Koll. | LA LEON di, i n.9, pi rd gra Da i cl ” bo" sk fo REA N ii menti Va me FER Ì > Ei CKFALOPODI MEDITERRANEI Da DEL R. MUSEO DI FIRENZE DEL PROF. ADOLFO TARGIONI-TOZZETTI EMITHSONIAN® APR 26 1988 UGRARIES PISA TIPOGRAFIA NISTRI Prem. all’ Esposizione Universale di Parigi del 186 $pos1z ni a quella Industr. e Agraria di Pisa 1869 | RAS P finaten LD se Ù Estratto dal Bullettino Malacologico Italiano, Anno Tuo DS -— - 1 É 863 Ù SI ui e f i 2441 sb RATTI sé AR °] se VA, i d mn . A é "o (10 % f i @ 2 ? Mia ni ini Commentario sui Cefalopodi mediterranei del R. Museo di Firenze. La storia della scienza intorno ai Cefalopodi è importante per la somma delle conoscenze speciali ch'essa raccoglie, pel processo, col quale si è composta, e per l’effetto che gli studii fatti per co- stituirla, hanno avuto su quelli della malacologia in generale. I lavori di Dugès, di Van Beneden, di Koelliker, che pure han trovato qualche traccia di già segnata da Delle Chiaje e da Fe- russac, intorno alla embriologia delle Seppie, dell’ Argonauta, 0 delle Sepiole; quelli di M. Edwards sugli spermatofori, gli altri di Delle Chiaje ancora, di Cuvier, Dujardin, Verany, Keelliker, Miil- ler, Siebold, Costa, Vogt, Steenstrup che hanno avviato prima, e corretto poi il giudizio sul braccio copulatore dell’ Argonauta e di varie specie di Polpi, ed hanno mostrato molto più generale, che non paresse dapprima, il fatto della esistenza di questo organo singolare di relazione fra i sessi; i lavori di Babuchin, di Hensen sugli occhi; quelli di Sangiovanni e poi di Harless, di Wagner, di Krohn sulle vescichette cromatofore; gli ultimi di Cheron e di Trinchese sui nervi e sui centri nervosi hanno rivelato una quantità di condizioni specialissime agli animali di questo tipo, come d’al- tronde le descrizioni più complessive della struttura di alcuni, dovute a Swammerdam,.a M. Aurelio Severino, Nedham, Monro in antico, e più modernamente a Delle Chiaje, a Cuvier, a Brandt, a Owen, a M. Edwards ec. ec., han finito di porre in chiaro come tutti, pure essendo composti degli organi e dei sistemi di altri o più elevati o più bassi nella serie, sieno però in una condizione O particolare per l’accomodamento diverso e per le modificazioni dei componenti medesimi, e intanto hanno iniziato prima, sospinto poi, servito infine di termine di riscontro alle indagini sopra ogni altra qualità di molluschi. Le nozioni poi sono aumentate nel corso del tempo per il ritrova- mento di molte forme, che, o i viaggi nei mari lontani, o le più accurate investigazioni nei vicini hanno messo in vista; per le osser- vazioni dei moti e delle abitudini di quelli mantenuti nei grandi aquari, stabiliti in diversi punti delle coste dell’ Oceano, in Francia principalmente, e quindi, con magggior numero di confronti, gli elenchi delle specie non solo sono diventati più estesi, ma la classificazione si è migliorata, varie parti di storia antica, contro- versi o dubbiosi, si trattano con maggior sicurezza, e gli stessi rac- conti, già avuti in sospetto di favole, intorno ad altri giganteschi e mostruosi, si completano, si emendano, e si coneretano con valore scientifico odiernamente. I nomi di Lamarck, Ferussac, D'Orbigny, Wagner, Carus, Owen, Leach, Gray, Aubert, Steenstrup fra gli stranieri, vengono da per sè sulle labbra pensando agli studii ora ricordati, e con essì quelli di Poli, Risso, Delle Chiaje, Costa, Verany, fanno, dalla parte dei nostri, eccellente riscontro. E il caso fa che di Delle Chiaje e di Verany principalmente tutto il valore non si veda aperto quanto è, avendo essi, con libe- ralità esemplare, ceduto a Ferussac soprattutto, l’ onore di pub- blicare le cose trovate nelle loro indagini laboriose, sicchè quelle pajono, a chi non vi guardi dentro, non il frutto della diligenza e perspicacia di essi, ma di quella altrui. Dove io vi sia richiamato, volta a volta ritornerò su questo par- ticolare, perchè appunto tanta parte di onore della scienza italiana torni in luce di nuovo; e del resto, registrando metodicamente le specie della collezione fiorentina, avrò cura di aggiungere le notizie tutte che possono contribuire a farle conoscere più apertamente. La collezione comprende, è vero, circa a 80 specie soltanto delle 218, annoverate poco tempo fa, e che oggi vivono nei diversi mari, superstiti alle 1780 circa, già estinte; ma quanto a specie mediter- ranee, con tutte le nominali, Verany stesso ne conta soltanto 57, e basterà confrontare l’ elenco nostro, con quello di Auca- pitaine pei Cefalopodi di Algeri (1) per vedere che, meno la Spirula (1) Revue Zoolog., Ser. 2, T. 45, p. 284, 365, 404, Keferstein in Bronn, Die Klast. und Orden, der Thierreichs. (Weichthiere) T. 3. MR tz Peroni, ed un Polpo (Octopus venustus), si contengono nel primo tutti quelli registrati dall'altro, e vi sono di più due belle specie di Totano ad uncini ( Enoploteuthis Quweni, Ancistroteuthis Li- chtensteinii), non che la Loligo Marmorae senza dubbio diversa dalla Loligo subulata. Abbiamo come volgare la Sepiola Rondeleti, alla quale ci pare dovere aggiungere altre due, una già definita da Van Beneden, una con aspetto di nuovità : e confido non vi man- chino due specie incontrate da Heller nell'Adriatico istesso, e delle quali non trovo il nome. Rispetto all'origine delle cose della collezione ve ne sono alcune pervenute dallo stesso Verany in passato, giusta quanto asserisce chi ebbe prima di me alle mani la collezione medesima; le più sono di recente acquisto, 0 per compra, o per cortese dono d’amici, e ricordo con compiacenza i Prof. Lessona e Panceri principalmente, non chè la grata memoria del Prof. De Filippi, per uno stupendo esemplare di femmina di Parasira catenulata (Tremoctopus catenu- latus); diverse finalmente sono state da me stesso prese all’occa- sione di viaggi e stazioni sulle coste d’Italia. Due forme sono non del mediterraneo ma dell’Oceano; una otte- nuta in dono dal Museo di Liverpool, che servirà di termine di confronto per corroborare lo stabilimento in ispecie distinta della Loligo vulgaris del Mediterraneo; una proveniente da acquisto fattone con altri animali per imezzo del chiarissimo Schaufuss, ed è un Octopus assai singolare. La disposizione dei generi segue l’ ordine adottato da Wood- ward nel suo manuale di Concologia, come quello che per lo stato presente della collezione malacologica e concologica di Fi- renze, è parso più idoneo a fornire il quadro generale dell’ ordine da porsi in essa; ma il quadro sarà, nei particolari, sensibilmente modificato, per tener conto dei mutamenti indotti nella classifica- zione, soprattutto da Steenstrup e da Keferstein in opere più recenti. NOTA Dopo quella di Gray (1849), e con questa di Woodward, sono state proposte altre due classificazioni. — Una di Steenstrup (1861) considera solamente i Cefalopodi dibranchiati e gli divide in A. DecAPODI. 1. Gigopsidi o Decapodi pelagici, Uranchiformi, Taonoteuti. dit 'A OO Onichii, Ommastrefini. 2. Miopsidi, o Dec. pelagici. Loliginei, Sepiarti. Sepiolini. Litwini. B. OttoPODI. 1. Filonessidi od Ott. pelagici. Tremottopi, Argonantei. 2. Ottopodi tipici o littorali. Uttopini o dicotilei. Eledomani 0 monocotilei. % i (V. Archiv. fiir Nat. Gesch. Bericht. 1861, ann. 1862, p. 236). L’altra proposta è seguita da Keferstein comprende anco i 7e- trabranchiati e divide la Classe in Ord. 1. Tetrabranchiati. Fam. 1. Nautilidi. Fam. 2. Ammonitidi. Ord. 2. Dibranchiati. Subord. 1. Decapodi. A. D. calcofori. Fam. 1. Spirulidi. Fam. 2. Belennitidi. Fam. 3. Sepiadi. B. D. condrofori. a. Miopsidi. Fam. 4. Loligidi. Fam. 5. Sepiolidi. b. Vigopsidi. Fam. 6. Cranchiadi. Fam. 7. Loligopsidi. Fam. 8. Chiroteutidi. Fam. 9. Tisanoteutidi. Fam. 10. Oricoteutidi. Subord. 2. Ottopodi. Fam. 11. Cirroteutidi. Fam. 12. Ottopodi. Fam. 13. FWonessidi. _ —- ({ — Quello che distingue di più questa classificazione è la disposizione parallela di molti generi gli uni, o rispetto degli altri, per la quale si trovano nelle respettive famiglie a riscontro: Loligo Belemnosepia Sepiola Rossia Cheiroteuthis Histioteuthis Enoploteuthis Ommastrephes Pinnoctopus Eledone Octopus Bolitaena Tremoctopus * Parasira Halipron Argonauta (V. Keferstein in Bronn, Class. und Ordnung. der Thierreichs, TS pi 1419) GENERUM SPECIERUMQUE CONSPECTUS. CLassis I. — CKPHALOPODA. Cuvier, Tabl. Elem., 1798, Régne Anim., 1817. Octopodia, Schneider, 1784. Cryptodibranchiata, Cryptodibranchia, Brachiocephala, Cephalo- phora, Blainville, Lamarck, Ferussac, De Haan, Latreille, D’'Orbi- gny, Owen, Gray, Anfliobrachiophora, Gray, 1821. Cephadelia cephalopoda, Rafinesque, Mollusca brachiata (pars minima), Poli, Molla, Eichwald, Pterigia, Grant, Malaivia, Arist. Cefalopodi, Delle Chiaie. — Mem. T. 4, Mem. 2. — 1829. Ordo 1. — DIBRANCHIATA. Subel. Antepedia, Gray, Brit. Cat., 1849, pag. 2. Dibranchiata, Dujardin; Gray, Proc. Zool. Soc. 1847. Keferstein. Cephalopoda dibranchia, Owen. Trans. Zool. Soe., Tom. 2, pag. 103, 1838. Cephalopoda nuda, Cuvier, 1800. Cephalopoda libera, De Haan, 1825. FOR NT, Cryptodibranchia nuda, Blainville, 1814. Cryptodibranchiata nuda, Dict. se. nat., 1824. Cephalopoda Cryptodibranchia, D'Orbi- guy, Ann. se. nat., 1826. Cephalopoda acetabulifera, Férussac, D’Orbigny, Hist. nat. Ceplal., 1854. Antliobrachiophora , Ano- steophora , Sepiaphora, Gray, Lond. med. rep., 1821. Cephalopoda antepedia, Rafinesque, Analys. nat., 1815 (1). Sez. A. Octopoda, Woodward. (Ord. 1. Gray; Sez. B. Steenstrup; Subord. 2, Keferst.) Cephalopoda octopoda, Leach. 1817, Menke Gravenhorst. Cepha- lopoda octobrachia, Cephalopoda mo Blainville. Cryptodibranchiata octocera, Blainville, 1824. Octopia, Rafinesque, 1815. Gray 1849 (Ord. 1.); O, Feruss. et D’'Orb.; Octopodidae, Gray, 1847; Octopode, Steen- strup, 1861 (sez. B). Octopodae, Keferstein, 1862-66 (Subord. 2). 1.% Fam. Argonautidae, Woodward. Cephalopoda Argonautidae, Cantraine, Malac. mediterr., 1841. Argonautei, Steenstr. 1861. Ocythoina, Gray, Proc. Zool., 1847. Ocythoidae (pars), Gray, Brit. moll. cat., 1849. Philonexidae (pars), D’Orbigny, 1845. Testacca univalvia nautilifera (pars), Poli. Cephalopoda testacea, Cuvier, Anat. comp., 1800. Cephalophoda testa unilocularia, Lamarek. Phil. z00l., 1809. Cephalopodes cymbicochlides, Latr., Fam. nat., 1825 Gen. 1. Argonauta, Linneo. Syst. nat., 1756. Gmel., Cuvier, Lamarck, Ocken, Leach, Poli, Ran- zani, Risso, Verany ec. Ocythoe, Rafinesque, Précis de decouvertes Semiolog., 1814, Anal. nat., 1815. (!) Nella esposizione della Sinonimia quando non si tratti di autori italiani, o di scrittori di cose italiane in particolare, si ometterà di riportare dopo i nomi degli autori i titoli delle opere, che seguono sempligemente |’ esempio altrui, senza vedute, nè nomenclature originali. — Invece poi di seguire l'ordine crono- logico, si tenta, in quanto si può, di seguire l'ordine logico delia successione delle idee, che si sostituiscono e si modificano via via, nel corso del tempo, e si esprimono nei termini delle classificazioni; in questo modo si trovano avvi- cinati nomi e scrittori, che l'ordine cronologico metterebbe lontani gli uni dagli altri. — Alcuna altra avvertenza sul modo di intendere l'ufficio, e l’ uso della Sinonimia, saranno, volta a volta che ne verrà l’occasione, tracciate. LA ieglii'i i SR Octopus, Blainville, Malac., 1825. La determinazione di questo genere, e quindi la sua simonimia, è curiosamente intralciata per la ragione solita, per la quale i generi riescono spesso più o meno puri, più o meno complessi, e poi per- chè si è creduto lungo tempo che due cose di natura diversa, fossero la conchiglia e l’animale. Eliminata la Carmmaria mediterranea ( Argonauta vitreus), intro- dotta indebitamente da Poli (Test., T. 3, pag. 26), al mediterraneo resta una sola specie di Argonauta. Sp. 1. Argonauta Argo, Linneo. I nomi più antichi di Nautilon, Nauticon, Ovum Polypi, adope- rati da Aristotile, Eliano, Plinio, Aldovrando, Belonio, Rondelet, e quanto dicono scrittori di diverso tempo, Oppiano, il Giannetta- sio, Niccolò d'Aquino di Taranto, non naturalisti, e non compro- messi dalla inopportuna separazione sopra avvertita, corrisponde al concetto moderno e meglio dei nomi stessi e delle asserzioni di altri scrittori anco assai recenti. Si hanno infatti appellazioni esclusivamente conchiliologiche : Cymbium, Gualtieri, Test., Tav. 11. i Nautilus papyraceus, Martini, Conch. Cabin., T. I, pag. 230, davi fio. 1057. Argonauta Argo, Linneo, Syst. nat., ed. 10, pag. 708, 231; Olivi, Zool. Adriat., pag. 129; Ginnani, op. post., T. 2, tav. 3, fig. 29; Lamarck, An. sans vert., T. II, 355; Argonauta corrugata, Humphrey, Mus. Calon., 6. n. 80, 1797. Argonauta compressa, Blainville, Dict. Sc. nat., 212. Nomi ed appellazioni malacologiche: Sepia octopodia, Leach. Sepia velifera, Poli (?). Sepia, sp. Olivi, Zool. Adr., l. cit. Ocythoe tuberculata, Rafimesque, Precis de decouvertes semiolog. (Gray); Ocythoe Argos, Deshayes, Enc. meth., T. 3, 643. Ocythoe antiquorum, Leach, Zool. mise., 3139. Ocythoe Probatio, Leach, Phil. trans., 1818 (1). (1) Sotto il nome di Ocythoe Risso presentò una specie che credè diversa da quella di Leach e di Rafinesque; ma che Verany mostrò identica con un’altra di Delle Chiaie, op. cit., p. 239, 245. Ora questa Ocythoe di Risso e di Verany si riferisce positivamente ad un altro genere, ed è da dubitare che Gray prenda errore nel porre qui tanto la 0. tuberculata di Rafinesque, quanto l 0. tuber- culatus, Blainville. — V. Atti della 3.2 Riun, degli Scienz. Ital. a Torino, p. 236. 2 CEE Zoe Octopus antiquorum, Blainville, Dict. sc. nat., Octopus Argonau- tae, Blainville, Malac., 1825. Octopus tuberculatus, Blainville, Dict. sc. nat., T. 14, 196, (Gray, in Test). Nomi finalmente conchiliologici e malacologici insieme: Argonauta Argo, Poli, De Argon. Argì hist. et anatom., 1824. utr. Siciliae, T. 3, tav, 40 et seg. Risso, Hist. nat. E. mer. T. 4, 1826. Payraudeau, Anell. et Moll. de Corse, pag. 182, n.° 348, 1821, Férussac, Hist. nat. des Moll, T. 1, p. 41, et seg. (copiate da quelle di Poli). Non pochi, Deshayes, Leach, Blainville, hanno preferito le appellazioni malacologiche ma incomplete, queste, all’ effetto di designare animale e conchiglia insieme, non hanno poi l’ autorità dell’ altra di Argonauta, che pecca nello stesso modo, ma è più generalmente seguìta. i La specie si diffonde dall’ Oceano Indiano al Capo di Buona Speranza, al Mediterraneo. Sulle coste d’Italia, è rara nel Veneto (Olivi), è indicata a Nizza, in Corsica, in Sardegna; è frequente in Sicilia e nel Golfo di Taranto. La collezione possiede: conchiglie di provenienza indeterminata, e dell’isola d’Elba (Pisani, 1861); conchiglia ed animali di prove- nienza indeterminata; id. di Nizza (Cara, 1864), Messina (Targ., Viaggio del 1868). L’anatomia fatta prima e lasciata inedita da Poli (1824), pubblicata da Delle Chiaie (1826), riprodotta da Ferussac, fu ripresa da Rang (1837) e da Van Beneden (1838). Delle Chiaie (1835) indicò il braccio copulatore come animale di specie propria (ricocephalus acetabularis). La conchiglia fu dimostrata nell’embrione da Poli, che così tolse ogni dubbio sui suoi rapporti coll’animale, e fu studiata matematicamente da Heiss (1844). Nella sua struttura, da niuno, a quanto sembra, delucidata, resulta di diversi strati di prismi verti- cali alla superficie (T. VI, fig. 2). È assai singolare la persistenza della irritabilità delle vescichette cromatofore, dopo la morte apparente dell’animale (1). Mantenuto vivo uno degli individui, presi a Messina, (1) Una fuggevole osservazione, sulle uova a diverso stato di sviluppo, mi mostrò il vitellus situato, come di regola nei Cefalopodi, al davanti del capo. La storia delle relazioni scientifiche sull’ Argonauta, nella quale da Plinio al Poli fanno buona figura parecchi italiani, Scarabelli (1677), Giovanni (1757), Tom- maso d'Aquino, il Carducci, il padre Minaci Mauriani, lunga e complicata può vedersi in Poli medesimo, e più ancora nell’ opera di Ferussac et D' Orbigny, che si cita ad ogni momento in questo lavoro Canale pe durante una intera giornata, era uscito dalla conchiglia, e giaceva in fondo del vaso flaccido e scolorito la sera, quando, per non gua- starlo, preso ed immerso in un miscuglio di acqua salata, spirito e glicerina, tornò istantaneamente a risplendere dei suoi colori, senza dare, per altro modo, manifestazione alcuna di vita. 2.4 Fam. Octopodidae, Woodward. Octopidae, Ferussac et D’Orb., Hist. nat. des Moll., Octopidae Philonexidae, D' Orbigny, Moll. viv. et foss., 1845, Gray, Brit. Mus. cat., 1849, id. Argonauta excepto, Steenstr., 1861. Octopodina, Philonexiana, Gray, Proc, Zool. soc., 1847. Philonexidae (Argonauta excepto), Keferstein, V. Bronn, Die Klass. und Ordnung der Thierreichs, 1866. Octocera, Blainville, 1818. Acoclides, Latr. Fam. nat., 1825. Gen. 1. Parasira, Steenstrup, 1861. ‘ (V. Keferst. in Bronn, Die Klass. und Ordnung. der Thierreichs). Philonexis, D’Orb., Voy. dans l’Amer. mer., 1835, Hist. nat. des Moll. T. 1, p. 83. Gray, Brit. Mus. Cat., 1849. Philonerus, D'Orbigny, Cephal. acetabulif., 1839 (V. Gray, Sy- nops. Brit. Mus., 1842). Octopus, Delle Chiaie, Verany, Férussac, Blainville. Adotto, senza conoscerne i limiti, il genere col nuovo nome di Steenstrup, al quale, d’altronde, vedo riportata categoricamente la specie che segue; ma del genere stesso trovo l’indizio nella clas- sificazione di Keferstein, nella quale essa sta in opposizione al genere Zremoctopus, nella famiglia dei Flonessidei. Questa famiglia poi non è ricevuta nel quadro della nostra guida per la classifica- zione, e non l’annovero qui da per sè per non alterare il quadro generale, nel quale mi sono proposto di disporre la collezione. Però, in luogo di far seguire agli Argonauta gli Octopus, metto per primo il genere di cui ora si parla, il quale mi sembra tanto ben separato dagli Octopodi veri, come dovrebbe esser l’altro delle Eledone, per rendere ad ogni famiglia la sua più naturale circoscrizione. Spec. 1. Parasira catenulata, nobis (non Steenstr.). Octopus tuberculatus, Delle Chiaie (non Risso), Mem., T. 4, pag. 41, 151, Tav. 59, fig. 1. Vi eLeò é 5 ; Miei (cda Octopus reticularis, Petagna (V. Monticelli, Rapp. Acc. delle Sec. di Napoli, 1828 (4), Delle Chiaie, loc. cit. 1829). Octopus Ferussaci, Delle Chiaie, loc. cit. Octopus Verany, Wagner, Zeitschrift fir die Org. Phys., 1828, ex Ferussac, Bull. Se. nat., T. 19, pag. 308. Octopus catenulatus, Feruss. Hist. nat. moll., Tav. 6 bis-ter, 1328. Philippi, Moll. Sic., T. 2, pag, 201, n. 3. Verany, Tabl. des Ce- phal., Atti delle 2 riun. degli sc. it., pag. 295, 1845, Moll. mediterr., pag. 36, T. 13 (optima!), 1852. Philoneris tuberculatus, D'Orb., Hist. nat. Moll., T. 1, p. 87. tav. 6, bis-ter, Ferussac, loc. cit. tav. 23, f. 6, 9. 4 Ocythoe tuberculata, Rafinesque ? Come quella di parecchie altre, la storia di questa specie è assai complicata. Delle Chiaie (loc. cit.), attesta di averla distinta nel 1822, e, dietro al Monticelli, riferisce che d'altra parte Petagna la nominò, senza descriverla, all’ Accademia delle scienze di Napoli, col nome di Octopus reticularis. Dal canto suo Delle Chiaie ebbe intenzione di nominarla Octopus quinceuncialis, ma, comunicandola a Ferussac nel 1829, propose chiamarla Octopus Ferussaci. Ferus- sac però, poco prima (Febbraio, 1828), ne aveva avuta la figura da Verany, e l’aveva già nominata Octopus catenulatus, consideran- dola per nuova specie. Intanto Verany stesso dopo averla già collo- cata al Museo di Torino, l'aveva mostrata a Wagner, e questi, non informato meglio di Verany e di Ferussac, delle cose dei naturalisti di Napoli, la giudicò nuova esso pure, e per suo conto, la chiamò Octopus Verany. Si ebbero dunque, quasi nel tempo stesso, tre nomi, nessuno dei quali si combinò con quello di Petagna, che quando si trovasse realmente, sarebbe il primo nel tempo. Risso, (1) Qui deve essere errore. — Monticelli ha l'elogio del Petagna nel 2.° Vo- Inme degli Atti ‘dell’ Accademia, del quale non si rileva la data, ma che ne precede un altro colla data del 1823. In qualunque modo nell’ elogio suddetto non si fà parola della pretesa osservazione di questa specie di Octopus. Di grazia poi, e qui e altrove non mi si accusi di plagio senza avermi ascol- tato. — Il mio nobis, messo in seguito al nome della specie, non ha pretensione — dî togliere ad alcuno il merito della invenzione di essa, nè in questo nè in altri simili casi. — Stà là, per dire ch' io ripongo la specie nel genere dove ella è, e dal quale và a far parte integrale, 0 altrimenti chiama soltanto sopra di me la responsabilità del giudizio ch'io ne faccio, senza mettere questo, che sarà spesso un errore, sotto la salvaguardia dei nome altrui. — So benissimo che così facendo ho contro una convenzione, nella quale si accordano i più come in tante altre; a me ripugna accettarla e seguirla, poichè la ritengo per una offesa perenne alla verità, e per una vera e propria falsificazione della storia. Lai nel 1826, pubblicò un Octopus tuberculatus, nel quale Delle Chiaie e D’ Orbigny credettero vedere la specie presente, e così ora; ma Verany e Vogt (Sur les ZMHectocotyles; Annales des sciene. naturel., 1852), hanno considerato come distinta la specie di Risso che troveremo più avanti. Manca qualunque lavoro ana- tomico sopra questo tipo, del quale si conosce la sinonimia solamente. Non è rara a Napoli, a Nizza, a Genova; è stata trovata a Messina da Riippel (Verany). Manca o non è indicata sulle coste di Algeria (Aucapitaine). La collezione fiorentina possiede esemplari da Genova (De Filippi, 1863; bellissimo e grosso esemplare), Nizza (Cara, 1864), Napoli (Panceri, 1865). Sp. 2. Parasira tuberculata, nobis. Parasira catenulata, Steenstrup? (Bronn, Die Klass. und Ord- nung. der Thier., T. 3, pag. 1400). Octopus tuberculatus, Risso, Hist. nat. E. merid., T. 4, pag. 3, n.° 4, 1826, (non Delle Chiaie). Octopus Carena, Verany ( Tremoctopus carena, Verany), Mem. .dell’ Acc. R. delle Sc. di Torino, 2.8 Serie, T. 1, tav. 2, Guida di Genova, Cat. degli anim. inv. — Cephal. medit., p. 34, 128, tav. 14, fig. 2, 9, tav. 41, fig. 1, 4. Octopus violaceus, Risso, Atti della 5.8 riun. degli Sc. it. in Lucca, 1843 (Verany). Octopus carena, Gray, Brit. Mus. cat., 1849. Tremoctopus carena, Verany, Vogt (sur les /ectocotyles), Ann. Se. nat. Zool.,, 2, serie, T. 17, 1852. Ocythoe tuberculata, Rafin.? Octopus tuberculatus, Blainv.? Verany e Vogt (loc. cit.) hanno dimostrato che la femmina di questa specie corrisponde coll’ Octopus tuberculatus, Risso, diverso dall’ Octopus catenulatus, Ferussac, col quale Delle Chiaie, D’Or- bigny, lo stesso Verany e Steenstrup a quanto sembra, lo hanno confuso. Per la ragione che alla precedente specie identica all’Octopus catenulatus, Ferussac, può spettare soltanto il nome di Parasira catenulata, che pertanto non ha più il valore col quale Steenstrup l’ha impiegato, alla specie ora in discorso, corrispondente all’O. fuber- culatus, Risso, non si può dare che quello di Parasira tuberculata. Mentre Risso aveva scoperto e descritto la femmina nel 1826 (lamen- tandosi di non avere osservato che maschi) il maschio vero fu scoperto in un. solo individuo da Verany a Nizza, 10 anni dopo, e descritto negli atti dell’ Accademia di Torino. Nel 1849, nel 1850 ne furono Ga \ i LEE trovati altri individui, parte a Genova e parte ancora a Nizza; e Vogt, con Verany, pare essere stato il primo ad averne alle mani altri in buon numero. Lessona (in litteris) ne ha veduti a Genova con una posposizione del braccio copulatore; la collezione fio- - rentina ne ha molti individui provenienti da Nizza (Cara, 1864). Poco vi è da aggiungere o da emendare alla descrizione di questo maschio data da Verany e meglio a quella di Verany e di Vogt (loc. cit.). Il corpo più che sferoide (rond), tuttavia pare ovato, leggermente ristretto presso l'estremo posteriore, non però acuto, e molto meno acuminato. L'apparecchio costrittore si compone di due tubercoletti, a modo di gancio rivolto in su, ed allargati, i quali, dipendendo dal mar- gine posteriore della base dell’ infundibulo , s' incastrano in uma fessura trasversale del margine del mantello, posta assai indietro sul mantello stesso. Le misure di Verany tornano anche esse, negli individui col braccio copulatore completamente evoluto, ma negli individui di una stessa età, e di dimensioni diverse, le cose mutano alquanto (1). Kolliker, descrivendo prima l’ Hectocotyle del Tremoctopus vio- laceus, era caduto in illusioni per verità assai singolari, e secondo le quali, questo che ormai si dubitava forte dovesse essere non altro che il braccio di un Cefalopode, prendeva natura di animale completo, con tubo intestinale alquanto problematico, vasi, nervi, organi genitali. Invece, nel braccio copulatore della nostra specie, Verany e Vogt dimostrarono un vero e proprio braccio ordinario, mutato nella forma, singolare per la caducità e per la probabile, se non dimostrata, riproduzione periodica e per gli ufficii; aumen- tato nelle dimensioni, modificato nella forma, soprattutto, per la appendice filamentosa contrattile, colla quale finisce all'estremità, e per la sacca, che stà presso la base dalla parte del dorso, e che residuo (!) A. B. Individui con braccio copulatore €. Individuo con braccio copulatore perfettamente evoluto. contenuto nella sua ciste. Lunghezza dall’ estremo posteriore del corpo all’ apice dei tentacoli. A B C CELA: APRO ARE 0,102 = 400,0 0,150 100,0 0,097 = 100.0 lunghezza del corpo. . . .. 0,030 0,293 0,050 0,044 0,027 = 0,027 0,126 0.066 0,072 = 4,076 0,037 0,025 = 0,025 0,031 0,024 = 9,024 0,064 = £,067 = 0,069 lungh. del braccio del1.°pajo 0,072 0,070 0,100 DIMACIEZ OA DAO REN AC 05037E=0037 0,055 » del 3.° pajo (br. sinistro) 0,023 = 0,027 0,047 DINA CLAIRE I 0,066 = 0,064 0,097 lung. del braccio copulatore 0,120 = 0,117 0,190 (Cc RISE iO; pale della ciste, nella quale il braccio si è formato prima, diviene poi ricet- tacolo dello spermatoforo, che vi giunge della cavità branchiale. Questo stesso spermatoforo unico, in forma di lunghissimo fila- mento avvolto sopra sè stesso e che sta invece degli spermatofori multipli e minori dei Cefalopodi ordinari, le disposizioni e la situa- zione del testicolo sono altre particolarità del tipo, a cui la specie si riferisce. Il tubo intestinale, meno studiato, comincia colla bocca circondata dai due cerchi labiali, uno interno più grosso e più alto, che Verany e Vogt dicono villoso, uno più corto e sottile. Le mandibule sono molto forti; l’esofago molto corto, mette ad una parte di intestino più larga, allungata, diritta, leggermente ristretta verso la parte posteriore, sulla quale fa un gomito per ricondursi in avanti, formare un gozzo eccentricamente, e poi finire col retto, in prossimità del canale della vescichetta del nero. Due glandole salivari sono immediatamente appresso al bulbo muscolare della faringe, e due altre piramidate più grandi, entrano in rapporto col- l'esofago, per mezzo di un dutto escretore, ciascuna. Il fegato sferoi- dale, grande, stà dalla parte dorsale e pare in comunicazione colla dilatazione eccentrica del tubo digerente indicata sopra. Le branchie sono piramidate, leggermente ineguali, e comunicano col cuore mediante i vasi branchio-cardiaci, il tronco dei quali, ha, in ciasche- duna, una grande dilatazione auricolare-arteriosa (bu/bo-branchiale, Vogt). Il cuore, posto in traverso, emette l’aorta, ricevendo i vasi branchio-cardiaci, coperti da una quantità di rami venosi. L’ana- tomia della femmina di questa specie è data, molto sommariamente, da Verany e da Vogt. | La specie, come quella che precede, pare, fin qui, esclusivamente mediterranea, e più particolarmente delle coste della Liguria o della Provenza. La sua distinzione dalla prima potrebbe essere contesta- bile quando le differenze si dimostrassero effetti della età. La col- lezione con molti maschi possiede una femmina sola del Golfo della Spezia (Targ., 1863). Gen. 3. Tremoctopus, Delle Chiaie, 1830. M. s. a Ferussac (D’Orbigny), Poli, T. 3, tav. 70. Philoneris, D' Orbigny, Voy. dans l’Amer. merid., 1835, Hist. nat. des Moll., T. 1, pag. 83. Ocythoe, Risso, Atti della Riunione degli Scienz. ital. a Torino (non hist. E. merid. ut Gray). Phisoniscus, Ruppel, M (Gray). G — 16 — Tremoctopus, Delle Chiaie, M. S. (D'Orbigny). Octopus, idem. Questo genere sembra essere stato realmente prenunziato da Delle Chiaie nelle sue lettere a Ferussac, a proposito della specie che segue, e con questo nome pubblicò la medesima nelle tavole di Poli (1830); ma D’Orbigny, avendo avuto occasione di studiare a confronto i polpi delle spiagge con quelli di alto mare nel suo viaggio all’ America meridionale, creò nel tempo stesso e per questi il genere PWilonexis. L'uno e l’altro frattanto ha distinto una forma e un tipo già confuso coi polpi. Sp. 1. Tremocetopus violaceus, Delle Chiaie. Delle Chiaie, M. S. a Ferussac (D’Orbigny), Poli, Tom. 3, tav. 70 (1830), Gray, Steenstrup, Keferstein, Verany, Cat. Octopus violaceus, Ferussac, Poulpes, T. 20 (ex icone Chialana). Octopus velifer, id., T. 18, 19. Octopus velatus, Rang. Mag. de Zool., 1837, Cl. 5, pag. 60, tav. 89. Philonexis velifer, Ferussac, D' Orbigny, Hist. nat. des moll., T. 1, pag. 91. Poulpes, tav. 18, 19, 20, 23, 29 (1888). Ocythoe mygaro, Risso, Atti della Riun. degli Se. it. in Torino (Verany). Phisoniscus velatus, Rippel, M. S. (Gray). Verany trovò a Genova, e comunicò a Bonelli la specie, e l’ebbe a mano più tardi (1800) anco a Nizza. Intanto Bonelli ne comu- nicò a Ferussac un individuo assai giovane, e poco dipoi Verany comunicò il suo disegno. Simile incontro e simile comunicazione fece pure Delle Chiaie, annunziando il nuovo genere 7remoctopus, che poi pubblicò collo stesso disegno. Ferussac, sulle comunicazioni di Bonelli e di Verany fece il suo Octopus velifer: sull’ altra di Delle Chiaie, il suo Octopus violaceus. Intanto Rang dal canto suo, e sopra comunicazioni dello stesso Verany, fece il suo Octopus ve- latus, e così la specie, considerata secondo stati diversi, e per delle modificazioni di forma della sua membrana interbrachiale, forse da ri- vedere, ebbe a un tempo tre nomi, in un genere, dal quale Delle Chiaie solo, intese subito a toglierla. D’Orbigny rimise a posto la sinonimia specifica, ma, non senza qualche ragione, persistè nel voler dare il nome di Philonexis, al genere che ormai era pubblicato come Zre- moctopus, e alla specie il nome di Ferussac. La specie propria dei mari d’Italia è rappresentata da un’individuo di Nizza, nella OM SE AE collezione fiorentina, che corrisponde esattamente alle figure date sotto questo nome. Gen. 4. Oetopus, Lamarck. : Lamarck, Mem. Soc. phil., 1799, Cuvier, Blainville, D'Orbigny, Risso, Delle Chiaie, Verany. ____Sepia, sp. Linneo. VEE Polypus, Teach. Polypus, Rondelet, Aldrovando, Belon, Plinio, Aristotile. Questo genre, assal ricco di specie anco mediterranee, è diviso in sezioni, setondo la prevalenza relativa delle braccia superiori, laterali o inferiori da D’Orbigny; e secondo la distribuzione e le forme degli actabuli da Gray. L’uno e l’altro lascia poi una riserva per le specie qpocrife, o degne di esame ulteriore (1). Disponendo|i polpi sulle orme di Gray come appresso, troviamo le specie nostiali: a. Con asetabuli subequali e regolarmente distribuiti, comin- ciando in unalsola serie alla base delle braccia. ec. 1. Octopus vulgaris, Lamarck. Lamarck, 1| cit. Anim. sans vert., Ed. 1.2, T. 7, pag. 657; T. 11; p. 361. | Risso, Hist nat. E. mer. T. 4, pag. 3, n.° 2. Blainville, Diet. des sc. nat., T. 43, pag. 188, In. fr. Moll., pag. 5, Tav. 1, fig 1 (?) (D’Orb.) Payraudeau, Mollusq. de Corse, 172, m.I990) 1 Delle Chiae, Mem., T. 4, m. 2, pag. 40, 55, tav. 56, fig. 13. Sangiovanni, Mem. Se. nat., T. 16, pag. 321. Philippi, Foll. utr. Sicil., T. 2, pag. 240. Verany, Yoll. medit., pag. 16, tav. 8. Octopus ppendiculatus, Blainville, Diet, des sc. nat., T. 43, pag. 43, pag. 19 (?). Sepia ocppus, Linneo, Gmelin. 3149, Polypusbetopodia, Leach, Journ. Phys., T. 86, pag. 394. Savi- guy; Descipt. de lEsypte, T. 2, tav. 1, fig. 1 (non Audouin). Polypusmarinus, sea Octopus Karakatiza Koelreut. n Salv. Gessner. Î (1) Stud anatomici su diverse specie del genere si hanno da: Cuvier,Memoires puur servir a l'hist. et à l’anat. des moll., 4817 0. vulga- ris, O. rugsus? Savigny, Descript. de l’Egypie; Mayer, Anat. fùr vergleich. Anat. (0. rugoss? ); Ferussac, tav. 3, 12, 13, 14, 15, ex Savigny? Delle Chiaie (Poli; Ti 3: tav/$7, SS (0. vulgaris) e prima di tutti da M. A. Severino (1645). | | I S| Lo |) pia Polypon, Aristotile. L’ Octopus vulgaris, è comune a Nizza, Genova, Livorno, Napoli; a Taranto è dovunque sulle spiagge del continente italiano ; si trova in Corsica, a Bastia, Ajaccio, Bonifazio, Calvi, S. Lorenzo. In ogni porto di Sardegna, della Sicilia, dell'Isola d'Elba; Auca- | pitaine lo indicò di Algeria. È poi, nonchè dell'Oceano Atlantico, dell'Oceano Indiano; talchè si trova sulle coste d'Europa, d'Africa, d'America e delle Indie, salvo almeno le limitazioni che un più accurato esame della specie potrebbe ancora portare. La collezione fiorentina ne possiede esemplari da Cagliari (Brucalassi, 1865, n.° 7), da S. Stefano (Mare Tirreno; Targioni, 1869, coll. 1.° 464). D’'Orbigny, seguito da Gray, identifica questa spece coll’Octopus Salutii, Verany, e coll’ Octopus unicirrhus, Delle Chiaie. Fischer poi appone ad essa ancora l’Octopus tuberculatus, 3lainville (non Delle Chiaie); vedremo l’Octopus anicirrhus, Delle Chiaie, ma quanto all’ Octopus Salutii, Verany, tiene ferma la sua autmomia. Spec. 2. Octopus tuberculatus, Blaiville. Blainville, Dict. des sc. nat., Tom. 6, tav. 1, fig. 3 Fn. fr. Moll., pag. 8. tav. 1, fig. 3, Ferussac et D’Orbigny, Hist. rat. des Moll., T. 1, pag. 38, Poulpes, tav. 21, fig. 1, 7. Tav. 23, £ 1. (?) Verany, Cephal. mediterr., pag. 45 (non tav. 12 fic. d, c.). Aucapitaine, Moll. Alger., op. cit. Il nome di questo è dato prima di tutto per errorealla fig. d, c, tav. 12, Cephal. mediterr., di Verany, mentre nel teto dell’opera si riporta la diagnosi di Blainville, senza citazione ditavole, e ag- giungendo solo che la specie deve essere vicinissima all’ Octopus vulgaris si avverte di non averla veduta mai. Aucapitaine poi ritiene la specie come distinta, m rara sulle coste di Algeri, di Dellys e del Marocco, ed oceanica pù che medi- terranea. Ora io credo di averne recato da Messina un ssai grosso esemplare, preso sul posto, senza distinguerlo a prim: vista dal- l’ Octopus vulgaris. Conservato nell’alcool ha la lunghzza totale di 0%, 55. È lungo 11" dall’ estremo rotondato del copo all’al- tezza degli occhi, ed altri dieci da questi al margine dlla mem- brana interbrachiale fra le prime braccia; le braccia poi, n ragione di lunghezza, procedono dal 2.0, al 3.9, al 4.%, al 1.° pajo,e mentre le maggiori, cioè quelle del 2.° paio, misurate dalla base resso la bocca all'apice, stanno al corpo è : 4 : 1 (43 : 11), le miri, cioè le superiori, stanno ad esso : : 3 : 1 (37 : 11). Il colorito pi chiaro SURE: ‘sulle parti interne delle braccia e della membrana interbrachiale, è rosso violaceo-bruno sulla faccia esterna di essa, sul corpo e sulle braccia medesime, e la superficie è corrugata, granulosa, con due lunghi cirri, uno al canto superiore, uno al canto inferiore dell’oc- chio, e vestigia di tubercoli maggiori ora confusi con le granula- zioni sul corpo. Gli acetabuli cominciano su tutte le braccia con una ___ serie di tre, procedono poi in serie doppia, e sommano a 250 o 260 per le braccia più lunghe. La figura di D'Orbigny e Ferussac (T, 21, t. 23), non è certo molto felice, ma lo studio della specie è invece molto accurato, e non pare ragionevole di mettere in dubbio la sua esistenza. L'Octopus ruber di Rafinesque, da aleuni riferito all’Octopus macropus, Risso, da D’Orbigny a questa specie, merita appena di esservi paragonato pel nome, che accenna al colorito. L’Octopus lividus, Ferussac, sarebbe un giovane della stessa. I rappresentanti di questa sono stati trovati all'isola dell’ Ascensione (Quoy et Gai- mard), alla Martinica (Plée, Candé), a Bologna a mare (Bouchard), alle Antille o sulla costa d'Africa ( Rang), a Nizza ( Lourillard, Verany? ), in Sicilia ( Blainville ): il nostro.è di Messina (Targ., Viaggio del 1868). Spec. 3. Octopus Troscheli, nobis. Octopus vulgaris, auctorum? - Corpore elliptico obluso, subpyriformi, laevi, capite parvo, oculis magnis; brachia basi incrassata, dorso alato carinato, in apicem Yyracilem sensim sensimque attenuata. — Acetabula ad basim brachiorum 5 umiseriata, caetera biseriata, plus minus invicem approxrimata, subcoalita, vel discrete irregulariter sparsa. L'individuo di questa specie, posseduto dalla collezione fiorentina, viene da Chioggia, ed è lungo da 1" 16 a 1" 20, fra l'estremo del corpo e l’apice delle braccia è poi del peso di circa 5 chilogrammi. Le braccia sono, per ragione di lunghezza, disposte secondo la serie 3, 4,2, 1 e le più lunghe stanno al corpo : : 6 : 1. Il corpo è obo- vato, ottuso, quasi piriforme, colla testa stretta, gli occhi sporgenti, quasi liscio, ‘e come le braccia, e la membrana interbrachiale, di color livido, con vene e macchie brunastre. La membrana inter- brachiale è assai corta, e le braccia, grosse alla base, si attenuano gradatamente fino all'estremo molto sottile. Gli acetabuli sulle braccia più lunghe si contano difficilmente nell’ estremo medesimo, ma montano in tutti a circa 260 a 280; alla base cominciano con una serie sola composta di cinque, non di tre come nell’ Octopus vulgaris, ed anco nell’Octopus tuberculatus, e poi si mettono in due LS 7 TC serie con poca regolarità, più radi o più fitti, e talora quasi uniti a coppie e fusi insieme, almen per la base. Verso il margine della membrana interbrachiale poi vi è quasi una interruzione della doppia serie. D’Orbigny parla di un Octopus vulgaris delle Indie, lungo 1,2 220; Verany, di alcuni del mare di Nizza, di 3, 000, e di chilogrammi. Chiunque poi ha veduto il mercato di Napoli e di Messina, e presso Napoli la piazza di Pozzuoli, dove si conservano vivi in secchj di legno, ha presente animali di questo tipo e di molto considerevoli dimensioni. Tutti passano per Octopus vulgaris, ma st vede dalla distinzione dell’ Octopus tuberculatus che tutti non sono la stessa cosa, e pare che fra essi convenga ancora qualche scelta di più, se l’Octopus Troscheli, per le sue dimensioni, per i rapporti scambievoli delle braccia, per quelli di esse al corpo, per la distribuzione degli aceta- buli, resterà, com’io credo che debba restare, una specie da sè. Il nome ad essa imposto ricorda il chiarissimo Trosehel, dal quale, in un viaggio fatto in Germania in 1867, ebbi l’insinuazione di guardare con diligenza a queste forme di grossi polpi che capi- tano, non frequenti, sui mercati di Italia (1). Spec. 4. Octopus De Filippi, Verany. Verany, Moll. medit., pag. 30, tav. II, fig, d, f. L'individuo appartiene alla vecchia collezione del Museo, è in buonissimo stato, ed è, probabilmente, quello di cui parla Verany 1, Rammentando in poco quello che si sà oggi ai Cefalopodi giganteschi , di alcuno dei quali parlano gli antichi, Aristotile , Plinio, Eliano, Strabone, Fu!goso, o le leggende scandinave, e scrittori del rinascimento o più moderni, uomini di mare o naturalisti, e dei quali altresì esistono frammenti in diversi Musei in Inghilterra e in Olanda si può dire che se ne conoscono nel mediter- raneo, nel mar del Nord, nell'Oceano Atlantico e nel Pacifico, e si riferiscono ai generi che appresso: Octopus — 0. vulgaris, (O.:t. Troscheli?); Mediterraneo (Verany). CirrnoreutnIS — ? Mare del Nord (Sepia microcosmus, Linneo ?). LoLico — Lol. Bouyeri, Crosse et Fischer, Oceano Atlantico. OwmastrEPHES — Omm. pteropus. Steenstrup; Mediterraneo Adriatico. Arcuteutnis — Arch. dux, Sieenstrup; Mari del Nord. EvxopLoreutus — En. Molinae, Sepia unguiculata, Molina); Oceano Pacifico. Vedi Crosse et Ficher, Nouv. docum. sur le Cephalop. gigantesques; Journ. de Conch., 2 Ser., T. 2, pag. 124, 41862. Il prof. E. Giglioli, navigando sulla Magenta, si imbattè in uno di questi grandi Cefalopodi, del quale per' altro non potè salvare se non chè un fram=- mento di braccio armato di uncini; talchè vi è da credere fosse anco questa specie del genere Enoploteuthis. Stiro pace stesso, e che fu offerto da Portier, negoziante di oggetti di storia naturale, al Granduca, durante il congresso degli Scienziati Italiani riunito a Firenze; non si trovò poi, quando Verany lo richiese, perchè confuso con altri, sotto nome di Octopus vulgaris, col quale l’ho ritrovato al n.° 3363 (ora) del Catalago. È forma di polpo, per il corpo liscio, ovato, allungato, vicino all’Ocfopus macropus, __ Risso, molto distinto però per le braccia lunghe, compresse, egual- mente sottili, sulle quali in una serie di 7 e poi in due, che quasi ne formano una soltanto, sulla stretta faccia acetabulifera, sono disposti gli acetabuli, piccoli, assai radi, uguali su tutte le braccia, nel numero di 100 a 120 circa sulle più lunghe. Queste braccia poi stanno al corpo : : 9: 1, e tutte, per la lunghezza respettiva, si dispongono secondo la formula 2, 3—4, 1, essendo uguali quelle del 3.° e del 4.° paio. L’ individuo misura 50 centimetri. Spec. 4. Qetopus unicirrhus, Delle Chiaie. Delle Chiaie, M. S. a Ferussac. Ferussac e D’Orbigny, Hist. nat. des Moll., T. 1, pag. 70, n, 29. Octopus vulgaris, Gray, Brit. Mus. Cat., pag. 7. Octopus Cocco, Verany; Atti della Riun. degli Sc. Ital. in Napoli, pag. 795; Guida di Genova, T. 1, pag. 2, tav. 4, 109, 1846; Moll. medit., pag. 22, tav. 11, 12 bis. i Delle Chiaie comunicò questa specie a Ferussac, ravvicimandola, pel colore, all’ Octopus tetracirrhus, ma distinguendola per l'assenza del cirro terminale del corpo, per un sol cirro agli occhi, il ventre piano, con margine ornato da pochi o rari punti cromatofori, per la consistenza maggiore delle carni, ed, a quanto pare, colla frase: Corpore carnoso, duriusculo, granulato, ventre excepto planulato, albescente, superciliis unicirrhis. D’Orbigny, pubblicando le indicazioni di Delle Chiaie e di Ferussac, mise fuori che questa forma fosse da riferire all’ Octo- pus vulgaris; ma Verany insistè sulle differenze e diede la specie col nome di Octopus Cocco. Gray, per un fatto che non è nuovo nei cataloghi del Museo Britannico, riportò 1’ Octopus unicirrhus, Delle Chiaie, all’Octopus vulgaris, ma poi lasciò l’Octopus Cocco come specie da rivedere. La solita peritanza a confondere ciò che altri ha distinto, mi fa accettare l’idea di Verany, rendendo però alla specie il suo primo nome; e riferisco a questa con riserva due esemplari della collezione fiorentina, uno di Cagliari (n. 12), avuto nel 1865, dal signor Brucalassi farmacista militare, uno di MR) DEN Nizza (u. 10) acquistato dal signor Cara nel 1864, lunghi, l’uno 0%, 102, l’altro 0, 129. Le braccia si dispongono in ambedue, per la lunghezza, secondo le paja 2, 4, 3, 1. Le maggiori sono come 5 : 1, rispetto al corpo, che è piccolo, ovato, ristretto al- l’estremo posteriore, fortemente granuloso e rosso-violaceo sul dorso, mentre sul ventre è livido e liscio. ù . . Spec. 5. Octopus inecertus, nobis. Tav. VII, fig. 1. Corpore ovata, subgloboso, violaceo, granoso; brachia brevia, crassa, dorso alato- carinata, pyramidato , sensim attenuata, cirrhosa, vel abrupte constrieta subtruncata, murroneque angusto, brevi, reflexo, acetabulifero terminata. Acetabula in primis 1 ad 5 uniseriata, demum biserialia, sessilia, membrana inlerbrachiali subnulla. Habitat Oceano Indiano. Schaufuss sub nomine Polypas 1867 aere soluto, comunicavit. Corpo ovato ottuso, unito senza interruzione alla testa corta, grossa, con occhi sporgenti lateralmente, muniti di cirri all'angolo anteriore e all'angolo posteriore. Braccia alate o carinate nel dorso di forma prismatica, o meglio piramidale allungato, rivoltate in fuori ed indietro, corte, grosse, gradatamente aguzzate, o a un tratto a diversa altezza ristrette: bruscamente, e terminate da un prolungamento conico, corto e sottile, così dall’ origine, o forse rigenerato dopo frattura e mutilazione. Le braccia poi sono mu- nite di coppette sessili e molto avvicinate. Le prime tre sono. ordinate in una sola serie lineare, le altre in due serie e nel nu- mero di circa 100, uel braccio superiore, non alterato. La mem- brana interbrachiale si eleva a piccola altezza fra loro, e per la respettiva altezza, non guardando alle mutilate, queste si mettono secondo le paja 3, 2, 4, 1. Per la lunghezza rispetto al corpo le più lunghe sono : : 3 : 1. La specie somiglia moltissimo al- l’Octopus granulatus, Lamarck (Octopus rugosus, Blainville, Octo- pus americanus, id. Octopus Barkeri, Ferussac, D'Orbigny, Hist. nat. des moll., T. 1, pag. 45, n. 9, Poulpes, tav. 6, e tav. 23, fig. 2), ed al quale pare ravvicinarsi il Polypus mas Seba (Thes. T. 3, tav. 2, fig. 2, 5). Anco questo è per lo più dell'Oceano Atlantico e dell'Oceano Indiano è stato trovato nei mari del Senegal (Barker), delle Indie occidentali, della Martinica, della Guadalupa (Richard, Lehrminier) di Manilla (Perrotet), dell'Isola di Francia (Quoy et Gaymard), di Batavia (Raynaud). Tuttavolta le braccia del nostro più corte, bruscamente, o troncate e poi restaurate, ovvero originariamente ristrette a all'onli distanza varia dalla base, e terminate in una ipotesi da un or- gano rigenerato, nell'altra da una parte atrofica dell'organo pri- mitivo, sono segni di forma o di attitudini e proprietà che non si possono lasciare inosservati nella diagnosi di una specie. Le affinità coll’ Octopus vulgaris, sono molto remote. Benchè di mari lontani, gli conferisco eccezionalmente, diritto di cittadinanza in questo ‘catalogo per non separarlo dagli altri coi quali ha ricetto nel mu- seodi Firenze. Spec. 6. Octopus macropus, Risso. Risso, Hist. n. E. merid., T. 4; pag. 3, n. 3, 1826. Delle Chiaie, Mem., T. 4; pag. 315, tav. 54, fig. 26, 1828. Rang, Mag. Zool., T. 3, pag. 61, tav. 90. Wagner, Zeitschrist. fiir die Organ. Physik., T. 282, 18; V. Fe- Fussae, Bull. sc..nat:,. T. 19,984. Verany, Atti delle 2 riun. degli Sc. it., Cephal. medit., pag. 27, tav. 10. Octopus macropodus, Sangiovanni, Ann. se. nat., T. 16, pag. 310, 1829. Bull. sc. nat., T. 20, pag. 338. Octopus longimanus, Ferussac, M. S. ex icone a D’'Orbigny, non edita. Octopus ruber, Cantraine (non Rafinesque), Malac. medit., pag. den? D’Orbigny, seguito da Gray e da Verany (V. Ferussac et D’Or- bigny: Hist. nat. des Moll. cephalop., T. 1, pag. 18, n. 1), sotto nome di Octopus Cuvieri riunisce l’ Octopus longimanus, Ferussac, l’ Octopus macropus, Risso, e l’Octopus Lechenaultii di se medesimo. Rispetto a questo non oserei giudicare sulle sole figure; quanto all’ Octopus macropus di Risso, esso è certo identico coll’ Octopus longimanus di Ferussac, ma il nome del naturalista italiano, pubbli- cato con descrizione e accettato da Delle Chiaie, da Blainville, da Wagner, deve prevalere all’altro, che ha per appoggio una tavola inedita solamente, ed è dello stesso tempo (1826). Quanto al- l Octopus Cuvicri poi, la identità di una specie di questo nome, coll’altra di cui ora si parla, non è consentita uniformemente. Ritor- nando dunque al nome di Risso ed alla sinonimia e alle figure sopra indicate, io ritengo l’ Octopus macropus non raro nel medi- terraneo, a Nizza (volgarmente Powrpresse ), a Genova, a Marsilia (Scorrià), in Sardegna (Purpu arrabiao), in Sicilia (Traiddu rugba); si trova poi nel mediterraneo sulle coste d'Africa, d'Algeri, del Maroc- TRO e co, alle Baleari, nell'Oceano Atlantico a Teneriffa, nell’ Oceano In- diano alle Isole, Seichelles, a Pondichery, all'Isola di Francia, di Vanicoro, e pare di questa specie il Chi-ken o Cheou-tchang dei Chinesi, e il Te-na-Ka-ta-Ko dei Giapponesi (D’'Orbigny). La collezione fiorentina, ne possiede esemplari di Livorno (cat. n. 9), di Messina (cat. n. 465), di luogo incerto, e del Mar Rosso (piccolo esemplare, dono del generale Clot-Bey). D'Orbigny parla di un esemplare lungo 1,° 40. I. più grandi dei nostri misurano 85 centimetri, le braccia più lunghe stanno al corpo : : 10 : 1, e fra loro si dispongono in ordine di lunghezza secondo le paja 1, 2, 3, 4. Le prime oltrechè più lunghe son più grosse, e con acetabuli più grandi. Il braccio sinistro del 3.° paio è nel maschio ora più, ora meno corto del corrispondente di destra, e terminato da un estremo olivare, con un profondo solco nel mezzo. La specie, se non dovrà essere ulteriormente limitata, è di quelle che hanno una estensione geografica delle più grandi. Spec. 7. Octopus Cuvieri, D'Orbigny. D'Orbigny, Tabl. des cephal., Poulpes, tav. 4, 1835, Moll. des Canaries, pag. 16, n. 2, Moll. viv. et foss., T. 1, pag. 173, n. dò. Guerin, Icon. r. anim., T. 1, f. I. Octopus Lechenaulti, D’Orbigny (Ferussac et D’'Orbigny, Hist. nat. des Moll., Poulpes, T. 1, fig. 1). Col nome di 0. Cuvieri, Ferussac e D'Orbigny distinsero prima una forma che poi ravvicinarono coll’ Octopus macropus, Risso, e col loro medesimo Octopus Lechenaulti. Gray, Verany, Aucapitaine, anco recentemente, hanno seguito questa veduta, ma, confrontate tavole ed esemplari, io non saprei adattarmi a vedere, nelle dif- ferenze reali e profonde, che un semplice effetto dell’ azione del- l’alcool. È per questo che, solo a ragione di dubbio, e perchè si veda meglio in avvenire, ritengo sotto il nome di Octopus Cuwieri, una forma di polpo, che è nella collezione fiorentina col corpo corto, globoso (non lungo e ovato), rosso bruno di sopra, di sotto grigiastro senza macchie di sorta, fortemente granuloso e tanto più intorno agli occhi, colle braccia disposte e proporzionate come nell’ Octopus macropus. Nel caso della soppressione della specie, rimarrà sempre dubbio se debba prevalere il nome di Octopus Cuvieri o quello di Octopus macropus, ma quest’ ultimo avrà di certo la priorità se non della invenzione, della pubblicazione. Con +t,nua oe 4 Ahumero. G P — 25 Genere 5. Eledona, Belon, De Piscibus, 1553. Eledona, Risso, Hist. nat. Eur. mer., T. 4, pag. 2; 1826. Eledone, Leach, = mise., Tom.'3, pag. 137; 1817; Philippi, en. moll. utr. Sicil., T. 2, p. 202; 1844. Ranzani, Mem. di sm nat., Dec. 2, 1819. Stossich, Cat. dei Molise del Golfo di Trieste, 1868. Eledon, Deshayes in Lamarck, An. sans vert., Ed. 2, Tom. 11, pag. 234; Potiez et Michaud, 1338; Verany, Moll. medit., pag. 7 1852. Heledone, Steenstrup, 1856. Polypus, Owen, 1838; Oken, 1838. Ozacna, Rafinesque, Aol nat., 129; 1815. Précis des decouver- tes Semiolog., 1814. Cantraine, Mal. med., Mem. Ac. Brux., T. 13 Octopus, Lamarck, Blainville; Payraudeau, Moll. de Corse, pag. 172. Delle Chiaie, Mem. T. IV, p. 48, 56, 1829; Sangiovanni, Ann. des Sc. nat., Tom. 16, 1829; Philippi, Enm. moll. utr. Sicil., T. 1, 241, 1836. : Sepia, Linneo. Polypi tertia species, Rondelet, 1554; Gesner, 1558, Aldovran- do, 1606. Polypus foemina, Seba, Thes., T. 3, 1761. Moschites, Schneider, 1835 Ozaina, Ozena, Plinio, Hist. nat., Lib. IX, cap. 30. Eledone!, Ozolis?, Aristotile, Hist. anim., Hb. 4. Osmylus, Putilia, Aten. I moderni non dovrebbero menar gran vanto di avere sceverato dagli altri, e, col nuovo costume, composto in un genere particolare i Polpi da una sola serie di acetabuli sulle braccia, poichè in- fatti, e dopo Aristotile, e gli altri greci, Plinio, i commentatori, e 1 nuovi scrittori del risorgimento, con nome ora identico, ora diverso dai comuni, ne distinsero aleuno notando: « cum peculiari brachiorum longitudine differt, tum molluscorum sola (ZE/Zedona) singularem acetabularum ordinem habet, cam binos alia habeant omnia (Arist., hist. anim., lib. 4. cap. 1) ». Ma Aristotile fra i Polpi da lui nominati, dopo il volgare « quod maximum est », dopo certi Polpi minori, definiti solo per la varietà delle tinte, dopo l’Eledona sopra indicata, ha inoltre la Bolitena, e 1° Ozolis, che Plinio ha poi convertito in Ozaena: e Ateneo ha quelli che esso chiama Polypodina, Bolitaena, ed Osmylus, diventato per altri Osmlia, Putilia. 3 ì) LOG Ls Et RI Di tutti questi Rondelet e Salviani, all’epoca loro, fanno una cosa sola; altri distinguono almeno l’ Ozolis, che identificano con Osmylia e Putilia, e che, dall'odore di muschio, definiscono « pu- sillus polypus olens » (Scaligero). Belon distingue l’EZedona, ma evidentemente l’ Osmylus, a parer suo, è anco l’Ozolis e la Bolitaena, che è poi per lui il Moscarolo, Moscardino, Muguetino (sic), Mughetto degli italiani, cioè una delle specie nostre di Z/edona, appunto la più stimata; e la sua rozza figura del polpo comune, porta una serie di acetabuli soli (Belon, La nat. et la diversité des poissons, Paris, 1555, pag. 337). Aldo- vrandi poi ha dato della sua Z/edone una figura a torto messa in dispregio, ed in capo alla tavola è scritto: « Polypus in quo una tantum acetubulorum series exprimitur », per confusione di coloro, che hanno pure accusato una contradizione fra il testo e l’immagine. Quello che sia da fare delle specie di E/ledona bene o male di- stinte fra loro in antico, vedremo meglio fra poco; ora si noti che la distinzione della natura loro comune, bene indicata in origine, mantenuta assai bene dai restauratori degli studii naturali, cominciò ad offascarsi poi, sicchè Seba ha le Z/edona stesse per femmine dei polpi comuni, ed altri per i polpi proprii dell’ Argonauta (Seba, Thes., T. 3), e Linneo le assorbisce nel complesso informe delle sue Sepia, dal quale non le toglie nemmeno Lamarck. . Spetta a Denis de Montfort l’ esser tornato alle più antiche ispirazioni, quindi a Rafinesque ed a Leach 1’ averle tradotte ne’ moderni ordini della scienza, creando per esse un genere, l’uno col nome di Ozaera, l’altro con quello di E/edona. Importa dopo tutto questo di stabilire le relazioni delle Eledona o delle Ozaena moderne, alle antiche. Come dopo Plinio fecero Rondelet e Salviani, varii recenti serit- tori con D'Orbigny a capo, fanno delle Eledona, delle Ozolis, delle Bolitena , degli Osmylus o Putilia una cosa sola, delle ZZedona del mediterraneo una sola specie ( Zledona moschata), e secondo essi la corrispondenza fra questa antica la sua omonima, e le sue equivalenti supposte, del tempo andato, è presto trovata. Intanto però è bene avvertire che Aristotile per la sua Z/edona non fa parola dell’odore, il quale è dato, secondo il sentimento dei commentatori, all’ Ozolis e all’Osmylus; e sebbene sia attribuito da Gesner ai polpi in generale, Belon ne parla nel suo articolo sui Polpi comuni, ma non in quello per l’ « autre espèce nommée Ele- dona ». Ora l’ odore non è esclusivo delle EZedona certamente, Mei Tori e anco per altri Polpi affatto differenti è indicato. Ma di sopra sì è visto quello che siano per Belon certi Polpi ch’ esso mette fra gli ordinarii, cioè non altro appunto che la specie di Eledona me- glio definita e più certa, sicchè si avrebbe sempre una Z/edona odorosa, una nò, implicitamente conosciute e distinte dall’ anti- chità più remota, e da alcuno almeno degli scrittori, che pei primi sono tornati alla considerazione degli animali, in tempi meno lontani. La scienza modernissima poi è voluta tornare sulla assimilazione altra volta fatta di quelle stesse Z/edona, Ozolis e Bolitena di Aristotile, di cui sono varianti 1’ Osmylus, e la Putilia come si è visto. E Aubert in un recente lavoro (V. Archiv. fio Naturgesch., T. 20, pag, 688; 1863), distingue prima di tutto l’E/edona dalla Bolitena, e, senza pronunziare per l’Ozolis, crede però che l’Eledona antica e la moderna, che egli pare considerare come una sola, sì corrispondano, mentre invece la Bolifena sarebbe il Zremoctopus violaceus. Vi è anche chi, contando forse quella parte della frase di Aristotile, dove si dice di una particolare lunghezza delle braccia (peculiari diversa brachiorum longitudine), ha pensato che l’ Ele- dona potesse essere un vero Polpo, e soprattutto 1° Octopus maero- pus; al che mi pare si opponga la categorica dichiarazione che lEledona è l’unico Polpo, che abbia sulle braccia una serie di acetabuli sola. Costituito oggi il genere E/edona, questo si compone per alcuni di una sola specie, per altri di due, esclusivamente mediterranee, e di una specie oceanica, che a me pare molto dubbiosa. Fino poi nella ortografia del nome discordano gli autori; e scrivono Eledon, Eledone, Eledona, Heledone, ed anco Halydona; fanno il nome stesso di un genere grammaticale o di un altro, e poi, citandosi a vicenda, uno ‘attribuisce ad un altro, bene spesso, nome che questi non ha adoperato. Così Cuvier non ha nome suo per: « les Eledons d’ Aristote ». Delle Chiaie non ha E/edone, ma Octopus, e pur si citano Eledone, Cuvier, Eledone, Delle Chiaie. Vi è infine chi al nome dei greci ha preferito, con minor ragione, il nome alterato . di Plinio, e primo di essì è stato Rafinesque. Non so di recenti studi anatomici od embriologici sopra le Ele- dona, ma gli antichi probabilmente tentarono ricerche su queste come sugli Octopus, e in ogni modo le loro osservazioni sull’appa- recchio masticatore, sul tubo digerente di'questi, meritano di non esser dimenticate da noi, che presumiamo sì spesso di essere i primi nei concetti e nelle opere. RM Sen È nelle Zledona specialmente che abbondano quelle dette Zamzelle opalizzanti di Miiller, e che sono cagione della iridescenza metallica dei colori, che prendono il tuono dalla qualità e dallo stato dei cromatofori, di cui faremo più tardi qualche parola. Spec 1. Eledona moschata, Risso, loc. cit. n. 1. Tav. VI, fig. 6. Eledon moschatus, Leach, Journ, de phys., T. 86, pag. 293; Ve- rany, op. cit., p. 7, tab. 4, 5, 6. — Aucapitaine, Moll. Alger., Rev. zool., Sez. 2, T. 15, pag. 365. Stossich, Enum. dei Moll. del Golfo di Trieste, pag. 2. Eledone moschata, Philippi, Enum. Molluse. utr. Sicil., Tom. 2, pag. 241; Ranzani, Mem. di st. nat., dec. 2, pag. 151; 1819. Ozacna moschata, Rafinesque, op. cit., Cantraine, op. cit., Re- quien, cit, pag. 87, n. 617. Octopus moschatus, Lamarck, 1799; Payraudeau, op. cit., p. 172, n. 949; 1826; Delle Chiaie, Mem., T. 4, pag. 48, 56; 1828. San- giovanni, Ann. des Se. nat., Tom. 16, pag. 317; 1829. Blainville, 1839, Rang, Magaz. de Zool., 1837. Octopus moschites, Carus, 1824. ___Sepia moschata, Bose, 1802. -.3 Moschites, Schmeider, 1784. | Poulpe musqué, Montfort, Cuvier. Polypus foemina, Seba, op. cit., tab. 3, f. 40, non 5, 7? Ozolis, Aristotile, Osmylus, Aten!, Ozaena, Plinio? Se l’Ozolis di Aristotile, Ozaena di Plinio, cui si associano gli Osmylus, le Putilia, ec., sono una cosa, e pure si credono polpi monocotili, e per l’odore del muschio distinti dall’ Eledona inodora, distinta dalla Bolitenra a sua volta, è facile accorgersi che la nostra specie corrisponde a quei nomi ed indicazioni meglio di ogni altra. Non ammessa da tutti, separatamente essa ha per carattere prin- cipale, secondo Verany, le macchie scure di cui è cosparso il corpo e la membrana interbrachiale de’ suoi individui, e appunto l’odore muschiato, che manca nella seguente, e che ha procurato all'altra tanti appellativi volgari. È specie esclusivamente mediterranea. Si è trovata a Napoli (volgarmente Moscariello), in Sicilia (Purpu muscareddu), a Livorno, a Genova (Moscardino, Moscarino), a Nizza (Nouscarin), in Sardegna (Purpu moscao), nell’ Adriatico a Venezia, Chioggia, Trieste (Z’0rpo). Sulle coste di Algeri è stata de agg trovata da Rang e da Aucapitaine. Le collezioni fiorentine ne possiedono esemplari di antica data (N.° 24, 25, 27), ma è frequen- tissima sui mercati, massime in primavera. Gli antichi pare non l’ avessero in pregio come alimento, a cagione del grave odore di muschio; al nostro tempo invece piace a mangiare, come i Totani, e molto più dei Polpi comuni. Spec. 2. Eledona Aldovrandi, nobis ('). Eledon Aldovrandi, Verany, Moll. medit., pag. 12, t. 2, 3. Heledone Aldrovandi, Steenstrup, Overs di videnskabel. Médere den Naturalist. Foren, 1860. Eledone Aldovrandi, Philippi, op. cit., T. 2, p. 202, n.2. Eledon Genei, Verany, Tabl. des Cephal., Op. cit. p. Ozaena Aldovrandi, Rafinesque, op. cit., n. 73. * Octopus Aldovrandi (non Eledon), Delle Chiaie, Mem., p. 45, 57; tav: 57, fig. 2. Cantraine, op. cit., p. 15, f. 1, 20. Octopus leucoderma, Sangiovanni, op. cit., pag. 315. Poulpe d’ Aldovrande, Montfort, Eledona, Aristotile?, Belon?. La specie messa avanti da Montfort, nominata nel suo genere Ozacna da Rafinesque, contrastata da Ranzani riunita alla prece- dente da D’ Orbigny, fu meglio definita da Sangiovanni, da Delle Chiaie e da Verany, si distingue pel colorito bianco perlaceo uni- forme, e per la mancanza di odore; ed io aggiungerei per la mole superiore che hanno gli individui più adulti, paragonati coi più grandi dell’altra. Sarebbe questa, che monocotilea e senza odore, a mio avviso, potrebbe corrispondere più esattamente alla. Aledona greca. Anco i pescatori la distinguono dall’altra, e secondo Ve- rany si ha a Mentone, (volgarmente Nouscarin rous), a Genova (Moscardino rosso), a Napoli (Polpo asinisco), in Sicilia (Purpu di scoggiu (?), Purpu di sinu), in Sardegna (Purpu (?) ). La collezione fiorentina ne possiede alcuni esemplari di antica data (n.° 24), altri più recenti acquistati sul mercato della città (n.° 28). È anco questa frequente, ma un poco meno della prima, sulla | piazza di Firenze, e va probabilmente spesso confusa con quella qui e altrove. Verany, per alcun accidente di colorito, cioè per dei punti cro- matofori rossi, disposti lungo le braccia e che si trovano special- (4$ Si avverta bene che noi prendiamo soltanto la composizione del nome secondo l'ortografia di Belon per il genere. 215 RIONI (A mente nei giovani, creò la sua Eledon Genei, che poi ritenne come varietà. Spec. 3. Eledona octopodia, nobis. Eledone octopodia, Gray, Brit. mus. cat., pag. 22; 1849. Eledone Pennanti, Forbes, Fischer, Jour. de Conch., Ser. 3, T. 7. Eledone cirrhosus, D'Orbigny et Ferussac, Hist. nat. des moll., T. 1, pag. 79; D’Orbigny, Moll. viv. et foss., T. 1, pag: 194. Octopus ventricosus, Grant, 1827. Octopus cirrhosus, Lamarck, An. sans vert., 1822, Ferussac. Poulpe cirrheux, Montfort, 1802. Sepia cirrhosa, Bose, 1802. Sepia octopodia, Pennant, Brit. Zool., T. 4, pag. 59, T. fig. 44. Sepia moschites, Herbst, 1788. La specie fu costituita da Pennant prima che da Bose e da Montfort, ma riportata alle Sepia, secondo l’uso di Linneo; fu poi ripresa da Lamarck e messa fra gli Octopus. Un errore, non della diagnosi, ma della descrizione di Lamarck, dove si dice: « Le bord superieur du manteau, ou sac, est libre, et detaché tout au- tour », fece credere a Grant che esistesse, oltre un 0. cirrhosus colla testa staccata, un’ altra specie col mantello unito alla testa di sopra, come d’altronde è in tutti gli Octopus ed Eledona, e fece il suo 0. ventricosus. La specie sarebbe dell’ Oceano, come le prece- denti sono del Mediterraneo. Salvo questa circostanza, che è grave, le collezioni fiorentine possiedono due esemplari, uno di antica data, uno di Nizza (num.° 29), i quali sono molto ben comparabili colle figure di Ferussac e, per mio avviso, colla descrizione. Gli esemplari medesimi però, e le figure citate, ricordano troppo dei giovani messi nell’alcool semivivi, e fanno dubitare assai che la specie stessa sia fondata sopra individui siffatti, e per egual modo alterati. Un altro curioso individuo, vi è pure, senza colore, dal corpo assai allungato, colle braccia nodose, irregolarmente contorte, come, secondo altre descrizioni e figure, pure avrebbe la specie di cui sì parla. Io confesso che non sò vedere in questo, se non un individuo dell’ E/edona Aldo- vrandi, e così tra per tali dubbi, tra per la sua rarità nell’ Oceano stesso, dubiterei che la specie di cui ora sì tratta non avesse ragioni vere di essere conservata. Conservandola poi come io faccio, per non giudicare senza migliori informazioni, è chiaro che non si può adottare il nome specifico di Forbes (4. Pennanti), come fa Fischer; nè quello di D’Orbigny (47. cirrhosa); ma che bisogna prendere quello prima introdotto da Pennant stesso come ha fatto Gray. La Sez. A. Decapoda, Dujardin, 1834. Decapoda, D'Orbigny, (Subord. 2), 1845, Woodward. Decapodes, (Sez. A), Steenstrup, 1861, (Sub. 1), Keferstein, 1863. Cephalopoda decapoda, Leach, 1817; Cephalopoda decapoda ente- rostea, Latreille, Fam. nat., 1825. Cephalopoda antepedia Sephinia, Rafinesque, Analys. nat., 1815. Cryptodibranchiata decacera decabrachida, Blainville, 1824. Antliobrachiophora sepiaphora, Gray, 1821. Sepiaphora, Gray, 1843. Sepiaephora, Gray, 1821. Sepiina, Macgilleray, 1843. Sepiaceae, Blainville, 1831. Sepiadae, Fleming, 1828. Sepiaria, Lamarck, 1822. Sepiae, Ferussac, 1821. Sepiidae, Cantraine, 1817. Sepiolea, Lamarck, 1809. Sephinia (Ordo II), Gray, 1849. Loliginea, Gravenh., Thir, 1834. 1. Fam. TeuTHIDAE, Dujardin, 1834. D’Orbigny, 1845; Woodward, A man. of the Mollusca, 1856. Condrophora Sephina, (Subord. A), Gray, 1849. Fam. Cranchiadae, Loligopsidae, Chiroteuthidae, Onychoteuthidae, Loligidae. Decapodes pelagici, Decapodes litorales (Sepiarii exclusi), Steen- strup, 1861. Decapoda Chondrophora (subordinis decapodarum sectio B), Ke- ferstein; (Fam. Loligidae, Sepiolidae, Cranchiadae, Loligopsidae , Uheiroteuthidae, Thysanoteuthidae, Onychoteuthidae). La famiglia di Woodward equivale a un sott’ordine o ad una gran sezione di ordine interamente, nel quale per Gray, Steenstrup, Kefer- stein in particolare, entrano molte famiglie distinte. Woodward sottopone o include quindi nella sua famiglia la divisione in Mio- psidi, o ad occhi coperti, e Qigopsidi, o ad occhi scoperti, già proposta da d’Orbigny, ed accettata da Steenstrup e da Keferstein, ma per repartire le famiglie diverse ch’essi*fanno nella divisione di grado superiore, composta con esse. Gray divide invece i suoi Condrofori, cioè la famiglia nostra, secondo che il capo è connesso Cola al corpo con due peduncoli muscolari soltanto (Fam. Cranchiadae Loligopsidac), o con tre cartilagini interne (Fam. Chiroteuthidae, Onychoteuthidae, Loligidae), e lo stato degli occhi coperti o sco- perti servono a lui per suddividere tanto un gruppo che 1’ altro, così distinto. Per connettere meglio gli Ommastrefini e i Loligopsidi cogli Ottopodi da una parte, e i Loliginei, coi Sepiarii dall'altra, biso- gnerebbe modificare anco la disposizione dei generi, adottata da Woodward, ma non ci pare in questo tanta uniformità di consensi da rendere necessaria assolutamente una deroga dal quadro preso a modello per sistemare la collezione. Introdurrò tuttavia come subordinate le divisioni: A. Loligidae, Gray. (Fam. ZLoligidae, Gray, 1847; Keferstein, 1866; Loligidae, pars, D'Orbigny, 13845; Teuthidae, pars, Owen, 1838; Loliginei, Steen- strup, 1861). Gen. 1. Leligo, Schneider, 1784. Loligo; Teuthis, Gray, Brit. mus. cat., 1849; Verany, (excl. L. sagittata, L. Todarus, (id est Ommastrephes), op. cit., p. 88. i Loligo, D'Orbigny, Hist. nat. des moll., Tod pag. 908; 1845. Loligo, Delle Chiaie, Mem., Tom. 4, pag. 57; Risso, Hist. nat. Eur. merid. (non Prod. de Nice), T. 4, pag. 6; 1826, (excl. L. sagittata, L. Todarus, id est Ommastrephes, L. Sepiola, 14 est Se- piola). Loligo, Lamarck, Mem. hist. nat., 1799, excel. Loligo sagittata, , (Ommastrephes) L. sepiola (Sepiola). Pteroteuthis, Sez. E, Blainville (?), (Gray). Teudopsis, pars, Miinster (Gray). Sepia, Linneo, pars. Loligo, Belon, Rondelet, Gesner, Aldovrando (pars), op. cit. Teuthis, Aristotile, op. cit. Aristotile ha Zeuthis e Teuthos, che presso gli interpetri, o sono specie distinte di animali, o animali di una specie sola, ma di sesso diverso. I latini poi ebbero Loligo e Lolium. Gli interpetri e gli scrittori del rinascimento hanno più specie di Loligo: Loligo magna (Teuthos), Loligo parva (Teuthis), e poi Lolligo e Lollium. Qualanque sia la corrispondenza di questi nomi tra loro, oggi Aubert ritiene (op. cit.) che Zeuthos corrisponda a Loligo, e Teuthis a Sepioteuthis, secondo l'odierno modo di nominare. RT) Le O Lolium viene da Loligo, secondo Varrone, ed è quasi Voligo, cioè animale volante, essendo nella idea degli antichi che i nostri appunto, per qualunque causa, potessero saltare e quasi volare fuor d’acqua; talchè Oppiano scrisse: « Lolligo, Milvesque rapax et mitis Hirundo « Cum timeant magnum venientem et marmore piscem « Prosiliunt ponto scindentes aera branchis », e per aggiunta: « Effugit (Loligo) horrendos pisces, hominemque sagacem ». I nomi volgari di Calamaio e di Totano hanno evidentemente l'origine questo dal greco, quello dalla materia nera o piuttosto dalla penna, e da tutto l'insieme che, per l'inchiostro e la penna stessa, è stato paragonato ad un apparecchio portatile da scrivani (Theca calamaria ), quale non ha guari, vedevasi ancora alla mano di alcuno. Curioso è però che il primo nome abbia vinto l’altro in Sardegna, in Sicilia e nel mezzodì, dove il greco ha durato di più senza dubbio, e il secondo invece in Toscana e in Liguria. Dei Totani o Calamai gli antichi ebbero i tentacoli per _ proboscidi, conobbero le uova, e non affatto male l'anatomia del tubo digerente (Arist., de Part., lib. 4, cap. 5, Belon, ec.). Parla- rono di Loligini e di Teuti mostruosamente grandi, e di medie e piccole. Alcune delle prime sono il tipo di generi oggi riconosciuti; delle medie e delle minori si fanno due parti: una di quelle la cui mem- brana buccale è munita di acetabuli (ZLoligo, Gray), una delle altre la cui membrana buccale è senza acetabuli (Teuthis, Gray). Noi sa- remmo portati a seguire questa divisione, ma almen ci serviremo della ragionevole distinzione per ispartire il genere delle Loligo in due serie; a) Loligo, Gray. Spec. 1. Loligo Forbesii, Steenstrup. Tav. VIL fig. 10. Hectocotyldannelsen hos Octop. Argonauta 0g Tremoctopus, 1856. Fischer, Journ. de Conch., Ser. 3. Loligo vulgaris, Forbes, and Hanley, Brit. Moll., T, 1. tab. LLL (ex Steenstrup, op. cit.). Loligo magna, Adams, The gen. of. rec. moll., T. 4, f. 3, (ex Steenstrup, op. cit.). LEA Loligo vulgaris, Ferussac, Hist. nat. des moll., T. 8, f. 1,2 (?). Loligo Biscale, Borlase, The nat. hist. of. Cornw., 1758 (ex Steenstrup, op. cit.). L. corpore conico, elongato, non subulato, ala rhomboidalis ter, octavam partem corporis long:tudinis brevior. Tentacula corpori subaequantia , prope apicem oblique compresso dilatata acetabulifera; acetabulis 4 seriatis, mediis gradatim majoribus, externis eatremisque paulo diminutis, conformibus omnibus, Il corpo è allungato, assai ottuso, con ala romboidale, ad angoli laterali rotondati, un poco più lunga nella metà posteriore, che nella anteriore, e qualche cosa più di un terzo (3/8) più corta del corpo. I tentacoli sono quasi eguali al corpo medesimo per la lun- ghezza, verso l’apice obliquamente compressi, e quasi fessi ed aperti, di sopra e di fuora, carenati di dentro e di sotto, armati di aceta- buli disposti in quattro serie longitudinali, più piccoli nelle serie esterne che nelle interne, e presso le estremità che nel mezzo del- l’area da cui provengono, ma #utti conformi e senza che alcuni molto più grandi compariscano ad un tratto fra gli altri minori e diversi. Secondo me si riporta benissimo a questa forma la figura citata di Ferussac, e che Fischer ritiene come di specie indeterminata, ma delle coste francesi (op. cit. p. 130). La distinzione di questa specie da un'altra dell’ Oceano, e da una del Mediterreneo, che gli autori però finora mettono insieme con quella, fu fatta da Steenstrup nel 1856, adottata da Malm, e più recentemente da Lafont e da Fischer; ma essa era stata pre- nunziata molto prima da Ferussac, seguìto anco da Verany, che peraltro non portò ad effetto l’idea. Ma questo operatosi ora, tutte le cause di confusione non sono cessate. i Fischer credè dapprima che sotto il nome di L. Forbes, Steen- strup intendesse dire della specie di Lamarck, e in conseguenza ricusò a questo il nome nuovo, e ridusse il tipo di Steenstrup, che egli ammise per nuovo, sotto la L. pulchra, Blainville. Rettificato ultimamente il doppio errore, la L. Forbesiz è messa fuor di que- stione pel nome e pel merito, ed è accettata. Il R. Museo di Firenze ne ha un esemplare delle coste inglesi, otte- nuto da me stesso in dono grazioso dal Museo di Liverpool nel 1862. Steenstrup però riunisce la forma mediterranea maggiore con una forma corrispondente dell’ Oceano boreale, e separata dall’ una e dall'altra la specie fin qui discussa, fà con queste due una Loligo vulgaris. Ora, considerando che Lamarck non fa il minimo cenno RI: (17 ge del segno tanto evidente della difformità dei maggiori acetabuli dei tentacoli, in quella che egli descrive lascia veramente in dubbio, se dell’una o dell’ altra, o di ambedue abbia voluto parlare piut- tosto che della prima. Ma questo anco lasciato da parte, siccome egli non ricorda punto il mediterraneo per abitato speciale della sua Loligo vulgaris, per poco che le forme di questo mare o del- l'Oceano, sieno differenti, il nome di Lamarck va di diritto a quelle settentrionali, e un altro va a quelle dei mari nostri. Ora Steenstrup identifica veramente le due, per quanto almeno alla forma e dimensione degli acetabuli delle serie mediane della ‘clava; del resto non dà nè delle une, nè delle altre tutti 1 parti- colari desiderabili, ma pure fà sapere, che mentre la L. vulgaris del mezzodì porta acetabuli con cerchio dentato in una metà, o armato anco nell’ altra metà di un gruppo di piccoli denti, la forma del settentrione porta a’ suoi acetabuli cerchio con un dente solo. Esso dà inoltre le seguenti misure, i rapporti delle quali sono assai diversi da quelli, a cui conducono le corrispondenti, prese sulla forma nostrale. Corpo senza i tentacoli. . .. .:... 24” Braccio fino alla estremità... ... 20” Peduncolo delle braccia. ....... 15” Totale: deliconpos..... ....- it, L piede. Da questo a me par di concludere: 1.° Che fra i maggiori Totani dell'Oceano vi sono due specie diverse che sono: la ZL. Fordesii e la L. vulgaris, secondo Steen- strup. 2.0 Che questa è diversa dalla sua omonima del mediterraneo. 3.0 Che la L. vulgaris, Lamarck, deve essere ristretta al tipo oceanico di questo nome, del quale i riscontri forse meno incerti sono i seguenti: Spec. 2. Loligo vulgaris, Lamarck, (pars). Mem. d. la Soc. d’hist. nat., 1796, Anim. sans vert., 1801, 1822 (excl. L. sagittata). Loligo vulgaris, Fischer, Sur la syn. du Loligo vulgaris, in Journ. de Conch., Ser. 3, T. 9, pag. 128 (pars). Malm, Nya Fiskar, Krift-och blét djur for Skandinaviens Fau- na, pag. 132, 1860. Loligo vulgaris, Steenstrup (Kong. Dans Vidnaskob. Selsk, Skrist, 1850). tI ARPA IL D'Orbigny et Ferussae, hist. nat. des Moll. Sepia Loligo, Linneo. Secondo Steenstrup questa specie sarebbe identica alla seguente, e per noi è dell'Oceano in modo esclusivo. Gray ha, per la Loligo vulgaris, richiamato in vita il nome più antico di Rondelet (Loligo magna), non assolutamente imposto dalle regole di nomenclatura, che si sostituirebbe anche esso male all’altro nell'uso per la specie così limitata, essendo anzi probabile che il testo di Rondelet, come quelli degli italiani, si riferisca non ad essa, ma all'altra del mediterraneo. Evitato poi anco per que- st’ ultima il nome di Loligo magna, che può essere di applicazione la specie dubbiosa, torno a proporla come appresso. Spec. 3. Loligo mediterranea, nobis. Tav over Di (V. Estr. del catalogo dei Cefalopodi del R. Museo di Firenze, presentato al Congresso di Catania in Settembre, 1869, in Atti della Soc. ital. di St. nat., T. 12). Aucapitaine, Moll. cephal. de l’Algerie, Revue et magas. de Zoo- logie, Ser. 3, T. 12, 1863; Weinkauff, Die Conehyl., p. 391, n. 1. Verany, Moll. medit., pag. 89, tav. 34 (optima); Delle Chiaie, Mem., T. 4, pag. 57, tav. 59, fig. 1. Philippi, En. Moll. utr. Sic., pag. 241, n. 1. Risso, Hist. Eur. merid., T. 4. pag. 5, n. 7. Loligo vulgaris, Payraudeau, Moll. de Corse, pag. 175, n. 352. Loligo vulgaris, Lamarek, Ferussac et D'Orbigny, pars ? Loligo magna, Gray ? Loligo major, Aldrovando. L. corpore conico, elongato, non subulato, ala exquisite rhomboidali lata, ter, quar- tam corporis longitudinis partem aequante; tentacula corporis longiora, apice seu clava oblique compressa, subprismatica, demum ens formia elliptica lanceolata, facie interna acetabulifera, dorso late carinata. Acetabula in extremis minuta, IÀ conferta, in medio rara, ubique 4 seriata, pedunculata; externa minima, in- terna autem 8,10, coeterum subito difformia, triplo, quadruplove majora , anulo corneo denticulato, dentibus opposite bis agminatis. In altro modo: il totano o calamaio maggiore del mediterraneo, da non confondere col Lollio, nè forse colla Loligo major di Ge- sner, ha il corpo di forma conico allungata, non acuminata o su- bulata, e munita, alla parte posteriore, di una natatoia romboidale ad angoli laterali, assai poco o punto rotondati, tanto lunga che larga, e appena !/4 (2/7) più corta del corpo medesimo, che di altret- tanto la sopravanza dalla parte anteriore. Le braccia son come si Boo (DDA descrivono specialmente da Verany, e i tentacoli più lunghi del corpo, nello stato di rilasciamento, più corti in quello di contra- zione, divenendo prismatici e obliquamente compressi, si allargano, e sopra la faccia interna e inferiore, in un’area ellittica, romboidale, acuta agli estremi, si cuoprono d’acetabuli peduncolati, disposti in 4 ordini, tutti minuti e conferti dove l’area che li sostiene si stringe, minuti anco nel mezzo nelle due serie marginali, ma subitamente diversi dagli altri, con 8 0 10 molto maggiori nel mezzo delle serie interne. Delle Chiaie attribuisce agli acetabuli maggiori un cerchio continuo, corneo, senza dentature; Verany un cerchio con denti divisi in due gruppi, uno di tre ed uno di due; e così sono infatti, se non chè il numero dei denti varia, ed è generalmente maggiore di quello indicato. Cerchio in parte dentato hanno anco gli acetabuli delle braccia sessili e intero quelli minori delle serie esterne dei ten- tacoli stessi. Gli acetabuli però hanno una composizione più com- plessa di quella che si descrive. Portati a capo di un peduncolo più grosso alla base che all’estremo, questo si imperna sulla parte convessa dell’acetabulo, ma non nel centro, sicchè l’acetabulo viene a trovarsi poi inclinato e volto all'indietro. Ristretto inoltre cir- colarmente poco sotto il margine, questo si espande e finisce con un lembo diviso in lacinie carnose, minute, retrattili, non avvertite da alcuno. Dalla faccia interna uno strato epiteliale, corneo, pavi- mentoso tappezza il vestibulo, che stà innanzi al ristringimento della coppetta, e poi più verso il fondo di questa viene il cerchio dentato, e dietro ad esso la cavità, nella quale il fondo si avanza o si retrae a modo di stantufo, perchè l'organo operi facendo il vuoto. Ordinariamente lunghi da due o tre decimetri a più di un metro gli individui di questa specie vanno altresì da qualche oncia a dieci chilogrammi di peso (Verany). L’alcool, agerfdo sui totani semivivi, determina la contrazione delle fibre circolari del sacco, che si stringe ed allunga, e contrae pure le fibre trasverse della natatoia, che si ristringe e fascia il ‘cor- po; le braccia si raccolgono insieme, restano prismatiche, o carenate, con spigoli molto vivi, e i tentacoli diventano grossi, corti, legger- mente contorti a spirale. Le fibre, che distendono i cromatofori, si contraggono anche esse, e quelli, restando distesi, danno un colora- mento rosso carico, molto ricco sulle parti esterne del corpo, delle braccia, e del capo. Era facile illudersi, avendo questa forma così ridotta alle mani; e caddi io stesso nella illusione, poscia colla espe- a pa ee rienza corretta, che a Taranto, di dove io ne aveva portati, prima di studiarli, alcuni individui, capitasse una specie non prima descritta. Ferussac ha dato diverse figure degli embrioni della L. vulgaris, Lam., a diverso stato di sviluppo, e Delle Chiaie (Poli, T. 3, t. 91, 92), l'anatomia della nostra. Sangiovanni, facendo la storia dei cro- matofori, ve ne distingue di tre colori cioè: gialli, meno numerosi e più piccoli; rosei, più numerosi di tutti, e mezzani nelle dimen- sioni; rosso bruni, più scarsi di questi e più grandi: notizia giusta, che va completata col dire che gli ultimi sono più superficiali, i primi sono più profondi, ed i secondi stanno in un piano di mezzo. Lo stesso poi, nell’illustrare « ce nouveau système d’organes, par- ticulier par sa situation, smgulier sous le rapport de sa nouveauté et dont l’usage est ignoré » ammette che i corpi cromatofori sieno vescichette pervie, piene di materie coloranti, a parete composta come un feltro, e colla virtù di espandersi e di contrarsi sotto la dipen- denza del sistema nervoso, cui le cellule sono connesse, a suo parere, per mezzo di fibre sottili. Wagner (Isis, 1833, Archiv. fiir natur. | gesch., 1841), Harles (Ib. 1846), Brucke (Sitzumber. der math. wissensch. der Kais. Acad. von Wien, 1852) sono venuti più tardi sullo stesso argomento, e Keferstein per ultimo. Secondo esso (V.» Bronn, Der Thierreichs, T. 3, pag. 1324) i cromatofori sono cellule chiuse senza apertura, mucleate, piene di materia colorante, sulle quali vengono ad impiantarsi delle fibre contrattili; le estremità libere di queste si perdono poi nello strato comune, ove si trovano i cromatofori stessi. La contrazione subitanea delle fibre distende la membrana della cellula, e questa torna sopra di sè per elasticità, cessato lo stiramento. Ora è chiaro, che le fibre indicate sono i nervi di Sangiovanni (!), e il nucleo potrebbe essere l'apertura che questi ha veduto, se piuttosto non avesse preso equivoco colla parte che talvolta resta realmente incolora, quasi verso il ifiezzo della cellula stessa, molto distesa o compressa. Piuttosto che dare inserzione a fibre che irradiano però la cellula, secondo me, forma tutt’una cosa (!) Sangiovanni dà le seguenti indicazioni dei eromatofori, secondo le specie. Di tre ordini di colori e molto grandi, sono nella L. vulgaris, (L. mediterranea, nob.), di due ocracei e color castagno nelle Seppie; zafferano e castagno nella Eledone mo- schata; castagno scuro e ocracei nell’Octopus leucoderma (E. Aldovrandi); zafferano, castagno e blù nell'O:topus macropus; zafferano, rosso, feccia di vino, nerastro e bluastro nell' Octopus vulgaris; zafferano, rosa, blù cupo, blù chiaro, nell'Om- mastrephes sagittata (Loligo sagittata;; bruno, volgente al nero, e non di altra sorta, nelle Sepiola (V. Sangiovanni, l. cit.; Ann. sc. nat., T. 16, 1829). CAN 031) IN con queste, ed esse poi sono cave etubulari, almeno all’origine, e le cavità appariscono come diverticoli della cavità della cellula, da cui dipendono. Il contenuto poi è un protoplasma limpido, meno che verso la parete, dove si trova in esso, ed in forma di granulazioni tenuissime, la materia che dà il colore. Io non ho visto nucleo distinto, nemmeno quando ho fatto agire l’acido acetico sugli organi vivi. Quanto alle azioni non vi è dubbio che le fibre, radianti dalla periferia della vescichetta ai tessuti ambienti, non operino sulla vescichetta cui si riportano, distendendola quando si contraggono o tutti insieme simultaneamente, o parte sì e parte no, come avviene quando cominci in ispecie a venir meno la irritabilità, Esse sono messe in azione da tutti gli stimoli, che fanno altret- tanto sui muscoli, e si conservano irritabili per lunghissimo tempo dopo la morte apparente dello animale; la espansione della cellula così stirata fa apparire la macchia visibilmente; la contrazione può renderla esigua tanto da far!a sparire all’ occhio nudo. La contra- zione delle fibre radianti spiega la espansione delle vescichette; la contrazione della vessica ammette il rilasciamento delle fibre stesse ed un’azione di più, e per questa si invoca la elasticità. Ma la con- tinuità della parete delle fibre, colla membrana della cellula, mi fa dubitare che questa e quelle abbiano una stessa natura, e formino un organo solo, del quale una parte (la cellula) è per le azioni in alternativa e in antagonismo coll’ altra (le fibre), e che l’ effetto, diverso nel manifestarsi, dipenda dal momento dell’azione, non dalla diversa natura delle forze che lo determinano. Frequenti in primavera e in estate gli individui di questa specie, e conosciuti dai pesciajoli col nome di Totani dal riso quando son femmine e hanno piene le ovaje, è facile acquistarne dovunque sui mercati. La collezione fiorentina ne possiede esemplari di antica data e di provenienza ignota (n. 30, 31, jun., 32), del mare di Ta- ranto inviati da un amico mio signor Ingegner Buonamico (n. 472), esemplari da me stesso raccolti e retratti per l’azione dell'alcool (n. 364) del mar Tirreno, e presi pure da me a Porto S. Stefa- no (474). Spec. 4. Loligo Bertheloti, Verany. Verany, Mem. della R. Accad. delle Sc. di Torino, Ser. 2, T. 1, 1836; Moll. medit., p, 93, Tav. 36, fig. h. i. k. — Fischer, Journ. de Conchyl., Ser. 3, T. 9. pag. 130. Loligo vulgaris, jun., D’'Orbigny et Ferussac, Hist. nat. des Moll., T. 1, pag. 309; Gray, Brit. Mus. cat., pag. 60. é-/ LU La Loligo vulgaris, Lamarck, la L. pulchra, Blainville e la L. Bertheloti, Verany, formano per D’ Orbigny una sola specie, della quale la prima è lo stato adulto, le altre sono stati giovanili. Fischer si accosta a queste vedute, ma tuttavia ha conservato alla ultima specie il titolo che ora si esamina. Verany difese la autono- mia della L. Bertheloti, appoggiandosi specialmente sull’ aver trovato le femmine colle uova, ma questo non proverebbe molto, trattandosi di Cefalopodi, la maturità sessuale dei quali è raggiunta assai prima dell'ultimo termine degli accrescimenti. Data ora per buona l'ipotesi che realmente la L. pulchra e la L. Bertheloti sieno forme giovanili di altra specie, converrebbe sempre distin- guerle secondo quella alla quale si riducessero in età matura, e la L. pulchra, oceanica, sarebbe da riferire alla L. vulgaris, come è intesa da me, la L. Bertheloti alla L. mediterranea. i La collezione fiorentina ha un’ esemplare di L. LBertheloti di Nizza, comunicato dallo stesso Verany (n.° 35) e a confronto di altro di pari età della L. mediterranea è passabilmente diverso, nella forma e posizione della natatola sopratutto. b) Theuthis, Gray. Spec. 5. Loligo Marmorae, Verany. lav ON ghazo; Mem. della R. Acad. delle Se. di Torino, Ser. 1, T. 5, 1837; Moll. medit., pag. 95, tav. 27. Philippi, En. Moll. utr. Sic., T. 2, pag. 203. Loligo subulata (Calamaio a subbia), Delle Chiaie, Mem., T. 4, pag. 48, 58, 1629 (excl. L. subulata, Lamarck, L. subulata, Blain- ville). Sepia media, Linneo ? Loligo parva, Rondelet?, Aldovrando, Gessner, Ruysk, Turton. Primo a mettere in dubbio la identità della ZL. subulata, Lam., con quella degli Italiani fu Ferussac (Verany); Verany poi ne de- scrisse un’altra come differente da ambedue (Mem. dell’Ac. delle Se. cit.), e soltanto più tardi, ridotte a più giusto significato le diffe- renze, riconobbe la identità della sua specie con quella di Delle Chiaie (Moll. medit., 1. cit.). La differenza di questa con la L. sudulata di Lamarck, non mi pare dubbiosa, almen per le forme, ma vi è chi dubita che la prima sia uno stato giovanile di un altra, alla quale si dovrebbe riferire, e D’Orbigay mette avanti la differenza sessuale. Per noi è chiaro che come adulto di essa non vi sarebbe se non la L. La mediterranea, essendo le altre e molto più rare, e quasi sempre più piccole di questa, che dovrebbe esser giovane a paragone di loro. Dalla L. mediterranea però differisce tanto da stare per alcuno in un genere a sè, attesa la mancanza degli acetabuli alla membrana buccale. Della differenza sessuale poi fa ragione Steenstrup, conclu- dendo però nel considerare come semplici variazioni, le differenze di forma, che tanto in un sesso come nell’altro si trovano nella L. su- bulata e nella L. Marmorae, le quali così passano da una all’altra senza distacco. Io ho avuto, e può averne ognuno, qualche centinaio d’esemplari di L. Marmorae, ma nessuno di quelli ho trovato mai così allungato e acuminato come si vede che sono quei della L. subulata, Lamk., almeno nelle figure. Se però la ZL. Marmorae e la L. subulata di Delle Chiaie, si riuniscono sotto il nome introdotto da Verany per distinguere la specie da quella di Lamarck, è da por mente a due forme ch’esse presentano; una più rara, più grande, più allungata ed aguzza; l’altra più piccola, più corta, più grossa in proporzione. Un carattere non avvertito, per quanto credo, è la forma e dimensione degli acetabuli molto maggiori nelle braccia del 3.° paio. La specie si ha sul mercato di Firenze /tutto l’anno, e l’ho veduta pescare talvolta colla semplice Sciabiga presso la riva. Le collezioni fiorentine ne possiedono esemplari di antica data e di provenienza incerta, e della forma minore forse di Nizza (n. 37), di Nizza e della forma maggiore (n. 38); altri del mercato di Firenze (39, 40), che è fornito di pesce per lo più da Livorno e da Chioggia. Gen. 2. Sepiola, Rondelet. De piscib., lib. 17, C. 10, 1554. Leach, Zool. Miscell., T. 3, pag. 137; Journ. de Phys., T. 86, pag. 684; 1817; Verany, Moll. mediterr., pag. 1862. D’ Orbigny, Ferussac, Cephal. Acet., 1839. Gervais, Van Beneden, Bull. Acad. R. de Bruxelles, 1838. Grant, Owen, Trans. Zool. soc., 1838. Risso, Hist. n. E. m. (non product. de Nice ut in Delle Chiaie) (1836), Blainville, Malac., 1826. Loligo, Lamarek, Mem. Soc. hist. nat., 1799; Anim. sans vert., ed. 1, 2, Delle Chiaie, Mem., 1829. Sepia, Linneo, Bosc, Scopoli, Mus. zool., 127. Sepiola, Aldovrando, 1607. Benissimo distinte da Rondelet rispetto alle seppie ed ai totani, d ss colle quali tutta l’antichità le confuse, le Sepiole non vennero però a formare un genere proprio fino a Leach, che le associò peraltro alle specie che oggi formano i generi ossia, Sepiolidea. Indipen- dentemente da una specie di Manilla (S. subulata, Eydoux), una dell'Isola di Francia ((S. stenodactyla, Grant), una del Giappone (S. japonica), scoperta da Tilesius, una di origine incerta (S. Qweniana), escluse dalle coste europee, queste ne hanno dell’ Atlantico, dell’Adria- tico, del Mediterraneo, e l’ultimo ne fornisce alle coste d'Africa. In proposito delle distinzioni specifiche però variano molto le opi- nioni, ed è incertissima la sinonimìa, quando non soccorrono le figure, che, per di più, raramente sono corrette. Assai meglio dei descrit- tivi sono assortiti gli studi anatomici ed organogenici, salvo il restare talora incerto il vero tipo specifico cui si riportano. Si trova infatti assai ben tracciata la storia della struttura in D'Orbigny, Ferussac, Tab. 2, e ripresa da Peters (!). Leuckart (2), Steen- strup, si sono occupati dei loro organi copulatori; Van Bene- ‘den ha studi notevolissimi di embriogenia (3). Le uova di queste non formano nè racemi, attenendosi ai corpi sommersi, come quelli di Sepia, nè serie moniliformi riunite in gruppi, come quelle delle Loligo. }l corpo è sparso di punti cromatofori, di una sola tinta, secondo Sangiovanni, ma realmente oltre i rossobruni, e maggiori, ve ne sono dei gialli, molto minori e più profondi. Sono disposti in modo, che, più conferti sulle parti tergali del corpo, alla base del capo, e sulle parti esterne delle braccia, restano più radi nelle parti inferiori del corpo stesso, mancano sul margine del sacco, sul- l’infundibulo, nel pedunculo dei tentacoli fino alla clava, che invece ne porta alcuni molto minuti per di fuori soltanto. Nel maschio il braccio copulatore è il primo a sinistra, e differisce dal suo corri- spondente di destra, perchè subcilindrico, con pochi e rari aceta- buli nella prima porzione, porta verso la metà della lunghezza, sulla faccia interna, una squama carnosa triangolare libera in avanti coll’ apice, ed avvolta alquanto sopra sè stessa (4). Al disopra di questa, il braccio, colla parte terminale, si allarga in forma trian- golare acuminata, portando gli acetabuli in una sola serie sui due margini, regolarissimamente disposti. Altre differenze meno avver- (4) Mullers’ Archiv. fùr Anat. und Physiol., T. 16; 4842. (2) Archiv, fùr Nat. . 1847: qpsay (3) Nouv. mem. Ac. r. de Bruxelles, 1841. *) V. Steenstrup, HectocotyIdannelsen hos Octopodeslaegt, T.4, f. 9. Kefer- stein in Bronn, Thurr, T. 3, tab. 422, fig. dI. TO JE tite dipendono inoltre dal sesso. Nel maschio sempre le braccia del secondo paio sono più lunghe molto di quelle del primo, e portano acetabuli, come le altre, in due serie marginali; ma tre o quattro di quelli della serie inferiore, verso il mezzo di essa, sono molto più grandi. Le braccia del terzo paio, subeguali alle precedenti in lunghezza, sono molto più grosse di tutte, nei loro due terzi primi dalla base, e curvandosi tendono a inflettersi o si inflettono fortemente; ma alla riunione de’ due terzi inferiori col terzo estremo, hanno una callosità dalla parte interna, si piegano bruscamente infuori sopra di essa, e rialzano l’ultima parte; le braccia del quarto paio finalmente, più corte e subeguali a quelle del primo, portano alla base dalla parte interna, una callosità sporgente, che manca su quelle della femmina, nella quale poi le braccia sono tutte sensibilmente più corte, quelle del terzo paio non si incurvano, e gli acetabuli ‘sono in tutte eguali ed egualmente disposti. Alla disuguaglianza delle coppette, sebbene il testo non 1 av- verta, si deve riconoscere un maschio della sua specie nella figura I, tav. 1.8 delle Sepiola di D’'Orbigny e Ferussac (1). Gli acetabuli delle braccia sessili sono assai grandi, sferoidali, pertugiati nel segmento estremo, guarnito da un cerchio con orlo continuo e intero, peduncolati eceentricamente. Quelli dei tentacoli sono invece numerosissimi, minuti, portati da un peduncolo grosso prima, ristretto poi e filiforme, in capo al quale sta colla base la coppetta, che pare un calice assai allungato, e guarnito al margine di un cerchio corneo, elegantissimamente ornato di raggi e di denti minuti. Nella incertezza delle definizioni specifiche bisogna applicare per ora in generale quel che si sa delle abitudini delle Sepiola; cioè che esse, venendo anco a riva in estate, si pescano per lo più fra 60 e 200 metri di fondo. Sono ricercate per cibo, e si conoscono coi nomi di Sponcia currenti, Malnascui, Sicciteddi de Nunnata in Si-. cilia, di Babuccia in Sardegna (Verany), di Secchitella a Napoli (Delle Chiaie), di Seppiette ed anco di fotani e totanini, special- mente dentro terra, sui mercati. (4) Solamente nella descrizione delle figure (op. cit. p. 233), si trova indicato, che quella di cui si tratta è di un maschio, e che la difformità delle coppette è dovuta a una malattia. Nessuno dei moltissimi individui di una specie, o di un’altra mi ha presentato invero l’ ingrossamento degli acetabuli, spinto tanto oltre, ma ciò non toglie che ìî maschi non abbiano realmente quelli che sono stati designati sopra nel secondo braccio, molto più grossi dei corrispondenti nelle femmine. ili AD LA, Tre forme specifiche almeno ci paiono distinte nel Mediterraneo senza contarne una (Sepiola elegans, Risso), non riconosciuta. Spec. 1. Sepiola vulgaris, Grant. Trans. of. the Zool. Soc., T. 1, pag. 77; 1833 (Non Gervais et Van Beneden). Sepiola Rondeletti, Verany, Moll. medit., p. 56, T. 22, fig. c, d!/ Philippi, enum. moll. Sicil., 2, p. 203. Grant, Mag. de Zool., Ann. 7, CI. 5, p. 70, tab. 75, 1837 (mala). Sepiola Grantiana, Ferussac, Hist. nat. des Moll., T. 2, fig. 3, 4. Sepiola Deswingiana, Gervais Van Beneden, Bull. Ac. R. Bru- xelles, 1838. __ Loligo sepiola, Delle Chiaie (1), Mem., T. 4, p, 59, T. 58, fig. 30; Payraudeau, Moll. de Corse, pag. 173. Philippi, op. cit., Tom. 1, p. 241 (?). Subcordata, postice angustata, margine antico albo, laevi, incrassato alis orbi- cularibus, corpori ad altitudinem subinaequalem adnatis. Tentacula brachio- rum duplo longiora, clava compressa cultriformi. Omnium minor. Più piccola di tutte le altre e della seguente, colla quale pel solito si pesca allo stesso tempo, ha il corpo globoso, leggermente ristretto nella parte posteriore, colorito da grandi macchie cromato- fore, con largo margine incoloro e ingrossato alla parte anteriore e inferiore del sacco. Le braccia sono sensibilmente più corte che nella specie seguente. Le natatoie orbicolari, staccandosi dal corpo, la sinistra spesso più in avanti della destra, formano un profondo seno, sì im avanti che in dietro col corpo stesso. I tentacoli sono lunghi un po’ più del doppio delle braccia in istato di rilasciamento; la clava è cultriforme, con acetabuli minutissimi, a lungo pedun- colo. Non bisogna confondere la Sepiola vulgaris, Grant, con la omonima di Gervais e Van Beneden, i quali tratti in errore da Pennant, che chiamò così la specie dell’oceano settentrionale, che è la Sepiola atlantica (V. D'Orbigny e Ferussac, op. cit.). Non tanto copiosa come quella che segue, si pesca con essa quasi in tutte le stagioni, e massimamente in primavera, e si trova me- scolata con la medesima nelle ceste dei pesciajoli in mercato. Le collezioni fiorentine ne hanno di provenienza incerta, del mercato, (!) La figura poco felice potrebbe, almeno per le dimensioni, riferirsi anco alla specie seguente; la descrizione poi non aiuta ad uscire dal dubbio. Si noterà che nel mentre l’autore nel testo nega l’ossetto dorsale alle Sepiole, qui lo de- d finisce « Lamina orsali lineari minutissim: a» BRR): ques che è quanto dire dei paraggi di Livorno e di Chioggia, parecchi esemplari (V. n.° 42, 43, 44), e da Nizza (n.° 44). Spec. 2. Sepiola Rondeletti, Gervais, Van Beneden, op. cit. Tav. VII, fig. 8. D’Orbigny e Ferussac, pag. 230 excl. Sepiola Grantiana, tav. 1, fig. 1, (maschio), fig. 3, 4; Verany, op. cit. tav. 22, fis. a, b, (!). Ovata, postice rotundata, antice anguste albo marginata, alis orbicularibus, an- tice profunde, postice parvo sinu corpori abscissis, altitudine aequali. Tentacula brachiorum 3/, longiora. Di grandezza spesso il doppio della precedente, di colorito più uniforme e più cupo sul tergo, col margine incoloro del mantello più stretto, ha il corpo più rotondato, le natatoie staccate ad altezza uguale, ma obliquamente, e quindi ad angolo più acuto con seno più profondo dal segmento anteriore che da quello posteriore. La figura di Verany, un poco esagerata nelle dimensioni, par la migliore. Se ne hanno nella collezione di origine incerta, o prese sul mer- cato di Firenze (cat. n. 41, 46), e una da Genova, già comunicata da Portier (n. 48). Per quanto Rondelet, parlando della Sepiola, intenda probabil- mente dire di specie mediterranea, sarebbe arrischiato il sostenere che egli avesse appunto alle mani piuttosto questa che la precedente. Spec. 3. Sepiola major, nobis. Elongata, cbtusa, alis subtrapezoideis, aequali altitudine adnatis, antice tantum sinu profunde corpori abscissis. Tentacula brachiorum duplo longiora, clava cultriformi. Un solo esemplare di questa forma, acquistato sul mercato di Firenze, possiede la collezione (n. 46); è più grande di tutti gli altri; quasi incoloro, distinto altresì per una forma trapezoidale delle natatoie, impiantate d'altronde come nella precedente ad altezza eguale sul corpo; le dimensioni generali, il colorito, la forma delle natatoie, distinguono questa specie dalle altre in modo sensibile. (*) Non vi è certezza di corrispondenza pei nomi non accompagnati da figure. deli EG ia Gen. 3. Rossia, Owen. Ross Voyag.; Nat. hist., 1835. Ferussae et D'Orbigny, Hist. nat. des Moll. Cephal., pag. 242; 1839; Gray, Synops. Brit., Mus. 1338, Cat. of Brit. Mus., pag. 88 1849. Sepiola, Gervais et Van Beneden, op. cit., 1838; Deshayes in Lamarck, Anim. sans vert., T. 11, p. 221. Sepiola, Delle Chiaie, Poli, T. 3, pars altera. Owen costituì il genere Rossia nel 1834 sopra una specie (7. pal- pebrosa) recata dalle regioni artiche dal capitano Ross. Tuttavia già molto prima, Delle Chiaie aveva pubblicato nell’opera di Poli la figura e inviato in natura, in disegno, in descrizione a Ferussac la sua Sepiola macrosoma, colle differenze che la distinguono dalle altre Sepiole (D’Orbigny, Verany). D’Orbigny poi accusa a torto la figura di Delle Chiaie, di esser disegnata una con due, l’altra con una serie sola di acetabuli sulle braccia, forse perchè prende la figura 10 della tavola 71 di Poli, che è del 7yremoctopus vio- laceus. Spec. 1. Rossia maerosoma, Ferussac et D’ Orbigny. Hist. nat. des Moll., pag. 245; Sepiola et Ltossia, tav. 4, fig. 15 ad 24; 1839; Verany, Tabl. des Cephal., fig. 22; Moll. medit., pag. 60, tav. 23, fig. a. b. Sepiola macresoma, Delle Chiaie, Poli, loc. cit., T. 71, fig, 1,11, (non 10), M. S. a Ferussac; 1833, Gervais et Van Beneden, op. cit., Philippi, En. Moll. Sic., T. 2, pag. 203. Non è ricordata nè da Fischer nè da Aucapitaine sui cataloghi più volte citati, e sembra particolare alle coste di Italia, e più frequente a Nizza ed a Genova, che a Napoli, dove fu scoperta. La collezione ne possiede esemplari, femmine tutti, da Nizza (n. 46, 49). Le figure 2 a 9, Delle Chiaie, si riferiscono alla struttura, pel braccio copulatore del maschio che è come le Sepiole (Steenstrup). I pescatori napoletani la dicono Capo di Ohiodo (Delle Chiaie). Spec. 2. Rossia Panceri, n. sp. TawsoVAL; 1197. Subcylindrica , postice attenuata, elliptice rotundata, alis subtrapezoideis medio corpore adnatis, postice profunde abscissis; margine antico superne recto, inferne late emarginato, lateraliter quidem subbilobo. Acetabula ad brachio- rum basin 2, demum 4-seriata, brachiorum paris 4, minuta conformia, in seriebus marginalibus brachiorum 2, 5, 4, majora, omnia spheroidalia late- raliter pedunculata. Tentacula ,..? MRI Ra Corpo cilindroide, assai stretto ed allungato, di dietro rotondato, anteriormente troncato, col margine dalla parte del tergo e nel mezzo appena protratto, sui lati tagliato in due grandi lobi, che si riuniscono di sotto in una smarginatura mediana larga, e poco profonda. Testa grande con occhi piccoli ad apertura stretta semi- lunare, colla concavità volta in alto, e limitata dal margine palpe- brale inferiore. Natatoie quasi trapezoidali increspate, inserite ad altezza eguale sul tergo, ed in modo da tenere il terzo medio del corpo, staccate tanto davanti che di dietro ad angolo acuto. Braccia corte, grosse, rotonde di fuori, guarnite di dentro, per breve tratto dalla base, di due sole serie di acetabuli, nel resto di quattro. Gli acetabuli sono tutti e sempre più grandi che sulle braccia della Rossia macrosoma, ma sulle braccia del primo paio sono conformi fra loro in ogni serie, e più piccoli che sulle braccia del 2.9, 3.° e 4.° paio, dove 5 a 8 di quelli delle serie marginali, nella parte media delle braccia stesse, hanno il doppio e triplo volume degli altri delle serie interne. Per la lunghezza, le braccia procedono in ordine _ crescente dal primo fino al 3.° paio, e nel 4.° tornano quasi come nel primo. Il colorito più forte sul tergo che sul ventre, sulla faccia esterna che sulla interna delle braccia, di sopra che di sotto alle natatoie, risulta da minutissimi punti violacei che mancano sull’infundibulo e sulla faccia inferiore del capo, intorno ad esso. Mancano al nostro esemplare i tentacoli per mutilazione accidentale. La lunghezza del corpo è in esso alla larghezza : : 37mm ; 23mm, e alla lunghezza del capo, dal margine dorsale del sacco all’apice delle braccia del primo paio : : 37! ; 45", La lunghezza totale senza i tentacoli è 82 millimetri. Questa specie differisce dalla ossia macrosoma per la forma del corpo più allungata e più stretta, per la disuguaglianza fortis- sima delle coppette marginali della parte media delle braccia del 2.9, 3.9 e 4.° paio. Differisce dalla Rossia dispar (Heteroteuthis, Gray), colla quale conviene per la forma del corpo e per la difformità delle coppette : 1.° perchè assai più grande e colle braccia più lunghe; 2.9 perchè le coppette sono in quattro serie, non in due sole; 3.0 perchè le coppette maggiori, più numerose, si trovano sopra le tre paia di braccia inferiori, non sul terzo paio solamente. Ebbi questa bella forma dal prof. Panceri di Napoli, sotto il nome di ossia macrosoma, e la ritenni per tale. La difformità degli acetabuli mi portò a considerarla poi come la AR. dispar di cio dè — Rippel (*), e per tale la diedi nel catalogo presentato al congresso di Catania. Presa però in esame più particolare vidi impossibile di conservare quest’ ultimo giudizio, a fronte delle belle figure e della descrizione di Verany (?), per la specie ricordata, e il solo dubbio che possa restare, per distinguerla dalla R. macrosoma, è che l’unico esemplare delle collezioni fiorentine sia un individuo maschio di questa , e le sue differenze siano differenze sessuali, non ancor definite dagli scrittori. Avendo un solo individuo a disposizione mi sì perdonerà di non risolvermi ad aprirlo, ma intanto non vedo nel braccio primo sinistro, carattere alcuno di braccio copulatore. Il nome, se la specie potrà rimanere, ricorderà il valoroso natu- ralista ed amico, da cui ebbi il soggetto, ed al quale sarà racco- mandato più che ad altri di confermarla od escluderla (8). Sez. B. Oigopsidae, D’Orbigny. Decapodes pelagici, Steenstrup (Cranchiformes exclusi); Oigopsi- dae, Keferstein (Cranchiadae exceptae) (4). A. CamorevTAImAE (Fam.), Gray, Keferstein. Taonoteuthi, Steenstrup? . . Gen. 1. Chiroteuthis, D' Orbisny. Cephal. acet., 1839. Ferussac et D’Orbigny, Hist. nat. des Moll., 1, pag. 324; Gray, Woodward, Steenstrup, Keferstein. Loligopsis, Lamarek, Cours de Zool., 1812. Anim. sans vert., 1.8 ed. T. 7, ed. 2, T. 11, p. 364. Ferussac, Dict. class. hist., 1821. Ve- rany, Atti della R. Acc. di Torino, Moll. medit., pag. 120. Leachia, Lesueur, Journ. Ac. Nat. hist. Philad., 2, p. 90, t. 6, 1821. (4) Giorna!e del Gab. di Messina, T. 26; 1845; M. 4, Brit. Mus. (Gray). (?) Moll. medit., pag 63. tav. 23, fig. d. 4. (3) Un ultimo dubbio non è risoluto, ed è che l’esemplare del Museo di Fi- renze sia un individuo anormale, affetto del male che D’Orbigny avrebbe indi- cato per la Sepiola Rondeletti. Veda chi può, e non sia grave, che io abbia richiamato l’attenzione su questo argomento, quando pure la specie formata do- vesse essere abbandonata. (*) IH genere Cranchia portato fra gli Oigopsidi da Steenstrup e da Kefer- stein, fa parte invece dei Miopsidi per Wodward; e per gli occhi coperti è con- trapposto ai Zoligopsidi, che gli hanno aperti, da Gray. pg o gene ? Loligops, Risso, Atti della 2.8 riun. degli Se. Ital. Il genere fu costituito da D’Orbigny a spese di quello che, prima Lamarck, poi Ferussac, composero col nome di Loligopsis, Lesueur coll’ altro di Leachia, Escholtz con quello di Perothis, Taonius, Steenstrup. Le altre specie si trovano oggi registrate sotto il genere Loligopsis, Lamarck, rimasto col suo nome primo, e talune fra cui quelle medesime di Lamarck (L. Perond), si danno sempre come dubbiose. Una delle più definite (Loligo cyclura, Leachia cyclura, Lesueur), ha servito a Grant per un lavoro ana- tomico importante, i resultati del quale non sappiamo quanto possano applicarsi alle specie del genere di cul ora si tratta, nes- x suna delle quali è stata sottoposta fin qui al coltello anatomico. Spec. il. Chiroteuthis Verany, Ferussac et D'Orbigny. Hist. nat. des Moll., tav. 2 (optima). Loligopsis Coindeti, Verany, m. s. (D’'Orbigny, Gray). Loligopsis Verany, Ferussac, Mag. de Zool., 1835, CI. 5, t. 65. Verany, Moll. med., p. 120, tab. 38, 39, optima! Loligopsis (?) mediterranea, Risso, l. cit. Questa specie, rara e singolarissima, fu comunicata inedita da Verany a Gay-Lussae, che la descrisse pel primo. Secondo Verany stesso, Riippell l'avrebbe veduta anco innanzi di lui ed appunto a Livorno. Le date precise delle osservazioni fin qui registrate, allo infuori di quella di Riippell, sono queste: a Nizza 1834; 1837, Verany; id. 1849, Risso e Verany. La collezione possiede un vecchio esemplare molto guasto, già confuso con animali di altra serie (cat. n.° 50), uno assai recente, bellissimo, di Nizza (catal. n.° 51), acquistato dal signor Cara in 1864. Oltre questa Verany ha l’altra sua specie (Loligopsis Bom- plandi o Cheiroteuthis Bomplandi, Gray), pubblicata negli Atti della R. Accad. di Torino, 1837, con una figura nella quale man- cano per altro i tentacoli. B. Oxycroreurmpar (Fam.), Gray, Keferstein. Onychii, Ommastrephini, Steenstrup. Gen. 2. Ancistroteuthis, Gray. Brit. Mus. cat., pag. 55; 1849. Onychoteuthis, Lichtenstein, Hist. nat. des Moll, Tom. 1, 1818; D’Orbigny, Woodward, Keferstein, in Bronn, T. 3, p. 1446, pars. — 50 — Sepia, Molina. Loligo, Blainville. Tre specie del genere Onycoteuthis di Lichtenstein (A. Lichten- steini, A. Krohni, A. Dussumierii), del mediterraneo le prime, l’ultima dell'Oceano Indiano, hanno servito a Gray per formare il genere ora in esame, come altre servirono a D’Orbigny, per com- porre il suo genere Emnoploteuthis, dal quale Gray stesso smembrò ancora una E. armata, dell'Oceano Indiano, una Onychoteuthis Mo- risi, Verany, dell'Oceano anch'esso, descritta sopra un esemplare senza tentacoli, per costituire il suo genere Abralia; un’altra (0. Lesueuri) per formare il genere Ancistrocheirus, e due infine (0. cardioptera, O. platyptera), per comporle nel genere Onychia, Lesueur. Molti particolari nell’ armatura dei tentacoli, negli ace- tabuli dei quali, il cerchio corneo, per asimetrico accrescimento della parte superiore, diventa un uncino, e dei quali quelli della base e dell’apice, minuti e conferti, formano una specie di cuscino, distinguono il genere che è distinto altresì pel numero deile aperture acquifere peribuccali. Manca una illustrazione anatomica, che per tutte le ragioni meriterebbe di essere fatta. Spec. 1. Ancistroteuthis Lichtensteini, Gray. Op. cit. Brit. mus. cat., p. 55. Onychoteuthis Bellonii, Ferussac et D'Orbigny, Ceph. Acet., 1835. Onychoteuthis Lichtensteinii, Ferussac, Moll., 1834, t. 14, f. 1,3. Verany Moll., medit., p. 78, T. 9, t. 29. Scoperta da Verany a Nizza nel 1835 e comunicata a Ferussac, questi riconobbe in essa il Calamaio a uncini di Belon; e la pub- blicò col disegno stesso dello scuopritore italiano; sì pesca da Feb- braio a Maggio nelle reti, che durante la notte sono tese allo Spa- rus boops a Nizza. Manca o non è indicata nel mare di Genova e in quello di Napoli, come manca nel catalogo dei Molluschi di Algeri, di Aucapitaine; a Messina, a Cefalù (Sicilia) si conosce col nome di Totanu Francun- ceddu (Mandralisca ). Si ha nelle collezioni fiorentine da Nizza in due esemplari (n. 53). Gen. 3. Enoploteuthis, Gray. Brit. mus. cat., p. 47. D’Orbigny, Moll. viv. et foss., pars. Onychoteuthis, Lichtenstein, pars, Hist. nat. des Moll., T. 1, p. 336. Onychoteuthis, Ferussac, Tabl. syst., 26, 1821. D'Orbigny et Fe- DEN: RO russac, Tabl. cephal., 1825. Verany, Mem. Acad. di Torino, 1837. Loligo, Leach. Ommastrephes, Gray, Proc. Zool. Soc., 1837. D'Orbigny con quegli Onychoteuthis che hanno tutte le braccia non che i tentacoli armati di uncini, costituì il genere in esame, dal quale Gray tolse gli Ancistrocheirus di già veduti, e le Abralia, rendendolo così meno complesso. Spec. 1. Enoploteuthis 0wenii, Verany. Guida di Genova, Tom. 1, p. 109, Tab. 4, f. 2, 3, Moll. medit., p- 84, t. 30, f. c, d; Gray, Brit. mus. cat., p. 48. Verany conobbe due soli individui di questa specie, uno nel 1845, uno nel 1849. L’eccellente descrizione e la figura ch’esso ne diede, corrispondono assai bene cogli esemplari avuti per la collezione fiorentina da Nizza, per mezzo del signor Cara nel 1864. Tuttavia fra questi se ne vedono alcuni col corpo più bruscamente ristretto nella metà posteriore, al- tiri più gradatamente attenuati. Tutti hanno inoltre la natatoia più esattamente romboidale, la testa più grossa e più lunga, i piedi e i tentacoli più corti, che gli esemplari di Verany, secondo le sue figure; e una differenza di più vi sarebbe nella disposizione degli uncini dei tentacoli, che sono tre, e tutti da un lato della clava, e non due da un lato, uno dall’altro come li presenta il disegno. Notando la differenza, non saprei erigere con questa forma una specie di più; si sà poi che Ruppell ha una specie poco diversa (E. Verany, Giorn. di Messina, T. 27, 1864, Verany, Moll. medi- terr., p. 83, t. 30. £. 6), che non è peraltro la nostra. Oltre i punti eromatofori comuni, abbondanti sulla faccia tergale del capo, sulla faccia esterna delle braccia del 1.0, 2.9, 3.0 paio, sulla membrana buccale, e tutti di un ordine, si hanno altri punti più grandi, orbicolari, rilevati, distribuiti con sensibile regolarità sulla faccia inferiore del corpo e delle braccia del 4.° paio, e che sembrano di natura diversa. C. OwmasrrEPHINI (Fam.), Steenstrup. Onychoteuthidae, Gray, Keferstein, pars. Gen. 4. Ommastrephes, D’ Orbigny. Tav. VII, fis. 4. Moll. viv. et foss., 1, p.412, 1835; Ferussac, Deshayes, Gray, 1847. Me e Ommatostrephes, Steenstrup, Overs. over det Kgl. danske Vidensk. Selsk. Forhandling, o. s. v. 1857. Cycria, Leach, Gray, 1849. Pteroteuthis, Ehrenberg ? Onycoteuthis, Munster. Loligo sp., Lamarck, Ruppell, Delle Chiaie, Verany. Sepia sp., Linneo. Gray enumera 18 specie del genere, tre delle quali fossili del cal- careo litografico di Solenhofen, alcune incerte, e fra queste due esclu- sive del Mediterraneo (L. Bianconi, Verany, L. Meneghini, Verany); le altre dell’Oceano Indiano, dell'Oceano Atlantico, alcune più delle coste d'America che delle coste europee, altre poi comuni all'Oceano Atlantico e al mediterraneo. Una non compresa nelle precedenti è di California ; un’altra (0. pteropus), sarebbe secondo Gervais il vero Teuthos d’Aristotile (Arch. fir Nat. gesch., 1862), e una finalmente (0. pelagicus, D’Orbigny), serve per tipo del genere Hyaloteuthis, indicato da Gray, e con un’altra del Mediterraneo, avuta da Marsi- lia, che non sappiamo qual sia, Steenstrup ha formato il genere Dosydicus (D. Eschrictii), loc. cit. Spec. 1. Ommastrephes sagittatus, D' Orbigny. Ferussac, Hist. nat. des Moll., T. 1, pag. 345, tav. 1, fio. 1-10; 1839. D’Orbigny, Paleont. univ., tav. 22, fig. 12, 16; Paleont. etr., tav. 19, fig. 12-16; Moll, viv. foss., 1, 418, tav. 29, fig. 12-16. Carus, N. act. Acad. nat. curios., T. 12, pag. 318, tav. 30. Loligo sagittata, Lamarck, var. B., Mem. Soc. hist., 1789. Blain- ville, Delle Chiaie, Mem., T. 4, pag. 58, tav. 49, fig. 3 1839 (non Boodwich): Payraudeau, Cat. Moll., 173, n. 253; Risso, Hist. nat. des prod. de l’E. m., T. 4, pag. 6, n. 8; Philippi, En. moll. Sic., Tom. 1, pag. 242. Cantraine, Malac. medit., Nouv. mem. Acad., Bruxelles, 13, n. 1. Requien, pag. 87, 620. Verany, Moll. medit., 106, tav. 31, 32; optima (non L. Coîn- deti, ut Aucapitaine). Loligo Coindetti 2, Verany, Mem. Ac. di Torino, T. 1, tav. 1, fig. 4; 1837; Moll. medit., p. 110, tav. 36, fig. a, d, c. Aucapitaine, op. cit.? Loligo Meneghim?, Id., Atti dell'8.2 Riun. degli Sc. Ital. p. 513, Genova, 1847, Moll. medit., pag. 98, tav. 35, fig. f, c, d. Loligo Bianconi 2, Id., op. cit. pag. 514, tav. 35, fig. è, 1. Loligo todarus, Rafinesque, Precis de decouvert. semiol., pag. 29 (Delle Chiaie). den) ge ee Loligo illecebrosa, Lesueur, Journ. Acad. Philad., 1821; Blain- ville, Ferussac, D’ Orbigny. Loligo harpago, Ferussac, Dict. class., 1823. Loligo Brogmiarti, Blainville, Dict. sc. nat., T. 27, 142; 1823. Loligo piscatorum, La Pylaie, Ann. des se. nat., T. 4, pag. 319; 1825 (Ferussac, D’Orbigny)? (*). Sepia Loligo, Linneo, Gmelin; Sepia media, Barbut; Sepia minor, Seba; Sepia sagittata, Bose. D’Orbigny e Gray, serbando il dubbio sulle altre due specie di Verany ricordate sopra, non ammettono neanco la Loligo Coindeti, e con ragione probabilmente, poichè un esemplare esistente già con questo nome nella collezione, e comunicato dallo stesso Verany o da. Portier, che forse lo nominava sotto gli occhi del primo, meno che nella natatoia un poco più corta, non differisce pel resto da quelli dell’altra specie. Quanto poi alla sinonimia, vi è secondo me ragione di non am- mettere per la specie le figure di Seba (T. 3, f. 5, 6; T. 4, fig. 3, 4, 5); e quelle della Ene. met., che ci danno degli animali coi ten- tacoli coperti di acetabuli fino alla base. Per la specie finalmente noteremo non tanto la diversa forma dei denti degli acetabuli, sulla quale D’Orbigny insiste con parecchie figure, poichè l’età e forse l’uso posson realmente renderli in questo diversi, ma la maggior dimensione degli acetabuli stessi, sulle braccia del 2.° e del 3.° paio, che si ha pure nella L. Marmorae; l apparecchio costrittore poi cono- sciuto da tutti per assai complicato, si riduce ad un rilievo in forma di T rovesciato nel capo, che viene a incastrare in una fossa corri- spondente del margine del mantello da ogni parte poco lontano dal margine. i Nell’Oceano, secondo D’'Orbigny, sulle coste d’ Algeri, secondo Aucapitaine, la specie pare assai più frequente di quello che si veda sulle coste d’Italia, dove accade però di pescarla in Sicilia, nel Golfo di Napoli, nei paraggi del mar Tirreno e del Golfo di Genova, o di Nizza, a poca profondità colle Eledona secondo Verany. Assai pre- giata nel mezzogiorno, è poco stimata altrove. Quella poi di Ter- ranuova (0. piscatorum) è impiegata come esca per la pesca del Merluzzo (La Pilaye, Gray). (1) Con tutto il rispetto dovuto all’ autorità di D’' Orbigny e di Gray, con- frontando figure e descrizioni, mi pare fuor di misura ardita questa assimila- zione del nostro Ommastrephes sagittatus, con quello dei paraggi di Terranuova. II La collezione di Firenze ne ha di origine incerta (n.° 55), di Nizza (n.° 56), e al nostro numero 57 sono due dei tre individui avuti col nome di Loligo Coindeti, ed intorno ai quali ci siamo di- chiarati di sopra. La figura Tav. 1.8 (Loligo) di D’Orbigny appartiene evidente- mente non a questa specie, ma alla 0. Todarus; le figure invece di Verany sono ben citate ed eccellenti. Si vede da questo che il maschio ha il corpo più corto, le braccia più grosse e più lunghe della femmina, tanto da equiparare e vincere anco la dimensioni, e di quelle della femmina della L. Todarus. La specie però rimane sempre distinta dagli acetabuli, che si raccolgono verso la clava dei tentacoli, non si distendono per tutta la lunghezza di questi. Un maschio è l’individuo n.° 58 della collezione di Firenze, e in esso si distingue il 4.° braccio a destra per caratteri proprii, come braccio copulatore. Difatti mentre questo è uguale al sinistro della stessa coppia, ed è con essa più piccolo assai del 3.° e del 2.9, maggiori anco del 1.°, nelle coppie respettive, questo braccio, e il suo compagno, portano verso la base, in due serie, tre o quattro squame triangolari adnate come brattee ad un asse florale, nel braccio sinistro le squame seguitano di più in più piccole, fino all’apice, e portano degli acetabuli minuti, e quasi senza peduncolo alla loro ascella; nel braccio destro, dopo alcune squame vuote, ed altre che portano acetabuli minuti anch’ essi, si mantengono acetabulifere soltanto le squame della serie interna o sinistra; nella serie esterna o destra gli acetabuli mancano, e lo spigolo del braccio senza essi, pare dagli intervalli delle squame, come seghettato. Mi resta incerto l'individuo del n.° 55, di cui ignoro l’ origine e che è una femmina; coi tentacoli acetabuliferi soltanto verso la clava, colle braccia sessili però molto grosse e lunghe e da potere stare a pari con quella del maschio della nostra specie, o della seguente, e quindi diverso assai dagli individui soliti dell'una o dell'altra. — Spec. 2. Ommastrephes Todarus, D'Orbigny. Hist. nat. des Moll., T. 1, pag. 249. Loligo (Criptodibranches), t. 1, id. Acetabuliseres, t. 1. Ommastrephes, tav. 2, fig. 4, 10; Gray, Fischer e Crosse, Journ. de Conch., Ser. 3, t. 10. Aucapitaine, Cat. moll. Alger., op. cit., Steenstrup. do Loligo Todarus, Rafinesque? Precis de decouv. semiol., 1814 (?). Loligo Todarus, Delle Chiaie, Mem., T. 4, pag. 161, tav. 60 (optima). Verany, Moll. medit., pag. 101, tav. 33 (optima). Loligo sagittata, Lamarck, Carus, Risso, Hist. nat. E. m., T. 4, pag. 6, n. 8; Payraudeau, Moll. de Corse, n. 352: Cantraine, Malac. med., Bull. Ac. de Bruxelles, Tom. 13, pag. 15, n. 1; Requien, pag. 87, n. 620 (?); Philippi, Moll. utr. Sie., T. 1, pag. 241, T. 2, pag. 202. Loligo Brasiliensis, Ferussac, Dict. Class. des Sc. nat., T. 3, pag. 67; 1823. Loligo maxima, Blainville, Dict. hist. nat., 1823. Loliginis species marima, Seba, T. 3, p. 7, tab. 4, fig. 1,3, 5. Sepia Loligo, Linneo, Ed. 12. Con tuttochè da più parti apparisca una tendenza a distinguere e designare la specie ottenuta d’altri mari e d’altri paraggi, Delle Chiaie è il primo a separarla nettamente dalla Loligo sagittata, nel Mediterraneo. Secondu Seba, la sua L. marima, « Brasiliae ad litora ....... capta est », è rara sulle coste del Belgio « nisi sub impetuosis ven- tis, marique procelloso », è poi sulle coste di Francia e d’ Italia, Steenstrup la ricorda recentemente (1860 ) fra le specie dei lidi danesi. Nel mediterraneo i nostri scrittori la danno di Genova, di Nizza, di Sardegna, di Sicilia, dove rispettivamente ha i nomi volgari di Caamà, Zante, Sperlevat, Calamari, o Todari, o Totanu; l'abbiamo noi avuta dai paraggi di Livorno, e le collezioni ne hanno un esemplare di Nizza: Aucapitaine la ricorda fra quelle delle coste d’ Algeri. Verany ne indica di 1" 55 di lunghezza com- presi 1 tentacoli, ed è sentimento di Fischer e Crosse (loc. cit. ) che questa specialmente possa rappresentare nei nostri mari, i giganteschi cefalopodi dell'Oceano, di alcuno dei quali, e precisa- mente dell’ Architeuthis Dux, Steenstrup, Harting, con minor fonda- mento forse, la considera come forma o stato giovanile (Arch. fiir Nat. Gesch., 1861, Bericht, p. 174). Si osserva sopra questa specie, che gli spermatofori si attaccano in gruppo penicillato per una estremità alla faccia interna del mantello dalla parte sinistra. Le collezioni fiorentine ne hanno un esemplare (femm.) assai antico (n.° 59), e un grosso esemplare di Nizza (n.° 71), individuo mutilato che mostra questa condizione del sesso. sell” A ia 2.* Fam. SEPIADAE, Owen. (Subord. 2, Sepiaphora, Gray, Decapoda A, calciphora. Fam. 3. Keferstein, in Bronn, op. cit., pag. 1420, 1441). Sepidae, pars exclus. Cranchia, Sepiola, Rossia, Sepioloidea, D'Or- bigny et Ferussac, Hist. nat. des moll., T. 1, pag. 220. Sepiacea, Deshayes, Enc. meth., 1830. Sepiana, Gray, 1847. Sepioidae, Agassiz, Nomeneclat. zool., (Gray). Sepiarii, Steenstrup, 1860. Seiches, Risso, 1826. Seiches, Sepiaires, Deshayes in Lamarck, hist. anim. sans vert., ed. 2. Gen. 1. Sepia, Lamarck. Mem. Soc. hist. nat., 1799. Sepia officinalis, var. B. (id est Sepioteuthis, Ferussac) excepta. Sepia, Cuvier, R. anim., 1830, Leach, Blainville, Gray, D’Orbi- gny, Risso, Delle Chiaie, Payraudeau, Philippi, Verany, ec. Saepia (?), Dumeril, Zool. anat. Octopodia, Schneider, Sammlung, 1784 (?). Sepia (pars), Linneo, Faun. Suee., 1765, Syst. nat. Il genere diversamente considerato nelle sue affinità, quindi composto in famiglia da sè, o associato con altri, complesso in modo da riunire tutti i Cefalopodi per Linneo, e per Bosc: le vere Sepia, e i calamai a forma di Seppia (Sepsoteuthis) per Lamarek, fu meglio circoscritto da Cuvier, che pertanto, malgrado la priorità di altri per la invenzione del nome di esso, fra i metodisti do- vrebbe considerarsi come il suo istitutore. Gli scrittori greci e latini, quelli del risorgimento italiani o stranieri hanno avuto piuttosto l’idea di una specie di Seppia, che l’idea del genere intero, il quale, senza contare alcune recenti . distinzioni, comprende oggi circa 30 specie viventi, e 7 fossili (Keferstein). Secondo la forma del Sepiostario (4), o secondo le disposizioni degli acetabuli sulle braccia sessili e sulle braccia tentacolari, Gray (1) Indicato a parte, il Sepiostario sì trova coi nomi di Sepiostea, Deshayes, Sepiostaria, Blainville, o a costituire generi fossili coi nomi di Beloptera, Blain- ville, Belosepia, Volz; le mandibule d’ altronde costituiscono un altro genere fossile Ryncholites, Faure Bignot (Cuvier; D’Orbigny). Cope Ri la propone due modi di divisione, attenendosi all’ ultima poi. Marco Aurelio Severino (1645), un buon secolo prima di Swammer- dam (1757), ha dato, con quella del Polpo e del Totano, l’anato- mia della Seppia e proseguita poi da Swammerdam istesso, da Ned- ham (1750), da Schneider (1784), da Poli, da Cuvier (1805), da Brandt (1833), in generale, e, pel sistema nervoso in particolare da Farmer (1834), da Cheron, da Trinchese ultimamente; pel si- stema circolatorio da M. Edwards, da Harless; per le uova, e la embriogenia. da Cuvier (1832), e da Dugés (1837), e recentissi- mamente da Owziannikow per l'organo dell’audizione. Spec. 1. Sepia officinalis, Linneo. Faun. Suec., Syst. nat., ed. XII, pag. 1095, n. 2; Gmelin, p. 3149. Cuvier, R. anim., Moll., T. 3, p. 16 (ed. 3.*). Id., ed. illustr., T. 4, fig. 2 (mala), Tav. 1, fig. c, d, f, anat. Scopoli, Hist. nat. obs. zool., 1772. Delle Chiaie, Mem., T. 4, pag. 51, 60, tav. 58. Payraudeau, Moll. de Corse, pag. 173, n. 354. Philippi, Enum. moll. ut. Sic., T. 2, p. 203, 241. Ferussac, D’Orbigny, Hist. nat. des moll., p. 261, iv. 2 fig. fi 5. Cantraine, Mal. med., Mem. Acad. Mirto Toda Verany, Moll. medit., pag. 65; tav. 24, 25, optima. Aucapitaine, Cat. moll. Alger., Revue zool., 2.* ser. T. 15. p. 368. Fischer, Cat. des moll. nudibr. et des Cephalop. des còtes océan. des France, Journ. de Conch., Ser. 3, T. 7, p. 14. Stossich, Enum. dei Molluschi del Golfo di Trieste. Lafont, Note sur une nouvelle éspèce de Sepia des còotes de France, Journ. de Conch., Ser. 3, T. 9, 1869. Vide autem Lamarek, Blainville, Leach, Carus, Martens. Sepia rugosa, Bodw., 1822. Sepia, Aristotile, Plinio, Belon, ec. ec. Quel che si sa delle Seppie presso gli antichi verisimilmente appartiene a questa specie più comune e diffusa, e ad essa si rife- riscono i numerosi lavori di anatomia, e di embriologia di cui si è fatto parola, e di alcuno dei quali, specialmente di quello di Swam- merdam, duole che lo spazio manchi, per riferirne le parti prin- cipali, almeno. Ci sia permesso per altro di ricordare, che Swammerdam conobbe e descrisse quasi perfettamente la Ra- dula ed i suoi aculei in 7 serie lineari, e gli spermatofori, che il Redi conobbe dal canto suo anco prima nella Seppia, nel Polpo, e nl ef d + ap nel T'otano, considerandoli come parassiti (V. Swammerdam, Liblia naturae, T. 2, p. 894, 897, 1738; Redi, Osservazioni intorno agli animali viventi, che si trovano negli animali viv., Firenze, 1674, pag. 170, 171). Sparsa nel mediterraneo lungo tutte le coste d’Italia e la costa d'Africa nell'Adriatico sulle due rive, si trova, per quanto si possa dire oggi, sulle coste settentrionali. di Europa, dalla Svezia, al- l'Olanda, all’Inghilterra, alla Francia, al Portogallo, non che sulle coste occidentali dell’ Affrica, e alle Canarie. Si riteneva fin qui come sola fra le maggiori specie dei mari che bagnano l’ Europa, ma recentemente il signor Lafont distingue da essa una Sepia Fillouxi, delle coste francesi e prossima, egli dice, alla Sepia Hie- redda di Rang. Secondo esso i caratteri della Sepia officinalis consistono nell’osso più stretto, non bruscamente strozzato dalla parte posteriore, e col punto culminante della faccia convessa più presso all’ estremo davanti, che all’ altro della base. La Sepia Fillouxi sarebbe d’altra parte più grande di questa, le braccia dei maschi sarebbero in essa più lunghe, il Sepiostario del maschio sarebbe più largo, e la specie sarebbe la prima a mo- strarsi lungo le coste e a deporre le uova ; fra le due specie infine negli aquarii sarebbe nemicizia palese. Da varie misure poi si rileva che nel maschio sì dell’ una che dell'altra specie il Sepiostario è più stretto che nella femmina. Ora ho appunto sott'occhio i Sepiostarii di aleune grandi Seppie prese dal mercato in questa stagione (Dicembre), maschi e fem- mine, ed ecco le loro misure: Mascui Lunghezza larghezza rapporto INFO" PIRA ISO, 160mm, 0 SORIO 2,74 ZLAIETE 162, 0 59,0 2,74 TMP SI TIT 163,100 60:84 40 1 4. (giovane). . 88, 0 32, 0 2, 79 FEMMINE N tLieenarennno 143; 0 55, 0 2,60 Adetaatiago 165, 0 66,0 2,40 ER (17, Dre Per l'altezza massima, e per la distanza poi del margine della parte squamosa dalla base al margine posteriore della parte media dell’ ultimo strato, che cade presso a poco nel mezzo del tratto di massima altezza, si hanno i numeri seguenti sugli stessi esemplari: MascHi Massima altezza Distanza dal margine della base al margine dell’ ultimo strato. AA Ra o 19m, 0 9oum, 0 SIE Ce lag 930 Tapi A Pato sO Ri) e grigie Pei TI TEE 58, 0 FEMMINE a aa Trsa 84,0 Ce Mc cita e 20,0 95,0 cr IA I rapporti della larghezza accennerebbero qualche differenza di tipo, e tutt'altro che conformi sono realmente i diversi individui dell’un sesso o dell'altro, nella figura o nel rilievo dell’ osso, ma per di più nessuno dei rapporti, ora trovati, coincide esattamente con quelli del maschio o della femmina dell’una o dell'altra specie del signor Lafont, che sono: Sepia officinalis Sepia Fillouxti Lunghezza alla larghezza pel maschio. . .. 2,79:1— 2,76:1 » » femnana Re RO ene Si dovrebbe dunque concludere che la Sepia officinalis nostrale è assai diversa da quella dell'Oceano, che noi abbiamo sotto questo nome più specie, il che fino a nuovi e più larghi confronti non mi sentirei portato ad ammettere. Di quella intanto che continueremo a chiamare Sepia officinalis, la collezione fiorentina ha individui di antica provenienza (cat. n.° 60, 61), del golfo di Taranto (cat. n.° 460), di Cagliari (n.° 62), giovani individui già esistenti sotto nome di Sepia media (n.° 13). Mentre stanno componendosi queste mie note, mi viene dal 244 RI) (7 mercato di Firenze, e originariamente da Chioggia, un esemplare di Seppia, maschio, che ha le dimensioni seguenti : Corpo comprese le braccia sessili fino all'apice . . 0”, 80 _ iufino alla base, delle. bracciap 34 Son — fino al margine del mantello dalla parte dorsale. Dale A: oa 8a — larghezza compresa la natatoia dai due lati 0, 23 ce Senzarla snatatolan, aaa o OA —.. lunghezza dei tentacoli uv... al er dg 60 Malgrado però le dimensioni non ordinarie, qualche particolarità nel colorito delle braccia, la natatoia più larga forse del solito, non saprei neanco in questo vedere un tipo di specie particolare (!). Spec. 2. Sepia Orbignyana, Ferussac. D' Orbigny, Tabl. meth. des Cephal., Ann. Sc. nat., 1826, pag. 156, Blainville, Faun. Franc., p. 19. Sepia Orbignana, Delle Chiaie, anim. inv., tav. 15, fig. 2, (Gray, Verany). Aucapitaine, Cat. Moll. Cephal. Alger., Revue Zool., Ser. 2, T. 15, pag. 369. Fischer, Cat. des moll. nudibr. et Cephalop. des còtes de France, op. cit., loc. cit. Sepia elegans, Blainville, Dict. des Sc. nat.; Verany, Cephal. me- dit., pag. 60, tav. 26, fig. a, e, (optima). Targioni, Cat. dei cefalopodi del R. Museo di Firenze, Atti della Soc. ital., T. 12. Sepia mueronata, Rafinesque? (Verany). Distinta da Blainville, per quanto dice Verany, fu poi definita da Ferussac (Tabl. meth. des Cephalopodes), sopra un osso, e poi de- 1) Molte notizie assai conformi a quelle che corrono per la bocca de’ nostri marinari e pescatori si trovano intorno alle Seppie nelle enciclopedie Chinesi o Giapponesi riferite da D’Orbigny, con qualche figura. Negli aquarii di Arcachon sono state fatte curiose osservazioni “sulle abitudini, tanto delle Seppie, che di altri cefalopodi. Aucapitaine è l’unico, che io sappia, a proporre l'allevamento artificiale delle Seppie appunto, che cerlo dovrebbe riuscire facile e profittevole, ed a cui si perverrebbe col solo convertire in favore della conservazione certe pratiche di pesca, che riescono ad una stupida distruzione delle uova, nel mez- zogiorno d’ Italia, dove la pesca è in certi luoghi molto abbondante, e tale da sostenere un notevole commercio di Seppie secche o salate colla Grecia. scritta e figurata sull’animale nella Hist. nat. des Moll. Acetabulif., loc. cit. (tav. 5. non tav. 3), col nome di Sepia Orbignyana. Fu adottata da Blainville medesimo (Faun. fr.), e da Delle Chiaie, e dopo dai più recenti. Verany peraltro la portò col nome di Sepia elegans, che io pure ritenni erroneamente nel mio catalogo inviato al Congresso di Catania. Vedo indicata una corrispondenza colla S. mwucronata di Rafine- sque, senza potermi assicurare di essa. Rara assai sulle nostre coste, ma pure talvolta abbondante in mercato al cominciare della primavera, è indicata con dubbio da Aucapitaine a Dally sulla costa d'Africa, è assegnata alle coste dell'Isola del Re, e di Qui- beron da D’Orbigny, a tutte le coste oceaniche della Francia, dal dipartimento dei Bassì Pirenei alla Loira inferiore, da Fischer. È più piccola sempre della Sepia officinalis colle natatoie che nè di dietro, nè davanti raggiungono l’estremo del corpo, e si di- stingue anco di più per la forma allungata, e pel mucrone del Sepiostario, che esce fuori sempre dal sacco posteriormente e per un tratto notevole. Le misure di questo Sepiostario sono come appresso in una femmina con nove, e in due altri di cui manca l’animale: INISIA N.92 N. 3. Lamabeazattà Pei at 735,0 — 72,0 — 73,0 EEA MESIA ERRE TA AA 24, 0 — 24,0 — 26,0 1A AT IOLVA DIOR II AVRAI ATORTONIARO II ALTPA PERIZIA 8, 0—- 8,5 — 8,5 Dal margine della base al mar- gine dell’ultimo strato . . ... 53, 0 — 52,0 — 54,0 Rapporto della lungh. alla largh. . 3, 04— 3,00 — 2,80 Forse per l’ aculeo del Sepiostario, assai conseguentemente a Genova ha il nome di Spinoccia, in Sicilia quello di Sepia Austina (Verany). Le sue forme la conducono vicino alla S. capensis del Capo di Buona Speranza, alla S. rostrata delle Indie, ma per il Sepiostario si accosta anco più alla S. Bertheloti di Teneriffa. La collezione fioren- tina ne ha due non buoni esemplari di antica provenienza e di luogo incerto (n.° 67, 68), due grandi esemplari di Alghero (Sardegna), raccolti da me medesimo l’anno decorso, parecchi individui presi sul mercato ultimamente e provenienti da Livorno, e le ossa di alcuni altri. PS se / e 2 Spec. 2. Sepia hiserialis, Montfort. Sepia biserialis, Verany, Moll. mediterr., p. 73, t. 26, fig. f. k. Sepia elegans, D’Orbigny, 1826. Blainville, Dict. hist. nat., T. 48, 384; Faun. fr., Rang, Docum. pour servir à l’hist. nat. des Ce- phal., Mag. de Zool., CI. 5, p. 74, t. 99, 1837. Ferussac, D’ Orbi- gny, hist. nat. des Moll., T. 1, p. 280, t. 8, fig. 1, 2,3. Sepia elegans? Aucapitaine, Moll. Cephal. Alger., Revue, Zool., 2, Ser. T. 15, p. 370, n. 4. Sepia rubens, Philippi, Moll. Sicil., T. 2, 203, (1844). Sepia Ruppellaria, D’Orbigny? Fischer, Cat. des moll. cephalop. et medit., Journ. de Conch., Ser. 3, T. 7, p. 14. Indicata da Denis de Montfort, riferita da Blainville (1. c.) è stata portata sotto il nome di S. elegans (op. cit.), da D’Orbigny, come poi da Blainville medesimo; Philippi è tornato a distinguerla come nuova molto più tardi, sotto il nome di Sepia rubens. Fischer la riumisce colla Sepia Rupellaria, D’Orbigny, che do- vrebbe peraltro distinguersi bene, almeno dalla forma del Sepio- stario, mancante delle due piccole espansioni laterali alla base e che sono evidentissime invece e caratteristiche. Più piccola di tutte, di color rosso nel dorso, ma talora anco verde o grigia col Sepiostario stretto, lungo, quasi romboidale, solcato nel mezzo di sotto, subcarinato di sopra, dilatato indietro colla parte squamosa, leggermente colorito di rosa, senza mucrone che oltrepassi il sacco, cogli acetabuli delle braccia quasi regolar- mente biseriati, sì distingue assai bene. Avvisata a Genova, rara a Nizza, più comune a Napoli, e a Ve- nezia (Verany), si ha pure nell’ Adriatico, e nel Mediterrraneo a Messina, a Malaga, alle Baleari, in Corsica, in Sardegna, e su tutto il littorale del Marocco, e di Tangeri, non che dell’ Algeria ove è adoperata come esca per i palamiti (Rang). Noi l'abbiamo da Nizza comunicata da Verany stesso (n.” 69, 70); ma molti altri individui provengono dal mercato di Firenze, dove abbondantissima si ha in tutte le stagioni, e specialmente in Gennaio, ha già i prodotti sessuali molto avanti nello sviluppo. Essa si dice comune anco all'Oceano, ma come sopra si vede, è da alcuno riunita ad una specie, che ci parrebbe dovere andar sem- pre distinta. Ecco alcune misure di Sepiostarii, esistenti nelle collezioni : NE dC NEER N. 3 Lunghezza .t agora eneli 93,0 — 45,0 — 33,0 Lasoliozza; pero ille 15,0 — 13,0 — 11,0 LEVA OPE VISTO TANO OVALI RIE AN TIA 5,0 — 40 —. .83,5 Dalla base all'ultimo strato. . 5,0 — 5,3 — 3,7 Rapporto della lung. alla largh. 3,53 — 3,44 — 2,84 Stando alla larghezza maggiore il n. 3 dovrebbe esser di femmina. (2) Spec. 35. Sepia Hieredda, Ransg. Op. cit., Mag. de Zool., T. 5, p. 75, t. 100, D’ Orbigny, Moll. des Canaries, p. 21, n. 5, Moll, viv. et foss., p. 278, n. 12, Auca- pitaine, op. cit., p. 370. Aucapitaine registra questa specie da esso ottenuta a Melilla dal D.' Mercier, come fosse da aggiungere per la prima volta alle altre del mediterraneo. Io non pensavo di doverne far menzione, ma oggi appunto col grande individuo di Sepia officinalis, indicato sopra, me ne viene a mano uno di forse 8 centimetri di lunghezza (senza 1 tentacoli), sopra 4 di larghezza, colle natatoie profondamente interrotte di dietro, l’apice del Sepiostario sporgente ed il Sepio- stario medesimo largo, e da non potersi confondere con quello della S. Orbignyana. Le tracce di verruche intorno agli occhi di sopra, e altre di sotto, evidentissime da una parte, l’infundibulo largo alla base, stretto bruscamente, cortissimo, la clava corta all'estremità dei tentacoli, munita di acetabuli minuti e conferti presso l’apice, nel mezzo ordinati in 4 serie, e minutissimi sopra la serie marginale esterna, gradatamente più grandi nelle altre fino alla serie sub- marginale interna, dove 4 a 5, poco diseguali fra loro, sono più grandi degli altri, inclusi quelli della serie marginale più prossima, la rendono altrettanto distinta. Questa che non è certo nè giovane di Sepia officinalis, nè di alcuna delle specie ricordate, mi sembra si accordi bene colla S. Hieredda, quale D’ Orbigny la descrive, pag. 268, t. 18, se non quale viene figurata da Rang, in modo che lo stesso D’Orbigny non approva. Se è rara per noi, forse perchè poco cercata, è invece comune sulle coste di Gorea, dove gli indigeni l’appellano col nome, che Rang ha introdotto nella scienza per essa. NERO 3 Col nome poi di ossa di Sepia media (?) erano nella collezione alcuni Sepiostarii, che credo di questa medesima specie, e di di- mensioni pari a quella dell’ esemplare ora venuto fresco alle mie mani. Le loro misure si possono rappresentare come appresso: N. 4. N20 NGI si ME Lunghezza. i 040 99nm, 0 — 56mm )Q — 52mm )Q — 55mm, ( Larghezza... pilo 23, o — 22, 0—- 21, 0— 22, 0 ‘Abkezza: slo cong a Tia 7 IE VONTI Distanza dalla base all'ultimosstratio 39 8513, ag Reg Rapporti della lun- gh. alla larghezza 2, 51 — 2, 50 — 2, 46 — 2, 50 Probabilmente sono di maschi le ossa dei n.! 1, 2, 4, di femmine è quello del numero 3. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tavora VI. Fig. 1. Argonauta Argo, Linneo. Parte di conchiglia, spogliata di materia terrosa, per protratta macerazione nell'acido cloridrico diluto e vista per piano X 120. a, Strato anisto superficiale, da una faccia. b, Pareti delle cellule fuse in forma di setti intercellulari. c, Cavità delle cellule. Fig. 2. Sezione verticale della medesima conchiglia decalcificata. A. Strato colunnare composto di prismi a pareti striate longi- tudinalmente, o fibrillari, corrispondente alla faccia esterna. B, Idem corrispondente alla faccia interna. C, Strato fibroso intermedio. a, b, c. Come nella figura precedente X 120. La conchiglia dell’ Argonauta presenta sulla faccia esterna una gran quantità di linee trasversali, leggermente flessuose, molto regolari, molto sottili, parallele al margine libero e che sono strie ac 99 di accrescimento ; è friabilissima, e la rottura sì fà in ogni di- rezione. In sezione sottile si vede composta di due piani, assai distinti di una sostanza, che affetta una disposizione colunnare o subprismatica, evidentemente spatica, rotta in più sensi dal lavoro della preparazione quasi sempre. Invece la stessa conchiglia decal- cificata mostra sulle due facce libere, lo strato anisto (a. Fig. 2.). Uno strato esterno più sottile A, uno interno più grosso B, prati- cato da cavità oblunghe poco regolari, fortemente striato nel senso verticale, con tracce di strie anco parallele ai margini della sezione e uno strato intermedio fibroso con fibre verticali all’ asse dei prismi degli strati contermini C. Messo per piano un lembo detla conchiglia preparata, sì vede come è nella fig. 1, ed allora è chiaro che i due strati esterno e interno di prismi, sono composti realmente una disposizione di cellule prismatiche, la cavità delle quali C, prima occupata da deposito calcareo, ora è vacua, e le cui pareti fuse fra loro, e gia anch'esse calcificate, serbano nelle strie della sezione le tracce della primitiva struttura. Paragonata con una conchiglia, benchè univalve e di struttura ordinaria, questa si vede composta di due strati di smalto prisma- __ tico, che interpongono lo strato perlaceo o striato, invece di lasciarlo nudo dalla parte interna. La grossezza delle conchiglie : 0, 246. Fig. 3. Argonauta argo, Linneo. Metà sinistra di una sezione della radula, comprendente due serie di aculei, designati colle lettere a, d, c, d, e, secondo la serie a cui appartengono, andando dal margine alla serie mediana qui ro- vesciata verso il margine esterno a placche marginali X 30. Fig. 4. Idem della metà destra di Parasira catenulata, Steenstrup. Fig. 5. Idem di Octopus macropus, Risso. Fig. 6. Idem di Eledona moschata, nobis. Fig. 7. Acetabulo isolato di Octopus incertus, nobis, circa al doppio del naturale. Fig. 8. Mascella superiore di Argonauta Argo, 1/3 più del naturale. Fig. 9. Estremità del braccio e dell’ Octopus incertus. a, apice atrofico o rigenerato. Ca î Y ti A dl | Es de Fig. 10. Octopus incertus. a, a, a”, braccia deformate per mutilazione o atrofia. Fig. 11. Mascella inferiore di Argonauta Argo. Tavora VII. Fig. 1. Ommastrephes sagittata, D’'Orbigny. Radula, metà sinistra X 25. Fig. 2. Sepia Orbignyana, Ferussac. Radula, metà destra X 120. Fig. 3. Loligo mediterranea, nobis. Radula, metà destra X 30. Fig. 4. Onychoteuthis Owenii. Radula, metà sinistra. Fig. 5. Loligo mediterranea. Acetabulo maggiore della clava, 3 a 4 volte più del naturale. _a, Fondo della coppetta, di fuori. a’, Parte mobile del fondo della coppetta, di dentro. a”, Parte fissa. i b, Cavità della coppetta, dietro il cerchio corneo dentato. c, c, Gruppo maggiore di denti del cerchio corneo. c”, Gruppo minore di denti. d, Strato pavimentoso non dipendente dal cerchio corneo. e, Margine molle della coppetta. e', Digitazione del margine. Fig. 6. Loligo (Theuthis) Marmorae, Verany. Radula, metà destra X 40. Fig. 7. Rossia Panceri, nobis. a, Braccia del 1.° paio con acetabuli uguali e conformi. b, c, d, Braccia del 2.9, 3.° e 4.° paio di sinistra con acetabuli disformi. a’, Acetabuli maggiori delle serie marginali detti, delle serie mediane. Fig. 8. Sepiola Rondeletti, nobis. Radula, metà destra. Sgt rif DO Fig. 9. Loligo mediterranea, nobis. Clava di un tentacolo da individuo giovane. a, Ala o carena. b, Acetabuli minori e conferti dell’apice. b’, Acetabuli minori e sparsi della base. c, Acetabuli maggiori delle serie interne del mezzo della clava. C, Acetabuli minori della serie esterna, della base, dell’ apice della clava. Fig. 10. Loligo Forbesii. Clava di un tentacolo. Individuo di grandezza uguale al prece- dente. Mentre con un tipo speciale di denti si disegna la radula dell'A. Argo da una parte, e quella dell’ 0. macropus, e dell’ Eledona mo- schata dall'altra, per gradazioni poco sensibili delle forme trian- golari, simmetriche semplicemente o trilobe, o tridentate dei denti mediani, e più o meno asimmetriche di quelli delle serie subme- diane, passano dall’una all’ altra le radule della L. Marmorae, Se- piola Rondeletti, Sepia Orbignyana si pongono con qualche sen-___ sibile differenza la radula della L. mediterranea, dell’ Onychoteuthis Quwenti (assai diversa dalla figura di quella della 0. Bergi. Secondo Loven, Keferstein, op. cit. fig. 8), e dell'O. sagittata, e staccansi da tutte quelle della Parasira catenulata. Partendo da questi dati verrebbero composti altrettanti gruppi delle specie, nel modo che appresso; 1.° Octopus macropus, Eledona moschata, (Fam. Octopodidae). 2.9. Loligo Marmorae, Sepiola Rondeleti, Sepia Orbignyana, (Fruthidae, Sepiadae). 3.0 Loligo mediterranea, (Theutidae). 4.0 Cmmastrephes sagittata, (Ommastrephinae). 9.0 Parasira catenulata, (Philonexidae). 6.° Argonauta Argo, (Argonautidae), e così la disposizione della radula, conservando caratteri speciali secondo i generi, viene poi a coincidere con le divisioni delle famiglie, salvo il caso delle Teuthidae e delle Sepiadae che si ravvicinano più del dovere. FINE Hi OT LI i ERO, MIDA Aci 4 L'A i ai I ENRITTI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II. \ \ i \ \ Fig. 1° — Laminette marginali della tibia nelle zampe posteriori di Gy- rinus natator. \ a — articolazione di esse al di dentro del margine esterno o radiale dell’arto. Fig 2°, 8a, 4. — Zampe posteriori, medie, e anteriori di G. natator (ing. lin. 45). a bed — anca trocantere, coscia tibia. ee' e! ell gl — 1, 2, 3, 4, 5, articolo del tarso. d' — Laminette sùI margine radiale della tibia. ex — Laminette sul margine radiale del 4° articolo del tarso. f — Unghia bifida. f! — Lamina interungueale. Fig. 52, 7.4 — Cercine intorno ai grandi peli addominali della Pentatoma smaragdula (microstigmi Costa). Fig. 6.1 — Peritrema, ed apparecchio valvulare dello stigma di Gyrinus, natator (ingr. lin. 220). afosa, (pi AS Ta O Ù Mio Ho parata ul qlla ig alti dint ter ) tel po tali. Bull. Mala c.It.A.iI a x SITA Firenze Stab. G Pellas Targioni dis. Tranel. Tozz. Cefalopodi medite » Targ. x VITI LO De Sa; SI Ù È y L i I VELIA) pd CR o v.MIl Bull Malac.It.A.I (Ca a = DDA ron Firenze Stab. G Pellas Ì —. ATarqioni dis. rran.ei "Sd A diter \e 1L6G nai Tozz. Cefalopodi 1 Laro. |>; Lp dere: ; did carie © fusioni