Library of the Museum OF COMPARATIVE ZOOLOGY, AT HARVARD COLLEGE, CAMBRIDGE, MASS. Founded bp pribate subscription, in 1861. NINDSNININIDSNDZIAA Deposited by ALEX. AGASSIZ. È Ve $ E) (ira È (I i AI i DELLA pt \OCIETÀ MALACOLOGICA . ERAEIANA. va 7 È a Ù BULLETTINO SOCIETÀ MALACOLOGICA ITALIANA VOLUME XVII 1892. BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ MALAGOLOGICA ITALIANA Vol. RAVE. SOCIETÀ MALACOLOGICA ITALIANA Ufficio di presidenza. Cav. Pror. SEBASTIANO RICCHIARDI PRESIDENTE MarcHEsa MARIANNA PAULUCCI Vice PRESIDENTE BARTOLOMEO CAIFASSI TEsoRIERE Cav. Pror. DANTE PANTANELLI SEGRETARIO. \ Td Elenco dei Seciì per l’aunno 1892 Allery di Monterosato March. Tommaso, Via Pietro Colletta al Giardino inglese. 1, Palermo. Bagatti Dott. Odoardo, Via Cavour 109, Parma. Boccaccini Prof. Corrado, R. Liceo, Cuneo. Brusina Prof. Spiridion, Museo Nazionale, Zagreb (Agram). Cafici Bar. Corrado (Sicilia), Vizzini. Caifassi Bartolomeo, Via S. Andrea 25, Pisa. Canavari Prof. Mario, Università, Pisa. Caramagna Cav. Giovanni, Villa Trinita, Castello (Firenze). Castelli Cav. Dott. Federigo, S. Michele, Levorno. Chigi-Zondadari March. Bonaventura Deputato al Parlamento, Stena. Ciofalo Prof. Saverio Direttore della Biblioteca Licignana (Si- cilia) Termini Imerese. Costa Cav. Prof. Achille, Via Orazio Costa, Napoli. D’ Ancona Cav. Prof. Cesare, Istituto di studi superiori, Fi- renze. De Boury Eugène, Themericourt par Vigny (Seine et Oise). ie De Gregorio Brunaccini March. Antonio, Molo, Palermo. Della Valle Prof. Antonio, Università, Modena. Del Prete Dott. Raimondo, Viareggio. De Stefani Prof. Carlo, Istituto di studi superiori, Firenze. Doderlein Comm. Prof. Pietro, Università, Palermo. Foresti Dott. Lodovico, Bologna. Fucini Dott. Alberto, Empoli. Issel Cav. Prof. Arturo, Università, Genova. Jago I. G., Via dei. Preti, Livorno. Meli Prof. Romolo, Scuola super. degli ingegneri, Zoma. Mella Conte Carlo, Via del Duomo, 17, Vercelli. Museo Civico di storia Naturale, Pavza. Museo di Zoologia della R. Università, L'oma. Pantanelli Cav. Prof. Dante, Università, Modena. Parona Prof. Carlo Fabrizio, Università, Torino. Paulucci Marchesa Marianna, Novoli, Firenze. ) Picaglia Prof. Luigi, Modena. Piccinelli Dott. Giovanni, Via Masone, Bergamo. Pini Dott. Napoleone, Via del Crocefisso, 6, Milano. Platania Platania Gaetano, Acireale. Pollonera Dott. Carlo, Museo Zoologico, Firenze. Portis Cav. Prof. Alessandro, Museo Geologico Università, Roma. Ricchiardi Cav. Prof. Sebastiano, Università, Pisa. Scander De Levi Bar. Com. Adolfo (socio perpetuo ), Firenze. Simonelli Dott. Vittorio, Museo geologico, Bologna. Statuti Cav. Ing. Augusto, Via dell’ Anima, 17, Zoma. Strobel Cav. Prof. Pellegrino, Università, Parma. Sulliotti Avv. Giorgio Roberto, Porto Maurizio. Terracciano Cav. Nicola, Caserta. MARCHESE DI MONTEROSATO MONOGRAFIA DEI VERMETI DEL MEDITERRANEO La classica monografia dei Vermeti Siciliani di Bivona padre (1), che fu poi riprodotta ed accresciuta da Philippi (2) è la sola e si può dire la prima opera che tratti per intero dei Vermeti del Mediterraneo. Una memoria anteriore di un anno a quella di Bivona, ma di minor valore, è quella di Gravenhorst Professore alla Università di Breslau (8) scritta nell'intento di separare i Vermeti dalle Serpule. L'autore seppe discernerne assai bene le differenze anatomiche, ma pel modo come trattò il soggetto è rimasta un’opera oscura e non fu per la scienza una rive- lazione come lo fu quella di Bivona. Lo stesso Risso che precedette questi due scrittori col suo genere Lemintina (4), n’ ebbe una idea confusa, non già delle differenze che corrono fra le parti molli di questi animali che distinse in modo abbastanza chiaro e scientifico, ma perchè egli non conobbe che una sola specie di Vermetus (suo genere Lemintina) e perchè in un’ appendice (5) riunì alle Serpule (1) Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia. Palermo, 1332. (2) Enumeratio Molluscorum Siciliae, I. Berolini 1836 e II. Halis Sa- xorum, 1844. (3) Tergestina der Beobachtungen und Unters. ecc. Breslau, 1831. (4) Histoire Naturelle Europe Mérid. IV. Paris, 1826. (5) loc. cit. p. 397. Observations sur differentes Annelides des Alpes maritimes. eg o tutti quei Vermeti dei quali non gli fu dato di osservare l’ ani- male. Egli dunque confuse i tubi di Serpula con i tubi di Vermeti. Al 1827, Agostino Sasso (1), nominò in una nota sui fossili del terziario di Albenga (2) una specie di Vermetus che chiamò: Serpulorbis polyphragma ed in altra nota che fa seguito (3) descrisse con vera maestria e classicismo l'anatomia e la con- chiglia della medesima additandola come vivente nel mare di Genova e separandola nettamente dalle Serpule (4). È facile riconoscere le Serpule per mezzo del loro animale, ma non è ugualmente agevole distinguere i tubi di Serpule dai tubi di Vermeti specialmente allo stato fossile, tanto più, che oltre alle Serpule a tubo calcareo (la Serpula protensa è una di queste), vi sono Serpule a tubo di sostanza cristallina (S. cristallina = tricuspidata) simili ai Vermeti e oltre alle Serpule a tubo di sostanza corneo-calcarea che rammentano i Dentalii (gen. Ditrupa). Secondo le osservazioni dell’ illustre Dott. Otto A. L. M6rch di Copenhagen, ch’ ebbi il bene di conoscere, il tubo di una Serpula si compone di due strati, mentre che quello dei Vermeti si compone di tre, opinione emessa nei lavori sui Vermeti viventi e fossili del globo da lui pubblicati in varie memorie (5). (1) Il nome di questo autore è Sasso e non Sassi, come tutti lo chia- mano, perchè certamente non lo hanno consultato ad eccezione di Jeffreys, il quale nel V. Volume della British Conchology p. 174 si corregge. Questa correzione è stata fatta anche da Issel come mi assicura il Prof. Pantanelli. (2) Saggio Geologico sopra il bacino terziario di Albenga. Giornale Li- gustico, Genova, Settembre, 1827. (3) loc. cit. p. 482, 483, 484. — Di un nuovo genere di Mollusco Ga- steropodo, dello stesso. (4) Questa memoria è di una grande rarità e manca in quasi tutte le biblioteche le più fornite come pure mancava in quella del British Museum all’epoca in cui Jeffreys dovette riscontrarla pel genere Limopsis, che come è noto è di Sasso. Io ho potuto ritrovarla alla Biblioteca Comunale di Palermo e debbo la mia copia alla liberalità dell’ egregio Professore G. G. Gemmellaro. (5) Etudes sur le famille des Vermets. — Journal de Conchyliologie, Paris, 1858, 1859, 1860 e Review of the Vermetidae in Proceedings of the Zoological Society of London 7 April 1861 e 11 February 1862. cicli In questa osservazione egli era stato in certo modo pre- ceduto da Philippi, il quale (I, p. 169) dice: Testam Verme- forum unice substantia firmiore, intus magis virtrea ab illa Serpularum distingui posse, et Serpulos testa vitrea pellucida munitas forte omnes ad Vermetos pertinere credo. Non si può negare che questa osservazione corrisponda esattamente, ma non è men vero, che non dia la stessa mi- sura sui tubi di Zeredo, che possono da persone poco esperi- mentate essere scambiati con i tubi di Serpule e con i tubi di Vermeti. Nelle comunicazioni ricevute dai miei corrispon- denti, spesso avveniva di dover separare da supposti Vermeti, frammenti di Zeredo e persino frammenti di tubi di Gastro- chaena e di Clavagella. L’interno del tubo di un Vermetus è liscio e smaltato ed allorchè è colorito, porta internamente una tinta più scura di quella della parte esterna. Questi caratteri saranno ricer- cati invano nell'interno delle Serpule, del Zeredo e della Cla- vagella. Ma per me il vero carattere distintivo, spesso occulto, ri- siede nell’ embrione, ch'è spirale nei Vermeti come in tutti i Gastropodi, mentre ch’ è di tutt’ altra conformazione nelle Ser- pule ed in tutti i generi di Molluschi provvisti di una espan- sione tubulare. Anche gli opercoli di talune Serpule hanno sovente imba- razzato più d’un Naturalista. Vi sono opercoli di Serpule per- fettamente calcarei che si confondono facilmente con alcune piccole conchiglie capuliformi appartenenti ai generi Cocculina, Dall e Acroreta, Cossmann (1). La principale differenza con- siste nelle impressioni muscolari che nei molluschi sono in- terne, mentre che negli opercoli di Serpula e particolarmente. della Vermilia, le impressioni sono esterne. Non è quì però il caso di confonderli con gli opercoli dei Vermeti i quali hanno tutt’ altra struttura. La presenza o l’assenza dell’ opercolo nei Vermeti ‘è alle LI volte di un valido appoggio, ma non è una guida sicura per (1) Monterosato: Molluschi delle profondità. — Palermo, Naturalista Siciliano 1890, p 38 (estratto). SM la conoscenza dei gruppi. Esistono dei gruppi che si confon- dono pei loro caratteri esterni, nei quali l'opercolo è ora mancante, ora rudimentario o incompleto, ma sempre immerso talchè riesce difficile ad osservarsi. In questi gruppi, tal carat- tere lo reputo più specifico che generico. In altri, al contrario, la presenza di un opercolo completo che chiude l'apertura, dimostra possibilmente l’ espressione della diversa conforma- zione dell’ animale. Questa presenza o assenza ha però una legge nei Vermeti e sembra che riposi sopra un rapporto in- timo e che sia simultaneamente un distintivo della specie e della zona in cui abita. Difatti le specie che vivono allo sco- perto sono provviste di un opercolo completo che tura la bocca e quelle che abitano una zona più o meno profonda e che perciò vivono sotto una data pressione ne sono sprovviste o tutt’ al più lo hanno rudimentario. In quanto alla loro strut- tura esistono affinità tra gli opercoli dei Vermeti e quei dei generi Solarium, Gyriscus, Bifrontia (0 meglio Pseudomalaxis) e Siliquaria non solo per essere lamellosi e poligirati, ma anche per la papilla o piccolo peduncolo che si trova nel centro della faccia interna dell’ opercolo (1). i L’anatomia dei Vermeti è stata così bene e così estesa- mente trattata, che, qualora me ne fossi occupato, non avrei avuto nulla da aggiungere. Io ho sempre trascurato questa .parte importante della Malacologia e sono quindi costretto a rimandare il lettore ai classici come Delle Chiaje, Sasso, Bi- vona, Philippi, Lacaze-Duthiers e per abbreviare al Manuel de Conchyliologie del Dott. P. Fischer. Senza negare la grande importanza del Mollusco al punto di vista Zoologico, disse M. Petit de la Saussaye (2), ed ammettendo ch’ è più di tutto dalla sua organizzazione che si possa assegnare il rango che gli compete nella scala del regno animale, si deve nondi- meno riconoscere che per la classificazione di esso e per la distinzione specifica si può avvalersi dalla forma della con- chiglia. (1) Monterosato: Notizie intorno ai Solarii del Mediterraneo. -— Pa- lermo, 1873. (2) Cataloque des Mollusques Testacés des mers d’ Europe. Paris, 1869. fa Le 1 e I Vermeti del Mediterraneo appartengono a varii gruppi o generi come si vuole ed in questi sono state constatate delle differenze anatomiche di qualche rilievo. Molti sono stati fon- dati sui caratteri dell’ opercolo. Non è però necessario al Con- chiologo di ricorrere a questo mezzo per discernere le loro at- tinenze. Si può dal loro insieme, dal loro modo di avvolgersi, che ha secondo i gruppi una relativa costanza e sopratutto dalla scultura, formarsi un buon criterio. La scultura nei Vermeti è un eccellente carattere per la distinzione specifica ed è del resto il solo ausiliare a cui pos- sono ricorrere i Paleontologhi in questo come in tutti gli altri generi. Essa non dipende come nella Anomza e nella Calyptraea, non che nel genere Brocchia, dai corpi sui quali sono affissati ma possiede una grande fissità di caratteri dai quali ho tratto profitto per la distinzione specifica. Mérch afferma il contrario e pensa che la scultura ed il colore nei Vermeti, come nelle Ostreae, sono influenzati dai corpi ai quali aderiscono. Ma tanto l’ Ostrea che il Vermetus possono vivere senza appoggio ed in questo caso da qual corpo attingerebbero il colorito e la scultura precisamente uguale a quelle degli esemplari che vivono affissati? Accade di trovare esemplari di V. subcancel- latus (= glomeratus) perfettamente scuri nati sopra conchiglie a colorazione chiara ed esemplari ruvidamente scolpiti sopra conchiglie a superficie levigata. La colorazione nei nostri Vermeti, come nella più gran parte di quei del globo, è di una sola tinta, senza macchie, mentre che nella T'urrifella, che è il genere più vicino, le macchie flammulate prendono un grande sviluppo e riescono caratteri- stiche. Abbiamo però nel Mediterraneo un gruppo di Turritellae a colorazione unita, cornea, che si accosta a quella dei Ver- meti ed io presumo che nel Vermetus turritella di Rousseau, ch'è una 7. communis mostruosa (1), l’autore sia stato gui- dato a crederlo un Vermetus, più dalla somiglianza di colora- zione che dalla affinità di forma. Come eccezione si possono raramente riscontrare nel V. semisurrecitus delle macchie fulve (1) Monterosato: Conchiglie delle profondità. — Naturalista Siciliano, 1890, p. SCE (FL nelle granulazioni dei primi anfratti. In questo particolare il V. semisurrectus mostra una lontana parentela con le 7'ur- ritellue macchiate di cui abbiamo pure varie specie o forme nel Mediterraneo (1). L’esemplare figurato nella tav. VI, f. 6 di questa monografia, mostra oltre ai caratteri della scultura espressi a lineamenti, le macchie fulve di cui sono adòrne le granulazioni. In alcuni dei nostri Vermeti, soprattutto nelle specie a tubo allungato, si verifica una particolarità che ha sempre attirato l’attenzione dei naturalisti ma che non è stata bene spiegata ed è il septum che limita la parte tubulare abbando- nata dall’ animale divenuta superflua. Questo seplum non è regolare come nelle piccole specie della famiglia Caecidae e non indica, come in queste, uno stadio della loro età, nè ha una forma costante. Esso si produce tutte le volte che l’ani- male ne sente il bisogno, non a distanze uguali e più di tutto si forma in caso di frattura o di deviazione, che Philippi chiamò: varices manicaeformis. A me pare che non sia un vero septum ma piuttosto una chiusura di riparazione. Nessuna somiglianza si può stabilire fra il così detto septum dei Ver- meti e la « calotte » dell’ estremità anteriore del Zeredo. Le Serpule non hanno septum. I Vermeti si riconoscono facilmente dagli altri Gastropodi per due caratteri. Uno è il loro modo eccentrico di avvolgersi senza l’aiuto di un pilastro, 1’ altro è quello di vivere affissati ad altri corpi marini. Pel primo carattere abbiamo affinità con la Szliquaria, col Caecum e con alcune conchiglie a spira centrifuga ( Pseudomalaxis centrifuga, Monts.), con le mostruo- sità scalari e le deviazioni che simulano tendenze vermeti- formi. La Turritella communis che presenta alle volte l’ ultimo anfratto staccato (soluto), può servire non solo come indizio di affinità fra i due generi, ma è stata creduta per la sua spira sciolta una specie di Vermetus, come ho già detto, e quel ch'è più un genere (Rousseaua, Rochebrune) della fa- miglia Vermetidae (2). Persino conchiglie terrestri scalariformi (1) Monts. loc. cit. (2) Id. oe. dert: ESA oa imitano i Vermeti nel girare attorno di esse senza l’aiuto del pilastro ed abbiamo un caso costante di deviazione nel- I Helix rupestris di alcune località della Grecia, in cui | ul- timo anfratto è costantemente staccato, sicchè così selezionata è divenuta l’ H. chorismenostoma. Pel secondo carattere non possiamo così facilmente citare esempii in quanto ad altri Gastropodi che vivono affissati quantunque avessimo una in- finità di specie sedentarie. Siamo forzati di ricercare l’ affinità in altre classi, dove abbiamo varie specie di Ostrea e sopratutto lo Spondylus Gussonti di cui non si conoscono esemplari liberi. Il Thecidium e la Orania che vivono costantemente affissati, non sono veri Molluschi. Questa somiglianza in animali di classi differenti serve ad aiutare o a sconvolgere le teorie? I Vermeti caratterizzano la fauna Mediterranea e la di- stinguono dalla fauna Atlantica Europea e da quella dei mari Artici che ne sono interamente sprovvisti. Essi non oltrepas- sano che di poco, a Trieste, il 45° grado di latitudine. Anche nei depositi fossiliferi delle regioni settentrionali, se sono esi- stiti, non ebbero mai una grande preponderanza e se ne con- tano 2 o 3 piccole specie nel Crag d’ Inghilterra e del Belgio. Varie ne esistono nei terreni subappennini. Nel nostro depo- sito fossilifero di Montepellegrino abbonda il V. semisurrectus, attualmente vivente nei fondi coralligeni, ciò che sembrami una eccellente prova per dimostrare che questo tufo conchigliare sia di origine coralligena, mentre che questa specie manca comple- tamente nel deposito coevo delle argille figuline di Ficarazzi, ciò che può anche dimostrare come questo deposito sia emerso dalle profondità dove non vivono i Vermeti. Il Vermetus Lyng- byanus, Mòrch, ch’ è il solo citato dei mari Artici, è un mito. Nessuno degli autori sulla fauna Artica ne parla. M* H. J. Posselt, assistente al Museo di Copenhagen, a cui mi sono ri- volto in proposito, mi rispose gentilmente, che il V. Lyngbyanus è stato riconosciuto da M." C. G. John Petersen, non essere altro ‘che l’opercolo della Turritella ferebra (così chiama la Turri- tella di quèi mari). L’esemplare originale si trova nel Museo di Copenhagen! Questa identificazione stabilisce la conosciuta analogia tra l’opercolo di alcuni Vermeti con quello della KI Turritella, che, come ho già detto, è il genere più vicino, RE dale La distribuzione batimetrica dei nostri Vermeti è assai importante al punto che si potrebbero caratterizzare le diffe- renti zone dalle specie che vi abitano. Si potrebbe dire: zona a Vermetus glomeratus, invece di dire zona littorale, e così di seguito. La zona sublerrestre possiede specie opercolate che vivono nelle coste rocciose, allo scoperto, formando una crosta al livello della Lettorina e dello Chthamalus. La zona littorale ha specie sue proprie con opercolo rudimentare a tubo fortemente attorcigliato. La zona laminare ha le stesse specie, ma in queste il tubo diviene più lungo, ed eretto. La zona corulligena, che è fra queste la più profonda, ha specie a tubo allungato, interrotto, che vivono all’ impiedi, fissati sol- tanto per la base e non sdraiate orizzontalmente come quelle delle altre zone. Questa differenza di posizione fa credere che le specie di questa zona abbiano abitudini differenti. Esse tra- scurano per così dire, i dettagli che hanno rapporto alla scul- tura purchè allunghino interminabilmente il loro tubo al fine di raggiungere una meta che non è loro concessa o di ottenere un maggior grado di luce. La zona abissicola non ne ha. Ogni specie insomma abita una zona ben definita e pare che non potrebbe sussistere in un’ altra. Evidentemente i Vermeti, non sono, come tanti altri Molluschi, liberi di scegliere la loro di- mora. È facile quindi comprendere di quale importanza sia lo studio dei Vermeti viventi e fossili e quanto sia pericoloso e di quanti errori possa esser causa una denominazione sbagliata, non approfondita o la riunione di varie forme consimili che dovrebbero, con maggior chiarezza ed utilità, rimanere sepa- rate. Non si tratta d’ingannarsi sulla loro determinazione perchè ogni specie indica una zona ed è miglior partito aste- nersi che dare un nome approssimativo. 1 In quanto alla nomenclatura ci troviamo davanti a grandi difficoltà. Si principia da quella di nòn sapere se si debba adot- tare il nome generico di Vermetus o se si debba sostituire con uno dei tanti altri che non è difficile di trovare. Il genere Vermetus fu stabilito da Adanson sopra un tipo dî cui man- O ITS e, N chiamo (1). Il Prof. W. A. Dall, dice (2) che il genere Vermetus non essendo stato proposto nel metodo Linneano non avrebbe alcun diritto ad essere ritenuto, se non fosse stato emendato e adottato da altri naturalisti. A me pare ugualmente incon- trastabile che il Vermetus di Adanson, se si prende in questo senso, non ha maggior diritto di Phallus di Lister e di Tubulus di Buonanni. Esclusa l’idea di chiamare Vermetus i nostri Vermeti ci resta la necessità di ricercare il nome più antico e più corretto. Serpulus di Montfort, 1810, è una forma gram- maticale di Sernula, L., com’ era uso di questo autore di ma- scolinizzare tutti i nomi, p. es.: Patellus invece di Patella, Janthinus invece di Janthina, Naticus invece di Natica. Egli avea le sue buone ragioni per proporre questo cambiamento di sesso, ma non sono state adottate. Serpulorbis, Sasso, 1827, adottabile per la sua chiarezza è identico a Lemintina, Risso, 1826, insufficientemente descritto. Evidentemente nè Sasso nè Risso ebbero coi loro nomi l'intenzione di definire un gruppo. Serpuloides, Gray, 1850, fu stabilito con questa intenzione ma è contestato da Morch, il quale applica al gruppo a cui potrebbe servire il nome di Thylacodes, Guettard, 1774, da lui emendato, che può confondersi con Thylacodus dello stesso Mòrch. Più difficile mi sembra la questione del genere o sottoge- nere Bivonia, stabilito da Gray al 1842 e poi al 1850 pel V. triqueter a causa del suo opercolo rudimentare, ma Bivonia dello stesso Gray del 1847, almeno come Mérch lo afferma, è altra cosa. Bivonia di H. e A. Adams (Genera etc., pl. XXXIX, f. 1, 1°) ha per tipo una specie Mediterranea ad opercolo completo! Senza addentrarmi in queste latebre ho (1) In una nota da me pubblicata in questo Bollettino al 1379 sopra le conchiglie delle spugne ed in altre successive pubblicazioni ho ammesso come nostro il V. lumbricalis, una specie esotica, che risponde al vero tipo del Vermetus di Adanson ed alla Vermicularia di Lamark. Ulteriori ricerche mi hanno provato che questa specie sebbene si estragga pure dalle spugne, non appartiene alla nostra fauna. Le spugne dove si trova provengono dalle Antille e sono nel commercio in dettaglio mischiate con quelle di Spakis e di Lampedusa, donde l’ errore di questa come di tante altre specie. (2) Bulletin of the Museum Comparative Zoology at Harvard College, Vol, XVIII, — Cambridge, 1889. ai scelto i nomi che mi sembrano preferibili, saltando le difficoltà insormontabili. Io non vedo, del resto, una grande chiarezza nel modo come tali generi sono stati semplificati da Fischer (1) e sarei disposto a fare « tabula rasa » di tutti questi voca- boli, che per lo meno hanno l'inconveniente di non avere al- cuna uniformità (2). Lo scopo di questa monografia, ch'è stata benevolmente accolta nel Bollettino della Società Malacologica Italiana, è quello di riunire tutte le cognizioni che si hanno su questo soggetto, senza approfondirmi sopra inutili dettagli e rispar- miando agli studiosi le ricerche fastidiose della sinonimia, « cette hydre de la synonymie qui étouffe et dévore la science (Des Moulins) ». Negli antichi atlanti di Gualtieri, Buonanni ed altri veterani della scienza non mancano figure dei nostri Vermeti confuse con quelle di Serpule, che servirono di base al grande Linné per stabilire le sue specie. Sembrami ora su- perfluo di rammentare queste figure alquanto primitive, tanto per la difficoltà di procurarsi questi libri, quanto perchè io le credo insufficienti ai bisogni attuali della scienza e mi limito a citare quelle date dagli autori di questo secolo, munite di descrizioni scientifiche e di un habitat controllato. A che vale per la conoscenza delle nostre specie che si parli del « Guteaw des Vermisseaux » di Favanne del 1780 o della « Vipera pe- trificala » (per caso binominale) di Worm del 1665? i Tutti gli esemplari. figurati nelle tavole di questa mono- grafia fanno parte del mio gabinetto e sono di provenienza ‘autentica ed etichettati; insomma ogni conchiglia ha « ses pa- (1) Fischer nel suo Manuel p. 692 dice: « Les genres Petaloconchus, Lea, 1843; Bivonia, Gray, 1842, Macrophragma et Aletes, Carpenter 1847; Dofania, Morch 1868, appartienent è cette subdivision et sont caracterisés par quelques particularités de leurs lamelles internes ». Ma io domando, con permesso del mio egregio e dotto amico, dove sono nella Bivonia le lamelle interne? (2) Credo necessaria -una specie di uniformità nei nomi appartenenti ai gruppi di un grande genere. Recentemente ho proposto 41 vocaboli (non sono ben persuaso se saranno adottati) soltanto nella vasta tribù della Xerophilae. — Atti Accademia Palermitana di Scienze e Lettere. — Pa- lermo, 1892, si } — 7 — piers en règle ». Gli esemplari « sine Zoco » non sono docu- menti scientifici. Un piccolo articolo di chiusura sarà consacrato alle specie spurie e alle « species delendae ». Maggio 1892. IND Familia Vermetidae Vermetus (Petaloconchus?) subcancellatus, Biv. ? Serpula glomerata, L. — Syst. Nat. ed. XII (non ed. X, nec Fauna Suec., nec Mus. Lud. Ulr.). S. contortuplicata, (non L.) Payr. — Moll. Corse 1826, p. 21 (Corse). Vermicularia glomerata, Gravenh. — Tergestina ecc. 1831, p.\o7(Lrreste): Vermetus subcancellatus, Biv. — Effem. Scient. e Lett. 1832, p: 7, non figurato ( Palermo ). V. glomeratus, Sc. — Cat. Regni Neap. 1886, p. 17 ( Napoli). V. subcancellatus, Ph. — En. Moll. Sic. I, 1836, p. 172 (Sicilia). V. (Thylacodus) subcancellatus, Mòrch — Proc. Zool. Soc. 1861, p. 31 (Med. e Adr.). V. glomeratus, B. D. D. — Moll. Rouss. fasc. 6, 1884, p. 234, t. 30, f. 13, 14 (Med. e Adr.). Forma a, glomerata (typica). V. testa glomerata, solidula, corneo-calcarea ( Monts.); arcte spirata, fere tota affixa. extremitate antica aliquando libera, porrecta (Ph.), laeviter flexuosa et subdiaphana; sculptura sub- cancellata, liris spiralibus aequalibus granulosis quinque aut sex (Monts.)., lineisque incrementis cancellata (Kob.). Color castaneus. S Diam. 2-3 mill. Conchiglia gregaria piuttosto solida, che forma una massa composta di molti individui, di una sostanza corneo calcarea, con l’interno vitraceo lucidissimo, strettamente avvolta e quasi MIA To ee tutta affissata meno dalla parte anteriore ch’ è tubulare, libera, eretta e leggermente flessuosa, liscia e subdiafana. Scultura composta di 5-6 linee spirali granellose che ricoprono le su- perficie, decussate dalle linee di accrescimento. Colorito castagno SCUrO. Littorale in tutto il Mediterraneo. Forma bh, solitaria (typica). Tavo of Conchiglia non aggregata, nel resto avendo gli stessi ca- ratteri del tipo, contorta in varii modi. Littorale in tutto il Mediterraneo. Capo Espartel nelle coste del Marocco (Palumbo). Forma c, cylndrata, Monts. TEN V. subcuncellatus, Ph. — En. Moll. Sic. I, 1886, t. IX, f. 20 (Sicilia). V. glomeratus, B. D. D. — Moll. Rouss. t. 30, f. 11 (Med. e Adr.). Conchiglia libera, avvolta cilindricamente su se stessa con l’apice svolto senza direzione costante. Più scarsa della forma precedente, ma dapertutto; littorale. Forma d, intortiformis. Tav I f9. Conchiglia affissata dalla parte ventrale, qualche volta libera con gli anfratti strettamente legati e turritellati. Anche più scarsa. Napoli (coll. Tiberi); Palermo (Monts.) ecc. Forma e, tricha. Tav. I, f. 4. Avvolto a modo di treccia. Palermo littorale, raramente ( Monts.). RSS lE Forma f, vermiculina. Tav.I,f.05; DE V. subcancellatus, Monts, var. minor — Nomencl. Gen. e Sp. 1884, p. 81 (Palermo). Assai più piccola del tipo, a tubo del diametro di 1 mil- limetro o tutto al più 1', con gli anfratti liberi non ade- renti fra essi, riposando su qualche punto; scultura obsoleta. Coste di Barberia, nelle. spugne; Palermo, rara (Monts.). Forma g, tubulosa. Tav: 1, £. 6. V. subcancellatus, var. soluta, Monts. — Nomencl. Gen. e Sp. 1884, p. 81. Tubi lunghi sino a 30 mill. mancanti della parte basale, a forti segni di accrescimento, senza decussazioni o appena ac- cennate. Coste di Barberia, nelle spugne (Monts.). Var. ex col. albina. V. subcancellatus, var. albina Monts. — Nomencl. Gen. e Sp. 1884, p. Sl. ) Variamente contorta, appartenente alla forma solztarca. Esemplari detriti, ma naturalmente albini, rigettati sulla spiaggia all’ Isola Maddalena (Del Prete). Queste sono le varietà di forma e di colorito che posso registrare. Le var. occlusa, suturalis e scolopendrina di Mòrch (loc. cit. 1861, p. 32), quantunque accuratamente descritte non saprei a quali forme riferirle. L’ occlusa è fondata sopra la figura di Gray negli Annals 1851, VIII, pl. 17 B, f. 4-6, come delle coste Africane del Mediterraneo. Lo stesso Mérch dice di non conoscerla. Il carattere di « apertura clausa », non so com- prenderlo. La suturalis e la scolopendrina oltre ad essere per me irriconoscibili, non hanno un habitat ben definito, DET, gir Se questa specie varia nel suo modo di avvolgersi ha però dei caratteri fissi nella sua scultura e non è facile confonderla con nessun altra specie vivente e fossile. Le forme che ho ac- cennato hanno una relativa costanza. Quella che ho chiamato intortiformis rammenta pel suo modo di avvolgersi stretto e turrito al V. intortus di Lamarck, fossile subappennino. Certa- mente il V. subcancellatus ed il V. intortus appartengono allo stesso gruppo e tanto nell’ una che nell’ altra si verifica la forma cylindrata. Weinkauff guidato da queste analogie di forme, riunì le due specie, ma in seguito è stato disapprovato. Queste riunioni dovrebbero essere depurate! Gli autori dei Mollusques du Roussillon le hanno nettamente separate e le figurano entrambe. Mòrch le avea già distinte ed enumera tre forme nella specie fossile. Var. subappenninica (= Serpula lumbricalis, (non L.) Brocc.) per la forma Italiana. Var. cancellata, per la forma Austriaca. Var. Woodi, per la forma del Crag d'Inghilterra. A queste posso aggiungere la: Var. Altavillae, per la forma di Altavilla presso Palermo. Il V. subcancellatus non «si trova allo stato fossile, come tante altre specie subterrestri e littorali. L’ho riferito, ad esempio di Mòrck, al sottogenere Petalo- conchus, col quale, io credo, che non abbia relazione, perchè questa divisione è fondata sulle specie che possiedono delle linee longitudinali interne, un carattere che manca assoluta- mente in tutti i nostri Vermeti. Pullus. IERI RL L’ embrione non è aderente e si fissa nel suo secondo sta- dio. È piccolissimo, meno di 1 millimetro, lucido, trasparente, globulare e forma due evoluzioni. La bocca è bilobata. I miei esemplari li ho raccolti nelle arene dell’ Arenella, di Mondello e di Trapani. Vermetus (Petaloconchus? ) rugulosus, Monts. V. rugulosus, Monts. — En. e Sin. 1878, p. 29 (Palermo). Forma, typica. Tav. I, f. 8. V. testa minuta, solitaria, gracillima, ecrystallina, antice porrecta, postice adnata in spiram laxam aut turbinatam con- torta, semper affixa; sculptura adamussim rugulosa, striis spi- ralibus destituta; tubulus autem erectus et solutus, diaphanus et laevigatus. Color aut albus aut electrinus. Diam. },, mill. Conchiglia piccola piuttosto solida, cristallina, affissata per la sua parte ventrale con gli anfratti attorcigliati in varii modi; parte anteriore tubulare, elevata ed eretta, cilindrica e dia- fana. Scultura composta di forti e regolari rugosità, mancante di strie spirali. Colorito bianco o di ambra chiara. Nella zona laminare affissata ad altre conchiglie. L’ ho rinvenuta nelle arene dell’ Arenella presso Palermo, come pure a Magnisi. Esemplari viventi piccoli sull’ Haliotis lamellosa. Probabilmente in altre località Mediterranee. Gli esemplari incompleti sono fortemente rugosi e somi- gliano ed una piccola Spiérorbis, perchè com’essa sono formati di un solo giro e con la quale ugualmente vive e può essere confusa. Vermetus (Bivonia ? ) spirintortus, Montis. Tav Mera: V. testa solitaria, cornea, spiraliter turbinatim contorta ; anfr. contiguis quadrangularibus; antice soluta; sculptura ru- gosa, subcostulata ad suturam magis conspicua. Color cereus. Diam. 3!4 mill. \ Conchiglia solitaria, cornea, turbiniforme con gli anfratti addossati l’ uno sull’ altro e strettamente legati. Scultura ru- AR aa gosa fortemente subcostulata, precipuamente presso la sutura. Colore bianchiccio, cereo. Nei fondi coralligeni di Algeria senza poter precisare la località. Altri esemplari giovani di Trapani e S. Vito. Credo sia una nuova e buona acquisizione per la nostra fauna. Vermetus (Bivonia) granulatus, Gravenh. Vermicularia granulata, Gravenh. — Tergestina ecc. 1831, p. 65 (Adriatico, sulla Pinna nobilis). 2 Vermetus granulatus, Forbes. — Rep. Egean invert. 1843, p. 158, il solo nome (Mar Egéo). Non Serpula granulata, L. Vermetus Jonicus, Dan. e Sand. — Elenco nominale, 1856, p. 149 (Dalmazia, sul Pecten varius). Vermetus triqueter, (non Biv.) var. pinnicola, Mòrch — Proc. Zool. Soc. 1862, p. 3 ( Adriatico). Forma a, pinmicola. eva t0: V. testa solitaria, semper parte ventrali affica, inferne nucleiformis aut discoidea, sursum irregulariter spiralis; parte antica cylindrica in tubulum producta; sculptura granulosa liris tribus vel quatuor dorsalibus inaequaliter decurrentibus ; lira centrali magis elevata crenulata atque sulcis excavatis con- dita, reliquae asperae. Color pallido corneus. Diam. 3-4 mill. Conchiglia solitaria, affissata dalla parte ventrale, adagiata; nei primi giri nucleiforme o discoidea poi irregolarmente spi- rale; la parte anteriore cilindrica ed eretta. Scultura granel- losa con 3-4 linee dorsali decurrenti, delle quali la centrale poco più elevata delle altre, coi solchi attraversati da segni di accre- scimento; l'estremità anteriore del tubo quasi liscio. Colorito corneo. Vive nei fondi fangosi a poca profondità, sulla Pinna nobilis (donde il nome di pinnicola) ed altre conchiglie nel- Dt QUO l'Adriatico (Gravenhorst, Danilo e Sandri, Brusina, Mérch); nelle coste di Corsica (Tiberi), di Sardegna (Del Prete); Palermo ed Ustica, a varie profondità (Monts.). Forma b, spongicola, — Tav: ed LE V. cristatus, (non Biondi) Monts. — Journ. Conchyl. 1877, p. 36, pl. III, f. 10 (Coste di Barberia). V. cristatus, (non Biondi) var. albina, Monts. —- Bull. Soc. Malac. Ital. 1879, p. 223 (C. di Barberia). V. cristatus, (non Biondi) B. D. D. — Moll. Rouss. 1884, p. 207, t. 30, f. 9, 10 (C. de Barberia). Differisce dalla forma typica per essere più piccola 2-3 mill., sempre albina, fortemente crenulata e con le nodulosità tubercoliformi. La fig. 11.* indica un esemplare di Dalmazia della zona laminare ( Brusina). Forma c, discoidea. Tav. I, f. 12, 13, 14. Anfratti quadrangolari regolarmente discoidei a tubercoli molto sporgenti. i Assieme alla forma spongicola, nelle coste di Barberia, quasi sempre affissata alla Columbella cuneata, Monts. (forma vicina alla C. elongata, Ph.) nelle spugne. Forma d, reperns. Laveno: Con i primi giri avvolti spiralmente ed il resto della con- chiglia libera; linee più numerose ed ottuse. Diametro quasi 5 mill. nella parte anteriore. Colorito fulvo. Isola di Lampedusa, rigettata sulla spiaggia (Adami). Forma e, excurrens. Tav. I, f. 16. Assai più solida del tipo e delle altre forme a scultura più forte con le linee dorsali in minor numero e più promi- I] ni Igea nenti; solchi profondi relativamente lisci non attraversati dalle rugosità di accrescimento. Diametro variabile da 4 a 5 mill. Nelle spugne delle coste di Barberia, assieme alle altre, scarsa. Forma f, erronea. Tad 174018, V. cristatus (non Biondi) B. D. D. — Moll. Rouss. 1884, t. 30, f. 7, 8 (Port-Vendres). V. erroneus, Monts. — Journ. Conchyl. 1889, p. 36 (Casa Blanca, Marocco). È una forma a tubo più sottile (2, 2 !,, mill.) che vive libera nelle arene o affissata per un sol punto agli steli delle piante della zona delle laminari, con l’ apertura inclinata, si- mulando le forme dei grandi Vermeti. Le crenulazioni sono assai forti e le linee decurrenti esasperate, valide, con i solchi lisci e lucidi. Frammenti trovati nelle arene conchiglifere della spiaggia di Casa Blanca nelle coste del Marocco. Abbondante a Mondello presso Palermo e a Magnisi (Monts.); Corsica, rara (Del Prete); Port-Vendres (B. D. D.). Le forme di questo gruppo sono poco conosciute. Esse mostrano, come tutte le 5iwvonzae, una tendenza ad avvolgersi discoidalmente nei primi anfratti. Vermetus (Bivonia ) simulans, Monts. IE Rio, V. testa solidula, libera, laevigata, non corrugata, subtri- quetra; liris dorsalibus tribus, quarum una conspicua, caeterae vero utrimque exiguis filosis ornatae. Color pallido fulvus. Diam. 2,2% mill. Conchiglia avvolta a modo di Serpula, libera, glabra, non corrugata, subtriangolare. Scultura composta di tre linee dor- sali di cui la centrale forma una specie di carena e le due laterali egualmente decurrenti, che l’ accompagnano senza in- terruzione sino all’ apertura, più sottili. Colorito fulvo. Littorale a Prevesa in Grecia (Conéménos). i Apice Vermetus (Bivonia) triqueter, Lv. Vermetus triquetrus, Biv. — Effem. Scient. e Lett. 1832, p. 6, pars (Palermo). V triqueter, Ph. — En. Moll. Sic. I, 1836, p. 170, pars ( Sicilia). V. contortuplicatus, (L.) Sc. — Cat. Regni Neap. 1836, p. 17, var. a. solitaria discoidea (Napoli). V. triqueter, var. concentrica, Req. — Coq. Corse 1848, p. 62 (Corse). Bivonia triquetra, var. spirorbis Mòrch. — Proc. Zool. Soc. 1862, p. 3 (Adr.). V. (Dofania) triqueter, B. D. D. — Moll. Rouss. 1884, p. 230, t. 30, f. 1, 2 (Med. e Adr.). ? Dofania triquetra, Monts. — Nomencl. Gen. e Sp. 1884, p. 82 (Med. e Adr.). Forma a, discordea. Tav. II, f. 5, 6, 7. V. testa solida, solitaria, tota parte ventrali affita, planata, discoidea ; antice tubularis, cylindrica suberecta; sculptura bipar- tita, rugiîs elegantibus sigmoideis et liris decurrentibus carinam triquetram formans. Color cereo-virescens, lineis incrementis pur- pureis. Diam. 6 mill. circa. Conchiglia solida, solitaria, piana, affissata dal lato ven- trale avvolta a disco, con la parte anteriore cilindrica corta ed eretta. Scultura bipartita a strie d’ accrescimento sigmoidee con una carena decurrente centrale che forma un angolo e rende la conchiglia triangolare. Colorito bianchiccio che tira nel verde con linee di accrescimento sottilissime, eleganti e porporine. i Questa specie vive soltanto nella zona littorale ed è la più diffusa nel Mediterraneo. È comune negli scogli sbattuti dalle onde principalmente a Tolone (Vimont), in Corsica e Sardegna (Del Prete e Sulliotti), nascosta dalla Corallina of- SLOT ficinalis e dalla Gigartina mammillosa ed altre piante che vi- vono a fior d’acqua. Nell’ Atlantico l’ ho trovata io stesso a Cadice e a Casa Blanca e Mogador nelle coste del Marocco. Drouét la cita delle Azorre. Philippi la cita fossile di Taranto e di Palermo, dove non credo si trovi, come le altre specie sub- terrestri le quali tutte mancano nei nostri depositi fossiliferi. Le forme che seguono, come in tutti gli altri Vermeti, hanno una relativa costanza nelle loro evoluzioni è. meglio distinguerle. Forma bh, Aletes. Nav (Enit: V. triqueter, Ph. — En. Moll. Sic. I, 1836, t. 9, f. 21. Bivonia triquetra, var. Aletes, Mòrch — Proc. Zool. Soc. 1862, p. 3 (Dalmazia). V. (Dofania) triquetra, B. D. D. — Moll. Rouss. 1884, t. 30, f. 3 (Med. e Adr.). Si distingue soltanto pel suo modo di avvolgersi; negli altri caratteri è la stessa della precedente. I Si rinviene con la forma discoidea a Napoli ( coll. Tiberi); nell’ Adriatico. in Grecia, ecc. Forma c, repens. Bava IU dE Strisciante in tutta la sua lunghezza, anguiforme, a carena | fortissima e bene angolata. Soltanto e Cadice, affissata ad una pietra della zona sub- terrestre ( Monts.). Forma d, bdicarinata. Tave bh fil45 Porta due carene interrotte, carattere dipendente da frat- ture della conchiglia o dalle contrazioni morbide del mantello. Assieme alla forma discoidea nelle coste della Francia me- ridionale e precisamente a Tolone (Vimont). Sagre Vermetus (Bivonia) gregarius, Montis. V. triquetrus, Biv. — Effem. Scient. e Lett. 1832, p. 6, f. 4, var. b, testis antice teretibus et var. c. testis basi subspirati, antice teretibus, erecto undatis, fastigiatis (Sicilia). V. triqueter, var. B, Ph. — En. Moll. Sic. I, 1836, p. 170, t. 9, f. 22 (Sicilia). V. contortuplicatus, (L.) Sc. — Cat. Regni Neap. 1836, p. 77, var. b gregata contorta ( Napoli). 2V. triqueter var. intricata, Req. — Coq. Corse 1848, p. 62 (Corse). Bivonia triquetra, var. fascicularis, Mòrch — Proc. Zool. Soc. 1862, p. 4, (Sic.). V. gregarius, Monts. — En. e Sin. 1878, p. 28 (Med. e Adr.). ? Dofania gregaria, Monts. — Nomencl. Gen. e Sp. 1884, . 82 (Med.). Forma a, typica. Tav: et. V. testa gregaria massam formans; tubulis erectis, bast contorta crenulata; parte antica revoluta obtuse carinata. Color niVeus. Diam. 35 mill. Conchiglia gregaria RIA delle grandi masse di più di un piede di lunghezza ricoprendo degli scogli; tubi lisci eretti l'uno aderente all’altro dalla [parte laterale longitudi- nalmente, (fig. 2) negli esemplari che hanno raggiunto il loro completo sviluppo, con la base e la parte anteriore contorta, a carena ottusa che la rende quasi triangolare. Colore niveo. .Forma bh, solztarza. Tav. II, f£. 3. ? Bivonia triquetra var. serpulina, Mòrch — Proc. Zool Soc. 1862, p. 64 (sine loco). I, TTT o Le Esemplari a base fortemente contorta e tubo più prolun- gato senza direzione, cilindrico. E Tipo e varietà si trovano, come il V. triqueter, nella zona subterrestre, assieme alle specie che vivono allo scoperto, non sempre bagnate dalle acque, ma piuttosto dal flusso delle onde. Le figure date da Bivona e da Philippi possono darne una buona idea in quanto al carattere dell’ agglomerazione di un tubo con l’altro, ma mancano del carattere della scultura. Le descrizioni sono complete. Philippi, dice: Var. B quam li- benter speciem peculiarem esse crederes ad instar Madreporarum coespitosa, rupes vestit et ipsa massas non spernendae molis — constituat. Il nome di gregarius mi sembra bene appropriato. Probabil- mente il tipo costituisce la var. intricata di Requien, ma questa identificazione non è del tutto sicura e quello di fascicularis di Mérch, che indubbiamente corrisponde a gregarius, si può confondere con la Serpula fascicularis, L. Questa specie e la precedente formano il tipo del genere Bivonia, dedicato da Gray all’illustre Barone Antonio {Bivona Bernardi, Siciliano. Il carattere distintivo del genere risiede nell’ opercolo rudimentare, che trovasi in altri gruppi. La sua tendenza ad avvolgersi a disco nei primordii è caratteristica. Nel gruppo del subcancellatus questa tendenza è rimpiazzata dal modo di avvolgersi in forma turbinata. I Vermeti sono però tutti discoidei nel secondo giro, allorchè fissano l’ embrione, ch’ è globoso e libero nel primo stadio. In seguito si fissa capovolto ed è rinforzato da un giro di spira che lo circonda. Questi primissimi giri sono fulvi o color d’ ambra anche nelle specie che sono interamente bianche allo stato adulto. Alla tribù delle forme triangolari appartengono altre due. forme distinte da Mòorch (loc. cit. p. 5) coi nomi di expansa da Madera e di ampliata del Mediterraneo, senza riferenze, che io non posso riconoscere. | Con questa specie chiude il gruppo delle Bivoniae, alle quali va aggiunto ordinariamente il V. semisurrectus, che ho stimato separare pel suo modo di vivere e per la sua tendenza ad allungare il suo tubo, carattere che manca nelle vere Bivoniae. DSS ea Vermetus (Serpulorbis) gigas, Bi. Vermetus gigas, Bivona. — Effem. Scient. e Lett. 1832, p. 5, tav. 2, f£. 1, 2 (pessima, figurato con l’animale), Sicilia. Vermetus gigas, Ph. — Moll. Sic. I, 1836, p. 170, t. IX, f. 18 a, db (buona, con l’animale), Sicilia, Napoli. Vermicularia lineolata, Gravenh. — Tergestina ecc. 1831, p. 57 (fide Mòrch, ex spec.) Adriatico. Thylacodes polyphragma, (non Sasso), var. Aletes, Morch — Proc. Zool. Soc. 1862, p. 14 (estratto), Med. e Adr. Vermetus gigas, Monts. — En. e Sin. 1878, p. 28 (comprende varie forme). Med. e Adr. ‘ Vermetus ( Serpulus) arenarius, var. dentifera, B. D. D. — Moll. Rouss. fasc. 6, Févr. 1884, p. 236 e 237, t. 29, f. 4 (Coste di Provenza). Queste sono le sole citazioni che giova consultare, che re- puto sicure e che corrispondono al mio tipo. Forma a, typica. Tav. IND of de V. testa magna, solida, solitaria, cylindrica, longitudina- later subgranulata, striata (Ph.); lateraliter affixa (Mbérch); quandoque in turbinem spirata (Biv.); anfract. obliquis fere reguraliter spiralibus; ultimus interdum solutus; funiculis den- tiferis dorsalibus, saepe binis ornata (Monts). Color cinera- scens aut vufus. Diam. 18-20 mill. Conchiglia molto solida e spessa, di un grosso calibro al tubo del diametro di 18 a 20 millimetri e più, a giri avvolti obliquamente in senso spirale, turbiniformi o in altri modi, ma sempre contigui fra essi e aderenti l’ uno con l’altro dalla parte suturale. Tubo perfettamente cilindrico con l’interno liscio, lucido e smaltato. Scultura composta di rugosità gra- nellose, piuttosto continue, lineari, che ricoprono il tubo; nella parte dorsale due cordoni, di cui il superiore -più spiccato, formanti delle nodulosità dentiformi, compresse, alternanti peer RS grandi e piccole. Colorazione bianchiccia cinerascente, raramente rossastra. Si rinviene perfettamente tipico affissato ad altre conchiglie e più di tutto sulla Pinna mobilis a discreta profondità da 5 a 15 metri, nel mare di Catania (Bivona, Aradas); nel mare di Palermo (Bivona, Philippi); nelle coste della Corsica e della Sardegna (Del Prete); nelle coste Dalmate, esemplare figurato tav. III, f. 1 (Klecah). i Forma b, conglobata, Monts. Var. ex col. rufa, Monts. Tav. III, f. 3. La stessa forma con gli stessi caratteri del tipo, ma più conglobata, o senza il tubo allungato e a colorazione rossastra. «+ Palermo, rigettata sulla spiaggia dell’ Aspra. La forma tipica si compone alle volte di gruppi formati di 2 o 3 individui fra essi attorcigliati, ma tutti col tubo nella medesima direzione. Negli individui isolati si vede meglio la loro posizione naturale adagiata in senso orizzontale. Secondo la più o meno profondità dove vive, il tubo è più o meno al- lungato; allora il prolungamento mostra dei segni cospicui di accrescimenti circolari non più scolpiti come il rimanente della conchiglia. La più parte degli scrittori lo riferiscono al V. arenarius, (.Serpula) L. della XII edizione (non delle altre) interpreta- zione corroborata dall’ esame fatto da Hanley sul tipo Lin- neano, ma l’ habitat indicato da Linné è: « In Indiis » e Hanley non parla precisamente della forma e di altri caratteri che ora divengono necessarii. Gli autori dei Mollusques du Rous- sillon affermano, che il nome di arenarius non può riferirsi che alla forma Mediterranea. Io m’ inchinerei dinnanzi a questa opinione, se non riconoscessi in questo gruppo molte forme, le quali per maggior chiarezza, è meglio distinguere. Abbiamo pure il V. dentiferus di Lamarck, al quale viene riferito più di tutto dai Paleontologhi. Però il V. dentiferus è una specie che ha come habitat indicato dall'autore: « Les LB mers de l’ Asie Australe ». A questa specie esotica fu anche riunita come « Var C », dallo stesso Lamarck, una forma fos- sile Italiana subappennina che Mérch chiamò: var. Italica e che corrisponde alla Serpula polythalamia di Brocchi. Questa tale forma ha grande somiglianza col V. gigas, che ho de- scritto e figurato, ma non è la stessa. La Serpula Melitensis, Gm., del terziario di Malta, è una specie alquanto oscura di questo gruppo. Forma c, destituta, Monts. Tav. III, f. 2. Di minor calibro, fortemente granellosa, destituita in parte dei cordoni dorsali o con un solo decurrente. Palermo nella zona laminare. Vermetus (Serpulorbis) scopulosus, Montis. V. gigas, var. angulata, Monts. — En. e Sin. 1878, p. 28 (Med. e Adr.). Forma a, typica. Tav MINO. V. testa mediocris, repens, adherens, laxe contorta; anfrac- tibus planiusculis, basi angulata, prope aperturam valide ru- gosis: sculptura granulosa, liris dorsalibus obsoletis duobus tribusve, nodulis interruptis, elongatis, non dentiferis. Color pal- lide fulvus aut flavus. i Diam. 12-15 mill. Conchiglia di mediocre calibro, affissata interamente dalla parte ventrale a giri appianati angolati alla parte esterna, non cilindrici, verso l’ apertura fortemente rugosi. Scultura granel- losa con 2 a 3 cordoni dorsali interrotti e con le nodulosità allungate non dentifere. — Colorito fulvo o gialliccio. = IR Forma bh, discoidca. Tav. III f. 5. La stessa del tipo a forma discoidea costante, anche più appianata. I miei numerosi esemplari di varie forme provengono dalle spiaggie di Mondello e dell’ Aspra presso Palermo, ove abbonda nella zona littorale, attaccata in tutta la sua estensione a varii corpi marini, ma più di tutto agli scogli in un fondo ricco di alghe. È necessario disporre di un buon numero di esemplari per persuadersi delle differenze che corrono fra questa e le specie vicine. In generale è di minor calibro del V. gigas ed ha gli anfratti piani. I cordoni decurrenti sono ugualmente interrotti ma non dentiferi e si compongono di nodulosità allungate di altra conformazione. | Questa forma dev’ essere generalmente distribuita nel Me- diterraneo. Il vocabolo angulatus, col quale l’ avevo prima distinto, è stato impiegato per varie altre forme della famiglia dei Vermeti. Vermetus (Serpulorbis) verrucosus, Monts. Vermetus gigas, var. verrucosa, Monts. — Enum. e Sin. 1878, p. 28 (Palermo). Forma typica. Tav. III, f. 4. V. testa solitaria, praesolida, ponderosa, crassa, verrucosa j anfractibus vix quadrangularibus, margine externe undulato ; sculptura granoso-lineata ; lirîs prominulis dorsalibus valde ele- vatis ter vel quatuor aequidistantibus, interruptis, vermiculosis atque sulcis profundis instructa. Color rufo-cinereus. Diam. circa 18 mill. Conchiglia solitaria, molto spessa, pesante, ruvida, ad an- fratti quasi quadrangolari col margine ondulato. Scultura gra- 3 i AO nelloso-lineare, provvista di 3 o 4 coste elevate, interrotte, vermiculose con solchi profondi corrispondenti. Colorito cinereo, rufescente. ‘ Aderente per la parte ventrale agli scogli della zona littorale da 5 a 10 braccia di profondità, all’ Aspra presso Palermo. Non la conosco di altre località. Credo sia una forma indescritta non difficile a riconoscersi pel suo spessore e per le coste ed i solchi di cui è provvista, carattere che manca al V. gigas ed alle specie di questo gruppo. La figura potrà darne una buona idea. Vermetus (Serpulorbis) horridus, Monts. ? V. gigas, var. granulato-verrucosa, Req. — Coq. Corse 1848, p. 62 (Bastia). Forma a, fypica. Tav. IV, f. 1, 2, 3; 7 juv. V. testa solitaria, anguiformis, subsolida, ad apicem seu lateraliter affixa; sculptura granulato-verrucosa, striis obsoletis; sulcis dorsalibus continuis duobus tribusve eminentioribus, saepe ob fracturam interruptis, sulcis profundis munita. Color fulvus. Diam. 10-12 mill. Conchiglia solitaria, subsolida, strisciante a forma di ser- pente, affissata alla base o a qualche punto laterale; base piccola spirale; tubo che va ingrossandosi verso l’ apertura ove i caratteri prendono maggior sviluppo; bocca rivolta in sotto qualche volta tagliata a sbieco non perfettamente circo- lare. Scultura granulato-verrucosa e striata con 2-3 lire ed altrettanti solchi decurrenti forti e rilevati in tutta la lun- ghezza della conchiglia, spesso interrotti dalle verrucosità o da causali fratture. Colorito lionato. Ta Soraa Forma bh, asperrima. Tav. IV, f. 6. Si distingue per la predominanza delle verrucosità. Tipo e varietà li conosco soltanto di Palermo (Monts.) e di Catania (Aradas.). Probabilmente vive in molte altre loca- lità. Come le altre specie di questo gruppo, è littorale. Il carattere pel quale va distinta risiede nelle linee e nei solchi decurrenti, che si accentuano verso l’ apertura invece di svanire come nel V. gigas. Il V. horridus ha una relativa costanza nel suo sviluppo e non si attorciglia su se stesso; gli anfratti non sono aderenti l'uno all’altro. Se si pongono a confronto le figure della tav. III e della tav. IV, si vedrà un contrapposto significante, tra le forme del gruppo del V. gigas e*fra queste. Nella specie presente l’ apertura è sempre rivolta in sotto, senza congiungersi a nessun altro punto della con- chiglia. In ciò differisce anche dal V. polyphragma, in cui l'apertura tende costantemente a riunirsi alla parte della conchiglia ch’ è affissata. Vermetus (Serpulorbis) polyphragma, Sasso. ? Lemintina Cuvieri, Risso. — Europe Mér. 1826, p. 114, f. 16, 17 (Alpes Maritimes). Serpulorbis polyphragma, Sasso. — Di un nuovo genere di Mollusco Gasteropodo in Giornale Ligustico, Genova, Settembre 1827, p. 482 (Porto di Genova). ? Vermetus gigas, var. contortuplicata, Req. — Coq. Corse 1848, p. 62 (Ajaccio). Vermetus ( Serpulus) arenarius, B. D. D. — Moll: Rouss. fasc. 6, févr. 1884, p. 236, t. 29, f. 3 (Med. e Adr.). Forma a, major. V. testa solitaria, solida, vitracea, aliquando tenuis, laxa, irregulariter et monstruose contorta, hinc inde devia; extremitate rigata postica affira aut latere recumbens; parte antica serpulosa non porrecta, basim versus inclinata; anfractibus tortuosis non cy- lindricis, subangulatis ; sculptura scabra, subim- bricata, sine liris et sulcis prominulis. Color plerum- que violaceus aut rufus. Diam. 16-18 mill. Conchiglia solitaria, solida, vitrea, alle volte tenue, molto irregolare nei suoi avvolgimenti, tortuosa, affissata dalla parte poste- riore, o adagiata lateral- mente in un sol punto, nel resto libera ma sempre con la parte anteriore inclinata verso la base o in direzione del suo punto d’ appoggio. Scultura scabra, imbricata nei freschi esemplari. Colo- rito quasi sempre violaceo. Littorale a Palermo nel Porto ed all’ Aspra (Monts.); Roussillon, nelle coste di Provenza (B. D. D.); Genova, nel Porto (Sasso); Napoli ( Delle Chiaje — Poli, tav. 1, f. 17). Me TAL Ii ZE GE 145) n È, = LUI Forma bh, tortuosa. Tav. IV, f. 4, 5; 8 juv. V. arenarius, B. D. D. — Moil. Rouss., t. 29, f. 1 e 6 escluse le altre (Roussillon). Si distingue per essere di un minor calibro non eccedendo -10 a 12 mill. in diametro, a tubo tormentato in diversi modi, apertura rivolta verso la base; scultura più minuta con una o due linee dorsali appena accennate che poi svaniscono. Colo- rito lionato. Anche littorale all’ Aspra, Catania, Siracusa, Magnisi (Monts.); coste di Provenza (B. D. D.); Mar Toscano (Ap- ESSO a pelius); Grecia (Conéménos); Algeria (Joly) ecc. Anche fram- menti al Capo Espartel ed a Casa Blanca nelle cotte del Ma- rocco (Palumbo, Monts.). Forma c, anguina. Dello stesso calibro ma a tubo più cilindrico che riunisce la base con l’ apertura e con leggiere linee dorsali nei primordii. Colorito pallido. Spiag gia dell’ Aspra presso Palermo. È difficile assegnare delle varietà ad una specie tanto pol- morfa. Ho scelto le forme più costanti e cospicue. Il carattere specifico risiede nell’ assenza di linee dorsali e sopratutto nel modo come è avvolta o piuttosto per la sua manifesta ten- denza a dirigere l'apertura verso il suo punto d'appoggio. Manca costantemente del prolungamento tubulare che vedesi nel V. gigas, il quale cambia modo di scultura nella sua parte anteriore. Negli esemplari perfetti si vedono le squame subim- . bricate che ne ricoprono il tubo Queste squame si obliterano facilmente negli esemplari rigettati sulle spiaggie, che hanno sofferto dall’ attrito delle onde. Il colorito dominante nei fre- schi esemplari è violaceo ed è più intenso negli esemplari esposti al sole. In questo particolare il V. polyphragma è quello che ha più rapporto con le grandi specie esotiche. = SAL Credo sia la specie più diffusa nel Mediterraneo fra quelle di questo gruppo. Abita la zona littorale, affissata a concre- zioni di arenaria, o a polipai, o agli steli delle zostere come le Ostree ed in compagnia di esse.. Sovente è rigettato sulla spiaggia. Non dubito che questa forma corrisponda a quella descritta da Sasso. L’ autore non accenna a linee decurrenti; egli dice: superficie reticulata, che in certo modo quadra con la nostra descrizione e perchè il V. polyphragma è il solo fra le specie di questo gruppo che manchi di questo carattere. Non è difficile imbattersi in esemplari che avendo perduto una parte della loro coda abbiano formato il così detto septum concavo nella parte interna e convesso esternamente. Tale septum si forma ad ogni frattura. Vermetus (Serpulorbis) selectus, Monts. ? V. gigas, var. elongata, Req. — Coq. Corse 1848, p. 62 ( Ajacio). ? V. gigas, H. e A. Adams. — Gen. pl. XXXIX, f. 2. V. selectus, Monts. — En. e Sin. 1878, p. 28 (Palermo). Lemintina selecta, Monts. — Nomencl. Gen. e Sp. 1884, p. 83 (Med. e Adr.). Forma a, typica. Tav. V, f. 2; juv. f. 3, 4. V. testa praelonga, solitaria, tenuis, vitracea, exacte cylin- drica, tota longitudine aequalis, antice maxime longa, interrupta, varicosa, erecte flezuosa vel tortuosa scandens; postice în spiram turbinatam adnata ; sculptura striis granulosis et flexuosis longi- tudinalibus basi variceorum evanidis, deinde circulis incrementis conspicuis ornata. Color viridis albus. Diam 13-15 mill. circa. Conchiglia lunghissima, solitaria, tenue, vitrea, esattamente cilindrica e di ugual calibro in tutta la sua lunghezza; parte basale affissata contorta in senso spirale. Scultura a cerchi d’ accrescimento cospicui e strie longitudinali flessuose alla e gli base delle varici o delle interruzioni. Colorito bianco che tira nel verde. Forma bh, arborea. Tavo if e Lemintina selecta, var. arborea, Monts. — Nomencl. Gen. e Sp. p. 83 (Palermo). La stessa del tipo ma assai più lunga e spesso interrotta. Vive col tipo nella zona coralligena in compagnia del V. semisurrectus ed anche in una zona intermedia alla laminare e coralligena caratterizzata per l'abbondanza di polipai ed altre produzioni marine. Nel mare di Palermo ( Monts.); nel golfo di Napoli (Ti- beri); nel mare di Corsica? (Requien) ed in varie località presso Trieste (Stossich ) Forma c, ramosa. Lemintina selecta, var. ramosa, Monts. — Nomencl. Gen. e Sp. 1824, p. 83 (Coste di Barberia). Tubo un po’ più sottile, formante delle ramificazioni e più fortemente striato. Nelle spugne delle coste di Barberia. Questa specie si distingue facilmente pel suo tubo straor- dinariamente esteso e per la zona in cui vive. I miei più lunghi esemplari misurano sino a 35 centimetri, più della terza parte di un metro! Non è improbabile che il suo stipite sia qualche altra delle nostre specie, la quale adattata in condizioni fisiche diverse, sia divenuta il V. selectus. Abbiamo un buono indizio di pro- lungamento tubulare nel YV. gigas figurato nella tavola II. Allo stato attuale esso costituisce una forma importante tanto distinta che i naturalisti di Germania non esiterebbero a chia- mare: eine gute Art. Il V. gigas e le specie del suo gruppo vivono adagiate; il V. selectus vive all’impiedi. Questa diffe- renza di posizione mostra chiaramente una diversità di abitu- dini. Il V. selectus sarebbe dunque, secondo il mio modo di RARO) vedere, il risultato di una adattabilità formatasi in una epoca posteriore alla creazione e alla dispersione del V. gigas o d’altra specie. Nell’ esame dell’ animale, ho potuto raccogliere delle positive affinità. Entrambi confrontano con l’ eccellente figura data da Philippi (I, t. IX, f. 18) del V. g29as. Questa affinità è però apparente e sarebbe necessario che venisse controllata dagli anatomisti, dapoicchè non è possibile che due animali identici fra essi, potessero costruire due conchiglie diverse o viceversa. Vermetus (Bivonia?) semisurrectus, Lv. V. semisurrecitus, Biv. — Effem. Scient. e Lett. 1832, p. 6, f. 3 (Palermo). V. semisurrectus, Ph. — En. Moll. Sic. I, 1836, p. 171, t. IX, f. 19 (Sicilia). V. semisurrectus, Mòrch — Proc. Zool. Soc. 1862, p. 5 (Sicilia). V. semisurrectus, auct. plur. ( Med. e Adr.). Forma a, typica. Tav. VI, figure 1, 2, 3. V. testa solitaria, cylindrica, cornea, antice longe porrecta, interrupta, varicosa; postice contorta; sculptura striis longitudi- nalibus basalibus granulosis per seriem digestis aspera; deinde laevissima. Color corneus. Diam. 4-5 mill. Conchiglia solitaria, cilindrica, cornea, anteriormente al- lungata, eretta, spesso interrotta dalle varici, posteriormente affissata e contorta. Scultura basale composta di serie longitu- dinali granulose, elevate, che ne rendono aspri i primi anfratti (raramente con una di queste strie più elevate delle altre), poi sfornita interamente di scultura con la parte del tubo eretto e circondato di strie sottilissime di accrescimento. Colore corneo. DE; Vela Var. minor. Tav. VI, figura 4. ? V. corneus, Forbes — Rep. 4g. invert. 1843, p. 138 (Mar. Egeo). Diam. 3-4 mill., nel resto uguale al tipo. Forma b, Seguenziana. Tav. VI, f. 5, 6. V. Seguenzianus, Arad. e Ben. — Conch. viv. Mar. Sic. 1870, — p. 152, t. III, f. 6 (Aci-Trezza) dal tipo. V. Seguenzianus, Monts., in varie pubblicazioni. Differisce dal tipo per essere più grosso e più granuloso alla base. Tipo e sue varietà s'incontrano dapertutto nel Mediterraneo e nell'Adriatico nei fondi coralligeni e fangosi, piuttosto pro- fondi. Fossile abbondante di Monte Pellegrino, non citato da Phi- lippi, il tipo soltanto. Il V. semisurrectus vive all’impiedi come il V. selectus ed abita nella medesima zona. È una delle specie caratteristiche della nostra fauna. Vermetus (Eivonia?) serpuloides, Montis. lav VICE V. testa tota parte ventrale affica, cylindrica, serpuloidea, repens, quandoque inaequaliter corrugata; sculptura granulosa, liris sulcisque destitutu. Color cinereus. Diam. 6-7 mill. Conchiglia cilindrica tutta affissata dalla parte ventrale, strisciante a modo di Serpula, di quando in quando contratta e rigonfia come un budello. Scultura granellosa, senza linee nè solchi tutta egualmente nella sua estensione. Colorito cinereo. Vive nel mare di Aci-Trezza, Sicilia (Dott. Aradas) assieme al V. gigas, su ‘cui è affissato l’ esemplare figurato. ia Api Vermetus (Spiroglyphus) cristatus, Biondi. Vermetus glomeratus, (non L.) Biv. — Effem. Scient. e Lett. 1832, p. 7, t. 2, f. 7 (Palermo). V. glomeratus, (non L.) Ph. — En. Moll. Sic. I, 1836, p. 171, t. 9, f. 23, 28° (Palermo). V. cristatus, Biondi — Atti Acc. Gioenia, Catania 1858, p. 8 (estratto), f. 5 (Aci-Trezza presso Catania) dal tipo nella coll. Benoit. Bivonia glomerata, H. e A. Adams — Gen. 18858, t. 39, f. 1, E teito: Spiroglyphus glomeratus, var. crustans, Mòrch -- Proc. Zool. Soc. 1861, p. 9 (Palermo). V. cristatus, Arad. e Ben. — Conch. viv. mar. Sic. 1870, p. 151 (avuto dall’autore). Bivonia petraea, Monts. - Nomencl. Gen. e Sp. 1884, p. 81 (Palermo). V. triqueter, (non Biv.) var. Panormitanus, De Greg. — Boll. Mal. Ital. 1884, p. 119 (dal tipo di Mondello). V. cristatus, Monts. — Journ. Conchyl. 1889, p. 36 (Casa Blanca, Marocco. Forma a, typica. Tav. VII, f. 2, 3; opercolo f. 6, 7. V. testa plerumque glomerata, crustam formans, crassa, solida; anfractibus circinatim contortis, primis affiris, corro- dentibus, planorbiformibus, quadrangularibus, adulti dein sub- triquetris, carina laterali declivi obtusa; sculptura laminarum incrementis arcuatis et sigmoideis, foliis fere collectis; apertura bilobata. Color cinereus transiens ad violaceum. Diam. 4 4 5 mill. Operculum atropurpureum, crassum, corîaceum, superne con- caviusculum, laminis marginalibus brevibus concentricis; area centrali lata convexa, inferne area musculari excavati, opaca, atra, concentrice lirata, nodo centrali conico-convexo rufo; limbus nitidus bipartitus; sona interna convexa atra, externa coceinea tenuis, oblique confertim striata, margine subreflexo (Mòrch). su de Conchiglia agglomerata formante una crosta della. spes- sezza di 3 a 4 cemtimetri, assai solida; primi anfratti forte- mente aderenti, planorbiformi, quadrangolari, poi formando una evoluzione arrotondata, subtriangolare, declive dal lato esterno. Scultura composta di segni di accrescimento arcuati e sigmoidi, ‘bipartiti, approssimati, foliacei; apertura bilobata. Colore ci- nereo che passa nel violaceo, con l’interno più scuro di un nero di papavero. L’opercolo è coriaceo, spesso, concavo al di sopra, rosso al di sotto, convesso, con un porro centrale rilevato, circondato da una fascia sanguigna un po’ avvallata, e di altra fascia marginale più larga, piana ed oscura. Gli opercoli separati dall’animale, rigettati sulla spiaggia presentano il margine sfogliato e ricciuto composto di molti giri uno sovrapposto all’altro. | Questa specie vive nella zona subterrestre al livello della Littorina e forma una crosta nei massi sbattuti dai flutti. L'ho constatato varie volte a Mondello, come pure in altri punti meridionali della Sicilia, in Algeria e nelle coste del Marocco. Non ho potuto controllare tutte le citazioni e sospetto che una gran parte di quelle date da alcuni scrittori appartengano al mio V. gregarius. Philippi lo cita fossile di Nizzetti in Sicilia e di Taranto. Subfossile, attaccato alla Patella ferruginea, Gm., var. praehistorica, Monts., nelle grotte dell’Addaura (Monts.) esemplare figurato nella tav. VII, figura 4. Forma bh, minor. Forma delle masse più piccole, qualche volta isolate, con tubi di minor calibro, 3 a 4 mill. Molto più frequente in Al- geria (Museo del Jardin des Plantes e mio gabinetto). Juvenis. vee davi VIE dì I giovani esemplari sono planorbiformi o discoidei affissati interamente alle Patellue o ad altri corpi marini della zona subterrestre, corrodendone la superficie. Gli anfratti sono qua- drangolari ed hanno una scultura imbricata e bipartita. ILA Pullus. Tav. VII, f. 8, 9, 13 molto ingrandito. L’embrione è globulare, trasparente, limpido, jalino, com- posto di una mezza evoluzione levigatissima e di altra mezza a rughe ben definite ed equidistanti, con la bocca bilobata. Non mi resta alcun dubbio che il V. cristatus di Biondi corrisponda al V. glomeratus di Bivona e di Philippi, come io supponevo. Recentemente ho avuto occasione di esaminare il tipo nella collezione Benoit, avuto dall'autore, ora nel Museo Zoologico di Messina, che confronta con la descrizione. Il Pro- fessor Biondi dice che ha le rughe laminiformi, carattere che manca in tutti gli altri nostri Vermeti. Non conoscendo .la specie di Bivona, lo pubblicò come nuovo. Così pure Aradas e Benoit che citano le due specie. Io avevo sostituito il voca- bolo petraeus al V.‘glomeratus di Bivona, non di Linnè, ch'è ora divenuto inutile. Il V. cristatus Biondi (= glomeratus, Bivona ) è una specie poco nota, quantunque abbondante. La sua scultura bipartita formante una carena, è causa delle false citazioni e di averlo confuso, col V. trequeter o col mio V. gregarius. L'uno e l’altro appartengono pei caratteri dell’opercolo e della scultura a due generi diversi e non debbono essere confusi. Mòrch li di- stinse nettamente. Ora la loro distinzione, appoggiata da buone figure e da complete descrizioni, è bene assodata. Non conosco la var. tubulosa di Mérch (loc. cit. p. 10), senza habitat, ma è possibile che sia riferibile ai tubi di questo Vermeto visti di fianco o al mio V. gregarius come nella ave Mr: i Vermetus (Siphonium) anguliferus, Monts. Tav: VIE 0, dl; opercolott. 12. V. anguliferus, Monts. — En. e Sin. 1878, p. 29 (Tripoli). Bivonia angulifera, Monts. — Nomenc]. Gen. e Sp. 1884, p. 81 (Tripoli). E Ta RI TA Do A V. testa plerumque gregaria, crassa, în spiram circinatim revoluta; anfractibus bicarinatis intus cylindricis; peristoma exacte circularis; extra, carinac duae, alia libera angulum for- mans, alia vero latere ventrali affiza; squamis remotis, foliacets, crassîis, productis oram superans, campanulam fingens. Color cereus, intus dilute violaceus. Diam. 4-5 mill. Operculum superne concavum pulverosum, inferne convexum, sanguineum, parte centrali lucida, obtusa, fascia marginali lata obscura. i Conchiglia quasi sempre gregaria, molto spessa, a spira circinata ad anfratti internamenti cilindrici, esternamente con due carene delle quali una libera che forma un angolo molto saliente, l’altra affissata con delle rare squame foliacee, so- lide, angolate, che superano l’apertura e che formano una specie di campana. Scultura composta di linee di accresci- mento sottilissime. Si trova nelle coste di Tripoli (Cap. Candioni nelle roccie esposte ai flutti; subterrestre. Specie singolare appartenente al sottogenere Siphonium, che ha una larga distribuzione nei mari caldi. Vermetus (Siphonium) Gaederopi, Morch. Siphonium Gaederopi, Mòrch si Proc. Zool. Soc. 1861, p. 19 (On Spondylus Gaederopus; probably from Spain). V. testa solitaria, contorta, spira affira; anfr. ultimus solutus, costulis spiralibus 1-3 squamis compressis remotis, mu- nitis, inlerstitis dorsali bilirato ; striae incrementi subtilissimae, arcuatim flexae, huc illuc antiquatae vel rufae. Color albus vel sordide carneus. Diam. 5 mill. Il Dott. Mòrch dà anche la descrizione dell’opercolo, il quale differisce dal precedente per una struttura più com- plicata. Io non ho potuto esaminare l'esemplare su cui fu fondata la specie, ma ho visto al Museo del Jardin des Plantes a ili Paris, un esemplare da lui determinato per V. Gaederopi, attaccato allo Spondylus Gaederopus, privo di opercolo, che sembrami un esemplare del mio V. gregarius. Certamente il V. Gaederopi, tale quale fu descritto, è una eccellente specie, che si deve ad uno dei più oculati scrittori e a cui si debbono le cognizioni complete sui Vermeti del globo. Species spuriae. Vermetus ( Vermicularia ) lumbricalis, Gm. Ho già fatto conoscere (p. 15) come tra le nostre con- chiglie penetrino specie esotiche e quanto sia difficile alle volte distinguerle dalle nostrane. Esse vengono introdotte nelle nostre collezioni per mezzo delle spugne delle Antille, che sono vendute nel commercio in dettaglio, as- sieme a quelle della Tripolitania, di Lampedusa, della Grecia e di altri punti dei nostri mari. Nei grandi mercati le spugne sono divise in due ca- tegorie: « Za Cuba » per quelle delle Antille e « la Venise » per tutte quelle del Mediterraneo e dell’ Adriatico. Il V. lumbricalis, di cui dò la figura, eseguita sopra di un esemplare isolato (questa specie forma dei grandi massi), non è la sola specie di Vermetus che si trova nelle spugne delle An- tille. Ho potuto raccogliere frammenti indetermi- nabili, perchè del tutto incrostati, di altri Vermeti e varie specie di Serpule. V. (Petaloconchus) fluvescens, Carpenter. Questa specie è indubbiamente esotica, quantunque ;l suo autore dia l'habitat di « Sicilia ». Il Dott. M6rch l’ha con- trollata (loc. cit. p. 37) e dice, che nell’interno del tubo vi erano esemplari giovani di conchiglie esotiche, alcune delle quali appartenenti a generi mancanti nel Mediterraneo. V. (Thylacodes? ) scaber, Gravenh. Il Prof. Gravenhorst non descrisse soltanto conchiglie del mare di Trieste, ma nelle sue descrizioni vi comprese specie. da lui esaminate in varii Musei. Non avendo dato un habitat preciso per questa specie, che del resto è descritta insufficien- . SL AE temente, è miglior partito rilegarla alle specie dubbie. Mérch è di opinione che si tratti di una specie esotica vicina al V. (Stiphonium) nebulosus. Species delendae. Fra le specie da escludere vi sono tutte quelle Serpule che sono state impropriamente incluse nei Vermeti. Eccone la lista: 1. Vermetus tricuspidatus, Sow. = Serpula crystallina, Sc., è una specie dei fondi coralligeni, spesso attaccata alla Te- rebratula vitrea. . V. pliciferus, Req. . V. bicarinatus, Req. . V. discus, Req., tutte tre specie di Serpula di Corsica. . V. Jonicus, Danilo e Sandri — L'ho riferito (p. 23) al V. granulatus, e così è difatti, ma un esemplare spedito dall'autore e che fa parte della collezione del Museo Civico di Milano, da me esaminato, è indubbiamente una Serpula. Ot i I ND 6. V. annulatus, 0. G. Costa. 7. V. calyculatus, O. G. Costa. 8. V. mutabilis, O. G. Costa, tutte tre specie di Serpule de- scritte e figurate nelle « Microdoride Mediterranea ». Spiegazione della Tav. I. 2. Vermetus (Petaloconchus?) subcancellatus, tipo, forma b, solitarza di Palermo. 2 id. forma c, cylindrata di Palermo. 3. id. forma d, entortiformis di Napoli. 4. id. forma e, tricha della spiaggia dell’Arenella presso Palermo. 5. D. id. forma f, vermiculina delle Coste di Barberia, nelle spugne. 6. id. forma g, tubulosa delle Coste di Barberia, nelle spugne. AEREI pullus, molto ingrandito, raccolto nelle arene della spiaggia de'l’Arenella presso Palermo. 8. V. ( Petaloconchus? ) rugulosus della spiaggia dell’Arenella presso Pa- lermo. 9. V. (Bivonia?) spirintortus dei fondi coralligeni di Algeria. 10. V. (Bivonia ) granulatus, forma a, typica (= pinnicola) sulla Pinna nobilis di Palermo. Mr ide forma b, spongicola delle (loste di Barberia, nelle spugne. 11. id. delle Coste di Dalmazia. 12519. id. forma c, discoidea delle Coste di Barberia, affissata alla Co- lumbella cuneata, nelle spugne. È 14. id. ingrandita di Mondello presso Palermo. 15. id. forma d, repens dell'Isola di Lampedusa. 16. id forma e, excurrens delle Coste di Barberia, nelle spugne. palo) id. forma f. erronea, della spiaggia di Mondello, presso Palermo. 19. V. (Bivonia) simulans di Prevesa in Grecia. LARE Spiegazione della Tav. II. 1. Vermetus (Bivonia) gregarius forma a, typica degli scogli dell’Are- nella presso Palermo. 2. id, visto di fianco. 3. V. (Bivonia) triqueter, forma b, solitaria di Tolone. 4. id. forma d, bicarinata di Tolone. DISIO-IA0E forma a, discoidea di Corsica e di Sardegna. 7, id. di Palermo. 8. id, forma b, Aletes di Napoli. Sh id forma c, repens di Cadice. Spiegazione della Tav. III Vermetus (Serpulorbis ) gigas, forma a, typica delle Coste di Dalmazia. id. forma c, destituta di Palermo. id. forma bh, conglobata della spiaggia dell’Aspra presso Palermo. V. (Serpulorbis) verrucosus della spiaggia dell’Aspra presso Palermo. V. ( Serpulorbis) scopulosus forma b, discoidea delle spiaggie di Mon- dello e dell’Aspra presso Palermo. id. forma a, typica delle stesse località. Spiegazione della Tav. IV. 1. Vermetus (Serpulorbis) horridus, forma a, typica di Aci-Trezza in Sicilia. 2, N0SNd: della spiaggia dell’Aspra presso Palermo 4, 5. V. (Serpulorbis) polyphragma, forma b, tortuosa della spiaggia dell’Aspra presso Palermo. 6. V. (Serpulorbis) horridus, forma b, asperrima di Palermo. Te 8 GIALLO LI id. forma a, typica, jguvenis di Palermo. V. (Serpulorbis) polyphragma var. tortuosa, minor di Palermo. Spiegazione della Tav. V. 1. Vermetus (Serpulorbis) selectus, forma b, arborea di Palermo. 2. id. forma a, typica di Palermo. 3, 4. id. uvenis di Palermo. Spiegazione della Tav. VI. 1. Vermetus ( Bivonia?) semisurrectus del Golfo di Napoli. 2 id. di Palermo. 8. id. di Palermo, mostrando il carattere della base. 4. id. var. minor di Palermo. d. id. var. Seguenziana di Palermo. 6 id. ingrandito per vedere la scultura della base. Spiegazione della Tav. VII. 1. Vermetus (Bivonia?). serpuloides del mare di Aci-Trezza in Sicilia. 2. V. (SpirogIyphus) cristatus di Mondello presso Palermo. d. id. per vederne la forma delle lamine e dell’ apertura. 4 id. gruppo di esemplari affissati alla Patella ferruginea var., delle grotte vicino Palermo. Ò. id. esemplari giovani affissati alla Patella coerulea. 6. -7. id. opercolo visto di sopra e di sotto. 8,9,13 id. embrione, visto in differenti posizioni, considerevolmente in- grandito. 10. V. (Siphonium) anguliferus di Tripoli. 1l. id. un pò ingrandito per vedere la forma della carena che supera l’ apertura. 12. id. opercolo visto dal lato interno. ELIO EI VETTE, e i MRS E O e MI I, VETO di tei, intriitnntnnn BOLLETTINO DELLA SOGIETÀ MALAGOLOGICA ITALIANA Vol. X VEL. LAMELLIBRANCHI PLIOCENICI ENUMERAZIONE E SINONIMIA DELLE SPECIE DELL'ITALIA SUPERIORE E CENTRALE DANTE PANTANELLI Direttore da dieci anni del Museo di Mineralogia e Geo- logia dell’ Università di Modena, dove ha lavorato per venti- quattro anni il venerando Doderlein con quella alacrità che tutti gli riconoscono e che tuttora mantiene nella invidiabile età di ottantadue anni con la splendida e faticosa opera dell’ ittiolo- gia mediterranea, ho sentito sempre l'obbligo di conservare in corrente con le successive pubblicazioni scientifiche le copiose collezioni plioceniche di questo istituto e aggiungere alle brevi note che accompagnano ogni scatola d’ esemplari e di mano di Doderlein (1881) quelle suggeritemi da tutto ciò che di malacologia pliocenica vedeva la luce in Italia e fuori. Questo lento lavoro, le molte note del mio antico prede- cessore che era stato per tanto tempo in stretta relazione con tutti coloro che si occupavano di malacologia (1) e che per circostanze speciali o non potevano pubblicare i loro lavori o si limitavano a cataloghi nominativi insignificanti, mi hanno permesso di interpretare moltissimi nomi conservati per tra- (1) Doderlein fu direttore del museo di Modena dal 1839 al 1862, dalla quale epoca trovasi a Palermo. Nel 1881 chiese ed ottenne di riordinare tutte le collezioni terziarie facendo di nuovo il catalogo delle medesime. Mi re dizione, o dimenticati per mancanza di sufficiente descrizione, per modo che ho creduto opportuno d’intraprendere sistema- ticamente la revisione dei nomi impiegati nella malacologia pliocenica da Brocchi in poi. Nelle due grandi divisioni dei molluschi, i gasteropodi, almeno per molti dei loro generi, sono stati sempre i più stu- diati e questo mi ha consigliato anche per la mole non piccola della pubblicazione di dividere il lavoro in parti e comin- ciare da quella riguardante i lamellibranchi. La mia prima intenzione fu di comprendere tutto il plio- cene italiano e con poco speravo d’includervi tutto il pliocene mediterraneo; passando però allo studio accurato delle specie, ho trovato impossibile per mancanza di materiale di confronto, estendere il mio lavoro alle molte pubblicazioni dell’ Italia meridionale; la Sicilia sola ha una bibliografia ricchissima come forse non hanno molte provincie d’ Italia insieme riunite, ha avuto ed ha tuttora valenti cultori di malacologia e senza un abbondante materiale di confronto, mi sarebbe stato im- possibile una discussione qualsiasi dei nomi usati. Limitato il lavoro all’ Italia superiore e centrale Lazio compreso, la bisogna mi veniva possibile; conoscenza dei luoghi, abbondanza di materiale scientifico raccolto da mezzo secolo o direttamente o per comunicazioni di colleghi, note manoscritte, tutto contribuiva a pormi in condizione di vedere io per il primo abbastanza chiaramente in certe questioni sinonimiche, dandomi la speranza di trasmettere ad altri le mie convinzioni. Le collezioni delle quali dispongo sono; una collezione emi- liana dall’imolese a tutto il piacentino, che comprende segnate in catalogo più di mille e cinquecento nomi tra specie e va- | rietà in circa trentamila esemplari; una collezione di cinque- mila esemplari dell’ astigiano, una della Toscana di circa sei mila esemplari; se a queste si-aggiungono delle piccole colle- zioni delle Marche, del Lazio, dell’ alto Piemonte, della Lom- bardia, della Liguria ricevute in comunicazione o in dono, non credo di andar lungi dal vero ritenendo che per i soli lamelli- branchi ho avuto a disposizione sopra a quindicimila esemplari, per modo che ho potuto esaminare quasi sempre le specie o sopra individui provenienti dal luogo stesso di origine della sca Al e loro prima citazione o a quelli uguali; pochi sono stati i casi nei quali ho dovuto rimettermi alla pura descrizione degli au- tori. Come corredo alle collezioni precedenti, ricorderò una col- lezione di Reggio calabro (pliocene), una ricca collezione di Vienna già donata da Hòrnes a Doderlein a complemento di una più antica di Megerle: una ricca collezione della Francia occidentale, una del bacino di Magonza e quindi collezioni ita- liane di Torino, Tortona e quella ricchissima di Montegibio che tanti nuovi tipi ha fornito per il miocene superiore italiano. In questo lavoro mi sono proposto di non introdurre nomi nuovi e per quanto mi sieno passate per le mani molte specie non descritte ed altre inesattamente riferite a specie conosciute, ho creduto opportuno limitarmi alla esclusione dei nomi per me errati e ad indicare quelli che credo accettabili. Ho omesso qualunque discussione sul valore sistematico dei generi; questi non di rado sono convenzionali, quasi sempre dipendono dalla soggettività dello studioso e la loro realtà obiettiva quando specialmente si scende alle ultime suddivi- sioni ha un valore assai limitato: ho quindi seguito senza mo- dificazioni il Fischer (Manuel de Conchyliologie, 1887) ripu- tando il suo trattato tra i migliori pubblicati in questi ultimi tempi. Con questo non intendo dichiarare che io divida com- pletamente tutte le sue idee; sono venti anni che mi occupo ora più, ora meno, di malacologia, sarebbe assurdo che nelle divisioni generiche e in tutta la parte minuta della sistema- tica generale. potessi andare d’ accordo con un altro malaco- logo anche riconoscendone la superiorità, solo mi è parso che una discussione sinonimica non dovesse essere complicata da una discussione generica e questo per due ragioni. Primieramente una discussione di generi o sottogeneri non può farsi col solo esame delle specie plioceniche, il campo mi si sarebbe soverchiamente allargato e trovavo già abbastanza grave nella critica specifica di dover tener conto delle specie viventi. Ual In secondo luogo la paleontologia, oltre ad essere un ramo importante della zoologia generale, deve servire anche alla geologia e quanto più semplice sarà il modo di presentarla ai geologi, tanto più utile sarà ai medesimi; un geologo per quanto S — dD2 — educato agli studi di sistematica, non sempre è obbligato a co- noscere certe divisioni generiche, a sapere che una Oudardia è una T'ellina e un Soldania è un Arca e mi è sembrato inu- tile se non dannoso di complicare con un gergo inintelligibile a tutti coloro‘che non hanno fatto studi speciali e continui sulla materia, ciò che può essere espresso con maggiore semplicità; tanto più che se si chiama una cosa come tutti l’ hanno chia- mata da un secolo a questa parte, non si toglie nulla alla obiettività dell’ oggetto nominato, come nessuna nuova idea è aggiunta cambiando un nome generico per obbedire ad un bi- sogno spesso fittizio di una più dettagliata suddivisione. Per ragioni analoghe ho tralasciato di rammentare le va- rietà che si collegano con una data specie, non potendo con- siderare le medesime che come un mezzo descrittivo delle leg- giere deviazioni da un tipo determinato; d’altra parte l’in- x dole del mio lavoro non è descrittivo e se qualche volta ho dovuto descrivere le forme che esaminavo, è stato per me un fatto secondario e al solo scopo di rendere ragione dell’ accet- tazione o dell’ esclusione di dati nomi. In effetto io credo molto limitata l' vtilità di una soverchia suddivisione nella descri- zione delle forme e mi pare che una giudiziosa descrizione dei limiti di variabilità varrebbe assai meglio che una serie di nomi per i quali diventa anche una difficoltà strana la loro fat- tura, poichè esauriti gli aggettivi comuni e i nomi degli amici e conoscenti si finisce per ricorrere ad agglutinamenti mo- struosi o a riunioni di sillabe senza senso. Comprendo benissimo che la nomenclatura e la divisione delle specie non può avere limiti, che nuove forme -debbono continuamente scoprirsi e che lo studio accurato deve condurre a dividere ciò che i nostri predecessori riunivano; ma dovrebbe però stare in mente a tutti coloro che si occupano di siste- matica di trovare altresì il modo di essere intesi; oggi spesso accade che i libri sono insufficienti e certe divisioni riescono inintelligibili senza avere sott'occhio l’oggetto per il quale sono state fatte, per modo che io mi sono domandato qualche volta se gli autori di certe specie e di certe varietà sieno sempre in grado di riconoscere ciò che essi stessi hanno individualiz- zato, senza ricorrere a quei dati esemplari che hanno studiato, descritto e figurato. sea Nelle citazioni ho cercato di essere breve, per risparmiare spazio senza rendere poi difficile di rintracciare le cose citate: naturalmente non assumo nessuna garanzia se proprio lo stesso nome citato da diversi autori rappresenti la stessa cosa, solo qualche volta quando il dubbio era logico l’ ho detto, come l’ ho avvertito quando la corrispondenza mi sembrava assurda; nelle specie comuni e da tutti accennate ho risparmiato le citazioni, per altre mi sono limitato ai nomi e alle località, per quelle meno frequenti, o molto dubbie o inaccettabili, ho con l’autore citato le pagine dell’opera sua, nè credo che questa disformità di trattamento nuoccia al mio scopo, che è stato quello di sce- verare i nomi che a mio parere debbono essere usati, quelli che dovranno essere meglio studiati, quelli per i quali reputo vantaggioso 1’ oblio. Come ho avvertito, avendo seguito Fischer nella divisione sistematica, l’ ho seguito anche. nella successione delle famiglie e dei generi. Nella indicazione delle specie ho seguito l’ ordine alfabetico, un indice dei generi al termine del lavoro permet- terà di trovare rapidamente qualunque nome. Tra le molte pubblicazioni di malacologia pliocenica, ho escluso quelle anteriori a Brocchi e delle successive quelle che evidentemente erano un estratto da Brocchi o di autori poste- riori Ho escluso Risso un po’ perchè usciva dal limite geogra- fico del mio lavoro, un po’ per la incertezza del luogo d’ origine in riguardo alla sua posizione nella serie stratigrafica. Per la stessa ragione cioè per la ignoranza del luogo d’ origine, ho limitato le citazioni di De France, Lamark, Deshayes, Basterot e altri, quando non ho veduto ben chiara la origine pliocenica delle specie citate. Ho messo in disparte D’ Orbigny invece per altra causa; al medesimo bastava di supporre che una certa specie fosse stata accennata in un periodo diverso o supposto diverso da quello del tipo originale per cambiarle nome e un sub, un pseudo o qualche altro prefisso di significato analogo si appi- cicava sotto la sua penna al nome primitivo anche se questo era errato; così crebbe il Prodròme de paléontologie, tra i molti libri inutili del secolo forze il più inutile di tutti. Ho tenuto conto invece dei due cataloghi di Sismonda e EI) di quello di Sacco pubblicato dalla Società geologica italiana per quanto sieno redatti copiando le note di lavori anteriori, senza critica alcuna, per modo che vi si trovano sovente non solo nomi impossibili, ma le stesse specie citate due e anche tre volte con nomi differenti. Degli elenchi del Lazio ho messo in disparte quelli di Mantovani nell’ opera intitolata Campagna Romana. Gli elenchi di questo autore presentano più errori che nomi accadendo spesso di trovare sbagliato il nome generico, lo specifico e quello d’ autore, quando addirittura tutti e tre non sono asso- lutamente fantastici. Spero che tra i piccoli non mi sia sfuggito alcun lavoro, dei grandi no certamente, in ogni caso se qualche breve nota avrò dimenticato essa non deve avere importanza, poichè non sarà certo nelle note di fossili aggiunte a lavori d’ indole ge- nerale o fatti con tutto altro scopo che non quello paleonto- logico che gli studiosi cercheranno materiali utili. Per le citazioni bibliografiche al titolo del lavoro molte volte ho preferito quello degli atti nei quali è pubblicato e la relativa pagina; in ogni caso la bibliografia paleontologica pubblicata in Bologna nel 1881 e le successive aggiunte. che si pubblicano con tanta accuratezza nel Bullettino del Comitato geologico italiano potranno servire a dare tutti i riscontri pos- sibili. Ai nomi delle specie che ho creduto di conservare, ho riu- nito gli omonimi e con nome d’ autore differente, come pure quelli sbagliati ortograficamente, a meno che un' eguale errore ortografico non figurasse in molti lavori; i nomi che non pos- sono conservarsi sono stati citati invece con la loro ortografia buona o errata che fosse e col nome d'autore citato negli elenchi pliocenici, anche quando questo stesso nome rappre- sentava un infrazione alla legge di. priorità per la vera specie indicata da quei nomi. Ogni qualvolta che un nome ritenuto inesattamente im- piegato sarà riferito ad altra specie, s' intenderà che ciò debba farsi per la forma pliocenica italiana. Modena, Giugno 1892. ES 'Tetrabranchiata Ostracea. Ostreidae Ostrea O. appori May. (Journ. de Conc. Vol. XX; pag. 227, 187, Tav. XIV, fig. 1) Montezago; è una delle molte variazioni del- lO. plicatula Gml. O. Bogray Desh. È specie miocenica e per questo piano trovasi anche in alcune località italiane; è citata da Foresti per il bolognese e da Cocconi per il parmigiano come plio- cenica; va riferita a una variazione di grande statura della O. lamellosa o forse anche della O. cucullata Born. O. BoreALIS Lam. Cocconi (Enum. sist. moll. Parma e Pia- cenza pag. 356, Tav. X, fig. 16.17, Tav. XI, fig. 1-10). È indub- biamente una variazione della O. cucullata Born; la mancanza delle dentature inframarginali è comune negli individui molto grandi di questa specie come è quello figurato da Cocconi. O. BroccHi May. ( Gryphaea) (Journ. de Conc. Vol. XXIV, 1876, pag. 168, Tav. VI, VII, fig. 1); ritengo buone ed accetto le considerazioni di Foresti (Ostrea Cochlear Poli e sue va- rietà, Mem. etc. Bologna, Serie IV, Tom. I, 1880) che considera questa specie come una var. gigante della O. navicularis Broc. OsrrEA cATAPLASMA Mayer in Cocconi (En. moll. Parma e Piacenza pag. 357, Tav. IX, fig. 15, 16, 17, 18) sinonimo di O. lamellosa Broc. O. corumBa Lam. La specie citata con questo nome da Pilla è lO. navicularis Broc. O. cocHLEAR Poli Vedi 0. navicularis Brocchi. Ses O. companyoI Font. Credetti un tempo (aggiunte e correz. al catal. dei mollus. plioc. dei dintorni di Siena pag. 6 estr. ), che questa forma potesse essere separata dalla O. lamellosa Broc., un esame più accurato condotto su moltissimi esemplari dell’ultima specie mi obbliga a ricredermi e di collocare il nome precedente, almeno per l’Italia tra i sinonimi della O. lamellosa della quale rappresenterebbe una variazione con la valva superiore rugosa: è citata con questo nome anche da Parona (Valsesia e lago d’Orta ): il tipo di Fontannes non può riferirsi alla lamellose ma alla plicatula. O. cornucopia L. Brocchi (Conc. foss. subap. Vol. II, pag. 883 (1) sinonimo della 0. cucullata; in questo significato è stata usata anche da Bronn (Ital. tert. Geb. pag. 124, N. 702); è citata da Ponzi per Formello (Atti XI. Congr. Sc. Ital. pag. 279). O. corrugATA Brocchi (Conc. foss. subap. Vol. II, pag. 507, Tav. XVI, fig. 17). Brocchi dice di aver trovato solo la valva inferiore e accanto al tipo indica pure una varietà. De Stefani la cita di S. Miniato e la crede d’incerta determinazione, poscia in lavori successivi (Iconogr, dei moll plioc. int. Siena.) parlando delle Ostree plioceniche ne tace: Ponzi la dice ra- rissima ed unica Ostrea delle marne vaticane e la cita di For- nello (atti XI congresso Sc. Ital. pag. 279); non è raro tro- vare individui ai quali si adatti la descrizione di Brocchi ma è altresi certo trattarsi di giovani della O. lamellosa Broc. O. cortesIana Cocc. (En. moll. plioc. e mioc. Parma e . Piacenza, pag. 254, Tav. XI, fig. 6, 7,8). È una delle molte va- riazioni della O. /amellosa Broc. O. crassissima Lam. Cocconi (En. sis. moll, Parma e Pia- cenza pag. 396) provenendo da località plioceniche, deve la specie citata da Cocconi riferirsi alla O. cucullata Born. (1) Le citazioni di Brocchi si riferiscono alla edizione del 1843 e non. alla prima del 1814. 3 rr ade O cRIspa Brocchi Vedi Hinnites crispus (Broc.) O. cRISTATA Born. Questa specie vivente nel mediterraneo è citata da Cocconi, per diversi punti del Piacentino e del Parmigiano e da Ponzi per Formello, credo però che debba ri- ferirsi a giovani individui della O. lamellosa Broc. Ostrea cucullata Born. Conchiglia di forma assai varia- bile, sovente subtriangolare più o meno allungata, e più o meno allargata alla base, a volte ovata, ed anche contorta, mai orbiculare, solida e singolarmente grossa nei grandi individui. La valva inferiore è convessa con pochi raggi grossolani irre- golari ed interrotti da lamelle d’accrescimento che sono al loro termine frastagliate e rialzate. Il rostro è allungato in punta, la quale può essere diretta o variabilmente volta a destra o sinistra; la superficie cardinale è estesa, piatta, trian- golare, più o meno allungata, la doccia ligamentare poco pro- fonda si allarga internamente tanto più quanto è più allun- gata l’area cardinale; la superficie interna è concava e scavata sin sotto il cardine, il suo margine è ondulato più o meno a superficie d’aderenza variabile e munito nei lati di piccole cavità rotonde o lineari variabili nella distanza e nel numero, alle quali corrispondono analoghe sporgenze o denticulazioni nella valva superiore; queste denticulazioni mancano in gene- rale negli individui adulti o molto vecchi, e sembra che ridu- cendosi con l’ età, si obliterino a cominciare dalla parte op- posta al cardine; la valva superiore è piccola, sottile a lamelle concentriche piana o leggermente concava. L'impressione mu- ‘ scolare piccola semicircolare, fuori dalla linea mediana è più profonda nella valva superiore. Può raggiungere dimensioni relativamente enormi ed è la maggiore tra le Ostree del pliocene; una valva inferiore di Zappolino (Bologna) del Museo di Modena pesa sei chilogrammi ed è incompleta; un banco di questa specie presso Pari (Siena) ne presenta comunemente individui di dimensioni anche maggiori; in via ordinaria oscilla tra 10 e 20 cen- timetri. RP TS È comune a quasi tutti i sedimenti pliocenici litorali e con diversi nomi è stata citata da tutti coloro che si sono oc- cupati di malacologia pliocenica. Il primo a citare questa specie in Italia col nome di cu- cullata è stato Borson ( Oritt. piem. pag. 284, 286. Accad. Torino 1825, Vol 29); poi è stata citata da Bronn, Costa, Foresti etc. Costa riconobbe per il primo che la O. pusilla Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 387) era una buona specie e accennò ad alcune delle sue possibili deviazioni dal tipo descritto da Brocchi (Costa Osserv. sulle conch. foss. di S. Miniato in Toscana; Ann. Accad. aspir. nat. Napoli 1861. Terza serie, Vol. I, pag. 78). De Stefani (Bullet. malac. Ital. Vol. VII, 1873, pag. 32) che dopo Costa studiò le conchiglie di S. Miniato, ritrovò la specie che Brocchi della stessa località aveva indi- cato col nome di pusilla, e riconobbe che Brocchi aveva de- scritto la giovane di una specie molto diffusa e che era già stata indicata da molti altri autori con nomi diversi. Uredè quindi conveniente restituire il nome di Brocchi; lo stesso fu fatto dal De Stefani e da me tanto nelle note che abbiamo pubblicato insieme come in quelle che abbiamo pubblicato separatamente. Oggi credo conveniente di ritornare al nome di Born: in- ‘fatti Brocchi, se dette un nome a questa specie non la intese, dubitò che i piccoli individui descritti potessero raggiungere una statura maggiore, ma nello stesso tempo descrisse sepa- ratamente l’O. cornucopiae L. e lO. Forskahlii L. che debbono considerarsi come la specie adulta di quella indicata col nome di pusilla. Nè è qui buona obiezione la origine della cucul- lata di Born, cioè del mare Indiano, la specie vive nel mar _ Rosso e il tipo è più antico assai del pliocene nei mari me- diterranei, se Born non la conobbe fossile non significa che non possa conservarsi un nome di una specie che se esistesse tuttora nel mediterraneo anche con qualche modificazione, nessuno esiterebbe ad accettare; d’ altra parte la permanenza attuale di questa specie nel mar Rosso settentrionale, con- giunta al fatto che il tipo è assai più antico del pliocene ( O. sacellus Duj. O. crenulata Lam.) mi persuadono che il nome di Born può essere conservato, tanto più che non. rappresenta la MESIA To pato introduzione di un nuovo nome essendo stato da Borson in poi, impiegato da diversi autori. La figura più antica è quella data da Aldrovandi (Mu- saeum metallicum, pag. 468, 69 fig. 3, 4, 5, 6). Sono poi buone figure di questa specie, quelle date sotto altri nomi da Cocconi ( En. sis. moll. Parma e Piacenza Tav. X, desto Iiadlay DEL if 9 10) O borcalis, Tav IX, fig. 10, 11, O. suburata, fig. 21, 22, O. aquitanica) e tutte quelle date da Fontannes. (Les invert. du terrain tert. du Sud Quest de la France Tom. II, pag. 228, Tav. XVII fig. 7-12 e Tav. XVIII, fig. 1-6.) O. crarura Lam. Citata da Mascarini a Montefalcone Ap- pennino. Indecifrabile. O. peNTICULATA Chem. Questo nome è stato impiegato per la specie fossile da Brocchi e da Borson eda altri. Riferendosi questi oltre che alla figura di Chemnitz anche alla Tav. 183, fig. 1 e 2 dell’ Encyclopedie mèthodique, la specie di Brocchi va intesa come una delle molte variazioni della O. plicatula; è singolare che questo stesso nome sia stato anche impiegato da Born riferendosi ad una variazione diversa della stessa specie; è probabile che questo nome che si trova alcune volte citato nei cataloghi pliocenici possa anche riferirsi a specie differenti. O. eDULINA Lam: citata da questo autore per il Piemonte ( Anim. s. vert. III Ed. Vol. III, pag. 91) è sinonimo della 0. lamellosa Broc. O. EDULIS L. citata da molti autori rientra nella sinonimia della O. lamellosa Brocchi. O. ExASPERATA May. Cocconi (En. sist. moll. foss. Parma e Piacenza, pag. 353, Tav. X, fig. 8, 9, 10, 11) non può essere separata dalla O. lamellosa Broc. O. raLLaciosa May. Cocconi (En. moll. Parma e Piac. pag. 354, Tav. VII, fig. 15, 16, 17, 18 e Tav. X. fig. 12, 13 indiv. giov.) da riunirsi alla O. plicatula Gml. II pa O. FIMRRIATA Grat. Questa specie miocenica è citata da Ter- renzi per Narni; essendo indicata dubitativamente dall’ autore, credo che debba probabilmente riferirsi alla O. cucullata Born. se non più semplicemente alla O. plicatula Gml. citate ambe- due della stessa località. O. rLaBELLULA Lam. È citata da Borson (Oritt. piem.) e da Sismonda ( Synopsis inv. foss. Pedemont.) con l’ indicazione Pedemont.; come nome è sinonimo della digitalena, come spe- cie è miocenica, ma probabilmente gli autori non intendevano riferirla a questo piano; nel dubbio è stata citata; se indi- casse poi una specie pliocenica, dovrebbe forse riferirsi alla plicatula Gml. O. roLiosa Brocchi. (Conc. foss. subap. Vol. II, pag. 380) Bronn già riferì questa specie ad una varietà della O. edulis; siccome questa per le forme fossili deve riferirsi alla O. la- mellosa anche la specie in discorso del Brocchi, citata anche da altri autori, dovrà seguire la stessa sorte. O. rorsgAHuI L. Brocchi (Conc. foss. subap. Vol. II, pag. 384) è lo stesso che O. cucullata Born. O. GERMANITALA De Greg. (Bull. soc. malac. Ital. Vol. X, pag. 47) nuovo nome proposto per la specie fossile indicata dagli autori con i nomi plicata o plicatula. O. cigosa E. Sism. (Syn. meth. II Ed.) non Bronn; inde- cifrabile, il tipo essendo del miocene inferiore. O. cIineENSIS Schlt. Cocconi (En. moll.foss. Parma e Piacenza, - pag. 378); essendo citata di località indubbiamente plioceni- che, la specie citata da Cocconi va riferita alla O. plicatula Gml. O. HIpPopus Lam. citata da Cocconi per Castellarquato e altre località del Parmigiano va intesa come sinonimo del- lO. lamellosa Broc. I AO SI O. Hyoris L. Brocchi (Conc. foss. subap. Vol. II, pag. 381). Secondo de Stefani la specie indicata da Brocchi con questo nome, figurerebbe ancora nella collezione Brocchi a Milano e sarebbe l’ O. plicatula Gml.; è dubbio però che a tale corri- sponde il Myt:lus hyotis di Linneo. Bronn l’indica dubitativa- mente; dopo Brocchi è stata citata da Cocconi come 0. gin- gensis Schlt. O. 1taLIca May. Cocconi (En. sist. Parma e Piac. pag. 372 Tav. IX, fig. 12. 13. 14) è certamente una O. lamellosa: que- sto nome era già stato impiegato da Defrance e da Bronn ammesso come una sinonimia dell’ O. edulis che poi rientra nella sinonimia della lumellosa. Deshayes ha impiegato questo nome per l’ O. navicularis, O. LaMaRCKI May. Cocconi (En. sist. Parma e Piac. pag. 352, Tav. XI, fig. 3, 4, 5; è citata da Foresti per Castrocaro e da De Stefani ‘per S.. Miniato: posteriormente quest’ ultimo ‘autore l’ ha ricondotta al suo vero significato di O. lamellosa. Ostrea lamellosa Brocchi (Conch. foss. subapp. Vol. II, pag. 382) Sanese, S. Miniato e Piacentino. Questa specie è stata descritta con molti nomi ed anche più spesso figurata: appartiene ad un gruppo il di cui tipo con poche differenze esiste dall’ eocene in poi ed è anche at- tualmente tra i più diffusi; fortemente polimorfa conserva però sempre la sua forma orbicolare, per quanto possa variare nei margini più o meno aderenti, ondulati e nella disposizione delle grossolane pieghe radiali della valva inferiore; Philippi, Weinkauff, Issel, Kobelt, la ritengono tuttora vivente nel me- diterraneo ed opinano che la cirnusi Payr. ne sia un sino- nimo; Monterosato ( Enumer. e sinon. delle conchiglie mediter- ranee ) la sopprime come specie autonoma, e pone il nome lamellosa impiegato per le viventi sinonimo della cirnusi Payr. poi (nomenclatura gener. e specif. di alc. conch. mediterranee) la sopprime anche come sinonimo. Locard (cq. mar. des còtes de France) la conserva separata dalla edulis e dalla cirnust. Pelgo' sc Sui molti nomi ai quali ha dato luogo è inutile tornare; (vedasi O. aquitimica, boblay, cataplasma, companyoi, corru- gata, cortestiuna. cristata, edulina, edulis, erasperata, foliosa, hippopus, italica, lamarki, lineata, praegrandis, squamosa, ven- lilabrum etc. ) Sarebbe piuttosto da giustificare l’abbandono del vecchio nome Linneano di eduls per il nome di Brocchi. Questione assai delicata dal momento che Jeffreys riferisce alla 0. edulis la massima parte delle Ostree della collezione di Brocchi (Quat. Journ of. Geol. Soc. Febbraio 1884, pag. 32); è indu- bitato che se si fa astrazione dalle dimensioni, le differenze. tra la specie fossile e la specie vivente sono così piccole che a meno di non voler restringere il significato di specie, non po- trebbero essere divise che a titolo di varietà; d’altra parte se si mettono accanto le molte varietà e le false specie create per la edulis da una parte e quelle fatte per la lamellosa si viene necessariamente alla conseguenza che la confusione massima che per tanto tempo è regnata sul vero significato di questa specie, devesi al suo facile polimorfismo, che è poi comune a tutte le specie del genere: io. ritengo che la edulis e la cernusi rappresentino la diretta discendenza della /a- mellosa, tanto più che le stesse moltissime varietà plioceniche della lamellosa, per quanto io le creda individuali, unita- mente alle sue dimensioni, dimostrano che in essa era un atti- tudine fisiologica che la vivente ha in molta parte perduta. Resterebhe ad esaminare se molte delle specie che sono state indicate con nomi diversi, possano essere conservate come varietà; non avendo mai potuto coll’esame di molti esem- plari, persuadermi della costanza dei loro caratteri, le attri- buisco più al polimorfismo naturale, dipendente spesso dal loro modo di vita, che a vere e proprie deviazioni dal tipo, che per quanto leggere, secondo la mia opinione non hanno avuto tempo a stabilirsi durante il periodo pliocenico. La specie è comune a tutti i giacimenti pliocenici d’ ori- gine litorale. Buone figure sono tutte a cominciare da quella di Mer- cati (Metallotheca Vaticana, pag. 293 fig. 1, 2. 1717), tutto al più qualcheduna di esse potrà rappresentare meglio una va-. — 63 — Ù riazione della plicatula che della lamellosa; tra le più recenti sono buonissime quelle di Hòrnes, di Fontannes, e anche come leggiere deviazioni dal tipo generale, quelle di Cocconi. O. nitHopoma Doderlein - Coppi. Citata da Coppi nella Paleontologia Modenese e descritta per la sola valva inferiore nei Frammenti di paleontologia Modenese, pag. 16 (Bullett. Comm. Geol. 1876) era già stata distinta con questo nome da Doderlein nelle collezioni del Museo di Modena, dove se ne conservano ancora molti esemplari e per le due valve. I ca- ratteri della forma descritta sono quelli dell'O. cucullata Born e i fori nella quale è stata trovata appartengono ad altre specie, Lithudomus, Pholas, Jouannetia etc. i quali non sono neppure completamente riempiti; evidentemente giovani ostriche sono penetrate o cresciute in fori preesistenti e vi si sono adattate sinchè vi sono potute crescere; s'intende che qua- lunque specie di Osfrea poteva trovarsi nelle stesse condizioni; infatti nelle collezioni del museo di Modena ne esistono qua- rantatrè valve libere, trenta inferiori e tredici superiori, delle quali quattordici delle prime e cinque delle seconde proven- gono dall’ O. cucullata mentre le rimanenti sedici valve in- feriori ed otto superiori, appartengono alla 0. lamellosa; una sola è intera, cioè se ne hanno le due valve ed è una cucullata; in tutte, le valve inferiori sono largamente aderenti, mentre le valve superiori sono libere. Ostrea navicularis Brocchi. (Conc. foss. subap. pag. 565 ) Sulla entità di questa specie è superfluo trattenersi, piuttosto è da discutersi se deve conservare il nome di Brocchi o come hanno creduto la massima parte degli autori avere il nome var. navicularis della O. cochlear; a giustificazione del nome prescelto non invocherò la apparente stranezza di chiamare una specie pliocenica varietà d’una vivente, nè l’aggettivo navicularis per una varietà di una forma che è già per se stessa naviculare: con tali criteri un buon quarto dei nomi nella storia naturale dovrebbero essere cambiati, e d’ altra parte se la pura etimologia dà la storia di una parola rara- mente ne dà il vero significato. — 64 — Foresti che con tanto amore ha studiato questa questione (Dell’Ostrea cochlear Poli e di alcune sue varietà, Bologna Mem. Accad. 1880, e Note sur deux nouvelles varietés de l’Ostrea cochlear Poli, Bruxelles. Ann. soc. r. malacol. 1882) vorrebbe conservato il nome di Poli, non trovando il mede- simo altra distinzione fra le due forme oltre le loro dimen- sioni: ritrova nel pliocene il tipo e distingue alcune delle forme plioceniche come varietà, accettando per il tipo di Brocchi il nome di var. navicularis ed aggiungendo le altre due varietà, var. alata = grypaca colomba Pilla non Lam. e var. gigantea = O. Brocchi Mayer. ; Seguenza trova ragione per conservare ambedue i nomi ed indica nel pliocene tanto la cochlear Poli quanto la navi- cularis Brocchi. Issel usa il nome navicularis (Foss. marne di Genova). De Stefani, Fontannes ed io stesso, abbiamo conservato a questa forma il nome di Poli, distinguendola solo come va- rietà mavicularis Brocchi. Monterosato ritrova nel Mediterraneo una nuova specie che chiama Griphaca navicula e che dice essere in piccolo simile alla navicularis di Brocchi. Cercando di riassumere le opinioni dei diversi paleon- tologi, occorre convenire che tutti hanno conosciuto essere in qualche modo la forma fossile tale da non potersi assimi- lare in tutto alla vivente, e anche Foresti stesso per quanto ritrovi tra i fossili individui non dissimili dai viventi rico- nosce la differenza nelle dimensioni; egualmente nessuno nega il suo grande polimorfismo, che d'altra parte è comune a tutte le specie del genere. Intanto credo che la opinione di Foresti, che ammette nel pliocene la esistenza del tipo di Poli sia un po’ azzardata; tutti i descrittori della cocklear vivente l’anno detta suborbi- cularis e Foresti stesso tale la fisura alla Tav. I. fig. 1 della memoria citata; ciò non vuol dire che non se ne possano tro- vare delle viventi allungate ma sempre come deviazione dal tipo medio; per la fossile invece tutti e Foresti per il primo, la dicono allungata; la forma del rostro nella forma vivente non presenta mai la forte ripiegatura che ha fatto riferire ARI] pani questa specie al genere Griphaea; nella fossile non sono rari esemplari col rostro fortemente incurvato; in poche parole se il confronto tra la fossile e la vivente è condotto su molti esemplari si troverà che l’ abito generale della fossile è diffe- rente da quello della vivente, mentre non sarà difficile riscon- trare come queste differenze possano ridursi enormemente in alcuni individui ed anche esagerarsi apparentemente al di là di qualunque limite specifico. Se la nuova forma G. navicula Montrs. si può accettare come buona divisione specifica, non vi sarebbe ragione per abbandonare il nome di Brocchi; ma anche quando questo non fosse, potrò sempre ripetere quì quello che è stato detto per la lamellosa cioè, che questo essere ha avuto durante il plio- cene un attitudine fisiologica che ha perduto nei tempi at- tuali, e questo unitamente alle piccole differenze accennate colla cochlear, al suo maggiore polimorfismo, alle sue mag- giori dimensioni giustificano il ritorno puro e semplice alla classificazione di Brocchi. E poi indubitato che la forma vivente debba ritenersi come la naturale discendente della forma fossile. La specie è comune a tutti i giacimenti pliocenici di mare profondo. Ottime illustrazioni sono, quelle date da Foresti, e da Fontannes ( Invert. du bass tert. du S. E. de la France. Tav. XVIII, fig. 5 e Tav. XIX, fig. 1-3). O. Pilrae Meneghini (Osserv. strat. e paleont. sulla To- scana 1851 pag. 177) Fide Foresti rappresenta una var. alata della O. navicularis Brocchi. O. PpLicATA Chem. Vedi 0. PLICATULA Gml. Ostrea plicatula Gml. Brocchi (Conc. foss. subap. Vol. II, pag. 381). Sul significato di questa specie particolarmente per la fossile non vi può essere dubbio, tutto si riduce al nome che deve avere. Chemnitz aveva già indicata questa specie col nome di plicata e quindi per la legge di priorità il nome di Chemnitz dovrebbe essere conservato invece di quello di Gmelin. 5 Rea Però ambedue descrissero la specie sopra individui estramedi- terranei, solo incidentalmente dissero la specie abitare anche nel mediterraneo e in questo Chemnitz indicando Cadice è anche più esplicito. Renier indicò poscia la specie nell’ Adria- tico chiamandola plicatula e tale nome fu seguito da Philippi per quanto Payradeau avesse già impiegato per la specie vi- vente il nome di stentina; gli autori dopo Philippi non sempre hanno seguito questo modo di vedere e i nomi di plicata, pli- catula e stentina si sono alternati fino a Monterosato che es- sendosi fermato per buone ragioni al nome stentina, è stato seguito da tutti coloro che si sono occupati di malacologia vivente. Per la fossile invece oltre ai nomi plicatula e plicata è stato qualchevolta impiegato l'appellativo virleti Desh. che è un vero ed inutile sinonimo; così dopo Brocchi si ha una pli- catula Phil., plicatula Foresti, plicata De Stef., plicatula Coppi, plicatula Cocc., plicata Weink., plicatula Dod., plicatula Reuss. plicatula Seg., plicatula Sacco etc. Bronn. (Ital. tert. Geb.) la ritiene sinonima dell’ O. edulis, la ristabilisce nell’ Index pal. De Gregorio propone il nuovo nome germanitala; così deb- bono riferirsi alla stessa specie le seguenti addolit May., fim- briata 2 Terr., denticulata Broc., fallaciosa May., flabellula Bors., subgibbosa D’ Orb., hyosotis Cocc., hyotis Broc., gingensis ? Cocc., ventilabrum Cost. etc. Si vede in conseguenza che tolte di mezzo tutte queste ultime indicazioni e che si riferiscono ad un esagerato apprez- zamento di varietà individuali, o ad una non curata classifica- zione, il nome plicatula è quello che d’ ordinariamente è stato preferito e poichè non credo che il principio del tranquillo possesso debba sempre dimenticarsi anche fuori del diritto ci- vile, preferisco di conservare il nome impiegato da Brocchi. Mi conferma in ciò il fatto che ‘nessuno tra i paleontologi userebbe il nome stenzina che pure rappresenta la diretta di- scendente della plicatula fossile, e che avendo Brocchi per il primo impiegato questo nome per la fossile, pochi hanno esi- | tato nell’ applicare giustamente lo stesso nome. Come la sua congenere vivente era specie litorale, ed' è comune o almeno non rara nei sedimenti pliocenici litorali, ed è tipo prepliocenico. Ta Amro Buone figure sono quelle di Hòrnes (Reuss) e quelle di Fontannes (Moll. plioc. Rhòne et Rous. Tav. XVI, fig. 3 e 5 e Tav. XVII, fig. 1-6) denominazioni escluse. O. PusiLLa Brocchi (Conc. foss. Dr Vol. II, pag. 387). Vedi O. cucullata Born. O. susaRATA May Cocconi (Moll. foss. Parma e Piacenza pag. 350, Tav. IX, fig. 10-11). È citata di Vigoleno e come tale ritenuta miocenica; poichè effettivamente a Vigoleno gli strati fossiliferi sono pliocenici, va riferita ad una delle tante varia- zioni della O. cucullata Born. O. suseIisBosa D' Orb. Citata da Sacco (Boll. Soc. Geol. Ital. Vol. VIII, pag. 329) non è di facile interpretazione; probabilmente deve riferirsi alla plicatula. O. unpata Lam.: fu citata per la prima volta da Goldfuss (Petr. Germ. Vol. II, pag. 14) per Piacenza e posteriormente da altri autori italiani; deve essere riferita alla O. cucul- lata Born. O. ventILABRUM Goldf. È citata da Costa a S. Miniato; la forma originale è eocenica; quella di S. Miniato, De Stefani la riferisce alla O. lamellosa, io inclinerei a riferirla alla O. plicatula. O. vircinica Gml. Citata da Doderlein. (Note illus. della carta geol. del modenese. Mem. III, pag.51) per il modenese, va riferita alla O. cucullata Born. O. vireuuirorMIs May. (Journ. de Conc. Vol XX, pag. 228, Tav. XIV, fig. 2); credo debba considerarsi come una giovane della cucullata. + 0. virLETI Desh. Citata da Meneghini e ripresa da De Gre- gorio è sinonimo della O. plicatula. BS: pito (Griphea) G. arcuata Lamk. Citata da Bronn, va riferita all’ O. na- vicularis Broc. G. cochlear (Poli). Vedi Ostrea navicularis Brocchi. G. columba Pilla (Terr. Etr. tav. I, fig. 21-25) da rife- rirsi alla O. navicularis Brocchi. G. Cymbium Bronn, da riferirsi all’ 0. navicularis Brocchi. ( Alectryonia). A. aquitanica May. (Journ. de Cone. Vol. VII, pag. 190), Cocconi ( En. moll. Parma e Piacenza pag. 360, Tav. IX, fi- gure 21-22) deve riferirsi alla Ostrea cucullata Born. A. cucullata (Born) Cocconi. Vedi Ostrea cucullata Born. A. hyosotis Chem. Cocconi (En. sist. moll. foss. Parma e Piacenza pag. 359). La specie di Chemnitz dovrebbe riferirsi alla Ostrea plicatula, se però la specie di Cocconi appartiene al sotto genere Alectryonia, dovrà riferirsi alla O. cucullata Born. Anomidae. Anomia. A. AcULEATA Mtg. Citata da Conti (Monte Mario e i suoi fossili subappennini, II ediz., pag. 32), vedi Placunanomia aculeata. A. AENIGMATICA Chem ; Conti (Monte Mario etc. ediz. II, pag. 32); rimane un vero enigma, tanto più che la facile con- fusione nel genere Placunanomia non lascia modo d’interpre- tarla: quello che sembra assai più sicuro è che non sia la specie di Chemnitz. A. ASPERA Phil. Citata da Ponzi per la Farnesina. ( Atti XI Congr. scient. ital. pag. 235) va riferita alla A. ephippium L. A. corpa Lin. Citata da Mascarini a Montefalcone Apen=- nino, è probabilmente la A. radiata Brocchi. RIE A. CostATA Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 263, Tav. X, fig. 9, ediz. 1843). Nè la figura nè la descrizione permettono d’ interpretare questa specie. La interpretazione di Hòrnes, è arbitraria e deve considerarsi come una descrizione affatto indipendente da quella di Brocchi. È citata per la Toscana, per l’ Emilia, in Piemonte e nei lembi pliocenici della Lom- bardia; se gli autori si sono riferiti a Hòrnes, come è proba- bile, deve assumersi come sinonimo dell’ A. radiata, alla quale va pure riferita la specie di Vienna: vedi A. radiata. | A. eLECTRICA L. Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 261). Ci- tata da Brocchi e da Conti per Monte Mario, possono essere giovani della ephippium o della radiata. A. ELEGANS Phil.; Conti ( Monte Mario ect. Ed. I, pag. 25, Ediz. II, pag. 32). Se la determinazione è esatta potrebbe es- sere una Placunanomia ma è dubbio essendo nello stesso. ca- talogo citata la P° striata Brocchi. Anomia ephippium L. Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 253). Specie assai comune e che è citata da Brocchi in poi per tutti i giacimenti del pliocene litorale italiano; tipo prepliocenico è stato nel pliocene diffuso come attualmente. Si distingue dalla A. radiata per la disposizione delle impronte muscolari nella valva superiore; l’unica buona fi- gura che ne conosca è quella data da Fontannes ( Mollusques pliocènes de la vallée du Rhòne et du Roussillon. Vol. II, Tav. XIV, fig. 14). A. eripHus L. Brocchi cita questa specie per il senese, Conti (M. Mario etc. Ed. I, pag. 25, Ed. II, pag. 32) per Monte Mario: Bronn ha dubitato che potesse essere pliocenica, però il fatto enunciato da Brocchi di averla avuta quasi fresca e « infarcita » di marna lo esclude: stando alle figure della prima e della terza linea a pag. 292 della Metallotheca del Mercati, non può riferirsi che all’ Ostrea navicularis Brocchi... A. MARGARITACEA Poli. Vedi Placunanomia margaritacea Poli. SOI A. ORBICULATA Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 266, Tav. X, fig. 14); oltre alla citazione di Brocchi si ba per la stessa lo- calità quella di Goldfuss. È probabilmente una varietà della Placunanomia striata (Brocchi)? Jeffreys la riferisce invece alla Placunanomia patelliformis L. A. PECTINATA Brug. Citata da Sasso ( Bac. terz. di Albenga) è indecifrabile. A. PECTINIFORMIS L. Citata da Cocconi per Castellarquato, è la Placunanomia patelliformis L. A. PATELLIFORMIS Poli. Citata da Conti a Monte Mario (Ed. I, pag. 25, Ed. II, pag. 32) se è ben determinata è la Pla- cunanomia omonima. A. PELLIS SERPENTIS Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 264, Tav. X, fig. 11). Jeffreys (Quart. Jour. of. Geol. Soc. Febbraio ‘ 1884 pag. 31) dalla ispezione della collezione Brocchi la giu- dica una ephippium modellata sulla Cassis undulata, è forse preferibile riferirla alla A. radiata. A. PrICATA Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 501, Tav. XVI, fis. 9). Sacco la cita inoltre (Soc. Geol. Vol. VIII, pag. 330) del Piemonte. È una variazione della ephippium? A. PoLyMoRPHA Phil. Citata da Pina per la Farnesina (Atti XI Congr. scienz. ital. pag. 287 ) va riferita alla A. ephippium L. : A. rapIANS Conti (Monte Mario e i suoi fossili. Ed. 1 pag. 25, Ed. II, pag. 32) Monterosato la giudica sinonima della Placunanomia patelliformis, io la ritengo indecifrabile. Anomia radiata Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 263: Tav. X, fig.10). Questa specie che è stata dimenticata da tutti, “ eccetto Sandri che la cita per l'Adriatico e Risso che la de- scrive nuovamente in modo inintelligibile, e solo riportata in sinonimia di altre specie, è effettivamente distinta. La dispo- , ES e sizione della triplice impressione del muscolo adduttore nella valva superiore che (Brocchi l. c.) consiste in tre areole orbi- culari, messe V’una accanto all'altra, di cui la superiore è più dilatata, e quella di mezzo alquanto più ristretta della susse- guente, che non è sulla medesima linea delle altre due, ma di- verge a sinistra (della conchiglia, destra dell’osservatore) è reale e caratteristica. Brocchi s’inganna quando crede che questa disposizione sia comune a tutte le Anomie, solo per le due inferiori sussiste per le Placunanomie. Nella A. ephippium le due impressioni inferiori sono ovali negli individui giovani e negli adulti avvicinandosi tra loro e a quella superiore, rimangono divise da tratti rettilinei, mentre nella radiata rimangono sempre distinte; sono inoltre, e quì è la vera differenza, collo- cate sopra una linea curva obliqua all’asse della conchiglia. Questa disposizione è stata riconosciuta nella A. costata Horn non Brocchi del bacino di Vienna (Tert. Moll. v. Wien. Vol. II, pag. 32) dove dice « impressionibus muscularibus tribus inegualibus, in seriem verticalem curvatam dispositis ». Alla descrizione di Brocchi, si dovrebbe aggiungere ciò che Monterosato dice per la A. cepa (Nomenclatura gen. e spec. di alc. conc. mediter. Palermo 1884, pag.2) cioè « tenue, « fragile, sublamellosa, a forma costata o solcata o digitata, « 0 gibbosa, o piana secondo i corpi su cui aderisce; valva in- « feriore tenuissima; colorito giallo, pallido o fulvo; interno « argentato iridescente. » Dalla quale descrizione dovrebbero eccettuarsi solo le parole fenue, fragile, potendo questa specie raggiungere le dimensioni dell’altra unica Anomia pliocenica e vivente cioè della eplippium. È singolare la facilità con la quale questa specie imita gli ornamenti delle conchiglie sulle quali aderisce, per modo che quando all’ispezione esterna, si può riconoscere una netta riproduzione d’un altra conchiglia si può essere quasi sicuri della descritta disposizione delle impressioni muscolari; rare volte anche la ephippium ripete gli ornamenti di altre conchi- glie, ma sempre in un modo grossolano e mai così precisi come: nella radiata. Simonelli (Placunanomie plioc. Ital. Bullet. Soc. Malac. Italiana Vol. XIV, pag. 21), osserva che gli ornamenti mimetici pci 77 )posi di questa specie non possono riferirsi ad impronte, come sem- bra che molti abbiano creduto. Veramente ciò non appare nei migliori e già Philippi (En. moll. Sicil. 1, pag. 92) aveva os- servato « Anomia que Dolio affissa est, non solum in valvula inferiore, tenuiore, sed etiam in superiore cingula lata distan- tia Dolii ostendit; etc. » e così di altri che hanno ripetuto essere proprietà delle Anomie di ripetere gli ornamenti delle conchiglie alle quali aderiscono, senza lasciar supporre il modo: o quale delle due valve ripeta più nettamente detti ornamenti. Simonelli trova in questo fatto un mimetismo protettivo, e va inteso nel senso che ripetendo gli ornamenti superficiali del corpo al quale è affissa, si confonde e forma un tutto ap- parente con il medesimo. La spiegazione di Wood (The crag. mollusca Vol. II, pag. 7) che fa dipendere questa ripetizione degli ornamenti nella valva superiore e non su quella a contatto del corpo estraneo, dal fatto che la valva inferiore non aderisce, mentre la supe- riore che sporge sulla inferiore, può ripetere in positivo gli ornamenti del corpo al quale è aderente mi sembra sufficiente; Woodward (Man. de Chonc.) ripete questa spiegazione; io aggiungo che parmi la sola possibile e la completerei con le seguenti osservazioni. Nella A. radiata è caratteristica la piccolezza della valva inferiore, e negli individui completi sì fossili che viventi che ho potuto osservare, la superiore sopravanza sempre la infe- riore; quindi il mantello completamente aperto in questo ge- nere e frangiato può liberamente venire a contatto con gli ornamenti della conchiglia alla quale aderisce l’Amomia, per il lato che corrisponde alla valva superiore assai meglio di quello che non possa per il lato della valva inferiore; di quì la ripetizione di detti ornamenti nella valva superiore, che prodotti nel lembo della conchiglia si mantengono all’ esterno e si obliterano internamente per i successivi strati calcari: questo spiega perchè nella A. radiata si verifichi questo mi- metisimo a preferenza della ephippium che ha la valva infe- riore relativamente più estesa. Tutte le specie possibili possono essere ripetute; così nei moltissimi individui della collezione di Modena, ho potuto in- i = ig dubbiamente riconoscere l'imitazione delle seguenti specie, Pecten scabrellus P. opercularis P. maximus, Cardium echina- tum; Cassidaria echinophora, Scaphander, lignarius, Trochus magus senza molte altre che si riferivano indubbiamente a specie diverse dalle citate; è inutile aggiungere che la ripeti- zione degli ornamenti è sempre positiva. Conosco certamente questa specie di Zappolino, (Bologna) S. Venanzio (Modena) S. Polo (Reggio-Emilia) Castellarquato, Asti, Siena e Colle (A. ephippium), credo però che essa sia molto diffusa; ma è assolutamente impossibile decifrarla nei cataloghi anche i più accuratamente condotti. L'unica figura possibile è quella data da Hòrnes (Foss. moll. Wien. Tav. 85, fig. 1-4) in essa solo sono bene rappre- sentate nella loro disposizione le tre impressioni muscolari: dovrebbe in conseguenza anche la specie di Vienna cambiar nome e assumere quello di radiata. Resta a dir qualchecosa della vivente: essa è citata solo nel catalogo di Danilo e Sandri del 1856 e ripubblicato da Brusina nel 1891 e poichè erano abbastanza pratici di mala- cologia per quanto moltiplicassero volentieri le specie, non è presumibile che non tenessero conto della descrizione di Broc- chi e credo in conseguenza che questo nome debba rientrare nei cataloghi delle viventi del Mediterraneo, a meno che non si debba considerare come sinonimo della A. cepa come è stata nuovamente riportata da Monterosato. Il tipo come si è veduto è prepliocenico, e durante il pliocene nei sedimenti litorali doveva essere diffuso come al giorno d’oggi. i A. squama L. Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 262) per quanto figuri in sinonimia di specie conosciute la reputo in- decifrabile. - A. squamura L. Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 261) è citata anche da Conti a M. Mario; Monterosato la riferisce alla ‘A. cepa, io la credo indecifrabile; però in molti casi per i cataloghi di fossili è stato impiegato tal nome per la Pla- cunanomia margaritacea (Poli). li A. stRIATA Brocchi Vedi Placunanomia striata (Broc.). A. suLcaTA Poli. Citata da Brocchi per le crete Sanesi (Conc. foss. subap. pag. 267) e da Conti a Monte Mario; è un sinonimo della radiata. Brocchi osserva che la linea del car- dine, guardata con la lente comparisce denticolata; siccome l’individuo citato da Brocchi, doveva essere nella sua vita ade- rente ad un Cardium o ad un Pecten la denticolazione del cardine, che ho potuto osservare nella radiata ogni qualvolta le strie mimetiche s’irraggiavano dall’umbone, sono prodotte dal modellamento; infatti le denticolazioni del cardine visi- bili anche qualche volta senza lente sono sempre in conti- nuazione esatta delle costole del dorso della conchiglia. Placunanomia Placunanomia aculeata Montagu (Anomia) È citata da Conti per Monte Mario (Monte Mario e i suoi fossili Ed. II. pag. 32); da Coppi (Paleont. Mod. pag. 94) per Zappolino . (Bologna) e da Cocconi (En. Sist. foss. Parma e Piacenza pag. 349) per Castellarquato; nel Museo di Modena ve ne sono due esem- plari di Zappolino (Bologna). Gli esemplari suddetti sono due valve superiori, ovali, che hanno un diametro longit. di 10 mm. e quello trasversale di 8: le piccole squamme a forma d’aculeo schiacciato contro la superfice della conciglia con la punta sempre rivolta verso il margine, sono disposte a scacco, a egual distanza tra loro per modo che non vengono mai a collocarsi sotto una stessa linea longitudinale; non vi è alcuna traccia di costole longitudinali, come appare nelle figure del Wood (Crag. Moll. Vol. II, Tav. I, fig. 2) del Sars (Moll. reg. arct. Norvegiae Tav. 19, fig. 1) ma piuttosto è simile a quella del Philippi (En. moll. Sicil. Vol. II, Tav. XXVIII, fig. 1). Nella superficie interna l'impressione palleale è estesa e le due impressioni delle quali la superiore è assai maggiore della inferiore sono disposte secondo la definizione generica. Monterosato. ( Nom. gen. e spec. pag. 3) dubita che la forma del mediterraneo sia eguale a quella del Nord se fos- RR 1-1 AO sero differenti e che un nuovo nome fosse dato alla specie mediterranea, anche la pliocenica dovrebbe subire la stessa sorte, prendendo lo stesso nome. P. Brocca Simonelli (Bull Soc. Mal. Vol. XIV, pag. 16, Tav. 1, fig. 8-9) è sinonima della P. patelliformis. Placunanomia margaritacea Poli (Anomia). Questo nome si trova per la prima volta impiegato da. Simonelli (Bull. Soc. Mal. Ital. Vol. XIV, pag. 17, Tav. 1, fig. 1); buonis- sima è la descrizione data da quest’ autore, solo che il margine cardinale non è sempre diritto e questa disposizione è varia- bile; riconosciuto il genere che non è difficile per la mancanza dell’impressione superiore e per la rugosità delle rimanenti che alcune volte confluiscono, si riconosce alle striature con- centriche della superficie esterna e alla limitata estensione dell'impronta palleare; inoltre è sottile e non raggiunge mai lo spessore delle altre specie. In generale nei cataloghi fossili è passata col nome di Anomia squamula Brocchi, non so se tale confusione possa essere avvenuta anche per le viventi. Alla località Siena, S. Valentino ( Modena), Castellarquato indicate da Simonelli deve essere aggiunto Asti e quasi tutta l'Emilia. Oltre le figure date da Simonelli non ne conosco altre; come si è detto però esse rappresentano una forma particolare, potendo essere ovale ed anche assai più grande non solo della figura citata, ma anche delle massime dimensioni di 19-16 mm. date da Simonelli, sebbene di non troppo. Placunanomia-patelliformis L. (Anomia). Simonelli (Bull. Soc. Mal. Ital. Vol. XIV, pag. 16, fig. 8-9) l’ha creduta una nuova specie e l’ha chiamata P. Brocchi, fidandosi forse a due antiche denominazioni (in-schedis) di Meneghini e Do- derlein; non vi è dubbio alcuno che sia la vecchia specie lin- neana, vivente nel Mediterraneo e chiamata da Poli Anomia pectiniformis; il Museo di Modena possiede l’individuo figu- rato da Simonelli e io stesso lo mandai a Simonelli coll’antico E nome di A. rettculata Dod. (in schedis) avendolo così trovato ed essendo l’unico del Museo dove le due impronte muscolari erano nettamente visibili. Un esame più accurato mi ha ac- certato che ne possedevo un numero assai maggiore ed anche degli individui simili alla figura 8. E facilmente riconoscibile per le coste fitte, quasi regolari, squamose che irradiano dall’umbone submediano. Buonissime figure congiunte ad ottima descrizione sono quelle date da Simonelli. È stata raccolta a Siena, nel Volterrano, a Castellarquato; Conti la cita del Monte Mario (A. pectimiformis ). Non è difficile che alcune citazioni della A. costata debbano invece riferirsi a questa specie. E della zona litorale e della corallina come la vivente, si possono riconoscere le due provvenienze al colore giallo nel primo caso, grigio scuro nel secondo. Placunanomia scarabellii Simonelli (Bull. Soc. Malac. Ital, Vol. XIV, pag. Tav. I, fig, 7, 7a, 76). Citata da Simo- nelli per un unico esemplare d’Imola, la reputo una buona specie per quanto non sfuggano le molte analogie con la pre- cedente della quale potrebbe essere anche una variazione Placunanomia striata Brocchi (Anomia) (Conc. foss. subap. pag. 265, Ed. 1843, Tav. X, fig. 13 ). Simonelli nel dubbio che la specie di Brocchi fosse una vera Placunanomia ha cre- duto di dare un nuovo nome a questa specie, chiamandola P. varians (Boll. Soc. Mal. Ital. Vol. XIV, pag. 20, fig. 3,4,5,6). Certo la figura di Brocchi ed anche la descrizione non è tale da far riconoscere facilmente questa specie; è però da notarsi che la descrizione degli ornamenti superficiali non si addice a nessuna delle Anomie conosciute; Hérnes (Moll. foss. von. Wien Vol. II, pag. 475, Tav. 85, fig. 8-11) figura benissimo questi ornamenti; parla è vero di tre impressioni muscolari, ma le dice poco riconoscibili, e se si pensa alla facile con- fluenza delle due impronte, unitamente alla estensione della zona palleale, per quanto non permetta di riconoscervi una Placunanomia, non può lasciare molto incerti sulla identifi- è Tie cazione della specie di Brocchi: il Museo di Modena possiede un esemplare di Vienna colla scheda originale di Hòrnes, nel quale la impressione rugosa sembra unica nel mezzo di una larga area biancastra. Le antiche specie hanno spesso conservato il loro nome e si seguitano a classificare con i vecchi nomi, non perchè le descrizioni originali le indichino chiaramente, ma per tradi- zione trasmessa tra i collettori e nei musei; questo fatto non deve essere trascurato; se non è decisamente scientifico è utile tenerne conto dal momento che conserva e trasmette le cognizioni necessarie per intendere i lavori di coloro che si sono succeduti nelle ricerche di sistematica. Il tipo è sempre vivente nel Mediterraneo e nei mari del Nord; tra le Anomidae è la sola specie, tanto è facilmente riconoscibile, sulla quale meno si possa dubitare quando si trova citata nei diversi cataloghi, nè mai mi è occorso nelle collezioni di trovarla errata; così, tutto concorre a provare che la specie di Brocchi non era stata dimenticata. Per queste ragioni credo che l’appellativo varians di Si- monelli debba rigettarsi. La descrizione di Simonelli è ottima e questa specie sarà sempre facilmente riconoscibile alle sue strie sottilissime e alla impressione palleale così bene descritta e figurata da Brocchi nella A. orbiculata; polimorfa come tutte le Anomidae, tra le Placunanomie è la sola che ripeta gli ornamenti delle specie alle quali aderisce, non mai però così nettamente come l’Anomia radiata Brocchi, L'A. orbiculata Brocchi è una variazione di questa specie nella quale le strie radianti sono mancanti o estremamente ridotte; ne posseggo esemplari in tutti i diversi stadi. È citata per la Toscana, a M. Mario, Castrocaro, Bologna, Modena, Piacenza, Asti in tutti i giacimenti di mare profondo del pliocene Italiano; è specie prepliocenica, nel pliocene era diffusa come al presente, come oggi viveva nella zona delle coralline e gli esemplari fossili sono sempre grigio scuri. Monterosato (Nomencl. gen. e spec. 1884, pag. 3) ha cre- duto di dare al tipo vivente il nome di P. glauca, non ho però alcun dubbio che non sia la stessa specie. Buonissime figure sono quelle date da Simonelli, SITR PLACUNANOMIA cfr. SULCATA ( Poli) Simonelli (Bull. Soc. Mal. Ital. Vol. XIV, pag. 19, Tav. 1, fig. 2) sopra un solo esemplare di Volterra; è così facile specialmente negli individui giovani delle Anomidae la sparizione delle impronte muscolari, che io inclino a credere essere la forma descritta da Simonelli una giovane dell’Anomia radiata Brocchi nella quale le due im- pressioni muscolari inferiori hanno precisamente quella dispo- sizione; potrò ingannarmi, ma la forma esterna, il tratto forzato attorno alle impressioni muscolari nella figura, evidentemente ripetuto dal disegnatore per averlo prima l’ autore disegnato col lapis, concorrono a mantenermi nella mia idea; in tutti i casi sarà sempre una specie da ristudiarsi quando se ne trovino altri esemplari; io per ora non ne conosco alcuno. P. vARIANS Simonelli vedi P. striata Brocchi. Pectinacea Spondylidae Plicatula P. pitatata Michelotti ((1). Brevi cenni di alcuni resti delle classi Brachiopodi ed Acefali, trovati fossili in Italia. Annali delle scienze del Regno Lombardo Veneto Tom. IX, 1839 [ Venezia, Antonelli], pag. 7) Descrip. ter. mioc. Ital. Sett. pag. 83) Michelotti, Sacco (Cat. pal. in Soc. Geol. Vol. VIII, pag. 330) e Sismonda (Synop. II Ed.) la citano dell’ Asti- giano; è una specie assai dubbia; la descrizione di Michelotti non è abbastanza chiara per accertarsi che sia proprio dif- ferente dalla P. mytilina, oltrechè è tale che male si com- prendono le caratteristiche proprie della specie. y P. inconsPIcuA Ponzi ( Fauna vaticana. Accad. Lincei ses- siore III, 4 febbr. 1572) N. 56; è semplicemente nominata e non figura nelle memorie successive. (1) Ho citato per intero il titolo di quest’opera, essendo comparso errato În tutte le note bibliografiche. RT) o, ANS P. LAEVIS Bellardi: citata per il pliocene da E. Sismonda (Synop. II Ediz.) e da Sacco (Bol. Soc. Geol. Vol. VIII) non è suscettibile d’ interpretazione essendo solo nominativa. Plicatula mytilina Philippi. Buona descrizione di questa specie è quella data dal suo autore, ottima è quella di Fon- tannes (Moll. Rhòne et Rouss. pag. 215, Tav. XIV, fig. 10). Il tipo di Vienna descritto e fisurato da Hòrnes è differente da quello che si trova nel pliocene ed anche nel miocene Italiano. Buone figure sono; Philippi (En. moll. Sic. Vol. I, Tav. VI, fig. 1); Michelotti (Moll. mioc. Ital. Sept. Tav. III, fig. 10, P. mantelli); Fontannes. Tutte però rappresentano individui piccoli; così secondo Philippi la lunghezza sarebbe 8'" — 18 mm. per Michelotti (P. Mantelli) 14 mm., per Fontannes 13 mm. Nel museo di Modena i medi esemplari superano 20 mm. e ve ne sono due di 25 mm. Il tipo miocenico è più piccolo. La P. mytilina di Vienna è 12 mm. È specie non rara, è citata dell'Emilia, della Lombardia, del Piemonte, e di Monte Mario; è estinta nel Mediterraneo, il tipo sopravvive nella P. ramosa Lam. del Mar Rosso. P. MIXTILINA errore di stampa sfuggito in alcuni cataloghi. P. PLIOCENICA E. Sismonda (Synops. method. Ediz. II, pag. 12) riferendosi Sismonda alla P. ramosa Lam. deve an- dare in sinonimia della P. mytilina. P. ramosa Lamarck. Citata da E. Sismonda (Syn. met. I Ed.) deve andare in sinonimia della P. mytilina Spondylus S. ADUNCUS Borson (Oritt. Piemont. Atti Accad. di To- rino 1825, Vol. 29, pag. 280, fig. 6 ridotta) è una specie inde- cifrabile e non figura nei successivi cataloghi della regione. S. AVUNCULUS Ponzi (Fauna Vatic. Acc. Lince. 1872, pag. N. 37) specie puramente nominativa, — Rie S. sirrons Munst. Citata da Chenu per l’Italia (Illustr. conch. Spondylus pag. 8), e da Goldfuss (Petref. Germania) è tipo prepliocenico: è citata da Coppi per il modenese, pro- babilmente è lo S. ferreolensis Font. S. coNcENTRICUS Bronn (Ital. tert. gebild pag. 121, Castellar- quato e Bacedasco) vedi S. ferreolensis Font. del quale è la valva inferiore. S. cosratus Lam: E Sismonda lo cita nella Synop. meth. II Ed.; è sinonimo per la specie fossile dello S. goederopus L. Spondylus crassicosta Lamark. È specie assai comune ed è per la prima volta citata per l’Italia da Lamark. Tipo sufficientemente variabile, dalla forma della figura 5, Tav. 16, (Spondylus quinquecostatus Desh.) del Chenu (Ilus. Conch.) si va fino alla forma descritta e figurata da Hérnes (Foss. Moll. Wien Vol. II, pag. 429, Tav. LXVII, fig. 7) passando per tutte le forme intermedie; carattere costante è la presenza di un certo numero di coste, quattro nella valva inferiore, cinque nella superiore, rilevate, squammose, che s’ irradiano regolar- mente dagli umboni; negli intervalli tra queste possono tro- varsi o piccole coste uniformi, oppure piccole coste tra le quali senza molto ordine ve ne sono alcune più grandi, tutte più o meno squammose; finalmente le coste intermedie possono es- sere quasi grandi come' le principali, dalle quali si distinguono sempre, perchè mentre le maggiori sono uniche, le intermedie sono il risultato dell’ agglomerazione di molte minori: nel- l’area cardinale manca qualunque traccia del ligamento. Già Hòrnes citava questa specie di mezza Italia; è comune in tutti i giacimenti pliocenici sublitorali. Spondylus ferreolensis Fontannes. Questa specie non è citata con questo nome d’ Italia, per quanto vi esista e SERA nei cataloghi con nomi diversi. Perfettamente figurata e descritta da Fontannes (Moll. bas. Rhòne et Rouss. pag. 210, Tav. XIV, fig. 3-7) si distingue facilmente per la diversa apparenza delle due valve; così Bea mentre la valva inferiore è a lamelle concentriche più o meno spinose la valva superiore è ornata di costole raggianti mi- nute, tra le quali ogni quattro o cinque costole se ne trovano delle più grosse irregolarmente spinose. Questa particolarità delle valve così decisamente differenti e che è comune ad altre specie del genere (,S. difrons Munst. S. podopsideus Lam. etc.) serve benissimo per distinguere la specie dalle sue congeneri. Nè vi è equivoco possibile quando si abbiano delle valve separate, ciascheduna di esse essendo distinta da quelle di altre specie. Fu questa differenza che a Bronn che conobbe solo la valva inferiore fece creare lo S. concentricus (V. questo nome) e a Doderlein lo S. ovalis per la valva superiore (1). Prefe- risco il nome di Fontannes a quello di Bronn più antico, es- sendo questo accompagnato da una descrizione incompleta. Conosco questa specie di Zappolino (Bologna) di S. Ve- nanzio (Modena) Quattro Castella (Reggio) e Castellarquato. Spondylus goederopus L. La forma pliocenica di que- sta specie è alquanto differente dalla forma vivente e solo ec- cezionalmente se ne trovano due eguali; non conosco nessun esemplare fossile munito di spine forti sia aciculari che la- mellose, come così comunemente trovansi in quello vivente; anzi non mancano esemplari quasi privi di spine; un carat- tere costante comune alle fossili e alle viventi specialmente nella valva inferiore, è dato dalle costole minute interposte tra le mag- giori, sottilmente e regolarmente spinose; le spine sono ottuse uniformi e danno agli spazi tra le costole maggiori spinose o squammose, un apparenza regolarmente crenata. Questa specie è citata in quasi tutti i cataloghi ma du- bito assai che qualchevolta possa essere invece lo S. ferreolensis; io ne conosco solo pochi esemplari e sono del Modenese e del Piacentino. Non conosco nessuna figura della forma fossile, e della forma vivente non saprei indicare una figura che si avvicini alla fossile, (1) Doderlein non ha mai pubblicato questa specie; comparisce in cataloghi di altri, ai quali egli l'aveva comunicata. 6 ang = SS Spondylus gussoni Costa. È citato da Parona (Val Sesia e lago d'Orta pag. 113) per Ponte S. Quirico. Questa specie sembra assai rara nel pliocene; è stata pure descritta e figu- rata da Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss. Vol. II, pag. 213, Tav. XIV, fig. 8-9) e da Seguenza per i giacimenti pliocenici dell’Italia meridionale; la vivente non è comune, è specie di mare profondo e tale era anche durante il pliocene. S. muricus Michelotti. Citato ad Asti da E. Sismonda, (Synop. met. I Ediz.) Il tipo di Michelotti è indicato di Tor- tona, dalla figura potrebbe dubitarsi che sia lo Ss. gussoni, tanto bene lo rappresenta; questo nome però non figura nella II Ediz. della Syn. meth. È citato anche da Mazzetti (an. soc. nat. Modena Vol. VIII, pag. 159), nè so precisamente cosa significhi. S. ovaLis Doderlein. Non pubblicato da Doderlcin è citato da Parona per il pliocene Lombardo e da Sacco (Bull. Doc. geol. V. VIII, pag. 380) per il pliocene del Piemonte; "vedi S. ferreolensis Font. S. quinquecostarts Desh. Citato da Sacco (Bull. Soc. Geol. Vol. VIII, pag. 330) è sinoriimo dello S. crassicosta Lam. S. risreLLum Lam. Citato da Lamark: per l'Italia (non pliocene) e da Bronn N. 688 per Castellarquato è un doppio impiego dello S. crassicosta Lam. S. suscosratus D’ Orbisny. Citato da Sacco per il Piemonte _va riferito alla S. goederopus Lam. Limidae . Lima L. BuLLaTA Turton. Citata da Conti a Montemario (Ed. I, pag. 24, Ed. II, pag. 31); la dullata di Turton, non Payradeau sarebbe sinonima della ZL. loscombi Sow. mentre per Monte- rosato e Kobelt la L. dullata Payr. sarebbe sinonima della L. hians Gul. = at Lima cocconii Fontannes (Moll. foss. Rhòne et Rous. Vol. II, pag. 208, Tav. XIII, fig. 10-11) Fontannes crede che la Radula scabra Coce. non Born citata per Campolasso sia la specie su indicata: effettivamente il carattere delle coste che si riuniscono sopra una linea centrale la distingue dalle sue congeneri. È citata sotto il nome di L. Cocconi Font. da Parona per Taino (Es. comp. fauna plioc. Lomb. pag. 10). L. cratgRATA Chemn. Citata per Larniano (Siena) (Icon. moll. plioc. Siena, Bull. Soc. Mal. It. Vol. XIII, pag. 186) da De Stefani è specie indecifrabile. L. pEcussaTA Seguenza. Citata da Ponzi per il Monte Va- ticano (Fauna Vaticana pag. 22) è specie nominativa inde- cifrabile. L. ExcavaTA Chemn. E citata da Conti per Montemario (Ed. II, pag. 31). E specie vivente nel Nord e senza una ul- - teriore conferma la determinazione di Conti è assai dubbia; però Seguenza la cita del Messinese. L. HANS ( Gmelin) Rayneval, Van den Hecke e Ponzi (foss. M. Mario pag. 8). e Zuccari (Cat. coll. Rigacci pag. 13) la citano per Montemario. Lasciando in disparte la questione della sinonimia, è specie assai dubbia per il pliocene; Se- suenza la cita del postpliocene siciliano. La specie figurata da Hòornes mi sembra un tipo differente. Lima inflata Chemnitz (Ostrea). È citata in quasi tutti i cataloghi pliocenici meno che in quelli di Foresti. Non conosco nessuna buona figura recente di questa spe- cie almeno come si presenta ordinariamente nei depositi plio- cenici. La figura di Hòrnes ( Foss. moll. Wien. Tav. 51, fig. 5) è un tipo particolare ben distinto dal vivente e massimamente poi da quello del pliocene. La forma pliocenica è srande ed assai prossima alla vi- vente della quale è ordinariamente maggiore, le coste sono assai AB più scabre. Egualmente il tipo figurato da Fontannes (Op. cit.) non corrisponde a quello del pliocene Italiano. L. unrtHoPHAGA Cortesi (Ostrea ) (Saggio geol. Parma e Pia- cenza pag. 42, Tav. 4, fig. 6). È citata da Cortesi in una lista di conchiglie litofaghe. Sono giovani della L. L. taRGIONII De Stefani e Pantanelli. (Moll. plioc. dei din- torni di Siena (Bull. soc. mal. Vol. IV, pag. 33 e lavori suc- cessivi). Questa specie ben distinta fu determinata sopra una valva incompleta; anche questa col tempo andò distrutta e solo un disegno ne è rimasto inedito. Quindi credo conveniente sino a che non sia ritrovata di radiarla provvisoriamente dalle bi- valvi plioceniche italiane. i L. rusercuLata Olivi (Ostrea) Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 355) è sinonimo della L. nflata Chemn. Limea Limea strigilata Brocchi (Ostrea) Conc. foss. subap. Vol. II, pag. 390, Tav. XIV, fig. 15). È citata di tutti i giaci- menti di mare profondo del pliocene italiano. Oltre alla figura di Brocchi è buona quella di Hornes (Moll. foss. v. Wien. Vol JiF. vincialis e probabilmente è a questa che dovranno essere rife- rite le citazioni precedenti, quando non debbano esserlo al MM. scaphoides Bronn. __Mytilus galloprovincialis Lamark. È citato da Sar- torio a S. Colombano, da Cocconi a Castellarquato, da Conti, Zuccari e Rayneval etc. per Montemario, da Sismonda e da — 108 — Sacco per il Piemonte; però è tanto dubbia una buona deter- minazione di questa specie che non è possibile garantire che dette determinazioni sieno esatte. Nel Museo di Modena esiste uno stupendo esemplare di Castellarquato (marne sabbiose) e che conserva tuttora un colore bruno rossastro residuo di quello assai più oscuro che doveva avere vivente. È lungo 14 cm. è largo 7 cm. e alto circa 4 cm. superiormente (lato opposto all’ umbone) arrotondato, il margine ventrale è per due terzi parallelo al margine dorsale, dopo di che piega bruscamente verso l'apice lievemente inclinato dal lato dor- sale. Le valve sono mediocremente rigonfie, e a partire da una piegatura prossima al lato dorsale, sono leggermente de- clivi dal lato ventrale, rapidamente dal lato dorsale; questo angolo ottuso delle valve si perde ai due terzi della lunghezza della conchiglia a partire dall’ apice: la superficie è segnata dalle strie di accrescimento. Se ne trovano anche individui di piccole dimensioni perfettamente caratteristici. M. HAIDINGER1I Horn. Questa specie è citata di Siena ( Pan- tanelli e De’ Stefani) e di Castellarquato e Siena da Hornes. La forma italiana è però differente dalla viennese e appar- tiene al M. scaphoides Bronn. M. HESPERIANUS Lam. Citato da Cocconi per Castellarquato ( Moll. foss. Parma e Piacenza, pag. 315) è assai dubbio; in- tanto non è certo che la forma di Lamark sinonima del gallo- provincialis sia quella citata da Wood, quando poi anche lo fosse dovrebbe riferirsi ad una delle due sole specie conosciute di Mytilus del pliocene. M. LITHOPHAGUS Bronn. Citato da Sacco (Bull. Soc. Geol., Vol. VIII, pag. 333) è specie indecifrabile. M. LonGus Bronn. Citato da Sismonda e Sacco per il Pie- monte, va riferito alla Modiola longa (Bronn). M. minimus Poli. È citato da Coppi per il modenese ( Pa- leont. Modenese, pag. 98); e da Zuccari per Montemario (Cat. — 109 — pag. 13) è assai dubbio che questa specie si trovi nel pliocene, nè saprei a ‘quale possa essere riferita. M. moprioLus L. Citato da Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 406) e da Borson, vedasi alla Modiola omonima, o M. dbar- bata (Lin.). M. mymiomrs E. Sism. È la Modiola mytiloides Bronn. È citato da Sacco e da Sismonda. Sacco però ha restituito il nome del primitivo autore, che Sismonda (Syn. II) usava cambiare, cambiando il genere. Mytilus scaphoides Bronn (It. ter. Geb., pag. 113, N.° 653) Castellarquato. Questa specie stata ingiustamente dimenticata è assai diffusa. Bronn ne dette la seguente de- scrizione : M. testa solida, oblonga, oblique cylindrica, antice acuta, postice vix compressa, carina obtusa cum margine inferiore complanato antice impresso parallela; margine supero-postico convere arcuato, parum compresso. « Die fast cylindrische Gestalt und da ita Breite « auf ?/ der Linge und die grosse Convexitàt lings des Un- « terrandes. charakterisiren diese Art sehr. Die einzelnen « Klappen haben Kahnform. Lànge 45", Breite 20" Dicke 19" ». (Castellarquarto marne). La descrizione di Bronn è così fedele al vero che non è possibile possedendo individui intieri di questa specie potersi ingannare. Le dimensioni possono essere però molto maggiori una valva isolata di Castellarquato è lunga 17 cm. è larga 7,5; un esemplare intatto di Zappolino è lungo 15 cm. largo 6 ed alto 5. Le misure di Bronn sarebbero respettivamente 10, 4,5, 4,3. Differisce dal IM. alias Reuss (Hérnes. Foss. Moll. von Wien, pag. 356, Tav. 56, fig. 1, 2, 3) per essere meno in- curvato e per essere meno allargato sul lato opposto all’ apice, quasi cilindrico, come dice Bronn. — 110 — Rispetto al M. galloprovincialis, (forma fossile delle stesse località) ne differisce per i margini dorsale e ventrale rego- larmente curvi nel primo terzo della conchiglia, è privo del- l’angolosità ottusa al suo terzo inferiore, per la piegatura delle valve più ottusa e più lontana dal margine dorsale e perchè invece di mantenersi parallela al margine dorsale si accosta ad esso prima di perdersi nella uniforme convessità della parte superiore della conchiglia. E anche più ristretto e più tumido del IM. galloprovincialis. M. sericeus Bronn Citato da Sismonda (Syn. Il Ed.) Vedi Modiolaria sericea Bronn. M. susepuLis D’orb. Citato da Sacco per il Piemonte è uno dei soliti nomi cambiati da D’Orbigny, obbedendo ad un erroneo concetto paleontologico. Modiola Modiola adriatica Lamark. È citata per il bolognese (Moll. foss. Bol. pag. 41) e da Seguenza per Asti (Bull. Com. Geol. Ital. 1877, pag. 98) è una buona specie che deve essere assai più diffusa di quello che non appaja nei cataloghi. Foresti accenna che la specie fossile del bolognese è mag- giore della vivente. Lamark assegna per lunghezza 28 m. Kobelt 30 m. ne posseggo di Castellarquato di 45. m. ma i viventi possono essere anche maggiori. Fontannes dà un ottima figura di questa specie ed anche una buona descrizione (Moll. Rhòne et Rous. Vol. II, pag. 134 Tav. VIII, fig. 8) indicandola però inesattamente col nome di . M. barbata L. M. ALBICOsTA Lam. Citata da Conti per Montemario I e II edizione; se è veramente l’'albicosta di Payr. e non di Lam. va riferita alla M. adriatica Lam. M. arrotata Ponzi (Atti X Congr. Sc. It. pag. 289) Monte- mario; è specie nominativa. — 111 — MODIOLA BARBATA L. Questa specie è citata da molti autori, cioè da Conti per Montemario; Pantanelli e De Stefani di Siena; De Stefani per Calenzano; Manzoni per Vallebraja,; Parona per Ponte S. Quirico; Foresti del Bolognese; Facini di Cerreto Guidi; Cocconi di Piacenza; Rayneval, van den Ecke e Ponzi e Montemario etc. gli esemplari però di diverse loca- lità che ho potuto esaminare, mi persuadono che nel maggior numero di casi si tratta di una specie differente; ne posseggo dell’ Emilia (Modena, Castellarquato del Bolognese per co- munic. di Foresti) e di Toscana di varie località; ed ho tro- vato sempre che si tratta di una identica specie differente dalla M. barbata L. Credo che alla stessa forma debba rife- rirsi la M. modiolus L. citata da diversi autori, e la subcari- nata di Bronn. La specie in questione, differisce dalla I. barbata del Mediterraneo, per avere il lato dorsale assai più rotondo, e il lato ventrale assai meno sinuato; la superficie è nitida e la piegatura ottusa che partendo dall’umbone si volge al lato dorsale per poi riaccostarsi al lato ventrale si allontana sul ‘primo tratto assai più dal lato dorsale di quello che non succeda nella vivente; l'angolo ottuso del margine dorsale che nella vivente si presenta a circa un terzo dagli umboni, nella fossile si presenta a metà, ciò che cambia completamente il contorno esterno della specie; è assai più acuta nel lato um- bonale e gli umboni sono più terminali; in quanto differisce dalla M. modiolus alla quale si accosta assai più che alla M. barbata vivente, è per la strettezza dell’apice umbonale e per il lato ventrale meno sinuoso. Essendomi proposto di non descrivere in questo lavoro nessuna nuova specie, lascio ad altri la cura di nominarla, di figurarla e di descriverla. M. Brocca May. Questa specie benchè citata del plio- cene Italiano, Parma per Val Faido dubit., per il Piemonte da Sacco, da Seguenza, e da Cocconi per Castellarquato e anche da Héòrnes, non vi appartiene; con molta probabilità le forme indicate con quel nome debbono riferirsi alla IM. longa Bronn. — 112 — M. costuLATA Risso. Citata a S. Miniato da De Stefani e a Montemario da Conti, si veda Modiolaria costulata. Risso. M. crenatA Conti (Monte Mario e i suoi foss. I Ed., pag 23 e 47. II Ed., pag. 31 e 52). E una Modsolaria inde- cifrabile. M. piscrepans Lam. Citata da Conti per Monte Mario (I Ed., pag. 23 e II Ed., pag. 31); come specie vivente e me- diterranea è sinonima di Modiolaria subpicta (Cantr.), come specie nordica è assai incerto che la specie simile possa tro- varsi nel pliocene Italiano. Modiola intermedia Foresti. (Cat. Moll. foss. plioc. colline Bolognesi, Parte II, pag. 42, fig. 1, 2). Foresti la con- sidera come una varietà della M. modiolus L. Seguenza giu- stamente la considera come specie indipendente (Bull. Comit. Geol. 1877, pag. 98). È una bella e distinta specie, benissimo descritta e figurata da Foresti; non conosco altro esemplare che quello citato, ed avuto da Foresti in comunicazione. M rLaEvissima Seguenza (Bull. Com. Geol. 1877, pag. 99). Citata da Ponzi per il Monte Vaticano. Il breve cenno di Se- guenza non permette un esatta interpretazione di questa specie; a me sembra la stessa specie indeterminata citata parlando della M. barbata fossile. Modiola longa Bronn. (Ital. tert. Geb. N.° 650, pag. 650). Ecco un altra specie che senza una citazione di Bagatti sa- — rebbe stata completamente dimenticata; è invece specie auto- noma e le sue differenze colla M. brocchè May. del bacino di Vienna (confronto tra esemplari tipici) sono evidenti; le di- mensioni sono costantemente minori, un quarto meno della brocchii; la conchiglia è più cilindrica, il margine dorsale (lato degli umboni) è più dritto, inferiormente più compressa e più quadrata; la superficie è liscia e non è striata dalle linee d' accrescimento che assai leggermente. Col nome di M. brocch — 113 — si trova citata in molti cataloghi: a questa specie deve riferirsi la M. rectemarginata Foresti (Contrib. conch. foss. Atti Accad. Bologna ser. IV, Tom. III, pag. 417, Tav. II, fig. 9 e 10) ed è l’unica figura di questa specie. M. mARII Ponzi. (Cron. subap. Atti XI Cong. Scien., pag. 289) citata per Monte Mario; è specie nominativa. M. mopioLus L. Citata da Seguenza per l’ astigiano e prima da Brocchi (Mytilus) per il Piacentino. Cocconi consi- dera il nome di Brocchi come sinonimo della M. barbata; si è già detto per quali ragioni ciò non possa accettarsi, alla M. barbata L. M. miryLomes Bronn. (Ital. tert. Geb. N.° 651, pag. 118). Citata dubitativamente da Seguenza di Toscana, reputo questa specie indecifrabile. Modiola phaseolina Philippi. (En. moll. Sic. Vol. II, pag. 51, Tav. 15, fig. 14). Il tipo di questa specie è delle Car- rubare (Reggio Calabria), si ritrova ad Altavilla, è vivente dall'Oceano Artico al Mediterraneo, ed è stata trovata a S. Mi- niato da De Stefani, a Cerreto Guidi da Fucini, a Valle Biaja da Manzoni, pressi di Livorno da Appelius: cioè per una iden- tica zona pliocenica. Si distingue sec. Philippi, Sars, Kobelt, per la linea cardinale leggermente crenulata. M. RECTEMARGINATA Foresti. ( Atti Accad. Bologna Serie IV, Tom. III, pag. 417, Tav. II, fig. 9, 10): vedasi M. longa Bronn. M. seRrIceA Bronn. Vedasi Modzolaria sericea (Bronn). M. suscARINATA Lam. Lamark dice che nel piacentino tro- vasi una varietà di questa specie il cui tipo è di Grignon. Deshayes crede che la specie del piacentino sia invece la M. barbata. Bronn la cita di Castellarquato e la ritiene sinonima della JM modiolus Broc. non sin.: deve riferirsi alla specie indeterminata della quale si è parlato alla M. barbata fossile. i 8 — 114 — M. suscLavata Lib. Citata da Coppi (modenese) vedi Mo- diolaria subclavata (Lib. ). M. voLzivNIcA Eichw. Citata con un i di più da Mazzetti e Crespellani per il modenese, va riferita alla stessa specie indicata come IM. barbata L. (Myrina ) M. pelagica Forb. Citata da Conti per Montemario I Ed., pag. 24, II Ed., 31, il tipo vivente è oceanico del Sud e vive nel grasso delle Balene. Meli l'ha riferita alla Saxicava pli- cata (Mtg.). (-Modiolina? ) M. phaseolina Phil. Citata da Appelius dei pressi di Li- vorno va riferita alla Modiola omonima. Lithodomus Lithodomus avitensis Mayer. Hoòrnes (Foss. moll. v. Wien Vol. II, pag. 354, Tav. 45, fig. 12). Trabucco ( Boll. Soc. Geol., Vol. IX, pag. 603) crede che il L. avitensis ( L. striatus Mgh.) non possa staccarsi dal L. Zthofhagus (L.) e che tutt’ al più possa essere distinto come varietà; senza entrare nel valore della specie di Lampedusa, per le forme del pliocene dell’Italia superiore e centrale credo che debbasi stare: al giudizio di Mayer; è certo che assumendo il concetto di specie con una certa larghezza, le due forme sono così strettamente collegate che il vivente devesi considerare discendente diretto dal fos- sile, ma credo altresì opportuno conservare al fossile un nome diverso, molto per le differenze reali, un po’ per evitare che una forma pliocenica sia considerata come una varietà della vivente. Con diversi nomi è citato dell’ Emilia, del Piemonte e della Toscana, cioè come L. lihophagus e L. striatus. — 15 — L. LITROPHAGUS L. da riferirsi al L. avitensis May. L. sERICEUS Bronn. Citato da Sacco (Cat. in Boll. Soc. Geol. Vol. VIII, pag. 333) è la Modtolaria sericea Bronn. L. strIAaTus Meneg. Citato con questo nome da Pantanelli e De Stefani (Boll. Soc. Mal. Ital. Vol. IV, pag. 34) per Siena e in lavori successivi, è il L. avitensis May. La Pholas striata Meneghini (Ann. Univ. Toscane Vol. III, pag. 75) è una Jovan- netta, tanto per la descrizione quanto per il confronto che lA. ne fa con la Jouannetia ( Pholas) rugosa Brocchi. Modiolaria Modiolaria aequistriata Fontannes (Moll. du Rhòne et Rous, Vol. II, pag. 132, Tav. VIII, fig. 22) È citata da Pa- rona per Ponte S. Quirico (Valsesia e lago d’ Orta, pag. 113). Credo che questa specie come le due seguenti costulata e mar- morata possano solo provvisoriamente, essere mantenute nel- l'elenco delle specie plioceniche italiane e che abbiano bi- | sogno di essere studiate con maggiore esattezza. Modiolaria costulata Risso (Modiolus). È citata per Valle Biaja da Manzoni, per Calenzano (S. Miniato ) da De Ste- fani e per Cerreto Guidi da Fucini. Vedasi l’ osservazione alla specie precedente. Modiolaria marmorata Forbes. È citata di Cerreto Guidi da Fucini (Boll. Soc. Geol., Vol. X, pag. 76). Vedasia l’osservazione fatta alla M. aequistriata Font. Modiolaria sericea Bronn. (Modiola) (It. ter. Geb. pag. 112, N.° 649). Come Modiolaria è citata solo della Val d’ Era da Seguenza (Bull. Com. Geol., 1877, pag, 98); Ra- yneval van Den Ecke e Ponzi, Zuccari e Conti la citano di Monte Mario come Modiola; Sismonda (Sin. II Ed., pag. 45) come Mytilus: Cocconi come Modiola di Castellarquarto, lo- — 116 — calità originaria della specie tipica. La figura di Hòrnes (Tav. 45, fig. 1) non corrisponde alla specie di Castellarquato, che è più regolarmente ovale e non presenta l’ angolo tra il cardine e il lato dorsale come nella suddetta figura. Migliore assai è la figura di Philippi (En. moll. Sic., Vol. I, Tav. V fig. 14). Modiolaria subclavata Libassi (Modiola) (Mem. con- chiglie fossili. Palermo, pag. 13, fig. 7). E citata di Siena da Pantanelli e De Stefani e da Coppi per il modenese. Modiolaria petagnae Scacchi (Modiola) (Cat. conch. r. Neap., 1836, pag. 4). È citata solo di Siena da Pantanelli e De Stefani e in un solo esemplare abbastanza corrispon- dente alla descrizione di Philippi e degli altri autori. Mon- terosato ( Nomencl. gen., pag. 11) ed è seguito da Kobelt, la considera come sinonimo della Modiolaria (Gregariella ) sul- cata (Risso). (Gregariella ) _G. sulcata Risso. Citata da Pantanelli (Bull. Soc. Mal. Ital., Vol. X, pag. 9) vedi Modzolaria petagnae (Scac.). Dreissensia (Nome emendato da Fischer per Dreissena) D. Arricana May. Citata da Mortillet per Siena (Atti Soc. Ital, Vol. V, pag. 336) invece di D. sanensis May. D. PoLymorPHA (Pal.). Citata da Campani (Siena e suo territ., pag. XXXI) e da Verri, per Vajano (Alc. linee nella Val di Chiana pag. 99) va intesa come D. samensis May. Dreissensia plebeja Dubois. Citata da De Stefani per Fauglia (Pisa) e Vajano (Val di Chiana); corrisponde alla Congeria Basteroti (Hòrnes foss. Moll., Wien., Vol. II, pag. 370, Tav. 49, fig. 56). — 117 — Dreissensia sanensis Mayer. (Journ. de Conch., Ser. 3, Vol. IV, pag. 160). Originale di Siena è citata della stessa località da De Stefani (Moll. cont. Atti Soc. Tosc., Vol. III, pag. 287, Tav. XVII, fig. 1) e da Pantanelli e De Stefani. Dreissensia semen De Stefani (Moll. contin. Atti Soc. Tosc., Vol. V, pag. 46, e Tav. XVII del Vol. III, fig. 2). Nel pliocene palustre del torrente Lora presso Barberino di Mugello. ( Congeria ) C. subcarinata Desh. Citata da Verri per Vajano (Rend. Istit. Lombardo S. II, Vol. X, pag. 8) va riferita alla Dreis- sensa plebeja (Dub.). Arcacea Arcidae Arca A. ACANTHIS (Fontannes). Citata da (Sacco Boll. Soc. Geol. ‘Vol. VIII, pag. 385): vedi A. pulchella Reeve. A.-AFFINIS Gen. È citata da Sismonda ( Syn. I) Nyst (Tab. synop. et synon. Arcacées pag. 8) essendovi già un A. affinis. Duj. chiama questa specie A. genei; essendovi però un altra A. genei Bell. eocenica, il nome diventa sempre più indecifra- bile; credo però che la specie di Gené debba riferirsi ad una varietà dell'A. noae L. - A. ANTIQUATA L. Citata specialmente dagli antichi autori, deve riferirsi all’A. diluvîî Lam. A. AspERA Phil. È citata da Ponzi (Fauna Vaticana, pag. 20) per il Vaticano, e da Verri per l'alta val di Chiana. Seguenza conserva questo nome per l’Italia meridionale ; credo la determinazione un po dubbia e che debba riferirsi alla A. pulchella Reeve, compresa anche la specie di Philippi. — 118 — Arca barbata L. Ì citata questa specie tuttora vivente di quasi tutti i sedimenti litorali del pliocene italiano. Buone figure oltre a quelle date per la vivente, dalla quale la fos- sile non differisce, sono quelle date da Fontannes ( Moll. Rhòne et Rouss. Vol. II, Tav. IX, fig. 5-8) ove oltre al tipo sono figu- rate alcune varietà. Le figure date da Hornes rappresentano una forma leggermente diversa da quella del pliocene (Foss. Moll. Wien, tav. 42, fig. 9-10) e i numeri 6-8, 11 l'A. variabilis di Mayer (Moll. tert. mus. Zurich. 3 Cah. pag. 90). A. BARBATULA Lam. Questa forma prepliocenica è stata citata da Goldfuss per Piacenza (Petr. Germ. Vol. II, pag. 137); va intesa per l’Italia come A. barbata L. A. BREISLAKI Bast. La specie citata da Costa per S. Mi- niato (An. Accad. nat. Napoli, Serie III, Vol. I, pag. 77) è lA. pectinata Br. probabilmente l’ A. breislaki Phil. non Bast. citata da Zuccari (Cat. Rigacci, pag. 12) va riferita ad altra specie. A. canceLLaRrIa Lam. Citata da Sismonda (Synop. I Ed.) per Asti, è indecifrabile. A. canpIina Gml. Citata da De Stefani a S. Miniato ( Bull. Mal. Ital. Vol. VII, pag. 25) da Cocconi (En. sist. Moll. Parma e Piacenza, pag. 324) per Montezago, va riferita all’A. varia- bilis Mayer. A. CLATHRATA Defr. Citata da Cocconi per Lugagnano (En. sist. Parma etc. pag. 324) va riferita all’ A. 2mbricata Poli. A. cucuLLIFORMIS Eich. Citata da Pantanelli per Siena e Colle, per Castellarquato da Cocconi e da Mayer per S. Lo- renzo (Bologna) e Masserano, la forma italiana va riferita all’A. syracusensis May o alla A. darwini May. A. pACTYLOIDES Dod. Citata da Mazzetti per il modenese è specie nominativa. — 119 — Arca darwini Mayer (Moll. tert. Mus. sed. Zurich. 3 Cah., pag. 18 e 71). Mayer cita questa specie del tortoniano ma trovasi anche nel pliocene e specialmente dell’ astigiano che nelle collezioni del Museo di Modena erano indicate come cuculliformis Eich., indicazione che mi trasse in errore rive- dendo la specie del senese (Agg. corez. cat. di Siena, pag. 9, Boll. Soc. Mal. Ital., Vol. X). La stessa specie del senese da De Stefani fu poi figurata nella iconog. dei moll. di Siena (Boll. Soc. Mal. Ital, Vol. XIII, pag. 188, Tav. X, fig. 14, 16) ed è la stessa che primitivamente era stata chiamata A. fu- ronîca: solo che De Stefani l’ha riferita alla A. syracusensis May.; se non chè l’ autore di questa specie dice ( pag. 71, 1. c.) latere USI D; postico compressiuseulo, paulum dilatato, oblique subtruncato, obtuse angulato, mentre per la syracusensis (pag. 72 1. c.) dice latere..... postico elongato, plus minusve dilatato, subtus compresso, oblique truncato obtuse angulato. Le altre ca- ratteristiche sono comuni; per questo a me sembra che la fi- gura di De Stefani rappresenti una A. darwinit come la de- scrisse Mayer e come anche l’ ha figurata Cocconi (En. sist. moll. Parma e Piacenza, Tav. VIII, fig. 8, 9,10) dal momento che le differenze di queste specie sono comprese principal- mente nei due aggettivi compressiusculo ed elongato del lato posteriore. Si aggiunga poi che l’altra specie, trovasi effetti- vamente nel pliocene italiano: confrontata con VA. turonica tipica che poi appartiene allo stesso tipo delle due Arche citate con la bresslaki e la pectinata, vi è assai più prossima l'A. syracusensis di quello che non lo sia VA. darwini. Nel Museo di Modena ne esistono molti esemplari tipici di Staz- zano e molti dell’ astigiano. A. Davipi Fontannes. È citata da Sacco per il Piemonte; e da Parona per Taino (Es. comp. lembi plioc. lomb. pag. 11) non vedo la necessità di assumerla come specie autonoma dal momento che lo stesso autore (Moll. Rhòne et Roussillon, pag. 162) ne dubita, e la confronta con l’ A. pulchella Reeve. — 120 — A. picorgoma Hornes. È citata da Mayer per Alvaro (Ge- nova), Lugagnano e Monale d’Asti; da Coppi per il modenese, dubitativamente da Foresti per Castrocaro; Cocconi la cita solo del miocene di Variatico: nel Museo di Modena esiste- vano esemplari con questo nome del modenese, e di Castellar- quato. Tutte le forme italiane di questa specie debbono essere riferite alla A. modioloides Cant. Arca diluvii Lamark. Con nomi diversi è citata di tutti i giacimenti di mare profondo e presenta una certa variabilità nella curvatura del lato ventrale, nella sua convessità ed in altri caratteri minori. Molti autori (v. Kobelt) la reputano tuttora vivente nel Mediterraneo, altri preferiscono tenere di- visa la specie vivente che chiamano A. Poliî May. nome sta- bilito per la forma di M. Pellegrino (Palermo); io credò que- st’ ultimo parere il migliore, per quanto le differenze sieno molto piccole; non bisogna però dimenticare che tutti i tipi intorno ai quali si aggirano le arche plioceniche, sono molto antichi e in parte ancora viventi; tra questi tipi antichi è quello dell’ A. diluviî e la stessa specie comincia con l’ Elve- ziano; tornando all’ A. Pol May. credo le differenze con la diluvit assai meno sentite di quello che non descriva Mayer; se si confronta un individuo della vivente con molti della fos- sile o viceversa, non sarà difficile di trovarne due che si so- miglino; se però si ha una serie assai estesa degli uni e degli altri le differenze divengono più sensibili; così a me pare che la deluva raggiunga più facilmente dimensioni maggiori della Poli a meno che non si voglia riunire alla diluvi anche la corbuloides di Monterosato; la deluvi ha il cardine più ri- stretto, mentre nella vivente sotto lo spazio occupato dai denti vi è una zona liscia che qualchevolta è larga quanto quella occupata dai denti; inoltre la vivente ha una tendenza a di- venire più globosa e più corta della fossile: io credo che lA. Poli si debba considerare come la diretta discendente dell’ A. diluvii del pliocene e che vi sia anche più strettamente collegata di quello che non sia ad es. la Ostrea cochlear con lO. navicularis. — 21 — A. pypIMA Broc. (Conc. foss. sebap., pag. 282, Ed. 1843, Tav. XI, fis. 2). È citata da Conti per Montemario e da Goldfuss (Petr. Germ, pag. 136, Vol. II) per Piacenza e va riferita a giovani dell’ A. diluviî Lam. A. GENEI Nyst. (Tab. syn. Arcacées, pag. 30). Questo nome è stato creato da Nyst per l’affinis Gen.; come forma plioce- nica è indecifrabile, nè si può ritenere che sia la stessa specie indicata con questo nome da Bellardi per l’eocene nizzardo. A. GRANULATA Borson (Oritt. piem. Atti Accad. Torino, Vol. 29, pag. 258, fis. 3); da riferirsi alla A. dbarbata L. A. HerBrinci Brug. È citata da Sismonda (Syn. II), da Sacco (Bull. Soc. Geol., Vol. VIII, pag. 334) e da Michelotti (Foss. mioc. de l’ Ital. sett., pag. 103) per l’ astigiano, ripe- tendo tutti un errore ortografico di Lamark (Helbingii); va riferita all A. variabilis May. A. IpAE Fucini. (Roll. Soc. Geol. ital, Vol. X, pag. 76, Tav. II, fig. 4) Spicchio, S. Miniato e Val d’ Era. Basta il confronto letterale della descrizione di Fucini con quella data da Mayer (Moll. ter. Mus. Zurich. 3 Cah., pag. 86) per assi- curarsi che la specie dell’ empolese di Fucini deve riferirsi alla A. variabilis May. Arca imbricata Poli. Con questo nome è stata citata solamente da Manzoni per Vallebiaja, da Ponzi e Meli per Acquatraversa e da Meneghini (Pal. Sardaigne); con nomi diversi da moltissimi autori; così le arche, pulchella, peregrina, clathrata, scabra etc. debbono tutte riferirsi a queste specie. La specie fossile come la vivente preferiva di vivere con i co-_ ralli, sembra però che fosse di habitat meno profondo della vivente. Alcuni autori hanno creduto di abbandonare questo nome per non confonderlo con l’ uguale di Bruguière che si riferisce ad altra od altre specie; bisogna però ricordare che lA. imbricata è notata e figurata nel volume I dell’opera di — 122 — Poli che è del 1791, mentre il primo volume del dizionario di Bruguière è del 1792. Per i molti nomi che ha avuto è stata anche figurata assai volte, e poichè la specie è discretamente polimorfa si può dire che tutte le figure sono buone; secondo me si accostano al al tipo medio le seguenti: Meneghini ( Paléon. de 1’ île de Sard. Tav. 6, fig. 17) Libassi (Conch. foss. Palermo, fig. 4) Fon- tannes (Moll. Rhòne et Rouss, Tav. 9, fig. 17) e oltre a queste le molte date per la specie vivente. Arca lactea L. Specie assai comune come la vivente e che come questa è stata citata con nomi diversi; il tipo co- mincia nell’aquitaniano e probabilmente nel parisiano, è anche ora largamente diffuso e probabilmente molte specie di altri mari oltre il Mediterraneo e l’ Atlantico che hanno ri- cevuto nomi diversi debbono riferirsi a queste specie. A. LINEOLATA De Stefani. (Boll. Soc. Mal, Vol. I, pag. 88, Tav. II, fig. 10); l’autore stesso la considera come una va- rietà della A. modioloides Cant. o forse meglio è una forma giovanile della medesima, se non è addirittura una giovane della A. lactea Lin. A. MAYERIANA Cocconi. ( En. moll. Parma Piac., pag. 321, Tav. VIII, fig. 11-13) Castellarquato. Questa forma che po- trebbe essere un anomalia di altre conosciute e della’ stessa località (A. syracusensis May?) è stata determinata sopra una sola valva; credo quindi che convenga provvisoriamente escluderla dal novero delle specie plioceniche, quando non sia VA. syracusensis May. Arca modioloides Cantraine (Diagn. de quelques esp. nouvelles de Mollusques pag. 25) Siena: posteriormente è stata citata da Nyst, De Stefani e Pant. per i dintorni di Siena e poi figurata da De Stefani (Bull. Soc. Mal. Ital. Vol. XIII, pag. 187, Tav. X, fig. 19, 20): come è stato detto è a questa specie che debbono riferirsi tutte le citazioni per l’ Italia del- l’A. dicothoma Horn. La figura di De Stefani non è buona, — 123 — oltre che non è reso il carattere degli ornamenti superficiali, essendo stato figurato un individuo giovane, le dimensioni non hanno il rapporto tra loro che poi assumono negli adulti; la specie adulta come la descrisse Cantraine è più lunga, meno tozza (sec. Caut. alt. 4 Lin — 9 m. Long. 6 Lin = 13 m. Crass. 3 !4 Lin = 8 m) di quella figurata da De Stefani che sarebbe secondo la figura alta 5 m. e lunga 7; vi si appros- sima maggiormente la A. dicothoma Hérnes (Moll. foss. Wien pag. 340, Tav. 44, fig. 9) che per quanto più piccola e meno lunga della forma italiana, ne è probabilmente sinonima. Si noti che De Stefani ha descritto la specie su un esemplare, Hornes su due e che nel Museo di Modena ne esistono dodici esemplari del modenese, e due di Asti. E dei sedimenti di mare profondo. Arca mytiloides Brocchi (Conc. foss. subap. Vol. II, pag. 280, Ediz. 1843, Tav. XI fig. 1). È abbastanza diffusa in tutti i giacimenti pliocenici sublitorali e perfettamente di- stinta da tutte le specie del genere. Il tipo della medesima è estinto nel mediterraneo per quanto cominci nel miocene medio e inferiore. A. NAVICULARIS Brug. Citata da Michelotti (Prec. faune mioc. Ital. sett. pag. 102) e da Conti per Montemario (Ed. I pag. 22, Ed. II, pag. 29) deve riferirsi alla A. tefragona se non alla A. noe Lin. A. NAVICULARIS Cortesi (Saggio geol. Parma, Piacenza, pag. 42, Tav. 4, fig.:4) Cocconi la crede l'A. lactea L. io in- clinerei a crederla l'A. imbricata Poli. A. nEeLECTA Micht. Michelotti (Mioc. de l’Ital. sett. pag. 101) e Sacco la citano dell’ astigiano, va riferita al- lA. diluvii Lam. A. NIVEA Chem. Citata da Sismonda (Syn. II) è specie incerta, probabilmente A. variabilis. May. — 124 — Arca noae Lin. È comune in tutti i sedimenti litorali del pliocene italiano come la vivente è comune nelle stesse con- dizioni. Per quanto il tipo di questa specie sia aquitaniano, è l’unica Arca sulla quale in ogni tempo i malacologi si sono sempre intesi e i soli nomi che si citano nella sinonimia ge- nerale sono quelli di Zyartula da Goldfuss, e quello di psew- donoae da D'Orbigny il quale cambiava nome a tutte le specie che non erano del piano geologico al quale apparteneva il tipo primitivamente descritto. A. nopuLosa L. Citata da Brocchi ( Conc. foss, subap. Vol. II, pag. 281, tav. XI, fig. 6) da Bronn e da Sasso; se fosse lA. nodulosa Mill., forma boreale, si potrebbe riferire senza evitare all’ A. ‘mbricata Poli; ritenendo che Bronn e Sasso si sieno riferiti alla descrizione di Brocchi conviene riferirla alla A. lactea L. Arca obliqua Philippi (En. moll. Sic. Vol. II, pag. 43, Tav. II, fig. 2). Questa specie che primitivamente fu descritta del pliocene da Philippi, fu poi trovata vivente da Jeffreys, Tiberi e Monterosato. Per l’Italia settentrionale e centrale fu citata da Appellius (Bull, mal. Ital. Vol. III, pag. 278) presso Livorno. Ponzi la cita di Montemario (Atti XI, Cong. Sc. ital. pag 289) ma è taciuta in un lavoro successivo. A. ovata Gml. Sismonda (Syn. I); poichè Sismonda la riferisce alla A. mivea che poi nella seconda edizione equi- para alla A. helbingi (pro helblingi), è probabile che sia come si è detto all’ A. sivea VA. variabilis May. A. quovi Payr, Citata da Bagatti (Ag. en. moll. foss. Parma e Piac. pag. 37) per Castellarquato; va riferita al- l'A. lactea L. Arca pectinata Brocchi (Conc. foss. subap. Vol. II; pag. 278, Ed. 1843, tav. X, fig. 15). È comune in tutti i se- dimenti pliocenici litorali. Comincia con il langhiano e si — 125 — estingue nel pliocene nel mediterraneo, non mancando specie esotiche assai prossime a questa. Ottima figura è quella data da Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss. Tav. IX, fig. 23). Arca pectunculoides Scacchi. È citata da Conti per Monte Mario (£d. I, pag. 22 e Ed. II, pag. 29) da Zuccari e da Ponzi-Meli ‘per la Farnesina, Valle dell'inferno e Acqua- traversa. Gli autori la dicono rara, potendo questa specie essere confusa facilmente con giovani di altre specie (Es. A. modioloides ) la iscrivo solo a titolo provvisorio A. PEREGRINA Libassi, citata per Siena da De Stefani e Pantanelli va riferita alla A. @mbricata Poli. A. PULCHELLA Reeve, Citata da Fucini per Cerreto Guidi va riferita all’A. mbricata Poli. Arca rollei Hoòrnes. Fu cstata per la prima volta da De Stefani (Boll. Mal. Ital. Vol. VII, pag. 25) per Calenzano: poi da De Stefani (Icon, moll. plioc., Boll. Soc. Mal. Ital. Vol. XIII, pag. 187, Tav. X, fig. 17, 18 per la var. Mortilleti di Siena, che era stata indicata come LBarbatia Mortilleti De Stef, e Pant. di Siena e poi da Pantanelli come una va- rietà della lactea. È stata poi citata di Spicchio, Limite e Pancoli da Fucini (Boll. Soc. Geol. Ital. Vol. X. pag. 76). È una specie più comune di quello che non si creda, e ne ho trovate confuse con la lauctea negli esemplari di Modena e di Castellarquato, dalla quale oltre la forma si distingue a prima vista per il margine crenulato, mentre nella lactea è integro. - A. scaBRA Poli. È citata rarissima di Castrocaro da Foresti e da Ponzi per Montemario (Atti XI, Congr. sc. pag. 289); come forma pliocenica è assai dubbia e va probabilmente ri- ferita all’A. ambricata Poli. A. suBAFFINIS D'Orb. Citata da Sacco per il Piemonte, indecifrabile quando non si riferisca alla A. affinis di signi- ficato altrettanto incerto. — 126 — A. suLcatuLA Mayer ( Moll. tert. Mus. Zurich 3 Cah. pag. 32 e 90) Alvaro presso Genova. La descrizione di Mayer non è molto evidente e potrebbesi adattare anche ad altre specie; siccome poi è rarissima e fatta sopra un solo esemplare in- tegro, credo che provvisoriamente debba radiarsi dal novero delle specie plioceniche. Arca syracusensis Mayer (Moll. tert. Mus. fed. de Zurich pag. 72) Mayer cita questa specie dubitativamente del pliocene di Siracusa; De Stefani l’ha citata del Senese e in seguito al. medesimo anche Fucini (Bol. Soc. Geol. Vol. X, pag. 76) per quanto a mio parere erroneamente, (Boll. Soc. Mal. Ital. Vol. XIII, pag. 188) però essa trovasi realmente nel pliocene italiano; ne posseggo esemplari di Siena, di Colle e di Val d’Era, come pure del modenese. Si distingue dalla darwini come si è detto a questa specie, per essere più allun- gata e protratta in un angolo rotondeggiante e non troncato come nella darwini. Le figure date da Cocconi (En. moll. Parma etc. tav. VIII, fig. 14, 15, 16,) non rappresentano questa specie ma una var. della deluvî tanto per la forma come per le dimensioni, sono più prossime le figure 11, 12, 13, della stessa tavola riferite alla A. mayeriana Cocc., se non che gl’individui che ho sotto occhio e che riferisco alla syracu- sensis sono tutti meno alti della specie fisurata da Cocconi. È probabile che la specie citata con questo nome da Fucini sia la vera syracusensîs, possedendone di quella località. Arca tetragona Poli. Specie comune come Ja vivente in tutti i giacimenti sublitorali del pliocene: anche per questa | specie come per la darbata i sinonimi per i quali è passata sono pochissimi e solo qualchevolta è stata chiamata A. navicularis. A. TRIDENTATA Borson. (Oritt. piem. Atti Accad., Torino, Vol. 29, pag. 259, fig. 4), da riferirsi alla A. lactea L. A. TURONICA Duj. Citata da De Stefani e Pant. per Siena, va riferita alla A. darwini May. — 127 — A. umgoNaTA Lam. È citata da Sartorio (Colle di S. Co- lombano, pag. 35) e da Sacco per il Piemonte; credo che come forma pliocenica debba riferirsi all’ A. noqe L. Arca variabilis Mayer. (Moll. tert. Mus. Zurich 3 Cah., pag. 28 e 86) Castelnuovo d’ Asti; è la stessa specie che Fu- cini ha chiamato Idae, (V. A. Idae Fuc.) e che è passata col nome di candida, helblingi etc. Bellissima specie figurata da Hornes (Foss. moll. von Wien Tav. 42, fig. 6-8, 11) come A. barbata. Ottima figura è pure quella data da Fucini (Boll. Soc. geol., Vol. X, Tav. II, fig. 4). Alle località di questa specie sopra citate, va aggiunta Gastellarquato (Cocconi), e il mo- denese; Cocconi e Seguenza la citano come A. variabilis po- nendo la helblngi in sinonimia. (Anomalocardia ) A. diluvii (Lam.) Vedi Arca diluvir Lam. A. pectinata (Broc.) Vedi Arca pectinata Broc. A. turonica (Duj.) Pant. e De Stef. Vedi Arca syracu- sensîs May. e Arca darwini May. A. syracusensis (May.) De Stef. Vedi Arca darwini May. ( Byssoarca ) B. Noae L. Citata da De Amicis di S. Frediano ( Pisano). Vedi A. Noae L. (Soldania ) S. mytiloides (Broc.) Vedi Arca mytiloides Broc. (Barbatia ) B. Barbata L. Vedi Arca barbata L. B. acanthis Font. Parona (Es. comp. lembi plioc., pag. 11) vedi Arca acanthis (Font.) e A. imbricata Poli. — 128 — . Davidi Font. Parona (Es. comp. lembi plioc., pag. 11) vedi Arca Davidi ( Font.) e A. imbricata Poli. . lactea Lin. Vedi Arca lactea Lin. . modioloides (Cant.) vedi Arca modiolordes Cant. . Mortilleti Pant. e De Stef. (Bull. Soc. Mal. Italiana Vol. IV, pag. 36); Vedi Arca rollei Horn. . Peregrina (Lib.) Vedi Arca peregrina Lib. e A. imbri- cata Poli. . Rollei (Horn); vedi Arca rollei. Horn. o «ES © «iS <= ol > Jo» ( Cucullaca ) C. pectunculoides (Scace.) Ponzi Meli. Vedi Arca pectun- culoides Scac. Pectunculus P. simacunatus Poli. È citato di Siena, di Monteruffoli da De Stefani e di Valle Biaja da Manzoni. La specie di Siena Pant. e De Stef. (Boll. Soc. Mal. Ital., Vol. IV, pag. 39) deve essere riferita al P. pelosus (L.). P. BIsunDaTUS Conti. ( Montemario e suoi foss. Ed. I, pag. 22 e 46, Ed. II, pag. 30 e 51) è specie indecifrabile. P. canceLLatus Micht. (Brev. com. Brac. e Ac. Annali Sc. Regno Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 131) e (Faune mioc. Ital. settent., pag. 106). È citato da Michelotti per Chieri e poi . da Sacco per il Piemonte; va riferito alla Limopsis anomala ( Eichw.). P. raRNESIUS Conti ( Montemario e i suoi foss., Ed. I, pag. 22 e 46, Ed. II, pag. 30 e 51) da riferirsi al insubricus Broc. P. caLricus Partsch. E citato per Pradalbino da Mayer (Moll. m. p. de Zurich., III Caph., pag. 47); la specie essendo prepliocenica e poichè il Mayer l’approssima al ?P. viola- cescens avendone una sola valva del Bolognese, credo che sia conveniente riunirlo al P. insubricus Broc. (Continua ) MAY 12 1893. BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ MALAGOLOGIGA ITALIANA Vel. XVEE. D. PANTANELLI. — Lamellibranchi pliocenici. Enumerazione e Si- nonimia delle specie dell’Italia superiore e centrale (Cont.). Pectunculus glycimeris L. È citato con questo nome da De Stefani per S. Miniato, da Cocconi per Parma, da Man- zoni per Valle Biaja e da Conti ( Clycimeris nelle due edizioni ) per Montemario; Sacco e Sismonda lo citano, ma di Lamark. Qui occorre subito ricordare quanto sia difficile la clas- sificazione delle specie di questo genere, essendo stata disgra- ziatamente la questione sciupata fino dal tempo di Poli, e poi a mio parere non sempre esattamente ricondotta nei suoi veri termini. Una bella discussione sinonimica trovasi in Weinkauff ( Conc. d. Mittelm.) che per le specie mediterranee ammette solo tre specie glyconeris L., pelosus Born non L. = bimaculatus Poli ed insubricus Broc. = violacescens Lam. Monterosato (En. e sin. conc. medit.) ammetteva dimnacu- latus Poli, pilosus L. e violacescens Lam.; più tardi ( Nom. gen. e spec..) faceva due gruppi, uno del glycimeris L. che cita du- bitativamente del Mediterraneo, al quale riunisce come specie distinte, bamaculatus Poli, pilosus L., stellatus Brug. e un secondo gruppo del violacescens Lam. e dell’ obligquatus Rain. e Ponzi. Finalmente nella nota intorno ai Pectunculus dei mari d’ Eu- ropa (Nat. Sicil. Anno XI, 1892) esclude dal Mediterraneo il glycimeris e lo stellatus, ammettendo il bamaculatus Poli e il violacescens Lam. = glycimeris Poli. Kobelt (Fauna moll. Europae) ammette tre sole specie glycimeris L., bimaculatus Poli, e insubricus Broc. Locard (Coq. còtes de la France) indica del Mediterraneo glycimeris Lam., pilosus L., bimaculatus Poli, gaditanus Gml. e violacescens Lam. De Stefani in una bellissima discussione ( Bull. Soc. Mal. Italiana, Vol. II, pag. 9 a 16) conclude per ammettere tra le specie fossili solamente bimaculatus Poli e glycimeris L. Pi Mayer (Moll. ter. mus. fed. Zurich Cah. III ) ammette per il pliocene italiano sei specie cioè, glycimeris L. stellatus Gml., insubricus Broc., inflatus Broc, e gallicus. May. 9 — 1380 — Io credo che la prima origine della confusione si debba a Poli, infatti questo autore figura la sua specie bdimaculatus (Tav. XXV, fig. 17, 18) il quale corrisponde al P. pilosus L. (Ed. X1I, pag. 1143, N. 182; Ed. XIII (Gmelin), pag. 3314 N. 36; Enc. meth. Bruguière, Vol. I, pag. 116; Born Test. mus, Caes., pag. 92) mentre le figure a Tav. XXV, fig. 19 e Tav. XXVI, fig. 2, 8, 4 indicate da Poli come P. pélosus, rappresentano il P. glycimeris L. (Ed. XII, pag. 1143, N. 131; Ed. XIII (Gmelin) pag. 3311, N. 35; Enc. meth. Bruguière, Vol. I, pag. 115). La confusione fu accresciuta con Deshayes; infatti mentre Lamark descrive il glyc@meris come lo avevano descritto i suoi predecessori, eccetto Poli, Deshayes in una nota (Hist. an. s. vert., Vol. II, pag. 653) confonde il glycîmeris con il pilosus, non ne apprezza le differenze e dice il glycomeris lenticolare e depresso, caratteri che si accordano invece col pilosus L. e il bomaculatus Poli. Philippi distingue il P. glycomeris, e ritiene il bimacu- latus sinonimo di questo; il P. pelosus al quale riferisce le figure 2, 3, 4 della Tav. XXVI di Poli, attribuendo la fig. 1 della stessa tavola al violacescens di Lamark: solo invece di riferire le specie a Linneo le riferisce a Lamark per il cam- biamento di genere, non essendovi dubbio che Lamark non intendesse le due specie come Linneo; in Philippi è inesatta solo la sinonimia. Wood e Nyst hanno inteso il glycîmeris come si deve in- tendere dalle diagnosi di Linneo e dalle descrizioni accurate di Bruguière, il quale non lascia dubbio alcuno sulle differenze tra le due specie glycimeris e pilosus. Weinkauff, ristabilisce il glycimeris e il pelosus linneani solo preferisce attribuire il pilosus a Born, mentre a me pare < dalla descrizione di questo che intendesse proprio la specie come l’ aveva intesa Linneo. Kobelt (Fauna moll. Europ., pag. 415) conserva il glyci- meris L. e il bimaculatus Poli, solo che descrive invece del glycimeris L. il pilosus L. che pone in sinonimia del glycimeris e al bimaculatus Poli descrive il glycimeris L. De Gregorio (Nat. Sicil. Anno XI, N. 4 e 5) riprende la discussione sinonimica del Pectunculus glycimeris L, e riunisce in questa specie tutte le accennate forme cioè: ammette un — 131 — glycimeris Bell. List. L. sensu lato che divide in sezioni, pilosus Bon. Poli, stellatus Gm. May., i quali a loro volta si suddivi- dono in molte forme o sottospecie cioè otto per il pilosus, sei per lo stellatus tra le quali include il dimaculatus e quattro che non rientrerebbero nelle precedenti e tra le quali entrano l’insubricus e il violacescens; è un modo di vedere che io non divido e non mi auguro che il sistema di moltiplicare le sigle d’autore, di assumere i nomi specifici come rappresentanti di gruppi di specie, e l'introduzione di nuove divisioni siste- matiche tra il sottogenere e la specie, o tra la specie e la varietà o dopo questa, non abbia seguito. Concludendo io riconosco nel pliocene italiano tre specie P. glycimeris (L.) = pilosus Poli = bimaculatus Kobelt = glycimeris Lam. = glycimeris Wood = glycimeris Nyst = gly- cimeris Font. P. pilosus (L.)= pilosus Born = bimaculatus Poli = pilosus Lam. = pilosus Horn. = pilosus Weink. = glycimeris Kobelt. P. insubricus Brocchi = glycimeris Poli = violacescens Lam. = violascens M. And. Le diagnosi degli antichi autori per queste specie sono: Arca glycimeris L. (Ed. XII, pag. 1143, N. 181) A. testa su- borbiculata gibba, substriata, natibus incurvis, margine arcuato. Arca glycimeris Brug. (Enc. met., Vol. 1, pag. 115) Testa transverse ovata inaequilatera, substriata natibus incurvis, margine arcuato. Pectunculus glycimeris Lam. (An. sans. vert., Tom. II, Bruxelles, pag. 653) Testa orbiculata transversa, subaequilatera, longitudinaliter sulcata et striata, seniore turgida, crassissima; zonis trasversis obscuris. i Arca pilosa Poli non L. = A. glycimeris L. (Test. utr. Sic., pag. 138). Testa subrotunda, subaequilatera, etc.... Concha propre orbicularis, ventricosa, latere postico paulo contractiore, ma- gisque rotundato.... Arca pilosa L. (Ed. XII, pag. 1143, N. 182) A. testa su- borbiculata, equilatera, pilosa natibus incurvis margine arcuato. Arca pilosa Brug. (Enc. met., Vol. I, pag. 116) non dà una diagnosi latina, ma scrive; sa forme est presque orbiculaire — 132 — et equilaterale, tandis que celle de l'A. glycimeris est un peu irregulière constamment plus large que longue. Pectunculus pilosus Lam. ( An. s. vert., Tom. III, Bruxelles, pag. 154). P. testa orbiculata-ovata, tumida, decussatim striata; natibus obliquis etc.... Elle est moins transverse que la prece- dente (P. glycimeris).... Arca bimaculata Poli (Test. ut. Sic., pag. 143) Concha lentiformis regularis.... Concha perfecte lentiformis, ventricosa, aequilatera.... Pectunculus insubricus Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 297) Testa inflata inaequilatera, striis subtilissimis longitudinalibus exarata, natibus incurvis prominentibus, latere antico depresso, area cordiformi glabra notato. Arca glycimeris Poli non L. ( Test. ut. Sic., pag. 144). Concha. transversin obliqua subovata; ventricosa subaequilatera.... Pectunculus violacescens Lam. (An. s. vert., Tom, III, Bru- xelles, pag. 655). P. testa orbiculato-cordata, tumida, griseo rubroque violacescente, sulcibus longitudinalibus distantibus; pube ovata, fusca. Finalmente Poli distingue le sue tre specie in un riassunto in seguito alla sua A. glycomeris, in quanto alla forma con le seguenti parole: Arca bimaculata est perfecte lenticularis..... ... Arca pilosa ad formam lenticularis accedit.... Arca gly- cimeris.... forma tamen insigniter discriminatur quippe ejus latera hinc inde devaricata ipsam reddunt ferme subovatam.... Aggiunge inoltre riguardo a queste tre specie: Qui plurima specimina ante oculos habebit eaque impigre inter se conferre maluerit ad relatos characteres distinguendos, specificam earum differentiam nullo negotio cognoscit. Per quello che si è detto è assai difficile di stabilire per i nomi citati dagli autori nel pliocene italiano, a quale pre- cisamente debbano riferirsi di queste tre specie. Quelle citate di Siena da me e da De Stefani ed anche per le stesse ragioni quelle di S. Miniato e Monteruffoli da De Stefani, debbono essere intese nel modo seguente P. glycs- meris per P. pilosus e P. pilosus per P bimaculatus Poli. nn i È = Sr x -—- 133 — Buone figure di questa specie sono quelle della Tavola X, Vol. II di Fontannes (Moll. du Rhòne et Rouss.) poichè credo che non possono le fig. 2-6 separarsi dal glycimeris per quanto detto autore seguendo le idee di Mayer le abbia riferite al . P. stellatus Gml. P. cranuL\TUs Lam. Citato da Conti per Montemario Ed. II, pag. 30; un P. granulatus Lam., trovasi nelle edizioni anteriori al 1832, nel 1835 e nella edizione posteriore di Bruxelles diventa granulosus; da riferirsi alla Limopsis cangellata Mi- chelotti. Borson cita questa specie dell’ astigiano. P. INFLATU: Broc. (Conc. foss. subap., pag. 299, Tav. XI, fig. 7). K citato da Bronn, Conti, Sismonda, Sartorio, Sacco, Meli, Cavara ed Issel, va riferito in generale al P. insubricus Broc. Pectunculus insubricus Brocchi. (Conc. foss. subap., pag. 297, Tav. XI, fig. 10). Valle d’ Andona. E citato con questo - nome da Sismonda (Syn. Ed. II) per il Piemonte, da Mazzetti per il modenese, da Conti (Montemario, Ed. I e II), da Ponzi (XI Congr. Sc., pag. 285) Farnesina, da Ponzi e Meli (Fauna di Montemario ) da Parona per Casina Rizzardi (Esam. comp. plioc. Lomb.) da Manzoni per Vallebiaja e da Cavara per Mongardino. Si potrebbe quì discutere se l'aggettivo gibba impiegato da Linneo per l'A. glycimeris non dovesse riferirsi a questa specie; ‘ non reputando il problema risolubile, preferisco attenermi alla illustrazione del glycimeris di Bruguière, e tener conto solo della descrizione di Brocchi per l’ insubricus che completa la breve diagnosi latina di quest’ autore. È sinonimo il. P. viola- cescens Lam. pubblicato nell’ Hist. nat. an. s. vert. 1817-22, Vol. VI, pag. 53, mentre l’ insubricus è del 1814. Essendo molto variabile ha ricevuto nomi diversi, rans- | versus, inflatus etc. ed è assai comune nei sedimenti litorali e sublitorali del pliocene. Nella pubblicazione postuma di. Rayneval (Coquilles fos- siles de Montemario 1876) una tavola senza nome di specie è tutta consacrata a forme diverse di questa: appartengono pure — 134 — alla stessa specie le figure 3 e 4 della tavola della memoria (Moll. foss. del Monte Mario) di Ponzi e Meli per quanto la figura 4 sia riferita al P. obliquatus. Fontannes ha figurato questa specie a Tav. XI, fig. 3 e 4, la fig. 3 l’ha chiamata insubricus var. subalpina, la fig. 4, inflatus Broc. var. rusci- nNensis. P. vatIAREA Michelotti ( Moll. brac. e acef. Ann. Scienze Regno Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 131); è citato dall'autore. dell’ astigiano; nell’ opera (Mioc. Ital. sett., pag. 105) lo pone in sinonimia del pilosus e corregge il nome in P. lattarc@ P. nanum Conti ( Montemario e i suoi foss., Ed. II, pag. 30 e 51) dalla breve descrizione sembra che debba riferirsi al- l’ insubricus Broc. È citato dello stesso luogo anche da Zuc- cari. Questo nome era già stato impiegato da Deshayes per una specie eocenica. P. nummarIUs (L.) Citato da Brocchi, da Sismonda (Syn. I Ed.) da Sacco per il Piemonte; da Crespellani e Mazzetti per il modenese; da Conti nella I e II ed. per Montemario, va riferito al pilosus se non a giovani dell’ insubricus. P. osLIquaTtus Rayneval, van den Ecke e Ponzi. ( Cat. foss. Montemario, pag. 7); è poi citato da Conti (I e II Ed.). Ponzi e Meli lo descrivono e lo figurano nel lavoro su Monte Mario, pag. 26, fig. 4: va riferito all’ insubricus Broc. P. osrusatus May. (Moll. ter. Mus Zurich, pag. 47 e 107). È specie prepliocenica. Mayer ne cita alcuni individui di S. Lorenzo (Bologna); credo che provvisoriamente non debba tenersene conto per il pliocene italiano. Pectunculus pilosus L. Questa specie è quella che è più comunemente citata dagli autori italiani, e stando al puro nome sarebbe anche la più diffusa; è però assai dubbio che tutte le citazioni si riferiscano a questa specie: come è stato detto parlando del glycimeris, deve riferirsi a questa specie ici i eni aisinit. — 135 — quella citata per Siena col nome dimaculatus Poli, come vanno riferite a questa specie quasi tutte le citazioni del P. polyo- dontus Brocchi. Hornes (Moll. ter. von Wien., Tav. 40, fig. 1, 2 e Tav. 41, fig. 1-10) ha veramente figurato il P. pilosus. P. poLYoDoNTUS Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 295) va riferito al P. pilosus L. P. PULVINATUS Brogn. Conti (Montemario, Ed. I, pag. 22) e Ponzi (XI Congr. Scien., pag. 285) Farnesina; va riferito al P. pilosus L. P. pramagus. Citato da Costa per S. Miniato senza nome d’ autore, è probabilmente una Limopsis. P. RHOMBOIDEUS Borson. ( Oritt. piem. Atti Accad., Torino, Vol. 29, pag. 257, fig. 2) da riferirsi al P. insubricus Broc. P. RomuLEUS Brocchi. (Conc. foss. subap., pag. 290, Tav. XI, fig. 11) Montemario. È nuovamente citato da Conti nella I e II Kdizione dei fossili di Montemario; da riferirsi al P. insubricus Broc. P. sicuLus Reeve. Citato da Manzoni per li da riferirsi al P. pilosus L. P. sreLLatus Gml. E citato da Mayer ( Moll. tert. mus. fed. de Zurich IIl Cah., pag. 53 e di moltissime località italiane, è pure citato da Sacco per il Piemonte. La forma vivente è stata sempre considerata come sino- nima del glycîmeris, almeno per le forme mediterranee o eu- ropee; Mayer asserisce che la forma fossile può riconoscersi alle costole ristrette ed uniformi, ed io non trovo esemplari che presentino in ciò differenze apprezzabili, nè tanto meno trovo che queste differenze sieno tali nelle figure e descrizioni di Fontannes. D'altra parte questa specie che secondo Monte- rosato è fondata sopra una figura di Bonanni e che non è — 136 — stata più identificata, lascia incerti sul suo valore, cosicchè reputo prudente escluderla, quando non debba riferirsi al gly- comeris L. P. tRANSVERSUS Conti ( Montemario e i suoi fossili, pag. 30 e 50); nome già impiegato da Lamark, è indecifrabile per la specie di Conti citata anche da Zuccari. P. tRANSVERSUS Lamark. Citato da Lamark di Piacenza; va riferito al P. «asubricus Broc. P. unpatus L. Citato da Sismonda (Syn. II) e da Sacco per il Piemonte; da Conti (Ed. I e II) per Montemario; Brocchi lo cita senza indicazione di località; Bronn lo reputa sinonimo del P. polyodontus, ossia del P. pilosus L. P. vioLacescens Lam. Citato con questo nome da Conti, Ponzi e Meli per Montemario, da Cavara per Mongardino, da Costa per S. Miniato, da Issel per la Liguria è sinonimo del P. insubricus Broc. P. vioLascens M. And. va riferito all’ 2r1subricus Broc. Limopsis (1) Limopsis anomala Eichwald (Pectunculus). È citata da Sacco per il Piemonte, da Cocconi, Coppi, Crespellani e Foresti per l’ Emilia, per la Toscana da De Stefani, Pantanelli e Manzoni; per i dintorni di Roma da Conti, Zuccari, Ponzi e Meli; Manzoni e Conti la citano come L. minuta che pro- babilmente non trovasi nel pliocene, o come L. pygmaea che è un sinonimo. È specie di mare profondo e una buona figura è data da Hornes (Foss. moll. Wien, Tav. XXXIX, fig. 2, 3). (1) Questo genere fu creato da Sasso (non so perchè tutti gli autori eccetto Issel lo abbiano chiamato Sassi) nel 1827. (Giorn. ligus. di scienze, lettere ed arti. Fasc. V ). Nel 1832 Lamark ( Enc. meth., Tom. III, pag. 745) osserva che potevasi di queste specie di Pectunculus fare un gruppo separato. e e nr (tl — 137 — Limopsis aradasii Testa ( Pectunculus) (Oreteo N. 6, 1842 Altavilla). Questa bellissima specie di Testa così bene riconoscibile per le costole longitudinali più grosse delle altre che ad intervalli uguali ornano la sua superficie, fu risuscitata da Seguenza (Boll. com. geol. 1877, pag. 93) citandola di Cor- narè e ponendo giustamente in sinonimia della medesima la L. Semperi Mayer; non è specie rara, e Doderlein (in schedis) l’aveva distinta per ZL. radiata n. sp. come Michelotti (in schedis) la chiamò L. elegans. Per la cortesia di De Gregorio ho potuto confrontare le specie tipiche d’ Altavilla con quelle del pliocene settentrionale, confermandomi nelle vedute di Seguenza. La specie è stata creduta da Kobelt sinonimo di minuta Phil. il che non è esatto; non è stata mai fisurata. Limopsis aurita Brocchi (Arca) (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 289, Tav. XI, fig. 9) Piacentino e senese. E citata di tutti i giacimenti pliocenici di mare profondo. L. BRoccaII Semper (Journ. de Conch. Sér. III, Tom. V, pag. 461, Tav. 13, fig. 9): questa specie di Semper va riferita alla L. cancellata Michelotti. Un altra L. brocchi Mayer è citata da Mayer (Moll. fed. de Zurich, pag. 57, N. 162) ma poi diventa L. bronni May. a pag. 119; anche questa forma deve riferirsi alla L. cancellata (Micht.): La L. brocchi Semp. è citata da Cocconi di Castellarquato. L. Bronni May. ( Trigonocoelia) (Mus. fed. de Zurich. Cat. III pag. 119) va riferita alla L. cancellata (Mich.). E citata con questo nome da Issel. (Foss. marne di Genova) e da Coc- coni per Castellarquato. Limopsis cancellata Michelotti (Pectunculus) (Ann. | scienze R. Lomb. Veneto, Vol. IX, pag. 181) Chieri. È specie assai diffusa nell'Italia settentrionale ed ha ricevuto nomi di- versi, L. brocchi Semp. et May., L. bronni May., L. condita May.; Mayer sotto il nome di Z. dronni ne dà una buona de- scrizione, come Semper che la figura col nome di L. brocchi; — 138 — il carattere più evidente di questa specie è però sempre quello fornito da Michelotti, cioè di avere granulose, più marcate ed assai più fitte le costicine laterali. È singolare che mentre Mi- chelotti ammette il genere Limopsis per l’ avurita, non colloca questa specie nello stesso genere dal momento che la confronta _ col P. minutus Phil. già riferito da questo autore al genere Limopsis. L. conpita May (Trigonocoelia) (Mus. fed. de Zurich. III Cat. pag. 57 e 120) Casteggio, Montebello e Tabiano. I caratteri che secondo Mayer la distinguono dalla bdronni = cancellata non mi sembrano sufficienti per autorizzare una nuova specie, tanto più che la cancellata comunissima nel piacentino e nel modenese, presenta tutte le forme intermedie tra i due tipi. Con questo nome è citata da Sacco per il Piemonte e da Cocconi (Trigonocoelia) di Tabiano. L. minUTA ( Phil.). Citata da Conti ( Montemario, I e II Ed. ) da Zuccari, e da Ponzi per Montemario da Sacco per il Pie- monte e da Manzoni per Vallebiaja, va riferita alla L. ano- mala ( Eichw.). L. pyemara (Phil.). Citata da Sismonda e Sacco per il Piemonte, da Conti (I e II Ed.) per Montemario, da Manzoni per Vallebiaja, come forma pliocenica va riferita alla L. ano- mala (Eichw.). L. Rigacci Seg. Citata da Zuccari (cat. Rigacci, pag. 8) per il Monte Vaticano è specie nominativa. L. SEMPERI May. (Trigonocoelia) (Mus. fed. de Zurich III Cat., pag. 58 e 121) Castellarquato; è sinonima di L. aradasi ( Testa ), È citata con questo nome da Sacco per il Piemonte e da Coc- coni (Trigonocoelia) di Castellarquato. ala DE — 139 — ( Trigonocoelia) T. anomala (Eichw.) vedi Limopsis anomala ( Tichw.). T. aurita ( Brocc.) vedi Limopsis aurita (Brocchi). T. Brocchi (Semp.), May. vedi Limopsis cancellata (Mich.). T. Bronni May. vedi Limopsis cancellata (Micht.). T. condita May. vedi Limopsis cancellata (Micht.). T. Semperi May. vedi Limopsis aradasti (Testa). ( Trinacria) T. deltoidea Lamk. Citata da Cocconi ( En. sist. moll. Parma Piac., pag. 329) non è specie pliocenica, come non sono plioce- niche le località delle quali l’ indica Cocconi, ma del miocene medio. Nucutina. N. AnigRranpI. Conti ( Montemario I Ed., pag. 23, 47 Il Ed., pag. 30 e 52) da riferirsi alla N. ovalis ( Wood.). Nuculina ovalis S. Wood (Pleurodon). È citata da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 26) per Valle dell’ inferno e la Far- nesina. (Nucinella). N. RriccioLi. Conti ( Montemario Ed. I, pag. 23, 47, Ed. II, pag. 30 e 52) è specie indecifrabile quando non sia la N. ovalis ( Wood). (Nucinella) N. ovalis (S. Wood). Ponzi e Meli, vedi cile ovalis (S. Wood). Nucutidae Nucutla N. BICARINATA Borson. (Oritt. piem. Atti Accad. Torino, Vol. 29, pag. 254, Tav. I, fig. I) da riferirsi alla Leda pella L. — 140 — N. cosruLata Bon. Citata da Sismonda (Syn. I e II) da riferirsi alla Leda bonelli Bell. Nucula decipiens Philippi ( En. moll. Sic., Vol. II, pag. 48, Tav. XV, fig. 15). È citata da Ponzi e Meli per il Vaticano e Montemario. Questa specie molto prossima alla N. senuis Mtg. o alla N. Aegeensis Forbes (analoga della prima per il mediterraneo) e della quale la presente specie sarebbe la rap- presentante pliocenica, sembra comune nelle formazioni plio- ceniche dell’ Italia meridionale. N. EMARGINATA Bronn (It. ter. Geb., pag. 111). Citata anche da Sismonda (Syn. I) e da Michelotti (Foss. mioc. sup.) va riferita alla Leda pella (L.). Nucula inaequalis Bellardi (Nucul. terziarie, pag. 11, fig. 4) Castelnuovo d'Asti; specie secondo l’A. rarissima e prossima alla N. sulcata Bronn. N. INTERRUPTA (Poli). Citata da Sismonda (Syn. II) va riferita alla Leda pella (L.). Nucula jeffreysi Bellardi (Nucul. terz., pag. 12, fig. 6) Colli astesi, val d’ Andona; è citata da Ponzi e Meli per Mon- temario, e col nome rugosa da Conti per la stessa località. N. MayeRI Hornes. Questa specie è esclusa dal novero delle specie italiane da Bellardi, e solo accenna ad una varietà della N. placentina che si avvicina alla specie di Héornes e che apparterrebbe al miocene medio. Seguenza (Nucul. terz. It. merid.) la ammette per il miocene, e cita seguendo Cocconi la specie del pliocene: ora Cocconi (En. moll. Parm. Piac., pag. 330) cita questa specie di Felino e Tabiano, poichè in questa località è assai difficile separare le marne del miocene medio da quelle del pliocene e sono spesso state assai confuse tra loro, sarà opportuno escludere dal novero delle specie plio- ceniche questa specie. — dI — N. MARGARITACEA (Brug.) e Lam. Citata da molti autori sia come specie di Bruguière ( Arca) sia come specie di Lamark va riferita alla N. mucleus (L.). N. minuta L. Citata da Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 285, Ed. 1843, Tav. XI, fig. 4) e poi da Borson, Sasso, Pareto, Costa come Nucula e da Conti, Foresti e Ponzi come Leda, va riferita alla Leda commutata Phil. N. NICOBARICA ( Brug.). Citata da Sismonda per il Piemonte (Syn. I, 20, II, 15) va riferita alla Yoldia nitida (Broc.). N. niTIDA Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 286, tav. XI, fig. 3) vedi Yoldia mitida (Broc.). a Nucula nitida Sowerby. Citata da Bellardi e da Seguenza nei loro lavori sopra le Nuculidi terziarie, questa specie tuttora vivente nel Mediterraneo e nell’ Atlantico dovrebbe a rigor di termine cambiar nome; infatti Brocchi impiegò l'aggettivo nitida per una Nucula: se poi si riconobbe che era una Yoldia non poteva Sowerby impiegare lo stesso aggettivo per una vera Nucula, tanto più poi che il genere Yoldia è del 1842 mentre la specie di Sowerby è del 1841. La forma fossile non è mai stata figurata. 3 Nucula nucleus (L.) È specie assai diffusa in tutti i giacimenti pliocenici litorali ed è sovente citata come N. mar- garitacea (Brug,) o Lam. Buone figure sono quelle date da Hornes (Fossilen moll. Wien. Tav. 38, fig. 2) da Woòd. (Crasg. Moll. Tav. X, fig. 6) e da Nyst (Foss. tert. Belg. Tav. XVIII, fig. 2). La Nucula nucleus Broc. non L. va riferita alla N. pla- centina Lam. N. oBLIqua Lam. Citata da Borson (Orit. piem. Atti Ac. Torino, Vol. 29, pag. 255) va riferita alla N. mucleus (L.). — 142 — N. ovata Desh. Ponzi (Foss. bac. di Roma etc. pag. 3) specie rifiutata dal Ponzi per la fauna vaticana nei lavori successivi. N. pori Phil. Citata da Sismonda (Syn. II) e da Ponzi (Cronac. subap. Atti XI, Cong. Sc. It. pag. 285) per la Far- nesina va riferita alla N. sulcata Bronn. N. peLLa L. Citata da Sasso ( Bac. terz. d’ Albenga) Pareto (Descr. di Genova, Vol. I, pag. 52) e da Costa per S. Miniato. (Atti acc. asp. Nat. Ser. III, Vol. I, pag. 77), vedi Leda pella (L). N. pellucida Phil. Bellardi nella sinonimia della Yoldia longa, la cita come Nucula di Hornes: Foresti e Cocconi, la citarono come Leda. Nucula placentina Lamark. Comune in tutti i giaci- menti di mare profondo del pliocene italiano, citata già da Brocchi come N. nucleus e da Borson, posteriormente è stata da tutti citata col nome di Lamark; è la sola specie sulla quale tutti sieno stati d’ accordo e non vive più nel Mediter- raneo nè nell’ Atlantico. Lamark la descrisse sopra individui esclusivamente italiani (Piacenza e Montemario). Figurata da Defrance col nome di N. italica (in Desh. Exp. sc. Morée part. 3, Tav. XXIII, fig. 4, 5 fide Bellardi) è stata figurata successivamente da Philippi ( En. moll. Sic. Vol. I, tav. V, fig. 7) da Bayle (Soc. géol, de France, Ser. II, vol. XI, pag. 51) e ultimamente da Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss. vol. II, - (av Xii tt N. rostRATA Lam. Citata da Sasso. (Bac. terz. d’ Albenga ) e da Sismonda (Syn. 1 e II) va riferita alla Leda clavata Cale, N. rotunDATA Ponzi (Foss. bacino di Roma, pag. 3 estr.) specie rifiutata dall’ A. nei lavori successivi. — 143 — N. rucosa Conti (Montemario e i suoi foss, Ed. I, pag. 23 e 47, Ed. II, pag. 11 e 51) Bellardi emendò questo nome già impiegato da altrui in N. Jeffreysi; non intendo perchè abbia riferito la N. rugosa Ponzi a specie differente. N. srrIata Lam. Citata da Bronn, per il piacentino e l’astigiano e da Costa per S. Miniato va riferita alla L. com- mutata Phil. Nucula sulcata Bronn (Ital. tert. Geb. pag. 109) Questa specie descritta originariamente su tipi prepliocenici è abba- stanza diffusa anche nel pliocene ed è tuttora vivente nel Mediterraneo e nell’ Atlantico. E stata fisurata da Ponzi ( Foss. M.'° Vaticano, Tav. II, fig. 5) e sarebbe secondo l’A. una va- rietà semistriata; secondo me poco si distingue dal tipo: non intendo perchè Bellardi vi riferisca in sinonimia la ?requetra e la rugosa di Ponzi. Nucula trigona Seguenza (Atti accad. Linc. Serie III, Vol. I, pag. 1167, Tav. I, fig. 2) E citata di Siena ( Moll. plioc. di Siena Boll. Soc. Mal. Ital. Vol. IV, pag. 41 e lavori succes- sivi) da De Stefani e Pantanelli. N. tRIQuETRA Ponzi. ( Fauna Vaticana pag. 3 estr. e Cro- naca subap.) riferita alla sulcata Bronn da Bellardi e Se- guenza, effettivamente rifiutata dall’ Autore nei lavori successivi. Leda. Leda acuminata Jeffreys. Questa specie abissicola del mediterraneo era stata già distinta (mss.) da Seguenza col nome Messanensîs: essendo però per la prima volta pubblicata col nome acuminata da Jeffreys, Seguenza stesso ne accetta il nome e figura la specie fossile con alcune varietà nel suo la- voro sulle Nuculidae terziarie, Tav. III, fig. 15, a, c, e, (Atti Accad ‘Lin., Serie III, Tomo I, pag. 1175); non si comprende come Kobelt voglia conservare il nome di Seguenza al quale — 144 — lA. stesso ha giustamente rinunziato. Oltre al pliocene nel- l’Italia meridionale è stata citata come L. Vaticani Ponzi da questo autore per le marne vaticane, e come L. acuminata Jef. da Coppi (Paleont. mod., pag. 102) per la Fossetta (Sassuolo ). Leda bonellii Bellardi ( Nuculidae terz. pag. 19, fig. 12). È citata da Bellardi per Viale (astigiano) e Zinola (Savona); da Seguenza per la Toscana; da Ponzi per il Vaticano: da Sismonda (Leda costulata), e da Cocconi e Foresti come L. ni- tida Broc. riferendosi alla specie omonima di Hoernes che va riferita alla stessa specie (fide Bell. ex coll. Brocchi). L. CartEeRINI Appel. Vedi Mualletia caterini (App ). Leda clavata Calcara (Nucula) (Conc. foss. Altavilla, pag. 33, Tav. I, fig 10). E citata da Bellardi di Viale e d’ Al- benga; da Cocconi per Castellarquato, fide Hòrnes, le altre citazioni essendo probabilmente mioceniche; Bellardi l’ha nuo- vamente figurata ( Nucul. terz. pag. 13, fig. 7). Le citazioni italiane di Hoòrnes vanno riferite alla L. Hornesi Bell. Leda commutata Philippi (Zeitschrift. fur malacologie pag. 101). È specie comune assai nei giacimenti sublitorali del pliocene italiano; è citata con diversi nomi; Nucula mi- nuta Brocchi, Borson, Sasso, Pareto, e Costa; Conti, Foresti, Ponzi e Zuccari la citano come Leda minuta; Coppi, Hoernes, Cocconi, Crespellani la citano come Leda fragilis. Fontannes ne dà un ottima figura (Moll. Rhòne et Russ. Vol. Il, Tav. XI, Ho. Gn. i Leda concava Bronn (Ital. tert. Geb. pag. 110) Tabiano. È indicata di Siena (Pantanelli e De Stefani), del Vaticano (L. striatella Pon.) da Ponzi, del modenese da Coppi, da Se- guenza dell’astigiano e da Bellardi del genovesato. È stata per la prima volta figurata da Bellardi ( Nuculidae terz. pag. 21, fig. 14) e da Ponzi (L. striatella) (Foss. del Monte Vaticano, Tav JI, fis. — 145 — Leda consanguinea Bellardi (Nuculid. terz. pag. 19, fig. 11). Castelnuovo d'Asti, Zinola presso Savona; vallone Toar- sero presso Albenga; Genova. È citata inoltre da Pantanelli e De Stefani come una varietà della commutata Phil. di Siena (Bull. Soc. Mal. It. Vol. IV, pag. 42 e nei lavori successivi); Ponzi la cita di Montemario: Seguenza come già unitamente a De Stefani ho altre volte anch’io ritenuto, la considera una varietà della L. commutata Phil.; la considerazione che oltre alle differenze di forma, la prima è nel pliocene litorale, men- tre la consanguinea trovasi nei depositi di mare profondo, mi determina a separarla seguendo le idee di Bellardi. Leda cuspidata Philippi. (Nucula) ( En. moll, Sic. Vol. II, pag. 47, Tav. 15, fig. 8). Non è citata da Bellardi, è citata da Seguenza ( Nucul. terz. Ital. merid. Atti Acc. Lincei, Ser. III, Vol. 1, pag. 1187) per il modenese dove è citata anche da Mazzetti (Ann. soc. nat. Modena, Vol. VIII, pag. 158) e per l’ astigiano. L. pivatata (Phil.) Vedi Malletia dilatata (Phil.) e M. isseli Bell. per la specie di Appelius. L. EMARGINATA (Lam.). Citata con questo nome da Conti (Montemario Ed. I, 23 e II, 30) e da Ponzi (Conc. subap.) per Acqua Traversa va riferita alla L. pella L. L. FRAGILIS ( Chemn.). Citata con questo nome da Deshayes e poi da Hérnes, fu seguito da Coppi e Crespellani per il mo- denese e da Cocconi per Parma e Piacenza: va riferita alla L. commutata Phil. Leda hornesi Bellardi (Nucul. terz. pag. 14, fig. 8): Genova, Fornaci e° Zinola presso Savona. È pure citata di Siena (Pantanelli e De Stefani) di Modena da Coppi; come Nucula rostrata è citata da Bronn e Sismonda e come L. clavata di Modena, Castellarquato e Val d'Andona da Hòrnes. L. INTERRUPTA (Poli). Sismonda riporta questo nome (Syn. II) per il Piemonte; va riferita alla L. pella L. 10 — 146 — L. minuta (L.) Brocchi ( Nucula) (Conc. foss. subap. pag. 285, Tav. XI, fig. 4). Piacentino e bolognese. Conti la cita di Montemario Ediz. II, Foresti di Bologna e Ponzi di Monte- mario; va riferita alla L. commutata Phil. L. nima (Brocchi). Vedi Yoldia nitida (Broc.). Leda pella L. In tutti i giacimenti litorali del pliocene italiano e come la vivente egualmente diffusa, è stata citata ora come Nueula, autori antichi, ora come Leda e con nomi diversi, Tg a Vi sono diversi cardium che devono spesso essere stati confusi fra loro e i limiti dei quali non è molto facile di as- segnare e questi sono i seguenti: aculeatum L. deshayesi Payr, echinatum L., mucronatum Poli; io ho creduto d’ interpretarli nel seguente modo, tanto dalle descrizioni degli autori come dal confronto con i viventi; intanto avvertirò che tra questi non vi sono differenze apprezzabili nel cardine e nei denti e che invece debbono cercarsi nella forma esterna e negli ornamenti delle costole; egualmente la forma delle costole in tutti, piana o debolmente convessa, lucente, con gli interstizi segnati da lince trasversali, non tenendo conto della forma delle spine LI o tubercoli, è in tutti eguale. La forma è obliqua troncata posteriormente nel C. acu- leatum; rotondata in tutti gli altri. Le protuberanze delle co- stole sono più abbondanti nella parte posteriore che nella anteriore, mancano spesso nella parte media, possono mancare nella parte anteriore, e ridursi a ben poche nella regione più esterna della parte posteriore; esse possono presentare tre forme diverse: 1.° SPINOSE: spine acute più o meno ricurve con una doccia superiore lineare dal lato dell’umbone; 2.° COCLEARI: spine ottuse prive di punta nelle quali la doccia sempre rivolta verso l’umbone si allarga a cucchiaio; il maggior diametro della sezione di una di queste protuberanze è trasversale alla costola, mentre nelle spinose è longitudinale o parallelo alla costola stessa: PAPILLARI, terminanti in papilla ottusa o trasversal- mente allargata con la maggior prominenza ottusa, con traccie della doccia superiore. Stabilite queste tre forme delle protu- beranze costulari, il C. aculeatum le ha tutte spinose come pure l’echinatum; il C. mucronatum Poli le ha spinose nella regione posteriore o cocleari; il C. deshayesi le ha cocleari nella regione posteriore e media, papillari nella regione an- teriore; aggiungendo a queste specie l’ erinaceum che si di- stingue per il numero maggiore di costole, per la forma e per altri caratteri, e il paucicostatum che, ha caratteri ben definiti in altri elementi, e ricordando le differenze di forma tra l’echinatum e 1 aculeatum la disposizione delle protuberanze può essere raccolta nel seguente diagramma: hanno protu- beranze, 4 — 169 — ; SPINOSE COCLEARI PAPILLARI nella regione ant. post. ant. post. ant. post. ©. aculeatum 0. » » — _ LE, = ©gechimatum et » — =s 25 = C. deshayesi.... — — — » » - C. mucronatum .. — » » Tu ea dl: C. erinaceum . . . — » — = _ » C. paucicostatum. —- — — — » » - Tornando alle forme fossili, credo che la sinonimia di queste specie come di quelle citate sia da accettarsi con he- nefizio d'inventario, e questo senza pregiudizio della dottrina dei miei colleghi passati e presenti in malacologia che dove si sono imbarazzati Poli, Lamark, Reeve, e tanti altri non è sempre facile orizzontarsi. La specie figurata da Fontannes (Moll. Rh6ne et Rouss. Vol. 1T, Tav. V, fig. 2, 3) con questo nome non è una varietà di questa ma il C. paucicostatum Sow. C. acolicum L. Citato da Conti, I e TI Ed., per Montemario va riferito al C. pectinatum L. C. pranconianum Cocconi (Enum. moll. foss. Parma e Pia- cenza, pag. 296, Tav. IX, fig. 6-9) Castellarquato. È citato pure da, Fucini per l’empolese, Coppi per il modenese e Ponzi Meli per Montemario. E una varietà trasversa del C. mucronatum Poli, a costole leggermente piatte in confronto del tipico. La figura di Cocconi non rende conto di quest’ultimo carattere, che in ogni caso non può autorizzare una specie autonoma. C. BROCCHII Mayer (Journ. de Cone; Vol. XIV pag: 67, Tav. II, fig. 4) Montezago Piacenza, va riferito ad una varietà . del C. mucronatum Poli. È citato da Cocconi per il piacentino e da Coppi per il modenese. C. citare L. Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 307). È ci- tato da Bronn, da Sasso per Albenga, da Sismonda (Syn. I e II ) e da Coppi va riferito al C. paucicostatum Sow. — 170 — C. cropiense Ren. Brocchi (Conc. foss. subap, pag. 306, Tav. XIII, fig. 3), Bronn citaz. di Brocchi; è una delle tante forme del C. edule L. C. crassum Defr. Bronn (It. tert. Geb., pag. 103). Castel- larquato, Siena, Piemonte, Toscana. Cocconi lo cita del par- migiano ed ha figurato una varietà del medesimo (En. moll. foss. Parma e Piacenza, Tav. VIII, fig. 1-3); è una delle tante forme del C. edule L. Cardium cyprium Brocchi (Venus) (Conch. foss. subap., Vol. II, pag. 360, Tav. XIII, fig. 14). Crete senesi, riferito da Bronn al 0. Hillanum Sow. è citato di Siena, di Chianciano, di Castellarquato e del genovesato (Issel) Fontannes descrive minutamente e completamente questa specie (Moll. Rhòne et Rouss., P. II, pag. 99, Tav. VI, fig. 11) che reputa una varietà del tipo di Brocchi: ora non vi può essere dubbio alcuno che sia proprio la forma descritta quella stessa che trovasi così comune a Castellarquato e nel senese, tanto più che le diffe- renze per le quali ne farebbe una varietà, spariscono con l'esame di molti esemplari. Deve riferirsi a questa specie il C. Grateloupi Micht (Brev. cenni, acef., pag. 137 ex acta Ac.). C. Darwin May. (Journ. de Conch., Vol. XIV, pag. 69). È una varietà trasversa del C. hians Broc. Mayer la riferisce al C. hians Reeve non Brocchi e al C. indicum Lam. che sono considerati essere la stessa specie di quella di Brocchi. Cocconi, seguendo Mayer la cita senza conoscerla, del piacentino. Cardium deshayesi Payradeau. È citato con questo nome di diverse località e probabilmente a questa specie pos- sono riferirsi qualche citazione del C. echinatum per quanto sia dal medesimo distintissimo. Vedi C aculeatum. 1 La forma fossile è simile alla vivente e tra tutte le specie del gruppo è anche quella che per la forma e per le dimen- sioni meno differisce dalla vivente. Oltre ai caratteri sopra ac- cennati ( V. C. aculeatum) si distingue per i solchi intersti- | SS PRESTA atta — 71 — ziali più marcati e nettamente rettilinei, per le costole più rilevate e quasi quadrangolari in prossimità del margine e per l'ampiezza della pseudolunula liscia nel lato opposto al liga- mento; questo ultimo carattere lo ha a comune con il C. mu- cronatum Poli esclusivamente. i C. pIscrEPANS Bast. Citato da’ Sacco per il Piemonte; è indecifrabile, forse il C. oblongum Chem. C. rcninatum L. È citato da tutti coloro, che si sono oc- cupati di malacologia pliocenica italiana; io pure ho citato questa specie di diverse località ed oggi mi persuado che come non vive attualmente nel Mediterraneo così non ha vissuto nei mari pliocenici; credo che la massima parte delle citazioni di questa specie debbano riferirsi al C. mucronatum Poli, e che questo nome nato dall’ equivoco di non avere inteso il C. eri naceum L. abbia avuto una fortuna maggiore di quella che meritava: ciò non toglie che sotto questo nome possano essere passate altre specie. Cardium edule L. È citato di tutti i giacimenti plio- cenici litorali e salmastri d'Italia; le sue molteplici varietà hanno sovente ricevuti nomi speciali; C. crassum Defr.; C. in- certum Bronn; C. rusticum; C. clodiense etc. Il suo polimorfismo è in relazione con la facilità per questa specie di adattarsi alle acque salmastre, sieno queste più o meno salse delle acque marine. Monterosato esclude questa specie dal Mediterraneo è riferisce tutte le forme che alla medesima sono state riunite al C. Lamarki Reeve; Kobelt lo ammette come Weinkauff vivente nel Mediterraneo e reputa il Lamarki sinonimo del C. edule; Kobelt lo dice raro nel Mediterraneo, ammettendovi le due specie; non potendo risolvere la questione o meglio stu- diarla per mancanza di una serie numerosa di tipi conservo il nome comunemente usato per questa specie, sulla cui indi- vidualizzazione non può correre equivoco. Cardium erinaceum Lamark. È citato per Castellarquato da Cocconi (En. moll. foss. Piac., pag. 298) da Coppi (Pal. — 172 — Mod., pag. 105) per il modenese, da Conti I e II Ed., Rayneval V. d. Ecke e Ponzi, da Ponzi e Meli per Montemario, e trovasi nell’astigiano. Le costole piane quadrangolari ristrette come i solchi e la forma allungata lo distinguono assai bene dai. suoi congeneri del gruppo del mucronatum al quale appartiene. Nell’ opera di Poli figura come C. eclinatum. Cardium exiguum Gmelin. (Philippi. En. moll. Sicil., Tav. 14, fig. 17, C. parvum). È citato da Conti, (I e II Ed. per Montemario, da Rayneval, v. d. Ecke e Ponzi (Cat. fos. Montemario, pag. 7) e da Manzoni per Vallebiaja. A C. rasciatum? Montg. Questa specie atlantica è citata du- bitativamente di Vallebiaja da Manzoni, non credo che possa essere accettata. C. rLexvosum Gml. Citato da Conti per Montemario nella prima e seconda edizione, è specie d’incerta origine; come plio- cenica indecifrabile. C. rraGILE Broc. (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 312, Tav. XIII, fig. 4). Questa specie è citata come Cardium o come Lacvicardium da Sasso e da Issel per il genovesato e da Si- smonda e Sacco per il Piemonte, da Cocconi per il piacentino, da Coppi per il modenese, da Foresti per il bolognese, da Ap- pelius, Pantanelli e De Stefani per la Toscana. Brocchi ebbe un individuo giovane e per quanto ne vedesse. le affinità con il laevigatum, lo credè differente per la sua forma, e il con- fronto che ne fa coll’ oblongum lascia comprendere che se avesse posseduto un individuo del norvergicum, non avrebbe creato una nuova specie. Infatti i giovani del morvergicum al quale va riferita la specie di Brocchi non hanno la forma allungata nè sono così inequilaterali come gli adulti, mentre i giovani del C. oblongum acquistano ben presto la loro forma definitiva. La specie nominata da Fontannes (Moll. Rhòne et. Rouss., Vol. II, pag. 101, Tav. VI, fig. 12-15) Laevicardium oblongum var. comitatensis rappresenta questa specie. — 173 — C. cranuLinum Micht. (Ann. sc. R. Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 136). La descrizione data da Michelotti si può adattare a molte specie conosciute, nè è abbastanza chiara per sepa- rarla dalle altre, rimane quindi indecifrabile: forse è il pa- pillosum Poli. C. GrateLoupi Micht. (Ann. sc. R. Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 137). La descrizione di questa specie è abbastanza chiara per non esservi dubbio che si tratti del C. cyprium Broc. C. Hiranum Sow. Citato da Bronn invece di C. cyprium Broc. va effettivamente inteso per questa specie. Cardium hirsutum Bronn. (It. tert. Geb., pag. 104). Castellarquato. Specie assai diffusa, essendo citata da per tutto eccetto che della Toscana. Lo citano Sismonda e Sasso per il Piemonte, Sartorio per S. Colombano, Bronn e Cocconi per 1l piacentino, Coppi per il modenese, Foresti per il bolognese, Rayneval, v. d. Ecke, Ponzi e Meli per il Lazio; è così ca- ratteristica per la sua forma rigonfia, angolosa, che non ha mai offerto cagione di equivoco alcuno. È figurata da Hérnes (Foss. Moll. von Vien) alla Tav. 26 del II° Vol. fig. 6-9. Cardium hians Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 316, Tav. XIII, fig. 6). Specie comune assai è citata di tutti i giacimenti pliocenici italiani; per quanto sia assai raro averne un individuo completo, la moltiplicità delle citazioni dipende dal fatto che bastano pochi frammenti per la sua determinazione. C. inpicom Lam. Citato da Sismonda (Syn. I) va riferito al C. hians Broc. C. IiNceRTUM Bronn (It. ter. Geb., pag. 103 ) Castellarquato. E stato riferito all’ edule, è specie assai incerta ma preferirei riferirla al fuberculatum L. — 174 — C. isocarnia L. Citato da Sasso per Albenga, va probabil- mente riferito al C. mucronatum Poli. D. JEFrREYsI Rigacci. Citato da Zuccari (Cat. Rig., pag. 12) è specie nominativa. C. rAEVIGATUM L. Citato da Bronn e da Sismonda (Syn. I) e da Conti I e II Ed. va riferito al C. norvegicum Speng. C. mETAXA Conti ( Montemario e i suoi foss. I Ed., pag. 21 e 46, II Ed., pag. 46, 50) va riferito al C. hirsutum Bronn.. C. minimum Phil. È citato da Manzoni per Vallebiaja e per la Farnesina da Ponzi e Meli; credo la specie assai ‘dubbia, e che convenga non iscriverla tra le forme accertate del plio- cene italiano, o riferirla al papillosum Poli. Cardium mucronatum Poli. Questo nome non è stato mai impiegato dai cultori della malacologia pliocenica e la maggior parte delle citazioni del C. echinatum debbono rife- rirsi a questa specie; come è stato detto al C. aculeatum questa specie differisce dal C. echinatum del quale ha la stessa forma, tumida e rotondeggiante, per gli aculei che nell’ echinatum sono spinosi (vedi C. aculeatum) nelle due regioni della con- chiglia, nel mucronatum sono spinosi nella regione posteriore, cocleari nella regione anteriore. Conosco certamente questa specie della Toscana, di tutta l’ Emilia e dell’ astigiano. Cardium multicostatum Brocchi (Conc. foss. subapp., . Vol. II, pag. 313, Tav. XII, fig. 2) Piacentino. Questa bellis- sima specie e che non ha lasciato traccia di se nel Mediter- raneo è citata di tutti i giacimenti pliocenici sublitorali italiani. E così caratteristica che è bastato la figura non bella di Brocchi per farla sempre riconoscere senza equivoco: la figura data da Hòrnes (Foss. moll. Wien, Tav. XXX, fig. 7) rappresenta un tipo differente da quello del pliocene italiano. La figura di Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss., Part. II, Tav. V, fig 10) TIA de — 175 — è buona ma rappresenta un individuo piccolo per una specie che può arrivare ad ottanta mm. di lunghezza. Un bellissimo esemplare del piacentino nel museo dell’ Università di Modena conserva traccia dei primitivi colori; questi erano disposti in larghe zone concentriche agli umboni, chiare ed oscure, inter- rotte da linee più chiare nel fondo chiaro, e da linee più oscure nel fondo oscuro. C. noposum Turt. Citato da Seguenza per Val d’ Era, Pec- cioli (Bull. comit. Geol. 1877, pag. 13). La credo specie assai dubbia, tanto più che poi lo stesso autore nella illustrazione della provincia di Reggio cita il roseum Lam. dichiarandolo giustamente sinonimo di questo; la incertezza della determi- nazione sinonimica mi decide a sopprimerla fino ad ulteriori ricerche, dal novero delle specie plioceniche. Cardium norvegicum Spengler. È citato con questo nome da Rayneval v. d. Ecke e Ponzi, da Zuccari e da Ponzi Meli per Montemario, per Vallebiaja da Manzoni: dovendosi a questa specie riferire tutte le citazioni del C. fragile Broc. e del laevigatum L. risulta che la specie è abbastanza diffusa nel terreni pliocenici italiani. Se però è sinonimo del C. fragile Broc. la forma figurata da Hòrnes (Moll. foss. Wien, Tav. XXX, fig. 6) con questo nome è tipo differente; la forma italiana può essere orbicolare quando è giovane, ma assai prima. di raggiungere le dimensioni assegnate da Hérnes, assume la sua forma trasversalmente obliqua che gli è caratteristica; è priva anche dei solchi rilevati nella parte anteriore accennati da Hornes e che avvicinano la specie di Vienna piuttosto al cyprium che non al fragilis. Fontannes ha dato una figura ( Moll. Rhòne et Reuss., Vol. II, Tav. VI, fig. 12-15) col nome di laevicardium oblongum var. comitatensis che rappresenta benis- simo questa specie; l'errore è tutt’ altro che grave, le due specie essendo assai più prossime di quello che non sembri quando se ne legga la descrizione o se ne esaminino pochi esemplari. Cardium oblongum Chemnitz. Con questo nome, qualche volta con quello di sulcatum è citato di tutti i giacimenti plio- — 176 — cenici italiani: questa specie che appartiene allo stesso gruppo del norvegicum e che per il suo cardine giustifica una sezione speciale nel genere, comincia nel pliocene ed è limitata al Mediterraneo. Cardium papillosum Poli. La specie con questo nome è citata di tutti i giacimenti litorali del pliocene italiano; oltre questo nome, è anche citato come planatum, punctatum e forse anche altri. Buone figure di questa specie oltre a quelle della vivente nel Mediterraneo e nell'Atlantico sono date da Hornes (Foss. moll. Wien, Tav. XXX, fig. 8) e Fontannes (dle aviiVi filo): Cardium paucicostatum Sowerby. È citato con questo nome da Foresti per Bologna (Moll. foss. Bologna, pag. 30) e per Castrocaro (plioc. ant. Castroc., pag. 46) e da Ponzi e Meli (Montemario et., pag. 20) per la Farnesina. È citato da altri come C. ciliare e lo credo più diffuso di quello che non indicano le precedenti citazioni; lo conosco di tutta l’ Emilia, dell’ astigiano e della Toscana. Cardium pectinatum L. Questa singolarissima specie che nel miocene giungeva .al Nord, nel pliocene abitava il Mediterraneo dove probabilmente si è mantenuto fino al post- pliocene nel Mediterraneo meridionale, e che poi ha emigrato sulle coste occidentali d’ Affrica dove vive tuttora, è citato del Piemonte da Sacco, da Cocconi per il piacentino, da Manzoni per Vallebiaja e da Ponzi e Meli per Montemario. È figurato da Hòrnes (Foss. moll. Wien, Tav. XXIV, fig. 6-7). La specie chiamata da Mayer C. aquitanicus di S.* Avit (Journ. de Conch. Vol. VII, Tav. IV, fig. 9) deve pure riferirsi a questa specie. C. pranatum Ren. Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag, 315, Tav. XIII, fig. 1) è citato da Bronn, Conti, Sismonda, Rayneval etc. e Manzoni, deve riferirsi al papillosum Poli. C. puncrarum Broc. (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 502, Tav. XVI, fig. 11). Una valva in Val d’ Andona. È citato anche — 177 — da Bronn, Sismonda (Syn. 1 e II), da Conti (I e II ed.), da Sartorio per S. Colombano e da Rayneval, v. d. Ecke e Ponzi per Montemario. Ne posseggo della località originale circa cinquecento esemplari, tra i quali non ne mancano di quelli privi affatto di qualunque tubercolo come la forma descritta da Brocchi; gli altri però sono tali che non vi è dubbio che la specie debba riferirsi al papelosum Poli, invece di riferirla al minimum di Philippi. La figura di Brocchi è strana e non concorda con la descrizione, come vi concordano gli individui dell’astigiano che ho citato. C. rosevm Lam. Citato da Ponzi e Meli per la Farnesina (Moll. foss. Montemario, pag. 20). È sinonimo del C. nodosum Turt. e del C. scabrum Phil.; credo però che debbasi conside- rare come specie pliocenica incerta. C. rusricum L. È citato primitivamente da Brocchi poi da Conti I e II Ed., da Tuccimei per la Sabina e da Sacco per il Piemonte. Rayneval v. d. Ecke e Ponzi (Catal. di Montemario, pag. 6) lo reputano sinonimo del tuberculatum L. Effettiva- mente deve prendere questo nome, il rusticum essendo una varietà del tuberculatum priva di tubercoli; non credo che i paleontologi lo abbiano citato per l’ edule. C. scagrum Phil. Citato da Conti Ed. I e 1I e da Rayneval v. d. Ecke e Ponzi per Montemario, da Manzoni per Valle- biaja, è specie assai incerta. La specie di Philippi vien consi- derata come sinonima del C. nodosum Turt. mentre Ponzi e | Meli reputano la specie di Conti e di Rayneval etc. come si- nonima dell’hirsutum Bronn; in queste contraddizioni e nono- stante che Ponzi e Meli ristabiliscano il modosum Turt. col nome di roseum Lam. credo più conveniente non iscrivere, al- meno per ora questa specie tra quelle del pliocene italiano, come si è detto per il modosum. C. SorrERII Micht ( Brevi cenni Acef. e Brach. Ann. sc. lomb., Vol. IX, pag. 136) Toscana, parmigiano, piacentino e astigiano. È citato anche da Sacco e per il Piemonte, da Cocconi (En. 12 — 178 — moll. Parma, Piacenza, pag. 300) sulla fede di Michelotti, e da Zuccari per Montemario (Cat. Rig., pag. 12). Deve riferirsi al C. papillosum Poli, tanto più che questa specie non è mai citata da Michelotti, cosa che gli ha permesso di farne tre, cioè il granulinum, e il Sotterti che in un lavoro posteriore è divenuto il dertonense. C. strIATISsIMUM Bon. in Sismonda (Syn. I e II Ed.) e in Sacco (Cost. Piem., Vol. X, Soc. Geol., pag. 341). È specie semplicemente nominativa ed indecifrabile. Cardium striatulum Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 315, Tav. XIII, fig. 5) Val d’Andona; sulle fede di Brocchi è citato da Bronn, da Sismonda e da Sacco. Questa bellissima specie che non è poi tanto rara e che è stata nuovamente de- scritta da Bronn col nome di C. textum, non meritava di essere dimenticata; se la descrizione di Brocchi, come la figura non erano tali da farla riconoscere, quella di Bronn non doveva lasciare equivoco, per modo che non sono tranquillo per de- cidermi se il nome di Brocchi piuttosto che quello di Bronn meriti di essere conservato. Bronn l’ha descritta nel seguente modo : (It. ter. Geb. pag. 102); C. testa cordiformi inflato-globosa, radiatim striata; striis subtilissimis, numerosissimis: anterioribus texto-undulosis, me- diamis rectis, posterioribus crassis subtilissime papillosis; inter- stitiis punctatis, margimibus crenulatis. Lànge und Breite 61% Streifen des hinteren Drittheils ilber 30, des mittleren und vorderen gegen 150. Alla diagnosi precedente non deve farsi che una osserva- zione; non è esatto che le costicine anteriori sieno ondulose» esse sono rettilinee come in tutti i Cardium, però le papille distanti fra loro dalle quali sono ornate, sono disposte in serie ondulose, mentre nella parte posteriore le costicine più grosse e più marcate son coperte di papille uniformemente avvicinate; il resto della diagnosi è esatta; si può aggiungere che in questa specie a guscio sottile e che deve essere stata qualchevolta confusa col C. cyprium, la regione posteriore è nettamente di- visa dalla regione mediana, e i diversi ornamenti delle d ue -—- 179 — regioni bruscamente limitate, per un naturale giuoco di luce, danno un colore diverso alle due parti. La conchiglia è per- fettamente chiusa, la dentatura del cardine è simile a quella del C. oblongum, norvegicum e cyprium. A Castellarquato, o meglio nel piacentino deve essere molto comune, almeno giudicando dai moltissimi esemplari del museo di Modena. Trovasi anche nel pliocene modenese. C. suLcatum Lam. Citato da Sismonda e Sacco» per il Pie- monte, da Conti, Rayneval etc. per Montemario, è sinonimo del C. oblongum Chemn. C. rexTuM Bronn (Ital. tert. Geb., pag. 102) è sinonimo del C. striatulum Brocchi. Cardium tuberculatum L. È citato di tutti i giaci- menti pliocenici litorali italiani, e a queste citazioni debbono con molta probabilità aggiungersi tutte quelle del C. rusticum. Nel suo polimorfismo è specie assai chiara e forse devesi a questo se è stata così raramente figurata; non conosco alcuna figura della forma fossile. Cardium verrii Foresti (Bull: Soc. Mal. Ital, Vol III, pag. 5, Tav. I, fig. 1, 2). Città di Pieve: è pure citato da Meli per il Lazio. ( Laevicardium) L. cyprium (Broc.) vedi Cardium cyprium Broc. L. fragile ( Broc.) vedi Cardium norvegicum Speng. L. norvegicum (Speng.) vedi Cardium norvegicum Speng. L. oblongum (Chemn.) vedi Cardium oblongum Chemn. L. pectinatum L. vedi Cardium pectinatum L. — 180 — Chamacea Chamidae Chama C. ARIETINA Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 505, Tav. XVI, fig. 13) va riferita alla Verticordia argentea (Mar.). C. aspereLLA Lan. Conti (Montemario, pag. 8) è la C. gry- phoides L. C. coraLLioprHILA L. Cortesi (Saggio geol., pag. 40) è la Clavagella brocchi Lam. C. pissimtis Bronn. È citata da Foresti (Moll. plioc. Bol., II parte, pag. 34) e da Sacco per il Piemonte; Bronn stabili questa specie per un tipo miocenico, Philippi ne dette la figura e la ritrovò nel pliocene siciliano, dove pure è stata citata da Seguenza, che la cita delle stesse località (Boll. com. Geol. 1877, pag. 11); credo che non possa separarsi specificamente dalla C. gryphoides L. che come varietà a squame subcontinue e striate nella parte aderente, cioè prima che esse si sollevino sul dorso della conchiglia. C. ECHINULATA Lam. (Hist. nat. an. s. vert., III Ed. Bru- xelles, Vol. II, pag. 684). Citata da Lamark del piacentino, va riferita alla C. gryphoides L., varietà a squamme subtubulose. C. cryPHINA Lam. È citata da Bronn per Andona, da Sacco per il Piemonte, da Cavara per Mongardino, da Fucini per l’empolese, da Conti e da Rayneval etc. per Montemario; sino- nima della C. simistrorsa Broc. è una varietà della C. gry- phoides L., unica Chama che io ammetto nel pliocene Chama gryphoides L. La specie è citata di tutti i gia- cimenti pliocenici italiani, tanto litorali che di mare profondo, avendo questa specie, tanto la fossile come la vivente una estesa dispersione batimetrica. - — 181 — È specie variabilissima e se si tien conto degli ornamenti superficiali, a lamelle depresse, echinate, tubulose e striate longitudinalmente nella parte aderente, disposte quelle tubu- lose o semitubulose irregolarmente o riunite in cordoni longi- tudinali, dei quali possono annoverarsene da uno solo, a cinque distinti, si potrebbe come è stato fatto, dividere in moltissime specie, e non è che coll’esame di un abbondante materiale che si può arrivare alla convinzione che tutte rappresentano un’ unico tipo. Lo stesso può dirsi quando si voglia tener conto delle differenze ornamentali tra le due valve, che pos- sono essere simili o differenti, e non è costante, per quanto sia molto generale, il fatto che quando l’ornamentazione è diffe- rente, la valva libera la abbia più regolare della valva ade- rente. Il margine è sempre dentato, e se qualche volta lo strato porcellanaceo interno arriva a nascondere la dentatura, essa si può ritrovare o sfogliandola o esaminando le lamelle spor- genti lungo il margine della conchiglia stessa. Molti di questi caratteri hanno servito, come sarà detto successivamente, ai molti nomi usati per le varietà di questa specie. Fin quì però quasi tutti i malacologi sono d’accordo, ma io preferisco oggi tornare ad una antica idea, già divisa da S. Wood, per la quale si fa rientrare in questa specie anche la C. sinistrorsa Brocchi, che considerò come una varietà in- versa della presente. Wood ritenne che questa specie potesse indifferentemente aderire tanto per la valva destra come per. la sinistra; è stato fatto però osservare che nelle due forme di Chame, inverse o dirette, la disposizione del cardine nella valva aderente rimane sempre la stessa, e quindi è inutile parlare di valva destra o sinistra, ma piuttosto devono distinguersi in valva aderente e libera; ora io credo che la valva aderente rimanga sempre la stessa, ma che possa svolgersi in un senso o nell’ altro e che la C. sénistrorsa Brocchi non sia che una varietà della .gryphoides, nella quale fino dal primo sviluppo e nel tempo nel quale è sempre libera, per le stesse ragioni che noi igno- riamo e per le quali una conchiglia normalmente destrorsa può divenire sinistrorsa, assuma quella disposizione. — 182 — Mi persuadono in questa idea, la nessuna differenza negli ornamenti superficiali; il modo costante col quale le due forme aderiscono, che è sempre dal lato dell’ apice e in modo che la conchiglia si disponga col margine in un piano verticale; la nessuna differenza nel cardine, nelle impressioni palleali, e in tutte le particolarità interne. Nè può essere differenza specifica l’ habitat. Locard indica la C. gryphoides delle zone litorali ed erbacee, mentre per la C. sinistrorsa ammette tutte le zone; ora non vi è dubbio che nel pliocene la gryphoiîdes si trova anche nelle zone profonde e gli unici individui che con De Stefani abbiamo raccolto della simistrorsa erano di strati essenzialmente litorali. Ho con- frontato questa specie con moltissimi esemplari viventi del- l'Adriatico e del Mediterraneo e l’unica differenza riscontrata è nella statura. Le dimensioni massime della viveute sarebbero 50 mm., 30 mm. in media, mentre la fossile arriva anche a 100 mm. e questo indifferentemente per le due forme, con una media molto superiore a 30 mm. Hòrnes ritiene che la sini strorsa sia minore della gryphoîdes, questo non si verifica nel pliocene italiano. Il tipo di questa specie è prepliocenico ed assai antico, e come si è verificato per molti molluschi a tipo antico, va diminuendo di statura avvicinandosi ad una proba- bile estinzione. Non ammettendo che questa specie nel plio- cene, tutte le figure sono buone, mentre tra le fossili che sono state figurate nessuna rappresenta il tipo medio di essa. C. inversa Bronn. (Ital. tert. Geb., pag. 112) Castellarquato; è una varietà sinistrorsa della gryphoides a lamelle crispe e rialzate. i C. LACERNATA Lam. Citata da Lamark di Montemario (Hist. an. l. ver., Ed. III Bruxelles, Vol. IT, pag. 684) va riferita alla C. gryphoîdes L. per una varietà analoga alla C. dissimilis Bronn. Phil. C. LameLLOsa Lam. Citata da Sismonda (Syn. I) per il Pie- monte è da Mazzetti per il modenese; da riferirsi alla C. gry- phoîdes L. — 183 — C. MACEROPHILLA Chemn. (pro macrophilla). Citata da Si- smonda per il Piemonte, da riferirsi alla grypho:des. C. PLACENTINA Defr. Citata da Bronn (Ital. tert. Geb., pag. 111) è una varietà a margini fortemente crenulati e molto depressa della C. gryphoîdes L. C. sinisrrorsa Brug. Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 329). Citata da Brocchi per molte località, se si uniscono alle citazioni di Brocchi, quelle di Sismonda, di Foresti, di Cocconi e di De Stefani e Pantanelli, risulta che è stata tro- vata in tutti i giacimenti pliocenici italiani. Come è stato detto alla C. gryphoides L. io la considero essere una varietà smistrorsa di questa. Coloro che l’ammettono come specie di- stinta preferiscono riferirla a Brocchi, Bruguière non avendola conosciuta del Mediterraneo. C. squamara Desh. Citata da Conti (I e II Ed.) per Mon- temario, da Coppi (Pal. mod., pag. 103) per il modenese, e da Ponzi e Meli perla Farnesina, reputo che debba riferirsi alla C. gryphoides, compreso oltre le forme plioceniche italiane anche il tipo di Deshayes (Tip. Morée, Tav. XXII, fig. 35). C. sussquamata D'Orb. Citata da Sacco per il Piemonte è sempre la stessa specie. C. unicorNaRIA Lam. Citata per Piacenza da Lamark ( Hist. an. 1. v. Ed. III Bruxelles, Vol. II, pag. 685) è la stessa va- rietà della C. placentina Defr. C. unIcorNIS Lam. Citata da Conti (I e Il Ed., pag. 23, 30) per Montemario e da Zuccari va riferita alla C. gryphoides L. — 184 — Conchacea Cyprinidae Cyprina C. arrinvis Bronn (It. tert. Geb., pag. 97) Castellarquato. Benchè sia stata ritenuta sinonima in parte della Venus pectun- culus L. Broc. la reputo indecifrabile. C. AEquaLIS Bronn. Sow. (It. tert. Geb., pag. 97) Castel- larquato. È anche citata da Conti per Montemario (I e II Ed.); non è la Cytherea umbonaria di Lam. come crede Bronn, ma la Cyprina islandica L. Cyprina islandica L. È citata nel piacentino da Bronn come C. aequalis, da Cocconi (En. moll. foss. Parma Piacenza, pag. 295) e da me in varie note di geologia. Da Appelius' per Malagrotta (Livorno) (Boll. Mal. Ital, Vol. III, pag. 295) e da Ponzi e Meli (Montemario foss., pag. 18) per la Farnesina. Brocchi citò con questo nome una specie della quale Lamark fece la Venus islandicoides (Cyprina) che Bronn, rimise come vedremo a suo posto. La specie oggi artica, ha vissuto non solo nel pliocene ma anche nel quaternario, nei mari medi- terranei ed è tipo prepliocenico; la specie fossile non differisce dalla vivente; Meli però (Foss. Montemario pag. 18) ritiene che la forma di Montemario possa costituire specie diversa, cosa che non accetterei per la forma di Castellarquato come ho detto in altri miei lavori. La forma fossile non è stata mai fisurata. C. isranpicomes Lam. Citata con questo nome da Bronn e da Sasso per Albenga, vedi Venus islandicoides Lam. Conti inesattamente la reputa sinonima di C. aequalis Bronn. C. ciaas Lam. Bronn. vedi Venus gigas (Lam.). C. PEDEMONTANA Lam. Per la forma citata da Bronn, vedi Cytherea pedemontana Ag. — 185 — C. RoTuUNDATA Bronn. Citata da Coppi (Pal. Mod., pag. 104) per la Grizzaga; è specie indecifrabile, nè conosco specie al- cuna del pliocene che possa riferirsi a questa, almeno come l’ha descritta Agassiz. Isocardia I. ARIETINA Lam. Bronn, Michelotti vedi Verticordia ar- gentea (Mar.). Isocardia cor L. Questa specie tuttora vivente ed assai diffusa, era egualmente comune durante il pliocene ed è citata di tutti i giacimenti di questo periodo. I. Destavesi Bell. È citata di Siena da Pantanelli e De Stefani (Bull. Soc. Mal., Vol. IV, pag. 50) come Medocardia, e da Issel per il genovesato: De Stefani ne fece poi per la specie di Siena la Mesocardia quadrata, va però riferita alla I. moltkianoides Bell. I. MAJERIANA Cocconi ( En. Moll. Parma e Piacenza, pag. 204, Tav. VII, fig. 13, 14 e Tav. VIII, fig. 4). Non solamente non potrebbesi considerare come una varietà della Z cor L., ma è forse una forma che più si accosta al tipo medio di questa specie così generalmente diffusa e molto variabile per se stessa I. MoLTKIANA Brug. Sasso (Mohkiana er. tip. Sag. Geol.) Albenga: da riferirsi alla I. moltkianoides Bell. Isocardia moltkianoides Bellardi in Michelotti ( Fauna mioc. Ital. sett., pag. 100) Asti. Questa specie è stata poscia descritta come I. Seguenzeana Cocc. E citata da Foresti per Castrocaro e da Parona per Taino come Mezocardia quadrata De Stefani; siccome ritengo che sia sempre la stessa specie anche con la I Deshayesi citata del pliocene, sarebbe quindi segnalata di Asti, Genova, Taino, Castellarquato, Castrocaro e Siena; la /. Seguenzeana di Cocconi è proprio la stessa specie — 186 — di quella di Bellardi, non potendo ammettere che dal momento che concordano nella descrizione, io abbia precisamente del- l’astigiano un esemplare che non sia quello di Bellardi, e l'equivoco deriva dal fatto che la specie di Bellardi non è stata mai figurata, per quanto il nome dovesse mettere in sospetto. La M. quadrata De Stef. è sempre la stessa specie, la figura non è perfetta, è fatta sovra un individuo mutilato nel quale mancando l’ apice, il margine dorsale ha acquistato una forma quadrangolare che non avrebbe se l’ apice fosse al suo posto. Le figure di Cocconi (Tav. VIII, fig. 5, 6, 7) sono prospet- tiche meno la 7 ed anche questa ha tutte le sue curvature esagerate. E una specie affine alla ZL. Moltkiana del Mar rosso e del- l'Oceano Indiano e ne differisce; esternamente, per la costolatura concentrica che manca nella fossile nella regione umbonale, ma che poi riprende verso il margine, in modo che le giovani appaiono lisce; per gli umboni più piccoli e meno involuti, per la carena più tagliente, per il margine dorsale più ango- loso e per il margine posteriore più rotondo e più sporgente rispetto agli umboni; buone differenze appaiono anche nella dentatura del cardine; la valva destra ha due denti robusti conici sotto l’ umbone, nell'intervallo dei quali è un piccolo dentino; l’insieme di questi denti ha origine da un ingrossa- mento che si prolunga nell’interno della conchiglia girando in senso inverso dell’umbone; nella vivente è un semplice cor- doncino e il secondo dente è lamellare; fa seguito un dente lamellare flessuoso ad vw confluente con un altro dente la- mellare e tagliente il quale ha origine sul bordo in pros- simità del principio del ligamento; oltrepassata la riunione dei due denti il secondo dente s’'ingrossa si allunga e ter- mina verso la metà del margine dorsale tra i primi denti e l'angolo della carena in un robusto dente triangolare: nella valva sinistra al primo dente conico della valva destra cor- risponde una fossetta incavata profonda triangolare con un piccolo dentino interno marginale, la fossetta dal lato interno della conchiglia è limitata da un dente conico, così che dei due denti della valva destra uno penetra nella fossetta l’altro — 187 — va a contatto con la parte esterna; nella vivente il dentino è assai più interno nella fossetta che è più sviluppata, allungata e non triangolare; fa seguito nella fossile un dente lamellare curvo, questo nella vivente verso la sua fine presenta un solco longitudinale, che nella fossile è profondo per modo da isolare un secondo dente lamellare parallelo al primo, questo secondo dente, o il primo nella vivente, si abbassa dentro la conchiglia e quindi si rialza in una lamina robusta ed ottusa, che ab- braccia il dente conico della valva destra: un secondo dente lamellare più sottile e più corto trovasi parallelo al precedente tra questo e il margine ligamentare. I. quapratA De Stef. (Meiocardia) ( Boll. soc. Mal. Ital., Vol. XIII, pag. 191, Tav. IX, fig. 25-26) Siena, va riferita alla I. moltkianoides Bell. T. SEGUENZEANA Cocc. ( En. Moll. Parma e Piacenza, pag. 305, Tav. VIII, fig. 5, 6, 7) Castellarquato. Citata da Foresti per Castrocaro (Plioc. ant. Castr., pag. 45) e da Parona (Es. comp. pag. 11) e da Sacco per il Piemonte (Meiocardia) va riferita alla I. moltkianoides Bell. ( Metocardia) M. Deshayesi non Bell. vedi I. moltkianoides Bell. M. quadrata De Stef. vedi I. moltkianoides Bell. . M. Seguenzeana Cocc. vedi I. moltkianoides Bell. Coralliophaga Coralliophaga lithophagella Lam. È indicata dagli autori come Cypricardia ed è citata dell’ Emilia, di S. Quirico, da Parona e della Toscana; non è citata per il Piemonte e per il Lazio. Cocconi figura molte varietà di questa specie Cypricardia coralliophaga ( En. Moll. Parm. e Piacenza, pag. 292 ) che non credo possano assumersi come varietà essendo quasi tutte forme giovanili. Questa specie per il suo modo di vivere è assai variabile e dove trovasi si può sempre raccogliere in — 188 — numerosi esemplari; ordinariamente preferisce allogarsi nei fori dei Lithodomus: la figura di Brocchi Petricola coralliophaga, Tav. XIII, fig. 10 è quella che sempre rappresenta meglio il tipo medio. ( Cypricardia) O. coralliophaga Gml. Citata con questo nome da Cocconi, Parona e Coppi va riferita alla Corallophaga lithophagella Lam. C. glabrata Broc. Cocconi, va riferita. alla Coralliophaga lithophagella Lam. O. rustica? Broc. Conti e Rayneval etc. è una forma in- decifrabile. C. transylvanica Hérn. in Coppi. Citata per la Tagliata va riferita alla Coralliophaga lithophagella Lam. Basterotia Basterotia cypricardina De Stefani e Pantanelli ( Bu- charis) (Boll. Soc. Mal. Ital., Vol. VI Eucharis, pag. 61 e Vol. XIII, pag. 196, Tav. IX, fig. 9, 10) Siena. ( Eucharis ) E. cypricardina De Stef. e Pant. Vedi Basterotia cypricar- dina (De Stef. e Pant.). Veneridae Cytherea (1) C. ALTERNANS Bon. Sismonda (Syn. I) vedi Venus alternans Bon. (1) Fischer (Man. Conch.) ristabilisce il genere Meretrix Lam. 1799 che è sinonimo di Cytherea Lam. 1805, ai quali Lamark assegnava gli stessi limiti; per le ragioni stesse di Lamark emesse prima che la legge di priorità avesse il significato odierno e per non essere stato adottato il genere Meretria in Italia da alcuno, tranne Fucini che ha seguito Fischer, preferisco il genere del 1805 a quello del 1799. — 189 — C. apIcALIS Phil. Citata da Conti (I e II Ed.) e da Ponzi per la Farnesina (XI Congr. Sc. Ital, pag. 284, è la Circe minima Mtg. C. BoneLLi Desh. È citata da Deshayes ( Traité elem. conc., Vol. I. par. II, pag. 594, 596) dell’ Italia, va riferita al Tapes puellus (Phil. ). C. Boryi Desh. Citata del Piemonte da Deshayes va riferita alla C. multilamella Lam. Cytherea brauni Agassiz (Icon. cog. tert., pag. 41, Tav. 13, fig. 1-4). È citata da Coppi ( Pal. modenese, pag. 107) e da Cocconi (En. moll. Parma e Piacenza, pag. 207). Deshayes crede che la presente specie possa essere un doppio impiego della C. incrassata Sow.; ciò non è esatto, la forma italiana è . perfettamente distinta dalla specie di Parigi o di Magonza; essa è più rigonfia e più orbiculare e si direbbe che la figura di Agassiz sia stata fatta su esemplari dell’Italia, per quanto quest’ autore non citi tale origine: La forma italiana ha di- mensioni maggiori di quella figurata da Agassiz, raggiunge mm. 66 per il diametro umbonale, 71 mm. diametro trasversale, 57 mm. di spessore. Alcune volte è citata come Venus Dujar- dini Horn, che è specie affine ma distinta come ambedue lo sono dalla încrassata. Forse appartiene a questa specie la forma figurata da Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 373, tav. XIV, fig. 5) e indicata come Venus islandica var. Cytherea chione L. La specie è citata per tutti i gia- cimenti pliocenici italiani. La specie fossile come anche avver- tiva Deshayes non differisce dalla vivente ed appena sembra esservi una tendenza a mostrare il diametro umbonale un po’ maggiore del trasversale. Agassiz (Icon. coq. tert.) stacca da questa specie una C. laevis che non credo possa separarsi dalla C. chione e che in nessun caso può essere sinonima della C. laevigata Broc. non Lam. che è un Tapes. La figura della fossile data da Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss., Part. II — 190 — Tav. IV, fig. 5) è una varietà del tipo normale essendo assai più alta è quindi meno allungata: infatti il rapporto delle due dimensioni tanto nella vivente che nella fossile oscilla intorno a 1,31; nella specie figurata da Fontannes è 1,17; si direbbe quasi che sia una C. pedemontana Ag. giovane nella quale il suddetto rapporto oscilla intorno a 1,18. C. conceNTRICA Lam. Citata da Brocchi, da Bronn e da Sismonda, va riferita alla Dosinia orbicularis Ag. C. cYCLADIFORMIS Bronn (Nyst?). Citata da Bronn per Ca- stellarquato e da Mazzetti per il modenese va riferita alla C. rudis (Poli). C. pysERA Broc. Citata come Cytherea da Sasso per Albenga non è di facile interpretazione essendovi sotto questo nome che è di L. e non di Brocchi, riunite due specie. C. eRycIiNA L. Dopo Brocchi (Conc. foss. subap., Parte II, pag. 363) che cita questa specie del Piemonte, del piacentino e di Parlascio si trova citata solo da Coppi ( Pal. Mod., pag. 109) per il modenese; essendo tutti d’accordo che la C. eryc?- noides Lam. Agas. e questa sieno la stessa specie, a cominciare da Deshayes che ebbe gli esemplari tipici, occorre riunire in questa le citazioni di quella; allora troviamo la erycinoides citata da Bronn e da Sismonda non per tipi osservati, da Sasso (Foss. Albenga) che l’ attribuisce a Brognart che per il primo l’ha figurata, da Lamark per Montemario (Hist. nat. an. s. vert., Pr. II, Vol. VI, pag. 329 Montemario près de Rome) e da Se- guenza (Boll. com. Geol. 1876, pag. 329) per la Val d’Era. A me non è mai occorso di vedere questa specie nelle collezioni italiane e divido completamente l'opinione di Héòrnes che l’escludeva dal pliocene; le specie così citate sono una varietà della C. pedemontana Ag. e la stessa forma di Brocchi doveva essere tale dal momento che avverte essere la sua Cytherea dal margine al cardine più lunga di un esemplare marino che aveva sott’ occhio. A Hérnes sembra che non sieno capitati esemplari grandi della pedemontana completamente costulati 0. — 191 — solcati, io ne posseggo del modenese e del piacentino che scu- sano completamente il loro riferimento alla erycinotdes come è stata figurata da Brognart, per modo che dubito assai se la forma di quest’ ultimo autore sia proprio una ericino:des o una erycina almeno come l’ha intesa, a me pare molto giustamente, Hérnes: solo che gli esemplari suddetti sono assai più grandi. C. eRycIiNoIpES Lam. Per le citazioni e per il valore di questo nome, vedi C. erycina L. C. rRAGILIS Phil. È citata da Conti (I e II Ed.) da Rayneval v. d. Ecke e Ponzi (Cat., pag. 6) per Montemario e da Coppi (Pal. mod. 109) per il modenese; non conosco questa specie, esistendo però nel pliocene settentrionale il Z'apes puellus Phil., forse è a questo che deve essere riferita la specie del modenese. C. ispanpIcornEs Lam. Come Cytherea è citata da Parona per S. Quirico e da Ponzi e Meli per Montemario, ma è una vera e propria Venus, vedi V. gigas Lam. C. irarica Defr. ( Dict. sc. nat. 12) Citata dell’ Italia set- tentrionale, è la CO. chione L. C. LaEVIGATA Lam. Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 365) per Val d’Andona e da Bronn e Sismonda (Syn I e II). Deshayes riferì la specie di Val d’Andona ad una nuova specie alla C. Bonelli, ma contemporaneamente Philippi la descrive col nome di C. puella; vedi Tapes puellus Phil. C. LAEVIS Ag. Citata da Agassiz (Icon. coq. tert., pag. 46) dell’ astigiano, va riferita alla C. chione L. C. LIincra Lam. Bronn,, ‘va riferita alla Dosinia lincta (Pult.). C. xEDITERRANEA Tib. Citata da Foresti (Moll. plioc. Ital. pag. 24, Part. II) non credo che possa essere separata dalla C. rudis dalla quale non differisce neppure nelle dimensioni. — 192 — Cytherea multilamella Lamark. È citata di tutti i giacimenti di mare profondo e sublitorali del pliocene italiano; estremamente diffusa e abbondante nel pliocene, vivente nel Mediterraneo dove non è comune, era nel pliocene già scom- parsa dal bacino del Rodano dove non è citata, e non è stata segnalata nei lembi pliocenici dell’ Europa settentrionale. Ko- belt. (Prod. faun. moll., pag. 352 ) la riporta nel genere Venus, forse tenendo conto delle osservazioni di Deshayes che trovò quasi abortito il dente caratteristico; effettivamente questo è assai sviluppato e lo è anche negli esemplari di Vienna, che Hòrnes pone nel genere Venus e che rappresentano un tipo leggermente differente da quello del pliocene italiano. La forma fossile e la mediterranea sono state citate anche come Venus rugosa. C. minima (Mtg.) Citata da Conti e Rayneval ecc. di Mon- temario è la Circe minima Mtg. Cytherea pedemontana Agassiz (Icon. conch. tert., pag. 58, Tav. 8, fig. 1-8). E citata di tutti i giacimenti plioce- nici dell’Italia settentrionale e della Toscana; non è segnalata del Lazio a meno che non si voglia riferire come io credo che si debba, alla erycinoîdes citata da Lamark e da altri. Brocchi la citò come erycina e conobbe la forma normale lievemente solcata su i lati e la varietà completamente solcata. Bronn (It. tert. Geb., pag. 96) riferì la Venus erycina Broc. non L. var. gigantea alla Cyprina pedemontana Lam., che è sinonimo della Venus islandicoides o gigas, mentre il nome di Brocchi è sinonimo della C. pedemontana come l ha definita Agassiz, esempio non nuovo di una singolare confluenza di uno stesso nome proveniente da origini diverse per una identica forma. Secondo le buone regole di nomenclatura questa specie do- vrebbe cambiar nome, essendo stato usato da Lamark per una specie che non è quella di Agassiz. C. PLICATA (Gml.). Citata sotto questo genere da Sasso va riferita alla Venus pliocenica De Stef. — 193 — Cytherea libellus Rayneval, van den Ecke e Ponzi (Venus) (Cat. foss. Montemario, pag. 6 e 15) Ponzi e Meli (Foss. Montemario, pag. 16, fig. 2). È citata sempre come Venus da Conti (I e II Ed.) e da De Stefani e Pantanelli ( Bull. soc. mal. it. Vol. IV, pag. 54). La stessa specie è stata indicata come Venus praecursor Mayer da Hòrnes e come V. Bronni May. da Fontannes. Meno che nella descrizione degli autori che non si sono occupati del cardine, tutti coloro che dopo l’ hanno nuo- vamente descritta hanno avvertito il quarto dente lunulare; invero lo indicano come rudimentale, siccome in alcuni indi- vidui che ho sott'occhio è discretamente sviluppato credo conveniente porre questa specie tra le Cytheree per quanto tutti l'abbiano indicata come Venus. La specie trovasi anche a Castellarquato. Oltre la figura citata sono migliori di essa quella di Mayer (V. praecursor) quella di Hòrnes (V. prae- cursor) e quella di Fontannes ( V. Bronni May.) per quanto quest’ ultima sia una leggiera varietà del tipo. C. PROSTRATA Broc. (Conc. foss. subap., pag. 365) va riferita alla Dosimia exoleta L. C. purLLA Phil. (En. moll. Sic., Vol. II, pag. 33, Tav. XIV, fig. 13). Citata da Conti (Ed. I, pag. 20, Ed. II, pag. 28) per Montemario. Philippi la descrive sopra una valva dell’ Italia settentrionale avuta da Pareto. Vedi Tapes puellus Phil. C. pusiLta. Bon. in Sismonda (Syn I e II) specie nomina- tiva indecifrabile. C. rugosa L. Brocchi (Conc. foss. subap. pag. 363). Citata poi da Bronn, Sasso e Conti, va riferita alla C. multilamella Lam. C. PsEUDOERICINOIDES De Stef. (Boll. Soc. Mal. It. Vol XIII, pag. 192, Tav. IX, fig. 21-24) è la C. subappenninica Mgh. Cytherea rudis Poli (Venus). È citata di tutti i gia- cimenti pliocenici sublitorali italiani. Brocchi la citò come 13 — 194 —. V. pectunculus e Bronn delia forma di Brocchi fece due specie una Cyprina e una Cytherea, mentre è certo che la forma di Brocchi è una sola specie, essendo la figura esterna di questa spesso variabile. È figurata assai bene una forma piccola da Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss. Tav. IV, fig. 6): la C. me- diterranea Tib. come si è detto, va collocata in sinonimia di questa specie. Cytherea subappenninica Meneghini. Descritta da De Stefani (Bull. Mal. Ital. Vol. VII, pag. 18 e Boll. Soc. Mal. ital. Vol. I, pag. 76 e Tav. 1, fig. 2) S. Miniato. È la stessa specie che più tardi da Pantanelli e De Stefani fu chiamata C. subericinoides Desh. (Boll. Soc. Mal. Ital. Vol. IV, pag. 31) che poi da De Stefani ( Boll. Soc. Mal. Ital, Vol. XIII, pag, 192, Tav. IX, fig. 21-24) fu cambiata in C. pseudoerycinoides Il confronto delle figure, quello delle descrizioni e anche degli esemplari delle località di origine, assicurano che in ambi i casi si è trattato della stessa specie. Il tipo originale è di Val d’Era, forse è la stessa specie che Seguenza chiama C. apennina Mgh. Trovasi a S. Miniato, nei dintorni di Siena ed è citata, come Meretrix da Fucini per Spicchio e Pancoli (Empoli). C. suserycIinoIpEs Desh. Citata da Pantanelli e De Stefani per i dintorni di Siena, è la C. subappenninica Mgh. C. suLcatIna Lam. Sismonda (Syn. 1 e IT) come specie pliocenica è indecifrabile. C. tIGERINA Lam. in Brocchi e Bronn vedi Lucina leonina Bast. (Meretria) M. multilamella ( Lam.) Fucini. Vedi Cytherea multila- mella Lam. i M. pedemontana (Ag.) Fucini. Vedi Cytherea pedemon- tana Ag. M. rudis (Poli) Fucini. Vedi Cytherea rudis (Poli). — 195 — M. subappenninica (Mgh.) Fucini. Vedi Cytherea subap- penninica Mgh. ‘ ( Cariatis ) C. islandicoides (Lam.) Ponzi, Meli. Vedi Venus gigas (Lam.). C. rudis (Poli). Ponzi, Meli. Vedi Cytherea rudis (Poli). Circe Circe amidei Meneghini. Questa specie descritta e figu- rata da De Stefani (Bull. Soc. Mal. It. Vol III, pag. 72, Tav. IV, fig. 2) in esemplari del Museo di Pisa provenienti dal volterrano, non è stata più trovata. C. ApicaLIS Phil. Mazzetti (An. Soc. Nat. Mod. Vol. VIII, pag. 157) va riferita alla C. monima Mtg. Circe minima Montagu (Venus). È citata di tutti i giacimenti pliocenici italiani; è specie prepliocenica e nel pliocene era diffusa come nei mari attuali. Dosinia Dosinia adamsoni Philippi (Cytherea). Cocconi cita (En. moll. Parma e Piacenza pag. 287) questa specie di Ca- stellarquato e Cusignano; Coppi (Pal. Mod. pag. 109) della Grizzaga (Artemis); trovasi anche nell’astigiano: Agassiz la descrisse e la figurò (Ic. coq. tert.) come Artemis Basteroti. La forma italiana corrisponde alla specie del viennese ( Hòrnes, Foss. Moll. Wien. Vol. II, pag. 147, Tav. XVI, fig. 4). È sulla fede di Deshayes che Hornes riferisce questa specie alla adamsoni che è del Senegal, riconoscendo che la forma vien- nese corrisponde ad esemplari di Modena e Castellarquato: avendo ripetuto gli stessi confronti li trovo esatti. — 196 — D. BasteROTI Ag. Citata da Sacco per il Piemonte e da Sismonda (Artemis, Syn. II) va riferita alla D. adamsoni (Phil). Dosinia exoleta L. È citata da Cocconi (En. moll. Parma e Piac. pag. 286) per Castellarquato e da Mazzetti per il modenese: da Foresti (Moll. bolognesi pag. 24) per il bolognese ( Artemis): di S. Miniato ( Boll. mal. it. Vol. VII, . pag. 19, Artemis) da De Stefani; dell’empolese (Bull. Soc. geol. it. Vol. X, pag. 81) da Fucini; da Appelius (Bull. mal. it. Vol. III, pag. 275) di Livorno; di Siena (Bull. soc. mal. it. Vol. IV, pag. 50 Artemis) da De Stefani e Pantanelli; da Manzoni per Vallebiaja ( Artemis): per il Vaticano da Ponzi (Fauna vaticana, pag. 19), da Zuccari e da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 18) per Acquatraversa: trovasi anche nel- l’astigiano e nel modenese; corrisponde alla forma vivente anche nella grandezza; Fontannes ha figurato un individuo piccolo di questa specie nella sua classica opera sui molluschi pliocenici del Sud Est della Francia. D. interMmeDIA Dod. Conti (Montemario I Ed. pag. 21 e II Ed. pag. 23) specie nominativa che secondo Zuccari sarebbe una varietà della D. lupinus (Cat. Rigacci, pag. 12). Dosinia lentiformis Sowerby (Venus). È citata da Coc- coni (En. moll. Parma e Piacenza pag. 285) per Livizzano e sarebbe miocenica; Ponzi e Meli la citano (Montemario, pag. 18) di Acquatraversa e trovasi nel modenese, nel bolognese e a Castellarquato; la specie di Sowerby descritta nuovamente da Wood e da Nyst riprodotta come exoleta, è stata in generale ritenuta come sinonima di quest’ultima; la forma fossile ita- liana, almeno per gli esemplari che posseggo, confronta colle figure di Sowerby, Wood e Nyst e non potrebbe in nessun modo riunirsi alla D. exoleta; indipendentemente dalla forma meno tumida e schiacciata, è meno orbiculare, depressa nella regione posteriore, il margine ligamentare è obliquo quasi rettilineo e si raccorda al margine ventrale con un angolo. ottuso: non potrei però dire se veramente sia la stessa specie — 197 — del Nord per quanto corrisponda con le figure di Wood e non molto con quella di Nyst. D. rincra Pult. È citata con questo nome da Fucini ( Bull. soc. geol. it. Vol. X, pag. 81) per Spicchio ( Empoli ), da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 18) per la Farnesina; da Cocconi (En. moll. Parma e Piac. pag 286) e da Coppi per il mo- denese (Pal. Mod. pag. 109 Artemis); vedi D. lupinus Poli auct. foss. Dosinia LuPINUS Poli (Artemis). Citata da Conti (Mon- temario I Ed., pag. 21, II Ed., pag. 28) e da Rayneval, v. d. Hecke e Ponzi (Cat. Montemario, pag. 6) che pongono sino- nima della D. lincta e da Antonelli (Bull. sce. geol. it.. Vol. IX, pag. 103) per Piazzanuova (Osimo); come Artemis è citata di Bologna (Moll. foss. bol., pag. 24) da Foresti, di S. Miniato (Bull. mol. it, Vol. VII, pag. 19) da De Stefani, da Appelius (Bull. mol. it., Vol. III, pag. 276) di Livorno e di Vallebiaja da Manzoni. Conosco questa forma della Toscana, del modenese, del piacentino e dell’astigiano che credo citata dagli autori col nome di D. lencta. Avendo confrontato i molti esemplari, che posseggo con la vivente del Mediterraneo, mi sono persuaso che trattasi di specie diversa. La forma pliocenica differisce costantemente dalla vivente per essere più tumida, più orbi- colare e per avere la depressione lunulare meno sentita e quindi gli apici meno rivolti indentro; è inoltre meno tra- sversa e il rapporto tra le due dimensioni è assai più pros- simo all'unità di quello che non si verifichi per la vivente; la striatura superficiale è un po’ più sentita; queste caratte- ristiche per quanto negative la staccano ancor più dalla D. lincta. i La specie figurata da Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss, Vol. II, pag. 71, Tav. IV, fig. 12) è un tipo diverso da quello italiano e anche dal lupinus Poli. Accanto a questa specie che lascio innominata se ne trova un’ altra, depressa, orbicolare, lucente, che Doderlein ha la- sciato in collezione col nome di D. mfens sp. n. e che è ancora — 198 — distinta dalla precedente e non può rientrare nella D. lenti formis alla quale si avvicina nel contorno esterno e nella de- pressione delle valve. Dosinia orbicularis Agassiz. È citata da Sacco per il Piemonte e da Sismonda (Syn. II, Artemis), di Castellarquato da Cocconi, da Pantanelli di Pietrafitta e da Conti per Mon- temario. Brocchi citò questa specie come Cytherea concentrica L. (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 366) e con lo stesso nome la citò anche Bronn. Il tipo è prepliocenico, si estingue col pliocene, sdoppian- dosi forse nella D. concentrica e nella D. discus, così chè l’ultima specie citata per approssimazione da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 18) lascia supporre che trattisi sempre della D. orbicularis Ag. o almeno d’una varietà di questa. (Artemis) Tutte le specie citate come Dosiniae lo sono anche come Artemis. Cyclina C. unpata Desh. Citata da Conti (Montemario, I Ed., pag. 21, e Ed. II, pag. 28) se non è la Lucemmopsis undata Penn., è specie indecifrabile. Venus V. AGassIzI D’Orb. Citata da Coppi per Montemario (I e II Ed.) va riferita alla V. gigas Lam. Venus alternans Bonelli (inedita). È citata da Sacco (Boll. Soc. Geol. Ital., Vol. VIII, pag. 842) per il Piemonte. Posseggo esemplari dell’astigiano, del piacentino e del bolo- gnese classificati con questo nome da Doderlein secondo comu- nicazioni originali; la specie però non è mai stata descritta; è una piccola Venus che nel contorno per quanto 'un poco —- 199 — più rigonfio richiama la plocenica De Stef. o plicata auct. non Gml.; come in questa avvi un’angolosità ottusa che dall’ um- bone ya all'angolo posteriore ventrale, dopo il quale non tanto bruscamente come nella plicata, le costicine trasversali lamellari, si volgono verso il corsaletto; quello però che di- stingue subito questa specie è la presenza di sette a otto coste robuste lamellari nette, maggiori e sfogliate verso l’angolosità posteriore, alle quali sono intercalate delle costicine lamellari tenuissime ; le costicine intercalate sono da quattro a sette tra due costole maggiori; questa disposizione la distingue be- nissimo, mentre il contorno e la forma l’avvicinano alla cas? noides Bast. più che alla lamellosa Rayn. etc. Diam. umb. 20 mm., diam. trasv. 22 mm. Spessore 14 mm. Venus amidei Meneghini, De Stefani (Bull. Soc. Mal Ital, Vol. I, pag. 75, Tav. I, fig. 1). È citata di S. Miniato da De Stefani, da Pantanelli.e De Stefani di Siena, da Pan- tanelli di Pietrafitta (Colle) e da Fucini dell’ empolese. Co- nosco questa specie oltre chè di altri luoghi della Toscana, anche del modenese e del parmigiano. V. ApICALIS Phil. Citata da Sismonda (Syn. IT) e da Sacco (V. apicialis) per il Piemonte, va riferita alla Diplodonta trigonula Bronn. V. apzropITE Brocchi. (Conc. foss. subap., pag. 356, Tav. XIV, fig. 12). Cocconi cita questa specie di Montezago. Secondo Bronn sarebbe sinonima della V. verrucosa, tale avvicinamento lo reputo inesatto e ritengo la specie indecifrabile. La cita- zione di Cocconi si riferisce ad un’altra specie inedita e che non può rientrare in quella di Brocchi. V. Brocca Desh. Citata da Sismonda (Syn. I e II) per Asti va riferita come il tipo di Deshayes che è della Morea alla V. gigas (Lam.). V. BROGNARTI Payr. Citata da Sismonda e da Sacco per il Piemonte va riferita alla V. fasciata Don. -— 200 —- V. BRAUNI (Ag.). Cocconi, Coppi. Vedi Cytherea brauni Ag. V. casina L. È citata da De Stefani per S. Miniato, da Fucini per l’empolese, da Manzoni per Vallebiaja, e da Coppi (V. cassina) per il modenese; io non conosco questa specie nel pliocene; ho esemplari di Vallebiaja e del modenese con questo nome, che debbono essere riferiti alla V. lamellosa Ponzi, Rayneval e V. d. Ecke; egualmente posseggo quest’ ul- tima specie di Limite ( Empoli), credo quindi doverla esclu- dere dal novero delle specie plioceniche. V. cincra Ag. Citata da Sismonda per il Piemonte, va riferita alla Cytherea multilamella Lam. V. cHIonE L. Sacco. Vedi Cytherea clione L. V. cLaTtHRATA Dujardin. La specie citata di Siena con questo nome come ha fatto bene osservare De Stefani (Bull. Soc. Mal. It., Vol. XIII, pag. 194, Tav. IX, fig. 19-20) è la gio- vane della V. excentrica Ag. La specie citata da Cocconi è l’adulta della stessa specie: con questo non intendo che la V. clathrata Duj. anche come l’ha descritta Héòrnes sia la stessa della V. excentrica Ag.; è un tipo prossimo e differente. Non sempre però le giovani della excentrica hanno l’ apparenza della figura citata più sopra, sempre più trasversali delle adulte presentano il più sovente. intercalate alle costole tra- sversali maggiori una e alcune volte due coslicine minori. V. cineca Ag. (Icon. coq. tert., pag. 36). Citata dell’ asti- giano va riferita alla Cytherea multilamella Lam. V. COMPLANATA Bon. Sismonda (Syn. I) Asti. E specie no- minativa. V. crenuLata Risso. Bronn. (It. ter. Geb., pag. 100) Siena: è la V. lamellosa Ponzi, nome che deve essere conservato es- sendovi una V. crenulata Chem. che è un’altra specie; va esclusa la sinonimia di Bronn. — 201 — V. pione L. Michelotti ( Ann. sc. R. Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 164). Pocapaglia presso Brà (pliocene?); non è certa- mente la specie di L. ed è indecifrabile. V. DUJARDINI Hòrnes. È citata del bolognese da Foresti, di Castellarquato da Cocconi, e di Taino e Almenno da Parona va riferita alla Cytherea brauni Ag. V. pysera L. Brocchi. (Conc. foss. subap., Vol. II pag. 355, e pag. 506, Tav. XVI, fig. 7). Va riferita a due specie, alla V. scalaris Bronn. e alla V. fasciata Don.; la figura e la ci- tazione della pag. 506 si riferiscono all’ ultima specie. V. EkEMITA Brocchi. Vedi Zapes eremita ( Broc.). V. eRYcINa L. Sacco (Boll. soc. geol. it., Vol. VII, pag. 342); va riferita alla Cytherea pedemontana Ag. non Lam. Venus excentrica Agassiz. (Icon. coq. tert., pag. 34, Tav. 5, fig. 9-11) astigiano. È citata di Siena da De Stefani da Sacco per il Piemonte, da Fucini per l’empolese; benchè non comune è abbastanza diffusa essendo stata citata anche come V. verrucosa e V. clathrata. Deshayes considerò questa specie come una var. della verrucosa ed è uno dei molti casi nei quali questo autore contradiceva per semplice spirito di contradizione, poichè, forma esterna, ornamenti superficiali e conformazione del cardine, tutto è differente nelle due specie, ed anche senza esemplari tipici le figure eccellenti di Agassiz lo dimostrano; negli individui grandi, i tubercoli mentre sono per il senso longitudinale collocati in raggi regolarmente ir- radianti dagli umboni, trasversalmente costituiscono delle linee un po’ irregolari e non concentriche all’umbone, le quali cam- biano di direzione collocandosi ad intervalli sulle linee di accrescimento; ciò dà alla conchiglia l'apparenza di essere costituita da una serie di segmenti non concentrici all’umbone e che forse suggerì il nome ad Agassiz. Questa disposizione è figurata dal suo autore, ma in diversi individui dell’ astigiano che io ne posseggo, è assai più evidente che in detta figura. — 202 — Gli ornamenti cambiano anche con l'età; presso gli umboni le costole concentriche non sono interrotte in nodi ma continue e tra esse è una costicina filiforme, alcune volte due e le co- stole radiali sono interne; col crescere della conchiglia, le costole radiali s'ingrossano, le costicine intermedie spariscono, e le costole radiali crescendo sempre più, s' interrompono negli spazi tra le costole concentriche e ingrossando sopra di esse danno luogo ai grossi nodi che come è stato detto sono rego- larmente disposti esclusivamente in senso radiale; lo stesso fatto avviene nella V. clathrata Duj. ma in questa nè i tu- bercoli sono così sviluppati, nè sono nella loro massima di- mensione trasversali, come nella excentrica, sono specie affini ma completamente distinte; d’ altra parte il fatto di presen- tare verso gli apici una ornamentazione differente dal resto della conchiglia è comune a molte specie; le giovani della V. excentrica sono molte prossime alle giovani della V. ver- rucosa, nè è molto facile distinguerle. i V. rascicuLata Reuss. Citata da Coppi (Lal. Mod., pag. 108) e da Fucini (Cat. Rigacci, pag. 12) è sinonimo della V. la- mellosa Rayn. Venus fasciata Donovan. Eccetto che per i lembi plio- cenici lombardi è citata di tutti i giacimenti pliocenici ita- liani. Brocchi la indicò come dysera L. (Conc. foss. subap., Tav. XVI, fig. 7) e Bronn la indicò come brognarti Payr. che è poi sinonimo della fasciata Don. Dubito che qualche volta possa essere stata confusa con la scalaris Bronn. Venus gallina L. Questa specie è citata di tutti i gia- cimenti pliocenici italiani. Brocchi pur dubitando della iden- tità della specie fossile con la vivente, la descrisse e la figurò (Conc. foss. subap., pag. 258, Tav. XIII, fig. 13) nominandola senilis. Ho potuto confrontare molti individui di questa specie così comune tanto nel pliocene come nei mari attuali e non mi pare che la forma fossile per quanto leggermente diversa, possa tenersi separata specificamente dalla vivente. Nn — 203 — V. GenEI Micht. Vedi Tapes genei e T. vetula Bast. V. croeraPHICA Gml. Michelotti e Sacco; specie per il plio- cene indecifrabile. Venus gigas Lamark (Cyprina). Nei molluschi dei dintorni di Siena da Pantanelli e De Stefani (Boll. Soc Mal. It., Vol. IV, pag. 52) fu detto che fu conservato a questa specie il nome datogli da Lamarck essendo citato il tipo come pro- veniente da Siena; conchacee simili non potevano essere che la Cyprina pedemontana ( Cytherea) o questa specie. Nello stesso capitolo Lamark descriveva tre altre Cyprine, #slandicoides, umbonaria e pedemontana fossili dell’Italia. Deshayes ammette che le due specie pedemontana e islandicoides sieno la stessa specie, e che una medesima specie sieno la umbonaria e la gigantea (questo ultimo nome deve essere errato; Lamark ha descritto una Cyprina gigas ed una Cytherea gigantea della quale non poteva parlare Deshayes); esclude che la pedemon- tana possa essere una Cytherea. Questo nel Tratte elem. conch. ; però prima nelle note alla 2.* Ed. di Lamark, la gigas, la pedemontana lislandicoides erano per Deshayes un’ unica specie e propone per tutte il nome di V. Brocchi, Tra le due pub- blicazioni di Deshayes, si colloca la memoria di Agassiz (Icon. coq. tert.) dove la umbonaria e la gigas sono conside- rate sinonime; la islandicoides è tenuta distinta come Venus e la pedemontana diviene una Cytherea autonoma. Alla Cytherea pedemontana si è detto che doveva considerarsi come tipo di quella specie quella descritta da Agassiz ed escludere il nome di Lamark dalla sinonimia. La V. islandicoides Agas. degli autori italiani non corrisponde al tipo d’ Agassiz e se questo esiste realmente, esso non trovasi nel pliocene italiano; Hòrnes ammette questa specie per il bacino di Vienna e pone in si- nonimia la islandica di Brocchi e la pedemontana di Lam., mette pure la dslandicoides Agas. sinonima della umbonaria unitamente alla gigas. Quindi Hérnes riconosce due specie come Deshayes nella seconda maniera. Fatta così un po'di. storia, 10 preferisco tornare all’ antico e ritenere che le quattro specie di Lamark sieno una specie sola, ammettendo che la Cytherea — 204 — pedemontana Ag. non corrisponda alla Cyprina pedemontana Lam. Questa forma è molto comune in Italia e ne ho potuto osservare qualche centinaio di esemplari di tutte le grandezze ed ho finito per persuadermi che esiste una sola specie alla quale deve conservarsi il nome g294s, essendo questo il nome che figura per il primo nell'opera di Lamark. L'esame di esemplari del viennese mi lasciano ritenere che anche per la umbonaria e la islandicoides del bacino di Vienna si tratti di una semplice differenza di statura. Ammessa questa eguaglianza la V. gigas è citata di Siena da Pantanelli e De Stefani, di Chianciano e Colle da Panta- nelli, dell’empolese da Fucini, e da Bronn (Cyprina) di Ca- stellarquato. Come V. umbonaria è citata da Sismonda e Sacco per il Piemonte, da Cocconi per Castellarquato, da Coppi per il mo- denese, da Foresti per il bolognese, e di S. Miniato da De S efani. Come V. islandicoides da Sismonda (Syn. IT) e da Sacco per il Piemonte, di Taino da Parona, del piacentino da Coc- coni, del modenese da Coppi, del bolognese da Foresti e Ca- vara, da Fucini dell’empolese, di S. Miniato da De Stefani, del senese da Pantanelli e De Stefani, di Colle da Pantanelli, da Tuccimei della Sabina e da Ponzi e Meli (Oariatis) di Montemario. Come si vede la eslandicoides che per me è una giovane della gigas, come è naturale sembra più diffusa della adulta o forse varietà major. Brocchi aveva indicato questa specie come Venus (Cyclas) islandica e sul valore sinonimico di questa specie non vi è mai stato differenze tra i diversi autori; solo la varietà di Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 373, . Tav. XIV, fig. 5) potrebbe essere la C. brauni Agas. V. GRADATA Desh. Citata da Deshayes dell’astigiano ( Traité elem. conch. II, pag. 555) va riferita alla V. scalaris Bronn. V. Istanpicomes Lam. Citata da molti autori, vedi V. gigas Lam. della quale ritengo sia sinonima. . V. vaEvIS D’Orb. Citata da De Amicis (Atti soc. toscana, Vol. VII, pag. 237) per Parlascio, è indecifrabile. — 205 — Venus lamellosa Rayneval, van den Hecke, Ponzi (Cat. foss. Montemario, pag. 6, e 15), Ponzi Meli (Foss. Montemario, (pag. 14, fig. 1). È pure citata da Conti (I e II Ediz.) e da Antonelli ( Bull soc. geol. it., Vol. IX, pag. 102) per Fioretino (Marche). Buona specie che è peculiare del pliocene non cor- rispondendo ai tipi affini prepliocenici, cioè alla V. fasciculata Reuss, o alla cassinoides Bast. alle quali è molto prossima. Lamark aveva riunito il tipo italiano alla cassinoides. Deshayes riconobbe la differenza, ma lasciò quest’ ultima innominata e si limitò descrivendo nuovamente la cassinoides ad indicarla come distinta. Trovasi nel modenese, nel piacentino, nell’ asti- giano e in Toscana; credo che alcune volte sia stata confusa o citata come V. casina L. Miglior figura, per quanto rappre- senti individui più piccoli di quelli del pliocene italiano, è data da Fontannes (Moll. Rhòne et Reuss, Vol. II, pag. 55, Tav. III fig. 7, 8) sotto il nome di V. rhysalea Font. che credo essere la stessa specie. V. uBeLLUS Rayn. etc. Vedi Cytherca lbellus hayn. etc. V. umtHoPHAGA L. Cortesi (Saggio Geol. Parma e Piacenza, pag. 40) è una Pholas. V. MULTILAMELLA. Citata con questo nome generico da Sacco, Coppi, Cavara, Ponzi e Meli. Vedi Cytherea multila- mella Lam. Venus ovata Pennant. È citata di tutti i giacimenti pliocenici italiani e doveva essere nel pliocene comune come nel mari attuali e come al presente ebbe una larga diffusione batimetrica; è tipo prepliocenico come sono in generale tutte le specie largamente diffuse; Brocchi e Bronn l’indicano come ‘V. radiata ed ha ricevuto molti e diversi nomi. I v V. pECTINULA Lam. Sismonda (Synopsis I e II) va riferita alla V. ovata Penn. — 206 — V. pecruncuLus L. Brocchi (Conc. foss. subap., Tav. XIII, fig. 12) Val d’Andona; è pure citata da Borson; va riferita alla Cytherea rudis Poli. V. PEDEMONTANA Ag. Sacco e E. Sismonda. Vedi Cytherea pedemontana per la citazione di Sacco. V. pLIicata Gml. Vedi V. pliocenica De Stef. Venus pliocenica De Stefani (Boll. Soc. malac. ital. Vol. XIII, pag. 173). Questa specie come Venus plicata Gml. o L. è citata di tutti i giacimenti sublitorali del pliocene italiano. De Stefani ha creduto conveniente di cambiar nome a questa specie non reputandola eguale alla specie vivente, come altri avevano già supposto; del resto la discussione di questo nome è stata fatta con tanta precisione da De Stefani che ben volentieri rimando a quello che ne ha detto alla pag. 173 del volume XIII di questo bullettino. V. PUERPERA L. Sismonda (Syn. I) specie indecifrabile forse una giovane della V. verrucosa L. V. RADIATA Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 353, Tav. XIV, fig. 3) Bronn e Sismonda (Syn. II) va riferita alla V. ovata Penn. i V. RenieRI Micht. (Ann. Sc. R. Lomb. Veneto, Vol. IX, pag. 165) e ( Foss. mioc. Ital. sett., pag. 123, Tav. XVI, fig. 8 non l) astigiano; è citata anche da Sacco; 'è specie assai dubbia che riferirei molto volentieri alla Lucinopsis undata (Penn.). V. rorunpara L. Brocchi. (Conc foss. subap., pag. 252) va riferita al Tapes vetulus Bast. o genei Micht. V. rupIs Poli Sacco. Vedi Cytherea rudis (Poli). È a Re V. rugosa Gml. Citata da Coppi deve come la Cytherea rugosa di Brocchi essere riferita alla Cytherea multilamella Lam. della quale è sinonima la V. concta Agas. V. RUPENSIS Cortesi non Broc. Cortesi ( Saggio geol. Parma e Piacenza, pag. 40) è la Jowannetia rugosa ( Broc.). Venus scalaris Bronn. (It. tert. Geb., pag. 100). È ci- tata da Sismonda e Sacco per il Piemonte, da Bronn e Coc- coni per Castellarquato, da Parona per Cassina Rizzardi e Taino. Trovasi anche nel pliocene modenese e di Toscana. È tipo prepliocenico ed ha vissuto con una specie affine nei pe- riodi anteriori al pliocene cioè con la Basteroti Desh., per vi- vere poi con l’altra prossima cioè la fasciata Don.; emigrata dal Mediterraneo e dalle coste d'Europa, forse vive sempre nella V. paphia L. dell'Oceano americano. La forma plioce- nica è stata benissimo figurata da Fontannes (Moll Rhòne et Reuss, Tav. III, fig. 9, 10). Brocchi riunì questa specie con la fasciata nella dysera. V. senIiLis Broc. (Conc. foss. subap., pag. 858, Tav. XIII, fig. 13). Bronn la cita con lo stesso nome ed è citata da Coppi per il modenese, da Issel per Genova e da Parona per il pliocene lombardo. Va riferita alla V. gallina L. V. sugcincra D’Orb. Citata da Sacco (Bull. soc. geol. It., Vol. VIII, pag. 343) va riferita alla Cytherea multilamella Lam. V. SUBORBICULATA Borson (Atti Accad. Torino, Vol. 29, pag. 267) è specie indecifrabile. V. suncatINA (Lam.). Michelotti (Ann. Sc. R. Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 164) è specie indecifrabile. V. UMBONARIA ( Lam.) Sismonda, Sacco e Coppi. Vedi V. gigas Lam. — 208 — V. VENETIANA E. Sism. (Lam.) Sismonda (Syn. II) va ri- ferita alla Cytherea rudis: Poli. Venus verrucosa L. Eccetto che per il bolognese è citata di tutti i giacimenti pliocenici italiani. La specie era molto diffusa come al presente ma non abbondante; la forma fossile non differisce sensibilmente dalla vivente che per i tubercoli posteriori più piccoli; il tipo comincia col pliocene: della forma pliocenica una buona figura è stata data da Fontannes (Moll. Rhòne et Reuss, Vol. II, Tav. III, fig. 12). V. veruLa Bast. Sismonda (Syn. II). Vedi Zapes vetulus Bart. Lucinopsis Lucinopsis undata Pennant ( Venus). È citata di Valle- biaja da Lawley (Boll. Soc. Mal. Ital., Vol. I, pag. 33} da Coppi (Pal. Mod., pag. 109) della Fossetta, da Fucini (Bull. Soc. Geol. it, Vol. X, pag. 82) per Spicchio e da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 13) per la Farnesina; trovasi anche nel- l’astigiano. Tapes Tapes astensis Bonelli. Mayer (Journ. de Conc. 2.* serie, Vol. II, pag. 181, Tav. XIV, fig. 4) Val d’Andona; è citata ° anche da Sacco per il Piemonte. Specie prossima alla 7. pub lastra Mtg. dalla quale differisce per il diametro trasversale maggiore e per gli umboni più mediani. T. aurEUS Gml. È citato da Cocconi (En. moll. Parma e Piac., pag. 290) per Castellarquato e da Ponzi e Meli ( Mon- temario, pag. 18) per Malagrotta. Un esame accurato dei Tapes pliocenici e dei viventi nel Mediterraneo e dei mari di Europa, mi ha persuaso che meno una specie, nessuna delle fossili trova la sua corrispondente nel Mediterraneo; i Zapes — 209 — pliocenici più che con le forme viventi nei mari vicini, trovano la loro corrispondenza in specie esotiche e nulla è rimasto per molte di esse come tipo che possa dirsi prossimo; se poi si considera che i giovani della 7. bdronni May. possono facil- mente essere scambiati con specie viventi, credo opportuno di non iscrivere questa specie della quale non ho ancora veduto alcun esemplare fossile. Naturalmente il valore delle citazioni superiori rimane per me. indecifrabile. Tapes baldassarii De Stefani e Pantanelli (Bull. soc. mal. ital, Vol. IV, pag. 55 e Vol. XIII, pag. 194, Tav. IX, fig. 17, 18) È specie litodoma ben distinta dalla 7. perforans Mts. e dalla 7. eremita ( Broc.). ‘Tapes basteroti Mayer in Hérnes (Foss. moll. Wien, Vol. II, pag. 113, Tav. X, fig. 8, 9). È citato di S. Miniato (Bull. mal. ital., Vol. VII, pag. 13) da De Stefani, di Siena (Bull. soc. mal. it., Vol. IV, pag. 55) da De Stefani e Panta- nelli e da Fucini dell’empolese (Bull. soc. geol. it., Vol. X, pag. 82). Non è citato d’altri luoghi d'Italia. Tapes bronnii Mayer. (Journ. de conch. Ser. 2, Vol. II, pag. 376) Castellarquato. È citato anche da Cocconi per la stessa località e trovasi anche nel modenese: questa specie non è stata figurata. È prossimo al 7. fexturatus Lam. dal quale differisce oltrechè per la statura maggiore, per essere più acuminato e meno rotondato posteriormente e per gli umboni più prossimi al lato anteriore. T. caupata D’ Ancona. È citato da Ponzi e Meli ( Monte- mario, pag. 18) per Malagrotta. Meli lo indica di Magliana e Pontegalera. Seguenza (Bull. com. geol. 1876, pag. 353) lo cita di Val d’ Era. È specie nominativa. T. pecIPIENS Dod. Citato da Seguenza per la Val d'Era (Bull. comit. geol. 1876, pag. 358) e da Zuccari (Cat. Rigacci, pag. 12) per Montemario, è specie nominativa. 14 — 210 — Tapes decussatus L. È citato da Cocconi (En. sistem moll. foss. Parma e Piacenza. pag. 290 ) per Castellarquato, da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 18) per Malagrotta e da Tuc- cimei (Bull. soc. geol. it., Vol. VIII, pag. 124) per Canne- taccio ( Sabina). Posseggo di questa specie due soli esemplari di Castellarquato e appartengono alla forma tipica di questa specie, nè potrebbero riferirsi a nessuna di quelle nelle quali l’antica forma linneana è stata sdoppiata: la vivente è abba- stanza comune, sembra che la fossile fosse invece assai rara: credo che sia l’unico Tapes pliocenico passato nei mari at- tuali. T. epuLIS Chemn. È citato di Castellarquato da Cocconi, di S. Miniato da De Stefani, di Cerreto Guidi da Fucini, della Farnesina da Ponzi e Meli, di Vallebiaja da Manzoni. Non conosco nessuna forma pliocenica dell’ Italia settentrionale che possa essere riunita a questa specie: ve ne sono delle vicine ma perfettamente distinte; credo quindi opportuno di non ‘ iscriverla nell’ elenco delle forme plioceniche riconosciute. Si trova certamente nel quaternario dell’ Italia meridionale. (Comun. Monterosato). Tapes eremita Brocchi (Venus). (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 361, Tav. XIV, fig. 4). Sotto questo nome Brocchi indicò una specie che tutti poi riferirono al 7. laetus di Poli ed è solo citato da Coppi (Pal. mod., pag. 109) che lo dice distinto dalla 7. laetus. Come Venus eremita è citato da Sismonda (Syn. I) come Venerupis da Sismonda (Syn. II) e da Sacco. La T°. eremita di Brocchi è una specie autonoma completamente indipendente non solo dal Zaetus ma da tutte le specie viventi. È specie costante nella forma e pare che vivesse volentieri nelle cavità abbandonate dai molluschi lito- fagi. Ordinariamente le sue dimensioni sono, lungh. 26 mm. larg. 17 mm., spessore 11 mm.; eccezionalmente può arrivare a 45 mm. di lunghezza; ha il bordo ligamentare parallelo al bordo ventrale, è troncato obliquamente dal lato ligamentare del bordo anteriore ed ha gli umboni molto prossimi al lato e rn aa di — 211 — posteriore; la ornamentazione è speciale, è concentricamente solcata, i solchi vicini e fitti nel lato posteriore si obliterano nella parte centrale, sono quindi più profondi e più distanti nella regione anteriore. Le forme viventi alle quali si appros- sima sono il 7. edulis tipo adriatico, il 7. geograplicus e più di tutti il 7. Zepidulus Loc. dell’ Atlantico; è di tutti meno rigonfio ed ha gli apici più vicini al bordo posteriore; il lato ligamentare nel 7. eremita è anche più rialzato di quello che non sia nel lepidulus e gli ornamenti superficiali sono più marcati specialmente nel lato posteriore: la forma generale e nel contorno, è prossima a quella del 7. geographicus ma manca di qualunque traccia di strie longitudinali: in poche parole la lunghezza maggiore in paragone della larghezza, la sua poca convessità, gli apici più eccentrici, e l’ornamenta- zione superficiale lo distinguono da tutte le specie congeneri. Non conosco questa specie che del piacentino e del modenese dove è molto comune; come 7. laetus è citato da De Stefani di S. Miniato e da Cocconi di Castellarquato. T. GenEI Mich. ( Ann. scienze R.° Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 163) parmigiano, piacentino, astigiano, Montafià. È citato e fisurato da Cocconi (En. moll. Parma e Piacenza, pag. 288, Tav. XI, fig. 1, 2) e la figura è molto infelice. Citato di Colle da Pantanelli e dell’empolese, va riferito al’ 7. vetulus Bast. Vedi questa specie. Ù T. arograpHICUS Gml. È citato del piacentino da Cocconi e da Fucini per Grotte ( Empoli). Non conosco questa specie per quanto abbia moltissime conchiglie delle due località; ve ne sono delle prossime ma distinte dal vero tipo mediterraneo patria esclusiva della specie vivente: sarà quindi conveniente almeno a titolo provvisorio sopprimerlo tra le specie plioce- niche. T. vaerus Poli. È citato di S. Miniato da De Stefani, da Cocconi di Castellarquato, da Appelius di Livorno, da Panta- nelli di Chianciano, da Pantanelli e De Stefani di Siena e da Fucini dell’empolese: alcune e probabilmente tutte vanno ri- — 212 — ferite alla 7. eremita (Broc.), ed io non credo che la. specie di Poli vivesse nel Mediterraneo, certamente non ne conosco alcun esemplare che possa essere riferito alla medesima. T. nITENS Phil. Fucini (Bull. soc. geol. it., Vol. X, pag. 83) Spicchio (Empoli). Posseggo molti Zapes delle località indi- cate da Fucini, ma come non vi ho trovato il luetus, il geo- graphicus e 1’ edulis così non vi ho trovato il nitens di Philippi. Vi è nell’empolese un Zapes assai comune che si avvicina al nitens Phil. o meglio lucens Loc., essendo stato il nome nétens impiegato per un’ altra specie, ma è più acuminato del tipo; un’altra forma nitida pure dell’empolese e che avrebbe oriz- zontale il bordo ligamentare come il lucens, ha gli umboni così prossimi all'estremità posteriore che non può in nessun modo esservi riunito; credo quindi conveniente di non iscri- vere questa specie tra quelle del pliocene tanto più che essa è già abbastanza rara tanto nel Mediterraneo che nell’ Adriatico. T. orivia Meneg. Citato da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 18) per Malagrotta da Zuccari; è specie nominativa. Tapes puellus Philippi (Cytherea). (En. moll. Sicil., Vol. II, pag. 33, Tav. XIV, fig. 13). Philippi descrive questa specie sopra una valva destra dell’Italia settentrionale, datagli da Pareto. Nell’Italia settentrionale questa specie non deve essere rara, almeno ciò desumo dal numero degli esemplari dell’ asti- giano esistenti nel Museo di Modena, e trovasi anche nel pia- centino e nel modenese. La descrizione di Philippi è migliore della figura non essendo in questa evidente la caratteristica, postice angustata angulata, della descrizione, per modo che la figura di Brognart (Mem. Ter. sed. Vicent., Tav. V, fig. 8a, b esclus. Mactra? erebea) alla quale si riferisce pure Philippi e per la quale forma et magnitudine bene conventt, rappresenta la forma dell’astigiano meglio di quella di Philippi. Questa specie fu chiamata Cytherea bonellii da Deshayes e Sismonda, e il nome fu creato per la C. laevigata Broc. non Lam. È certo che il nome di Deshayes, figurando nel trattato elemen- i n BI tare di conchigliologia per quanto porti la data 1843-50 è posteriore a quello di Philippi che deve essere conservato. Tapes senescens Doderlein in Cocconi ( En. moll. Parma e Piacenza, pag. 287, Tav. IX, fig. 1-2). Oltre alle citazioni del piacentino dove non è raro, è citato da Fucini di Colle- gonzi (Empoli) e da Parona di Castenedolo e Taino. Grossa e robusta specie non può essere approssimata a nessuna delle conosciute del pliocene e tanto meno del Mediterraneo; privo di solchi radiali è munito di strie concentriche o solchi che sono i residui dei successivi accrescimenti; ha le impressioni muscolari e palleari profonde e singolarmente grande e pro- fonda è l'impressione anteriore del retrattore del piede ; i denti tre per ogni valva sono tutti nettamente bifidi. Può raggiun- gere le dimensioni seguenti: Diam. trasv. 74 mm., diam. umb. 52 mm. Spessore 40 mm.. Tapes vetulus Basterot. ( Venus). Questa specie è pas- sata per diversi nomi. Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 352) lo indica col nome di Venus. ratundata L. Bronn lo indica con lo stesso nome e pone in sinonimia la papelionacea di Studer. Michelotti lo indica come nuova specie e lo chiama Venus genei, nome riportato da Sismonda nella prima edizione della Synopsis mentre nella seconda cita la genes e la vetula; d’ ora in avanti i nomi s'intrecciano e Cocconi e Seguenza le citano ambedue. Foresti (Contrib. III, Conch. Ter. Ital, pag. 313, fig. 10, Atti Ist. Bologna, Serie IV, Tomo V) descrive e figura una varietà del 7. vetulus che chiama pliocenica. Ho potuto confrontare molti esemplari del Tapes vetulus del pliocene italiano con esemplari del bacino viennese e l’unica differenza che vi ho scorto è in una maggiore rego- larità nell’andamento delle costole per la forma italiana; qualche volta queste sono anche in minor numero e quindi più grosse; nella forma italiana le costole sono nitide, rego- lari ed uniformi e ciò non sempre accade nella forma vien- nese; del resto il contorno, le dimensioni e lo spessore sono identici e posseggo esemplari del bacino di Vienna dove le costole sono altrettanto regolari come in quelle del pliocene italiano, fatto che non appare dalle figure di Héòrnes. — 214 — Non sarei alieno, ritenendo che il tipo medio del miocene sia come l’ha descritto Hòrnes (Foss. Moll. Wien., Vol. II, pag. 113, Tav. XI, fig. 1) di conservare il nome di Michelotti invece di quello di Basterot per la forma pliocenica, nel qual caso la varietà plocenica di Foresti dovrebbe assumere un nome autonomo; infatti se la costanza nella regolarità delle costole e la loro maggiore ampiezza (per quanto questo se- condo elemento sia molto variabile) giustificherebbero una nuova specie, tanto più sarebbe giustificato da una differenza abbastanza notevole nel contorno e |specialmente nella regione ‘ posteriore: naturalmente conservando il nome di Michelotti dovrebbe radiarsi per il pliocene quello di Basterot. La figura di Cocconi del T'apes genei (En. moll., Parma etc. Tav. XI, fig. 1-2) è troppo triangolare, ha gli umboni troppo mediani e non rappresenta la forma della quale mi occupo e questo per imperfezione di disegno e non già per diversità di specie. Come si è detto Cocconi oltre al 7. genei cita anche il T. vetulus; non è la stessa specie; a Castellarquato trovasi effettivamente un’altra specie che all'ingrosso può essere con- fusa col 7. vetulus Bast. Ne differisce per le costole sottili regolari e più che per gli ornamenti per la forma generale: ha gli umboni quasi mediani ed è egualmente acuminato alle due estremità, nel contorno è molto prossimo a quello figurato dallo stesso Cocconi col nome di (Genei solo che mentre un gene? delle stesse dimensioni presenta sino ad un centimetro di distanza dagli umboni circa 50 costole, la specie della quale parlo ne ha sopra a novanta. T. vircinea Meg. È citata da Cocconi del piacentino, da Coppi per il modenese e da Rayneval, V. d. Ecke e Ponzi per Montemario. È specie assai dubbia non tanto come forma di Megerle quanto come forma pliocenica: probabilmente è il T. bronnù di Mayer. Venerupis V. congLoBata (Brocchi). (Conc. foss. subap., Tav. XII, fig. 12). Citata da Cocconi per Lugagnano. La Mya conglobata . — 215 — Brocchi non è una Venerupiîs ma è una variazione della Tracia distorta (Mtg ). La specie citata in Cocconi invece è la V. glabrata (Broc.). V. pEcUSsATA Phil. Citata da Cocconi a Montezago (Pia- cenza) va riferita alla V. substriata (Mtg.). V. EREMITA (Broc.). Citata da Sismonda (Syn. II) e da Sacco (Cat. Piem., pag. 342) va riferita al Zapes eremita ( Brocchi). V. FAUJASII Bast. Bronn (It. tert. Geb., pag. 91) interpreta con questo nome la Chama coralliophaga Broc. che va riferita alla Coralliophaga lithophagella L. Venerupis glabrata Brocchi (Mya) (Conc. foss. subap., pag. 344, Tav. X1I, fig. 13). È una specie dimenticata e molto si deve e alla sua rarità e alla imperfetta descrizione di Brocchi, Bronn avendola citata fide Brocchi, cambia però il nome d’autore. È la specie che Cocconi ha confuso con la conglobata figurandone una varietà (En. moll. Parma e Piac., pag. 291, Tav. X, fig. 1-2) che effettivamente non può per il polimorfismo normale del genere, meritare d’essere distinta. La conchiglia è ordinariamente erosa alla superficie per sfo- gliazione, ma nella parte conservata verso il margine, rara- mente per tutta la conchiglia, presenta delle costole trasver- sali sfogliate e lamellari percorse da solchi minuti longitudinali nella parte aderente, come descrive Cocconi ed accenna Broc- chi. Differisce dalla V. rus per la forma che in questa è ovalare e notevolmente tumida e rigonfia. Non conosco questa specie che del piacentino. Venerupis irus L. È citata di Siena da Pantanelli e De Stefani, da Sismonda e da Sacco per il Piemonte, da Coc- coni per il piacentino e da Coppi per il modenese. La forma fossile pliocenica non differisce nè dalla vivente nè da quella miocenica figurata nell'opera magistrale di Hòrnes. — 216 — Venerupis pernarum Bonelli in Michelotti ( Brevi cenni moll. brac. ed ac. Ann. sc. R. Lomb. Ven. Vol. IX, pag. 166) Parmigiano, piacentino e astigiano. Sacco e Sismonda la ci- tano del Piemonte, Cocconi di Castellarquato e Pantanelli e De Stefani di Siena. È ottimamente figurata da Hérnes ( Foss. Moll. von Wien, Tav. X, fig. 6) il quale ha avuto esemplari tipici di Asti e di Castellarquato, per quanto questi sotto altro nome, che non differiscono tra loro che per le variazioni accidentali nei molluschi litofagi. Venerupis substriata Montagu (Venus). Benchè non citata da alcuno, occorre rammentare questa specie come cor- rezione sinonimica della decussata, che effettivamente trovasi a Castellarquato e nel modenese, da dove la cita anche Héòrnes (Foss. Moll. Wien, Vol. II, pag. 108). Per la forma fossile è buona la figura di quest’ultimo autore, Tav. X, fig. 4-5. Petricolidae Petricola P. cHamorpes Lam. Lamark dubitativamente e poscia De- shayes affermativamente, stabilirono questo nome per la Venus (Rupellaria) lithophaga L. citata da Brocchi var. sulcis cras- storibus (Conc. foss. subap.. pag. 376, Tav. XIII, fig. 15), quindi quel nome va inteso come P. lthophaga Retz. P. crcLapIFORMIS Coppi (non Doderlein) ( Fram. di paleont. mod. Bull. com. geol. ital., 1876, pag. 207). È proprio la stessa specie citata nominativamente da Doderlein a pag. 37 della seconda memoria delle note illustrative della carta geologica di Modena e Reggio; non è una Petricola, ma una Kellia ine- dita come già corresse în schedis Doderlein, e come anche si può intendere dalla imperfetta descrizione di Coppi. P. rRagILIS L. Michelotti. V. Gustrana fragilis L. P. LameLLOSA Lam. Lamark riferi a questo nome la V. ru- pestris di Brocchi e fu seguito da Bronn e da Sismonda; De- shayes dubitò della precisione di questa sinonimia; effettiva- — 217 — mente la V. rupestris Broc. va riferita alla Venerupis sub- striata (Mtg.). Petricola lithophaga Retzius (Venus). È citata da Brocchi per il piacentino e da Cocconi, da Coppi per il mo- denese, da Sismonda e Sacco per il Piemonte, da Appelius per Livorno e da Pantanelli e De Stefani per Siena. P. roccELLARIA Lam. Citata da Conti ( Montemario, Ed. II, pag. 36) e non più citata dagli autori posteriori è la P. ltho- phaga (Retz.). P. rupEstRIs Broc. Citata da Sacco (Cat. Piem., pag. 342) e eguagliata alla P. lamellosa Lam. è la Venerupis substriata (Mtg.). Rupellaria R. LITROoPHAGA L. Retzius Brocchi. Vedi Petricola litho- phaga ( Retz. ). R. ruPEstRIS Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 376, Tav. XIV, fig. 1); è la Venerupis substriata Mtg. Brocchi co- nosceva benissimo la Petricola lithophaga e non è supponibile che volesse creare una nuova specie sopra possibili varietà della medesima, tanto più che la descrizione si adatta assai più alla V. substriata che alla P. lithophaga. Cyrenidae Cyrena C. consoBRrINA Caill. Citata da Meli per Acquatraversa e Sedia del Diavolo e da Zuccari per Montemario, va riferita alla Corbicula fluminalis (Mull.). C. suessi May. Citata da Sandberger per Villalvernia: Sacco ha riconosciuto che proviene da un giacimento: miocenico. — 218 — Corbicula Corbicula fluminalis Miller (Tellina). Uno studio speciale su questa specie fu fatto da Clerici (Sulla Corbicula fluminalis dei dintorni di Roma e sui fossili che l’accompa- gnano Bull. Soc. Geol. Ital., Vol. VII, pag..123). Nella tav. IV sono consacrate a questa specie e alle sue varietà ventitrè figure. Clerici cita questa specie per il solo Lazio; Fucini (Bull. soc. geol. it., Vol. X, pag. 83) l’ha citata posterior- mente di S. Zio (Empoli). Come Cyrena consobrina ed anche come C. fluminalis era stata citata del Lazio prima da Meli, Zuccari e poi da Ponzi-Meli. ( Ditypodon ) D. Suessi May. Citato da De Stefani (Atti soc. toscana., Vol. III, pag. 296) sulla citazione di Sandberger, secondo Sacco è specie miocenica. Sphaerium Sphaerium bullatum De Stefani (Atti soc. toscana, Vol. III, pag. 295, Tav. XVII, fig. 8) strati lacustri di Mar- ciano presso città di Pieve. Sphaerium zenonii Sacco ( Cyclas). ( Nuove specie ter- ziarie di Molluschi terrestri del Piemonte. Milano, 1886, pag. 12, Tav, 1, fig. 5) Villafranca d'Asti. ( Cyelas ) C. concentrica Bronn (It. tert. Geb., pag. 96) va riferita al Pisidium priscum Eichw. C. islandica L. Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 370) e Borson (Oritt., pag. 270) va riferita alla V. gigas Lam. C. zenonii Sacco. Vedi Sphaerium zenonii Sacco. EAST APE EE PE A E A ee I — 219 — Pisidium Pisidium amnicum Miller (Tellina). È citato da Tuc- cimei per la Sabina (Boll. soc. geol. it., Vol. VIII, pag. 124) e da Clerici (Boll. soc. geol. it.. Vol. VII, pag. 117 e 119, Tav. V, fig. 13-14) per la Sedia del Diavolo e Monteverde. Pisidium capellinii Sacco (Nuove specie terz. di mol- luschi terrestri. Milano, 1886, pag. 13, Tav. I, fig. 4). Villa- franca d’ Asti. P. coNncENTRICUM Bronn. D'Ancona in Cocchi (L'uomo fos- sile nell’It. centr., pag. 27 nota) è il P. priscum Eichw. Pisidium fossarinum Clessin. È citato da Clerici ( Boll. soc. geol. it., Vol. VII, pag. 117, Tav. V, fig. 15-19) per la © Sedia del Diavolo ( Roma). Pisidium fossile Sacco (Fauna malac. delle alluv. plioc. in Piemonte, pag. 10, Tav. I, fig. 1) Fossano. È citato da Tuccimei (Boll. soc. geol. it., Vol. VIII, pag. 124) per Fos- serno (Sabina). Pisidium italicum Clessin. Citato da Clerici (Bull. soc. geol. it., Vol. VII, pag. 117, .Tav. V, fig. 15-17) per la Sedia del Diavolo ( Roma). Pisidium lawleyanum De Stefani (Atti soc. tosc. sc. nat., Vol. III, pag. 293, Tav. XVII, fig. 5) Castelritaldi (Umbria). P. NARDII De Stef. emendato dallo stesso autore in Ervilia Nardi. Pisidium priscum Eichwald (Cyclas). È citato da De Stefani (Atti soc. tosc., pag. 294, Tav. XVII, fig. 7) Val d'Arno da dove come Cyclas o P. concentricus era stato già — 220 — citato da Bronn, Strozzi e d’Ancona. Tuccimei lo cita di Poggio Mireto (Bull. soc. geol. it., Vol. VIII, pag. 124). Ungulinidae Ungulina Ungulina unguiformis Basterot. Citata da De Stefani e Pantanelli (Moll. plioc. di Siena Bull. soc. mal. it., Vol. IV e successivi) fu fisurata da De Stefani (Bull. soc. mal. it., Vol. XIII, Tav. X, fig. 1-5). Le citazioni dei dintorni di Siena sono rimaste uniche per questa specie. Arxinus Axinus croulinensis Jeffreys È citato delle marne sab- biose della Farnesina da Ponzi e Meli ( Montemario, pag. 21). Se la determinazione di questa piccolissima specie è esatta, è singolare che una conchiglia sublitorale nell'oceano artico, abissicola, oltre mille metri, nell’ Atlantico e nel Mediterraneo, fosse sublitorale e di mediocre profondità nel pliocene. . A. rerRUGINOsUS Forh. Citato da Zuccari (Cat. Rigacci, pas. 12) è specie dubbia e credo debba riunirsi all’ A. flexuosus per quanto anche questo sia citato da Zuccari. Azxinus flezuosus Montagu (Tellina). È citato per Montemario. da Conti, I e Il Ed, da Jeftreys, da Zuccari e da Ponzi e Meli; Ponzi le cita inoltre anche per le marne del Vaticano: Conti la cita come Cryptodon; a queste citazioni vanno aggiunte quelle come Lucina sinuosa Don. di Sacco per il Piemonte, e di Parona per Val Faido e Pontegema, e finalmente quelle di Sismonda e Michelotti come Lucina an- gulosa. Azxinus quadratus Ponzi (Fauna vaticana, pag. 15, Tav. II, fig. 2). Non potendo dubitare della esattezza della fi- sura non può essere confuso nè con l’angulatus Sow. nè con la Ptychina biplicata Phil., ambedue sinonimi dell’ A. flezuosus Mtg. Azxinus transversus Bronn (Lucina) (Ital. tert. Geb., pag. 95). È citato con questo nome da Ponzi e Meli ( Monte- mario, pag. 21) per la Farnesina e da Fucini (Boll. soc. geol. it., Vol. X, pag. 83) per l’ empolese. Come Lucina è citato oltrechè da Bronn, da Sacco per il Piemonte, da Conti, I e II Ed. per Montemario, da Appelius per Livorno e da Manzoni per Vallebiaja. Come Cryptodon è citato da De Stefani del senese (Boll. soc. mal. it., Vol. XIII, pag. 191). ( Cryptodon ) C. flexuosa (Mtg.) Conti I e II Ed. Vedi Axinus flexuosus (Mtg.). » C. sinuosus, Wood. Conti I e II Ed. Va riferito all’ Aximus flexuosus ( Mtg.). C. trasversum (Bronn). De Stefani. Vedi Axinus flexuosus (Mtg.). Diplodonta D. ApIcaLIS Phil. E citata da Sacco e Sismonda per il Piemonte, da Conti; Rayneval etc., Ponzi e Meli per la Far- nesina, va riferita alla D. trigonula Bronn. - D. AsrartEAa Nyst. Citata da Ponzi e Meli per Acquatra- versa (Montemario, pag. 21) va riferita alla D. trigonula Bronn. D. BIDENS Desh. Citata da Conti per Montemario (Ed I, pag. 19, Ed. II, pag. 27) è indecifrabile. D. piLATATA Phil. Citata da Conti ( Ed. I e II) e da Ponzi e Meli ( Montemario, pag. 20) per Acquatraversa, va riferita alla D. lupinus (Broc.); questi ultimi la riferiscono a: Wood non Phil. La specie che è stata chiamata D. Woodi da Nyst è sempre la specie di. Brocchi, o almeno tale da non poterne essere separata. — 222 — Diplodonta lupinus Brocchi (Venus). (Conc. foss. Subap., Vol. II, Ed. 1843, pag. 369, Tav. XIV, fig. 8). È citata da Sacco e da Sismonda per il Piemonte, da Cocconi per il piacentino, da Conti (I e II Ed ), da Rayneval V. d. Ecke e Ponzi (Cat., pag. 6) per Montemario; è la specie che servi a Bronn di tipo per il genere Diplodonta. La D. dilatata Phil., non per la specie viva, ma per la forma fossile non può essere separata da questa specie, come non possono esserne separate la D. dilatata Wood e la D. woodi Nyst.: d’altra parte Phi- lippi stesso ricondusse la sua dilatata vivente alla rotundata. A questa specie va riferita la fig. 6, Tav. VII di Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss. ) indicata come D. rotundata var. Wood. Diplodonta rotundata Montagu (Tellina). È citata di tutte le regioni d’Italia, da Sacco per il Piemonte, da Cocconi per il piacentino, trovasi nel modenese, da De Stefani per 5. Miniato, da Fucini per l’empolese, da Manzoni per Valle- biaja, da Pantanelli e De Stefani per il senese, da Rayne- val etc. e da Ponzi e Meli per Montemario. La forma fossile sembra in media un po’ minore della vivente. Buona figura è quella data da Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss. Vol. II, Tav. VII, fig. 5). Diplodonta trigonula Bronn (It. tert. Geb., pag. XII e 96, Tav. IIl, fig. 2) Castellarquato e Andona. È citata da Cocconi per il piacentino e da Manzoni per Vallebiaja, e vi si debbono aggiungere quelle citate come D. apicalis Phil. del Piemonte e del Lazio; non intendo però con questo di stabilire che la D. apicalis vivente debba riferirsi alla trigonula per quanto effettivamente poco ne differisca, solo credo che tutte le forme fossili debbano riferirsi a quella di Bronn piuttosto che a quella di Philippi. La D. farinesî Font. (Moll, Rhòne et Rouss., Vol. II, pag. 118, Tav. VII, fig. 8-9) rappresenta assai bene la specie di Bronn come si presenta nel piacentino. D. vaticANI Ponzi (Fossili del Monte Vaticano, pag. 19, Tav. II, fig. 4). Non saprei separare questa specie dalla D. lupinus (Broc.). — 2239 — D. wooprr Nyst. Citata da Fucini (Boll. soc. geol. it., Vol. V, pag. 34) per Poggio al Loglio, deve essere riferita alla D. lupinus Broc. (Mysia ) M. rorunDaTA ( Mtg.) De Stefani, Pantanelli e De Stefani. Vedi Diplodonta rotundata {Mtg.). Donacidae Donax D. ANATINUM Lam. Bronn (It. ter. Geb., pag. 95). Va, ri- ferito alla D. trunculus L. D. comPLaNaTA (Mtg.) Citato da Cocconi (En. moll." Parma e Piacenza, pag. 277). Va riferito al D. politus (Poli). D. rABAGELLA Lam. Bronn (It. ter. Geb., pag. 95) da ri- ferirsi ai D. semvistriatus ( Poli). Donax intermedius Hòrnes (Foss. Moll. von Wien, Vol. II, pag. 102, Tav. X, fig. 1). È citato da Cocconi ( En. moll. Parma e Piacenza, pag. 277) di Castellarquato : specie distinta e non comune e che trova la sua analoga vivente nel D. elongatus del Senegal e nella spècie fossile miocenica del bordelese D. affinis Desh. D. Longa Bronn. (It. tert. Geb., pag. 95) Castellarquato. E citato da Sismonda (Syn. II) e da Sacco per il Piemonte. Va riferito al D. politus Poli. Donax minutus Bronn (Ital. tert. Geb., pag. 95, N. 539) Andona; è citato probabilmente ex Bronn da Sismonda (Syn. II) e da Sacco per il Piemonte. È una buona specie che trovasi anche a Castellarquato. È prossima al D. venustus Poli e al D. adriaticus Montrs. È di piccole dimensioni, mas. 11 mm. lunghezza, differisce da ambedue per gli umboni più centrali . e dall’ adriaticus per il lato posteriore più rotondo. Non sono — 224 — però sicuro che la specie che ho in esame per quanto provenga dall’ astigiano sia proprio quella di Bronn, tanto più che con questa specie non s' addice la sinonimia di Bronn che la ri- ferisce all’anatinum di Basterot che poi divenne il fransversus di Deshayes, mentre poi Bronn voleva che il transversus di Deshayes fosse l'equivalente del venustus Poli. In ogni caso se la resurrezione del nome non sarà esatta, una specie dif- ferente dalle conosciute esiste ed è ciò che maggiormente interessa. Donax politus Poli (Tellina). Non è mai stato indicato con questo nome, ma come D. complanata da Cocconi e come D. longa da Bronn, Sismonda e Sacco. Donax semistriatus Poli (Tellina). È citato di tutti i giacimenti litorali del pliocene italiano, bolognese eccettuato; non difficilmente la forma pliocenica raggiunge dimensioni assai superiori della vivente. . D. srriaTtEtLA Nyst. Citato da Sacco (Cat., pag. 243) è la Tellina donacina L. D. suLcata Broc. (Conc. foss. subap., pag. 251, Tav. XIII, fig. 9). Non è probabilmente un Donax e nemmeno è plio- cenico; Bronn lo cita da Brocchi dubitativamente. Donax trunculus {L. È citato da Brocchi per la Val d’ Andona, da Foresti (Moll foss. Bol., pag. 19) per il bolo- snese, da Coppi per il modenese, da Conti (Ed. I e IT) e da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 13) per la Farnesina ed Acquatraversa. Donax venustus Poli (Tellina). Il solo nome per le con- chiglie fossili compare per S. Miniato in Costa (Accad. asp. nat., Vol. I, pag. 76), è poi citato da Ponzi e Meli (Monte- mario, pag. 13) per Acquatraversa. — 225 — ( Iplugenia ) I. fragilis L. Citata da Fucini per l’ empolese sotto questo nome generico per la sinonimia del genere Capsa, è la Ga- strana fragilis L. Psammobidae Psammobia P. BASTEROTI Bronn, (Ital. tert. Geb., PaSi 92) Vedi Sole- notellina basteroti (Bronn. ) .. Psammobia costulata Turton (Tellina). È citata da Issel-per Genova (An. mus. civ., Vol. IX, pag. 248) e da Ponzi e, Meli ( Montemario, pag. 13) per la Farnesina; .col nome di P. discors Phil. è citata da Conti ( Montemario, I Ed., pag. 19 e II Ed. pag. 27). P. piscors Phil. Conti (I e II Ed.) va riferita alla P. co- stulata (Turt. ). Psammodia ferroénsis Chemnitz (Tellina). Citata da Brocchi col nome di P. muricata Ren. è stata citata di tutti i giacimenti pliocenici italiani, dove doveva essere diffusa come .lo è attualmente la vivente; è una specie che presentandosi nel miocene superiore non ha forse ancora raggiuuto l’ apogeo della sua diffusione; nonostante che nel miocene e nel pliocene convivesse con due specie, P. biradiata e P. hornesi ad essa molto vicine e che si sono estinte nel pliocene. La varietà pyrenaica Font. (Moll. Rhòne et Rouss., Vol. II, Tav. II, fig. 3) ‘poco si scosta dal tipo medio pliocenico di questa. specie. — Psammobia hornesi Cocconi (En. moll. Parma e Piac., pag. 269). Cocconi ha dato questo nome alla P. uniradiata Horn. non Broc. del bacino di Vienna; e la distinzione è giustissima; la P. hòrnesi citata da Cocconi del piacentino trovasi anche nel modenese, e si distingue dalla umiradiata Broc. perchè il raggio unico rilevato nell’area posteriore è costituito da un 15 — 226 — angolo ottuso che impegna con i suoi fianchi tutta l'area po- steriore, per la minore asprezza dell’angolo che separa la re- gione posteriore della media e che nella uniradiata come nella ferroénsis è una vera costola longitudinale muricata. P. INCARNATA Penn. Citata da Cocconi per Castellarquato va riferita alla P. ferroénsis (Chem.). P. LABORDEI Bast. Citata da Pantanelli e De Stefani per Siena e da Fucini per l’empolese, va riferita alla Solenotel- lina basteroti ( Bronn.). Psammobia planci De Stefani e Pantanelli (Boll. soc. mal. it., Vol. IV, pag. 57 e success., De Stef., Vol. XIII, pag. 195, Tav. IX, fig. 11-12) Siena, negli strati salmastri di Pescaja. P. rteLLINELLA Lam. Citata da Tuccimei (Soc. geol. it., Vol. VIII, pag. 124). Credo assai dubbia la presenza di questa specie atlantica nel pliocene italiano, tanto più che la vivente non appartiene certamente alla zona dei litofagi. Psammobia uniradiata Brocchi (Tellina) (Conc. foss. sub., pag. 320, Tav. XII, fig. 4). Buona specie e che si di- stingue facilmente dalla ferroénsis per avere nell’area poste- riore un'unica -costola rilevata. È citata da Sismonda (Syn. II) del Piemonte, da Cocconi del parmigiano e da Coppi del mo- denese; in queste località uniche fin quì indicate per questa specie, deve essere abbastanza comune, almeno dal numero degli esemplari del museo di Modena. Fontannes ha figurato questa specie del delfinato, però il carattere speciale che la distingue non è molto appariscente e che come si è detto è nella mancanza nell’area posteriore della sottile crenellatura dipendente dall'incontro dei solchi longitudinali e trasversali che si riscontra nella P. ferroénsis L. La specie indicata da Hornes con questo nome (Foss. Moll. von Wien, pag. 99) è specie differente, trovasi anche in Italia ed ha nome P. hòr- nesi Cocc. — 227 — Psammobia vespertina Chemnitz (Tellina). È citata da Bronn (It. ter. Geb., pag. 92) per Castellarquato, da Si- smonda (Syn. II) e da Sacco (Gari) per il Piemonte, da Ponzi e Meli ( Montemario, pag. 13) per la Farnesina. Bronn indica come var. major quella di Castellarquato; gl’ individui del modenese, del piacentino e dell’astigiano posseduti dal museo di Modena, non presenterebbero stature eecezionali e non differiscono dalla forma vivente. (Gari) G. feroénsis (Gml.) Sacco. Vedi Psammobia ferroénsis (Chem.). G. uniradiata (Broc.) Sacco. Vedi Psammobia uniradiata ( Broc. ). G. vespertina ( Lam.) Sacco. Vedi Psammobia vespertina (Chem.). Solenotellina (Solenotellina emendato da Soletellina). Solenotellina basteroti Bronn ( Psammobia ) (Ital. tert. Geb., pag. 92, N. 508) Andona. È la stessa specie che Miche- lotti chiamò Solen repandus, alla quale Sismonda restituì il genere Soletellina, che poi da Pantanelli e De Stefani fu chiamata Labordei Bast. (Boll. soc. mal. it., Vol. IV, pag. 58 e tav. suc.). È citata con questo nome da Fucini, ( Boll. soc. geol. it., Vol. X, pag. 84) per Spicchio (Empoli). La forma pliocenica non differisce solo per l'ampiezza delle nimfe come credè Bronn, che anzi in questa parte la differenza non è ap- prezzabile; dal confronto con individui di Pòtzleindorf classi- - ficati dallo stesso Héòrnes, le differenze consisterebbero, nel- l'andamento diverso dell’estremità posteriore che troncata obliquamente nella specie di Vienna, è regolarmente rotondata nella specie di Siena e dell’astigiano e nella mancanza di quella specie d’ottusa carena che nella forma viennese dal- — 228 — l’umbone va all’ angolo anteriore del lato posteriore. Le di- mensioni sono presso che eguali, è un po’ minore la forma pliocenica. Sono due forme dello stesso tipo e se Bronn non avesse dato un nome a quella dell’astigiano, poteva assumersi questa come una varietà di quella del viennese’ e del borde- tese; la divisione specifica indica solo che il tipo, anteriore al miocene superiore, ha assunto nel secondo piano mediterraneo la forma indicata da Basterot, si è modificata nel pliocene, e che estinta nel Mediterraneo, non sarebbe difficile ritrovarne le traccie in qualcheduna delle Solenotelline dei mari tropicali. 5. REPANDA (Micht.) (Brevi cenni moll. broc. e acef. Ann. Sc. R. Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 170) astigiano. Citata e de- scritta come Solen repandus da Michelotti e poi da Sismonda (Syn. II) come Soletellina va riferita alla S. basteroti (Bronn). (Hyatula ) H. repanda (Micht.) Sacco. Vedi Solenotellina basteroti ( Bronn.). Elizia E. orBIcuLATA Wood. Citata da Conti ( Montemario Ed. I pag. 19, e Ed. II, pag. 27) essendo anche un tipo della Ma- lesia, come forma pliocenica è indecifrabile. Solenidae Solenocurtus ( Solenocurtus emendato da Solecurtus ) S. ANTIQUATUS (Pultn.) Citato da Ponzi e Meli (Monte- mario, pag. 11) per Acquatraversa; è sinonimo del S£. coar- ctatus (Gml.). Solenocurtus candidus Renier (Solen). È citato da Ponzi e Meli ( Montemario, pag. 11) per la Farnesina; Broc- chi citò questa specie e pare che intendesse le differenze — 229 — con lo strigillatus, è però singolare che s’imbattesse in una specie rara assai e che gli sfuggisse invece lo strigillatus che e assai comune. Trovasi oltre che nel piacentino anche nel- l’astigiano. Solenocurtus coarctatus Gmelin (Solen). Specie molto diffusa nel pliocene come lo è attualmente nel Mediterraneo e nell'Atlantico. È citata di tutti i giacimenti pliocenici li- torali, Siena esclusa. Solenocurtus dilatatus Bonelli in Sismonda (Syn. I pag. 14 e Syn. II, pag. 21). Nelle illustrazioni conchiliologiche di Chenu (Mon. gen. Solen, Tav. 17, fig. 11-12) è indicato il Solecurtus dilatatus Bonelli. È una specie prossima al Soleno- curtus strigillatus dal quale differisce per la maggiore altezza per essere più obliqua e per terminare nella parte anteriore con un angolo leggermente ottuso, mentre lo strigillatus è rotondato: la specie è lunga 64 mm., alta 34 mm. Uno stri- gillatus della stessa lunghezza sarebbe alto 27 mm.: queste misure sono state prese su l’ unico esemplare del museo di Modena che proviene dalle sabbie plioceniche di Castellarquato. Solenocurtus multistriatus Scacchi. È citato del plio- cene solo da Conti (Ed. I pag. 17, Ed. II pag. 25) per Mon- temario e da Zuccari (Cat. Rigacci, pag. 11). Monterosato vorrebbe che recasse il nome più antico S. scopula Turt., che Kobelt rifiuta ritenendo che Turton abbia descritto una forma giovane. Solenocurtus strigillatus L. Specie diffusa e citata di tutti i giacimenti pliocenici italiani, Siena esclusa; fu però da me trovato nei dintorni di Colle. (Azor) A. AaNTIQUATUS ( Pult.) Ponzi e Meli. Vedi Solenocurtus coar- ctatus (Gmel.). -— 230 — (Psammosolen ) P. candidus (Ren.) Cocconi. Vedi Solenocurtus candidus ( Ren. ). P. coarctatus. (Gmel.) Cocconi. Vedi Solenocurtus coarctatus (Gmel.). P. strigilatus L. Cocconi. Vedi Solenocurtus strigillatus L. .Pharus Pharus legumen L. Non è mai citato sotto il genere Pharus, ma come Polia o come Ceratisolen; è indicato del Piemonte da Sacco e da Hoernes e Cocconi del piacentino; da Fucini per l’empolese; da Ponzi e Meli per Acquatraversa e da De Stefani per una località nell’interno della città di Siena. ( Ceratisolen) C. legumen L. De Stefani e Sacco. Vedi Pharus legumen L. (Pola) P. legumen L. Cocconi, Fucini, Ponzi e Meli. Vedi Pharus legumen L. . Cutltellus Cultellus olivii Michelotti (Solen) (Brevi cen. ac. e brac. Ann, Scienze R. Lombardo Veneto, Vol. IX, pag, 170) Astigiano. Come Solen è citato anche da Sacco e da Sismonda probabilmente sulla scorta di Michelotti. Un esemplare assai discreto di questa specie proveniente da Montezago ( Piacenza) già riferito da Doderlein al C. oliviî e anticamente al S. cul tellus L, mi permette di completare la breve diagnosi di Mi- chelotti. La conchiglia è allungata, arcuata, depressa secondo il genere al quale appartiene; ha ambedue le estremità ro- — 281 — tondate, la posteriore appena più acuta della anteriore; la superficie è nitida ed appena segnata dalle linee di accresci- mento. Lunghezza tra le due estremità 49 mm.; distanza tra l’umbone e l'estremità anteriore 5 mm.; altezza sulla metà della conchiglia 13 mm. È l’unica specie del genere nel pliocene dell’Italia settentrionale, e credo la terza dei terreni terziari d'Europa; il genere non è ancora estinto nel Mediterraneo, ma la specie fossile non appartiene al tipo del C. pellucidus Penn. ma piuttosto al C. cultellus L. dell'Oceano Indiano dal quale differisce per essere più arcuato e meno alto in pro- porzione della lunghezza. C. reLLUCIDUS Penn. Citato da Zuccari (Cat. Rigacci, pag. 11) per Montemario; reputo assai dubbia la determinazione di questa specie. Ensis Ensis ensis L. Questa specie è citata da Sacco e Sismonda per il Piemonte, da Brocchi e Bronn per il piacentino, da Coppi per il modenese, da Manzoni per Vallebiaja, da Fucini per l’empolese, da Conti, Rayneval etc. Ponzi e Meli per Montemario. Cocconi cita questa specie come E. rollei Hòrnes; questa specie fu fondata da Hòrnes per la estremità anteriore conformata diversamente da quella dell’E. ensîs; questo ca- rattere non si riscontra nella specie di Castellarquato della quale posseggo molti esemplari. Fucini la cita come E. magnus Schm. per evitare la ripetizione del nome generico; io prefe- risco conservarle l’ antico nome sotto il quale è assai più co- nosciuta. E. magNus Schm. Fucini (Bull. soc. geol. it., Vol. X, pag. 84) Spicchio, Sinonimo di E. ensîs L. E. roLLeI Hòrn. Cocconi (En. moll. Parma e Piacenza, pag. 255). Va riferita all’ E. ensis L. — 232 — Solen S. canpipus Ren. Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 304). Vedi Solenocurtus candidus (Ren.). S. carrBoEus Lam. Michelotti (Ann. sc. R.° Lomb. V., Vol. IX, pag. 170) e Sismonda, astigiana (Syn. IT), come forma pliocenica è indecifrabile; con molta probabilità va riferita al Solenocurtus coarctatus (Gmel..). S. coarcraTtus Gml. Sasso, Rayneval etc. Vedi Solenocurtus coarctatus. (Gml.). S. ENSIS L. da molti e vedi Ensiîs ensis L. S. Lecumen L. Sismonda. Vedi Pharus legumen L. S. oivia Micht. Vedi Cultellus oliwir (Micht.). 9. cene Micht. Vedi Solenotellina basteroti (cena ). S. siviqua L. È citato per la Farnesina da Ponzi (Atti XI, cong. sc. it., pag. 284) e poi taciuto nei lavori posteriori. S. srrIciLatus Lam. Bronn. Va Sele al Solenocurtus strigillatus L. i S. teNUIS Phil. Citato da Conti (1 Ed., pag. 17, II Ed., pag. 25) per Montemario, sarebbe il Cultellus pellucidus Penn. : però credo assai dubbia questa determinazione. Solen vagina L. È citato di tutti i giacimenti litorali del pliocene italiano ed era nel pliocene diffuso come lo è attualmente nel Mediterraneo e nell’ Atlantico. S. vaervomes Lam. Michelotti (Ann. Sc., Vol. IX, pag. 170); come forma pliocenica è indecifrabile. — 299 — Myacea. Mesodesmidae Mesodesma Mesodesma cornea Poli (Mactra). È citata da Appe- lius presso Livorno (Bull. mal. it., Vol. III, pag. 271) da Fu- cini (Bull. soc. geol. it., Vol. X, pag, 84) di Petraja (Empoli) e da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 11) per Acquatraversa e Farnesina. Le citazioni di questa specie che non conosco allo stato fossile sono scarse e doveva essere non comune; nell’ Italia settentrionale è sostituita dalla IM. trigona (Cocc.) la quale poi trovasi anche nell'Italia centrale. M. ERYCINA Desh. Conti (I Ed. pag. 20 e II Ed. pag. 27) per Montemario, è indecifrabile qualora non sia la IM. cornea (Poli). Mesodesma trigona Cocconi (Tellina) ( En. moll. plioc. Parma e Piacenza, pag. 273, Tav. VII, fig. 4-7) Lugagnano. È citata anche da Coppi (Tellina, Pal. Mod., pag. 110) e dei dintorni di Siena (Bull. soc. mal. it., Vol. IV, pag. 58 e tav, succ.) da De Stefani e Pantanelli: distinta specie ben diffe- rente dalla JM. cornea per il suo contorno donaciforme e che trova il suo riscontro in una specie ben conosciuta dell’ Oceano Indiano, M. cardicides Lam. ( Donacilla ) D. ponaciLLa Lam. Citata da Conti per Montemario è si- nonimo della Mesodesma cornea (Poli ). Ervilia Ervilia castanea Montagu ( Donax.) Unico invenimento di questa specie è stato per S. Miniato; De Stefani (Bull. malac. it., Vol. VII, pag. 12) Calenzano. — 294 — Ervilia italica De Stefani (Bull, soc. mal. it., Vol. III, pag. 72, tav. IV, fig. 3) Pescaja e Stazione presso Siena; è poi nuovamente citata dei dintorni di Siena da De Stefani e Pantanelli. Ervilia minutissima De Stefani (Bull. soc. mal. it., Voi, III, pag. 73, tav. IV, fig. 4) Pescaja e Stazione presso Siena; è citata nei lavori successivi per i dintorni di Siena da Pantanelli e De Stefani. Ervilia nardii De Stefani. Descritta prima come Pisi dium nardi, fu poi emendata dallo stesso autore (Atti soc. tosc. sc. nat., Vol. III, pag. 293, Tav. XVII, fig. 6 e Vol. V, pag. 47) Poggio Mirteto. È citata anche da Fucini (Bull. soc. geol. it., Vol. X, pag. 85) Grotte, (Empoli). Mactridae Mactra Mactra corallina L. Ponzi e Meli ( Montemario, pag. 8 ) citano questa specie per Acquatraversa e per Malagrotta e ritengono che la IM: stultorum citata da Conti debba riferirsi a questa specie. Bronn l’ha citata di Castellarquato e di Andona col nome M. inflata Bronn e pone sinonimo di questa specie la IM. stultorum citata da Brocchi; effettivamente la M. corallina alla quale deve riferirsi quella di Bronn trovasi a Castellarquato, come pure la IM. stultorum. Mactra donaciformis De Stefani (Bull. soc. mal. it,, Vol. III, pag. 74, Tav. IV, fig. 5) Siena. È citata nei diversi . lavori su Siena da Pantanelli e De Sn e da Pantanelli per Chianciano. _M. erauca Born. Cocconi. Vedi M. helvacea Chem. Mactra helvacea Chemnitz. La specie è citata da Conti i (Ed. I, pag. 18 e Ed. II, pag. 26) per Montemario; da Fucini (Boll. soc. geol. it., Vol. X, pag. 85) per Spicchio, Empoli; — 235 — Cocconi cita di Variatico la M. glauca Born. e pone in sino- nimia la MM. helvacea Chem.; veramente la glauca Born non è sinonimo della helvacea, ma poichè cita anche la figura di Wood, che ha commesso la stessa inesattezza, credo che la specie di Cocconi possa riferirsi alla lelvacea; piuttosto è dubbia la località; gli strati fossiliferi di Variatico sono mar- nosi e sono del miocene medio, Cocconi parla invece di sabbie e non posso rifiutare la possibilità di lembi pliocenici sabbiosi. M. HyYALINA Brocchi (Conc. foss, subap., Vol. II, pag. 349, Tav. XIII, fig, 8) Val d’ Andona. Citata da Bronn, da Brocchi, questo nome sparisce in tutti i cataloghi successivi, tanto editi che inediti; la descrizione di Brocchi è assai incompleta e anche il confronto sulle due Mactre esotiche non soccorre; la figura poi aumenta le incertezze, perchè mentre nella descrizione è detta subfrigona, e la fragilis Gml. vi corrisponderebbe, nel disegno è ovale; non può quindi essere accettata come specie autonoma, nè è possibile rintracciarla anche in altri generi. M. inrLATA Bronn. (It. ter. Geb., pag. 89) da riferirsi alla M. corallina L. M. LisoR Ad. È citata da Sismonda (Syn. I e II) e da Sacco nel Cat. del Piemonte, pag. 345 (Bull. soc. geol., Vol. VIII), Il nome sarebbe di Adamson e per una specie del Se- negal; è stato Deshayes il quale ha creduto che veramente questa specie si trovasse anche ‘nel pliocene italiano, seguendo le idee di Sismonda: quello che è singolare, è che Deshayes crede che Brocchi possa aver confuso le due specie come Linneo e Lamark, cioè la lisor e la stultorum, mentre Brocchi asse- risce di aver trovato una unica valva della stultorum e Si- smonda le indica ambedue; d’altra parte non è questo il solo caso nel quale Deshayes se la prende con Brocchi, anzi mentre ostenta di non citare la storica opera di Brocchi, afferra tutte le occasioni per trovarvi argomento di critica, alterando al- l’occorrenza anche il senso dalle parole di Brocchi. La M. lisor di Sismonda e Sacco va riferita alla M. stultorum L. — 236 — M. LuctRARIA L. Borson (Atti ac. Tor., Vol. 39, pag. 262) è la Lutraria clliptica Lam. Mactra pecchiolii Lawley. (Bull. malacologico italiano, Vol. II, pag. 16 ed errata corrige senza pagine, Tav. I, fig. 69) Orciano e Bucciano. È stata citata da De Stefani (Bull. mal. it., Vol. VII, pag. 11) S. Miniato. M. rIBERIANA Cocc. Sacco (Bull. soc. geol., Vol. VIII, pag. 345) errore di stampa per Hemimactra tiberiana Cocc. Mactra solida L. È citata di Castellarquato da Bronn (It. ter. Geb, pag. 89) e da Cocconi (En. moll., Parma e Piac., pag. 266) di Castrocaro da Foresti (Plioc. ant. di Castr. pag. 43). La citazione di Costa per S. Miniato è riferita da De Stefani alla IM. stultorum L. Mactra subtruncata Montagu. Questa specie è citata di tutti i giacimenti pliocenici italiani tanto col nome di Montagu come con quello di Costa, oppure come M. triangula Ren. sotto il qual nome fu indicata da Brocchi; Cocconi e Sacco le citano ambedue. È specie abbondante e largamente diffusa nel pliocene italiano e nel Nord d'Europa, come at- tualmente è diffusa dal Mediterraneo alla Norvegia: la specie deve attribuirsi a Montagu e non a Da Costa avendo questo ultimo comprese due specie sotto lo stesso nome. Secondo Mayer la specie comincierebbe nell’aquitaniano, e sarebbe già lar- gamente diffusa nel langhiano e nell’ elveziano. E Mactra stultorum L. È citata da Brocchi, Sacco, Si- smonda e Mayer per il Piemonte, da Cocconi del piacentino, da Coppi del modenese, di S. Miniato da De Stefani, da Fu- cini dell’empolese e da Ponzi e Meli per Montemario. Le ci- tazioni limitate e la rarità di questa specie (io non ne conosco che tre esemplari uno di Asti e due di Castellarquato e Mayer due valve dell’astigiano) indica che nel pliocene non aveva la diffusione e la frequenza attuale ed alla quale deve il suo nome. Secondo Mayer è tipo prepliocenico. — 237 — M. rtRIANGULA Ren. Citata da molti autori cominciando da Brocchi, va riferita alla M. subtruncata Mtg. ( Hemimactra ) H. solida L. Cocconi. Vedi Mactra solida L. H. subtruncata Da Costa Cocconi. Vedi Mactra subtrun- cata Mtsg. H. tiberiana Cocconi (En. moll., Parma e Piacenza. pag. 265, Tav. VII, fig. 1, 2. 3). Per quanto abbia esaminato la descrizione e la figura col confronto di centinaja di piccoli esemplari della M. subtruncata Mtg. non ho trovato ragione per separarle anche tenendo conto dei denti striati della valva sinistra, carattere generico del. sottogenere Hemimactra: va riferita alla M. subtruncata Mtg.; così Cocconi indica con tre nomi diversi la stessa specie e sempre erroneamente; è indi- cata del Piemonte da Sacco (IM. riberiana Cocc. er. tip.). H. triangula Ren. Cocconi. Da riferirsi alla M. subtrun- cata Mtg. Eastonia Eastonia rugosa Chemnitz (Mactra). È citata da Mayer (Cat. Mus féd. II Cah., pag. 26) di Baldichieri e da Sacco (Bull. soc. geol., Vol. VIII, pag. 345), dei dintorni di Siena da Pantanelli e De Stefani (Bull. soc. mal. it., Vol. IV, pag. 60) e da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 8) Malagrotta. Come Lutraria rugosa è citata da Sismonda (Syn. 1) e da Michelotti, e in conseguenza anche da Sacco che dieci righe prima la cita come Eastonia per il Piemonte, dallo stesso Mi- chelotti per il piacentino e parmigiano, di S. Miniato da De Stefani e da Fucini per l’empolese; nelle collezioni di Mo- dena trovasi un esemplare di 90 mm. — 238 — Lutraria (1) Lutraria elliptica Lam. Specie citata di tutti i giaci- menti pliocenici italiani. Questa specie oggi ancor più comune nell'Atlantico che nel Mediterraneo, non doveva essere molto rara durante il pliocene. L. craciLis Conti. Montemario (I Ed. pag. 17 a 45, II Ed. pag, 25 e 50). Vedi L. inlermedia Sow. Lutraria intermedia Sowerby. Non saprei per questa specie che riportare ciò che ne dicono Ponzi e Meli che l'hanno citata (Moll. foss. del Montemario, pag. 8). « Il March. Monterosato riporta dubitativameote la L. gracilis Conti alla L. elliptica Lam. (Enum. sin., pag. 13). Anche noi eravamo inclinati a fare di questa specie una varietà (var. gracelis). Ma il sig. G. Jeffreys, avendo studiato uno degli esemplari comunicatigli dal Meli, la identificò con la L. intermedia Sow. Alcuni esemplari delle marne sabbiose della Farnesina. La specie è vivente nell'America boreale ». Lutraria latissima Deshayes. Bellissima specie e che non è stata segnalata che di Montagnano (Piacenza) da Coc- coni (En. moll. Parma e Piacenza, pag. 267). Il museo di Modena ne possiede due esemplari integri del piacentino: la forma pliocenica non differisce dalla forma del viennese fi- gurata da Hornes (Foss. Moll. Wien., Tav. VI, fig. 1). De- shayes descrivendo il tipo originale che è del bordelese, avverte e lo conferma in tutti i lavori successivi, che ha la sua ana- loga vivente nei mari dell’Africa centrale. Mayer ammette che cominci con il tongriano. Lutraria oblonga Chemnitz (Mya). Citata da Brocchi è stata posteriormente citata da Bronn (L. solenoides) e poi (1) Mayer emenda questo nome in Lutaria, del quale per semplicità non ho tenuto conto nei sinonimi generici. — 299 — con uno di questi due nomi di molte località; non è stata ci- tata del bolognese e di Toscana è citata solo da Manzoni per Vallebiaja e da Bronn per Siena. Kobelt la dice rarissima nel Mediterraneo, e anche nel pliocene non sembra meno co- mune della L. elliptica. Secondo Mayer il tipo si presenterebbe - nell’elveziano. L. ovata Costa. (Ann. accad. asp. nat., III Serie, Vol. I, pag. 76). Credo con De Stefani che debba riferirsi alla L. el- liptica Lam. L. SOLENOIDES Lam. Bronn et auct. Va riferita alla L. ob- longa (Chemn.). L. RugosA (Gml.). Michelotti et auct. Vedi Eastonia ru- gosa (Gml.). Carditliidae Carditlia ‘ Cardilia michelottii Deshayes. È citata da Sismonda (Syn. II) dietro le indicazioni di Deshayes. Manzoni la ritrovò a Vallebiaja e la descrisse e figurò (Bull. mal. it., Vol. III, pag. 24, Tav. II, fig. 3). Dopo fu citata di S. Miniato da De Stefani, da Sacco per il Piemonte, da Ponzi e Meli per Acqua- traversa e di Spicchio (Empoli) da Fucini. Tugonia Tugonia anatina Gmelin (Mya). Trovata in due esem- plari da De Stefani (Bull. mal. it., Vol. VII, pag. 11) a S. Miniato, non è stata ancora da altri rintracciata. È specie assai rara anche perchè la specie fossile doveva come la vi- vente trovarsi solo alla foce dei fiumi. Il tipo è prepliocenico, . è stato rinvenuto nel bordelese, a Niederkreuzstàtten (Vienna) e sempre molto rara; la specie vive tuttora alla foce dei fiumi dell’ Africa occidentale. — 1240 — Mya M. concLoBATA Broc. (Conc. foss. subap., pag. 343, Tav. XII, fis. 12). Va riferita alla Thracia distorta ( Mtg.). M. pIiLATATA Micht. ( Ann. acc. sc. R.° Lomb. Ven., Vol. 29, pag. 168) astigiana. La breve diagnosi dell'autore non per- mette di decifrare questa specie che è pure citata da Sacco e da Sismonda. M. ELONGATA Brocc. ( Conc. foss. subap., pag. 341, Tav. XII, fig. 14) Piacentino. Citata da Cortesi (Saggio geol., pag. 41) è la Sazicava arctica L. M. cLagrata Brocchi. Vedi Venerupis glabrata (Broc.). M. rupensIis Cortesi (Saggio geol. Parma etc., pag. 42 Tav. 4, fig. 5 mala) da riferirsi alla Petricola lithophaga Retz. M. rustica Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 846, Tav. XII, fig. 11) va riferita alla Sazicava rugosa L. M. resrarum Bon. in Michelotti (Ann. sc. R.° Lomb. Ven. Vol. 29, pag. 168) Sismonda e Sacco. Vedi Sphemia testarum (Bon.). Sphenia Sphenia lamellosa De Stefani e Pantanelli ( Bull. soc. mal. ital, Vol. IV, pag. 63 e tav. success.). Fu poi figurata da De Stefani (Boll. soc. mal. it., Vol. XIII, Tav. IX, [fig. 4-8) Siena, ghiaje di Busseto e del Riluogo nei fori dei litofagi. Sphenia testarum Bonelli in Michelotti (Mya). (Ann. sc. R.° Lomb. Veneto, Vol. IX, pag. 168). Questa specie fu fatta da Bonelli per le figure senza descrizione date da Broc- chi alla tavola 15, fig. 4-5. Nel museo di Modena esistono di / — 241 — questa specie sette esemplari di S. Venanzio ( modenese) e due dell’astigiano, una delle quali è dentro una Perna. È una vera Sphenia come aveva già supposto Mayer, solo che non è l’ama- tina di Basterot, e differisce da questa per la maggiore lun- ghezza del lato posteriore che è rotondato; gli umboni sono negli individui che posseggo, più vicini al lato anteriore di quello che non appaja nella figura di Brocchi; i denti cardi- nali sono quelli delle Sphenze, le impressioni muscolari sono rotonde ed il seno palleale è largamente incavato. Sismonda e Sacco la citano come Myajtestarum. Corbula C. cARINATA Duj. È citata da Cocconi per il parmigiano e da Coppi per il modenese, non credo che questa specie si trovi nel pliocene italiano; non essendo raro trovare individui della gibba e anche della deshayesi che presentano una oscura traccia di carene, opino che debba essere riferita ad una di queste due specie. ‘Corbula cocconii Fontannes (Moll. plioe. Rhòne et Roussillon, Vol. II, pag. 19, Tav. I, fig. 22-23). È la stessa specie che Cocconi indicò come 2. var. (En. sist. moll. Parma e Piacenza, pag. 269) stri lransversis rugosioribus, pube ru- gosa, e che poi Fontannes descrisse e figurò sopra individui del bacino del Rodano. Posteriormeute Mayer (Journ. de Conch., Ser. 3.°, Tom. XXVI, pag. 304, tav. XVI, fig. 3) la de- scrisse e la figurò col nome di Corbula margaritae citandone nove esemplari dei dintorni di Castellarquato ( Bacedasco, Mon- tezago e Castellarquato) essendogli sfuggite le osservazioni di Cocconi e la descrizione di Fontannes che aveva divinato la varietà di Cocconi. Trovasi anche nell’ astigiano. C. costeLLatA Desh. Sismonda, Conti e Sacco. Vedi Cus- pidaria costellata ( Desh.). C. cusPipATA Bronn. (It. ter. Geb., pag. 91) Sismonda e Conti. Vedi Cuspidaria cuspidata (Ol.). 16 — 242 --- Corbula deshayesi E. Sismonda (Synopsis II, pag. 22) Piemonte. Hòrnes pone questa specie in sinonimia della C. ca- rinata Duj. È stata descritta da De Stefani e Pantanelli (Bull. soc. mal. it, Vol. IV, pag. 61). È assai diffusa: la conosco del modenese, del piacentino e dell’astigiano, ed è stata spesso confusa con la gibba o indicata con nomi sinonimi di questa. È citata da Cocconi per il piacentino. Corbula gibba Olivi (Tellina). È citata di tutti i gia- cimenti pliocenici italiani, e qualche volta anche con nomi differenti, come nucleus, striata, etc. e questo compensa dei casi nei quali avrebbe dovuto citarsi la deshayesi; Bronn solo cita la rugosa Lam. e pone in sinonimia di questa la gibba ; ora la rugosa come forma pliocenica italiana va riferita alla deshayesi; è strano però che su 1200 esemplari tra Asti e Castellarguato non ne trovasse da riferirsi alla C. gibba e solo si spiega col fatto delle lievi differenze che passano tra la gibba vivente e la fossile. Cortesi (Saggio geol. stati par- mensi, pag. 29, Tav. 4, fig. 3 mala) descrive senza nominarla con molta precisione questa specie di Montezago ; la descrizione è ottima e fatta in modo come allora non usava; pare che vi fosse eccitato dalla singolare accumulazione di questa specie, ed infatti essa è tale da sorprendere, e lo strato accennato è un impasto quasi esclusivo di C. gibba. La facile accumula- zione di individui di questa specie avviene anche attualmente, e un saggio di fondo del Mar Rosso (Golfo di Suez) alla profondità di 97 metri ottenuto con la draga è un’ammasso di Corbula sp. che poi non è molto differente e dalla rugosa Lam. e dalla deshayesi Sism. Il tipo della C. gibba è prepliocenico e seguita nei mari attuali ad avere la diffusione che aveva nei mari antichi. C. intermeDIA Micht, ( Ann. 3, R. Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 167 ). È citata anche da Sismonda; va riferita alla Cus- pidaria cuspidata (Ol.). C. MARGARITAE May. (Journ. de Conch., Tom. XXVI, pag. 304, Tav. XVI, fig. 3) piacentino. Va riferita alla C. cocconvi Font. — 243 — Corbula mediterranea Costa. Appelius (Bol. mal. it., Vol. III, pag. 271) è l’unico che cita questa specie del pliocene italiano (Corbulomya). Proviene da una località a cinque chi- lometri al S. E. di Livorno. C. nucLEUS Lam. Citata da Sismonda (Syn. I e II). Va riferita alla C. gebba (Ol). C. PRoPoscIDEA Sism. Citata da Sismonda (Syn. II) e da Sacco (Catal. Piem., pag. 346). Va riferita alla Cuspidaria maxima May. Corbula revoluta Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 325, Tav. XII, fig, 6) Val d’Andona. È stata citata da Sismonda e Sacco per il Piemonte, da Sasso e Issel per la Liguria, da Parona per S. Quirico ( Varesotto), Cocconi per il parmigiano, Coppi per il modenese, da Appelius per i pressi di Livorno e da De Stefani e Pantanelli per i dintorni di Siena. È tipo prepliocenico non ancora estinto fuori del Me- ditertraneo e la forma di Vienna figurata da Hérnes (Foss. moll. Wien, Tav. III, fig. 9) come i tipi di detta località non differiscono da quelli del pliocene italiano. C. ru6osA? Lam. Citata da Borson e da Bronn va riferita alla C. deshayesi Sism. almeno in parte per quella di Bronn, C. strIATA Flem. Citata da Conti (1 e II Ed., pag. 18 e 26). Rayneval etc. citando questo nome, e ponendolo eguale alla nucleus fanno supporre che debba riferirsi alla C. gibba (OL). C. umBonELLA Desh. Michelotti (Ann. sc. R.° Lomb Ven. Vol. IX, pag. 167 e Sismonda (Syn. I e II) va riferita alla Cuspidaria abbreviata (Forb.). (Corbulomya) C. antiqua Desh. Conti Montemario (Ed. I, pag. 18). Per le specie un po’ straordinarie Conti non doveva avere altro — 244 — libro oltre il Lamark, che il manuale dello Chenu; ho potuto ritrovare alcune delle sue specie, dirò così sorprendenti, sfo- gliando quel libro; qui il caso è evidente; egli cita tre Cor- bulomye delle quattro figurate a pag. 34 di quel manuale; sono determinazioni ad occhio e valgono meglio di certe de- terminazioni ad orecchio di qualche collettore mercante. Come forma pliocenica è indecifrabile. C. Chevalieri Desh. Conti Montemario (Ed. I, pag. 18, Ed. II, pag. 26); specie indecifrabile. C. complanata Sow. Conti Montemario (Ed. II, pag. 26). Il tipo è del pliocene del Nord d'Europa dove è prepliocenica la.credo assai dubbia e da rigettarsi per la determinazione di Conti. C. mediterranea Costa Appelius. V. Corbula mediterranea Costa. C. Nistii Desh. Conti Montemario (Ed. I, pag. 18, Ed. II, pag. 26) come forma pliocenica è indecifrabile. i Glycymeridae Glycymeris Glycymeris faujasi Ménard (Panopaea). È citato con questo nome da Fucini per l’empolese e da Sacco per il Pie- monte; ma come Panopaea faujasi e come glycymeris è citata di tutti i giacimenti pliocenici italiani; è pure citata come P. aldrovandi ed anche altri. Senza entrare in una lunga discussione se debbasi a questa specie conservare il primitivo nome d’ Aldrovandi, cioè glycy- merîs ripreso da Born o quello d’aldrovandi di Mén., io pre- ferisco conservare alla specie il nome faujasi che Ménard de la Groye stabili su esemplari del piacentino dati da Cortesi a Faujas; non credo per questo che la specie pliocenica sia indipendente da quella del Mediterraneo, ma mi conviene te- nerle separate anche perchè la specie fossile non raggiunge mai le dimensioni alle quali arriva la vivente; ciò rappresenta un'attitudine fisiologica non posseduta dalla fossile e come ho tenuto separato alcune specie che hanno perduto questa atti- tudine passando dal pliocene al Mediterraneo, così per giusta proporzione debbo comportarmi in modo simile nel caso. pre- — 245 — sente. La minore statura della faujast in media 16 cm. ecce- zionalmente di poco maggiore, mentre la vivente può arrivare a 25 cm. è anche collegata ad una forma leggermente diversa nelle adulte viventi che non è apprezzabile nelle giovani: la forma fossile acquistava per compenso uno spessore maggiore della vivente e ne posseggo diversi esemplari che nell'interno presentano delle protuberanze lamellari assai estese, ingrossa- menti speciali nel seno palleale o in vicinanza delle impres- sioni muscolari; un individuo presenta alla base dell’impres- sione muscolare anteriore della valva destra una grossa pro- tuberanza sferica che alla zona d’adesione copre parte della impressione stessa. Glycymeris subalpina Mayer (Panopaea) (Cat. foss. mus. fed. de Zurich, pag. 26 e 46) Astigiano. Distinta specie prossima alla G. morvegica Speng. dalla quale differisce per la minore obliquità e per altri caratteri accennati da Mayer; si distingue immediatamente dalla G. faujasi per la sua bre- vità e per la posizione degli umboni più vicini alla estremità superiore della conchiglia. L'unico individuo che si trova nel museo di Modena e che è dell’astigiano è lungo 100 mm., largo 75 mm.; sarebbe quindi maggiore delle dimensioni asse- gnate da Mayer. (Panopaea ) P. aldrovandi Mén. Citata da Sismonda, come forma plio- cenica va riferita alla Glycymeris faujasi ( Mén.). P. arago Val. Coppi (Pal. mod. 113). La P. aragoîi è si- nonima della rudolphi Eichw. ed è stato impiegato questo nome anche per la faujasîi; credo quindi che come forma pliocenica non possa staccarsi da quest’ultima. P. compressa Conti. Montemario (Ed. I, pag. 17 e 45, . Ed. II, pag. 25 e 49) dalla descrizione e anche secondo Meli è una giovane della faujasi. P. faujasi Mén. Vedi Glycymeris faujasi (Mén.). P. glycimeris (Mén.). È il nome preferibilmente usato per la Glycymeris faujasi (Mén.). — 246 — P. plicata (Mtg.). Citata da Ponzi e Meli. Vedi Saxicava plicata (Mtg.). P. reflexa Say. Coppi (Pal. mod., pag. 113). Va riferita alla Glycymeris faujasi (Mén.). P. rudolphi Eichw. Cocconi indica questa specie di località mioceniche e Mayer (Cat. mus. fed. Zurich, pag. 25) di Mon- tezago ( Piacenza). Mayer stesso dicendola intermedia tra la Menardi Desh. e la glycymeris e poi dicendola sinonima della aragoî Val. dimostra che non può separarsi dalla G. faujasi (Mén.). P. subalpina May. Vedi Glycymeris subalpina (May.). P. truncata Conti. Montemario (Ed. I, pag. 17 e 45; Ed. II, pag. 25 e 49). Ritengo unitamente a Meli che debba riferirsi alla Glycymeris faujasi (Mén.). Saxicava Saxzicava arctica L. È citata di tutti i giacimenti plio- cenici italiani nessuno eccettuato e Brocchi la citò come Mya elongata, che poi Brunn indicò come Sazicava elongata Bronn. Alcuni hanno creduto che le due specie Linneiane arctica e rugosa possano essere la stessa specie; Mayer le reputa sino- nime e le riferisce tutte alla arctica; Nyst accetta la rugosa e crede la arctica una varietà ed è seguito da Ponzi e Meli; così di altri. Io ritengo che sieno due specie distinte perchè se vi sono esemplari di S. arctica privi affatto di carena, la forma generale rimane sempre distinta da quella della rugosa. S. conaLosata Bronn; dalla Mya conglobata Broc.; va rife- | rita alla Thracia distorta ( Mtg.). S. eLongata Bronn: dalla Mya elongata Broc.; va riferita alla S. arctica L. S. cLABRATA Bronn; dalla Mya glabrata Broc.; Vedi Vene- rupîs glabrata (Broc.). — 247 — Saxicava plicata Montagu (Mytilus). Appartiene al sottogenere Arcinella ed è citata da Ponzi e Meli ( Montemario, pag. 10) per la Farnesina; è la Myrna pelagica di Conti; vive sempre nel Mediterraneo. Saxzicava rugosa L. È citata da Coppi per il modenese, da Foresti per Castrocaro, da Manzoni per Vallebiaja, da Fucini per l’empolese: credo però che sia maggiormente dif- fusa e che si nasconda o tra le citazioni della arctica o di qualche altra specie; ne posseggo esemplari del modenese, del piacentino ove Cocconi la riunisce alla arctica e dell’astigiano; come si è detto è sempre ben distinta dalla arctica non tanto per l’ assenza delle carene, quanto per la forma più ovata che facilmente assume: Brocchi la citò come MMya rustica. S. rustIca Bronn; dalla Mya rustica Broc.; va riferita alla S. rugosa L. Gastrochoenidae Gastrochoena Gastrochoena abbreviata Bonelli in Sismonda ($y- nopsis method. etc. Ediz. II), Piemonte astigiano. È citata da Sacco per la stessa regione. La specie è puramente no- minativa, ma trovandola distinta con questo nome compreso quello dell'autore da Doderlein che la riferisce ad una sua specie inedita, non dubito per le relazioni che Doderlein con- servava con i paleontologi piemontesi che sia la stessa specie di quella di Bonelli. Non differisce molto dalla intermedia ed io l'avrei assunta anche come varietà di questa; una diagnosi latina nel presente caso non potrebbe che essere la ripetizione di quella di Hòrnes e vale assai meglio descriverla per le sue caratteristiche negative. Essa è quindi più breve e più larga della sntermedia e termina con un angolo acuto dal lato degli umboni; collocata una valva sul dorso, la proiezione visuale la presenta regolarmente rotondata nella parte posteriore, e una linea che dall’apice dell'angolo del lato anteriore vada alla estremità del lato posteriore, la divide in due parti eguali — 248 — e simmetriche: il lato cardinale è diritto e privo di qualunque ingrossamento. Diametro longitudinale 15 mm., massima lar- ghezza 9 mm, distanza tra gli umboni e l’ angolo anteriore 3 mm., spessore 8 mm. Una G. intermedia Hbrn. della stessa lunghezza di 15 mm. avrebbe per le altre misure i numeri 7 mm., 15 mm, 6 mm.; è in conseguenza come si è detto più larga, più rigonfia e il margine anteriore è più lungo e il suo apice più distante dagli umboni. I due individui descritti sono di Castellarquato. La G. intermedia Horn; var. obesa Font. ( Moll. Rhòne et Rouss., Vol. II, pag. 4, Tav. I, fig. 4) rappre- senta abbastanza bene questa specie. G. cuneIrorMIs Lam. Bronn (It. ter. Geb., pag. 86) Ca- stellarquato; va riferita alla G. dubia Penn. Gastrochoena dubia Pennant (Mya). È citata da Si- smonda e da Sacco per il Piemonte, da Cocconi per il pia- centino, da Coppi per il modenese, da Manzoni per Vallebiaja, da De Stefani per S. Miniato, da Fucini per l’empolese, da Pantanelli per Colle; da De Stefani e Pantanelli per Siena, da Conti, Rayneval etc., Ponzi e Meli per Montemario. Brocchi la indica come Pholas hians L. Credo però che alcune di queste citazioni possano riferirsi alla G. entermedia Hornes. Gastrochoena intermedia Hornes M. (Foss. moll. Wien, pag. 4, Tav. I, fig. 3). Specie ben distinta dalla dubia e che è stata indicata solo dei dintorni di Siena da De Stefani e Pantanelli (Bull. soc. mal. it., Vol. IV, pag. 64 e lavori suc- cessivi). Trovasi però anche nell’ Emilia e nell’astigiano dove pare sia stata confusa con la G. dubia (Penn.). Fistulana F. BAaciLLUM Brocchi (subap., Conc. foss. Vol. II, pag. 39, Tav. 15, fig. 6) Piacentino: con questo nome è pure citata da Borson (Atti ac. Tor., Vol. 29, pag. 278); va riferita alla Clavagella bacillum (Broc.). — 249 — F. cuneIroRMIS Desh. Citata da Sismonda (Syn.Ie II). Va riferita alla Gastrochoena dubia ( Penn.). Adesmacee, Pholadidae | Pholas Pholas candida L. È citata di Castellarquato da Coc- coni (En. sist. moll. Parma e Piacenza, pag. 253), di S. Mi- niato da De Stefani (Bull. mal. it., Vol. VII, pag. 10), da Fucini per l’ empolese (Bull. soc. geol. it., Vol. X, pag. 85) e da Appelius per Livorno (Bull. mal. it., Vol. III, pag. 275). La forma fossile non differisce sensibilmente dalla vivente. P. JOUANNETI Desh. Sismonda (Syn. II) va riferita alla Jouannetia semicaudata ( Desm.). P. parva L. Citata da Conti Montemario ( Ed. II, pag. 25) è specie indecifrabile. P. pusIiLLa L. Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 414, Tav. XI, fig. 13) Sogliano, Siena, Montalceto; va riferita alla Pholadidea brocchi Pant. P. strIATA Menegh. (Ann. univ. Toscane. Vol. III pag. 75) Toscana. Vedi Pholadidea striata ( Menegh.). P. rugosa Broc. (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 413, Tav. XI, fig. 12) Piacentino. Vedi Pholadidea rugosa (Broc.). (-Barnea ) B. candida L. Cocconi. Vedi Pholas candida L. Pholadidea Pholadidea brocchii Pantanelli. (Bul. soc. malac. it.; Vol. X, pag. 12, e Vol. XIII, pag. 197, Tav. XI, fig. 43-45). — 250 — Questa specie fu stabilita per la P. pusilla Broc. non L. avendo ritrovato degli esemplari che corrispondevano alla descrizione di Brocchi; l’unica differenza è che nella figura di Brocchi (Tav. XI, fig. 134) vi sono indicati due solchi che mancano nei miei esemplari. Questa specie l’ho poi ritrovata in diversi esemplari nella collezione del museo di Modena, classificata da Doderlein col nome di Pholas pusilla Broc. che non po- trebbe conservare: provengono da S. Polo (Sassuolo): come è stato detto altrove si distingue dalla P. rugosa per la forma più allungata e per le fine reticolature della parte anteriore. Pholadidea rugosa Brocchi (Pholas) (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 413, Tav. XI, fig. 12) Piacentino. Come Pholas è citata da Bronn e da Cocconi del piacentino e come Jowan- netia da Pantanelli e De Stefani per Siena (Boll. soc. mal. it., Vol. 1V, pag. 54). De Stefani la indicò poi della stessa località (Boll. soc. mal. it., Vol. XIII, pag. 197) come Phola- didea. Trovasi anche nel modenese. Questa specie che -sem- brerebbe rara se si tien conto delle poche citazioni, è poi ab- bondante nei luoghi dove è stata trovata, e solo di Castellar- quato nel museo di Modena ve ne saranno un centinaio di esemplari. È molto prossima alla P. papiîracea Turt. del- l'Atlantico, dalla quale differisce più che altro per una mag- giore delicatezza e sottigliezza degli ornamenti superficiali. PHOLADIDEA sTRIATA Meneghini. Questa specie fu altre volte (vedi Lithodomus striatus) riferita ad un Lithodomus e pre- cisamente all’ avitensis May. La diagnosi di Meneghini però non lo permette, infatti essa dice così: « Pholas striata. Ph. testa ovata inflata, trasversim oblique bisulcata, longitudinaliter plicata; latere anali elongato, angu- stato, hiante, concentrice egregie striato; latere buccali brevis- stime, inflato. Lungh. ridotte 34 mm., iargh. 23 spessore 24 È paragonabile alla Ph. Cornuelliana D'Orb. ma molto più allungata e quindi diversa dalla Ph. rugosa Broc. Toscana pliocene. (Ann. univ. Toscana, Tom. III, pag. 75) ». Il confronto colla P%. rugosa Broc. esclude che possa col- locarsi in un genere diverso da quello della specie di Brocchi; — 261 — Meneghini era troppo buon paleontologo per supporre che po- tesse paragonare un Lithodomus ad una Pholadidea; senza la frase trasversim oblique bisulcata potrebbe credersi la P. broc- chiù Pant.; le dimensioni sono diverse da quella della rugosa; quelle date da Meneghini 34, 28, 24 sarebbero per la P. ru- g0sa 34, 21, 23 rispettivamente ; queste misure mentre escludono sempre più che possa essere un Lithodomus, rendono effetti- vamente anche più incerta la interpretazione. Nel Museo di Pisa si sono perdute le traccie di questa specie, e solo quando sarà ritrovata potrà inscriversi definitivamente nel novero delle specie plioceniche. JOuannetia J. rRuGosA Brocc. Pantanelli e De Stefani. Vedi Pholadidea rugosa (Broc.). Jouannetia semicaudata Desmoulins. È citata da De Stefani e Pantanelli per Siena (Boll. soc. geol. it., Vol. IV, pag. 64, e lavori successivi) da Coppi per il modenese (Pal. mod., pag. 114) e da Sacco (Boll. soc. geol. it., Vol. VIII, pag. 346) per il Piemonte. Come la P. rugosa questa specie è assai abbondante nei giacimenti dove è stata ritrovata benchè per ora sieno limitati e a questi deve aggiungersi Castellarquato. Ottima descrizione e figura sono state date da Fontannes (Moll. plioc. Rhòne et Rouss., Vol. II, pag. 2, Tav. I, fig. 3), la varietà urensis figu- rata non è tale che si scosti dal tipo medio delle forme plio- ceniche italiane. Teredina T. personata Lam. Brocchi e Bronn. È specie indecifra- bile, probabilmente una Clavagella. T. saciLLum Lam. e Bronn da Brocchi. V. Clavagella ba- cillum (Broc. ). — 252 — Teredinidae Teredo T. paciLtum Brocchi. Vedi Clavagella bacellum (Broc. ). T. ECHINATA Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 34, Tav. XV, fig. 1) Piacentino: va riferita alla Clavagella broc- chii Lam. Terepo MINIMA Blainv. Citata da Coppi per il Tiepido. Sarebbe la sola specie per la quale sono state trovate le pal- mule; solo che trovo una certa incertezza nella sua determi- nazione; infatti (Coppi Paleont. modenese 1881, pag. 114) parla di palette, nonostante la testimonianza di Tiberi, a nessuno potrebbe venire in mente di chiamare palette le pal- mule articolate della 7. minima Blainv. che è poi la 7. pal- mulata Phil. non Lam. i T. nAvaLIs L. È citata da Brocchi e poi da Bronn e Si- smonda; non iscrivo questa specie tra le riconosciute come non iscrivo la seguente, nessuno che io sappia avendo rintrac- ciato le palmule, unico mezzo per distinguerla dalle specie affini. T. norvecica Speng. È citata di Siena, del piacentino, del Piemonte e del bolognese da Foresti: specie incerta per le stesse ragioni addotte alla 7. navalis L. T. PERSONATA Lam. Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II pag. 40); specie indecifrabile, probabilmente una Clavagella. — 253 — Dibranchia. Lucinacea. Lucinidae Lucina L. ALBELLA Lam. Citata da Rayneval, v. d. Ecke e Ponzi (Cat. Montemario, pag. 6) dubitativamente; non so interpre- tare questo tipo eocenico nel pliocene italiano. L. AN&uLosA Micht. (Ann. scien. R.° Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 160) Montafià; va riferita all’ Axinus flexuosus (Mtg.). E citata da Sismonda (Syn. I e II). L. AstENSIS Bon. in Michelotti (Ann. sc: R.° Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 160). È poi citata da Sismonda (Sin I e II e in Murchison Strut. geol. Alpi Carp. pag. 216, trad. it.) e Sacco per il pliocene, Michelotti non avendone insegnata l’ ori- gine: va riferita a grandi individui della ZL. bdorealis L. nei quali si manifesta la depressione e il solco nella regione dorsale. Lucina borealis L. È citata e non sempre con gli stessi nomi, corcinnata Broc., astensis Bon., spuria Desh. etc. di tutti i giacimenti pliocenici italiani, dove era comune come nei mari attuali. La forma fossile è fisurata assai bene da Fon- tannes (Moll. Rhòne et Rouss., Vol. II, Tav. VI, fig. 18-19). È passata nei cataloghi con nomi diversi, circinnata, astensis, spuria, orbicularis etc. Vedi orbicularis Desh. i L. BoysII Turt. Citata da Sismonda (Syn. I) va riferita con molta probabilità alla Syndesmya alba Wood. L. sroccHi Desh. (Elem. di Conch., pag. 787). Vedi L. globosa e L. sismondae Desh, — 254 — Lucina bronni Mayer (Journ. de Conch., Serie II, Vol. III, pag. 75, Tav. III, fig. 1) (nel testo fig. 5 per err. tip. ) Castellarquato e Castelnuovo d'Asti. È citata da Cocconi per Castellarquato; specie distinta già én schedis da Doderlein col nome di L. brignoli; è prossima alla L. meneghinii De Stef. e Pantanelli dalla quale differisce per essere più com- pressa, meno alta e per le lamelle più fitte che coprono tutta la superficie; non è specie rara. L. carrosa Desh. Michelotti (Ann. scien. R.° Lombardo Ven., Vol. IX, pag. 162) Castelnuovo d’ Asti, e Sismonda (Syn. 1) va riferita alla L. irregularis Bronn. L. CIRCINNATA Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 368, Tav. XIV, fig. 6) Val d’Andona. È citata da Sasso per Al- benga. Va riferita alla L. borealis L. Lucina columbella Lamarck. È citata dietro comuni- cazione di Doderlein da Hòrnes (Moll. foss. Wien., Vol. II, pag. 232), dubitando però l'A. se provenga da strati plioce- nici. Non ne posseggo alcun esemplare del pliocene modenese, e nelle colline di questa regione è conosciuta solo del torto- niano di Montegibio dove non è comune. Ne posseggo però due individui di Castellarquato: le differenze che presentano con la forma miocenica modenese sono nella statura più pic- cola della metà e nell'essere più depressi e quindi con gli umboni meno involuti: la specie non è citata da altri; è tuttora vivente sulle coste occidentali d'Africa e anche quando si volesse fare delia forma di Castellarquato una specie di- | versa, come ha fatto Agassiz per la forma fossile in confronto della vivente contradetto da-Deshayes, resterà sempre il fatto che questo tipo del Mediterraneo miocenico o secondo piano Mediterraneo, se emigrò in gran parte dal Mediterraneo plio- cenico, non era ancora completamente estinto. La forma plio cenica come anche la miocenica italiana presenta le costole trasversali più sviluppate di quello che non sieno nella forma bordelese o viennese. L. commutata Phil. Citata da Sismonda e Sacco (Syn. II ) per il Piemonte, da Cocconi per Castellarquato, da Coppi per il modenese, da Conti (I e II Ed.) e da Rayneval etc. per Montemario, va riferita alla L. dwaricata L. L. corpaTA Bon. Citata da Sismonda (Syn. II) e da Sacco (Cat. piem. Bull. soc. geol. it., Vol. VIII, pag. 380) è specie nominativa e indecifrabile. Lucina crenulata L. Wood (Crag. moll, Vol. II, pag. 140, Tav. XII, fig. 7). Inscrivo questa specie sulla fede di Fucini (Boll. soc. geol. it., Vol. X, pag. 86) che la cita non rara nelle sabbie presso Spicchio: non è stata altrove segnalata ed è specie pliocenica del Nord d'Europa; è figurata e descritta con tanta precisione dall'A. che non si può supporre un equivoco. Lucina cunctata Fontannes ( Moll. Rhòne et Roussillon, Vol. II, pag. 109, Tav. VI, fig. 20-21). Fontannes cita questa specie di Orciano; non è questa la sola località dove trovasi e nell’astigiano deve essere assai comune; nei cataloghi figura come L. edentula (comunic. Bellardi) L. o Broc. ed anche come L. cingularis Bronn. La forma italiana è la stessa di quella del bacino del Rodano, solo in qualche esemplare il solco posteriore è anche più profondo e poichè assume dimen- sioni anche maggiori di quelle indicate da Fontannes, le sue affinità sono con la L. miocenica Hérn. piuttosto che con la L. miocenica Mich. o con la L. bellardiana May. La specie trovasi anche a Castellarquato, nel modenese e nell’ astigiano dove dovrebbe essere abbastanza comune. A questa specie ri- ferisco la L. miocenica Hòrnes non Michelotti (Moll. foss. Wien, Vol. II, pag. 228, Tav. 33, fig 3); solo i grandi esem- . plari di questa specie divengono più trasversi nella regione umbonale. Lucina divaricata L. È citata di Bologna e di Castro- caro da Foresti, da Bronn, da Sismonda (Syn. I) per il Pie- — 256 — monte, da Appelius per Livorno, da Manzoni per Vallebiaja, da Fucini per l’ empolese e da Ponzi e Meli per Montemario; a queste citazioni vanno aggiunte quelle della L. commutata Phil.; è per conseguenza specie diffusa nel pliocene come nei mari attuali. La forma prepliocenica di questa specie è la L. ornata Ag. della quale non conosco esemplari del pliocene che possano riferirvisi. Lucina dujardini Deshayos. È citata da Coppi per il modenese (Pal. mod., pag. 103) e da Seguenza (Bull. comit. geol., 1877, pag. 15) per la Val d’Era. Benchè la specie sia di Deshayes e creata per la Zactea Duj. non L. del bordelese è descritta da Hòrnes (Foss. moll. von Wien, Vol. II, pag. 235, Tav. 33, fig. 7). Non ne conosco che un unico esemplare di S. Venanzio nel modenese. L. EDENTULA L. Citata da Brocchi per il piacentino (Conc. foss. subap., pag. 367) e poi da Sasso (Sag. geol. Albenga) da Bronn, da Borson, da Sismonda e Sacco per il Piemonte. Esiste un gruppo di Lucine che ognuno ha inteso a modo suo. Così la specie citata da Brocchi è la L. fragilis Phil., stando a questo autore che la riporta in sinonimia secund. specimina, mentre Sismonda e forse Bronn riferiscono a questa un' altra specie, alla cunctata Font. e forse alla eregularis Bronn e chiamarono renulata Lam. la fragilis di Philippi, come aveva cominciato Borson (Sag. oritt., pag. 272 e 273 atti accad.). Ciò che vi è di sicuro è che la L. edentula L. non trovasi nel pliocene. Lucina elliptica Borson (Oritt. piem. atti accad. To- rino, Vol. 29, pag. 272, fig. 5 mala). Con questo nome è citata anche da Sasso per Albenga. Questo nome poi sparisce nei cataloghi successivi. La specie però non sfugge agli osservatori e Bronn (It. tert. Geb., pag. 94) la descrive nuovamente col nome di L. &rregularis e non vi può essere dubbio che trat- tisi della stessa specie; anche il nome di Bronn subisce la stessa sorte, anzi il nome di Borson almeno una volta è citato, cioè da Sasso, mentre quello di Bronn sfugge completamente. — 257 — Michelotti ( Brevi cenni moll. acef. etc.) la chiama callosa Desh. ed è seguito da Sismonda, la erregularis (note inedite) si nasconde come sinonimo della edentula, come la edentula era nascosta nella cunctata e mai nella fragilis. Non bastando la confusione Michelotti, descrive una L. transversa Bronn (Foss. mioc. sup. It. sept., pag. 115, Tav. 4, fig. 24) che cita anche del pliocene che è non la L. transversa di Bronn ma la elli- ptica di Borson o la @rregularis di Bronn. Senza descrizione è citata da Mayer col nome di L. pedemontana; finalmente è nuovamente descritta e figurata da Pecchioli col nome di L. rostrata, è con questo stesso nome, riferendola al genere Ax2nus, che Fontannes la cita del bacino del Rodano e di Orciano, però la sua figura è troppo regolare e non rappresenta il tipo medio della specie. Buona figura è quella di Pecchioli ( Descr. di alcuni nuovi foss. subap., pag. 32, fig. 43-45). Abbiamo quindi per una stessa specie quattro descrizioni e sei nomi cioè elliptica Borson, callosa Michelotti non Desh., irregularis Bronn, transversa Micht. non Bronn, pedemontana May. e ro- strata Pecchioli. Ristabilita così la sinonimia di questa specie, si trova che è citata del Piemonte da Borson, Sismonda, Michelotti e Mayer, per la Liguria da Sasso e Issel, per la Toscana da Ap- pelius, Pecchioli e Fontannes e da Ponzi e Meli per Monte- mario; trovasi anche nell’ Emilia e in diversi giacimenti della Toscana oltre quelli citati dagli autori precedenti. È quindi una specie abbastanza diffusa, a tipo prepliocenico, per quanto la forma miocenica si stacchi da quella più recente, e che si è estinta od ha emigrato con la fine del Mediterraneo pliocenico. Lucina exigua Eichwald. Questa specie è citata di Asti da Hérnes (Foss. moll. Wien, Vol. II, pag. 243, Tav. 33, fig. 12) e da Parona (Val Sesia e lago d' Orta, pag, 114 ) per Ponte S. Quirico e da Seguenza (Boll. conc. geol., 1877, pag. 15) : per Cornarè (Piemonte). La specie come forma pliocenica mi è sconosciuta. L. FARNESIANA Rig. Citata da Zuccari (Cat. Rigacci, pag. 12) per Montemario, è specie nominativa. 17 — 258 — Lucina fragilis Philippi (En. moll. Sicil., Vol. I, pag. 35). Oltre alla citazione di Philippi che essendo stata fatta su esem- plari di Brocchi, deve riferirsi alla Italia settentrionale, è la specie che è stata chiamata L. renulata Lam. secondo individui comunicati da Bellardi, e a questa deve riferirsi la edentula di Brocchi. Posseggo individui di questa specie di Castellar- quato e di Asti dove non deve essere rara, almeno per il nu- mero degli individui in collezione. L. crapetta Bon. Citata da Sismonda (Syn. II) e da Sacco per il Piemonte è specie nominativa indecifrabile. L. eLoBosa L. Brocchi e Bonelli. Brocchi ( Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 369) citò questa specie di Valle di Andona, e la descrisse sufficientemente. Bronn la citò di Castellarquato e non ricordando che già da Brocchi era stata riferita al genere Lucina o anche ritenendola diversa dalla Venus globosa L. vi attribuì il suo x. Bonelli lasciò inedita una £L. globosa poi citata da Sismonda e Sacco. Deshayes ha creduto le due specie differenti e chiamò quella di Brocchi brocchi e quella di Si- smonda sismondae; effettivamente sono la stessa specie ed è stato un caso che proprio la prima citata, sola che per uso di priorità dovrebbe conservare il nome, sia stata quella perve- nuta a Hornes che la descrisse e la figurò come Lucina si- smondae Desh. alla quale va riferita. tanto la globosa L. Broc- chi, come la globosa Bonelli. L. HAIDINGERI Horn. È citata solo da Ponzi (Marne vati- cane, pag. 19) per il Monte Vaticano. Credo molto dubbia questa specie del miocene medio nel pliocene italiano, tanto più poi che può facilmente essere :confusa con specie vicine e perchè Ponzi quando illustrò la fauna del Monte Vaticano riteneva mioceniche quelle marne. L. HIATELLOIDES Bast. Citata da Michelotti (Faune mioc. It. sett., pag. 116) Castelnuovo d’ Asti. Va riferita alla L. spi- mifera (Mtg.), — 259 — Lucina incrassata Desh. È citata da Coppi pet il mode- nese (Pal. mod., pag. 103). Nel museo di Modena ve ne sono una ventina di esemplari: è specie prossima alla forma de- scritta con questo nome da Hornes di Vienna, ma è di- stinta dalla medesima; manca dei due solchi attorno alla lu- nula che sono costanti in tutti gli esemplari di questa specie, è meno solida e più irregolare; nel contorno è quasi eguale; le differenze sono più evidenti confrontandola con gli esem- plari, le fisure di Hòrnes non rappresentando a mio parere il tipo medio viennese di questa specie. L. IRREGULARIS Bronn. (It. ter. Geb., pag. 94) Genova. Va riferita alla L. elliptica Bors. L. JAMAICIENSIS Lam. Citata da Michelotti, Sismonda e Sacco. Va riferita alla L. borealis L. L. LACTEA L. Citata da molti. Va riferita alla L. leucoma (Turt.). Lucina leonina Basterot. Brocchi la citò come L. fige- rina L. di Val d’Andona e del Piemonte l’hanno citata Si- smonda e Sacco. Cocconi l’ha citata di Castellarquato e Appe- lius di Livorno; i migliori e più grandi esemplari sono del- l’astigiano: la forma pliocenica non differisce dalla forma miocenica di Vienna o del bordelese, che per essere meno or- bicolare e leggermente transversa, accostandosi alla L. tige- rina L. delle coste occidentali d'Africa, che è più trasversa ed ha i solchi longitudinali, specialmente nella parte centrale più marcati; non mancano individui però che si accostano talmente alla vivente da giustificare gli autori che hanno usato quel nome. Lucina leucoma Turton. (Tellina) Con tal nome è ci- tata da Manzoni di Vallebiaja, come L. lactea, come Loripes 0 come Myrtea la troviamo in tutti i cataloghi di fossili plio- cenici italiani. De Stefani (Bull. soc. mal. it., Vol. III, pag. 71, tav. IV, fig. 1) ha dato a una leggera varietà di questa specie — 260 — il nome di Loripes Savi e con questo nome è stata citata nei lavori successivi su Siena da De Stefani o da Pantanelli o di ambedue. Un confronto più largo con le forme fossili e con le viventi mi fanno ora rigettare questa specie che è una va- rietà anche assai comune tra le forme mediterranee. Questa specie è assai variabile come tutte le specie che essendo ma- rine si adattano alle acque salmastre, sieno più o meno salse di quelle del mare; la L. Savi De Stef. è una varietà sal- mastra della quale non sarebbe difficile ritrovare l’ eguale tra le viventi. Il confronto con la miocenica di Micht. anche è inesatto; questa appartiene a un tipo differente che si rag- gruppa nel miocene alla globulosa, la quale passa poi nel pliocene alla cunctata; piuttosto la forma prepliocenica della leucoma sarebbe la dujardini e questa passa anche al pliocene come si è detto a suo tempo. L. LuPINUS Brocchi. (Conc. foss. subap., pag 369, Tav. XIV, fig. 8). Vedi Diplodonta lupinus (Broc.). Lucina meneghinii De Stefani e Pantanelli (Boll. soc. mal. it., Vol. IV, pag. 47). De Stefani in un lavoro successivo pure figurandola (Bull. soc. mal. it., Vol. XIII, pag. 191, Tav. IX, fig. 27, 28) riconduce questa specie ad una varietà della spinifera Mtg. Veramente se questa specie si dovesse riunire a qualche altra sarebbe alla bdorealis o meglio alla bronni e mai alla spinifera non essendovi alcuna traccia del- l’area cinta da costole spinose. La specie è assai comune e Bonelli (da indiv. comunicati da Bellardi a Doderlein) l’ aveva chiamata vnguis (den. ined.). La L. radula Bronn non Lam. var. lamellis obsoletis deve riferirsi a questa specie, ed è nella radula, circinnata, spuria, borealis che si è nascosta unitamente alla L. bronni nei diversi cataloghi. La forma figurata da De Stefani è una forma anomala di questa specie, ed è assai più trasversa di quello che non sia il tipo; infatti nella descrizione fatta in comune abbiamo assegnato le dimensioni larg. 10,9 mm, lung. 10,1 mm. nella figura sono invece 15 mm. e 12 mm.; effettivamente raggiunge anche le dimensioni 16 mm. e 18 mm. che in nessun caso s’accordano con quelle della figura di De — 261 — Stefani. Dalla L. borealis L. oltre alle dimensioni minori e alla mancanza di lamelle negli umboni e sul dorso, differisce per la lunula più piccola e più profonda, per il margine po- steriore più angoloso e meno rotondato nella parte centrale, per il margine ligamentare retto e più trasversale, ciò che dà alla conchiglia quella forma grossolanamente quadrata della descrizione prima di questa specie. La L. bronni May. diffe- risce dalla meneghini per essere più depressa, meno transversa, più orbiculare e per le lamine sottili, erette membranacee più o meno regolari che ricoprono tutta la conchiglia. In nessun caso potrebbe essere avvicinata alla L. dentata Bast. come fu detto nella prima descrizione essendo tipo assolutamente di- verso. Posseggo questa specie e in moltissimi esemplari del- l’astigiano, di Castellarquato, del modenese e del bolognese. Come L. unguis Bon. è stata citata da Sismonda nella prima e seconda edizione della Synopsis. L. mioceNIca Micht. È citata da Parona (Val Sesia e lago d’Orta, pag. 114) per Ponte S. Quirico. La L. miocenica Micht. (Foss. mioc. it. sett., pag. 114, Tav. IV, fig. 3, non 10 come Hornes) è specie differente da quella del bacino di Vienna come già aveva dubitato Héòrnes; dal confronto degli individui tipici di Vienna con quelli dell’astigiano, confronto che era stato fatto anche da Héòrnes, ritengo che non si possa la specie di Vienna separare dalla L. cunctata Font. alla quale riferisco la specie di Ponte S. Quirico. L. orBIcULARIS Desh. Questa specie fu creata da Deshayes (Traité elem. de Conch., pag. 786) per la V. pensylvanica Broc. non L. Ora io ritengo che non possa ritenersi come specie autonoma, essendo che la specie di Brocchi può essere una varietà a strie lamellari distanti della L, dorealis L. L'esame di molti esemplari e la discussione delle descrizioni ‘ di Wood, Sars etc. mi ha persuaso che la specie di Brocchi non può separarsi dalla bdorealis quando si voglia proprio as- sumere come una Lucîna. Se però può sul valore di questa specie di Brocchi nascere dubbio, questo cessa se si riferisce alle citazioni di Michelotti; quest’ultimo ha chiamato Asfensis — 262 — una varietà a lamelle distanti della dorealis e pensylwanica la vera dorealis del pliocene; in ogni caso Brocchi ha fatto la sua citazione sopra un unico esemplare e Bronn ponendo un interrogativo dopo il nome non dà il numero delle specie, ciò che lascia supporre di non aver mai veduto l'esemplare. In quanto poi all'esistenza anche attualmente di forme a lamelle rilevate e distanti non mancano esempi. Però a me resta sempre il dubbio che trattisi di specie diversa anche di genere, per la forma di Brocchi. cioè che possa essere l’ Axsmus flexuosus Mtg. al quale va certamente riferita la L. orbicularis Desh. citata da mé e De Stefani di Siena (Boll. soc. mal. it., Vol. IV, pag. 47 e lavori successivi). Sparendo la specie di Brocchi cade in conseguenza anche quella di Deshayes. L. pecteNn Lam. Citata da Conti (Ed. II) e da Sismonda (Syn. Ii) va riferita alla L. reticulata Poli. L. PEDEMONTANA May. Citata per l’astigiano va riferita alla L. elliptica Borson. L. peNsYLvaNIcA L. Brocchi, Bronn, Sismonda. È specie di incerto riferimento. Vedi L. orbicularis Desh. L. rapbuLa Lam. Bronn; va riferita probabilmente alla L. bronni May. L. RENULATA Lam. Borson (Atti accad. Tor., Vol. 29, pag. 272) e Michelotti e Sismonda, va riferita alla L. fragilis Phil. Lucina reticulata Poli. (Tellina) Citata da Sacco del Piemonte, da Appelius di Livorno e da Manzoni per Vallebiaja; come L. pecten è citata da Sismonda e da Conti; come Jagonia è citata di Siena da De Stefani e Pantanelli, di Ponte S. Qui- rico da Parona e da Fucini dell’empolese; è specie diffusa ma non molto comune; la forma vivente del Mediterraneo si è estesa all’ Atlantico lungo le coste portoghesi e il tipo è pre- pliocenico risalendo all’ eocene; Fontannes dà una buona figura — 263 — n di questa specie ( Moll. Rhòne et Rouss., Vol. II, Tav. VII, fig. 1) per la forma pliocenica che poi non differisce dalla vivente. L. rostrATA Pecch. (Atti soc. ital. scienz. nat., Vol. 6, pag. 30, Tav. 5, fig. 40-45) e Issel, Appelius, Ponzi e Meli va riferita alla L. elliptica Borson. L. Savi De Stef. Primo nome usato da De Stefani prima di riferirla al genere Lorzpes, va riferita alla L. leucoma (Turb.). L. sepewicia Micht. ( Ann. scien. R.° Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 159). Vedi Tellina sedgwici ( Micht.). L. SERRATA (Rèn.) Sismonda (Syn. I). Vedi Tellina ser- rata Ren. i L. serruLosa Bon. in Michelotti (Ann. sc. regno Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 158) e Sismonda; va riferita alla Tellina ventricosa De Serres. L. sinuosa Don. Citata da Sacco per il Piemonte e da Parona per Folla d’Induno e luoghi vicini: va riferita al- l’Axinus flexuosus ( Mtg.). Lucina sismondae Deshayes. Con questo nome non è citata che da Appelius (Bull mal. it., Vol. III, pag. 177 e 295) di Livorno e da Sacco per il Piemonte. È però citata come L. globosa da Brocchi, Bronn, Sismonda e Sacco di nuovo per il Piemonte. Oltre Hoòrnes che ha descritto e figu- rato questa specie, Fontannes la descrive e la figura nuova- mente (Moll. Rhòne et Rouss., Vol. II, pag. 110, Tav. VI, fig. 22). V. L. globosa L. L. soma D'Ancona. Appelius (Bull. mal. it., Vol III, pag. 278, Tav. V, fig. 6) Livorno. Appelius dando l'elenco delle specie plioceniche di uno strato rinvenuto a 5 chilometri da Livorno, pubblicò la figura di questa nuova specie, senza — 264 — descrizione; non è facile stabilire il valore specifico di una Lucina senza descrizione e la figura nel caso presente dice poco; riservo quindi la iscrizione di questa specie tanto più che esistendo già da tempo per altro piano geologico una L. solida Gold., quando anche fosse ammessa come specie auto- noma dovrà cambiar nome. È anche citata da Ponzi nella Fauna Vaticana, pag. 19 e da Zuccari (Cat. Rigacci, pag. 8). Lucina spinifera Montagu (Venus). È citata di tutti i giacimenti pliocenici italiani; è tipo prepliocenico nè saprei staccare che a titolo di varietà che non ho mai visto nel plio- cene, la L. hiatelloides Bast. Fontannes dà una buona figura della forma pliocenica (Moll. Rhòne et Rouss., Tav. VI, fig. 23-24). L. spuria Desh. Citata da Sismonda, (Syn I e in Murchison strut. geol, Alpi Carp. pag. 216) Conti (I e II Ed.),da Ray- neval etc. e da De Amicis per Parlascio, è specie dubbia e può essere riferita tanto alla meneghinii Pant. e De Stef. come alla bronni May. quando non sia una varietà della dorealis. L. teLATA Rén. in Michelotti (Ann. sc. R.° Lomb. Ven., Vol. 1X, pag. 158). Vedi Zellina telata (Bon.). L. TIGERINA Desh. Michelotti e Sismonda. Va riferita alla L. leonina Bast. Lucina transversa Bronn (It. ter. Geb., pag. 95) e Hornes (Foss. moll. Wien, Vol. II, pag. 246, Tav. XXXIV, fig. 2). È citata da Sacco e da Sismonda in Murchison, del Pie- monte, da Appelius di Livorno, da Manzoni per Vallebiaja e da Conti per Montemario. Va esclusa dalla sinonimia la L. tran- sversa citata e figurata da Michelotti ( Faun. mioc Ital. sept., pag. 115, Tav. IV, fig. 24) che è una specie diversa, mentre è la stessa specie quella di Philippi ( En. moll. Sicil., Vol. I, Tav. IV, fig. 2): Io non conosco questa specie che dell’asti- giano, dove non è rara ed è di statura anche maggiore delle figure di Hòrnes e di Philippi. Le forme mioceniche citate con questo nome sono specie diverse: è vivente nel Mediterraneo. — 265 — L. unguis Bon. Sismonda (Syn. I e II) va riferita alla L. meneghini Pant. e De Stef. ( Amphidesma ) A. lucinalis Lam. Bronn. va riferita alla Lucina leucoma (Turt.). (Jagonia ) J. reticulata (Poli) De Stefani, Pantanelli, Parona, Fucini. Vedi Lucina reticulata (Poli). ( Loripes ) L. divaricatus L. Foresti, Ponzi, Meli. Vedi Lucina diva- ricata L. L. edentula L. Conti; specie indecifrabile. L. lacteus L. Foresti: da riferirsi alla Lucina leucoma (Turt. ). L. rotundatus (Mtg.) Coppi: da riferirsi alla Diplodonta rotundata ( Mtg.). L. Savti De Stef. De Stefani, Pantanelli, Fucini, Sacco; da riferirsi alla Lucinà leucoma (Turt.). ( Megazxinus ) M. rostratus (Pecch.) Ponzi e Meli; da riferirsi alla Lu- cina elliptica Bors. (Myrtea ) M. spinîfera (Mtg.) Ponzi, Meli. Vedi Lucina spimifera ‘(Mtg.). M. lactea L. Ponzi, Meli; da riferirsi alla Lucina leucoma (Erto) — 260N- 'l'ellinacea Tellinidae Tellina T. ANGUSTA Gml. Citata da Rayneval, v. d. Ecke e Ponzi ( Montemario, Cat. pag. 5) va riferita alla 7. pulchella Lam. Telina balaustina L. È citata da Cocconi (Arcopagia) per il piacentino, da Appelius per Livorno, da Manzoni per Vallebiaja, da Conti, Ponzi e Meli per Montemario. T. corBIs Bronn (It. ter. Geb., pag. 94). È citata con questo nome da Sismonda e Sacco per il Piemonte, da Man- zoni per Vallebiaja, da Rayneval etc. per Montemario e da altri: va riferita alla 7. ventricosa Serres. Con questo nome è stata figurata da Mayer (Journ. de Conch., Ser. II, Vol. II, Tav. XI, fig. 4-5) Castellarquato. T. compLanata L. Brocchi. (Conc. foss. subap., pag. 318); va riferita alla 7. planata Lam. Tellina compressa Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 323, Tav. XII, fig. 9). È citata di tutti i giacimenti plio- cenici italiani. È specie tuttora vivente e questa ha ricevuto nomi diversi 7. Oudardi Payr., unicostalis Desh., strigilata Phil. etc. Fontannes dà una figura (Moll. Ehòne et Rouss,, ‘Tav. II, fig. 10) che non rappresenta bene questa specie tanto facilmente riconoscibile alla piega anteriore interna e alle strie oblique esterne dalla stessa parte. T. conceNnTRICA Gold. Citata da Conti (I e II Ed.) per Montemario, questo tipo neocomiano è indecifrabile come forma pliocenica. Tellina crassa Pennant. Come Tellina è citata solo da Sismonda (Syn. II) come Arcopagia è citata da Sacco (Cat. pag. 344) da Sartorio per S. Colombano (Colle di S. Colomb., — 267 — pag. 43), da Cocconi per il piacentino (Moll. foss., Parma, Piac., pag. 274) e da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 12) per la Farnesina ed Acquatraversa. Bronn la cita come 7. sub- rotunda. Fontannes ne dà una buona figura (Moll. Rhòne et Rouss., Tav. II, fig. 11); questa specie certamente non comune, il di cui tipo è prepliocenico (7. elegans Bast.) è sempre rara del Mediterraneo, dove la esistenza è negata da alcuni autori: anche nell’ Atlantico medio non è comune. Tellina cumana Costa (Psammobia). È citata da Fo- resti (Moll. plioc. Bol., pag. 16) per Monteoliveto, e da Ap- pelius (Boll. mal. it., Vol. III, pag. 271) per Livorno. Trovasi però anche nel piacentino. È la stessa specie figurata e de- scritta da Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss., Vol. II, pag. 33, Tav. II, fig. 7) col nome di 7. mista. T. pePRESSA Lam. Citata da Bronn e da Coppi (Gml.) va riferita alla 7. incarnata L. Tellina distorta Poli. È citata da Manzoni per Valle- biaja, da Ponzi e Meli per Montemario e da Antonelli per Piazza nuova (Osimo). Trovasi anche nel piacentino. Tellina donacina L. È citata da Sacco per il Piemonte da Issel per Genova, da Cocconi per Piacenza, da Foresti per Bologna e Castrocaro, da Appelius per Livorno, da Manzoni per Vallebiaja, da Fucini per l empolese, da Conti, Ponzi e Meli per Montemario. Brocchi l’ha citata come 7. subcarinata. Buona figura della forma fossile è quella data da Fontannes (Moli. Rhòne et Rouss., Vol. II, Tav. II, fig. 8-9). Come si vede era nel Mediterraneo pliocenico comune come nell'attuale. Tellina elliptica Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, ‘pag. 321, Tav. XII, fig. 7) Val d’Andona. È citata da Bronn, da Sismonda e Sacco per il Piemonte, da Sasso per Albenga, da Cocconi per il piacentino, da Coppi per il modenese, da De Stefani per S. Miniato e da Fucini per l’ empolese. — 268 — Tellina exigua Poli. Issel la cita del Genovesato, Ap- pelius di Livorno, Ponzi e Meli di Acquatraversa. Coppi la cita del modenese come 7. tenuis Da Cost. T. rapuLa Phil. È citata come rarissima, da Coppi (Pal. Mod., pag. 110) nel pliocene della Munara (Modena). Non credo che la 7. fabula Gron. o anche la 7. fabuloides Montr. possa ancora iscriversi tra le specie certe del pliocene. Come T. fabula Gron. è citata da Ponzi (Atti X congr., pag. 288 ) e da Zuccari (Cat. Rig., pag. 12). T. rERROENSIS L. Brocchi. Vedi Psammobia ferròensis L. T. GIGANTEA Bonelli in Sismonda ( Lucina I Ed.; Tellina II Ed.) è la stessa specie descritta da Michelotti ( Ann. scien. R.° Lomb. Ven., Vol. IX, pag. 159) Piemonte come Lucina sedgwicti; credo che nonostante l'errore di genere debba con- servare il nome di Michelotti, tanto più che avendola Sismonda riportata nella prima edizione della Synopsis, come Lucina è solo dopo la correzione accennata da Deshayes che la ricon-, duce al genere Tellina. Vedi T. sedgwicù ( Micht.). T. HIATELLOIDES Bronn (It. ter. Geb., pag. 93) Castellar- quato. Va riferita alla Lucina spinifera (Mtg.). Tellina incarnata L. È citata da Foresti per Bologna, da Appelius per Livorno, da Manzoni per Vallebiaja, da Conti (I e II Ed.), da Rayneval etc. e da Ponzi e Meli per Monte- mario, è da tutti attribuita a Linneo. Tellina lacunosa Chemnitz. È citata da Sismonda (Syn. II) per il Piemonte, di S. Miniato da De Stefani, di Siena da De Stefani e Pantanelli, di Colle da Pantanelli, da Fucini dell’empolese e da Ponzi e Meli di Montemario; come T. tumida Broc. è citata da Brocchi e da Bronn, da Sysmonda (Syn. 1) e da Sacco per il Piemonte. Nell’astigiano raggiunge dimensioni maggiori di quelle del tipo medio e arriva a 100 mm. — 269 — Non trovasi più nel Mediterraneo e vive tuttora sulle coste dell’ Africa occidentale. T. MuRICATA Ren. Brocchi ( Cone. foss. sub., pag. 320, Tav. XII, fis. 1-2) va riferita alla Psammobia ferroensis L. Tellina nitida Poli. È citata di tutti i giacimenti plio- cenici italiani nei quali doveva essere diffusa come nei mari attuali e non è uscita dal Mediterraneo. Tellina planata L. Brocchi la citò come 7. complanata, dopo è stata citata per tutte le località italiane nel nome as- segnato. È specie mediterranea esclusiva ed è ora diffusa come lo era nei mari pliocenici. Tellina pulchella Lamark. È citata da Bronn e da Cocconi per Castellarquato e il piacentino, [del modenese da Coppi, di Castrocaro da Foresti, da Manzoni per Vallebiaja, da De Stefani per S. Miniato, da Fucini per l’empolese, da Pan- tanelli e De Stefani per Siena, da Conti e da Ponzi e Meli per Montemario. È specie esclusiva del Mediterraneo. Tellina pusilla Philippi. (En. moll. Sic. I pag. 29, Tav. 3, fig. 9). È indicata solo di Montemario da Conti (I Ed. pag. 19 e II Ed. pag. 27) e da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 12) per la Farnesina. Questa specie è rara nel Mediter- raneo e pare che lo fosse anche nel pliocene; è invece più comune nell’ Atlantico. Tellina sedgwicii Miehelotti (Lucina) Bonelli mss. la indicò come Lucina gigantea e fu questo nome conservato da Sismonda. Michelotti però anteriormente alle pubblicazioni di Sismonda l'aveva indicata come Lucina sedgwicti ( Ann. scienze ‘ k.° Lomb. Veneto, Vol. IX, pag. 159) senza indicarne preci- samente l’ origine. Sismonda la pone in sinonimia della L. gigantea Bon. che è specie nominativa ed inedita: la diagnosi di Michelotti è la seguente: « Testa repando-suborbiculata costis transversis crassis — 270 — ; postice undatis; interstitiis subtilissime cancellatis striatis; dente cardinali mediano unico, bifido laterali antico approximato, elevato; postico rotundato ligamento crasso; sorpassa tre pollici di diametro ». Appartiene al sottogenere Arcopagia; confrontata con la T. (Arcopagia) ventricosa De Serres è di questa più grande, è rotondata nella parte anteriore, il diametro umbonale è maggiore e quindi meno trasversa; l’ingrossamento interno tra la impressione muscolare posteriore e l’umbone, proprio di molte Zelline, è minore; la dentizione è eguale, l’ impressione del ligamento più ampia; le costole concentriche della super- ficie sono rotondate e non taglienti come nella ventricosa e nella crassa, vicine e leggermente ondulate specialmente nella parte posteriore dove sono anche lievemente mamellonate; le costole sono tutte eguali tra loro, e gl’interstizi assai più ri- stretti di quelli della ventricosa più larghi di quelli della 7. crassa Penn. sono finamente striati in senso longitudinale; le strie non risalgono sulle costole ma sottilissime e contigue si arrestano alla base delle costole stesse dal lato marginale, penetrano sotto le costole dal lato umbonale, essendo le costole stesse ripiegate verso questo lato. Diam. umbonale 51 mm., trasversale 63 mm., spessore 26 mm. Tellina serrata Renier. Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 319, Tav. XII, fig. 1) Andona e piacentino. È citata da Sismonda e Sacco per il Piemonte, da Sasso per Albenga, da Cocconi, Bronn per il piacentino, da Coppi per il modenese, da Foresti per il bolognese, da Fucini per l’empolese, da Conti, Ponzi e Meli per Montemario. Vive tuttora nel Medi- terraneo e sulle coste del Portogallo: è quindi dal secondo piano Mediterraneo, che si è diffusa al pliocene trasmettendosi ai mari attuali; Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss., Tav. II fig. 6) dà una buona figura della forma fossile. Tellina striatella Brocchi (Conc. foss. subap., Vol. II, pag. 506, Tav. XVI, fig. 6) Val d’Andona. È citata da Si- smonda (Syn. II), da Sacco (Bull. soc. geol., Vol. VIII, pag. 344), da Bronn (It. tert. Geb., pag. 93) per il Piemonte, — 201 — da Coppi (Pal. mod., pag. 110) per il modenese e da Anto- nelli (Bull. soc. geol. it., Vol. IX, pag. 103) per Piazza nuova (Osimo): trovasi anche nel piacentino: è specie estinta nel Mediterraneo. T. strIciLaTA Phil. Citata da Cocconi per Castellarquato e da Manzoni par Vallebiaja va riferita alla 7. compressa Broc. T. SUBCARINATA Broc. (Conc. foss. subap., pag. 321, Tav. XII fis. 5) Val d’Andona. È citata da Sismonda e Sacco per il Piemonte, da Bronn per Castellarquato, da Sasso per Albenga e da Antonelli per Piazza nuova (Osimo): va riferita alla I. donacina L. T. suBrorunDa Desh. Citata da Bronn (It. ter. Geb., pag. 93): va riferita alla 7. ventricosa De Serres. Tellina telata Bonelli in Michelotti (Lucina). (Ann. scienz. R.° Lomb. Veneto, Vol. IX, pag. 158). È citata da Sismonda (Syn. I) come Lucina e poi (Syn. II) come Tellina. È pure citata da Sacco per l' astigiano, da dove ne ho diversi esemplari. Michelotti la. descrisse nel seguente modo: « Testa suborbicularis depressa, valva sinistra duobus den- tibus instructa, anteriori bifido; sinistra unico dente cardinali mediano, lateralibus productis, lamellis transversis, depressis ferme continuis; lineis longitudinalibus minutissimis exarata ». Appartiene al sottogenere Arcopagia è così distinta e così esattamente descritta che non si potrebbe aggiungere altro a quello che ne ha detto Michelotti; l’ornamentazione superfi- ciale somiglia a certi drappi di seta a grosso ordito e più significante nome non poteva avergli attribuito. Dove le costole piatte continue si riuniscono ai due lati umbonali si confon- dono in una superficie grossolanamente mammellonata, nell’ in- ‘ terno è manifesta una piega che partendosi dall’ umbone lam- bisce la impressione muscolare posteriore come nella 7. com- pressa Broc. ed anche nella 7. crassa Penn. per quanto; sia di questa più sottile. Diametro umbonale 18 mm., diam. trasv. 24 mm. Spessore 8 mm. — 272 — T. renuISs Da Costa. Citata da Coppi va riferita alla 7. exigua Phil. T. TRIGONA Cocc. Citata da Cocconi (En. moll. Parma e Piacenza, pag. 273, Tav. VII, fig. 4-7) e da Coppi per il mo- denese va riferita alla IMesodesma trigona Cocc. T. rumIpa Broc. (Conch. foss. subap., pag. 322, Tav. XII, fig. 10). Uitata da Bronn, Sismonda e Sacco, va riferita alla T. lacunosa Chem. T. unIRADIATA Broc. Vedi Psammobia uniradiata ( Broc.). Tellina ventricosa De Serres (Corbis). Come Zellina è citata solo da Sacco (Cat. Piem., pag. 344). Come Arcopagia è citata del piacentino da Cocconi, del modenese da Coppi, di S. Miniato da De Stefani, dell’ empolese da Fucini, di Siena da Pantanelli e De Stefani, di Montemario da Ponzi e Meli; è poi citata come 7. corbis Bronn o come Arcopagia da Sacco e da Manzoni. Michelotti la descrisse come Lucina serrulosa e poi descrisse e figurò la stessa specie del miocene medio come Lucina Bowerbanki: effettivamente la specie comincia nel miocene inferiore ed abbastanza comune nel pliocene non si trasmette nel Mediterraneo; il tipo però ritrovasi con altri nomi nel Mar Rosso e sulle coste occidentali d'Africa. (Arcopagia ) A. balaustina L. Cocconi. Vedi Tellina balaustina L. A. corbis Bronn, Sacco, Manzoni, da riferirsi alla 7. ven- tricosa (De Ser.). A. crassa (Penn.) Cocconi, Sacco, Sartorio, Ponzi e Meli. Vedi Tellina crassa Penn. A. gigantea (Sism.) Sacco. Vedi 7. sedgwicù (Micht.). A. telata (Bon.) Sacco. Vedi Tellina telata Bon. A. ventricosa (De Serr.) plur. auct. Vedi 7. ventricosa (De Serr.). n= -— 273 — Gastrana Gastrana fragilis L. Con diversi nomi generici è citata di tutti i giacimenti pliocenici italiani e doveva nel pliocene essere comune come nei mari attuali. Gastrana LamINOSA J. Sow. È citata da Foresti (Moll. foss. bol. II parte, pag. 25) di Monte Oliveto. Di questa specie posseggo cinquantaquattro esemplari interi di S. Venanzio (Modena), tre di Castellarquato e sette dell’ astigiano. Foresti vide che non era la G. fragelis, ne indica un solo individuo, ma a mio parere non fu esatto riferendola alla specie di Sowerby: fortunatamente ne disse le differenze: ciò che mi ha permesso di riconoscerla; intanto osserverò che non è striata longitudinalmente, osservato anche da Foresti, mentre lo sarebbe la G. laminosa del Nord; è regolarmente ovale ed appena oscuramente rostrata nella parte posteriore; così l’angolòsità umbono-rostrale è appena discernibile; le lamelle sono rade, regolari, erette e molto sviluppate nella regione po- steriore: il contorno è variabile cioè può essere più o meno alto, rimanendo sempre ovale e tumido assai più di quello che non sia la fragilis: la mancanza di strie longitudinali, la regolarità e la forma delle lamelle, la mancanza di rostro la distinguono facilmente. Vi è anche una differenza nel dente della valva sinistra; triangolare, bifido si protende in avanti senza rialzarsi dal piano di giunzione delle valve, e le due estremità sono appena incurvate. Dimensioni medie. Diam. umb. 14 mm.; diametro trasv. 19 mm., spessore 10 mm. Indi- vidui eccezionali sono lunghi 27 mm. Doderlein aveva distinto in collezione questa specie col nome G. (Petricola) foliosa sp. n. e potrebbe conservarne il nome. (Fragilia) F. fragilis L. Ponzi e Meli. V. Gastrana fragilis L. 18 — 274 — (Capsa) C. Chemnitzi Desh. Conti (Montemario, Ed. II, pag. 20). Specie classificata a occhio sullo Chenu, è indecifrabile. C. fragilis L. Auct. V. Gastrana fragilis L. C. versicolor L. Borson (Oritt., pag. 276) è specie indeci- frabile. Scrobicularidae Scrobicularia SCROBICULARIA COTTARDI Payradeau (Lutraria). Non conosco questa specie del pliocene, ma è citata da Tuccimei (Bull. soc. geol. it., Vol. VIII, pag. 124) nella zona dei litofagi presso Roccantica (Sabina). L'autore dice aver raccolto un fram- mento di valva con parte della cerniera; sopra un elemento così piccolo, credo opportuno di soprassedere a collocare questa specie tra quelle riconosciute del pliocene italiano. » Scrobicularia piperata Gmelin (Mactra). È citata come S. plana da Costa, da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 11) per una valva di Acquatraversa e da Tuccimei (Bull. soc. geol. it., Vol. VIII, pag. 125) che la indica della cava del Cannetaccio (Sabina) abbondante e in uno strato particolare ed esclusivo per questa specie; non conosco questa specie del pliocene, dove non è indicata oltre le citazioni precedenti che da Fontannes per il bacino del Rodano, dando il disegno della cerniera: è specie ordinariamente d’ estuario. S. PLANA Da Costa: Ponzi, Meli e Tuccimei. Vedi S. pi- perata (Gral.). Syndesmya (1) S. aLBa Wood. È citata con questo nome di tutti i giaci- menti pliocenici italiani; va riferita alla S. renieri (Bronn). (1) Fischer emendò in Syndesmya il nome usato da tutti Syndosmya; solo Fucini usa il nome generico di Récluz colla ortographia corretta da Fischer. — 275 — S. aPELINA Ren. È citata da Sacco per il Piemonte, da Cocconi per Castellarquato e da Coppi per il modenese; va riferita alla S. renseri ( Bronn.). Syndesmya longicallus Scacchi (Tellina). È citata da Ponzi (Foss. Monte Vaticano, pag. 18). Trovasi anche nel modenese, nel piacentino e nell’astigiano, nè mi pare che la specie fossile così facilmente riconoscibile per le sue valve diseguali differisca dalla specie vivente. Philippi mentre ripete correttamente il nome di Scacchi nella citazione, lo scrive prima longicallis, solo Monterosato e De Gregorio restituiscono la ortografia originale. S. NITIDA .(Mull.). Citata da Coppi (Pal. mod., pag. 111) come specie rara, non credo che ancora possa collocarsi in un elenco di specie plioceniche riconosciute. S. ovara (Phil.). È citata da Coppi (Pal. mod., pag. 111) per il modenese e da Fucini (Bull. soc. Geol. it., Vol. X, pag. 86) per l’empolese: non conosco questa specie come non conosco la precedente; le differenze con la S. renderi (Bronn), sono così piccole che credo debbano attendersi nuove ricerche per tenerne conto. Syndesmya renieri Bronn (Erycina) (It. tert. Geb., pag. 90) Castellarquato, Andona; con questo nome è citata da Rayneval etc. (Cat. Montemario, pag. 5); come S. alba Wood è citata di tutti i giacimenti pliocenici italiani. Monterosato indica (Nomen. gen. e spec., pag. 28) che la specie del Me- diterraneo è differente dalla specie di Wood del Nord, ed as- sume il nome di Bronn illustrato da Philippi; poichè la forma fossile non differisce dalla vivente, a maggior ragione deve accettarsi per la fossile un nome stabilito per la forma ‘pliocenica. La specie fossile figurata da Fontannes (Moll. Rhòne et Rouss., Tav. II, fig. 16, 17, 18) come S. alba Wood è un tipo differente e mi sembra piuttosto la S. longicallus (Scac.). Brocchi indicò questa specie come Erycina pellucida, (Conc. foss. subap., pag. 323. Tav. XII, fig. 8) e il suo nome — 276 — deve passare in sinonimia esistendo già una Erycina pellucida Lam. che è anche una Syndesmya. Syndesmya stricta Brocchi (Erycina). (Conc. foss. subap., pag. 324, Tav. XII, fig. 3). È citata come S. angulosa Ren. e Bronn, di Castellarquato da Cocconi (En. moll. Parma e Piacenza, pag. 276) da Coppi del modenese, da Appelius di Livorno, da Manzoni di Vallebiaja, da Fucini dell’empolese, da Pantanelli e De Stefani di Siena, da Rayneval etc. di Mon- temario e come Semele da Ponzi e Meli. La specie vivente del Mediterraneo è stata ritenuta sinonima della prismatica (Mtg.) : Locard (prodr., pag. 409) e Monterosato (Nom. gen. e spec. pag. 29) riconoscendo che la forma mediterranea è differente da quella del Nord hanno ripreso il nome di Risso, S. fragelis per la specie vivente. Ora la specie fossile non coincide con quella del Nord, corrisponde a quella del Mediterraneo per conseguenza la fossile deve riprendere il nome di Brocchi, nè si potrebbe tornare al nome di Renier, che è puramente no- minativo e che Brocchi rifiuta per buone ragioni; resta a ve- dersi se anche la specie vivente non dovrebbe assumere il nome di Brocchi piuttosto che quello di Risso. (Abra) A. alba (Wood) Foresti (Plioc. ant. Castrocaro pag. 43). Vedi Syndesmya renieri ( Bronn.). A. prismatica (Mtg.) Foresti (Plioc. ant. di Castrocaro pag. 43) va riferita alla Syndesmya stricta (Broc.). Cumingia C. mutica Sow. Citata da Conti (Montemario, II Ed.) è specie indecifrabile. Semele S. anGuLosa Ren. Ponzi e Meli. Vedi Syndesmya stricta ( Broc.). Li Anatinacee. Cuspidaridae Cuspidaria Cuspidaria abbreviata Forbes ( Neaera). Questa specie è stata citata come Corbula umbonella Desh. da Michelotti (Ann. sc. R.° Lomb. Veneto, Vol. II, pag. 167) e Sismonda (Syn. I e II). Posseggo di questa specie un esemplare del- l’astigiano e due di Castellarquato e questi debbono riferirsi alla specie di Forbes che si estende dai mari del Nord a tutto il Mediterraneo; il confronto che Michelotti fa della forma dell’astigiano con la umbonella di Deshayes e le differenze accennate mi persuadono essere la stessa specie. Cuspidaria cuspidata Olivi (Tellina). È citata da Sacco per il Piemonte, da Coppi per il modenese, da Cocconi per il piacentino, da Manzoni per Vallebiaja, da Rayneval etc. e Ponzi e Meli per Montemario. Conosco questa specie di molte località e sono certo che con questo nome sono citate due specie differenti cioè, la cuspidata Ol. e la rostrata Speng. Tanto nell’astigiano che nel piacentino trovansi ambedue le specie e quella indicata da Michelotti come Corbula intermedia, credo che debba riferirsi alla cuspidata; in conseguenza le citazioni precedenti sono semplicemente nominative compresa anche quella di Brocchi (Conc. foss. subap., pag. 325, Tellina e Erycina). Cuspidaria costellata Deshayes. È citata da Cocconi (En. moll. Parma e Piacenza, pag. 263) per Castellarquato, da Coppi (Neaera, pal. mod., pag. 113) da Sismonda (Syn. I) Anatina costata (Syn. II) Corbula costellata, e da Sacco per . il Piemonte. È singolare la persistenza di questo piccolo tipo abissicolo che dal miocene si è diffuso in tutti i mari, non avendo trovato differenza tra la forma pliocenica (Castellar- quato ) quella vivente nel Mediterraneo e la specie del Mar Rosso, raccolta a più di mille metri di profondità. — 278 — Cuspidaria forbesi Mayer (Neaera) (Journ. de Conch, Vol. XXVI, pag. 303, Tav. XVI, fig. 2) Castellarquato. Distinta specie a rostro mediocre e coperta di rughe undulose. Ne pos- seggo un unico esemplare che proviene dalla stessa località indicata da Mayer. Cuspidaria maxima Mayer ( Neaera ) (Journ. de Conch., Vol. XXVI, pag. 302, Tav. XVI, fig. 1). Questa specie che Mayer dice rarissima parola che sembra anche più accentuata di #rès-rare, non lo è poi tanto; è stata già citata col nome di Corbula proposcidea da Sismonda e da Cocconi per Castellar- quato; ne posseggo tre individui due di Castellarquato ed uno dell’astigiano. Mayer accenna a cinque esemplari provenienti dalle marne di Castellarquato, Lugagnano e Montezago. Secondo E. Sismonda (Syn. Il Ed., pag. 22) la C. propo- scidea sarebbe stata corretta dalla Anatina rostrata Chemn. citata nella prima edizione della Synopsis; ma la rostrata Chemn. è la cuspidata Ol. che è citata pochi versi prima e come eguale alla longirostris Lam.; quindi preferisco le note tradizionali di Doderlein e ritenere che tra la Ie la II Ed- Sismonda abbia fatto una confusione di specie, come alcune altre volte deve essergli accaduto. Cocconi cita la presente specie come Neaera. Cuspidaria rostrata Spengler (Mya). Citata da Si- smonda (Syn. I) per quanto sia dubbia, tenendo conto che cita anche la cuspidata Ol. sono condotto ad ammettere la citazione di Sismonda, trovandosi effettivamente questa specie nell’astigiano e nel piacentino dove credo sia stata confusa con la cuspidata. Confrontata con gli esemplari del Mediter- raneo vi corrisponde assai bene anche nelle dimensioni: pos- seggo questa specie in diversi esemplari dell’astigiano e delle marne di Castellarquato. (-Neaera) N. cuspidata (01.) Auct. Vedi Cuspidaria cuspidata (O1.). N. costellata Desh. Cocconi. Vedi Cuspidaria costellata (Desh.). SR TRS, SE, — 279 — N. forbesi May. Vedi Cuspidaria forbesi (May.). N. maxima May. Vedi Cuspidaria maxima ( May.). N. proposcidea Sism. Cocconi. Va riferita alla Cuspidaria maxima (May.). Solenomya S. DODERLEINI May. Citata dubitativamente da Appelius (Bull. mal. it., Vol. III, pag. 278) è tipo del miocene medio e non credo che si trovi nel pliocene. (Solemya ) S. gigantea May. Citata e figurata da Ponzi (Foss. vati- cano, pag. 18, Tav. II, fig. 1) non è la specie del miocene medio determinata da Mayer, ma un’altra specie che attende uno studio ulteriore (Solenomya). S. togata Poli. È citata dubitativamente da Coppi (Pal. mod., pag. 102). Pandoridae Pandora P. rrexuosA Phil. Citata da Conti (I e II Ed.) nel cata- logo di Montemario pag. 5, da Rayneval v. d. Ecke e Ponzi, va riferita alla P. enaequivalvis L. P. INAEQUALIS L. Citata da Zuccari (Cat. Rigacci, pag. 11) è specie indecifrabile, forse errore di stampa. Pandora inaequivalvis L. È citata da Cocconi per Castellarquato (En. moll. Parma e Piac., pag. 60), da Fucini (Bull. soc. geol. it., Vol. X, pag. 86) per l’empolese, di Siena (Bull. soc. mal. it., Vol. IV, pag. 60) da Pantanelli e De Stefani e da Ponzi e Meli ( Montemario, pag. 9) per Acqua- . traversa; è specie diffusa come la vivente ma sufficientemente rara, forse anche per la sua fragilità. Pandora obtusa Leach. È citata da Ponzi e Meli ( Montemario, pag. 9) per la Farnesina e trovasi anche nel — 280 — piacentino: la forma pliocenica va ricondotta alla P. obtusa Leach. Philippi del Mediterraneo che secondo Monterosato è distinta dalla pinna Mtg, della quale sembra sinonima la specie di Leach per i mari del Nord. P. PINNA Mtg. Citata da Fucini (Cat. Rig., pag. 11) per Montemario: credo molto dubbia questa forma atlantica nel nostro pliocene; in ogni caso esigerebbe uno studio più ac- curato se non è la P. obtusa Scach. P. rostrAaTA Lam. Conti per Montemario (I Ed., pag. 18, II Ed., pag. 26); va riferita alla P. inaequiwalvis L. Verticordidae Verticordia Verticordia argentea Mariti (Chama). Con questo nome è citata da Issel per Genova, come Pecchiolia di Pia- cenza da Cocconi, del bolognese da Foresti, di Siena da Pan- tanelli e De Stefani, di Livorno da Appelius e del Vaticano da Ponzi. Brocchi la citò come Chama artetina (Conc. foss. subap., Tav. XII, fig. 13, pag. 505) e come Isocardia artetina fu citata de Bronn, Michelotti e Sismonda (Syn. I) e nell (Syn. II) la assegnò al genere Hippagus, La specie di Mariti è estinta nel Mediterraneo; è di mare profondo: è stata figu- rata da Brocchi, Michelotti, Pecchioli e Hérnes. Vertieordia arenosa Rayneval v. d. Hecke e Ponzi. Fede Ap. Appelius (Bull. mal. it., Vol. III, pag. 276, Tav. VI, fig. 4) pressi di Livorno. Verticordia exasperata Ponzi (Pecchiolia) (Foss. va- ticano, pag. 20, Tav. I, fig. 6). (-Pecchiolia) P. arenosa, P. argentea, P. exasperata. Vedi Verticordia. P. mariti Menegh. Citata da Zuccari (Cat. Rigacci, pag. 3] è la Verticordia argentea (Mar. ). ia iam — 281 — ( Hippagus ) H. arietinus Sismonda ( Syn. II). Vedi Verticordia argentea (Mar.). Lyonstidae Lyonsia Lyonsia brocchi Mayer (Journ. de Conch.,, Vol. XXVI, pag. 306, Tav. XVI, fig. 4) Castellarquato. Un unico individuo proveniente dalla collezione Addoli. L. corruscans Scacchi. Citata da Ponzi e Meli (Monte- mario, pag. 9). Una valva non integra dalle sabbie gialle della Farnesina. Monterosato reputa la specie di Scacchi sino- nima della L. norvegica Chem. Kobelt la mantiene separata; io credo di sospendere per ambedue di prenderne nota tra le specie plioceniche riconosciute. (Entodesma ) E. chilensis Phil. Conti ( Montemario, I Ed., pag. 17, II Ed. pag. 25). È una delle specie determinate a occhio sul ma- nuale dello Chenu; indecifrabile come forma pliocenica. Anatinidae Anatina A. cosratA Bon. Sismonda (Syn. I) è la Cuspidaria co- stellata ( Desh.). A. ogLonga Phil. Conti (Montemario, I e II Ed.) va rife- rita alla Cochlodesma praetenuis (Pult.). A. PRAETENUIS (Pult.) Ponzi e Meli. Vedi Cochlodesma praetenuis (Pult.). A. RrosTtRATA Chemn. Sismonda. Vedi Cuspidaria rostrata (Spen.). — 282 — Thracia Thracia corbuloides Deshayes. È citata da Conti Ed. I pag. 18, Ed. II pag. 26, Montemario) e da Ponzi e Meli ( Mon- temario, pag. 9) per la Farnesina. Sulla fede loro inscrivo questa specie anche dal momento che è indicata semplicemente come rara; non ho mai veduto questa forma del pliocene. ‘Thracia conveza Wood (Mya). È citata da Meli per Porto d’ Anzio e da Ponzi e Meli per la Farnesina; come 7. maravignae è citata da Cocconi per il piacentino e da Coppi per il modenese; come 7. ventricosa da Conti per Monte- mario ; la forma fossile corrisponde assai bene alla vivente. Thracia distorta Montagu (Mya). È citata con questo nome da Foresti ( Moll. foss. bol., pag. 13) per Zappolino e da Coppi (Pal. mod., pag. 113) per il modenese. Come 7. elon- gata Phil. è citata di Siena da Pantanelli e De Stefani; come T. ovalis di Castellarquato da Cocconi; è specie abbastanza comune, litodoma, e quando uno s’ imbatte i ciottoli o roccie forate si è certi di raccoglierne una certa quantità. Brocchi la citò come Mya conglobata che Bronn modificò in Sazicava conglobata Bronn. T. eLoNGATA Philippi. De Stefani e Pantanelli. Va riferita alla 7. distorta (Mtg.). i T. MARAVIGNAE Ar. et Calc. Cocconi e Coppi. Va riferita alla 7. converxa (Wood.). T. ovatis Phil. Cocconi. Va riferita alla 7. distorta (Mtg.) Thracia papyracea Poli (Tellina). È citata di S. Mi- niato da De Stefani (Bull. mal. it., Vol. VII, pag. 34), da Cocconi (En. moll. Parma e-Piac., pag. 261) per Castellar- quato, da Fucini (Boll. soc. geol. it., Vol. X, pag. 86) per Petrojo (Empoli), da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 9) e da Manzoni per Vallebiaja. : 3 EI NE, SI, — 298 — T. PHASEOLINA Kien. Sismonda (Syn. II) va riferita alla T. papyracea (Poli). T. pLIicATA Desh. È citata da Cocconi per Castellarquato, da Coppi per il modenese, da Conti per Montemario e da Ponzi per Monteformello; credo che debba riferirsi alla 7. convera (Wood.). Thracia pubescens Pulteney (Mya). È citata da Si- smonda e Sacco per il Piemonte, da Coppi per il modenese. da Fucini per Petrojo, da Manzoni per Vallebiaja, da Conti per Montemario e dello stesso posto da Ponzi e Meli per la Farnesina. Non conosco questa specie del pliocene e dubito che le citazioni di Cocconi e Coppi debbano riferirsi alla 7. conveza ( Wood.). T. ventRIcosA Phil. Conti (I e Il Ed.) va riferita alla 7. convexa ( Wood. ). Cochlodesma Cochlodesma praetenuis Montagu (Mya). Citata come Anatina da Ponzi e Meli (Montemario, pag. 9) per la Farne- sina e da Conti (Montemario, I Ed., pag. 17, II Ed. pag. 25) come Anatina oblonga Phil. Pholadomya P. aGassizi Micht. Citata per il pliocene da Sismonda (Syn. II) sarebbe per Hérnes sinonima della P. alpina Math.; io la ritengo specie indecifrabile. P. aLpina Math. È citata da Cocconi (Moll. Parma e Piac., pag. 262) per il piacentino, da Coppi ( Pal. mod. pag. 113) per il modenese e da Ponzi e Meli ( Montemario, pag. 10) per la Farnesina. Non conosco questa specie; nel piacentino esiste certamente la P. tyrrena Sim. e un’ altra Pholadomya più —- 284 — piccola, che trovasi sempre in cattivi individui, di marne di mare profondo e che con un po’ di buona fede potrebbe classi- ficarsi con questo nome e anche con altri; la P. alpina è un tipo miocenico e non credo che si sia trasmessa al pliocene; in ogni caso, sempre per il pliocene, è specie che attende uno studio più accurato. P. ARcuATA Lam. Citata da Sismonda (Syn. II) e da Pan- tanelli per Mucigliano (senese) è specie che dovrà essere stu- diata sopra esemplari migliori. | P. BRONNI Dod. Questo nome manoscritto è stato riferito da Simonelli (Bull. com. geol. it., 1889, pag. 215) e da Foresti (Bull. soc. mal. it., Vol. XVI, pag. 81); è stato considerato come sinonimo della P. arcuata Ag. o alpina Math: ma l’ unico esemplare del museo di Modena non potrebbe indi- pendentemente dalla sua pessima conservazione riferirsi a questa specie, perchè la alpina, supposto che passi nel pliocene è specie litorale, mentre la specie di Castellarquato è specie di mare profondo. P. cANDIDA Sow. Citata da Conti (Ed. I e II) è riferita da Ponzi e Meli alla P. alpina, come per questa considero il nome usato da Conti, da rivedersi. Pholadomya elegantula Foresti. (Bull. soc. mal. it., Vol. XVI, pag. 81, Tav. VI). Distinta specie trovata in Val Savena nel bolognese nelle marne inferiori, sarebbe quindi specie di mare profondo. PHOLADOMYA MIOCENICA Ponzi ( Montemario, pag. 18, Tav. I, fig. 5): specie priva affatto di ornamenti radiali e che anche a giudizio dell'autore domanda uno studio migliore; è di mare profondo. Pholadomya thyrrena Simonelli (Bull. comit. geol., 1889, pag. 214, Tav, IV, fig. 3) Isola di Pianosa. Conosco questa specie del piacentino da dove è stata citata come P. alpina e credo anche da Hòrnes, come pure del bolognese. — 285 — Pholadomya rigaccii Ponzi (Foss. vatic., pag. 17, Tav. I, fig. 4) Monte vaticano. Zuccari (Cat. Rigacci, pag. 7). Riferita sulla fede di Ponzi. . Pholadomya vaticana Ponzi (Foss. vaticani, pag. 17, Tav. II, fig. 3). Posseggo un esemplare del Vaticano che si può chiamare con questo nome in grazia della sua origine; questo mi basta per accertare la presenza della specie; è pro- babile che l’individuo figurato da Ponzi fosse in migliori con- dizioni di quello che posseggo, e non sarei alieno allora dal ritenere che certe forme del piacentino ed anche alcune delle marne profonde del Senese debbano riferirsi a questa specie: ciò che è certo, è che non rientra in alcuna delle specie conosciute; in Rayneval, v. d. Hecke e Ponzi è citata pure la P. vaticani, ma per la testimonianza di Rayneval, raccolta da Simonelli, pare che trattisi d'una specie diversa. Clavagellidae Clavagella Clavagella aperta Sowerby. È citata da Coppi (Pal. mod., pag. 114). La C. brocchiù Lam. fu creata, quasi senza descrizione, da Lamark per la Teredo echinata Broc. (Conc. foss. subap., pag. 34, Tav. XV, fig. 1); siccome non trovo dif- ferenza tra la C. aperta tuttora vivente nel Mediterraneo e i tipi fossili del pliocene, nè potendo assumere come carattere specifico i tubuli che qualchevolta si trovano sulla valva sini- stra aderente, considero come appartenenti alla stessa le cita- zioni della C. brocchii, cioè di Castellarquato da Brocchi, Bronn e Cocconi, del Piemonte da Sismonda e Sacco, del modenese da Coppi e del senese da Pantanelli e De Stefani. C. AspERGILLUM Bronn (It. tert. Geb., pag. 86) va riferita - alla C. bacillum (Brocchi). C. BACILLARIS Desh. Citata da Michelotti, Sacco e Sismonda per il Piemonte, da Cocconi per il parmigiano, da Foresti per il bolognese, da Manzoni per Vallebiaja, da Rayneval ete., — 286 — Conti, Ponzi e Meli per Montemario, le citazioni vanno re- stituite alla C. bacellum ( Broc.). Clavagella bacillum Brocchi (Teredo). (Conc. foss. subap., pag. 39, Tav. XV, fig. 6). Con questo nome è citata di S. Miniato da De Stefani (Bull. soc. mal. it., Vol. VII, pag. 10) e da Fucini (Bull. soc. geol. it. Vol. X, pag. 86) di Petrojo. A queste vanno aggiunte le citazioni della C. ba- cillaris e della C. tebialis. C. sroccni Lam. Auct. Vedi C. aperta Sow. C. coronata Desh. Conti (II Ed. pag. 25, 49) è la C. ba- cillum (Broc.). C. tiBIALIS Lam. Sismonda ( Syn. I) è la C. baceMum (Broc.). Stirpulina S. bacillum Broc. De Stefani (Bull. soc. mal. it., Vol. XIII, pag: 197). Vedi Clavagella bacillum (Broc,). Aspergillum A. maniculatum Phil. Conti ( Montemario, Ed. I, pag. 197 ) è la Clavagella bacillum (Broc.). Le specie citate sono 1247: togliendo le ripetizioni gene- riche rimangono 973 nomi specifici differenti; di questi 369 dovrebbero essere conservati, aggiungendovi sei specie dubbie, rimane a mio parere nei diversi autori un bagaglio di 598 nomi inutili. Secondo Monterosato. le specie viventi oggi nel Mediterraneo sarebbero poco più di 300; restano quindi ben poche specie di lamellibranchi pliocenici da conoscersi. Modena Marzo 1893. RO MIRTO SPVTATTE n e REA REI INDICE DEI GENERI o NumERO VIVENTI GENERI PAGINE | delle specie |. 2° Mediter- citate [conservate DELIO Mbrengla. ia 2'?6 Aleciryonia . . . . . 68 Ponatimast Re Rd DE 281 » » Anodonta 0060 Ve 151 1 » Anomalocardia. . . .| 127 » » AMO 68 23 2 » Amphidesma. . . . . 265 Lp» » Arca . SISI 11"? 50 15 6 A ncopagit 0 E tt E "722 | Artemisia ne d pic 198 Aspergillum. . .. . 286 2 » | » ct) » » Amussium. iii 92 4 4 » 4 2 4 6 8 1 NISLALLOR dot A 160 5 3 3 5 5 1 Agicula ge e gt 103 2 N xs at 220 4 2 Aron ida: cdl set 229 » » Barbatia = i 0 E 12 8 » » Barnes e 249 1 » » ” Pasteratia «dhe 188 1 1 » BOFRANI RS 164 2 » » IBISSONEORA AN e e 127 1 » » Capsad > ATE 274 3 » » — 288 — NumERO VIVENTI | . nel GENERI PAGINE delle specie Mediter- citate [conservate MEALELO, Cardilia ..ingn04. le : 239 i 1 » Carditat.. - (1 : 157 23 2 1 Cardia. pen 16”? 50 18 sin Cariati, 150 44 195 2 » » Ceratisolen . i... . | 230 1 » » Chama db. RL I 180 17 1 Ti Clamysfat vi Pai RE 86 15 15 10 Clavagella -... \gea, 04 e85 7 2 di CIECO RE it. ge LE 195 8 2 1 Cochlodesma . . . . 283 1 1 1 Congeria ri VI: 44 117 1 » » Coralliophaga . . . . 18"? 1 1 1 GCorbicula: (E. TE 218 1 1 » Corbulant cike . \d R41 15 5 2 Corbulomya. . . . . R43 5 » » Crassatella | (3. i 161 1 » » Crypiodontt. (SSe EOEE ER1 . 6) » » Cucullen® i. SE 128 1 » » Cultellass ci FR una 230 2 Il » Cuminsia. e ao a 276 1 » » Cuspidaria Re 27 6 6 4 Cyamium. . i . ..L 166 1 » » Cyclas ii. SA 218 3 » » Cyelinaro alain 198 1 » » Cypricardia ni i i 188 4 » » | Cypriné.< È {&.. (L.ibasd 7 1 : | — 289 — NUMERO VIVENTI nel citate [conservate] Y@P©0 | GENERI PAGINE delle specie Mediter- | Cyrenatie: DER E 217 2 » » Gythereagg "SP. E 188 38 7 3 Diplodenta.. (50. . È Qg1 9 3 Il Pilypodon:. 24 > . 218 1 » » Ponacilla: 305 . L 233 sl D » Donaxdgfter Ro 283 12 6 £ Dosimianiza: 0 Si 195 MIS d 1 Dreissenia . . ...| 116 » » » Dreissensia, . “Li . È 116 5 3 ne Hastomia®, > Sl. è 237 Il 1 l Elizia ge SEE 228 1 » » RE EE dA: 231 3 1 1 Fintodesma . 1%. [881 1 » » Prvaliagits Re E 233 4 4 1 Wrycina fo. (go 162 9 » » Eiuicharist. > V90. i 188 1 » » Wistolane AR R48 2 » » RraciiaRpe E Ra 273 1 » » Gad dai.) beon A - Gastrana.t di: e?3 2 1 1 Gastrochoena . . . . ge4"7 4 3 1 Glycymeris . . . : .1 R44 2 2 | » — 290 — NumeERO delle specie citate |conservate Goodallia . (.\. . 161 Gregariella. .UW.. 116 Gryphaga:" 0, E 68 GENERI PAGINE Hemîmactra. . . . . 237 Hinnitess: (bob. D1 Hippagne (E Ri ed 281 Hyatule > 20M 228 Iphigenia. . . . ...| 225 Tsocardia ,. ab, 185 SAGONA CORSA 265 Janira. +... ..| 108 Hi » Jouannettia. . . . . 251 2 1 » | Kellia da Lo o 163. 5 3 2 Laevicardium . . . . 179 5 | » » L'asaoagt tt. RR 165! |- 1 1 1 Leda 9. pk ld 22 10 3 Leptong:. 2 Va 166 4 3 2 ia dv 82 15 5 4 Timeat 1 SCR: 0 85 1 1 » Limopr8o © Ne 136 11 4 Lithodomus. .., .l 114 4 d4 » — 291 — NUMERO VIVENTI GENERI PAGINE | dele specio | sreaiter- citate conservate] *&N©0 Loripes 265 5) » » Lucina 253 55 17 4 Lucinopsis . 208 1 1 1 Lutaria . 238 » » » Lutraria . 238 8 4 2 Lyonsia . 281 2 1 » Mactra 234 14 di 4 Malletia . 148 5 4 » Margaritana 151 1 » > Megaxinus . 265 il » » Meiocardia . 153" 3 » » Meleagrina . 104 3 » » Meretrix . 194 4 » » Mesodesma . 233 8) 2 iL Modiola . 110 20 4 2 Modiolaria . 115 6 6 3 Modiolina 114 1 » Montacuta 164 6 5 3 Mya R40 U » » Myrina 114 1 » » Myrtea 265 2 » » Mysia . 223 x » » Mytilicardia. 160 3 » » Mytilus . 106 16 2 1 Neaera 278 5 » » - GENERI Neilo . Ncithea Nucinella Nucula Nuculina. Ostrea.. Pandora . Panopoea. Pecchiolia Pecten. Pectunculus. Perna. Petricola . Pharus Pholadidea . Pholadomya. Pholas. .° Pinna. Pisidium . Placunanomia . Pleuronectia. Plicatula . Polia . Poronia ., . , — 292 — NUMERO VIVENTI nel PAGINE delle specie Mediter- citate |conservate] Y20©0 Di 1 » » | 139 1 » » 139 27 8 4 139 3 1 » 55 46 4 2 279 6 2 2 245 10 » » 2830 4 » » DO4 67 4 1 128 ZI 3 3 104 2 1 » R16 7 1 1 230 1 1 1 R49° 3 2 » R83 10 4 » R49 6 È 1 105 9 2 » 219 9 7 3 278 8 5 4 93 4 » » r4=% 7 1 » 2380 1 » » 166 2, » ? LA ded tn n] An Psammosolen . Psammobia. Pseudamussium . Pyxis Radula . Rupellaria . Saxicava Scacchia. Scintilla. Scrobicularia . Semele . Soldania Solecurtus . Solemya. Solenit.à; Solenella Solenocurtus . Solenomya . Solenotellina . Soletellina . Sphaerium . Sphenia. Spondylus . Sportella , GENERI — 293 — PAGINE 285 230 Di1 Di1 85 R1'? R46 165 166 2'74 e'76 12"? 228 279 232 149 228 279 ee"? 227 218 240 '79 16"? NumERO delle specie 11 8) 4 DD Ot “sa HS VV AP» Ho < D_ Aa N N citate [conservate 6 » » A VIVENTI nel Mediter- raneo DÀ DI GENERI Stirpulina . Syndesmya. Syndosmya. Tapes Tellimya Tellina . Teredina Teredo . Thracia . Tindaria Trigonocoelia . Trinacria . Tugonia. Ungulina . Unio . Venericardia . Venerupis . Venus Verticordia. Vola. » 149 » » 169 » 174 » 266 » — 295 — ERRATA (Hinmates ) N. pellucida Vol. I C. acolicum D. JEFFREYSI Telina CORRIGE Hinnites N. PELLUCIDA Vol. II C. AEOLICUM C. JEFFREYSI Tellina INDICE DEL VOLUME Ufficio di Presidenza . Elenco dei Soci per l’anno 1892. March. di MonteRosATo. — Monografia dei Vermeti del Mediterraneo » Dante PantanELLI. — Lamellibranchi pliocenici. — Enumerazione e Sinonimia delle specie dell’ Italia Superiore e Centrale . . >» ea Lu e Add Len STIA I RR * SIVE 1E8 ECHO SARI E, Monterosato VERMETI DEL MEDITERRANEO Boll. Soc.Mal.It.VoLXVI.Tav. I. 4 3 Niro Nenisei ine. Palermo Lit. Visconti uo o ) PR È Vv bos” a î 7 0 Monterasato VERMETI DEL MEDITERRANEO Boll. Soc. MALI VGLAVI Tac AFecarrotta dis e Jit Palermo Lit.0 Visconti Monterosato VERMETI DEL MEDITERRANEO A Fecarrotta dis e lit Palermo Lit.C Visconti Monterosato VERMETI DEL MEDITERRANEO al. It.Vol.XVI.Tav. Iv Boll. Soc.M Sa PESTO, Palermo Lit.CVisconti x A Fecarrotta dis e lit Monterosato VERMETI DEL MEDITERRANEO Boll. Soc.Mal.It Vol.XVI.Tav. V A Fecarrotta dis e lit Palermo Lit.CVisconti 00.Mal.It Vol XVI TavVi AFecarrotta dis e jit Palermo Lit. Visconti Boll.Soc.Mal.It.Vol XVI. Tav.VI A Fecarrotta dis e lit Palermo Lit-C Visconti DELLA ITALIANA vel* 19 1098 sg VOLUME XVI? LS9 2 Fogli 1-3 con 7 tavole pubblicati il 25- Agosto 1892. « Per poter dar sfogo ai manoscritti ricevuti, la Direzione ha creduto . di cominciare la pubblicazione del Vol. XVII prima che sia finita quella del Vol. XVI: ambedue proseguiranno insieme ». DANTE PANTANELLI. PISA SOCIETÀ MALACOLOGICA ITALIANA 1392. o, (4 RI LE SOMMARIO. VICI GARZERG AZ NOIR a O E e A Elenco dei Soci per l’anno 1892. . . . . AIRONE gt March. di Monrerosato. — Monografia dei Veniei del Mediteraio » 7 I signori Soci sono pregati inviare la loro quota annua al Cassiere Signor BARTOLOMEO CAIFASSI — PISA. L'Archivio ei Libri della Società sono presso la signora Marchesa Marianna Paulucci, Novoli ( Firenze). I Signori Soci sono pregati di avvisare il Segre- tario della Società, Prof. DANTE PANTANELLI — Università, MODENA — nel caso di cambiamento d’ indirizzo, come pure di rivolgersi al medesimo per qualunque reclamo circa la spedizione degli atti. Modena. Societa 'Vipogratica Modenzae Y n } cha ha aa: ARRE Apr et “7. BULLETTINO DELLA SOCIETÀ MALACOLOGICA < ITALIANA VOLUME XViè 1892. Fogli 4-8 pubblicati il 20 Novembre 1892. PISA SOCIETÀ MALACOLOGICA ITALIANA Lo. Hi MT ): Legio ni SOMMARIO. DanTE PaxrineLLI. — Lamellibranchi pliocenici. Enumerazione e Sinonimia delle specie dell’ Italia Superiore e Centrale . . . pag. 49 I signori Soci sono pregati di inviare la loro quota annua al Cassiere Signor BARTOLOMEO CAIFASSI — PISA. L'Archivio e i Libri della Società sono presso la signora Marchesa Marianna Paulucci, Novoli ( Firenze). I Signori Soci sono pregati di avvisare il Segre- tario della Società, Prof. DANTE PANTANELLI — Università, MODENA — nel caso di cambiamento d’ indirizzo, come pure di rivolgersi al medesimo per qualunque reclamo circa la spedizione degli atti. Modena. Società Tipografica Modenese, DA \ Ma ‘ La” Nel immer ia. Y ; Re dl, ; » MAY 1 1893 1529 BULLETTINO SOCIETÀ MALACOLOGICA ITALIANA VOLUME XVII 1892. Fogli 9-19 pubblicati il 25 Marzo 1893, PISA SOCIETÀ MALACOLOGICA ITALIANA 1893. SOMMARIO. DANTE PANTANELLI. — Lamellibranchi pliocenici. — Enumerazione e Sinonimia delle specie dell’ Italia Superiore e Centrale. ( Con- RR oa DAL II I signori Soci sono pregati, di inviare la loro quota annua al Cassiere. Signor BARTOLOMEO CAIFASSI — PISA. L'Archivio ei Libri della Società sono presso la signora Marchesa Marianna Paulucci, Novoli ( Firenze). I Signori Soci sono pregati di avvisare il Segre- tario della Società, Prof. DANTE PANTANELLI — Università, MODENA — nel caso di cambiamento d'indirizzo, come pure di rivolgersi al medesimo per qualunque reclamo circa la spedizione degli atti. Modena. Mocletà Tipografica Medensap.