SS i AN = G € Î} i\ = == > ( _ — AVA a > “a - NS ( , \ "4 = i ì I di/ f° dI \(( — —= = S = G = i 1 i n: = è === - za === = ca as == — ra — Dna - : LI MALA (( \ @ ( e eta niet atta a © rali = “ala 7 Sara LIA pi, pi pu tp FINISCE Mat ARIA LIU f Ipo: hi \f RR I Ci ? } , Pi A . t i î P Mi ‘ PUdti La PISA LA, 4° if i : } ] ( Hot ie AA } 4 en î r | RI] i i i i 4 ; AN 01 i Ù Ì || ii î RAT pia d } i o9t43 KI 8 pui (a i | VR de MA) vr DE FENOMENI DELLA. CIRGOLAZION'E OSSERVATA NEL GIRO UNIVERSALE DE’ VASI; DE’ FENOMENI DELLA CIRCOLAZIONE LANGUENTE; DE’ MOTI DEL SANGUE INDEPENDENTIEI DALL'AZIONE DEL CUORE; E DEL PULSAR DEELE ARTERIE. DISSERT AZIONI. QUATTRO DELL’ABBATE SPALLANZANI Regio ProressorE DI STORIA NATURALE NELL'UNIVERSITÀ? DI PaviA; SOcIO DELLE ACCADEMIE DELLE SCIENZE pi Lonpra, GERMANIA, GorTINGA, BoLogna, SIENA {MANTOVA ec. IN MODENA T_T PRESSO LA SOCIETA’ TIPOGRAFICA: MDCCLXXIII, CON LICENZA DE’ SUPERIORI, 1439 i: | I Cr Ad fanguinis circuitum, ad ejus fubtiliores motus perfpicien= dos, ad refpirationem, ad incrementa corporis, & offium, ad inteltinorum reptatum, & chyli iter intelligendum, abfque vivorum animalium ftrage nihil ommino profici po- telt. Unicum fepe experimentum integrorum annorum la- boriofa figmenta refutavit. Hxc Crudelitas ad veram Phy- fiologiam plus contulit , quam omnes fere alia Artes, quarum confpirante opera noftra Scientia convaluit. Haller, Pref, ad Phyfiol, A SUA ECCELLENZA GARLO CONTE, E SIGNORE DI FIRMIAN, DI CRONMETZ, MEGGEL, E LEOPOLDSCRON, Cavatiere DELL Insione OrDINE DEL Toson D'ORO, GentILUoMo DI Camera, E ConsicLieRE INTIMO AttUALE DI Stato peLLE LL. MM.IIL.AA., GENERALE SOVRAINTENDENTE DELLE ReciE POSTE D' ITALIA ) LUOGOTENENTE, E VICEGOVERNATORE DE DUCATI DI Mantova ec., Capo peL Regio MAGISTRATO DEGLI Stup], e MINISTRO PLENIPOTENZIARIO DI SM.IR.A- PRESSO IL GoveRNO GENERALE DELLA LoMBARDIA AUSTRIACA EC. EC. EC, LAZZARO SPALLANZANI » Bi TQUl evvi di più giufto, nulla di più dovérofo, quanro che io confacri al fublime merito dell E. V, quefto Saggio di Offervazioni E [fendo effe nate, e crefciute mediante il porente favore di a 2 fua Sua Protezione, e Beneficenza, doveano per ogni visuardo tornarfene a Les, ficcome a Lei debitrici di tutto. Ci tornan però con piede dubbiofo , e tremante, incerte di loro fortuna. Se per avven- sura comprenderanno cofe non ifpiacenti al genio de Lescitori, farà tutto merito dell E. V., che fi è degnata di prenderne il patrocinio, e di promo- verne gli avanzamenti. Ma fe trovate foffero di fettofe, la colpa farà tutta di me, che non avrò: faputo prevalermi di tanta fortuna. Comunque però elle fi fieno, ofo lufingarmi, che nate effen= do fotto 1 fuoi felicifimî Aufpicj non ifdegnerà di accordar loro l'onore del fuo benigniffimo com- patimento ; ottenuto il quale, crederò di aver con- Seguito quell’ intento, che per me fi poteva defi- derare maggiore. Frattanto nell offerire a V. E. quefto Libro ho il fofpirato vantaggio di darle una pubblica atteftazione della divora ed umile mia ri- conofcenza, e dell’ altiffima ffima, che divido con ivtta l'Europa, per un Perfonaggio nato per bril- lare in tutti gli Stari, che alla gloria conducono. AV- e ee Miola Ei Sii DELL’ EDITORE. ? Autore del prefente Libro defidera, che il Pubblico dotto fappia, che la fua Opera fu le Riproduzioni Ani- mali da lui promeffa fin dall’ anno 1768. non tarderà mol- to ad ufcire alla luce delle Stampe. Prima d’ ora l'avrebbe già data fuori, fe una ragione per lui troppo forte non lo aveffe diftolto, che è quefta. Com?’ ebbe pubblicato il fuo Prodromo fopra le Riproduzioni Animali , la riproduzione della tefta nelle Lumache trovò più d’ un Oppofitore, leg- ‘gendofi in alcuni Giornali d’ Italia, e d° Oltramonti, che quefti Rettili da alcuni Naturalifti mutilati, anzi che rifare il capo, perivano. Vero è che l’ Autore non ne fece mol- to le maraviglie, giacchè più d’ una cagione poteva efler concorfa all’ infelicità del fucceffo. Pure a lui premeva, e premeva affaifimo che la fua Scoperta reftaffe al ficuro; ma quefta ficurezza difficilmente fi farebbe ottenuta, ftante le Oppofizioni che gli venivano fatte. Il rifacimento del capo nelle Lumache, cioè a dire di un tutto compofto di tante parti, e tanto fra loro differenti, è un fatto sì ftrano, sì apparentemente paradoffo, sì repugnante alle idee che ab- biamo, che, appena fi ode o fi legge, la fantafia fi ftordi- fce, s impunta, fi ributta; e quindi fiam più difpofti a cre- derlo favolofo, che veritiero. E molto poi più e’ induciamo a giudicarlo tale al fentire che non riefce mettendolo al simento dell’ Efperienza, A levare adunque cotefta incredu- li ST vI ) fa fron ceci lità fi accorfe l’ Autore, che non ci voleva meno che la fua Scoperta foffe confermata da altri; e però ftimò bene di non pubblicare le fue Riproduzioni Animali finattantochè quefta confermazione non fi foffe ottenuta. Già per le tra- duziohi fattefi del fuo Prodromo in francefe, tedefco, ed in- glefe la Scoperta fi era divulgata abbaftanza per l’ Europa, perchè foffe da crederfi che da più parti venifle meffa alle prove. E venendoci mefla, l’ Autore era perfuafiffimo che farebbe ftata confermata, fempre che i Fifici interrogata avef- fero la Natura com’ ella richiede. Sapeva troppo bene che le rifpofte di lei fono inalterabili, quantunque confultata da diverfi Filofofi, e fotto diverfo cielo. Frattanto intralafciato il lavoro delle Riproduzioni, fi è efercitato in Opere di ge- nere diverfo, come fono tra 1° altre il prefente Libro, e un altro omai finito, che pubblicherì dentro a quell’ anno. Il tempo non poteva efferoli giudice più favorevole in quefto affare. Tutti quelli, che dappoi hanno ripetuto quefto gene- re di nuove Efperienze, fi fono trovati d’ un perfettiffimo ac- cordo tra loro, e con l’ Autore medefimo. Oltre adunque ad alcune Memorie trafmeffegli da prodi Profeffori Italiani con- fermatrici della fua Scoperta, ne fono venute a ftampa in quelto frattempo due altre fenfatiffime fu lo fteflo Argomen- to, e attiffime pel minuto racconto de’ fatti a perfuadere chiunque di così fingolare. riproducimento, l’ una ‘del Sig. Schaeffeer di Ratisbona, e I° altra del Sis. Muller di Cop- penague, entrambi troppo cogniti per le varie, e riputatif- fime loro Opere alla Repubblica de’ Naturali Filofofi. Il chiariffimo Sig. Roos Svedefe, che fi è occupato in quefta mar SS vir fa I ee lesa) materia, ne ha avuto egli pure, e pubblicato i medefimi Rifultati. Ma l’ Autore ha ottenuto di più. Quelli, che fo- pra ogn’ altro hanno fparfo di dubbj il fuo Scoprimento, fono ftati i Sigg. Francefi , fingolarmente il Sig. di Bomare: e i Signori Francefi fono ftati pur quelli, che lo hanno in fe- guito maravigliofamente confermato . Ciò apparifce da un' Opera autorevoliffima, che annualmente fi ftampa in Parigi, epofitaria delle illuftri fatiche di un ceto d’ uomini incorag- giati, e foftenuti dalla munificenza di un Re a promovere nel feno della Francia le Scienze, e le Arti con la fcorta dell’ Offervazione, e dell’Efperienza. Ognuno fi accorge, che parlafi degli Atti dell’ Accademia Reale delle Scienze. Cote- fta novità dell’ economia animale parve ad effa Accademia troppo intereffante per non commettere ad alcuni de’ fuoi Membri di certificarla. Quefti furono i Signori Turgot, La- voifier, Tenon, ed Heriffant; e i Rifultati delle loro Efpe- rienze furono quelli che fi dovevano afpettare. Il rifacimen- to della telta fi ebbe compiutamente. Tanto lessefi negli Atti di effa Accademia dell’anno 1768. (a), terminando il racconto de’ Rifultati il Signor di Fouchy, illutre Segreta- rio della medefima, con quefte rimarcabili ‘parole: Tali fo= no le fingolari Offervazioni, che ci prefenta l amputazione del- la tefta delle Lumache, Quefto fi è un nuovo miracolo di Storia Naturale, e un’ampia materia offerta alle Ricerche dei Fifici. L’ Autore adunque avendo cumulatiffimamente confegui- to quanto defiderava, fi è veduto in dovere, per attener ciò che aveva promeffo nel Prodromo , di riaffumere fenza in- du- (a) Pag: 33. 34. 35. Ediz. in quart, ‘@8( vii )}fa iI dugio, e di condurre a follecito finimento il fuo Libro del- le Riproduzioni, unendovi anche ad illuftramento maggiore delle medefime le compendiate Scritture de’ Naturaliti fo- prammentovati. Così pure renderà pasa la brama che han- no moltiffimi di veder quelt'Opera finalmente pubblicata ; folo difpiacendogli che per la tenuità di fue forze non poffa efesuirla come richiederebbe l’ importanza, e la grandezza dell’ Argomento. x Quegli intanto, cui non è riufcito di ottenere il ripro- ducimento nelle Lumache , poffono in vifta di quefte reite- rate Conferme prender coraggio a ritentare, fe vogliono, le loro Efperienze, con ficurezza, qualora fieno ben fatte, di un fuccedimento più fortunato. Solamente 1’ Autore ardifce dar loro un util configlio; ed è che ficcome il fatto ha de- cifo abbaftanza che non fono troppo valorofi nell’ Arte dell’ efperimentare, così prima di ripigliare tra mano il coltello anatomico faria neceffario, che faceffero qualche profitto , mediante la lettura di qualche eccellente Sperimentatore . Gl’Infetti del Reaumur, o i Polipi del Trembley potrebbe- ro effere al cafo, STEIN Neceffarii[fima per quelli, che vorran leggere il ‘prefente Libro. SR E due rune DEiraa zioni di rt Li- Jc illuftramento di dadi i intorno a quattro anni prima pubblicai col titolo: Dell Azione del Cuore ne Vafi fanguigni, Propolto effendomi allora d’ indagare i moltiplici, ed in- voluti fenomeni del fangue circolante negli ani- mali, fcelfi per preferenza la Salamandra acqua- juola, ficcome quella, che per la facile prepa- razione de’ vafi, per la fomma loro trafparen- za, pel vivaciffimo porporeggiante io del fangue fembrava molto atta a manifeftare, e A a fchia- - DI 2 a [fcie- oo a fchiarire fomiglianti fenomeni, E nel vero in quel tempo, ch'io la efaminai, tanti lumi fifiologici ne ebbi, ch'io non fo fe altro ani- male conceduto abbia altrettanto a verun Of fervatore dopo lo fcoprimento della circolazio- ne. Ma dovuto avendo in appreffo tornar fu la fteffa ricerca, in occafione cioè ch'io ftava ordendo le fila dell’altre due Differtazioni, mi accorfi , che quel piccol quadrupede non mi aveva detto tutto: conobbi di più, che dalle cofe recentemente dettemi fi potevano dilucidar meglio le prime. Quindi ebbi l’agio di fare acquifto di novelle cognizioni, e infieme di dar perfezione alle giù acquiftate. Sebbene non po- tei nemmen di quefto effere appieno contento. Pare che il Naturalifta, fe è anche Filofofo, non poffa acquietarfi alla contemplazione di una fola macchina vivente, ma che paffando d’ una in altra ami efplorarne molte, notando con dilisenza, e veracità i fatti di ciafchedu- na, analizzandoli, paragonandoli infieme, per quindi afcendere dalla multiplicità de’ fatti par- | | tico» ec AA ticolari a pochi rifultati generali, mezzo pof- fentifimo. per iftabilire fondaramente le Teorie, e per allargare i confini dell’ umano fapere. Avvifai pertanto di paffare all'indagamento di altri animali, quali fono le rane acquajuole, e quelle degli alberi (a), le lucerte, i ramar- ri (b). Ma in quefti multiplici efami, e per l’aggiunta neceffaria di altri, di cui più fotto fono per favellare, crebbe sì fattamente la ma- teria che avea tra mani, che aftretto mi vidi a dovere non folamente rifondere l’ accennata Differtazione, o a dir meglio a farne una nuo- A 2 va S PIE TCS SII: FESSECMSSAA (a) Chiamo rane degli alberi quelle di color verde più piccole delle acquatiche, che in eftate ftanno appiattate tra le fronde degli alberi, cantando qualche volta in certe ore del giorno, ma fingolarmente ne’ tempi piovofi. Quando can- tano gonfiano fotto il capo una vefcica di fmifurata groffez- za. E fono quelle fteffe, che in primavera fi fecondano, e caccian le uova nell’ acque ftagnanti, affordando allora’ aria co’ lunghi, e romorofi lor canti. Piantano in feguito la lor fede fu gli alberi, non avendo difficoltà di fuperarne i più alti, e i più diritti; e ciò ingrazia di una pania, oilia vif- chio gemente dalla parte inferiore de’ piedi, per cui efle fi attaccano , e fi afficurano fu qualunque corpo, per lifcio, ed erto che fia, non eccettuati gli fpecchi medefimi, come ho fperimentato io fteflo. (b) Cioè que’ lucertoloni di color verde dorato, picchia- ti di macchie gialle, (RR Lit dA DB 4 ni va, ma anco a dividerla in due a maggiorco- modo de Leggitori. Stimai anche più acconcio il cangiar titolo ad efle, coll’ appellarle piut- tofto: De Fenomeni della Circolazione offerva- ta nel giro univerfale de Vafi: non già perchè il primo titolo non poteffe anche lor conveni- re, ma perché il fecondo fembrava ci conve- nife meglio. L’Ordigno per offervare, di che valuto mi fono in quefte, e nell’altre due Differta- zioni, è ftata la Macchinetta anatomica del Sis. Lyonet (c). Egli l’ha inventata per co- mo- (c) Propriamente ella non è altro che un microfcopio le- venoechiano, offia fabbricato di una fola lente, madiun ufo, e di una comodità incomparabilmente più eftefa. Sopra una caffettina deftinata a racchiuder le lenti, iferuzzi anatomici, ed altri confimili ftrumenti , follevafi perpendicolarmente una . colonnetta di rame, o di ottone, alta nove in dieci pollici, in cima alla quale è fermata mediante una vite femmina una tavoletta orizzontale di forma ovata, aperta verfo le fponde da un foro circolare. Rifalta dal foro una piccola tefta, nel- la quale s° inferifce, e fi ferma l’ eftremità di un braccio di rame, 0 di ottone a più fnodi, mediante i quali fi allunga il braccio, e fi accorcia, fi alza, e fi abbafla fu la tavolet- ta, come torna più in grado. L’ altra eftremità è deftinata a portare le lenti. In grazia dunque della mobilità del brac- cio fi può condurre la lente a piacimento dell’ Offervatore, e fifarla, fenza che la mano fia obbligata a foftenerla, fu Pag. 4 Mori modamente notomizzare infetti, ed io lho trovata maravigliofa per la Circolazione. Tre maffimi fono i vantaggi, che ho tratto dalei, e che inutilmente avrei cercato dai comunali microfcopii, Levenoechiano, Compofto, e Solare. L'uno è di potere tener dietro, quando la traf: A 3 pa que’ punti di vifta, che più aggrada di efaminare. Gli ani- mali fi fuppongono già ftefi, e preparati ful patibolo, e que- fto collocato fu la tavoletta orizzontale. Le lenti poflono ef- fer quattro, adoperandone però una fola per volta. Due fa- ranno piuttofto dolci, e ferviranno a rapprefentarci a un col. po l'oggetto tutto intiero. Le due altre acute, e quefte ci faranno fcoprire le parti più minute, quali fono i più pic- coti vafi fanguigni, la loro forma, i globetti del fangue, e fimili. Da quefto sbozzo. ognuno fi accorge dell’ elegante fem- plicità di tal Macchinetta, per intender più chiaramente la quale ho ftimato opportuno il darne quì la figura. A B rap- prefenta dunque la menzionata caffettina, mezzo aperta in C B. NO la colonnetta, che tiene fermata la tavoluccia oriz- zontale ed ovata P_Q. R ’ eftremo della piccola tefta , nel- la quale s° inferifce, e fi fiffa ilbraccio R X Y Z,, il qual brac- cio col mezzo de’ fuoi fnodi è fufcettibile de’ movimenti teitè menzionati, E però la lente piantata all’ eltremità ZY & può fiffare fopra qualunque punto della tavoluccia, e per con- feguente fopra qualunque parte dell’ animale, Siccome poi le mie Sperienze fono in fe fteffe dilicate, e fine, così addimandavano lenti proporzionate. Crederò di giuitificar la loro eccellenza preffo i Lettori, fe dirò che ef- cono dalle mani di uno de’ migliori Ottici di Londra, e che fono ftate efeguite fotto la direzione del celebre Sig. Maty, Segretario di quella tanto rinomata Real Socierà. parenza de’ vafi il comporta, al liquore fangui- gno nell’intiero fuo giro dal cuore alle ftremi- tà dell'animale, e dalle ftremità dell’ animale al cuore: l altro di far tutto quefto fenza fol- levare 1 vafi, o diftrarli, o comunque fmuo- verli da que’ fiti, ove naturalmente giacciono nell'animale: il terzo di poter vedere a luce rifleffa gli oggetti che efaminava. Non è bifo- eno, ch'io m'eftenda in prove per moftrare la preferenza di quefta luce, la quale riverberan- dofi dalla fuperficie de’ corpi che efaminiamo, ce li rapprefenta coi naturali loro colori; all oppofito di quello che fa la luce refratta, la quale prima di venire all’occhio dovendo at- traverfare la foftanza de’ corpi, non può a me- no di non alterarne poco, o molto il colore, e fovente eziandio di non mutarlo affatto, fe- condo la diverfità delle circoltanze , in che tro- vanfi i corpi, e la maggiore, o minor dofe di luce, che gli attraverfa. Alcune mie fperienze fatte a lume refratto, indi a lume rifleffo ci fanno toccar con mani la palmar differenza di que- \st oi 7 ipa de sc" quefti. due lumi (d). (Veggafi # Rifult. XXII. della feconda Differrazione). E sì fatti vantaggi fpiccano anche più confiderato il metodo, che fino al prefente fi è tenuto nell’offervare la Circolazione del fan- gue, Se fi eccettuano alcune poche Offervazio- ni fu la coda de pefciolini, e fu altre minute parti animali, era univerfal coftume, dietro all’efempio del Sig. Lieberkuhn di farucire l' addome delle rane, ed eftrattone il mefenterio di applicarvi degli uncinetti, o delle piccole A 4 mol. (d) Sarebbe fuor di propofito il cavillare, che ufando anche della macchinetta lionettiana, la luce, onde ci fer- viamo a vedere i vafi, è refratta, non riflefla, non poten- do ella giungere a noi, fenza aver primaattraverfate le mem- brane ne’ vafi, Imperocchè non è quefta la luce refratta, di cui favello, intendendo io quella, che col miniftero di uno fpecchietto fottopofto a’ vafi è ribattuta all’ occhio, dopo di eflerfi refratta nel paffare attraverfo de’ globetti fanguigni, che è quella appunto, di che il più ci ferviamo ne’ Microfcopiì ordinari, e che altera poco, o affai i fenomeni del fangue. Ma cotal luce refratta non ha punto luogo , come ognun ve- de, facendo ufo della Macchinetta del Lyonet. Che che fia poi che anche in tal cafo la luce riflettuta dalla fuperficie de' globetti fanguigni debba refrangerfi per le fottiliffime mem- brane de’ vafi, giacchè tal refrazione non altera punto i men- zionati fenomeni , come me ne fono iteratamente convin- to, i; si \ i Dil 8 a molle, per obbligarlo a ftar tefo; ed in tal pofizione s impuntava col microfcopio, e vede- vafi a lume refratto dentro 2° fuoi vafi corre- re il fangue. Quantunque cotefto metodo fia fempre de- gno di laude, perchè ci prefenta uno fpettaco- lo bellifimo, e intereffantifiimo, quale fi è la Circolazione del fangue, pure è ben lontano, che ci fomminiftri quel compleffo di notizie, che fi richiegsono per avere un’ idea compiu- ta, e generale di quanto fuccede nella Circo- lazione. Nell'area. del mefenterio non rifiede che un gruppo di arterie, e di vene per lo più medie (e). Ignoriamo adunque che accada ne’ vafi TETISSTONIAA CARTE (e) La groffezza de’ vafi arteriofi, e venofi fucceffiva- mente fcemante a norma, che fi allontanan dal cuore, ha fatto ch'io li divida in maffimi, medii, e minimi; la qual divifione mi Ha ajutato grandemente a fiffar le idee di que ‘to Libro con qualche precifione, e buon ordine. Per vafi maf- Jimi adunque fi vogliono intendete i più groffi degli altri, quali fono l’aorta immediata al cuore, | aorta defcendente, e la vena cava. Per minimi que vafellini, che sfuggono per lo più l’ occhio nudo, e ‘che fon capaci di un folo, o al più di pochi globetti. Quinci intendiamo quali fono ivafi medi, quelli cioè che per la groffezza tensono un luogo di mezzo di 9 ia vafi minimi, e maffimi. E cotefta ignoranza di quante belle fifiologiche cognizioni non ci priva ella mai? Quale fia la forma delle arte- rie quando paffano in vene, come, e dove fuc- ceda cotal paffaggio, fe l'impulfo, che nella fitole del cuore riceve il fangue arteriofo fi eftenda fino ai punti di quefto paffaggio, con quale velocità vi circoli dentro il fangue, qual proporzione abbia cotal velocità con quella del fangue circolante ne' vafi maffimi, fon tutti Pro- blemi, la cui foluzione è feconda di confeguen- ze importantiffime, ma che non è fperabile di ottenerla mediante un tal metodo. Oltracciò fiamo noi veramente ficuri, che i fenomeni che fioffervano nel mefenterio fpie- gato, fieno appuntino quegli ftefli , che fucce- dono al mefenterio giacente nel naturale fuo fito? L' eftrarlo che facciamo dal corpo dell’ animale, il qualche ftiramento, che non può non tra i maffimi, e i minimi. Tra quefti fi annoverano è vali polmonari, i mefenterici, gli affillari, e fimili, di 10 )ike I e ia | non fuccedere volendo fpiegarlo, le convulfio- ni, onde allora fogliono effer prefi gl’ inteftini, la non rara rottura de vafi nell’applicarvi le mollette, © i piccoli uncini, non danno forfe a dubitare di qualche fconcerto nél ritmo del circolo? Più d'una volta venuti mi erano alla mente fomiglianti dubbii, e l’efperienza mi ha poi moftrato, che fono fondati. Non aveva a far altro, che efaminare lo fteffo mefenterio, prima valendomi della Macchinetta del Lyo- net, indi de' piccoli uncini. D'ordinario nafce- vano due punti di vifta tra lor diverfiffimi . Nel primo il fangue arteriofo era portato egua- bilmente neltronco, e ne fuoi rami. Solamen- te dopo un tempo confiderabile, rotta l’ equa- bilità, era più lento nella diaftole del cuore , che nella fiftole, cofa che ordinariamente fuc- cede all’ indebolirfi dell'animale. Riguardo al fangue venofo, la fua velocità crefceva a pro- porzione che dai ramufcelli paffava ai rami, e che dai rami metteva foce nel tronco. Ma nel fecondo punto di vifta frequenti erano le irre- go- E 11 \fhe _oa golarità, che fopravvenivano al circolo. © il fangue arteriofo manifeftava fubito l’inegualità del moto, o in alcuni vafi ftagnava, o corre- va mem celere, o retrocedeva, ovveramente ofcilliva. E la maggior parte di quefte bugiar- de apparenze avevano pur luogo nel fangue venolo. Tutto quefto fi può ftefamente vedere in parecchie fperienze della prima Differtazio ne, ove confidero i fenomeni del fangue arte- riofo nel mefenterio lafciato nella naturale fua giacitura, e nel mefenterio eftratto dal corpo, e raccomandato agli uncini. (Sez. Prim.) Cotelta troppo rimarcabile: differenza di rifultati tra un metodo, e l’altro mi ha fat- to più volte riflettere alle Offervazioni fin quì da’ Fifiologi inftituite fu la Circolazione, le quali Offervazioni non fo in qual conto fi deb- ban tenere, per dipendere la maggior parte dal mefenterio tirato fuor di fito, e fpiegato nella divifata maniera. Io certamente fe ho a par- lare con quella libertà, che è permefla al Fi- lofofo (falva fempre la ftima, e il rifpetto che fi Di 12 )ip NOIA ZIE TI MELI fi debbe ad ognuno) poffo dire di averle tro- vate poco d'accordo con la natura. Non par- lo già di tutte indiftintamente. Ho veduto ef fervene alcune, che anche così inftituite fono ficure; come quelle, che rifguardano il‘fape- re, fe i globetti fanguigni circolando fi aggi- rino attorno a fe fteffi, fe in poca, o in mol ta copia alberghin ne’ vafi, fe quelli che viag- siano lungo l’affe de vafi corrano con prontez- za maggiore ec., giacchè per aver contezza di quefto nulla leva fe i vafi foffrano ftiramenti , o preflure. Dirò anzi che in taluna di que- {te ricerche torna meglio, come dimoftro in alcune fperienze, a ricorrere a cotal metodo, ficcome quello, che fuole far ufo della luce re- fratta, la quale in alcune circoftanze, febben rariffime, è da preferirfi alla rifleffa. ( E/p. 58. 99. della prim. Differt.) Ma ove voluto han- no indagare con qual legge fi muova il fangue per le ‘arterie, e per le vene, fe da quelle paf- ‘fando ai loro rami rallenti il moto, fe in que- fte tragettando da’ rami al tronco lo acceleti, qual qual proporzione pafli tra la velocità del fan- sue venofo, e quella dell’arteriofo, fe il fan- gue venofo confervi pari coftanza nel muo- verfi che l’ arteriofo, quali fieno le vicende del circolo nell’ animale, che a poco a poco lafcia di vivere; in quefte , ed altre ricerche confimili rimafto fono pienamente convinto, e dal mio Libro rimarrà, come fpero, pur con- vinto il Lettore, che il mefenterio fpiegato non ha che mal foddisfatto a quefti Fifio» logi. Ma vi è di più. Per vedere agiatamente nel mefenterio, e in altre parti interne fcorre- re il fangue, è neceffario, che l’animale fia immobile, cioè che obbligato fia a ftarfi fitto ful patibolo, mediante le quattro gambe fpie- gate; ed affiffe ad effo patibolo. Se fpiegando- le non nafca in effe ftiramento, o almeno fe quefto fia leggero, il circolar del fansue non turbafi punto, ma fi turba bene, ed anco in grado notabile, ftirandole di troppo, maffime le anteriori, per l’oppreffione, che allora fi fa al (14 par MErtiicalie:t 0) al cuore. Quelta cautela è dell’ ultima impor- tanza, dimoftrandolo varie fperienze della pri- ma Differtazione (Sez. Prim.); e il non tro- varla a quello ch'io mi fappia da alcuno ac- cennata mi dà forte a dubitare, che non fia ftata neppure avvertita, e confeguentemente che la di lei trafcuranza abbia non poco in- fluito ne’ turbamenti del circolo già divifati. L’ommiflione di un’altra cofa rilevantif- fima è fenza fallo concorfa ad accrefcer gli er- rori. Tranne il Sig. Haller non fi legge che alcuno abbia avuta in confiderazione ne’ fuoi efami microfcopici la gravità del fangue circo- lante. Eppure J azione di quefta. forza è tal- mente da valutarfi, che bafta ella fola a fcon- volgere tutta quanta l'armonia del circolo. La Sezione feconda della terza Differtazione mette in piena evidenza cotal verità. E’ adunque ne- ceffariiffimo , affinchè gli efami riefcan giufti, che il fangue circoli in guifa, che non fenta l’azione nè favorevole, nè contraria del pro- prio pelo, che è quanto dire, che i vafi giac- cia- ciano orizzontalmente: avvertenza, che ho fem- pre praticata, a riferva di que’ cafi, ne’ quali voleva far prova degli effetti della gravità. Quantunque da tutto quefto mi lufingafii di avere qualche ragionevol diritto di produrre le mie Offervazioni, e per averle eftefe, maffi- mamente nelle falamandre, a tutto il giro del fangue, e per andare immuni da quegli inco- modi, che feco avvolge il metodo da altri pra- ticato, e per effere ftate intraprefe fu varie fpe- zie di animali, come fono le falamandre, le rane acquajuole, e quelle degli alberi, le lu- certe, i ramarri (f), e per averle accompagna- te da cautele quanto neceffarie, altrettanto da altri non avvertite; pure a me pareva di non effermi peranche finito di foddisfar pienamente, Avrei voluto effer ficuro, che le mie Offerva- (f) Terminato il Libro, m'incontrai in altri animali, fopra i quali non potei trattenermi dall’ intraprendere parec- chie delle fperienze in effo annoverate. Furono quelti la fa- lamandra terreftre , una fpezie di bifcia acquatica, e la vi- pera. I rifultati, in quanto appartiene alla foitanza, fono ftati i medefimi, zioni foffero utili, non folo di quella utilità rimota, o mediata, dalla quale non va dif- giunto qualunque fatto naturale per piccolo, e leggero che appaja, ma di una utilità proffi- ma, e che immediatamente rifguardaffe l’ Uo- mo. Avrei adunque grandemente defiderato di aver tra mano baftanti dati, onde venire in cogni- zione dei fenomeni, che accadono nel fangue noftro da quelli, che andava offervando nel fangue degli animali. Veramente l’ Analogia pareva mi fi faceffle mallevadrice di ciò. La forma del cuore in quefti animali è fimile a quella del cuore nell’ Uomo: fimili fono le ar- terie, e le vene, e le dependenze dell’ une, e dell’ altre. Nell’ Uomo batte il cuore, e le ar- terie, ma non le vene, ed altrettanto fuccede ne’ noftri animali, Il fangue in quefti è roffeg- giante non altrimenti che nell''Uomo, rifulta egualmente di globetti, nuota in una linfa con- fimile, ed è pur medefimamente cacciato dal cuore alle ftremità, e dalle ftremità ricondu- cefi al cuore, Gli organi della Circolazione, 1} ale 00° Si 17 Jo il loro agire, la natura del fangue, e l’ effen- ziale di quefta Circolazione effendo adunque fi- mili nell’Uomo, e ne’ noftri animali, pareva che dai fenomeni, che fi rifcontrano nel fan- gue circolante in effi animali fi potefiero dirit- tamente argomentar quelli, che fon proprj del fangue circolante nell’ Uomo. Il Sig. Haller mi faceva cuore a fervirmi dell’ Analogia, avendone egli nello fteffo pra» pofito fatto ufo ampliffimo nella fua grande Fi- fiologia, quantunque non aveffe d’ avanti, che il folo efempio delle rane. Anzi mi dava co- raggio ad eftenderla alle due altre Differtazio- ni, avendo egli fenza efitare applicato all’ Ua- mo gli effetti del falaffo, che offervati avea nelle rane. Confeffo , che quefti erano per me grandi incentivi, onde determinarmi a trasferire nel fangue umano quanto aveva notato di più ri- marcabile nel fangue de’ noftri animali. Pure non mi fapeva fpogliare di certa perpleflità de- rivata dal confronto ch’ io faceva tra la natu B ra DI 18 ka eee ra di quefti animali, che tutti erano 4 fargue freddo, e quella dell'Uomo, e degli animali a fangue caldo (g). Vedeva, che il cuore degli animali di freddo fangue feguita a battere per molte, e molte ore dopo che è ftato ftrappato dal petto. Ammirava la vitalità, che confer- vano alcuni di effi dopo la privazione di queft' organo ( Di/fert, Terz. Sez. Quint. ). Sapeva per pratica il privilegio che hanno di peter vi- vere tutta la fredda ftagione, e buona pezza eziandio della calda fenza prender cibo di for- ta alcuna, Non poteva faziarmi dall’ammirare la coftanza del circolo, a difpetto della priva- zione del cervello, o della recifione del capo (Differe. Terza, Sez, Quart. è Quint.), Final men- (g) Le rane, i rofpi, le falamandre, i ramarri, le lu- certe, le anguille, le bifcie, le vipere, i pefci a fcaglie, e fimili chiamanfi da’ Naturalifti animali 4 Sangue freddo , per- chè cotal fluido in loro non è niente, o quafi niente più cal- do dell’ atmosfera, o dell’ acqua, in cui vivono, All’ oppo- fito perappunto dell’ Uomo, di una ferie preffo che infinita di quadrupedì, degli uccelli, ec., iquali perciò fi appellano 224 mali a fangue caldo, L'uno, e l’altro comprovafi coi ter- mometri , che immerfi nel vivo fangue , o nella bocca degli animali a fangue freddo, poco, o nulla fi efaltano , quando immerfi nel vivo fangue, o nella bocca degli animali a fan» gue caldo, per lo più fi levano in alto notabilmente. ————————t—————————__———————em® mente era ftato più volte, non fenza forprefa, teftimone ‘oculare della reftaurazione del circo- lo, dopo di averlo tenuto fofpefo per quafi un giorno ( Differt. Prim. Sex. Second,). Quefte particolarità, che né anche per om- bra fi ravvifano negli animali a fangue caldo, a me pareva che fnervaffero alcun poco l’ar- gomento analogico, ed io avrei anzi bramato ulteriori prove, onde avvalorarlo, fapendofi come facilmente poffa indurre in errore, quan- do non è foftenuto, che da pochi rapporti. Ri- fletteva, che quefte prove, fe pur vi erano, non fi potevano rifcontrar meglio, che efami- nando la circolazione in un animale a fangue caldo. Imperocchè fe una fola fpezie di quefti manifeftata mi aveffe quell’ identità di feno- meni, che erano ftati da me offervati nel fan» gue de' ramarri, delle rane, delle lucerte, del- le falamandre, allora lafciato da parte qualun- que fcrupolo poteva con ficurezza applicarli al rimanente degli animali a fangue caldo, e con- feguentemente alla fpezie umana. Se poi acca- Bia de- di. 20 ka oe deva il contrario, l'applicazione mon reggeva più; e quefto in avvenire poteva fervir di re- sola per aftenerfi in sì fatti cafi dall’ argomen- to analogico. Ma per venire a lume di ciò, facea meftiere trovare un animale a fangue cal- do, in cui fi poteffe vedere il circolo con quel- la chiarezza, ed eftenfione, con la quale ve- duto lo aveva negli animali a fangue freddo. Ma quì appunto batteva il maffimo della dif. ficoltà. Il Sig. Haller, che a vantaggio dell uman Genere ha fatto una dotta carnificina di animali d'ogni maniera non folo nei caldi non ha veduto il circolo, ima nemmeno ha potuto diftinguere 1 globetti fanguigni. ,, Mi refta da » aggiugnere (a quefto modo fi efprime egli nel fuo Libro fopra # Movimento del fangue, e gli effetti del Salaffo, pag. 29.) » che non ss ho mai potuto vedere diftintamente i glo- y, betti negli animali di fangue .caldo. Se all’ 3, imitazione del Leeuwenhoeck, e di Anto- s, nio de Heide fi faceva entrare il fangue in » un tubo capillare, le pareti del tubo fi.ofcu- |. ra- Miglio. ravano di tal maniera quando vi fi accofta- va la lente, che era impoffibile il diftinguer nulla. Se fi cerca col mio efempio di fpie- sare un forcio, a guifa di una rana, ful » Porta-oggetto del Microfcopio del Sig. Lie- » berkuhn, lopacità delle lame del mefente- sy to nafconde interamente 1 vafi: e fe levinfi s quefte lame per mettere i vafi a nudo, l’im- » preffione dell’aria fredda coagula il fangue, e non lafcia vedere, che una mano di ra- > mi fomiglianti al corallo ,,. E lo fteflo ripete egli pure nella fua grar- de Fifiologia in occafione che ammira il Cow- per, cui riufcì di fcoprire ne’ cani, e ne’ gatti I imboccatura delle arterie con le vene, e che perciò come di cofa fingolare far ne volle i di- fegni. ,, Guilielmus Cowper in fele juniori, sy in mefenterio canino, & in omento felis re- ,) te arteriolarum & venularum fibi inofculan- o tium delineavit, raro certe felicitatis exem- s» plo; mihi enim in calidi fanguinis animali > bus hafenus ne motum quidem fanguinis, B 3 & PE 27 a di DI PRETI DA I DI ACE ,, & multo minus circuitam confpicuum videre so datum eft; neque Leeuwenhoeckio, nifi in » vefpertilione , inque eo fatis egre, & imper» | » fe&e: aeris enim frigidi contaftus fanguinem ,» animalium ejus generis continuo cogit, ejuf- 3 que motum fupprimit ,,. ( Phyf. T. I pag. 238. Ediz. di Lofan.) Ma l' Offervazione del Cowper intorno agli animali caldi è cofa troppo piccola al ca- fo noftro, riftretta effendo all’ accennare il fem- plice moto de’ globetti ne' vafi più fottili di que’ due animali (h). Di fatto lo fteffo Haller la (h) Ecco le parole del Covvper recate litteralmente in italiano .,, Io ho prefo un giovine gatto, e dopo di averlo » legato fu di una tavola come fi pratica nella fezione degli » animali viventi, ho fatto un incifione lungo la linea alba. » Sono ftati cavati fuori |’ omento, e gl’ inteftini facendo itar » animale fotto un gran Microfcopio compofto, dov’ era col- » locato orizzontalmente un vetro piano per ricevere gli og- » getti, fu del quale ho diftefo l’omento, un lume effendo » pofto'al di fotto. Io ho veduto i globetti del fangue muo- » verfi molto velocemente ne’ piccoli vafi, i quali fono fola- ,», mente vifibili nelle più trafparenti parti delle membrane ») di quefto omento, ma il moto del fangue prefto cefsò, e »i di lui globetti retrocedevano dalle eftremità di quefti vafi », fanguigni. ,3 Veduto quefto io ho procurato di moftrare il fimile a », molti Amici, ma non fempre con sì buon fucceffo , come Dil 23 )lk TIE. la riferifce, non già per valerfene nell’'Uomo, che in tal cafo confeffando anzi di non avere animali caldi, onde poter fare i neceffari con- fronti, ricorre ai freddi, maffimamente alle fue rane, ma unicamente per indicare gli Autori, che dopo il Malpighi fono ftati teftimoni ocu- lari della circolazione del fangue. Io fteffo ho voluto cavarmi la curiofità del Cowper ful mefenterio, e fu le budella di alcuni gattini poche ore appreffo di eflere ufci- ti del feno materno. Cl vidi io pure il correr del fangue, ma per pochiflimo tempo, e nelle fole ultime fila vafculari, nè fenza qualche ofcurità, per la poca trafparenza de’ val: e pe- rò ben prefto mi accorfi non efl:re punto adat- to quefto animale a quanto io andava cercan- B 4 do, ——=@ E ROIM©- A », quando i Signori Chambers, e Buckeridge mi iavorirono » con la loro prefenza; e come quando una volta ebbi la for- »,te di avere un piccolo, e gentil cane, nel cui omento io »» ho veduto ciò molto bene. Ma con l’ ajuto di uno ftro- », mento da me preparato per diitendere il melenterio, noi so vedemmo lo fteffo alfai meglio ful medefimo melenterio ,,. Philofophicah Tranfattions Vel, XXIII, num. 250, an. 170%, pag. 1131, (a do. Nol furono tampoco i piccoli cani, nè mol- ti altri animali, che fperimentai poi, e forfe non farei al prefente più avvantaggiato fe un fortunato accidente non fecondava i miei voti. Un giovane Medico, valente in Anatomia, ( il Sig. Dottore Rezia Comafco ) ripetendo per utile fuo fvagamento le fenfate Offervazioni dell’ Haller /u la Formazione del Pulcino, vol- le farmene partecipe col moftrarmi giornalmen- te i progreflì di quell’uccello racchiufo ancora nell'uovo. Un giorno portommi uno di queft’ uova covate, rotto, ed aperto nella parte ot- tufa del gufcio, il qual’ uovo era più rimarca- bile dell’altre, per moftrare in maniera più di- ftinta, e più rifentita il cuoricino, che fpefla- mente batteva, l orditura dell'embrione, e la membrana ombelicale tutta intrecciata di bellif- fimi vali fanguigni. Siccome da molto tempo io ardeva dal defiderio di fcoptir pure negli animali caldi la circolazione, e di {coprirla con quell’ ampiezza di .giro, con cui l’ aveva fco- perta negli animali di freddo temperamento, co- io così que’ vafi, per appartenere ad. animale di fimil fatta, più d’ ogni altro a fe rapirono i miei feuardi, e m°’ invitarono a contemplaili. La Camera, ov io mi trovava non avendo lu- ce che baftafle, e volendo pure in qualche ma- niera render paga la mia curiofità, mi appigliai al partito di efaminar l' uovo all’ aperto, ed immediato lume del fole. Appreftatolo adunque alla macchinetta del Lyonet, di fubito l im- puntai con la lente, e non oftante la ‘gran lu- ce, ond’era attorniato, potei, purchè aguzzalli ben gli occhi, nettamente veder correre il fan- sue per l’ intiero circuito de vafi ombelicali ar- teriofi, e venofi. Prefo allora da gioja inafpet- tata credetti quell’ una volta di poter dire an- ch’ io: Supyxa, fupyra, bo trovato, ho trovaro. La fcoperta la feci nel Maggio del 1771., € nell’ eftive vacanze di quell’anno m’ingegnai di fvolserla come conveniva. La luce ond’io mi valeva nell efaminare le uova covate, la pren- deva all’ ifteffo modo, che quella, di cui mi ferviva per gli animali a fangue freddo. Per un Di 26 \a ERRANTE ORIO un rotondo pertugio della fineftra lafciava en- trare in una ftanza perfettamente ofcurata un vivo raggio di fole, che andava a ferire quel- la parte di oggetto, la quale mi era prefiffo di contemplare. In quelle tenebre avendo l’oc- chio purgato dalla luce, che fi riverbera da’ circoftanti corpi, era in iftato di efpiar meglio i più minuti, e i più arcani andamenti del fangue. Anzi riguardo alle uova quel raggio folare mi procacciava un altro vantaggio di fommo rilievo. Quantunque regnaffe allora la ftagione caldiffima, il calore dell’ atmosfera ne’ luoghi ombrofi era però affai minore di quello, che tien vivo,e fa crefcere il pulcino nell'uovo, il qual calore, come è noto, fuol effere di trenta» due gradi del Termometro Reaumuriano. Quan- do adunque nell’ uova tenute all’ombra io non avrei potuto, che per poco d’ ora effere fpettato- re del circolo, efponendole al raggio del fole le offervava per lungo tempo, perchè per lungo tempo ( eccettuatone i primi giorni) feguitava a vivere l’ embrione. E fe il calor folare era trop- 2 27 troppo, l’indeboliva a grado mio, facendo rome pere il raggio, prima che arrivaffe all’ apertura dell'uovo, per uno, o più vetri piani. Di quel modo io efaminai più covate d’ uova di gallina noftrale, ed alcune di gallina d’ India; e tanta era l’ evidenza del circolo dovunque apparivano vafi, cioè fulla membrana ombeli- cale della chiara, fu quella del tuorlo, fu l' 4l- lantoide, ful pulcino medefimo, che mi riufcì di fare in quefto animale a fangue caldo quel- le precipue, € più importanti Offervazioni, che fatto aveva negli altri a fangue freddo. Ma io veggo il Lettore impaziente di fa- pere qual relazione ci pafsò tra le Offervazio» ni degli animali a fangue freddo, e quefte del pulcino; a cui rifpondo, che i rifultati dell’ une, e dell’altre non potevano meglio tra lor convenire, come apparirà da quefta Operetta. Scoperta dunque identità di fenomeni nel cir- colo degli animali freddi, e in quello de’ cal- di, mi accorfi che quanto aveva offervato ne' primi, fi poteva fenza il minimo dubitamento applicare anche all’ Uomo. Nell facere sie oi Nell’ efercitarmi d’intorno ai vafi del pub cino ebbi campo d’ imparare altre verità. Il fucceflivo fviluppamento degli Efferi animati dal imomento che cominciano a cader fotto 1 fenfi fino al maggior loro accrefcimento era fta- to da prodi Fifiologi in più d’una fpezie dili- gentemente offervato, e defcritto. Ma niuno, a quello ch'io fappia, aveva tenuto dietro agli fviluppi, dirò così, della Circolazione, efami- mandone il nafcimento, e gli avanzamenti a proporzione che l’animale va acquiftando mag- gior volume, che i vafi fi amplificano, e che fi aumenta l’impellente energia del cuore. Sti- mai dunque bene l’entrar io in quefta difami- na, che incominciai dai primi giorni della co- vatura, e che profeguii fino agli ultimi. Ma l efecuzione di quefta idea me ne rifvegliò un altra, e fu d' intraprendere un fimile efame fu le ranine crefcenti, per vedere anche in que- fti graduali progrefli del circolo i rapporti, che paffano tra gli animali caldi, e gli animali freddi. Principiai dunque ad efaminarle quando na- nafcono fotto forma di girini, e feguitai le of- fervazioni finchè perduta cotal forma veftono quella di rane. Quefto doppio efame mi fornì muove cognizioni intorno alla. economia del Circolo, che non faranno, come mi lufingo, difcare ai Fifiologi Leggitori. Ma del mio metodo nell’ offervare, delle differenti fatte di animali da me offervate, e delle utilità, che ne ridondano, fi è parlato baftantemente. Aggiugniam qualche cofa al già detto intorno alle Differtazioni. Due di effe abbracciano l’ efpofizione fintetica delle Sperien» ze, e l'altre due l analitica de Rifultati dedot» ti dalle medefime Sperienze. Si è procurato di non dedurne, che gl’ immediati, quelli cioè che nafcono fpontaneamente dalla natura della cofa. Il Lettore adunque potrà giudicar del merito dei Rifultati dalla ponderata confidera» zione delle Sperienze, Ho cercato di confrontarli coi Rifultati di altri Autori, che hanno favellato di fomi- glianti Materie; ma fingolarmente con quelli dell’ (30 fa Pu ie dell’ Haller, che le ha difcuffe più degli altri, e che più degli altri ha cercato di rifchiararle col lume dell’ Efperienza. Varii di effi riful- tati combinano onninamente con quelli di un tant Uomo, e me ne faccio una vera gloria. In altri non pochi mi trovo difcordante da lui. Tal difcordanza nafce fingolarmente da due fonti; dal maggior numero di animali da me offervati, e dal metodo diverfo con cui egli, ed io li abbiamo offervati. Le rane fono ftate l’ oggetto principale di fue Ricerche; e vedre- mo che quefta fpezie di animali da fe fola non è baftante a generalizzare le idee circa 1 mol- ti, e sì fvariati fenomeni del Circolo. Molto poi meno ricorrendo, com’ egli ha fatto, al folo mefenterio. Di più ne’ fuoi Efami fi è va- luto del metodo del Lieberkuhn (i), ed io di quello del Lyonet, e fi è già moftrato quanto “il , (1) Mi fervii e fu quefto animale (che era una rana) e fu gli altri tutti della fua fpezie, del mefenterio , che fpie- so gai alla maniera del Sig. Lieberkuhn,,. Così I° Haller nel principio delle fue Sperienze fopra #4 Moto del Sangue , pag. 180. oi 31 Jfk il fecondo metodo fia da preferirfi al primo . Guardimi però il Cielo, che con quefto io in- tenda di dar carico a quel Fifiologo celeberri- mo. Non ho in veduta, che giuftificar me me- defimo coll’ additar le cagioni, onde è nata cotal difcrepanza di Rifultati tra noi due, e quefta giuîtificazione, avendo contrario un Hal- ler, era per me troppo neceffaria. Del rima- nente le fue Sperienze intorno alle rane ad onta di tutto quefto non lafciano di effere me- ritevoliffime d’ ogni laude; ed io incorrerei la taccia di fconofcente, fe ad effe non mi con- feffalli debitore, e pei lumi che ne ho traîto, e per la ftrada che mi hanno aperta ad intra- prender le mie, Finifco coll’ aggiugnere una cofa fola. Do- vendomi in quefto Libro frequentemente avvol- gere in Punti Fifiolosici, che fono ftati il fusg- getto di lunghe difpute preffo i paffati Scrit- tori, e che non lafciano di efferlo preffo i mo- derni, nulla mi era di più facile, che l'ornar- le di una varia, e moltiplice erudizione. Me ne ne fono pienamente aftenuto per due ragioni . L’ una per non crear maggior tedio ne’ Letto- ri, accrefcendo foverchio la mole del Libro : V altra, perchè sì fatta erudizione quanto può convenire a coloro, che imprendono a feriver Trattati, od altri libri di genere analogo, al- trettanto fembra che poco interefli il Filofofo Offervatore. Quelli però, che aveffer vaghez- za d’ iltruirfi anche in quefto, potranno con- fultare fimili Opere, e foprattutto la Fifiologia Halleriana, la qual fola può valere per mille. 28 33 TREE STO | EN Best CE | DE \G API CO:NTENUTI.\IN\QUESTO.LIBRO. Pers s E Ri lih ZA ONGELPRI MA, Sezione Prima. De’ Fenomeni della Circolazione offervate ne Vaf: maffimi, e medii arteriofi. BAG: Ir Sezione Seconda. De’ Fenomeni della Circolazione offervata ne Vafi minimi arteriofi, e venofi. 69, Sezione: Terza. De Fenomeni della Circolazione offervata ne Vafi medit, e maffimi venofi. 95» Sezione Quarta. De’ Fenomeni della Circolazione offervata nel giro univerfale de' Vafi del Pulcino nell’ uovo, co- minciando dai primi giorni della covatura, e profe. guendo fino agli ultimi. 113» Sèzione Quinta. De’ Fenomend della Circolazione offervata nel giro univerfale de Vafi nei Girini, cominciando dai primi giorni, che nafcono, e profeguendo finchè affumon le divife di rane. 40. DISSERTAZIONE SECONDA, Rifultati delle Sperienze della prima DiJerinzione. Pag. 151 G DIS “= (34 a lecca DIS:SER PAZIONIE: SIMERZA. Sezione Prima. De’ Fenomeni della Circolazione languen- te. Pas. ary Sezione Seconda. Degli effetti della gravità nel fangue. 228. Sezione Terza. Quali effetti fi produsan nel fangue, fo- rato, 0 recifo qualche vafs dell Animale. 249% Sezione Quarta. Quali effetti fi producan nel fangue re- cifo il cuore, 0 È aorta, 256. Sezione Quinta. Quale effer pofa la cagione del fubito correr del fangue alla ferita de' vaft, 0 del cuore, e primamente fe vi concorra l Irritazione nervofa. 269» Sezione Sefta. Se / accorrer del fangue alle ferite derivi da Riftrisnimento prodottofi ne Vafi. 280% Sezione Settima, Si efamina fe la pulfazione delle Arte- rie provenga da dilatazione de loro canali prodotta dall'impulfo del fungue nella fiftole del cuore; oppu- re fe fia l'effetto di un canciamento di fede de me- defimi canali dipendente dal cangiamento di fede del cuore contraentefî , come recentemente ha pretefo di mo- ftrare il Sig. de la Mure. 299 DISSERTAZIONE QUARTA. Rifultati delle Sperienze della terza Differtazione, Pag. 309 DIS- DISSERTAZIONE PRIMAL DE FENOMENI DELLA CIRCOLAZIONE OssERVATA NEL GIRO UNIVERSALE DE’ VAsr. . ESPOSIZIONE SINTETICA PELLE SPFERIENZE,. Toi 2 I ALe” Porro vana pavia rosa. SEZIONE PRIMA; De’ FENOMENI DELLA CIRCOLAZIONE OSSERVATA NE VASI MASSIMI , E MEDII ARTERIOSI. E SR E RLEGNZ/A) L E falamandre, che ho ufato in quefta, e nelle fe guenti Sperienze, fono ordinariamente delle più grandi de ‘noftri foffati. La loro lunghezza arri» va a quattro pollici, ed anche li paffa. Il ven- tre, ed il petto fono tinti di un belliflimo giallo dorato ; fcaccato di macchie nere, le quali s° innalzano anche fu i fianchi, e fu la fchiena, quantunque quivi meno apparifcano, per venire da un fondo di colore ferrigno. Per efplorarle come conviene le obbligo a ftar fupine, fermate le quattro gambe ful patibolo, e tagliati per lo lun- co dalla radice della coda fino alla tefta gl’ intesumenti, una parte de’ quali rivolto, e fpieso a deftra, L'altra a fini tra, ye. gli, sforzo a ftare fpiegatigper via di fpilletti. Altret- tanto! adopero in altri animali dî fredda tempera, Allora è Ci con SI 38 i cl comodiffimo l’efaminare con lente e ovaja e ovidutti, e vafi deferenti, e borfetta del fiele, e budella, e mefenterio, e pol- moni, e fegato ec. E per ottener queito nella falamandra non vi refta, che da levar via una pellicina fottil fottile, che a foggia di facco abbraccia, e ferra quefte interiora, e che fa 1’ uffizio di peritozeo. Il cuore di lei, l’ orecchietta, ( giacchè in quefti, ed altrettali animali di freddo ‘tempera- mento, quali fono le rane, i rofpi, i ramarri, le lucerte ec, come unico è il ventricolo del cuore, così unica è la di lui orecchietta ) e l’ aorta fono veîtiti di una feconda pellicina, quando quelta non foffe uno ftrato dell'altra. Preparata adunque in tal modo una falamandra, il cuo- re per l’alternativo fuo battere fu il primo, che a fe rivol- fe la mia attenzione. Rinchiufo, come fi è detto, dentro al- le fue pellicine, l’interna delle quali fi può chiamar pericar- dio, deprimevafi nella filtole e allora fi allontanava alcun poco dal pericardio; ed alzavafi nella diaftole, e allora fpin- geva in alto il pericardio, la cui refiftenza obbligava il cuo- re a torcere verfo la resione dell’orecchietta. Quefta gon- fiavafi pure, e fi feonfiava a vicenda, ma tanto erano fre- guenti le fue vibrazioni, e quelle del cuore, che mi, fu im- poMibile di conofcere quale foffe il vicendevole loro ritmo; non. oltante la trafparenza fomma delle pellicine, che lafcia- va vedere quefti due organi con fomma chiarezza. Nel levare il pericardio, per non eflere abbaltanza ad- deftrato in quefta fottile notomia; tagliai incautamente con le forbicette 1° orecchietta ; Mi: non mi fu conceffo di ra le incominciate fperienze per Daf profeguire in quella falam SI 39 ) I’ affluenza del fangue, che rovinoiamente fgorsò fuori dal- la ferita, ERE RbENZA TI Su di una falamandra , fu due ramarri , due Iucerte, e due rane degli alberi. Iù fortunato io fui in quell altra fperienza. Oltre |’ of- fervato di fopra mi riufcì di denudare il cuore, e l’aor- ta fenza veruna\offefa dell’ uno, e dell’altra. Vidi allora, ed ebbi occafione di rivederlo nelle altre fperienze, che intra- prefi dappoi, che non fi può mettere allo fcoperto il cuore fenza che efca l’acqua dal pericardio lacerato. E’ trafparen- tiffima, e quantunque in tutte le falamandre non fia in e- gual dofe, il pericardio però-di tutte nerinferra fempre qual- che copia. Ii cuore per non fentir più I’ impaccio de’ fuoi invogli follevafi vieppiù nella diaftole, e follevafi a linea per» pendicolare alla bafe. Quantunque cotale innalzamento nel la diaftole, ed abbaffamento nella fiftole a giudizio dell’ oc- chio foffe innegabile, volli accertarmene di più, tentando di determinarne la precifa mifura. Un tenue filo di ferro fof- pefo in aria e perpendicolare all'orizzonte colla punta infe- riore guardava la punta del cuore, talchè quelto mufcolo nel maffimo fuo alzamento andava appena a toccarla. Mifurato adunque lo fpazietto tra la punta del filo di ferro, e l’ altra del cuore giunto nella filtole al maffimo fuo abbaffamento, fi è trovato arrivare tale fpazieito alla lunghezza di una buona linea, Ca Il It cuore delle lucerte, de ramarri, e delle rane degli alberi faceva lo fteffo giuoco che nelle falamandre, cioè fi abbreviava nella filtole, ed allungavafi nella diaftole, e l’ab- breviamento, e l’ allungamento eràno fenfibilifimi. Non era meno fenfibile l’acqua che ufciva dal lor pericardio in foran- dolb . " POE RI ECN'ZAR EL Su molte falamandre , lucerte, e ramarri. Otar volli i paffaggi del fangue dalla vena cava all’ orecchietta del cuore, da queita al di lui ventricolo, e dal ventricolo all’ aorta, Ma fulle prime quefti organi bat- tevano troppo frequentemente pet potere avvertire tali paf- fasgi con diftinzione. Afpettai adunque che diradaffero le pul- fazioni, e allora notai le feguenti cofe. All’ingrefio del fan- gue della cava nell’orecchietta, efla orecchietta {i gonfia, € fi copre di un roflo fommamente carico, che nafce' dall’ ab- bondanza del fangue ivi raccolto, che attraverfo dell’ oréc= chietta trapéla vifibilmente fotto forma di nuvolotto rubicon- diffimo compofto di particelle fcomneffe tra loro, e fgranel- ‘late. Tali particelle fi diitinguono meglio nell’ orecchietta ‘delle falamandre, che ‘in quella de’ ramarri, e delle lucertole. Di lì a un momento viene cacciato il fangue ‘nel ventricolo. del cuore, il quale fi allarga, ed allunga, fsonfiatafi allora l’orecchietta, e finalmente nell’ immediato riltrignimento del n) cuo- ' n e E 4i a - cuore l onda del fanzue è lanciata nel gran vafo dell’ aorta, Mi accorfi adungque, che a notare con precifione cotali fucceffivi pafiassi è neceffario che l’animale fofferto abbia ine debolimento di forze, e allora fesnar può l'occhio ezian- dio, come !° orecchietta nelle falamandre fes uita a Sonfiarfi fino alla maffima contrazione della cava; e come il tempo, che impiega a fsonfiarfi, è ocularmente minore dell’ altro, che ha fpefo per giusnere al pieno fuo gonfiamento. Quì fi offeriva l'opportunità di offervare fe il cuore nel- la filtole fi vota onninamente di fangue, non già chetal vo- tamento fi poteffe immediatamente avvifare dall'occhio, non effendo abile la fua forza vifiva per la foverchia craffizie di quell’ organo a penetrare là dentro, ma perchè fi poteva fon- datamente inferire quantunque volte nella fitole fpogliato fi fofle compiutamente di quel roffo, di che altamente è coper- to nella diaftole, cioè quando è fatollo di fanzue. Quanto alle lucertole, e ai ramarri, la pallidezza del cuote è fem- pre ftata fomma nella fua contrazione. Per ciò, che appar- tiene alle falamandre, e alle rane degli alberi l’ affare pro- cedeva così. Qualora fcarfesgiavano di fangue (lo che fuc- cede fempre quando è da qualche tempo che non fi cibano ) la carne del cuore contraentefi diventava pallidifima, ma quando ne abbondavano, confervava una lodevole tinta rof- ficcia. ES- DE 42 E pi Ca° i ei ESPE RI E NeZIA RISO Veva dunque fondamento di credere, che il cuore del- le falamandre, e delle rane degli alberi nello ftato di fanità riteneffe contraendofi qualche copia di fangue. Confi- derava che fe la cofa procedeva veramente così, quel fangue doveva ufcire, o almeno manifeltarfi per la punta tagliata del cuore, fe tagliata fi foffe la punta full’ ultimo della con- trazione. Mozzai adunque in quel momento di contrazione con forbicette affilate la fommità del cuore a quattro fala- mandre, e a quattro rane degli alberi; e di fatto 1° aper- tura cagionatavi mandò fuora immantinente non poco fangue ;, e folo ne mandò fuora più abbondantemente nella diaftole che venne dopo. Non fu così, praticato un fimil taglio al cuore di quelle falamandre, che reftrinsendofi diventava pal lidifimo. O non ne ufciva punto, o ne ufuiva pochiffimo. ES- DIE 43 Va E ESPERMEN5NZA V.0) Aorta partendo dal cuore ha le fembianze di .un piccol budello, che quafi fubito piegando fa gomito, poi dol- cemente s' incurva agdando verfo la telta, e infine fi allarga in una fpecie di bulbo, la cui ampiezza è d' ordinario mi- nore di quella del cuore, ma talora anche la uguaglia. Ad ogni fiftole pertanto del cuore l'ondata del fangue è lanciata nel gran tubo dell’aorta, e tale ondata falta alla vifta per modo, che dopo di averla fcoperta con lente, il nudo oc- chio non pena a trovarla;--surchè inefperto non fia nell’ of fervare, e a condizion, che I aorta rimanga in luoso ofcu- ro inveftita da un raggio di fole. Ma però non vi è lan- ciata tutta ad un colpo. Segnato con attenzione un, punto di aorta, dura l’ ondata per un tempo fenfibile a fcorrere fot- to un tal punto, e allora quefto vafo, non eccettuatone il bulbo, fi dilata in ogni dimenfione, e fi tinge di un colore, che nell’ ofcuro roffeggia. All’ oppofito nella diaftole del cuo- re fi riftrigne di diametro, e ‘impallidifce . ) ln quelle fperienze di queto libro, nelle quali non è TARTA animale che fi oflerva, fi fostintende , che fia \uoa © più falamandre. a i 44 a anni ESPERIENZA VI. Rifultati furono i medefimi dell’ efperienza antecedente, a riferva di un fenomeno, che allora mi arrivò nuovo,’ ma che nel decorfo delle fperienze ofilervai pofcia altre volte. Quantunque la falamandra foffe aperta di frefco, e il di lei cir- colo velociflimo, pure di prefente reftò immobile il fangue nella vena cava, nell’ orecchietta, nel ventricolo del cuore, e nell’ aorta; e tale immobilità mi accorfi, che proveniva dal cuore fteffo, che per quattro fecondi in circa lafciò di pulfare. Ma reftituitofi il moto al cuore tornò in priftino la: circolazione. » #) EC E REBESNIZ AVI Ra ‘da un ora e mezzo, che l’ animale giaceva ful pa- tibolo. Le battute del cuore divennero fempre più rare, e a me parve, che I’ aorta ful finire del contrarfi rimanef- fe affatto fpogliata di fangue. Almeno di rubicondiffima che era quando sonfiavafi, afflumeva nel colmo della. reftrizione una total pallidezza. Per afficurarmene la tagliai trafverfal- mente nel momento, che fi era riftretta. Neppure una ftil- la di fangue ne ufcì, ma nella diaftole fuffesuente ne sboc- cò copiolamente, ES- ot 45 ) ie gg Es P ERE SMIZIA VAI 1 Eplicata la prova del taglio l’ efito fu il medefimo in quelle falamandre, che da qualche tempo fofferivano ful patibolo; ma in quelle, che fi erano allora preparate, ufci- ‘va fempre del fangue per l’ aorta troncata. ESPE RIPENZAPTLA Llora entrai in fofpetto, che altro foffe dell’ animale robufto, e pieno di vita, altro dell’ ifteffo animale già indebolito; vale a dire, che nel primo cafo non fi evacuafle affatto di fangue l’ aorta, ma folamente nel fecondo. Il fof- petto pienamente avverofli col feguente artificio. Faceva che un fottil raggio folare refratto per una lente inveftiffe 1° aor- ta. Veduto già aveva tanta effere la virtù di cotal lume fu qualunque altro vafo della falamandra, che fe dentro dava ricovero a qualche porzioncella di fangue, fubitamente la manifeltava. In effetto sì adoperando mi accorfi y che nella pienezza della circolazione rimane fempre nell’ aorta con- trattafi un pocolino di fangue, Scoprii di più, che quefto fangue lafcia allora di muo- verfi, e folo ripiglia il fuo andare al fopravvenire della nuo- va diaftole. Raccolfi adunque, che il corfo del fangue nell’ aorta è fempre interrotto da morule maggiori, o minori, fe- condo il maggiore, o minor tempicello tra il finir della fi- ftole, e il cominciar della diaftole nell’ aoria. ES- DI 46 re“ Lo S'PEPRSI E NAZIA LA, Su tre falamandre, On ho fatto che replicare l’ efperienze VIII. e IX., e i vilultati effenzialmente non fono ftati diverfi. BSPIER TE NZ ATOH Ercai di fcoprire i progreffi dell’ aorta. Il di lei bulbo adunque dividefi in quattro tronchi, due de’ quali appe- na giunti al principio della fchiena fi unifcono in un fol dut- to, che dirittamente vien giù per la fpina del dorfo allo fco- perto; e quefto dutto ( che chiameremo l’ aorta defcendente) va a perderfi di vifta alla radice della coda. Confiderato il lume dell’ aorta defcendente dove ‘quelta comincia, e paragonatolo al lume della medefima dove nafcon= defi dentro alla coda, egli è chiaro, che il primo lume fu- pera il fecondo. Ma inftituita la medefima comparazione ne’ pezzi dell’ aorta defcendente frappofti ai rami, che getta, non fo trovare tra lume, e lume differenza fenfibile. Però tali pezzi di aorta fi ha fondamento di chiamarli piuttofto cilin- drici, che conici, ES- f o 47 fa —ciuera cs E' SP ER ISEON« ZA: XIK Su parecchie falamandre, Enfibile è il polfo dell'aorta defcendente. Quando fi con- trae refta piena di fangue e quefto fangue per quafi due terzi di lei, a prenderli dov’ ella comincia, fi fofferma nel- la filtole del vafo, o ciò che è lo fteflo nella diaftole del cuore. Ma nell’ altro terzo la cofa cangia di afpetto. Via via che il fangue fi accolta alle radici della coda, va infen- fibilmente perdendo quella breviffima fua quiete, così che in vicinanza del finir dell’ aorta non £? può dir che fi arretti il fangue nella diaftole del cuore, ma che vada men celere, che nella fiftole, BSRER'INE N ZA VIE Su due ramarri, L moto del fangue trapela affai bene nella loro aorta de- > fcendente: ed anche quivi ficcome per un tratto di cam- mino fi arreta momentaneamente il fangue nella dialtole del cuore, così per l’altro tratto perde l’arreitamento perappun= to come narrato abbiamo nell’antecedente fperienza. ESPE. wi 48 ga Cos eli Es PERLE NZA XIV Su #re lucertole, \ L circolar del fangue è vifibilifimo nella loro aorta de- fcendente. Nella metà fuperiore corre a riprefe; ma nel- la porzione contermina alla coda fi muove continuatamente , a riferva di effer più celere al contrarfi del cuore. Pulfa quefto vafo nelle lucertole, ed anche più ne’ ra- marri; e nella fua filtole rimane pieno di fangue. E;sS.P E:RaL,EBrN&Z As Va Su parecchie rane acquatiche, e degli alberi. Accontandone i rifultati non farei, che ripetere il nar- rato nell’ efperienze XII XIV. Solo per veder bene come circoli il fangue nell’aorta defcendente delle rane ac- quatiche debbono effer quefte piccoliffime. Le groffe poffono unicamente fervire per comprenderne meglio la pulfazione, ESPE- DE 49 E 1 ESPE RRKEN ZA XV Su molte falamandre. Eplicatamente ho cercato, fe la pulfazione dell’aorta de- fcendente è fimultanea, oppur fucceffiva, cioè fe nel momento , che reftrisnefi il cuore, fi dilati prima il princi- cipio dell’ aorta defcendente, indi via via il rimanente della medefima, talchè la celerità dell'occhio poffa tener dietro a quefta, dirò così, fucceffiva corrente di dilatazioni. Ma ho trovato, che l° efticacia di quelto fenfo non giugne a tanto. Sul momento, che reftrignefi il cuore, apparifce 1’ intume- fcenza per tutta quanta la lunghezza del vafo. Anzi a un punto ifteffo di tempo, in cui fi gonfia l’aorta immediata al cuore , gonfiafi anche la defcendente, ESPERIENZA. XVII, Su due ramarri s due rane, e due lucertole, j A fimultaneità del pulfare nell’aorta immediata al cuo- re, ed in tutta la defcendente è altresì apparita in ques fti animali, i so ka LT e n] —————rr aan E:S:P ELR:I-E NZ.A XMIST All’aorta defcendente germogliano molte, e molte ar- terie di mezzana grandezza. Tra quefte meritano fin- golarmente di effer confiderate le polmonari, e le mefente- riche. I polmoni della falamandra fono due facchetti, o dir vogliamo otricelli membranofi, ftefi alla lunga dell’ addome; per lo più gonfii di aria, della lunghezza quafi fempre di un pollice, e fpeffo anche di più. E’ in balìa dell’ animale il gonfiarli, e lo fsonfiarli, fecondo la quantità dell’ aria che infpira, ed efpira. Ciafcuno di efli ha il fuo tronco ar- teriofo dalla banda della fchiena, il quale viene giù a retta linea dall’ origine del polmone fino quafi alla fine. In cotal viaggio getta numero grande di rami, 1 più de’ quali fanno angolo poco acuto col tronco, anzi taluno lo fa retto. I pezzi del tronco arteriofo intercetti ai rami fono cilindrici, quantunque il tronco confiderato nell’ intiera lunghezza fia conico. Quefto tronco non mi manifeftò la minima pulfazione. Correva il fangue, ma non per tutta la lunghezza di lui. Per un terzo del polmone, cominciando dalla fua efltremità, erafi il fangue arreftato nel tronco, e ne’ fuoi rami, ma ac- coftandofi di più all’ origine del polmone aveva qualche len- tiffimo mato, comunicantefi a pochi rami. Gli altri rami erano pieni di fangue, ma di un fangue immobile. Di ma- no in mano che più fi afcendeva verfo l’ origine del polmo- ne, crefceva gradatamente la velocità dell’ arteria, ed ivi era erano vifibili le fpinte del cuore. Nella filtole adunque del cuore acceleravafi il moto del fangue, e l' acceleramento fi trasfondeva nelle diramazioni che ci mettevano dentro, Ma all’ origine del polmone il fangue arteriofo correva rapidifimo, quantunque anche quivi la rapidità crefcelfe nella filtole. Per ovunque il fangue paffava dal tronco ai rami, fembrommi che in tal paffaggio niente perdeffe del fuo moto. Un’ ora dopo l’ aprimento della falamandra, il fangue ha lafciato di muoverfi, quafi per una metà del polmone; e nell’ altra metà, che era la fuperiore, ha rallentato il pri- miero fuo correre. Allora fi fono fatti fempre più manifelti gli effetti della filtole, e della diaftole. In quefta il fangue arreftavafi , ed in quella correva. Scorfa un’ altr” ora, il moto del fansue polmonare ar- teriofo erafi fempre più indebolito. Anzi dopo un’altra mezz’ ora reftava appena un fettimo del polmone, in cui movevafi il fansue: ed era rimarcabile, che quanto procedeva nella fi- ftole, altrettanto tornava addietro nella diaftole. Intanto il polmone era in parte avvizzito , e molte di-. ramazioni dell'arteria polmonare menavano. pochiffimo fan- gue , ed altre ne erano evacuate. EP bose NZ A; XX LX. L moto del fangue dell’ arteria polmonare. era. equabile, fuori dell’ eftremità del polmone, nella quale andava più lentamente. Quefto vafo non aveva pulfazione fenfibile. Il fangue all’ entrare ne" rami non rallentava punto.iliuo moto, {9 gp Con- n I I ri fo i ESERLACAENE Continuando ad offervare il circolo nell’ arteria polmo- nare, e ne’ fuoi rami, fonofi avverate appuntino le vicende menzionate nell’ antecedente fperienza, Eb. PE RUE N ZA A E particolarità di quelta arteria polmonare fono tre aneu- rifmi ovati, e capaci verfo la metà del polmone. Il fangue all’ entrare in effi diventa più roffo, e meno veloee; ma ufcitone riaffume la prima roffezza, e velocità, Ssonfiatofi il polmone fi corrugarono in modo le fue membrane che perdei di vifta la maggior parte de’ vafi. Le arterie però, ficcome molto apparifcenti, fi vedevano an- cora. Solo a me parve, che il loro fangue non avelfe più la velocità di prima. ESPERIENZA XXI Su parecchie falamandre e rane, N più falamandre fonomi fingolarmente prefiffo di offer vare, fe il fangue in paffando dai tronchi polmonari aj rami fcema di velocità; ed ho trovato, che no, qualunque fia l’ angolo del ramo col tronco, Vero è però, che di ma- no in mano, che s'innoltra ne’ rami, e che da quelti paf- fa ad altri minori, va leggermente rallentando il moto; eil rallentamento rendefi più cofpicuo, paragonata la celerità del tronco con quella delle ultime diramazioni. Nel paragone emmi emmi fembrato, che la differenza afcenda a un terzo, Nelle rane ciafcuno de’ due polmoni è fornito di dop- pia arteria. Pulfano lievemente, e nel contrarfi rimangono piene di fangue. La loro velocità e un po’ po” maggiore nel- la contrazione del cuore, che nella dilatazione. Inftituita la comparazione tra quefta velocità, e quella delle arterie pol- monari delle falamandre, non vi trovo differenza fenfibile. Non ve la fo pur trovare nel fangue che dai tronchi paffa nè rami, concioffiachè anco nelle rane la velocità del tron- co in cotal paffaggio fi mantiene la fteffa, non oftante, che î più de’ rami facciano col tronco angolo retto, od ottufo. Solamente s° infievolifce tragittando il fangue nelle dirama- zioni più fottili. I! fangue delle rane era men colorito, che quello delle falamandre, quantunque le une e le altre foffero ftate pet cate al rempo medefimo. PIPEERTE NZ'A FE VI Omecchè }° animale, per effere allora aperto, fofle vi- vidiffimo, pure il fangue delle due arterie polmonari ofcillava femplicemente, Sulle prime non potei capire don» de nafcefle l’ irregolarità, ma dopo mi accorfi, che prove. niva dall’ effere ftirate foverchio le sambe anteriori, per cui toglievafi al cuore la facoltà di pulfare liberamente; pofcia chè raddolcita la itiratura, e lafciato molle il corpo della fa- lamandra, il cuore cominciò ad efercitare il pronto fuo rit- D 3 mo, ST _54 Va ETA VOCE ZITTI) mo, e l’ofcillazione del fangue pafsò in un moto rapidif- Gmo itendentefi da cima a fondo dell’ arteria. ES: IERI E NIZZA CI A Ts, Tirai più del dovere Ie gambe per vedere fe l’ofcillazione ricompariva. Ricomparve, e durò tutto il tempo dell’ eccedente ftiramento; levato il quale nacque nel fangue la fpeditezza del circolo. E è, Ro INEENEZ A A de : Su quattro falamandre. Ccortomi adunque di qual neceffità foffe che il cuore efer- citaffle liberamente il fuo ritmo perchè non nafceffe tur- bamento nella circolazione, in quefte, e nelle feguenti fperien- ze fui avveduto di lafciar fempre molli le sambe maffima- mente quella per davanti dell’ animale. Così. nelle arterie polmonari non folo non aveva luogo 1’ ofcillazione, ma nem- meno la difesuaglianza di moto notata all efperienze XVIII XIX. Vero è però, che indebolite le forze dell’ animale to- gliefi fempre sì fatta uguaglianza , fottentrando un moto men veloce nella diaftole, che nella fiftolej; e cotal moto infen- fibilmente desenera qualche volta in ofcillazione, comincian- te fulle prime al finir del polmone, poi innoltrantefi verfo il mezzo, e appoco appoco giugnente fino al principio, ES. Ditta! <5 ica Pei———————t——————————————i i te ESPERIENZA XXV. Su parecchie falamandre, e rane degli alberi . If nell’ efperienze III. e IV., che il cuore delle fa- lamandre e delle rane degli alberi nel contrarfi non fi vota affatto di fangue. Trovato avendo, che l’ oppreflione fatta a quel organo fconcerta la circolazione, dubitai, che quell’ avanzo di fangue nella fiftole derivafle peravventura dal non aver il cuore fiato, che valeffe ad efpellerlo dalla fua cavità. Ma con quefta fperienza mi accertai, che la cavità non ne refta mai libera, ancorchè il batter del cuore noa trovi veruna oppofizione, ESPERIENZA XXVL Su tre vane, due ramarri due lucerte, e due falamandre + M° nelle rane v' ha un incomodo di più per conto dei turbamenti nella circolazione, cioè la frequente ftroz- 4atura de polmoni nell’ aprire l’ addome. Imperocchè eflen- do allora gonfiffimi, efcono fubito per dove non trovano re: fitenza, cioè per l’ apertura fatta, e allora è, che nella par- te fuperiore , fe non avvertafi di allungare il taglio, riman- gono ftrozzati. Lo ftrozzamento è in caufa, che fi arrelti it fangue ne’ polmoni, o che fi muova ftentatiffimo, L’ ef Da peri- perimentai in quefte rane,e vidi di più, che levato quell’in- comodo il circolo divien velociffimo. Forati i loro polmoni, fenza offendere i vafi principali, fonofi efli polmoni talmente raggricchiati in feltefli per vo- tamento d'aria, che anzi che vederci più correre il fangue , è -ftato impoffibile ravvifarne i vafi. Come nelle rane, così nelle lucertole, e ne ramatri due fono le arterie per ciafcun polmone. La pulfazione fi pro- paga dai tronchi ai rami, ma per l’ opacità dalle membra- ne non è vifibile il circolo, che ne’ foli tronchi. Il fangue è fpinto a ondate, più prefte nella filtole del cuore, che nel- la diaftole. EM tronchi ne rimangono fempre pieni. Forati con ago i polmoni alle falamandre, non ne ve- niva tolta, ma rallentata la circolazione. ESPERIENZA! XIVAM Spiegato il mefenterio mediante eli uncini Ai vafi polmonari fono paffato ai mefenterici. Prefa di mira un’ arteria fcopro, che il circolo in lei non fof- fre arreftamenti; folamente nella diaftole del cuore è men prefto. Propagafi l’ arteria in cingue rami, lun de’ quali fi, allarga in un aneurifma, entro cui il fangue va più lento, ed ha un roffo più carico. Nel fecondo di quefti rami il fan-. gue ofcilla : negli altri corre liberamente: in due però è più celere, che nell’ arteria. Dopo tredici minuti 1’ ofcillazione del ramo è pailata agli altri quattro, e dopo altri cinque minu- minuti all’ arteria. Ma l’ ofcillazione in lei, e ne’ fuoi ra» mi non fi è foftenuta, che per tre minuti, trafcorfi i quali il fangue ha ripigliata per tutto la primiera velocità. Ha profeguito con quelto tenore per un quarto d’ ora, indi rin- novellate fi fono le ofcillazioni. Sono paffato con l’ occhio ad un altro pezzo di mefen= terio, in cui eravi una belliffima arteria. Creava due rami, Pun de’ quali fi fuddivideva in due, I altro in cinque. Gli angoli nati dalle divifioni, e fuddivifioni erano acuti. In al- cuni rami ftagnava il fangue, in altri correva,in altri ofcil- lava. Sopra 1’ arteria per uno fpazio confiderabile fi ftendeva una vena ricca di fangue, che fi moveva adagiimo. Era quefta opportuna occafione di conofcere fe l’ arteria batteva; poichè il fuo battere non poteva a meno di non produrre qualche alterazione nel moto del fangue venofo. Ma non fu mai, che accorgere mi poteflì, che fe ne producefle veruna. BSPERLENZA XVUWUELL El aprire la falamandra mi fi lacerò in parte il me- fenterio. Ne rimafe però d' illefo quanto baftava, pet moftrarmi un fenomeno fingolare. Tre rami di egual dia- metro partivano da un’ arteria piena di fansue rubicondife fimo. Scaricavafi egli ne' tre rami, ma in uno fcarfifimamen- te, e il fuo colore era pallidiffimo, nel fecondo mediocre- mente, ed appariva men pallido; e-nel terzo in quantità maffima, e quivi aveva il color porporino, Nel fecondo ra» mo, EH 58 )îA ; mo, e molto più nel primo, i globetti del fangue nuotavano in un fluido invifibile, giacchè moltiffimi, quantunque non fi toccaffero , paffavano da luogo a luogo. Erano tondeggian- ti e giallicci, L’ offervazione fu inftituita a luce refratta. Volli ripe terla a luce riflefa. Allora il giallognolo de’ slobetti traf- mutoffi in roffo. Dove però erano più raccolti, quivi il roffo era più rifentito, ESPERIENZA ZA Pa N quefto mefenterio due arterie attraverfavano due vene, Il fangue arteriofo, e venofo andavano velociffimi, Nell' incrociamento delle vene, e delle arterie il fangue venofo non alterava punto il moto, contraffesno ben chiaro, che le due arterie non pulfavano. ESSE RUIE NZIA. 600 Spiegato il mefenterio mediante gli uncini, Er due ore ho contemplato il giro del fangue in un’ ar- teria, che compartiva più rami alle lame mefenteriche, Ne indicherò i precipui rifultati. Per ben fette volte nell’ arteria, e ne’ fuoi rami è foprasgiunta l’ofcillazione, e per altrettante fi è ridonata al fangue quella fpeditezza nel fluie re di che godeva fubito che aperfi la falamandra.L’ ofcilla» zione ha fempre cominciato ne’ rami, indifi è propagata all’ arte» arteria. Imitava a capello quella d'un pendolo . Tanto era fpinto innanzi il fangue nella filtole , quanto veniva cacciato addietro nella diaftole . ESPERIENZA XXXL - . Ifitato a lume refratto il mefenterio d’ una rana infer- miccia, perchè da parecchj giorni digiunante, i vafi apparivano tinti a più colori. I minimi erano bianco - lucen- ti, e i globetti che uno ad uno vi correvano dentro , lucci- cavano. Dove i vafi non fi affottigliavano tanto, il bianco- lucente degenerava in gialliccio , e dov’ erano più groffetti convertivafi in un vero giallo. Ma quefto giallo medefimo all’ingroffare vieppiù de’ vafi fi alterava egli pure mercè di un non fo che di roffigno, che cominciava ad incorporarvifi dentro. Ma il rofligno efcludendo a poco a poco il giallo col divenite più intenfo fecondo che il diametro de’ vafi andava fempreppiù crefcendo finalmente ne’ due tronchi mefenterici arteriofo, e venofo diveniva roffo compiutamente. L’ oggetto fu totalmente diverfo ritenuta la fteffa lente, ma rivedutolo a luce riflefa, Di quefti colori non fi foftenne che il roffo, il qual tigneva poco, o molto tutti i vali me- fenterici, poco i più fottili, e molto i più grofli. ESPE- E 60 )f raorzé ES.PERIENZA XXXIL Su parecchie rane , e falamandre. Er accertatmi viemmaggiotmente di quefte illufioni cagio- nate dal lume refratto ripetei l’ antecedente fperientza im molte rane tenute a digiuno, quali più, quali mero . Le ap- parenze del color bianco-lucente , del giallosnolo, del gial- lo, del rofficcio, e del roffo ricomparvero facendo ufo della luce refratta ; anzi in alcune rane rimaneva appena ne’ vafi più gtofli um’ ombra di roflo . Alla refratta foftituita la luce rifleffa fparivano imimanti» nente quelti coloti, tranne il roffo, che allora fi ftendeva per tutto il mefenterio, e folo eta men rifentito nelle rane da maggior tempo digiune. Anzi alcune di quefte avevano talmente fofferto, che non rimanea quafi più fangue ne’ vafi, e le budella fi erano rattratte in guifa, che il mefenterio fteffo non poteva più fpiegarfi. Di quefta doppia luce mi fono prevaluto ful mefenterio delle falamandre ; ma ficcome il coltoro fangue a preferenza delle rane conferva per un tempo aflai più lungo un roffo lodevolmente vivace, così bifogna tenerle digiune per alcuni mefi, acciocchè abbiafi a luce refratta quell’ apparente diver- fità di colori, ESPE. mi 61 )ig (RICER ER NIN T | ESPERIENZA XEXIIK Su tre falamandre + TYyRefifo mi fono da efaminare due cofe. Primo, quale fia - Ja figura delle arterie mefenteriche : Secondo, quale fia la proporzione del lume de’ rami collettivamente prefi col lume del tronco, da cui efcono. Per conto del primo , quan- tunque le arterie confiderate nell’intiera lunghezza fieno piut- tofto coniche, pure i pezzi frappolti ai rami fono cilindrici, Riguardo al fecondo, la fomma de’ lumi ne’ rami è fempre maggiore del lume del loro tronco, E quelto ha luogo nell’ intiero filtema arteriofo, ESPERIENZA, AXX.IV. Spicgato il mefenterio mediante gli uncini è TR alcune arterie mefenteriche ofcillail fangue, ed in altre va con movimento legittimo, ma lento, Si dividono effe in più rami. Il fangue nell’attual paffaggio dai tronchi ai rami pon foffre la minima diminuzione di /velocità , la qual diminuzione fi doveva affolutamente conofcere per la lentez» za fomma del liquore fanguigno tanto ofcillante, che non ofcillante. La colonna del fangue di ciafcuna arteria non fa che fepararfi dolcemente in più coloncine, in ragione cioè de' gami, che imbocca, I glo T globetti del fangue, che non fono molto abbondanti, e che per confeguenza fi poffono notare uno ad uno, nell’ an- dare non fi aggirano attorno a fe fteffi, ma il loro moto è unicamente di rapimento. RS FaR LEN ZA MXXXX, Spiegato il mefenterio mediante gli uncini . pe arteria mefenterica, non fo per qual cagione, era di diametro più angulta verfo il mezzo, che altrove. Il fangue nel varcare l’ anguftia accelerava il movimento. Per vedere fe l’acceleramento nafceva veramente dall’ anguftia del vafo, feci ad arte qualche ansuftia ad alcuni vafi arteriofi, Spiegato con qualche tenfione il mefenterig, e fcelta all’ uo- po un’arteria viftofa, con la punta di un coltellino creava una piccola incifione fu tal membrana, la quale incifione foffe proflima, e parallela all’ arteria contemplata. Allora I arteria per non fentir più in quel fito la tenfione, quivi fi contraeva in fe fteffla, e fcemava di diametro. Ed il fangue in realtà nell’arrivare a quell’ anguftia correva più rapida- mente ; febbene dopo di averla tragittata riaffumeva precifa- mente quel grado di velocità che aveva prima di entrarvi. L’operazione fu da me replicata in più arterie, anzi mi riufcì di fare due o tre anguftie in diverfi luoghi dell’ arteria medefima, e fempre con l’'ifteffo fuccedimento . ESPE. DS 63 fa A III ESPERIENZA XXXVL Spiegato il mefenterio mediante gli uncini. Uantunque fubito che fu aperta la falamandra correffe I occhio al mefenterio, pure il fangue arteriofo era tutto ofcillante. Un’arteria dopo di effer corfa dirittamente per buon tratto del mefenterio, aberrava in più curvature, che in certo modo rapprefentavano cinque S. Arrivata all’ inteltino fi diramava in due tuboletti, l’ uno avente fette pie- gature, e l’altro nove. Reftringendofi il cuore, riproducevafi il moto legittimo nel fangue dell’arteria , e delle flefluofe fue diramazioni, nè fembrava, che quefte gli toglieflero pun- to di quella fpeditezza, che aveva all’ ingreflo dell’ arteria, Rilaffandofi il cuore, il fangue tornava addietro, fenza per- der nulla di velocità nell’attraverfar quelle tante curvature . Quì accadde quanto ho defcritto nell’efperienza XXX. Im- perocchè ceffata dopo 17. minuti l’ofcillazione, il fangue ha redintegrato il circolo, Ciò non oftante non ha lafciato di muoverfi con pari prontezza per le flefluofità, e per la di» rittura dell'arteria, ESPERIENZA XXXVII ° Efperienza è analoga all’antecedente. Sonovi in un an- golo del mefenterio due arterie, parte diritte, parte pie- gate a molti, e diverfi angoli, Una dopo d'avere fcorfa quafi a linea a linea retta la di lui area, s’ incurva in quattro tortuofità , due giacenti ful lembo del mefenterio, e due fu gl° inteltini. Dall'altra arteria pullulano due rami ‘in varie, e bizzarre guife fleffi, e refleffi. Quì pure quelti tanti e sì diverfì fer- peggiamenti non cagionano la minima diminuzione di moto nel fangue. Corre quelto equabilmente, ESPERIENZA AZAWVIME Ontraeva in modo il mefenterio, che quelle arterie, che naturalmente erano diritte afflumeffero molte, e diverfe piegature. Ciò faceva per veder pure , fe fi poteva arrivare almeno con l’arte a ritardar la circolazione mediante\i pro- dotti meandri. Ma non mi riufcì mai. L'aggiunta del. le piesature fu affolutamente indifferente al moto del fan» gue. E SPERICE NOE aL Spiesato il mefenterio mediante gli uncini + N alcune arterie mefenteriche ofcillava il fangue , in al- tre correva, e in altre ftagnava, Le naturali piegature non concorfero punto ad alterare i fenomeni. Nello ftendere il mefenterio era rimafta Iefa una arte- ria affai grande sì, che gemeva per la lefione qualche rara ftilla di fangue. A velta a volta nell’ interior parte della lefione 8 mr )jko n E!S PIERA: BENZA LE N’ arteriuzza veniva giù per il mefenterio, facendo da undici in dodici curvature, ed un fuo delicatiffimo ramo fi tendeva alla regione degl’ inteltini, fu cui fi dira- mava in altri più efili, non conducenti ciafcuno che una fe- rie di globetti. Quefti ultimi ramicelli col ripiegar verfo il mefenterio generavano una vena, la quale diveniva un ra- mo di una maggiore, che varcato il mefenterio riconduceva il fangue al cuore. Le curvature nulla toglievano di velocità al fangue; la qual velocità era ‘però inferiore a quella de’ vafi medii. Il ramo venofo formato. dall'arteria aveva pari velocità all’ar- teria medefima; e folo nelle diramazioni più fottili correva «meno il fangue. Pofi l'occhio fu di un altra arteria, ma diritta, che arrivata al ventricolo fpandevafi in cingue piccoli rami, che fuddividendofi in più piccoli creavano full’eterior tonaca del ventricolo una curiofiffima rete, nelle cui maglie fcorrevano preftamente i globetti: e quefta rete poteva chiamarfi il luo- go di mezzo tra l’ arteria generatrice, è la vena generata . Imperocchè piegata la lente alla parte del ventricolo, che confinava col mefenterio vedevafi che quelle maglie davano principio a più venuzze, che unite in un fol canaletto con- ftituivano una vena più grandicella, la quale era un ramo di una vena del mefenterio. In quefta vena il fangue corre- va più fpeditamente, che nelle fue diramazioni, ; E 4 ES- ST 72 )la sc E's' P'EZRS E NIZIA® DIR Evati gl'integumenti, che corrifpondono alla gola, mi. fi prefentarono più ftrati mufculofi, che per la bian- chezza facevano rifaltare una farraggine di arteriuzze, che a retta linea s'innoltravano quafi alla fommità della ganafcia, poi rompendo in molte diramazioni davano volta, e conver- titefi in vene tornavano all’ingiù per lo lungo dei medefimi ftrati con direzioni parallele alle arteriuzze, di modo che ful piano degli {trati appariva un doppio ordine di vafellini, al- tri che recavano il fangue all'insù, altri che lo riconduceva- no all’ingiù. La loro velocità era alquanto minore di quella de' vafi medii mefenterici. Era offervabile, come non tutte le diramazioni di un’ arteria concorrevano alla formazione di una vena, ma un dato numero di effe produceva parzialmente una vena, ed il rimanente ne produceva parzialmente un’altra. Quindi ogni venina rifultava da rami di più arterie. B:s'PE/RDE N ZGAIUPIO Olti gl'integumenti foprappofti al cuore, fi offrono fu- bito due ample appendici cartilaginofe dell’offo, a cui attaccafi l’omero. Dalla radice di ciafcuna appendice efcono due ferie di filetti arteriofi, i quali ftendendofi fu i piani di effe arrivano fino al di là delle loro metà, ed in tal fito for- mano una vena, che viene poi giù pe’ lembi delle appendi- ci. Molti filetti arteriofi piantanfi immediatamente nella ve* na: È ed 77 e ina" | E:s.P.E/ReILEgNuZ A. Le.L L rifultato fi è, che ad onta di venticinque rivolgimenti, che fa una venina pofta fu di un budello, il fangue non rallenta punto il moto . ESPERIENZA LXIL Ome due fono le ovaje, così due fono gli ovidutti. Difcendono nell’ addome raggrinziti in fe ftei, e for- manti due candide maflette, che fi eftendono dall’ origine delle braccia fino alla radice della coda, e prendono in mez- zo il filo della fchiena, giacendone una per parte. La loro bianchezza lafcia vedere maravigliofamente i vafellini, che vi fi aggirano fopra. Solo fi deve aver la cautela, aprendo l’'a- nimale di non torre di luogo gli ovidutti. Numero grande di vafellini fgorga dall’ interiore loro foltanza, ed altri mol- tifimi vi fi cacciano dentro. La difpofizione di parecchi ve- nofi rapprefenta in miniatura degli alberi co’ trenchi, rami, e ramufceili. Nel tronco la velocità del fangue è maggiore » ehe ne rami, e ne ramufcelli. BisbbRble NZA IXIIL (gran il giallo dorato della pancia, e del petto (E/ per. I.), a prima giunta fi prefenta un confufo bulica- re di corpicelli;. ma raddoppiata l’attenzione ben prefto fi ac- COr- i 58 )- IDE VISTE] corge effere un teffuto d’ innumerabili vafellini, in cui viag sia un fangue, che è tutto moto. Il Lettore fi rapprefenti una intrigatiffima rete, le cui maglie fieno diverfifime nella forma, e nella grandezza, e i cui fili componenti fi diverfi- . fichino fvariatamente nella fottigliezza; ed avrà qualche idea della natura, e della vicendevole pofizione de’ vafellini, Chi è arteriofo, chi venofo: ma fimil differenza non fi manifelta che a lungo, effendo per qualche tratto di tempo equabil- mente celere il moto negli uni, e negli altri. Quefta celeri. tà in nulla par che fia fuperata da quella delle arterie pol- monari. Quando molti piccoli rami fi unifcono in un tronconcello, in quefto la velocità del fangue fi accrefce. Il giallo della pancia e del petto altera in più d’un luogo il roffo del fangue. Dove i vafi fono di un globetto, il fan- gue pende più al giallo, che al rolfo. Dove fono meno an- gulti, è di color giuggiolino, e dove diventano più grandic- ciuoli è di un roffo sfumato. ES P_E/R'ISEON'ZIOA LX, GEE a forza alla falamandra lo fquarcio della boe- ca, fi prefentano verfo le radici del palato i due bulbi degli occhi di un fondo cileftro, ma temperato dal bianco del- le membrane, da cui fono efteriormente veftiti. Anche que- fte membrane fono rabefcate da un forptendente numero di vafetti. Molti, e molti non menano che un globetto alla volta, Non è sì facile il poter conofcere donde vengano. Si fcorge E:s' PE RLENZ Ac LISVER Su di una falamandra , e di un ramarro, On contento delle due fuccennate fperienze , ne feci una terza, che fu decifiva. Prefa una gocciolina di fangue da una falamandra viva, 1’ offervai microfcopicamen-= te.' La forma de globetti non vedevafi troppo bene, per ef- fere ammonticellati. Diluitili adunque con acqua puteale, fi feranellarono tutti, e : cadauno fi poteva offervare con evi- dente chiarezza. Effettivamente erano di du fatte, altri al- lungati, ma un po’ panciuti, altri ritondi, e d'una metà all’ intorno più piccoli degli allungati. Fatto, paffare il fangue quando vencfo , quando arteriofo fotto lenti acutiffime, i feno» meni non trovaronfi punto difcordanti. I globetti del fangue nel ramarro hanno tutti la forma ovale, e nella mole non arrivano a un quinta de' globetri più grandi delle falamandre. ESPERIENZA LXVIIL gu mefenterio ofiervato a luce refratta. due piccoliffime vene fcaricavano il fangue in una men piccola . A glo- betti quando erano nelle venine apparivano bianco -lucenti,; ma all'entrar nella vena fi tingevano debilmente di roflo. Sebbene il bianco-lucente fi.trafmutava in rofficcio, e il de- bil roffo in viva porpora, replicata l’oflervazione.a luge riflella, E ESPE. E 82 E) lo ESPERIENZA LXIX. U gl'integumenti del ventre eravi un bulicame di va- fetti, ch'io efaminai a luce refratta. I più fini menava- no un fangue del colore della madreperla ; accidentalmente ne ruppi alcuni. I globetti pria luccicanti, nell’ unirfi crea» vano un monticello di fangue roffo. Tenuto dietro a un’altra vena, di cui fi vedeva un Îun- ghiffimo tratto, offervai, che dove quelta era più fottile, qui- vi il fangue aveva il color di linfa: di mano in mano, che effa ingroffava per l'influenza di rami novelli, il fangue af fumeva un principio di roffo, e quelto roffo andava crefcene do a proporzione che la vena albergava più fangue. ESPERIENZA LXX. T Evato il mefenterio fenza ftaccarlo dalle budella, lo fpiegai fopra una fottile laftra di vetro, difponendo le budella in cerchio, e fermandole con piccole molle. I vafi arteriofi, e venofi abbondavano di fangue, e per effer la len- te piuttofto dolce, e confeguentemente alquanto diftante dal mefenterio, poteva con ferruzzi pungere, tagliare, premere, ftirare que’ vafi, ch'io voleva, nel tempo, che l’occhio ar- mato li contemplava. L’offervazione la feci a lume refratto. Toccando adunque quà e là il mefenterio fenza guaftarlo, metteva in moto tutto il fangue. Praticando piccoli tagli ai vafi ne faceva ufcire quanto io voleva, non avendo a far al- tro, 3% 83 tro, che premere più, o meno le membrane del vafo ferito, Ufcendo, e fparpagliandofi il fangue ful vetro appariva fgra- nellato e tutto fatto a molecole, parte allungate, € panciu- te , parte rotonde, e più piccole. Era in mio potere il fare, che un vafo di rubicondiffi- mo diventaffe di un roffo gialliccio. Non aveva a far altro, che obbligare ad ufcire una porzioncella di fangue dal vafo. Se ne levava di più, il vafo pienamente ingialliva, e levan> done ulteriormente, fi faceva bianco-trafparente, e i globetti prima roffì fi convertivano in lucenti. Poteva operare il contrario, fe così a me piaceva. Scel- to un vafo ramofo,obbligava il fangue a paffar tutto o quafi tutto ne' rami. Allora la gavità del vafo, per rimaner po- veriffima di globetti diveniva trafparente. Ciò fatto preme- va i rami, neceffitando il fangue, di che eran turgidi, a ri- entrare, ma raro raro nel vafo. Allora elfo vafo fi tigneva di giallo, e fe ulterior fangue vi fi accumulava nafceva un colore, che nel giallo roffeggiava: e fe profeguendo a pre- mere i rami verfo il vafo riempivafi quelti di nuovo, allo- ra il fangue acquiftava quel roffore, che aveva dapprima. ECDERIENZA LEX Ottofi un vafetto arteriofo, ufcì per la rottura una mol- titudine di globetti fanguigni, che fi (parfero ful me- fenterio, reltando molti tra loro difgiunti, e ifolati. Ma non oftante l’ifolamento feguitarono a muoverfì per buon tratto di ftrada ful piano orizzontale di queta membrana. Era Fia adun- wi 84 pa scio adunque fegno manifeftiffimo, che ubbidivano alla direzione, e alla forza di un fluido invifibile, in cui erano immerfi, il qual fluido non poteva effere ufcito che dal vafetto fdrucito, giacchè il mefenterio non dava prima fegnale alcuno di u- midità ESPERIENZA: LA ALL Ue ramicelli venofi del mefenterio, in ciafcun de’ qua» li non imboccava, che una fila di globetti, fi univano a un fottil tronco, che non conduceva egli pure, che un glo- betto per volta. Quindi entravano nel comun tronco ora i globetti di un ramicello, ora quelli dell’ altro, Talora adun- que un globetto di un ramicello lentamente procedeva per cacciarfi nel tronco, nel tempo, che nell’ altro ramicello in vicinanza del tronco vi fi trovava un globetto in quiete. Ora il quieto non oftante, che tocco non foffe dall’ altro, pure dava indietro dalla banda del fuo ramicello , qualora l’ al- tro gli fi accoftava per entrare nel tronco comune: e fubito che era entrato andava avanti di nuovo, e s' imboccava egli pure nel medefimo tronco. E un fimil giuoco di dare addie- tro, e di fpingerfi avanti de’ globetti, fenza che mai fi toc- caffero fu da me offervato fopra mezz'ora. La qual cofa na- fcere non poteva, che coll’intervento di un fluido frappofto, che urtato dai globetti moventifi riurtava egli pure i quieti, e determinavali a muoverfì, ES. DE 85 if ni ESPERIENZA LXXJITK E falamandre ancor giovinette fono guernite di branchie, Ora in quefte branchie ho chiaramente veduto, che i plobetti del fangue fono celaftici, giacchè quivi cangiano di fisura, allungandofi notabilifimamente. Ma l’ importanza del- ia cofa efige, che con qualche minutezza defcriva il fatto. Sono le branchie nelle falamandre, come pure nelle bottici- ne, nelle ranuzze, ne’ rofpetti fotto forma di vermi, o vo- gliam dir di girini, certe appendicette rifaltanti dai due lati della parte inferiore della tefta lavorate a frangie, ciafcuna delle quali guardata microfcopicamente potrebbe paragonarii a wn corno di cervo a più rami. Sei d’ ordinario fono le bran- chie nelle falamandre, cioè tre. per banda, e comunemente fî penfa fervire effe all’ ufficio della refpirazione. Il circolo del fangue, che quivi è vifibilifimo eziandio con lente dolce non irriga tutta la branchia,.ma folamente i contorni, a riferva di non fo quanti canaletti, che trafverfalmente la corrono, Scappa dunque dall’ origine di ciafcuna branchia un’ arteria; la quale radendo fempre il contorno della branchia, arriva fino all’ eftremità, offia punta di lei; poi ad arco piegando torna addietro, rafentando }' altro contorno, e per tal modo perduto l’ ufficio di arteria acquifta quello di vena, la quale, finito di feorrere I’ intiero oppolto contorno, fi pianta in fine, e fi perde fotto la telta dell’ animale. I globetti fanguieni quanto alla mole, e alla figura non differifcon da quelli, ehe fcorrono ne’ vali delle falamandre adulte. Solo non ve ne Eu feppi feppi trovare dei rotondi je che iono una metà circa degli allungati (E/pti. LXVII.) Sul principio, ed anche per qual- che tratto, l’ arteria ammette più d’ un globetto, ma dove incuivafi ad arco, è paffa în vena, non ne riceve che uno pet volta. Il fopravahnzo adunque' de globetti dell’ arteria fi {carica nella vena per una ftrada più breve, cioè mediante i fopraddeferitti canaletti trafverfali che verfo la metà della brai- chia fono le linee di comunicazione tra |’ arteria, € la vena. Ed è appunto in quelti canaletti, che fcorgefi fenza equivoco il cangiamento di figura ne’ globetti del fangue. I canaletti fon tortuofi, anzi in qualche fito piegano improvvifamente ad angolo acutiffimo. Non dannò ricovero che ad un globetro alla volta, e i globetti tra loro feparatilimi vi fi muovono dentro con’ forprendentè lentezza. L’ interior diametro de’ ca- naletti fupera alcun poco quello dei globetti, talchè fcorren- dovi dentro non moftrano fentite il minimo lateral fregamen- to. Ma accoltandofi ciafeun folitario globetto agli angoli acu- tifimi, primamente fi allunga, e i allungamento crefce in manierà, che fupera più del doppio il diametro di prima; giunto indi al punto dell’ angolo, s' incutva, e fi piega, ve- nendo egli ftelfò a formare un angolo. E ficcome il fuo mo- to, come dicemiîo, è lentiffimo, e I° un globettò è fempre molto lontano dall’ altto, così fi ha tuttò l’agiò di vedere in ciafcuno quelto infigne mutamento. Ufciti, che fienò iglo- betti dagli angoli, riacquiftano a poco a poco la forma pri» miera. La fomma trafparenza delle branchie, maflimamente quando le falamandre hon hanno che pochi giorni, fa fcor- gere tutto quefto con chiarezza tale, ch’ io non eredo che defiderare fe ne polfa una maggiore. ES- o 87 fra pla rei ESPERIENZA LXXIV. Su di una rana degli alberi. | Ppena evvi punto nella membrana frappofta alle dita dei piede deretano, che feminato non fia di rivoletti veno» fi, e artetiofi. L' imboccamento di quefti con quelli, almeno in molti; è patentiffimo. Per efler ridotto l’ animale a un etrema debolezza; il cuore batteva rariflimamente. E V'ef fetto delle battute eltendevafi fino ai fivoletti, non oftante che foffero i più lontani dal cuore. Ad ogni fiftole adunque fubitamente cortevan tutti, e ad ogni diaftole tutti fi arrelta= vano, Nè deve ometterfi, che un tale effetto aveva luogo non tanto ie’ princip), che ne' progrelli venofi. ESPERIENZA LXX VW. Sn molte falamandre Iù volte, ma fempre indarno, cercato aveva i vafi pro- prj del cuore, o dir vogliam soronarj. La fomma di lui roflezza nella diaftole era impoffibile, che me li lafciaffe die fcernerè. La fperanza dunque di vederli era nella fitole ama- tivo dell’ etrema fua pallidezza, in quelle falamandre almeno , che fcarfeggian di fangue. Ma quì pure niente altro mani- feltavafi, che ofcuri veltigii di rofle piegoline , che trapela- vano di mezzo all’ increfpata carne del cuore. E le piegoli- Fi4 ne. oi 88 i (ei ne con ogni cura conliderate fu diverfi cuori, mai non mi fisnificarono -d*- efler vafi fanguigni. La fortuna infine arrife a’ miei defiderii. Un giorno confiderando il cuore di una grof- filima talamandra; le roffe piesoline fi convertirono in al- trettanti vafetti. Nell’ atto, che reftrisnevafi il cuore, per quefti fcorreva il fangue rapidamente, ma rilaffandofi egli, fminuivafi a vifta la fua velocità, non fapendo per altro fe nel colmo della diaftole andaffe a finire, giacchè il foverchio roflore di lui mi toglieva di vilta i vafetti. E. queta piace- vole fcena di vederli menar fangue nella fiitole, e di perderli nella diaftole durò lungamente ; avutofi però. l’ avvertimen- to di tenere umettato il cuore. Anzi quando le fue pulfazio» ni divennero languide lo fpettacolo era di ulteriore durata,e folo la velocità del fangue più non era sì grande. I vafetti fono doviziofiflimi, e fembrati mi fono di più globetti, quan- tunque non abbia faputo conofcere fe fieno venofi, o arte- riofi. Dirò foltanto-effere in loro il corfo del fangue dalla punta del cuore alla bafe da quel lato che guarda I’ aorta. Giacchè l’ efperienza iniegnommi, che i vaiellini coro. narii dovevanfi cercar ful cuore delle falamandre più corpu- lente, in quefte precipuamente ho efercitata la mia induftria, @ quelte l’ hanno ricompenfata col farmi partecipe degli fteflì fenomeni. Vuolfi però avvertire una cautela, fenza cui quafi mai non fi ottiene l’ intento. Il lume anche immediato del fole, che invefta il cuore, non balta. Vi abbifogna una luce più viva, che tiri fuora queiti mezzo incatnati vafetti, cioè quella d’ una lente. E’ d’ uopo altresì, che l’ Offervatore fia di vifta acre, e robufta, altrimenti ributtafi, e cede all’ ir- ruzione di un tanto lume, ES- ESPERTEANZIA 'DXYX VV. Eduto abbiamo, come talvolta il correre de’ vafi mini- mi differifce alcun poco dal’ correr de’ medii, effendo di frefco aperta la falamandra (E/per: VII.). Ma in procef- ‘fo di tempo la differenza refta ella fempre sì piccola, oppu- re fi accrefce a proporzione, che le forze dell’ animale illan= guidifcono di più in più? Per faperlo mi diedi a contempla» re a un tempo fteffo quefte due fpezie di vafi. Parlo degli arteriofi, I minimi erano ful ventricolo, e fu le budella; e i medii ful mefenterio, Quefto poco di differenza che quivi pure ci paffava, fi eftefe fino a diciotto minuti, ma in fe- guito fi accrebbe concioffiachè la velocità ne” medii per mol- to tempo profeguì la ftelfa, e ne’ minimi andò fempre mino» rando, anzi dopo due ore, e mezza era nulla. E :S'P-E:RUICESN'Z AUÎ0X XsVoL Ss tre falamandre. N I accorfi, che quefta accrefciuta differenza non aveva luogo in tutte le parti della falamandra. Tale fiè a cagione di efempio la vefcica orinaria. E’ in patte arabefcata di artériuzze infinitefimali, che feguitano per tredici ore, e di vantaggio ad elfere pochiflimo differenti nel correre dalle medie, PE 96 ft ESPERIENZA LXXVIEL YO pariato ( E/pèer. LXIII) di quel folto ingraticola- merito di vafellini minimi pofti ful giallo dorato del- la pancia, è del petto. Vedute avendò, che anche in quelti feguita il circolo affai vivido per molto tempo, volli inftitui- rc una compafazione tra la durata del correre di quefti va- fellini, e di altri egualmente piccoli, ma locati -in altri fi- ti, cioè ful ventricolo, fu le budella, fù gli ovidutti &c.; e vidi, che in quefti dopo un ota, e tre quarti non eravi più circolo; laddove ne' vafellini delle macchie gialle era ve- lociflfimo, e fi mantenne tale per altre dué ore. ESPERIENZA LXXVILI. Olendo fpiare fe i vafetti più lontani al cuore fono ì primi ad arreftarfi, prefi a comparat quelli, che ferpeg- giano fu le macchie gialle del petto con quegli altri, che fi aggirano ful taglio longitudinale della coda, il quale corrif- ponde al ventre, giacchè anche fu quelto taglio fi veggono chiaramente; fe tinto fia, come fuole efferlo in molte fala- mandre;, di una liftina di giallo. In quelti due fiti a me @m- brava, che il conffonto non patifle eccezione per aver già veduto in entrambi durar molto tempo la circolazione. Ed in realtà quando parecchi vafellini della liftina gialla non cor- revano più, la maggior parte di quelli del petto fi move vano ancora, | ESPE- ESPERIENZA LXXIX. N altra falamandra avendo I’ occhio-folamente ai vafelti ni del taglio della coda, védeva, che i remotiffimi a} cuo- re, come quelli, che giacciono quafi fu la punta di lei, più non conducevano fansue, quando lo conducevano, quantun- que lentamente, i meno remoti, come i fituati alle radici de la coda, ESPERIENZA LIXXX. Ccupato in quelli parziali atreltamenti dei circolo, m' invogliai di cercare cofa foffe per accadere al medefimo circolo, fofpefa l’azione del cuore. Primamente adunque cal- cai col pollice quelto mufcolo sì, che più non batteffe, nel tempo che avevà l’ occhio fu di una vena; e di un’arteria media, L' arteria detto fatto rallentò il moto, poi fi arreltò, e lo ftelfo un iftante dopo fece la vena. Riinoflo il dito; ri- comparve il circolo in enttambe, Mi rivolfi ad altri vafi di minor calibro; non eccettua= ti que’ di un globetto. Ed impedita all’ ifteffo modo la pul- fazione del cuore, cefsò in effi il tirdolo, fe hon che i ve nofi furono men folleciti nell’ arreltarfi degli arteriofi. Leva- to il dito, non così tolto effî venofi rientravano in moto. ESPE- Si 92 fo E'SPESRTE.NZ'A LXXXI Uando impediva col dito l’azione del cuore poneva mente ad un gruppo di vafellini venofi efiftenti fur una macchia gialla del ventre. Dopo tre fecondi il fangue fi fermò in eflì, e ridonata l’ azione al cuore, tornò a cir- tolarvi. Che fe la preffione del dito ful cuore non gl’ impediva affatto il fuo ritmo, nafceva folamente un rallentamento nel- la circolazione: e però era in mio arbitrio il fare, che il rallentamento fofle maggiore, o minore, a proporzione, che più, 0 meno premeva quell’ organo. E:S'PPERPFENTZTAÀA LXXXNIL OI dito fofpefi il vibrar del cuore nell’ atto, che rimi- rava una venina fu la borfetta del fiele, e l arteria polmonare. Il loro fangue era velociffimo. Quafi iftantanea- mente arreftoffi l’ arteria, e il rallentamento fopraggiunfe al- la venina dopo quattro fecondi, e perdè affatto il moto dopo fette. Lafciato in libertà il cuore ridonoffi ful momento all’ arteria il moto, ma tardò per alcuni fecondi a reftituirlì il fuo alla piccola vena. ESPE- oi 93 a RR PENTA 0 E | ESPERTITENZ:IA LXXXDIIT. Reg la prova, avendo fotto la lente le vene medi@ mefenteriche, e le polmonari. Tutte fi arreftarono con- Emporaneamente. E contemporaneamente fi mifero in moto, ceffata l’oppreffione del cuore. E S.P.E:R-KLE NZ:A iLX.XXIV. Su due falamandre, On filo di feta legai loro ftrettamente l’ aorta contigua al cuore. Cefsò per intiero la circolazione nel fiftema venofo, e arteriofo. Dopo fei minuti recifo il filo, tornò in ) È Î priftino la circolazione. I ESPERIENZA LXXXKY. Eci l’ operazione del filo tenendo per tre quarti d’ ora fofpefa la circolazione. Tagliato il medefimo, ricompare ve la circolazione, primo lenta, poi celere, ESPE- PÉk( 94 )fra jar resi mentine zo n ESPERIENZA LXXXVE Su due falamandre, TN Opo quindici ore, da che col filo era ftata legata l'aor- ta immediata al cuore a una falamandra, parecchi de" vafi più piccoli fi erano cancellati. Tolto il vincolo, fi ria» nimò il fangue ne' vafi principali, ma feguitò a ftagnare in molti de' piccoli. Nell’ altra falamandra, non oftante la fofpenfione del circolo per venti ore, non lafciò il fangue, rotti i legami, di tornare in giro, febbene affai pigramente , per l’ eccedene te fpoflatezza del cuore. SEZIO- EE 9% DIGI (REMI ASTE ITA RT ONT LI SERGIO NEI ER Za De' FENOMENI DELLA (CIRCOLAZIONE OSSERVATA NE' VASI MEDII,) E MASSIMI VENOSI. ESPERIENZA LAXIVIL Su molte falamandre , Piegati gl' integumenti, trafpare immediatamente al di fotto del peritoneo una vena rimarcabile per la fua groffezza, ma più ancora per andar quali priva di rami per la lunghezza poco meno di un polli» ce. In grazia di alcuni vari filuzzi membranofi fi attacca al peritoneo, e il circolo è in lei sì cofpicuo, che fperando» la alla luce folare, a all’ aria chiara, vi fi vede correr den- tro il fangue ad occhi ignudi. Coral vena è cilindrica, In- comincia ad apparire alla. bafe della coda, e dirittamente per all’ in fu va fino al fegato, a cui fi unifce. Quando non fi fconcerta aprendo l’ animale, il fangue i muove equabil- mente per tutta la lunghezza di lei. Ma fconcertata alcun poco, il corfo del fangue fi altera sì fattamente,, che alcune volte è più veloce nel principio della vena, che nel fine. ESPE: i 96 Vik i - ESPERIENZA LXXXVIIL A nuova particolarità, che moftrommi Ia fteffa vena fu l' effere abbondantiffima di gallozzolette di aria. Quelte gallozzolette partivano di dentro della coda, e fpinte all’ insù dalla colonna fanguigna fcorrevano tutta la lunghezza della vena finchè fi nafcondeflero dentro al fegato. La maggior par- te erano groffiffime, anzi ve m'aveva alcune del diametro del vafo, e quelte fi movevano più ftentatamente dell’ altre per lo ftropicciamento, che fofferivano ai lati, e la loro ftenta- tezza era in caufa che fi rallentaffe il moto nel fangue. La i falamandra quando a quando agitando la coda faceva sì, che le bolle aeree compariffero allora più fpeffe, Da alcuni fiti della coda, per qualche cafuale lefione ;, gemevano alcune ftille di fangue. COPrERPpENZA, LEXAZIN Ntento alla contemplazione di quelta vena mi cadde in penfiero di far fu di lei un’ offervazione, che fatta aveva nelle arterie, cioè a dire fe i globuli del fangue nel correr- vi dentro pativano moto inteltino, ovveramente vertiginofo. Non vi feppi mai trovare nè l’ uno, nè l’altro, non oftante che ne facefli l' efame in tempi diverfi, cioè quando il fan- gue a norma del minore, o maggiere indebolimento dell’ ani- male, correva più, o meno forte. I globetti non avevano mai che un fol movimento, cioè il progreiliva della corrente, ESPE. E.S.P.ERIEN ZA4:XXG Su molte falamandre, A vena del peritoneo ( E/perienza LXXXVII. ) va men 4 forte delle polmonari. La velogità di quefte usuaglia per» fettamente la velocità delle arterie compagne. Confiderata I’ intiera lunghezza delle ‘vene polmonari , quefte fono di figura conica, ma i. pezzi giacenti tra ramo, e ramo fono cilindrici. ‘ D' ordinario le vene polmonari fuperano in groffezza le arterie compagne . dose DENZA XCL, Su due falamandre , L fangue delle vene polmonari era più rubicondo di quel. lo delle arterie compagne, Ma ben prelto mi accorfi ef fer ciò una-pura apparenza nata dal maggior fangue di effe vene per effer più capaci delle arterie ( E/per. anteced.). Di fatto prefi da una parte, e dall’ altra diametri eguali, pari era il roffore. La vena polmonare è uno di que' vafi, dentro cui. l’ oc- chio vede correre il fangue, fenza che fia armato di lente, Bafta opporre il. polmone all’immediata folar luce. Il fangue polmonare di mano in mano, che dalle ulti G me Di 98 ka lan me diramazioni venofe fi accolta al tronco, acquifta movi- mento più celere. I rami, che immediatamente vi s° imboc- cano fanno angolo più, o meno acuto col tronco, e talvol- ta anche retto. Non oftante quefti angoli il fangue de’ rami nulla perde di velocità nell’ ingreffo del tronco. Feci fgonfiare il polmone, pungendolo con ago. A vi- fta in molti vafi quietò il fangue, e quello del tronco per- dette buona parte di moto . E SPIE REN Zi (2A F Eci cadere dentro ad un criftallo da orologio alcune goc- cie di fangue, che ufcivano dall’ aorta di una falamandra viva; e dentro a criftallo fimile feci cadere altre goccie trat- te dalla vena cava defcendente del medefimo ferpentello. Da una parte, e dall’ altra la roffezza del fangue, e la di lui corpulenza erano eguali. Si difeccò egualmente, e tritando- lo diede uma polvere rofla, che fu fimiliima in entrambi i criftalli. ESPERIENZA ACIIT L diametro della vena affillare fupera quafi d’ una metà il diametro dell’arteria corrifpondente. La vena nell’ ufci- re del braccio è egualmente celere, che |’ arteria quando vi entra; e la celerità o è pari a quella de’ vafi polmonari , 9 Je è poco inferiore, ESPE- o 99 SA Raacnigiaz ere lia E.SPRERIbEN ZA XGIM UI palato della falamandra , un poco al difotto della re- gione de’ bulbi interni -degli occhi, sboccano dus vene; che fcopertamente, e con direzione tra loro parallela vengo» no giù lungheffo il piano del palato. Anche quì la velocità è ugualiffima a quella de’ vafi venofi, e arteriofi polmonari. ESPERIENZA CV Ra gli ftrati mufculofi degl’ intesumenti del torace, e dell’ addome fonovi due lunghiMme vene longitudinali , una negl’ integumenti fpiegati a deftra, l’altra in quelli, che fpiegati fono a finiftra; le quali due vene ricevono il fangue da innumerabile moltitudine di rami laterali, Dove cominciano fonò angultifime, ma vanno ingroffando a pro- porzione che fi avvicinano al cuore, e che fono innaffiate da maggior numero di rami, A norma dell’ ingroffamento crefce in effe la velocità del fangue. Dove è maffima, poco man- ca che non pareggi quella delle vene, e delle arterie polmo- nari, ESPERIENZA XCVI. iù E vene mefenteriche negli fpazii frappolti ai rami fono cilindriche, e lo fteflo è del loro tronco. Sono quafi del doppio più numerofe delle arterie compagne, e le fuperano 1 Gi3 pu- (100 \Ha pure in groffezza. La velocita del fangue nel tronco vee” nofo è fuperiore a quella del fangue delle vene. Avutafi egualità di diametro, il colore del fansue ve- nofo è fomigliantiffimo al colore del fangue arteriofo. E° pu- re eguale la velocità del fangue nelle vene, e nelle arterie, E'SPER PEN ZA XOVIL Sa parecchie falamandre, e rane . \ Y E vene mefenteriche nelle falamandre fono fempre men celeri delle polmonari. Quando fuperato il mefenteria diramanfi fu gl’ inteltini, fi piegano, e fi ripiegano in centa bizzarriffime fogge, fenza che il fangue nel venire dagl'inte- ftini al mefenterio perda punto di velocità in paffando per quelle tante piegature. Praticai il metodo degli uncinetti per indagare il circo- lo ne vafi mefenterici di cinque rane. Due mefenterii mi mo- ftrarono il fangue arteriofo fuperiore in velocità al fangue ve- nofo. Due altri mi manifeltarono l’oppofito, e il quinto me- fenterio indicommi uguaglianza di velocità, ma foltanto nel fangue di alcune vene, e di alcune arterie, Tali irregolarità nel circolo mi mifero in curiofità di efaminare altrettanti mefenterii di rane,-ima lafciati nel na- turale lor fito. L’ effetto fu ben diverfo. Tutti cinque mi manifeltarono perfetta uguaglianza di velocità nel fangue del- le yene, e in quello delle arterie, ES- Ei 101 \fhamn ESPERIENZA XCVIIL Lie pieghe natutali dell’efperienza XCVII. ne aggiun- fi delle artificiali. Increfpato il mefenterio, e pet con- fesuenza le fue vene, obblizai il fangue dopo di effer pafla- to per le pieghe naturali à trasettàre per le artificiali. La natura di quelte era tale, che altre facevano una femplice curvatura, altre un arigolo più, o meno acuto, più, o me- nò ottufo. Era in mio potere il far prendere alle vene quel verfo, ch’ io voleva. Il fangue non oftante tanti, è tanto di- verfi rigiri camminava con inalterabile fpeditezza. ESP:ERIEN.ZAÀA. XGIX * Onfideràto attentamente il mioto de' globuli coîtenti nel- le vene mefenteriche, neppure in quefti fuvvi indizio di movimento inteltino, o vertisinoo. Vidi bene che quelli; che progredivano lungo l’ affe del vafo, erano più veloci de- gli altri. Perchè quefto apparifca più chiatamente, fa me- fieri, che il fangue fi muova lentiffimamente, La vena, ch' io confidertava, era delle più groffe del mefenterio, Il fan gue in lei appena confervava un legseriffimo avanzo di mo- to. Ora quelto avanzo era fenfibile nella ferie de’ globetti cor- rifpondenti all’ affe del vafo, e ne' laterali era nullo. Il me- fenterio era fpiegato dagli uticinetti, e l’ offervava a luce re- fratta, giacchè quelta offervazione torna meglio il farla così. Rivolto I’ occhio ad altre vene mefenteriche, in alcune G3 il (102 )jkKe il fangue leggermente ofcillava , in altre movevafi con eftre- ma lentezza. Si è già parlato più volte «di tali irregolarità nel moto del fangue, quando il meferiterio è tirato fuor di fito, e fi fpiega col favor degli uricini. Dove ofcillava leg- sermente, e dove progrediva con tardifimo paffo , i globetti laterali, offieno quelli, che rafentavano le fponde de' vafi , appena paffavano da luogo a luogo; ma quelli che polti era- mo nel mezzo longitudinale de’ vafi, fl movevano in guifa, che fi lafciavano addietto i globetti laterali. Dopo non fo qual tempo negli uni, e negli altri vafi i globetti hanno lafciato di muoverfij ma prima i laterali, poi quelli dell’ affe. ESPERIENZA €. TO) Er avere irrefleffivamente ferito il tronco venofo del me- fenterio, pochiflimo era il fangue delle vene mefenteri- che, e quefto fangue aveva efiliffimo moto. I globetti eflen- do adunque molto fconrieffij mi davano agio di poter notare con più diftinzione i laterali; e quelli dell’ affe: e quì con maggiore evidenza fcorgeva, che quefti fi movevano meno lentamente di quelli. ESPERPFENZ ACE LP quefta legge nelle vene, m’ invogliai di fapere, fe aveva luogo nelle arterie. Ne fcelfi due del mefente- rio, più corpulente dell’ altre. La velocità del fangue era maf- Ji 103 )lfa dà malfima, e però mi fu d' uopo |’ afpettar qualche tempo, fin- chè l’ impeto foffe calmato. Dopo tre ore circa il fangue del- le due arterie nella diaftole del cuore fi arreftava, e nella fi- ftole andava avanti. Coglieva que’ punti, in cui il fangue era full’ ultimo dell’ andare avanti, giacchè allora il fuo moto non poteva effer più languido. Vedeva quì pure finir prima il moto ne’ globetti, che erano alle fponde dei due vafi, che in quelli, che occupavano il mezzo. Trafcorfo lo fpazio di altri tre quarti il fangue arteriofo nella diaftole retrocedeva lievemente, e la retroceffione cominciava prima ne’ globetti dell’ affe. ESPERIÈNZA VCI IL Su parecchie falamandre. O ritentato |’ efperienza della maggior velocità nel tronco venofo del mefenterio paragonata alla velocità ‘delle vene mefenteriche (E/per. XCVI.). Lafciava le falaman- dre ful patibolo finchè il circolo foffe imminente a finire. In alcuni mefenterii adunque appena v’ erano tre, o quattro ve- ne, in cui era difcernibile il moto del fangue; ma era bene moltiffimo difcernibile nel loro tronco, anzi a proporzione ch’ ei s° accoftava al cuore, il moto del fangue fi faceva men pigro. i#( 104 )}w E.S;P..E R EEUNiZ/A © CITI L lume del tronco venofo mefentetico è .a più doppi mi- nore de' lumi prefi infieme delle fue verie. Così il lume di ciafcuna vena mefenterica è fuperato di molto dal. complef- fo de’ lumi de’ rami fuoi. E;S;P ER LEN: ZA; GI V. pre veha del mefenterio, mon fo per quale offefa, erafi in un fito ftrozzata sì fattamente, che appena per la ftrozzatura vi paffava un'filo di fangue. Quivi era vifibiliti- mo l’ acceleramento del moto, quantunque il fangue, fupe- rata l’ anguftia, ritotnaffe al. moto primiero. Nell’ interior parte dello ftrozzamento andavafi forman- do unà bolla d’aria; che quafi fubito era. portata via dall’ impeto del fangue. ESPERIENZA CV. « Su imolte falamandre TY AI efempio antecedente , e da altri pochi che avea, cre- deva effere un cafo piuttofto raro l’ incontrar bolle ae- ree nel fangue circolante, quando altre fperienze m° infegna- ron dappoi non averci cofa più facile ed ovvia, anzi effere in noltro potere il crearne quella maggior quantità, che a : " noi 2i( 105 ){@& (—_———————m@ noi piaccia, Sténdafi ful corpo dell'animale il mefenterio sì, che l occhio veftito di lente vegga a un colpo tutte le fue vene, ed anco le inteltinali. Indi colla punta delle mollette leggermente s° irritinò gl’ inteltini difpofti allota a corona, e farà piacevoliflima cofa il vedere come fi generano dentro al- le venuzze inteftinali aflai gallozzoline di aria a foggia di sferette allungate, le quali, ficcome ingombrano tutto il ca- libro de’ piccoliffimi vafi, così vanno con fomma lentezza al- la volta del mefenterio; e folo di mano in mano che siun- gono dove i vafi fono meno angulti, aequiltano maggior mo- to, e la loro forma più fi accolta alla sferica : anzi fatto ultetior (viaggio, e arrivate a un’ ampiezza maggiore di vafi; tondeg- giano perfettamente; e la loro velocità pareggia quella del fangue, in cui fono immerfe. Quindi fe l'occhio farà folle cito a tenervi dietro, le vedrà tutte con rapidezza ineredibi- le arrivare una dopo l’altra al tronco méfenterico, e perderfi di vifta dentro a una crafla membrana, dove’ effo tronco fi occulta. Quantunque le bolle aeree allorchè foggiornano tra le anguftie delle venuzze fierio quafi tutte quanto alla lar- ghezza eguali tra loro, pure altre fono più lunghe, altre più corte; e quindi è, che ceffata la laterale preflione, fi trafmu- tano in palloncini maggiori, e minori, tutti però a migliaja di volte più voluminofi de’ globetti fanguigni, Che fe gl’ inteftini, e il mefenterio fi lafcieranno in si- fofo, a poco a poco le bolle d'aria fceman di numero e non tade volte riduconfi al niente. All’ oppofito fe colle mollet= te ci prenderemo il piacere di tormentarli di nuovo, effe ri- comparifcono; e fe folo qualche porzione degl’ inteltini fi ftuz- la \ (106 )Kkm CENE ACI ftuzzichi } in quefta, e non in'altra fi riproducon le bolle. ESPBRI:EN ZAUEVI TU Scono dalla milza rubicondiffima tre bellifimi rami, che confluendo in uno generano la vena di quefto vifcere, la qual vena, dopo di aver ricevuto un altro ramo; che fpicca- fi dalla fuperficie del ventricolo, va ad inferirfi nel tronco venofo del mefenterio. Sulle prime penfai eifere quelto vafo un’ arteria, giacchè il fangue in vece di paflare dai rami al tronco paffava dal tronco ai rami, ed andava tutto a fcaricarfi dentro la milza. Ma ben prefto mi accorfi dell’ inganno. A contemplar meglio uri tal vafo rovefciato aveva la milza, e dal rovefciamento era derivata la quiete del lui fangue. Quel- lo del tronco venofo mefenterico correva affai forte, e l'im- eto fuo agendo contro il fangue quiefcente della vena della milza, lo sforzava a retrocedere, e per confeguente a pafla- re ai rami e dai rami alla milza. A togliere lo fconcerto non ebbi a far altro, che tiporre la milza ove giaceva natu- ralmente. A vifta fi ricompofe il farigue, cominciando a fcor- rere dalla milza ai rami, dai rami alla vena, e dalla vena al tronco venofo mefenterico. Il moto della vena era aflai lento, e maggiore la lentezza ne rami fuoi. ES. Gi 107 i TA ESPERIENZA “@VILI Su due falamandre. Ubitando ; che l’accennata lentezza derivar poteffe dale lo fconcerto cagionato alla milza; ripetei l’efperienza in ‘altre due falamandre, procurando di non ifmuover punto quel vifcere. Ma nè più; nè meno |’ andar del farigue era Îentif. fimo. Fino allora trovato non avevi altrà vena media sì pigra. ESPERIENZA @©VIIE Su cinque falamandre. Alia vifitate dopo le vene medie del fegato, anche in quefte fi muove il fangue ftentatamente. Levato il peri- toneo fenzà toccare le interiora, fi prefenta il fegato, che con le fue ali ripofa fu le budella. Dall’ eftremità dell’ ali partono più diramazioni venofe, che vanno fu per il fegato quafi a fior di pelle, e che diventano medie, per imboccarfi in rami più sro. Ofcura effendo la foftanza di quefto vifce- re vi fi richiede molta luce per vederle. La loto velocità fembrommi da cinque volte minore di quella delle vene me- fentetiche. lL’efperienza fu ripetuta ful fegato di quattro altre fala» tmandre. Il fucceffo non fu fempre il medefimo; fu però fem- pre iS 108 {ka es ue pre affai più piccola la velocità delle vene del fegato; elié quella delle mefenteriche. ESPERIENZA GIX Su tre falamandre. yy Ue fono le vene maflime, che riportario il fangue al cuore , la cava fuperiore, e l' inferiore; Rifulta la pri- ma da due ‘tronchi, e ciafeuno di elli da due rami, l'un de' quali nafce in gran parte dalla vena affillare. Giace Vl un tronco a deltra, l'altro a finiftra del cuote, e il finiitro è maggiore del deltro. La cava inferiore è di tale ampiezza, che da fe fola fo- pravanza i tronchi della fuperiore freli infieme, Si può di te che raccolga la maffima parte del fangue dell’ animale » Trae l’ orisine di dentro all’ apice della coda, ed arrivata all’ addome ha già acquiftata una confiderabil groflezza. Pro- fegue il fuo viaggio al cuore in fito più rilevato dell’ aorta defcendente, vieppiù ampliata dall’innaffiamento di moltifii- mi rami; s' inferifce; e fi occulta nel fegato, di dove ufcen- do, primo divifa in duè..tami, poi raccolta in un tronco, ove deponefì il fangue venofo de’ polmoni; piantafi in fine nell’ orecchietta del cuore. La fuperficie di quelta gran vena è ferpeggiata da più wafelletti, febbene cercato non abbia fe fieno venofi, 0 arte- riofi; Per efferè le membrane delle due cave più fottili di - quel- iS 109 a nni quelle dell’ aorta defcendente , vi fi vede meglio correre dentro il fansue, ESPERIENZA CX Su quattro falamandre. Uantunque i rami fcaricantifi nella cava inferiore fieno i moltiffimi, pure la di lei velocità non è niente mag giore di quella delle vene medie del mefenterio, E lo fteffo è pure della cava fuperiore . Il fangue delle cave giunto in vicinanza del cuore va a ondate alternative, e a ondate alternative entra pure nel cuo- re. Pulfano le due cave, e la pulfazione fembra che ftia in ragione di loro groffezza. Così la pulfazione è maffima nel. la cava inferiore, mediocre nel tronco finitro, e preffochè minima nel deftro della cava fuperiore. Il periodo di quette due vene è il fesuente. Ssonfiandofi effe, ed abbreviandofi di diametro cacciano il fangue rapidamente nell’ orecchietta, che fe ne riempie, ed inturgidifce: ma quefta contraendofi in fe- guito, ed obbligando una porzione di fangue a retrocedere al. le cave, fa che il loro fangue o non entri in lei con la priftina velocità, o fi foffermi, o dia anche addietro, fecon= do i diverfi ftati di robuftezza, o d’ indebolimento dell’ ani- male, ES. i 110 )}kw _——_—rrr————___ E 5, P_ESROP.E NUZAAS SRL Ella cava inferiore s' imboccano , come è detto, moltif. fime vene, Alcune fono di fufficiente groffezza, ma al- tre efiliffime, a fronte almeno del loro tronco. Tali fono quattro ramicelli nelle falamandre femmine, che fi fpiccano dall ovaja finiftra, e che con direzioni tra loro preffochè pa- rallele vanno a metter dentro al gran tronco venofo, Il lu- medi due ramicelli fembrommi effere una fedicefima parte del lume della cava inferiore, confiderata nel fito dove s° in» ferifcono. Il terzo ramicello è anche minore, e più affai il quarto, parendomi il fuo lume cento venti volte all’ incirca più piccolo di quello della cava. Ne’ mafchi non mancano fimili vafetti derivanti, alme- no taluno, dalla regione dei tefticoli, uno de’ quali è ficura- mente di egual piccolezza, che il quarto nelle femmine. La velocità del fangue in quefti vafellini è ugualiffima a quella del fangue della cava, nè fi fminuifce punto in quel che il fangue entra in lei, non offante che la medefima faccia con qualche ramufgello un angolo di ottanta e più gradi. Accrefceva, o fminuiva | angolo a mio piacimento. col muovere foavemente le parti, a cui erarfo attaccati i ramu- fcelii, Faceva adunque, che l’ angolo ora diveniffe acuto ; or retto, ora ottufo, Nell’ attuale operazione nafceva del turba- mento nel moto del fangue, ma poco dopo ricompariva la pri- ftina velocità: dal che fcorgevafi, che la qualità dell’ angolo, fia retto, fia acuto, fia ottufo, non è atfa per verun conto ad alterare la velocità del fangue, ES- E:S P-E.RPENAZ A GX LE U la fuperficie dell'aorta contigua al cuore rifcontranfi più ramificazioni venofe, fpeflo di un fol globetto, le qua- li fi unifcono a un piccoliffimo tronco comune, che viene giù per l’ aorta, piegando obliquamente fu lei, Hanno ciò di particolare tal venuzza, e le fue ramificazioni, che il mo- to del fangue faffi a piccole ondicelle interrotte, e l’ interru- zione accade a rovefcio di quanto fi offerva nel fangue arte- riofo. Ad ogni dilatazione pertanto dell'aorta il fangue della venuzza, e delle fue diramazioni fi fofferma, e ‘ad ogni con: trazione fi mette in moto, paffando allora rapidamente dalle diramazioni al piccol tronco, ES P:E ReEE.N ZA GX Su due falamandre, TT O voluto rivedere i fenomeni del fangue, effendo iî cuor moribondo. Dopo adunque un'ora, è mezzo più non battevà; fe non fe ftimolato. Afpettava, che reftaffe in quiete per fei, nove, ed ariche dodici minuti; pofcia ne rif vegliava il ritmo, leggetmente toccandolo. Il fangue,; che pet tutti que’ minuti rimafto era immobile ; fubivamente ri- mettevafi, in giro, e profesuiva a circolare finchè feguitava il batter del cuore. Appreffo diecinove minuti di quietel’ ho irritato di nuovo, e di nuovo ha battuto, ma per tre, 0 quattro volte folamente, fenza mai più muoverfi, non oftan- te qualunque ftimolo applicatovi. Ed anche in quefti ultimi periodi fi è rifvegliata, febbene languidifmamertite , la cit colazione, il 120 )ia (eee ESPERIENZA CXXL Gioîni tre, e mezzo. Su cinque uova . L cuore nella diaftole è rubicondiffimo. Il fangue ne’ ra- mi arteriofi corre a fpinte. Quefte ordinariamente fi per- dono nelle ftremità dell’arterie; pure in alcuni fiti giungono fino ai principii venofi. La diverfa maniera; onde i rami arteriofi paffano in ve- ne, merita di effer deferitta. Alcuni adunque dopo di efferfi più, o meno allontanati. dal cuore ripiegano femplicemente, e fi riconducono a lui. Altri mediante le ultime diramazioni fi anaftomizzano immediatamente con qualche vena;edè fin. golare., che fi analtomizzano qualche svolta: con una vena, che rimpetto ad effi è grandiffima. Quà un ramo efce dall’ un de' tronchi delle due arterie, piega fubito verfo il cuore, ed incomincia l'ufficio di vena. Là due, o tre rami. arteriofi non ne generano che un venofo, il quale fi divide in più ra» micelli, poi torna ad unirfi in un folo. In quefti paffaggi di arterie in vene, quantunque fieno innumerabili le volte, e le rivolte, le tortuofità, gli ango- li, e i meandri, pure non accade in loro il minimo rallenta» mento di moto nel fangue. Non fi può far paragone tra la velocità del fangue ar- teriofo, e quella del venofo. Nella fiftole il fangue arteriofo per «DE 121.) e pet la fpinta, che riceve dal cuore, corre più forte del veno» fo, ma riella diaftole fuccede il rovefcio. . Dopo un’ ora, e mezzo il cuore non lafcia di battere, La circonferenza terminanté i vafi fi perde in parte, e dove refta o ftagna il fangue o corre adagifiimo. Preffo di lei frequenti vafellini arteriofi, e venofi più non fi muovono, quando altri confimili, ma proffimi al cuore, vanno affai be- ne. Il fangue adunque fi arrelta prima n vafi più al cuore rimoti. ;.{ Dopo due ore comincia il cuore ad interrompere le vi» brazioni. E quì pure fi rinnovella la piacevole fcena del fansue ora circolante, ora quiefcente. L’arteriofo per lo più fi arrefta un momento prima del venofo. Rifvegliandofi le vibrazioni, fono effe lentifime e rariffime.: In quefto lento, e rato vibrar del cuore il moto del fangue venofo non è più continuato, tina interrotto da morùle, come fi è detto efler proprio dell’arteriofo. La ragione ne -fembra chiariffima , Im» perciocchè ficcome tra\una vibrazione, e l' altra fi frappon- gono più momenti di quiete, così in quefti momenti non può a meno di non oziare .il fangue venofo, ES i (122 )fta ee ero ESPERIENZA CXXIL All'ora medefima; Su due uova è X 7 Eduto; che il fangue atteriofo; nori oftante là maggiot vigoria nel correre, va a falti; anche ful principio dell’offervazione, e dubitando ; che quefto poteffe avvenire dall’ immediata impreffione dell’ aria turbante la circolazione; ho riteritata la prova, lafciata intattà la pellicina frappofta al gufcio; e alla chiara; giacchè effa pellicina non è tanto opaca ; che non lafci trapelare il batter del cuore, e qualché ofcuro correr di fangue ne' vali. Ma il vero è, che fimili falti nel fangue arteriofo fi manifeftavano nè più, nè meno< ESPERTDENZ AUCGK Mi I Li Giorni quattro. Su di un uovo. L fangue non l'ho ancor trovato sì roffo; nè sì veloce. Non è però, che la fua velocità uguagli quella del fan- gue negli animali freddi da me efplorati. I vafi ombelicali; ché d’ordinario hanno il centro fotto l'angolo ottufo dell’ uovo, fonofi talmente eftefi al di là di | quell” n — — —— quell'angolo; che nori potendoli più contemplar tutti ad uf colpo fono aftretto a confiderarne alcuni feparatamente, Fife fato pertanto l'occhio fu d'una delle due vene foprappofte alle arterie; veggo; che il fangue nel pallare dai rami al tronco di lei nulla perde di velocità; qualunque fia | arigo- lo, che i rami faccian col tronco: Paffando indi all'altra ve- na il fangue in lei è ofcillante. Anzi in alcuri de’ fuoi rami ha moto tetrogrado, e nell’ultirtne diramazioni è ftagnante, Onde qui è nata ficuramente nella preparazione qualche ore ganicà lefione producitrice di tale fconcerto. ESPERIENZA CXKXIV, All’ ora medefima, Su due uova, T O fteffo che nell’ antecedente fperienza, a riferva di que’ difordini nel circolo, chè quì non ci fono. Fino adeflo non trovo indizio di linfa nel fangue: Imperocchè in quelle diramazioni arteriofe; o venofe; dove i globetti fi muovono in fila, non veggo, nè ho mai veduto nelle fin quì marrate fperienze intorno al pulcino; alcun globetto difsiunto dall’ altro pet molto ; o poco intervallo; ma rappreferitano tutti come fila di avemmarie; che fi toccano fcambievolmente, Ciafcuno è tinto fenfibilmente di toffo. ES. art ( 124 )}be i————_——_—————t——_——_ : E.S.P.ERIENZA, CX XV. Giotni quattro, e ore fei, Su due uova. El pulcino è patentiffimo il bulbo efteriore dell’ occhio, il qual bulbo è veftito di fpefli vafellini; ma per non vederli correre, ignoro fe fieno venofi, o arteriofi. Rivolta la lente alla circonferenza, ho voluto vedere più nettamente come fi fa in effa, e ne piccoli vafi che vi s'im- boccano, la circolazione. Una mano adunque di vafellini ar- tertiofi portafi a depofitarle dentro il fangue, e una mano di venofi lo riceve da lei, e lo riconduce al cuore. Il moto dî quelti fili venofi, e arteriofi è ugualiffimo. La circonferenza ha un diametro tre in quattto volte maggiore delle venuz- ze, e delle arteriuzze, che vi mettono dentro. E’ tutta in moto , non già uniforme, in quanto abbia in lei il fangue una direzione coftante, ma in un moto, che piega a diverfi fenfi; fecondo che effa, 0 riceve il fangue dalle arterie, o lo trafmette alle vene. ES- Di 125 Vi ceci B6WPE'R NEINIZIA! C XXVE Giorni cinque, Su di un uovo. Uefta è Ia prima volta, che il pulcino fi è moffo, toce La dal raggio folare. La velocità de’ quattro vafi venò« fi ombelicali omai pareggia quella del fangue venofo, e are teriofo negli animalia fangue freddo. L’allantoide, adeffo ampliffima, è tutta vafculofa, e dal contrario moto del fansue fi diltinguono in lei le vene dalle arterie, Quefte fi allungano fino alla punta dell’ allantoide ; ed anche più in là ; indi paffano in altrettante vene,le qua- li fucceffivamente componendo vafi più grandicelli, conduco- no anche un fangue più veloce alla bafe dell’ allantoide, dov* ella fi unifce al pulcino. In quefte vene il moto del fangué è continuato, ma nelle arterie seneratrici ‘è interrotto, 9 ciò che è lo fteffo, il fangue va a falti, La circolazione in queft'uovo ha durato due ore, e un quarto, I primi vafi ad arreftari fono ftati i più remoti al cuore, e i più profimi, gli ultimi. Tranne le eftreme die ramazioni, tutti i vafi rimafti fone fatolli di fangue, les) (do) YI 126 )Kkoa ESPERIENZA CXXVIK Ali ora medefima, Su di ur wovo. "Uovo è più avanzata nella covatura dell’antecedente» Ped Oltre a quanto ho ivi notato, vi fcoprole feguenti par- ticolarità, Una foltiffima ferie di vafellini arteriofi , e venofi attorno al pulcino, che prima certamente non apparivano, Un novello prodigiofa viluppo di andirivieni , di piegature, di finuofità vafculofe ;-in cui corre il fangue fenza fcema- mento di velocità, Una fpeflezza nelle membrane compo- nenti le quattro vene, per la quale omai fi pena a vedere la circolazione nel principio de’ loro tronchi, Un bellifimo color purpureo nel fangue, e una velocità forfe fuperante quella del fangue degli animali freddi, Finalmente una ri- marcabile celerità nelle ultime diramazioni arteriofe. Nella più parte delle arterie il fangue fi muove equabilmente, Sl 127 ha ESPERIENZA CXXVIIL Allora medefima. Su quatti uova, * Inutile l' efporre i rifultati di quel? efperienza, elfende 4 fomigliantiffimi a quelli dell’ antecedente. ESPERIENZA CXXIX, Giorni fei, Su di un uovo, Alla tefta del pulcino rifalta. una fpezie di bolla mezze trafparente,. la quale non è che il cranio. Della fua formazione parlano l’ Haller, ed. altri. E° tutta vafculofa ,; e ficcome trafparifce attraverfo. dell’ 2722/05, così è vifibile. in lei, almeno in parte, la circolazione, Scoprefi adunque un” arteria fpandentefi fovr' effa bolla in molte diramazioni, nelle quali corre il fangue. a piccole ondate: febbene di mano in mano , che affottiglianfi le diramazioni, lei ondate diventano meno fenfibili, Non ho potuto fcorgere dove le diramazioni arteriofe trafmutanfi in venofè, Trapelando ofcuramente molti vafi. fanguigni ful corpi. cello del pulcino, ho rotto l’amnios, con la fperansa di por terlì i 128 ko de i a’ x terli veder meglio, ma nell’operazione è ‘accaduto qualche laceramento di vafi.. Ciò noft otante-fu-di un fianco! reta» vano ille più di venti ramufcelletti venofi , che fi racco glievano in un tronconcelto ; il quale andava adoccultarfi den- tro alla pelle, La velocità del fangue del piccol tronco fu- perava di molto quella del fansue de'ramufcelletti, Dalla radice dell’occhio fino quafi alla pupilla cammina fu per il bulbo nericcio un 'vafo , ch'io ‘mon ho potuto dif. tinguere, fe fia venofo, 0 arteriolo. ESPERIENZA GXXX.! All’ ora medefima. Su'di un uovo, -TEI più groffode’ quattro tronchi venofi pet 1’ vpacità del ‘le membrane non'apparifce “più” circolo: rimane fol- tanto difcernibile ‘ne’ rami ‘e ne' ramufcoli. 0 Quelto licor vi-! tale ‘è rubicondifimoy e la fua celerità. maffima.? Il pul cito fi è internato nel ‘tuorlo, avendovi fatta una cavità! In vicinanza di queta “evvi un ingraticolamento di. minimi: vafi venofi, e ‘arteriofi, non ‘conducenti. la maggior. parte che ‘una linea di globetti; @ quelli. camminano. veloce= mente je cid che è ‘nuovo ; non oftante chel in qualche fito fieno diftanti l’ uno dall’ altro ‘per qualche: intervallo E minimi vafifono ‘ilindrici; e i globotti ne radone quafi le fponde, Vani si ao», yi cd Lonislug ib olisa L'im- (129 ip Corr ni L'impulfo del cuore non folo fi appalefa nel fangue de minimi vafi arteriofi, ma in quello eziandio de’ venofi, Rotto l’ 4722/05, ho meflo il pulcino allo fcoperto fen- za offenderlo. Scappano dal bufto quattro appendici, che al- tro non fono che gli arti dell’ uccello. Quefti arti fono tutti fegnati da menomiffimi vafi arteriofi, e venofi. Dalla punta di ciafcun arto fcaturifce una vena, la quale dirittamente ve- nendo giù per la lunghezza dell’ arto va a piantarfi dentro al corpo dell’ animale. La tefta, il collo, la fchiena, e la coda abbondano altresì di fimili vafi. Ed. anche in quefto dop- pio filtema di vafi accadono appuntino.i fenomeni già offer- vati ne’ vafi ombelicali. ESPERIENZA CXXXI sti Giorni fette. Su tre uova. E appendici attaccate. alla parte anteriore del bufto. co- minciano a veftir le fembianze di ali, e le attaccate all’ inferiore quelle di cofcie, e di gambe. I rifultati circa i va- fellini, in cui circola il fangue, fono gli ftefl, che quelli dell’ antecedente fperienza, a riferva che eflì vafellini fono& ingroffati, e che fe ne fono manifeftati parecchi altri, { ESPE- 2( 130 )}}a ESPERIENZA CXXXIL Giorni otto, Su di un uovo + A membrana, che ferra il tuorlodell’ uovo, ha i fuoi va» 4 {i proprj, come ha offervato I’ Haller, che manifeftanfi egregiamente, levati via gli ombelicali della ‘chiara. Anche quì è vifibiliffima la circolazione. Dopo un’ ora, e mezzo di attenta, e minuta offervazio- ne fcopro in quefti vafi tutte quelle fingolarità, che ho fco- perto nelle fperienze fopra enunciate. Tra il beccuccio dell’ uccello, e la bafe degli occhi fpic» cano due vefcichette, una per parte, corredate di due appen» dici, che fi eftendono fino al mezzo longitudinale del beccuc- cio. In una delle vefcichette {i aggira un’ arteria, che co’ fuoi flami ne velte la maffima parte. In tal fito il fangue fi muo» ve a fpinte fomumamente celeri, e frequentiffime. ESPE- È 131 }f- Colella BSPERIENZA CXXXETE Giorni nove. Su di un vovò, SU la membrana del tuorlo pulfa un’arteria d’ infigne pran- ‘ dezza; è il fuo pulfare è sì gagliardo, che la fimuove tut- ta. Sembra un verme, che fi contorca, e divincoli. Il fan= gue; che în lei corre velociffimo, vien cacciato a falti. L arteria nella diaftole non meno, che nella filtole rimane pie na di fangue. Su quefta infigne arteria, che è in gran parte fenza rami, fta attaccata, e come incollata una vena; in cui fcorre il fangue con ordiné contrario a quello dell’ arteria. Il moto del fangue della vena refta ocularmente turbato dagli urti continui, ch’ ei riceve dall’ arteria. Da quel’ arteria pub lula un ramo, due tetzì minore di lei, nel qual ramo è fpin- to il fangue con la velocità, che ha nell’ arteria, non oftan- te che il ramo faccia con lei un angolo poco.meno che retto, I 2 ESPE- Pi 132 ta ini ESPERIENZA !CZAXIV All’ ora medefima, Sa due uova, O fcopo era di vedere, fe più prefto lafcia di muoverfì il fangue venofo dell’ arteriofo. E però nella membra- na della chiara di un uovo ne ho fatto primamente |’ efame, ed ho trovato che no. A proporzione, che cala il moto del fangue arteriofo, cala il moto del venofo, e reftando quello, refta anche quefto . La fteffifima cofa fi è avverata nelle arterie, e nelleve- ne della membrana del tuorlo dell’ altr’ uovo. Nel languire il moto del fangue in quefte due uova, poteva comodamente efaminare un altro problema, cioè fe il fangue corra più forte lungo l’ alle de’ vafi, che alle paretz; ed emmi veramente paruto, che abbia nell’ affe un po più di velocità. ESPE. 238 133 )2 Crete ESPERIENZA CXXXV. Giorni dieci, Su tre uova. Otto l' ammzios, fulla lunghezza d’ ogni dito del pulcino roffeggia un filuzzo, che guardato col vetro fi trafmuta in una piccola arteria, che va fino alla punta del dito,e che retrocedendo fu per la parte oppofta del medefimo dito diven- ta vena. Quattro adunque effendo le dita, quattro fono le arterie, e quattro le vene; e quelte quattro vene unitefi poi in un gruppo ful collo del piede ne formano una più gran- de; che viene fu per la gamba. Il fangue di quefta vena cor- re per lo meno un doppio del fangue delle venine fubalterne, Per conto delle arterie le piccole ondate del fangue ar« sivano fino alle vene, ESs.B.ERLEN.ZA\CGXNXNVI Giorni undici. Su di un uovo, Ltre all’ efpofto nell’ antecedente fperienza, ‘è apparito fulle dita un tefluto di arterie, e di vene, 13 ESPE- SE 134 )ffo Ss ESPERIENZA CXXXVII. Giorni dodici, Su di un uovo. N vicinanza della pupilla dell'occhio fi manifeltano fre- quentiffime venofe ramificazioni, da cui nafce una vena, che va alla fteffa pupilla. Molte ramificazioni fono ftagnan- ti, ma la vena non lafcia di correre, e con più celerità di quello facciano le ramificazioni non iftagnanti. Tra un occhio, e l'altro evvi un diavolìo di vafetti cu- tanei, in alcuni de quali è immobile il fangue, e in altri va lentamente. Tanto al difopra, quanto al difotto del foro dell’ orec- chio, che è già formato, non isfuggono la vifta una mano ricchiffima di vafellini. AI difopra fcaturifce dall’ interno della pelle un’arteria, che fottilmente fi dirama in molti fi- lamenti fulla telta del pulcino, ne’ quali non lafcia di veder- fi P impulfo del cuore. AI difotto fi prefenta una farraggi- ne di venine, che raccolsonfi in un tronco, il quale all’ in- sù piegando nafcondefi fotto del collo. Non oftante un'ora, e tre quarti, da che è aperto l'uovo, per queflto tronco non corre il fangue, ma precipita. ESPE. wi 135 a Ce nn ESPERIENZA CXXXVIII, Giorni tredici. Su di un move. Vafi ombelicali al di là dell’angolo ottufo, dove foglio- no, come dicemmo, trar l’ origine ( E/per. CXXIII.), fi erano tanto d'ogni intorno allargati, che occupavano già la parte oppofta dell'uovo, offia l'angolo acuto. Defiderofo pertanto d’efpiare il circolo eziandio da quella parte, quivi aperfi l’ uovo, e trovai fubito fa la cima tre vene conducen- ti il fangue all’angolo ottufo . Erano tutte e tre per un pezzo di ftrada fenza rami, ed ivi il fangue non accelerava il moto, ma l’accelerava bensì dove entravano nelle vene non fo quante diramazioni. Fatta un'apertura più grande all'uovo, faltò fuori una efile arteria, che ripiegando generava una vena, la quale andando al cuore fenza rami, confervava una direzione pa- rallela all’arteria. Il movimento di quefti due vafi era ugua» liffimo, e feguitò ad efferlo per tre quarti d'ora; indi nell’ arteriofo cominciò a conofcerfi la fpinta del cuore. Quefta fu la prima volta, che vidi bolle aeree ne’ vali. del pulcino. Dall’interior parte di un ramo di vena ne efci» va fovente una gallozzoletta, che rapita toftamente: dal fan» gue, veniva portata dentro a' rami maggiori, e da quefti al tronco venofo, dentro al quale viaggiando traluceva quanto 14 | ba- DÎS( 136 )îka nt E° baftava per lafciarfi vedere, quantunque non vi fi fcorgeffe, per l'opacità del tronco, fcorrere il fangue. ESP\MEREENZ0AVCXXXIX. Giorni quattordici. Su di un uovo, eri bufto del pulcino non è più fperabile di vedere il cir= » colo, perchè omai fpuntano in ogni parte le penne. So- lamente ful collo ancor nudo vedefi pelle pelle un maffimo vafo, in cui va il fangue velocemente al cuore, ancorchè il pulcino non manifefti più elternamente d'effer vivo. Il fan- sue di più vafellini fi fcarica in quelto gran vafo, e nell’en- trarvi nulla perde di velocità, non oftante che i vafetti non agguaglino in groffezza nemmeno la cinquantefima parte del valo. ins! Pas Ai due lembi della parte inferiore del beccuccio fonovi due vene, che con pigro movimento fcaricano il fangue al capo. Aperto il beccuccio, fulla parte inferiore, e fuperiore della bocca ferpe un affollamento di piccoliffimi dutti, che appena fi fa diltinguere fe fieno venofi o arteriofiy per la fentezza grandiffima, che hanno nel muoverfì . «Sul piano della lingua ve n° ha pur altri affaifimi, ma ignoro la lor natura, per eflere ftagnanti. | ESPE- Si 137 ikea ESE EbRIbENZ Aa: CAL Ali ora medefima. Su di un uovo. Evata quafi la metà del sufcio dalla parte dell'angolo acuto, pulfa fu la membrana, che vefte il tuorlo, una groffifima arteria, e pulfano contemporaneamente due rami, che nafcon da lei. Ma il circolo per l’opacità delle mem- brane non è vifibile, che ne rami. In loro: le accelerazioni del fangue cagionate dall’impulfo del cuore fono frequenti a fegno, che appena può l’occhio fegnarle. ESPERIENZA A CX L\L Giorni quindici. Su di un uovo. Ell’aprirlo per una cafuale lacerazione di val, è nata della confufione nel fiftema vanofo, e arteriolo. In pa- recchi vafi ombelicali ftagna. il fangue,. in altri ofcilla, in quelli ha molto lento, in quefti preftiffimo, e in alcuni re- trocede. | ‘Nel pulcino, oltre al non poterfì più fcorgere il circolo ful corpo per le penne fopravvenuteci, è impoffibile ezian- dio o 138 kn sense ei dio lo fcorserlo o lungheffo le gambe, o iulle dita, per ef- ferfi internati i vafi, e quafi feppelliti dentro alla pelle. ESPERILEN ZA IGXLIIR Giorni fedici . Su di un uovo, TYEntro a due vafi venofi affai grandi, che dalla parte ottufa dell'uovo ferpeggiano fu la membrana del tuor- lo, fen vanno rapidamente alla regione del cuore varie gal lozzolette di aria, quantunque per l’apacità de’ vafi non vi fi difcerna il correr del fangue. Per la rottura di alcuni va» fi fi è fatto dello fpargimento di fangue. E S:PERIE:N 4 A GXLBL Giorni diciannove e mezzo. Su quattr uova . Vafi ombelicali effendo fu gli ultimi giorni della covatu- ra attaccatiffimi alla pelle, clte immediaramenee fta fotto” il gufcio, fi rompono quafi tutti, volendo levar quefta pelle. Si può però ovviare a untaldifordine col parcamente bagnarla con acqua tiepida. Allora fi ftacca agevolmente fenza rottu- ra di vafi, Sebbene ne’ tronchi, e ne rami principali, come è già od 139 Jia Tini è giù notato, è impoffibile l’ offervar più la circolazione. Si ftenta anche a vederla ne’ ramicelli capillari. Non l'ho mai trovata sì veloce. Ad onta però di tanta velocità i globetti non hanno altro moro , che quello della corrente. ESPERIENZA GXLIV. Giorni quattro. Su cinque uova di gallina d' India . Ue cofe trovo in quel’ uova che non fi offervano in quelle di gallina noftrale. L’ una, che le arterie ombe- licali non fono coperte dalle due vene ( E/per. CXVII. CXVIII.) ma fono da loro feparate in maniera, che fi vessono diftin- tamente Je quattro correnti, due che partono dal cuore, € due che ritornano a lui. Quefti quattro vafi fono di egual diametro. La velocità nelle vene è più grande ove fono più proffime al cuore, e nell’ arteriere fta interrotta da continui falti. L’ altra cofa è, che la fpinta del cuore fi rende paten- tiffima in tutte quante le venuzze, che nafcono dal ripiega mento delle arterie al cuore, quantunque tali venuzze fieno di un numero innumerabile. Solamente fecondo che effe più f avvicinano a lui, la fpinta diventa minore. ‘ SE- SI 140 )E SEZIONE QUINTA. De' FENOMENI DELLA CIRCOLAZIONE OSSERVATA NEL Gf» RO UNIVERSALE DE' VASI NEI GIRINI, COMINCIANDO DAI PRIMI GIORNI, CHE NASCONO, E PROSEGUEN- DO FINCHE’ ASSUMON LE DIVISE DI RANE. E SPE RIE NUZAA SCXLV Giorno fecondo, da che fono nati. (*) Re Embran formati come di due pezzi, cioè d'una coda piatta, e lunghetta, e di un piccol globo, che di- rebbefi il capo, e che chiameremo con tal nome per fervire alla brevità, quantunque oltre al capo ei rinchiuda l’ intiero bufto dell’ animale. La circolazione non fi manifefta per anco all’ Offervatore, ma cominciafi però ad avere qualche fofpetto delle vibrazioni del cuore. Dentro adunque. alla fuperior patte del capo trafparifce co- me un punto, che continuamente fi muove, fenza conofcerfi però nè che fi reltringa, nè che fi dilati, anzi fe non fi mo- velle, la fua trafparenza lo occulterebbe alla vifta. Nel primo giorno non emmi ftato poffibile di fcoprire il moto di cotal punto. È SI (*) Per avere a miadifpofizione abbondanza di girini, met» to a nafcer le uova in vafi riempiuti fino a una data altezza d’acqua fontana : e nati che fono li nutrico con lente paluftre fovrappofta all’acqua, cibo che è loro gratiffimo . Così crefco- no fino a fvilupparfi in ranine, non avendofi altra briga che mutare di tempo ia tempo |’ acqua, e la lente, o 141 )a A ei LO ata — e Si fa, che i girini trafportati fuor dell’ acqua perifcono, Vegli efaminava dunque dentro col riporli in un criftallo da orologio provveduto della fua acqua. pi PibROBBONSZ A SCXLVI: Giorno terzo. L moto è anche più fenfibile, ma feguita il punto a re- {tar trafparente , BiohP.E-RIEN ZANGLLVIT Giorno quarto, A trafparenza non è più coftante, voglio dire che fe nello ftante 4 il punto moventefi è trafparente, nello ftante confecutivo 4 rimane tinto legseriffimamente di roffo, FSRERITENZA CEEVTEL | Giorno quinto, D Icorrendo ad una lente molto acuta fi ravvifa che il les- geriffimo roflo deriva da un piccol gruppo di globetti fanguigni efiftenti dentro al punto moventefi, prefentemente *ggrandito, del qual gruppo qualor fi fpoglia rendefì trafpa- renze. Non v' ha dunque più dubbio alcuno, ch’ egli non fia il cuoricino dell’ animale. ES: Pi 142 #) riniamoerrtiA eana ESBERTE NZ AC ORE Giorno fefto. a: già le branchie, ed è appunto in effe dove ho cominciato a vedere la circolazione del girino. Ciafcun ra- mo di branchia ha ne’ contorni due vafi comunicanti, l’ uno arteriofo, che dall’ origine del ramo va fino all’ eftremità; e l’ altro venofo, che dall’ eftremità del ramo torna all'origine. Il fangue vi fi muove interrottamente. Di fubito fi arrelta nell’ arteria, e nella vena, e un momento dopo torna a muo- verfi. Le alternative del muoverfi e dell’ arreltarfi fono pe- riodiche. Somigliano ad una ruota, che ad ogni tre, o quat- tro giri fi fermi. Cotal periodo nafce evidentemente da quel- lo del cuore. Pofciachè fiffato l' occhio a un tempo fteffo fu di una branchia, e ful cuore vedefi che nell’ atto, ch'egli fi fpoglia del fangue, fi anima il circolo dentro alla branchia, e muore effo circolo , allorchè fe ne riempie. Il fangue delle branchie è bianco, o piuttofto di niun colore. Confrontatine i globetti con quelli del fangue delle ra- ne adulte, li trovo dell’ ifteffa grandezza, e figura, cieè ova- ti. Movendofi dentro alle branchie fono per lo. più diltanti poco, o affai l uno dall'altro. ESPE- (143 Va ne te E.SP.E:R/EEN-ZA CL Giorno ottavo (*). O fteffo che nell'offervazione antecedente, fuori dello fviluppo maggiore delle branchie, e del trapelare qual- che confufo indizio di circolazione nella coda. ES ERRI E Wes GLlb Giorno decimo. I Giri di quella fpecie di ruota ( E/per. CXLIX.) fi com piono in un tempo più breve, e ai lati della coda più ri» gagnoli menano fangue, ESPERIENZA. GLIL Giorno decimo fecondo. Ominciano a perderfi le branchie. Tal girino non ha che la deltra, e tal’ altro che la finitra. La ruota do- © po que non fo quanti giri non fi fofferma più, ma fi muo: ve (*) Quantunque nelle Ricerche fopra i girini mon abbia ommeffo di offervarli tutti i giorni, pure faria ftato inutile il raccontar le Offervazioni, di ciafcun giorno, effendovene ftati parecchi, che non mi hanno otterta veruna particolarità . Quin- di è che nel reftante delle Sperienze paffo fopra a molti giorni di mezzo, commemorando quelli foltanto, che ha trovato in- tereffanti ai Problemi, che efamina. Di 144 a rre—_————=ee© ve foltanto con più lentezza. I rigagnoli ai lati della coda fono più manifefti, e fcoperfi altri effere arteriofi, altri ve- nofi. Ma oltre ad eflì comincia a diftinguerfi un’ arteria dal- la metà in giù della coda, la quale arteria va quafi fino all’ apice , poi. ripiegando trafimutafi in vena, che va. all’ insù per la coda con direzione preffochè parallela all’ arteria, e tanto quella, quanto quelta fono locate a poca diftanza dal tanto longitudinale ‘della coda. Ed è appunto da effe, che derivano i menzionati rigagnoli. Le chiameremo maffime, e perchè rimpetto ai risagnoli fono veramente tali, e perchè danno e ricevono, come vedremo, tutto il fangue fpandentefi ai lati della coda. La più parte dei rigagnoli non conduce di fronte, che un globetto ; e ciafcun globetto è ordinariamente ditante dall’ altro per lungo intervallo, Nella fiftole del cuo- re tutti i globetti viaggianti nelle venuzze, e nelle arteriuzé ze accelerano il moto, e nella dialtole lo rallentano. Lo ftefo è di quelli dell’ arteria maffima, e del principio della vena pur maffima. Diffi del principio, giacchè mano mano che la vena progredifce fu per la coda, il lei fangue va per- dendo la difuguaglianza di velocità. Ma oltre alla coda fi appalefa il circolo in certe vene, ed arterie radenti i lembi del capo, e colà pure faltano agli occhi i rallentamenti del fangue nella dialtole del cuore, e gli acceleramenti nella fiftole, sia Il cuore batte fpefliMfimo. Adeffo fi difcerne meglio il fangue nella fua cavità, Quando egli agifce ne ritiene deritro. di fe buona parte: quindi è che non perde totalmente il rofiore : quando poi fi rilaffa, s° empie a ribocco di fangue, e allora crefce il fuo roflo. ES- SH 145 Va IA ESP ERIENIZA: CLIEL Giorno decimo quarto. Due vafi maffimi della coda fono per ogni parte erefciu- ti, e a proporzione è crefciuto in effi il fluido albergatore. Maggior numero di vafi fi offre ai lati della coda, e ne’ con- torni del capo. Molti di quelli, che non davan rieetto, che ad una linea di globetti, prefentemente la danno a più linee. Nell’ arteria maffima appena fi riconofce più inegualità di mo- to nel fangue. A dir poco la velocità del circalo è doppia de’ primi giorni. | i ESPERIENZ®@ CLIV. Giorno decimo fefto. L fangue ne’ vafi fubalterni feguita ad effere trafparente, ma ne’ due maffimi dà qualche indizio di roffo. Dà pure un fimile indizio, fe recifa la coda, o la tefta, efca da’ vafi, e raccolgafi in qualche fito. Volli efaminar quefto roifo a luce refratta. Sparì intera- mente, e vi fottentrò il colore giallaltro. Di 146 )ia Tarare ESPERIENZA CLV. Giorno decimo ottavo. Due vafi maffimi fono omai vifibili per tutta la lunghez- za della coda. Il punto in cui s' imboccano è vicino: all’ apice di lei, ed ivi formano un angolo acutiffimo. Quindi è che all’accoftarfi all'origine della coda vanno continuamente divergendo. La velocità in entrambi è crefciuta, nè più vi fi riconofce l’ acceleramento nato dalla fiftole del cuore. Cotal velocità non è però la ftefla per tutta l'arteria, e la vena maffima. Secondo che l’ arteria fi accolta all’ apice della co- da, e difpenfa una porzione di fangue a' vafetti laterali, per- de di fua velocità, Bò che dove fi anaftomizza con la vena, la velocità in lei è minima. Minima pure è quivi la veloci- tà della vena compagna, ma a proporzione, ch’ effa innol- trafi fu per la coda, e che riceve il fangue dalle vene fubal- terne, fi va accrefcendo la velocità, che diventa grandiffima all’ origine della coda, come in quel fito è pur grandiffima quella dell’ arteria maffima. Prefe diftanze eguali, il diame- tro, e la velocità della vena, e dell’ arteria fono eguali, Il fangue ne’ due maffimi vafi quafi fomiglia alla lava» tura di carne. ESPE. i 147 ila LSPERLENZ A ELU Giorno ventefimo fecondo. A qualche tintura roffigna del fangue, oltre ai vafi maf- -4 fimi, ha luogo ne’ medii, e ne’ minimi, quantunque meno. Ne’ giorni antecedenti ( E/per. CLII.) eravi per lo più ne vafellini uno fpazio grande tra un globetto, e |’ altro: adeffo il numero de’ globetti è crefciuto sì, che la maggior parte fi toccano. Il reitante dell’offervazione non differifce dall’ antecedente. EsS'P'B5:R DEN Z ATCLVER Giorno ventefimo felto., *Girini in lunghezza, comprefa la coda, oltrepaffano, la quarta parte di un pollice, e guizzan nell’ acqua con incredibile vifpezza. Il cuore, le cui battute fono fpelifi- me, fe fi efamini con lente dolce, apparifce fotto afpetto di corpicello roffo, ma più roffo quando fi dilata, che quando fi reftrigne. Efaminato pofcia con lente acuta vedefi , fecon- do il folito, effere Sa fua cavità abbondantiffima di fangue nella diaftole, e meno abbondante nella filtole. Ad onta del battere frequentifimo del cuore, il fangue nell’aorta (giacchè quefto vafo è adeffo vifibilifimo ) noncor-, K 2 re DI 148 )Ma re fesuitamente, ma ad ogni dialtole del cuore momentanea» mente fi arrefta. Allora il vafo riftrignefi alquanto, reftando però pieno di fangue. L' arreftarfi per altro del fangue, non ha luogo che nell'aorta, continovato effendo il fuo correre nell’altre arterie, andando folamente più forte in alcune, co- me nell’ arteria maffima della coda. Per vedere diltintamente il fangue dentro al cuore, e all'aorta, fa meftiere, che l’animaletto dentro all’acqua ftia fupino, e che quelti due ricettacoli a fangue fieno grande mente illuminati per difopra dall'immediata folar luce. Già gl’integumenti del torace fono abbaftanza diafani per lafciare penetrar colà dentro liberamente la luce. ESPERMIDE N ZA LCVICE Giorno trentefimo. ] ai Utto il filtema arteriofo, e venofo è crefciuto in velo- cità. Secondo che ingroffino i vafi; il roffo del fan» gue diventa più intenfo, E’ però lontano ad avere quel rofio allegro, che è proprio del fangue delle rane, e di altrettali animali adulti. ES (149 Mpa ESPERIENZA: GLIX Lo ftelfo giorno. Uantunque, eccetto l’aorta, continuato fia il correr del E fangue ne'vafi arteriofi, diventa però interrotto, cioè men veloce nella diattole del cuore, fe l’animale fia eftratto dall'acqua. E le interruzioni di velocità fi propaga no alle vene, anche a quelle di pochi, o di un fol glce betto. Recifa la coda, e raccolto quel poco di fangue, che ge» mica dalle boccuccie de'due vafi maffimi, non rinvengo di» vario alcuno tra l’arteriofo, e il venofo, fia nel colore, fia nella facilità del coagularfi. ESPERIENZA CLS Giorno trentefimo quinto, Due vafi maffimi della coda, a volerli prendere nell’ine tiera lunghezza rapprefentano due ftrettiffimi coni, ma confideratine i fegmenti tra ramo, e ramo fono cilindrici, La fteffa figura cilindrica rifcontrafi ne'vafi fubalterni. Ho riveduto quanto notai di fopra ( E/per. CLVII,) in- torno al cuore, e all’aorta. Contraendofi adunqgue il cuore, | efpelle una porzione di fangue nel canale dell’ aorta, il qual eanale in quel tempo fi allarga, e un'altra porzione aflai KR 3 con DIS ( "Tso a n en] confiderabile ritiene dentro di fe. Quindi è, che il cuoricino ad occhio ignudo guardato non fi fpoglia mai del fuo roffo, purchè l animaletto feguiti a ftarfi nell'acqua. Ma fe ne ven» ga eftratto, di lì a non molto sfuma quel colore, ed in fine fvanifce: e fi penerebbe allora a trovare il cuore, fe non feguitaffe le fue battute. Non è già, ‘che quella privazion di colore fia cagionata da total privazione del fangue, giacchè ricorrendo alla lente vi fi trova ancor dentro, ma vi fi tro- va sì fminuito, e per confeguente sì dilavato, che la vifta inerme non è capace di aggiugnerlo. ES PERTEN ZA GEXI Giorno quarantefimo. Eduto la grandiffima velocità de’ due vafi maffimi della coda, ho voluto confrontarla con la velocità del fan- gue di una rana adulta, e pefcata allora. Il confronto è fta- to fatto ful tronco arteriofo del mefenterio, uno di que’ vafi, in cui nelle rane circola il fangue con più celerità. La len- te adoperata nel doppio efame era la fteffa. Per quanta at- tenzione vi abbia pota, non ho faputo trovare’ difcrepanza fenfibile tra quelte due velocità. Adeffo i girini non fono niente maggiori di un pifello. Ho voluto fapete quante volte in un minuto primo pul- fa il cuòre de’ girini, e quello delle rane. In: quefte ‘non fo- no ftate le pulfazioni maggiori ‘di 49., nè minori di 44. In quelli giunte foro quando alle 60. quando alle 63. e in ta- lune i] LI luno fino alle 63. Si è procurato che gli uni, e l° altre per- duto non aveflero punto di loro vivezza. ESPE RIENZ AGLXIL | Giorno cinquantefimo, i Uantunque la roffezza del fangue fi eftenda da qualche Mi ira atutti i vafi, confrontandola però, dov’ anche è più carica, con la roffezza del fangue di una rana, vedo, che al paragone ci perde. B SPrER:PE-N, Z;AGLXILL Lo fteffo giorno. (dh fangue delle rane non pafciute fmonta da quel fiore di roffo, che ha quando fon fane. Veduto lo abbiamo altro- ve [Sez. prim.]. Curiofo adunque di fapere fe accadeva lo fteffo ne’ girini, ne obbligai non fo quanti a reftarfi digiuni per quindici giorni. Il color roflo diminuì a fegno, che non era più riconofeibile ne° vafi minori. Profeguii a tenere i gi- rini in quello ftato per altrettanti giorni. Appena i due mafe fimi vafi della coda mofttavano, ove fono più larghi, una lieviffima sfumatura roffigna. Il rimanente de’ vafi conduce va un fangue di globetti trafparenti. I girini ridotti erano a tale paurofa magrezza, che forfe non arrivavano più a una metà del primiero volume . K 4 ES (152 )ilka [aree ee iran ESPERIENZA CLXIV, Giorno feffantefimo fecondo. Bucciano già le due gambe pofteriori co’ loro piccoli di- ti irrorati da vene, e da arterie, preffo a poco come veduto abbiamo nel pulcino. | La coda è giunta a tale d’ ingroffamento, che dalla me- tà in fu non lafcia omai più difcernere | arteria, e la vena. maffima. Solo fi difcernono, e in numero fopraogni efpreflio» ne grandiffimo, i vafi laterali, per effer ivi la coda men craf- fa. Il fangue che li riempie, porporeggia quafi come quello degli animali già fatti. ESPE:R:I ENCZ A JMUGLAM Giorno fettantefimo primo. Girini oltre le gambe pofteriori mettono anche le ante- riori, ma lacoda, anzi che crefcere, comincia a corrugarfi all’ eftremità,, e a sformarfi, e con effo lei i vafi in gran par- te fi cancellano. Il fangue, quanto al colorito, pareggia onhinamente quel= lo degli an@mali adulti. ES- E 153 #2 Ct e ES PERLEMNZA €CLXVE Giorno ottantefimo. A coda in alcuni girini fi-è difeccata fino al di là del- la metà; in altri del tutto; e parecchi gittata via la mafchera di girini apparifcono rane belle e formate, che non potendo più vivere del continuo dentro all’ acqua cercano di fcappare dai vafi col favore delle crefciute sambuccie. Il fangue mefenterico, e polmonare non la cede punto nella vivezza del roffo al fangue delle fteffe rane in età ma- tura, È RI- f ‘ ( Li 0% ; È - \ di I \ ( x i vi; 4 Ki, Tr . 4 P # Neo, Jef Eur Sale 140 SO Guk. i SESSI, ius Mb; pura rai if ùi “A { jr U ' SH Lì 1 > Li NT + xe ‘ ' p sn DISSERTAZIONE SteE iN èD4,A DE FENOMENI DELLA CIRCOLAZIONE OssERVATA NEL GIRO UNIVERSALE DE VASI. ESPOSIZIONE ANALITICA EER SERE ek DEDOTTI DALLE SPERIENZE DELLA PRIMA DISSERTAZIONE. giu 5 o na, ail Lu ù i i 1 magi o vt cretatta” uitvi “sno PI Avtea 14) 21 sf o) N co SIRIA RIINA (PISANO i ;Iuorra TRIO AMD Aa i Ì ò | ue li Mae Ù } E. PRA È l PROT AD A A % 41% i Ì tal x . Ù | Ta ch x (e Ù di u 4 ' “ 4 I NI ' È J J Po * vaio SU» Eder As ES DEELALE(:S BEBE N ZE DELLA PRIMA DISSERTAZIONE. E AIA ’ A maravigliarfi dei tanti contrafti circa l’ abbrevia- ì 9, > merito del cuore, allorchè fi contrae. La telti € imonianza dell’ occhio negli animali fingolarmen- te freddi, quali fono le falamandre, i tfamatri, » 9 ’ le lucerte, e le rane degli alberti, ci afficura sì fattamente ’ g ’ dell’ abbreviarfi del cuore nella filtole, e dell’ allunearfi nel- $ 5 la diaftole, che luoso non lafeià al minimo dubitamento ( E/- per. 1.2.). E però a ragione poffiamo corichiudere con l’Hal- ler, e con altri valenti moderni foftenuti da numerofifime, ed > > efattifime Offervazioni, effer quefta la lesse univerfalmente , q 95 praticata dalla Natura, almeno in quella interminabile fchiera di animali , che hanno il cuore formato a cono, 0 a piramide, LL Ltra lesse non meno univerfale fembrà pur quella, che - gli animali rinferrino fempre nello ftato di fanità una da- ta copia di linfa dentro alla borfa del pericardio, L° Haller lo Dil 158 )ikua "i lo fa vedere con una ierie lunghiffima di efempli, ed altret» tanto dimoftrano le mie fperienze ( E/per. 2.). LAGL He il cuore nella filtole fi voti del tutto, o quafi del tut- to di fangue, cerca di provarlo l' Haller nella fua gran- de Fifiologia e con la ragione, e col fatto. Con la ragione, conciofliachè fe allora vi rimaneffe dentro qualche notabile quantità di fangue, ne nafcerebbe un perpetuo irritamento, che tenendo in continua azione il cuore, non gli permette- | rebbe di reltituirfi al naturale rilafamento. Col fatto, aven- do egli offervato, che il cuore delle rane coprefi altamente di pallore nella fiftole; il qual pallore non può nafcere, che dalla privazione del fangue, giacchè fe dentro ve ne rimanef- fe qualche confiderabil porzione , quelta non potrebbe a me no di non rofleggiare attraverfo alla bianca ‘carne del cuore. Lo fteffo riferifce del pulcino nell'uovo, ed avverte effere ben raro, che il fuo cuore non perda interamente nella filtole la roflezza, Le mie fperienze ful cuore delle lucertole, de’ ramarri, e del pulcino non difcordano dalle halleriane ( E/p. 3. 115.) Ma fono ben difcordanti le altre, che concernono le falaman- dre, e le rane degli alberi, avendo io fempre veduto confer- var nella fiftole il loro cuore una fenfibile tintura di roffo, a condizione però, ch' elle non foffero infermiccie ( E/per. 3. 25.). E che quefto roffo fia veramente un effetto del fangue ehe ritiene dentro di fe, lo manifefta la punta del cuore tron- ca- is( 159 ka i = cata in ful finir della fittole, dalla qual punta in quel mo- mento fsorga il fangue, nè in copia cotanto piccola (E/per4.). Con le falamandre, e con le rane degli alberi vanno di concerto i girini. Il roffore del lor cuoricino è permanente , e folo è men vivo nella filtole, che nella diaftole ( E/p. 152. 157. 160.). La picciolezza di lui non permette l’ efperimen- to del taglio, ma in contraccambio ce ne offre un altro non men decifivo. Effendo allora trafparenti le fue pareti, l’ oc- chio ha il vantaggio di potere veder dentro alla fua cavità, e vede con diftinta chiarezza come nella diaftole vensa riem- pito da un piccol nuvolo di globetti fanguigni, che il cuore efpelle in parte nell’ entrante fiftole, ed in parte ritiene WED: 157. 160,;) Non fi può adunque ftabilire in generale, che il cuore degli animali fi fpogli interamente, o quafi interamente del fangue qualunque volta foggiace a riftrignimento; e quindi bifognerà pur dire, che quella porzion di fangue, che allora ci rimane, non produca |’ irritamento, di che teme il Sig, Haller, poffente cioè a difturbare il reciproco ritmo del con- trarfi, e del rilaffarfi del cuore, E a quelto propofito non è da negligerfi una particolarità, L’ irritabilità del cuore è mag- giore, come evidentemente dimoftra quelto Fifiologo, negli animali più giovani. Sembrato adunque farebbe, che il loro cuore, fingolarmente effendo nati di frefco, dovuto aveffe nel- la filtole compiutamente fsravarfi del fansue, la qual necef fità pareva che non ci foffe, effendo già adulti, poichè il cuo- re per la fminuita irritabilità non doveva effer sì facile a ri fentirfi dalla ftimolante forza del fangue, Eppure in realtà fuc- DI 160 )kan fuccede la cofa a rovefzio , conciolfiachè il cuore delle rane fotto afpetto di girini non rimane mai fpogliato di fangue, come ho già moftrato, ma bensì ne rimane fpogliato quando le fteffe rane crefciute fono in età, come aveva provato l' Hal- ler, e come ho veduto io pure. Tanto egli è vero, che in Fifica i raziocinii in apparenza i più giufti poffono indurci in errore, fe ci lafciamo fcappar di mano ij preziofo filo dell’ Efperienza. PI; Omunemente viene ftabilito dai Fifiologi che le arterie rimangono piene di fangue non folo quando fi dilatano, ma anche quando fi riftringono, appoggiati fingolarmente al faci- le efperimento di un’arteria vulnerata, che fubito fpiccia fangue, o fi ferifca nella diaftole, ovvero nella fiftole. La teftimonianza dell’occhio fenza offender punto le arterie mi ha viammaggior- mente convinto in tal verità (E/p.12.14.13.21.20.45.133.157.). Una fola eccezione mi fomminiftra l’aorta immediata al cuo- re nelle falamandre. Non parlo dell'aorta immediata al cuo- re nelle rane, nelle lucertole, e ne’ ramarri, che non è fpe- rabile per l’ opacità delle membrane vedere il moto del fan- gue cacciato in quefto gran tubo dalla potenza del cuore. Qualora pertanto l’aorta delle falamandre fi dilata, riempiefi tutta di fangue, e quando fi riftrigne, ne ritiene una piccola quantità, purchè il circolo fia in pieniffimo vigore, altrimen- ti fe ne fpoglia totalmente, come appare dall’ eitrema fua pal- lidezza, e dal niun fangue, che efce dall’aorta tagliata, fe re- recidafi nello {tato di contrazione (E/p. s. 6. 7. 8. 9. 10.). Non ne viene però da quefto, che l’aorta cormtratta re- fti neceffariamente priva di qualunque liquore: è anzi più che probabile, che quel poco di cavità, che le rimane nella‘ con- trazione, (giacchè emmi fembrato che non fi reftringa mai tanto, che le interne pareti arrivino a toccarfi) fia riempiu” to dalla linfa invifibile, in cui nuotano i globetti fanguigni, giacchè la prefenza della linfa ne’ vafi delle falamandre è cere tifima, come vedrafli più abbaffo. Così da una linfa analoga congettura con folido fondamento il Fifiologo di Berna, che riempiti fieno que’ vafi arteriofi nelle rane da qualche tempo digiune, che fono a giudizio dell’ occhio o privi in tutto, 0 maffimamente di fangue. V. A Mmefo dai più de' Fifiologi, che l'onda fanguigna po- fteriormente cacciata dal cuore corra fempre. più forte dell’ onda antecedentemente cacciata, fi inferiva che il moto del fangue ne’ vafi arteriofi non doveva. effere equabile, ma più veloce nella fiftole del cuore, che nella diaftole. Ma co tal pretefa difuguaglianza di moto non andava d' accordo con l equabilità del correre offervata. già da ‘alcuni nel fanigue delle arterie mefenteriche delle rane. Non ci voleva meno dell’ infpezione oculare in. tutto. il giro delle arterie, cominciando dal cuore, e progredendo! fino. al terminar delle medefime, pet mettere in chiaro la diver fità dei movimenti del fangue ne? diverfi fiti delle arterie, L Pren- i 162 )fn t_T__0_c"P[{gy9c Prendendole adunqgue dal luogo, ove cominciano, cioè dal cuo- se, veggo che nel gran canale dell’ aorta il moto del fangue non folo non è equabile, ma interrotto da fenfibili momenti di quiete, talchè ad ogni diaftole del cuore lafcia il fangue momentaneamente di correre, e ad ogni filtole ripiglia il mo- to: e tali momenti di quiete fono più, o meno lunghi fecon- do il maggiore, o minore fpazietto di tempo frappofto al fi- nir. della filtole, e al cominciar della dialtole. La medefima fpezzatura di moto nel fangue coltantemente offervo nella fu- perior porzione dell'aorta defcendente; ma nella porzione in- feriore, che guarda la coda, veggo cangiarmifi fcena, fmi- nuendofi infenfibilmente, ed in fine togliendomifi dall’ occhio que’ momenti di quiete, di maniera che preffo le radici della coda il moto del fangue nell’aorta defcendente lo fcopro con- tinuato, e folo più celere nella fiftole del cuore, che nella diaftole. Sebbene la difesuaglianza di velocità fi viene a to- gliere nelle arterie medie, quali fono le polmonari, e le me- fenteriche, divenendo il moto equabiliffimo, giudice il fenfo. E quefti tre diverfi periodi dell’ inftantaneo fermarfi del fan- gue arteriofo in una porzione de’ vafi maffimi, del correre inegualmente nell’altra porzione, e dell’andare com equabili tà di movimento ne’ vafi medii, mi fi manifeftano nelle fala- mandre, nelle rane acquajuole, e degli alberi, ne' ramarri, e nelle lucertole (E/p. 9. 10, 12. 13. 14. 15. 19. 24. 42. 45-)« Si vuole folo avvertire, che l’ equabilità del correre del fangue nelle arterie medie dura finchè gli animali feguitano ad eflere nel pieno di loro forze; ma cominciando ad infiac» chire il circolo, quivi cangia di afpetto, reltando men veloce nel- on i Sei nella diaftole del cuore, che nella filtole (E/p. 42. 45.). L’o- ricine del qual cangiamento nafce, cred'io, dall’arreltamento del fangue nella più parte de’ vafi minimi, qualunque volta l’animale è di forze proltrate, mediante il quale arreltamen- to l' onda anteriore, offia la più lontana al cuore non ha più quella facilità di fpingerfì avanti, che aveva prima, e quindi rima» ne fuperata nella velocità dall’ onda di frefco cacciata dal cuore. Non è però, che l’ ineguaglianza del moto nel fangue delle arterie medie non derivi talvolta da altro fonte, cioè dal non potere il cuore liberamente giuocare, ( E/p. 18. 27.) VA Uantunque fia più che probabile, che la diverfità dei tre 10) periodi fopraddefcritti abbia luogo in ogni maniera di animali, c'inganneremmo però a partito, fe credeffino, che aveffe pur luogo in ogni età loro. Ne' primi giorni del lora nafcere la cofa è diverfifima , anzi mano mano, che in que’ primi tempi fi va fviluppando l’animale ,i fenomeni del muo- verfi del fangue arteriofo cangiano eflenzialmente. Accennia- mo il variar di quefti fenomeni come fono ftati da me fcos perti nel pulcino, e nei girini. Prima dei due giorni della covatura la. circolazione in tutte le arterie è piena di momenti di quiete. Al contrarfi del cuore la maffa del fangue fi eccita al moto, defcrivendo, ne’ vali un cortiffimo tratto. di ftrada: indi improvvifamente fi arrelta, e non torna a fcorrerne un altro tratto, che all’ inforgere della nuova fiftole. (E/p. 115.) Laz Tra (164 ka [* cu Trafcorfîì poco più di due giorni proiegue il medefimo arreftarfi, e il medefimo muoverfi, fe non che lo fpazio di firada defcritto dal fansue moventefi è maggiore. ('E/p. 116.) Nel terzo giorno non fi conofce più l’ arreftarfi del fan- gue. Il moto è continuato, e folo è più lento nella diaftole el cuore, che nella filtole. (E/p. 117) Nel terzo giorno e mezzo la velocità è crefciuta, e fo- fo è minore nella dialtole del cuore. ( E/p. 122 ) Nel quinto giorno la difeguaglianza di velocità non è più conofcibile nella maggior parte delle arterie. ( E/p. 127. 128.) Nel feguito dell’ incubazione il correr del fangue di- venta fempre più rapido, e preffo al finire della medefima è rapidiffimo. (E/p. 143.) La rapidità confervafi equabile in molte arterie, ma nel= le maffime, ed in alcuni rami di effe,è più, o men grande, fecondo che il cuore fi contrae, o fi dilata. ( E/p. 133. 140.) Col pulcino fi accordano maravigliofamente 1 girini , fuor- folamente che in quelti animali a fangue freddo i fenomeni fi fuccedona l' uno all’ altro con più lentezza. Nel quinto giorno da che fon nati comincia ad apparir dentro al cuore un lessere indizio di moto nel fangue; (E/p. 148.) e nel felto un principio di circolazione, Il fangue di quiefcente che è, ad un tratto fi dà a correre, poi torna a quietare, Il correre fuccede nella fiftole , e il quietar. nella dialtole . (E/p, 149.) Nel giorno decimo il correre è più veloce (E/p. 151.) e nel duodecimo, tolta già l'alternativa del correre, e del quietare, il movimento del fangue è continuato, fe non che ha i 103 fg ET ha meno di celerità nella diatole. ( £/per. 152. ) Nel giorno quarto decimo appena è più difcernibile ‘la maggior celerità nella filtole (E/p. 153.); e nel decimo at- tavo non fi difcerne più di forte alcuna, almeno ne’ vafi più grandi, fattofi già il moto del fangue perfettamente equabile, (E/p. 155.) Ne” giorni avvenire non fuccedono altri cansiamenti nel circolo, fuorchè la maggior velocità, ch’ei va fempre acqui: ftando (E/p. 158.); e nel quarantefimo giorno la velocità è talmente crefciuta, che uguaglia quella del fangue delle arte- rie mefenteriche delle rane già ‘adulte, quantunque allora i girini non eccedano la groffezza di un pifello.(-E/p. 161.) E’ però vero, che il fansue dell'aorta, qualutique fia l età de' girini, non corre feguitamente, ima a fpinte, ar reftandofi inîtantaneamente ad ogni diaftole del; cuore. CE/p. 157. 159.) E quefto arreftarfi fembra fingolare, con- fiderata la frequenza delle pulfazioni del lor cuoricino , avendone contate in alcuni girini da 60. in un minuto primo, in altri da 63., e in altri da 65.; quando le pulfazioni nelle rane groffe non fono arrivate in un minuto primo a 50. (E/p. 161.) E° cofa per fe chiariffima, ehe tutti quefti fucceflivi pro- preffi, che va facendo .la circolazione nei pulcini, e ne' girini, nafce in grazia del cuore, che di giorno in giorno crefcendo in mole,einvigore, caccia anche il fangue con più gagliardia. Siccome poi quelte due fpezie d’ animali, per effer l'una a fangue caldo, e I’ altra a fangue freddo, fi connettono con eutti gli altri a noi cogniti, così fiam portati a penfare noa L3 ) fene es ee, , il 166 fenza graviffimo fondamento, che i medefimi, o analoghi fe- nomeni fuccedono generalmente in qualunque altro animale ne primi tempi del fuo fviluppo. , Vidi A pulfazione delle arterie comunemente fi afcrive al fan- gue cacciato dal cuore nella fiftole, il qual fangue ur- tando contro le loro pareti le obbliga a pulfare. Ma il fan- gue così cacciato non ifcorrendo tutta l’ arteria ad un colpo, ma fucceffivamente, ne verrà che la pulfazione dovrà pur ef- fere fucceffiva, in quelto fenfo cioè, che le parti dell’ arte- ria più vicine al cuore faranno le prime a pulfare, eflendo le prime ad effer inveftite dall’ urto del fangue, indi pulfe- ranno le meno vicine, poi le lontane, ed in fine le lontanif- fime. Parrebbe adunque, che 1° offervatore fi dovefle accor- gere di quefte fucceffive pulfazioni, fe d'altra parte non fi fapeffe con che forprendente velocità l'onda cacciata dal cuo- re fcorre i canali arteriofi, la qual velocità è in caufa, che nell’ atto che il cuor fi contrae, l’ aorta immediata a lui, la defcendente, e le altre arterie al cuor più lontane fembrino pulfare contemporaneamente ( E/p. 16. 17. 45.)» VebJal Onfiderata Ia natura del. fangue, e le ftrade; ch'ei de- ve battere nell’ andare dal cuore alle ultime diramazio- ni arteriofe, tali, e tanti fono gl’intoppi opponentifi al mo- vimen- PS 167 \lba ri vimento fuo progretlivo, che pare, che effo movimento agli eftremi delle arterie debba venir meno, o per lo manco enor- memente languire. E quanto alla fua natura, rimanendo fiuido il fangue pel movimento che ha, giacchè tolto que- fto, poco appreflo fi rappiglia, ne fegue che una porzione di tal movimento fi dovrà confumare nel fuperar la naturale for- za, che hanno i globetti ad unirfi in folide maffe. Di più un’ altra porzione di moto dovrà impiegarfi nell’ impedire, che i globetti non fieno attratti dalle pareti de’ va- fi, effendo già dimoftrato quanto grande fia la tendenza di effi verfo queite pareti, Quetti due elementi non potranno adunque arrecare che del ritardamento alla corrente del fangue, il quale ritarda= mento diverrà fempre più grande, fe confiderare vorremo al- tri elementi, che ci concorrono. L’uno fi è quello del mag- gior lume dei rami di ciafcuna arteria paragonato al lume dell'arteria medefima. Imperocchè quantunque ogni arteria nel diramarfi vada fempre reftringendofi nell’ apertura, offia nel fuo lume, pure, fe vorremo aver riguardo ai lumi di tut- ti i rami, e farne una fomma, è facile il vedere quanto il lume nato da quelta fomma, fuperi il lume dell’ arteria me- defima. Come quefto era ftato moftrato nell'uomo, e in mole ti animali, non è meraviglia, fe fi avvera negli animali da me offervati. (E/p. 33.) Per la qual cofa il fangue di mano in mano, che farà paffaggio dall’ aorta ai fuoi tronchi, da quelli ai rami, da’ rami alle diramazioni, ficcome fi muove fucceffivamente per un canale fempre più largo; così la fua velocità andrà continuamente minorandofi, veggendolo noi La con IE 168 )la cotidianamente nell’ acqua de’ canali, la quale in paffande da un fito angufto ad un largo, perde fubito una porzione di fua velocità. Anzi quefto medefimo fuccede nel fangue cir» colante, il quale nel paffar dentro ad un aneurifima diventa men celere, e fuperato che lo abbia fi ricompone alla prifti- na velocità, come lho veduto io fteflo (E/p. 20), e prima di me veduto lo aveva l' Haller. All’elemento della dilatazione de’ tubi arteriofi fe ne ag- siugpe un altro potentiffimo, cagionato dalla fregagione de’ globetti contro le pareti de’ vafi; concorrendo efla fregagione in più maniere a fnervare la celerità del fangue, vale a dire mediante la velocità del fangue fteffo, e mediante la lunghez- za, l’anguftia, e le varie piegature de’ vafi. Mediante la ve- locità del fangue, concioMachè quanto più veloci faranno i globetti, tanto maggiore farà la loro fregagione, effendo al- lora più copiofo il numero di quelli, che in un dato tempo fi {tropiccieranno attorno all'interior fuperficie de’ vafi. Median- te la lunghezza, e l’ angultia de’ vafi, accrefcendo la prima la fuperficie, contra cui fi ftrofinano i globetti, e fminuendo la feconda il numero di quelli, che fenza oftacolo paffavano prima per un canale più largo. Mediante in fine le varie piegature de’ vafi, o confitano quefte nel torcerfi i vafi ad angolo, o nell’ incurvarfi in varie maniere, non potendo I° uno , e l’altro non ifininuire il correr del fangue, e per lo flropicciamento, che accrefcono, e per la direzione che rol- gono in tutto, o in parte al fangue medefimo. Quefte turbatrici cagioni tolte dall’ Idraulica, e confi- dentemente applicate al corpo animale hanno indotto i più de' i 169 )a de’ Medici a penfare che il moto del fangue di velociffimo che è in vicinanza del cuore, fi fa lentifimo alle eltreme diramazioni arteriofe, E° però fuperiore ad ogni laude îl Sis, Haller, il quale guidato da quel veriffimo principio, che le leggi idrauliche non debbono trasferirfi al corpo animato , quando non vi fia unito il confenfo dell’efperienza, prima di ftatuire intorno a ciò alcuna Teoria, volle confultare le pro- prie Offervazioni, le quali in effetto gli fecero comprendere, averfi bensì del rallentamento negli ultimi fili arteriofi, ma non già tanto, quanto fembrava afpettarfi dalle cagioni teftè alle gate. Offervava egli dunque, che la velocità delle arterie più sran- di nel mefenterio delle rane fuperava di poco la velocità del- le di lui vene più piccole, cioè di quelle, che mon condu- cono, che una fola linea di globetti. E fe tanta era la ve- locità nelle vene più piccole, a razione inferiva, che infe- riore eflere non doveva quella delle arterie egualmente pic- cole, per ricevere il fangue venofo il. fuo impeto dall’ arte» riofo. Diffi inferiva, giacchè terminando le arterie del me- fenterio delle rane non già fu quelta membrana, ma fu le budella, non potè tener dietro alla lor fine, non permetten- doglielo i mezzi di che fi valeva nell’offervare. I quali mez- zi molto meno gli avrebbon conceduto l’ intraprendere tali confronti di velocità ne’ vafi arteriofi grandi, e piccoli degli animali a fangue caldo, quand’ anche cotelti animali, in cui è vifibile la circolazione, foffero ftati a lui noti. Quin- di folamente deduffe per argomento analogico, che verofi- milmente doveva fuccedere in quelti, quanto aveva egli tro» vato negli animali di fredda tempera. La co- Di 170 WE) frasi a La comodità dunque grandillima di potere ‘tener dietro non meno negli animali freddi, che nei caldi a tutta la cir- colazione, e in confeguenza di poter notare ocularmente, fe il fangue nel lungo, ed intralciaro giro delle arterie foffra ritardamento, e quanto preffo a poco ne foffra, efiseva dame tutta l’ attenzione, per trattarfi maffiamamente di un punto fifiologico sì rilevante, e non ancora fchiarito. E primamente pofto l’ occhio fu le arterie maffime, e le medie, non trovo ragione alcuna di ftabilire l’ecceffo di velocità delle prime fopra la velocità delle feconde. Impe- rocchè o fi confiderano le porzioni di arteria maflima, nelle quali il fangue per un momento fi arrefta (Rifulr. Z.); e al lora riftetto, che quantunque nella fiftole del cuore la velo- cità del fangue in tali porzioni l’ abbia fempre trovata mag- giore della velocità del fangue nelle arterie inedie, pure nel- la diaftole cangiava la cofa totalmente di afpetto, per reltar nelle medie la ftefla velocità, e per farfi nulla nelle menzio- nate porzioni. O confiderar vogliamo l’ altre porzioni, in cui fi accrefce la velocità del fangue nella fittole, e fi fminuifce nella diaftole (15:4.); e allora fe nella filtole emmi paruto di trovar qualche preferenza nella velocità delle arterie maf- fime, nella diaftole tal preferenza mi fembrava paffare alle medie. Solo nell’arteria maffima della coda de’ girini pare che la lunghezza del canale concorra allo fcemamento del moto, fminuendofi effettivamente 1° impeto del fangue in que- fta arteria, mano mano ch’ ella più all’ apice della coda. fi accofta (E/per. 155.). Rifpetto poi alle arterie medie paragonate a’ loro rami, veg- veggo che il fangue nel paflare da quelle a quefti, ad onta degli angoli che incontra, € del tragitto da un lume mino» ‘re ad un maggiore (E/p. 33.), conferva inalterabilmente la priftina velocità, 0 quefta fia piccola, o grande, od oftilli il fangue, o cacciato fia a fpinte. (E/p. 18. 21. 34.) Così quella celerità, che trovafi avere il fangue all’ en- trar nelle tante, e tanto fvariate curvature de’ vafi medii ar- teriofi, o fieno quelte naturali, oppur fatte ad arte, la con- ferva appuntino quando ne efce ( E/p. 35. 37. 38. 39. 48. ). E lo fteflo fuecede al fangue in paffando per quell’ inef plicabile compleffo di ferpeggiamenti, di tortuofità, di volu- te, in che eftremamente fi affottiglia la numerofa famiglia delle arterie (E/p. 51. 61. 121. 127.) E quanto agli angoli, € alle curvature, che non rallen- tano punto il correr del fangue, ho tutto il piacere di veder decifi due Problemi, intorno 2° quali non lafciò di occaparfi il Sig. Haller, ma che un numero troppo fcarfo di Oflerva- zioni non»gli permife di poter fciogliere. Che fe fi confideri in fe ftefla la velocità delle più efili arteriuzze, dirò che in generale il fangue in effe corre mol to bene ( E/p. 49. 50. 55. 56. 63. 75%. 76. 77. 127. 128. 132. 143. ). Confrontata poi la loro velocità con quella del- le arterie medie , veggo che in parecchi cafi non ci è la‘ mi nima differenza (.E/p. 49. 50. 55. 63. 82.); € che in altri ci è qualche differenza, ma piccola (E/p. 52. 75°. 76.). Fa però meftiere perchè la differenza fia piccola, che | animale fia vivido; altrimenti la velocità delle arterie mi- nime comincia a languire, quando quella delle medie confer. i vali E 172 ka —c=_ereeti vafi preffo che intiera; anzi in procefio di tempo! ceffa in effe arteriuzze ogni moto, finendo però d’'ordinario prima in quel» le, che più al cuore fono lontane (E/p. 21. 75*f. 77. 78. 79.). Sebbene per rapporto all’ enunciata differenza devefì pe- rò aver riguardo a’ luoghi, fu cui ferpeggiano le minime ar- terie, eflendovene alcuni, in cui feguitano effe per lungo tem- po a fluire fpeditamente. Son que’ luoghi che fi profciugano più tardi degli altri (E/p. 56. 63. 70. 77.) Il Rifultato di quefti, e degli antecedenti fatti mette adungue in buon lume.la Teoria concernente il genuino an- damento del fangue dal principio delle arterie fino alle loro eltremità, la qual Teoria, ficcome per 1° addietro mancan= te delle neceffarie Offervazioni, non è maraviglia fe è ftata fino al prefente poco, più che congetturale, e confeguente- mente fottopofta all’ incomodo delle difpute. Da quefti fatti ridonda pure un altro vantaggio, cioè la conferma di quanto faviamente ftabilifce 1’ Haller intorno al diffidare dell’ applicazione de’ principii idraulici al Corpo ani» male; mancandovi l’ appoggio dell' efperienza confermatrice. E di vero fe quefti principii quì aveffero dominato, come non dovevano le menzionate cagioni ritardare confiderabiliffi@ mamente la corrente fanguigna, a quel modo che confidera- bilifimamente ritardano i fluidi fcorrenti per entro a’canali? Non è già che tali cagioni anche nel Corpo animato non producano , quanto è ad effe, ritardamento nel fangue, ma dir bifogna, che quefto ritardamento venga fminuito da contrarie cagioni refidenti ne’ vafi animali, e concorrenti ad accrefcere il moto del fangue, qualunque poi effe fieno, le quali cagioni non hanno luogo ne’ canali idraulici, IX. IX A i globetti del fangue circolante nello (trifciare attor- no alle pareti de' vafi arteriofi,. e nell’implicarfi fra quelle tante finuofità, foffrono almeno movimento inteltino; oppure di rotazione attorno a fe fteffi? L'uno, e l’altro era . ftato creduto, anche da accreditati moderni Medici contro a quello, che l’efperienza ha moftrato all’ Haller negli anima- li freddi, e a me ne’ freddi, e ne caldi. Immagini il Letto- re di vedere tenuiffime moli di legno muotanti in un canale di acqua, il movimento delle quali fia lo fteffo, che quello della corrente, ed avrà un'idea fenfibile del moto generale de’ globetti fanguigni viaggianti dentro alla linfa de vali , (E/p. 34. 46. 47. 48. 116; 143.) X, I è veduto che l'accelerazione del fangue prodotta nel- la filtole del cuore fi appalefa nelle arterie medie, al lorchè l’animale ha fofferto per qualche tempo. ( Rifulr.V.) Dal che refta concludentemente provata la. forza del cuore nelle arterie medie. Ma cotal forza rimane ella all’ ifteffo modo provata nelle arterie minime? I fatti non lafciano du» bitarne, Nelle più gentili arteriuzze delle rane crefce la ve- locità nella fiftole del cuore, e cala nella diaftole, purchè feguito fia dell’indebolimento in quelti animali. Così ha fpe- rimentato l’ Haller, e altrettanto ho fperimentato:io nelle ca Di 174 fa IRPI TOCE PERDETE capillari arterie delle falamandre . ( E/p. 0 BILIE Ma fe l’azione del cuore è fenfibile nell’ efiliffime arte- rie degli animali a fansue freddo, lo è altresì in quelle de- gli animali a fangue caldo? Per non efferfi in quelti per |’ addietro potuta vedere la circolazione, fi è cercato di accer- tarfene per altra via. Si è offervato, che. la pulfazione di loro arterie, che è quanto dire l’effetto della filtole del cuo- re, fi eltende fino a quelle, il cui diametro non eccede la felta parte di una linea. Si è trovato di più che forato uno di quelti vafetti, il fangue zampillante è rigogliofo nella con- trazione del cuore, ed è umile nella dilatazione. Io nel pul- cino ho veduto tutte le volte, eh'io voleva, quelto immedia- to effetto del cuore, il quale reftringendofi o accelera, o rif- veglia il moto progreflivo ne’ finiffimi tuboletti arteriofi . (E/p. 115. 117. 118. 119.(120: T22: 120.327 Lao. (00 132.137. 130.) A, He fe relta pienamente provata l’ azione del cuore ne’ confini arteriofi, fi moftra ella ne’ principii venofi? Ste- fano Halles, quel sì celebre, ed acuto Offervatore, l’ha rav- vifata nelle vene minime polmonari di una rana, il fangue delle quali fi accelerava quantunque volte fi aveva la reftri- zione del cuore. L’ Haller però appoggiato ad alcune fue of- fervazioni è perfuafo in contrario, e penfa che l’addotto ac- celeramento nelle minime vene debba piuttofto rifonderfi in qualche viziofo turbamento del moto del fangue, che dopo di di effere ftato in quiete reltaura talvolta il circolo per le for- ze riacquiftate dall’animale. Io non nego, che quefto, quafi che dii , riforgimento nel moto del fangue non pofla fare illufione. Ammetto al- tresì, che in alcuni animali, o in certe parti di eflì l’effet- to della fpinta del cuore non fi eftenda oltre ai confini arte- riofi. Cid abbondantemente veduto lo abbiamo di fopra. Ma per le mie offervazioni bifogna pur ch'io convenga, che fo- venti fiate fuccede il contrario, eflendo troppo patente l’ac- celeramento del fangue venofo al reftrignerfi del cuore, ed egualmente chiaro il ritardamento nel fuo rilaffarfi. Tanto ho io veduto nelle falamandre, e nelle rane degli alberi, ma affai più ne’ pulcini, e ne’ girini, né folamente l'ho ve- duto in una, due, o poche venine, ma in centinaja, anzi in più migliaja; e quelto accadeva non folo quando era deficien- te, o languido il circolo, ma effendo vigorofifimo . ( E/p. 54. 74, 121, 130, 131, I35. 136, 144. 149. ISO. ISI. 152o 159.). 2 I A maniera, onde le arterie paffano in vene efise qual. che minutezza di racconto, Alcune arterie adunque ne punti di quefto paffaggio hanna baftante larghezza per la- fciar entrare quattro in cinque linee di globetti ( E/p. 117.): altre fono sì angufte, che non concedono il varco, che a una fola (E/p. 49. 50. s1. 56, 64. 73. 117. 130.). Talora pal fano in vene col ripiesar femplicemente verfo il cuore: la qual o 176 fa RETE SI qual maniera nel pulcino è frequentiffima (E/p. 116. 121, 135. 136. 138.): e ripiegando creano alcuna volta tante ve- nine, quante fono le arteriuzze ripiesantifi ( E/p. 116. 126.). Quelte fi affottigliano in più filamenti, da’ quali nafce un’ intrigatiffima rete, che fi può chiamare il confine tra | ar- terie, e le vene (E/p. sI. 63.).Quelle dopo diverfe volte, e rivolte danno principio ad una ferie di vene, che fi por- tano al cuore parallelamente alle arteriuzze producitrici ( E/p. 52.). Alcuna fiata molti rami di più arterie concorrono al- la formazione di una fola vena ( E/p. 52.). Alcun' altra le ar- terie feppellendofi nell’animale fi perdono di vifta, ed eludono la curiofità dell'offervatore ( E/p. 57. 62.). Le une s’ imboc- cano in un vafo maggiore, il quale per circolare equidiltan- temente dal cuore lafcia in forfe fe fia venofo, o arteriofo . (E/p. 116., e feguenti.) Le altre, o lafciano, poco dopo di effere ufcite dal cuore, pullulare dal tronco un ramicello, che fubito ripiegando ritorna al cuore, e così velte il carattere di vena, nel tempo che il tronco feguitando ad allontanarfi dal cuore ritiene quello di arteria (E/p. 121.); o femplicemen- te fi dividono in due rami, l’un de’ quali refta artariofo, e l’altro diventa venofo ( E/p. 54.). Fiffando pofcia lo fsuardo al circolo di quefte arterie, e vene capillari, che fi anaftomizzano, fi vede, che fpeffo il correr del fangue è tra loro egualiffimo (E/p. 49. 50. 63. 125.) XIII i 177 fa I XIII Tù per ragione di Teoria, che per l’ irrefiltibile convizio- ne de’ fenfi fi ammetteva, che il fangue venofo, fecon- do che più fi accofta al cuore, acquifta celerità maggiore. Il raziocinio preflo a poco era il feguente. Nelle pene maffime sboccano tutte le fubalterne. Il lume adunque delle vene maf= fime deve effere di gran lunga minore’ del lume de’ rami prefi collettivamente. Il compleffo adunque delle vene fi può con: fiderare come un gran cono concavo, la cui. ampliffima ba- fe efifta al principio delle vene, e l'apice al fine, cioè dove terminano le cave. All’ apice adunque del cono farà maffima la velocità del fangue, e minima farà ‘alla bafe. Cotal ras ziocinio è l’inverfo di quello delle arterie ( Rifle. VII); e s' appoggia alle medefime regole idrauliche, le quali © in: fegnano, che al reftrignerfi d'un canale, fi accrefce la velo: cità dell’acqua, che dentro ci corre. Quindi inferivano, che nelle prime venine di uno, o di pochi globetti fia enorme- mente lento il fluire del fangue; che nelle vene di medio- cre groffezza fia veloce, e in quelle di maffima groffezza 3 come nelle cave, fia velociffimo . Anche in queto fiam debitori alla prudente ‘diffidenza dell’ Haller. Non contento del folo principio idraulico, egli ha voluto vedere: e fe non gli è riufeito di fvelare compiu= tamente la cofa, come avrebbe defiderato, ha però eccitata l’ altrui curiofità a tentar di fupplire a’ fuoi defiderii, La fua offervazione è la feguente. Confiderando egli due vene, che M fi uni» i 178 ka fi univano in un tronco, fi avvide, che il fangue aveva più velocità nel tronco, che nelle due vene. L' offervazione fa- vorifce adunque l° acceleramento del fangue, qualora cotal fiuido dai rami pafla ne’ tronchi, ed accoltafi al cuore. Ma è ben lontano, che da queîta fola fe ne poffa trarre un ca- none generale. Ve n' abbifognano molte, e molte, e tutte fra loro cofpiranti, A me parve pertanto pregio dell’opera l’ efplorar moltiffime vene, cominciando |’ efame ne’ loro prin- gipii, cioè dove fono capillari, profeguendolo dove fi fanno medie, e terminandolo dove diventano maffime. I rifultati delle mie offervazioni maravigliofamente cof- pirano in quelto, che ne’ vafi minimi (tranne que’ piccoli fpa- zii, dentro a’ quali di arteriofi diventan venofi), ne medii, e ne maffimi la velocità del fangue venofo fi accrefce fempre in ragione, che effi vafi diventano più grofli, e che ri- cevono il fangue da maggior numera di altri vafi (E/p. st. 53, 62. 63. 64. 91, 95: 96. 116. 126, 127. I23. 129. 135% 336, 137. 138. 155). Ciò folamente non fi avvera nelle cave della falaman- dra, il cui fangue non ha niente più di velocità di quello delle vene medie ( E/p. r10.). Ma di quefta eccezione uni ca non è difficile il comprenderne la cagione. L' orecchietta, che dall’un canta s' imbocca nel cuore, e dall' altra con le cave, fi dilata, e fi riltrigne vicendevolmente. Quando fi di- lata, il fangue delle cave vi entra dentro con rapidità; all’ oppofito quando fi riltrigne, è neceffitato a dare in dietro ver- fo le cave (E/p. 110.). Da tale alternativa nafce ne’ pezzi delle cave contigue al cuore un flulo, e un refluflo di fan» US i o 179 Va È “ gue, che ferve d’ intoppo all’ altro fangue delle cave. a noù andare. con quella preftezza, con cui andrebbe, f= libero fof fe il cammino. Trovatofi adunque reale |’ acceleramento del fansue cir- colante dalle vene minime alle medie; dalle medie alle maf fime, pareva che la cagione producitrice di tale acceleramene to fi dovette ragionevolmenre rifondere nella. maggior. riftret- tezza del canale, per cui deve paffare il fansue, via via che fi avvicina più al cuore. Imperocchè nelle mie Sperienze non aveva parte alcuna un altro principio, che generalmente ne- gli animali concorre affaiffimo ad accelerare il mota venofo, cioè l azion mufculate. E nel vero due fatti mi coavinfero pienamente effer quella la verace cagione di sì fatto accele ramento. L’ uno è cavato da que’ vafi, che o cafualmente, o appoltatamente rimangono mezzo ftrangolati in uno, o più luoghi. Imperocchè il fangue all’ entrare in quegli ftransola» menti accelera il moto, e ufcito che ne fia, torna alla pri- miera velocità ( E/p. 35. 104.). L'altro fatto è il feguente.. Certe vene quantunque vadano al cuore in dirittura, pure per qualche intervallo fono fpogliate di rami, Quetti pezzi fpo- gliati di rami fono eilindrici, e in confeguenza il diametro del canale è per tutto eguale. Dunque in quefti pezzi di ve- ne non doveva coinparire l’acceleramento nel fangue, fe l'ac celeramento nafceva dal riftrisnimento de’ vali. E niuno, per quanto poterono giudicar gli occhi, effettivamente comparve, ma ebbefi perfettiffima equabilità ( E/p. 87. 118. 138.) Non è sì facile il poter mifurare con. I° occhio la diffe renza di velocità tra le minime vene, e le maflime. Pure al M 2 di- «Sl TRO gr food dama digroffo emmi paruto, che la velocita nelle maffime vene non giunga mai ad effer tripla della velocità delle minime ( Ir tutte le mie Sperienze). Sembra adunque poterfi diritramente inferire che il menzionato principio idraulico quantunque con- corra all*acceleramento del fangue venofo, pure non ci con- corre in tutta quella eftenfione, che efise la differenza tra la- pice anguftiffimo, e la bafe ampliffima del fuppofto cono ve- nofo, E però è giuoco forza inferire, che tal concorfo fner- vato venga da contrario principio. Siccome poi le pieghe, le curvature, le tortuofità, e gli angoli delle vene non fono punto abili a rallentare il corfo del fangue (.E/p. sr. 61. or. 97. 98. 123. 124. 127. 128. ), quindi dee dirfi, che l' azio- ne derivata dal principio idraulico fia quì fminuita da altra, benchè occulta, cagione. XSE Vi Eduto ha il Sis. Haller, che quando una piccola vena 5° inferifce in un tronco groffifimo, la corrente di lui ha tal gagliardia, che affolutamente impedifce |’ ingreffo nel tronco al fangue della piccola vena, quantunque effa non fia delle più fottili. Quindi ei riflette come la Natura provida- mente abbia fatto che le venuzze di un globetto mai non fi piantino in altre confiderabilmente maggiori; e come ella ab- bia difpofto, che le prime fila venofe s° imbocchino tra loro per formarne i più piccoli tronchi; e come quefti piccoli tron- chi imboccandofi con altri fucceffivamente più larghi venga- no a conftituire una belliffima continuata gradazione, che con- qe- il 185 \ikan -—r.(++_ e eeer'r cede al fangue de' rami più groli baitante vigore a penetra- re ne tronchi, malgrado la contraftante forza delle loro cor- renti. Chi è avvezzo ad offervare il circolo negli animali, di leggeri fi accorge effere cotelto il piano, che fuol tener la Natura. Vede di più, che ficcome il fangue venofo prima di paffare ai tronchi maffimi batte quelle tante ftradicciuole gradatamente più larghe, che lo portano in fine alla meta; così il fangue arteriofo d’ ordinario non giunge all’ ultimè ra- mificazioni, fe viaggiato non abbia prima per quegli affollati fubalterni canaletti, che quanto più crefcon di numero, tan- to più divensono efili. Su le budella, e ful mefenterio d& noftri animali ho fingolarmente veduto, ed ammirato fimil tenore. Non è però che veduto non abbia parecchie volte nelle vene la Natura receder da effo, fenza che rimanga pun- to fconcertata 1’ economia del liquido circolatore. Imperocchè non folo ramufcoli fottilifimi venofi s’ inferifcono immediata= mente dentro a tronchi fproporzionatamenté più grofli , ma il fangue di quelli entra in quelti, ritenendo quella velocità , che aveva dapprima, qualunque eziandio fia l’angolo, che i ramufcoli faccian col tronco ( E/p. 64. 111. 113. 114. 139.) La quale inalterabile velocità confiderando io meco fteffo più volte, ho grandemente fofpettato, che quella impoffibilità , che nell’ efempio allegato dall’ Haller trovava il fangue della piccola vena ad entrare nel tronco, derivaffe dallo {tato mor» bofo dell’ animale. Tenendo dietro di fatto all’ efperienza hal- leriana, fi fcorge dagli andamenti irregolariMimi che aveva il fangue, che la circolazione era tutta in difordine. M 3 AV «DI 182 \Hia2 Ire m I XV. Uantunque il Sig. Haller fia d’ avvifo, che gli effetti della fiftole del cuore non fi eftendano fino alla regione delle vene, per non averli mai veduti giugner fin là ( Ri- felt. XI. ), pure è perfuafo, contra il penfare di molti, che la circolazione degli umori dipenda o interamente, o in maffima parte dall’ azione di quefto mufcolo. Lo prova egli fingolarmente cogli efempli di uomini fommerfì , e di ani mali apparentemente morti, ne’ quali ha baltato di animare il cuore, perchè I’ univerfal maffa degli umori già da molte ore quiefcente tornafle al primiero fuo circolo. Le mie Offervazioni mi hanno fatto talmente toccar con mano, che il cuore è il folo movente della maffa del fangue, ch’ io credo di poterne perfuadere qualunque più rigido Filo- foto. A provar ciò fenza replica, era primamente neceffario il far vedere l’infufliftenza delle concaufe, che in quefto af- fare affociar fi vorrebbono all’azione del cuore. Quelte fon varie, giulta il vario penfar de’ Fifiologi. Altri ricorre alla contrazione dell’ arterie, volendofi ben- sì; che fino alle loro eftremità fia cacciato il fangue dal cuo- re, ma che dalla contrazione delle arterie fia fpinto alle ve- ne. Altri chiama in foccorfo la forza attrattrice, che all’ e- fempio di quella de’ cannellini capillari rifedendo ne’ minimi wafi accelera il moto del fansue, e quindi è di follievo alla debilitata forza del cuore. Ad altri piace di ammettere ne” minimi vafi una forza vibrazile od ofcillante, come la ehia- ma- Di 183 Ma [sell ie mano, eccitata dallo itimolo del iangue, per cui effi vafi contraéndofi, e dilatandofi concorrono a promovere il liquor vitale. Taluno finalmente pretende che alla circolazione del fangue concorra maffimamente l'aria alloggiante ne’ vafi, per lo dilatamento; che foffre dal calore del fangue. Tutte quefte Ipotefi fi fmentifcono col fatto. E quanto all’ ultima, rifletto che fe nel fangue annidaffe un’ aria atta a metterlo in moto, farebbe quelt’aria fotto forma di pallon= cini, o gallozzolette, e quindi non dovrebbe affolutamente sfuggire la vifta; imperocchè quand’ anche ogni gallozzoletta uguagliaffe foltanto nella mole la cinquantefima parte di un globetto di fangue, le lenti più acute dovrebbero avvifarle » ficcome avvifano la prefenza di altri corpicciuoli cafualmente frammifchiati al fangue, e niente più grandi della cinquante» fima parte di un globetto, Ma nello ftato naturale non ev» vi mai verun fegnale di fimili corpicelli aerei (Im ratre /e mie fperienze). Difli nello ftato naturale, giacchè nel morbo» fo, cioè quando ne’ vafi fi è prodotto qualche vizio, o fcot- certo; frequentemente appajono bolliccine di aria più, o me- no grandicelle; anzi cagionando a bella pofta tali fconcerti, è in balia dell’Offervatore il far nafcere bolliccine più o me- no copiofe , fecondo che il vizio prodotto è maggiore, 0 mi» nore ( E/p. 88. 104. 105: 138. 142.). Ma quefto prova anzà effere il loro apparimento accidentale, e fortuito, Senza che cotal’ aria nel fangue, anzi che promovere, dovrebbe ritar- dare il fuo moto. Tanto èffettivattiente fuccede, fe le mers zionate vefeichette d’ aria fieno imprigionate fra le angufltie de’ vafi più gentili (E/p. 88. 106.). Per ultimo gli animali Ma a fane (184 )ika [cli sa a fangue freddo finifcono di convincere di falfità quefta Ipo- tefi. Imperocchè dato anche per un momento, che nel loro fangue covaffero sì fatti aerei corpicini, quefti per mancanza del calore richiefto da tale Ipotefi non potrebbero dilatarfi, e per confeguente farebbero inabili a produr moto nel fangue . Negli animali freddi non vi farebbe dunque circolazione. Per conto della forza vibratile, e dell’ attrazione de' mi- nimi vafi producitrice dell’aeceleramento nel fangue, fon que- fte due Ipotefi ingegnofe, nol nego, ma è peccato, che ci manchi la verità. Se i vafellini capillari foffero in vicende- vole contrazione, e dilatazione, come vuole la prima Ipote- fi, oppure fe il fansue all’ entrar ne’ medefimi, foggetto fof- fe ad acceleramento, mediante |’ attrazione de’ piccoli vali, come pretende la feconda, è cofa più.che ficura, che tal con- trazione, e dilatazione, come pure cotale acceleramento, do- vrebbero cadere fotto la. potenza vifiva. Ma quelta offerva anzi tutto il contrario, cioè perfetta immobilità nelle pareti de’ più piccoli vafi (Im tutte le mie fperienze); e ritardamen- to piuttofto, non mai accelerazione del fangue ne’ medefimi (.E/p. 52. 75%. 76.). La ftefla teftimonianza oculare ci chiarifce averfi il cir- colo degli umori, fenza l’ intervenimento della contrazione nelle arterie. Primo, perchè in alcuni animali la fiftole, e la diaftole non fi offerva che ne’ più groffi tronchi arteriofi (E/p. 5. 6. 16. 27. 29. 42. 43+). Secondo, perchè negli ani- mali-appena nati, e ne’ quali è patentiifima la circolazione, non evvi il minimo principio di fiftole, e di diaftole per tut- to quanto. il filtema arteriofo ( E/perienze ne primi gioni del pulcino)» Di- Dimoftrata l’ infufficienza delle immaginate concaufe, è agevoliffimo il provare, che la circolazione del fangue dipen- de qual’ unico effetto dall’ azione del cuore. E in primo luo» go ciò apertamente fi deduce dall’ accelerarfi del fansue nelle vene, quantunque volte fi contrae il cuore {( Ri/u/r. XI). Im- perocchè non fi può avere tale acceleramento, fenza che la virtù del cuore non fi eftenda fino alle vene: e fe fi eftende fino alle vene, è dunque fegno, che non folo il fangue arte- riofo, ma anche il venofo riconofce il fuo movimento dal euore . | Cotal verità fi rinforza di più in più dai feguenti feno- meni. Qualche rara volta negli animali, eziandio vigorofit- fimi improvvifamente per alcuni momenti fi fofpende la pul- fazione del cuore, ed in quel punto rimane pur fofpefa la circolazione: ma tofto che il cuore torna a battere fi rinte- gra la circolazione ( E/p. 6.). Se mediante la preffione del dito, o di altro fi faccia che il cuore non batta liberamente , la circolazione fi rallen- ta; ed anche togliefi, fe la preffione crefca di vantaggio ( E/p. 224 23.80. Bra 82,93.) Se appreflo un tempo confiderabile, da che è ftata lega- ta l’ sorta contigua al cuore, fi rompano i vincoli, e fi con- ceda al cuore la libertà di agire, il fangue che per tutto quel tempo rimafto era immobile, torna alla circolazione pri- miera (E/p. 84. 85. 86.). Con quefti fenomeni tratti dagli animali a fangue freddo vanno d’ un perfetto accordo i fenomeni offervati negli ani- mali di caldo fangue. In parte ne abbiam favellato nel fefto Ri. DI 186 khan E I TI Rifultato. Non ancora compiuto il fecondo giornò della ce- vatura, il cuore del pulcino è piccolifimo, e tenetiffimo, e in confeguenza di pochiffima forza. E allora è pure, che il fangue circola lentiMmamente. Il cuore in quel tempo non arriva a battere un quarto d’ ora, e compiuta l’ ultima pul- fazione, del tutto fi artrefta il fangue ( E/p. 115.). Ne' giorni fuffeguenti fattofi il cuore più confiftente; e più grandicello, acquifta eziandio maggior forza, è pulfa più lungamente. Il moto del fangue fi fa egli pure men tardo ; e a proporzione, che all’ innoltrarfi della covatura crefce il visore del cuore, la circolazione diviene più veloce, e allor che il pulcino fi avvicina allo sbucar dell’ uovo, fi fa velo- ciffima (.E/p. 119. 123. 124, î26. 127. 130. 143.). Per naturale fiacchezza fi arrefta il cuore di battere? Cefla di prefente la circolazione. Ridonafi o naturalmente, 6 per cagione di ftimolo la pulfazione al cuore? A vifta rifve- gliafi il circolo, e fe a differenti riprefe fofpendafi, o fi rin- novelli il batter del cuore, a differenti riprefe lafcia pur di fluire il fangue, o acquifta il moto perduto ( E/p. 118. 119. IZOSSIZI, ), Sull’ultime batte egli raramente? Adagiffimo fi muove il fangue, anzi dopo la fiftole fi arrefta, e folo ripiglia il pi gro fuo andare all’ inforgere della fiftole confecutiva ( E/f. 121.). Io non credo, che allegar fi poffano prove più con. vincenti, e più luminofe a favore del cuote, comé immedia> to, ed unico motore del fangue circolante negli animali. In quelti fatti non fi vuole omettere una circoftanza; cioè che al fopravvenire della quiete del cuore, il fangue ar te- DIS 187 Mila RETI teriofo fi fuole arreftare alcun poco prima del .venofo: e ri- donatofi il moto al cuore, l’ arteriofo fi mette in moto pri- ma del venofo ( E/p. So. 82. 118. 121.). Per conto del fe- condo fenomeno, la cofa non può effere più naturale, effen- do il fangue arteriofo il primo a ricevere l’impulfo del cuo- re. E per ragione contraria s' intende anche il primo feno- meno, per effere il fangue arteriofo il primo a reftar privo di quefto impulfo. Aggiunsafi l’acceleramento del fangue ve- nofo ( Rifult. XIII), il quale acceleramento, tolta anche la caufa impellente, non può non feguitare per qualche tempo ad agir nelle vene, XVI Arlando de’ vafi maffimi, le membrane de’ venofi fono più fottili di quelle degli arteriofi ( E/p. 109.). Ma ne’ medii, e ne minimi la fottigliezza par la medefima. Alma- no il fangue traluce egualmente dagli uni, e dagli altri (Ira sutte le mie fperienze). La fottigliezza nelle membrane de’ vafi medii, e minimi delle falamandre è tale, che il fangue circolante in.effi non fembra riftretto da verun canale. E quindi è pure, che in certi vafi vedefi ad occhio nudo citco- lare il fangue (E/p. 87. 91.): la qual cofa non fo fe fia fta- ta mai offervata in altri animali, dopo .che fi è fcoperta la circolazione. Nel medefimo ferpentello I° aorta contigua al cuore, quantunque vafo maffimo, non fa nafcondere all’ oc- | chio inerme il fangue circolante (E/f. 5.); non già per ef- fer compotta di tonache gracililime, ma per ragione dell’ in- figne IE 188 )a TI fisne fua bianchezza, la quale fa fpiccare il roffo del fangue, 2 VISI TO: vene, e le arterie, prefa ia totalità di loro lunghez- za, pendono alla figura conica, ma confiderate pezzo a pezzo, cioè nelle porzioni intercette a’ rami, fono cilindriche (E/p. 11. 18. 33. 90. 96. 118. 160.): anzi qualche vena prefa nell’intiera lunghezza è cilindrica (E/p. 87. 118.). XVIFTI Ome le vene fono per lo più di diametro maggiore del- le arterie compagne (E/p. 90. 93. 96.), così fono mag- giori di numero. Nel mefenterio delle falamandre le vene fuperano quafi del doppio le arterie (E/p. 96.). Così nell’ area ombelicale del pulcino fi contano quattro vene, e due fole arterie ( Efo. 117. 118., e feguent.). Quindi fi faria cre- duto, che le arterie per effer quelle, che fornifcono il fan- sue alle vene, aveffero maggior rapidità delle vene medefi- me, tanto più, che nel tempo, che piene fono di fangue le arterie, lo fono anche le vene. Ma quelto è pure uno di que’ molti cafi, in cui i ragionamenti i più feducenti vengo- no diftrutti dal fatto. Le mie offervazioni fanno chiaro effere la velocità del fangue venofo ugualifima‘a quella dell’ arte- riofo. Quando fono minimi gli uni, e gli altri vafi, fi è già veduta altrove tal verità (Ri/u/r. XII.). Ma quefta fi eften de eziandio ai vafi di maggior calibro, quali fono i polmonari, i me- i mefenterici , gli afiillari, ed altri (£E/p. 90. 93. 96. 155.): qualunque poi fia il veicolo di quefto foprappiù di fangue nelle vene, o venga egli da vafi linfatici, che per ventura s° inneftino nelle radicette venofe, o dalla tela cellulare fuc- cutanea, o da altre di quelle vie chiamate afforbezti da’ Fi fiologi. Intorno a sì fatta uguaglianza di velocità nel fangue ve- nofo, e arteriofo, mi trovo difcordante dall’ Haller, effendo affai più le volte, in cui ha veduto il fangue venofo del me- fenterio effere fuperato in velocità dall’ arteriofo; che quelle, in cui vi ha trovata vera ugualità. Cotale difcordanza circa una cofa di fatto è ftata in caufà, che ufi tutta la diligenza e le circofpezioni poffibili per non prendere abbaglio: ma do- po di aver veduto, e riveduto non mi è ftato poffibile 1° ac» cordarmi col Fifiologo di Berna, quando non voleva ditcor- dare dalla verità, Non ho però ftentato a comprendere don- de nata fia tra noi due tal difcrepanza., Io ho confiderato i vafi nel naturale lor fito; egli li ha confiderati, cavati già dal corpo dell’ animale. Ho altrove moftrato, come affaiffime offervazioni efeguite in tal guifa non vanno efenti da errore ( Nell Introduzione). Avvifava io adunque non fenza fonda mento, che la velocità notata dall’ Haller nelle arterie me fenteriche maggiore di quella delle vene compagne, fofi= un effetto di turbamento cagionato ne’ vafi dallo ftiramento del mefenterio. Tanto più, che oltre al non averla egli trovata coftante , tale turbamento mi fembrava ‘evidente per quelle irregolarità di ftagnamenti nel fangue, di ofcillazioni, di fiuf fi, e reflufli, ch'egli ftefo, ficcome uomo ingenuiffimo, race colle conta, che accompagnavano il fovrappiù di velocità nelle ar- terie. Pure l’ autorità di un tanto Offervatore non mi lafcia- va tranquillo, e pareva che defideralfe da me prove maggio- ri. Stimai in fine, che quefte non fi poteffero trovar meglio, che nel mefenterio di quegli animali, che fomminiftrata gli avevano quell’ Offervazione, cioè a dire delle rane. E quì fu in vero, ove mi acquietai pienamente. Qualora attaccava il mefenterio delle rane agli uncinetti, ora il fangue arteriofo fuperava in velocità il venofo, ora accadeva il contrario, ora da una parte, e dell’ altra eravi uguaglianza di velocità. Ma allorchè lafciava il mefenterio nel naturale fuo luogo, la ve- locità del fangue venofo andava fempre del pari con quella del fangue arteriofo (E/p. 97.). Sempre più adunque ebbi campo di confermarmi in quel vero, che dapprincipio mi fi era offerto. Due condizioni però fi vogliono attendere, perchè sì fat- ta uguaglianza abbia luogo: l'una, che la circolazione fia in pieno vigore, altrimenti cominciando il fangue a muoverfìi a fpinte nelle arterie, difficilmente può farfi allora il paragone tra la loro velocità, e quella delle vene. L'altra condizione confifte nel prendere arterie, e vene compagne, quali fono le arterie, e le vene mefenteriche, le arterie, e le vene polmo- mari, le arterie, e le vene affillari ec., giacchè non tutte le arterie medie fi muovono egualmente. Così la velocità dell’ arteria polmonare, e delle quattro arterie fcorrenti ful piano del palato, fupera la velocità delle arterie mefenteriche, € forfe quella delle affillari. E lo ftefflo vuol dirfi della celeri tà delle vene corrifpondenti ( E/p. 40. 41. 93-). Anzi tra le ve- wîS( 191 Ea III vene fe ne annoverano alcune, la cui lentezza è srandiffima, come la vena della milza, e quella del fegato (E/p. 106. 107. 108.). E da quefta ultima offervazione confermafi ma- ravigliofamente quella lentezza di moto nel fangue del fe- gato degli animali, ammeffa da' Medici col lume della teo- ria, e per la frequenza delle malattie, che attaccano quelto vifcere. XP “Ome, e quanto influifca ne’ noftri ‘animali l'elemento dell’ aria alla circolazione del fangue arteriofo, e venofo ne’ polmoni, lo dimoftra la ceffazione, o il molto rallentamento di effa circolazione allo fsonfiarfi del polmone o naturalmente, o mediante qualche lefione fofferta ( E/p. 20. 26. 9I.). Ed a quel modo, che per votamento d’ aria fi rifente cotanto il fluire del fangue polmonare, così per votamento di fiele fi rifente medefimamente il corfo del fangue irrorante la borfetta, che rinferra quell’ amaro liquore ( E/p. 49. 50.). E'ftata, ed è opinione di molti, che il fangue ne’ pol- moni corra più veloce, che nell’ altre parti dell’ animale, Lo deducono fingolarmente da quelto, che il fangue polmonare, oltre la velocità che riceve dal cuore, partecipa anche di quel- la, che vi fi produce dal movimento proprio de’ polmoni, Nelle mie Sperienze ho faticato non poco per chiarirmi anche fu quelto. Quanto alle falamandre, la velocità del fansue polma- nare è bensì fuperiore a quella del fangue de’ vafi mefente- ricia Di 192 ka Dress enà rici, e fors anche degli allillari ( £/p. 40. 93. 97. ), ma non è così, fattone il confronto con altri vafi. Tali fono quattro arterie, e due vene ful palato, come pure moltiffime artee riuzze, e venuzze cutanee, giacchè in tutti queiti vafi gran- di, e piccoli corre il fangue egualmente bene, che ne’ vafi polmonari ( E/p. 41. 63. 94). i In ciò che fpetta alle rane acquajuole, e degli alberi, procurava di aver fori’ occhio a un tempo medefimo le arte- rie polmonari, e il tronco arteriofo del mefenterio, e poffo dire di non aver mai trowato fenfibil divario nel correre di quelti vali (Ir tutte le mie Sperienze.). Ho a compagno il Sio. Haller, che neppur egli ha offervato veruna difltinta ve- locità nel fangue polmonare di un rofpo. Xx X. Utte le linee de'globetti fanguigni difcorrenti lunghef- fo i canali venofi, e arteriofi, fi muovono effe con pa- ri velocità? Il Problema era già ftato fciolto negativamente, col moftrare, mediante l’ efperienza, che la linea de’ globet- ti andante per l’affe del canale è più celere delle linee late- rali, maffimamente di quelle, che rafentano le pareti. Così ne canali quella porzione di acque, che fcorre nel mezzo è più celere dell’ altra, che corre ai lati. Le mie fperienze mi hanno viemmaggiormente perfuafo dell’ ecceffo di velocità all’ affe delle vene, e delle arterie, o vada il fangue con \moto legittimo, o con retrogrado , ovvero ofcilli (.E/p. 99. 109. JOI. 134»). XXI, «DE 11937 La n XXI. L fangue arteriofo in nulla differifce dal venofo, fia nel colore y fia nella denfità. Nel colore, porporeggiando e-. gualmente quello delle arterie, che quello delle vene (.E/p. gr. 96. 117.). Nella denfità, confervando, oltre al colore, la medefima corpulenza, eftratto che fia Y uno, el’ altro dall’ animale ( E/p. 92. 159.). Bifogna però, che le arterie, e le vene, che fi paragonano, fieno di egual diametro. Altri- menti crefcendo il diametro della vena fopra quello dell’ ar- teria, il fangue nella prima appare di un roffo più carico , che nella feconda: e l’offervazione è la ftella nelle arterie, quando fono più groffe delle vene ( E/p. 91.). XXLL Refentemente fi ammette da tutti come cofa siudicata, che il fangue degli animali ne’ primi tempi del loro vi- vere è giallo, poi acquifta il color di ruggine, cd in fine diventa roffo. Primevum fanguinis colorena flavumeffe qui per varios rubiginofi coloris gradus in ruborem confirmerur , tabilifce L Haller nella fua grande Fifiologia , appoggiato alle fue offer- vazioni intorno al pulcino; e prima di lui dietro a fimili of- fervazioni era ftato ftabilito da altri Medici, ed Anatomici pur fommi, quali fono tra gli altri un Malpighi, un Senac, Certo egualmente fi reputa dall’ Haller l’ ingiallimento del fangue negli animali adulti, fe o per inedia languifcano, op- N pure. DIS 194 MH) to eo pure il lor fangue diradi molto ne’ vali, e venga a perdereil circolar movimento. Così il fangue delle fue rane di rubi- condiffimo che era, pefcate effendo di frefco, fi facea giallo coll’ obbligarle a ftarfi fenza alimento. Anzi nelle. medefime sì infermiccie macchiato era fovente a più colori, effendo ove- giallognolo, ove roffo-pallido, ove porporino. Medefimamen- te fe o per recifione del cuore, o per altra cagione refta- vano i vali delle rane in gran parte fprovveduti di fangue, quel poco che ci rimaneva, quantunque dapprima roffeggian- te, colorivafi in giallo. Dato com'era a quefto genere di Efperimenti era. trop- po naturale, che doveva io pure intertenermi in quefte due Ricerche, non già con animo prevenuto di trovarci quanto infesnano i menzionati celeberrimi fcrittori, ma col folo de- fiderio di vederci quanto nudamente era per manifeltarmi la Natura. Tale appunto effendo l’inalterabile mio metodo nel- le cofe eziandio le più univerfalmente abbracciate, ma che dipendono dai fatti, di prefcindere dall'autorità, ancorchè rif- pettabiliffima , di chi le ha ftabilite, allora. quando difcendo a un pratico efame de’ medefimi fatti. E per venire al pulcino, poflo dire di aver veduto io pure nel fuo fangue fimili tinte, trovato avendolo effettiva- mente ne’ primi giorni della covatura giallognolo , rugginofo, e rofliccio. Ma quefti tre colori non ve li trovava in tempi diverfi, ma contemporaneamente. Nell’ ora quarantefima del- la covatura fpiccava il giallognolo nel più fottile de’ vafi, ma all ingroffare di elfi degenerava infenfibilmente in color di ruggine; il qual colore era affai rifentito dove i vafi erano mat. maffimi. Ma il ianguc nei cuore appariva di un colore tra il rusginofo, ed il roffo (E/per. 115.). Non parlo di ore an- teriori alla quarantefima, non ‘avendoci allora veduto nè co- lori, nè circolazione. I medefimi tre colori mi fi prefentarono dopo il fecando giorno, fe non che il giallo era quello, che feriva meno la viita ( E/p. 116.). Quetti tre colori contem- poranei mi mettevano. in qualche confufione, Non fapeva ca- pire come il giallo, fe ftato folle il color prinzitzvo del fan- gue, foffe confinato a foggiornar folamente alle ftremità de’ vafi. Crefceva la mia confufione al vedere che quel fangue, che nel cuore era roligno, arrivando nel groffo de’ vafi ar- teriof fi facea rugginofo, poi affumeva il color giallo, giu- gnendo ai loro confini. Così non capiva come dopo di efferfi confervato giallo nelle vene più fottilì, ricompariffe ruggino- fo dov’ erano più ample, ed in fine fi faceffè roffo all’entra- re nel cuore, Quefti tre colori nel medefimo fansue circo- lante dentro ai medefimi vafi mi metteva in qualche diffi- denza, che fimili colori non foffero tutti reali, ma chequal- cuno foffe |’ effetto di qualche illufione ottica fino ad ora non avvertita, Non poteva contemplar queiti vafi fenza che l’oc- chio non rimaneffe altamente inveftito dal colore del tuorlo fottopofto, che vivamente giallesgiava attraverfo. della chia» ra. Quefto fondo giallo mi diede a temere che non foffè egli Y autore di quell’inganno..E voglio dire, che quantunque effer poteffe, che il fangue foffe tutto di un colore, cioè rof- fo, pure vi foffe pericolo, che venifle a perderlo, ed aflu- meffe il color giallo nell’ etremità venofe, e arteriofe, per effer ivi a cagione dell’ ellrema fua fcarfezza fopraffatto di N2 trop- DI 196 )îka Eric troppo dal giallo del tuorlo. Ed effendolo meno dove i ‘vafi erano più groflerelli, per effer ivi il fangue più raccolto, ve- ftife un colore tra il giallo, ed il roffo, cioè quel della rug- gine, Riaffumeffe in fine il roffo naturale dentro al cuore, perchè quivi poco ci potefle il giallo del tuorlo, a motivo di effer là dentro più copiofo il fangue, che altrove. Quelto mio dubbio mi pareva fondato, perchè appoggiate ad un fat- to. Que’ vafetti cutanei nelle falamandre, che ferpeggiano fulle fafcie giallo-dorate del petto, e dsl ventre, non appa- jono tutti di un colore. I più grandicelli fono leggermente roffi, del color della giuggiola i meno grandicelli, e i fot- tiliimi inchinano al giallo ( E/p. 63.). Eppure tal diverfità di colori non nafce, che dall’ impreffione più o meno viva cagionata fu que’ vafi dal giallo fottoftante, effendo dimoftra- to, che ogni genere di vafi finora noti nelle falamandre fo- no fanguigni, cioè conducono tutti il roffo globulare liquore, (In tutte le mie fperienze . ) i Un altro fatto, anche più immediato, perchè tratto da’ wafi fteffi del pulcino, mi raffermava in cotefta idea. Se il fan» gue per lefione cagionata a' vafi ne ufciva da que”luoghi, ove moîtravafi gialliccio, o rugginofo, in quel che ragunavafi at- torno alla ferita, prendeva il colore rofficcio ( E/p. 115.). Dun- que, diceva io, quel giallognolo, e quel rugginofo non fono eolori proprii del fangue. La feguente fperienza fu poi dimoftrativa. Nella terza differtazione parlo dell’ artifizio di trafportar fopra un difco di vetro i vafi del pulcino, illefa la circolazione ( E/p. 37. della terza differtazione). Qualora dunque in quelto trafporto mi E 1907 ia [i ccienze mi riufciva di far che iul diico non fi attaccafle punto di tuor- lo, fparito il giallo, ed il rusginofo, roffeggiava tutta la maf- fa del fangue. Solamente all’affottigliarii de' vafi fcolorivafi il roffo (E/p. 37. della fleffa difertazione ). A confermazione di tutto quefto aggiungo un nuovo fat- to. (*) Qualche rara volta prima dell’ora quarantefima della covatura ho veduto un principio di circolazione. Qualche al- tra volta non ho potuto vederci, che una macchia puramen- te gialletta. Ora cotal macchia diventava rofficcia, fe deltra- mente la trafportava ful difco fenza mefcolamento di tuorlo. Impuntandola allora con lente acutiffima fi fcopriva null’ al- tro lei effere, che un teffuto reticolare di vafellini nafcenti. Quefti fatti mi determinarono adunque volente nolente a ftatuire, che il primzizivo colore del fangue nel pulcino non è altrimenti il giallo, ma fibbene il roffo, quantunque allo- ra fia lesgeriffimo per non aver ricevuto, diciam così, che la prima mano dalla Natura; e folamente in proceffo di tem- po divenire più intenfo, fino ad acquiftar quell’ accefiffimo ce- lor di fcarlatto, che è proprio del fangue. Dagli animali caldi non fi allontanano punto i freddi , anzi non mefcolandofi in quelti nè tuorlo, nè altro corpo di fimil colore, non ci ha parte alcuna quella feducente miftu= ra di rugginofo, e di giallo. Parlo de’ girini delle rane. Ne® primi tre giorni da che fono nati il fangue è in eli di niun N3 colo- (*) Non l’ho defcritto nell’ Efperienze del pulcino, per» chè efeguito dappoi. DE 198 )ika colore ( E/p. 145. 146.). Nel quarto comincia ‘a roffesgiare, folo però dove i globetti fono più raccolti, cioè dentro «al cuore, ed anche ivi debolifimamente (.E/b. 147. 148.). An zi per molti giorni confecutivi l’ union de’ slobetti è talmen» te neceffaria perchè abbiafi qualche roffezza, che fin ne’ gior- ni fedicefimo, e diciotrefimo il fangue dentro a' vafi di minor diametro moîtrafi ancor trafpàrente ( E/p. 154. 198.) Nel giorno vigefimo fecondo fi è già trasfufo il roffore a tutta la maffa del fangue, fuori l'effere più fmorto ove i vafi fono più fottili (£/p. 156.). In fesuito il roffo del fangue non fa che acquiftare ulteriori gradi d' intenfità. E quì notifi in paffando la rilevantiMma differenza in- torno al roffo del fangue tra gli animali caldi e gli animali freddi. In quelli faltano già fuori, come è detto, i principii di un tal colore, non ancor compito il fecondo giorno della covatura, in quelti folamente nel quarto, da che fono nati. Ne' primi acquiftato ha già il fangue nel quinto giorno un bellifimo color di porpora (E/p. 127.); e ne’ fecondi nel cinquantefimo è ancor dilavato ( E/p. 162.); e folo nel fel fantefimo fecondo, o a dir meglio nel fettantefimo primo, usuaglia nella pienezza del roffo il fangue degli adulti ani- mali (E/p. 164. £68.). Il pochiffimo, o niun calore ne’ gi- rini, e il calore ‘fenfibiliffimo nel pulcino credo che concorra in tutto, o in stan parte a produr quefto fvario. Faàcendomi ora alla feconda inchielta, fe il roffo del fan- gue traligni in color giallo negli animali per inedia, o per foverchia effufion di fangue languenti, dird, che anche in que- fto fono ftato neceflitato dalla Natura a diffentire dal Sig. Hal- (199 ka nisi Haller. Vero è ch'io pure ci ho trovato quel giallore, an- zi quella mefcolanza di gialliccio, di roffetto, e di roffo ram- memorata dall’ Autore, ma ficcome nel pulcino fi è fcoper- to non effere quelle fpezie diverfe di giallo, che una pura pretta illufione ottica, così. altrettanto mi lufingo di avere fcoperto in quelti altri animali. Efaminava adunque a lume refratto, vale a dire col lume praticato dal Sis. Haller, il mefenterio di molte rane tenùte per un tempo più, o men lungo fenza cibarle. Il bianco-lucente ne’ vafi più fini, il gial- lognolo ne’ grandicelli, il giallo ne’ grandi, il rofficcio, indi il roflo ne" vafi fucceffivamente più grandi, quefti erano i co- lori, che variamente dipisnevano le vene, e le arterie del mefenterio: ma fe ritenuta la medefima lente non faceva al- tro, che alla luce refratta furrosar la riflefa, la più parte di que’ colori, che creduti avremmo veritieri, fi fcoprivan bugiardi. Non eravi adunque che il folo roffo, chè fi teneffe forte, il qual roffo veniva anzi a colorire tutti i vafi mefen- terici. Solamente in generale era un roffo più dilavato, ‘e più pallido di quello effer foglia in quegli amfibii, quando fono pafciuti; e il pallore fi diftinsueva anche più, ‘dove i vafi fi: facevan più efili (E/p. 31. 32.). Sperimentai fu Je falamandre come fperimentato aveva nelle rane: ma in que’ ferpentelli non è sì rimarcabile la diverfità tra la luce refratta, e la rifleffa, fe non fe dopo lunghifimo intervallo di tempo, per effere il colorito del fangue affai più difficile a {montare in effi per aftinenza dal cibo, che nelle rane (E/p. 32.). ‘Al favore di quefte due Inci ho-guardato i #afi mefen- N4 te- 2É5(.200 )îk terici quafi efangui per la dmoderata ufcita dell’ umore fan- guigno dal cuore aperto. A luce rifleffa erano rollì ; a luce refratta giallo-lucenti, o giallo-pallidi (E/p. 78. 88. della serza Diffeitazione). E la rilevante differenza delle due Iuci fi faceva conofcere la ftefiifima , fiffando l’ occhio ignudo fu le arterie, e le vene, purchè non foffero molto fottili. Un tal divario megli effetti tra la luce refratta, e la luce riflefa non è malagevole a capirfi. Effendo i globetti fanguisni folitariamente. prefi permeabili dalla luce, quindi è che ove fono rariffimi, come ne’ vafi più fini, rimangono sì altamente inveltiti dalla luce refratta per di fotto attra- verfante i globetti, e vesnente all’ occhio, che quel poco di roffo, che hanno, viene a perderfi dal foverchio fplendore, e quindi apparifcono bianco-lucenti. Ove poi fono i vali meno fini, fono anche i globetti meno penetrati dal lume , per ef- fere più raccolti, e però allora degenera il roffo del fangue in quel giallo più, o meno aperto, che fuole ingombrare i vafi di media grandezza. Finalmente ne vafi eziandio mag- giori,, quali fono i due tronchi mefenterici, venendo: rintuz- zata in maffima parte la luce dai globetti affluentemente ivi raccolti, il fangue ritiene poco, o aflai del fuo roffo ; e pe- rò i. vafi di calibro più grande ad onta della luce refratta, comparifcono rofleggianti. Quegli effetti pertanto, ché il tuor- lo dell’ uovo produce ne’ vafi fanguigni del pulcino, la luce refratta li produce, ed anche con più efficacia, ne vali me- fenterici. Ma l’ affare procede diverfifimamente guardati gli ftefli vafi a luce rifleta. Allora ci determiniamo a vedere il fan- gue (201 (TT RETE gue mercè unicamente di quella luce, che è rimbalzata dal- la fuperficie de’ globetti, e confeguentemente, che ce li rap- prefenta con quel colore, che hanno in fe. Non è adunque maraviglia, fe allora tutti i vafi ci comparifcono rofli, quan» tunque poi, ci comparifcano meno, come teftè abbiamo ac- cennato, che quando gli animali fon vigorofi. Anzi è delle volte, come ne’ girini buona pezza disiunanti, che il pur- pureo del fangue sfuma talmente, che non fappiam più. di- fcernerlo, che ne’ vafi più groffi, ed anche ftentatamente , moftrandofi il fangue nel reltante de’ vafi di niun colore &Efps 16%): Dal fin quì detto raccogliamo, che il roffo è quell’ uni- co colore, che originalmente viene al fangue; che tal colore al crefcer dell’ animale, e all’ingagliardir della forza del cuo- re diventa più intenfo, fino ad acquiltar quell’allegro porpo- rino, di che gode nello ftato di fanità. Che infievolendo l’a- nimale per mancanza di cibo, e per confeguente allentandofi la forza del cuore, fcema per gradi l’ intenfità del roffo, fi- no a fparire, o a fminuirfi maffimamente. Che per ultimo quelle tinte, or rugginofe, or gialle, or bianco-lucenti, che fi mefcolano al fangue, altro non fono, che ottici errori pro- dotti da un lume infedele, o da altrettale ingannatrice ca- gione + E a quefto propofito mancherei a quella fincerità, che deve ‘avere un Filofofo, fe non confeffai un mio abbaglio commeflfo nel Prodromo fopra le Riproduzioni Animali ( In Modana 1768.) là, ove parlando incidentemente della circo- lazione de’ girini dico che i globetti del fangue erano rit di IS 202 \Bha ot ui di un igiallo-pallido (cart. 34.). Allora io efaminava quegli animaletti a luce refratta, e con tal luce moltrafi in fatti dotato il lor fangue di color giallo, ma il giallo ‘fvanifce, e fottentra il 'roffo, foltituita la luce riffefa (E/p. 154.), la qual luce è fempre ftata da me ufata nelle furriferite fperien- ze intorno ai girini, Dalle cofe finora efpolte fi vien pure a fcoprire un ‘er- rore, in che fono'incorfi molti nell’offervare la circolazione del fangue, il qual errore per altro fi è faputo fchifare dall’ oculatezza dell’ Haller. Oltre ai vafi fanguigni fi fono cele- brati i vafi fierofi, e i linfatici, per aver veduto fcorrer den- tro agli uni de’ globetti giallosnoli, e dentro ‘agli altri de' globetti bianchicci. Ma il vero fi è, che fon quefti de’ foliti inganni della luce refratta, effendo faciliffimo il ‘dimoftrare, che i vafi creduti fierofi, e linfatici, fono realmente fangui- gni, cioè annaffiati da globetti roffi, sì perchè i globetti, che ne’ vafi minimi avevano il bianchiccio , o il ‘giallognolo a luce refratta, veftono il rofficcio, o il roffo, ritenuta la medefima luce, nel paffare in vafi più grandi (E/p. 68.69.70); sì perchè in que’ medefimi vafellini, in cui a luce refratta fi credon gialletti, o-biancheggianti, a luce riflefa fi trovano volfi (E/p. 28. 68.). Tra l’ altre l’efperienza fettantefima decide a mio avvifo la cofa d' una maniera fenza replica, alla quale fperienza rimetto il Lettore. Non è già, che dalla non apparenza ide’ vafetti linfati- ei, e fierofi, io prenda animo di negarli. Parmi anzi pro- babiliffimo, che oltre ai vafi fanguigni ve ne debbano effere dei più fopraftini non conducenti che fiero, o linfa. Dico fo- | lo, vi 203 if SIRENA TIT lo, che quelli che fi credevano tali, nol fono effettivamente te. Anzi che ne’ vafi fteffi venofi, e arteriofi alberghi un fottilifimo invifibile fluido linfatico, o frerofo, che dir lo vo- gliamo, in cui fono immerfi i globetti roffi, fi deduce evi- dentemente dagli effetti. Quel muoverfi de’ globetti ne’ vafi capillari, fenza che l’ un tocchi l’altro ( E/p. 56. 58. 59 66. 73. 130.), e fenza che le pareti ide vafi concorrano pun- to a un tal moto (Efper. 58. 73.): quello fcorrere, fdruci- ti i vafi, full’ afciutte lame del mefenterio, non oftante che fieno fra lor feparati ( E/per. 71.): quel paffare dalla quiete al moto fenza l’ impulfo di altri globetti (.E/per. 72.); ma- nifeltano a ehiare note la prefenza d'un fluido, entro cui nuotano ‘effi, e che agifce contra di loro. E vedendofi ‘alcu ni di tali effetti ful primo parere della ‘circolazione, ‘come accade ne’ girini, e nelle falamandrine piccoliffime ( E/p. 73. 149. 150. 152.), dir bifogna, che.cotal liquido fin da que' primi tempi efifta ne’ vafi, per effere probabilmente troppo neceffario non folo alla confervazione, ma ‘al nafcimento del sircolo. Pongo fine a quelto .Rifultato coll’avvertire una cofa. Ho detto favellando de’ sirini ‘effere meceffaria per ‘parecchi giorni l’union de’ globetti, per difcernerfi il «roffo del fangue. ‘Ciò non vuole già intenderfi in quefto fenfo, che dall’union ‘de’ globetti nafca il roffo, di foggia ‘che niun roffo ci abbia ne globetti folitarii jima fibbene che allora.il roffo di ciafcun globetto è tanto leggero, tanto debile , che non può ferire il fenfo,che raccogliendofene molti infieme. Per altro (fuora di que’ primi tempi) che ad ogni globetto compera la fua dif- Dif 204 )lka difcreta dofe di roflo, cel moftrano i girini fteffi, e affai più gli animali già fatti. I girini, veggendo noi che que’ mede- fimi globetti, che ne’ vafi inefprimibilmente piccoli albes- giavano nel giorno fedicefimo ( E/p. 154.), roftegino nel | vigefimo fecondo (E/p. 156.). Gli animali già fatti, trovan- dofi che i globetti fanguigni nelle falamandre, prefi eziandio uno ad uno, manifeltano aflai bene il lor roffo ( E/p. 56. 64.). Anzi effo roflo ci è sì aderente, che neppur fi cancella in. certe fpeziali circotanze al lume refratto (E/p. 49.). Ne globetti fanguigni del pulcino fuccede lo ftefflo ( E/p. 124. ). Solamente in generale l’affembramento de’ globetti ha la pre- rogativa di accrefcere il roffo del fangue, effendo più che certo, che a proporzione, che effi aumentan di numero, il roffore fi fa più forte ( E/p. 28. 56.68. 69.). XX: IL F Ino adeffo chiamate abbiamo le particolette rubiconde del fangue col nome di g/oZetti. Sì adoperando non folo ho fervito al linguaggio de’ Fifiologi, ma anche alla verità. So- no elleno veracemente o sferiche, o non molto lontane da quefta figura ( E/p. 28. 65. 66. 115. 149. ). Ed è offerva- bile, che i globetti fanguigni negli animali nafcenti hanno già la forma, e la grandezza di quelli, che circolano negli ftefli animali crefciuti (E/p. 73. 115. 149.) XXIV. Wi 205 ) CÒ TA A TAI n XoEPVI Uì cade il deltro di favellare di una proprietà da gra- Elua Suggetti conceduta, e da altri pur graviffimi negata ai noftri globetti, cioè fe fieno elaltici, o no. Vo- gliono adunque alcuni che lo fieno, pretendendo che la loro forma foggiaccia a mutamento o nel vicendevole loro urtar- fi, o nel paffare per le angultie de' vafi. Altri foftentano ef- fere cotal forma immutabile, ed in vece di dare qualche afcol- to alle ragioni di quelli che affermano, amano meglio di per- fuaderfi, che fi fono ingannati. Tra quetti ultimi è il Sig. Haller, il quale nelle numerofifime fue fperienze non fi è mai potuto accertare di alcun fenfibile cangiamento di for ma. Nè tal cangiamento gli fembra punto probabile , conli- derata la velocità, con cui corrono i globetti ne’ vafellini fo- praffiniffimi, entro a’ quali dovrebber piuttofto andar lenta- mente, fe fofferiffero fregamento contra le interne pareti, in srazia del qual fregamento nafcefle poi la mutazion di fi- sura. Nelle mie Sperienze non ho omefla ogni cura , per chia- rirmi, fe era poffibile, di quefto fatto. Rifletteva, che quel le arterie, che pulfano ne’ noftri animali, e che infiememen- te lafciano vedere la circolazione, mi potevano per ventura dar qualche lume. Concioffiachè io ragionava così. La pul- fazione delle arterie. nafcendo dall’urto maggiore de’ globetti contro le loro pareti al contrarfi del cuore, ne viene, che i globetti produrre non poffono cotal urto, fenza eflere riurta= u PE 206 )}}k ti dalla reazione delle pareti arteriofe. I globetti riurtati ur= teranno le linee de’ globetti vicini all’ affe, e quefti pure rea- giranno contro di quelli. Dunque ‘moltiffimi globetti, pro- veranno l’urto di più forze contrarie. Dunque fe fono elaîti- ci dovranno o impicciolirfi di mole, od allungarfi, o in qua- lunque altro modo sformarfi, poi tornare alla priftina forma, ceffata la compreflione. Il raziocinio non mi pareva incon- cludente, ma nol potei realizzare dal fatto. Tanta era la prontezza de’ globetti urtanti nella fiftole del cuore i lati del- le arterie, e tuttinfieme la velocità, onde eran rapiti lun» gheffo la direzione dell’affe delle medefime, che era impoffi» bile l’accorgerfì, fe erano foggetti a cangiamento di figura. Che fe ad arte indeboliva la forza del cuore, premendolo più, o meno col dito (Rifelt. XY.); oppure fe afpettava, che l’ indebolimento nafceffe da fe, col lafciare languir l'ani- male, l'occhio poteva allora, gli è vero, per la rallentata circolazione, tener dietro ai globetti, ma non trovava mai che nell’ urtarfi vicendevolmente o nell’ effer riurtati dalle membrane arteriofe diveniffer più piccoli, nè che fi allun- gaffero, nè che patiffero verun altro vifibile cangiamento. Non avendo adunque ottenuto il bramato intento nelle arterie pulfanti, nè ftato effendo più fortunato in quelle che non pulfano, mi rivolfi a’ filuzzi arteriofi, e venofi, che non danno paffaggio, che ad una linea di globetti. Ma nè anche quì potei accorgermi del ricercato cangiamento, per non ur- tare quafi mai i globetti nelle fponde de’ vafellini, quantun- que preffochè le rafentino ( E/p. 58. 130. ). Sazio, 0 piuttolto annojato dall’ inutilità di tanti tenta- tivi, i 207 )lka tivi, abbandonai l’impreia, nè forie più mai ci arei penfato, fe il fangue, che un giorno offervava circolare nelle branchie delle falamandre giovani non avefle rifvegliata la mia curio- fità, anzi non mi avefle data in mano, fenza cercarla, la defiderata foluzione. Ebbi adunque il piacere di fcorgere, che i globetti fanguigni di quelle befticciuole fono elaftici ; e dall’infisne allungamento di figura, e da altri non equivoci contraflesni me ne chiarii sì fattamente, che più non reltom- mi fu di un tal punto il minimo dubbio. A. perfuafione pie- niffima di quanto quì accenno, fupplico il Lettore illumina- to a voler leggere attentamente l’ efperienza fettantefima terza. So, che il Sig. Haller, non oftante che gli fia paruta di veder per due volte ne’ slobetti del fangue qualche mu- tamento di forma, pure non fi fa. rifolvere a rifolutamente accordarlo, dubitando, che qualche illufione ottica gli abbia rapprefentato fotto afpetto di mutamento ciò che non era che l’effetto della luce, e dell’ ombra. Ecco in qual medo quel cauto, e pefato Filofofo palefa i fuoi timori nella fua grande Fifiologia. “ In numerofifimis animalculis minori. »» bus globulos folitarios per minimas venulas ferri vidi, per- » que frequentes earum venarum amfra&us iter fibi aperire. Vidi quantum ad excitandam eam opinionem fatiseft( cioè » » l’ opinione, che ammette la mutazion di figura ne’ glo- » betti) fed id utigue non vidi quod fufficiat ad, convincen- »» dum hominem unice veri ftudiofum, micatio enim aliqua:ad- » fuit, alteriufque fubinde faciecule, lucide modo, & modo ob- » fcure in globulo alterna apparitio.( Phiffo. Teil. pag.59.): 3 Io (208 )fka Cee e To non poffo, che encomiare il prudente fuo riferbo, e convengo pienamente con lui, che il fenomeno, ch’'ei reca in mezzo, non è baftante alla decifion del Problema. Dirò anzi, che ripetuta la fua Offervazione, fonomi afficurato, che la di lui fofpizione era giuftifima, giacchè per diftrug- gere quell'ottico mutamento ne’ globetti ( il qual confilteva in un picciolo apparente allungamento de’ medefimi nel paf- far che facevano per le piegoline, e pe’ gomiti delle capilla- ri venuzze) io non aveva a far altro, che al lume refratto di che fi valeva l’ Autore, furrogare il riflefo. Ma è ben lontano, che la prova per me allegata fi debba confondere con l’addotta mentitrice apparenza. La mia Offervazione ef- fendo ftata fatta a luce riflefa, ceffava qualunque fofpetto di ottico errore. Quell’allungamento adunque ne’globetti da me offervato dentro all’ anguftie de’ vafi delle branchie, era rea- le. In oltre eflo allungamento era troppo fenfibile, troppo palpabile, arrivando ciafcun globetto ad allungarfi al di là del doppio. Di più i globetti sì allungati, giunti che erano agli angoli de’ vafi, s'incurvavano, fi piegavano eflì pure ad angolo. E movendofi eglino in quegli ftretti con fomma len- tezza, a quel modo, che l’occhio vedeva comodiffimamente l’allungarfi de’ globetti, l’inarcarfi, e il conformarfi ad an- golo, vedeva altresì con pari comodità il reftituirfi de’ me- defimi a linea retta, l’accorciarfi, e in un l’ ingroffarfi, via via che ufcivano di quelle ftrettezze, fino a tornar ciafcuno alla naturale globular forma. La prova adunque a favore dell’elafticità de’ globetti del fangue effer non poteva. più fi- cura, nè più. decifiva. Debbo «i 209 Ba reina Debbo però dire, elfere un calo ipeziale, una rara for- tuna l’abbatterfi in quelti, o in equivalenti incontri, poten- do io affeverare, che dopo che offervo microfcopicamente il fansue negli animali, fuor di quelta cafuale Offervazione , che ho voluto più, e più volte ripetere, non emmi toccato giammai di farne verun’ altra, da cui poteflì arguire fenza ti- more di equivoco qualche reale cangiamento di forma ne roflì elementi del fangue. XXV. E Stata opinione di molti, duce il Lewenhoeckio, che gli animali caldi abbiano in agsuaglio de’ freddi maggior quantità di globetti roi. Ciò non poteva meglio faperfi , che avendo fott’ occhi la circolazione degli uni, e degli al- tri. L'affare pertanto procede così. O fi confiderano quefte due fatte di animali nella primiera Joro età, e allora 1° opia nione è fondata, o fi confiderano effendo già crefciuti, e in tal cafo più non ha luogo. Certa cofa elia è adunque, che i globetti del fangue ne’ girini fono in dovuta proporzione meno copiofi, che nel pulcino dentro dell’ uovo. In quelli nulla evvi di più ovvio, che il trovar pezzi di vafi capilla- ri sforniti d'ogni glohetto ( E/p. 149. 150, 152.). Altrettan- to interviene nelle piccole falamandre ( E/p. 73.). Pel con- trario nel pulcino, di tanti efami fattivi fopra, non mi è accaduto, che una fola volta di veder vafi non riempiuti del tutto dai globulari corpetti (E/p. 130.). Similmente ne' vafi più grandi de’ girini, e delle falamandrine eflì corpetti non O fo» (210 )}fka ti iu fono allora sì affollati, nè così fitti, come lo fono ne’ vafi del pulcino (In tutte le mie fperienze). Ma a poco a poco che fi vanno fviluppando gli'animali freddi, fi va anche au- mentando la quantità de’ globetti. Così nel giorno ventefimo fecondo da che fono mati i girini, i vafi capillari fono quafi interamente ingombrati da’ globetti, quando per lo innanzi vi erano intervalli molto notabili tra un globetto, e l’altro (E/p. 156.). In tempi poi più innoltrati fi ha egual pienez- za di fangue nelle arterie, e nelle vene degli animali freddi, e in quelle del pulcino. Tanto certamente fuccede nelle ra- ne acquatiche, e degli alberi, nelle falamandre, nelle Iucer- te, e ne’ ramarri (Im tutte le mie /perienze). Vuolfi però in- tendere fimil pienezza sì veramente, che quefte cinque fpe- zie di animali non abbian fofferto per cagione d' inedia o di altro, mentre in tal cafo i globetti roffi diradano poco, 0 affai dentro a’ vafi. Quefta differenza nella quantità del fan- gue tra gli animali fani e i male affetti era già ftata avver- tita dall’ Haller nelle rane. WX WL Giobetti del fangue nello fteffo animale fono eglino tut- ti della medefima forma, e grandezza? Tali gli ho tro- vati ne noftti animali, eccettuato quelli del fangue delle fa- lamandre, che fono di due maniere, altri allungati, e verfo il mezzo panciuti, altri rotondi, e d’una metà circa più pic- coli ( E/p. 66. 67. 70.) XXVII i 211 \bAa tt | XXVII Ra gli animali di fredda tempera da me efaminati, e il pulcino pafla quelto notabiliffimo divario, che quelli, qualunque ne fia la grandezza, e l’erà, hanno fempre i va- fi trafparenti abbaftanza per manifeltare la circolazione; ma il pulcino a mano a mano che aggrandifce, rende cotale (pet. tacolo meno piacevole, perchè meno vifibile, ed in fine lo invola affatto, per l’ accrefciuta opacità de’ fuoi vafi. Nel giorno quinto pertanto dell’ incubazione comincia il circolo del fangue a patire qualche ofcurità dove i vafi ombelicali fono più grofi (E/p. 127. 128.). L’ofcurità va crefcendo, e nel giorno fefto non ci appare più circolo, fuorchè ne’ ra- mi, e ne’ ramufcelli (E/p. 130.). L’opacità delle membra- ne a poco a poco fi eftende ai rami, da quefti ai ramufcel- li, e nel giorno diciannovefimo, e mezzo fi pena a vedere il moto del fangue ne vafi più minuti ( E/p. 143.). L’ifteffo incomodo fopravviene a’ vafi ferpeggianti fu la membrana del tuorlo. Nel giorno decimo quarto fi ha di che contentarfi nel poter riconofcere ancora la circolazio ne ne’ra» mi (E/p. 140.). Altrettanto accade a’ vali del pulcino, tra per le piu» me, di che comincia a veftitfi, tra per l’ opacità de’vafi, e per l’internamento de’ medefimi trammezzo alla pelle ( E/p. 139. I4I.); XXVIII, O iS) I! 212 )ifn re XXVIII Oniam fine aiRifultati col fare una breve rifleffione circa + l'apparimento di nuovi vafi nel pulcino. Sulle prime non fono vifibili, che quattro vafi principali, cioè due ve- ne, e due arterie (E/p. 115.). In feguito faltano fuori altre due vene, a principio piccoliffime, ma in breve crefciute in modo, che coprono Je due principali arterie ( E/p. 117. 118. 119.), 0 le paresciano (E/p. 144.). Oltre a quefte due ve- ne fi difcopte un efercito di arteriuzze, e venuzze, che pri- ima certamente non apparivano ( E/p. 117. 127. 128.). Che haffi dunque a penfare di quefti vafi novelli? Che effettivamente non ci efiftefero prima, ma che fi fieno for- mati durante la covatura? Un amante dell’ Epigenefi , cioè di quella opinione, che ammette, ‘che gli Efferi organizzati fi generano pezzo a pezzo , e fucceffivamente, fi lafcierebbe indur di leggeri in quefta credenza. Ma troppi fono gli ar- gomenti, che provano quanto fia facile l’ andare errato, vo- tendo inferire, che una cofa non efifte,, precifamente perchè son appare. Non ci partiamo dal pulcino, attenendoci alle belle prove dell’ Haller, L’ organizzazione . delle vifcere di quefto uccello è affolutamente invifibile ne’ primi giorni. Ep- pure fiam forzati ad ammetterla , efercitando effe allora le effenziali funzioni del digerire, del preparare, del filtrar gli ùmori, come efercitano dappoi. Il polmone non fi feopre; fe non fe arrivando la fua lunghezza a dieci centefime parti di un pollice, Così non ifcoprefi il fegato, che dopo di ef- fer g3e/ sn Si 213) )fa fer più grande eziandio del polmone. Il vero è però, che quefte due vifcere fi farebbon vedute, effendo anche più pic- cole, fe ftate foffero opache. Sulle prime ore dell’ incubazione niun rudimento fi pa- lefa del pulcino. Alle ore 70. fi cominciano a difcernere |’ ali, e le gambe. Alle 131, la milza, alle 138. lo ftomacoy alle 140. gl’ inteltini, le reni, e la fuperior parte del roftro. Dobbiamo noi dunque dire, che quefte parti nel pulcino fie- no ftate prodotte l’ una dopo l’altra? Ma come ciò, fe è già dimoftrato dall’Haller, che il pulcino preefifte alla fecon- dazione? Se adunque tante parti, e tanto diverfe non fono {tate generate fucceffivamente, ma foltanto fucceffivamente fi fono fviluppate, è più che probabile, che lo fteflo fia de’va- fi ombelicali nuovamente appariti. E però fi ha fondamento di dire, che coefifteffero al rimanente degli altri vafi, ma che folamente refi fi fieno fenfibili in appreffo, per effere fta- ti innaffiati più tardi degli altri (forfe per la foverchia loro anguftia) dal liquore fanguigno, 03 DIS 2g dig: CoA so È; da puvt HITS pate Mania a Nba dita aim il dita Arlo mi e ie ni 3 granai fans sstpabe 925./4aî LI sriifia Visor dia ri 0a P ST tina s «italian: init de Apia not a MP ASL Lina conan n: Ter! alb Whprà costibitentia; ha) oriali + Laine de) ‘ion «i MO n It dol Fiisiza ef hic pin Sisto igsb. bang lg Paso Sub pr o E inuail Re sso legati (6 dh set SO e say ag Ù cia tpertfad dle Re Ser Pet fu) ao SALEM T. 9 CAMINI ppc detto MRO SPAR EI LI Y pipe: vt i dA; de I, bara i. tt i i SA € TRAE $° CHPTA Va Ò Ki uo deo Dt N) PE Ab pepe: yi Li se 1 Ù £I di È Ò ds | CITE ALTE lago E ibra ira ì a i dich Dar | AZ A ‘È . be‘, | V. Gi \ l'i ERA | JRE i date PIT] hi; ] 6 dp pag rane Anali 1 dog > ARS ir wi; = i v Ù 4 f DISSERTAZIONE T.E. Ren DE' FENOMENI DELLA CIRCOLAZIONE LANGUENTE; DE’ MOTI DEL SANGUE INDEPENDENTI DALL’ AZIONE DEL CUORE; E DEL PULSAR DELLE ARTERIE. b'SPOSFAIONE::SINFE TICA DELLE SPERTENZE, * 4 usi MI MEL a int a GI N e \ FITCrIti 7a n, SEZIONE PRIMA. Dr FENOMENI DELLA CIRCOLAZIONE LANGUENTE. (*) ESPE R IENE deL Su di una rana, ye Ra delle più groffe, e le arterie, e [e vene me: ° fenteriche abbondavano di un fangue, che fcorrea velociffimamente. Dopo un giorno e mezzo il fan- gue venofo andava con moto di mezzana velocità, L’arteriofo andava inequabilmente, cioè men celere nella dia» ftole del cuore. Trafcorfi due giorni bifognava aggrottar le ciglia per ifcorgere nel fangue venofo un tenue refiduo di movimento. L’arteriofo pareva nella diaftole del cuore total- mente quieto, e folo nella fiftole dava fegno di muoverfi. Nel principio del terzo giorno più non vi era circolazione, Le vene, e le arterie, falvo le più fottili ramificazioni, ri- | mafte erano piene di fansue, Avan- (*) Per Crrcolazione languente vuoifi intender quella, la qua» le a poco a poco va a finir: per la morte, che non ad ur cole po, ma a forfi, diciam così, fi dà all'animale. SE 218 }}fan Avanti d’ufcire di queta efperienza non è da tacerfi che gli animali, fu cui ho tentato quefte prove, fono fem- pre ftati tenuti fotto vafi di vetro, fenza però levare la co- municazione dell’aria elterna con l’interna. Così la eircola- zione fi conferva di più, per non profciugarfi tanto facilmen- te le membrane, e i vafi, come interviene tenendo gli ani- mali all'aria ventilata, ES P_ESR:EE NZuA: IL Uantunque all’ aprir del ranocchio la circolazione nel è rea foffe vivida, il fangue però era fcolorito. Il fangue nelle vene è fempre andato infenfibilimen- te rimettendo di fua velocità, fino a perderè ogni apparenza di moto. Quello delle arterie dopo otto it nove ore perdu- ta l'equabilità nel correre era portato più lentamente nella diaftole. La lentezza ‘in appreffo crebbe sì, che al rilaffarfi del cuore fofpendevafi in effe il circolo, e.fe rifvegliavafi al reltrignerfi di quell’organo, era piuttofto un languore, 0 un finimento di circolo, Così impercettibilmente è fparito il mo- to dalle arterie. ESPE- (219 )}} ESPERIENZA PIER Sw quattro vane» Iferitò folamente i Rifultati . Il circolar del fangue ha finito in chi più prelto di quelti animali , in chi più tardi. I fenomeni del venir meno del moto del fangue non hanno differito da quelli delle antecedenti fperienze. In tre rane le vene, e le arterie, dopo la ceffazione del circolo, hanno ritenuta fottofopra quella pienezza di fangue, che avevan dapprima. Nella quarta, eccettuato i vafi mali» mi, tutti gli altri ne fono rimali preffo che voti. ESPERIENZA IV. Su due falamandre » Opo ore 18. appena cominciava 2 conofcerfi nelle arte- rie l’impulfo del cuore. Nel principio del giorno ter- 20 quantunque ne’ vafi minimi ftagnafle il fangue, conferva- va però qualche moro ne’ medii, e ne maffimi. Finita la circolazione, i più dei vafi rimafti fono pieni di fangue. ESPE- (220 )iMka TTT E:SPERUIENZ ANN Su due lucertole, pri circolazione ha in loro ceffato affai prima di quello foglia fare nelle falamandre, e nelle rane. Ne vafì mi- nimi non è rimafto quafi fegnale di fangue. In gran parte» fi è raccolto ne’ mafimi. Del rimanente il vigore della cir- colazione è andato gradatamente allentardo s come fi è der- to nelle falamandre, e nelle rane, E: SPoE:R DENIZIARVÀO Su parecchie falamandre, vane, e lucerte. N antecedenti efperienze ftava il mefenterio Ienta- mente diftefo ful corpo dell’ animale. In quelta non ho voluto fmuoverlo, anzi neppure fdrucire gl’ integumenti, fe non fe quando poteva immaginare; che deboliffimo foffe il circolo per l'illanguidita energia del cuore. Obbligava adunque quefte belticciuole a rimanerfi fitte, e fupine ful pa- tibolo, quando uno; quando due, e quando più giorni ; traf- corfo il qual tempo le apriva, per vifitarne i vafi, Lo fco- po era di fapere, fe la circolazione andava per gradi a fini- re, e con quel periodo che fi è deferitto di fopra. E di ve- ro, che non feppi trovarci giammai differenza eflenziale. Rade volte le arterie, e le vene, ceffato il circolo, ri- manevano efangui. ES- I 221 ia e e ATEI ESPE.RITENZA:VIT. Girini. Giorno fettimo da che fono nati, Strattine alcuni dall’ acqua, e locati ful piano orizzon- tale di un vetro afciutto, li lafciava lentamente morire, Rando attento a quali vicende in quefto frattempo foggiace- va il circolo. Non era peranco vifibile, che nelle fole bran- chie, ed avevafi anche interrottamente, raffomigliando, co- me altrove ho notato ( E/p. 149. 151. della prima Differta- zione), a una ruota, che dopo alcune rivoluzioni fi ferma, poi torna a girare. Quella fpezie adunque di ruota, dappoi- chè i girini non erano più nel nativo elemento, ha profegui- to fopra un quarto d' ora a giuocar come prima. In feguito gl intervalli tra un giro, e l’altro fonofi allungati: poi la ruota non facea più che due terzi all’ incirca di giro: indi uno, ed in fine fi è fermata del tutto. Il fansue è rimalto dentro alle branchie, ES- DI 222 E) ESIPFERIENZAIVWIMI Giorno decimo fecondo. De 19. minuti da che i girini erano fuori dell’ acqua, la circolazione ha cominciato ad alterarfi. Il fangue venofo della coda, e del capo ha fminuita la velocità, e l’ar- teriofo qualunque volta rilaffavafi il cuore, lafciava per un iltante di muoverfi. L’ iftante fi è ftefo ad un tempicello più lungo, e il muoverfi del fangue arteriofo nel rifltrignimento del cuore è divenuto rimeffo di più in più. Altrettanto pro- porzionatamente è accaduto al fangue delle vene, e così la circolazione per infenfibili gradi è finita. Solo è da amma- nire, che ha finito più prefto ne’ punti più diftanti dal cuo- re. I vafi fono rimafti pieni di fangue. ks RERIEN zh. Giorno decimo ottavo. TOn evvi altra difcrepanza tra quelta efperienza, e l’an- tecedente, fe non che in quefta la circolazione, per ef- ferfi fatti i girini più corpacciuti, e robufti, ha tardato di più a dar fegni di rallentamento, e confeguentemente è ve- nuta meno più tardi. Dubitando che l’ arreftarfi del fansue più prontamente ne’ vafi al cuore più diftanti derivaffle meno in grazia della mag- DS 223 \}ka L_—r—m maggior diftanza, che del più prelto piolciusamento de’ me- defimi vafi (giacchè quelti in effetto per efiltere vicino alla punta della coda fi difeccan più prefto) cercai di tenerli umettati; ina tutto riufcì in vano, perciocchè nè più nè me- no cefsò in effi il muoverfì del fangue, quando continuava nelle parti più alte della coda, e molto più alla regione del capo. Fui adunque convinto non dover quivi accagionarfi , che il maggiore allontanamento de’ vafi dal cuore. ESSSRIEZSR TEN Zoe Somma di più efperienze intorno a' girini di maggiore età . Afciandoli lentamente perire, s° incontrano coftantemen- te i fenomeni narrati di fopra, vale a dire che il cir- colo nor foffre altri fconcerti, che quello del finire per gra- di infenfibili: che più tarda a finire nelle parti più proffime al cuore: e che il fangue già ftagnante d’ ordinario non ab- bandona i vafi, ESP'E:RFENZ &.0MAL Agli animali di fredda tempera paflai a quelli di calda, voglio dire al pulcino. L’ uovo era di gallina d’ India, ed aveva due giorni di covatura. Dopo dieci minuti da. che fu aperto, le battute del cuore divenute erano rare, il mo- to del fangue arteriofo foftava nella diaftole, e quello del fangue venofo era continovato, ma pigro, e infingardo. Paf- fa- DI 224 | fati altri dieci minuti puliava il cuore a più rari intervalli, e al dilatarfi di lui quietava il fangue eziandio nelle vene. Intanto quello ftrafcico di moto, che nella fiitole conferva- va il fangue arteriofo, e venolo, infievoli fempreppiù,: co- minciò a fparire ne’ vafi minimi, poi ne’ più grandicelli, e l’ arreftamento in fine diventò univerfale, Il fangue erafi più raccolto pretlo al cuore, che altrove. ESPERIENZA XIL "Uovo, che era pur di gallina d' India, aveva quattre giorni di covatura. Non fuvvi altra differenza in con- fronto dell’ antecedente fperienza, fe non che quì |’ ofcilla- zione, prima che quetaffe il fangue, occupò i vafi arteriofi. Cominciò ne’ finifimi, pafsdb ai meno fini, e da ultimo fi eitefe fino ai tronchi contigui al cuore. ESPERIENZA XIIL EI decorfo delle farriferite fperienze confiderato abbia-. mo a quali vicende foggiaccia il circolo, lafciando len- tamente perir gli animali. Ma che accadrà egli, neceflitan- doli a morir con violenza? La prova era facile a tentarfi 4 nè doveva ommetterfì. Preparato il mefenterio di due rane, le chiufi in un vafo, che empito aveva di fumo di zolfo. Dopo non fo quanti minuti le eftrai, ma fenza più potere , veder il circolo, per elfermi perite tutte e due prima di quel- lo, ch'io avrei penfato. I vafi abbondavano di fangue, che acquiftaro aveva il colore di terra, LS- SS 225 Vegan vii ES.P;IERILEN ZA OKIV. On effendo riufcito in quelta prova, la temperai, fa» cendo sì, che il fumo di zolfo feriffe il capo della rae na, in quel che offervava il mefenterio. Si riftette il circo» lo, fi accelerò, retrocedette per la violenza de’ moti convul- fi, da’ quali comprefo fu l’ animale. Rimoffo il fumo, ci tranquillofi, tornò il fangue a battere le antiche vie, ma ton rimeffa velocità. Indi a poco cefsò di vivere l’ animale, confervandofi i vafi pieni di fangue. ESPERIENZA XV. Eci che il fumo contro due rane foffle meno efficace, € che operaffe a diverfe riprefe. Ogni volta, che operava, nafcevano i confueti sbilanciamenti nel circolo per le foprav- venute convulfioni. Ma tolte quefte, tornava la circolazio» ne al primo equilibrio. Solamente s' indeboliva di più in più, fecondo che crefceva il numero delle volte, che la rana fi fottoponeva al tormento ‘del: fumo. E:SPBEREPEBNZA®xXVI A Compimento di quelti tentativi volli provare anche il Voto. L’ efperienza mi parve bella, nè fapeva che al- tri l’ aveffe fatta prima di me. Il mefenterio della rana così era pofto dentro al recipiente della macchina pneumatica, che P po- (226 a poteva impuntarfi dal microicopio. ivi propofi adungue da confiderare che accadeva al circolo nell'atto che levavafi. l’ aria, e dopo che era ftata levata. Si fa che quefti animali . la durano nel Voto per molto tempo. Il fangue arteriofo , e venofo correva prima equabilmente, nè mi accorfì di can- . giamento alcuno fe non fe fcorfe due ore da che fu eftratta l’aria dal recipiente. Il cangiamento non fu per altro ftra- fordinario, confiftendo nel femplice rallentamento del corfo del fangue, il quale rallentamento degenerò poi, conforme al folito, in quiete totale. Dopo cinque ore adunque più non vi era circolazione, e cavata la rana dal recipiente la trovai morta, | ESPERIENZA LEVE, Su parecchie lucerte y rane, e falamandre. L rifultato è, che meffi uno ad uno, e confiderati con. puntualiffima attenzione quefti ‘animali dentro alla mae- china pneumatica, non mi moftrarono effetti fuftanzialmente diverfi dagli indicati di fopra, a riferva dell’ arreftarfi più prelto, o più tardi del circolo. ES- ELSoPVESRAIEEN ZA KATIE Su due vane. Uantunque nelle fovrallesate fperienze non mi folli ac- Ct di rallentamento nel circolo nell’ attuale votamen- to dell’aria, pure mi fembrava, che non foffe da ftarfi del tutto ar quefte prove. Quando metteva gli animali al ci- mento, il circolo. in. eflì era velociffimo. Poteva eflere adun- que, che fi avefle realmente qualche diminuzione di veloti- tà, ima che l occhio non fe ne accorseffe;: im quella guifa che non fi accorge di pochi. gradi di velocità, che perd= un corpo ‘viaggiante rapidiffimamente,. Penfai‘adunquée di afpet- tare a fare il Voto quando la circolazione: foffe omai ful fi- nire. Ma il fatto è,.che nel cavar l’aria .quet languore di moto fi mantenne invariabilmente. il 228 a Ci SEZIONE... SECONDA, DeGLI EFFETTI DELLA GRAVITA’ NEL SANGUE. ESPERPFENTZASXIX: Sw Rima di confiderare quali effetti produca la gravi- ®* tà nel fangue chiufo ne vafi, fperimentai ils.me- defimo quando ne ufeiva. Lafciava foavemente ca- dere fulla fuperficie dell’ acqua puteale racchiufa . ian un vafo alcune goccie di fangue di una fala- mandra viva, nell’ atto, ch’ ei fpicciava ora dall’ aorta, ora dalla cava defcendente ferite. Il fangue divifofi fubito dentro all’ acqua come in filamenti ieggermente vorticofi non quie- tò finchè non ebbe toccato il fondo del vafo. Quindi a poce andò, che l’acqua riacquiftò la fua limpidezza, lafciando fo- lamente ful fondo del vafo un velo roffeggiante. Il qual ve- lo microfcopicamente efaminato era un aggregamento di glo= betti fanguigni, ESPERIENZA XX L fangue venofo, e arteriofo erafi rappigliato quando lo applicai alla fuperficie dell’ acqua. Andò al fondo con maggior celerità di quello faceffe nell’antecedente fperienza, ES- i 229 Ha RITI ESPERIENZA. XXI Iverfe fono le maniere di uccidere totamente le fala- mandre, fenza che il fangue fi coaguli fubito ne’ vafi, almeno ne’ maflimi, e ne’ medii. Un colpo gagliardo di elet- tricità, una ricca dofe di fal noftrale fpruzzata ful corpo, fo- no efficaciflimi a tale effetto. Ufai il primo mezzo per ef- piare come agifca la gravità nel fangue ftasnante ne’ vafi. Morta dunque ch’ io n'ebbi una, l’ alzai con la tefta all’in- sù, facendo che la lunghezza del corpo foffe perpendicolare ‘all’ orizzonte. Il fangue della cava defcendente, e dell’aorta calò fubito al baffo. Ma il fangue reftituivafi allo ftato pri- miero, tenuta la falamandra orizzontale: e per que’ due vafi precipitava verfo la telta, fe la telta fi rivoltava all’ ingiù. Praticando fimile operazione ne’ vafi medii, accadeva in loro lo fteflo, fe non che il fangue era più infingardo a fe- condare il momento della gravità. Ne’ vafi poi minimi fem brava quafi non rifentirfene, E:S PVE:R'FEN ZASXISLL Evate le interiora dal corpo dell’ animale, l' aorta de- fcendente, e i due tronchi, da cui nafce (E/p. 11. del- la prima Differtazione), rimafero illefi, non fenza qualche porzione di fangue. Quefto fangue paffava dai tronchi all ‘ aorta, e veniva giù rapidamente per lei, qualvolta il corpo longitudinale della falamandra ‘guardava colla tefta all’ insù: L 3 e quane il z10 a e quando guardava allmgiù, il rangue patfava dall’aorta ai due tronchi con'eguale rapidità. E:S:PE)R DE NZASDEXKITI. A un'ora e mezzo era fpiegato il mefenterio cogli un- cini, ‘ed il fangue di più vene erafi enormemente ral- lentato, Il mefenterio, che giaceva orizzontalmente, lo ri volfi con le budella all’ ingiù, obbligando il fangue venofo a falire perpendicolarmente. Ma in vece di falire lafcidò di muoverfì. Capovolfi il mefenterio sì, che il moto legittimo del fangue venofo, e l’ azione della gravità foflero cofpiran- ti; e allora vi nacque un fenfibile grado di velocità. Refti- tuito il mefenterio al fito orizzontale, tornò nel fangue il lentore primiero. ES BiE RoeIsEnN ZA XXIV: Enuto orizzontale il mefenterio fpiegato dagli uncinet- ti, il fangue in un’ arteria andava men celere in cia- fcuna dilatazione del cuore. Feci che il fuo moto, e la gra- vità cofpiraffero. Ebbefi dell’ accrefcimento di celerità, ma non molto. Voltato in fito contrario il mefenterio; la co- Jonna fanguigna, nel mentre che riftrisnevafi il cuore, veni va fpinta alcun poco all’ insù, ma finita la reitrizione, ri- cafcava. E però allora il moto del fangue era degenerato in una ofcillazione, per cui afcendeva, e difcendeva» in ra- gione della fiftole,.e della diaftole del cuore. i o ES (231 i E S:PiE:R:iLib:N.£ Av XXV. Elle arterie mefenteriche movevafi il fangue rapidiffi-, mamente. Quivi gli effetti delli gravità non fi fono manifeltati. Tanto pareva che correffe il fangue voltando le arterie in alto, quanto rivoltandole al baffo. ESPERIENZA XXVL N'arteria, paffata che aveva l’area del mefenterio, con molti, e bizzarri arabefchi ftendevafi fu la fuperfi- cie. del ventricolo. Quivi pure per la foverchia velocità non fi diftingueva l’azione contraria, o favorevole della gra- vità. Di mezzo a’ vafi mefenterici ne fcorreva un arteriofo con- ducente quattro o cinque globetti del pari. Quando andava il vafetto a feconda della gravità, il fuo moto era continua» to,e folamente più celere nella contrazione del cuore, Quan- do movevafi contro l’azione della gravità, nella contrazione del cuore lanciavafi alcun poco all'insù, ma nella dilatazione pochiffimo vi mancava, che non fi arreftaffe. Evst BE: RO DES ZIA RREMII ) Refi a confiderare alcune ramificazioni venofe, che ufcen- do dall’ interno del ventricolo fi univano in un fol va- fo. Il loro moto era lento, tenute le ramificazioni orizzon» P4 tali: I 232 lia tali: ma voltate a favore della gravità divenia celere; e quafi nullo, ponendole in contraria direzione. ESP IE RIVENN A A IEARNVITIE Enuto l’animale orizzontalmente, appena dava cenno di moto la vena del peritonco ( E/p. 87. della prima Differtazione ). Fatta provare al fangue l’azione contraria di gravità, precipitofamente difcendeva verfo la coda, ma con uguale impeto recavafi verfo la telta, quando quefta fi ri- voltava all’ingiù. Nel primo cafo la vena veftiva le fem- bianze di arteria, nel fecondo riafflumeva l’ufficio di vena. ES /P0E R LE NZIA EEE L moto della cava defcendente era’ alquanto ftentato, e più ftentato era quello de’ rami che s'imboceano in lei. Rizzata la falamandra con la tefta all'insù il fangue con moto retrogrado lentamente calava alle radici della coda, ed in parte refluiva ne’ rami della cava. Voltatala con la telta all’ingiù il fangue piombava al baffo, unendovifi anche quel- lo de’ rami, che lo fcaricavano nel tronco con molta rapi- dità. | ES. DIN 233 VA EIA LIE LINEE a TÀ E:S/P_EUR IRESNIZ0IA! XXX L moto del fangue della vena polmonare, e de’ fuoi rami era preftiffimo. Per quanto la volgeffi, e la rivolgeffi in direzioni diverfe, non vidi in lei fegno alcuno di ritardamen= to, 0 di ulteriore velocità. E-S PE R'I E NiZrAe EXE I fangue della cava defcendente aveva quella maggior ve- locità, che naturalmente può avere. Obbligandolo a fa- lire continuava il moto verfo la telta, ma quefto moto era per lo meno due volte minore di quello che acquiftava, vol- tando in fenfo diametralmente oppofto la fteffa cava. E:&P ER k/BIN 3( 260 )Ètw {ess rottamente. Întanto ii è andata iminuendo quella collezione di fangue, finchè la cava è ‘rimalta preflo che efangue . ESPERIENZA LXXXWV. L moto rinato nel fangue della cava in forandola mi mi- fe in voglia di ripetere l’ efperimento , col tagliare pri- mamente il cuore all'animale, allorchè oflervava la cava defcendente; che giaceva a linea orizzontale. Il fangue ha accrefciuto sfoggiatamente il moto legittimo. Dopo efferfi meffo in quiete, ho forato la cava dove fi unifce al fegato. E’ rinato nel fangue il moto, anzi un moto celere. Allora mediante la lifcezza sfaggevole di una laminetta di acciajo , che calcando faceva fcorrere, fulla cava, ho fatto ufcire pel foro il fangue di quafi due terzi di efla cava, di maniera che quivi era divenuta pallidiffima. Il fangue rimafto nell’ altro terzo fi è moffo, col portarfi ad innaffiare a foggia di nu- volotto roffigno la finunta cava , fino ad ufcirne pel fecondo foro. E fomigliante moto durava anche quando il fangue doveva andare dal baffo all’ alto. Mediante la laminetta ho fatto andar via il fangue re- fiduo della cava, cominciando dall’ origine della coda, ed an- dando fino alla ferita. Il fangue che rimafto era ne’ rami di lei, è corfo dentro alla cava, e infieme dall’ origine della coda è apparito dentro alla cava. una sfumatura di fangue , che prodotta una leggera corrente è afcefo fu per la cava, foavemente venendo fuori dall’ iftefla ferita, ES- pi 261 )\kko pensi ES PuE Ri. N Zodb LA ZX VI, Opo di aver ripetuta in tre. falamandre col medefimo fuccedimento Î efperienza del fangue corrente ad empi- re la cava da me innanzi evacuata col portarli fino alla fe- rita; he voluto variarlo a quefto modo. Alcun poco al di fopra delle radici della coda ho aperta la cava defcendente , illefo il cuore. Il fangue fuperiore, ed inferiore alla ferita ha fesuitato la priftina via, quefto ufcendo dalla ferita, e quello fesuitando ad andar verfo il cuore. Ho fatto fcorrere fa laminetta fulla cava dal principio del fegato fino alla fe- rita, fpremendone fuori tutto il fangue, per vedere s’ egli re- trocedeva dal cuore alla cava,.e vi accorreva per riempirla. Si è riempita, ma non di fangue retroceduto dalla parte del cuore, ma derivato da rami della cava efiftenti tra il fegato, e la ferita: e cotal fangue prendeva la direzione al cuore, giacchè rieeveva l’ impreffione a quella parte dall’ altro fans gue de’ rami imboccantifi nella cava. ExsiP.ER IENZA:LXXXVIL Su tre falamandre. On effendomi adunque riufcita Ia prova, com’ io vole- va, cercai di fare il taglio alla cava dove non era r2- mofa, cioè in fito profimo al fegato, L’ efperimento fortì il fuo effetto. Tutto il fangue della cava tra il cuore, e la R3 tea DE 262 a RRÙ LI AI ferita, mutato improvvifamente corfo fi direffe verfo ella fe- rita, e ne ufcì copiofamente. D’ intorno a un quarto d’ ora durò l’ ufcita, e veduto che la cortente cominciava a dive- nir tara, ed infingarda, feci ufcite per l’ ilteffa via quel po- co di fangue, che rimaneva tra il cuore, e la ferita. Tutto quel tratto di cava, che erafi fatto bianco, riacquiftò ben prefto il fuo roffo, pel fangue che dal cuore accorfe a quel- la parte. S| La vena era orizzontale, L’ ho alzata, e niente manco la corrente reflua dal cuore non finiva di andare alla ferita. Forate nella imedefima fituazione le cave defcendenti dt due altre falamandre, fi ebbero i medefimi rifultati. E:SP ERO E:N:Z A; LKXXVEII Utti i vafi mefenterici erano in quiete, eccetto qualche arteriofo. Ho aperto il cuore, e prontamente il fangue venofo, e arteriofo fi è cacciato alla ferita, durando il moto all’ intorno di otto minuti. I vafi non avevano quafi più fan- sue. Que’ globetti che ci rimanevano, guardati a lume ri- flefo confervavano il naturale roffore, ma offervati a lume refratto apparivano giallo-pallidi. ESPERTEN:ZA LXXLATI T) Ecifa l'aorta, dalle bocche dei due tronconi è ufcito il fangue con forza, ma più affai dal troncone; che sie maneva unito al cuore. ES- PIE( 263 )}ka ER ERE NZA4A, A. Eder volli che accadeva ad una venina della borfetta del fiele fdrucito il cuore ( E/p. 49. della prima Differ- tazione). Mezzo minuto dopo, il fangue di velociffimo che era in lei, fi fece lentifimo, e trafcorfi dieci minuti diven= ne ftagnante. ESPERIENZA cXCL iT)D Ecifo il cuore, il fangue de’ rami grandi, e piccoli dell’ aorta defcendente (E/p. 18. ‘della prima Differtazione) è accorfo dentro a quefto vafo. Tre minuti dopo fi è arre- {tato. Allora ho fatto un nuovo taglio, ma nel principio dell'aorta defcendente. Qualche moto refluo fi è fufcitato ne" fuddetti rami. ESPERIEEN ZA CEL Mmi venuto talento di vedere i fintomi del fangue, ree cifo il bufto, o il capo all’ animale. Nel recidere adun- que la telta, è nato nel fangue venofo, e arteriofo mefente- rico del rallentamento di moto. Per altro la circolazione fi è foftenuta per cinque ore. Ra ES IC 264 ea E P.E R'IENZA COR Ecifo il bufto tra il cuore, e il mefenterio, il moto le- gittimo del fangue venofo di effo mefenterio fi è confer- vato per più minuti. Il fangue arteriofo fi è rivolto verfo il cuore. ESPERIENZA XCIV. Su due rane, e due falamandre . Ecapitata una rana, e una falamandra, il circolo nel mefenterio di entrambe fi è foftenuto al di là di fette ore. Solamente il fangue fi andava fminuendo ne’ vafi. Nell’ altra falamandra, e nell’ altra rana feci la recifio- ne del bufto tra il cuore, e il mefenterio. Il fangue mefen- terico venofo accelerò il moto, e l’arteriofo cangiò dire- zione è ESs E 205 ka _——————_ ESPERTENZ A XCV. Pulcino. Giorni due e mezzo di covatura. Ecifo il cuore, il fangue che prima fi moveva lIenta- mente, e con la folita interruzione per le due arterie ombelicali ha retroceduto, e la retroceffione fi è fatta ne’ ra- mufcoli più efili. PRSPUeE RIEIENZA CW All’ ora medefima. O diftrutto il cuore, quando appena aveva più fiato dj fpignere il fangue. L’ arteriofo è tornato indietro, e il venofo ha accelerato il moto, Quefto doppio moto fi di- fcerneva dopo diciotto minuti. ESPERIENZA «CVIL Giorni tre, ‘L fangue delle vene, e delle arterie non fi moveva più, quando ho tagliato il cuore. E° nata qualche tenue ufci: ta di fangue dal taglio per la parte delle vene, e per quel- la dell’ arterie. ES- DE 266 \ ESRERILEN:ZA SMIL All' ora medefima. Llorchè il moto del farigue trovavafi in pieno vigore - ho fatta la recifione del cuore. Il fangue arteriofo fi è quetato; ma il venofo ha accelerato il moto legittimo, fca- ricandofi per lo fquarcio del cuore, fino a lafciarne fmunte le vene. Il loro diametro nello fpogliarfi di fangue non fi è punto riftretto. Nel tempo che il fangue fi moveva per le vene, l’ ho aftretto a falire. E’ falito, ma con diminuzione di moto. Effendo adunque rimafte le arterie piene di fangue, ho recifo il tronco ad una, ma fenza vederne ufcir fuora una gocciolina. ESPERLENZA(?rEGLA All’ ora medefima. O guaftato il cuore, avendo fott’ occhi due groffi rami, l'un venofo, e l’ altro arteriofo, ne’ quali correva il fangue. Nell’ arteriofo il fangue brufcamente ha ripiegato l’ andare verfo il cuore, e nel venofo lo ha affrettato. ES. DR 267 )} fo —@-i E.SPERDEGNZ AGG, Giorni quattro, L circolo erà deboliffimo allorchè ho fecifo il cuore. In un momento è nata la quiete univerfale nel fangue, tol» tone alcune ramificazioni venofe, che hanno continuato il moto legittimo per alcuni minuti; anche contro l’azione del- la gravità. EPSPERTENZACCI Giorni fei. Ecifo il cuore; il fangué ne’ ttonchi e ne’ rami delle vene fi è arreftato, Forati due di quefti tronchi, ful mo- mento fono inforte le due contrarie correnti fcaricantifi pel foro , ESPERIENZA CIL Girini. Giorni quattordici da che fono nati, Agliato il cuore, i vafi più efili della coda detto fatto fi fono arreltati, Ma il fangue della vena maffima ha fol- DIE 263 Ja = ——t2 tivi follecitato il moto legittimo, e quello dell’arteria compagna ha refluito verfo il cuore. E il refluffo fi aveva medefima- mente, afltrisnendo il fangue ad afcendere. EgPE RILE NZDSIETILI Giorni diciotto. Olto di mezzo il cuore, qualche arteriuzza, e venuzza della coda feguitato ha, febben per poco, la natural direzione. La vena maffima della coda ha affrettato il fuo . correre, e l' arteria compagna ha rivolto il corfo alla parte del cuore. ES P_ER'VIEENSACA! GENI Ccenno il precifo di molte fperienze: ed è che qua- lunque fia ftata l’ età de’ girini, l'arteria, e la ve- na maflima della coda, forato, o recifo il cuore, facevanò fempre il medefimo giuoco, cioè retrocedendo improvvifo la prima, ed affrettando il corfo la feconda, foflero anche aftret- te a falire. (*) SE- (*) Oltre al non avere mai veduto v2/vz/e ne? vafi degli ani- mali da me fperimentati, s’ inferifce anche che non ci fono da que’ tanti reflui, che in quefta, e nelle due antecedenti Sezio- ni provato abbiamo fucceder nel fangue in grazia della gravi- tà, e delle ferite cagionate ai vafi, ed al cuore, iS 269 ka i SEZIONE QUINTA. QUALE ESSER POSSA LA CAGIONE DEL SUBITO CORRER DEL SANGUE ALLA FERITA DE VASI, O DEL CUO- RE, E PRIMAMENTE,) SE VI CONCORRA L° Irritazione nervofa. ESPERIENZA CV. Unta con ago la midolla fpinale di uh ranocchio, fi è egli contorto, ed è divenuto tutto convulfo. Mi fi è tolto di vifta il mefenterio, che prima aveva impuntato , per offervare fe allora accade- ya alterazione, o fconcerto nel circolo. Ma. poco dopo effendofi l’animale tranquillato, ho potuto riofiervare il cir- colo con chiarezza, ed ho trovato, che que’ vafi mefenterici; che prima di iariret midolla fpinale menavano fangue, fe- guitavano a menarlo anche dopo, € quelli, che prima era- no in quiete, lo erano pure in appreffo. A far breve, la pun- tura dell’ ago (tranne i momenti di convulfione) era ftata indifferente alla circolazione. In fesuito non è nato nel moto del fangue. verun can- giamento, fuori di quello, che fi offerva negli. ‘animali; ne’ quali per gradi infenfibili vien meno la forza del cuore. ES- DIE 270 fa Bra rss E,SPIE RA E NAZIA (OVW Su due falamandre , I Precifi fintomi offervati nella rana, fono accaduti a due falamandre, punta la midolla fpinale. La circolazione al« lo fvegliarfi delle convulfioni fi è tutta meffa in difordine : ma ceflate quelle fi è ricompofta interamente. E SPERLENZA& GV Su quattro rane, e quattro falamandre, N vece di pungere la midolla dorfale, lho recifa trafvere falmente. La recifione non ha prodotta ulteriore effetto della puntura. . ES P'ilbR 1 LEN ZA CW Su quattro falamandre, e cinque rane, A puntura, e la recifione della midolla fpinale nelle antecedenti fperienze è ftata fatta in fiti vicini alla te- fta. Ho variata la prova col pungerla, e col reciderla in fiti più lontani, ma fenza avere diverfità di rifultati. ES- DE 271 )fEw ere ni ESP ERTENZA EL Su tre rane, e tre falamandre. ql Agliava or gli uni, or gli altri di que’ nervi, che pul» lulano dalla midolla fpinale, ftando attento a’ vafi di . quelle parti dell’ animale, fu cui diramavanfi i mervi recifi , Effe parti concepivano un tremore univerfale, che durava più minuti. In mezzo ai tremori il fangue de' vafi fconcer- tavafi nel moto, retrocedendo, andando avanti con più velo- cità, ofcillando ec.; ina ceffati i tremori cefflava qualunque fconcerto, Es P E RISENAER ER Su tre rane. Ra la bianca mufcularura delle loro cofcie fcorre un formicajo di arterie, e di vene capillari. Contemplava il moto dell’une, e dell’ altre, piuttofto veloce, quando fu- rono recili i nervi femorali, Nacquero i foliti. tremori, che dal priricipio delle coicie fi propagarono all’ eftremità delle gambe . Ciò fu in caufà, che perdefii di viita la. ‘circolazio» ne in que’ tubuletti. Ma la rividi bene, e la rividi nel te- ‘ nore primiero, quietata che fu Ja commozione. ES- Dil 272 )a (ee ra ESPERIENZA CXL L cervello nelle rane rifulta da due lobi, e da un’appen- dice anteriore, e pofteriore: quella fi allunga verfo il mufo, e quefta è il principio della midella allungata. Non è difficile lo fcoprirlo fenza lefione nell’ animal vivo, evil Jevarlo compiutamente quando fi vuole. Balta l’effere un.po- co iniziato nelle minute notomie, e il fapere il fito precifo nella tefta, ove fta rinchiufo. Seopetto adunque il cervello di una rana, l’ ho tormentato colla punta dell’ ago. Le con» vulfioni per tutto il corpo fono ftate veementiffime. La cir- colazione ne’ vafi mefenterici fi è fatta perturbatiffima. Seb- bene di lì a poco il fangue è rientrato nel confueto fuo gie so, per la quiete ridonatafi alla rana, ESPERIEBAN A A CX Su quattro rane. Sintomi defcritti nell’ antecedente fperienza fono ftati i medefimi nelle due prime rane punte nel cervello. AlÎl’ altre due l’ho levato interamente; nè mi fono accorto, che quell’ enorme lefione cagionato abbia effetto diverfo. ES- È 27: a [rr E.S.P_E.R DEN ZA GXIII Su cingne falamandre . Uivi pure le punture al loro cervello, che è di forma © rr e la di lui privazione, fono ftate in caufa di una tumultuaria confufione nel circolo, la quale non ha oltrepaffato il tempo, in che durati fono i moti convulfi. BSPERIENZA (CX IV. Opo di aver fatte quefte Sperienze, riflettendovi fopra, non mi fembrarono fufficienti a decidere, fe veramente V irritazione nervofa folle l'immediata producitrice di que’ brevi difordinamenti nel moto del fansue. Io reltava anche in forfe, fe quefti nafceffero da lei, o piuttolto dalla macchi- nale agitazione del corpo, eccitatafi mediante l’ irritazione nervofa. Crefcevano in me le dubbiezze dall’ avere le mille ‘ wolte veduto fomiglianti fconcerti nella. circolazione in gra- zia di una femplice fcolfa dell'animale. Per chiarirmene adun- que mi era d’ uopo il cercar la maniera, onde impedire co- telta agitazione qualora offendevafi il cervello, o la fpinale midolla, o i nervi, la qual maniera trovai fubito, coll’ ob- bligare a ftarfi immobili la telta, e la coda dell’ animale, e coll’ accrefcere gli fpilletti, che tengono fpiegati gl’ integu- menti (E/p. 1. della prima Differtazione). Noto foltanto , che quantunque così rimaneffe tolta, o in tutto, o in maf+ $ _» fima CIC 274 ka fima parte l’ agitazione del corpo, non fi potevano però im- pedire que’ tremoretti mufculari, che durano anche qualche poco di tempo dopo la lefione nervofa. Lafciati dunque da parte i vafi, che fi diffondono fu i mufcoli, ficcome i meno acconci al mio fcopo, mi rivolfi a quelli, che ferpono tra foftanze membranofe , quali fono i mefenterici, e i polmo- nari. Pofi primamente l’ occhio fopra due vene, ed un’arte- ria del mefenterio. Tutte e tre fi movevano lentifimamen- te. Era perciò comoda l’ occafion di conofcere, quali effetti produceva nel moto del fangue l' irritamento nervofo. Ma niuno in realtà ne produffe, non oftante che più volte pun- sell la midolla fpinale. Fu pur lo fteffo, recidendola per lo traverfo. E, PERA NA CAN Su tre falamandre, On fi è fatto che replicare l’antecedente fperienza, fen- za averne difcrepanza di rifultati. ESPERIENZA GXVR Su tre falamandre, Ono paffato a’ vafi polmonari. Una metà dell'arteria era itasnante in una falamandra, e l’ altra metà fi moveva a pic- a 75 ano e a piccole fpiate. Nulla di quelto fi è alterato, pungendo, o lacerando in più fiti la midolla fpinale . Le prove nell’ altre due falamandre fono ftate intraprefe fu la vena polmonare. Ma quivi eziandio la rottura, e le punture alla midolla fpinale non hanno punto pregiudicato alla circolazione. PI PERITENZALGXVIE Su parecchie falamandre. Accolsgo in poco la fomma di molte fperienze col notae re, che le punture al cervello, come altresì la priva- zione di lui, non hanno sbilanciato il minimo che il mota de’ vafi polmonari, nè quello de’ mefenterici. E S'PE RIE:NZ'A: CXVIER Su due falamandre. e il cervello vi piantava una tenta; che dirigen- do alla volta delle vertebre dorfali faceva entrare nel fo- ro, che tiene rinferrata la midolla fpinale; ‘e non oftante che ve la infinuaffi per un lungo tratto di ftrada, e confe cuentemente che ftruggeffi buona parte di midolla, pure il giro del fangue mefenterico, e polmonare non ne rifentiva mocumento veruno. Sa ES- DI 276 a (iii TI ESPER.DE N:Z:A; CK Su parecchie rane. Ntorno ad effe inftituii l’efperienze 114. 116. 118., e gli effetti mi tornarono i medefimi. EiSP ERCENZAGGIK. € in quefti efami mi venne voglia di offervare, che vitalità reftava ne’ noltri animali dopo di aver. lo- ro levato il cervello, e fino a quanto campavano. Ma tutto infieme penfai di recidere il cuore ad altri di loro, per ve- der quale delle due caufe, cioè a dire la privazione del cer- vello, o quella del cuore, e in confeguenza del circolo po- teffe più contro loro. E però fenza aprire gl’ integumenti , giacchè non trattavafi di vedere la circolazione, levai il cer- vello a tre falamandre. Il colpo fu veramente terribile. Do- po le convulfioni rimafero immobili, evad occhi chiufi, Pun- gendole davano fegno di vita in quanto fi movevan di luo- go, ma ceffato lo ftimolo tornavano immobili, Voltandole fupine, vi reltavano. Nel tempo fteffo recifi il cuore a tre altre PARONA : Proccurai in quelti confronti, che gli animali foffero di egua- le grofiezza, e vigore. Ma fu ben lontano, che fi rifentiffe- ro tanto da quefta offefa. Dopo la recifione del cuore fi met- te- o 277 Ra im tevano a fuggire, e confervavano la naturale vifpezza. Mef- fe in acqua, nuotavano. Noto quì, giacchè 1’ opportunità mel confente, che quantunque volte per altre vedute ho recifo il cuore alle fa- lamandre (la qual cofa ho fatto centinaja di volte ) non oftante l’averle sì malconcie, e il dover reftare ful patibolo per molte ore cosl’integumenti aperti, e fpiegati, pure qua- lora le lafciava in libertà, di fupine che erano, fi rivolta- vano fubito da fe col ventre all’ ingiù, e fi mettevano in fusa. Ma le falamandre fenza cervello dopo mezzo quarto di ora cangiato avevano fcena. Aprivano pigramente gli occhi, e toccandoli li chiudevano, aprivano la bocca; fi movevano, o piuttofto fi ftrafcinavano da luogo a luogo, anzi eflendo fotto ad un vafo di vetro tentavano di ufcire per un’ apertu- ra tra il labbro del vafo, e la tavola; inè non potendolo, fi sforzavano di rizzarfi fu per le pareti del vafo. Quieta= vano a volta a volta, indi tornavano a dar nuovi fegni di volerfene andare. Il giorno appreffo erano molto più iftupi- dite, e nel terzo le trovai morte, Sebbene le tre altre falamandre mutilate nel cuore, ad onta di quella loro vifpezza, non camparono che due giore ni. ESPERIEMN Z As-GAob Perai Ia medefima prova fopra otto falamandre, a quat- tro delle quali levai il cuore, e a quattro il cervello. I fintomi dopo l'operazione furono fomiglianti agli enuncia- ti nell’antecedente fperienza. E medefimamente le falaman- dre fenza cuore fi morirono più prefto dell’altre fenza cer-. vello, ESPERIENZA CXXII. Evato il cervello a quattro groffe rane, hanno chiufi gli occhi, fonofi raggricchiate in fe fteffe, e fi fono date a tremare. I tremori hanno durato all’intorno di otto minuti; ed è ufcito molto fangue per lo fquarcio della ferita. Non fi movevano fe non toccate. Ad altre quattro rane ho ftrappato il cuore. Quelte han- no fesuitato a faltellare, a tenere aperti gli occhi, e a far ufo delle membra. Ma la loro vivacità non le ha guarenti- te dal morir prefto. Dopo un giorno e mezzo tutte quattro avevan lafciato di vivere. All’oppofito le quattro mutilate del cervello hanno vif- futo chi tre giorni, chi quattro, chi quattro e mezzo. Quan- to adunque è accaduto alle falamandre, altrettanto proporzio=. LI natamente fi è avverato nelle rane. . ARI 06 hr CI ESPERIENZA CXXIIL Ipetuto l’efperimento in altre rane, e falamandre mol- tiffime, ho fempre trovato averci quelta differenza, che le fpogliate del cuore fi morivan più preîto, che le fpoglia- te del cervello, non oftante che quelle dopo l'operazione ma= ftraffero di ritenere la naturale vivacità, e quel altre ftordif= fero fubito. Le falamandre, e le rane sì mutilate giova meglio lae fciarle in terra, che in acqua. Così campan di più, e la prova non foggiace ad equivoco alcuno, Imperocchè quantun- que animali amfibii, pure quando a quando hanno bifogno di refpirar l’aria, altrimenti fi rifentono, e muojono. Effen- do fane, ed in libertà, vengono a lor piacimento a fior d' acqua per refpirare. Ma feguita la privazione del cervello, o del cuore, poco appreffo per mancanza di forze danno in fondo; nè più potendo lanciarfi in ful fil dell’ acqua, fona forzate a perire, $4 SE- PE 280 )ika SEZIONE:S ESA. SE L’ ACCORRER DEL SANGUE ALLE FERITE DERIVI DA Biftrienimento rRoDOTTOSI NE VASI. E° SIPRE SR TE NIZIIAMICKXIM Tecome la foprabbondanza del fangue ne’ vafi produ- ° ce in efli talvolta fenfibile intumefcenza, come di- moftrano aleune poche fperienze ful pulcino, (E/p. 66. 70.), così pareva che lo feemamento di quefto fluido cagionar doveffe ne' medefimi qualche impicciolimento . Prima però di fcendere a praticamente efaminare quefto fe- condo Articolo, non ho creduto opera perduta il cercar di confermare il primo con fatti ulteriori. A tale oggetto ver- fo la metà di fua lunghezza legai ! aorta defcendente ad una falamandra. La porzione di aorta tra il cuore, e la legatura fi fece rubicondiffima, e gonfiòd vifibilmente. L'altra porzio- ne divenne vincida, impallidì, non però tanto, che non ri- manefle tinta da un refiduo di fangue, Il diametro in lei mi fembrò che reftaffe il medefimo. ESPERIENZA: CKXM Egata la vena cava dove fi nafconde nel fegato, nelle parti inferiori al vincolo non fi arreltò contemporanea- mente il fangue, ma l'arreltamento ha cominciato nelle par- # ti Dit 281 )\fa ti contigue al vincolo, indi fi è ilefo alle rimote, poi alle | rimotifime. Inturgidiva intanto quefto pezzo di cava, e di» veniva di un roffo pendente all’ ofcuro. DI ESPE R PENA CAXWI ° faciliffima cofa il legare i vafi maffimi, ma affai diffi cile il legare i medii, e diffieilifima il legare i mini» mi. Veduto lo aveva già rel pulcino, in cui per legare al cuni pochi vafi (E/p. 69. 70.), me n'erano iti a male mol- tiffimi. In vece però della legatura trovai dopo uno fpedien- te, per cui fi ottiene il medefimo intento. Confifte quefto | nello ftrigner fortemente con la punta delle mollette quel va- fo, fu cui fi vuol fare l'operazione, lafciandolo pofcia in li- bertà. In quel fito le membrane del vafo reltano ftrozzate, nè più concedono il varco al fangue. Sì adoperando ho pri- mamente ftrozzata la vena polmonare verfo il mezzo del polmone. Tra l’ éRremirà di lui, e la ftrozzatura la roffez- za della vena pel fangue accumulatovifi è divenuta fomma, ma non fonomi accorto, che crefca nel diametro. ESPE RT BENZA CTCOXXAVEE Trozzata la vena del peritoneo, il fangue al difopra, e al difotto della ftrozzatura fi è arreftato, fenza allargar punto la vena. ES- È 282 a RIN N LI a E ESPERIENZA CXXVIII Trozzai una venuzza mefenterica derivante da due rami delle budella. Il fangue ftagnò di quà), e di là dallo ftrozzamento, fe non che dov’ erano i rami feguitò a corre- re con tal legge, che per un ramo correva con. moto-veno- fo, poi imboccandofi nell’ altro ramo refluiva in quefto con moto arteriofo. E quefti due oppolti movimenti durarono finchè durò il circolo nel mefenterio. Il diametro della ve- RuZzza non cangiò punto di mifura. E S.P FaR IEIN ZIALE ISLE Egato il tronco mefenterico venofo, il fangue in tutte le vene mefenteriche fermò, arreftandofi però prima ra- fente la legatura, poi gradatamente più lontano a lei. V'eb- be folo una vena, che fi mife a correre con moto arteriofo, recando il fangue agl’ inteltini. Il tronco mefenterico riboc- cava di fangue, e fembrommi, che fi foffe ingroffato. Non fu così delle vene. ESPERIENZA CIS N più punti dell’arteria polmonare ho intercetto a. diffe- renti riprefe il corfo del fansue. Nella parte di arteria tra lo ftrozzamento, e l’eltremità del polmone vi è rimafto il fangue, ma ftagnante. Nella parte oppolta non fi arrelta- va ii 283 )pa civ —_- va giammai, perchè diltribuivafi a' rami polti al difopra del- la ftrozzatura, ESPERIENZA CXXXL Artono dal ventricolo quattro vene, che vanno al fegato, e dal fegato due arterie, che vanno al ventricolo. Ho ferrato or l'uno, or l’altro di quelti fei vali. Il fangue fot- to, e fopra la ferratura in un tratto riltagnò, fenza accre- ‘fcer nulla la larghezza de’ vafi. ESPERIENZA CXXXII O intercetto il circolo ad una vena della borfetta del fiele; la qual vena era abbondantiffima di fangue. OL tre l’effere ceffato il moto in lei, fi è pur folto in tutt i fuoi rami. Neffuno incremento, o decremento di diametro è apparito nella vena. ESPERIENZA CXXXIII, Su molte rane. | edi in poco quanto ho offervato ne’ vafi mefenterici di quefti animali. Quando erano vene, quantunque d' ordinario rimaneffe tagnante il fangue di quà, e di là dallo ftrozzamento, pure foleva foprabbondare dalla parte degl’ in- teltini. E l’oppofito fuccedeva nelle arterie, Di rado, ove il fan- si 284 )ta fangue erafi doviziofamente raccolto, fi faceva vedere una te- nue dilatazione di vafi. ESP E.R I E\NZ/AL CKXXDW, Su parecchie uova covate più , 0 meno. On accadeva lo fteffo ftrignendo colle mollette i tene- rifimi vafi del pulcino. Spello gonfiavano gli arterio- fi tra il cuore, e la ftrozzatura, e i venofi tra la ftrozzatu- ra, e l'eltremità de’ vafi. Liberati dalla ftrozzatura (lo che qualche volta riufciva), ed innaffiati come prima da vivo fangue, riacquiltavano il diametro primiero. E-:SP E RI EN ZIAMTCXX.XV Affando ora al punto più impottante, che era di' rintrac- ciare, fe il diametro de’ vafi impicciolifca allorchè il fan- gue fi precipita alla ferita, e che eflì ne reltano fenza, 0 quafi fenza, ftimai bene, perchè la ricerca fi rendefie più efatta, e più ficura, il far ricorfo a meccaniche dimenfioni, col mifurare cotal diametro prima e dopo di aver ferito il cuore, 0 i vafi; acciocchè dal confronto delle mifure accertar mi pote, fe vi era o no differenza fenfibile. Cominciai dal- la cava defcendente. Fiffato un punto fu di lei (e lo fteffo praticai fempre negli altri vafy) trovai quivi il fuo diametro. eftenderfi ad una fcarfa linea. Ferito il cuore, e lafciata ufci- re e, (285 Va re gran copia di fangue, il diametro fi riduffe a otto decime di linea: poi a fette decime quando la cava era efangue. ESRI R IUBUNE ZAP CX L L diametro dell'aorta defcendente prima di recidere il cuo- re era fei decime. Dopo la recifione, e l’evacuamento del fangue dal vafo, era una linea dimezzata. ESPERIENZA CHWXVIL L diametro della cava, dove è proffima al fegato, era no- ve decime. Quello dell'aorta defcendente verfo la metà del corpo ne era quattro. Spogliati di fangue i due vafi per la recifione del cuore, il diametro del primo calò un decimo di linea, e il diametro del fecondo reftò il medefimo . E*S'!P E:R/PESN"Z ACIX XV PRE L diametro della vena polmonare preffo alla radice del polmone era tre decime proffimamente. La mifura fi man- tenne la medefima dopo l’affenza del fangue. Lo fteffo fu dell’altra vena polmonare. L’ aorta defcendente, che prima era cinque decime ap- puntino, fcemò di una decima, ES- ( 286 )k paro e E-S°P ERP ENZ'A CXXEXIO E due arterie polmonari prima, e dopo la privazione del fangue fi mantennero col medefimo diametro, che era due decime all'incirca. Il diametro della cava defcendente non giunfe ad impic- ciolirfi di una decima. E SDE:R I EN £ APGXL. va / Elle arterie, e vene polmonari di tre falamandre non evvi ftata differenza di mifura prima, e dopo l’eva- cuazione del fangue, ES PrERiLENZA:GELE di: vena del peritoneo, che abbondando di fangue era quattro decime, lo è pur rimafta quando ne è reftata priva» ES- DE 287 ke I e e | ESPERIENZA”CXLII, Su parecchie falamandre A fottigliezza grande de’ vafi mefenterici non cenceden- domi sì di lessieri di poterli mifurare meccanicamente, ho dovuto ricorrere a quella dimenfione, che puofli avere dall’occhio affiltito dalla lente, ed affuefatto a diftinguere le diverfe quantità nel mondo -desl’infinitamente piccoli. Dopo adunque moltifimi minuti efami ful tronco venofo, e arte- riofo del mefenterio, e fu le vene, e le arterie di quel reti- cello, mi parve di poter dire affeverantemente, che l’allon- tanamento del fangue da quefti vafi non concorre alla fenfi- bile diminuzione del diametro ne’ medefimi, E. S'PuE RIEN ZA: CXLIIE Su parecchie uova covate più, 0 meno. 10 coftanza di diametro da me offervata ne’ vafi me- fenterici delle falamandre, l ho trovata per egual mo- do ne’ delicatiffimi vafi del pulcino, dopo l’ ufcita del fangue, ES- «P( 288 \}Ka it TE ESPERIENZA CXLIV: O” antunque reftalfe concludentemente provato, che fegui- to il voramento del fangue dai vafi non fi fminuiva punto, almeno iù moltifimi cafi, il diametro totale, ed efterno dei medefimi, pure poteva effere, che il diametro interiore, offia quello della loro cavità foggetto folle a ri- ftrignimento. Suppongafi la parte interna de’ vafi .compofta di una foftanza cedente, e perciò fottopofta a coltiparfi poco, 0. affai, fecondo la minore, 0 maggior preffione , che incontra. Egli è chiaro, che privi efflendo i vafi di -fangue, il diame- tro interno farà minore, giacchè allora l’interior foftanza de’ vafi non foffrirà la preffione, o a dir meglio l’urto laterale del fangue circolante. Reftava dunque a cercarfi col fatto, fe l'interno de’ vafi foggiacefle a tale riftrisnimento per la pri- vazione del fangue. Due potevano effer leùftrade per arriva- re a faperlo, o mifurando la craffizie delle membrane de’ va- fi prima, e dopo lo fpargimento del fangue, o mifurando la fezione comprefa da effe membrane, corrifpondente alla lar- ghezza della. cavità albergatrice del fangue. Mi attenni al fecondo partito, per effere cotal fezione più fufcettibile di meccanica dimenfione, che le fottili membrane vafculari. Mi- furata adunque la fezione di un’arteria polmonare, forai, il cuore. Toltamente il fangue dell'arteria mutato cammino fi diede a correre verfo la ferita: a poco a poco andolli fmi- nuendo, ed in fine Iafciò quafi del tutto vota l'arteria. Mi- fu- furata allora di nuovo la iezione, trovorli religiofamente quel- la di prima. BRA ETRSE az. CLI ° Efperienza antecedente fu iterata in parecchie ven , ed 1Li\ (d°) arterie di altre falamandre, fenza che mai mi potelli accorgere, che la loro cavità fi riftrisnefle per l’affenza del ‘fingue. » DE( 290 ka (O SEZIONE” SETTA: SI ESAMINA, SE LA PULSAZIONE DELLE ARTERIE PRO- VENGA DA DILATAZIONE DE LORO CANALI PRODOTTA DALL'IMPULSO DEL SANGUE NELLA SISTOLE DEL CUO- RE j OPPURE SE SIA L'EFFETTO DI UN CANGIAMENTO DI SEDE DE' MEDESIMI CANALI DIPENDENTE DAL CAN- GIAMENTO DI SEDE DEL CUORE CONTRAENTESI, COME RECENTEMENTE HA PRETESO DI MOSTRARE IL SIGNOR DE LA MuRE (*). E SPIER PEN Z/AMEXLVA Ltrove accennato abbiamo il polfo delle arte- rie nelle falamandre, nelle rane acquajuole, in quelle degli alberi, ne’ ramarri, nelle lu- certole, nel pulcino (Ri/ult. IV. della fecon- da Differtazione ). Ivi abbiam pur detto , che pulfando fi dilatano, ma appena in paffando fi è fatta parola di que- fta dilatazione. Efaminiamola adeffo di più, così volendo la prefente Ricerca. Cominciam dall’ aorta nelle falamandre . Quefto maffimo vafo, come allora dicemmo, poco dopo di efler (*) E° pregato il Lettore a voler confultare il principio del Ritultato VII. della quarta Differtazione, ove fta efpofta l’opinione del Signor de la Mure, non avendo io ftimato be- ne |’ efporla tra mezzo alle Sperienze. OT 291 )g effer partito dal cuore, fi ripiega , e fa gomito, indi incam. minafi verfo la regione del capo, preffo al quale fi nafconde dentro alla mufculatura, dopo di efferfi allargato come in un bulbo. Pulfa l’aorta nell’intiera fua lunghezza, e in pul- fando fi dilata, ma non per tutto egualmente. Dove fa go- mito crefce il fuo diametro quafi di un terzo, ma negli al- tri fiti crefce folo all’intorno di un vigefimo. Ancorchè l'occhio mi moftraffe che nella pulfazione l’ac- crefcimento di diametro, o fia il sonfiamento dell’ aorta fi aveva più o meno per tutti i punti della circonferenza, pu- re me ne chiarii di vantaggio col feguente mezzo. L’ aorta dal punto, in cui fi unifce al cuore, a quello in cui fi fep- pellifce tra mufcoli;, è d'ogni intorno ifolata, e come direm- mo in aria. Ivi adunque la feci paffare dentro a un anellino ‘aperto di metallo, che poi chiufi, il cui diametro interno era un po’ più grande di quello dell’ aorta, anche quando gonfiava. L’ anellino per via d’ un filo di feta lesato alla parte fuperiore, e regolato dalle dita reftava pendolo in aria sì, che non toccava l’aorta. Quando ella dunque pulfando fi dilatava, lo fpazietto voto circolare tra lei, e .l anellino di- ventava minore, e quando fi riftrisneva diventava maggiore. Sminuii la capacità dell’anellino. Allora dove l’aorta fa go- mito, cioè dove fuccede la maffima dilatazione, veniva a per” derfi lo fpazietto circolare nella fiftole del cuore, per rima- ner d'ogni intorno riempiuto dalla dilatazione del vafo. Pro- va decifiva, che l’aorta in pulfando fi dilata in tutti i pun- ti della circonferenza. In tre altre falamandre vidi lo fteffo, e folo dovetti re- Py 2 go- Si 292 ita È colare la capacità dell’ anellino con quelia dell'aorta, effen- do che quefto vafo fi diverfifica nella mole fecondo la ftatu- ra più grande, o più piccola dell'animale. Elis. PiieeR I EN Z4A de el VII, Er effere da lungo tempo, che la falamandra era aper- ta, il cuore gettava pochiffimo fangue dentro all’ aorta, A quel moribondo getto ella dilatavafi, ma pochiffimo. Era” fituata orizzontalmente. La mifì con direzione perpendicolare all’orizzonte, follevando la falamandra col mufo all’insà, Il fangue dall’ impulfo che aveva dal cuore, il quale era lie- vifimo, non potendo fuperare quella falita, lafciò di recarfi all’aorta, e allora la dilatazione non giuocava più che nel gomito . Le pareti di lei erano diventate bianche, ed efla erafi molto impicciolita. Rivoltai la falamandra con la tefta all’insiù, determinando in tal guifa il fangue a difcendere. Improvvifamente s’ingrofsò tutta l’aorta, divenne paonazza, e la dilatazione non folo fi fece in lei univerfale, ma affai maggiore, che quando l’aorta era orizzontale, wi 293 )a sr" ESPE RIEN: Z AGGILVLER Su molte falamandre. Ome le ho aperte, ne ho fatto ufcir tutto il fangue, Îa- fciando però illefi l’orecchietta, il cuore, e l aorta, Quelti tre recipienti, quantunque fmunti di fangue e impic- cioliti di mole,non hanno perduto, ma folo grandemente ral- lentato il moto di filtole, e diaftole. Ciò offervato, ho recifo l’aorta rafente il cuore. Così ftaccata com’ era ha confervata nel somito la fiftole, e ia diaftole fopra mezz’era. E quefto è fucceduto nell'altre fa- lamandre a tal uopo da me adoperate, vale a dire in nove, Solo eravi quefta differenza, ‘che quelto doppio ‘moto in qua- li durava più, in quali meno. ESPERMENZALCXLIE Su parecchie falamandre + Evai loro dal petto il cuore, e l’aorta sì però, che. lune, e l’altra fesuitaffero a reltar uniti, e a comu- nicar tra loro, come fanno nell’animale. Nel cuore, e nell’ aorta di due falamandre mutoffi l'ordine naturale della fiito- le, e della diaftole, divenendo fimultanei il rifîtrignerfi del cuore, e quello dell'aorta, e ciò durò per fette minuti. In- di il ritmo dell’ aorta fi fece più raro, che quello del cuore. P.3 Fi Di 294 Vita ——_ cc, Finalmente fi fpenfe in efla ogni moto, non oftante che pro» feguiffe quello del cuore. L’ andamento fu diverfo in tre altre falamandre. Il rit- mo dell'aorta fuccedeva in quel tempo, che quietava il cuo- re, e quando movevafi il cuore, era quiefcente l’ aorta. Il ritmo in due di quefti cuori andò più a lungo, che nelle aorte compagne; ma nel terzo cuore era finito ogni moto, € fesuitava quello dell’aorta. E.SP ER EE NIZZA, Ipetuta l’ efperienza antecedente fu cinque falamandre, nel cuore di quattro è ftato il ritmo di più lunga du- rata, che nell’aorta, ma nel cuore della quinta è fucceduto il contrario. Anche in quefte falamandre raro era, che il ritmo del cuore, e dell'aorta andaffero di concerto. E.S.P:E/RUL E NZ ASGEE Su parecchie falamandre. Ortai via le aorte, recidendole trafverfalmente ove s'im- boccano nel cuore, e ove fi nafcondono tra mufcoli. Sul fatto fvanì in loro il moto, tranne il gomito, che per mol ti, e molti minuti feguitò a contrarfi, e a rilaffarfi, ES 2 295 2 nn] ESPERIENZA CLIL Su tre falamandre » Agliai per lo traverfo, e interamente l’aorta mel mez- zo mezzo del gomito. Il moto feguitava ne’ due tron- coni. Prefi a confiderar la bocca del troncone unito al cuo- re, perla quale furiofamente fpieciava il fangue. Vedeva, che ad ogni pulfar del troncone la bocca, cheera circolare , fi allargava di più. Solamente di lì a non molto ella comin- ciò a ftrignerfi ne’ fuoi contorni , ed in fine fi ferrò. ESPERIENZA CLIIL Su parecchie falamandre » Roprio è delle arterie l’ allungarfi quando pulfano, come da altri è già ftato oflervato. Ma allungamento non ha parte alcuna nell’ aorta delle falamandre per effere at- tratta verfo il cuore, mentr’ ei fi contrae . Ciò fi offerva fempre, ma più chiaramente , € più fenfibilmente , quando la contrazione del cuore è lenta. Allora l’aorta a poco 2 soco fi accolta a lui, divenendo |’ accoftamento maffimo ful finir della contrazione. Simil fenomeno feguita a manifeltarfi quando il cuore per foverchia fiacchezza non manda più fangue all’aorta, an- zi dopo che l'uno, e l'altra fono già ftaccati dall’ animale. T.4 ES- (296 Via pen cn ES PE RA\IMENNIZIAI CEDE è Su due falamandre , A il cuore contraentefi non ha il potere di tirare a fe, che l aorta contigua a-lui. Che anzi l'aorta de- fcendente fi allunga, quando eflo fi contrae: e dove l’ aorta defcendente ‘fa delle curvature, elleno ‘ allora + diventan mag- giori. Ma nel tempo; che fuccede l'allungamento nell’ aor- ta defeendente, fuccede l'allargamento, nè è tanto piccolo; concioffiachè efiendo il piano, fu cui ella giace, picchiato di. punti nereggianti, maffime attorno a' lembi di lei, fi offer- va, che nell’allargarfi parecchi punti rimanson coperti dal vafo, e fi fcopron poi quando fi riltrigne. f EE PERILE ZA GI GO Aorta defcendente fi allunsava, ‘e fi allargava grande» mente} per ellere l’animale grofliffimo , e ‘vigorofiffi- mo. Legatala \verfo la merà dell'addome, la porzione di fotto ‘al vincolo imbiancd'; e’ perdette il moto di dilatazio- ne je ‘dif allungamento; “ma ‘non! lo perdette mica 1’ altra comprela tra il vincolo; e il‘cuore: e queta ‘continuò ‘anche a rimanerfi piena di fangue. Fatta più alto una feconda Ie- gattra , ‘la ‘porzione intercetta ai due vincoli rimafe! piena di fangue, ma perdette ogni moto. “Il dilatarfi, ‘e 1’ albungarfi erafi riftretto a quel poco di aorta. nlbcoesiaie frappolto al fecondo vincolo, e al cuore. ES- PE 297 \Ma nr] E S'PiB RAMNEN ZUUSI GEVT Ella prima Differtazione ho favellato dello firano di- vincolarfi di un’arteria pulfante del pulcino ( E/p. 133.). Aggiungo quì, che qualunque volta eccitavafi in lei il di vincolamento, ingroffava per tutta la fua lunghezza. Legata avendola in due luoghi, la porzione frappofta a’ vincoli la- fciò di pulfare. :Eb8 Pi E RI :EgNoZ A CLVTIL Su molte rane acquatiche, e degli alberi. ” A loro aorta nel principio è un groffo bulbo, che poi fi divide in più; tronchi. Que" mutamenti, che nella {- ftole del cuore fuccedono all’aorta delle falamandre dove fa gomito ; fuccedono proporzionatamente a quefto bulbo ; e quelli, che fi offervano nell’ aorta delle falamandre al di là del gomito; fi otfervano in quelti tronchi. Me ne fono con- vinto dalle prove replicatamente fatte fu ciafcuno di quefti animali. ES- DI 298 ria E.S/P!E RSI EN ZA CLVa Su parecchie lucerte. Loro polmoni fon due, di foftanza membranofa, più cor- ti di quelli delle falamandre, ma più larghi. Vanno guerniti ciafcuno di due groffe vene, e di due groffe arterie. Le arterie pulfano sì fattamente, che all’ origine del polmo- ne crefcono nel diametro la metà circa. Nè l’ accrefcimento fi ha in un attimo, ma l’occhio vi può tener dietro, come può tener dietro al decreftimento. Nè folamente i tronchi arteriofi polmonari fi dilatano, ma anche i rami, . quantun- que meno, e la dilatazione va fcemando in ragione che im- picciolifcon di più. Ma fe il dilatarfi delle due arterie pol- monari è grandiffimo, non è minore l’ allungamento. Guar- date obliquamente, gonfio effendo il polmone, fanno un ar- co, che al pulfare diventa confiderabilmente più grande. Se poi il polmone difenfii, allora l’ arco velte più gomiti, o piegature, e ciafcun gomito , o piegatura fi amplia, e fi abbrevia per modo, che a primo afpetto crederemmo. più prefto di vedere un verme, che un vafo. Pil 299 )Kka eri ESPERIENZA sGIIOX Sx tre lucerte. ? Aorta nell’ ufcire del cuore differifce da quella delle rane, e delle falamandre. In quefte è un fol canale, che pofcia fi divide in più tronchi; nelle lucerte fono due canali ftrettamente combaciantifi,, ciafcun de quali rompe in più rami. Almeno quefta è la forma, che. prefentafi all’oc- chio. Legata l’ aorta di quefte beftiuole preflo al cuore, fi fpenfe a vifta di là dalla legatura la pulfazione. ESPERIENZA 0 Lo. Su di un ramarro. Uefti ferpentelli come in molte altre cofe, così nel fi- ftema vafculare convengono con le lucertole. Le due arterie di ciafcun polmone fi dilatavano , e fi riftrignevano da cima ‘a fondo. Il dilatamento era maffimo fu la cima, crefcendo quivi il diametro dell’ arteria al di là della metà. La vifta aggiugneva anche meglio quefti accrefcimenti, e de- crefcimenti trafcorfe alcune ore, da che era aperto l’ anima- le, perchè fi efesuivano allora con minore prontezza. Il di- latamento dell’ aorta immediata al cuore era inferiore a quel lo dell’arterie polmonari, Soggiugnerò di avere ofiervato la Ateffo nelle lucerte. ES EE 300 )ipa ESIP'ERSEN Z ASCII Su alcune vane, ramarri, e Iucerte, È <<<; della dilatazione delle arterie polmonari nelle | lucerte, e ne' ramarri, e di quella del bulbo dell’ aorta i nelle rane acquajuole, e degli alberi, ho fempre intefo la dilatazion laterale, quella che fi offerva a dettra, e a finiftra | del vafo. Volli fapere, fe fi dilatavano, e quanto, le parti | oblique, e fuperiori delle medefime arterie. Non parlo del-.| le parti inferiori, non potendole vedere, per eflere internate | nelle membrane. Un ferruzzo applicato a qualche piccola di- ftanza dalle parti laterali, dalle oblique, e dalle fuperiori, mi convinfe, che in ciafcuna di quefte parti fi aveva del © fenfibile dilatamento , e che il dilatamento in quefte parti era uguale. EISORLE RIEENMINA O CLIRAITE Su di un ramarro, e di una lucerta . po due lesature a qualche diftanza una dall’altraval- le loro arterie polmonari, foarì tra i lesami qualunque moto di allungamento, e di dilatamento. ES- (301 )lka na E; S-R-E Ro INEPNUZIAr \CLXIII Su due falamandre. On fu così nell’aorta contigua al cuore di quefti ani- mali. Anche tra’ vincoli réltò un avanzo di fiftole e diaftole. Dirò anzi, che l’avanzo non fi perdette, dopo di averne diftrutto il cuore. Eky.B. E. RI EM ZA LGLKLIWM Su parecchie falamandre, pra ch’ ebbi alle due eltremità. I’ aorta contisua al cuore in più falamandre, la recifi al di là de’ vincoli, e la trafportai fu di una tavola. Ciò non oftante continuò la fiftole, e la diaftole, Notavà però, che sì fatto moto era fiftretto al gomito nelle aorte rimafte fenza fangùe, ma in quelle che ne avevano fi eftendeva dall’ uno all’ altro' vinco- lo. In quefte feci ufcire il fangue , forandole con ago. AL lora la fiftole, e la diaftole non manifeftofii più che nel go- mito, ES- PE 302 )ik na E SPE RAMOSE NSZ-A © 1000 Saminate le tuniche dell’aorta contigua al cuore nelle | rane acquatiche, in quelle degli alberi, e nelle fala- mandre, le trovo in parte carnofe. La carnofità fingolar- | mente ha luogo preffo al cuore. ESPERTENZASCLXEVE Su tre falamandre , e tre rane degli alberi. Elle falamandre infisne è I° alternativo dilatamento, e | riitrismimento nel pezzo di vena cava defcendente frap- | polto al fesato, e all’orecchietta. Non minore fi è quello | de’ due tronchi della cava afcendente nelle rane degli alberi. nuò in effe per qualche tempo la fiftole, e la diaftole, nei, } tronconi eziandio già feparati dall’ orecchietta , e ripuliti dal | fangue. ESPERIENZA CLXVII. Su di un ramarro. L di fotto del fegato recifi l’ aorta defcendente. La por- ( WR I MR ORI LI E EN ao PECE È ) È Ti Recifi quefte vene, curiofo di vederne le confeguenze. Conti- | p k i î zione fotto del taglio lafcid di pulfare: ma l'altra fra | il taglio, e il cuore feguitò la pulfazione. Intanto il fan- | gue I 303 a gue ftemperatamente ufciva da quefta porzione, la quale in- fine ne farebbe rimafta priva, fe la bocca del taglio infenfi- bilmente non fi foffe corrugata, e riltretta, fino a chiuderfi affatto. Il fangue adunque incarcerato dentro a quelto pezzo di aorta prefe a ofcillare, andando avanti,e tentando |’ efito nella fiftole del cuore, e retrocedendo nella diaftole. Quan- do andava avanti, fi dilatava l’ arteria, e quando tornava ad- dietro fi reftringeva. Dopo di aver contemplato per qualche tempo quefto fe- nomeso , ho recifo un altro pezzetto di arteria pulfante. Quefto ha perduta la pulfazione, ed è rimafta foltanto nella porzione di arteria comunicante. col cuore. Ho fatto fcorrere un corpo lifeio fu tal porzione, per ifmugnerne tutto il fan- gue .. Tofto che n'è rimafta fenza, ha perduta la pulfazione. Ma L'ha riacquiftata ben prefto, quantunque debolmente, per l’innaffio di nuovo fangue. Era però molto fcarfo, non vedendofi dentro all’avanzo di arteria che un'ombra roffigna, che andava, e veniva. Anche la bocca di quefto fecondo ta- glio, per lo corrusamento delle membrane fi era moltiffimo riftretta. Ho rivolta l’arteria col taglio all'insù così che il fan- gue nella fiftole del cuore dovefle afcendere perpendicolarmen- te. Da principio anzi che afcendere, è piombato verfo le par- ti del cuore, lafciando fmunto quafi tutto quel refiduo di ar- teria. Ma in feguito ha cominciato ad annaffiarlo, quantun- que lentamente, non facendo all’insù in ciafcuna fiftole del cuore, che pochiffimo viaggio. Vedeva che fin dove arriva- va il fangue, fi eftendeva ia pulfazion dell’ arteria. Ho in- cli» TE 304 Vila clinato il vafo sì, che la fceia del fangue foffe men ripida. Allora nella filtole del cuore innoltravafi di più il fangue nel vafo, ed altrettanto innoltravafi pure la pulfazione. Quelta finalmente ne ha occupata tutta la lunghezza, quando il va- fo inclinavafi in guifa, che Ia colonna fanguigna giugnefie fino al fommo di lui. Vedeva dunque coftantemente, che quella precifa porzione di aorta fi dilatava, e fi reltrigneva, la qua- le fentiva l'agire del fangue. Ma a lungo andare come ne- gli altri vafi del ramarro, così nell’avanzo di aorta è fpari- to il fangue, e allora è ftato, che fi è perduta la pulfazio-. ne, non oftante che per qualche tempo continovato abbia quella del cuore, ES PIERI E NUZIAWCEX VIS {Y Ecifa l’aorta defcendente ad altro ramarro, la porzione inferiore al taglio è rimafta ful momento fenza. pulfa- zione. Ma quella, che comunicava col cuore, l’ha perduta dopo etto minuti. Ha ritenuto alcun poco di fangue, ma quefto fangue era immobile. Il cuore però non defilteva dal battere, E SaP E RIE NZ bc Egata ad un ramarro in due fiti l’aorta defcendente; la puliazione non giuocò più, che nella porzione frappo- fta al vincolo più vicino al cuore e al cuore medefimo. In quelta porzione andava, e veniva il fansue, urtando ad ogni i fa fifto- PER dn — > elite sei e (305 a e e —— o fitole del cuore contro lo itrozzamento. “Tolti i vincoli ri- donoffi, ful momento e corfo libero al fangue, e pulflazione a tutta l’aorta. In fece del vincolo ho applicato trafverfalmente all’ aorta un fortil ferro, che fenza ofenderla ha intercetto il cor- fo del fangue. E'nato quell’effetto, che prima era ftato pro- dotto dal vincolo. PS. PER MEN ZASGLXX, : SI l’aorta defcendente di un ramarro ho ripetuta l efpe- rienza antecedente, e fu quella di un altro l’efperienza. CLXVII., fenza che gli effetti, quanto all’effenziale, fieno ftati difcordanti. E SQRuER I E.N'ZA CLXXÉE Orata la vena cava vicino al cuore in un ramarro, il = fangue dell'aorta defcendente ha retroceduto, e nel re- trocedere effa aorta ha perduta la pulfazione. Dall’ eccedente ribocco di fansue accorfo alla ferita, Il aorta ne è rimalta preffo che fenza. Quel poco di fangue,chefesuitava ad an- dare al foro, cominciò a rammaffarvifi attorno, e a rappi- gliarfi, di modo che a poco a poco facendo tura all'altro fangue, fu cagione che fi rinnovellaffe ne’ vafi il corfo legit- timo. Allora fi ridonò all’aorta una leggera pulfazione, V DIS- È) "n Si i abi L$ girini nità x Ù p PAT “ie, 7 . / I È ha ‘ iano n sd 740; uLrE # pa L1 dt DE va LES Y QESIK "80000 è e , PROCE (909 (ESIBIRE BIO) ‘PA $ Più ; : tot put fa \ |) x bet | Y 1) s ' Î - n »/ TÀ I (901 vi LI T) % il È 4 NUO Si 1 du v# Miri Ve PN DA DISSERTAZIONE QUALI, DE' FENOMENI DELLA CIRCOLAZIONE LANGUENTE; DE’ MOTI DEL SANGUE INDEPENDENTI DALL’ AZIONE DEL CUORE; E DEL PULSAR DELLE ARTERIE. ESPOSIZIONE ANALITICA [PE # RISUL A DEDOTTI DALEE*SPERIENZE DELLA TERZA. DISSERTAZIONE: } , ua Îi la Raf: si TI di dd SA I * FE CRSIO x \ è T b%.1. È : TOS, RA ER gg - tota “RARO LIVE tre Si; “n TU DINA r “w ai ASH pp 18 U Lari ed Di-L:LE SE RERLENZE DELLA TERZA DISSERTAZIONE I. &ye L Sig. Haller, per quanto io mi fappia, è l’unico tra iFifiologi, che dato ci abbia una pulita, e dettagliata defcrizione di quanto fuccede al circolo, quando comin- cia a languire, e che il languore va crefcendo per gra- di, finchè I animale ceflì di vivere. Diamo un precifo delle fue offervazioni, proccurando che la brevità del racconto non pregiudichi alla foftanza della cofa. Offerva egli adunque , che il primo vizio a manifeltarfi nel circolo è la lentezza, alla quale tien dietro la perturbazione, per cui va il fangue ora con lento paffo , ora con celere . Alla perturbazione fuc= cede il retroceder del fangue, e al retrocedere 1° ofcillazione, Allora dunque la corrente fanguignaaguifa di dondolo da o- riuolo va, e viene, ora cacciata fino all’ eftremità dell’ ani male, ora rifofpinta fino al centro. L’ofcillazione fuol du- rare allai ore, e foventemente fa tornare in priîtino il circo» Nera lo, I( 310 )}fka lo. Ma peggiorando |’ animale l’ofcillazione finalmente de- genera in quiete. Sebben quelta non occupa ad un colpo tut- to il giro de vafi. Comincia dai capillari; pafla ai medii, ed in fine fi eftende ai maffimi, Intanto a proporzione, che vien meno il moto del fangue; fe ne impoverifcono i vafi; e da ultimo ne reftan fenza. | È E quefti fono i mutamieriti ; che offervante l’ Haller fo- pravvengono al fangue arteriofo. Quelli che notato ha nel venofo foù fimili, anzi più complicati, E primiamente il ri- tardamerito; poi la quiete totale, oppure la riltabilita ve- locità nel fangue, fono feriomeni, che frequentemente fi of- fervano nelle vene. Non è però, che fpeflo non refluifca il fangue alle tremità ; e che dalle ftremità non riconducafi al cuore. Anzi talvolta fuccede contemporaneamerite il fluffo, e il rifluffo, effendo il farigue in alcune vene refpinto alle ftremità, nel mentre che in altre contiriua il fuo moto ver- fo il cuore. All’ofcillazione alcune volte fi fi compagno il contralto delle colonne fanguigne, che danno di cozzo, e ta- lora al contralto fiiccede la riftabilita circolazione. | Tali in ifcorcio fono le cofe offervate dall’ Haller intor- no alla circolazione languente. Le fue offervazioni fono fta- te fatte ful mefenterio de’ ranocchi, e quelto meferiterio fe- condo il folito da lui fi contemplava dopo di averlo tirato fuori dell'addome, ed accomandato agli uncini. In altro luo- go fi è veduto ( Nell Introduzione.) a quanti equivoci abbia dato origine un tal metodo; e tra quefti equivoci mi veggo aftretto di mettervi pure la maggior parte dei fopra enuncia- ti fenomeni circa il languire, e il mancare del circolo. Ne ho «i 3II \ ka ho avuto efpetimento decifivo praticando a un tempo fleffo il metodo dell’Haller, e il mio. In quello fuccedevano d’ or- dinario nel circolo i turbamenti defcritti da quel celebre Fie fiologo: nel mio metodo, cioè lafciando i vafi dove giaccio» no naturalmente, o avendo almen l'avvertenza di tenerli lon- tani da ogni ftiramento, l'affare era tutto diverfo, Siami quì lecito l’efporre quefti nuovi fenomeni come gli ho imparati dalla ftefa Natura. A riferva pertanto di qualche rara ofcillazione nelle ar- terie (E/p. 12. della terza, e 24. e 101. della prima Differta- zione.), il rimanente dei fenomeni procedeva regolarmente. Il moto del fangue arteriofo, che dapprincipio era equabilif. fimo, dopo un tempo più, o men lungo perdeva l’ equabili- tà, col rallentarfi nella diaftole del cuore. Di poi il rallen- tamento paffava in quiete, reftando folamente qualche . avan- zo di moto al fangue nella filtole, il quale avanzo infenti- bilmente fi perdeva egli pure, Così fenza retrocedimenti , fen= za ofcillazioni, ma col femplice diminuirfi del moto finiva la eircolazion nelle arterie. In ciò che riguarda le vene, quì pure niun turbamento fi manifeftava giammai, fuor folamente che il fangue per ine fenfibili gradi da un celere movimento paffava ad un lento, e da un lento paffava alla quiete. E un fimil tenore nel fan- gue arteriofo, e venofo oltre agli animali caldi ( E/p. 11), immutabilmente confervoffi. ne’ freddi, o foffe lentamente di- ftefo il mefenterio ful corpo (E/p. 1. 2. 3. 4. 5.), 0 fi ri- maneffe dentro al medefimo corpo ( E/p. 6.), opofti foffero gli animali nel voto boileano (E/p. 16. 17. 18.), 0 peri Va4 fero IE! 312 ) Cee re fero di languore (E/p. 1. 2. 9. 4. 5.6. 7.8: 9: IO.IT.); oppure di morte violenta ( E/p. 14. 15.). E quanto accad- de in quefti amfibii già adulti, altrettanto fucceffe ad effi fot- to forma di girini (E/p. 7. 8. 9. 10.). Il finir del circolo cominciava da’vafi più al cuore rimoti (E/p. 8. 9. 10.36 126, della prima Differtazione). a » Qualche volta, feguita la morte degli animali, rimane vano o in tutto, o in parte fmunte di fangue le vene, e le arterie (E/p. 3: 5. 6. 11.) ima d’ordinario ne folevano re- ftar piene (E/p. 1. 3. 4. 6. 7. 8. 10.13. 14.; e 115. 118. 1109. 126. della prima Differtazione,) II He il fansue dell’uomo; e degli animali dotato fia di un infigne gravità, lo comprovano fatti sì moltiplici, sì decifivi, che più non relta luogo a veruna dubitazione . Eitratto da una vena, 0 da un’ arteria, fi manifelta più pe- fante del fiero, e dell’ acqua. Dentro agli animali morti gli effetti di fua gravita fono al. maggior fegno rimarcabili. Così ne’ cani uccifi , qualunque. fia la loro pofizione, raccogliefi fempre in quella parte del corpo, che è la più balla, cioè dove raturalmente deve fituarfi in virtù del proprio pefo; e ne’ cadaveri umani fuole occupare un luogo confimile; vale a dire la parte interna del dorfo. sol Eftetti equivalenti ha offetvato l’ Haller:ne*vafi mefen- terici delle rane moribonde. Alzato in aria il mefentério di una, vide egli, che il fangue piombava al fondo delle ve ne, I 313 Ja ne, e le lafciava bianche, quai fili di refe. Capovolto il mefenterio, fi riempivano di fangue, e riafflumevano il color roffo. Così dopo di avere microfcopicamente offervata una corrente di fangue, la quale era a perpendicolo alla tavolet- ta, fu cui giaceva diftefa la rana, rivoltata avendo la tavo- letta in modo, che la parte inferiore diveniffe fuperiore, vi de che la corrente piegato verfo, in vece di afcendere, edi- fcendeva . L’efperimento halleriano fu l’ azione della gravità nel fansue, il quale, a mia cognizione, negli animali vivi non è ftato efesuito, che dal folo Haller, non folamente mi ac- cefe in defiderio di. ripeterlo, ma di variarlo moltiffimo, col cercare quanto poffa.il momento della gravità e nel fangue ufcito de’ vafi, e in quello che ftagna dentro ai medefimi; quali ‘alterazioni patifca da quelta forza o cofpirante, o con- traria la Circolazione del fangue, confiderata.o nell’ intiera faa vigoria, o nello ftato di mezzana velocità, o ia quello di efrema lentezza; ed in fine fe in cid che riguarda il valuta- mento di una tal forza, altro fia de’ vafi maffimi, altro de’ medii, altro de’ minimi, fieno venofi, fieno arteriofi. L’ ar- gomento era troppo bello, troppo filofofico, per non inte- reffare la curiofità, e D'attenzione dell’ Offervatore. La gravità fpecifica adunque del fangue arteriofo o ve- nofo eftratto da una falamandra vivente è fuperiore a ‘quella dell’ acqua fontana, giacchè le goccie lievemente fovrappofte alla fua fuperficie calano al fondo (E/f. 19.), e fe fieno di fangue rappigliato ci calano con maggiore celerità (E/p. 20.), per ragione del minor volume che occupano allora. Co- I 314 2 ferre si Cotal gravità nel fangue deriva da quella de’ globetti . (E/p. 19.), che dovranno perciò racchiudere buona dofe di ferro, da cui fi fa, che il fangue fpezialmente globulofo ri- conofce in mafiima parte il fuo pefo. Quando poi è riftretto ne’ vafi della falamandra morta ; feguità ad ubbidire alleleggi della. gravità (E/p. 21. 122.), la qual gravità però fi rende fempre meno fenfibile, a pro- porzione che s' impicciolifcono i vafi: e però ne’ vafi medii appare minore, e ne’ minimi menomiflima o quafi nulla Epi ad Se i vafi conducano una o poche ferie di globetti, la gravità non influifce punto nell’ accrefcere, o nello fminuire la loro circolazione ( E/p. 3%: 34. 35: 41.): ma fe le ferie de globetti crefcan di numero, comincia allora a manifeftarfi tale influfo (.E/p. 26. 27: 36. 40. 41.); il quale fuccefliva- mente va crefcendo in tagione dell''ampliari de’ vafi; nè nulla importa fe fieno venofi, ovvero arteriofi. Così qualora cofpirano vicendevolmente il momento della gravità, e il moto del fangue, cotal moto, purchè i vafi non fieno dell’ ultima picciolezza; fi accrefce fempre ( E/p. 23. 24. 26. 28. 29. 31. 35. 38. 39.). Ma fe tra loro fi oppongono, o di- venta nullo (E/p. 23. 32. 33. 35. 38. 39.), o preflo che nullo (E/p. 26.), o fi fminuifce di molto ( E/p. 31. 40. )» o fi fa retrogrado (E/>. 28. 29.), oppure ofcillante ( E/p. 24.). Anzi fecondo che’ crefce l’ azione della gravità contra- ria, fi va rallentando il moto del fangue (E/p. 33.) Trovo un fol cafo, in cui la gravità cofpirante, o la contraria non fi rendono fenfibili ne’ vafi medii arteriofi, e ve- PT 315 )ik- ni iz ftenofi, ed è quando la velocità del circolo è imaffima ( Eyp: 25. 26. 30.) ibi, { L prefenté Rifultato conferma una delle più importanti verità mediche, ché è queta: Aperta una vena, il fan- gue di lei; quello delle vene vicine, e quello dell’ arteria, che loro fomminiftrà il faigue, acquita un novello grado di velocità, e fi precipita alla ferita. Cotal verità, che do- po di eflere (tata fcoperta dal celebre Bellini, ha avuto tan- ti cppofitoti; è ftata iri fine comprovata dal fatto; mercè le fperienze del de Heide, ma affai più dell’ Haller nel me- fenterio delle rane. Imperocchè ferita una delle fue vene, ‘ la trafparenza delle membrane gli ha conceduto di vedere quali cangiamenti nafcono allora nella circolazione, ed ha trovato eflere que’ delli, che erano ftati afferiti dal prelodato Bellini: Quanto adunque ha fcoperto 1’ Haller nel mefente- rio delle tane, ho avuto il piacere di vederlo confermato ne' vafi delle falamandre, e quel che è più ne' vafi degli anima- li caldi, cioè del pulcirio. Ecco adunqus i diverfi capi di quefto Rifultato. 1. Recifa in parte, o interamente una vena, che meni fansue, nafcono immantinente o due oppofte correnti, che fgorsano dalla ferita ( E/p. 45. 49. 59. 71. 72.); 0 ne na- fee una fola ( E/p. 65. 72.), oppure fvanifte di qua, e di la dal’ taglio ogni moto nel fangue ( E/p. 59. 66. 57.71,72.). 2. E le due correnti nafcono medefimamente, ftasnando pr E 316 }}ka [ricco prima il fangue nelle vene ( E/p. 43. 44. 46. SI. 61. 62. 68. 70. IOI.). 3. Nella qual doppia Ipotefi o di moto, o di quiete nel fangue le ramificazioni di dette vene fcaricano il fangue alla ferita ( E/p. 45. 47.48. go. SI. 52. 54. 55. 50. 65.). 4. Ma oltre al fansue venofo vi fi fcarica' anche l’ arte- - riofo, quello cioè dell’ arteria comunicante con la vena, co- sì che fe prima il fangue nell’ arteria era in quiete, fi met- te in moto (E/p. 49. 51. 54.); e fe era in moto lo accele- rav-E/p. 590065.166). s. Similmente recifa in parte, 0 in tutto un’ arteria, 0 nafcono le due oppolte correnti, che urtandofi efcono per la ferita ( E/p. 42. 64. 72. 73. 74.), ovveramente ne nafce una fola (E/p. 50. 72.), oppure di quà, e di là dall’ arteria re- cifa lafcia di muoverfi il fangue ( .E/p. 72.). 6. Intanto poi nelle vene, e nelle arterie Jafcia il fan- gue di muoverfì, in quanto le pareti delle membrane nel re- ciderle fi accoftano fino a chiudere la bocca del. taglio; né il fansue per eflere in poca copia ha forza baltante di aprir- le. Di fatto, fe artificialmente fi fchiudano, ne efce tofto il fangue, e tutto il vafo fi mette in moto -( E/p. 66. 67.) 7. E' da offervarfi, che ferito un vafo, il quale più groffo fia dall’ un canto, che dall’ altro, il fangue corre an- che più abbondantemente alla ferita dal canto, dove è più groflo ( E/p. 46.): anzi fpeffo vi giugne sì dirottamente, € con tanta furia, che tiene.in collo il fangue dell’ altro can to del vaio, il qual fangue non trova l’ nicita, che dopo un dato tempo, cioè ceffara che fia la piena dell’ altro fangue + (Elpa:52: ‘53-35. i s.E ì | O 3 317) lisi crnsar n hi 8. ‘E’ cofa pur rilevante, come a un fecondo, anzi a un terzo foro de’ vafi, quel refiduo di fangue rimafto dentro di effi, e già quiefcente, fi rianimi, ed efca pel fecondo, e pel terzo foro ( E/p. 65. 84. 85. 9I.). - 9. Il fangue che fsorga dalla ferita, vi fi rappiglia fpef- fe volte attorno, e confolidafi in un grumo, il quale è ca- gione che fi riltabilifca la circolazione (E/p. 45. 56.): ma leva- to il grumo torna ad ufcire il fangue per la ferita ( E/p. 56. 87.): la qual. cofa prima di me era ftata avvertita dall’ Haller. LV. Ffetti analoghi avvengono al fangue, recifo il cuore, o l’aorta. Concioffiachè quantunque alle volte il fangue venofo, o l’arteriofo lafcino allora di fluire (E/p. 75. 93. 100.g191.), pure affai più fpeffo retrocedendo l’ arteriolo ac- corre alla ferita ( E/p. 79. 81. 82. 83. 89. 91. 95. 96. 99. 144.); ed il venofo recafi altresì a quella parte, ritenendo per qualche tempo il natural movimanto ( E/p. 75. 78. 81. 100.), Oppure, come più fpeffo interviene, affretrandolo (E/p. 76. 77. 80. 84. 65. 86. 98. 99.). Così fe la mafla del fangue fia quiefcente, recifo il cuo- re, fi determina al moto, accorrendo alla ferita sì nelle ar- terie ( E/p. 38. 97.), che nelle vene (E/p. 88. 97.). (318 a =‘ V. A quale effer può mai-la cagione di quefto fubite cor- rimento ‘di fangue alla ferita, o facciafi quefta a qual- che vafo arteriofo , o venofo, ovveramente al cuore medefi- mo, il qual corrimento tanto più fi rende maravigliofo, quan- to che feguita ad averfi per alcun tempo dopo la recifione del cuore (E/p. 75. 76. 77» 78. 81. 82..88./196.)? Ri fiertendo fulle menzionate fperienze, veggo primamente che la gravità, non oftante che abbia tanta influenza ne’ movi- menti del fangue (Ri/ule. IL), non può concorrere alla ‘produzione di quefto effetto, giacchè la corrente fanguigna non lafcia di portarfi alla ferita, riluttante la medefima gra- vità (E/p. 43- 44. 61, 62,83: 84. 95. 87.) Dal che naice, che non poffiamo neppur ricorrere alla refiltenza fminuitafi al fito del foro, la quale induca il fan- gue a portarfi a quella parte, non altrimenti, che induce un fluido chiufo in un tubo a portarfi a un foro, che aperto fiafi nel medefimo tubo, Imperocchè ciò accadrà bene, fe il tubo fia orizzontale, ma non già fe fia ritto ful piano dell’ orizzonte, e per confeguente, fe eflo fluido fia neceflitato di afcendere , Ogni volta ch’ io tagliava il cuore, e non di rado quan- do forava i vafi (oltre la qualche contrazione rifvegliatafi in quefte parti ) l’animale fi rifentiva tutto, agitandefi, e con- torcendofi. Ed effendo la fede del fenfo nei nervi, bifognava adunque dire, che l’agitarfi, e il contorcerfi derivaffe dalla re- 2 319 fa ETA ISRAELI recifione, o dall’irritamento di qualche parte nervofa. Il mo- to accelerato del fangue accorrente alla ferita nafcerebbe mai in grazia di quefto irritamento nervofo? Il fofpetto quan- “tunque non mi fembraffe troppo plaufibile, era però bene il commetterlo all’efperienza, collo fpiare che accadeva al cir- colo in quel che pungevafi, o viziavafi qualche nervo, e do- po che era ftato punto, o viziato. Il rifultato fi fu, che al pungere, o al tagliare, o al diftruggere la foltanza nervofa, l’animale fi faceva convulio, e in mezzo alle convulfioni la circolazione fi rendeva per- turbatiffima, ma il perturbamento finiva con le convulfio- ni, ad onta eziandio di avere diltrutto il cervello medefimo ((E/p: 105, 106; /107. 108,010 10, Tirri 113.). Più m° internava in quefti fatti, meno mi fembrava che favoreggiaffero la caufa, ch’ io andava cercando. Imperocchè, oltre all’avere tante volte veduto in occafione del taglio pra- ticato ai vafi, o al cuore, feguitare il fluffo del fanzue alla ferita, non oftante il tranquillamento dell'animale, era cofa dubbiofa, fe quel turbamento di circolazione eccitatofi all’ ir- ritare la foltanza nervofa foffe veramente un effetto di tale irritamento, ovvero della materiale agitazione dell’ animale . E ulteriori diligenze mi fecero toccar con mano, che tal di- fordine nel circolo dovevafi interamente rifondere nella men- zionata agitazione, concioMaché impedita quelta, per quan- to fi tormentaffe il filtema nervofo, niuno fconcerto , niuna alterazione nafceva giammai nel movimento circolare del fan- gue (E/p. ri4. 115, 116. 117. 118. 119.). Fui adunque aftretto a ricercare altra cagione, prima di par- (320 }ika Mico AD parlar della quale noto incidentemente la differenza circa il vivere di quelti animali, feguita-la privazione del cervello, e fesuita quella del cuore. Reciio il cuore, quafi riportato» non ne aveffero oltrasgio veruno; fanno ufo de fenfi, corro- no, faltellano, fi tuffan nell’acque.,, fi fofpinsono al fondo, OA : 7 Dgr... 5 : fi lanciano” alla fuperficie, e fanno il rimanente ds moti volontarii, che praticano, quando fon fani. All’oppofito pri- vati del cervello perdono fubito l’ufo de fenfi, ed. il moto:' e fe dopo, quafi rifvegliati da un letarso, fembran- rivivere, rimangono però torbidi, e infievoliti. Ma nel mezzo di tan- to torpore campano quando tre, quando quattro giorni, e quando più, laddove gli altri, a cui è ftato recifo il cuore, e-che dopo la recifione confervano tanta vivacità, finifcono affai più prefto di vivere ( E/p. 120. 121, 122. 123.). Non è da dirfi perchè cagione levato il cervello, fede delle feniazioni, nafca in loro tanta ftupidità. La più pron- ta morte poi di quegli altri, a cui è ftato recifo il ‘cuore : deriva apparentemente dalla mancanza del circolo , il qual circolo non fi toglie in quelli, almeno per qualche tempo , che fono fenza cervello ( E/p, 112, 113. LI7: 1I9:). x VI L Sig. Haller, fon già molti anni, tocco egli pure da ma- raviglia nel veder la frequenza, e la prontezza, onde il fanzue fi trasferifce al cuore tagliato, molto adoperò per rin- tracciarne la vera origine. Nell’affaticarvifi attorno fi abbat- tè in un fenomeno, che trovato fempre coltante, gli parve accon- | i 321 V| acconcio a dargli in mano quanto cercava. Confifteva il fe- nemeno nella tendenza, che hanno i globetti a fpignerf là, dove efiftono in copia maggiore. Così fe un’ aneurifma fia ricco di fangue; i globetti circonvicini ne vengono attratti, e fe indi fe ne allontanano; ciò. nafce in grazia dell’ effere attratti.da un maggior mucchio di globetti efiteati in altra parte del vafo. Se v° abbia in due fiti del fangu= raccolto, quefte. due quafichè maffe magnetiche fi appropriano i globet- ti pofti nel mezzo, determinandoli a moverfi con oppolte di- rezioni. Se fpilli il fangue da qualche rottura di vena, e fi fparsa ful mefenterio, è riafforbito fovente dalla medefima vena, finchè efla, e i fuoi rami ne tornin fatolli. Da quelti, e da fatti analoghi ei raccoglie, che il fan- gue accorre ai fiti, che più ne abbondano, e che in confe- guenza negli animali, in cui più non giuoca il batter del cuore, rimane attratte dai rami al troncoy e dal tronco alla ferita del cuore: e quindi è, che nelle vene fesuita la natu- ral direzione, e nelle'arterie retrocede , tendendo appuato quefti due movimenti diverfi a menare ‘il fangue ai tronchi, cioè dov'egli è più copiofo. Così penfava il Sis. Haller nella fua. prima Memoria intorno al Movimento del fangue, ma nella feconda, che ab- braccia il Giornale delle fue Sperienze , quafi non fi fidaffe più tanto dell'attrazione, non fa ufo di lei, che per denotare una data ferie di movimenti. ,, Del rimanente io mi fervo, ,9 dice egli, del vocabolo di Attrazione, fenza pretendere di sy penetrar la cagione di un tal movimento, e quella voce » per me null'altro fisnifica, che una claffe di movimenti, n ae Dapagne —@—@@@"—@—tr1@utu@0 , di cui mi è ignota la cagione meccanica, e che asgradi- s, rei di fapere” ( Pge. 341.). Finalmente nella fua grande Fifiologia s' ingegna di rin- venir quelta caufa, fenza fare più motto dell’ attrazione. A meglio intendere la mente dell’ Autore, e quanto farò io per dire in appreffo, giudico neceffario il recar quì per intiero , lo fquarcio halleriano. Etfi adeo vim ‘arterie contraftilem nimis ornatam sy fuiffe perfuadeor, ad occulte tamen contraftionis fpeciem, ,> vim non illubens referrem, quam dixi, derivationis, &£ que so & in vivente animale, & in nuper mortuo, fanguinis mo- ,, tum fola gubernet. Nempe de incifa arteria, & perinde s, quidem de feta vena, fanguis maxima velocitate effluit d ,» co modo, ut de vicinis truncis, ramifque, & fecundum » circuitus fanguinei leges, & contra cafdem, in vulnus ruat, ,y Ut etiam contra ponderis vim, & direîtionem naturalem sy in rimam fe precipitet. Ita etiam in ftasnante fanguine » nova nafcitur velocitas, & evulfo demum corde, aut re- ,» vinAis magnis aorte ramis, atque recifa adeo ab arteriis ,» cordis ‘potentia, tamen fanguis novam velocitatem acqui sy rit, que neque a corde elt, neque a pondere, neque ab ,» alla potentia nobis cognita, nifi occultam, atque fubtilif- 5 i lea LO Ne ,> fimam vaforum minimorum contraftionem admittas, que fanguinem contentum undique urgeat pari vi, & que mo- Di 9 ,, tum nullum generet, dum omnia vafa integra funt, tune s, autem fe exferat, & fanguinem in novum motum felti- ss tuat, & denique per yulnus exprimat , quando locus ali- quis natus et, a quo candem preflionem dempferis . Non 3) ideo 93 DÎ( 323 Ea Frasi so ideo velim me .videri contraria dicere priorum.; quando ;; contraftilem vim ab arteriis eorum animalium minoribus ‘3 abeffe feripfi. Phenomena eo loco narravi, negavi confpi- yo cuam in minimis arteriis contraftionem reperiri, & nunc 35 fineerus aliud phenomenon propono, quod ‘non videtur > abQque aliqua contratione /intellizi polle : ea vero contra- 3) io a vita non pendet, neque mufeulofie eft indolis, que ,> a morte fuperfit, & ad nativum potius elaterem tenfa fi- 3; bre cellulofe fbeftat; ea enimalio etiam in exemplo, fel 3, lente, & multis continuis diebus, arterias calidorum ani- », malium refetas exinanit, diametremque minuit, & lu- » men delet ” ( Phyf. T. IL pag. 215.). Nel tempo ch’ io efaminava: l’Ipotefi del Sig. Haller, non ommifi di fare qualche ferio rifleffo intorno alla propo- fta attrazione, ma quefta fembrommi affatto inopportuna per le feguenti ragioni. Primo perchè non folamente il fangue accorre ‘dai rami al tronco, cioè a dire dov'è più copiofo, ma eziandio dal tronco ai rami, che è quanto dire dov è più fcarfo (E/p. 46. 53. 55.). Secondamente quelta vicende- vole attrazion di globetti, che centinaja di volte ho veduta jo pure, è troppo lenta a fronte del movimento del fansue precipitantefi alle ferite. Per ultimo non rade volte egli ac- cade, che il fangue riftretto ne* vafi abbandoni quel fito, in cui è tutto raccolto, per portarfi in un altro, che ns era privo; e quelto lo fa eziandio, non oftante ‘che per andarvi debba falire ( E/p. 84. 35. 86..87.). Venendo all’ Ipotefi halleriana, intanto adunque fi ha quel. difcorrimento di fangue ‘alle ferite, in quanto allora X 2 fuc- i 324 Jia cr fuctede nelle membrane de vali un occulto fottiliffimo riltri- gnimento univerfale, che premendo per ogni parte, e con forze uguali quel fluido, lo neceflita ad acquiitar nuovo mo- to) e a trasferirfi all'apertura de’ vafi, o del cuore. i Sembrandomi queta [potefi non folo ingegnofa, ma an- che verofimile, non ho ommeffo di tentar molte, e varie fperienze, per chiarirmi, fe potevafi con qualche \ragionevo- lezza inferire la prefenza della fuppolta reftrizion vafculare . Cominciai dal cercare, fe a quel modo, che crede l'Haller, che fi reltringano i vafi allo fcemarfi in loro del fangue, fi abbiano prove di fatto, che fi dilatino allora quando più del dovere ne abbondano. Quelta dilatazione, in evento che fi foffe avverata, fembrava favorevole all’ Haller, non potendo averfi dilatazione, fenza fupporre un previo riftrisnimento . Le fperienze non andarono di concerto . Parecchie moltraro- no all'occhio, che i vafi crefciuti eran di diametro ( E/p. 66. 70. 124. 125. 129. 133. 134.), ma parecchie altre non gli moltrarono verun fenfibile accrefcimento ( E/p. 126. 127. 128. 129. 131. 132. 133.). Per raccogliere foprabbondantemente il fansue ne’ vafi, arreitava in eilì il fuo corfo, mediante una ftrozzatura, od un vincolo. Non abbaltanza illuminato adunque da quelti fatti, paf- fai ad altri, per vedere fe poteva eflerlo di più, col far ri- cerche intorno al menzionato ritrignimento. Veduto già ave- va, che liberati i vafi dalla ftrozzatura o dal vincolo, e ri- donata ad effi quella moderata copia di vivo fangue, che vi fuol correre naturalmente, quelli che dal foverchio fangue fi erano gonfii, ritornavano a quella mifura di riftrignimento, che i 725 mu che è lor naturale; ma io voleva fapere di più, fe tale ri- ftrignimento fi faceva alcun poco maggiore , fminuendofi ul- teriormente il fangue, o fcolando affatto da’ vafi, per averli forati o per avere diftrutto il cuore, che era quello appun- to, che poteva fare più giuoco al Sig. Haller. L’efito fu, che due di que vafi, che patifcono fiftole, e diaftole, cioè | aorta, e la vena cava, fi trovarono dopo l'affenza del fan sue alcuna cofa impiccoliti nel diametro (E/p. 135. 136. 137. 138.), manegli altri l’impiccolimento non fi palesò nè pun- to nè poco. E di queto ne ebbi riprove indubitate per ave- re meccanicamente mifurato il diametro de’ vafi prima, e do- po lo fcolamento del fangue (E/p. 138. 139. 140. 141.) L’ iftefla immutabilità nel diametro confervoffi per quan- to poteva giudicar l'occhio, in que’ vafi, che per la troppa fottigliezza ricufavano di effere mifurati (E/p. 98. 142. 143.) Nè folamente fi mantenne l’immutabilità nel diametro efter- no, offia totale de vafi, ma anche nell’ interno, o vosliam dire nella loro cavità ( E/p. 144. 145.). Quelti fatti non favorivano, è vero, l’Ipotefi halleriana, ma non la moftravano neppur falfa (giacchè cotale riftrigni- mento, a lui detta, è tanto fottile, che sfusse la vita), e folamente la lafciavano nella condizione di quell’ altre Ipo- tefi, che fi fingono dagli Autori per comodamente fpiegare qualche Fenomeno della Natura, Un altro fatto, che fulle prime avrei creduto decifivo contro il Sig. Haller, efaminato in fesuito più maturamen- te, lo trovai pure indifferente. Quefta fuppolta contrazione di vafi producitrice del fluffo del fangue alle ferite, non di- X 3 pen- i( sad ka pende; a lui avvifo, nè dalla vita, nè dall’azion muftulare, ma piuttolto dall’ elafticità della fibra ‘cellulare mefla in ten- fione., 3, Ea veto.contraîtio a vita mon pendet, neque mu- » fculoie elt indolis, que .a morte fuperfit, & ad nativum »> potius elaterem tenfa fibra cellulofe fpeftat (Ibid.). Que’ vafi adungque, che non fono punto elaftici, non fi contretran- no meppure; e quindi non faranno atti a produrre quel fluf- fo di fangue. Quefto però a me fembrava, che foffe contra- rio a quanto infegna l’ efperienza nelle rane recentemente nate, e nel pulcino ne’ primi giorni. dell’ incubazione , ne’ quali, recifo il cuore, 0 qualche vafo, fuccedono gli fteffi fe- nomeni; quantunque allora fieno i vafi dell'ultima delicatez- za (E/p. 66.67: 9$è 96. (97.198. 99. 102.). Ma corse la vilta, nè il tatto. © Confeffa il Sig. de la Mure che fe fi dimoftraffe, che una porzione di arteria feparata dal tronco feguita a pulfare, ei converrebbe di buon grado, che la caufa della. pulfazione è aderente al teffluto dell’ arteria, e che punto non dipende dalla locomozione del cuore. Spiega in fine perchè cagione le vene non pulfano, e lo. fpiega ne’ fuoi principii d’ una maniera fempliciflima col ri- correre alla teflitura afiai lafia delle medefime, e per confe- guente difadatta a ricevere i movimenti, chetende ad impri- mere ad effe lo fpoltamento delle arterie. Dopo che il Lettore ha fentito gli argomenti, che fa- voreggiano la fentenza del Sis. de la Mure; non gli fpiace- rà, cred' io, di fentirne dei contrari, e primamente quelli, che il Sig. Bonnet di Ginevra fcrive allo ftefio de la Mure, e che comunica a me nel feguente fquarcio di Lettera ( Ir data dei 20. Aprile 1771.). »» Ho letto, o Signore, la voftra dotta Opera con quell’ ,» attenzione, che merita, A. me non appartiene il dar giu- » di % 3) 2) bb) 23 »” 3) be) 3) 2) 3) 3) ”» »” b}) ” »j - $) 3” 2) 99 S 3) 3) be) bei ” ot 332 i ri dizio fu quelta importante Controverfia. Le prove che voi date, fono prodotte con una chiarezza, una precifione, e un metodo, che caratterizzano quello fpirito dî offervazio- ne, che dovrebbe fempre dominare ne’ libri de’ Medici. I Maeftri dell’ Arte apprezzeranno le voltre Prove, e î voftri Rifultati, e li combatteranno probabilmente con pro- ve del medefimo genere, da cui trarranno Rifultati diverfi. Vi fapranno grado mai fempre per avere eccitata la loro curiofità in una materia, che interefla particolarmente la Fifiologia, e la Patologia. Vi faranno altresì tenuti della buona ftrada,, che avete loro aperta per giugnere allo fco- primento del vera. », Un mio grande Amico, e voftro Collega nell’ Univer- fità di Montpellier, il Sis. Dottore Buttini vi ha già co- municati alcuni rilievi, che fembrati mi fono fondati. L’ il- luftre mio Amico il Sig. Haller mi ha fcritto in- termini formali, che aveva veduto le arterie fienderfi in lunghezza, e dilatarfi in larghezza. Quefto non fi oferva già fempre, foggiugneva egli, l'/o però veduto affai volte. »;) Io pure ho offervato alcune cofe che non fembrano accordarfi con la voftra ingesnofa Teoria. Pubblicai nel 1744. un’ Opera fu gl’ Infetti col titolo di Trattato d In- fettolosia. Apportava nella feconda Parte 1’ efperienze da me tentate d’ intorno a diverfi Infetti del genere de’ ver- mi apodi, o fenza piedi, che multiplicato aveva per tallo. Il microfcopio mi aveva fatto vedere nel loro interno un apparecchio grande di organi. Gli ho defcritti con efattez- za, Il cuore, © la principale arteria vi era fommamente vifi- OI TO I 333 e n vifibile. Vi feguiva con l’ occhio tutti i movimenti della circolazione » Vedeva una goccia di liquore partire dalla parte polteriore, fcorrere tutti i rigiri del vafo, e andare in fine a perderfi nel eervello. Offervava diftintamente i moti di fitole, e diaftole fesuiti da ciafcuna porzione dell’ arteria comprefa tra due anelli. Detto farebbefi non effere il vafo intiero,y che una catena di cuoricini meffi punta a punta, che fi trafmettevano il fansue a vicenda. Ma il più rimarcabile fi era, che recifo avendo queflti vermi in venticinque, o ventifei pezzi, la circolazione non fembra- va rifentirfene punto. La filtole, e la diaftole fi efeguiva con la fteffa regolarità, che fi offervava nel verme intiero, Eppure queîti pezzuoli eran sì piccoli, che fembravano ato- mi. In capo a qualche tempo quefti atomi fi rigenerava- no, ricuperando quello, ‘che loro mancava per. divenire animali completi: fi allunsavano a poco a poco; ed ac- quiftavano in poche fettimane una lunshezza di venticinque in trenta linee. » Rifulta adunque, per quanto mi fembra, da quelte fperienze ripetute molte, e molte volte, che l'arteria ha un moto proprio di contrazione, e dilatazione inerente al- le fue tuniche, e del tutto indipendente dal mobile prin- cipale. E qual prova effettivamente più dimoltrativa fi è quella di vedere porzioni di arteria battere coa quella re- golarità, e coltanza, che fi manifelta nel tutto, di cui effe fono porzioni? ,, Quanto ha fcoperto il Bonnet ne’ vermi d’ acqua dolce, altrettanto ho io trovato nell’ arteria: de’ lombrichi terreftri, che DE 334 a tree _ai che in effi pure fa le veci di cuore, Le di lei reftrizioni, e dilatazioni fi poffbno contare, e il fangue, come ne' vermi accennati, è cacciato dalla coda alla telta. Così m’ efprimo nel mio Prodromo: fu le Riproduzioni Animali pag. 19. e 20. ,) Il circolo della grande arteria tiene egli adunque la 3) b») 3» ”» direzione di prima nella, porzione allora tagliata, correndo cioè dalla coda alla telta? Si è fcoperto che sì, o la por- zione tagliata fia una telta, o una parte intermedia, ov- vero una coda, i >, Ma abbreviandofi con nuovi tagli la parte da prima tagliata, cotale abbreviamento influifce egli nell’ alterare la direzione del corfo? Nulla affatto, anzi con mia mara- vislia ho veduto, che non folo in una teîta, ma in una coda, e in una parte intermedia niente più lunga d’ una linea, il fangue conferva regolarmente la direzione di prima ;;e Ma fe quelti fatti dichiarano l’improbabilità dell’ opinio- ne del Sig. de la Mure, i fesuenti ne moftrano decifivamen- te la falfità. Primamente adunque fe il pulfar delle arterie fole un follevamento delle medefime, le arterie nell’atto che pulfano non dovrebbero lateralmente crefcer di diametro. La cofa è dell'ultima evidenza. Imperocchè quantunque in que- fta Ipotefi poffa crederfi che creftano nella parte fuperiore, in quanto fi follevano, ai lati però tale accrefcimento. non deve punto comparire. Ma i fatti moftrano appunto l’oppo- fito. L’aorta defcendente nelle falamandre allorchè pulla fi allarga fino a coprire più punti nericanti del. piano, al quale hi firettamente è attaccata (£/p. 154.). Oculare è pur la dila- fd=- 9 N o 335 = oc E tazione laterale nell’ aorta delle lucertole, e de ramarri ( E/p. | y160.); ma fopra tutto è rimarcabilifima nel bulbo dell’ aor- tò delle rane acquatiche è di quelle degli alberi ( E/p. 157.), e nelle arterie polmonari de’ ramarri, e delle lucertole; ne’ quali due ferpentelli il diametro dell’arteria crefce della me- tà ai due lati, ed anche la“paffa (E/P. 153. 160.). Secondamente fe con puntualiffima attenzione fiffiam lo feuardo fu la porzione delle arterie, che rilalta dalle mem- brane, a cui fono aderenti, troviamo, che oltre alle parti laterali fi dilatano anche fenfibilmente le oblique, e le fupe- riori, e che il dilatamento-in ciatcheduna di quefte parti è usuale (E/p. 161.). Intumidifcé' adunque il vafo in tutti que’ punti, che cadon fott'occhio, ed intumidifce egualmen- te, e in confesuenza il fuo pulfare non è un femplice muo- erfi dal baffo all'alto. In terzo luogo l’aorta contigua al cuore nelle falaman- dre depofita talmente a fvantaggio del Sig. de la Mure, che l’ifpezione di lei fola bafterebbe a diftrusser fin fondo la fua opinione. Imperocchè effendo un tal vaio d'ogni intorno ifo- lato, e perciò avendofi l’agio di efbiarlo in tutti i punti del- la circonferenza, fi vede, che ad ogni fiftole del cuore in tutti i punti fi gonfia, a guifa che fi sonfierebbe va budel- fo, a cui fi deffe fiato. E di tale citcolar sonfiamento fe ne hanno prove le più accertate, le più decifive (E/. 146.). Di più fe quefto infisne vafo ‘fi tagli per lo traverlo, indi attentamente fi elamini il troncone comunicante col cuo- re, fi vede che ad ogni pulfazione del trontone la di lui bocca, ‘che è circolare, diventa ‘più larsa (£E/p. 152:). L° ale a î:( 236 ka ira allargamento adunque dell’aorta pulfante fuccede esualmente al di dentro, che al di fuora, e perciò rimane fempre più dimottato, che la pulfazione delle ‘arterie non trae origine da un follevamento, ma fibbene da un vero, e reale dilata- mento “del loro canale, Che poi quefto dilatamento prodotto fia dall’impeto del fangue nella fiftole del cuore, fi prova medefimamente in un modo, che non può ammetter replica. Entra egli il fangue a lenti pali nell’arteria, occupandone a poco a poco l’ in- erna cavità? A peco a poco in lei nafce la pulfazione, bat- tendo precifamente quella porzione di lei, che di mano in mano fente l’influfo del fangue ( E/p. 167..170.)° Retroce- die egli per l'arteria, ovvero lafcia di correre? Sparifce ogni fegno di pulfazione, non oftante che feguiti quella del cuo- re (E/p. 168. 171.). Un vincolo fatto all’arteria interrom- pe egli la corrente fanguigna? Nella porzione fuperiore al vincolo, ove dura l’impulfo del faague, non fi toglie la pul- fazione, ma rimane tolta nella porzione inferiore, ove il fan- gue fi è perduto, o fi è fatto ftagnante ( E/p. 155. 160. 170.). Si libera ella dall’impaccio del vincolo? Di prefente er tutta la fua lunghezza fi rifveglia lo fcorrer del fangue, e il batter del vafo ( E/p. 169. 170.). Finalmente il fangue innaffiante l'arteria è egli fcarfifimo ? La pulfazione allora è pure alfai debile (E/p. 147. 167. 171.). Diviene egli co-. - piofiffimo? La pulfazione divien gagliardiffima (E/p. 147.). Ma chi non ravvifa a quefte note l’agir del fangue nella fi- ftole del cuore qual vero autore del pulfar delle arterie? Quantungue il filtema arteriofo al reftar efangue, refti fen- I 337 fenza filtole, e diditole; fi deve però eccettuare il bulbo dell» aorta delle rane acquajuole, e degli alberi, e quella fpezie di ‘gomito nell’aorta della\falamandre (E/p: 147. 148. 157.) Solamente queto doppio moto è allora graudemente fminui to ( I&id.). Ma un tal'‘moto non viené ad eltinsuerfì, fepa- rata che fia ladrta dal cuore; anzi ftaccata dal corpo di quefti animali (E/p. 148. 151.). Dunque è giuoco forza in- ferire, ch'ei-non dipenda punto dal cuore , ma che fia ine rente all’aorta imedefima. Ed ecco un nuovo convincentiffia mo. argomento contra il Sis. de la Mure, il quale, allorchè confefsò , che fe un’arteria feparata dal trotico' feguitaffe a battere 4 la cagione del Battere non dipenderebbe dallo fpo- ftamento del cuore, ‘non farebbefi per avventura afpettato ; che quel arteria fi fofle trovata giammai. Sebbene la fteffa aorta, quand’ anche ‘è aderente al cuore, moftra a chiare note l’ indipendenza del fuo battere dal bat- ter del cuore. Primo, perchè talora nel tempo che fi ha la fiftole del cuore, fi ha pur la fiftole dell'aorta; e dovrebbe averfì la diaitole ne’ principii del Sig. de la Mare (E/p. 149. 150.). Secondo, perchè talvolta ne’ momenti, in cui queta il cuore, fi muove l’aorta, e vice verfa (E/b. 149.). Ter zo, perchè eftinto che fia interamente il pulfar del cuore, profegue alcuna fiata il pulfar- deli’ aorta-(E/p. 149. 150.)). La fiftole,, e la diaftole di quefto vafo non ha dunque leva mento alcuno con quella del cuore, Mi fi potrebbe forfe obbjettare, chie ‘quantunque refti provato, che il battimento delle arterie non proviene da quel lo del cuore, pure nè anco fi potrà dire, che fia cagionato, e Lo al- E 335 )Ma (riore re] _ almen fempre, dall'azione del fangue, ftante che nell’aorta delle rane, e delle falamandre fi ha filtole, e dialtole , \ezian- dio quando ne è ufcito-già il fangue (E/p. 147. 148. 157.) L’obbjezione è analoga a quelta. Svelto il cuore dal petto , e purgato dal fangue; non lafcia di vibrare. Dunque la ca- gione di fue vibrazioni non confite nella forza irritante del fangue, che entra ne’ fuoi ventricoli, Il Sig. Haller, contro al quale vien fatta queita obbjezione, fe ne libera di legge- ri, riflettendo, che oltre al fangue , che determina il cuore al moto, come prova egli con moltiffimi efperimenti ,, qua- iunque altro corpo, che abbia ragione di ftimolo, può fare il medefimo. L'aria fingolarmente è potentiflima in quelto affere Così fe una bolla di lei, offervante quelto Fifiologo, venga imprigionata nel cuore ftrappato da una rana, quel cavo mufcoletto non interrompe le pulfazioni per molte, e molte ore, Se fi foffi dentro al cuore già quieto , torna al primiero fuo ritmo. Se adunque offerviamo, fingolarmente negli animali, freddi , ofcillare il cuore privo di fangue, per- chè non poffiamo ricorrere all’ aria , 0 piuttolto perchè nol dobbiamo, mentre fperienze replicate ci accertano , che il quore nel Voto boileano cella di battere, e lafciato alle im- preffioni dell’aria continua a battere per lungo tempo? Così prefo a poco rifponde 1° Haller, ed altrettanto rifpondo io pure. Si è già veduto, che accrelziuta, fiminuita,, © tolta li azione del fansue nelle arterie, fi accrefcono in effe, fi fmi- muifcono, 0 fi tolgono le pulfazioni, Seguitano folo , quan- tunque d’affai indebolite, nella porzione di aorta da noi men- zionata, Non è punto da ftupirfene. Cotal porzione a guifa del i dif Je del cuore è mufculofa ( Efo. 165.): dunque irritabite : quel moto adunque che in lei producevafi prima dal fangue irri- tante, continuerà, quantunque rimefflamente, a produrfi dall’ azione dell’ aria. A Dalla qual azione apparentemente deriva il pulfar della vena cava nelle falamandre, e ‘nelle rane degli alberi, fepa- rata Che fia dall’auricola, ed evacuata del fangue ( E/p. 166.) I’ aorta nelle falamandre, e nelle rane acquajuole, e degli alberi in pulfando fi accolta al cuore, attrattavi dalla contrazione di queto mufcolo‘(E/p. 133.). Quindi viene in è già ftato offervato nelle lei tolto quell’allungamento, che arterie quando pulfano, e ch'io pure ho trovato fenfibililt mo nell’ aorta defcendente ‘delle falamandre, e nelle arterie polmonari delle lucertole (E/p. 154. 155. 158.). Tale al lungamento penfo io che abbia dato origine all’eguivoco dell’ illutre Francefe circa il pulfar delle arterie. Almeno poteva far qualche giuoco alla fua opinione. Imperocchè nell'atto ch’effe fi allungano , fi può dir veramente, che cangian di fede, almeno in que’ fiti, ove fanno curvature, giacchè efle curvature fi aggrandifcono ‘allora maffimamente (E/p. 154 158.). Anzi è delle volte, che il crefcere, e lo fminuirfi delle curvature è tale, che l’arteria imita bellamente un vere me, che fi divincola (E/p.-158.). Ma in mezzo a quelli cansiamenti di fede, in mezzo a quefti divincolamenti, fe efamineremo il vafo con quell’attenzione, che merita, e lo efamineremo fenza efiere ‘preoccupati a favore di alcuna Ipo- tefi, troveremo fubito, che que® mutamenti di luogo non van- no mai difsiunti da un verace allargamento del valo. Allo‘ Na ra (340) ra adunquesche. pulfa fi riic vatrano in lui due moti», l'uno per cui fi allunsae cangia fito, l'altro per cui. inturgidifce per ogni verfo, el’ inturgefcenza non è meno fenfibile dell’ allungamento (.E/p. 154. 155.158.) +. Il prelodato Scrittore a. provare, la verità dia fua Gu tenza, e la falfità della comune, reca in mezzo la pulfazio- ne da lui ‘veduta in:un pezzo. dis'arteria comprefa tra due vincoli. Offervo primamente,,.che il fatto non è univerfale . ® Certamente non fi è avverato in, un’arteria del. pulcino nell’ uovo, nell’aorta defeendente delle falamandre, in quella de’ ramarri; mè tampoco. nelle «arterie polmonari delle lucertole, e de’ ramarri ( E/p. 155. 156. 162. 169. .170.). Anzi un fol vinicoloè fiato baitante a dillruggere al di fotto di lui ogni fegno di pulfazione (E/p. 155% 159.). L'«lt topa Offervo in fecondo luogo,che in quell’ unica arteria, in cui ho veduta‘la pulfazione tra i.due vincoli (e. quelta è 1° aorta contisua &l.cuore nelle falamandre) (E/p. 163:), efla pulfazione , anzi che favorire; dimoftra l’ infuffitenza dell’. opinione del Sig. dela Mure ,.. non folo per ‘elfer. lei vera diaftole, oflia vero dilatamento .di. arteria ( E/p. 163.); ma perchè quand’ anche fi fuppone/fTe per un momento ; che nol foffe, credendola. piuttolto ‘un cangiamento di fede dell’arte- ria derivato dal. cangiamento. di fede del cuore ,; la diaftole effar dovrebbe fubito che l’ arteria folle itaccata dal.cuore, A è quello appunto; che | eiperienza moltra. falfifimo sof Efp. 163.)% Anzi la diaftole; e la fittole non*fi perde, re- cifa che fia l’aorta al di là dei.vincoli, ed allontanata dall’ animale (E/p. 164.)» V'ha folo queito divario, che quando la i 341 a [e ea la porzione compreia tra’ vincoli è ipogliata di fangue; non fi contrae, nè fi dilata che nel gomito, e quando ne è pie- na, fi contrae, e fi dilata dall’un vincolo all’altro ( E/p. 164.). La ragione del qual divario comodiffimamente s° in- tende, e fi fpiega nella comune fentenza. Imperocchè quel reftrignerfi dell'arteria nel gomito, vota effendo di fangue, deriva probabilmente dall'aria, come veduto abbiamo di {o- pra, la qual non agifce, almeno eificacemente, che nel go- mito, per eflere più irritabile, perchè più carnofo. Il reftri- gnerfi poi dell'arteria per tutta la fua lunghezza, quando è fatolla di fangue, è un effetto dell’ ifteffo fangue ,. che etfica- ‘ cemente irrita tutti i punti interni. di lei. Qual prova in fatti più autentica, che l’eftinguerfi della contrazione all'uicir che fa il fangue dall’ aorta ? (.E/p. 164.) Dal fin quì detto par che fi. poffa ragionevolmente in» ferire, che fe le arterie faranno lodevolmente irritabili, che è quanto dire a proporzione carnofe , allora i vincoli non impediranno: la continuazione di qualche filtole, e diaitole in cile. Ma fe l’ irritabilità non ci avrà parte, oppure vi fi troverà in grado deboliffimo, allora la fiitole, e la diaftole fi torranno interamente. Quindi naice, cred'io, che a rifer- va dell’aorta contigua al cuore nelle falamandre, le arterie pulfanti negli animali da me efplorati perdono ogni moto al di fotto del vincolo, non già per eflere affolutamente prive d’irritabilità, che anzi quel loro riltrignerfi fino a ferrare la bocca del taglio (E/p. 167. 170.) par moftri chiaro; che dofate ne fono alcun poco; ma perchè queito poco non fi determina ad agire dal femplice contatto dell’aria, o del fan» gue DI 8 34: )EA e] = P gue ftagnante, ma richiede uno ftimolo più forte, quale fi è quello del fangue ftropicciante i sio canali , in occafione ché corre dentro di efli. - Due Corollarii a trar mi rimangono dai fatti fpettanti il pulfar delle arterie. Rifguarda l'uno l'irregolarità della mifura nella dilatazione delle medefime . Primamente cotal mifura è diverfa nelle diverfe arterie dello ello ‘animale . Così la dilatazione nelle arterie polmonari de’ ramarri, e delle lucertole crefce fopra la dilatazioné della loro aorta (E/p. 160.). Equivalente diverfità fi fcopre nelle falaman- dre, comparando il dilatarfi dell’ aorta contigua al cuore’ col dilatarfi della defcendente . Varia in fecondo luogo ‘l’ accen- nata mifura nelle medefime arterie di diverfi animali. Così l’aorta immediata al cuore nelle lucerte, e ne' ramarri è ben lontana a ‘manifeftare quel notabile dilatamento, che manife- fta l’ aorta nelle rane, ve nelle falamandre (*). Y L’ altro Corollario concerne il niun valore del calcolo del Sisnor de Ja Mure, per fuppor quefto calcolo, che fe la dilatazione delle arterie nafceffe dall’impulfo laterale del fan- sue, effo impulfo qualora foffe maffimo non le dilaterebbe che di una ottantefima parte del loro diametro, la qual fup- pofizione è falfiffima. Conciofliachè fi è veduto, eflere la di- latazione delle arterie confiderabilmente maggiore, atrivarido in- w@@m re (*j' Sonomi fcordato di efprimere nell’ efperienze le due ul- time differenze di dilatamento nelle diverfe arterie dello fteflo animale, e nelle fteffe arterie di animali diverti, Ma pollo af- ficurare il Lettore di averie replicatamente vedute, Li PA 343 Hrsniueii infino 1 impulfo laterale del fangue a dilatare di una metà il diametro di alcune, e il diametro di alcun’ altre anche di più (E/p. 146. 154. 157. 158. 160.). ELE a ERRORI. CORREZIONI. Pas. 25. lin. 16. fupyue, fupyua CUpuKa, EUpyxe 59 9. nè rami ne’ rami 54. 14. quella quelle 56. 9. dalle delle 75. 6. rapita- rapida- SI. 0 quelli quefto 130: 15. afteriere dita.” > (arterie -refta 253. 16. E afcefo E’ afcelo 261. penult. fegato, fegato. ki pi DIC ì td st i URLA LL! eiitroap dn rene VE È De tI da VIS 7 mt (a bal è “ut