BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA. 1877. — Anno Vili. 1877. - Anno Vili. BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO D* ITALIA. Volume Ottavo. N. 1 a 12. ROMA, TIPOGRAFIA BARBÈRA. 1877. < R. COMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA. Bollettino N° I e 2. Gennaio e Febbraio 1877. ROMA, tipografia barbèra. 1877. PUBBLICAZIONI DEL R. COMITATO GEOLOGICO. . — Bollettino. — Si pubblica regolarmente in fascicoli bime- strali di 5 o più fogli di stampa ciascuno, formanti un vo- lume annuo di 500 e più pagine, con tavole ed incisioni in- tercalate nel testo. Il prezzo dell’ abbuonamento annuo^e . di L. 8 per V interno e di L. 10 per l’estero Gli abbuonat ricevono gratuitamente la copertina ed il frontespizio del volume — Ad annata compiuta i volumi annuali nlegati s vendono al prezzo di L. 10 — I fascicoli separati si vendono al prezzo di L. 2 ciascuno. [1° —Memorie per servire alla descrizione della Carta Geo- logica d’ Italia. — Pubblicazione di gran formato confi- data da tavole, Carte geologiche ed incisioni intercalate nel testo. Volume I; Firenze 1871. — Introduzione — Studii geo- logici sulle Alpi Occidentali, di B. Gastaldi, con cinque tavole ed una Carta geologica. — Cenni sui graniti massicci delle Alpi Piemontesi e sui minerali delle _ valli di Lanino, Ai G Strììver. — Sulla formazione terziaria nella zona solferà della Sicilia, di S. Mottura con quattro tavole, ^esen- zione geologica dell’ Isola d Elba, di I. Cocchi, con sette tavole ed una Carta geologica. - Malacologia P^nim ita- liana (Parte P, Gasteropodi sifonostomi) di C D Ancona , fascicolo 1°, con sette tavole. — Prezzo Lire 35. Volume II, Parte 1"; Firenze Ì873. Monografia geologica dell’ Isola d Ischia, di C. • • ’ con Carta geologica e incisioni nel testo. -Esame geologico della catena alpina del San Gottardo che ^ssererìtra- versata dalla grande Galleria della ÉtariSd di F. Giordano, con Carta geologica e due tavole di Sezioni. - Appendice alla Memoria sulla formazione terziaria nella zona salifera della Sicilia, di S. Mottura, con una to’ rota. Malacopia pliocenica italiana (Parte P, *^1 stomi), di C. D’Ancona, fascicolo 2, con otto tavole. Prezzo Lire 25. Volume II, Parte 2*; Firenze 1874 ' ~ f £°due sulle Alpi Occidentali, di B. Gastaldi, Pai te 2 , con due tavole. — Prezzo Lire 5. Volume III, Parte 1‘; Roma 1876 “7 f ,f( nico delle Isole Ponza, monografia geologica di G ’ con tre tavole e una Carta geologica. - Geologia del Monte Pisano, di C. De Steeani, con una tavola. - Prezzo Lire IO. (Continua.) BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA. Jl° lei — Gennaio e Febbraio 1877. SOMMARIO. Cenno intorno ai lavori del Comitato Geologico nel 1876. Note geologiche. — I- Studii stratigrafici sulla Formazione pliocenica del- l’ Italia Meridionale, per G. Seguenza. (Continuazione.) — II. Quadro del pro- posto sistema di classificazione dei Foraminiferi con guscio, per C. Schwager. — III. Catalogo delle Conchiglie fossili di Monte Pellegrino e di Ficarazzi presso Palermo, pel Marchese di Monterosato. — IV. I dintorni di Mon- summano e di Monte Catini in Val di Nievole. Appunti geologici, per C. De Stefani. — V. Sulla geologia del gruppo di Gavorrano (Provincia di Grosseto), per B. Lotti. — VI. La formazione granitica lungo la Ferrovia tra la marina di Catanzaro e quella di Soverato, per V. Rambotti. — VII. Nota sul Calcare a Lucina pomum Dod., per F . Coppi. Note mineralogiche. — L’ oligisto e gli altri minerali che si trovano al Capo Cai afuria, per G. Seguenza. Notizie bibliografiche. — C. De Stefani, Molluschi continentali fino ad ora notati in Italia nei terreni pliocenici, ed ordinamento di questi ultimi ; Pisa, 1877. — R. Lawley, Nuovi studi sopra ai pesci ed altri vertebrati fossili delle colline toscane ; Firenze, 1876. — A. Issel, Appunti paleonto- logici: 1° Fossili delle marne di Genova ; Genova, 1877. — A. Verri, Alcune linee sulla Val di Chiana e luoghi adiacenti nella storia della terra ; Pavia, 1877. — Ed. Reyer, Die Euganeen Bau und Geschichte eines Vul- canes ; NVien, 1877. Notizie diverse. — Le roccie massiccie dell’alta Valtellina. Tavole ed incisioni. — Tavola di foraminiferi che accompagna la nota del dott. Schwager, a pag. 25. — Sezioni geologiche, a pag. 48, 60 e 69. CENNO INTORNO AI LAVORI DEL COMITATO GEOLOGICO NEL 1876. Nel corso del 1876 i lavori del Comitato Geologico progre- dirono in quella misura che era ad essi consentita dalla scarsità del personale e dalla ristrettezza dei mezzi finanziari. — I ri- levamenti di campagna che erano in corso alla fine del 1875, fu- rono continuati col nuovo anno nelle Alpi Occidentali dai signori Gastaldi e Baretti e dai loro collaboratori, e nella Sicilia e Ca- u - 4 — labria dal prof. Seguenza. Nelle Alpi Occidentali si avevano, alla fine del 1876, i seguenti fogli rilevati nella scala del 50,000 : Monte Bianco (in parte) ; La Thuille (in parte) ; Aosta (in parte) ; Biella (in parte); Gattinara ; Monte Iseran; Cuorgné ; Ivrea; Vercelli ; Modane ; Susa ; Ciriè ; Cesanne ; Fenestrelle ; Pineroio ; Monviso ; Saluzzo ; Sampeyre (in parte) ; Centallo (in parte); Vi- nadio (in parte); Cuneo (in. parte) ; Mondovì (in parte); Tenda (in parte) ; Ormea (in parte). — Anche il dottor Lotti ha atteso alacremente ai lavori di rilevamento nella provincia di Grosseto, ed in questo periodo egli ha potuto rilevare nella scala del- F 86400 la parte occidentale dei monti di Montieri e le due co- munità di Castiglione e di Roccastrada (in complesso una esten- sione di circa 600 chilometri quadrati), ottenendo per quest’ ultima, interessantissima sotto molti riguardi, risultati importanti. — Contemporaneamente il dottor De Stefani compiva il foglio Pisa- Lucca della carta topografica austriaca nella scala dell’ 86400, e rilevava per intiero il foglio Siena della stessa carta, nel quale comprendesi il gruppo della Montagnola Senese, tanto importante nei rapporti geognostici quanto poco conosciuto dai geologi. Questi due fogli furono diligentemente colorati dall’ autore e cor- redati da numerose sezioni, in seguito ad un esatto rilievo geo- logico, che si può dire il frutto di parecchi anni di nuovi studi in aggiunta a quelli fatti precedentemente in quelle regioni. La complicazione delle condizioni stratigrafiche, la varietà e la im- portanza delle forme litologiche, la scarsezza ed il cattivo stato di conservazione dei fossili, sono altrettante difficoltà che fu- rono onorevolmente superate con lo studio e la osservazione con- tinua ed attenta. — A corredo delle rispettive carte poi i sud- detti operatori hanno presentato “copiose raccolte di roccie e di fossili. Oltre alle collezioni geologiche e paleontologiche inviate dai rilevatori a corredo dei loro lavori, le raccolte del Comitato Geologico si arricchirono, nel periodo in discorso, per altre pre- gevoli aggiunte. — Il signor R. Lawley, distinto cultore della scienza paleontologica, ha fatto dono di una pregevole collezione di fossili pliocenici della Toscana, consistente in circa 600 esem- plari (conchiglie e denti di pesci) ben conservati ed accuratamente classificati, i quali rappresentano più di 300 specie fra molluschi e — 5 - pesci. Questa bella raccolta, oltre all1 accrescere notevolmente il materiale scientifico del Comitato, riuscirà eli molta utilità ogni- qualvolta occorra di fare determinazioni di fossili di quell1 epoca, come quella die offre il mezzo di agire con maggior sicurezza nei confronti che si dovranno fare nel seguito. — Altra raccolta pregevole per la bellezza e pel buono stato di conservazione degli esemplari fu offerta in dono al Comitato dal dottore L. Aragona, buon conoscitore ed assiduo collettore di fossili ter- ziarii. Essa consiste in conchiglie dei terreni pliocenici e mio- cenici delle colline di Piacenza, rappresentanti una ottantina di specie con un numero più che doppio di esemplari. — In quanto alla litologia le collezioni si arricchirono di una piccola ma in- teressante raccolta di roccie delle Isole Ponza, posta a corredo della carta di quel gruppo rilevata in grande scala dal geologo dottor Doelter di Vienna. — Una piccola raccolta, ma assai istrut- tiva, della quale pure si arricchì il Comitato, è quella relativa alle roccie, minerali e prodotti metallurgici della miniera demaniale di Valle Imperina presso Agordo nella provincia di Belluno. Questa raccolta è fatta con molta cura, e insieme con una se- zione geologica che le fa corredo, dà un1 idea abbastanza esatta delle condizioni di quel giacimento metallifero e della natura del minerale che vi si estrae, non che della serie di operazioni me- tallurgiche che il medesimo deve subire per dare un prodotto commerciabile. — Andò pure aumentandosi la già ricca raccolta dei materiali italiani da costruzione e da ornamento, con V invio di nuovi campioni per opera delle Giunte provinciali. Qualche pro- vincia che ancora non vi era rappresentata ha incominciato a mandare i suoi materiali, per cui il numero di quelle mancanti andò sempre più restringendosi, in modo da ridursi alla fin d’anno a sole sei. Si continuarono le ricerche sui giacimenti italiani di caolini e terre refrattarie, e si ripresero sui medesimi gli esperimenti di cui è cenno in una relazione pubblicata nel Bollettino del 1875, (N. 9 e 10, pag. 299). Questa volta si sottoposero ad esame alcune terre della Calabria, i di cui campioni vennero trasmessi allo stabilimento Ginori a Doccia, presso Firenze, onde si isti- tuissero sui medesimi quegli esperimenti che servono a dimo- strare la possibilità o meno di utilizzarle nell1 arte ceramica. — 6 - Tali terre provenivano da Tropea e da Satriano in provincia di Catanzaro, e derivavano dalla decomposizione delle roccie cri- stalline della Calabria centrale. Il risultato degli esperimenti ese- guiti a Doccia non fu però molto soddisfacente, e dimostrò ancora una volta la poca probabilità di rintracciare in Italia giacimenti di buoni caolini e di terre refrattarie, oltie ai pochi favorevolmente conosciuti. Fra i lavori eseguiti nell’ ufficio, giova ricordare la compila- zione di una carta geologica d’ Italia nella scala del 600,000 , per tale lavoro servì in parte la carta dell’ Italia superiore e centrale, compilata dal prof. Cocchi in occasione della Esposi- zione Internazionale del 1867 a Parigi, e pel rimanente tutti quei lavori geologici che fu possibile di rinvenire per la parte meridionale e la Sicilia. È evidente che molte lacune esistono tuttora in siffatta carta e che alcune di esse non potranno esser tanto presto riempite: sperasi però, mercè il concorso dei geologi che si sono occupati dello studio di quelle regioni, di riuscire a completare la Sicilia, la Calabria e la penisola Leccese, e di segnare nelle rimanenti provincie meridionali ah meno il contorno delle grandi masse montuose e delle masse di roccie cristalline che esistono in alcune di esse. In corso di lavoro si ebbe occasione di studiare ancora una volta la diffi- cile questione della serie dei colori, e dopo diversi tentativi^ si riuscì a fissare delle tinte che meglio corrispondono a quelle usate generalmente per esprimere i diversi terreni, conciliandole nel miglior modo possibile con la serie cromatica fissata dal Congresso Geologico nel 1874. — Fu pure disegnata la carta di gran parte della provincia romana, riportando sopra quattro fogli della carta topografica austriaca i rilevamenti eseguiti dal prof. Ponzi a più riprese. Per quanto riguarda le pubblicazioni, oltre a quella del Bol- lettino continuata regolarmente per tutto il corso dell’ anno, fu fatta quella della parte prima del voi. 3° delle Memorie per ser- vire alla descrizione della Carta geologica d'Italia: m questa parte (pag. 174 in 4° grande, con quattro grandi tavole in nero ed una carta geologica in colori) si comprendono le seguenti memorie : C. Doelter, Il gruppo vulcanico delle Isole Ponza , con la carta geologica delle isole Ponza, Palmarola e Zannone, al — 7 - 20,000 per la prima e al 30,000 per le altre ; C. De Stefani, Geologia del Monte Pisano , con una tavola di sezioni. La biblioteca infine e la raccolta delle carte, ebbero note- vole incremento per numerosi scambi di pubblicazioni operati fra il Comitato Geologico e molte istituzioni scientifiche d’ Italia e dell’ estero. La somma totale spesa per lavori geologici nell’anno 1876 fu di circa L. 20,000, della quale più che metà fu destinata ai lavori di campagna e per pubblicazioni. P. Z. NOTE GEOLOGICHE. I. Studii stratigrafici sulla Formazione 'pliocenica délV Italia Meridionale , per G. Seguenza. (Continuazione. — Vedi Bollettino, 1876, N. 9-10.) Elenco dei Cirripedi e dei Molluschi della zona superiore dell’ antico plioceno. — 8 — Gen. Dosinia Scop. (Continuazione) 966* 1. lincta Pult (Yenus) 967 c. exoleta Linneo (Venus) 968 c. lupinus Poli (Yenus) Gen. Yenus Linneo. 969 1 970 1. plicata Gmelin 971* 1. excentrica Agassiz 972 1. verrucosa Linneo '• 973* 1. Haidingeri Hoernes 974* 1. senilis Brocchi 975 1. gallina Linneo 976 1. fasciata Da Costa (Pectunculus) 977* 1. scalaris Bronn 978* 1. Dujardini Hoernes 979* 1. islandicoides Lamarck (Cyprina) 980* 1. umbonaria Lamarck (Cyprina) 981 c. ovata Pennant 982 s. effossa Bivona • • • • 983* s. messenensis Seguenza Gen. Circe Schumacher. 984 c. minima Montagu (Venus) Gen. Crassatella Lamarck. 985 c. planata Calcara (Astarte) Gen. Gouldia G. B. Adams. 936 1. bipartita Philippi (Lucina?) 987 1. . triangularis Montagu (Mactra) » Var. 1 Monterosato Gen. Astarte Sowerby. 988 c, , sulcata Da Costa (Pectunculus) 989 c. , fusca Poli (Tellina) Gen. Cyprina Lamarck. 990* 1 . Islandica Linneo (Venus) ilffi Artemis lincta Monterosato, Segnenza . . = Artemis exoleta Monterosato, Seguenzj exoleta, Calcara, Philippi, Monterosato ec — Yenus lupinus Philippi, Calcara, Monter< = Y. casina Philippi, Calcara, Segnenza, Mor =r= Y. plicata Seguenza, Foresti, Cocconi, L Affine alla seguente ma benissimo distinta = V. verrucosa Philippi, Seguenza, Monteri Specie del mioceno del Bacino di Yienna . Probabilmente da riunirsi alla seguente . . = Y. gallina Philippi, Seguenza, Monterosa = Y. Brongniarti Philippi, Calcara, Y. fas guenza, Monterosato Molto affine alla precedente . • = Cyprina umbonaria ? Libassi (non Desh.), dini Cocconi, Foresti r_r: Cyprina islandicoides Calcara, Y enus Br occ yes, Y. islandicoides Cocconi, Foresti . . — C. gigas Lamarck, Libassi, C. islandicoi siz (non Lamarck) Y. umbonaria Foresti, = Y. radiata Brocchi, Philippi, Calcara, Seguenza, Monterosato ec = V. effossa Philippi, Seguenza, Monterosa = Y. n. sp. Seguenza. Questa specie è mo alla V. praecursor Hoernes, ma meno r 'somiglia completamente alla Y. effosa dal distintissima perchè non ha la lunula profi ma invece quasi piana = Cytherea apicalis, C. Cyrilli Philippi, Cy smondae Calcara, Circe minima Seguenz rosato. = Gouldia modesta A. Adams, G. planata tella planata Monterosato =3 Astarte bipartita Monterosato, Seguenz Astarte triangularis Seguenza, Monterosato Col margine non crenato : = A. sulcata Monterosato, Seguenza. . . . — A. incrassata Brocchi, Philippi, A. sul; fusca Monterosato = C. Islandica Philippi, Seguenza, Montej Kapporto con molto dubbio questa specie suole trovarsi in questa zona 9 3 4: 5 6 7 S 9 10 il 12 j 13 1 U j 15 16 ! 17 is ! 19 -4- 0. 1 ... b 1. m. ! -4- -4- -4- . . . P.L B. A. . . . M. . . . PXo. *+• A. . . . C. i b. A. C, . . ■ b. -T- -i- i -+- : . . .| Le. ' B. 1 ... p. ! i». ......... i». j . . . P.C. B. J . . . P. B. A. C. M. b. . . . C. • • • 1 E, # # , 1 . • • ■+■ ! "1 M. B. M. -T- 1 ^ 1 ~h M. -+■ ■+* AI. -T- , -4- AL ' -+- -4- 0. Le. b. A. b. . . . j H- -4- • — 10 - 991*c. 992* s. 993 c. 994* c. 995* c. 996* s. 997 s. 998* s. 999* s. 1000* s. 1001 c. 1002 s. 1003 1. 1004*1. 1005*1. 1006 c. 1007 1 1008*1 1009* 1 1010 Gen. Verticordia S. Wood. Sottogenere Pecchiolia Meneghini. argentea Mariti (Chama) acuticostata Philippi (Kippagus) Sottogenere Trigonulina D’Orhigny. trapezoidea Seguenza arenosa (Rayneval) F. L. Àppelius (Pee- chiolia) exasperata Ponzi (Pecchiolia) granulata Seguenza . Sottogenère Laevicordia Seguenza. insculpta Jeffreys (Verticordia). ...... mytiloides Seguenza. ........... axinoides Seguenza. orbiculata Seguenza Gen. Isocardict Lamarck. cor Linneo (Chama) ............ Gen. Kelliella Sars. abyssicola Sars Gen. Chama Lamarck. gryphina Lamarck dissimilis Bronn .............. concentrica Libassi gryphoides Lamarck » Var asperella ......... Gen. Cypricardia Lamarck. . lythophagella Lamarck (Cardita) Gen. Cardilia Deshayes. . Michelottii Deshayes Gen. Cardita Lamarck. . revoluta n. sp . antiquata Linneo (Chama) ' — f ■. — : Chama arietina Brocchi, P. argentea A; Cocconi, Foresti. V. argentea Seguenza . — Verticordia acuticostata Seguenza, Monternu — V. granulata Jeffreys, Monterosato (non Sedi = P. arenosa Monterosato, Verticordia mac:|i Seg. (M. S.) J Questa specie dalla figura unica data recenti mente dal Ponzi e pel margine integro par distinta dalla precedente JI Questa specie è rarissima e molto dubbioso il trovata vivente, essendo stata confusa colla; pezoidea . la ~ V. insculpta Monteros., V. ecostata Seguenzij Il March, di Monterosato ha pescato un fra ' forse riferibile a questa specie I La più grande e curiosa specie di questo gei! = Isocordia cor Philippi, Monterosato, Segati = Venus? miliaris Philippi, K. abyssicola Stj = C. sinistrorsa Brocchi, C. gryphina Philip! cara, Monterosato «1 — C. dissimilis Philippi, Calcara = C. gryphoides Calcara, Philippi, Monterò^ = C. asperella Lamarck, Seguenza .1 =3 Byssomya Guerini Payraudeau, Venerupis# Calcara, C. lythophagella Seguenza, Monte' = Leptina isocardia Bonelli (M. S.) C. Mi D’ Orhigny '-f Specie molto affine alla C. Jouanneti del mio« più piccola, meno obliqua, più gibbosa, coll ben poco profonda, e le costole alquanto più (j = C. sulcata Brug. Philippi, C. antiquata Si Monterosàto «J - 11 - 1011 1. Partschii Goldfuss . . 1012* 1. intermedia Brocchi (Chama) 1013 1. calyculata Linneo (Chama) 1014 c. corbis Philippi 1015* c. pectinata Brocchi 1016*c. rhomboidea Brocchi (Chama) 1017 c. trapezia Linneo (Chama) . . . , L 018 c. aculeata Poli (Chama) i020*c. scabricosta Michelotti io2rc. elongata Broun Gen. Cardium Linneo. 1022 1. hians Brocchi 1023 1. aculeatum Linneo 1024*1. Bianconianum Cocconi 1025 1. echinatum Linneo » Yar. Deshayesii Payraudeau. 1026 1. paucicostatum Sowerby 1027 1. fasciatura Montagu 1028*1. hirsutum Bronn 1029*1. multicostatum Brocchi 1030 1. pectinatum Linneo 1031 1. oblongum Chemnitz 1032 1. Norvegicum Spengler 1033*1. cyprium Brocchi 1034* c. fragile Brocchi 1035 c. papillosum Brocchi . 1036 c. nodosum Turton 1037 c. minimum Philippi 1038 c edule Linneo » Yar. rusticum Gen. Diplodonta Broun. 1039 1. rotundata Montagu (Tellina) 1040 1. lupinus Brocchi (Yenus) 1041 c. trigonitla Bronn Gen. Axinus Sowerby. 1042 c. flexuosus Montagu (Tellina) 1043* c. quadratus Ponzi 1044 c. ferruginosus Forbes (Kellia) 1045 c. transversus Bronn (Lucina) 1046*c. rostratus Pecchioli (Lucina) - Qualche dubbio esemplare 9 ' = C. intermedia, Calcara, Cocconi, Foresti ec. — C. calyculata Calcara, Sequenza, Monterosat • = C. minuta Scacchi, C. corbis Seg. Monterò» — C. imbricata Brocchi, Calcara (non Lamarck pectinata Cocconi ec .1 — C. rhomboidea Cocconi, Calcara 9 — C. trapezia Philippi, Calcara, Seguenza, Moni — C. aculeata Philippi, Calcara, Seguenza, Moi sato, Appelius 9 = C. rudista, Seguenza, Cocconi, Appelius . I = C. scabricosta Appelius 9 == C. elongata Foresti, Appelius 1 — C. hians Calcara, Seguenza, Monterosato. .* == C. aculeatum Philippi, Foresti, Monterosat® Il mio esemplare di Peccioli ha le costole me» minenti di quanto sembrano rappresentata j figura dell’ autore i — C. echinatum Philippi, Calcara, Seguenza, Dlj rosato ec Il = C. Deshayesii Calcara. C. echinatum Yar. || yesii Seguenza, Monterosato = C. ciliare Philippi (non Linneo) C. paucicost Monterosato I = C. sfasciatura Seguenza, Monterosato . . . 1 = C. hirsutum Cocconi, Foresti J = C. multicostatum Foresti, Cocconi ec. . . 1 — C. pectinatum Libassi, Manzoni .j = C. sulcatum Lamk., Philippi, Calcara, C. obl> 3. Nodosaria rapkanistrum Linn orig. 4. Orthocerìna quadrilatera D’Orb cop. 5. Bhabdogonium pyramidale Karrer .... » 6. Glandulina laevigata D’ Orb 7. Lingulìna costata D’ Orb 8. Frondicularia foliula Karrer 9. Amphimorphina Hauerina Neugeboren . 10. Dentalinopsis subtriquetra Reuss .... » 11. Dentalina gomphoides Costa (?Nod. obli- qua D’Orb.) » 12. Placopailina rostrata Quenst orig. 13. Citharina italica Costa (?Cith. elegans D’Orb. sp.) » 14. Pullenia bulloides D’Orb.- ........ » 15. Nonionina striatopunctata (Fichtel et cop. Moli) Parker, Jones et JBrady. 16. Polystomella crispa Lamk orig. 17. Fusulina cylindrica Fischer v. Waldheim. » 18. Melonia lepida Schwager » 19. Amphùtegina Haueri D’Orb » 20. Nummulites planulatus D’ Orb » 21. N. (Assilina) exponens Sow » 22. Operculina complanata Bast. ...... » 23. Haeterostegina reticulata Riitim cop. 24. Marginulina similis D’Orb » 25. Vaginuìina truncata Reuss » 26. Cristellaria Josephina D’ Orb » 27. Planularia cymba D’ Orb » 28. Robulina inornata D’ Orb » 29. Lingulinopsis striata Reuss » 30. Flabellina cordata Reuss orig. 31. PoZ?/morp7iina(Guttulina)austriaca D’Or- cop. bigny. 32. Ellipsoidina ellipsoides Seguenza .... » 33. Proroporus complanatus Reuss » 34. TJvigerina pygmea D’ Orb orig. 35. Sagraina striata Schwager sp cop. 36. Dimorphina obliqua D’Orb. . » 37. Pleurostomella alternans Schwager1 . . ori£. 33. Bulimina ovata D’ Orb. . cop. 39. Virgulina Schreibersi Czizek » 40. Bifarina Park et Jones (non fu pubblicata finora nessuna specie). 41. Sphaeroidina austriaca D’Orb orig. dal A. Em. Reuss. Die Foraminiferen-Familie der La- geniden XLI Bd. Sitzungsber. Acad. Wien, Tav. II, fig. 16. Reuss. Lagenid., Tav. YI, fig. 85. Neogeno del monte Mario. D’Orbigiiy. Foraminif. di Cuba, Tav. I, fig. 11, vivente. Karrer. XLIV Bd. d. Sitzungsber. Acad. Wien, Tav. I, fig. 5, mioc. D’ Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. I, fig. 4. D’Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. Ili, fig. 1. Karrer. Sitzungsber. Acad. Wien Tav. IV, fig. 4, mioc. Karrer. Sitzungsb. Acad. Wien, Tav. V, fig. 6, mioc. Reuss, Foraminif. norddeutsch. Hils und Gault. Sitzung- sber. Acad. Wien, Tav. V, fig. 5 e 6. Costa. Paleontolog. del regno di Napoli, Tav. XXVII, fig. 25. Giurese (Impressathon) di Reiehenbach, Wurtenberg. Messiniano di Messina. Messiniano di Messina. Parker, Jones et Brady. Foraminif. from north atlant. et arctic oceans, Tav. XVII, fig. 6. Neogeno di Coroncina. Kohlenkalk di Miatschkowo. Kohlenkalk di Cina. Leithakalk di Nussdorf presso Vienna. Eoceno di Parigi. Eoceno di Kressenberg. Mioceno di Bordeaux. Hantken.FaunaderClavulinaSzaboi-Schichten,Tav.XII, fig. 3. D’Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. Ili, fig. 15. Reuss. Foraminif. d. norddeutsch. Hils und Gault Tav. Ili, fig. 9. D’Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. Ili, fig. 37. D’ Orbigny. Annal. d. se. natur., Tom. VII, Tav. X, fig. 9. D’Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. IV, fig. 25. Reuss. Foraminif. norddeutsch. Hils. und Gault, Tav. V, fig. 5. .... Turoniano (Scapliitenplaener) di Krondorf Boemia. D’ Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. II, fig. 23. Brady. Annals and magaz. Sez. IV, Voi. I, Tav. XIII, fig. 4. Reuss. Foraminif. d. westphael. Kreide, Tav. XI, fig. 5. Neogeno del monte Mario. Schwager. Fossile Foraminif. v. Kar Nikobar; v. Hoch- stetter Novara expedition geol. Th.Bd. II, Tav. Vìi, fig. 19. Neogeno di Coroncina. Messiniano di Girgenti. I)’ Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. XI, fig. 13. Czizek Heidingers naturw. Abhandlungen Bd. II, Ta- vola XIII, fig. 18. Messiniano di Messina. Non posso ancora distinguerò questa forma proveniente da diverse località del terreno terziario italiano, princi- ate dal Messiniano di Girgenti e Messina, dalla forma fossile proveniente dalle Isole Nikobar. — 26 - Fig. Neogeno di Coroneina. 42. Pulvinulina Partschi D’ Orb ong. sieDa, cop. Brady. Ann. and magaz. Sez. 1\, voi. ili, iav. fig. 4, del Koklenkalk. 43. Botaliu Beccarii Linn. 44. Archaediscus Karreri Brady XI. 45. 46. 47. 48. 49. Orbulina universa D Orb.^ , Ovtdites margaritula Lamk. orig. 106 51. Planulina Ariminensis 52. Carpenteria Gray Neogeno di Siena. Eoceno di Parigi. Globigerina triloba Reuss. . • • * Schwager.°Foraminif. v. Kar Nikobar, Tav. VII, fig. 1< JDiscorbvna sachanna Schwager V- 0rbi{?ny> Foraminif. de Vienne, Tav. IX, fig. ^18. ^ ^ Tnmcatuhna lobatula D Orb ^ Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. X, fig. < e 8.J 50. Anomalina austriaca. D Ori). . Neogeno di Coroncina. „ , „ . ] *' Ariminensis D Orb on . mtroduction to thè study of thè Forami- j nifera, Tav. XXI, fig. <■ T YT ] •» Egger. Foraminif. des Miocaen v. Ortenburg, Ta . 1J » Bornemann. die Foraminiferen Gattung Involutma. I Vivente. Grecia. Vivente. Upalu Samoa, Isole Fidgi. Parter.Hjones^efc^Brady. Foraminif. frorn thè northeJ and arctic oceans, Tav. XV, fig. 29. Messiniano di Messina. Turon (Seaphitenplaener) di. Boemia. j D’ Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. XXI, n0. on. \ D’ Orbigny. Foraminif. d. Cuba, Tav. I, fig. 30. 53. Spìrillina impressa Egger 54. 55. 56. 57. 58. ong. Involutina liasina Jones sp.. ••'**,* Planorbulina mediterranensis U Orb. Cymbalopora Poeyi D’ Orb. '. Asteriqerina planorbis D .Orb Patellina corrugata Williamson P- 59. Sipbonina reticulata Czizek or^' 60. Textilaria globulosa Reuss 61. Cuneolina pavonia D’ Orb cop. 62. Vulvulina gram.en D’ Orb. . . - ^ ^ ' Qrj Artigiano' di Girgenti. 63. Bolimna punctulata (D Orb.) i_keguen 8 Neo|eno di Ungheria. 64. Scliizoplora Neugehoreni Reuss • • • ■ • ^ D» Orbigny. Modello N° 58 1 S^rnSlinaaut)spinnlosaReuss. orig Astigiano di 67. 68. Cassidulina laevigata D’Orb. Ehrenbergina serrata Reuss . cop Reuss Dentsehrift. Acad. Wien 1850. Tav. XLVIU.flg. Robertina arctica D Orb. . . Chilostomella Czizeki Reuss t)> Orbi°’nv. Foraminif. de Vienne, Tav. XXI, fig. 87JB Reuss. Denksehr. Acad. Wien 18o0, Tav. XLIX, fig. 13^ 71. Allomorphina trigona Reuss Reuss!5 Denkschr. Acad. Wien 1850, Tav. XLIX, fig. 14, 72. Polytrema rubra Lamk. . . • • 73. Tinoporus tuberculatus Costa ong. mioe. Vivente. Isole, Fidgi. Vivente. Golfo di Napoli. Vivente. Luzon. 74*. Calcari rg, Spen glori Montfort * Introduction to thè study of thè Foram, Conulites Cooki Carter •?•■•••••* 38. 76. Cyclolypeus sp 77. Orbitoides aspera cop Giimbel orl£- uro*™*** w Ka'rrer .... cop. Karrer. Sitzungsber. 78. Trochamwnna proteus xairei. . . p t> 79*. Ammodiscus infimus Strickland sp. Xilogiaph. fi»- . .„ m-,. yty fio. Carp. Introduct. Foraminif., Tav. XIX, nB. u.nnpnn di Hamrner presso Traunstem. _ Acad. Wien, Tav. I, fig. *• I L. G. Bornemann. die Foraminiferen-Gattung Invok- tina. Zeitschr. deutsch. geol. Gesellsch. 18(4, vola XVIII, fig. 9, Lias. Lias di Metz. Kohlenkalk di Elfhiìls. 82. £*** foedissima Reuss. .. • • J "S S^nFo^^.m^ Ù- Bra(ly * * * D’ Orbigny. Foram. de Vienne, Tav. XXi, ns. il. Cretaceo super. Siegsdorf. Baviera. 80. Silicina polymorpha Terquem sp 81. Saccamina Carteri Brady 83. Nodosinella concinna 84. Webbina rugosa D’Orb, 85 Haplophragmium irregolare Koemei . . • 86! Coskinolina Stache (non fu pubblicata finora nessuna figura). 87. Lituola nautiloidea Lamk, 88. Pólypbragma sp . ong. Turon di Kystra, Boemia. Turon di Kystra, Boemia. 89! ESi intermedium Reuss . . cop. Mari, qo melina commums D Orb Éoceno di Parigi. . ^ . .. p, „ ^ 3. . Brady. Carbon. and permian Foraminif., PI. H, 90. Clavulina commums 91. Valvulina sp _ _ x i n f| 92. Clima cammina antiqua c ' Kohlenkalk dell’Indiana 93. Endothyra sp - ~ ’ ~ 3 94. Stachea pupoidea Brady . . . 95. Loftusia persica Brady . . . 96. Orbiculina concava Lamk. . 97. Plecanium cartolatura ^D Oib pnT> 98. Verneuilina cognata Reuss ong. nkalk deli muiaiut. 1 9 e 20. ?^ct “H I Cretaceo dell’ Untersbeig. Neogeno di monte Mario. Tqv I S Zar Fauna des deutsehen oherol.goeaen, Tav. ■ fig. 7. 99. Gaudryina rugosa D’Orb. • • • • 100. Heterostomella rugosa D’ Orb. sp. ong. cop. Wttaìe bianche, Tav. IV, 101. Bigenerina agglutinans D Orb. D’ Orbigny. Foraminif. de la D’ Orbigny". Foraminif. de Vienne, Tav. XIV, fig. 8. — 27 — 102. Venilìna Nikobarensis Schwager cop. 103. Nubecularia sp >> 104. Cornuspira foliacea Pbilippi orig. 105. Hauerina sp cop. 106. Vertebralina striata D’ Orb. orig. 107. Articulina nitida D’Orb cop. 108. Peneroplis planatus Montf. orig. 109. Spirolina Iuleana D’ Orb. sp » 110. Orbieulina adunca D’Orb ; . cop. HI. Orbitulites marginatus Lamk orig. 112. Alveolina Bosei D’ Orb » 113. Biloculina affinis D’ Orb. cop. 114. Spiriloculina excavata D’Orb » 115. Triloculina gibba D’ Orb » 116. Quinquelocidina longirostris D’Orb. . . » 117. Fabularia discolitbes Defr orig. 118. Petrascula bursiformis Etal. sp » 119. TJteria encrinella Mréhelin » 120. GyroporeUa annulata Schafhautl sp. . . cop. 121. Dactylopora (Haploporella) annulus Park. et Jones » 122. Dactylopora ( Dactyloporella ) cylindracea Lamk » 123. Dactylopora ( Thyrsoporella ) cribrosa Gumbel » Schwager. Foraminif. Kar Nikobar, Tav. IV, fìg. 7. Carpenter. Introduction, Tav. XIII, fìg. 5. Kassel. Oligoceno. Carpenter. Introduct. of thè study of thè Foraminif. Tav. V, fìg. 13. Vivente. Isole Fidgi. Carpenter. Introduction, Tav. V, fig. 23. Vivente. Mare della Grecia. Vivente. Isole Fidgi. Carpenter. Introduct. Foraminif. Tav. VII, fig. 5. Vivente. Upalu Samoa, Isole Fidgi. Eocene di Parigi. D’ Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. XVIII, fig. 25-27. D’ Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. XVI, fìg. 19. D’ Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. XVI, fig. 22. D’ Orbigny. Foraminif. de Vienne, Tav. XVIII, fig. 25-27. Eoceno di Parigi. Diceratien di Valfin. Eoceno di Cuise la Mothe. Gumbel. Die sogenannten Nulliporen II, Tav. DII, fìg. 1. Gtimbel. Die sogen. Nullip. II, Tav. DI, fig. 2. Gumbel. Die sogen. Nullip. II, Tav. DI, fig. 9. Gumbel. Die sogen, Nullip. II, Tav. DI, fig. 13. — 28 — III. Catalogo delle Conchiglie fossili di Monte Pellegrino e Fiearazzi presso Palermo, del Marchese di Monte- rosato. Essendo i sedimenti del Monte Pellegrino e dei Fiearazzi tra i migliori rappresentanti in Italia degli strati sottomarini dell’ epoca postpliocenica glaciale, come ebbe recentemente a dichiarare anche il De Stefani ( Sedimenti sottomarini dell’epoca postpliocenica in Italia; — Boll. B. Com. geol. 1876, n. 7-8), mi sembra opportuno il farne conoscere la fauna il meglio possibile. Perciò mi sono proposto di far noto il presente elenco, rettifi- cando ed ampliando quello che pubblicai altra volta (A. di Mon- terosato, Notizie intorno alle conchiglie fossili di M. Pellegrino e Fiearazzi), e del quale si servì il De Stefani nel suo studio, che ha d’ uopo perciò di qualche rettificazione. Distinguerò io pure le specie che si trovano ancora viventi nel Mediterraneo, quelle non ancora trovate nel Mediterraneo, che vivono nell’Atlantico e, nel Nord-Atlantico, e quelle credute estinte o non ancora trovate viventi. Le specie della prima categoria sono 411, quelle della ^se- conda 27, quelle della terza 66, con che si ha un totale di 504 specie marine, cui ne aggiungo 5 terrestri o d’ acqua dolce. Con un M. indicherò la località di Monte Pellegrino, con un F. quella dei Fiearazzi, poste alla fine d’ ogni specie. Specie fossili di Monte Pellegrino e Fiearazzi, che si trovano viventi nel Mediterraneo. Braehiopoda (4 sp.). Terebratula minor, Pii. = T. affìnis, Cale ., M. Argiope decollata, Chemn ., M. Thecidium Mediterraneum, Bisso, M. Crania anomala, Muli., M. — 29 — Conchifera (174 sp.). Anomia ephippium, Lin. e var., M. F. — patelliformis, Lin. e var. striata, M. F. Ostrea cochlear, Poli = 0. spectrum, Leathes ms*, M. F . Spondylus Gaederopus, Lin., M. Pecten pusio, Lin., F. Yar. semidistorta, M. — opercularis, Lin. e var., M. F. — glaber, Lin. var. sulcata, M. — pes-felis, Lin., M. — inflexus, Poli — P. Dumasii, Payr., M. F. — fìexuosus, Poli = Ostrea coarctata, Stogo, (ex typo Mus. Me- diol.), M. — cominutatus, Monts. = P. Philippii, Bécluz (non Michel otti) P. gibbus, Ph. (non Lamarck), M. — striatus, Muli. = P. rimnlosus, Ph., M. F. — Hoskynsi, Forbes, F. — vitreus, Chemn., F. — Testae, Siv., M. F. — similis, Laskey, M. F. — (Pleuronectia ?) hyalinus, Poli, var. costata, M. — (Pleuronectia) fenestratus, Forbes, F. — (Yola) Jacobseus, Lin., M. Lima hians, Gmelin., M. F. — - Loscombii, ( Leach .) G. B. Sow., M. F. — (Limea) nivea, ( Senier ) Brocc. (ex typo) = Lima elliptica, Jeffr ., M. F. — (Limea) subauriculata, Mtg., M. F. — (Limea) suboyata, Jeffr., F. — (Limea) crassa, Forbes = Limea Sarsii, Lovén, F. Pinna truncata, Ph., M. F. Mytilus edulis, Lin., M. F. — (Modiola) phaseolinus, Ph., M. F. — (Modiola) Adriaticus, Lamie., M. Modiolaria marmorata, Forbes, M. F. — costulata, Bisso, M. — agglutinans, Cantr., M. — Petagnse, Se., M. — subclavata, Libassi — Modiola gibberula, Cailliaud, M. F. Nucula sulcata, Broun., M. F. — nucleus, Lin. e var., M. F. — ^Egeensis, Forbes = N. convexa, Jeffr. (N. tenuis, Mtg., prox. sed distincta), F. Leda (Lembulus) pella, Lin., M. F. - 30 - Leda (Lembulus) commutata, Ph. = Nucula acuminata, Eichw., M. F. — (Yoldia) tenuis, Ph. = L. pygmsea, auct. (non v. Miinst.), F. — (Yoldia) abyssicola, Tordi = L. (Yoldia) producta, Monts. = Y. striolata, Brugnone, F. Phaseolus ovatus, Jeffr., F. Pectunculus bimaculatus, Poli = P . Siculus, Reeve, M. — pilosus, Lin., M. — violacescens, Lamie., M. Limopsis minuta, Ph. = L. borealis, Wood., F. Arca Noae, Lin., M. — tetragona, Poli. = A. cardissa, Lamie., M. F. — barbata, Lin., M. . — • Polii, May or — A. antiquata, auct. (non Lin.) = A. diluvii, auct. (non Lamk.), M. Yar. F. lactea, Lin., M. F. — clathrata, Defr. = A. peregrina, Libassi = A. imbricata, Poli (non Bruguière), M. — scabra, Poli , M. — obliqua, Ph. (A. gìacialis, Gray, prox. sed distincta), F. — (CucullseaV) pectunculoides, Se., M. F. Lepton squamosum, Mtg., F. — nitidum, Turi., M. F. — subtrigonum, Jeffr., M. — (Neolepton) Glarkise, Ciarle., M. Montacuta bidentata, Mtg. = Arcinella lsevis, Ph., M. F. — tumidula, Jeffr., F. — ferruginosa, Mtg., M. F. Yar. == Erycina anodon, Ph. = Thracia elongata, Ph. (ex typo Mus. Berolini) = M. maxima, Bru- gnone, M. F. — substriata, Mtg., M. F. Scaccbia phaseolina, Monts. — S- concava, Brugnone, F. Sportella recondita, Fisch., F. Lasaea rubra, Mtg., F. Kellia suborbicularis, Mtg. = Bornia inflata, Ph., M. F. — Geoffroyi, Payr. = Bornia complanata, Ph., M. — ? pumila, S. Wood, F. Loripes fragilis, Ph. = Lucina bullula, Beeve, M. F . — divaricatus, (Lin.) auct. = Lucina commutata, Ph., M. Lucina borealis, Lin. = Yenus circinnata, Brocc. (ex typo), M. — spinifera, Mtg., M. F. — (Jagonia) reticulata, Poli, M. Woodia digitaria, Lin. = Lucina curviradiata, Nyst, M. F. Axinus flexuosus, Mtg. e var. = Ptychina biplicata, Ph., M. F. — granulosus, Jeffr., F. — Croulinensis, Jeffr.— A. pusillus, Sars, F. — 31 — Ax-inus Eumyarius, Sars , F. — intermedins, Monts., F. — ferruginosus, Forbes, F. — dilatatus, Monts., F. — oblongus, Monts. = ? Kellia transversa, Forbes , F. — ? transversns, Bronn , M. — ? cycladius, S. Wood, F. Diplodonta rotnndata, Mtg. — Yenus lupinus, Brocc. (ex typo) = D. di- latata, Pii., M. F. — intermedia, Biondi =■ D. lupinus, Pii., M. — trigonula, Bronn = D. apicalis, Ph., M. F. Cardium hians, Brocc., M. — aculeatum, Lin., M. F. — erinaceum, Lin., M. — echinatum, Lin. e var. Deshayesii, M. F. — tuberculatum, Lin., M. — edule, Lin., M. — papillosum, Poli = C. planatum, Brocc. (ex typo), M. F. — minimum, Ph. = C. punctatum, Brocc. (ex typo), M. F. — oblongum, Chemn., M. F. — Norvegicum, Spengi F. Cardita antiquata, Lin., M. — aculeata, Poli. M. F. — corbis, Ph., M. — incurva, Jeffr., M. Cypricardia lithophagella, Lamk ., M. Isocardia cor, Lin., M. F. Yerticordia trapezoidea, Seg., F. Astarte sulcata, Da Costa, M. F. — fusca, Poli, M. — (Gouldia ?) triangularis, Mtg., M. — (Gouldia ?) bipartita, Ph., M. Crassatella planata, Cale. = Gouldia modesta, H. Adams, M. Circe minima, Mtg., M. Yenus Casina, Lin., M. F. — Rustericii, Payr. = Y. cygnus, Arad. e Benoit (non Lamk.), M. — multilamella, Lamk., M. F. — effossa, Biv., M. — Gallina, Lin. = Y. apbrodite, Brocc. (ex typo), F. Yar. lami- nosa, F. — fasciata, Da Costa, var. Brongnartii, M. F. — ovata, Penn., M. F. — rudis, Poli = Cytherea Yenetiana, Lamk., M. F^ — Mediterranea, Liberi = Yenus pectunculus, Brocc, (ex typo) non Lin., M. F. 32 — Venus (Dosinia) exoleta, Lin., M. — (Cytherea) Chione, Iw., M. Tapes edulis, Chemn. = V. vetula, Ph. (non Bast.), M. Lncinopsis undata, Penn., M. F. Gastrana fragilis, Lin., M. Tellina planata, Lin., M. — incarnata, (Lin.) Poli, M. — compressa, Brocc. (ex typo) = T. striatala, Cale. = T. strigilata, Ph., F. — donacina, Lin., M. — - distorta, Poli, IVI. — pusilla, Ph ., M. serrata, Brocc. = T. Brocchi!, Cantr., M. F. — (Arcopagia) balaustina, Lin., M. F. — (Arcopagia) crassa, Gm., M. Psammobia costulata, Turi., M. — Ferroensis, Chemn. = Tellina muricata e T. uniradiata, Brocc. (ex typo), M. F. Donax venustus, Poli, M. Mesodesma cornea, Poli, M. Ervilia castanea, Mtg. == Erycina pusilla, Ph., M. F. Mactra glauca, (Born.) = M. helvacea, auct., M. , — subtruncata, Da Costa, F. Lutraria elliptica, Ijamk., M. — oblonga, Chemn., M. Scrobicularia (Abra) alba, W. Wood = Tellina pellucida, Brocc. (ex typo), M. — (Abra) longicallis, Se., F. (Abra) prismatica, Mtg. — Tellina stricta, Brocc. (ex typo), M. — (Abra) nitida, Muli. = S. tenuis, Ph., F. Solecurtus strigilatus, Lin., M. — candidus, (Ben.) Brocc., M. — multistriatus, Se., M. — antiquatus, Pulì., M. F. Solen (Ensis) ensis, Lin., M. F. — (Cultellus) tenuis, Ph., M. F. Pandora obtusa, (Leach) Ph., M. F. Lyonsia Norvegica, Chemn., M. F. Anatina (Cochlodesma) prsetenuis, Pulì. - A. oblonga, Ph., M. F. — (Cochlodesma) Parlatoris, Cale., F. Thracia pubescens, Pult., M. F. — papyracea, Poli, M. F. — convexa, W. Wood. = T. ventricosa, Ph. = T. Maravignse, Cale. e Arad., M. F. — distorta, Mtg. = T. fabula, Ph. = T. Casani, Cale, e Arad., M. Poromya granulata Nyst e West., M. F. Nesera abbreviata, Forbes, F. — costellata, Desìi., M. F. — rostrata, Spengi., M. F. — cuspidata, Olivi, M. F. Pholadomya Loveni, Jeffreys = ? Thracia pholadomyoides, Forbes, F. Corbula gibba, Olivi, M. F. Saxicava rugosa, Lin. var. arctica e var. cylindrica, M. F. — ? plicata, Mtg., F. — ? angulata, S. Wood = Arcinella carinata, Ph. — ? Mytilus cari- natus, Brocc., F. Gastrochsena dubia, Penn ., M. Teredo Norvegia, Spengi., F. Clavagella aperta, Sow., M. Solenoconchia (8 sp.). Dentalium vulgare, Da Costa ~ D. Tarentinum, Lamie., M. — dentalis, Lin., M. F. Yar. novemeostatum, M. — Panormitanum, Chenu — D. Lessonii, G. B. Sow. (non Desh.), F. — agile, Sars = D. incertum, Ph. (non Desh.) = D. fusticulus, Bru~ gnone, F. — rubescens, Desh., M. Siphodentalium Lofotense, Sars, F. — (Entalina) tetragonum, Brocc. (ex typo) = D. quinquangulare, Forbes, F. Dischides bifissus, S. Wood . = D. lsevigatum, Bayn. e Ponzi, M. Gastropoda ( 218 sp .). Chiton rubicundus, 0. G. Costa = C. pulchellus, Ph., M. — cinereus, Lin., F. — marginatus, Pen. — C. variegatus, Ph., M. — (Acanthochites) discrepans, Brown, M. Tectura virginea, Muli. — Patella Astensis, Bonelli (ex typo Mus. Tau- rinensi), M. Emarginula fissura, Lin.— E. elata, Lib., M. F. — conica, Schum. e var. pileolus, M. — cancellata, Ph., M. — Adriatica, 0. G. Costa , M. Fissurella costaria, Bast., M. — Grseca, Lin., M. F. — gibba, Ph. var. dorsata, M. Capulus Hungaricus, Lin. e var., M. F. — 34 - Calyptrsea Chinensis, Lin., M. F. Crepidula unguiformis, Lamie., M. — Monlinsi, Michaud , M. F. Haliotìs lamellosa, Lami., M. Scissurella costata, D' Orò. = S. Pacata, Ph., M. — crispata, Flem., M. Far. angolata, 1. — aspera, LI., F. Cvclostrema Cutlerianum, Clarl., M. F. , , 7 ? cfrculus striatus, Pft- var. tricarinata = DelpFinula triangolata, *«»»• e Ponzi, M- Trochus (Gibbuta) magus, Lin., M. F. — (Gibbuta) fanulum, Gm., M. F. (Gibbuta) Guttadauri, Pii., M. F. _ (Gibbuta) Fermonii, Payr., M. — (Gibbuta) varius, Lin., M. __ (Gibbuta) umbilicaris, Lin., M. — (Trocbocochtea) turbinatus, Poni., M. — (Zizyphinus) conulus, Lin. e var., M. F. ( Zizvnhinus) Gualterianus, Pii., IVI. F. . I iShinus) millegranus, Ph. = T. miliaris, Eroce. (ex typo), _ (ZizypMnus) turgidulus, Brace, (ex typo) = T. Montagai, TF. Wood, M. _ (Zizyphinus) striatus, Lin., M. _ (Zizyphinus) esasperata, Penn. - T. crenulatus, Bt"*., M. Clancutus corallinus, Gm., M. — Jussieui, Payr., M. m M F Craspedotus Tinei, OaZc. = Monodonta hmbata, Fh., • • Turbo rugosus, Lin. e var., M. F. — sanguineus, Fer., M. Phasianella putta, Lin., M. — tenuis, Michaud, M. F. Rissoa membranacea, J-daws, M. pulchella, Ph., M. inconspicua, Alder, M. F. simitis, Se., M. variabilis, v. Muhlf., M. — violacea, Desm., M. , M _ cancellata, Da Costa = R- crenulata, ®cta<2, M. __ calathus, Forte, M. _ reticutata, Mtg. e var., M. _ Cimicoides, Forbes = R- sculpta, Ph-, M. F. _ Zetlandica, Mtg. = R. carinata, girate, M. _ costata, itóamsj = R. carinata, Ph., , M. _ punctura, Mtg. = R- textilis, Ph., M. F. — 35 — Rissoa Testse, Aradas = R. reticulata, Ph. (R. abyssicola, Forbes, prox. sed dist.), F. — obtusa, Cantr. = R. Alderi, Jeffr M. F. — vitrea, Mtg., F. — proxima, Alder = R. striatissima, Rayn. e Ponzi, F. — glabrata, v. Mulhf., M. Csecum trachea, Mtg. = Odontidium rugulosum, Pii., M. Vermetus arenarius, Lin., M. — semisurrectus, JBiv. M. Siliquaria anguina, Lin., M. Turritella tricarinata, Brocc., e var. M. F. — triplicata, Brocc., e var. M. F. Scalaria communis, Lamie., M. — Turtonse, Turi., F. — geniculata, Brocc. ;ex typo), F. — frondosa, J. Sow. = S. pumila, Libassi, F. — pumicea, Brocc. = S. serrata, Cale., F. — solidula, Jeffr., F. Aclis supranitida, S. Wood, M. Mathilda quadricarinata, Brocc., F. Odostomia conoidea, Brocc., F. — polita, Biv., M. — clavula, Lovén, var. pistillus, Brugnone, M. — pallida, Mtg., var. augusta, M. — (Auricuiina) diaphana, Jeffr. = ? 0. incerta, Brugnone, M. F. — (Auricuiina) Warreni, Thompson, M. — (Auricuiina) bulimulus, Brugnone = 0. bulimoides, Brugnone (non Souverbie), F. — (Pyrgulina) excavata, Pii. = Rissoa trinodosa, Rayn e Ponzi, M. — (Pyrgulina) clatbrata, Jeffr. = ? 0. (Pyrgulina) crebrelirata, Brugnone, F. — (Pyrgulina) decussata, Mtg., F. — (Pyrgulina) spiralis, Mtg., var. turbonilloides, M. — (Pyrgulina) interstincta, Mtg. e var. suturalis, M. F. — (Pyrgulina) monozona, Brusina, M. (Pyrgulina) indistincta, Mtg. == Chemnitzia terebellum, Ph., M. — (Pyrgulina) fenestrata, Forbes, M. F. — (Pyrgulina) scalaris, Ph., M. — (Pyrgulina) tricincta, Jeffr. = ? Rissoa doìiolum, Ph., M. — (Turbonilla) rufa, Ph., M. F. — (Turbonilla) striatula, Lin. = Melania pallida, Ph., M. — (Eulimella) Scillse, Se., F. (Eulimella) acicula, Ph. e var. affinis, M. F. — (Eulimella) ventricosa, Forbes, M„ (Eulimella) nitidissima, Mtg., M. — 36 - Odostomia (Eulimella) minima, Jeffr., F. Eulima microstoma, Brusirlo., M. _ distorta, Defr. = E. Philippii, Bayn. e Ponzi, M. — curva, Jeffr., M. — piriformis, Grugnone, F. — bilineata, Alder, M. F. — intermedia, Cantr., M. Natica millepunctata, Lami-, NL F. — Sagraiana, D’ Ori., M. (Neverita) catena, Da Costa, M. (Neverita) fusca, De DI., M. F. — (Neverita) macilenta, Pii., M. (Neverita) intricata, Donov., M. — (Neverita) Josephinia, Bisso, M. F. ^ n ± c tv’i Solarium Mediterraneum, Monto. = S. sulcatum, 0 G. Costa 0>on Lk) — s. pseudoperspectivum, auct. (non Brocc. ex typo) pulchellum, Tileri (non Michelotti), M. F — fallaciosum, Tib.^ Trocbus variegata, Brocc. (ex typo), M. Lamellaria perspicua, Din., M. Cancellaria cancellata, Lamie., M. — coronata, Se., M. Chenopus pes-pelecani, Din., M. F. Serresianus, ALichaud, F. Ceritbium vulgatum, Bruguière e var., M. __ (?) trilineatum, PI., M. (Ceritbiolum) reticulatum, Da Costa, M. F. _ (Cerithiolum) pusillum, Jeffr. = Cerithium submammillatum, Bayn. e Ponzi, M. Triforis perversa, Din. var. minor., M- Ceritbiopsis tubercularis, Mtg<, M. F. — bilineata, Dórnes, M. Buccinum Humpbreysianum, Bennet, M. F. Triton nodiferus, Lami., M. F. — Parthenopseus, v. Salis, M. F. — corrugatus, Lamie., M. F. — (Bufonaria) scrobiculator, Din., M. F. Ranella gigantea, Lamie., M. Murex brandaris, Din. e var., M. F. — brunculus, Lin., M. F. — (Ocenebra) diadema, Arad. e Ben., M. — (Ocenebra) aciculatus, Lamie. = M. corallinus, Sc.,N . — (Ocenebra) Hellerianus, Brus. = M. Weinkanffianus, Grosse = Polli a polycroma, Seg. = Fusus subaciculatus, Brugnone , M. _ (Ocenebra) scalaroides, Ve Bl. = M. distinctus, De Crisi, et Jan, M. — 37 — Murex (Trophon) Brocchii, Monts. = M. craticulatus, Brocc. (non Lin.), M. F. — (Trophon) lamellosus, Ph ., F. — (Trophon) muricatus, Mtg. = M. echinatns, Pii., M. F. — (Trophon) Barvicensis, Jonsth ., F. — (Trophon) vaginatus, De Crist. et Jan. = M. carinatus, Biv., F. — (Trophon) rostratus. Olivi e var. pulchella, M. F. Typhis tetrapterus, Broun , F. Pisania fusulus, Brocc. (ex typo) == M. Spadse, Libassi, M. F. — (Euthria) cornea, Lin., M. F. Pseudomurex bracteatus, Brocc. var. = M. squamulosus, (Jan) Ph.r M. F. Cassidaria Tyrrhena, Chemn., M. — echinophora, Lin. e var., M. F. Cassis saburon, Bruguiere, M. F. Nassa limata, Chemn., F. — reticnlata, Un. var. nitida, M. — semistriata, Brocc., M. F. — incrassata, Muli., M. — mutabilis, Lin., M. F. — gibbosula, Un., M. F. — circumcincta, A. Adams = Eione affinis, Cocconi, F. — (Cyclonassa) neritea, Un., M. Columbella Greci, Ph. = Mitra striarella, Cale., M. — (Mitrella) Gervillii, Payr., M. — (Mitrella) Brisei, Brusina, M. Lachesis vulpecula, Monts . == L. recondita, Brugnone, M. Pleurotoma undatiruga, Biv., M. F. — Loprestiana, Cale. = P. Trecchi, Testa = P. Tarentini, Ph. = P. tricinctum, Brugnone , F. — emendata, Monts. = P. Renieri, Ph. (non Se.), F. — Morchii, Malm. = P. cirratum, Brugnone, F. — hispidula, De Crist. et Jan — P. decussatimi, Ph. (non Lamk.) = P. nuperrimum, Tib., F. — attenuata, Mtg., M. — nana, Se. (non Desh.) — P. turgida, (Forbes) auct., M. F. — nebula, Mtg. e var., M. — brachystoma, Ph. = P. granuliferum, Brugnone, M. F. — costulata, De Bl. = P. striolata, Se. (non Risso), M. — septangularis, Mtg., M. — costata, Donov. = P. prismaticum, Brugnone, F. — Sicula, Beeve = P. Kieneri, Marav., M. — rugulosa, Ph. e var., M. — (Defrancia) gracilis, Mtg., M. F. — (Defrancia) anceps, Eichw. = P. teres, Forbes — P. minutum, var. polyzonatum, Brugnone, ecc. F. - 38 - Pleurotoma (Defrancia) stria, Calc. = P. semiplicatum, Bonetti, M. F. — (Defrancia) volutella, Valenc. = P. virgatum, Biv . fil. , M. b. — (Defrancia) concinna, Se., M. — (Defrancia) linearis, 21%. = Raphitoma Scaccbii, Bellardi, M. (Defrancia) reticolata, Brocc. e var. formosa, F. — (Defrancia) hystrix, De Crisi, et Jan 8 P. eclnnata, Cale., M. b. — (Defrancia) Philberti, Michaud e var., M. (Conoplenra) Maravignse, Biv., M. Mitra ebenus, Lami., M. — lntescens, Lami., M. Ringicula auriculata, Menar d, M. — conformis, Monts., F, M ^ — leptocheila, Brugnone (R. ventricosa, Soio., prox. sed dist.), IVI. b Marginella secalina, Pii., M. — minuta, L. Pfeiffer, M. — occulta, Monts., M. F. — laevis, Donovan, M. F. Cyprsea physis, Brocc., = C. Grayi, Kien., M. — (Trivia) Europsea, Mtg., var. M. F. Ovula Adriatica, Sow., F. Yolvula acuminata, Bruguiere, M. F. Cylicbna cylindracea, Penn., M. F. — umbilicata, Mtg.,. M. F. — nitidula, Lovén, F. 7 ™ ^ — striatola, Forbes = C. Hcernesn, Weml. — C. cuneata, Tw., b. Utriculus mammillatus, Ph., M. — excavatus, Jeffr., ms. F. — truncatulus, Bruguiere, M. Actseon tornatilis, Lin., M. F. — pusillus, Forbes, M. Bulla utriculus, Brocc., M. F. — subrotunda, Jeffr., F. — (Haminea) cornea, Lami., M. F. — (Haminea) bydatis, Lin., = H. elegans, Leacli, M. Scaphander lignarius, Lin., e var. umor, M. F. Philine scabra, Muller = Bultea angustata, {Biv.) FU., f . — quadrata, S. Wood, F. Pleurobrancbus plumula, Mtg., M. Umbrella Mediterranea, Lami., M. Tylodina Rafinesquii, Ph., M. Pteropoda (7 sp.). Embolus rostralis, Soul, M. F. Spirialis retroversus, Fieni., = Sca^a stenogyra, Ph., M. b, — 39 - Hyalsea tridentata, Forsh. M. F, — inflexa, Les., F. — (Diacria) trispinosa, Les., == H. depressa, Biv., M. F. Cleodora pyramidata, Lin., F. — (Creseis) subulata, Quoy et Gaimard, F. Specie fossili di Monte Pellegrino e Ficarazzi non ancora tro- vate nel Mediterraneo e che vivono nell’ Atlantico e nel Nord- Atlantico. Conchifera (11 sp.). Pecten pes-lutrae, Lin.,~ P. septemradiatus, Muli.,— P. Danicus, Chemn., F. — tigrinus, Muli., F. Crenella decussata, Mtg., M. Malletia excisa, Pii., F. Pectunculus glycymeris, Lin., F. (Atl. non Med.). Cyprina Islandica, Lini, M. F. Yenus (Dosinia) lincta, Pidt., M. F. Tellina calcaria, Cliemn., — T. ovata, Ph., (non Sow.). F. Mactra solida, Lin., = Cyrena Panormitana, Biv. fil., M. F. Mya truncata, Lin. var. Uddevallensis, F. Panopsea Norvegica, Spengi. — P. Bivonse, Ph., F. Solenoconchia (2 sp.). Dentalium entalis, Lin., F. — striolatum, Stimpson. — D. abyssorum, Sars = D. brevifissum, Brugnone, F. Gastropoda (14 sp.). Cyclostrema basistriatum, Jeffr., F. Trochus (Margarita) cinereus, Couth., — T. Granatelli, Cale., M. — ( — ?) crispulus, Ph., M. Turbo filosus, Ph., M. Rissoa turgida, Jeffr., F. — substriata, Ph., F. Natica (Neverita) Montacuti, Forbes = N. helicina, Ph., (non Brocc.), F. Cancellaria (Admete) viridula, Mòli., = C. costata, Cale., M. Tricbotropis borealis, Brod. e Sow., F. Buccinum undatum, Lin., F. — Grcenlandicum, Chemn., M. Fusus (Neptunea) antiquus, Lin., raonstr. contraria, F. Borsonia Marini, Libassi, F. Cylicbna ovata, Jeffr., F. - 40 — Specie e varietà fossili di Monte Pellegrino e Ficarazzi credute estinte o non ancora trovate allo stato vivente . Conchifera {16 sp.). Plvcatula mytilina, Pii., M. ^ Avieula submedia, Simonia = ì A. Tarentina, Lami., var. F. Crenella sericea, Broun, M. F. Nucula Piacentina, Lamie., M. F. Leda (Lembulus) Erctensis, Brugnone M. . Montacuta tumescens, Brugnone, M. (= ? M. Dawsom, Jeffr., MI., Nord Atl. e Med.)« M Sportella sinuata, Brugnone = ? Galeomma <=°mpressum ? 1 “* M d . Scucchia exigua, Brugnone, M. (- ? Kellia pumila, S. Wood, Atl. e Med.). Ungulina inversa, Ph, (Scacclna), M. Cardium striolatum, Calc., = ? C. fragile, Brocc., M. Chama dissimili, {Broun) Ph, M. F. . — Petricola Gastrana abbreviata, Brugnone, M. (=? G. laminosa, So»., - Petricola ventricosa, Krauss, Sud-Atl.). Tellina sp. = T. eUiptica, Ph., (non Brocc.). F. Noterà crispata, Sc.,= Corbula proboscidea, Simonda, M. Panopsea glycymeris, Born., var. Faujasii = Mya panopaja, Brocc., . Clavagella bacillaris, Besh., = Tubulana digitata, B». = juv. Aspergil- lum maniculatum, Ph, M. Soleno concilia (4 sp.). ■— r» ai D. Philippii, Afonia., M. F. — sp. (D. filum, Som., prox. sed dist.). F. Helonyx hyalinns Brugnone giphodenWium) . oyulumi Ph„ Cadulns cyathus, Ve Crisi, e Jan, (breseis;, r. ^ prox. sed dist.). Gastropoda {46 sp.). Fissurella latecostata, Brugnone = ? F. costarla, Basi., var. grandis., M. F. Capulus pusillus, Brugnone, M. Br occhia sinuosa, Brocc., IVI. Maggiori, Aradas , F. — Bellardii, Biondi, M. — Bernardi, Biondi, M. — Interlandi, Aradas , M. — 41 — Brocchia Benoiti, Biondi, M. — Biondii, Cocconi, M. F. — simplex, Brugnone, M. — laciniata, Brugnone , M. Trochus (Margarita) peregrinus, Libassi, M. F. — ( — ?) exilis, Ph., M. — (Zizyphinus) granulatus, Born., var. lsevis, Brugnone, (sp. dist.), M. F. Littorina dubia, Brugnone, (sp. dubia), M. Bissoa Ficaratiensis, Brugnone , F. Scalaria Trinacria, Ph ., M. — mesogonia, Brugnone, F. — turbonilla, Brugnone, F. Odostomia incerta, Brugnone, F. — nana, Brugnone, F. — ovulum, Brugnone, M. — plebeja ^Brugnone, F. — (Auricnlina) beteropbana, Brugnone, F. — (Eulimella) acliformis, Brugnone , F. Solarium nuperrimum, Brugnone — ? S. Mediterraneum, Monts., var. M. Xenophora crispa, ( Hònig ) Ph., M. F. Chenopus desciscens, Ph., M. Buccinum Humphreysianum, Benn., var. = B. striatum, Ph., = B. Kie- neri, Monts. = B. inflatum, Arad. e Ben., F. Triton torulosum, Brugnone, F. Pisania rudissima, Brugnone, F. Cassis laevigata, Defr., = Buccinum areola, Brocc., (ex typo) non Lin., M. F. Nassa subclathrata, D’ Orb., M. F. — limata, Chemn., var. elongata, M. — musivum, Brocc., var. crassesculpta, Brugnone , M. F. — pusilla, Ph., M. F. — exilis, Ph., (Turbinella ?) M. Columbella (Mitrella) subulata, Brocc., M. Pleurotoma attenuata, Mtg., var. tenuicosta, Brugnone, (sp. dist.), F. — Columnse, Se., = Fusus costatus, Ph., (P. harpula, Brocc., prox* sed dist.). M. F. — contractum, Brugnone, F. — scabriusculum, Brugnone, F. — ? lanceola, Brugnone, M. Mitra striatula, Brocc., M. Cyprsea (Trivia) spbaericulata, Lamie., M. Actseon deprèssus, Libassi, F. Aplysia? deperdita, Ph., M. NB. — Le specie di quest’ ultima categoria debbono forse essere ridotte in minor numero. — 42 — Specie terrestri e di acqua dolce che si trovano fossili a Monte Pellegrino e Ficara zzi. (5 sp.). Melania plicatula, Libassi = ? M. tuberculata, Muli., M. Cyclostoma sulcatum, Drap. var. M. Helix Mazzullii, Jan, M. F. — platychsela, Menke , M. — Doderìeiniana, Monts ., M. 1Y. I dintorni di Monsummano e di Monte Catini in Val di Fievole . Appunti geologici di Cablo de Stefani. Essendo Monte Catini in Yal di Nievole uno dei luoghi di bagni da più antico tempo celebrato, molti autori parlando dei medesimi, si sono dati a descrivere, con maggiore o minore am- piezza, la natura dei terreni circostanti; siccome è naturale, quelle fra cotali descrizioni, le quali rimontano a molti anni addietro, si limitano a render note le apparenze delle rocce, senza dire del- P età cui possono appartenere, e della loro disposizione reci- proca. Paolo Savi, parlando di Monte Catini e di Monsummano, colla sua solita maestria, ne ha descritto la geologia, facendo quelle osservazioni che i progressi della scienza già acconsen- tivano. Il Cocchi aggiunse poi altre notizie, ed altre ne aggiungerò ora io. Il Monte di Monsummano è formato da una cupola di ter- reni, i quali nascondono alla vista le rocce più antiche. Queste appariscono in un luogo solo, a mezzogiorno, in una delle cave di pietra da ghiaiare le strade, di proprietà del Martini, pel brevissimo tratto di forse una diecina di metri quadrati. Ivi la roccia più antica è formata dai calcari del Lias inferiore. Per P altezza di quattro o cinque metri vi è del calcare roseo schi- — 43 — stoso, con vene spatiche, qualche volta frammentato, ma senza apparenze di fossili, corrispondente a quei calcari rosei ammo- nitiferi del rimanente della Toscana i quali appartengono alla parte superiore del Lias inferiore. Al di sotto apparisce un cal- care di grana uniforme, compatto, verdolino, con vene di schisto verdastro, del quale si servono specialmente per fare le mas- sicciate in molta parte della Yal di Nievole. Calcari di forme litologiche esattamente corrispondenti ad esso non si trovano in altri luoghi di Toscana, ma per la sua posizione stratigrafica si ha ragione di attribuirlo alla parte inferiore del Lias inferiore. Con esso finisce la serie più antica delle rocce di Monsummano. Non vi si ritrova quindi il calcare infraliassico, come cre- deva il Cocchi : 1 ma la roccia che egli attribuiva all’ Infralias appartiene invece al Lias medio, ed è quella di cui sono per parlare e che sta al di sopra del calcare roseo, nella cava del Martini, come a Monsummano alto, ed in tutta la metà meridio- nale del poggio, fino un poco a sinistra della vallecola della Grotta. Essa è costituita dal calcare ceruleo chiaro, o cupo, di rado ten- dente al rosso, compatto, con selce non granulosa e friabile come all’ Aiolà e nel Monte Pisano, ma cornea, grigia o rossa, come nel- P Alpe di Corfino, nell’ Apennino. Questo calcare era ritenuto dal Savi, insieme con molti altri analoghi, come appartenente alla Creta inferiore; ma io credo invece che risponda al Lias medio.2 Si servono di esso, e per ghiaiare, e per fare calcina forte, e vi hanno aperte parecchie cave in quel tratto che è fra il paese di Monsummano basso e la Grotta, la quale è scavata per appunto in esso. In parecchi luoghi, ma specialmente accanto alla Grotta, sopra allo stabilimento, coi banchi del calcare sel- cifero ne alternano degli altri di calcare ceruleo cupo, ripieno di piccoli molluschi e di altri fossili insieme ammucchiati, sicché si hanno le apparenze di una lumachella non molto diversa da quella che si trova sì di frequente coi calcari appartenenti al- P infralias. È a notarsi ancora che tutto intorno alla Grotta, il calcare è traversato da frequenti vene di Calcite e da filoncelli di Baritina cristallizzata, la cui presenza dimostra a mio cre- 1 I. Cocchi, Lezioni sulla geologia dell’ Italia centrale , pag. 28. 2 P. Savi e G. Meneghini, Considerazioni sulla geologia stratigrafica della Toscana. Prospetto generale. — 44 — dere, come da lungo tempo duri colà la circolazione di acque calde e minerali, che nei meati pei quali passarono hanno ab- bandonato la Baritina. La Calcite è per lo più in bei cristalli scalenoedrici : non mancano poi i soliti cristalli di Pirite. Al di sopra del calcare liassico medio, si trova, in piccoli strati a Sud e ad Est, in masse maggiori a Nord, particolarmente presso i Bagni del Parlanti, ed al lavatoio dietro la Cappella, lungo la strada che va a Serr avalle, un calcare compatto, ar- gilloso, intensamente rosso, che al lavatoio è anche verdastro o roseo e ceroide, in istrati molto ben distinti, sì che se ne pos- sono cavare de’ pezzi lisci come lavagne. Presso i Bagni del Parlanti, in due o tre posti, lo cavano per servirsene ad uso di marmo, ed è conosciuto col nome di marmo rosso di Monsum- mano. In certi banchi più compatti e più chiari si vedono degli screzii e delle macchie spatiche che mostrano 1 esistenza di resti fossili. Secondo quello che ne dice il Cocchi1 pare sieno state tro- vate in questo calcare alcune ammoniti, che poi ebbe il mar- chese Carlo Strozzi. Sarebbe importante assai lo studiarle, per- chè fino ad ora nella Toscana, eccetto a Cetona, non è stata trovata • alcun’ altra ammonite in rocce calcaree corrispondenti a questa. Nel fianco pel quale il poggio di Monsummano si connette col Monte Albano, pare che oltre al calcare rosso ora accennato, pre- dominino degli strati di schisto rosso o leonato, simili a quelli che nei monti di Gambasana e di Repole, nel Pisano, contengono la Tosidonomya Bronnii. Questa medesima roccia calcarea forma sopra il Tettuccio la base del colle di Monte Catini, dalla quale sgorgano le acque saline-termali. Le rocce ora menzionate, fu- rono ritenute, se non erro, come appartenenti al Lias inferioi e , ma ciò non può essere, dal momento che sono sovrapposte al Lias medio; esse rispondono invece molto bene ai calcali ed agli schisti, noti altre volte col nome di varicolori , riconosciuti ora nelle Alpi Apuane, e nel Monte Pisano, come appartenenti al Lias superiore. La prevalenza degli strati calcarei nel pog- gio di Monsummano ed il loro aspetto medesimo, li ravvici- nano maggiormente agli strati Passici superiori del Monte di Cetona e dell’ Apennino centrale. Sembra che rocce di que- 1 I. Cocchi, Sulla geologia dell’Italia centrale , pag. 28. - 45 - st’ epoca medesima non si trovino punto in Toscana, all infuori dei luoghi qui nominati. Al di sopra delle rocce riferite al Lias superiore, tanto nel poggio di Monsummano, quanto in quello di Monte Catini, stanno con stratificazione concordante, diaspri, o galestri rossi e giigi, corrispondenti alla Creta media, sebbene non sia impossibile che taluni dei loro strati si riferiscano ad alcuno dei piani inter- medii fra il Lias superiore e la Creta media. Essi si estendono, da presso i Bagni Parlanti tutto intorno al colle di Monsumma- no, e dalla parte del Monte Albano fino quasi a Monsummano alto e fin presso la Grotta, rimanendone solo alcuni sottili strati dalla parte del piano. Pare che si estendano poi anche alquanto sulla destra della Nievole, lungo la ferrovia sotto il Monte di Yergaiolo. In questo terreno, nei dintorni di Monsummano, sono delle vene di Manganite. Succede la zona- che nel suo insieme rappresenta la Creta su- periore. Essa è costituita di alberese, di galestri, e di arenaria, detta pietra forte o pietra ferrona, e si estende per grande tratto nei dintorni di Monte Catini e di Monsummano. Forma tutto il colle di Monte Catini alto, e quello di Yergaiolo ; si estende in Yal di Nievole passando poi in Yal d’ Ombrone ; forma totalmente il varco di Serravalle, e poi le cime del Monte Al- bano, e tutto il crinale a N.E., mentre il fianco S.O. è rico- perto dal macigno eocenico, salvo nella parte meridionale del poggio di Monsummano. Il galestro è argilloso, lucente, ceruleo cupo, o nero, o grigio, o gialliccio, friabilissimo, in istrati assai contorti, di frequente con piccoli banchi o nodi di calcare alberese ceru- leo, compatto, e con strati alternanti di pietra forte grigia o giallognola. Yi abbondano concrezioni e veli di Manganite, e nello scavare il foro di Serravalle furonvi trovati dei filoncelli di Calcopirite. Nella valle del Piestro, nel Pistoiese, dov’ è la stessa roccia, si trovan pure dei veli di carbonato di rame, e nella Yal d’ Ombrone vi si rinvengono quei bellissimi filoni di Dolomite linguiforme con Calcite, Quarzo limpido, od aeroidro, od in camicia , Baritina, Pirite di ferro, ed Oligisto a rose, i quali vennero traversati nel forare il monte di San Mommè, e più quello di Fabiano. Lungo la strada che dal paese di Mon- — 46 — su minano basso va alla Grotta, la zona della creta superiore, che quivi forma solo i più bassi colli verso la Pineta, è costi- tuita prevalentemente da strati calcarei marnosi, spesso cerulei cupi, o rossastri, o rosei, per cui si confonderebbero con altri di epoca più antica : vi alternano dei galestrini, ovvero degli schisti cerulei, o lionati e della pietra forte, pur essi molto calcarei, e forniti di fucoidi e di abbondantissimi altri fossili per lo più ridotti a impronte, come nel Pistoiese e nei dintorni di Firenze. L’ arenaria macigno, appartenente all’ eocene medio, e priva di fossili sta al di sopra delle rocce cretacee superiori, girando a destra della vallecola delle Forelle, non lungi da Monte Ca- tini, per poi traversare la, Val di Nievole nella sua parte supe- riore, e stendersi nella Montagna Pistoiese. Intorno al Monte di Monsummano comincia soltanto a destra del torrente di Monte Vettolini, donde si estende, come ho detto, nel fianco S.O. del Monte Albano fino a Lamporecchio e Vinci. I terreni pliocenici coprono il fondo della Val di Nievole, posati quasi da per tutto sui fianchi delle colline più elevate circostanti. Si trovano tutto intorno al Monte Albano, al piede di Monsummano nella punta estrema della Pineta, ed interrotti dall’ apertura delle valli, intorno ai colli di Vergaiolo, della Pieve a Nievole, delle Panteraie, e di Monte Catini, dove anzi sgor- gano fra mezzo ad essi le acque minerali della Vittoria, della Fortuna, delle Tamerici e delle Regie Terme. Sono costituiti da argille biancastre o giallognole, che alla Pineta ed in pa- recchi altri luoghi scavano per fare mattoni, da sabbie e da ghiaie rotonde, per lo più di arenaria eocenica, raramente di rocce cretacee, forse perchè, attesa la loro friabilità queste sono meno atte ad esser conservate intatte. Ho già accennato per quali ragioni questi terreni s’ hanno a ritenere pliocenici, e non d’ altra epoca.1 Dessi formano dei banchi veri e propri, e solo qual- che volta, più a ridosso delle pendici montuose, stanno appa- rentemente in masse irregolari ■ si trovano sino a grande altezza sopra ai colli circostanti, sono già stati profondamente terrazzati dai torrenti apenninici, e, dopo essere stati terrazzati vi si sono formati sopra dei travertini con fossili postpliocenici. Vi sono Geologia del Monte Pisano. - 47 — stati trovati poi, dei banchi contenenti, benché raramente, fossili marini, e più spesso molluschi terrestri o d’ acqua dolce, fra i quali YHelix italica, sp. n., a San Martino in Colle, alla Cercatola, a Monte Carlo, a Yirinaia, ec. e non vi mancano i resti di grossi pachidermi. Ultimi fra tutti, nella serie dei terreni, vengono i traverti- ni, dei quali alcuni si formano tuttodì. Formano tre lembi, alla Maggiore presso l’uscita della strada di Serravalle nel piano della Nievole, a ridosso della Creta superiore, in banchi alti 50 o 60 metri sopra il torrente, a Monsummano ai Bagni Parlanti, ed a Monte Catini al Tettuccio ed alla Salute, sulla sinistra del Salsero. In quest’ ultimi luoghi la formazione del travertino posato sopra rocce del Lias superiore, dura ancora ; alla Maggiore è già cessata. Esso è in banchi presso che orizzontali, qualche volta alternato da strati quasi terrosi, rossi o gialli ; è per lo più spugnoso ; ma talora anche, come a Monte Catini, compattissimo, e traversato da minuti fori orizzontali, che sono le impronte dei frustoli legnosi i quali si trovavano là nell’atto che il traver- tino si formava. Alla Maggiore ed a Monsummano, v’ hanno moltissime impronte di foglie, di specie in parte estinte, e d’ epoca postpliocenica. I molluschi ed altri animali di specie tuttora esistenti ven- gono rinchiusi ogni dì negli strati recenti; gli strati più anti- chi, ricchi de’ fossili sopra accennati, appartengono certamente al postpliocene. Questi travertini furono formati al fondo dei terrazzi scavati nel terreno pliocenico e nei terreni circostan- ti, dallo sgorgare di acque calde e ricche del carbonato di calce tolto ai calcari cretacei e liassici circostanti. Non v’ ha ragione di ritenere che anticamente queste acque fossero più ab- bondanti e più calcarifere che non ora, giacché non vi ha spro- porzione fra la massa, relativamente molto limitata, di tutti quei .travertini, e la quantità del carbonato di calce che viene la- sciato tuttodì dalle acque termali di Monte Catini e da quella del Parlanti, che sgorgano continuamente, come ho detto, in mezzo ad essi. Non tralascerò di ricordare per ultimo la presenza della terra rossa sulle pendici calcaree di Monsummano, la quale se — 48 — ricopre taluni imbuti e talune masse corrose di calcare, non è a credersi, che siavi stata depositata da vulcani o da sorgenti eruttanti fango ocraceo; ma basta semplicemente riconoscervi una sedimentazione diretta delle acque piovane e sorgive, che togliendo il carbonato di calce e 1’ argilla ai calcari, portavano poi via quello e lasciavano questa. Ed ora, venendo a parlare della disposizione orografica delle rocce descritte, noterò come della cupola eh’ esse formano nel colle di Monte Catini, il quale fa parte del crinale delle Piz- zorne, sia mancante, verso il piano, una piccola parte, talché vi si manifestano le rocce del Lias superiore. Il Monte Albano poi è formato da un lungo anticlinale diretto da N.O. a S.E., a ri- dosso del quale sta il colle di Monsummano. Questo è formato da una cupola conica, di calcare liassico medio, sotto al quale, appena in un punto, alle cave Martini, vedemmo comparire il Lias inferiore, per lo scavo della roccia sovrastante, quasi come avviene nel Poggio di Montieri, nel quale, come dice il Lotti, le gallerie dirette alla ricerca del minerale di piombo, scavate ne’ terreni cretacei superiori, e spinte meli’ interno del monte, hanno trovato sotto di questi il calcare ceroide liassico infe- riore. La cupola del Lias medio di Monsummano, quasi sco- perta nel fianco meridionale, dove appena in basso succedono i banchi delle altre rocce fino al pliocene, è invece tutta circondata da strati molto estesi, Massici superiori e cretacei, dalle altre parti. Ma ciò che è notevole la cupola intera è rovesciata ad- dosso al Monte Albano. 63 ^ O o * 2 S CD 1 Pliocene. — 2. Creta superiore. — 3. Creta media. — 4. Lias superiore.— 5. Lias medio. — 6. Lias inferiore, piano B (calcare roseo). — 7. Lias inferiore, piano A (calcare verdastro). — 49 — Perciò, se gli strati della parte meridionale conservano la inclinazione primitiva, quelli del fianco settentrionale pendono in senso contrario, verso S.O. o verso S.E. o verso Est, e si ha una apparente inversione nelle serie de’ terreni, poiché la Creta media vi pare sottostante al Lias superiore, e questo al Lias medio, che pare in realtà sopra tutti. Procedendo però verso settentrione, gli strati dei galestri della Creta media, divenendo prima quasi verticali, si raddrizzano e tornano a pendere come devono. La significazione di questo fatto, colà all’ esterno di uno degli anticlinali secondarii dell’ Apennino, non è ben chiara. Ta- luno potrebbe attribuirlo ad una pressione laterale derivante dalla parte del mare, il che sarebbe secondo le idee del Suess ; ma questo sarebbe troppo contrario a molte apparenze, più nu- merose, e non meno importanti, di rovesciamento di strati verso il mare, che si hanno nel Monte Pisano, nelle Alpi Apuane, e nei Monti della Spezia, e che accennerebbero nella formazione di quel fianco de’ monti, alla esistenza di una pressione derivante da tutt’ altra parte, cioè da terra. Forse il rovesciamento della cupola di Monsummano sopra il Monte Albano, può derivare dalla resistenza presentata da questo, nel momento che que’ monti si formavano ; talché gli strati della cupola, dovevano sfogarsi nella parte che guarda al piano, mentre erano costretti a rimanere più bassi, ed aderenti alle altre rocce del Monte Albano, nella parte opposta. Forse ancora, nel ricevere qualche spinta laterale dalla parte di terra, la porzione infe- riore della cupola, insieme colla base del crinale di Monte Al- bano si mosse verso il mare, mentre che la parte superiore ri- mase arretrata, e aderente al vertice del crinale stesso. Ma queste, ripeto, sono ipotesi incerte, e più che altro tentativi d’ ipotesi. Geologicamente, le rocce antiche di Monte Catini e di Mon- summano sono quelle stesse che formarono il primo e più antico sollevamento delle Alpi Etrusche, cioè della Catena metallifera del Savi, e trovando nella loro disposizione e nella disconti- nuità esistente fra gli strati del Lias superiore e della Creta, gli stessi fatti che si trovano altrove, non si può disconoscere eh’ esse fossero parte delle pendici laterali delle Alpi suddette. Più difficile è riscontrare, se quando già erano sollevate le Alpi 4 — 50 — Apuane ed il Monte Pisano, lo fossero pure le cupole di quei luoghi, o se piuttosto gli strati loro venissero risollevati cosi tutti insieme cogli altri più recenti del Monte Albano, e dei monti delle Pizzorne e di Battifolle nell’ Apennino. Forse quest’ ultima opinione è meno inverosimile, poiché, almeno nella stratifica- zione, appariscono concordanti gli strati delle rocce più antiche, e quelli delle rocce più recenti, fino alle cretacee inclusive. Per la storia del loro sollevamento, è importante P osser- vazione de’ terrazzi, scalati gli uni sopra gli altri, tanto nel colle di Monte Catini, come in quello di Monsummano, ed in tutte le pendici circostanti. Monsummano basso è sur un ter- razzo di poco superiore alla pianura ; la Grotta è sur un al- tro terrazzo più alto, e su d’ un altro ancor più elevato sono Monsummano e Monte Catini. Monte Carlo, Uzzano, Monte Vet- tolini, Baggiano, Colle, Serravalle, Cecina, Lardano, Monte Ca- tino, e tanti altri paesi della Val di Nievole e della Valle di Lucca sono nelle medesime circostanze, sopra ripiani tutti più o meno corrispondenti fra loro. Questo fatto’ non si limita a questi luoghi, ma si rinnova nel Pistoiese, nel Fiorentino, e quasi dovunque a ridosso del crinale principale dell’ Apennino toscano, delle Alpi Apuane e del Monte Pisano. Nei colli più verso il Tirreno questi fenomeni non pare si rinnuovino così manifestamente, e di ciò v’ ha la sua ragione. Non è gran tempo, parlando geologicamente, che questi colli erano tutti o quasi tutti coperti da terreni più re- centi di quelli che ne costituiscono, ’ per così dire, P ossatura. Durante P epoca pliocenica, quasi tutta la Toscana era som- mersa, ed oltre a’ crinali principali dell’ Apennino e delle Alpi Apuane, compreso il Monte Pisano, ben pochi di quei colli che oggidì la frastagliano, ergevano, per brevissimo^ tratto, il loro capo isolato sopra il mare. A persuadersi di ciò, basta osser- vare P altezza cui giungono i sedimenti pliocenici di Radiandoli e di verso Montalcino e Chiusdino, e por mente sopra tutto, ai lembi pliocenici che qua e là ricoprono i più alti colli e cre- tacei ed infraliassici e di altre epoche antiche, nelle provinole di Pisa, Siena, Firenze e Grosseto. Intorno e sopra a questi colli, dai quali anche dopo che furono sollevati,^ per la loro pic- cola'mole, poche acque scendevano a spogliare i sedimenti ter- — 51 — rosi rimastivi, i terreni pliocenici si sono meglio conservati ed in taluni luoghi stanno ancor sulle cime; invece, come di solito vediamo accadere dovunque, le pendici apenniniche ed apuane dei monti che allora costituivano la terra ferma, rimanevano spogliate da’ sedimenti pliocenici, e le solide rocce più antiche, presentavano al mare la loro nuda superfìce, la quale veniva così disposta secondo il vario ordine de1 sollevamenti, a gradi- nate successive, che più agevolmente si sono conservate fino a noi. Queste gradinate delle pendici littorali plioceniche dell’ Apen- nino, mostrano che tanto il littorale come i colli isolati della Toscana erano coperti dal mare. Via via che il sollevamento li innalzava, quello diveniva terrazzato, e questi si alzavano insieme coi sedimenti a loro sovrapposti. Non terminerò questi brevi cenni senza parlare della Grotta calda, delle acque termali di Monsummano, e delle acque termo- minerali di Monte Catini. Proprio ad una delle curve più interne della cupola di Mon- summano, nel fianco S.E. e nel punto in cui gli strati di essa cominciano a divenire quasi verticali, apparisce la famosa Grotta calda scoperta non molti anni sono, ne’ beni de’ Nencini Giusti. Può ritenersi oramai come chiarito, che il calore della Grotta è prodotto da’ vapori che penetrano pei suoi meati e dalla pre^- senza stessa di acque calde, che però non sgorgano là, ma la cui esistenza è messa fuori di contestazione dalle abbondanti sorgenti altamente termali, ricche di carbonato di calce, e di qualche altro sale, le quali pollano ai Bagni del Parlanti, dalla parte opposta del poggio, in linea retta non molto distanti. Gio- verà rammentare di nuovo la presenza della Baritina nei dintorni della Grotta, la quale prova che eziandio in antico, dovettero sgorgare là delle acque termali e saline. Non dovrebbe essere impossibile formare in quei dintorni qualche altra Grotta calda, simile a quella naturale dei Giusti, scavando coi dovuti criterii, nel terreno calcareo adiacente alle sorgenti del Parlanti. Termali, e ricche specialmente di cloruro di sodio, sono le acque purgative sì famose di Monte Catini, che sgorgano a non grande distanza da quelle di Monsummano. Come una gran parte delle acque termali, e saline, sorgono alla base di poggi for- mati da rocce calcaree, le quali pei loro meati naturali, e per — 52 — la loro maggiore dissolvibilità, offrono aditi più facili alle acque che vengono da qualche profondità, di sotterra; ed appunto per- chè traversano tali rocce calcaree, le acque termali di Monte Catini, contengono più carbonato di calce che non conterrebbero forse altrimenti. I sali eh’ esse portano seco, certo li strappano a qualche roccia sottostante. Osservando che la loro uscita è in mezzo a terreni del Lias superiore a Monte Catini, e del Lias medio ed inferiore a Monsummano, si può dedurre che. la sede primitiva di que’ sali sia in qualche terreno più antico del Lias. Forse sta nell’ Infralias, che sappiamo essere talora in Toscana, per esempio nell’ Apennino di Soraggio e di Sassalbo, e nei Monti di San Gemignano, di Volterra, e di Casole, ricco di sol- fati di calce e d’ altri sali solubili : ma d’ altra parte nell’ infralias, nel trias e nemmeno nel carbonifero, non vediamo allo scoperto fra noi strati i quali contengano quantità apparenti di cloruro di sodio, tali da poter fornire nel modo nel quale sono fornite, le acque di Monte Catini ed altre consimili, per cui forse queste derivano da terreni anche più antichi. Certo se si tiene per più o meno vera, secondo i casi, la legge, che sotterra la temperatura au- menta di un grado centigrado ogni 33 metri, e se si pone mente all’ alto calore delle terme di Monte Catini e di Mon- summano, conviene concludere che più d’ un chilometro sotterra è profonda la prima origine loro e che questa perciò può toc- care anco terreni più antichi de’ carboniferi. Terminerò facendo osservare come le acque termali di Monte Catini e di Monsum- mano, quelle dei Bagni di Lucca, e quelle talora caldissime, ed aventi identica natura colle prime nominate, della Pieve Fosciana in Garfagnana, sgorgano tutte al piede S.O. del crinale princi- pale apenninico, nella depressione che è fra questo e le Alpi FArusche, e sono rispettivamente situate tutte sur una linea retta, parallela al crinale medesimo. Forse questi molteplici rap- porti che fra loro esistono, mostrano che una è la loro origine primitiva, e che fenomeni strettamente connessi fra loro, danno origine alla loro formazione. Siccome le cognizioni e gli studii i quali si hanno intorno alle acque termali e minerali, sono più empirici che altro, e sic- come gli aditi delle acque termo-minerali, sono presso a poco, nel modo de’ vulcani, gli unici mezzi per aver qualche comuni - - 53 - cazione coir interno del nostro pianeta, così ho stimato non isconveniente, accennare anche que’ fatti che ci possono pur aiutare nella scoperta della verità. Y. Sulla geologia del gruppo di Gavorrano (Provincia di Grosseto ) per B. Lotti. La maremma toscana, sebbene prevalentemente costituita da estesissime pianure diluviali che per una gran parte trovansi tuttora ad un livello inferiore a quello del mare, presenta tut- tavìa la sua superficie orizzontale di quando in quando inter- rotta bruscamente da gruppi isolati di monti o da catene assai lunghe che si rannodano e servono quasi di contrafforti alle maggiori elevazioni che limitano appunto la regione maremmana dal lato opposto a quello del mare. Queste masse montuose litorali o si protendono in mare a guisa di promontori, presen- tando dalla parte di esso scoscesi dirupi, come i monti di Po- pulonia e P Argentario, o sono da quello separate per mezzo di basse e impaludate pianure che talvolta le circondano total- mente, nel qual caso geologicamente considerate, altro non rap- presentano che antiche isole che riunironsi al continente per mezzo di depositi fluviali o marini od anche in seguito a leg- gieri sollevamenti del suolo avvenuti in tempi recentissimi ed anche storici. Il complesso di questi gruppi che vedonsi sparsi non solo nella maremma toscana, ma in tutta quanta la zona litorale mediterranea dai monti della Spezia a quelli della estrema Calabria, comprendendovi altresì le isole dell’ arcipe- lago toscano, per ragioni geologiche ed orografiche, non può esser riferito al sistema degli Apennini, ed il Savi pel primo col suo potente intuito intravide in esso i residui di un antico sistema orografico sprofondato e rotto cui diè il nome di Catena metallifera, che secondo il Suess formò un tempo Passe princi- pale di sollevamento dell’Italia, altro non essendo l’Apennino che una sua flessione laterale (Suess, Sulla struttura della Peni - — 54 — sola italiana. — Resoconto clelVAccad. delle scienze di Vienna, 1872 — Vedi Boll, del R. Comit. geol. d’ Balia, Numeri 3, 4, 1872). Di questo insieme di rovine appunto fa parte quel gruppo di monti che stiamo per prendere brevemente in esame, ri- partiti fra le due comunità di Zavorrano e Castiglioni della Pescaja. Essi come molti altri furono interessati da posteriori movimenti del suolo, stantechè mostrano alla loro estremità RE. alquanto sollevati i sedimenti terziari superiori depositatisi ai loro piedi allorquando trovaronsi sommersi ; è indubitato pero che la porzione maggiore di essi restò sempre emersa dopo il generale abbassamento di tutto il sistema. Ritenendo quindi pei fermo che il gruppo in parola abbia fatto parte di questa an- tica catena assiale dell’ Italia, possiamo applicare alle formazioni da cui risulta costituito molte deduzioni di studi eseguiti su al- tri membri di essa, che ne ebbero a comune la storia, come le Alpi Apuane, i Monti Pisani ed altri illustrati da insigni geologi. I monti di Gavorrano sono distesi in una serie diretta da RE. a S.O. limitata a ponente dal mare, a mezzogiorno dai fiumi Rigo ed Alma, situati sopra un medesimo allineamento, ma cor- renti in senso opposto, dal fiume Sovata che ne recinge 1 estre- mità RE., e a RO. dal padule di Scarlino, i cui miasmi impe- discono tuttora lo sviluppo agricolo e industriale di questa fertilissima contrada. Unitamente a quelli di Castiglioni, disposti in una serie quasi parallela, da cui son separati per breve tratto dai due preindicati corsi d’acqua Rigo ed Alma, costituiscono appunto uno di quei rilievi isolati della regione maremmana, di cui fu detto più sopra, interposto alle due pianure di Grosseto e di Follonica, ed avente una base del diametro medio di circa 15 chilometri. Il Monte d’ Alma, il Monte Rossino, il Poggio Spada ed altri che ne formano le più considerevoli elevazioni sovrastano alla pianura, dalla quale sorgono bruscamente, con altezze variabili da 400 ad oltre 600 metri. La strada ferrata e la via Emilia mettono in comunicazione le due pianure anzi- dette, la prima tagliando le basse colline mioceniche, che Ru- mano anello di congiunzione fra questo gruppo e i monti che scendono dal Massetano, e seguendo il corso della Sovata; mentre la seconda, invece di tenersi come V altra alla base del gruppo, lo attraversa presso la sua estremità settentrionale, — 55 — approfittando di una valle laterale, dovuta in parte alla erosione, in parte ad una inflessione naturale del suolo, che stacca dal gruppo medesimo il monte di Giuncarico rendendolo isolato. La formazione predominante nella zona montuosa in parola, consta di un’ arenaria quarzoso-micacea, con stratificazione non ben distinta, perchè mascherata in generale da molteplici piani di frattura, che nell’ insieme segna una direzione prevalente da Est ad Ovest ed una inclinazione variabilissima che sembra ac- cennare ad una disposizione in anticìinale. Da essa son costituiti quasi per intiero i monti del territorio di Castiglioni e quelli del territorio di Gavorrano dal mare al Monte d’ Alma inclusi- vamente, a mezza costa del quale è fabbricato il castello di Scar- lino (200m). In qualche punto sta inclusa nella massa arenacea una piccola serie di strati calcarei della stessa natura dell’ ordinario alberese e come questo alternanti con schisti argillosi. La strut- tura delle arenarie varia da un conglomerato quarzoso grosso- lano ad uno schist.o micaceo sottilmente granuloso ; il loro colore presso la superficie, ove per gli agenti atmosferici avvenne la decomposizione di alcuno degli elementi e specialmente della mica, è di un giallo sudicio, ma ove questa non giunse, come può verificarsi in alcune cave di pietra da costruzione, il colore ne è grigio azzurrognolo. Anche la durezza nei due casi è na- turalmente molto diversa ; considerevole allorquando la roccia e inalterata, debolissima ove abbia subito le azioni atmosferiche ; talché in molti punti riducesi intieramente allo stato di sabbia incoerente, e i fabbricati e i pavimenti delle strade costrutti quasi esclusivamente con questo materiale hanno brevissima du- rata. Non è raro di vedere in queste arenarie dei filoncelli di quarzo ametistino di un colore più o meno intenso. Uno fra gli altri presso Colonna, antico castello fabbricato nella vetta del monte omonimo a circa 345m sul mare, ferma V attenzione per il suo notevole spessore, variabile da 15 a 40 cent., e per la nitidezza e grossezza de’ suoi cristalli di un bel color violetto, normalmente impiantati sulle due pareti delia roccia incassante. Questi quarzi sono stati riconosciuti pregevolissimi nell’ arte la- pidaria. Oltrepassato il Monte d1 Alma la formazione arenacea si ar- resta dinanzi al Monte Palone o Ballone che gli fa seguito di- — 56 — rigendosi a N.E. ; spingési però più oltre verso oriente nel ver- sante meridionale dei monti di Gavorrano fin sotto Caldana, ove sovrapponesi direttamente sui calcari liassici, e si continua per mezzo del piccolo spartiacque fra il Rigo e 1’ Alma nel Poggio Spada e nei monti di Colonna, Buriane ec. costituenti il terri- torio comunale di Castiglioni. Il Monte Palone è quasi intiera- mente formato dai calcari compatti eocenici o alberesi, e dai soliti schisti galestrini che li accompagnano ; da essi e altresì costituito il monte di Giuncarico, che, come fu già avvertito, trovasi all’ estremità N.E. del gruppo, e la base settentrionale del vicino monte di Colonna. Sebbene fra questi calcari e le arenarie sottostanti non mi sia stato possibile rinvenire alcun lembo di terreno nummulitico, credo che per analogia colle prossime località di Gerfalco, Piata e Montieri ove esso ritrovasi, debbano riferirsi quelli all’ eocene inferiore e queste al cretaceo superiore corrispondendo probabil- mente alla pietra forte dei dintorni di Firenze. Al Monte Palone andando sempre verso N.E. succede il Monte Calvo da cui diramansi a S.E. i monti di Ravi e di Caldana e a Nord il monte granitico di Gavorrano. E questa la zona geo- logicamente più interessante del gruppo, alla quale rivolsero l’attenzione alcuni sommi geologi quali il Savi, il Meneghini e di recente il vom Rath ; essa è costituita prevalentemente da calcari criptocristallini, saccaroidi e cavernosi dell’ epoca secon- daria e da una massa granitica tormalinifera. Anche da lungi percorrendo la pianura di Follonica riescono ben distinte alla vista per la vegetazione e per la conformazione del suolo le tre zone accennate dell’ arenaria, dei calcari compatti e delle rocce metamorfiche e cristalline. Monti conici molto elevati, coperti da lussureggianti boschi di olivi, castagni ed altre piante d alto fusto costituiscono la prima ; colline più depresse, arrotondate, con vegetazione minuta, praterie, vigneti ed m genere coltiva- zioni di cereali compongono la zona media calcareo-argillosa ; e finalmente sterilità completa nella zona cristallina, la quale con- formata in scogli e precipitosi dirupi ritrae alquanto del sel- vaggio aspetto delle montagne alpine. . . . Il Monte Calvo, da non confondersi col Monte Calvi dei vi- cini monti campigliesi, è costituito da rocce calcaree differenti - 57 — per struttura e per età. La sua base settentrionale, sulla quale passa la strada rotabile che dalla via Emilia conduce al paese di Gavorrano, fino a mezza costa è formata dal calcare caver- noso ; la parte superiore fino al vertice da un calcare bianco ceroide con tracce di fossili univalvi turriculati, forse corrispon- dente a quello della Cornata di Gerfalco e dei monti di Campi- glia; nella chinata meridionale poi, dalla parte di Ravi, sopra il calcare ceroide sta il rosso ammonitifero che si continua fino a Caldana ove forma la famosa breccia varicolore. Lungo la via che conduce da Kavi a Caldana s’ incontrano le seguenti rocce. Prima di scendere al fosso del Crogniolo ve- desi il calcare bianco suaccennato da criptocristallino diventare a poco a poco chiaramente cristallino e saccaroide. Vi furon fatti • dei saggi allo scopo di sperimentarne la bontà, ma non appro- darono ad alcun resultato praticamente utile. Esso continua an- che risalendo P altra pendice della vallecola sulla cima della quale diviene rossastro, ed è ricoperto da una serie di strati sottili di diaspro rosso. Son questi gli schisti galestrini siliciz- zati, e la loro silicizzazione non è un fatto limitato a questa sola località, ma trova riscontro quasi da per tutto ove tale for- mazione si manifesta. Sembra stabilito che debba essere riferita alla creta media. Scendendo al fosso del Pagliaccio parallelo al precedente, a questi strati vedonsi sovraincombere le solite are- narie micacee sulle quali è fabbricato il paese di Caldana. Risalito di poche centinaia di metri il fosso del Bagnaccio, si giunge alla cava dei marmi. La formazione di cui fanno parte si compone superiormente di strati sottili schistosi rossastri, o violetti di un calcare molto argilloso, che in basso convertesi in calcare rosso dell’ aspetto abituale dell1 ammonitifero, ma in ban- chi molto più potenti di quelli che questo ordinariamente suol presentare. Inferiormente il calcare si decolora divenendo roseo, giallastro o grigio-chiaro, e a questo punto sarebbe vana fatica il ricercarne la stratificazione ; restano bensì dei piani di sepa- razione, che per la loro irregolarità e per la mancanza di pa- rallelismo non possono ragionevolmente esser riguardati per piani di strati. I blocchi racchiusi fra due dei detti piani di separa- zione consecutivi son sempre grandiosi e possono fornire mono- liti di considerevoli dimensioni. Il marmo brecciato, tenuto in — 58 — gran pregio presso gli antichi ecl ora alquanto trascuiato, forse per la difficoltà del suo trasporto, sta incluso in questa massa calcarea in forma di una vera e propria amigdala di dimensioni non troppo grandi, per quanto può vedersi nell’ interno della cava, ma che potranno forse accrescersi ad una maggiore pro- fondità. Ha P apparenza di un conglomerato a frammenti ango- losi di vario colore, ma specialmente rossi e giallastri cementati da calcite cristallizzata per lo più bianca, talvolta inquinata di una sostanza bruna, ove non è raro scorgere delle pinti di ferro minutissime ; essa raccogliesi di preferenza sulla superficie dei frammenti ravvolgendoli completamente, e impartisce in tal guisa alla roccia un bello aspetto, risultandone in sezione i fram- menti stessi limitati da un contorno bruno spiccante. I frammenti sono di grossezza variabilissima e son costituiti dallo stesso calcare circostante, spesso però convertito totalmente o in parte in calcare chiaramente cristallino, dimodoché la roccia nell in- sieme è di apparenza prevalentemente saccaroide. In alcuni punti il calcare non è brecciforme, ma soltanto pezzato di macchie di colore più intenso di quello del fondo, ev che sembrano prodotte dalla concentrazione d’ impurità e precisamente di quelle che im- partono il colore alla massa. La potenza di questa formazione non oltrepassa di molto i dieci metri ; la direzione de’ suoi strati è Nord-Sud e la inclinazione di circa 40° ad Est. Non vi ha alcun dubbio che debba riferirsi al lias inferiore come gli altri cal- cari rossi delle località circonvicine, poiché sebbene presso la cava dei marmi non siano state rinvenute per ora tracce di fossili, può seguirsi tale formazione fin presso il Monte Calvo, ove . di- recente furon trovate diverse ammoniti della specie Ammomtes Conybeari Sow., che è la più frequente presso Gerfalco, Campi- glia, Prata ec. Immediatamente sotto all’ ammonitifero sta il calcare ceroide bianco o grigio molto chiaro che, come fu detto più sopra, in alcuni punti diviene saccaroide. Abbenchè la sua stratificazione confusa impedisca di stabilirne esattamente la relazione di po- sizione col calcare sovraincombente, certe osservazioni indirette farebbero supporre una discordanza fra le due formazioni. Il suo aspetto non è molto dissimile da quello del calcare bianco della Cornata di Gerfalco e come questo presenta sulle superficie — 59 — * state esposte per lungo tempo alle intemperie tracce di fossili turriculati riferibili forse al genere Chemnitzia. Sulla cima del Monte Calvo vedesi degenerare a poco a poco in cavernoso chiaro ne’ cui vacui non di rado è riconoscibile la forma dei fossili preindicati, e poscia in ceruleo intenso con tutte le caratteri- stiche degli ordinari calcari cavernosi. In seguito $gli studi del De Stefani nelle Alpi Apuane e nel Monte Pisano, e appoggiandoci alla corrispondenza dei caratteri litologici e di sovrapposizione di queste formazioni in località circostanti come Gerfalco, Montieri e Campiglia, ove fu possibile ritrovare una quantità di fossili sufficienti a stabilirne V età, possiamo ritenere che il calcare ceroide bianco debba riferirsi alla parte superiore del lias inferiore ed il cavernoso sottoposto all1 infralias. Quest1 ultima è forse la roccia sedimentaria più antica del gruppo di Gavorrano, se pure non debba considerarsi come tale una quarzite di color verde, alquanto diversa dalle ordinarie quarziti sottostanti al calcare cavernoso, delle quali abbiamo esempio anche a poca distanza presso Montepescali e riferibili a quanto pare al periodo triassico. Essa pure sembra emergere al disotto dei calcari cavernosi ed a contatto col granito presso Ravi, però la piccolissima estensione nella quale comparisce ed altre circostanze non permettono di studiarne esattamente le condizioni di giacitura. Fra Ravi e Gavorrano distanti fra loro non più di due chi- lometri, interponesi il ramo settentrionale del Monte Calvo, che consta di calcare ceroide dalla parte di Ravi, e di granito da quella di Gavorrano ; la linea di contatto trovasi appunto sul crinale lievemente ondulato del monte medesimo. Il calcare che ha una inclinazione generale verso Sud sembra riposare dapper- tutto sulla massa granitica, ma non. è esattamente così. Il gra- nito quantunque abbia il suo massimo sviluppo nel lato setten- trionale del monte dalla parte di Gavorrano, pure giunge fino a Ravi insinuandosi fra i calcari decisamente in forma di filone, avente una potenza massima di non più di 100 metri che gra- datamente diminuisce finché presso il paese riducesi a nulla. La figura seguente che rappresenta una sezione orizzontale nella proporzione di 1 ! 50000 fra Gavorrano e Ravi, potrà dare una — 60 — più esatta idea della disposizione della massa granitica rispetto ai terreni circostanti. a) Calcare rosso ammonitifero; l) Calcare ceroide; c) Calcare cavernoso; d) Granito ; e) Ferro. — 1. Gavorrfeno ; 2. Ravi. NB. — La linea S.O.— N.E. segna il crinale del monte. La denudazione esercitatasi in più grande scala sul granito di quel che sui calcari incassanti, dette luogo ad una depressione della cresta del monte, della quale ne fu tratto profitto per met- tere in comunicazione i due luoghi suindicati. Il giacimento granitico di Gavorrano occupa una estensione di circa tre chilometri quadrati ad oriente del paese ed è costi- tuito prevalentemente dalla varietà tormalinifera. Di recente fu illustrato dal prof. G. vom Rath di Bonn che ne fece una det- tagliata descrizione mineralogica, pubblicata nello Zeitschrift der deut.geol. Gesells. 1873 e di cui trovasi un sunto anche nel Boll, del B. Gomit. geol. d’Italia N. 9-10, 1873. Egli vi distingue due graniti diversi, un granito antico normale cioè ed una varietà più giovane tormalinifera che a guisa di filone sta incassata nel primo, e vi riscontra quindi una grande analogia colle masse granitiche del- 1’ Elba ove verificasi lo stesso fatto. Io nulla avendo da aggiun- gere a quanto fu scritto dall’ illustre professore sulla composi- 61 — zione mineralogica dei due graniti, mi limiterò soltanto a fare su di essi alcune osservazioni sotto il punto di vista geologico. E un fatto che nel giacimento di Gavorrano esistono due spe- cie di graniti di una ben marcata differenza : una a grossi ele- menti specialmente feldispatici coi caratteri ordinari del granito e che può dirsi granito normale, 1’ altra ad elementi minutissimi con tormaline uniformemente disseminate nella massa e che ri- trae più dell’aspetto della trachite che di quella del granito. Quest’ ultima è disposta in una zona di circa 70 metri di lar- ghezza e colla lunghezza diretta da levante a ponente simulando un filone colossale racchiuso nel granito dell’ altra specie. Questa condizione di cose fece supporre trattarsi di due eruzioni di epoca differente, una di granito normale più antica, 1’ altra di granito tormalinifero più giovane ; però studiando più minuta- mente qui a Gavorrano il granito normale, in special modo in prossimità della zona tormalinifera, vedremo che esso pure rac- chiude le tormaline colla differenza che nel tormalinifero pro- priamente detto sono piccolissime, non oltrepassando 3mm di lar- ghezza per lmm di grossezza, e sparse uniformemente nella massa, mentre che nell’ altro le troviamo raggruppate in druse o in pic- cole sferoidi raggiate ove si possono raccogliere grossi cristalli di 2-3 cent, di lunghezza per 5-10 millim. di grossezza. Non è quindi possibile una distinzione netta de’ due graniti, e sarebbe vana fatica il ricercare i limiti laterali del filone tormalinifero non che i fenomeni di contatto fra esso ed il normale: se l’ipo- tesi de’ due graniti uno antico ed uno più giovane incontra al presente seria opposizione per l’Elba, ove il tormalinifero oltre al mostrarsi in filoni entro il normale, penetra anche nelle rocce sedimentarie eoceniche, a più forte ragione dovrà incontrarla pel giacimento di Gavorrano, ove tali filoni non esistono affatto e ci troveremmo quindi nella necessità di ammettere, qualora fosse vera la ipotesi, che la seconda eruzione avrebbe interes- sato soltanto la massa granitica preesistente rispettando i ter- reni sedimentari circostanti. Che il granito di Gavorrano sia di origine eruttiva non può correre alcun dubbio, solo che osservisi il suo incassamento fra i calcari dalla parte di Ravi, non che i fenomeni di contatto di cui possiamo avere esempio nella formazione di un conglomerato — 62 — di frizione lungo la strada fra Ravi e Gavorrano, e nell’ avere resi cristallini i calcari ceroidi e cavernosi del Monte Calvo, li- mitandosi però questa alterazione ad una distanza di non più che cinque o sei metri. Tra il granito e il calcare cavernoso poco sotto il castello di Gavorrano a S.O., esiste un giacimento ferrifero costituito prin- cipalmente da limonite e da ematite non che dal bisolfuro o pi- rite, la quale forse per decomposizione generò gli ossidi preac- cennati ; esso sembra continuarsi fin presso Ravi, ove ricomparisce in condizioni pressoché uguali. Numerose vene attraversano in ogni senso la massa granitica, talune delle quali possiedono uno spessore di circa 50 centimetri. Nel loro interno scorgonsi non di rado cristalli di pirite perfettamente inalterati. Il minerale venne scavato per qualche tempo e furono a tal uopo costruiti dei forni fusori a poca distanza nel piano sottostante ; pelò 1 im- presa non sortì un esito troppo felice ed ora miniere e fendei ia stan là aspettando che altri con miglior fortuna si accingano alla loro riattivazione. Deve certamente ritenersi come una dipendenza di questo giacimento ferrifero la sorgente ^sulfureo-ferruginosa che sgorga poco sotto la miniera, e fors’ anche quella termale, che scaturisce più in basso nella pianura, la quale per le sue pro- prietà terapeutiche è frequentata in estate con gran vantaggio da molti per farvi i bagni, ad onta della mancanza dei comodi necessari e della poca salubrità dell’ aria. Oltre al minerale di ferro, pochi altri minerali utili esistono nel gruppo montuoso del quale ho tentato descrivere succinta- mente la geologica costituzione. Presso S cari ino fu iniziata di recente una escavazione di un ossido di manganese racchiuso in straterelli entro certi schisti argillosi probabilmente cretacei ; però non è a mia conoscenza T esito di questa intrapresa. Sotto il paese di Caldana a Roid presso il fosso dell’ Acqua Nera, in una formazione costituita d’ argilla con frammenti più o meno angolosi di calcare alberese, e che sembra dovuta ad un franamento ed al successivo tra- sporto delle rocce schistose e calcaree che trovansi a monte, furon rinvenuti e rinvengonsi anche al presente impastati dei noccioli di galena, della quale ignorasi per ora la provenienza, ma che deve esistere senza dubbio in filoni nelle rocce stesse - 63 — in posto, nelle quali possono infatti osservarsi filoncelli quarzosi con piriti di ferro che le caratterizzano come metallifere. Entro il territorio comunale di Gavorrano, ma fuori del •gruppo, sono pure i monti di. Pietra che fanno seguito a quelli del distretto metallifero del Massetano, e sono costituiti per la massima parte da rocce eoceniche, formando come una penisola in mezzo ai terreni miocenici lignitiferi del bacino della Bruna. Uno di essi, forse il più elevato, nel quale esistono tuttora i ruderi del celebre castello che servì di prigione alla Pia tte’ To- lomei, è attraversato da una potente massa di quarzo calcedo- nioso che avendo resistito agli agenti atmosferici assai più dei calcari circostanti, restò quasi isolata, drizzandosi a guisa di scoglio gigantesco a picco sulla sottostante pianura. Il quarzo è sterile nella maggior parte e viene impiegato molto vantaggio- samente alla fabbricazione di macine da molino ; in alcuni punti però è metallifero e dette luogo anticamente ad escavazioni pro- ficue di cui posson vedersi tuttora le tracce in un luogo che appunto per ciò acquistossi il nome di Tesor esito. Il terreno miocenico circostante presenta in molti punti de- gli affioramenti carboniferi, e presso la base settentrionale del monte di Giuncarico fu scavata per qualche tempo una lignite di ottima qualità. Anche le miniere carbonifere di Casteani fanno parte del territorio amministrativo di Gavorrano, ma di esse dovetti occuparmi in altra occasione. (Ved. Boll, del JR. Comit. geol. d’ Italia, N. 1-2, 1876.) Anche il terreno pliocenico non manca in questi dintorni, e può osservarsene un lembo, benché piccolo, sovrapposto al miocene, sotto il paese di Bavi in un luogo chiamato le Fornaci , appunto perchè quivi traesi partito dàlie argille azzurre plioceniche per la fabbricazione di laterizi. I pochi fossili trovati in queste argille sono i seguenti : Cardium Desliayesi Payr., Venus gallina L.', Pecten flabelliformis Br., Astante fasca Poh, Schizaster sp. ?, i quali essendo caratteristici del terreno subapennino non lasciano incertezze sull’ epoca di tale formazione. La formazione granitica lungo la Ferrovia tra la marina di Catanzaro e quella di Soverato. Osservazioni dei- 1’ ingegnere Vincenzo Rambotti. Nella costruzione della ferrovia tra Catanzaro e Soverato si sono scavate tre gallerie attraverso una formazione tutta di gneiss granitico. Questa roccia costituisce il limite meridionale dell’ istmo di Catanzaro e dipende immediatamente dalle mon- tagne della Serra che ne sono quasi per intero costituite, come lo attestano i ciottoli dei torrenti dallo Squillace fino allo Sti . Nell’alluvione si rinvengono alcuni rari ciottoli di un calcare compatto simile a quello che costituisce il monte di Tinolo e vi sono anche rappresentati degli schisti cristallini di una pasta micacea argentea. Non mancano degli scarsi esemplari di un gra- nito roseo contenente mica verde cupa, disposta irregolarmente e che non presenta quindi alcuna analogia col gneiss, n a io granito grigiastro contiene mica nera, quarzo e feldspato bianco, ma questi elementi non hanno una disposizione costante come nel gneiss e la roccia non presentasi schistosa. Ritenendo pero la forma gneissica un’ accidentalità del granito si potrebbe cre- derli ad esso collegati per giacimento come gli sono affini pei composizione. Le serpentine abbondanti nell’ alluvione de Cora e ed i porfidi in quella del Corace, della Fmmarella e dell A , sono invece assai rari nei torrenti dallo Squillace fino, allo Stilo e forse più oltre. ... > . , 1o Nel tratto di ferrovia oltre la sponda destra dell Anomale le formazioni antiche si mantengono distanti dal mare di qualche chilometro e ne sono divise da una zona di terreni terziari co- stituita da marne zonate ed inferiormente da conglomerato pre- valentemente granitico. Solamente lungo il tronco tra la manna di Soverato e la punta di Copanello il granito grigio, sotto la forma di gneiss, si avvicina più o meno alla spiaggia protenden- dosi in mare in tre o quattro punti. Questo tratto lungo quat- 65 - torclici chilometri si vede assai pittoresco nella località ove si praticarono le due gallerie di Staletti e del Grillone. Ivi si avan- zano in mare parecchie punte granitiche in cui si rende evi- dentissima la stratificazione con inclinazione ad Est, e la nuda massa granitica è direttamente esposta all’ impeto delle onde. Fra questa località e la marina di Soverato la spiaggia rientra alquanto in forma di anfiteatro cinto da monti dirupati e quasi a picco, costituiti sempre dal gneiss e su cui sorgono, in mezzo ad oliveti, i pittoreschi paeselli di Montauro, Gasperina, Monte- pavone. Questa insenatura è chiusa a mezzogiorno dalla punta di Soverato, che misura 500 metri di larghezza là dove venne attraversata dalla ferrovia. La sua larghezza è però assai mag- giore estendendosi dalla sponda destra del torrente Soverato fino alla sinistra dell’ Ancinale. Il gneiss si compone di frammenti di cristalli molto defor- mati; talché riesce quasi impossibile riconoscerne la forma ori- ginaria. Ha l’ aspetto di certi graniti grigi delle Alpi e ne differisce solo per la sua struttura eminentemente schistosa; Con- tiene della mica nera in pagliette irregolari disposte colle loro faccie parallele alla stratificazione, dei. grani di quarzo amorfo e dei frammenti di cristalli prismatici di feldispato trasparente nelle proporzioni ordinarie dei graniti. I cristalli di antibolo verde cupo sono scarsi in talune varietà, più abbondanti in altre. Sono molto deformati e disposti coll’ asse maggiore verso una direzione costante. Tutti questi elementi sono poi come cementati tra loro da una pasta finamente granitica quarzosa che riempie tutti gli interstizi. L’ orneblenda che incomincia a mostrarsi con qualche raris- simo cristallo nelle punte estreme di Copanello, Grillone e So- verato, trovasi sparsa in certa quantità inoltrandosi verso P in- terno. Questo minerale sembra venga assunto gradatamente dal gneiss. A Squillace ha già V aspetto della tonalite ed i torrenti trasportano dei ciottoli sienitici. Per bene precisare questo fatto del graduato passaggio del granito alla sienite, converrebbe de- dicare parecchi giorni a delle escursioni nell’ interno. Posto che il gneiss di questa località non sia altro che una lava antica, parmi che si potrebbe spiegare tale distribuzione degli elementi secondo il loro peso specifico. Ma sonvi altri dati 5 — 66 — che potrebbero comprovare 1’ origine eruttiva anziché metamor- fica di questa roccia particolare. Osservata attentamente la sua stratificazione mostrasi diversa da quella di una roccia sedimen- taria e metamorfica. La mica e l’anfibolo ben distinti sul fondo bianco della pasta granitica suddividono colla loro orientazione la massa in sottili strati paralleli, ma non continui. Talvolta, si estendono quanto una paglietta di mica disposti a zig-zag, in- terrotti anche da piccoli nuclei quarzosi. Negli esemplari ove scarseggia la mica, il gneiss ha V aspetto di una roccia eruttiva che compenetri una roccia finamente stratificata e che la sud- divida in piccoli brani con spostamenti verticali, senza punto al- terare il parallelismo degli straterelli e la disposizione della mica colle sue faccie parallele al piano di stratificazione. I cristalli di anfibolo e di feldspato sono pur essi disposti col loro asse mag- giore in direzione della corrente lavica. Per lo stiramento av- venuto i cristalli di anfibolo sono molto allungati e presentano delle spezzature trasversali evidentemente prodotte dalla stessa causa poi riempite dalla pasta fina granitica che allo stato pla- stico sembra involgesse i cristalli. Probabilmente anche la mica all’ atto dell’ eruzione si sarà presentata ni forma di prisma esa- gono poi si sarà sfogliettata pel moto della corrente disten- dendo una striscia di pagliette irregolari che doveano dare alla massa una apparenza di stratificazione irregolare.. Il gneiss contiene pure dei pezzi di altre roccie granitiche o metamorfiche costituite prevalentemente da mica nera o da or- neblenda in minuti cristalli, con sparsovi qualche piccolo punto bianco di quarzo e di feldspato. Hanno pressoché costantemente una forma allungata lenticolare e come schiacciata da una forza in direzione verticale. Visti in sezione normale agli strati, sono simili ad una mandorla o ad una foglia di salice col loro , asse maggiore sempre in direzione della corrente, come la mica e V anfibolo. La forma costante e la disposizione di questi inter- clusi e dei cristalli, si potrebbe spiegare ammettendo che, sospesi in una massa pastosa, sieno stati da una forte pressione distesi e per così dire stirati nel senso della corrente. Tali condizioni si concilierebbero anche colle nuove teorie che collocano 1 gra- niti fra le lave sottomarine. Queste lave primitive rovesciandosi giù per un piano inclinato sul fondo del mare, erano assogget- — 67 — tate ad una forza verticale che cresceva colla profondità e quindi stirate e laminate. Il gneiss oltre avere una struttura schistosa, mostrasi nei suo insieme diviso in grossi strati talvolta di qualche metro di po- tenza. Gli strati sono saldati alcune volte tra loro da una ma- teria verdastra, cenerognola o nerastra colla struttura dello smalto. Delle venature nerastre di una pasta compatta ed omo- genea come la petroselce, si vedono anche disposte irregolarmente nella massa. In questo caso il gneiss, piuttosto che una inie- zione di sostanze eterogenee, ha subita una specie di semifu- sione locale, non saprei bene se contemporanea all* eruzione o posteriore. In prossimità delle vene il gneiss non contiene più nè orneblenda nè mica in pagliette distinte ; ma questi minerali si vedono perdere gradatamente la loro forma cristallina e fon- dendosi insieme costituire le vene di petroselce nera. In tal caso sembra che la roccia abbia subito una fusione ignea, che V or- neblenda siasi fusa per la prima, poi la mica ; mentre rimasero solidi il quarzo ed il feldspato immersi nella pasta. In queste condizioni il gneiss percosso produce un suono metallico ed ha T apparenza come se fosse stato alterato dal fuoco entro una fornace. A Copanello ed a Squillace questo fatto si verifica in più luoghi. Non si può esser certi che un tal genere di vene sieno con- temporanee alla formazione del gneiss, perchè se ne vedono an- che in corrispondenza alle faglie, ove la fusione sarebbe attri- buibile al calore sviluppato dall’ attrito tra due masse solide in epoche posteriori. I salti o le faglie sono molto bene segnate dalle frequenti vene di quarzite candida con mica bianca argen- tea, che attraversa la formazione tagliando gli strati in direzioni pressoché normali. Ordinariamente i salti non sono che di pochi centimetri ; ma nel breve tratto percorso dal masso si è svilup- pato tanto calore da produrre una fusione superficiale ed una alterazione per qualche centimetro entro la roccia. Questa alte- razione si mostra benissimo nei massi esposti da molto tempo all’ intemperie ; ove per qualche centimetro lateralmente alla sottile vena che segna il piano di frattura si vedono taluni ele- menti del gneiss conservare meglio la loro trasparenza na- turale. La materia fusa per il calore sviluppatosi nell’ attrito, — 68 - si vede poi anche spalmare il piano di frattura delle vene di quarzite. Compagni alla quarzite si trovano, oltre la mica bianca, V epidoto ed una specie di granato ferruginoso di grossezze no- tevoli, in forma di cristalli dodecaedri più o meno perfetti. Di questi ne posseggo uno della grossezza di otto centimetri ; un altro che trovai vicino al primo è perfettamente sferico con dia- metro di sessantacinque millimetri e con frattura concoide, al- meno superficialmente. Si alterano molto facilmente all aria pren- dendo una tinta ferruginosa alla superficie, ed in tal caso non si possono estrarre interi, rompendosi secondo certi piani di cli- vaggio al menomo sforzo. Hanno naturalmente un colore giallo rossastro, che però alla superficie è quasi sempre mascherato da una incrostazione di pagliette di mica nera eguale a quella del gneiss. La mica non si limita solamente alla superficie, ma si rinviene in piccola quantità sparsa anche entro il cristallo. Que- sti granati sono sempre alla dipendenza di qualche vena di ' quarzite che ne contiene pure incastonati nella massa. In tal caso la roccia incassante è costituita prevalentemente da am- massi di mica nera, entro i quali trovansi pure sparsi i granati involti sempre da una crosta sottile di quarzo, talvolta isolati, tal’ altra con numerose geminazioni od in gruppi. Questa formazione antica è immediatamente coperta vicino al mare da arenarie micacee grigiastre risultanti da detriti di gneiss e di conchiglie; sopra le quali arenarie alla marina di Soverato poggiano le marne zonate plioceniche. . Sopra la Galleria del Gridone scorgesi da una sezione pro- spiciente il mare con direzione da Nord a Sud, la seguente suc- cessione di terreni : Gneiss granitico; Arenarie grigiastre con fossili mal conservati ; Calcare marnoso concrezionato con pettini ; Calcare marnoso finamente stratificato con scaglie di pesci ; Tufo calcare. Farò ancora cenno di queste roccie quando avrò raccolto dei fossili per determinarle geologicamente. Fin d1 ora si può asse- rire, stando ai caratteri litologici ed ai rapporti stratigrafici, che — 69 - le arenarie grigiastre sono geologicamente e litologicamente iden- tiche a quelle notate alla marina di Soverato, e forse pure equi- valenti a quelle poste sotto il tufo di Catanzaro. Ciò anche avuto riguardo ad alcuni rapporti paleontologici. Il calcare marnoso finamente stratificato con resti di pesci è affatto identico a quello di Catanzaro ; come lo è pure il tufo sovrastante. Quest’ ultima roccia si adagia direttamente sul gneiss per tutto il tratto tra Copanello e Squillace ; forma la base dei terreni terziari dell’ istmo, e poi comparisce di nuovo addossata alle formazioni di Catanzaro, 'di cui veggasi questo Bollettino, anno 1876, pag. 388-402. YII. Nota sul Calcare a Lucina pomum Dod. per Francesco Coppi. Rispettando 1’ autorità del chiaro collega A. Manzoni, pure dubito alquanto sulla esatta determinazione stratigrafica che egli intende assegnare al Calcare a Lucina pomum Dod. o L. Bel- bosii May.? e non vorrei che lo spaccato, da esso offerto a pag. 215 di questo Bollettino del R. Coni. G-eol., N. 5-6, anno 1876, abbia da essere modificato in parte nell’ andamento degli strati 'dell’ indicato calcare. Dubbio che mi sembra confermarsi osservando la sezione che qui presento di Montebaranzone ; per la quale a Lucina pomum. — d) Calcare argilloso (miocene inferiore). appunto non si può evitare a porre il predetto calcare al di- sotto delle marne grigie oscure tortoniane o mioceniche, che se non erro vanno comprese nella denominazione di Schlier del Man- — 70 — zoili, adoperando, senza bisogno, un vocabolo al tutto insignifi- cante e straniero per la nostra lingua. Che le marne soprastanti al calcare a Lucina pomum siano tortonfane e mioceniche, non v’ ha dubbio di sorta perchè sono ricche di fossili caratteristici, tra cui la sola Ancillaria glandiformis è più che sufficiente per la determinazione esatta di detto terreno. Il calcare in questione sottostante, quantunque si trovi altrove e specialmente a Eocca Santa Maria e Montagnana sviluppatissimo da costituire quasi intieri monti, pure in questo spaccato manifesta una potenza di pochi metri, con direzione dal S.O. al N.E. ed inclinazione al S. maggiore forse di 45°. Anche per siffatta inclinazione opposta a quella di tutti gli altri terreni pliocenici, la quale nei medesimi è sempre al Nord (eziandio l’ultimo di questi, quello cioè elle io denomino ter- reno fabiano , abbenchè abbia inclinazione tanto forte d’ avvici- narsi quasi alla perpendicolare, pure inclina al Nord), dubito di ascrivere il calcare grossolano od a Lucina pomum al pliocene inferiore, come crede di avere provato il Manzoni, almeno per ciò che riguarda la provincia di Modena'. Dalla osservazione del qui pure indicato taglio di Monteba- ranzone, io credo che non a torto il Doderlein, e dietro esso lo Stòhr, abbia collocato il predetto calcare grossolano nel miocene medio o piano divedano del Mayer. In riguardo poi ai rapporti che il calcare in discorso ha colla formazione gessifera, accennati dallo stesso Manzoni, nulla può dirsi, almeno per ora, qui nel Modenese, perchè ove si mostra questo calcare non si hanno nè depositi di gesso, nè formazioni o depositi di acqua salmastra o dolce ; ma piuttosto esso ha molti rapporti colle abbondanti argille scagliose, le quali in alcune località sembrano addossarsi e più spesso sottostare al calcale medesimo. Altro motivo pel quale riesce più facile il giudicarlo miocene, che pliocene. Il calcare a Lucina pomum (a me non è noto nè scritto nè raccolta ove il Doderlein abbia denominata questa Lucina colla specifica di Apenninicà, come la determina il Manzoni ; forse sarà denominazione estranea al Modenese) secondo anche il Dodei- lein, come può essere rilevato dalle sue note illustrative la col- lezione delle rocce del già Stato di Modena, si trova benché — 71 — interpolatamente a Guiglia, incominciando a levante e procedendo verso ponente, Pensano, Puianello, Montagnana, Eocca Tagliata, Eocca Santa Maria, Montebaranzone, Pigneto, Pescale ec. Ei dice che i nuculi di Lucina pomum così abbondanti in alcune loca- lità, donde la villica denominazione di sasso delle cappe, gli sembrano di. doversi riferire alla Lucina Delbosii caratteristica della inolassa di Bordeaux, e quindi identifica questa roccia col calcare marnoso della collina di Torino, perchè in un burrone posto a meriggio del Pino di Chieri, detto calcare contiene ab- bondantemente lo stesso fossile. Conferma poi questo suo dire col vedersi d’accordo pure con lo Scarabelli, che nella carta geologica del Bolognese, annovera tale terreno fra le rocce della molassa. Di più afferma doversi la stessa roccia riferire al mio- cene medio per la presenza eziandio di grossi echini, i quali gli sembrano spettare al Micraster latus Agassiz, specie pure carat- teristica del miocene. A Pantano segnatamente, nella provincia di Peggio Emilia, si trovano altri fossili di vari generi, ma di specie non tanto determinabili, cioè dei generi Phorus , Cerithium, Pleurotomia, Nassa, Cassis, Mitra, Conus, Lucina, Isocardia, Pìio- ladomia, oltre la Teredo, che denomina precisamente Apenni- nica, sparsa in quasi tutte le preindicate località e che appella caratteristica di detta formazione, onde la medesima gli ha servito di norma per identificare la roccia nelle varie precitate località. Io stesso ho raccolto fra i massi erratici di questa roccia nel Pio Cianca, oltre varie specie di echini non ancora ben de- terminate, una impronta di foglia dell’ Oreodaphne Heerii Gaud., e vari frammenti di scheletro di pesce. Eecentemente poi l’amico Mazzetti ha avuto un fossile del tutto nuovo, allo stato di pe- trefatto, che da alcuni naturalisti venne diversamente interpre- tato ed io ancora discordo dagli altri, perchè, quantunque in modo assai dubbioso, pure mi pare che possa essere rapportato ad una massa encefalica più o meno saldata alle altre parti molli che costituiscono una testa qualsiasi e probabilmente di un grande vertebrato, e ciò per la evidenza dei due peduncoli de’ nervi ottici e delle varie circonvoluzioni de’ nervi acustici che s’ intromettono nelle rocche petrose. Modena, 3 febbraio 1877. note mineralogiche. jj Oligisto e gli altri minerali che si trovano al Capo Ca- labria. — Lettera di Carlo De Stefani all’ ingegner P. Zezi. Pregiatissimo amico. Son di parere che quando si ha un’ opinione diversa da qual- che altro, relativamente a fatti scentifici, per quanto meschini, e quando si crede aver delle buone ragioni in appoggio, sia ob- bligo il palesarle, lasciando, s’intende, agli altri il giudicarne, mentre se paion buone a chi le sostiene, possono anche non es- sere tali. L’ Uzielli, in un breve ma importante scritto ( Sopra la ha- vitina e il .ferro oligisto di Calafuria, "e sulla pirrotina della miniera del Bottino, R. Acc. dei Lincei, 1876) ha parlato del- P oligisto che, secondo lui, si trova nei filoncelli del capo Cala- furia presso Livorno. Col mio povero amico e quasi primo mae- stro Alceste Della Valle, più volte visitai que’ luoghi, prima che egli pubblicasse una ottima nota sui minerali che vi si trovano (Sulla Baritina di Calafuria. Pisa, 1865. N. Cimento, voi. XX, 1861) e più volte li visitai dopo, e di queste mie visite intendo ora brevemente parlarle, permettendomi forse, per ampliare un poco P argomento, di estendermi e di discorrere di varie cose insieme. I promontori del Boccale e di Calafuria, stanno come senti- nelle dei monti livornesi avanzate in mare, e sono costituiti da arenaria (macigno) eocenica, in generale gialliccia o rossastra, ma pur di frequente cerulea e salda, nel qual caso viene sca- vata per i selciati e per usi architettonici, come il macigno coe- taneo di quasi tutti i paesi della Toscana. Il lembo non molto esteso del macigno riposa al di sopra degli alberesi e delle altre rocce cretacee superiori le quali formano il poggio di Montenero, e che alla loro volta si addossano alle rocce serpentinose, ai ga- lestri ed ai diaspri del Romito e della regione contigua. Al di — 73 - qua del Boccale, verso Àntignano, sotto il macigno comparisce pure qualche scoglio di alberese cretaceo, il quale limita da quella parte la zona eocenica, che sta soltanto dalla parte del mare, e non si estende dentro terra. È mirabile V osservare al piede di quella ripida scogliera, il percuotersi de’ flutti che innalzano i loro spruzzi al cielo, e spumeggiando, a volte, se colpiti dal sole, mostrano i vaghi co- lori dell’ arcobaleno. Col loro combattimento incessante, essi de- moliscono la spiaggia, e lasciano tracce anche assai al di sopra del livello del mare, tanto più che la spiaggia, fatto non ancora notato da alcuno, va soggetta ad un sollevamento assai forte, che mano mano diminuisce quanto più si procede verso Àntignano e verso Livorno. All’ altezza di 20 a 30 metri sul mare, presso alla riva, fino oltrepassato il torrentello a Nord del Boccale, di cui non ricordo il nome, si vedono qua e là, sopra ai banchi dell’ albe- rese e del macigno, dei magri lembi di panchina postpliocenica, già ridotti quasi a nulla quand’ io li vidi, e che poco tarderanno a sparire. Bimangono però sempre a quell’ altezza, qua e là nel- 1’ alberese, i fori delle litodome. . La denudazione prodotta dal mare porta bene allo scoperto i sistemi de’ filoncelli che intersecano il macigno, e rende più facile il raccogliere dei discreti campioni de’ minerali che in que- sta roccia si trovano. Presso il Boccale, a dritta della strada per chi venga da Livorno, sono abbondantissimi i filoni di puro quarzo, che per un certo tempo reggendo alle intemperie me- glio del macigno nel quale sono incassati, formano alla superfi- cie di questo delle reticolature rilevate, ma poi si sfanno, talché il suolo è tutto cosperso di cristalli di quarzo semplicissimi (211, 100, 221), lunghi fino 2 e 3 dee. e larghi 1 dee., per lo più in gruppi, di rado isolati e distinti ; sono opachi e ricoperti da una patina di ossido di ferro. Pochi tiri di schioppo più in su, a Calatoia, da ambedue le parti della strada, ma specialmente verso il monte, si trovano nel solito macigno frequentissimi i filoncelli già descritti dal Della Valle, del quarzo, della dolomite e della baritina, nella quale è qualche volta inclusa la stibina. I cristalli del quarzo sono sempre assai più piccoli di quelli del Boccale ; 1’ ordine de’ minerali ne’ filoncelli, quando sono insieme accoppiati, è il - 74 - seguente : prima, sulla parete dei filoni, è il quarzo, poi la ba- ritina, poi su questa la dolomite. La stibina è per lo piu in pic- coli aghi cristallini, nell’ interno dei cristalli maggiori di bari- tina ; io però, non molti metri a sinistra della strada per chi Venga da Livorno, trovai un filoncello nel quale la stibina for- mava da sè una piccola massa larga quasi un decimetro, con- vertita quasi sempre od in kermes rosso, od in cervantite bianca adamantina, senza dubbio per le alterazioni del solfuro. La bari- tina forma dei gruppi cristallini assai belli ed anche grossi, per lo più opachi e coperti da ocra, però limpidissimi quando siano^ a con- tatto colla dolomite la quale ha, sembra, richiamato a sè tutto 1> ossido di ferro, colorandosi intensamente in rosso od in giallo. Nei cristalli della baritina predominano le forme 111, HO, mOp, 012 014, 015, 001. 1 Spesse volte la dolomite, in piccolissimi cri- stalli linguiformi, si trova in vene da sè, e fa un effetto vaghissimo il suo colore madreperlaceo e vellutato, rosso cupo o giallo, pio- dotto dagli ossidi di ferro che la inquinano. L’ ocra gialla, assai impura, è colà abbondantissima, e tutta la massa del macigno ne è colorata ; talora essa forma dei bernoccoli e dei rilievi sulla superfìcie. Non ho trovato mai però entro al macigno tracce di oligisto in qualsivoglia maniera cristallizzato. Bensì, nel luogo accennato dall’ Ùzielli, a N.E. di Calatoia, in su pel monte ed anche verso il Romito, rammento di avere raccolto abbondanti pezzi di oligisto grossi fin come il pugno di una mano, somi- gliantissimi, anzi identici a quelli dell’Elba, coi quali a volte trovai altresì de’ cristalletti di quarzo terminati da piramidi trigone, e con quegli altri piccoli caratteri, che si trovano ap- punto ne’ cristalli quarzosi i quali accompagnano 1’ oligisto al- 1’ Elba, ma non ne’ cristalli di Calafuria. Tutti quei pezzi poi non sono freschi e ben conservati, ma all’ esterno arrugginiti ed alterati. Rammento che, mentre ero a Livorno al Liceo, un con- discepolo mio amico portò da quegli stessi monti livornesi, dei pezzi di oligisto simili a quelli di Calafuria, e uno fra gli altii che ben presentava tutti i caratteri defi’ oligisto dell’ Elba, grosso da quanto un popone. Questi pezzi, come quelli raccolti da me, si trovano nel Museo del R. Liceo di Livorno. Sul primo, so- * A. D’Achiardi, Mineralogia della Toscana, voi. I, pag. 206. — 75 — spettai che P oligisto potesse derivare da filoni esistenti nel macigno od in altra roccia del luogo ; ma non avendo trovato allora, come non trovai dopo, tracce di simili filoni, ed avendo constatate le analogie di que’ frammenti con quelli dell’ Elba, mi persuasi ben presto, e gli altri si persuasero con me, che si trattava di minerale dell’ isola radunato in quei luoghi per fon- derlo e per lavorarlo, forse fin dai tempi degli Etruschi. Mi sembra anzi, ma per la lontananza de’ tempi non lo ricordo bene e non lo voglio punto affermare, che alcuno parlasse di un’ an- tica fonderia o fucina esistente in que’ pressi. Certo anche senza di ciò, quel fatto si può spiegare in maniera molto naturale, ri- conoscendo che a Calatoia le circostanze non sono diverse da quelle di molte parti della Toscana e specialmente delle Ma- remme, dove sono oltre ogni dire frequenti le tracce di scorie o di minerali, x anche di fuori della terra ferma, le quali rimon- tano fino all’ epoca etrusca. Non si può perciò ritenere, che P oli- gisto si trovi in quei luoghi medesimi. Non ho notizia che P oligisto sia stato trovato in Toscana, entro terreni terziari, se non forse in alcuna delle serpentine appartenenti al periodo eocenico superiore. I terreni della creta superiore sono i più recenti, credo, fra i sedimentari, nei quali si trovino vene di oligisto cristallizzato. Infatti oligisto speco- lare, a rosette, similissimo a quello del Gottardo e di altri luo- ghi, fu trovato frequentemente nella Val d’ Ombrone nel Pi- stoiese , insieme con stupendi gruppi cristallini di dolomite madreperlacea linguiforme e di quarzo, dei quali niuno ha fatto menzione, nemmeno il D’Achiardi, sebbene bellissimi esemplari ne esistano nel R. Liceo di Pistoia, e, donati da mio padre, nel R. Liceo di Livorno. Oltre che colla dolomite, P oligisto si trova in quelli stessi luoghi, e da me lo raccolsi, in geodi entro P al- ; berese ed entro lo scisto calcareo, con pirite di ferro, calcite, quarzo e baritina ; qualche volta esso penetra anche nell’ interno dei cristalli quarzosi, talora pure affumicati ed aeroidri. Prescindendo da questi luoghi e dalle tracce che si trovano nelle serpentine cretacee, e lasciando da parte le ocre ferrugi- nose le quali si formano tuttodì, il giacimento ordinario del- P oligisto cristallino nella Toscana è negli schisti triassici. Ciò si verifica all’ Elba, in Val d’ Aspra, a Gavorrano, nel Campi- — 76 - gliese e nelle Alpi Apuane, nelle quali, per non contare gli altri minori, i tre giacimenti ferriferi maggiori, cioè quelli del Forno Volasco, di Stazzema e del Monte Arsiccio, posti ciascuno sopra pendici differenti, sono situati in Erettissimi rapporti, in linea retta fra loro, ed entro le medesime rocce, presso al contatto degli schisti triassici col calcare infraliassico. Quanto al modo di formazione di queste nostre masse ferree, non mi pare le si possano ritenere siccome vollero fin ad oggi il Savi, il Buratti vom Rath, il D’Achiardi ed il Cocchi che ottima- mente studiò F isola d’ Elba,1 originate per mezzo di una subli- mazione, o per opera di filoni derivanti dall’ interno molto tempo dopo la sedimentazione delle rocce nelle quali si trovano. Il trovar talora il minerale in veri strati, la posizione quasi costante nella quale esso sta, e V orizzonte ben definito delle rocce che lo rac- chiudono, dimostrano, mi pare, che V ossido di ferro, il quale poi trasformandosi diede origine al minerale cristallino, fu de- positato direttamente insieme alle rocce adiacenti. Per avere idea dell’ antichità della formazione dell’ oligisto, basti ricordare ciò che più volte ho detto, che cioè, nelle pud- dinghe anagenitiche le quali formano la parte superioie degli schisti triassici nel Monte Pisano, si trovano delle ghiaiette quarzose con vene di oligisto e di clorite. È notevole come anco presso di noi le masse ferree sieno spesso accompagnate da materia carbonosa, e nelle Alpi Apuane, alle zone ferruginose di Stazzema, di Monte Arsiccio e del Forno Volasco, rispondono in un luogo assai prossimo, a Mosceta, de- gli strati di grafite, impregnata abbondantemente d’ ossidi di ferro. Questo fatto ci potrà forse dar aiuto nello spiegare la for- mazione del ferro. Già fin dal 1874 accennavo che «la dispersione dell’ oligisto entro tutta la massa di certe regioni schistose, fa dubitare che esso non sempre siasi prodotto per effetto di filoni, ma che ta- lora, e forse spesso, si radunasse e si cristallizzasse per meta- morfismo, e preesistesse già nel seno della roccia fin dalla de- ' I. Cocchi, Descrizione geologica dell’ Isola d’ Elba, parte II, cap. II, §.4. 2 Considerazioni stratigrafiche - Geologia del Monte Pisano ( Descrizione geologica, capo I). — 77 — posizione di questa.1 » Anche il Lotti sembra essere di questo medesimo parere. (B. Lotti, Impressioni geologiche di una breve gita all’ Isola d’ Elba. — Bull. B. Goni, geol ., 1876, N. 9 e 10.) Tornando ora, per finirla, ai nostri minerali di Calafuria, può ritenersi che il quarzo, al Boccale ed a Calafuria stessa, si sia formato in filoni, o a meglio dire in borse limitate al macigno, nei vani di questo, per effetto della silice tolta dalle acque ai- fi arenaria circostante. La baritina e la stibina, e forse anche la dolomite, è probabile invece che siensi formate per opera di acque minerali aventi una origine più profonda e più interna della roccia eocenica. Per solito la baritina e la stibina, mine- rali che possono trovarsi indistintamente in tutti quanti i ter- reni, sembra formino dei veri filoni per via di acque minerali interne. Un bellissimo esempio, a mio credere, della formazione della baritina per mezzo di acque minerali, si deve riconoscere nei dintorni della grotta calda a Monsummano, presso la quale, nel luogo stesso dove si trova la baritina, circolano tuttodì delle acque calde minerali. Devotissimo C. De Stefani. NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE. C. De Stefani. — Molluschi continentali fino ad ora notati in Italia nei terreni pliocenici , ed ordinamento di questi ultimi . — Pisa, 1877. In questo suo lavoro, di cui si è pubblicata la prima parte, fi Autore si propone di descrivere i molluschi continentali, cioè i molluschi terrestri e d’ acqua dolce fino ad ora trovati da lui o da altri nei terreni pliocenici italiani. Ma innanzi indaga quali sieno gli ordinamenti di questi ultimi, esaminando i difetti delle classificazioni odierne. 1 C. De Stefani, Considerazioni stratigrafiche sopra le rocce più antiche delle Alpi Apuane e del Monte Pisano (Boll. R. Comit. geol., 1874, n. 11 e 12). I ' X — 78 - I terreni pliocenici lacustri si sono depositati nell’ interno dell’ Apenniiio, entro conche naturali formate nell’ atto del sol- levamento. Non appartengono al pliocene superiore ma sono con- temporanei nel loro insieme ai terreni pliocenici marmi come lo prova, contro il Sandberger, il Fuchs ed altri, una lunga serie di mammiferi fossili, trovati tanto negli uni come negli altri. . I terreni palustri, formati lungo i litorali pliocenici e ricchi pure essi di molluschi continentali, ebbero luogo di accumularsi, non, come solitamente si crede per effetto di alternanze di ab- bassamento e di sollevamento, ma per l’inclusione di lagune litorali, nelle quali, secondo il variare delle circostanze alterna- vano acque dolci, o salmastre, o direttamente mai ine. Per mostrare come i sedimenti palustri di Siena, tanto spesso citati, sieno interamente pliocenici, P Autore cita una lunga sene di molluschi marini di quell’ epoca derivanti dagli strati marini sottostanti a quelli palustri, nei quali altresì fu trovato il Bos etruscus, Falc. Contro poi all’ opinione del Capellini e di altri, gli strati argillosi marini, tanto ricchi di fossili, della Coroncina e d’ altri luoghi, dei quali pure è presentato un elenco, sono non più antichi ma più recenti degli strati litorali sopra nominati, e la diversità grande delle faune deriva dalla diversa profondità della zona nella quale i terreni si depositavano. Al di sotto di tutti i terreni, nei dintorni di Siena apparisce uno strato argilloso, alcuni fossili del quale segnano già un pas- saggio al miocene, sebbene per lo speciale carattere dell’ insieme e per la stessa qualità delle specie sia certamente pliocenico, sebbene del pliocene più antico. Da questo strato, l’Autore prende le mosse per venir a dire che sono sottostanti stratigra- fìcamente ad esso come a tutti gli altri strati pliocenici, gli strati lignitiferi del Casino, la cui fauna fu studiata dal Major, e che da questi, come dal Capellini, dal Eùtimayer, dal Fuchs e da altri sono ritenuti contemporanei, come paiono infatti, agli strati di Belvedere, di Pikermi, ec. Però essi non corrispondono affatto ai nostri terreni marini tipici del pliocene, come pur tutti quegli autori credono; ma ne sono più antichi, quindi non pos- sono in alcun modo essere considerati come pliocenici, ne plio- cenici si possono dire gli strati di Belvedere, ec. a loro corri- spondenti. Dovranno quindi essere considerati come miocenici su- — 79 — / periori, ciò che è d’ altronde confermato anche dall’ esame dei molluschi e della flora. Tutti gli altri strati della Toscana, o lignitiferi od a Con- gena, più o meno rispondenti a quelli del Casino, si trovano stratigraficamente sotto agli strati marini soli tipici del pliocene. Per affermar ciò V Autore dà molte listi di fossili trovati da sè 0 raccolti da altri, a Monte Rufoli, Berignone, Monte Bamboli, Marsiliana, Monte Massi, Sassoforte, ec. ; è notevole, fra gli altri, il calcare ad Amphistegina notato a Volterra, a Monte Massi, a Sassoforte, a San Dalmazio ec. Resta confermato adunque, che gli strati a Congeria e quelli di Belvedere, del Casino, ec., non sono punto pliocenici, ma più antichi. In Toscana non si sa bene quali terreni vi sottostiano. 1 terreni di quella regione, che fin qui furono considerati come miocenici, e riferiti al così detto calcare di Leitha, dal Savi, dal Meneghini, dal Capellini, dal Fuchs e dal Manzoni, sono se- condo l’ Autore pliocenici, la qual cosa non esclude che qualche terreno miocenico marino, al di fuori di quelli finora specialmente considerati, esista in Toscana, come a Popogna, a Paltratico, ec. Per dedurre quell’affermazione l’Autore fa note delle liste di fossili degli strati, prima ritenuti miocenici, di Monte Rufoli, Monte Bam- boli, Berignone, Marsiliana, Monte Massi, Sassoforte, San Dalma- zio, San Lorenzo, Bulera, Perolla, Pomarance, Sterza, Rosignano. Riguardo al pliocene, i tre piani distinti dagli autori, cioè Astiano, Piacentino e Zancleano, rispondono uno all’ altro essendo fondati semplicemente sulla diversità della zona marina nella quale i terreni si depositavano, anziché sopra una successione diversa di epoche. La zona del Messiniano passa fra il miocene ed il pliocene, ed introdotta come tante altre dietro osservazioni prioristiche, fatte a tavolino, è frutto, dice l’ Autore, di un equi- voco, § meglio si farebbe a non accettarla. Quanto alla questione se un piano Sarmatiano esista presso di noi, 1’ Autore cita varie forme comuni od analoghe fra i ter- reni sarmatiani viennesi e quelli pliocenici italiani, e crede che quest’ analogia derivi puramente da somiglianza del grado di salsedine delle lagune italiane plioceniche, col mare sarmatiano miocenico ; non si può ancora concludere però che un mare sar- matiano si sia esteso in Italia. — 80 — I molluschi continentali accennati dall’ Autore sono 49 fra cui molte specie nuove. Colla scorta di essi mostra la contempora- neità del pliocene nostro colla sabbia di Chillesford e col Crag rosso e corallino d’ Inghilterra ; col Crag del Nord della Fran- cia, col sistema Scaldisiano del Belgio, non col Diestiano e co Boìderiano che l’Autore ritiene miocenici. Sono pure pliocenici gli strati palustri e marini di Montpellier, di Visan, Vaqu.ères Hauterive e Théziers, in Francia, molto analoghi a quelli del Senese, di Kos e Rodi e finalmente della Dalmazia. A proposito di molti di questi strati l’ Autore dissente dalle vedute aitali. Questa prima parte del lavoro del De Stefani, termina con due Quadri comparativi dei terreni pliocenici e di quelli miocenici superiori. f R. Lawley. — Nuovi studi sopra ai pesgi ed altri vertebrati fossili delle Colline Toscane. — Firenze, 1876. È questo un lavoro di grande interesse inteso ad illustrale una parte delle ricche collezioni scientifiche che 1’ Autore, con uno zelo veramente superiore a qualsiasi elogio, e con grande amore per la scienza paleontologica, ha saputo raccoglieie, e che formano 1’ ammirazione di quanti vanno a visitarle nella sua re- sidenza di Montecchio nelle Colline Pisane.1 2 In esso sono descritti i resti di 65 generi, dei quali 40 hanno i loro rappresentanti viventi nel Mediterraneo, e 3 soli con specie viventi in altri mari. Le specie presentate poi sono in numero di 135. Queste cifre valgano a dimostrare la importanza della raccolta e la dif- ficoltà inerente a un tal lavoro descrittivo. Tutto questo materiale venne raccolto per la massima parte in tre località distinte, e cioè ad Orciano nelle Colline Pisane, nei dintorni di Volterra, e in quelli di Siena. Una parte era già stata illustrata in altro lavoro dell’Autore comunicato nel 1875 alla Società Toscana delle Scienze Naturali residente in Pisa: 1 i,a collezione (li resti di pesci fossili del signor R. Lawley è la più ricca che si conosca, per quel che riguarda la Toscana, e può dirsi in generale per i terreni terziarii italiani. 2 R. Lawley, Pesci ed altri vertebrati fossili del 'pliocene toscano. — 81 - ma da quell’ epoca, continuando le ricerche, la raccolta si ac- crebbe grandemente, talché fu necessaria una nuova illustrazione che, riprendendo in esame le specie già studiate, descrivesse an- che quelle di nuovo scoperte. Fra i generi che hanno offerto il maggiore numero di specie descritte, noteremo i seguenti: Notidanus, Galeocerdo, Carcha- rodon, Otodus, Oxyrrhina , Lemma, Myliobates, Cimar a , Trigloi- des, Nummopalatus ; le specie nuove classificate dall’ Autore vi figurano in numero di 58. Fanno corredo alla Memoria cinque belle tavole accuratamente eseguite, nelle quali sono delineati denti ed altri avanzi di al- cune fra le specie descritte. A. Issel. — Appunti paleontologici: 1° Fossili delle marne di Genova. — Genova, 1877. In questa Memoria 1’ Autore presenta la prima parte degli studii che esso ha intrapreso sugli avanzi organici di alcuni fra i più cospicui giacimenti subapennini della Liguria. Tale forma- zione, che ora si riconosce in lembi staccati in varii punti del litorale tra Genova e il confine francese, doveva originariamente costituire una zona continua, a guisa di cordone litoraneo, la quale per effetto della denudazione fu per vasti tratti asportata. Essa risulta principalmente di marne, di argille, di limo, cui si associano talvolta sabbie e conglomerati; in generale però pre- valgono le marne, le quali alla lor parte superiore si fanno sab- biose e cosparse di ciottoli. Questa formazione subapennina ri- posa, secondo i luoghi, su diversi terreni; e cioè, sul macigno nelle vicinanze di Ventimiglia e di San Remo, sopra un calcare se- condario ad Albenga, sopra un gneis protoginico a Savona, sopra calcare eocenico a Genova, sopra talcoscisti, serpentine e roccie anfiboliche in altre località. Le marne esistenti nel suolo della città di Genova, occupano un’ area lunga 1500m circa e larga non più di 500m, con una potenza di 50“ circa : esse si continuano probabilmente nel sotto- suolo attraverso la valle del Bisagno, e si uniscono ad altro piccolo 6 — 82 — deposito che vedesi ad oriente della città oltre detta valle. Questa formazione marnosa presenta scarsi piani di stratificazione in- clinati verso il mare, disposizione questa che è comune a tutti i depositi argillosi della Liguria: la marna è generalmente finis- sima ed omogenea e di colore cenerino ; alla sua parte superiore si fa sabbiosa, senza però cangiare di colore. E appunto in questa parte sabbiosa che si trovano principalmente i fossili, 1 quali pero non sono nè abbondanti, nè ben conservati: anche la marna esente di sabbia contiene fossili, ma assai più scarsi e riferibili a un piccolo numero di specie. _ Oltre ad alcuni scarsi avanzi di vertebrati (denti di pesci e di mammiferi) e pochi residui di vegetali, i quali dimostrano che le marne di Genova sono una formazione litorale, 1’ Autore ha potuto studiare e descrivere 150 specie di invertebrati, la mag- gior parte molluschi con pochi echinodermi, corallarn, bnozoarii e rizopodi. Di queste, 46 appartengono alla fauna vivente del Mediterraneo; le altre, eccetto una o due che vivono nei man tropicali, sono estinte. Dall’ esame di queste cifre 1’ Autore giunge alla conclusione che la fauna fossile di Genova e indubbiamente pliocenica, e spetta propriamente al pliocene inferiore; essa inol- tre offre strette analogie con quelle degli analoghi terreni del Parmigiano, del Bolognese, di Castrocaro e di Orciano La pre- senza poi di talune specie di Pleurotoma e di Cancellarla, de Conus antediluvianus e della Pecchiólia argentea, viene a conva- lidare le deduzioni circa P età delle marne genovesi. A. Verri. — Alcune linee sulla Val di Chiana e luoghi adiacenti nella storia della terra. — Pavia, 1877. È questo il titolo di una lettura popolare fatta dall’ Autore in Città di Pieve nel novembre 1876. Dopo avere esposto in sunto i principii generali della geo- logia e tracciato un quadro delle varie epoche del globo, esso entra più specialmente nell’ argomento della conferenza e parla distesamente dei terreni terziarii e quaternani della Val — 83 - di Chiana e luoghi adiacenti. Gli alti monti che chiudono quasi da ogni lato il bacino pliocenico dell’ alto Ombrone e della Val di Chiana, appartengono all’epoca eocenica : le roccie componenti quei monti, per lo più calcari con scisti galestrini ed arenarie, sono assolutamente prive di fossili e si trovano dappertutto con strati assai inclinati e contorti. In più luoghi vi si manifesta 1’ attività vulcanica con roccie serpentinose ac- compagnate da amianto, steatite e marmi rossi e verdi, coi giacimenti di manganese di Rapolano e di moltissimi altri luo- ghi. La formazione miocenica, quantunque non affiori, pure è stata riconosciuta in più punti sotto i sedimenti plioce- nici, dove è rappresentata da estesi depositi di lignite. Sono pure probabilmente miocenici i conglomerati ofiolitici a minuti * elementi i quali si trovano sulle rive del torrente Senna, presso il Monte Amiata. Vengono in seguito gli estesissimi terreni plio- cenici con le solite marne e sabbie, riccamente fornite di fossili, uniformemente distesi su tutta la regione e interrotti soltanto da poche e piccole isole eoceniche o d’ epoca più antica. La gran massa trachitica del Monte Amiata rappresenta 1’ attività vulca- niche ai primordii di quest’ epoca, nella quale 1’ ampio seno di mare era diviso per metà da una linea di scogliere comprese tra la penisola eocenica di Sinalunga, e 1’ attuale valle del Paglia verso Acquapendente. Verso la fine invece della medesima epoca incominciarono le grandi manifestazioni vulcaniche dell’ Italia centrale, fra cui quelle di Bolsena, di Vico e di Bracciano. Ven- gono infine i terreni depositatisi nel successivo periodo quater- nario, divisi in vulcanici (basalti, lave e tufi), lacustri (traver- tini ed argille), in alluvionali antichi (sabbie e ghiaie) ed in alluvionali attuali. Fra i prodotti litoidi utili della regione descritta, l’Autore cita, oltre alle acque minerali: i marmi di Siena, di Chianciano, dei monti perugini ed orvietani; i marmi ofiolitici dipendenti dalle giaciture ,’serpentinose; gli alabastri di Chianciano e Ca- stelnuovo dell’ Abbate ; il macigno del litorale dell’ antico mare pliocenico; i travertini, i calcari idraulici, i gessi, le ligniti di varie località ; il solfo di Latera; il cinabro, la stibina, le terre coloranti, la farina fossile del Monte Amiata; infine i minerali di manganese di Rapolano e di Cetona. - 84 — L’ Autore termina il suo lavoro con uno studio sulla com- parsa dell’ uomo in quelle contrade. La Memoria è corredata da una piccola carta geologica del territorio compreso fra le alte valli dell’Ombrone e del Tevere, dalle note altimetriche dei punti più importanti, e dal catalogo della fauna fossile raccolta per lo studio delle formazioni ter- ziarie e quaternarie della Val di Chiana e luoghi adiacenti. Ed. Reyer. — Die Euganeen. Bau und Geschichte eines Vulcanes. — Wien, 1877. È questo il primo lavoro di un giovane docente nell’ Univer- sità di Vienna, lavoro che fa onore al proprio Autore e che sarà letto con piacere da quanti si interessano della geologia di le- gioni vulcaniche. La illustrazione di quell’ importante distretto che è il gruppo degli Euganei, iniziata dallo Spallanzani, pro- seguita dal Da Rio, dal De Zigno, e negli ultimi tempi dal vom Rath, dal Pirona e dal Suess, viene ora completata dal Reyer con una bella e dettagliata carta geologica nella scala di 1 per 28000 all’ incirca, accompagnata dal relativo testo descrittivo. L’Autore, premesse alcune indicazioni sul modo usato nel ri- levare la carta e sui colori e segni della medesima, e date poche istruzioni sull’ itinerario da seguirsi da chi intendesse fare studn geologici sugli Euganei, incomincia a descrivere la serie delle roccie che in quel gruppo si ritrovano. Il basamento di tutto il sistema è formato dalla scaglia, roccia ben nota nel Veneto e che appartiene all’ epoca cretacea superiore ; a punti isolati sor- gono dal disotto il biancone (creta inferiore) e le roccie del giura superiore. A questi sedimenti antichi sono associate masse iso- late di trachiti, varie per natura mineralogica, essendo talora quarzifere, tal’ altra sanidiniche o plagioclasiche. Vengono m se- guito, le marne terziarie e il calcare nummulitico con roccie sa- nidino-augitiche più recenti. Abbiamo quindi un tufo vulcanico oscuro formatosi nei primordii dell’ epoca terziaria, associato con piccole masse isolate di andesite augitica ed orneblendica, di — 85 — dolerite, di basalto e di una roccia sanidino-augitica spesso con orneblenda. Yi fa seguito la formazione vulcanica più estesa, quella cioè dei tufi chiari ricoprenti la gran massa di Monte Venda con le due laterali di Monte Rua e di Monte Vendevole, da cui sporgono le testate di potenti dicche trachitiche. Infine grandi masse di trachite sanidino-plagioclasica, sviluppate spe- cialmente nella parte esteriore del gruppo e nelle isole che vi fanno corona, ricoperte in taluni punti da tufo. L’ Autore passa quindi ad esaminare in tutte le sue parti- colarità F intima costituzione del gruppo, e giunge alla conclu- sione, già indicata dal Suess, che esso consta di una massa trachi- tica centrale (il Monte Venda) irradiante grosse dicche o correnti all’ intorno, il tutto ricoperto e riempito nelle parti basse dai tufi con disposizione a strati rialzati verso il centro : a queste si aggiungono altre piccole correnti periferiche disposte attorno alle alture tufacee, e che probabilmente non sono altro che le testate delle grandi correnti irradianti dal centro. L’ erosione operatasi sulle masse di tufo ha posto a nudo in alcuni punti questa co- stituzione del vulcano. Dopo uno studio sopra F azione erosiva che di continuo gli agenti esterni esercitano sugli Euganei, F Autore conchiude trac- ciando brevemente la storia di questo gruppo dal tempo nel quale il mare dell’ epoca giurese superiore ricopriva la pianura subalpina e nel quale si verificarono le prime eruzioni sotto- marine di trachite, insino al giorno d’ oggi. Da questa esposi- zione risulta, che il vulcano incominciò ad emergere dalle acque in sul finire dell’ epoca cretacea. Cessata più tardi F attività vul- canica, incominciò una fase di demolizione che ridusse quell’ in- teressantissimo gruppo montuoso alle condizioni attuali. - 86 - NOTIZIE DIVERSE. Le roccie massicci© dell’Alta Yaltellina. — Nella seduta 5 dicembre 1876 dell1 1. R. Istituto Geologico Austriaco, il Dot- tor Stadie fece una comunicazione intorno alle roccie massiccie da esso esaminate fra Ceppina e Bolladore nell’ alta valle del- 1’ Adda. In quella parte della Yaltellina si trova una massa cri- stallina, contenente alcune roccie nuove o poco conosciute, che egli ebbe a studiare nella estate scorsa in seguito ai lavori di rilevamento della carta geologica : questa massa consta di un complesso di roccie che si riferiscono alle specie granito, peg- matite, anfibolite e diorite, insieme collegate con una lunga serie di roccie acide che finisce colla tonalite, e con un gruppo di roccie basiche specialmente composte di gabbro talvolta con olivina. Di speciale interesse sono soprattutto le roccie grana- tifere associate alla tonalite, come anche le roccie granatiche che sono in stretto rapporto con la fillite gneissica e con le roccie anfiboliche. Le prime rappresentano una mescolanza di minuti elementi di felspato plagioclastico, quarzo, orneblenda verde e diallagio, e in certi casi ancora con biotite bruna ed almandino: esse trovansi sparse porfiricamente in tutto quel complesso di roccie. La roccia granatica si distingue nettamente da questa, e probabilmente è molto analoga alla roccia coidieri- tica di Sassonia : essa ha struttura granulare grossolana e consta della miscela di un granato rosso chiaro con una cordierite verde- grigiastra di aspetto simile a quarzo, dalla quale sporgono a punti delle sottili vene finamente striate e di lucentezza quasi adamantina : in questa roccia poi vedonsi sparsi piccoli granelli e frammenti di un minerale nero. Il Dottor Stadie si ìiserva di fare una analisi chimica e microscopica di queste due roccie, e nel caso le sue ricerche confermassero la natura speciale e nuova delle medesime, esso propone per la prima il nome di Valtelli- nite e per la seconda quello di Sondalite. PUBBLICAZIONI DEL B. COMITATO GEOLOGICO. (Continuazione.) I. Cocchi. — Brevi cenni sui principali Istituti e Co- mitati Geologici e sul B. Comitato Geologico d’Italia. — Firenze 1871. . . . L. 1. 50 Idem. — Carta Geologica della parte orientale del- T Isola d’ Elba, nella scala di 1 per 50,000. — Firenze 1871 r» 3.00 F. Giordano. — Esame geologico della catena alpina del San Gottardo, che deve essere attraversata dalla grande galleria della ferrovia Italo-Elve- tica. — Firenze 1873 » 10. 00 Idem. — Carta Geologica del San Gottardo, nella scala di 1 per 50,000. — Firenze 1873 » 5.00 C. W. C. Fuchs. — Carta Geologica dell’Isola d’ Ischia, nella scala di 1 per 25,000. — Firenze 1873. ...» 3.00 G. Ponzi e Fr. Masi. — Catalogo ragionato dei prodotti minerali italiani ad uso edilizio e decorativo spediti dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio all’ Esposizione Internazionale di Yienna. — Roma 1873 » 2. 00 Idem. — Catalogo sommario dei prodotti minerali italiani ec. — Roma 1873 » 1. 00 P. Zezi. — Cenni intorno ai lavori per la Carta geo- logica d’Italia in grande scala. — Roma 1875 .» 1.50 G. Doelter. — Carta Geologica delle isole Ponza, Palmarola e Zannone, nella scala di 1 per 20,000. — Roma 1876 » 2. 00 Per le commissioni dirigersi al Segretario del R. Co- mitato Geologico, in Roma, Piazza San Pietro in Vincoli , N. 5 . Annunzi di pubblicazioni. G Omboni. — Come s’ è fatta l’Italia; saggio di geologia popolare. - Milano 1876 ; pag. 346 in-8°. A Stoppani. — Il bel paese ; conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d’ Italia. — Milano 1876 ; pag. 488 in-8° con una tavola. G. Meneghini. — Nota sulla struttura degli A^ici- ”^Att^de,1la ^°oó Toscana di Se. Nat, voi. II, fase. 2°.)- Pisa 1876; pag. 14 m-8 con una tavola. T. Taramelli. — Cenni geologici sul territorio di Capodistria. — Udine 1876 ; pag. 12 in-8° con una carta m colon. G. Ponzi. — Il Tevere ed il suo delta. — Roma 1876; pag. 40 in-8° con tre tavole. G. Uzielli. — Sopra lo zircone della costa tirrena. — Roma 1876; pag. 18 in-4°. — Sopra la baritina e il ferro oligisto di Calatoia; e sulla pirro- tina della miniera del Bottino. — Roma 1876; pag. b m-4 . B Gastaldi. — Frammenti di paleoetnologia italiana. — Roma 1876; pag. 36 in-4° con 15 tavole. G Omboni. — Di due antichi ghiacciai che hanno lasciato le loro tracci© nei Sette Comuni. — Venezia 1876; pag. 6 m-8 . A De Zigno. - Sopra i resti di uno Squalo dente scoperti nell5 arenaria miocena del Bellunese. — Venezia 1876 ; pag. 18 m-4° con una tavola. R Lawlet.- Nuovi studi sopra i pesci ed altri vertebrati fossili delle colline toscane. — Firenze 1876; pag. 122 m-4 con 5 tavole. G Spezia. — Sul colore del Zircone. — Torino 1876; pag. 10 m-8°. r ' Meneghini. — Nota sulle ammoniti del lias superiore descritte dal si- gnor Eugenio Dumortier. — (Atti della Società Toscana di Se. Nat, voi. II, fase. 2°.)- Pisa 1876; pag. 4 in-8°. # C De Stefani. - Molluschi continentali fino ad ora notati m Italia * nei terreni pliocenici, ed ordinamento di questi ultimi. — (Atti della Società Toscana di Se. Nat, voi. II, fase. 2».) - Pisa 1876, pag. 45 in-8°. , _ /1?. . A Issel. — Intorno ad un minerale manganesifero del senese. (Rivi- sta scientifico-industriale, Novembre e Dicembre.) — Firenze 1876, pag. 8 in-8°. Fu. Bassani. — Pesci fossili nuovi del calcare eoceuo dl Monte Dolca. — (Atti della Soe. Veneto-trentina di Se. Nat., voi. V, tasc. 1 ■) Padova 1876 ; pag. 12 in-8° con una tavola. 0. Silvestri. — Sopra alcune paraffine ^.““rl earburl d’idrogeno che trovansi contenuti in una lava dell’ Etna. — Catania 18/b pag. 30 in-4°. A. Issel. -Appunti paleontologici: 1» Fossili delle marne d. Genova. Genova 1877; pag. 56 in-8°. A Vebbi. - Alcune linee sulla Val di Chiana e luoghi adiacenti nella storia della terra. - Pavia 1877; pag. 100 m-8» con una tavola e carta geologica. Ed Reyer. — Die Euganeen. Bau und Geschiclite eines Vulcanes. Wien 1877 : pag. 96 in-8° con carta geologica. G A Pirona. — La provincia di Udine sotto V aspetto storico- naturale. - Udine 1877; pag. 64 in-8° grande. R. COMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA. Bollettino N° 3 e 4. Marzo e Aprile 1877. ROMA, TIPOGRAFIA BARBÈRA. 1877. PUBBLICAZIONI DEL R. COMITATO GEOLOGICO. — Bollettino. — Si pubblica regolarmente in fascicoli bime- strali di 5 o più fogli di stampa ciascuno, formanti un vo- lume annuo di 500 e più pagine, con tavole ed incisioni in- tercalate nel testo. Il prezzo dell’ abbinamento annuo e di L. 8 per l’ interno e di L. 10 per l’estero. Gli abbinati ricevono gratuitamente la copertina ed il frontespizio del volume. — Ad annata compiuta i volumi annuali rilegati si vendono al prezzo di L. 10 — I fascicoli separati si vendono al prezzo di L. 2 ciascuno. Memorie per servire alla descrizione della Carta Geo- logica d’Italia. — Pubblicazione di gran formato corre- data da tavole, Carte geologiche ed incisioni intercalate nel testo. Volume I- Firenze 18U. — Introduzione — Studii geo- logici sulle Alpi Occidentali, di B. Gastaldi, con cinque tavole ed una Carta geologica. — Cenni, sm graniti massicci delle Alpi Piemontesi e sui minerali delle vaili ai La» so, (li G. Strììver. — Sulla formazione terziaria nella zona solfi era della Sicilia, di S. Mottura, con quattro tavole. — Descri- zione geologica dell’ Isola d’ Elba, di I. Cocchi, con sette tavole "ed una Carta geologica. — Malacologia pliocenica ita- [a, Gasteropodi sifonostomi) di u. i) Ancona , liana (Parte I , *. e _ fascicolo 1°, con sette tavole. — Prezzo Lire 35 Volume II, Parte la; Firenze 1873. — Introduzione. — Monografia geologica dell’ Isola d Ischia, di C. Il . C. Fuchs, con Carta geologica e incisioni nel testo -Esame geologico della catena alpina del San Gottardo che deve ^tra- versata dalla grande Galleria della Ferrovia Italo-Ehetica , di F. Giordano, con Carta geologica e due tavole di Sezioni. — Appendice alla Memoria sulla formazione terziaria nella zona solfifera della Sicilia, di S. Mottura, con una tavola - Malacologia pliocenica italiana (Parte I , Gasteropodi sifo stomi), di C. D’Ancona, fascicolo 2”, con otto tavole.- Prezzo Lire 25. Volume II, Parte 2‘; Firenze 1874. — Studi! geologie sulle Alpi Occidentali, di B. Gastaldi, Parte 2“, con dui tavole. — Prezzo Lire 5. Volume III, Parte 1*; Roma 1876 Il gruppo videa nico delle Isole Ponza, monografia geologica di C Doelter con tre tavole e una Carta geologica. — Geologia del Moni Pisano, di C. De Stefani, con una tavola. — Prezzo Lire io ( Continua. ) BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA. N° 3 e 4. — Marzo e Aprile 1877. SOMMARIO. Note geologiche. — I. Studii stratigrafici sulla Formazione pliocenica del- L Italia Meridionale, per G. Sequenza. (Continuazione.) — II. Descrizione geo- logica dei dintorni di Roccastrada nella Maremma Toscana, per B. Lotti.— IH. Schizzo geologico della provincia di Udine, per G. A. Pirona. Note mineralògiche. — Sopra la lettera del signor Carlo De Stefani inti- tolata : (> L’ Oligisto e gli altri minerali che si trovano al Capo Calafuria, » per G. Uzielli. Notizie bibliografiche. — B. Gastaldi, Su alcuni fossili paleozoici delle. Alpi Marittime e dell’ Apennino ligure studiati da G. Michelotti ; Roma, 1877. — G. Struever, Studi sui minerali del Lazio , Parte II; Roma, 1877. •— G. Struever, Studi petrografìci sul Lazio, Parte I ; Roma, 1877. — T. Ta- ramelli, Alcune osservazioni sul Ferretto della Brianza. — Milano, 1877. Notizie diverse. -- Nuovi giacimenti di minerali in Italia. — Nuove sorgenti di petrolio nell’ America meridionale. NOTE GEOLOGICHE. I. Studii stratigrafici sulla Formazione pliocenica dell’ Italia Meridionale , per G. Seguenza. (Continuazione. — Tedi Bollettino , N. 1-2.) Elenco dei Cirripedi e dei Molluschi della zona superiore dell’ antico plioceno. — 92 - 1095*1. 1096*1. 1097*1. 1098 c. 1099-c. 100 c. llOÌ*c 1 102* c, Gen. Limopsis Sassi. Àradasii Testa (Pectunculus). . . Bronnii Mayer (Trigonocoelia) . . anomala Eichwald (Pectunculus). aurita Brocchi (Arca) » Var. radiata Ponzi. . . minuta Philippi (Pectunculus) tenuis Seguenza condita Mayer . pygmaea Philippi (Pectunculus) 103* s. 1104*8. 1 105* s. 1106*c. Keinvartii Cantraine. clathrata n. sp. . . . fragilis n. sp. . . . Gen. Nucinella S. Wood. oyalis S. Woqd (Pleurodon) . . Gen. Nucula Lamarck. — L. elegans Michelotti (M. S.), Trigonojj peri Mayer — L. anomala Foresti (non Eictrsv.) : L. i Bell (non Lamarck) ; L. Bronn. Issel . | — L. anomala Hoernes (fig. 2 non f. B). Tri anomala Mayer. Questa specie è affatto' dalla L. pygmaea Phil •5y — L. aurita Philippi, Seguenza, Foresti. Cci terosato, Issel; ec. Comunissima a Calai Questa forma trovasi nelle marne del Moni) — L. minuta Fuchs, Seguenza, Monterosatc Woodward • • • •] = L. anomala Monterosato (non Eichw.); Non sono sicurissimo degli esemplari che questa specie *5n — = L. pygmaea Seguenza, Trigonocoelia ano, (non Eichw.). Questa specie è diyersissj anomala, essa è comunissima a Calata'! — L. Keinvartii Seguenza. Specie somij L. minuta, ma finamente granulata ali: Conchiglia abbastanza convessa, colla sii trata per le linee rilevate concentrici^ Affine alla L. minuta,' più rotondata, Ih numerose prominenti, con strie radianti i più pronunciate alla parte posteriore — Pleurodon e Nucinella miliaris S. Wo cula miliaris Deshayes), Nucinella ova 1107*1. Jeffreysii Bellardi 1 108*c. Piacentina Lamarck 1109 c. nitida Sowerby L 1 10 c. nucleus Linneo (Arca) 1111 c. ilio n 111^ C. 1113 c. tenuis Montagu (Arca) L 114- c. , delphinodonta Migh. Var. minor 1 1 15*s. » Var. A, brevior U16*s, 11 1 7*q i I 1 4 L118*s . glabra Philippi ^ Vnr Alatisi, .... ......... Gen. Leda Schumacher. 1119*1 1. clavata Calcara (Nucula) -a N. elata Seg. (M. S.), N. rugosa Con — N. Piacentina Philippi, Calcara, Cocco Foresti, Monterosato, Bellardi — N. nitida Seguenza, Monterosato, Bel — N. margaritacea Philippi, Calcara, Se? cleus Cocconi, Foresti, Seguenza, Mon Affine alla N. tumidula cogli oiftboni tu e prominenti -s N. Polii Philippi, Calcara, N. sulcat Cocconi, Foresti, Ponzi, Monterosato N. tenuis Seguenza, Monterosato . . — N. decipiens Philippi, Seguenza, Poli; Jeffreys .»•••••• • • • Gli esemplari raccolti a Calatabiano soi e più larghi proporzionalmente di quell dai mari del Nord •• • • Piccola specie ovale, cogli apici proemi e ricurvi, senza lunula, e col margine Più stretta e col cardine poco curvo . Trigona, convessa, cogli apici molto proni) si, colla superficie ornata di numerose '■ Molto affine alla precedente ma meno g minente agli apici. Forse varietà?. • Distintissima per la forma trigona, dep levigata Di forma più elevata perchè V apice pi> ■ — L. clavata Seguenza, Bellardi 17 *C. Hoernesii Bellardi * s. cuspidata Philippi (Nucula) — : L. clavata Hoernes (non Calcara), L. e guenza (M. S.) = L. cuspidata Seguenza, Bellardi Sottogenere Lembulus Risso. 22*1. 23 c. 24 1 Bonellii Bellardi ........ pella Linneo (Arca) commutata Philippi (Nucula) » Var. A, consanguinea . . » Var. B, inflata » Var. C, lamellosa . . . . » . Var. 1), Calatabianensis . 25* c. lamellicostata n. sp. . 26*s. inaoquilatera n. sp, Sottogenere Jupiteria Bellardi. concava Bronn (Nucula) » Var. A, Bellardi ....... trigona n. sp 129*s gibba n. sp. = L. Westendorpii (Nyst) Seguenza; L. Bonj Issel .1 = Nucula emarginata Philippi, Leda pella^ Cocconi, Foresti, Monterosato, Issel . . 1 = Arca minuta Brocchi (non Muller), Noe Philippi, Calcara (non Lamarck), N. min pi, L. commutata Seguenza, Cocconi, M i Foresti . . = L. consanguinea Bellardi, Issel . . . . I Forma gibbosa colle costole concentriche :i spesse »| Costole rade quasi lamelliformi | Forma depressa, costole ravvicinatissime ;j distinte quasi scancellate. . . . . . . .1 Distinta dalla precedente per le costole 11 e sottili, per la forma molto depressa ij) inequilatera, pei denti più gracili . .-1 1 Specie tra la L. commutata e la L. conca-'i un anello tra questo ed il seguente sotti indizio di carena al lato boccale, che è) del lato anale rostrato acuto. Costole c < regolari I = L. concava Cocconi, Foresti, Seguenza]! cula striata, Calcara (non Lamarck). . ! Meno rigonfia le costole trasversali ridott i Molto gibbosa ed affine alla precedente s lunula più profondata e le costole concej! tili quasi lamelliformi più strette degl)1 = N. striata Philippi (non Lamk.) . .1 Più piccola della precedente specie, senza vigatissima, col lato anale più promine; minato Sottogenere Junonia Seguenza. 1130 s. 1131*s. 1132*s. acuminata Jeffreys (Leda). . . . » Var. A, brevirostris. » Var. B, major . . . » Var. C, oblonga . . , seminulum n. sp rectidorsata n. sp 1133*s, Nicofrae n. sp. 1134-s. pustulosa Jeifreys = L. messanensis Seg. (M. S.), L. acumir] za, Monterosato, L. Vaticani Ponzi . . Lato anale meno prominente e quindi h] risulta meno allungata j Grandi esemplari e più larghi .! Molto allungata trasversalmente e col ìj più sporgente ed acuminato Somigliante alla precedente ma più gibbo] mente inaequilatera, e striata concenti Affine alla L. acuminata, coll’ angolo c:{ aperto dal che ne risulta il lato anale trechè rostrato • •] Somigliante alla L. acuminata, quasi equi centricamente varicosa specialmente p gine, coll’ angolo cardinale più aperto, j piccoli, più piccola ed assai più fragili = L. elegans Seg. (M. S.), Rassomiglia i nulum ma ancora più gibbosa radia*' concentricamente striata I — 95 - 3 4 5 6 7 8 9 10 / 11 n 12 13 14 15 16 17 18 19 L. C. §’• 1. M. m. P.Le b. 1. M. X C.P. B. A. C. b. L. c. M. 4- H- c. c. X c. c. c. B. b. L. c. X 1. M. M. M. -4- M. M. M. ’ Ar. M. M. ... 1 l... c. M. -+■ I i 1 35® s 1136 1. 1137*1. 1138*1. 1139*1. 1140*1. I141*c. 1142 c. 1143*c. *c. 1144 c. 1145*c. 1146* s. 1147 s. 1148® s. Il49*s. 1150 c. 1 151*c. U52*c. 1153* c. I154*c, 1 155*c 1156*s ll57*s 1158*s — 96 — Sottogenere Saturnia Seguenza. pusio Philipp! (Nucula) .... » Var. Salicensis Gen. Yoldia Moller. producta? Monterosato (Leda) Philippii Bellardi nitida Brocchi (Arca) Bronnii Bellardi . . . longa Bellardi .... minima n. sp frigida Torell. .... confusa n. sp » Yar. A, major ...... tenuis Philippi (Nucula) ..... meridionali n. sp. ........ pellucida Philippi (Nucula) . . . lucida Lovèn abyssicola Torell micrometrica n. sp Gen. Phaseolus Jeffreys. ovatus Jeffreys Gen. Malletia Desmoulins. Caterinii Appelius (Leda) Bellardii n. sp Gen. Neilo Adams. , excisus Philippi (Nucula) . Isseli Bellardi . dilatatus Philippi (Nucula). . . . . Scillae n. sp. • . phaseolinus n. sp Gen. Tindaria Bellardi. . solida n. sp = Leda pusio Seguenza, Jeffreys, Appelius j Più stretta e col cardine meno curvo . . . Una sola dubbia valva Conti, Seguenza, Yoldia nitida Bellardi, = Leda pellucida Appelius (non Phil.) Tolti! Issel ' f ‘ — Nucula pellucida Cocconi, Foresti, Bel Philippi) Distintissima perchè piccola di forma Ovato e molto inequilatera Y. nana Sars, Leda (Yoldia) frigida Me Seguenza, Jeffreys Molto affine alla Y. lucida ma col lato an termina acuminato, e colle valve gibbosa Più grande, più gibbosa, più rostrata . . .j — Leda pygmaea Monterosato, Seguenza < Munster), L. tenuis Appelius, Seguenza. Me Affine alla precedente, ma quasi equilatera! Questa specie è stata confusa con molte j] distintissima e propria del plioceno del i tale della Provincia di Reggio — Leda (Yoldia) lucida Monterosato. Tutt la precedente specie, ma molto rara . . == Y. abyssicola Seguenza ; Assai piccola, molto allungata trasversalmen apici minimi, quasi equilatera j — p. ovatus Monterosato. Devo al signoi sato la determinazione di questa specie non è stato pubblicato che il solo noni — Solenella transversa Ponzi, Malletia Bellardi, Issel Piccola inequilatera tenuissima, col lato tato, più breve del boccale e troncato = Leda excisa Seguenza, Monterosato. . = Leda dilatata Appelius (non Philippi) terosati Issel = Leda dilatata Seguenza, Ponzi .... Più piccola della precedente, con tutta li regolarmente convessa e priva di costo, Molto compressa in rapporto alla precede col lato anale più dilatato e più sporg' Più piccola più solida in tutte le sue pai arata , colle costole trasversali meno ni denti più grossi ed in minor numero . — Nucula nitida Bronn, Philippi, Calcara, L - 97 - 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 M. C. ' B. C. b. 0. P. b. L. M. M. -4- •+- M. M. b. 1. M. M. H- M. M. H- *+- M. C. C. C. b. L. 1. R. M. M. M. M. Ar. M. i — 98 1159 1. Gen. Crenella Brown. rhombea Berkeley (Modiola) : 1160*s. 1161* s. rotundata n. sp ' 1162*1. Gen. Modiolaria Beck. ? ovata Calcara (Modiola) > 1163* 1. ? sinuata Calcara (Modiola) ! Il 64*1. sericea Bronn. (Modiola) : 1165 1. subclavata Libassi (Modiola) 1166 c. costulata Risso (Modiolus) : 1167 1. Gen. Lìthodomus Cuvier. lithophagus Lin. (Mytilus) 1168 c. Gen. Dacrydium Torell. hyalinus Monterosato 1169 1. Gen. Modiola Lamarck. barbata Linneo (Mytilus) 1170 1. Adriatica Lamarck 1171*1. modiolus Linneo (Mytilus) 1172*1. Broechii Mayer 1173*1. mytiloides Bronn 1174*1. intermedia Foresti 11 75* e. laevissima n sp 1176 c. phaseolina Philippi. 1177* 1. Gen. Mytilus Linneo. Aquitanicus Mayer 1178 s. , edulis Linneo ’ 1179 1 Gen. Pinna Linneo. . nobilis Linneo 1180 1 . pernula Chemnitz 1181*1 . Broechii D’ Orbigny ? 1182 1 . rudis Linneo 1183* c i. tetragona Brocchi iWVlai OJJOVyJLO glUUUOO, vy » Cfcuu/, iw.AQUuut., v,| prominenti, incurvati, pressoché centrali] terosato, Seguenza = M. subclavata Monterosato. M. costulatJ sato, Seguenza. == Modiola lithophaga Philippi, Calcara, L gus Monterosato, Seguenza -- D. vitreum Monterosato (non Holboll) 1 Monterosato, Seguenza i — M. (Modiola) barbatus Monterosato, I Philippi, Seguenza . • • — Mytilus (Modiola) Adriaticus Monterosat Philippi da M. modiolus Seguenza. . . M. Broechii Cocconi, Foresti ; Rapporto a questa specie, con qualche da esemplari di Toscana — M. modiolus Var. intermedia Foresti. Ci forma distinta dalla vivente del Nord. Affine alla M. barbata, ma più depressa, posi dilatata e levigatissima =s Mytilus (Modiola) pliaseolinus Monteros; seolina Seguenza — M. Aquitanicus Cocconi, Foresti. . . . — M. edulis Philippi, Monterosato, Segue = P. muricata Poli, Philippi, P. vitrea PI cara ec. P. nobilis Monterosato, Seguer = p. Philippii Maravigna, P. pernula Ho Qualche dubbio frammento tra i fossili di = P. pectinata Philippi (non Linneo), P. C Maravigna, P. rudis Philippi, Monterosi — P. tetragona Cocconi, Appelius .... 99 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 M. -4- -h M. H- b. -f- M. *+* - H- M. -+- -+- b. B. A. -+■ P.C. b. M. M. -+■ l ' * b. M. -+• -h M. H- ■+■ p. 1. H- H- ( Continua ) — 100 - IL Descrizione geologica dei dintorni di Boccastrada nella Maremma Toscana , per B. Lotti. Dalla base dell’ ellissoide di Montorsaio, uno dei più vasti gruppi montuosi della Catena metallifera nella Maremma grosse- tana, costituito prevalentemente da calcari cavernosi, carniole con gessi, quarziti, schisti talcosi o micacei e anageniti, tutte rocce triasiche e paleozoiche, staccasi a N.O. una serie di colli da principio di poco elevati sulla sottostante pianura alluvionale ; essa dirigesi primieramente a N.E. per una lunghezza di circa sei chilometri, piega quindi quasi ad angolo retto verso N.O. per altrettanta lunghezza raggiungendo sempre maggiori eleva- zioni, volge nuovamente ad Ovest per altri 8 chilometri, ove incontransi le più notevoli sommità nel Monte Alto (783m) e nel Monte di Sassoforte (circa 700m), descrivendo così un ampio semi- cerchio che va a perdersi decomponendosi in varie ramificazioni; alcune di queste scendono nuovamente alla pianura dalla parte di mezzogiorno, altre invece si rannodano a settentrione colla regione montuosa di Prata, Montieri e Boccheggiano. La serie indicata forma un solo crinale continuo, sul quale sono fabbiicati Roccastrada, Sassofortino e Roccatederighi ; soltanto il Monte Alto e il Monte Belli staccansi a guisa di contrafforti dal lato con- vesso del semicerchio dirigendosi rispettivamente a Nord e a N. E. L’ Ombrone per mezzo de’ suoi grossi tributari Parma e Gre- tano, il primo dei quali scorre a Nord e Y altro ad Ovest, rac- coglie le acque che scendono dalla parte della convessità della piccola catena, mentrechè quelle che ne solcano il versante con- cavo vengono condotte nella Bruna dai due torrenti Asina e Bai che provengono V uno dal N.O. presso Roccatederighi, 1 altro dal N. E. poco al disopra di Roccastrada, convergendo V uno verso P altro nel fondo del bacino appunto per la sua peculiare con- formazione, ove giunti scorrono paralleli a breve distanza fra loro per tutta la pianura fino allo sbocco. La ferrovia che da Grosseto conduce a Siena, dopo avere — 101 — lambito per parecchi chilometri il piede Ovest e N. 0. della preaccennata ellissoide, attraversa la prima zona che, come fu già avvertito, è la più depressa di questo tratto montuoso, appro- fittando di due vallecole laterali di erosione poste una di seguito all’ altra, ma aprentisi in verso opposto, nelle quali scorrono i torrenti della Falsacqua e delle Righiere che appartengono ri- spettivamente al sistema idrografico della Bruna e a quello dei- fi Ombrone. In questo tratto di circa 6 chilometri la strada passa di trincea in trincea finché attraversa lo spartiacque per mezzo di una non breve galleria. Studiando la costituzione geologica di questi dintorni traesi gran partito dallo esame di quei tagli, al- cuni dei quali veramente grandiosi, in cui son posti a nudo i più antichi terreni di queste località formati da quarziti, anageniti e schisti compresi tutti sotto fi antica denominazione di verrucano. L’ ossatura della serie montuosa che abbiamo presa in con- siderazione, dal punto ove staccasi dal gruppo di Montorsaio fin presso Sassofortino, comprendendovi la massa del Monte Alto e il Monte Belli, è costituita appunto dalle indicate rocce antiche sulle quali in alcuni punti riposano vari lembi di calcare caver- nose e carniole con gessi. Da Sassofortino fino alfi altra sua estre- mità ove si rannoda colle alture di Prata e Boccheggiano è for- mata da rocce incomparabilmente più giovani, calcari alberesi e schisti del periodo eocenico. Fra le due formazioni che dividono nettamente la catena in due parti geologicamente distinte sta interposta la massa trachitica di Sassoforte il cui vertice elevasi a circa 700 metri. È da notarsi che nella zona orientale ove predominano le rocce antiche non vi ha traccia alcuna dei cal- cari e degli schisti che costituiscono fi altra, come non ve ne ha in questa di rocce più antiche del cretaceo; soltanto al di là della Farma ricompariscono i calcari cavernosi che scendono da Boccheggiano. La serie delle rocce più antiche componesi di conglomerati quarzosi anagenitici, quarziti compatte e schistose, schisti quar- zitici, filladi e schisti steatitosi. I conglomerati anagenitici in banchi regolarissimi di oltre un metro di potenza constano di ciottoli di quarzo bianco o roseo, riuniti da un cemento lucente che alfi apparenza si direbbe talcoso, ma che il De Stefani nelle rocce identiche del Monte Pisano ha riconosciuto come micaceo; — 102 — i ciottoli sono di grossezza variabile da quella di una noce a quella di un grano di miglio. Raramente insieme agli elementi quarzosi si associano frammenti di schisti verdi o violetti dei terreni inferiori. Quando tutti i ciottoli raggiungono quella mi- nima grossezza la roccia può chiamarsi quarzite ; essa è di grana uniforme, ordinariamente violetta o giallastra, talvolta affatto candida; il cemento è della stessa natura di quello delle ana- geniti. Lo spessore de’ suoi strati non supera ordinariamente 50 centimetri. Dalle quarziti passasi agli schisti quarzitici col- T intermezzo delle quarziti schistose le quali non differiscono dalle prime se non che per la maggior copia di cemento micaceo, che è quello appunto che loro conferisce la schistosità; prevalendo questo e divenendo indefinitamente più tenui gli elementi quar- zosi si hanno gli schisti quarzitici che, come le quarziti, possono essere giallastri, bianchi o violetti ; quest’ ultima tinta però è la più frequente. Fra questi e le filladi il passaggio è insensibile talché non vi ha neppure cambiamento di colore, soltanto gli elementi silicei spariscono e vi resta 1& massa argillosa micacea sfaldabile nella quale, talvolta come nel Poggio alle Sassa presso Montepescali, serpeggiano delle vene di clorite. Gli schisti stea- titosi sono costituiti da una pasta omogenea untuosa al tatto e poco consistente per lo più di un color verde chiaro, qualche volta grigio scuro o violetto molto intenso; non contengono no- duli quarzosi, nè sono lucenti come quelli di Boccheggiano e Ser- rabottini, coi quali anzi non presentano analogia veruna. Su tal proposito cade in acconcio di notare che nelle due località in- dicate manca tutta la serie delle quarziti e delle anageniti ed agli steaschisti sovrapponesi bruscamente il calcare cavernoso, il quale nella sua parte inferiore racchiude però frammenti di schisti verdastri affatto diversi da quelli sottostanti. Sarebbe forse que- sto il caso di una discordanza o interruzione nei depositi della catena metallifera anteriormente al periodo giurese? Queste rocce, come fece osservare anche il De Stefani per le Alpi Apuane e pel Monte Pisano (Mem. del R. Comit. geol. d’Ita- lia, voi. Ili, part. I, pag. 57), si avvicendano fra loro senza una determinata legge, talché non è possibile stabilire per i membri di questa serie una successione costante e tanto meno repartirli in piani di età diversa. Per convincersi di questo fatto basta - 103 — gettare uno sguardo su quelle imponenti sezioni nelle trincee della ferrovia. Gli strati schistosi ed anche le quarziti presentano delle con- torsioni fortissime, e talvolta dei veri ripiegamenti, il che non avviene per i conglomerati; contuttociò non può dirsi esistere una discordanza fra questi e gli strati sottoposti. Dalle varie incli- nazioni che assumono gli strati di questa formazione nei diversi punti della zona montuosa presa in esame, può dedursene la loro disposizione in anticlinale coll’ asse diretto da Nord a Sud, quindi coincidente all’ incirca coll’ asse di quel tratto rettilineo sul quale è posta Roccastrada, e che si continua più a Nord nel Monte Alto. Questa deduzione trova appoggio nel fatto che in ambedue i ver- santi orientale ed occidentale trovansi vari lembi isolati di cal- care cavernoso, formazione che immediatamente succede in ordine ascendente a quella già descritta e che un tempo doveva ricuo- prirla completamente. Questa roccia che comparisce costantemente in tutta la Ca- tena metallifera con identici caratteri e nella stessa posizione stratigrafica, consta ordinariamente di un calcare ceruleo od an- che grigio scuro, cosperso di cavità, da cui il nome di Cavernoso, ripieno talora di una polvere grigia dolomitica, o tappezzato di piccoli cristalli di dolomite. È accompagnata ordinariamente da un conglomerato di frammenti calcarei e quarzosi cui si dà il nome di carnióla e da masse lenticolari di gesso. Lungo la via da Sassofortino a Roccastrada che gira in costa il lato occiden- tale del Monte Alto e percorre in tutto il resto il crinale di quel tratto montuoso, questa formazione offre alcuni particolari degni di nota specialmente perchè ivi la strada taglia ripetuta- mente il contatto fra essa e le sottoposte quarziti. Poco al di- sotto di Sassofortino andando verso Roccastrada in una depres- sione fra il Monte Alto e il monte trachitico di Sassoforte vedesi una gran lente di gesso uscir fuori di sotto ai calcari cavernosi ; la località prende appunto perciò il nome di Gessaie . Quasi si sarebbe tentati a credere ad .una conversione di calcare in gesso per opera delle trachiti, se non si trovassero giacimenti analoghi associati ai calcari cavernosi in luoghi ove non esistono affatto rocce plutoniane, come ad esempio nel gruppo di Montorsaiò, nel Monte Argentario ed in altri punti della Catena metallifera; — 104 — del resto dall’ altro lato della massa trachitica in quel tratto ove non compariscono rocce più antiche del cretaceo, non vi è tiaccia di gesso, sebbene i calcari alberesi trovinsi ad immediato con- tatto colle trachiti. In diversi punti del Monte Alto il calcare cavernoso acquista una tinta molto cupa quasi nera, diviene po- roso come una pomice e stropicciato anche leggermente sviluppa un forte odore di solfuro idrico. Poco più oltre verso Roccastrada si ripete lo stesso fatto negli 'schisti quarzitici; essi sono ezian- dio ricoperti per breve tratto da efflorescenze di solfo e ram- mentano i terreni dai quali sprigionansi i soffioni boracifen. Al contatto colle rocce silicee sottostanti è di aspetto tufaceo e di un colore giallastro e racchiude dei frammenti di schisti verdi e violetti, talvolta di grandi dimensioni. In alcune località, ove mostransi più compatti, questi calcari hanno somministrato dei fossili dai quali sembra che debbano esser ritenuti fra noi come i rappresentanti dell infralias. Sopra ai calcari cavernosi, per quanto si sono estese le mie ricerche nel territorio di Roccastrada e in quello di Montepescali che pur faceva parte del mio campo di rilevamento, non esiste altra serie di rocce ad eccezione delle mioceniche e plioceniche. Questi terreni son costituiti da marne, arenarie calcaree, con- glomerati sciolti e calcari concrezionati. Le marne più profonde racchiudono strati di lignite e fossili miocenici identici a quelli dei vicini terreni lignitiferi di Casteani, coi quali sono in con- tinuazione. Le arenarie a cemento ed elementi per la maggioi parte calcarei alternano in strati di non grande spessore con marne contenenti P Ostrea cochlear, ed altre specie plioceniche. Poco sotto Roccastrada ad Ovest sopra alle marne sta un cal- care giallastro quasi completamente costituito da foraminifere del genere AmpMstegina e da Nidlipore che racchiude inoltre una quantità di Ostrea, Pecten, Gàrdium e Terebratula, specialmente T. ampulla, tutte specie plioceniche. I conglomerati di ciottoli calcarei di varie dimensioni in generale non contengono fossili. Superiormente a tutte queste rocce sta il calcare concrezionato, colorato in giallo o in rossastro dall’ossido di ferro, alquanto cavernoso e simile in tutto ai comuni travertini d’ acqua dolce. Questo calcare però è d’ origine marina, e ne fanno piena fede le bellissime conchiglie che racchiude in stato di perfetta con- - 105 — sensazione, fra le quali distinguonsi il Federi flabelliformis e il P. Jacobeus, grossi Balani e in certi punti una moltitudine di piccoli fossili fra i quali primeggia un Dentalium probabilmente della specie D. incurvimi. Tutti questi depositi terziari sono distesi in ambedue i ver- santi di quel tratto montuoso in lembi isolati separati fra loro da zone di terreni antichi. Il miocene predomina nel versante concavo occidentale ; giunge fino all’ altezza del crinale presso Sassofortino, mentre in basso va a riunirsi ai terreni lignitiferi di Montemassi e Casteani. Esso è caratterizzato specialmente dai depositi di lignite che manifestansi alla superficie con numerosi affioramenti; uno di questi, veramente meraviglioso, attraversa normalmente il letto del fosso Ribolla, poco sotto Montemassi, presentando una potenza di circa otto metri ; la lignite all’ af- fioramento è della migliore qualità. Vari altri affioramenti s’ in- contrano più in alto presso Roccatederighi, Sassofortino e Roc- castrada, non che al di là dello spartiacque presso il fosso dell’ Acquanera che affluisce nella Farma. Il pliocene invece prevale nel versante orientale, ed occupa una gran parte della valle del Gretano, particolarmente verso il Sud ; un piccolo lembo di esso trovasi sul crinale a Nord di Roccastrada ed è costituito specialmente dal calcare concrezionato di cui fu già fatto cenno ; un secondo comparisce sotto Roccastrada ad Ovest per la via che conduce a Montemassi ed è formato dal calcare ad Amphistegina e Nullipore e da marne grigio-giallastre; un terzo finalmente può osservarsi presso Sassofortino sovrapposto immediatamente ai gessi dell’ infralias. Noto incidentalmente che qui il pliocene trovasi a circa 600 metri d’ altezza sul mare. Ad eccezione del terreno alluviale da cui è ricoperta una gran parte della pianura che stendesi alla base dei monti di Roccastrada, di Sticciano e di Montepescali, il terreno più re- cente nella zona che abbiamo presa in esame è costituito dalla trachite. « Questa roccia consta di quarzo in grani diesaedri grossi 5mm, sani dina in cristalli semplici, incolori, di circa 10mm di grossezza, plagioclasio bianco, mica bruna e cordierite in grani arrotondati, di color violetto di 1 — 3 millimetri di grossezza. Questo minerale così raro nelle trachiti e in tutte le rocce erut- tive, è frequentissimo in queste di Roccastrada, tantoché diffi- 8 - 106 — cilmente in un campione se ne potrebbe notare la mancanza. » (Gl. yom Rath, Die Umgebungen vou Massa Marittima. Zeit- schr. der deut. geol. Gesélls . , 1873). Essa comparisce in più punti di questo territorio in lembi fra loro separati, ma che facilmente possono riunirsi in due gruppi principali, quello di Roccastrada, cioè e quello di Sassoforte. Il primo gruppo com- prende due soli lembi di piccola estensione sopra uno dei quali è fabbricata la grossa e pittoresca terra di Roccastrada (49 2m), T altro trovasi poco sotto verso Sud, ed è separato dal primo mediante una stretta zona nella quale compariscono marne e con- glomerati pliocenici, quarziti e calcari cavernosi. La pai te mag- giore e più antica di Roccastrada è posta nella cresta della rupe trachitica che dal lato di ponente presenta un’ alta parete a picco divisa ingrossi prismi situati in posizioni d’ equilibrio veramente singolari, tantoché in alcuni punti si dovettero costruire dei muli e dei pilastri che offrissero a quei massi minacciosi un punto d1 appoggio*, la parte nuova stendesi invece ai piedi della lupe lungo la strada provinciale sopra il terreno pliocenico. Il mag- giore sviluppo è presentato dalla trachite presso Sassoforte ove comparisce in quattro punti isolati, cioè sul monte di Sassoforte, a Roccatederighi, a Caminino e a Torni ella. L’ antico castello diroccato di Sassoforte è situato sulla sommità della massa tra- chitica che ha qui una estensione di circa tre chilometri qua- drati. Da essa staccasi per breve tratto, in cui si hanno calcari alberesi, schisti ed ofioliti, un piccolo lembo a guisa di scoglio, sul quale sta Roccatederighi. Più sotto a mezzogiorno fra la valle dell’ Asina e quella del Bai, comparisce V altro lembo tra- chitico di Caminino, mentre quello di Tordella trovasi a Nord nella valle della Farma. Tutti questi lembi diversi non formano certamente altrettanti centri eruttivi, come è facile persuadersene anche ad un sem- plice esame superficiale delle loro relative posizioni. I centri d’ eruzione potrebbero essere due al più, uno presso Roccastrada ed uno presso Sassoforte, ma io inclino a credere alla esistenza di un solo di essi presso Sassoforte riguardando tutte le altre masse come resti di un1 ampia colata che dovette ricuoprire la massima parte di questo territorio ; e che un tempo le trachiti occupassero una estensione molto maggiore dell’ attuale lo prova — 107 - il fatto della esistenza di una grande distesa di detrito trachi- no sopra T alluvione ed il miocene nella pianura sottostante. Se ci facciamo inoltre ad investigare le cause che possono aver favorito P uscita delle trachiti dipendentemente dalla struttura interna di questo tratto di monti, vediamo che appunto presso Sassoforte esiste una discontinuità nelle stratificazioni, la quale, come fu detto più sopra, segna un brusco passaggio fra i ter- reni triasici e gli eocenici separati fra loro soltanto per mezzo della massa trachitica che sembra essersi fatta strada attraverso la faglia. Presso Roccastracla invece non appariscono dislocazioni nè rotture poiché da ogni lato della massa vedonsi le quarziti e gli schisti antichi regolarmente disposti; è probabile quindi che anche la scogliera trachitica di Roccastrada altro non sia che il residuo d una corrente discesa dall’ unico centro eruttivo di Sasso- forte. Però non ho potuto constatare questo fatto con più dirette osservazioni. Oltiepassate le trachiti di Sassoforte andando verso occidente si entra in quella zona nella quale mancano affatto rocce più antiche del cretaceo. I calcari alberesi che quivi predominano non mostrano di aver subita modificazione alcuna dal contatto colle trachiti; sono del solito colore ceruleo però in strati sottili di pochi centimetri aderenti gli uni agli altri ciò che conferisce loro una certa apparenza di scistosità. Più oltre al di là di Roccatedeiighi i calcari presentano un aspetto diverso; sono di un grigio tendente alquanto al rossastro e sparsi di minutissime macchie scure che potrebbero essere attribuite alla presenza di resti organici: però ad onta del più attento esame non riuscii a scuoprirvi alcun che di certo. I loro strati possiedono un di- screto spessore ed inclinano ad Ovest. È in mezzo a questa formazione calcarea e gli schisti sotto- stanti che trovasi il giacimento ofiolitico di Roccatederighi e Montemassi racchiudente una miniera cuprifera esplorata da diversi anni sulla quale possono fondarsi a buon dritto le più belle speranze. Il complesso delle rocce ofiolitiche costituisce una massa allungata in direzione N.— S. limitata alla superficie dai calcari cenerini dal lato di ponente, dalle trachiti e dal deposito miocenico dell’ Acquanera dal lato di levante. Ciò presso Rocca- tederighi. A Montemassi, pochi chilometri più in basso a S.S.O., - 108 — sempre nella stessa direzione meridiana, ricompariscono le rocce ofiolitiche in mezzo ai calcari del tipo più puro degli ordinari alberesi eocenici; dalla parte di mezzogiorno sovrapporsi ad esse il miocene costituito da strati di puddinghe e di marne quasi verticali. Nell’ interno però la vera posizione di queste masse non è fra i calcari a guisa di filone o di dica, che anzi in nessun punto potei osservarne il contatto immediato coi calcari stessi; esse sono intimamente connesse colla serie degli schisti sotto- posti, forse cretacei, che mostransi dovunque diasprizzati in vi- cinanza delle ofioliti. „ La serie delle rocce costituenti il giacimento andando da Est ad Ovest e fora’ anche in ordine di sovrapposizione dall’ alto al basso è la seguente: schisti diasprini rossi o verdastri; gabbro rosso; steatite serpentinosa con vene e noccioli di calcopirite ed erubescite; serpentina; diabase porfiroide, eufotide. li se ìs 1 i diasprini passano inferiormente in modo quasi insensibile al gab- bro rosso roccia indeterminata e forse indeterminabile per le sue svariatissime forme, le quali però nel complesso offrono dei ca- ratteri tali per cui non si esita un istante a riunirle tutte in un solo insieme conosciuto comunemente col nome di gabbro. Esso possiede talvolta un color rosso mattone ed è formato da una massa rossa serpentinosa attraversata da vene di calcite bianca, in cui vedonsi disseminati dei cristalli di diallaggio verde ed in questo caso, che è il più generale, si ha il gabbro rosso tipico. Tal’ altra consta di noccioli arrotondati rossi alla superficie, ma verdastri nell’ interno con aspetto dioritico, insieme cementati da una pasta rossa serpentinosa; oppure è un conglomerato di ele- menti eterogenei dioritici, eufotidici o serpentinosi riuniti insieme da un cemento pure serpentinoso. Non di rado il gabbro mani- festa una evidente stratificazione, come può osservarsi presso a polveriera della miniera di Poggio Alto e più sopra presso la sommità del Poggio Alto stesso. Uno stacco marcatissimo esiste fra il gabbro e la steatite metallifera della quale forma il tetto. Presso il contatto col gab- bro essa presentasi sotto forma di una pasta che acquista a consistenza pietrosa a misura che se ne allontana. Nella pasta i minerale trovasi per lo più in noccioli, mentre che nella steatite dura presentasi in vene e filoncelli di spessore variabile, ma che — 109 — raramente oltrepassa i dieci centimetri. La ricchezza di esso è certamente assai considerevole, come risulta dalle seguenti ana- lisi eseguite da un pubblico saggiatore di Genova e che io tolgo da un rapporto del distintissimo direttore tecnico della miniera, ingegnere L. Parodi, letto nell’ adunanza generale della Società delle miniere di rame di Poggio Alto del 6 luglio 1876: Erubescite scelta a martello la qualità 48,50 % Id. 2a » 25,20 » Pirite scelta a martello la » 25,05 » Id. 2a » 17,25 » Pirite lavata al crivello (me- dia di 3 saggi). 20,90 » L5 andamento della steatite metallifera presenta la massima ir- regolarità; alla superficie coincide col corso del fosso Pisciolino che dopo breve tratto verso Sud prende nome di Fossato, è diversa però nell’ interno. In complesso però segna una direzione da Nord a Sud che è quella dell’ intiero giacimento ofiolitico e di tutte le singole rocce che lo costituiscono; T inclinazione aneli’ essa va- riabile ha una media di 45° verso oriente. Ciò che vi ha di re- golare nella roccia metallifera si è la sua posizione costante fra i gabbri al tetto e la serpentina diallaggica al riposo. Anche la sua potenza è variabilissima presentando molteplici rigonfiamenti e ristringimenti; in generale non oltrepassa i 10 metri, e tal- volta riducesi a soli pochi centimetri. La serpentina che forma il letto della roccia steatitosa è ordinariamente di color verde cupo intenso con cristalli di bronzite sparsi nella massa e presso il contatto è costantemente iniettata di pirite di ferro ; non man- cano in essa F amianto, V asbesto e gli altri minerali che di solito accompagnano le serpentine. Il contatto colla steatite non è mar- cato come quello della steatite col gabbro, anzi in generale non è altro che la serpentina stessa che in prossimità del gabbro diviene gradatamente steatitosa. Alla serpentina colle sue diverse varietà succede bruscamente una diabase in parte omogenea in parte porfiroide, con questo di singolare che le due parti sono nettamente distinte fra loro senza però che la massa presenti discontinuità veruna. Nella dia- base a struttura omogenea, osservansi alcune vene sottili di una — 110 — sostanza che per i fenomeni presentati al cannello, e per il suo colore roseo, credo che debba ritenersi per thulite. Questo mi- nerale che poco tempo indietro era conosciuto soltanto in Nor- vegia sembra frequente nei giacimenti ofiolitici della Toscana,- essendo stato scoperto di recente all’ Impruneta presso Fiienze e nell’ Isola d’ Elba, colla differenza però che in queste due lo- calità trovasi nella eufotide, mentrechè a Roccatederighi è nella diabase. L’ eufotide comparisce nel Poggio Alto, in vicinanza del fab- bricato di Roccatederighi, e poco sotto presso il Fossato, talché sembra limitare il giacimento dal lato occidentale. Fino alla metà dell’anno decorso 1876 escavavano la vena metallifera due Società, una delle quali concentrava i suoi lavori sul versante meridionale del Poggio Alto, P altra contigua alla prima sotto il paese nel Fossato. Dopo questo tempo, per parte della Società di Poggio Alto, fu fatto acquisto della miniera ap- partenente all’ altra società, e sono sperabili grandi vantaggi dalla loro riunione. La miniera del Fossato possiede una galleria di scolo che dal letto del fosso dingesi a Nord con una lun- ghezza di oltre un chilometro, della quale viene attualmente ese- guito il prolungamento per metterla in comunicazione coi lavori di Poggio Alto, ciò che permetterà di portar questi ad una mag- giore profondità e di risparmiare una dispendiosa estrazione delle acque e dei materiali come adesso vien fatta per mezzo di mac- chine a vapore. Questa galleria munita di binario, oltreché per lo sfogo delle acque serve appunto anche per il trasporto dei materiali escavati, la parte meno ricca dei quali vien condotta nel prossimo stabilimento sottoposto, ove subisce la spezzatura e la lavatura meccanica. La forza motrice per questa operazione è fornita dall’ acqua del fosso che agisce sopra una turbina per circa 9 mesi dell’anno; nei tre mesi estivi supplisce alla man- canza di essa una macchina a vapore della forza di sei cavalli. Per mezzo di questa galleria fu esplorata una buona parte del giacimento compreso nella concessione del Fossato, e furon fatte altresì alcune ricerche inferiormente alla galleria di scolo dalle quali fu constatata la continuazione del minerale in profondità. Due pozzi, il Sant’ Angelo e il Deodato, aventi circa 60 metri di profondità vanno dalla superficie ad incontrare la galleria. I la- — Ili — vori eli Poggio Alto constano principalmente di una discenderia maestra, col nome Emilia, che apresi nel letto del fosso Piscio- lino ed internasi nel monte che lo fiancheggia ad Est con una inclinazione di 40°, seguendo il contatto del gabbro colla stea- tite. Per essa vengono estratti i vagoncini e le acque della mi- niera mediante una locomobile della forza di 6 a 7 cavalli. A circa 40 metri di profondità diramasi il primo piano dei lavori, co- stituito da una galleria in direzione che va a raggiungere il pozzo Gastone a Nord e da altre minori escavazioni. Alla bocca di questo pozzo situato a 40 metri sopra P ingresso della discen- deria è installato un maneggio a cavalli che serve per P estra- zione di una parte dei materiali e delle acque. Circa 15 metri sotto il primo piano trovasi un mezzanino costituito da una gal- leria nel letto della vena, dalla quale staccansi diversi fornelli ascendenti verso il piano superiore. Questi lavori hanno sommi- nistrato e somministrano tuttora una considerevole quantità di minerale ed incoraggiano pel proseguimento della impresa. Un ultimo piano finalmente trovasi a 107 metri di profondità, e consta di una galleria che riunisce il fondo del pozzo e quello della discenderia; da essa diramansi alcune traverse allo scopo di rin- tracciare il giacimento, però una soltanto di esse lo ha raggiunto. Un lavoro di ricerca interessantissimo, saggiamente ideato dalla direzione tecnica, è stato di recente iniziato a Nord di Poggio Alto nel versante della Farina a più di mille metri di distanza dai lavori brevemente descritti. La galleria incipiente, cui fu dato il nome di Cesare, mostra allo spunto fra il gabbro rosso e la serpentina diallaggica una formazione di contatto co- stituita da una losima steatitosa avente una potenza media di 60 centimetri ed una inclinazione di 80° ad Est, nella quale fu- ron già rinvenuti dei noduli di calcopirite. La serpentina del letto è tutta impregnata di pirite di ferro. I lavori eseguiti fino al presente collo scopo precipuo di esplo- rare il giacimento e di preparare un discreto campo di lavora- zione, oltre all’avere offerto dati sufficienti per fare sperare in un prospero avvenire della miniera, hanno procurato una quan- tità non indifferente di minerale da porsi in vendita. Il minerale estratto dalla miniera è diviso in tre categorie principali, cioè calcopirite, erubescite e terre ramate; delle prime due vien fatta — 112 - una cernita a martello che dà un prodotto di la e 2a qualità: le terre ramate e il minerale più povero vanno ad arricchirsi al lavaggio. Molti e distinti geologi che hanno visitato il giacimento me- tallifero di Roccatederighi sono stati unanimi nell’ affermare la grande analogia di esso con quello ormai celebre di Monteca- tini; la sola differenza sta in ciò che a Montecatini la steatite metallifera trovasi racchiusa totalmente nel gabbro rosso, mentre che qui sta fra il gabbro e la serpentina. Può essere utile qui il ricordare che nel giacimento ofìolitico di Rocca Sillana (Boll, del B. Conni, jgeol. d’ Balia, N° 7-8, 1876) la roccia cuprifera è intieramente incassata nella serpentina diallaggica ; si hanno così nelle tre località tre posizioni diverse della stessa vena metal- lifera, di cui quella di Roccatederighi rappresenta il termine intermedio. Presso Montemassi, per quanto è a mia cognizione, non sono state fatte finora ricerche ; intesi parlare però di frammenti di minerale di rame trovati in un fosso sotto il castello : del resto esiste anche qui il gabbro rosso e là serpentina, e non è certa- mente improbabile che la zona di contatto sia metallifera. Chiudo questi pochi cenni sulla miniera di Roccatederighi esprimendo la mia più viva gratitudine verso 1 egregio signor Alfonso Bini, maestro dei lavori, che mi servì ripetutamente di guida nella visita di quelle miniere, e mi fu prodigo di interes- santissime notizie. Non vi ha dubbio alcuno che il giacimento ofìolitico di Rocca- tederighi e Montemassi appartenga alla stessa zona degli altri giacimenti ofiolitici della Toscana, e che come essi non abbia che fare menomamente colla zona delle pietre verdi delle Alpi occi- dentali. Ciò è dimostrato colla massima evidenza dalla intima connessione di essi colle rocce dell’ eocene inferiore o tutt al più della creta superiore. In quanto alla loro genesi più probabile, se devo permettermi di esternare la mia opinione, io credo che debba essere attribuita piuttosto ad azioni metamorfiche che ad eruzioni plutoniche, e ciò per le considerazioni seguenti. Primie- ramente non sono visibili quei fenomeni di contatto che hanno sempre luogo fra la roccia intrusa e quelle incassanti, ma osser- vasi invece una transizione graduata fra le rocce verdi e quelle - 113 evidentemente sedimentarie. Vediamo infatti, come fu già avver- tito, che gli schisti argillosi eocenici o cretacei sono convertiti in diaspri; che da questi ai gabbri non è possibile trovare una linea netta di separazione e che i gabbri stessi sono stratificati ; che il gabbro rosso con cristalli di diallaggio e vene di calcite può riguardarsi come una oficalce diallaggica alterata, quindi o sono eruttivi anche i gabbri, cosa veramente inammissibile, o le serpentine sono rocce metamorfiche. In secondo luogo per spie- gare una eruzione di rocce della natura delle serpentine, di cui non trovasi esempio tra le rocce eruttive dell’ attualità, è d’uopo ricorrere a strane ipotesi, mentrechè non mancano esempi di conversione di rocce argillose in serpentino (D’Achiardi, Sulla conversione di una roccia argillosa in serpentino. — Boll, del R. Gomit. geol. d’ Italia, N° 11-12, 1874). Prima di dar termine alla presente Nota giova fare alcune considerazioni circa V epoca alla quale devesi riferire il solleva- mento del tratto montuoso di cui ho tentato tracciare la geo- logica costituzione. L’ esistenza del pliocene in diversi punti del crinale, comin- ciando da Sassofortino a circa 600 metri d’ altezza fino a Rocca- strada (49 2m) mostra * incontestabilmente che durante il periodo pliocenico le acque del mare occupavano tutta quella zona nella quale si ergono attualmente le alture di Roccastrada ; nessun dub- bio adunque che il loro sollevamento debba riferirsi ad un’ epoca posteriore al pliocene. Per lo stretto formato fra le appendici settentrionali del gruppo di Montorsaio e i monti di Roccate- derighi il mare penetrava nei bacini pliocenici del senese, ove avvenivano quelli estesi sedimenti argillosi impropriamente chia- mati crete. Il Monte Alto e il Monte Belli, emergevano in mezzo a questo stretto a guisa di isolotti. La tenuità del deposito e la sua immediata sovrapposizione alle rocce triasiche e paleozoiche, la natura concrezionaria dei calcari, le foraminifere che conten- gono e i frequenti conglomerati dimostrano ad evidenza che la sedimentazione in quel periodo avveniva in un basso fondo. A que- sto punto possiamo dimandarci qual fu la causa che presiedette al sollevamento di questa piccola barriera che in un’ epoca tanto recente intercettò almeno da questo lato la comunicazione del mare coll’ interno dell’ attuale continente. A prima vista colpisce — 114 - T idea che nella emersione delle trachiti debba ravvisarsi la forza sollevatrice, tanto più che nel centro eruttivo corrisponde ap- punto la massima elevazione; ma senza ricorrere ad ipotesi che sembra non trovino appoggio nei fenomeni che svolgonsi nel- l’attualità, può ritenersi tale sollevamento collegato a quel mo- vimento generale postpliocenico intraveduto dal Savi ed ormai constatato dalla pluralità dei geologi, di cui ogni giorno scuo- pronsi nuove tracce in tutta la Catena Metallifera. Massa Marittima, febbraio 1877. III. Schizzo geologico della provincia di Udine, per G. A. Piróna. Poche sono le provincie dell’Italia che presentino una così completa e regolare successione di formazioni geologiche quanto quella di Udine, essendo in essa rappresentata quasi compieta- mente tutta la serie dei terreni, dai paleozoici ai mesozoici e cenozoici. Le Alpi Gamiche, tra le origini del Piave e del Fella, si di- stinguono in paleozoiche e triasiche. I contrafforti più meridio- nali di esse appartengono a terreni più recenti. Terreni Paleozoici. — Questi terreni sono principalmente svi- luppati dalle origini della Drava e del Gail fino a Tarvis, senza interruzione. Si mostrano ad oriente nelle Caravanche, ma inter- rotti ed assottigliati. Il loro limite meridionale è segnato quasi esattamente dal corso del Degano da Forni Avoltri a Comeglians, poi con piccole deviazioni dalla comba secondaria della Yalcalda tra Comeglians e Paluzza, dalla sponda destra della Pontaiba, dalla sella del Durone o Costa Robbia, dalla Forca di Pizzul e dal corso della Pontebbana sino a Pontebba. Mercè gli studii del Taramelli, questi terreni paleozoici, rife- riti prima al carbonifero superiore, vengono ora divisi in due piani distinti. Carbonifero superiore e Permiano. ___ 1 Estratto dai Cenni sulla Provincia di Udine sotto l’aspetto storico e naturale, Udine 1877. — 115 — Carbonifero. — Nel versante meridionale non appaiono strati più antichi del carbonifero superiore. Pare però che si manifestino nel versante settentrionale. Il signor E. Tietze incontrò al nord della Pontebba, depositi con fossili che parvero riferirsi al silu- riano o al devoniano. Gli strati più bassi visibili nel versante carintiano sono micascisti, grovacche, calcari saccaroidi, con so- prastanti arenarie e puddinghe variocolori, con impronte di ve- getali. Al passo di Meledis vi ha un conglomerato a ciottoli quarzosi ed anfibolie! con cemento arenoso micaceo, che si estende nel versante carintiano per la valle del Kio di Straning. Vi sussegue un calcare arenoso, scistoso, fossilifero, nero, poco potente, con Orthoceras, Gyroceras , Fuomphalus, Macrocheilus, Turritella, Nerita, Pleurotomaria, JBellerophon , Conocardium, My- tilus, Spirifer, Spirigera, Orthis, Leptaena, Productus, Zaphreu- stes, Fenestrella, Favosites, Alveolites con rari epigidii di tri- lobiti, probabilmente del genere Asaphus, che si vedono al Nassfeld, a nord-ovest della valletta dello Straning e in diverse altre località della Carintia, ma che mancano affatto nel versante italiano. Il calcare nero a fauna marina, è coperto da calcari talora saccaroidi venati con straterelli di grafite e talvolta anche con impronte di piante di cui l’autore e il Taramelli raccolsero esem- plari : vi sono rappresentati principalmente i generi Cyclopteris, Odontopteris, Pecopteris, Annularia , Sphaenophyllum, Cordaites ed altri meno determinabili trovati a nord-est di Pontebba, ma che si mostrano pure a occidente dell’Alpe di Klausen al nord di Malborghetto, e non lungi dal confine al nord dell’ Incarojo. Si mostrano cogli stessi caratteri a sud-est di Fontanafredda e al Rio Tamai sul pendio meridionale del monte Germuìa, dove contengono qualche straterello di siderose, ma i fossili sonovi più rari e meno conservati. Superiormente agli strati con indizii di piante e di combu- stibile si sviluppa una zcna calcarea che corona la catena car- nica. Questi calcari ora compatti, ora brecciformi rossastri, ta- lora bianchi o grigi, spesso marmorei, s’incontrano ad oriente del Paralba al passo di Sesis, al monte Volaja, al Judenkofel, al monte Canale e nell’alta valle dell’ Incarojo sul fianco meridonale dello Scarniss e dell’Ochsenkofel tra Cerciavesa e Meledis, alle falde - 116 — del monte Germula e alle origini della Pontebbana. Ne sono co- perti pure i contrafforti della catena principale nel versante ca- rintiano. Rare le località fossilifere, ma i fossili vi sono nume- rosi e appartengono ai generi Orthoceras, Spirifer, Eetepora , Cyathocrinites, ec. In contatto coi precedenti, ma superiormente, evvi un cal- care per lo più grigio, talora bianco, che si mostra sulle alte cime dell’ asse della catena o nei monti vicini, il quale sebbene interrotto, costituisce un importante orizzonte geognostico, con- tenendo quasi sempre filoni o vene di metalli. Permiano. — La parte inferiore di questo deposito è costi- tuita da scisti molto quarzosi, spesso micacei e qualche volta talcosi. Sono di color violetto, talora screziati; vi sono interposti qua e là strati di arenarie verdi compatte, alle quali succedono arenarie cloritose o scisti con frammenti di porfido poco quar- zoso. Questo complesso di rocce costituisce la vetta Grassolina e il monte Crostis. Al monte Terzo (230CT) queste rocce sono co- perte da tufi e brecce porfiriche alternanti tra loro, e da colate di porfido rosso-vinato da 7 a 10 metri di potenza. Lungo il versante occidentale del monte Paularo, al Cristo del Timau e alla destra del Legano tra Rigolato e Comeglians, vedonsi espan- dimenti o filoni di diabase o di iperite più o meno cristallini. Superiormente a questi depositi s’incontrano o argilloscisti verdastri, ora scissili ora compatti con noduli di calcite, o are- narie verdi o rosse, brecciate, coperte da argilloscisti rossi splen- denti che si distinguono difficilmente da quelli del servino quando manca l’arenaria quarzosa del Verrucano. Questi strati sono sviluppati principalmente a sud del Monte Terzo nei ver- santi meridionali dei monti Vetta Grassolina, Dosso Valanzina, Culbis, Zuplan, al monte Paularo, alle falde de’ monti Suart, Nevis e lungo il dosso tra il Paularo e il monte Scarniss. Questo complesso corrisponderebbe agli scisti di Casanna del Tirolo me- ridionale o ai depositi sincroni dei dintorni di Lugano e della Val Trompia, ritenuti rappresentare il Permiano inferiore. Nella parte orientale il permiano non va oltre la Forca di Pizzul. È bene sviluppato, quantunque interrottamente nelle Cara- vanche, e continua nella Stiria fino all’ estremo lembo delle Alpi. Nella parte occidentale s’interrompe assai presto e non ricom- " - 117 - pare nelle Alpi venete che in aree limitate e disgiunte. Sono sincrone di quella dell1 Alta Carnia le rocce scistose metallifere di Agordo e„ Recoaro. Ricompaiono nel Tirolo meridionale per continuare nelle Alpi lombarde e piemontesi sempre cogli stessi caratteri. Terreni Mesozoici. — Dei terreni di quest’ epoca sono parti- colarmente sviluppati in questa regione quelli del Trias; non vi mancano però i rappresentanti dell’ Infralias e del Lias, nè quelli del Giura e della Creta, anzi questi più recenti, benché inter- rotti e poco potenti, riescono interessantissimi al geologo per le loro condizioni speciali che li distinguono da quelli che si incon- trano ad occidente della valle del Piave. Trias. — La serie triasica si estende su tutto il bacino del Tagliamento, meno nel tratto occupato dal paleozoico, e si pro- paga a sud intorno alle origini delle valli delle Zeliine, del Me- dium, dell’Arzino, del Torre e del Natisene. Il suo limite supe- riore non è ben determinato, non essendosi riconosciuta ancora 1’esistenza dei scisti neri e dell’ arenarie dell’ Infralias inferiore che segna il limite tra la dolomia media triasica e la dolomia superiore. Si divide di solito il trias alpino in cinque piani distinti : 1° Servino o trias inferiore. 2° MuschellcalJc o trias medio. 3° Marne iridate. 4° Strati di Raibl. 5° Dolomia media. Gli ultimi tre co- stituiscono il trias superiore. Tutto questo complesso è regolarmente sviluppato nella pro- vincia di Udine con una potenza di 3000 metri, in stratifica- zione discordante coi terreni paleozoici e con un’orografia ten- dente alla forma di altipiano. Trias inferiore o servino. — Il solo rappresentante del trias inferiore nelle Alpi Carniche è un deposito di conglomerato quar- zoso a cemento arenoso micaceo di color rossastro, poco potente, coperto da argillo-scisti micacei rossi poco tenaci. Tanto il con- glomerato che gli scisti sono privi di fossili. Questi depositi for- mano una zona che contorna i lembi del terreno paleozoico dalla valle del Fella e della Pontebbana per la valle d’Incarojo, e quindi per la Pontaiba fino all’alta valle del Degano. Si mo- strano alla destra del Rio Resosco presso Paularo, formando i dossi che contornano il villaggio, e si spingono a nord fino a Costa m ii8 — Robbia e ad ovest fino a Ligosullo e Tausia, ove sono interrotti dalle arenarie del carbonifero. In questo tratto della valle d In- carojo manba il conglomerato quarzoso e gli scisti si appoggiano direttamente sugli scisti paleozoici. Il servino ricompare piesso Siajo e forma la sponda destra della Pontaiba fino al Rute. Oltre questo ricompare lungo la Yalcalda fino a Comeglians, interrotto di tratto in tratto da affioramenti di Permiano. Si mostra nella valle della Pesarina ove riposa su pietre verdi, probabilmente permiane. Da Comeglians le arenarie e scisti del servino ada- giati sul calcare metallifero si spingono a nord fino al punto di confluenza del Rio Acquabona: a Forni Avoltri passano sulla si- nistra, girano a’ fianchi del monte Yas, poscia si dirigono ad oc- cidente al Dosso d’ Avanza (2000m) acquistando quivi la massima potenza ed estensione. Trias medio. — Gli scisti rosso-micacei sono in più luoghi coperti da depositi di gesso cristallino con zolfo nativo, accom- pagnato da marne argillose e sovente da un calcare magnesiaco cariato (Rauchkalk). Tale deposito si mostra a Paularo ed è po- tentissimo al Durone sulla sinistra "della Pontaiba, e lungo il Rute sino a Piano d’Arta. Yedesi nella Vaicalda da Ovasta a Prato, e nella valle Lumiei ove contiene zolfo nativo come al Durone. Su questa formazione gessifera o sugli scisti micacei del servino riposa il Muschelkalk, il quale è rappresentato in queste Alpi da un calcare compatto o subscistoso a strati spesso sottili, ora nero, ora venato di bianco. Questo calcare è coperto da scisti rossi o da arenarie quarzoso-micacee rosse e talvolta giallastre o grigie, alternanti qua e là con strati di calcare, o cloritico splendente o marnoso. Questi scisti o arenarie si distinguono da quelli inferiori per non trovarsi mai in relazione colla formazione gessifera e per contenere alcuni fossili ( NaticeUa costata, Mya- cites Fassaensis, Federi Fuchsi e qualche Ceratites ). S’incontrano in esse tracce di eruzioni di porfidi augitici o di dioriti, accompagnate da conglomerati ad elementi feldspatici, di epoca contemporanea alla formazione porfirica della Carintia meridionale. Nella valle del Fella i calcari neri o bianco-venati, con una potenza di almeno 50 metri, sono piegati ad anticlinale tra Pietra Tagliata e Fusinatis d’ onde s’ innalzano verso ' oriente sino al - 119 — monte Illus, e formano ad occidente parte del versante settentrio- nale dei monti Slenza e Gleris, alle origini della Studena. Qui sono coperti dalle arenarie rosse che si estendono fino alla destra della Pontebbana, dove si confondono cogli scisti micacei del servino. Nella parte meridionale invece il calcare nero è coperto da una breccia molto tenace, che non si vede in alcun’ altra parte di quelle montagne. Questo calcare dalle creste del Gleris passa nella valle d’Incarojo fino a Dierico, contorna il piede setten- trionale del monte Tersadia e quello dei monti di Suttrio : forma le sponde del Degano fino allo sbocco delle valli Miozza e Flaur, e di là fino a Culzei, lungo la valle Pesarina, sempre mantenen- dosi in relazione colla formazione gessifera inferiore. Si vede pure nella valle Lumiei. A Mione, nella valle Miozza, contiene fossili e tra questi alcuni Orthoceras. Le arenarie quarzoso-micacee dalla valle del Fella attraver- sano le parti elevate della valle dell’Aupa, ove meglio si può studiare la successione delle rocce. Formano le sponde del Chiarsò da Dierico a Piedin passando a formare la base dei monti Ter- sadia e Cucco, accompagnate nella parte superiore dalle arenarie porfìroidi e conglomerati felsitici, coperte alla loro volta dalla dolomia inferiore. Si ha la stessa successione nei monti di Sut- trio, Clavis, Famei e Arvenis, lungo il versante meridionale dei monti Tuja, Gheu, Siara, Hinterkerl ed Engelkofel, mentre i monti Losa, Novarza e Pieltinis sul versante destro della Pesa- rina sono formati esclusivamente dell’ arenaria screziata a Nati- cella costata. Trias superiore. — Questo terreno è più complesso e più po- tentemente sviluppato del trias medio : consta di formazioni do- lomitiche, calcaree, arenacee con nuovi strati gessiferi, intercalate e ricoperte da altri calcari e dolomie potentissime. Superior- mente alle arenarie screziate e ai conglomerati porfirici del trias medio trovansi dei calcari bituminosi compatti o scistosi, nera- stri o rossicci, non molto potenti, contenenti bivalve del genere Ralabia e corrispondenti al San Cassiano. Succede a questa la dolomia inferiore o di Hallstatt. Costituita da una massa potente di calcare magnesiaco grigio, alternante con arenaria grigia nella parte superiore. Nella valle dell’Aupa questa dolomia contiene filoni di galena mista a blenda. - 120 — La dolomia inferiore si mostra in zone non continue. Un lembo assai potente dalla valle della Schlitza e di Raibl passa a formare le creste che limitano a nord la valle di Dogna. At- traversa il Fella e s’innalza a formare le cime dei monti Slenza e Gleris. Poi non si rivede che sulla cima dei monti tra PAupa e il Bute, e al monte Strabut sopra Tolmezzo. Sulla destra del Bute il calcare è meno magnesiaco ed ha una potenza di 600 a 700 metri: si mostra lungo i dossi che chiudono ad est e a sud la valle della Yinadia e lungo le creste dei monti fiancheggianti sulla sinistra il Tagliamento e la Pesa- rina. Contiene in alcuni luoghi i fossili caratteristici . Am. Aon Must., A. Joannis Austria Klip., A. tornatus Quenst., Ortho- ceras alveolare Quenst., Orth. dubium Hau., Geratites nodosus Hau., Terebr. vulgaris Schl., Geratites Muchianus Hau., e V Ani. galei- formis Hau. Segue alla dolomia inferiore la formazione di Eaibl. La va- rietà delle rocce che la compongono, la sua presenza in quasi tutta P estensione delle Alpi della Carintia e la ricchezza dei fos- sili caratteristici, ne fanno un importante orizzonte geognostico. La successione dal basso in alto dei piani che la compongono, rilevata dallo Stur, è la seguente: 1° Scisti neri sincroni degli strati di Yengen con resti di pesci, d’insetti, di crostacei, di gasteropodi e di vegetali; 2° Calcare nero bituminoso; 3° Marne e calcari marnosi a Myophoria; 4° Marne a Solen; 5° Calcari e dolomie a Megalodon carinthiacum ; 6° Strati a Corbula; 7° Dolomia a strati sottili. Da Raibl, dove ha una potenza di circa 200 metri, questa formazione si spande nel territorio di cui ci occupiamo per la culmina di Sompdogna, percorre tutto il decorso della valle di Dogna e, attraversato il Fella a Dogna, s’innalza sulla destra del fiume fino alle cime del Gevals per passare nella valle dell’ Aupa, dove ripiegandosi un poco a sud-ovest va occupando un’ area sempre più vasta. Gli scisti neri ad ittioliti non furono mai trovati nella Carnia, e manca pure il calcare nero bituminoso che li ricopre. Comincia — 121 — la serie con arenarie e calcari marnosi, bituminosi, con banchi di litantrace magro, ora a lembi come a Raveo, ora a strati estesi ma poco potenti come a Cludinico. Nella valle dell’Aupa, da Granzaria a Gulizis si hanno invece delle arenarie verdi simili ad afaniti, con impronte di Equisetites , Voltzia e del caratteristico Calamites arenaceus Jaeg. e con fucoidi. L’arenaria è ricoperta da marne azzurrognole e da strati di un calcare marnoso bituminoso a grana fina, nerastro all’interno, ocraceo alla superficie esposta all’aria. I fossili caratteristici del piano sono in questi calcari. Seguono altre arenarie rosse o verdognole, intercalate 4 da gesso e marne grigie o da un calcare cariato magnesiaco, simile a quello della formazione gessosa del servino. Questa formazione gessosa è molto sviluppata nella valle del Tagliamento, special- mente all’ovest di Villa Santina, nei contorni di Esemon, di Colza, di Raveo, di Enemonzo presso Socchieve, ad Ampezzo e Forni di Sotto. Nella valle del Fella e della Resia questa formazione gessi- fera superiore con marne cinerognole sta sottoposta immediata- mente alla dolomia principale. Nella valle del Tagliamento però le arenarie gessifere sono ricoperte da un calcare dolomitico bi- tuminoso di color bruno giallastro frastagliato da vene spatiche. I calcari bituminosi posti tra l’arenaria inferiore della for- mazione di Raibl e le arenarie e marne gessifere sono i più ricchi di fossili. Nelle arenarie bituminose inferiori con banchi di litantrace a Cludinico si veggono frequenti impressioni di piante mal conservate e numerose bivalvi, fra le quali sono co- muni la Gervillia bipartita e la Myophoria Kefersteini. Nella valletta del Rio Major e lungo il sentiero da Avaglio a Lauco gli strati inferiori delle arenarie gessifere, dove sono verdi e compatte, sono piene di Myophoria e di altre bivalvi. La fauna più ricca è però offerta dal calcare nerastro. Alla chiusa della valle del Tagliamento, come nella valle di Dogna. si possono raccogliere quasi tutte le specie dei contorni di Raibl. Rall’ autore e dal Taraiùelli si raccolsero esemplari di Myophoria Kefersteini Miinst., Megalocìon carinthiacum Hau., Myoconcha Gu- ricmii Hau., Nucula sulcellata Hau., Gervillia bipartita Mer., Solen caudatus Hau., Pecten filosus Hau., un Nautilus a sezione quadran- 9 — 122 — golare distinto dal N. rectangularis Hau., qualche nucleo di Chemnitzia, una specie di Terebratula, Pachycardia rugosa Hau., Gorbula Postumi Boué, Gorbis Mellingi Hau., MyopUria Wa- thelyae Buch, Myoph. élongata Hau., e molti altri gasteropodi ed acefali, e due distinte specie di Nautilus. Sono pure ricche di . fossili le marne cineree del Rio Pontuzz, vi predomina e la ca- ratteristica Miopi. Kefersteini. ] La grande formazione dolomitica, detta Dolomia media dallo Stoppani, chiude l’epoca triasica. Occupa una zona estesissima e la sua potenza si può ritenere non minore di 1500 metri. Co- stituisce interamente il Montasio, il Plauris, il monte del Saite, le cui cime raggiungono 2400, 2080, 1948 metri sul mare, ed i monti Valmenone, Monfalcone e Premaggiore (2477") a sud dell’ alta valle del Ragliamento. In generale è a grossi strati inclinati a nord, e dove la roccia è più dolomitica, dà origine a frane enormi: scarsissimi ne sono i fossili, eccettuati il Megalodon Gumbéli e la DelpHnula Eschen, vi sono però associati, sebbene raramente, nuclei di Dicerocar- dium Wulfenii, la Evinospongia cerea e impronte di gasteropodi. Hi questo membro del Trias non si può stabilire con sicu- rezza il limite superiore, per essere a immediato contatto con altra formazione dolomitica più recente, della quale si rende dif- ficile la determinazione. La dolomia principale forma i dossi tra le valli di Doglia, di Raccolana e di' Resia, forma la base del monte Canili e quella dei monti a sud della Resia e a nord della Venzonassa. A de- stra del Fella costituisce le montagne presso allo sbocco delle valli del Simone, dell’Alba e dell’Aupa, e più a valle i monti sopra Campiolo e il monte Amariana (1865") la cui cima pero, come quella del Canin, pare costituita da dolomia superiore. La dolomia principale sulla destra del Tagliamento forma la base del monte Festa e procede all’ovest pei monti di Verzegms, Valcalda, Resto, Najarda, Premaggiore, Monfalcone e Toro sino al confine colla provincia bellunese : più ad oriente però le creste dei dossi che separano le valli Cimolina e Settimana, e le origini delle valli della Meduna e dell’Arzino, spettano probabilmente alla dolomia superiore. Sulla sinistra del Tagliamento la dolomia media non va oltre la comba di Musi e del Rio Bianco, e spetta — 123 — all1 epoca seguente la dolomia dei monti che formano la parte superiore dei bacini del Torre e del Natisone. Infralias. — Nelle Alpi Carniche non si è finora incontrata alcuna traccia di quel deposito scistoso arenaceo bituminoso e di quei calcari ricchi di avanzi organici caratteristici, che frapposti alla dolomia media e alla dolomia superiore, ne segnano netta- mente il confine come nelle Alpi Lombarde. Nel Friuli, mancando gli strati ad Aricula contorta, Terébratuìa gregaria, ec., la do- lomia superiore si appoggia immediatamente sulla dolomia tria- sica con eguale inclinazione e concorde stratificazione. In alcuni siti si nota un assottigliarsi di strati della dolomia, che si fa più nerastra e subscistosa e ricchissima di sostanze bituminose ; questi caratteri però non sono costanti nè tali da fornire criterio per la distinzione dei due terreni. Nel gruppo del monte Canin, del monte Amariana, del monte di Verzegnis, si può stabilire paleontologicamente la distinzione dei due terreni avendosi alla base dei medesimi le masse dolo- mitiche col Megalodon caratteristico del trias, mentre sulle vette si ha la dolomia col Conchodon infraliasicus Stop. La dolomia si spinge a sud del bacino del Tagliamento for- mando sulla sinistra di questo la base delle prealpi, da cui hanno origine le valli del Torre e del Natisone, su di una linea che dalla sella di Forador, tra il Quarnan e il Chiampon, va verso oriente sino a Caporetto. Sulla destra forma la base delle pre- alpi che fiancheggiano TArzino, la Meduna e le Zeliine; il suo limite passerebbe lungo il piede meridionale dei monti Festa, Corno, Flagella, Taiet, Rossa, Celant, Rodolon, Raut, Lupo, donde piegando a sud-ovest pei monti Laura, Pettino, arriva alla cresta meridionale della Caulana, sulla quale si appoggia la massa cal- carea cretacea di monte Cavallo. Terreni giuresi. — Mentre i depositi del trias hanno un’iden- tica composizione al di qua e al di là del Piave, i terreni giu- resi invece, sia per natura, sia per potenza, sia per ordine di successione e per la qualità dei fossili, si mostrano assai diffe- renti nelle due regioni, il che fa supporre che le condizioni del fondo marino fossero uniformi nel periodo triasico, ma in seguito abbiano dovuto essere ben diverse. I terreni giuresi sono stati finora studiati assai completamente nelle Alpi friulane ; a ciò ha — 124 — contribuito V imperfetto loro sviluppo, il mostrarsi a preferenza sulle creste dei monti e quindi poco accessibili, V essere spesso interrotti e la scarsezza dei fossili, conservati in modo da potere fissare con certa esattezza il sincronismo di questi terreni con quelli di altri paesi. Si può però stabilire con sicurezza che nel Friuli sono rappresentati il Lias, la Oolite superiore ed il Tttomco jjas. Sopra la dolomia che deve ritenersi spettante all m- fralias superiore, riposa in stratificazione discordante un calcare grigio o rossigno, privo di fossili ma con gran numero di nodi di selce grigio-nerastra, che occupa d’ordinario gli alti fiancai e talora le creste delle prealpi a sud della gran valle del Tag ifefl mento e della Resia. Esso lungo le valli delle Zellme e de a Meduna passa ad un calcare di struttura oolitica ncopeito ca un altro calcare compatto, grigio o ceruleo contenente tra Erto e Casso molti fossili, specialmente ammoniti e ortoceratiti. rei contorni di Erto sopra questo calcare, si v^de un calcare brecci- forme noto sotto il nome di calcare rosso ammomtico che oc- cupa aree estese nel bacino del Piave, ma vedesi solo in lembi staccati entro al confine della provincia di Udine. Si presenta ora rosso, ora giallastro, ora bianco con venature verdastre contenente Am. radians Schlt., Nilssonii d’ Orb., bifrons Brug., Mercatii Hau., crassus Quenst. È quindi da riferirsi il rosso ammoniaco anche nel ima i come in Lombardia al Lias superiore, e le ooliti e 1 calcari sel- ciosi sottoposti al Lias inferiore. Il rosso ammonitico occupa il fondo della sinclinale forma a dagli strati della dolomia infraliasica nella valle della Venzo- nassa: la sua struttura però è alquanto differente dalla comune; anziché brecciforme è omogeneo, più o meno compatto, e contiene terebratule, ostriche ed altri fossili immedesimati colla roccia e poco determinabili. Sul versante settentrionale del monte Lavn, il calcare è a strati sottili di color rosso, fortemente inclinati verso nord-ovest e si estende tanto ad oriente intorno alle origini < e e vallate del Cernipatoch, del Brumant e del Rio d’ Uccea, quan o ad occidente sulle propagini settentrionali del Col Planet e de Plauris. Forma pure la valletta di Sant’Agnese a nord di Geinona. Lembi di lias superiore si mostrano sulla destra del Taglia- mento nelle parti più elevate del Monte Festa e del Faroppo, — 125 — nel fianco sud-ovest del Monte Ceresoi, sulle cime e sui fianchi dei monti che chiudono a sud la comba di Cimolais e di Claut nell’ alta valle delle Zeliine, ove è in contatto col lias inferiore, che può ritenersi una propaggine di quello di Erto nel versante del Piave. Oolite superiore. — Soltanto al Monte Cumielli il rosso am- monitico trovasi in contatto con altre rocce giuresi più recenti, rimaste a dimostrare la grande erosione che subirono in queste prealpi i terreni del giura medio e superiore. La roccia ad im- mediato contatto col rosso ammonitico di Sant’ Agnese è un cal- care biancastro di struttura minutamente oolitica o compatto, non contiene fossili, è in istrati molto raddrizzati, diretti da nord-nord-est a sud-sud-ovest : superiormente a questo e con- cordante evvi un altro calcare di color grigio rossastro cupo, tenace, a strati sottili, contorti, i cui piani sono divisi da lamine sottilissime di una marna cloritica lucente, e nella cui massa sono disseminati frequenti e grossi nodi di selce nerastra. Gli strati superiori verso il Tagliamento sono privi di fossili, non essen- dosene neanche trovati nei lavori della ferrovia di Ospedaletto. Gli strati inferiori però, che colle loro testate arrivano fino presso le ultime case di Ospedaletto, mostrano nella parte su- perficiale ammoniti, belemniti ed altri fossili che quantunque assai malconci furono riconosciuti dal Suess, spettanti alla fauna del Maini (Kimmeridgiano). Alcuni lembi del calcare subscistoso di Ospedaletto si mostrano nella vailetta del Rio Novelletta e in quella del Melò sulla destra del Tagliamento, e qualche strato anche nel fianco nord- ovest del Monte Quarnan a Gemona. Titonico. — La roccia del Quarnan, superiore al Kimmerid- giano e in connessione con questo, è un calcare compatto bianco- grìgio volgente al rossiccio, attraversato da vene spatiche con nodi di selce e in grossi strati nella parte inferiore, bianco, a strati sottili e senza selce nella parte superiore. Senza fossili alla base, contiene invece negli strati superiori corallari e gusci di piccoli gasteropodi immedesimati nella roccia. Un calcare simile a quello del Quarnan costituisce quel tratto del piede orientale del Monte Cavallo che dalla chiesetta di San Tommaso, si distende fino alle sorgenti della Livenza. Dopo il sollevamento della mole di Monte Cavallo, si stabilì una linea - 126 - di frattura nella parte orientale in corrispondenza del Pian di Cavallo e della valle della Stua o del' Rio Caltea, e verso sud continua pel piano di Longarezze e per Mezzomonte sino a Sa- rone. Lungo un gran tratto di questa linea una massa potente di calcare cretaceo, identica a quella che costituisce le parti più elevate del Col Grande, del Colle Arnerio, del Tremol e del Cavallo, si trova a contatto cogli strati inferiori della loro base e li nasconde formando un lungo dosso che fiancheggia la pia- nura da Montereale a Coltura (Polcenigo). Nella valletta di San Tommaso e tra Coltura e la Santissima rimane a nudo una serie di strati calcarei, della potenza com- plessiva di 250 a 300 m. assai interessante per la ricca fauna fossile che contengono. I depositi più bassi sono scisti marnosi cenericci con piccoli nodi di menilite, e molte Nerinee anch’esse cangiate in menilite si veggono solo nel letto del torrente Co- nazzo. Presso Polcenigo invece la base di questi depositi è una serie di calcari compatti, biancastri con alcune Nerinee del gruppo della N. Moreana e qualche corallo. Seguono altri cal- cari cloritici brecciformi senza fossili o con fossili non determi- nabili, poi un calcare bianco, che per 8 o 10 metri è un impasto di conchiglie e di coralli, le cui specie si ripetono nelle arenarie e marne cloritiche, che ricoprono il calcare fossilifero con una potenza da 2 a 3 metri. Oltre ad alcuni corallarii vennero rac- colti su questi terreni 70 specie di molluschi, la massima parte Nerinee, sulle quali P autore presentò una memoria al R. Isti- tuto Veneto, con un elenco dal quale apparisce che il maggior numero delle specie è comune alle faune d’ Inwald, di Plassen, di Wimmis e specialmente a quella dei dintorni di Palermo, le quali tutte caratterizzano il Titonico inferiore. I depositi giuresi del Monte Cavallo sono i soli fin qui che rappresentino nell’ Italia continentale il Titonico inferiore a tipo corallino. . J Terreni cretacei. — Anche i terreni cretacei sono dissimili nelle due regioni al di qua e al di là del Piave. Nel Veronese, nel Padovano, nel Vicentino e nel Trevigiano occidentale questi terreni sono rappresentati quasi dappertutto solamente dai due estremi loro membri, il Neocomiano e il Senoniano, e vi mancano affatto il Turoniano o Calcare a Rudiste. Ad Oriente del Piave in- — 127 vece mancano affatto i membri ora citati, e la creta è solamente rappresentata dal calcare a Rudiste. La potenza di questo cal- care non è minore di 800 a 900 metri, e s’ inalza ad altezze consi- derevoli, raggiungendo nella cima di Monte Cavallo i 2250 metri. Nel Friuli e nelle regioni contermini del Trevigiano e del Bellunese ad Oriente del Piave, il terreno cretaceo si presenta in altipiani; tali sono il Piano del Cansiglio (1050-1200 m.) il Pian del Cavallo, quello di Pradis di Clauzetto e quello al piede del Monte Corno tra PArzino e il Tagliamento. Presenta come il cretaceo del Carso alcune cavernosità comunicanti dette Dolazz o Inglutidors , ossia cavità imbutiformi inghiottenti le acque che riappaiono poi in sorgenti al piede dei monti. La serie cretacea si presenta più completa al gruppo del Ca- vallo ; comincia in basso con alcuni strati di calcare grigio sub- cloritico senza fossili, che passa ad un calcare subbrecciato, bianco o giallognolo con qualche rara Caprotina. Il complesso di questi strati ha circa 300 metri di potenza. Superiormente il calcare si fa granuloso, poco compatto, ta- lora quasi farinoso, giallognolo o biancastro, con tracce di Ba- dioliti , ha una potenza di 200 metri circa. Esso è coperto da un calcare marnoso bituminoso ceruleo, che alterna con strati di color giallastro, nei quali si trovarono impronte di piante mono- cotiledoni e di felci, diverse secondo il Taramelli da quelle di Comen e da quelle di Gosau : ha 20 metri di potenza e si mo- stra a nudo nell’ alto del ciglione sopra Polcenigo. Sulle marne bituminose con avanzi di piante nei dossi che ad oriente chiudono il Piano del Cansiglio, trovasi un calcare bianco ricchissimo di fossili specialmente nella località detta Schiosi. Sono frequentissime le Nerinee tutte appartenenti a specie cre- tacee : frequenti pure le Acteonelle, Radioliti e Sferuliti. Le stesse specie di Nerinee furono raccolte dal Taramelli anche a 200 metri sotto la vetta del Cavallo; si trovano pure a Cima Fadalto presso il lago di S. Croce, e se ne raccolsero pure nel fianco occidentale del Monte delle Prese. La zona a Nerinee e Rudiste è coperta di calcari a strut- tura oolitica o brecciata, di color grigio, che elevansi sino alla cima del Cavallo : sono fossiliferi, ma non contengono alcuna delle specie degli strati inferiori. - 128 — A Barcis e a nord di Medun sono invece comuni gli Ippu- riti con Kadioliti e Caprotine ; nell’ altipiano di Pradis nel sito detto Battei, mancano gli Ippuriti e sono frequenti le Caprine. Al Monte Forcina, e nell1 altipiano di Forgaria non vi sono che rari indizi di Bndiste indeterminabili. Tra questi due monti T Arzino ha tagliato tutto lo spessore degli strati cretacei e parte della dolomia sottostante, mostrando così la stratificazione trasgressiva delle due rocce. Il terreno cretaceo si scagliona lungo le prealpi dell’ estremo lembo occidentale della provincia fino al Tagliamelo, senza in- terruzione, meno nel breve tratto dal Monte S. Lorenzo alla Me- duna. Sulla sinistra del Tagliamelo manca per lunghi tratti e solo emerge in alcuni punti delle rocce eoceniche nel vasto tratto dal Tagliamento all1 Isonzo. Il calcare a Rudiste forma i monti Crosis e Bernardia, tra i quali passa incassato il Torre e continua fino a Monte di Prato, ove è solcato dal Cornappo. Cessa come roccia in posto ad oriente di Monte di Prato. Entra in frantumi a comporre una breccia a cemento arenaceo marnoso formatasi nel mare all1 epoca eoce- nica. Questi frantumi contengono numerose e ben conservate Ru- diste, specialmente Radioliti ed Ippuriti, tra le quali ultime una specie ancora inedita con caratteri speciali che 1 autore ha chia- mato Hippurites Giordanii , dal nome del suo scopritore. Il cretaceo non si rivede che a Monte Mia sulla destra del Natisone, alle falde occidentali del Matajur e lungo le sponde dell1 Isonzo fino al Monte Calaurat (1157 m.) ove si sommerge sotto V eocene, per non ricomparire che al Monte S. Valentino presso Gorizia. Nelle colline eoceniche affiora in due punti presso Albana e presso Cosbana sul Judri e forma la collina di Medea presso Cormons, ricchissima di Rudiste e di Echinidi. Dove il calcare della creta emerge dai depositi terziarii, vi si trova in contatto una marna scagliosa o sabbiosa per lo più rossa, priva di fossili, a strati sottili, diffusa nel Bellunese e nel Trevigiano. Fu ritenuta corrispondere alla Scaglia (senoniano) delle Alpi Venete ; ma dietro T osservazione che essa trovasi quasi sempre in stratificazione discordante dal sottoposto creta- 1 Vedi G. A. Pirona, Le Ippuritidi del Colle di Medea. ( Mem . R. Ist. Ven., voi. XIV, 1869.) — 129 — ceo, mentre concorda coi membri dell’ eocene inferiore, deve ri- tenersi questa marna scagliosa il piano più antico dei terreni terziarii di questa regione, come opina il Taramelli. Tekreni cenozoici. — I terreni terziarii sono sviluppati su va- ste aree nel Friuli ; l’ eocene è potentemente sviluppato nella parte che sta alla sinistra del Tagliamento, il miocene si trova quasi esclusivamente sulla destra, il pliocene più sulla sinistra che sulla destra. Eocene. — I terreni terziari più antichi formano una gran- diosa sinclinale, che si estende dalla valle del Vipacco fino al Tagliamento. Il suo lato settentrionale fiancheggia T Isonzo sino a Caporetto, di là piega a ponente e appoggiandosi alla dolo- mia delle prealpi forma i contrafforti meridionali delle Alpi Giu- lie. Il lato meridionale, appoggiato al calcare cretaceo nel lembo settentrionale del Carso Goriziano fino presso a Gradisca, s’ in- terrompe per T alveo dell’ Isonzo e forma sulla sua destra le colline di Farra: poi non ricompare più che a Borgnano dove si adagia sul calcare a Rudiste del Colle di Medea. Le colline di Cormons, Brazzano, Rosazzo e Buttrio, cogli strati inclinati a nord, mostrano di far parte del lato meridionale della grande sinclinale con trasgressione però dei piani più bassi. Dal Carso di Gradisca al Monte Matajur corrono circa 37 chi- lometri, lungo i quali sono sviluppati solo i terreni dell’ eocene. L’ eocene si spinge anche entro le valli delle prealpi e delle Alpi stesse. Una lunga zona va dall’ alta valle del Natisone fino a Gemona : un’ altra s’ interna per la valle del Rio Bianco, fra i monti dolomitici che separano la valle di Resia dalla valle di Musi, spingendosi interrottamente sino agli affluenti del Fella. L’ eocene nel Friuli è rappresentato da rocce di natura di- versa, la cui serie dal basso all’ alto è la seguente : Marne sca- gliose, arenacee, rosse o rosee o grigio-verdognole, senza fossili ; arenarie calcaree a grani grossolani o minuti riunite da cemento calcareo {pietre piasentiné) che passano a piroscisti molto bitu- minosi ; breccia pseudo-cretacea a grandi massi di calcare a Ru- diste con cemento arenaceo-marnoso, rappresentanti 1’ eocene in- feriore. Succedono marne senza fossili o con Alveoline nella parte più alta ; puddinghe ed arenarie ad elementi quarzosi e a ce- mento ora siliceo, ora marnoso, ricchissime di fossili ; marne - 130 - cerulee od ocracee senza fossili; arenaria marnosa con Serpula spirulea, echinidi ed altri fossili, rappresentante V eocene medio. Finalmente marne a fucoidi, che potrebbero ritenersi rappresen- tanti dell’ eocene superiore. Le marne rosse scagliose si mostrano ove emergono gli strati più bassi dell’ eocene, e specialmente dove sono m contatto col cretaceo. Esse hanno poca potenza e sono spesso ricoperte dalla pietra piasentina con tracce di Nummuliti nella parte su- periore. Le arenarie piasentine si sviluppano esclusivamente nella parte settentrionale del bacino eocenico, lungo le chiuse del Torre, del Cornappo e del Natisone. In alcuni luoghi alternano con scisti ricchissimi di bitume che cola dalle fessure sotto l’ azione del sole. Il conglomerato pseudo-cretaceo occupa la posizione che cor- risponde a quella del calcare a Rudiste, qualora non si fosse infranto, sommerso e cementato nel mare eocenico. Emerge dalle rocce coeve da Maniaglia al Monte Crosis, da Monte di Prato a Monte Mia. Trovasi a nudo sulla cima e sul fianco meridionale del Matajur (1642 m.) donde ripiega parallelamente all’ Isonzo sino a Monte Corrada (805 m.). Ne sono interamente costruiti i monti Lauer,. Zoffino, Jouanes e Zavoglan. Non contenendo che i fossili propri del cretaceo, non si può stabilire se questo conglomerato sia coevo o posteriore alle are- narie piasentine , ma è certamente inferiore alla formazione num- molitica. Sul lato meridionale della grande sinclinale T eocene inferiore è solamente rappresentato da scisti bituminosi e da un calcare grigio che si scava come pietra da costruzione a Rubbia e a Borgnano, contenente tracce di gasteropodi e rare e piccole Nummoliti. Alle arenarie dell’ eocene inferiore succedono le marne con Alveoline nella loro parte superiore. Sono queste ricoperte da una puddinga a piccoli elementi spesso quarzosi a cemento mar- noso o siliceo, a strati di vario spessore. Gli strati più grossi e silicei sono scavati per pietre da macine. Succede un conglo- merato a cemento marnoso ricchissimo di fossili quali Nummo- liti, Gasteropodi diversi, Acefali, rari aculei di Echinidi del genere Cidaris, e specialmente vari e numerosi Corallan. Le località fossilifere sono allineate da Peuma (Gorizia), per Rus- - 131 — sitz, Cormons, Brazzano fino a Rosazzo. Sono tanti banchi ma- dreporici del mare eocenico formanti forse un cordone littorale. Lembi isolati di conglomerato e di marne nummulitiche si tro- vano anche sui dossi elevati che fiancheggiano il corso del Fella a valle di Resiutta e di Moggio, e a Campiolo. Lembi del banco madreporico veggonsi anche nelle vallette del Rio Lavaria e del Rio Cideis che insieme formano il Rio Barbaro. La formazione nummolitica costituisce anche la base delle colline di Cobalto, di Buja, di Tricesimo e di altre, che poi furono ricoperte da materiali lasciati dall’ antico ghiacciaio del Tagliamento. Gli strati più recenti dell’ eocene sono costituiti da marne molto fine, giallastre o brune, tenaci, che alternano con strate- relli calcareo-marnosi sottili, con rare impronte di fucoidi e mo- delli di Nemertiliti che accennano ad un mare profondo. Sono specialmente sviluppate dalla valle del Natisone per Debelis fino alle sorgenti della Vedronza, ma si mostrano anche a sud 'della zona cretacea del Crosis, della Bernadia e dei dossi costituiti di conglomerato pseudo-cretaceo, e si appoggiano alle marne a Nummoliti. Sulla destra del Tagliamento V eocene è più limitato in po- tenza ed estensione. In generale vi mancano le arenarie dette pietre piasentine ed il conglomerato pseudo-cretaceo. In due tratti soli 1’ eocene acquista uno sviluppo considerevole: l’uno co- mincia al piede del Sasso Zuccolo a destra del Tagliamento, con- torna il monte di Cornino e di Forgaria, passa sul fianco meri- dionale del monte Forchia e di là fino a Travesio ed a Clau- zetto; quindi si stende sull’altipiano di Pradis e sul versante settentrionale del monte Forchia, e va sino a Pielungo nel ca- nale di Vito : l’ altro tratto si mostra sulla destra della Meduna, donde per la valle del Moje s’innalza a formare le colline di Frisanco, di Pofabro fino alle origini della Colvera, quindi oltre la sella di Palla Barzana si avanza lungo la comba di Andreis e di Barcis fino all’alveo delle Zeliine. Pochi lembi di marne nummolitiche con avanzi di piante lungo la sponda sinistra del rio Caltea a sud-ovest di Barcis, e alcuni altri lembi di marna rossa scagliosa, appoggiati ai calcari del lias superiore nell’alta valle delle Zelline, stanno a testimo- niare la profonda erosione subita dall’ eocene. - 132 - Miocene. — Il miocene inferiore è rappresentato in questa provincia da arenarie quarzose verdi, simili alla glaucoma ad Echinolampas conicus Laube del Bellunese o da molasse azzur- rognole o grigie alternanti spesso tra loro. Nella parte orientale la glaucoma non si presenta che nella collinetta sporadica che sorge nella pianura presso Pozzuolo. Nella parte occidentale le arenarie verdi si mostrano più po- tenti e con maggiore estensione. Sulla sinistra del Meduna intorno a Medun non si vedono che le sabbie grigie, ma sulla destra le arenarie formano le colline profondamente incise di Paludana che si spingono lino al Panna e a Pdo Manarin, dove si perdono sotto le alluvioni della pianura. Alternano colle molasse grigie e con- tengono, oltre alla Saltella subrotunda e denti di Lamna, una grandissima quantità di altri fossili. Le arenarie glauconiose si spingono sino quasi a Barcis nel bacino delle Zelline, dove ripo- sano sulle marne delPeocene medio. Sopra queste rocce si presenta un’alternanza di sabbie mar- nose cerulee o gialle (Molassa marina, Wiener Sandstein) e di un conglomerato ad elementi arrotondati calcarei ( Nagelflue , Ceppo) a strati grossi, con direzione est-ovest e fortemente incli- nati a sud. Le sabbie sono più potenti alla base mentre il con- glomerato prevale nella parte superiore. Tra le une e le altre trovansi depositi di lignite con fossili marini. I fossili delle molasse e delle sabbie marnose inferiori appar- tengono a specie del miocene medio del bacino di Vienna, e a. differenza di quelli delle glauconie hanno i gusci calcinati. Il con- glomerato alternante colle sabbie contiene banchi frequenti ad Ostrea longirostris Lamk. Questo complesso di strati occupa spazii limitatissimi alla si- nistra del Tagliamento. Ne è formata la rupe del forte di Osoppo e le collinette dette Col S. Hocco, Col Gnima e Col Vergimi, e la parte settentrionale dei colli di Susans. Sulla destra del Tagliamento, oltre al Chianet di Peonis, si sviluppa molto bene nelle colline di Forgaria e Flagogna, dove oltre gli altri fossili contiene degli Echinidi. Forma le colline di Pinzano, Manazzons, Castelnuovo, Lestans, Solimbergo. Nelle colline di Cavazzo le marne sabbiose sono molto ricche di fossili. I terreni miocenici intorno al gruppo del monte Cavallo non — 133 si trovano regolarmente sviluppati che nel distretto di Vittorio, ma nel tratto orientale delle Zelline e Caneva mancano le glau- conie e le sabbie marnose cerulee, e solo il conglomerato supe- riore forma una serie di colline nei contorni di Budoja, di Pol- cenigo e di Barone, le quali in generale sono separate dal piede dei monti cretacei da uno stretto vallone corrispondente alla linea di salto che mise a nudo gli strati titonici dei contorni di Pol- cenigo. Gli elementi del conglomerato di queste colline come di quelle di Osoppo, Pinzano e Castelnuovo, derivano dalle rocce a loro più vicine : in queste sono dolomitie giuresi e cretacee, in quelle esclusivamente cretacee. Pliocene. — Sopra il conglomerato ad Ostrea longirostris evvi un’altra puddinga molto analoga a quella, ma priva totalmente di fossili, la quale alterna raramente con marne ed arenarie, e solo a Ragogna è ricoperta superiormente e per breve tratto da un deposito di argille e di cattiva lignite torbosa di origine la- custre o fluviale. Ha una potenza di circa 100 metri. Questa puddinga forma dei depositi nei contrafforti meridionali del colle di Sùsans, nei contorni del lago morenico di San Daniele, nel ba- cino del lago di Gavazzo, ove presso Interneppo e Cesclans si ele- vano a 362 metri sul mare. Al di là della briglia dolomitica che separa il bacino del lago dalla valle del Tagliamento, questa pud- dinga scende lungo il fiume e va a formare le colline d’Intisans e di Verzegnis, la rupe della Pieve d’ Invillino, i contorni di Preone. Si sviluppa nei dintorni di Socchieve e si spinge fino a nord di Ampezzo. Una puddinga simile a quella di Ragogna, ad elementi calcarei e dolomitici, accompagna per un certo tratto i corsi del Judri da Sant’Andrat sino a San Quirino di Cormons, del Natisone da Civi- dale ad Oleis, ed è messa a nudo dal Torre sulla sponda sinistra, donde si estende fino ad appoggiarsi alle colline eoceniche di But- trio. In questa estesa zona il conglomerato è meno inclinato che nella parte occidentale, ma non mai orizzontale come il conglome- rato più recente che rappresenta P alluvione glaciale e preglaciale agglutinata in enormi lenti, che trovasi a poca profondità nell’alta pianura a sinistra del Tagliamento. Sulla destra del Tagliamento la puddinga pliocenica pare manchi affatto fino al Meduna e alle Zeliine. Le colline a’ piedi — 134 - orientali dei monti, tra Montereale ed Aviano, che constano di cal- cari angolosi imperfettamente agglutinati, si possono riferire alla medesima epoca. Terreni morenici. — Tutta la valle del Tagliamento e le valli che vi affluiscono furono un tempo coperte di ghiacci; ebbero pure i loro ghiacciai o indipendenti o comunicanti col principale le valli minori che hanno la loro origine nelle prealpi. Un ghiac- ciaio indipendente discendeva dalle vette del Monte Cavallo e dividendosi in due al Pian del Cavallo, scendeva con un lamo per la valle del Conazzo nella pianura di Aviano e coll’ altro per la valle del Rio Caltea ove si univa col ghiacciaio delle Zel- line. Questo discendeva da monte Premaggiore, comunicando forse per la sella di Monfaìcone con quello dell’ alto Tagliamento e per la sella di S. Osualdo con quello del Piave. Ebbero i loro ghiacciai la valle del Meduna e quella dell’ Arzino, i quali però arrestatisi dietro le respettive chiuse cretacee non giun- sero mai alla pianura. Fu pure occupato da un ghiaccio V alta valle del Natisone, e probabilmente si congiungeva con quello dell’ Isonzo per la comba di Starasella e Caporetto. Quello del Tagliamento si spinse avanti nella pianura, e nella sua massima espansione raggiunse probabilmente colla sua fronte il mare. Ebbe un’ epoca di ritiro rapido nella quale non potè formare colline moreniche, ma abbandonò lungo tutta V alta pia- nura una quantità di materiali di diversa grossezza e non pochi massi, che oggidì si trovano dispersi nella pianura superiore fino quasi alla Stradalta e ricoperti dall’ alluvione postglaciale. Le colline moreniche a Nord di Udine indicano un ghiac- ciaio rimasto stazionario lunghissimo tempo. La sua altezza in questo intervallo fu tale da superare il colle di Buja (298m) for- mando la sua fronte un arco continuo da Qualso per Tricesimo e Moruzzo fino a San Daniele e Ragogna. Più tardi la potenza del ghiacciaio diminuendo venne ad emergere il colle di Buja, ed il ghiacciaio stesso diviso temporariamente, si riunì poscia di nuovo dando origine alla morena che appoggiandosi al colle di Buja si spinse fino a Treppo e a Cassacco. Le morene di questo periodo formano archi concentrici, visibili specialmente nella parte occidentale, essendo la loro formazione stata disturbata nella parte orientale dai depositi eocenici di Collalto, Fraelacco — 135 — e Tricesimo già rialzati. Queste zone concentriche e collegate dovettero opporre ostacolo alle acque del Tagliamento, impeden- dogli di fluire per V antico suo letto ora occupato dal Corno. Fu allora probabilmente che vennero solcati gli strati di con- glomerato pliocenico che univano il colle di Ragogna con quello di Pinzano, e che si formò V ampio e profondo alveo attuale. Tutte le rocce del bacino del Tagliamento si trovano confu- samente distribuite nelle colline moreniche. In quelle da San Da- niele a Fagagna si trovano comuni le felsiti del permiano, i con- glomerati del Verrucano, i porfidi augitici e perfino i massi di gneis che provano come il ghiacciaio del Tagliamento comuni- cava con quello del Piave, che alla sua volta per la vetta di monte Croce di Comelico comunicava con quello delPEisach. Nelle colline moreniche orientali prevalgono invece i conglomerati quar- zosi del carbonifero del Nassfeld, i porfidi quarziferi della valle di Kaltwasser e della valle di Raibl, non che le arenarie eoceniche. Minerali utili. — Cinabro. — Si trova in filoncelli al monte Paralba verso la valle Yisdende, al passo di Veranis : la loro poca entità e V altezza a cui si trovano ne impedisce una pro- fittevole coltivazione. Tetraedrite. — Affiora in un filone sul versante meridionale dei monti Cadenis ed Avanza (2000m) che contiene pure galena, calcopirite e cinabro in una ganga di calcite, quarzo e baritina. Questo filone, lungo più di 5 chilometri, fu lavorato nel XYI se- colo : fu ripreso dal 1858 al 1865, ma non fu trovato conve- niente di continuarne la lavorazione. Galena e blenda. — Fu recentemente scoperto un filone nella valle superiore dell’ Aupa sopra Gulizis, in un calcare grigio sot- tostante ai depositi di Raibl, e quindi dello stesso orizzonte delle celebri miniere di questa località in Carinzia e di Auronzo nel Bellunese. Grafite. — Presso Mielis si scavarono pochi massi di grafite negli strati inferiori del permiano. Antracite. — Una specie di antracite fu trovata a Raveo nella valle del Degano : ne furono scavate poche centinaia di tonnellate colle quali si esaurì il deposito. Lo stesso dicasi de- gli strati scavati a Lauco sulla sponda opposta. Un altro deposito trovasi nelle vicinanze di Cludinico, nella — 136 — valle del Rio Furioso: ha uno spessore di 0,70 in istrati molto contorti. Se ne scavarono dal 1853 al 1865 2500 tonnellate, ma per la molta pirite che contiene e per le forti spese di trasporto è poco ricercato dai consumatori. La sua analisi dà: Carbonio 78.30; ceneri 12.40; materie volatili e acqua 9.30; calorie 6310.23. Scisti Utuminosi. — Si presentano in molti luoghi. 11 piu importante deposito è quello di Rio Resartico nel trias supe- riore: ha una potenza complessiva di 2 metri e gli strati sono separati da calcari bituminosi di 4 metri di potenza; contengono da 21.8 a 54.8 di materie volatili e un potere calorifico da 1415 a 3236 calorie. Altri depositi si trovano nell’ eocene inferiore, ma con limi- tate quantità di materie volatili; nelle qualità migliori di Non- gruelis e di Subit esse ascendono rispettivamente a 22.4 e 37,1 per cento. Ligniti. — Si trovano nei terreni miocenici di Peoms e di Osoppo, e nel pliocene di Ragogna. La migliore è quella di Peonis • ha una potenza di 1.50, compatta e lucente, contiene da 24 a 53 di carbonio fìsso e da 27 a 31 di materie volatili combustibili. Inferiore per qualità è quella di Osoppo. Quella di Ragogna, tra il conglomerato pliocenico e certe argille di origine continentale, ha una potenza da 0.30 a 0.50 e contiene: carbonio fìsso da 14.60 a 29.60; ceneri da 52.10 a 26.10; ma- terie volatili combustibili da 23.40 a 32.20. _ _ Torbe. — Le torbiere più importanti si trovano nei bacini chiusi dalla cerchia morenica. Le più ricche sono quelle di Fa- gagna, di Cobalto, di Bueris e di Zegliacco. La prima da: car- bonio fisso da 21.03 a 24.30; ceneri da 26.67 a 19.40; materie volatili da 38.15 a 43.65; acqua da 14.15 a 12.65. Si adopera nelle fornaci da calce o da stoviglie ed anche negli usi domestici. Gesso. — È scavato attivamente a Moggio, Paluzza, Esemon ed Enemonzo. Viene messo in commerciò torrefatto e macinato in una quantità notevole a solo scopo agricolo. Alcune varietà alabastrine potrebbero servire per lavori di stucco. Acque minerali. — Sono quasi esclusivamente da riferirsi alle solforate fredde. Le più rinomate sono quelle dette Pudie che zampillano nel torrente But presso Arta: sono ricchissime di acido solfidrico. Numerose sono nelle vicinanze dei depositi ges- - 137 — sosi con geodi di solfo. Una che pare ricchissima di gaz solfì- drico trovasi presso Claut nella valle della Puzza. Quelle di Sacile sono scarse di gaz solfidrico. Le acque ferruginose sono rare e di nessuna importanza. NOTE MINERALOGICHE. Sopra Inietterà del signor Carlo De Stefani intitolata: « L’Qli - gisto e gli altri minerali eh è sì trovano al Capo Calafu- rìa. » — Nota di Gustato Uzielli. Il signor Carlo de Stefani ha inserito nell’ultimo Bollettino del Comitato Geologico (1877, N° 1 e 2, pag. 72-77) una Nota ove si cerca di contradire osservazioni da me fatte nella località detta Calatoia presso Livorno e pubblicate in altra Nota intito- lata: « Sopra la Baritina ed il Ferro Oligisto di Calafuria e sulla Tir rotila della Miniera del Bottino. » — Atti della B. Acc. dei Linei. 1875-76, serie II, voi. Ili, parte II, pag. 611-616. Nel prin- cipio della sua Nota, il De Stefani esprime concetti giustissimi; la discussione sopra cose scientifiche è utile per quanto ne sia meschino 1’ argomento ; anzi la credo tanto più utile quanto più si esprimono le proprie opinioni senza equivoci e senza divagare in questioni che non ci hanno che fare; e questo è appunto il con- siglio cui mi atterrò nelle linee che seguono. 1° Il De Stefani dice (1. c., p. 74-75) che tutto il Ferro Oligisto, che si trova a Calafuria, è stato ivi portato dall’ Elba : tacendo che io avevo detto che ciò era probabile per una parte di esso. Infatti, si legge nella mia Nota (pag. 614, lin. 20-22): 1 Questi cristalli presentano le forine più comuni del Ferro Oligi- sto deW Elba, col quale hanno perfetta somiglianza. » Più avanti soggiungo (pag. 615, lin. 27-35) parlando di queste piccole masse o cristalli: essere non improbabile che esse provengano dal trat- tamento del minerale dell’ Elba; il qicale, come è noto, fu trattato e si tratta ancora in forni alla Catalana in varie parti della Toscana, in luoghi nei quali , come a Calafuria, vi e abbondanza io — 138 — di legname. Ma da nessuna memoria locale rilevasi che giammai si sia lavorato il minerale dell’ Elia in quel punto della costa. D’ altra parte, le piccole masse di Ferro Oligisto che si trovano a Calafuria non presentano affatto la frattura che dovrebbero avere, se questa fosse procurata con mezzi artificiali; n'e mai mi e me- setto trovare in quél luogo traccia di scorie, sicuro e necessario indizio di fusione artificiale. Debbo notare qui che nella Valle Ascetta, sul confine del ter- ritorio della Tolta con quello del Sasso, il Ferro Oligisto si trova pure in masse erratiche per una grande estensione sulle roccie eoceniche. Il professor Ponzi in una Memoria già letta in parte all’Accademia dei Lincei, e intitolata: « Za Tuscia Romana e la Tolfa » ha trattato distesamente della giacitura di quel minerale^ che egli a primo aspetto aveva giudicato proveniente dall’ Elba, ma che poi, in seguito a più accurato esame, è stato indotto a riguardare come proprio di quella località. Non avendo visitato la Valle Ascetta riferisco semplicemente 1- opinione dei profes- sor Ponzi. < 2° Il Ferro Oligisto che si 'trova a Calafuria, e che può supporsi provenire dall’Elba non consiste soltanto, come dice il De Stefani (1. c., pag. 74, lin. 29-31) Ai pezzi i qual, a non sono freschi e ben conservati ma all’ esterno arrugginiti ed alterati, » giacché invece si trovano molti piccoli gruppi di cristalli a spi- goli nettissimi e molte lamine splendentissime. 3” Io ho accennato (1. e., pag. 615, lin. 34-35) che ogni dubbio sarebbe tolto se si trovassero nelle vicinanze di Calafuria scorie e memorie di antiche lavorazioni di ferro. Il De Stefani non dice di aver trovato scorie, ed aggiunge (1. c., pag. 7 a, lin 7-10) relativamente alle lavorazioni di ferro: « Mi sembra anzi, ma per la lontananza dei tempi non lo ricordo bene e non lo voglio punto affermare, che alcuno parlasse di un’ antica fon- deria o fucina esistente in qué pressi. » A me pare che tali vaghe reminiscenze non servono a dimo- strare erronee le conclusioni cui ero giunto dopo aver visitati ì luoghi e consultate molte persone, cioè che non si ha memoria di lavorazioni di ferro presso Calafuria. 4° Il De Stefani dice (1. c., pag. 74, lin. 20-21). « on ho trovato mai però entro al macigno tracce di Oligisto in qua sivoglia maniera cristallizzato. » In questo il signor de Stefani è in errore. In primo luogo debbo dire che il Della Valle, così lodevolmente e giustamente ricordato dal De Stefani, si è però espresso con qualche confusione sui composti ferrici che si tro- vano a Calafuria, indicandoli col nome di sesquiossido di ferro; il quale, come è noto, è chiamato Ematite (di cui il Ferro Oli- gisto è una varietà) e talora anche Ematite rossa per distinguerlo dalla Limonite, cioè dal sesquiossido di ferro idrato che da al- cuni è indicato col nome di Ematite bruna. Io quindi nella mia Nota adoperai semplicemente la parola Ematite invece di quella di sesquiossido di ferro usata dal Della Valle, il quale del resto sembra avere inteso parlare del sesquios- sido di ferro idrato. In ogni modo si osservano incastrate nel macigno venuzze ferree con punti brillanti, le quali sono di Ematite propriamente detta come è dimostrato dalla polvere rossa caratteristica che si ottiene rigandole, mentre V aspetto metallico che esse presen- tano è caratteristico di quella varietà di Ematite cui si dà co- munemente il nome di Oligisto; questo del resto può essersi formato, ipotesi che ho accennato nella mia Nota, per 1’ azione del sai marino sopra gli idrati ferrici. 5° Non so se il De Stefani ha visitato il filone di Quarzo da me descritto (1. c., pag. 614, lin. 4-13) e che si continua su due colli separati da una valle ; poiché credo che allora non si sarebbe indotto a dire così recisamente (1. c., pag. 77, lin. 5-6) « che il quarzo al Boccale ed a Calafuria stessa si sia formato in filoni, o a meglio dire, in borse limitate al macigno. » Credo che per ora convenga distinguere i due casi ; cioè di borse e di filoni ; e tali devono essere quelli del Boccale, osservati dal De Ste- fani (1. c., pag. 73, lin. 28-30) e che sfacendosi lasciano « il suolo tutto cosperso di cristalli di quarzo lunghi fino a 2 o 3 dee. e larghi 1 dee. » (?) Mi sembra ancora incerta cosa il decidere quale sia in profondità la limitazione di questi filoni, che il De Ste- fani, per criterii puramente teorici, dichiara limitati al macigno. 6° Al De Stefani sarà certamente sfuggito quanto ag- giungo alle notizie date dal Della Valle sulla Baritina di Cala- furia relativamente alle materie in esse incluse e alle forme (100), (101), (212)? 2 (m 1 m), s (11 m) da me osservate in — 140 — quella sostanza; giacche avendo taciuto nella sua rivista critica in generale eli tutte le osservazioni da me fatte meno quelle che credeva appuntabili, ha indicato soltanto le forme (IH), (110), (m 0 p), (012), (014),' (015), (001), rimandando per esse al D A- chiardi, Mineralogia della Toscana, voi. I, pag. 106, e dicenc o che tutte predominano; mentre difatti le due sole forme (001) e (110) sono predominanti. Ciò che è chiaramente distinto nel mio lavoro, pag. 612-613. . , , V Finalmente il De Stefani, parlando di Calatoia e dei luoghi vicini, dice (1. c. , pag. 73, lin. 10-11) : « che laspiaggia, fatto non ancora notato da alcuno, va soggetta ad un sollevamento assai forte. »» Questo mi fa supporre che sia forse sfuggito al De Stefani ciò che dico (1. c„ pag. 612, lin. 1-4 e nota 1), dei movimenti de suolo a Calafuria, deducendoli da considerazioni litologiche. E li invece riconosce un sollevamento deducendolo dai fon dei lito- domi nell’ Alberese cretaceo; ma ciò non implica che il movi- mento attuale avvenga, come egli sembra credere, nel medesimo senso- nella mia Nota si accenna appunto alla necessita ci ci- stingiìere con molta, esattezza il fatto stesso del sollevamento dal tempo cui deve riferirsi; altrimenti se ne possono trarre spe- culazioni brillanti, ma poco solidamente fondate.5 Dissento finalmente dal De Stefani in altri punti secondarli ; ma mi sembra inutile prolungare con frasi una discussione che non può tornar utile se non con 1’ osservazione di nuovi e pre- cisi fatti, rimanendo per ora fermo a riguardare invariata una delle conclusioni del mio lavoro, cioè essere non improbabile, ma non dimostrato che parte del Ferro Oligisto che si trova a Ca- . Questa faccia fu osservata dal D’ Achiardi ; le altre dal Della Valle. Il D’ Aclhardi crede che la (015) del Della Valle sia la errore nella mia Nota (pag. 613, lin. -2) ho posto la facon (014) fra quelle servate da me Economica, 1875) l’opinione, sulla fede di osservine molti geologi, che la costa mediterranea d’Italia, astraz.o fatta dalle regioni vulcaniche ove i mov, menti sono alterna*™, avesse , mg. t!e subito un sollevamento, e che la costa adriaca avesse un abbassamento, astrazion fatta, dagli interrimenti; ma avendo p e p u a tontamente a studiare l’argomento, ho visto che molte erano vaghe appunto per non aver distinto il fatto dei movimenti del su tempo in cui esso poteva essere avvenuto, e per non aver esaminato cente cura le varie cause che potevano averlo prodotto. — 141 - lafuria provenga dall’ Elba, mentre d’ altra parte non ho nulla eia mutare all’ altra delle conclusioni cui ero giunto, ossia che il Ferro Oligisto si trova in piccole vene nel Macigno di Cala- furia, ove è facilmente riconoscibile per i suoi più elementari caratteri. NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE. B. Gastaldi. — Su alcuni fossili paleozoici delle Alpi Ma- rittime e deW Apennino ligure studiati da G. Miche- lotti. — Roma 1877. Nella seduta del 4 febbraio 1877 della R. Accademia dei Lincei, il prof. Gastaldi presentava questa Memoria, nella quale viene data comunicazione dei risultati ottenuti dallo studio di taluni fossili raccolti nel calcare dolomitico d’ epoca paleozoica : essi provengono dalle valli della Yermenagna, del Gesso e della Stura di Cuneo nelle Alpi Marittime, e dalla miniera di antra- cite di Calizzano in Valle Bormida nell’ Apennino ligure. Alla descrizione dei fossili l’Autore fa precedere alcune ge- neralità sulla costituzione geologica delle Alpi piemontesi, nelle quali esso distingue le tre grandi zone del gneis centrale, delle pietre verdi e dei terreni paleozoici; e si ferma a parlare con maggiore dettaglio delle valli che si dipartono dalle Alpi Ma- rittime, dal Monviso cioè infino all’ incontro coll’ Apennino, e che furono più specialmente oggetto di studio negli ultimi due anni. Egli distingue nella massa delle Alpi Occidentali sei grandi elissoidi gneissiche disposte in due serie quasi parallele : la prima comprende le elissoidi Monte Rosa, Gran Paradiso e Cournour, la seconda le elissoidi Monte Bianco, Les Ecrins e Mercantour. Quelle della prima serie sono circondate regolar- mente dalla zona delle pietre-verdi, attorno alle altre invece stanno i terreni paleozoici, i secondarii, ed in alcuni luoghi an- che i terziarii. È quindi opinione dell’ autore che il gneis, il quale in tal modo emerge dalla massa dei terreni più recenti, costituisca per intiero il nucleo centrale delle nostre Alpi. Nelle valli del Po e della Yaraita la zona delle pietre verdi è rappresentata da un grande sviluppo di serpentini, di eufo- tidi, di epidotiti, di calcescisti e di quarziti : nella Val Macra invece vi hanno estensione grandissima i calcari •cristallini, le quarziti ed i calcescisti, e non è infrequente il gesso a struttura finamente granulare associato alle carniole. In queste stesse valli poi esistono tre orizzonti di quarziti ed altrettanti di calcare, ciascuno dei quali appartiene ad una delle tre grandi divisioni del gneis centrale, delle pietre verdi e della zona paleozoica. È appunto nei calcari di quest’ ultima che furono scoperti i fossili studiati dal Michelotti. Tali calcari sono vari di aspetto e di natura; in alcuni è ancora bene distinta la struttura cristallina, mentre altri mostransi quasi affatto compatti e sovente anche hrecciati. Assai facile a distinguersi è il calcare dolomitico fos- silifero dall’ autore chiamato Calcare del Chaòerton e dal Lory Calcaire du Briangonnais : è di colore bianco, grigio o nero, tal- volta semieristallino, attraversato da una quantità grandissima di vene di calcare, spatico bianche, giallognole o gialle; esso co- stituisce, assieme coll’ antracite, il più importante orizzonte della zona paleozoica, giacché la base di questa zona è costantemente formata di scisti rasati, di scisti ed arenarie quarzoso-cloritiche con antracite, ovvero di calcare dolomitico fossilifero con o senza antracite. Questo combustibile è per caratteri fisici identico ai- fi antracite di Savoja, della quale ha altresì la composizione, come risulta dall’ analisi eseguita dal Cossa su di un campione- di esso proveniente dal calcare fossilifero della Ciapera in Val Macra.1 Associata a detto calcare la antracite trovasi inoltre alla Thuille e al Mélézet nell’ alta valle della Riparia, a Pra- riond nell’ alta valle della Macra, a Demonte nella bassa valle della Stura di Cuneo, a Calizzano nell’ alta valle della Bormida. I fossili del calcare provano a lòr vòlta che tutte queste antra- citi, affatto prive d’ impronte vegetali, sono di epoca anteriore al carbonifero. In vai di Macra la zona calcareo-dolomitica ha una lar- | ghezza media di 3000 metri, e gli strati avendo ad un dipresso la inclinazione di 45°, la sua potenza può ritenersi approssima- 1 Carbonio fìsso ===74,16 Ceneri = 21,97 Materie volatili = 1,61 Acqua = . 2,26. — 143 — tivamente di 1800 a 2000 metri. Essa è il prolungamento di quella che incontrasi per lungo tratto tra l’ Ambin, il piccolo Moncenisio ed il Chaberton, e se non trovasi nelle valli inter- medie del Pellice, del Po e della Yaraita, è perchè queste valli non si protendono tanto verso Ovest. Prosegue quindi per le valli del Gesso e della Vermenagna sino al Colle di Tenda, si mostra lungo le valli che discendono dalla costiera del Mondolé, taglia le successive valli del Tanaro e della Bormida, e, ricoperta per lunghi tratti dai depositi miocenici, ricompare di nuovo in Val Polcevera. I fossili raccolti in diverse località di questa lunga zona di calcare dolomitico, e studiati dal Michelotti, appartengono spe- cialmente ai polipai, e quindi in linea subordinata ai briozoi ed ai molluschi. Alcuni polipai raccolti nelle vicinanze di Vernante (valle della Vermenagna) possono classificarsi nel genere Cyaiho- phyllum di cui offrono .i caratteri principali ; la presenza di questo genere nel nostro calcare dolomitico acquista grande im- portanza, se si pensa che esso appartiene ad uno di quei gruppi di madreporari dei quali non si trovano più tracce dopo il pe- riodo paleozoico. Un altro esemplare di polipaio raccolto nel cal- care dolomitico dell’Apennino ligure presso la miniera di antracite di Calizzano, quantunque in cattivo stato e mancante dei distin- tivi più importanti per la sua classificazione, può essere ascritto al genere Proporci, il quale visse soltanto nel periodo paleozoico : questo fossile- è certamente di quel periodo e coevo cogli altri fossili provenienti dalle valli della Stura di Cuneo e dalle Alpi Cozie. Dai dintorni di Sambuco nell’ alta valle di Stura proven- gono reliquie di Briozoi riferibili forse al genere Stictopora. Fra i molluschi gasteropodi abbiamo alcuni esemplari deformati del genere Opkileta, il quale fu sino ad ora esclusivamente trovato nei più antichi banchi paleozoici,, ed uno del genere Cyrtliolites il quale, sebbene abbia avuto rappresentanti nei primi tempi paleozoici, continuò a vivere anche nell’ epoca carbonifera : que- sti esemplari provengono da Bersezio nell’ alta valle della Stura di Cuneo. Infine una reliquia proveniente dalla citata località di Sambuco, sembra riferibile ad un frammento di sifone di cefalopodo. Al testo fanno corredo tre tavole disegnate con cura, nelle quali sono raffigurati i fossili descritti, ed una quarta portante - 144 - uno spaccato attraverso alle valli del Po, della Yaraita e della Macra, nel quale si vede assai nettamente la sovrapposizione delle tre zone del gneis centrale, delle pietre verdi e dei terreni paleozoici. G. Struever. — Studi sui minerali del Lazio, Parte IL — Roma 1877. In questa seconda parte del suo lavoro,1 V Autore prosegue la descrizione dei silicati anidri e prende in esame le specie se- guenti : Sodalite ; è assai rara nei prodotti vulcanici del Lazio, e per il suo aspetto è identica a quella incolore o leggermente gri- giastra del Monte Somma. Essa non fu incontrata finora che nei massi erratici, composti principalmente di sanidino e di nefelite, accompagnati da biotite bruna e nera, anfìbolo nero, leucite, gra- nato bruno e nero, pirosseno, titanite e magnetite. Nefelite ; è uno dei minerali phL frequenti e meglio noti del Lazio. Generalmente incolore e diafana, di rado verde o carni- cina, come a Capo di Bove, sovente iridescente, massime nelle geodi delle lave compatte. Questo minerale si incontra : 1° Come componente di molte lave; 2° In cristalli nelle geodi della lava basaltina, come a Capo di Bove, Marino, Rocca di Papa, Terni, Yelletri, ec. ; 3° In cristalli nelle geodi di massi di lava erra- tica, come a Marino ed all’ Ariccia; 4° In cristalli entro gli ag- gregati minerali erratici nel peperino, negli strati di lapillo e ceneri, ove la nefelite è accompagnata da sanidino, leucite, wol- lastonite, humboldtilite. Anortite ; minerale assai raro nel Lazio, ove trovasi soltanto nei massi erratici composti essenzialmente di anortite e piros- seno verde, ai quali talvolta si aggiunge la hauynite azzurra o incolore. Tali aggregati sono uguali a quelli che si trovano sul Monte Somma e, come questi, presentano spesso una distinta struttura zonale. 1 Per la prima parte vedasi il Bollettino 1876, N. 5 e 6 a pag. 252. — 145 Sanidino; è minerale non molto frequente nel Lazio, e fu trovato in pochi massi erratici insieme con nefelite, sodalite, leucite, antibolo, pirosseno, granato, idocrasio, wollastonite e ma- gnetite. Esso però è componente costante nei massi erratici di lava, che differiscono essenzialmente per composizione mineralo- gica delle lave in posto. Va ancora segnalata nei tufi del Lazio la presenza del sanidino in grossi frammenti di cristalli sciolti. Titanite ; varietà analoga, per colorazione e forma cristallina, alla semelina del lago di Laach e del Monte Somma. Non fu ri- trovata che nelle geodi entro i massi minerali erratici del lago di Albano, insieme con sodalite verdastra, antibolo nero, sani- dino ed apatite. Idocrasio ; minerale da lungo tempo conosciuto nel Lazio, quantunque vi sia raro. Si presenta in cristalli con forme sva- riate, di colore giallo-miele o nero-verdastro o giallo-bruno ti- rante al verde-oliva, racchiudenti talvolta cristallini di granato giallo o di pirosseno verde. L’ idocrasio del Lazio non si trova che allo stato erratico : 1° In cristalli sciolti perfettamente ter- minati nei terreni incoerenti dei Campi di Annibaie, dei piani di Albano, ed altrove; 2° Nelle geodi di massi erratici insieme con hauynite, wollastonite, granato, pirosseno e mica ; 3° Sopra il granato giallo compatto; 4° In grossi cristalli entro massi composti essenzialmente di idocrasio granulare e mica verde- chiara; 5° In cristallini insieme con granato bruno e pirosseno verde, entro massi composti di calcite e mica verde-chiara. A questa seconda parte della Memoria fanno corredo due tavole, nelle quali sono disegnate le forme cristalline dei mine- rali descritti. G. Struever. — Studi idrografici sul Lazio. Parte I. — Roma, 1877. È questo un lavoro che segna un rilevante progresso nella conoscenza delle forme litologiche costituenti la grande regione vulcanica dell’Italia centrale estendentesi per gran parte della provincia di Roma. Se si eccettuano i lavori del vom Rath, pub- — 146 - blicati dalla Società geologica tedesca di Berlino, e alcune noti- zie date da altri sulla costituzione delle lave di Capo di Bove e Yallerano presso Roma, ben poco fu fatto finora per lo studio microscopico della svariata serie di roccie che mcontransi in que- sta regione. Il presente lavoro dello Struever è inteso a riempire questa lacuna per quanto riguarda il gruppo vulcanico laziale. Nella prima parte della Memoria, l’Autore si occupa di alcune roccie erratiche che trovatisi nei tufi vulcanici del Tavolato a pochi chilometri da Roma sulla via Appia Nuova, e che per la loro composizione mineralogica differiscono dalle lave laziali che si trovano in posto a poca distanza: cotali massi si mostrano ricchi di felspato, minerale che non è fra i componenti essen- ziali e costanti delle predette lave. Esso prende quindi in esame due di quelle roccie erratiche, cioè una lava compatta grigio- chiara a grosse leuciti e numerosi cristallini e granelli di hauynite,- e una lava grigio-scura assai porosa contenente nella sua pasta grossi cristalli di pirosseno e di leucite. La prima è assai inte- ressante per la quantità dei minerali costituenti- e per l’analogia con certe roccie del distretto vulcanico di Laach in Germania. Per spiegare la presenza di tali màssi erratici nei tufi sotto- marini del Tavolato, l’ Autore suppone che, anche prima del pe- riodo eruttivo cui si deve la formazione dei monti albani e tuscu- lani, vi ebbe in quella contrada un’ epoca di attività vulcanica, le cui bocche, non più visibili, hanno eruttato i materiali dei tufi e dei massi erratici del Tavolato, i quali si estenderebbero anche al disotto dei crateri laziali. Parla poscia della lava porosa, spesso scoriacea, di color grigio- giallastro o brunastro, detta volgarmente sperone, la quale si os- serva in grossi banchi in molti punti del sistema vulcanico laziale. Avendone esaminato al microscopio campioni provenienti da dieci distinte località tanto del cratere esterno quanto dell’interno, l’ Autore vi distinse i minerali seguenti : leucite, pirosseno, gra- nato, biotite, magnetite, nefelite. La massa è solitamente com- posta da leucite trasparente e da pirosseno giallo ; il granato, color bruno-giallastro, talvolta vi manca affatto; la biotite e la magnetite vi si trovano in certa abbondanza, mentre la nefelite vi è rara. In complesso le ricerche dell’Autore dimostrano molta affinità nella composizione mineralogica dello sperone colla lava — 147 - basaltina ordinaria del Lazio ; gli unici caratteri mineralogici che li differenziano, sarebbero pel primo la colorazione gialla del pi- rosseno e la comparsa del granato, in quantità però variabilis- sima. Questa analogia di composizione si svela anche dall’ esame dei resultati delle analisi chimiche istituite sullo sperone dal vom Rath, e sulle lave grigie dal Bunsen. Da queste analogie e dalla giacitura affatto superficiale dello sperone , l’Autore conchiude che questa roccia non è altro che una modificazione della lava basaltina, dovuta forse all’ azione dell’ acido cloridrico, ipotesi che anche il prof. Ponzi ha altra volta espressa nei suoi scritti su Lazio. T. Taramelli. — Alcune osservazioni sul Ferretto della Brianza. — Milano, 1877. Nell’alto milanese viene designato col nome di ferretto un terreno sciolto ed assai distinto per colorito, per struttura e composizione, nonché per la quasi assoluta sterilità dalle allu- vioni che lo circondano. Esso si presenta alla superficie come un’ argilla ocracea assai fina, con colorazione gialla più* o meno intensa, e si presta abbastanza bene alla fabbricazione di late- rizii e stoviglie. Differisce dalla nota terra rossa , che accompagna i calcari eocenici e cretacei di molte località, se non pel minore quantitativo di ferro. Nel presente lavoro l’Autore descrive cinque lembi di ferretto , fra loro separati da alluvioni, ma che dove- vano formare un unico deposito, limitato dai due coni di deje- zione dell’Adda e del Ticino, e più tardi tagliato, e in parte sepolto, dàlie alluvioni delle correnti minori intermedie a questi due fiumi. In complesso questi cinque lembi, idealmente con- giunti, rappresentano una estensione di circa 800 chilometri qua- drati, occupata dal ferretto, il quale affiora dalle alluvioni più recenti: la potenza media di questa formazione può calcolarsi a 20 metri, e la sua inclinazione di circa il 12 per mille, mentre quella delle alluvioni non supera il 7. Essa riposa ovunque di- rettamente sulla vasta formazione del conglomerato conosciuto col nome di ceppo e ritenuto di epoca pliocenica. Esaminando attentamente il deposito in discorso, esso si vede alla superficie formato da una argilla ocracea, con ciottoli ton- — 148 — deggianti di provenienza alpina, tutti più o meno alterati , ma nelle sezioni di fresco praticate si rivela come una alluvione ciot- tolosa di elementi alpini, dei quali i più ricchi in felspato sono in istato di completa caolinizzazione. Il fatto della avanzata de- composizione di questi elementi è valido argomento per assegnare al ferretto una maggiore antichità in confronto delle morene degli anfiteatri alpini, le quali, benché ricche di porfidi, non presen- tano indizio di decomposizione, mentre invece i ciottoli ad ele- menti felspatici dei conglomerati sottoposti, sono profondamente alterati. Il rinvenimento di frammenti di una Terna e di una Ostrea entro la massa del ferretto , darebbe motivo a crederlo una formazione marina. Per spiegare la presenza di tante rocce diverse, taluna pro- venienti dalle più lontane cime delle Alpi, l’Autore ricorre al- P ipotesi di un trasporto glaciale antico, avvenuto cioè in un primo periodo di massima espansione glaciale, nel quale si ori- ginò una formazione erratica affatto distinta dal sistema degli anfiteatri morenici. Fa quindi un confronto tra la formazione del ferretto e quella delle sabbie gialle , e viene nella conclusione che sì P una che 1’ altra presentano tali caratteri di composizione li- tologica, di avanzi di organismi e di disposizione, da dovei si li- tenere formazioni di estuario o di mare poco profondo, influen- zate entrambe dal trasporto glaciale, che ebbe luogo per una prima discesa dei ghiacciai alpini in mare. L’Autore chiude il suo lavoro esponendo i principali termini cronologici delle vicende avvenute fra la sedimentazione marma delle marne azzurre e la comparsa dell’ uomo nella valle padana, accennando eziandio ai risultati di altri suoi studii eseguiti in varii punti del versante meridionale delle Alpi. Va annessa alla Memoria una carta geologica a colori, nella scala del 450,000, comprendente la parte occidentale della pia- nura lombarda ed il principio della regione montuosa, tanto verso le Alpi quanto dal lato dell’Apennino : in questa carta sono rap- presentate le principali demarcazioni dei terreni formatisi dal- T epoca delle marne plioceniche in poi, e sono espressi i criteri coi quali i terreni stessi si dovrebbero rilevare qualora si voles- sero estendere simili ricerche a tutta la valle padana. NOTIZIE DIVERSE. Nuovi giacimenti di minerali in Italia. — Il Realgar e T Orpimento, minerali conosciuti finora in Italia nelle lave e fuma- role, ed in terreni antichi nel circondario di Mondovì, vennero testé trovati nelle vicinanze di Santa Severa presso Civitavecchia dal signor Tommaso Tittoni. Essi sono contenuti in un masso rotolato sulle argille deposte contro i monti che ascendono verso la Tolta, ed ove oltre ad importanti formazioni trachitiche si estendono banchi di calcari, arenarie, schisti ec., dai Ponzi giu- dicati eocenici ed in qualche parte da altri creduti più antichi. Il masso contenente i solfuri arsenicali è un’ arenaria a ce- mento calcareo analoga al macigno, con vene di calcare spatico ed anche in cristalli scalenoedrici ove domina 201, talvolta con una punta 100,111. II. Realgar è di solito impiantato sull’ arenaria ed intiera- mente rivestito dal calcare spatico. Dalle impronte da esso la- sciate si potè desumere la esistenza di cristalli di Realgar colle forme 110,210,100. Il calcare avrebbe continuato a cristallizzare dopo che il deposito di Realgar era terminato. L’ orpimento è o verso la superficie del Realgar, o mamil- lare a struttura fibrosa raggiante. Esso sembra posteriore al Realgar. Alla Lama dello Spedalaccio, sul versante meridionale delle Alpi di Camporaghena in Lunigiana, il dott. G. Uzielli trovava recentemente cristalli di albite, di titanite e di apatite, mine- rali nuovi per quelle località. La titanite si trova nel micascisto associata all’ albite, ai- fi epidoto, all’ apatite, al serpentino, alla pirite, alla ripidolite, al quarzo ed alla mica. Si riconosce facilmente al colore giallo miele, allo splendore adamantino ed alla forma. I cristalli, con diametro medio inferiore in generale ai tre millimetri, presen- tano al cannello le proprietà caratteristiche dello sfeno, ed hanno durezza di poco inferiore a 6. Questo minerale, alfi infuori delle Alpi, non è stato descritto finora in Italia che nelle roccie vul- caniche del Monte Somma e dei Monti Laziali, nelle trachiti — 150 - della Corte del Re nel Grossetano, nel granito dell’ isole del Giglio e dell’ Elba, ed in roccie scistose di quest' ultima. Un altro minerale, probabilmente apatite, si osserva nello stesso micascisto in numerosi cristallini sparsi, con diametro me- dio non superiore a mezzo millimetro. Esso ha il colore bianco e lo splendore grasso caratteristico dell’ apatite, ed al micro- scopio si dimostra come composto di una sostanza birefrangente a un asse ottico. L’ apatite fu fino ad ora trovata cristallizzata in Italia in poche località e precisamente alla Corbassera e alia Testa Ciarva nella Valle di Ala, al Monte Acuto presso Traver- serà, a Baveno nel granito, nella miniera del Bottino presso Serravezza, nel granito dell’ Elba e negli aggregati minerali erratici del Lazio e del Monte Somma. Lo stesso dottore Uzielli fa notare V analogia che esiste fra T associazione dei minerali nei micascisti della Lama dello Spe- dalaccio e quelli di alcune località delle Alpi e fra le altre della Val Maggia nel Cantone Ticino, ciò che può avere qualche im- portanza nello studio delle relazioni che possono connettere gli scisti degli Apennini con quelli delle Alpi. Nuove sorgenti di petrolio nell’ America meridionale. — I giornali dell’America meridionale annunciano la recente scoperta di grandiose e in apparenza inesauribili sorgenti di petrolio, nella provincia di Jujuy (Repubblica Argentina). Le sorgenti erano co- nosciute già da lungo tempo dagli Indiani; ma il nero bitume entro il quale scorreva il petrolio non era da essi apprezzato, o tutt’ al più utilizzato per spalmare le coperture delle loro capanne. Allorché colà giunsero le prime lampade a petrolio, si avvertì bentosto che il liquido che in esse si abbruciava emanava un odore analogo a quello che dalle cave di bitume tramandava: si fecero ricerche nel suolo di quelle vicinanze e si scopersero, in seguito ad escavazioni, ricchissime sorgenti di petrolio. La lo- calità petroleifera trovasi a circa 26 leghe a levante di Jujuy, e la sua ricchezza non è reputata inferiore a quella delle località meglio fornite di Pensilvania. Già si incominciò la costruzione di edifizi, ed un nuovo ramo di industria sta per iniziarsi nelle provincie interne della Confederazione Argentina. PUBBLICAZIONI DEL B. COMITATO GEOLOGICO. (Continuazione.) I. Cocchi. — Brevi cernii sul principali Istituti e Co- mitati Geologici e sul R. Comitato Geologico d’Italia. — Firenze 1871 L. 1.50 Idem. — Carta Geologica della parte orientale del- l’ Isola d’ Elba, nella scala di 1 per 50,000. — Firenze 1871 » 3.00 F. Giordano. — Esame geologico della catena alpina del San Gottardo, che deve essere attraversata dalla grande galleria della ferrovia Italo-Elve- tica. — Firenze 1873 » 10. 00 Idem. — Carta Geologica del San Gottardo, nella scala di 1 per 50,000. — Firenze 1873 » 5.00 C. W. C. Fuchs. — Carta Geologica dell’Isola d’ Ischia, nella scala di 1 per 25,000. — Firenze 1873. ...» 3.00 G. Ponzi e Fr. Masi. — Catalogo ragionato dei prodotti minerali italiani ad uso edilizio e decorativo spediti dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio all’ Esposizione Internazionale di Vienna. — Roma 1873. . . .» 2.00 Idem. — Catalogo sommario dei prodotti minerali italiani ec. — Roma 1873 » 1. 00 P. Zezi. — Cenni intorno ai lavori per la Carta geo- logica d’Italia in grande scala. — Roma 1875 . » 1.50 G. Doelter. — Carta Geologica delle isole Ponza, Palmarola e Zannone, nella scala di 1 per 20,000. — Roma 1876 » 2. 00 Per le commissioni dirigersi al Segretario del R. Co- mitato Q-eologico, in Roma, Piazza San Pietro in Vincoli, N. 5. Annunzi di pubblicazioni. o. Gr Omboni. — Di due antichi ghiaccia.] che hanno lasciato le loro traccie nei Sette Comuni. — Venezia 1876; pag. 6 in-8°. A. De Ztgno. — Sopra i resti di uno Squalodonte scoperti nell’ arenaria miocena del Bellunese. — Venezia 1876 ; pag. 18 in-4° con una tavola. R. Lawley. — Nuovi studi sopra i pesci ed altri vertebrati fossili delle colline toscane. — Firenze 1876; pag. 122 in-4° con 5 tavole. G. Spezia. — Sul colore del Zircone. — Torino 1876; pag. 10 in-8°. G. Meneghini. — Nota sulle ammoniti del lias superiore descritte dal si- gnor Eugenio Dumortier. — (Atti della Società Toscana di Se. INat., voi. II, fase. 2°.) — Pisa 1876; pag. 4 in-8°. C. De Stefani. — Molluschi continentali tino ad ora notati in Dalia nei terreni pliocenici, ed ordinamento di questi ultimi. — (Atti della Società Toscana di Se. Nat., voi. II, fase. 2°.) - Pisa 18/6; pag. 45 in-8°. A. Issel. — Intorno ad un minerale manganesifero del senese. — (Rivi- sta scientifico-industriale, Novembre e Dicembre.) Firenze 18/6; pag. 8 in-8°. Fu. Bassani. — Pesci fossili nuovi del calcare eoceno di Monte Bolca. — (Atti della Soc. Veneto-trentina di Se. Nat., voi. V, fase. 1°.) Padova 1876 ; pag. 12 in-8° con una tavola. Silvestri. — Sopra alcune paraffine ed altri carburi d’ idrogeno che trovansi contenuti in una lava dell’ Etna. — Catania 18 /b; pag. 30 in-4°. A. Issel. — Appunti paleontologici Genova 1877; pag. 56 in-8°. A. Verri. — Alcune linee sulla Val di Chiana e luoghi adiacenti nella storia della terra. — Pavia 1877 ; pag. ].00 in-8° con una tavola e carta geologica. % Ed. Reyer.— Dìe Euganeen. Bau und Geschiclite eines Vuicanes.— Wien 1877 : pag. 96 in-8° con carta geologica. A. Pirona. — La provincia di Udine sotto V aspetto storico- naturale. — Udine 1877 ; pag. 64 in-8° grande. Cioè alo. — Enumerazione dei principali fossili che si rinvengono, nella serie delle rocce stratigrafiche dei dintorni di Termini Imerese. — Catania 1877 ; pag. 8 in-4°. J. Forsyth Major. — Sul livello geologico del terreno in cui fu trovato il così detto Cranio delP Olmo. — Firenze 1877; pag. 12 in-8 . G. Struever. — Studi sui minerali del Lazio; Parte 2a. — Roma 1877; pag. 22 in-4° con 2 tavole. Studi petroglifi ci sul Lazio. — Roma 1877 ; pag. 16 in-4°, Uzielli. - Sopra la titanite e P apatite della Lama dello Spedalac- cio. — Roma 1877 ; pag. 7 in-4°. Gastaldi. -Su alcuni fossili paleozoici delle Alpi Marittime e dell’ Apennino Ligure studiati da G. Michelotti. — Roma 18//, pag. 18 in -4° con 4 tavole. T Taramelli. — Alcune osservazioni sul Ferretto della Brianza. — Mi- lano 1877; pag. 38 in-8° con una carta geologica. 1° Fossili delle marne di Genova. G. S. c. G. B. Ann# 187?. V 5 c 6. R. COMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA. Bollettino N° 5 e 6. Maggio e Giugno 1877. ROMA, TIPOGRAFIA BARBÈRA. 1877. ' PUBBLICAZIONI DEL R. COMITATO GEOLOGICO. 1°. — Bollettino. — Si pubblica regolarmente in fascicoli bime- strali di 5 o più fogli di stampa ciascuno, formanti un vo- lume annuo di 500 e più pagine, con tavole ed incisioni in- tercalate nel testo. Il prezzo dell’ abbuonamento annuo è di L. 8 per V interno e di L. 10 per l’estero. Gli abbuonati j ricevono gratuitamente la copertina ed il frontespizio del volume. — Ad annata compiuta i volumi annuali rilegati si vendono al prezzo di L. 10 — I fascicoli separati si vendono al prezzo di L. 2 ciascuno. II0. — Memorie per servire alla descrizione della Carta Geo- logica d’ Italia. — Pubblicazione di gran formato corre- ! data da tavole, Carte geologiche ed incisioni intercalate i nel testo. Volume I ; Firenze 1871. — Introduzione — Studii geo- j logici sulle Alpi Occidentali, di B. Gastaldi, con cinque tavole jj ed una Carta geologica. — Cenni sui graniti massicci delle ; Alpi Piemontesi e sui minerali delle valli di Lanzo, di j G. Strììver. — Sulla formazione terziaria nella zona sólfifera j della Sicilia, di S. Mottura, con quattro tavole. — Descri- zione geologica dell’ Isola d’ Elba, di I. Cocchi, con sette tavole ed una Carta geologica. — Malacologia pliocenica ita- \ liana (Parte Ia, Gasteropodi sifonostomi) di C. D’ Ancona ; | fascicolo 1°, con sette tavole. — Prezzo Lire 35. Volume II, Parte la; Firenze 1873. — Introduzione. — Monogràfica geologica délV Isola d’ Ischia, di C. W. C. Fuchs, ! con Carta geologica e incisioni nel testo. — Esame geologico | della catena alpina del San Gottardo, che deve essere attra- |i versata dalla grande Galleria della Ferrovia Italo -Elvetica,, j di F. Giordano, con Carta geologica e due tavole di Sezioni. ; — Appendice alla Memoria sulla formazione terziaria nella f zona sólfifera della Sicilia, di S. Mottura, con una tavola. Malacologia pliocenica italiana (Parte Ia, Gasteropodi sifono- j stomi), di C. D’Ancona, fascicolo 2°, con otto tavole.— Prezzo Lire 25. Volume II, Parte 2a; Firenze 1874. — $^ geologici \ sulle Alpi Occidentali, di B. Gastaldi, Parte 2a, con due ' tavole. — Prezzo Lire 5. Volume III, Parte la; Roma 1876. --Il gruppo vulca- j nico delle Isole Ponza, monografìa geologica di C. Doelter, con tre tavole e una Carta geologica. — Geologia del Monte j Pisano, di C. De Stefani, con una tavola. —Prezzo Lire IO. {Continua) BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA. Jl° 5 e 6. — Maggio e Giugno 1877. SOMMARIO. Note geologiche. — I. Descrizione degli strati pliocenici dei dintorni di Siena, per C. De Stefani. — IL I monti di Campiglia nella Maremma Toscana, per G. vom Rath, versione dal tedesco con note del dott. B. Lotti. — III. Fossili giuresi dei dintorni di Belluno, Feltre ed Agordo, per R. Hoernes. Note mineralogiche. — Le nuove specie minerali studiate e descritte nel- 1’ anno 1876, per P. Zezi. Notizie bibliografiche. — M. Baretti, Studii geologici sul gruppo del Gran Paradiso ; Roma, 1877. — L. Bellardi, I molluschi dei terreni terziari del Piemonte e della Liguria. Parte II ; Torino, 1877. Notizie diverse. -- R. Accademia dei Lincei. — Accademia delle Scienze di Parigi. — Società geologica di Londra. Tavole ed incisioni. — Sezioni geologiche nei dintorni di Siena, a pa^. 162 165, 172, 174, 175, 182, 184. NOTE GEOLOGICHE. I. Descrizione degli strati pliocenici dei dintorni di Siena di Carlo De Stefani. § 1. Cenni storici. Fra i terreni pliocenici, quelli di Siena sono stati da mag- gior tempo e con maggior frequenza visitati da geologi italiani e forestieri, e per le svariate circostanze nelle quali si forma- rono, presentano un insieme assai importante a studiarsi. Nel 1750 il Baldassarri descriveva i caratteri litologici delle crete del senese,1 e nel 1771 parlava dei tufi, cioè delle sabbie e delle ghiaie, sulle quali è costruita Siena.2 1 G. Baldassarri, Osservazioni soprani sale delle crete; Siena, 1750. G. Baldassarri, Descrizione di un sale neutro deliquescente che si trova iel tufo intorno alla città di Siena. ( Atti Acc. Fisiocr., IV, pag. 1. 1771.) — 156 — Avendo poi V Accademia dei Fisiocritici di Siena proposto un premio a chi sciogliesse un quesito sul modo di rendere feconda la terra cretacea sterile del Colle di Malamerenda e di altri paesi del Senese, nel 1771 risposero ed ottennero il piemie Candido Pistoi e Domenico Niccoletti. Nel loro acculato lavoro questi pure descrissero le sabbie, e le così dette crete, che rico- nobbero essere piuttosto marne, ed istituirono varie esperienze, talune delle quali assai importanti e nuove anche per noi, sulle qualità fisiche di quei terreni.1 . Nel 1774 il Targioni, naturalista sapiente pei suoi tempi, descrisse i caratteri -del tufo (sabbie gialle) dei dintorni della città ed il Calcistruzso naturale, ossia le ghiaie, specialmente di quel banco che si trova tuttora allo scoperto dietro il Duomo; accennò pure i testacei fossili del tufo senese, come avea accen- nato quelli degli altri luoghi della Toscana.2 _ Il Soldani, scienziato veramente positivo, e sperimentato, nel 1780 s descrive le breccie gliiarose o ghiaie cementate e 1’ agliata o ghiaia sciolta, e dice che formano strati orizzontali l'Articolo I § 1). Mostra come fossero staccate dai monti e ri- mescolate dai fiumi e dal mare (§ 2), nel quale rimasero gran tempo (8 3). Descrive anche i tufi e le crete (Articolo II, § 8 che dice si trovano oggi ancora tali quali furono depositate dal mare (6 14) : parla poi a lungo delle foramimfere fossili, del e quali ora non mi occupo. Ma le notizie maggiori e piu accurate che fino a questi ultimi tempi si sieno avute sui terreni d in- torno a Siena furono pubblicate dal Soldani nella Testaceografia. Nel 1791 riconobbe le teredini perforanti nei legni del Riluogo, (Tom. I, Part. II, 186), e descrisse le ligniti del Bozzone: disse che i tronchi di legno di questi luoghi si depositarono in mare, e racconta come pochi anni prima, nel Riluogo, essendo franato a cagione delle pioggie un muraglione che dirigeva P acqua ad un mulino, si scopersero nella frana dei banchi ricchissimi di - C PISTOI e D. NiccoLEfcri, Memoria per avere sciolto il problema che r Accademia propose nel gennaio del 17 68. (Atti dell’Acc. delle Scienze di Sie- j°g ° Taroioni , ^Relazioni di alcuni viaggi fatti in diverse parti della To- scarta , ediz. seconda, tomo VII, pag. 25. 1774. 8 A. Soldani, Saggio oritto grafico. Siena, 1780. — 157 — fossili, che forse son quelli che tuttora si vedono presso i Due Ponti (pag. 195). Nel 1798 citando le argille piene di foramini- fere dei poderi i Bonnini ed il Cerajolo, sulla Tressa, a due miglia da Siena, concludeva : confirmatur lune locum... fuisse marìs àbyssum et quidem profundissimum... ; eo enim tempore quo Imusmodi deponébantur db aquis materia, ripa et fluvium ora satis Tonge dissita ab hoc loco esse debuerant, quum ad eum ap- pellere minime potuissent arenula, lapilluli rotandoti, et alia gra- viora, qua a fluminibus ad marem communiter deferri solent, sed tantum micacea particula minima et alia fortasse quadam ìevis- sima (Parte II, pag. 28). Delle crete di San Lazzaro dice essere evidente eas ohm pnus in aqua maris fuisse dissolutas, dein placide lenteque decidisse ad pelagi fundum (pag. 44). Distingue nei sedimenti marini, mostrando in ciò maggiori cognizioni che tutti i geologi a lui posteriori fino ad oggi, tre zone, quella de- gli abissi, quella littorale, ed una zona intermedia, secóndo che vi si trovano sole materie marine, o sole terrestri, oppure le une e le altre insieme (pag. 55). Descrive poi le sabbie di Porta Laterina dove è il Camposanto, (pag. 61) e discorre delle ghiaie anche di quelle di Porta Ovile e dei Due Ponti, e delle loro origini, con competenza unica (Cap. VII). Le dice strappate dai fiumi all’ Apennino e riscontra che sono formate dalle medesime rocce di questa giogaia. Riconosce l’identità di alcune ghiaiette del suolo della città colla roccia zeppa di foraminifere, che egli dice pietra nautilica, e che il Targioni aveva detta pietra lenticolare, la quale si trova nel Chianti a Coltibuono, Monte Grossoli (Monte Grossi) e San Pancrazio : questa roccia ritenuta nummulitica è in- vece secondo me del cretaceo medio. Soggiunge il Soldani che se nelle ghiaie senesi non si trova la stessa proporzione di arenarie che è nell’Apennino, ciò deriva perchè le ghiaie di esse prima di giungere al mare si sfanno.1 Dice che le sabbie (arenula) dei colli apenninici e del Senese etsi levem aliquem teimen plospho- rescentia gradurn in subignito cinere ostendunt ; cosa non notata dopo da altri, e cui consacra un capitolo speciale (Cap. XI): da quella fosforescenza intende dedurre che a formare le sabbie A. Soldani, 1 estaceographiae ac zoophytographiae parvae ac micro- scopicae. - 158 - concorsero le acque non il fuoco. Conclude che gli strati i quali si trovano oggi alla superficie sono identici a quelli che si for- mano tuttora sotto il mare. Il Santi tornava a descrivere nel 1806 la natura del sotto- suolo sabbioso e ghiaioso della città. Citava pure le ghiaie forate dalle litodome, le crete dei dintorni della città, le ligniti ed i tronchi di piante resinose, traforate da teredini, le quali piante egli ritiene essere vissute sui tomboli del littorale di quei tempi.1 Nel 1835 il Giuli, nella sua carta comprensiva della Toscana, T unica che sia stata fatta finora, distinse le sabbie gialle del Senese, dalle argille turchine.2 L’ illustre Pareto nel 1843 menzionò per la prima volta le alternanze di strati fluviatili con strati marini nella vallecola del Riluogo ed in altre presso Siena.3 Nello stesso anno il Repetti ripeteva i soliti cenni sulla natura litologica del territorio.4 5 Il Murchison (1849) nel descrivere le rocce degli Apennini, figurò pure e descrisse uno spaccato fra i Monti di San Gemi- gnano e Siena, nel quale oltre alle rocce di San Gemignano da lui attribuite al Macigno ed all’Alberese, compariscono i tra- vertini postpliocenici della Val d’Elsa ed il terreno subappen- nino della città nostra.3 Il Campani, nel pubblicare nel 1862 una descrizione geolo- gica, la più completa che finora si abbia, della provincia di Siena, rinnovò la descrizione delle sabbie, delle argille, delle ghiaie e della marna calcarea bianca d’ acqua dolce, accennando pure taluni fossili dei dintorni della città, ed i pochi minerali che in que’ terreni si trovano. Presentò poi un disegno del taglio esistente presso la Stazione ferroviaria ed una descrizione delle 1 G. Santi, Viaggio terzo per le due provinole senesi , pag. 386. Pisa, 1806. 2 G. Giuli, Progetto di una carta geografica ed orittognostica della To- scana, 1835. 8 L. Pareto, Sopra alcune alternative di strati marini e fluviatili nei terreni di sedimento superiore dei colli subappennini. ( Giornale toscano di Scienze mediche , fisiche e naturali, tomo I, n. 4), 1843. 4 E. Repetti, Dizionario geografico storico della Toscana. Siena : Comunità dei Terzo di città. — Comunità del Terzo di San Martino, 1843. 5 R. Murchison, On thè geological strutture of thè Alps, Apennines and Carpathians. ( Quart . Journ . of thè geol. Society, n. 19), 1849. — 159 — alternanze degli strati marini e lacustri che vi si vedono, se- condo gli studii del Capellini.1 L’ anno di poi, il Mortillet de- scriveva con grandissima accuratezza queste medesime alternanze di strati, presentandone un minuto disegno, ed aggiungendo un elenco de’ molti molluschi osservati : egli riteneva che quelle al- ternanze fossero dovute ad oscillazioni del suolo, e per sugge- rimento del Mayer poneva la parte superiore dei terreni, spe- cialmente di quelli sabbiosi da lui descritti, nel piano astiano, e la parte inferiore nel piano Piacentino.2 Nel 1865 il Campani riproduceva le descrizioni dei terreni, già fatte, ed aggiungeva una carta geologica di tutta la pro- vincia.3 Sulle traccie del Gaudin riteneva miocenici gli strati con filliti del Bozzone. Nel 1872 al Congresso de’ naturalisti italiani che ebbe luogo in Siena, il Capellini manifestò V opinione che durante V epoca miocenica e pliocenica il Senese fosse occupato da fiordi somi- glianti a quelli della Danimarca e . che in questa regione il suolo ora si alzasse ora si abbassasse talché alternavano rocce di- verse. Il Silvestri nel discorrere de’ terreni di Fangonero nel Ri- luogo disse che le ghiaie dei conglomerati di colà venivano dal Chianti ; il Capellini soggiunse che a ridosso della Monta- gnola si trovava nel pliocene qualche ghiaia proveniente da questa.4 Nel 1876 il Capellini in due suoi scritti parlava per inci- denza dei terreni pliocenici senesi, e particolarmente del loro ordinamento. Riferiva gli strati di Siena (sabbie, argille, con- glomerati) al così detto Messiniano superiore ; 5 più specialmente poi considerava come più recenti le sabbie gialle della città e 1 G. Campani, Siena e il suo territorio. Geologia, pag. xxi e seg. 1862. 3 G. De Mortillet, Coupé géologique de la Colline de Sienne. {Atti della Società Italiana di Scienze naturali , voi. V, pag. 330 e seg.) 8 G. Campani, Saggio della costituzione geologica. Annuario corografìco- amministrativo della provincia di Siena, 1865. 4 Atti della sesta riunione straordinaria della Società Italiana di Scienze naturali. {Soc. It. Scienze nat., voi. XV, pag. 215, 220), 1872. 5 G. Capellini, Sui terreni terziari i di una parte del versante settentrio- nale dell’ Apennino. {Mera. Acc. delle Scienze di Bologna , tomo III, parte VI, pag. 617, 622, 623.) — 160 — della Val di Pugna con Bolaena etnisca Gap., Felsinotherium Ger vaisi Cap., BJiinoceros etruscus Falc., contemporanee secondo lui agli strati ad Amphistegina del rimanente della Toscana e sottostanti agli strati con Mastodon Arvernensis, Jol., e Croiz., di Montopoli. Sotto, secondo l1 illustre geologo, vengono le marne con Balcenotus insignis di Monteaperto; ed ancor più antiche sono le marne con Ostrea cochlear , Poli, Columbella thiara, Brcc., etc., della Coroncina.1 Nello stesso anno, io sostenevo 2 che le alternanze degli strati marini e palustri, doveano attribuirsi non a movimento del suolo, ma alla presenza di stagni e lagune, ora comunicanti col mare, ora separate da questo ; soggiungevo i terreni del Senese essere coetanei a quelli lacustri del Val d’ Arno supe- riore, e gli strati della Coroncina appartenere ad una zona d1 alto mare, corrispondente, non più antica, della zona littorale delle sabbie ; descrivevo le rocce, e la successione de’ fossili in varii strati, accennando come i più antichi, pur sempre supe- riori agli strati miocenici del Casino, fossero quelli della Buca in Pescaia. Contemporaneamente il Seguenza nello studiare la fauna ma- lacologica dei terreni pliocenici formati a grande profondità, e nel proporre un ordinamento di questi stessi terreni, poneva gli strati inferiori del pliocene senese," nel suo piano Zancleano, ossia nella parte inferiore del vero pliocene. 3 L’ anno di poi il Pantanelli riunì e completò quanto gli altri avevano detto sui terreni pliocenici de’ dintorni di Siena, pub- blicando una carta geologica dei medesimi, e degli altri terreni adiacenti. Egli descrive i luoghi, i caratteri litologici, ed i fos- sili dei varii strati, spartiti da lui in sabbie gialle, sabbie az- zurre, ed argille : ritiene che le differenze litologiche e paleon- tologiche sieno dovute alla differente profondità del mare 1 G. Capellini, U uomo pliocenico in Toscana. ( Atti della R. Accademia dei Lincei , tomo III, serie seconda, pag. 9), 1876. 2 C. Ce Stefani, Molluschi coritinentali fino ad ora notati in Italia nei terreni pliocenici, ed ordinamento di questi ultimi. ( Atti della Soc. Toscana di Scienze nat., voi. II, pag. 132 e seg.), 1876. 3 G. Seguenza, Studi paleontologici sulla fauna malacologica dei sedimenti pliocenici depositatisi a grande profondità. {Boll, della Società malacologica, voi. II, pag. 22), 1876. - 161 — pliocenico : distribuisce poi gli strati nel miocene superiore, po- nendovi quelli della Buca in Pescaia e gli altri analoghi, nel pliocene inferiore, medio, e superiore.3 Non istarò ad enumerare per ultimo la lunga serie dei dotti ed illustri scenziati, i quali hanno contribuito ad illustrare i varii ordini di fossili dei terreni pliocenici circostanti a Siena. Basterà accennare il Capellini pei mammiferi; il Cocchi ed il Lawley per i pesci ; il Soldani, il D’ Orbigny, il Silvestri pelle foraminifere ; il Soldani, il Caluri, il Bartalini, il Brocchi, il Cantraine, il Semper, il Mayer, il D’Ancona, il Pecchioli, il Bronn, V Hoernes, e tanti altri pe’ molluschi ; il Meneghini per gli echini, il Gaudin per i vegetali, ec. Da vario tempo il prof. Pantanelli ed io avevamo raccolti e studiati, indipendentemente P un dall’ altro, i fossili, e special- mente i molluschi dei dintorni della città; riuniti insieme i no- stri sforzi e messe le nostre raccolte in comune, abbiamo potuto radunare finora, da brevissimo spazio, circa 470 specie di con- chiglie, la cui descrizione già presentata alla R. Accademia dei Fisiocritici verrà pubblicata quanto prima. Perciò le specie che io accennerò nell’ enumerare la serie dei terreni vennero da noi determinate accuratamente per quanto si potè ; quelle che in- sieme trovammo essere nuove verranno segnalate con aggiun- gervi — nobis sp. n. In quali punti le conclusioni dei miei studii stieno in disac- cordo colle idee degli altri autori che ho citati, si parrà dal seguito dello scritto; non starò a discutere qui le differenze di opinione, per non andare pelle lunghe, e perchè le obiezioni mi- gliori sorgono non già da un ragionamento dialettico, ma dal- 1’ esposizione de’ fatti che prima non erano conosciuti o che lo erano imperfettamente. Avverto che mi limiterò a descrivere i terreni dei dintorni della città nei quali sono scavate le tre valli del Riluogo, della Pescaia, e della Tressa. 1 D. Pantanelli, Dei terreni terziarii intorno a Siena . ( Atti R. Acc. dei Fisiocritici di Siena , serie terza, voi. I), 1877. — 163 — § 2. Argille e marne più antiche con Eissoa Meneghiniana, De St., Neochilus simplex, Fuchs, e Nassa pulchra, D’ Anc. Gli strati pliocenici più antichi nei dintorni immediati di Siena, si trovano in Val di Tressa a monte del Ponte sul quale passa la strada che va a Monte Albuccio. Risalendo il torrente, e passata una cava d’ arenaria pliocenica, lasciate addietro delle sabbie turchine, delle argille, ed altre rocce di cui parleremo poi, si trova d’ un tratto una serie di strati inclinati più del solito, verso monte, la quale comparisce probabilmente per effetto di una faglia ; e ivi appunto sono gli strati più antichi che ora de- scriverò e che presento nella (Fig. 1), quasi simile a quella del Pantanelli (loc. cit.). Il banco inferiore è formato da una argilla scura, finissima, si- mile a fango, alta qualche metro, nella quale sono diffusi i fossili seguenti. Acciocché apparisca la zona della profondità nella quale le rocce si depositavano, in questo elenco, siccome in tutti gli altri, ad ogni specie identica od analoga ad altra tuttora vivente nel Mediterraneo aggiungerò le seguenti indicazioni, Lt. se vive nella zona litorale, L. se in quella delle laminarie, C. se in quella coralligena, ed A. pella zona degli abissi. Acciocché ognuno possa verificare le citazioni, mi atterrò di regola alle indicazioni for- nite dal Monterosato.1 Porrò poi un asterisco innanzi ad ogni specie che si trovi tuttora vivente. Lucina Savii, De St. sp. n. (X. cfr. leucoma, Turton Lt.). — * Cardium edule, L. Lt. — Venus excentrica, Ag., (V. verrucosa, Lin. Lt.) — * Trochus cfr. Adansonii, Payr. Lt. — Rissoa Meneghi- niana; De St. — R. Agiata, nobis sp. n. — R. Thalia, nobis, sp. n. (R. Montagui, Payr. Lt.) — R. Lachesis, Bast., var. n. May eri, nobis. — Natica, cfr. helicina, Broc. — * Gerithium vulgatum, Brug., var. alucaster, Broc. Lt., L. — C. doliolum, Broc. ( C . medi- terraneum, Desh., Lt.). — * G. spina, Part., Lt. — G. tricinctum, Broc., var. cingulo mediano minore. — Potamides etruscum, May. — Nassa Rasteroti, Mich. — N. bufo, Dod. — * N. neritea, Lin. Lt. — Gonus Dujardini, Desh. — Golumbella curta, Bell. — G. semi- 1 T. A. di Monterosato, Nuova Rivista delle Conchiglie Mediterranee (Atti dell’Accademia Palermitana di scienze, lettere ed arti, voi. V, s. 2a). — 164 — caudata, Bon. — * Mitra ebenus, Eroe., var. leucozona, Andrz., Lt. — * Margineìla clandestina , Broc., Lt. Questi strati, a Cardium ed a Cerithium, mostrano d’ essersi formati in acque alquanto salmastre, decisamente littorali, e seb- bene vi sia qualche specie particolare, pure il tipo de’ fossili esistenti in essi, si trova con molta uniformità in parecchi piani diversi del pliocene senese. Un fossile caratteristico dello strato ora menzionato è la Rissoa Meneghiniana, De St., la quale però fuori di qui perviene ad alcuni degli strati più recenti del plio- cene, come p. e. a Calenzano presso San Miniato. Rimontando ancora la Tressa s’ incontra una serie di marne alte alcuni metri, bianche, o leggermente tendenti all’ azzurro, finamente stratificate, contenenti spoglie di Cypris, ed i seguenti molluschi ; Cardium edule, L., Melanopsis flammulata, De St., e Neochilus simplex, Fuchs, che è quasi speciale a questi strati. Anche questa forma di roccia depositata entro acque meno salmastre di quelle del gruppo antecedente, e quasi dolci, si ripete più volte, ed in essa si trovano sempre le Melanopsis. Le rocce mentovate -fin qui non le ho trovate fuori della Val di Tressa ; ho veduto invece anche altrove quelle che succedono. Sopra alle marne bianche con Neochilus simplex, Fuchs, si ri- petono per una ventina di metri le argille turchine, alternativa- mente più o meno salmastre, simili a quelle dello strato più antico a Rissoa Meneghiniana; nella parte superiore è qualche straterello carbonioso. L’ alternare degli strati meno decisamente marini è rappresentato dalle agglomerazioni de’ Cardium, de’ Ce- rithium, e de’ Potamides, e cioè dalle seguenti specie. * Cardium edule, L., Lt. — Cerithium minutimi, M. Ser. (C. cfr. vulgatum, Brug. Lt.). — Cerithium tricinctum, Broc., var. — C. turbinatum , Broc. — Potamides etruscum, May. — P. nodoso - plicatum, Hòrnes. Vi sono poi in quantità de1 fossili identici per lo più a quelli antichi già mentovati, oltre anche al Murex truncatulus, For., ed a qualche altra specie. Quanto mai caratteristica di questi strati, e degli altri coetanei è la Nassa pulchra D’ Anc. Il pro- fessor Pantanelli mi diceva d’ averla raccolta anche nel banco più a Valle nella Tressa, cioè in quello con Rissoa Meneghiniana nel quale io non la trovai ; è certo però che non si ritrova in — 165 — Cimitero- Fosso di Fontebranda. banchi più recenti. Lo strato di queste argille : D’ Anc., apparisce lungo la Tressa anche a valle, faglia mentovata a principio, sin più giù del Ponte di Legno sul quale passa la strada che va a Monte Alb uccio. La stratifica- zione è quasi orizzontale sotto a certe sabbie turchine che esa- mineremo poi, e non vi sono fossili, sebbene la natura lito- logica e la posizione stratigrafica provino la contemporaneità di questi strati con gli altri. Ricco di fossili e ben distinto, sebbene per brevissimo tratto, apparisce quello strato in Pe- scaia, al di sopra di uno strate- rello di lignite che vidi bene scoperto dopo le pioggie inver- nali del 1877 e che è lo strato più profondo di colà. (Fig. 2). Tosto sopra alla lignite è uno straterello schiettamente salma- stro pieno di Cerithium tricin- ctum : sopra sono le argille d’ aspetto più marino, conte- nenti i fossili dei quali diedi già qualche cenno altrove, e 1 che quando ancora non cono- 1 scevo gli strati della Tressa ri- tenevo fossero i più antichi del pliocene senese.1 E a notarsi che codesti strati appariscono Q ivi per via d1 una faglia ben distinta, e dicontro a questa acquistano una verso Monte, a N.E. bC ÌZ Molluschi continentali ec. , Nassa pulchra al disotto della leggera pendenza — 166 - Ecco la serie dei fossili che vi ho raccolti : Lucina Savii, De St. (Lt.). — * Cardium edule, L., Lt. — Ve- nus excentrica, Ag., (Lt.). — V. Amidei , Mgh. — * Capsa fragilis, L. Lt. — Trochus Lawleyanus, nobis, sp. n. — Bissoa Thalia, no- bis (Lt.). — B. Lachesis, Bast., var . May eri, nobis. — B. aci - nus, Brocc. — * Phasianella speciosa, Miihlf., L? — Solarium senense, De St. — S. simplex, Bronn. — Cerithium doliolum, Brocc. (Lt.). — * C. vulgatum, Brug. Lt. — * C. spina, Partsch. Lt. — * Triphoris perversa, L., Lt. L. C. — Murex truncatulus, Por. — M. exacutus, Bell — Nassa Basteroti, Mich. — N. bufo, Dod. — N. pulchra, D’ Anc. — N. musiva, Brocc. — Conus Bujardini, Desh. — Columbella curia, Bell. — G. semicaudata, Bronn. — * Mi- tra ebenus, L., var. leucozona, Andrz. Lt. — * Marginella clande- stina, Broc. Lt. — * M. miliaris, L. Lt. § 3. Sabbie turchine e gialle, ed argille marine con Natica lineata, Lek. Al di sopra delle rocce ricordate, si trovano degli strati molto diffusi nei dintorni di Siena, benissimo riconoscibili pei caratteri litologici, e specialmente pei fossili, taluni dei quali si estendono oltre che nei depositi litorali v anche in quelli forma- tisi a maggiore profondità, talché sono adattatissimi a mostrare la contemporaneità degli uni e degli altri. Il più caratteristico di questi fossili è la Natica lineata, Lek. La roccia è quasi sempre formata da sabbia turchina ; si mostra tanto nelle valli della Tressa e della Pescaia, quanto in quella del Riluogo dove co- stituisce gli strati più profondi; del resto apparisce dovunque nelle vallecole, per estensioni non piccole, presso il fondo delle medesime. In Tressa, sopra agli accennati strati con Nassa pulchra appaiono delle sabbie un poco meno litorali d’ acqua punto sal- mastra, più grossolane, gialle, forse per essere maggiormente vicine alla spiaggia, le quali pei fossili che contengono si vedono rispondere alle sabbie azzurre con Natica lineata d’ altrove ; vi sono, fra le altre specie, le seguenti, tra cui è caratteristica la Mesodesma trigona. — 167 — Pectunculus insubricus, Broc. (P. cfr. violacescens, Lek.) Lt. L. — * Donax semistriata, Poi. Lt. — Mesodesma trigona, Cocc. — * Solen vagina, L. Lt. Però a valle, verso il Ponte, le solite argille salmastre sono sormontate dalla sabbia turchina, nella quale vi hanno degli strobili di pino, e dei fossili molto fitti, in piccoli banchi obli- qui, tutti però calcinati ed in cattivo stato, talché dimostrano di essere stati per qualche tempo in balìa ai movimenti delle acque. Vi si possono distinguere: Anomia costata, Broc. — Pectunculus insubricus , Broc. (Lt. L.). — * Cardium echinatum, L., L. C. A. — * Venus gallina, L. Lt. — Trochus patulus, Broc. — Scalaria comitalis , De St. sp. n. — * Natica Iosephinia, Biss. Lt. L. — Purpura Hoernesana, Pecch. — * Cerithium vulgatum, Brug. Lt. — G. crenatum, Broc. — * Nassa gibbosula, L. L. — Terebra Pasteroti, Nyss. — Pleurotoma Mortilieti, May. Qualche centinaio di metri sopra il Ponte, presso a poco sotto ad un gruppo di cipressi, queste sabbie si agglutinano in modo da formare una vera arenaria, (Fig. 1, g) assai compatta, somigliante quanto mai al Macigno eocenico, la quale viene sca- vata pei medesimi usi di questo, e si prenderebbe per un affio- ramento di qualche roccia antica, ove non si vedessero le sabbie tenere sottostare e far passaggio alla medesima ; spesso è ripiena di piccoli tronchi carbonizzati, simiglianti alla stipite eocenica. Nello stesso luogo, sotto alle sabbie turchine, alternante forse con gli strati inferiori di queste, o posto tra esse e le argille sal- mastre, a N. pulchra, si trova un banco, alto per lo meno un me- tro, di ghiaie, il quale scomparisce sotto P alveo del torrente. Le ghiaie sono formate come al solito, di rocce cretacee provenienti dal Chianti, anziché di rocce più antiche della prossima Monta- gnola; sono fortemente improntate, e forate dalle litodome, seb- bene, forse per essere state ruzzolate, non si trovi più alcuna di queste nei fori: soltanto qua e là negl’ interstizi! fra Puna e l’al- tra ghiaia sono : * Ostrea edulis, L. Lt. L. — * Anomia ephippium, L. Lt. L. C. A. — * Vermetus triqueter, Biv. Lt. Un simile strato di ghiaie, in quella posizione, non P ho tro- - 168 — vato altrove nè in Tressa, nè in Pescaia; bensì nel Riluogo, tra Busseto ed il Ponte della Madonnina rossa, fra una pescaia ed il mulino, se ne trova un banco avente i medesimi caratteri, il quale pure scomparisce sotto P alveo del torrente, frapposto alle sabbie turchine. In esso sono frequenti le conchiglie qui accennate, sebbene rotte e di rado ben conservate, le quali, ruzzolate come sono, sembrano provenire forse da zone alquanto diverse. * Anomia ephippium, L. Lt. L. C. A. — * Ostrea lamellosa, Broc., Lt. L. — * Federi varius, Lin. Lt. L. — P. pyxicìatus, Broc. — Pinna Brocchii, D’ Orb. (cfr. P. nobilis, Lin. Lt.). — Litho- domas Avitensis, May. (cfr. L. lithophagus, L. Lt.). — * Leda pella, Lin. L. C. — * Nucula nucleus, Lin. Lt. L. C. — * Arca Noe, L. Lt. — A. peregrina, Lib. — * A. lactea, L., Lt. L. — A. pedinata, Broc. — * A. tetragona, Poli, L. — Pedunculus in - subricus, Broc., (Lt. L.). — Scintilla bipartita, nobis, sp. n. — Ungulina unguiformis, Bast. — Cardita intermedia, Broc. — * Woo- dia digitaria, Lin., L. C. — * Cardium papillosum, Poli L. C. — * Circe minima, Mtg., L. C. — Cytherea sulcataria, Desh. — Ve- nus gigas, Lek. — V. libellus, Rayn. — V. clathrata, Duj. — - * V. gallina, L. Lt. — * V. ovata, Penn., var. minor., L. C. A. — * Cypricardia coralliopJiaga, Broc. C. — * Tellina planata, L., Lt. — Lutraria rugosa, Chemn., Lt. — * Saxicava arctica, L., Lt. L. C. A. — Gastrochaena intermedia, Hoern. — * G. dubia, Penn., Lt. L. C. — Jouannetia semicaudata, Desm. — J. rugosa, Broc. — Clavagella Procchii, Desh. — * Venerupis irus, L., Lt. — * Petricola lithophaga, Retz., Lt. — Dentalium dispar, May. — * Bissar élla costaria, Bast., Lt. L. — Crepidida gibbosa, Defr. — * Calyptraea chinensis , Lin., L. C. — * Siliquaria anguina, Lin., L. C. — Vermetus triqueter, Biv., Lt. — * V. intortus, Lek. — Coecum trachea, Mtg., L. C. — Bissoina pusilla, Broc. — B. de- cussata, Mtg. — Bissoa acinus , Broc. — B. Lachesis Bast., var. May eri, nobis. — Cingala vitrea, Mtg. A. — Natica Josephinia , Riss. — Solarium simplex, Bronn. - — * Scalaria tenuicostata, Mich., L. C. — *$. cfr. pulchélla, Biv., Lt. L. — Turbonilla lactea, Lin. L. C. — T. Mercati, nobis, sp. n. — T. excavata, Phil., L. — Aclis Brugnoniana, nobis, sp. n. — Bingicula Brocchii , Seg. — Cylichna convoluta, Broc. (cfr. C. cylindracea, Penn., L. C.). — — 169 C. truncata , Ad. — Tornatina spirata, Brocchi. — Cancellaria varicosa. Broc. — * G. cancellata, L.r C. — * Triphoris perversa, L., Lt. L. C. — * Gerithiopsis tubercolare, Mtg., Lt. L. C. — * Cerithium vulgatum, Brug., Lt. L. C. — G. crenatum, Broc. — C. doliolum, Broc. — ■ C.~ etruscum , May. — * G. scabrum, 01., Lt. L. C. — G. minutum , Lem. — Strombus eoronatus, Defr. — Conus pyrula, Broc. — G. ventricosus, Bronn. — G. Dujardini, Desh. — 31urex brevicanthos, Mi eh. — M. May eri, Bell. — M. intercisus, Mich. — M. Predai, Mieli. — M. polymorphus , Broc. — Terebra subcinerea, D’ Orb. — T. Basteroti, Nyst. — T. fuscata, Broc. — Nassa ungulata, Broc. — * N. gibbosula, Lin. L. — N. musiva , Broc. — N. pusilla, Phil. — * Colombella scripta , L. Lt. L. C. — * Mcingelia rugulosa, Phil., Lt. L. C. — * BapMtoma turgida, For- bes L. C. — B. solcatola , Bon. — B. megastoma, Brug. — B. Bissii, Bell. — Bleurotoma romana, Defr. — P. rustica, Broc. — Mitra aperta , Bell. Tornando alle sabbie turchine, in Tressa verso la con- fluenza della Pescaia scompaiono al di sotto delle sabbie gialle. In Pescaia sono qua e là molto ricche di fossili, ed alcune faglie di poca importanza di tanto in tanto le interrompono e le rial- zano o le abbassano al di sotto del livello del torrente e della strada che percorre la valle; formano del resto, nel basso, dal Ponte a Rosaio in su fin poco sotto all’incontro del fosso di Porta Camollia, una serie quasi continua, e vi si trovano i se- guenti fossili, analoghi a molti di quelli che ho già citati, e per lo più caratteristici, nel Senese, di questi strati : senza distin- guere coi singoli nomignoli i diversi posti dirò che li ho rac- colti più specialmente, al Mulino del Ponte a Rosaio sul fosso che scende da Fontebranda, ed alla destra ed alla sinistra della Pescaia, presso la Buca, dove affiorano le argille a Nassa pulchra. * Modiolaria Petagnae, Scac., Lt. — Pinna tetragona, Broc. — * Nucula nucleus, L., Lt. L. C. — * Leda polla, L., L. C. — Pectunculus insubricus, Broc. (Lt. L.). — Montacuta laevis, Phil. — * Wooclia digitarla, Lin., L. C. — * Cardium echinatum, L., L. C. A. — Gytherea sulcataria, Desh. — C. Pedemontana , Ag. — Venus gallina, L. Lt. — * V. ovata , Penn., var. minor, L. — F. plicata, Gmel. — V. excentrica, Ag., (Lt.). — * Tellina planata, L. Lt. — * T. nitida, Poli, Lt. — * Mactra subtruncata, Da C., 12 — 170 — Lt. L. Mesoderma trigona , Cocc. — * JDonax semistriata , Poi., Lt . — * Rsammobia ferroensis , Chemm., L. C . — R . Rasteroti, Bronn. — * Solen vagina, Lt. L. — * Ranopaea glycimeris, Bora., U.— Corbula Deshayesii, Sism. — Dentalium dispar, Mayer. — ^ Troclms patulus, Broc. — Adeorbis Recchiolianus, De St, sp. b. — * Natica Josephinia, Risso, Lt. L. — N. lineata, Lek. (N. propin- qua, Peccli.). — * Scalaria tenuicostata, Mich., L. C. — S. comitalis, De st. — Niso eburnea, Risso. — Ringicula JBrocchii, Seg. — Ridia miliaris, Broc. — Cancellano, ; varicosa, Broc. — C. JBrocchii, Cross. — Cerithium crenatum , Brocc. — - * C. spina , Paitsch, Lt. Conus pyrula, Brocc. — Terebra Rasteroti, Nyst. T. fuscata , Brocc. — T. acuminata, Bors. — * Nassa mutabilis, L., Lt. — * N. neritea, L., Lt. — * N. gibbosula, L., Ltv N. Raulucciana, D’ Anc. — N. ungulata, Broc. — N. clathrata, L. — N. musiva, Broc. — * N. semistriata, Broc., (rara) C. A. — Rleur otoma romana, Defr. — P. ( Clavatula ) Calumi, nobis, sp. n.-Raphi- toma vulpecula, Broc. — * Mangelia Vauquelini, Lt. — * Cassis saburon , Brug. ( C . texta Bronn) L. C. Nella valle del Riluogo le sabbie turchine compariscono lungo l’alveo del torrente per lungo tratto, per un’altezza va- riabile, e tutto al più da 12 a 15 metri; cominciano poco sotto alla Stazione, nel fondo della valle, e continuano sino oltre ai Due Ponti, e più giù di Val di Pugna, ^dove terminano ricoperte da altri strati sabbiosi ed argillosi; la Natica lineata si trova frequente in tutta la parte inferiore del tratto ora accennato, circa da Busseto in giù; a monte di Busseto, quel fossile manca, sia perchè sembra si trovi solo nella porzione più profonda delle argille anzidette la quale non comparisce dove la valle viene rialzandosi, sia perchè si tratta di una specie la quale non ri- man troppo a ridosso della spiaggia, a piccole profondità. Le specie fossili di que’ luoghi, raccolte nel tratto fra Busseto ed il Ponte della Strada Chiantigiana, sono le seguenti, appartenenti come le altre degli stessi strati ad una zona meno litorale di quella delle argille a N. pidchra. Recten pyxidatus, Broc. — Meleagrina phalaenacea, Lek. — * Nucula nucleus , L., Lt. L. C. - — * Leda pella , L., L. C. — Re- ctunculus insubricus, Broc, (Lt. L.). — Lucina orbicularis , Desh. * Diplodonta rotundata, Mtg., L. C. — * Cardimi hians, Broc., — 171 — C. — Cardita intermedia , Eroe. — Cytherea sulcataria, Desh. — Venns gigas, Lek. — * F gallina , L., Lt. — * F. ovata , Perni., L. C. A. — F. plicata, Gmel. — * Tellina nitida, Poli, Lt. — * Mactra subtruncata , Da C., Lt. L. — Corbula Deshayesii, Sism. — Dentatimi dispar, May. — Trochus patulus, Eroe. — * T. leu- cophaeus, Piali., Lt. — Xenophora infundibulum, Broc. — Turri- tella tornata, Broc. — Solarium simplex, Bronn. — * Natica Jo- sephinia, Risso, Lt. L. — N. lineata, Lek. (Busseto, Due Ponti ; Val di Pugna, Fangonero). — * N. millepunctata, Lek., Lt. L. C. — * Scalaria tenuicostata, Mich., L. C. — S. comitalis , De St. sp. n. — Bingicula Brocchii, Seg. — * Actaeon tornatilis, L., L. C. — Can- cellarla varicosa, Broc. — * Ceritium spina, Part., Lt. — * C. scabrum, Olivi, Lt. L. C. — C. etruscum, May. (sperso ; Ponte della Madonnina rossa). — Conus pyrula, Broc. — Ficida interme- dia, Sism. — Terebra Basteroti, Nyst. — T. pertusa, Bast. — T. subcinerea , D’Orb. — * Nassa neritea, L., Lt. — * N. gibbosula, L. L. — * N. mutabilis, L. Lt. — * N. semistriata, Broc. C. A. — N. clathrata, L. — Pleur otoma romana, Defr. — P. ( Clavatula ) Calurii, nobis, sp. n. — Baphitoma sulcatida , Jan. — * Mangelia Vauquelini, Payr., Lt. — * M. ebenus, L., Lt: L. A valle di Busseto, come ho detto, gli strati continuano senza interruzione, per gran tratto, sebbene la fauna poco a poco acquisti un carattere meno litorale. Così ai Due Ponti sotto il viadotto della ferrovia si trovano: Cardium fragile, Broc. — * Cytherea multilamella, Lek., C. A. — Natica lineata, Lek. - — Dentalium dispar, May. — * D. incur- vimi, Ren., L. C. Fuori delle tre valli mentovate, della Tressa, della Pescaia, e del Riluogo, gli strati delle sabbie turchine a N. lineata com- pariscono pure in più luoghi, sebbene per non aver bene esami- nato i terreni non possa darne notizie altrettanto ampie. In fondo alla valle del Bozzone, al di sotto di Larniano, appaiono coi soliti caratteri e coi seguenti fossili : * Anomia ephippium , L., Lt. L. C. A. — * Ostrea lamellosa, Broc., Lt. L. — Pecten flabélliformis, Broc. — P. pyxidatus, Broc. — Cardita intermedia, Broc. — Venus plicata, Gmel. — Corbula Deshayesii, Sism. — Trochus patulus, Broc. — Turritélla tornata, Broc. — * Natica 'millepuntata, Lek., Lt. L. C. — N. lineata, Lek. — 172 — * Sediaria tenuicostata, Mich., L. C. — * PJiasianella pulla, L., Lt. Bleurotoma romana , Defr. — * Mitra ebenus, L., Lt. L. Gli strati fin qui accennati, sebbene diffusi per una certa estensione, hanno, come si è veduto, una fauna di carattere più o meno litorale; ma la presenza della Natica lineata , la quale si estendeva eziandio ad abitare zone di mare alquanto più pro- fonde contemporaneamente alla sedimentazione delle sabbie turchine mentovate, mostra la coetaneità di altri sedimenti nei quali essa si trova, e che sono puramente argillosi, come quelli lungo il Bozzone sotto la Pieve al Bozzone, e quelli sotto al Poggiarone in fondo alla Biena; sedimenti situati più lontani da Siena e dal litorale pliocenico, che non gli altri sabbiosi. Del Bozzone, oltre la N lineata , ho varii fossili, che per non averli raccolti da me non indicherò, tanto più che non sono diversi da quelli del Poggiarone (Fig. 3). In questo luogo si trovano le se- guenti specie: * Corbula giòia, Oh, L. Fig. 3. Al Poggiarone. q .A. — • * Cytherea multila - mella, Lek., C. A. — * Car- clium acide atum, L. L. — * Arca cliluvii, Lek., L. C. — * Nassa semistriata, Broc., C.'A. — N. serrata, Broc. — N. serraticosta, Bronn. — Ter eira Basteroti , Nyst. — Banella marginata , Bronn. — Murex torularius, Lek. (M. cfr. òrandaris, Lin. L. C;).—*Fusus rostratus, 01., L. C. — Pleurotoma romana, Defr.— P. intermedia , Bronn. — P. turricula, Broc. — P cataphracta, Broc. — P. dimicliata, Broc. — P. sigmoidea, Bronn. — Chenopus pespelecani, L., var. (L. C. A.). — Ningicula òuccinea, Bioc., — * Byramidella plicosa , Bronn., A. — Natica lineata, Lek. * N. miUepunctata, Lek., rara Lt. L. C. — Solarium simplex, Bronn. — Turritella subangulata , Broc. — Vermetus intortus , L. — Dentalium fossile, L . —D. elephantinum, L. Sopra alle .sabbie turchine con Natica lineata, in qualche parte della Tressa e del Riluogo, sono delle argille turchine sal- a. Sabbie gialle. — i . Argille. - Argille del piano a iV. lineata). — n. Banchi di conchi- glie.— («'.Zona quasi coralligena.— n". Zona delle laminarie). — 4- Punto dove trovasi il Bai. insignis. — 173 mastre simili a quelle già vedute: formano però delle lenti qua o là, non una serie continua, tanto è vero che in Pescaia non ne ho trovato tracce a quel livello, e ciò avvenne del certo per opera delle denudazioni posteriori. Nella vallecola del Riluogo si incontrano tali lenti due o tre volte, fra il ponte della Ma- donnina rossa e la pescaia più a valle. Vi si trovano: * Ostrea edulis, L., Lt. L. — * Cardimi edule , L., Lt. — * Ce- rithium vulgatum, Brug., Lt. — C. etruscum, May. — Neritina Sena , Cantr. Nella Tressa si può vedere una di queste lenti sopra le are- narie del piano a N. lineata, presso la cava, vi sono: Cerithium tricinctum, Broc. — C. nodoso-plicatum, Ilòrnes. Si ripetono più a monte verso il calcare cavernoso, e con- tengono i soliti Cerithium, Cardium edule, L., Murex trunca- tulus , For., ed altrettali fossili. Da esse sembra provenga pari- mente la Stalioa acuta, De Stef. sp. n. Nella stessa valle al di sopra delle argille con Nassa pulchra e delle sabbie con Meso- desma trigona equivalenti alle sabbie turchine con N. lineata, nella serie che ho descritta in addietro, (Fig. 1) è un banco di Ostrea edulis, L., con alcune ossa di qualche grosso vertebrato, e sopra uno dei soliti straterelli salmastri. Prescindendo da questi piccoli strati salmastri, al di sopra delle roccie che ho fin qui considerato, si trova in generale un banco di altezza variabile di sabbie gialle, nelle quali, spe- cialmente presso al lido, sono diffuse più o meno delle ghiaie; qualche volta, vi alternano ancora taluni piccoli banchi di sab- bie turchine. In Pescaia queste sabbie si trovano lungo la strada (Fig. 2) che da Porta Fontebranda va a Porta Camollia; presso al Ponte a Rosaio, come pure al primo ponte andando in su, verso ponente, contengono : Pecten flabelli formis, Broc. — Pectunculus insubricus, Broc. (Lt. L). — * Woodia digitaria, Lin., L. C. — * Mactra subtruncata, Da C., Lt. L. — * Pandora inaequivalvis, Lin., L. C. A. — Dentalium dispar, May. — * Phasianella pidla, L. Lt. — Trochus patulus, Broc. — * T. leucophaeus, Phil., Lt. — * Natica Josephinia, Risso, Lt. L. — Niso eburnea, Risso. — Cerithium crenatum, Broc. — Ranella marginata, Brug. — * Nassa mutabilis, L., .Lt. - — Pleuro- toma romana, Defr. - 174 — Nel Riluogo, dal Ponte della Madonnina rossa in giù, la strada ferrata” passa per lungo tratto fra le sabbie di questo piano; sotto la strada, presso al Mulino che s’incontra a valle di Busseto, vi ho notato : * Anomia ephippium, L, Lt. L. C. A. — * Ostrea lamellosa , Broc., Lt. L. — Pecten flabelliformis, Broc. — P. pyxidatus, Broc. * p varius, L., Lt. C. — Pinna Brocchii , D’ Orb. — * Nucula nucleus, L., Lt. L. C . — Pectunculus insubricus, Broc. (Lt. L.) — Cardita intermedia, Broc. — Cytherea pedemontana, Ag. C. suìcataria, Desh. — * Venus gallina, L. Lt. — V. phcata, Gmel. — Arcopagia ventricosa, M. Serr. — * Mactra subtruncata, Da C. Lt. L# Corbula Deshayesii, Sism. — Trochus patulus, Broc. ¥ Na- tica millepunctata, Lek, Lt. L. C . — *N. Josephinia, Bisso, Lt. L. — N. lineata, Lek. (un solo individuo non ben conservato, raccolto dal prof. Pantanelli). — Eingicula Brocchii, Seg . — * Cancellarla cancellata, Lin. C. — Cerithium crenatum, Broc. — Piada inter- media, Sism. — Terebra Basteroti, Nyst. — T. fuscata, Broc. — T. pertusa, Bast. * Nassa gibbosula, L. L. — Phos polygonum, Br0c. ___ pleurotoma romana, Defr. P. (Clavatula) Galurii, nobis, sp. n. In generale le conchiglie fossili di queste sabbie gialle non sono molto diverse da quelle delle sabbie turchine cui succedono; mancano però in quelle o sono rarissime le specie caratteristiche di queste, come la Natica lineata, Lek. la Purpura Eoernesana, Pech., la Scalaria comitalis, De St. e la Mesodesma trigona, Cocc. Fig. 4. Al Ponte della Madonnina rossa, sulla sinistra del Riluogo. N. Sabbie irialle — b Ghiaie. — c. Sabbie turchine con N. lineata. — d. Marne bianche con MeianopsL - o. Strati più o meno salmastri. - (oh Strati con G. nepos). — + punto dove si trovo il Bos etruscus. — 175 — Merita sopra ogni cosa d’ essere ricordato, che nelle sabbie sopradette del Riluogo (Fig. 4) al disotto degli strati salmastri che esamineremo di poi, quasi sotto il Ponte della Madonnina rossa, ho trovata e scavata da me una mandibola, che il Major stesso riconobbe poi appartenente ad un JBos etruscus, Falc. L’ ho ora donata al Museo di Pisa. Nella valle del Riluogo medesimo, e nello stesso piano geo- logico, sebbene forse in uno strato di pochino più alto di quello del JBos etruscus, vennero raccolti resti di Bhinocerus etruscus, Falc., e di Félsinotherium Gervaisi, Gap., in Val di Pugna, lungo la via ferrata, di faccia al casotto N. 247. Cotali resti sono ora nel Museo de’ Fisiocritici in Siena : il luogo nel quale furono trovati è rappresentato nel taglio seguente (Fig. 5). Fig. 5. Lungo la via ferrata al casotto 247 in Val di Pugna. a. Sabbie gialle. — e. Sabbie turchine (piano superiore degli strati a N. lineata). — li. Banchi di sabbie agglutinate. — -r Punto dove si trovarono il R. etruscus e il Fels. Ger- vaisi. Quivi a livello della strada ferrata sono delle sabbie scure, appartenenti al piano che ora esaminiamo, ed all’antecedente con Fatica lineata la quale si trova nel fondo del Riluogo un poco più a Monte. In quelle sabbie notai i seguenti fossili, per la mas- sima parte calcinati ed in cattivo stato. *Anomia ephippiuni, L., Lt. L. C. A. — * Ostrea lamellosa, Broc., Lt. L. — *Pecten opercularis, L., L. C. — Cardita intermedia, Broc., * Venus gallina, L., Lt. — Corbula Deshayesii, Sism. — * Panopaea glycimeris, Bora., Lt. — * Natica Josephinia, Risso, Lt. L. — Neritina Mayeri, Semper. — * Cerithium vulgatum, Brug. Nelle sabbie gialle di sopra, nelle quali sono dei banchi induriti dal cemento calcare, e giacciono delle Panopaeae, si trovarono gl’ indicati vertebrati. Fuori dei luoghi accennati, tro- - 176 - viamo ancora degli strati di sabbie del medesimo piano geolo- gico. A levante di Larniano, nel fondo al torrentello detto fosso di Larniano sotto agli strati ricchissimi di conchiglie i quali foi- mano la parte più alta della collina, non si trovano le sabbie turchine a Natica lineata, come a ponente, lungo il Bozzone che solca dei terreni alquanto più profondi. Si trovano invece delle sabbie gialle con Phos poìygonum. Raccolsi colà : Pedunculus glycimeris, L. (Lt. L.). — Venus gigas, Lek. Xenophora infundibulum, Broc. — Phos poìygonum, Broc. Al Poggiarono (Fig. 3) sopra gli strati con Natica lineata, che là vedemmo essere argillosi, trovansi delle sabbie, gialle alte circa 9 metri, nella cui parte superiore sono i fossili seguenti: * Ostrea lamellosa, Broc. (Lt. L.). — Pecten latissimus, Broc. — P. flabelliformis, Broc. — * P. dubius, Broc. (L. C.). — *P. va- rius, L. (Lt. L.). — Pedunculus glycimeris, L. (L. C.). Venus excentrica, Ag. (Lt.). — * V. fasciata, Don., L. C. * V. ovata Penn., L. C. A. — Corbula Deshayesii, Sism. — Turritella vermi- cularis, Broc. — * Natica millepundata, Lek., Lt. L. C. *N. losephinia, Risso, Lt. L. — Solarium simplex, Bronn. * Caned- iaria cancellata, L., C. — Ranella marginata, Brong. Questi strati, come gli altri, sono inclinati leggermente verso S. E. talché vanno abbassandosi, almeno per un certo tratto, dalla parte del Chianti ; ad essi sembrami corrispondano i banchi sabbiosi, tanto ricchi di fossili, posti sulla sinistra della Malena, a mezzo chilometro sopra il paese di Monteaperto ; dei quali però, poiché non sono ancora ben certo del piano geolo- gico, non darò P elenco. § 4. Strati salmastri a Cerithium nepos, De St. ed alternanze di varie roccie. Sopra gli strati mentovati fin qui, nelle valli della Pescaia e del Riluogo, e per quanto sembra in tutti gli strati più lito- rali, si trova un buon orizzonte, il quale manca però pegli strati più lontani dalla conca nella quale giace Siena, cosicché, per trovare la corrispondenza degli uni cogli altri, bisogna ricorrere ad altri criterii meno semplici. Aggiungerò anzi che per tutti — 177 gli strati meno litorali non ho trovato finora alcun fossile il quale possa servire di orizzonte costante e preciso, come è la Natica lineata pegli strati più antichi. L’ orizzonte per gli strati più litorali cui accennavo dianzi, è rappresentato da sedimenti salmastri con Potamides e con alcune specie particolari, alti da uno a tre o quattro metri. In Pescaia esso comparisce sulla strada fiorentina, sopra al terzo ponte per chi si parta da Ponte a Rosaio, e sotto la strada medesima, là dove il fosso di Porta Camollia incontra il fosso che viene da verso Marciano. Nel primo di questi luoghi si ha la seguente serie di stra- terelli, a proposito dei quali è a notarsi che spesso, quando si raccolgono dei fossili di strati salmastri, si confondono esem- plari di sedimenti diversi i quali, per essere in sottilissimi lembi più volte alternanti, non vengono facilmente distinti. Quando la distinzione vien fatta, si vede che, siccome è il caso per questi strati di Pescaia, ad ogni piccola variazione nel grado di salsedine delle acque si ha una qualche variazione corrispon- dente nella fauna, talché sono in questa tre o quattro cambia- menti, alcuni dei quali si ripetono ed altri non più. Ecco ora pel primo dei luoghi indicati, la successione degli straterelli, e dei fossili : I. Strati salmastri, nella parte inferiore dei quali è qual- che ghiaietta, con * Cardium edule, L. Lt. — Cerithium nepos, De St., sp. n., (O. pupiforme, De St. non C. pupceformis, Bast., cfr. G. rubiginosum, Eich.). — Potamides etruscum, May. — - P . nodoso- plicatum, Horn. — Conus Dujardini, Desh. II. Argille sabbiose d’acqua più dolce, con Dreissena sanensis, May . — Mactra (non Splicerium) donaciformis, De St. sp. n., (cfr, M. Poclolica, Eich.). — Neritina Sena, Cantr. — Neo- chilus procerus, May. III. Strati di nuovo salmastri in grado intermedio fra i due antecedenti, con Potamides nodoso-plicatum, Horn. Me- lania striata, Broc. IV. Due straterelli di lignite frammezzati da un tenue sedimento di marna d’ acqua forse prettamente dolce, con Pla- norbis, cfr. complanatus, L., abbondante ma in cattivo stato. Y. Sabbie fine litorali con frammenti di conchiglie marine. Un poco di fianco agli straterelli ora accennati e rispon- denti ad essi, compariscono alcuni sedimenti con Cerithium tri- cinctum, Broc. e C. turbinatimi,, Broe., la quale ultima specie poi non comparisce nel Senese in alcun altro strato più recente, come il Potamides nodoso-plicatum, Hòrn, ed il Cerithium nepos, De St., la quale ultima specie anzi non si trova nemmeno in altri strati più antichi, per cui la considero come caratteristica di questo orizzonte. Questi medesimi strati, con altezza maggiore, sebbene poi sembri mancare taluno dei lembi indicati, si trovano nell’ altro luogo della Pescaia che già ho indicato, all’ incontro del fosso di Porta Camollia con quello di Marciano, e contengono: * Cardimi edule , L., Lt. — Dreissena Sanensis, May. — Mac - tra donaciformis, De St. — * Cerithium vulgatum, Brg., Lt. — C. tricinctum, Broc. — C. nepos, De St., abbondantissimo. Alcuni frammenti parvemi si riferissero al Pisidium minu- tissimi, De St., sp. n. Nella valle del Riluogo il C. nepos si ritrova, benché raro, in uno straterello di marne con molte delle conchiglie accen- nate, in istato non molto buono, pochi passi a monte del ponte della strada chiantigiana, sopra le sabbie con Pos etruscus, Falc., (Fig. 4) sotto ad un banco di ghiaie che sovrasta anche alle sabbie medesime. Lo straterello non continua più in giù, come non continuano ma smettono là, taluni degli straterelli salmastri ad esso sovrastanti, che ora vedremo. Ho notati in esso, i fossili seguenti più o meno rari. * Cardimi edule, L., Lt. — Dreissena sanensis, May. — Mactra donaciformis, De St., frequente ma in frantumi. — Cerithium nepos, De St., raro. — Potamides etruscum, May. — P. nodoso- plicatum, Hornes. — Neochilus procerus, May. — Melania striata , Broc., rara. Nella valle della Tressa non posso citare strati consimili, sebbene non dubito che vi esistano, perchè non vi ho fatto mi- nuziose osservazioni, ed anche perchè dagli strati già mentovati in poi vi mancano specie variate e numerose le quali possano avere una importanza paleontologica, da recar nuova luce a ciò che io mi propongo studiare in questo scritto. In alcuni frammenti di argilla provenienti dalla valle del Bozzone ho trovato il solito Cerithium nepos, talché quivi pure — 179 - esistono strati analoghi a quelli esaminati, sebbene, per non averli visti da me non possa dire di preciso dove sieno. Per continuare la storia degli strati più recenti, farò cenno complessivamente di parecchi strati alti vari metri, nei quali non ho trovate zone di fossili che meritino d’ essere ben distinte e che possano servire di orizzonte preciso per coordinare insieme terreni di luoghi differenti. Parlerò prima degli strati di Pescaia. Sopra a quelli ultimamente mentovati, con Cer. nepos si trova un banco di ghiaie e di sabbie alte 7 od 8 metri, poi sono delle argille biancastre con * Cardium edule, L., Lt. — Er- vilia italica, De St., sp. n. — *CeritJiium vulgatum, Brg., Lt. — C. tricinctum, Broc. — Potamides etruscum, May. — Conus Du- j ardini, Desh. Succedono, un piccolo banco di ghiaie, poi delle marne bian- castre con Melanopsis flammulata, De St. sp. n., formanti un sottile straterello, quindi delle solite argille a Cardium edule, L., Ce - ritliium vulgatum, Brug. e Potamides etruscum, May. Anche più a valle, presso il secondo ponte che si trova venendo dal Ponte a Rosaio verso Camollia, sulla sinistra e sulla destra del tor- rente, sopra le sabbie gialle che peli’ altezza di 9 o 10 metri sovrastano alle sabbie turchine con Natica lineata, Lek., si Do- vano delle argille salmastre alte circa mezzo metro con Cardium edide, L., ed Ervilia Italica, De St., sottostanti a marne bianche, scliistose con Melanopsis flammulata, De St. Poi è un banco di ghiaie, quindi delle sabbie gialle alte 2 o 3 metri, poi dell’ al- tre ghiaie in mezzo alle quali appaiono delle lenti argillose con fossili salmastri e d’ acqua dolce evidentemente sconvolti dai flutti e coperti da un banco d’ Ostrea edulis, L. Queste ghiaie sono ricoperte da uno dei soliti strati salmastri con C. doliolum, C. tricinctum, e Nassa bufo, Dod., per ultimo dalle solite marne bianche alte circa 1 metro e y2 con M. flammulata, Neritina Sena, Cantr., e Bythinia procera, May. A questi strati che ho accennati succedono sabbie gialle e ghiaie di rocce al solito provenienti dal Chianti, alternanti più e più volte con sottili straterelli di marne d’ acqua dolce, la cui successione e le cui variazioni sa- rebbe poco facile e poco importante di seguire. Nella Valle del Riluogo, sopra gli strati con Cerithium nepos De St., (Fig. 4) nel fosso che scende di verso P Osservanza, si — 180 - trovano delle ghiaiette, poi delle argille salmastre alte circa un metro, con Cardimi edule e Cer. etruscum, quindi marne bianche con Melanopsis flammulata e Neritina Sena. Sopra sono delle altre sabbie, quindi nuovamente argille bianchicce salmastre per 2 o 3 metri, ricche dei seguenti fossili. * Ostrea edulis, L., Lt. L. — Mytilus Haiclingeri, Hòrnes. — Dreis- sena Sanensis, May. — * Cardimi edule, L., Lt. — Mactra donacifor- mis, De St. — Lucina Savii De St. (Lt.). — Cerithium doliolum, Broc. (Lt.). — C. trieinctum, Broc. — Potamides etruscum , May. — Nassa Basteroti, Mich. — N. bufo Dod. — Conus Dujarclini, Desh. Columbélla semicaudata, Bronn. — Murex truncatulus, For. Qua e là nel mezzo sono in quantità : Neritina Sena, Cantr. — Neochilus procerus, May. Sopra finalmente sono delle argille a Cardimi e delle marne bianche con Melanopsis flammulata, De St. Tornano per 8 o 10 metri sabbie e ghiaie, quindi nuovamente marne con Melanopsis, e sono quelle segnate nella porzione più profonda dello spaccato de’ terreni presso la stazione, lungo il Riluogo, descritti dal Mor- tillet. Risalendo un ripido fossetto che scende dalla via chian- tigiana, si trovano tutte le rocce mentovate dal geologo citato, avvertendo però che, quando si considera minutamente la serie degli straterelli, questa varia, in ogni caso, da un punto all’al- tro. Oltrepassati per 1’ altezza di 4 metri gli strati a Cardium ed a Melanopsis, s’ incontrano ghiaie e sabbie per lo più esclusiva- mente marine, alternanti, per metri 6,10. Succedono metri 1,70 di strati salmastri, poi 7 od 8 metri di sabbie marine, con ban- chi di ghiaie ricoperte presso la sommità, da uno strato di Ostrea lamellosa, Broc. Alle rocce esaminate fin qui, alternativamente marine, sal- mastre, e d’ acqua dolce, che giacciono presso il litorale, appunto pella loro speciale natura non si possono trovare rocce analoghe nelle zone d’ alto mare ; bisogna contentarsi perciò di dire cor- rispondenti a quelle, degli strati compresi entro limiti equiva- lenti. Parlammo già degli strati con Natica lineata del Poggia- rone e delle sabbie sovrastanti, la cui posizione geologica si è già determinata. Ai di sopra nel medesimo poggio si trovano delle argille scure, con specie nel loro complesso non molto dif- ferenti da quelle del piano inferiore a N. lineata, salvo che questa — 181 — non comparisce. È a notarsi che le conchiglie sono sperse in in tutta T altezza degli strati, sebbene qua e là si trovino anco ammucchiate in banchi (Fig. 3). In un banco subito sopra le sab- bie gialle, si trovano : * Arca dilavii, Lek., L. C. — * Cardium aculeatum, L. L. — * Cytherea multilamella , Lek., C. A. — *Corbula gibba, 01., L. C. A. — Dentalium fossile, Gmel. — * Natica millepunctata, Lek., Lt. L. C. — Pleurotoma dimidiata, Broc., var. — P. turricula, Eroe. — P. romana, Defr. — Mar ex torularius, Lek. (L. C.). — * Nassa semistriata, Broc. C. A. — Mitra scrobiculata, Broc. Nove metri più sopra è un altro banco, con * Pecten clubius, Lin ., L. C. — * Cytherea multilamella, Lek., C. A. — Venus islandi- coides, Lek. — Dentalium elephantinum, L. — D. fossile, Gmel. — Xenophora infundibulum, Broc. — Vermetus intortus, Lek.— * Tur- niella vermicularis, Broc., var. Brocchii Bronn, C. — T. tornata, Broc.— P. sul) angolata, Broc. — * Natica millepunctata, Lek., Lt. L. C. — Cancettaria varicosa, Broc. — * Chenopus pespelecani, L., L. C. A. — Pleurotoma cataphracta, Broc. — P. dimidiata, Broc., var. __ p. turricula, Broc. — P. romana, Defr. — Strombus coro- natus, Defr. — Triton Doderleini, D’ Anc. — * Nassa semistriata, Broc., C. A. Circa undici metri più oltre giaceva la spoglia del Balaenotus insignis van Beneden, sulla quale il Capellini trovò delle intac- cature che ritenne prodotte dalla mano dell’ uomo : insieme con essa erano dei denti di Carcharodon e di Caleocerdo, e le con- chiglie seguenti : * Arca diluvii, Lek., L. C. — * Cytherea multilamella, Lek., C. A. — Dentalium elephantinum, L. — Turritella subangulata, Bioc. — * Natica millepunctata, Lek., Lt. L. C. — Bingicula buccinea, Broc. — Pleurotoma dimidiata, Broc., var. — P. turricula, Broc. Corrispondenti agli strati che abbiamo esaminati fin qui, sebbene formatisi in una zona di mare schiettamente coralligena, più profonda di tutti gli altri, sono gli strati che s incontiano verso risola sull’Arbia sotto ai colli di Malamenenda, e quelli posti poco sopra la Tressa, ad ambedue le parti della vailetta fra Monsindoli e la Coroncina. I fossili di questi ultimi sono i seguenti : * Arca diluvii, Lek., L. C. — * Limopsis aurita, Broc., A. Tur- — 182 vitella sub angolata, Broc. var. acutangola, Broc. — Solarium mille - granum, Lek. — *Mathilda quadricarinata, Broc. C. — * Ringieùla buccinea, Broc., L. C. — Cancellarla serrata, Bromi. — * Cerithium scabrum, 01., Lt. L. C. — * Fusus rostratus, 01. , L. C. — * Murex bracteatus, Broc. C. — M. brevispina, Bon. — Rleurotoma dimidia- ta, Broc., typus. — P. rotata, Broc. — P. Allionii, Bell. — P tur- ricula, Broc. — P. crispata, Jan. — P. sigmoidea, Broc. — * Ra- phitoma hispidula, Jan, C. — Typhis phistulosus, Broc. — * Nassa semistriata, Broc., C. A. — N. turbinellum, Broc. § 5. Ghiaie litorali con litodome, di Russeto, e strati a Fasciolaria Pecchiolii, Semper. Tornando a discorrere degli strati litorali, e più specialmente di quelli del Riluogo, al di sopra della zona mentovata e de- scritta in parte dal Mortillet, si trova uno strato di ghiaie, spesso perforate, ed in qualche luogo fornite di molti fossili, delle quali passerò a tener parola. Chi esca da Porta Pispini e prenda la via che va lungo le mura a Porta Ovile, trova tosto una strada pella quale si scende al Riluogo, verso la così detta piaggia di Busseto. Fatti varii passi, sempre in mezzo alle sabbie gialle (Fig. 6) si trova un Fig. 6. Piaggia di Busseto lungo la strada. a. Sabbie gialle. — b. Ghiaje. — (b'. Ghiaje con litodome), c. Sabbie turchine — (e'. Id. con Natica lineata). banco di ghiaie, alto un metro o due, nella cui parte superiore sono dei ciottoli perforati, con alcune rare conchiglie. Sotto sono di nuovo sabbie gialle, poi sabbie turchine, simili a quelle del piano a Natica lineata, e sotto a quelle trovansi di nuovo delle ghiaie, le quali riposano sopra le sabbie gialle, quindi sopra le 183 — sabbie turchine con N. lineata del Riluogo. Nella parte superiore di quelle ghiaie spesso perforate si trovano le conchiglie seguenti : * Anomia ephippium , L., Lt. L. C. A. — * Pecten pusio, L., Lt. L. C. — Lithodomus avitensis, May. (cfr. L. litophdgus, Lin. Lt.). — * Modiólaria siibclavata, Lib., Lt. L. — ■ * Nucula nucleus, L., Lt. L. C. — * Arca lactea, L., Lt. L. — A. pedinata, Broc. — *A. Noae, L., Lt. — A. peregrina, Lib. — Cardita elongata, Bronn. — C. in- termedia, Broc. — * Cardimi papillosum, Poli L. C. — Cytherea sulcataria, Desh. — Venus excentrica, A g. (Lt.). — * F. gallina, Lin. Lt. — * Cypricardia litopJiagella, Lek., C. — * Venerupis irns, L., Lt. — V. pernarum, Bon. — *Petricola lithophaga, Retz. Lt. — Gap sa fragilis, L., Lt. — Syndosmia anguiosa, Ren., L. C. A. — Corbula Deshayesii, Sism. — * C. revoluta, Brocc., C. — *$axicava arctica, L., Lt. L. C. A. — Gastrochoena intermedia, Hoern. — Jouanne- tia rugosa, Broc. — J. semicaudata, Desm. — Clavagella Proc- chii , Lamk. — Fissurella costaria, Bast., Lt. L. — * Calyptraea chi- nensis, L., L. C. — Vermetus intortus, Lek. — * Natica Josephinia, Risso, Lt. Lt. L. — Bingiculci Procchii, S eg. — *Adaeon tornati- lis, L., L. C. — * Canediaria cancellata, L. C. — C. varicosa, Broc. — Cerithium crenatum, Broc. — * Triphoris perversa, L., Lt. L. C. — Strombus coronatus, Defr. — Murex May eri, Bell. — Terebra Pasteroti, Nyst. — Nassa serraticosta, Bronn. — Raphitonìa sca- briuscula, Brugnone. 1 Scendendo nel fosso di Porta Ovile, e andando verso la porta, si vede bene in una frana sulla destra la successione degli strati, (Fig. 7) dei quali, quelli a monte, si trovano successivamente più bassi a cagione di tre o quattro faglie non però di grande importanza, e limitate. Salve queste piccole irregolarità, lo strato delle ghiaie continua al medesimo livello e lo si può rivedere, senza scomodarsi, ad un capannone, lungo la via che va da Porta Pispini a Porta Ovile. Sulla medesima via, di faccia alla casa isolata posta prima di giungere a quest’ ultima Porta, poco .so- pra al piano stradale (Fig. 8) è il banco delle ghiaie con al- 1 Nella nota di 106 specie delle sabbie azzurre e gialle della Pescaia e del Riluogo e delle ghiaie del Riluogo e di Busseto che pubblicai altrove (Moli, coni.; Atti Soc. Tose., Voi. II, pag. 136) invece di Loripes divaricatus , Syn- dos'mia solida, Purpura tessellata , Ringicula buccinata, si legga Woodia di- gitarla, L., Mesodesma trigona, Cocc., Purpura Hoernesana, Pecch., Ringicula Brocchii, Seg. - 184 — cune Saxicavae e con Ostreae, al solito nella parte superiore dello strato medesimo. Immediatamente sopra di questo, è una lente, isolata però, e di piccola estensione, di argilla turchina d’acqua salmastrosa, colle seguenti conchiglie, fra le quali è caratteristica per lo straterello di questo orizzonte la Melania striata, Broc., che però, come si è visto, si trova anco in certi straterelli più antichi : Dreissena sanensis, May. — Neritina Sena, Cantr. — Neochi- lus procerus, May. — Melania striata, Broc. Fig. 7. Lungo il fosso di Porta Ovile sotto Busseto. Fig. 8. Fuori di Porta Ovile lungo la strada di circonvallazione. a. Sabbie gialle. — b. Ghiaje. — V. (Ghiaje con litodome). d. Marne bianche. — o. Strati a Potamide s e M. striata. La conformazione e la posizione di questo straterello che fra poco troveremo esteso e continuo, palesa l’ effetto di denuda- zioni avvenute sotto la superfìcie del mare, per opera de’ flutti e di correnti. Per terminare la breve rassegna degli strati di questo luogo, dirò che sopra la lente dall’ argilla salmastra si trova qualche metro ancora di ghiaie formate dalle solite rocce, — 185 — quindi sabbie gialle e rosse, poi un sottile banco di ghiaiette, sopra le quali è una marna biancastra con molluschi d’ acqua dolce in cattivo stato ; succedono poi le sabbie e le ghiaie sulle quali è fondata la città di Siena. A questo straterello marnoso risponde probabilmente quello che si trova poco sotto il gazo- metro, lungo la strada Chiantigiana che esce da Porta Ovile, poco prima della spianata di deposito sottostante alla stazione. In questa spianata comparisce una bella serie di strati. Di- rettamente sopra la zona del cosiddetto taglio della stazione, che abbiamo già esaminata seguendo le tracce del Mortillet, si trova il banco delle ghiaie, superiormente coperte da un banco d’ Ostrea lameìlosa, Broc., che già ho mentovato, rispondente a quello con litodome della piaggia di Busseto, ed a quell’ altro di presso la Porta Ovile. Quivi però, forse per essere stato il luogo più li- torale, e P acqua in condizioni alquanto diverse, non si trovano le conchiglie perforanti, ed i numerosi molluschi di carattere prettamente marino accennati sopra. Il Mortillet ritiene che il banco d’ Ostrea lameìlosa, Broc., situato all’estremità della spia- nata della stazione presso la strada Chiantigiana, sia la conti- nuazione del banco ricco di conchiglie delle #quali darò ora un cenno. A me pare invece che quest’ultimo banco sia diverso, e che si sovrapponga a quello delle Ostreae, il quale verso la strada ferrata cessa od almeno diminuisce, mentre 1’ altro cessa verso la strada Chiantigiana ; esempio bellissimo delle denudazioni che ebbero luogo in questi terreni quasi contemporaneamente alla loro sedimentazione. Ad ogni modo la serie delle rocce rimane quale fu sì bene descritta dal Mortillet, ed il banco ricco delle conchiglie, e fra le altre della Fasciolaria Fecchiolii, Semp., che ora accennerò, sta sovrapposto a ghiaie equivalenti a quelle di Busseto e di Porta Ovile già ricordate, in un posto di mezzo fra queste e gli strati con Melania striata della medesima Porta Ovile. Ecco la serie delle conchiglie che vi si trovano: * Ostrea edulis, L., Lt. L. — Pinna JBrccchii, D’ Orb. — 1 * Arca turonica, Duj. (Lt.). — Lucina Savii, De- St. (Lt.) — Cardita in- termedia, Broch. — * Carclium edule , L., Lt. — Venus islanclicoides, Lch. — * Phasianella speciosa, Muhlf., L. ? — * Trochus cfr. Adan- soni, Mgt., Lt. — * Turritella triplicata, Broc., L. C. — Bissoa Tkalia, nobis (Lt.). — B. Lachesis, Bast., var. Mayeri, nobis — lo — 186 — Solarium simplex , Bronn — Natica cfr. helicina, Broc. — * N. Josephinia Bisso, Lt. L. * Turbonilla lactea, L., L. C. T. cfr. terebellum, Phil. (L. C. ?). — Cylichna convoluta , Broc. — Bulla Weinkauffi, May. — * Cerithium vulgatum, Brug., Lt. — C. doliolum, Broc. (Lt.). — C. varicosum, Brocc., var. pianigiana , nobis — *C. spina, Partsch, Lt. L. C. — C. tricinctum, Bn. — * Potamides etruscum, May. — Triphoris perversa , L., Lt, L. C. — Strombus coronatus, Defr. — Conus Mercati, Broc. — C. ven- tricosus, Bronn — 0. pyrula, Broc. — C. Dujardini, Desìi. — Fasciolaria Pecchiólii, Seraper — Murex May eri, Bell. — M. tur - ritus, Bors. — M. truncatulus, For. — Nassa Poster oti, Mich. — N. bufo, Dod. — Pleurotoma romana, Defr. — * Purpura cfr. Striolata Blain. — Columbellci turgiclula, Broc. C. semicau- data, Bon. — * Mitra ebenus, L., var. maior, Lt. — * Marginala clandestina, Broc., Lt. Strati corrispondenti a questi, non si trovano in alcun luogo del Senese, più a mezzogiorno della città ; probabilmente verso settentrione essi continuano sotto Monte Arioso, e dovettero es- sere traversati dalla galleria della strada ferrata, perchè nel far questa, fra gli altri fossili, fu trovata la Fasciolaria Pecchiólii, e qualche altra conchiglia che per questi luoghi non s’incontra se non nel piano degli strati della stazione. L’ insieme delle specie, molte delle quali sono comuni ai varii piani degli strati salmastri, mentre talune, le meno frequenti, paiono alquanto più decisamente marine, accennano forse ad un altro stato intermedio nella salsedine delle acque che loro davano ricetto. Succedono strati analoghi a quello con Melania striata di presso Porta Ovile, nel quale, come in quello, si contengono: Melania striata, Broc. — Neochilus procerus, May. — Neritina Sena, Cantr. — Preissena sanensis, May. — Pisidium minutissi- mum , De St., sp. n. — Cardimi edule, L. Succedono metri 26,95 di rocce alternativamente ghiaiose, sabbiose, a Mèlanopsis e a Potamides, minutamente descritte dal Mortillet, che accenna pure i pochi fossili che del resto sono i soliti. Bimando chi ne sia curioso all’ accuratissimo studio di quel geologo. Qui basti accennare per sommi capi la serie degli strati più importanti. (Continua.) 187 — IL I monti di Campiglia nella Maremma Toscana, per G. YOM Rath, versione dal tedesco, con note del Dott. B. Lotti. Premessa del Traduttore. — Non vi ha dubbio alcuno che, almeno nell’Italia centrale, dopo l’Isola d’Elba sono i monti cam- pigliesi che presentano al geologo e al mineralogista il maggiore interesse sia per gli stupendi fatti geologici, unici piuttostochè rari, sia per la opportunità di potervi istituire studi profondi e ricerche minutissime sulla genesi delle numerose specie minerali che trovanti associate in quei caratteristici giacimenti nel modo più bizzarro e talvolta contrariamente a certe regole prestabilite ed accettate nella petrografia. L’Isola d’Elba ed il Campigliese possono chiamarsi a buon dritto grandiosi musei mineralogici naturali, ed è veramente una disgrazia che nella popolatissima e civile terra di Campiglia non esista e non venga fatta, come lo fu per l’Elba dal compianto Foresi, una collezione locale, che oltre all’interesse ed al vantaggio immenso che ne risentirebbero i fre- quenti visitatori di quella località, ridonderebbe a sommo decoro di quel paese che pure possiede una ricca biblioteca ed una rac- colta embrionale e disordinata di minerali e fossili locali e fo- restieri. Il territorio campigliese non è interessante soltanto dal lato scientifico, ma lo è al massimo grado anche dal lato indu- striale, per la parte veramente grande che ebbero le sue miniere nella storia della industria mineraria italiana dai più antichi tempi etruschi fino ai nostri giorni, in cui ben tre società mon- tanistiche esplorano, e con discreto successo, le viscere del suo suolo, onde estrarne il ferro, il piombo, il rame, lo zinco, lo stagno (unica miniera in Italia) e finalmente i marmi decorativi e statuari, i quali, sebbene non possano per alcune qualità riva- leggiare con quelli delle Alpi Apuane, per altre invece si pos- sono pareggiare a quelli più pregiati della Grecia. Fra i molti geologi e mineralogisti che visitarono il territorio di Campiglia e scrissero sulla sua costituzione geologica, primeg- gia senza dubbio il prof. G. vom Rath di Bonn, il quale dopo — 188 - di avere esaminato colla massima accuratezza tutte le sue . nu- merose escavazioni antiche e moderne e le belle sezioni, per la . maggior parte artificiali, che attraversano quei filoni metalliferi, ed eseguite le più scrupolose analisi chimiche e microscopiche dei minerali e delle rocce che li accompagnano, ne fece, or sono nove anni, una dettagliata illustrazione nella Zeitscìirift der deut- sch. geolog. Gesellscìiaft., Voi. XX, 1868. Facendo parte fortu- natamente del campo de’ miei lavori di rilevamento di quest’ anno il gruppo di Canapiglia, ebbi occasione di visitare ripetutamente questa interessante località e specialmente le sue miniere, e do- vetti acquistare la convinzione che le osservazioni e gli studi di quell’ illustre mineralogista erano in tutto conformi alla realtà delle cose, tantoché nulla vi sarebbe stato da modificare e poco da aggiungere almeno per la parte mineralogica. Nacque allora in me l’idea di ridurre in italiano questo pregevolissimo lavoro, non perchè fosse incomprensibile nel suo idioma originale alla comune dei naturalisti italiani, ai quali tale idioma sarà certa- mente familiare, ma perchè potesse conseguire una maggiore pubblicità. A tal uopo ne chiesi ed ottenni gentilmente dall’au- tore il permesso con piena facoltà di corredare la versione di note ed aggiunte, ove ne avessi riconosciuto il bisogno, facoltà di cui ho profittato per ampliare quella parte che riferiscesi specialmente allo sviluppo e alla natura delle rocce sedimentarie, non che alle nuove scoperte minerarie e paleontologiche che vi si fecero in quest’ultimo decennio. Ciò premesso, cedo imme- diatamente la parola all’esimio professore. Introduzione e descrizione geografica. — I dintorni di Cam- pigli Marittima o di Maremma costituiscono una parte di quella rimarchevole contrada, nota sotto il nome di Maremma Toscana, che per la sua caratteristica conformazione rappresenta una delle provincie geograficamente più interessanti dell’ Italia. Come la Lombardia, la Liguria marittima, la regione apenninica pro- priamente detta, il distretto vulcanico romano ec., presentano fra loro sostanziali differenze sotto il punto di vista geografico, così anche la Maremma per la sua fisica struttura non ha ri- scontro nè in Italia nè altrove. La regione maremmana comincia a Nord colle alture che fiancheggiano la riva destra della Ce- — 189 - cina, stendesi verso Sucl fino alla Fiora, ad Ovest è limitata dal mare, e ad Est si rannoda alle colline subapenniniche di Siena e Montalcino. Al di là della Fiora succede ad essa la zona vulcanica detta anche Maremma romana. L’estensione in lun- ghezza della Maremma, stando ai confini sopraindicati ascende da N.O. a S.E. a circa 80 chilometri, e la sua larghezza oscilla fra 16 e 36. La sua superficie ad eccezione di alcune zone lito- rali, è occupata da rilievi montuosi, i cui vertici però non si elevano talmente da dominare l’intiera regione, come avviene per il Monte Amiata o Gran Sasso della Maremma (1710ra), che sebbene vicino non fa parte dei gruppi montuosi maremmani. Anche dalle molteplici insenature della costa possono inferirsi le accidentalità del suolo di questa contrada. La Maremma non è un altipiano e neppure può dirsi attraversata da una catena montuosa ; essa offre piuttosto un sistema complicato di alture che stendonsi per ogni verso apparentemente senza regolarità. La sua superficie è solcata da fiumi tortuosissimi di cui le acque occupano soltanto una piccola porzione del loro ampio letto ri- pieno ormai di potenti banchi di ciottoli. Verso Sud ed Ovest staccansi dalla regione montuosa gruppi più o meno isolati che protendonsi in mare in forma di penisole e promontori. Osser- vando la costa maremmana da un punto elevato, quelle masse montuose litorali appariscono in forma di isole, sottraendosi alla vista la pianura depressa che le riunisce al continente. Fanno parte di tali gruppi il promontorio Argentario frastagliato di seni e solcato da numerose vallecole, i monti di Castiglion della Pescaja che spingono verso 1’ Elba 1’ acuta lingua di terra del Capo Troja, i monti di Piombino sulla cui estremità più set- tentrionale torreggiante sul mare risiedeva, P antica Populonia ricca per il suo commercio e per le sue lavorazioni minerarie, x^nche il Monte Nero presso Livorno trovasi in identiche con- dizioni. Le isole dell’Arcipelago toscano, che per la loro geolo- gica costituzione si rannodano ai monti del continente, rappre- sentano le parti più avanzate in mare degli accennati gruppi. Così le isole Giglio e Giannutri stanno in faccia al Monte Ar- gentario, nelle stesse condizioni che la parte occidentale del- l’Isola d’Elba sta alla orientale ed ai monti di Piombino e Campiglia; e più a N.O. l’isola di Gorgona sembra essere una — 190 — diramazione del M. Nero. Fanno eccezione a questo ravvicina- mento fra le isole e la terra-ferma 1’ isola tracliitica di Capraia, la quale trova riscontro soltanto a grande distanza nelle isole della Campania, e quella di Pianosa costituita da breccie con- chigliari del più giovane pliocene. Le pianure litoranee, che oc- cupano presso le foci dei fiumi Albegna, Ombrone, Cornia e Ce- cina una estensione di oltre 300 chilom. quadr., trovavansi nel primo quarto di questo secolo quasi completamente incolte e disabitate, un campo morto ripieno di miasmi che generatisi nelle paludi risalivano le valli dei fiumi fino a notevoli distanze. La coltivazione e l’abitabilità hanno però fatto al presente i più consolanti progressi, specialmente nella pianura di Cecina. Col- P arginatura dei fiumi, il prosciugamento dei paduli e l’esten- dersi delle campagne coltivate, P aria ha perduto molto del suo carattere pestilenziale. Infatti, le popolazioni delle colline presso allo sbocco della Cecina, eh’ erano un tempo sole abitabili, hanno ora trasportato la loro residenza nella pianura sottostante. Ciò che è avvenuto per la pianura della Cecina e sta preparandosi per quella della Cornia, sarà possibile un giorno anche per quelle dell’ Ombrone e dell’ Albegna. La parte montuosa della Maremma conformata in ampi crinali e in vertici rotondeggianti è, ad ec- cezione dei dintorni delle poche borgate, ricoperta di boschi selvatici. Sulle alture, che constano prevalentemente di schisti quarzosi e di calcari, la vegetazione è piuttosto scarsa, mentre che è rigogliosissima nelle vallate sottostanti. A rendere veramente singolare questa contrada concorre al- tresì la sua ricchezza mineraria, tanto più che la penisola apen- ninica è estremamente povera di minerali utili; nella sua parte settentrionale poi presenta il più alto interesse, poiché non ha riscontro in Europa, quella forma particolare di attività vulca- nica che manifestasi col fenomeno dei soffioni boraciferi. Canapiglia è situata a 198m sul mare sopra le alture che formano le appendici più meridionali del Monte Calvi. E questo il punto culminante 1 di un crinale che in direzione meridiana con varie ripiegature stendesi da Bolgheri nella Gherardesca fino 1 La sua altitudine, ottenuta col barometro aneroide in seguito a diverse osservazioni, fu di 562™. — {Il Traduttore.) — 191 — a Campiglia. Il suo vertice domina verso Sud ed Ovest una vasta distesa di mare ed anche al Nord e all’ Est rappresenta per un gran tratto il punto più elevato di quella zona montuosa; le sue pendici sono dolcemente inclinate verso Oriente, mentre presen- tano precipitosi dirupi dal lato occidentale. Dal Monte Calvi staccasi in direzione Nord, volgendo poscia a N.E., un ampio crinale arrotondato che più oltre va a ricongiungersi colle al- ture di Monte Rufoli, mentre verso Sud un altro crinale scende piegando alquanto ad Est fino a Campiglia da dove volgesi bru- scamente verso Ovest smembrandosi in varie ramificazioni che vanno a costituire il Foggio dell’ Acquaviva, il Monte Valerio, il Monte Fattoni ed il Monte Fitti, ai piedi dei quali stendesi la pianura di Cornia. La grossa borgata di Campiglia occupa una posizione veramente pittoresca in una depressione del cri- nale, sopra due colline che dominano la depressione stessa. Dalla terrazza ove è fabbricata godesi il magnifico panorama offerto dalle sottoposte colline coltivate e dalla pianura fino al golfo di Follonica, grande semicerchio che da Piombino giunge fino al Capo Troja. A Nord apresi framezzo ai monti una conca (Ge- birgskessel ), nella quale vengono a giorno i giacimenti metalli- feri, alla descrizione dei quali è in special modo dedicata la presente nota. Questa vasta conca, chiusa ad Est dal Monte Calvi, a Sud-Sud-Ovest dai poggi di Campiglia e dall’ Acqua- viva, a Nord da un alto e dirupato ramo del Monte Calvi, presenta ad Ovest soltanto un’ angusta apertura nel fondo della quale scorre il Botro ai Marmi. Tre vallecole, quella di Fucinaja, quella delTOrtaccio e quella delle Ginevre o delle Fessure, che prendono origine dalle alture settentrionali ed orien- tali, scendono nel fondo della conca verso il botro suddetto; le due prime riunisconsi presso la Madonna di Fucinaja. Lo schie- nale ch£ separa le due valli dell’ Ortaccio e delle Ginevre, di- vide contemporaneamente la conca in due parti di aspetto af- fatto differente. La parte meridionale più vasta è conformata in colline e vallecole rotondeggianti, coperte di ricche coltivazioni, ed è dominata dal paese di Campiglia; la settentrionale offre per contrapposto un insieme di scogli acuminati di cui la superficie candida è quasi completamente priva di vegetazione. Nel bel mezzo di essa sorgono le rovine dell’ antico castello di San Sii- — 192 — vestro, le cui mura marmoree appena distinguonsi dalle rocce sulle quali sono impiantate: paesaggio nudo e fantastico come i deserti rocciosi dell’Oriente. A Nord di San Silvestro staccasi dal Monte Calvi verso Ovest un’alta scogliera bianca e nuda, scavalcata la quale entrasi nella valle dell’ Acquaviva. Da que- st’altura volgendosi verso S.E. parasi alla vista uno dei più stupendi panorami, scorgendosi contemporaneamente le sottoposte rupi di San Silvestro, i poggi di Campiglia e al di là di questi il mare. Anche sulla cima e lungo il crinale di questa rupe marmorea rinvengonsi i resti di antiche ed estese costruzioni, e difficilmente si arriva a comprendere come si potesse abitare sopra scogli di tal natura, completamente sterili. Agli elevati dirupi del Monte Calvi appoggiansi più ad occidente colline molto depresse che per le loro dolci curvature e per la folta vegetazione fanno singolare contrasto colle forme alpine del Monte Calvi stesso. Queste colline stendonsi fino al mare presso San Vincenzo, giungono fino a Castagneto a settentrione e a mezzo- giorno fino alla valle del Botro ai Marmi. La conca montuosa di Campiglia è molto povera d’ acque, però alla estremità meridio- nale del gruppo, immediatamente là dove il piede dei monti im- mergesi sotto la pianura, scaturisce una sorgente d’ acqua calda (circa 30° c.) che ha nome la Caldana. Bibliografia. — F. Hoffmann ( Geogn . Beob. auf einer Reise durch Italien und Sicilien ) strada facendo dai soffioni boraciferi, allora imperfettamente coltivati, verso l’ Isola d’ Elba, visitò nei primi dell’ anno 1830 i dintorni di Campiglia e fu il primo geo- logo cisalpino che fece parola delle condizioni geologiche di questa località in seguito alle sue proprie osservazioni: «Fatto avver- tito da una pregievolissima memoria di P. Savi, trovai nel cal- care dei dintorni di Campiglia una interessantissima formazione porfirica che per la sua azione sulle masse montuose circostanti si ravvicina ai melafiri trovati nelle Alpi da L. von Buch. E ciò non solo perchè questo porfido attraversa il calcare converten- dolo in dolomite (?) al contatto, ma anche perchè sta nella ma- niera la più evidente in tale stretta connessione con quei gia- cimenti di ferro e rame, che non può dubitarsi che esso sia stato qui pure la vera causa della uscita di quei minerali. Compa- — 193 — riscono parimente insiem con esso masse filoniformi costituite completamente da sferoidi di orneblenda raggiata, con minerali di piombo e di zinco, e fra le loro cristallizzazioni anche druse di lievrite tanto conosciuta all’ Isola d’ Elba. » A queste parole, che forse furon dettate sotto V influenza delle opinioni allora predominanti, fa seguito la descrizione dei fatti più importanti presentati da quei giacimenti metalliferi. Parlando di una varietà del porfido egli dice: « potrebbesi questa roccia quasi chiamare trachite. » Bukat ( Geologie appliqiiée) presenta cinque interessanti ripro- duzioni dei giacimenti di Campiglia, cioè della Cava del Piombo, della pendice occidentale del M. Calvi colla indicazione di am- bedue i filoni principali, della Cava grande e finalmente della distribuzione del minerale nella massa dei filoni stessi. Alla de- scrizione di questi giacimenti sono dedicate soltanto poche pa- gine : « Cette contrée est parcourue par des nombreux affleure- ments qui sillonnent les marbres jurassiques et les calcaires ou schistes crétacés. Au lieu d’ètre continus comme dans les véri- tables filons, ils sont très-interrompus, comme si ces matières n’avaient pu arriver jusqu’à la surface clu sol qu’en certains en- droits de leur direction. C’est qu’en effet ce ne sont pas des filons-fentes mais de véritables dykes métallifères sortis à la manière des roches trappéennes, à travers le terrain disloqué. Les matières métallifères se montrent incontestablement contem- poraines des gangues où elles sont disséminées. » Cocquand ( Sur les terrains stratifiés de la Toscane. Bull, de la Soc. géol. de France, 2. Sér. t. II, 1845) che pel corso di cinque anni diresse le miniere di Campiglia e di Pereta, tenta di determinare P epoca di formazione dei terreni secondari della Toscana e di confrontarli con quelli di altre località d’ Italia e della Provenza. Combatte V opinione allora sostenuta dal Savi che il marmo bianco di Campiglia fosse il prodotto del metamor- fismo di calcari cretacei, dimostrando che a quelle masse mar- moree sovraincombono strati calcarei con fossili del Lias infe- riore. Però il Cocquand non giunse a risultati intieramente sodisfacenti nè in rapporto alle condizioni stratigrafìche, nè alla cronologia della serie geologica del Campigliese. Sotto tale aspetto questo scritto non è scevro di errori, fra i quali non è ultimo 194 — quello di ritenere che il. calcare con selce della chinata orientale del M. Calvi sia ricoperto dal calcare rosso che comparisce nella cima del monte stesso. La descrizione delle rocce eruttive e dei filoni di Campiglia vien rimandata dal Cocquand ad un lavoro successivo « Sur les produits plutoniques de la Toscane » che di- sgraziatamente non è stato mai pubblicato. Alcune notizie riguardanti il territorio campigliese trovansi nei seguenti scritti del Cocquand « Terrains primaires et ignées du Dép. du Far » nelle Mémoires de la Soc. géol. de France, 2 Sèrie, t. Ili, 2 parile. « Des solfatares, des alunières et des lagoni de la Toscane » nel Full, de la Soc. géol. de France , 2 Sér. 7, VI. Pilla (Sur les filons pyroxémques et cuprifères de Campiglia. Lettre à E. de Beaumont. Comptes rendus, t. XX, 1845) de- scrive una escursione sui filoni di Campiglia: « Filons magnifi- ques qui traversent le calcaire jurassique de ce pays, filons qui surpassent en beante ceux de Pile d’Elbe mème, dont ils sont pour ainsi dire des branches. Le plus grand de ces filons n’a pas moins de 22 kiloin. de longueur (molto esagerata); il est composé en grande partie de pyroxène (sahlite) lamelleux, à la- melles radiées d’une beauté admirable; il y a aussi de l’épido- site, du mélaphyre e de Pilva'ite en masse. En examinant la structure des sphères radiées des pyroxène, j’ai remarqués la plus grande analogie entre elles et plusieurs blocs des roches cristallines de la Somma qui présentent des agrégats orbiculaires. Les montagnes qui renferment ce filon son traversées par de grands massifs de roches feldspathiques. En ne regardant que leurs caractères minéralogiques, on ne tarde pas à les considérer cornine de vrais trachytes; elles son composées d’un feldspath vitreux qui a toute Papparence de celui des trachytes ; mais elles renferment un grand nombre de grains de quarz, et quelques variétés ressemblent tout-à-fait au porphyre quarzifère de Pile d’Elbe, qui passe au granit si connu de cette Ile. On n’hésite pas à partager l’opinion de M.r Savi, que les trachytes de Cam- piglia et les trachytes célèbres de M. Annata ont eu une ori- gine commune avec le granite de Pile d’Elbe, dont elles ne dif- fèrent que par les caractères minéralogiques. » Quest’ ultime linee però contengono grandi errori ‘tanto ri- - 195 — guardo alla natura mineralogica quanto alla cronologia delle rocce in questione. Fournet (Apergus sur diverses questions géologiques. Bull, de la Soc. géol. de Fr. , 2. Sér. t. VI, 1849) è della opinione che « tous ces gltes métallifères du Campigliese sont postérieurs au terrain crétacé et que par conséquent leur éruption date d’une epoque très-voisine de la période tertiaire » (?) Quanto grandi sieno le difficoltà nella determinazione delle rocce eruttive della Toscana, lo dimostrano le seguenti parole: « Les diverses roches feldspathiques, granites, porphyres, eurites et trachytes de la Toscane, passent les unes aux autres de ma- nière à démontrer qu’elles partent d’un élément commun, et que les variations de leurs caractères minéralogiques dépendent en grande partie des circonstances de leur éruption. » Vedendo Fournet la impossibilità di separare nella Toscana i graniti dalle trachiti, viene alla conclusione che o devesi riguardare il complesso, delle rocce granitiche della Toscana, compreso il granito torma- linifero dell’ Elba come una formazione trachitica, o riconoscere nelle così dette trachiti soltanto una varietà del granito elbano. Cocquand (Sur les substances rayonnées fibreuses qui accom- pagnent les minérais de fer, de cuivre , de mie et de plomb dans le Campigliese et Vile d’Elbe. — Bull, de la Soc. géol. de Fr. , 2. Sér. t. VI) analizzò nel laboratorio d dVEcole des mines due varietà di quell’ augite raggiata che egli erroneamente sostiene essere stata ritenuta generalmente fino allora per orneblenda (v. Pilla). La varietà grigia di S. Silvestro (peso sp. 3,530) détte Silice 48 Calce 21 Prot. di mang 20 Prot. di ferro 10 ^99 La varietà verde bottiglia, abbondantissima nei filoni di Cana- piglia e dell’ Elba (peso sp. 7,462) détte Silice 50 Calce 15 Prot. di ferro 25 Prot. di mang 9 99 — 196 — Queste analisi però non furono accettate da Kammelsberg nella sua Mineralchemie e neppure da Des Cloizeaux nel suo Traité de Mineralogie. G. Meneghini ( Nuovi fossili toscani. - — Ann. della Università toscana, t. Ili, 1853) fa noto che in seguito alle ricerche di T. Nardi fu ritrovata una grande quantità di petrefatti specialmente ammoniti nel calcare rosso del M. Calvi, per cui si potè stabilire definitivamente V epoca precisa degli strati che li contenevano. Caillaux (j Etudes sur les mines de la Toscane. — Bull, de la Soc. de l’industrie min., t. IV, 1858-59) visitò le miniere di Campiglia allorché vi si riattivarono i lavori e, seguendo le an- tiche tracce, furono spinti fino ad una profondità di circa 200 metri. « Les gltes qui renferment les minérais consistent en deux dykes amfiboliques puissants. La masse qui les compose, possède la plus grande irrégularité dans sa puissance, et quelquefois elle s’interrompe entièrement pour ètre remplacée par les calcaires. Les amfiboles sont associées à du quarz, ilvaìte et des porphyres ' euritiques. Ces diverses substances sont groupées et soudées de manière à former un enchevetrement des plus irréguliers qui semble empècher de pouvoir rien detérminer, dans le cas où l’on voudrait rechercher celle qui d’entre les trois aurait la priorité d’origine. Cependant il parait certain que les porphyres feldspa- thiques son postérieurs des amfiboles. 1 » (?) Gli scritti presi in rassegna, dei quali cercai di porre in rilievo le cose più interessanti colle stesse parole dell’ autore, mostrano che le opinioni sopra la geologia dei monti campigliesi 'sono tut- tora varie ed incerte sotto ogni rapporto. Se io dopo avere visitato, ripetutamente invero, ma sempre in fretta, questo territorio, mi sono accinto a far pubbliche alcune mie proprie osservazioni, devo renderne speciali ringraziamenti al signor T. Nardi, il quale, praticissimo delle condizioni geognostiche e montanistiche del suo paese, mi servì gentilmente di guida, e tanto a voce quanto in scritto mi fu prodigo di interessanti notizie, specialmente sulle antiche lavorazioni etrusche. {Continua.) 1 Non è a mia notizia che altri in quest’ ultimo decennio abbiano scritto su questa località, ad eccezione del Cocquand ( Hist . des terr. strat. de Vltalie centr. — Bull, de la Soc. géol. de Fr., 3 sérv, tornelli, 1875), il quale persiste nella opinione che i calcari saccaroidi e ceroidi di Campiglia, di Gerfalco e di altri luoghi della Toscana spettino al periodo carbonifero. — (Il Traduttore.) — 197 — III. Fossili giuresi dei dintorni di Belluno ; Feltro ed Agordo, studiati da R. Hoernes. (Vedi, Verhancll. der k. k. geol. Reichs., 1877.) Trovandosi nell’estate dello scorso anno T Autore ad ese- guire rilevamenti geologici nella contrada sopraindicata, esso ebbe opportunità di raccogliere una serie di fossili dei piani mediani e superiori del Giura in quella catena delle Alpi Yenete cbe si trova fra la gran linea di frattura Val Sugana-Agordo-Cadore e quella di Belluno. Nel Museo dell’ I. R. Istituto Geologico di Vienna già esisteva tuttavia instudiato un ricco materiale di co- tali fossili, raccolto per le cure del defunto consigliere monta- nistico Trinker, del signor Hubert tuttora addetto alla miniera e scuola mineraria di Agordo e del consigliere montanistico Wolf ; fra questo materiale va segnalata una bella serie di ammoniti dell’Alpe di Camporotondo presso Agordo. Le nuove ricerche dell’Autore vennero a completare la già ricca raccolta, e gli offrivano quindi i mezzi di iniziarne lo studio dettagliato. G-iurese medio. — In sole due località potè rinvenire fossili bene conservati della zona a Stephanoceras Humphriesiamm, la già citata Alpe di Camporotondo a S.S.O. di Agordo ed il vi- cino Monte Agnellazze. Nel primo luogo il Giura medio è rap- presentato da banchi di un calcare compatto bianco-grigiastro, riposanti sul calcare bianco a crinoidi del lias (strati di Sospi- rolo) e ricoperti del calcare rosso noduloso e silicifero del Giura superiore : le faccie di questi banchi presentano grandi sezioni di Ammoniti, cbe però difficilmente si possono staccare dalla roc- cia. Le medesime Ammoniti si trovano anche entro lo stesso cal- care grigio-chiaro di Monte Agnellazze, e più precisamente di una piccola catena che sta a N.E. dell’ Alpe di Camporotondo dalla quale è disgiunta per una piccola valle. In queste due lo- calità le specie dominanti sono : 1° A Camporotondo : Stephanoceras Ilumphriesianum , Sow., Steph. Vindobonense, Griesb. ; Steph. n. sp. (forma intermedia ai - 198 — precedenti) ; Steph. n. sp. (forma piatta con molteplici giri len- tamente crescenti). 2° A Monte Agnellazze: Stephanoceas Humphriesianum , Sow. Se l’ Autore non riesci a scoprire altre località con fossili del Giura mediano, ciò dipende dalla piccola potenza di questo piano, il quale talora tanto si assottiglia da scomparire affatto all’ occhio dell’ osservatore. Giurese superiore. — Le località fossilifere di questo piano si possono nella nostra regione distinguere in due grandi gruppi secondo la struttura delle rispettive roccie, ed il modo di pre- sentarsi dei giacimenti. Fatta astrazione da alcune complicazioni nei dintorni di Longarone, causate dalla vicinanza della linea di frattura trasversale Ponte dell’ Alpi-Perrarolo, puossi distinguere una prima serie di località giuresi dove gli strati, pressoché orizzontali riposano sopra le potenti masse formate dagli strati, pure vicini all1 orizzonte del Dachsteinkalh e del lias ; ed altro complesso di strati fortemente rialzati verso la verticale, con- nessi con gli strati permiani del lato settentrionale della sincli- nale di Belluno rialzati verso S.S.O. Questa seconda serie di strati rialzati del Lias e del Giura, separa le regioni elevate di Monte Maura, Monte Pizzocco, Monte Pizzon, Monte Schiara, Pizzo Cimon, ed altri, dal bacino di Belluno riempito dai depo- siti terziarii e diluviali ; e corrisponde appunto in direzione a quella linea di frattura che si stende da O.S.O. verso E.N.E. a circa 6 chilometri al nord di Belluno e ad egual distanza al nord di Feltre. Appartengono al primo gruppo le località fossilifere di Ca- stello Lavazzo presso Longarone, della, strada da Codissago a Casso, di Monte Yescova, Monte Prabello, Monte Oregne, Monte Agnellazze, Monte Colazzo, Camporotondo, Erera, Pietina e Vette piccole, alle quali puossi aggiungere anche quella dell1 Alpe Neva, quantunque là gli strati giuresi appaiano sconcertati da una lo- cale linea di frattura che corre parallela alla gran linea di Agordo. Nel secondo gruppo trovansi invece le località seguenti : Rosse Alte presso Yedana, Campel a N.E. di Feltre; Monte Palma e Cesio pure a N.E. di Feltre. I fossili dominanti in questi giacimenti sono : 1° Castello Lavazzo presso Longarone: Flacodus sp. ; Pty- chodus polygyrus Ag. - 199 — 2° Coddisago presso Longarone, sulla strada verso Casso e in mezzo ai detriti della roccia : Perisphinctes ATbertinus , Cat. 3° Monte Vescova, da un blocco caduto in Val Crasa ad oriente di Agordo : Perisphinctes sp. n. 4° Monte Prabello, a sud di Agordo : Perisphinctes sp. 5° Monte Oregne, presso Monte Prabello : Perisphinctes metamorphus, Neum. 6° Monte Agnellazze, a S.S.O. di Agordo, in un calcare chiaro d’ incerta età : Belemnites sp. : Lytoceras sp. ; Haploceras verruciferum, Menegh. ; Perisphinctes acer, Neum. ; Per. G-eron, Zitt. ; Per. sp. n. ? 7° Monte Colazzo, presso Monte Agnellazze : Perisphinctes indet. ; Aspidoceras hyhonotum Opp. 8° Camporotondo, a S.S.O. di Agordo : Lytoceras monta- num Opp. ; Lyt. municipale Opp. ; Lyt. sutile Opp. ; Phylloceras Benacense Cat. ; Ph. mediterraneum , Neum. ; Ph. polyolcum Ben. ; t Ph. n. sp. affine al ptychoicum Quenst. ; Ph. n. sp. affine idem ; Ph. Satyrus Font. ; Ph. silesiacum Opp. ; Oppélia platyconcha Gem. ; Haploceras Stasyczii ,. Zeuschn. ; Perisphinctes ATbertinus Cat. ; Per. colubrinus Rein. ; Per. contiguus Cat. ; Per. G-e.ron Zitt. ; Per. sp. ; Somoceras Volanense Opp. ; Aspidoceras Avellanum Opp. ; Asp. cyclotum Opp. ; Asp. longispinum Sow. ; Asp.'acanthicum Opp. ; Asp. hybonotum Opp. ; Asp. Baphaeli Opp. ; Aptychus depressus Voltz ( umbilicatus depressus H. v. Meyer) ; Apt. latus Voltz (Me- neghina De Zigno) ; Metaporhinus Gumbeli. 9° Alpe Erera, a S.S.O. di Agordo e N.N.E. di Feltre : Lytoceras indet. ; Haploceras Stasyczii Zeusch. ; Perisphinctes indet. 10° Fra l’Alpe Pietina e le Vette piccole a N.N.O. di Fel- tre : Perisphinctes Albertinus Cat. ; Per colubrinus Rein. ; Apty- chus latus Voltz. 11° Alpe Vette piccole, a Nord di Monte Lamen: Phyllo- ceras ptychoicum Quenst. 1 2° Alpe Neva, a oriente di Transaqua : Phylloceras saxo- nicum Neum. 13° Le Rozze alte presso Vedana, ad O.N.O. di Belluno : Perisphinctes sp. 14° Campel, a S.E. di Feltre: Phylloceras ptychoicum Quenst.; Perisphinctes indet. ; Aptychus latus Voltz. 15° Monte Palma, a N.E. della cava di Feltre, sopra Cain- pel : Phylloceras indet. ; Perisphinctes indet. 16° Cesio, a N.E. di Feltre : frammento di colonna verte- brale con vertebre biconcave del diametro di circa 6 cent. ; Apti- chus Meneghina De Zigno (grossissimo esemplare, la cui maggioie dimensione raggiunge i 20 cent.) ; Gollyrites Friburgensis . 17° Feltre (probabilmente Cesio) ; Simoceras n. sp. Dalla serie ora esposta risulta come V Autore non siasi tro- vato in grado di separare nel giurese superiore il piano ad Aspi- doceras acanthicum da quello a Terebratula diphya: è però rimar- chevole come esso non abbia mai rinvenuto traccia di quest’ ultima specie, o di forma affine, nei dintorni di Belluno e di Agordo, mentre è assai frequente nel calcare rosso noduloso di Cortina d’ Ampezzo ed esiste pure in località poste ad occidente di Fel- tre, come a Monte Pavione presso Fonzaso. NOTE IINERALOGiCHE. Le nuove specie minerali studiate e descvitte nell anno 18/6. (Vedi Bollettino 1876, N. 1 e 2, pag. 54.) Nativi : Azoturo di ferro. Solfuri : Daubréelite ; Polydimite ; Malino-wskite ; Levigliamte. Cloruri e Bromuri : Huantajaite ; Minerale d’ argento. Ossioloruri ED Ossidi: Daùbreite; Pelagite; IdrotUanite; Melanoflo- gite ; Heubachite. Silicati: Esagonite ; Keatingina ; Mieroclino; Roscoelite ; Aerante; Pilinite ; Ginilsite ; Friedelite ; Pelliamina; Amesite; Idrocastorjte ; Euclorite ; Vanuxemite. Fosfati: Henwoodite. Vanadati: Mottramite; Psittaeinite. _ _ , Solfati : Picroallumogene ; Werthemannite ; Ihleite ; Krònkite ; Phi- lip ite ; Enysite. Carbonati: Calcozincite ; Cuprocalcite. Azoturo di ferro. — Minerale trovato dal professore Silvestri nelle lave emesse dall’Etna nella eruzione dall’agosto 1874, e già avvertito dal Waltershausen sino dal 1869. — 201 — Esso è di aspetto metallico, bianco argentino, e con tutti i caratteri esterni cieli’ azoturo di ferro che si può ottenere anche artificialmente. Forma sottili incrostazioni sulla superficie delle lave, di solito aderenti alla roccia, e così immedesimate con essa, da staccarsene assai difficilmente. Si mostra sempre come materia semifusa e mai assume i caratteri della cristallizzazione. Questo minerale è magnetico, con un peso specifico di 3, 15. Esposto ad elevata temperatura perde V azoto, ed in contatto col vapore acqueo si trasforma in ossido magnetico con sviluppo di ammoniaca. È attaccabile lentamente dagli acidi, e col solfo in fusione si decompone, formando protosolfuro di ferro e svi- luppando azoto. L’ analisi chimica eseguita dal Silvestri diede : 1 . 90, 86 . 9. 14 Ferro Azoto meni vulcanici, se si ammette che ad esso si debba attribuire l’ apparenza metallica che assumere suole la lava ; il qual fatto è molto frequente e generale nelle lave del Vesuvio e dell’Etna. Daùòréeìite. — Nuovo minerale scoperto dal signor L. Smith nelle concrezioni interne di un ferro meteorico trovato nel così detto Deserto Messicano, e dal medesimo dedicato al professore Daubrée che tanto contribuì allo studio dei minerali meteorici. La Daubréelite è di color nero, lucente, con struttura som- mamente cristallina; essa si trova sugli orli di alcuni noduli di troilite sparsi entro la massa meteorica, e talvolta si dirige verso il centro dei medesimi, attraversandoli anche a guisa di vene. Ha un clivaggio distinto, non tanto però da potervi riconoscere la forma cristallina. È estremamente fragile, e presenta una debole facoltà magnetica. La polvere del minerale è assolutamente nera e, soggetta al- 1 Vedi 0. Silvestri, La scombinazione chimica applicata alla interpreta- zione di alcuni fenomeni vulcanici; sintesi e analisi di un nuovo minerale trovato sull’ Etna e di origine comune nei vulcani. Catania, 1876. 14 - 202 — r azione del cannello, dà vivissima la reazione del cromo : a tem- peratura assai elevata perde il colore brillante conservando pelò il colore nero. Essa si discioglie completamente nell’acido ni- trico, e la soluzione, di colore verde intenso, dà le reazioni del- P acido solforico e dell’ossido di cromo. Separando con somma difficoltà il nuovo minerale dalla troi- lite che vi sta associata, l’ autore, nella piccola dose di cento milligrammi potè riconoscere un tenore in solfo del 36, 48 °/0, il rimanente essendo formato da cromo con circa il 10 % di ferro e piccola porzione di materia carboniosa. Ritenendo quindi il mi- nerale assolutamente puro, si avrebbe la seguente composizione del protosolfuro di cromo: 37, 62 62, 38 100, 00 Solfo. Cromo La Daubréelite ci dimostra ancora una volta che l’elemento cromo deve essere ampiamente diffuso nella materia dell’ universo, e viene in certo modo a convalidare il risultato delle, osservazioni spettroscopiche che ci additano la presenza di questo metallo nei vapori che circondano il sole.1 Tolydymiie. — Nuovo minerale di nichelio ritrovato nei filoni metalliferi di Sayn-Altenkirchen nel paese di Siegen (Germania) insieme con millerite, bismutinite, blenda, gersdorfite, ulliiiannite in un giacimento di quarzo con ferro spatico. La Polydymite è sempre cristallizzata in forma di ottaedri non solo, ma, come sembra, in geminati polisintetici con l’asse di geminazione normale alle faccie dell’ ottaedro. I cristalli sono di solito tabulari con le dimensioni maggiori secondo le faccie parallele al piano di geminazione; si trovano però anche cristalli isometrici ed allungati nel senso di uno degli spigoli dell’ottae- dro. Posseggono un clivaggio esaedrico incompleto: frattura da inuguale a concoide. Durezza fra 4 e 5 ; peso specifico da 4, 808 a 4,816. Nella frattura fresca la colorazione è grigio d’acciaio chiaro, ma presto cangia in grigio oscuro o in giallo ; lucentezza metallica viva. 1 Vedi Amèrican Journal , 1876, voi. 12, pag. 109. All’azione del cannello decrepita e fonde sul carbone in perla magnetica di colore verde nerastro. Sciogliesi nell’ acido nitrico con separazione di solfo. L’analisi, eseguita su cristalli possibilmente puri, diede:1 Nichelio 53,51 Cobalto. • / 0,61 Ferro 3, 84 Solfo . . . - 40, 27 Arsenico 1,04 Antimonio ' 0, 51 99,78 da cui la sforinola empirica R4 S5. Il nome dato al minerale dal professore Laspeyres ricorda le sue belle geminazioni polisintetiche. MalinowsMte. — Nuova varietà di tetraedrite proveniente dal distretto di Rocnay nel Perù e descritta da Raimondi. Si presenta compatta, con colore grigio e lucentezza metallica. L’ analisi chimica diede : 2 Solfo . . 24, 27 Antimonio 24, 74 Arsenico 0, 56 Piombo 13,08 Rame 14, 37 Argento ....... 11,92 Ferro 9, 12 Zinco 1,92 99, 98 Altra analisi eseguita sopra un campione proveniente dalla miniera di Carpa, ha dato resultati identici. Leviglianite. — Nuovo minerale trovato dal professor D’Achiar- di nella miniera di mercurio di Levigliani nelle Alpi Apuane. Esso sembra una varietà di Guadalcazarite, priva però di se- lenio, alquanto più ricca in ferro e ricchissima di zinco. Vi si distinguono dei cristalli. Per mancanza del sufficiente materiale non fu possibile l’ese- guire una vera analisi quantitativa: per il che resta ancora in- certo se si tratta semplicemente di . una varietà di Guadalca- zarite o piuttosto di una specie distinta. 1 Vedi Journal fur prakt. Chemie , 1876, n. 19. 2 Vedi Domeyko, Mineralogia, seconda edizione. Santiago, 1876. — 204 — Huantajaite. — Nuovo cloruro doppio d’argento e di sodio, trovato nella miniera di San Simon nel Cerro di Huanjayita nel Perù, e studiato dal signor Raimondi. Esso cristallizza in cubi come i cloruri di sodio e di argento : è ordinariamente disseminato in piccole particelle cristalline, dia- fane, brillanti, e forma una sottile crosta sopra una ganga cal- carea argillosa leggermente ferrifera. È trasparente, con colore bianco die non si altera per espo- sizione all’ aria ; fragile, si riduce facilmente in polvere ; durezza eguale a 2; gusto salato. All’ azione del cannello decrepita e fonde con facilità per- dendo la sua trasparenza ; trattato con la soda, produce argento metallico. Gettando un piccolo cristallo di Huantajaite nell’acqua, si forma immediatamente un precipitato voluminoso bianco di cloruro d’argento. La sua composizione chimica è la seguente:1 Cloruro di sodio 89 Cloruro di argento 11 100 corrispondente alla forinola 20 Na CI + Ag Cl. Nuovo minerale d ’ argento. — Fu trovato questo in un giaci- mento argentifero di recente scoperto nel distretto di Troitz, go- verno di Oremburgo (Russia) e venne descritto in una Nota del signor W. von Beck nella quale si dà notizia della nuova miniera e della sua lavorazione. Il minerale si presenta in forma di cristalli microscopici o in sottili lamelle, grigie alla superficie ma di colore verde giallastro oscuro nell’ interno. Esso ha lucentezza grassa, è pieghevole ed ha pochissima durezza. Al cannello sul carbone fonde facilmente e produce un glo- bulo di colore verde giallastro. Sciogliesi parzialmente nell’ am- moniaca concentrata, e l’acido nitrico vi forma un precipitato giallastro. 1 Vedi Domeyko, Mineralojia, seconda edizione. Santiago, 1876. - 205 - L’ analisi chimica diede il seguente resultato : 1 Argento Bromo . Cloro . Iodio. . da cui la forinola 3 Ag Br -f- 2 Ag CI che conduce alla composizione Bromuro di argento Cloruro di argento 63, 35 28, 44 8,21 traccie 100,00 66, 28 33, 72 100, 00 Daubreite. — Nuovo ossicloruro di bismuto scoperto al Cerro de Tacna nella miniera di bismuto di Constancia in Bolivia, e studiato da Domeyko. Presentasi in masse terrose di un bianco giallognolo o gri- giastro ; il vero colore del minerale vedesi meglio nelle fratture, ed è un grigio chiaro tendente un po’ all’ azzurrognolo ; la pol- vere è bianca. Quantùnque a struttura terrosa, ha una certa tendenza alla disposizione in fibre. La durezza è alquanto su- periore a 2 ; il peso specifico 6, 45. Al cannello colora la fiamma in azzurro alquanto grigiastro ; fonde facilmente in una sostanza nera con produzione di fumo. Riscaldato nel tubo chiuso sviluppa acqua con reazione fortemente acida. L’ acido cloridrico a caldo lo discioglie facilmente e com- pletamente, senza produrre effervescenza. L’ analisi chimica diede : 2 Sesquiossido di bismuto 72, 60 Sesquicloruro di bismuto 22, 52 Acqua 3, 84 Sesquiossido di ferro 0, 72 99, 68 1 Vedi Neues Jahrbuch fur Min. ec., 1876, pag. 166. Vedi Comptes rendus , 1876, voi. 83, n. 16 ; Annales des mines, 1876, fase. 4, voi. X, pag. 29. — 206 — da cui, fatta astrazione dall’acqua e dal ferro, si avrebbe la formola (BiaO,)‘ Bi2 Cls. Sembra che questo minerale si trovi in certa abbondanza nel giacimento sopraindicato, e che costituisca uno dei prodotti im- portanti della miniera. Télagite. — Questo nome fu dato provvisoriamente dal prof. Churcli al materiale costituente i noduli di manganese ottenuti dai sondaggi del Challenger nel Pacifico. L’ analisi chimica di questi noduli diede i resultati seguenti : 1 Biossido di manganese 30, 22 Sesquiossido di ferro 20, 02 Allumina 3, 30 Silice 10> 37 Magnesia Calce Soda Acqua. . Cloro . . 100, 00 dal che* risulta che i noduli consistono essenzialmente in bios- sido di manganese, pressoché puro, e che trattasi con molta pro- babilità di un minerale nuovo. Idrotitanite. — Nuovo minerale di ^titanio analogo alla Pe- rowskite, dalla quale deriva, trovato dal signor G. Konig a Ma- gnet Cove nell’ Arkansas (America settentrionale). Il suo giaci- mento è entro i cristalli ottaedri o cubottaedri di Perowskite che abbondano in quella località, e si presenta in masse di co- lore grigiastro, tenere, le quali talvolta formano P intiero cristallo. Il peso specifico ne è 3, 681 e quindi d’ alquanto infeiiore a quello del minerale da cui deriva. L’ analisi chimica diede : 2 Acido titanico 82, 82 Ossido di ferro 7,76 Magnesia 2, 72 Calce 0,80 Acqua 5, 50 99, 60 0,83 34, 55 0,71 1 Vedi Mineralogical Magazine, n. 2, novembre 1876, pag. 50. 2 Vedi Proceed. of thè Acad. of nat. Sciences of Philadelphia, 1876, 82, — 207 — dal che risulta che il minerale primitivo ha perduto tutta la calce e parte del ferro, essendovi subentrata l’acqua. Melanoflogite. -- Minerale scoperto da A. von Lasaulx in una serie di campioni raccolti nel terreno solfifero di Girgenti, dal- l’ ingegnere delle miniere E. Stòhr: esso si presenta in cubetti assai piccoli e regolari di colore bruno chiaro o bianco, insieme con calcite, celestina e solfo, e spesso collocati sopra una pel- licola di quarzo che ricopre i cristalli di solfo o di celestina. Presenta una proprietà assai caratteristica, ed è che, esposto al calore, diventa successivamente giallo, verde, azzurro e nero; da ciò il nome datogli dallo scopritore. I piccoli cubi hanno i lati lunghi da mezzo ad un millimetro : sovente sono associati due a due a modo dei cristalli di fluorina, ed anche aggregati in piccoli gruppi; e piccole catene di cubetti aggregati si vedono talvolta fra le punte degli scalenoedri di calcite. Al microscopio essi presentano un clivaggio esaedrico. Per la colorazione fu rimarcato che i cristallini collocati sopra la calcite o sopra la celestina hanno tinta più carica di quelli che stanno sullo solfo : essi sono dotati di viva lucentezza vitrea e sono mediocremente trasparenti. Per durezza il minerale si av- vicina al quarzo: peso specifico circa 2. Trattato al cannello con borace fonde in un vetro chiaro ed incoloro, e col sale di fosforo dà una perla incolora con sche- letro siliceo : nella fiamma di riduzione, od in quella di ossida- zione, queste perle si colorano solo leggermente in causa di piccole traccie di. ferro, nè danno le reazioni caratteristiche di qualsiasi altro metallo. L’ analisi chimica, eseguita sopra un mezzo grammo di ma- teria, diede il seguente resultato : 1 Silice . . . ... 86, 29 Sesquiossido di ferro ) .... 0, 70 Allumina ) * ' Stronziana Acido solforico .... 7, 20 Acqua 99, 85 1 Vedi Neues Jahrbucli fùr Min. ec., 1876, pagg. 175 e ‘250. — 208 — La Melanoflogite fu riconosciuta dapprima in un esemplare con cristalli di celestina proveniente dalle solfare di Racalmuto, quindi in un altro di Montana fredda, nel quale il nuovo minerale riempie alcune cavità esistenti fra i piccoli scalenoedri di calcite che stanno impiantati sui cristalli di solfo. È però probabile che, per ulteriori ricerche, la Melanoflogite si dimostri comune a tutti i giacimenti solfiferi di Sicilia. Ovunque però essa. si presenta come T ultimo dei minerali formatisi nelle aggregazioni di cui fa parte. Heubachite. — Nuovo minerale di cobalto e nichelio rinvenuto nella miniera di Sant’Antonio nella valle delPHeubach presso Wittichen (Selva Nera) e descritto da Sandberger. Questo minerale riveste alcune cavità entro la baritina di so- lito con sottilissime ramificazioni, più di rado con dendriti ap- piattite o con aggregati di globuli, la cui superficie sembra rive- stita da piccole prominenze. Ha colore nero non lucente e polvere bruna oscura con debole lucentezza semimetallica, che per ri- scaldamento si fa affatto nera: frattura piana; durezza da 2 a 3, peso specifico 2, 15. Al cannello non fonde se non coll’intervento del borace, dando una perla di un bell’ azzurro, dalla quale per prolungata azione riducente si separano particelle di nichelio metallico. Col sale di soda sul filo di platino fonde egualmente e dà una debole colorazione di manganese. Sciogliesi nell’ acido cloridrico concentrato con forte sviluppo di cloro ; la soluzione ha una colorazione verde-azzurro- gnola intensa la quale passa in rosso-chiaro per aggiunta di acqua. L’ analisi quantitativa diede : 1 Ossido di cobalto dò, 50 Ossido di nichelio 14, 50 Ossido di ferro 13 Ossido di manganese H 50 Acqua 59 99, 22 da cui la forinola 2 (Co203. H20) -f- Co203. 2 H20. 11 minerale che più si avvicina alla Heubachite sarebbe la Heterogenite di Frenzel. ‘ Vedi Sitzungsb. der mdth.-phys. Classe der k. b. Ak. der Wiss. zu Munchen , 1876, Heft III, pag. 238. - 209 - Esagonite. — Varietà di tremolite rinvenuta ad Edwards nella Contea di San Lorenzo (Stato di New-York) e studiata da Gold- smith prima e da Koenig più tardi. Questo minerale, di colore bianco o violetto con viva lucentezza vitrea, cristallizza nel sistema monoclino ; i cristalli, per grande sviluppo della base, hanno forma tabulare, e 1’ angolo del prisma primitivo è di 124° 39', mentre quello della tremolite è di 1 24°, 30' : hanno clivaggio basico. Durezza fra 6 e 7 ; peso specifico 2, 99. Sotto 1’ azione del cannello fonde difficilmente in uno smalto bianco ; col borace, nella fiamma ossidante, dà un vetro del co- lor d’ ametista. La sua composizione chimica è : 1 Silice 58, 20 Magnesia 24, 14 Calce 12, 20 Soda 1,90 Ossido di manganese 1,37 Allumina ) i 40 Ossido di ferro ) * * ' ’ 99, 21 Questo minerale presenta la composizione della tremolite di Gouverneur (New-York) analizzata da Rammelsberg. Keatingina. — Nuovo silicato di manganese trovato a Fran- klin nel New Jersey (Stati Uniti d’America) entro una massa di granato giallo, e descritto dal professor Shepard. Questo minerale rassomiglia molto alla Fowlerite nella strut- tura cristallina, ma gli angoli ottenuti col prisma di clivaggio sono di 64° e 116°. Durezza di poco inferiore a 5 : peso specifico, 3, 33. All’ azione del cannello fonde in un vetro rossiccio semitraspa- rente. Esposto all’ aria non perde la sua lucentezza. L’ analisi chimica diede : 2 Silice 47,80 Ossido di manganese 27, 70 Ossido di zinco 5, 60 Calce 18, 00 Acqua 0, 80 99, 90 1 Vedi Proceed. of thè Acad. of Philadelphia, 1876, pag. 180. 2 Vedi American Journal, 1876, voi. 12, pag. 231. — 210 — Microclino. — Questo nome fu sino dal 1830 proposto da Breithaupt per indicare una varietà di ortosio trovata nelle sienite zirconifera di Norvegia. Ultimamente JDes-Cloizeaux, avendola ri- presa in esame con buoni esemplari, ne fece una nuova specie che è un dimorfismo dell’ ortosio. Il Microclino è distinto dall’ ortosio per le sue speciali pro- prietà ottiche. Lo si trova nei graniti e gneis, talvolta con cri- stalli che ricordano quelli dell’ ortosio, ma aventi un clivaggio prismatico. La sua struttura non è omogenea, e col microscopio vi si riconoscono almeno tre felspati fra di loro mescolati, pro- babilmente microclino, ortosio ed albite. In molti graniti ed altre rocce felspatiche fu riconosciuta la nuova specie, ma il Microclino più caratteristico è quello di Ma- gnet Cove nell’ Arkansas (America settentrionale). Esso si trova in masse sfogliate di colore bianco grigiastro, e non mostra traccie di ortosio od albite. L’analisi chimica di questo Microclino pu- rissimo, fatta da Pisani, diede il risultato seguente:1 Silice 64, 30 Allumina 19, 70 Ossido di ferro 0, 74 Potassa 15, 60 Soda 0, 48 Perdita al fuoco . 0, 35 101,17 Peso specifico 2, 54. Boscoelite. — Nuova mica vanadifera trovata nelle miniere d’ oro di Granite Creek nella Contea d’ Eldorado, nelle basse colline che stanno sul versante occidentale della Sierra Nevada (America settentrionale), scoperta nelle fessure di una piccola vena quarzosa attraversante il porfido, e in piccole agglomera- zioni nel porfido stesso. Il dott. J. Blake, che ne dà la descrizione, la dedicò al prof. Roscoe di Manchester, che tanto operò per lo studio chimico del vanadio. I cristallini di questa mica, di rado più lunghi di un de- cimo di pollice, sono lucentissimi, con colore verde carico, ed hanno rifrazione doppia molto potente : i1 minerale forma pure dei noduli a disposizione stellata, e più particolarmente nelle ca- vità del quarzo. 1 Vedi Comptes rendus, 187G, voi. 82, n. 16. - 211 - 11 prof. Genth prese in esame il minerale, e vi determinò il peso specifico di 2, 93 e la durezza prossima a quella del talco. È fusibile al cannello in vetro nero, e colora la fiamma in roseo chiaro : col sale di fosforo dà uno scheletro siliceo, con perla gialla nella fiamma ossidante e color verde smeraldo in quella riducente. Attaccabile assai leggermente dagli acidi, viene pre- sto decomposto dall1 acido ’solforico diluito in tubo chiuso a tem- peratura di 180°; la silice vi rimane in forma di scaglie e la soluzione acquista un colore verde azzurrognolo. Col carbonato sodico si fonde in una massa bianca. Il minerale di cui disponeva il prof. Genth per la analisi era assai impuro perchè mescolato con sostanze estranee, quali oro, quarzo, felspato od altro ; ne estrasse sei campioni, dei quali il meno impuro, dedotto 0, 85 °/0 di silicati • insolubili, quarzo ed oro, diede all1 analisi : 1 Silice .... 47, 69 Allumina .... 14, 10 Ossido di ferro .... 1,67 Magnesia .... 2,00 Calce Potassa . ... . 7,59 Soda .... 0, 19 Litina Acido vanadico .... 22,02 Perdita al fuoco .... 4,96 100, 22 Un minerale associato alla Roscoelite, probabilmente una va- rietà compatta della medesima, con aspetto di clorite verde mas- siccia o di alcune varietà di serpentino, diede : Silice 46, 09 Allumina 17,46 Ossido di ferro 1,95 Magnesia 2, 18 Potassa 8, 66 Soda 0, 18 Acido vanadico 17,53 Perdita al fuoco 6, 37 100, 42 Vedi American Journal , 1876, voi. 12, pag. 32. — 212 — Il prof. Roscoe riprese da ultimo in esame lo stesso mine- rale, e ne ottenne 1’ analisi seguente : 1 Silice 41,25 Allumina 14, 14 Ossido di ferro 1,13 Ossido di manganese 1, 15 Magnesia 2, 01 Calce 0, 6 1 Potassa 8, 56 Soda 0, 82 Acido vanadico 28, 60 Perdita al fuoco 3, 35 101, 62 da cui la formola 2 Al2 ^2 Cg ~f~ K4 Sig O20 aq diversa da quella che risulterebbe dalle analisi di Genth. Aerinite. — Minerale proveniente dall’ Aragona e ritrovato dal signor A. von Lasaute in una antica collezione di Bresla- via. È di un bel colore celeste, e si manifesta come un silicato di ferro, intimamente mescolato con altri silicati ; ba strut- tura compatta, durezza da 3 a 4 e peso specifico 3, 02. Il nome datogli dallo scopritore, rammenta il suo bel colore az- zurro vivo. La possibile forma cristallina di questo minerale non può essere ricercata che coll’ aiuto delle proprietà ottiche studiate al microscopio ; da questo esame risulta eh’ esso può cristal- lizzare nel sistema rombico od in uno dei sistemi ad assi in- clinati. Non dà reazione alcuna alla fiamma ; ma col borace e sai di fosforo dà la reazione del ferro, ed allo spettroscopio offre di- stintamente la linea del calcio. Attaccato facilmente dagli acidi, perde completamente il colore azzurro : sciogliesi nell’ acido clo- ridrico a caldo con abbandono di silice polverulenta, il che lo distingue dalla lazulite. Una prima analisi chimica eseguita su di un campione as- Vedi Proceed. Roy. Society , 1876, june 15. sai impuro ecl eccessivamente ricco di ferro, diede il resultato seguente : 1 . Silice . . 48, 53 Allumina 7, 55 Ossidi di ferro 32, 78 Sesquiossido di manganese ... 1,17 Calce 3, 59 Magnesia 0,90 Acqua 6, 16* 100, 68 Dallo studio microscopico del minerale resulta che le sostanze con esso mescolate, possono riferirsi alle specie quarzo^ olivina, felspato, augite. Avendo potuto 1’ autore procurarsi materiale assai più puro per una più esatta analisi, ne ebbe il resultato seguente, che rappresenta la vera composizione chimica deH’Aerinite : 2 I. IL Silice . 45, 36 44,45 Allumina , . 10,22 11,80 Protossido di ferro . . 13,67 12, 70 Calce 10, 16 Magnesia 5, 86 Potassa 1, 31 Acqua . 8, 23 12, 74 Acido vanadico . . . traccie Acido titanico . . . . 0, 41 Acido fosforico. . . . traccie 99,43 L’analisi I, incompleta, fu fatta dal Lasaulx, la II dal Damour. Pilinite. — Minerale ritrovato nelle cavità del granito di Strie- gau nella Slesia insieme con quarzo, epidoto e desmina, e de- scritto dal signor A. von Lasaulx. Si presenta in aghi sottilissimi fra di loro aggruppati e in- trecciati a guisa di feltro, flessibili, lucenti, incolori o bianchi. Questi aghi, della grossezza massima di un centesimo di milli- metro, sembrano essere formati dalla predominanza di due faccie di un prisma rombico, con angolo approssimativo di 120°: il prisma presenta piani di clivaggio ben decisi, normali alla sua 5 Vedi Neues Jahrbuch fùr Min. ec., 1876, pag. 352. 2 Vedi Neues Jahrbuch fur Min. ec., 1877, pag. 61. - 214 - % direzione, ed altri piani meno evidenti lungo il prisma stesso. Il minerale possiede la doppia rifrazione. Da queste ricerche mi- croscopiche risulta che il sistema cristallino deve essere il tii- metrico. Peso specifico 2,26. Fonde con somma facilità al cannello, e nel tubo chiuso dà una piccola quantità di acqua: non è attaccabile dall’acido cloridrico. L’analisi diede il resultato seguente:1 Silice Allumina | Sesquiossido di ferro ) „ Calce Litina Magnesia \ Soda. . . Potassa . ) Acqua da cui la forinola 2 CaO, A1203, 5Sì02, H20 essendovi il sesquiossido di ferro e la litina affatto accidentali . quest’ ultima gli fu data dalla lepidolite non rara nello stesso granito. Fra i minerali che più si avvicinano alla Piìinite havvi l’Asbesto e P Analcite: il nome datogli dall autore licoida 1 in- trecciarsi degli aghetti a guisa di feltro. Ginilsite. — Nuovo silicato proveniente dal Ginilsalp nei Gri- gioni (Svizzera) e studiato dal prof. Rammelsberg di Berlino. Questo minerale si presenta come una massa compatta, color giallo grigiastro, con peso specifico di 3, 404. All’ azione del can- nello fonde difficilmente sugli spigoli acuti in un vetro oscuro. L’ analisi chimica fatta da Rammelsberg diede : 2 Silice 37,83 Allumina 7, 77 Sesquiossido di ferro 15, 63 Calce 26, 67 Magnesia b,73 Acqua 3, 30 55,70 18, 64 19, 51 1, 18 traccie 4, 97 100, 00 1 Vedi Neues Jahrbuch fur Min. ec., 1876, pag. 358. 2 Vedi Zeitsch. der deut. geol. Gesell., 1876, B. *28, H. 2, pag. 236. - 215 - da cui la formola approssimativa: 8 RO, 2 R203, 7 Si02 -b 2 aq. Il minerale non contiene protossido di ferro e solo traccia di manganese, e la sua composizione non corrisponde con quella di alcun altro minerale conosciuto. Friedelite. — Nuovo silicato idrato di manganese, trovato nella miniera di manganese di Àdierville nella valle di Louron (Alti Pirenei) e studiato dal signor E. Bertrand. Questo minerale cristallizza nel sistema romboedrico, con cli- vaggio assai netto normale all’ asse verticale : ha doppia refra- zione con asse negativo. Colore rosso chiaro con scalfittura bianco-rossiccia ; trasparente nelle scheggie sottili, in massa solo translucido. -Peso specifico 3, 07 ; durezza quasi 5. Presentasi in due varietà ; P una con struttura saccaroide formata dall’ agglo- merazione di lamelle esagonali e con clivaggio netto, P altra compatta con clivaggio assai incerto. Al cannello fonde facilmente in vetro nero, e dà acqua nel tubo chiuso ; coi fondenti dà le reazioni del manganese. Scio- gliesi nell’ acido cloridrico con separazione di silice gelatinosa. Da diverse analisi chimiche si ebbe la media seguente : 1 Silice . . 36, 12 Ossidulo di manganese . . . , . . 53,05 Ossidulo di ferro , . . traccie Magnesia ì 2, 96 Calce ] Acqua 7,87 100, 00 Le due varietà indicate hanno la stessa composizione, che viene espressa dalla formola 4 MnO, 3 Si02, 2 H20 (Mu4 Si. 012 2 aq). Il minerale che più di tutti si avvicina alla Friedelite, sa- rebbe la Idrotefroite. Felhamina. — Nuovo silicato descritto da Shepard e prove- niente dalla miniera di asbesto di Pelham nel Massachussets (Stati Uniti di America). 1 Vedi Comptes rendus , 1876, 15 mai, voi. 82. — 216 — Esso forma delle vene e masse irregolari che talvolta rag- giungono lo spessore di un piede. Ha colore nero-verdastro ed assomiglia ad un serpentino oscuro ; non ha però lucentezza, e la polvere ne è grigio-verdastra oscura. Durezza 5 ; peso speci- fico da 2, 90 a 3, 20. All’ azione del cannello è infusibile. L’ analisi chimica diede : 1 Silice 38, 40 Allumina 2, 80 Protossido di ferro 15, 52 Magnesia 39, 88 Acqua . 3, 40 Amesite. — Nuovo silicato rinvenuto sopra il diaspro di Chester nel Massachussett (Stati Uniti) insieme con aghi di ru- tilo, e così denominato da Shepard. Esso si presenta in tavole esagonali od in sottili lamelle, ed ha un clivaggio basale assai facile. Ha colore verde pomo e lu- centezza madreperlacea sulle faccie di clivaggio; è trasparente quando sia in lamelle sottili. La sua colorazione e lucentezza ri- cordano il talco verde del Tirolo o certe varietà di clorite del Piemonte. Durezza di poco inferiore a 3; peso specifico 2,71. Esposto all’ azione del cannello si fa nero, ma non fonde: nel tubo chiuso dà acqua; nell’acido cloridrico sciogliesi con difficoltà. L’analisi fatta da Pisani diede:2 Silice 21,40 Allumina 32, 30 Ossidulo di ferro 15, 80 Magnesia '• . 19, 90 Acqua 10» 100, 30 Da alcune osservazioni fatte più tardi da Kenngott3 risulte- rebbe che l’ Amesite può entrare nel gruppo delle cloriti con la formola generale 2 H20. PO + 2 (PO. Si02) nella quale si supponga il silicato sostituito in parte da allumina ossia da AIO, A102. 1 Vedi American Journal, voi. 12, 1876, pag. 231. 2 Vedi Comptes rendus, 10 juillet 1876, voi. 83, pag. 166. 8 Vedi Neues Jahrbuch fùr Min. ec., 1877, H. 3, S. 277. — 217 — P Idrocastorite. — Nuovo minerale proveniente dai filoni gra- nitici tormaliniferi di San Piero in Campo all’ Isola d’ Elba, ove si trova intimamente collegato col castore, da cui con ogni pro- babilità deriva. Si presenta in forma di masserelle bianche, tenere e di aspetto farinoso. La polvere che se ne ottiene, si manifesta composta di laminette molto minute, da piccoli prismi, talvolta riuniti in fasci radiati ; essa è poi dotata di una lucentezza subperlacea, quasi talcosa. Durezza come quella del gesso; peso specifico 2,16. Il sistema cristallino probabile è il monometrico. Riscaldato nel tubo chiuso dà notevole quantità di acqua, senza mutare di aspetto'; al cannello fonde in uno smalto bianco, e dà le reazioni dell’ allumina e della calce. Fonde nel sai bo- race e in quello di fosforo senza colorirne la perla; nel sai di soda dà la reazione della silice. Si scioglie parzialmente nel- T acido cloridrico dando della silice gelatinosa. L’ analisi fatta dal professor Grattarola diede : 1 Silice. . Allumina Calce . . Acqua . da cui la forinola greggia: 59, 59 21,35 4, 38 14, 66 99, 98 12, 5 Si 02; 2, 5A1203; CaO; 10H20. Il nome dato a questo minerale allude alla sua provenienza dalla Castorite, quantunque non contenga litina ed abbia in più la calce. JEuclorite. — Nuovo silicato analogo alla clorite, proveniente da Chester nel Massachussetts e studiato dal professor Shepard. Ha struttura compatta, e si presenta in scaglie allungate di colore verde oliva chiaro; con lucentezza subperlacea; la polvere ne è verde chiara: durezza poco inferiore a 3; peso specifico 2,71. Esposto all’ azione del cannello fonde difficilmente sugli spigoli in smalto grigio verdastro: è decomposto dall’acido solforico. 1 Vedi Boll. Coìti. Geol., 1876, pag. 323. — 218 — L’analisi chimica diede il risultato seguente:1 Silice . . . . 35, 51 Allumina . . . . 6, 80 Protossido di ferro. . . . . . . . 15, 52 Magnesia . . . . 38, 07 Acqua 10 102, 00 A Chester, questo minerale fu trovato in uno straterello ad- dossato ai due lati di una grande vena di albite. La Euclorite, ripresa più tardi in esame da Pisani, diede un peso specifico di 2,84 e si manifestò trasparente nelle lamelle sottili. Ha un asse negativo come la Biotite: sciogliesi lenta- mente nell’ acido cloridrico concentrato. L’ analisi di questo secondo campione diede : 2 Silice . 39, 55 Allumina 15, 95 Protossido di ferro. ....... 7,80 Magnesia . . . 22, 25 Potassa e soda 10, 35 Perdita al fuoco 4, 10 100,00 dal che risulta che il minerale in discorso non è che una va- rietà di mica magnesifera. Vanuxemite. — Nuovo silicato di zinco trovato a Stirling Hill nel New Jersey (Stati Uniti d’ America) e descritto dal profes- sore Shepard. Esso forma piccole macchie irregolari entro un aggregato ocraceo e proviene dalla decomposizione di parecchi minerali di zinco. È compatto, con frattura piana o concoidale, e di color bianco non lucente ; emana un debole odore argilloso quando sia umet- tato. Durezza di poco inferiore a 3 ; peso specifico 2, 50. Esposto alla fiamma del cannello, fonde prontamente in uno smalto opaco. 1 Vedi American Journal, 1876, voi. 12, pag. 231. 3 Vedi Neues Jahrbuch fùr Min., 1877, pag. 96. - 219 L’ analisi chimica diede : 1 35, 64 11, 70 32, 48 a 36, 00 19, 88 a 14, 80 99. 70 Renwoodite. — Nuovo minerale della miniera detta West Phoenix nella Cornovaglia. Si presenta in masse globulari di un co- lore variabile dall’ azzurro vivo al verde azzurrognolo, impiantate sulla limonite : V interno di ogni sferula è composto di limonite, talvolta con piccoli cristalli di quarzo; la superficie esterna pre- senta faccette cristalline indistinte. La polvere del minerale è bianca con una leggiera gradazione verde azzurrognola : durezza di poco inferiore a 5, peso specifico 2, 67. Riscaldato nel tubo chiuso si fa brunastro, e dà acqua con leg- giera decrepitazione. Al cannello colora la fiamma in verde e non fonde; operando con borace o carbonato di soda sul carbone, si ha la formazione di un globulo di rame. L’ analisi chimica eseguita dal signor J. H. Collins, diede: 2 Acido fosforico 48, 94 Allumina 18, 24 Silice 1,37 Calce 0, 54 Ossido di rame 7, 10 Ossido di ferro 2, 74 Acqua 17, 10 Perdita 3, 97 100, 00 da cui risulta che la Henwoodite è essenzialmente un fosfato di rame ed allumina con molta acqua, della formola 2 AIA -L 2 (4-CuO, 4H20)3 PhA + 5H20 Questo minerale, così denominato in onore di Henwood, si avvi- cina per composizione alla Callainite, alla Lazulite, alla Wavellite ed alla Turchesa, ma ne differisce grandemente per le proporzioni relative di allumina e di acido fosforico. Silice Allumina . . . Ossido di zinco Acqua 1 Vedi American Journal, 1876, voi. 12, pag. 231. 2 Vedi The Mineralogical Magazine, 1876, n. 1, pag. 11. — 220 — Mottr amite. — Nuovo vanadato di piombo proveniente dal- 1’ arenaria keuperiana di Alderley Edge e di Mottram St. An- dre w’s, Cheshire, in Inghilterra, e descritto dal professor Roscoe. Questo minerale si presenta in incrostazioni cristalline, di solito sottili, talvolta grosse sino a 3 o 4 millimetri, ovvero in piccolissimi cristalli che danno alla superficie una apparenza vel- lutata ; più comunemente però la struttura è compatta. I cri- stalli, veduti per luce riflessa, sono nerastri, ma in piccolissimi frammenti sono translucidi, e si mostrano colorati in giallo; la varietà compatta è bruno-rossastra ed opaca. I cristalli hanno lucentezza resinosa; polvere gialla; durezza come la calcite; peso specifico 5, 89. Riscaldato nel tubo chiuso svolge una piccola quantità di acqua e fonde con gran facilità: al cannello sul carbotìe e con carbonato di soda, forma una incrostazione gialla e produce un globulo grigio malleabile ; nella fiamma ossidante con borace, dà una perla gialla a caldo, la quale per raffreddamento si fa prima verde e poi azzurra. L’ analisi chimica diede i risultati seguenti : 1 17, 14 50, 97 19, 10 2. 52 2, 13 0, 26 3, 63 1,06 96,81 da cui la formula (Pb, Cu) 3 V2 0 8 h~ 2 (Pb,Cu) (OH)2 La Mottramite riesce tanto più interessante in quanto forma un terzo termine nel secondo gruppo isomorfo di fosfati, arse- niati e vanadati corrispondenti al primo gruppo : Piromorfite, Mi- metesite, Yanadinite. Comporrebbero il secondo gruppo le specie: Dihydrite, Erinite, Mottramite. La forma cristallina di questi tre minerali non fu peranco determinata. Acido vanadico ..... Ossido di piombo .... Ossido di rame Ossidi di Fe, Zn, Mn. / Calce . Magnesia. Acqua Silice 1 Vedi Proceed. of thè Roy. Society , 1876, voi. 25, n. 172, pag. in. — 221 — Psittàcinite. — Nuovo vanadato idrato di piombo e rame pro- veniente dalla miniera Iron Kod, distretto di Silver Star, nello stato di Montana (America settentrionale), e studiato dal pro- fessore Genth. Questo minerale si presenta in sottilissime incrostazioni cripto- cristalline, con struttura mammillare o botrioidale, e sovente pulverulento : il colore ne è verde vivo, talvolta con tinta gri- giastra passante al verde oliva. Al cannello fonde facilmente in una massa nera splendente: coi flussi dà le reazioni del vanadio, del piombo e del rame. È solubile nell’ acido nitrico allungato, ed il liquido lascia per evaporazione una massa di colore rosso-cupo. Diverse analisi eseguite sopra campioni molto impuri, con- dussero con una media alla seguente forinola : 1 3 (3 PbO V203) 4- 3 CuO, V205 -f-Pb (CuO, H20) + 12H20 la quale corrisponde alla composizione Ossido di piombo 53, 15 Ossido di rame 18,95 Acido vanadico 19, 32 Acqua 8, 58 100, 00 La Psittàcinite trovasi talvolta associata con oro e piccole quantità di cerussite, calcopirite e limonite, sul quarzo, in pa- recchie miniere del distretto di Silver Star; la sua presenza in queste miniere va ritenuta come favorevole indizio di maggiore ricchezza in oro. Il suo nome deriva dal colore verde che ram- menta quello delle piume del pappagallo. Picroàllumogehe. — Nuovo solfato di allumina e magnesia rin- venuto nella miniera di ferro di Vigneria nell’ Isola d’ Elba, e studiato dal professor Grattarola. Esso si presenta in ammassi stalattitici, di struttura fibroso- radiata, e fu trovato a contatto degli scisti argillosi che sosten- gono il giacimento ferrifero. Ha color bianco tendente al roseo, in qualche punto semitrasparente, e sapore acido e amaro. Esa- 1 Vedi American Journal , 1876, voi. 12, pag. 35. — 222 - minato al microscopio, si mostra sotto forma di prismi obliqui simili ai cristalli eli gesso non geminati, il che lo fa riporre in uno dei due sistemi obliqui. Riscaldato nel tubo chiuso, svolge molta acqua; è fusibile in acqua di cristallizzazione, e calcinato rigonfia fortemente trasfor- mandosi in una massa bianca, opaca e porosa. Trattato col nitrato di cobalto, dà forte colorazione azzurra tendente al violetto: coi fondenti manca la reazione del ferro e del manganese, ma v’ è debole quella del cobalto. Per via umida dà le reazioni di allu- mina, acido solforico, magnesia. L’analisi chimica diede:1 Magnesia . 8, 19 Allumina . 9, 16 Acido solforico - . . 36,39 Potassa. ............. . 0,37 Ossido di cobalto . . traccie Acqua. , . 45, 69 99,80 da cui la formola 2 Mg 0, A1s08, 5SOs + 28 H20 che differisce da quella della Pickeringite per un equivalente in più di solfato di magnesia e pel maggiore grado di idratazione. Il Picroallumogene si rinviene in gran copia anche nella mi- niera di Rio. Werthemannite. — Nuovo solfato di allumina, trovato presso la città di Chachapoyas nel Perù, e descritto da Raimondi. Si trova in polvere o in masse friabili di colore bianco, con odore argilloso, allappante. Peso specifico 2, 80. Non si scioglie che nell’acido solforico. . L’analisi chimica diede:2 Acido solforico . 34, 50 Allumina . 45, 00 Sesquiossido di ferro 1, 25 Acqua . 19, 25 100, 00 1 Vedi Boll . Com. Geol. , 1876, pag. 302. 2 Vedi Domeyko, Mineralojia, seconda edizione. Santiago, 1876. — 223 — da cui la forinola A12S06 + 3H20 eguale a quella dell’ alluminite, ma con minore quantitativo di acqua. Ihleìte. — Nuovo solfato di ferro idrato, proveniente dalla miniera di Mugrau in Boemia, e studiato dal prof. Schrauf. Esso non è altro che il prodotto della decomposizione della pirite racchiusa nella grafite e forma delle macchie di colore aranciato sulla superficie della grafite stessa. Queste efflorescenze di Ihleite si sciogliono facilmente nel- P acqua, talché esposte all1 aria umida perdono a poco a poco la loro colorazione viva e si fanno biancastre. Il minerale si presenta sempre allo stato amorfo in aggre- gazioni ramose o reniformi, le quali constano nell1 interno di una serie di finissime lamelle e di sottili filamenti, i quali anche al microscopio non lasciano scorgere traccia di forma cristallina. Il suo peso specifico è di 1, 81. L’analisi su alcuni campioni raccolti nel 1876, diede:1 Acido solforico . ... 37, 20 Allumina ] Sesquiossido di ferro } ... 25, 60 Protossido di ferro . . . . 1, 40 Calce , . . . 0, 30 Acqua . ... 35, 30 99, 80 da cui la formola F e2 S3 012 4- 12H2 0 Per composizione questo minerale è assai analogo alla Co- piapite. Esso fu denominato in onore dell’ingegnere Ihle diret- tore dei lavori nelle miniere di Mugrau. Krònkite. — Nuovo minerale di rame trovato nelle miniere cuprifere di Calama, sulla strada da Cabija a Potosi in Bolivia, e descritto da Domeyko. Esso si presenta in masse irregolarmente cristalline ed a struttura grossolanamente fibrosa; appartiene probabilmente al 1 Vedi Neues Jahrbuch fùr Min. ec., 1877, pag. 252. - 224 - sistema triclino, con sfaldatura parallela ad uno spigolo del prisma. È translucido, con colore azzurro alquanto variabile per esposi- zione all’ aria, e lucentezza vitrea. Perfettamente solubile nel- P acqua. La sua composizione è la seguente:1 Solfato di rame. Solfato di soda . Acqua corrispondente alla forinola. Cu S04 + Na2 S04 4- 2 H20. 47, 23 42,09 10, 68 100, 00 Phillipite. — Nuovo solfato di ferro e rame proveniente dalle miniere cuprifere delle Cordigliere di Condes, nella provincia di Santiago (Chili) e descritto da Domeyko. Esso forma piccole masse irregolari e liste nell’ ocra argillosa che è ganga della calcopirite dalla cui decomposizione proviene il nuovo minerale; ha struttura fibrosa alquanto compatta. È translucido, con colore azzurro e lucentezza vitrea. Sciogliesi nell’ acqua, ma non si al- tera per esposizione all’aria. L’ analisi chimica diede : 2 Acido solforico Sesquiossido di ferro . . Allumina Ossido di rame Magnesia Acqua da cui la forinola 28, 9’6 9, 80 traccie 14, 39 0, 85 43, 72 97, 72 C u S 04 4- Fe 2 S 3 0 12 n aq . Enysite. — Nuovo minerale proveniente da Sant’ Agnese nella Cornovaglia e trovato sotto forma di crosta stalagmitica di colore verde azzurrognolo entro una caverna. 1 Vedi Domeyko, Mineralojia , seconda edizione. Santiago, 1876. 8 Vedi Domeyko, Mineralojia , seconda edizione. Santiago, 1876. - 225 Il peso specifico ne è 1, 59 e la durezza di poco superiore a 2. Riscaldato nel tubo chiuso dà molta acqua, e a temperatura assai elevata un sublimato bianco ; al cannello colora la fiamma in verde con tendenza al bluastro, si fa bruno nella massa e bianco sugli angoli per forte riscaldamento, però non fonde. Col borace dà una perla verde a caldo ed azzurra a freddo; sul carbonio, con carbo- nato di soda, un globulo di rame. Sciogliesi nell’ acido cloridrico con effervescenza. L’analisi chimica fatta da Collins, diede: 1 Acido solforico ....... 8. 12 Silice . .' 3, 40 Allumina ...... 29, 85 Calce i, 35 Ossido di rame . . . . . 16, 91 Acido carbonico 1, 05 Acqua 39, 42 100, 10 che corrisponde esattamente alla formola C u S 04 4- C u H2 02 4- 3 A 12 H6 06 4- 12H20. nella quale si suppone che la silice rimpiazzi in parte l’ allumina, e che il carbonato di calce sia affatto estraneo al minerale o si so- stituisca in parte al solfato di rame. Questo minerale, denominato dal proprietario della caverna in cui si trova, J. Enys, è senza dubbio di formazione relativamente recente; ha però caratteri così marcati da farlo credere una spe- cie nuova e non già una miscela puramente meccanica. Càlcozincite. — Nuovo minerale di zinco descritto dal profes- sore Shepard. Esso è compatto, finamente granulare, con fibre interposte di asbesto e sussexite : ha colore rosso aranciato chiaro, ed è traslucido con lucentezza vitrea; la polvere ne è giallo chiara. Durezza da 3 a 4; peso specifico 3,95. Sotto 1’ azione degli acidi dà una debole effervescenza : alla fiamma del cannello annerisce. ‘ Vedi The Mineralogical Magazine, 1876, n. 1, pag. 14. L’ analisi chimica diede : 1 Ossido di zinco 81, 00 Calce 56 Acido carbonico 5, 80 Ossido di manganese traccie Acqua 4, 98, 62 Guprocalcite. — Nuovo minerale di rame, proveniente dalle miniere di Ganza, presso Ica nel Perù, e studiato da Raimondi. Si presenta in piccole masse ed in striscie intimamente me- scolate con un calcare ferruginoso. Amorfo, colore rosso cinabro, opaco, compatto; peso specifico 3,90; durezza 3. È solubile nell’ acido cloridrico con effervescenza ; la soluzione, fatta senza intervento d’ aria, ha un forte potere disossidante e precipita P oro metallico dalle soluzioni dei sali d’ oro. L’ analisi chimica diede : 2 Sottrm^irlo di rame .... . ... 50,45 (^!o]pp . . . . 20, 16 Acido carbonico Annua . . ... 24, 00 .... 3, 20 Sesquiossido di ferro . . . A 11 nini no . . . . . . 0,60 . . . . 0,20 1\/Tq nmnci a 0, 97 Sjlipp . . . . 0,30 99,88 da cui la formola (Cu20)2C02 + 2 CaC03 -h H20 1 Vedi American Journal , 1876, voi. 12, pag. 231. 2 Vedi Domeyko, Mineralojia, seconda edizione. Santiago, ■ 1676. NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE. M. Baketti. — Studii geologici sul gruppo del Gran Paradiso. — Roma, 1877. Il rilevamento geologico in grande scala delle Alpi occiden- tali, iniziato nel 1864 dai signori Sella, Gastaldi e Berruti nel circondario di Biella, veniva negli anni seguenti celermente avan- zato per opera del Gastaldi il quale, associatosi il professor Ba- retti, gli affidava più particolarmente lo studio di quell’ esteso gruppo di monti che separa la Valle d’Aosta dalla pianura pie- montese. A tale gruppo appunto, che occupa una superficie di circa 2000 chilometri quadrati, si riferisce la monografia or ora pubblicata per cura della R. Accademia dei Lincei, che in seduta del 7 gennaio 1877 accettavaia a far parte delle sue Memorie. Il lavoro del Baretti è di importanza capitale per lo studio delle Alpi in genere, come quello che è informato alle nuove ve- dute geologiche propugnate dal Gastaldi ; secondo le quali le roc- cie cristalline delle Alpi occidentali non dovrebbero considerarsi originate per genesi eruttiva, ma sibbene per via di sedimenta- zione, nè come metamorfiche per azioni di contatto ma in causa di modificazioni originate nelle masse da lento e prolungatissimo lavoro molecolare. L’ opera è divisa in nove capitoli, con una in- troduzione, ed accompagnata da tavole e carte geologiche. Nella introduzione 1’ Autore fa la storia degli studii geologici eseguiti nelle Alpi occidentali, e dà poscia una generale idea della forma orografica e della costituzione geologica del gruppo del Gran Paradiso, uno dei nuclei cristallini di sollevamento nei quali lo Studer ed il Desor dividono la catena delle Alpi. Passa quindi nel primo capitolo alla descrizione dei terreni cristallini antichi di quel gruppo (zona del gneis centrale ) e nel secondo a quella dei terreni cristallini recenti (zona delle pietre verdi), distinguendo in questi ultimi tre gruppi di forme litologiche, delle roccie ma- gnesiache cioè, delle felspatiche e delle calcaree. Quanto la zona più antica è scarsa di minerali metalliferi, altrettanto questa se- - 228 — concia ne è ben provvista, e le principali specie vengono passate in rivista nel capitolo terzo ; in esso puranche si discute della genesi di tutte le roccie formanti i terreni cristallini recenti, e si conchiude che esse sono dovute per la massima parte, con ri- serva pei porfidi, ad origine sedimentaria. L’ andamento stratigrafìco di cotali terreni sedimentarii offre argomento al capitolo quarto, e da quello studio 1’ autore con- chiude come esso sia molto semplice, riducendosi il complesso ad un elissoide di sollevamento diretto ;da Nord-Est a Sud-Ovest, al quale si addossano i terreni cristallini recenti, fot manti la più gran parte dell’ area del gruppo, con identiche direzioni ed incli- nazioni generali. Questa semplicità di andamento viene provata anche dagli intimi rapporti fra la stratigrafia e la orografia del gruppo, ed a questo riguardo l’ Autore unì una carta dimostrativa nella quale le depressioni sono distinte in tre categorie secondo P origine, per erosione cioè (secondo P inclinazione degli strati), per erosione d’ interstratificazione (secondo la direzione), per ero- sione mista (oblique). Nel capitolo quinto si passano, in rivista i terreni paleozoici, costituenti un terzo gruppo dopo i due so vr accennati, e se ne studiano le forme litologiche ; questi terreni formano a lembi una zona allineata in generale da N.E. a S.O., al limite della pianura corrispondente al gruppo del" Gran Paradiso. L’ età re- lativa delle diverse formazioni descritte viene discussa nel capi- tolo sesto, nel quale P Autore, per confronto con altri terreni d’ Europa e d’America, conferma doversi ritenere come lauren- ziani inferiori quelli della zona più antica, laurenziani superiori ed huroniani quelli della seconda ed infine come siluriani inferiori i meno antichi. Da questi antichissimi terreni dell’ èra paleozoica, si passa immediatamente a pochi lembi pliocenici ed ai depositi diluviali della pianura del Po tra la Dora Riparia e la Baltea ; e nel ca- pitolo settimo P Autore discorre delle vicende alle quali fu sog- getto questo tratto di valle dall’epoca miocenica in poi, e descrive i conoidi di deiezione, d’ epoca preglaciale, dei grossi torrenti che in essa sboccavano. Nel susseguente si tratta dell’andamento degli antichi ghiacciai del gruppo, e delle traccie dai medesimi la- sciate nella pianura e nelle valli alpine. Nell’ ultimo capitolo poi, — 229 — a guisa eli appendice, si passano in rivista i materiali litoidi utili del gruppo, avuto speciale riguardo ai minerali metalliferi fra i quali primeggiano la magnetite e la calcopirite ; in apposita carta topografica sono segnati in colori diversi i giacimenti di qqesti due minerali. L’ opera è corredata da 7 tavole, fra le quali la carta geo- logica del gruppo, una carta oro-idro-stratigrafìca con l’ indica- zione dei giacimenti metalliferi, ed altra rappresentante 1’ esten- sione dei ghiacciai antichi, tutte nella scala del 240,000 : nelle altre si contengono numerose sezioni condotte secondo direzioni diverse attraverso il gruppo. L’ Autore conchiude il suo lavoro esprimendo la fiducia di poterlo continuare per altre regioni alpine onde contribuire alla perfetta cognizione della catena delle Alpi : e questo è appunto quanto sarebbe a desiderarsi vivamente nell’ interesse della scienza e per il progresso della geologia italiana. L. Bellakdi. — I molluschi dei terreni ter ziarii del Piemonte e della Liguria , Parte 2a. — Torino, 1877. Il voto da noi espresso all’ epoca della pubblicazione della parte prima di questa stupenda monografia,1 venne ora esaudito dall’ egregio professor Bellardi con la continuazione dell’ opera. La parte seconda, formante un grosso volume in-4° di quasi un 400 pagine con 9 belle tavole, è dedicata per intiero al genere Fleurotoma elevato al grado di famiglia suddivisa in molti ge- neri, secondo le modificazioni introdottevi dal Chenu. Al copioso materiale studiato, allorché venne alla luce la prima parte, si aggiunsero ora ricche collezioni di fossili terziarii ; tra cui vanno citate quelle del generale Kossuth a Torino, del professor Cocconi a Bologna, del professor Coppi a Modena, del dottor Foresti a Bologna, del professor Seguenza a Messina, dell’ abate Brugnone e del marchese di Monterosato a Palermo, del Museo Civico di Milano, dei Musei geologici delle Università di Ferrara, di Pavia, 1 Vedi Boll. Com. Geol 1873, pag. 246. 230 — di Napoli, di Palermo, di Pisa, e del Museo di geologia e pa- leontologia di Firenze. Senza ripetere inutilmente le cose già dette in altra occasione sul merito eminente di questo lavoro del Bellardi, basterà a dare una idea dell’ importanza della pubblicazione il semplice somma- rio delle specie descritte, e cioè: 45 di Pleur otoma, 31 di Sur- mia, 6 di Genota, 2 di Gryptoconus, 73 di Drillia, 3 di Bela, 1 di Lachesis, 65 di Clavatula, 5 di Clinura, 13 di Pseudotoma, 3 di Bouaultia, 3 di Borsonia, 2 di Bolichotoma, 6 di Oligoto- ma, 7 di Aphanitoma, 24 di Clathurella, 23 di Homotoma, 2 di Daphnella, 14 di Mangelia , 38 di Baphitoma , 1 di Atonia. In tutto 367 specie, molte delle quali nuove disegnate nelle tavole insieme con altre che non erano state ancora fìguiate. In attesa di potere dare un Inventario generale malacologico dei terreni ter ziarii del Piemonte e della Liguria, 1 Autoie, assai opportunamente, dà sin d1 ora alla fine di ogni genere, o di ogni sezione pei generi ricchi di specie, alcuni cenni sui rapporti delle forme descritte coll’ età delle roccie in cui furono incontrate. NOTIZIE DIVERSE. R. Accademia dei Lincei. — Nella seduta del 6 maggio 1877 il socio A. Cossa lesse una nota sulla natura delle roccie che racchiudono i depositi di pirrotina nichelifera di Campello-Monti (Yarallo). Le roccie studiate sono quattro. La prima di esse non ha nessuna apparenza litoidea e sembra costituita quasi unicamente da piriti. Però P osservazione microscopica ed i saggi chimici hanno provato che essa è composta di enstatite, olivina e pico- tite. Quasi identica per composizione all’ enstatite della lherzo- lite di Locana, quella di Campello-Monti differisce solamente per una lucentezza metalloidea sulle facce di più facile sfalda- tura. È da notarsi che lo spinello, che trovasi in minuti fram- menti e qualche volta in piccoli cristalli in questa roccia, è cromifero, mentre lo spinello in grossi cristalli associati al fel- - 231 - dispato triclino nella miniera di pirrotina nichelifera di Mig- giandone (Ossola) non contiene tracce di ossido cromico. Anche la seconda roccia ha un’ apparenza ingannatrice ; ras- somiglia ad un anfibolie, ed invece è formata da un ammasso di granuli di olivina incolora inviluppati come in una maglia da solfuri metallici e da esilissime granulazioni di spinello ferrifero. La terza roccia è una vera diorite, formata esclusivamente da orniblenda e da oligoclasio. L’ orniblenda si distingue per il suo colore rossigno, per lo spiccato suo dicroismo, e per la chimica composizione analoga a quella dell’ orniblenda delle sie- niti e dioriti del Biellese. Il feldispato triclino manca di pellu- cidità; è in via di decomposizione e contiene piccole quantità d’ acqua. L’ ultima roccia è una mescolanza poco omogenea di olivina, enstatite, qualche lamina di diallagio e molta grafite. Quest’ul- timo minerale appartiene alla varietà meno combustibile di gra- fite, e si trova moltissima difficoltà ad abbruciarla, anche in una corrente di gaz ossigeno. A corredo delle sue osservazioni il Cossa, presentò all’ Acca- demia le sezioni sottili delle rocce suaccennate. Nella medesima seduta il prof. Capellini presentò una me- moria col titolo : Balenottere fossili e « Pachyacanthus » dell ’ Italia meridionale. L’autore illustra con essa i resti di misticeti fossili che si trovano nel Museo della R. Università di Napoli, provenienti da Briatico e Pizzo in Calabria, Gravina in Puglia e Galatone in Terra di Otranto. Nella balenottera di Gravina riconosce una nuova specie di Heterocetus che nomina Reter ocetus Guiscardii in onore del di- stinto geologo che gli permise di studiare quei resti fossili; gli altri avanzi sono riferiti a specie note fra i fossili del Belgio e della Toscana. Dopo i resti delle balenottere che si trovano nel Museo di Napoli, P autore rende conto degli studi che ha fatto sui resti di balenottore fossili del museo provinciale creato in Lecce dal cavaliere Botti e della privata collezione del signor dottor De Giorgi; aggiunge alcune notizie sui resti di misticeti trovati a Gravitelli presso Messina, dei quali ebbe comunicazione dal — 232 — prof. Seguenza e conchiude mostrando che dopo questi studi resta provato che in Italia come nel bacino di Vienna, in Crimea e in Bessarabia vi hanno resti di misticeti nel piano del calcare di Leitha, del Sarmatiano, negli strati a Congerie e in tutto il pliocene. Dopo avere parlato delle balenottere, presenta il modello della prima vertebra cervicale che riferisce ad uno strano animale, pel quale il prof. Brandt di Pietroburgo propose il nome di Fa - chyacantus. L’ autore trovò la vertebra stessa fra le ossa fossili avute in comunicazione dal museo della B. Università di Napoli, e così i resti del Fachyacanthus , che finora era stato trovato negli stiati sarmatiani di Hesnas e Wussdorf in Austria, appaiono per la prima volta anche in Italia a Galatone in Terra d Otranto. L’ autore fa la storia degli studi di Brandt e Van Beneden in- torno ai resti del Fachyacanthus dei musei di Vienna, e mostra che P animale, di cui non si conoscono ancora avanzi del cranio, non era un misticeto, come avea creduto il Brandt, ma forse non è neppure un sirenoide, come sospettò il Van Beneden. I confronti con gli atlanti dei generi Fontoporia, Inia e Platani- sta rivelano stretti rapporti fra il Fachyacanthus e i delfini so- pra riferiti che frequentano gli estuari del Gange, del Piata e del Pio delle Amazzoni. Le coste attribuite ai Fachyacanthus dei musei di Vienna, e che l1 autore ha potuto studiare egli pine nello scorso anno, hanno decisi caratteri di sirenoide; per cui se le vertebre e le coste spettano ad uno stesso animale, il Fa- chyacanthus dovrebbe avere avuto rapporti coi delfini e coi si- renoidi. Nella stessa seduta il socio Sella presentò una nota del dott. W. Branco avente per titolo : I vulcani degli Emiri nella Valle del Sacco. L’ autore descrive nell’ introduzione la configurazione gene- rale dei vulcani degli Ernici nella Valle del Sacco, e del terri- torio circostante, e mostra che quei vulcani sorgono nel calcare eocenico addossato al calcare cretaceo, e nel macigno eocenico. Nel cap. I T autore tratta particolarmente di questi terreni sedimentarti. Nel cap. II descrive successivamente i vulcani di Giuliano, di Pratica, della Selva dei Muli, di Tichiena, del Cai- - 233 — lame, di San Francesco, di San Marco, di Pofi e di Amara. Nel cap. Ili l’autore esamina l’età geologica dei vulcani suddetti e viene alla conclusione che non differisce da quella espressa dal Prof. Ponzi, cioè che i vulcani Ernici sono più recenti del terreno terziario superiore, ma anteriori al terreno alluvionale più antico. Lo studio macroscopico e microscopico dei prodotti vulcanici forma argomento del cap. IV, dal quale risulta che le lave dei vulcani Ernici sono essenzialmente leucitiche. Macroscopicamente vi appariscono numerosi i cristalli di Pi- rosseno verdi e neri, rara 1’ Olivina e la Leucite, più raro an- cora il Sanidino e sopratutto la Magnetite; la Mica manca quasi affatto. Microscopicamente 1’ autore trova che la pasta della lava è composta essenzialmente di Leucite e Pirosseno ; abbonda quindi la Magnetite; non è rara la Nefelite; il Plagioclasio in alcune lave (Pofì) è elemento essenziale della roccia; in altre invece pare non ve ne sia traccia. Un fatto interessante è la scoperta dovuta all’autore, di massi minerali erratici analoghi a quelli del Monte Somma e dei monti Albani. Lo studio poi degli ele- menti che costituiscono i tufi conduce P autore a discutere sulla loro origine. La memoria termina col cap. V intitolato: I Minerali, dal quale risulta che quelli che si osservano nelle druse delle lave sono il Pirosseno, la Nefelite, la Mica, il Sanidino, la Leucite, la Magnetite e P Olivina, Nei massi aggregati invece si trovano il Granato, la Titanite, l’Opale, l’Anfìbolo, la Mica, il Plagio- clasio, il Sanidino e la Tormalina. Una carta geologica, molto particolareggiata, e due sezioni, accompagnano la Memoria. Accademia delle Scienze di Parigi. — Nella seduta del giorno 4 giugno 1877 il signor Hautefeuille presentava una Nota sulla riproduzione dell’ albite, che si ottiene facilmente portando al rosso scuro una miscela d’ acido tungstico con un silico-allu- minato di soda molta alcalino. L’acido tungstico si unisce con una parte dell’ alcali, e se la silice e 1’ allumina sono fra di esse in proporzione di sei equivalenti per uno, il silico-alluminato di 16 soda che non viene più decomposto dall’acido, contiene esatta- mente la stessa quantità di soda dell’ albite naturale. Il prodotto di questa reazione ha una composizione costante ed è cristal- lizzato. Nella medesima seduta il signor Dieulafait espose i risultati delle sue ricerche sulla stronziana e sua diffusione in natura, al- P epoca attuale e nella serie dei tempi geologici. La stronziana esiste nelle acque del mare allo stato di carbonato e di solfato, e per 1’ evaporazione ,di esse si concentra nel primo precipitato (carbonato di calce) e specialmente nel secondo (solfato di calce). Tutti i calcari costituenti le parti minerali degli esseri marini contengono della stronziana, la quale si ritrova del pari nelle parti minerali non modificate degli esseri che vissero nei mari delle diverse epoche geologiche. Da ultimo, i gessi di tutti i terreni, che il signor Dieulafait considera come il prodotto della evaporazione delle acque del mare, contengono della stronziana uniformemente sparsa nella loro massa qualunque sia il numero degli strati componenti tali giacimenti. Società Geologica di Londra. — Nell’ adunanza annuale te- nutasi il giorno 16 febbraio 1877 il presidente di questa So- cietà presentava la medaglia d’oro di Wollaston al signor R. Mallet per le sue belle ricerche sui terremoti, i vulcani e le forze vul- caniche e per altri importanti lavori scientifici; la medaglia Murchison fu data al Rev. W. B. Clarke di Sidney (Australia) per diverse scoperte geologiche fatte negli ultimi cinquant’ anni nella Nuova Galles del Sud ; la medaglia Lyell e parte del fondo lasciato dallo stesso al signor J. Hector direttore dell’ Ufficio geo- logico della Nuova Zelanda; il rimanente del fondo Lyell al si- gnor Pengelly per la sua esplorazione della caverna di Kent. Nella stessa circostanza la medaglia fondata nello scorso anno dal dott. Bigsby (già valente cultore della geologia e della pa- leontologia nell’ America inglese) fu accordata al professor 0. C. Marsh del Yale College per i grandi servigi che esso ha resi alla paleontologia dei vertebrati, dei terreni paleozoici, cretacei e cenozoici dell’ America, servigi tanto numerosi ed importanti da fare epoca in tal genere di ricerche. PUBBLICAZIONI DEL R. COMITATO GEOLOGICO. (Continuazione.) I. Cocchi. — Brevi cenni sui principali Istituti e Co- mitati Geologici e sul E. Comitato Geologico d’Italia. — Firenze 1871 L. 1.50 Idem. — Carta Geologica della parte orientale del- F Isola d’ Elba, nella scala di 1 per 50,000. — Firenze 1871 * » 3. 00 F. Giordano. — Esame geologico della catena alpina del San Gottardo, che deve essere attraversata dalla grande galleria della ferrovia Italo-Elve- tica. — Firenze 1873 » 10. 00 Idem. — Carta Geologica del San Gottardo, nella scala di 1 per 50,000. — Firenze 1873 » 5.00 C. W. C. Fuchs. — Carta Geologica dell’Isola d’ Ischia, nella scala di 1 per 25,000. — Firenze 1873. ...» 3.00 G. Ponzi e Fr. Masi. — Catalogo ragionato dei prodotti minerali italiani ad uso edilizio e decorativo spediti dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio all’ Esposizione Internazionale di Yienna. — Roma 1873 » 2. 00 Idem. — Catalogo sommario dei prodotti minerali italiani ec. — Roma 1873 » 1. 00 P. Zezi. — Cenni intorno ai lavori per la Carta geo- logica d’Italia in grande scala. — Roma 1875 .» 1.50 G. Doelter. — Carta Geologica delle isole Ponza, Palmarola e Zannone, nella scala di 1 per 20,000. — Roma 1876 » 2. 00 Per le commissioni dirigersi al Segretario del R. Co- mitato Geologico, in Roma, Piazza San Pietro in Vincoli , N. 5. Annunzi di pubblicazioni. A. Issel. — Intorno ad un minerale manganesifero del senese. — (Rivi- sta scientifico-industriale, Novembre e Dicembre.) — Firenze 1876; pag. 8 in-8°. Fr. Bassani. — Pesci fossili nuovi del calcare eoceno di Monte Bolca. — (Atti delia Soc. Veneto-trentina di Se. Nat., voi. V, fase. 1°.) — Padova 1876; pag. 12 in-8° con una tavola. 0. Silvestri. — Sopra alcune paraffine ed altri carburi d’idrogeno che trovansi contenuti in una lava dell’ Etna. — Catania 1876 : pag. 30 in-4°. A. Issel. — Appunti paleontologici : 1° Fossili delle marne di Genova. Genova 1877; pag. 56 in-8°. A. Verri. — Alcune linee sulla Val di Chiana e luoghi adiacenti nella storia della terra. — Pavia 1877 ; pag. 100 in-8° con una tàvola e carta geologica. Ed. Reyer. — Dìe Euganeen. Bau und Geschichte eines Vulcanes. — Wien 1877 : pag. 96 in-8° con carta geologica. G. A. Pirona. — La provincia di Udine sotto P aspetto storico- naturale. — Udine 1877 ; pag. 64 in-8° grande. S. Cioealo. — Enumerazione dei principali fossili che si rinvengono nella serie delle rocce stratigrafiche dei dintorni di Termini Imerese. — Catania 1877 ; pag. 8 in-4°. C. J. Forsyth Major. -- Sul livello geologico del terreno in cui fu trovato il cosi detto Cranio dell’ Olmo. — Firenze 1877 ; pag. 12 in-8°. G. Struever. — Studi sui minerali del Lazio; Parte 2a. — Roma 1877; pag. 22 in-4° con 2 tavole. — Studi petrografìci sul Lazio. — Roma 1877 ; pag. 16 in-4°. G. Uzielli. — Sopra la titanite e P apatite della Lama dello Spedalac- cio. — Roma 1877 ; pag. 7 in-4°. B. Gastaldi. — Su alcuni fossili paleozoici delle Alpi Marittime e delPApennino Ligure studiati da G. Michelotti. — Roma 1877; pag. 18 in-4° con 4 tavole. T. Taramelli. — Alcune osservazioni sul Ferretto della Brianza. — Mi- lano 1877; pag. 38 in-8° con una carta geologica. G. Mercalli. — Osservazioni geologiche sul terreno glaciale dei din- torni di Como. — (Atti della Soc. Ital. di Scienze Naturali, voi. NIX, fase. 2° e 3°.) — Milano 1877; pag. 7 in-8.° G. Omboni. — Il mare glaciale e il pliocene ai piedi delle Alpi lom- barde.— (Atti idem.) — Milano 1873; pag. 13 in-8°. T. Taramelli. — Osservazioni stratigrafiche sulla provincia di Pavia. — r Milano 1877; pag. 20 in-8.° Pio Mantovani. — Intorno ad alcuni ammoniti dell’ Àpennino del- P Emilia. — Reggio d7 Emilia 1877 ; pag. 14 in-8°. D. Pantanelli. — Dei terreni terziari intorno a Siena. — Siena 1877 ; pag. 16 in-4° con carta geologica ed una tavola. M. Raretti. — Studii geologici sul Gruppo del Gran Paradiso. — Roma 1877 ; pag. 122 in-4° con sette tavole. L. Bellardi. — I molluschi dei terreni terziari del Piemonte e della Liguria; Parte 2a, Gasteropoda (Pleurotomidc e). — Torino 1877; pag. 364 in-4° con nove tavole. R. COMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA. Bollettino N° 7 e 8. Luglio e Agosto 1877. ROMA, TIPOGRAFIA BARBÈRA. 1877. PUBBLICAZIONI DEL R. COMITATO GEOLOGICO. - Bollettino. — Si pubblica regolarmente in fascicoli bime- strali di 5 o più fogli di stampa ciascuno, formanti un vo- lume annuo di 500 e più pagine, con tavole ed incisioni in- tercalate nel testo. Il prezzo deH’ abbuonamento annuo e di L. 8 per V interno e di L. 10 per l’estero Gli abbuonat ricevono1 gratuitamente la copertina ed il frontespizio del volume. — Ad annata compiuta i volumi annuali nlegati si vendono al prezzo di L. 10— I fascicoli separati si vendono al prezzo di L. 2 ciascuno. — Memorie per servire alla descrizione della Carta Geo- logica d’ Italia. — Pubblicazione di gran formato cone- data da tavole, Carte geologiche ed incisioni intercalate nel testo. Volume I ; Firenze 1871. — Introduzione — Studii geo- logici sulle Alpi Occidentali, di B. Gastaldi, con cinque tavole • ed una Carta geologica. - Cenni sui graniti Alpi Piemontesi e sui minerali delle valli G Stkuveb. — Sulla formazione terziaria nella zona solfitela, dèlia Sicilia, di S. Mottuba con quattro tavolo. zione geologica dell’ Isola d’ Elba, di I. Cocchi, con sette tavole ^ed una Carta geologica. — Malacologia P^ocenwa Ja- liana (Parte 1% Gasteropodi sifonostomi) di C D Ancona , fascicolo F, con sette tavole. — Prezzo Lire 35. Volume II, Parte V; Firenze 1873. Monografia geologica dell’ Isola d Isclna , di C- vV . . » con Carta geologica e incisioni nel testo. - Esame geologico della catena alpina del San Gottardo, che versata dalla grande Galleria della di F Giordano, con Carta geologica e due tavole di sezioni. — Appendice alla Memoria sulla formazione terzi aria '.nella zona solfifera della Sicilia, di S. Mottuba, con una tavola. Malacopia pliocenica italiana.CParte ^ J’- stomi), di C. D’ Ancona, fascicolo 2 , con otto tavole. Prezzo Lire 25. Volume II, Parte 2*; Firenze 1874. — Studii jNjoZqju» sulle Alpi Occidentali, di B. Gastaldi, Parte 2 , con due tavole. — Prezzo Lire 5. Volume III, Parte 1*; Roma 1876 — J? f nico delle Isole Ponza, monografia i gcntogicB di 0. Dohm», con tre tavole e una Carta geologica. - Geologia del Monte Pisano, di C. De Stefani, con una tavola. — Prezzo Lire . (Continua.) BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA. Al0 7 e 8. — luglio e Agosto 1877. SOMMARIO. Note geologiche. — I. Da Bari al Mare Ionio ; appunti geologici, per C De OiORG1.- IL Descrizione degli strati pliocenici dei dintorni di Siena, per C. De Stefani. (Continuazione e fine.) — III. I monti di Campigli nella Maremma Toscana, per G. vom Rath, versione dal tedesco con note del dott. B. Lotti. (Continuazione.) Note mineralogiche. — Molibdenite del Biellese, per A. Cossa. Notizie bibliografiche. - G. Curioni, Geologia applicata delle provinole lombarde; 2 volumi con una carta geologica; Milano, 1877. — A. D’Achiardi Miniere di mercurio in Toscana e considerazioni generali sulla aenes\ loro; Pisa, 1877. y Notizie diverse. — Il taglio del Quirinale. — Studii sui terreni terziari del Vicentino. Tavole ed incisioni. — Profilo schematico sulla sponda destra del fiume Lato in Basilicata, a pag. 245. — Sezione geologica da Castellaneta al Monte Carnplo, a pag. 246. —Sezioni geologiche nei monti di Campigli, a pag. 280 NOTE GEOLOGICHE. I. Da Bari al Mare Ionio ; appunti geologici per C. De Giorgi. Le formazioni geologiche, che costituiscono tutta la zona set- tentrionale della provincia di Bari, possono rilevarsi agevolmente percorrendo in ferrovia il tratto da Bari a Gioia, fino al confine del Leccese. Sono difatti tagliate trasversalmente, lungo una linea tortuosa, che raggiunge la base delle Murgie di S. Eramo e di Cassano. Il terreno compreso fra queste colline e il Mare Adria- tico sembra disposto a mo’di un piano inclinato, che a Nord si tuffa nelle onde adriache, ed a mezzogiorno è sollevato da - 240 - 350 o 370 metri sul livello marino. Gioia del Colle (355 m.) e Bari delle Puglie (2 m.) rappresenterebbero i due estremi di questo piano, che è ondulato e rialzato nel mezzo dalle basse colline di Ceglie del Campo, di Canneto e di Casamassima. Da Gioia invece comincia la linea anticlinale, che per San Basilio (264 m.) e Castellaneta (247 m.) discende verso lo Ionio, fino alla foce del fiume Lato nel golfo di Taranto. Incominciando da Bari, ho esaminato anzitutto le trincee e le pietraie della vallata del Picone presso la stazione ferroviaria, e ne ho rilevato la seguente sezione stratigrafica: 1° Terreno vegetale calcareo con pochissima argilla, ric- chissimo di ciottoli calcarei ellissoidi, di dimensioni variabili ; i più grossi o inferiori misurano da 16 a 19 centim. nei due dia- metri, i più piccoli e piu superficiali da 2 a 5 centim. Risulta dal disfacimento della roccia sottostante ed ha una spessezza variabile da 0"40 a 1 metro. 2° Puddinga di ciottoli di calcare compatto bianco di di- verse dimensioni, aggregati solidamente fra loro da un cemento calcareo con traccie di argilla e di sesquiossido di ferro. Questa- roccia, esposta all’ aria ed all’acqua, si disfà rapidamente, di- sgregandosi il cemento che lega i ciottoli siccome può osservarsi in alcune trincee presso la stazione. La potenza di questo banco oscilla da 0m70 ad lm50 : però si va assottigliando a norma che saliamo nella valle del Picone e verso il sud di Bari. 3° Uno stato di terra rossa o argilla ocracea molto fria- bile e calcarifera, simile a quella che ricopre i calcari compatti dell’ ostunese (V. Bollett. del P. Comitato geologico, Anno 1876, N. 7 e 8). La potenza di questo strato varia moltissimo, ma oscilla fra 1 metro e lm50. Questa terra rossa si insinua nelle crepature verticali della roccia sottostante, riproducendo i mede- simi fatti citati nella mia Nota suddetta. 4° Calcare compatto bianco a frattura concoide in strati di 0m60 a lm, intercalati da altri straterelli di pochi centimetri di spessezza, costituiti dalla stessa roccia e denominati volgar- mente chimiche o chiancarelle. La stratificazione generale è on- dulata, ma si mantiene orizzontale quasi dappertutto, o legger- mente inclinata con abbassamento verso sud. Gli strati si mostrano rotti e crepacciati in tutti i sensi, e sebbene impermeabili alle - 241 - acque, pure queste possono scorrere fra le crepature di essi e zampillare nei pozzi. E difficile calcolare la potenza di questo banco, perchè si affonda al di là dei 10 metri nelle pietraie aperte sulla sponda sinistra della valle surriferita. Tutte queste roccie Sono in generale poverissime di fossili. L’ analogia del 4° piano coi calcari compatti dell’ ostunese, con quelli della serra di Locorotondo e di Fasano osservati da me, e con quelli di Altamura, di Grumo, e di Modugno osservati dal Baretti, e dei quali sembra una continuazione, ce li fa riportare al periodo cretaceo superiore. Il 2° strato accenna evidentemente a un deposito fluvio-marino per trasporto, operato dalle acque discese verso il mare dalle alture di Ceglie del Canapo e di San Meandro. Il 3° strato rappresenterebbe invece una manifesta- zione secondaria dell’ attività vulcanico-perimetrica. Le formazioni plioceniche possono invece studiarsi uscendo da Bari tanto sulla via di S. Spirito che su quella di Bitonto, presso il molo nuovo, e lungo il tratto che intercorre fra le due stazioni ferroviarie di Bari e di Modugno. Sono costituite da un calcare tufaceo, granelloso, biancastro, in molti punti spatico, ric- chissimo di fossili fra i quali ho notato il Pecten opercularis, Lin. ; il P. Jacobaeus, Lin. ; le grandi valve del Cardium acuìea- tum, Lin., della Venus verrucosa, , Lin. e della Cytheraea elione, Lin. ; la Turritella communis Risso, ed \im Lucina sp. ; e molte im- pronte e modelli di ceritii, di ostriche, di pettuncoli e frammenti di dentalii e di briozoi. È facilmente permeabile alle acque, è di struttura tenera ; ha un peso specifico minore dei calcari com- patti, e viene adibito nella costruzione delle volte. Partendo da Bari sulla via di Modugno, il calcare compatto affiora alla superficie ed è tagliato in trincea dalla ferrovia : ma alla prima collina si incontrano i sabbioni tufacei suddescritti, disposti in quest’ ordine stratigrafico : 1° Terra coltivabile. 2° Sabbioni calcarei tufacei, pliocenici. 3° Calcare compatto concrezionato, sciolto e spaccato in tutti i sensi. 4° Calcare compatto bianco, ippuritico, stratificato. I sabbioni pliocenici N° 2, proseguono fino a mezza via di — 242 — Modugno, e quindi affiora il calcare compatto N° 4 presso il secondo ponte-viadotto della ferrovia. Il calcare cretaceo prosegue fin quasi a livello dell’ altipiano di Gioia, interrotto qua e la da isolette o bacini di sabbioni terziarii, i quali riescono utili alle industrie agricole ed all’ igiene pubblica, perchè colla loro po- rosità stabiliscono delle zone acquifere coi sottostanti calcari impermeabili. Se ne incontrano difatti nei pressi di Grumo-ap- pula uscendo dalla stazione della strada ferrata e dirigendosi verso Acquaviva delle fonti. Scompariscono alla base delle Murgie di Cassano addossati al calcare compatto, per riapparire nel ba- cino di Acquaviva delle fonti, così denominato per la ricchezza di acque sorgive. Quivi la zona acquifera oscilla fra 3 e 5 metri di profondità dalla superficie, e sotto i sabbioni permeabili cor- risponde un tenue banco di argilla che ne costituisce lo strato impermeabile, come a Castellaneta, a S. Pietro in Lama, a Pre- sicce, a Taviano, ed a Gallipoli nel Leccese. Tanto i sabbioni che le argille riposano sul calcare ippuritico che compone le Murgie al S.O. di Acquaviva, e che trovansi allineate da scirocco al maestrale secondo 1’ asse della grande catena apenninica. Il bacino acquifero di Acquaviva è il più importante di questa re- gione settentrionale del Barese, però è in rapporto colla irriga- zione pluviale. v ..... A Gioia del Colle tornano ad affiorare i sabbioni pliocenici, e su questi riposa la città a 355 metri sul livello del mare. La zona acquifera è meno estesa, e meno importante di quella di Acquaviva. Fu notato anche dal Fuchs nella sua escursione da Taranto a Bari, anzi osservò pure che quei sabbioni riposano direttamente sul calcare ippuritico, senza altra formazione in- termedia corrispondente all’ eocene ed al miocene. Discendendo verso la stazione di San Basilio e da questa a quella di Castellaneta, cominciano le formazioni secondarie ad affondarsi sotto le argille sabbiose e i sabbioni pliocenici, ridotti a lembi sottilissimi. Possono osservarsi discendendo nella gravina di Castellaneta, vasta ed enorme spaccatura che divide il territorio di questa città da quello di Mottola, che vien fiancheggiata dalla ferrovia e poi valicata sotto Castellaneta da un bellissimo ponte- viadotto in ferro, opera eccelsa e monumentale degna della mec- canica odierna. Nel territorio di Castellaneta le formazioni plioceniche sono sviluppatissime più che sull’ altro versante dell’ Adriatico. Ne ho parlato a lungo nelle mie Note geologiche (Lecce, tipografia Ga- ribaldi, 1876) a pag. 198 e seg., e ne ho disegnate pure un pro- filo stratigrafico. Esse sono costituite procedendo dall’alto in basso: 1° Calcare tufaceo giallastro a cladocore o biancastro a nullipore, conglomerati marini, breccie ec. 2° Argille sabbiose giallastre. 3° Argille turchine. 4° Calcare sabbioso a briozoi, contenente le valve della Terebratula ampulla. Tutte queste formazioni plioceniche riposano poi sul 5° Calcare compatto bianco, stratificato a rudiste. Vi ho rinvenuto difatti i gusci dell’ Hyppurites sulcatus Defr. e dell’ H. cornupastoris Desm. riferibili al piano turoniano della creta. Il pliocene possiamo seguirlo come ho fatto nei giorni scorsi (Giugno 1877) da Castellaneta fino al Mare Ionio. Dal piano di Castellaneta fino alla Contrada Vigninolo, al S.E. dell’abitato, là dove la ferrovia valica la gravina, si in- contrano dei sabbioni bianchi pliocenici e si rasenta la parte occidentale della gravina. Quivi nella Contrada la Cute fra le cave di tufo calcareo, adibito alla costruzione, rinvenni nell’ ot- tobre del 1875 una gora ossifera, costituita da una spaccatura verticale ripiena di terra vegetale. Vi si trovarono delle ossa in gran numero, e le specie predominanti furono le ossa dei so- lipedi e dei ruminanti (gen. equus e bos) poi quelle dei carnivori e dei rosicchianti. È molto analoga a quelle di Cardamone, di Vitigliano, di San Nicola, in provincia di Lecce, ricchissime di una importante fauna posterziaria, che attualmente si va stu- diando dal mio egregio amico il cav. Botti. Discendendo da Vigiliamolo nella contrada denominata Specchi , affiorano le sabbie gialle sovrapposte ai sabbioni : indi al qua- drivio della Contrada Bolmanello si incontrano le argille sabbiose che formano la copertura di quasi tutta la valle sottoposta fino al mare. Alla discesa delle Macine queste argille son ricoperte da sabbioni quaternarii sciolti, formati da un’arenaria calcarea con ciottoli la maggior parte silicei, trasportati dalle soprastanti colline, agglutinati da cemento calcareo. Non è agevole il defi- nire la provenienza di quei ciottoli di quarzo, di selce e di dia- spro, mentre nei colli di questo territorio non v’ è neppur traccia di roccie silicee, nè di questi minerali. Alla Costa S. Angelo le argille sabbiose sono ricche di fossili analoghi a quelli delle identiche formazioni di S. Pietro in Lama e per lo più di molluschi attualmente viventi. Appartengono agli strati superiori del pliocene recente di Seguenza. La loro stra- tificazione ai lati del burrone è orizzontale, e riposano sulle ar- gille turchine che formano il fondo della valle, smaltata da una splendida e lussureggiante vegetazione spontanea di felci e di gelsomini, di lentischi, di peri selvatici e di clematidi rampi- canti. Alla Fontana S. Angelo, dove trovasi un getto perenne di acqua, si ha la seguente stratificazione andando di basso in alto: 1° Argille turchine plastiche. 2° Argille sabbiose giallastre. 3® Puddinga di ciottoli silicei a strati alternati con altri di sabbie, e contenenti gusci di molluschi marini. I ciottoli el- lissoidi e i molluschi di mare accennano evidentemente a un de- posito fluvio-marino. Nelle argille sono frequentissimi i due generi Cardimi e Pe- ctunculus ; ma vi ho raccolto pure i fossili seguenti : Trochus patulus, Lin.; T. bullatus (?), Phil.; Turbo rugosus, Lin. ; Cardimi edule, Lin. ; Pedunculus glyeimeris, Lin. ; P msu- bricus, Brocchi ; Natica millepunctata, Lmk. ; N. Iosephina, Bisso , Mactra sp. ; Cytheraea chione, Lin. ; Dentalium entdlis, Lin. ; Pecten opercularis, Lin. ; P. inflexus, Poli; P. varius Lin. ; Ostrea cnstata, Bora. ; Nucula sulcata, Bronn ; Murex sp. Le acque zampillano nel mezzo della trincea fra le argille sabbiose e le turchine in condizioni analoghe a quelle della fop- tana di S. Pietro in Lama presso la villa Pepe, lungo la via per Lecce. Risalendo la sponda orientale della Lama S. Angelo, ci tro- veremo dinanzi ad un vasto altipiano di alluvione e si riscon- treranno quattro cordoni littorali (denominati volg. Givoni), dis- posti parallelamente fra loro alla distanza di 40 a 70 metri uno dall’ altro, e rialzati da 3 a 5 metri sul piano sottostante. Sono costituiti alla base dalle argille turchine, ricoperte da un sab- - 245 — bione quaternario che è un impasto di ciottoli e di sabbie sciolte o agglutinate da cemento calcareo, e contenenti le spoglie di molluschi di specie viventi, come può rilevarsi al burrone della fontana di S. Andrea. Quivi si è formata una piccola grotta per la erosione delle argille e per lo smottamento dei sabbioni soprastanti. Le acque di queste lame o burroni vengono ad ali- mentare il fiume Lato, che impaluda nel suo larghissimo alveo e solo presso il Mare Ionio assume V aspetto di fiume. In questo confluiscono pure tutte le gravine di Castellaneta, di Laterza, di Ginosa, del Monte Camplo, ma non gli recano un tributo di acque, eccettochè nella stagione piovosa. I gironi sono tutti allineati e corrono parallelamente dalla sponda occidentale del Lato a quella orientale del *Bradano. Dalla Masseria Perrone al Mare Ionio si costeggia il Lato, e si traversa il terreno alluvionale con ciottoli silicei. A 500 metri dal mare si incontrano le dune di sabbia, trattenute in sito dai pini e dai lentischi che formano il Bosco della marina; sono elevate da 5 a 12 metri sul mare. Il fiume Lato sbocca nello Ionio; ma la sua foce viene interrata dalle sabbie marine; di qui i ristagni e gli impaludamenti nell’ alveo del fiume, e il reflusso delle onde marine nelle alte maree e nelle burrasche. Nell’ annessa figura è tracciato un profilo geologico della valle del Lato ; in esso si potrà seguire V ordine delle stratificazioni suaccennate. Fig. 1. Profilo schematico sulla sponda destra del fiume Lato. o Arenile turchine plioceniche.— 4. Argille sabbiose plioceniche. — 5. Sabbioni quaternari. ó‘ e • 6. Terreno alluvionale. — 7. Terra vegetale. — 246 - .. Calcare compatto ippuritico. — 2. Calcare sabbioso a briozoi, terebratule, ec. — 3. Argille turchine. — 4. Argille sabbiose. Prima di chiudere questo argomento accennerò che nei giorni scorsi volli salire da Castellaneta al vertice del Monte Camplo (417 m. sul mare) ossia sulla collina più elevata di questa parte meridionale del Tarentino. Il nucleo di questa collina è formato dal calcare compatto a rudiste, identico per struttura litologica e per fossili a quello della gravina di Castellaneta, di Martina, di Fasano, di Ostuni, di Mottola, di Gioia. Si osserva nelle grandi spaccature o gra- vine che formano degli enormi fossati alla base del monte. Su questo banco, imponentissimo, riposano ora i calcari bianchi sabbiosi a nullipore appartenenti ad un pliocene recentissimo ; ora le argille sabbiose e turchine, come al Monte Rotondo e nelle contrade Nicodemo, Casamassiìna, Santa Caterina e San Martino ; aneli’ esse plioceniche ma inferiori ai precedenti. I sabbioni della contrada Maldarizzi, alla base del Monte Camplo, sono più duri dei surriferiti, son ricchi di briozoi e corrispondono al pliocene antico ritrovato al Mulino a vapore presso Castellaneta, a San Giorgio sotto Taranto, a Marittima presso P Adriatico, e del prof. Seguenza a Rometta ed a S. Filippo in Sicilia. Salendo verso il vertice del Monte S. Trinità, i calcari com- patti seguono ad essere stratificati, ma sono poverissimi di ip- puriti. Questo fatto è degno di nota e l’ho riscontrato in molte altre località della Provincia di Lecce, come ad Ugento, a Ca- sarano (Colle della Campana), a Specchia, al Monte di Ostuni ec. Queste colline, decisamente ippuritiche, sembrano come incap- pucciate da una serie di banchi calcarei compatti, stratificati, identici litologicamente ai sottostanti, ma poverissimi di fossili e ricoperti dalla terra rossa. Dall’ alto del Monte Camplo la vista si spazia in un magni- fico panorama, che abbraccia i territorii di tre provincie, e si estende dal recinto vulcanico del Vulture e dai colli verdeggianti della Peucezia fino all’ amenissimo golfo di Taranto. - 248 - IL Descrizione degli strati pliocenici dei dintorni di Siena di Carlo De Stefani. (Continuazione e fine. — Vedi num. o-6.) § 6. Rocce varie, superiori. Sopra gli strati anzidetti si trovano le sabbie gialle costi- tuenti il sottosuolo di Siena; nelle medesime alternano banchi di ghiaia, che si possono vedere anche in città, p. e. nei dintorni del Duomo ; vi sono poi di frequente, verso il settentrione, delle alternanze di marne bianche d’ acqua dolce, e lo mostra bene il taglio del Mortillet, avvertendo che a Nord del medesimo le alternanze sono anche più frequenti. I fossili delle sabbie gialle sovraincombenti agli strati della stazione, sono di poche specie, e non abbondanti. Si possono ci- tare i seguenti : * Ostrea lamellosa, L., Lt. L. — * Anomia ephippium, L., Lt. L. C. A. — Pecten flabelliformis, Eroe. — Cytherea Pedemontana. In queste medesime sabbie, non bene nella parte superiore della collina ove è Siena, è stata trovata la Palaena etnisca , Gap., nel fare uno scasso nel vicolo di Tone ; oggidì quel fos- sile si conserva nel Museo dei Fisiocritici. A questi strati rispon- dono, secondo me, quelli argillosi ricchi di fossili, con aspetto interamente diverso, che si trovano sulla sommità delle colline di Larniano, di Bulcianino, della Coroncina, di Malamerenda, di Monsindoli, di S. Lazzaro, di Colletinaio, di Ginestreto, e d’ al- tri luoghi a questi circostanti. Tutti i luoghi ora menzionati circondano Siena alla lontana, dalla parte di mezzogiorno, e formano come un cerchio che da presso il Chianti va verso la Montagnola. Si è già veduto, al Poggiarone, parecchi strati so- vrastare a quelli con Natica lineata e ad altri che abbiamo ri- conosciuti contemporanei a taluni degli strati meno recenti dei dintorni più immediati di Siena ; parimente gli strati che esa- mineremo e che occupano la sommità della collina di Larniano sono più alti d’ assai delle sabbie turchine con Natica lineata — 249 — del sottostante Bozzone, e delle sabbie gialle con Phos polygo- num del prossimo Fosso di Larniano. Così pure gli strati di Bulcianino simili a quelli della Coroncina, stanno sopra agli strati delle solite sabbie turchine a Natica lineata della Val di Pugna e del Kiluogo. Gli strati di Larniano, come vedremo, non si depositarono in un mare così profondo come quelli della Coroncina, e di alcuni luoghi prossimi, i quali dovettero essere sedimentati a qualche centinaio di metri di profondità nella zona schiettamente coralligena ed in parte in una zona anche più profonda. In addietro ritenevo questi strati, in specie quelli della Coroncina, coetanei almeno in parte alle sabbie turchine con N. lineata, quindi non appartenenti in alcun modo agli strati più antichi del pliocene; oggidì, non solo non si può dubitare che sieno più recenti di questi, perchè ciò è provato dalla stratigrafia ; ma si possono ritenere contempo- ranei a quelli delle sabbie gialle che ho accennato di sopra, de- ducendolo dalla posizione stratigrafìca, e dalla altezza nella quale e gli uni strati e gli altri stanno sopra alle zone più antiche equivalenti ; e da ciò, che se gli strati delle sabbie gialle della Barriera, di Porta Pispini, di Porta Romana, e di Porta S. Marco, sono, relativamente al livello del mare, alquanto più alti che le argille dei luoghi mentovati, però bisogna pensare alla diversità del fondo nel quale le une e gli altri si depositavano. In terreni che sono rimasti quasi orizzontali, per trovare sul litorale delle zone coetanee a strati che si depositarono ad una profondità di 100 o di 200 metri (nè fu minore quella degli strati della Co- roncina), conviene pur cercare rocce di 100 o 200 metri più alte. Ritorneremo a suo tempo intorno a tale questione; intanto ci occuperemo della enumerazione de’ fossili ne’ vari luoghi ac- cennati, chè ad ogni modo sopra di questi potranno fondarsi utili ed importanti osservazioni. A Larniano si trovano i fossili seguenti, non però in un banco solo, ma in due o tre, a poca distanza l’un dall’altro; formati, pare, in zone un poco diverse. * Anomia ephippium , L., Lt. L. C. A. — * Ostrea lamellosa, Broc., Lt. L. — Spondylus crassicosta, Lek. — Hinnites pusio , L. — H. crispus, Broc. — * Pecten varius, Lin., Lt. L. — * P. pusio , L., Lt. L. C. — P. flabelliformis, Broc. — Pinna Brocchii, D’Orb., (cfr. P. nobilis, Lin., Lt.). — * Modiola barbata, L., Lt. Nucula piacentina, Lek. — *Arca diluvii , Lek., L. C. — A. pedinata, Broc. — Pectunculus insubricus, Broc., (Lt. L.). — * Chama sinistrorsa , Broc., Lt. — *Cardium aculeatum, L., L. — * G. hians, Broc., C. C. fragile, Broc. — *Cytherea multilamella,\uQk ., C. A. — Venus islandicoides, Lek. — V. libellus , Rayn. — * Madra subtruncata, Da Cos., Lt. L. — * Lutraria elliptica , Lek., Lt. L. — Corbula JDeshayesii, Sism. — *Panopaea glycimeris, Bronn, Lt. — Clava- gella bacillum, Broc. — Dentalium elephantinum, L. - * D. incur- vimi, Ren., L. C. — Xenophora infundibulum , Broc. — * Crepidula unguiformis, Bast., L. C. — * Calyptraa chinensis, L., L. C. — * Vermetus arenarius, L., Lt. L. — V. intortus, Lek. *Tur- ritella vermicularis, Broc., var. JBrocchii, Bronn, C. — T. tor- nata, Broc. — T. subangulata, Broc. — * Fossarus costatus , Broc., L. C. — Solarium simplex, Bronn — * Natica Josephinia , Risso, Lt. L. — * N. millepunctata , Lek., Lt. L. C. — * Ringicula buccinea, Broc., L. C. — * Cancellala cancellata, Lin., C. — C. cal- carata, Broc. — C. Urta, Broc. — C. varicosa, Broc. — C. urnbi- licaris, Broc., (0. scabra auct.). — Cerithium crenatum, Broc. — * C. scabrum, 01., Lt. L. C. — Strombus coronatus, Defr. — * Che- nopus pespelecani, L., L. C. A. — Ficula intermedia, Sism. Fasciolaria fimbriata, Broc. — * Fusus corneus, L., Lt. L. ì. rostratus, 01., L. C . —F.mitraeformis, Broc. — Murex turritus , Bors. — M. truncatulus, For. — M. torularius, Lek. (L. C.) — M. brevispina, Bon. — M. brevicanthos , Mieli. — * M. cristatus, Broc., L. C. — M. imbricatus, Broc. — *M. JBrocchii , Montr., L. C. — Triton distortum, Broc. — Ranella marginata, Brong. — Tere- bra acuminata, Bors. — T. JBasteroti, Nyst — * Nassa mutabilis, L. Lt. — N. conglobata, Broc. — * N. limata, Chemn., L. C. A. N. clathrata , L. — *'N. semistriata, Broc., C. A. — N. serrata, Broc# — Fleurotoma romana, Defr. — P. interrupta, Broc. — P. intermedia, Bronn — P. dimidiata, Broc. — P. turricola, Broc. — P. cataphrada , Broc. — P. JBonnannii, Bell. — P. obtusangula, groc> — Raphitoma sulcatula, Bonn. — R. inflata, Jan — * Cassis saburon, Brug., L. C. — Columbella semicaudata, Bronn — Mitra turricula, Jan.1 1 Dalla Nota delle conchiglie di Larniano, pubblicata dal Pantanelli (loc. cit., pag. 230), si debbono togliere Cancellarla Brocchii, Mesodesma trìgona , le — 251 — A S. Lazzaro si raccolgono: *Leda commutata , Phil., L. C. — * Corbula gibba, 01., L. C. A. — Dentalium élephantinum , L. — -*2). incurvum, Ren., L. C. — Solarium simplex, Bronn — Natica helicina, Broc. — * N. mille- punctata, Lek., Lt. L. C. — Scalaria scaberrima , Mich. — Rin- gicula buccinea, Broc. — * Nassa semistriata, Broc., C. A. — N. serrata, Broc. — Pleurotoma dimidiata , Broc. — Columbella Rellardii, Seg., (cfr. C. minor, Scac., L. C.). A Colletinaio sono le seguenti specie: Pecten cristatus, Bronn — Nucula Piacentina, Lch. — *Leda commutata, Phil., L. C. — *Limopsis anomala, Eich., C. — * Lucina borealis, L., L. C. — Candita nudista, Lek. — * Cytherea rudis, Poli, L. C. — * Syndosmia alba, Wood, Lt. L. — * Corbula gibba, 01., L. C. A. — Dentalium elepìiantinum, Lek. — *D.gadus, Montg. — Turritella subangulata, Broc., var. acutangula, Broc. — * Solarium moniliferum, Bronn., C. — Natica helicina, Broc. — Scalaria Pec - chioliana, Issel. — * Mathilda quadr icarinata, Broc., C. — * Rin- gicula buccinea, Broc., L. C. — Cancellarla Ronelli, Bell. — O. lyrata, Broc. — Conus antediluvianus, Brug. — Fusus lamel- losus, Bors. — * F. rostratus, 01., L. C. — Typhis phistulosus, Broc. — Murex Constantiae, D’Anc. — Triton apenninicum, Sassi. — Ranella marginata, Brong. — Nassa angolata, Broc. — N. rhingens, Bell. — N. serraticosta, Bronn — * N. serrata, Broc. — N. semi- striata, Broc., C. A. — Pleurotoma Allionii, Bell. — P. dimi- diata, Broc. — P. turricula, Broc. — - P. ottusangola, Broc. — - *Raphitoma clathrata, Sem., Lt. C. C. — R. harpida, Broc. — * R. sigmoidea, Bell. — *P. hispidula, Jan, C. — Columbella subu- lata, Broc. Ecco ora le conchiglie di Monsindoli : * Ostrea cochlear, Poli, L. C. A. — * Pecten maximus, L., L. — Nucula Piacentina, Lek. — * Limopsis aurita, Broc., A. — * Arca diluvii, Lek., L. C. — Candita nudista, Lek. — * Cytherea molti- lamella, Lch., C. A. — * Chama sinistrorsa, Broc., Lt. — Denta- lium élephantinum, L. — D. gadus, Mont. — Turbo fimbriatus, quali sono proprie di altra zona più antica, Euthria adunca, Gastrochaena intermedia, Cytherea sulcataria, Arca peregrina, Modiolaria subclavata, M. Petagnae, ed alcune altre specie le quali pure non sono state ancora trovate a Larniano, ed in parte sono speciali ad altre zone. - 252 — Broc. — Xenophora infundibulum, Broc. — Vermetus intortus, Lek. — Turritella acutangola, Broc, — Solarium millegr animi, Lek. — * S. monili ferum , Bronn, C. — Natica Jielicina, Broc. * X. mil- lepunctata, Lek., Lt. L. C. — Scalaria torulosa, Broc. - S. sca- berrima, Mich. — S. foliacea , Sow. — /Lathilda guadr icarinata, Broc., C. — Ringicula buccinea, Broc., L. C. — * Cancellarla mi- traeformis, Broc., C. A. — C. lyrata, Broc. — — C. calcarata, Broc. C. Bonellii, Bell. — C. serrata, Bronn — * Cerithium vulgatum, Brug., Lt. L. C. — * Chenopus pespelecani, Lin., L. C. A. — Conus antediluvianus, Brug. — Fasciolaria Coppiana, D’ Anc. — * Fusus rostratus, 01., L. C. — F. longiroster, Broc. Typìiis horridus, Broc. — T. fistulosus, Broc. — Murex torularius, Lek. (L. C.). — M. brevispina, Bon. — M. Swainsoni, Mich. — M. Constantiae, D’Anc. — * M. bracteatus, Broc., C. — Ranella marginata, Brong. — Tritoli apenninicum, Sassi. — T. Doderleini, D’Anc. T. af- fine, Desìi. — Terebra Basteroti, Nyst — Nassa conglobata, Broc. — N. italica, May. (N. costulata, Broc., non Ben.). — *N. semi- striata, Broc., C. A. — N. serrata, Broc. — N. rhingens, Bell. — N. serraticosta, Bronn — Pleurotoma Allionii, Bell. — P. ca- taphracta, Broc. — P. dimidiata, Broc. — P. rotata, Broc. P. turricula, Broc. — P. Bonnannii, Bell. — P. obtusangula, Broc. Raphitoma harpula, Broc. — * R. hispidula, Ian., C. R. sigmoi- dea, Bronn — *Cessidaria echinophora, Lin, L. C. A. — * Cassis saburon, Brug., L. C. — Columbella subulata, Broc. — C. thiara, Broc. — Mitra cupressina, Broc. — M. pyramidella, Broc. — M. Bronni, Bell. - — M. scrobiculata, Broc. Alla Coroncina si trovano le seguenti specie che mostrano d’ essere vissute a profondità maggiore di quelle altre del Se- nese, di cui abbiamo fatto menzione fin qui. * Ostrea cochlear, Poli, L. C. A. — Becten cristatus, Bronn — * P. opercularis, L., L. C. — Limea strigilata, Broc. — * Leda com- mutata, Phil., L. C. — Yoldia nitida, Broc. — Nucula Piacentina, Lek. — * Limopsis aurita, Broc., A. — * L. anomala, Eich., C. — Arca dichotoma, Hoernes. — *M. diluvii, Lek., L. C. — Cardita nudista, Lek. — * Cytherea multilamella, Lek., C. A. — * Chama si- nistrorsa, Broc., Lt. — * Venus ovata, Penn., L. C. A. — * Corbula gibba, 01., L. C. A . — Dentalium elepJiantinum, L. — B. gadus, Montf. — *Z). tetragonum, Broc., C. A. — * Trochus miliaris, Broc., — 253 — C. Turbo fimbriatus, Broc. — Xenophora testigera , Bronn Turritélla, subangulata, Broc., var. acutangula, Broc. — * Solarium moniliferum, Bronn, C. — S. millegranum, Lek. — S. pseudoper- spectivum, Broc. — S. Emiliae, Semper. — Natica hélicina, Broc. — *N. millepunctata, Lek., Lt. L. C. — Scalaria scaberrima, Mich. — S. foliacea, Sow. — *S. geniculata, Broc., A. — S. cor- rugata, Broc. ( S . lanceolata, De St., non Broc — Pyramidella obtusata, Semper. — *Mathilda quadricarinata, Broc., C. * Eu- lima subulata, Don., L. C . — *E. polita, L., L. C. — * Eulimella Scillae, Scac., C. A. — Turbonilla Lanceae, Lib. — T. terebrae- formis, Meneghini, sp. n. — Bingicula buccinea, Broc., L. C. — Bulla Silvèstrii, nobis, sp. n. — Cancellarla calcarata, Broc. — C. lyrata, Broc. — *C. mitraeformis, Broc., C. A. — C. Bonellii, Bell. C. serrata, Bronn — C. similis, Aradas ( C . urcianensis, D’Anc.) — Triphoris Bartalinii, nobis, sp. n. — * Cerithiopsis tuber- culare, Mtg., Lt. L. C. — Conus antediluvianus, Brug. — Metula mitraeformis, Broc. — Fusus longiroster, Broc. — * F. rostratus, 01., L- C-—Typhis horridus, Broc . — T. fistulosus, Broc. — Murex Constantiae, D’Anc. — *31. bracteatus, Broc., C. — M. brevi-spina, Bon. (M. spinicosta, Bronn, non Valenc.). — M. Swainsoni, Mich.’ — 31. torularius, Lek., (L. C.). — Triton Grasi, Bell. — T. apen- mnicum, Sassi. — T. affine, Desh .—Banella marginata, Brong. — * Nassa semistriata, Broc. — N. italica, Mayer — N. serrata, Broc. N. serraticosta, Bronn — N. turbinellum, Broc. — N. rhngens, Bell. — Pleurotoma Allionii, Bell. — P. dim, idiota, Broc. P. cataphracta, Broc. — P. turrìcula, Broc. — P. rotata, Broc. — P. obtusangula, Broc. — P. Coquandi, Bell. — P. crispata, Ian — P. Monterosatoi, nobis, sp. n. (P. anceps, For. non Eich.). — P. Bellardiana, Cocconi. — Clatìmrella scalaria, Ian — Baphitoma sigmoidea, Bronn — * B. hispidula, Ian, C. — Cassidaria echino- phora, L., L. C. A. — Cassis saburon, Brug., L. C. — Colombella subulata, Broc. — C. thiara, Broc. — C. corrugata, Bon. — 3Iitra scrobiculata, Broc. — 31. pyramidella, Broc. - 31. cupressina, Broc. — Marginella Bellardiana, Semper — * Erato laevis, Don L. C.1 1 Nella nota di 91 specie di Monsindoli, Coroncina, Malamerenda, Colleti- naio e Prato o S. Lazzaro che altrove pubblicai (Ioc. cit., pag. 139) invece di ama gryphoides, Scalaria lanceolata, Cerithium perversum , Pleurotoma 18 — 254 — Le specie le quali vissero nelle profondità maggiori, in que- sta piccola parte de’ terreni pliocenici senesi dei quali parlo si trovano in questo piano geologico, nei colli * Malamen i da. quali separano alla loro foce l’Arbia e la Tressa, allo ste piano della Coroncina che è a poca distanza e quasi alla me- desima elevazione relativa. Poco prima della cima di Malame- renda venendo dalla Coroncina si trovano : • ò*» ~W~-, Poli, L. C. A.-»*.», »ob», * „ _ P. Angelonii, Mgh. sp. n. - P similis, Laskey. - tornea , strigilata , Eroe. - Leda concava, Bromi - Yoldia Beli - Nello leseli, Bell . - Nucinella ovahs, Wood - Nucula Piacentina, Lek. - Pectunculus insubricus, _ Broc. (L. O.). *Limopsis aurita, Broc., A . - * Arca diluvn, Lek. L. 0. Pecchiolià argentea, Mar . — *Cytherea nmltilamella Lek., L. - • -Ldosmia prismatica, Mtg., L. C. A. Dentalium elephan- timmh - * D. tetragona, Broc., C. A. - D. Broc. _Wr6o fmbriatus, Broc .-TurriteUa subangulata, Broc vai. acutangula, Broc. - Scalaria aniama, Phil. aduncus, Bronn — Cleodora py ramidata,- L. — Hy altea tnsp™°™’ { 'g®' Tornando alle sabbie dei dintorni piu immediati di Sie , ad un livello più alto degli strati della Stazione sulla sommità dei potetti di Opini e del Castagno presso Monte Arioso, si tÒvano delle marne d’ acqua dolce, e delle argille biancastre litorali d’ acqua alquanto salmastra. Un poco piu a settentrione di Opini tali strati s’incontrano lungo la strada che a destra ed a sinistra, in quattro o cinque ripiani, per 1 altezza molti metri. Yi si possono .accoglie, le seguenti specie * Ostrea edulis, L„ Lt. L. - * Cardimi edule, L„ Lt. - V«m islandicoides, Lek. Troéhus Seguenti, nobis sp. m - T^m 7««9 nobis sp. n. — Turritélla varicosa, Broc. — CentMum et liolùm, Bròc. (Lt.). - G. tricinctum, Broc. - Come ugar ini, Ringicula buccinea Broc. . citate nelle argille turchine — 255 — Broc. — Nassa bufo, Dod. — N. Basteroti, Mich. — Columbella trinodis, Mgh., sp. n. Nel mezzo sono delle marne con Melania striata, Broc., e Neochilus procerus, May., ed anzi gli strati terminano con queste marne a N. procerus. Gli strati del Castagno non li ho da me esaminati; ma da alcuni fossili raccolti dal prof. Pantanelli, e dalla posizione loro, può dirsi che sieno coetanei a questi di Opini. Rispondono a questi terreni, e probabilmente in parte sono anche più recenti, le sabbie con Ostrea pusilla, Broc., Bala- msstellaris, Broc., dei poggi più alti di Monte Albuccio e d’ai- tri luoghi verso la Montagnola. Fra gli strati fossiliferi più recenti dei dintorni di Siena, si possono considerare quelli che coronano la cima di Monte Al- buccio, uno de’ poggi pliocenici più alti, verso la Montagnola, sopra le sabbie con Ostrea pusilla, Broc. Vi si può vedere alla sommità la seguente serie di strati cominciando dal basso verso l’alto. I. Sabbie anzidette. IL Due straterelli argillosi bianchi, d’acqua dolce, alti 5 o 6 centimetri con ben conservate Melanopsis flammulata, De St. III. Straterelli argillosi, bianchi, salmastri, alti da 1 a 3 decimetri con * Cardium edule, L., Lt. ; Cerithium doliolum, Broc. (Lt.); C. tricinctum, Broc.; Potamides etruscum, May. IV. Circa 10 metri di sabbie e ghiaie marine, con grandi individui di Ostrea pusilla, Broc. V. Argille bianche, alte un metro, alquanto salmastre, con Melanopsis flammidata, De St.; Neritina Sena, Cantr., var. data De St. ; Neochilus procerus, May. VI. Marne argillose bianche, alte da 1 a 2 metri, d’acqua più salmastra, con Lucina Savii, De St. (Lt.); *Cardium edule, L., Lt. ; Cerithium doliolum, Broc., (Lt.) ; Potamides etruscum, May.; Nassa bufo, Dod. VII. Nuove sabbie di poca altezza con Ostrea pusilla, Broc., colle quali si termina il poggio ; in cima a questo, presso il pae- sello e la chiesa, gli strati sono disposti a curva, a modo di anticlinale, ma nel rimanente sono quasi orizzontali, o pochis- simo inclinati da S.E. verso N. 0. § 7. Disposizione degli strati . Gli strati che abbiamo esaminato, si trovano oggigiorno rin- chiusi e confinati dalla parte di settentrione, dai monti del Chianti e da quelli della Montagnola Senese. I primi separano la parte mediana della valle d’Arno dalle vallate dell Elsa e dell’ Arbia, e sono costituiti da rocce della creta media e per la massima parte della creta superiore, alla quale, presso Gaio e alla Pieve Asciata, ed in qualche altro luogo, si sovrappone il Macigno dell’ eocene medio. A ridosso di que’ monti, poi, nel- 1’ estremità più settentrionale del golfo menzionato, si trovano delle marne e delle ligniti del miocene superiore, alquanto sol- levate e spostate. La Montagnola, più bassa del Chianti, separa le valli dell’ Arbia e della Staggia da quella dell’Elsa; la roccia più antica di essa è triassica, e le succedono i calcari infralias- sici ai quali nella parte occidentale si sovrappongono 1 mai mi dei’ due piani liassici inferiori, indi direttamente le serpentine e gli alberesi della creta superiore, alcuni lembi dei quali si tro- vano a mala pena a settentrione di Siena, nel lato orientale de^ monte, presso Lornano e Rendile. Succedono poi senz altro, ad ambedue i lati, terreni pliocenici. A settentrione di Siena ap- punto le rocce della Montagnola e quelle del Chianti, s’ avvici- nano molto e giungono quasi a toccarsi. Mentre si formavano i sedimenti che abbiamo esaminati, il Chianti e la Montagnola do- vevano, come oggi, limitare il golfo senese; se non che. mentre i documenti geologici attestano che il Chianti era emerso m parte, la Montagnola e le pendici del Chianti fino all altezza della Montagnola medesima, erano sommerse, od a mala pena sporgenti. Infatti esclusivamente dal Chianti deriva la gran e quantità di ghiaie che si trova nei sedimenti pliocenici dai Poo-gi di Mosciano a Rapolano, e queste ghiaie giungono fino a ricoprire direttamente le antiche rocce dei colli di S. Gemignano e della Montagnola, mentre da queste ultime rocce, se derivarono qualche volta dei massi irregolari, spinti fino a poca distanza dalla loro origine; non si formarono però cumuli di ghiaie, se non a volte di ciottoli o piuttosto di frantumi limitati. Si po- trebbe dedurre adunque che v’ erano delle acque le quali tra- — 257 — scinavano dal Chianti nel mare, ghiaie e materie terrestri, men- tre queste correnti d’acqua mancavano nella Montagnola, e ne poggi antichi posti a ponente del Chianti. Su questi poggi infatti, e ciò si vede ad esempio ben chiaramente al Cornocchio, i terreni pliocenici marini arrivano tuttora quasi fino alle cime. Come per le ghiaie, lo stesso è pei resti de’ vegetali e degli ani- mali terrestri, i quali soltanto si ritrovano a ridosso del Chianti ; e se qualcuno dubitasse che le ghiaie fossero state formate dal mare, e non anche portate da torrenti o fiumiciattoli, potrebbe trovare in quelli una prova della emersione reale di una parte almeno della piccola giogaia nominata. Comunque si fosse, i due poggi predetti del Chianti e della Mon- tagnola, confinavano con precisione una conca d’acqua, la quale era poco profonda, essendo che aneli’ oggi nel fondo alle valli, sotto ai sedimenti marini relativamente recenti e non molto alti, si trova immediatamente il sottosuolo od infraliassico o cretaceo. Poco o punto che emergesse la Montagnola, era facile che nel golfo ben parato e tranquillo, per la sovrabbondanza delle acque dolci piovenienti dal Chianti, la salsedine a volte diventasse piccola, e le acque salmastre dessero ricetto ai molluschi e ad altri animali speciali, non decisamente marini. Chi volesse aggiungere delle ipotesi, e partire da supposizioni che vengono fatte da certi geo- logi, potrebbe dubitare che ragioni della presenza di quelle acque salmastre fossero, la più abbondante ed improvvisa precipitazione del vapore acqueo, la qual cosa spiegherebbe la quantità delle ghiaie provenienti dai poggi che formavano le isole durante il pliocene, come pure la minore attività della evaporazione, impe- dita da cielo nuvoloso, e dalla abbondanza del vapore suddetto. Queste ipotesi potrebbero avere qualche base, per una parte sulla maggiore estensione de’ mari d’ allora, e per l’altra sulla confor- mazione dell’arcipelago, che in que’ tempi rappresentava l’Italia. Ma pur senza ricorrere a ciò, si può ritenere che fossero cagione del minor grado di salsedine di quelle acque, le lagune facil- mente formate a ridosso delle lievi pendici del Chianti, e riem- pite dalle acque provenienti da questo. Il Capellini ed altri, attribuiscono l’ alternare delle varie faune, e del vario grado di salsedine delle acque, alle oscilla- zioni del suolo, talché a suolo emerso sopra il livello del mare, - 258 - si depositavano secondo loro strati d’acqua dolce, a suolo som- merso si formavano strati marini; ma nel caso presente questa supposizione mi sembra inammissibile, ed a proposito della me- desima ripeterò ciò che dissi altrove;' che cioè, per ritenerla vera « converrebbe ammettere che gli abbassamenti avesseio avuto luogo ad ogni volta, in una misura eguale non solo al sol- levamento precedente, ma per di più allo strato palustre sedi- mentato dopo di esso, e bisognerebbe concludere alla prevalenza incessante nelle alternative, e finale, di un abbassamento; fatto non corrispondente alla realtà. » Del resto, a rigore, non si può parlare della presenza di acque dolci, se non forse a pioposi o di alcuni straterelli dei più superficiali di Monte Albuccio nei quali si trovano sole delle Melanopsis. Tutte le altre specie, che si potrebbero ritenere proprie di acque dolci, sono invece carat- teristiche di acque salmastre. Non parlo dei Potamdes, del Car- dium edule e di qualche altra specie consimile sulla quale non può cadere dubbio: ma p. e. i Neoehilus (Bythima auctorum) cenere affine alle viventi Peringiae (Paladliille), col labbro des io alquanto curvato a cucchiaio, e tendente nella parte inferiore a formare un canaletto, colla conchiglia solida, mostrano di essere come le Peringiae, proprie d’ acqua salmastra. Cosi le Neritinae del Senese, aventi il labbro columellare denticolato e rugoso, appartengono al sottogenere GaiUardotia (Bourguigna ), speciale alle acque salmastre e marine. Così è delle Brmsenae e così deve essere delle Melaniae, ed almeno il piu delle volte delle stesse Melanopsis, le quali si trovano non solo con i eoe uus e con Gaillardotiae, ma ben anco insieme a Potamides ed a Le- rithium, ed a Mactrae, per cui esse pure dovevano abitare acque salmastre. . . Per le ragioni accennate adunque, possiamo riconoscere nel Senese, durante la sedimentazione dei terreni descritti, a - ternavano nel golfo, verso- terra, acque più o meno salmastre. Al largo però, dove il golfo si faceva più ampio, e cessava, la- sciando libero l’alto mare, contemporaneamente si formavano sedimenti prettamente marini. Quanto più si va verso il litorale, tanto più la serie delle formazioni salmastre aumenta, e si può 1 Molluschi cont., pag. 132. — 259 — tirare quasi una linea decisa che traversi Siena, da Porta Pispini a Porta Fontebranda, e che dal Chianti vada alla Montagnola, a mezzogiorno della quale non si trova alcuno strato d’acqua salmastra. A settentrione di questa linea, verso terra, comin- ciano a poco per volta quelli strati salmastri; ma prima si tro- vano isolati e quasi spezzati, come già varie volte ho notato, a guisa di lenti rinchiuse fra strati marini: eran quelli i confini fra il quieto seno di mare e le acque decisamente salse. Di poi, gli strati salmastri continuano senza disturbo, non altrettanto inquietati dal successivo imperversare del mare. Parimente si aumenta sempre più la quantità delle ghiaie. Quegli strati, del resto, sono rimasti nella posizione medesima nella quale furono sedimentati. Nelle valli più profonde, senza distinzione, si trovano anche i terreni più profondi, e se qual- che volta questi appariscono a giorno in altri luoghi, quasi d-’ improvviso, questo si deve o ad irregolarità nei fenomeni della denudazione avvenuta posteriormente al loro formarsi, ovvero a falde ( failles ) che li rialzano e li manifestano d’un tratto. Que- ste falde però sono affatto limitate, e poco estese, nè interrom- pono la continuità degli strati se non per P altezza di pochi metri : e senza ricercare alle medesime delle cagioni troppo ge- nerali, delle quali sarebbero conseguenze non adeguate, può dirsi che spinte parziali a loro sieno stati e sieno tutti quei cambiamenti di equilibrio, che per gran numero di cause pos- sono avvenire, anco per estensioni limitate, in alcuno degli strati sottostanti. Conviene distinguere poi, sebbene nella realtà la di- stinzione non sia sempre ben facile, quelle falde formate lungo le valli, le quali sono più che altro frane e scivolamenti super- ficiali di alcuni strati, cui è mancato inferiormente il sostegno. Qualche volta, come in Tressa, gli strati si inclinano in un modo o nell’altro di contro alle falde interne, e la inclinazione segue per tratti più o meno grandi; ma poi ritorna una incli- nazione contraria, talché si può dire che nelle inclinazioni una regola non esiste. Per esempio tanto in Tressa che nel Riluogo, nella porzione inferiore della valle, sempre però sotto Siena, gli strati hanno una leggiera pendenza verso monte ; più su invece pendono alquanto a valle. Una certa pendenza maggiore parrebbe poi che fosse nella direzione del Chianti, ma — 260 - è a ritenersi derivi dall’avere questa piccola giogaia formato in que’ tempi il litorale donde scendevano le ghiaie, e la massima parte delle altre materie che si accumulavano nel mare. Si può ritenere, in conclusione, che gli strati litorali sono rimasti sog- getti unicamente all’ innalzamento regionale che li ha fatti emer- gere, e li ha portati in alto più che 350 metri, insieme coi poo-gi circostanti, e particolarmente con quelli più antichi, 1 quali prima dell’epoca cretacea, avevano formato il nucleo delle così dette Alpi metallifere, e che poi, pella massima parte, come la Montagnola, hanno sofferto in maniera completamente inerte ed indifferente i sollevamenti successivi. Secondo ciò che avea ritenuto il Savi 1 la linea da Siena a Volterra avrebbe segnato il culmine di un sollevamento formatosi ne’ terreni pliocenici, quasi perpendicolarmente all’ Apenmno, per effetto del quale gli strati penderebbero da una parte di quella linea verso settentrione e dall’altra verso mezzogiorno.’ Ma nella realtà le cose sembrano avere un aspetto diverso. Per ispiegare la idrografia della Toscana 'com’ è al giorno d’oggi, non basta l’osservazione de’ sollevamenti, comunque- essi s-eno, avvenuti ne’ terreni pliocenici; ma occorre indispensabilmente por mente ai sollevamenti ed alle montuosità che esistevano già prima, e che formavano nel mare pliocenico delle isole o degli scogli. < P. Savi, Dei movimenti avvenuti dopo la deposizione del terreno plioce- nico nel suolo della Toscana. ( Nuovo Cimento 1863). IDescrizi„ne s In uno scritto recente, come tutti gli altri accurato, del Loti (De»m.K>«e dintorni di Rocca Strada. - Boll. R. Com. geol., 1877 pag. 114) a propo- sito del non antico sollevamento delle alture di Rocca Stia a, ne » può ritenersi tale sollevamento collegato a quel movimento generale postpho- cenico intraveduto dal Savi ed ormai constatato dalla p arai, ta dei genio i, d cui oo-ni giorno scopronsi nuove tracce in tutta la Catena meta llifeta- s ì Pe. attribuirei ciascuno il suo, è giusto dire che il Savi, il Cocchi V Acb, ardici Suess, e la pluralità, anzi la totalità dei geologi, supposero ne Militerà non già un sollevamento ma uno sprofondamento, almeno da un de lati, po p ocenico o poco più antico. Ora sono i fatti posti in luce anche da me Spio del Moni Pisano. Roma, tip. Barbèra, 1877), « di cui ogni giorno scuo- (p!o„s nuove tracce nella Catena,, annetta, e fra gli altri gli studi! important del Lotti i quali inducono a ritenere ciò che prima non era «intraveduto,, ma negato, che cioè la Catena metallifera, in epoca recente, soggiacque ad un levamento generale, non già ad un abbassamento. — 261 - Ora lo spartiacque fra le valli dell’Elsa e dell’Arbia fu co- stituito non da movimenti del suolo pliocenico, ma dalla confor- mazione più sopra indicata della Montagnola e del Chianti, che si toccano quasi, a Nord di Siena, e servono appunto di spartizione quasi esatta fra le vallate suddette. Tra Siena e Volterra sono poi varie zone di rocce antiche parallele alla di- rezione dell’Apennino, le quali non mostrano di avere sofferto alcun movimento lungo una linea che presso a poco riunisca le due anzidette città. Nè i luoghi nei quali si trova più alto il pliocene in Toscana, sono Volterra e Siena, come supponeva il Savi, ma Chiusdino, e Radicondoli ed altri paesi posti più a mezzogiorno. Nei terreni pliocenici dei dintorni di Siena, come si è veduto, manca affatto ogni inclinazione verso Sud la quale dimostri che in essi si operò un innalzamento a Nord; e nei dintorni di Volterra, ove realmente si mostra in tutti gli strati pliocenici un sollevamento esteso ed uniforme, questo pende non già verso l’Arno, ma verso il Poggio del Cornocchio, ed all’ in- circa di contro al Poggio di Monte Catini e Caporcìano. Or che ho parlato della disposizione degli strati, riassumerò brevemente nel seguente quadro 1’ ordine loro. — 262 — I Marne con Neochilus simplex. Argille salmastre con Riaaoa Meneghiriiana. — 263 — § 8. Osservazioni paleontologiche. Varie specie sono esclusive e perciò caratteristiche nel Se- nese, dell’ una o dell’altra zona degli strati mentovati, sebbene non sieno a credersi tali anche pei terreni degli altri luoghi. 1. La Rissoa Meneghiniana, De St., si trova soltanto nello strato alquanto salmastroso più profondo. 2. Il Neochilus simplex , Fuchs, pare si trovi soltanto nello strato meno salmastro che a quello succede. 3. Sono poi peculiari allo strato salmastro successivo, come pure almeno in parte a quello più antico (1), nè giungono a tempi più recenti, le specie seguenti: Trochus Laivleyanus, nobis. — Solarium Senense, De St. — Murex exacutus, Bell. — Nassa pulchra, D’Anc. — Culumhella curia, Bell. 4. Sono peculiari alle sabbie turchine ed alle sabbie gialle che succedono, per non parlare se non delle più caratteristiche e comuni : Mesodesma trigona, Cocc. — Rsammohia JBasteroti, Bronn, (P. Labordei , Bast.). — Lucina orbicularis , Desh. — Dentalium dispar, May. — Natica lineata, Lek. — Neritina May eri, Semp. — Scalaria comitalis, De St. — Purpura Hoernesana , Pecch. — Cancellala Brocchii, Crosse. — Nassa gibbosula, L. — N. Paulucciana , D1 Anc. — Pleurotoma Calurii, nobis. 5. Dello strato successivo è caratteristico il Cerithium nepos, De St., e comuni ad esso come agli strati antecedenti di uguale natura, non però ai più recenti, sono: Cerithium tur - binatum, Broc. — Potamides nodoso-plicatum, Hoern. 6. Speciale agli strati salmastri superiori, ed allo strato 5 precedente, è la Mactra donaciformis, De St. 7. Di strati salmastri ancora un poco più recenti, sembra speciale la Ervilia Italica , De St., sebbene per la sua fragilità che non consente di averla intera, e di convincersi della sua presenza, non si possa escludere che si trovi eziandio in strati più antichi. 8. Nello strato a ghiaie perforate di Busseto, vi hanno molte specie comuni con gli strati simili del Ri luogo apparte- nenti al piano 4. 9. Allo strato alquanto salmastro della Stazione paiono - 264 - esclusive : Fasciolaria Pecchioliì , Semp. — Golumbella turgidula , Broc. 10. Finalmente degli strati alquanto salmastri, più recenti, di Opini e del Castagno, paiono caratteristiche: Trochus simulans , nobis. — Columbélla trinodis, Mgh. 11. Soltanto nelle sabbie marine superiori si trova poi l1 Ostrea pusilla, Broc. Può essere che varie delle specie menzionate siano vera- mente esclusive del piano nel quale sono state indicate da me ; però talune si raccolgono altrove in piani affatto diversi. Così la Nassa gibbosula, L., è anche vivente nel Mediterraneo, come la Natica lineata, Lek., vive nell’ Atlantico. Il Gerithium turbinatimi, Broc., si trova poi ne’ terreni pliocenici più recenti, o postplio- cenici di Yallebiaia, e la Rissoa Meneghiniana, De St., in quelli più recenti di S. Miniato. Il Gerithium nodoso-plicatum , Hoern., e la Psammobia Basteroti, Brocc., si trovano anche nei terreni miocenici viennesi. Perciò, conviene sempre andare a rilento, nel fondare sopra una sola specie, per quanto si creda caratte- ristica, la determinazione di un piano geologico. Per terminare la rassegna incominciata, aggiungerò che si trovano in tutti i terreni litorali marini, nei più antichi, come nei più recenti: Anomia ephippium , L. — Ostrea lamellosa, Broc. — Pecten flabelliformis, Broc. In tutti i terreni argillosi salmastri, parimente si trovano: Leucina Savii, De St. — Gardium edule , L. — Gerithium do - liolum, Broc. — G. tricinctum, Broc. — Potamides etruscum, Mag. — Nassa bufo, Dod. Parimente quasi in tutti, meno forse nei più recenti, si trova: Gonus Dujardini, Desh. — Natica, cfr. helicina, Broc. — Mu- rex truncatulus, For. In tutti gli strati d’acqua poco salmastra e quasi dolce 'si trova la Melanopsis flammulata, De St. In tutti quelli strati, meno nel più antico (2): Neritina Sena, Cantr. — Neochilus procerus, May. E in tutti, meno nel più antico e nel più recente: Dreis- sena sanensis, May. Finalmente, negli strati mediani, con meno estensione della specie precedente, si trova la Melania striata, Broc. — 265 — * I molluschi esaminati, tutti viventi non lungi dal litorale, li vedemmo ordinati in diversi strati, in modo tale che con cia- scuno di essi sempre si accompagnano certe date specie, e che la presenza degli uni esclude quella di altri. Così, prescindendo da talune specie esclusive, vedemmo avere grande uniformità gli strati mentovati dianzi ai numeri, 1, 3, 5, 9, IO, caratteriz- zati da Nassae, Columbéllce, Gonus , ed altre specie in generale marine, accompagnate però dal Cerithium doliolum, Broc., dal Cardium edule, L., e da altre specie, che dimostrano essere state alquanto salmastre le acque in cui vivevano. Vedemmo poi altri strati caratterizzati da Cerithium tricinctum , Broc., e da Potamides, la cui presenza mostra che poca era la salsedine delle acque. Altri strati uniformi sono quelli con Neochilus, Neritinae e Melanopsis , generi i quali provano essere stata ancor minore che nei casi antecedenti la salsedine; e scru- tando attentamente, separando bene i varii stati, potremmo scoprire eziandio ulteriori distinzioni e confermare che ogni di- versa gradazione nella salsedine delle acque, avea pure una fauna diversa. Finalmente la fauna di taluni altri strati mostra d’essere stata prettamente marina. Le distinzioni fatte in senso verticale negli strati litorali, secondo la salsedine delle acque e secondo la loro antichità, possono essere fatte, e le facemmo, sebbene in modo diverso, anche in senso orizzontale, negli strati contemporanei fra loro, secondo la profondità nella quale questi si depositavano. È a no- tarsi che i cambiamenti delle forme in senso verticale, negli strati non litorali, non si verificarono con grande varietà come negli altri presso la spiaggia; ma anzi nella loro successione v’ha una assai grande uniformità, dovuta appunto alla maggiore uni- formità corrispondente delle circostanze. Studiando via via l’abitazione delle specie viventi analoghe e corrispondenti a quelle fossili, deducemmo già che queste erano vissute in una od in altra zona di mare, a profondità diverse; e dal singolare accordo de’ paragoni, togliemmo ragione a pen- sare che le circostanze di vita degli stessi molluschi in quei tempi, non fossero diverse da quelle d’ oggi. S’ intende che le distinzioni delle zone, per ora provvisorie, sono artificiali; più che altro servono a mostrare l’ insieme delle — 266 — specie che vivono in compagnia reciproca. Non ho parlato della zona così detta degli abissi perchè fra i terreni da me esaminati solo quelli di Malamerenda si formarono in una zona prossima alla medesima. Si può vedere intanto che, siccome si verifica al giorno d’ oggi, sopra cento specie, ne sono appena due o tre comuni alla zona coralligena, ed alla zona litorale, anzi può dirsi che non ve ne ha alcuna identica, essendo che eziandio le specie comuni abbiano certe apparenze per le quali gl’ individui di una zona ben si distin- guono da quelli dell’ altra: le quali cose risulteranno anche meglio dalla descrizione dei molluschi pliocenici senesi che verrà pubbli- cata dal professor Pantanelli e da me. Aggiungerò anzi che sic- come a volte, dalle modificazioni di certe specie le quali sono insieme plioceniche e viventi, si può dedurre il piano a cui appar- tengono, così da altre modificazioni si può dedurre in qual zona di mare abitassero. In generale pare che le conchiglie della zona coralligena abbiano dimensioni maggiori di quelle corrispondenti della zona delle laminarie o litorale. Ad esempio specie identiche od affini tra la zona coralligena della Coroncina e la zona litorale del Senese, non trovo essere se non le seguenti: avverto che trattandosi di specie semplicemente affini nominerò prima quelle della Coroncina. Cardium hians, Eroe. Venus ovata , Penn. Triphoris Bartaìinii , nobis. T. perversa, L. Nassa semistriata , Broc. JRingicuìa buccinea, Broc. B. Brocchi. i, Seg. Ora, di queste cinque specie comuni od analoghe, la seconda, la terza e la quinta, hanno dimensioni maggiori alla Coroncina. Paragonando fra loro i molluschi della zona delle laminarie e quelli della zona coralligena, si vede essere fra questi alquanto maggiore analogia, come si può notare ad esempio, paragonando ' i molluschi di Larniano con quelli di Monsindoli, o meglio ancora con quelli della Coroncina. Sembra però che gli ornamenti delle spe- cie della zona delle laminarie sieno più marcati che quelli delle specie corrispondenti coralligene, ed anzi a volte, su quella diffe- renza aggiunta a talune piccole differenze di forma, sono state e possono essere fondate differenti denominazioni : ciò si può vedere, — 267 — per esempio, nel Dentalium elephantinum, Gmel., nella Pleuro- toma cataphracta, Broc., nella P. dimidiata, Broc., i cui indi- vidui nella zona delle laminarie sono anche più acuti, e nella Turritella subangulata, Broc., il cui tipo è proprio della zona coralligena, mentre la var. acutangula, Broc., è propria dell’altra zona. Sembra poi che le conchiglie della zona coralligena, forse perchè viveano a maggiore profondità, e pel diverso grado della luce penetrata là entro, fossero per lo più bianche, lucenti, e mancanti di vivaci colori. Quando sia conosciuto anche me- glio il diverso ordine dell’ abitazione dei molluschi pliocenici potrà essere dedotta quella zona nella quale ciascuno viveva, e da un insieme di pochi molluschi fossili si potrà dedurre all’ in- circa la profondità del mare nei cui sedimenti furono sepolti. Di questi nuovi orizzonti aperti ai nostri studii, dobbiamo essere grati ai Jeffreys, al Seguenza, ed a parecchi altri scienziati, i quali da poco tempo hanno cominciato a studiare la distribu- zione de’ molluschi secondo le diverse profondità dei mari. Nello stesso tempo, da ciò che vediamo ne’ terreni pliocenici italiani, potremo dedurre utili ammaestramenti intorno a quello che dee verificarsi nei mari odierni. Quelle differenze che si palesano ne’ molluschi secondo i tempi nei quali vissero, secondo le diverse profondità, e secondo le di- verse regioni aventi una medesima profondità, è bene farle co- noscere, discernendole però con criterio dalle semplici variazioni individuali le quali non hanno che fare coll’ una o coll’altra di quelle circostanze. Questo fanno per verità molti valenti conchio- logi : ma le distinzioni vengono operate spesso senza però illustrare- i rapporti che le variazioni hanno reciprocamente, e considerando quelle come tante specie diverse, colla qual cosa si finisce col- l’ annettere alla specie una idea interamente artificiale, e non corrispondente all’ ordine naturale delle cose. Così p. e. una Tur- ritella subangulata, viva nella zona delle laminarie, o nella zona coralligena, nei mari d’ Italia, o nell’ Atlantico, in acque molto salse, o poco, rimane sempre la Turritella subangulata, che non è la varicosa, nè la cochleata, nè la vermicularis, nè la incannata ec., ma che è nell’ ordine naturale delle cose distinta, sebbene secondo le diverse circostanze vi sieno delle variazioni e delle differenze che conviene sieno notate. Egli è evidente che allorquando ven- - 268 — gano considerate in ima medesima unità di tempo, le specie esi- stono, ed il paleontologo che studia soltanto questo o quel ter- reno non deve occuparsi d’ altro nè perdersi a studiare il problema dell’ origine di esse. È necessario però, come dicevo, il notare le singole variazioni delle specie medesime, talché, in qualche caso tornerebbe utile la denominazione trinomia proposta dall’ Oppel come quella che potrebbe fare risaltare insieme le differenze ed i rapporti. Molte volte le variazioni di una specie sono più atte di qual- sivoglia altro carattere a far conoscere V epoca di un terreno e la contemporaneità di terreni di luoghi diversi : la proporzione delle specie estinte invece, non può mostrare in modo assoluto che sieno più antichi quei terreni nei quali essa è maggiore, e più recenti gli altri. Così, p. es., negli strati argillosi salmastri della Tressa e della Pescaia, sopra 36 specie ne sono 12 viventi, vale a dire la proporzione delle specie estinte è circa del 67 per 100. Di 78 specie fossili nelle sabbie turchine litorali della Tressa, della Pescaia, e del Diluogo, 30 vivono ancora nel Mediterraneo, talché la proporzione delle specie non più viventi in questo mare è del 64 per 100. Nelle ghiaie di Busseto, que- sta proporzione scende al 49, poiché di 43 specie, 22 ancora sono viventi. Invece negli strati salmastri argillosi della Stazione, che sono più recenti di tutti quelli mentovati e che parrebbe dovessero contenere un numero ancora minore di specie estinte, queste sono nella proporzione del 61 per 100 ; infatti di 43 spe- cie solo 17 si trovano viventi nel Mediterraneo. Quando poi si dovesse badare soltanto alla proporzione delle specie estinte, i terreni della Coroncina e gli altri della zona coralligena, di Mon- sindoli, di Colletinaio e di S. Lazzaro, nei quali quella propor- zione ò del 30 per 100 appena, trovandosi 35 specie viventi so- pra 115, dovrebbero essere riguardati come più antichi assai di quelli litorali corrispondenti ; la qual cosa in realtà, come ve- demmo, è fatta da molti paleontologi: anzi quando non si badasse alle circostanze nelle quali furono depositati si dovrebbe dedurre che molto grande è la differenza d1 età fra gli uni e gli altri strati, essendoché, come notammo, non vi sia quasi nessuna spe- cie comune ad ambedue. Ma evidentemente se molte delle specie della zona coralligena pliocenica sono credute estinte, ciò deriva, — 269 — come già dicemmo, dall’ essere ancora poco conosciuti i molluschi viventi oggigiorno nella zona medesima, nella quale appunto ogni tanto si scoprono delle specie che già erano conosciute come plioceniche. § 9. Epoca dei terreni descritti. Dall’ insieme di tutti i molluschi si palesa chiaramente che i terreni osservati sono pliocenici ; la quale affermazione è pure ben giustificata dalla fauna de’ mammiferi, p. es. dal JRhinoceros etruscus, Falc., e dal J Bos etruscus, Falc. che ho notato quasi negli strati più antichi. Nè v’ ha ragione di escludere dal plio- cene gli strati salmastrosi più antichi della Tressa e della Pe- scaia, nei quali bensì, come già notai altrove, si presentano dei tipi somiglianti a taluni miocenici. Il Pantanelli crede che quelli strati possano essere contemporanei alle argille marnose d’acqua dolce del Casino, che vedremo or ora essere mioce- niche superiori, e che io ho sempre considerato come più an- tiche. Ma oltre alla comunanza di moltissime specie fra quelli strati salmastri della Tressa e della Pescaia, e gli altri di eguale natura ma più recenti e. posti nel mezzo alla serie pliocenica della Stazione, è a ricordarsi, come al di sotto degli strati di Pescaia che erano da prima i più antichi, noti a me ed al Pan- tanelli, io abbia trovate in Tressa delle marne d’acqua quasi dolce, con Melanopsis, aventi specie non dissimili dalle marne analoghe soprastanti, mentre non ve ne ha alcuna somigliante a 'quelle tante che si trovano nelle argille marnose del Casino. È a ritenersi adunque che non piccola sia la differenza di età fra le une e le altre, la qual cosa è confermata da altri impor- tanti argomenti. Infatti, vedemmo gli strati pliocenici essere quasi perfetta- mente orizzontali : ora, se partendoci da Siena, traversiamo quelli andando verso il Chianti, per la strada delle cave del Casino o per le altre strade, giunti nel fondo di taluna di quelle vallate, vediamo per lo più le porzioni inferiori del pliocene formate da tufi e da conglomerati angolosi strappati ai calcari infraliassici i quali compariscono qua e là a modo di piccoli scogli. Conti- nuando verso il Chianti, al di sotto di quegli strati si mamfe- 19 — 270 — stano le argille marnose con Dreissena della formazione del Ca- sino, pendenti in modo molto manifesto verso S.S.E. a ridosso del Chianti ; e lunga estensione di quelle viene traversata prima di giungere alla roccia cretacea. Dopo qualche strato senza fos- sili palesi, passato il Podere del Casino, apparisce uno straterello con Dreissence, e con Mélanopsis Soldaniana, sp. n. (aff. M. Pan- cicìance, Brus.). Sotto sono altri strati con Dreissena, con Ne- matur elice, Neritince e con Mélanopsis Bartalinii, Cap. Succe- dono le ligniti con Hipparion, Antilope, ed altri mammiferi studiati dal Major, niuno dei quali fu mai trovato nei terreni pliocenici; di molluschi vi si trovano la Neritìna Gapellimana, Pant., sp. n., (N. Grateloupana, Cap. non Fer.), la Mélanopsis recurrens , sp. n., quella Mélanopsis che il Capellini denomino aci- culata, Fer., e parecchie altre specie che il professor Pantanelli si è proposto di illustrare quanto prima. Fra gli strati ligmti- feri e gli strati pliocenici, corrono però alcune centinaia di metri, e la serie delle marne del Casino è talmente alta da equi- valere per lo meno all’altezza dei terreni pliocenici nei dintorni di Siena. Vi è poi il sollevamento ben manifesto negli strati del Casino, non palese in quelli pliocenici, che dimostra i primi ap- partenere ad un’epoca più antica dei secondi. Non vi ha dun- que il minimo argomento che possa indurre a porre nel pliocene anche le ligniti del Casino, ma queste, per cagione de’ loro fos- sili, debbono essere riconosciute quali mioceniche superiori; ne vi corrisponde poi nessuno degli strati che io ho esaminati nei dintorni di Siena. Non mi propongo qui di studiare quali fos- sero le circostanze nelle quali quelli strati si formavano; qua- lunque supposizione venisse fatta per ora sarebbe prematura ; mi limiterò a constatare come i fossili provino la identità di loro cogli strati salmastri della valle della Sterza studiati dal Capellini. Noterò ancora che sebbene gli strati di questi due luoghi mostrino d’ essere contemporanei, pure quelli del Casino erano e sono posti tuttora dai più nel pliocene, e quelli della Sterza vengono dal Capellini riposti nel miocene medio: eviden- temente queste due affermazioni sono incompatibili fra loro: io per parte mia, per le ragioni che ho addotte qui ed altrove, at- tribuisco gli uni e gli altri al miocene superiore. Non terminerò questa parte del mio ragionare senza dire ciò che niuno do- — 271 — vrebbe stancarsi di ripetere, che cioè sopra preconcetti, sopra studii fatti a tavolino, e sopra osservazioni fatte in un luogo o nell’ altro, non si può pretendere di riformare tutto V ordina- mento degli studii compiuti altrove, e molte volte conviene an- che badarsi dal pregiudizio molto facile di credere ignorate e confuse molte cose solo perchè sono ignorate da noi, od a noi ap- paiono confuse. Quanto più si vorranno precipitare le conclusioni, e quanto meno si vorrà tener conto delle osservazioni anteriori, tanto maggiori saranno gli errori cui andremo soggetti, anche d’ora innanzi. Ma di ciò basti, ed ingegnamoci di paragonare i nostri terreni con quelli di altri luoghi, e di esaminare la giustezza delle distinzioni che gli uni o gli altri hanno propo- sto pei terreni pliocenici. Per le sue speciali circostanze, il pliocene senese non si presta a facili paragoni col pliocene d’ altrove : poiché anzitutto, se vogliamo fare delle comparazioni, dobbiamo farle fra terreni di uguale natura. Così, per esempio, gli strati della Coroncina li potremo paragonare soltanto a strati di una zona eguale; uno strato a ghiaie con litodome, non lo potremo paragonare con un altro strato litorale qualsiasi; ed uno strato d’acqua sal- mastra andrà messo di fronte solo ad altri strati consimili, sebbene sappiamo che in questo caso il paragone sarà più difficile che negli altri, essendovi molta variabilità ne’ molluschi d’ acqua salmastra. Siccome salvo poche eccezioni i paleontologi hanno descritto i molluschi pliocenici di qualche regione, senza distin- guere le variazioni loro, così i paragoni sono piuttosto difficili, onde io per non aumentare le cagioni d’ errore, porterò in confronto soltanto gli strati di San Miniato, posti lungo l’Arno, che conosco di per me, tanto più che ad un esame superfi- ciale parrebbero ben più recenti di quelli senesi, mentre ad un esame sostanziale, questa supposizione mi sembra non regga. Dopo che avrò parlato degli strati di San Miniato, si potranno applicare le medesime conclusioni agli strati consimili. Ed anzi tutto, nel fare il paragone, escluderò gli strati della Coroncina, ed in generale quelli della zona coralligena senese, che a San Miniato non sono rappresentati; per la stessa ragione escluderò gli strati salmastrosi, almeno per la massima parte, e gli strati litorali marini a litodome. — 272 — Gli strati più profondi nei dintorni di San Miniato, all al- tezza tutto al più di 20 o 25 metri sul fondo dei torrenti, sono gli strati a Mactra Pecchiolii, Lawley, delle valli dell Evola e d’ Ensi, gli strati colla piccola varietà del Cardium edule , L., di Sant’Angelo, quelli lignitiferi con Cerithium spina, Part., e Buccinum cfr. duplicatura, Sow., del Ponte a Elsa, e quelli con Cerithium tricinctum, Eroe., e C. spina, del fondo di alcuni pic- coli torrentelli intermedi. Questi diversi strati sono ben distinti da un altro strato poco più alto, nel quale non è rara una Re- ptomulticava , sp. n. La Mactra Pecchiolii, Law. ( M . cfr. Poda- lica, Eich.), che per quei luoghi è un buon orizzonte e si trova in quantità sterminata, è analoga alla Mactra donaciformis, De St., che vedemmo pure formare un buon orizzonte fino circa 25 me- tri sul fondo delle vallate della Pescaia e del Riluogo, e che vivea in acque salmastre. L’insieme delle specie sopra citate a San Miniato, prova che eziandio colà in certi periodi le acque del mare erano salmastrose, e quel periodo più antico, ci sem- bra con molta ragionevolezza si possa dire contemporaneo de- gli strati a Mactra donaciformis ed a Cerithium nepos del Se- nese. Parrebbe dunque che gli strati soprastanti, la cui altezza non è minore di quella degli strati senesi, dovessero essere ana- loghi e contemporanei a questi, la qual cosa appunto è dimo- strata dall’esame dei fossili. Prendiamo infatti a studiare i fos- sili delle sabbie gialle di Siena, cominciando dallo strato più antico, siccome quelle che veramente mostrano d’ essersi forniate in circostanze analoghe e direi identiche a quelle delle sabbie ed in generale di tutti i terreni medii e superiori di San Mi- niato, nel qual luogo non sono fossili nè di zona coralligena, nè salmastri, nè ghiaie con litodome. Sopra 97 specie diverse esistenti negli strati sabbiosi infe- riori del Riluogo e della Pescaia, negli strati ghiaiosi di Bus- seto, senza le litodome, e nelle argille salmastre della Sta- zione, si hanno 37 specie mancanti ai dintorni di San Miniato, 14 delle quali sono viventi, e le altre 23 si trovano anche al- trove, fuori del Senese, in terreni pliocenici recenti. Non mi 1 C. De Stefani, Fossili pliocenici dei dintorni di San Miniato. Pisa, Ni- stri, 1874. — I terreni subapennmi dei dintorni di San Miniato al Tedesco. ( Atti Soc. Toscana di Se. nat., voi. I.) — 273 — pare adunque vi sia ragione di ritenere gli strati di San Miniato più recenti degli strati senesi. Si può credere tutto al più che gli strati a Nassa pulchra D’ A nc. , e forse la parte inferiore delle argille a Natica lineata , Lek., non sieno allo scoperto presso San Miniato, ed equivalgano ad alcuni dei più antichi strati pliocenici d’altri luoghi della Toscana. Gli strati salmastrosi meno recenti del piano a Cerithium, nepos e ad Ervilia italica, hanno grande analogia con quelli del così detto piano Sarmatiano del miocene viennese. Vi troviamo infatti le specie seguenti, o identiche, od analoghe a talune al- tre delle più caratteristiche di questo piano: Mactra donaciformis, De St., (cfr. M. Podolica, Eichw.) Ervilia Italica, De St., (cfr. E. Podolica, Eichw.) Cerithium nepos, De St., (cfr. C. rubiginosum, Eich.) C. turbinatum, Broc., (cfr. C. pictum, Bast.) Potamides etruscum, May., (cfr. C. disjunctum, Sow.) P. nodoso-plicatum, Hoemes. La stessa analogia si scorge esaminando' gli strati più anti- chi dei dintorni di San Miniato, nei quali pure si trova la Mactra Pecchiohi, Sow., (cfr. M. Podolica, Eichw.), ed il Buccinutn, sp. n., (cfr. duplicatum, Sow.). Con tutto ciò non si può punto dubitare che gli strati nostri sieno pliocenici, poiché per l’ appunto vedemmo trovarsi in strati più antichi di quelli, o tutto al più contemporanei, il Bos etruscus, Falc., ed il Bhinoceros etruscus , Falc., alcuni resti del quale furono pure trovati nelle ligniti con Buccinum cfr. duplicatum, Sow., del Ponte a Elsa presso San Miniato. Nel Viennese invece la fauna de’ mammiferi è ben diversa, ed è miocenica. Neppure si potrà dubitare in modo alcuno che gli anzidetti strati sal- mastri segnino un orizzonte generale nei nostri strati pliocenici, e denotino una condizione speciale de’ mari contemporanei, come si ritiene avvenga nel Viennese; perchè dessi alternano più volte, e sono sovrapposti a strati prettamente marini, nè la continua- zione loro si trova negli strati formatisi lontano dalla spiaggia. Essi rappresentano semplicemente, come si è detto, un terreno depositatosi in lagune litorali. Già altrove ho mostrato 1 come a questi terreni marini e pa- Dei Molluschi continentali etc. — 274 — lustri del Senese, sieno coetanei quelli lacustri delle vallate apenniniche con II Etruscus, Mastodon Arvernensis, Croiz et Joub., Tapirus , Bos Etruscus, ec. L’analogia viene dimostrata dalla fauna de’ mammiferi, dalla flora studiata dal Gaudm, e da taluni molluschi i quali si trovano nei sedimenti marini ed in quegli altri come 1’ Unto atavus, Partsch, la Dreissena plebeja, Dub., e la Melania striata , Broc. Se usciamo dall’Italia, rimanendo però nella conca del Me- diterraneo, troviamo ben pochi terreni marini fin ora studiati, che possano con certezza dirsi pliocenici. Si possono accennare quelli di Biot presso Marsiglia, alcuni della Dalmazia e delle Isole Jonie, e quelli dell’Algeria e della Tunisia, che raggiungono grandi estensioni con aspetto molto analogo ai nostii. Secondo il Fuchs 1 sarebbero pliocenici i terreni marini di Pikermi, ritenuti miocenici dal Gaudry, e da altri: ma vi è un disaccordo troppo evidente tra la fauna de’ mammiferi la quale non è affatto quella che si trova nei terreni pliocenici, bensì è miocenica, e la fauna de’ pochi e mal conservati mol- luschi marini citati dal Fuchs, i quali studiati prima dal Gau- dry2 erano stati attribuiti al miocene. Ora il poco accordo che è tra le faune mammalogica e malacologica studiate dal luchs, è probabile che derivi dal cattivo stato di quest’ ultima, la quale non permette di decidere bene se sia miocenica o pliocenica, la- sciando valore per la determinazione del terreno soltanto aXYHip- parion ed agli altri vertebrati. Lasceremo da parte perciò ogni giudizio sulle rocce di Pikermi e passeremo a parlare di taluni strati salmastri che hanno alquanto analogia coi nostri. Sono fra questi gli strati di Megara descritti dal Fuchs, nei quali si presentano moltissime specie analoghe e forse identiche ad altre degli strati salmastri e d’acqua quasi dolce del Senese. Le spe- cie indicate dal Fuchs a Megara, uguali o simili alle nostre, sono le seguenti : Buccinimi neriteum, Lek. Nassa neritea , L. Cerithium atticum, Gaud. cfr. G. turbinatum, Broc. G. vulgatum, Brug. 1 Th. Fuchs, Studien ueber die Tertiaerbildungen Griechenlands ( Denkschr . d. K. Ah. d. Wissensch., B. xxxvn), 1877. 2 Gaudry, Animaux fossiles et géologie de V Attigue, 18t>2- C. cfr. nodoso -plicatum, Hoern. Potamides nodoso-plicatum, Hoern. Melania Tournouèri, Fuchs cfr. M. striata , Broc. Natica helicina, Broc. N. cfr. helicina, Broc. Bulla hydatis , L. B. WeinJcauffi, May. Venus gallina , L. Lucina lactea, L. L. Savii, De St. Cardimi edule, L. Arca pedinata, Broc. Congeria cfr. pólymorpha, Pali. Dreissena Sanensis, May. Biytìiinia simplex, Fuchs Neochilus simplex, Fuchs Neritina micans , Gaucl. et Fis. cfr. N. Sena , Contr. Da questo insieme si può giudicare che i terreni di Me- gara siano uguali o poco più antichi di quelli senesi. Lo stesso dicasi dei terreni di Théziers descritti dal Tour- nouer,1 i quali hanno co’ nostri, le specie seguenti comuni od analoghe : Breyssensia sub Basteroti, Tour. D. Sanensis , May. Potamides Basteroti, Serr. cfr. Cerithium turbinatum, Broc. Nassa Basteroti, Mich, var. Bollenensis, Tour. N. Basteroti, Mich. Ophicardelus Serresi, Tour. 0. Brocchii , Bon. 0. pyramidalis, Sow. Cassidida myotis, Broc., var. C. Bellardiana, De St. Scenderemo ora a discorrere delle distinzioni che sono state fatte finora nei terreni senesi. Il Mayer dietro le osservazioni del Mortillet, ha creduto che il pliocene anche nel Senese potesse esser distinto ne’ due piani astiano e piacentino da lui per lo addietro proposti, e crede che la distinzione possa esser fatta dallo strato alquanto sal- mastro con Fasciolaria Pecchiolii della Stazione. Gli strati di sopra sarebbero secondo lui Astiani, gli altri, apparterrebbero al suo piano Piacentino. Però egli pone questa distinzione più teori- camente che altro, perchè i fossili citati dal Mortillet sui quali potrebbe fondarsi non sono che la Cytherea Pedemontana , A g., il Pecten flabelliformis, e P Anomia ephippium , specie che vedemmo trovarsi anche negli strati più antichi. B. Pournouèr, Sur les terrains tertiaires supérieurs du bassin de Thé- ziers* (Bull. Soc. geol. de France , 3 ser., Il, 287), 1874. - 276 - Il Capellini crede si debbano attribuire al Messiniano su- periore tutti gli strati del Senese, ed alla porzione più antica di quel piano gli strati contenenti fra gli altri fossili la Cohrn- lella Mara, come sarebbero quelli della Coroncina II Mayer stesso oggigiorno distingue nel pliocene due piani, 1 Astiano 1, e V Astiano II, ed al piano più antico cioè all’ Astiano I rife- risce le argille o marne con Pecten cnstatus, Bronn, Golumòella Mara, ec.; quindi gli strati della Coroncina e de’ luoghi analoghi apparterrebbero certamente al pliocene inferiore, benché non al Messiniano come vuole il Capellini. Non diversa sarebbe 1 opinione del Seguenza, il quale attribuirebbe quegli strati al piano che eg ì dice Zancleano cioè al pliocene inferiore. Ma abbiamo già veduto come gli strati della Coroncina non chè essere de’ piu antichi del pliocene senese sono dei più recenti, anzi quel che si dice degli strati senesi, sia detto degli strati degli altri luoghi attribuiti dal Mayer, dal Capellini ed in parte dal Seguenza alla metà inferiore del pliocene, i quali sono invece corrispon- denti alla così detta metà superiore’, salvo che sono stati depo- sitati in zone diverse. Il Pantanelli nel suo accurato lavoro at- tribuisce al miocene superiore, e dubita sieno corrispondenti alle marne del Casino gli strati a Nassa pulchra (N. Dujardmi non Desìi ), cioè quelli mentovati ultimamente ai Numeri 1, 2, 3, (§ 8); ma si è veduto come anche questi sieno pliocenici e più recenti degli strati del Casino. Gli altri strati sono da lui divisi con- venzionalmente in pliocene inferiore, medio e superiore. Alle giuste osservazioni dell’Autore non aggiungerò nulla ; ricorderò soltanto, per far notare le differenze di parere, che sembra egli ritenga contemporanei e riferibili al pliocene inferni e (pag. 226) gli strati salmastri della Stazione N° 9, e le sabbie turchine N° 4, che ritenni invece più antiche di quelli. Pari- mente egli ripone nel pliocene medio, cioè ritiene più recenti degli strati della Stazione, le sabbie con Bhinoceros etruscus della Val di Pugna, e- con Bos etruscus, del Riluogo (pag. 229), che secondo me rispondono invece alla parte superiore degli strati N° 4; forse a questa stessa rispondono gli strati di Ferraiolo. Invece le sabbie con Balaena etrusca di Siena, rispondereb- bero agli strati superiori (N1 IO e 11). Mi sembra poi convenzio- nale la zona delle sabbie azzurre posta di mezzo fra quella delle — 277 — sabbie gialle, e quella delle argille. In senso verticale, ho ricor- dato che nel fondo delle piccole vallate sotto Siena si trovano delle sabbie turchine ; ma in senso orizzontale, quando si eccet- tuino talune sabbie di sull’ Arbia, mi pare non se ne trovino tracce. Bensì mi pare che le sabbie gialle, diventano verso le argille turchine sempre più sottili, e si cambiano in ar- gille giallastre, che nelle zone intermedie alternano a volte colle argille turchine. Quanto alle dotte osservazioni del Se- guenza, relative alla distinzione in varii piani de’ nostri terreni pliocenici, lasciando da parte ciò che egli dice dei terreni del- l’Italia meridionale, con una competenza che niuno potrebbe avere uguale; per gli altri terreni dell’Italia centrale e setten- trionale non è difficile scorgere che, almeno nella massima parte, quelli da lui messi nel piano Astiano sono coetanei a quelli riposti nel piano Zancleano, anzi taluni degli strati da lui con- siderati più antichi, lo sono meno di altri che egli ritiene più recenti, come è per esempio degli strati di Parlascio e San Fre- diano che paleontologicamente e stratigraficamente sono più re- centi della massima parte di quelli d’ Orciano, e non sono più antichi di quelli di Livorno e della Val d’ Era. Relativamente al preteso piano Messiniano ho già esposto il mio parere, e la prova migliore che non lo si può ammettere è questa, che tanti attri- buiscono al Messiniano il terreno d’ un luogo, ed al così detto Astiano il terreno contemporaneo d’un altro luogo, mostrando la distinzione essere affatto artificiosa. Perfezionando gli studii, e moltiplicando le nostre osservazioni, potremmo dividere il plio- cene in zone, e riconoscere P esistenza di talune specie esclusive in generale a questa od a quella zona; ma le distinzioni fatte fino ad ora non reggono, e non possono reggere, perchè sono fondate sulla supposizione fatta a priori che la parte superiore del nostro pliocene possa ben distinguersi dalla parte inferiore, e perchè gli studii sono assai imperfetti. Il pliocene non è terreno di durata relativamente lunga, e specialmente quando si esclu- dono gli strati con Cyprina islandica, Lek., e con altre specie di carattere postpliocenico, come son quelli di Monte Mario e di Vallebiaia, gli altri serbano una certa uniformità. Io non so a meno di ripetere e di accettare completamente le parole del Gastaldi: « Confesso sinceramente che sempre quando intrapresi — 278 — il rilevamento geologico di qualche nostra regione a suolo ter- ziario, fui ben lieto di trovar modo di separare plausibilmente e passabilmente il pliocene dal miocene, nè mai, per quanto 1 abbia tentato, mi venne fatto, di afferrare il vantaggio che si possa ot- tenere coll’ introdurre tante suddivisioni 1 » e di trovare giustifi- cate le suddivisioni introdotte. III. I monti di Campiglio, nella Maremma Toscana, per G. vom Rath, versione dal tedesco, con note del Dott. B. Lotti. (Continuazione. — Vedi nura. 5-6.) Descrizione geognostica. - — Il gruppo del M. Calvi rappresenta una di quelle elevazioni riunite dal Savi in un insieme cui diè il nome di Catena metallifera. Mentre che la vera regione mon- tuosa della Toscana consta essenzialmente di strati terziari più antichi e più giovani, compariscono in alcuni punti, rimarchevoli anche sotto V aspetto orografico, strati molto più antichi riferi- bili ai periodi cretaceo, giurese e triassico, e quegli schisti meta- morfici conosciuti col nome di verrucano , forse di epoca paleozica. Fra queste notevoli elevazioni offre la più semplice struttura il Fog- gio di Montieri non che la prossima Cornata di Gerfalco ; cupole di strati calcarei e marmorei del lias, circondate a guisa di mantello da strati giuresi e cretacei. Non è però così regolare quella dei monti campigliesi. Le rocce sedimentarie che caratte- rizzano il gruppo del M. Calvi sono distese in una zona trape- zoidale i cui angoli sono fissati all’ incirca dai seguenti punti : Castagneto e la Pieve (due miglia ad E.S.E. di Sassetta) a set- tentrione ; il piede S.O. del M. Valerio e quello del M. Pattoni a mezzogiorno. Questa zona è fiancheggiata lungo il margine oc- cidentale da una serie di basse colline costituite di rocce por- firiche. La porzione orientale dello spazio trapezoidale indicato, di cui fa parte lo stesso M. Calvi, consta di schisti o strati cal- 1 Gastaldi B., Studi geologici sulle Alpi Occidentali. — Mem. del R. Cotn. geol voi. I, pag. 7. — 279 — carei che ricuoprono una potente massa marmorea. La direzione predominante degli strati è da S.O. a N.E. e V inclinazione di 30 a 50 gr. verso S.E. Dalla cima del M. Calvi scendesi precipi- tosamente verso San Silvestro sopra le testate di strati ognora più antichi, mentre da S.E. raggiungesi il vertice mediante un dolce declivio. Per contrapposto alle regolari disposizioni a cu- pola degli strati nelle ellissoidi della Catena metallifera toscana, il gruppo del M. Calvi si presenta come un sollevamento uni- laterale.1 Il membro inferiore della serie stratigrafìca dei dintorni di Campiglia è un marmo con venature grigie o nere, chiamato bardiglio dagli artisti, che viene scavato presso la base occiden- tale del M. Bombolo, e nel quale fino ad ora non furono osser: vate tracce di fossili. Narra il Cocquand di aver trovato nel marmo del M. Bombolo cristalli di couzeranite, come in un gia- cimento analogo dei Pirenei.2 I cristalli sono dello stesso colore del marmo che li racchiude, cioè bianchi, grigi o neri. Al bardiglio fa seguito in serie ascendente il marmo bianco che occupa un’ ampia zona da Sassetta fin presso la Caldana .3 1 Le masse sedimentarie del Campigliese sono disposte veramente in un an- ticlinale coll’ asse diretto all’ incirca da N.E. a S.O. Vediamo infatti che mentre abbiamo nel versante orientale del M. Calvi l’ inclinazione generale degli strati a S.E., nelle alture che fiancheggiano la conca ad occidente riscontransi invece inclinazioni perfettamente opposte. Così al piede S.O. del M. Rombolo il bardi- glio presenta una inclinazione di 43° a N.O., e più sopra in una cava del signor Perdicary, il marmo bianco ha |la stessa direzione e inclinazione del bardiglio sottostante. Anche sopra alla Rocca di San Silvestro, come nota più innanzi 1’ autore stesso, gli strati sono quasi orizzontali o alquanto inclinati in senso op- posto a quello degli strati dell’ altro versante. — (Il Traduttore.) 2 Sarebbe vana fatica ricercare i fossili nel bardiglio, come in tutta la massa del marmo saccaroide, per il suo alto grado di metamorfismo ; i cristalli di cou- zeranite vi compariscono chiaramente in grande quantità sulle superficie state esposte all’ intemperie, nel qual caso son sempre bianchi anche se disseminati su fondo scuro : vedonsi però ancora nella frattura fresca sulle superficie di più cupa colorazione che in sezione determinano 1’ andamento delle venature. I suoi strati regolarissimi presentano uno spessore di oltre un metro ; la loro direzione èN. 50° E., e l’inclinazione 43° verso N.O. Presso le cave attualmente inattive giacciono estratti giganteschi monoliti destinati probabilmente ad uso di colonne. (Il Traduttore .) 3 II marmo propriamente detto occupa soltanto la parte centrale di questa zona, ed è circondato da calcari ceroidi rossi e bianchi che fanno ad esso pas- saggio per gradazioni insensibili. I monti presso Castagneto e Sassetta, il cri- — 280 — É costituita da questa roccia quella diramazione occidentale del M. Calvi, riconoscibile anche da lungi alla sua superficie bianca naie del M. Calvi e una gran parte del M. Valerio a Sud fino alla Caldana, con- stano di calcari ceroidi bianchi molto probabilmente spettanti al piano inferiore del lias inferiore. Tanto nei calcari ceroidi quanto nei saccarosi, che evidente- mente costituiscono una sola e medesima formazione, stanno racchiusi potenti ammassi di ematite e limonite che fu ed è anche al presente oggetto di impor- tanti lavorazioni nel M, Rombolo ed in una gran parte del M. Valerio. La se- guente figura che riproduce esattamente il prospetto di una escavatone a cielo scoperto presso il M. Rombolo, è sufficiente per dare una idea delle condizioni di giacimento di queste masse ferrifere: Fig. 1. Nelle «modi di questa limonite si incontrano quei magnifici gruppi di cristalli di calcite presentanti il romboedro detto inverso e1 a e‘ =78°, 51' che fanno bella mostra nei nostri principali Musei. Ma ciò che di più notevole offrono questi giaci- menti si è la cassiterite. Essa per dir vero è stata ritrovata finora soltanto nel M. Fu- macchio, che costituisce la parte S.O. del M. Valerio, ma in altri punti del M. Va- lerio stesso sonò stati rinvenuti di recente frammenti staccati dello stesso minerale, ed è probabile che in breve se ne possa rintracciare la sorgente. Del resto essendo i diversi affioramenti limonitici del M. Valerio in identiche condizioni e vicinissimi a quello del Fumacchio, non vi ha ragione per non sperare che essi pure pos- sano somministrare questo prezioso minerale. La sua maniera di trovarsi nella matrice limonitica, è delle più irregolari; talvolta forma salbanda fra il ferro e il calcare incassante, talvolta sta completamente racchiuso nella limonite in ban- chi di spessore variabile, che giunse fino a 80 centimetri, o raggruppato in no- duli anche piccolissimi. Il minerale è dei più ricchi perchè quasi puro; V analisi di due campioni (V. Blanci-iard, Sulla scoperta della cassiterite a Campigha Marittima. - Boll, del R. Com. geol. d’Italia, N. 1-2, 1876) dette 72, 04 e 58, 09 di stagno metallico. Il suo aspetto è granulare, compatto, di colore ordi- nariamente grigio-verdastro, ma che può divenire rossiccio e bruno quando sia compenetrato d’ossido di ferro. In piccole geodi rarissime possono vedersi gruppi di minuti cristalli di colore rosso-bruno, nei quali prevale il quadratottaedro ; sembrano Derò mancarvi affatto i geminati abituali di questa specie minerale. Il calcare nel quale sta racchiusa la massa limonitica, e con essa la cassi- tele, è di color grigio chiaro a struttura ceroide. A contatto della massa me- tallifera è tutto compenetrato di ossido di ferro, e contiene una gran copia di — 281 — priva di vegetazione. La stratificazione nell’ insieme apparisce per lo più distinta ; V inclinazione verso S.E. o E., talvolta sotto un angolo di 40 a 50 gr., ma più frequentemente minore. Presso il Palazzo Lanzi, sebbene subordinata, vedesi anche V inclinazione opposta verso S.O., cosicché in questo punto gli strati presen- tano un anticlinale. La potenza di questa massa marmorea deve oltrepassare certamente i 300 metri, poiché da essa esclusiva- mente è formato P alto dirupo deh castello di San Silvestro, fin quasi alla cima del M. Calvi, sulla quale estensione gli strati presentano costantemente P inclinazione a S.E. e ad E., quando si eccettui quel punto presso il Palazzo Lanzi di cui fu già fatto cenno. Il marmo escavato al M. Rombolo e nel Poggio dell’ Acqua- viva vien chiamato pario, per la sua grossa grana che lo fa as- somigliare a quello dell’ isola greca di Paros. Questo bel marmo campigliese però è molto limitato nel suo impiego, perchè es- sendo fratturato in varie guise, non è sempre facile ottenerne pezzi di considerevoli dimensioni. Gli antichi abitatori etruschi di Populonia vi aprirono parecchie cave impiegandolo per le loro tombe. Il museo mineralogico e paleontologico dell’ Università di Pisa possiede una ricca collezione di fossili raccolti da T. Nardi nei monti di Campiglia, e provenienti specialmente dal calcare rosso, alcuni anche dal marmo bianco. Il prof. Meneghini, che da molti cristalli cubici di pirite decomposta ; ad una distanza maggiore racchiude pari- mente gruppi delli stessi cristalli, ma inalterati. Esso presenta alcune rare tracce di fossili indeterminabili, in una delle quali il prof. Meneghini potè riconoscere una giovanissima ammonite. Questo fatto unitamente a quello di trovarsi sotto- stante o intimamente collegato a certi calcari rosei con crinoidi (come può ve- dersi a pochi passi dalla miniera) che in altri punti, come alla Caldana e sul M. Calvi, somministrano gran copia di ammoniti, ci autorizza a riferire questo calcare alla parte inferiore del lias, e quindi a ritenerlo corrispondente agli al- tri calcari ceroidi bianchi del Campigliese: infatti anche esso, come quelli, presso il vertice del M. Valerio a N.O. vedesi far passaggio gradatamente ai marmi saccaroidi. La scoperta della cassiterite in tali condizioni, è un fatto veramente singo- lare e nuovo nella scienza, tantoché ha destato giustamente la meraviglia di tutti i geologi. Infatti, mentre credevasi fino ad ora che la sede del minerale di sta- gno fosse esclusivamente in rocce granitiche spettanti alle più antiche epoche del globo, lo ritroviamo a Campiglia in un calcare relativamente giovane ed in nessun rapporto con rocce feldspatiche. La sua escavazione procede adesso re- golarmente, e credo con molto interesse della Società. — (Il Traduttore.) - 282 - anni attende allo studio comparativo delle Ammonee, mi favorì cortesemente un catalogo di fossili del Campigliese da lui deter- minati. « Questo mio lavoro paleontologico, » così egli scrivevami, « che serve di complemento all’ altro mio scritto, Nuovi fossili, può riguardarsi come il compendio di tutto quanto è a mia co- gnizione al presente sulla fauna fossile di quella località. Sento vivamente il bisogno di qualche nuovo lavoro sopra le scoperte paleontologiche di altre località toscane, specialmente in rapporto alla difficile e controversa questione dell’ età del marmo bianco. Io sono convinto che la conversione del calcare compatto in marmo nelle diverse parti di questa contrada abbia avuto luogo in formazioni di epoche diverse. Nel M. Pisano troviamo una massa marmorea che indubbiamente corrisponde al piano d Esino. Però anche qui il marmo bianco con crinoidi ed altri fossili Pas- sici è molto sviluppato. In altre località invece, come nelle Alpi Apuane è un- terreno molto più antico (forse riferibile al periodo carbonifero) che offre quello stesso carattere litologico. Sfortu- natamente i resti organici son sempre molto rari ed in cattivo stato. » Ecco la serie dei fossili del marmo bianco di Campiglia citati dal prof. Meneghini : 1. Ammonite s sp.? — Molte specie della famiglia degli Arieti, sempre però in troppo cattivo stato per poterne fare la determinazione ; 2. Amm. sp. ? — Forme paragonabili alla specie A. stella Sow.; 3. Pentacrinus sp. ? — Frammenti piccolissimi di crinoidi appartenenti probabilmente a specie diverse ; 4. Pecten sp. ? — Frammento indeterminabile ; 5. Cardium sp. ? — Idem ; 6. Chemnitzia sp.? — Simile alla Ch. Pesta d Orb., 7. Ch. sp. ? — • Forma turriculata molto allungata; 8. Montlivaltia sp. ? — Indeterminabile. Già da molto tempo P Hoffmann aveva osservato nel marmo della valle di Fucinaja articoli di crinoidi a sezione pentagonale e circolare che il Cocchi (. Descr . des roches ignées et sedim. de la Toscane. Full. d. I. soc. géol. d. Fr., 2e Sér. T. XIII, p. 241) credette di poter riferire al Pentacrinus pentagonalis Goldf. e al P. subteres Miinst. Il marmo bianco di Campiglia è considerato dai geologi toscani come appartenente al lias inferiore, mentre- eh è il bardiglio privo di fossili sottostante vien riferito al trias. Dallo scritto del Cocchi, Geologia dell’ Italia centrale, 1864, e dalle opinioni che hanno predominato fin qui, rilevasi chiara- mente la verità delle parole del Meneghini, che V età delle masse marmoree della Toscana non è per anco fissata.1 Presso il vertice del M. Calvi gli strati del calcare sacca- roide sono ricoperti da banchi calcarei criptocristallini o com- patti regolarmente stratificati. A questi succedono più in alto, come pure nella parte più elevata della pendice orientale, gli strati del calcare rosso ammonitifero. Fra quest’ ultimo e il banco sottoposto trovasi un calcare giallochiaro con venature gialle, quasi completamente ripieno di impronte di Avicida Ja- mes Mgh. ( Nuovi fossili, pag. 27). Il calcare rosso ammonitifero dal quale sono prevalentemente costituiti i monti di Cerfalco e di Montieri,2 rappresenta un preziosissimo orizzonte del lias medio, che ritrovasi poi nei monti di Cetona presso Chiusi, nel M. Pisano e nelle Alpi Apuane. Nel Campigliese gli strati del calcare rosso incontransi primieramente presso la Caldana al piede meridionale del M. Valerio ; 3 da dove dirigonsi in una 1 Per il calcare bianco ceroide può ritenersi indubbiamente fissata la sua età nel lias inferiore, non è così però per il marmo e il bardiglio; soltanto può dirsi che non esistendo discordanza alcuna fra queste formazioni, che anzi, come fu già accennato, potendosi osservare dappertutto un passaggio graduato fra il calcare ceroide e i veri marmi, nessuna interruzione dovette aver luogo nei loro depositi, ed in conseguenza o devonsi comprender tutti nel lias inferiore o rife- rire i marmi a periodi immediatamente successivi. In seguito agli studi del De Stefani nel M. Pisano, la questione dei marmi fu senza dubbio molto rischiarata; sembra quindi che i marmi bianchi di Campiglia si possano riferire al lias infe- riore insieme coi calcari ceroidi sovraincombenti ed il bardiglio all’ infralias. L’opinione del Cocquand che i marmi di Campiglia e quelli di Gerfalco, come egli dice, sebbene a Gerfalco non esistano veri marmi saccaroidi, debbano rife- rirsi al carbonifero insieme con quelli delle Alpi Apuane e dell’ Elba, è affatto insostenibile. Fra i calcari ceroidi ed i marmi mancherebbe infatti tutta quella serie potentissima di schisti, quarziti e anageniti che pure esiste a poca distanza all’ Elba, nel M. Argentario e a Montepescali, mentrechè, per contrario, non è possibile trovare fra i calcari saccaroidi e i ceroidi la più piccola discontinuità, e che questi ultimi sono liassici lo dimostrano i fossili. — (Il Traduttore.) 2 Presso queste due località il calcare rosso, che devesi riferire piuttosto alla parte superiore del lias inferiore, non forma che piccolissimi lembi isolati sulla massa predominante del calcare bianco. — (Il Traduttore.) 8 Quivi sta racchiuso in questi calcari un giacimento di biossido di manga- nese di cui una buona parte è stata escavata di recente. — (Il Traduttore.) — 284 — stretta zona verso la cima del M. Calvi, passando ad Ovest di Campigli» per la valle di Fucinaja, e, stando alla carta del Savi, possono esser seguiti fino alla Pieve presso Sassetta.' Presso Castagneto scuopresi di nuovo il calcare rosso, .che forse acqui- ■ sta qui uno sviluppo maggiore di quello indicato dalla carta del Savi, poiché il Targioni nel volume IV de’ suoi Viaggi dice, par- lando del monte per dove egli transitava tra Sassetta e Casta- gneto, « la maggior parte della pendice di questo monte consta di marmo rosso affatto eguale a quello di Montieri. » Presso la cima del Calvi gli strati del calcare rosso marmoreo bianco hanno direzione N. 45° E., e inclinazione IO a 15 gr. verso S.E. Essi sono ricchissimi di ammoniti (fra le quali alcune più grandi di un piede) e di belemniti, ed offrirono inoltre un fossile rimar- chevolissimo simile ad un Orthoceras ,s In certi blocchi staccati di un calcare bianco, che sembrava aver costituito un banco di poco spessore fra gli strati del cal- care rosso immediatamente sotto il vertice del M. Calvi, io ed il Nardi trovammo una quantità Straordinaria di piccolissime ammoniti, che il Meneghini inclinava a credere corrispondenti a quelle della fauna di Hierlatz.1 2 3 Ecco la serie dei fossili del calcare rosso del M. Calvi, gen- tilmente comunicatami dal prof. Meneghini : « 1. Ammonites màrgaritatus Montf. — Molto frequente. Il suo diametro può misurare fino a due decimetri. Le sue forme svariatissime sorprendono anche chi conosce la variabilità della specie in altri luoghi. Una varietà delle più rare corrisponde perfettamente alibi. Greenoughi Sow. secondo la figura del De Hauer ed i frammenti autentici di Adneth. Un’ altra forma con ombilico stretto potrebbe esser considerata come una specie di- 1 II calcare rosso si continua realmente fino a Sassetta, ove soviapponesi ad un calcare ceroide identico a quello della Cornata di Gerfalco, e che, come questo, presenta sulle superfìcie state esposte alle intemperie, tracce di fossili univalvi tur- riculati. Presso Castagneto sul monte di Santa Lucia, il calcare rosso e mo o sviluppato ed offre quella magnifica varietà ornamentale chiamata broccatello o mischio della Gherardesca. — {Il Traduttore.) . . 2 Un tal fossile fu da me ritrovato anche a Gerfalco, ed il prof. Meneg m vi riconobbe un Belemnites orthoceropsis. - (Il Traduttore.) ■ 3 Questo stesso calcare lo ritrovai anche a Gerfalco e a Montieri, non però nel rosso ammonitifero, ma nella parte superiore del bianco sotto- - 285 - versa se non fosse collegata colle forme tipiche per passaggi graduati ; 2. A. fimbriatus Sow. — Il guscio striato, i giri perfetta- mente'rotondi, colla spirale affatto libera senza solchi. Grossezza fino a due decimetri e anche più. Altre forme possiedono dei solchi più o meno ravvicinati, e la superficie del guscio striata (A. lineatus Schloth. ?) ; 3. A. Heberti Op. — {A. brevispira d’ Orb. non Sow.) rag- giunge parimente una grandezza non indifferente, ed offre molte varietà riguardo agli ornamenti del guscio, che nei grandi esem- plari (24 cent.) diviene quasi levigato. Questa forma potrebbe credersi VA. Brischii; 4. A. armatus Sow. — Corrisponde perfettamente alla forma di Lyme regis, più che alla forma sveva. Kara ; 5. A. JBuvignieri d’ Orb. — Fino a due decimetri di dia- metro. Il suo aspetto e la conformazione del guscio, e ciò che può vedersi dei lobi, sembrano corrispondere perfettamente alla figura e alla descrizione di d’ Orbigny ; 6. A. Zetes d’ Orb. — Fino a 4 decimetri di grandezza ; 7. A. sp.? — Forma heterophillica che io non oso deter- minare; stante. I fossili che racchiude furon determinati dal prof. Meneghini, ed eccone la nota : Ammonites Hierlatzicus H. A. difformis Emm. A . stella Sow. (Gerf. e Camp.) A. laevigatus Sow. A. geometricus Op. A. cylindricus Sow. (Gerf. e Camp.) A. Nodotianus d’Orb. (Gerf. e Camp.) Chemnitzia Nardi Mgh. (Gerf. e Camp.) Natica sp. ? Pholadomya ( cfr . Ph. glabra Ay.) Cardium sp. ? Lima sp. ? Pecten glaber Ziel. P. Hierifalci De Stef. P. Rathianus De Stef. Avicola Janus Mgh. (Gerf., Camp, e Mont.) Av. {cfr. Av. sinemuriensis Gerf. e Mont.) Terebratula Aspasia Mgh. T. Myrto Mgh. (forse var. della T. Aspasia.) — {Il Traduttore.) 20 — 286 — 8. A. Mimatensis d’Orb.— Molto frequente e molto va- riabile; la forma tipica possiede solchi e guscio striato. Fra quelle forme che si allontanano dalle tipiche io credetti di po- terne distinguere una con caratteri specifici {A. Nardii Mgh.), con ombellico molto aperto, senza solchi, con piegature molto rilevate sopra una parte più o meno grande dell’ ultimo giro del guscio. Gli esemplari di Adneth però, che Hauer determinò come A. Mimatensis , mi spinsero a riguardare questa forma come una semplice varietà; 9. A. Partschi St. — (A. striatocostatiis Mgh.). Frequente ed in grandi esemplari stupendamente conservati che permettono una descrizione della specie assai più completa di quella data da Stur ed Hauer ; 10. A. tenuistriatus n. sp. — È questa quella specie che io credetti di poter paragonare coll’ A Loscombi Sow. Però essa discostasi troppo da questa per la strettezza dell5 ombellico come anche per le strie spesse, regolari e chiaramente pronunziate in tutto il corso dell’ ultimo giro, tanto nel modello interno quanto sul guscio ;, 11. A. Normanianus d’Orb. — Secondo il disegno e la de- scrizione di d’ Orbigny, non secondo quella di Oppel. Rara ; 12. A. Nodotianus d’Orb. — Corrisponde perfettamente alla figura e alla descrizione, però ve ne ha soltanto un esemplare; 13. A. Conybeari Sow. — In questa località le ammoniti della famiglia degli Arieti superano nel numero degli individui quello delle altre famiglie. Però le distinzioni specifiche già tanto difficili per la sinonimia e per il gran numero delle specie di recente istituite, sono rese qui anco più difficili dallo stato in- completo degli esemplari, i quali talvolta raggiungono notevoli dimensioni. La maggior parte di quelle forme tanto variabili, appoggiandomi alle figure, alla descrizione ed agli esemplali originali di Hauer, credo di poterle riferire alla specie indicata e alla seguente ; 14. A. tardecrescens H. ; 15. A. spiratissimus Quenst. ? — Riferisco incertamente a questa specie forme con giri più numerosi per lo stesso diame- tro, con crescimenti più lenti e più proporzionati e con coste a maggior distanza fra loro e più acute che nelle forme tipiche; — 287 — 16. A. multicostatus Sow. ?— Secondo la figura e la de- scrizione di Hauer ; però un solo esemplare ; 17. A. bisulcatus Brug. ? — Molti esemplari ma tutti in tale cattivo stato di conservazione da non permettere un’ esatta determinazione, diversi però dalle specie precedenti ; 18. A. Geras Gieb. — Riferisco a questa forma di Adneth, descritta e figurata sotto quella denominazione da Hauer, un solo esemplare del M. Calvi, ma per contrario un gran numero di Gerfalco e di altre località, ove esiste il nostro calcare rosso. Io non saprei decidere frattanto se trattisi veramente della spe- cie di triebel i cui lobi di Ceratite negli esemplari stati esposti agli agenti atmosferici, anche in quelli di Adneth, compariscono molto incompleti ; 19. Belemnites longissimus Mill. ? — Lunghezza fino a- 150 min., grossezza 6 mm., talvolta alquanto incurvati, costituiti intieramente da spato calcare, senza tracce di struttura fibroso raggiata ; 20. B. sp. - Corpo fusiforme di 120 mm. e più di lun- ghezza e fino a 15 mm. al massimo di diametro a sezione più o meno ellittica, senza indizio di solchi nè sulla parte anteriore nè sulla posteriore, costituito da spato calcare; 21 ■ B. sp.? Frammento a sezione ellittica il cui dia- metro maggiore ascende a 30 mm.; a struttura spatica ad ecce- zione di una parte centrale rotonda di 3 mm. di diametro, aspetto fibroso. 22. B. sp.? Alveoli di circa 2 decimetri e più di lun- ghezza e 43 mm. di diametro alla estremità, con sezione più o meno ellittica, con camere separate o riunite interponendosi uno straterello spatico di circa un millimetro di spessore fra le pa- reti divisorie. Sfortunatamente il sifone ndn è visibile come negli alveoli di Belemnites orthoceropsis Mgh. della Spezia e dell’Apen- nino centrale; 23. Orthoceras? sp. Frammento di un decimetro di lun- ghezza con sezione ellittica i cui diametri ad una estremità sono di 40 e 3o mm., all altra 24 e 20 mm., conformata in cinque camere. La prima camera è molto danneggiata da una rottura, altra estremità è formata essenzialmente da una parete divi- soria. La separazione della parte mancante del fossile accadde - 288 — qui evidentemente prima della petizione. Il guscio di circa mezzo mill. di spessore, convertito in calcite lamellare, e ben con- servato. Le pareti divisorie delle singole camere appariscono sm guscio per mezzo di un orlo rilevato e questi orli paralleli e equidistanti sono leggermente incurvati nella direzione del dia- metro trasversale maggiore. Sulla superficie del guscio osservans ancora strie trasversali però non molto chiare. Il sifone trovasi presso il margine alla estremità di maggior diametro trasversale verso il quale inclinano le pareti divisorie. Soltanto un esemplare. I resti organici di quello strato interposto al calcare rosso che tanto petrograficamente quanto paleontologicamente presenta molta analogia cogli strati di Hierlatz sono i seguenti: 1 AmmonUes muticus d’Orb. -Tanto frequente e tanto variabile. Forse potrebbersi ritenere come specie quelle varietà che corrispondono all’ A. submuticus Op.; ■ 2 A Jamesoni Sow .? — È questa la forma descritta e figu- rata da d’ Orbigny sotto il nome di A. Regnarti. Qualora pero, Oppel, non nolo «»* l'A dov.snn esser riunita alla specie A. Jamesoni , resteremmo molto incerti sulla determinazione della nostra forma. Forse noi abbiamo da fare soltanto con una varietà della specie precedente, 3. A. Mimatensis d’Orb. — Offre qui le stesse varietà che nel calcare rosso; 4. A. Partschi St. ; 5. A. cylindricus Sow.; 6. A. Lipoldi Hauer; 7. A. Guidonii Sow.; 8. A. margaritatus Montf. ; A n sp — Molte forme che io ritengo per nuove ; 9. Belemnites orthoceropsis Mgh.-La stessa forma nota della Spezia. » . . . , . La maggioranza delle specie di ammoniti ritrovate nel cal- ■ Le cosi dette Belenniti a struttura epatica non radiata (Ai traxites Gumbj, a ti Ortoceratiti liassici e le varie Belemnites orthoceropsis Mgh., appat H-; ed il prof. Meneghini sta appunto ora descrivendone le specie nella sua Monografia del calcare rosso antmon.t, co della Lombardia e dell’ Apennino centrale. - (Il Traduttore.) — 289 — care rosso farebbero ascrivere anche questo strato al lias medio.1 È degno di nota che qui, come negli strati liassici delle Alpi, trovansi riunite insieme specie che appartengono a piani differenti. Sul calcare rosso ammonitifero riposano schisti argillosi di color bruno, grigio o rossiccio alternanti con banchi calcarei. Sori questi i così detti schisti varicolori del Savi, sfortunatamente privi di fossili.2 Il paese di Campiglia è fabbricato appunto su questi strati schistosi, dai quali è costituita ancora una parte della pendice del monte verso la valle di Fucinaja, come può ve- dersi chiaramente sulla strada rotabile presso il paese e un lungo tratto del crinale del Calvi. Questi schisti di aspetto paleozoico presentano per lo più notevoli perturbazioni e forti raddrizza- menti. La loro direzione generale è da S. 0. a N. E. e l’ incli- nazione verso S.E. Agli schisti varicolori che furono riferiti al periodo giurese, fa seguito un calcare compatto grigio, contras- segnato da una quantità di noduli di selce piromaca. È questo il calcare grigio cupo con selce dei geologi toscani. Ad esso succedono certi schisti quarzosi che insieme al calcare con selce furono riferiti al periodo cretaceo. Anch’ essi son privi di fos- sili ed offrono qualche analogia cogli schisti della pietra forte . Tutta questa serie di rocce, ad eccezione del marmo bianco, comparisce in una zona relativamente angusta diretta da S.S.O. a N.N.E. Come da un lato resta chiaramente definito per mezzo del calcare rosso fossilifero il limite inferiore degli strati schistosi giuresi, così non è meno sicuro il limite superiore del terreno cretaceo per la presenza degli strati nummulitici, dei quali de- vesi la scoperta a T. Nardi. Io potei osservarli un poco a S. 0. sotto la chiesa di San Giovanni sulla strada che conduce alla via 1 Stadi ed osservazioni recenti dimostrarono che i nostri calcari rossi fanno parte del lias inferiore. Ecco quanto scrivevami in proposito il prof. Meneghini : « Il rosso ammonitifero di Campiglia contiene bensì e prevalenti A . fimbriatus , A. margaritatus e parecchie altre specie del lias medio, ma insieme gran nu- mero di Arieti che sono caratteristici del lias inferiore, palesandosi così esso calcare rosso qual parte inferiore del lias medio o superiore del lias inferiore. » (Il Traduttore.) 2 II Cocquand ritrovò in essi la Posidonomya Bronni caratteristica del lias superiore in altre località della Catena metallifèra. — (Il Traduttore.) — 290 — Emilia. Gli strati con nummuliti acccompagnati da schisti a fu- coidi e da banchi di un conglomerato calcareo sono in questo punto quasi verticali, con direzione N. 8° E. e possono esser se- guiti nella stessa posizione verso N. E. Ad essi sovraincombono le formazioni eoceniche e mioceniche che verso la valle di Cornia raggiungono un notevole sviluppo.1 La questione della posizione reciproca delle rocce sedimen- tarie prese in rassegna presenta grandi difficoltà ed abbisogna di nuove osservazioni. Ciò che non potè portare ad effetto il Cocquand durante un soggiorno di molti anni in questa località, non poteva esser consentito alle mie ricerche limitate ad un pe- riodo di pochi giorni. Farò cenno soltanto di un fatto, già os- servato da Hoffmann e che ha fermato sempre 1’ attenzione di tutti quanti visitarono il Campigliese, voglio dire della discor- danza tra il marmo bianco e il calcare stratificato rossiccio della valle di Fucinaja presso la Cava grande. Gli strati del calcare appoggiano le loro testate contro la massa del marmo bianco ed al loro contatto trovasi una spaccatura ripiena di frammenti cal- carei.2 3 1 Gli strati nuramulitiferi fanno parte di una formazione di arenaria micacea che acquista il suo massimo sviluppo al di sotto di essi 5 trovansi quindi nelle identiche condizioni degli strati analoghi di Gerfalco, Prata e Montieri. (V. Boll, del R. Com. geol. d’ Italia, N* 7-8, 1875.) La roccia è il solito calcare scre- ziato grigio con frammenti di calcare bianco ceroide e di schisti verdastri e neri lucenti di ignota provenienza. Non vi ho potuto mai osservare frammenti di calcare saccaroide. Le nummuliti, alcune delle quali assai grandi, furono dal prof. Meneghini riferite nella maggior parte alle specie Nummulites Biaritzen- sis d’Arch. e N. striata d’ Orb. — {Il Traduttore.) 3 Io sono d’ avviso però che invece di una vera e propria discordanza do- vuta ad una interruzione nel depositarsi delle due forme calcaree, trattisi qui piuttosto di un rigetto, ed eccone le ragioni : la il contatto fra il calcare a cri- noidi e il bianco ceroide avviene lungo una superfìcie perfettamente piana avente per direzione N. 20° 0., e inclinazione 61° verso E.; 2a gli strati del calcare a crinoidi con direzione N. 80° 0. ed inclinazione 25° ad E., non presentano alcuna particolare disposizione che stia ad indicare il loro depositarsi attorno ad una massa preesistente già consolidata; 3a fra i due depositi calcarei è interposto un conglomerato di frizione caratteristico di tutti i rigetti ; 4a il calcare a crinoidi ritrovasi anche a non molta distanza alla base del M. Valerio, ove sovrapponesi colla più perfetta concordanza al calcare bianco ceroide che quivi racchiude la cassiterite. Il luogo preciso del fenomeno in questione trovasi subito sopra alla Cava grande, e consiste in una parete verticale alta forse 6 metri e di poco più lunga, - 291 - Le rocce eruttive dei dintorni di Campiglia, benché sotto l’ aspetto geologico rappresentino molto verosimilmente una stessa formazione, possono dividersi naturalmente in due gruppi di- stinti : porfidi quarziferi e porfidi augitiei, sebbene quest’ ultima roccia non abbia molta analogia colla forma litologica tipica di questo nome. Il porfido augitico campigliese non corrisponde ad alcun’ altra roccia finora determinata in petrografia. Il porfido quarzifero comparisce in parte nelle colline di San Vincenzo oc- cupando una vasta estensione, in parte a guisa di filoni che ven- gono a giorno nella conca montuosa di Campiglia. Le colline porfiriche rotondeggianti o soltanto eccezionalmente conformate in cime acuminate, formano quasi una serie di gradini per salire alle più grandi elevazioni del gruppo e si appoggiano agli erti dirupi marmorei del M. Calvi. Esse sono coperte di copiosa ve- getazione boschiva e colle loro più lontane appendici raggiun- gono il litorale presso San Vincenzo. Una serie di vallecóle che nel loro insieme prendono origine dai monti calcarei e marmorei circostanti, solcano la zona delle colline porfiriche ; tali sono il Botro di San Biagio, delle Bocchette e dell’ Acquaviva. Il porfido quarzifero di San Vincenzo è una roccia cui solo con grande difficoltà può assegnarsi un posto nelle classificazioni sistematiche. Il Targioni Tozzetti, nel tomo IV de’ suoi Viaggi , fa menzione delle cave di questa pietra al M. delle Bocchette non lungi da Castagneto con queste parole : « Viene quivi esca- vata una pietra della durezza dell’ arenaria, ma colla struttura nel bel mezzo della quale avviene nel modo più marcato il contatto fra i due distinti calcari. Eccone la esatta riproduzione : Fig. 2. a. Calcare bianco ceroide. — l. Calcare roseo a crinoidi. — e. Conglomerato di frammenti calcarei. — d. Apertura della Cava grande. (Il Traduttore.) — 292 — del granito o del peperino (trachite) di Santa Fiora.' Presso Ca- stagneto impiegasi nella costruzione di stipiti per porte e fine- stre. » I diesaedri arrotondati di quarzo contenuti in questa roccia furono osservati per la prima volta dal Pilla e questa scoperta avrebbe un altissimo interesse se la roccia in parola fosse real- mente una trachite come la ritenne lo stesso Pilla. E come tale fu da me analizzata e descritta nella appendice alla prima parte di questo mio lavoro.8 Nulla ho da aggiungere alla descrizione mineralogica che quivi ne feci (pag. 639-640) sebbene nuova- mente da me studiata, soltanto farò rimarcare ancora una volta che questa roccia componesi di una piccola quantità di pasta amorfa in cui stanno racchiusi cristalli di sanidina, di un feld- spato triclino (oligoclasio), quarzo, mica nera e magnetite. Allorché io descrissi questa roccia, P aveva imparata a conoscere soltanto sui campioni che mi furono favoriti in parte dal professor Me- neghini, in parte dal Nardi; un certo qual dubbio però mi era rimasto se forse essa dovesse esser riposta nella famiglia dei graniti. La presenza di una pasta amorfa, il feldspato sanidimco e P intiero abito della roccia la facevano credere una trachite. Tuttavia la esistenza di una grande quantità di diesaedri di quarzo era un fatto veramente straordinario in una roccia vul- canica e tanto più lo era la presenza della cordierite affatto estranea alle rocce vulcaniche.3 Inoltre il fatto, che da me erano state osservate nel territorio campigliese rocce granitico-porfiriche non lungi dalle colline ritenute come trachitiche potè avvalorare il dubbio intorno al vero carattere della roccia. Sarebbe davveio impossibile in Toscana distinguere le rocce trachitiche dalle gra- ■ La somiglianza del porfido quarzifero di San Vincenzo con una varietà della trachite di Santa Fiora, apparisce a prima vista più grande di quello che lo sia in realtà ; imperocché i grani simili a quelli di quarzo di quest’ ultima roccia sono invece di una specie di ossidiana. — (U Autore.) 2 il lavoro cui allude V autore ha per titolo Geognostisch-mmeralogische Fragmente aus Italien, del quale il presente scritto, Die Berge von Campigli* , non è che porzione della seconda parte. - (Il Traduttore.) 8 II fatto della presenza dei diesaedri di quarzo e della cordierite nelle rocce trachitiche, verificasi nel territorio di Roccastrada (V. vom Rath, m ^"*9* bungen von Massa Marittima. - Zeitschr. der deut. geol. Geseiis 1873) e no vi ha dubbio alcuno che queste rocce riversatesi sul pliocene debbano esser - tenute come vulcaniche. (V/ Boll, del R. Com. geol. - 293 — nitiche, cosa facilissima in altre località? Scopo principalissimo pertanto della mia seconda visita a Campiglia fu quello di os- servare in posto questa roccia tanto singolare. A tal uopo gui- dato dal Nardi percorsi la Val delle Bocchette che taglia per tutta la sua lunghezza quel gruppo di colline, visitando le cave di pietra che vi si incontrano, studiando accuratamente il ca- rattere mineralogico e la conformazione esteriore della roccia e ritornai da questo viaggio colla convinzione che quelle colline erano di trachite, in accordo coll’opinione di tutti coloro che ne scrissero in proposito. Il confronto però di essa colle rocce porfirico granitiche dei filoni, la connessione non dubbia di questi ultimi col terreno porfirico delle colline, 1’ esistenza della cor- dierite tanto nella roccia dei filoni, quanto nella cosiddetta tra- chite, mi offrì la certezza che quest’ ultima non poteva assolu- tamente separarsi dai porfidi quarziferi dei filoni. La cordierite trovasi nella roccia di Val delle Bocchette frequentemente in aggregati granulosi che sembrano quasi come rivestiture di ma- terie estranee. Talvolta però le cordieriti, che sebbene non siano visibili in ogni campione pure non vi mancano mai, sono impian- tate nella pasta isolatamente, costituendo uno de’ suoi compo- nenti essenziali. Esse comportansi qui alla stessa guisa dell’ oli- vina nel basalte. La roccia racchiude altresì molti aggruppamenti di quella stessa mica che vedesi disseminata nella pasta. Nel tratto superiore della Valle delle Bocchette potei osservare dei banchi di porfido quarzifero schistosi e quasi stratificati molto rassomiglianti ai giacimenti analoghi del Thuringer Wald. La roccia di Val delle Bocchette, rapporto alla quale difficilmente può decidersi se debbasi riguardare come trachite o come por- fido quarzifero, ha una certa analogia col porfido di Dobritz in Sassonia, Mentre adunque io esprimo la mia convinzione che non trovansi rocce vulcaniche recenti (brachiti) nè nella conca di Cana- piglia, nè nella strada da Bocca San Silvestro alla parte supe- riore della Valle delle Bocchette, nè nella valle stessa fino a San Vincenzo, non rimane naturalmente esclusa la possibilità che nelle colline di Castagneto esista una vera e propria trachite.1 1 Nel tratto inferiore del Botro di Santa Maria sotto Castagneto, che forma 1’ estremità settentrionale della zona delle colline porfiriche, la roccia mantiene sempre caratteri più vicini al porfido che alla trachite. — (Il Traduttore.) — 294 — Un tale giacimento occuperebbe il posto intermedio fra le tra- cbite del Monte Àmiata e quelle dell’isola di Capraja. Una varietà di porfido quarzifero molto diversa da quella che abbiamo descritto è il granito di Campigìia così chiamato dagli antichi autori : esso consiste in un miscuglio di minutissimi grani di feldspato bianco e di quarzo grigio nel quale stanno dissemi- nati cristalli di feldspato di circa 7, pollice di grossezza. Il quarzo vi comparisce in grani irregolarmente arrotondati. Alcune lamelle estremamente piccole di mica bianca manifestansi colla massima evidenza nella roccia in seguito al suo arroventamento. I punti bruni sparsi nella sua massa bianca provengono da pi- riti decomposte. Non potei però constatare con sicurezza la pre- senza di feldspati triclini. Porfido quarzifero del filone del Botro dell ’ Orlacelo. — Peso sp. 2, 592 (a 23° C.) Silice 70, 93 Allumina ... 16, 38 Prot. di Fe. . 0, 36 Calce 0, 32 Magnesia ... 0, 58 Potassa .... 5, 47 Soda 4, 52 Perdita .... 1, 50 100,06 Quoziente dell’ ossigeno 2, 683. Nessuna traccia di barite. Con- frontando la presente analisi con quella della trachite quarzifera di Campigìia (ved. Parte I, pag. 640) vedrebbesi chiaramente che ambedue le roccie sotto l’aspetto della composizione chimica sono fra loro molto affini. È la composizione ordinaria di molti gra- niti e porfidi quarziferi. Una roccia divisa in banchi molto simile al porfido quaizi- fero analizzato trovasi nel lato settentrionale del Botro ai marmi, al piede del Monte Rombolo che rappresenta una massa avan- zata al disotto dei più elevati monti marmorei. Questo stesso porfido quarzifero a struttura granitica forma due filoni correnti in direzione parallela fra loro e intimamente collegate coi filoni metalliferi di cui parleremo fra breve. Ossigeno 37,83 7,65 0, 08 0,09 0, 23 0, 93 1,17 - 295 — Uno di questi filoni porfirici incomincia nella pendice Nord- Ovest del Monte Calvi ed attraversa per un miglio la parte più alta del Botro delle Ginevre e dell’ Ortaccio. Incontrasi questo filone scendendo dal vertice del Monte Calvi per le rupi mar- moree fino al palazzo Lanzi e vedesi dal detto palazzo stendersi a guisa di un nastro giallo rossiccio sul bianco fondo dei marmi attraverso quelli scogli inaccessibili. La direzione del filone è da N.O. a S.E. e l’inclinazione forte verso N.E. fino a diventare ver- ticale. Dall’alto della scogliera marmorea la striscia granitica scende nella Val delle Ginevre, da dove può seguirsi fino alla parte superiore della Valle dell’ Ortaccio, comparendo in tutto il suo tratto in forma di scogli o di blocchi sciolti. La potenza di questo filone oscilla fra 6 e 15 metri. Nel fondo della Valle dell Ortaccio vedesi il filone porfirico con 6 a 7 metri di spessore chiaramente scoperto fra i banchi marmorei. Il limite fra il marmo e la roccia eruttiva è brusco ; non si osservano speciali fenomeni di contatto, se pure non debbonsi ritenere come tali la presenza del granato e della vesuviana. La roccia componesi qui di una pasta apparentemente compatta, biancogiallastra, ' in cui stanno sparsi cristalli di feldspato della grossezza di . circa un pollice, diesaedri di quarzo, mica bruna e moltissime cordie- riti della grossezza di una linea convertite in piniti. Il secondo filone porfirico, diretto parallelamente al primo, attraversa il marmo fra Rocca San Silvestro e il Palazzo Lanzi e può seguirsi fino alla Valle di Fucinaja per una estensione di poco meno che due miglia. Essendo questo filone tanto stretta- mente connesso col filone metallifero che ambedue in alcuni punti riempiono la stessa spaccatura, avremo occasione di illu- strare più oltre vari punti del suo affioramento. La roccia di questo filone, in quel botro fra la Rocca San Silvestro e la Valle dell’ Acquaviva, è molto affine alla roccia trachitoide di Val delle Bocchette. Io non ho seguito nè questo, nè l’altro filone più ele- vato fino alla loro riunione colla zona porfirica delle colline di San Vincenzo. Non puossi però menomamente dubitare che am- bedue i filoni siano diramazioni di quella grande massa eruttiva; imperocché, anche fatta astrazione dalle analogie presentate dalle rocce di ambedue quelle forme di giacimento, la loro stessa di- rezione conduce immediatamente su quella massa porfirica. È noto — 296 — infatti che una delle principali caratteristiche dei filoni porfinci è quella appunto di essere fra loro paralleli, molto estesi in lun- ghezza e di una grande potenza; vi sono altresì esempi che tali potenti filoni presentaci come diramazioni laterali di una pm grande massa porfirica (ved. Naumann, Lehrbuch der Geognom, Voi. Il pag. 694). Sembra però che in pochi altri luoghi siasi , osservato il marmo bianco qual roccia di contatto di filoni tanto estesi È degno di nota il fatto che sebbene questo porfido quai- zifero siasi fatta strada tra rocce calcaree contiene soltanto una minima quantità di calce. L’ esistenza di rocce della famiglia dei graniti (graniti e porfidi quarziferi) nel continente italiano da Baveno fin presso Cosenza per una estensione di oltre 500 mi- glia è un fenomeno veramente straordinario. Fuori di Canapiglia io non conosco con certezza che il giacimento granitico di Ga- vorrano presso Massa Marittima.’ Dal Cocquand viene pero an- j noverata fra i graniti la roccia cristallina di Roccatederigm e ! quella di Roccastrada e Sassofortino pure in provincia di Gros- seto, mentre Pareto ( Dal Monte Abitata a Roma, pag. 23) vere in essa con maggior ragione una vera e propria traclnte.- Se- ; condo quanto affermano ambedue questi osservatori le rocce c ì queste tre località son più giovani di certi strati terziari, per la qual cosa, secondo le mie convinzioni, il carattere di granito viene senz’ altro escluso. La determinazione della età relativa dei . filoni porfirici di Canapiglia è collegata con quella degli stinti più giovani nei quali penetrano. Essi stanno racchiusi per a maggior parte della loro estensione nel marmo bianco (lias in- feriore) e proseguono con molta probabilità fin entro il calcare ammonitico nella Valle di Fucinaja. ] Il porfido augitico di Canapiglia ha uno sviluppo molto limi- tato, ed è collegato coi filoni metalliferi anche più strettamente dei porfidi quarziferi. In una pasta di colore variabile dal chiaro al cupo, fusibile al cannello, stanno disseminati i seguenti mi- nerali : ortose bianco o giallo-chiaro in cristalli grandi fino ad 1 v. G. VOM Ratti, Die Umgebungen von Massa Marittima , Zeitschr. etc. 1873, e B. Lotti, Sulla Geologia del Gruppo di Gavorrano. - Boll, del R. Com geol. d’Italia, N1 2 1-2, 1877. - (Il Traduttore.) 2 V G vom Rate, 1. c., e B. Lotti, Descrizione geologica dei dintoi Roccastrada. - Boll, del R. Com. geol. d’ Italia, N* 3-4, 1877. - (li Traduttore. — 297 — un pollice, semplici o geminati ; feldspato iridino in cristalli della grandezza di circa quattro linee ; augite in cristalli grossi ordi- nariamente mezza linea, di color verde scuro, con frattura lu- cente che rammenta quella della uralite, oppure nero verdastro senza sfaldatura, convertita in una massa serpentinosa ; magne- tite impastata coll’ augite ; mica solo in piccola quantità ; quarzo grigio-chiaro o azzurro violetto chiaro, parte in diesaedri arro- tondati, parte in masse sferoidali della grossezza di circa un pollice, in forma di druse, non però a struttura concentrica, rac- chiudenti nel loro interno epidoto od anche rivestite dall’ epidoto stesso. Insieme alle augiti convertite in serpentino possono osser- varsi talvolta anche cristalli di augite riproducenti la disposizione della smaragdite. Yi si osservò pure fi olivina in un cristallo della grossezza di una linea convertita in serpentino ; in forma di grani cristallini costantemente ridotti in serpentino essa costituisce uno dei non rari componenti della roccia. La pirite di ferro vi si trova pure, sebbene raramente, in piccole particelle granulari. Porfido augitico grigio verdastro della Cava sopra V Or taccio presso la Buca dell’ Aquila. (Peso sp. 2, 668 a 18, 5 gr. C.) Ossigeno Silice 57, 95 30, 90 Allumina . . . 12, 52 5,84 Prot. di Fe . . 5, 44 1,21 Prot. di Mn . 1, 70 0, 39 Calce ..... 3, 80 1, 19 Magnesia . . . 5, 27 2,11 Potassa .... 4, 78 0, 81 Soda 3, 27 0, 84 Acqua 5,49 100, 22 4, 88 Il contenuto in acqua di questo porfido augitico dimostra che ivi pure ebbe principio una formazione serpentinosa, quantunque per fi analisi fosse stato scelto appositamente un campione dei più inalterati, cosa del resto che manifestasi anche per mezzo delle ricerche mineralogiche. La presenza in una stessa roccia dei suddescritti minerali in individui isolati, è un fatto che fin ora non era stato osservato. La concomitanza dell’ augite e dei- fi olivina col quarzo e coll’ ortose non si accorda con quelle re- gole sull’associazione dei minerali nelle rocce, che verificansi - 298 — nella maggior parte dei casi e nelle quali si era forse inclinati a riconoscere delle vere leggi. La roccia di cui si tratta forma un potente filone che riempie la stessa spaccatura del filone me- tallifero, e può seguirsi per oltre un miglio di lunghezza. Per tal fatto e allo scopo di sottrarsi alle difficoltà dell’ ordinamento di essa nelle classazioni sistematiche e di tener ferma la regola « quarzo e feldspato non possono coesistere in una stessa roccia coll’ augite e P olivina, » si poteva forse credere che il porfido augitico di Campi gli a (porfido euritico di altri autori), fosse una massa minerale formatasi anormalmente per certe sue peculiari condizioni di contatto. Però io non credo che questa spiegazione soddisfi pienamente di contro ai fatti. Al porfido augitico chiaro, di cui fu data P analisi, deve ag- giungersi un’ altra varietà serpentinosa scura. Dove il porfido sta a contatto della massa augitico-ilvaitica, od anche dove i fram- menti del primo sono racchiusi e quasi fusi nella massa del filone, là esso diviene verde scuro e più o meno convertito in una massa serpentinosa. Al microscopio Vvedesi chiaramente come le augiti e le olivine siano state rimpiazzate da una sostanza ser- pentinosa. Queste augiti decomposte e modificate mostrano nei miei apparecchi microscopici, mediante P impiego della luce po- larizzata, zone colorate di punti e linee, fenomeno che non è presentato nello stesso modo dall’ augite inalterata. L’ analisi se- guente si riferisce appunto ad un campione di porfido augitico scuro staccato dalla stessa cava a due piedi di distanza dal pie- cedente, ma a pochi centimetri dal contatto delle massa ilvaitica. Porfido augitico verde cupo della Cava sopra V Ortaccio presso la Buca dell’Aquila. (Peso sp. 2,914 a 19, 7* gr. C.) Ossigeno Silice 38, 88 20, 73 Allumina . . . 4, 23 1, 97 6, 03 Prot. di Fe. . 27, 12 Prot. di Mn. . 6, 94 1, 59 Calce 1,85 0, 53 4, 86 Magnesia . . . 12, 16 Potassa .... 0, 19 0,03 Soda 0, 35 0, 09 Acqua 8, 86 100, 58 7, 88 - 299 — Risulta da questa analisi che la roccia è costituita per la massima parte da un serpentino ferrifero col quale sono mesco- lati i resti dei silicati che subirono l’alterazione. Il manganese vi esiste allo stato di wad che comparisce di frequente sui mar- gini della roccia. Interessanti osservazioni furono pubblicate da Tschermak sopra la conversione, riconoscibile . al microscopio, dell olivina in serpentino. ( Verbreitung des Olivins in den Fels- arten . Siteb. d. h. Ah. d. Wiss.; Jahrg. 1867, Site, vom 11 Juli.) « L’ olivina apparisce scagliosa, e nelle minutissime fessure ser- peggia una rete di vene serpentinose. » Paragonando la composizione del porfido augitico verde chiaro con quella del porfido augitico verde cupo, le quali rocce nella stessa cava e in uno spazio di circa due piedi passano grada- tamente 1 una all altra, ne resulta : una relativa diminuzione di V, dell’ acido silicico, di % di allumina, di % di calce, di 14/15 di alcali, e per contrario un relativo aumento del quintuplo di protossido di ferro, del quadruplo di protossido di manganese, di circa il doppio di magnesia, e approssimativamente di una volta e mezzo d’ acqua. Devesi anche osservare che il porfido augitico serpentinoso è attraversato da numerose vene metallifere sottilissime (piriti di ferro e di rame). Riscaldata al contatto dell’aria questa roc- cia diviene bruno-rossiccia, mentre che facendo lo stesso in una atmosfera di acido carbonico (come fu fatto per la determina- zione del suo contenuto in acqua), il suo colore verde scuro re- sta inalterato. Per il riscaldamento il peso specifico giunge a 3,275; appariscono allora più chiaramente che prima del ri- scaldamento minutissimi cristallini prismatici lucenti sul fondo opaco della roccia. Sopra la causa della conversione del porfido augitico chiaro in quello cupo serpentinoso a misura che si avvicina alla massa ììvaitica, possono aversi due opinioni differenti secondochè ri- guardaci come sorgenti di tali azioni le acque superficiali che forse penetrarono nel terreno presso il contatto, oppure imma- ginaci soluzioni calde provenienti dal basso che in uno stato Piu o meno plastico accompagnarono V uscita della roccia. Nel primo caso la conversione non avrebbe alcun legame coll’ atto della eruzione, come certamente V avrebbe in conseguenza della — 300 — seconda ipotesi. Per deciderci in tale difficile alternativa è ne- cessario imparare a conoscere da vicino la massa del fio tallifero. Merita qui di esser ricordato che il porfido aug.tico e tanto strettamente connesso colla massa ilvaitica metallifera che sotto i colpi del martello staccasi il porfido insieme coll ilvaite piuttostochè rendersi libera la superficie di contatto. Presso la Cava del Temperino possono facilmente ottenersi esemp an c - stituiti per metà d’ ilvaite e per metà di porfido. 1 filoni augitici metalliferi -Ninno certamente ha veduto nella collezione mineralogica di Pisa i minerali metalliferi di Campiglia unitamente alle sferoidi di augite raggiata, che costi- tuisce prevalentemente la matrice di quei filoni, senza esser com- preso'di meraviglia ed animato dal più vivo desiderio d’ imparare a conoscere colle proprie osservazioni il giacimento che sommi- nistrò tali esemplari di bellezza unica piuttostochè rara. La vi- sta del giacimento però sorpassa di gran lunga 1 aspettativa. Nella Cava del Piombo in seguito agli ultimi lavori (ora pelo nuovamente sospesi come tutte le altre lavorazioni minerarie di Campiglia),' fu scoperta una massa formata di sferoidi raggiate, una delle quali veramente gigantesca di 2 */, metri di diametro. Le fibre augitiche della lunghezza di 1" a 1“, 30 racchiudono nel centro masse della grandezza di un piede di blenda bruna, galena, calcopirite; anche sulle superficie concentriche delle sfe- roidi risplendono le piriti. Aggiungansi masse d’ ilvaite neia u- cente con druse ovali di cristalli di quarzo, porfido scuro ; e tutti questi minerali insieme riuniti e disseminati in un filone v eli- cale della potenza di 20 a 30 metri limitato da ambedue ì lati c a un marmo candido come neve, e potremo allora riuscir forse a farci un’ immagine dello straordinario spettacolo offerto da que- sto giacimento che non ha simile in tutta Europa. « Ce sont de ces merveilles qu’il faut renoncer à décrire. » ■ Fino da quattro anni circa queste lavorazioni sono state ! prese da tre diverse compagnie inglesi, una delle qual., Lead minmg Company limited, lavora più specialmente nella Cava de un'altra ha in affitto per un dato periodo di tempo la miniera . S1 e le cave del ferro e dei marmi del M. Rombolo, di proprietà del s,«nor " cary di Campiglia, la terza più fortunata delle altre concentra la intorno al minerale di stagno nel M. Valerio, non trascurando pero che pure vi si trova in abbondanza. - ( Il Traduttore.) — 301 — Esistono presso Campiglia due filoni o più propriamente due allineamenti di filoni (Gangzugé) di cui la matrice consta essen- zialmente di augite raggiata; uno di essi più a S.O. sul quale trovasi l&.Cava del Temperino, l’altro più a N.E. ov’ è la Cava del Piombo , ambedue hanno una direzione parallela da S.S.E. a N.N.O. che presso la loro estremità meridionale diviene quasi S.E. — N.O. Questi filoni non son continui alla superficie, ma presen- taci in tratti isolati allineati nella stessa direzione, dei quali non fu potuto constatare la connessione neppure coi lavori sotterranei. Due varietà di augite formano di preferenza la matrice di essi : 1° Augite calcareo-ferrifera verde cupa con poco manganese; 2° Augite calcareo-manganesifera grigio-verdastra, rosea e grigio-chiara. L’ augite ferrifera presentasi talvolta in bei prismi, benché rotti alle estremità, nei quali possonsi con certezza riconoscere le forme cristalline dell’ augite, cioè il prisma rombo-verticale colle prime e seconde facce laterali.’ Queste masse fibrose furon ritenute generalmente per orneblenda, ad onta che il Pilla ne avesse riconosciuta la vera natura, e ciò per V abitudine di ri- tenere per augite le masse granulari e le fibrose per orneblenda ; ma tale regola, come lo fu pel Campigliese, potrebbe esser fal- lace in molti altri casi. Peso sp. 3, 604, oppure per una seconda determinazione 3, 592 (a 14 l/2 gr. C.). Questo peso specifico è più elevato di quello che fu finora riscontrato in qualunque altra augite. Il peso del diopside e della malacolite è 3,3 a 3,35, quello della augite vera di Arendal (secondo Wolff) con 27 °/0 di pro- tossido di ferro è 3, 467, tuttavia quello della paisbergite secondo Igelstròm è 3, 63. L’ analisi dette : Silice . 40,06 Ossigeno 26, 16 Allumina . . . . 0, 19 0, 09 Prot. di Fe . . 26, 23 5,82 Prot. di Mn . . 9,04 2,07 Calce . 11,36 3, 24 Magnesia . . . . 3, 42 1, 37 Acqua .... . 0,38 99, 68 1 In alcuni cristalli di augite di Campiglia, esistenti nel Museo di Massa Ma- rittima, oltre il prisma verticale e le seconde facce laterali è sviluppatissimo anche il prisma obliquo anteriore. — (Il Traduttore.) 21 — 302 — Il rapporto deir ossigeno dell’ acido silicico a quello delle basi è circa 2 \ 1, ne consegue quindi la formola RO. SiO oppure per il nostro composto augitico CaO ) FeO. SiO! + MnO SiO2 MgO ) La formula dell’ augite, è come è noto R“ Si'v 03n cui può combinarsi (come fu dimostrato da Rammelsberg) come equiva- lente . . . . ftVI O3”. Dalla precedente analisi può calcolarsi la se- guente composizione elementare, non tenendo conto della piccola quantità di allumina che può riguardarsi come molecola d’ interpo- sizione, e dell’ acqua che riteniamo come non essenziale nel com- posto augitico: 1 11 Si 22,90 Ca 8,12 equivalente = 11, 37 he Mg 2, 05 » = 4, 78 » Mn 6,97 » = 7,10 » Fe 20,41 » =20,41 » 0 38, 66 111 21, 77 43, 66 Fe 41, 49 36,74 La colonna I contiene la composizione elementare calcolata coi dati dell’analisi precedente; la II gli equivalenti in Fe del Ca, Mg, Mn ; la III corrisponde ai numeri in corsivo ridotti a 100. , , . La composizione teorica dell’ augite ferrifera secondo la foi- mula FeSiOs richiede i seguenti relativi pesi di combinazione Fe = 56, Si = 28,3 0 = 48, oppure, ridotti a 100, Fe = 42, 43 ; Si = 21,21; 0 = 36,36, che corrispondono molto approssima- tivamente coi numeri della colonna III. Fra le numerosissime analisi di augiti prodotte da Rammels- berg nella sua chimica mineralogica, non ve ne ha una che sveli una composizione uguale alla precedente. Le augiti prive o po- vere di allumina, alle quali appartiene quella di Canapiglia, con- tengono per lo più una quantità circa il doppio più grande di calce e magnesia, e meno protossido di ferro e di manganese. L’ augite manganesifera di Campiglia, quando è inalterata, possiede un colore giallo verdastro che per la più piccola de- composizione convertesi in rosso fior di pesco e quindi in grigio chiaro. Il suo contenuto in manganese manifestasi ancora per le nere rifioriture di wad di cui si ricuoprono dopo una più avan- zata decomposizione. Essa presentasi in masse raggiate concen- triche senza forma cristallina riconoscibile. L’ opinione che questo minerale fibroso sia augite, non orneblenda, trova appoggio spe- cialmente nella sua analogia coll’ augite ferrifera, essendoché am- bedue fanno parte di uno stesso filone. Peso sp. 3, 450 (a 12 gr. C.). Silice 49, 23 Ossigeno 26, 25 Allumina . . . 0, 37 0, 17 Calce 18, 72 5, 35 Magnesia . . . 1, 81 0, 72 Prot. di Fe. . 1, 72 0, 38 Prot. di Mn. . 26, 99 6. 17 Acqua 1, 54 100, 38 Anche qui il rapporto dell’ ossigeno dell’acido silicico a quello delle basi RO si avvicina a 2 ; 1; perciò la formula RO. Si02, oppure CaO ] MnO. Si02 -q- MgO Si02 FeO ) Il calcolo dei corpi elementari dà : i ii Si 22, 98 Ca 13,37 equivalente = 18, 38 Mn Mg 1,09 » = 2,50 » Fe 1,34 » = 1,31 » Mn 20,82 » == 20,82 » 0 38, 87 43, 01 ni 21, 91 41,02 *37, 07 La composizione teorica dell’ augite di manganese conforme alla formula MnO. Si02 o MnSi03 richiede i seguenti relativi pesi di combinazione : Mn = 55 ; Si = 28 ; 30 = 48; oppure ridotti a 100, Mn = 41, 96; ,Si = 21, 38; 0 = 36,66, i quali numeri corrispondono all’ incirca coi valori della colonna III. An- che qui la piccola quantità di allumina non deve considerarsi come essenziale nella composizione di questo silicato. — 304 — L’ augite manganesifera di Campigli per la sua composizione chimica si avvicina molto alla bustamite di Reai minas de Fe- tela Messico (e soltanto con questa fra tutte le augiti manga- nesifere fin ora analizzate), di cui la composizione è secondo Ebelmen la seguente : silice 50, 67 ; protossido di Mn 30, 73 ; calce 16,45; protossido di Fe 1,31; magnesia 0,73. Una re- cente analisi dello stesso minerale, eseguita da Rammelsberg, dette : silice 47, 35 ; protossido di Mn 42, 08 ; calce 9, 60 ; acqua 0 72 (V. Zeitschr., voi. XVIII, pag. 34). Alla stessa guisa che là bustamite del Messico, è pur questa di Campiglia compene- trata di calcite. Perciò prima dell’ analisi il minerale ridotto in polvere fu trattato con acido acetico.' La polvere trattata per molte ore coll’ acido acetico e quindi disseccata a 110 gr. ., dette, riscaldata da un’ atmosfera di acido carbonico, ancora una perdita di 1, 54 °/0 che più sopra fu computata come acqua. Des Cloizeaux (.Traiti des min.) dice: i On a rapportò à la busta- mite une substance gris jaunàtre, dont la structure étoilee est très-marquée et qui s’est trouvée avec blende, galène et amphi- bole (pyroxène) fibreuse vert grisàtre à la Cava del Piombo dans le Campigliese.* » , . L’ilvaite possiede un colore generalmente nero, facile sfal- datura in una direzione parallela alle seconde facce laterali, scio- gliesi facilmente nell’ acido cloridrico gelatinizzando ; il suo peso specifico è 4,015 (a 16 gr. C.). Un’analisi, nella quale pero avvenne una perdita di calce ed il ferro che, come è noto, vi si trova in ambedue i gradi di ossidazione, fu determinato com- plessivamente soltanto allo stato di ossido, détte . silice 29, 53 , ossido di Fe 57, 54 ; protossido di Mn 2, 17 ; magnesia 0, 71 ; allumina 0, 52 ; (calce 4, 24). Questo risultato prova che l’ ilvaite di Campiglia*possiede sostanzialmente la stessa composizione dei cristalli di Rio-Marina nella prossima isola d’ Elba. Nelle druse - Però poteva scegliersi il minerale tanto puro da contenere so o 1 a /„ d carbonato di calce, mentrechè secondo Ebelmen la bustamite del Messic .data analizzata ne conteneva più che il 12 •/,. (V. RunBiMH», Mmeral°^2%. , ’ » F pisani analizzò la bustamite di M. Civillina nel Vicentino. Peso sp. 3, 161 ; silice 46,19, protossido di Fe 1,05, protossido di Mn 28, 70 ca!c^ 13, 21, sia 2,17, carbonato di calce 6,95, acqua 3, 86. -Totale 101, 35. -C. r. LXI , 100. — (L’Autore.) — 305 — del filone augitico di Canapiglia trovasi talvolta V ilvaite in ele- ganti cristalli grossi fino a tre pollici, accompagnati dal quarzo. Essi presentano le stesse forme di quelli veramente grandiosi dell Elba. (Continua.) NOTE MINERALOGICHE. Sulla Molibdenite del Biellese, nota del prof. A. Cossa. (Da una comunicazione fatta alia R. Accademia dei Lincei, nella seduta del 8 giugno 1877.) Recentemente ho eseguito 1’ analisi di un campione di mo- libdenite di Macchetto (Vallone di Rialmosso, Comune di Quit- tengo-Biella), che mi fu cortesemente procurato dal professore Scurati Manzoni e dall’ egregio giovane Alessandro Sella, i quali hanno iniziato delle ricerche per estrarre industrialmente l’acido molibdico da questo minerale. In Piemonte la molibdenite venne scoperta per la prima volta verso 1’ anno 1856 dall’ illustre mineralista Quintino Sella nella località sovraccennata, e presso Traversella nella sienite; questo minerale finora non fu analizzato. Nel campione che ho esaminato, la molibdenite è dissemi- nata nel quarzo latteo, associata a pirite, calcopirite e ad ocra molibdica, formatasi, molto probabilmente, in seguito alla decom- posizione del solfuro di molibdeno. Si presenta sotto forma di laminette facilmente sfaldabili, flessibili, ma non elastiche. Per la durezza, il colore e la lucentezza, rassomiglia assai alla grafite, dalla quale però si distingue facilmente per la macchia grigio- verdognola che lascia quando è strofinata sopra un corpo bianco duro. Ridotta in lamine molto sottili riesce perfettamente opaca, e per quanta diligenza abbia usato, non sono riuscito ad osser- vare la trasparenza verde-porro, notata da Knop in questo mi- nerale. 1 1 Citata da Naumann, Elemente d. Mineralogie , 9* Auflage (1874), pag. 600. — 306 — del peso specifico eseguita col pieno- La determinazione — .. metro alla temperatura di 14» c„ diede i risultati seguenti: 4,687; 4,702; 4,725; in media 4,704. „ , La molibdenite messa nella parte più calorifica di una lam- pada di Bunsen, non si fonde ; colora la fiamma m ver e-gia - lognolo e si consuma lentamente spandendo fumi bianchi che si depositano sopra un corpo freddo sotto forma di una poveie cristallina gialla, che diviene bianca per raffreddamento. Analiz- zando la fiamma verde-giallognola collo spettroscopio si osserva uno spettro continuo, ma limitato tra le righe B e G di ìauen o ei . Un saggio del minerale torrefatto mescolato col sale di fosforo dà nella fiamma di riduzione intermittente una perla az- zurra. Col borace, nella fiamma ossidante, la perla e già a a caldo ed incolora a freddo. La molibdenite fusa col nitrato po- tassico deflagra vivamente; sciogliendo la massa fusa ne acqua si ha una soluzione incolora, la quale trattata con acido clori- drico e zinco, oppure con cloruro stannoso diventa successiva- mente azzurra, verde e bruna. La molibdenite riscaldata in un tubo chiuso emette vapon di anidride solforosa; nell’ossigeno si ossida prontamente con sviluppo di luce, e si trasforma in una massa di 'ammette cri- stalline splendenti (anidride molibdica), solubili completamente nell’ ammoniaca. Riscaldato in una corrente di idrogeno secco, ì minerale non subisce alcuna alterazione; invece in una corrente di cloro si decompone e dà origine a cristalli di color grigio- scuro di pentacloruro di molibdeno. La molibdenite non è intaccata sensibilmente dall acid cloridrico; si scioglie invece completamente nell’acqua regia. L’ acido solforico concentrato e bollente intacca leggermeli e a molibdenite. Alcuni scrittori di mineralogia asseriscono che ques o minerale si scioglie nell’ acido solforico bollente dando origine ad una soluzione azzurra. Ma io esperimentando ripetutamente, con molihdeniti pure di altre provenienze non ravvisai questa reazione, anche dopo tre ore continue di ebollizione. Tut e volte ebbi cura di adoperare acido solforico puro e pei c guenza esente anche di tracce di materie capaci di dare or gin, ad anidride solforosa. Invece aggiungendo alcool o piccole quan tità di altre sostanze carhoniose al liquido acido, questo si lorava in azzurro per la riduzione della piccola quantità del composto molibdico scioltosi nell’ acido solforico. 1 Nell’acido nitrico concentrato e alla temperatura dell’ebol- lizione, la molibdenite si decompone completamente ossidandosi, e dando origine a sviluppo di vapori d’ iponitride, a formazione di acido solforico e di acido molibdico, il quale in parte si de- pone ed in parte si scioglie nel liquido acido. Il deposito di acido molibdico è bianco fioccoso, e sembra amorfo ; ma osser- vato con un forte ingrandimento (640 volte) appare formato dal- l’ intrecciamento di aghi minutissimi. Così coi saggi chimici, come coll’ osservazione spettroscopica, non ho potuto rintracciare nella molibdenite del Biellese altri corpi all’ infuori del molibdeno e dello zolfo. Devo però avvertire che le mie analisi vennero eseguite con piccole quantità di minerale, perchè il materiale messo a mia disposizione fu molto scarso. Feci due saggi quantitativi separando il molibdeno col ni- trato mercurioso e lo zolfo allo stato di solfato di bario. I ri- sultati ottenuti sono i seguenti : I II MO S2 Molibdeno 58,23 59,05 59,0 Zolfo 41,36 41,17 41,0 99,59 100,22 100,0 In una memoria recentemente (2 aprile 1877) letta all’ Ac- cademia delle Scienze di Parigi,2 Stanislao Meunier ha dimostrato che i solfuri metallici naturali messi in contatto di soluzioni metalliche opportunamente scelte, determinano la riduzione del metallo; ed ha osservato che questo fatto può spiegare le asso- ciazioni mineralogiche ed i depositi di argento e di oro nativo nei filoni metalliferi.3 1 Nella descrizione dei caratteri chimici della molibdenite, si notano molte discrepanze nei diversi trattati di Mineralogia. Per questo motivo ho creduto di descrivere piuttosto diffusamente i- risultati delle mie osservazioni. Ho rilevato che il classico Trattato di Mineralogia del Dana, si distingue tra gli altri per 1’ esattezza colla quale sono enunciati i caratteri chimici dei minerali. * Recherches expérimentales sur les sulfures naturels. ( Compt . rend. d. VAc. des Sciences , tom. LXXXIV, pag. 638.) 3 11 collega professor Gastaldi, mi ha mostrato un campione di Fahlerz di Ollemont, nella valle d’ Aosta, il quale è ricoperto da un velo d’ oro nativo. Questa associazione dell’ oro al solfuro multiplo può benissimo essere spiegata col fatto osservato da Meunier. — 308 — Siccome tra i solfuri cimentati dal Meunier, non vi è la molibdenite, così credetti importante di fare un’ esperienza con quella del Biellese. Una lamina di molibdenite messa in una so- luzione di sesquicloruro d’ oro, alla temperatura ordinaria, si ri- coperse, dopo due giorni, di uno strato d’oro metallico; e nella soluzione ho potuto indubbiamente osservare la presenza del molibdeno. Dai pochi saggi fatti, pare che la reazione sia si- mile a quella che, secondo Meunier, succede tra la galena e 1 cloruro d’ oro : 3 Pb S H- Au2 CI* = 3Pb Cl2 •+- 2 Au + 3 S Intendo però di ripetere l’esperienze con quantità relativamente grandi di molibdenite della Sassonia. Colle soluzioni di solfato di rame e di nitrato d’ argento finora non ottenni alcun risultato. notizie bibliografiche. G. Curiosi, Geologia applicata delle provinole lombarde. Due volumi con carta geologica. Milano, 1877. Un lavoro di lunga lena e di tanto interesse come quello or ora presentato al pubblico dal signor Curioni, anziché un breve cenno bibliografico, esigerebbe ben più ampia illustrazione ore il lettore potesse farsene una idea meno imperfetta. Costretti pertanto dalla brevità del tempo e dal poco spazio dispombi e, tenteremo almeno di farne risaltare in qualche modo la importanza in queste poche linee. . Il lavoro del Curioni, come esso dice nella prefazione, ha uno scopo essenzialmente industriale, e tende a far conoscere i terreni di cui è costituito il suolo delle provincie lombarde, ed in particolar modo le sostanze utili per le industrie mamfat- trici ed agricole, in parte già note e in parte quasi sconosciute. E l’ Autore era per certo in grado di sviluppare degnamente cosiffatto argomento e di offrire all’industriale ed al pubblico un lavoro veramente utile e pratico: infatti esso si e occupa .0 per lunghi anni a studiare il paese sotto questo punto di vista, ed avendo raccolto sempre campioni di ogni sostanza che potesse — 309 — tornare utile, dei quali eseguì anche le analisi chimiche, si trovò alla fine possessore di ricca e bene ordinata raccolta che più di una volta servì di indirizzo agli industriali nelle loro intraprese. L1 opera è divisa in due volumi : il primo, corredato da una carta geologica, tratta la geologia applicata ad uso specialmente degli industriali ; il secondo comprende un catalogo ragionato delle sostanze estrattive utili metalliche e terree, dall1 Autore raccolte nelle provincie lombarde in lunga serie di anni. Era per sè evidente che la pubblicazione dei cataloghi di queste sostanze doveva essere accompagnata da indicazioni geologiche pratiche, le quali servissero di guida nel riconoscere la sede e la posi- zione stratigrafica di ciascuna di esse. A questo bisogno soddi- sfa il primo volume, il quale è redatto in modo da potere essere inteso facilmente anche dalle persone che non si occupano in modo diretto di studi geologici teoretici, ma piuttosto attendono alle applicazioni delle ricchezze naturali alle industrie : ed esso riuscì infatti un libro da consultarsi dagli industriali, e nel quale possono anche attingere senza troppa perdita di tempo una utile istruzione scientifica. L1 Autore in questo primo volume eliminò tutte quelle discussioni scientifiche che non fossero necessarie alla intelligenza delle cose trattate ; ed avendo di mira special- mente di far conoscere i materiali costituenti i singoli terreni, si occupò prima delle roccie più antiche, come quelle che for- nirono gli elementi alle successive, progredendo così a poco a poco dai tempi più remoti verso V attualità. Dopo una esposizione sommaria delle basi della geologia stra- tigrafica, egli prende a punto di partenza lo spaccato naturale for- nito dal lago d1 Iseo, comprendente i terreni dal carbonifero sino al cretaceo superiore, e da questo si dirama a levante ed a po- nente a riscontrare ogni singolo terreno in tutta l1 estensione delle provincie lombarde, fermandosi a studiarli nei loro rap- porti industriali e geologici in tutti i luoghi meritevoli di spe- ciale attenzione. A rendere poi più facilmente riconoscibili questi terreni, l1 Autore ha aggiunto in fine al volume un prospetto riassuntivo di essi, nel quale trovansi indicati per ogni terreno, il nome scientifico, i caratteri petrografici, i minerali e fossili caratteristici, le località ove più abbondano e quelle nelle quali si vedono i contatti coi terreni superiori e con gli inferiori. — 310 — Nel secondo volume, come già si disse, abbiamo un elenco ragionato dei minerali metallici e terrei, come pure delle roccie che servono o che potrebbero servire nelle industrie. Queste so- stanze sono raggruppate in generi e questi suddivisi in specie e sottospecie. A ciascun genere o specie importante 1’ Autore fa precedere utili indicazioni sulla giacitura di quei minerali e sulla loro possibile utilizzazione per le industrie. Per ogni suddivisione poi vengono passate in rassegna le località dove furono riscon- trate le varie specie minerali, e per ciascuna località sono in- dicati i caratteri distintivi del minerale e il suo modo di giaci- mento. Con cura speciale è trattato il gruppo dei minerali di ferro, e in particolar modo la parte che riguarda i minerali car- bonati che abbondano nei terreni del trias inferiore e sono di così alta importanza per V industria siderurgica in Lombardia. Dopo la trattazione dei minerali metalliferi, troviamo un ca- pitolo destinato al gruppo dei silicati (particolarmente alle ar- gille), un altro pei combustibili fossili (ligniti, torbe e bitumi), e un terzo per le roccie di uso comune nell’ arte edilizia. Alla fine di questo volume trovasi un indice generale alfabetico per materie e per località, il quale riesce di molto giovamento per la pronta ricerca di singole notizie sparse nell opeia. L’ opera è corredata da una carta geologica a colori, in due fogli, nella scala del 172800, la metà cioè di quella della Carta dello Stato Maggiore austriaco. Essa fu ridotta da quella in dop- pia scala esistente presso il Comitato geologico, e che fu pie- miata al Congresso internazionale geografico di Parigi nel 1875. Le tinte, corrispondenti alle grandi divisioni dei terreni od ai gruppi di roccie massiccie, vi sono in numero di 19, con 51 sud- divisioni distinte da tratteggi o da altri segni, delle quali 8 pei soli terreni triassici, tanto sviluppati nelle prealpi lombarde. La carta porta ancora segnati i giacimenti metalliferi, e, pei mine- rali carbonati di ferro offre V indicazione se si tratta di giaci- menti lavorati, ovvero intatti, od abbandonati. La spesa per la stampa della carta, come pure quelle relative alla tavola ed alle incisioni intercalate nel testo, fu a carico del Comitato geologico ; quella del testo fu fatta dall’ editore Hoepli di Milano. A. D’ A chi ardi. Miniere di mercurio in Toscana e consi- derazioni generali sidla genesi loro. Pisa, 1877, In questo lavoro P Autore descrive le diverse giaciture dei minerali di mercurio in -Toscana, le pone a confronto fra di loro, e da ciò trae argomento per indurne i processi di formazione. Le miniere descritte sono sei, e cioè quelle di Levigliani e di Ripa negli schisti cristallini, quella di Jano negli argillo-schisti carboniferi, quelle di Zulfello e di San Giuliano nei calcari mar- morei, e quelle importantissime del Monte Amiata nei calcari compatti e marnosi. A Levigliani, sopra Serravezza nella Versilia, il minerale è scarso, disseminato in piccole particelle nel quarzo, e risulta di cinabro cristallino assai puro, e di altro più oscuro e inquinato di ferro ; vi si associano talvolta il mercurio nativo, la guadal- cazarite, la siderite e la pirite. A Ripa, fra Querceta e Serra- vezza, il minerale trovasi in analogo giacimento ; vi è però in maggiore abbondanza che a Levigliani, quantunque del pari dis- seminato irregolarmente nella roccia. A Jano, fra Volterra e San Vivaldo, il cinabro è disseminato entro gli argillo-schisti carboniferi, ed è per solito di colore rosso-bruno più o meno scuro in causa delle materie carboniose che contiene ; vi è associato lo sperchise. A Zulfello, presso Pie- trasanta, havvi una tetraedrite idrargirifera in un filone a ma- trice di quarzo, baritina e fluorina, e contenente altresì galena, argirose, geocronite, ziguelina, malachite e azzurrite. A San Giu- liano poi, nei Monti Pisani, il cinabro, insieme con altre specie minerali, apparisce qua e là nei calcari Passici, incrostando od anche riempiendo le fenditure che attraversano in tutte le di- rezioni quelle roccie. Di molto maggiore importanza sono le giaciture della regione del Monte Amiata, i cui affioramenti vedonsi all’ Abbadia San Salvatore, presso Pian Castagnajo, fra Santa Fiora e Castel del Piano, a Selvena e sul Siele presso Castellazzara. La miniera del Diaccialetto sul Siele, detta anche di Castellazzara, è senza dubbio la più importante e la più promettente di tutte, e per certo la principale miniera di mercurio in Italia. La roccia in- — 312 — cassante, cT epoca cretacea, è un calcare argilloso che fa man- tello al grande ammasso trachitico del Monte Àmiata : il mine- rale, nella parte superiore, trovasi sparso entro vene spatiche di potenza inferiore ai 40 centimetri ; in basso però gli ultimi lavori constatarono 1’ esistenza di un grosso strato argilloso della potenza di parecchi metri, concordante con gli altri strati calca- rei, e tutto compenetrato di cinabro, che vi si accumula in tal copia da potere rivaleggiare con le più ricche miniere conosciute. Lo studio fatto sopra queste diverse giaciture, portano 1’ Au- tore a conchiudere che il cinabro sia prodotto piuttosto da so- luzioni e chimiche reazioni, che da sublimazioni. Resta pertanto a vedere ancora quali condizioni speciali ne abbiano determinata la precipitazione in seno alle roccie, e da qual mi nei ale dei ivi il mercurio onde si è poi costituito il cinabro. NOTIZIE DIVERSE. Il taglio del Quirinale. — H dottor G. Terrigi ha fatto uno studio degli strati che si incontrarono nel taglio della Via Nazionale in Roma, e ne raccolse i risultati in una Nota pre- sentata in una delle ultime sedute alla R. Accademia dei Lincei. Sotto le terre di scarico trovasi a 42 metri sul livello del mare un tufo granulare vulcanico della potenza di 3 metri e più, tufo leggero costituito da anfigeni decomposti, mica, vari cri- stalli di pirosseno e rarissime scorie. Esso si mostrò anche nella Via delle Scuderie Reali ed in quella delle Quattro Fontane. L’ autore lo crede proveniente dai vulcani laziali. Sotto il tufo granulare, a metri 41 sul livello del mare, tro- vasi un tufo terroso composto di materiali analoghi a quelli del tufo granulare cui sono commisti lapilli, e dove si trova qual- che piccolo tronco legnoso. Ha la potenza di metri 2, 30. Al disotto delle formazioni vulcaniche trovasi per metri 4, 50 ura argilla calcarea giallastra , priva di fossili, descritta dal Brocchi nei colli del Quirinale, del Capitolino, del Celio, e la quale si mostra qui a metri 38, 67 sul livello del mare. — 313 - Segue poscia uno straterello di 7 .ad 8 centimetri di potenza costituito da fina sabbia fluviale contenente sottilissime interca- lazioni di tripoli bianco o violaceo. In questo V autore trovò ab- bondanti spicule e gemmule di spongiarie, e specialmente la Spon- gilla lacustris (Johnston) fusiforme e spinosa, e le spicule adulte della Spongilla fluviatilis, come pure qualche rara Diatomea dei generi Cyclotella, Cymbella e Diatoma. Questo straterello sa- rebbe, secondo P autore, il limite tra le formazioni fluviali e le lacustri. Si ha quindi a 33 metri sul livello del mare uno strato di argilla grigio -turchiniccia, della potenza da 35 a 74 centimetri, con tracce vegetali e fossili di acqua dolce ; quindi per m. 3, 80 uno strato di argilla nerastra torbosa. Quivi trovò V autore pa- recchi fossili anche di acqua dolce, e specialmente i seguenti : Planorbis carinatus Drap., P. corneus Lin., Limncea stagnalis Lin., L. palustris Drap., L. auricularia Drap., Paludina impura Drap., un frammento di Succinea, Cyclostoma élegans Drap., Achatina acicula Turton, JBulimus decollatus Brug., Rélix pomatia Lin., R. nemoralis Lin., R. nitida Drap., come pure un dente di gio- vane elefante ed altro di genere Ganis, qualche omero di uccelli acquatici, ed inoltre avanzi di alghe filamentose, coni del Pinus silvestris, semi dell’ Iris pseudo acorus. Finalmente a 60 centimetri sotto il piano del fognone, ed a 29 metri circa sul livello del mare, si mostra una marna gialla- stra, finamente sabbiosa. La sabbia è quasi totalmente quar- zosa. Nella marna trovò 1’ autore una fauna marina di Rizopodi, fra cui Polimorfine, Bolivine, Rosaline, Globigerine, Pulvinoline, Orboline. L’ autore riferisce questo strato all’ epoca pliocenica, ed alle marne vaticane superiori. Secondo il professor Ponzi però il primo membro della serie stratigrafica rinvenuta nel Quirinale sul taglio della Via Nazio- nale, e che il dottor Terrigi chiama tufo granulare vulcanico, non sarebbe altro che il tufo ricomposto di Brocchi, costituito da materie vulcaniche disfatte, rimpastate dalle acque dolci delle correnti alluvionali, come tutte le altre deposizioni della mede- sima serie che gli sono sottoposte. Il medesimo non conviene poi colla origine laziale di quelle materie, imperocché avendovi rinvenute delle pomici, queste sarebbero caratteristiche dei vulcani — 314 - rimini e non laziali, nei quali non sono stati giammai rinvenuti prodotti feldispatici. Finalmente esso osserva come il fatto di quei depositi di acqua dolce riposanti sopra letti di marna con fossili marini, delle assise subapennine, sia interessantissimo perchè si aggiunge a provare che le rocce vulcaniche del lato sinistro del Tevere si posano direttamente sulle marne plioce- niche, senza T intercorrenza delle sabbie gialle, le quali forse mancano per sottrazione avvenuta prima della deposizione dei tufi vulcanici. Studii sui terreni terziarii del Vicentino. — I signori Hebert e Munier-Chalmas, fecero di recente uno studio sul V i- centino, che presentarono all’ Accademia delle Scienze di Parigi come un seguito delle loro ricerche sui terreni terziarii dell’Eu- ropa meridionale.— Nella prima parte del lavoro si descrivono i piani seguenti, incominciando dai più antichi, e venendo verso i più recenti : 1° Calcari a Nummulites Bolcensis ed a Bhyn- chonella polymorpha; 2° Strati a pesci del Monte Bolca, e strati ad Alveoline del Monte Postale; 3° Calcari a Nummulites per- forata, N. spira e N. complanata; 4° Strati di Roncà, i quali, contrariamente all’ opinione emessa da taluni geologi, sarebbero posteriori a quelli di San Giovanni Ilarione; 5° Strati a Ce- rithium diaboli, che sarebbero gli equivalenti dei calcari a piccole nummuliti di Faudon e dei Diableretz. — Nella seconda ed ul- tima parte si trattano le seguenti formazioni: 1° Calcare mar- noso a orbitoidi (gruppo di Priabona del Suess); 2° Calcari a Lithothalmium ed a polipai di Crosara e di San Luca; 3° Marne di Laverda; tufo di Sangonini e di Salcedo; 4° Calcari a Natica crassatina. — Al di sopra di questi ultimi si vedono altri cal- cari nei quali trovasi abbondante una grande orbitoide. Vengono quindi degli strati contenenti in gran quantità Clypeaster, Scu- telle, ec. Gli autori non si pronunciarono ancora su questi ultimi terreni, volendo prima farne uno studio speciale. — Il lavoro è corredato da una tavola nella quale si trovano chiaramente sta- biliti i rapporti sincronici fra i diversi piani terziarii dell’ Un- gheria, del Vicentino e del Bacino di Parigi. PUBBLICAZIONI DEL R. COMITATO GEOLOGICO. (Continuazione.) I. Cocchi. — Brevi cenni sui principali Istituti e Co- mitati Geologici e sul R. Comitato Geologico d’Italia. — Firenze 1871 L. 1.50 Idem. — Carta Geologica della parte orientale del- l’ Isola d’ Elba* nella scala di 1 per 50,000. — Firenze 1871 » 3.00 F. Giordano. — Esame geologico della catena alpina del San Gottardo, che deve essere attraversata dalla grande galleria della ferrovia Italo-Eive- tica. — Firenze 1873 » 10. 00 Idem. — Carta Geologica del San Gottardo, nella scala di 1 per 50,000. — Firenze 1873 » 5.00 C. W. C. Fuchs. — Carta Geologica dell’Isola d’ Ischia, nella scala di 1 per 25,000. — Firenze 1873. ...» 3.00 G. Ponzi e Fr. Masi. — Catalogo ragionato dei prodotti minerali italiani ad uso edilizio e decorativo spediti dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio all’ Esposizione Internazionale di Yienna. — Roma 1873. » 2.00 Idem. — Catalogo sommario dei prodotti minerali italiani ec. — Roma 1873 » 1. 00 P. Zezi. — Cenni intorno ai lavori per la Carta geo- logica d’Italia in grande scala. — Roma 1875 . » 1.50 G. Doelter. — Carta Geologica delle isole Ponza, Palmarola e Zannone, nella scala di 1 per 20,000. — Roma 1876 » 2. 00 Per le commissioni dirigersi al Segretario del R. Co- mitato Geologico, in Roma, Piazza San Pietro in Vincoli, N. 5. Annunzi di pubblicazioni. A. Issel. - Appunti paleontologici : 1° Fossili delle marne di Genova. Genova 1877 ; pag. 56 in-8°. A Verri. - Alcune linee sulla Val di Chiana e luoghi adiacenti nella storia della terra. - Pavia 1877; pag. 100 m-8* con una tavola e carta geologica. Ed. Reyer. — Die Euganeen. Bau und Geschichte eines Yulcanes.— Wien 1877: pag. 96 in-8° con carta geologica. G A Pirona. - La provincia di Udine sotto V aspetto storico- naturale. — Udine 1877 ; pag. 64 in-8° grande. S. Cioè alo. — Enumerazione dei principali fossili che si rinvengono nella serie delle rocce stratigrafiche dei dintorni di Tei mini Imerese. -- Catania 1877; pag. 8 m-4°. C. J. Forsyth Major. - Sul livello geologico del terreno in cui fu trovato il così detto Cranio dell’ Olmo. — Firenze 1877 , pag. 12 in-8 . G. Strtjever. — Studi sui minerali del Lazio; Parte 2a. — Roma 18/7; pag. 22 in-4° con 2 tavole. * Studi petrografìe! sul Lazio. — Roma 1877; pag. 16 in- 4 . G. Uzielli. — Sopra la titanite e V apatite della Lama dello Spedate- ci©.— Roma 1877; pag. 7 in-4°. B. Gastaldi. - Su alcuni fossili paleozoici delle Alpi Marittime _e dell’ Apennino Ligure studiati da G. Michelotti. — Roma 18/7, pag. 18 in-4° con 4 tavole. T Taramelli. — Alcune osservazioni snl Ferretto della Brianza. — Mi- lano 1877; pag. 38 in-8° con una carta geologica. G. Mercalli. - Osservazioni geologiche sul terreno glaciale dei din- torni di Como. — (Atti della Soc. Ital. di Scienze Naturali, voi. aE , fase. 2° e 3°.) — Milano 1877; pag. 7 m-8.° G. Duroni. -Il mare glaciale e U pliocene ai piedi delle Alpi Ioni- barde. — (Atti idem.) — Milano 1873; pag. 13 m-S . T Taramelli. — Osservazioni stratigrafiche sulla provincia di Pavia. — Milano 1877; pag. 20 in-8°. Pio Mantovani. — Intorno ad alcuni ammoniti dell’ Apennino del- P Emilia. — Reggio d’Emilia 1877;. pag. 14 m-8°. D. Pantanelli. — Bei terreni terziari intorno a Siena. — Siena 187/ ; pag. 16 in- 4° con carta geologica ed una tavola. M. Baretti. — Studii geologici sul Gruppo del Gran Paradiso.— Roma 1877; pag. 122 in-4° con sette tavole. L. Bell ardi. — I molluschi dei terreni terziari del Piemontee della Liguria; Parte 2a, Gasteropoda (Pleurotomidce). — lormo 1»/ / , pag. 364 in-4° con nove tavole. A D’Achiardi. — Miniere di mercurio in Toscana e considerazioni ge- ' nerali sulla genesi loro. - Pisa 1877 ; pag. 20 in-8» con una tavola. G. Curioni. — Geologia applicata delle provincie lombarde e descrizione ragionata delle sostanze utili metalliche e terree raccolte nelle medesime. — Milano 1877 ; 2 volumi in-8» dì pag. compì. 716, con una carta geologica in due fogli nella scala di 1728U0. R. COMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA. Bollettino N° 9 e IO. Settembre e Ottobre 1877. ROMA, TIPOGRAFIA BARBÈRA. 1877. PUBBLICAZIONI DEL R. COMITATO GEOLOGICO. P — Bollettino. — Si pubblica regolarmente in fascicoli bime- * ' trali di 5 o più fogli di stampa ciascuno, formanti un vo- lume annuo di 500 e più pagine, con tavole ed incisioni in- tercalarne! testo. Il prezzo dell’ abbinamento annuo e di L. 8 per F interno e di L. 10 per l’ estero. Gli abbuonat ricevono gratuitamente la copertina ed il frontespizio de v0lume — Ad annata compiuta ì volumi annuali nlega vendono al prezzo di L. 10-1 fascicoli separati si vendono al prezzo eli L. 2 ciascuno. tjo Memorie per servire alla descrizione della Carta Geo- ToS d’ItalTa.- Pubblicazione di gran formato corre- data da tavole, Carte geologiche ed incisioni intelaiate nel testo. Volume I; Firenze 1871 . — Introduzione — Stttdii geo- logici arile Alpi Occidentali, di B. Gastaldi, con cinque tavole ed una Carta geologica. - Cenni sui gran* A7m Piemontesi e sui minerali delle valli ai Lanl20’ G. Steuvek. - Sulla formazione terziaria ^2'PbÌZI della Sicilia, di S. Mottoba , con quattro tavole. Il eione qeoloqica dell’ Isola d’ Elba, di I. Cocchi, con sette tavole ed una Carta geologica. - ««ifti C “ona liana (Parte P, Gasteropodi sifonostom) di 0. 0 Ancona , fascicolo 1", con sette tavole. — Prezzo Lire Volume II, Parte F; Firenze Ì873- — Monografia geologica dell’Isola d’ Ischia, di C. W. G. Puchs con Carta geologica e incisioni nel testo -Esame geologico della catena alpina del San Gottardo, che deve e^ser^ “ versata dalla grande Galleria della di F Giordano, con Carta geologica e due tavole di • — Appendice alla Memoria sulla formazione terziaria nella, gonasolfifera della Sicilia, di S. Mottcra, con una tavola — Malacopia pliocenica italiana (Parte i l , stomi), di C. D’Ancona, fascicolo 2, con otto tavole. Prezzo Lire 25. Volume II Parte 2a; Firenze 1874. — Studii geologici sulle Afr Occidentali, dì B. Gastaldi, Parte 2», con due tavole. — - Prezzo Lire 5. Volume III, Parte F; Roma 1876. “f afr^oKMtó nico delle Isole Ponza, monografia geologica C.» con tre tavole e una Carta geologica. - Geologia del Monte Pisano, di C. De Stefani, coli una tavola. — Prezzo Lire X . (Continua.) BOLLETTINO DEL R. COMITATO GEOLOGICO D’ ITALIA. fl° 9 e 10. — Settembre e Ottobre 1877. SOMMARIO. Note geologiche. — I. Due parole sulla geologia dei dintorni di Chiusdino (provincia di Siena), per B. Lotti. - IL I monti di Campiglia nella Ma- remma Toscana, per G. vom Rath, versione dal tedesco con note del 5 ìi» tt (ContinQazione e fine.) - III. Ricerche sui terreni terziari! dell Ungheria e del Vicentino, dei signori Hebert e Munier-Chalmas, per Ed. Hebert. — IV. Studii stratigrafici sulla Formazione pliocenica dell’ Italia Meri- diona e, per G. Sequenza. (Continuazione.)- V. Gli strati di Schio nel bacino di Belluno e nei dintorni di Serravalle, per R. Hoernes. — VI. Il primo piano mediterraneo nella Valsugana e nei Monti Euganei, per R. Hoernes. Notizie diverse. - Scoperta paietnologica a San Ruffino. - Ligniti nella pro- vincia di Reggio Calabria. — Il caolino del Giappone. — Scoperte nel Chili. Tavole ed incisioni. — Sezioni geologiche nei monti di Campiglia, a pag. 330. — Veduta prospettica della Cava del Piombo presso Campiglia, a pag° 341. NOTE GEOLOGICHE. I. • Bue parole sulla geologia dei dintorni di Chiusdino {provincia di Siena ) per B. Lotti. Quell’ estremo lembo S. 0. della provincia di Siena che tro- vasi al confine con quella di Grosseto, non è certamente senza interesse scientifico, sia per la varietà delle forme litologiche da cui resulta costituito, sia per i diversi fenomeni naturali che ivi presentansi allo studio. Questo territorio è conformato in un ba- cino compreso fra le appendici orientali della regione montuosa di Montieri e Boccheggiano, e 1’ estremità S. E. della Monta- gnola Senese, ed è solcato da S. 0. a N. E. nella sua parte più meridionale dal fiume Merse, cui affluiscono dalla sinistra il toi lente Feccia, che scende da N. 0., ed altri minori, mentre dalla destra riceve soltanto le acque di piccoli fossi o torrentel1' — 820 - I terreni terziari recenti che ricuoprono la maggior parte eli questo bacino si collegano ad Est per mezzo dell’ alta valle del- V Ombrone a quelli del Senese, mentrechè a N. 0. sorpassando la linea di spartiacque fra 1’ Ombrone e la Cecina, si ricongiun- gono alla zona terziaria del Volterrano e del Pisano. I margini del bacino sono costituiti da formazioni di varia natura, ma di epoca incomparabilmente più remota di quella dei terreni so- vraincombenti. Così ad Est e N.E. si hanno le rocce liassiche e infraliassiche della Montagnola, ad Ovest, calcari eocenici o cretacei, e rocce ofiolitiche dipendenti, a Sud e S.O. calcali ca- vernosi. I terreni terziari riferibili in parte al periodo miocenico, in parte al pliocenico riposano sui precedenti, senza alcuna di- pendenza, e sono costituiti da conglomerati sciolti, marne gial- lastre ed argille grigie con ligniti. I conglomerati predominano sulle altre due formazioni ed i loro elementi raggiungono ì mensioni veramente colossali, potendo talvolta misurare oltre 50 cent di grossezza. Sono quasi esclusivamente calcai ei, pio- venienti per lo più dai calcari cretacei od eocenici dei dintorni e benché più raramente, anche dai calcari rossi e ceroidi basici. Ciò che più colpisce però si è la elevazione alla qua e si io- vano, come ad esempio, presso il castello di Chiusdino ove giun- gono fino a 570 metri sul livello del mare, e la forte inclina- zione dei loro strati. Queste elevazioni notevoli non tanto relativamente al livello del mare, quanto relativamente a quello della parte più depressa del bacino, trovansi appunto ai margini del bacino stesso, ove hanno luogo altresì le maggiori inclina- zioni che ne assecondano costantemente la conformazione. Un tal fatto mostra ad evidenza che in un periodo contemporaneo o posteriore al pliocenico ebbe luogo un sollevamento ne e masse montuose circostanti facienti parte del sistema orografico della Catena metallifera, fatto che del resto ha trovato riscontro m tante altre analoghe località. Le marne giallastre che succedono in basso alla formazione predetta, sono di origine marina e racchiudono Ostrea cocUear Poli, Pecten jacóbeus L., P. opercularis L., P. cnstatus Brìi. ; Terébratula sinuosa Br., T. ampolla Br, Scalaria pseudoscala, ris Brn., ec. Presso il torrente Sajo poco sotto il Castelletto, luogo sacro alla scienza perchè cuna e tomba di Paolo Mascagni, — 321 — scaturisce dalle marne stesse una sorgente d’ acqua salsa, indizio certo della esistenza di un deposito salifero. Questi terreni in- fatti offrono molte analogie e si collegano senza interruzione con quelli del Volterrano che, come è noto, racchiudono le celebri saline. Dai fossili citati, sebbene in scarso numero, siamo auto- rizzati a ritenere questi strati come appartenenti ad uno dei piani inferiori del pliocene e certamente più antichi dei terreni terziari dei dintorni di Siena. Tale opinione trova appoggio an- che nel fatto che questi stessi depositi marini sovraincombono ad argille grigio-scure od anche biancastre, con fossili lacustri ed affioramenti carboniferi, riferibili forse al periodo miocenico per analogia con altre località lignitifere meglio caratterizzate dai fossili. In queste argille stanno racchiusi puranco noduli sfe- roidali e filaretti di gesso e di alabastro il quale ultimo merita di esser notato per le pregievoli qualità che lo distinguono. Esso ri- trovasi in vari punti lungo il torrente Sajo in prossimità di affio- ramenti carboniferi, però la sua escavazione vien fatta in special modo presso il fosso della Cona, poco sotto al Castelletto verso oriente. Vi se ne trovano due distinte varietà, una candida ed una agatata. L’ alabastro candido è pregevolissimo per la pro- prietà che possiede di essere perfettamente opaco, ciò che lo rende di gran lunga superiore agli alabastri candidi della Ca- stellina che per la loro trasparenza non possono mai raggiungere quel grado di bianchezza di quello di cui è parola. Disgrazia- tamente però esso presentasi soltanto come una rarità. L’ ala- bastro bruno venato od agata, come la chiamano gli artisti, vi si trova in molto maggior copia, ed è di bell’ apparenza. Tanto questa che V altra varietà stanno racchiuse in una marna gial- lastra in forma di sferoidi od in filaretti lenticolari framezzo a strati regolarissimi di un gesso granulare impuro. Nessun fossile mi fu possibile di rinvenire in questa formazione nel breve tempo che ho potuto dedicare alle mie osservazioni ; soltanto presso gli affioramenti carboniferi potei osservare frammenti di guscio ed impronte irriconoscibili di conchiglie lacustri. Alcuni di tali affioramenti possono riscontrarsi sulla riva destra del Sajo e più sopra presso il poggio di Moriccia. 1 Può dirsi che 1 Sulla carta dello Stato Maggiore austriaco è segnato col nome di Poggio Maurino. — 322 — essi formano la base dei terreni terziari poiché trovansi costan- temente quasi a contatto cogli schisti diasprini o colle ofioliti. Tel fosso dell’ Acquaviva che scende nel Fiumarello, osservasi un piccolo strato di lignite avente per letto la serpentina dial- laggica. Nulla può dirsi circa la quantità del combustibile che :uò trovarsi racchiuso in questi terreni e sulla convenienza o meno di intraprendervi una escavazione, essendo insufficienti a tal uopo gli indizi superficiali : però dai frammenti disseminati in alcune frane avvenute per la corrosione delle acque lungo il letto del Sajo in corrispondenza degli affioramenti, siamo in grado di riconoscerne la buona qualità. Presso la preaccennata cava degli alabastri in prossimità del fosso della Cona sviluppami dal suolo alcune putizze d’ acido solfidrico che ricuoprono la superficie di efflorescenze di solfo. Questo viene qualche volta raccolto, fuso in posto e ridotto in forme dal primo che vi capita. Nei tempi piovosi V acqua che ha infiltrato il terreno circostante, qomposto qui di ciottoli e frammenti calcarei e schistosi che per sofferta alterazione sem- brano abbruciati, viene risospinta alla superficie gorgogliando rumorosamente, però la sua temperatura non è sensibilmente modificata. Tale fenomeno va senza dubbio collegato con quello dei soffioni boraciferi che sprigionansi a circa 7 chilometri di distanza presso Travale, nel tratto superiore del Sajo. La colti- vazione di questi soffioni che data oggimai da lungo tempo, seb- bene sempre con poco profitto, e stata di recente abbandonata, o almeno sospesa, ad onta degli sforzi energici di ricchi indu- striali. La cagione di ciò non deve cercarsi in altro che nella povertà in acido borico dei soffioni stessi. Il loro prodotto piin- cipale era il solfato d’ ammoniaca che vendevasi a vii prezzo per la concimatura dei campi; pochissimo acido borico. Alcuni di questi soffioni emettevano soltanto vapor d’acqua ed acqua bollente, ed uno di essi, il più potente soffione che siasi mai conosciuto, la lanciava ad un’ altezza straordinaria rumoreggiando talmente da potere in certe date condizioni meteoriche essere udito fino da Siena. Il terreno dal quale sprigionansi è costituito qui da calcari eocenici o cretacei. Altre putizze manifestansi pure in vicinanza dei soffioni e al di là dello spartiacque fra il Sajo e la Cecina presso le Galleraie. — 323 — Non so se possa aver relazione con queste emanazioni il fatto che il calcare cavernoso,1 il quale occupa una grande esten- sione a S. 0. del bacino di cui ho tentato di tratteggiare la fisica struttura, mostrasi, specialmente nei pressi di Ciciano, tutto impregnato di acido solfidrico che manifestasi all’ olfatto colla semplice confricazione delle dita ed impartisce alla roccia una particolare friabilità ed un colore intensamente cupo. Però anche in altre località, ove non può sospettarsi V esistenza di soffioni o di fenomeni analoghi, ho potuto riscontrare nel cal- care cavernoso questo stesso fatto. Presso Travale lungo la strada provinciale che conduce a Colle di Val d’ Elsa, vedesi questo calcare decisamente stratificato e con struttura talora compatta talora cavernosa. Col fenomeno dei soffioni boraciferi, devono però essere in- timamente connesse le sorgenti termali sulfuree e sulfureo- ferruginose delle Galleraie, che scaturiscono sulle due rive del fiume Cecina, circa 2 7 2 chilometri a N.N.E. di Travale.2 Presso di esse è costruito uno stabilimento balneario al quale accor- rono molti' sofferenti che in generale trovano in quelle abluzioni molto vantaggio. Sembra che le proprietà terapeutiche di queste acque siano migliori di quelle delle non lontane terme di Ca- stelnuovo e del Morbo, esse pure collegate ai soffioni boraciferi delle località omonime ; però la ubicazione dello stabilimento balneario in una depressione ove T aria, impregnata dalle esala- zioni miasmatiche del fiume, difficilmente viene rinnuovata non è troppo favorevole alla salute dei bagnanti. Sulla sponda sinistra delia Cecina, presso ad una poderosa sorgente sulfureo-ferru- ginosa trovasi un deposito di travertino compattissimo dello spessore di oltre cinque metri, chiaramente stratificato e ripieno di magnifiche impronte vegetali. Per quanto mi fu dato di co- noscere esse appartengono, almeno per la maggior parte a piante tuttora viventi in quei dintorni, per cui può ritenersi a buon diritto che P origine di questo travertino debbasi riferire ad . 1 Questa roccia, nell’ abbozzo di carta geologica della provincia di Siena del prof. Campani, comparisce come travertino recente. s Dalle analisi, di queste acque eseguite dal prof. Campani nel 1863, ed in- serite in un Annuario della provincia di Siena del 1865, risulta una temperatura di 49° per quella sulfurea e di 29° per quella ferruginosa. — 324 - un’ epoca recentissima e forse all’ attuale. Ciò che offre di più singolare questo giacimento sono certe infiltrazioni ferruginose che, riunite in masse irregolari, colorano la roccia in rpsso cupo e la rendono più fragile. Essa presenta allora disseminati nella massa cristalli e piccolissime geodi di calcite. Ritengo che l’ ori- gine di tali infiltrazioni non altrimenti possa venire spiegata che coir intervento della preaccennata sorgente ferruginosa che ivi scaturisce. Di mezzo alla stessa roccia sviluppasi inoltre una putizza di acido solfidrico. Le roccie ofiolitiche occupano una porzione dello spartiacque fra la Cecina e il Sajo, giungendo da ambedue i suoi lati fino al letto de’ due torrenti. Questo giacimento di cui non è a mia notizia, che altri fino ad ora abbiano fatta menzione, è posto in mezzo fra i giacimenti analoghi di Roccatederighi e di Rocca Sillana sopra una medesima linea retta avente all’ incirca la di- rezione N.O. — S.E. Esso presenta presso a poco la stessa con- formazione esterna e le stesse varietà litologiche degli altri, però a quanto sembra non ha mai offerto traccie di minerali metalliferi, stantechè nessun indizio di lavori antichi o mo- derni vi si rinviene. La roccia predominante è una serpen- tina diallaggica di color verde cupo intenso, sulla quale appog- giasi lungo il margine meridionale del giacimento il gabbro rosso tipico, che altro non è che una serpentina alterata, co- sparsa di cristalli di diallaggio verde e attraversata da una rete di vene di calcite bianca. Il suo contatto colla serpentina, sebbene marcatissimo, non presenta, come a Roccatederighi, quella formazione steatitosa, detta losima, nella quale stanno ordinariamente disseminati i sulfuri metallici. Non mancano so- pra il gabbro i soliti schisti diasprini che, almeno in Toscana, accompagnano dovunque le roccie ofiolitiche. Ad essi interpon- gonsi banchi di un calcare biancastro molto argilloso senza fos- sili. Questa formazione calcareo-schistosa, le cui modificazioni non sono forse affatto estranee alla causa per la quale si pro- dussero le ofioliti, non può certamente ascriversi ad un’ epoca più antica del cretaceo. Massa Marittima, agosto 1877. I monti di Campiglio, nella Maremma Toscana , per G. YOM Bath, versione dal tedesco, con note del Dott. B. Lotti. (Continuazione e fine. — Vedi nura. 7-8.) Dobbiamo ora far conoscenza colle principali escavazioni che ebbero luogo un tempo sulla massa di ambedue i preaccennati filoni. Il più occidentale di essi comincia a Sud presso la Cava del Temperino , nella piccola valle di Fucinala. Un poco a N.O. della Madonna di Fucinaja, sul calcare bianco, ceroide in questo punto, riposano i calcari a crinoidi chiaramente stratificati del lias medio, quelli stessi che presso la cima del M. Calvi som- ministrarono una gran quantità di fossili. La direzione dei loro strati è qui N. 60° E., e V inclinazione di 43 gr. verso S.E. Nel marmo sottostante non esistono tracce evidenti di stratificazione. Dalla detta cappella andando lungo il botro che scende da Est e N.E. alla Cava del Temperino, incontransi tosto schisti vari- colori, quindi il calcare a crinoidi. In quest’ ultima roccia ser- peggiano molti filoncelli di piccolo spessore di ematite bruna, che mi ricordarono un giacimento analogo presso Tolfa. Le vici- nanze della Cava del Temperino vengono contrassegnate da estesi accumulamenti di scorie ; un edilìzio costruito una diecina d’anni avanti in seguito alla riapertura di quei lavori minerari, è già in rovina, come lo è pure un pozzo scavato nella stessa occa- sione fino alla profondità di circa 147 metri ; in tal guisa alle rovine antiche si associano in questa località quelle moderne. Presso il Temperino il filone, che tanto qui come in tutta la sua lunghezza sta incassato nel marmo, ha una potenza presso la superficie di 28 a 35 metri, ed immergesi quasi verticalmente. Però la massa del filone non viene a giorno con tutta la potenza suindicata, ma attraversa il marmo soltanto per una piccola esten- sione. Il marmo formava sopra una parte della massa una cro- sta, la quale, dopoché dagli Etruschi fu escavato quel potente filone, ricuopre a guisa di volta quella gigantesca cavità che ebbe nome Cava grande. Questa ampia escavazione può esser — 326 — visitata ; a partire (la essa incontratisi vari piccoli pozzi che se- guono il filone, alcuni dei quali attraversarono la crosta marmo- rea allo scopo di raggiungere la sottostante massa metallifera. La matrice del filone consta qui prevalentemente di quell’ augite verde bruna di cui fu data più sopra 1’ analisi, e che presentasi talvolta in sferoidi fibroso-raggiate, talvolta in zone o liste pure fibrose. Le sferoidi augitiche presso la Cava del Temperino . hanno un diametro variabile da un piede ad una linea. In que- st’ ultimo caso possono ottenersi esemplari con molti ed eleganti centri d’ irradiazioni. Insieme all’ augite trovasi nella pasta del ; filone anche l’ ilvaite in vene intralciantisi ( stockartig ) nell’ au- gite stessa e nel porfido, o concentrata in noduli irregolari. Tra ; la massa ilvaitica osservansi pure degli aggruppamenti ( Trumer ) ; di augite fibrosa. Io potei ottenere esemplari costituiti di ilvaite j granulosa attraversata da una vena augitica dello spessore di un pollice, della quale il centro degli strati trovasi sulla sai- banda. Framezzo alla vena augitica .corre alla sua volta un filon- cello sottilissimo d’ ilvaite. Fra i minerali metalliferi predominano la pirite e la calcopirite, quindi la galena e la blenda bruna disseminati nell’ augite ; la pirite trovasi eziandio nell’ ilvaite. Nella matrice stanno frammisti il quarzo e la calcite talora in- terponendosi fra gli spazi delle sferoidi e delle zone augitiche 0 fra gli strali delle augiti, tal’ altra formando in essa delle vene o dei noduli. Le masse piritose costituiscono ordinariamente 1 centri delle sferoidi augitiche. Secondo Pilla vi si troverebbero anche la marcassita e 1’ arseniopirite. Al filone augitico appoggiasi, immediatamente presso il Tem- perino, il filone di porfido augitico riempiendo la stessa spacca- tura e' formando delle diramazioni irregolari per entro la massa principale. Facilmente possono ottenersi esemplari costituiti per metà d’ ilvaite e per metà di porfido augitico. Il limite non è mai nettamente distinto, che anzi le due rocce tanto stretta- mente si compenetrano a vicenda da sembrare quasi fuse insieme. Al loro contatto trovansi frequentemente grani di pirite e cal- copirite. La Cava del Temperino è precisamente il punto ove gli antichi concentrarono maggiormente i loro lavori; questi occu- pano tutta quanta la larghezza del filone (circa 35") e possono esser seguiti in direzione per oltre 300 metri. La massa metal- — 327 — lica è stata asportata per intiero, ad eccezione di pochi pilastri lasciati per ragioni di sicurezza. Sembra infatti che questa parte del filone sia stata esaurita coi lavori antichi ; invano diverse Società dopo il 1839 tentarono di riattivare in questo punto la escavazione. Dopo il 1848 furono abbandonati i lavori per ri- prenderli ancora una volta nel 1850 e abbandonarli nuovamente e forse per sempre. Uno dei due pozzi quivi escavati raggiunse la profondità di 146 metri, attraversando più volte il filone. Sem- bra che questo diminuisse in potenza a misura che discendeva in profondità, riducendosi finalmente a pochi piedi di spessore, e che mentre a poca profondità trovavasi prevalentemente cal- copirite, a profondità maggiori somministrasse invece blenda e galena. Secondo Burat (V. Caillaux, Mines de la Tose.) il miglior minerale estratto dopo la riattivazione della miniera del Tempe- rino conteneva 6 a 7 °/0 di rame, secondo il Nardi circa il 5 %. Gli scarichi antichi dopo la lavatura resero il 20 °/o di galena, e 1000 parti in peso di piombo d’ opera 1 e */ 4 d’ argento. « Basta la valle di Fucinaja a dare una immagine dei gigante- schi lavori degli antichi ; gli straordinari accumulamenti di sco- rie che stendonsi in una zona di 1 1/2 chilometri mostrano che quivi principalmente erano stabilite le fonderie ; le tracce di più di 60 forni antichi costrutti in pietra granitica, i residui di an- tiche mura, di anfore etrusche, ricordano quelle antichissime la- vorazioni minerarie » {Nardi). Secondo il Savi la strada da San Vincenzo a Campiglia è formata di scorie etrusche. Una di quelle escavazioni facenti parte della Cava grande (Temperino), ora inaccessibile, somministrava gran copia di buratite (carbonato idrato di ossido di rame, di ossido di zinco e di calce) non che di gesso ramifero colorato in verde. Pilla visitò quel profondo spazio sotterraneo pochi giorni dopo la sua scoperta e descrisse (0. B., 1845, tomo XX, pag. 814) i minerali di nuova formazione ivi originatisi nel corso di molti secoli. « Dopo esserci calati per un pozzo strettissimo, che aveva V apparenza di un crepaccio, giungemmo in una spaziosa caverna di sorprendente bellezza che poteva considerarsi come una Grotta di Capri di colore azzurro. Tutta la sua superficie era ricoperta di un tappeto stalattitico azzurro, alla cui formazione presero parte prevalentemente il solfato di rame, il silicato idrato di rame e il gesso. Queste due — 328 - ultime sostanze vedevansi accumulate in grande quantità sul suolo della grotta in masse stalagmitiche, la superfìcie delle quali presentava 1’ aspetto di una copertura di tegole. Esse ri- posavano ordinariamente sopra un fondo bruno, coll’ apparenza della ragia, in gran parte costituito da pitizzite (miscuglio idrato di arseniato e solfato di ferro). Lo spessore di questo deposito era variabile ] in un angolo della grotta osservammo strati di molti piedi di spessore. Il gesso formava sulle pareti una incro- stazione di 5 a 7 centimetri di grossezza, sulla cui superficie stavano impiantati gruppi di cristalli regolarissimi ed eleganti (varietà trapeziana di Hauy) grossi oltre due centimetri. Io os- servai inoltre un’ altra forma di selenite che mi sorprese assai : aghi sottilissimi isolati della lunghezza di 10 a 13 centimetri, in- colori, di lucentezza perlacea, simili a filamenti di vetro fuso ; trovansi sciolti sul fondo della grotta. La maggior parte del gesso era colorata dal rame in verde e in azzurro. » Pilla ìi- tiene necessario un lasso di tempo di circa 3000 anni per la formazione di quei cristalli di gesso,1 come pure dei sali di ferro e di rame. La loro origine sembra dovuta semplicemente alla decomposizione delle piriti e all’ azione dell’ acido solforico sulla calce dell’ augite o del marmo, senza che sia stato necessario il concorso di correnti elettriche, come credeva il Pilla. Quei sottili aghi di gesso (alcuni dei quali mi furono gentilmente favoriti dal dott. Portelli di Campiglia), sono sempre geminati, ed uno degli individui è talvolta di dimensioni molto minori dell’ altro. I cristalli che per la lunghezza di 8 a 10 centimetri sono grossi al più 2 mm., presentano la seguente combinazione di facce : due prismi rombi verticali (m ed h di Miller), gli spigoli ante- riori dei quali misurano 111°, 42' e 72°, 24', le seconde facce laterali b e le prime a (piccole). Le facce terminali sono for- mate dal prisma obliquo anteriore l, come anche dalla faccia curva e , cui aggiungesi subordinatamente il prisma obliquo po- steriore n. La geminazione avviene in conformità della nota :I1 dott. Drouke (V. Poggendorff’s Ann., voi. 132, 11° fase.) in una sua in- teressante osservazione, ci insegna che cristalli di gesso di quelle stesse dimen- sioni poterono formarsi per concentrazione molecolare entro un’argilla plastica in un tempo incomparabilmente più corto. — ( h * Autore.) - 329 - legge : « Il piano di geminazione parallelo alle prime facce la- terali.1 » Il filone del Temperino è incassato, come fu già detto, nel calcare cristallino, sembra però che non si continui nel calcare roseo ad entrochi del lias medio. Poco sopra alla Cava grande trovasi il contatto tra il marmo e il calcare stratificato. A pro- posito di questo punto, ecco quanto dice V Hoffmann : « Non può dubitarsi che qui il calcare massiccio subì un sollevamento ri- spetto a quello stratificato, oppure che quest’ ultimo siasi spro- fondato rispetto al primo, poiché presso il contatto le testate degli strati son ripiegate in alto, e gli strati stessi son rotti. » Della stessa opinione è anche il Burat ( Géol . 'appi., pag. 359) : « Un de ces dykes d’amphibole affleure au Temperino au des- sous d’un escarpement de calcaire? soulevés évidemment par sa sortie au jour. Les marbres et les calcaires roses schisteux qui leur sont superposés en stratification discordante ont été évi- demment soulevés par le fait mème de l’éruption du dyke cu- prifère. » Poiché il porfido quarzifero e l’augitico devono esser rite- nuti come contemporanei colla massa metallifera, così sembra che almeno pel Campigliese non possa provarsi per tali rocce un’ epoca di origine più giovane di quella del lias. L’ opinione che vi siano in Toscana rocce granitiche molto giovani (terzia- rie) non può accettarsi che con molta circospezione, imperocché molte volte scambiaronsi trachiti con porfidi o con graniti, e sono state riferite infondatamente al periodo cretaceo ed eoce- nico rocce forse più antiche prive di fossili. E qui cade in ac- concio il notare che non esistono affatto ragioni per assegnare al vero granito ilvaitico (che forma la parte occidentale dell’ Elba col M. Capanne, e che non deve scambiarsi col porfido della parte media dell’ isola) un’ età più giovane di quella dei nostri graniti normali. Nella Cava del Temperino è difficile farsi una giusta idea delle condizioni rispettive delle masse che compongono il filone, 1 Presso il signor Perdicary, proprietario di una parte delle miniere di Cana- piglia, possono vedersi magnifici cristalli di selenite in bacchette di circa 15 cen- timetri di lunghezza e fino a 3 centimetri di grossezza. Non son sempre geminati ma le forme son le stesse sopraindicate. — (Il Traduttore.) — 330 essendoché questo furono Quasi completamente asportate e le escavazioni stesse ripiene e rovinate. Ciò però e facile al Pozzo Cocquand situato a poca distanza a N.O. del Temperino al di là del piccolo botro. Allorché V Hofmann visitò questa località, la continuazione del filone eravi indicata soltanto da una larga striscia di « blocchi di ematite (ilvaite) e di porfido. » Questo punto fu scelto dal Cocquand per praticarvi dei saggi coi quali venne poscia messo a nudo il filone, avente qui una potenza di circa 20 metri, per mezzo di una sezione verticale in traverso. Io disegnai sul luogo il seguente profilo, le cui dimensioni sono però soltanto approssimative : Fig. 3. m. Marmo. a. Augite. — p.a, Porfido augitico. — * i. Ilvaite. — p. g. Porfido quarzifero. I numeri indicano la potenza di ciascuna parte del filone in metri.1 Da ambedue le parti del filone sta il marmo bianco senza distinta stratificazione. Ambedue le salbande son formate di augite raggiata. Dal lato occidentale fra 1’ augite e il marmo 1 La seguente figura riproduce fedelmente le condizioni reciproche delle di- verse masse componenti il filone, come presentansi nella sezione trasversale presso il pozzo Cocquand. Il disegno fu fatto nella scala di 1 ; 300 per le oriz- zontali e per le verticali: Fig. 4. a. Marmo bianco. — b. Augite raggiata. — c. Quarzo. — d. Ilvaite. e, Porfido augitico. — /. Epidosite. — g. Porfido quarzifero. (Il Traduttore.) — 331 — trovasi una formazione quarzosa.1 Quasi la metà della massa è costituita da ilvaite compatta, ed è divisa in tre zone da due filoni di porfido augitico verde scuro e da porfido quarzifero bianco. Anche un’ altra massa di porfido augitico sta fra 1’ au- gite raggiata e 1* ilvaite. Tanto V augite quanto V ilvaite sono qui molto povere di minerali metalliferi. Il riempimento della spaccatura per mezzo delle indicate masse minerali non è rego- lare ; la potenza di ciascuna di esse varia molte volte e brusca- mente. Sembra che le masse porfìriche abbiano attraversato r augite e V ilvaite alla stessa guisa di fluidi viscosi. Da questo punto in là il porfido quarzifero chiaro accompagna per oltre un miglio il filone, raramente nella sua parte mediana, più di frequente fra esso e il marmo. — Offre forse la Germania qual- che cosa di simile a questa massa fìloniforme composta di por- fido augitico e quarzifero, di ilvaite ed augite raggiata!? — Presso le salbande il filone spinge le sue apofisi nel marmo ; è assolutamente innegabile che esso siasi fatta strada aprendo con meccanica energia la spaccatura. Cocquand fece affondare nel marmo presso il filone un pozzo, tuttora aperto, fino alla pro- fondità di circa 90 metri ; a 40 metri dalla superficie partendo dal pozzo fu attraversato il filone senza incontrare alcun lavoro antico. Sembra però che anche a questa profondità sia stato ri- conosciuto sterile come alla superficie, poiché una vera e pro- pria estrazione o non ebbe principio o fu immediatamente ab- bandonata. Seguendo il filone alquanto più verso N.O. incontrasi sulla destra della vallecola dell’ Ortaccio la Cava dell ’ Ortaccio, teatro di antichi lavori e di recenti esplorazioni. Il filone che quindi innanzi cambia la direzione primitiva in quella di N.N.O., ha una potenza di oltre 40 metri ed è costituito prevalentemente da ilvaite attraversata da due filoncelli di porfido augitico. Per- corrono V ilvaite anche diverse strisce di augite raggiata. Sulla salbanda di S.O. sta a contatto del marmo bianco una zona au- gitica quindi una porfirica. Fra il porfido e P augite trovasi una formazione epidotica di contatto dello spessore di pochi centi- metri; è la così detta epidosite. Siccome il porfido augitico di questo filone mostra una grande inclinazione per la concentra- » Questa formazione io la riscontrai invece fra l’ augite e l’ ilvaite. (Il Traduttore.) - 332 — zione dell’ epidoto in piccole druse, cosi sembra cbe ad imme- diato contatto della massa augitica siasi convertito totalmente in una epidosite. Un poco più sopra verso N.O. si giunge alla Buca sopra V Ortaccio, ove il porfido quarzifero chiaro compa- risce nuovamente sul lato N.E. della spaccatura come al Pozzo Cocquand. Le parti del filone, nel profilo trasversale da N.E. a S.O. messo a nudo coi lavori a cielo scoperto, succedono l’una all’ altra come appresso : porfido quarzifero, ilvaite, augite rag- giata, porfido augitico, ilvaite. Hanno luogo adunque nella Cava sopra V Ortaccio, condizioni di giacimento analoghe a quelle del Temperino. La massa non affiora però con tutta la sua potenza di circa 40 metri, ma il calcare cristallino che qui è chiara- mente stratificato, ne ricuopre a guisa di tetto la porzione N.O. Ad onta della grande irregolarità con cui venne riempita la spac- catura, possiamo veder qui, come al Pozzo Cocquand, comparire nella metà N.E. del filone il porfido quarzifero, e nella metà S.O. due strisce di porfido augitico. Alla ilvaite ed alla augite rag- giata stanno qui commisti noduli irregolari di calcopirite, poca galena e blenda. In mezzo alla massa ilvaitica nera compariscono druse sferoidali internamente vuote, il cui diametro può giun- gere fino a 50 centimetri, rivestite di cristalli di quarzo. Questi cristalli prismatici, talvolta aeroidri, sono trasparenti e ricoperti in parte da una crosta caoliniforme. Il prisma esagonale dividesi non di rado verso il vertice in più punte cristalline parallele. Allorquando io visitai questa escavazione abbandonata, molte di queste geodi, le cui pareti erano incrostate di quarzo compatto sul quale stavano impiantati quei cristalli, conferivano alla nera superficie ilvaitica della escavazione uno speciale interesse. Quivi son pure degne di nota le relazioni di posizione fra la massa augitica e il porfido augitico; alcuni frammenti angolosi della grossezza di circa un metro di quest’ ultimo sono ravvolti nella massa ilvaitica. Il porfido di un color grigio verdastro chiaro a circa 30 centimetri di distanza dal limite dell’ ilvaite diviene verde nerastro cupo ; a prossimità maggiore diviene serpentinoso per la formazione di una innumerevole quantità di piccoli grani di serpentino (pseudomorfosi dell’ augite e dell’ olivina), e final- mente tutta la roccia convertesi in una massa serpentinosa. Con- temporaneamente il porfido a contatto dell’ ilvaite impregnata di - 333 — solfuri metallici, riempiesi di vene sottili e di noduli di piriti di ferro e di rame e di ilvaite. Riguardando soltanto questi frammenti porfirici racchiusi nella massa augitico-ilvaitica, non potrebbesi fare a meno di ritenere quest’ ultima roccia come più giovane del filone porfirico. Se però d’ altra parte osservansi le ramificazioni del porfido per entro la massa augitica potreb- besi per contrario credere quello più giovane di questa. Pon- derando bene però tutte le circostanze del giacimento e spe- cialmente la profonda alterazione che presenta il porfido al contatto colla massa del filone, ci possiamo facilmente convin- cere che ambedue le rocce ebbero tra loro una reciproca azione allorquando trovavansi allo stato plastico ; dimodoché la loro origine può ritenersi pressoché contemporanea. Sul suolo della cava giace un grosso blocco, precipitato giù dalla salbanda di S.O., costituito per metà da marmo, per metà da una massa ilvaitico-augitica. Il filone e la roccia incassante sono forte- mente fra loro aderenti ; la superficie di contatto è irrego- larissima e scabra, poiché il filone penetra nel marmo con mol- teplici sinuosità. Vediamo ora come possono spiegarsi quelle formazioni di contatto, di cui abbiam fatto cenno, fra il porfido augitico e V ilvaite per entro a questo gigantesco filone. La com- posizione chimica delle diverse masse minerali che lo costitui- scono, porfido quarzifero cioè, porfido augitico, augite ferrifera (!’ augite manganifera non potei vederla in questo punto), ilvaite e porfido augitico serpentinoso, è stata prodotta più sopra. È affatto fuori di dubbio che la formazione di contatto sia dovuta ad uno scambio di materie per introduzione o per aspor- tamento ; possiamo infatti persuaderci coll’ aiuto del microscopio di polarizzazione, come 1’ augite e l’ olivina, e più o meno anche la pasta son ripiene di una sostanza serpentinosa. La questione riducesi adunque essenzialmente a due dimande : — Da dove provengono le nuove sostanze ?— Come vi sono state intro- dotte ? — La prima dimanda presenta già innumerevoli diffi- coltà, poiché quanto è facile spiegare 1’ elevato tenore in ferro del porfido augitico serpentinoso per la vicinanza dell’ ilvaite, altrettanto sembra difficile il rintracciare la sorgente della mag- gior quantità di protossido di manganese e della magnesia in confronto di quella dell’ ilvaite e del porfido augitico. L’ ipotesi 23 — 334 - clie le acque meteoriche penetrando fra le spaccature della roc- cia vi abbiano raccolti e concentrati gli elementi delle circostanti masse minerali, sembra a prima vista soddisfacente , però io non credo che chi impara a conoscere tale giacimento coi propri oc- chi e senza idee preconcette, possa accogliere tale spiegazione. I seguenti fatti sembrano in special modo diffìcilmente concilia- bili con essa: — la serpentinizzazione non ha luogo soltanto lungo le zone di contatto fra il porfido augitico e T ilvaite più o meno verticali, ma eziandio sui grossi frammenti di porfido ravvolti nell’ ilvaite, e nei quali la conversione in serpentino avvenne tutto all1 intorno 'della loro massa. — L’ ilvaite nera, simile ad ossidiana, sembra estremamente disadatta alla filtrazione delle acque ; inoltre le due rocce, porfido ed ilvaite, sono così stret- tamente fra loro serrate, che può dirsi a buon diritto che lungo la loro superficie di contatto non poterono farsi strada le acque filtranti. La descrizione della Grotta azzurra del Pilla nelle pro- fondità della Cava grande, ci addita^ chiaramente ciò che hanno potuto produrre nel corso di parecchi secoli le acque pluviali che filtrano attraverso la massa del filone, sono solfati idrati ec. Nulla di tutto ciò presentaci il nostro contatto della Cava sopra V Ortaccio, ma per contrapposto vi si osserva un accumulamento di piriti (pirite di ferro e poca calcopirite). Adunque le acque meteoriche colla loro azione ossidante non possono avere avuto di qui il loro passaggio, non accumularono le piriti lungo il con- tatto, nè impregnarono di esse il porfido e tanto meno lo con- , vertirono in serpentino. _ ! Se adunque non possiamo attribuire alle acque meteoriche la decomposizione e la trasformazione avvenuta al contatto fi a il porfido e V ilvaite, sembra accettabile soltanto V ipotesi che quella j conversione sia dovuta ad azioni secondarie seguite più o meno immediatamente dopo V eruzione della massa del filone. Anche in questo concetto però è necessario il concorso dell’ acqua allo | stato liquido o gazoso, come conduttrice di tutti quei materiali: j devono essere state infatti soluzioni pregne di sostanze terrose ! e metallifere che salirono accompagnando V eruzione. Mentre che per la spiegazione di quella formazione di contatto abbiamo do- vuto ricorrere a processi di cui non si ha più esempio in questa località nè altrove, almeno nello stesso grado, dobbiamo franca- - 335 - mente rinunziare ad investigare i precisi rapporti fra quelle masse eruttive ed i gaz ed i fluidi che ne accompagnarono e determi- narono la eruzione. Nessun osservatore può infatti per ora dare spiegazione del modo con cui V acqua sta unita colla lava fluida. Nondimeno dove nell’ epoca presente la lava sale e si riversa fuori del cratere oppure vien rigettata in forma di scorie, ivi è sempre il vapore acqueo la forza espellente; per cui dobbiamo concludere che anche nelle epoche passate, ad onta di tutte le differenze nella forma e nella proporzione delle eruzioni, deve essere stata V acqua che portò fuori i materiali dalle profondità compenetrandoli e producendo in essi delle alterazioni. Lo studio dei filoni di Campiglia è perciò tanto più istruttivo inquantochè esclude assolutamente ogni altra interpretazione ad eccezione di quella della provenienza delle materie dal basso, poiché P insieme delle svariate sostanze componenti il filone sta racchiuso in un marmo talmente puro che non poteva mai somministrare gli ele- menti necessari per la formazione dei minerali di contatto, gra- nato, vesuviana, ec. A pochi passi dalla detta località verso Nord trovasi la Buca o Nido dell’Aquila, antica escavazione etrusca di circa 10 metri di larghezza e 25 a 30 di profondità entro la quale discendesi per mezzo di una discenderia a gradini costruita lungo il limite fra il marmo e il porfido augitico. Dal fondo di questa cavità un piccolo pozzo di circa 40 metri conduce in altri spazi sotterranei maestrevolmente lavorati. Nelle pareti marmoree della Buca dell’ Aquila vidi eziandio le tracce dello sfregamento delle funi colle quali gli antichi ese- guivano l’estrazione del minerale; esse consistono in scanalature della profondità di circa 15 centimetri. Presso la Buca dell’Aquila nel Foggio delle Fessure trovasi parimente un antico pozzo pel quale giungesi in escavazioni che somministrano buratite, pitizzite, aragonite azzurra ed altri minerali. La buratite è conformata in gruppi fibroso-radiati, celesti, di lucentezza sericea, originatisi per entro le druse e le spaccature del marmo. La sua composi- zione, secondo Delesse, è la seguente: acqua e acido carbo- nico 39, 16; ossido di zinco 26, 98; ossido di rame 4, 17; cal- ce 29, 69 ; peso sp. 2, 913 (Ann. de chim ., XVIII, 478 Kenngott, 336 Vébers. min. Forsch., 1844-1849, pag. 64). . Un gran numero di pozzi antichi trovasi in questo punto; anche il Cocquand (18 ) fece affondare un pozzo di circa 96 metri di profondità, distante solo un centinaio di metri dalla Buca dell’ àquila, collo scopo di raggiungere quella parte del filone lasciata intatta dagli antichi. Un poco verso N.O. trovasi la Cava del Rame consistente m antiche escavazioni nella maggior parte ripiene. Tutt’ intorno fu- rono eseguiti dagli etruschi lavori sotterranei veramente colos- sali. Posto 1’ orecchio al suolo io udii per 18 secondi il rumoie prodotto dal cadere e dal rotolare di una pietra gettata in un pozzo tortuoso in parte verticale, in parte inclinato; la sua pro- fondità verticale deve giungere molto probabilmente a 200 metri. Nel distretto metallifero campigliese come nel massetano gli an- tichi non scavarono alcuna grande galleria ma soltanto innume- revoli pozzi per lo più irregolari e prossimi l’ uno all’ altro. A esempio sul poggio di Serrabottini presso Massa Marittima m uno spazio di forse un miglio si contano circa 300 pozzi anti- chi Questi pozzi non sono verticali, nè hanno un’ ampiezza co- stante, ma seguono le spaccature della roccia allargandosi e re- ; stringendosi bruscamente. Pochi documenti esistono su questi lavori, però si possono distinguere facilmente due epoche negli antichi lavori del Massetano, delle quali la più antica è carat- terizzata da pozzi stretti ed incompleti ed ancor piu. per la ve- getazione sviluppatasi sugli scarichi. Così gli scarichi di Scam- biano sono decomposti e ricoperti di querci colossali ; mentreche quelli di Poggio al Montone e Serrabottini sono nudi e sterili (Savi, Sulle min. delle viciname di Massa Marittima. — Cimento, Ann. V, 108-148). In prossimità della Buca dell’Aquila e della Cava del Rame rinvenni sugli scarichi antichi molto quarzo con innumerevoli im- pronte di piriti di ferro e con efflorescenze di ossido di rame, malachite, azzurrite e non poca ematite rossa silicea. La ma- trice dei filoni di Campiglia, in quei punti ove fu esposta alle azioni dissolventi dell’ atmosfera, comparisce frequentemente alla superficie convertita in ematite rossa e bruna quarzosa. Questa stessa conversione è presentata in una maniera altamente istrut- tiva da una pseudomorfosi della collezione del dottor A. Krantz. - 337 — Cristalli ci’ ilvaite dell’ Elba constano alla superficie cT oligisto, più verso l’ interno di ocra di ferro ; il quarzo insieme col calcedonio si è formato alla superficie dei cristalli di cui la parte interna soltanto in un punto presenta ancora un residuo della sostanza ilvaitica inalterata. Per una più circostanziata descrizione di questo esempio, ved. Pi. JBlum, III, Nachtr ., z. d. Pseudom. pag. 186. Secondo il Nardi dalla Buca dell’ Àquila nella direzione di S.O. stendesi una serie di pozzi antichi fino al Botro ai Marmi, nei quali trovasi ematite rossa, molto quarzo con impronte di piriti di ferro, un poco di ossido di rame, malachite e azzurrite. Però non potei avere ulteriori notizie in proposito. A pochi passi dalla Cava del Rame volgendo verso Ovest incontrasi di nuovo il por- fido augitico che qui pure accompagna il filone. Più oltre verso N.O. non mi fu possibile di ritrovare questa roccia, osservai bensì il filone dell’ augite raggiata intimamente connessa col por- fido quarzifero che qui prende un aspetto intieramente granitico. A Nord delle rovine della Fiocca San Silvestro il filone dirigesi a N. 8° 0. — In questa parte più settentrionale del filone, oltre al porfido augitico, sembra mancare anche P ilvaite; 1 contempo- raneamente all’ augite ferrifera si sostituisce V augite mangane- sifera e invece della blenda bruna comparisce la gialla. Il filone augitico, che consta anche qui di gruppi sferoidali, forma per entro il marmo molte strette ramificazioni che corrono talvolta parallelamente e con spessore uniforme, tal’ altra vi penetrano con forme più irregolari. L’ augite manganesifera è talvolta im- pregnata di calcite racchiusa fra gli strali. Presso il limite fra il marmo e V augite stanno disseminati dei granuli di quarzo grigio chiaro. Il contatto fra il marmo e queste apofisi del filone augitico presentasi intralciato ed intrigato in una maniera ve- ramente caratteristica. In una lastra trasparente si può osservare al microscopio come innumerevoli e finissimi aghi augitici pene- trano nel marmo in forma di raggi; talora due sistemi di raggi ‘ Sebbene in piccolissima quantità, pure in seguito ai nuovi lavori nella Cava di San Silvestro fu trovata l’ ilvaite insieme coll’ augite manganesifera. In questo punto il filone presenta anche una certa quantità di galena, di cui al- cune vene dello spessore di circa 10 centimetri penetrano da sole nel marmo saccaroide. — (Il Traduttore.) si incrociano senza disturbarsi. Così nel marino bianco granulare misto con quarzo compariscono sottilissime reticolature di ìaggi di augite. Una così delicata struttura potè esser soltanto il ri- sultato di un lento e graduale processo di cristallizzazione. Sulla zona di contatto tra T augite e il porfido quarzifero comparisce qui pure l’ epidosite la quale come la stessa augite forma delle sfere raggiate.1 Io seguii il filone fin sopra allo schienale mai - moreo che dal Monte Calvi scende verso ponente, oltre il quale entrasi nella parte superiore della Valle dell’ Acquaviva. Sul suo stesso crinale, che consta di banchi orizzontali, trovasi la Cava del Serpente con molti pozzi attualmente inaccessibili. Il porfido quarzifero che a Nord della Rocca San Silvestro comparisce in forma di filone nel marmo, ha una grandissima analogia con quello della Val delle Rocchette, essendoché contiene esso pure il feldspato sanidino e la cordierite ; oltre di ciò avvicinasi qui talmente alla grande massa porfìrica delle colline di San V in- cenzo, che sebbene io non abbia potuto osservarne la immediata connessione non ne posso menomamente dubitare. A N.E. del filone del Temperino trovasi V altro parallelo della Cava del Piombo. Anche questo come V altro precedentemente descritto non si presenta come un filone continuo, ma come una serie di tratti di filone interrotti più volte alla superficie, la cui direzione generale va da S.S.E. a N.N.O. Questo secondo filone può esser seguito dalla parte superiore della Valle dell’ Or tac- cio, sopra il poggio Palazzeto, la vallecola del Ciavaro fino alla Valle delle Strette. Su questa lunghezza di oltre 1300 metri in linea retta sono schierati antichi lavori, pozzi, discenderie, ec. Il porfido quarzifero in più luoghi di aspetto granitico, che ac- compagna questo filone, è ad esso strettamente unito nel tratto di mezzogiorno, mentrechè al di là della Cava del Piombo la zona porfìrica giallo-rossastra si continua, senza la concomitanza del filone augitico, al di là dei monti marmorei fino ai monti della Gherardesca. Nella estremità meridionale di questo filone trovasi la Cava del Cinghiale alla quale si rannodano, per mezzo 1 Nella epidosite che qui ha un grande sviluppo, trovansi disseminate pinti di ferro e grani serpentinosi. — (Il Traduttore.) — 339 — di ampie escavazioni a cielo scoperto e di numerosi pozzi, le cave al Fico e V Ajone. Secondo il Nardi, che spesso con peri- colo della vita visitò queste escavazioni, abbandonate fino da epoche remotissime, allo scopo di acquistare una giusta idea sulla convenienza di riattivare quelle coltivazioni minerarie, i lavori antichi avrebbero qui raggiunto un grande sviluppo. Uni- tamente ai pozzi e ad altre escavazioni più o meno irregolari, egli rinvenne cinque gallerie poste una sopra V altra ciascuna delle quali aveva un’ altezza di circa due metri per 1, 30 di lar- ghezza. Certe aperture aventi la forma di pozzi che ripetonsi ad uguali distanze servivano di comunicazione fra i diversi piani. « Osservando la bellezza di queste gallerie e il minerale tuttora accumulato in un piccolo monticello dinanzi alla miniera, appena può credersi che qui la mano del picconiere riposi da lunga serie di secoli. In questa escavazione trovasi tuttora una scala larga 3 % metri maestrevolmente scavata nel marmo. » Il punto più ri- marchevole di questa massa metallifera è senza dubbio la Cava elei Piombo situata ad Est di San Silvestro. Il filone della po- tenza di 20 metri circa, consta qui di sferoidi colossali (fino a 2 Va metri di diametro) di augite raggiata. Una di tali gigan- tesche sferoidi fu spaccata cogli ultimi lavori minerarii. Il nucleo centrale è costituito da una massa irregolare di oltre 30 cen- timetri di grossezza di blenda bruna, galena, pirite e calcopi- rite. Questa massa piritosa centrale diramasi framezzo agli strali dell’ augite grigio scura, i quali nelle grandi sferoidi sono deli- mitati da 3 o 4 superficie sferiche concentriche. Tutta quanta la massa augitica poi è compenetrata da nuclei più grandi o più piccoli di solfuri metallici, dai quali son pure rivestite quelle su- perfìcie sferiche concentriche. Gli interstizi fra le sfere sono for- mati da masse augitiche raggiate in zone irregolari in cui tro- vansi druse di quarzo grosse un piede, le pareti delle quali son coperte di cristalli di 2 a 3 centimetri di grossezza. La parte interna di quelle sfere è vuota, ed accresce perciò il meravi- glioso spettacolo di quella escavazione aperta. Al quarzo as- sociasi in quelle druse la dolomite in cristalli di 2 a 3 cen- timetri, in cui predomina il romboedro primitivo cogli spigoli laterali smussati da uno scalenoedro, e la siderite. Anche — 340 — r ilvaite cristallizzata trovasi nella Cava del Piombo , in vene o in noduli mista alle masse augitiche e piritose. Ai due lati del filone sta il marmo, e nella stessa spaccatura o ad im- mediata vicinanza, viene fuori qui pure il porfido quarzifero. Come prodotto di decomposizione comparisce nella Cava del Piombo la calamina di forma testacea la quale riempie le cavità del filone e del marmo. Questa formazione spiegasi facilmente per il fatto della decomposizione della blenda e l’azione del solfato di zinco sul carbonato di calce. Dinanzi alla cava sta- vano accumulati notevoli ammassi di minerale di cui ciascun frammento, magnifico impasto di augite, blenda, ilvaite, galena, pirite e calcopirite avrebbe potuto abbellire le più cospicue col- lezioni mineralogiche. L’ aggruppamento raggiato dell1 augite in sferoidi grandi e piccole conferisce a tutte queste masse una im- pronta veramente caratteristica. Particelle e venuzze di solfuri metallici e specialmente di galena attraversano talvolta le sfere raggiate, quasi riempiendo piccole spaccature della massa augi- ' tica. Mentre che i nuclei piritosi delle cocarde si formarono evi- dentemente prima o contemporaneamente alle fibre dell’ augite, quei frammenti e quelle vene dovettero indubbiamente avere un’ origine posteriore. Fra le cocarde e le zone raggiate trovansi molte concentrazioni irregolari di quarzo in cui talvolta stanno impiantati frammenti d’ ilvaite. Però non sembra possibile di ri- conoscere una distinta successione di epoche per le diverse masse rocciose e metallifere componenti il filone, poiché la loro forma- zione fu pressoché contemporanea, e richiese certamente un lungo lasso di tempo. Gli affioramenti di grandi masse di galena nella Cava del Piombo dettero occasione in tempi diversi a ripetute lavorazioni minerarie; al tempo dei Medici, quindi negli anni 1821, 1836, 1840 e finalmente nel 1864. Attualmente anche qui tace ogni lavoro.1 Sebbene il filone al tempo della mia visita fosse abba- j stanza bene scoperto, per esser da poco abbandonata la lavora- zione, tuttavia i rapporti di esso colle rocce incassanti potevano osservarsi per lo innanzi molto più chiaramente. La seguente 1 Vedi la nota a pag. 300 (fase. 7-8). — {Il Traduttore.) — 341 — figura rappresenta la Cava del Piombo come fu prodotta da P. Savi. Fig. 8, «. Calcare cristallino. — b. Massa di augite radiata con galena, blenda, ilvaite ec. c. Porfido augitico. Nella parte anteriore vedesi una massa augitica di forma ir- regolare incassata nel calcare cristallino. Gli strati augitici sono ordinati in una zona sulla salbanda ed impiantati normalmente alla linea di contatto ; nell’ interno vi sono grandi sferoidi rag- giate. Nella parte mediana della massa insinuasi un filone por- fireo che più a sinistra è rimasto eretto a guisa di una mura- glia. Però il filone nella parte anteriore della nostra figura è soltanto un avanzo dell’ intiera massa stata escavata a cielo sco- perto. Le cocarde e le masse raggiate che vedonsi nella super- ficie marmorea nel fondo del nostro disegno appartengono al- P altra salbanda del filone principale. La forma irregolare di quella porzione di filone sul dinanzi della cava, che raggiunge la superfìcie del suolo soltanto assottigliandosi fino a divenir nulla, spiega anche il modo di comportarsi dell’ altro filone al Temperino e all’ Ortaccio ove il marmo ne ricuopre la massa con — 342 - una vòlta potente (presso il Temperino circa 10 metri) — (vedi anche Burat, Tav. XIX, Géol. appi., ed una sua copia in v. Cotta, Erdagerstàtten, pag. 378). Allorché Hoffmann visitò quella lo- calità osservò nella massa del filone « numerosi frammenti alla rinfusa di calcare affatto simile a quello del contatto, le dimen- sioni dei quali erano all’ incirca 3 metri di lunghezza per 1 di larghezza. Il filone che sul suolo della valle può aver la potenza di 16 metri va sempre più assottigliandosi verso l’alto giun- gendo fino ad un’altezza di 50 a 70 metri sulla parete calca- rea della diramazione occidentale del Monte Calvi. » Hoffmann fa cenno inoltre della calamina cellulare in vene di 5 centi- metri di spessore nelle spaccature del calcare più raramente fra gli strati di « orneblenda. » Lo stesso autore cita anche druse d’ilvaite del Temperino; nella direzione della Cava del Piombo fa menzione inoltre dello sciorlo (Schórl) in masse compatte e in cristalli, sotto il qual nome però altro non devesi qui intendere che P ilvaite. Dobbiamo eziandio ricordare che dal Cocquand (Sur les substances rayonnées) fu citata come una rarità mineralogica il granato e la magnetite dei filoni campigliesi. Questi minerali avrebbero qui tanto maggiore interesse inquantochè per tal fatto sarebbe ancor più marcata l’ analogia fra Campiglia e il Capo Calamita all’ Elba, presentandosi in quest’ ultima località pari- mente l’ ilvaite insieme coll’ augite raggiata nel maimo. L’ escavazione più settentrionale di questo giacimento porta il nome di Cava del Colombo. Oltre che nei due citati filoni del Temperino e della Cava del Piombo presentasi P augite raggiata come matrice di filone nel marmo anche sulla cima del Foggio dell’ Acquaviva separato dal Monte Calvi per mezzo della valle del Botro ai Marmi. Questo filone augitico che secondo il Cocquand attraverserebbe non solo il marmo bianco ma anche il calcare ammonitico non è accompagnato da rocce porfiriche. Dalla massa augitica che qui consta piuttosto di una fitta rete di vene (stocbfor- mig ) che di un vero filone, diramansi un gran numero di filon- celli di uno spessore variabile da pochi millimetri a due centi- metri.1 Anche queste strette apofisi che corrono talvolta a poca 1 Possono quivi ottenersi elegantissimi esemplari di marmo saccaroide, sul campo candido del quale spicca una vena augitica rettilinea di un bel verde. ^ (Il Traduttore.) distanza in direzione parallela possiedono una struttura raggiata. I centri delle sferoidi trovansi o sulle salbande o più frequen- temente nel mezzo della vena. Il contatto col marmo, che qui è a grana grossa, è affatto brusco ; P ilvaite, la galena, la pirite talvolta in sottili letti tal’ altra in granelli isolati giacciono per lo più sulle salbande. Nessuna modificazione scorgesi nel marmo al contatto colla massa augitica; soltanto ad immediata prossi- mità dei piccoli filoncelli contiene una traccia di magnesia. L’ opinione dei precedenti osservatori che i filoni campigliesi ab- biano prodotto la dolomitizzazione del marmo non potè esser da me constatata in alcun punto. Tanto meno poi si può attri- buire ai filoni augitici e porfirici la conversione del calcare in marmo; imperocché a grande distanza da esse il calcare è della stessa struttura cristallina che ad immediata prossimità. Come le pendici del Monte Calvi, il Poggio dell’ Acquaviva fu esplorato dagli antichi per una grande estensione. Seguendo il filone au- gitico fu costruita una galleria inclinata lunga circa 800 metri, larga 2 o 2 7 2, alta 1. Due pozzi, uno dei quali della profondità di 44 metri, l’altro di 118, la fanno comunicare coll’esterno. Mentrechè questi lavori, giudicandone dalla loro forma, sono an- tichissimi e probabilmente appartengono, come quelli più sopra descritti, all’ epoca etrusca, trovasi nella pendice settentrionale del monte una galleria di epoca senza dubbio più recente però incognita. Questa galleria alta 3 metri e larga 2 è posta a mezza costa dirimpetto al Monte Bombolo ed ha una lunghezza di quasi 250 metri. Essa è scavata per intiero nel calcare mar- moreo e non ha incontrato alcun filone. Scopo di questa galleria era certamente quello di scoprire in profondità il filone augi- tico di cui gli etruschi avevano escavata la parte superficiale. Qualificazione dei filoni di Campiglia e considerazioni teore- tiche che se ne possono indurre. — Dalla descrizione che abbiamo fatta dei filoni di Campiglia ne consegue che essi non possono prender posto in nessuna di quelle divisioni sistematiche nelle quali vengono ora repartiti i giacimenti metalliferi (ved. ad esempio, v. Cotta, Geologie der Gegenwart). Questi filoni sono giacimenti sui generis che sembra non abbiano fino ad ora tro- vato riscontro in alcun’ altra località. Ciò non esclude però che — 344 — anche in altri luoghi siansi potuti osservare alcuni fenomeni ana- loghi a quelli presentati dai filoni campigliesi. Come tali devono rammentarsi per primi alcuni punti dell’ Elba (Capo Calamita e Rio marina) e Yal Castrucci. Accennerò qui soltanto che nella pendice orientale della Punta Nera di Calamita trovansi grandi masse stratiformi di augite ferrifera verde scura in sferoidi rag- giate insieme ad ilvaite compatta ed in stretto rapporto col marmo; come pure che presso la Torre di Pdo compariscono ugualmente l’ augite e h ilvaite nelle druse e nelle spaccature di uno schisto talcoso o sericeo in rapporto col marmo. Però in nessuna di queste due località trovansi in connessione con una qualunque roccia eruttiva. La Val Castrucci , due miglia a S.E. di Massa Marittima presso le Capanne vecchie (prov. di Gros- seto) presenta un giacimento metallifero affatto diverso da tutti gli altri del Massetano (ved. P. Savi, Sulle miniere delle vici- nanze di Massa Marittima).1 Val Castrucci forma la parte su- periore del Botro della Valle. Il Savj. osservò sulla costa del Poggio di Brenna fra gli strati calcarei e schistosi venule di cal- copirite in vicinanza delle quali la roccia diveniva più tenace e dura. Frequentemente quelle vene erano accompagnate da una specie di diorite che a luoghi passava ad un augite xaggiata (anfiboli del Savi). Quella formazione dioritica penetra in forma di filone fra gli strati schistosi e calcarei seguendone talvolta T andamento, tal’ altra attraversandoli. Nell’ interno di questa roccia augitica, ordinariamente quarzifera, trovansi talvolta cri- stalli di galena e più di frequente masse rotondeggianti della grossezza di una noce o di un uovo della più bella calcopiiite. Sul lato sinistro del Botro presso la via del Santo trovasi una serie di filoni-strati costituiti di augite raggiata e quarzo con calcopirite. Molti altri se ne osservano più in alto. In Val Ca- strucci trovansi filoni augitici impregnati di calcopirite e racchiusi 1 Non è questo un fatto isolato nel distretto metallifero del Massetano, che anzi sembra essere normale per la maggior parte dei giacimenti di questa lo- calità : infatti oltreché in Val Castrucci presso il centro minerario principale, troviamo formazioni augitiche anche al Poggio al Montone presso la miniera della Castellaccia, e in Valdaspra , ove oltre l’ augite vi compariscono 1’ epidosite e il granato. — ( Il Traduttore.) - 345 - nel calcare e negli schisti, manca però l’ ilvaite tanto caratteri- stica pel Campigliese.1 Una certa benché lontana analogia coi giacimenti campigliesi sembrano presentarla i banchi anfibolici siliceo-calcarei metalli- feri dei dintorni di Breitenbrunn e Schwarzenberg in Sassonia (descritti da v. Cotta nella Geogn. JBeschr. d. Kdnigr. Sachsen, di G. Fr. Naumann, 2 Refi , pag. 37-42). « Questi filoni-strati racchiusi nei micaschisti sonò tanto strettamente connessi colle dioriti da non poterli ragionevolmente separare, e spesso accom- pagnati dal calcare cristallino e dalla dolomite. Che queste dio- riti siansi intruse nella formazione schistosa per entro spaccature parallele non può restare alcun dubbio. Però non era necessario che il materiale per i metalli e molti altri minerali (magnetite, pirite magnetica, pirite di ferro, calcopirite, arseniopirite, blenda nera e bruna, alquanta cassiterite, granato, vesuviana, orne- blenda ec.) si trovasse in origine in queste dioriti. La circostanza che le dioriti sono ricchissime di minerali ma soltanto localmente, indicherebbe piuttosto che la loro metallizzazione fosse avvenuta posteriormente in un modo qualunque. Quasi ancor più difficil- mente spiegabile della metallizzazione locale è il fatto della fre- quente concomitanza di queste dioriti col calcare cristallino e colla dolomite. » Nessuna traccia d’ ilvaite. Coi minerali metalliferi campigliesi hanno molta somiglianza (secondo una comunicazione vocale del signor Val. v. Moller) quelli di Pitkaranda in Finlandia. In prossimità del lago La- doga tra il granito e i micaschisti affiora un filone-strato costi- tuito specialmente di orneblenda e malacolite (in un col granato nero e verde, pitkarandite ec.) e racchiudente blenda, galena, calcopirite, magnetite e cassiterite. Il filone contiene in media 3 a 3 72 7 o di rame. Anche qui manca P ilvaite. Sembrano in modo speciale appropriati ad una comparazione con quelli di Campiglia i filoni cupriferi di Kupferberg nella Sle- sia (v. Websky, Geogn. Verh. d. Frzlagerstatten von Kupferberg 1 Dallo studio dei fatti interessantissimi presentati da questo giacimento, siamo condotti alla conclusione che esso sia dovuto puramente ad un processo di metamorfismo, ed è di tale opinione anche F autore nel suo scritto più volte citato, Die Umgebungen von Massa Marittima , al quale rimando il lettore per ulteriori notizie. — (Il Traduttore.) — 346 - und Budelstatt. Zeit. d. g. Ges., V, 1853, pag. 373-438) che af- fiorano tra gli schisti dioritici attraversando apofisi di granito e talvolta anche filoni porfirici. Uno dei più rimarchevoli è il filone-strato EinigTceit che passa sotto la stessa città di Kupfer- berg. La matrice principale di esso è « una varietà di orneblenda in fibre sottili raggruppate eccentricamente, che fu chiamata Strahlstein, ma che per le sostanze che V accompagnano, analo- gamente ad altre località, dovrebbe riferirsi alla edembergite (augite). Yi si uniscono il quarzo prasio (che trovasi coll’ ilvaite presso la Torre di Rio all’Elba), un minerale simile a clorite, pirite magnetica, pirite, calcopirite ed erubescite. Allorché la miniera Einigheit al principio di questo secolo non era più in attività, Ch. S. Weiss scoperse sullo scarico del Wolfsschacht (pozzo del Lupo) i noti cristalli d’ ilvaite. » Nondimeno Y analo- gia di questi coi filoni campigliesi è sempre lontana, poiché mentre vi si trovano le masse augitiche raggiate, le piriti e una piccola quantità d’ ilvaite, manca il calcare cristallino come roc- cia incassante di questi filoni che non hanno alcun carattere eruttivo ma sono strettamente connessi in forma di strati cogli schisti dioritici. Per ciò che concerne V origine dei giacimenti metalliferi di Campiglia dobbiamo limitarci a poche considerazioni, poiché pre- sentano tali formazioni geologiche che non hanno riscontro nel- P attività terrestre dell’ epoca attuale, almeno in quella parte della crosta del globo accessibile alle nostre osservazioni. Nessun dubbio fondato può sollevarsi intorno alla origine eruttiva della massa principale di quei filoni, sebbene al defini- tivo riempimento delle spaccature possano aver contribuito so- luzioni o sublimazioni provenienti dal basso. Di un riempimento della frattura per secrezioni laterali o per mezzo di acque dal- p alto al basso non è qui il caso di parlare. Il marmo bianco nel quale la massa cupa del filone s’ insinua con numerose vene ed apofisi, ed i cui frammenti furono ravvolti dalla massa ilvai- tica nella Cava del Piombo, dimostra ad evidenza che quella massa provenne dal basso. Un secondo quesito è quello del rapporto fra la vera massa del filone e i porfidi augitici e quarziferi. Vedemmo nella Cava dell’ Ortaccio grossi blocchi di porfido racchiusi nella massa au- — 347 - gitico-ilvaitica, mentre che nella Cava del Piombo ci si presenta ugualmente chiara la penetrazione del porfido nell’ augite rag- giata. Questi fatti apparentemente contradittori possono essere spiegati ammettendo per quelle rocce e per quelli aggregati mi- nerali un’ origine quasi contemporanea. Quelle formazioni com- penetraronsi reciprocamente a guisa di sostanze plastiche modi- ficandosi alquanto sulle superfìcie di contatto. Il porfido quarzifero e il porfido augitico, in esemplari scelti convenientemente, pre- sentaci invero come forme litologiche appartenenti a classi di- verse, però uno studio più accurato mi fece convinto che ambedue queste rocce, sebbene petrograficamente affatto differenti, devono esser riguardate come identiche nel più esteso significato geo- logico. Vediamo infatti che le due rocce, sebbene effettivamente diverse, trovansi in condizioni uguali accompagnando insieme i filoni per oltre un miglio. Il porfido augitico dei filoni può con- siderarsi come un porfido quarzifero modificato chimicamente e mineralogicamente dall’ azione della massa augitico- ilvaitica. In- fatti il porfido quarzifero è meno intimamente collegato con quella massa stessa. Se noi trovammo al Pozzo Cocquand tra l’ilvaite un filone di porfido quarzifero bianco dello spessore di 3 metri, ed un altro di porfido augitico di 2 metri, dobbiamo credere per spiegare il carattere diverso delle due rocce, sebbene in identiche condizioni di contatto, che in questo caso esse non trovaronsi nello stesso stato, forse di fluidità, per soffrire le stesse alterazioni di contatto. Devesi notare inoltre, che il por- fido augitico fa parte assolutamente della stessa spaccatura del filone, si dirama in essa in molte guise, non se ne allontana che poco, quindi dovette soffrire Y azione della massa del filone in un grado molto maggiore del porfido quarzifero, che V abban- dona per lunghi tratti venendo a giorno indipendentemente da essa. Dove penetra effettivamente nella spaccatura del filone au- gitico-ilvaitico, è soltanto in quelle regioni prossime alla super- ficie, mentrechè il porfido augitico venne fuori insieme colla massa metallifera fino da molte migliaia di metri di profondità. Le masse di augite raggiata che costituiscono di preferenza il riempimento della spaccatura, sembrano ripetere un’ origine ignea. Allorché la vide il Pilla, esclamò : « Esse mi richiamano alla memoria i lapilli augitici del Vesuvio conformati spesso - 348 - in zone concentriche. » Del resto sappiamo che 1 augite fu uno di quei minerali che già Mitscherlich e Berthier ripro- dussero fondendo insieme le sue parti componenti, come puie che esso è uno dei corpi cristallini più ordinari che trovansi nelle scorie degli alti forni. In questo caso i cristalli augitici presentansi talora nelle druse delle scorie o della camicia (Gè- stell steine) del forno, talora raggruppati in sferoidi raggiate più grandi o più piccole nella massa scoriacea. Queste sfere fìbroso- radiate delle scorie cristallizzate, hanno in realtà una grande analogia colle sferoidi augitiche di Campiglia, la quale analogia tanto più si rileva inquantochè queste forme di cristallizzazione trovansi comunemente nelle scorie di rame (non nelle antiche) di Campiglia. Nelle scorie nere vetrose vedonsi sfere raggiate ec- centriche della grossezza di un pisello fino a quella di una noce di color grigio, negli aghi cristallini delle quali si può ricono- scere il prisma dell’ augite. Altre scorie del Campigliese son cri- stallizzate in tavole sottili della forma dell olivina. La rarità dei giacimenti d’ ilvaite (v. Des Cloizeaux) prova che le condizioni per la produzione di questo minerale raramente verificaronsi riunite ; artificialmente non fu possibile fino ad ora di promuoverle. Il suo giacimento è di origine plutonica non vul- canica. È rimarchevole davvero che non siano stati peranco Do- vati cristallizzati nelle scorie i silicati di cui l’elemento essen- ziale è 1’ ossido di ferro, mentre i silicati di protossido (peridoto di ferro) compariscono quasi dappertutto in cristalli. Vi sono veramente delle scorie di cui la composizione è rappresentata dall’ associazione di silicato di protossido col silicato di ossido di ferro, che si potrebbero riguardare quindi come ilvaite scevra di calcare. Così John Percy (. Metallurgie , trad. ted. di Wedding, II, 123) analizzò dei cristalli di scorie, il cui peso specifico era 4, 080, e contenevano : silice 29, 60 ; protossido di ferro 48, 43 , ossido di ferro 17, 11; protossido di manganese 1, 13; allumina 1, 28 ; calce 0, 47 ; magnesia 0, 35 ; acido fosforico 1, 34 ; solfuro di ferro 1,61. In altri cristalli di scorie il medesimo trovò: si- lice 23,86; protossido di ferro 39,83; ossido di ferro 23,75; protossido di manganese 6, 17 ec. (I, 24). Poiché questi cristalli possedevano la forma dell’ olivina è intieramente fondata 1 opi- nione del Percy, che una parte del protossido siasi ulteriormente — 349 — ossidato sotto 1’ azione di una più alta temperatura. Il dottor Kosmann mi favorì gentilmente dei cristalli di scorie di Saint- Avold (Dip. della Mosella) aventi le forme dell’ olivina e che in- sieme al protossido contengono anche l’ossido di ferro. L’analisi microscopica mostra che nell’ interno dei cristalli si produssero gruppi cristallini in forma di stelle, molto probabilmente di ma- gnetite, e che perciò devono riguardarsi come pseudomorfosi in- cipienti di magnetite sull’olivina. Come non si è potuto finora ottenere artificialmente cristalli della forma dell’ ilvaite, così non è stato possibile di fondere insieme la silice coll’ ossido di ferro, mentrechè si ottennero silicati di protossido di ferro, ferro os- sidulato e silice libera. (Percy, Met., II, 27.) Il fatto innegabile che l’ ilvaite finora non fu osservata nè nei veri e propri pro- dotti vulcanici, nè nei processi di fusione, non esclude però la possibilità che ciò possa accadere, e tanto meno può tratte- nerci dallo star saldi nel convincimento, appoggiato a molte altre ragioni, che le gigantesche masse ilvaitiche di Campiglia siano un prodotto di processi plutonici. I rapporti della ilvaite col marmo nel quale sta incassata, non può esser casuale (del che ce ne possiamo convincere ancor meglio all’ Elba) ; dobbiamo piuttosto riguardare a Campiglia come all’ Elba, l’ ilvaite come generata dalla fusione insieme del silicato di ferro e del calcare. Stanno in appoggio di questa opinione gli esperimenti di Ebel- menn. Egli dimostrò che fondendo insieme per tre giorni in un crogiuolo di platino una scoria della composizione del peridoto di ferro con egual peso di marmo, viene scacciato il protossido di ferro per mezzo della calce, per cui il marmo sparisce com- pletamente. I prodotti delle sue ripetute fusioni furono : silicato di protossido di ferro e calce, magnetite in cristalli ettaedrici e ossido di ferro amorfo.1 L’ opinione suespressa circa 1’ origine dell’ ilvaite a Campiglia e all’ Elba, sembra esser confermata anche dal fatto che in am- bedue questi luoghi (analogamente agli esperimenti di Ebelmenn) insieme col silicato di ferro e il marmo trovasi anche la magne- 1 II Mohr non conosceva queste esperienze quando scrisse : «Che i silicati fusi non potevano contenere ossido di ferro libero, e che tutte le rocce che con- tengono magnetite non sono mai state fuse.» (Neues Jahrbucli fùr Min., Leonh. und Geinitz, 1866, pag. 184.) — (L’ Autore.) 24 - 350 — tite, in gran copia al Capo Calamita e come rarità, secondo il Cocqnand, a Campiglia. Ad onta di tali considerazioni siamo ben lungi dall’ avere in- tieramente compresa V origine dei filoni di Campiglia, imperoc- ché mentre V augite entra a far parte di quasi tutti i prodotti della odierna attività vulcanica, lo stesso non avviene dei sol- furi metallici, sebbene non manchino le piriti ed altri solfuri nella solfatara di Pozzuoli. Questi meravigliosi giacimenti richie- dono quindi per la loro spiegazione, azioni plutoniche differenti dalle presenti attività eruttive. Che nei processi vulcanici venga emesso P idrogeno dai fumaroli è certamente uno dei più im- portanti risultati delle moderne ricerche. Certamente è possibile che P azione riducente di questo corpo abbia generato dei sol- furi in luoghi ove non possono esistere materie organiche. III. Ricerche siti terreni terziarii dell’ Ungheria e del Vicen- tino dei signori Hebert e Munier- Chalmas, nota di Ed. Hebert.1 Terreni terziarii dell ’ Ungheria. — I terreni terziarii di questa regione sono stati studiati nel modo più dettagliato dal signor M. de Hantken direttore dell’Istituto geologico di Unghe- ria, il quale ha voluto egli stesso esserci guida nelle nostre esplorazioni : noi dobbiamo esprimergliene altamente la nostra ri- conoscenza. Egli è a questo scienziato che deve attribuirsi il merito d’ avere riconosciuto la reale successione degli strati quale noi stiamo per esporre. Noi abbiamo potuto constatare la perfetta esattezza dei suoi lavori; non dovremo che cambiare il nome di alcuni fossili, riferiti dal signor de Hantken a specie del ba- cino di Parigi, dalle quali differiscono. Noi non interverremo personalmente che nello stabilire il confronto della serie unghe- rese con quella degli altri paesi. 1 Dalla Revue Scienlifìque, 13, 29 sept. 1877. Gli strati terziarii più antichi dell’ Ungheria sono d’ origine lacustre; vi si rinvengono in abbondanza i generi Unto, Cyrena, Bithinia, Melanopsis, e per la prima volta il genere Dreyssensia. Questi primi strati sono coperti da banchi salmastri ricchi di Cerithium, contenenti la Pyrena Guvieri delle sabbie di Cuise ed un nuovo genere ( HantJcenia M. Ch.) confuso fino ad ora con i Paludomus. Lo stesso genere è abbondantissimo negli strati lacustri cretacei che trovansi al disotto dei primi banchi terziarii, ma vi è rappresentato da una specie differente. Noi riuniamo in un primo piano gli strati precedenti nei quali non incontransi ancora nummoliti. Il secondo e il terzo piano, come pure il quarto dei quali ora tratteremo, contengono invece in abbondanza questo foraminifero, ma ciascuno di essi è caratterizzato da specie particolari di nummoliti, come pure da molti altri fossili. Sono faune distinte che rappresentano al- trettante epoche differenti. Il quarto pianò è notevole per la grande analogia della sua fauna con quella della celebre località di Ronca (Vicentino), illustrata da A Brongniart. Ma su ciò ri- torneremo più tardi. Quantunque le faune dei nostri cinque piani sieno distinte nel loro insieme, sono pure riunite le une alle altre per dei fossili comuni assai numerosi, e per una successione di sedi- menti talmente concordanti che esse devono essere considerate come facenti parte d’uno stesso grande gruppo. Così la Num- mulites perforata tanto abbondante nel terzo piano si ritrova nel quarto colla Nummulites striata, e si vede pure apparire a questo livello la N. Tchihatcheffi ed alcuni orbitoidi precursori del quinto. Questo quinto piano nel quale trovasi la grande Num- mulites complanata del terzo, è principalmente caratterizzato dalla Serpula spirulaa e da numerosi orbitoidi, fossili così noti per l’ estrema loro abbondanza nelle marne di Biarritz. La parte superiore meno ricca di fossili è marnosa, e viene lavorata per laterizii a Buda. Essa racchiude tuttavia un certo numero di specie degli strati di Biarritz. Qui ha fine la serie nummulitica dell’ Ungheria, la quale deve essere nel suo complesso considerata come facente parte del ter- reno terziario inferiore o eocene. Lo studio degli strati terziarii - 352 — dell’Ungheria è di grande interesse per la sua successione ovunque chiara e facile ad osservarsi, ciò che non accade per il Vicentino. Il sesto piano, la cui sovrapposizione al precedente fu constatata in diversi sondaggi, è nella sua parte inferiore una formazione salmastra con strati d’ acqua dolce e ligniti alla base, e qualche letto marino interposto ; nella parte superiore vi è un deposito sabbioso essenzialmente marino. Tutto tende a separare questo piano dai precedenti; non solo cessano le num- moliti, ma la fauna cangia in un modo così completo che finora non si è potuto segnalare una sola specie di questo piano negli strati inferiori. Si è quindi condotti naturalmente a classificarlo in un altro gruppo, cioè nel terreno terziario medio o miocene. Ora nel bacino di Parigi il terreno miocene comincia egualmente con una formazione salmastra (argille con Cyrena ) accompagnata da una formazione di acqua dolce (calcare della Brie) e rico- perta dalla formazione marina delle sabbie di Fontamebleau, ma ciò che è veramente sorprendente è di trovare a una tale distanza queste formazioni, simili al punto di vista litologico, caratteriz- zate da fossili identici. Così il sesto piano comincia in Ungheria con strati calcarei o argillo-sabbiosi dove abbondano la Cyrena convexa Brong. ed il CeritMwn plicatum con Psammobia, Congena , Bithinia e Melanopsis, come le argille a Cyrena di Montmartre e di Pantin, e le sabbie che vi sovrastano contengono le stesse pa- nopee che a Jeurre presso Etamps e così pure le stesse Tellina Nystii, Cytherea incrassata, Pectunculus obovatus, Dentalmm Kickxi, Natica crassatina ec. Si sa che questa stessa fauna si trova nel Limburgo e nel bacino di Magonza pure nelle sabbie Alcune specie di questi bacini, specialmente una grande ciprini (C. rotundata Al. Brong) non furono peranco trovate in Francia Ora questa ciprina abbonda in Ungheria (Terek-Balmt). a u parte il Limburgo e il bacino di Magonza racchiudono pure delb sabbie argillose a Cyrena convexa indicanti degli affluenti d’ acqui dolce, ma tali affluenti sono venuti in questi due paesi alla fin del deposito di sabbie marine mentre nell’ Ungheria, come 1 Francia, essi le hanno precedute. La fauna marina e la aui. salmastra sono dunque contemporanee. Del resto vi ha tra esi un certo numero di fossili comuni come Natica crassatina, Ci rithium plicatum ec. - 353 - Non è questa la prima volta che insisto sull’ intimo nesso delle argille a Gyrena convexa colle sabbie di Fontainebleau, malgrado che il calcare della Brie separi questi banchi in una gran parte del bacino di Parigi. Ammettendo questo aggruppamento si ri- torna alla linea di demarcazione stabilita in principio da Al. Brongniart tra il suo primo e secondo terreno marino. La dire- zione della Carte géologique détaillée de la France ha creduto di dover trasportare questa linea di divisione al disopra del calcare della Brie ; è una decisione che deploro vivamente e che bramerei vedere modificata quanto prima, nell’ interesse della scienza e per rendere al padre della geologia francese V omaggio che gli è dovuto. Così adunque il mare delle sabbie di Fontainebleau, del quale io ho tracciato da più di vent’ anni il contorno nel nord dell’ Eu- ropa, si è steso sopra una gran parte dell’ Ungheria; esso vi ha deposto dei sedimenti della stessa natura, nei quali sono stati sepolti numerosi frammenti di molluschi appartenenti alle mede- sime specie che vivevano sulle rive di questo mare tanto nell’ Un- gheria che nella Francia, nel Limburgo e nella valle del Beno trasformata allora in un lungo fiord. La grande differenza che esiste fra questi depositi e i sot- tostanti, cioè il sistema degli strati a orbitoidi di Buda e di Biarritz, giustifica completamente la classificazione che colloca questi ultimi nell’ eocene superiore all’ epoca del gesso, ponendo alla base del miocene gli strati che li ricoprono. Il nostro sesto sistema del terreno terziario dell’ Ungheria è dunque, nel suo complesso, 1’ equivalente del gruppo intiero delle sabbie di Fontainebleau, quale noi lo comprendiamo, cioè dalle argille a Cyrena convexa inclusivamente sino al calcare della Beauce esclusivamente. In Ungheria non si conosce ancora nulla che possa riferirsi al calcare della Beauce (parte superiore del miocene inferiore). A Terek-Balint gli strati fossiliferi a Pectunculus obovatus sono separati dal miocene superiore a Tapes gregaria e Cerithium pictum da circa cinquanta metri di strati appartenenti per la loro fauna ( Ostrea crassissima, Lucina columbella, Tapes vetula, Tyrula condita, Clypeaster , Fckinólampas, Sculetta vindobonen- sis ec.) al miocene medio, cioè all’ epoca dei faluns della Tu- - 354 - renna. Bisogna dire però che noi non conosciamo la sovrap- : posizione immediata di questi strati a Ostrea crassissima , ec.,i| su quelli che rappresentano le sabbie di Fontainebleau, e cheli per conseguenza dobbiamo su questo punto tenerci in riserva. Terreni ternani del Vicentino. — Lo studio stratigrafico del '] Vicentino è stato fatto dal professor Suess dell’ Università di Vienna. Noi confermiamo in gran parte la successione stabilita i dall’ eminente geologo austriaco, col quale però noi differiamo su qualche punto, specialmente in ciò che concerne i rapporti fra le eruzioni basaltiche e il deposito degli strati sedimentari. Noi consideriamo queste eruzioni come posteriori a tutta la serie! nummolitica. Abbiamo potuto constatare che i basalti sono pe- netrati nei banchi terziarii come negli strati di creta, sotto forma di filoni-strati spesso orizzontali, e terminantisi a una certa di- stanza ; che i conglomerati, non sono che il risultato del disgre- gamento dei banchi calcarei per effetto delle emanazioni acquose; o fangose accompagnanti le eruzioni. Queste emanazioni sono pe- netrate negli strati meno compatti, hanno messo a nudo i fos- sili, il guscio dei quali è stato più o meno silicizzato. Seguendo lo strato così trasformato in tufo, si vede ben tosto finire a fondo di sacco e gli stessi fossili continuare nei banchi calcarei, rimasti intatti. La serie del Vicentino si "divide in piani che corrispon- dono a quelli dell’Ungheria, eccetto i due primi che hanno ca- ratteri molto diversi. Il più antico, il tufo di Spilecco del Suess, a Ehynchonélla\ polymorpha, è in realtà un calcare, ripieno di nummoliti, da 20 a 25 metri di potenza, nel quale il tufo non è che un’ acciden- talità di origine posteriore. Il secondo piano è costituito dai fa- mosi strati a pesci del Monte Bolca, dei quali il Museo di storia naturale di Parigi possiede una così bella collezione, o dai cal- j cari ad alveoline di Monte Postale racchiudenti una fauna ab-! bastanza ricca e speciale di gasteropodi, dove però cominciano di già a mostrarsi alcune specie del calcare grossolano di Pa- rigi. Fino ad ora non si sono ancora trovati degli echinidi in questi due piani inferiori. Il terzo piano, quello di San Giovanni Barione, è notevole per una fauna i cui rapporti con quella del calcare grossolano di Pa- — 355 — rigi sono numerosi. Gli echinidi abbondano a questo livello, cui caratterizzano il Conoclypus conoideus, V Amblypygus dilatatus e sopra tutto le grandi nummoliti (N. perforata , N. spira e N. com- planata). È sorprendente il trovare associate le stesse nummoliti, gli stessi echinidi e’ gli stessi molluschi del calcare grossolano di Parigi, non solo nelle Alpi svizzere (dintorni di Einsiedeln), ma anche in Ungheria nel terzo piano ricordato più sopra. Noi in- contriamo dunque qui un punto di ritrovo dei più importanti per raccordare i depositi eocenici del mezzogiorno dell’ Europa, sia fra di loro che con quelli del nord. Se qua e là le faune si mo- strano a tutta prima assai differenti fra di loro, hanno in questo punto un’ impronta d’ uniformità generale che non lascia alcun dubbio sul loro sincronismo. Il quarto piano è quello di Eoncà a Strombus Fortisii e nu- merosi Cerithium : abbiamo trovato i fossili di quest’ orizzonte in Ungheria superiormente agli strati precedenti, e la sua posizione stratigrafica, che lo studio del Vicentino non ha potuto stabilire fin qui e che è stata diversamente interpretata, si trova così fis- sata in modo positivo. A Pioncà come nei Bakony noi troviamo a questo livello : Fusus roncanus Brong., Fyrena combusta Brong., Cerithium calcar atum Brong., C. corvinum Brong., Strombus Tour- noueri Bàyan, ec. ec. A Roncà i Cerithium abbondano special- mente nei depositi inferiori tufacei che hanno un carattere salma- stro ; i depositi superiori allo stato di calcari compatti contengono grandi Cerithium , grandi Fimbria, delle Ferita schmiedelliana di dimensioni gigantesche, ec. In Ungheria questi due sistemi di strati sembrano non formarne che un solo. Il quarto piano presenta ancora un certo numero di specie del calcare grossolano inferiore di Parigi, ma sembra principal- mente corrispondere al calcare grossolano superiore e alle sabbie di Beauchamps. I quattro piani che abbiamo ora descritti si rilegano gli uni agli altri di maniera da formare un solo e stesso gruppo cioè : il primo ed il secondo per i calcari ad alveoline, e quest’ ultimo agli altri due per dei fossili comuni appartenenti alla fauna del calcare grossolano. Così li considero tutti quattro come apparte- nenti all’ eocene medio. II quinto piano nel Vicentino come nell’ Ungheria è quello — 356 — dove trovansi in abbondanza la Serpula spirulcea, gli orbitoidi, le operculine e altri fossili degli strati di Biarritz ; rappresenta cioè T eocene superiore dell’ Europa meridionale. Qui la fauna cambia in modo più pronunciato che nel passaggio di un dei piani precedenti al successivo. In questo quinto piano si possono rico- noscere parecchie suddivisioni : alla base degli strati dove s’ in- contrano frequentemente il Cerithium diàboli e altri fossili del livello di Faudon. È la prima volta che questo orizzonte fossi- lifero, così ben palese nelle Alpi, è segnalato nel Vicentino. Come a Branchai (Basses-Alpes) e nella Svizzera esso è ricoperto dagli strati a Ber pula spiralata, a orbitoidi, operculine ec. Altri strati seguono questi, e sono specialmente ricchi in Briozoarii ; sono designati comunemente col nome di marne di Brendola, ma vi ha una tale quantità di fossili comuni tra queste marne e gli strati che esse ricoprono, che non si saprebbe separameli. Di più, queste marne passano insensibilmente a dei calcari a polipai (Cro- sara e San Luca) cui bisogna considerare come la parte supe- riore del piano. Il miocene inferiore rappresentato in Ungheria da strati si- mili a quelli del bacino di Parigi, cioè da argille a Cyrena con - vexa e sabbie ripiene di fossili identici in gran parte a quelli di Étampes, si trova nel Vicentino egualmente composto di due piani entrambi di grande spessore. Il piano superiore, i calcari di Castel Gomberto di cui parleremo dapprima, racchiude pure la fauna delle sabbie di Fontainebleau e di Gaas come fu già sta- bilito dal signor Tournouer ; noi vi abbiamo raccolto : Natica crassatina, N. Delbosi, Cerithium plicatum, C. trochleare , C. con - junctum, C. elegans, C. calculosum, Deshayesia parisiensis, Del - phinula scobina, Strombus auricularis, Cassis mammillaris, Terebel- lum subconvolutum ec. In Ungheria sono gli acefali che dominano, i gasteropodi vi sono rarissimi, qui è il rovescio ; ma nelle due regioni abbiamo a fare colla stessa fauna, quella delle sabbie di Fontainebleau. Qui ancora troviamo un punto di ritrovo fra i de- positi del nord e del mezzogiorno dell’ Europa. Fra questi strati di Castel Gomberto e V eocene superiore si manifestano marne caratterizzate da una fauna speciale intiera- mente marina, le marne di Laverda. Queste marne occupano esat- tamente la posizione degli strati a Cyrena convexa dell’ Ungheria ; esse sono comprese fra gli stessi strati, ne sono quindi requi- — 357 - valente marino. I ricchi giacimenti eli Sangonini e di Salcedo fanno parte di queste marne, delle quali si possiede così una bella fauna che racchiude un certo numero di specie comuni con Castel Gomberto. Tra le marne di Laverda e i calcari a polipai di Crosara pongo il limite tra V eocene ed il miocene. Il flysch delle Alpi che forma sempre la parte superiore del sistema degli strati nummolitici di Faudon, dei Diablerets ec,, e degli strati a orbitoidi sovrapposti a quest’ ultimi, era stato rav- vicinato alle marne di Laverda: io non potrei ammettere tale assimilazione ; per me il flysch è necessariamente eocene superiore e le marne di Laverda si uniscono per la loro fauna al miocene inferiore. Nulla rappresenta fin qui nelle Alpi centrali quest’ ultimo deposito ; esso non s’ incontra che nelle regioni esterne come a Bar- réme all’ ovest, a Délémont a nord del Giura, nel Vicentino al sud delle Alpi. Una grande distesa di terreno, coperta dal mare eocenico superiore, si è dunque trovata sollevata fuori delle acque prima della formazione delle marne di Laverda e dei calcari a Natica crassatina. Vi sono ancora nel Vicentino strati superiori ai precedenti ; calcari contenenti un’ orbitoide gigantesca, che pare essere sfug- gita a’ nostri predecessori, dei banchi ripieni di Pecten, Clypea- ster, Scutella ec., ma non avendo completato lo studio dei nostri materiali, differiamo quanto abbiamo a dire di questa parte su- periore del terreno terziario del Vicentino. Da quanto fu precedentemente esposto si vede che noi non abbiamo trovato nel Vicentino, nè nell’ Ungheria, nulla che possa essere a mio avviso riferito con sicurezza all’ eocene inferiore del bacino di Parigi, del Belgio e dell’ Inghilterra. Quando si comin- ciano a trovare dei fossili comuni col nord, dessi sono specie del- l’ eocene medio oppure specie che nel sud hanno vissuto in mezzo della fauna di quest’ epoca. Vi fu dunque nel bacino mediter- raneo, al principio del periodo eocenico, una grande lacuna cau- sata dall’emersione di questo bacino, mentre che il bacino anglo-parigino era già sotto le acque. È probabile, tuttavia, che tra l’ eocene inferiore e 1’ eocene medio vi sia egualmente in quest’ ultimo bacino una lacuna corrispondente ai primi depositi terziarii del Vicentino e dell’ Ungheria, - 358 - Il presente quadro riassumerà, del resto, tutte le osservazioni che son venuto enumerando. IV. Studii stratigrafici sulla Formazione pliocenica dell’Italia Meridionale, per G. Seguenza. (Continuazione.— Tedi Bollettino , N. 3-4.) Elenco dei Cirripedi e dei Molluschi della zona superiore dell’ antico plioceno. 1184* 1. 1185 1. 1186*1. 1187*1, 1188 c. 1189 c. 1190 c. 1 191* c. 1192*s. 1193* s. 1194*s. 1195 1. 1196*1. 1197 c 1198 c. 1199*s. 1200- s. 1201*s. 1202*1. 1203 1, 1204 1. 1205 1, 1206 1, 1207 c Gen. Avieula Klein. submedia Sismonda hirundo Linneo (Mytilus). . . c= A. submedia Monterosato = A. tarentina Lamarck, Seguenza, Monterosato. . Gen. Perna Bruguiere. Soldanii Deshayes = Ostrea maxillata Brocchi, P. Soldanii, Coccji Foresti . . Gen. Lìmea Broun. Calcarae n. sp. ..... crassa Forbes (Lima) subau riculata Montagu (Pecten) . . . . . elliptica Jeffreys (Lima) strigilata Brocchi (Ostrea) solida n. sp . . . reticulata n. sp. . . . • ornatissima n. sp . . . . Piccola specie e solida ovato-rotundata, costole a dianti, acute, prominenti, meno numerose che ifa L. crassa, senza squame, nè lamelle, nè linee p centriche | = L. Sarsii Loven, Seguenza, Monterosato, Lima a mea) crassa Monterosato ! £= Lima subauriculata Philippi, L. subauriculatale guenza, Monterosato [ — L. nivea « (Renier) Brocchi » Monterosato, L. ptica Monterosato, Seguenza = L. strigilata Appelius, Foresti, L. strigilata Coen Ovata, di consistenza spessa e solida, ornata di gr's costole radianti e rotondate. Il Affine alla L. elliptica colle costole più distinte, s|s rate da interstizii più larghi, e dentellate. Ip concentriche squisite e numerose y . Il Affine alla L. strigilata per la forma; striata corjr tricamente da squisite linee; costole radianti, egfl numerose, ravvicinate, alternanti con altrettali'! i nee sottili Gen. Lima Bruguiere. inflata Chemnitz (Pecten). . . solida Calcara Loscombii G. B. Sowerby . . . squamosa Lamarck gibba n. sp excavata Chemnitz, crassicosta n. sp. . — L. inflata Philippi, Calcara, Monterosato, Segut!;’ Distinta specie che d’ordinario giace nella zona ji antica del plioceno 1 = L. Bullata (Turton) Phil. L. Loscombii, Monter.,- ; — L squamosa Philippi, Calcara, Seguenza, Montf Ovata, molto convessa, sopratutto alla regione <}r. omboni; superficie ornata di costole radiauti nù sottili e ravvicinatissime, siccome di rade ed |t golari linee di accrescimento = L. excavata Seguenza. Specie grande dei mar!.* Nord, che trovasi non troppo rada a Messinal. Specie somigliante alla precedente per la fornia.ii più grande giungendo a quasi 15 centimetri di • ghezza, colle costole larghe, prominenti, arra» dato-appianate, meno numerose e più grosse» nella L. excavata Gen. Pecten Bruguière. Reussii Hoernes ? glaber Linneo (Ostrea) striatus Muller Testae Bivona Philippii Recluz pusio Linneo (Ostrea) Riportato nel Bolognese dal Foresti ■ _ p. sulcatus Phil., P. glaber Monterosato. . • !• -- P. rimulosus Phil., P. striatus Monterosato. (• — p. Tornabeni Biondi, P. Testae Seg. Monterò^ — p. gibbus Philippi, Calcara, P. Philippi, Segutv Monterosato = P. pusio Seguenza, Monterosato, Phil. Foresti j - 361 - + + + + + — 362 - 1208 c. varius Linneo (Ostrea) 1209 c. opercularis Linneo (Ostrea) 1210 c. pes-felis Linneo (Ostrea) 1211 c. inflexus Poli (Ostrea) 1212‘c. pes-lutrae Linneo (Ostrea) 1218 c. flexuosus Poli (Ostrea) 1214 c. Hoskynsii Forbes. 1215 c. vitreus Chemnitz (Pallium). 1216 c. similis Laskey 1217*c. dubius Brocchi (Ostrea). ......... 1218-s. islandicus Muller. 1219*s. semicostatus Muller? ........... 1220 s. Bruei Payraudeau 1221* s. abyssorum Loven. ............. Gen. Vola Klein. 1222*1. flabelliformis Brocchi (Ostrea) 1223* 1. Alessii Philippi. 1224* 1. pyxidata Brocchi (Ostrea) 1225 c. Jacobea Linneo (Ostrea) . Gen. Pleuronectia Swainson. 1226* c. cristata Bronn (Pecten) I227*c. Philippii Michelotti (Pecten) ....... 1228*c. duo~decim-lamellata Bronn (Pecten). . 1229 c. fenestrata Forbes (Pecten) I230*s. difformis n. sp. . . . Gen. Cielopecten n. g. 1231* s. peloritanus n. sp ! ' = P. varius Phil. Calcara, Monterosato, Seguer < = P. opercularis Phil. Calcara, Seg. Monterosr » = P. pes-felis Philippi, Calcara, Seg. Mont erosa» = P. adspersus e P. aspersus Philippi, P. polymch Calcara (non Bronn) H P. septemradiatus Muller, Seguenza, Monterà P. pes-lutrae Monterosato U =3 P. polymorphus Bronn, Philippi, P. flexuosus o terosato, Seguenza I = P. fimbriatus Phil. P. imbrifer Loven, P. Hosi Seguenza, Monterosato [, = P. Gemellari-fil-ii Biondi, P. vitreus Seg. Mono = P. pygmaeus v. Munster, Phil. P. pullus Cantui P. squama Schacchi, P. similis Seg. Monterò:)* = P. scabrellus Lamarck, Philippi, Seguenza (I Una grande valva e varii frammenti di questa* F ho raccolto alla contrada Salice presso Mei P. semicostatus Philippi. Lo stesso Philippi ì tava dell’esattezza della determinazione . . . = P. leptogaster Brus. P. Bruei Seg. Monterosx Questa forma viene riguardata dal Jeffreys sii varietà del P. vitreus. Essa è comune nel I torio messinese = P. flabelliformis Philippi, Calcara, Seguenza j = P. Alessii Seguenza ù =s P. jjyxidatus Foresti, Pleuronectia pyxidataCcD = p/lacobeus Phil. Calcara, Seguenza, Monterd = Ostrea pleuronectia Brocchi, Pecten cristatus ì Calcara, Seguenza iji Questa specie è più piccola della precedente tl minori raggi interni • =2 Pecten duo = decim-lamellatus Appelius, Co