crete Sus | ie ae eteri N ee i Dee niet te To putti fire per ea Saito a Petit a Tenta Zalatta. ico la Perlini Att tn Lo Det ditta Pte blind Lol fino 1 Ret Mt Da Te fo, Lo tc FoTrn datietant Patie aprano VITUZA deli fitto ta n E dee etna HARVARD UNIVERSITY oi LIBRARY OF THE Museum of Comparative Zoology È ARI l{" de di “ | Tei fi de i LE tf) si Le ii L "Ls La i da { -” Ò { Di Hg è In j Ò tg N + i 4 L) È Vi DI è s ai * n'è LI è UD ®°) n ci È a nd pa de Big i : 4 ti C) (Ag SE) Ù » Sa i LOT Ù fn È Î ARI (AIDIC ARUPOPALIIALA DI "A ua MIRI e 9 "% Mi: il do a de IL Ù F) 9. } n X * ' L) re sg è "f i nia at De Pi h WA 1" > ì : È è »* Là 0fg%: fu ole 4 A È AT sa); Le me’ . PRA) tap, 8, Le” 9a n N r D) ni ì hi dl W' LT A RU Sa h LI mal è ni î Mis à sa sil LI 0, sOR* vl ata Li « # DE # To, ù PA a'd g è N PARLI DE 6 ‘ i *l Pr Ù IO A : ù H LI Li Î Ù la î + Bi Mt Ù Pegi : x È F À «tif Al ae a'4f * -lp É (1 o i hi ” Pep. _d DL) É ti : t (tg ; x DA i, Al pat ti art ni sta * 4 P ; Ping Di dI fd TT î È PSP'ABBD.DI CI L'ORA i RA gl PE TO LAB LAP RT Hai Si, grifo, È da PC A * "' f è di # FG) ie, e" «SAP; : È a! ai > N : LI È “fa Mi 5 cha { L Sai Tad d pel "at DI NIZAN 4 5» È 3} AL $ 1% bi là } , LA “i PO fd "I (di dì 40° sn IMA AL ALI " #i sf ‘a Ù FI CLIC] Ì È ù è È | =" l) L) MW, et Se Ea i Ub A À 7 Madboyi RUI o Ù 3 - À UNI ' LI ì L) il} Lal Ù | ‘ Pi 5} 4 Pon è EU) î È a ì |, n Y dI » AI e AE #94 . H | è . bi ba fg Li + pÀ 4% BOLIETTINO SCENTIFIOO “ REDATTO DA LEOPOLDO MAGGI GIOVANNI ZOJA PROF. ORD. D° ANATOMIA E FISIOLOGIA PROFESSORE ORDINARIO DI ANATOMIA COMPARATE UMANA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA E ACHILLE DE-GIOVANNI PROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA Vol. IV. 1891. 92. 93. 94 PAVIA. Premiato Stabilimento Tipografico Successori Bizzoni. 1894. ue) ESSO, 19 tea III, a I L VÀ È - L Ì ISLAS ISPA PE Aeg Pea ta] Ko CARNE PICCO IO CEI IINA ESRI AZIO SA ETERNI ILA "AS pe AL 4 ;% PI |" y 7 e VOR CANE 1 ARA Og n ì 56 È sw ja,1 . SRO Ù ; fi : g Ik fiv er v È tz si "o A na i f c Ì %® Md i Ju V| - MEO ER i AVI ; b TA A ta MOR) 7, 7$ ( # I IIINU NMUI ‘p* ls " Cf Pet È A, pa , Di ) REDATTO DA, 1 DA ni FIL EN 4 sia e PH done MI i i 4 Dara POLDO MAGGI | © GIOVANNI ZOJA D’ ANATOMIA E FISIOLOGIA | PROFESSORE ORDINARIO DI ANATOMIA A i * UMANA A R. UNIVERSITÀ DI PAVIA |. tie ordina” Pa IRE, i o F. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA £ r " è Premiato Stabilimento Tipografico Successori Bizzoni. ig INDICE na “el lavori contenuti nei fascicoli del V, VI, VII e VIT anno costituenti il Vol. II. del Bollettino Scientifico. ANNO V. — Fasc. I. — De-Giovanni: Alterazioni della cava inferiore complicanti i la cirrosi epatica. (Com. preventiva). — Zoja: Rare varietà dei condotti epatici. — Staurenghi: Corno cutaneo sul padiglione dell’ orecchio destro di un uomo. —. Cattaneo: Sull’istologia del ventricolo e del proventricolo del Melopsittacus un- dulatus Shaw. — Maggi: Intorno ad alcuni microrganismi patologici delle Tro- telle. — Bonardi: Prime ricerche intorno alle Diatomee di Vall° Intelvi. — No- tizie. — Magretti: Lettere dall’ Africa. Fasc. Il. — Tenchini: Sopra un caso di prematura divisione dell’arteria ome- rale (con figura). — Tenchini: Cervelletto insolitamente deforme di un uomo aduito (con figura). — C. Parona: Diagnosi di alcuni nuovi Protisti. — Bonardi e ©. F. Parona; Sulle Diatomee- fossili del bacino lignitico di Leffe in Val Gan- dino (Lombardia). — Maggi: Tecnica protistologica. (Cloruro di palladio). — No- tizie universitarie. — (Cattedra e Stabilimento di Zoologia nell’ Università di Pavia). — Bibliografia. — Staurenghi: Sulla tisichezza polmonale, pel Prof. A. De-Giovanni. Fasc. III. — Maggi: Ricerca sf nitrati 5 Imieroscopio. — . Maggi: Sull’analisi microscopica dell’acqua delle sorgenti chiamate FONTANILI dz fontaniva del padovano. — Bonardi: Intorno all’azione saccarificante della saliva ed alla gli- ‘cogenesi epatica in alcuni molluschi terrestri. (Comunicazione preventiva). — Bonardi: ‘ Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi. — Cattaneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli Infusori. — Parietti: Ricerche re- lative alla preparazione e conservazione di Bacteri e d’ Infusorj. Fasc. IV. — De-Giovanni: Studî morfologici sul corpo umano a contribuzione della clinica. (Nota IV°). — Zoja: Di una cisti spermatica, simulante un testi» colo sopranumerario. — Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche. — Bonardi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi (cont. e fine). — Cat- taneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli 2rfwusorz (cont. e fine). % ANNO VI. — Fasc. I. - Zoja: Di un solco men noto dell’osso frontale. (Comu- nicazione preventiva). - Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche (continua- zione e fine). — Parona: Materiali per la fauna della Sardegna (IX. Vermi paras- siti). — Cattaneo: Istologia e sviluppo dell’apparato gastrico degli uccelli. (Comu- nicazione preventiva). — Università di Pavia: Voti e proposte dei professori na- turalisti espressi alla facoltà di scienze matematiche e naturali. Fasc. I. — Tenchini: Di una rara anomalia delle arterie e delle vene emulgenti. - Bonardi: Dell’azione dei succhi digestivi di alcuni gasteropodi terrestri, sull’a- mido e sui saccarosii.— Parona: Materiali per la fauna dell’isola di Sardegna (10. Ulteriore comunicazione sui Prozzistz della Sardegna). - Maggi: Sull’ importanza scientifica e tecnologica dell’esame microscopico delle nostre sE - Rivista. (Cattaneo: Sui protozoi del porto di Genova di A. Gruber). Fasc. III. e IV. —- Zoja: Di un solco men noto dell'osso frontale — Solco sopra- frontale (2.° comunicazione). — Maggi: Sull’influenza d’alte temperature nello svi- luppo dei M7crobj. — De-Giovanni e Zoja: Risultati d’ esperienze sullo sviluppo e sulla resistenza di d4cferi e vibrioni, in presenza d’aleune sostanze medicinali. — Maggi: Sul numero delle prove d’esame per l’analisi microscopica delle 2cgue po- tabili e sul fempo perciascuna di esse. — Staurenghi e Stefanini: Dei rapporti delle fibre nervose nel chiasma ottico dell’uomo e dei vertebrati. (Comunicazione pre- ventiva). - Bonardi: Le acque termo-minerali di Acquarossa in Val di Blenio — Svizzera — (Relazione). — Bonardi: Intorno MV dell’acido fenîco sui J7- crobj e sul loro sviluppo. ANNO VII. — Fasc. I. - Zoja: Sulla permanenza Wella uladfifoia tin) nei fan- giulli e neeli adolescenti (Nota II°). —- Maggi: Intorno alle ricerche di Pacini ri- guardanti i Protisti cholerigeni. — Bonardi: Sulle Diatomee del lago d’Orta. — Maggi: Sulla analogia delle forme del Kommabacillus Koch, con quello dello Spi- rillum tenue Ehr. osservate da Warming. -— Pellacani: Sulla ERIsiena dei ve- . leni alla putrefazione (Comunicazione preliminare). -— Notizîe: Girard: (Analisi di una nota del Sig. Hommel di Zurigo sul cholera). — Domunio ion Cuneo. Sunto della prelezione del Prof. C. Parona dell’Università di Genova. ‘ Fasc. II. - Zoja: Di un’ apertura insolita del setto nasale cartilagineo. (Co- municazione preventiva). — Maggi: Intorno alle ricerche di Pacini risguardanti i Protisti cholerigeni (cont. e fine). — Certes: Dell’uso delle materie coloranti nello studio fisiologico ed istologico degli infusorii. — Maggi: Per l’analisi mi- > Estero » Ss Corso Vittorio Eman. N. 73||Gli abbonamenti si ricevonoin 4 a - Un numero separato . . > si —=-<«—<<<+——/Paza dali Vizilitone een Un numero arretrato . . > & Ogninum.° è di 32 pag. ||tori. SOMMARIO G. ZOJA: Sulla sutura temporo-zigomatica (continuazione). — CORTI: Ricer- che micropaleontologiche sulle torbe glaciali del Ticino e dell’ Olona. — CORTI e FIORENTINI: Sulle Diatomee del Lago di Varese. — Pecenszoni. Ù) (MAGGI: La sutura endomesognatica alla superficie facciale degli interma- scellari nel Semmnopethecus endellus; IDEM: Sulla chiusura delle suture cra- niali nei Mammiferi. — MONTI R.: Ricerche microscopiche sul sistema ner- voso degli insetti). — Cenzo necrologico. — Osservazioni del P. L. Maggi in- torno al nuovo regolamento per le Scuole superiori di Magistero. SULLA SUTURA TEMPORO-ZIGOMATICA Ricerche del Prof. GIGVANNI Z0JA (Continuazione) (1). IV. Quantunque le mie ricerche sulla sutura temporo-zigoma- ‘ tica fossero quasi esclusivamente dirette a delucidare in qual- che modo un punto, benchè minimo, dell'anatomia umana 0 descrittiva propriamente detta, pure non appena si ponga at- tenzione alle sopraccennate varietà di quest’articolazione, sorge | (1) Vedi Bollettino Scientifico, anno XII, N. 3 e 4, pag. 65-79. — Pavia, 1891-92 e Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. — Vol. XXV, pag. 145. — Milano, 1892. 9 x così spontaneo e vivo il desiderio di conoscere se, in qual modo e fin dove le stesse varietà abbiano o no dei rapporti che si possano usufruire poi per l'antropologia e per la mor- fologia, che mi spinsero ad allargare le mie ricerche anche sotto questo punto di vista. Se non che fatti appena i primi passi in quel campo intricato, mi trovai di fronte a gravi dif- ficoltà, in primo luogo per il troppo scarso materiale da me esaminato, poi per la sterminata copia di pubblicazioni fatte tanto nei passati tempi quanto, e più specialmente, in questo ultimo mezzo secolo, sotto forma o di opere più o meno gran- diose e di alto prezzo, o di monografie, o di memorie staccate e stampate a parte, o di note disperse sopra atti di accademie e di effemeridi svariatissime di tutte le nazioni, e inoltre per-_ chè non su tutte le illustrazioni da me consultate si potrebbe fare quest'assegnamento attendibile (per ciò che riguarda la sutura qui presa in esame) che richiede il mio obbiettivo, poichè non infrequenti volte parmi di rilevare un non so che di trascurato, o di artificioso o di troppo convenzionale, da far sorgere il dubbio che questa sutura non sia stata sempre disegnata con quell’ accuratezza e precisione di particolari che l’artista pose invece nel riprodurre il resto della figura craniana. Certo che non avrei le prove di fatto per sostenere e far persuasi gli altri della giustezza di questa mia diffi- denza, ma chiunque osservi, per citare qualche esempio, le tavole del Blumenbach 0) e quelle del Prichard ) non potrà non convenire che questa diffidenza è giustificata, poichè in quelle figure l'articolazione in discorso o non è riprodotta, o è segnata con una linea un po’dentellata ed obliqua presso a poco eguale ed uniforme in tutti i cranii rappresentati, ap- partenenti ad individui di età diverse e di razze svariate. E così nelle figure di altri autori, anche moderni, le cose non procedono gran fatto diversamente, perchè la sutura temporo- CI zigomatica frequenti volte o è affatto dimenticata come in al- (1) Decades collectionis suae craniorum diversarum gentiun illustratae; in: Commentationes societatis regiae scientiarum Gottigensis. — Vol. X, XI e XII. — Gottingae, 1791, 1793, 1796. (2) Histoire naturelle de l° homme ecc. — Traduit par le Doct. F. ROULIN. — Tom. Il e II. — Paris, 1843. Dario de i 3 cune figure riportate dal Mortillet(1), od appena tracciata da linee o da segni insignificanti. Anche le tavole del Riitime- yer @), benchè questa sutura vi sia spesso riprodotta con di- verse figure, non inspirano gran fatto confidenza. Con questo non intendo di generalizzare soverchiamente la mia diffidenza, «che anzi riconosco che in altri atlanti e tavole isolate, spe- ‘cialmente degli ultimi tempi, si può distintamente rilevare che anche questa sutura venne ritratta, come le altre parti del teschio, con tanta diligenza da inspirare piena fiducia. In ogni modo bisogna ritenere che per la specialità delle svariate con- dizioni che presenta tale articolazione, la riproduzione più fedele è la fotografica, ed è per questo che anch'io diedi la preferenza alla fotografia sul disegno. Premesso ciò espongo quel poco che potei finora vedere direttamente sulla raccolta da me ispezionata e ricavare di meglio da alcuni autori che ebbi l’opportunità di consul- tare. Fra le proprietà della sutura, essendo la forma o figura della stessa quella che rendesi più appariscente, così la prima domanda che affacciasi al proposito si è questa — Vi ha qual- che rapporto tra una data figura dell’ articolazione temporo- zigomatica e una data forma del cranio? Tentai la risposta coll’ esame di dieci cranii dei più corti (ultra — e soprabrachicefali da 96,77 a 88,76 di indice cefa- lico), e di altri dieci dei più lunghi mesati — e sottomesati cefali, (coll’indice cefalico da 77,58 a 74,42) appartenenti pres- sochè tutti ad individui della provincia di Pavia, posseduti dal Gabinetto anatomico di questa Università (3). — Da questo primo esame non sì possono trarre massime concludenti di sorta, poichè tanto nell’una che nell’altra categoria si riscontrarono quasi tutte le figure da me tracciate della sutura in discorso; tuttavia è notevole il predominio della figura rettilinea sem- plice (7 su 10) nei brachicefali, a confronto dei mesaticefali (1) Mazeriaua pour l° histoire positive et philosophique de l’ homme ecc. — Paris, 1560-1888. (2) Crania Helvetica eec. — Basel und Genf, 1864. (3) 75. Fra i cranii normali del nostro paese e di questo Gabinetto ana- tomico non vi sono dolicacefali veri. 4 (3 su 10). — Ma naturalmente prima di affermare che ciò possa essere una norma davvero, bisognerebbe che corrispondesse sempre su centuplicate osservazioni, estendendole anche ai do- licocefali, ciò ch'io non fui ancora in grado di fare. E nelle varie razze esisterebbero per avventura rapporti di maggior interesse, tra qualcuna delle preindicate figure del. l'articolazione zigomatica e la forma del cranio, e quella della faccia sotto l’aspetto dell’ortognatismo e del prognatismo? Anche rispetto alle razze le mie indagini sono assai povere ed incomplete, ad ogni modo possono valere a tracciare qui le prime linee di questo genere di ricerche. Sopra otto cranii antichi, nei quali è ancora conservata d’ambo i lati o da un solo l’arcata zigomatica, rilevai distin- tamente tre volte (in un Fenicio, in un Sardo antico, e in una Mummia Egiziana) la figura lineare rettilinea; due ‘volte (in un cranio scavato a Pozzuoli, e in un’altra Mummia Egiziana) la figura curvilinea; una volta (in un Greco antico) la figura a lancia; una volta (in altra Mummia) la forma a gradino; una volta (sopra altro cranio Sardo antico) la sutura era si- nostizzata. Le medesime forme della sutura si possono scorgere anche nelle figure dei cranii delle razze umane fossili dell’opera del Quatrefages et Hamy(1) e poi del Quatrefages @) solo, soltanto che in queste si vedono inoltre in un caso la forma mista della sutura, e in un altro quella ondulata. Nelle tavole del Calori riferibili agli antichi cranii felsinei (8) si trova che la figura rettilinea della sutura è la predominante; si vedono però le figure a gradino, a lancia e quella mista, ma relati- vamente queste sono assai scarse. Nella figura di un cranio Sardo antico delineato dai Pro- (1) Crania ethnica. — Les cranes des ruces humaines décrits et figurés ece. par M. M. A. DE QUATREFAGES et HERNEST T. HAMY. — Paris, 1878-1882. Vo- lume I e II (testo e atlante). (2) Hommes fossiles et hommes sauvages. — Études d’anthropologie par A. DE QUATREFAGES ecc. — Paris, 1884. (3) Della stirpe che ha popolato l’antica Necropoli della Certosa di Bologna, e delle genti affini. — Discorso storico antropologico del Prof. Comm. LUIGI CALORI, con XVII tavole. — Bologna, 1873. o ee MORI x 5 fessori Mantegazza e Zannetti, la sutura è lineare leggermente ondulata (1). Il cranio Fenicio descritto e figurato dallo stesso Calori @) è veramente assai interessante anche per la nostra sutura, poichè ha l’interlinea, di quest’ articolazione foggiata ad S, concava all’avanti in basso, e concava all’indietro in alto, il che è molto raro. Nell’ antropologia del Lazio del Nicolucci (8) si vedono in alcuni cranii la sutura rettilinea semplice, in altri quella leg- germente dentellata. Nel cranio virile dell’antica Gnathia (® del medesimo autore, la sutura è a gradino ben dentellata, In altra memoria lo stesso Nicolucci (©) ci offre cranii nei quali è evidente tanto la sutura rettilinea come quella a lancia, sempre però con predominio della prima. Nei cranii etruschi del Zanetti (6) si vedono due volte la figura rettilinea semplice della sutura, e una volta la figura curvilinea. Dalle numerose tavole dei signori B. Davis e G. Thurnam si rileva pure che in quei cranii antichi da loro delineati le figure più comuni della sutura tempora-zigomatica sono la ret- tilinea semplice e ondulata e la curvilinea; vengono poi le «figure a gradino e la mista; quella a lancia è la più rara 0). In duecranii di antichi Peruviani illustrati dal Riccardi (8) la nostra sutura è lineare leggermente ondulata. (1) Note antropologiche sulla Sardegna dei Professori PAOLO MANTEGAZZA ‘e ARTURO ZANNETTI. (Archiv. per l’ Antrop. e la Etnolog. Vol. VI). — Fi- renze, 1876. (2) Sopra un antico cranio Fenicio frovata | in Sardegna ecc. — Annotazioni | del Prof. Comm. LUIGI CALORI. (Memorie dell’Accad. delle Scienze dell’Istit. ‘di Bologna. — Serie III.2, Tom. IX). — Bologna, 1879. ". () Antropologia del Lazio. — Memoria di GIUSTINIANO NICOLUCCI. — Na- ‘poli, 1873. ‘(4) Sulla stirpe Japigica e sopra tre cranii ad essa appartenenti ecc., per ‘GIUSTINIANO NICOLUCCI. — Napoli, 1856. (Atti della R. Accad. di Scienze Fi- siche è Matematiche). (9) Crania FUNE UEO — Memoria di GIUSTINIANO NICOLUCCI. — Napoli, 1882. (6) Studii sui cranii dn del Prof. A. ZANNETTI. — Firenze, 1871. (Ar- chivio per l’ Antropol. e la Etnolog. Vol. I). (7) Crania Britannica ecc. By JOSEPH BARNARD DAVIS and JOHN THURNAM. e Vol. I e II. — London, 1865. (3) Cranii e ogyetti degli antichi Peruviani ecc. — Memoria del D.r PAOLO ‘RICCARDI. — In Archiv. per l’Antrop. e la Etnolog. cit. Vol. XVI. — Firenze, 1886. 6 Delle figure illustrative delle memorie dell’ Incoronato (1), del Sergi (2), del Galeno ©) e di varii altri autori, che si occu- parono egualmente di cranii antichi, non posso giovarmi per- chè in esse la nostra sutura o manca o non vi è riprodotta sufficentemente. Quanto alle razze attuali l’ argomento si moltiplica e si complica a dismisura, ma per le ragioni suddette devo per in- tanto circoscrivermi nei più ridotti confini, cioè a qualche esemplare di alcune poche razze. Fra le più basse, trovo che nella mia raccolta non ho che un solo cranio papuano; e non sarebbe neppure di razza pura, ma incrociata forse colla malese (). — È dolicocefalo (72,61 di indice cefalico). — La sutura temporo-zigomatica è curvi- lineo-mista. Nei cranii papuani illustrati dal Mantegazza 9), e dal Man- tegazza in unione al Regalia (6), si può veder manifestamente che vi sono rappresentate principalmente tre figure della su- tura zigomatica, la curvilinea cioè, la rettilinea e quella a (1) Scheletri umani della caverna delle arene candide presso Finalmarina ecce- — Memoria del Dottor ANGELO INCORONATO. (R. Accademia dei Lincei. — Anno CCLXXV — 1877-7%). — Roma, 1878. » Sopra uno scheletro umano dell’ età della pietra della provincia di Roma. — Nota del D.r ANGELO INCORONATO. (R. Accad. dei Lincei cit.). — Roma, 1880. (2) Cranii italici del Piceno. — Memoria del D.r GIUSEPPE SERGI. (R. Ac- cademia dei Lincei sudiletta) — Roma, 1883. i » Antropologia storica del Bolognese. — Resoconto dalle antiche necropoli Felsinee di GIUSEPPE SERGI. (Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia patria per le provincie di Romagna. — III.2 serie, Vol. II.). — Modena, 1884. » Cranii africani e cranii americani. — Considerazioni ecc. del Prof. GIU- SEPPE SERGI. (Archiv. per l’Antrop. e la Etnol. cit. Vol. 21). — Firenze, 1891. (3) Due cranii italici antichi, — Illustrazione del D.r ANGELO GALENO, (Atti della Società veneto-trentina di Scienze Naturali residente in Padova. — Anno 1884). (4) Questo teschio mi venne regalato nel 1884 dalla cortesia dell’egregio signor D.r Filippo Rho, medico nella marina militare; a lui ripeto qui i miei più vivi ringraziamenti. (5) Studii antropologici ed etnografici sulla nuova Guinea del Prof. PAOLO MANTEGAZZA. — In: Archivio per l’ Antrop. e la Etnol. cit. — Vol. VII. — Firenze, 1877. (6) Nuovi studii craniologici sulla Nuova Guinea di PAOLO MANTEGAZZA ed ETTORE REGALIA. — In: Archiv. per l’Antrop. e la Etnol. cit. Vol. XI. — Firenze, 1881. 7 gradino. Meno quest’ultima forma, le stesse cose si osservano” sopra le figure di cranii della nuova Guinea nell’ opera di Quatrefages ed Hamy citati. ‘ Sopra quattro cranii di Negri posseduti dal Gabinetto trovai due volte la figura rettilinea della sutura, una volta la figura curvilinea, ed una quella a gradino. Nei negri del Barkow()), tolte le figure citate nel parlare più sopra dell’anomala divisione dell’osso zigomatico, si ri- leva che la forma curvilinea della sutura è la predominante; rare le altre forme, però vidi tre volte assai bene spiccata quella a gradino. La figura ondulata è più frequente della lineare rettilinea nei cranii dei negri delineati dal Quatrefages e dall’Hamy ®). Su due cranii Lapponi da me posseduti si nota che in uno la forma della sutura è a gradino, nell’altro leggermente cur- vilinea — in quattro invece del Mantegazza e del Sommier (3) sui quali si può fare affidamento completo; essendo i cranii fotografati, si vedono, sopra due la figura rettilinea, in uno la curvilinea e in altro quella a gradino. Dalle fotografie dei cranii Ostiaci e di quelli Samojedi del Sommier (4) non si può rilevar bene le condizioni della sutura in discorso. In quattro cranii americani (9) non trovai la sutura ret- tilinea semplice, ma la curvilinea dentellata o la figura a lancia. La stessa sutura curvilinea, e ondulata, non mai rettilinea semplice, si vede pure nelle figure dei fuegini presentati dal (1) Comparative Morphologie ecc. Op. cit. — Zweiter Theil. (2) Crania ethnica cit. (3) Studii antropologici sui Lapponi di PAOLO MANTEGAZZA e STEPHEN SOMMIER. — Firenze, 1880. (4) Ostiaci e Samojedi dell’ Ob di S. Sommier, in: Archiv. per l’ Antrop. e la Etnolog. cit. — Vol. XVII. — Firenze, 1887. (5) Uno, Indiano dalla Pampa, mi venneregalato nel 1886 dall’egregio col- lega e caro amico Bernardino Spelluzzi, al quale esprimo qui il mio animo grato. Un altro, Indiano del Colorado, mi pervenne pure in dono nel 1886 dal- l’egregio signor Argelo Cappelli, al quale pure rivolgo i più vivi ringrazia- menti. 8: Sergi 01) e degli Araucanos pubblicati dal Riccardi (2). Le mede- sime forme di sutura ed anche più complicate si osservano nelle tavole, riguardanti gli Americani, dei citati Quatrefages ed Hamy; in queste però si notano anche alcune suture lineari semplici; come la lineare semplice si vede in uno dei due cranii di Botocudi, illustrati dal Canestrini e dal Moschen €). Negli otto teschi di Mongoli e mongoloidi della raccolta del Gabinetto notai: in quattro la figura rettilinea della su- tura, in tre la curvilinea ed in uno quella a gradino. Nelle tavole dei signori Quatrefages ed Hamy i varii cranii mongoli e mongoloidi presentano la figura mista della nostra sutura in numero prevalente sulle altre; in ordine decrescente si osservano la figura rettilinea, quella a lancia; quella a gra- dino non si vede che una sol volta, e una sol volta la figura ondulata. Non avendo esemplari d’ altre razze mi fermo qui dichia- rando, non senza rincrescimento, di non poter finora da questo lato, cavare alcun corollario, vedendo da ogni lato il pericolo di cadere nell’ errore. (Continua). SULLE TORBE GLACIALI DEL TICINO E DELL’OLONA RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE i DEL Dorror BENEDETTO CORTI. Dietro il consiglio del Prof. T. Taramelli, mi accinsi allo studio microscopico delle torbe travolte in zolle.e grossi massi dal Ticino e dall’ Olona, allo scepo di determinarne la flora diatomacea fossile e di stabilire, in quanto fosse possibile, su questa alcun argomento riguardo alla loro età. Con tale intento, all’ analisi microscopica delle torbe, feci precedere alcune ricerche e osservazioni lungo le sponde del (1) Antropologia fisica della Fuegia, — Memoria di G. SERGI. (Atti della R. Accad. di Medicina di Roma, anno XIII, serie lI*, vol. IIT), — Roma, 1887. (2) Studii intorno ad alcuni cranii Araucanos e Pampus. — Memoria del Dott. PAOLO RICCARDI. (R. Accad. dei Lincei cit. 1878-79). — Roma, 1879. (3) Sopra due cranii di Botocudi. — Studio di GIOVANNI CANESTRINI e LAM- BERTO MOSCHEN (con due tavole). — Padova, 1879. ; È a 9 Ticino e dell’Olona per farmi un esatto criterio della prove- nienza e posizione loro stratigrafica in rapporto colle argille e colle sabbie dei terrazzi. Le prime notizie dettagliate sui giacimenti torbiferi del Ticino si hanno dal Prof. G. Balsamo Crivelli (1) il quale ac- cenna ad uno strato considerevole di questo combustibile alla Costa Serina sotto Torre d'Isola, di 8 metri di spessore su un'estensione di presso a poco 100 metri, al di sotto di sabbie ferruginose. A questo deposito l’autore fa corrispondere per giacitura quello che si vede alla Costa del Ticino a Mombollone; altro strato di torba, differente dalla prima, si presentò nello scavo per le difese del ponte della ferrovia, e per tale diversità il Balsamo inclina.ad ammettere che gli strati torbosì si ripe- tano a diverse profondità. Altri importanti dati e considerazioni relative ai terrazzi ‘del Ticino, alle torbe e in generale alle alluvioni del Circon- dario di Pavia si leggono nelle pubblicazioni del Prof. Tara- melli (2), di cui mi sono valso come criterio direttivo nelle mie ricerche. Il fiume Ticino sbocca dal bacino del Verbano e percorre il tratto da esso al Po, incassato in terrazzi di cuì l’ ambito ha una larghezza massima di 3 chilometri. . I dati idrografici del Ticino comunicati dal signor Inge- gnere Edoardo Sassi del Genio Civile al Prof. Taramelli (8) sono i seguenti: - Larghezza media in magra da Sesto Calende a Tornavento metri i 65. (1) G. BaLsamo CRIVELLI. Notizie naturali e chimico-agronomiche della Pro- vincia di Pavia — 1864, pag. 36. @) T. TARAMELLI. Osservazioni stratigrafiche sulla Provincia di Pavia. — Es. Rend. Ist. Lomb. 3 maggio 1877. Notizie intorno alle condizioni economiche e civili delia Provincia di Pavia. — 1884. Il bacino Idrografico del Ticino. — Boll. Soc. Geol. It. — Roma, 1884. Alcune osservazioni sui risultati di analisi meccaniche e chimiche del terreno “coltivabile nel Circondario di Pavia. — Est. Rend. Ist. Lomb. 1890. (3) T. TARAMELLI. Bacino Idrografico del Ticino. — Boll. Soc. Geol. It. — ‘Roma, 1884. 10 Pendenza per KI. metri 2. Larghezza da Tornavento a Boffalora metri 100. Con cadente di metri 1,06. Larghezza da Boffalora a Pavia metri 120. Pendenza di metri 0,60. Larghezza da Pavia alla Becca metri 120. Pendenza per mille di metri 0,234. In piena: Larghezza: m. 125 a monte di Tornavento. » m. 375 da Tornavento a Boffalora. » m. 400-460 più a valle fra le arginature. Profondità: media da m. 1,50 a 4,00 per le acque ordi- narie. Di fronte alle difese di Zerbolò e del Canarazzo sì hanno le maggiori profondità, superiori ‘ai m. 6, pari a m. ll rife- rite al pelo delle massime piene. Velocità: è grandissima. Massima da Sesto Calende a Tor- navento, ‘di m. 5,25, e pur diminuendo, si mantiene sino a Boffalora di m. 4,40. É quindi tra 2 e 3 m. da Boffalora a Bereguardo e negli ultimi tronchi da m. 0,90 a m. 0,50. Informazioni sul deflusso unitario del Ticino ci sono date dall’ Ing. Lombardini (1). Le acque di questo fiume sono limpide (©) e offrono una ra- pida diminuzione in grossezza di ghiaje da Vigevano a Pavia, mentre più a valle si stendono sabbie Selena ferruginose ed argille. Uno dei caratteri persistenti in queste ghiaje e sabbie è la grande abbondanza dei porfidi rossi e bruni provenienti da quella zona, che dalla Sesia va fino a Gozzano, Arona, An- gera, Val Brinzio, Val Ganna e ai dintorni del lago di Lu- gano, mancando quasi assolutamente i calcari. In uno studio recente di non dubbia importanza (8) il Dott. (1) ELiA LOMBARDINI. Guida allo séudio dell’ idrologia fluviale e sul aulica pratica. — Milano, 1870, pag. 200. (2) ELIA LOMBARDINI. Cenni sdrografici su la Lombardia. — Milano, 1844, pag. 6. (3) E. ARTINI. Zraforno alla composizione mineralogica delle sabbie del Ticino. — Est. Giorn. Miner., Crist. e Petr. — Pavia, 1891. i SEDI LORI Ettore Artini trovò nelle sabbie del Ticino, raccolte in parte,” “circa un chilometro a monte di Pavia ed in parte, in altre lo- calità, specialmente nei banchi di sabbia e ghiaja della riva destra di fronte a Torre d'Isola, i seguenti minerali: Oro, Pirite, Ilmenite, Magnetite, Rutilo, Limonite, Quarzo, Ipersteno, Augite, Diallagio, Anfibolo, (molto abbondante), Gra- nato, Zircone, Epidoto, Miche, Feldispati, Tormalina, Anda- lusite, Sillimanite, Cianite, Titanite, Staurolite, Serpentino , | Clorite e Calcite (assai scarsa). Il Dott. Artini distingue tre varietà di sabbie. 1. Sabbia fina o di golena. 2. Sabbia grossolana. 3. Sabbia pesante o sabbia ricca. Secondo lo stesso autore pare un fatto accertato che nei ‘ depositi morenici, traversati dal fiume, una gran parte dei © materiali provengono a preferenza dalla parte occidentale o | piemontese del bacino idrografico del Ticino; sopratutto sono notevoli alcuni minerali, fra i quali l’oro pel primo, prove- nienti secondo ogni verosimiglianza dall’ Ossola, e più parti- colarmente dalla Valle Anzasca. Queste considerazioni confermano la n parte che deve aver preso l’antico ghiacciajo dell’Ossola, a formare quei depositi morenici, del cui lavaggio naturale sono il risultato de sabbie studiate dal sullodato Dott. Artini. . Le acque del Ticino scorrono incassate attraverso alluvioni terrazzate, che lo accompagnano fino al suo sboccu nel Po e di cui l’ altitudine media è di 25 metri sul letto attuale. I materiali di questi terrazzi constano nella parte supe- riore, al disotto del terreno vegetale, di sabbie ocracee alter- nanti con ghiaje quarzose e porfiriche e di sabbie sciolte quar- zose molto micacee; ed inferiormente, di un sottostrato di ar- gilla azzurra verdastra, assai finamente micacea e plastica, che non dà nessuna effervescenza cogli acidi.. A monte di Pavia, verso Bereguardo, Zelata e Motta Vi- sconti, le ghiaje si fanno più minute e le alluvioni più sab- ‘ biose; alla Costa Serina, sotto Torre d’Isola, e lungo i terrazzi di S. Sofia, alle ghiaje e sabbie gialle ad elementi feldispatici molto alterati si alternano straterelli di sabbie molto ocracee, assai alterate. 12 Le sabbie delle alluvioni terrazzate del Ticino offrono lungo tutta la sponda sinistra grande varietà di aspetto, dovuta e alla prevalenza di elementi feldispaticì, quarzosi e ferriferi e alla varia profondità da esse occupata sotto il ciglio del ter- razzo, che influì assai sul loro stato di conservazione. Così si hanno le varietà di sabbie sciolte quarzose finis- sime di Mombollone, sottoposte alle superiori compatte, feldi- spatiche, formanti il terriccio vegetale; le sabbie argillose, cementate di Cascina Mascherpa e Torre d'Isola, e quelle ce- mentate e basaltizzate di Bereguardo. Nella zona di contatto di queste sabbie collo strato argil- ‘loso sottoposto s si hanno frequenti risultive come alla Costa Mombollone, S. Lanfranco, Cascina Mascherpa, Cascina Paglia, S. Sofia e Torre d'Isola. Secondo il Prof. Taramelli questo letto «di argilla si estende fino alla confluenza del Ticino nel Po, ed egli asserisce d’averlo osservato sotto il Belvedere, in oc- ‘casione di una magra eccezionale del 1878. È in corrispondenza ad essa argilla che si trovano i ban- .chi di torba compatta, a cui allude il Balsamo parlando della «Costa Serina, di Mombollone e del ponte della Ferrovia. Io eseguii delle ricerche in proposito sulla sponda sinistra del Ticino, a monte di Pavia fino alla Zelata, ed a valle fino ‘alla Cascina Mombollone ; il risultato ne è il seguente. Esistono banchi di torba compatta, molto somigliante alla lignite torbosa di Leffe e sovrapposta alle argille azzurre Ver- .dastre, sotto Torre d'Isola, alla Costa Serina, dove il terrazzo strapiomba sul letto del fiume. La coprono sabbie gialle molto micacee e compatte, e so- pra queste s’ adagia uno straterello di torba terrosa pulve- rulenta con seguito di sabbie ocracee e di ghiaje alternanti. Le acque erodono profondamente il banco torboso compatto, asportandone dei grossi frammenti, che vengono trascinati dalla corrente. Più a monte non mi fu dato trovare in altri punti del ter- razzo banchi di torba compatta, allo infuori della Costa del Cantonone in comune di Zelata. Il terrazzo della Zelata, detto Costa Cantonone, verso Motta Visconti, è elevato in media m., 45 sul letto attuale del Ti- cino. 13 La località torbifera si trova in una insenatura formata dalla erosione delle acqueZdel fiume nei materiali del terrazzo, il cui ciglio è a 9 metri d’altezza sul pelo attuale del Ticino. La successione degli strati è la seguente: Potenza Pel Humusst em 02740, 2. Strati di sabbia Halle con alata ut m. l. 70 3. Sabbie ocracee cementate È 1 40.50 4. Strato di torba pulverolenta non iulizzabile m. 0. 30 5. Sabbie argillose cementate î ome 200 6. Torba Sn con residui di tronchi lione Vizzati i . m. 2. 50 7. Argille azzurre Ierustiro molto LEE (36m. L/60 m. 9. 00 Secondo informazioni, assunte sul luogo, vi hanno altre località torbifere alla località detta Scaron, nel Costone della Ghisalba in comune di Besate ed al Guado della Signora. Lo strato inferiore di argilla azzurrognola continua al di- sotto del pelo delle acque nel letto del fiume, ed è. probabile che seguiti verso S. E. affiorando in vari punti, come al Mu- lino della Valle frazione di S. Varese, colla potenza di circa m. 2. 50 sopra il pelo delle acque in magra, lungo tutta la Costa Serina e sotto S. Sofia. Alla Costa Mombollone il terrazzo ha un'altitudine media dai 20 ai 25 metri su un'estensione di 450 metri circa e pre- senta in serie discendente. la successione che segue: 1. Sabbie alterate, ocracee (humus); 9. Sabbie finissime, micacee, con ciottoli di porfido e quarzo; 3. Straterello di torba terrosa plastica; 4. Sabbie argillose cementate ; 5. Argille cineree e giallastre. AI punto di contatto colle sabbie e le argille si ha la zona delle risultive. ‘Io inclinerei a ritenere coevi gli strati di torba terrosa della Cascina Cantonone, Serina e Mombollone, per la identica ‘natura e posizione loro, rappresentando essi una formazione ‘recente contemporanea al terrazzamento dell’alluvione. (i 14 Ed ora prima di dire dell'origine di questi terrazzi e dei. risultati delle ricerche microscopiche, devo spendere alcune parole intorno alle alluvioni dell’Olona e alle sue torbe. Al corso superiore dell’Olona sino a Nerviano corrisponde un’ampia e profonda valle, incisa nel diluvium e nella allu- vione del Villafranchiano sottostante. ‘ A Marnate, Solbiate Olona, Gorla Minore e Gorla Maggiore i terrazzi raggiungono sul thalveg della valle un’altezza media di 60 m. Sotto le mura di Milano l’ Olona entra nella darsena ove sboccano i tre Navigli, e cosi l’opera dell’uomo deviò il cor- so naturale del fiume. Questo però ricompare a Binasco e quindi prosegue verso il Po attraversando le alluvioni mar-; nose, coperte dalle sabbie quarzose, micacee, feldispatiche con ghiaje ad elementi molto alterati e quelle più antiche di Lar- dirago, Genzone, Ca Manzola e Corteolona, costituite da sabbie sciolte, alternate con argille. Queste sabbie formano i rilievi di Mirabello e S. Genesio a Nord di Pavia, di Trivolzio sulla sponda sinistra del Ticino, e quelli presso Garlasco e Gambolò sulla destra. Tali rilievi di sabbie sciolte sono da attribuirsi, secondo il Prof. Taramelli, alla parte più antica di queste alluvioni che si appoggiano ai terreni sottostanti terziari. Anche lungo le sponde dell’ Olona si avverte una succes- sione di strati alluvionali dallo strato superficiale di terreno vegetale a ghiaje assai minute con elementi quarziferi, calcari e feldispatici a ghiaje assai minute, quindi ad alternanze di ghiaje, sabbie e marne giallognole alcune volte molto calcari, e finalmente al banco inferiore di argilla azzurrognola, pla- stica, simile a quella che affiora lungo la base dei terrazzi del Ticino. In corrispondenza a questi strati argillosi sì osservano lungo la base dei terrazzi dell’ Olona dei banchi, messi alla luce dall'azione corroditrice delle acque, di lignite torbosa identica a quella del Ticino. Non è punto improbabile che il giacimento delle argille e delle torbe dell’ Olona sia la continuazione di quelle del Ti- cino. ES; 15 Notizie relative ai depositi torbiferi dell’Olona ci sono daté dal Prof. Balsamo Crivelli nella sua opera sopra citata (1). Egli dice che nei contorni di Belgiojoso vicino a S. Mar- gherita, sulle sponde del Cavo detto Sesso, nella località Bonda, due metri al di sotto del terreno coltivabile si presenta uno strato di Torba dello spessore di un metro, poggiante sopra una sabbia silicea. Da ciò il Balsamo arguisce che lo strato torboso di S. Margherita abbia una discreta estensione, e' tro- visi forse in comunicazione colla vasta Torbiera della Torre de’ Negri. L'epoca delle alluvioni del Ticino e dell’ Olona è da. ri- portarsi alla dimora del ghiacciajo del Verbano entro la cer- chia del rispettivo anfiteatro morenico. I cui materiali vennero portati a valle dalle torbide, che uscivano impetuose. dalla porta, del ghiacciajo che si avvanzava, disperdendo gli elementi ‘meno voluminosi e le fanghiglie della morena profonda. Così si formavano gli strati potenti delle argille e delle sabbie nella bassa Valle padana, coi banchi interposti di ghiaje minutissime. Queste alluvioni si devono indubbiamente asse- . gnare a quella fase dell’epoca quaternaria che si è convenuto di chiamare Diluvium, posteriore al Villafranchiano e ante- riore alle Morene. Ma nel mentre che il detrito delle fronti moreniche an- dava colmando e livellando il fondo della bassura padana, do- vevano le acque dei fiumi vagare incerte, non avendo ancora un assettamento idrografico definito e stabile; dovevansi quindi formare delle paludi e delle lanche con abbondante vegetazione palustre, favorita dal clima umido dell’epoca quaternaria. Le torbide delle inondazioni e quelle travolte nelle piene dai corsi d’acqua rinascenti alla base dei talus fluvio gla- ciali della Sesia e del Ticino, interrirono quelle paludi, co- prendole di sabbie finissime e travolgendo in esse paludi, che poi si convertirono in torbiere, gli annosi tronchi delle cir- costanti foreste. Difatto, nella torba, di cui noi parliamo, sono frequentissimi grossi tronchi, che sembrano di conifere ed (1) BaLsamo CRIVELLI. Votizie naturali e chimico agronomiche della Provincia di Pavia. — 1864. 16 altri se ne trovano nelle alluvioni soprastanti, deposti dalle sempre rimutantisi fiumane, sino a che è durata la fase ascen- dente del periodo diluviale. L’essere i banchi di torbe localizzati in certi punti, quasi annidati in un’area ragguardevole, che sì può comprendere fra il corso del Ticino e quello dell’Olona, parmi una ut della opinione qui espressa. (Continua). SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI VARESE NOTA DEL Dottor BENEDETTO CORTI con la collaborazione del Dorror ANGELO FIORENTINI Cenni oroidrografici e geologici sul lago di Varese Il lago di Varese ha il suo livello a 239 metri sul mare, profondità massima di m. 26, lunghezza media di m. 8800 e larghezza di m. 1818; distà da Varese in direzione Ovest di Kilometri 4 e la temperatura media annuale delle sue acque è di 10.9 Le sue sponde sono limitate a S. dalle ondulazioni delle colline di S. Giacomo, del M. Carbonaro, di Casale Litta e S. Pancrazio con una altezza media di 135 metri; a S. S. E. dal M. Tordimonte e di Caidate, altezza media 149 m.; ad E. da Brunello, Crosio, C. Montealbo, Gazzada, Novellina e S. Sil- vestro, altezza media 127 m.; a N. N. E. da Bobbiate, Casbenno, Faido, Lissago, Casarico, altezza media 108 m.; a N. da Mo- rosolo, Bavasso, Molina e Comerio, altezza media 1833 m.; a N. N. O. da Chignolo, dal Motto e da Gavirate altezza media 193 m. Ad O. è limitato dal laghetto di Biandronno, a S. S. O. dalle colline di Monate, Travedona, Ternate e Varano, altezza media 37 m. L'altezza media delle sponde del lago di Varese ho (a colato di 126 metri sul livello delle sue acque. 17 Per le altezze delle varie località citate, mi sono valso delle quote delle Tavolette topografiche al “| dell’ Istituto Geografico Militare di Firenze, non trascurando anche il cal- colo dell’ Aneroide. Il lago di Varese è alimentato dalle acque dei laghi di Ternate e di Biandronno, nonchè da diversi rigagnoli e roggie provenienti dai terreni superiori nei territori di Azzate, Ga- gliate, Capo-Lago e Groppello, e da numerose sorgive risul- tanti lungo le sponde del bacino, il quale ha per unico emis- sario il fiume Bardello, che, effluendo a N. N. O. fra Bardello e Gavirate, va a metter foce nel Verbano fra Bogno e Brebbia. Copiose notizie sul lago di Varese e sui finitimi di Bian- dronno, Monate e Comabbio ci ha fornito l’ Ing. Giuseppe Quaglia (1) dall’ opera del quale tolsi i dati batimetrici, di di- mensione e di temperatura. Il Prof. Innocenzo Regazzoni nella sua opera « L’ Uomo preistorico nella Provincia di Como » (2) accenna brevemente alla costituzione geologica dei dintorni del lago di Varese, della quale il chiarissimo Prof. Leopoldo Maggi stese una det- tagliata descrizione con particolari molto interessanti, riguardo allo sviluppo del terreno quaternario 8). Lo stesso Prof. Maggi nel suo « Discorso intorno alle condizioni naturali del Terri- torio Varesino » letto nell’apertura solenne della VII.® riu- nione straordinaria della Società italiana di Scienze Naturali in Varese, il 24 settembre 1878, altri dati importanti aggiunse riguardo alla stratigrafia della regione varesina. L’Omboni e lo Stoppani(4, trattando dell’ espansione gla- ciale del bacino del Verbano, iii, dell’ anfiteatro more- nico del territorio varesino, il primo con molti cenni circo- stanziati di non dubbia importanza. Studi più recenti sono quelli del chiarissimo Prof. T. Ta- (1) GiusEPrPE QUAGLIA. Laghi e torbiere del Circondario di Varese. — Varese, 41884. (2) I. REGAZZONI. L'Uomo preistorico nella Provincia di Como. — Milano, 1878. È (3) L. MaGGI. Geologia del Territorio Varesino. — Varese, 1874. (4) G. OmBoNnI. / Ghiacciaj antichi e il terreno erratico in Lombardia. — Mi- lano, 1861. A. STOPPANI. Z? Era Neozotca. — Milano, 1880. 18 ‘ramelli, il quale illustrò (1) il foglio XXIV della Carta Sviz- zera, colorito geologicamente dai signori Spreafico, Negri e Stoppani. In seguito, nelle sue « Note geologiche sul bacino idrogra- fico del Ticino » altri dati aggiunse, introducendo delle mo- dificazioni nel foglio XXIV, quali il riferimento al lias e in- fralias della massa dei Pizzoni di Laveno, assegnata dagli Au- teri della Carta Svizzera alla serie dei terreni dal trias infe- riore al lias inferiore, e l'esclusione del salto che si rileva in essa, attraverso dei M. Colonne e S. Martino. Il lago di Varese è scavato negli strati della creta supe- riore, media ed inferiore. i La prima è rappresentata da arenarie.e da marne a fu- coidi, compatte, giallo grigiastre, le quali sfumano in marne rossastre, lamellose a mo’ di schisti, come mi fu dato osser- vare nella Valletta di Opreno presso Cisano, in Provincia di Bergamo, a Suello in Brianza e nella Valle della Cosìia sotto Tavernerio e Camnago presso Como. Queste marne variegate, che, secondo me, rappresentereb- bero la creta media, alternano con altre turchine e cineree molto ricche di fucoidi, specialmente all’istmo di Biandronno. Affiorano questi strati lungo la sponda settentrionale del lago ‘di Varese, tra le m»rene, a Bardello, e formano una zona che continua fino quasi alla Brebbia e comprende il laghetto di Biandronno. Lungo la sponda orientale affiorano qua e là, a tratti, nei pressi di Morosolo, Oltrona, Calcinate e Mustunate, sempre però con un distinto passaggio fra le marne compatte giallastre e le marne variegate, queste stanno sempre al di- sotto delle prime, nè mai si alternano con esse. Alla Creta inferiore assegno la Majolica di Gavirate e di Fraschirolo, immediatamente sovrapposta agli strati selciosi del Rosso ad Aptyci e da questi differentiantesi con netta linea di demarcazione. La presenza dello sfasciume morenico, che cela in parte l’affiorare degli strati sottoposti, può talora indurre in errore l'osservatore, ma nel complesso dei fatti, il comparire qua e (1) T. TARAMELLI. Il Canton Ticino meridionale. — Berna, 1880. ‘ 19 la dei terreni cretacei e giuresi liassici in fasci di strati quasi mai discordanti, se si eccettuino due casi del calcare marmoso a fucoidi di Morosolo a contatto della majolica, e delle marne variegate di Induno che si adagiano sui calcari del rosso am- monitico, mi pare permetta di stabilire la seguente successione: 1. Creta superiore: Calcari marnosi compatti, giallastri, a fucoidi: i Fucoides Targioni, F. difformis, F. intricatus, F. furcatus, F. aequalis. i 2. Creta media: Marne variegate, a superficie scagliosa, con calcarei micacei compatti e talora scistosi, grigio cinerei, con Condrites, ‘3. Creta inferiore: Majolica, calcare marmoreo, bianco latteo, a frattura concoide, con arnioni di selce cerulea, opa- lina e finissime linee intersecantesi, paragonabili alle suture craniali. Con Ammonites tatricus, Am. plicatilis, Aptychus la- mellosus, Ap. profundus, Belemnites hastatus, Bel. egrilis. i Stoppani (1), . La creta media ed inferiore affiora lungo la sponda orien- tale del lago a Gavirate, Chignolo, Comerio, Barasso e Luvi- nate qua e là sempre ammantata dallo sfasciume morenico. L’avere l’Ing. Salmoiraghi accennato ad affloramenti di rocce cretacee e mioceniche a S. del lago, non indicate nella carta Svizzera, permette di ritenere che la comba del lago di Varese sia limitata a S. da roccia in posto, e forse, secondo un'opinione del Prof. Taramelli, anche da alluvioni pregla- ciali. Guidato da questa idea del mio chiarissimo Maestro, che mi sembrava assai degna di considerazione, procurai in due escur- sioni di studiare questo argomento, cercandone la soluzione. A tale uopo seguii la strada che da Lissago e Bobbiate, sulla sponda orientale del lago, conduce a Capolago, Buguggiate e Azzate a circa 90 m. d’altezza sul pelo delle acque, e -di là ‘per Gagliate, Lomnago e Bodio sulla sponda meridionale. Il materiale morenico unito al terriccio vegetale impedisce (1) A. Stoppani. Studi Geologiciî e Paleontologici sulla Lombardia. — Milano, 1857. 20 di scorgere alcuna traccia della sottoposta alluvione pregla- ciale cementata, la cui presenza non potei rilevare. Forse anche, l’essere stata la morena profondamente ri- mestata nei suoi elementi, impedisce l'osservazione e un esatto rilievo dei terreni sottostanti; la presenza di fanghiglie cao- ticamente cementate con ciottoli arrotondati e striati; mi pare metta fuori di dubbio che non si abbia a fare con una vera e propria morena profonda del ghiacciajo sceso dalla Valganna, dalla Valcuvia e dalla Valle di Arcisate. Gli elementi morenici, porfidi, gneiss, amfiboliti, dioritì, sieniti, serpentini, micascisti, cloritoscisti, talcoscisti, ecc. mo- strano chiaramente la loro provenienza dal bacino del Ver- bano e del lago di Lugano. *x * L’ esame microscopico delle acque del lago di Varese, per la ricerca delle Diatomee, fu fatto sopra sei campioni di fan- ghiglia e alghe presi a diverse profondità dai metri 1 ai 3. 50, e sopra un limo finissimo preso alla profondità di m. 6 che trattai con acido cloridrico e sottoposi alla ebullizione per distruggere i residui delle sostanze organiche e gli elementi calcari. Le specie più frequenti sono: l’Amphora ovalis, la Suri- rella splendida, la Navicula radiosa, N. laevissima, la Melo- sîra distans e M. varians, la Synedra gracilis e la Denticula elegans. La copia maggiore di Surzrelle e di Pleurosigma si dano nella fanghiglia presa a m. 6 dalla superficie delle acque del lago, mentre le Synedre e le N:tzschie abbondano alla pro- fondità dagli 1 ai 2 metri. Fra le specie alpine le seguenti: Gomphonema .intricatum var angustatum, Stauronets platystoma, Grunovia sinuata, Den- ticula elegans, Tetracyclus lacustris e Melosira arenaria, le altre specie sono proprie dei grandi laghi o della regione pre- alpina. Mi è poi gradita cosa il rendere pubbliche grazie al chia- ‘ rissimo Prof. Leopoldo Maggi, il quale mise a mia disposizione, 2h «colla consueta cortesia, il suo Laboratorio per le ricerche microscopiche, e.i IE necessari DR la determinazione delle specie. Elenco delle Diatomee del sui di Varese TRIBÙ. ACHNANTEE (Brun). Gen. Achnanthes (Bory). 1. Ach. exilis Ktz. (Brun. Diatomées des Alpes et du Jura et de la region suisse et francaise des environs de Genéve, 1880), pag. 28, tav. 3°, fig. 29. 2. Ach. exilis var. minutissima Ktz. (Brun. op. cit., pag. 28, tav. 3°, fig. 30). 3. Ach flexella Breb. (Brun. op. cit., pag. 29, tav. 3°, fig. 21). nr Gen. Cocconeis (Ehrb). 1. Coc. Placentula Ehr. (Brun. op. cit., pag. 31, tav. 3°, fig. 23). 2. Coc. helvetica Brun. (Brun. op. cit., pag. 32, tav. 3°, fig. 27). TRIBÙ. GOMPHONEMEE (Brun). Gen. Gomphonema (Ag). - Vibrio Ehr. (Brun. op. cit., pag. 37, tav. 6°, fig. 6). .‘capitatum Ehr. (Brun. op. cit., pag. 37, tav. 6°, fig. 19). . Constrictum Ebr. (Brun. op. cit., pag. 38, tav. 6°, fig. 1). . acuminatum Ehr. (Brun. op. cit., pag. 39, tav. 6°, fig. 4). RIERE RO DOrE DONNA Gen. Rhoicosphenia (Griinow). 1. Rh. curvata Griin (Brun. op. cit. pag. 4), tav. 6°, fig. 21). n TRIBÙ. EUNOZIEE (Brun). Gen. Epithemia (Breb). .- Sorex Ktz. (Brun. op. cit., pag. 44, tav. 2°, fig. 18). . gibba Ehr. (Brun. op. cit., pag. 44, tav. 2a, fig. 14). . ocellata Ehr. (Brun. op. cit., pag. 47. tav. 2°, fig. 12). . zebra Ehr. (Brun. op. cit. pag. 45, tav. 2*, fig. 16). - FRAN mmmmm Gen. Himanthidiam (Ehr). - gracile Ehr. (Brun. op. cit., pag. 48, tav. 2°, fig. 24). . intricatum var angustatum Ktz. (Brun. op. cit., pag. 41, tav. 6°, fig. 16). - turgida var. granulata Ehr. (Brun. op. cit., pag. 44, tav. 2*, fig. 13). 1. H 2. H. pectinale var. undulatum Ktz. (Brun. op. cit., pag. 49, tav. 2a, fig. 22). 3. H s Soleirolii Ktz. (Brun. op. cit. pag. 49, tav. 2*, fig. 23). TRIBÙ. CIMBELLEE (Brun). Gen. Amphora (Ehr). i 1. Am. ovalis Ktz. (Brun. op. cit., pag. 53, tav. la, fig. 6). Gen. Cymbella (Ag). 1. Cym. Caespitosum Ktz. (Brun. op. cit., pag. 56, tav. 33, fig. 16). 2. Cym. Caespitosum var. Pato Ktz. (Brun. op. cit., pag. 56, fig. 13). tav. 3°, Cinta 00 IONI SS __ ND —- (Ci) (IN Va dI db Daw Cym. lanceolata Ehr. (Brun. op. cit. pag. 57, tav. 3’, fig. I Cym. cuspidata Ktz. (Brun. op. cit., pag. 59, tav. 32, fig. 6). Cym. Ehrenbergii Ktz. (Brun. op. cit., pag. 59, tav. 2*, fig. 30). Cym. affinis Ktz. (Brun. op. cit. pag. 61, tav. 3°, fig. 14). TRIBÙ. NAVICULEE (Brun). Gen. Navicula (Bory). . Nav. binodis W. Sm. (Brun. op. cit. pag. 68, tav. 7°, fig. 18). . Nav. laevissima Ktz. Grùn. (Brun. op. cit. pag. 68, tav. 7°, fig. 32). Nav. Bacillum Ehr. (Brun. op. cit. pag. 71, tav. 7°, fig. 9). Nav. limosa var. gibberula Ktz. (Brun. op. cit., pag. 75, tav. 7°, fig. 11). Nav: pusilla W. Sm. (Brun. op. cit., pag. 75, tav. 72, fig. 36. b). Nav. inflata Ktz. (Brun. op. cit., pag. 76, tav. 7°, fig. 15). Nav. elliptica Ktz. (Brun. op. cit. pag. 77). Nav. radiosa Ktz. (Brun. op. cit., pag. 78, tav. 82, fig. 2). . Nav. negleeta Breb. (Brun. op. cit., pag. 79, tav. 8°, fig. 21). . Nav. fulva Rab. (Rabenhorst. Die Susswasser Diatomaceen — 1853). . 6°, fig. 62. . Nav. viridula Rab. (Brun. op. cit., pag. 80, tav. 82, fig. 7). Gen. Pinnularia (Ebr). . Pin. viridis Rab. (Brun. op. cit., pag. 83, tav. 82, fig. 5). . Pin. gibba Ehr. (Brun. op. cit., pag. 8ò, tav. 82, fig. 17). . Pin. gibba var. Tabellaria Ehr. (Brun. op. cit., tav. 8°, fig. 18). Gen. Stauroncis (Ehr). . St. Phoenicenteron Ehr. (Brun. op. cit., pag. 88, tav. 9, fig. 7). . St. Anceps var. elliptica Ehr. (Brnn. op. cit., pag. 89, tav. 9, fig. 1). . St. platystoma Ebr. (Brun. op. cit. pag. 90, tav. 92, fig. 3). . St. dilatata W. Sm. (Brun. op. cit., pag. 90, tav. 9*, fig. 9). . St. acuta Sm. (Pritchard. A. History of. Infusoria — 1861), pag. 914, ta- 7°, fig. 70). . St. legumen Ebr. (Brun. op. cit., pag, 90, tav. 8°, fig. 26). Gen. Pleurosigma (W. Sm). . PI. attenuatum W. Sm. (Brun. op. cit., pag. 93, tav. 5*, fig. 18). - PI. acuminatum Griin. (Brun. op. cit. pag. 94, tav. 5", fig. 12 e 15). . PI. Spencerii W. Sm. (Brun. Op. cit., pag. 94, tav. 5°, fig. 14). TRIBÙ. SURIRELLEE (Brun). Gen. Cymatopleura (W. Sm). . Cy. elliptica Breb. et Sm. (Brun. op. cit., pag. 96, tav. 12, fig. 8). - Cy. Solea Breb: et Sm. (Brun. op. cit., pag. 97, tav..1%, fig. 10). Gen. Surirella (Turpin). . Sur. splendida Ehr. (Brun. op. cit., pag. 99, tav. 22, fig. 8). . Sur. biseriata Breb. (Brun. op. cit., pag. 99, tav. 2°, fig. 3). . Sur. biseriata var. linearis W. Sin. (Brun. op. cit. pag. 99, tav. 2°, fig. 9). » Sur. norica Ktz. (Brun. op. cit., pag. 101, tav. 1°, fig. 16 e 17). Sur. spiralis Ktz. (Brun. op. cit. pag. 102, tav. 1°, fig. 15). ' . Sur. constricta Ehr. (Ehrenberg. Zur Mikrogeologie 1854), tav. 148, fig. 37). . Sur. Librile Ehr. (Ehrenberg. op. cit. tav. 14°, fig. 38). 23 TRIBÙ. NITZSCHIEE (Brun). Gen. Nitzschia (Hass). . Nt. Amphioxys Ehr. (Brun. op. cit., pag. 104, tav. 52, fig. 28). . Nt. Sigmoidea Nitzsch. (Brun. op. cit., pag. 104-105, tav. 5°, fig. 23). . Nt. thermalis Auersw. (Brun: op. cit, pag. 106, tav. 5*, fig. 17). . Nt. parvula W. Sm. (Brun. op. cit., pag. 107, tav. 5°, fig. 19). . Nt. linearis Ag. et W. Sm. (Brun. op. cit., pag. 107, tav. 5*, fig. 26). . Nt. Pecten Brun. (Brun. op. cit., pag. 109, tav. va, fig. 30). O Uta 0 TRIBÙ. FRAGILARIEE (Brun). ; Gen. Grunowia (Rab). 1. G. Sinuata Rab. (Brun. op. cit., pag. 111, tav. 3*, fig. 32). Gen. Denticula (Ktz). . D. obtusa W. Sm. (Brun. op. cit., pag. 112, tav. 32, fig. 34). 2. D. elegans Ktz. (Brun. op. cit., pag. 14, tav. 82, fig. 37). (N) Gen. Diatoma (De Candolle). . D. Ehrenbergii Ktz. (Brun. op. cit., pag. 117, tav. 5a, fig. 18). 2. D. elongatum Ag. (Brun. op. cit., pag. 117, tav. 4°, fig. 16). (22) Gen. Fragilaria (Ag. et Griin). 1. Fr. mutabilis Grin. (Brun. op. cit., pag. 119, tav. 42, fig. 8). 2. Fr. costruens Grin. (Brun. op. cit., pag. 120, tav. 4°, fig. 9 e 10. h.). 3. Fr. construens var. binodis Grin. (Brun. op. cit., tav. 4°, fig. 10). Gen. Synedra (Ehr). .- Syn. biceps W. Sm. (Brun. op. cit, pag. 123, tav. 5°, fig. 10). . Syn. gracilis Ktz. (Brun. op. cit. pag. 124, tav. 52, fig. 7). . Syn. tenuis var. subtilis Ktz. (Brun. op. cit., pag. 125, tav. 5a, fig. 11). .- Syn. acuta var. Oxyrhynchus Ktz. (Brun. op. cit., pag. 125, tav. 42, fig. 26). Syn. Ulna Ehr. (Brun. op. cit., pag. 125, tav. 6*, fig. 20). Syn..Ulna var. aequalis Ehr. (Brun. op. cit., pag. 126, tav. 52, fic.2 e 3). . Syn. capitata Ehr. (Brun. op. cit., pag. 126, tav. 52, fig. 8). i . Syn. Atomus Naeg. (Rabenhorst. op. cit., tav. 42, fig. 32). TRIBÙ. MERIDIEE (Brun). Gen. Meridion (Ag). 1. Meridion circulare Ag. (Brun. op. cit., pag. 128, tav. 98, fig. 11). 2. Meridion circulare var. constrictum Ag. (Brun. op. cit., pag. 128, tav. 98, fig. 12). N : TRIBÙ. PHABELLARIEE (Brun). Gen. Tabellagia (Ehr). 1. T. flocculosa Roth. (Brun. op. cit., pag. 130, tav. 9*, fio. 14). 2. T. flocculosa var. ventricosa Roth. (Brun. op. cit., pag, 130). Gen. Tetracyclus (Ralfs). 1. T. lacustris Ralfs. (Brun. op. cit., pag. 131, tav. 88, fig. 27(° 24 TRIBÙ. MELOSIREE (Brun). Gen. Melosira (Ag). 1. M. varians Ag. (Brun. op. cit., pag. 134; tav. 12, fig. 1). 2. M. distans Ehr. (Brun. op. cit., pag. 135, tav. 12, fig. 3). 8. M. arenaria Moor. (Brun. op. cit., pag. 186, tav. 1’, fig. 2). (Dal Laboratorio di Anatomia e Fisiologia Comparate della R. Università di Pavia, Marzo 1892). i RECENSIONI Maggi Prof. Leopoldo. — La sutura endomesognatica alla superficie fac- ciale degli intermascellari nel Semmopithecus entellus. — (Rend. Ist. Lomb. di Scienze e Lettere, serie II.° vol. XXV, fasc. II., 14 gennaio, 1892). L’autore dopo aver accennato all’ importanza anatomica del caso da lui osservato, giacchè questa sutura non era stata veduta prima di lui nel JSe- mnopiîthecus entellus (Scimia' catarrina), aggiunge che per la sua posizione, vale a dire alla superficie facciale degli intermascellari, essa è ritenuta an- cora piuttosto rara tanto nell’ uomo, quanto negli altri mammiferi. Perciò in- dicata l’ età dell’individuo, nel cui teschio riscontrò la detta sutura, rilevate le suture manifeste e scomparse di questo stesso teschio e notatane la man- canza della sutura endomesognatica sinistra; l’ autore passa alla descrizione della sutura endomesognatica destra, alla superficie facciale degli interma- scellari (endognato e mesognato destro) del Semmnopithecus entellus apparte- nente al Museo d’ Anatomia comparata della R. Università di Pavia; ricor- dando da ultimo, come coincidenza di casi, che questa sutura era pure molto manifesta, ma soltanto alla volta palatina, nelteschio di giovane Chimpanzè (Troglodytes niger juv.), di cui ha parlato nella sua Nota del 2 luglio 189], dal titolo : é mesognati asinchiti nei giovani antropotdi. Maggi Prof. Leopoldo. — Sulla chiusura delle suture craniali neî Mammiferi. — (Rend. Ist. Lomb. di Scienze e Lettere, serie II.°, vol. XXV, fasc. VI, 10 marzo, 1892. — Milano). Intorno a quest’ argomento l’autore ha fatto cenno in una sua Nota pre- ventiva dal titolo: Due fatti craniologici trovati in alcuni Mammiferi, letta al Congresso medico, tenutosi nel settembre -1889 in Padova. Ora viene a dare la descrizione dei singoli casi da lui studiati in proposito, e che in quella Nota tralasciò per brevità. Ad essi però potè fare, per sue nuove ricerche, alcune aggiunte tanto riguardo alle specie, quanto agli individui della medesima specie di mammiferi; come pure poté amnmentare la raccolta dei loro feti, ‘neonati, giovani ed adulti. Da quanto espose l’autore intorno alla chiusura delle principali suture della volta del cranio, vale a dire\suture mezqpica, co- ronale, sagittale, lambdoidea, transversa squame occipitis, alle quali si può ag- giungere la diesoccipitale, nei ruminanti, carnivori e scimie, risulta: 1.° Che in generale esse si chiudono prima all’ esterno che all’interno; contrariamente quindi a quanto avviene di norma nell’uomo, e per le ricer- che fatte dai signori Prof. Stanislao Bianchi e Dottor Francesco Marimò si deve dire: nell'uomo normale, giacchè nell’ uomo delinquente essi hanno osservato per tre volte la chiusura delle suture craniali prima all’esterno che all’interno. I.due casi di chiusura delle suture, eccezionali alla norma nel- l’ uomo, mostratigli dal collega G. Zoja, non possono essere riferiti nè al- 25 + l’uomo normale, nè al delinquente, mancando essi della loro storia biogra- fica. 2.° Che spesse volte esse si presentano contemporaneamente aperte o chiuse _ tanto all’esterno che all’interno. 3.° Che fra le suture craniali, le quali si chiudano all’ esterno prima che all’ interno, tengono il primo posto la sagitiale e la lambdoidea; vengono dopo la coronale, la metopica, la transversa squame occipitis e la biesoccipitale. Siccome queste ricerche vengono continuate dall'autore, così egli non crede di indagare ora la spiegazione dei risultati sovraesposti. Monti Rina (Studente in scienze naturali): Ricerche microscopiche sul si- stema nervoso degli insetti (Nota preventiva). — Rend. Ist. Lomb., di Scienze e Lettere, serie II.°, vol. XXV, fasc. VII. — 1892. . Mediante il metodo di Ehrlich la sig.a Monti Rina ha potuto osservare alcuni fatti interessanti sul sistema nervoso dei diversi ordini di insetti. Ha studiate le fibre nervose e loro terminazioni nei muscoli degli Orzotferz, come anche il sistema nervoso centrale degli stessi insetti; le fibre nervose e terminazioni nei muscoli delle larve e dell’ insetto perfetto di Coleolteri e Lepidotteri, infine le terminazioni nervose nei muscoli delle larve di /me- notteri. Negli Ortotteri ha trovato che i nervi penetrati nei muscoli decorrono in senso longitudinale alle fibre muscolari: ben di rado però seguono una linea retta, di solito anzi hanno un cammino tortuoso con molteplici meandri. —_ Lungo il loro percorso, forniscono a destra ed a sinistra numerosi rami di secondo e terzo ordine, che in direzione trasversale alla fibra muscolare si portano verso le terminazioni: qui — in corrispondenza generalmente di un nucleo — si suddividono in ciuffi di fine fibrille, che terminano appuntite o con un piccolo rigonfiamento. Deve quindi concludere che nei muscoli degli Ortotteri in generale i nervi presentano delle terminazioni libere. Interessante è pure la parte delle ricerche che riguardano il sistema qer= voso centrale. In questo difficile campo sino ad ora il metodo di Ehrlich, ap- plicato alle grillotalpe, le ha dimostrato i fatti seguenti: le cellule nervose sono quasi tutte unipolari: il loro prolungamento talvolta, dopo aver fornito più rami, si continua con una fibra nervosa, che esce dal ganglio; altre volte il prolungamento si ramifica e non si può seguire. Aléune volte ha poi po- tuto osservare l’origine diretta delle {dre dal prolungamento cellulare, mentre altre volte non le poteva seguire, perchè dopo essersi ramificate si perde- vano nella sostanza punteggiata di Leydig. La sostanza granulosa di Leydig è costituita da un fino intreccio di fibrille derivate dalle suddivisioni dei prolungamenti delle cellule, e dalle suddivi- sioni delle fibre. Nelle larve di Coleotteri, e specialmente di Zucanus cervus e di Melolontha vulgaris, ha pure ottenuto buoni risultati. Nei muscoli ventrali delle larve le fu dato osservare delle belle colline di Doyére, ed anche delle placche a grap- polo: dovute al fatto di trovarsi accumulate all’estremo di un nervo, nume- rose placche. In alcuni muscoli del torace delle larve mature trovò invece che il turchino di metilene colorava una ricchissima rete dé cellule, munite di lunghi prolungamenti, anastomizzati tra di loro. Tale reperto sarebbe con- validato dai risultati ottenuti negli insetti perfetti. Nei Lepidotteri adalti ha osservato delle colline di Doyére nei muscoli che muovono le zampe, e in quelle che muovono le ali un finissimo intreccio di fibrille nervose. 26 In alcune larve di Imenotteri ha poi trovato un soggetto eccellente per la dimostrazione delle placche nervose. Essa potè persuadersi che in questi ani- mali la terminazione è spolemmale. CENNO NECROLOGICO Il conte ALESSANDRO PERICLE NINNI, quasi repentinamente, é morto nella sua patria Ve- nezia il 7 gennaio 1892 di 54 anni. Laureatosi nel- l’Università di Modena, appartenne a molte società scientifiche italiane e straniere e fu membro effet- tivo del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed - arti. Quantunque ricco, spese la sua vita nello studio delle scienze naturali, lasciando un centinaio di ot- di) time pubblicazioni, specialmente di faunistica ve- gi Muze 4 neta e d’indole sistematica. La sua perdita è rico- VA ( ni nosciuta grave per la zoologia italiana; l'on. Paulo Fambri, i prof. Camerano e Pavesi, i dott. Scarpa e Levi-Morenos, ne hanno tessute degne commemorazioni. Anche il nostro Bullet- tino non può dimenticarlo. Intorno al nuovo regolamento per le Scuole Superiori di Magistero OSSERVAZIONI del Professore LEOPOLDO MAGGI. Un nuovo regolamento per le Scuole Superiori di Magistero presso le facoltà di filosofia e lettere e di scienze matematiche e naturali, venne approvato con decreto reale il 29 novembre 1891. Esso è prece- duto da una relazione ministeriale e confortato del parere del Consiglio Superiore di pubblica istruzione, del quale però non fa parte alcun professore universitario delle scienze naturali. Gli si potrebbero fare molte osservazioni; ma, per non invadere il campo altrui, mi limiterò ad alcune poche intorno\al modo col quale vi è trattata la storia naturale. I. Il nuovo regolamento per le Scuole Superiori di Magistero, parti- colarmente per la sezione delle scienze naturali, essendo identico a quello dello Scialoja, ci porta indietro nientemeno che fino al 1874, tra- scurando, senza alcuna ragione, quelli di Bonghi e Coppino, più con- formi all’ attuale importanza delle scienze medesime. 27, ‘ Uno dei concetti principali su cui si fonda questo nuovo regolamento, dice la relazione dell’onor. ministro Villari, è il seguente: faranno parte della Scuola di Magistero quei professori solamente che insegnano materie le quali sono nei programmi delle scuole secondarie. — A questi professori si aggiungerà, solo per ragioni evidenti, quello di pedagogia. — E quanto alla Scuola di Magistero per le scienze, essa verrà ordinata se- condo è medesimi concetti di quella per la filosofia e lettere. Nel regolamento poi è detto: I. Che nelle Scuole di Magistero, istituite presso la facoltà di filosofia e lettere, le conferenze versano sulle seguenti materie: 1. Letteratura ita- liana, 2. Letteratura latina, 3. Letteratura greca, 4. Sioria antica, 5. Storia moderna, 6. Geografia, 7. Filosofia, 8. Pedagogia. — In quelle facoltà poi nelle quali manchi V insegnamento di grammatica greca e latina, alle suddette conferenze, possono essere aggiunte conferenze di grammatica greca o latina (art. 3). Il. Che nelle Scuole di Magistero, istituite presso la facoltà di scienze, le conferenze versano sulle seguenti materie : 1. Fisica, 2. Chimica, 3. Storia naturale, 4. Matematica (art. 4). Ora, nel programma di storia naturale per le scuole secondarie, non sì comprendono forse la zoologia, la botanica, l anatomia e fisiologia dei vegetali, l’ anatomia e fisiologia degli animali, la mineralogia e geo- logia? E queste scienze non sono insegnate all’ Università? Se il concetto suesposto dal signor Ministro si vuole applicato alla Scuola di Magistero in scienze, a far parte di questa dovrebbero es- sere chiamati tutti quei professori universitari, che insegnano le sud- dette materie. Invece si dà questa differenza, non piccola, che per la Scuola di Magistero in filosofia e lettere si prendono a base gli ordi- namenti universitarj, mentre per la Scuola di Magistero della facoltà di scienze si seguono gli ordinamenti delle scuole secondarie. E poi si presenta quest’ altra diversità, che tocca le persone, e cioè: nella Scuola di Magistero in filosofia e lettere diversi professori universitarj danno conferenze di materie, insegnate nelle scuole secondarie da un sol pro- fessore; in quella della facoltà di scienze, per diverse materie, che si insegnano nelle scuole secondarie, si chiama un sol conferenziere uni- versitario, dimenticando che in talune scuole secondarie vi è un inse- gnante per la parte abiologica ed un’ altro per la parte biologica delle scienze naturali. Chi non sa che le scienze naturali, sono tra le più progressive del nostro secolo? Chi non sa che i vari loro rami, oggigiorno, hanno preso uno sviluppo veramente straordinario? E come separare da queste varie scienze la parte didattica spettante a ciascuna di loro? Se sono le Scuole Normali universitarie che devono dare dei buoni professori per le scuole secondarie, bisogna che la fonte a cui attingere sia buona; e, perchè sia buona, dev'essere e mantenersi in relazione col movimento scientifico. Alla Scuola di Magistero della facoltà filosofico- letteraria s'è ben data, e giustamente, un’ ampia estensione. Così in- 28 yece di una sola conferenza didattica per la storia e geografia, se ne ha una per la storia antica, una seconda per la storia moderna, una terza per la geografia; invece di una sola conferenza didattica per la letteratura latina e greca, se ne hanno due; inoltre sono possibili con- ferenze didattiche per le grammatiche greca, latina, ed anche per una didattica generale. Perchè adunque non devono essere date, nella Scuola di Magistero della facoltà di scienze, conferenze didattiche di mineralogia, di geologia, di botanica, di zoologia, di anatomia e fisiologia comparate? Non e’ è forse per ciascuna di queste materie, o rami della storia naturale, una serie di quesiti nei programmi d’insegnamento delle scuole secondarie? E alcuni di questi rami, non abbracciano un intero anno d’ insegna- mento? E nei regolamenti Bonghi e Coppino, non sono forse ammesse queste cinque conferenze? E là, covo si davano già, non hanno forse arrecato buoni-frutti ? Nella relazione ministeriale, che precede il nuovo regolamento su- mentovato, è detto in prima linea, e poi ripetuto alla fine, che una ri- forma sostanziale delle Scuole di Magistero, non è possibile senza connetterla con una riforma delle Università. Da ciò risulta che anche S. E. il Mi- nistro ammette una stretta relazione tra gli insegnamenti universitarj e quelli delle Scuole di Magistero. E per la Scuola di Magistero della facoltà di filosofia e lettere ne fa l’applicazione, chiamando a far parte di essa, non solo tutti quei professori universitarj che insegnano ma- terie le quali sono nei programmi delle scuole secondarie, ma anche quelli di materie non comprese nei detti programmi, come il professore di pedagogia. E persino vuole un professore, non importa di quale in- segnamento, per dare conferenze di didattica generale. Ora perchè non si fa un’eguale applicazione alla Scuola di Magistero della facoltà di scienze? Perchè per questa Scuola si abbandona la stretta relazione tra gli insegnamenti universitari e quelli delle Scuole di Ma- gistero, che riflettono poi quelli delle scuole secondarie ? L’ articolo 5 del nuovo regolamento, dice: A proposta dei Consigli delle due scuole, od anche di un solo di essi possono essere istituite confe- renze di didattica generale. E quale dei Consigli delle due scuole nomi- nerà il conferenziere di didattica generaie? Quello forse che, coll’ajuto del signor Rettore, arriverà prima? Nella suddetta relazione ministeriale è detto anche questo: non si tratta per ora di fare un’ istituzione nuova affatto, perchè bisogna tener conto dell’ ORDINAMENTO presente delle nostre Università, ed ancora di uno STATO DI FA'TTO che ha creato delle CONSUETUDINI e degli INTERESSI, dei quali non è sempre facile non tener alcun conto. Ora per la Scuola di Magistero della facoltà filosofico-letteraria, s° è ben tenuto conto del presente ordinamento universitario, anzi si è an- dato oltre; ma per quella della facoltà di scienze 8’ è modificato il pre- sente ordinamento universitario, restringendolo immensamente. A Pavia, a Torino, a Genova, a Padova, a Bologna, a Roma, a Napoli, l’ inse- 29 ; gnamento universitario delle scienze naturali, vale a dire della minera- logia, geologia, botanica, zoologia, anatomia e fisiologia comparate, è dato da cinque professori, uno per ciascuna scienza. Per la Scuola di Magistero della facoltà di filosofia e lettere, si trovò comodo il tener conto di un suo stato di fatto, che le ha create delle consuetudini e degli interessi, quantunque molto recenti siano e il suo stato di fatto e le sue consuetudini e i suoi interessi; mentre per la Scuola di Magistero della facoltà di scienze, non fu facile, anzi non fu possibile, o, meglio, non si è voluto tener conto del suo stato di fatto, delle sue consuetudini e de’ suoi interessi, raggiunti già coi regolamenti Bonghi e Coppino. Pertanto, se non si ammette la parzialità preconcetta per favorire la Scuola di Magistero della facoltà di filosofia e lettere, e danneggiare quella della facoltà di scienze, non si trova nessun’ altra ragione del nuovo regolamento. E in questo caso va detto propriamente danneggiare, | giacchè gli antecedenti regolamenti Bonghi e Coppino facevano dare conferenze di mineralogia, di geologia, di botanica, di zoologia, di ana- tomia e fisiologia comparate; mentre il regolamento Villari non ne vuole che una sola per tutte e cinque le materie. II. Nelle conferenze il professore dovrà esporre il metodo da seguirsi nelle scuole secondarie per l’ insegnamento della materia a lui affidata, determi- nandone l’estensione ed è limiti (art. 6). Ogni conferenziere quindi della Scuola di Magistero della facoltà filo- sofico-letteraria tratterà del metodo d’ insegnamento della propria ma- teria; perciò metodo d’insegnamento della letteratura italiana, metodo d'insegnamento della letteratura latina, della letteratura greca, della storia antica, della storia moderna, e così via. Ora se c’ è diversità, come dal regolamento parebbe che vi dovesse . essere, fra i metodi d'insegnamento per le letterature e fra i metodi d’insegnamento per le storie, non ce ne dovrà essere forse fra i me- todi d'insegnamento, non fosse altro, per le scienze naturali abiologiche e biologiche? E come li potrà trattare un sol conferenziere? Ogni professore dovrà colla sua conferenza determinare l’ estensione ed i limiti della materia a lui affidata. Ciò sarà facile pel conferenziere della Scuola di Magistero della facoltà filosofico-letteraria, perchè egli è anche il professore della materia, che insegna nella facoltà; ma non per quello delle scienze naturali, che deve essere il conferenziere di altre quattro materie, affidate, nella facoltà, ad altrettanti professori. Per determinare, giustamente e con profitto dell’alunno, l’estensione ed i limiti di una materia, bisogna dapprima conoscere la materia stessa in tutta la sua ampiezza. Ma chi potrà dire d’aver raggiunta questa co- noscenza in tutti i rami delle scienze naturali? Chi sarà tanto esperto da poter istruire gli allievi, per esempio, sulle condizioni particolari delle faune, delle flore e del suolo? E chi non vede la probabilità che 30 un conferenziere, in quelle scienze che non insegna e non conosce bene, non reputi principali le nozioni, che sono invece secondarie, o vice- versa ? D'altra parte se, per trattare quest’ argomento, non sì ammette la persona competente, se si vogliono tralasciare i risultati degli studj di questa persona: tanto vale prendere per conferenziere di scienze natu- rali un professore di storia naturale delle scuole secondarie, e quindi portar fuori dell’Università la Scuola di Magistero in scienze; così che la responsabilità di questo insegnamento sia tolta ai professori univer- sitari. Ma, se dall'università deve provenire un utile per le scuole se- condarie, se le ispezioni a queste scuole devono continuare ad esser fatte dai professori universitari, se deve mantenersi una relazione tra scuole secondarie ed universitarie, allora i conferenzieri della Scuola di Magistero in scienze devono essere i professori di facoltà, come lo sono quelii della Scuola di Magistero in filosofla e lettere. L’art. 6 obbliga anche a far conoscere ed esaminare î migliori libri di testo per le scuole secondarie. Questo compito consegnato, per tutti i rami delle scienze naturali, ad un sol professore, sarà poi conseguito con vero profitto dell’ alunno? Saranno rilevati, di sicuro, i concetti scientifici non più ammessi e quelli stati modificati dai nuovi trovati? Come dire adunque che un libro di testo è fra i migliori, se non sì son seguiti i continui progressi dei vari rami delle scienze naturali? Anche qui è questione di competenza in materia. La legge della divisione del lavoro, tanto importante per far bene e migliorare anche gli studj, è stata considerata da chi stabilì le norme per la Scuola di Magistero della facoltà filosofico-letteraria, perchè di— stinte sono le letterature e le storie, separata ne è pure la geografia dalla storia, ed ogni professore è conferenziere della propria materia; invece, per la Scuola di Magistero della facoltà di scienze, essa è stata trascurata, anzi è stata sostituita dalla legge della polidinamia indivi- duale, che è appunto quella che si manifesta nello stato primordiale del lavoro e della civiltà. Questa diversità di base per le due Scuole di Magistero, dipende forse da competenza per quella della facoltà filoso- fico-letteraria, e incompetenza per l’altra della facoltà di scienze? In questo caso, perchè non si sono interrogate le facoltà di scienze? Chi ha proposte e votate le norme per la Scuola di Magistero della facoltà di scienze, non 8’ è messo nella condizione di esercitare una funzione impropria? Ed è questo il procedimento per migliorare da noi l’istru- zione ? i Col nuovo regolamento, dice la relazione ministeriale, sì tratta di ri- mediare solo in parte, e per quanto le leggi presenti lo consentono, ai mali più generalmente deplorati. Ma quali mali aveva il regolamento Coppino, giacchè quello dell’ onorevole Boselli non venne attuato? Mi pare in- vece che avesse molte buone cose, fra le quali questa: di chiamare a conferire i diplomi della Scuola di Magistero in scienze solo quelle facoltà di scienze, le quali siano fornite di tutti gli insegnamenti necessarj, conforme all'art. 2, e di musei c laboratorj sufficienti e siuno altresì centro di vita 31 w scientifica (art. 22); e l'art. 2 dice che gli insegnamenti della facoltà di scienze sono fisica sperimentale, chimica, mineralogia, geologia, zoo- logia, anatomia e fisiologia comparate, botanica, ecc. Potrà anche essere istituito un corso di geografia fisica. Non sarebbe il caso di tenere ferma questa massima per- designare le facoltà, a cui affidare la Scuola di Magistero ? Dalla relazione ministeriale, che precede il nuovo regolamento, pare che i mali deplorati siano che tutti è professori delle facoltà di lettere e di scienze si credono in diritto, anzi in obbligo di far conferenze, alle quali tutti gli alunni delle Scuole di Magistero dovrebbero essere obbligati, mentre che poi, se tutti î professori veramente le facessero e tutti gli alunni volessero veramente assistervi, mancherebbe di certo a questi il tempo ma- teriale. E siccome negli Istituti tecnici 8° insegnano il diritto e l economia politica, ciò che si è avverato nelle facoltà di lettere, che in gran parte si avvera in quelle di scienze, comincerebbe ben presto a seguire anche in quelle di legge. Ma tanto nel caso di conferenze non fatte, quanto in quello di un numero di conferenze maggiore delle assegnate dal regolamento Cop- pino, c'era bisogno di un nuovo regolamento, per chiamare all’ osser- vanza di quello che vigeva? Pare invece che i suddetti mali, siano stati un semplice « pretesto » perchè, non solo si son tolte le conferenze su- perflue, ma sonosi ridotte le necessarie. Del resto si deve considerare come un male dare conferenze di diritto e di economia politica, quando queste scienze si insegnano nelle scuole secondarie? Come sta la man- canza di queste conferenze col concetto principale della Scuola di Ma- gistero? Non è detto che di essa. faranno parte quei professori univer- sitari che insegnano materie, le quali sono nei programmi delle scuole secondarie ? Il nuovo regolamento, secondo la relazione ministeriale, non può ri- solvere per ora la ‘grave questione delle Scuole di Magistero. E allora per- chè farlo? Perchè non lasciare, per la Scuola di Magistero della facoltà di scienze, ciò che c’ era prima, che era migliore e di gran lunga, di ciò che, senza competenza, si è fatto ora? Così, invece di riparare a mali antecedenti, se ne sono fatti dei nuovi. Per le conferenze della Scuola di Magistero della facoltà filosofico letteraria, occorrono 5000 lire, per quelle della Scuola di Magistero della facoltà di scienze, soltanto 2000 lire. Ebbene in vista delle eco- nomie che da tutte le parti il Governo cerca di fare, si risparmino an- che queste 2000 lire, giacchè il nuovo regolamento per la Scuola di Ma- gistero della facoltà di scienze è veramente inopportuno. II. Le conferenze, dice il nuovo regolamento all’ art. 6, della Scuola di Magistero tanto dell’ una che dell’ altra facoltà, hanno uno scopo stret- tamente didattico ; ma chi aspira all’ insegnamento della geografia dovrà, invece di un solo anno come è d' obbligo nella facoltà, frequentare il corso per un biennio, ed il professore darà nelle conferenze quelle altre cogni- 32 zioni che giudicherà necessarie, e potrà invitare l’alunno d seguire anche qualche corso nella facoltà di scienze naturali (relazione ministeriale e art. 12). Non è questa un’evidente contraddizione? Ma tralasciando la con- traddizione, non è questa forse una necessità chiamata dalla stretta re- lazione fra la parte didattica e la scientifica? Si può dire che, quando si tratta della parte didattica di una scienza, giacchè una scienza è la geografia, la prima non può venir staccata ‘dalla seconda, e la conferma di ciò, è data dallo stesso signor Ministro, il quale, cogli obblighi che assegna al conferenziere di geografia, di- mostra non solo la possibilità, ma la convenienza che la conferenza di- dattica passi a conferenza scientifica, o per lo meno assuma il carat- tere misto. E perchè questo carattere misto non è assegnato poi a tutte le con- ferenze della Scuola di Magistero della facoltà di scienze? Per chi co- nosce, oltre la geografia, le scienze naturali, trova opportunissimo che nelle conferenze di queste scienze si dieno in aggiunta quelle cogni- zioni, che il conferenziere giudicherà necessarie, giacchè con esse si riempiranno anche le lacune lasciate dagli insegnamenti di facoltà. Non bisogna dimenticare che, se nella facoltà di filosofia e lettere si studia la filosofia per la filosofia, le lettere per le lettere, la storia per la storia, e così via: nella facoltà di scienze, specialmerte delle scienze naturali, stante la maggioranza degli scolari, sì studia la scienza con riguardi particolari per gli ingegneri, pei medici, pei farmacisti, e ben poco resta della e scienza per ]a scienza.» da darsi ai naturalisti, ai chimici, ai fisici ed ai cultori delle matematiche pure. I naturalisti, per l’attuale ordinamento universitario, nel secondo biennio di facoltà, si specializzano in una scienza, e non è infrequente il trovare, tra i professori di storia naturale delle scuole secondarie, specialisti distinti in uno o in altro dei rami delle scienze naturali. Ora a questi che, per un buon insegnante nelle scnole secondarie, sono dif- fetti di facoltà, si verrebbe a riparare colle conferenze della Scuola di , Magistero, se esse avessero appunto il carattere misto, come lo hanno quelle di geografia. Se adunque si cercasse davvero il miglioramento degli studj, il tem- peramento addottato dal signor Ministro per le conferenze di geografia, dovrebbe estendersi anche a quelle delle scienze naturali; e dare ad esse carattere misto non sarebbe altro che seguire la logica. Ma prima della logica, appare il preconcetto: guerra alle scienze in genere ed in ispecie alle naturali. CONCLUSIONE. Da queste osservazioni risulta, che il nuovo regolamento per la Scuola di Magistero della facoltà di scienze, ed in particolare per la sezione delle scienze naturali, è regressivo, parziale, inopportuno anzi dannoso e contraddicentesi in molti punti. Esso tradisce l’ incompetenza di chi l’ha concepito e 1° ha votato. Gerenti: I REDATTORI. Pavia, 1892; Prem. Stab. Tip. Succ. Bizzoni. opra (il of attico» doppio. - Maggi: Saggio di una a degli esseri fermenti, (sunto di una lezione) truttura e- formazione dello strato cuticolare (corneo) del ven- e degli uccelli. (risposta al Dott. Bergonzini). — Zoja: Un cen- le per lascuola anatomica di Pavia. (Prelezione alcorso di Anato- rl’anno scolastico 1885-86. (Transunto).— Maggi: Settimo programma. fisiologia comparate coll’indirizzo morfologico, svolto nell’anno neo: Sulla continuità del plasma germinativo di A. Weisman. i: @) Sulla distinzione morfologica degli organi degli animali — oni degli esseri inferiori a contribuzione della morfologia dei a a della eta VERA Ran) - SUOL universitarie. — Fasc. Li - Zoia: Altri casi di foro ottico doppio. — Cattaneo: Strut- ppo dell’intestino dei pesci (Comunicazione preventiva). - Stefa- micotica nella lebbra. — -Sormani: Contribuzione agli studj sulla E) rale del Bacillo tubercolare. - Maggi: Questioni di nomenclatura pro- / Rivista). — Varigny: Di un metodo per la determinazione degli dato microbio. — Idem: Sull’attenuazione dei virus, e sui virus ecini. — Notizie universitarie: Deliberazione della facoltà di scienze ersità di Pavia, contro il nuovo regolamento delle Biblioteche. Zoja: Un caso di dolicotrichia straordinaria. — Staurenghi: Osser- ull’anatomia descrittiva del nervo ulnare ed.in particolare della topo- i medesimo nella regione brachiale. (Comunicazione preventiva). — Fu- Ricerche intorno alla fina anatomia dell’encefalo dei T'eleostei. (Nota pre- .). — Cattaneo: Sviluppo e disposizione delle cellule piementali nelle larve Axolotl. - Maria Sacchi: Considerazioni sulla morfologia delle glandole in- tinali dei vertebrati. — Maggi: Per dare un’idea delle forme degli infinita- ente piccoli, senza microscopio e senza disegni. — (Rivista). _ Varigny: ) Microbi geni e immunità. i ASC. III. e IV, — _De-Giovanni: Uno sguardo alla Baeteriologia. (Prelezione). ja: Note antropometriche {1.° Statura e tesa). — Cattaneo: Ulteriori ricerche uttura delle olandole paptiche dei Selaci, Ganoidi e Teleostei. — Magg i: tistologia” medica, trattati nei corsi liberi, con effetti legali, all’ Uni. Pavia, negli otto anni scolastici, dal 1878-79 al 1889-S0. — Cattaneo: Sul significato fisiologico delle olandole da me trovate nello stomaco dello storione e x e morfologico delle loro -cellule. — Maggi: Protisti e alcaloidi (Sunto). i - Stokvis: “Sull’ azione chimica dei microbj. - Parona: Intorno agli ts de zoologie médicale et agricole di Railliet. — Notizie universitarie. — { Doni ricevuti. — Indice alfabetico delle MAVERIE del II. volume del 20/- ao. SC e dei loro AUTORI, dall’ anno V. al VIII. inelusivo. | Prezzo dei 4 Fascicoli degli Anni V, VI, Vil e VII L. 8 SUZEI di ciascun Fascicolo separato L. 2. "Cambi ricevnti dal 1° delinaia a tutto Marzo 1892. sà; Atti della Società toscana di Scienze Naturalî. — Adunanze del 15 novembre 1891 e 17 gennaio 1892. — Memorie, vol. XI. — 1891. — Pisa, 1892. | 2. Atti della Società dei Natur alisti. — Modena, fasc. II., ‘1892, 3. Atti della R. Accademia dei Fisio-critici. — Siena, serie IV. 2, vol. III., sup- lemento al fase: Xx. 1992.5 hi Atti della Società Ligustica. — cda VO AR 89 vo], ni 013 1892 16, - Bollettino della Società dei Naturalisti. — Napoli, serie I.°, vol. V., fasc. IL. e À | 6. Bollettino farmaceutico, dal fasc. I. al VI. — ‘Milano, 1992. ___ 7. Bullettino Medico Cremonese. — Auno XI., fasc. VI., anno XII., fasc. I. — Cremona, MODA __ 8. Bullettino della Società Entomologica italiana. — Trimestre I. e II., 1891. — Firenze = 1892. 9. Commentari. dell’ o di Brescia. — 1891. 10. Giornale di Anatomia, Fisiologia e Patologia degli animali. — Fascicolo VI. — Pisa, 1891. 14. Gazzetta Medica lombarda, dal n. ì al 13. — Milano, 1892. 12. Giornale di Veterinaria Militare, n. 12, 1891 e n. 1, 2 e 3, 1892. — Roma. 43. La nuova Notarisia. — Padova, 1892. 44. La Clinica Veterinaria, dal fase. Ii af IX. — Milano, 1892. La a sfiato di Scienze Mediche. — Fasc. I., II. e III. — Modena, 1891. tg 16. Monitore RETE italiano. — Vol. I., 1890, vol. II., 1891, vol. Uro s fase colo 1., 1I. e IIl., 1592. — Firenze. (47. Rivista gener ale ‘italiana di clinica e — Indice del vol. Ul, 1891. de 6 Dal fasc. I. al VI. — Vol. IV. — Pisa, 1892 Sr, 18. Rivista generale italiana di Scienze Naturali. — Fasc. I., IL, II. Di e HI È — Siena, 1892. 19. Rivista italiana di Ter ‘apia ed Igiene. — Fasc. I., Il. e III Meo 1892. 20. Annales de Venseignement superieur de Grenoble. — Tom. IV., pi L — Paris, 1892. 921. Anales de la asistencia publica. — Anno II, n. 6. — Buenos-Aires.. 1891. 92. Anales de la sociedad cientifica Argentina. — Diciembre 1891. -- Enero de. 1892. — Buenos-Aires. 28. Anales del Circulo Medico Argentino. — Fasc. I., II. et II. — Buenos-Aires, 1892. 94. Anales del departamento nacional de higiene. — Fasc. XI. et ei 1891. —_ Résumé statistique de 1891. — Fasc. I., 1892. — Buenos-Aires. 25. Bulletin de la Société zoologique de France. — N.9 et 10, 1891, N. let 2 1892. — Paris. 26. Bulletin de la Société Vandoise. — N. 105..— Lausanne, 1892. 27. Bulletin of the museum 0f a FOSSI. — Vol. XX n. 2,3e4,— Vol. XXIII., n. 1. — Cambridge, 1892. 28. Bulletin de la Société Belge de microscopie. — N. 3 et 4, 1891- 92. — Bru- xelles. | 29. Feuille des jeunes naturalistes. — Fasc. I., II. et TE: 1892. — Paris. 30. Revue internationale de bibliographie, ecc. — Da n. l a 6. — Paris, 1892. 31. Revue biologique du Nord de la France. — N. 4, 5 et 6. — Lille, 1892. 32. Spitalul, revistà medicala. — N. 24, 1891. — Da n. la 6, 1892. — Bucuresci. 33. The journal of comparative medicine ecc. — N. 1, 2 ‘and. 3. — New-York, 1892. Numeri mancanti. Tutti i precedenti inseriti nel fase. II dell’anno XII. Giornale di anatomia, fisiologia e patologia degli animali. — Fase. II. — Pisa, 1891. Rivista generale italiuna di Clinica Medica. - Dal fasc. XII al XVII. - Pisa, 1891. Neptunia, revista mensile N. 7. — Venezia, 1891. Revue internationale de o — Fasc. III, IV, V. — Paris, 1891. The journal of comparative medicine. — Fasc. VII. — New- York, 1821. Elenco dei Signori che hanno pagato l'abbonamento. . Tenchini Prof. Lorenzo. Parma, anno 1887. - Golgi Prof. Camillo, Pavia, anno 1889. — Stefanini Dott. Domenico, Pavia, anno 1891. —- Prof. Comm. Pietro Pavesi pel Gabinetto Zoologico della R. ‘Università di Pavia, anno 1888. — Taruffi Prof. Cesare, R. Università di Bolo&na, anno 1888. —- Fumagalli Dott. Achille, Como, anno 1891. — "Prof. F. Bertè, R. Università di Catania, anno 1887. - Gabinetto Anatomia Umana Regia Università di Pavia, anno 1890. — Gabinetto Anatomia Comparata. Regia Università di Pavia, anno 1890. - Scarenzio Prof. Angelo, Pavia, anno 1890. - Biffi Dott. Serafino, Milano, anno 1883. — Gabinetto Zoologia Regia Università .di Cagliari, anno 1889. — Pitzorno Prof. Giacomo, Sassari, anno 1888. — Istituto Tecnico Provinciale, Modena, anno 1886. -— Arata D.r ‘Pedro, Buenos-Ayres, anno 1887. — R. Orto Botanico, Pavia, anno 1890. — Gabinetto di Zoologia R. Uni- versità di Genova, anno 1890. AVVISO IMPORTANTE ai signori che hanno ricevuto regolarmente il Bollettino, e che non hanno ancora soddisfatto in tutto od in parte. è) H all’importo dell’abbonamento in L. 4 per il primo anno, e in L. 8 per gli anni successivi; si fa calda preghiera. di volerlo spedire o ai Redattori, od all’Editore in Pavia, 4 giusta le indicazioni già pubblicate. i DA I REDATTORI. PA I ANATOMIA lo 10 izzon D DI PADOVA i INAR RD 0 IVERSITÀ LLA R. fico Successor 'A_NE T ipogra ato I INDICE ‘dei lavori contenuti nei fascicoli del V, VI, VII e VIII anno costituenti il Vol. II. del Bollettino Scientifico. ANNO V. — Fasc. I. — De-Giovanni: Alterazioni della cava inferiore complicanti la cirrosi epatica. (Com. preventiva). — Zoja: Rare varietà dei condotti epatici. — Staurenghi: Corno cutaneo sul padiglione dell’ orecchio destro di un uomo. — Cattaneo: sull’istologia del ventricolo e del proventricolo del Melopsittacus un- dulatus Shaw. — Maggi: Intorno ad alcuni microrganismi patologici delle Tro- telle.\- Bonardi: Prime ricerche intorno alle Diatomee di Vall’ Intelvi. — No- tizie. — Magretti: Lettere dall’ Africa. Nt har Fasc. II. — Tenchini: sopra un caso di prematura divisione dell’arteria ome- rale (con figura). — Tenchini: Cervelletto insolitamente deforme di un uomo adulto (con figura). — C. Parona: Diagnosi di alcuni nuovi Protisti. — Bonardi e C. F. Parona: Sulle Diatomee fossili del bacino lignitico di Leffe in Val Gan- >; dino (Lombardia). — Maggi: Tecnica protistologica (Cloruro di palladio). — No- tizie universitarie. — (Cattedra e Stabilimento di Zoologia nell’ Università di Pavia). — Bibliogratia. — Staurenghi: Sulla tisichezza polmonale, pel Prof. A. De-Giovanni. Fasc. III. — Maggi: Ricerca di nitrati al microscopio. — Maggi: Sull’analisi microscopica dell’acqua delle sorgeuti chiamate FONTANILI de fonteniva del padovano. — Bonardi: Intorno all’azione saccarificante della saliva ed alla gli-. i cogenesi epatica in alcuni molluschi terrestri. (Comunicazione preventiva). — Bonardi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi. — Cattaneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli Infusori. — Parietti: Ricerche re- lative alla preparazione e conservazione di Bacteri e d’Infusorj. Fasc. IV. — De-Giovanni: Studî morfologici sul corpo umano a contribuzione della clinica. (Nota IV*). — Zoja: Di una cisti spermatica, simulante un testi- colo sopranumerario. — Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche. — Bonardi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e deile sue Alpi (cont. e fine). — Cat- taneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli 72/ws0r? (cont. e fine). ANNO VI. — Fasc. I. -- Zoja: Di un solco men noto dell’osso frontale. (Comu- nicazione preventiva). — Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche (continua- zione e fine). — Parona: Materiali per la fauna della Sardegna (IX. Vermi paras- siti). - Cattaneo: Istologia e sviluppo dell’apparato gastrico degli uccelli. (Comu- nicazione preventiva). — Università di Pavia: Voti e proposte dei professori na- turalisti espressi alla facoltà di scienze matematiche e naturali. Fasc. I. — Tenchini: Di una rara anomalia delle arterie e delle vene emuleenti. — Bonardi: Dell’azione dei suechi digestivi di alcuni gasteropodi terrestri, sull’a- mido e sui saccarosii. — Parona: Materiali per la fauna dell’isola di Sardeena (10.* Ulteriore comunicazione sui /7rotzsf? della Sardegna). — Maggi: Sull’ importanza scientifica e tecnologica dell’esame microscopico delle nostre acque. — Rivista. (Cattaneo: Sui profozo: del porto di Genova di A. Gruber). Fasc. III. e IV. - Zoja: Di un solco men noto dell’osso frontale — Solco sopra- frontale (2.° comunicazione). — Magai: Su!l’influenza d’alte temperature nello svi- luppo dei Iicrobj. — De-Giovanni e Zoja: Risultati d’esperienze sullo sviluppo e sulla resistenza di dacferi e vibrinni, in presenza d’aleune sostanze medicinali. — Maggi: Sul numero delle prove d’esame per l’analisi microscopica delle acque po- tabili e sultempo per ciascuna di esse. — Staurenghi e Stefanini: Dei rapporti delle fibre nervose nel chiasma ottico dell’uomo e dei vertebrati. (Comunicazione pre- ventiva). — Bonardi: Le acque termo-minerali di Acquarossa in Valdi Blenio — Svizzera — (Relazione). — Bonardi: Intorno all’influenza dell’acido fenico sui 4f?- crobj e sul loro sviluppo. i ANNO VII. - Fasc. I. - Zoja: Sulla permanenza della glandola timo nei fan» ciulli e negli adolescenti (Nota II"), - Maggi: Intorno alie ricerche di Pacini ri- guardanti i Protisti choleriveni. — Bonardi: Sulle Diatomee del lago d'Orta. — Maggi: Sulla analogia delle forme del Kommabacillus Koch, con quello dello Spi- rillum tenue Ehr. osservate da Warming. — Pellacani: Sulla resistenza dei ve- leni alla putrefazione (Comunicazione preliminare). — MWotizze: Girard: (Analisi di una nota del sig. Hommel di Zurigo sul cholera). — Comunicazioni: Cuneo. Sunto della prelezione del Prof. C. Parona dell’Università di Genova. . . Fasc. II. — Zoja: Di un’ apertura insolita del setto nasale cartilagineo. (Co- municazione preventiva). — Maggi: Intorno ‘alle ricerche di Pacini risguardanti i l’rotisti choleriveni (cont. e fine). — Certes: Dell’uso delle materie coloranti nello studio fisiologico ed istologico degli infusorii. — Maggi: Per l’analisi mi eroscopica delle acque. - Canna: Notizie universitarie. Be Anno XIV. Giugno e Settembre 1892. N.2e3. MAY 18 1827 + Bollettino Scientifico LEOPOLDO MAGGI PROF. ORD, DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA GIOVANNI ZOJA PROF. ORD. DI ANATOMIA UMANA NELLA STESSA UNIVERSITÀ, ACHILLE DE-GIOVANNI DROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITA DI PADOVA. Abbonamento annuolItalia L.. s Si pubblica in Pavia ||Esce quattro volte all’anno.— > > Estero » LO [Uorso Vittorio Eman. N. 73|(Gli abbonamenti si ricevonoin Un numero separato . . >» Re ae: Pavia dall’Editore edai Redat- Un numero arretrato . . > È Ogninum.° è di 32 pag.*||tori. SOMMARIO Cinquantesimo anniversario della Laurea di Alberto Kolliker. P. PAVESI: Sul Branchiurus di Viviani e considerazioni onomastiche. — G. 0JA : Sulla sutura temporo-zigomatica (continuazione e fine). — B. CORTI: Ricerche micropaleontologiche sulle torbe glaciali del Ticino e dell’ Olona (contìnuazione e fine). — B. CORTI: Foraminiferi e Radiolari fossili delle sabbie gialle plioceniche della collina tra Spicchio e Limite sulla sponda destra dell’Arno. — A. DE GIOVANNI: Della predisposizione alla Cirrosi epatica secondo i dettami della Morfologia clinica. — Recen- sioni: L. MAGGI: Fontanelle nello scheletro cefalico ‘di alcuni mammiferi. — R. ALTMANNA: Sulla struttura del nucleo e sulle strutture reticolari. — I. G. GRENFELL: Sulla presenza di pseudopodi nelle diatomee dei generi Melosira e Cyclotella. — 0. BUTSCHLI: Sul movimento delle diatomee. — C. PARONA: Elmintologia italiana, Bibliografia, Sistematica e Storia (con- tinuazione). Cinquaotesim aniversario della laurea di ALBERTO KOLLIKER Nel Marzo di quest'anno si festeggiò in Wiirtzburg il cin- quantesimo anniversario della Jaurea di Alberto Kélliker. Alla redazione del Bollettino Scientifico è grato ricordare questo fausto avvenimento col ristampare alcune parole che Barto- lomeo Panizza nel 1846 scriveva da Pavia intorno ad Alberto Kolliker ed erano presagio della futura grandezza dell’illustre tedesco. gi In questi i anni, pei lavori di Prevost e « Dumas e d'altri, si seppe che in quasi tutti gli animali che ul see 50 « si conoscono, questo umore (l’umor seminale) formicola di « corpi filiformi mobilissimi, di varia forma e grandezza, se- « condo i diversi animali, e si riconobbe eziandio di quei cor- « picciuoli l'origine e lo sviluppo, per il qual titolo si meri- « tano lode i bei lavori di Wagner, di Czermach, di Siebold « e del giovane ma distinto professore Koelliker, il quale con « egregia opera mise in chiaro tutto ciò che interessa questo « importante punto di fisiologia animale » 0. (1) BATROLOMEO PANIZZA. — Annotazioni zootomico-fisiologiche sopra i rettili. Letta nell'adunanza del giorno 3 dicembre 1846. Inserito nel Tomo 15° del © Giornale dell’I. R. Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti e Biblioteca Italiana. Milano, tipografia Bernardoni, 1847. SUL BRANCHIURUS DI VIVIANI e considerazioni generali onomastiche del prof. P. PAVESI. In una delle mie annotazioni zoologiche, che ho pubblicate fino dal 1881 (1), faccio cenno del Branchiurus descritto e fi- -gurato dal Viviani nella celebre memoria Phosphorescentia ‘mars (2), perchè ne avevo trovato un esemplare alla fonte del Paraviso in val d’ Intelvi. Raccoltolo nuovamente io pure nelle - saline di Carloforte, all'isola di S. Pietro presso la Sardegna, . ripiglio la questione, dal punto di vista sistematico e sinoni- mico, interessantissima. Il genere Branchiurus Viv, 1805, caratterizzato essenzial- mente dalle « branchie supra caudam » e messo fra i vermi, è stato dimenticato dai più, tanto che l’Agassiz (1842-46) e lo Scudder (1832) non l’iscrivono nemmeno nel loro rispettivo Nomenclator zoologicus, in cui figura tuttavia il genere Bran- chiura Burm. 1834, che ha la medesima etimologia e fu isti- i tuito per crostacei stomatopodi. Soltanto il Quatrefages @) lo (1) IV. Prime linee di uno studio zoologico delle nostre acque minerali, in Rend. R. Ist. Lomb. (2) XIV, p. 616. (2) Genova 1805, pag. 13, tav. III, fig. 13-14 non richiamate nel testo. (3. Histoire naturelle des Annelés marins et d'eau donce, Paris 1865, II, p. 677, - in Suit. è Buffon. e: 35. ricorda per ravvicinarlo od identificarlo col genere Campontia di Johnston (1), e dichiarare la C. eruciformis Johnst. della | baia di Berwick, non che il B. quadripes Viv. fra le specie poste a torto negli anellidi e certamente da ritenersi larve di ditteri, come Mac Leay e Green (2) l'avevano già supposto. Il Quatrefages era venuto in quella opinione, avendone potuto studiare individui delle coralline di Chausey e dello stagno di Plessis Piquet presso Parigi. __‘’— Il dubbio che il Branchiurus quadripes non fosse un verme, «anzi fosse una larva, era sorto per altro assai prima nella ‘mente di Cuvier, al quale il nostro zoologo genovese aveva comunicato per lettera la figura, giudizio da lui riportato in nota. Se non che Milne Edwards (@) respinse l’opinione di Mac Leay, pur avendone osservati esemplari viventi nella rada di «Tolone, e ritennela Campontia un genere di anellidi, tipo di nuova famiglia. Anche il Johnston (4, nello stesso anno di Quatrefages, insistette dover essere la Campontia un verme, _ da classificarsi dopo le sabelle e le serpule. La discussione sulla Campontia, genere accolto dall’Agassiz, «e sul Branchiurus, fu richiamata soltanto da me, che mi per- — —suasi subito dell'identità loro e del giusto riferimento a larve f- di dittero; ma soggiunsi « non saprei a quale specie appar- tenga, nè mi risulta che gli entomologi l’abbiano indagato. » Fu più tardi che ne vidi i rapporti, quando cioè, esplorando j -illago di Revine nel veneto, raccolsi buon numero di un’altra S larva vermiforme e così anomala che fu descritta e figurata dal Saccardo ©) quale nuova forma di crostacei lerneopodi: il Proboscistoma pellucens Sacc., destinato a simile sorte nel si- stema naturale. La determinazione del materiale pelagico del emo mi portò a consultare l’importante Sketch of the invertebrate fauna : (1) Zool. Journ. III, p. 235. (2) Charlersworth’s Mag. Nat. Hist. I, p. 279. . (3) In Lamarck, Histoire naturelle des animaua sans vertèbres, 22 ed. Paris 1838, V, p. 514 e_575. (4) Catalogue of the British non parasitical Worms în the Brit. Mus. London 1865, p. 276. (5) Entfomostraci viventi nona provincia di Treviso, in Album di varia lette- ratura 1864, p. 21 e tav. 36 of Lake Supertor di Smith (1), dal quale appresi che anche larve di vari Chironomus sono frequenti nei laghi, quanto meno negli americani. Passai quindi a compulsare la descrizione delle larve di Chironomus del Macquart @): l’accuratissimo studio embriogenico fatto dal Weismann (3) ecc.; e, con gli esemplari delle saline di Carloforte sott’occhi, mi convinsi che il Bran- chiurus quadripes Viv. e la Campontia eruciformis Johnst. sono larve di un dittero ortorafo eucefalo, secondo i principî tasso- nomici di Brauer (4), anzi che sono certamente larve di Chi- ronomus. ® Esse corrispondono allo stadio di larve appena sbucciate, dopo il sesto giorno dalla segmentazione, ossia dopo il terzo periodo evolutivo 22/ra ovum. E notisi che queste larve erano già considerate dal Réaumur ©), il quale le dava di color rosso più o meno vivace, precisamente come Viviani ed io abbiamo osservate quelle del golfo di Genova e delle saline di Carlo- forte. Però Réaumur chiama appendici polipiformi (onde il nome di vers polypes) le tracheo-branchie, ed al contrario i piedi po- steriori marginati di setole organi respiratori; mentre il Vi- viani aveva bene interpretate queste parti e veduti perfino i due minuti ocelli, che Réaumur non ha rilevati. Le larve rosse del Réaumur furono attribuite dal Brauer (6) al Chironomus (grandis) plumosus Linn., il che non è impro- babile, sebbene le specie di Chironomus siano moltissime. Basti dire che il dott. Schiner (7) ne elencò oltre 300 d’Europa, 64 il dott. Gobert (8) di Francia e 17 il dott. M. Bezzi (9) pel solo territorio pavese. (1) In U. S. Comm. of Fish and Fisheries. Report of the Commissioner for 1872-73 Suppl. p. 690, tav. I-III. Cfr. tav. III, fig. 20-22. (2) Histoire naturelle des insectes — Diptères, Paris 1884. I, p. 44. (3) Bestrige zur Entwickelungsgeschichte der Inserten I. Die Entw. des Eîies von Chironomus, in Zeitschr. wiss. Zool. XIII. 1863, p. 109, tav. VII-X. Cfr. spe- cialmente la fig. 51 in tav. X. (4) System. Studien auf Grundlage der Dipteren-Larven, in Denkschr. Math. Nat. Cl. k. Akad. Wiss. Wien XLVII. 1883, p. 50. (5) Mémoires pour servir à l’histoire des Insectes. Paris 1738, t. IV, Mém. IV, p. 179, tav. 14, fig. 12. (6) Loc. cit. (7) Calalogus systematicus Dipterorum Europe. Vindobone 1864, p. 12. (8) Catalogue des Diptéres de France. Caèn 1887, p. 10. (9) Contribuzione alla fauna ditterologica della provincia di Pavia. IU, in Boll. Soc. entom. ital. XXIV. 1892, p. 72 (11). (rta at di st: s do 37 Pertanto la famiglia Campontiadae deve togliersi definiti- vamente dai vermi, o piuttosto sopprimersi, come sono da sop- primersi i generi Campontia e Branchiurus, perchè siamo in presenza di specie metaboliche, i cui stadî larvali ebbero de- nominazioni di forme permanenti (selbstàndige Arte), come più comuni esempi si sono dati per specie metagenetiche, dimorfe o polimorfe. Dobbiamo cioè ritenere Dronero (puadibe) Vie iarea Ckironomee Meig tmazo come Proboscistoma pellucens Sacc. larvw. Corethra plumicornis Meig. imag- ossia Branchiurus vel Campontia —Proboscistoma Chironomus ____ Corethra fra ì ditteri culiciformi. E simili esempi, più o meno noti, di larve considerate specie distinte, anche di generi e famiglie » diversissime, sì trovano in molte altre serie di animali. Così fra gli artropodì stessi, gli aracnidi ci ricordano il genere Leptus (autumnalis) Latr. quale larva esapoda di Trom- bidiwm Fabr. Se vi comprendiamo le ninfe, ecco la Michaela Hall. ninfe di Hoplophora C. Koch: fra gli oribatidi Celaeno spinosa Koch minpha Pelops acromios Herm. ad. Murcia rubra K. » Oribates lapidarius Luc. » Hypochthonius rufulus K. » Leiosoma ovatum K. » negli issodidi il genere Phauailodes (rufus) C.K. ninfa di Rhi- o (sanguineus) C.K.: nei gamasidi poi Iphis vepallidus K. protoninpha I. foenalis Berl. deutoninpha | Laelaps stabularis K. ad. I. cubicularis Berl. tritoninpha Gamasus pusillus Berl. protoninpha È Gamasus crassus K. ad. G. coleoptratorum Kr. deutoninpha Le larve di Chironomus plumosus L. sono copiosissime anche negli stagni del Piave presso Belluno, secondo c’informa il Levi-Morenos (Boll. del Na- turalista di Siena, XI. 1891, pag. 56); ed anch’io ne ebbi da una tromba della città di Pavia. Ho constatato alle saline di Carloforte che le larve anzidette resistono assai alla salsedine, e si mantengono vivaci in acqua a 22-23° di sal comune. A 25° però muojono, diventando sempre più rosse. Dell’estrema vitalità delle ova di certi crostacei e di altri organismi in acque salse si è occupato recenteménte anche il Certes (Compt. Rend. Acad. e. 7 nov, 1331; Bill. Sos. zoo!. de France, XVII. 1892, p. 59). 38 ecc. in casi di gamasidi con ninfe coleoptrate, SiaroMiorie, ibontomorfe ed omeomorfe: nei linguatulidi Pentastoma denticulatum Rud. larv. P. taeniodes Rud. ad. Fra i crostacei i generi Amymone Mill. e Nauplius Mull. sono stadî larvali di copepodi e per altro Cyclops Clausii Hell. jav. O. viridis Jur. ad. I generi Zoé Phil. o Calytopsis Dana e Megalopa Leach sono larve di schizopodi e decapodi: i generi Halima Leach ed Erichthus Latr. larve di stomatopodi o squille : il genere Praniza (coeruleata) Leach larva di isopodi, cioè di Anceus (maxillaris) Risso: il genere Phylosoma Leach venne fondato nei decapodi sopra larva di Palinurus Fabr. ‘od aliguste. Per riguardo ai vermi è provato. Actinotrocha Mull. larva Phoronis hippocrepis Wright ad. Mesotrocha sexoculata Mill. » Chaetopterus pergamentaceus Cuv. >» Milnesia nuda Quatr. » Aphrodite aculeata L. » Filaria sanguinis hominis Lew. » F. Bankrofti Cobb. D- Scolex tubificisrivulorum D'Ud.» Caryophyllaeus mutabilis Rud. » Cercaria (armata) Mull. » Distomum (retusum) Retz. » Negli echinodermi i generi Auricularia Mùll., Bipinnaria Kor. Dan., Brachiolaria Leuck., Pluteus Mill. sono larve e Pentacrinus europaeus juv. Comatula mediterranea Lam. ad, Nelle scifomeduse larve sono le specie di Ephyra Pér. Les. e via via. Anche in animali di superiore organizzazione, fra i mol- luschi è noto il caso di Entoconcha (mirabilis) J. Mùll. larv. Heliconia” Baur. ad. Parimenti sorta di larve o forme giovanili, nelle metamor- fosi ed emimetamorfosi dei pesci, tutt'altro che eccezionali, oltre il solito esempio di Ammocoetes branchialis Dam. larw. Petromyzon Planeri Bloch ad. sono quelli meno citati di Ostracion boops Richards. larv. veljuv. Orthagorisceus BI. al. Porobranchus linearis Kaup » Fierasfer acus Briinn. » OCephalacanthus spinarella L. » Dactylopterus volitans L. » Thynnus brachypterus C. V. » Orcynus thynnus L. » Porthmeus argenteus C. V. » Lichia amia L. » Ehynchichthys pelamidis C. V. D Holocentrum Gron. » 3 S Pomacanthus Lac. D Tholichthys (osscuo) Gunth. D RO S Selachus rostratus Macrì » S. marimus Gunn, d) tb vii Listini rar » 39. quest’ultimo in seguito a mia dimostrazione (1), gli altri per studio dei più illustri ittiologi, i quali hanno anche accertato che il genere Stomiasunculus Kaup fu istituito su giovani di Stomias Cuv., Couchia Buch. di Motella Cuv., Lampugus Cuv. di Coryphaena L., Nauclerus Cuv. di Naucrates Raf., Acro- nurus Gron. di Acanthurus Lac., Dicrotus Ginth. di Thyrsites Cuv., Histiophorus C.V. di Xiphias Art., Priacantichthys Day di Serranus Cuv. ecc. Perciò sono trascinato a discutere una questione di filo- sofia zoologica, che ci occupa da tempo, intendo di onoma- stica, quando si verificano simili casi ed altri assai più intri: cati, Tengo presenti le principali pubblicazioni sull’argomento, dall’opera fondamentale di Linneo (@), quantunque riguardì la botanica, a quelle di Fabricius (8), di Agassiz (4), le regole sta- bilite dagli scienziati italiani in Padova (©), dall’associazione britannica in Manchester e Newcastle, redatte da Strickland (©, dall’associazione americana per l'avanzamento delle scienze al congresso di Nashville, compilate da Dall ©), la memoria del prof. Giraldes ®), le deliberazioni prese dalla società zoo» logica di Francia nell’istesso anno 1881 col rapporto di Chaper (9) e quelle del congresso internazionale di zoologia tenuto a Pa- rigi nel 1889 sull’importante relazione del professor R. Blan- chard (19), non che un’altra nota di lui, riguardante la nomen: clatura degli ibridi (11), e le recentissime decisioni del congresso (1) Seconda contribuzione alla morfologia e sistematica dei Selachi, in Ann. Mus. civ. Genova XII. 1878, p. 348, tav. HII e 27 fig. xilogr. in testo. (2) Philosophia botanica ed. Vienne Austria 1750. ; (3) Phelosophia entomologica. Hamburgi 1778. (4) Op..cit., in prefazione. (0) Affi della IV riunione degli scienziati italiani tenuta in Padova nel sel fembre 1842. Padova 1843. (6) Rules of zoological nomenclature. Edinburgh 1863. (7) Keport of the Commitee on zoological nomenclature, in Proc. Amer. TIE for the advance. of science XXVI, 1877. Salem 1878. (8) Questoés de DDA natural. IV. Nomenclatura zoographica. Coimbra 18S1. | (9) De la nomenclature des étres organisés, Paris 188]. (10) De Za nomenclature de étres organisés, Rapport in Bull. Soc. Zool. France XIV. 1889 e Règles adoptés ib. XV. 1890. (11) Une question de nomenclature è propos des hybrides, ibid. XVI, «Sett 40 di Mosca, adottate nell'agosto ultimo scorso, sempre dietro rapporto del medesimo autore ll), La sola questione degli ibridi fu la più agitata, tutte le altre trascuratissime, tranne che dal Blanchard. Infatti, per riguardo agli ibridi, sulia guida dei botanici, si è ammesso di tener conto dei nomi delle due specie incrociate, proponendo notazioni polinominali a forme varie, preferibilmente d’ inter- porre il segno di moltiplicazione. Così sarebbe per esempio Fuligula ferina L. X F. cristata Ray Dafila acuta L. X Querquedula crecca L. tra quelli constatati anche in Italia dal conte Ettore Arri- goni degli Oddi () e le centinaia di casi descritti da parecchi scrittori, ultimamente e più estesamente dallo Suchetet @). Potremmo accogliere l’una o l’altra grafia a piacimento, mettere l'indicazione del soggetto maschio o femmina, i nomi degli autori, che hanno descritte le due specie incrociatesi, o soltanto quello di chi ha descritto l’ibrido; ma non fu venti: lato il modo di notazione dell'ibrido quando esso fosse per avventura stato nominato a parte. Ricorderò il caso più comune Tetrao tetrix L. X Urogallus vulgaris L. = Tetrao medius Mey. E potrei aggiungerne altri negli ibridi di ciprinoidi Ohondrostoma nasus L. X Leuciscus muticellus Bp. = Ch. rysela Ag. Abramis brama L. X Leuciscus rutilus L. =: Abramidopsis Leuckarti Sieb. Leuciscus ery:hrophthalmus L. X Abramis blicca BI. = Bliccopsis erythro- phthalmoides Jick. (1) Régles de nomenclature adoptées par le Congrés zoologique de Moscou, ibid. XVII. 1892, p. 196. (2) Note ed osservazioni sopra un ibrido non ancora descritto e sull’ ibridisino în generale, in Aten. Venet. Venezia 1867; Moftzie sopra un ibrido rarissimo, in Atti Soc. Ven. Trent. sc. nat. XI. 2. Padova 1889. A proposito di questo, mentre l’autore, anche per informazione del barone di Selys-Longchamps, crede nuovo l’ibridismo fra Dafla acuta e Querquedula crecca, osservo che fino dal 1872 van Bemmelen l’aveva pubblicato (Cfr. Su- chetet, Zes oiseaua hybrides rencontrés à Vétat sauvage in Mém. Soc. Zool. France IV. 1891, p. 142), anzi da trent’ anni Leadbeater lo aveva scoperto e presentato alla società zoologica di Londra (Proc. Z. S. 1862, p. 84), ciò che sfuggì allo stesso Suchetet. (8) Op. cit. in Mém. Soc. Zool. France, III. 1890, p. 256 ; IV. 1891, p. 117; V. 1892, p. 253. ‘ sins Re "| ) 3 4l Alburnus lucidus Heck. Kn. X Leuciscus org ophthalmus L. = Scardi- niopsis alburniformis Ben. o perfino negli animali inferiori, come Cyclops fuscus Jur. X O. albidus Jur. — O. tenuicornis var. distincta Rich. A dir vero, mi sembra che in siffatti casi il nome dell’ibrido non sia da trascurarsi, tanto più quando abbia avuta lunga sanzione dai naturalisti quale specie permanente; ed allora il monomio (!) dell’ibrido dovrebbe essere seguito dai termini del polinomio moltiplicati fra loro. Ossia, scriverei sempre e di preferenza Tetrao medius (T. tetrix L. X Urogallus vulgaris L.) Mey. di tanto più che l’ultima notazione proposta Xx Tetrao medius Mey. significherebbe che sono ignoti i procreatori dell’ibrido (reg. Mosca art. I. d) 0, ad ogni modo, lascierebbe oscura la sua origine. Ritornando al caso delle larve, considerate appartenenti a due specie, o magari a due generi, famiglie, classi differenti, per evitare ogni difficoltà, i congressi francese del 1889 e mo- scovita del 1892 stabilirono di attenersi esclusivamente alla fondamentale legge di priorità. Pertanto, malgrado l'avviso ‘contrario di Simon e Reuter, i quali tendevano a far indicare la specie col solo nome dell’adulto, pur quando il nome della larva fosse anteriore, si scriverebbe Petromyzon Planeri BI. anche per l' Ammocoetes branchialis Dum., Entoconcha mira- bilis J. Mill. anche per l’Helicosyrinx. Passare all'ordine dei giorno sopra tutte le difficoltà non è risolverle e la legge di priorità diventa qui una summa injuria, perchè si cancelle- rebbero ora i nomi delle larve, ora delle forme adulte, tutt'al più si manderebbero in sinonimia, ed entrambi i metodi sono controsensi. Se il nome della larva, della ninfa o della forma giovanile, fu divulgato con una pubblicazione, in cui è stato chiaramente (1) Sebbene la nomenclatura linneana, universalmente adottata, sia detta binominale, i due nomi generico e specifico, o triviale od attributo dichiara- tivo, sono inseparabili (.Vomen specificum sine generico est quasi campana sine pistillo Linné, Phil. bot. $ 286) e costituiscono insieme il nome della specie, algebricamente un monomio. 42 e sufficientemente definito, e l’autore ha applicate le regole della nomenclatura binaria, quel nome deve integrare il nome della specie, espresso senza dubbio col nome della forma adulta. Della sinonimia poi abbiamo ben altro concetto ed essenzial- mente di natura storica, mentre già il congresso americano ($ LX - LXI) aveva rilevata l’importanza delle citazioni di carattere biologico. i i Astrodermus coryphaenoides Bonelli srnon, Diana semilunata Risso Luvarus imperialis Raf. b) Ausonia Cuvieri Risso ma Diana semilunata Risso juv. Ausonia Cuvieri Risso ad. questi, due nomi dati a stadi diversi del pesce; quelli, nomi dati alla stessa fase di sviluppo, all’identica forma. Per altro, in molte specie metaboliche, l’adottare il nome priore porta a conseguenze gravissime, come sarebbe appunto per l’Entoconcha. Nè vale l’objezione in base alla regola lin- neana: Nomen genericum dignum alio, licet apliore, permutare non licet, ed alla successiva: Nomina generica, quamdiu syno- nyma digna in promiu sunt, nova non effigenda 0), ossia che un nome generico o specifico, una volta pubblicato, non possa essere respinto, per causa d’improprietà, nemmeno dal suo autore (Soc. zool. franc. 1881 - art. 15, reg. Mosca art. 24); imperocchè si tratta di errore e non d’improprietà. Sono im- proprietà le dissonanze grammaticali (Doria? per Dorzae, Feai per Feae, pallipes per pallidipes), certi prefissi o suffissi a nomi patronimici (Pseudedmondia, Massalongobdella, Moquinoides, Bullockoides), certe metatesi fra vocali, nomi corrotti od ana- grammici (Dacelo da Alcedo, Bucorvus da Buceros e Corvus), nomi foneticamente impossibili (Memzpomatostoma, chirostron- gylostinus) ecc., improprietà tuttavia stigmatizzate da Linneo stesso: Nomina sesquipedalia, enunciatu difficilia, vel nausea- bunda fugienda sunt (2). Ma sono errori Talpa coeca Savi, con occhi quantunque rudimentari, Paradisea apoda L., con piedi s'intende, Scorpio europaeus L. per una specie, che si trova (1) Op. cit. $ 243-244. (2) Ibid. $ 249. La chimica ce ne offre di più curiosi: Ace/yIpheniliydrazina, Sulfobenzindimethylanilina e simili. 48 in tutte le parti del mondo eccettuata l'Europa, Entoconcha per un gasteropodo che, adulto e parassita delle sinapte, è privo di conchiglia interna, propria della sola larva, prima- mente conosciuta e descritta. Anche gli scienziati italiani riu- niti in Padova (art. XI) e gl’inglesi in Manchester e Newcastle ($ 11) hanno ammesso il cambiamento d’un nome quando im- plichi una falsa proposizione, che possa propagare errori. Ho detto però che vado più oltre di Simon e Reuter, e del congresso americano del 1887 (S LXVI. 3). Per integrare il nome della specie, partendo da quello dell'adulto, in simile guisa che, generalmente e più giustamente, s’interpone var. ((varietas) fra il nome specifico e quello d’una varietà (1), o che Garman @) prepone lettere alfabetiche, con o senza coefficienti, ai nomi delle varietà medesime: io proporrei di aggiungere, al ‘nome dell'adulto, il nome della fase larvale diversa e già distinta specificamente, fra parentesi, con abbreviazioni circa gli stadî di sviluppo, ove sia più complicato. Il nome o la sigla dell’autore, che ha fondata la specie nella sua forma adulta, potrebbe terminare la notazione dopo la claudite; e, per bre- vità, trascurarsi il nome o la sigla di chi ha descritta la forma di sviluppo se fosse quell’autore stesso. Esempi Daciylopierus volitans (juv. Cephalacanthus spinarella) Linn. Chironomus plumosus (larv. Branchiurus quadripes Viv.) Meig. Gamasus crassus(protoninph. pusillus Berl. + deuton. coleoptratorum Kr.) Koch in cui entra il criterio biologico, e che sarebbero ben ricono- scibili dalle sinonimie anche in testo corrente. Analogamente mi sembrerebbe opportuno comportarsi nei dimorfismi sessuali ed in molti altri casi. Se non è giusto, come dice il Blanchard, conservare soltanto il nome del ma- schio alla specie, allorchè la femmina venne classificata in di- (1) Il congresso di Parigi (1889 — art. 4) e quello di Mosca (1892 - art. 9) statuirono che il nome della varietà possa seguire quello specifico senza se- parazione con la sigla var. In questo caso il nome della varietà s’ accorda grammaticalmente col nome generico; se è interposta la sigla var. prende desinenza femminile. i (2) On the use of polynomials as names in zoology, in Proc. Boston Soc. Nat. Hist. 1884. ; 44 verso genere e magari in gruppo superiore, od all’ opposto, stante che: Seaus nullibi species diversas constituit umquam, ed oggidì non ammettiamo nemmeno che: Seaus varietates nalu- rales constituit (1); il rigore della legge di priorità ha i suoi danni. Convengo che si scriva soltanto Circus cyaneus L. per una specie di rapaci (spesso molto differenti di livrea a norma che sono maschi, femmine, giovani d’un anno o di seconda muta), benchè femmine e giovani siano stati descritti a parte per Falco pygargus Naum.; ma, se i generi più recenti vennero fondati sopra caratteri esclusivamente maschili od entrambi i sessi staccati largamente nel sistema, una grafia completa di- venta necessaria. Phalangium (mas Cerastoma C.K.) Linn. Eresus (mas Erythrophora C.K.) Walcek. : Autolytus prolifer (mas Polybostrichus Milleri Kef. + foem. Sacconereis helgolandica Mull.) O. Fabr. La variabilità eterocrona poi (saison-dimorphismus) non fu nemmeno ventilata a questo proposito, malgrado che noi sap- piamo nelle farfalle Vanessa prorsa L. f. sest. V. levana L. f. hiem. Lycaena amyntas Fabr. » L. polysperchon Bergstr. » Antocharis ausonia Hib. » A. belia Cram. » che gli autori mettono in sinonimia o tutt'al più distinguono per varietà, quali non sono realmente, nè in senso linneano nè darwinista, ma forme diverse succedentisi, generazioni in- vernali ed estive di una stessa specie. La legge di priorità, nei casi di cui sopra, ci farebbe pre- ferire ora l’una ora l’altra; il nome /evana (1767 n. 201) a prorsa (1767 n.202), delia (1782) ad ausonia (1803), viceversa amyntas (1775) a polysperchon (1779); mentre le cognizioni biologiche, ricavabili dalla nomenclatura, ne scapiterebbero assal. Siamo in presenza del fatto di due imagini o forme sessuate della medesima specie, che ha il suo riscontro in altro, già (1) Op. cit. $ 270 e 308. Voi Re 45 discusso dal Blanchard, e risolto nominando, per ragione di priorità, Rhabdonema stercorale Bav. lo Anguillula stercoralis Bav. f. libera Ehabdonema strongyloides Leuck. dinero Il Blanchard non ricorda il fatto di certi anellidi, le poli- morfe licoride, che ebbero le antecedenti loro forme: erranti nereidi ascritte ad altro genere delle natanti eleronereidi; pa- ralellismo interessantissimo, forse limitato a determinate specie, come per Nereis Dumerilii Aud. Edw. f. nereid. Heteronereis fucicola Oerst. f. heteron. N. cultrifera Grube D H. lobulata Sav. D N. pelagica L. » H. grandifolia Ratk. ») N. fucata Sav. D H. glaucopis Malmgr. » Ed è pur quì, e non altrove, che rientra il fatto, riferito da tutti a riguardo dei batraci, cioè del genere Siredon Wagl. istituito per axolotls o larve tritoniformi, riproducentisi per ova, di Amblystoma Tsch. salamandriforme. Secondo Blanchard ed il congresso moscovita (art. 16 d), per la legge di priorità, deve prevalere il nome dell’axolotl, ed io invece scriverei Amblystoma tigrinum (larv. Siredon mexicanus Shaw) Green. Da questo passiamo all’onomastica di specie metagenetiche, della quale non si sono occupati gli autori antichi, perchè anche in zoologia è sempre vero che « le regole vecchie sono state scritte per i fatti vecchi e regole nuove voglionsi per i fatti nuovi. » Nei tunicati abbiamo le forme solitarie gemmipare distinte specificamente dalle gregarie ovigene; per esempio Salpa democratica Forsk. solit. S. mucronata Forsk. greg. S. scutigera Cuv. »S. confoederata Forsk. » S. cordiformis Quoy Gaim. » $S. polycratica Forsk. ») S. costata Q. Gaim. » SS. Tilesiù Q. Gaim. » quest’ultimo da me posto fuor di dubbio (, benchè già cre- duto possibile. (1) Sul ritmo delle pulsazioni del cuore delle salpe e annoverazione delle specie che frequentano il golfo di Napoli, in Boll. Ass. Nat. e Med. III. 1872, p. 9 e 19 Cfr. p. 21. 46 Nei vermi ognun sa .che certi generi dell'antica famiglia Cystica, o degli idropici, sono nulla più che nutrici, deutosco- lici di forme strobilari teniadi Oysticercus (cellulosae) Rud. deutoscoli Taenia (solium) L. strob. Coenurus (cerebralis) Rud. » T. coenurus Sieb. De: Echinococcus (polymorphus) Rud. » T. echinococceus Sieb. >» dei quali anzi non sempre fu trovato lo strobila, come pel Cysticercus acanthotrias Weinl., ossia il nastro di proglottidi, ben dette « ovaria ambulantia ». Nei celenterati nessuno ignora che, in altri ordini e classi, venivano messi i trofosomi, ossia le nutrici polipiformi (polipi- idroidi) di certi gonosomi, individui sessuati medusiformiì (aca- lefi-discofori). Conosciuti i rapporti di queste meduse con quegli idroidi, non è molto che fu costituito per ambedue l'ordine delle idromeduse; nel quale però ancora in oggi il più resta a farsi per riunire in una medesima specie la prole idriforme con la medusiforme o paridrode, così che in appresso. Coryne fritillaria Steenstr. prol. hydr. Hybocodon prolifer Ag. parhydr. Eudendrium ramosum v. Ben. » Lizusa octocilia Haeck. b) Clavatella prolifera Hincks » Eleutheria dichotoma Quatr. » Clytia Johnstoni Hink. » Eucope affinis Ggbr. » Sertularia longissima Pall. b) Obelia polysiyla Haeck. D e quindi Corymorpha Sars di Steenstrupia SO Lafoea Ag. di Laodice Less., ecc. Perfino certi sifonofori n’erano staccati da lungo tratto, mentre sappiamo Velella spirans Esch. trophos. Ohrysomitra striata Ggbr. gonosom. una medusa oceanide. Per alcuni di siffatti esempi, secondo Blanchard ed il con- gresso moscovita (art. 16 d) sarebbe applicata la legge di prio- rità, per altri sospesa, poichè la revisione importerebbe nella nomenclatura un rimaneggiamento profondo quanto « inutile »!! Io penso al contrario, in considerazione, ripeto, della utilità grande di tradurre nella nomenclatura il concetto biologico. Le forme sessuate esprimono l’alto grado di perfezionamento organico e, comunque sia la priorità, esse devono dare il nome 47 alla specie, comprendendo nella notazione il nome della forma agamogenetica. _ Salpa mucronata (solit. democratica) Forsk. _ Taenia solium (scol. Cysticercus cellulosae Rud.) L. Eleutheria dichotoma (hydr. Clavatella prolifera Hincks) Quatr. ll mio metodo grafico avrà il difetto di essere prolisso ed è sulla via della nomenclatura polinominale, che s’ impone vieppiù; lo ha già dimostrato il v. Bedriaga (1). Anche sia di- fetto, si presenta però in casi poco numerosi, relativamente alle migliaia di migliaia di specie conosciute, per cui sta la «nomenclatura binaria nella sua grafia più semplice. Dovrei fare qualche richiamo in fine sulla nomenclatura di individui, che si saldano insieme, costituendone uno doppio, qual’è la Diporpa Dies. rispetto al Dipl/ozcon paradoxum Nordm., paragonabile al cenobio di ciliati peritrichi formanti la Ma- gosphaera planula Haeck.; o di gruppi di zooidi, che si stac- ‘cano dalle colonie di sifonofori e creduti specie distinte del genere Cuboides Q. Gaim., più spesso Eudoxia Esch. Cuboides vitreus Q. Gaim. eudox. Abyla pentagona Esch. syph. Eudozxia Lessonii Esch. )) Diphyes appendiculata Esch. » Così s'è ritenuto verme libero o parassita il braccio ecto- cotilizzato (Heclocotylus octopodis Cuv., Tricocephalus aceta- bularis D.Ch.) di cefalopodi; si sono istituiti generi e specie diverse di vermi (Hydatula varia Renier, Vertumnus tethydi- cola Otto, Planaria ocellata D. Ch., Phoenicurus Rud.) per le appendici dorso-branchiali o fenicurì della Tethys leporina L.; più strano ancora, sarebbero stati parassiti i Golchidium Ratk, che risultarono ova di Urio Retz. passate nelle sue branchie. Quantunque Blanchard ed il congresso moscovita (art. 16 a) vorrebbero conservata intangibile la legge di priorità, se una parte qualunque dell’essere sia nominata prima dell’essere me- desimo: io non l’accetto, perchè sembrami assurda nei casi testè citati ed in parecchi altri, che entrano nella cerchia delle ‘suesposte considerazioni. Insomma, secondo me, deve farsi eccezione allalegge O Ueber die da und Anwendung der Begriffe: Species, DRS und ertioa, in Zool. Anzeig. IV. 188), p. 66. 48 di priorità per la nomenclatura degli animali a migrazioni, a metamorfosi, a generazioni paralelle uguali o dissimili, quando una parte dell’animale o la larva è stata considerata erroneamente come intero e adulto e nominata prima di esso, quando maschio e femmina o l’ibrido hanno ricevuto nomi distinti. In tutte queste eccezioni, deve avere la preminenza il nome più comprensivo, il nome della forma adulta o sessuata, e si possono aggiungere fra parentesi quei nomi, i quali completino biolo- gicamente la notazione, preponendo parole abbre- viate, che indichino le altre forme, od interpo- nendo segni algebrici, ove trattisi di sessi diversi o d’ibridi, SULLA SUTURA TEMPORO-ZIGOMA TICA Ricerche del Prof. GIOVANNI ZOJA (Continuazione e fine) (1). AU A proposito di questa sutura feci qualche osservazione an- che sopra alcuni animali, giovandomi delle interessanti raccolte dei Musei di Anatomia e Fisiologia comparate e di Zoologia dell’Università di Pavia, messe a mia disposizione dai rispet- tivi direttori, miei egregi colleghi e amici Prof. Leopoldo Maggi e Pietro Pavesi, ai quali mi è caro tributare qui vivi ringra- ziamenti. Fra gli antropoidi potei esaminare quattro Gorilla, sette Oranghi, un Chimpanze ed un Gibbon. In due Gorilla, quantunque vecchi, si vedono traccie suf- ficienti della nostra sutura, la quale in uno si presenta retti. linea, e nell’altro leggermente curvilinea, colla ‘concavità ri- (1) Vedi Bollettino Scientifico, anno XIII, N. 8 e 4, ed anno XIV\N.1— Pavia, 1891 e 1892 e in Sunto nei Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. — Vol. XXV, fasc. III, VII e XVII — Milano 1892. 49 volta in alto. Nei due altri Gorilla, che sono giovanissimi, la sutura è rettilinea, semplice in uno, un po’ ondulata nell’altro. In due Oranghi vecchi le suture sono quasi del tutto scom- parse, tuttavia si può ancora intravedere che la figura è ret- tilinea da un Jato e leggermente curvilinea nel lato opposto; e così pure osservasi in un altro Orango adulto dove la su- tura è aperta: in un altro Orango adulto, in due giovani ed in uno giovanissimo la sutura è in tutti e d’ambo i lati ret- tilinea a margini leggermente dentellati. Anche nel Chimpanze e nel Gibbon, pure giovani, la sutura assomiglia a quella degli Oranghi giovani, solo che nel Chim- | panze i margini anzichè dentellati sono liscii (1). In alcune scimmie, quali il Semmnopithecus entellus, il Cer- copithecus griseo-viridis, il Macacus, il Cebus elegans, il Cebus apella, il Jacus penicellatus, la sutura è pure rettilinea a mar- gini liscii. Lo stesso vedesi in parecchi altri animali di rango inferiore; però nel leone, e da un solo lato, trovai la sutura temporo-zigomatica foggiata a gradino (©); nel bue e nella pe- cora la sutura è assai lunga e leggermente curva, colla con- cavità rivolta in alto e a margini liscii; nel cavallo, nell’asino e nel cane la sutura è relativamente mihi lunga di quella della pecora; nel cane poi la curva presenta la concavità ri- volta al basso. i VI. Quantunque parecchi dei vari caratteri rilevati nella su- tura temporo-zigomatica possano avere una certa importanza sotto il punto di vista anatomico, pure secondo il mio avviso due principalmente spiccano sugli altri sì da meritare d’ es- sere presi in particolare considerazione, perchè, se venissero sempre confermati anche da ulteriori osservazioni, potrebbero somministrare alcuni dati da non trascurarsi nell’ antropologia (1) Condizioni analoghe. rilevansi nelle tavole di antropoidi di parecchi autori, quali Barkow, Topinard, Morselli, Hartmann ed altri. (2) La stessa forma a gradino riscontrasi nella foca, nel lupo e nella scrofa delle tavole di M. H. M. Ducrotay de Blainville (Ostéographie ou déscription iconographique comparèe .du squelette et du système dentaire ecc. d’anim. vertèb. ecc. Paris 1839-59). CRA, | 50 e nella morfologia. Uno di questi caratteri riposa sulla dire- zione generale della sutura stessa, qualunque sia la forma e l’ aspetto che presenta, e l’altro sta nel rapporto che passa fra la lunghezza della sutura e quella dell’intiera arcata zi- gomatica. ‘Quanto al primo carattere, abbiamo precedentemente affer- mato che la direzione della sutura temporo-zigomatica del- l’uomo varia assai, dalla molto obliqua e pressochè orizzon- tale alla perfettamente verticale (vedi le figure), ed abbiamo indicato allora il modo. e il mezzo per determinare la dire- zione stessa. — Dalle misure prese, col goniometro trasparente da me adot- tato, (vedi fig. 13*, 14* e 15?), sopra molti cranii disposti sul piano alveolo-condiloideo, risulta che l’interlinea articolare, congiungente le due estremità della sutura stessa, forma col- l’orizzontale un angolo molto variabile, ma che nella grande maggioranza dei casi decorre tra i 45 e 55 gradi (fig.° 12, 22, 62, 8a, 9*, 11® e 13). Il grado può discendere però fino a 35 e talvolta, ma di rado assai, anche più in basso; meno di rado invece sale ai 70 (fig. 72), a 75 (fig. 4°), ad 80 (fig. 10*) ed anche a 90 gradi (fig. 32) (1). Generalmente parlando il grado è più basso, ma non sem- pre, nelle figure rettilinee semplici, nelle prime età e special- mente nel feto, dove può discendere a 10; più alto invece nelle altre forme più complicate e negli adulti. Nulla di par- ticolare mi apparve, ripeto, riguardo al sesso ed alla forma del cranio. Prolungando in avanti e in alto l’interlinea articolare della sutura, che, come abbiamo detto, serve a determinare l’ incli- nazione dell’ angolo, essa linea passa in punti differenti della (1) La percentuale negli adulti sarebbe la seguente: Gradi 20 a 30 . ° 5 etecaRninis Dl 240 tit » 4l1a 45 OA è ° » 12 » 46 a 55 . - » DO » 56 a 70 5 î è ° » 10 Dior 2089 . ° o ° DAG » 81 a 90 ° ° 5I faccia e del cranio a seconda del grado della inclinazione della sutura stessa. . i Fra i varii punti di ritrovo, l'apertura dell'orbita è quello che più opportunamente si presta per determinare le varie differenze; infatti la linea suddetta può passare sopra, sotto o a varie altezze dell'orbita medesima. D'ordinario nell'uomo l’interlinea suturale prolungata, passa sopra un punto corrispondente a quel tratto che sta tra la metà dell’altezza dell’orbita e il suo orlo superiore (figure 12, 23, 62, 82, 112 e 182); in pochi casi quella linea passa verso il terzo inferiore dell’orbita (fig. 122); sotto di essa non trovai che eccezioni rarissime; mentre meno di rado la linea cade più in alto, sopra l’orbita (fig. 5* e 9) ed anche dietro la stessa (1), come accade di osservare quando l’interlinea articolare è ver- ticale o vicina alla verticale (). (Vedi le figure SEAT AO 102). Devo avvertire che l’inclinazione, e quindi l’angolo dell’in- terlinea suturale e la relativa corrispondenza coi punti accen- nati non è sempre mantenuta identica nei due lati; però le differenze di solito non sono mai rilevanti. . Nel ripetere le stesse osservazioni sugli animali, per quel che concerne la determinazione dell’angolo che l’interlinea ar- ticolare fa coll’orizzontale, mi trovai in un certo imbarazzo per stabilire prima di tutto il piano da darsi al cranio degli ani- mali stessi, non avendo trovato, al contrario di quello che si fece pel cranio umano, istruzioni e norme precise negli autori. (1) Nei cranii da me esaminati tali rapporti si trovano nelle seguenti pro- porzioni percentuali; l’interlinea suturale prolungata incontra la metà dell’altezza dell’orbita 5 . +. 21 volte su 100 il terzo superiore della stessa —. «a 40 » 100 l’orlo superiore delia stessa —. - . è 23 » 100 sopra e dietro l’orbita (fino al sa c x 8 » 100 sotto la metà dell’orbita . o sui e 0 » 100 sotto di essa 0 0 c - 2 » 100 Anche dalle tavole dei dns Eutori sulle quali si può fare assegnamento perché fotografate, mi pare che si mantengano le stesse proporzioni. (2) Sotto alla metà dell’orbita corrispondeva la linea intersuturale prolun- gata in un Moro, in un Guanche ed un vecchio ed in un bambino di 1] mesi. Lo stesso osservasi nel cranio di un Dayak designato dal ZukerZand! (Reise Fregatte Novara ecc. Anthropologischer Theile — Wien 1875 — Taf. IIIa), 02 Essendo troppo infido il dato che si può rilevare dalla po- sizione col poggiare il cranio degli animali sul piano colla mascella superiore o colla inferiore, ‘credei più spiccio seguire anche per gli animali lo stesso piano adottato per l’uomo, e cioè il piano alveolo-condiloideo. Per riuscire a questo intento usai di una specie di apparecchio costituito da due pezzi mo- bili, del quale non intendo qui di occuparmi e che mi corri- spose soddisfacentemente. Determinata in tal guisa l’orizzon- talità del cranio degli animali, procedetti nella misurazione come per l’uomo, ed eccone i risultati. Ad eccezione dei due Gorilla vecchi, nei quali il grado d’ inclinazione dell’interlinea suturale raggiunge in uno 45 gradi e nell’ altro 40, e in Orango adulto in cui l'angolo è pure di 40 gradi (fig. 14), in tutti gli altri antropoidi l’ an- golo stesso discende a 35 in due Oranghi adulti e in un gio- vane (fig. 15°) e nel Chimpanze giovane, a 30 e a 25 nei ri- manenti; nelle scimmie (meno un caso di Semmnopithecus en- tellus che torna ad elevarsi a 30), l'angolo sta sotto il 25 e discende anzi ordinariamente a 20. Nel cane, nel gatto sta tra i 25 e i 20, nella pecora e nel cervo sotto ai 20. La maggior inclinazione della sutura sull’orizzontale co- incide di norma anche col punto di rispondenza del prolun- gamento dell’ interlinea articolare, il quale si verifica sempre al disotto di quello dell’uomo. Infatti nei Gorilla questa linea corrisponde, in uno subito sotto la metà dell’orbita, nell’altro al terzo inferiore della stessa; negli Oranghi corrisponde in due esemplari al terzo inferiore e negli altri all’ orlo infe- riore dell'orbita stessa: lo stesso dicasi per rispetto al Chim- panze ed al Gibbon. Nelle scimmie, meno un esemplare del Semnopithecus entellus, dove l’interlinea passa subito sotto la metà dell’orbita, e negli animali di rango inferiore l’in- terlinea suddetta corrisponde costantemente ad un livello in- feriore, il più delle volte anzi passa al di sotto dell’ orbita medesima. Questo dato mi sembra di qualche importanza prima di tutto perchè si riferisce a rapporti che si stabiliscono sul cranio dello stesso individuo, e poi perchè può essere rilevato facilmente con una riga, con un filo, ed anche coll’ occhio, senza bisogno di alcuno strumento. 53 Quanto al rapporto che passa tra la lunghezza della su- tura temporo-zigomatica e quella dell’intiero arco zigomatico, ‘rilevai che la sutura è proporzionatamente all’ arcata di gran lunga più breve nell’ uomo che negli animali. Misurata l’ arcata zigomatica all’ interno e in linea retta, dall’ orlo anteriore della radice dell’apofisi zigomatica del temporale al punto jugale, e ritenuta la lunghezza dell’ arcata stessa eguale a 100, la lunghezza della sutura temporo-zigo- matica, giusta l’ indicazione fatta precedentemente, corrisponde in media nell'uomo ad un indice di 36, negli antropoidi di 51, nelle scimmie di 63, e in altri animali (carnivori e erbivori) di 75. Ciò che armonizza colla varietà della direzione della sutura, la quale, come fu detto e ripetuto più volte, nell'uomo è obbliqua con tendenza alla verticale, e quindi interessante più l'altezza che la lunghezza dell’ arcata, mentre negli ani- mali la sutura avvicinandosi di più all’orizzontale, interessa maggiormente la lunghezza che l’ altezza dell’ arcata stessa. Sarebbe molto interessante di trovare la spiegazione di queste manifeste differenze della direzione di questa sutura e del rapporto che passa tra l'estensione di essa e quella del- l’arcata zigomatica, ponendo di fronte l’ uomo cogli antro- poidi e cogli altri animali, ma forse per la relativa scarsezza di dati zoometrici a petto degli antropometrici, la spiegazione dei fatti stessi rimane ancora incerta e vaga. Si può ritenere che v’abbia ad influire il prognatismo mascellare superiore, ma non si può escludere che una parte almeno di queste mo- dificazioni spetti ancora al diverso sviluppo craniale anteriore e specialmente medio. Le ulteriori osservazioni porteranno maggior luce anche su questo argomento scientifico. Da quanto siamo venuti esponendo fino a qui, parmi che nella sutura temporo-zigomatica si debbano distinguere due stati, uno primitivo e fondamentale, e l’altro secondario di addattamento. Lo stato primitivo ha l’impronta di un tipo generale e viene rappresentato dalla figura rettilinea o debolmente curva al- l’avanti, a margini liscii che si appongono in modo semplice ed armonico, e con direzione tendente all’orizzontale. Questo 4 stato che si riscontra quasi costantemente nei mammiferi in- feriori, è completo e tipico tra i marsupiali nel Kangurò; nell'uomo si osserva solo nel periodo fetale e nei teneri bam- bini. Le stato secondario è contraddistinto dalle molteplici mo- ‘ dificazioni e varietà che abbiamo avvertite. Un primo stadio di differenziazione si riferisce alla direzione della sutura che nell'uomo da orizzontale diventa obliqua innalzandosi man mano all’avanti per raggiungere successivamente gradi più elevati, per raggiungere non infrequenti volte perfino la di- rezione verticale; disposizione finora da me riscontrata esclu- sivamente nell'uomo. Negli animali questa direzione resta as- sai inclinata verso l’orizzontale, mentre negli antropoidi tiene . un grado intermedio. Così-pure la differenza che passa tra la lunghezza della sutura e quella dell’arcata zigomatica, man- tiene un rapporto analogo, decrescendo la prima a confronto della seconda dagli animali inferiori, dove è massima, all'uomo dove è minima. Anche molti degli altri caratteri della sutura sì comportano, benchè con diversa misura, analogamente. La sinostosi che nell'uomo è generalmente tardiva e rara, fre- quente invece e relativamente precoce sì vede se non in tutti in molti animali. La nota caratteristica delle diverse condizioni specialmente di alcuni organi del nostro corpo che più direttamente risen- tono dell’influenza dell'evoluzione, p. e. del cranio è la varietà nell’ unità. Orbene questo fatto si riscontra e si conferma, ben- chè in proporzioni assai ristrette e modeste, anche in quelle condizioni che si riferiscono alla sutura che ci ha occupati fino a qui. Ma, come abbiamo riferito, fino ad ora non si sono rilevati dati sufficientemente costanti e attendibili per ritenere che certe disposizioni abbiano rapporti col sesso, colle forme del cranio e colle varie razze. Pare tuttavia che si possa con- chiudere che la forma rettilinea semplice, i margini liscii, la forte inclinazione verso l’orizzontale, una considerevole lun- ghezza in proporzione di quella dell’arcata zigomatica, siano altrettanti caratteri che, specialmente presi insieme, indichino l’inferiorità, e al contrario le forme svariate e complesse, la ù 55 direzione che s’accosta alla verticale, le dentature e gli in- granaggi degli orli, la brevità della sutura a petto dell’ ar- cata, siano caratteri che complessivamente accennino la su- periorità fra i varii mammiferi. Spiegazione delle Figure. è © 8 Sutura temporo-zigomatica I Teschio Età 32 —____m—®» 84,09 id. id. id. 45. | al terzo superiore i ; dell’orbita 9°) Donna | 40 »°| 80,00]. mista id. id. 50 id. 10°| Uomo | 20 » 80,40|a gradino id. quasi vert."| 80 al pierion % 113| Donna | 35 >» 85,18) mista dentellati obliqua 48 sopra la metà | dell’orbita 12°| Bambino |neonato| 84,25| rettilinea liscii t endente 20 sotto la metà: all’orizzont.| | . dell’orbita Le figure 13%, 14° e 15* rappresentano il goniometro trasparente applicato al cranio di- sposto sul piano alveolo-condiloideo. ) Nella figura 13? il goniometro è applicato sulla sinistra del cranio di una giovine di 19 anni. — L’interlinea suturale temporo-zigomatica forma coll’orizzontale un angolo di 45 p gradi, e prolungata all’avanti passa a livello della metà dell’ orbita. Nella figura 14% lo stesso goniometro è presentato sul:lato destro d'un Orango adulto. — L’angolo suturale è di 40 gradi e l’interlinea articolare risponde presso l’orlo inferiore | dell’orbita. Nella figura )5% si osserva come sopra il goniometro applicato a sinistra del cranio dl un Orango giovane, dove l'angolo suturale misura 35 gradi, e l’interlinea corrisponde ai terzo inferiore dell’ orbita. NB. A pag. 75 nota (1) aggiungi: Pressapoco le stesse condizioni si rilevano nelle figure del ROMITI (Una osservazione di arco maxillo-temporale infraju- gale e sopra la genesi della bipartizione del malare dell’uomo. — Nota ana-. . tomica del Dott. &UGLIELMO ROMITI, Professore di Anatomia în Pisa. — Pisa, 1888). 56 SULLE TORBE GLACIALI DEL TICINO E DELL’OLONA RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE DEL Dottor BENEDETTO CORTI (Continuazione e fine vedi Num. 1, marzo 1892). Il risultato delle ricerche microscopiche è il seguente: Sopra 50 specie trovate nelle torbe del Ticino e dell’Olona, una non è da calcolarsi perchè una nuova varietà il Pleuro- sigma acuminatum var. Ticinensis. Delle 49 specie rimanenti, 17 furono prima d’ ora trovate soltanto in depositi attuali. Sopra le 82 specie, già rinvenute fossili in altri depositi, 4 sono comuni al deposito siliceo di Ceyssat pliocenico, 7 alla marna d’acqua dolce di S. Fiora quaternaria; 4 comnni al- l’uno e all’altro deposito; 8 sono comuni al tripoli del sotto- suolo di Berlino, riferibile secondo recenti studi al periodo posglaciale. o i Risulterebbe quindi una media di 6 specie plioceniche, di 9 quaternarie e 8 posglaciali. Colle specie fossili delle ar- gille lignitiche di Leffe sonvene 10 in comune cioè sopra un totale di 32 specie un terzo circa; cioè con questo deposito sì osserva la massima analogia (!). A queste conclusioni aggiungo il fatto importantissimo del ‘rinvenimento di 9 specie proprie della zona alpina che portano altro argomento per ritenere quaternaria l'epoca di queste torbe e delle alluvioni che le comprendono. Nelle argille az- zurre sottoposte alle torbe della Zelata ho trovato 9 specie di diatomee di cui 8 già rinvenute fossili in altri depositi, e di queste, 5 sono plioceniche e 3 del Diluvium. La conclusione alla quale mi conducono queste ricerche (1) Quanto alla analogia tra il nostro deposito torboso, che ritengo qua- ternario, ed il tripoli di Berlino, di epoca posglaciale, parmi che si debba con- siderare la possibilità che al di qua delle Alpi ed a latitudine molto più bassa nel quaternario prevalesse per la valle padana una condizione di clima non dissimile a quella, che si è verificata nella pianura germanica appena dopo la ritirata dei ghiacciaj scandinavi. 57 :. micropaleontologiche è il riferimento delle torbe compatte del Ticino e dell’Olona alla parte più antica del Diluvium; anzi inclinerei a ritenerle coeve a quelle di Leffe, riferite al Villa- franchiano, ma che ponno spettare anche al periodo intergla- ciale appena precedente al. periodo degli anfiteatri morenici. Ulteriori confronti preciseranno i rapporti di queste varie e molto complesse formazioni. Elenco delle Diatomee fossili delle Torbe glaciali del Ticino e dell’ Olona. | DIATOMEE (Ktz.). TRIBÙ ACHNANTHEE (Brun). Gen. Achnanthes (Bory). 1. Achnanthes exilis Ktz. Brun. op. cit. pag. 28, tav. 3° fig. 29. (Ticino) 2. Achnanthes flexella var. alpestris. Breb. Brun. op. cit. pag. 30, tav. 33, (Ticino) i _ fig. 26. Gen. Cocconeis (Ehr). 3. Cocconeis placentula Ehr. Brun. op. cit. pag. 81, tav. 8°, fig. 23. (Ticino) i 4. Cocconeis helvetica de Brun. op. cit. pag. 39, tav. 3°, fig. 27. (Olona) TRIBÙ. GONFONEMEE (Brun). i Gen. Gomphonema (Ag). ©. Gomphonema glaciale Ktz. Brun. op. cit., pag: 34, tav. 6°, fig. 14. (Ticino) 6. Gomphonema abreviatum Ag. Brun. op. citi pag. 36, tav. 6°, fio. 13. (Ticino) i 7. Gomphonema acuminatum Ehr. Brun. op. cit. pag. 39, tav. 6°, fig. 4. (Ticino e Olona). 8. Gomphonema intricatum Ktz. Brun. op. cit. pag. 40, tav. 6°, fig. 16. (Ticino) TRIBÙ. EUNOZIEE (Brun). Gen. Ephitemia (Breb). 9. Epithemia turgida Ehr. Brun. op. cit. pag. 43, tav. 22, fig. 17. (Ticino) | Gen. Himanthidium (Ehr). 10. Himanthidium Arcus Ehr. Ehrenberg op. cit., tav. 12*, fig. 28.. (Ticino) 58 MR VE IRA 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 30. TRIBÙ. CIMBELLEE (Brun). Gen. Cymbella (Ag). Cymbella lanceolata Ehr. Brun. op. cit. pag. 57, tav. 33, fig. 19. (Ticino e Olona) Cymbella cymbiforme Breb. Brun. op. cit. pag. 57, tav. 82, fig. 12. (Ticino) i Cymbella Cistula Hempr. Brun. op. cit. pag. 58, tav. 3°, fig. 18. (Ticino) Cymbella cuspidata Ktz. Brun. op. cit. pag. 99, tav. 3, fig.6. (T'icîno) Cymbella variabilis Wartm. Brun. op. cit. pag. 61, tav. 3*, fig. 8. (Ticino) Cymbella affinis Ktz. Brun. op. cit. pag. 61, tav. 3*, fig. 14. (Ticino e Olona) Cymbella affinis var. Leptoceras Ktz. Brun. op. cit. pag. 62. Cocconema Leptoceras Ehrenberg. ‘op. cit., tav. 6°, fig. 20. (Ticino) TRIBÙ. NAVICULEE (Brun). Gen. Navicula (Bory). Navicata vulgaris Heib. Brun. op. cit. pag. 66, tav. 7*, fig. 25. (Olona) Navicula Las orehiala W. Sm. Brun. op. cit., pag. 70, tav. 72, fig. 24. (Ticino) . Navicula limosa Ktz. Brun. op. cit., pag. 73, tav. 7°, fig..12. (Ticino) - Navicula firma Coin: Brun. On cit. pag. 74, tav. 7°, fig. 1. (Z'icino): . Navicula radiosa Ktz. Brun. op. cit. pag. 78, tav. 8°, fig. 2. (Ticino) . Navicula rynchocephala Ktz. Brun. op. cit., pag. 80, tav. 7*, fig. 19. (Ticino) . Navicula biceps Ehr. Ehrenberg. op. cit., tav. 17°, 1, fig. 13. (Ticino) Gen. Pinnularia (Ehr). . Pinnularia viridis Rab. Brun. op. cit., pag. 83, tav. 8*, fig. 5. (Ticino e Olona) . Pinnularia nobilis Ehr. Brun. op. cit., pag. 84, tav. 82, fig. 6. (Olona) . Pinnularia nobilis var. major Brun. op. cit., pag. 84, tav. 8*, fig. l. (Ticino) \ . Pinnularia Cardinalis Brun. Brun. op. cit., pag. 85, tav. 8°, fig. 23. (Olona) . Pinnularia gibba var. Tabellaria Ehr. Brun. op. cit., pag. 86, tav. 8", (Z'icino) fig. 18. Gen. Pleurosigma (W. Sm). Pleurosigma acuminatum var. Ticinensis mihi. (Ticino) 199 Diagnosi: F. v. lanceolata, poco larga, regolarmente to, DI Poli diritti, lievemente arrotondati. Strie distinte longitudinali e trasversali. Nodulo centrale rotondo. 31. 32, 39. 34. 39. 36. 37. 38. 39 4l. 43. 44. 45. + 46. TRIBÙ. AMFIPLEUREE (Brun). . Gen. Surirella (Turpin). Surirella angusta Kiitz. Brun. op. cit. pag. 100, tav. 2°, fig. 7. (Ticino) TRIBÙ. NITSCHIEE (Brun). Gen. Tryblionella (W. Sm). Tryblionella angustata W. Sm. Brun. op. cit., pag. 103, tav. 4°, fig. 28. ‘(Olona) Gen. Nitzschia (Hass). Nitzschia thermalis Auersw. Brun. op. cit. pag. 106, tav. 5°, fig. 17. (Ticino) Nitzschia linearis Ag. et. W. Sm. Brun. op. cit. pag. 107, tav. 5°, fig. 26. (Ticino) ‘TRIBÙ. FRAGILARIEE (Brun). . Gen. Odontidium (Ktz). Odontidium iyemale Lyngb. Brun. op. cit. pag. 115, tav. 4°, fig. 2 e 7. (Olona) Gen. Diatoma (De Candolle). Diatoma Ehrenbergii Ktz. Brun. p. cit., pag. 117, tav. 4°, fig. 18. (Z'icino) Diatoma tenue var. Mesoleptumi Ktz. Brun. op: cit., pag. 118, tav. 42, (Zzctno) fig. 15. Gen. Fragilaria (Ag. et. Griin). Fragilaria mutabilis Griin. Brun. op. cit. pag. 119, tav. 4°, fig. 8. (Ticino) Fragilaria Rhabdosoma Ebr. Ehrenberg op. cit. tav. 12?, fig. 3 a. d. (Ticino) Gea. Synedra (Ebr). - Synedra lunaris Ebr. Brun. op. cit. pag. 122, tav. 4°, fig. 22. (Olona) Synedra biceps W. Sm. Brun. op. cit. pag. 123, tav. 5°, fig. 10. (Olona) . Synedra Vaucheriae Ktz. Brun. op. cit. pag. 123, tav. 52, fig. 4. (Olona) Synedra gracilis Ktz. Brun. op. cit. pag. 124, tav. 5°, fig. 7. (Ticino) Synedra tenuis Ktz. Brun. op. cit. pag. 124, tav. 5a, fig. 9. (Ticino) Synedra ulna Ehr. Brun. op. cit. pag. 125, tav. 6°, fig. 20. (Ticino e Olona) Synedra ulna var. aequalis Rab. Brun. op. cit. pag. 126, tav. 5°, fig. 2 e 3. (Ticino e Olona) 60 TRIBÙ. TABELLARIEE (Brun). Gen. Tetracyelus (Kalfs). 47. Tetraeyclua Braunii Grin. Brun. op. cit. pag. 13], tav. 3a, fig. 33. (Olona) TRIBÙ. MELOSIREE (Brun). Gen. Melosira (Ag). 48. Melosira varians Ag. Brun. op. cit. pag. 134, tav. la, fig. l. (Olona) 49. Melosira distans Ebr: Brun. op. cit. par: 195, tav. 1°, fig. 3. (Ticino e Olona) È 50. Melosira distans var. nivalis W. Sm. Brun. op. cit. pag. 135, tav. 1°, (Ticino) fig. 4. CELENTERATI. Spicule dî Spongiari. 51. Spongolithis mesogongyla Ehr. Ehrenberg., op. sit. tav. bi, fi . 43. (Olona) 52. Spengolithis aspera Ehr. Ehrenberg, op. cit., tav. 5°, fig. 51. (Olona) i i 58. Spongolithis acicularis Ehr. Ehrenberg. op. cit., tav. 5*, fig. 50. (Ticino e Olona) Nelle argille azzurognole sottoposte alle torbe della Zelata trovai le seguenti specie di diatomee fossili comuni anche alle torbe compatte: Cymbella lanceolata Ehr. Melosira distans Ehr. Pinnularia viridis Rab. - Synedra Ulna Ehr. e lo Spongolithis acicularis Ehr; cui devo aggiungere le specie seguenti che non rinvenni nelle torbe: Achnanthes brevipes C. Ag. Epithemia gibba Ehr. Navicula dicephala W. Sm. Navicula Heufleri Grin. Pinnularia nobilis Ehr. Delle 50 specie di diatomee fossili delle torbe del Ticino e dell’Olona una sola, la Fragilaria Rhabdosoma Ehr. non è più vivente, delle 49 rimanenti 15 sono comuni alla pianura e alle alte vallate delle Alpi, 18 sono proprie delle acque sta- gnanti, 6 comuni a _tutte le acque, 9 sono della zona alpina 61 ‘propriamente detta, e la rimanente è una varietà basata su caratteri persistenti in parecchi ‘individui: il Pleurosigma acu- minatum ‘var. Ticinensis. Colle argille lignitiche di Leffe in Val Gandino hanno in comune 10 specie, colle argille del deposito lacustro glaciale di Pescarenico 15 specie, colla marna d’acqua dolce di S. Fiora e col deposito siliceo di Ceyssat 13 specie, col tripoli di Ber- lino $ specie. ‘Le specie più comuni sono la Cymbella lanceolata, Pinnu- laria nobilis, Melosira distans, Diatoma Ehrenbergi, i biceps e Sinedra Ulna. L’analisi microscopica delle torbe feci nel Laboratorio del Prof. Leopoldo Maggi, a quale rendo pubbliche grazie per la cortese indulgenza colla quale mise a mia disposizione il ma- teriale di Gabinetto. I testi adoperati per la determinazione delle specie sono il Brun, l'Ehrenberg, il Rabenhorst, Pritchard, Wan Heurck e' Pelletan (1). (Pavia, R. Università, 1892). FORAMINIFERI E RADIOLARI FOSSILI delle sabbie gialle plioceniche della collina tra Spicchio e Limite sulla sponda destra dell'Arno "Nota paleontologica del Dott. BENEDETTO CORTI (Con una tavola). Nello scorso mese di Ottobre l’egregio mio amico Dott. Al- berto Fucini di Empoli mi mandava per esame alcuni residui di lavaggi di sabbie gialle plioceniche raccolte alla collina che giace tra Spicchio, frazione del Comune di Vinci, e Limite, sulla sponda destra dell’Arno. O) Brun. Diatomées des Alpes et du Jura et de la train Suisse et Fr ancatse. = Genéve, 1880. EuHRENBERG. Zur Mikrogeologie. — Leipzig, 1854. RABENHORST. Die Sùsswasser Diatomaceen. — Leipzig, 1853. Idem. Flora Europaea Algarum Aquae dulcis et submarinae. — Lipsiae, 1864-68. PRITCHARD. A History of Infusoria. — London, 1861. WAN HEURCK. Synopsis des Diatomees de Belgique. — Auvers, 1885. PELLETAN. Les Diatomées. — Paris, 1891. 62‘ Il Fucini in un suo lavoro recente (1), parlando dei vari orizzonti fossiliferi pliocenici di Cerreto Guidi e di Limite, accenna ad un banco a Cladocora coespitosa Edw., di Pancoli presso Limite e a strati sabbiosi rinvenuti nella collina che si stende da Spicchio a Limite. Esso distingue due forme litologiche predominanti fell formazione pliocenica della Val d’Arno: le argille turchine e le sabbie gialle, le prime sono generalmente fossilifere e di prevalenza comuni alla parte più meridionaie del territorio di Vinci tra Cerreto-Guidi e Limite e stanno specialmente alla base delle colline, gli strati inclinano leggermente a N. N. O. Le sabbie gialle, di varie dimensioni e prevalenti alle argille, sono proprie della parte occidentale dei territori di Cerreto- Guidi e di Vinci. Il Fucini raccolse in poco più di un anno 314 specie di conchiglie fossili nel pliocene di Cerreto Guidi e di Limite, fra cui, quelle della collina tra Spicchio e Limite hanno in comune, secondo i confronti istituiti da me, col deposito di S. Colombano lodigiano (©) le seguenti specie: Terebra fuscata, Brocc; Ter. Basteroti, Nyst; Ter. pertusa, Bast; Mitra fusi- formis, Brocc; Nassa prismatica, Brocc; Nassa semistriata, Brocc; Murex polymorphus, Brocc; Chenopus pespelicani, Linn; Cerithium vulgatum, Brug; Cerithium crenatum, Brocc; Ver- (1) A. Fucini. — ZI pliocene dei dintorni di Cerreto-Guidi e di Limite ed i suoî molluschi fossili. (Est. Boll. Soc. geol. It. Fasc. 1, Vol. X, 1891. Roma. | (@) De FiLippi. — Descrizione del Colle di S. Colombano. Bibl. Ital., Milano, Vol. 75° 1834. — Sulla costituzione della pianura e delle colline della Lombardia. Ann. univ. di statistica. Vol. LIX 1839. A. STOPPANI. — Sévdi geologici e paleontologici sulla Lombardia, Milano, 1857. — Corso di Geologia, Milano 1873. p G. B. BroccuHi. — Conchiliologia fossile subapenninica, Milano, 1843. S. BREISLAK. — Descrizione geologica della provincia di Milano, Milano, 1822. B. CRIVELLI. — Notizie naturali e chimico-agronomiche sulla provincia di Pavia, Pavia 1864. T. TARAMELLI. — Descrizione della provincia di Pavia, Milano 1882. A. SARTORIO. — I) Colle di San Colombano e è suoî fossili — (Cronaca del R. Liceo Fortiguerri di Pistoja, 1879-80). C. F. PARONA. — 7 Pliocene dell’ Oltrepò pavese. (Atti Soc. It. di Sc. Nat., Milano, 1879). E. MARIANI. — Foraminiferi della collina di S. Colombano lodigiano.. (Est. Rend. Ist. Lom. Serie II, Vol. XXI, fasc. X-XI. 63 metus intortus, Lam ; Ver arenarius, Linn; Natica millepuctata, Lam; Phastanella pulla, Linn; Dentalium dentalis, Linn; Ostrea lamellosa, Brocc; Anomia ephippium, Linn; Arca diluvii, Lam: Cytherea multilamella, Lam; Venus. ovata, Pennant. I residui dei lavaggi delle sabbie gialle, esaminati da me, constano quasi totalmente di piccolissimi molluschi gasteropodi e bivalvi, Dentalium, radioli di echinidi e foraminiferi di di- mensioni pressochè macroscopiche. Con un fine setaccio separai da questo materiale una ic vere finissima che sciolsi in acqua e che esaminai per la ri- cerca dei Radiolari e delle Diatomee. Per la tecnica della preparazione dei foraminiferi mi valsi del seguente metodo che stimo opportuno riferire, Stendeva la sabbia su una superficie annerita, perchè maggiormente spic- cassero i gusci dei foraminiferi, quindi colla punta di un ago li sceglieva per famiglia e per genere, collocandoli dopo ripe- tuti lavaggi, in capsulette di vetro, quindi procedeva all’esame microscopico a 45 diametri, osservando l’aspetto periferico del foraminifero. Per lo studio dell’aspetto orale lo fissava, coll’apertura ri- volta in alto verso l’obbiettivo, su una piccola porzione di pece greca rammollita e stesa sul vetrino porta-oggetti, adat- tandovelo nelle varie posizioni secondo le quali mì interessava osservarlo, colla punta di un ago. Questo processo mi risultò molto opportuno e di facilissima pratica. Quanto alle sezioni, dopo aver saldato il foraminifero sul vetrino porta-oggetti con balsamo del Canadà, fatto prima cuo- cere, procedeva alla lisciatura con polvere di smeriglio N.° 4. Si deve avere cura grandissima nel disporre il foraminifero sul balsamo del Canadà, cercando di collocarlo in un piano parallelo a quello del vetrino porta-oggetti, affinchè la liscia- tura si eserciti in modo uniforme su tutta la superficie del guscio. Non occorre aggiungere che le bolle d’aria devono, per quanto è possibile, essere eliminate scrupolosamente. La ricerca dei Radiolari e delle Diatomee praticai col so- lito metodo della gocciola d’acqua con scioltavi la polvere in esame ed osservando con un ingrandimento da 45 a 300 dia- metri. 64 Molto abbondanti: sono i foraminiferi in queste sabbie gialle plioceniche, le cui specie sommano a nove, distribuite per tre generi. Meno frequenti sono i Radiolari. in cattivo stato di con- ‘servazione e in numero di sole sei specie su quattro generi. Nessuna traccia di Diatomee. Fra i Foraminiferi vi sono due specie nuove e due nuove varietà. POR) Elenco dei Foraminiferi fossili. Sotto-regno Protozoi Classe RIZOPODI Ordine FORAMINIFERI (Reticolari) Famiglia MILIOLIDAE 2. Sotto-Famiglia Miliolininae. Gen. Miliolina Williamson. 1. Miliolina seminulum Linn Quinqueloculina Akneriana, d'Orb. Cfr. d’Orbigny. Forami- niferes du bassin tertiare de Vienne. 1846, pag. 290, t. XVIII, fig. 16-21; H. B. Brady. Report on the Foraminifera dredged by H. M. S. Challenger, during the years 1873-1876. 1884 pag. 157, t. V, fig. 6a, 6 b.c. Miliolina seminulum, Linn; Jones, Parker and Brady. A Monograph of the foraminifera of the Craa. London, 1866, parte prima, t. III, fig. 35-36. Quinqueloculina seminulum. Parecchi esemplari in mediocre stato di conservazione. Fossile : nel tortoniano ed elveziano di Reggio-Calabria (Se- guenza) (1); nel pliocene di Solignano e della Grizzaga nel Mo- denese (Coppi) (; nelle argille tortoniane di Licodia-Eubea SI) G. SEGUENZA. — Le Formazioni lerziarie nella provincia di Reggio (Cala- bria). Roma 1879. (2) I. Coppi. — Paleontologia modenese o Guida al paleoniologo con nuove specie. Modena, 1881. 65 (Cafici) ©; nel pliocene di Cà di Roggio nello Scandianese (Reggio-Emilia) e di Castellarquato e Lugagnano nella Provincia di Piacenza (Malagoli) ©; nel /egel di Baden (d’Orbigny). Vivente : nel mare a varie profondità, predilige però le coste e i bassi fondi marini; nelle acque salmastre dello stagno d’Or- betello (Terrigi) (3). 2. Miliolina Bronniana, a’Orb. Quinqueloculina Bronniana, d'Orb. Cfr. d'Orb. loc. cit. pa- gina 287, t. XVIII, fig. 4-6. Molti esemplari male conservati. Fossile: a Nussdorf (d'Orbgny). Non ancora trovato allo stato vivente, 3. Miliolina Dutemplei d'Orb. Quinqueloculina Dutemplei, d'Orb. Cfr. d’Orb. loc. cit. pa- gina 294, t. XIX, fig. 10-12. Parecchi esemplari mal conservati. Fossile: a Nussdorf (d’Orbigny). Non si conosce allo stato vivente. 4. Miliolina Dutemplei d’Orb. var. anastomosans Corti. Miolina Dutemplei var. anastomosans. Corti (Cfr. 1. Tavola, Meo). « Testa ovata, leviter compressa, longitudinalibus anasto- mosantibus costis ornata, antice producta, postice obtusa, loculis arcuatis, flexuosis, lateribus complanatis, suturis parum im- pressis. Apertura ovali, unidentata, dente elongato, triangolari forma dilatato sed non apice bifurcato ». Conchiglia ovale, leggermente compressa, ornata da nume- rose coste longitudinali che si anastomizzano, è ristretta in (1) I. CAFICI. — La formazione miocenica nel territorio di Licodia-Eubea (Pro- vincia di Catania). Atti R. Acc. dei Lincei, serie 3°, vol. XN. 1833. (2) M. MaLagoLI. — Foraminiferi pliocznici di Cà di Roggio nella Scandianese (Reggio-Emilia) Est. Boll. Soc. Geol. It. Vol. VII, fasc. 3, 1889, Roma. — Fo- raminiferi pliocenici di Castellarguato e Lugagnano nella Provincia di Piacenza (Est. Boll. Soc. Geol. It. Vol. XI, fasc. 1°, 1892, Roma). (3) G. TERRIGI. — Z Rezopodi (‘Reticolari) viventi nelle acque salmastre dello Stagno d’ Orbetello. (Est. Vol. III, 1° sem., serie 4° Rend. R. Acc. dei Lincei. Seduta 19 giugno 1887). 66 avanti e ottusa allo indietro ed è formata da logge arcuate, flessuose, appiattite sui fianchi e separate da suture poco pro- fonde. Apertura ovale, munita di un dente lungo e allargato ‘a foggia di triangolo ma non biforcato. Parecchi esemplari ben conservati. 5. Miliolina secans, d’Orb. Quinqueloculina Haidingeri, d'Orb. Cfr. d’Orbigny, loc. cit. pag. 289, t. XVIII, fig. 13-15, H. B. Brady, loc. cit. pag. 167, t. VI, fig. 1-2 (Miliolina serans). Scarsi esemplari male conservati. Fossile: nel tortoniano di Reggio Calabria (Seguenza) e. di Licodia-Euebia (Cafici); nel pliocene di Cà di Roggio nello Scandianese, e di Castellarquato e Lugagnano nella Provincia: di Piacenza (Malagoli); nel tegel di Baden. Vivente: nei nostri mari presso le coste, abbondante nel Mediterraneo. I miei asemplari sono di dimensioni variabili fra i due e i tre millimetri. 6. Miliolina Mayeriana d’Orb. var. curvata Corti. (Cfr. Tavola fig. 42) Miliolina Mayerana var curvata, Corti. i « Testa leviter oblonga, valde inflata, antice truncata, po- stice oblusa, loculis quinque, parum curvatis, suluris impressis. Apertura prope ovali, unidentata, dente simplici triangulari ». Conchiglia leggermente oblonga, molto ‘rigonfiata; troncata all’avanti, arrotondata allo indietro, consta di cinque logge poco curvate, molto convesse sui fianchi e separate da suture profonde. L'apertura è quasi ovale, più grande che nella Ma- yeriana e munita di un dente semplice a foggia di triangolo che differisce da quello della Mayeriana che è diritto. Vista secondo l'aspetto orale la conchiglia è mediocremente curvata. Guscio liscio. Frequenti esemplari. male conservati. lo. Miliolina Maggii, Corti, n. sp (Cir. Tavola, fig. de Miliolina: Maggi, Corti; Sp. 8%; « Testa ovata, convexa, nai. antice duneata postice ,67 risa. externe valde rotundata, loculis arcuatis, lateribus le- viter complanatis, suturis, impressiss. Apertura prope circulari, unidentata, dente valido, apice bifurcato. » Conchiglia ovale, rigonfia, liscia, troncata in avanti, ottusa allo indietro, molto convessa verso la periferia, logge arcuate, leggermente appiattite sui fianchi, separati da suture sensibili. Apertura quasi circolare, di grande SE, provveduta di un dente robusto, biforcato. Molti esemplari bene conservati. Famiglia ROTALIDAE. Sotto-Famiglia Rotalinae. (ren. otalia Lamarck. 8. Rotalia evoluta, Corti, n. sp. (Cfr. Tavola fig. 22). Rotalia evoluta Corti n. sp. ._« Testa prope circularis, levissime punctata, valde inflata, parum umbilicata; spira evoluta, anfractibus tribus, DONI : loculis vigintiquattuor, viginti septem, converis ». Conchiglia quasi circolare, molto convessa e poco ombili- cata, spira molto evoluta, formata da tre giri arrotondati e composti da un numero di logge che varia da ventiquattro a ventisette nei vari individui. La. regione ombilicale è molto rialzata in tutti gli esemplari. Guscio insidonto perforato. Un discreto numero di esemplari in Lediviro stato di con- servazione. Famiglia NUMMULINIDAK. Sotto-Famiglia Polystomellinae. Gen. Nonionina, d'Orbigny 9. Nonionina granosa, d’Orb. Nonionina granosa, d’Orb. Cfr. d'Orbigny, loc. cit. pag. 110, t. V, fig. 19-20; H. B, Brady, loc. cit. t. CIX, fig. 6,7, pag. 725 __ Nonionina depressula. Frequenti individui male conservati. Fossile: a Nussdorf, in Austria, a Coroncina e a Siena in Toscana. 68 Vivente: specie attualmente vivente nei mari, a poca pro- fondità e preferibilmente negli estuari. Elenco dei Radiolari fossili. RADIOLARIES. 1. Sub Classis PORULOSA. Legio Prima: Spumellaria vel Peripylea Sub-legio secunda: SPHAERELLARIA III. Ordo: Sphaeroidea 10. Familia: Astrosphaerida Sub-familia: Haliommida Gen. Haliomma 1. Haliomma Medusa Ehr. Haliomma Medusa Ehr. Cfr. Ehrenberg. Zur Mikrogeolagie, 1854, tav. XXII, fig. 33, 34 a. b. Frequenti individui male conservati uno solo in sufficiente stato per la determinazione. Fossile: nel pliocene di Caltanisetta in Sicilia, di Orano in Algeria e di Zante (Ehrenberg). Non è conosciuto allo stato vivente. II. Sub Classis: OSCULOSA Legio Tertia: NASSELLARIA VEL MONOPYLEA Sub legio Sexta : Cyrtellaria. XVI. Ordo: Cyrtoidea. 18 Subordo: Dicyrtida. 63 Familia: Anthocyrtida. 1? Sub familia: Sethophormida. Gen. Carpocanium. 2. Carpocanium solitarium Ehr. Carpocaniuni solitarium Ehr. Cfr. Ehremberg, loc. cit. ta- vola XXII, fig. 28. Due individui bene conservati. Fossile: nel pliocene di Caltanisetta in Sicilia (Ehrenberg). Non si conosce vivente. IV. Sub Ordo: Stichocyrtida. 70% Famiglia: Lithocampida. 69 1a Sub-Familia: Stichocorida. Gen. Eucyrtidium. 3. «Eucyrtidium lineatum Ebr. Eucyrtidium lneatum Ehr. Cfr. Ehrenberg. loc. cit. tav. XXII, fig. 26. Molti individui e frammenti. Fossile: nel pliocene di Caltanisetta, di Orano, Zante e di Egina (Ehrenberg). Non si conosce vivente. Legio Quarta: PHAEODARIA VEL CANNOPYLEA Sublegio Septima: Phaeocystina. XVII. Ordo: Piloidea. 723 Familia: Cannorrhaphida. III. Sub-Famiglia: Dictyochida. Gen. Dictyocha. 4. Dictyocha bipartita Ehr. Dictyocha bipartita Ehr. Cfr. Ehrenberg, loc. cit. t. XXI, fig. 43. Moltissimi individui in mediocre stato di conservazione. Fossile: nel pliocene di Caltanisetta e di Orano (Ehrenberg). Non si conosce vivente. 5. Dictyocha superstructa Ehr. Dictyocha superstructa Ehr. Cfr. Ehrenberg, loc. cit. t. XXII, fig. 45. Pochi individui male conservati. Fossile: nel pliocene di Caltanisetta (Ehrenberg). Non si conosce vivente. 6. Dictyocha speculum Ehr. Dictyocha speculum Ehr. Cfr. Ehrenberg, loc. cit. t. XXII, fig. 47. Frequenti individui male conservati. Fossile : nel pliocene di Caltanisetta e di Orano (Erenberg). Non si conosce vivente. La conclusione che è lecito trarre dalla faunula a forami- niferi e a radiolari delle sabbie gialle della collina tra Spicchio e Limite, è che indubbiamente si ha a fare con un deposito 70 di mare poco profondo e più propriamente con una formazione di estuario. L’essere queste specie di ili proprie delle piccole profondità marine e preferibilmente delle coste, le loro rile- vanti dimensioni e il cattivo stato di conservazione sono una prova convincente che quelle sabbie andarono depositandosi in un seno di mare allo scorcio del pliocene in un’epoca che potrebbe con tutta probabilità corrispondere ad una delle ul- time fasi dell’Astiano. (Dal Gabinetto di Geologia - R. Università di Pavia, No- vembre 1892). Spiegazione della Tavola. N. 1. Miliolina Maggii, Corti a. Sezione longitudinale. b. Aspetto orale. È c. Aspetto periferico. N. 2. Rotalia evoluta, Corti i a. Sezione longitudinale. b. Aspetto periferico. N. 3. Miliolina Dutemplei d’Orb. var. anastomosans, Corti a. Sezione longitudinale. b. Aspetto orale. c. Aspetto periferico. N. 4. Miliolina Mayeriana d’Orb. var. curvata, Corti a. Sezione longitudinale. b. Aspetto orale. c. Aspetto periferico. DELLA PREDISPOSIZIONE ALLA CIRROSI EPATICA. SECONDO I DETTAMI DELLA MORFOLOGIA CLINICA del Professore A. DE GIOVANNI «dell’ Università di Padova. dn: 4 15) Sommario. — Le cause addotte per .spiegare l’origine della malattia nei fanciulli non sono accertate; quando intervengono, operano perché preesiste una \speciale disposizione. — Un caso pratico importante: discussione diagnostica; commenti sulla terapia e dimostra- zione della patogenesi. — Recidiva, tubercolosi pleurica finale. — Necroscopia, — Con siderazioni e contribuzione: a) alla patogenesi della cirrosi negli adulti: 2) alla patoge- nesi della cirrosì atrofica e della ipertrofica: c) alla guaribilità della cirrosi. Non credo di male oppormi se dico essere assai scarse le notizie che pos- sono aversi dai trattati di patologia speciale medica intorno a questo argo; mento. — Anche i libri di pediatria, se escludiamo i più recenti, non dedi- cano speciale interesse alla malattia, intorno alla quale desiderò brevementè esporre alcuni fatti e alcune considerazioni. 7L ‘Henoch nella 3* ediz. delle sue lezioni sulle malattie dei bambini (1), dice, che ha veduto fanciulli perire di tubercolosi e che hanno avuto il fe- ‘gato voluminoso tanto da imporre il sospetto di una cirrosi ipertrofica, la quale, invece, non venne constatata alla sezione del cadavere. Questa osservazione di Henoch è preziosissima per me, collima con da mia osservazione e mi rinfranca in una opinione, che esporrò a suo luogo e che s’io non erro, porta un po’ di luce sull’ oscuro argomento della patoge- nesi della cirrosi nella fanciullezza. -- Voglio ripetere l’ enunciazione del fatto tanto è importante: si dànno fanciulli i quali hanno il fegato volumi- noso. i ! Del resto Henoch, insieme a tanti altri osservava, essere il fegato nella fanciullezza, assai meno che nella età adulta, disposto alla cirrosi. Si potrebbe spiegare il fatto allegando la mancanza delle cause che ope- rano invece negli adulti. E questo sarà: ma il nostro problema è ben diverso; vogliamo sapere quale è la causa della cirrosi epatica nella fanciullezza. Se in questa mancano le cause che operano sugli adulti, dunque perchè deve darsi nella fanciullezza la cirrosi? i I pensieri di Hen och sono condivisi da Unterberger(2), da Fox (3), da Neurotter(4), da Birch-Hirschfeld(5). Baginsky nel suo trat- tato di malattie dei bambini (22 ediz. 1887) dice espressamente che la cirrosi epatica nella infanzia è assai rara, perchè manca la causa, l’alcool. Vogel nella 9* ediz. del suo libro sulle malattie della infanzia si accorda meravi- gliosamente coi precedenti pediatri. De mme fa constare, che, Di man- cano esempî di cirrosi epatica nei fanciulii per abuso d’ alcool (6). E questa — mi si permetta rilevarlo — piuttosto un’asserzione che un fatto dimostrato; é un’ asserzione passibile di molta critica, come quella che pretende attri- buire la cirrosi epatica di un adulto all’ influenza dell’ alcool, solo perchè il paziente era portato più di qualche altro all’ uso del vino. Troppe cirrosi si dovrebbero avere negli ospitali, se l’uso del vino per sè solo fosse capace di produrle negli adulti e nei giovani, mentre sta pure un fatto eloquente innanzi a noi ed è quello per cui bevitori strenni non presentano nemmeno lontani indizî della cirrosi epatica, ed altri che non si potrebbero nemmeno poverare tra i bevitori strenui, possono offrire i sintomi più spiccati della ma- lattia. Lo che significa, come ebbi a dimostrare in altra circostanza (7), che, dato pure, ciò che non posso negare, che per alcuni anche il solo abuso re- lativo degli aleoolici induca la cirrosi epatica, devesi indagare di questa la causa predisponente, io direi, la vera causa, nelle condizioni individuali; e ciò tanto più quanto meno inno, meno forte è stato l’ abuso della perni- ciosa bevanda, come è specialmente nella fanciullezza; e consultando le cifre, può francamente sostenersi, che attribuire la cirrosi epatica al solo abuso d’ alcoolici è assolutamente inesatto. E tanto più calzano queste osservazioni quando si voglia trarre partito an- (1) Heno ch. — Berlin 1887. (2) Unterberger. — Jahresb f Kinderkr. B. IX p. 390 t220, (3) Ivi B. XII p. 404. (4) Osterreich.-- Jahresb. f. Pediatrie, Bd. VIII pag. Su 1877. (5) Gerhardt' s. Handb. d. Kinderkrankheit. (6) Demme. — Jahresb. d. Jenner? schen Kinderspit. Bern. 1885. (7) Vedasi Commentari di Clinica medica. Vol. I, Padova, editore Draghi. 72 che dai reperti della patologia sperimentale. — Le esperienze diKahlden(l1) s’accordano con quelle di Affanazzijen per provare che negli animali opportunamente trattati coll’ alcool non si constata veruna alterazione di cir- rosi nel fegato, mentre si constatano indubbie lesioni renali. Palmer Howard ha raccolto 61 caso dalla letteratura medica e due dalla propria osservazione; in tutto 63, che sottopose a severa analisi. Se- condo l’A. in 10 avrebbe agito l’ aleool; non avrebbe agito in 47; di 6 non se ne sa nulla (2). Bisogna avvertire che nei 63 casi non figurano che fanciulli — sono esclusi assolutamente i giovani adulti, perchè in questi — dice 1’ A. — l’ influenza dell’alcool ha probabilmente il predominio. Ma anche a queste cifre del clinico americano non so aggiustarmi senza un poco di critica. In 10 casi egli dice, ha agito l’ alcool; ma come è stato constatato ciò? anche qui si tratta d’ una semplice asserzione, come quella che fa dipendere dall’ alcool una cirrosi che si incontra in un adulto; e ma- gari la causa accusata è delle ultime per importanza e delle meno accertate anche dalla anamnesi. Credo di stare fermo in questo dubbio, anche perchè il citato A. mostra di non adoperare la critica più fina quando ci fa sapere, . che dal suo computo statistico ha escluso i giovani adulti, perchè in questi la influenza dell’aleool ha probabilmente il predominio. Questo probabilmente non dà il diritto di concludere, ma bensì di lasciare insoluta la questione. Io ho raccolto tre casi di cirrosi, che dirò giovanile (uno è di un fanciullo di 9 anni, l’altro di una ragazza di lò, il terzo di un giovane di 19); in questi due ultimi, come nel primo, si deve recisamente escludere la influenza dell’aleool, mentre, secondo l’ A. dovrei dire essere probabile abbia questo agito, solo perchè gli ammalati erano giovani, e non fanciulli. Questo è contrario alla sana logica; quando si vuole risolvere una questione non si deve far conto dei casi dubbî; bisogna escluderli totalmente dai nostri calcoli. Insomma queste cirrosi epatiche dei bambini prodotte dall’ aleool non le posso accogliere senza i debiti commenti. Si vede, che per essere l’influenza dell’alcool riconosciuta e, dirò meglio, esageratamente ammessa a spiegare la cirrosi degli adulti, si crede necessario doverla ammettere anche per la cirrosi dei bambini, e la si ammette solo che venga detto dall’anamnesi che al piccolo paziente veniva somministrato il vino più generosamente del con- sueto. All'incontro io penso, che anche sussistendo questo errore della igiene infantile — errore che in realtà è molto frequente — si debba attribuirgli solo quanto gli spetta, quindi l’importanza di una causa concorrente. e non altro. Dice bene il Siredey discorrendo delle alterazioni del fegato in seguito alle malattie infettive. « È vero che durante queste possono presentarsi nel fegato delle alterazioni delle cellule epatiche ed anche del tessuto intersti- ziale, costituendo una vera epatite diffusa di intensità varia; ma quando si deve giudicare della patogenesi delle cirrosi, si verificheranno differenti casi: in alcuni la infezione sarà capace dei suaccennati effetti nel fegato, essendo (1) Kalhden. — Experimentelle Untersuchung u. d. Wirkung d. Alkohols auf. Leber u Nieren. — Beitràge z. pathol. Anat. u. z. allgem. Pathol, XII. 2. 1890, e Schmidt's Jahr- bich. N. 12. 1891. — Glaser posteriormente ha confermato le lesioni renali successive al- l'uso dell'alcool Dewts) med Wochens. XVII. 43. 1891). (2) Palmer-Howard -- Sulla cirrosi epatica nei bambini, Amer. Journ.. of. the med. Sciences. 1887. — Riforma Medica, 1887. 78 è quest’ organo precedentemente influito dall’ alcool; e viceversa, in altri 1’ al- cool spiegherà la sua influenza patogenica, perchè l’organo sarà stato ‘in- nanzi reso suscettibile dalla infezione » (1). Ed io aggiungo, che quando con diligente ricerca anamnestica è possibile escludere l’influenza delle solite cause della cirrosi — l’infezione e 1° alcool o si devono ammettere, sebbene in realtà non abbiano mai agito con una certa intensità e durata, o bisogna concludere, che alla insorgenza della cir- rosi epatica abbia contribuito un altro elemento, che non viene dall’esterno, ma che è intimamente legato all’organismo, ed è quello che con troppo vaga espressione si dice predisposizione — fattore indispensabile della malattia, che deve essere da noi ben bene investigato ed apprezzato, prima di decidere definitivamente sulla etiologia della malattia stessa. È Si dice che in Inghilterra sopratutto viene constatato l’alcoolismo infantile; ma la notizia non contribuisce in verun modo alla nostra discussione. In vero che cosa vuol dire Carpenter quando esprime l’ipotesi che la cirrosi può svilupparsi in fanciulli nati da alcoolisti? Che cosa significa se BI. Edwards l’ha trovata 11 volte sopra 100 casi, essendo solo in 6 prodabdele l’alcoolismo? — lo trovo giusto conchiudere, che bisogna ristudiare l’argomento senza pre- concetti e sopratutto premettere l’ indagine sulle cause predisponenti, per apprezzare rigorosamente quando e come agiscono le altre cause, compreso l’alcoolismo. Come per l’alcool, come per le malattie da infezione, altrettanto deve dirsi dell’ alimentazione, come causa della cirrosi infantile. Il citato autore ame- ricano dice, che una alimentazione stimolante, o l’assorbimento dei prodotti di una digestione difettosa, souo probabilmente origini feconde di cirrosi epatica nei bambini. Budd accampò questa ipotesi e il sapere che il fegato esercita una salutare attività contro i veleni che lo penetrano e la scoperta delle ptomaine e delle leucomaine, che dalla decomposizione delle sostanze albuminoidi nell’ intestino possono originarsi ed essere assorbite e produrre irritazioni epatiche, porta autorevole appoggio alla suddetta ipotesi. Ma quali sono i criterì per mezzo dei quali potremo stabilire con sicurezza che in quei determinati casi la cirrosi epatica deve attribuirsi alla causa chimica sospet- tata? D’altronde ci troviamo di fronte a due circostanze di fatto che cozzano fra di loro; qua la esperienza clinica dichiara la rarità della cirrosi epatica nei bambini, la invece ci mostra la grande frequenza delle intemperanze in- fantili, delle anomale digestioni, dei varî stati morbosi che ne dipendono, fra cui, come dissi, non figura che assai eccezionalmente la cirrosi. Dunque studiamo pure, che è necessario saperlo, se dallo assorbimento intestinale può essere condotta nel fegato una causa morbosa; facciamo di scoprire anche gli indizî clinici di questo avvenimento; - tuttavia, stando ai fatti, affermiamo, che la pure, dove parrebbe doversi ammettere come causa della cirrosi infantile un prodotto nocivo della digestione, sta, per le ragioni suesposte, un elemento etiologico anteriore non meno importante, la predi- sposizione. Il perchè sembrami che la cirrosi epatica infantile abbia da essere studiata (1) A. Siredey. — Contribution è l’étule des alterations du foie dans les maladies infectieuses. Revue d Medecine 1885, p. 455 Sullo stesso argomento si adoperò Straus e con lo scopo diretto di riconoscere le al- terazioni istologiche del feguto n:i banbini (Accademia delle Scienze di Parigi. — Riforma medica, 1885; n. 143). 74 sotto un punto di vista speciale. Da, un lato la sua rarità; dall’altro, il fatto, che di fronte allo scarso numero di casi che ne offre la pratica, lo stuolo delle cause presunte indurrebbe a credere che la cirrosi epatica dovrebbe in- contrarsi molto più frequentemente, portano ad ammettere che le dette cause non si possono dire cause dirette, e quindi lasciano giustamente pensare, che un elemento costituzionale predisponente goda la principale importanza etio- logica. Tutto porta a credere che questo elemento costituzionaie — nei casi dove né sifilide, nè malaria, nè diatesi fibrosa ebbero ad agire — debba es- sere considerato in rapporto, non solo con la cirrosi infantile, ma con la cir- rosi in genere. Secondo il mio modo di vedere, non si | potrebbe dire con l’ Henoch, che il fegato nella fanciullezza è assai meno disposto alla cirrosi che asi età adulta; ma dovrebbe dirsi il contrario: « visto che nella fanciullezza man- « cano le influenze causali che operano nell’ età adulta, quando si manifesta « la cirrosi, si ha l’esempio della massima disposizione della medesima; » di- sposizione che negli individui ne’ quali è minore attende a manifestarsi solo quando, a lungo andare, il fegato ha provato la cattiva influenza delle ordi- narie cause. Ecco perchè io dissi che, indagando la genesi della cirrosi infantile, si sarebbe scorto qualche utile criterio per interpretare in genere la disposizione del fegato alla cirrosi. Ed ora a meglio chiarire il mio pensiero esporrò brevemente una SICnE clinica. Arnoldo Rosada di 9 anni, di genitori sani. Fin dai primi anni aveva il ventre piuttosto voluminoso. Con la prima dentizione si svilupparono diarree e febbricciattole. A 3 anni ebbe manifestazioni serofolose cutanee e glandolari, superò la scarlattina e la pertosse. Fu sempre deboluccio ed inclinato a ricadere sempre nelle forme catarrali intestinali, accompagnate da febbrette saltuarie ed anche quotidiane. Il piccolo paziente era pallido, di cute fina, sottile, che lasciava vedere una fitta rete di vene sottocutanee. Al primo vedere il corpo del fanciullo n’ebbi una strana impressione che fedelmente riprodurrò dicendo, che quel corpo aveva la più esatta somiglianza con quello di un batraciano — corto il torace, smisuratamente ampio il ventre, sottili le estremità (1). Nel torace nessuna anomalia meritevole di nota. Nell’addome: il fegato e la milza, fortemente ingranditi, sporgenti dalle relative arcate costali, discendenti nell’atto inspirativo, di consistenza e forme. normali. Si palpava il rimanente dell’addome senza percepire alcuna resistenza intra-cavitaria; non ottusità nè fiotto di raccolta ascitica. In seguito a queste ricerche ancora più impressionava la forma dell’ad-. dome ed il suo volume, che offriva la maggiore ampîezza a livello degli ipo- condri e la minore alle regioni iliache. Poteva dirsi che la forma del ventre somigliava a un cono con la base in alto. \ Sul ventre si vedevano delle vene sottocutanee trascorrenti dalle regioni addominali superiori alle inferiori del torace. — L’esame delle urine fu negativo per l’ albumina, invece si trovò discreta quantità di urobilina e copia di fosfati. :.(1) Faccio notare che il paziente offre i caratteri che appartengono alla III* Combinazione morfologica (Ved. Morfologia del corpo umano) con tutte le sue speciali morbilità, come sì vedrà più ampiamente nello svolgimento della interessantissima storia clinica. n 75 Due altri fatti meritano speciale menzione: primo l’esistenza di nodetti emorroidarî, dei quali il paziente non aveva alcun sentore; secondo l’esistenza di un soffio continuo, un vero rumore di trottola, udibile a destra ed a sinistra | dalla linea mediana presso le arcate costali, sul decorso delle vene surricor- date, visibili presso le arcate. Questo soffio poteva dirsi duplice nel senso che pareva si effettuassero contemporaneamente due soffii, uno superficiale, l’altro profondo. Se con lo stetoscopio si faceva forte pressione sulla parte ascoltata, SÌ sopprimeva il soffio superficiale e continuava ad ascoltarsi il soffio pro- fondo. Ambedue si rinforzavano ma in guisa da non potere con sicurezza sta- bilire se il rinforzo loro frequentissimo avvenisse in coincidenza delle fasi respiratorie o delle fasi della rivoluzione cardiaca. A meglio distinguere le cose ascoltai ripetutamente altre vene visibili e sul decorso d’altre maggiori vene, come sono le vene degli arti: ma fuori della sede indicata non ho mai potuto ascoltare alcun soffio. Di fronte a questo. quadro singolare di sintomi, procedetti al lavoro dia: gnostico in guisa che debbo qui sommariamente riprodursi, affinchè emerga quel concetto che ho accennato più sopra, ma che mi sono proposto concretare in questo punto. Il paziente era senza dubbio di costituzione linfatica: ne ebbe le più clas: siche manifestazioni, come è detto dell’ anamnesi. Oltre a ciò aveva singolare disposizione al catarro delle vie digerenti, che nella clinica, migliorata la igiene, in breve si dissipava e insieme si rinnovava l’ appetito per modo che pareva un paradosso vivente questo corpo, così male fabbricato, così tumido nel ventre e tanto rifatto nelle vie digerenti. Per altro si può dire, che il nostro piccolo ammalato dalla nascita in fino ad ora sia sempre stato sofferente. E se si ricordano le chiare manifestazioni di scrofolosi, qualche anno addietro superate, ora non poteva togliersi dalla mente il sospetto che una congenere affezione esistesse ne’ tessuti linfatici dell’addome. Sebbene ora il malato accennasse al miglioramento dei sintomi addominali, pure il ricordo della febbre, prima remittente, poscia continua e il volume enorme del ventre e la persistente denutrizione, avvaloravano il sospetto sovraenunciato. i . D’ altra parte s’ imponeva lo sviluppo del fegato e della milza e dei vasi venosi della parete addominale. Però io mi chiedeva, se per avventura non fossero da farsi due diagnosi — una che riguardasse l’ alterazione degli or- gani linfatici, l’altra una possibile alterazione, secondaria, o complicante, degli organi ipocondriaci. Imperocchè, dati tutti i precedenti di una lenta, progressiva malattia costituzionale, ammessa la scrofolosi delle glandole ad- dominali, era possibile, che in modo secondario ne venissero colpiti anche gli organi ipocondriaci, quando sul terreno della serofolosi si svolgesse la tu- bercolosi, come era possibile che, indipendentemente da questi stati morbosi precedenti, il fegato e la milza indicassero una lesione in essi orditasi, tanto per canse esterne, come per causa congenita, quanto per ragioni costitu- zionali. Ma troppo mi dilungherei se volessi riprodurre la discussione diagnostica che feci intorno al caso davanti alla scuola; mi limiterò ad accennare l’ indi- rizzo diagnostico che mi ha inspirato il caso, dopo avere rilevato il valore dei sintomi esposti. Dalla forma del corpo del paziente trassi un primo indizio; perchè, affer- mando l’anamnesi essere stato il ventre sin dalla prima infanzia eccezional- mente sviluppato, mi fece ragione delle anomalie funzionali nello apparecchio digerente, senza ammettere l’uno, o l’altro dei noti processi morbosi? x 76 In vero, sarebbe stato strano che un processo di scrofolosi durasse nove anni, che per tutto questo tempo non si fosse mai anatomicamente esplicato anzi sempre più divenisse incerta la sua presenza, mentre le condizioni ge- nerali del paziente venivano visibilmente aggravandosi. Per questa considerazione si dissipavano sempre più le probabilità di un processo di scrofolosi nelle glandole addominali; mentre, seguendo ! ordine delle mie idee, nella deformità dell’addome doveva riconoscere piuttosto l’ef- fetto di una condizione patologica del fegato e della i1uilza. I quali organi — non avendo avuto luogo il sospetto di sifilide congenita, nè di infezione malarica, nè di abuso di alimentazione — mi rappresentavano un eccesso di sviluppo originario, quale non poteva darsi che in un ventre di quella forma e di quella capacità. i A rafforzare questo concetto, che il paziente, piuttosto che di una malattia acquisita, portasse le manifestazioni di una anomala conformazione, veniva acconcio ricordare l’esistenza dei nodi emorroidari e lo sviluppo delle vene nella parte superiore del ventre e dei soffi relativi. I quali fatti acquistavano la debita inportanza, considerando, che nell’ad- dome non esistevano indizi di ostacolo circolatorio portale sì da necessitare da una parte la sporgenza dei nodi emorroidarî, dall’ altra lo sviluppo della circolazione collaterale. La quale bene esaminata nel caso nostro, non si sa- rebbe effettuata nel caso di impedimento circolatorio portale, cioè nel do- minio della vena ipogastrica e della ombelicale. E nemmeno si poteva nel caso nostro discorrere di circolo collaterale nel senso stretto della parola. perchè, sebbene si vedessero sotto la cute serpeggiare delle vene, queste non avevano affatto quel turgore che sempre hanno quando in esse si accu- mula il sangue, che per le vie normali non è tradotto. Nel caso nostro le vene della regione superiore del ventre si potevano dire più numerose, di calibro insolito, non intumidite. I soffii poi che sopra queste vene si ascoltavano, mi fecero supporre l’esi- stenza di anomalie di sviluppo nell’albero venoso; ma su di questo non ho argomenti dimostrativi da produrre. Il fatto che ho notato della assenza di qualunque soffio sopra altre vene del corpo, mi fece maggiormente convinto che l’anomalia vascolare — per quanto in rapporto col centro circolatorio e probabilmente esagerata dalla condizione morbosa — fosse locale e in rela- zione colla circolazione degli organi ipocondriaci. Che si trattasse di parziale circolazione retrograda venosa, ho pensato, ma non me ne sono convinto, quantunque si potesse razionalmente ammettere. Finalmente appariva ben singolare anche quest’ ultimo fatto; il paziente veduto febbricitante: coll’ aspetto del tabido, sottoposto solo alla influenza di una migliore igiene, si ripiglia nello stato generale, riacquista l’appetito, ri- mane apiretico, digerisce normalmente, senza però perdere il suo caratteri- stico aspetto e a vederlo in queste condizioni sempre più si conferma il pen- siero che egli sia una mostruosità ; ch’egli abbia un ventre enormemente svi- luppato fin dalla nascita, che in quel ventre fegato e milza sieno così fatti da simulare stati patologici speciali, mentre solo per il loro eccessivo svi- luppo costituiscono una particolare disposizione morbosa. Davvero che fra questi fatti bisogna ricordare delle osservazioni di Henoch da me riferite; come facendo una rapida escursione nel campo della pratica bisogna convenire, che nella infanzia si incontrano di queste conformazioni che pare abbiano in sè la ragione di molte sofferenze proprie a quella tenera età, siechè nasce il pensiero e la convinzione che — data pure la influenza Ti delle cause ordinarie — nella originaria conformazione organica risieda la morbilità. Raccogliendoci sopra tutti i casi analoghi offerti dalla pratica, tro- veremo giusto distribuirli in serie secondo il grado di manifestazione di queste circostanze organiche; avremo quindi i due estremi della serie ed il caso che sto esponendo è senza dubbio esempio dell’ estremo massimo. Però quando fui costretto a formulare un concetto diagnostico, io non po- tevo arrestarmi a quello di scrofolost perchè troppo generico; non a quello di scrofolosi addominale, perchè mancano i dati anatomici e clinici fondamentali; non a quello di una malattia del fegato o della milza, perchè non esisteva la sindrome completa e direttamente espressiva di uno speciale quadro morboso. Conseguentemente mi limitai a segnalare quanto segue: /[permegalia congenita degli organi ipocondriaci, accenni a manifestazioni infiammatorie del fegato in s0g- getto linfutico con probabili anomalie vascolari congenite. ._ Mi si permetta, di ripetere, che Henoch dice di avere veduto dei fan- ciulli col fegato tanto voluminoso da imporre il sospetto di cirrosi ipertrofica la quale non venne constatata alla sezione del cadavere. Henoch dunque nel caso nostro avrebbe sapientemente sospettato la cirrosi e se, continuando lo stato di deperimento, il nostro infermo fosse perito, certo non l’ avrebbe trovata, perché il nostro infermo, come mostrerò tra breve, migliorò tanto da essere ricondotto in famiglia. — È quindi logico il domandarsi: che cosa vuol dire questo straordinario vo- lume del fegato dei fanciulli ? | La risposta la si desume dalle considerazioni che ho esposto intorno al mio caso, e si riassume nel diagnostico formulato. Io alcuni casi di Henoch dunque la morte venne causata dalla tuber- colosi; in altro lo stesso autore ha pur constatata la cirrosi. Il che vuol dire che nei fanciulli, i quali portano un fegato eccezionalmente voluminoso può tanto verificarsi la tubercolosi, quanto la cirrosi. Che se aggiungiamo essere stati già riscontrati casi nei quali ebbe luogo la constatazione delle due condizioni morbose nello stesso organo riunite, sempre più emerge quello che a me importa dimostrare, cioè la speciale di- | sposizione morbosa nei soggetti in questione : disposizione generica alle forme linfatico-serofolose, disposizione particolare del fegato alla infiammazione con prodotto di carattere linfatico, come appunto mostrerò col reperto necro- . scopico. è Ora io vengo a dire del trattamento che il paziente ha subito nella Clinica medica durante la prima fase del nostro studio. Quanto al programma della cura, ragionai in modo uniforme a quello che mi condusse alla enunciata diagnosi. Fermo nel pensiero che nel fanciullo fin dalla nascita sofferente, la continuità delle parvenze morbose provenisse dalla sua mala conformazione; che questa consistesse specialmente in una esagerazione dell'apparecchio vascolare che serve agli organi ipocondriaci e specialmente al fegato; che conseguentemente al sistema portale eccessi- vamente sviluppato non corrispondesse in modo proporzionale sviluppata la cava ascendente; che quindi ne provenissero le necessarie conseguenze idrau- liche nell’intestino e nelle funzioni dell’intestino, e nell’ ulteriore sviluppo degli organi addominali, d’onde il prococe manifestarsi dei nodi emorroidali, feci applicare il sanguisugio all’ano, prescrissi una dieta mista, ma coll’av- vertimento di somministrare il minimo di sostanze amidacee e fecolacee e di sopprimere quanto era possibile ogni specie di bevanda. Volli che con qualche sale medio si favorisse la esalazione intestinale ogni volta che la de- posizione del ventre paresse scarsa o stentata. 78 Taluno vorrà chiedermi: perchè se il piccolo paziénte era deperito,, aveste il coraggio di praticare una sottrazione sanguigna ? | Perchè era indicata, risponderò, non già dai sintomi, ma dalle condizioni morfologiche dell’individuo. Questo caso ed altri consimili che potrei pro- durre, sono la ‘prova solenne di quanto io sostengo, a proposito delle indica- zioni e controindicazioni delle sottrazioni sanguigne, indicazioni che prima di tutto devono essere tratte dall’ esame morfologico dell’ individuo (1). © Abbrevierò quanto posso la storia. Così come dissi, modificata la dieta, il sanguisugio fu ripetuto una volta al mese per quattro mesi consecutivi. In ragione che aumentava il benessere del paziente, prescrissi anche un bagno solforoso generale. ; Il risultato della cura fu dUSZhO: il ventre andò diminuendo di volume, da 8S cm. a 77. Fegato e milza s'erano ridotti, ma non ai limiti ordinari, accen- mavano sempre al loro originario sviluppo'eccessivo. Tuttavia il paziente pre- sentava aspetto di salute; le sue mucose da pallide s’erano fatte del colorito normale, malgrado le sottrazioni sanguigne, direbbe taluno; ed io invece dirò, mercè la buona influenza delle stesse. A tutto questo corrispondeva l’au- mento progressivo delle forze. ‘ Non posso dilungarmi qui a ripetere come il sanguisugio agisca utilmente in questi casi; già ne ho trattato nel vol. I. dei Commentari. Qui non devo che fare una applicazione del metodo terapeutico e constatare col felice ri- sultato che ne ottenni, come quadrasse così al concetto diagnostico che mi ero formato, da contribuire a modificare a poco a poco la disposizione mor- bosa del paziente. «Della qual cosa nonè a meravigliarsi quando si applichi anche alla Clinica quello che si professa in istoria naturale, in biologia; che cioè cambiando ‘l’ambiente interno ed esterno degli esseri, si arriva a modificare le funzioni degli organi ed anche le attitudini dell’organismo. Basta sapere IMLERDEGIORO i bisogni speciali dell’ individuo. Ne vogliamo una prova? il nostro paziente, che procedendo di bene in ‘meglio generava nei presenti l’ opinione che fosse completamente risanato, qualche volta fu secondato ne’suoi capricci infantili ad insaputa nostra ed allora, come avverrebbe di una pianta cui si alimentasse con materie d’in- ‘grasso per natura e quantità non richieste, o contrarie alla migliore fruttifi- cazione, manifestavasi immediatamente un fatto morboso; ogni volta che in- ‘troduceva sostanze farinacee più di quella tenue misura che gli era stata con- cessa, aveva luogo un disordine intestinale. Così era se eccedeva appena la ‘introduzione delle sostanze azotate, le urine si facevano più colorate, presen- tavano urati e le dejezioni alvine divenivano molli e frequenti. La prova venne ripetuta parecchie volte e dovemmo sempre più convin- ‘ cerci, che il piccolo paziente, per godere salute, aveva d’ uopo di non superare alcuni limiti che gli erano imposti dalle sue speciali condizioni organiche. Però era più che razionale il conchiudere, che se il paziente avesse con- ‘tinuato nel regime impostogli per lungo tempo, ed insieme si fosse dedicato (1) V. De Giovanni. — Morfologia del corpo umano. Ricordo pure quanto scrissi in argomento anche nel volume 1° dei commentarì trattando della cura della scrofolosi addo- minale, potendo. dopo altre mie esperienze cliniche, ripetute anche da altri tra i quali ciì- .terò il dott. Secchieri (Rivista Veneta di scienze mediche. Anno 1891), confermare sempre più le cose ivi esposte. " Di 79 ‘alle pratiche ginnastiche più confacenti al suo caso, a poco a poco avrebbe modificato il suo stato morfologico e conseguentemente la sua predisposizione ‘morbosa; e ciò tanto più To enLe sarebbesi ottenuto in ragione della sua stà giovanile. Ed il miglioramento, in vero, era di tanto progredito, che i parenti, oi parecchi mesi di cura, vollero ricondurre a casa il figlio loro, promettendo ‘ la più fedele osservanza delle nostre prescrizioni igieniche. Ma dopo tre mesi, poco più, mi verine ripresentato il ragazzo in condi- zioni peggiori di quelle che offriva al suo primitivo ingresso nella Clinica. I ‘parenti che l’accompagnavano accusarono direttamente la ragione di questo cioè la impossibilità in cui erano di impedire che venissero violate le fatte ‘ordinazioni. Per indicare in quale stato si trovasse il paziente dovrei ripetere l’esame obbiettivo di prima ed aggiungere, che questa volta erano anche più mani- ‘festi i fenomeni di alterazione circolatoria. Cianotico il volto; le vene del ‘collo, del petto, delia parte superiore dell'addome enormemente intumidite; il ‘ventre oltre misura ampio, misurava 103 cent. Respiro breve, frequente, le vie ‘bronchiali ingombre da catarro, che veniva difficilmente rimosso, perchè la ‘enorme distensione del ventre innalzava il diaframma, spostava il cuore, impe- diva i movimenti respiratorî, Ja base di amendue le meta toraciche ottuse per ‘ipostasi. Il cuoreîingrandito specialmente nella metà destra, spostato, ma suffi- ‘cientemente valido ed i suoi tonì normali. Si deve palpare a scatto il ventre ‘per sentire il volume del fegato e della milza, i quali sono evidentemente in- ‘granditi. Copiosissima ascite con forte meteorismo. Sulle vene già descritte del segmento superiore dell’addome la mano percepisce un fremito; e l’orec- chio il noto rumore di soffio. Le secrezioni scarsissime : pelle asciutta: le ‘urine ridotte a pochi grammi, di colore rosso scuro, ricche di urati, tracce di albumina; dejezioni diarroiche, indifferenti, modiche per quantità. Urgeva soccorrere il paziente con mezzo prontamente efficace, però venne ‘praticata la paracentesi e si estrassero con questa sette litri di siero limpido. ‘Tosto dopo si esplorò il fegato che venne constatato di volume minore di "quando s° accoglieva il paziente in Clinica la prima volta, ma di consistenza ‘maggiore del normale. La milza invece s’ era ingrandita come non fu mai innanzi riscontrata. Dopo ciò volli, richiamare la storia passata e la diagnosi prestabilita, e ‘quindi da quel concetto diagnostico prendere le mosse per formulare il mio ‘giudizio sullo stato presente. Io aveva detto cpermegalia congenita degli organi ipocondriaci, con accenni di manifestazioni infiammatorie del fegato in soggetto linfatico con probabili anomalie vascolari. Il paziente, come dicemmo, era ridotto in condizioni di salute insperate «#ma dovevano mantenersi con un sistema di igiene che ritenevo necessario, viste le sue condizioni congenite e costituzionali. Io ammetteva che nel pa- ziente tutto avesse luogo come una manifestazione della sua costituzione lin- ' fatica. Vediamo ora quanto di vero esistesse in queste affermazioni. I sintomi clinici sovraesposti, vale a dire, lo sviluppo del ventre, l’ascite, le urine scarsissime e colorate, il fegato indurito, la milza voluminosa, si 80 riferivano ad una condizione anatomica che tutti ravvisano facilmente, la cirrosi epatica. Ed io affermai essere in corso questa infermità. Se non che, dati i prece- denti che conosciamo, il mio pensiero non s’ arrestava a questo concetto, e mi premeva specificare con qualche particolare la natura del processo mor- boso, quindi mancando le più note cause della cirrosi epatica, riconoscendo l’efficienza dannosa della disadatta igiene alimentare, ammettendo che questa fosse capace di tanti effetti sul fegato, attesa la sua speciale morbilità, ag- giunsi, che adoperava la frase cerrosi epatica perchè consacrata dall’uso, ma che io avrei meglio espresso il mio pensiero e certamente meglio caratteriz- zato il processo morboso, dicendo infiammazione linfatica del fegato (1). Considerando poi altri fenomeni, p. es., la mancanza degli edemi alle estre- mità, sebbene avessimo sconcerti della circolazione centrale, escludeva che in questo caso avessimo una compromissione qualsiasi della vena cava infe- riore; mentre considerando di bel nuovo l’ eccezionale sviluppo delle vene addominali ed i soffii relativi, confermavo il dubbio che nel paziente esistesse qualche anomalia vascolare di prima formazione. E ciò come un accessorio alla diagnosi fondamentale, non come un elemento etiologico necessario. Troppo lungo sarebbe riprodurre il minutissimo diario. Malgrado i nostri sforzi curativi, il paziente, sebbene migliorasse, pure non andò tanto oltre il miglioramento da farci concepire speranze di salvezza. Rimase stazionario per non breve tempo; nè cianosi, nè difficoltà di respiro, nè voluminosa ascite, ma appetito languido, bisogno d’affrettare le urine, senso penoso di gonfiezza al ventre e dolorucci frequenti e debolezza generale. Così procedendo le cose un giorno s’ aggiunse discreto movimento feb- brile. Quasi tosto dopo notammo qualche scossa di tosse ed una certa fre- quenza nel respiro senza che il cuore si palesasse anormale per volume, per sede, nè per funzione. Conseguentemente credetti esporre alcune considera- zioni sulla probabilità di una nuova insorgenza fenomenica, — quella della tubercolosi finale. Invocando anzi tutto i fatti dell’ esperienza clinica, dissi che in generale deve ammettersi, che la cirrosi epatica possa finire con la tubercolosi acuta. Richiamando poi tutti i precedenti del nostro paziente di- mostrava come in questo ultimo episodio si dovesse trovare la conferma della esposta patogenesi del caso come la conferma di ciò che aveva detto trattando del caso medesimo in diverse occasioni, cioè che lo studio della patogenesi della cirrosi epatica infantile, deve spargere alquanta luce sulla patogenesi della cirrosi epatica in genere. In vero, lasciando da parte ciò che ancora è discutibile sulla identità, o meno, della serofolosi e della tubercolosi prendendo i fatti come clinicamente è possibile, per farci un concetto di essi che ci regoli nelle contingenze pratiche, possiamo dire, che nel nostro pa- ziente, nel quale abbiamo fatto assegnamento: l. sulla circostanza della iper- \ (1) Anche presentemente ho in Clinica una giovane che — accolta coì sintomi generali e locali della cirrosi epatica — in seguito a .trattamento diagnostico e terapeutico conforme a quello tenuto nel caso del quale sto occupandomi in queste pagine, presentò splendido risultato comprovante la giustezza dei concetti dottrinarî che professo nello spiegare la | patogenesi della epatite interstiziale che mena poi alla cirrosi. La malattia di questa gio- vane datava da due anni; l’ ascite era colossale, l’ aspetto cachettico; ora ha nutrizione Norida e ‘benessere. Come si potrà in avvenire elidere l'influenza delle speciali condizioni dell'addome, dove esiste ipermegalia epatica e splenica? Questo è il segreto della igiene ed è oggetto di esperimento clinico, di cui mì occuperò espressamente in altra occasione. 81 megalia epatica congenita; 2. sulla costituzione sua linfatica, per compren- dere la modalità del processo morbuso, potevamo scorgere in essa l’ambiente opportuno per l'eventuale sviluppo della tubercolosi. Eventuale nel senso che quando con la condizione predisponente per la cirrosi epatica esista, o si renda — per l’ esaurimento nutr.tizio — più spiccata la predisposizione mor- bosa in altri organi, allora può darsi che la cirrosi epatica abbia ad ultimare con la manifestazione della tubercolosi. Sulla quale, nel caso nostro,.di giorno in giorno abbiamo potuto acquistare la maggiore convinzione esaminando i fatti polmonali e considerando lo stato generale del paziente. Cessò di vivere ° fra.le angosce della crescente dispnea. La necroscopia ci ha dimostrato: aplasia dell’ aorta: l’ arteria innominata, più piccola, più lunga del normale e risiedente sopra un piano orizzontale. Tubercoli di recente produzione sulle pleure : polmoni affatto immuni dalla tubercolosi. Il fegato più voluminoso del normale, assai consistente. Il perie- pate inspessito, indurito, di colore grigiastro. Il peritoneo, come i polmoni, immuni dalla tubercolosi. _L’alterazione epatica quale osservai in numerose sezioni anatomiche fatte su pezzetti dell’organo, previamente indurito nell’ alcool, a piccolo ingrandi- mento mostra il peripate fortemente inspessito dal quale si vede dipartirsi ed inoltrarsi in:grembo al tessuto del fegato fasci di fibre, ramificandosi e disperdendosi in varie direzioni, ed impartendo al fegato un aspetto singolare. Si rileva facilmente come il tessuto epatico sia interrotto dall’ elemento di nuova formazione e quasi diviso e suddiviso in isole di differente forma ed estensione. L’ alterazione ad ingrandimento maggiore, considerata nel corpo dei fasci fibrosi penetrati nell’organo e nelle isole epatiche adiacenti, lascia vedere il fascio di sostanza neoformata constare di giovani fibre connettivali sul cui decorso stanno numerosissimi elementi embrionali. Questi si moltiplicano e si addensano sui confini delle isole epatiche, dove il tessuto superstite ac- quista quasi l'aspetto spugnoso. Nel tessuto epatico superstite ad ingrandimento anche maggiore non è più discernibile il lobulo epatico: le cellule epatiche disgregate dall’ elemento embrionale di nuova formazione, deformate, e molte trasformate per degene- razione grassa. Per quanto si esaminasse e, si ricercasse non fu mai possibile vedere una cellula gigante, nè bacilli tubercolari. I vasi di calibro irregolare, ripieni di elementi che hanno gli stessi caratteri di quelli che stanno sui confini delle isole epatiche e che secondo ‘me, tanto possono essere presi come canalicoli biliari di nuova formazione, quanto possono essere tenuti come vasi linfatici. È importante il fatto della assoluta deficienza di vasi sanguigni in mezzo alla sostanza connettiva e agli elementi embrionali. 1 | ll caso che ho ora narrato ha non pochi punti di analogia con quello che feci conoscere al vol. I. dei Commentari succitati a pag. 363 e seg. trattando della patologia della cava inferiore. — Richiamo alla memoria questo caso per il fatto che non vi fu nemmeno il sospetto di tubercolosi in vita, e sul cadavere non si trovarono tracce nè di antica nè di recente tubercolosi. In- vece anche in quel caso venne riscontrata aplasia dell’ aorta, ingrossamento fibroso della glissoniana, dalla*quale nascevano fasci fibrosi, che penetravano nell’organo e interrompevano la continuità del tessuto, producendo il risul- tato della cirrosi epatica. Quivi la lesione era meno avanzata e potevasi di- stinguere ancora la diramazione dei vasi portali e l'invasione di queste dal 4 82 processo della iperplasia connettivale; le cellule epatiche, sebbene meno al- terate, pure si vedevano deformate; ricche di pigmento ed in corso di dege- nerazione grassa. Ma l'analogia fra i due casi spicca pure dal lato etialogico, perchè nell’un caso e nell'altro mancano tutte le cause esterne alle quali si suole attribuire l’origine nella malattia epatica e manca la sifilide ereditaria; mentre nell’uno e nell'altro caso abbiamo. sviluppo eguale di parti con straordinario volume del ventre, e per tutte le considerazioni che vennero apposte nelle due storie cliniche, avemmo anche una grande analogia nell’ andamento e ne’ sintomi della malattia, 1’ unica differenza — come dissi — sta nella tubercolosi finale che sviluppossi nel caso or ora narrato. - Per me questi due casi costituiscono due tipi di disposizione alla cirrosi epatica, due esempi della massima disposizione , che consiste nella speciale morbilità degli elementi linfatici che entrano nella costituzione anatomica della glandola epatica. Questo fatto — dimostrato dalla singolarità del reperto — non è in tutti gli individui egualmente manifesto, perchè è noto che ogni individuo pre- ‘senta una varietà della organizzazione. Quindi non deve meravigliare se in un caso la cirrosi della infanzia va associata ad alterazioni congeneri in altri tessuti, od organi, oppure rimanga isolata. Se poi prendiamo in considerazione che la cirrosi nella infanzia si mani- festa come effetto di pronunciatissima disposizione morbosa degli elementi linfatici che entrano nella costituzione anatomica dell’organo; che nella età adulta la cirrosi epatica non sempre occorre quando hanno agito anche inten- samente cause dalla maggioranza riconosciute più frequenti e capaci di de— termiharla; che quando si deve spiegare il perchè le stesse cause negli uni producono l’effetto che loro s’attribuisce, che ‘manca invece negli altri, si va con la mente alla ipotesi della disposizione nei primi, e della non disposi zione nei secondi; bisogna ammettere almeno come verosimile, che la dispo- sizione alla cirrosi sia costituita dalla speciale morbilità degli elementi linfa- tici costituenti la glandola epatica. Le mie osservazioni in proposito confermano questo concetto, tanto che facendo lo studio dei casi di cirrosi della infanzia, ho trovato perfetta coin- cidenza tra i fenomeni morbosi dei piccoli pazienti, coi fatti, esposti da molti cirrotici adulti concernenti l’anamnesi remota, cioè le sofferenze dell’infanzia. È un male che non sempre l’anamnesi possa essere fatta col rigore scien- tifico necessario, per mettere in evidenza tutti i fattori natologici costituzio- nali; ciò nondimeno quando riesca la indagine storica, si scoprono i fatti importanti seguenti : 1. Il cirrotico, o discende da una famiglia nella quale, spesseggiano le manifestazioni morbose linfatiche, scrofolose, tubercolari, oppure esso, o qual- ‘che altro della famiglia, rappresentano l’inizio del deperimento costituzionale della famiglia medesima. 2. A conferma di ciò si viene a conoscere, che il paziente in qualche epoca della vita, o nella seconda infanzia, o nella adolescenza, ha superato forme morbose delle mucose dell’apparecchio respiratorio, dell’ apparecchio dige—- rente, o della cute, o delle ghiandole, che sogliono vedersi negli individui linfatici e scrofolosi. , 3. Che gli adulti predisposti alla cirrosi epatica costantemente soffrono un cotale sviluppo dello addome ed una certa inclinazione a fenomeni addomi- nali, fra i quali non mancano mai quelli che alludono ad una speciale suscet- tibilità epatica. . 83 d. La singolarità dei fenomeni addominali consiste in questo; o tendenza all’intemperanza della tavola, specie alle bevande alcooliche, o facilissima insorgenza di sintomi di stasi epatica con frequente turgore splenico. Nel primo caso gli eccessi della tavola e delle bibite spiritose inducono quello Stato di irritazione funzionale dell’organo, che finisce con la malattia; — nel secondo, dove è più pronunziata la morbilità, anche indipendentemente dai riconosciuti eccessi, la malattia a poco a poco si manifesta. Ricordo in pro- \posito il caso di cirrosi epatica sviluppatosi in una donna a 33 anni senza concorso delle solite cause e da me descritto a pag. 302 del Vol. I. de’ Com- mentari. ©. Come nella infanzia, così nell’ età adulta, la predisposizione morbosa è di vario grado e può associarsi alla predisposizione congenere di altre parti. , Così come nella infanzia la cirrosi epatica può associarsi a fatti di scrofolosi .e di tubercolosi, altrettanto nella età adulta si possono vedere tracce antiche e finali di scrofolosi e di tubercolosi. E se considereremo sotto questo punto di vista un fatto che ci è somministrato dalla esperienza clinica — cioè la | partecipazione alla cirrosi epatica del peritoneo e della pleura — si vedrà, che non si afferra tutto il lato scientifico dei reperti, dicendo che nel cada— vere del cirrotico possono trovarsi peritoniti e pleuriti. Ma, stando sempre ai fatti, dovremo aggiungere, che le pleuriti secondarie, quando esistono, di- notano chiaramente la costituzione linfatica dell’individuo e segnano un grado . maggiore di morbilità, rispetto a quei casi nei quali non si danno le accen- nate manifestazioni secondarie. E altrettanto deve dirsi della tubercolosi con la quale può finire la cirrosi epatica, cioè la tubercolosi si manifesterà quando precedano nel paziente condizioni morfologiche predisponenti. Fra i momenti causali della cirrosi si annovera la propagazione del pro- cesso irritativo da parti vicine, come avviene per la peritonite, sia pure questa infiammatoria semplice, o tubercolare. Ma non si deve dimenticare, che anche _ nella peritonite la cirrosi non si presenta costantemente come necessaria complicanza, o meglio, come successione morbosa. Non deve far caso questa differenza di comportarsi del fegato di fronte alla medesima causa, la peri- tonite? Secondo i principî elementari della patologia, per spiegare la immu- nità dell'organo di fronte alla diffusa peritonite, ce la passeremo comoda- mente accennando alla sua minore morbilità, alla mancanza della predispo- sizione morbosa. Viceversa, addurremo la sua maggiore predisposizione mor- bosa quando non mancherà la partecipazione della glandola epatica al processo morboso. Ma per comprendere questa predisposizione dovremo dire, che gli elementi anatomici del periepate e quelli che penetrano il fegato, non sono solamente analoghi agli elementi che costituiscono il peritoneo in preda al processo morboso, ma aggiungeremo, che per il fatto della loro partecipazione a questo, hanno lo stesso grado di irritabilità e di morbilità. Lo che equivale a quanto volli fin qui sostenere, accennando alla predisposizione alla cirrosi in genere. Quegli elementi che dal periepate vanno dentro all’organo, sono poi della | matura medesima di quelli che si trovano attorno ai vasi. Nel caso della pe- riepatite e della consecutiva cirrosi epatica, l’irritazione colpisce sempre ell elementi linfoidi e dalla glissoniana si propaga allo interno. Nel caso della cirrosi vascolare, di quella che parrebbe dipendere proprio dall’ abuso delle vivande e degli alcool, l’irritazione parte dagli elementi perivascolari. Ad ogni modo qui sta sempre la questione medesima, quella che riguarda la morbilità degli organi linfatici propriamente detti: i quali presentano strut- 84 tura identica considerati in due individui, ma in uno per cause comuni su- biscono l’effetto della irritazione formativa, si moltiplicano gli elementi, si trasformano producendo così conseguenze che si sogliono dire morbose, con- siderate in relazione col corpo umano, ma che sono naturale prodotto delle attitudini biologiche degli elementi linfatici stessi; mentre nell’altro individuo restano inalterati. A spiegare il fenomeno si ricorre all'argomento della co- stituzione linfatica — cioè a quelle circostanze di particolare organizzazione delle cellule, che si manifestano fisicamente pel loro predominio numerico nel tessuto che si considera, chimicamente per la intima combinazione di elementi da cui nasce la resistenza, o la debolezza delle cellule ed il loro particolare modo di comportarsi rispetto alle cause morbose. Conseguente- mente io credo, che per essere logici o consentanei ai fatti della Clinica e della anatomia patologica, ed insieme ai concetti più accreditati dalle mo—- derne ricerche biologiche sulla cellula, bisogna ammettere che la disposizione alla cirrosi epatica consista nella prevalente morbilità degli elementi linfatici che entrano nella costituzione anatomica della glandola. Questi concetti sulla patogenesi della cirrosi epatica fondati sulla spe- ciale morfologia dell’organo, avviano secondo me, a più giusto apprezzamento delle due forme fondamentali della cirrosi — l’atrofica e la Zpertrofica. Sebbene questa distivzione sia ammessa clinicamente e anatomicamente, dobbiamo pur convenire, che, considerati intimamente i fatti, non si riscon- trano caratteri differenziali e sostanziali, ma solo accidentali. È comune ad amendue le forme il sostrato anatomico, il tessuto linfoide perivascolare ‘e pericanalicolare. Se nell’una il punto di partenzà della iper- plasia cellulare sono i canalicoli biliari e nell’altra i vasi portali, questo non costituisce, morfologicamente parlando, un vero carattere differenziale, per- chè nella cirrosi ipertrofica si vede la lesione estendersi anche al sistema portale, come nella atrofica non risparmia i canalicoli biliari. Nell’una e nell’altra vengono lesi i lobuli epatici ed anche nella forma ipertrofica viene lesa in fine la vena centrale. Come clinicamente può aversi la forma ipertro- fica in principio della malattia e in ultimo la atrofica, altrettanto si osserva sul cadavere la successione dell'una all’altra. Se per giuste ragioni cliniche vogliamo insistere nella distinzione delle due forme, per altrettante giuste considerazioni morfologiche possiamo am- mettere, come già dissi, che la distinzione è puramente di forma; che la patogenesi di entrambe sta nella identica condizione di morbilità; che la forma clinica, massime nel suo esordire, giova a precisare alcuni momenti morbosi che possono forse concorrere a meglio determinare, oltre il con- cetto diagnostico, il piano terapeutico. Anatomicamente considerate le cose, vogliamo aggiungere qualche altra considerazione a conferma di ciò che precede. Il fegato anche nella cirrosi voleare nei primordî della malattia è aumentato di volume; e nella cirrosi ipertrofica, giunto alla sua fase di stazionarietà, principia poi a diminuire e talvolta diminuisce notevolmente come nell’atrofica. Non diminuisce quando la morte interrompe il corso del processo morboso. Questo vuol dire, che la distinzione della cirrosi in atrofica ed ipertrofica prima di tutto riguarda due diverse fasi della malattia, e non due diverse malattie; in secondo luogo riguarda la quantità degli elementi morbosi prodottisi nel tessuto epatico, di modo che, se si esaminano due fegati, per es., colpiti dalla cirrosi arrivata al medesimo stadio, sia dessa stata qualificata atrofica, o ipertrofica, vediamo che dove l’organo complessivamente preso si presenta di maggior volume, INIT O 85 l’esservazione microscopica rileverà maggiore produzione di elementi embrio- nali di tessuto connettivo. E de’ due fegati affetti dalla cirrosi ipertrofica pervenuta allo stesso punto di sviluppo della malattia, quello avente volume maggiore è quello che offrirà anche maggiore produzione cellulare, in mezzo alla quale, abbonderanno in modo meraviglioso gli elementi embrionali. Ammesso che la disposizione della cirrosi epatica in genere sia costituita da ciò che mi permetterò dire, per meglio farmi comprendere, irritabilità degli elementi linfatici e linfoidi dell’organo, si concepisce la ragione della varietà della forma clinica ed anatomica della cirrosi, di fronte alle cause medesime; e nel medesimo tempo si afferrano col pensiero tutti i rapporti che passano tra i precedenti morbosi del paziente e la malattia, tra questa e le sue complicazioni. Delle quali cose più ampiamente dirò in altra occa- sione trattando espressamente dell’ argomento. Qui aggiungerò, per finire, ‘qualcosa che si sostiene da alcuni relativamente alla guaribilità della cirrosi. Il lettore potrà riscontrare il caso che ho riferito nel Vol. I. dei Commen- farî trattando della patologia della vena cava ascendente, il quale riguarda un uomo, che nella Clinica mia era stato in preda a sintomi della più classica cirrosi epatica e che migliorato e guarito e dimesso dalla Clinica, dopo qualche tempo si tolse la vita avendo dissipato ogni bene ed essendo ridotto alla miseria. Si troverà pure, che fatta la autopsia per ordine dell’autorità giudiziaria, ottenni di ispezionare per conto mio il fegato, nel quale riscon- trai la cirrosi alla superficie del fegato sì che l’organo era involto da uno strato di tessuto cirrotico. Il rimanente dalla glandola era in istato normale. Le informazioni sulla salute dell’individuo prima che si suicidasse, mi fecero constare come egli stesse perfettamente bene e si fosse dato alla solita vita disordinata e straviziante. | Questo fatto, se non erro, è importante proprio perchè invita a discorrere sull’argomento della guaribilità della cirrosi epatica. . Intanto la prima domanda che dobbiamo farci è questa: la malattia dia- gnosticata durante la vita era forse limitata alla porzione periferica dell'organo come risulterebbe dalla necroscopia? Seconda domanda: il reperto necroscopico ci autorizza ad ammettere una assoluta guarigione, oppure la continuazione della malattia ridotta a così mite manifestazione da potersi dire latente? Quanto alla prima domanda, credo potere rispondere negativamente per le seguenti ragioni: 1. perchè il fegato era durante la malattia assai più vo- luminoso che sul cadavere, ed inoltre era dolente alla palpazione; 2. perchè tutti i sintomi generali e locali, per la loro intensità e durata, segnalavano nel modo più positivo una sofferenza epatica diffusa e grave. Dunque può ammettersi: che il processo morboso considerato in tutto l’organo non offriva dovunque le stesse cose, non era uniformemente distri- buito, non era in ogni punto pervenuto al medesimo stadio. Sarà stato negli strati superiori periferici più intenso e di data anteriore; in tutto il resto, per quanto diffuso, arrestavasi invece a quello stadio irritativo iperemico e di scarsa infiltrazione d’ elementi embrionali, costituendo così un prodotto morboso che potè venire alla risoluzione. Potrebbe dirsi essere tutto ciò impossibile. Tutt' altro : io anzi ritengo per fermo, che tutto ciò s’accorda col fatto, che la patologia generale e la Cli- nica accennano con la frase stadio irritativo acu/0 o subacuto. _ Mala necroscopia ha constatato normale il tessuto del fegato oltre l’accen- nata zona corticale; dunque, stando a questi fatti, si deve ritenere, che nel 86: "TO caso ricordato si verificò la risoluzione in quella parte dell’ organo che era in preda solamente allo stadio irritativo ed iperemico del processo morboso. La fase più inoltrata di questo, che osservavasi alla periferia dell’ organo, dimostrava forse che il punto di partenza del processo era la glissoniana — fatto, del resto, ammesso dai patologi e constatabile in molti casi, nei quali si considerano parziali alterazioni epatiche, corredare altri processi morbosi, dai quali è causata la morte — fatto che conduce poi alle cirrosi miste con tutte le possibili conseguenze negli elementi proprî della glandola. Quanto poi alla seconda domanda, se cioè quella crosta di cirrosi visibile alla periferia dell’organo dovevasi considerare come il reliquato di un pro- cesso estinto, io risponderò molto dubbiosamente. Dove il processo arriva fino alla produzione connettivale non si può discor- rere di guarigione e può supporsi così l’ assoluta cessazione del processo, come la sua latente continuazione. E credo di non aver bisogno di ulteriori parole per dimostrare ciò che tutti sanno e che l’osservazione istologica in ogni altro organo precisamente conferma. Concludendo: mi pare certo, che lo stadio iperemico-irritativo del pro- cesso morboso — quello che io dirò sfadi0 precirrotico — possa sospendersi e guarire come credo altrettanto certo, che lo stadio propriamente detto cirro- sante della malattia sia inguaribile. Ho assistito alla discussione su questo argomento che ebbe- luogo in un congresso di medicina interna a Roma (1889). Avrei voluto prendere parte alla discussione accennando prima al mio caso pratico, per fare poscia i com- menti relativi; ma ho creduto serbare il silenzio, perchè la disputa aggira—- vasi sopra un equivoco. Da una parte sostenevasi la guaribilità della cirrosi epatica e dimostravasi l’asserto enumerando i sintomi che avevano condotto alla diagnosi della malattia; — dall’ altra negavasi la guaribilità di questa, adducendo che se quei sintomi erano dati dalla cirrosi, la guarigione non sarebbesi verificata; — forse non era esatta la diagnosi. Su questo terreno la discussione era impossibile. Bisognava dissipare l’equi- voco e dimostrare prima di tutto la genesi di alcuni sintomi che da una parte e dall’altra erano riconosciuti come sintomi di cirrosi; ma che per gli uni, al sentire della guarigione verificatasi in alcuni casi, non dovevano essere ritenuti per quelli che gli altrl affermavano. Nel caso mio, visti i sintomi ri- prodotti nella storia, che sta scritta nel Vol. I, si conferma che la diagnosi di cirrosi epatica era stata fatta in piena regola; ma con le considerazioni sul fatto anatomico si arriva a comprendere, che i sintomi della cirrosi epa- tica possono insorgere anche quando la malattia si trova nello stadio ipere— mico-irritativo — nello s/adzo precîirrotico — cioè in una fase che può venire a risoluzione, che dunque non può essere annunciata nella formola diagno- stica di corrosî epatica. Non si può dire in tesi generale che la cirrosi epatica sia guaribile, perchè queste parole incontrano la confutazione di una quantità di casi, che ogni medico può raccontare e che: dimostrano il contrario. Affinchè la tesi sia. sostenibile, deve corrispondere ai fatti, e come i fatti di guarigione credo rappresentino la assoluta minoranza, così occorre circostanziare il concetto clinico e riportarci a quei dati casi nei quali è possibile la guarigione per le ragioni che ho esposto. Ripeto che la tesi posta in campo nella forma sua assoluta è pure obbiet- tata da un numero discreto di casi, nei quali si potrebbe pigliare come esempio di guarigione ciò che invece non è altro che una sosta del processo, un ‘mi- glioramento, non una completa cessazione. * ” 87 ì Quindi, secondo me, devesi intavolar la questione altrimenti; si deve dire così: Lasciamo da una parte il nome di cèrrosî, perchè ci mena facilmente ad equivocare; adoperiamo una parola meglio rispondente alla natura dei fatti clinici e sarebbe quella di epatite. Se pur vogliamo in omaggio a Laènec conservare nel dizionario la parola c2rr0s? distinguiamo allora la epatite se- condo gli stadî ed ammettiamo: — a) epatite interstiziale a stadio precirrotico; b) epatite interstiziale o stadio ciîrrotico. — Questo stadio si verifica in tutte le epatiti indistintamente; ma non in tutte egualmente, sia-per il tempo, sia per l’estensione e intensità del processo morboso. E nelle differenze anato- miche e cliniche che possono darsi, sopra tutto nelle epatiti a stadio ipere— mico, irritativo, riscontriamo i casi nei quali si verifieano le condizioni della guaribilità. Questi condizioni sono: la congestione dell’organo, l’ infiltrazione di ele- menti embrionali e la conseguente sua ipermegalia, e manifesta dolorabilità, le alterazioni secondarie nella circolazione portale, nella digestione, nella secrezione urinaria, e infine nella nutrizione generale. Solo in questi casi nei quali precede lo sviluppo dell’ organo per congestione, e subordinata— mente a questa condizione, vengono în campo i sintomi che generalmente accennano alla cirrosi epatica: disturbi digestivi, ascite, orine scarse inten- samente colorate e ricche d’urati, tinta caratteristica dell’individuo, ecc. Solo in questi casi, ripeto, si può vedere in un tempo maggiore, o minore, dissi- parsi la sintomatologia indebitamente attribuita alla cirrosi, più propriamente da ascriversi allo sfad%0 precirrotico. i Il caso che ho ricordato basterebbe da sè solo a far constatare la sinto- matologia ordinariamente attribuita alla cirrosi e che può guarire; ed io anche, senza alluders alla discussione fatta intorno alla guaribilità della malattia, avrei potuto presentarlo per quello che vale empiricamente considerato; € chi l’avesse raccolto poi in un lavoro monografico sulla cirrosi epatica, l’avrebbe ricordato specialmente nel paragrafo dell’esito della malattia, per dire che può in qualche caso arrivare alla guarigione. i Ma la notizia puramente empirica non avrebbe avuto importanza alcuna, anzi sarebbe stata contraria-alla verità, come è facile convincerci dopo i com- menti che ne abbiano fatto. Dopo'ciò voglio dire, che l’argomento quivi discusso è tutt’altro che esau- rito. Molto resta a dire intorno alla sintomatologia che si attribuisce alla cir- rosi epatica e che io dissi doversi ascrivere alla fase iperemico-irritativa della epatite; ma non è questo il luogo per discorrerne diffusamente. Mi limiterò ‘a rilevare quello che per mia esperienza parmi utile alla dimostrazione della tesi. _ I fenomeni che in blocco si pigliano come sintomi della cirrosi e che ve- demmo potersi trovare uniti nello stato iperemico-irritativo della epatite, non sono in tutto e costantemente dipendenti dalla alterazione del fegato; quindi, o possono essere lievissimi e quasi passare inosservati, o possono mancare affatto. Restano i fenomeni chie diremo più strettamente epatici — il turgore della glandola, il senso di peso, d’indolenzimento dell’ ipocondrio destro, i disturbi gastrici — i quali nella maggioranza dei casi preludiano la cirrosi epatica; ma non vengono addirittura presi come sintomi di questa. Solo se si pronuncia il meteorismo, l’ascite, la oliguria ed altri fenomeni inerenti alle stasi addominali, si va con la mente alla diagnosi; ma — come facemmo ragionando delle condizioni anatomiche del fegato, — discorrendo ora dei sintomi, dobbiamo convincerci, che cercando le cause dei fenomeni 88 — . ora accennati, troveremo che è un errore correre con la mente al concetto di cirrosi, mentre non è che iniziato lo stadio iperemico-irritativo. È un er- rore che conduce all’altro di credere siasi guarita la cirrosi, quando si vedono dissipati i fenomeni d’alterata idraulica epatica e addominale, che dipendono invece da altre cause. E queste possono risiedere nella speciale combinazione morfologica dell’ad- dome, ma non nel fegato (veggasi in proposito la 3* Combinazione morfolo- gica in Morfologia del corpo umano): possono essere coadiuvate da altre che stanno in alcune anomalie funzionali del centro cardiaco e della cava ascen- dente; e consistono in una determinata condizione morfologica del sistema vascolare, fatta più manifesta da errori dietetici e da altri disordini intesti- nali conseguenti. Però si comprende facilmente, come avvenga la complessa sintomatologia dei casi che danno la felice parvenza della guarigione: — quando inizia lo stadio ip«remico-irritativo del fegato, si verificano, anche per ragioni inerenti alla innervazione, alterazioni circolatorie, che da una parte accrescono il pro- cesso morboso del fegato, dall’ altra agevolano i trasudamenti addominali e le stasi renali; e chi guarda superficialmente la cosa, coglie argomento per la diagnosi di cirrosi epatica, che è precoce, non che per la curabilità di questa malattia, che è una illusione. Discorrendo nel Vol. I. dei Commentari di alcuni processi morbosi complessi, ho detto alcune cose che qui possono esser ricordate utilmente per compren- dere il meccanismo dei fenomeni che si sovrappongono a quelli dello stadio iperemico-irritativo del fegato e ho anche accennato alla maniera con la quale a poco a poco scemano e scompariscono anche per ragioni indipen- denti dalla cura, ma che certamente sono dalla cura stessa coadiuvate e quindi si ottengono risultati terapeutici, che a coloro i quali hanno diagno- sticato precisamente la cirrosi epatica, si impongono come esempiî di guari- gione della malattia. Affinchè le cose sieno poste nella miglior luce e considerate senza illu- sioni, nè teoriche nè pratiche, bisogna — secondo il mio modo di vedere — attenerci a questi concetti: 1. La predisposizione alla cirrosi epatica è espressione di una data condizione morfologica del fegato, e più specialmente degli elementi linfatici e linfoidi che entrano nella sua compage. 2. Questo sostrato è il punto di partenza di quelle alterazioni che si mani- festano sotto forma di cirrosi ipertrofica e di cirrosi atrofica. 3. Il processo morboso può considerarsi una vera infiammazione intersti- ziale dell’organo; e può questo processo distinguersi in due stadîì fondamen- tali — lo stadio precirrotico e lo stadio cirrotico. 4. I sintomi coi quali si accompagna il primo stadio possono simulare quelli che son proprî al secondo; — se ne distinguono per la guaribilità; — non dipendono direttamente, nè esclusivamente dalla lesione epatica a diffe- renza di quelli del secondo stadio, che ne dipendono direttamente e quasi esclusivamente. 5. La cirrosi confermata non è guaribile. In un prossimo articolo dimostrerò con una storia clinica, che la > Estero » = Corso Vittorio Eman. N.73;|Gli abbonamenti si ricevonoin Un numero separato . . » 2 = ||Pavia dall’Editore edai Redat- ; Î È Lai sso Un numero arretrato . . > = Ogninum.° è di 32 pag.“{tori. P. MAGGI: Di un’acqua gozzifera. — R. ZO0JA: Sulle sostanze cromatofile del nucleo di alcuni Ciliati. — DE-GIOVANNI: Della predisposizione alla Cir- rosi epatica secondo i dettami della Morfologia clinica (continuazione e fine). — CANNA: Programma di un corso libero di Archeologia. — PA- RONA: Elmintologia italiana, Bibliografia, Sistematica e Storia (continua- zione e fine). — Necrologio. DI UN’ ACQUA GOZZIFRRA pel Dott. PAOLO MAGGI Troppo lungo sarebbe riferire tutto quanto fu detto e scritto sulle cause del gozzo, sia sporadico che endemico; d'altra parte non è mia intenzione di far qui una discussione intorno ad esse. Ricorderò solamente che già fu notato dagli antichi os- servatori essere questa deformità comunissima in vicinanza alle grandi catene di monti specie in Ispagna, Svizzera, Ba- viera, Carinzia, regioni alpine, e limitatamente anche in alcune contee dell’ Inghilterra. i Il Coindet, seguendo il dettato d’Ippocrate, dava come causa del gozzo l’acqua proveniente dalle nevi. I soldati, egli dice, « di guarnigione a Ginevra, giovani per lo più stranieri, che » bevono di quest’ acqua, vengono attaccati da tale malattia 98 » in grado più che mediocre ed assai sollecitamente, la quale » si dissipa poi da se stessa cangiando bevanda e l’acqua di- » stillata ne impedisce l’ aumento e contribuisce ancora alla » sua diminuzione ». È Abbiamo invece Foderè che fa riflettere come il gozzo si osservi nelle vallate della Savoia e in quelle della Svizzera più spesso ad una certa distanza dai ghiacciai e dove non si fa punto uso di acqua proveniente dallo squagliarsi della neve. Basta osservare per esempio che fra gli abitanti del Labrador, che fanno uso esclusivo di acqua di neve, il gozzo è sconosciuto, come è pure sconosciuto fra tutti gli abitanti dei paesi posti in vicinanza ai poli, e di quelli, fra noi, posti più in alto sulle Alpi. Vi sono altri autori, che credono doversi attribuire il gozzo endemico alle acque cariche di principi selenitosi od argillost, di sali calcari e magnesiaci, e che hanno un lungo decorso privo dell’azione dei raggi solari; sarebbero le acque così dette crude, îndigeste: ma quante acque vi sono che l’analisi chimica dimostra essere come queste, e che non danno punto il gozzo a chi le usa. Jhonson avrebbe osservato che la quantità dei gozzuti di- minuirebbe man mano che i fiumi Reno e Rodano, s’ avvici- nano alle loro foci, ove l’acqua è limpida e chiara da latti- ginosa che era, avendo deposte le sostanze terree e minerali. È stata messa avanti, come causa del gozzo, anche la man- canza di jodio nelle acque potabili; ma nella relazione sul Cretinismo in Lombardia, fatta dalla commissione nominata dal R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere (Milano, 1864), sì trovano molti dati per combatterla. Il Cullen, Saussure, Foderè, Bordeau ed altri ancora danno tutta la causa del gozzo endemico alla qualità dell’aria troppo umida e calda. \ Si dovrebbe dunque riscontrare il gozzo endemico nei luoghi non ventilati, esposti a mezzodì, riparati dalle brezze nordiche. Ma qui cade in acconcio un’osservazione stata fatta dal Dot- tor Cavagnis in una sua relazione sul gozzo e cretinismo, secondo la quale si avrebbe tutto l’opposto; cioè di due con- trade l'una esposta al sole e poco provvista di acqua, e l’altra alla radice del monte, quasi priva di sole e molto provveduta tel st iste e CR TM I Î È è a 99 di acque chiare e fresche, la prima difetta di gozzuti, mentre ne abbonda la seconda. Vi è poi qualche autore che trova preferibile raccogliere gli elementi buoni delle due opposte correnti, in una teoria ecclettica accagionando e l’ acqua e l’aria, ma si capisce es- sere questa una deduzione a priori un po’troppo conciliativa. Alcuni escludendo le acque potabili, danno tutta la ca- gione per la formazione del gozzo endemico, al metodo di vita faticoso ed in genere ad ogni azione meccanica che troppo agisca sulla ghiandola tiroidea, interessandosi solo dell’ alto grado di irrorazione sanguigna della ghiandola stessa. Costoro pongono avanti dei quesiti che sono di abbastanza facile contestazione. Essi dicono: perchè non tutti gli abitanti di un paese ove il gozzo è endemico, sono gozzuti? perchè paesi forniti di acque potabili softo ogni rapporto igienico, sono infestati da tale deformità? perchè l’impianto di.stabilimenti industriali che esigono grandi fatiche da parte degli operai, fa accrescere il numero dei gozzuti ? Al primo quesito si risponde subito che, per la stessa ra- gione, che le malattie accertate infettive rispettano un certo contingente di persone, per il solito asserto che in esse non evvi predisposizione, così pure è per l’agente che da luogo al gozzo. In che consista poi la predisposizione al'gozzo, dirò in un altro lavoro. Per il secondo, siccome non parlano di analisi microscopica delle acque e si accontentano del solo esame fisico chimico; così è inutile che stia confutandolo per- chè è già ad evidenza dimostrato oggigiorno come l’esame chimico dell’acqua sia insufficiente, se non coadiuvato dal mi- croscopico e protistologico. Riguardo al terzo, esso può tut- tal più valere per ispiegare casi di gozzo sporadico che non sì possono negare ma dei quali nun è mia intenzione trattare perchè argomento già diffusamente discusso: più avanti però si potranno far entrare alcuni casi che apparentemente ap- partengono a questa categoria, in quell'altra di vera endemia, qualora l'esame delle acque bevute da quegli individui com- provasse l’esistenza degli esseri cui si dovrà attribuire la causa del gozzo. Nella sopracitata relazione sul Cretinismo in Lombardia della Commissione -del R. Istituto Lombardo, è detto: final- ‘100 mente ora (1864) si vorrebbe, che il gozzo si svolga sotto l'in. fluenza delle acque potabili, nelle quali si trovano sciolte o sospese sostanze organiche in via di decomposizione, e si va. al punto di credere, che il principio generatore del gozzo sia il prodotto di una crittogama, o di un microzoo speciale. Ma chi cercò di assodare quest’ipotesi fu Klebs (1) appunto coll’analisi microscopica delle acque che si bevono in quelle località in cui domina il gozzo. Egli prese ad esaminare microscopicamente, fra lo altre le acque delle sorgenti, che servono per l’ acquedotto di San Giovanni in Pongau nel Salisburghese, le quali scaturiscono da un terreno a prato. E, come si sa, vi rinvenne diversi mi- crorganismi, corrispondenti a bacilli, monadi e diatomee, inoltre corpuscoli a forma semilunare, che, pel momento, chiamò na- vicule, e una forma di un piccolo infusorio avente la figura di un tetraedro un po’ irregolare; frammenti vegetali, detriti angolosi di pietra, in parte di color bruno, in parte incolori e trasparenti (particelle di quarzo). Le sopranotate forme di infusorj, monadi e navicule, non rinvenne nelle acque potabili delle regioni in cui non domina il gozzo. Coll’acqua di S. Giovanni in Pongau, istituì poi delle esperienze su cani, dalle quali potè concludere che i micror- ganismi in essa contenuti devono considerarsi come causa del gozzo. In seguito, come scrisse al Prof. Leopoldo Maggi, il con- fronto di questi microrganismi coi nuovi trovati in Salzburg, lo persuase trattarsi di una sola specie di flagellati. Da qui la Monas strumosa o Monas Klebsti, da Maggi dedicata a Klebs. La Monade del gozzo dal suo scopritore è così descritta: « Corpo ovoide allungato, con apice acuto e piegato da una parte, sul quale trovasi un flagello. In istato di quiete sotto l'apice, e sempre dalla stessa parte, trovasi una rientranza, la quale corrisponde ad una chiazza lucida dalla parte dorsale e perciò pare verosimilmente un’apertura boccale. L'estre- mità posteriore attondata in seguito a contrazioni e special- (1) KLEBS: Studien iber die verbreitung des Cretinismus in Oesterreich sowie uber die ursache der Kropfbildung. — Praga, 1877. PETTINE e I TI SIPARIO E REATI CITI 101 - DS — mente quando la parte anteriore si è fissata, cambia la sua figura; dalla parte concava fuoresce un prolungamento ed al- lora la monade ha la forma di un triangolo sferico con due. lati concavi ed uno convesso. Assai di rado questo microrga- nismo giunge a 2-6 4 in lunghezza ed a 0,83 E in larghezza. Il più delle volte è sempre più piccolo ». Nei miei ripetuti esami ho trovato che il protoplasma della monade è incoloro, che vi è un vacuolo contrattile alla parte ventrale o centrale, che vi sono alcune granulazioni a con- torno oscuro, salienti sulle altre poche granulazioni proto- plasmatiche circolari. Inoltre, movimenti oscillanti laterali dalla parte anteriore, oscillanti dall’avanti all’indietro dalla parte posteriore quando non si allontana molto dal posto. Il moto di traslazione, si fa dalla parte del flagello; il flagello è lungo (a quanto sembra) una volta e mezzo il corpo, facil- mente visibile alla base, difficilmente invece alla sua estre- mità. La monade sta entro detriti vegetali giallo rossastri. Trattate colla safranina, le monadi del gozzo furono be- nissimo colorate in rosso, lasciando così distinguere un endo- plasma molto più tinto in rosso, ed un ectoplasma roseo pal- lido con una stria trasversale di ectoplasma. Ora sarebbe stato facile per noi l’esaminare le acque di una località analoga ove domina il gozzo e ripetere le ricer- che sperimentali di Klebs. Invece si è creduto bene di cercare un’altra plaga ove il gozzo non è dominante ma vi esiste li- mitato e nel numero delle persone affette e nello spazio, cir- coscritto all’ abitazione delle medesime e la cui causa potesse inferirsi solamente all’ acqua da loro costantemente usata. escludendone l’ereditarietà coll’anamnesi dei gozzuti. In altri termini parve più opportuno quello di trovare dapprima col- l’ esperimento fatto, pur troppo, sull'uomo, un'acqua che si potesse dichiarare gozzifera per poi esaminarla al microscopio. La località incontrata, fu la Valcuvia perchè in essa non domina il gozzo ed in genere le sue acque sono buone come salubre ne è l’aria. Infatti la Valcuvia è un ampia vallata. della provincia di Como circoscritta da due catene di prealpi parallele fra loro e distante circa un chilometro, aperta a nord-est verso la Svizzera ed a sud-ovest verso il Lago Mag- giore, sempre ben ventilata appunto per questa sua disposi- 102 zione. I monti che la dominano sono di calcari giuresi e di dolomie triasiche, coperti da terreno erratico opportuno per la vegetazione che si mostra rigogliosa sino alla cima dei monti. Questi per la loro poco altezza (il più alto è circa 1400 metri sul livello del mare) non hanno nevi perpetue, nè cre- pacci ove vi sia un deposito perenne di nevi; anzi il clima vi è meno rigido d’inverno che non da noi nella valle del Po, quantunque più a sud. Il letto della valle è coltivato al pari di uno dei migliori fondi del basso agro-lombardo e vanta anch’ esso dei prati ir- rigatori. Il substrato del letto è in molti punti torboso il che spiega come al di sotto si debba trovare uno strato argilloso abbastanza considerevole, perchè come si sa, è condizione ne- cessaria alla formazione della torba l'avere uno strato imper- meabile al di sotto ed una irrigazione lenta ma costante dello strato superiore. La torba è muschiosa, mista a sabbia ed ar- gilla, quindi rimestata dall’ acqua dei terreni laterali della valle. Fra i diversi paesi della valle quello di Cuvio presenta delle acque potabili già trovate salubri dall’ esperienza fatta sull’ uomo e constatata pure per tale dall’ esame microscopico praticato per il confronto di altre acque potabili. Il paese di Cuvio non ha gozzuti ma in vicinanza ad esso alla distanza di circa 10 minuti di cammino e precisamente nel così detto carreggio di Cuvio che è costituito dal terreno della parte più bassa del letto della valle, vi è una Cascina, chiamata Vira, abitata da una famiglia nella quale osservansi i casì di struma. Questa famiglia composta dal padre ottantenne, dalla ma- dre settantenne e da 7 figli dei quali 5 femmine e 2 maschi, abitava 20 anni or sono nel paese di Cuvio senza che nes- suno de’ suoi membri nè gli avi di questi avessero gozzo. Trasferitasi nella cascina Vira, le figlie che furono quasi subito maritate non hanno gozzo, quelle invece che rimasero in seno alla famiglia e sono due, divennero discretamente goz- zute, e maggiormente poi ne fu affetto il maschio che rimase in famiglia, mentre ne sono tuttora liberi il padre e la madre. Importante pure è da notarsi che una delle sue figlie gozzute essendosi maritata, rimase fino a due- anni or sono, ad abitare 103 collo ‘sposo, in quella stessa casa paterna e mentre ad essa continuava l’ accrescimento del gozzo, in capo a poco tempo ne venne affetto anche il suo marito, il quale pure escludeva l’ ereditarietà del gozzo. Dei cinque figli poi avuti da questa, i primi due che abitarono nella cascina (perchè da due anni questa famiglia si staccò dalla casa paterna), rispettivamente fino all’età di 10 e di 12 anni sono affetti di leggero grado di struma, il quale però era più pronunciato ed andò dimi- nuendo dall’ epoca nella quale abbandonarono come dissi la Cascina Vira per portarsi ad abitare in altra cascina (Gera) distante forse un 300 metri in linea retta dalla prima ma dove usano d’ un’ altr’ acqua proveniente dal declivio dello spe- rone del monte sovrastante. Questi sei casi di gozzo sembrano dovuti a qualche cosa riferentesi alla località, che non ha agito sul padre e sulla madre perchè individui già completamente sviluppati ma che | colpì i figli essendo individui giovani e di costituzione piut- tosto linfatica. Gli stessi gozzuti attribuiscono la loro deformità all’ ac- qua potabile quantunque limpida e fresca, e già furono dal medico consigliati ad abbandonarla ma il consiglio non è ese- guito, essendo a loro di troppo disagio l’andare a provvedersì d’acqua in paese, pei propri bisogni giornalieri. E veramente considerando le condizioni di loro dimora e di loro nutrimento le quali sono identiche a quelle di altri abitanti immuni da gozzo, non resta che la qualità dell’ acqua perchè gli abitanti della cascina Vira sono obbligati a pren- derla da un rigagnolo di un prato vicino, il quale, prima del suo sbocco, alla portata della presa d’acqua, passa sotto il prato, mentre gli abitanti di altre cascine pure poste nel letto della valle l’ hanno da pozzi o direttamente dalla sorgente. É un’acqua quindi quella che serve per la famiglia della cascina Vira in condizioni totalmente diverse da quelle delle altre acque potabili in genere della Valcuvia, e pei suoi ef- fetti prodotti è da ritenersi gozzifera. Anzi mi pare che questi casi si possano presentare come esperimenti direttamente fatti sull’uomo per la produzione del gozzo, causato dall’ acqua bevuta. Pertanto l’acqua del prato che passa vicino alla cascina 104 Vira in Valcuvia, mi parve opportuna per essere studiata al. microscopio, sotto il punto diivista eziologico del gozzo, tanto più che le condizioni di sua giacitura, sono analoghe a quelle delle acque potabili del Salisburghese studiate da Klebs; le quali, come si è detto scaturiscono pure da un terreno a prato. Inoltre tanto la nostr’ acqua, come quella del Salisburghese, non lasciano alcun residuo notevole, asciugate che siano sul porta oggetti; perciò la loro parte calcarea, è quasi trascu- rabile. Per gentilezza poi dell’egregio signor dottor Purgotti assistente al Laboratorio di Chimica generale della R. Univer- sità di Pavia, diretto dal chiarissimo Prof. Comm. Tullio Bru- gnatelli, e ai quali rendo pubbliche grazie, ebbi l’ analisi chi- mica dell’ acqua del prato a Vira in Valcuvia. Esame microscopico. L'esame microscopico di quest’ acqua fu fatto e ripetuto su diversi saggi tolti e al pelo dell’acqua e al suo fondo, in diversi tempi; come pure non si trascurò l'esame del deposito lasciato dall’ acqua dei diversi saggi raccolti. Una prima serie di esami diede questi risultati : Tra i Flagellati, diverse Monadi, alcune allungate altre ap- partenenti alla Monas termo Ehr., ed altre simili a quelle già trovate da Klebs nelle acque del Salisburghese e dal professor L. Maggi in quelle della Valbrembana; Diatomee e tra esse la Navicula oculata Brebis. ed altre del genere Cocconeis; una crittogama a forma d’Aspergillo, vari detriti organici di color giallastro, detriti inorganici; cristalli ottaedrici e lamine ret- tangolari di cloruro di sodio; nitrato di potassa e nitrato di soda. Una seconda serie, riferentesi all’ esame del deposito lasciato dall’ acqua attinta alla parte superficiale del fontanile, ha mo- strato: Trai Flagellati la monade del gozzo indicata da Klebs; alcune diatomee, avanzi di tessuti vegetali con clorofilla, de- triti vegetali giallo-rossastri, cristalli di urato di soda, parti- celle di quarzo, calce e amfibolo. Una terza serie, riferentesi all’ esame del deposito lasciato dall’ acqua attinta alla parte profonda del fontanile, ha dato: protisti appartenenti a diverse classi (Bacteri, Flagellati, Dia- tomee, Rizopodi, Ciliati); qualche alga: M@rismopedia glauca a a è. Ren eo TRI PISO SP, "e DG È È dà 2 3 È s s DI È 105 i. Ulotrica tenerrima Kitz.; avanzi di tessuti vegetali | giallo-rossastri, cristalli di urato di soda, particelle inorga> niche. Tra i Bacteri, oltre il Bacterium termo Duj. vi erano molti microbacteri simili a quelli della nitrificazione, piccolissimi, immobili. Tra i Flagellati, diverse Monadi (Monas termo Ehr., Monas lens Duj.), la Monade del gozzo secondo Klebs, altre monadi analoghe a quelle del gozzo, ma più piccole. Inoltre, Cerco- monas fusiformis Duj., Heteromita ovata Duj., Petalomonas abscissa Kent. Tra le Diatomee (diversi individui di Navicula oculata Bre- bis., Navicula gracillima Prist., Navicula exilis Rab., Navicula binodis, Rab., Navicula veneta Rab., Achnanthes exilis, v. mi? nutissima Br., Cocconeis placentula Ehr., Cocconeis salina Rab., Amphora ovalis Kitz., Synedra minutissima Rab., Pinnularia nobilis Ehr. ‘|. Trai Rizopodi, diverse Amebe lisi radiosa Duj., Ameba guitula Auerb.) diverse Difflugie (qualcuna probabilmente nuova specie), un’ Euglifa (Euglypha alveolata Duj.). Tra i Ciliati, il Cycldium glaucoma Ehr. Il residuo delle gocce acquee evaporate sul porta oggetti allorchè veniva trattato con genziana allungatissima, mostrava 1 Bacteri della .nitrificazione tinti in violetto, allo stato di gliabacteri e di petalobacteri. Analisi chimica. Il campione di acqua analizzato, presentava i caratteri di un’acqua potabile, essendo limpidissima e senza deposito sul fondo della bottiglia; inoltre si mantenne per parecchi giorni senza dar luogo ad alcun cambiamento apparente. Essa non ha dato tracce sensibili di fosfati, nè di solfati; invece ha mostrato tracce, non dosabili, di cloro, ammoniaca e nitriti; presenza di tenui quantità di azotati. Inoltre : am- moniaca salificata nella proporzione di gr. 0,0001182 ed am- moniaca albuminoide nella quantità di gr. 0,0005122 per litro. Il residuo solido, contenuto in un litro d’ acqua, fu di gr. 0, 2, ele sostanze organiche espresse in ossigeno, furono di gr. 0,0016. Questa cifra è piuttosto elevata, però inferioré 106 al limite massimo stabilito per un’ acqua potabile, sia dal Co- mitato di igiene di Francia, sia dalla Commissione di Vienna. Come pure l’ammoniaca salificata non eccede il limite che ne può contenere una buona acqua potabile, e tanto per que- sto carattere come per i precedenti, l’acqua dovrebbe ascri- versi fra le buone. Il solo carattere che si opporrebbe a clas- sificarla tale, si è il fatto ch’essa contiene quantità dosabhili di ammoniaca albuminoide, la cui sola presenza può sue SOr- gere seri dubbî sulla potabilità di un’ acqua. L'analisi chimica adunque, se per l'insieme dei suoì ca- ratteri, non può assolutamente proscrivere quest’ acqua dalle potabili; pure non lascia tranquilli per la sua salubrità, fa- cendo insorgere il dubbio di un probabile inquinamento. Considerazioni. In seguito all’ esame microscopico e specialmente protisto- logico, si può dire che l’ acqua del prato a Vira in Valcuvia, presenta ancora un’analogia con quelle del Salisburghese, che servirono a Klebs per fare i suoi esperimenti sul cane, pro- ducendovi l'ingrandimento di un gozzo già esistente. Per analogia si potrebbe dunque, anche qui, attribuire il gozzo alla presenza della monade. Ma insieme ad essa furono bevuti da quelli che divennero gozzuti, altri microrganismi, la cui azione relativa alla formazione del gozzo, non è stata an- cora sperimentalmente determinata. Bisogna pertanto isolare ad uno ad uno i detti microrganismi, ottenerne culture pure e inoculare questi in animali che hanno predisposizioni al gozzo. Tali ricerche sono appunto quelle che ora sto facendo, e delle quali darò relazione non appena avrò ottenuto risultati scien- tificamente attendibili. Conclusione. Intanto si può concludere che vi è un’ acqua gozzifera per l’uomo e pei cani, e che quest’acqua presenta una giacitura ed una natura sue particolari. Essa nasce nei prati umidi, i cui terreni contengono qua e là torba muschiosa, quindi di prima formazione, rimestata con sabbia e argilla. Per lo più limpida e fresca, essa pre- senta tuttavia una piccolissima quantità di corpi inorganici, 107 alcuni sali (cloruro di sodio, nitrati e nitriti), non vi manca l’urato di soda, l’ammoniaca salificata e albuminoide. Inolire, Bacteri, specialmente della nitrificazione; Flagellati, e tra que: sti, Monadi colla Monas strumosa o Monas Klebsti (Maggi); Dia- tomee, la massima. parte delle quali sta sulla parte profonda dell’acqua, tanto alla sua scaturigine, quanto lungo il ru- *scello, ove anche trovansi alcuni Rizopodi e. qualche Ciliato. SULLE SOSTANZE CROMATOFILE DEL NUCLEO DI ALCUNI CILIATI Nota del Dott. RAFFAELLO Z0JA. Le ricerche di Ogata(), di Lukjanow e della sua scuo- la @, di Hermann®), e ‘principalmente le ultime di Auer- bach (4, hanno messo in chiaro che nel nucleo delle cellule si trovano di solito sostanze cromatofile diverse, distinte per la facilità maggiore colla quale assumono alcune, piuttosto che altre colorazioni. Mi proposi di studiare queste particolarità nei nuclei dei protozoi, dove, per quanto so, non furono ancora osservate, e di vedere inoltre, se, mutando i momenti biologici dell’ orga- nismo, mutassero pure i rapporti fra le diverse sostanze nu- cleari. I protozoi presentano circostanze speciali assai favo- revoli ad una simile ricerca. Le belle esperienze di Gruber, Verworn() Hofer(6), Balbiani() ed altri sulla merotomia, (I) M. OcatA. — Die Verinderungen der Pankreaszellen bei der Secretion. Arch. f. Anat. u. Physiol. — Phys. Abt. 1883. | (2) Cito uno dei lavori di LugJANoW — Beitrige zur Morphologie der Zelle. Arch. Anat. u. Physiol. — Phys. Abt. 1887. (3) HERMANN. — Beitrige zur Histologie des Hodens. Arch. f. mik. Anat. Vol. 74 — 1889. (4) AUERBACH. — Zur kenntnis:der Thierischen Zelle: 1° Ueber zweierlei chromatophile Kernsubstanzen. Sber. kòn. Acad. Wiss. — Berlin, 1890. AUERBACH. = Ueber einen sexuellen Gegensatz. etc. — Sber, Kòn. Acad. — Berlin, 189]. (5) M..VERWORN. — Biolog. Protistenstudien. Z. f. wiss. Zool. 188. (6) B. HoEER. — Exper. Unters. iber den Einfluss des Kerns auf das Pro= toplasma. Jen. Zeit. f. Nat. 1889. (7) BALBIANI. — Recherches experimentales sur la mérotomie. Ann. de Mi- krographie 1892, N. 8-9-10). ; È) 108. quelle del Maupas()), sulla coniugazione hanno dimostrato relazioni non dubbie fra il modo di essere del nucleo e spe- ciali momenti biologici del protozoo; inoltre la possibilità di riferire qui ad una sola cellula tutte le modificazioni che si possono riconoscere nell’ attiyità vitale dell'organismo per- mette di eliminare le innumerevoli cause di perturbazione che possono essere nella cellula di un metazoo le influenze delle altre cellule viventi con essa in simbiosi. Dovendo interrompere per breve tempo queste per altre. ricerche pubblico ora alcuni primi risultati ottenuti; special- mente in rapporto alla diversa fase di vita del protozoo le mie osservazioni sono ancora troppo incomplete per potermi permettere qualsiasi affermazione. Su questo punto spero di tornare in seguito. “ METODO. — Una prima difficoltà presenta il metodo. Tentai dap- prima di aggiungere i reattivi sotto il vetrino nel modo consueto: & questo scopo uccisi i protozoi con l’ acido picrico (PrIiTZNER (2)), il su- blimato corrosivo; l’acido acetico, il cloruro di palladio (CATTANEO) e colorai poi colla miscela di BionpI, oppure colorai direttamente colla miscela di BronpI alla quale aggiungevo un po’ di cloruro di palladio, o di acido acetico in eccesso come fissatore. In questo modo non ot- tenni però altro che risultati assai incompleti (riconobbi il nucleolo interno del Chilodon cucullulus costituito di sostanza eritrofila); questo principalmente perchè in simili preparati non si ha la opportunità di ottenere-mediante i necessari lavaggi rapidi un netto differenziarsi delle colorazioni nucleari. Preparati migliori per questo aspetto si ottengono essiccando sul vetrino i protozoi (che possono essere fissati prima con alcool assoluto), nel modo usato per le preparazioni del sangue e dei bacteri. Lasciando poi il vetrino per 18 ore circa nella soluzione ca- lorante diluita, lavando rapidamente con acqua od alcool ed inchiu- dendo in Dammar (sciolta in xilolo) si hanno nettamente differenziate le due sostanze cianofila ed eritrofila del nucleo. Questo procedimento non si può applicare però che a speci piccole e produce di spesso gravi alterazioni nella struttura nucleare; la sovrapparizione delle immagini impedisce poi di osservare le più minute disposizioni strutturali. Su questi preparati ho però potuto riconoscere la natura cianofila del mi- cronucleo del Chilodon cucullulus. 3 (1) E. Maupas. — Le rajeunissement OE chez les ciliés. Arch. Zool. expér et gén. 1889.» i (2) W. PFITZNER. — Zur Kenntnis der Kerntheilung bei den Protozoen. — ‘Morphol. Jahrb. XI. 3° » ME da ‘Ad n dini at CASA " 109 ibn dc RnS mi necertai che 1° unico ‘modo per avere pre- parati veramente dimostrativi e poco alterati era quello di fare sezioni dei protozoi. Siccome queste devono essere assai sottili per lasciar ri- conoscere le più minute particolarità di struttura nucleare, è neces saria la inclusione in paraffina. — Per alcune forme parassite dell’ intestino (Balantidium elongatuni dell’intestino dei Triton) si può fissare ed inchiudere un pezzo del tubo intestinale. Nelle sezioni si trovano poi abbastanza frequenti i Balan- tidium. Le forme grandi (Stentor, Zoothamnium) possono inchiudersi separatamente. Meno facile è il processo di inclusione quando si tratta di forme. libere e relativamente piccole (1). In questi casi cercai di pro- curarmi numerosi individui della stessa specie; queste culture pure di ciliati si trovano spontanee non di rado nei piccoli acquari e si pos- sono ottenere artificialmente nel modo indicato dal MauPAS (2), racco- gliendo erbe acquatiche e foglie di piante terrestri cadute nei fossi e lasciandole putrefare entro bacinelle nell’ acqua stessa da cui furoti tolte. In breve gli infusori, e spesso quelli di una od un’altra specie, vi sì sviluppano in numero grandissimo. i È Con un tubetto di vetro acuminato assai (come un tubo capillare) ad una estremità e munito all’ altra di un tubetto di guttaperca che agisce da aspiratore, raccolgo entro un vetrino da orologio un buon numero di infusori (in modo da averne qualche millimetro cubo). Fisso allora gli infusori con una soluzione acquosa satura a freddo di subli- mato filtrata, aggiungendone nel vetrino una quantità tre o quattro volte maggiore dell’acqua ove sono contenuti gli infusori. Questi, fis- sati, cadono in breve al fondo e si fanno più opachi in modo da spic- care come puntini bianchi sopra una carta nera. Mi parve che le strut- ture nucleari fossero ben fissate lasciando agire il sublimato per un quarto d’ora, od anche più. Per togliere dal sublimato gli infusori, che come dissi sono precipitati al fondo, adopero ancora un tubetto aspi- ratore, e li passo in un vetrino da orologio contenente acqua pura; qui pure precipitano al fondo e dopo qualche minuto nello stesso modo li trasporto in alcool a 50°. Dopo qualche ora passo gli infusori entro una piccola provettina ‘contenente dell'alcool a 70°. Gli infusori si rac- colgono al fondo. Per togliere l’alcool e gli altri liquidi che si devono successivamente sostituire nella provetta uso ancora il tubetto a punta capillare e munito di aspiratore; quando gli infusori sono raccolti nel fondo facilmente con un po’ di cura si può aspirare quasi totalmente il liquido contenuto nella provetta, senza portar via gli organismi. Ag- giunto il nuovo liquido, agito la provetta in modo che gli infusori ven- (1) Il modo d’ inclusione qui descritto varia in alcuni punti da quello già usato da mio fratello e da me in un lavoro precedente (L. e R. Zosa. In- torno ai plastiduli fucsinofili. Mann R. Ist. Lomb. No XVI; VII della Des SL Cl. di Sc. m. e°n.). ù (2) MauPAS. I. c. ; Me ei 110 gano tutti in contatto con esso. Rimutato così più volte l’alcool (a 96°), quando penso che gli organismi siano stati al tutto privati di sublimato (si può accertarsene per il decoloramento che più non avviene nella tintura di iodio aggiunta all’ alcool), sostituisco all’ alcool forte alcool assoluto che rimuto (sempre agitando la provetta), alcool e xilolo, xi- lolo puro ed infine una miscela di paraffina e xilolo. Specialmente quando la provetta contiene xilolo o miscele dello xilolo accade di spesso che gli infusori rimossi dal fondo aderiscano alle pareti della provetta; si raccolgono facilmente ancora sul fondo tenendo la provetta verticale ed imprimendo al liquido che essa contiene dei piccoli moti rotatori alternatamente da destra a sinistra e da sinistra a destra. Tengo la provetta contenente xilolo e paraffina in un termostato per 1 a 2 ore ed anche questa miscela tolgo quanto più completamente posso col _30- lito tubetto aspiratore (riscaldato). Nella provetta verso allora paraffina dura filtrata (58°0-60°), e lascio ancora per l a 2 ore la provetta nel termostato alla temperatura ne- cessaria. La poca quantità di xilolo che ancora vi è contenuta si dif- fonde nella paraffina e probabilmente evapora, ad ogni modo non turba per nulla la facilità delle sezioni. Dopo il tempo indicato, avuto cura che gli infusori siano raccolti sul fondo, tolgo la provetta dal termo- stato e la lascio raffreddare mantenendola verticale; solidificata la pa- raffina, rompo la provetta ed estraggo il blocco di paraffina. Le sezioni della calotta sferica inferiore contengono numerosissime sezioni di in- fusori. Questo modo di inclusione oltre che agli infusori liberi deve essere applicato a quelli che come le opaline vivono nell’intestino delle rane, dove le pietruzze contenute impediscono di far sezioni dell’intestino e del suo contenuto. . Le sezioni devono essere dello spessore di 2 a 3 p al massimo e devono mantenersi seriate per poter studiare un nucleo nella sua to- talità. Trovai pure opportuno il fare ogni tanto qualche sezione più grossa per riconoscere» certe particolarità meno minute di struttura. Incollo le sezioni sul vetrino con l’albumina di MayER che mi diede sempre eccellenti risultati senza mai assumere neppure tracce di colo- razione. n Per la colorazione usai la miscela di Bronpri. Invece della diluzione più usata a 1: 100, serve bene una soluzione un po’ più concentrata 6 : 400 come è indicata da Hr1rDENHE1M (1). Il grado di acidità voluto determino pure nel modo indicato da HEIDENHEIM. Lascio nella sostanza colorante da 12 a 18 ore, lavo rapidamente in acqua od alcool; segue alcool assoluto, xilolo, dammar. Parve anche a me che il processo in- dicato da HEIDENHEIM di passare le sezioni in acqua leggermente aci- dulata ed in tintura di iodio, prima che nella sostanza colorante, con- (1) Martin HerpenHEIM. Ueber Kern und Protoplasma. In: Festschift. Kòl- liker. — Leipzig, 1892. i * Ill tribuisca ad una colorazione migliore. La colorazione doppia con ema- tossilina di BOHMER: e saffranina, minutamente descritta da KoSINSKI ‘in una memoria che ebbi per cortesia del Prof. LUKJANOW (1), mi diede sugli infusori risultati assai meno netti che la miscela di BIONDI. Per l’esame dei preparati sono necessari obbiettivi ad immersione con apparecchio di illuminazione di Abbe. Le speci che fino ad ora mi diedero qualche. risultato fu- rono le seguenti: Ord. Olotrichi. Paramaecium aurelia Mull. Opalina dimidiata Stein. Ord. Eterotrichi. Balantidium elegantum. Stein. Balantidium entozoon Ehr. Spirostomum teres Cl. et L. Stentor coeruleus Ehr. Ord. Peritrichi. Vorticella sp? Zoothamnium arbuscula Ehr. Ord. Ipotrichi. —Chilodon cucullulus Mill. 1 ; Gastrostyta Steinei Eng. Descrivo ora i nuclei delle singole speci, alterando un po’ l'ordine sistematico per comodità di descrizione: | * Balantidium elongatum Stein (sezionati nell’ intestino di un Triton cristatus. - Balantidiun entozoon Ehr. (estratti dal retto di una Rana esculenta ed inchiusi colle opaline). In sezioni sottili il macronucleo si riconosce costituito Ù sostanza cianofila ® entro la quale stanno immersi numerosis- simi granuli eritrofili; questi sono abbastanza grossi, poco vari nelle dimensioni, generalmente tondeggianti, qualche volta un po’ allungati, a forma ovale, e si vedono circondati da una areola chiara; senza avere prove assolute di ciò, io sono inclinato a considerare questa areola come una modificazione (1) KosinsKI. Sulle differenze di colorazione dei nuclei in riposo ed in di- visione ecc. Wratsch N. 6° 1888 (in russo). (2) Uso i due vocaboli cignofilo ed eritrofilo nel senso limitato ad essi at- tribuito dall’ AvuERBACH. Anzi credo che il significato loro debba restringersi propriamente alle sole sostanze cromatofile nucleari; non credo si possa per ora trovarsi in alcun modo autorizzati a riconoscere in base a queste colora- bilità analogie fra le sostanze costituenti il nucleo e quelle del citoplasma, 112 dovuta alla azione coartatrice dei reagenti. La massa ciano- fila assume generalmente una tinta azzurra se le sezioni sono un po’grosse, verdastra se sono sottili. Benchè non la si possa: dire assolutamente uniforme, non potei riconoscere in essa chiaramente una particolare struttura; probabilmente a questo scopo servirà meglio come fissatore il molibdato ammonico sug- gerito dall’ Altmann(1). La membrana nucleare è evidente- mente eritrofila e la si vede in sezione come un contorno rosso che circonda il nucleo e qualche volta se ne allontana lieve- mente. In questo genere, come è noto, il micronucleo di di- mensioni rilevanti è appoggiato esternamente al macronucleo; io lo vidi sempre alla parte concava della sezione spesso re- niforme del macronucleo. Esso è eritrofilo; la sua colorazione è intensa assai ed uniforme. Nelle sezioni accade non di rado di vedere oltre il contorno rosso che circonda il macronucleo (membrana nucleare) anche un secondo contorno che passa al di fuori del micronucleo, quasi la membrana si fosse scissa in due fogli. L’esame di sezioni seriate, tanto nell’ una che nell’ altra spece, mostra che la struttura del macronucleo come l’ aspetto uniforme del micronucleo sono identici da una estremità al-_ l’altra di questi due organi. Gli individui di ciascuna delle due speci si trovavano in condizioni presumibilmente identiche provenendo dallo stesso intestino; osservo però che per l’aspetto del protoplasma i Balantidium elongatum provenienti dall’ intestino del Triton si riconoscevano ben nutriti (il Triton era stato da poco pe- Scato in un fossato, sua sede naturale), mentre i Balantidium entozoon provenivano dal retto di una rana che da più giorni non mangiava ed avevano di fatto un protoplasma quasi affatto privo di inclusioni alimentari. Tuttavia, come dissi, nessuna differenza potei stabilire fra il nucleo degli uni e quello de- gli altri. Spirostomum teres C. et L. (individui ‘abbondantissimi e ben nutriti in un piccolo acquario del laboratorio). M R. ALTMANN. — Ueber kernstructur und netzstructuren. Arch. È Anat. Physiol. 1892. 113 Il macronucleo ovale è costituito come nei Balantidium di sostanza cianifola entro la quale sono immersi moltissimi gra- nuli rotondi di sostanza eritrofila: Questi sono però assai. più piccoli che nei Balantidium; nelle dimensioni sì avvicinano a quelli del Paramaecium aurelia. | Stentor coeruleus Ehr. (Individui ben nuiriti). Non riuscii fino ad ora a riconoscere nessuna particolarità di struttura nel nucleo. Forse le due sostanze sotto forma di granulazioni minutissime sono assai intimamente mescolate fra di loro. Al. cune esperienze di merotomia intraprese colla guida dell’ ul- timo lavoro del Balbiani (1), non mi permettono ancora al- i cuna conclusione. è, . Paramaecium aurelia Mull. L' aspetto del nucleo è simile a quello dei Balantidium. I granuli eritrofili sono anche qui molto numerosi, ma notevolmente più piccoli (cfr. Spirostomum teres). | Opalina dimidiata Stein. Tentai prima come fissatore l’acido picrico che diede risultati tanto buoni al Pfitzner (©), ma senza frutto. Anche nelle sezioni trovai difficilissima la colo- razione dei nuclei. Usando anche il liquido di Biondi note- » volmente concentrato (1:30) non vidi nettamente colorati che i nucleoli parietali, irregolarmente tondeggianti o compressi,.i quali sono eritrofili. Nel resto del nucleo si intravede una sot- tile trama cianofila. Non vidi mai forme di cariocinesi, credo perchè le opaline provenivano da quella stessa rana digiuna da parecchi giorni dalla quale furono tolti i Balantidium en- tozoon. | Zoothamnium arbuscula. Ebr., (come gli Stentor per le di- mensioni loro queste colonie possono fissarsi ed inchiudersi nei modi usati.) Uno speciale interesse acquistava questa spece per la ricerca mia a cagione del dimorfismo dei suoi zooidi, piccoli e campaniformi, 0 TA riproduttori. Di i E. Bici n ci A nmales BG Micrographie IV° 8,9 e 10. 1892. (2) W. PFITZNER l. c. Morph. Jahrb XI- 3° Hft. 114 Nei. zooidi campaniformi il nucleo è costituito di sostanza cianofila entro la quale stanno numerosi corpi tondeggianti, spesso regolarmente sferici, eritrofili, veri e propri nucleoli, quali da molti autori sono descritti e figurati. Oltre a questi granuli grandi ve ne sono spesso di piccoli, assai numerosi interposti ai grandi ed irregolarmente disposti. Tutti questi corpi eritrofili hanno marcatissima l’areola già accennata nei Balantidium. In un caso vidi la sostanza eritrofila riunita come in un nastro centrale nel nucleo allungato. I grandi zooidi riproduttori hanno il nucleo proporzionata mente più corto e grosso. Qui pure la sostanza eritrofila è im- mersa nella cianofila sotto forma di granuli grossi, talvolta assai, e piccoli interposti areolati, di aspetto simile a quelli dei zooidi campaniformi. Le differenze che potei riscontrare sembrano essere solo nelle dimensioni dei grossi granuli e nella disposizione, probabilmente dovute alla diversa forma del nucleo che permette una disposizione meno regolare dei grossi granuli eritrofili, i quali però non sono mai, per quanto vidi, periferici. La membrana è eritrofila. In qualche sezione, se essa comprende zia la parte pe- riferica del nucleo di un zooide riproduttore, si trovano sol- tanto piccoli granuli tondeggianti. È facile persuadersi che - questo vale soltanto per la parte periferica del nucleo osser- vando le sezioni seriate successive. Neppure quì posso dire nulla circa la struttura della so- stanza cianofila, Gli stadi da me osservati rappresentano tutti forme di ac- crescimento dei zooidi riproduttori; non ebbi occasione di os- servare forme in rigenerazione, dove è probabile si mutino le condizioni nucleari. ; . Vorticella sp.? La disposizione delle due sostanze è simile a quella dei zooidi campaniformi del Zoothamnium. Ho però poche osservazioni. Chilodon cucullulus Mùll. (Abbondantissimi fra le zooglee superficiali di bacteri che si trovano in un piccolo acquario. Per ottenerne sezioni fissai ed inchiusi lembi di zooglea). Come già dissi, alcune particolarità riconobbi già colla colo- 115 razione diretta degli infusori ancora viventi (con aggiunta di acido acetico o di cloruro di palladio al liquido di Biondi) o mediante l’essiccamento. Le sezioni danno però risultati più precisi. Il grande niucleolo interno al macronucleo e centrale si colora intensamente in rosso, il macronucleo è evidentemente, ‘cianofilo’ ma assume una colorazione piuttosto sbiadita; non posso per ora accertare se esistano o non esistano granuli eri- trofili nel macronucleo oltre il noto nucleolo. Il micronucleo rotondo piccolo posto vicino al macronucleo, ma non intima- mente connesso con lui come nel Balantidium, è cianofilo; assume una bella colorazione verde brillante simile a quella della testa degli spermatozoi. Gastrostyla Steinei Eng. (Individui molto numerosi entro un piccolo acquario; sono tutti assai nutriti e parecchi in scissione trasversa). I quattro macronuclei della Gastrostyla sembrano tutti egualmente costituiti. Anche quì entro la massa fondamentale cianofila stanno immersi i corpi eritrofili di di- mensioni variissime e spesso anche di forme bizzarre assai. Generalmente nella parte centrale del nucleo stanno una o più inclusioni eritrofile grandi, di rado tondeggianti, spesso di forma irregolare od a nastro variamente inviluppato. Qualche volta questi corpi eritrofili presentano una lacuna centrale che appare scolorita. Attorno alle inclusioni eritrofile mag- giori stanno altre più piccole, sempre però di dimensioni ri- levanti, rotonde o filiformi; qualche volta i filamenti sembrano anche regolarmente orientati. Le condizioni sono però, come ho detto, eccessivamente variabili. Le sezioni di Gastrostyla “lasciano riconoscere benissimo le sostanze alimentari intro- dotte (generalmente piccoli ciliati) e le varie fasi della loro digestione; non vidi mai alcuna relazione speciale fra queste diverse fasi e la condizione nucleare; noto però che tutti gli individui erano fortemente nutriti. Alcuni nuclei mi presentarono invece forme non dubbie di divisione diretta: nelle più evidenti ed avanzate (il nucleo ha forma di biscotto) la sostanza cianofila come la eritrofila sono disposte in filamenti sottili avviluppati in modo da dare, meglio che nelle forme di spirema delle consuete serie cario- 116 cinetiche, l’immagine di un gomitolo. Nel peduncolo si conti nuano i filamenti eritrofili e cianofili con disposizione paral- lela più regolare. Non vidi mai un filamento cianofilo conti- nuarsi in uno eritrofilo. Frammezzo ai filamenti rossi e tur- chini compaiono degli spazi incolori; le inclusioni eritrofile maggiori sono scomparse. Vi sono poi nuclei che sembrano uno stadio precedente a questo nei quali specialmente i corpi éritrofili sono costituiti come da due masserelle terminali più ispessite riunite da un filamento che si assottiglia al centro, come da due piccoli coni uniti per il vertice. In questi nuclei anche la sostanza cianofila appare più trabecolata che di con- sueto. Da queste si hanno forme intermedie che sembrano con- durre ai gomitoli sopraindicati i quali sono indubbiamente stadi di divisione. i SA (Le forme complesse dei nuclei in riposo di questa specie appaiono già colorando con carmino boracico individui viventi). Benchè queste osservazioni siano ancora assai lungi dal- l'avere esaurito il piano propostomi nel lavoro mio, credo mi permettano alcune conclusioni : Nel manocronucleo degli infusori ciliati esistono le due so- stanze cromatofile di Auerbach. La sostanza cianofila ne > forma per così dire la trama; in essa stanno immersi i corpi eritrofili. Questi hanno forma spesso tondeggiante e general- mente di granuli, ma possono acquistarne di complesse e varie assai (Gastrostyla). I corpi intranucleari descritti come nu- cleoli hanno natura eritrofila (Chilodon cucullulus, Vorticella sp.? Zoothamnium arbuscula, Opalina dimidiata); oltre a que-_ sti però moltissimi altri granuli eritrofili minori esistono, o associati coi primi (Vorticella, Zoothamnium), o soli (Balanti- dium, Paramaecium, Spirostomum, Senlarch o con modalità speciali (Gastrostyla). - La disposizione reciproca delle due sostanze, Th co- stante in condizioni simili fra gli individui della stessa specie, Varia notevolmente fra specie e specie (le due speci del gen. Ba- lantidium l hanno identica). Variazioni dovute forse alle sole differenze di forma del nucleo v’ hanno nei nuclei dei zooidi campaniformi e sferici del Zoothamnium; variazioni noteyoli SR: i 117 che accompagnano fenomeni di divisione nel macronucleo della. Gastrostyla. In quest’ ultimo caso soltanto ho potuto ricono- scere nettamente una struttura ((lamentosa, della sostanza | cianofila. i La membrana nucleare, quando è visibile, è eritrofila (an- che quella che involge il micronucleo del Balantidium). Il mi- cronucleo del Balantidium è totalmente eritrofilo, spiccata- mente e. al tutto cianofilo quello del Chilodon (come assai probabilmente quello della Colpoda cucullus e della Gastro- styla): notevole è il fatto che il primo è attaccato al macro- nucleo, mentre il secondo benchè ad esso vicino, ne è indi- pendente. Naturalmente questi miei risultati non valgono che per le speci sopraindicate. In un prossimo lavoro mi propongo di estendere le ricerche, avendo particolarmente presenti le con- dizioni dei micronuclei, dai quali, nei vari studi di coniuga- zione in modo speciale, si devono avere cognizioni indubbia- mente interessanti. 7 DELLA PREDISPOSIZIONE ALLA CIRROSI EPATICA .SECONDO I DETTAMI DELLA MORFOLOGIA CLINICA del Professore A. DE GIOVANNE dell’ Università di Padova. (Continuazione e fine vedi N. 2 e 8, anno 1892). II. SOMMARIO. — Sintomi di cirrosi epatica che duravano da circa 3 anni. — Diagnosi di iper- megalia congenita del fegato e della milza. — Cura medica razionale, miglioramento progressivo e recidiva ed argomentazione sulle cause della recidiva. — Proposta con- seguente di una operazione di plastica delle pareti addominali. — Constatazione formale della diagnosi durante l’atto operativo. — Guarigione dell’operazione chirurgica e gua- rigione dei sintomi simulativi della cirrosi epatica con miglioramento progressivo dello stato generale. — Conclusioni. G. Giuseppina, di 24 anni, è di Garro vicentino. Trovatella, crebbe come tante altre nell’indigenza, però a differenza delle altre, soffrendo spesso di affezioni gastro-enteriche. Mestruò regolarmente, andò soggetta a febbri di malaria a 15 anni e ne guarì solo dopo 6-8 mesi. La malattia attuale principiò a 21 anno con disturbi digestivi, inappetenza, gonfiezza del ventre. Per gua- rirne trasse all’ospedale di Vicenza, dove venne operata di paracentesi @ si estrassero dall’addome 17 litri di siero. Migliorata si ricondusse a casa, dove per altre 2 volte venne vuotato l’addome della stessa quantità di siero. Doveva essere operata una QUast: volta quando volle essere accolta nella Clinica medica. _ Era debolissima, olivastra, mostruosa, per l’enorme sviluppo del ventre. è) 118 » Le mucose pallidissime, magra, senza traccia di edemi alle estremità. In proposito notiamo subito che erano assenti gli edemi nelle estremità inferiori, malgrado la straordinaria pressione che il liquido esercitava nell’addome, ciò che vuol dire per me che la vena cava ascendente funzionava ancora in modo normale. Era disappetente, dispnoica, addolorata e dolorabile all’ epi- gastrio. Le urine scarse di color rosso-scuro, ricche di urati, senza albumina. Per non indugiare in particolari meno interessanti per noi, vengo subito a dire che il fegato era voluminosissimo, limitabile con la sola palpazione; voluminosa la milza, che si estendeva oltre il costato per ben cinque dita trasverse. Il resto del voluminosissimo ventre era ripieno di liquido ascitico; il segmento inferiore del ventre scendeva come un sacco fino a ricoprire in- teramente i genitali esterni e quivi la cute era fortemente edematosa. In nessuna parte del corpo si vedevano tracce d’ingrossamenti glandulari, nè di passate sofferenze linfatiche. Le misure antropometriche, secondo il metodo della scuola, diedero quanto segue: . Altezza personale 3 c c . metri 1,68 Diametro trasverso . È ; 3 » 1, 64 Circonferenza toracica . 5 B » 0, 86 Altezza sternale cm. 16 i DOATIDO SI È corpo sa» 10 { é ( xifo-ombelicale » 30,5 Xifo-pubica cm. 43 ) vinz n 13 Diametro bis-iliaco ‘©. 6 5 o » 27 ; ( all’ombelico È » 118 Circonfaddom: 0 alla cresta iliaca » 117 Pugno 5 G Ò i 3 " » 7,8 sulla base . o ° o » 9,9 Cuore sul ventricolo sinistro e » 10 sul ventricolo destro . 3 » 12 Le considerazioni che immediatamente dopo questo E mi si presen- tarono furono queste: 1. Se in questo caso s’ avesse la cirrosi epatica, dovremmo attribuirla alla malaria, unica causa apprezzabile nell’anamnesi. Ma dopo quanto scrissi in proposito per dimostrare in base alla esperienza che, malgrado questa causa, la cirrosi non si produce se non preesiste una speciale predisposizione individuale, io non doveva e non poteva arrestarmi a segnalare la forma mor- bosa, ma doveva constatare se nella paziente esistesse la speciale disposi- zione. D'altronde la paziente era da cinque anni guarita dalla febbre intermit- tente, mentre era inclinata a sofferenze addominali fin dall’infanzia. Secondo me, dunque se cirrosi epatica esisteva, avrebbe avuto piuttosto l’espressione di fatti precedenti dalle speciali condizioni individuali per quanto coteste fos- sero coadiuvate dalle precedenze della febbre da malaria. 2.I sintomi subbiettivi ed obbiettivi erano proprio espressione della cir- rosi epatica, della cirrosi ipertrofica, o piuttosto di quello che io intendo stadio precirrotico? — Nonavevamo più una cirrosi volgare nel suo primo stadio, perchè la malattia durava da tre anni. — Non s’avrebbe potuto am- mettere la cirrosi ipertrofica, perchè mancava l’itterizia e l’ascite, in luogo del meteorismo, era stata così sollecita nel prodursi, aveva raggiunto proporzioni così alte che, nella cirrosi ipertrofica, non si osservano. — Queste conside- 119 razioni implicitamente escludevano . l’esistenza dello stadio precirrotico, il quale rendevasi improbabile anche pel fatto che mancavano i fenomeni ir- ritativi, quasi flogistici locali e generali. Conseguentemente appariva tanto più importante ed attraente lo studio delle condizioni morfologiche della pa- ziente per riconoscerne la morbilità speciale. . 8. Quali altri stati morbosi potevano determinare e intrattenere questa singolare sintomatologia ? Essa era tanto più singolare se si riflette che più che ad altre condizioni morbose dovevasi riferire ad una malattia epatica. Qui eravamo lontani dalla pura cachessia splenica, dalla cachessia palustre, dalla leucemia, dalla sem- plice discrasia causata dalla miseria; mentre poi mancavano sintomi riferi- bili a vera scrofolosi addominale e nemmeno poteva indugiare sulla ipotesi di ascite idiopatica, la quale — a mio avviso — è sempre secondaria a con- dizioni morfologiche aventi non poca analogia con quelle che offriva la mia paziente. Laonde, pur riconoscendo in questa la genuina disposizione alla cirrosi epatica, non potevo convincermi della sua attuale esistenza e mi pro- posi di istituire l’esperimento clinico mediante opportuno metodo terapeutico, come dirò: 4. Rilevando infine i dati dell’antropometria, io stabiliva qualche fatto della maggiore importanza. Mi atterrò ai più fondamentali: a) Il torace aveva uno sviluppo di qualche poco eccedente nella circon- ferenza ed era tipico nell’altezza sternale. Si noti subito che la paziente non ha mai avuto e non aveva sofferenze negli organi respiratori. Ciò sta con- forme all’ esperienza. i 5) L’addome — indipendentemente dal volume acquisito — si mostrava in modo non frequente sproporzionato nella sua ampiezza. Basti considerare che essendo l'altezza personale di cm. 168, l’ altezza dell’addome doveva es- sere di cm. 82, mentre era di cm. 43,5, cioè 11,5 in più; ed il diametro bis-i- liaco era di cm. 27, mentre avrebbe dovuto essere di 25,5. Notiamo subito anche quì secondo esperienza, che l’ammalata fu sempre soggetta a soffe- tenze addominali. c) Il cuore complessivamente appariva bene sviluppato come massa, ma dinotava qualche prevalenza del ventricolo destro. Tuttavia, mettendo in- sieme i dati del cuore e quelli relativi alle proporzioni del manubrio rispetto al corpo dello sterno, possiamo ammettere non esistesse notevole grado di ipoplasia aortica; anche questo secondo esperienza. d) Da tutto ciò arguiva che la paziente apparteneva alla terza combi- nazione morfologica (a schiarimento di ciò non posso che indirizzare al mio libro « Morfologia del corpo umano. ») con spiccata morpilità nell’ addome. e) Quì era facile sorprendere la nota individuale caratteristica, se si pon mente alla esagerata differenza che passa tra il tratto xifo-ombelicale di cm. 30,5 ed il tratto ombelico-pubico di 13. Le giuste proporzioni tra l’ uno e l’altro, data l’altezza di cm. 168, essere dovrebbero cm. 16 per ciascuno. Si viene ad apprezzare così il valore morfologico proprio al segmento ad- dominale sopra-ombelicale, che per essere tanto sviluppato accenna alla « originaria ipermegalia degli organi ipocondriaci, come la esagerazione del fatto anatomico, conseguente alle pessime condizioni igieniche, nelle quali trovossi la paziente, poteva spiegare la insorgenza dei sintomi, aggravati naturalmente dalla mancanza di cure razionali ». _« Ciò premesso, tanto più mi convinsi della opportunità dell’ esperimento terapeutico, il quale avrebbe dovuto dimostrare : a) l'amovibilità dei sintomi attuali; 120 5) quindi la loro dipendenza da condizioni, che — in luogo di ritenersi strettamente morbose — dovrebbero ascriversi alle anomalie di sviluppo de- gli organi addominali e particolarmente del fegato. Pertanto venne ordinata una dieta apposita, cioè mite, prevalentemente azotata, da potere essere digerita senza difficoltà; eliminazione dei feculenti dei grassi e dei massimo possibile dell’ acqua. Si prescrisse un sanguisugio all’ano, con l’avvertimento di ripeterlo a norma del procedere dei sintomi. Dopo il sanguisugio una rivulsione estesa su tutto l’ ampio addome mercè l’ olio di croton. Internamente, se tollerata, l’ acqua salso-jodo-bromica di Abano ; diuretici, qualche eecoprotico. I) risultato della cura, la quale durò dal 27 nov. 1891 fino al 1° aprile 1892, fu la progressiva diminuzione dell’ ascite, il miglioramento della digestione, il rialzo delle forze, un relativo benessere. Le urine da 300-400 cme. ereb- bero a 1000-1600. La fisonomia della paziente aveva assunto differente espres- sione. Nelle condizioni del sangue non si notarono mutamenti considerevoli: la quantità dell’ emoglobina, quella dei globuli rossi e dei bianchi non era costante, ma non diminuiva da quella dei primi giorni. Quando vedemmo via via progredire il miglioramento dei sintomi fonda- mentali insieme con la diminuzione dell’ascite sin quasi alla sua totale scom- parsa, fummo colpiti da un fatto relativo alle pareti addominali, le quali ri- manevano esuberanti, flosce e il ventre aveva l’aspetto di un sacco vuoto. Si esplorava comodamente il fegato e la milza, che erano voluminosi, ma di molto ridotti da quello che prima si era constatato; il fegato di consistenza normale, coi margini un po’ più grossi della norma, indolente e liscio; la -milza di consistenza normale. - Le indicate condizioni delle pareti addominali, mi suggerirono il pensiero di applicare una fasciatura all’ addome, nell’ intento di favorire meccanica- -mente_l’assorbimento della restante ascite. Infatti la fasciatura dovette strin- gersi quando questa mostrò di essere ancora diminuita. Che l’accennata condizione di sventramento fosse ostacolo alla continua- zione del miglioramento locale, risulta dal fatto, che avendo: per scopo di esperimento levata la fasciatura, l’ascite aveva cominciato ad aumentare, quindi pensai di applicare una fasciatura gessata. Intanto procedeva il me= todo terapeutico ora con un mezzo, ora con l’altro, specialmente adoperan- -doci a seconda delle indicazioni più spiccate, della tolleranza e degli effetti che se ne ottenevano. I quali effetti si misuravano all’ abbondare delle urine, al benessere della paziente, al desiderio di alimento ed alla buona digestione. Con questo mezzo si vide potersi mantenere sopra buon indirizzo lo stato delle cose. Ma la fasciatura gessata non potè essere lungamente tollerata; «d’altronde, ammesso pure lo fosse, non potevamo sperare che, tolta, non sarebbe tornata l’ ascite e con questa gli altri sintomi, perchè difficilmente -lo sventramento sarebbesi corretto secondo. le esigenze del caso. Fu duopo dunque togliere la fascia e con ciò si compiva la seconda parte dell’ esperi- mento; perchè, se prima ne sembrava che col mezzo suo potevasi impedire la riproduzione dell’ ascite, ora avremmo dovuto constatare che, cessata l’ a- ‘zione sua meccanica l’ ascite sarebbesi riprodotta, Ciò, in vero, avvenne, .ed avvenne sì rapidamente, che in sette, otto giorni aveva raggiunto le primitive proporzioni. Il fatto era TB OrERa bisi sotto varî aspetti lo si considerasse come vedremo più avanti. 121 Devo premettere, come ai primi risultati della cura che mi ero proposto anche a scopo di esperimento clinico, siccome dissi — rientrando nella que- stione diagnostica abbia affermato la diagnosi di ipermegalia conge- nitadelfegato e della milza ed alla spiegazione dei sintomi abbia tenuto il seguente indirizzo. . L’ammalata nella speciale morfologia dell’ addome aveva la ragione pre- cipua delle sofferenze relative all’ apparecchio della digestione, che fin dal- l’infanzia s' erano manifestate. Questa è coincidenza costante, una vera fatalità. Nell’amplissimo addome e precisamente nei due ipocondrî, stavano due visceri — il fegato e la milza — che in vario modo determinarono la spe- ciale morbilità. Sia pure che nel caso concreto, data la precedenza dell’ in- fezione malarica al 13° anno di vita; non possa eseludersi che da questa di- pendesse il tumore splenico e quindi non si possa ammettere la sua preesi- stenza fin dall’infanzia. Se per procedere rigorosamente ciò è necessario, io non opporrò. Rammenterò pur non-di meno, che v’ hanno infanti e fanciulli i quali indipendentemente da qualunque infezione pregressa, sogliono pre-. sentare la milza grossa fra altri indizî di costituzione linfatica. Io posseggo alcuni casi di mia esperienza; l’ultimo mi occorse quest’ anno, lo diagno- sticai per quello che era e quindi permisi che altri si sbizzarriss® a soste- nere altra diagnosi, a meditare altra cura, che doveva essere radicale ma tutto invano, perchè l'andamento dei sintomi distolse dalla diagnosi non vera. Ma se anche nel caso nostro la milza doveva dirsi ingrossata in causa della malaria, resta a me un fatto anche più importante — il fegato — che era tanto voluminoso da avvicinarsi per un breve tratto alla linea dell’ ombe- lico, la quale distava dalla base dell’apofisi ensiforme per oltre 30 cm., che per ciò dinotava, oltre un ingrossamento eventuale, uno sviluppo primitivo eccezionale. Il fegato quindi offriva diametri straordinarî anche prima che co- minciasse la malattia — rappresentava un’ anomalia di formazione — era una mostruosità — si potrebbe dire, una nota atavica. — In questi casi, com’ ebbi a dire in altra occasione, il fegato, rispetto al- l'apparecchio circolatorio a cui specialmente si connette, si può corsiderare come una specie d’insenatura, alla quale-perviene libera e generosa l’onda sanguigna, ma dalla quale esce con minore libertà. Conseguentemente nel fegato la circolazione si comporta in modo corrispondente ai due momenti accennati; e queste circostanze, già primigenie, causa dello sviluppo straor- dinirio dell’organo, possono vita durante modificarsi a norma che si tra-. sforma l'essere; possono essere anche aggravate a seconda di molti mo-. menti fisiologici, igienici, che intervengono, ma non sono mai indifferenti, perchè, come dissi, prima di tutto influiscono sulla forma particolare del ven- tre, poi influiscono sulla circolazione portale, quindi le diuturne sofferenze addominali degl’ infanti e dei fanciulli aventi questa mala coformazione, quindi la facilità in alcuni casi singolari delle emorroidi nella fanciullezza, o nella giovinezza, quindi l'imminente disposizione nell’ individuo a fenomeni epa- tici, che a disordini dietetici e circolatorì facilmente succedono. Poniamoci ora a considerare la nostra paziente, quando fanciulla, in mezzo a condizioni tutt’ altro che igieniche, nelle prime epoche dello sviluppo già provava gli effetti della speciale morfologia del suo ventre. Costretta a vivere. in modo che, in luogo di correggere, accresceva la sua morbilità, perchè le sofferenze intestinali, la scarsa e disadatta alimentazione peggioravano, la già esistente discrasia sanguigna, diminuivano la resistenza dei tessuti in genere, a poco a poco questo difetto di resistenza venne a dimostrarsi nei “ 122 tessuti vascolari e particolarmente in quelle parti dove esisteva l’ anomalia di sviluppo per eccesso e cioè nell’ addome, là dove si stabilivano quei rap- porti idraulici, per i quali il fegato e tutta la circolazione portale costitui— vano la base anatomica dei sintomi addominali. Allora cominciano a manifestarsi i sintomi della congestione del fegato: questo ingrossa maggiormente e nel sistema dei vasi venosi che direttamente ed indirettamente corrispondono col sistema portale, ha luogo il fenomeno del trasudamento sieroso. Il risultato è un complesso di fatti che somiglia al quadro della cirrosi epatica, ma non è la cirrosi. La dispepsia, l’ idrope ascite, il fegato e la milza ingranditi, le urine scarse, rosso-scure, cariche di urati, il deperimento ge- nerale, la tinta della cute, tutto accenna alla malattia, ma non abbiamo in- vece che l’ effetto di anomalie di sviluppo aggravato dalle circostanze nelle quali ha vissuto la paziente; abbiamo condizioni morfologiche che costitui- scono la più splendida forma della predisposizione morbosa, questa a lungo andare si produrrà con le conseguenze, quali vedemmo in altri casi consimili ma ora non siamo davanti che alla predisposizione morbosa. Quando la paziente ci offriva i risultati più lusinghieri della cura, io non intendeva che fosse da riguardarla come guarita, ma mi affrettava a dimo- strare, che per essere nella impossibilità da un lato di mantenere la paziente in un regime così rigoroso, dall’ altro di impedire che lo sventramento irri- ducibile coi soliti mezzi cospirasse contro i nostri sforzi, presto o tardi, avremmo potuto assistere alla sintomatologia della vera epatite, forse anche di quella che in altri due casi consimili avemmo a constatare e dei quali ho fatto menzione nel precedente articolo. L’ esperimento eseguito con la fasciatura del ventre, dissi che aveva con- dotto a constatare un fatto importantissimo. Invero può dirsi, che durante la vita, mercè simile esperimento potevasi aggiungere un altro grado di proba- bilità, in quanto che il fenomeno della diminuzione progressiva della idrope, mediante la fasciatura e quello della sua rapida ricomparsa togliendola, in- duceva a credere che piuttosto che di una condizione morbosa stabilita e progrediente, esistesse una singolare disposizione del sistema vascolare tanto dell’ organo epatico, quanto dalle altre parti, comprese le pareti addominali. Il fatto m’aveva così colpito, che mentre le condizioni generali della pa- ziente erano relativamente buone e lusinghiere, mi parve necessario tentare qualche altro mezzo curativo. Allora proposi ciò che da qualche tempo me- ditava e che mi pareva opportunissimo anche per il fatto, che se lasciavasi ricadere la donna nelle sue primiere condizioni, avrebbe avuto contati i giorni, perchè — dato anche avesse potuto vivere con lo stesso regime die- tetico — non era possibile coadiuvarlo sempre coi mezzi curativi oramai in- gollerati. Proposi un’operazione di plastica sulle pareti addominali con lo scopo di ridurre la cavità alle proporzioni convenienti al caso. Ottenuto l’as- senso della paziente ho pregato il prof. Tricomi di eseguire l’atto opera- tivo da me ideato. Qui mi è grato cogliere l’ occasione per esternare al valentissimo collega ed amico la mia riconoscenza e fargli dovute azioni di grazie. L’ammalata passò nella sala chirurgica ed il 22 maggio u. s. fu sotto- posta all’ operazione. Erano presenti, oltre il prof. Tricomi ed i suoi assi- stenti, il dott. Roncaro, il dott. Bonelli miei assistenti ed alcuni stu- denti. 123 . Previa cloroformizzazione, vennero anzitutto estratti 16 litri di siero dalla cavità addominale, quindi eseguita 1)’ incisione dalle pareti sulla linea me- diana, venne asportata di qua e di là una porzione eguale da formare una elissoide. Dopo ciò s'è potuto constatare de visu la giustezza della diagnosi. Il fegato aveva il colore oscuro di sangue venoso, era turgido, i margini più grossi del normale, prolassava dal costato; il lato sinistro giungeva in prossimità della milza ed era, come il destro, grosso e turgido di sangue. La incisura epatica assai ampia e vedevasi il principio del legamento falcato grosso, di colore giallo, occupante la intera scissura. Sulla parte superiore del fegato, s’è veduta una macchia biancastra, costituita da addensamento del periepate di forma irregolare col diametro più lungo in senso traversale, esteso per 5- 6 cent. La milza grossa, tesa, normale la sua capsula. Il prof. Tricomi scandagliò tutta la cavità addominale in cerca dì altre possibili lesioni, ma non raccolse nulla. Allora procedette alla sutura delle pareti addominali. La sera del medesimo giorno si elevò la temperatura a 38°,5 C.; il giorno dopo a 38°, quindi rimase apirettica e tale si mantenne poi costantemente. Ebbe a provare qualche molestia per la cucitura e la medicazione, ma anche questo a poco a poco andò dissipandosi. Il giorno 8 di giugno — 16° giorno dell’ operazione — io presentava ai miei allievi la paziente ed eseguiva innanzi a loro l’ esame obbiettivo del ventre con questo risultato : il suo volume era tanto ridotto da non ricono- scere quasi la donna, era palpabile dovunque, meno lunghesso la sutura sulla linea mediana, dove provocavasi qualche molestia. Il fegato e la milza erano ridotti di volume, quello più di questa; quello presentava la riduzione nel senso verticale, non nel senso trasverso. Alla per- cussione non venne constatata ascite anche collocando la paziente nelle di- verse posizioni più opportune per la ricerca. Appetiva e digeriva quello che le si amministrava, evacuava l’alvo regolarmente, le urine erano ancora più scarse e con tracce d’ urati. In quella occasione dissi, che dopo avere confermata la diagnosi diretta- mente, ora stava in corso un ultimo esperimento curativo, che pareva non del tutto infruttuoso; perchè mentre prima. l’ ascite riproducevasi a vista d’oc- chio quando la fasciatura addominale rallentavasi, o veniva soppressa, dal 22 maggio all° 8 giugno potevamo constatare la mancanza dell’ ascite. ‘Tenni la paziente in osservazione fino al giorno nel quale essa reclamava essere licenziata, perchè, rinnovato l’ appetito, rialzate le forze, sempre leg- gero il ventre, regolare nelle secrezioni, rinvigorita nell’ aspetto. _ Le condizioni del sangue migliorate assicuravano che procedeva un certo lavorio di riparazione: notevole aumento dei globuli sanguigni (da 4,200,000 a 7,000,000), aumento dell’ emoglobina (da 45 a 60, emometro di Fleisch), più scarsa la poichilocitosi, frequenti i microciti e 15-20 leucociti per campo cella specie linfatica (l’ esame venne istituito 3 ore dopo il pasto). 118 luglio, continuando lo stato della paziente di bene in meglio, un mese e dieci giorni dall’ operazione, venne licenziata. Le seguenti figure lineari tratte dal vero rappresentano la paziente prima (Fig. 1°) e dopo l’ operazione (Fg. 2°). Sulla fig. 2*, oltre la riduzione degli or- gani ipocondriaci deve notarsi la scomparsa dell’ ombellico e di tutta la por- zione delle pareti addominali corrispondenti ai muscoli retti. Parrebbe che ciò dovesse avere arrecato un difetto di motilità nel tronco, specie quando la paziente dalla posizione supina tende ad elevare il tronco per mettersi seduta sul letto. Invece si osserva che questo movimento si effettua senza 124 notevole difficoltà, mediante la contrazione vigorosa dei muscoli piramidali, che durante l’azione si disegnano sotto cute in modo che non si osserva nello stato normale delle cose. Ora mi domando: è guarita la nostra paziente ? Io nol so. Ho fatto un esperimento suggeritomi da tre cognizioni di fatto: 4/ quella che si riferisce. alle condizioni morfologiche disponenti alla singolare sintomatologia; 4) lo enorme sventramento; c) la prova della fasciatura del ventre. L'esperimento complesso medico-chirurgico è assai promettente; di più non voglio asserire. Vedremo il poi. I risultati di questa osservazione menerebbero in mezzo a parecchie que- stioni scientifiche e pratiche; ma non intendo nemmeno di discuterne una sola, perchè la discussione non deve iniziarsi se non quando possediamo più numerosi fatti i quali diano la solidità alla base della discussione. - Tuttavia, perchè non vada perduto ciò che è frutto dell’ osservazione sul- l'indirizzo della morfologia applicata alla Clinica, mi limito a concludere quanto segue: « I. Dall’ esame morfologico diretto a conoscere l’ individualità nel caso con- creto emerse: 4) la prova della giustezza del metodo; 8) il fatto reale della ipermegalia del fegato e della milza; c) quindi la nozione di una predispo- sizione morbosa; d) infine la spiegazione fisiologica della singolare sinto- matologia « 2. La predisposizione alla cirrosi epatica è costituita da ciò che potremmo dire errore di formazione-consistente in ciò: «) eccesso di sviluppo dell’ e- lemento vascolare venoso dell’ addome, specialmente di quella parte che entra nella costituzione epatica; 3) conseguenze necessarie derivanti dai rapporti morfologici che esistono tra la circolazione sanguigna e la linfatica nell’ organo epatico donde la maggiore irritabilità produttiva degli elementi linfatici vascolari interstiziali all’ organo. « 3. Considerando l’inizio e l'andamento dei sintomi nel caso esposto , spicca evidente la esistenza dello stadio precirrotico e dello stadio cirrotico, non che la convenienza di praticamente distinguere l’ uno dall’ altro ». PROGRAMMA DI UN CORSO LIBERO DI ARCHEOLOGIA esposto nella prima lezione dei 16 dicembre 18922. Archeologia: vita de’ popoli antichi studiata nel loro lavoro sulla circostante natura, negli ordini che diedero alla famiglia e alla società. Archeologia classica. Due grandi sezioni : a. Archeologia tecnologica. Monumenti muti. Monumenti inscritti: Epigrafia, Numismatica. b. Archeologia nomologica. Riti, Istituti, Consuetudini, Costitu- zioni, Leggi. Attenenza delle due sezioni. È Alla seconda appartiene questo corso su le Antichità giuridiche ateniesi. 1. Determinazione dell’ argomento del corso. — Due elementi della grandezza ellenica: il senso del bello, il senso dell’ umana dignità. L’arte e la democrazia. Atene. Date più importanti nella storia della democrazia ateniese: 594, So- lone ; 508, Clistene; 475, Aristide; 460, Pericle; 411, oligarchia dei quattrocento ; 404, oligarchia dei trenta; 403, Euclide; 322, fine della; libertà sotto i Macedoni. 125 Nel periodo della spiegata democrazia, da Pericle a Demostene, se- coli Ve IV av. l’e. v; studiare le condizioni degli abitatori dell’ Attica giuridiche, cioè pertinenti ai diritti e agli obblighi, espressi nelle con- suetudini e nelle leggi, inerenti alle persone e alle associazioni di per- sone. 2. Ordine e parti del corso. — Dalle persone procedere allo Stato, ‘per ragioni dottrinali, esponendo le condizioni giuridiche : 1. Degli schiavi; 2. Dei meteci, ossia immigrati; 3. Delle donne; 4. Dei cittadini liberi. _._ Indi passare a considerare lo Stato, in quanto governa e in quanto difende la comunanza sociale; e in quanto ha relazione con altri Stati. d. Avvertenze. - 1. Fonti manchevoli: oratori, poeti comici, lessicografi, epigrafi. Come usare le fonti dei filosofi: l'archeologia studia il diritto consuetudinario e il diritto scritto nel fatto, e non nell’idea. 2. La trattazione è circoscritta ad Atene nel periodo sovra determi- nato. Istituti diversi nei varii stati ellenici, secondo le schiatte e le vi- cende istoriche. i : 8. Imparzialità ed equità nel giudizio delle cose umane, fatta ragione dei tempi e dei luoghi, senza preconcetti. GIOVANNI CANNA prof. ord. di letteratura greca 3 nell’ Università di Pavia socio corrispondente dell’ Istituto archeologico germanico. . ELMINTOLOGIA ITALIANA (Bibliografia — Sistematica — Storia) PEL Dottor CORRADO PARONA Professore di Zoologia nell’ Università di Genova. (Continuazione e fine vedi n. 2 e 3, Giugno e Settembre 1892). 768. TosATTO EtToRE. — Il felce maschio nell’anchilostomiasi. — Gazzetta medica ital. Prov. venete; anno 24, n. 15. — Padova, 1881. 769. TosaTtTo E. — Sopra un caso di probabile anchilostomiasi (Nota cli- nica). — Gazzetta degli Ospitali; anno III, n. 42, pag. 339-841. — Milano, 1882. 770. TosatTto E. — L’anchilostomiasi e sua cura coll? estratto. etereo di felee maschio nell’ Ospitale civile di Pisogne. — Bergamo, tip. Cattaneo, 40 pag.; 1882. 771. TosaTTo FE. — Nuove contribuzioni alle cure dell’anchilostomiasi me- diante l’ estratto etereo di felee maschio e l’ acido timico. — Ateneo di Bre- scia, tip. Apollonio, 23 pag. — Brescia, 1883. ero E. — Un nuovo entozoo. — Rivista clinica di Bologna, pag. 773. Toscani CESARE. — Della vita e della riproduzione del Vibrzo trifici o Anguilla del grasso di Rozier (7'ylenchus Scandens): — Nuovo Cimento, II° ser., tom. I, pag. 96-10], una tavola; 1869. i 774. TREVISAN A. — Un nuovo caso di panicatura nei bovini. — La Clinica veterinaria, anno XIII (serie II°, anno IIl). — Milano, 1890. 775. 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VERARDINI FERDINANDO. — Storia di echinococco ed altra di atrofia giallo-acuta del fegato. — Mem. accad. di scienze di Bologna; II* serie, tom. IV, pag. 369-400, con una tav. — Bologna, 1864. 805. VERCELLONI. — De glandulis cesophagi conglomeratis, Succo Vero nu- trititio et vermibus. — Dissertatio anat. medica. — Astae, 8°; 1711. 806. VERGA. — Caso di mio-litiasi. — Giornale delle scienze medico-chi- rurgica di Pavia n. 58; 1839. 807. VicEZZI DARIO. — Sopra i fibromi parassitarii che si riscontrano più specialmente negli arti di solipedi. — Medico Veterinario, pag. 1, 1885. — Giorn. per l’ anatomia fisiol. e patol. degli animali domestici; anno XVII, pag. 3-20, con una tavola; 1885. 808. VincenTIIS (DE) CARLO. — Sui cisticerchi oculari osservati nella clinica AA * 127 oculistica di Palermo e sulla struttura fina delle ova mature di 7enzia sagi- nata. — Rivista internazionale di medicina e chirurgia, pag. 69-79; 257-290, 1887. — Atti congres. oculist. ital.; Genova. 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VoLPINI GIUSEPPE. — Sentimenti dell’origine e natura dei vermini del corpo umano; 7] pag. in 8°. — Parma, 1721. — Osservaz. med. prat. filos. — Parma, 1726. 821. ZAMBELLI. — L’Ascaris enfleza nell’albume d’ovo di gallina. — Giorn. di medicina veterinaria pratica, pag. 318-416; 1980. 822. ZAMBONI. — Dissertazione intorno al nascimento dei vermi del corpo umano. — Rimini, 1810. 823. ZANGRILLI ANGELO. — Della tenza nella Parca (sic) /uviatilis (Spigola dei fiumi). — Raccoglitore medico, anno LII, serie IV*, vo). XII, pag. 108-112. — Forlì, 1879. ) 824. ZevianI Giov. VERARDO. — Memoria sopra due idropici fortunatamente guariti per una caduta dall’alto. — Memoria di matem. e di fis. — Società ital. di scienze di Modena, IX, pag. 274; 1802. 825. ZEviANI G. V. — Vermi del cuore vivi e veri. — Memoria di matem. e fis. — Società ital. di Verona, tom. XIV, parte II’, pag. 152-160. — Ve- rona, 1809 826. ZoccoLi FRANCESCO. — Sulla temuta trichinosi dei majali. — Relazione al Vice Sindaco d. sez. Pendino. — Giorn. delle razze degli animali utili e di medicina veterinaria, serie III", tom. III, pag. 177-206; 257-276, con una tavola. — Napoli, 1874. 827. ZoccoLi F. — La Trichina spiralis. — Conferenza scientifico-popolare. — Rivista società Zoofila napoletana; vol. IV, pag. 46-69, con una tav.; 1879. 828. ZscHokke FRITZ. — Helminthologische Bemerkungen. — Mittheilung d. Zoologisch. Station zu Neapel; Bd. VII, pag. 264-271; 1887. — Journ. R. mierose. soc. London; parte V?, pag. 757; 1887. 829. ZUccHINETTI PieR VIRGILIO. — Sulla epizoozia equina egiziana del 1876. — Relazione a S. A. Ismail pascià Kedive d’ Egitto. 830. WaGENER GuIibo. — Die Entwichlung der Cestoden. — Nova Acta Akad. Cesar. Leopold. Nat. Curios. Vol. XXIV. Suppl. Tab. 1-22; 1854. . 831. WebL K. — Helminthologischen Notizien. — Sitzungsb. Akad. Wien; Bd. XVI, pag. 371; 1855. 832. WiLLEMOES — SuHm (von) RupoLFr. — Uber einige trematoden und ne- mathelminten. — Inauguraldissertat. — Zeitsch. f. wiss. Zool. Bd. XXI, con 3 tav. — Leipzig, 1870. Nota bene. — A questa ricchissima Bibliografia elmintologica italiana, fra breve, faranno seguito numerose aggiunte. 128 NECROLOGIO ALFONSO CORRADI Nelle ore pomeridiane del giorno 28 Novembre 1892 morì in Pavia, dopo breve malattia, Alfonso Corradi, Professore dell’ Università, nato .a Bologna nel 1833. LEGE Il Corradi si era laureato nell’Ateneo bolognese in medicina l’anno 1856; nel 1859 fu nominato, per concorso, Professore di Patologia ge- nerale all’ Università di Modena. Nel 1863, ancora in seguito a concorso, passò Professore della stessa materia all’Università di Palermo ; e nel 1867 venne all’ Università di Pavia Professore di Terapeutica generale, Materia medica e Farmacologia sperimentale, insegnamenti che con- servò fino alla fine della sua vita. Durante i 25 anni di sua dimora in Pavia tenne ripetute volte le cariche di Preside della Facoltà medica e di Rettore dell’ Università; e questa per l’opera di lui ebbe notevoli vantaggi. Fu Membro del Consiglio sanitario provinciale; Consigliere comu- nale; Presidente del Consiglio amministrativo del K. Collegio Ghislieri; Membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione e del Con- siglio Superiore di Sanità del Regno. È stato fondatore e Presidente eletto e rieletto della R. Società italiana di Igiene; Membro effettivo e Presidente del R. Istituto Lombardo di S. e L.; fece parte di nume- rose commissioni scientifiche ed amministrative, e di congressi scien- tifici nazionali ed esteri; ed in tutte queste mansioni spiegò attitudini eminenti, e cooperò in larghe proporzioni al bene di quelle istituzioni. Il Corradi fu autore di molte e pregiate opere storiche intorno & varii rami delle scienze mediche, e sopra argomenti svariati di igiene, di biografia, e di letteratura. UE Forte d’ingegno e di penetrazione, coltissimo, versatile, di una ope- rosità coscienziosa e straordinaria, altrettanto economo del tempo quanto prodigo e splendido nel procurarsi i libri prediletti al suo genio. De- voto al dovere, in ogni sua occupazione erano spiccatissime la calma, l’ordine e la precisione, il che rendeva sempre maggiore l’efficacia del suo lavoro. Di tempra robusta e resistente alle lunghe fatiche, di co- stumi semplici, austeri; sobrio, pensieroso, e benchè poco espansivo, anzi taciturno, amava grandemente la famiglia e gli amici. Discuteva con prudenza e trattava con misurata compitezza ed urbanità. Chiesto del suo parere giudicava uomini e cose con molta temperanza, con mi- tezza anche, e sempre poi con ponderata convinzione. ‘l’enace delle sue opinioni, perseverante ne’snoi propositi, il Corradi vinceva difficoltà talvolta molto rilevanti colla avvedutezza e colla longanimità. Quan- d’era persuaso di far cosa buona e giusta, nulla lo faceva smovere o deviare dallo scopo. 5’ ebbe parecchie distinzioni e titoli onorifici, di cui pare si compia- cesse alquanto, senza però mostrarsene avido nò tanto meno sollecitatore. Alfonso Corradi è rimpianto da tutti coloro. che amano il lavoro severo ed efficace, e lascia un vuoto nell’insegnamento, nella scienza, nella storia della medicina, e nelle amministrazioni, che assai difficil- mente potrà essere riempito con pari valore da una sola ‘persona. Gi Z. _————————-+&&=r€6-«i-'_- Lic AE ENTI OI Gerenti: I REDATTORI. Pavia, 1893; Prem. Stab. Tip. Succ. Bizzoni. (Zola: Li Sofi il fora ii Una - Maggi: SR di una prot stologica degli esseri fermenti. (Sunto di una lezione). ruttura e formazione dello strato cuticolare (corneo) del ven- degli uccelli (risposta al Dott. Bergonzini). - Zoja: Un cen- per la scuola anatomica di Pavia. (Prelezione al corso di Anato- ; ‘perl’anno scolastico 1885-86. (Transunto).— Maggi: Settimo programma di Anatomia e fisiologia comparate coll’indirizzo morfologico , svolto nell’anno attaneo: Sulla continuità del plasma germinativo di A. Weisman. ) Maggi: 2) Sulla distinzione morfologica degli organi degli animali — ) di alcune funzioni degli esseri inferiori a contribuzione della morfologia dei. i - e) la. a della a (Transunti). — Notizie universitarie. - nnuncio. NNO VIN. — “Fis È _ Zoja: Altri casi id foro ottico o - ‘Caitaneo: Strut- tur. e sviluppo dell’intestino dei pesci (Comunicazione preventiva). — Stefa- dini: Nevrite micotica nella lebbra. - Sormani: Contribuzione agli studj sulla storia naturale del Bacillo tubercolare. - Maggi: Questioni di nomenclatura pro- istologica. — (Rivista). — Varigny: Di un metodo per la determinazione degli. ‘alimenti di un dato microbio. - Idem : Sull’attenuazione dei virus, e sui virus. attenuati o vaccini. — Notizie universstarie: Deliberazione della facoltà di scienze della R. Università di Pavia, contro il nuovo regolamento delle Biblioteche. © i Fasc. II. - Zojia: Un caso di dolicotrichia straordinaria. — Staurenghi: Osser- azioni sull’anatomia descrittiva del nervo ulnare ed in particolare della topo- grafia. del medesimo nella regione brachiale. (Comunicazione preventiva). — Fu-: sari: ‘Ricerche intorno alla fina anatomia dell’encefalo dei Teleostei. (Nota pre- ventiva). — Cattaneo: Sviluppo e disposizione delle cellule pi@mentali nelle larve dell’Axolotl. — Maria Sacchi: Considerazioni sulla morfologia delle glandole in- testinali dei vertebrati. — Maggi: Per dare un’idea delle ‘forme degli ‘nfinita- mente. piccoli, senza mieroscopio e senza disegni. — (Rivista). — Varigny: Microbi patogeni e immunità. * Fasc. III. e IV. — De-Riovanni: Uno sguardo alla Bacteriologia. (Prelezione). — Zoja: Note antropometriche (1.0 Statura e tesa). — Cattaneo: TE sulla struttura delle glandole peptiche dei Selaci, Ganoidi e Teleostei. — Magg Temi di Protistologia. medica, trattati nei corsi liberi, con effetti legali, all’ Vai. versità di Pavia, negli otto anni scolastici, dal 1878-79 al 1885-86. — Cattaneo: Sul | significato. fisiologico delle glandole da me trovate nello stomaco dello storione. «e sul valore. morfologico delle loro cellule. — Maggi: Protisti e alcaloidi (Sunto). — (Rivista). Stokvis: Sull’ azione chimica dei microbj. — Parona: Intorno agli | Eléments de zoologie médicale et agricole di Railliet. - Notizie universitarie. — . Cambi e Doni ricevuti. — Indice alfabetico delle MATERIE delII. volume del 207/- eltento: Scientifico e dei loro AUTORI, dall’anno V. al VIII. inclusivo. | Prezzo. dei 4 Fascicoli degli Anni V, VI, Vil e VII L. 8 Prezzo di ciascun Fascicolo ci È.;:2: | Cambi ra dal 1° Ottobre a tutto Dicembre 1892. È # Atti della Società toscana di Scienze Naturali. — Adunanza del 15 maggio e 3 Luglio. — Pisa, 1892. | 2. Bollettino Chimico-farmaceutico. — Dal fase. 19 al 24 — e Zossicologia di- spensa 21, 21, 22 e 24. — Milano, 1892. MAR. Giornale di Veterinaria Militare. — Rose 10, 11 e 12. — Roma, 1892. 4. Gazzetta Medica lombarda. — Dal n. 40 al 58. — Milano, 1892. 5. La Rassegna di Scienze Mediche. — Fasc. 10, 11 e 12. — Modena, 1892. | 6. La Clinica Veterinaria. — Dal fasc. 28 al 36. — Milano, 1892. | 7. Rivîsta di merciologia. — Fasc. 9 e 10. — Milano, 1892. . 8. Rivista italiana di Scienze Naturali. — Fasc, 10 e 11, — Siena, 1892. «| __ 9. Rivista italiana di Terapia ed Igiene. — Fasc. 10, 11 e 12. — Formulario . Terapeutico e Memoriale pratico dei medicamenti più recenti. — Piacenza, 1892. 40. Rivista generale italiana di clinica medica. — Dal fasc. 17 al 24. — Pisa, 1892. 411. Actes de la Socwété Scientifiques du Chili. I et II Livraison. — Santiago, i 12. Annales de l° enseignement superieur de Grenoble. — Tome IV, N. 2 et 3. ‘Paris, 1892. so: Anales del Circulo Medico Argentino. — N. 10, 11 e 12. — Buenos-Aires, 14. Bulletin de la Société Vaudoiîse. — Fasc. 108 et 109. — Lausanne, 1892. | __f5. Bulletin de la Société Belge de microscopie. — N. 10 1891-92. — N. 1 e I | 1892-98. — Bro snlor, 16. Bulletin de la Société zoologique de Fradicai N. 7. — Paris, 1892. 17. Feuille des jeunes naturalistes, N. 265 e 266. — Paris, 1892, i - 48. Revue biologique du Nord de la France, N. 1, 2 e 3. — Lille, 1892. . 49. Revue internationale de bibliographie, ecc. — Da fas. 19° a 24°. — Paris, 1892, 20. Spitalul, revistàmedicalà. — Dal N. 19 al 24. — Bucuresci, 1892. . 21. Anales de la sociedad cientifica Argentina. — Tomo 34, fasc. II, Il e IV\— Buenos-Aires, 1892, 22. La; nuova Notarisia. — Giugno e solenne 1891. — Gennaio e luglio 1892. — Parm si Bollettino della Società romana per gli studi zoologici. — Fasc, VI. — Roma, ] 24. Atti della Società Ligustica. — Fasc. IV. — Genova, 1892. 25. Annual report of the curator of the museum of comparative z0o0logy. = For 1891-92. — Cambridge. Numeri mancanti. Tossicologia (Dott. D. Vitali). — Dal fase. 1 al 10 ineluso e fasc. 17-18. Spitalul. — Fasc. 10, }2, 15. — Bucuresci, 1892. Gazzetta medica lombarda, N. 45. — Milano, 1892. La clinica LA N. 31. — Milano, 1892. AVVISO Al SIGNORI ABBONATI che hanno ricevuto regolarmente il Bollettino, e che non hanno ancora soddisfatto in tutto od in parte all’importo dell’abbonamento in L. 4 per il primo anno, e in L. 8 per gli anni successivi; si fa calda preghiera di volerlo spedire o ai Redattori, od all’Editore in Pavia, giusta le indicazioni già pubblicate. | I REDATTORI. Elenco dei Signori che hanno pagato l'abbonamento. Tenchini Prof. Lorenzo, Parma, anno 1887. — Golgi Prof. Camillo, Pavia, anno 1889. — Stefanini Dott. Domenico, Pavia, anno 1891. - Prof. Comm. Pietro Pavesi pel Gabinetto Zoologico della R. Università di Pavia, anno 1838. — Taruffi Prof. Cesare, R. Università di Bologna, anno 1888. - Fumagalli Dott. Achille, Como, anno 1892. — Prof. F. Bertè, R. Università di Catania, anno 1887. - Gabinetto Anatomia Umana Regia Università di ‘Pavia, anno 1890. — Gabinetto Anatomia Comparata. Regia Università di Pavia, anno 1890, — Scarenzio Prof. Angelo, Pavia, anno 1890. - Biffi Dott. Serafino, Milano, anno 1883. - Gabinetto Zoologia Regia Università è Si di Cagliari, anno 1889. — Pitzorno Prof. Giacomo, Sassari, anno 1883. — Istituto Tecnico Provinciale, Modena, anno. 1886. — Arata D.r Pedro, Buenos-A res, anno 1887. — R. Orto "Botanico, Pavia, anno 1890. — Gabinetto di Zoologia R. Uni- Di versità di ene anno 1892. -- R. Orto Botanico di Pavia, anno 1892. r ® NATURALIEN-COMPTOIR D. L. Hger 5 Vien. VII Breitegasse, 9. Il Dottor Leopoldo Eger di Vienna ha delle bellissime raccolte di oggetti È di Storia Naturale ; vende, compera e fa dei cambi; tiene corrispondenza in ita-— liano, francese ed inglese; spedisce il suo catalogo a chi gliene fa direttamente domanda. è Ù } va BI = Se lo a PIATTO RCNO ai REGA 0 BID ; TRE, RAT ed nas ERNST MAYR LIBRARY ULI | 3 2044 114 280 423 |