ACt "E>cw^/v%A n'A.X HARVARD UNIVERSITY LIBRARY OF THB MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY \2v W"^ iiiiMiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiimiiiiiimiiiimiiiiiiimmimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiii limili Dicembre 1890 e Gennaio 1891. Fascicolo XVI. /2 //r BULLETTINO MENSILE DELLA ACCADEMIA GIOENIA . DI SCIENZE NATURALI IN CATANIA col RESOCONTO DELLE SEDUTE ORDINARIE E STRAORDINARIE e Sunto delle Memorie in esse presentate ( NUOTA SERIE ). CATANIA TIPOGRAFIA C. CALATOLA 1891. iiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL PRESENTE FASCICOLO Rendiconti Accademici \ viljaie (leiradimanza del 28 dicembre 1890 Pag. 1 Sunti delle Memorie Sugi' integrali comuni a più sistemi di equazioni differenziali ordinarie — Nota del Prof. G. Pennacchi etti >. 2 Sugl'integrali primi di secondo grado rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica — Nota dello stesso ■• 2 Misure actinometriche del raffreddamento notturno eseguite suU' Etna — Nota preliminare dei Proff. A. BartoU ed E. Stracciati » 2 Snll'azione disinfettante dei saponi al sublimato— Nota di E. Di Maffei. » 5 Contribuzione alla cura di una sinovite secca e sua causa probabile — Nota del Prof. F. Giazzi ,. 6 Rendiconti accademici Verbale dell'adunanza del 25 Gennaio 1891 > 11 Sunti delle Memorie Sopra sistemi dì equazioni aventi analogia con quelli di Hamilton — Nota del Prof. 6r. Pennacchietti nll Misura della potenza chimica delle radiazioni solari — Nota preliminare del Prof.-^. Bartoìi ■ » 12 Nuova contribuzione allo studio della malaria— Nota preliminare dei Proff. B. Grassi e E. Feletti » 16 Libri pervenuti in cambio » 20 Libri pervenuti in dono ...» 21 Dicembre 1890 e Gennaio 1891. Fascicolo XVI. ACCADEIIA GIOENIA DI Adunanza iel 28 Jicemire 1890. Presidenza— Frof. Giuseppe Zurria Segretario Generale— Vvot Adolfo Bartoli Sono presenti i soci effettivi signori proff. Amato, Ardini, Ba- sile, Caflci, Feletti, Ferrari, Grassi, Mollame, Pennacchietti, Ronsi- svalle e Scinto Patti. Letto ed approvato il verbale della precedente tornata il Se- gretario presenta i libri pervenuti in dono ed in cambio. Presenta una memoria manoscritta del socio corrispondente signor prof. Vittorio Martinetti « Sopra un gruppo di configura- zioni regolari contenute nell' Esagrammo di Pascal » ed invita l'Accademia a nominare una Commissione per giudicare se essa memoria possa inserirsi negli atti Accademici. La Commissione risulta composta dai proff. Zurria, Mollame e Chizzoni. Si rimanda alla seduta privata la lettura della relazione della Commissione eletta per riferire intorno alla nota del prof. Giazzi « Sulla cura di una sinovite secca e sua causa probabile.» Dopo di che ebbe luogo, secondo l'ordine del giorno, la let- tura delle note ivi annunciate cioè : Prof. Pennacchietti— Sugli integrali comuni a più sistemi di equazioni differen- ziali ordinarie. Detto — Sugli integrali primi di secondo grado rispetto alle derivate delle coor- dinate, nei problemi della meccanica. Proff. Bartoli e Stbacciati— Misure actinometriche del raffreddamento notturno, eseguite suJl' Etna. Prof. De Mattei— Suir azione disinfettante dei saponi al sublimato. Per lo esame della nota del prof. De Mattei venne eletta una Commissione composta dai proff. Toraaselli, Grassi e Capparelli. Terminata la lettura di siffatti lavori, l'Accademia rimase in seduta privata per deliberare sopra argomenti di amministrazione interna. SUNTI DELLE MEMORIE SUGL' INTEGRALI COMUNI A PIÙ SISTEMI DI EQUA- ZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE.— JVb^a del prof. Giovanni Pennacchietti. — L' A. mostra , come il metodo da lui seguito nella memoria. « Sugli integrali delle equazioni della dinamica » pubblicata negli Atti dell' Accademia dello scorso anno , si possa estendere alla ricerca degl'integrali comuni a più sistemi di equa- zioni differenziali ordinarie. SUGL'INTEGRALI PRIMI DI SECONDO GRADO RISPETTO ALLE DERIVATE DELLE COORDINATE NEI PROBLEMI DEL- LA MECCANICA. Nota dello stesso.— Uk., studiando gl'integrali primi di secondo grado rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica , ritrova per integrali di secondo grado che possono essere distinti dall' integrale delle forze vive, qualche proprietà, che ha analogia con le note proprietà di que- st' ultimo integrale , e riduce le equazioni del moto alla forma canonica di Hamilton in casi, in cui può anche non esistere una funzione delle forze. MISURE ACTINOMETRICHE DEL RAFFREDDAMENTO NOTTURNO ESEGUITE SULL'ETNA— iVoia preliminare dei pro- fessori- A. Bartoli ed E. Stracciati. — Insieme con le misure del calore solare eseguite in varie stazioni dell' Etna , e sulle quali abbiamo trattenuto a lungo l' Accademia negli anni decorsi, _ 3 — noi abbiamo pure fatta una serie regolare di misure actinome- triche nelle vicinanze di Catania , sul Monte Capriolo presso la casa del Bosco, (altitudine 1500 metri) ed alla casa degli Inglesi (altitudine 3000 metri) (1). Lo scopo principale di tali misure è quello di determinare la quantità di calore che perde nel!' unità di tempo 1' unità di superficie di un corpo perfettamente nero (nel senso dato a questa parola dal Kirchhoff) raggiando in una determinata direzione verso lo spazio celeste. Questo problema si connette con 1' altro della temperatura dello spazio : ed è stato anche recentemente oggetto di studi in- teressanti (Compara Fròlich, Messungen der Sonnen Warme, 1884 e ijeber die Wàrme des Himmels; Repertorium fur Meteorologie, Pietroburgo 1876). Mentre non disperiamo di risolverlo direttamente con un metodo dinamico , vincendo le gravi difficoltà sperimentali che vi si oppongono, accenniamo in questa nota preliminare agli apparecchi da noi adoperati. Questi sono tutti fondati sul metodo statico, vale a dire, che con questi si determina la temperatura finale di un corpo nero che raggia in una determinata direzione dello spazio celeste, trovandosi in un mezzo di cui rimane co- stante la temperatura. Gli apparecchi sono due. Il primo è for- mato da un vaso di argento a pareti sottilissime, contenuto entro un altro vaso di argento concentrico al primo, come nei calori- metri di Berthelot. Neil' interno del primo vaso , (nel punto di mezzo dell'asse) trovasi il bulbo sferico piccolissimo ed affumicato di un delicato termometro a mercurio : Il diametro del bulbo è piccolissimo acciocché in breve tempo raggiunga la temperatura stazionaria : in pari tempo sicconae il termometro non vede che piccola parte di cielo, i raffreddamenti sono sempre tanto piccoli che non si raggiunge mai il punto di rugiada ( a meno che lo stato igrometrico dell'aria non sia troppo elevato); d'altra parte (1) È nostro dovere ricordare come l'illustre fisico G. A. Hirn di cui deplo- riamo la perdita recentemente avvenuta, prendesse vivo interesse a queste nostre esperienze, e ci fosse prodigo dei suoi preziosi consigli. un leggero vento non altera il raffreddamento del termometro nero, essendo questo riparato dal tubo speculare. Le indicazioni di questo semplice actinometro si sono con- frontate con quelle dell'actinometro Pouillet ; dai raffreddamenti del primo si poteva passare a quelli dell' altro col mezzo di un coefficiente. Ma V actinometro di Pouillet aveva per noi l'incon- veniente di non potere esser adoperato che quando 1' aria è per- fettamente tranquilla ( ciò che avviene raramente sulle cime di alte montagne ) fatto che combinato colla condizione di avere il cielo perfettamente sereno non avrebbe permesso che poche esperienze. L' altro apparecchio da noi adoperato, serve per misurare il raffreddamento di una superfìcie nera che raggia in una deter- minata direzione dello spazio. Esso consiste in un tubo di ottone a doppie pareti, annerito internamente ( lungo 1 metro, col dia- metro interno 4 cent. , e col diametro esterno di 15 centimetri ) Fra le due pareti passa una corrente di acqua a temperatura costante : In fondo del tubo interno è posta una termopila co- struita dall'Elliott di Londra oppure un bolometro di Langley : -In alto si può chiudere od aprire la comunicazione coli' esterno, col mezzo di un triplo schermaglio metallico mantenuto alla tem- peratura dell' ambiente. Tutto 1' apparecchio è sostenuto a guisa dei cannocchiali , da un robusto sostegno altazimutale , munito di un quadrante verticale per determinare l'angolo dell'asse del tubo con la verticale. (1) L'apparecchio, in fondo, non differisce da quello del Fròlicb ( Messungen der Sonnenwarme, Annali di Wiedemann BdXXI, 1884) soltanto vi abbiamo soppressa la lastra di salgemma , la quale, secondo noi, altererebbe i resultati. Il galvanometro usato in queste esperienze fu costruito dalla casa Siemens ed Halske di Berlino; è identico a quello adoperato dal Frolich nelle sue misure del caler solare : esso è uno strumento veramente prezioso per tali ricerche. (1) L'apparecchio fu costruito dall'Officina Turchini, Firenze, Via S. Gallo 34: L' apparecchio può servire , sostituendo alla pila il holometro , per determinare l' intensità delle radiazioni riflesse dai pianeti , in relazione con la loro altezza su 11' orizzonte etc. - 5 - Ecco i resultati più importanti a cui siamo giunti : 1. Il raggiamento nello spazio decresce col crescere dell' an- golo che la direzione dei raggi fa con la verticale, con una legge che può essere espressa (ma soltanto in via approssimativa) dalla formula r=a p^ dove a q p sono due costanti , ed e rappresenta la massa atmosferica attraversata dal raggio : ( ed e può calco- larsi con la nota serie di Bouguer, oppure con la formula di La- place 0 con quella di Lambert, le quali tutte danno valori quasi concordanti , almeno per angoli con la verticale non superiori a 70«;. 2. Con cielo perfettamente sereno , il raffreddamento di un corpo nero che raggia verso un dato spazio celeste , è indipen- dente dal valore dello stato igrometrico, mentre dipende dal valore assoluto della tensione del vapore acqueo nelV atmosfera , crescendo quel raffreddamento col decrescere di questa. Questo secondo resultato si collega strettamente con quello enunciato da noi due anni or sono (1) relativamente all' assorbi- mento delle radiazioni solari, cioè che il coefficiente atmosferico p e così pure la costante A della formula q = A p^ , crescevano col diminuire della tensione del vapore acqueo. Insomma tutte le nostre esperienze confermano in modo certo, che la massa del vapore acqueo contenuto nell'atmosfera esercita una grande azione assorbente sulle radiazioni che la traversano, e che questo assorbimento è tanto più forte per quanto più grande è questa massa di vapore. (2) SULL'AZIONE DISINFETTANTE DEI SAPONI AL SU- BLIMATO, Nota dìE. Di Mattei— Volendo studiare l'azione dei saponi al Sublimato allo scopo di vedere che posto potessero (1) Bartolì e Stracciati. Misure del calore solare fatte in Italia dal 1885 in poi: Fascicolo VII del Ballettino mensile della Accademia Gioenia del 1889. (2) Sentiamo il bisogno di ringraziare pubblicamente l'On. Club. Alpino Italiano (sezione di Catania) ed in singoiar modo gli Egregi Sigg. Cav, Uff. G. Bertuccio-Scammacca (Presidente); Cav. Prof. Mollame (vice presidente), Cav. G. Ur- sino (segretario) per la gentilezza con cui hanno messo a nostra disposizione il re- fugio alpino sull' Etna (Casa degli inglesi), appartenente a questo On. Club. avere nella pratica delle disinfezioni, intrapresi con essi delle ri- cerche delle quali riassumo i risultati. I saponi al sublimato all' 1-2 ^lo non hanno alcuna azio- ne disinfettante : trattando con essi alcuni germi patogeni (colèra , tifo, carbonchio, stafilococco piogeno aureo ecc.) quelli si mostrano inattivi, potendosi la loro efficacia paragonarsi quasi a quella dei saponi comuni. Quelli al 5 p. ^/o sono un pò più attivi. I saponi al sublimato al 7-10 p. °/o hanno un'azione disinfet- tante piuttosto discreta, e specialmente su i bacilli del colera e del tifo, i quali se distesi sulla superficie di essi saponi o se immersi in diluzioni concentrate periscono dopo poco tempo. I saponi al 15-20 ^U esercitano invece un'azione molto più energica dei sopradetti, poiché alcuni microrganismi trattati come sopra (colera tifo) vi muojono dopo alcuni minuti , altri (stafil. carb.) dopo un tempo relativamente più lungo. L' azione dei saponi al sublimato si deve sicuramente ai composti mercuriali che vanno a formarsi nella preparazione. Essi sono dei composti insolubili e la cui azione sebbene non sia da paragonarsi affatto a quella del sublimato, pure è discretamente efficace , e quasi analoga a quella di altri sali mercuriali insolu- bili 0 poco solubili come il calomelano, solfuro rosso, nero ecc. I saponi che vanno in commercio più frequentemente sono quelli che hanno un titolo di 1 -2, 5 p. «/o di sublimato, cioè a dire quelli che non hanno alcuna vera azione disinfettante : gli altri di titolo più elevato, se la loro fabbricazione può estendersi, sebbene non siano destinati ad un vero successo, o a sostituire menoma- mente le comuni soluzioni di sublimato, pure potrebbero in date circostanze, riuscire di una qualche utilità (sempre relativa) nella pratica delle disinfezioni. CONTRIBUZIONE ALLA CURA D'UNA SINO VITE SECCA E SUA CAUSA PROBABILE— A^oto del Prof. Ferdinando Giaz- zi— Nel febbrajo del 1885 a Catania fui colpito da dolorosa ma- lattia agli organi locomotivi della regione lombare, delle coscie e delle gambe, la quale ben presto si localizzò nell'arto sinistro dall' anca al malleolo. Io non poteva stare in piedi più di mez- z'ora senza grave sofferenza. L'attribuii sia agli strapazzi d'una quarantena, che aveva fatto nel novembre del 1884 a Gaeta a bordo del Palermo, sia all'avere cominciato un faticoso lavoro meccanico, cui assoggettai il mio corpo per molti mesi dell' 85, affine di autografare 750 pagine del corso di Fisica , che allora faceva a Catania, lavoro (che volli finire ad ogni costo) durante il quale io stava in piedi colla gamba sinistra indietro ed inat- tiva, il tronco gravitante sulla destra, e tenevo in' faticoso eser- cizio altre parti del corpo. Consigliato da alcuni medici , a cui non parlai punto del sudetto lavoro, per paura che mi obbligas- sero a troncarlo, mi curai con varie unzioni e fregagioni, e feci anche delle cure interne di joduro di potassio, di salicilato di so- da e di chinino, senza provare verun miglioramento. A Bologna nell'Agosto e Settembre dello stesso anno, per consiglio del mio medico, a cui raccontai ogni cosa, feci successivamente la cura delle docciature fredde e quella dei vescicanti, ma senza effetto utile. Di mia volontà volli provare la cura dei bagni a vapore , che fu inefficace, ma mi diede occasione di osservare che, dopo ciascun bagno accompagnato da enorme perdita di sudore, i sin- tomi dolorosi si aggravavano oltremisura , come oltremisura si aggravavano dopo 1' atto venereo. Esaurite queste prove , per consiglio del mio medico , mi feci visitare dal valente chirurgo sig. D.r Marcello Putti di Bologna, il quale giudicò essere la ma- lattia guaribile sicuramente con quaranta giorni d' immobilizza- zione del bacino e dell' arto sinistro fino al malleolo . Prima di fare questa cura volli pensarci sopra. Neil' ottobre, per mezzo del sig. Conte Costerbosa, ottenni l'alto favore d' esser visitato dall'Il- lustre Anatomico Prof. Luigi Calori , che opinò trattarsi d' una sinovite secca dell'articolazione coxo-femorale , come risulta da uno scritto del sommo maestro. Per consiglio dell' Illustre Loreta, al quale fui indirizzato dal Calori, il 7 novembre mi recai ad Acqui, dove feci 20 fanghi , 9 bagni caldi e 14 massaggi senza alcun miglioramento , anzi soffrendo maggior dolore dopo 1' ab- bondante sudore causato dal fango, precisamente come dopo i bagni a vapore. Spasimai fino al 13 Agosto 1886 , giorno questo in cui, cieco dal dolore, mi feci immobilizzare il bacino e 1' arto sinistro dal suUodato sig. D.r Putti. Durante 41 giorni di mura- tura notai una sensazione di sollievo locale e generale tutte le volte che per acidità di stomaco prendevo un pò di bicarbonato di sodio. Liberato dalla fasciatura ingessata , riconobbi che la malattia era perfettamente nello stato di prima. Il Putti per trau- ma al capo si ammalò gravemente, ed io mi feci visitare dal non meno valente Chirurgo Sig. Prof. Giuseppe Ruggi, il quale, come risulta da un suo scritto^, giudicò trattarsi d' infiammazione della sino viale posta fra il tendine del grande gluteo ed il gran- de trocantere. Di mia spontanea volontà, affine d'impedire una maggiore deformazione del corpo , che pel dolore era ridotto ad un arco ambulante, dal Sig. Carlo Torri - Biondetti mi feci fare un apparecchio ortopedico, il quale, quantunque mi facesse cam- minare diritto, non produsse alla malattia verun giovamento. Consultai allora 1' opera intitolata « Dictionnaire de Mèdecine et de Chirurgie pratiques par M . Jaccoud » e leggendovi articoli relativi al coxarto, a malattie di tendini, d' aponeurosi, ecc., venni nel concetto d' esser costituito in diatesi urica. Secondo me, le fa- scie muscolari, le sinoviali , i tendini dell' arto indebolito e malato erano ingombri, da prodotti solidi di origine urica , dalle cui pressioni era causato il dolore. L'ipotesi della diatesi urica fu confermata dall'osservazione d'un eccesso considerevole, che poi riconobbi costante , d' acido urico cristallino nelle urine, da un fenomeno costante di diffrazione, su cui cominciai a fissare r attenzione, attraverso i miei globi oculari anche ben lavati , segno evidente dell'esistenza di corpuscoli solidi negli umori dell'occhio, ed infine da un incipiente miglioramento che provai per effetto d' una breve cura di carbonato di litio , d' acqua di seltz e di bicarbonato di sodio. Come risulta da un altro scritto, questa diagnosi , secondo cui si trattava d' una sinovite secca d'origine urica mi fu confermata dall'Illustre Fisiologo Prof. Pietro Albertoni, che mi visitò e mi consigliò di continuare la cura alcalina incominciata ; in grazia della quale i primi di gennaio del 1887 io poteva stare in piedi quasi tutto il giorno senza grave sofferenza. Verso la fine dello stesso mese ritenen- domi guarito , tralasciai la cura alcalina , ma alla metà del successivo febbrajo andai soggetto ad una terribile ricaduta della quale potrei citare testimonianze. Ripresi allora la solita cura alcalina, impiegai calmanti pel gran dolore, ed occorsero 5 mesi di cura interna per ristabilirmi un'altra volta. Tutta- via per paura di ricadere, continuai la cura ; ma nell' autunno dello stesso anno, divenutami nauseante , la tralasciai , e vi sostituii una cura interna di colchico, coli' idea di distruggere la dia- tesi urica fin dalle sue radici. Ma dopo dodici giorni di cura andai 'Soggetto ad un incipiente avvelenamento, e la troncai. Ripresi la (cura di litina, diminuendone grado grado le dosi sino alla fine del maggio 1888 , e poi tralasciai ogni cosa , perchè mi credevo guarito. E stetti bene altri 15 mesi; e tanto bene da poter fare passeggiate di 40 chilometri senza la più piccola sofferenza. (V. Unione liberale di Perugia Anno Vili N*^. 99 ). Ma alla fine del- 'T Agosto 1889 mi ricomparve l'acido urico solido nelle urine e, poco dopo , tutta la serie dei sintomi dolorosi della malattia , la quale mi si estese anche a quasi tutta la regione lombare ed un poco air articolazione coxo-femorale destra. E avendo osservato che la cura di litina, anche a dosi più grandi, era divenuta as- solutamente inefficace (quantunque m'avesse fatto scomparire r acido urico solido dall' urina ) , e che il male cresceva oltre misura , feci la cura del celebre Mascagni , che trovai descritta in un'opera di Samuele Cooper, e che consisteva in pozioni di carbonato di potassio. Questa cura non mi produsse effetto utile. La ricaduta era delle più serie , io non sapeva più a quali me- dicine ricorrere , disperavo di guarire e pensavo a provvedermi di stampelle. Fortuna volle che nell'occasione di aver dovuto scrivere una lunga lettera ai Sig.ri Elliott Brothers di Londra, la notte del 22 novembre 1889 io fumassi oltre ogni dire. Io avevo avuto questo vizio accompagnato da eccessiva salivazione fin dall'età di nove anni. Ebbene, la mattina io aveva quasi com- pletamente ferma 1' articolazione coxo-femorale sinistra, e la pelle del volto secca, raggrinzata e più bruna del solito; fatto que- st' ultimo che io aveva osservato altre volte dopo aver fumato eccessivamente, senza però fermarvi l'attenzione. Io aveva anche osservato che bene spesso la mucosa gastrica mi agiva male ; soffriva anche di stitichezza. La ristrettezza dello spazio m'im- pedisce di sviluppare qui una teoria secondo cui io opino che r eccessiva salivazione, oltre all' avermi costituito in diatesi urica, — 10 — forse per disturbo della funzione gastrica, operasse anche da poten- te revulsivo su molti organi, ed in ispecie, conformemente al con- cetto patologico generale , su quelli indeboliti per causa del la- voro meccanico di cui è fatto cenno in principio. Pesai la quan- tità di saliva emessa durante il fumare , e la trovai di gran lunga superiore alla normale. Abbandonai allora tutte le cure precedenti, e dal 1» gennaio 1890 riuscii a smettere quasi com- pletamente di fumare , eliminando così 1' abuso che ritenevo es- ser causa d'ogni male. Ebbene, verso la fine di Aprile le fascie muscolari , le sinoviali , i tendini, l' intestino retto etc. avevano ripresa la loro normale attività ; io poteva stare in piedi tutto il giorno e fare lunghissime passeggiate senza la più piccola soffe- renza. Tornai ad abusare di fumare, ed in breve tempo mi rico- stituii in diatesi urica, mi ricomparvero grado grado tutti i sin- tomi del male , ed alla metà di giugno u. s. la malattia proce- deva a grandi passi verso il suo massimo. Eliminai un'altra volta r abuso di fumare, e mi ristabilii perfettamente. Qui vorrei esporre alcuni fatti per avvalorare la teoria dell'azione reciproca revulsiva de' vari organi, vorrei citare alcuni casi di malati, degni di studio, e richiamare l'attenzione de' medici su altri abusi che possono probabilmente esser causa di sinoviti secche; ma la ristret- tezza dello spazio concessomi non me lo permette; e concludo che: 1°. L' abuso del fumare , accompagnato da eccessiva saliva- zione mi ha costituito in diatesi urica in un'età eccezionale ( 32 anni), quantunque questa diatesi in me non fosse ereditaria. 2<^. Questa diatesi ha manifestato i suoi effetti specialmente sotto forma di sinovite secca in un arto indebolito. .3.0 Questi effetti, sino ad un certo punto, sono stati vinti da una cura alcalina e da uno specifico della diatesi. 4.« Dopo un certo tempo la permanenza dello stesso abuso ha reso inefficace sulla sinovite ogni cura alcalina. b.^ Solamente col togliere 1' abuso che manteneva la malat- tia, questa è scomparsa completamente. Dichiaro che la parte teorica di questa nota è da me consi- derata siccome la guida alla scoperta della cura razionale che m'ha condotto alla più perfetta guarigione, e nulla più. i — 11 — AÈDanza flel 25 pnalo 1891. Presidenza — Prof. Giuseppe Zurria Set/retarlo Generale — Prof. Adolfo Bartoli Sono presenti i soci effettivi signori Proff. Amato, Cafici, reietti, Grassi, Pennacchietti e Ronsisvalle. Letto ed approvato il verbale della precedente tornata il Se- gretario Generale presenta i libri pervenuti in cambio e in dono. Annuncia la morte del socio corrispondente prof. Stoppani presidente della Società Italiana di Scienze naturali in Milano e rammenta con sentite parole le virtù dell' estinto. Poscia vengono lette le note annunciate nell'ordine del giorno cioè: Dal prof. Pennacchietti— Sopra sistemi di equazioni aventi analogia con quelli di Hamilton. Dal prof. Bartoli — Misura della potenza chimica delle radiazioni solari. Dal prof. Grassi— Nuova contribuzione allo studio della malaria. Dopo di che venne tolta la seduta pubblica. SUNTI DELLE MEMORIE SOPRA SISTEMI DI EQUAZIONI AVENTI ANALOGIA CON QUELLI DI HAMILTON - Nota del prof. Giovanni Pen- nacchietti—L' A. espone, come possano modificarsi le dimostra- zioni di teoremi fondamentali sui sistemi canonici, per stabilire direttamente le proprietà principali di sistemi, che hanno analo- gia con quelli di Hamilton, e che trovano applicazione allo stu- dio del moto brachistocrono. — 12 — MISURA DELLA POTENZA CHIMICA DELLE RADIAZIO- NI SOLARI — Nota preliminare del Prof. Adolfo Bartoli — In una memoria letta in questa Accademia nella seduta del 26 Mag- gio 1889 (1) trattai delle misure calorimetriche delle radiazioni solari eseguite da me insieme col Chiarissimo mio collega profes- sore Stracciati ed accennai ai resultati principali allora ottenuti. Continuando in questi studii ho creduto importante determi- nare insieme la potenza chimica di quelle radiazioni ed anzi mi sono proposto di misurare il rapporto fra la forza viva delie ra- diazioni che producono un determinato lavoro chimico e la som- ma delle forze vive di tutte le diverse radiazioni solari prese in determinate condizioni, cioè con una data distanza zenitale del sole^ con una data altezza barometrica, con una data tensione del vapore acqueo neìl' atmosfera, etc. — Un tale studio è già stato fatto da molti distinti sperimentatori. Non potendo far qui la storia dell'argomento ricorderò soltanto i nomi di Herschel, Hunt, Jordan e Claudet, di Draper, di R. Bunsen ed H. Roscoe, di Vi- dal e Malvai, di E. Becquerel, di Marchand, etc. (2). Ma quantunque tali esperienze siano state eseguite con somma cura ed abilità, esse lasciano molto a desiderare per il lato teorico, essendo quasi tutte basate sopra reazioni esotermiche, cioè tali che si compio- no con sviluppo di calore. Così per es. il Draper, e dopo di lui il Bunsen e Roscoe mi- surarono la potenza chimica delle radiazioni solari dalla quantità di acido cloridrico che si produce in un miscuglio a volumi uguali di cloro e di idrogeno sottoposto all' azione di questi raggi. L' illustre Berthelot contesta 1' esattezza di metodi fondati sopra fenomeni come quelli delle combinazioni del cloro e dello idrogeno sotto l' azione delle radiazioni. « I resultati, Egli dice (3) (1) Sento il dovere di ricordare anche le interessanti esperienze del Chia- rissimo Prof. D. Amato , da lui comunicate a questa illustre Accademia nella seduta del 15 Giugno 1884. (2) Bartoli e Stracciati : Misure del calore solare fatte in Italia dal 1885 in poi : Un esteso sunto di questa memoria si trova nel Fascicolo VII del Bui- lettino mensile della Accademia Gioenia del 1889. (3) Compara Radau, Les radiations chimiques du soleìl Paris, Gautier — Villars, 1877 pag. 10. — 13 — « sono dello stesso ordine di quelli che si otterrebbero pretenden- « do di determinare il calore svolto dalla combustione dello zolfo « di uno zolfanello, pesando le leg-na alle quali ha dato fuoco. « Nella combinazione del cloro coli' idrogeno, la combinazione « produce un lavoi-o positivo grandissimo, lavoro che è impossi- « bile separare e nemmeno distinguere dal lavoro delle luce, il « quale è molto più piccolo. » Per arrivare alla soluzione del Pro- blema, bisognerebbe scegliere un fenomeno del tutto diverso, cioè una combinazione od una decomposizione che assorba del calore; insomma una reazione endotermica. Anche il metodo tenuto dal Sig. Marchand dà luogo a simili obiezioni (1) Esso adopera una soluzione acquosa di acido ossa- lico e di cloruro ferrico, nelle proporzioni di un equivalente del primo per un equivalente del secondo. Questo mescuglio non si altera all' oscuro ; sotto l'influenza delle radiazioni solari il sale ferrico si riduce a sale ferroso, con formazione di acido cloridrico e sviluppo di anidride carbonica che viene raccolta e misurata. Ma anche questa reazione non sarebbe endotermica, calco- landola secondo i dati calorimetrici presi dal Thomsen (Compara Radau, opera citata pag. 78). Come osservajgiusta mente il Berthélot per tali studii occorre scegliere una reazione endotermica: la scomposizione per es. di un composto stabile e ben definito che abbia un calore di forma- zione rilevante. Tale è il biossido di carbonio. È un'antica esperienza del Bonnet e del Priestley la riduzione dell'acido carbonico sciolto nell'acqua per parte delle foglie delle piante esposte al sole. Il Cloez e Gratiolet che analizzarono il gas che si svolge in tali condizioni, lo trovarono costituito quasi intieramente di ossi- geno (97 di ossigeno e 3 di azoto) quando l'esposizione al sole era stata prolungata. Il Boussingault più recentemente è riuscito ad analoghi risultati, cioè 100 voi. di acido carbonico gli hanno dato 98,75 volumi di ossigeno (Compara Wurtz, Dictionnaire de Chimie, Art». Assimilation). (1) Marchand, Etiule sur la force chimifine coutenue dans la lumière du Soleil, etc. Paris, 1876, Gautliier — Villars. - 14 — Il Radau, nella sua pregevolissima monografia sulle radiazioni chimiche del sole (pag. 81,82) consiglia tale metodo. Egli dice: si potrebbero impiegare degli « actinometri fisiologici , i quali « misurassero direttamente la potenza chimica delle radiazioni « dalla quantità di gaz carbonico ridotto dalle foglie di una pianta « acquatica o dal volume dell'ossigeno ridotto in questa reazione, « essendo noto che lo sviluppo del gaz presenta delle oscillazioni « le quali seguono fedelmente le variazioni dell'intensità della « luce. Sarebbe importante di fare la prova pratica di questo « metodo diretto. » 10 ho adoperato questo metodo. Il mio apparecchio è formato da una cassetta simile a quella che impiego nei miei pireliometri: soltanto ha la faccia anteriore chiusa da una lastra di vetro fissata a mastice di minio con olio di lino: la cassetta è a per- fetta tenuta e si riempie con acqua bollita e poscia saturata di acido carbonico ( occorrevano circa 7 litri di acqua ). Dentro la cassetta venivano collocate delle pianticelle acquatiche, tutte intiere, legandole delicatamente a una gabbia di filo di ottone: La superficie esposta al sole era di circa 6 decimetri quadri , e veniva mantenuta sempre perpendicolare ai raggi solari, col mezzo del sostegno parallattico del mio actinometro (1). L'ossigeno svolto si raccoglieva per mezzo di un tubo di piombo capillare che lo conduceva in un bagno di acqua contenente un pò di potassa cau- stica, per assorbire l'acido carbonico trasportato dall'ossigeno. Ma si poteva misurare il gas svolto anche in un tempo molto breve , dallo scorrimento di un indice liquido entro un tubo di vetro orizzontale. Mentre si misurava 1' ossigeno nello actinometro fisiologico , un altro pireliometro dava la misura della quantità di calore inviate dal sole : e le due palline di Arago ( modello uguale a quello dell'Osservatorio di Montsouris) davano appros- simativamente la misura delle radiazioni luminose. 11 resultato principale da me ottenuto, è che per varie altezze (1) Per la descrizione dell' apparecchio, vedasi la Memoria Bartoli e Strac- ciati citata in principio di questa nota — L' apparecchio fu costruito per la mas- sima parte dall' Ottìcina Turchini di Firenze , Via S. Gallo 34. La cassetta fu fatta a Catania, dal personale del Gabinetto di Fisica di questa Universittà. — 15 - del sole, ( purché esso non sia troppo basso ) , si mantiene quasi costante il rapporto fra l' ossigeno svolto e l' intensità delle radia- zioni solari , specialmente quando l' apparecchio sia già stato previamente esposto al sole per qualche ora : questo rapporto non sembra variar molto per diverse specie di piante acquatiche che ho adoperate. Interponendo dei vetri colorati , in giallo rosso o meglio un grosso strato di una soluzione di bicromato potassico (1) lo svilup- po di ossigeno riesce ancora quasi altrettanto abbondante, quan- tunque la intensità calorifica del fascio solare possa esser ridotta anche al decimo della primitiva. Con questa disposizione ho ten- tato di determinare direttamente l'equivalente calorifico delle ra- diazioni assorbite, corrispondenti ad una determinata quantità di ossigeno sciolto. La determinazione anche approssimata di tale equivalente ha una grande importanza , giacché , dietro i dati della termochimica, darebbe qualche luce sulla natura della rea- zione chimica il cui risultato è lo sviluppo di ossigeno. (2) Si sa che la quantità di energìa raggiante assorbita durante la vegetazione (3) e che viene accumulata nelle piante, per esser poi utilizzata quando le si bruciano, non raggiunge 1' 1 per 100 : ma se facciamo agire sulle foglie della pianta i raggi solari che hanno attraversato un grosso strato di bicromato potassico, quel rapporto diviene assai più grande e può raggiungere, secondo le mie esperienze, il valore 1 : 20. L' esperienza fu da me tentata prendendo due cassette eguali a quella sopra descritta, ma però munite di agitatori le cui asticelle si muovono entro tubi di caucciù, per modo che si possa agitare il liquido senza lasciar fuggire i gaz della cassetta. Le due cassette munite di due ter- mometri a cinquantesimi, venivano collocate entro due sostegni pireliometrici^ e sottoposte alle radiazioni solari, le quali avevano già attraversato uno strato spesso, di una soluzione di bicromato (1) Compara Jarain, Cours de Physique T. III. pag. 200 dove souo riferite le esp. di Draper; ed E. Becquerel, La lumière, ses causes et ses effects, T. II. (2) Da molti si suppone una reazione [ CO2 ] n + [H. 0] n = [CH2 0] n -t- [Co 1 n. (3) E. Becquerel, Le lumière etc. T. IL pag. 291-292. - 16 - potassico. Si eseguivano allora coi soliti metodi, delle esperienze calorimetriche, prima colle due cassette piene, 1' una di acqua satura di CO, e l'altra di acqua bollita di recente e perciò priva di gaz; poscia si ripeteva l'esperienza con le due cassette conte- nenti delle pianticelle acquatiche o dei rami tagliati allora allora dalla pianta. Il riscaldamento del calorimetro dove si era svolto ossigeno (cioè quello con la pianta nella soluzione carbonica) era minore. Il rapporto fra i due riscaldamenti, a correzioni fatte, lo trovai come 19: 20, con le foglie di olivo. Le esperienze le ho eseguite nell'orto della villetta che abito (Via Gravina 15) a ottantacinque metri di altezza sul livello del mare. In un' altra comunicazione darò più esteso ragguaglio di queste esperienze. Catania 14 Gennaio 1891. NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MALA- RIA. — Nota preliminare del Prof. B. Grassi e del Prof. R. Feletti. I. Fra tanti casi di malaria da noi osservati negli uccelli, non erasene ancora presentato alcuno, in cui l'infezione fosse di sem- plice Haemamoeba praecox. Vero è che questa circostanza, come facemmo notare altra volta, è spiegabilissima senza ricorrere al- l'ipotesi che TEmameba e la Laverania appartengano ad una me- desima specie di parassiti. A scanso di qualunque dubbio, era però, sempre desiderabile di trovar qualche caso di pura Emameba pre- coce : finalmente in questi ultimi tempi siamo riusciti ad averne uno, offertoci da una civetta. Si osservi che quest' uccello , almeno d' inverno e qui a Ca- tania, presentasi piuttosto raramente infetto di malaria : ciò che giustifica la nostra spiegazione per il non trovarsi casi puri di Emamebe nei passeri, che sono quasi tutti invasi dalle Laveranie. La nostra civetta infestata soltanto da Emamebe fu pigliata vicino a Lentini il 27 dicembre 1890 : l' infezione era gravissima e restò cosi fino al 20 gennaro: il 21 gennaro un prolungato es a- — 17 — me del sang-iie non ci rilevò alcuna Emameba, lo stesso verifi- cammo nei giorni successivi fino al 29, in cui tornarono a com- parire in picciol numero: ora (9 Febbrajo) sono di nuovo scom- parse. È inutile dire che non trovammo mai alcuna semiluna. Quanto alla sede del parassita diremo che esso offre assai po- co spiccata la preferenza per i vertici del globulo rosso , i quali invece ci erano apparsi sede prediletta dell' Emameba nei passeri. L' Emameba, specialmente se si sviluppa ad un lato del glo- bulo rosso, qualche volta presentasi allungata in modo da far pensare ad una semiluna in via di sviluppo : non diventa però mai semiluna. Aggiungasi che in un' altra civetta abbiamo trovato soltanto semilune, ciò che dimostra che anche la civetta va soggetta alle semilune (1). Abbiamo avuto un fringuello (FHngilla coelebs) infetto di Emamebe e di Laveranie. Per circa 15 giorni, all'esame del sangue tolto da una gamba, parve infetto soltanto di Emamebe in quantità mediocre : dopo scomparvero le Emamebe e comparvero rarissime semilune , che si moltiplicarono e durano tuttora. È questo un caso d'infezione doppia quali se ne incontrarono parecchi nell'uomo (Canalis, Celli, Marchiafava ecc.) IL II Bignami e il Bastianelli suppongono, se ben li intendia- mo, che i casi da noi giudicati di semplici Laveranie siano in vece casi misti di Emamebe e di Laveranie; e ciò in conseguenza della loro ipotesi: che le Laveranie siano forme di degenerazione delle Emamebe. Sacrificando molti uccelli, siamo arrivati a riconfermare quan- to avevamo sostenuto l' anno passato: che, cioè, i casi da noi giu- dicati di Laveranie pi^ire, sono veramente tali. A noi sembra che in ogni modo supporre le semilune pro- dotto di degenerazione del globulo rosso sarebbe meno irragione- (1) Anche nella civetta qualche volta le semilune si allungano tanto da di- ventar un anello, come abbiamo notato nella Sfrix flammea e come il Krnse ha già osservato prima di noi nel corvo. Non trovammo parassiti malarici nei palmipedi e nei trampolieri. - 18 - vole, che suppoiie figlie degenerate di Emamebe non riscontrabili in alcun organo ! Del resto il non poter precisare il modo di ri- produzione di una forma non può giustificare 1' ipotesi che essa esprima una degenerazione , molto più quando questa forma è enormemente diffusa, come appunto le semilune nell'uomo e spe- cialmente negli uccelli (1). Tanto meno vale ad appoggiare la supposta degenerazione il fatto che le Laveranie e le Emamebe sono indistinguibili se giovani , perchè al periodo embrionale o giovanile non sono distinguibili molti esseri , che lo sono al pe- riodo adulto. III. Ad ulteriore conferma di quanto si è detto nei para- grafi I e II, riferiamo le seguenti ricerche fatte durante il pre- sente anno scolastico. Si fece la puntura della milza a tre individui affetti, secon- do i nostri ripetuti esami , di sole Laveranie (febbri irregolari) , durante il periodo dell' apiressia, a varia distanza dal periodo feb- brile : nel sangue così estratto non si riscontrò già 1' Haemamoeba praecox, ma sibbene Laveranie adulte , assai più numerose che nel sangue periferico e , in due di questi casi , anche plasmodi (giovani amebe) piccolissimi non ancora pigmentati. In uno di questi stessi due casi riscontrammo pure quelle figure che ritenia- mo indicanti la segmentazione delle semilune. In un quarto caso, simile ai tre citati , insieme al D.r Calandruecìo, si praticò del pari l'esame del sangue della milza: vi si riscontrarono soltanto numerose semilune e le supposte figure di segmentazione. (2) (1) Non ci si opponga che anche i corpi flagellati sono assai diifusi; essi non si possono ritener esistenti nel sangue circolante (Danilewesky, Grassi e Peletti). (2) Non riscontrammo in alcun uomo il trasformarsi dalla Laverania mala- riae in Haemamoeba vivax , ossia delle febbri irregolari da semilune in terzane vere. Anche negli uccelli le semilune scompaiono definitivamente senza che dian luogo alle Emamebe. Per valutare i casi osservati a Roma nell' uomo occorre tener presente quanto segue : I. possono coesistere parecchie specie di parassiti malarici , e per un certo tempo può una specie dominare, e poi venire a dominare un' altra ; II. ter- zanari, quartauari e semilunari, in cui la goccia di sangue (tolta dal polpa- strello delle dita ) non presentava più nulla , e che perciò ritenevamo del tutto guariti, recidivarono dopo parecchi mesi; III. a Roma l'infezione malarica è tanto ì — 19 — IV. Ili un passero trovammo per circa dieci giorni, oltre a ra- rissime semilune, molto copiosa una nuova forma di Haemamoeba (Haemamoeba relieta n. sp.) : l'avevamo già veduta in molti pas- seri , ma sempre molto scarsa di numero. Essa presenta più o meno copiosi granuli di pigmento e si moltiplica dopoché più di una metà trasversale del globulo rosso è stata distrutta. Il nucleo del globulo rosso è spostato, come avviene anche quando è invaso dall' Emameba precoce : trovasi nel residuo del globulo rosso, che è più o meno scolorito : questo nucleo di spesso assume poco o punto il metilvioletto. Infine aggiungeremo che i glo- buli rossi occupati dall' Emameba in quistione sono piuttosto pic- coli. Ri serbiamo ulteriori particolari per la Memoria estesa. Dopo dieci giorni circa, come si è già detto, le Emamebe si diradarono e crebbero le Laveranie. V. Passiamo ora ad un esperimento che è stato fatto dal Dot- tor Calandruccio e dalla cui esattezza stiamo noi pure garanti. Riferiamo le parole dello stesso D.r Calandruccio : « Dietro consiglio del Prof. Grassi ho voluto eseguire su me medesimo il seguente esperimento. » « Il dieci Dicembre 1890 con la siringa di Pravaz sterilizzata ho tolto, da una delle vene superficiali del braccio sinistro di un individuo affetto da quartana or tripla or semplice (constatata clinicamente e microscopicamente), circa un grammo di sangue e subito r ho iniettato nel cellulare sottocutaneo del mio braccio sinistro. La puntura non provocò l'uscita d'alcuna goccia di san- gue. Dopo alcuni giorni nel luogo dell' injezione apparve una chiazza di color bleuastro, che poi mano mano fecesi gialliccia. » « Per lo spazio di diciassette giorni stetti sempre bene; in se- guito, cioè dal ventotto dicembre al nove gennajo, sono stato travagliato da una febbre quartana or tripla or semplice. » « Il reperto microscopico ha confermato la diagnosi. » « Il chinino troncò subito questa quartana. » intensa che si danno molti casi di infezioni miste ; IV. essendo il ciclo evolutivo dell' Emameba più corto di quello della Laverania, è naturale che, data un' infe- zione mista al primo suo manifestarsi, l'Emameba di regola sarà già numerosissi- ma, quando la Laverania sarà ancora scarsissima. « È bene si sappia che io non ho mai sofferto febbre di mala- ria, né sono stato in luoghi palustri, ragione per cui credo che il mio esperimento non possa dare adito ad alcun dubbio. » « Mi riserbo intanto di discutere ampiamente sia questo come altri esperimenti nella parte sperimentale del lavoro esteso che verrà pubblicato dai Professori Grassi e Feletti. » « Per ora concludo con l'affermare che la malaria si può pro- pagare da uomo a uomo (1) mercè le iniezioni ipodermiche di san- gue malarico ; inoltre il mio esperimento concorre a stabilire che la quartana resta sempre quartana, e quindi il relativo parassita è una specie a se, come sostengono i Proff. Grassi e Feletti. » « Questa conclusione apparrà più fondata a chi considererà che V individuo infetto di quartana, da cui io tolsi il sangue, ne era stato infettato artificialmente, cioè col sangue di altro quar tanario. » Libri pervenuti in Cambio Asti — Le stazioni sperimentali Agrarie — Voi. XIX fas. 4 e 5. Bologna— Bullettino delle Scienze mediche— nov. e die. 1890. Catania— Autologia giuridica— Anno IV N. 6 e 7. Firenze — Accademia dei Georgofili— Atti, Voi. XIII fas. 2. Milano— Collegio degl'Iugegnerì ed Architetti— Anno XXIII fas. 11. Idem— R. Istituto Lombardo di Scienze e lettere— Eendicouti— Voi. XXIII fa- scicoli 17, 18 e 19. Napoli — Accademia Pontaniana — Atti, Voi. XIX e XX. Idem— Accademia di Scienze fisiche e matematiche— Rendiconti— Serie II, Voi IV fas. 9, 10, 11, sett. a nov. 1890. Palermo— Società di Storia Patria— Onoranze al Marchese Vincenzo Fardella di Torrearsa. Pebugia — Accademia medico-chirurgica — Atti e rendiconti— Voi. 2° fas. S**. Torino— La medicina esatta— N. 10, 11 e 12 del 1890. Idem — Rivista d'ostetricia e Ginecologia — Anno I. fas. 23 e 28. Roma— R. Comitato Geologico— Bullettino— N. 9. e 10 1890. Idem — Società Geografica— Bullettino — ott. a die. 1890. Idem — R. Accademia dei Lincei — Rendiconti — fac. 9. a 12 Secondo Semestre 1890 Voi. VI. Idem— Accademia dei Nuovi Lincei — Atti, Sessione III, IV, V e VI del 1890. (1) i< Ho ripetuto però 1' esperimento sopra due altri uomini con risultato negativo. » — 21 — Siena — Accademia dei Fisiocritici — Atti, Serie 4* Voi. IL Venezia— Istituto Veneto di Scienze— Atti Voi. 1» Serie 7* fas. 10. Basel — Verhandhuigen dei" Naturforschen Gesellschaft— Voi. IX. Buenos-Aykes— Istituto geografico Argentino— Boletin Voi. XI quaderno IV a IX. Beyrouth — Eevue Internationale de bibliographie medicale etc— Voi. II N. 3. sett. 1890. Cambridge — Bulletin of the museum ot Comparative Zoology at Harvard College Voi. XX N. 3, 4 e 5. 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