-granulate e rarissime re- ticolate. Ora una associazione di tali forme, quale ne sia la loro deter- minazione specifica, non è stata mai riscontrata nell’Oligocene, bensì nell’Eocene medio, come è stato da noi inteso. Si veda, a conferma di quanto diciamo, il quadro dell’evoluzione delle Nummuliti com- pilato dal Boussac (1); 2° La presenza di numerose assiline tipiche (Ass. spira, Ass. exponens), le quali non sono state mai trovate, non dico nell’Olige- cene, neanche nella parte più elevata dell’Eocene (2); 3° La presenza di alveoline, rappresentate da tre specie ed vna varietà. E’ noto anche che tali fossili sono già rarissimi nell’ Eo- cene superiore ; 4° La presenza infine di molte ortofragmine, delle quali solo alcune sono state trovate nell’Oligocene. (1) v. Etudes paléont. s. l. Numm. alpin, pag. 107. (2) v. Boussac, doc. cit. " %- Fai ME III sg De a L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 179 Ora una fauna così composta non può essere assolutamente oli- gocenica e se tutte le specie descritte in questo lavoro appartenessero a specie nuove, le affinità di queste sarebbero con quelle oeceniche. Se l’una o l’altra delle due ipotesi ora esaminate potesse essere dimostrata vera, il che è impossibile, le conseguenze che ne derive- rebbero sarebbero di un grande valore: nel primo caso si avrebbe che tutta la grande massa delle argille scagliose variegate con i s0- prastanti calcari marnosi a fucoidi, da tutti i geologi ritenute eo- ceniche, sarebbero: invece olifoceniche o mioceniche e nel secondo dei casi si avrebbe tale un mutamento nelle cognizioni acquisite alla scienza da oltre mezzo secolo di osservazioni e di studi, che ci tro- veremmo a rifare da capo tutto lo studio dell’Eocene, almeno di quello basato sulle Nummuliti ed altri foraminiferi importanti. Tutti i fatti constatati nei dintorni di Roseto Valfortore si ri- petono in quelli di San Marco la Catola ed in altri punti della for- mazione eocenica dell’Appennino Pugliese: la formazione d’altronde è la stessa. In tutti i giacimenti fossiliferi da noi indicati si verifica l'associazione negli stessi frammenti di roccia di Orbitoides s. str. e di Lepidocyclina con Alveoline (Alv. milium, Alv. elongata, ecc.), con Flosculine (Flose. decipiens, Flosc. daunica), con numerose Nummu- liti (Numm. latispira, Numm. Dollfusi, Numm. atacicus, Numm. Beaumonti, Numm. frentanus, Numm. incrassatus, Numm. Partschi, Numm. millecaput, ecc.) ed Ortofragmine. Gli stessi fatti già da tempo sono stati constatati da noi in Sicilia. In un recente lavoro del dott. Prever dal titolo Mummuliti ed Orbitoidi dei dintorni di Derna, a proposito dei rinvenimenti di Le- pidocyclina nell’Eocene così è scritto : « . . . Finora all’infuori di Bor- «neo e delle Filippine non fu chiaramente provata la presenza del « genere Lepidocyclina nell’Eocene neppure in Sicilia, perchè un au- « tore che invocasse per le località siciliane, la presenza di una serie «rovesciata, di pieghe isoclinali inclinate, forse di faglie, potrebbe te- 180 G. CHECCHIA-RISPOLI « nere in iscacco i sostenitori della eocenicità degli strati a Lepido- « cyclina dei dintorni di Termini Imerese, anche se, come io non « contesto, avessero pienamente ragione i geologi palermitani nella « loro affermazione strenuamente e langamente sostenuta » (1). E’ evidente che con queste parole si vuole alludere al Vallone Tre Pietre presso Termini Imerese. Ora chi legge le frasi su riportate e non abbia presenti tutti gli studi che da oltre un decennio andiamo pubblicando sull’ Eocene siciliano potrebbe credere che le nostre affermazioni sull’eocenicità delle Lepidocyclina siano basate solamente sui risultati delle osser- ‘vazioni da noi eseguite sulla serie eocenica del Vallone Tre Pietre presso Termini Imerese, ove del resto i fatti sono quali furono da noi esposti. Invece, oltre agli importantissimi fatti venuti alla luce con lo studio delle formazioni eoceniche dell'Appennino Pugliese (2), molti altri ne ha fornito la sola Sicilia che provano la sicura esistenza delle Lepidocyclina in quelle formazioni eoceniche. A costo di 'ripe- termi io sono ancora oggi costretto a mettere in evidenza tutti questi fatti. L Come ho scritto, in Sicilia le Lepidocyclina abbondano nella for- mazione delle argille scagliose, ove da sole formano, a vari livelli, straterelli, lenti e talora banchi calcarei: in tali condizioni si tro- vano nei dintorni di Bagheria (3) ed in quelli di Termini Imerese al Vallone Tre Pietre (4). Oppure essi si trovano nelle medesime la- stre calcaree insieme con altri foraminiferi eocenici. Ora per quanto riguarda il Vallone Tre Pietre, il prof. Giovanni Di Stefano prima (1), in seguito lo scrivente, e poi anche altri stu- diosi hanno osservato e dimostrato che la successione degli strati (1) v. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XXXIII, 1914. (2) CHECCHIA-RISPOLI. — Osservazioni geologiche sull'Appennino della Ca- pitanuta, P. 1, II, IV. (3) CHECCHIA-RISPOLI. — La serie nummulitica dei dintorni di Baghe- ria, ecc., 1912. (4) Di SteFANO G. — Sui pretesi grandi fenomeni di carreggiamento in Sicilia (v. nota a piè di pagina), 1907. L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 181 lungo quella vallecola è normalissima. Quella serie eocenica, come ho scritto (1), forma un complesso così intimamente connesso nelle sue varie parti, per mezzo dei passaggi graduali, da rendere difficile sul posto un netto smembramento. I calcari con Lepidocyclina (indicati con la lettera H nella descrizione stratigrafica e col n. 7 nella se- zione), quelli cioè che stanno in immediato contatto coi calcari del Bartoniano inferiore sono legati con questi non solo dalla perfetta concordanza, ma anche dai caratteri litologici. Essi differiscono molto però, litologicamente e paleontologicamente, da. quelli che nella for- mazione più elevata (da altri ritenuta oligocenica), contengono, con delle Lepidocyclina, un’ associazione di molte Nummuliti eoceniche, di cui alcune raggiungono il massimo sviluppo nell’ Oligocene. Sa- rebbe dunque poco naturale la loro separazione dagli ‘strati |argil- loso-calcarei bartoniani per attribuirli al preteso Oligocene inferiore di quella regione, col quale nulla hanno di comune. I loro rapporti sono più stretti col fascio di calcari a Lepidocy- clina inferiori, dai quali differiscono solo per essere più scuri e per la potenza maggiore delle argille con le quali sono associati ; nel fa- scio inferiore le argille alternanti coni calcari sono scarsissime. Siamo convinti dunque che i calcari a Lepidocyclina in immediato contatto con quelli nummulitici del Bartoniano inferiore non possono stac- carsi da questo piano. Se tale secondo gruppo di calcari a Lepidocyclina fosse una ri- petizione di quelli del primo per causa di pieghe tanto meglio sa- rebbe dimostrata la loro età eocenica ; tuttavia è da escludersi l’esi- stenza di ripiegamenti in quella formazione. Gli strati della serie nummulitica nel Vallone Tre Pietre sono, come di già è stato detto, leggermente ondulati, ma non mostrano forti pieghe. La successione è in quella serie regolare e normale dagli strati più antichi ai più giovani, nello stesso modo che avviene in altre località del territorio di Termini Imerese e di Bagheria; la concordanza degli strati è per- fetta e stretti i legami e i passaggi litologici. Non si osserva Ja Ti- (1) CHECCHIA-RISPOLI. — 1 Vallone Tre Pietre, 1909. Mido e 182 G. CHECCHIA-RISPOLI petizione dei vari membri che dovrebbe essere prodotta dalle pieghe, nè questa ripetizione potrebbe essere limitata ad un semplice fascio di strati, cioè a quelli con Lepidocyclina. Del resto questi calcari a Lepidocyelina del secondo gruppo sono, secondo è stato detto, per diretto contatto, per concordanza e per caratteri litologici, tanto intimamente legati ai sottostanti calcari bartoniani con Alveoline e Nummuliti da non potersi staccare. E’ stato di già escluso che dei lembi del preteso Oligocene pos- sano essere compresi per ripiegature nella formazione eocenica; bi- sogna poi aggiungere che se il secondo fascio di calcari a Lepido- cyclina fosse intercalato tra il preteso Oligocene, alla parte supe- riore, e l’Eocene, a quella inferiore, per causa di una grande piega sinclinale, si andrebbe incontro a delle conseguenze inaccettabili. La formazione argilloso-arenacea che sta al sommo della serie sa- rebbe allora in quella posizione superiore solo per effetto di tale piega, mentre nella posizione normale dovrebbe trovarsi al di sotto degli strati luteziano-bartoniani. Questo non è nel fatto, nè in verità può darsi, perchè è con- traddetto da tuttii caratteri paleontologici di tale gruppo più elevato, i quali dimostrano che esso è veramente il membro più giovane di tutta quella serie nummulitica, come è anche provato dalla costante sua posizione elevata in tutto il territorio di Termini. Il secondo gruppo di calcari a Lepidocyelina si trova dunque in posizione normale. I calcari a Lepidocyclina si ripetono così due volte nella formazione delle argille scagliose luteziano—bartoniane, e in questi due casi, sebbene si trovino a livelli differenti, non differi- scono sensibilmente nella fauna. La loro presenza tra le argille scagliose non può essere attri- buita, come abbiamo detto, nè a rimaneggiamenti, nè ad accidenti tettonici, che assolutamente non vi sono. Questi sono i fatti e tutti coloro che hanno visitato di proposito il Vallone Tre Pietre (e non sono pochi), sia soli come il prof. Ca- navari, il prof. Bucca, il prof. Vinassa de Regny (che v’è stato ben due volte), od in occasione della riunione della Società Geologica in siti pre "“° - <©wl * Pau prev sa n è arie tn attentatori derit densi sn o pr,» a NE e o ] par alga der #° è 4 i Row L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 183 Sicilia, nel settembre del 1909, non hanno potuto che riconoscere l'esattezza di quella nostra sezione e quindi che gli strati a Lepido- cyclina si trovano in posto in quell’Eocene, ove talora costituiscono con il loro accumulo delle assise calcaree intercalate nello spessore di quelle argille scagliose, come avviene anche nei dintorni di Bagheria (1). * * * Affermando che le Lepidocyclina in Sicilia si trovano anche nell’Eocene noi non ci siamo basati solamente sugli importanti dati di fatto su esposti, bensì su diversi altri. Ricordiamo che nella mentovata Regione Cacasacco, in quegli stessi strati calcarei zeppi di Orbitoides s. str. ed Omphalocyelus, insieme con Alveolina, Nummulites ed Ortophragmina, si trovano anche varie Lepidocyclina (Lep. Joffrei, Lep. cfr. marginata (2). Questi foraminiferi sono poi oltremodo abbondanti in tutta la vasta formazione calcareo-argillosa, che chiude in alto la serie eoce- nica del Termitano. Tale formazione, che alcuni pretendono di rife- rire all’Oligocene, è invece eocenica. Or circa l’età della fauna di quel membro elevato di tutta la serie eocenica termitana è necessario che oggi io spenda ancora qualche parola per mettere in rilievo che i fatti venuti fuori dopo quella nostra pubblicazione giustificano non solo, ma confermano sempre più ciò che abbiamo scritto circa l’eocenicità di quella formazione. Illustrando la fauna di quegli strati, abbiame scritto così : « .... Credo dunque di non essere nell’errore esprimendo la convinzione « che la formazione di Termini-Imerese con caratteri paleontologici « misti non rappresenti al più che un livello di passaggio dall’Eocene « all’Oligocene, però più legato all’Eocene che all’Oligocene. Il nodo (1) CREMA C.— Riunione della Società Geologica Italiana in Sicilia nel- l’anno 1909 (Boll. R. Com. Geol. d'Italia), 1909; ScALIA : Escursione a Termini- Imerese (Boll. Soc. Geol. Ital.), 1909. 3 (2) CHECCHIA-RISPOLI. — La Regione Cacasacco, 1909. x VAS 184 © G. CHECCHIA-RISPOLI « della questione sta precisamente in questo, che un sedimento con « quelle specie eoceniche non può essere nettamente oligocenico, il « che è stato tanto bene inteso che, chi vorrebbe altrimenti, per uscire « dagli impacci, ha finito col ricorrere all’ipotesi del rimaneggia- «mento » (1). Rileggendo queste parole e tenuti presenti i fatti, che andremo esponendo, più che mai chiara risulta l’appartenenza all’Eocene di quella formazione. Tenuto infatti presente che le Lepidocyclina si trovano indub- biamente nell’Eocene, come lo stesso H. Douvillé ha finito con l’am- mettere, quali seri argomenti si potrebbero oggi invocare a sostegno del preteso carattere oligocenico di quegli strati ? 1 Ora non è certamente più il caso di invocare il forte valore cronologico di Nummulites vascus-Boucheri, poichè questa specie ap- pare sin dall’Auversiano. A chi poi volesse ostinarsi di tener distinto Nummulites incrassatus da Numm. vascus e volesse sostenere che gli esemplari di Termini-Imerese appartengono a quest’ultima specie, ricordiamo che Numm., vascus-Boucheri è stata recentemente rinvenuta dal Fabiani nel Priaboniano del Veneto (2)! Sicchè che cosa resta di pretesi elementi oligocenici in quella fauna ® Nummulites intermedius. Dimostrerò ora invece che gli esem- plari di Termini attribuiti a questa specie sono tutt'altro che i tipici di Numm. intermedius ! i I Premetto intanto che questi esemplari sono molto scarsi in tutta quella formazione. Ed ora ecco che cosa scrive il Boussac a propo— sito di N. intermedius : « .... En outre il existe dans le Ludien (Eocene « superiore), a Biarritz, des formes de passage; j’ai décrit (v. Num. « mulitique de Biarritz, pag. 72, pl. XVII, fig. 12) un echantillon du « Cachou qu’a un reseau beaucoup plus serré et à granulation beau- «coup plus fin que N. Fabiani typique; c'est une mutation qu’on « ne trouve pas dans les niveaux inférieurs (Bartonien) du Priabo- (1) v. /L Vallone Tre Pietre, pag. 69. (2) FABIANI. — /l Paleogene Veneto, 1915. 7 dei iti Mac L'EOCENE DEI DINTORNI Dì ROSETO VALFORTORE 185 s nien et qui se rapproche déjà considerablement de l’intermedius « typique » (1). Secondo la diagnosi del Boussac gli esemplari di N. Fabiani sono assai regolarmente gonfi e di medie dimensioni non sorpassando che raramente i 10 mm. di diametro. Io ho descritto gli esemplari raccolti da me personalmente nei dintorni di Termini-Imerese, così : « Plasmostraco lenticolare, molto gonfio, dal margine arrotondato, ed « ornato di reticolature labirintiformi », ed ho aggiunto, « .... Ho pa « ragonato i pochissimi esemplari della specie in esame con altri di « varie località (oligoceniche) gentilmente offertimi dal prof. Parona, « Rovereto, Dal Piaz e dal dott. Prever. Essi vi corrispondono per «quanto riguarda i caratteri interni, però rispetto a quelli tipici della « specie si mostrano di dimensioni minori, molto più gonfi e a super- -« ficie regolare. Questi ultimi caratteri ho riscontrato pure nella « N. Fichteli Micht. » (2). Identici individui esamina il Silvestri (3). Nè è a credere che le granulazioni che costituiscono il carattere distintivo di N. Fabiani manchino del tutto in N. intermedius. Lo stesso Boussac è costretto a riconoscere che queste « .... plutòt sont « très fins et sont comme noyés dans les reseau de N. intermedius » (v. Etud. pal., pag. 88). Negli esemplari del Cachou « ....la granulation est beaucoup plus fine que N. Fabiani typique ». Ora tenuti presenti tutti questi fatti io non saprei per qual ca- rattere effettivamente si differenzino gli esemplari di Termini-Imerese da Numm. Fabiani del Ludiano di Biarritz. Se tali esemplari non sono quelli tipici di N. Fabiani non sono certamente nemmeno quelli di N. intermedius, ma corrispondono precisamente a quelli del Lu— diano di Biarritz, che il Boussac considera come forma di passaggio tra N. Fabiani e N. intermedius. (1) Boussac. — Loc. cît., pag. 88. (2) CHeccHIA-RispoLi. — Il Vallone Tre Pietre, pag. 122. (3) SiLvesTRI. — Nummuliti oligoceniche della Madonna della Ca- tena ecc., 1909. vi x LOL e C i % - ala ba , i # % Pa ” Ae ; A ii Pa) * è iP de n - 4 - « Ted dn SO set Mea k = i i G.* CHECCHIA-RISPOLI © "CI ESEAIRE js Esemplari identici a quelli di Termini-Imerese, ma col nome dì N. intermedius, descrive la dott. Ravagli: questi esemplari proven- gono dal sieuro Bartoniano dei dintorni di Firenze (1). Si può quindi determinare come oligocenica una formazione che insieme con una fauna composta di moltissimi elementi eocenici con- tiene solamente pochi esemplari di una nummulite che non è affatto il tipico N. intermedius? (2). i La fauna di quel membro elevato della serie nummulitica. ter- mitana obbiettivamente esaminata non può essere che eocenica e ci conforta in questa convinzione il parere espresso anche dal ch.mo prof. F. Sacco, che di proposito ha voluto studiare quella forma zione di Sicilia (3), intorno a cui così si esprime: «.... Nell’esaminare l'interessante formazione ‘marnosa-calcareo— « arenacea grigiastra, che costituisce la parte superiore della serie « terziaria dei dintorni di Termini-Imerese, fui anzitutto colpito « dall’analogia di aspetto e di rapporti che essa presenta con estese for- « mazioni dell’Eocene superiore dell'Appennino ; poi notandosi (oltre « alle frequenti Lepidocycline, che, per quanto molti credono solo « oligoceniche e mioceniche, io da parecchi anni vado segnalando « nell’Eocene appenninico) una grande quantità di Nummuliti, qualche « Assilina e numerose Ortofragmine, non mi rimase più dubbio che « questa formazione, che ora si fa oscillare, a secondo degli autori, « tra l’Eocene e l’Oligocene, è invece attribuibile assolutamente al- « lEocene, probabilmente al Bartoniano ; e se pur mi fosse rimasto « qualche dubbio me lo talse il fatto che nelle ricerche eseguite ivi {1} RAVAGLI M. — Nummutliti ed Orbitoidi eoceniche dei dintorni di Fi- renze, 1910. (2) Esemplari tipici di N. infermedius sono stati invece da noi raccolti in Si- cilia nel sicuro Oligocene - dei dintorni di Campofiorito in. provincia di Palermo ; ma questi oltre ad essere di maggiori dimensioni (mm. 15 di diametro), sono sot- tili (mm. 2.5 di spessore) ed hanno il plasmostraco piano od ondulato e per tutti i caratteri corrispondono a quelli della Liguria (v. Sull’Oligocene dei dintorni di Campofiorito in provincia di Palermo, pag. 295, 1911). (3) Sacco F. — Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XXVIII, fase. III, 1909. a pp, ee io Mede LP A CI PI $ i Vo 8° SON alata ao L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 187 <« in un banco calcarec-arenaceo molto fossilifero, della Regione < A Cucca, ebbi la fortuna di poter raccogliere diversi esemplari di « una grossa Nummulite di facies parisiana che mi fu poi determi- ( ZI nata dal dott. Prever come una Laharpeia tuberculata Brug.(= lae- « vigata Ad’ Arch.= scabra d’Arch. = Defrancei d’Arch.= italica Tell.) specie generalmente caratteristica del Parisiano e che qui eviden- « temente per le speciali buone condizioni d’ambiente, potè soprav- « vivere fino alla fine dell’Eocene, fatto del resto generale per tante « altre forme che paiono precorrenti o tardive rispetto alle nostre «« attuali conoscenze, e che debbono tali apparenti anomalie stratigra— « fiche appunto a speciali condizioni d’ambiente. « L’esame della serie terziaria dei Vallone Tre Pietre, così bene « regolare e così bene seguibile dalla sua parte superiore (Barto— « niano) sino al suo passaggio al cretaceo superiore esclude in modo. « assoluto che vi si verifichino quelle pieghe, queile scaglie tetto— ‘ è niche o quei consimili disturbi stratigrafici che altri volle invocare « per spiegare la ripetuta apparsa ed alternanza di calcari a Lepido- « ceyclina con le tipiche marne schistose e calcaree nummulitifere dell’Eocene superiore » (1). DI » (1) Un altro oppositore sistematico dell’eocenità delle Lepidocicline è l’Oppe- nheim, nonostante le recenti affermazioni dello stesso prof. H. Douvillé. Or poichè la questione delle Lepidocicline in Sicilia, ove è nata, è connessa con la deter- minazione cronologica della complessa formazione delle argille scagliose, così que- st’autore crede di poter molto facilmente, senza conoscere il terreno, infirmare i risultati delle osservazioni da noi compiute su quella serie. Prova ne sia il se- guente fatto, al quale mi limito solo per amor di brevità, dopo tutto quello che ho scritto in questo ed in altri miei lavori. Or non è molto io ho pubblicato una lista di circa una cinquantina di specie, in predominanza Foraminiferi, per dimostrare l'appartenenza all'’Focene medio di parte della potente serie argillosa dei dintorni di Isnello (v. A proposito di una recente Nota del dott. P. Oppenheim, ecc., in Riv. di Paleont., XXI, 1915). A proposito dei foraminiferi da me citati, l'’Oppenheim, in una recensione di questa mia Nota (v. Neues Jahib. fir Min., Geol. und Pal., 1915), scrive così: |<... Fra questi, Orbditoides media d'Arch., e O. socialis Leym., come Omphalo- G. CHECCHIA-RISPOLI «ta Da tutto quanto abbiamo ora detto si desume che le nostre affer- mazioni suila eocenicità delle Lepidocyclina sono fondate sopra una serie di fatti osservati in Sicilia, in Capitanata ed altrove ed ognuno di questi fatti è stato da noi illustrato con una Monografia speciale e non con semplici asserzioni. Aggiungo che tali fatti vado giornal- mente constatando anche in altri punti della formazione eocenica dell'Appennino in rocce raccolte da me personalmente da altri geologi. TI ATRIA MR a) de cyelus macropora Lmk., sono forme che mai sono state trovate nell’Eocene. Assilina prazspira H. Douvillé corrisponde al più profondo Eocene ; Numm. ata- ‘cicus Leym.; Numm. Partschi de la H. e Numm. laevigatus Brug. appartengono all’Eocene medio; Pellatispira Madaraszi v. Hantk. è la forma guida del Pria- boniano! ». Per l’Oppenheim questi fossili sono rimaneggiati, perchè per lui proven- gono da vari livelli, e quindi la conclusione che ne trae è che la questione dell'età x delle argille scagliose, anche per la Sicilia, è ancora lungi dall'avere avuta una soluzione definitiva! Vediamo intanto se corrisponde al vero quanto dice l'Oppenheim sulla distri- buzione geologica di questi foraminiferi. Scrive egli che Assilina praespira è nina specie del più profondo Eocene: questo non è esatto, perchè questa specie è diffusissima nell’Eocene medio (v. Doncieux, Montagne Noire et Minervois, Ann. Univ. d. Lyon, 1905; Boussac, Étud. paléont. sur le Numm. alp., 1911, ecc.). Che se poi Ass. praespira è sinonimo di Ass. eanalifera (come credono Prever e Dainelli) i ritrovamenti nell'’Eocene medio si moltiplicano ! Non è esatto che Pellatispira Madardszi sia la forma guida del Priaboniano. | A togliere valore a tale asserzione dell’Oppenheim basti solo ricordare che questo foraminifero è stato da tempo rinvenuto dal Tellini nellMgéocene medio (Luteziano) del Promontorio garganico (v. Tellini, Le Numm. da. Majella, a. Isote Tremiti e del Prom, garganico, 1890). Detta forma poi è stata frequentemente raccolta da altri e da me nell’Eocene medio dei dintorni di Termini-Imerese (v. IZ Val lone Tre Pietre, 1909), di quello di Bagheria (v. La Serie numm. dei dintorni di Bagheria, ecc., 1912). In Sicilia questo fossile si presenta in tutti i livelli dell'’Eocene medio e su- periore, esclusa finora solamente la parte più bassa del Luteziano! Nemmeno è esatto che Orbditoides media, Lepydoeyclina sveia!is el Ompha- ln:yclus macropora noxn siano stati mai rinvenuti nell’Encene. Dal Prever e da nol invece questa pretese forme cretacee sono state trovate frequentemente. nel- ref A net ot : 2 È 27 IA CO 7 PIT L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 189 Ho di già accennato ai risultati dello studio di rocce sicuramente ‘ eòceniche dell'Umbria a me affidate dall’Irgegnere-copo sig. B. Lotti, in cui ho constatato la presenza di Lepidocyclina ed altri fossili eo- cenici (1). Gli stessi fatti vado verificando in rocce coceniche raccolte dal sig: ing. S. Franchi nell’Inpinia e dal sig. M. Cassetti nella Lucania ed infire in quelle recentemerte da me raccolte nel sicuro Eocene dei l'Eocene inferiore e medio italiano ed il Prever, al pari di noi, esclude in modo reciso che si tratti di forme rimaneggiate (vedi ante). ’ Ma Vha di più. Io ho citato tra quei fossili eocenici anche la /sastraea M- chelottina, e pure l’Oppenheim dice che io ho disconosciuto il valore di questo altro fossile preteso oligocenico. Però esso non ha un valore caratteristico. Infatti il Kranz scrive proprio così: « Sie ist also in Unter-und Mitteloligoctin des Vincentin nachgewiesen, kommt wohl.auch in Eocùn vor »! (v. Das Tertiàr zwischen Castelgomberto, Montecchio Maggiore, ecc., 1914). i Ma sia di questo corallo, come di tutti gli altri da me citati dei dintorni di Isnello, nulla ho da togliere od aggiungere a quanto ho già detto (v. Su? terreni terziari inferiori del versante settentrionale delle Madonie, 1916). Così ho scritto pure in tutti i miei lavori che l’Heliastraea Guettardi è stata da me raccolta nella formazione oligocenica. Sta però il fatto che questo corallo è stato precedentemente riconosciuto da me in una collezione di fossili provenienti da . località sicurissimamente eocenica di Isnello, non essendo però riuscito a consta- tare personalmente detto fatto così non ho creduto di dover tener conto alcuno di questo fossile tra quelli eocenici del versante settentrionale delle Madonie. Concludendo, niente dunque d’insolito in tutta quella fauna da me riferita all'Eocene medio: essa è invece omogenea perchè tutte le .specie studiate vissero nell'Eocene medio. Lascio agli altri giudicare se è possibile trarre conclusioni esatte da dati non esatti! Però debbo ripetere ancora una volta che il torto sta solamente nel volere ritenere da parte di taluni che le nostre conoscenze sulla distribuzione geologica di alcuni organismi siano definitive e debbono riguardarsi come immutabili e cristallizzate. Questi autori, pur d'aver ragione ad ogni costo, sono allora costretti a ricorrere alla supposizione del rimaneggiamento, la quale può condurre ad una stratigrafia erronea non solo, ma può rendere impossibile il progresso delle nostre conoscenze sulla successione degli organismi negli strati terrestri, tentando di togliere valore ai fatti nuovi, che si mettono giornalmente - in chiaro! (1) v. Resoconto della prima adunanza ordinaria del 5 marzo 1916 in Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XXXV, fasc. 1, 30 aprile 1916. e » iii DSi ih “ei e i ani ia 190 G. CHECCHIA-RISPOLI dintorni di Castelluccio Valmaggiore in Capitanataà, e che saranno pure illustrati in una Memoria a parte già in corso di preparazione. Per tutte queste nuove constatazioni giova sempre ripetere che tutti i fossili oltre ad essere abbondanti, sono ottimamente conservati, e non possono quindi trovarsi in quei numerosi giacimenti per causa di un rimaneggiamento. 3° — Sul genere Orthophragmina Munier-Chalmas. Or non è molto il prof. H. Douvillé, nel segnalare la presenza. di Orthophragmina in una formazione oligocenica dell’Isola della Tri- nità, scrive che queste Orbitoidi nel vecchio continente si estinsero -dapertutto negli ultimi strati dell’Eocene (1). Ora sono costretto a rilevare che questo non è esatto, perchè da oltre dieci anni noi ed altri abbiamo ripetutamente sostenuto che le Orthophragmina in Italia si trovano comunemente anche nell’ Oligocene inferiore abbondanti per numero di specie e di individui e che inoltre le forme oligoce- niche sono le stesse dell’Eocene (2). Recentemente il dott. R. Fabiani, in un suo importante studio, segnala il rinvenimento in vari punti della formazione oligocenica del Veneto di Orthophragmina priabonensis Giimb., Orth. nummutlitica Gimb., Orth. Pratti Michl., Orth. ephippium Scehlth., Orth. radians d’Arch., Orth. strophiolata, Giimb., Orth. varians Kaufm., Orth. sca. laris Schlumb. Orth. Marthae Schlumb., Orth. multiplicata Gimb., vale a dire una ricchissima fauna di ortofragmine paragonabile con quelle più tipiche dell’Eocene e aggiunge il Fabiani : « . . . . Alcune « delle specie d’Orthophragmina (es. 0. ephippium, O. Pratti, 0. va- « rians) passano attraverso a tutti i livelli dell’Eocene inferiore al » fi Pi ia © e ini —_ —___——_. (1) DouviLLé H. —- Les Orbitoides de Vile de la Trinité (Compt. rend. de s. d. l’Acad. d. Sc., tom. 161, n. 25), 1915. (2) Vedi tra gli altri: PREVER, Osservazioni sulla famiglia delle Orbitoidi- nae, 1904; FABIANI, Paleontologia dei Colli Berici, 1908; CHECCHIA-RISPOLI. Sull’esistenza dell'Oligocene nella regione del M. Iudica, ecc., 1910 ; Ip., Sull'Oli- gocene dei dintorni di Campofiorito ecc., 1912. e pe «i a %. \ È MIOMESTA ", “

5 PEIEPE RR, O |> | a | Luteziano ar ae zl | i o ) i E, Spilecciano . c E O | Daniano [2° S È | Li "A e AI LIA Si E È Senoniano & | l] d LP É e. | 1800. 1883. 1905. 1909. 1909. 1910. 1911. _ 1913. 1915. ec 1916. sv vert. N » " ai PERCIO Va eo JI A L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 197 PARTE SECONDA DESCRIZIONE DELLA FAUNA EOCENICA DI ROSETO VALFORTORE. Gen. Alveolina d’Orbigny Alveolina milium Bosc. (Tav. V, Fig. 1). Alveolite grain de millet Bosc, Nouveau bulletin des Sciences de la So- ciété philomatique, Tav. V, Fig. 4 a-c. i Alveolina ellipsoidalis Schwager, Die Foraminiferenfauna aus den Eo- conablagerungen der libyschen .Wiiste und Aegypten (Palaeontographica, vol. XXX, p. I), pag. 96, Tav. XXV, Fig. 1 a-i e Fig. 2 a-c. Alveolina ellipsoidalis Schwg. — Checchia-Rispoli, Sopra alcune Alveoline eoceniche della Sicilia (Palaeont. Ital., vol. XI), pag. 155, Tav. XII, Fig. 1. Alveolina ellipsoidalis Schwg. — Checchia-Rispoli, Nuova contribuzione alla conoscenza delle Alveoline eoceniche della Sicilia (Palaeont. Ital., vol. XV), pag. 60, Tav. III, Fig. I. Alveolina sphaerica Fort., var. granum milium Bosc (pars) — Osimo, Studio critico sul genere Alveolina d’Orb. (Palaeont. Ital., vol. XV), pag. 83, Tav. IV, Fig. 721. Alveolina milium Bose. — Dollfus, Revue critique de Paléozoologie, pag. 147. Alveolina milium Bosc. — Checchia-Rispoli, La Serie nummulitica dei din- torni di Bagheria ecc. (Giornale Sc. Nat. ed Econ, di Palermo, vol. XXVIII), pag. 122. | Alveolina milium Bosc. — Checchia-Rispoli, / foraminiferi dell Eocene dei dintorni di S. Marco la Catola ecc. (Palaeont. Ital, vol.. XIX), pag. 107, Tàv. V, Fig. 2-3. Alveolina ellipsoidalis Schwg. (pars). — Dainelli, L' Eocene Friulano, gine 165, Tav. XVI, Fig. 6, 11 e Tav. XVII, Fig. 4, 6, 7. Alveolina milium Bose. — Checchia-Rispoli, Sui terreni terziari inferiori del versante settentrionale delle Madonie (Mem. p. serv. a. descr. d. Carta geol. d’Italia, vol. VI, p. II), pag. 35, Tav. II, Fig. 2. i a sa ar È È è Po fe VESSLO di r Ù 4 * Lai ‘x + Regi SPC el A Lab oi det: PI > dia PE AI DURATA i SLI a La 198. G. CHECCHIA-RISPOLI Le Alveoline sono discretamente abbondanti nel materiale esa- minato dei dintorni di Roseto Valfortore; si pùò dire che non vi sia sezione sottile di roccia ove non le abbiamo osservate. La più comune fra tutte è l’Alveolina milium Bosc. (= Alo. el- lipsoidalis Schwager). Di questa specie ci siamo più volte occupati in vari lavori ed oggi una nuova descrizione ci pare del tutto superflua. Ci limitiamo qui a porre in rilievo la grande costanza dei caratteri esterni ed in- terni coni quali questa caratteristica alveolina si presenta nei nume- rosi giacimenti dell’Eocene medio del bacino mediterraneo. Anche il dott. Dainelli ha recentemente studiato questa alveolina (Al. ellipsoidalis Schwg.) dell’Eocene del Friuli. Per questa forma, così comune nell’Eocene medio, noi preferiamo adottare il nome del Bose, avendola quest’autore figurata in modo perfettamente riconoscibile molto tempo prima dello Schwager. Il Dainelli riferisce a questa specie vari altri esemplari di Al- veoline che noi crediamo di dover separare dall’ Alv. milium: di questi, alcuni (v. Tav. XVIII, Fig. 6) rappresentano bene la varietà allun- gata, che noi siamo abituati a distinguere col nome di lepidula ; altri (v. Tav. XVIII, Fig. 7, 8) ci sembra che appartengono piuttosto all’Alv. oblonga Fortis. Alveolina milium Bose var. lepidula Schwager. (Tav. VIII, Fig. 1-2 e Tav. X, Fig. 2). 1883. A/veolina lepiaula Schwg. var. typus A. ellipsoidalis Schwager, Die Fora- _ miniferenfauna aus da. Eoctinabl. d. lib. Wiiste u. Aegyptens (Palaeonto- graphica, vol. XXX, p. I), pag. 98, Tav. XXV, Fig. 3 a-g. 1905. Alveolina ellipsoidalis var. lepidula Schwg. — Cheechia-Rispoli, Sopra alcune Alreoline eoc. Ad. Sicilia (Palaeont. Ital., vol. XI), pag. i56, Tav. XII, Fig. 2. 1909. Alweolina sphaerica (Fort.) var. Haueri (d’Orb.) — Osimo, Studio critico sul gen. Alveolina d'Orb. (Pal.Ital., vol. XV), pag. 84, Tav. IV, Fig. 23-32. 1913. Alreolina milium Bosc. var. lepidula Schwg. — Checchia-Rispoli, / Fora- miniferi dell Eocened. dint. di S. Marco la Catola ecc. (Pal. Ital., vol, XIX), pag. 107, Tav. V, Fig. 4-5. Jgt bal" 7 pa ama ene i ‘ ” Peo RR | La, È 2 "a n diga È ’ o i b. ERE L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 199 i 1915. Alveolina ellipsoidalis Schwg. (pars). — Dainelli, L’Eocene Friulano, s Tav. XVII, Fig. 4, 6, 7 e Tav. XVIII, Fig. 6. _1916. A/lveolina milium Bose. var. lepidula Schwg. — Checchia-Rispoli, Sui ter- e. reni terz. inf. det vers. sett. dA. Madonie (Mem. p. s. alla descr. d. Carta È geol. d'Italia, vol. VI, p..Il), pag: 36, Tav. II, Fig. 5. Gli esemplari di questa alveolina. sono più abbondanti di quelli della specie tipo, da cui si distinguono, come più volte abbiamo scritto, per avere l’asse maggiore più lungo rispetto a quello minore, , ‘originandosi così forme più acute verso i poli e per un più notevole ispessimento della lamina spirale verso le estremità del grande asse. In altri termini gli esemplari della varietà /epidula hanno la forma fusoide molto accorciata, mentre quelli della specie hanno una forma ellissoidale. i | LAW. lepidula accompagna quasi sempre lAlv. milium in tutti i giacimenti dell’Eocene medio del bacino circummediterraneo. Alveolina oblonga Fortis. 1802. Discolithes sphaeroideus Fortis, Memoires pour servir à l’histoire natu- relle et principalement l’oryctographie de l’Italie ecc., vol. II, pag. 113, | Tav. 3, Fig. 8 c-d. i 1826. Alveolina oblonga d' Orbigny, Ann. des Sc. Nat., vol. XII, pag. 306, n.*4. 1850. Alveolina oblonga d’Orbigny, Prodrome, ecc., pag. 336, n. 691. 1868. Alveolina oblonga d'Orbigny. — Giimbel, Beitriige zur Foraminiferen- . fauna der nordalpinen Eoctingebilde, pag. 27, Tav. I, Fig. 6. 1883. Alveolina cfr. oblonga d'Orb. — Schwager, Die Foraminiferenf. aus den EFocaenablagerungen der libyschen Wiiste und Aegyptens (Palaeont. vol. XXX), pag. 99, Tav. XXV, Fig. 5 a-f. 1904. Alveolina oblonga d'Orb. — Fornasini, IMlustrazione di specie orbignyane di Foraminiferi istituite nel 1826, pag. 15, Tav. IV, Fig. 13; 1905. Alveolina cfr. oblonga d'Orb. — Checchia-Rispoli, Sopra alcune Alveoline e... eoceniche della Sicilia (Palaeont. Ital.,*vol. XI), pag. 158, Tav. XII, Fig.6 e 7. I 1905. Alveolina Canavarti SARA Ibidem, pag. 139, TR: XII, Fig. 19-25, L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 219 Nummulites sp. div. ind. (Tav. VIII, Fig. 13, 14, Tav. IX, Fig. 10, Tav. X, Fig. 1, 10). Nel giacimento eocenico di Roseto Valfortore, oltre alle num- muliti sicuramente specificabili, se ne trovano altre che noi abbiamo provvisoriamente lasciate indeterminate, sia perchè rappresentate da esemplari singoli, sia. perchè non abbiamo potuto ottenerle che allo stato di frammenti. Ciò non ostante anzichè metterle completamente da parte, abbiamo creduto di figurarle allo scopo di mettere in rilievo la grande abbondanza specifica delle Nummuliti nella fauna eoce- nica studiata, per quanto avessimo ristretto le nostre ricerche ad una parte solamente della lastra calcarea proveniente dalie argille ‘scagliose di quella formazione. Si tratta per lo più di nummuliti di piccole dimensioni, che raggiungono al massimo i 4 mm. di diametro, di forma lenticolare, semplicemente striate. I caratteri delle spire e dei setti risultano poi dalle sezioni equatoriali, che abbiamo dato di ognuna di esse. î CS Il. — Nummuliti con pilastri. 1. — NUMMULITI CON PILASTRI ED A STRIE RADIALI. Nummulites Parischi de la Harpe. (Lav. TIME Fig. 1; Fave VIII Fis. 5, 6, 7, 12 e Tav. 1X,. Fig. 3). u 1880. Nummulites Partschi de la Harpe, Note sur les Nummulites Partschi et i Oosteri de la H. du calcaire du Mi'chelsberg, prés Stockerau (Autriche) ct du Gurnigelsanastein de Suisse (Bull. d. 1. Soc. vaud. d. gc.-Nat, 2° Ss, ri XVII vol., n. 84), pag. 37-38, Tav. III, Fig. 1-17 (B). i 1880. Nummaulites Oosteri de la Harpe, Ibidem, pag. 38-39, Tav. XVII, Fig. 1-6(A). ue 1908. Nummulina gallensis Heim A., Die Nummuliten-un4 Flyschibildungen der Schweizeralpen ecc. (Abl. d. schw. paltiont. Gesell., vol. XXXV), pag. 233-239, Tav. III, Fig. 12-23, Tav. IV e Tav. V, (A) e (B). 220 G. CHECCHIA-RISPOLI 1908. Nummulina Partschi De la H. — Heim A., Ibidem, pag. 239 (B). _ 1908. Nummulina Oosteri De la H. — Heim A., /bidem, pag. 239 (A). 1911. Nummulites Partschi De la H. — Boussac, Etudes paléont. s. I Num- mulitique alpin, pag. 33-56, (A) e (B). 1913. Nummulites Partschi De la H. — Checchia-Rispoli, / Foraminiferi del- V’Eocene dei dint. di S. Marco ecc. (Pal. Ital., vol. XIX), pag. 115, Tav. V, Fig. 22-39 (A). 1915. Nummulites Partschi De la H. — Dainelli, L'’Eocene Friulano, pag. 179, Tav. XXII, Fig. 21-26 (A) e (B). 1916. Nummulites Partschi De la H.— Checchia-Rispoli, Sui terr. terz. inf. d. versante sett. delle Madonie (Mem. p. s. a. deser. d. Carta geol. d'Italia, vol. VI, p. II), pag. 44 Tav. II, Fig. 10 e Tav. III, Fig. 3 (A). Nummulites Partschi de la Harpe è il fossile più abbondante della formazione nummulitica dei dintorni di Roseto Valfortore in Capitanata: di essa però non si rinvengono che esemplari della forma (A) (— N. Oosteri de la Harpe). Lo stesso fatto si verifica nel giacimento di Serra Castiglione presso San Marco la Catola ed in quello di Serra Guardiola presso Isnello in Sicilia. Questo caso si verifica anche per varie altre specie di nummuliti dello stesso gia- cimento, cioè per N. millecaput Boubée, N. Beaumonti d’Arch., ecc. Noi abbiamo già tentato di spiegar il fatto con l’amme ttere che questi foraminiferi, dopo l’apogeo del loro sviluppo e prima di ‘estin- guersi, si siano riprodotti unicamente, lungo un certo periodo di tempo, per mezzo di generazioni a macrosfera, senza passare più per quelle a microsfere. Se così fosse, questa circostanza servirebbe a dare un ca- rattere di maggior gioventù ad un sedimento rispetto ad altri, le di cui faune sono composte di forme microsferiche e macrosferiche. Le generazioni macrosferiche di N. Purtschi da noi studiate in questo lavoro hanno un plasmostraco lenticolare, regolare, gonfio. Il massimo diametro è di mm. 6 e lo spessore di mm. 2,7. Il De la Harpe assegna alle forme (A) un diametro di mm. 5 ed uno spes- sore di mm. 2. L’Heim, che ebbe fra le mani un più abbondante materiale, riscontrò un diametro ma:simo di mm. 6,7 ed uno spes- sore di mm. 2,7. Fsemplari di dimensioni maggiori sono una rarità, L'’EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE FÀ come quello da noi rinvenuto a Serra Castiglione, che misura mm. 8 per mm. 4. » Come è noto le forme microsferiche non sorpassano di molto per dimensione le altre, raggiungendo un diametro di mm. 13 ed uno spessore di mm. 4. Il margine è subacuto o leggermente arrotondato. Le due facce del plasmostraco sono ricoperte di strie radiali piuttosto rade, sottili, arcuate od anche flessuose negli esemplari più adulti; in nessuno degli esemplari da noi raccolti arrivano ad es- sere meandriformi. Le granulazioni sono raggruppate irregolarmente, specie nella regione centrale del plasmostraco; di regola sono situate sulle strie, ma si trovano pure a lato delle strie, o tra l’una e l’altra indipen- denti da queste. Negli esemplari adulti esse mancano del tutto verso la periferia del plasmostraco. Può darsi ancora il caso che le granula- zioni siano disposte a spirale, il che si osserva meglio levigando tan- genzialmente la superficie del plasmostraco. La spira è molto regolare ed il passo cresce lentamente nei primi tre o quattro giri e poi si mantiene costante sino all’ultimo. La lamina spirale è piuttosto spessa ed uguale a circa ?/, del canale | spirale. Su d’un raggio di mm. 2,5 si contano 6 a 7 giri di spira. I setti non hanno dei caratteri accentuati; essi sono leggermente incurvati e non molto inclinati, un po’ ispessiti alla base ed assot- tigliati alle estremità. In !, del 2° giro si contano 5 setti, 6 in !/, del 3°, 7 in !/4 del 4°, 8 in //, del 5°, ed 8-9 in !/j del 6°. Egual ‘+ numero ne mostrano alcuni esemplari dello Heim, come quello a Tav. V, fig. 20 del su citato lavoro. La camera embrionale è di medie dimensioni e circolare. Le suc- cessive sono così alte che larghe, meno però quelle degli ultimi due giri che sono più larghe che alte; così avviene pure negli esemplari descritti da Heim.o E° stato il Boussac che ha dimostrato per il primo l’identità di Nummulina gallensis Heim con Nummulites Partschi de la H., e tale riunione è giustificata interamente dalla perfetta corrispondenza dei 3 05 G. CHECCHIA-RISPOLI caratteri dati da De la Harpe con quelli indicati da Heim per la sua N. gallensis, circa 30 anni dopo. Noi dividiamo il parere del Boussac, come pure lo divide il dott. Dainelli, che riferisce a N. Partschi numerosi esemplari dell’ Eocene di Buttrio nel Friuli. Per altro il Prever non ammette tale identificazione e ripartisce gli esemplari riferiti da Hein a N. gallensis îra 8 specie di Nummuliti (1). Così questo autore riferisce a N. Meneghinii d’Archiac, che invece il Boussac mette in sinonimia di N. perforatus Denys de Monfort sp. alcuni esem- plari della forma (A) di N. gallensis (v. Heim, Loc cît., Tav. V,. Fig. 32-34) rappresentati dall’ Heim solamente nelle loro sezioni trasversali e quindi non sicuramente specificabili; poi riferisce alla N. Paronai alcuni esemplari della forma (B) (v. Heim, loc. cit., . Tav. III, Fig. 12-14 °, 23), basandosi anche questa volta su di una sezione trasversale, che potrebbe appartenere anche a qualche altra forma del gruppo e su alcuni esemplari figurati a grandezza natu- rale e che a giudicare dalle fotografie, al certo insufficienti, si po- trebbero riferire a varie altre Nummuliti conosciute. Altri esemplari della forma (A) v. Heim, loc. cò., Tav, III, Fig. 15-20 ? e Tav. V, Fig. 15-22, 24, 25, 27-29, 31-35) sono ripor- tati alla N. sub-Paronai; vari altri, pure della forma (A) (v. Heim, loc. cit., Tav. V, Fig. 23-30) e rappresentati da sezioni mal riuscite, alla N. parva. Poi il Prever divide in due parti gli esemplari 1-11 della Tav. V dello stesso lavoro di Heim e riferisce quelli, da 1-6, alla sua N. lucana e quelli da 7-11 a N. sub-Montisfracti. | Infine lo stesso autore riferisce a N. tuberculata, che il Boussac mette in sinonimia di N. laevigatus Brug. sp., gli fesemplari rappre- sentati alla Tav. IV, fig. 1-8 dello Heim, e che il Prever separa da quelli a Tav. V, Fig, 39-40, per riferirli invece a N. Lamarcki, che ìl Boussac mette anche in sinonimia di N. laevigatus. | Il Prever ci sembra che non giustifichi tale smembramento, nè abbiamo ragione di credere che egli vi sia stato spinto per il diverso (1) PREvER P. L. — La Fauna a Nummutiti ed a Orbitoidi dei terreni terziari inferiori dell’altà valle dell'Aniene. ad ” L’EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE modo di ornamentazione che a prima vista sembrano presentare gli esemplari di N. gallensis; ma a questo proposito giova ricordare ciò che lo Heim scrisse riguardo alla specie in esame, di cui potè esaminare un grandissimo numero di esemplari: «.... Bei einer Sortierung einer CS grossen Anzahl freier Exemplare lassen sich granulierte und glatte . Formen unterscheiden. Doch handelt sich hier nicht um Varietàten, CS sondern bloss um ein wechsendens Verschuinden oder Berstehen der Pfeiler bis zur Oberflàche auf dem Querschnitt (Taf. V, Fig. 26 bis (31, 37) oder Kappensenliff (Taf. V, Fig. 13 bis, 19) erkennt man sogleich, dass sàmtliche Exemplare, ob ausserlich glatt oder nicht, si A > > gepfeilert sind. Nicht granulierte Oberflàche zeigt auf Taf V, die > Fig. 1, sechnach granulierte Fig. 2 bis, 6, stark granulierte Fig. 7, 8, 10, 12. Auf der verwitterten oder geschaàlten Oberflache bilden die Pfeiler im Streiflicht deutliche Hòckerchen (Taf. V, Fig. 11). Nicht selten nehmen auf der Oberflache die Pfeiler au Dicker asch gegen die A &% T_i > Mitte zu) so dass ein kraftiges zentralbundel entsteht (af. V, Fig. 7, E) 8, 10, 12)...», ed altrove a proposito della disposizione dei granuli 4 sulla superficie dice : « ... Die Gebundenheit der Pfeiler an die Leisten « kommt namentlich deutlich, dass die meist rundlichen Pfeiler re- « gelmàssig in der Spirale augeordnet sind, ecc. ... ». Da quanto abbiamo riportato risulta che gli esemplari descritti ‘e figurati da Heim appartengono ad una sola specie, sia per i carat- teri esterni, che per quelli interni. Le leggere modificazioni della or- .«namentazione delle facce sono più che altro apparenti; esse sono do- vute alla conservazione degli esemplari od alle differenti fasi di svi- luppo di essi. sn da, L) pa a sedia ci 4 SLOT ù ea Xi a N. N ì mo 4 PANI "di , ie ia tà RAT PIT i : À ALL iS 223 o Di at Tea > ET Sa TI LE « Li » 2,0 Giri in numero di 4 su diun raggio di » 1,9 Setti in numéro di .- bt ini; es ii a » » ni pt I FAL RI ATA No Me" ) » 7 » 3% ) ) 9 ) 4° Abbiamo raccolto solo pochi esemplari di questa nummulite, tutti però in ottimo stato di conservazione ed appartenenti alla forma megalosferica (A). i Il plasmostraco è di piccole dimensioni, molto gonfio, con le facce talora subconiche e dal margine tagliente. Le due superfici portano dei tubercoli grandi, ben rilevati, di forma subcircolare, che sembrano disposti secondo una spirale. Que- sti vanno diminuendo di dimensioni dal centro verso la periferia e scompariscono del tutto verso la regione marginale del plasmostraco, ove invece appaiono distintamente le strie, piuttosto rade, sottili, alquanto ondulate. I tubercoli, si possono trovare tra le strie, ma talora sì sovrappongono a queste per le loro grandi dimensioni. La spira è subregolare, dal passo poco ampio, costante in tre giri, meno nel quarto, che è l’ultimo, dove è decrescente sino alla apertura finale. La lamina spirale è poco spessa e lo spessore è irregolare lungo il percorso. Setti subequidistanti, un pò irregolari nella forma, discretamente numerosi, sottili; nei primi due giri, ove sono più regolari, sono poco inclinati, ma incurvati; nei due ultimi, ove sono più irregolari, sono ET MT L'’EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 225 generalmente diritti nella metà inferiore e più 0 meno incurvati nella ‘superiore; nell’ultimo sono inequidistanti. Camera centrale circolare e di medie dimensioni. Camerette seriali subequali, più alte che larghe; nel giro periferico sono disuguali e l’altezza può essere uguale alla larghezza. Gli esem- plari della Nummulite che abbiamo ora esaminati sono molto vi- cini a quelli di Numm. bayhariensis Ch.-Risp., specialmente per le dimensioni, per la forma e per i caratteri della superficie. Un mi- ‘nuto paragone tra i primi ed i secondi però ha rivelato alcune dif- ferenze di un qualche rilievo, che ci ha reso dubbiosi circa il sicuro riferimento degli esemplari di Roseto Valfortore a N. bayharienstis (1). Le più importanti consistono nelle minori dimensioni delle gra- nulazioni del plasmostraco ed in alcuni caratteri della lamina e dei setti. In N. bayhariensis la lamina è molto più spessa ed 1l passo più ampio; i setti più irregolari e più inequidistanti e la concamera- zione centrale è inoltre più grande ed irregolare di forma. Potreb- bero perciò gli esemplari di Roseto rappresentare una mutazione nel- l’Auversiano di N. bayhariensis del Luteziano inferiore, oppure una ‘specie nuova. Ma i caratteri differenziali sono di così poca impor- tanza, che noi propendiamo piuttosto per la prima idea e perciò ab- biamo avvicinato le nummuliti in esame a quelle dell’ Eocene sici- liano in attesa di altre osservazioni, che noi per ora non siamo in grado di poter fare. Ci è parso anche che gli esemplari dell’Eocene di Capitanata po- tessero riferirsi a N. gassinensis Prever (2). Ma i pochi cenni de- scrittivi che l’autore dà di questa specie e la sua insufficiente figura non ci hanno autorizzati a fare questo riferimento, tanto più che la (1) v. CHECCHIA-RISPOLI. — La Serie nummutlitica dei dintorni di Ba- ‘gheria ecc., pag. 131-132, Tav. IV, Fig. 9-11. (2) PREVER P. L. — Considerazioni sullo studio delle Nummuliti (B. S. ‘G. I, vol. XXII), 1904. do vg te Tie gtist L MUSO Ta y po n° x FP vi H A Fd 4 . I x 9 4 % è iL . 3 i SIE » As 226 i G. CHECCHIA-RISPOL] Tao PIPE SANE E I forma (B) della N. gassinensis, che, secondo il Prever (1), sarebbe rap- presentata da Num. Fabiani Ravagli dell’Oligocene del Vicentino (2pro mostra una spira e dei setti del tutto differenti da quelli della num- mulite in esame. 2. — NUMMULITI CON PILASTRI E A STRIE RETICOLATE, CON RETICOLO SEMPLICE. Nummulites sub-Capederi Prever. (Tav. VIII, Fig. 8 e 9). 1902. Bruguieria elegans Sow. — Prever, Le Nummuliti della Forca di Presta e dei dintorni di Potenza ecc. (Mem. Soc. Pal. de Suisse, vol. XXIX), pag. 23, Tav. I, Fig. 1-3, Tav. V, Fig. 26 (A). 1902. Bruguieria sub-Capederi Prever, Ibidem, pag. 25, Tav. I, Fig. 5-7, Tav. VI, Fig. 5 (A). i 1909. Nummutlites sub-Capederi Prever. — Checchia-Rispoli, La Serie Num- mulitica dei dintorni di Termini-Imerese, P.II, La Regione Cacasacco (Giorn .Sc. Nat. ed Econ. di Palermo, vol. XXVII), pag. 190-191 (A). 1912. Nummutlites sub-Capederi Prever, La Fauna a Nummuliti ed a Orbi- toidi dei terr. terz. alta valle dell'Aniene (M. p. s. a. descr. Carta geol. d’Italia, vol. V, p. II), pag. 60 (A). Nummulite di piccole dimensioni, misurando il più grande degli esemplari esaminati mm.5 di diametro su di uno spessore di mm. 1,3. La sua forma è lenticolare, poco convessa, dal margine acuto. Le due faccie del plasmostraco sono ricoperte di sottilissime. strie, tortuose, ondulate, anastomizzantisi specialmente nella regione mediana, ove si producono delle maglie assai nette, circolari o sube- littiche; verso la periferia le strie sono meno tortuose e meno ondulate. (1) PREvVER — La Fauna a Numm. ed a Orbit. d. terr. terz.d. alta valle dell'Aniene, pag. 64. (2) RavagGLI M. — Nummutiti oligoceniche di Laverda nel Vicentino, pag. 507, Tav. I, Fig. 10, 1908. Ne een VET PIT. 4 DIA red EPA L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE i La spira è ampia ed il passo cresce in modo abbastanza rapido e regolare sino all’ultimo giro. | La lamina spirale è sottile ed ha un andamento regolare ed uno spessore molto uniforme. Su di un raggio di circa mm. 2,5 si con- tano cinque giri di spira. | I setti sono anch'essi sottili, regolarissimi, numerosi, equidistanti, quasi diritti nella metà inferiore, non molto incurvati nella superiore, e fanno con la lamina un angolo ottuso. In !/, del secondo giro si contano 6-7 setti, in un quarto del terzo 3, in un quarto del quarto 10 e pure 10 in un quarto del quinto. In un altro esemplare il nu- mero dei setti aumenta di uno per ogni quarto di giro. Camera iniziale grande, bipartita, a forma di un 8 molto re- golare. Le camere seriali sono eguali, regolari, subrettangolari, con una altezza eguale a circa tre volte la lunghezza nell’ultimo giro. Gli esemplari ora descritti corrispondono in tutto a quelli che il Prever chiamò Nummuflites sub-Capederi. Se si confronta infatti uno dei nostri esemplari figurati (v. Ta- vola VIII, Fig. 8) con quello figurato dal dott. Prever (v. Tav. I, Fig. 5), si può constatare che questi, oltre ad avere le stesse di- mensioni, hanno la stessa lamina, lo stesso numero di giri su di un medesimo raggio, lo stesso numero di setti in !/, di giro e la stessa inclinazione, i medesimi caratteri embrionali, ecc. Alla medesima specie riferiamo pure l’esemplare della Tav. VIII, Fig. 9, nonostante la lieve differenza nel numero dei setti. Del resto anche gli esemplari del Prever mostrano queste lievi differenze nel numero dei setti, avendo questo autore studiati esemplari che pos- sono presentare 9 setti in !/, dell’ultimo giro (v. Prever, Tav. I, Fig. 1), oppure 10 (v. Tav. I, Fig. 5), o 13 (v. Tav. I, Fig. 7). La Nummulites sub-Capederi è stata rinvenuta la prima volta nell’Eocene medio dei dintorni di Potenza, insieme con molte altre nummuliti, tra cui vari esemplari di un’ altra riferiti la prima volta a N. elegans Sow., ma che in seguito lo stesso autore - riferisce a N. sub-Capederi. | LI 228 G. CHECCHIA-RISPOLI In un recente lavoro il Prever esprime la possibilità che N . sub Capederi dell’Eocene medio possa rappresentare la omologa megalo- sferica di N. planulatus d’Orb. (1), che, come è noto, per la maggioranza degli autori è una specie caratteristica dell’ Eocene inferiore. La vera Nummulites elegans, secondo il Prever sarebbe la omologa di N. Orbi- gnyi Galeotti dell’Eocene superiore (Bartoniano), e quindi cadrebbe la credenza che N. elegans fosse una specie dell’Eocene inferiore (2). A queste conclusioni il Prever sarebbe portato da alcune osser- vazioni, compiute, or non è molto, dal. Lister sulla provenienza di N. elegans Sowerby e che per l’importanza dell’argomento di cui trat- tiamo giova qui riassumere brevemente. Il Lister scrive, in un suo importante studio sul dimorfismo di alcune specie di nummuliti (3), che durante questi ultimi tempi, nè presso Emsworth, località indicata dai Sowerby, nè altrove in In- ghilterra, è stato rinvenuto alcun esemplaàre di N. elegans e appare probabile, come il prof. Rupert Jones ha notato, che oltre alla con- fusione di due specie sotto uno stesso nome, il Sowerby avesse as- segnata una falsa località ad una di esse, riferendo ad Emsworth esemplari del Belgio o di altre località del continente europeo. Ag- giunge il Lister che egli ebbe fra le mani vari esemplari di N. elegans proveniente alcuni da Alum Bay ed altri da Huntingbridge. I primi appartengono al deposito che è ritenuto come la base dell’argilla di Barton e che concordemente passa agli inferiori strati di Bracklesham; ora questi esemplari, secondo il Lyster, sono apparently identical wich the specimens on the tablets . . . of the Sowerby collection now in the British Museum. (1) PREvER P. L. — Nummutiti ed orbitoidi dei dintorni di Derna (B. S. G. T., vol. XXXIII), 1914. (2) PrEveR P.L.— La Fauna a Numm. ed a Orbit. d. terr. ters. dell'alta valle dell'Aniene, pag. 61. (3) Lister JJ — On the Dimorphism of the Englihs of Nummutlites and the Size of the Megalosphere in Relation to that of te Microspherie and Megalospheric Tests in this Genus (Proc. of the Roy. Soc. s. B.. vol. 76), 1905. enne I e VEL Rae pt TT ai fa ma ra A f- > 01 Na aa L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 229 I secondi appartengono al Museo Sedgwich di Cambdrige e fu- rono presi dal sig. Keeping ad Huntingbridge, che è una località vi- cino a Fritham nella Nuova Foresta. Ora in una sua Nota sugli strati di Bracklesham il Fisher parla di quegli strati a pochi piedi più in basso della serie e dice che : « ...ilcarattere della matrice di Huntingbridge si approssima di più a qualcuno del deposito di Barton, che a qualsiasi degli strati di Bracklesham ». Ciò essendo stato scritto prima che il sig. Keeping avesse trovato lo strato con nummuliti in questione, sembrerebbe che la presenza di questo caretteristico fossile confermasse il sospetto, che sembra fosse stato nella mente del Fisher, che egli Îfosse pre- sente al limite inferiore della serie di Bracklesham. Quanto ha scritto il Lister è di certo molto importante, ma per altro sta il fatto che H. Douvillé, Boussac ed altri continuano a con- siderare in modo assoluto N. elegans come specie caratteristica del- l’Eocene inferiore; anzi il Boussac mette N. elegans illustrata dal So- werby in sinonomia di N. planulatus (escludendo solo il disegno 5 che Rupert Jones considera appartenente ad un’ altra specie, cioè a N. Prestwichiana) e nella descrizione fa cenno dei vari punti di rinveni- mento di N. planulatus-elegans nell’ Eocene inferiore della Francia, del Belgio, delle Fiandre e della stessa Inghilterra a Emsworth indi- cato dal Sowerby (1). Questa ultima provenienza è appunto quella che è stata messa in dubbio da Rupert Jones non solo, ma aggiunge il Lister che di recente nessun esemplare di N. elegans è stato ri- trovato nè a Emsworth, nè altrove in Inghilterra. Per altro il Boussac continua a considerare la località di Emsworth presso Chichester come ipresiana, nonostante questo rinvenimento sia stato messo in dubbio, come abbiamo or ora visto. Stavano così le cose, quando il Prever, ritornando sull’impor- tante argomento, aggiunge queste parole, che io riporto integral- N (1) Boussac J. — Etudes paléontologiques sur le. Nummulitique alpin, pag. 13-16. Mt 230 G. CHECCHIA-RISPOLI mente (1): « ... Così è pure molto rincrescevole, malgrado il bel la- voro di Lister, che si continui ad usare il nome di N. elegans Sow. per una specie che è presente nell’Eocene inferiore, deve chiamarsi diversamente e costituisce la forma A della N. planulata d’Orb. Si continua in tal guisa a perpetuare l'errore di Sowerby, malgrado si sappia o si debba sapere che la Par. elegans si rinviene a Barton e altrove in strati sicuramente bartoniani, ed ha per omologa la Par. Orbignyi Gal. c non la N. planulata d’Orb. che è una specie stata creata su degli esemplari provenienti dal Belgio e d’età suessoniana. _ E’ ormai superfluo ripetere che Sowerby confuse colla sua N. elegans proveniente da Emsworth la N. planulata d’Orb. proveniente, secondo l’opinione di Rupert Jones e di Lister, dal Belgio o da qualche altra località del continente. Nè ad Emsworth nè in altre località inglesi fu mai trovata la N. planulata d’Orb., che è una specie suessoniana, mentre la N. elegans Sow. fu trovata in parecchie località inglesi e in molte del continente, ma in orizzonti riferibili al Bartoniano, rarissimamente al Luteziano superiore. Indicare perciò l’omologa di N. planulata col nome di N. elegans costituisce un grave errore che può ingenerare una deplorevole confusione. Tale omologa che rassomiglia assai alla Brug. sub-Capederi Prev. aspetta ancora di ricevere un nome. Forse è identificabile con la Brug. sub-Capederi e allora tanto meglio, forse ne è diversa e alla peggio in attesa che venga studiata e battezzata la potremmo chiamare N. planulata A n. Î. ». Riassumendo in poche parole per il Prever la N. elegans, che il Sowerby dice proveniente da Emsworth, non ha niente da vedere con N. planulatus, che è una specie suessoniana: ed il Prever segue il Rupert Jones ed il Lister, che hanno scritto che essa proviene in- vece da località bartoniane della stessa Inghilterra e da altre località del continente. Per il Prever poi N. elegans avrebbe per compagna la N. Orbignyi, mentre N. planulatus avrebbe per compagna N. sub-Cape- deri dell’ Eocene medio di Spina di Potenza. (1) PrEveR — Nummuliti ed Orbitoidi dei dintorni di Derna. Ma at | a de E È 1% L EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE Per il Boussac invece la. N. elegans è considerata come la omologa di N. planulatus e tutte e due costituiscono una coppia caratteristica dell’Eocene inferiore. Mentre N. Orbignyi, per Boussac, è la corrispon- dente di N. prestwichiana R. Iones (N. elegans R. Jones, nec So- werby, == N. wemmelensis de la Harpe). La confusione è derivata, secondo il Boussac, dalla cattiva inter- pretazione delle figure del Sowerby e giova riportare le parole del- l’autore francese a questo proposito : « En 1826 Sowerby figure sa Nummularia elegans et en donne six dessins alignés au bas d’une planche sous la rubrique générale de « Fig. 2 ». Le premier (à gauche), ainsi que le sixième (a droite) représentent indubitablement ce qu’on a l’habitude d’appeler N. pla- nulatus typique, soit la grande forme plate microspherique (B); les deuxième, troisième et quatrième échantillons, plus petits, pour- raient représenter des individus mégasphériques (A), mais sans que cela soit certain; quant au cinquième dessin, il représenterait, d’après R. Jones, une N. Prestwichiana. Ainsi donc les premières figures de N. elegans et la majorité de celles-ci représentant des N. planulatus, les deux noms sont synonymes, avec cette légère difference que pla- nulatus type est. vraisemblablement une forme mégasphérique A, tandis qu’ elegans type est certainement une forme microsphérique B; c'est donc exactement le contraire de ce qu’on avait l’habitude de eroire, faute d’étre remontés aux types figurés. En tout cas, on n’a aucunement le droit de trasporter, come le proposait Rupert-Iones (v. On Nummulites elegans, Sowerby, and other English Nummulites, pag. 132-136, 1887), le nome de N. elegans à N. Prestwichiana, sous prétexte que le cinquième échantillon figuré est une N, Préstwichiana ; d’autaut plus qu’ il est évident que Sowerby avait en vue les formes yprésiennes en créant son espèce, puisque la seule localité qu’ il cite est Emsworth. On ne saurait du reste | s'etonner de double emploi planulatus-elegans, Lamarck n’ayant pas figuré son espèce et la médiocre fisure de Defrance n’ ayant paru qu’en 1822. Notons encore que le nom de subplanulatus proposé par PIP G. CHECCHIA-RISPOLI x M. H. Douvillé pour la forme à megasphère est inutile et que de plus il existe déjà N. subplanulatus von Hantken ». (1). E più oltre il Boussac a propesito di N. Orbignyi Galeotti dice: « En 1887, Rupert Jones s’etant apercu que l’une des six figures (la 5° et non la 1"°!) de N. elegans, données par Sowerby, était, en réalité, une N. Prestwichianus grossie, propose de reprendre pour cette espèce le nom d’élegans alors que c'est un simple synonyme «de N. planulatus è laquelle se rapportent les cinq autres figures données par Sowerby » (2). In poche parole le Fig. 1, 2, 3, 4 e 6 del Sowerby apparten- gono a N. planulatus, la 5 a N. Orbignyi. La N. elegans di R. Jones e di Lister debbono andare in sinonimia di N. Orbignyi—Prestwi- chianus. Resta bensì dubbia, secondo le osservazioni di Rupert-Jones e Lister, la provenienza degli esemplari di Sowerby, ma contro questo rinvenimento dubbio restano tutti gli altri, e non sono pochi, fatti in Francia, nel Belgio, nelle Fiandre, ecc. Da quanto si è detto devesi ritenere oramai che N. elegans sia nè più nè meno che la forma B di N. planulatus e che N. planulatus sia una specie caratteristica dell’ Eocene inferiore. Ritornando ora agli esemplari raccolti dal Prever nell’Eocene medio di Potenza e determinati come N. elegans, abbiamo già detto che essi debbonsi riferire a N. sub-Capederi, come lo stesso Prever ha per primo riconosciuto. Questa nummulite non potrebbe rappre- sentare l’omologa di N. planulatus dell’Eocene inferiore. A parte la differente distribuzione geologica di queste due nummuliti, N. pla- nulatus e N. sub-Capederi si distinguono per i caratteri della super- ficie del loro plasmostraco. N. planulatus è una specie sprovvista di pilastri e con strie solo meandriformi; tanto gli esemplari microsferici che i macrosferici hanno la superficie ricoperta di strie estremamente delicate, flessuose, falciformi, che diventano più irregolari e più (1) Boussac J. — Etud. paléont. s. l. Numm. alp., pag. 15 e seg. (2) Boussac J. — Loc. cit., pag. 51. RR ENI EPTO RESTI Pa DO ng " La Ars complicate a misura che il plasmostraco cresce (d’Archiac). Così de- serivono pure la superficie del plasmostraco di questa specie il De la Harpe ed il Boussac, il quale aggiunge pure che lungo il loro per— corso, in certi punti, le strie mostrano delle trabecule trasverse, già notate dal De la Harpe, e come si osservano in molte ‘altre specie. Queste trabecule sono semplicemente delle parti imperforate del guscio e non corrispondono per nulla ad una suddivisione delle camerette; perciò il Boussac mette questa specie tra le Nummuliti senza pi— lastri e a strie meandriformi, insieme con N. bolcensis Mun.-Ch., N. irregularis Defr., N. distans Desh., ecc. N. sub-Capederi presenta invece alla superficie delle reticolature abbastanza nette, per cui il Prever la mette accanto a N. Fabiani (1). Ora anche gli esemplari determinati dal Prever come N. elegans (2), sono reticolati come N. sub-Capederi e perciò non possono appar- tenere a N. elegans, che ha la superficie del plasmostraco coperta di strie meandriformi solamente. Resta a dire qualche cosa sulle dimensioni di queste due specie: la N. sub-Capederi ha un plasmostraco, che è regolare, il cui dia- metro può raggiungere 7 mm., mentre N, planulatus ha un pla- p «smostraco molto più piccolo, ondulato ed anche selliforme nei più grandi esemplari. Internamente le due specie differiscono di poco e sarebbe diffi cile poterle distinguere solamente dalle loro sezioni equatoriali: ed è stato così che, tratto in inganno, il: Boussac mise in sinonimia di N. planulatus la N. elegans Prever, la quale, come abbiamo detto, è una reticolata. E’ in via provvisoria che noi, seguendo la classificazione del Boussac, mettiamo queste specie tra il gruppo delle Nummuliti prov - viste di pilastri, a strie reticolate e a reticolo semplice. Il poco materiale avuto a nostra disposizione non ci ha permesso in verità (1) PREvER P. L. — Le Nummuliti della Forca di Presta, ecc., pag. 25. (2) PREVER P. L. — La Fauna a Numm. eda Orbit. d. terr. terz. d. alta valle dell'Aniene, ecc., pag. 60. i 10 è de. 5 ii Ri n TARA \ Pad ha Si e | Tan 234 G. CHECCHIA-RISPOLI 07" "VIAN TI APURINI di constatare la presenza o assenza di una lamina trasversa, che esiste invece in N. Fabiani, N. intermedius e la presenza o assenza di pilastri, i quali se esistono debbono essere molto rudimentali e quindi noi potremmo considerare N. sub-Capederi dell’Eocene medio come il ramo più antico distaccato del gruppo planulatus-bolcensis dell’Eocene inferiore. 3. — NUMMULITI CON PILASTRI E A STRIE RETICOLATE CON LAMINA TRASVERSA, Nummulites Fabianti Prever in Fabiani. 1873. Nummulites intermedia v. Hantken, Der Ofner Mergel (Mittheil, aus d. Iahrb. d. k. ung. geol. Aust., IT), pag. 233 (B). 1883. Nummulites intermedia d'Arch. — De la Harpe, Monogr. d. in Aegypten u. d. lib. Wiiste vork. Numm. (Palaeonthographica, XXX), pag. 210-11, Tav. XXXV, Fig. 15-22 (B). 1883. Nummulites Fichteli — De la Harpe, /dtdem, pag. 211-13, Tav. XXXV, Fig. 23-28 (A). : 1905. Nummulites Fabiani Prev. in Fabiani, Studio geo-paleontologico dei Colli Berici (Atti R. Istit. ven. d. Sc., Lett. ed Art., LXVI), pag. 1824 (B). 1906. Nummulites Fabiani Prever, Terr. numm. di Gassino e di Biarritz (Atti R. Accad. d. Sc. di Torino, XLI), pag. 195-196 (B). 1906. Nummulites Fabiani Prev.-— Boussac, Foraminifères de Priabona (Bull. Soc. Geol. de Fr., s. 4, t. VI), pag. 88-90, Tav. I e III, Fig. 6 (A) e (B). 1901. Nummulites Fabiani Prev. — Boussac, Nummulitique de Biarritz, pag. 40 e 72, Tav. X, Fig.1, 2, 28, Tav. XXII, Fig. 8, 11, 12, 13(A)e(B). 19!1. Nummulites Fabiani Prev. — Boussac, Etudes paléont. sur le Numm. alpin, pag. 79-84, Tav. I, Fig. 6, 13,e Tav. IV, Fig. 9, 10 (A) e (B). 1912. Bruguieria Fabiani Prever, La Fauna a Numm. ed a Orb. d. terr. terz. dell'alta valle dA. Aniene, pag. 62 (B). 1912. Bruguieria reticulata Tell. — Prever, /bidem, pag. 64 (A). E’ la specie più rara tra le Nummuliti dell’ Eocene di Roseto Valfortore, avendone raccolto un solo esemplare ottimamente con- servato e qualche frammentino. e OE suit nen frati a ARR e eo ma a F L’EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE î 235 L’esemplare completo misura poco più di 3 mm. di diametro e sea ito a appartiene alla generazione macrosferica. La forma del plasmostraco è lenticolare, rigonfio al centro e con il margine poco ottuso. La superficie del plasmostraco è ricoperta di grossolane reticolature. I giri interni della spira sono, come nel gen. Assilina, indicati all’esterno da una linea bianca spirale, che parte dal centro della conchiglia e descrive lo stesso numero di giri \ AA n SE % della nummulite: questa linea non è uniformemente spessa: ma essa è costituita da una serie di rigonfiamenti riuniti da parti più sottili. ag 1 x Detta linea è attraversata dalle strie, inegualmente spesse, grosso- A lanamente rettilinee, radiali, le quali portano qua e là delle dira- PA e CRI) mazioni, che vanno ad unirsi a quelle delle strie vicine o con il ne, I rilievo e danno per ciò origine ad un reticolo a grosse maglie carat- : sig teristico, il quale tanto sui nodi delle maglie che sul rilievo spirale porta delle granulazioni; queste, oltre a trovarsi sui punti di inter- n) , Pr - # 4 xt » secazione, si trovano da pertutto. In altri termini si ha qui quel Ja "gi è x che il Boussac chiamò stade à réseau mixte, costituito dai filetti e dalla lamina trasversa, con il qual nome il Boussac indica lV’insieme î dei pilastri e della lamina calcareà che li riunisce. ì Secondo tale autore il vero carattere distintivo tra Nummulates Fabiani e N. intermedius è la presenza di queste granulazioni, che mancano in N. intermedius. La lamina spirale è piuttosto sottile nell’esemplare studiato: ‘essa cresce insersibilmente di spessore fino al penultimo giro e de- A cresce in seguito. | sd x La spira è regolare, dal passo ampio e crescente sino all’avan- È tultimo giro. i La camera centrale è piuttosto piccola. Ù È I setti sono regolari o sub-regolari e la loro distanza aumenta dal È ‘centro verso la periferia. Essi sono mediocremente spessi, un po’ vol- ‘tati indietro alla base e limitano delle camerette un po’ più lunghe che larghe, salvo nella parte centrale, ove le camerette sono più alte. t N. Fabiani, come è noto, è una specie che comparisce di già nell’ Auversiano e rimonta in tutto il Priaboniano. dl n nei i rrafià Midi rn e rt i dl bs ste 4. — NUMMULITI CON PILASTRI E A STRIE MFANDRIFORMI, Nummulites millecaput Boubée. (Tav. I-II, Fig. 1, Tav. III-IV, Fig. 3 e Tav. X, Fig. 7). © È Nummutlites mille-caput Boubée, Deux espèces nouvelles de Nummulites (Bull. Soc. Géol. de Francé, ()), II), pag. 444, 445 (B). Nummulina helvetica Kaufmann, Der Pilatus, geologisch Untersucht und Beschricben (Beitr. z. geolog. Karte d. Schw., V), pag. 145-147, Tav. VIII Fig. 1-12 (A). Nummulites Tchihatcheffi d'Arch., var. helvetica Kaufm. — De la Harpe, Numm. zone inférieure de Biarritz (Bull. Soc. de Borda, VI), pag. 31-32 (A). Nummulites Tchihatcheffi d' Arch. et H. — Tellini, Le Nummutlitidi della Majella, delle Isole Tremiti e del Promontorio garganico (B. Soc. Geol. Ital., vol. IX), pag. 370-372, Tav. [X, Fig. 8-12, Tav. XIV, Fig. 19, 25, 26 (A). | Nummulites Tchihatcheffi d'Arch. et H. — Martelli, Fossili d. terr. eoc. di Spalato in Dalmazia (Palaeont. Ital., vol. VII), pag. 52-53, Tav. VI, Fig. 1 (A). Nummulites Tchihatcheffi d' Arch. et H. — Checchia-Rispoli, La Serie nummulitica dei dintorni di Termini-1merese, P.I., II Vallone Tre Pietre (Giorn. Sc. Nat. Econ. Palermo, vol. XXVII), pag. 89, Tav. III, Fig. 2, Tav. VI, Fig. 5 (A). | Nummulina helvetica Kaufm. — Heim A., Numm.-und Flysch bild d. Schweizeralpen (Abbh. d. schweiz. pal. Ges., vol. XXXV), pag. 212, 213 (A). Nummulites Tchihatcheffi d'Arch. et H. — Checchia-Rispoli, La Serie nummulitica dei dintorni di Bagheria, ecc. (Giorn. Sc. Nat. ed Econ. di Palermo, v. XXIX), pag. 154, 181, Tav. IV, Fig. 1-2 (A). Numimulites millecaput Boub. — Boussac, Etudes paléontologiques sur le Nummulitique alpin (Mem. p. s. à l'expl. d.1. Carte géol. dét. d. 1, France), pag. 93-97, Tav. I, Fig. 7-15, Tav. IV, Fig. 15, Tav. V, Fig. 9-10 (A) e (B). Nummulites millecaput Boub.-- Checchia-Rispoli, / Foraminiferi dell’Eo- , cene dei dintorni di S. Marco la Catola in Capitanata (Pal. Ital. v. XIX), pag. 115, Tav. V, Fig. 42-45 (A). Nummulites millecaput Boub. — Checchia-Rispoli. Sui terreni terziari inferiori del versante settentrionale delle Madonie (Mem. p. s. alla descr. d. _ Carta geol. d'Italia, vol. VI), pag. 46, Tav. II, Fig.8, 13 e Tav. III, Fig. 7 (A). G. CHECCHIA-RISPOLI 1, STIA E I PT SO e A AZIO TRIBOO II Lan % e » . , AE | E° L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 237 È Nella sinonimia di queste specie abbiamo riportato solamente quei lavori in cui viene descritta o figurata la forma (A). I più grandi esemplari studiati misurano un diametro di mm. 8 ed uno spessore di mm. 2. Il Kaufmann, che prima descrisse questa . forma, ha riscontrato dimensioni maggiori in esemplari del M. Pilato (mm. 10 Xx mm. 2,50). A. Heim dà per i suoi esemplari come mas- “sime dimensioni mm. 6 pel diametro e mm. 2 per lo spessore. Il Boussac descrive esemplari di 7 mm. di diametro. tele a le a La forma del plasmostraco è lenticolare e leggermente rigonfia nel mezzo; non mancano però gli esemplari che nella regione cen- trale presentano una depressione (v. Tav.III-IV, Fig. 3). Il margine è subacuto od anche strettamente arrotondato. Le due facce sono ricoperte di strie molto ondulate od anche meandriformi. Siccome non abbiamo esaminati che esemplari adulti così i granuli appariscono solo alla periieria, dove le strie assumono Ù un aspetto più tortuoso. ; La spira è larga e cresce rapidamente nel primo giro, poi si mantiene costante nei successivi e decresce nell’ultimo. Su di un raggio di mm. 4 si contano 6 giri di spira. La lamina spirale è sottile e di uniforme spessore in tutta la sua lunghezza. | I setti sono numerosi, sottili, fortemente incurvati ed incli- nati, un po’ ispessiti alla base ed assottigliati alla loro estremità periferica. Camera centrale grande, rotonda. Camere seriali faleiformi. Come abbiamo detto altrove spetta ad Heim di aver dimostrato chiac, che, come ha scritto H. Douvillé, è la forma (A) di N. distans Deshayes. 3 che N. helvetica Kaufmann è la forma macrosferica di N. complanata È auctorum. Gli esemplari appartenenti a N. helvetica per la maggior sd parte e per molto tempo sono stati confusi con N. Tchihatcheffi d’ Ar- ‘Il Boussac poi giustamente sostiene che la denominazione di È N. complanata Lamarek (1804) deve essere sostituita con quella di N. mallecaput Boubée, perchè il primo autore che abbia dato buone MET si TT E CITI \ ì pesi tei cà % a ‘900. Ri dd diri (A sie ear SR UT ei e A o n;A ava d E O LOSE "RN dr societ bal ce PR ISRAI di Pio Cee 7 at 238 G. CHECCHIA-RISPOLI ORTI VCI VERSI INA figure di questa specie è stato Boubée nel 1832, mentre s’ ignora che cosa corrisponda la N. complanata di Lamarck, il quale non ha. mai figurata la specie. Gen. Assilina d’Orbigny Assilina spira de Roissy sp. (Tav. I-II, Fig. 2, Tav. III-IV, Fig. 4, Tav. VII, Fig. 1, 2, Tav. IX, Fig. 4, 5, ll e Tav. X, Fig. 0). 1805. Nummutlites spira de Roissy, Histoire naturelle des Mollusques, pag.57-58(B). 1850. Assilina planospira d’Archiac, Description des foss. du groupe numm. recuil. p. M. S--P. Pratt et M. J. Delbos aux env. de Bayonne et de Dax (Mem. Soc. Géol. de France, s. 2, t. III), pag. 417, Tav.IX, Fig. 17 a (B) 1853. Assilina spira de Roissy — D'Archiac et Haime, Monografie des Nummu- lites, pag. 155-156, Tav. XI, Fig. 1 a-c, 2a (B); 3a, 4a-b (A), 5 (2). 1890. Asséina spira de Roissy — Tellini, Le Nummul. della Majella, Is. Tremiti e prom. garg. (B. S. G..I., vol. IX), pag. 395-396, Tav. XIII, Fig. 7-9, Tav. XIV, Fig. 40 (B). 1890. Asszlina subspira de la H. — Tellini, /dbidem, pag. 326, Tav. XIII, Fig. 10-12, Tav. XIV, Fig. 24, 31-34 (A). 1902. Assilina spira de Roissy. — Prever, Numm. Forca di Pisi e dint, d. Potenza (Mem. Soc. Pal. Suiss., vol. XXIX), pag. 109 (B). 1902. Assilina subspira de la H. — Prever, Ibidem, pag. 110, Tav. VIII, Fig. 9, 10, 19 (A). | 1904. Assilina spira de Roissy — Checchia-Rispoli, Foraminif. eoc. dint. M. Iudica ecc. (B. S. G. L, vol. XXIII), pag. 53-54, Tav. II, Fig. 3 (A). 1909. Assilina spira de Roissy — Checchia-Rispoli, La Serie Nummutitica dei dintorni di Term.-Imer. P. I, IL Vall. Tre Pietre (Giorn. Sc. Nat. ed Econ. di Palermo, vol. XXVII), pag. 95-96, (A) e (B). 1909. Assitina spira de Roissy — Heim A., Numm.-und Flyschbild. d. Sehwei- zeralpen (Abh. d. schw. pal. Ges., vol. XXXV), pag. 252 (B). _]Qll. Assilina spira de Roissy — subspira d. 1. H. — Checchia-Rispoli, La Serie numm. dint. Bagheria ecc. (Giorn. Sc. Nat. ed Econ, di Palermo, vol. XXVIII), pag. 140, 142, Tav. IV, Fig. 3-6 (A) e (B). 1911, Assilina spira de Roissy — Boussac, EYud. paléont. s. t. Numm. alpin (Mem. p. s. a. expl. d. 1. Carte géol. det. de France), pag. 98-100 (A) e (B). è i) er n L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 239 } 1915. Assilina spira de Roissy — Dainelli, L'Eocene Friulano, pag. 188-191, Tav.. XXIII, Fig. 24-29, Tav. XXIV, Fig. 2-3, 6 (A) e Tav. XXIII, Fig. 30-40 (B). 1916. Assélina spira de Roissy — Checchia-Rispoli, Sui terr. ters. inf. d. versante sett. d. Madonie (Mem. p. s. a. descr. Carta geolog. d'Italia, vol. VI, P. II), pag. 45, Tav. II, Fig. 14 (A). Gli esemplari di questa bella assilina sono i più comuni tra i fossili della formazione eocenica dei dintorni di Roseto Valfortore in Capitanata ; inoltre essi si presentano sempre in ottimo stato di conservazione. Questi appartengono tutti alla forma A (— Ass. sub- spira de la Harpe); i più grandi misurano 10-11 mm. di diametro .ed uno spessore massimo al centro di mm. 1,3. ' Il plasmostraco è discoidale, piano, sottile: sulla superficie delle due facce un cordoncino spirale nettamente pronunciato mette in rilievo tutti i giri della spira; anche i setti sono in rilievo. Questi non sono in genere granulosi; solo pochi granuli grossolani si osser- vano nella parte centrale, la quale è piana come il resto della con- chiglia. La spira è molto regolare, ed il passo cresce molto lentamente sino alla fine. La lamina spirale è discretamente spessa. I setti sono sottili, quasi diritti, e solo un pochino incurvati indietro verso l’alto. Camera centrale rotonda, piuttosto piccola. Concamerazioni più alte che larghe, rettangolari. Il dott. Boussac ha messo in evidenza i rapporti tra l’ Assilina spira e VA. exponens, le quali sono collegate da numerosi gradi di passaggio, specialmente per quanto riguarda i caratteri esterni. In vista dei caratteri più primitivi di A. spira, che si rinviene anche in strati più bassi dell’Eocene medio, il Boussac opina che A. expo- nens sia derivata dalla prima e costituirebbe il limite nel Luteziano superiore e nell’ Auversiano del ramo delle Assiline. Osserviamo qui che le generazioni della forma (A) delle Assiline sono più difficili a distinguersi di quelle della forma (B), a causa ‘ dei caratteri poco pronunciati e non nettamente definiti; tuttavia rt MNT LT e MA Pesi PTC. are SI I mn SR "RI sto d DI bai " è va G. CHECCHIA-RISPOLI quelli dipendenti dalla spira e dai setti permettono di distinguere, come vedremo or ora, le forme macrosferiche di A. spira da quelle di A. exponens. 1811. 1850. 1850. 1850. 1850; 1850. 1853. 1853. 1853. 1853. 1879. 1879. 1890. 1896. Assilina exponens I. de Sowerby sp. (Tav. VIII, Fig. 10, 11). Nummularia exponens I. de Sowerby in Sykes, A Notice respecting some Fossils collected în Cutch (Trans. of. the geol. Soc. of London, 2, V), pag. 719, Tav. XLI, Fig. 14 a-c (A) e (R). | Nummulina granulosa d'Archiac, Fossiles des couches à Numm. env. Bayonne et Dax (Mem. Soc. géol, de Fr., 2, I), pag. 415, Tav. IX, Fig. 19-22, (B). Nummulina mamillata d'Archiac, Vi i pag. 417, Tav. IX, Fig. 18.a-d (A). Nummulina granulosa d' Arch. — Rouault, Fossiles des environs de Pau (Mém. Soc. géol. de Fr., 2, III), pag. 465-466, Tav. XIV, Fig. 10 a (B). Nummulina assilinoides Ritimeyer, Ueber das schweizerische Nummu- litenterrain, pag. 90-91, Tav. III; Fig. 33-36, Tav. IV, Fig. 37-40 (B). Nummulina placentula Deshayes — Ritimeyer, /bidem, pag. 92-93, Tav. IV, Fig. 46 (A). Nummmutlites exponens Sow. — D'Archiac et Haime, ani des Nummulites, pag. 148-150, Tav. X, Fig. 1a-0, 2a, 3a-d, 4, 5, 6 (B); 7a, 8a, 9, 100 (A). Nummulites granulosa d'Arch. — D'Archiac et Haime, /dbidem, pag. 151- 153, Tav. X, Fig. ll a-c, 12 a, 13, 14a-b, 16, 17, 18, 19a-d (B). Nummulites Leymeriei d'Archiac et Haime, Ibidem, pag. 153-154, Tav. XI, Fig. 9a-c, 10a-c, 11, 12 (A). Nummulites mamillata d'Arch. —- D’Archiac et Haime, /bidem, pag. 154- 159, Tav. XI, Fig. 6a-d, 7 a-b, 8 a-e (A). Assilina exponens Sow. — De la Harpe, Nummulites du comté de Nice (Bull. d. 1, Soc. ord. d, Sc. Nat., XVI), pag. 212-213 (B). Assilina mamillata d’Arch. — De la Harpe, /didem, pag. 213, 214, 219 (A). Assilina mamillata d'Arch. — Tellini, Le Nummutitidi della Majella, ece., (B. S. G. I., vol. IX), pag. 40, Tav. XIII, Fig. 13-15; Tav. XIV, Fig. 23, 29, 30 (A). f Nummulites (Assilina) spira de Roissy — Verbeek et Fennema, Deseri- ption geologique de Java et fon dated II, pag. 1149, Tav. V, Fig. 86, »Tav., VI, Fig. 87-89 (B). i hi I I DO DETTO RT rl e I € fi sidli a uti 4 RIDE MATTI LR O I (07 de x CA N É "» ‘ TI Ù e s b À K L'EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 241 $ 1896. Nummutlites ( Assilina) Leymeriei d'Arch. et H. — Verbeek et Fennema, È ù Ibidem, pag. 1150, Tav. VII, Fig. 90-93 (A). i » . 1902? Nummulites pulera Prever, Le Numm. d. Forca di Presta e d. dintorni i 1 di Potenza (Mem. Soc. Pal. d. Suiss., vol. XXIX), pag. HI, Tav. VIII. P, ki Fig. 11, 12, 17 (B). è 1902. Nummulites mamillata d'Arch. — Prever, [bidem, pag. 106-107, Tav. VIII, Ù Pig}; 2,-3;) IS (A). x 1904. Nummulites placentula Desh. — Prever, Considerazioni sullo studio delle : Nummuliti (B: S. G. I., vol. XXII), pag. 480, Fig. 5 (B), 3 ì 1904. Nummulites Leymeriei d' Arch. — Prever, Ibidem, pag. 480, Fig. 6 (A). 3 1905. Nummulites granulosa d’Arch. var. minor. — Doncieux, Fossiles num- i U i mulitique de l’Aude et de VHérautt, I, pag. 117-118 (B). 3 > 1905. Nummulites Leymeriei d'Arch. — Doncieux, Ibidem, pag. 118-119 (A). —. i di } 1909. Assilina mamillata d'Arch. — Checchia-Rispoli, La Serie numm. d. dint. 3 È di Termini-Imerese, P. I., IL Vallone Tre Pietre (Giorn. Sc. Nat. ed Econ, x 3 di Palermo, vol. XXVII), pag. 96 e 128, Tav. VI, Fig. 13 (A). È | 1909. Assilina exponens Sow. — Heim A., Numm.-und Flyschbild. d. Schwei- a zeralpen (Abhandl. d. schweiz. paliont. Ges., v. XXXV), pag. 243-244, È I Tav. VII, Fig. 1-4 e 13-22, Tav. VIII, Fig. 20 (pars) (B). È | «1909. Assilina mamillata d’Arch.— Heim A., Ibidem, pag. 244-246, Tav. VII, ì Fig. 5-12, 23-39, Tav. VIII, Fig. 20 (pars) (A). È 1909. Assilina granulosa d'Arch. — Heim A., Ibidem, pag. 247-249, Tav. VIII, È. Fig. 1-18, Tav. VI, Fig. 26 (pars), 28 (pars) (B). È "i 1909. Assilina Leymeriei d'Arch. — Heim A., [bidem, pag. 249-250, Tav. VIII $ Fig. 15-17 (A). 1911. Assilina ewponens Sow. — Boussac, Etudes pal. s. le Numm. alpin (Mém. "I p. S. à l’expl. d. 1. Carte géol. de Fr.), pag. 100-106 (A) e (B). È 5: 1912. Assiina mamillata d'Arch. — Checchia-Rispoli, La Serie numm. dei din- O torni di Bagheria, ecc. (Giorn. Sc. Nat. ed Econ. di Palermo, vol. XXVIII), SD pag. 142 (A). : 1915, Assilina exponens Sow.— Dainelli, L’Eocene Friulano, pag. 191, Tav. XXIII, Fig. 15-23, Tav. XXIV, Fig. 4, 8-9, Tav. XXV, Fig. 6 (A), Tav. XXIII, s È Fig. 1-14, Tav. XXIV, Fig. 1, 5, 7 (B). Ri E 1915. Assuina granulosa d'Arch. — Dainelli, /dbidem, pag. 196-198, Tav. XXIII, > ì Fig. 41-50, Tav. XXV, Fig. 4-5 (A), Tav. XXIII, Fig. 51-50 e Tav. XXIV, È SI Fig. 1-3, 7-8, (B). Gli esemplari di questa specie sono meno comuni di quelli del- l'A. spira; anche questi sono sempre ben conservati e appartengono SÙ FATA LT Di Ts hi AA A per a i Ù er POS 76 G. CHECCHIA-RISPOLI quasi tutti alla forma (A) (= Ass. mamillata d’Archiac), ad eccezione di uno solo, non adulto, che appartiene alla forma (B) (— Ass. expo- nens J. de Sowerby). Gli esemplari della forma (A) si distinguono per la forma del loro plasmostraco, che è molto più ispessito verso l’orlo che al centro, ove esiste una depressione, come un ombelico. Essi raggiungono: 1 cm. di diametro. Sulla superficie, per trasparenza, si vedono le tracce del cordone | spirale e dei setti. Le due facce sono ornate come da un reticolato a maglie rettangolari, allungate nel senso radiale e disposte secondo. una linea spirale, che traduce all’esterno i caratteri della spira. Non si osservano affatto granulazioni sulla superficie, come del resto av- viene negli esemplari tipici della specie. La spira è meno regolare che negli esemplari della forma (B); il passo è ampio e crescente sino all’ultimo giro. Setti non molto numerosi, inequidistanti, quasi diritti e solo appena incurvati indietro nell’ultimo tratto superiore. Nella forma (A) i setti sono più spaziati fra di loro che nella forma (B). Camera centrale di medie dimensioni, rotonda. Camere seriali più larghe che alte, specialmente nell’ultimo giro ove i setti sono anche un po’ meno regolari. Gli esemplari della forma (A) di Ass. exponens si distinguono da. quelli della Ass. spira, con cui sono associati negli stessi pezzi di calcare, per il plasmostraco depresso al centro e non granuloso, per la spira a passo crescente sino alla periferia, per i setti meno nume- rosi e per le concamerazioni più lunghe che alte. Gen. Amphistegina d’Orbigny Amphistegina Niasi Verbeek sp. 1896. Nummulites Niasi 1 Verbeek et Fennema, Description géologique de Java et Madoura, pag. 1155, Tav. IX, Fig. 120-122. Wang a | a si a N id cicci trti Lf E Sad RIE LIT N tp dd , Rin a tia ‘ è be AE ario SI , paese Pi PERE TA CE MO VO TROT RE RR Seti è ” VAR TO FRI EIEO PI TA | RTRT AI ALS O p"6 Nader ta ; ; € AIR DE ar UA ve te n v "Py VE ; n v nigi LES x Cd "a nd ì : 8 COL AA " L’EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 1906. Amphistegina Niasi Vredenburg, Nummulites Douvillei, and undescr. spec. ecc. (Rec. of the geol. Surv. of India, vol. XXXIV, p. 2), pag. 93. 1908. Amphistegina Niasi Osimo, Di alcuni Foraminiferi dell'Eocene sup. di Celebes (Riv. Ital. di Pal., vol. XIV), pag. 4, Tav. I, Fig. 1-3. 1910. Amphistegina Niasi Checchia-Rispoli, Sull’esistenza dell’Oligocene nella regione del Monte Iudica ecc. (Rd. R. Acc. d. Lincei, CI. sc. fis. mat. e nat., vol. XIX, s. 5, 1 sem., fasc. 9), pag. 550. I 1911. Amphistegina Niasi Douvillé H. — Ees Foraminifères dans le tertiaire des Philinopines. (The Philipp. Jour. of Science, vol. VI, n. 2, sect. D), pag. 75. Questa piccola Amphistegina è comune nei calcari eocenici di Roseto-Valfortore e gremisce talora le sezioni sottili della roccia. Gli esemplari che vi riferiamo sono piccoli, di forma lenticolare, appuntiti nel centro delle facce, dal margine tagliente e dalle faccie ornate di strie semplici. La sezione equatoriale mostra una piccola loggia centrale circo- lare ed una spira molto regolare dal passo quasi costante; su di un | raggio di 1 mm. si contano 4 a 5 giri di spira. La lamina è piut- tosto spessa. I setti sono numerosi, molto inclinati sulla lamina e spesso arcuati. i Gli esemplari ora descritti presentano tutti i caratteri della Num- mulites Niasi I. Verbeek, che, come ha dimostrato il Vredenburg non è una Nummulites, bensì una Amphistegina. L’A. Niasi è stata rinvenuta la prima volta nelle marne del Bur- digaliano di Nias, Sumatra, ecc. Poi il Vredenburg l’ha rinvenuta insieme con piccole Lepidocyclina nella parte più elevata della for- mazione a Clypeaster di Pagu or Mekran nell’ India. Per prima la Osimo l’ha rinvenuta nell’ Eocene superiore di Ce- lebes e poi noi l'abbiamo indicata la prima volta in Italia nella for- mazione oligocenica della Regione del Monte Iudica in provincia di Catania insieme con N. vascus e varie Lepidocyclina. Infine il Prever l’ha indicata in vari punti tanto della forma- \ de vi; PR e 03% ile CL'TAe Aa” NS Ept 2* 2 la = n, n ud p. ì - =- e e “i pe #- pd VE n I AI 3 Co E lo 0 2 £ ' ra rela rinata. n ì E Ba da ma) 4 — di a ” i » » 4 Poi G. CHECCHIA-RISPOLI SER sa Pia Mi de | #1 + L'apparato embrionale è biloculare : la camera più piccola ro- tondeggiante è circondata ìnteramente da un’ altra di dimensioni doppie ed è aderente a quest’ ultima in un sol punto. Le pareti di entrambe sono sottili, però quella della più grande è un po’ più spessa. Attorno a questo nucleo centrale si addossa il. primo cielo di concamerazioni, che nella sezione equatoriale sono subquadratiche e più grandi di quelle dei cicli successivi. Poi le loggette si fanno len- tamente più alte man mano che si accostano alla periferia del pla- ‘smostraco, dove l’altezza è tripla della larghezza. Le pareti laterali di esse sono sottilissime, mentre la lamina è piuttosto spessa. L’Orth. Archiaci è comune nel calcare eocenico di Roseto Val- fortore. Orthophragmina dispansa Sowerby (Tav. I]I-IV, Fig. 5 e Tav. IX, Fig. 8). 1802. Discolithes Fortis, Mémoires pour servir à l’histoire naturelle de VItalie et des pays adjacents, pag. 105, Tav. II, Fig. M. 1837. Lycophris dispansus Sowerby in Grants, Memoir to illustrate a Geolo-. gical Map of Cutch, pag. 327, Tav. XXIV, Fig. 16 a, d. ‘ 1868. Orbitoides dispansa Sow. (pars) — Gimbel, Beitriige zur Foraminiferen- fauna der nordalpinen Eocciingebilde, pag. 123, Tav. III, Fig. 42, 43, 44, 45, 46, 47. i 1903. Orthophragmina Marthae (pars) Schlumberger, Troiîsième Note sur les Orbitoides, pag. 284, Tav. X, Fig. 27, Tav. XI, Fig. 39, 40. 1904. Orthophragmina dispansa Sow. sp. — Checchia-Rispoli, Foraminiferi eocenici del gruppo del M. Iudica ecc., pag. 56, Tav. II, Fig. 9 e 23. 1909. Orthophragmina dispansa Sow. sp. — Checchia-Rispoli, La Serie num- mulitica dei dintorni di Termini-Imerese, P. I, 11 Vallone Tre Pietre, pag. 107, Tav IV, Fig. 4, Tav. VII, Fig. 8-10. 191}. Orthophragmina dispansa Sow. sp. — Checchia-Rispoli, La Serie num- mulitica dei dintorni di Bagheria ece., pag. 166, Tav. V, Fig. 18, 39 e Tav. VI, Fig. 58-60, Tav. VII, Fig. 12 1912. Orthophragmina dispansa Sow.— Prever, La Fauna a Nummuliti e ad Orbitoidi dell'Alta valle dell'Aniene, pag. 157, Tav. II, Fig. 2,3 e Tav. III, Fig. 13. : » peer. | i î n e vie 2 ATI PRETE | De i di mesi. 247 natali dont 1 mesi dA tw % x è da 3 BEER" L'EOCENE 0a DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 2599 1912. Orthophragmina cfr. dispansa Sow. — Douvillé H., Quelques Forami- niféres de Sava (Samml. d. Geol. Reichs. Museums in Leiden, s. I, vol. VIII), pag. 290, Tav. XXIII, Fig. 3. i 1915. Orthophragmina dispansa Sow. — Dainelli, L'Eocene Friulano, pag. 199, Tav. XXVI, Fig. 2. 1916. Orthophragmina dispansa Sow. — Checchia-Rispoli, Sui terr. terz. inf. del versante settentr. da. Madonie. (Mem. p. s. a. deser. d. Carta geol. d’ Italia, vol. VI, p. II), pag. 60, Tav. IV, Fig. 6. Gli esemplari di questa Orbitoide sono comuni tra i foraminiferi dell’Eocene dei dintorni di Roseto-Valfortore in Capitanata; i più grandi esemplari raggiungono un diametro di 10-11 mm.; lo spessore verso il centro è di mm. 2,3. Il plasmostraco è costituito di una porzione centrale rilevata ma pianeggiante alla sommità e di una parte espansa sottile alquanto ondulata. La separazione tra le due parti talora è brusca, tal’ altra x è graduale. La parte marginale è più larga negli individui adulti, nei piccoli invece è molto stretta; quindi il rapporto tra la por- zione rilevata e quella depressa varia col variare dello sviluppo degli individui. La superficie della conchiglia è ricoperta di granulazioni in genere piccole, ma molto fitte e su per giù di eguali dimensioni dapertutto e solo un po’ più piccole nell’ultima zona marginale. inibitore “ie nia DE La sezione equatoriale mostra al centro un apparecchio embrio - nale piuttosto di piccole dimensioni, costituito da una prima loggia circolare interamente avviluppata da un’altra pure circolare e solo poco più grande della prima: ambedue hanno la parete sottilissima. Le cellette equatoriali nei giri centrali e mediani sono quasi . tanto alte che larghe; negli ultimi giri però l’altezza aumenta sino a diventare il doppio della larghezza. La forma’ delle cellette nei giri centrali è esagonale ; poi diviene nettamente rettangolare nei giri che si trovano al di là della prima metà del raggio. Tanto la lamina che le pareti laterali sono egualmente sottili. _ Gli esemplari di Roseto Valfortore corrispondono perfettamente a quelli della Orth. dispansa, come però questa specie è stata com- | presa prima dal Giimbel, e poi da noi, dal Prever e recentemente "n DL) LA ult des si 0) ie ae Li : i) È $ K POE alt rà | ì PO a > € »C toa. n al Di x | tI =.“ PI mann, be g re altr i: Nec DE N - 260, G. CHECCHIA-RISPOLI > NIE ch è de n: dal Dainelli. Lo Schiumberger per altro ha riportato alla 0. dispansa esemplari di una orbitoide di Giava, i quali hanno una forma ed una ornamentazione del tutto differenti, tanto che in seguito il Douvillé ha riferito tali esemplari di Giava, determinati dallo Schlum- berger come O. dispansa, all’Orthophragmina decipiens Fritsch (1). La 0. dispansa descritta da H. Douvillé nello stesso lavoro sembra rientrare nella sinonimia da noì data: noi però ve la riportiamo con qualche dubbio perchè l’esemplare figurato ha un collaretto assai . più stretto rispetto alla parte sporgente, che costituisce quasi tutta la conchiglia. I rappciti però tra gli esemplari europei e quelli di Giava sono molto stretti. i Orthophragmina aspera Gimbel sp. (Tav. X, Fig. 4). 1863. Orbitoides aspera Giimbel, Beitràge zur Foraminiferenfauna der nord- alpinen Eocdingebilde, pag. 120, Tav. III, Fig. 13-14, 33-34. 1903. Orthophragmina Chudeaui Schlumberger, Troisième Note sur les Orbi- | toides (B. S. G. de Fr., s. 4, vol. ill), pag. 282, Tav. IX, Fig. 18-20. 1912. Orthophragmina aspera Gimb. — Prever, La Fauna a Numm. ed a Orbit. dei terr. terz. dell'Alta valle dell'Aniene, pag. 148-151, Tav. I, Fig. 16, Tav. III, Fig. 10. 1915. Orthophragmina Chudeaui Schlumb. — Dainelli, L° Focene Friulano, pag. 202, Tav. XXVI, Fig. 8-9. Orbitoide non rara e rappresentata da piccoli esemplari di 4 mm. di diametro, con uno spessore di mm. 1,7. La forma è lenticolare, piuttosto gonfia, e lo spessore diminuisce gradatamente dal centro alla periferia. La superficie è ricoperta di granulazioni fine sul mar- gine ed aumentanti regolarmente di grandezza verso il centro del pla- smostraco. ; La sezione equatoriale mostra al centro un apparato embrionale del tipo abbracciante, cioè di una concamerazione piccola circolare (1) DouviLLE H. — Quelques Foraminifères de lava, pag. 292, Tav. XXIII, Fig. 4-6. P È % jd LS + è 4 n , à Riv è agi Ra, dira A LI 7 A “71 A RT MATRETU LR I SR ans gr (Le : ' sè La pie Ù » ‘ v SA W. b, e +% L’EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE 261 << KA sè? racchiusa interamente da un’ altra pure circolare e di dimensioni doppie. La forma e la disposizione dei cicli delle camerette equatoriali in questa specie ricorda, come ha osservato il dott. Prever, l'aspetto che hanno le sezioni equatoriali delle Actinocyclina (Giimbel), cioè di quelle ortofragmine a costole radiali; infatti secondo certe deter- minate direzioni si osservano dei fasci di concamerazioni che accen- nano ad una disposizione a ventaglio e che danno alle concamera- zioni equatoriali una disposizione più o meno stellare, come si osserva in O. radians d’Arch., O. patellaris Giimbel, ecc., e nella stessa O. varians Kaufmann, che è una Enhipidocyclina. Però tale disposi- zione scompare verso la parte marginale del plasmostraco, ove le cellette sono disposte a cicli più o meno regolari. | La forma delle cellette è rettangolare. Orthophragmina radians d’ Archiac sp. 1850. Orditulites radians d'Archiac, Description des fossiles du groupe numm. des env. de Bayonne et de Dax, pag. 405, Tav. VIII, Fig. 15. 1868. Orbitoides (Actinocyclina) radians d'Arch. — Gimbel, Beitràge zur Foraminiferenfauna der nordalpinen Eocctingedille, pig. 129, Tav. II, Fig. 116, Tav. IV, Fig. 11-15. _ 1904. Orthophragmina radians d'Arch. sp. — Schlumberger, Quatriéme Note Er. sur les Orbitoides, pag. 122, Tav. III, Fig. 7-9, Tav. IV, Fig. 15-17. . 1909. Orthophragmina radians d’Arch. sp. — Checchia-Rispoli, La Serie numm. _ d. dint. dì Term.-Imer. ecc., P. T., Il Vallone Tre Pietre (Giorn. Sc. Nat. ed Econ. di Palermo, vol. XXVII), pag. 113, Tav. III, Fig. 13 e pag. 135, Tav. VII, Fig. 18. 1912. Orthophragmina radians d'Arch. sp. — Checchia-Rispoli, La Serie numm. | dei dint. di Bagheria ecc. (Giorn. Sc. Nat. ed Econ. di Palermo, vol. XXVIII), pag. 167, Tav. V, Fig. 15, 19, 42. ° 1912. Da radians d'Arch. sp. — Prever, La Fauna a Numm. ed a Orbit. dei terr. terz. dell'alta valle dell'Aniene (Mem. p. s. a. descr. d. hi Carta geol. d'Italia, vol. V, p. II), pag. 167, Tav. II, Fig. 1, Tav. III, Fig. 15. 1916. Orthophragmina radians d’Arch. — Checchia-Rispoli, Sui terr. terz. inf. — A vers. sett. d. Madonie (Mem. p. s. a. deser. d. Carta. geol. d'Italia, vol. VI, p. II), pag. 61. | « ps Lara < dA - Questa Orthophragmina è rara fra i fossili. dell'Eocene dei dintorni | di Roseto Valfortore in Capitanata. Il migliore e più completo esem- plare, che .abbiamo lasciato aderente alla roccia, misura 7 mm. di diametro. Il plasmostraco è sottilissimo, discoidale, del tutto pianeggiante. Esso presenta al centro un bottone di piccole dimensioni arrotondato, sporgente, dal quale partono 8 costole .raggianti principali; però a _ metà di distanza tra il centro e l’orlo si origina anche qualche costa intercalare, di guisa che il numero totale di queste aumenta verso la periferia. Le costole sono un po’ arrotondate e diventano più robuste e sporgenti man mano che s’allontanano dal centro. La superficie è ricoperta di minutissime granulazioni, di eguale grandezza dapertutto, meno sul bottone centrale, ove sono più grosse. Essendo questa specie facilmente riconoscibile ai soli caratteri esterni, così non abbiamo creduto necessario eseguirne la sezione equatoriale, la quale del resto è già stata data da noi in altri lavori. Anche questa Orthophragmina, oltre che nell’Eocene, si trova nel- l’ Oligocene inferiore. Gen. Miogypsina Sacco Miogypsina complanata Sehlumberger (Tav. X, Fig. 12-14). 1900. Miogypsina complanata Schlumberger, Note sur le genre Miogypsina (B. S. G. de France, s. III, vol. 28), pag. 330,.Tav. II, Fig. 13-16 e Tav. III, Fig. 18-21. 1908. Miogypsina complanata Schlumb. — Osimo, Di alcuni Foraminiferi del- l’Eocene superiore di Celebes (Riv. Ital. di Paleont., anno XIV), Tav. II, Fig. 1-2 (1). 1912. Miogypsina complanata Schlumb. — Prever, La Fauna a Nummutiti e ad Orbitoidi d. terr, terz. d. alta valle d. Aniene, pag. 233, Tav. VIII, Fig. 13. = ) La M. rasati ARA in PANTORIE lavoro proviene dal Miocene dei Colli Torinesi. urne * a < n» Da” 7 ba n C NO dra ld Re | — L’EOCENE DEI DINTORNI DI ROSETO VALFORTORE È da nes È ET WU ‘Ho potuto studiare questa specie nelle sezioni sottili di roccia, dove appare frequentissimamente e rappresentata da esemplari di piccole dimensioni, che non sorpassano i due millimetri di diametro. Nelle sezioni piane ho potuto riconoscere la presenza di un nucleo molto eccentrico, spostato proprio verso la periferia del plasmo- straco, il quale è costituito, negli esemplari macrosferici, di una loggia circolare di- medie dimensioni, seguita da una ventina di camerette rettangolari disposte spiralmente e formanti due giri in- torno alla loggia primordiale, come nelle nummuliti. In seguito della spirale si osservano altre loggie, più numerose, di forma lanceolata, ma talora irregolare, che crescono di dimensioni, man mano che si allontanano dal nucleo spirale, assumendo una di- sposizione irregolare a guisa di ventaglio. Le pareti delle cellette sono abbastanza spesse. Negli esemplari microsferici la prima loggia è ben visibile: come ha osservato lo Schlumberger, in questa specie il dimorfismo non è così accentuato come nella M. irregularis Micht., dove la parte em- brionale è eccessivamente piccola. | Questa miogipsina è stata rinvenuta la prima volta dallo Schlum- berger nell’Aquitaniano (marne) di Saint-Etienne d’Orthes (Landes). Il Pantanelli l’ha indicata in aleune località oligoceniche del- l'Appennino settentrionale (1). _ E° la prima volta che questa specie viene indicata nella parte elevata dell’Eocene medio (Auversiano). Gen. Gypsina Carter Gypsina globulus Reuss sp. 1848. Ceriopora globulus Reuss, Die Fossilen Polyparien des Wiener Tertiùr- ; beckens, pag. 33, Tav. V, Fig. 7. 1 (1) PANTANELLI Di Sull’estensione dell’Oligocene nell’ Appennino setten- trionale (Atti d. Soc. d. Nat. e Mat. di Modena, s. IV, vol. XIII), Modena 1911. {La lista dei fossili contenuta in questo lavoro è del Silvestri). ma es vi x 264 e. CE TE Ri e - pri DEI DINTORNI I DI RO SE Ra 1908. 1909. 1910. 1911. 1913. 1915. Gypsina globulus Reuss. — Uhlig, Ueder Mikrofauna aus pre pavia. der westgalizischen Karpaten (Jahr. d. K. K. Geol. Reichs., Bd. XXXVI), pag. 197, Fig. 7-8. Gypsina globulus Reuss. — Provale, Di alcune Nummulitine ed Orbitoi- dine dell'Isola di Borneo (Riv. Ital. Pal, anno XVI), pag. 78, Tav. VI, Fig. 14-15. Gypsina globulus Reuss. — Checchia-Rispoli, La Serie nummulitica dei dintorni di Termini-Imerese, P. I, Il Vallone Tre Pietre, pag. 137, Tav. VI, Fig. 17-20. Gypsina globulus Reuss. — Ravagli, Nummuliti ed Orbitoidi RO d. dint. di Firenze, pag. 237, Tav. XXIII, Fig. 25. Gypsina globulus Reuss. — Checchia-Rispoli, La Serie nummulitica dei dintorni dì Bagheria in pr. di Palermo, pag. 171, Tav V, Fig. 32-37. Gypsina globulus Reuss. — Checchia-Rispoli, / Foraminiferi dell’ Eocene dei dintorni di S. Marco la Catola ece., pag. 120. Gypsina globulus Reuss. — Dainelli, L’Eocene Friulano, pag. 203. | Questa specie è stata riconosciuta da noi in varie sezioni sottili di roccia. Gli esemplari sono generalmente di ‘piccole dimensioni (2 mm. di diametro al più) e corrispondono per i loro caratteri interni a quelli della Sicilia da noi descritti e figurati in vari lavori. Roma, R. Ufficio Geologico, gîugno 1916. Re TSE SERATA. > © Sg mecca RE VENA RTAS fac + SATIRO Cr pra SCE RERE- Sat il ; PRETE 9a] ° ( Ss. SE SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I-II. (1) 2. A Campione del calcare eocenico dei dintorni di Roseto Valfortore (Capitanata) du: “ ; ingrandito 2 1/4 volte, il quale sulla superficie di stacco mostra i seguenti Foraminiferi:. è $ \ 1 e: (2 Gal ve, 1. Nummulites millecaput Boubée (A). DE‘? ; i 2. Assilina spira de Roissy (A). ; RE È È 3. Orthophragmina Di-Stefanoi Checchia-Rispoli. È AI B- 4, 4, 4. Orthophragmina ephippium Schlotheim sp. 5. Lepidocyclina Morgani Lem. et Douv. A | 6. Lepidocyclina inflexa Checchia-Rispoli. vie da pe è a . CCA n a gia 3 È , pi Deo de d- da del er A È, (1) Tutto il materiale illustrato în questo lavoro si conserva presso il R. Ufficio Geologico in Roma ad eccezione del campione figurato a Tav. I-II, che si conserva presso il Museo Geologico della Università di Palermo. Bull. del R. Com. Geol. d'Italia, Vol. XLVI GHECCHIA - RISPOLI L'Eocene di Roseto ecc. Tav. I-II Fototipia Danesi - Roma i TAO + RCA A _ n ; 4 . P P nata ù Le LANE i È i 4 ala Lene LR TERZA x y I st; i si 7 AO | «tia L . ‘ i : Ù PT, è là Fs) I RA: RT n mi; h Lp | pra aa E ; Le” Li è TY » a” P i 9 5 “} de x Li l a È ha - è S «TAVOLA III-IV SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA III-IV % Da ——_— è ROSTER o Altro campione del calcare eocenico dei dintorni di Roseto Valfortore (Capi- a a X tanata) ingrandito un poco più del doppio, il quale mostra sulla E di stacco % i seguenti Foraminiferi ben determinabili : Dci Ti Ri 1, 1. Nummulites Partschi de la Harpe (A). a RESI s 2. Nummulites atacicus Leymerie (A). "7 4 CS 3. Nummulites millecaput Boubée (A). PAS Srl RE N 4, 4, 4. Assilina spira de Roissy sp. (A). Cig e vali 5. Orthophragmina dispansa Sow. sp. LA | NE po 6. Orthophragmina ephippium Schlotheim sp. 7. Orthophragmina Di-Stefanoi Checchia-Rispoli. ‘ 8. Lepidocyclina infilexa Checchia-Rispoli. i 9, 9. Lepidocyclina appula Checchia-Rispoli. Bull. del R. Com. Geol. d'Italia, Vol. XLVI CHECCHIA - RISPOLI L'Focene di Roseto ecc. Tav. III - IV Fototipia Danesi - Roma > 4 = © = 4 E ‘utent ba Wil =” LI bg PIA #4 vd” VR I TÀ SLA pad SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA V Sezioni sottili del calcare eocenico di Roseto Valfortore (Capitanata) (1). Fig. 1. — Sezione sottile (ingr. 4 volte) che mostra in sezione equatoriale: 1) Le- pidocyclina inflera Checchia-Rispoli ; 2) Alveolina milium Bose. Nella pasta del calcare si osservano piccole Nummulites ed altri Foraminiferi. Fig. 2. — Sezione sottile (ingr. 6 volte) che mostra in sezione equatoriale: a) Al- veolina festuca Bosc e dapertutto frammenti di sezioni equatoriali di Lepi- docyclina e di altri Foraminiferi. sa ————— __— —__— rt rr] <— (1) Le sezioni sottili di roccia ‘figurate in questa e nelle successive tavole non furono portate ad nn maggior grado di trasparenza per evitare che con l’ulteriore assottigliamento potesse venir meno lo scopo precipuo di rappresentare l'associazione, nella stessa lamina, di Lepidocyclina e di Orbitoide s eon altri fossili eocenici. i Bull. del R. Com. Geol. d'Italia, Vol. XLVI L’Focene di Roseto ecc. Tav. in CHECCHIA - RISPOLI A du Wire SAR AT: Campagna fot. Fototipia Danesi - Roma bl > < il > < le © Ca = SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VII ————— Sezioni sottili del calcare eocenico di Roseto Valfortore (Capitanata). Fig. 1. — Sezione sottile (ingr. 4 volte) che mostra in sezione equatoriale: 1) As- silina spira de Roissy (A), e frammenti di sezioni equatoriali e trasversali di - Lepidocyclina ed altri Foraminiferi. Fig. 2. — Sezione sottile (ingr. 4 volte) che mostra in sezione equatoriale: 1) As- silina spira de Roissy (A); in sezione trasversale : 2) Lepidocyclina oltre a | sezioni di altri foraminiferi. | Fig. 2. — Sezione sottile (ingr. 4 volte) che serve a mostrare lo stato fram- mentario nel quale si possono anche trovare le Lepid ocyclina nel deposito calcareo eocenico di Roseto Valfortore. CHECCHIA - RISPOLI Bull. del R. Com. Geol. d’Italia, Vol. XLVI l'Focene di Roseto ecc. Tav. VII Campagna fot. Fototipia Danesi - Roma TAVOLA VHI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VIII ME 1-2. Alveolina milium Bose, var. lepidula Schwg. — Sezione “equatoriale - (x 10). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 3. Nummulites sp. ind. Sez. equator. (Xx 5). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 4. Nummulites Beaumonti d’Arch. (A) — Sez. equat. x 10). Roseto Vale | fortore (Eocene). Fig. 5-6. Nummutlites Partschi d. 1. H. sit. — Sez. equat. x 6). Roseto Val- fortore (Eocene). 1 Fig. 7. Nummulites Partschi d. È H. — Sez. trasv. (X8). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 8. Nummulites sub-Capederi Prev. (A) — Sez. equat. (X 7). Roseto Valfor- tore (Eocene). Fig. 9. Nummulites sub-Capederi (A) — Sez. equat. (7). Roseto Valfortore (Focene). O Fig. 10-11. Assilina exponens J. de Sow. (A) — Sez. equat. (X 4). Roseto Val- fortore (Eocene). Fig. 12. Nummutlites Partschi d. 1. H. (A) — Sez. equat. (Xx 5). Roseto Valfor- tore (Eocene). Fig. 13. Nummutlites sp. ind. (A) — Sez. equat. (X 10). Roseto Valfortore sane Fig. 14. Nummulites sp. ind. (A) — Sez. equat. (X 8). Roseto Valfortore (Eocene). ha ETA pai Lit CHECCHIA - RISPOLI Bull. del R. Com. Geol. d’Italia, Vol. XLVI L'Focene di Roseto ecc. Tav. VIII Campagna fot. Fototipia Danesi - Roma TAVOLA IX r* + è * f o pe. dà À SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IX n Fig. 1-2. Nummulites vascus Jol. et Leim. (B). — Sez. equat. (X 5). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 3. Nummulites Partschi De la Harpe — (Xx 2). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 4. Assilina spira De Roiss. (A) — Sez. equat. (Xx 5). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 5. Assilina spira De Roiss. (A) — Sez. equat. (Xx 5). Roseto Valfortore (Eocene). fi Fig. 6. Orthophragmina Archiaci Schlumb. (X 4). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 7. Operculina libyca Schwg. — Sez. equat. (X 7). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 8. Orthophragmina dispansa Sow. sp. — Sez. equat. (X 14). Roseto Val- fortore (Eocene). Fig. 9. Nummulites cir. bayhariensis Ch.-Risp. — Sez. equat. (Xx 7). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 10. Nummulites sp. ind — Sez. equat. (X 9). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. ll. Assélina spira de Roissy (A) — Sez. equat. (Xx 8). Roseto Valfortore. (Eocene). Fig. 12. Nummulites latispira Sav. et Mngh. (A) — Sez. equat. (Xx 6). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 13. Lepidocyclina Morgani Lem. et Douv.(A) — Sez. equat. (X 10). Roseto Valfortore (Focene). Fig. 14. Lepidocyclina Morgani Lem. et Douv. (B) — Sez. equat. (X 7). Roseto Valfortore (Focene). i Fig. 15. Lepidocyclina Morgani Lem. et Douv.(A) — Sez. equat. (X 14). Roseto Valfortore (Eocene). Cw DG Bull. del R. Com. Geol. d’Italia, Vol. XLVI Campagna fot. CHECCHIA - RISPOLI L'Focene di Roseto ecc. Tav. IX Fototipia Danesi - Roma g i D Pa è e Tie ; hj y | x Pie #% + bo MA A è nie RR e e ta N ALI ni % ” % xs rad. r È x 118 i I Y * u/. “ TÀ 4 ; , ho È e . Ù 6 ì PI go da, TA Ò % Cla A = Ò a + » | Cia i . » > ” » È î % ». 3 - \ È - 3 j $ » È . ' Ù Il n CI } + SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA X Fig. 1. Nummutlites sp. ind . . . .(A) — Sez. equat. (X 9). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 2. Alveolina milium Bosc., var. lepidula Schwsg. — Sez. equat, (x 10). Ro= | seto Valfortore (Focene). Fig. 3. Orthophragmina Archiaci Schlb. — Sez. equat. (Xx 10). Roseto Valtariare | (Eocene). Fig. 4. Orthophragmina aspera Gimbel sp. — Sez. equat. (X 10). Roseto Val- fortore (Focene). Fig. 5. Assilina spira de Roiss. (A). —Sez. equat. (x 5). Roseto Valfortore (Focene). Sa 6. Nummulites atacicus Leym (A) — Sez. equat. (X 7). Roseto Valfortore (Eocene). i Fig. 7. Nummutlites millecaput Boubée (A) — Sez. equat. (X 3). Roseto Valfor- tore (Eocene). 5 È Fig. 8. Orthophragmina ....-— Sez. equat. (Xx 13). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 9. Lepidocyclina nai Ch.-Risp. — (Xx 5). Roseto Valfortore (EGGARA Fig. 10. Nummulites sp. — (Xx 5). Roseto Valfortore (Eocene). Fig. 1]. Lepidocyclina marginata Micht.(B) — (x 2). Roseto Valfortore (Focene). Fig. 12. Sezione sottile del calcare eocenico di Roseto Valfortore (x 3,5), mo- strante: 1) Nummutlites. sp. ind.; 2) Miogypsina complanata Schlumb. ecc. Fig. 13. Sezione sottile dello stesso calcare (Xx 3,5), mostrante : 1) Lepidocyclina inflera Ch.-Risp.; 2) Miogypsina complanata Schlb., ecc. Fig. 14. Sezione sottile dello stesso calcare (Xx 3,5) mostrante: 1) Miogypsina complanata Schlumb., ecc. La LI aula ha ce a >. ta CHECCHIA - RISPOLI tai | nd ' > > ia È: sa 5 ©) [o (D)] ' («D) rei d ie, E LT (os Ea DD i È GI = 2 (©) v 1 ni LD) 13) ©) [0 dd > fl > Cc > Ki "A PalA ne, fo) to] O E (©) ©» Fi i & (0-4 a hi 50 Co) < s 4 E = cu = (©) [o ©) : INDI CH - PARTE PRIMA. RR ONORE TT Page 155 CAPITOLO II — Sull’età della fauna nummulitica dei dintorni di e I gt 14157 | CAPITOLO III. — Osservazioni sulla distribuzione geologica delle 4 Orbitoidi : i È 1°) Osservazioni sul gen. Orbitoides d'Orb. s. str. . . ... » 164 3 20) Osservazioni sul gen. Lepidocyclina Gumb. . . ..... >» 176 È 3°) Osservazioni sul gen. Orthophragmina Mun.-Ch.. . . . » 190 4°) Osservazioni sul gen. Miogypsina Ancona > cs) 199 ri), o 0198 Quadro della distribuzione geologica dei vari generi di Orbitoidi. » 196 Sara PARTE SECONDA. Descrizione della Fauna eocenica di Roseto Valfortore. Gen. Alveolina d’Orbigny: i i De A i Pag. 197 » e Ra 198 giò oblonga MR i o N -, 99 — SEN » I i + 201 _ Gen. Nummulites Lamarck : I I a a coat 8.202 Mae i ee ee a 204 IC n lt» 209 ET SCI) 277% VANE SOCIO pg AIOP | >» 214 frentanus | 3 » 216 Renania a i 217 Sp. dv il. St, »i 2219 Partschi . wi 219 Nummulites cfr. bayhariensis . » sub-Capederi . » Fabianii . » inillecaput . Assilina d' Orbigny Assilina spira » excponens . . Amphistegina d Orbigny : Amphistegina Niasi . i Operculina d' Orbigny : Operculina libyca . . Heterostegina d’ Orbigny Heterostegina reticulata . . Orbitoides d'Orb. s. str.: Orbitvides media . Lepidocyelina Gimbel : Lepidocyclina inffexa . » appula . » marginata + » Morgani . . . Orthophragmina Munier-Chalmas : Orthophragmina ephippium . » Di-Stefanoi » Archiaci » dispansa » aspera » radians . . Gen. Miogypsina Sacco : | Miogypsina complanata Gen. Gypsina Carter : Gypsina globulus . Tavole 1v. PEAS SULLA GENESI DEI GIACIMENTI SOLFIFERI DI SICILIA formulata da WALTER HUNT | Nel N. 6 (Settembre ed Ottobre 1915) dell’Economie Geology di Urbana (Illinois — Stati Uniti d’ America) venne pubblicata una ela- borata memoria, ricca di disegni, col titolo « The origin of the sulphur deposits of Sicily ». Sia per l’importanza dell'argomento, che inte- ressa in modo speciale l’industria mineraria italiana, sia perchè re- centemente cercai con altri concetti risolvere le stesso problema ; (vedi Bollettino nel R. Comitato Geologico, fascicolo 1-2 del 1915 « Sul modo di formazione dei giacimenti petroliferi e solfiferi »), È credo di qualche interesse riassumere il succitato studio geologico- minerario, rilevando le analogie e le divergenze che passano fra la | teoria del geologo americano e quella da me ideata. L’Autore, dopo d’avere descritto come si presentano i giaci- menti solfiferi siciliani e ricordato le diverse ipotesi formulate sulla loro genesi, svolge la tesi che i minerali di solfo siano da attribuirsi: | 1° Alla riduzione del gesso disciolto nelle acque salse degli È estuari, mentre queste si concentravano per l’evaporazione dovuta al | calore solare. Questo gesso veniva cioè solfidratato da batteri, in pre- | senza di sostanze organiche, sempre abbondanti nelle acque poco È profonde degli estuari, dando origine ad Ho S e CaOCO» , effettuan- dosi le reazioni qui sotto indicate: (1) CaS01+ 20 —CaS + 2 CO» (2) 2CaS$S4+2H30 — Ca (OH)? + Ca (SH)? (3) Ca (OH)? + Ca (SH)? + 2 CO» — 2 Ca0CO; + 2 Hg $ tal. < A _% P LA DI DI aci ae Rex si, We eli A % Ss à = > À È ddl 6 I COLTE . ad bat © todi I ì: = ) __ 4 L n, Lf * y » ha MR > 284 vite P. TUSO > patata SI Gli studi su questi batteri del solfo (Tiobatteri) dimostrarono che 3 alcuni sono ossidanti del solfo, altri funzionano da riduttori dei solfati; i fra questi ultimi, a cui debbonsi le reazioni succitate, i più comuni SR. TU sono lo Spirillum desulfuricans il quale aziona più attivamente nelle p acque dolci o poco salate, ed il Microspira aestuari, il quale invece si ) svolge di preferenza nelle acque salate, come viene indicato dall’ Autore nella seguente tabella : "i | Fe | 1.14 SARI A za 6 s| 10 LOSE Percentuale del cloruro di sodio | nelle soluzioni . ..*. . . 0 t/a l Spirillum desulfuricans: mmg. di SO, ridotto per litro 532 | 500.| 528 | ne | | 3 È | SI: | r- | | | : | a | n i I | e Ù Microspira aestuarii: mmg. di | | | à; SO, ridotto per litro . . . O | 240 | 1000 | 1200 | 1140 | 1108 | 1280 = Me Pato «Si Da questi dati risulta che lo Spirillum ha un’azione rapidamente 1440 cosi 200 sh decrescente col crescere della salsedine delle soluzioni, e tale sua azione di solfidratazione dei solfati cessa. completamente quando le acque contengano il 3 % di cloruro di sodio. Il Microspira invece svolge la sua attività fino a che le soluzioni non oltrepassano il 6 % di sale. n. Che questi batteri in alcuni mari e laghi solfidratino il gesso su vasta scala, è dimostrato dalla presenza dell’ Ho S, sia nelle acque del Mar Nero, che sono tanto più solforate quanto più profonde, sia nel lago salato di Weissowo (Russia) dove si riscontra che ogni litro d’acqua: a 16 metri contiene 5.91 c.c. di Ha. S S a 18,1 » ) 83,31 » ) > a 18,7 » » 184,96 » ) 2° Per azione chimica 1’Hs S prodotto dai batteri, in presenza dell’aria, si ossida e deposita solfo: Hi8 40 —=HePas9l L’Autore suppone non improbabile che i batteri abbiano con- tribuito a produrre direttamente del solfo libero. In alcuni casi il solfo, così formato, deve essersi depositato col calcare al fondo dei bacini d’estuario, dando origine ad esili strati di solfo di 5 mm. a 2 cent. alternati col calcare, ossia al minerale listato. Lai SULLA GENESI DEI GIACIMENTI SOLFIFERI DI SICILIA 285 LI 5 3° In altre circostanze l’ H> S produsse dei polisolfuri di calcio. 8 L'Autore cita esperienze di laboratorio, da lui pure ripetute, «da cui risulta che l’idrosolfuro di calcio Ca (SH: ), ottenuto come dall’equazione (2) reagisce prontamente sul solfo e forma un polisol- furo di calcio, come indica la formula: Ca (SH)? + 4S — Ca S; + Ha S Questa reazione fra il polisolfuro di calcio ed il solfo è però invertibile, essendo il primo molto instabile, per cui l’Hs S venendo _ a@ contatto con la soluzione di polisolfuri, produce un precipitato di solfo libero. La formazione di polisolfuri, e la conseguente loro decomposi- | zione in solfo puro, devono aver prodotto le concentrazioni di ricco minerale solfifero che si presentano sotto forma di potenti strati di solfo irregolarmente frammisti al calcare. Le maccalube, probabilmente più attive, secondo l’Autore, du- rante il periodo geologico della formazione gessoso-solfifera, colle È loro intermittenti eruzioni di argille bituminose, dovute ad azioni | sismiche, produssero gli straterelli di argilla chiamati tufi, i quali trovansi intercalati fra gli strati solfiferi. 4° Le acque salse contenute nei bacini degli estuarii, sul cui fondo andavano depositandosi i minerali solfiferi, quando, causa l’evaporazione, giunsero ad avere il 6% di sale, non permisero più la vita dei Microspira e quindi cessò la formazione dell’Ho S e del minerale di solfo. Progredendo poi l’evaporazione delle acque de- È. gli estuarii fino a raggiungere il punto di saturazione per gesso, al- È: lora cominciò la formazione dei banchi di gesso che vennero a ri- | coprire i depositi solfiferi. &; A Comitini la concentrazione delle acque salse dovette essere | stata spinta fino a produrre un deposito di sale sopra quello solfifero. 5° Soltanto occasionalmente ed in piccole masse si incontra in Sicilia il solfo racchiuso nel gesso, esso probabilmente è do'vuto ad # origine secondaria. Nei casi in cui, dopo il deposito dei banchi di 102 | esso, avvenne un cataclisma che distrusse le barriere che separa- a ng n. Pl . tl a dd CI 286 P. TOSO . vano i bacini lagunari o di estuario dall’oceano, dovette succedere che le acque oceaniche penetrarono negli estuari stessi in cui i bat- teri ricominciarono la loro opera di riduzione dei solfati di calcio e produssero, come deve essere successo a S. Cataldo, un secondo strato solfifero superiormente alla formazione gessosa. Questa in compendio, è la teoria formulata dall’ Hunt. PER QUALI RAGIONI LA TEORIA DELL'HUNT DEBBASI RITENERE INAMMISSIBILE. Il concetto, su cui si fonda tale teoria, che cioè i minerali sol- fiferi siciliani debbano attribuirsi alla solfidratazione del gesso me- diante l’azione di batteri in presenza di sostanze carburate, e che poi l’H. S, in seguito ad ossidazione, abbia deposto il solfo, forma pure la'base dell’ipotesi da me escogitata. L’autore però, condividendo l’avviso, fin qui prevalso, di conside- rare i giacimenti solfiferi siciliani di origine sedimentaria, fu indotto ad ammettere che la solfidratazione del gesso per azione microbiolitica sia avveuta in bacini d’estuario, prima che in essi si effettuasse il deposito dei banchi di gesso. Io dimostrai per quali ragioni appare invece giustificato il ritenere che i giacimenti solfiferi siciliani siano di origine filoniana, dovuti cioè ad emanazioni endogene di idro-. carburi, ricche pure di sali di stronziana, svoltesi in epoca posteriore alla formazione dei gessi, le quali, nella loro ascesa verso l’esterno, solfidratarono, per azione di batteri, il gesso delle pareti delle frat- ture dei banchi gessosi lambite dalle emanazioni di idrocarburi. Con. tale ipotesi vengono razionalmente spiegati tutti i fenomeni che presentano i diversi tipi dei giacimenti della Sicilia e della Louisiana. L’ ipotesi dell’ Hunt parmi non regga alle seguenti due obbiezioni : 1° Se i giacimenti solfiferi e quelli di gesso si fossero formati nel modo escogitato dali’Hunt, tutte le formazioni gessose dovreb- bero coprire degli estesi depositi solfiferi, mentre invece questi si presentano come rare, isolate e ristrette lenti, tutte allineate secondo una stessa direzione. 4 n a 14 SULLA GENESI DEI GIACIMENTI SOLFIFERI DI SICILIA 2°I sondaggi fatti sul fondo dei mari e dei laghi ricchi di acque solfidriche rilevarono che al loro fondo non si deposita, come ammette l’Autore, del solfo, e di tale fatto parmi non dubbia la se- guente spiegazione. Nei mari e negli estuarii, dove la presenza di sostanze organiche diede vita ai batteri che solfidratarano i solfati disciolti nelle acque, dovette bensì prodursi dell’H., S, che ossidato formò solfo, ed una parte del solfo depositarsi al fondo dei bacini; ma deve essere ad un tempo successo che gli stessi batteri i quali hanno la proprietà di solfidratare i solfati, compierono questa stessa operazione tanto più facilmente sul solfo libero e quindi il solfo che si depositò al fondo dei bacini, dove viveva il Microspîra e lo Spirillum venne da questi stessi batteri trasformato in H, S Perchè il solfo, una volta depositato, non sia disciolto per l’azione. degli stessi idrocarburi che lo generarono. occorre che succedano intermittenti periodi di sospensione nel flusso degli idrocarburi, du- rante i quali venga a cessare la formazione dell’ Ho S e conse- guentemente anche il deposito del solfo puro, mentre le acque cal- carifere continuano a depositare il carbonato di calcio, il quale viene perciò a coprire e proteggere il solfo dall’azione solvente delle successive emanazioni di idrocarburi. E tale intermittenza delle emanazioni si verifica appunto quando queste sono dovute ad azione di vulcanismo per natura sempre intermittente. Che avvenga tale solfidratazione del solfo puro de pobliato nei bacini in cui esistono sostanze carburate, è dimostrato dalle espe- | Trienze fatte dall’ing. Gounod, pubblicate nella sua memoria « Con- È: 4 tribution à l’étude de la formation du soufre en Sicile » (Palermo 1897). i Il Gounod, per desumere se i batteri del solfo in presenza di so- stanze organiche potevano dare origine a depositi di solfo, eseguì molte esperienze, ponendo entro recipienti, del gesso, delle sostanze organiche È ed acqua con diverse proporzioni di sal marino, cercando così di met- | tersi in condizione analoga a quella dei bacini d’estuario, entro cui A” egli pure supponeva avessero dovuto formarsi i giacimenti di solfo. Egli trovò che la solfidratazione del gesso si effettuava sempre e molto facilmente, a meno che non fosse troppo elevata la propor- zione del sale, ed osservò che, durante il periodo in ‘cui la fermen- tazione solfidrica era più attiva, si precipitavano al fondo del vaso dei piccoli cristalli di solfo, ma, a misura che questa perdeva della sua intensità, il solfo già depositato finiva per scomparire completamente. In seguito a queste esperienze il Gounod abbandonò l’idea che la soluzione del problema da lui tentata dovesse ricercarsi nell’azione microbiolitica, quale ora propone l’Hunt, e concluse che soltanto la scoperta di nuovi fatti poteva indicare la via da seguire per giun- gere a risolvere il problema della genesi dei minerali di solfo. A mio avviso solamente colla teoria filoniana si può avere una spiegazione facile e razionale di tutti i fenomeni che presentano i diversi tipi di giacimenti solfiferi e sopratutto quello coltivato nella solfara Virdilio (Sicilia), nella Sulphur (Florida) ed a Perticara (Marche), i quali hanno tali caratteri da non potersi assolutamente ascrivere a depositi di sedimentazione entro bacini aperti. RAPPORTI GENETICI DEI GIACIMENTI DI GESSO, DI SOLFO E DI PETROLIO CON QUELLI DI SALE. L'Autore, come sopra si disse, attribuì la formazione dei potenti banchi di gesso, che accompagnano i giacimenti solfiferi, all’evapora- zione delle acque degli stessi estuari entro cui primieramente vennero a depositarsi i minerali di solfo. Molti non accettano tale genesi della formazione gessosa perchè l’evaporazione delle acque marine avrebbe dovuto dare origine a giacimenti di sale sovrapposti. a quelli di gesso, e ciò per il noto fatto che nella concentrazione delle acque del mare, il gesso viene a depositarsi prima del sale. Ora nel Texas e nella Louisiana le trivellazioni, fatte per la ricerca del petrolio e solfo, rivelarono invece che i banchi di sale sì trovano costantemente sotto ai banchi di gesso; ed in Sicilia il potente giacimento di sale di Ra- calmuto trovasi direttamente ricoperto dal giacimento solfifero colti- vato dalla miniera Giona. Psaminiamo quali rapporti passano fra i giacimenti di sale, di gesso, di petrolio e di solfo che di frequenti si incontrano in una stessa regione. » VR dee, Mec SULLA GENESI DEI GIACIMENTI SOLFIFERI DI SICILIA — 289 Nella mia memoria succitata accennai per quali fatti sia ragio- nevole ammettere che i giacimenti di tripoli, di calcare concrezio- nato e di gesso delle regioni solfifere siciliane siano prodotti da fenomeni di vulcanismo che si svolsero durante il Miocene superiore. Le seguenti considerazioni parmi valgano a confermare l’ipotesi, che non soltanto la formazione gessifera della Sicilia sia dovuta a fenomeni di vulcanismo, ma anche i giacimenti di sale siano dovuti ad emanazioni endogene di cloruro di sodio che si svolsero durante il Miocene medio, le quali giunte alla superficie, invece di spandersi nell’atmosfera, vennero ad immettersi in bacini chiusi e ne satura- rono le acque formando potenti depositi di cloruro di sodio. Saint-Claire Deville studiando le emanazioni gasose (fumarole), che si svolgono dalle lave appena fuoruscite dai vulcani, trovò che le fumarole delle lave di tutti i vulcani cambiano di natura col di- minuire della temperatura. Dalle lave aventi alta temperatura si svolgono gas in prevalenza clorurati e, successivamente raffreddan- dosi, esse danno gas nella maggior parte solfurati ed infine a bassa temperatura emanano idrocarburi ed acido carbonico. SR La logico ritenere che questa stessa variazione di natura siasi pure verificata anche nei gas che arrivarono alla superficie, sprigio- nandosi dai profondi magma eruttivi, a misura che questi andavano raffreddandosi. Il De Launay, basandosi su queste importanti osservazioni del Deville, spiegò la diversa natura dei giacimenti metalliferi coll’am- mettere : « par comparaison avec les phénomènes volcaniques, une È: « succession de fumerolles chlorurées, sulfurées, carburées et que dans | «une région disloquées l’apparition de ces produits, l’un après l’autre, « semble correspondre à des tappes de refroidissement ». | Il fatto che in Sicilia ed in Calabria i giacimenti di sale s’ incon- trano nel Miocene medio, mentre quelli di gesso formano la caratteri- stica del Miocene superiore e gli adunamenti di petrolio fiancheggiano, come io dimostrai, le fratture postplioceniche, giustifica il ritenere che nel sollevamento della catena dell’Appennino, iniziatosi alla fine del- l’Eocene, si produsse successivamente una serie di fratture le quali K Pali Me Tha pr è »i ì » 290 P. TOSO — SULLA GENESI DEI GIACIMENTI SOLFIFERI TX 9 LR È, "ti N Fey "e VATI RECGENE Ve: "N \. a te ee a na . frate tale Pc È aa | Pf : 4 bia 3 te ato TIRA) el, di ei 7 ( n È A DI SICILIA permisero lo svolgersi di emanazioni di gas endogeni che durante il Miocene medio dovevano essere prevalentemente clorurate e durante il Miocene superiore ed il Pliocene erano rispettivamente solforate ed infine idrocarburate, dando così origine in una stessa regione a giaci- menti di sale, di gesso, di petrolio e di solfo. La posizione stratigrafica e l’ubicazione topografica dei giaci- | menti di sale rispetto a quelli di gesso, di petrolio e dî solfo, viene a fornire una prova di questa costante variazione nella natura delle ema- nazioni endogene ricordata dal De Launay, per cui parmi accertato : 1° che gli idrocarburi riduttori del gesso comparvero soltanto in un periodo posteriore alla formazione gessosa, per cui essi dovet- tero necessariamente attraversare delle fratture dei banchi di gesso, ed i minerali in esse formati si devono perciò ascrivere a formazioni filoniane ; 2° il crescente aumento, che attualmente si constata, nello sviluppo di grisou nelle solfare siciliane, a misura che queste vanno approfondendosi e le intermittenti forti eruzioni dello stesso gas, soventi seguìte da scoppi ed incendii, vengono parimenti a provare l'intimo rapporto esistente fra i giacimenti solfiferi e le emanazioni di idrocarburi dovute ad azioni di vulcanismo. Torino, settembre 1916. dl Ss" 4 = Va fa VM, VENTURINO SABATINI L’ERUZIONE DELLA MACCALUBA DI BASSANO IN TEVERINA del maggio 1917 ‘La maccaluba di Bassano in Teverina si trova in una pianura deserta nella Valle del Tevere, a 5 chilometri a N.O. di Orte e a 750 metri ad Ovest della stazione di Bassano. La mulattiera che conduce a questa borgata la lascia a sinistra dirigendosi verso S.0. Alcuni casali si trovano nei dintorni, tra cui il più prossimo è quello del contadino Dionisi, che si può dire l’unico osservatore | del piccolo vulcano di fango, perchè il personale della stazione ci va di rado, e quelli che vanno e vengono dal paese sono general- mente povera gente che passa senza badare, o se bada le sue im- pressioni non sono trasmesse troppo lontano. Il suolo di questa pianura è formato da un tavolato di traver- tino che copre l’argilla quaternaria della valle, e questa copre l’ar- gilla e la sabbia pliocenica che si solleva coi versanti laterali. La maccaluba, in tempi normali, è costituita dal « Laghetto », un catino piccolo e poco profondo d’acqua sorgiva, la quale è incanalata in ‘ alcune forme, da cui passa nel vicino fosso e quindi nel Tevere. Il diametro del Laghetto è variabile e si riduce talvolta a pochi metri come in questi ultimi mesi. Bollicine gassose si sviluppano dalla su- perficie e tradiscono la piccola attività addormentata, che si risveglia ad intervalli di parecchi, talvolta di molti anni. Io ho già descritto la O forma di tale attività, contenuta sempre tra limiti molto modesti (1). (1) La maccaluba di Bassano in Teverina, Boll. Com. Geol., 1907; I Vul- cani dell’Italia Centrale e i loro prodotti. Parte seconda: Vulcani Cimini, Mem. Descr. Carta Geol. d’It., XV, 1912, 56. ROLO SIE i Vate Lt di N i td ped *" i’) dee” “i Ca ie ‘cati Laos, Tee EU la * . À ; VENTURINO SABATINI La sera del 28 aprile, cioè due giorni dopo che era avvenuto il terremoto di Arezzo, il Dionisi andò a dire al sig. S. A. Pesci, capo della vicina stazione, che il Laghetto stava facendo « cose strabilianti ». Il mattino segnente il sig. Pesci andò a vedere e trovò che il piccolissimo lago si era esteso di molto e che dalla sua super- ficie si elevavano parecchie piccole colonne d’acqua fangosa, tra cui due soverchiavano le altre avendo un’altezza superiore di poco a quella d’ un uomo e circa 40 cm. di diametro. L’altezza di questi getti subiva delle variazioni continuate in più ed in meno, e coi due più alti venivano proiettati pietre e blocchi, molti dei quali erano d’una lignite imperfettamente carbonizzata, ma molto pesante. Questo materiale ricadeva a parecchi metri dalla riva; solo i pezzi più grossi, taluno dei quali raggiungeva i 50 chilogrammi, cadevano più vicino. L'acqua, sgorgando copiosamente dal fondo del lago, si riversava nei campi circostanti coprendoli di melma, onde opportu- namente il sig. Pesci consigliò di allargare le forme di scarico e regolarne il deflusso, ad evitare maggiore rovina. Nei giorni seguenti il fenomeno si attenuò, ma riprese violenza quattordici giorni dopo l’inizio, cioè due giorni prima del terremoto di Terni, che seguì quello di Arezzo a sedici giorni d’intervallo. Mi si disse pure che un bastone conficcato nel suolo in prossimità della riva, e lasciato a sè stesso, si vedeva ricacciato fuori pian piano per un certo tratto, poi lanciato in alto violentemente. Appena potetti recarmi sul posto trovai il Laghetto tornato in calma; il suo diametro era salito a 30 o 35 metri; la superficie era tranquilla e le solite bollicine di acido carbonico e d’idrogeno solfo- rato venivano fuori dalla sua parte meridionale, cioè dal sito oceu- pato dalla maccaluba antecedentemente al suo risveglio, che è lo stesso dal quale si sollevavano le due maggiori colonne ; molt’acqua sgor- gava ancora dal breve catino riversandosi nella forma più vicina; il terreno coltivato all’intorno per una larghezza di 30 a 40 metri era stato coperto di fango. Mi si ripetette della solita esperienza per misurare la profondità del catino che anche stavolta dette l’impres- sione che non avesse fondo, ciò che è vero nel senso che la melma er i e tà È bs ipa Att Ma UBA DI BASSANO IN TEVERINA ECC. n ai n z 344 ‘di 4 ANCO dir “ | ‘’L’ERUZIONE DELLA MACCAL a À essendo molto diluita lasciava affondare a grande profondità qual- siasi scandaglio. La descrizione del fenomeno non può non richiamare alla mente, proporzioni a parte, quella fatta da Lacroix sull’eruzione fangosa della | solfatara di S. Vincenzo nelle Piccole Antille, e della quale egli fece | e riprodusse una magnifica fotografia (1). La causa del fenomeno es- — sendo la stessa non meraviglierà l'affermazione che le eruzioni delle maccalube sono talvolta una riproduzione in miniatura delle eruzioni fangose di alcuni grandi vulcani. Il rapporto fra i terremoti e il regime delle sorgenti dell’area colpita e delle aree più prossime è noto, e si può quindi ammettere "una dipendenza fra il terremoto di Arezzo e il fenomeno di Bassano, | visto che questo dovette incominciare forse contemporaneamente . allo scuotimento sismico, sebbene pare si rafforzasse parecchie ore 4 vità, che precedette di due giorni il terremoto di Terni, fosse stata dopo. Ma è più difficile ammettere che la seconda ripresa dell’atti- | col medesimo non più in rapporto di dipendenza, ma di causa. Roma, 10 giugno 1917. Ce (1) La montagne Pelée et ses éruptions, Paris, Masson, 1904, pag. 176, tav. XXI. 293 Mit gue f *# ‘ è q ì Y Abi Vi A, n den dagli A e ni . 9 PRES Ba ET È ] er? È TIPO È (4° ESE BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 45 3 FerucLIO E. — Una vertebra di Cervus elaphus Linn. nelle argille lacustri di 2 . Val di Mea (alto bacino del Torre). (« In Alto » Cron. Soc. Alp. Friulana, È XXV, N. 5-6, pag. 117-119). — Udine. Mi Nella nota sono riportate le caratteristiche di una vertebra lombare di cervo rinvenuto dall’autore nella scarpata meridionale di un piccolo terrazzo elevantesi dal letto del torrente Mea (Friuli), a circa 350 m. a NNE delle sorgenti del Torre e a circa 570 m. sul livello del mare. La vertebra è abbastanta ben conservata e d’un colore traente albruno, caratteristico delle ossa conservate in argilla. (E. TIssI). FERUGLIO E. — L’insufficienza della teoria termica per spiegare i movimenti dei ghiacciai. («In Alto » Cron. Soc. Alp. Friulana, XXV, N. 5-6, pag. 128-129). — Udine. L’autore riporta i risultati delle esperienze eseguite dal Vallot sulla ve- locità dei ghiacciai. Le esperienze in parola eseguite al ghiacciaio Mer de. Giace permetterebbero di stabilire i seguenti fatti: 1° che la velocità del ghiacciaio è uguale tanto in inverno che in estate; 2° che il ghiacciaio progredisce simile ad un fiume, scorrendo cioè pa- | rallelamente alle sue sponde e non a ventaglio, e che la velocità varia in rapporto alla pendenza ed alle crescite ; i 3° che la parte di ghiacciaio coperta da morene si muove con la stessa velocità della parte scoperta, quantunque meno riscaldata. Dimostra altresì che nei ghiacciai superiori, al disotto di 1 metro di profondità il ghiaccio conserva una temperatura inferiore a 0 gradi, per cui non può subìre alternative di gelo e disgelo. L’autore deduce pertanto che le accennate ricerche militano contro la teoria termica per spiegare il movimento di progressione dei ghiacciai, i quali avanzerebbero come un fiume pel solo effetto della gravità. (E. TissI). | FeRuGLIO E. — Osservazioni sulla temperatura profonda del ghiacciaio del Monte Bianco. («In Alto » Cron. Soc. Alp. Friulana, XXV, N. 5-6, pag. 127-128). — Udine. Riferisce l’autore che dalle esperienze del Vallot sulla temperatura delle | nevi sarebbe risultato che la temperatura in parola ha un’escursione diurna d che varia colla profondità ma che è quasi nulla al di sotto m. di 0.70. fi Allo scopo di studiare la temperatura del ghiacciaio del Monte Bianco il medesimo Vallot fece scavare, nel ghiacciaio stesso, un pozzo profondo i LI » L® RA, Li i ; i, î . + ‘elia TRA ia asa iii ene è; N 7 ‘n plat ” c é i PAS Wa Pi Ù ; i TT rs 3, x n TS 46 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 15 metri, presso il Colle del Déme (4240 m.), riportandone la dimostrazione che fino a m. 7.50 la temperatura diminuisce eon rapidità, mentre poi di- viene stazionaria. In seguito a tali ricerche il Vallot viene alle seguenti conelusioni: 1° che i ghiacciai alti sono in movimento come i ghiacciai inferiori; 2° che la bassa temperatura e l’impermeabilità del ghiacciaio dimo- strano essere erronea l’ipotesi dell’introduzione e del ricongelamento nelle fessure capillari delle acque superficiali di fusione. (E. TISSI). FRANCHI S. — Relazioni preliminari sulla campagna geologica dell’anno 1911. (Boll. R. Com. geol., Vol. XLIII, fasc. 1°, pag. 41-60). — Roma. APPENNINO LIGURE (Tav. di Rivarolo Ligure e di Voltaggio). L’A. ha preso in esame l’ipotesi dei signori P. Termier e J. Boussac secondo la quale gli affioramenti di dolomie del Trias, allineati fra Sestri Ponente e Voltaggio, sarebbero parti di un’ anticlinale ai cui lati si disporreb- bero delle scrie comprensive secondarie in diversi stadî di metamorfismo, Il Trias sarebbe rappresentato non solo dalle dolomie a diplopore, che contengono nei banchi superiori delle piccole Loxonema (Dolomia Princi- pale) ma anche da una formazione scistosa caratteristica, con lumachelle e colonie di corallari fascicolati, identica al Retico della Valle Pennavaira della Valle di Susa ecc., e che è in alcuni punti largamente sviluppata. Nei riguardi della tettonica, le osservazioni dell'A. non collimano che in piccola parte coll’ipotesi suddetta, tuttavia la questione ha bisogno di essere chiarita con ulteriori studi, da eseguirsi sulle masse non visitate dei dintorni di Voltaggio. ALTA VALLE DI Susa (Tav. di Bardonecchia, Oulx, Cesana Torinese, Susa, Novalesa, Moncenisio). Le osservazioni più importanti sono quelle ri- ferentesi al Sinemuriano fossilifero della sinclinale del Chaberton, dove l’anno precedente erano stati scoperti fossili dell’ Hettangiano, ed al Retico pure fossilifero, formante una zona ricoprente le dolomie triasiche del Grand Roc e sottostante alla potente formazione con pietre verdi del Roc del Boucher, nell’alta valle della Ripa. Si tratta però di una facies cristallina (facies piemontese) del Retico stesso, la cui serie rocciosa è ricca di costi- tuenti mineralogici micacei autigeni. Al M. Banchetta ed alla Rognosa di Sestrières non è rappresentato il Retico, ma dalle brecce ad elementi dolomitici, inserite nei calcescisti, rap- presentano il Zias a fucies briansonese. Questa facies del Lias con forme cristalline (f. piemontese) è pure rap- presentata al Moncenisio presso St. Nieolas, dove il Trias è sporadieamente sviluppato. (S. F..) % d } 1 , } ; Tag vii pi < > R x à age: o? sa » NO i pel Sal è € 54 tie 43 - ; Wa BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 47 GaLpi B. — Swi rapporti della tettonica con i giacimenti petroliferi. (L’ ind. chim., min. e metall., anno I, n. 5, pag. 188-142). — Roma-Torino. L’autore, convinto seguace della genesi eruttiva del petrolio, osserva ‘essere già stato da parecchi anni provato, mediante studi e ricerche, che i giacimenti petroliferi, sinora sfruttati, non sono originari o primari, ossia non provengono da una genesi post-pliocenico, tra cui quelle idrocarburate; 6° gli idrocarburi hanno la loro sede principale nel flysch e0-olig ocenico. (E. TISSI). GaLDI B. — Sull’importanza delle zone petrolifere italiane. (L’ Ind. chim., min. e metall., anno I, n. 9, pag. 261-270). — Roma-Torino. L’autore fa anzitutto notare come l'aumento grandissimo del consumo degli olii minerali ha cominciato a richiamare anche in Italia l’attanzione sulla probabilità di ottenere una produzione di petrolio sufficiente così alle necessità dell’industria e dello sport, coma ai crescenti bisogni dei vari servizi relativi all’Esercito ed alla Marina. L’autore passa quindi ad esporre la cronistoria relativa alle ricerche di petrolio finora eseguite in Italia, alle sue primitive applicazioni come sostanza terapeutica, al successivo uso come mezzo illuminante ed ai tentativi esple - tati per rintracciarlo nell’ Emilia, nell’Abrazzo ed in Terra di Lavoro. Dopo ciò l’autore osserva che la concentrazione degli idrocarburi li- quidi in giacimenti industrialmante utili è sopratutto subordinata alla fa- vorevole natura litologica della disp>sizion: stratigrafica, rilevando al ri- guardo non esser» bastante la presenza della sostanza idrocarburata, qua- lunque siane l’origine, ma essere altresì necessario che per adunarsi abbia potuto trovare nel terreno assise atte a fungere da serbatoi, e che oppor- tuni ricoprimenti impermeabili ne abbiano impedita la dispersione. Queste condizioni, a cui vanno unite quelle concernenti la tettonica, in Italia si riscontrano particolarmente nel Paleogene, onde ne consegue che la presunzione di rinvenire petrolio si estende a tutte le plaghe in cui quel terreno affiora o dov’ esso è ricoparto da limitati spessori di terreni neogenici. Sague da ciò che l’estensions delle zone presumibilmente petroleifere è — secondo l’aut>re — grandissima ed agevolata ‘altresì da favorevoli condi- zioni tettoniche. Alle zone già molto vast: dell'Emilia, degli Abruzzi e delle provincie di Roma e di Caserta, possono ormai aggiungersi quelle della Basilicata, del È IITATO > ei A irene di Sed esi < Ca PI al BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 Salernitano e dell’ Avellinese, nelle quali parecchie scaturigini di petrolio sono state segnalate. l | Risulterebbe pertanto che i terreni presumibilmente petroleiferi in Italia sono molto più estesi di quello che fin qui si è creduto; dopo la quale affer- mazione l’autore passa ad esaminare le cause della ingiustificata indifferenza e dello scetticismo che, ciononostante, regna al riguardo del petrolio italiano. A . L’autore enumera quindii lavori finora eseguiti per il suo rintraccia- "mento e perla sua utilizzaziore, deducendone che i risultati complessivi fin qui cttenuti non possono dirsì sconfortanti e ne trae le seguenti conclusioni: 1° che salvo due o tre centri più importanti, le zone petroleifere ita- _ liane possono ritenersi ancora veigini, e che i pozzi finora forati sono ben poca cosa per poter trarre conclusieni sfavorevoli per la futura industria petroleifera italiana; 2° che nei due o tre centri nei quali la lavorazione ha assunto un carattere veramente industriale, la percentuale dei pozzi improduttivi è anche inferiore a quella delle più ricche zone estere; 3° che le sporadiche ricerche di pochi pozzi dissemirati su d’un terri- torio assai vasto e insufficientemente studiato, non possono, col loro insuc- È cesso, legittimara la sterilità della zona. (E. TIssI). e GALDI B. — Su di una zona del Reggiano fra la valle del Crostolo e quella del __—vresinaro.(Rend.R.Ist. Lomb.,S.II, Vol. XLVII, fase. VII, pag. 303-318). — Pavia. La zona che forma oggetto della presente nota è compresa fra il torrente Crostolo ad ovest, la placca miocenica di Casina a sud, il Crinale di Regnano ad est, e le colline plioceniche limitrofe alla pianura Reggiana a nord. La zona comprende essenzialmente tutta una falda della valle del Cro- stolo, dal Crinale di Regnano all’alveo del Crostolo, ed è costituita da ter- a reni del Neogene e del Paleogene. L’aspetto generale della regione non dif- ferisce da quello solito dei paesaggi terziari emiliani, soecialmente dove il fisch è ridotto quasi esclusivamente alla serie più argillosa. Varie sono le sorgenti di idrocarburi esistenti nella regione studiata; di ; molte altre probabilmente restano ignote finchè il caso non le porterà a co- bi: noscenza degli abitanti. | L’autore descrive le principali, cioè: la Salsa di Regnano, la Salsa di Casola Querciola, la Sorgente gassosa del Lupo e alcune sor genti di petrolio nel Crostolo, ed espone quindi alcune considerazioni concernenti le località da prescegliersi per la perforazione dei pozzi destinati alla ricerca del petrolio. (E. Tissi). 49 50 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 GauTHIER V. — Di alcuni fenomeni vulcanici del bacino d’ Agnano. (Boll. Soc. | Naturalisti Napoli, Vol, XXVI (Serie II, Vol. VI), pag. 34-38. — Napoli. 1 In questa nota l’autore descrive i vari fenomeni manifestatisi dalla fine del 1908 al 1914 in vari punti della zona calda del bacino di Agnano, dove sgorgano molte acque termali ed ipertermali, fenomeni consistenti in ru- mori sordi, gorgoglii sotterranei, abbondanti emissioni di gas dalle mofete, comparsa di una piccola salsa, improvvisà scomparsa o interruzione di sor- | genti termali dello stesso Sprudel di Agnano (fontana con getto di acqua ; termale a 74°C e di gas CO,), fenomeni che, secondo l’autore, dipendono da un improvviso aumento di anidride carbonica e che qualche volta si sono verificati anche nello Sprudel di Carlsbad in Boemia. | (E. Tissi.. GoRTANI M. — Nuove discussioni sull’origine della Terra rossa. (Mondo sott., Anno IX, N. 6, pag. 125-131). — Udine. In questa nota vengono riassunte, in ordine eronologico, le varie fasi del dibattito apertosi sull’origine della Terra rossa, la quale ritenuta dap- di principio un prodotto di vulcani di fango, si era finito per considerarla | | | come il residuo insolubile argillo-ferruginoso della dissoluzione meteorica I di rocce calcaree. Senonchè la difficoltà di ammettere l'abbandono in posto di un piccolo residuo insolubile di roccia calcarea mentre che le acque sciolgono ed aspor- «di tano decine e centinaia di metri di potenza della medesima roccia, indusse, 4 qualche anno fa, il Vinassa ed il Walther a riprendere in esame l’argomento e ad ammettere che alla formazione della Terra rossa debba concorrere in larga misura la precipitazione dell’ idrato ferrico colloidale derivante dai composti di ferro contenuti nel calcare sciolto dalle acque superficiali. Nel 1911 il Chelussi, studiando numerosi campioni di Terre rosse del Carso triestino, del Senese, dell'Abruzzo Aquilano e della Sicilia settentrio- nale, li trovava costituiti da granuli ferriferi o alluminiferi, uniti a minerali accessori non identici nè in qualità, nè in quantità ai minerali presenti nei residui insolubili delle vicine formazioni calcaree. i Nel 1912 F. Tucan, studiate ed analizzate con molta cura numerose Terre rosse del Carso croato, giungeva all’ inattesa conclusione che esse non sono già essenzialmente costituite, come dapprima credevasi, da un’ argilla ferrifera, ma bensì da un idrato di alluminio (prevalentemente sporogelite), a cui si associano idrato ferrico e alcuni altri minerali tutti presenti nel residuo insolubile dei calcari. di fa Pa RT e ici drenla (i % io a Min se go fa: dl BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, ]}914 5l Nel 1913 l’autore, tenendo conto dei suaccennati studi, veniva alla conclusione che la Terra rossa è il residuo insolubile di calcari e dolomie, | costituito essenzialmente di idrossidi di alluminio (sporogelite), quasi sem- pre uniti a idrossidi di ferro e ad altri minerali quando autigeni, quando allotigeni, e che il modo di formazione di questo terreno sembra, in tesi generale, spiegabile con la teoria del Vinassa, modificata nel senso che alla | precipitazione dell’idrato ferrico colloide viene ad aggiungersi od a sovrap- | porsi la precipitazione dell’idrato colloide di alluminio. È Ma le accennate considerazioni non sono accettate dal Tucan, il quale considera la Terra rossa (sporogelite e minerali accessori) come una for- ‘mazione primaria già esistente nel calcare, e spiega la rimanenza di tale residuo insolubile con la struttura eribrosa delle roccie carsiche, rese simili ‘ad ùun filtro dalle fratture e dalla lenta azione degli atmosferili. L’alterazione È . del primitivo deposito può dare origine — sempre secondo il Tucan - a for- mazioni secondarie colloidali di ossidi di alluminio, di ferro e di manganese. Ma tutto quest’ordine d’idee viene strenuamente combattuto dal Gal. dieri, il quaie comincia col far presente come esperienze di laboratorio ab- biano dimostrato che il calcare si scioglie completamente in acqua carbo- # nicata, come nella medesima si scioglie anche il residuo alluminico-ferrifero | risultante dalla dissoluzione dei calcari negli acidi cloridrico o acetico di- | luiti, acidi che in natura non esistono. _ Studiando i caleari e le Terre rosse dell’Italia LOFT il Galdieri È | trovò che il residuo della dissoluzione dei calcari in acido cloridrico o ace- | tico non corrisponde affatto al residuo offerto dalle Terre rosse, e ne trae numerose deduzioni dirette ad abbattere le teorie esposte da altri studiosi, prospettando invece una nuova teoria da lui immaginata. Per luila Terra rossa non è altro che un Uaponito eolico, ed a sostegno di una tale interpretazione egli ricorda: a) la natura non stratificata dei depositi di Terra rossa; “9 b) la sua prevalenza nelle regiopi semiaride; 3) mr. | più adatti agli accumuli eolici); c) la sua presenza su ripiani coperti di vegetazione (che sono i luoghi d) la sua costituzione mineralogica e morfologica. . Sempre secondo il Galdieri, la circostanza che la Terra rossa si trovi preferibilmente sul calcare puro è stata esagerata da preconcetti teorici; in ogni modo egli la spiega con l’inalterabilità del calcare puro e con la grande permeabilità. La ricchezza in ferro delle Terre rosse il Galdieri l’attribuisce all’essere Sa a in esse trattenuto il ferro allo stato di idrato colloidale per Ile speciali con- Pi Pi tt a AA » and mex", pas 3° À Î pale hi: Ad ka à sg - ae” da va È ‘ Ti n é Pe AI “jb ban > Ù ero i i fe ag” Erto ife è De - . x e s : de are Rel sTey dh . c * $ » 52 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 dizioni fisico-chimiche del sottosuolo, dell'ambiente e sue proprie; la pre- senza dell’idrato di alluminio poi sarebbe — sempre secondo il Galdieri — dovuto ad un vero processo di laterizzazione, compiuto in condizioni di clima più caldo dell’attuale. p A questo punto l’autore dichiara che per giudicare quale valore abbia la teoria del Galdieri, sarebbero necessarie lunghe ricerche non solamente nelle regioni da lui studiate, ma benanco in altri territori nei quali i depo- siti di Terra rossa sono più largamente diffusi. In generale l’autore osserva che la vigorosa critica mossa dal Galdieri all'idea fondamentalmente ammessa non può dirsi inoppugnabile, ma che, ad ogni modo, qualunque sia per essere la sorte dell’ipotesi da lui prospet- tata, è tuttavia indubitato che per suo merito i quesiti concernenti le ori- gini della Terra rossa verranno per ciò stesso più profondamente e più at- tentamente studiati e vagliati. (E. Tissi). GRANDORI LUIGIA. — La flora dei Calceari grigi del Veneto. Parte I. (Mem. Ist. geol. R. Univ. di Padova, Vol. II, 1913-14, pag. 45-112 con 9 tav.). — Padova. Questa memoria costituisce la prima parte di uno studio comprendente la completa revisione della ricca flora dei Calcari grigi del Veneto, descritta. nei due primi volumi dell’opera del barone De Zigno. Alla revisione in parola seguirà poi la descrizione di tutte le conifere fossili oolitiche, locchè formerà il terzo volume della citata opera, rimasto inedito per la morte dell’ illustre paleontologo veneto. Lo studio della flora dei Calcari grigi ha portato l’autrice di questa nota ad affrontare anche il problema dell’età della flora stesse, ritenuta ge- neralmente liassica, mentre il De Zigno ed altri geologi la credevano oolitica. Per la compilazione del proprio lavoro l’autrice si valse, oltre che della vistosa raccolta del De Zigno, anche delle collezioni dell'Orto Botanico di Padova, del R. Liceo pure di Padova » del Museo Civico di Verona. (E. TISSI). GrILL E. — Bournonite della miniera di Brosso (Piemonte). (Rend. R. Acc. Lincei, S. V, vol. XXIII, fasc. 29, 1° sem., pag. 98-103). —- Roma. Premette l’autore che in Italia la bournonite in distinti cristalli è piut- tosto rara. In Piemonte fu trovata, in stato cristallino, a Gravere (Val di Susa) insieme con galena; a Ceresole Reale, con tetraedrite; a Testa della Deserta e Sutore presso Noasca (Val Locana) con pirite e tetraedrite; ad Autey St. André (Val Tournanche), con calcopirite e galena, e a Brosso con pirite e calcopirite. i da fà Sori 0108 fre e PA MPI È Les nia er ? SO RETE » l i e .- BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 000 03 ‘La bournonite di Brosso, studiata dall’autore, si presenta sopra una bi: ganga di quarzo, ove è accompagnata, oltrechè da pirite e calcopirite, anche da cristalletti di quarzo, galena, mesitina e dolomite. Ordinariamente sj vi mostra in masserelle cristalline, con lucentezza sub-metallica alquanto iri- descente; più raramente si trova in veri e propri cristalli con viva lu- centezza metallica. _ I eristalli sono relativamente piccoli, e si presentano con abito gene- Bea ralmente tozzo, alquanto irregolare e complesso. Però fra i cristalli di bournonite italiana, quelli di Brosso risultano, fino ad oggi, i più ricchi di forme. (E. Tissif. GRILL E. — Epidoto e granato della miniera di Brosso (Piemonte). (Rend. R. Ace. Lincei, vol. XXIII, fasc. 7°, 1° sem., pag. 535-538). — Roma. Alla bournonite, che forma oggetto della precedente memoria, l’autore fa seguire, nella presente nota, la descrizione dell’epidoto e del granato pro- venienti dalla stessa miniera di Brosso. i L’epidoto (varietà pistacite) si trova in piccoli cristalli assai lucenti , A _ di un bel colore verde pistacchio, nei vani di una massa epidotica cristal- ù: lina, macchiata qua e là di ematite micacea. I cristalli sono poco liberi, A stando aderenti alla massa secondo la loro maggiore dimensione. w SSD L’epidoto di Brosso è poco ricco di forme. I cristalli sono ordinaria- — mente appiattiti secondo (100) restando la faccia (001) sempre poco svi- luppata. Per la sua composizione chimica l’epidoto di Brosso rientra nella serie degli epidoti più ricchi di silicato di ferro. La densità, col metodo “ della sospensione, fu trovata alquanto maggiore di 3,447. 39 Il granato di Brosso è della var. grossularia. I cristalli hanno color bb: giallognolo volgente al resso vinato, impiantati sopra una fitta massa di | granato e pirite, con tracce di ematite micacea e di calcite Spatica. Si B I cristalli maggiori hanno una dimensione massima di 1 em. circa, e sono 3 _ i meglio finiti; gli altri, assai più piccoli, sono tutti imperfetti. di (E. TIssi). Isser A. — Lembi fossiliferi quaternari e recenti osservati nella Sardegna È meridionale dal prof. D. Lovisato. (Rend. R. Acc. Lincei, S. V, vol. XXIII, 3 ® È fasc. 10°, lo sem., pag. 759-770). — Roma. 3 ì La nota concerne lo studio — eseguito dall’autore — delle ricche | serie di fossili recenti e quaternari raccolti dal prof. Lovisato nella parte me- È. ridionale della Sardegna, in grandissima parte costituite da molluschi. Il materiale esaminato proviene da sette giacimenti quaternari, e Da ica e los Dot dr pi 54 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 si l’autore coglie l'occasione che gli viene presentata da questo lavoro per ‘esporre alcune considerazioni sull’ordinamento dei terreni quaternari, stabi- lendo di adottare la denominazione di Quaternario per definire l’ultima delle ére geologiche, dividendo convenzionalmente questa éra nei due periodi di Postpliocenico e di Attuale od Olocenico. Il Postpliocenico viene dall’autore suddiviso, dal basso all’alto, nei piani Calabriano, Siciliano e Tirreno. L’autore riassume i risultati del proprio studio ammettendo: 1° Che lungo le rive del golfo di Cagliari si trovano depositi perti- nenti al Quaternario medio e precisamente al piano Tirreno, in cui sono caratteristiche alcune specie viventi oggidì nelle acque del Senegal ed estinte invece nel Mediterraneo; 2° Che appartengono probabilmente al medesimo orizzonte il banco a Lutraria, situato a nord di Cagliari, e la spiaggia emersa dalle saline di S. Bartolomeo, nei quali non furono ancora rinvenuti fossili caratteristici; 3° Che spettano all’Olocene (parte all’età preistorica neolitica, parte alla eneolitica) i depositi situati tra S. Mauro e lo stagno di Monserrato, e sotto la Stazione delle Ferrovie Reali di Cagliari, depositi i cui fossili sono riferibili a specie tutte viventi nel Mediterraneo; essendo tuttavia un po’ di- versa la frequenza relativa di dette specie rispetto a quanto si verifica nella fauna attuale del vicino mare, date eguali condizioni fisiche e geografiche; 4° Che l’altitudine massima raggiunta nella Sardegna meridionale dai depositi tirreni (da 1 a 10 metri) è di gran lunga minore di quelle precedente - mente segnalate lungo le rive della Liguria occidentale e del Mar Tirreno (da 15 a 35 m.), avvertendo che a Ravagnese e a Boveto, presso Reggio Cala- bria, questo livello si solleva per eccezione fino ad un centinaio di metri; 5° Che si palesa ben legittima, fra le sabbie a Strombus, l’istituzione di un piano Tirreno, interposto cronologicamente tra il Siciliano e l’Olocene o Attuale; UR 6° Che i depositi olocenici, sollevati localmente fino a circa 2 m., accusano mutamenti nei livelli rispettivi del mare e della terra emersa, av- venuti in tempi recentissimi, probabilmente posteriori alle memorie storiche. La presenza di certe specie divenute in seguito più rare nei depositi olo- cenici preistorici, accusa nella fauna marina modificazioni incipienti. (E. TISSI). Levi G. — Sulle celadoniti di alcune località venete. (Riv. di min. e crist. it., vol. XLIII, fasc: III, IV, Ve VI, pag. 72-75). —. Padova. Le celadoniti studiate dall’autore sono principalmente quelle di Monte Baldo e di Montecchio Maggiore. A M. Baldo la celadonite si trova in am. > Ae BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 massi considerevoli in un basalto amigdaloide, e viene estratta per essere messa in commercio sotto il nome di terra verde di Verona. A Montecchio Maggiore la si rinviene invece come un leggero strato rico- prente la cavità del basalto amigdaloide insieme ad analcime od altre Zeoliti; assai più raramente riempie completamente le cavità stesse. Infine le celadoniti di Val di Fassa e di Val dei Zuccanti formano una patina verde sul melafiro. i ‘ Le celadoniti, in generale, sono da ritenersi prodotti di alterazione dei silicati, principalmente olivinici. (E. TIssI). LieBus A. — Uber einige Foraminiferen aus dem « Tassello » bei Triest. (Verhand. k. k. geol. Reichsans., n. 5, 1914, Sitzung v. 17 Màrz 1914, S. 141-145). — Wien. > In questa nota sono enumerate e descritte alcune .Foraminifere esi- stenti negli scisti marnosi detti localmente « Tassello », che alternano con banchi di macigno nei pressi del Castello di Miramare, e che l’autore ebbe occasione di raccogliere nel febbraio del 1911 durante una escursione da lui effettuata in quella zona. Nella nota sono indicate anche le profondità alle quali la spedizione Challenger rinvenne le corrispondenti forme nell’ Atlantico, nel Pacifico, al Capo di Buona Speranza, nel Mediterraneo, ecc.. locchè lascia supporre che i gli scisti marnosi contenenti la fauna in esame hanno dovuto depositarsi in | mim mare profondo. (E. TISSI). LoTTI B. — La trachite quaternaria della Tolfa, ed è fenomeni metallogenici ad essa collegati. (Boll. R. Com.geol. d’Italia, vol. XLIV, fasc. 2°, pag. 107- 113). — Roma. In questa memoria l’autore mette anzitutto in evidenza le ragioni per 3 6 le quali egli fu portato a ritenere quaternarie le trachiti della Tolfa, mentre in precedenza, basandosi specialmente sulle concezioni del Giordano, del Ponzi, del Mantovani e di altri ne aveva ammesso il riferimento all’epoca «“5miocenica, confortato in ciò dal fatto che alla loro emissione era stretta- | mente collegato un insieme di fenomeni metamorfici e metallogenici che trovano stretta analogia nelle regioni eruttivo-metallifere dell’Isola d’Elba @ del Campigliese in Toscana. 1 Le attuali diverse concezioni dell’autore sulla più recente età delle _trachiti della Tolfa erano del resto state intuite anche dal Tittoni fin dal 1885 e più recentemente prospettate dal Sabatini nella sua monografia sui A Di og n E a Î VI PERI AIA) x Pe ill dd nà gia Va gr Si 7 i SAL IN cà ra + = n ” - n - vj Li -i x -% » r. " 2% i zzo alle arzille marnose plioce- niche, riccamente conchiglifere, ed è costituito da basalte olivinico, che passa ad andesite olivinica. BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 65 * os 5 rd po] Ù 4 63 | Tanto l’eruzione trachitica del Monte Amiata quanto quella andesitico- basaltica di Radicofani avvennero nel primo periodo del Quaternario ed è probabile — osserva l’autore — che ne sia stata causa lo sprofondamento del massivo tirrenico, che sul finire del periodo. terziario doveva esistere al posto dell’attuale mare Tirreno ed i cui residui sono oggi rappresentati dalle isole dell’arcipelago toscano. Con le eruzioni del Monte Amiata, di Radicofani, eec., si iniziò nel- l’Italia centrale e meridionale quel periodo vulcanico che poi in tempi più re centi, ma sempre preistorici, diede origine ai vulcani laziali, ai vulcani Fle- | grei, al Vesuvio, all’Etna, ai soffioni boraciferi ed alle tante altre emana- zioni di anidride carbonica e di idrogeno solforato così abbondanti anche paniere n: nella regione senese. 3 Dopo ciò l’autore passa a descrivere i giacimenti e le ricchezze mine- __rarie del territorio in esame, cominciando dalle miniere cinabrifere della re- gione Amiatina c proseguendo con le terre gialle e bolari, con la farina fos- | sile, con i giacimenti antimoniferi delle Cetine di Cotorniano e di Casal | di Pari, coni giacimenti di ferro, di piombo argentifero e di manganese È . sparsi in alcune località della Montagnola ed adiacenze, e passando poscia ai b: | giacimenti piritosi e cupriferi della contermine Catena metallifera, ai giaci- menti solfiferi, tra cui quello presentemente coltivato di Poggio Orlando 3 | presso Lornano, ai giacimenti lignitiferi del Casino, di Ligliano, di Topina, di __Tenditoi, di Cignano e di Montefollonico, alle importanti formazioni marmi- ; È fere della Montagnola, ai serpentini, ai travertini, calcari cavernosi, alberesi, | macigni, trachiti, gessi, caolino, e — per ultimo — alle sorgenti minerali, che 5 la natura ha prodigamente disseminato in quella ridente regione, e che per _ la loro varietà e per le indiscutibili qualità terapeutiche meriterebbero di e essere meglio conosciute ed apprezzate e potrebbero elevare quella provincia _ a notevole prosperità industriale ed economica. (E. TissI). _ MANFREDI dott.®* PAOLA. — Osservazioni cristallografiche sulla baritina di « Su A a ; ludu nieddu». (Rend. R. Ist. lomb. di se. e lett., S. II, Vol. XLVII, fasc. XIV-XV, pag. 728-736). — Milano. È: «In questa nota sono esposti i risultati dello studio cristallografico, com- È: piuto dell’autrice nel Laboratorio di Mineralogia del Museo civico di Storia naturale di Milano, di una serie di campioni di baritina provenienti da una ì nuova località sarda, e precisamente da Su ludu nieddu nelle vicinanze di _ Làconi, nel circondario di Lanusei (Cagliari). x dan si Si tratta di cristallini nitidi, brillanti, incolori, o appena sensibilmente — A colorati in gialliccio, con dimensioni massime di 2 a 5 mm., presentanti È abito prismatico, sensibilmente allungato secondo l’asse y. E, Ù Pe asi ui ip te e (2 ir CONA sà va > ò è Le ca bi da E Ao CE <= “a A . Sl ne, A ASI x a) ve IO gi Dica d 66 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 Nella nota sono particolareggiatamente illustrati e descritti i caratteri cristallografici ed i rapporti parametrici del minerale di cui trattasi. (E. TISSI). MARINELLI O. — I primi vagiti della geologia friulana. (« In Alto », Cron. soc. alp. Friulana, XXV, N. 1, pag. 11-15), — Udine. Osserva l’autore non potersi ragionevolmente affermare che le origini della geologia italiana siano umili, dappoichè le medesime si collegano con un importante momento della storia del pensiero scientifico; quello — cioè — in cui, ormai riconosciuta la vera natura dei fossili, si cercava di stabilire in quali relazioni i fossili stessi e gli strati che li rinserrano venissero a tro- varsi da un lato con il supposto diluvio universale e dall’altro con i fenomeni vulcanici i quali ultimi avevano pure richiamata la generale attenzione. Bisogna infatti risalire col pensiero ai primordi del secolo XVIII, quando, cioè, la geologia ebbe uno dei periodi di più vivaci dispute, avvivate da inveterati sillogismi di teologia biblica, e — nello stesso tempo — da nuove teorie geogeniche e dall’incessante progresso delle scienze naturali e speri- mentali. . Le discussioni erano sostenute da esempi che venivano accampati a conferma di questa o di quella teoria e tra questi esempi vanno rintracciati i primi dati dalla geologia friulana. L’autore ritiene che Anton Lazzaro Moro e Giussppe Antonio Costan- tini, siano i due più vecchi autori che dai Friuli trassero esempi a sostegno delleloro vedute. Del Moro è noto il libro : « De’ crostacei e degli altri Marini corpì che si trovano sui monti » pubblicato a Venezia nel 1740, Osserva tuttavia l’autore che facendo cominciare la storia della geologia friulana con Anton Lazzaro Moro non si deve formalmente eseludere che qualche accenno a rocce, a fossili o a minerali e miniere di quella regione vi sia anche in autori precedenti. Il primo ricordo di fossili friulani è infatti quello contenuto nella « De- scrizione della Carnia » 431 C>. Jacopo Valvasone di Maniago (1565), in un brano dellà quale è detto che « fra questi monti altissimi si trova gran nu- mero di ostriche e di conchiglie indurite a guisa di pietra ». Prima che nell’opera del Moro, il Friuli è anch» rieordato, a proposito di questioni geologiche, dal Vallisneri nello scritto : « De” corpi marini che * . LI 4 su’ monti si trovano, della loro origine, ecc. ». (E. TISSI). ag. + LA e, pal MARTINELLI G. — Eapporto preliminare sul terremoto del versante orientale dell'Etna (8 maggio 1914). (Boll. Uff. del Min. di Ag., Ind. e Comm., Anno XITI, Vol. II, Serie B, fasc. 1°). — Roma. Con riserva di parlare più estesamente, in una nuova monografia, degli effetti del terremoto verificatosi la sera dell'’8 maggio 1914 nel ver- sante orientale dell'Etna e di discutere allora anche i dati sismografici de- gli Osservatorii, l’autore deserive in questa prima nota i rilievi da lui fatti, in ordine allo studio del fenomeno sismico, durante la escursione eseguita sul posto, per incarico del R. Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodina- mica, nei giorni immediatamente successivi alla scossa. Alla presente nota sono allegate due tavole, la prima delle quali rap- presenta l’ubicazione delle zone colpite in ragione della gravità dei danni sofferti, distinguendo questi nelle quattro categorie A, B, C, D, corrispon- denti ai gradi della scala sismica Mercalli e precisamente : Cat. A corrispondente al grado VII°-VIII° della scala Mercalli. et. » » = VIIIo » sa » » IXo » » Db » » IX9-X0 » Nella seconda tavola sono invece tracciate le curve che limitano le aree d’intensità costante e crescenti dall’una all’altra secondo i gradi dell’an- | zidetta scala Mercalli. Il disastroso terremoto della sera (19 ore) dell'8 maggio era stato pre- ceduto da una serie di scosse interessanti, con intensità varia, punti diversi del versante sud-orientale dell’Etna ; anzi la sera precedente (ore 18 14 del giorno 7 maggio), una scossa notevole erasi verificata con epicentro fra Pennisi e la Beata Vergine delle Grazie e con intensità dell’ VIIT° Mercalli. Questa scossa ha, in certo qual modo, reso meno gravi le conseguenze della suegessiva in riguardo alle vite umane, e ciò perchè una superstizione assai diffusa fra le popolazioni della Sicilia fa credere che un terremoto sensibile abbia spesso una replica a 24 ore di distanza. Ora la coincidenza fortuita _ delle scosse del 7 e dell’8 a circa 24 ore di distanza l’una dall’altra ha fatto sì che gli abitanti della zona fossero al momento del disastro quasi tutti fuori delle abitazioni in attesa della paventata replica. L’autore osserva come le scosse sopradescritte abbiano presentato un carattere migratorio, essendosi l’attività sismica svolta in parecchi punti. Più che ad un vero centro sismico in attività l’autore crede debba trat- | tarsi di una serie di manifestazioni locali collegate ad un periodo di atti- | vità del vulcano : in fondo al cratere centrale era stata in quei giorni osser - vata la lava fluida. (E. TISSsI). BIBLIOGRAFIA GROLOGICA ITALIANA, 1914 TATE 67 i ai PE x. ra fg ch a = r 3 i x ù eo | w (RR AA SE CS Co ta, b Pie sot 68 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 © MELI R. — Sopra un muovo giacimento di filliti esistenti sotto un banco di tujo vuleamnico bigio presso Onano, nel Circondario di Viterbo. (Boll. Soc. geol. ital., Vol. XXXIII, fase. 1°, pag. 41-52). — Roma. Premesse alcune sommarie notizie geologiche sulla parte N-NE del territorio Vulsinio, costituita da materiali emessi durante le eruzioni vulsinie. (lave, tufi, sabbie vulcaniche, ceneri, lapilli, scorie nere e pomici) d’ordi- nario sovrapposti a terreni marnosi pliocenici, l’autore passa a parlare di nu- merose impronte di foglie che si rinvengono alla base dei banchi di tufo bigio della Valle Cupa, presso Onano. Vi si notano foglie appartenenti a vari generi (Ulmus, Acer, Fagus, Laurus, Quercus e una Felce), nonchè numerosi vuoti cilindrici indicanti steli e piccoli rami di piante la cui sostanza organica scomparve per decom- posizione, lasciando la modellatura nel tufo. Tra le cavità in parola sonvene alcune semisferiche che potrebbero provenire da cupole di ghiande. La piccola florula ora indicata contiene specie viventi attualmente nella località, e conferma pertanto che le eruzioni tufacee di cui trattasi av- vennero in tempi quaternari assai recenti. | (E. TISSI). MIGLIORINI C. I. — Sull’età dei depositi lacustrì casentinesi. (Boll. Soc. geol. it., Vol. XXXIII, fasc. 2°, pag. 221-228). — Roma. Con questa nota l’autore viene a stabilire, in base a nuovi elementi . paleontologici venuti alla luce, la pliocenicità dei depositi lacustri del Ca- sentinese, cosa che tanto dali’autore medesimo quanto da altri studiosi fu per qualche tempo lasciata in dubbio. Ora l’autore non esita di attribuire il lacustre casentinese al Pliocene, e precisamente ad un Pliocene contemporaneo a quello del Valdarno, Tai sciando tuttavia aperta la questione della correlazione di queste formazioni con quelle marine. (E. TISSI). MIGLIORINI C. I. — Sulla geologia dei dintorni di Tobruk. (Rend. R. Ace. Lincei, S. V, Vol. XXIII, fase. 10°, 1° sem., pag. 833-839). — Roma. Osserva anzitutto l’autore che scarsissime sono tuttodì le notizie ori- ginali sulla costituzione geologica delle coste marmariche, essendo queste state finora visitate soltanto dallo Schweinfurth e dal Pachundaki, ond’è che tutta la letteratura geologica sulla regione in esame si basa sui dati e sui fossili degli accennati autori, sul lavoro dello Zittel relativo all’Oasìi di Sinah e sulle deduzioni che si vollero ricavare dall'andamento costiero. Me. BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 | — 69 L’autore, durante un soggiorno di alcuni mesi a Tobruk nell’anno 1913 potò raccogliere un discreto materiale paleontologico e fare qualche osserva- — zione geologica ch’egli ora espone sommariamente nella presente nota, salvo a trattare con maggior diffusione sull’esatto coordinamento stratigrafico delle formazioni prese in esame in un suo prossimo scritto. i i Egli fa intanto notare che presso Tobruk l’altipiano Marmarico ha una | elevazione di 150 metri, e scende al mare con una serie di balze solcate trasver- _ —salmente da numerosi widian paralleli fra loro, profondi e generalmente brevi. Prescindendo dalle fornazioni recenti, il terreno intorno a Tobruk è costituito da un calcare bianco-giallastro, tenero, poco compatto, ricco in resti organici marini. | In alcuni luoghi è un vero impasto di gusci di molluschie di forami- nifere; altrove si mostra pieno di Lithothamnium. Esposto l’elenco dei fossili sinora rinvenuti a Tobruk, l’autore osserva che la fauna enumerata è più che sufficiente per stabilire l’età medio- miocenica dei sopra citati calcari, corrispondendo essa assai bene al com- plesso faunistico delle località egiziane, attribuite da qualche autore alla | parte inferiore dell’ Elveziano. Gli strati componenti questa formazione miocenica nei dintorni di Tobruk sono orizzontali od a debolissima pendenza ed attraversati da nu- _merose faglie. Nella regione dall’autore esaminata i terreni quaternari e recenti detri- tici terrestri non assumono l’ importanza di quelli consimili della Tripoli tania e della Tunisia, e — salvo qualche eccezione — mancano anche le |. panchine ‘od altri depositi marini di recente formazione. Nei tratti pianeggianti sono abbastanza estese le terre rosse, ed è pro- babile — soggiunge l’autore — che lo siano ancor più sul vero altipiano marmarico. i Il materiale costituente questa formazione superficiale è verosimilmente derivato in parte dal disfacimento dei calcari ed in parte viè stato traspor- tato dall’ interno per l'imponente azione del ghibli. Alla base dei costoni sono poi ovunque sviluppati i terreni detritici di falda; sul fondo dei più grandi uidian non manea qualche deposito alluvionale, ma in nessuna località furono osservati veri terrazzamenti interni. | Assai sviluppato vi è il crostone calcareo, del quale si hanno due Varietà, a seconda che si è formato sui pendii o sui tratti pianeggianti. Sui | pendii esso ricopre dovunque il calcare miocenico affiorante, ha tenue spessore (pochi centimetri) ed è sempre durissimo: sui tratti pianeggianti ha maggior Spessore, ma minore consistenza. i ci NEO : pe tre LI TRI PRIA Pedra 7 ; de ele : 4 . e 01 gi pe». È , , “ è Pa VE xo À att CITE dai ciare dg TEO } 70. BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 Nei dintorni di Tobruk si trovano anche alcune dune mobili composte esclusivamente di foraminifere e di frammenti di conchiglie marine: notevole il fatto che contengono numerosi pezzi di gusci d’uova di struzzo, mentre questo grosso pennuto è completamente scomparso dalla regione. Nella zona pre-costiera a gradinate la configurazione del terreno e la. natura del suolo non favoriscono la formazione di sorgenti o di veli acquiferi, cosicchè nella stagione asciutta qualche traccia di umidità — rivelata, più che altro, da una più rigogliosa vegetazione — è osservabile solo lungo il fondo degli widian. L’autore non ebbe campo di osservare alcun terrazzamento costiero od altro sicuro indizio di sollevamento bradisismico ; le basse piattaforme che spesso si vedono lungo la riva del mare sono — sempre secondo l’autore — dovute all’erosione marina agente sugli strati orizzontali di diversa resi- stenza. Gli è sembrato invece di scorgere prove di un recente abbassamento,. avendo potuto in qualche località rimarcare che il crostone calcareo scende sotto il livello del mare. (E. Tissi). MirLosEvIcH F. — Sulla presenza di una breccia ossifera quaternaria nelle For- miche di Grosseto. (Rend. R. Ace. Lincei, S. V, Vol. XXIII, fasc. 5°, 1° sem., pag. 297-299). — Roma. La presente nota concerne lo studio, eseguito dall'autore, di alcuni campioni di rocce raccolti o fatti raccogliere da S. M. il Re in uno dei suoi viaggi sul Tirreno e precisamente nelle isolette denominate le Formiche di Grosseto, le quali formano un piccolo gruppo a breve. distanza dalla costa della Maremma Toscana. L’isola maggiore si trova a circa 20 km. a po- nente di Talamone e, nel suo punto più alto, emerge di appena 11 metri sul livello del mare; è lunga circa 1 km. Un’ altra isoletta più piccola si eleva di appena 6 metri dal mare; due scogli completano ìl gruppo. Per la loro piccolezza e nessuna importanza queste isolette non for- marono mai oggetto di speciali osservazioni di natura geologica, così che qualche studioso le ritenne costituite da calcare giurassico, qualche altro. da calcare retico. I campioni esaminati dall’autore permettono di stabilire che oltre al caleare retico vi sono in queste isolette anche dei lembi di ter- reno quaternario recente, essendosi rinvenuti dei blocchi di una breccia rossastra con frammenti angolosi di calcare e grossi pezzi d’ossa. Si tratta. indubbiamente di avanzi fossili di ruminanti senza che sia però possibile una. determinazione specifica. L’autore rileva l’importanza del fatto, il quale permette di stabilire c he anche nelle piccole Formiche di Grosseto, ormai quasi demolite dal mare, (E tieniti 2 E Ce pi ail CADA d A dim QAR, 4 Lote ev IAA VLar =" sat : # AR | BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 71 si trovano, come in altre isole del Tirreno, gli avanzi di una fauna alla cui vita era certamente necessaria una terra ben più vasta, di cui le attuali isole possono essere l’ultimo avanzo. (E. TISSI). MiLLosEvIcH F. — I 5000 elbani del Museo di Firenze. Contributo alla cono- scenza della mineralogia dell’isola d'Elba. (Pubblic. del R. Ist. di Studi Sup. prat. e di perfez. in Firenze, Sez. di Sc. fis. e nat., Opus. di 96 pag.). — Firenze. Incaricato del riordinamento dell’inventario delle Collezioni mineralo- giche del Museo di Firenze, l’autore ha cominciato da quelle che hanno maggior valore ed importanza scientifica, cioè dalle Collezioni elbane, che sono ricchissime e constano del materiale esistente nell’antico Museo di Via Romana, della Collezione Foresi e della Collezione Forster, queste due ultime passatè al Museo fiorentino per acquisto . L’autore ha così compilato un esatto e completo catalogo descrittivo che comprende 5000 numeri — d’onde il titolo di questa nota — e nel quale sono indicati i dati ceristallografici, i caratteri esterni e le condizioni di giaci- | turadi tutti i minerali dellaricchissima ed importantissima Collezione elbana del Museo di Firenze. (E. TISSI). f | MODERNI P. — Le lave leucitiche dei Vulcani italiani e la loro possibile uti- lizzazione industriale. (L’Industria Chimica, Mineraria e Metallurgica: Riv. Scient., Tecnica e Comm., Anno I, N. 1, 2, 4) — Torino. E° una rassegna delle colate di lava leucitica dei diversi Vulcani ita- liani: l’autore descrive i caratteri fisici di numerosi campioni di lava leu- citica appartenenti alle varie colate; riporta tutte le analisi chimiche di dette lave, venute a sua conoscenza, per farne rilevare il tenore in K?0; dà notizie su l’estensione e potenza delle colate, su la loro giacitura, su la viabilità della regione nella quale le medesime si trovano e su la forza mo- . trice disponibile. (P. MODERNI). MODERNI P. — Note geologiche su la catena dei Lepini e degli Ausoni e sul promontorio Circeo. (Boll. del R. Com. Geol. d’Italia, Vol. XLIV, 1913. 1914, fase. 19). — Roma. Sono note geologiche staccate prese dall’autore durante una rapida | escursione sul versante occidentale delle due catene dei Lepini e degli Ausoni _ed al promontorio Circeo, fatta una ventina di anni fa. Tali note, che l’au- tore non ebbe più occasione di poter completare con ulteriori osservazioni, D ia Ù > x > ATO - I° x N o Pri dev: è Pei Ma pui è Cas 3 ) Fi a Vi » A vi; i E - EM = M N PATO A 72 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 si riferiscono al territorio dei Comuni di Cori, Norma, Sermcneta, Bassiano, Sezze, Piperno, Sonnino, Monte S. Biagio, Terracina, S. Felice Circeo. A queste note fanno seguito due appendici contenenti osservazioni geolo- giche, fatte in epoca più recente, nei dintorni di Terracina, durante la perfo- razione della grande galleria ferroviaria per la direttissima Roma-Napoli, che da Montorso sotto Sonnino raggiunge Valle Viola presso Mente S. Biagio. | — Queste osservazioni, facilitate dai lavori della ferrovia e dal ritrova- mento di fossili, hanno permesso di meglio stabilire, in questa località, le suddivisioni del Cretaceo. 7, (P. MODERNI). NEGRI G. — Sopra alcuni legni jossili del Gebel T'ripolitano. (Boll. Soc. geol. it., Vol. XXXIII, fasc. 2°, pag. 321-344). — Roma. La nota concerne lo studio, eseguito dell’autore, di un certo numero di campioni di legno silicizzato raccolti negli anni 1913 e 1914 nella Tripolitania settentrionale e precisamente nelle vicinanze di Zefren e di Nalut. | I giacimenti racchiudenti gli accennati campioni sono stati indicati in una relazione preliminare alla Società geologica italiana e furono riferiti al Cretaceo medio. (E. TISSI). Novarese V.— Il rilevamento geologico delle tavolette di Iglesias e di Nebida. (Boll. Com. geol. it., Vol. XLIV, fase. 19, pag. 29-59). — Roma. In questo breve scritto l’autore si propone di dare la successione erono- logica della serie dei terreni dell’Iglesiente quale risulta dalle osservazioni e scoperte fatte dopo la descrizione dello Zoppi. Lo Zoppi non ha conosciuto nè ammesso altro terreno cambriano che le arenarie. Invece sono pure della stessa età i due terreni sottostanti, che lo Zoppi attribuì al Siluriano, e cioè la dolomia metallifera e gli scisti varico- lori di Cabizza, nei quali ultimi è stata scoperta una faunula a Paradoxrides mediterraneus Pompecky. L’intiera serie quindi composta dal basso in alto di scisti, dolomia ed arenarie, per i fossili che contiene appartiene al Cam- briano medio, o piano a Paradorides od ancora all’Acadiano degli autori ame- ricani. Cadono pereiò tutte le complicazioni tettoniche con cui si era tentato dì spiegare come il presunto Siluriano fosse sottoposto in serie rovesciata alle arenarie del Cambriano. Il Siluriano è rappresentato alla base da conglomerati e puddinghe pas- santi superiormente à scisti fossiliferi contenenti lenti di calcari ad Ortho- ceras del Gothlandiano. Nelle puddinghe pare siano intercalati dei calcari ceroidi, spesso in masse considerevoli, identici a quelli che col nome di cal- La denti ii ni a î ‘ Wa _ BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 cari blù sono associati alla dolomia metallifera cambriana, e sulla cui po- sizione è ancora aperto il campo della discussione. I conglomerati e le pud- ma: — —dinghe presentano in modo veramente eminente il fenomeno della scistosità trasversale. Il Permocarbonifero, con fossili vegetali caratteristici, compare sotto forma di calcari brecciati, arenarie e conglomerati di aspetto singolarmente recente presso San Giorgio sulla ferrovia Cabizza-Monteponi. bo E’ dubbio se presso Iglesias si trovi il Mesozoico nell’altipiano di Cam- “* pomà, ascritto dallo Zoppi al Trias, ma che al massimo potrebbe essere del Cretaceo superiore. All’ Eocene appartiene probabilmente anche una parte del calcare di Campomà; sono noti fino dal tempo del Lamarmora i terreni eocenici ligni- tiferi di Bacu Abis e del bacino di Gonnesa. Sono posteoceniche le trachiti ed i tufi connessi, e sovra di esse il solo orizzonte sicuro stabilito in base a fossili è il Quaternario con Zlephas La- marmorae F. M. non lungi da Gonnesa. (V:-N:L Z Novarese V. — Ghiacciai quaternari delle Alpi occidentali. (La Geografia, comunicaz. dell’Ist. geogr. De Agostini, Novara, Anno II n. 8, pag. 282 - 294). — Novara. L’autore ha raccolto in questa nota quei risultati e quelle deduzioni che meglio possono interessare il geografo, contenute nella parte II, della sua memoria « Il Quaternario in Val d'Aosta e nelle valli del Canavese » pubblicata nel« Boll. del R. Com. Geol.» 1913-14, fasc. 3°, Roma, 1915, tralasciando quanto Bò di carattere più strettamente geologico. (V. N). . OPPENHEIM P. — Die Bocdnfauna von Resca Nuova auf der Insel Veglia. (Verhand. k. k. geol. Reichsans., N. 7-8, 1914, Bericht v. 1 Mai 1914, S. 189-202). — Wien. X —Riferisce l’autore essergli stati dal Dott. Remes inviati, per le relative | determinazioni paleontologiche, alcuni fossili eocenici raccolti a Resca Nuova, a nell’isola Veglia (Dalmazia), e precisamente nella località denominata Hòtel | Praga e S. Cosmo. Nonostante le non buone condizioni di conservazione del 9 materiale raccolto, l’autore:ha potuto, con tutta sicurezza, stabilire la classi- | ficazione di 20 specie fossilifere eoceniche. La fauna però è di gran lunga più numerosa, ma una buona parte degli esemplari fu dovuta trascurare stante BO le cattivissime condizioni dei resti fossili. Pare sia risultata, in modo non — dubbio, la grande sproporzione fra Bivalvi e Gasteropodi, e pare sia altresì sof 74 i BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 risultato che le faune provenienti dalle anzidette due località (Hotel Praga e be: S. Cosmo) siano tra loro sostanzialmente diverse. Le forme determinate e che sono nella nota partitamente enumerate e Er descritte, sono riferibili parte al Luteziano e parte all’ Auversiano. ni (E. TISSI). PARONA C. F. — Notizie paleontologiche swi terreni attraversati col pozzo trivellato della Scuola d’ agricoltura presso Tripoli. (Boll. R. Com. geo- logico d’Italia, Vol. XLIV (4° della Serie V), pag. 115-120). — Roma. vi La perforazione del pozzo artesiano nelle vicinanze della Scuola d’agri- coltura presso Tripoli — avverte l’autore — ha rivelato una potente serie de - di strati marini fossiliferi, strati che nella presente nota vengono descritti È, | nella loro progressività discendente e nelle loro caratteristiche litologiche e paleontologiche. La bocca del pozzo in esame sì trova a circa 25 metri sul mare vicino: la perforazione fu spinta fino a 313 m. sotto il piano di campagna e quindi 288 m. sotto il livello marino. I depositi continentali hanno complessiva- mente la potenza di m. 74: quelli di sabbia eolica scendono a 11 m. sotto il livello del mare, e quelli sottostanti, probabilmente alluvionali, si spingono fino a 49 metri sotto lo stesso livello. Nella serie quaternaria di questa lo- 0) calità non si hanno dunque che due zone: quella inferiore ritenuta alluvio- L nale e quella superiore certamente eolica. La serie sottostante, di marne più o meno sabbiose, tutta di depositi marini, si presenta come un complesso litologicamente e paleontologica— mente uniforme, edi fossili riscontrativi accennano, nel loro insieme, a fauna miocenica piuttosto che pliocenica. Dai dati ottenuti e dalle concomitanti deduzioni dell’autore, risulte- » rebbe pertanto che il Cretaceo ed il Miocene della Tunisia si estendono ad oriente nella Tripolitania senza spiccate differenze litologiche e paleontolo— giche; notevole tuttavia è la circostanza che mentre in Tunisia alla serie sì ag- giunge l’Eocene, in Tripolitania questo piano sembra ormai provato che manchi. Presso Homs il Miocene riposa trasgressivo sul Cretaceo medio, e gli strati miocenici, al contatto, contengono qualche fossile cretaceo mescolato con quelli nettamente miocenici. Ammessa l’età miocenica degli strati marini immediatamente sotto- stanti ai depositi continentali, la serie del pozzo della Scuola d°’ agrieoltura — soggiunge l’autore — confermerebbe con un nuovo dato l'inesistenza in Tripolitania dei rappresentanti del Pliocene marino e l'emersione di questa parte del litorale africano durante il Cenozoico superiore. 9 legal BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 La situazione altimetrica della serie continentale, riscontrata nel pozzo in parola, porgerebbe una nuova prova del bradisismo positivo subìto dal lito- rale tripolino in epoca relativamente recente. Resterebbe a chiarire l’età ed i rapporti di giacitura con gli strati miocenici, del calcare bianco, oolitico, tenero, spugnoso, affiorante ad Ain Zara. Si tratta di una lumachella a piccoli molluschi, di cui non restano «che le impronte o i modelli interni. Alle supposizioni già fatte, che, cioè, questo deposito possa indicare una panchina quaternaria 0 pliocenica, l’au- | tore crede possa sostituirsi la seguente: che si tratti di una panchina mio- ‘cenica formatasi contemporaneamente al deposito degli strati fossiliferi marnoso-sabbiosi scoperti nella perforazione del pozzo. i i (E. TISSI). _PATRINI P. — I terrazzi orografici del Benaco. (Rend. R. Ist. lomb., S. II, Vol. XLVII, fase. XIII, pag. 607-625). — Milano. Osserva anzitutto l’autore che il bacino imbrifero del, Benaco può ‘considerarsi limitato: a nord dai monti Capino (1123), M. Biania (1418), Mm Lomason (1804) e M. Gaverdina (2048); ad occidente dal crinale della «grande massa dolomitica che lo separa dalle Giudicarie e dal lago d’Idro; ad oriente dal crinale del Baldo e a mezzogiorno dal vasto anfiteatro mo- | renico benacense. L’autore si fa quindi ad esaminare anzitutto il tratto settentrionale a “nord di Riva, e successivamente i lati oceidentale, orientale e meridionale. Relativamente al tratto settentrionale, a nord di Riva, l’autore fa | presente che il tratto in parola è costituito specialmente da terreni secon- dari, in cui predominano le dolomie e i calcari selciosi del Lias, terreni -che si presentano assai dislocati e fortemente inclinati, attraversati da frequenti faglie. Caratteristica — osserva l’autore — la valle tectonica Tenno-Ballino, «. dovuta ad una sinclinale dislocata e nella quale si osservano i terreni della Creta inferiore e superiore e dell’Eocene incuneati nelle potenti masse cal- - cari e dolomitiche del Lias. Nel lato occidentale, da Riva a Salò, assume un magnifico sviluppo la. . dolomia principale, che in alcune località misura almeno 700 m. di spessore ‘e comprende nel suo mezzo un’importante formazione di calcari marnosi bituminosi, con fauna di pesci fossili, mentre in altri punti si sviluppano gli strati ad Avieula contorta e Terebratula gregaria, che coronano in alto A la suaccennata dolomia. Più a sud prende invece a svilupparsi il piano fi infraliasico, la dolomia superiore dello Stoppani, nota sotto il RETE TR PRO 1 et POSSE VE 76 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 e» la id - 2 he « % i ©. È bt. =" » P427 . u cale if aa di già u'Ld bee” 1 #3 x, Ù ù = n Bi Li vr Vga LS ‘ pa ia via — ie è , nome di Corna. Nei dintorni di Tremosine e in tutta la Riviera è assai sviluppata la scaglia rossa del Cretaceo superiore, mentre si osservano scarsi affioramenti del marmo maiolica e tenui lembi del calcare eocenico. All’e- stremo meridionale si osserva il noto lembo di spiaggia pliocenica alla rilevante altezza di 485 metri. In questo lato del bacino le morene sono poco sviluppate, e, data la dirupata conformazione delle sponde, sì conservano soltanto a lembi, insi- nuate nelle valli laterali. i Nel lato orientale, da Torbole a $S. Vigilio, mancano affatto gli scisti retici, la cui flessibilità e scorrevolezza ha contribuito non poco a produrre lo secombussolamento tectonico nella regione tra il Chiese ed il Garda. Quivi si sviluppano potentemente le formazioni della serie liassico-giurese dei calcari grigi selciferi, potenti, in alcune località, sino a 300 m., ai quali si sovrappongono concordanti i calcari gialli oolitici. Il lato meridionale è essenzialmente costituito dal grandioso anfiteatro morenico del ghiacciaio retico, il quale chiude a valie il bacino. L’ampiezza dell’anfiteatro morenico benacense è veramente enorme; basti il dire che la cerchia esterna forma un arco di 100 chilometri di svi- luppo, con una corda, dai Taormini di Salò a Costermano di Garda di circa 21 chilometri e una saetta di 33 km. La eerchia delle giovani morene si eleva di circa 500 metri sulla massima profondità del lago. compreso nel- l’anfiteatro; le morene interne hanno forme più dolci delle esterne, ma sono meno continue e meno nettamente allineate in forma arcuata e scendono a gradinata nel lago. Dal punto di vista geomorfologico l’autore rileva : 1° che il lago di Garda è incuneato fra due regioni di costituzione geologica alquanto diversa, ma prevalentemente calcaree; 20 come in tutti gli altri bacini orografici, il bacino del Garag è sca- vato in roccia in posto, ma delimitato nel suo contorno meridionale dalle potenti morene dell’anfiteatro e dai depositi fluvio-glaciali; 3° il potente ghiacciaio retico penetrò, sebbene in misura limitata, anche nelle valli laterali, trasformandone le parti inferiori interne. Le inse- nature di Salò e di Manerba costituiscono infatti dei bacini ramificati ae- . canto al bacino principale; 4° la ragguardevole dorsale sommersa, che dal Capo S. Vigilio va alla penisola di Sirmione e che alla Secca di Vò giunge a soli 4 metri dallo specchio d’acqua, segna il confine orientale del bacino principale. Considerando la plastica dei terreni che formano questo interessante bacino, l’autore osserva che anche qui, come nei bacini del Ticino e dell’Oglio, PA î n siti a e i RIA ) t ‘ Ma DT, x P. nre V i ti Mep] È : ‘ È deal ki, - 3 gag) è ò RSRI PI + dre i *; Py BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 ; TI 3 si possono seguire tre serie ben distinte di terrazzi, che si abbassano rego- | larmente da. monte a valle e collimano coi terrazzi della valle del Sarca e | anche con quelli della valle dell’ Adige. È I terrazzi che si svolgono nell’area del bacino benacense sono: 1° Terrazzo. A nord di Riva, sulla destra del Sarca, si manifestano | traccie del più: alto terrazzo nel tratto fra M. Brento e M. Biaina, a po- | nente di Arco, alla chiesetta di S. Pietro ed in corrispondenza del pianoro di Tombio. Si riprende poi sulle falde meridionali della Rocchetta di Riva ai Prati di Sotto e si continua sulle falde di Cima al Bal, fra le valli di S. Giovanni e di Pura, dove forma il pianoro di Dalco. La continuazione di questo ter- razzo si manifesta poi in altre località, come nell’avvallamento delle For | naci, nei tratti pianeggianti di Campi e di Roccolo, nei pianori di Cà della ‘ Costa Pelata, Cà Nevese e Cà Volpere, ecc. Il 2° Terrazzo sulla destra del Sarca si manifesta a Mandrea e nella | Valle del Varone a Valle del Monte e ai Campi, si interna nella Valle di È Ledro, ricompare a Ustecchio, e prosegue assai marcato in corrispondenza di Mesema, Pregasio, Cadignano, Prabione, Gardola, Oldesio, Piovere, Muslone, È Cabbiana, Folino, Gaino, Sanico, Vigole, ecc. Il 3° e più basso Terrazzo a nord di Riva, sulla destra del Sarca, sì È manifesta a Badaro, Romazzolo, Arco, e si continua a Tenno e Pranzo, Pregasine, alle falde di M. Comaro, al Crocefisso, al Quercino. Sostiene i paesi di Zuino, Fornico, Mornaga, Cecina, Cuzzaga, Maclino, Bozzuglio, . Montecucco, Gardone di Sopra, ecc. 4 Sulla sinistra il corrispondente terrazzo si rivela a Brena, a Dosso Lei, a Dosso Casina, a Dosso Merlo; a Malcesine. Più oltre sostiene C. Camparo, È Sommavilla, Pozzo Borago, Zignano, ecc. : Oltre ai suaccennati terrazzi, che si possono seguire con soddisfacente | sontinuità, se ne avvertono altri saltuari e non corrispondenti sulle due sponde. L’autore espone quindi le pendenze delle tre suaccennate coppie di | terrazzi e dichiara che dall’esposto esame del terrazzamento orografico ha | potuto formarsi un’idea della progressiva erosione del bacino benacense . attraverso la vicenda dei periodi glaciali ed interglaciali, rimanendo tutta- È via nel dubbio se l’accennato triplice sistema di terrazzi corrisponda alle 4 tre epoche interglaciali, o se invece il 1° terrazzo non debba riferirsi al | periodo preglaciale e gli altri due terrazzi ai due primi periodi inter- glaciali. (E. Trssi). 3% È : Pat E È NATI LEO OI ua ” ; VOI MANNIAE” i eda PARI ‘ RPS sa, IA CRE i ia " diga, Pane 1) xd AE; A "e 4 i tei LA CARS bi 78 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 PIACENTINI G. — Fenomeni d’erosione e cavità carsiche in Val Collina. (Mondo Sott., Anno X, N. 1-3, pag. 39-42). — Udine. L’autore descrive in questa nota i fenomeni d’erosione e le cavità car- siche da lui constatate in Val Cellina e precisamente nel tratto che da Mon- tereale va al Passo dell’Orso, nel quale tratto il terreno, spettante al Cretaceo, ha carattere eminentemente carsico. I monti all’intorno, tutti nudi, con pareti a picco, lasciano spesso in- travvedere ampie cavità e profonde fessure, specialmente lungo i piani di combaciamento degli strati. (E. TISSI). PLATANIA G. — Su l’emanazione di anidride carbonica nel fianco orientale dell’ Etna. (Estr. dalle Mem. dell’Ace. di Acireale, S. 3, Vol. VII, opus. in 8° di 7 pag.). — Acireale. Premesso che nel fianco orientale dell’ Etna le acque sorgive sono spesso cariche di carbonati e di anidride carbonica libera, come ne fanno fede l’acqua ardente di Zafierana e le acque di S. Tecla, e soggiunto che in altre parti dell'Etna non mancano acque acidule od emanazioni più o meno abbondanti di anidride carbonica, l’autore viene specialmente a parlare in questa me- moria della grande estensione che ha recentemente preso la Mofeta a nord e ad est di Zafferana Etnea, dove le emanazioni di anidride carbonica, dopo l'eruzione del 1911-12 nel fianco settentrionale dell’ Etna, crebbero a dismi- sura, tanto che in una casa di certo Nicolosi i gatti ed i polli restarono asfis- siati, nelle campagne vicine i topi scomparvero, i contadini dovettero uscire all’aperto e la vegetazione ebbe fortemente a soffrirne, fatti questi i quali dimostrano che il gas micidiale era largamente diffuso nel terreno. L'incremento delle emanazioni di cui trattasi sarebbe cominciato, secondo le notizie in argomento raccolte, dopo il periodo sismico e l’eruzione etnea del 1908 e dopo il grande terremoto di Messina; avrebbe avuto un massimo nel 1911-12 e poi sarebbe andato lentamente decrescendo. (E. TISSI). PONTE (+. — Ricerche sulle esalazioni dell’ Etna. (Rend. R. Ace. Lincei, S. V, Vol. XXIII, fasc. 89, 20 sem., pag. 341-347 e fasc. 99, 2° sem., pag. 402- 408). — Roma. Le note concernono gli studi eseguiti dall’autore sui gas esalanti dal- l’Etna, nonchè le osservazioni fatte da altri studiosi, quali il Brun, il Gau- tier, il Prenner, il Suess, lo Tschermak, il Day, lo Shepherd, ecc., le cui esperienze porterebbero un contributo in favore della anidrità dei magmi x b X i Ya TA * »” ig I Nada) | ay tie pae Bet E LP 09 portarla Pata x ca a Ml: di BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 79 . e delle esalazioni vulcaniche primarie; l’autore ammette tuttavia che occor- rono ulteriori osservazioni prima di emettere al riguardo un ceonereto e definitivo giudizio. * (E. TISSI). PRrEVER P. L. — Nummuliti ed Orbitoidi dei Dintorni di Derna. (Boll. Soc. . geol. it., Vol. XXXIII, fase. 2°, pag. 229-270, con 1 tav.). — Roma. In questa nota l’autore riassume i risultati dello studio, da lui ese— ‘guito, di alcuni campioni di calcari biancastri, giallastri o giallo-rossastri, farinosi, contenenti dei Pettini eguali a quelli che si trovano nei calcari terziari dell’Egitto. I calcari di cui trattasi furono raccolti nei dintorni di Mariouba e ricordano — soggiunge l’autore — oltre quelli coevi egiziani, quelli pure sineroni della Majella, del Gargano, dei dintorni di Sulmona (Cave dell’Ineo - ronata), del Veronese, e contengono delle Alveoline, delle Alghe calcari, dei Briozoi, ma sono particolarmente zeppi di Nummuliti e di Ortofragmine. (E. TIssI). PrINcIPI P. — Alcune considerazioni sul Terziario dell'Umbria. (Boll. Soc. | geol. it., Vol. XXIII, fasc. 2® pag. 311-320). — Roma. Riassumendo i concetti dall’autore esposti nella presente nota, il Ter- “ziario inferiore e medio dell'Umbria presenterebbe la seguente successione stratigrafica : Eocene inferiore. Scisti argillosi cinerei (genga) con intercalazioni di ‘calcare marnoso grigio. Eocene medio. Potenti banchi di marne ed arenarie grossolane interca- lati a scisti ed a calcari arenacei. | — Eocene superiore. Argille scagliose, sostituite talvolta da marne argil- lose e scistose policrome, con intercalazioni di brecciole serpentinose e di | straterelli ricchi di Nummuliti striate. Oligocene. Banchi di arenaria compatta (macigno) con intercalazioni di scisti arenacei e di calcari grigi con rare Nummuliti e numerose Orbi- ne : toidi (Ortophragmina, Lepidocyclina). Miocene. Banchi conglomeratici e calcari con Pecten, Lucina, Ostrea ; strati di marne ricche di Pteropodi. (E. TIssI). NR su, ‘ "ES ES “ AR E ASSO LUI SIEPE RT E TIR. 0,5 TA Vo peo RARO n A RR CRESTI I Mb A . rà ” ò n Can tt RIE be”, pr 7 RIT Pei LI L i are ) nio À di ò “. È a » » *. Ò è ; si Ra dei pe 80 - BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 PRINCIPI P. — Contributo alla flora messiniani di StradeWa. (Riv. it. di Paleont., Anno XX, fase. III-IV, pag. 79-88). — Parma. Nel riordinare le ricche collezioni di paleontologia vegetale esistenti n?l Museo geologico della R. Università di Genova, l’autore ebbe occasione di rivedere vari esemplari provenienti dal giacimento fossilifero di Monte- scano presso Stradella, appartenente al Miocene superiore (Messiniano), giacimento molto importante dal punto di vista della paleofitologia. Nell’accennata località affiorano delle marne gessose cenerognole rac- chiudenti numerose impronte fogliari, delle quali ebbero già ad occuparsi vari autori, italiani e stranieri. L’autore enumera e descrive nella presente nota le specie da lui deter- . minate o delle quali ha creduto opportuno di modificare la denominazione . in precedenza data da altri, riassumendone poi i datiin un elenco nel quale è anche indicata la rispettiva diffusione cronologica. Il numero complessivo delle specie conosciute nel giacimento gessifero di Montescano è di 38. Di queste solamente tre fanno la loro comparsa nel- ‘ l’Eocene; 22 si trovano nell’Oligocene, ll nel Miocene inferiore, 21 nel Miocene medio, 31 nel Miocene superiore e l giunge sino al Quaternario. Risulta quindi assai evidente — osserva l’autore — il riferimento erono- logico della flora in questione al Messiniano. Strettissime sono le affinità che la flora di Stradella presenta con quelle sinerone di Sinigaglia, Ancona, Guarene, O2ningen; essa ha nume- rosi rapporti con la flora attuale di tipo nord-americano ed accenna per- ciò ad un clima piuttosto temperato. Nella flora di Montescano — soggiunge l’autore — mancano i Pinus, gli Abîes, ed il genere Myrica è rappresentato da una sola specie; sono invece numerosi i Faggi, i Castagni, le Querce, e l’autore da ciò deduce che mancavano nelle vicinanze luoghi elevati e che pertanto doveva già essersi verificata la sc)mparsa del continente Alpino, che giungeva fin quasi al Po. (E. TIssi). Principi P. — Synopsis della Flora fossile oligocenica di Santa Giustina e Sas- sello in Liguria. (Atti Soc. ligust., Vol. XXV, N.3 (Anno XXV), pag. 149-200). — Genova. Osserva l’autore che le filliti di Santa Giustina e Sassello, in Liguria, costituiscono senza dubbio una delle più rieche fora dell’Oligocene inferiore. La flora fossile ligure, infatti, comprende complessivamente ben 462 forme, cifra di gran lunga supariora a quelle ch> furono rinvenute nelle altre l»calità fillitifere più importanti dell’Oligocene inferiore. x +.% BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 81 L’autore, avendo compiuto lo studio delle Dicotiledoni, delle Critto- game, Gimnosperme e Monocotiledoni, porge in Questa nota l’elenco gene- rale delle specie fossili descritte, accennando alla loro distribuzione strati- grafica e alle loro affinità con la flora mondiale vivente. Data la presenza di determinate forme ed i numerosi rapporti con altre flore del Terziario antico, l’autore è d’avviso che la flora di Santa Giustina e di Sassello appartenga al Sannoisiano, interpretazione che risul- terebbe confermata dallo studio della stratigrafia e dei fossili animali. Foichè la maggior parte delle specie fossili di Santa Giustina e Sassello trovano le loro corrispondenti in certe regioni tropicali e subtropicali del- l’ Asia e dell'America, è lecito supporre — soggiunge l’autore — che alcune pianure delle Indie, delle isole della Malesia e del Pacifico medio, ed alcune contrade del Brasile e dell’ America settentrionale presentino un insieme di caratteri fitologici che deve approssimativamente corrispondere a quelli offerti, durante l’Oligocene inferiore, dai territorî di Santa Giustina e di Sassello. (E. TISSI). PuLLi G. — La torbiera di Campotosto in rapporio al problema dell’esca- vazione e del trattamento delle torbe in Italia. (L’'Ind. chim., min. e me- tall., Anno I, N. 7, pag. 193-199). — Roma-Torino. Prima di addentrarsi nella descrizione della torbiera di Campotosto, che forma l’argomento precipuo di questa monografia, l’autore si sofferma ad esporre alcune considerazioni sull’importanza industriale che ha ormai assunto il problema dell’utilizzazione delle torbe, e sui tentativi di ricerca e di applicazione che vengono diligentemente attuati anche in quei paesi che per le ragguardevoli riserve di carbon fossile di cui dispengono potrebbero, per molti anni ancora, astrarre dalla ricerca di altre fonti di energia calorifica. Dopo ciò l’autore passa ad enumerare i caratteri fisici della torba, le sue qualità ed i suoi difetti intrinseci, specialmente in riguardo all’eleva- tissimo contenuto d’acqua, ed i tentativi fatti per conseguirne una più o meno inoltrata essiccazione: esamina quindi le particolarità del suo eco- nomic9o trattamento, cioè la gassificazione e distillazione, allo intento di ‘ottenere dei gas combustibili per produzione di energia e sottoprodotti di alto valore commerciale, tra cui va specialmente annoverato il solfato —d’ammonio. Dopo un accenno alle principali torbiere italiane che si sono mostrate particolarmente adatte a fornite materiale suscettibile di essere gassificato e distillato, l’autore viene a parlare dell'importante giacimento torbifero di Campotosto, nell’Abruzzo Aquilano,la cui messa in valore è dovuta prin- oli 82 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 cipalmente all’accoppiamanto della bonifica regionale coll’operazione del- l’estorbamento. Dopo le necessarie indicazioni topografico-morfologiche su questa tor- biera d’altipiano e sul sistema idrografico della plaga che la contiene, l’au- tore viene a parlare del progetto recentemente compilato per la razionale estrazione della torba e per la contemporanea bonifica del bacino imbrifero, progetto in dipendenza del quale verrebbe a conseguirsi il prosciugamento e la sistemazione idraulica dell’altipiano di Campotosto, l’utilizzazione di una ingente quantità di torba (oltre 50 milioni di m. c.), l'irrigazione di una vasta superficie agricola posta a valle della torbiera, e — infine — la. produzione di un considerevole quantitativo di energia elettrica ricavabile da un salto di 425 metri che sì otterrà mediante l’apertura di una galleria già in corso di lavorazione.. | L’autore prospetta, infine, i caratteri del giacimento torboso in ordine alla sua giacitura, estensione e potenza, descrive le qualità fisiche e chi- miche della torba, tratteggia le modalità del futuro esercizio della torbiera e del conseguente trasporto e trattamento della torba ed accenna, per ul- timo, alle earatteristiche d’indole industriale che coneernono la qualità e valore dei prodotti e l’utilità economica dell’impresa. È (E.TISSI). ReEpPossi E. — Osservazioni geologiche e petrografiche sulla bassa valle della Mera (Alpi lombarde). Nota preliminare. ( Atti Soc. it. sc. nat., e Museo Civ. st. nat. in Milano, Vol. LIII, fasc. 2°, pag. 243-281, con 10 tav.). — Pavia. Questa nota riafferma i risultati dello studio geologico-petrografico della regione circostante ‘al laghetto di Mezzola ed in particolar modo della porzione inferiore delle valli Codera e Ratti, nonchè di buona parte della bassa valle della Mera, fin nelle vicinanze di Chiavenna verso nord e fino alle estreme sponde lariane verso sud. Scopo dell'autore fu dapprincipio lo studio della massa eruttiva del granito detto di S. Fedelino, sia in ciò che ha tratto al suc sviluppo, sia nei riguardi delle rocce che lo incassano; ma in seguito alla effettuata constatazione che la formazione granitica si estende più di quanto era stato dapprima supposto, l’autore fu indotto ad allargare il campo delle proprie investigazioni, estendendo le sue indagini, od almeno alcuni accerta - menti di controllo, anche nelle vicine valli del Masino e del Liro, special- mente per ciò che concerne alcuni particolari geologici, petrografici e mi- neralogici, particolari che — stante la complicata struttura di quelle for- i j rea] POR dai ei pete IRRARSTE c 4 a BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 19Î4 . STIA 83 mazioni e la singolare asperità dei luoghi — si svelarono assai più intricate e complesse di quel che lasciassero supporre le prime gite di ricognizione. A questo riguardo l’autore erede anche opportuno di far notare che il ‘ suo lavoro è ancora ben lungi dal colmare tutte le lacune resesi manifeste durante lo studio e dal permettere un esauriente confronto tra la regione in esame e quelle ad essa adiacenti; motivo per cui è costretto a fare le opportune riserve su alcuni riferimenti e rimandare ad altra epoca il la- voro di sintesi, limitandosi, per ora, ad una sommaria analisi strutturale e petrografica e alla enumerazione delle più importanti località d’interesse mineralogico da lui incontrate e studiate. © Osserva l’autore che la regione in esame non è ignota alla scienza, es- sendosi anzi della medesima occupati varii studiosi, italiani e stranieri, ma che nei riguardi della conoscenza petrografica la regione in parola si può dir quasi vergine, ben piccolo essendo il valore che puossi ragionevolmente attribuire alle diagnosi geognostiche dei vecchi autori, e limitandosi a sem- plici indicazioni sommarie quelle che troviamo nelle pubblicazioni più recenti. L’andamento generale — continua l’autore — delle principali forma- zioni è da est ad ovest, ed il motivo tectonico predominante sembra esser quello di un’ ampia anticlinale, il cui asse passi approssimativamente in corrispondenza della linea Berlinghera-Sasso Manduino e sia leggermente ribaltata verso sud. La gamba meridionale dell’accennata anticlinale comprende l’impor- | tantissima intercalazione delle dioriti quarzoso-anfiboliche del M. Basetta, e ad essa sembra succedere verso sud la notissima sinelinale di Dubino, col suo nucleo di dolomie triasiche. | | Il nucleo dell’anticlinale sarebbe invece costituito da ortogneiss compat- tissimi, a due miche o prevalentemente anfibolici, su cui stendesi uno spesso mantello di gneiss scistosi e di scisti sillimanitici, con numerose intercala- zioni anfibolitiche, peridotitiche e calcaree. La gamba settentrionale dell’anticlinale, più ricca ancora della prima in forme petrograficamente notevoli, sembra interrotta, poco a sud di Chia- venna, da un grande disturbo tectonico, che mette in evidenza l’aggrovi- gliato gruppo litologico di questa località. Nelle immediate vicinanze di Novate Mezzola, entro la compagine gneissica del monte, sono intrusi i grossi banchi del granito di S. Fedelino, i quali hanno riempito enormi fessure dirette all’ incirca da nord a sud e leggermente inclinate verso est. Questi banconi granitici sono collegati semprè tra di loro da una rete di filoni minori, ein corrispondenza della base del M. Amedè sembrano fondersi insieme e formare un ampio ammasso, rag- giunto forse dalle più basse escavazioni praticate presso Novate. de STICA, bi di tei TP | ii a 1] hi » ate ee si SL Pl 84 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 La massa granitica si stende assai più ampiamente di quanto erasi dap- prima creduto ; di vastità veramente grandiosa è poi l’area abbracciata dai più sottili filoni e filoncelli granitici che accompagnano la massa principale. La roccia dioritica del M. Bassetta e lo stesso serizzo ghiandone di Val Masino ne sono, benchè non frequentemente, attraversati. . La massa granitica, oltre a presentare una serie così grandiosa di filoni non differenziati, è anche accompagnata da una ricca serie di filoni pegma- titici,i quali traversano non solamente la massa stessa del granito ma anche tutte le formazioni circostanti. Dopo ciò l’autore esamina e descrive, con grande copia di particolari d’ordine stratigrafico, cristallografico e mineralogico, le singole zone studiate e le varie formazioni in esse comprese. (E. TIssI). RePOSSI E. — I filoni pegmatitici di Olgiasca, rinvenimento in essi di minerale d’uranio. (Atti Soc. it. sc. nat. e Museo Civ. St. nat. in Milano, Vol. LII, fasc. 4°, pag. 487-513). — Pavia. In questa nota l’autore tratta diffusamente dei filoni pegmatitici di O1- giasca, dei quali ebbero già ad occuparsi vari studiosi, tra cui il Curioni, il Jervis, il Melzi, il Bertolio, ecc. | Al Melzi — osserva l’autore — si deve la esatta determinazione petro- grafica della roccia costituente il così detto filone del laghetto di Piona, nonchè il riconoscimento abbastanza preciso dei suoi componenti minera— logici principali. E gli definisce infatti quella roccia una pegmatite tormalinifera con gra- nato accessorio, e ne ricorda quali elementi il felspato ortose, il quarzo, la mica bianca, la tormalina e il granato. Credette di riscontrarvi anche il rutilo, ma i recenti studi dall'atto hanno permesso di stabilire che invece di rutilo si tratta di zircone. L’autore stesso vi ha successivamente rinvenuto numerosi esemplari di crisoberillo e qualche campione di una specie appartenente al gruppo delle così dette miche d’uranio, la quale specie risulterebbe nuova così pel gia- cimento d’Olgiasca, come per altre regioni italiane. I filoni pegmatitici di Olgiasca sono compresi nella potente zona dei micascisti grigi, spesso granatiferi e staurolitiferi, di età non ancora sicu- ramente determinata. La zona in parola risulta prevalentemente formata di micascisti e gneiss ‘molto scistosi, grigio-scuri, rugginosi o neri per al- terazione superficiale, ricchissimi di lenti e straterelli quarzosi lattei, che conferiscono alla formazione un carattere molto spiccato. I) fascio dci filoni pegmatitici di Olgiasca ne comprende cirea una doz- RE E TL. * % TR COTTI: TO VR TE | e _* di x ‘ , si Ce. dl ri de Ò 4 * . r .. I 5 I n dò BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 85 zina, di cui il più noto ed importante è il già citato filone del laghetto di Piona, situato presso C. Béttega. Ha uno spessore di circa 5 metri ed è nettamente discordante con gli scisti incassanti. Tra i suoi elementi costitutivi non è stato finora rinvenuto il berillo, mentre l’autore vi rinvenne il erisoberillo, lo zircone, belli e grossi granati e — recentemente — anche minerali d’uranio, i quali formano lo scopo principale della presente nota. I minerali finora rinvenuti nei filoni pegmatitici di Olgiasca sono dun- que: l’ortoclasio, il mierolino, l’albite, il quarzo, la muscovite, la biotite, la tormalina, il granato, la ciorite, lo zircone, l’apatite, il berillo, il criso- berillo. A Queste specie devono ora aggiungersi, per le ricerche dell’au- tore, due minerali fin qui non ancora noti nei filoni di cui trattasi, cioè l’uramite e la torbernite, che sono nuovi anche nella serie dei minerali italiani e che hanno certamente un non trascurabile interesse scientifico. ‘Soggiunge l’autore che le due specie, eccezionalmente scarse, vi appaiono legate tra loro da uno stretto nesso di causa ad effetto : infatti la torbernite è evidentissimamente un prodotto di alterazione della uranite. | (E. TISSI). Riccò A. — Terremoti dell'eruzione etnea del 1911, registrati a più di 1800 km. di distanza. Nota preliminare. (Boll. Sedute Acc. Gioenia, fasc. 29- 30, pag. 10-11). — Catania. Osserva anzitutto l’autore essersi finora ritenuto che le scosse vulca- niche non si propaghino a grandi distanze e che pertanto il focolare delle eruzioni e dei terremoti vulcanici sia poco profondo. Una tale supposizione, originata certamente dalla scarsezza o mancanza di strumenti sismici di grande sensibilità e precisione, venne poi smentita dalle osservazioni fatte in occasione delle eruzioni etnee del 1908, 1910 e 1911, durante le quali si ebbero prove di lontana propagazione delle principali scosse che le accom- . pagnarono. In quella del 1911, nella quale il vulcano fu squarciato per la lunghezza di 8 km. almeno, le forti scosse (grado 5° della scala Mercalli) furono registrate e riconosciute come provenienti dall’Etna anche in Os- servatorii esteri, cioè a Gratz, a Jena, a Cartuja, a S. Fernando, a Postdam, ad Amburgo, vale a dire fino a 1880 km. di disianza dall’Etna. Soggiunge l’autore essere stata allora registrata anche una forte compo- nente verticale fino a Mileto (130 km.), deducendo pertanto che.i due fatti di aversi registrazione di terremoti vulcanici a grande distanza ed anche con componente verticale, dimostrano che gli sforzi che li producono sono insieme violenti e profondi, e quindi in contraddizione a quanto si era in precedenza creduto. I (E. Trssr). A * £ 3 a ò vai, à i - è i n PO e EEE eo > vat . I ea — pui TEA RSI NASO SE) RONOE — . P_i x ; el V- 9 » - 86 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 Rizzo C. — Geologia dell’ Arcipelago di Malta; i ia su due note del prof. C. De Stefani. (Boll. Soc. geogr. it., S. V, Vol. III, N. 10, pag. 1057- 1075). — Roma. Riferendosi alle note pubblicate nel gennaio 1914 dal prof. Carlo De Stefani sulla geologia dell’Arcipelago di Malta, l’autore confuta nella presente nota le affermazioni del suddetto De Stefani in ciò che ha tratto alla negata esistenza difaglie di qualche importanza in Malta o nel Gozo, compresa la così detta « Grand Fault », una grandiosa faglia con uno spostamento verticale di parecchie centinaia di piedi che attraversa l'isola di Malta per tutta la sua lunghezza da NE a SO e la cui evidenza — sempre se- condo l’autore — salta agli oechi di tutti ed è stata riconosciuta ed a ccer tata da tutti coloro che, prima del De Stefani, si occuparono della geologia di Malta, non escluso Sir J. Murray, di cui è a tutti nota la carta geolo- gica dell’isola di Malta, ed il proî. dott. Wm. Herbert Hobbs, direttore del Laboratorio geologico della Università di Michigan (S. U. A). Soggiunge l’autore che sempre in relazione alla negata esistenza delle prineipali faglie, da parte del prof. De Stefani, questi divide la stratigrafia del gruppo Maltese in sette piani distinti, mentre l’autore ed il Murray ne riconoscono soltanto cinque. I piani ammessi dal De Stefani sono, in ordine ascendente, i seguenti: 1° Calcari inferiori di Ras il Kala; 1 2° Argille turchine inferiori; 3° Calacari inferiori a « Nulliporae »; 40 Marne a « Globigerina »; 5° Argille turchine superiori; 6° Sabbie verdi; 7° Calcari superiori a « Nulliporae ». I piani ammessi dall’autore e dal Murray sono invece — sempre in ordine ascendente — i seguenti: 1° Lower Corallina Limestone; 2° « Globigerina » Limestone; 3° Blue Clay; 4° Greensand: 5° Upper Coralline Limestone. L’autore fa quindi seguire un’ analisi comparativa ed una relativa discus- sione e confutazione sopra ciaseuno degli anzicennati piani geologici, dopo di che viene a parlare della ipotesi concernente la supposta unione del gruppo di Malta con l’Africa e con la Sicilia, unione strenuamente combattuta dal De Stefani, e dall’autore e da altri geologi invece validamente sostenuta. l dr alii ci n d Co , Mm . _ BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 i 87° “SE L’autore crede che la supposta unione abbia avuto luogo verso la metà Dr. del lunghissimo periodo postpliocenico, all’epoca cioè in cui la massima parte della costa settentrionale dell’Africa subiva le vastissime oscillazioni menzionate dall’Adams nel suo libro « Notes of a Naturalist in the Nile Valley and Malta ». L’autore ritiene infatti: dg 4 a 00 7 a) Che al tempo del Pliocene il gruppo Maltese già emergesse in mezzo al Mediterraneo, allora assai più vasto; | b) Che verso la fine della prima metà del Postpliocene abbia avuto luogo il sollevamento di una vastissima estensione del fondo marino com- prendente parte della presente costa africana e ciò che già esisteva della Sicilia, in modo da unire questa a quella e forse anche i due Continenti ; net» c) Che l’Arcipelago Maltese formasse allora una grande montagna A in mezzo aiîla terra per tal modo emersa, e che la nuova terra così formata i tra i due Continenti si fosse gradatamente vestita della flora postplioce- Re nica ed abitata dalla fauna dello stesso periodo geologico ; 5 d) Che in seguito ad un susseguente riabbassamento si sia formato il mare Mediterraneo col gruppo insulare di Malta, Sicilia ed altre pros- kr: — sime isole, il tutto, pressappoco, come si manifesta presentemente. L | Ammessa pertanto l’accennata ipotesi sulla supposta unione — os- . : serva sempre !'autore — il problema della successiva separazione si pre- SW | senterebbe di meno difficile soluzione, inquantochè una volta ammesso il =@ . sollevamento, resta facile collegare il riabbassamento con la causa che determinò il sollevamento o con cause a quella concomitanti. Osserva ancora l’autore che oltre la « Grand Fault » ed altre faglie in di Malta e Gozo, le quali accennano ad evidenti estesissime perturbazioni del terreno, vi sono in quel gruppo insulare altre due grandi faglie, l’una S ; . a sud del Crendi e del Zurrico in Malta, e l’altra a sud di Cene al Gozo, È tutte e due con spostamenti verticali di più centinaia di piedi, le quali faglie seguono direzioni approssimativamente parallele, e, molto probabil- «mente, formano parte di un solo sistema estendentesi almeno per l’intera Mi: 9 lunghezza del gruppo, motivo per cui, ammessa l’esistenza di questo gran- p dioso sistema di faglie, con abbassamento di 4-5 cento piedi, e considerando x che simili sistemi non sono quasi mai isolati, ma bensì accompagnati da » ia altri più o meno numerosi, facilmente si comprende che tre o quattro si- A | Stemi di faglie simili a questo sopra descritto siano più che sufficienti a î | spiegare l’attuale isolamento e le presenti profondità marine interposte pi: fra il sruppo insulare Maltese e Ie più vicine terreferme, profondità che ; non oltrepassano i 250 fathoms. i (E. TISSI). ara ‘+ 88 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 4 Riva PIERA. — Thomsonite del territorio di Casarza Ligure. (Riv. di min. e crist. it., Vol. XLIII, fasc. IMI, IV, V e VI, pag. 61-71). — Padova. In questa nota sono esposti i risultati dall'autrice ottenuti dallo studio di un minerale proveniente dai giacimenti cupriferi di Casarza, e precisa- mente dalla miniera Gallinaria, minerale che il prof. A. Issel, in seguito a dati analitici forniti dal Bechi, aveva determinato e descritto come scolecite, ma che dalle recenti ed accurate ricerche che formano oggetto delle pre- 3 sente nota risultò essere invece thomsonate. i Il minerale di cui trattasi fa parte di una specie di breccia costituita | 1 di datolite compatta o cristallina, mista a proporzioni variabili di minerali accessori tra i quali prevalgono la scolecite e la calcite e che trovasi a contatto fra una massa serpentinosa ed una eufotide. } (E. TISssI). ROSATI A. — Contributo allo studio cristallografico dei minerali del Lazio, — Sanidino dei Monti Albani. (Rend. R. Acc. dei Lincei, S. V, Vol. XXIII, fasc. 2°, 2° sem., pag. 39-44). — Roma. La nota riporta i risultati dello studio — eseguito dall’autore — dei cristalli di sanidino, tappezzanti le geodi di un blocco di sanidinite recente- mente rinvenuto al Parco Chigi di Ariccia, presso Albano Laziale. (E. TISSI). I Rosati A. — Studio geo-litologico sullo sperone di Monte Salomone presso Monte Compatri (Vulcano Laziale). (Boll. Soc. geol. it., Voll XXXIII, . fasc. 19, pag. 168-176). — Roma. | Forma oggetto della presente nota la cava aperta nel fianco nord di Monte Salomone, costituita principalmente da lava sperone, localmente utiliz- zata come materiale per costruzioni edilizie e per l’inghiaiatura delle strade. La formazione è particolarmente interessante dal punto di vista petro- grafico e geologico per il graduale passaggio fra le stratificazioni supe- riori di lapilli e di scorie ed il sottostante banco di sperone, e si presta a speciali considerazioni sul modo di deporsi e consolidarsi delle varie rocce che costituiscono la formazione medesima, e che litologicamente considerate possono suddividersi in tre zone: superiore, media ed inferiore. La zona inferiore presenta numerose masse scoriacee di varia forma e grandezza, di colore giallognolo e di struttura porosa, tra loro cementate nei punti di contatto allo stato pastoso e in prossimità della lava confuse con questa, i e NI n e Si BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 89 _ —‘—La zona media risulta di lava sperone, di colore giallognolo e struttura . alquanto porosa. Il banco di lava è attraversato da numerose fenditure | prodotte per contrazione. tuzione più complessa, essendo formata da scorie e da stratificazioni di i lapilli e ceneri vulcaniche che diventano sempre più incoerenti man mano | che siavvicinano al terreno vegetale. Specialmente interessante è il passaggio graduale, quasi insensibile, dalla tipica roccia massiccia, qual’è lo sperone, alla tipica roccia euclastica fornita dalle stratificazioni dei terreni sciolti. d (E. TISSI). | RovERETO G. — Nuovi studi sulla stratigrafia e sulla fauna dell’Oligocene li- gure. (Vol. in 8° di 179 pag. — Società Tip. Lit. Ligure E. Olivieri e C.). — Genova. L’autore, avendo potuto constatare che nella descrizione della fauna fossile del grande bacino ligure-piemontese, eseguita in questi ultimi anni da parecchi studiosi, non è stata fatta la necessaria distinzione dei livelli e delle località dai quali i singoli fossili provenivano, motivo per cui non | riusciva ancora possibile decifrare la stratigrafia dell’Oligocene Appenninico | nè fare conseguentemente risultare i rapporti che esso presenta coi giaci- menti degli altri bacini, venne nella determinazione di studiare minutamente e sistematicamente le più importanti località fossilifere, allestendo una nuova | raccolta delle specie fossili rinvenutevi, raccolta che viene così a costituire 1 un utile complemento di quelle esistenti nelle collezioni del Museo geologico di Genova. Nella presente monografia l’autore espone i risultati delle proprie inve- | stigazioni, dalle quali egli è indotto a trarre deduzioni e conclusioni nuove, | ritenendosi in grado di poter dimostrare che l'ordinamento dato fin qui, e basato specialmente sulle affermazioni del Mayer, è difettoso e incompleto. | Egli si affretta tuttavia a soggiungere che il lavoro, anche dopo le ri- cerche da lui eseguite, è tutt’altro che completo: basti il dire che delle 400 e più specie di molluschi citati come appartenenti all’ Oligocene ligure, solo poco più del terzo sono state da lui ritrovate e che è ancora da farsi i lo studio delle filliti dei livelli basali e dei bacini lignitiferi. : ‘Il più importante dei fatti acquisiti in seguito agli studi dell’autore è quello di poter stabilire che la fauna a nummuliti quasi cessa nel Sannoi- stano, e che gli strati superiori, pur sempre tongriani, a sole lepidocicline ed a rare e piccole nummultiti appartengono allo Stampiano, oppure al Cattiano. In alcune località si è avuta la prova che lo Stampiano consta di due i facies, l’una arenacea litorale, l'altra marnosa costiera. La zona superiore, compresa tra il terreno vegetale e la lava, ha costi- 7 "> e # La 90 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 ue 1): Er ESE NT BE ARI Pu ia x Aree dI Ta x "us a L’autore crede inoltre di poter stabilire: a) che le marne Sannoisiane sono eteropiche con gli strati arenacei basali ; b) che le lepidocicline compaiono per la prima volta nel Sannoisiano ; e) che in nessun luogo si è trovata traccia di Bartoniano ; d) che è aquitaniana l’estesa formazione arenacea a rare lepidoci- cline, sinora riferita al Tongriano, che ccpre la sommità dei monti fra Millesimo, Cencio e Cairo Montenotte, come pure quella a sud di Rocea- vignale, la quale offre una facies dunale ricordante la elveziana. Dopo ciò l’autore riporta l’elenco dei fossili dello Stampiano, e deserive ed illustra le specie da lui rinvenute citando il nome delle località ove gli esemplari furono raccolti. : (E. TIssr). SABATINI V. — Note sul terremoto di Linera dell’ 8 maggio 1914. (Boll. R. Com. geol. it., Vol. XLIV, fasc. 3°, pag. 245-293, con 30 fig.). — Roma. Questa memoria oltre ai particolari del terremoto dell’8 maggio 1914, mette in evidenza il fatto che i terremoti etnei sono dovuti a scorrimento del mantello vulcanico sul sottosuolo sedimentario del fianco orientale del vul. cano. Ciò spiega perchè mostrino non già fratture vere e proprie del suolo (fratture profonde), ma piccole fenditure e poco estese, e dirette normal- mente al pendio. Esse sono l'indice d’un materiale che scorre sulle parti profonde e che, dove la sua natura lo permette, invece di raggrinzarsi, si rompe. Tale scorrimento spiega perchè il fianco orientale dell’Etna è sog- getto a terremoti frequenti e disastrosi, a differenza dell’altro versante. L’A. studia la costituzione del suolo, fatto d’alternanze di materiali frammentarii e di banchi di lava, e in essa trova ‘dei frequenti disastri si- smici altre ragioni, in aggiunta alla precedente. $’intrattiene sulle condi- zioni edilizie dei diversi abitati della regione colpita, e fissa l’ubicazione delle nuove costruzioni a 100 m. di distanza dalle linee su cui sì manife- stano le suddette serepolature del suolo. Conclude con alcune vedute teo- riche sulla fallacia dei calcoli dell’intensità e direzione delle scosse, basati sopra gli effetti esterni che secondo l'A. non sono calcolabili affatto, meno in casì semplicissimi. {V. 8.) SABATINI V. — La dislocazione del Giglio. (Contribuzione allo studio del Cra- tere di di Bolsena). (Boll. Com. geol. it. Vol. XLV, fase. 3°, pag. 315-321). Lungo la rotabile da Bolsena al Giglio apparisce nel tufo una frattura con rigetto valutato di 16 piedi dal v. Rath, il quale non dette alcuna ra- gicne di tale determinazione. Essa difatti non può farsi sulla sezione indi- i ti : cel Ate * rile SiR È si : A ù ì ar ur È i ta i I a ga DI È co i BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 "RRRRRI | 91 cata dal naturalista tedesco. L’A. però dal confronto di questa stessa se- | zione con altra visibile dalla parte opposta del tramezzo di tufo su cui si trovano entrambe è riuscito a misurare il rigetto medesimo, dandogli un valore compreso tra 4 e 5 metri. Se ne deduce che tale dislocazione è do- vuta al pigiamento del materiale soffice in cui si osserva, tanto più che sparisce a pochi metri di distanza sul fianco opposto della trincea in cui la rotabile è incavata. Questa è una delle fratture dei Vulsinii in cui l’amplitudine dello sposta- mento è maggiore. Ogni passo nella stessa regione mostra di tali fratture, ma con minore e spesso minima amplitudine. Tutte insieme perciò rivelando spo- stamenti così piccoli non possono invocarsi in appoggio della ipotesi che at- tribuisce a sprofondamento la conca di Bolsena. (V. S.). SABATINI V. — Prefazione alla memoria del prof. HipEzò SIMOTOMAI: Ri- cerche morfologiche sulla conca di Bolsena.(Boll. R.Com. geol., Vol. LXIV, 2°, pag. 134-141). — Roma. L’A. nel presentare il lavoro del prof. Simotomai discute sull’origine della Conca di Bolsena facendo notare come tutte le dislocazioni che si 0s- servano nei suoi dintorni siano di piccola amplitudine, raggiungendo solo «eccezionalmente 4 o 5 metri, e perciò sono dovute esclusivamente al feno- meno di rassetto in un materiale generalmente tufaceo e quindi molto soffice. —_L’A. prosegue mostrando come dei quattro argomenti tondamentali addotti finora per provare che la conca suddetta sia dovuta ad uno sprofonda- mento — assenza di recinto craterico, grandi dimensioni delia conca, varietà di materiali eruttati, fratture e relativi dissesti — nessuno regge alla critica. Si ricorda pure che il prof. Simotomai scoprì un filone nel Fosso Rossino ‘con spessore di 1-2 m. e una bella struttura colonnare nel fosso Melona in-- dicata nella fig. 12 delle tavole. Nel testo poi della nota del Simotomai lo stesso autore della prefazione intercala una breve nota a pag. 154, spiegando l’ipotesi dei recinti multipli da lui ammessa in altri lavori precedenti. La direzione dominante delle valli intorno alla conca di Bolsena, che è concentrica invece che radiale, mostra come l’erosione dovette trovare l’orografia della regione già prepa- rata per assumere poi la forma attuale, e quindi i cordoni concentrici alla conca rappresenterebbero non già altrettanti recinti, ma parti di recinti, | che la erosione ha diminuito nelle dimensioni e diviso in più frammenti, | radialmente e concentricamente. (V. S.). 92 BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 Sacco F. — La caverna del Caudano. (Estr. dal Bollettino N. VII, 1914, dell’Unione escursionisti; opuscolo in-89 di 7 pag., con 4 tav.) — Torino. Esposte alcune considerazioni generali sulla formazione delle caverne, l’autore dà brevi notizie su quella del Caudano, presso Frabosa Sottana, scoperta nel 1899 e notevole per la buona conservazione. (G. A.) SCALIA S. — Osservazioni stratigrafiche e geotettoniche nella provincia di Mes- sima. (Atti Ace. Gioenia, maggio 1914, fasc. 31°, pag. 31-51). — Catania. In questa nota l’autore espone alcune osservazioni sull’età e sulla tet- tonica di una gran parte delle formazioni geologiche costituenti i Monti Peloritani e la Catena delle Caronie, osservazioni che riguardano special- mente le rocce calcaree e le determinazioni stratigrafico-litologiche ad esse intimamente associate, in alcune delle quali l’autore ha potuto trovare dei fossili che ne ringiovaniscono alquanto l’età, la quale era stata stabilita soltanto in base a comparazioni litologiche non sempre sicure. Con riserva di estendere le proprie indagini anche in altri punti di quella regione, l’autore si occupa in questa nota dell’età di alcuni terreni della così detta formazione di Alì, le cui condizioni stratigrafiche e tetto. niche hanno da gran tempo richiamato l’attenzione di non pochi geologi e formano tuttora oggetto di una tra le più importanti e più dibattute que- stioni geologiche della Sicilia. Le osservazioni dall’autore eseguite l’hanno portato a stabilire i se- guenti fatti : | 1°) Che nella cosidetta formazione di Alì non trovasi nè il Permiano nè il Trias, e la presenza del Paleozoico inferiore (Devoniano, o. Carboni- fero) non è sufficientemente provata. Le formazioni attribuite a tali ter- reni appartengono in parte al Lias ed in parte al Giurassico superiore. 2°) La serie dei terreni giura-liassici è perfettamente normale. 39) Vi è sicuramentelrappresentato il Lias medio, parte superiore (Do- meriano), dai calcari rosati con Harpoceras. I calcari com patti, grigio-chiari, più o meno dolomitici o cristallini, sottostanti ai calcari domeriani, appar- tengono al Lias medio, parte inferiore, oppure al Lias inferiore. 4°) Il complesso di argillo-scisti varicolori e di calcari diversi, con diaspri ad Aptychus, appartiene al Giurassico superiore; al medesimo pe- riodo appartengono anche i calcari in straterelli del Capo Alì, nonchè le arenarie rosse, la quarziti, le anageniti violacee con calcari e gessi, intima- mente collegati agli scisti ad Aptychus e Belemnites per numerose alternanze e passaggi laterali. i % Te: De Fiore 0. | De Gasperi G. B. Del Campana D. | Del Grosso M. . D'Erasmo G. De Stefani C. _ De Stefano G. pDe Toni A. È. Di Franco S. P De Magistris F. e Marinelli 0. ‘ n © "DI so BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 INDICE sà. e: 30. ha e RE 3 ) Di Stefano G. 4 | Fabiani R. 39, 40, 41, 6 | Fabiani R. e Stefanini G. 6-7 | Feruglio E. 43, 44, 8 | Franchi S. 9-10 | Galdi B. 4T, 48, 10 | Gauthier V. ll | Gortani M. ll | Grandori L. 12 | Grill E. 52, 12 | Issel A. 13 | Levi G. 14 I Liebus A. 15 | Lotti B. 55, 15, 16, 17, 18 | Lovisato D. 18, 19, 20, 21, 22 | Maccioni P. S 23 | Maddalena L. e 23 | Malladra A. 58, 24 Manasse E. 26, 27 | Manfredi P. 28 | Marinelli O. 28 | Marinelli O. e De Magistris F. 29 | Martinelli G. 29 | Meli R. 30, 31 | Migliorini C. F. 32, 33, 34 | Millosevich F. 70, 34 | Moderni P. 34 | Negri G. 35 | Novarese V. pit 35, 36 | Oppenheim P. 36, 37, 38 | Parona C. F. i 38 | Patrini P. 39 | Piacentini G. 42 45 Siete £ lot a Sul DEI) sd Ò ; ò PATTO I DD Ra TR Tit TIR el ATTRA si La Pi) ati de ia i e Pe made da e i AA e : A) h agi * è è La Ne, Ue & ea. “ i Td n i i 3 Pet EMI SO SEI SE 17 SPIRE A 112 | —‘’‘’‘’‘’‘’BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA ITALIANA, 1914 - a Platania G. 78 | Simonelli V. 9% Ponte G. 78 | Simotomai H. di 95 Prever P. L. 79 | Squinabol S. 96 Principi P. 79, 80 | Stefanini G. e Fabiani R. 42 Pulié G. 81 | Taramelli T. 97, 99 Repossi E. 82, $4 | Tilmann N. 100 — Riccò A. 85 | Toniolo A. R. - 100 Rizzo C. 86 |-Trener G. B. 101 Riva P. 88 | Tucan F. s 102 Rosati A. 88 Tuccimei G. sti 103 Rovereto G. 89 | Vinassa de Regny P. 104, 105 Sabatini V. 90, 91 | Washington H. S. 103, 107, 108 Sacco F. 92 | Zaccagna D. 108 Scalia S. 92, 93 | Zuffardi P. 109 Serra A. 94 | DÒ 3 E 97 R. COMITATO GEOLOGICO. VERBALE DELLE ADUNANZE DEL 25 E 26 LuGLIO 1916. Seduta del 25 luglio. La seduta è aperta alle 9,45. Sono presenti: il presidente Issel, imembri Artini, Cermenati, Mazzuoli, Parona; Sacco, Taramelli, Zambonini, il Diret- tore del Servizio geologico, Ispettore-Capo del R. Corpo delle miniere, Bal- dacci, l’Ispettore superiore delle Miniere, Mazzetti, il Direttore dell’Istituto — geografico militare, tenente generale Gliamas, il Presidente della Società geologica italiana, ing. Novarese, il Direttore dell’Ufficio geologico, ing. Lotti, De l’ing. Crema, incaricato delle funzicni di segretario. Il PRESIDENTE esprime il suo compiacimento per l’avvenuta nomina a membro del Comitato del prof. Artini, direttore del Museo civico di Storia naturale di Milano,il quale per le sue singolari benemerenze nelle discipline mineralogiche, per la vasta coltura, per le doti di organizzatore spiegate nel dirigere un grande istituto scientifico, presterà certamente un'efficace collaborazione al Comitato, a nome del quale gli dà il benvenuto. Si compiace pure della presenza dell’ing. Novarese, degno presidente della Società geolo- gica italiana. Annunzia quindi che il sen. prof. De Lorenzo ed il prof. Di Stefano hanno scusato la loro assenza. Con profonde dolore si fa poi ad evocare la nobile figura del com- pianto collega Francesco Bassani, mancato ai vivi il 26 aprile p. p. Certo che le sue parole sarebbero state inadeguate a commemorare l’insigne scien- ziato e maestro, desiderò che altri ponesse degnamente in luce i meriti di lui e ringrazia il prof. Parona d’aver consentito ad assumere il doveroso uf- ficio, che è in grado di assolvere nel miglior modo per l’alta competenza conferitagli dall'opera sua di paleontologo. Già il sen. De Lorenzo ha dettato | una commovente necrologia del lagrimato professore, inspirandosi all’ammi- | razione ed all’affetto che nutriva per il maestro. È « Basti a me, dice il prof. Issel, ricordare col più cocente rammarico «per la sua dipartita, il carissimo amico perduto, colui che amai per l’animo | «gentile e generoso, per il carattere benevolo e schietto, per il culto che : | « professava alla scienza ed alla patria. I colleghi ebbero in lui non un com.. I i "IRINA b x Pi I En FE - ai a nas XVII ATTI UFFICIALI « petitore, ma un fratello, i discepoli non un aristareo, ma un padre. Io lo « vidi per la prima volta, circa sette lustri or sono, appena aveva incominciato «adiniziarsi nella palecntologia, e mi sentii vivamente attirato dal suo ingegno «e dalla sua cordialità; conoscendolo più intimamente, la simpatia e la stima sì « convertirono in calda amicizia che consacro oggi alla sua venerata memoria ». Da ultimo informa che al momento della morte già telegratò alla Vedova, ma crede sia il caso di inviarle ora un altro telegramma a nome del Comitato. Il ComIraTO approva. Il PRESIDENTE ricorda pure con dolore la perdita recente del compianto prof. Domenico Lovisato, della R. Università di Cagliari, il quale fu per lungo volgere di tempo collaboratore del Bollettino, Passando quindi ad altro argomento, dice che continuando inesorabile e con intensità sempre crescente la nostra guerra, aumenta purtroppo il nu- mero di quei generosi che caddero colnome della patria sulle labbra o furono di rimbalzo crudelmente feriti. Uno di questi è il figliuolo diletto del pro- fessor Federico Sacco, al cui lutto i colleghi del Comitato si associano dal più profondo del cuore. Fra le più nobili vittime devono essere menzionati due geulogi, il dott. G. B. De Gasperi e il dott. Gioacchino Pilotta, di cui saluta, come quella del De Toni, l’onorata memoria. Senonchè si verifica nel tragico periodo storico attraversato dall'Italia un fenomeno ammirevole e confortante: il pensiero doloroso delle vittime suscita nel paese, insieme al rimpianto, un senso d’orgoglio e di entusiasmo patriottico, si cementa la concordia nazionale, si ravvivano le energie dei giovani e dei vecchi, degli uomini e delle donne, si accentua il proposito che tanto sangue prezioso non debba essere versato indarno ed in tutti si rende più salda la incrollabile fiducia nel trionf) della nostra causa! Enumerando l’anno scorso i geologi che militavano per la difesa della patria commise qualche involontaria omissione, alla quale gli sta a cuore di provvedere. All’elenco dei nomi sono da aggiungersi quelli del prof. Paolo Vinassa, che era fin d’allora sotto le armi, dell’onorevole M. Cermenati, del prof. &. Merciai, del prot. P. Principi e del prof. F. Zambonini che in- dossarono più tardi l’onorata divisa, | Uno dei geologi che deposero il martello per impugnare la spada è il prof. Zuffardi, il quale, leggermente colpito una prima volta, ritornò alla ironte, ed ora giace in un ospedale di Verona per ferite assai gravi. Propone che gli siano inviati fervidi auguri e nome del Comitato (1). Il COMITATO approva. (1) Pochi giorni dopo l'adunanza, il nostro valoroso Collega soccombeva alle sue ferite e il doloroso - Il , L annunzio era trasmesso dal prof. C. F. Parona alla presidenza del Comitato. R. COMITATO GEOLOGICO XIX Il PresIDENTE dà quindi la parola all’ispettore Baldacci per le comuni- cazioni della Direzione del Servizio. BALDACCI porge innanzi tutto ai presenti, a nome di S. E. il Ministro, un saluto ed un vivo ringraziamento per il loro intervento all’adunanza del Comitato, nonostante i disagi della stagione; indi presenta e legge una let- tera del prof. Di Stefano, nella quale quèsti propone che venga accolta nelle Memorie in 4°, pubblicate dall’ Ufficio geologico, una monografia del prof. Giu- ‘seppe De Stefano sui pesci dei tripoli di Licata, monografia eseguita con molta cura, ricca di osservazioni e costituente una compiuta illustrazione di quella interessante fauna ittiologica. PARONA approva la proposta, anzi crede superfluo che il lavoro venga sottoposto, secondo il solito, al giudizio di una speciale Commissione dopo quanto ne scrive il prof. Di Stefano, che ebbe agio di esaminarlo partico- lareggiatamente. Il PrESIDENTE annunzia che nessuno avendo fatte osservazioni in con- trario, la proposta s'intende approvata, salvo le consuete riserve d’ordine finanziario. BALDACCI presenta pure uno studio del dott. O. De Fiore intitolato: I fe- nomeni avvenuti a Vulcano (Eolie) dal 1890 al 1913, del quale l’autore richie- derebbe la stampa a cura dell'Ufficio geologico. Propone che, secondo la con- suetudine,il Presidente voglia affidarne l’esame ad una apposita Commissione. Il PRESIDENTE chiama a farne parte i professori Taramelli, Artini e Zam- bonini. BALDACCI dice che, relativamente ai lavori di campagna, ri rimette a «quanto è detto nella relazione presentata dal Direttore dell'Ufficio, il quale potrà dare tutti quei maggiori schiarimenti che fossèro richiesti. Deve però richiamare l’attenzione del Comitato sulla necessità di stabilire le diret- tive da seguirsi nei rilevamenti e di ben fissare le varie zone a seconda dei rilevatori e ciò per evitare motivo di qualche dissidio. CERMENATI osserva che per la discussione del programma dei nuovi lavori ‘sarebbe necessario di ben conoscere tutto ciò che è stato fatto, a cominciare dall’esame delle tavolette relative ai lavori eseguiti. BALDACCI e LOTTI consentono in massima nella proposta, che del resto ‘ebbe già altre volte attuazione, ma osservano che per la nota mancanza di disegnatori non potrebbero aversi che le minute di campagna. PARONA ricorda che anni sono le relazioni presentate dalla Direzione del Servizio al Comitato erano molto più complete, perchè contenevano non soltanto l’indicazione delle zone rilevate, ma anche un succoso rias- sunto dei risultati scientifici ottenuti. Aggiunge anzi che tali relazioni XX . ATTI UFFICIALI erano spesso utilmente consultate dagli studiosi e davano modo agli opera- tori di far conoscere senza ritardo le loro osservazioni. Crede che sarebbe opportuno far ritorno a questo sistema. LoTtTI rieorda che il sistema caldeggiato dal prof. Parona era stato sostituito da quello di pubblicare brevi relazioni preliminari da parte di ciascun rilevatore; però, se il Comitato lo desidera, non avrebbe difficoltà ad inserire nelle relazioni annuali un riassunto dsi risultati scientifici otte- nuti col rilevamento. BALDACCI e IssEL si associano alla proposta Parona. ZAMBONINI trova buona in teoria la proposta Cermenati, ma la crede poco proficua in pratica, innanzi tutto perchè si dovrebbero esaminare non rilevamenti definitivi, ma appunti di campagna, e poi anche perchè chi non conosce un dato territorio poco può ricavare dalla semplice ispe—- zione di una tavoletta. Preferisce perciò la proposta del prof. Parona. CERMENATI chiedeva la presentazione delle tavolette per stabilire che l'esame che il Comitato ha da fare sullavoro dei singoli rilevatori deve essere completo ed investire tutto quanto ogni operatore ha compiuto nel corso dell’anno. Se però vi sono difficoltà per potere avere sott’occhi le ta- volette, egli non insiste, e, fermo restando il suo concetto che la funzione direttiva spettante al Comitato deve esplicarsi con un esame critico minu— zioso ed integrale, ben volentieri si associa alla proposta Parona, che gli pare ottima. i Il COMITATO approva. ZAMBONINI, a proposito della funzione direttiva ricordata dall’on. Cer- menati, crede che il Comitato potrebbe rinvigorirla, delegando l’alta sor- veglianza dei lavori di campagna ad alcuni suoi membri, come è stato fatto del resto anche in passato. Crede inutile insistere sul fatto che la sua pro- posta non implica alcuna sfiducia nel personale, alla cui competenza ed ope- rosità il Comitato ripetutamente plaudì, ma ha per unico scopo di aumentare il contatto fra i rilevatori ed il Comitato in modo che questo possa con maggior conoscenza dello stato deilavori procedere ogni anno alla discus- sione del programma dei lavori di campagna. TARAMELLI crede che l’azione del Comitato si debba principalmente esercitare al momento della pubblicazione dei singoli fogli: il Presidente, coadiuvato da uno o più altri membri del Comitato, dovrebbe esaminare ciascun foglio, giudicare dei criterii seguiti nelrilievoe preparare una breve relazione, da approvarsi dal Comitato in seduta plenaria. BaLpAccI dice che dai verbali delle sedute risulta che anno per anno il programma delle pubblicazioni venne preventivamente sottoposto alla approvazione del Comitato, de ad R. COMITATO GEOLOGICO FISSI ARTINI osserva che, benchè per la prima volta prenda parte ai lavori di questo Consesso, rimase subito colpito dal fatto che, mentre al Comitato spetta l’alta direzione dei lavori, esso non può necessariamente radunarsi che di rado. Ritiene quindi che esso debba limitarsi ad una direzione di carattere generale, non intervenendo in questioni di dettaglio, se nor in circostanze speciali, ed evitando una sorveglianza materiale sull’opera illu- minata dei rilevatori. MazzuoLi fornisce informazioni sul modo col quale la proposta ora fatta dal prof. Zambonini fu già altre volte attuata dal Comitato. CERMENATI osserva che sarebbe molto utile ritornare all’antico sistema ricordato dal comm. Mazzuoli coi temperamenti opportuni e suggeriti dalla pratica esperienza di tanti anni di funzionamento del Comitato. Il COMITATO approva. BaLpaccI ritornando alla questione, che, appena da lui accennata in generale, diede origine alle due discussioni precedenti, informa come gli ingegneri-capi Zaccagna e Franchi si trovino ad averrilevato parte di una stessa regione nella Liguria occidentale e ciascuno ne desideri personal- mente la continuazione. Per suo conto, senza escludere che i due operatori possano compiere gite a scopo di studio nella zona controversa, ritiene che pel momento vi si debbano sospendere i rilevamenti definitivi, in modo che l’ing. Zaccagna abbia agio di portare a termine e preparare per la pubbli- ‘cazione il foglio di Rapallo, mentre l'ing. Franchi, mediante alcune revi- sioni nelle Alpi occidentali, potrebbe preparare la pubblicazione di altri fogli, come è detto nel programma ‘dei lavori. IssEL osserva relativamente alla controversia di indole scientifica esi- ‘stente fra i due rilevatori sull’età dei terreni della zona di Voltri, che si tratta di dubbi la cui soluzione non è nè facile, nè semplice, perchè il ter- ritorio considerato presenta terreni a stratificazione prevalentemente verti- ‘cale, privi di fossili e con grande uniformità nelle roccie, onde geologi an- che abilissimi possono professare in ordine alla loro interpretazione pareri diversi. Ammette che per la pubblicazione dei fogli è necessario di adot- tare upa soluzione determinata, ma per la quiete degli operatori sarebbe bene che figurassero anche le opinioni divergenti da quella prescelta. MazzuoLi ricorda che fu una Commissione nominata dal Comitato, la quale dopo maturo esame e dopo osservazioni sul terreno stabilì l’inter- pretazione cronologica da adottarsi; crede quindi che il rilevamento in Li- guria debba essere continuato colle direttive così stabilite. SAcco crede, poichè il problema può presentarsi qui in modo un po’ di- ‘verso che nelle Alpi, che ì due ingegneri dovrebbero presentare una rela- a XXII 'ATTI UFFICIALI zione con sezioni e cartina in modo che il Comitato possa poi decidere sulle due soluzioni. BALDACCI ritiene che la decisione della controversia spetti alla Direzione, la quale però dovrebba essere coadiuvata da qualche membro del Comitato. PARONA trova che il coliega Sacco ha fatto una proposta che non vor- rebbe veder cadere; presenta perciò il seguente ordine del giorno: « Il Comitato, convinto che da un ulteriore dibattito non possa che « venirne vantaggio per la risoluzione definitiva della controversia sull’età . « dei calcescisti e roccie associate della zona di Voltri, nell’intento di per- « mettere ai due rilevatori, ing. Zaccagna e Franchi, di esporre le proprie « vedute al riguardo, è di parere che debba sospendersene il definitivo rile- «vamento e che intanto i due operatori siano invitati a presentare una. « relazione illustrante le loro conclusioni ed accompagnata da una cartina «e sezioni ». p BALDACCI si associa alla proposta Parona-Sacco, che pienamente approva. CERMENATI propone che l’esame di tali relazioni venga affidato al Pre- sidente ed ai colleghi Artini, Parona, Sacco e Taramelli, in concorso colla Direzione del Servizio. i LoTTI troverebbe opportuno che venisse fissato un termine per la pre- sentazione di queste relazioni; propone il 31 dicembre. Il ComIraTO approva le tre proposte all’unanimità. BALDACCI esprime il desiderio che quando si discuterà il programma, dei lavori e la loro distribuzione il Comitato vorrà anche a tale riguardo dare il suo valido aiuto alla Direzione. ZAMBONINI crede che il Comitato non possa non rinnovare il voto di solidarietà colla Direzione del Servizio, già emesso lo scorso anno dietro sua proposta, e col quale si intese di dare alla Direzione stessa pieno man- dato di disporre nel modo ritenuto migliore del personale, il quale indub- biamente ha l'obbligo di ottemperare senz'altro alle disposizioni prese dalla Direzione. ARTINI vede negli operatori un duplice carattere; come scienziati deve essere concessa loro la più ampia libertà di apprezzamento, ma come fun- zionari hanno il dovere di attenersi alle disposizioni date dalla Direzione. Il ComIrATO approva i concetti esposti dai proff. Artini e Zambonini. BALDACCI, ricordato che S. E. Cavasola aveva personalmente ricono- sciuta la necessità che l’intero palazzo, dove ha sede l’ufficio, fosse riservato al Servizio geologico e che i lavori di adattamento fattivi, appena presi in consegna i nuovi locali, richiesero spese assai forti relativamente alla ristret- tezza del bilancio assegnato alla Carta geologica, è dolente di dover ora in- è ee i DS «Ba 4 PESO go R. COMITATO GEOLOGICO XXIII formare il Comitato della possibilità che gran parte dei locali stessi ven- gano ritolti per trasportarvi la Biblioteca del Ministero dalla sede, alquanto umida, dove ora si trova ; ritiene però che questa sede si potrebbe risanare con una spesa molto minore di quella richiesta dal trasloco della Biblioteca. IsseL dice che le collezioni dell’Ufficio sono di capitale importanza an- che per il pubblico, costituendo un sussidio di prim’ordine per molti generi di ricerche ed insiste sul fatto che il Comitato e l’Ufficio geologico non de- vono essere considerati soltanto come un corpo scientifico, ma anche come una grande fonte d’informazioni relative alle industrie e alle arti, e che per l’efficacia di tali funzioni occorrono importanti e ben sistemate raccolte. MAZZUOLI propone che il Comitato incarichi il suo presidente di con- cretare al riguardo un apposito voto e che si deleghi l’on. Cermenati a pre- sentarlo senza indugio a S. E. il Ministro. PARONA dice che sarebbe bene approfittare dell’occasione per far pre- senti all’on. Ministro anche le più urgenti necessità dell’Ufficio in fatto di personale, specialmente per il laboratorio chimico e per il disegno. IsseL accetta e soggiunge che presenterà lo schema di voto all’appro- vazione del Comitato nella seduta di domani. CERMENATI ben volentieri si farà interprete presso S. E. il Ministro dei giusti voti del Comitato e li appoggerà con ogni calore, riservandosi di . comunicare le risposte che sarà per avere. Il PRESIDENTE ringrazia. La seduta è tolta alle 11,50. Seduta del 26 luglio. La seduta è aperta dal Presidente Issel alle ore 9,40, essendo presenti i membri Artini, Baldacci, Cermenati, Gliamas, Lotti, Mazzetti, Mazzuoli, Novarese, Parona, Sacco, Tamarelli ed il segretario Crema. E’ scusata l’assenza del prof. Zambonini causata dai suoi obblighi militari. 1} PRESIDENTE informa che, conformemente alla deliberazione presa ieri dal Comitato, ha spedito alla Vedova del compianto prof. Bassani il te- legramma seguente : «I componenti del R. Comitato Geologico ricordano « oggi con affettuosa venerazione l’eminente collega Bassani, di cui deplo- «rano la perdita ». È _ Il PrEsIDENTE dà quindi lettura dell’ordine del giorno seguente che dovrà essere presentato a S. E. il Ministro dall’on. Cermenati secondo quanto fu deliberato nella seduta di ieri. « Il Comitato geologico, fa viva istanza a S. E. il Ministro perchè voglia « mantenere per uso delle collezioni ‘geologiche i locali che furono recente MERI cd STI XXIV ATTI UFFICIALI « mente concessi e adattati con grave dispendio. Queste collezioni non solo « debbono servire ai lavori di rilevamento, somministrando i mezzi di veri- « ficare la determinazione dei terreni, ma forniscono prezioso sussidio. all’arte « edilizia e alle industrie in genere, e richiedono una capacità di locali tale « da permettere il loro successivo, automatico sviluppo, perciocchè un nuseo « geologico è un organismo vivo, destinato a erescere in rapporto col pro- « gredire dei rilevamenti e delle loro svariate applicazioni ; « raccomanda che al più presto possibile si provveda agli speciali _« ausiliari, la cui opera è necessaria per la cartografia nonchè per la conser- « vazione, l’ordinamento e la custodia di dette raccolte. « è rinnova il sua antico voto, acciocchè sia provveduto colla nomina « di uno o due aiuti al regolare funzionamento del Gabinetto di chimica, « egregiamente diretto dall’ing. Aichino ». DIE, MazzuoLi ed ARTINI colgono volentieri quest’ occasione per proporre un plauso specialissimo all’ing. Aichino per la sua opera zelante e proficua, che si svolge framezzo a molteplici difficoltà, rimanendo in parte sconosciuta. BALDACCI aggiunge che l’ing. Aichino oltre all’opera di chimico ne esplica un’altra amministrativa non meno importante adempiendo alle funzioni di vice-direttore dell’ Ufficio. Il ComiTtATO approva il plauso proposto. ARTINI riferisce anche a nome dei prof. Taramelli e Zambonini sulla memoria presentata dal dott. De Fiore. I commissari riconobbero che il lavoro, non solo come contenuto, ma anche come forma, è uguale a quello dello stesso autore già comparso nella « Zeischrift fir Vulcanologie » del ‘ Friedlànder, e che delle numerose tavole, unite al manoseritto, quelle di qualche interesse furono già tutte pubblicate. In vista di ciò un esame del valore intrinseco del lavoro parve superfluo, non essendovi ragione per accordare la pubblicazione nelle memorie del servizio geologico di un lavoro, che in massima parte non può considerarsi come inedito. IsseL e BaLpacci ringraziano il prof. Artini e gli altri commissari. Messe ai voti le conelusioni della Commissione, esse risultano approvate. TARAMELLI, ricordato l’incarico affidatogli precedentemente dal Comi- tato di seguite la questione dell’età del Verrucano, il quale secondo recenti scoperte conterrebbe fassili mesozoici, dice che per ragioni di salute non potè finora occuparsene. A parte ciò, crede che sia il caso di attendere ancora a portare un giudizio definitivo sull'età di questa presunta fauna mesozoica, poichè si tratta finora di fossili mal conservati e conviene aspettare che almeno la maggioranza dei paleontologi né riconosca Ja spettanza ad alenno dei periodi secondarii. sd R. COMITATO GEOLOGICO SACcO chiede, se tale questione interessi qualche prossima pubblicazione. BALDACCI risponde negativamente. Ei MazzuoLI chiede se la pubblicazione delle tavolette delle Alpi Apuane al 25.000 sarà accompagnata dalla relativa memoria descrittiva. BALDACCI dice che l’ing. Zaccagna, dopo la sua missione all’oasi di Ghadàmes, fu per qualche tempo ammalato, quindi occupato nel redigere la relazione del suo viaggio, lavoro cui ancora sta attendendo. ; LotTI informa che le sezioni relative alle Alpi Apuane sono a buon punto, e solo la preparazione del testo procede lentamente; una parte no- itevole di esso è però già pronta. E’ certo che anche un semplice fascicolo illustrativo aumentérebbe di molto l’utilità delle carte pubblicate. BALDACCI dice che farà viva premura all’ing. Zaccagna in tale senso. MazzuoLi vorrebbe un voto del Comitato per sollecitare il lavoro. $ CERMENATI osserva che si tratta di una regione che, studiata in modo i speciale, fu oggetto di pubblicazione di carte in varia scala, e che merita effettivamente questo privilegio per l’importanza dell’industria dei marmi. Ricorda di avere a suo tempo fervorosamente patrocinata presso il Mini- È stero la pubblicazione delia carta delle Alpi Apuane al 25.000; lavoro pre- gevolissimo pel quale non sarà mai lodato abbastanza il valoroso ingegnere Zaccagna. Ma ora ritiene che all’intelligenza delia carta occorra una me—- moria illustrativa, assolutamente indispensabile per chiarire, specie agli occhi dei non geologi che alla carta chiederanno istruzioni, la portata di molti fenomeni stratigraficie di altri fatti suscettibili di utilizzazione indu- striale. Presenta quindi il seguente ordine del giorno : I È « Il Comitato, lamentando che .alla pubblicazione delle carte al 25.000 4 « delle Alpi Apuane non si accompagni la stampa dell’indispensabile testo P «illustrativo, invita la Direzione del Servizio a provvedere, perchè entro il È « corrente esercizio finanziario sia portata a termine la redazione del testo «suddetto ed iniziata la sua pubblicazione ». NovaRESE dichiara che si asterrà dalla votazione. È | Messo ai voti l’ordine del giorno proposto, è approvato all’unanimità, È meno un’astensione. | Il PRESIDENTE dà la parola all’ing. Lotti per le proposte relative ai la- vori di campagna da farsi nel corrente esercizio 1916-17. , LortI si rimette al programma unito alla sua relazione, del quale viene «data lettura dal segretario. i Tale programma viene approvato senza modificazioni per quanto ri- guarda l'Umbria, gli Abruzzi, la Campania, la Basilicata e la Sardegna ; colle modificazioni ed osservazioni che seguono per le rimanenti parti. po Po: c bi da Va ft Pr 4 = È MC, _ ù ee BE 4 her va C aù sn x ae ; A ary DI .2A, e'.e a; Neli ai a €" bhe PE sit} A dafita _a it ” d yi i » ER I, pl net poet È i, 1*T dei , eni 2 di dra Pig N . War e ìo } di XXVI ATTI UFFICIALI « Alpi occidentali ». CERMENATI vorrebbe sapere se il programma dell’ing. Franchi non sia. troppo ampio in confronto degli scarsi mezzi che saranno messi quest'anno a disposizione dei rilevatori; preferisce che si restringa il compito entro confini più precisi, in modo che possa essere certamente esaurito. LotTI dice che il programma fu espressamente tenuto un po’ ampio, perchè preparato nell’incertezza dell'assegno che sarebbe stato disponibile, incertezza che dura tutt'ora. Se il Comitato desidera stabilire 1’ ordine di precedenza dei vari lavori sarebbe opportuno chiedere prima qualche ulte- riore schiarimento all’operatore stesso. , Introdotto l’ing.-capo Franchi, il Presidente gli domanda quali fra i fogli di Biella, Varallo, Dronero e Demonte, dei quali il rilevamento è già. molto avanzato e di cui, secondo la Relazione, sono già fatti i riporti al 100.000, potranno essere pronti per la pubblicazione al termine della pre- sente campagna geologica. i L’ing. Franchi risponde che, data la brevità che avrà la presente cam- pagna a causa della ristrettezza dei fondi, sarà al più possibile portarne a compimento uno, o quello di Dronero 0 quello di Varallo. In verità le aree da rilevare in quel primo foglio sono ristrette, ma occorre ancora fare ri- cerche di fossili in una potente pila di strati calcarei, nella quale finora non è stato possibile distinguere che il Lias inferiore ed un orizzonte del Cre- taceo ; vi sono inoltre da fare gite per delucidare la tettonica complicatis- sima. Per la ricerca dei fossili l’ing. Franchi fa presente l’opportunità che negli anni futuri, pel compimento dei rilevamenti in regioni di terreni se- condari come quelle comprese nei fogli di Dronero, Demonte e di Boves egli possa avere un aiuto per ricerche paleontologiche sul terreno. Quanto al foglio di Varallo, trattandosi di semplici delimitazioni lito- logiche, il suo rilevamento potrà essere compiuto in questa campagna, li- mitando le gite in quello di Dronero. Nel programma erano state indicate due regioni allo scopo di utilizzare nel miglior modo il mese di agosto per le escursioni nelle regioni alte, com- prese fra Stura e Maira (foglio di Dronero e quello contiguo di Demonte) ed anche per non interrompere lo studio di importanti questioni, iniziato negli anni precedenti. MAzzuOLI teme che le ricerche paleontologiche, cui ba accennato 1’ in- gegner Franchi, possano ritardare di troppo l’ultimazione della carta, senza un vantaggio prc porzionato per la sua esattezza. PARONA dice che si tratta di stabilire delle separazioni essenziali nella serie dei terreni; crede valga meglio ritardare alquanto la pubblicazione di un foglio, quando vi è speranza che possa notevolmente migliorarsi. R. COMITATO GEOLOGICO XXVII CERMENATI nota ehe hanno grande valore le osservazioni del prof. Pa- rona, ma anche il rilievo del comm. Mazzuoli ha la sua parte di vero. Tutti sono d’accordo che conviene attendere il ritrovamento di fossili per potere con certezza definire l’età di un terreno: ma se questi fossili tardano a venire fuori, e forse non verranno mai, non bisogna per ciò solo rinviare alle calende greche la pubblicazione della carta di quella regione. D'altronde nessuna opera scientifica nasce perfetta; le stesse carte geologiche debbono essere riveduie di continuo e ristampate con aggiunte e modificazioni ; ogni carta che si pubblica è l’espressione dello stato delle cognizioni del momento, e pel fatto della sua pubblicazione susciterà nuove indagini e minuti con- trolli i quali affretteranno la conquista del vero. TARAMELLI dice che non è difficile trovare degli eccellenti raccoglitori di fossili anche fra le semplici guide, del resto si potrà, occorrendo, ricor- rere all’opera di studenti od anche di qualche assistente. BALDACCI dice che Ufficio, come già fece in analoghe occasioni, cer- cherà di giovarsi anche di questi mezzi, ove se ne presenti l’opportunità, e che darà istruzioni in proposito. Intanto però deve ricordare l’opera volonterosa e veramente proficua per i nostri lavori dovuta ai membri del Comitato per lo studio e determi- nazione di fossili raccolti durante i rilevamenti e in particolar modo quella del prof. Parona, al quale l’ Ufficio geologico deve per questo vivissima — gratitudine. Dopo breve discussione il Cumitato decide che l’ing. Franchi debba prima ultimare nella prossima campagna il foglie di Varallo, passando poi in quello di Dronero. « Liguria DA BALDACCI propone che l’ing. Zaccagna sia incaricato di portare a com- pimento le tavolette del foglio 93 (Rapallo). MazzuoLI e NovaRESsE dichiarano di astenersi. Il Comitato approva la proposta Baldacci. « Vulcani dell’Italia centrale ». | CERMENATI vorrebbe che, come si è fatto per l’ ing. Franchi, si preci- sasse meglio l’incarico dell’ingegnere Sabatini. | LoTTI dice che quest’ingegnere dovrà prima di tutto proporsi di rendere pubblicabile il foglio di Viterbo. ARTINI osserva, che per la preparazione della carta geologica non oc- eorre uno studio petrografico così completo come quello necessario per la pubblicazione del testo illustrativo. i ie là bi ae viA a XXVIII ATTI UFFICIALI LOTTI espone quindi il programma delle pubblicazioni come risulta dal- l’unita relazione. | CE: CERMENATI verrebbe che il programma fosse ridotto a quei soli fogli che potranno essere certamente pubblicati, per non ripetere anno per anno le stesse proposte, sempre inattuate. BALDACCI dice che bisognerà limitarsi al massimo alla pubblicazione dei fogli 16 e 30 (Canobbio e Varallo). Il COMITATO approva. | SACCO, riferendosi alla raccomandazione fatta col collega Parona nella riunione dell’anno scorso, chiede se la pubblicazione dei fogli delle Alpi occidentali sarà accompagnata da quella delle tavole di sezioni. NovaRESE informa che la preparazione di queste tavole di sezioni è ostacolata dalla mancanza di disegnatori, per cui questo lavoro, già ini- ‘ ziato e sulla cui necessità tutti convengono, rimase pel momento sospeso. CERMENATI chiede se la preparazione della progettata carta d’Italia al 250.000 abbia fatto progressi, secondo gli affidamenti dati al Comitato nelle precedenti sessioni. BALDACCI informa che la mancanza di disegnatori ha obbligato adin terrompere anche questo lavoro. E del pari rimane sospesa la preparazione della nuova, tanto desiderata, edizione della carta al milione, perchè si è sempre alla ricerca di una buona base topografica; prevede anzi che biso- gnerà probabilmente decidersi a farne disegnare una appositamente. GLIAMAS informa che le varie nazioni europee, prima dello scoppiare della guerra, attendevano all’allestimento di alcuni fogli della carta inter- nazionale del Mondo al milionesimo, lavoro che ora fu sospeso. Ritiene perciò che prima di decidere il ridisegno apposito di una carta nuova al 1.000.000 occorrerebbe esaminare se quella internazionale in via di allestimento po- tesse servire anche agli scopi geologici. Egli fa riserva di mandare in esame al Direttore dell’ Ufficio geologico un foglio di quella carta (Milano), che è edita per lodevole iniziativa dalla Società Geografica inglese allo scopo di rappresentare ad una scala unica tutto il vasto territorio della guerra. Av- verte però che questo foglio fu trattato secondo le direttive stabilite dal congresso internazionale della carta al milionesimo nelle sue riunioni di Londra e Parigi presentandosi all’incirca come sarà a suo tempo allestito dall’Istituto geografico per l’Italia, e perciò manca delle linee di livello, la carta dovendo essere a tinte ipsometriche. CERMENATI prende occasione dalle notizie date dal comm. Baldacci per ripetere ancora una volta la preghiera che la Direzione del servizio insista presso il Ministero per avere maggiori fondi, adeguati ai lavori di R. COMITATO GEOLOGICO XXIX rilevamento od alle pubblicazioni che non debbono soffrire ulteriori indugi. Da parte sua tornerà ad invocare dal suo posto di deputato che siano ele- vati i fondi per la carta geologica d°’ Italia, perchè l’assegno attuale è del tutto insufficiente e non esita a qualificarlo per « vergognoso » (1). BALDACCI pur trovando eccessivamente energico l’epiteto adoperato dal— l’on. Cermenati assicura che non mancherà di insistere per il ripristino del- l’antica dotazione, per il quale del resto ha buone speranze. MazzuoLI desidererebbe sapere, perchè non sia stata ancora pubblicata la nota illustrativa della conca di Fiuggi, mentre l’ingegnere incaricato di tale studio ha già esaurito da tempo il lavoro di campagna. LomtI informa che lo scorso anno detto ingegnere fu assorbito per molti mesi dai lavori straordinari richiesti dal terremoto marsicano, co- siechè anche altri lavori già in corso per opera sua non poterono essere portati innanzi. E’ da ritenersi però che potranno presto essere tutti ultimati, perchè per mancanza di mezzi i rilevamenti saranno quest’anno molto ridotti.) E’ lieto poi di poter aggiungere che gli studi eseguiti nella conca di Fiuggi, benchè non abbiano ancora dato luogo ad alcuna pubblicazione, sono già risultati di grande utilità pratica, lo stesso ingegnere avendo do- vuto riferire intorno ad un progetto di bacino di ritenuta da costruirsi in quella regione. MazzuoLI ringrazia delle spiegazioni dategli, ma appunto in vista di esse crede che la Direzione dell'Ufficio non avrà difficoltà ad accettare l’invito di provvedere affinchè tale pubblicazione abbia luogo entro il corrente anno finanziario, come formalmente propone. Nessuno facendo osservazioni in contrario, la proposta s’ intende ap- provata. NovARESE presenta la minuta del rilevamento geologico della tavoletta di Iglesias a titolo di saggio di quanto si conta di fare per le regioni mi- nerarie della Sardegna. Dove le miniere sono più numerose ed importanti, oltre al foglio della carta geologica normale ne verrà preparato un altro, alla redazione del quale contribuirà anche il Distretto minerario. Questo duplicato del foglio porterà segnati i limiti geologici, ma sarà senza i colori dei terreni, cosicchè vi potranno trovar posto tutte le indicazioni relative ai giacimenti minerari. Le minute di questo secondo foglio minerario saranno pel momento preparate nella scala di 1 a 10.000; in seguito si .vedrà come convenga . (1) Il presidente nota, leggendo il verbale, l’epiteto « vergognoso » col quale l’on. Cermenati quali- È. | fica l’assegno erogato dal Ministero per i lavori della Carta geologica. Se questo epiteto, che egli non crede giustificato, non gli fosse sfuggito durante la discussione, avrebbe invitato il disserente a volerlo ritirare. pali da eo tire : cati E had La RIE) quel EN i: SI PS I ATL ATTI UFFICIALI - R. COMITATO GEOLOGICO pri Ma 5) si d ù Dr A A ne LI AI vi È fare. E’ lieto di poter segnalare al Comitato l’interesse dimostrato per que- sto lavoro dalle amministrazioni minerarie, le quali furono tutte larghe di profili, di dati, ecc. Sarebbe grato al Comitato, se facesse un voto a fa- vore di una eventuale pubblicazione del foglio. BALDACCI consente, anzi osserva che la pubblicazione dovrebbe inclu- dere anche le regioni minerarie comprese nelle tavolette contigue: Sacco raccomanda che tale pubblicazione venga ROGO BAROANA da se- zioni e da una breve monografia. MAzzETTI osserva che tale pubblicazione è Na#dera USA nell'ambiente minerario. Il ComiraTO approva il voto proposto. CERMENATI osserva che da una parte è notoriamente quasi impossibile che le parole pronunciate durante una discussione possano sempre essere fe- delmente riassunte nel verbale malgrado ogni lodevole zelo da parte del 3 compilatore, e dall’altra non sarebbe conveniente di ritardare la pubblica- 1 zione dei resoconti delle sedute del Comitato fin dopo l’adunanza succes- siva. Egli vorrebbe perciò che, come si pratica in altre Commissioni, il : verbale venisse inviato in bozze ai singoli commissari, perchè ne pren— dano visione ed approvino la parte che li riguarda: dope di che il segre- tario potrebbe stabilirne la forma definitiva, restando il Presidente auto- rizzato ad approvarlo ed a firmarlo come per il passato. Fa notare a sostegno della sua proposta, che nel verbale precedente alcune sue parole non vennero riferite nel preciso significato che avevano: egli non parlò i della sua opera per la formazione di un demanio forestale e per la siste- | mazione dei bacini montani, ma disse semplicemente di avere operato perchè pr =» tanto nella legge sul dominio forestale, quanto in quella per le sistemazioni montane, fosse introdotto il geologo a dare il suo parere nei Consigli dalle due leggi istituiti, così come nel disegno di legge per la riforma forestale, che sta davanti alla Camera propose ed ottenne che a far parte ogni Co - mitato forestale provinciale venisse chiamato un geologo. MazzuoLi si associa alla proposta di distribuire le bozze del verbale. Il PRESIDENTE dice che nessuno facendo osservazioni in contrario la proposta s’intende approvata. La seduta è tolta alle ore 11,35. Il Presidente A. ISSEL, Il Segretario Ing. C. CREMA. Serie V, Vol. VI. Anno 1916. Fascicolo 4° . NOTE ORIGINALI A. ISSEL BIOLITI E PISOLITI BIOLITI. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI. In una Memoria intitolata « Prime linee di un ordinamento siste- «| —matico delle pietre figurate y presentata alla R. Accademia dei Lincei » nella sedutà del 6 maggio 1916, ho divisato di istituire per un certo numero di queste pietre, che hanno per nucleo un corpo organico 0 che ricettano numerosi fossili microscopici, il gruppo delle bioliti (1). Questo fu distinto da principio nelle due sezioni delle fanerobioliti A (nelle quali si trova un corpo organico piuttosto voluminoso centrale) e nelle criptobioliti (vale a dire in quelle ad organismi assai piccoli) ; | vi ho poi aggiunto la sezione delle labirintoliti, per un tipo di bioliti abberranti dal punto di vista morfologico e quella delle rizobioliti per altre che ebbero origine specialmente da radici, rizomi, fusti ecc. Nelle prime si danno, oltre alle differenze che conseguono dal- l'organismo centrale, tipi diversi di composizione, fra i quali meritano (1) In un suo recente scritto intitolato « Delle icoliti », comparso nel vol, XXXV del Bollettino della Società Geologica Italiana, il prof. A. Neviani propone di ° sostituire la denominazione di « icoliti » a quella da me adottata di « pietre £ figurate», ed io accetto volentieri il mutamento, vista la circostanza che l’espres- | sione di cui si tratta fu già adoperata per designare manufatti litici coi quali gli artefici preistorici rappresentarono figure d’uomini e di animali. - Bollettino del R. Comitato Geologico d'Italia 298 io di essere segnalati per la loro diffusione i silicei, gli argilloso-calca- rei, i limonitici, i piritosi, i manganesiferi. Le criptobioliti sono riferibili più comunemente ai tipi calcareo- argilloso, siliceo, fosforifero, glauconicso. Assai rara una varietà baritica. Oggetto precipuo di queste pagine si è di far conoscere alcuni esempi ist1uttivi riferibili alle sezioni cui le bioliti si possono ascrivere, esponendo eziandio le nozioni che sono del caso in ordine alla genesi loro. Tali nozioni furono in gran parte desunte dall’esame di materiali . diversi estratti dalle profondità marine, in ispecie dalle conereziohi e dai noduli. | Nella Memoria summentovata sull'ordinamento delle pietre figu- rate mi è occorso di ricordare certe varietà di pisoliti generate in seno ad acque dolci, col concorso di organismi viventi. Le | strette relazioni che intercedono fra le bioliti propriamente dette e siffatte | pisoliti mi hanno indotto ad occuparmene almeno in via subordi- nata. Ma non essendo opportuno confonderle colle pisoliti veramente tipiche, ho creduto necessario assegnar loro la denominazione di biopisoliti, riserbando alle pisoliti propriamente dette l’appellativo di eupisoliti. Non escludo che queste ultime possano ricettare corpi organici, come conchiglie, ossa o parti d’ossa di piccoli vertebrati, insetti, miriapodi, crostacei, ecc.; ma in tal caso la funzione di tali . corpi è quella di materiali inerti, paragonabili a granelli di sabbia, ghialette, microliti, ecc. , Una distinzione ulteriore tra le biopisoliti sarebbe da farsi a se- conda della materia minerale che, sollecitata da fenomeni fisiologici, si raccoglie intorno a corpuscoli organici per formare la concrezione; da ciò tipi diversi cui si potrebbero attribuire i nomi di calcepisoliti e ferropisoliti, comprendendo fra le ultime le note pisoliti ed ooliti limo- nitiche delle paludi, oggetto di indagini esaurienti da parte di buon numero di autori. È a) FANEROBIOLITI. Pregevole esempio di nodulo di concentrazione intorno ad un vertebrato fossile è quello di un ellissoide schiacciato di un mate- ù é a % % ca” ri a the 4 A - . È aa dna È de ih î ‘ pit See I «Ma, E Ù x BIOLITI E PISOLITI 299 riale di color bruno traente al vinato, a struttura minutamente gra- ‘nosa (argilla ferruginosa, impregnata di silice), che contiene avanzi | _ ben manifesti di un Amblypterus macropterus, tra i quali l'impronta di una pinna ventrale a raggi numerosi e ben conservati, di altra anale e di una dorsale, come pure di squame romboidali. L’esem-. plare conservato nel Museo geologico di Genova proviene da Sebach presso Sarrebrick; ed è ascritto al permico. Notevole la finezza ‘e l'omogeneità della matrice nell’interno del nodulo, la presenza di un involucro periferico scistoso, nerastro, con aree liscie, come levigate, la cui durezza è assai minore di quella delle parti che sono in contatto col corpo organico. E° qui evidente la dipendenza dell’indurimento e della pseudomorfosi dalla decom- posizione del fossile. Dimensioni : lunghezza massima circa cent. 16; larghezza 10; spessezza mm. 55. Allorchè molti anni or sono fu costruita, superando le più gravi difficoltà, la ferrovia litorale tra Sestri Levante e la Spezia, una . delle numerose gallerie praticate, quella detta di Vallegrande, tra le stazioni di Sestri Levante ‘e di Moneglia e a breve distanza da quest’ultima, attraversò una potente formazione di arenarie silicee e | feldispatiche, la quale sembrava affatto priva di fossili, e per le sue relazioni stratigrafiche (è sottostante ai calcari a fucoidi e ad Hel- minthoida, e alla zona ofiolitica della Riviera Orientale) si reputa | eocenica ed appartiene probabilmente ad uno degli orizzonti supe- riori. L’ ing. Checchi, il quale sopraintendeva ai lavori, scoprì entro allo scavo un grosso nodulo sferoidale di cui fece dono al Museo geo- logico universitario. Questo nodulo è di forma regolare, dididzle alquanto schiac- ciato in corrispondenza di due poli opposti, e misura 14 cm. nel - diametro maggiore e poco più di 9 nel minore. Lungo la circonfe- | renza equatoriale presenta qualche scabrezza ed un cordone incom- | pleto più o meno sporgente secondo i punti, limitato in parte da «x un. solco poco profondo; nel rimanente della superficie, che è nera- | stra, si mostra come levigato e lucido, tranne in breve tratto, nel quale faceva corpo colla matrice. Segato per metà, perpendieolar- ta 2 hi 4 » si r ) di % ev x hi e" * # ta ra ‘<< ), c% ba LI he < a Pi 4 n © SETA ‘ 4 e al i LUG ir ica Me 300 : PITTAASSEL mente al piano equatoriale, si vede che il nodulo è costituito di silice bigia a grana finissima, attraversata da sottili vene calcitich e. A piccola distanza della periferia, l'interno del nodulo presenta due sottili striscie arcuate e sinuose di calcite spatica bianca (una per lato), che corrispondono indubbiamente a parte della sezione di una conchiglia orbicolare, vale a dire al penultimo giro della spira di un nautilo, del quale una porzione dell’ultimo giro è accusata da altro residuo calcitico. In breve ravviso nel nodulo di cui si tratta una biolite tipica, formatasi a spese di un cefalopodo, mereè particelle silicee, adunate e cementate intorno alla conchiglia, in modo da raddoppiarne presso a poco il volume, e mantenendo una forma che segue, all’ ingrosso, quella del nucleo. . Notevole un’ ammonite liasica, l' Amaltheus spinatus, in perfetto stato di conservazione, circondata di un involucro litoideo, che è un vero nodulo e proviene da Salins nel Jura. La concrezione costituisce - uno sferoide irregolare di circa 35 millimetri di diametro, e risulta di materia calcareo-argillosa assai compatta, di color bigio scuro, fuorchè alla periferia, che è giallastra per alterazione superficiale. Essendo spezzata per metà, lascia vedere .una faccia del fossile, che ne occupa la parte maggiore (tav. I, fig. 7). Il nodulo è un po’ prominente di contro all'apertura della con- chiglia, dalla quale usciva originariamente la porzione anteriore del cefalopodo. Quando fu iniziato il seppellimento dell’ammonite, il de- comporsi delle parti molli favorì probabilmente la concentrazio ne, attorno alla parte del mollusco che era rimasta sporgente. Che il fenomeno della concentrazione provocato da corpi orga- nici si verifichi nelle condizioni più svariate, in sedimenti di ogni età, emerge dal fatto di numerosi fossili cireondati da noduli più o meno ben definiti conservati nelle raccolte paleontologiche. In quella affidata alle mie cure si trovano un Produetus longispina e una Di- scina nîtida di Ridsdale nel Northumberland, un Orthis e un crinoide di Drabow in Boemia, tutti siluriani, che costituiscono il nueleo -di altrettante fanerobioliti (tav. II, fig. 1, 2). vera BIOLITI E PISOLITI 301 Varia nei diversi casi la natura del terreno e la composizione del nodulo; ma in tutti si manifesta la struttura ad involueri. Ritengo che tre noduli ad involucri, che ebbi dalla cortesia del prof. Gortani e furono da lui raccolti sul Monte Pizzul, in Carnia (all’altezza di 1700 m.), in una arenaria carbonifera, ripetano la for- mazione loro dallo stesso fenomeno. In uno di essi è visibile una cavità, la cui forma corrisponde a quella di un brachiopodo. — Un altro esemplare, che fa. parte della collezione del Museo di Genova e proviene dal giacimento di Sebach presso Sarrebriick, è un nodulo lenticolare del diametro di cm. 12, della spessezza di circa cn 6.5, formatosi attorno ad una carpolite, che ne occupa la parte media. Il centro del. frutto corrisponde ad una cavità, traente alla piriforme, in parte tappezzata di cristalli imperfetti di siderite, dei quali apparisce la sfaldatura romboedrica. Attorno a questa cavità | si contano dieci loculi ineguali, separati dalla matrice periferica ‘ mediante un interstizio, solo parzialmente occupato da una secre- zione cristallina bianca. La parete della depressione mediana pre- 4 - senta una frattura longitudinale, dalla quale si dipartono parecchie fessure trasversali corrispondenti almeno in parte agli intervalli fra un loculo e l’altro. , i | Sia per il colore, sia per gli altri caratteri fisici, la materia del nodulo corrisponde interamente a quella di cui è formato lo esemplare della medesima provenienza già descritto; la durezza è ‘maggiore nella parte mediana che non alla periferia, e in alcuni punti quasi raggiunge il settimo termine della scala di Mohs. An- che questo nodulo è all’esterno nerastro e liscio, con segni di tessi- tura scistosa. Nella sua sezione si palesa con evidenza la concentra- __zionedi materia subìta per effetto del corpo organico di cui sono visibili le tracce, e nel tempo stesso vi si osservano gli effetti di una contrazione | avvenuta nel fossile (o meglio nel minerale che sostituì il corpo orga- | nico originario), per cui abbiamo qui i segni di un movimento mole- colare centripeto, prodottosi negli involucri periferici e di un altro pur centripeto, verificatosi internamente con parziale isolamento di un nucleo. nale itat 302 A. ISSEL Il fossile centrale, costituito in altro esemplare, dal cono di una Walchia carbonifera, è mirabilmente conservato entro un nodulo pro- veniente da Barnbley in Inghilterra (tav. I, fig. 8). Una delle bioliti da me osservata ha la forma di un ciottolo ir- regolarmente ovoidale e un po’ compresso, che misura circa 8 centi- metri nel diametro maggiore. Essa è in parte coperta di anfrattuosità dovute a residui di conchiglie infrante, che aderiscono tenacemente alla concrezione, la quale risulta essenzialmente di materia arenacea poligenica (ricetta quarzo, mica, clorite, argilla, calcite ecc.). Essendo divisa, presso a poco per metà, è facile verificare come l’adunamento ebbe origine intorno alla conchiglia di un gasteropodo fossile, cioè la Melongena laxecarinata, Michelotti, specie non rara nella forma-. zione tongriana della Liguria. La maggior dimensione del fossile corrisponde all’asse principale del nodulo, il quale sembra aver ac- quistato maggior sviluppo di contro all’apertura della conchiglia, dalla quale originariamente doveva sporgere il mollusco. L’esemplare proviene dalle vicinanze di Sassello. Lo stesso giacimento, come pure quello vicino di Santa Giustina ed altri della medesima età, somministrarono parecchi altri esempi di bioliti. Subordinatamente ai fenomeni che diedero origine a questi corpi, sono piuttosto frequenti i casi di pseudomorfosi di conchiglie fossili in calcite, limonite, pirite, ecc. Un posto assai importante è occupato nella serie dei noduli dai manganesiferi. Si tratta di adunamenti di idrossido di manganese im-. puro, associato a proporzioni variabili di limonite, con piccole quan- tità od anche tracce di metalli e metalloidi diversi, fra i quali calcio, stronzio, bario, cobalto, nichelio, alluminio, titanio, zinco, rame, molibdeno, piombo, vanadio, tellurio. Hanno volume variabile e: pos- sono raggiungere più di 30 centimetri nella maggior. dimensione; ma comunemente sono più piccoli, cioè pugillari o avellàanari. Assu- mono talvolta, massime quando presentario minor volume, forma. sferoidale od anche irregolarmente arrotondata, superficie più o meno tubercolosa o granosa; sono neri o nerastri con lucentezza grafitoide. La struttura loro ad involucri accusa come abbiano avuto origine | BIOLITI E PISOLITI 303 dalla sovrapposizione di depositi successivi, e come, perciò, sieno una manifestazione dello stesso fenomeno in virtù del quale gran parte dei corpi sommersi che si estraggono dalle grandi profondità marine (ossa e denti di vertebrati, conchiglie, gusci di foraminifere, frammenti di polipai e di echinodermi, pezzi di carbone, scorie, pomici lungamente fluitate ecc.) si mostrano intonacati di manganese idrato. Certi corpi organici, come denti di pesci (principalmente squa- loidi), ossa timpaniche di cetacei, cirripedi, brachiopodi, spugne si- licee, sono rivestiti di uno spesso involucro di manganese, in guisa da convertirsi in fanerobioliti; così gli esemplari figurati e descritti da Murray e Renard nella loro classica opera (Report on deep-sea de- postts, tav. CX} Altri noduli gremiti di piccoli organismi, fra i quali prevalgono co- , stantemente le globigerine, assumono perciò i caratteri di criptobioliti. Ma in molti esemplati i noduli manganesiferi non hanno nucleo distinto od offrono internamente pomici, palagonite,. zeoliti, od altri minerali. La palagonite assume qualche volta tessitura perlitica e le zeoliti costituiscono adunamenti simili a piccole sferoliti. Da questi e da altri fatti si manifesta la straordinaria diffu- sione del manganese nelle profondità marine, diffusione che spiega lo sviluppo assunto dai depositi manganesiferi associati a rocce ba- tiali più o meno antiche, come sono certi scisti silicei, ftaniti e diaspri, l’origine dei quali è anche accusata dalla copia di radiolarie e di spongiari che ricettano (1). Il manganese dei fondi marini odierni, come quello di antiche formazioni batiali, proviene indubbiamente da sali originariamente disciolti nelle acque dell’oceano, nelle stesse condizioni di altri com- posti che diedero origine a depositi chimici calcariferi. Quale sia la " (1) Secondo JARDIN e AsTRUC, il manganese, che è pure presente in quasi tutte le acque minerali, associato al ferro, si trova comunemente nelle cellule ve- getali ed animali, e vi penetra in soluzione come bicarbonato o nella condizione colloidale. Esso adempie all’ufficio di reattivo catalittico e favorisce l'ossidazione e lo' sviluppo dell’organismo (Revue scientifique, fascicoli del luglio e del 4 agosto 1917). 304 A. ISSEL fonte di questi sali e come ne sia risultata la precipitazione della manganite si tentò spiegare colle seguenti ipotesi: 1°) E’ conseguenza della decomposizione di rocce e minerali basici vulcanici, associati ai depositi marini. Il manganese e il ferro di questi materiali è convertito in carbonato e quindi in ossido, che vien poi depositato dalle soluzioni in forma concrezionare o a guisa d’intonaco (Murray) - : 2°) Deriva dalla riduzione, per opera di materie organiche, di solfati sciolti nelle acque marine. I solfati sono prodotti dalla ossi- dazione di solfuri (Buchanan); 3°) E’ dovuto a sorgenti minerali che sboccano nel fondo marino (Giimbel); 4°) Risulta da composti di manganese disciolti nelle acque ma- rine sotto forma di bicarbonati. poi convertiti in ossidi che si precipi- tano allo stato solido nel fondo dell'oceano (Boussingault, Dieulafait). La prima ipotesi, la quale non è incompatibile colla quarta, mi sembra la più verosimile. - b) CRIPTOBIOLITI. I noduli a fossili microscopici o a minuti detriti organici si pos- sono scindère, secondo la natura dei fossili, in quelli a) a radiola- rie, D) a spicule di spugne, c) a diatomee, d) a foraminifere, e) a spoglie di molluschi, f) a detriti organici diversi. In base alla natura mineralogica dell’aggregato è poi opportuno distinguere quattro va- rietà, Cioè: 1° selciosi, 2° fosforitici, 3° calcarei 0 calcareo-marnosi, 4° glauconiosi; non mancano però alcuni tipi intermedi, dovuti è commistione di jmateriali diversi. I noduli seleiosi sono suscettibili di ricettare radiolarie, diatomee e spicule di spugne; i fosforitici con- tengono qualche volta organismi riferibili ad una di queste classi 0 a due simultaneamente, come pure foraminifere e detriti diversi ; i noduli calcarei sono d’ordinario occupati prevalentemente da forami- nifere, talvolta accompagnate da conchiglie di molluschi, detriti e adunamenti diversi di materie minerali; e non accolgono che forami- nifere gli aggregati glauconiosi. EIOLETI E PISOLITI 305 Fin dai primordi della Geologia l’attenzione degli studiosi sì portò sopra i noduli tanto copiosi nei depositi cretacei. Essi abbondano negli orizzonti superiori calcarei, e vengono a mancare nei sottostanti, | ciò principalmente in Inghilterra e nel bacino di Parigi. Una parte della silice deriva probabilmente, secondo Lyell, dalla decomposi- zione delle spugne e di altri animali marini a scheletro siliceo ; in- fatti, le spicule delle spugne si trovano spesso nei noduli, e costi- tuiscono ordinariamente» punti d’attrazione alla materia silicea quando questa si separava dalla melma cretacea. Ma, egli soggiunge, come non dovessero mancare altre fonti di silice: poteva essere for- nita, ad esempio, dalle acque marine che traggono questo principio dalla decomposizione delle rocce feldispatiche ; per altra parte era forse somministrata da acque silicifere (in ispecie dalle calde) che scaturivano dal fondo (1). La presenza di letti siliciferi, quali in noduli, quali in strate- relli, accenna ad una azione periodica che doveva aver luogo sopra grandi estensioni, indipendentemente dagli organismi silicei. E” più difficile render conto della origine di certi adunamenti co- muni nelle formazioni cretacee del Norfolk, cioè dei così detti potstones, grossi noduli di silice, per lo più piriformi, disposti ordi- ‘nariamente in serie verticali, come pilastri, serie spesso terminate superiormente da un letto di ghiaie. Entro uno di questi noduli infranto Lyell rinvenne un cilindro di calcare terroso puro, di du - rezza maggiore del consueto. A parer mio le serie di adunamenti silicei corrispondono a fessure verticali, che servirono di veicolo ad acque filtranti, dalle quali conseguono le condizioni più favorevoli per la concentrazione delle particelle silicee diffuse nel materiale di cui risulta il giacimento cretaceo. I Buckland verificò lungo la parte settentrionale della costa di Antrim, in Irlanda, condizioni geologiche analoghe a quelle segnalate nel Norfolk. | In tesi generale i materiali che costituiscono il calcare terroso bianco riferibile al sistema sopracretaceo, la così detta craie blanche, —— (1) LyvELL C., Manuel de Géologie élémentaire, I, p. 397. Paris, 1863. Î » Mie) palin 1% SC a N << «ere — MII RR g PI UE LIRE IS LE pedi LA P = i Aa ira SLA vd 306 ì A. ISSFL son ben diversi dai depositi marini odierni di grande profondità, sia dalla melma a globigerine, sia da quella in cui abbondano le radio- larie. Detti materiali sono d’ordinario assai riechi di detriti di fo- raminifere diverse, di zoantari, briozoi, anellidi, molluschi, e non accusano formazione di mare assai profondo. Il-calcare terroso bianco ricetta bene spesso in Francia noduli sferoidali o cilindroidi di marcasite detti nella Sciampagna, in Pic- cardia e nell’alta Normandia, pierres de tonnerre o pierres de foudre. Essi sono abitualmente coperti di un involucro di limonite o d’altro ossido idrato di ferro, anche ove non subirono rimaneggiamento. Questo fatto dimostra che il processo di formazione dei noduli, il quale consisteva essenzialmente in una riduzione, vale a dire nella conversione di un solfato di ferro in bisolfuro, dopo aver durato lungo spazio di tempo, si arrestò, e fu sostituito da fenomeni di- versi, cioè da una ossidazione, vale a dire dalla combustione del solfuro con produzione di acido solforico, e quindi dalla formazione di solfato di calcio, eliminato di poi per opera delle acque d’infiltrazione, risultandone permanenza di un residuo di ossido idrato di ferro. | Si trovano tuttavolta nel deposito cretaceo di Epernay noduli di marcasite, affatto destituiti di involucro periferico limonitico, forse perchè si mantennero immutate fino ai giorni nostri le condizioni che favorivano la formazione e la concentrazione del solfuro di ferro (1). In molti punti i noduli di silice contenuti nel calcare terroso ‘(craie) caratteristico del bacino di Parigi perdettero. poco a poco gran parte dell’acqua che ricettavano in copia (acqua di combina- zione), e si osserva che accludono geodi con cristalli di quarzo. Così si spiega la presenza in certe formazioni cretacee di granuli quarzosi dai quali si è inferito a torto che la roccia fosse di origine terrigena e non abissale (S. Meunier). I noduli selciosi del Gargano (specialmente di Vico Garganico), che ho potuto esaminare per cortesia del sig. Umberto De Champs, (1) MEUNIER S., Recherches chimiques et minéralogiques sur la ceraie blanche. Assoc. Franc. pour l’Avane. des Sciences, Congrès de Reims, 1907. LOT die Su BIOLITI E PISOLITI sono meritevoli di studio per alcune particolarità non comuni: ‘ mentre i più. piccoli, paragonabili per le loro dimensioni a noci o __—’nocciuole,poco si allontanano dala forma sferica o lenticolare, i più voluminosi, che superano 10 centimetri di diametro, differiscono ge- | —‘’neralmente da una sfera, per il fatte che uno dei poli si pro- | trae in una protuberanza più o meno spiccata, che ricorda quella nella quale si inserisce il picciolo di certe varietà di pere, per modo 3 che il loro diametro longitudinale supera alquanto il trasversale. La forma loro si potrebbe definire coll’aggettivo sferoidale-piriforme. a Non meno notevole è la superficie, che è regolare, minutamente $7.3 È granosa e assai dura nei piccoli esemplari, assai scabra meno dura od anche tenera nei grandi, indubbiamente alterati alla periferia, e che talvolta. conservano un intonaco di calcite terrosa, proveniente sicuramente dalla matrice. Detto intonaco è in alcuni campioni un po’ rubiginoso. Le scabrezze alle quali alludevo dipendono da nu- merose cellette di varie dimensioni e diversamente profonde, per le | quali i noduli acquistano parvenza spugnosa. Al di sotto della por- È zione corticale giallastra o biancastra tutta bucherellata, apparisce fin qualche punto la piromaca di color bruno. chiaro o grigiastra, a lucentezza grassa di cui risultano internamente. Entro le piccole ca- vità superficiali si annidano in alcuni casi grumi o noduletti irrego- lari di silice pelitica, biancastra (tav. II, fig. 4). Ho già detto per incidenza che tali noduli sono internamente costituiti di piromaca di color bruno più o meno chiaro. Questa è ma- nifestamente affetta di alterazione alla periferia, alterazione che è accusata da tinta più chiara e presenta qua e là macchiette circolari biancastre. Per la durezza, per la frattura concoide, per il colore, per la lucentezza grassa non differisce dai consueti adunamenti selciosi della formazione cretacea superiore, tipica del bacino di Parigi. Pia In uno degli esemplari di media grossezza, che fu spezzato, la porzione interna presenta una cavità irregolare, alla -parete della quale aderisce un rivestimento di silice terrosa bianca. L’esame di sezioni sottili di siffatti noduli ha confermato il giu- dizio che a tutta prima avevo fatto in ordine alla genesi loro e al 308 A. ISSEL posto che loro conviene nella classificazione. Sono propriamente bio- liti a fossili microscopici. I caratteri ottici della piromaca PAPERA come, pur risultando essenzialmente di materia amorfa, abbia sùbìto in qualche parte un inizio di cristallizzazione accusato da granulazioni anisotrope e. dalla presenza di minutissime sferoliti a croce.nera, assai rare. Appariscono nelle lamine sottili numerose sezioni di fossili, per la maggior parte poco distinte, come se i corpi organici avessero su- bito una parziale soluzione nel magma che li acclude. Comunquesia, si riconoscono agevolmente foraminifere riferibili ai” ceneri Globigerina e Discorbina, radiolarie a scheletro sferoidale trafo- rato, segnatamente Cenosphaera, e spicule di spugne Monactinellidae (1) Io mi spiego nel modo seguente la caratteristica forma 3 pera propria alla maggior parte dei noduli più voluminosi. | In seno ad un calcare terroso, ricco di corpuscoli organici sì- licei, penetravano acque mineralizzate e scioglievano in gran parte la silice organica per abbandonarla a breve distanza sotto forma di adunamenti, i quali impigliavano i fossili superstiti. Siffatto trasfe- rimento della silice era accompagrato da un fenomeno molecolare di concentrazione, per il quale la silice stessa. insieme alle radio- larie, alle spicule di spongiari e alle foraminifere, si plasmava in sfe- roidi. Questo fenomeno era promosso da acque, le quali, per i meati della matrice, procedevano lentamente dall’alto al basso e si racco- elievano alla parte inferiore dei noduli in formazione, determinando la protuberanza più o meno pronunziata che li rende piriformi. Se la mia ipotesi è conforme a verità, la prominenza attenuata di cia - scuna conerezione deve essere rivolta in basso, in corrispondenza del punto in cui stillava l’acqua generatrice del nodulo, Ovunque i diaspri e le ftaniti, che si manifestano nella Liguria orientale sopra più diecine di chilometri quadrati di superficie, sempre in relazione colle ingenti emersioni ofiolitiche (in tesi generale infe- 1! (1) I fossili presentano quasi sempre un contorno incerto, quasi sfumato, come se avessero subito un principio di soluzione. b << y sità PO LI # SR: dt tar a A 2 ì i ai stern ile Pao È + ; BIOLITI E PISOLITI Per 309 + riormente a queste), sono più o meno ricchi di fossili microscopici in ispecie di radiolarie, così a Bargone, al Monte Treggin, al Monte Bianco, a Framura, ecc. Ma le radiolarie abbondano in particolar modo nei noduli selciosi della formazione manganesifera di Cassagna. Tali noduli hanno forma di sferoide, di ovoide, di oliva appuntata alle due estremità, di corpi irregolarmente arrotondati e misurano da 4a 6 centimetri nella maggior dimensione. La durezza loro equivale a quella del quarzo e va unita a notevole tenacità; il loro colore è rosso bruno, screziato di nerastro, con lucentezza grassa all’esterno, un po’ metalloidea internamente. Ridotti in laminette sottili, appa- riscono translucidi e rossastri per copioso pigmento ferruginoso; vi si scorgono inoltre, al microscopio, innumerevoli sezioni di tinta più chiara od anche incolori e trasparenti, per la massima parte circolari, ciascuna delle quali corrisponde ad una radiolaria; le se- zioni si mostrano talvolta elittiche o paraboloidi, subordinatamente all’allungamento e alla compressione subìti dalla matrice in direzioni determinate, deformazione analoga a quella sofferta generalmente | nei fossili delle rocce che subirono ingente dinamometamorfismo. | Prevalgono di gran lunga le Cenosphaera, e sono accompagnate da Dictyjomitra, Sethocapsa, Ethmosphaera, Polystichia, Euchitonia. ecc. | Furono riconosciute l’Ethmosphaera vulgaris, l’Ethmosphaera minuta e la Polystichia Ehrenbergi, già segnalate dal Pantanelli nei diaspri eocenici della Toscana o della Garfagnana (1) (tav. II, fig. 5, 6; tav. I, fig. 1). tro | ‘L’analisi chimica dei noduli di cui si tratta, compiuta dal prof. G. Pellizzari, diede 95 per cento di silice, il residuo essendo princi- palmente costituito di ferro con piccola quantità di allumina e tracce di manganese. Ioritenevo che quest’ultimo componente dovesse ficu- rare in proporzione maggiore, per la circostanza che i noduli sono contenuti in un giacimento ricchissimo di pirolusite, e che il manga- nese non manca mai ove abbondano radiolarie, cioè nella formazioni di grande profondità. (1) Memorie della R. Accademia dei Lincei, VIII, seduta del 6 giugno 1880. Il risultato del saggio costituisce più stretta analogia di quanto a prima vista non apparisse tra le concrezioni radiolarifere di Cassagna e quelle di Cittiglio presso Laveno. O Secondo le osservazioni de) prof. C. F. Parona, nel calcare giu- rese del così detto Sasso Pinino, di fronte alla piccola stazione della ferrovia Milano-Laveno, i lavori di una cava di pietre da calce mi-. sero in libertà numerosi noduli di dimensioni diverse, dalla grossezza di una noce a quella di corpi di 30 a 35 centimetri di diametro, con forme svariate. Consistono in adunamenti cilindroidi, elissoidali e subsferici, talvolta schiacciati, e resi anche più irregolari da propag- gini e digitazioni. Risultano di calcare siliceo, nella parte corticale assai ricco di silice, la quale nell’interno si concentra in piccoli no- duli e in straterelli bruni. V'ha costantemente un nucleo centrale costituito da corteccia selciosa, che circonda una zona di calcite spatica verdastra e una sostanza verde glauconiosa, che acclude piccoli adunamenti o granuli di pirite. Il calcare che ricetta siffatti noduli appartiene al tipo della majolica, ed offre facies simile a quella del titonico bianco di Ro- veré di Velo e della Valle di Brenta. Ha in pOmpIeRe tutti i carat- teri delle formazioni abissali così dette a chailles. I noduli ricettano numerose e svariate radiolarie ben conser- vate, fra le quali il prof. Parona potè distinguere ben 98 specie (1), in gran parte nuove; ma ben più numerose furono quelle che non riuscì a determinare per la imperfetta loro conservazione. Sono fra i più ricchi di forme i generi: Cenosphaera, Staurosphaera, Dictyastrum, Hagiastrum, Archicapsa e Dictyomitra. Non propriamente in un nodulo ben definito, ma in un aduna- mento di calcare selcioso nerastro, raccolto presso Quezzi (Genova) lungo la riva sinistra del Bisagno, osservai fin dal 1892 un gran numero di sottili asticelle silicee, appuntate alle due estremità, da me riferite a spicule microscopiche di spongiari (2). (1) PARONA C. F., Radiolarie nei noduli selciosi del calcare giurese di Cit- tiglio presso Laveno. Boll, della Soc, Geol. It., IX, fasc. 1. Roma, 1870. (2) Liguria geologica e preistorica, I, p. 264, fig. 26. Genova, 1892. 310 | A. ISSEL ta ud A fase, si a P Ù L » i Riki î a % è ws A Ri è LET are «le de » SU. Papi n 5 v ren » SIM s» ci TRITO è CTR, I. AA PE A e O ORIOLITI B PISOLITI (0 31L Spicule poco dissimili, ma meno copiose, si trovano entro un noduletto raccolto dal prof. Rovereto, tra le arenarie eoceniche del | Monte Zatta (Liguria orientale). Nel primo caso come nel secondo le spicule appartengono a spongiari pertinenti alla famiglia delle Monoactinellidee, ma non è prudente, in base ad avanzi così incom- pleti, un tentativo di determinazione generica e specifica. Tali spi- cule sono attraversate da un canale mediano e misurano da 3 a 10 mieromillimetri di lunghezza. Esse, nella pluralità dei casi, presentano i caratteri dei corpi birefrangenti (tav. I, fig. 3). Tl nodulo del Monte Zatta del quale ho fatto cenno è un corpo. | irregolarmente ellittico, il quale misura circa 5 centimetri nella mag- | gior dimensione. Esso è duro, tenace, di color grigio di ferro alla pe- riferia e giallastro internamente. Alla sua superficie, che è liscia e non lucente, aderiscono laminette di mica e granuli di quarzo pro- venienti dalla matrice. La materia di cui risulta è essenzialmente È - selciosa, clastica, e non fornisce al cannello segni di ferro e di man- | ganese. Associati alle spicule si osservano frustoli e frammenti di ma- . glie poliedriche, neri, destituiti di riflessi e Gi lucentezza, che sem- brano cearboniosi. In questi avanzi ravviso fibre cornee e brani di tessuto cellulare, provenienti dal parenchima di spongiari, probabil- mente della medesima specie cui appartengono le spicule. Fra le particolarità osservate negli scisti bruni cretacei, che affiorano lungo il Laccetto, presso Torriglia, è da citarsi la presenza in alcuni punti di piccoli noduli in forma di olive, i quali abitual- mente raggiungono da un centimetro e mezzo a due centimetri di lunghezza. Essi sono di color nerastro, con lucentezza metalloidea, e per tali caratteri, come pel tatto untuoso e la proprietà di lasciar tracce nerastre sulla carta collo stropicciamento, sembrano a tutta prima costituiti di grafite, ma il saggio al cannello dimostra che ri- sultano invece, almeno precipuamente, di idrossido di ferro e di man- ganese con un po’ di silice. Infatti, esposti all’estremità del dardo, : È piccoli framménti di questi noduli diventano attirabili dalla calamita e trattati con borace vi si disciolgono, mentre coll’aggiunta di nitro colorano il fondente vetroso in violetto. Nel tubo d’assaggio svolgono te 0 Pe i Le e et > F * . . n i gl pa 312 i 7 AISSEL SERE OA AIR I pa acqua in buon dato. Si sciolgono solo parzialmente, senza fare eiferve- scenza, nell’acido cloridrico. Tali noduli sono annidati, occupandoli completamente, in. cavità ben circoscritte dello scisto. La parete di ciascun alveolo è in generale nerastra, dura e lucente come l’incluso. La roccia intorno all’alveolo presenta una struttura sfogliata, con- centrica alla superficie dello stesso (tav. I, fig. 2). Nelle sezioni sottili dei noduletti si vedono al microscopio plaghe trasparenti o tralucide, imperfettamente anisotrope, le quali, nelle parti prossime alla periferia di quei corpi, si fanno meno trasparenti od anche quasi opache per l’addensarsi di materia minerale metalli- fera. Non vi si distinguono cristalli od areè nettamente ‘cristalline, ma innumerevoli sezioni microscopiche irregolarmente circolari, divise | mediante solchi irraggianti da una depressione centrale in quattro, cinque, sei o più settori, ciascuno dei quali si manifesta «alla periferia con piccolo rigonfiamento. La depressione centrale è talvolta pun- tiforme e in altri casi un po’ meno angusta od anche si converte in ombellico relativamente ampio e profondo. Siffatte sezioni sono dovute. a piccole foraminifere pertinenti al genere Pullenia, e, almeno in parte, sembrano riferibili alla P. quinqueloba, Reuss. Taccio di residui mal conservati d’altre foraminifere non suscettibili di determinazione (1). Criptobioliti incipienti. Reputo tra i più istruttivi alcuni campioni di noduli \incipienti raccolti nel letto della Staffora in vicinanza di Varzi (provincia di Pavia) (2). Uno di questi è un frammento di calcare argilloso, fetido, di colore biancastro traente al cinereo, il quale presenta sopra le due facce parallele opposte d’uno strato serie di circoli e zone concentrici bigi o nerastri, che sembrano tracciati col magistero del compasso e della matita. I circoli sono quali finissimi, quali relativamente grossi. Tl più esterno misura 4 centimetri di diametro, e, al pari dei contigui, (1) Dei noduli di cùi ho fatto menzione in questa nota già mi occupai per incidenza nella memoria « Torriglia e il suo Territorio ». Boll. della Società Geo- logica ital., vol. XXV (1906), fase. 1. (2) Questi campioni furono donati al Museo di Genova dal sig. Luigi Cavanna. BIOLITI E PISOLITI 313 è di colore scuro. Le zone, che offrono tinta più pallida, si suddividono mediante circoli nerastri in più circoli di diversa grossezza (tav. II, fig. 3). Il corpo nodulare di cui apparisce la sezione sulle due facce È dell’esemplare è cilindrico, e presenta un asse longitudinale assai sottile, poco resistente, il quale sembra costituito di materia vegetale assai alterata ; la sua natura organica è accusata dall’odore che emana PA, Me) di quando sia avvicinato alla fiamma di una lampada. a Per mezzo della lente, e meglio al microscopio, appariscono, oltre agli anelli scuri, macchie irregolari dello stesso colore e certamente della stessa natura ; inoltre si distinguono in alcuni punti sfumature giallastre di natura limonitica. a) Una sezione sottile del nodulo osservata al microscopio, sia pure con debole ingrandimento, si vede gremita di foraminifere, in gran parte alterate ed infrante, di forme e dimensioni diverse. Vi preval- gono globigerine, che si distinguono per la spessezza del loro guscio, il quale è attraversato da canaletti relativamente ampi; le pareti intersecate dal ‘piano della sezione sembrano crenate. Oltre alle glo- bigerine ho riconosciuto spoglie d’altri rizopodi, e fra queste un guscio di Vaginulina ed uno di altra foraminifera nautiliforme indetermi- nabile. Vi si osservano poi asticelle rettilinee cave, assai lunghe (su- perano in lunghezza il diametro abituale delle maggiori slobigerine), indubbiamente spicule di spongiari (tav. I, fig. 4). La materia dominante del nodulo sembra, in base ai caratteri | ottici, del tutto amorfa ; lo stesso dicasi di quella di cui risultano gli anelli scuri, che ha in qualche punto l’aspetto di sostanza carbo- niosa 0 di materia organica alterata; ma, come si vedrà in seguito, È è di natura ben diversa. Presso gli anelli, all’esterno e all’interno, i fossili microscopici sono più numerosi e meno alterati fibre A complemento delle osservazioni microscopiche da me addotte intorno al nodulo di cui tengo discorso, mi è grato poter porgere i ri- sultati di indagini chimiche compiute a mia richiesta, Con compe- (1) La formazione dalla quale proviene l'esemplare è probabilmente tortoniana. DI P* \ 2-9 Sen SP A ? ME I II LISTA TO » ST E A RES e pen 1 a por atte 314 A: ISSEL O tenza pari alla cortesia, dal mio amico e collega prof. Guido Pelliz- zari, già ordinario di chimica nell'Università di Genova. I saggi analitici furono eseguiti tanto sulla matrice quanto sui circoli nerastri del nodulo, prelevando 5 grammi di materia della prima e ugual quantità dei secondi; gli uni e gli altri subirono da prima trattamento con acido cloridrico diluito, poi con acido clori- drico concentrato a caldo, indi con acido nitrico. Risultò che la ma- trice, nella porzione sciolta, conteneva un po’ di ferro con tracce di manganese e molta calce, mentre era assente la magnesia ; e nella parte sciolta a caldo nell’acido cimici allumina, ferro e minime tracce di manganese. Nel residuo (grammi 0,77) trattato con acido nitrico a caldo si tro- varono: ferro, allumina e sensibili tracce di cobalto senza manganese. Quanto ai circoli nerastri, fornirono collo stesso trattamento, nella parte solubile, tracce di rame, allumina, ferro, tracce di man- ganese, poco cobalto, molta calce con assenza di magnesia. Il re- siduo solido (gr. 0,80), mediante il trattamento coll’acido cloridrico a caldo, si comportò come l’altra parte e abbandonò un resto nerastro. Questo, attaccato con acido nitrico, fornì alla sua volta un residuo di color chiaro, e un liquido contenente ferro, alluminio, e cobalto ‘in tracce sensibili, con assenza di manganese. Per concludere, gli stessi elementi minerali si trovano nella ma- teria chiara, periferica e nella zonata interna, ma in questa con maggior copia relativa di cobalto e rame. Secondo Pellizzari, i circoli e Je zone oscuri sono dovuti a sol- furo di cobalto con piccolissima quantità di solfuro di rame, non a biossido di manganese, perchè la tinta persiste dopo l’azione eser- citata dall’acido cloridrico a caldo e a freddo. La roccia fa viva effervescenza in ogni parte cogli acidi e si può definire un calcare argilloso con 84 per cento di carbonato di calce. E qui mi piace osservare come buon numero di metalli e me- talloidi impegnati in diverse combinazioni saline disciolte in minime proporzioni nelle acque del mare sono fissate in copia relativamente maggiore nel tessuto delle piante e degli animali inferiori, mercè un fenomeno di assorbimento elettivo; così, fra gli altri; cromo, x È 1 "ini «i di a dt fiat: 0 più BIOLITI E PISOLITI 315 | rame, zinco, manganese, alluminio, vanadio, molibdeno, cobalto, arsenico, bromo, iodio. | Nei polipai dei generi Heteropora e Pocillopora si trovano, ad esempio, tracce di piombo e di zinco ; quest’ultimo metallo insieme al rame fu segnalato nei fuchi. Orbene siffatta azione elettiva è esercitata non solamente dallo organismo vivente, come delicate analisi chimiche hanno messo in chiaro, ma ancora da corpi organici privi di vita, in via di decom- posizione, come risulta dall'esame delle bioliti. Con ciò non escludo che reazioni estranee al decomporsi della materia organica non ab- biano per conseguenza la separazione di principî diffusi in una certa quantità di materia e la concentrazione loro in breve spazio. I sedimenti assai. sottili e plastici, specialmente se ricettano corpi organici, sono sede di urì intimo lavorìo chimico e molecolare assai complesso e assai lento, fin qui imperfettamente conosciuto, che esercita influenza non trascurabile sulla minerogenesi e la litogenesi. Avverto parimente come il cobalto sia quasi sempre compreso fra i metalli presenti in tenue proporzione nei noduli manganesiferi tanto comuni nelle grandi profondità marine. Le numerose analisi chimiche riferite nella loro classica opera da Murray e Renard accu- . sano: stronzio, bario, cobalto, nichelio, zinco, rame, molibdeno, va- nadio, titanio, piombo. Mediante molteplici esperimenti fu dimostrato che nell’assorbi- mento di soluzioni di sali metallici, per parte di sostanze colloidi, si verifica una distribuzione tutta speciale di questi sali, che dà origine a regolare stratificazione in un ordine determinato; così le commi- stioni in date proporzioni di cloruro sodico e di nitrato cobaltico, di ioduro potassico e di nitrato piombico, di nitrato argentico e di ni- trato potassico ecc. Samuel Clement Bradford, il quale in alcune sue memorie illustra questo fenomeno, osserva che il solfuro di manga- nese assume in tali esperimenti struttura analoga a quella di certe concrezioni calcaree di Fulwell Nill (1). N i (1) BRADFORD SAMUEL CLEMENT, Adsorptive stratification in gels. The Biochemical Journal, vol. X, n. 2, June 1916. INIT 316 A. ISSEL Osservo in proposito come si possa legittimamente attribuire all’accennata proprietà dei colloidi la distribuzione felettiva di so- . stanze diverse nei noduli, ad esempio in quelli dei pressi di Varzi e di Costa d’Oneglia, nei quali la materia colloide che provocò il for- marsì delle stratificazioni fu verosimilmente fornita dalla decom po- sizione della materia organica. L’accennata distribuzione fu nei casi suaccennati accompagnata da un’attrazione centripeta che deter- minò la concentrazione nodulare. Altro esempio di nodulo incipiente, che offre analogo aspetto. è dato da una lastra di calcare litografico eocenico (calcare a fu- coidi) proveniente da Costa d’Oneglia, ove lo raccolse il fu prof. Gio- vanni De Negri. Sulla superficie piana e omogenea della lastra, che è irregolarmente quadrangolare e misura circa 22 cm. di lunghezza. per 14 di larghezza massima, spiccano in nerastro più o meno cupo parecchi circoli concentrici, fra i quali il più esterno, che sembra finamente disegnato, è un po’ depresso in parte della sua circonfe- renza, e misura 70 mm. del diametro maggiore; il secondo, un po’ ec- centrico rispetto al primo, ma assai più regolare e meno sottile, ha da 26 a 28 mm. di diametro, il terzo misura solo 11 mm., ed è limitato da altro circolo di quasi un millimetro di grossezza. Il centro è occupato da una macchietta nera circolare che non raggiunge mezzo mm. di dia- metro, circondata da numerosi e sottilissimi anelli nerastri, non equi- distanti e non regolari. La macchietta nera corrisponde sicuramente ad un corpo organico indeterminato, che esercitò una azione attrat- tiva sul minerale nerastro diffuso nella roccia. Questa azione si pro- dusse indubbiamente a più riprese determinando la precipitazione di detto minerale da acque d’infiltrazione che penetravano la roccia. Una scheggia distaccata dalla medesima lastra calcare e che presenta una sezione dello stesso nodulo a piccola distanza della prima dimostra come la concentrazione si sia propriamente prodotta secondo strati sferoidali concentrici, disuguali. In una dell» super- ficie della scheggia tutto il terzo circolo (procedendo dalla periferia verso il centro) apparisce nerastro, lasciando solo intravedere altri circoletti minori un po’ meno seuri della zona periferica. Eb BIOLITI E PISOLITI - 317 Al microscopio tanto il nodulo quanto la matrice offrono tracce di fossili microscopici (foraminifere) non determinabili. Criptobioliti a conchiglie. L’azione accentratrice che determinò la genesi dei noduli a fossili sparsi non si esercitò solamente per opera di animali inferiori, come foraminifere, radio'arie, spongiari e di vegetali crittogamici, come dia- tomee. Il sig. H. Douvillé aveva osservato come numerosi noduli rac- colti in un giacimento del Madagascar, ricco di ammoniti e di pesci infratriasici, presentano bene spesso internamente una cavità occu- pata da materia polverulenta argillosa e Silicea, con manganese e piccole proporzioni di calcite, di ferro e di cobalto. La cavità, per la sua forma peculiare, per certe strie e ondulazioni della sua pa- rete e per il fatto che è tappezzata di materia. carboniosa, sembra modellata da un organismo non ancora identificato. Ma ciò che vi ha di più notevole e imprevisto è la particolarità osservata da Fournier, il quale verificò, mediante la lente e il microscopio, come la matrice silicea che circoscrive la cavità ricetti un numero incal- colabile di ammoniti, tra le quali le maggiori misurano da 3 a 4 millimetri di diametro e le minori appena mezzo millimetro (1). Fournier discute due ipotesi colle quali sarebbe possibile di in- terpretare l’adunamento di esemplari immaturi di ammoniti. Secondo l’una, che respinge, l'organismo, che diede origine alla cavità, era un animale marino cui le ammoniti servivano di cibo; secondo l’altra da lui preferita consisterebbe in un galleggiante destinato a trasportare e a disseminare le uova e gli embrioni dei piccoli cefalopodi. Molto più semplicemente si può spiegare il fatto, ammettendo che la decomposizione di un organismo qualsiasi abbia provocato le forze chimico-fisiche da cui ebbe origine il nodulo, attraendo in- tanto intorno a sè le conchiglie minuscole sparse nella melma del fondo, nel modo stesso in cui in tanti altri noduli furono attirati ed accentrati innumerevoli foraminifere, radiolarie e spongiari. (1) FOURNIER) Sur les nodules (septaria) à Ammonites triasiques, etc. Comptes Rendus de l’Ac. des Sc., séance du 6 Juin 1910. LA dii ALARE \ è È A è du mè n) fi . al k Ù è 318 ; i A. ISSEL Notevole la circostanza che nei noduli del Madagascar come in quelli di Varzi .è presente il cobalto. Criptobioliti glauconiose e baritiche. Pourtalès, il quale osservò granuli glauconiosi in fondi di 50 a 100 braccia presso i lidi della Georgia e della Carolina meridio- nale, notò che la materia verde riempie ed inietta le cavità delle foraminifere e bene spesso si sostituisce ai gusci di questi protozoi. Da tale condizione di cose si xdeve concludere che la glauconite tende a sostituirsi alla calcite dei gusci calcarei. Perchè ciò possa avvenire è mestieri ammettere che il silicato ferro-potassico di cui risulta sia già contenuto nelle acque marine o che i suoi compo- nenti sieno disciolti nelle stesse acque. E°’ presumibile che i materiali di cui si compone il silicato di cui si tratta provenissero dal disfacimento di rocce granitiche o vulcaniche, potassifere, abbondantemente sparse nel fondo marino. Ehrenberg riteneva che l’adunarsi della glauconite nelle cavità delle foraminifere fosse conseguenza di un fenomeno fisiologico. A me sembra legittima l’ipotesi, che Ja decomposizione delle parti molli di quei protozoi provocasse la precipitazione del silicato, il quale o era già formato in seno all’acqua marina, 0, come è più probabile, nasceva dalla reazione dell’acido silieico sopra carbonati di potassio e di ferro disciolti. Io ravviso la fonte prima del potassio nella mu- scovite, tanto diffusa nella corteccia terrestre. i Ebbi occasione di esaminare un saggio di fondo estratto dal Medi- terraneo, cioè a SE della Sardegna (lat. 39° 41' N. — long. 9° 55' da G.) alla profondità di 395 m., il quale presenta tutti i caratteri di quelli descritti da Murray e Renard come esempi di depositi glauconiosi. Vi abbondano le foraminifere, principalmente globigerine e or- buline, e sono quasi tutte di colore verde pallido, presentando inoltre segni evidenti di alterazione; la materia verde riempie le cavità dei gusci e in molti casi, essendo questi distrutti, costituisce modelli interni, parzialmente accresciuti da ulteriori depositi. H saggio di cui si tratta proviene da quelli raccolti durante una delle campagne della R. nave « Washington ». . BIOLITI £ PISOLITI 319 Carpenter estrasse dal fondo dell’Oceano Indiano, in vicinanza di Colombo, a circa 675 braccia di profondità, noduli sferici, contenenti gusci di globigerine, noduli formati in prevalenza di solfato di bario, il quale costituisce il 75 % della massa (1). Si tratta ‘adunque di un tipo di nodulo assai diverso per la sua composizione da tutti quelli fin qui ricordati, che si potrebbe addurre ad esempio di una quinta varietà, se non si trattasse di un caso propriamente eccezionale. Criptobioliti fosforifere. A complemento di quanto esposi intorno alle bioliti n Op- portuno riferire alcuni cenni descrittivi concernenti i noduli di fo- sforite, perchè nella pluralità dei casi ricettano corpi organici, su- scettibili di determinazione, e, quando ne sono privi, sì mostrano. per ogni altro carattere così affini ai fossiliferi da avvalorare l’affer- mazione che hanno con questi origine comune. Molti adunamenti fosforiferi di formazioni recenti, quelli che si trovano ad esempio nelle caverne ossifere postplioceniche (ricorderò - fra le altre quelle ben note dei Balzi Rossi presso Ventimiglia), non n° sono altro che fecce fossili di carnivori, come chiaramente lo attesta la forma e la composizione loro. Si citano, tra le più frequenti e ca- ratteristiche, le coproliti di iena, d’orso e di grandi felini, principal- | mente di leone e di leopardo. E noto come, altri corpi nodulari e cilindroidi, che si trovano in depositi marini giuraliassici si ‘tengono in conto di coproliti di rettili e di pesci. % Bleicher, uno degli autori che si occuparono con maggior com- petenza dei fosfati dell’Algeria e della Tunisia, afferma che in gran parte ricettano copiosi detriti animali, in ispecie minuti frammenti d’ossa e denti di vertebrati marini, e perciò è ben plausibile l’ipotesi, che li considera come provenienti da coproliti più o meno alterate (2). (1) Report of the superintendent of the United States Coast Survey for 1869. Washington, 1872. (2) La bibliografia dei fosfati di calcio dell’Affrica mediterranea, i quali furono primamente segnalati agli studiosi da Philippe Thomas, conta numerosi contributi di Blayac, Bleicher, Ficheur, Levat, Pallary, Tempère ecc. seta enti ti è | w- F ‘ iaia AA a e n 320 A. ISSEL Mentre in alcuni casi la forma nodulare è in re.azione diretta col significato biologico degli adunamenti, in altri, più comuni, accusa il consueto fenomeno della concentrazione elettiva e conferisce loro piuttosto caratteri di morfoliti. Buon numero di giacimenti di fosforite, nei quali non mancano veri noduli, traggono i propri elementi dal fosfato di calcio triba- sico delle ossa dei vertebrati. Siffatta origine è evidente nei depo- siti di Lalebenque nel Quercy, i quali ricettano in copia avanzi di mammiferi oligocenici, in gran parte alterati da acque termomine- rali, che impartirono a questi depositi i caratteri delle formazioni siderolitiche, ed esercitarono in alcuni punti una azione dissolvente. Dalla precipitazione del fosfato in forma concrezionare provengono masse fettucciate ed arnioni ad involucri, descrittiin tutti i trattati. In questi adunamenti di fosforite non si trovano nè si possono trovare fossili perchè costituiscono in certo modo un prodotto se- condario pur essendo ben manifesta la derivazione loro da ossa di vertebrati. Ci offrono perciò un termine di transizione fra le bioliti e le morfoliti. Le fosforiti del Quercy, descritte da Filhol, offrono esempi istPut- tivi di noduli di concentrazione, quali piccoli, cioè di uno o due cen- timetri di diametro, quali assai più voluminosi (1). A Cos presso Cailux, secondo le osservazioni di Daubrée, se ne trovano di pieni con frattura fibrosa analoga a quella dell’aragonite, e, mentre bene spesso sono compatti, in altri casi presentano soluzioni di continuità. analoghe a quelle delle septarie di siderite. In certi esemplari i no- duli sono internamente cavi, presentando la superficie interna qual- che Volta foggiata a mammellohi ed anche, più raramente, un nucleo interno non aderente, come nelle oetiti di limonite. Nelle sue diligenti osservazioni intorno ad alcuni fosfati della Palestina, Artini esamina petrograficamente e mineralogicamente, quelli dei giacimenti già segnalati dal punto di vista industriale per _——____——___——_r—m—m—Tm—mrm——_mm_rFr—_T——mm_m_Pm__m_—m_—r—_mrrmr_m—m—_—_—r_rm_rmm_—m__——m€._————————————————————t& (1) FiLHor H., Recherches sur les phosphorites du Quercy, ecc. Annales des Sciences Géologiques, tome VII, p. 7. Paris, 1876. ‘ 3 ta D 7 w à % e del BIOLITI E PISOLITI 321 «eura del Blankenhorn, i quali risalgono al campaniano, descrive la loro struttura cristallina, la composizione chimica (sono costituiti essenzialmente dalla fluorapatite), avvertendo che contengono un po’ di anidride carbonica, e forse acqua. I loro caratteri ottici sono subordinati ad una imperfetta cristallizzazione. In alcuni campioni riconobbe tritume di spoglie calcaree d’organismi marini, cementato da carbonato di calcio. La loro struttura scistosa sembra all’autore conseguenza di metamorfismo meccanico (1). Notevole la presenza della fluorite. La cristallizzazione incipiente non esclude adunque la perma- nenza di resti organici, necessariamente mal conservati, e porge un valido argomento per asserire, che nel caso di molti altri noduli i fossili originariamente non mancarono, ma furono distrutti dopo aver. adempiuto all’ufficio di promuovere la concentrazione. In ur calcare cenomaniano visibile al Capo di Leuca, furono rinvenuti noduli di fosforite di cui si cccuparono parecchi geologi e chimici (2). i | Esaminati al microscopio, questi noduli risultano di una sostanza incolora o gialliccia, che non hai caratteri del carbonato calcico, e di una di color giallo-bruno o giallo-verdiccio, un poco translucida, nella. quale Vanalisi chimica rivela fosfato calcico colorato da ossido di ferro. In quest’ultima si osservano gusci di foraminifere, princi- palmente Globigerina e Pullenia, inoltre Miliolidi e Nummulinidi; le concamerazioni Sono spesso riempite di sostanza bruna, raramente di materia incolore o di entrambe insieme. Il prof. Pasquale Franco, il quale si occupò di rintracciare il modo di formazione dei noduli, ammette innanzi tutto, che abbiano avuto origine in un mare poco profondo, ed osserva, che le globige- rine, cibandosi di alghe marine, vivono in ambienti in cui queste (1) ARTINI L., Osserv. petrog. su di alcune rocce fosfatiche, ecc. Atti della Soc, Ital. di Sc. nat., I. Pavia, 1912. | (2) GieLIoLI I., Le stazioni sperimentali agrarie italiane, vol. XIV, fasc. I, Roma, 1888. i PALMERIP., Rendiconto del R. Istituto d'incoraggiamento. Napoli, maggio 1888. 322 ? A. ISSEL Mi fi d na La ni à Valdi Lal allignano in una certa quantità. Disfacendosi le alghe, il fosfato cal- cico che contenevano vien disciolto nell'acqua. di mare; intanto si putrefà il sarcode delle foraminifere e sviluppa ammoniaca e anidride carbonica, in presenza dei quali il fosfato calcico si precipita nelle camere delle foraminifere, cioè ove la reazione si produce colla mas- sima intensità. | Così i piccoli gusci riempiti di materia inorganica sono sottratti, almeno per lungo volgere di tempo, alla soluzione (1). Soggiungo, da parte mia, che a costituire i noduli deve senza dubbio intervenire simultaneamente un fenomeno di concentrazione, per il quale si ag- gruppano e si saldano le particelle più prossime di materia similare, vale a dire i gusci delle foraminifere per formare adunamenti sfe- roidali, ossia noduli. I noduli di fosforite sono piuttosto comuni e si trovano in .de- positi di diverse età. Così alla base del calcare di Bala, ascritto al sistema cambriano, v'ha uno strato ricco di siffatti noduli, i quali variano dalle dimensioni di un uovo di gallina a quelle di una noce di cocco, e sono rivestiti di un intonaco grafitico nero, probabilmente di origine vegetale (2). Ve ne sono, senza uscire dall’Inghilterra, nel neocomiano del Bedfordshire e del Cambridgeshire, nel gault,in vari livelli sopracretacei, come pure nel crag corallino e nel crag rosso. In tesi senerale i noduli mesozoici della serie britannica furono considerati come coproliti; ma in alcuni casi, come risulta dalle osservazioni addotte da Croll, il fosfato calcico si sarebbe fissato nel tessuto di spugne fossili. Le concrezioni fosforifere di KRossignole du-Reyran presso Fre- jus, che ho sotto gli occhi (3), assumono le forme più capricciose e sono quali semplici quali multiple. Parecchie di queste risultano ‘ dalla associazione di due sferoidi innestati l’uno a seguito dell’altro, (1) FRANCO P., Sull’origine dei noduli di fosforite del Capo di Leuca. Ren- diconto della R. Ace. delle Scienze Fis. e Mat. di Napoli, fasc. 7, luglio 1888. (2) DAVIES, Bull. de la Soc. Géol. de France, 1880, p. 365. (3) Mi furono somministrate dal « Comptoir Minéralogique » di Ginevra. bel ) BIOLITI E PISOLITI 323 per modo che i loro diametri maggiori si trovano lungo la stessa retta; ma i due elementi della concrezione, uguali in alcuni esem- | plari, sono in altri di dimensioni diverse. Non mancano aggregati fungiformi e complessi di piccoli sferoidi sporgenti da uno principale ; od anche corpi cilindroidi, diritti, o pure arcuati c contorti ed assai irregolari, in modo che si sottraggono a qualunque descrizione. Gosselet e Barrois spiegano la formazione di depositi a noduli di fosfati comuni nelle Ardenne, ove diconsi coquins, ammettendo che le sabbie inferiori furono dilavate, con rimozione dei granuli sottili, mentre le parti più grossolane e pesanti rimasero in posto (1). Si tratta, secondo i geologi precitati, di un fenomeno littorale contemporaneo alla formazione dei fosfati. ] Secondo Stanislas Meunier i noduli fosforiferi si formarono gene- ralmente con lentezza, in: una roccia calcarea, molto tempo dopo il suo deposito, come avvenne degli arnioni silicei delle assise cretacee, ‘e fu la denudazione sotterranea quella, che, eliminando il calcare, determinò la concentrazione dei fosfati in certi livelli (2). Carnot opina che le fosforiti dei giacimenti della Francia e del- l’Algeria furono formate in seno ad acque dolci, le quali avevano disciolto fosfati assai poveri di fluore. Quelli della Florida, all’in- contro, sarebbero dovuti al rimaneggiamento, per (opera di acque . marine, entro depressioni lagunari, di residui di vertebrati diversi : ‘uccelli, sauri, pesci, vissuti poco lungi; come pure di escrementi (3). Tali residui avrebbero subìto un trasporto verso le depressioni | per fatto di acque salse, in virtù delle quali il tenore del fiuore che ‘ricettavano originariamente avrebbe subito notevole aumento. Le acque marine, che sono fluorifere, si arricchiscono in fatti di quel ‘metalloide colla evaporazione. : (1) Mém. de la Soc. Belge de Géol., de Paléont. et d'Hydrol., III, p. 16. Bru- _. xelles, 1889. È (2) MEUNIER S., La Géologie expérimentale. Paris, F. Alcan ed., 1899. (3) CARNOT A., Sur le mode de formation des gites sédimentaires de pho- | sphate de chaux. ra pui des Séances de l'Ac. des Sc., séance du 9 no- vembre 1896. A tibi. ve licia int " lo , per ‘ DE a 2 Aa’ cent 7 e sa lit SI A. ISSEL Quanto ai noduli, in confronto degli strati fosforiferi, ripetono la maggior ricchezza di fluore, accertata dal chimico precitato, subor- dinatamente all’azione di acque fluviali, che avrebbero sottratto per soluzione agli adunamenti copia maggiore di fosfato di calcio che non di fluoruro dello stesso metallo. Da parecchi geologi francesi, specialmente da Cayeux e Tempère, si è messo in chiaro, che le fosforiti eoceniche (suessoniane) della Tu- nisia meridionale ricettano in copia frustoli di diatomee, fra le quali il secondo segnalò i generi Chaetoceras, Coscinodiscus, Hemiaulus, Melosira, Podosira, Pyxella, Ehyzosolenia, Stephanopyxris, Tricera- tium (1). In certi adunamenti il centro è occupato da una forami- nifera o da una radiolaria. In quelli che ebbi agio di esaminare non mi riuscì osservare fossili microscopici, perchè la incipiente cristal- — lizzazione del nodulo, accusata da struttura fibroso-raggiata, aveva obliterato ogni traccia di corpi organici. Non è difficile spiegare il ritrovamento nella fosforite di radio- larie planctoniche, ove si avverta, che nel guano prodotto, come . ognuno sa, dalle fecce di uccelli marini, adunati copiosamente in breve spazio, non mancano mai le armature delle radiolarie, per il fatto, che queste alghe sono costantemente associate agli animali pelagici ghermiti dagli uccelli, e, che dette armature, non alterate. dai succhi gastrici, permangono necessariamente nelle loro dejezioni. La determinazione delle specie di diatomee permette bene spesso di conoscere quale sia la provenienza del guano; perciocchè sono di- verse quelle che si trovano negli esemplari del Perù, della Nuova Zelanda, dell’Affrica, della Norvegia, ecc. (2). Collet e Lee osservavano alcuni anni or sono, che le conerezioni di fosfato di calcio contenute nei sedimenti marini odierni sono general- mente di forma irregolare e di piccole dimensioni. Si danno ecce- (1) TEMPÈRE, Sur les diatomées contenues dans les phosphates de chaua suessoniens du sud de la Tunisie. Comptes Rendus des séances de l’Acad. des Sc., séance du 15 fèvrier 1897, (2) STRUER A., Planktonkunae, Leipzig und Berlin, 1910. bi al b e 5 e x P MIZhi ; sin Ari it devi A e di dé IT Ma UCPy PL BIOLITI E PISOLITI 325 Me zionalmente esemplari che raggiungono fin 20 centimetri di diametro. Oltre al fosfato di calcio contengono in buon dato calcite, argilla e talvolta anche glauconia. Da ché ricettano costantemente detriti di certe conchiglie, di polipai, di echinodermi, di foraminifere e d’altri organismi si argomenta che si formarono a spese di animali marini. ì Esse abbondano infatti in acque poco profonde, nelle quali l’incontro di correnti dotate di temperatura assai diversa determina morìa di animali; dalla decomposizione delle spoglie loro è messa in libertà gran copia di fosfato di calcio, il quale si raccoglie sul fondo in | breve spazio, e poscia si concentra in noduli o sostituisce per pseudo- —_ morfosi gusci di foraminifere. Si è principalmente sul banco d’ Agulhas, | presso il Capo di Buona Speranza. e nello stretto della Florida che. | il fenomeno si verifica in larga scala (1). i I depositi marini fosforiferi, poco abbondanti nei mari più pro- . fondi, si presentano con frequenza assai maggiore tra 200 e 1000 m. | di profondità in concrezioni poco voluminose, bene spesso contenute in depositi glauconiosi. In quelle ottenute dalla spedizione del Challenger attorno al banco d’Agulhas a mezzogiorno del Capo di Buona Speranza, il fosfato di È. calcio costituisce il cemento di masserelle irregolari di 8 a 16 cm. di . diametro, nelle quali sono agglomerati materiali detritici diversi. Si | osservano noduli fosforiferi cenozoici e mesozoici, analogamente costi- I tuiti, nei quali bene spesso i corpi cementati sono gusci di foramini- fere; così ad esempio nella parte settentrionale del bacino di Parigi. Negli adunamenti di fosforite dell’eocene di Gafsa in Tunisia si tro- vano in copia denti di squalo, e perciò è presumibile che l’elemento fosforifero provenga dalla decomposizione del corpo di quei pesci o . dalle loro feci. E’ però da notarsi che i noduli ricettano in copia È diatomee, e questo sarebbe indizio favorevole alla seconda ipotesi. L’accumulazione in breve spazio di spoglie di pesci in gran nu- mero si può spiegare ammettendo lo sviluppo dal fondo marino di emanazioni endogene esiziali, o pure la circostanza che la concomi- N le .(1) Vedasi una nota di CoLLeT e LEE in Proc. Roy. Soc. Edinburgh, XXV, 1905. 1 326 A. ISSEL tanza di correnti marine a temperatura molto divergente possa de- terminare una morìa degli animali, che vivono solamente in deter- minate condizioni termiche. Quest'ultima spiegazione mi sembra ben legittima in quanto concerne i piccoli invertebrati planctonici (pro- tozoi, celenterati, crostacei, ecc.), dotati di limitatissima mobilità, e non rispetto ai pesci, i quali, provvisti in generale di potenti mezzi di locomozione, facilmente sì sottraggono alle differenze di temperatura che conseguono dalla distribuzione delle correnti. Cc) LABIRINTOLITI. Distinguo sotto questo nome pietre, le quali risultano di corpi organici, in particolar modo scheletri di radiolarie, tenacemente aggre- gati con tenui detriti minerali, che assumono figura di corpi sferoidali, ellissoidali od anche irregolarmente semiferici, e subirono superficial- mente intensa corrosione chimica, dalla quale risultarono impressioni tortuose o meandriformi caratteristiche. Si tratta a rigor di termine di vere criptobioliti ulteriormente modificate. Potei esaminare quattro esemplari appartenenti a questo tipo: il primo è di forma irregolarmente emisferica con base pianeggiante, alquanto anfrattuosa e scabra, un po’ depressa nella parte media (1). La sua superficie convessa è liscia, di color bigio nerastro e a lucen- tezza grassa. Essa presenta numerosi solchi che si irradiano dal sommo n verso il margine, solchi tortuosi e circonvoluti nel primo tratto, grado. grado leggermente sinuosi od anche rettilinei nella porzione marginale. Il diametro maggiore della base misura mm. 183, il minore, parimenti alla base, mm. 143; l’altezza, senza tener conto della depressione ba-- sale mediana, è di mm. 90. La sezione sottile di detto esemplare, offre i caratteri generali di una roccia minutamente clastica, che ricetta numerosi organismi. I materiali inorganici di cui risulta sono granuli e vene calcitici, plaghe silicee, scarsi frammenti feldispatici, sfumature carboniose, e (1) La depressione è incrostata di. materia terrosa biancastra, nella quale Favviso un sale di sodio. ' dI : ai i i l ia 4 Sg A " . * » "e è = . n, Ca 4” Ld ® ri o BIOLITI E PISOLITI i 327 molte opaciti indeterminate; gli organici consistono in radiolarie sfercidali mal conservate, alcune munite di propaggini spinose, in frustoli di altre radiolarie a maglie esaedriche, in asticelle appuntate, che sembrano spicule di spongiari. Queste, come pure le maglie po- liedriche, sono opache, perchè convertite per pseudomorfismo in mi- _ nerale metallico. La roccia esposta alla fiamma avvivata dal can- ‘ nello ferruminatorio si imbianca senza liquefarsi, non fornisce segni di manganese trattata coi fondenti vetrosi, e manifesta solo tracce di ferro. Trattata con acido cloridrico, produce leggera effervescenza. Questo esemplare è compreso in una raccolta da me acquistata in San Remo per conto del Museo di Genova presso la vedova del naturalista e viaggiatore germanico Otto Kuntze; era sprovvisto di indicazioni relative alla sua provenienza, ma, per le strette affinità + che offre con altri descritti più innanzi, non dubito sia stato rac- colto in una nitriera del Cile. i Il secondo esemplare ha forma sferoidale alquanto depressa in corrispondenza dei due poli, e specialmente di uno da me conside- rato come inferiore. La superficie corrispondente a detto polo ap parisce quasi pianeggiante, finamente granulosa, grigiastra e desti- tuita di lucentezza. In ogni altra parte il nodulo è liscio, di color grigio di ferro.e, dotato di lucentezza pinguedinosa. Esso è coperto . nella parte più convessa di solchi meandriformi, assai fitti e tor- tuosi presso il polo più convesso, poi poco a poco più radi e meno tortuosi a misura che se ne allontanano, per modo che finiscono in solchi irregolari lievemente sinuosi. Parecchie coppie di solchi, ad , un certo punto del loro percorso, convergono e si riuniscono in uno. Le dimensioni principali della pietra sono: diametro maggiore mm. 76; minore 66. Essa fu raccolta dal sig. Luigi Romeri (il quale ne fece poi dono al Museo civico di Savona), a circa un cen- tinaio di km. ad est di Antofagasta, alla sinistra dell’alveo di un torrente asciutto denominato Rio Secco delle Boquete del Canario (1), | alla profondità di pochi metri, mentre si praticavano assaggi per la N (1) Questo antico corso d'acqua seendeva dalla Cordigliera in direzione SE-NW. ai anni e Frei i AA n der dn» d pr Ù Ù” / tt 328 3A ISS ricerca del caliche (commistione di nitrato, cloruro e fosfato sodico); fu probabilmente trasportata dalle acque correnti insieme ad altre. Un altro esemplare, della stessa provenienza, è di forma elissoi- dale, assai depresso, con una superficie superiore convessa ad una inferiore pianeggiante. Per la posizione che la pietra occupava ori- ginariamente nel suo giacimento, e che desumo dai caratteri delle due superficie summentovate, considero anche in questo come ba- sale o inferiore la meno convessa. Sulla faccia superiore, che è di color grigio-nerastro e alquanto lucente, come oleosa, si distinguono fitte impressioni vermicolari disuguali, le quali vanno facendosi più rade e meno risentite verso la periferia, e scompariscono nella faccia sottostante. Tali impressioni convergono al sommo della pietra, ove sono più irregolari e ‘complicate; osservate mediante una lente, ri- sultano come cordoncini poco sporgenti, assai tortuosi e ricordano, col loro complesso, i rilievi di certe pelli conciate. La superficie ba- sale, di color più chiaro, è finamente granulosa. | Per la durezza, la tenacità, la struttura, e, secondo ogni vero- simiglianza, anche per la costituzione litologica, la pietra, che può definirsi un nodulo, non differisce dalle due precedentemente de- scritte sotto la medesima rubrica. Dimensioni principali: lunghezza mm. 95; larghezza 77. L’ultimo dei quattro esemplari, analogo agli altri per colore e lucentezza, è elissoidale e schiacciato, presentando notevole conves- sità superiormente e superficie pianeggiante nella parte opposta. Esso offre sulla faccia più convessa solchi meandriformi irregolari, disuguali, che hanno origine nel punto più prominente, ove sono più fitti e tortuosi, facendosi poi più radi e meno risentiti verso la pe- riferia. Risulta dal loro complesse un disegno che ricorda le circon- voluzioni visibili nelle sezioni trasversali dei denti di labirintodonti. Anche in questo i solchi limitano rilievi poco prominenti. Il colore apparisce meno carico nella faccia inferiore, la quale non è levigata, nè lucente. Dimensioni : lunghezza mm. 80; larghezza 64; spessezza massima 30 (tav, II, fig. 7). Un frammento d’altro nodulo (poichè si può indubbiamente { © Ie PT 4 È let i ù BIOLITI E PISOLITI 8-6 designare con questo appellativo generico), il quale mi fu comunicato dalla direzione del Museo di Savona, che l’ebbe dal raccoglitore dei ‘tre già menzionati e proviene ugualmente da una nitriera del Cile, è parte di una lente di 25 a 30 centimetri di diametro ; esso offre un involucro nero un po’ lucente, a superficie anfrattuosa, quasi sco- riacea, che avvolge un nucleo omogeneo, di color bigio scuro. Tanto la parte periferica quanto l’ interna sono duri quasi quanto l’acciaio e i fragili. Al microscopio una laminetta sottile tratta dal nucleo presenta gli stessi caratteri della labirintolite già compresa nella collezione ‘Kuntze, posseduta dal Museo di Genova; nè vi mancano, per rendere completa l’ identità, molte sezioni di radiolarie. Non si tratta tuttavolta, di una pietra figurata che si debba comprendere fra le labirintoliti normali, essendo priva delle caratte- ristiche impressioni labirintiformi, qui sostituite da piccole cavità disuguali e irregolari, simili a quelle dovute alla erosione eolica, non rare sulle rupi sporgenti da certe plaghe desertiche. Tali cavità ripe- tono l’origine loro, se non m’inganno, dallo stesso fenomeno che . diede luogo alle impressioni meandriformi, cioè dall’azione corrosiva di acque mineralizzate. | Mi professo grato al prof. N. Mezzana, direttore del Museo civico di Storia naturale di Savona, per il sussidio prestato ai miei studi | colla comunicazione dei quattro esemplari descritti per ultimo e di parecchi altri oggetti degni d’attenzione e d’esame. Concludo adunque col ritenere che nella regione di Antofagasta sì formarono per concentrazione, a spese di un antico deposito ma- rino, non determinato, delle criptobioliti a radiolarie, le quali, tra- . sportate di poi da acque correnti in un giacimento di sali sodici, subirono l’azione di acque filtranti corrosive e si convertirono per. questo fatto in labirintoliti. In base ai documenti ancora imperfetti che possiedo in proposito, non mi è concesso di esporre dati più |. Sicuri e più particolareggiati (1). I AR I A latdi fc (1).Debbo aggiungere come alla superficie delle labirintoliti si osservano . «tracce di erosione eolica, la quale ha forse contribuito alla loro elaborazione. 3 330 A. ISSEL d) RIZOBIOLITI. Laddove si produsse una concentrazione di sostanze minerali pro- dotta intorno a parte di un vegetale, che consisteva in una radice, in un caule od in un rizoma, ne risultò parimente una biolite, che parmi opportuno distinguere dalle altre specie colla denominazione di riîzo- biolite. La figura assunta dal corpo così costituito è più o meno con- forme a quella della parte di vegetale che gli diede origine; si tratta generalmente di cilindri irregolari, talvolta con nodi, ingrossamenti e brevi diramazioni, di coni tronchi, in casi meno comuni, di amigdale o sferoidi. Nei primi un canale mediano accenna bene spesso a cauli o steli fistolosi od anche a tessuto midollare. . Rispetto alla materia minerale di cui risultano, è nei casi più comuni pirite, marcasite, limonite, siderite, silice. Non mancano esempi di materia carboniosa proveniente dalla decomposizione del vegetale originario associata a materiali diversi sottratti direttamente o indirettamente al deposito che ricetta la biolite, o recati dallo esterno per opera di acque mineralizzate (1). La formazione delle rizobioliti è fenomeno abituale in seno alle argille, sabbie e marne plioceniche e mioceniche. Molti anni addie- tro segnalai quelle che abbondano nel deposito di sabbie marnose di Vado, nel Savonese, e furono da me attribuite all’azione eserci- tata dalle radici di pianticelle che da breve tempo avevano ces- sato di vegetare sui materiali ferruginosi diffusi nel terreno (2). Ri- tengo che le particelle piritose sparse nelle sabbie passano, in virtù dell’ossigeno atmosferico e delle pioggie, alla condizione di solfato (1) Si raccolgono spesso nella formazione arenacea oligocenica di Sassello frammenti di Jegno silicizzato, che possono legittimamente ascriversi alle rizobio- liti, nei quali persistono parti carboniose. In questi frammenti si osservano alcune volte fori e tubi di teredini (riempiti ordinariamente di calcedonio), i quali atte- stano lunga permanenza del legno nell'acqua marina, prima che il suo tessuto fosse sostituito da silice. (2) Rame nativo epigenico sopra un dente di squalo e frustoli di piante convertiti in limonite. Boll. del R. Comitato geologico, anno 1878, n. 5-6. I] 1,59 i BIOLITI E PISOLITI 331 idrato, il quale, disciolto che sia, vien decomposto dai frustoli ve- getali ivi sepolti, per modo che nei loro tessuti si fissa per pseudo- morfosi il bisolfuro di ferro così formato, sostituendosi ai principii organici della pianta; sopravviene poscia indubbiamente una ulteriore reazione che dà origine, almeno in parte, alla limonite di cui risultano superficialmente le radici piritizzate e le conerezioni concomitanti. La collezione che ho sotto gli occhi comprende i seguenti 0g- getti riferibili, se mal non mi appongo, alle rizobioliti : a) Un tubo cilindrico di arenaria ferruginosa proveniente dal deserto Libico presso il Cairo. Esso è circondato da un rivestimento limonitico, saldissimo, ed attraversato per tutta la sua lunghezza da un canale mediano. Il suo diametro esterno varia tra 4 e 5 cm.; la luce del canale misura da 12 a 15 mm. b) Due esemplari provenienti da Oyted nel Surrey e raccolti dal sig. Abbot nelle sabbie verdi dei così detti letti di Folkestone. x Uno di questi è un cilindro irregolare, un po’ arcuato, costituito di arene ferruginose saldamente cementate. Esso è percorso lungo l’asse da un canaletto, il quale presso una estremità si sdoppia, come sé corrispondesse a porzione diramata di un rizoma o di una radice. Dimensioni : lunghezza circa 10 cm., diametro esterno 17 a 30 mm.; diametro del canale principale da 5 a 9 mm. Il secondo esemplare, più voluminoso (è lungo circa 12 cm. e misura da 5 a 6 cm. di diametro), apparisce formato di due tubi È contigui compenetrati, i quali ad una delle estremità sone incom- pletamente distinti. Il vacuo interno è tutto occupato da sabbia si- | licea giallastra. c) Un oggetto analogo, ma di minori dimensioni, pur di pro- venienza inglese, rinvenuto nelle arenarie triasiche di Heavitree, nel Sommerset, risulta alla periferia di arena quarzosa, saldamente ce- mentata da limonite bruna concreta e internamente di sabbia quar- zosa giallo-rossastra, quasi destituita di idrossido di ferro. Non mi è dato conoscere da quali piante i quattro esemplari sopra enumerati ripetano l’origine loro. È d) Corpo cilindroide irregolare, impervio; quasi rettilineo nella - RE È 332 A. ISSEL maggior parte della sua lunghezza, un po’ arcuato ad una estremità, nella quale si vedono due brevissime diramazioni dovute al prin- cipio di radicelle (?). Risulta di sabbia grossolana poligenica, e mi- sura circa cm. 17 % di lunghezza e da 2 % a 3 % di larghezza. Fu raccolto a Porto Scuso in Sardegna dal prof. D. Omodei. e) Parecchi cilindretti impervi di limonite, che cementa arena quarzosa, cilindretti di 5 a 18 mm. di diametro, la cui lunghezza non supera 5 cm. 4. Furono raccolti dal compianto prof. D. Lovisato al Cerro de las Caracoles, in Patagonia, entro un deposito di sabbie gialle, . al di sopra di uno strato marino (eocenico ?) ricco di Turritella fossili. Il raccoglitore riteneva che la formazione di tali concrezioni fosse stata provocata da piante marine. f) Certi corpi cilindroidi, più o meno compressi rinvenuti presso Reggio di Calabria, in condizioni di giacitura non precisate, raggiungono 6 a 7 cm. di lunghezza e da 11 a 17 mm. di diametro. Essi sembrano prevalentemente costituiti di limonite bruna; tranne in alcuni punti, nei quali il colore della scalfittura accenna ad ematite ‘rossa. Particolarità notevole della loro superficie si è che sono coperti di numerose e piccolissime protuberanze elittiche od ovoidali, varia- mente orientate, assai fitte, ciascuna delle quali misura presso a poco uno o due millimetri nella maggior dimensione. Uno dei frammenti offre una depressione longitudinale, che accenna all’inizio di un ramo. Argomento che questa rizobiolite, iniziata nel modo stesso delle sue congeneri, sia stata rivestita, quando era già formata, da un in- voluero concrezionato per fatto di un deposito ferruginoso dovuto ad acque mineralizzate. PISOLITI. a) EUPISOLITI, Le pisoliti e le oolîti normali sono conerezioni calearee, abitual- mente generate in seno ad acque dolci o mineralizzate in movimento, sopra corpi inorganici ed organici che adempiono all’ufficio di ma- teriali inerti, atti solamente a rivestirsi di ùn involucro di sostanze LO TTTOLTORO ROSIE STO a VIT È, Ù \ % n) Ò + | BIOLITI E PISOLITI | 333 solide (carbonati, idrossidi od altri). Denomino, come dissi, eupisoliti queste concerezioni, per distinguerle da molte altre da me designate come biopisoliti, nelle quali la precipitazione della materia minerale è provocata da fenomeni fisiologici. Il vocabolo ooliti è attribuito, secondo l’uso comune, alle conerezioni dell’una e dell’altra maniera, quando le loro dimensioni sono assai piccole, paragonabili cioè a quelle delle uova di pesce. Si formano eupisoliti e specialmente ooliti nelle sorgenti, nei rivi, nei torrenti, nei fiumi, nei laghi, nel mare, e d’ordinario la materia minerale è disposta in involucri concentrici intorno a corpi organici 0 a granelli di sabbia. Le acque in cui hanno origine possono trovarsi nelle condizioni ordinarie od essere termali ed anche nel tempo stesso calde e minerali. | Si citano depositi oolitici calcari di acque marine in paesi caldi, ad esempio nell’Eritrea e lungo i lidi della Florida, confinati a pic- cola profondità e presso scogli coralligeni, ove le acque non vanno soggette che a lievi ondulazioni; s’ intende di leggeri come l’agita- zione intensa e tumultuosa del mare sarebbe incompatibile con sif- fatto fenomeno. Il deposito, subordinatamente alla temperatura e alla copia di sali calcarei disciolti nell'acqua, deve prodursi più o meno rapidamente. Per cortesia del raccoglitore, dott. Giorgio Caneva, mi fu procu- rata una serie istruttiva di eupisoliti della caverna, detta Covolo della Guerra presso Lumignano (Colli Berici). Erano contenuti in una pic- cola cavità crateriforme, stalagmitica, sottoposta ad uno stillicidio quasi continuo. Le dimensioni loro variano da quelle di grosse noci ad altre di nocciuole ; il colore è bruno chiaro traente al fulvo ; si danno esemplari sferici, sferoidali, lenticolari, emisferici, elissoidali, ovoidali assottigliati alle due estremità, e cilindroidi arrotondati o appuntati ai due capi o ad uno solo, come pure poliedrici ad an- goli e spigoli smussati. La superficie loro è talvolta liscia, ed accenna a materia assai compatta, ma in altri casi è scabra, un po’ granosa e lascia scorgere piccoli meati e pori. Inoltre si aggiunge alla serie un certo numero di gusci di Heli- pai «dirà 2 b È 334 i A. ISSEL cidae (1) più o meno incrostati, i quali servirono di nucleo ad alcune tra le accennate pisoliti, certamente a quelle lenticolari (nelle quali è ancora visibile l’apice della spira e la carena della conchiglia), nelle sferoidali e nelle emisferiche. Rispetto alle conerezioni cilin- droidi, elissoidali, fusiformi, senza escludere che abbiano pure per nucleo una conchiglia, non mi curai di accertare la cosa mediante una sezione (tav. Il, fig. 10). | La forma sferoidale di alcune concrezioni è dovuta al deposi- tarsi del sale incrostante sopra un nucleo che si volgeva in tutti i | sensi in seno all'acqua calcarifera agitata da qualche stillicidio; quelle cilindroidi conseguono dal fatto che il nucleo si volgeva prevalen- temente intorno ad un asse di rotazione, oscillando più o meno il medesimo asse nei casi in cui il solido assumeva forma ellittica, o di fuso. Le concerezioni divennero emisferiche allorchè appoggian- dosi sopra un piano non potevano svilupparsi che superiormente a questo. S’intende poi che la figura poliedrica fu conseguita nei rari casi nei quali, per l'agitazione cui andava soggetta l’acqua inero- stante, la concrezione ebbe successivamente per base piani diversi. Una delle pisoliti presenta due facce regolarmente convesse, una liscia e l’altra assai scabra, che si congiungono in una carena; in questo esemplare la seconda faccia occupava certamente posi- zione inferiore rispetto alla prima e cresceva in acqua melmosa. Nella grotta del Marmo, ad Ullossai in Sardegna, le acque cal- carifere danno pure origine a pisoliti, recatemi dall’ing. S. Traverso, le quali, come quelle del Covolo della Guerra, si formano intorno a corpi estranei, che sono, nel caso di cui si tratta, crani di piccoli mammiferi (tav. II, fig. 8, 9). Possiedo una concrezione della medesima provenienza, generata indubbiamente, come le pisoliti delle quali ho fatto menzione, sopra un corpo estraneo, ma assai diversa per la forma che è quella di un cilindro irregolare, arrotondato in corrispondenza delle due basi, provvisto di strozzature trasversali. Dimensiohi: lunghezza cent. 9; diametro medio 1. —— _ —_ — ———_—_—_ _rcrr__<—_—- — —— —____—_—— -_——m6m6 (1) Si tratta, se non m'inganno, dell’Heliz gemonensis di Ferussac. PR > - BIOLITI E PISOLITI 335 Furono segnalate dal prof. Tellini nella grotta di Taipana, nel ‘Friuli, verso il termine della prima galleria, bizzarre conerezioni, che ricordano: per la forma loro rotule umane (1). Esse sono tenere, ru- gose, biancastre e leggerissime; allorchè si spezzano, apparisce nella loro frattura la struttura ad involucri propria alle pisoliti, senonchè gli strati concentrici di cui risultano sono talvolta un po’ distaccati, ed avviene che in certi esemplari sia possibile isolare un nodulo centrale. La particolarità più notevole di siffattte concrezioni si è quella di assumere col prosciugamento tal leggerezza da galleggiare sull’acqua. Secondo il Tellini, si CEGISA analoghe concrezioni anche nel ° Foran di Landri, e si vedono talvolta fuori della caverna, galleg- gianti alla superficie del rivo che ne scaturisce. Come opportuna- mente avverte il De Gasperi (2), si tratta di vere pisoliti; ma, viste le particolarità di struttura che le distinguono, è ben legittimo con- siderarle come varietà peculiare. Le pisoliti di Hammam-Meskutine, osservate da Lacroix, si for- marono in acque calde a temperatura poco minore di quella della ebullizione (95°), e si ritengono costituite da un minerale poco di- verso dalla calcite e dalle Poggi che ebbe nome klipeite; singo- lare proprietà di queste pisoliti si è di spezzarsi con fragore allorchè sieno scaldate al rosso (3). Si tratta di eupisoliti e non piuttosto di biopisoliti, come io sospetto ? | Secondo Daubrée, si trovano esemplari della medesima prove- nienza rivestiti di un involucro piritoso ed altri nei quali si alternano strati di pirite e di carbonato di calcio. | Talune di siffatte concrezioni presentano forma ASORZA anzi- chè sferica; ciò perchè, secondo ogni verosimiglianza, caddero al fondo - (1) TELLINI A., Peregrinazioni speleologiche in Friuli. In Alto, X, 1889. PtACENTINI G., Grotta di Taipana. Mondo sotterraneo, VIII, n. 5-6, 1912. (2) Materiali per lo studio dei fenomeni carsici. TX. Grotte e caverne del Friuli, p. 157. Firenze 1916. (3) Comptes Rendus des Séances de l’Acad. des Sn 1878 (21 TT Perego << n= “ 7 at * PARETE EPA RA its bea 6 pr mai >: è. vat PA < + Pa ot Ò a@T ° eni TR Y p fc» 336 A. ISSEL del bacino in cui si formavano e lo sviluppo loro rimase impedito dal contatto di esso fondo e da quello di altri corpi solidi. A Lexy si dànno piccole pisoliti irregolari entro un calcare cri- stallino, ad arnioni, nel mezzo dei quali si osservano cavità che ac- accoglievano conchiglie marine (1). b) BIOPISOLITI. Oltre alle pisoliti normali, se ne danno altre, come si è detto, che Gistinguo colla denominazione di biopisoliti, la cui formazione è de- terminata dall’azione fisiologica esercitata da organismi viventi, cioè da alghe o batteri, sui principii che si trovano in soluzione entro acque mineralizzate. Queste biopisoliti sono spesso calcaree, od invece costituite di idrossidi metallici (nelle sideropisoliti, che costituiscono il così detto ferro delle paludi) e si accumulano in tal copia da costi- tuire depositi di limonite coltivabili come materiali estrattivi. Le biopisoliti meriterebbero forse di essere riunite alle bioliti, ma non so risolvermi ad aggregarle a questo gruppo, per non allon- tanarmi troppo dall’uso comune. Certo è che si distinguono dalle bioliti propriamente dette per il fatto che si formarono in virtù di un fenomeno fisiologico e nell'acqua più o meno mineralizzata. Come esempio istruttivo delle prime, reco le piccole concrezioni di forme svariatissime, assai irregolari e capricciose, fra le quali prevalgono quelle di corpicciattoli ellissoidali o piriformi, di grumi costituiti di masserelle mammellari compenetrate e specialmente bastoncelli cilin- droidi o tubetti, che si formano nel torrente Secca, presso Valleregia, in Liguria, intorno a frustoli vegetali. Ne raccolse per me in gran numero il dott. U. Gagliardi (tav. I, fig. 5). Queste concrezioni sono qualche volta liscie, ma non lucenti, in altri casi ruvide e scabrose; la struttura loro è a involucri, ed accolgono internamente una piccola cavità contenente calcite farinosa, nella quale si distinguono piccoli grumi bruni e filamenti di natura vegetale. Fino (1) BLeIcHER M., Le minerai de fer de Meurthe et Moselte, Bull. de la Soc. Industrielle de l'Est. Nancy, 1894. ’ BIOLITI E PISOLITI ANTI a0a 337 a poco fa il microscopio non aveva consentito di ottenere più precise ‘indicazioni su questi corpuscoli, intorno ai quali si iniziò la concere- zione; ma, in seguito a diligenti indagini, il prof. O. Penzig potè mettere in chiaro che l’organismo generatore di quei noduletti è pro- priamente la Streptothria hyalina, Migula, clamidobacteriacea, la quale suol trovarsi comunemente nelle acque stagnanti, in condizioni ben diverse tuttavolta da quelle nelle quali vive in Liguria (1). Già Clerici (2) e Lotti(3) riconobbero, che nella formazione delle terre bolari del Senese l’azione biologica sì deve considerare come concomitante della chimica. D’altra parte il Gasperini verificò la frequenza di speciali organismi filamentosi nelle acque termali della regione (Crenotheria, Cladotherix, Chiamidotheriv ecc.) riferibili alla famiglia delle Beggiatoacee 0 delle Chlamidobacteriacee, le quali avreb- bero la facoltà di separare il ferro dalle acque, anche quando si trova in minime proporzioni, cioè di un milligrammo per litro (4), per rivestirsi di tenue involucro di idrossido ferrico. Di questi or- | ganismi si ravvisarono le tracce nelle dette terre coloranti. Dal canto suo il Bargagli-Petrucci attribuirebbe ad una batteriacea peculiare, il Bacillus ferrigenus, una azione consimile, esercitata nelle melme calde della regione boracifera toscana, azione favorita da substrati ‘viventi di alghe verdi e diatomacee. Detto bacillo provocherebbe l'ossidazione dei sali di ferro disciolti nelle acque e la precipita- zione dell’idrossido ferrico, reso probabilmente colloide (5). S'intende di leggeri come la sovrapposizione di successivi invo- lueri ferruginosi intorno ad un nucleo organico debba dar luogo (1) PENZIGO., Noduli d’origine vegetale. Malpighia, fasc. VII-X, Catania, 1916. (2) CLERICI, Boll. della Soc. Geol. Ital., vol. XXII, p. CKXIX. Roma, 1903. (3) LOTTI, n: della Toscana. Mera. descr. Carta geol. d’Italia, p. 482. Roma, 1910. (4) GASPERINI G., La filogenesi delle. Terre rosse, gialle e bolari, ecc. Atti della R. Acc. dei Georgofili, III, Firenze, 1906. (5) Ho riassunto in questi cenni alcune nozioni perspicuamente. esposte dal prof. E. Manasse nella sua memoria « Sulla composizione chimica delle terre gialle e bolari del Monte Amiata. Pisa, Nistri, 1915 ». “ 338 Mi. A. ISSEL alla formazione di ooliti, e poi di pisoliti (pertinenti alla varietà da me detta sideropisoliti) in seno alle conche palustri nelle quali vivono i vegetali dotati della accennata proprietà. Naturalmente saranno diverse, secondo i luoghi e secondo le condizioni dell'ambiente, le specie di batteriacee generatrici dei de- . positi siderolitici, i quali in certi casi assumeranno ferma semplice- mente pelitica e in altri quella di adunamenti oolitici o pisolitici. In estesi tratti di paese le formazioni mesozoiche sono ricclte di ferro oolitico e ricettano anche generalmente limonite epigenica sulla pirite; così nel mediotriasico, nel retico e nel medioliasico della Lorena. In alcuni casi il minerale di ferro si può riferire al silicato mal definito denominato chamoisite; altrove si tratta di limonite. . Generalmente il minerale, trattato con acido cloridrico allungato, ab- bandona uno scheletro siliceo. | Secondo le osservazioni di S. Meunier, le ooliti ferruginose (co- stituite di siderite e di limonite) della Lorena sarebbero state ori- ginariamente di natura calcarea; avendo poi subito l’azione di acque | ferruginose, i minerali di ferro avrebbero sostituito epigenicamente il carbonato di calcio (1). APPENDICE MICETOLITI. Fra Je icoliti si debbono pur comprendere legittimamente le con- crezioni fungiformi, le digitazioni, i tuberi, le espansioni fogliari più o meno circonvolute, proprie alle alghe inerostanti marine e d’acqua ‘ dolce, in ispecie ai Lithothamnium ed ai Lithophyllum. Nella memoria precitata sull’ordinamento sistematico delle pietre figurate accennai ad un esempio di tali concrezioni rinvenuto in Ge- nova nella valletta del Veilino, e mi parve poterlo attribuire provvi- soriamente ad una varietà di simblosite, per la sua somiglianza super- (1) Comptes Rendus des Séances de l'Acad. des Sciences, séance du 22 Avril 190]. : BIOLITI E PISOLITI 339 ficiale alle così dette concrezioni a favo descritte dall’Abbot, Esso consiste in un adunamento di lamelle grossolane più o meno stipate | e eirconvolute, il quale desta l’idea d’un encefalo di piccolo mammi- fero. La-materia è calcite biancastra, assai tenera, depositata in seno ad un sottil velo, non continuo, di acqua dolce in movimento ; vi si unisce, insieme a copiosa materia organica, una piccola proporzione d’argilla. L'indagine ‘microscopica compiuta dal dott. Achille Forti, algologo competentissimo, dimostrò-nell’esemplare la struttura di un Lithophyllum probabilmente del L. racemus (Lamo uroux), senza esclu- dere che possa riferirsi invece al L. tortuosum, Roux (Tenarea tor- tuo0sa, Bory). Si conservano nella conerezione anche molti frustoli di Oscillaria (tav. II, fig. 11). Si tratta di vere criptobioliti, non libere, ma aderenti; ne diffe- riscono tuttavolta perchè ebbero origine in virtù dell’azione fisiolo- gica di vegetali viventi. Sotto questo aspetto sono affini alle biopi- soliti, alle quali le dscriverei se assumessero forma nodulare. Tutto considerato, ritengo che debbano costituire almeno una sezione pe- culiare di bioliti, cui assegno la denominazione di micetoliti. Riser- . bandomi di descrivere in altra nota qualcuno dei tipi più distinti di tali concrezioni, che sono assai numerose e svariate allo stato fossile, sotto il nome generico di mullipore e tra le produzioni marine dette alghe incrostanti, mi tengo pago di averne dato questo cenno. . Genova, dicembre 1916. F VET AI) RS DLE Ra e V sql tà v evi, Va À, na sa = pre Ai) 340 A. ISSEL — BIOLITI E PISOLITI - SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. (1). TAVOLA I. Fig. l. Sezione sottile di una criptobiolite a radiolarie (nodulo selcioso) di Cas- | _— sagna, Focene sup. Ingrand. 50 diam. . Criptobiolite a PuMlenia di Torriglia. Cretaceo. Grand. nat. » 3. Sezione sottile di una criptobiolite a spongiari del Monte Zatta. Eocene, Ingrand. 80 diam. | i | » 4. Sezione sottile di una criptobiolite incipiente, a Glodigerina ece. di Varzi. | Miocene? Ingrand. 80 diam. - o . Biopisolite di Valleregia. Attuale. Grand. nat. . Sezione sottile di una criptobiolite a foraminifere in formazione del Tir- reno. Attuale. Ingrand. circa 50 diam. (Per confronto). . Fanerobiolite conienente Amaltheus spinatus, Jura. Grand. nat. . Fanerobiolite contenente un cono di Walchia. Carbonifero. Dimensioni assai ridotte. v DO (S| » x (©p) v 00 = TAVOLA II. Fig. 1. Fanerobiolite contenente un brachiopodo. Northumberland.. Siluriano. Grand. nat. | da > 2. Fanerobiolite contenente un calice di crinoide. Dombow, Boemia. Siluriano. Grand. nat. vu (ere ù: Criptobiolite incipiente a Globigerina ecc. di Varzi. Oligocene ? Dimen- w sioni ridotte. >» 4. Criptobiolite a foraminifere e radiolarie del Gargano. Cretaceo. Dimen- sioni assai ridotte. » 5-6. Criptobioliti a radiolarie di Cassagna. Eocene. Grand. nat. » 7. Labirintolite del Rio secco delle Boquete del Canario, nel Cile. Grand. nat. » 8-9. Eupisoliti formate intorno al cranio di piccoli roditori. Grotta di Ulossai in Sardegna. Quaternario, Grand. nat. 10. Eupisoliti formate intorno a gusci di ‘ gasteropodi. Covolo della Guerra nel Vicentino. Attuale. Dimensioni assai ridotte. » ll. Micetolite di Genova. Attuale. Dimensioni assai ridotte. 4 (1) Le fotografie delle preparazioni microscopiche furono gentilmente eseguite per l'autore dal prof. Pilade Lachi. A, Issel - Bioliti e Pisoliti - Tav. I. > val basi È > S = = "D © Vv 5D E E) (©) o © ca «Sf 20) ds: A se A. Issel - Bioliti e Pisoliti - Tav. II. tag à ® ‘pal n° l>] « Ù) riti Poe » . n “ tie e È; ER M. CASSETTI ‘STRUTTURA GEOLOGICA DI ALCUNE REGIONI LIMITROFE DELLA CAPITANATA E DELL’IRPINIA È Da Candela ad Ascoli Satriano e, lungo la valle dell'Ofanto, fin sotto — Monteverde e a Melfi. | Da Candela ai monti di Ariano di Puglia. x Teri TA o" e , di E 54 pi D ” v (Osservazioni fatte durante la campagna del 1916) ‘ Meno limitati lembi di quaternario, la regione di cui trattasi è i completamente costituita di depositi terziari, esclusivamente eocenici e pliocenici. L° Eocene, che forma il terreno basale, è rappresentato da argille pi cazione e da argille scistose, marnose ed arenacee con intercalazioni di’ calcari nummulitici, di calcari arenacei, di arenarie calcaree e di î semplici arenarie, non che di lembi di gesso di varia struttura. Sul terreno eocenico si appoggia direttamente e con manifesta È discordanza di stratificazione, quello pliocenico, rappresentato da ar- È | gille azzurre passanti ad argille sabbiose e poscia a sabbie argillose, non che da sabbie gialle e da conglomerati sabbiosi. Il terreno quaternario è rappresentato da pochi e limitati de- positi alluvionali, alcuni terrazzati, altri in corso di formazione. A Nord-Est della città di Melfi cominciano ad affiorare i tufi | vulcanici, provenienti dal vicino vulcano estinto «Il Vulture », anche essi sovrapposti direttamente sulle roccie eoceniche. Eocene. — Le argille scagliose e quelle scistose, marnose ed | arenacee, con le suaccennate roccie in esse intercalate, si estendono x a’ Pec Le; VET APT 342 |M. CASSETTI dalle più basse pendici del monte di Candela alla prossima valle dell’Ofanto fino al Ponte Pietra dell’Olio sotto il Vulture, innalzan- tu dosi sulle due sponde di detto fiume fino ai dintorni di Melfi da una tr parte e fin sotto l’abitato di Monteverde dall'altra. S° inoltrano sotto. i depositi pliocenici dei dintorni di Lacedonia per discendere nella A opposta valle del T. Calaggio e sotto i monti pliocenici di S. Agata © w di Puglia e di Accadia ; oltrepassano poscia l’abitato di Monte- leone di Puglia per raggiungere l'alta valle del fiume Cervaro. È | Quivi s'immergono sotto le argille azzutte e le sovrastanti sabbie e conglomerati pliocenici, che costituiscono il gruppo montuoso di Ariano di Puglia, per riaffacciarsi alla base dei monti pliocenici di Montecalvo Irpino nella sottostante valle del fiume Miscano. L’accennato gruppo montuoso di Ariano forma lo spartiacque appenninico, che separa il corso del Cervaro da quello del Miscano, x e che è stato attraversato dalle grandi gallerie ferroviarie della linea Napoli Poesia, A somiglianza delle altre formazioni argillo- scistose eoceniche, ——.l anche quella di cui ci occupiamo presenta una giacitura molto irre- | golare ; gli strati sono ripiegati, contorti e fratturati in vario senso e abreve distanza, in modo da riuscire assai difficile seguirne l’anda- mento. In essa, variamente intercalate, s’incontrano masse, più o meno potenti ed estese, di calcari con toraminifere sovente molto abbon- danti, fra le quali spesso predominano le nummuliti, insieme a masse di calcari arenacei e di arenarie calcaree, ‘anche queste contenenti talvolta delle foraminifere. Come è stato già accennato, vi si intercalano altresì masse di ‘arenarie di vario aspetto, e cioè ora grossolane micacee grigiastre, giallastre e bluastre spesso silicee e quasi sempre tenere, ed ora grana fina, a struttura compatta ed a tinta rossastra e bluastra. Infine troviamo qua e là delle intercalazioni di lenti di gesso, a struttura dove cristallina, dove saccaroide e dove tabulare. Un esempio assai evidente di siffatte intercalazioni può osser- varsi lungo le due sponde dell'Ofanto, nel tratto più sopra indicato. FARIS "A î | milite - STRUTTURA GEOLOGICA DI ALCUNE REGIONI LIMITROFE ECC. 343 7 Partendo da Melfi, non appena oltrepassata la zona argillo- ru scistosa mascherata in parte dai tufi vulcanici, apparisce una prima | massa di arenarie calcaree, la quale abbraccia gran parte del così . detto Bosco della Frasca e dalla cima del monte La Bicocca, vale 3 a dire dalla quota di m. 673 sul mare, discende fino al livello del- | l’Ofanto, presso la stazione di Pisciolo, a soli 300 metri di altitudine. Sempre sulla sponda destra di detto fiume, poco più a Nord del citato bosco, s'incontrano altre masse di arenarie calcaree di mi- nore entità nella regione Cuciniello e nella regione Pallarotonda. Inoltrandosi lungo la rotabile che da Melfi scende alla stazione cdi ie di Rocchetta, vediamo nelle sue adiacenze affiorare fra le argille e a poca distanza l’uno dall’altro, diversi lembi di calcare, altri di are- narie ed alcuni di gessi. | Si osserva infatti che mentreil colle detto Il Cardinale, il Monte | Pirrone ed i dintorni della Mass. Ferrieri, sono costituiti di calcari con foraminifere, nell’avvallamento intermedio si affaccia un affioramento di gesso, e più oltre, mentre il piccolo monte Solorso è formato di arenarie-calcaree, nella prossima regione Li Cugni affiorano masse di calcare. Questo fatto mi sembra sia sufficiente per dimostrare la contem- poraneità dei calcari, delle arenarie è dei gessi con le argille eoce- niche nelle quali le dette roccie sono indubbiamente intercalate. i Ma altri esempi non meno evidenti della indicata intercalazione di tali roccie nelle argille eoceniche s’incontrano proseguendo Verso il corso dell'Ofanto. È Cosi mentre il monte denominato Torre della Cisterna e il suc- cessivo Toppo dello Sportone sono formati di calcari nummulitici, | poco più a oriente di essi, presso la Mass. La Capannola, si scopre | una massa di arenaria e più in basso, alla Mass. Carlo Francesco e nel Colle Le Visceglie d’Aranco, tornano ad affiorare i calcari nummulitici, i quali più ad est occupano gran parte del superiore monte. Cervano. Altre piccole masse calcaree affiorano fra le argille ai due Can- celli, nel pendio sottostante alla Villa Pallarotonda e ai due lati del Ponte S. Venera nelle duc sponde dell’Ofanto. — ME o E TE i: ate 344 | M. CASSETTI Per avere un’ idea dell’accennato feno- meno geologico, vedasi la sezione qui accanto (fig. 1). In quanto alla fauna delle sudescritte roccie calcaree ed arenacee, alcuni campioni da me raccolti e contenenti esemplari di fo- raminifere, per lo più macroscopiche, sono stati gentilmente studiati dal dott. Checchia- Rispoli, a cui rendo i dovuti ringraziamenti. Egli mi ha comunicato i risultati seguenti: | Per le roccie calcaree: Alveolina milium Bose. ) 9 var. lepidula Schwg. » oblonga Fortis ) festuca Bose. Nummulites atacicus Leymerie (A). » vartolarius Lamarck (A). . Parischi de la Harpe (A). pi millecaput Baubie (A). Assilina spira de Roissy sp. Operculina sp. ind. Orthophragmina radius d’ Arch. sp. ) sp. ind. E per le roccie arenacee il dott. Checchia dice : « L’arenaria dell'Ofanto a monte di ponte « S. Venera contiene oltre a Rotalia, Nadosa- « ria, Anphistegina, ecc. anche numerose pic- « cole Lepidocycline ». Proseguendo a percorrere la regione adia- cente alla sponda siìnistra dell’ Ofanto, che dall’abitato di Monteverde va a quello di La- cedonia e a quello di Rocchetta S. Antonio, fino a raggiungere la successiva valle del Tor-. rente Calaggio, vediamo ripetersi la medesima Torre della Cisterna F'Ofanto P'"S Venera 667 200 4 ai DG pa” AGALS iL DE? CIA es CA by LS DA sd” vi A 7 AA AF livello del mare ——s_———_—__—_—m __m_'"__.——.——rrr—r———'-e+.-iie-ì-b£-biii+i{1({+91.toeiieiiuiieceete: to Fig. 1. — es) argille scagliose — ec) calcarifnummulitici — ear) arenarie-calcaree, pari n c= Pers o r* cai | STRUTTURA GEOLOGICA DI ALCUNE REGIONI LIMITROFE FCC. =—345 alternanza d’interposizione di calcari ed arenarie nella formazione scisto-argillosa eocenica. Quivi anzi si nota un fatto speciale e cioè che nel medesimo affioramento apparisce in una parte la facies calcarea e nell’altra quella arenacea. Ciò precisamente si osserva nella Serra Cardellicchio, che s’innalza sulla sponda destra del Torrente Laosento di fronte all’abitato di Lacedonia. | L’abitate di Monteverde poggia sopra un colle di arenaria e ici iii cain questa roccia si riaffaccia fra le argille in altri tre punti contigui della sottostante valle dell’Ofanto di fronte alla stazione di Pisciolo, mentre rel tratto intermedio, e cioè sotto la Mass. Mancino, sorge fra le stesse argille un piccolo lembo di calcari. Ad ovest di Monteverde, nelle due sponde della sottostante valle del Torrente Laosente, affiorano altre masse di arenarie, e cioè al Colle Pistolone, alla Costa S. Pietro e sotto La Guardia, dove in parte sulle dette arenarie eoceniche e in parte sulle argille cir- costanti, si appoggia l’esteso deposito di conglomerati pliocenici, che discende dal superiore Monte Arcangelo. | L’abitato di Rocchetta è fabbricato in parte sulle arenarie ed in parte sulle argille, mentre il vicino Monte Martino è formato di calcari. si î A Nord-ovest di detto abitato, sulla sponda destra dei Torrente Calaggio, e precisamente nella regione Lo Spineto, nella Serra del Bosco, al Monte Albano, al Serro Rosso e al Monte Vaccaro, appa- riscono fra le argille altre masse calcaree di poca importanza. Passiamo ora ad esaminare la regione contigua alla precedente, quella cioè che si estende dalla valle del Torrente Calaggio fino al di là della valle del Fiume Cervaro sotto Ariano di Puglia. In questa vasta regione le masse calcaree intercalate nella for- mazione scisto-argillosa eocenica, acquistano una considerevole po - tenza ed estensione, formando delle catene montuose. di note- ‘ . vole entità. Mancano le intercalazioni di masse arenacee ed invece troviamo discretamente abbondanti quelle gessose. | 4 346 n RIOT Procedendo sempre da Est ad Ovest appare per la prima la potente pila di calcari che forma il gruppo del Monte Celezza ad oriente di Deliceto. Detti calcari abbracciano il Bosco Immingolis e costituiscono l’alta sponda destra della valle omonima, che sbocca nel Torrente Carapellotto. ; Segue la grande catena di monti’ calcarei che dal Torrente | Frugno sotto Accadia, si prolunga fino a raggiungere gli abitati di Deliceto e di Bovino, e che oltrepassa la valle del Cervaro. Questa catena comprende il Monte Tre Titoli, il Monte Salecchia, il Monte S. Quirico, la Serra Lunga e il Monte Castro, e, dopo una breve in- terruzione, prosegue sotto il Convento di Valverde, da dove scende al Ponte di Bovino, per rialzarsi fino alla cima del Monte Fedele sulla sponda opposta del Cervaro. Una terza catena si dirama dal Monte Crispiniano ‘inoltrandosi a Sud fino alle sponde del citato Torrente Frugno e a Nord fin sotto l'abitato di Panni e attraverso la valle del Cervaro, raggiunge l’abitato di Montaguto. | Affioramenti calcarei di minore importanza s’ incontrano più a Ovest, e cioè: quello su cui si appoggia il paese di Monteleone di Puglia; quello che abbraccia il Monte Trigiano, a Nord di detto paese e quello che forma la piccola catena di monti, che dal Monte Crugnale si prolunga fin sotto l’abitato di Savignano di Puglia, e che oltrepassa pure la valle del Cervaro salendo all’abitato di Greci, Al Monte Molara ad Est sopra il paese di Zungoli, affiorano, intercalati nelle argille scagliose, alcuni strati di calcari arenacei- ferruginosi, compatti giallastri, rossastri e bluastri, aventi spesso la struttura tabulare o a lastre, e quindi adatti per formare pietre da mola, donde il nome di Monte Molara. Invece nella prossima con- trada Monticelli, sotto l’abitato di Zungoli, alla Mass. Il Pesco e alla Tav. di S. Cisano, fra le stesse argille scagliose, affiorano piccole masse di calcare biancastro come i precedenti. In quanto agli accennati affioramenti di gesso, anch'essi, come si è detto, intercalati nelle argille scagliose, i più importanti sì incon- trano fra i paesi di Monteleone di Puglia e di Savignano di Puglia. iii "line iva sto SR STRUTTURA GEOLOGICA DI ALCUNE REGIONI LIMITROFE ECC. Uno di questi infatti abbraccia quasi tutto il Monte Ferrara, sulla cui cima sorge un diruto castello. Un altro di minore estensione si affaccia di fronte al precedente nel versante setten- trionale del Monte Trigiano, e questo da un lato si appoggia sui calcari di detto monte e dall’altro s° immerge nelle argille della sotto- stante valle, mentre il primo è del tutto inter- ‘ calato nellé argille. Nell’alta valle del Cervaro sotto Ariano di Puglia, a monte della stazione di Piane- rottolo, fra le argille scagliose che formano la sponda destra di detto fiume, troviamo di- versi affioramenti di gesso, a breve distanza l’uno dall’altro, alternati ad altri di calcare. Sulla sponda opposta invece s’innalza la estesa e potente formazione pliocenica, che abbraccia il gruppo dei monti di Ariano e della quale ci occuperemo in seguito. Gli accennati affioramenti di gesso e di. calcare sono così disposti: un lembo di gesso si affaccia nella sponda destra del Cervaro a poca distanza dalla stazione di Pianerottolo ; nella successiva piccola valle di Vena appa- iono due lembi di calcare; poco più a monte nella regione Ceccotti, e nelle adiacenze del Monte Pedino, prima di giungere al Ponte denominato Passo Abruzzese, si vedono spun- | tare fra le argille scagliose, qua una massa di gesso e là una di calcare. Ad illustrare in certo qual modo tale fenomeno geologico, vedasi la sezione qui a lato (fig. 2). gillose e sabbie gialle. Valle diVena me F.Cervaro del © mare livello —_ eni -_- = —_ Ariano di Puglia Castello 817 n _— _—r_ —° 1 NA n © Fig. 2. — es) argille scagliose — ec) calcari nummulitici — G) gessi — pim) argille azzurre e argille sabbiose — pls) sabbie ar dr. Si 348 M. CASSETTI Della regione in esame non lascerò di citare la presenza di un’ altra massa gessosa di notevole importanza, anch’essa intercalata nelle ar- gille seagliose in territorio di Anzano degli Irpini e precisamente nella regione Gessara. Essa occupa appunto il Colle Gessara, che s° innalza sulla sponda sinistra della Valle S. Giuseppe a Sud di detto paese. In ognuno degli affioramenti di gesso sopra indicati sono aperte delle cave per l’estrazione di detto materiale assai utile e molto impiegato nell’edilizia. Prima di passare alla descrizione della serie pliocenica sembrami opportuno accennare al fatto della presenza di alcune sorgenti di acqua dolce, più o meno abbondanti, che scaturiscono, per effetto di sfioramento, al contatto della roccia calcarea con quella argillosa, non che di piccole *scaturigini di acqua salsa e di acqua solfurea. Delle prime mi limito a citare la più importante, quella cioè . denominata Acqua torta, la quale- s’ incontra nel versante occiden-. tale del Monte Tre Titoli a Nord di Accadia, e che sarebbe desti- nata a fornire di Acqua potabile il vicino abitato di detto comune. Delle altre dirò che una piccola sorgente di acqua solfurea si trova sulla sponda sinistra del Torrente Lavello di Panni nella R. I Marchioni a Nord a pochi chilometri dell’abitato di Monte- leone di Puglia, la quale sgorga fra le argille scagliose che affio- rano nel detto torrente. Ed una sorgente di poca entità di acqua : salsa s’incontra ad Ovest a breve distanza del detto. paese nelle ‘adiacenze della Mas. Cornacchia. | Pliocene. — Come ho detto più sopra nella nostra regione manca la serie miocenica, così che direttamente sulle roccie eoce- niche si appoggiano quelle plioceniche e con mAnifesta discordanza di stratificazione. La mancanza del Miocene e la diretta sovrapposizione del Pliocene sull’ Eocene, sono stati pel primo rilevati dal Salmoiraghi, in quanto - riguarda la valle del Cervaro, nel suo studio relativo alla linea Napoli- Foggia (1). VE SI (1) SALMOIRAGHI F.— Alcuni appunti sull'Appennino fra Napoli e Foggia. Boll. R. Com, Geol. d' Italia, Vol. XII, 1881, Roma. . ” j | e 4 bo " ci di at Ù è, 7 Pay SRTENIRA ria. CE, I fis 19 RE ; MORTRASE A] LATTA Ù ef ‘inatlad é > it” dl So ba P b w D an È pia ASTE STRUTTURA GEOLOGICA DI ALCUNE REGIONI LIMITROFE ECC. + 349 S00 I Cd Il terreno pliocenico, a differenza di quello eocenico offre una F stratificazione con giacitura assai regolare, non ripiegamenti, con- TE torsioni e fratture, ma semplicemente una lieve pendenza ora in È; È è i un senso ora nell’altro. A Esso è rappresentato da argille azzurre passanti in alto ad argille È. sabbiose, che insieme rappresentano il Pliocene medio o Piacenziano. go. Il Pliocene superiore (così detto Astiano) comprende le sopra- stanti sabbie argillose e sabbie gialle, non che i sovrapposti depo- siti di conglomerati sabbiosi generalmente poco cementati. È, La suindicata serie pliocenica, offre la sua massima potenza A nel gruppo dei monti di Ariano di Puglia. Interessanti osservazioni su tale terreno e sugli altri, che af- SI fiorano nella regione adiacente al detto gruppo montuoso, sono © È state fatte e pubblicate fin dal 1886 dal Prof: Taramelli (1). Sa La superiore sezione geologica n. 2 serve ad illustrare il fatto È suaccennato. | | n “a Partendo dalla valle dell’Ofanto, noteremo pel primo quel limitato deposito pliocenico, che abbraccia la zona più alta del q monte di Candela, e. che è costituito in basso dalle sabbie gialle, affioranti specialmente nel ‘versante settentrionale di detto monte, e dai sovrapposti conglomerati sabbiosi più 0 meno cementati, che ne formano il culmine e sui quali sorge l’abitato di detto Comune. Notevolmente esteso. è il deposito pliocenico dei ‘dintorni di Ascoli-Satriano, costituito essenzialmente di conglomerati sabbiosi e poche sabbie argillose, passanti in basso ad argille sabbiose, le quali affiorano sulla sponda destra del Torrente Carapello. I conglomerati sabbiosi sui quali è fabbricato il detto paese, comprendono una vasta zona ad Est e a Sud di esso e il loro de- posito scende dolcemente nella sottostante pianura di Cerignola. Se non che ad un dato punto la loro struttura va gradatamente tra- sformandosi fino a prendere l’aspetto di semplici ciottoleti. quasi # sciolti, i quali appartengono indubbiamente al periodo quaternario. E; (1).T. TARAMELLI, — Osservazioni stratigrafiche nella prov. di Avellino. Rend. del R. Istituto Lombardo, 1886. dea ae - p So E PATITI i pala - PARIS x ceto ae” 350 M. CASSETTI In conseguenza di siffatto passaggio graduale tra l’uno e l’altro | dei predetti depositi non è facile definire con qualche esattezza la linea di contatto. Identica osservazione è stata fatta dal dott. Checchia Rispoli (1). | Procedendo verso Ovest troviamo che, appena oltrepassata la sponda sinistra del torrente Calaggio, il terreao pliocenic>, formato soltanto di sabbie gialle e di conglomerati sabbiosi, acquista una considerevole potenza, dappoichè dal livello di detto torrente, vale a dire dalla quota di 400 metri circa sul livello del mare, sale fino alla cima del monte su cui sorge l’abitato di S. Agata di Puglia e cioè a più di m. 700. | Siffatto terreno pliocenico dal detto monte di S. Agata discende nel sottostante torrente Frugno per risalire dalla parte opposta fino al monte Londrino. Quindi si riaffaccia nella vicina contrada Borcineto, sulla sponda destra del Rio La Speca e va a costituire l’opposto Monte Serbarolo, dove assume una potenza superiore aì m. 200. Rep Da questo. monte torna a discendere nel torrente Frugno per. raggiungere il vicino abitato di Accadia. | i Poscia s’inoltra nel versante occidentale del vicino monte Tre Titoli oltrepassando il piecolo monte Centro. Quivi il Pliocene si ap- poggia da un lato sui calcari nummulitici di detto monte Tre Titoli e dall’altro sulle argille eoceniche dell’alta valle del Rio. Lazzano, che sbocca nel Cervaro. Analoghi depositi pliocenici si incontrano verso Deliceto, addos- sati in alto sui calcari nummulitici del monte Salecchia e del con- tiguo monte S. Quirico, e in basso sulle argille eoceniche dell’alta valle del torrente Carapellotto. | Piccoli depositi di soli conglomerati pliocenici appariscono nel versante orientale del monte Celezza sulla sponda destra della valle Immingolis di fronte a Deliceto, appoggiati completamente sulle ar- dl e i i Proto dna i &eeeeee=_=2___ ——— ——— (1) G. CHEccHIA-RISsPoLI. — Osservazioni geologiche sull’Appernino della Capitanata. Boll. Soc. Geol. Ital., Vol. XXXVI (1917). e a x x eee TALI VR ; : ‘“ si nea at PE e 1000) Val''artcpalà ut afidi là IT, Reg Le A ; S RAI e i! ; È ; STRUTTURA GEOLOGICA DI ALCUNE REGIONI LIMITROFE Ecc. ‘351 È x È gille eoceniche. Ivi abbiamo che l’antico convento della Consolazione “8 i è appunto fabbricato su un piccolo colle di tali conglomerati, che ; È un altro limitato deposito affiora sotto la prossima Mass. Osmitella A ) e che infine la così detta Serra del Lago è pure costituita degli È | Stessi conglomerati. — : 3 î .. Sempre procedendo verso ponente, incontriamo altri depositi DI î pliocenici, formati di sabbie gialle e di conglomerati sabbiosi, nei din- 93 torni di Monteleone di Puglia e di Anzano degli Irpini. I primi, assai limitati, affiorano nelle due sponde della valle denominata Lavello SR di Panni, che scende nel fiume Cervaro; gli altri abbastanza estesi, vanno dal bosco Salvamato alla contrada Trombetti ed occupano le _ colline interposte tra il torrente. Cervaro e il suo affluente il canale È La Lavella. 8 Il paese di Anzano degli Irpini si appoggia sulle sabbie gialle, AA Sante le quali si estendono dal lato di mezzogiorno fino al Colle La Pietrara e alla Serra Fisini e dal lato opposto fino alla regione La Macchia. Le dette sabbie in alcuni punti sono ricoperte da limitati depo- siti di conglomerati. Ma, come ho detto, la formazione pliocenica assume un ecce- zionale sviluppo ed una considerevole potenza nel suaccennato gruppo dei monti di Ariano di Puglia, il quale s’innalza fra le due opposte | valli del fiume Miscano e del fiume Cervaro ed il cui versante Nord- fi Est costituisce lo spartiacque appenninico attraversato dall’ impor- È tante linea ferroviaria Napoli-Foggia. | In questo Sruppo il Pliocene si estende per parecchi chilometri * quadrati di superficie, dappoichè dal lato settentrionale del monte di Ariano, situato pressochè nel centro di esso, raggiunge a Nord- Est il citato spartiacque, volgendo da una parte nell’alta sponda sinistra del fiume Cervaro e-dall’altra nelle due opposte alte sponde del fiume Miscano, e a Nord-Ovest oltrepassa l’abitato di Montecalvo- È. Irpino, discenderdo a costituire il tratto della sponda sinistra del | Miseano, interposto tra la stazione ferroviaria di questo paese e il punto di confluenza di detto fiume con l’Ufita. Dal lato meridionale si inoltra al di là dell'abitato di Villanova ° La A n PR di CI I Vl e sa N ESTR TIE PAD ut ; L 392 $i M. CASSETTI del Battista sino a lambire tutta la sponda destra dal RT Fiu- marella che sbocca nell’Ufita. La formazione pliocenica torna ad acquistare un notevole svi- luppo ed una sensibile potenza nel successivo gruppo montuoso su cui sorgono i diversi paesi così detti della Baronia, del quale mì occuperò nelle mie prossime escursioni. Le argille scagliose, che stanno alla base del potente devdao | di roccie plioceniche in esame, si vedono qua e là apparire sotto di questo, specialmente in fondo di alcune valli della sua periferia. Tale fatto si riscontra nella parte più alta del vallone di Mi- sciano sotto Villanova del Battista, non che nel vallone Stringe, nella valle Macchiarella e nella valle A SUA one che si riversano nel fiume Ufita. La grande galleria ferroviaria. semicircolare, detta di Campo- reale, della citata linea Napoli-Foggia e che attraversa lo spartiacque appenninico sotto il suo punto culminante, è scavata precisamente in massima parte nelle argille azzurre del Pliocene medio e in pic- cola parte nelle sottostanti argille scagliose. Invece le precedenti due grandi gallerie, denominate Cristina e Starza, non che la piccola galleria del Gippone, le quali provengono dalla valle del Miscano e attraversano anch’esse il detto spartiacque, sono cotoniafaBa BI) scavate nelle argille scagliose. Il piano Piacenziano, che, come ho detto, comprende le argille | azzurre e le superiori argille sabbiose, è quello che occupa la zona più vasta della formazione pliocenica in discorso. Questa zona si estende dalla sponda sinistra della valle del Miscano sotto Montecalvo-Irpino, allo spartiacque appenninico, fer-. mandosi nella sponda sinistra dell’opposta valle del Cervaro. Da questo punto s’innalza fin sotto Villanova del Battista, prosegue nella sottostante valle del torrente Fiumarella e quindi risale sulla sponda destra della valle di Corelunga, da dove discande nell’Ufita e nel Miscano. Essa s’ inoltra altresì, qua e là e dove più. dove meno, in fondo dei vari burroni che fiancheggiano i monti del gruppo. STRUTTURA GEOLOGICA DI ALCUNE REGIONI LIMITROFE ECC. DO Il superiore piano Astiano, che comprende le sabbie argillose e - le sovrapposte sabbie gialle, a partire dal monte di Ariano, si estende dal lato Nord al così detto Il Serrone, ai Tre Monti, al M. Acuto e al M. Aria del Vento, passa quindi al M. Tresanti .e prosegue sotto l’abitato di Montecalvo Irpino, da dove discende fino quasi a | toccare la sponda del Miscano. Dal lato Sud si inoltra al M. Pitone e ai due fianchi dei contigui Colle. S. Barbara e M. degli Amondi. Le sabbie gialle, specialmente nei dintorni di Ariano, offrono dei punti dove appariscono dei fossili in notevole abbondanza. Fra questi si distinguono chiaramente modelli di bivalve del genere : pecten, pectunculus, venus e cardium, non che modelli di gasteropodi del genere: turritellae e natiche con qualche frammento di dentalium. Se non che gli accennati avanzi organici, oltre ad avere un guscio assai tenero e friabile, sono talmente addossati l’uno all’altro e così aderenti alla roccia sabbiosa, da riuscire ben difficile ogni ten- tativo d’isolamento ed ottenere esemplari completi e determinabili nella specie. I Ion | conglomerati sabbiosi infine, che rappresentano la parte più alta dell’Astiano, si incontrano soltanto nella Serra di Pironto a po- nente di Ariano e lateralmente ad un tratto della rotabile che da questa città porta a Grottaminarda e più precisamente dalla Cap. di S. Franceseo fino alle pendici del M. degli Amondi. Quaternario. — Fatta astrazione dei suaccennati depositi di ciot- toleti, che abbracciano la pianura di Cerignola e che escono dalla regione di cui ci occupiamo, questo periodo geologico è semplicemente rappresentato da pochi e limitati depositi alluvionali, i quali occupano le parti pianeggianti laterali alle sponde del fiume Ofanto e dei due torrenti il Calaggio e il Carapello. n Wait oeph " Prr4; è, CALANCHI NELLE ARGILLE PLIOCENICHE DEL FOSSO S. PIETRO PRESSO ATRI (PROV. DI TERAMO) Crediamo interessante pubblicare due fotografie che l’ing. Crema fece nella estate 1917, trattandosi di un fenomeno che non ci ri- sulta prima d’ora convenientemente figurato. Ed a ben determinare il significato da attribuire al termine calanchi, riproduciamo quanto al riguardo serive il prof. Issel nella sua nota sulla « Origine e conseguenze delle frane » (1). In Romagna si denominano calanchi i versanti ripidi e scoscesi, ‘dovuti a scoscendimenti di rocce poco salde o semisciolte, come ‘sono d’ordinario le sabbie plioceniche. Questi si osservano, coi loro caratteri più spiccati, lungo i fianchi meridionali dei colli che limi- tano le valli del Santerno e di alcuni suoi affluenti, per esempio del Mescola, a monte di Imola, e corrispondono colà alle testate di strati pendenti di 20° a 30°, verso il nord. Essi sono singolarmente foggiati a creste verticali seghettate, scolpite dalle acque meteoriche e di dilavamento, da cui pur conseguono le frane che diedero loro origine. I versanti settentrionali dei medesimi colli presentano pen- denza assai meno risentita, e non sono affetti da scoscendimenti. Nel Bolognese, simili versanti che conseguono da frane si di- cono invece greppi. L'espressione calanchi si riferisce ad una condizione di cose ben definita. e d’ordine generale, che non è, ch’io sappia, designata con (1) Rivista mensile di Scienze naturali, « Natura », vol. I, Pavia, 1910. e rt AA Ve E - Ja n O È d i Li ve 3 x è Pas ° \ . Po A (n) E RT SAT ve fia Ai 4 VE ET. î + fil LIA: e fo so Rea [ - o 4 ar 396 —CALANCHI NELLE ARGILLE PLIOCENICHE DEL FOSSO LA ‘si PIETRO Ecc. altri vocaboli; merita perciò di essere accolta nella terminologia “i geografica nazionale. | Il prof. G. Bruzzo comunicò al VI Congresso nazionale geografico « Nuove osservazioni sui calanchi del Bolognese », colle quali di- mostra che mediante questo tipo di erosione le acque piovane e di dilavamento danno una impronta speciale alle pendici dell’Appen- nino Bolognese. e | Il vocabolo proviene da un etnico cal, da cui il verbo calare dal latino chalare, scavare; abbassare. L'acqua è l’unico agente mo- dellatore dei calanchi, i quali, infatti, subiscono i maggiori muta- menti durante le stagioni piovose, rimanendo inalterati durante i periodi asciutti. Nell’ inverno 1906-1907 ia nevicata raggiunse nel Bolognese 56 em., contro 21 cm. caduti nel precedente, e appunto durante la stagione eccezionalmente nevosa si produssero profonde alterazioni nei calanchi. Seneza a fa ; Boll. R. Com. geol. d’Italia, Vol. XLVI Calanchi nelle argille plioceniche del Fosso S. Patrizio presso Atri in prov. di Teramo (Fot. dell’ Ing. Crema) fe ELENCO È DEI COMPONENTI IL COMITATO E L'UFFICIO GEOLOGICO (Agosto 1918) R. Comitato geologico. CERMENATI MARIO, Deputato al Parlamento, Sottosegretario di Stato, prof. di storia . delle scienze naturali, R. Università di Roma, Presidente. ARTINI ETTORE, Direttore del Musso civico di storia naturale di Milano. DaL Piaz GIorGIo, prof. di geologia, R. Università di Padova. DE LORENZO GIUSEPPE, Senatore, prof. di geografia fisica, R. Università di Napoli. MazzuoLIi Lucio, Ispettore superiore del R. Corpo delle Miniere, in riposo, Roma. MELI RomoLo, prof. di geologia, R. Scuola di applicazione per gli ingegneri di Roma. PARONA CARLO FABRIZIO, prof. di geologia, R. Università di Torino. Sacco FEDERICO, prof‘ di geologia, R. Politecnico di Torino. TARAMELLI TorQuATO, prof. di geologia, R. Università di Pavia. ZAMBONINI FERRUCCIO, prof. di mineralogia, R. Università di Torino. Il Direttore del R. Istituto geografico militare, Firenze. _Il Presidente della Società, geologica italiana. BALDACCI LUIGI, Ispettore superiore, Capo del R. Corpo delle Miniere, Roma. MAzzeTTI Lopovico, Ispettore superiore del R. Corpo delle Miniere, Roma. LoTrTI BERNARDINO, Ing. Capo del R. Corpo GR Miniere, Direttore del R. Ufficio geologico, Roma. ’ Personale addetto ‘ai lavori della Carta geologica. Direzione: Ing. BALDACCI LUIGI, predetto. R. Ufficio geologico : 3 { LOTTI BERNARDINO, diret- CASSETTI MICHELE. LORA I Aiutanti )TIssi ENRICO. Ar _ principali tia PoMPEO, biblio- î E ICHINO GIOVANNI, vice- ecario. TI E ; ? Ing. Capi “ direttore. NOVARESE VITTORIO. SABATINI VENTURINO. | FRANCHI SECONDO. Archivisti ( CozzoLINo FILIPPO. disegnatori { AURELI AMEDEO. Ufficiale d'ordine: CHELOTTI GIUSEPPE. { CREMA CAMILLO. + \TARICCO MICHELE. — Ingegneri ‘ PILOTTI CAMILLO. ; Grossi MARIO. \ FIORENTIN LUIGI. paratore presso il labora- +2 torio ‘ chimico-petrogra- Uscieri fico). FRANCESCONI LUIGI. SALVATELLI FILIPPO. bS I , SPARVOLI VINCENZO (pre- | | | La sede del R. UrrFIcio GreoLOGICO è in RoMA, Via S. Susanna, n. 13. ‘PUBBLICAZIONI DEL R. UFFICIO GEOLOGICO (1° Settembre 1918) LIBRI. annuale: in Italia L. 8, all’ Estero L. 10. Memorie per servire alla descrizione della Carta geologica d’ Italia : Vol. I. — Introduzione. — B. GASTALDI: Studii geologici sulle Alpi Occidentali, con appendice mineralogica di G. STRUEVER. — _S. MotTURA: Sulla formazione terziaria nella zona solfifera della Sicilia. — I. CoccHI: Descrizione geologica dell’ Isola d’ Elba. — i C. D’Axcona: Malacologia pliocenica italiana. — Un vol. in-4 di | pag.,364 con 25tavole e carte geologiche. Firenze 1871 (esaurito). È Vol. II. Parte 1°. — Introduzione. — C. W. C. FucHs: Mono- grafia geologica dell'Isola d'Ischia. — F. GIORDANO: Esame geolo- | gico della catena alpina del San Gottardo che deve essere attraversata È dalla grande galleria della ferrovia italo—elvetica. — S. MOTTURA: Sulla formazione terziaria nella zona solfifera della Sicilia; Appen- dice. — C. D’ANCcONA: Malacologia pliocenica italiana(seguito). — Un volume in-4 di pag. 264 con 20 tavole e carte geologiche. È Firenze 1873 (esaurito) . i Vol. II. Parte 22. = R, GASTALDI: Studii REA sulle Alpi i Occidentali; Parte seconda. — Un volume in-4 di pag. 64 con 2 | tavole. Firenze 1874. | | Vol. III. Parte 1a. — C. DOELTER: Ilgruppo vulcanico delle Isole / Monte Pisano. — Un vo- . lumein-4 di pag. 174 con 5 tavole e carte geologiche. Firenze 1876. © Vol. III. Parte 22. — G. MENEGHINI: Paleontologia dell’ Igle- i sienie in Sardegna. — M. CANAVARI: Contribuzione alla fauna del | lias inferiore di Spezia. — Un volume in-4 di pag. 230 con 6 tavole. | Firenze 1888 L. » | Bollettino del R. Comitato Geologico : Vol. Ia XLVI. — Prezzo di ciascun volume L. 10; un fascicolo semplice L. 2.50; doppio L. 5. Abbonamento 25 — 10 — 15 — Lise A SE: SAPERI PMI TRI D da > + ì i ui 7 7° x eh î È : "i nat ” 2A VILA tant Li patà Sorta È tao r » 360 PUBBLICAZIONI DEL R. UFFICIO GEOLOGICO | Vol. IV. Parte 18. — A. SCACCHI: La regione vulcanica fluori:- fera della Campania. — G. TERRIGI: I depositi lacustri e marini. riscontrati nella trivellazione presso la via Appia antica. — Un. vol. in-4 di pag. 136 con 8 tav. Firenze 1891. Vol. IV. Parte 22. — C. A. WEITHOFER: Proboscidiani fossili .di Valdarno in Toscana. — M. CANAVARI: Idrozoi titoniani della regione mediterranea appartenenti alla famiglia delle Elipsactinidi. — Un vol. in-4 di pag. 214 con 18 tav. Firenze 1893. . Vol. V. Parte 12. — ©. F. PARONA con la collaborazione dil C. CREMA e P. L. PREVER: La fauna coralligena del Cretaceo dei monti d’Ocre. — Un vol. in-4 di pag. 242 con 28 tavole. Roma 1909. Vol. V. Parte 2. —P. L. PREVER: La fauna a nummuliti e ad orbitoidi dei terreni terziarii dell'alta valle dell’ Aniene. — , Un volume in-4 di pag. XII, 259, con 14 tav. Roma 1912 . . Vol. VI. Parte 1%. — P. PRINCIPI: Le dicotiledomi fossili del gia- cimento oligocenico di Santa Giustina e Sassello in Liguria. — Un volume in-4 di pag. 294, con atlante di 85 tavole. Roma 1916 . Vol. VI. Parte 22. — G. CHECCHIA-RISPOLI: Sui terreni ter- ziari inferiori del versante settentrionale delle Madonie. — Un vo- lume in-4 di pag. 109, con 9 tavole. Roma 1916 . Vol. VII. Parte 18. — G. DE STEFANO: I pesci fossili di Licata in Sicilia. — Un vol. in-4 di pag. 92 con 10 tavole. Roma 1918. LÀ Memorie descrittive della Carta geologica d’ Italia : Vol. I. — L. BaLpAGcI: Descrizione geologica dell’Isola di Si-. cilia. — Un volume in-8 di pag. 436 con 10 tavole e una Carta geologica. |Ronia 71888; Largr tao VER a Vol. II. — B. LotTI: Descrizione geologica dell’Isola d’ Elba. — Un volume in-8 di pag. 266 con 6 tavole e una Carta geologica. Roma 1886 | Vol. III. — A. FABBRI: Relazione sulle miniere di ferro dell’Isola d'Elba. — Un volume in-8 di pag. 174 con un atlante di carte e sezioni. Roma 1887 Vol. IV. —- G. Zoppi: Descrizione geologico-mineraria dell’ Igle- siente (Sardegna). — Un volume in-8 di pag. 166 con 8 tavole, un atlante ed una Carta geologica. Roma 1888 Vol. V. -—— €. DE CastRO: Descrizione geologico-mineraria della zona argentifera del Sarrabus (Sardegna). — Un vol. in-8 di pag. 78 con 6 tav. e una Carta geologico-mineraria. Roma 1890. L, ln x Male (> at ji e ARIAS v Malt AS ce ER ha n ” » 4% a n ha PUBBLICAZIONI DEL R. UFFICIO GEOLOGICO } | Vol. VI. — L. BaLpacci:. Osservazioni fatte nella Colonia Eritrea. — Un vol. in-8 di pag. 110 con una Carta geologica an- nessa. Roma 1891 _ Vol. VII. — E. CortESsE e V. SABATINI: Descrizione geologico— petrografica delle Isole Eolie. — Un volume in-8 di pag. 144 con incisioni, 9 tavole e 8 carte geologiche. Roma 1892 Vol. VIII. — B. LorTI: Descrizione. geologico-mineraria dei dintorni di Massa Marittima in Toscana. — Un volume in-8 di pag. 172 con incisioni, 3 tav. e una Carta geologica. Roma 1893. Vol. IX. — E. CortESsE: Descrizione geologica della Calabria. — Un volume di pag. 338 con incisioni, 9 tavole ed una Carta geologica. Roma 1895 (esaurito). Vol IX. — Appendice. — G. DI-STEFANO: Osservazioni geo- logiche nella Calabria settentrionale e nel Circondario di Rossano. — Un volume in-8 di pag. 120, con tavola di sezioni. Roma 1904. Vol. ba V. SABATINI: I vulcani dell’Italia centrale e i loro prodotti. — Parte 12: Vulcano Laziale. — Un vol. in-8 di pag. 392, con incisioni, 10 tav. ed una Carta geologica. Roma 1900 (esaurito). Vol. XI. — A. STELLA: Descrizione geognostico-agraria del Colle Montelto (provincia di Treviso). — Un vol. in-8 di pag. 82 con 15 tavole ed una Carta geognostico-agraria. Roma 1902 (esaurito). Vol. XII. — Autori diversi: Studio geologico-minerario sui giacimenti di antracite delle Alpi occidentali italiane. — Un vo- lume in-8 di pag. 232, con incisioni, 14 tav. e Carte geol. Roma 4903: (osato): > «i... Vol. XIII. — B. LortI: Geologia della Toscana. — Un volume in-8 di pag. 484, con 4 tavole. Roma 1909 (esaurito). Vol. XIV. — E. CAMERANA e B. GALDI: I Giacimenti petrolei- feri dell’Emilia. — Un vol. in-8 di pag. 334, con atlante di tavole. Ma 190 aaa Vol. XV. — V. SABATINI: I vulcani dell’Italia centrale e i loro prodotti. — Parte 22; Vulcani Cimini. — Un vol. in-8 di pag. 639, con 17 tavole e 1 carta. Roma 1912 Vol. XVI. — C. DE CasTRO: Le miniere di mercurio del: Monte Amiata. — Un vol. in-8 di pag. 207, con 15 tavole . Vol. XVII. — A. STELLA: Studi sulla idrologia sotterranea : della pianura del Po. — Un vol. in-8 di pag. XI, 151, con 10 tavole. 12 10 10 16 361 id. : 5 é i ee” 4 PUBBLICAZIONI DEL R. UFFICIO GEOLOGICO el” LI # a = * CARTE. Carta geologica d’Italia nella scala di 1 a 100 000. Foglio N. 5(ValFormazza) . . L.250 | Foglio N.183 (Ischia). . . . . L.1 50 » 15 (Domodossola) . . >» 450 ».<- 184tNapol) 7a » —27(Monte Bianco) . . » 250 » 185(Salerno) . ... . » 450 » 28 (Aosta) \\ i: ., »4- > -.188 (Gravina) .. . .:»3=- » 29 (Monte Rosa) . ... » 450 » 189(Altamura). . . . »3— » 41 (Gran Paradiso) . . » 4— » 190(Monopoli). . . . » 250 » 42-{Ivrea}: lie guSg dae » 191 (Ostuni) . ti Ri » 54 (Oulx) . a eo » 196 (Vico Equense) » 150 » 55 (Susa)... . >» 50 >» 197(Amalfi) . » ] 50 » 66 (Cesana Torinese) : Re » . 198 (Campagna) » 4 » 67 (Pinerolo) . . . . >» 450 .» 199(Potenza) »5- » 94 (Chiavari) . . » 150 » 200(Laurenzana) . »4 » 97 (S. Marcello Pistoiese) »I5 >» © 201 (Matera). »I3 >» 104 {Pioa} Go=> Gatte ae » 202 (Taranto) »2- >» (105 {Lueea): tiara >» 203 (Brindisi) »I » 106(Firenze) . . ..»4— » 204(Lecce) . »2—- » 111(Livorno) . . .. . »2— » 299(Vallo Lucania) »4- » 112(V.ilterra) . >»DT » 210 (Lagonegro) >5—- >= 100: Casciano Val di Pesa) »D "» 211(S. ALTAN, »IC » - ]l4 (Arezzo). . . vi » 212 (Tursi). : i. dei » 119 (Massa-Mar ittima) . »Db4 ».-.. 213 (Maruggio) . Meg: » 120(Siena)(esaurito) . » D— » 214(Gallipoli) . . . . »2— >» 121(Montepulciano). . » 5— »:- 215 (Otranto) (1.0... bea » 122 (Perugia) . »5— | .» 220(Verbicaro) . >»3— -» . 127 (Piombino) . »3— | » 221 (Castrovillari) >» » 128 (Grosseto) . »4 | » 222(Amendolara) . »I3— » 129(SantaFiora) . »5_- » 223(Tricase) 2 » 130 (Orvieto) »D_ » 228.(Cetraro) »3- » 135 (Orbetello) . »4iT » 229(Paola) >»5— » 136 ((Toscanella » 5 » 230 (Rossano) »4i- >» 138(Terni) »I — ‘> — RIICiro]. »I3- » 142 (Civitavecchia) »4i- » 236 (Cosenza) È »4i— » 143 (Bracciano) »5_ » 237 (S. Giovanni in F.) > dD — > 144(Palombara) »DT- » 238 (Cotrone) »I3 » 149(Cerveteri) »41—- » 241 (Nicastro) »4—- » 150 (Roma) »5 — » 242 (Catanzaro). , vi vi» TB. (Cor): ir. »4i— » 243 (Isola Capo Rizzuto). »I » 165 (Trinitapoli) » 150 è; > 249 tPalipi) ini . »I_ » 170(Terracina) » 2 50 » 246 (Cittanova) »IT » 171 (Gaeta) . »3—- » 247 (Badolato) . »I3 » |72(Caserta) »I » 254 (Messina) »4i- » 176(Barletta) » 2.50 » 255 (Gerace) »4i »' ITT(Banai ili »2— | » 263(Bova) »3- » 178 (Mola di Bari), » 150 » 264 (Staiti) »I- | — PUBBLICAZIONI DEL R. UFFICIO GEOLOGICO n Sicilia : in 28 fogli e 5 tavole di sezioni, con quadro d’unione e co- SS Salerni Bora A e a a 100 — È N. B. I fogli e le tavole di queste Carta si vendono anche separatamente come segue : ditte 244 (Isole Eolie) . . . L.3 — | Foglio N.262 (Monte Etna). . .L.5— v 248 (Trapani). . . . »3 — ! » 265 (Mazzara del Mara »3 — 2A » 249 (Palermo). ... . »4—! ». 266(Sciacca) . . »4i » 250 (Bagheria). . . . »3— | » _- 267 (Canicatti). . EC ea f » 251 (Cefalù). . ... . »3 — | » 268 (Caltanissetta) . . »5 — “ RR a E a | 290 (Paternò) o > » 253 (Castroreale) a,; -. >» 4 —«| . » 270 (Catania). . . >» 3 — 4 I, ‘» .' 254 (Messina)... ... . »4— SEZ (GIrSOnbi}. 0,00 A A ». 256 (Isole Egadi) . . »3 —| » 272 (Terranova) . . . »4— N j » 257 (Casteivetrano) . .. »>4— » 273 (Caltagirone). . . »5 — A È » 258 (Corleone). . . nani e 274 (Siracusa). >. Li . ».4 — Si 4 » 259 (Termini. Imerese) . RR SIRIO CORIN] Ta a È Reda oi dd» 276 (Modica) -. .- ... >3— Re o 27 (Noto)... di Tavole di sezioni: : Per la Sicilia: N. I (fogli 249 e 258), N. II (fogli 252, 260 e 261), pi N. III (fogli 253, 254 e 262), N. IV (fogli 257 e 266), N. V ; (fogli 273 e 274), ciascuna ER A enon Ri È à: È Per la Calabria: N. I (fogli 236, 237,838, 241, 242), N. II (fogli - i y F 245, 246, 247, 255, 263), N. III (fogli 220, 221, 229, 230), E BM A N e È Per la Lucania e Campania: N. I (fogli 198, 199, 210), ciascuna » 3 — v Id.: N. II (fogli 200, 209, 210), N. III (fogli 209, 211, 212), ciascuna » 4 — È Perla Campagna Romana e regioni limitrofe: Una tavola (fogli 142, Va E i Per la Toscana: N. I (fogli 127, 128, 129, 135, 136), N. II (fogli | ‘% 111, 112, 113, 119, 120, 121), ciascuna PASSERA SI IM AR RI Sa vi. Si vendono raggruppati (oltre quelli della Sicilia) i fogli al 1:100 000 delle regioni seguenti con le rispettive tavole di sezioni: he Campagna Romana e regioni limitrofe — (6 fogli ed 1 ‘tavola di M b'. I] ST ai DIE NR A SAPORE a CRODORRIDIAE SUO. È , _ = Calabria — (20 fogli e 3 tavole di sezioni) .. . ..... » 60 — . A PIT ci fica È : Le £ 4 a % » ? Ù n a , di) i, LE LO CV. E° "e é “ "A Di n, 9 DI : 2 DA 9 i ” = le ” Mi P vai “dat ono e alt e: ha n a: "n a trat 364 PUBBLICAZIONI DEL R. UFFICIO GEOLOGICO Carte geologiche a scale diverse. Carta geologica delle Alpi Apuane, nella scala di 1 a 50 000, in 4 fogli e 3 tavole di sezioni con copertina (esaurita la tav. I). —:-Roma, 1897... > ar ERESIA N. B. I fogli e le tavole di questa Carta si vendono anche separatamente come segue: Foglio di Carrara L. 5; di Castelnuovo L. 5; di PZOIDA E. bi di Seravezza L. 3; Tavole di sezioni, ciascuna L. Carta geologica delle Alpi Apuane, nella scala di 1 a 25 000, in 11 s fogli. — Roma, 1918 .. ri RARE i N. B. I fogli di questa Carta si vendono anche separatamente ‘come segue : Foglio N. 96 II NE Castelnuovo .| Foglio N. 96 III SO Ameglia .. .L.4— di Garfagnana L.5 — | » » II NO Sarzana . »I — : » » II SE Gallicano. ..-» 5 —! >» 1041 NE Pescaglia . »5 — » » II SO M.te Altissimo » 8 — |!» » I NO Pietrasanta . » 5 — » » II NO Vagli di Sotto » 8 — » » IV NE Forte dei » » III NE Mte .Sagro. >» 8— Marmi. »3 — » » IIl SE Massa . . »8— E Carta geologica dell’ Isola d’ Elba, nella scala di 1 a 25 000, in 2 fogli con sezioni. -- Roma, 1884... . 0.0... Li d00- Carta geologico-mineraria dell’ Iglesiente (Isola di Sardegna), nello scala di 1 a 50 000, in 1 foglio. — Roma, 1888 _. . . .. è» 5 — Carta geologico-mineraria del Sarrabus (Isola di Sardegna), nella scala di 1 a 50 000, in 1 foglio. — Roma, 1889 . . . » 5 — Carta geologica della Sicilia, nella scala di 1 a 500 600, in 1 foglio con sezioni. — Roma, 1886 . . . y . » 5 — Carta geologica della Calabria, mella scala di 1 a 500 000, in 1 | foglio (esaurîtta)) — Roma, 1894 . .-. . ... i. 3 Carta geologica dei Vulcani Vulsinii, nella scala di 1 a 100 000, in - cà 1 foglio, con testo. — Roma, 1904 . . . i . »_5 Carta geologica delle Alpi Occidentali, nella scala di 1 a 400 000, in 1 foglio. —>— Roma, 1908--.. le IC Carta geologica nel Toscana, nella scala di 1 a 509 000. — Roma, 1909 . . dè 3 Carta geologica d'Italia, nella scala di 1 a 1000 000; in 2 ‘fogli: seconda edizione, — Roma, 1889 (esaurita) . . . .. .-» 10 — © Carta geologica di Roma, nella scala di 1 a 15 000, con cenni spie- 1 gativi, pubblicata dal R. Ufficio Geologico su rilevamenti del tenente generale A: VERRI... _..... 0°... Ue Per le commissioni rivolgersi alla ditta libraria Fratelli T'reves in Roma, Bologna, Milano e Napoli, ed all’ /stituto geografico De Agostini, Roma e Novara. a lf \ ‘NOMINE NEL R. COMITATO GEOLOGICO — Con Decreto Luogotenenziale del 24 gennaio 1918 ‘Furono chiamati a far parte del R. Comitato geologico : il prof. GroRGIO DAL Praz, per il biennio 1918-19; | il prof. RomoLo i dalla data del Decreto al 31 dicembre 1918. S. E. il prof. MARIO CERMENATI è nominato Presidente del R. etiiiato geo - logico per l’anno 1918. = ha Gros i i, A à XXXIII I R. COMITATO GEOLOGICO i VERBALI DELLE RIUNIONI DEL‘'6 E 7 LUGLIO 1917 Seduta antimeridiana del 6 luglio La seduta è aperta alle ore 10 da S. E. il Sottosegretario di Stato per l'Agricoltura, on. CERMENATI, essendo presenti il presidente Issel ed i membri Di Stefano, Mazzuoli, Sacco, Taramelli, Zambonini, il Direttore del Ser- vizio geologico, ispettore capo del R. Corpo delle Miniere, Baldacci, l’1spet- tore Superiore delle Miniere, Mazzetti, il Direttore dell’ Istituto geografico mi- litare, gen. Gliamas, il Presidente della Società geologica italiana, prof. Stella, il Direttore dell'Ufficio geologico, ing. Lotti e l’ing. Crema incaricato delle funzioni di segretario. i S. E. CERMENATI porge innanzi tutto il più affettuoso deferente saluto _———a1 venerando presidente del Comitato prof. Issel, ed a tutti gli intervenuti, È vivamente ringraziandoli per essere accorsi numerosi al suo invito, malgrado la calda stagione. Afferma che, non appena assunse la carica di Sottosegretario di Stato | per l’Agricoltura, il suo primo pensiero fu per i servizi della geologia e delle miniere, come era naturale avvenisse in chi sempre professò grande amore per le scienze geologiche e le loro pratiche applicazioni, e cercò in ‘ogni occasione, dalla cattedra e dalla tribuna parlamentare, dagli scritti e dalla sua Rivista mineraria, di giovare all’incremento di tali studi e ri- cerche, persuaso che il progresso degli studi geologici italiani si fonde e ‘confonde con gli interessi della patria. | Egli, però, è arrivato al potere in un momento assolutamente ecce- zionale e difficile, per cui l’opera sua a favore dei servizi geologici non potrà essere quale sarebbe stata in circostanze normali e favorevoli ; anche | provvedimenti limitati non potranno porsi in esecuzione senza incontrare gravi ostacoli, essendo stati ancora di recente falcidiati i fondi al Dicastero dell’ Agricoltura. Si propone, in ogni modo, di seguire i consigli del Comitato per mi- gliorare quanto: più è possibile, data l’ora che passa, il servizio della Carta A si "4 Da c a è RL: Ò eat b f c è i y PIL ay LETI PNE PARTE RT AI po E PERO I pet ei i 19 * i 3 CP _ et fi let ù : RF LAO ti E 2A ca: XXXIV ATTI UFFICIALI SITO] NIGEL RIO RIDE Riv s° Ù geologica ; per rendere questo più alacre, più produttivo, più razionalmente. distribuito nelle varie parti d’Italia; e per poter licenziare, senz’altre more, tutte le carte già elaborate e pronte per la stampa, nonchè le rispet- tive memorie illustrative. Dal suo canto farà ogni sforzo possibile affinchè i voti che gli saranno presentati possano prontamente effettuarsi. ù =” È Osserva essere inutile ripetere ora quanto già ebbe a dire in tante altre circostanze circa la necessità di sistemare quest’importante servizio. È Malgrado il grande valore, l’operosità, e qualche volta, si potrebbe dire, È l’abnegazione dei geologi addetti alla formazione della Carta, certo è che ‘questa, non procede così rapidamente come sarebbe desiderabile ; come intesero i grandi che idearono e fondarono questo servizio di Stato, e come reclamano insieme gli interessi ideali della scienza e quelli materiali delle industrie e dei bisogni del paese. . Occorre accelerare i rilevamenti, pubblicando via:via le parti rilevate, senza eccessiva titubanza, senza attendere dati ed elementi di là da venire, e che forse non verranno; poichè nessuna opera può riuscire perfetta, ed una carta geologica può soltanto rappresentare lo stato delle cognizioni în un dato momento. Alle correzioni eventuali ed alle opportune revisioni si procederà in seguito, la Carta geologica d’Italia dovendo, per la sua stessa È natura, essere soggetta a ulteriori ritocchi e perfezionamenti, così da costi- p tuire come un istituto perpetuo, che ogni giorno consegue progressi e mi- P gliorie, ed ogni giorno afferra nuove verità scientifiche. | Prega, perciò, il Comitato di voler procedere ad una scelta di tutte le carte sino ad oggi rilevate, per vedere quali siano senz’altro pubblicabili, quali suscettibili di un pronto completamento, per tenerne conto nella pre- parazione del programma da esplicare nell’esercizio in corso. Se non sì pub- î blica con regolare frequenza, si fa opera di archivio e di laboratorio segreto, non utile azione viva a vantaggio degli studiosi ed a profitto delle pratiche . applicazioni infinite. Il Comitato dovrà poi prendere in premurosa considerazione le condi- zioni nelle quali attualmente si trova 1’ Ufficio ‘geologico e fare tutte quelle s ; proposte e quelle richieste che risulteranno indispensabili per risanguarlo ed i avviarlo a migliori condizioni, così di mezzi, come di personale. Ricorda, poichè è argomento di palpitante attualità, la grandezza del problema dei combustibili nazionali e la creazione di un apposito organo statale auto- nomo, — il Comitato peî combustibili nazionali — alla cui dipendenza dovet- tero temporaneamente essere chiamati alcuni ingegneri dell’ Ufficio geolo- gico. Ciò ha sottratto al lavoro: della Carta geologica altri rilevatori, e bi- sognerà pertanto rimediare a questi vuoti, che si sono fatti, cercando di I. DI uu VEE n Ci di A . p$ 744 3 Ad À + DI , Ù 2 uh ) st % È A * Ù be | 9° Lal » RA dna et al be R. COMITATO GEOLOGICO XXXxV Mi. i ricorrere all’opera di geologi estranei all'Ufficio, come già si praticò altre volte, e come converrà far sempre d’ora in avanti, visto che la fonte del Corpo delle miniere accenna ad inaridirsi, e considerato che conviene uti- lizzare anche l’opera dei naturalisti geologi. Richiama, inoltre, l’attenzione del Comitato sulle condizioni nelle quali si trova ridotto il laboratorio chimico, dove è rimasto solo l’ing. Aichino, per la cui opera non vi sono plausi che bastino, tanto è opera tattiva, indefessa, precisa, squisitamente scientifica. Come viceministro è-orgoglioso di ripetere anch’egli un plauso al valoroso ing. Aichino; ma bisogna ac- compagnare al plauso un atto che torni a lui di aiuto: procurargli, cioè, almeno un collaboratore per il quotidiano suo lavoro di analisi. Spera di poter trovare subito la persona a ciò adatta, primo passo a quell’amplia- mento del laboratorio chimico cui si dovrà addivenire in seguito, quando si dovrà affiancare l'Ufficio geologico, ricostituito su più vasta pianta, dei necessari laboratori di chimica, di mineralogia, di petrografia e di paleon- tologia. — Infine accenna alla questione dei locali, la quale anch’essa deve essere Pari. debito ii dettata mici cn . risolta senza indugio, se non si vuole ritardare sine die una definitiva si- stemazione dell'Ufficio geologico. A questo riguardo promette che, rimosse tutte le difficoltà e allontanate le pretese di altri servizi, decreterà tra breve che il palazzo che ospita l'Ufficio geologico sia tutto destinato ad \ esso ed alle sue collezioni. L’avere una sede propria, degna e sufficiente, DS è condizione sine qua non per il sicuro e regolare svolgimento dei lavori di un ufficio. a ha I Lat nl dr lean ie Esprime piena fiducia che il Comitato saprà validamente coadiuvarlo > pel nuovo e più svelto e fecondo andamento che egli.:si propone di im- 1 : primere ai lavori della Carta geologica, e gli presenterà il più presto pos- sibile un programma conereto di sùbita attuazione e comprendente i prov- vedimenti indispensabili per un più efficace e disciplinato funzionamento dell'Ufficio. i Oltre a questo programma immediato, e come tale necessariamente modesto, il Comitato vorrà poi prepararne un altro più vasto per un se- ‘ condo periodo di provvedimenti, pei quali bisognerà naturalmente attendere un clima storico e politico più propizio. E° tuttavia persuaso che l’attua- zione del programma minimo basterà già per incamminare il servizio geo- logico su di una buona via, la quale faciliterà poi Vesplicazione del pro- gramma massimo. 1 i Egli prende fin d’ora impegno di esaminare le proposte che gli saranno fatte, non solo con la maggior benevolenza, come si suole dire nel gerzo ML] a Da D i rd al ira ia a AT Re a 4 b $ XXXVI — _°—ATTI UFFICIALI burocratico e ministeriale, ma col vero e proprio impegno di.coscienza di cercare tuttii mezzi occorrenti alla loro attuazione, affinchè l'Ufficio possa veramente assolvere il suo compito, che non è solamente quello di formare e pubblicare la Carta geologica del Regno, ma anche di big; le molte- plici questioni pratiche cui può dar luogo la geologia. Esprime, da ultimo, il desiderio di un maggiore e più frequente avvi- cinamento fra l'Ufficio e il Comitato, e a questo fine è lieto di mantenere la convocazione che l’Ispettorato aveva già stabilita pel prossimo autunno ; la presente è stata una riunione straordinaria da Ini voluta, come altro dei suoi primi atti di governo e per scambiar subito utili idee con. gli il- lustri suoi colleghi del Comitato. i Chiude ricordando che il problema primo e massimo dell’attimo vol- gente è di giungere alla vittoria delle nostre armi e di quelle alleate, e di giungervi al più presto e nel modo più completo. Ma è anche bello e significativo mostrare al mondo che in questi aspri momenti, mentre la nostra gioventù eroicamente si sacrifica per la difesa della patria e della libertà, mentre il nostro popolo sopporta con animo virile ogni privazione ed ogni dolore purchè la meta luminosa sia toccata, noi seguitiamo calmi e sereni nel nostro lavoro quotidiano, e siamo così forti e fidenti nel no- stro giusto diritto, che possiamo anche pensare, mentre tamburreggiano le artiglierie ed i pirati dell’aria ‘fulminano le nostre città indifese, agli ardui. problemi della geologia, che è la più suggestiva, la più filosofica e la più utilitaria tra tutte le scienze della natura, ed è altra della glorie più ful- gide e più invidiate del genio di nostra stirpe. Il discorso di S. E. è accolto dalle più vive approvazioni dei presenti. Al discorso di S. E., il prof. IssEL risponde esprimendo tutto il suo compia- cimento per l'assunzione al Governo dell’autorevole collega ; sicura garanzia che d’ora innanzi gli interessi della’ geologia saranno validamente tutelati. Le condizioni del bilancio renderanno certamente laboriosa la realizzazione. dei miglioramenti invocati, ma si potrà intanto stabilire i capisaldi di un programma, iniziarne l’attuazione. Ricorda di avere già altre volte pa - ragonato il rilevamento della Carta geologica alla tela di Penelope, perchè l’opera non potrà mai dirsi compiuta, ed è quindi essenziale che quanto ò già acquisito sia reso prontamente di pubblica ragione salvo a migliorarlo e completarlo in seguito. Con ®pportuni artifizi potranno sempre indicarsi le divergenze che eventualmente esistessero fra i diversi rilevatori, in modo che sia rispettata la loro opera di scienziati. Ringrazia vivamente da ultimo $S. E. l’on. Cermenati per i suoi pro- positi COSÌ promettenti per gli studi geologici. TRITO È 6” LT ET ne editti gt al E PT N TO a, ì % La . È TANO, 4 , , , % ee A 9 A SÒ # Ball; 4 dai per. È O) " i LA LI Lu : Pi Pa » “ ì E: p - ì R. COMITATO GEOLOGICO XXXVII STELLA, segnala a S. E. l’assoluta necessità di pensare al personale secon- dario che dovrebbe coadiuvare l’opera degli ingegneri dell'Ufficio geologico ; analogamente a quanto ha luogo nei laboratori universitarii e nei musei. S. E. ripete che il Comitato potrà fargli a questo proposito tutte quelle proposte che riterrà opportuno. Chiede quindi all’ ing. Lotti, se può dare qualche informazione sui lavori dell’Ufficio. LoTTI risponde che, il Comitato essendo stato convocato improvvisa- mente, non si potè presentare la consueta relazione la quale non sarà pronta e.stampata che per la fine di luglio ; non sarebbe quindi in grado di rife- rire dettagliatamente sui rilevamenti eseguiti: in massima essi si svolsero secondo il programma stabilito, il quale però non potè espletarsi completa- mente per essere stati contemporaneamente sottratti all'Ufficio parecchi geologi richiesti dal Comitato per i combustibili nazionali. Aggiunge poche altre notizie intorno alle pubblicazioni in corso ed alla Memoria sulle Alpi Apuane, la quale non si può ancora considerare come pronta per la stampa. TARAMELLI osserva che grandissime in genere e talvolta insuperabili sono le difficoltà che s’incontrano nelle descrizioni geologiche, le quali del resto poco aggiungono ad una carta particolareggiata e buona. Ritiene perciò che si potrebbe invitare l’ing. Zaccagna a presentare una succinta deseri- zione a spiegazione della carta. «| _» Mazzuori dice che la prima parte del lavoro, già compiuta, fa viva- mente desiderare che l’autore colla sua nota competenza completi al più presto la descrizione della regione studiata. L'on. CERMENATI ricorda che tale pubblicazione venne già da tempo decisa dal Comitato e ritiene, anche per la fiducia che ha nel valore del- l’ing. Zaccagna, che il lavoro debba assolutamente venir condotto a termine. Rinnovati quindi i suoi ringraziamenti ai presenti, S. E. l’on. Cerme- nati si ritira cedendo la presidenza al prof. Issel. i IssEL, assunta la presidenza annunzia che hanno scusata la loro as- senza i professori Parona ed Artini, aggiungendo che quest’ultimo inoltre ha mandato le sue dimissioni dall’ufficio di membro della Commissione per l’esame dei memoriali presentati dagli ing. Zaccagna e Franchi. BALDACCI dice che la risoluzione di tale questione non presenta carat- tere di urgenza, cosicchè il Com'tato può anche, se crede, rinviarla alla prossima adunanza. i PRESIDENTE ritiene che in fondo si tratti di una questione puramente disciplinare, nella quale il Comitato non ha diritto d’intervenire amenochè il Ministero non gliene dia esplicito incarico. TARAMELLI è dello stesso avviso. #4 * x pio i 11) e dato ta XXXVII ATTI UFFICIALI STELLA osserva che spetta alla Direzione di preparare ogni anno il programma della campagna di rilevamento, indicando per ogni singola zona il personale che vi è destinato. In quanto alle eventuali divergenze che possono sorgere fra i rilevatori, esse non devono essere di impedimento alla pubblicazione delle carte essendo facile rimediarvi con opportuni provvedi- menti. Cita il caso di carte estere pubblicate in due edizioni con colori diversi secondo le diverse interpretazioni degli operatori. ZAMBONINI ricorda che già nel 1915 il Comitato riconobbe alla Dire- zione il diritto di adibire come meglio crede i suoi funzionari, cosiechè la questione si può considerare come già risolta in linea di massima: Deve però fare delle riserve al sistema proposto dall’ing. Stella pel caso di una diversa interpretazione dei terreni da parte degli operatori. MAZZUOLI ricorda che un tal caso si presentò già quando si trattò di pubblicare i fogli delle Alpi occidentali : una Commissione stabilì allora l’interpretazione da adottarsi, e delle opinioni divergenti si tenne calcolo mediante apposite annotazioni inserite in margine della carta. STELLA spiega che colla sua proposta non ha voluto alludere che ad una possibilità limite. i _ Sacco osserva che nei memoriali presentati dagli ingegneri Zaccagna e Franchi non si rispose alla questione quale era stata prospettata dal Co- mitato nella sua ultima riunione. È | LOTTI riconosce che la questione è essenzialments di stabilire da chi ; debba essere continuato il rilevamento della zona considerata.. ZAMBONINI trova che potrebbe forse essere opportuna l’aggiunta di un terzo rilevatore, estraneo alla controversia. In ogni modo, dati i caratteri della regione, è necessario che chi deve procedere al rilevamento sia al cor- rente dei metodi moderni delle indagini petrografiche. STELLA dice che la zona di Voltri non può considerarsi fra le più im- portanti dal punto di vista geologico ; ma ritiene che le regioni con tale carattere debbono venir rilevate da parecchi, appunto per favorire le di- scussioni e stabilire una specie di controllo reciproco. i Di STEFANO osserva che la questione sottomessa al Comitato è molto 1 delicata e che deve essere desiderio di tutti di procedere con cautela, per non commettere una possibile ingiustizia. L> Zaccagna è un valente, an- tico rilevatore per tante ragioni benemerito ; ma egli ha sopratutto i di- ritti che gli vengono dall’aver lavorato in Liguria, compresa la zona di Voltri, con successo, per quasi 32 anni e molto primi di ogni altro rileva- tore dell'Ufficio. Fa motare, senza voler disconossere i mariti di aleuno, che sarebbe ingiusto togliere dalla revisione della zona di Voltri il rileva- tore più anziano che stabilì i capisaldi della geologia di quella regione. ITA PR TN TTT = n , dl ATE TA JT La STELLA dice che un modo di risolvere la questione sarebbe di affidare la continuazione del rilevamento ad un terzo operatore estraneo alla con- troversia. DI STEFANO riconosce che ciò potrebbe essere utile, ma la difficoltà sta nel trovare nell’Ufficio geologico questo terzo rilevatore, che non sia legato per una ragione o per un’altra all’attuale controversia. Del resto ‘erede che il Comitato non sia competente per decidere una questione di sistemazione del personale, questione che appaitiene alle attribuzioni della Direzione del Servizio geologico e chiede ‘che il Comitato si pronunzi in tale senso. It. COMITATO approva all’unanimità. BALDACCI informa che per varie ragioni è sua intenzione che il rile- vamento della zona considerata venga provvisoriamente sospeso. IL COMITATO prende atto. La seduta è tolta alle ore 11,55. Seduta pomeridiana. La seduta è aperta alle ore 15,20. Sono presenti oltre il Presidente Isse i membri Baldacci, Gliamas, Lotti, Mazzetti, Rana, Sacco, Stella, Ta- ramelli, Zambonini ed il segretario Crema. . © p « BALDACCI presenta un manoserittto del prof. ‘Zambonini dal titolo « Il tufo pipernoide della Campania ed i suoi minerali », e propone che venga stampato nelle Memorie in 4°. Aggiunge che sarebbe intenzione della Direzione di destinare: un volume delle stesse Memorie all’illustrazione delle ricche ed importanti collezioni paleontologiche adunate in Tripoli- tania da geologi facenti parte del Comitato o dell’Ufficio e che si recarono nella Colonia per conto del Governo. IL COMITATO approva. Il Presicce apre la discussione sui vroedicna da richiedersi al Ministero a favore dell'Ufficio geologico. BALDACCI osserva che, per rendere più proficua e più rapida tale di- scussione sarebbe bene di stabilire prima l’ordine nel quale dovranno esa - minarsi i vari argomenti. i Dopo un breve scambio di idee si stabilisce di procedere col seguente ordine : personale, locali, mezzi di lavoro. ZAMBONINI propone che per ora il Comitato si occupi soltanto dei provvedimenti urgenti, costituenti un minimo assolutamente indispensabile per il regolare funzionamento dell’ Ufficio. . IL COMITATO approva. R. COMITATO GEOLOGICO XXXIX Lai e AT ANI VERICIAME "TI I STO RE LoTTI informa che la Direzione, oltre alle sue ordinarie mansioni, e deve pure provvedere a quanto riguarda la segreteria, l’ amministrazione e la contabilità dell’ Ufficio, ed inoltre soddisfare quotidianamente alle ri- chieste di altri uffici ‘o del pubblico, che va ogni dì meglio apprezzando i vantaggi che possono trarsi dagli studi geologici; malgrado ciò essa è quasi interamente priva del personale necessario per il disbrigo di tutte queste pratiche. Crede poi inutile di fermarsi sulle condizioni nelle quali si trovano il laboratorio @himico ed il servizio cartografico ed anche sul 3 fatto che gli ingegneri preposti ‘alla conservazione delle collezioni non di- . spongono del personale occorrente Ffper gli inerenti lavori manuali, ca e tandosi di cose già da tempo note al Comitato. STELLA chiede se non sarebbe opportuno un voto, perchè il personale “ci attualmente distaccato presso altre Amministrazioni venisse richiamato. a BALDACCI fornisce schiarimenti in proposito. STELLA non insiste. n ZAMBONINI, pur riconoscendo l’improrogabile necessità di adibire qual- si che chimico al laboratorio dell'Ufficio, Osserva che in taluni casi, come ad esempio, per ricerche sistematiche su serie di roccie che hanno grande in- teresse scientifico o per studi particolari si potrebbe anche opportuna- mente ricorrere ai laboratori universitari, alcuni dei quali sono perfetta- 3 mente in grado di affrontare tali problemi, rimborsandoli caso per caso delle spese sostenute. Ricorda, a questo proposito, che, in altri tempi, il Servizio geologico ebbe a ricorrere per molti anni all’opera del prof. Cossa, nel laboratorio del quale, anzi, per vario tempo rimase anche 1° ing. Mat- tirolo. STELLA rileva l’importanza delle collezioni, alla cui sistemazione è necessario venga adibito un apposito conservatore. i ZAMBONINI ritiene che tale ufficio potrebbe opportunamente sfidare DI ad un laureato in Scienze naturali. TL IsseL vorrebbe che in mancanza d’ingegneri, si Somrativaleno in loro vece anche per altre mansioni, dei dottori in Seienze naturali. MAzZuoOLI gli osserva che tale proposta potrebbe rientrare soltanto in un più vasto progetto di riforme. ZAMBONINI raccomanda che, come si è del resto già fatto, presentan- dosi rilevamenti con carattere d’urgenza, si ricorra al sistema degli in- carichi temporanei a studiosi estranei al personale dell'Ufficio e già ben noti per precedenti lavori. i IsseL dice che a tale sistema si è già fatto varie volte ricorso, ma che sarà bene vi si ricorra anche più largamente. ve, cr. : - - e nà è si sit n MI i di it ade PA STI : LD, Vela LT rate È Ven 0 ì n fa RR IE ii R. COMITATO GEOLOGICO 4 at XLI Ri. Come conclusione della. discussione avvenuta il COMITATO fa sua la ri- chiesta del personale presentata dalla Direzione del Servizio concretandola co me segue: i un chimico nella persona del dott. Ratto, che dovrebbe venire ri- chiesto all’autorità militare ; un conservatore delle collezioni, laureato in Scienze naturali; due nuovi disegnatori; due ufficiali d’ordine uno dei quali da assegnarsi alla biblioteca ; un nuovo usciere da aggiungersi ai tre attualmente in servizio ed uno dei quali verrebbe ad avere grado di preparatore o tecnico. LOTTI, venendo a parlare dei locali dell'Ufficio, dice che le condizioni non sono affatto migliorate , dopo l’ultima seduta del Comitato ; non solo non ha avuto luogo la consegna di tutto l’edificio, ma una parte del primo piano venne ripresa dal Ministero per insediarvi altro ufficio. Senza discussione il Comitato, ricordando il voto dell’anno scorso, in- siste sulla necessità assoluta che 1’ Ufficio geologico abbia a sua disposizione l’intiero edificio dove risiede e per conseguenza raccomanda che vengano senza indugio provvedute di altra sede le due istituzioni che attualmente vi sì trovano. . STELLA osserva che il Comitato per i combustibili fossili nazionali è certamente in grado di mettere assieme un ottimo campionario ; ora egli chiede che questo campionario venga depositato presso l'Ufficio geologico, formandone una apposita sezione delle collezioni. _ IsseL appoggia la proposta. Il Comitato approva. Sacco troverebbe desiderabile che in modo analogo venisse pure con- servato il materiale dei pozzi profondi che si vanno scavando in Italia, ‘ colle relative notizie geo-idrologiche, chimiche, ecc. i STELLA informa che il Consiglio della Società geologica nell’ultima sua seduta, su proposta dell’ing. Crema, ebbe ad occuparsi di tale argomento deliberando che il rappresentante della Società intervenendo alla adunanza tenuta ieri a Milano dalla Sezione di Agricoltura del Comitato nazionale È scientifico-tecnico, proponesse un voto per l’istituzione presso l’ Ufficio geo - logico di un archivio geo-idrologico relativo ai pozzi artesiani. dA A IssEL, ricordando le sue precedenti proposte in materia, non può che | — associarsi ai colleghi Sacco e Stella ; teme però che la spesa relativa non possa ora comprendersi nel programma minimo. ) MAZZETTI vorrebbe che gli ingegneri delle Miniere nelle loro visite È d ufficio, oltre ai campioni indicanti la ricchezza media, staccassero anche. s campioni tipici del giacimento, per poi mandarli all’Ufficio geologico. x È Fi è, « cda 2 A È; by pe (ite alari, : . x A ni - pal wi «97 “ai. > #7 one a Pret; LSP) DV lr a o ni x a F cale ite I x Oy. RItiS , PI BE Var OA Lo PS9” RIGORE CA ti bo la Pr 4 AA ca ; P i XLII ATTI UFFICIALI 111-.0" g 00 QUO SONS AN ZAMBONINI dice che analoga serie di campioni dovrebbe mandarsi anche alle collezioni delle università locali, a carico delle quali rimarrebbero le spese relative. BALDACCI osserva che basterà perciò dare opportune disposizioni ai Distretti. i LOTTI, passando a parlare dei mezzi finanziari necessari all’ Ufficio, dice che essenzialmente è la cifra relativa alle gite per i rilevamenti che è in- sufficiente, tanto che al personale, pur ridotto di numero per la temporanea assegnazione di alcuni ingegneri al Comitato dei combustibili fossili ed altri uffici, non è più possibile procedere in modo normale ai lavori di rileva- mento e revisione. Ritiene indispensabile che l'articolo del capitolo rela- tivo alle spese di trasferta del Corpo delle Miniere venga subito aumentato in modo che all’Ufficio geologico rimangano disponibili almeno lire 20,000 annue. Sarebbe poi evidentemente desiderabile che il Capitolo per la for- mazione della Carta geologica venisse anch’esso alquanto aumentato, ad esempio ripristinandolo nella somma di L. 42,000. Il COMITATO approva entrambe le proposte. SACCO chiede, perchè non siano più usciti altri fogli della Carta delle Alpi Occidentali al 100.000. STELLA riconosce la necessità di un paziente lavoro di coordinamento per l’unione dei diversi fogli, nonchè di alcune revisioni: ma, d’altre parte, è desiderabile e desiderata una pronta pubblicazione di tali fogli, per aleuni dei quali è nota anche l’utilità in vista di importanti applicazioni. MAZZUOLI si associa alle parole dell’ingegnere Stella, e ricorda i criteri ai quali si ispirò la sua opera, quando fu Direttore della Carta. BaLpACccI dice che insisterà presso i rilevatori per avere al più presto nella loro forma definitiva i fogli già rilevati delle Alpi Occidentali. Sacco chiede, se [i rilevamenti da lui compiuti nel Terziario piemon- tese non potrebbero essere utilizzati per completare i fogli di Torino, Ver- celli, Mortara, Carmagnola, Asti ed Alessandria. BALDACCI ed IssEL trovano opportuna una risposta affermativa a sif- fatta domanda. i TARAMELLI richiama l’attenzione del Comitato sul fatto che i nume- rosi lavori stradali recentemente eseguiti dall’autorità militare nelle Alpi Lombarde hanno messo in evidenza fatti geologici interessanti e dei quali dovrebbe prendersi nota prima che abbiano tempo di sparire. i a tr i a deri Cd È . ù © | ‘R. COMITATO GROLOGICO. EGEO | BALDACCI sarebbe lietissimo di aderire ad una proposta in questo senso, ma pel momento non ha personale disponibile. ZAMBONINI crede che si potrebbe pregare il prof. Taramelli di accettare i £ egli stesso tale incarico. TARAMELLI si recherà volentieri sui luoghi, purchè l’autorità militare, opportunamente officiata dalla SURegane del Servizio, conceda la necessaria autorizzazione. BALDACCI ringrazia. GLIAMAS chiede al prof. Taramelli, se nelle sue gite gli sarebbe utile un topografo per l’esecuzione degli opportuni riporti. TARAMELLI ringrazia per l’offerta di un tale aiuto, che gli sarà uti- lissimo. i i Il COMITATO approva, pregando il gen. Gliamas ed il prof. Taramelli 4 È di combinare fra di loro le modalità di tali escursioni. La seduta è tolta alle 18,20. Seduta del 7 luglio. La seduta è aperta dal Presidente Issel alle ore 9,45, essendo presenti : Ta membri Baldacci, Di Stefano, Gliamas, Lotti, Mazzetti, Mazzuoli, Sacco, Stella, Taramelli, Zambonini ed il segretario Crema. Il Presidente informa che, in omaggio al desiderio espresso da S. E. l’on. Cermenati, ha fatto riunire tutti i provvedimenti approvati ieri dal i “ Comitato e richiesti come assolutamente necessari per un normale ed effi- cace funzionamento dell’ Ufficio geologico" nel seguente ordine del giorno, Î del quale fa dar lettura dal segretario. A p > ; ì ® IL COMITATO 2 « Ritiene che per un normale Fed efficace funzionamento dell’ Ufficio 9 « geologico debba considerarsi come minimo {necessario l’insieme dei se- & _ «guenti provvedimenti'e cioè: - « 1°) che l'Ufficio. possa disporre dell’intiero edificio dove esso ha Coe” sede, venendo senza indugio provvedute di altro locale le due istituzioni : | «che ora vi si trovano ; | « 2°) che il personale a fiubima nto adibito all’Ufficio sia aumentato MRI, di i elisa. nella persona del dott. Ratto, che dovrebbe venir ri- | «chiesto all’autorità militare ; un conservatore per le collezioni, laureato pa in scienze naturali; due nuovi disegnatori; due ufficiali d’ordine, uno * « dei quali da assegnarsi alla Biblioteca ; un usciere da aggiungersi ai tre . « attuali, uno dei quali verrebbe ad avere grado di preparatore ; ARI bl id AS Lars i & 4 ) MI DERRATE PIS FRE SE LL E IP - If] ; | ù | CRRICLOTE PARE DI Ji bri RE (25 nxà i - 4 ii x n PRA 4 air , A PRE N pr 3 SS UTERO È sl i x x x = : bia 5 E Tape 0°. ù Ti X A : E, 3 ue Lebp = : lr par rr agi medie - 0 % «1; 6 MRO 5 | ATTI UFFICIALI 1 ACI pera «3°) che l’articolo del capitolo relativo alle spese di trasferta de « R. Corpo delle Miniere sia aumentato in modo che all’Ufficio geologico « rimangano disponibili non meno di L. 20,000 annue ed infine che il ca- « pitolo per la formazione della Carta geologica venga ripristinato nella «somma di L. 42,000 ». L’ordine del giorno messo ai voti è approvato all’unanimità. IL PRESIDENTE prega l’ing. Lotti di comunicare l’elenco delle carte 4 geologiche pronte per la stampa. fi LOTTI risponde che sono assolutamente pronti e potrebbero essere e senz’ altro consegnati al litografo i tre fogli di Spezia, Massa e Canobbio, nonchè le 4 tavolette del Golfo di Spezia; infine è pure pronto, ma da ridursi in iscala, il foglio di Viterbo. Può proporre perciò la stampa di queste sette carte. Nessuno facendo obiezioni la proposta s'intende approvata. LoTTI, continuando, dice che per la riduzione in iscala del foglio di Viterbo converrà ricorrere all’épera di un disegnatore straordinario, non disponendo l’ Ufficio del personale necessario, ed infine informa che sarà. presto completa la pubblicazione della carta delle Alpi Apuane al 25.000 colla stampa, attualmente in corso, delle ultime due tavolette. | Sacco trova che, almeno fino a che la pubblicazione della Carta al 100.000 non sia più avanzata, non si dovrebbero stampare tavolette al 25.000, salvo eccezionalmente per regioni degne di considerazione affatto particolare, come si è fatto ad esempio per le Alpi Apuane ; raccomanda — principalmente che si acceleri la pubblicazione dei fogli delle Alpi Occi- dentali dei quali è nota l’importanza. LOTTI osserva che, oltre al foglio di Canobbio, sarà difficile poterne avere altri pronti, poichè i fogli di Varallo, Biella, Demonte, Dronero, i Boves ed Argentera abbisognano ancora tutti di revisioni e di comple- tamenti. STELLA osserva che non può trattarsi di dubbi di grande importanza, perchè altrimenti non sarebbe stato possibile di procedere alla pubblica- zione della carta d’insieme al 400.000. | LorTI dice che dei rilevatori che debbono compiere tali revisioni tro- 4 vasi in questo momento a Roma l’ing. Novarese, al quale si potrebbero chiedere schiarimenti in proposito. Introdotto l’ing. Novarese questi informa che per quanto lo riguarda, ha compiuto la revisione del foglio di Varallo, che era il solo dei sei fogli enumerati in cui egli abbia precedentemente rilevato. pa pa PTT SR ra die e STERO ha » deal . sue v POE - a n a de R. COMITATO GEOLOGICO gal | MAZZUOLI è anch’egli del parere che convenga sollecitare la pubblica- zione dei fogli delle Alpi Occidentali; e vorrebbe che la Direzione dispo- nesse il programma della prossima campagna geologica in modo che possa | rendersi pubblicabile il maggior numero di tali fogli che sarà possibile. ; _ SreLLa osserva che per quanto lo zelo per la perfezione scientifica, cui si mira con tali revisioni, sia degno d’ogni elogio, non deve essere | spinto indefinitamente il lavoro di rifacimento in confronto dello stato ori- | ginario dei rilevamenti eseguiti in collaborazione anche con altri operatori. bo. ZAMBONINI raccomanda che, di regola, ciascun rilevatore, prima di pa s- | sare ad altra regione, debba terminare le tavolette del cui rilevamento era stato incaricato. i LoTTI dice che nella prossima adunanza presenterà i fogli delle Alpi Occidentali al corrente colle revisioni già eseguite, in modo che il Comi- tato possa rendersi conto dello stato del lavoro. IssEL non si nasconde le difficoltà, alle quali la Direzione deve far | fronte, e perciò crede che i voti del Comitato debbono avere il carattere di semplici raccomandazioni. « _°‘’‘’BarpaccI ringrazia e dice che procurerà di esaudire i desideri esposti . dal Comitato, per quanto lo permetteranno la deficienza dei mezzi finan- ziari, la scarsità del personale e le difficili circostanze, nelle quali a mo- tivo della guerra si trova l’industria litografica. } Sacco vorrebbe che si desse maggior pubblicità alle pubblicazioni del. ; l’Ufficio, diffondendone il catalogo. È StELLA erede che, per far conoscere al pubblico le pubblicazioni del- È l'Ufficio si potrebbe opportunamente utilizzare la Rivista del Touring Club. LoTrTtI informa che il catalogo delle pubblicazioni viene già distribuito 4 con una certa larghezza ; però, in omaggio al giusto» desiderio espresso dal A prof. Saeco, lo farà d’ora innanzi inserire in ogni volume del Bollettino, _ e lo invierà anche a qualche periodico affine. “SE ZAMBONINI chiede informazioni sulla carta al 250.000. pet. BALDACCI informa che, nemmeno nello scorso anno, la sua. prepara- zione ha potuto essere proseguita per la già troppe volte lamentata man- ‘canza di disegnatori. i |. MAZZUOLI crede che, in vista degli scarsi mezzi dei quali si può disporre sarebbe meglio concentrare tutti gli sforzi per accelerare la pubblica- zione della carta al 100.000. ZAMBONINI osserva che la carta al 250.000 sarebbe molto utile per chi dovesse prendere in considerazione la geologia di regioni alquanto estese, é specialmente se ogni foglio fosse accompagnato da un fascicolo esplicativo. = S mi «Mrs N XLVI "R'PRI IPRICIARI (1 SESSI STELLA trova che per le scuole sarebbero meglio indicate e più comode le carte in iscala più piccola, ad esempio al 500.000 od al milione ; condi- vide poi il parere che si dovrebbe evitare ogni ragione di ritardo nel com- pletamento della carta al 100.000. MAZZETTI, opina anch’egli che si debba dare un maggiore impulso alla preparazione della carta al 100,000. Il ComItaTO approva. Il PRESIDENTE informa di aver ricevuto in questo momento una let- tera dell’ ing. Zaccagna, nella quale questi prega vivamente il Comitato, perchè la questione del rilevamento nella Liguria Occidentale venga risolta È nella presente sessione, e ne fa dare lettura dal segretario. DI STEFANO fa rilevare che il risultato della deliberazione presa ieri dal Comitato è un po’ dubbio, perchè in pratica si avrà che l’ing. Zaccagna, almeno per il momento, non potrà proseguire il suo rilevamento. La que- stione, come già fu ieri riconosciuto, non è di carattere scientifico, ma per- sonale, e compreso della sua delicatezza, prega vivamente il Direttore della Carta perchè, nella sua equità e conoscenza dei lavori precedenti, voglia riesaminare la controversia e risolverla lui direttamente. BALDACCI dice che non potrebbe dare ùna risposta diversa da quella di ieri. Il COMITATO prende atto. DI STEFANO rileva che ormai è nella coscienza di tutti la necessità di ammettere dei laureati di Scienze naturali nell’Ufficio geologico. Tali na- turalisti devono essere forniti di titoli che dimostrino le loro estese cono- x scenze paleontologiche e stratigrafiche, e questo perchè non: siano sem- * plici paleontologi determinatori, ma buoni conoscitori delle faune dei di- versi terreni e delle varie questioni geologiche che f vi sono connesse. In altri termini, devono sapere studiare sul terreno le formazioni sedimentarie ed essere anche dei rilevatori. In quest’ordine di idee egli presenta il se-_ guente voto all'approvazione del Comitato: « Il Comitato propone che «siano chiamati nell'Ufficio geologico per concorso almeno quattro lau- « reati in Scienze naturali, forniti di titoli di Paleontologia stratigrafica e « di Stratigrafia. La carriera di detti naturalisti deve essere parallela a Mi... « quella degli ingegneri del R. Corpo delle Miniere ». BaLDACCI osserva che la proposta potrà trovar posto tra le riforme da includersi nel programma più vasto, da studiarsi a suo tempo; ora non si stanno discutendo che i provvedimenti assolutamente indispensabili, nè quello in questione si può considerare come tale, visti i buoni risultati PI È È COMIT ROIO GEOLOGICO un “at A del sistema in vigore da parecchi anni per lo studio dei fossili. Tutto al più | si potrebbe ammettere la richiesta di um paleontologo. «SreLLA crede che anche continuando nel sistema attuale, sarebbe utile que l’Ufficio disponesse di un altro paleontologo. ‘Di STEFANO comprende bene la difficoltà della spesa, ma FA che un solo paleontologo sarebbe troppo poco. A ogni modo è bene di par- lare di un naturalista che possa determinare non soltanto fossili, ma stu- ‘diare anche le questioni statigrafiche sul terreno. Si finisce col deliberare di aggiungere la frase: « almeno un paleonto- logo» nell’elenco del personale richiesto per 1’ Ufficio con l’ordine del giorno approvato in principio di seduta. A questo punto interviene all’adunanza $. E. l'on. CERMENATI e ne assume la presidenza. ù . IsseL presenta a S. E. l’ordine del giorno riassumente i provvedi. menti ritenuti più urgenti, approvato in principio della seduta, coll’ag- giunta poco prima votata su proposta del prof. Di Stefano, e lo giusti- È fica con opportuni schiarimenti. (e L’on. CERMENATI esprime sensi di compiacimento e di soddisfazione È per il lavoro ‘compiuto così rapidamente dal Comitato e se ne felicita con illustre presidente. Indi chiede al prof. Issel, se il Comitato si è anche «occupato dell’istituzione presso l'Ufficio geologico del Casellario di Geo- logia pratica, così opportunamente ed autorevolmente da lui caldeggiato. °° Isser risponde che tale proposta non figura fra quelle fatte, esclusi. vamente per la deficienza dei mezzi dei quali attualmente dispone l’ Ufficio. Egli ritiene però che si potrebbe torse provvedere alla spesa occorrente mediante una piccola tassa da stabilirsi per coloro':che fossero ammessi alla consultazione del casellario. Gli interessati non se ne lagnerebbero certamente, in vista dei vantaggi che potrebbero ricavare dalla consulta- zione del Casellario stesso. L'on. CERMENATI risponde che la questione dovrà sssere studiata e È Pe Ko risolta il più prontamente che sarà possibile; intanto, si potrebbe comin- | ciare cercando di ottenere dei dati sulle trivellazioni, il che potrà farsi È | mediante una apposita circolare da inviarsi dall’Ispettorato delle miniere ‘alle Autorità ed agli imprenditori. be: »_.—Soggiunge come, rispetto alle acque che si traggono dalle trivellazioni, «manchino del tutto disposizioni legislative che disciplinino la materia; è a perciò sua intenzione di pregare il Comitato, quando sarà convocato questo autunno, di volersene occupare, preparando uno schema che possa servire di base allo studio di Mpporetni provvedimenti di carattere giuridico. 9 | ATTI UFFICIALI - R. COMITATO GEOLOGICO | © PRESS, 7 ROTZI REG E CXIVIIE i e 2 ISSEL, ZAMBONINI e STELLA pregano S. E. di voler volgere la sua at- tenzione sopra alcuni voti emessi dal Comitato, che illustrano brevemente. L’on. CERMENATI dice che esaminerà tutte le proposte e le raccoman- dazioni fattegli col maggior interessamento, convinto com’è della loro uti- lità per il servizio geologico non solo, {ma pel Paese. Ringrazia tutti i presenti per la sollecitudine colla quale vollero compiere il loro importante lavoro e si augura che per l’avvenire siano più frequenti le’ riunioni del Comitato: anzi a questo proposito ricorda al Presidente che gli sarà grato, se vorrà egli stesso proporne, ogni qualvolta lo crederà opportuno. Ag- | giunge essere necessario che il Comitato esplichi con ogni energia la sua 2 alta funzione di direzione e di sorveglianza dei lavori della Carta geolo- gica; esso ha facoltà di indagare, esaminare, controllare l’opera dei geologi rilevatori e di fare tutte le proposte che reputa opportune al ministro. Il Comitato è al.di sopra dell'Ufficio e deve sindacare l’opera di questo per il più sollecito e pieno compimento della grande impresa che tornerà di vantaggio alla patria ed alla scienza. Esprime un plauso ai geologi che danno l’opera loro perseverante ed illuminata così all'Ufficio come al Co- mitato, ed esprime l’augurio che si inizi una fase di maggiore attività e produzione. IssEL ringrazia vivamente S. E. per la benevolenza colla quale so- praintende ai lavori del Comitato, e ripete che questo farà sempre ogni. &di Ce, sforzo per collaborare efficacemente aglif importanti miglioramenti che il , Ministero sì propone ‘d’introdurre nel Servizio geologico, in modo che esso possa contribuire in misura sempre maggiore al progresso della Scienza ed alla prosperità del Paese. La seduta è tolta alle 12,5. Il Presidente A. IssEL. Il Segretario Ing. C. CREMA. NMIUTAL Ma i xvi e della Seri er LAO) CR. COMITATO GROLOGICO D'ITALIA SOMMARIO DEL FASCICOLO | Note originati. — I. - SONE: Parona: Saggio bibliografico sulle Rudiste, con indici dei nomi di autore, di genere e di specie. — II. - M, Cas- sem: Cenni geologici su alcuni monti della Campania e della Basilicata. Bibliografia geologica itallana per ni 1918. Parte ufliciale. _ Nomine nel R. Comitato Ri, — B. Lort:: | Relazione sui lavori di campagna e d'ufficio eseguiti durante l’anno ra 1915-1916 e proposte di quelli da pitti nel corso Apia 3916-1917. ru : PI Sira da gup) ROM pi VERI | TIPOGRAFIA DITTA LUDOVICO @ECOHINI VALEA EE UT MSM ELENCO: DEI COMPONENTI IL COMITATO E L'UFFICIO GEOLOGICO (Ottobre ‘ 1916) E°. Comitato geologico. IsseL ARTURO, prof. di geologia, R. Università di Genova, Presidente. ARTINI ETTORE, Direttore del Museo civico di storia naturale di Milano. CERMENATI MARIO, Deputato al Parlamento, prof. di storia delle scienze naturali, k. Università di Roma. De LoRENZO GIUSEPPF, Senatore, prof. di gengrafia fisica, R. Università di Napoli. . Di STEFANO GIOVANNI, prof. di geologia, R. Università di Palermo. MazzuoLi Lucio, Ispettore superiore del R. Corpo delle Miniere, in riposo, Roma. PARONA CARLO FABRIZIO, prof. di geologia, R. Università di Torino. Sacco FEDERICO, prof. di geologia, R. Politecnico di Torino. TARAMELLI TORQUATO, prof. di geologia, R. Università: di Pavia. . ZAMBONINI FERRUCCIO, prof. di mineralogia, R. Università di Torino. Il Direttore del R. Istituto geografico militare, in Firenze. Il Presidente della Società geologica italiana. BaLDACcI LuIci, Ispettore superiore, Capo del R. Corpo delle Miniere, Roma. MAzzETTI Lopovico, Ispettore superiore del R. Corpo delle Miniere, Roma. LoTTI BERNARDINO, Ing. Capo del R. Corpo delle Miniere, Direttore del R. Ufficio . geologico. Personale addetto ai lavori della Carta geologica. — Direzione: Ing. BALDACCI LUIGI, predetto. R. Ufficio ‘geologico: CassETTI MICHELE. TIssi ENRICO. MopERNI Pompeo, biblio- - tecario. LOTTI BERNARDINO, diret- i | tore. | Aiutanti ZACCAGNA DOMENICO. principali AICHINO GIOVANNI, Vvice- direttore. NOVARESE VITTORIO. Tn ae Ing.ri capi < Archivisti CozzoLINo FILIPPO. i diseQ 1f AURELI AMEDEO. SABATINI VENTURINO. disegnatori v ‘ FRANCHI SECONDO. Ufficiale d'ordine: CHELOTTI GIUSEPPE, . | | SPARVOLI VINCENZO (pre- i ' i CREMA CAMILLO, | paratore presso il labora- | Sai torio chimico-petrogra- - Ingegneri è PILOTTI CAMILLO, RA pati fico). Grossi MARIO, FIORENTIN LUIGI. FRANCESCONI LUIGI. | TARICCO MICHELE. I È i SALVATELLI FILIPPO. n La sede del R. UFFICIO GroLoGico è in Roma, Via S. Susanna, n, 18. Abbonamento annuo al “ Bollettino del R. Comitato geologico 55 per l’Italia, L. 8; per l’estero, L. 10. Prezzo del volume L. 10; del fascicolo semplice L. 2,50; doppio L. 5. Per l’ocquisto delle pubblicazioni del R. Ufficio geologico rivolgersi: alla ditta Fratelli Treves; ed all’Istituto geografico De Agostini (Novara, Roma). Vol. XLVI (6° della Serie 1°) nese TC Vant, 9-6, E x TT: ————@€<€€_n —rr—_—111112=4=k=K=d® DIL, PCI IIS RA RN RIO rale RASO, ROMITA inlalato Ip(oioiofole|{sjo(0}e,019 nisdeio s)e;a = este ® n.0 slo +. Gue ofoletn)e/ dyaio ® 0,49 6 00,0)9 au fiini chototo dioxpinjo|stofeloja, @i 97 d bio, 0,4 6109;°.° . "> papartr pi ofe 0/n 0,000 PEPIT AI ROALIAI PRC bisi Gipi aio; oja iv ojpio dere a iarenbtolaie]0s01diefe:9;Ajp 191 9i029 oto: ip trae PETE, |gtrspo ife v EIOCICAZA DICCI sj AI Lat Grsiasa| vol diaroio| osato Siate Lapp ag 0 8 POP RE Ti lle Ag vede de joleteretajete;miepnio Fino Praia eee je josoagoloe10'olotviafelo SERATE A larecarago Te 1b6.A sieitintoe setetoca Bbpeinio Milian piperno dt piofa;n oo RETTO gaia 00 st . PICO EA Ari IT rbrol aligpiol ora orelo. ele ore n tO. ®©» siniele ta pisa maia rela» è 00 * ao sf up IT TE LI Len no pin pia c@lanna d78' 1° 0%0 0.0.0 eta ®|et® sano segleg evi dp gegen Ante i o rbt . 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