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DELLE CHIOME
DELLE
VESTALI ROMANE
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IN PAVIA . MDCCLXXXVIIL
Per Giuseppe Bolzani Impressore della Regia Città,
« Regio-Imperiale Università .
Con permissione .
ALL' ORNATISSIMO
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GASATI
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GIUSEPPE GIANNI DOMENICANO,
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oì m avete dedicate le memorie ifloriche d' un dotto ed illuflre Antiquario il P. M.
Al
Allegran^a , il quale molto onorò e la Jioflra Patria , e r Ordine Domenicano ^ ed io inferivo al voflro caro e pre- gievole nome la prefente ope- retta _, la quale parimenti di co fé antiche ragiona . Nel re- gno beato della fin cera ami- ci^ia non hanno luogo i rigi- di e pefanti nomi di dovere di refiitu^ione ; è però fuor di dubbio y che ^ ove l' adito f a- pra^fia pur bella e dolce co-
fa atteflare ad un amico la propria fenfibilità . Queflo è il motivo principale ^ per cui piace mi diriggervi il pre» fcnte libretto . NelT atto che ve lo dedico non temete eli io voglia far parole , come dai volgari dedicatori Jì co^ fluma^ delle avite domefliche lodi ^ e de voflri meriti pej fo- nali . £' noto abbaflan^a il voflro nome , e tutti fanno plaufo al vafio talento , e al- la
la molteplice erudizione d' un giovine Cavaliere / egualmen- te lodato Jeguace di Aflrea^ che favorito cortigiano di Apollo . Oltreché al fuono delle voflre lodi fi corruccie- rebbero di troppo e la nojlra antica familiarità ^ e il vofiro ingenuo e modeflo carattere . U amicizia vi dedica quefia qualunque /ia/i mia fatica , e t amicizia abborre da quefle vane confuetudini . Non fo
qual
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qual e/ito avrà ella appreffb il pubblico . Riguardo a voi però fon certo y che il buon cuore del donatore farà coni" penfo alla tenuità dell' offeri- ta, e la voflra /ingoiar gen- tile^^a tirerà un velo cortefe fu i difetti della mede/ima. Quefia operetta nata fra /' o\io interrotto delle ferie au- tunnali y come non può mef china meritare^ così non vuo- le cercar fuperba V applaufo
della
della gerite y contenta d^ ejfere pubblica prova e teflunonlo dell alta flima , e del par:^ia' le attaccamento , che il grato autore conferva all' amico Mecenate .
DELLE
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JJ>JEXZ.JE CjEaOMiM
DELLE
VESTALI ROMANE
JX^o scopo principale di quefto libretto fi è di mediare che le Romane Vertali non portavano come altri pretendono, rafo o tofato il capo alh toggia delie odierne noflre Monacelle . Per mae g.or lume della quefi.one nel primo capo diFò alcuna cofa intorno alla ftoria di quelle celebri 5)3cerdotefre . Il fecondo conterrà gli argomenti che favoreggiano la m.ia opinione. Nel ter- bio mi ftudierò di fcioglier quelli che fembrano opporvifi. ^
B CA-
CAPO I.
E.
rano le Vertali minidre della Dea Verta , fotto il velo delia quale adoravafì il fuoco , altamente venerata in diverfe e molte parti della terra . Il primo e principale fuo culto però 1' ebbe appreflb ì Troiani . Virgil. Eneid. 2.
Sic alt , & manibus vìttas , Vefiamque potcntem Aecernumque adytis ejfcrc penetralibus ignem . Di là trafportato dall' efule Enea ottenne in Alba ricovero , e finalmente dagli Albani passò a' figlj di Romolo . Quefte diverfe ftazioni della Dea Verta fono pur anco notate da S. Agofti- no Lib. 3. de Civ. Dei . " Sacra Illa fatalia. 5, ( Ve/lae ) , quae jam trcs , in quibus fueranc , „ prejferunc civicates " .
Fu derta in gran conto da Romani tenu- ta , perchè dalla confervazione e perpetuità del fuoco , che ardca nel Tuo Tempio , e d' altre facre ignote cofe era ferma opinione la falute dipendelfe e la fortuna di Roma . Numa , che feppe far fervir così bene la religione alla fua politica , irtitui per minirtra-e alla Dea quattro Vergini , dette Vertali perciò . Tulio , o , com' altri pretendono , Tarquinio il vecchio al nu- mero di quattro , due ne aggiunfe , e fei ri- rnafero fempre e non più fino alla loro ertin- zione . L' autorità di S. Ambrogio , che fembra ammetterne fette . „ Vix fepcem Vejlales capìuntur
fuellae^^i non ha alcun fondamento , e molto meno l'opinione di quelli che le fanno afcen- dere fino al numero di venti .
Erano le Vertali ai tempi de' Re elette da loro, mdi dal Pontefice Maifimo , il quale fra il numero delle concorrenti avea T arbitrio di fceglierne venti ; la forte poi decideva di quell' una , che doveafi ammettere al Collegio , così fìabilendo la legge Fapia .
La candidata non dovea aver difetto né di nafcita , né di corpo . A noftri tempi non iì fa molto fcrupolo su tali condizioni ad onta delle favie leggi contrarie. Quante nel genere, o nelle membra fgraziate feppellifce nell' orrore de' facri ritiri la violenza o la difperazione ! Vittime in- volontarie , vittime Iciagurate che gettano V ama- rezza e r inquietudine nel cuore ancora di quelle pochiflìme, che una felice fiupidità , o un fin- golar dono del cielo tiene nel chioftro contente e tranquille .
Entravano le figlie in quel facro Collegio ' che niuna forta avea di claufura , palTati appena' I fei anni . Ne' primi dieci apprendevano i loro officj, per altrettanti li efercitavano, e per egua- le fpazio n infegnavano alle Novizie . Per querti trent' anni dovean ferbarfi Vergini , trafcorfi i quali , fé ne avean voglia , potcano prender manto , e ù:Ci SacerdoteiTe di Venere e di Amo- re. Veramente a tale Ilagione etano fiori un po' languidi ed appaflTiti ; non però poffo menar
^ 2 buona
buona la pittura , che fa di quefle il Poeta Pru- denzio , come quella che panni e troppo irrifo- ria , e troppo caricata . Finalmente a trentafette ^nni una donna non è poi la Sibilla di Cuma , o la Gabrina dell' Ariofto . Quello Poeta Spa- gnuolo dopo averle defcritte fieramenre dal piz- zicore matrimoniale punte ed agitate , così dice nel Libro fecondo contro Simmaco ,
Tandem Virgineam fajìidit Ve/la fcneciam , Dum thalamis habilis tumuit vigor irrita, nullus Foecunda.vu amor materno vifcera parca . Nubit anus veterana facro perfuncia labore , Defertisque focis ^ quibus ejl famulata Juventus ^ Transfert emerìtas ad falera jugalia rugas ; Difdt & in gelido nova napta tepefcere leclo . Ma forfè quello autore come avea poca diligenza nel comporre i fuoi ver/ì , così avrà avuto poco fcrupolo nel beffar le perfone .
Guai però alle mefchine fé violavano il fan- to voto di Verginità ! Lo (lupratore era condan- nato a morire fotto la sferza del Carnèf ce , e la fluprata per legge di Tarquinio Prisco /i fep- pelliva viva con molte lugubri cerimonie in un cfcuro fotterraneo , ad elTere confunta dalla fame e dalla difperazione . Graviflìma e crudeliffima pena per verità. " Nondimeno, dice l'Abate Co. Roberti nell' aurea eruJitifllma opera della probità naturale, Libro fecondo,,, i Pontefici do- „ vettero con dolore fegnare non rare loro ca- „ dute 5 e Minuzio Felice fi fcandolezza della
„ Dea
„ Dea , che sì poco invigilaffe fulla condotta „ delle fue Preteffe „. Diecifette infatti ne re- cita macchiate di quella colpa T Enciclopediiìa , il quale inoltre ci dipinge quelle signorine così molli e galanti che le direlTimo tante pctitcs- maitrefes , e tante coquettes , e quella veneranda congregazione poco meno ci fembra del celebre Collegio delle Marionette .
Che fé poi quelle SacerdotefTe per loro non curanza lafciavano che il facro fuoco fi fpegnel- fe , venivano allora , come narrano Plutarco e Fello , fpogliate e flaffiJfSte dal Pontefice , in loco obfcuro però , affin di non porre a pericolo la pontificale continenza , & velo medio interposto , V Enciclopedida un po' maliziofamente e lenza fondamento le fa flare belle e nude in luogo chiaro innanzi agli avidi fguardi del fommo Sa- cerdote , conchiudendo così : " Les Pontifes a „ la veritè prenoient toutes les precautions pour „ les foufiraire dans cet etat à tous autres regards^ „ que aux leurs " ,
Se grandi erano le pene , grandi erano an- cora i premj , e le prerogative ond' erano quelle Zitelle favorite e decorate . I Maellrari Romani moltifiimi favori e Angolari diflinzioni inverfo effe profufero . Godeano i privilegi delle madri aventi tre figliuoli , fi feppellivano in città , ono- re del quale pochiffimi partecipavano , e libera- vano da morte il reo , nel quale a cafo per via s"" incontravano . Elleno dcpofitarie dei tefiamen-
ti ,
ti , elleno mediatrici delle liti , elleno precedute dai Littori , accompagnate da donzelle , feguite da fchiavi . Elleno portate in lectica , o fopra ì molli e maeftolì Pilenti . Elleno al teatro , e al circo fra gì' inchini , e gli onori della plebe , e de' grandi pi,'/iori in parte ftdentes ,, Prud. Ot- taviano , il Monarca che più d' ogn' altro favorì la religione e i facerdoti , fu loro liberale di grandi onori e ricchezze . Alcuni flrepitofi pro- digj , come credeafì , fatti dalle Vertali , che Dionigi d' AlivarnalTo ci narra con una fede, e con una divozion fjngol're , giovarono aliai a far che il credulo volgo fuperfiiziofo verfafle su quelle tanta flima e tanta opulenza .
Il veflir di quelle donzelle niente avea di ridicolo , e di triflo , era anzi molto maeftofo e galante . Le copriva di (otto un bel rocchetto tutto di finilìlma e bianchiOìma tela ; a quello era foprappoflo un ricco e largo manto tutto can- dido anch' elfo , ma all' intorno di porpora ele- gantemente fregiato . Una flatua che ci offre Giufto Lipsio ci avvifa , che loro pendea dal collo un preziofo monile- di perle . La loro teda era ornata di bende , infegna facerdotale , fra le quali però a maggior ornamento è galanteria in- trecciavano varie fettuccie e nallretti , come ne le punge il Crilbano Poeta fopracitato . Quando facrificavano aveano in tefla una fpezie di cuffia o turbante bianco appellato juffihulo dalla fibula , offia fermaglio , per mezzo del quale fé lo aifi-
cura-
curavano in capo . Quefta cuffia finiva all' orec- chia , ed era di figura quadrangola e bislunga . Vedi Fedo appielTo Ottavio Ferrari de re Ve- fiiaria .
Venne finalmente il tempo fatale , in cui uè i tefori , né i privilegi , né i prodigj pote- rono difendere il Vertale iftituto dall' eftrema rovina . Già qualche tempo addietro il cielo erall mofirato nuvolofo e minaccevole ; alla fine fotto il magno Teodofio fcoppiò il fulmine diftrutto- re . Fu quefta foppreffione confiderata dai pre- giudicati divoti come caufa di graviffimi mali accaduti all' Impero . Simmaco porfe per loro fervorofa fupplica al regnante Valentiniano , ma la di lui fcrittura fu trionfalmente confutata da S. Ambrogio . Noi abbiamo villo andar a fondo affai Monache e Frati fenza fimili funelte con- feguenze , né pefte alcuna , né alcuna careflìa ( come allora ) indicò finora la celefte difappro- vazione .
CA-
CAPO IL
A
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e farebbe flato un peccato , che ragazze cosi vezzofe ed avvenenti , come abbiam vifto , avefTero avuta la tefta tofata , quando T ornato de' capegli dà tanta luce e rifalto alla feminile bellez- za . „ Infatti cos'è una donna fenza 1' onor delle „ chiome, dice Apulcjo , fo^e ella pure difcefa „ dal Cielo, ufcita dal mare , educata fulT onde , „ foffe ella cioè Venere ifterta , circondata dalla „ giovane fthiera delle grazie ridenti , e degli „ amorini fcherzoH , fregiata dell' incantatore
fuo cingolo , olezzante tutta di profumi, tutta „ di balfami odorofa e fliUante , fé calva appa-
rifle , non potrebbe piacere al fuo Vulcano „ neppure , benché zoppo e fuligginofo . „ Ciò Diente manco evvi chi pi etende follerò le Vellali, decalvate alla foggia delle noflre Mon.uhe . io però non fo concedere il mio voto a querta opi- nione per diverfi motivi , che la materia formano di quello capo ,
Sul bel principio pare che militi a mio fa- vore un teflo di Erodoto , il qual dice, giufta la verfione di M. Conte Bojirdo . " NelT altre pro- „ vincie portano i Sacerdoti lunga capellatura, in „ Egitto (ì radono il capo „ Quefto greco fcrit- tore , che fiorì 448. anni avanti 1' era volgare , e che dottamente viaggiando nwres hominuni mul- torum vidit & urbes fu ancora in Italia , e i riti
e i
< i coftumi Italici pienamente conofceva . Nondi- meno gli Ebrei Sacerdoti portavano i capei corti e recifi , in modo però che le orecchie ne veniC' fero coperte , e dovean tagliarli alla mifura {la- bilità ogni trenta giorni, e il fommo Pontefice ogni fettimana . In diverfi luoghi della fcrittura il trova il precetto della Sacerdotal detonfione . Al capo quadragefimo quarto di Ezechiello . " Ca- „ pur suuin non rad^m , neque coma/n nutrient , ., fed condentes anondent capita fua . " Col qua[ comando , giufla il parere di S. Girolamo , loro veniva per una parte interdetta la troppa cultura e lunghezza delle chiome , e per 1' altra V Egi- ziaca fuperflizione di raderli il capo , lo che fi può vedere chiaramente ancora prelTo il Calmet Geiero , Spencero . E' però certo che negli Ebrei Sacerdoti avea luogo la detonfione .
Ma parlando dei Sacerdoti pagani delle di- verle nazioni fi^mbra poterfi aderire' il contrario che non lì radelTero cioè come li Egiziani , ne Ci toiaiTero come gli Ifraeliti , quantunque forfè ioggetti fofTero a qualche parziale tonfura o fulla fronte , o ali' orecchie , o fui vertice , fpezial- mente nell' ateo della loro confacrazione . Quella confuetudine nondimeno di avere i Sacerdoti lon- ga capellatura in diverfi tempi e in diverfe nazio- ni fu foggetta a molte variazioni, in un luoao e in un tempo onorevole cofa eifendo la deton- iione, in altro luogo e in altro tempo obbrobriofa come accadde fra i Romani della barba , che a
C primi
primi giorni della repubblica lunga e maeflofa con- fervavaiio per ornamento , e per lo fieflTo motivo a tempi dappoi fé la radevano , efTendo entra- ti i barbieri in Remi condotti dalla Sicilia verfo r anno 454 della fua fondazione .
Che i Sacerdoti di Roma non Ci tofafTero parmi poterlo fortemente conghietturare dal noa avere trovato mai pofto alla parola Sacerdote r aogiunto di tofato ; quefto pure ci infinuano alcuni pafli di latini fcrittori , e alcuni fimuhcri di Romani Sacerdoti , i quali fi puonno vedere fpecialmente nella collezione di Grevio , e nelP opera del Padre Montfaucon che ha per titolo : Antiquitè expliquèe , 6" repreCcntèe en fìgures Tomo fecondo , parte prima . Infatti aver capo tofato era cofa appo loro vile e cbbrobriofa . Narra Svetonio di Caligola , che prendeafi il barba- ro piacere di avvilire , e sfregiare per fimil guifa aliai cittadini . E Cicerone in difefa del Comico Rofcio prova che Fannio è un vile e malo uomo dall' aver rafo il capo e i ciglj : " qui „ iccirco capite & Jupercdiis feniper efì ra/ìs , ne „ ullum pilum viri boni habere dicatur . Quella freddura di Marco Tullio ci manifefta T obbro- brio della rafura e della detonfione appreso i Romani , la qual cofa non potea aver luogo nei miniftri degli Dei , ai quali alTaiirima flima il prodigava .
A taluno però verrà voglia di obbiettarmi quel verfo di Marziale „
Li- .
Linìgeri fugiunt calvi fistrataque turba. ; E queir altro ancora di Giovenale :
Qui grege linigero circa mdarur & grege calvo. Ne' quali luoghi fi parla di Sacerdoti . Ma d j.]eve avvertire che ivi non fi parla de' Sacerdoti in generale, ma Colo in particolare, di quelli cioè della dea Ifide nume tutelare dell' Egitto , la cui religione erafi in Roma introdotta . Imperciocché non ortante la legge delle dodici tavole , che vietava a Romani i Sacrificj foreftieri , appoco ap- poco quafi tutte le deità , le religioni , i riti della teira acquiftarono danza in Roma , e ciò fpezial- mente per mezz^ della evocazione , colla quale i Romani evocando dalle affediate città i dei tutelari de' nemici , loro promettevano in Roma culto e onore , Sacerdoti e Sacrificj ; intorno al quale coftume con ingegnofa penna erudita fcrifle il Pa- dre Caflo Innocente Anfaldi Domenicano già cele- bre Profeflbre .a Torino . Da quello nacque in quella immenfa Metropoli un numero , una varietà grande di riti e di religiofe cerimonie confervan- dofi ad ogni divinità foreftiera il culto che origi- nariamente godea ne' paefi , donde era fui Tebro venuta . Quelli che alla dea Ifide fervivano do- veano raderfi il capo , e T Imperatore Commodo fece lo dello per apparir Sacerdote di queda divi- nità . 11 motivo di tale codume d può vedere per eftefo da chi abbonda d' ozio nei libri dei Mitologi . Ma quantunque alcuni Sacerdoti non indigeni fi vedeiTero in Roma colla teda rafa e
C 2 te-
tofata , non (ì può dedurre che tali foflero tutti i Sacerdoti Romani , quali generalmente parlando par certo che non C\ tondefTero .
E pafTando dal mafcolino al feminino ognuno può vedere preflTo il citato Montfaucon molti fìmolacri di Romani Sacerdotefle ornate tutte de' proprii capegli con molta grazia ed eleganza ; E Ovidio parlando della Sacerdotcfla Flaminia , offia della moglie del Flamine Diale ci avvifa che in certi tempi e circoflanze dovea avere le fue chio- me incolte e non pettinate „
His edam coniux. cap'uis dlfcincta Dialis Lucibus ìmpexxs debet habere comas ; E altrove , ma nel medefimo libro de' Falli „
ISon mihi dentofa crinein depectere buxo , Non ungues ferro jubfecuìjfe Hcct , Ma noi tiriam la cofa troppo da lungi , e r efpofto argomento di induzione e di congettura, oltre non eflere incontraftabile , necefTario non è al mio alTunto , a provare il quale concorrono e prove più dirette, e argomenti più validi.
A queflo luogo affai facilmente potrei io afFaftellare copia di autorità e di tellimonj oppor- tunilTimi a dimoflrare che le Vertali non aveano i capei corti e recifi . Alcuni folamente ne ad- durrò e quelli di Poeti , al fonte dei quali ufa- rono mai fempre attingere bellifilme e importan- tilTime cognizioni que' letterati , che delle anti- chità ragionarono . Properzio al libro quarto , ed alla quarta Elegia parlando della Vedale Tarpea ha quello dillico „ Sacpc
Saepe Illa immerìtae cauffata e(l omìna lanae , "Et Jibi nngendas dixit in amne comas . Ovidio nel libro terzo degli amori così parla ad Illa Vedale „
Quo cuhus ablere tui? Quid foia vagaris^ Vitta ncc evinctas ìmpedit alba, comas ? E al libro terzo de' farti „
Ignibus Iliacis aderam cum lapfa capillis Dectdit ante facros lanea vieta focos . Prudenzio contro Simmaco parlando delle Vertali dice „
Interea dum torta vagos Ugdt inftila crines . Ecco finalmente un altro parto di queft' ultimo il qual è veramente decretorio „
Hoc illud meritum e/i
Perfundunt quia coiia cornis bene , vel quia cingunt
Tempora toeniolis & iicia crinibus addane .
In quella autorità limpidamente ognun vede che
non folo confervavano quelle Vergini la loro
capellatura , ma che il coiiciero e la toelette ,
giufla il cortume del vano lor Ìq(^o , era per
erte affàr d' alto rtudio , e d' alta importanza .
Infatti , come vedemmo , quelle figlie di
Numa eranfi di foverchio al luffo , e alla vanità
abbandonate . Olimpia eoli' ecceflìvo ornato del
capo e delle verti eccitò forte fofpetto , come
narra Tito Livio , di poco curare il fanto voto
di verginità ; venne perciò procertata , e per fua
fventura convinta del fallo , alla porta Collina
fu miferamente viva feppellita . E Portumia per
egual
-^
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egual motivo accufata al collegio de' Pontefici ; Aldo molto a difenderfi , e fu la fua afToluzionc accompagnata da una faggia pontificai riprensione, che dovelTe cioè per T avvenire quefta Signora „ ahflinere iocis ^ colique fancte potius quam fc'ue ,'•'' S. Ambrogio foftenendo contro Simmaco la giufti- zia della loro fopprefTione in una lettera alT Im- peratore Valentiniano ( £/"{/?• 3i' ) parla affai alto contro 1' ornato e la leziofaggine di quelle profane Sacerdoteffe .
Ma andiamo avanti , e poniamo in campo una prova affai più ftringente e decifiva , quale fi è certamente quella , che dalle immagmi e dai fimolacri delle Vertali (ì trae . Nel fecondo tomo dell' opere di Giulì;o Lipfio nel fuo fintagma de Vefìa & Vejlalibus , e nella fteffa operetta preffo Grevio , e in altri autori fi vedono varj fimo- lacri di quelle Vergini , la tefla delle quali palefe- mente fi vede de' proprj capegli veflita ed orna- ta . Da quefte effigie , e da diverfi fcrittori io rilevo che 1' acconciatura e il difegno delle loro chiome era tale ali' incirca , quale vengo a defcrivere .
Soleano quelle ragazze in varie treccie dif- tinguere e dividere i capegli di mezzo alla tefla , i quali attorcigliati in molte fpire o cerchi degra- danti alto ^\ ergevano col loro agglomerameino fui capo in una foggia affai graziofa ed elegante • Quefta archittetura di crini dai latini capillus fpi- roj'us appellavafi , e molte Signore a que' giorni
di
di quello difegno fi compiacevano . I capegli poi air intorno fi dividevano in molti ricci ed anella, che leggiadrifiìmamente ornavan loro la fronte e le tempia , e fui collo più lunghi e più fciolti vagamente fcherzavano . „
Perfundunt quia colla comìs bene &c. Cosi Prudenzio già citato . n e nr
lo non fo fé quella acconciatura di teila fofife ordinata da qualche canone della loro regola, ovvero fé avellerò arbitrio di modellarla in di- verfa maniera , e giufta le mode correnti di que' giorni ora dividendo la malTa delle chiome ia diverfi gradini , ora edificandola a fembianza di torre , ora caricandola di ricci mentiti , e di capei rimeffiticci , come quella donna , di cui parla Ovidio nel libro primo degli amori „
Foemina proceda denfijfuna crinibus einptìs . Chi fa che non TpargeOero le chiome di polvere,' le imbevelTero di quintelTenze , le nutrilfero con craffe morbide pomate ? Solo lontane e guardin- ghe certamente faranno (late a non imbiondirle , lo che fi faceva da molte femine di quella (la- gione ufando una certa fpezie di cenere , e fe- condo Marziale una certa qualità di fapone^. Per- chè ficc(xne la nera capellatura era allora T ono- rata divifa delle donne pudiche , e del conte- gnofo ceto Matronale, così la bionda era l^ ver- gognofa infegna delle fordide Summeniane, e della infame fchiera meretricia . Se quefto è vero , come lo atferraa il Grammatico bervio con molti altri
dotti
dotti appoggiati all' autorità di Ovidio ^' di Ora- zio , di Catullo, di Giovenale, affé, che i puliti e gentili amatori del Tebro non avranno lodato nelle loro Galatee , come fi ufa pure oggidì , e fpefle fiate con ingiuria del vero „ .
Le crefpe chiome d' or puro lucente . Ho per altro qualche dubbio full' accennato co- fiume de' Romani , perchè lo fleflb cantor degli amori alla caftifTima Lucrezia fa biondi i capegli,,
Forma placet^ niveufque color ^ flavique capilli ^ Quique aderac nullus , fa.ctus ab arte color , E lo lleiro finge T immortale Poeta di Mantova nella contrariata pudicidìma fpofa d'^Enea,,
Fdia prima manu flavos Lavinia crines , Ec rojeas laniata gcnas . . . „ Ma poco a noi monta faper prefentemente qual colore avellerò le chiome delle pudiche , e delle impudiche fighe di Romolo .
Forfè a taluno farà ftupore la foverchia am- bizione delle Vertali, fpezialmente nelT ornato della tefta , perchè eiTendo unico loro officio fer- vire il tempio , e minirtrare alla Dea , fembra dovertero avere nimicizia colla vanità e le pompe del fecolo . Ma a ben riflettere fvanisce quali ogni motivo di maraviglia . Il loro iftJtuto di vita , i divertimenti, gli fpettacoli , le compnrfe, i teatri ec. doveano di necelfuà generare in loro dei penfieri più giocondi e brillanti , e rendei le ertremamente calde e vogliofe di figurare nel bel mondo . A che ftupirfi delle Vertali , fé fimili
efem-
efempj di luflb e di ambizione ci ofFrooo le ftorie nelle Monache Crifliane ? Moke di quefle ne' fecoli addietro ci vengono defcricte affai attillate e galanti , e in particolar modo nelP acconcia- tura de" capagli . Non è però eh' io di elTe mi fcandolezzi , anzi confiderando i tempi , i paefi , i coflumi d' allora , farei pronto , parlando in generale , a farne una plaufìbile apologia .
Ecco una prova di quanto diceva . Alberto Rubenio nella fua opera de re Vefliaria cita Adel- mo ( Biblioiheca Patrum Tom. 7. ) , il qual fa un elegante defcrizione de' Monaci , e delle Mo- nache de' fuoi tempi, vale a dire del fello fecola incirca della Chiefa . Quelle fono le fue parole : „ Cultus gemini Jexus huiufcemodi conjlat : jabu" „ cula bijfina , feu hiacinthina , tunica coccìnea , „ capi cium & manicae fericis cUvatae ^ galliculae 5, Tubricatis pellibus ambiuntur , antiae froniis , 6* „ temporum cincinni calami/irò crilpantur , pulla. 55 capitis velamina candidis & coloratis mavonibus „ cedunt , quae vinarum ntxibus adjuti talo tenus ^^ prohxius dependent ^ & ungues ritu falconum y „ accipitrum , jcu certe ad injlar calvanorum acu" „ untur . " S. Agollmo alle Vergini a Dio con- facrate , oltre il troppo elegante veftire , rimpro- vera tumidos umboncs capillorum . Ecco per ulti-, mo un' autorità di S. Cefario , la quale è vera- mente /ingoiare . Quello Arcivefcovo egli pure del fello fecolo , nella regola alle fue Monache dopo aver loro proibite le velli ornate di por-
D pora ,
pora , e foderate di pelli cadorine fiegue con tali parole : " Caput nunquam alnori ligent men~ „ Cura , quam in hunc locum de encaujlo fecimus . 11 dott) Gefuita Teofilo Rainald dice che quefla mifura era un fegno , oflìa una lìrifcia fatta fui muro coir inchioftro , alla quale doveano livel- lare quelle fante Verginelle 1' edificio della loro capigliatura , acciò femine al Signore confacrate non portafTero , come ne aveano appetito, torreg- giante la teda giuda il folle antico coftume di alcune donne del fecolo , che fin da' fuoi giorni derideva Giovenale "
Toc premit ordinibus, tot adhuc compagibus altum^
Turrificat caput
Mi fi perdoni fé ho fpaziato troppo a lungo fuor di fentiero , e fé di foverchio avviluppato «■ni fono fra le chiome delle noftre monacelle . Rimmettiamoci in via , e torniamo a quelle delle Vedali . E qui m' avvedo aver dato già fine a quefto capo , e d' avere baftantemente provato , che le Vergini Vedali non portadero tofnta la teda . Spero di avere per queda parte meritato il voto di chi legge a prò della mia fentenza ; ma lo lofpenda egli di grazia per ~ qualche tempo ancora . Oneft' uomo che fono non voglio nafcon- dere ciò che fembra favoreggiare la contraria opi- nione , r efame e la cenfura della quale formerà r argomento di queda terza ed ultima parte .
CA-
CAPO HI.
V_TigIio Giraldi Ferrarefe nell' eruditiflima fin opera de Deis Gentium al quarto Sintagma Are» Vejìa la dove parla delle miniftre di quella Dea così dice : '* quas detonderi foluas , ut nane quas „ Moniales appellai Vulgus ex eo plerique funt „ arbitrati^ quod XVI, naturalis hijloriae Fliniu's „ fcribit : *' Antiquìor locos ejl^ quae capillata dicitur^ 5, quoniain Virginuin Vtjìalium ad eam capillus 5, defertur . '' Quibus verbis id adjlruere conantur , „ nec ego reclamo . " Spezialmente che , fiegue egli a dire, Aullo-Gellio parlando del Flamine 'Diale cita queft' arbore : " Vnguium dialis & ca- „ pilli fcgmina fubcer arborem. felicem terra ime" „ guato , " Porta per ultimo 1' autorità di Serto Pomponio Fefto , il qual giudicò che la pianta capillata abbia il fuo nome fortito dai recifi cape* gli , che a loro fofpendevanfi . Queft' è la Ipo- fizìone del Sig. Giraldi , e quelli gli argomenti , offia l'argomento degli avverfarj , che non fono poi tanti, quanti l'accennato fcrittore ci vuol dare ad intendere colla parola plerique , anzi fon certo efler eglino in pochifTimo numero .
L' autorità adunque di Plinio è 1' unico fofte- gno dell' opinione eh' io combatto . Ma F auto- rità di quefto Naturalifta principalmente in affari difteria, è delfa tale cui Ci debba ad occhi chiufi venerare ? E' forfè egli quefto fcrittore
D 2 tanto
tanto autorevole è veritiero , quanto Tucidide e Svetonio ? Sa tutto il mondo letterato , che ioventi fiate , beve aflfai all' ingroffo , e ci narra fat- ti a' quali ripugna rofcriver/l , non dico la critica più oculata e fagace , ma neppur quella più grolTolana e comune . Sarà vero che a quelT arbore capillare farannofl recate le tronche chiome delle Veflali ; ma è Plinio , ed è Plinio folo che lo afTerifce , e di più ancora incidentemente, non effendo fuo fcopo ragionar delle Vertali e loro riti , ma bensì delle piante e loro vetullà . Tito Livio , Dionigi di Alicarnaflb , e i vecchj fiorici tutti delle Romane cofe , i quali o poco o affai di quelle Vergini e loro coflumacze ragionarono , non fanno alcun cenno de' loro capegli colà •trafportati .
Gelilo fembrami che dia poco o neffun ajuto al Pl/niano tellimonio . Egli non parla delle Ver- gini di Velia , ma parla foltanto in particolare del Sacerdote di Giove , e gli obblighi , i pri- ,vilegj , i riti fuoi perfonali recitando dice : che r unghie e i capegli di lui devonfi in terra fotto r arbore felice feppellirfi j ma ficcome quelli non era tofato , come vedremo più abbaffo , non ve- do cofa poffano gli avverfarj da ciò in loro fa- vore conchiudere . Lo fleffo fi deve dire di Pom- ponio Fello, il quale crede foltanto, che 1' àrbore detta capillare acquiflato abbia quello titolo dalle """Uppefe capellature . Quelle erano quelle , che re- cideanfi i Romani fecondo il collume fortendo dalla pubertà. Eranvi
Eranvi di fatto e appreflb i Greci , e ap- preflb i Latini delle piante facre a molte divini- tà , a cui rami appendevanfi in voto , o in dono dai divoti Gentili fecondo le diverfe caufe e fiori e corone , e armi e iftrumenti , e velli e cape- gli . Virgilio neir ultimo libro dell' Eneide fa menzione di una di quefte , il cui pa(To prefento a chi legge colla verlìone del Commendatore per romper la noja di tanti tedi latini , Per forte in quefto loco anticamente Era a Fauno facrato un oleastro D' amare foglie , venerabil legno A naviganti che dal mare ufciti , A falvamento , al tronco e a rami fuoi Lafciavano i lor voti , e le lor vefli A queflo Dio de' Laurenti appefe . Sarebbe dunque errore in logica madornale fé dalla fuddetta notizia di Fedo iì volefie inferire , che le donzelle di Verta il loro crine recaflero al loto capillare di Roma .
Sento però che il fin qui detto contro la tefti- monianza di Plinio non bada a togliere a quell' arbore le chiome , delle quali fallì difcorlb e queftione ; altronde non intendo di mettere quefto fuo racconto nella provincia delle favole , allato di queir altro efillente nel medefimo capo 44. ove dice, che in una grotta di Linterno Ci crede effervi un ferpente , che T anima cuftodifca del grande Scipione Affricano . Piacerai anzi rifpettare i' au- torità di quello uomo tanto illuflre e tanto bene-
me-
merito , e, poiché non ho badanti ragioni per francamente negarla , metto per vera 1' efiftenza di queir arbore fregiata coi facri capegli delle Veftah . Dunque quefte erano tofate all' ufo delle noftre Monache ? Non è tale confeguenza né ne- ceifjria , né legittima , e molte ftrade potrei mo- fìrare per eluderla . Tre fole però per amor di brevità mi giova indicare . Ecco la prima .
Plinio afferma folamente che al celebre lotos i capegli (i portavano delle Vertali , ma non dice il come , il quando , il perchè . Chi fa che a quei rami non C\ recafle folo quella breve por- zione di capegli , quei ritaglj, che perdevano allora- quando caftigavano colla forbice , o con altro iftrumento la troppo folta , o troppo lunga capi- gliatura, e quefli capegli perchè di per(one facre, facri elfi pure eflendo , non in qualunque luogo gettarfi , ma portar (ì dovelTero a facro flabilito luogo , e quello fofle T arbore di Plinio . Quella mia fufpizione non è così fottile ed aerea , come pare a prima fronte. Imperciocché leggiamo eflerll ufata la ftefla cerimonia per gli capegli del Sacer- dote di Giove . Quefli non era per rito tofato , io che appare da qualche di lui fimolacro , ma quando volea per qualunque motivo alquanto tonderfi il capo , i fegmenti e i ritaglj del fuo crine ( lo ftelTo Ci dica dell' unghie ) doveanfi quafi follerò (acre cofe porre fotto terra appiè dell' arbore felice , come abbiamo da Aulo-Gel- lio teftè citato : " Unguium dialis & capilh feg-
^, mina
„ mina fubter àrborem felicem terra integamo , „ Perchè non potea efTer in ufo lo fteflb rito per le chiome delle Vertali ? Ma palTiamo ad una feconda congettura .
Chi fa che al tronco di Plinio non fi appen- deflero i crini delle Veftali già morte ? Neppur quello mio fofpetto è privo affatto di fondamen- to . Era confuetudine de' Pagani recidere i cape- gli ai morti , lo che ufaron pure per molto tem- po gli Ebrei , purché i defunti non fofTero con- dannati , come trovo prefib T Ugolino e il Ba- ronio , il qual cita a tal oggetto T autorità di R. lacob e di R. Moisè . Il Morertelli nel fuo libro Pompa Fera/is dopo aver numerate varie cofe che alle porte de' defunti , ovvero a qual- che pianta fi appendevano " eodem edam , dice , " fpectabant capilli de ìpfius defuncù capite fecù . " E parlando de' Greci porta alcuni verfi di Euri- pide neir AlceRe: "
Non vìdeo ante portam , ut lex ej}'. , fontana. Lavacra prò mortuis in porta:
Nulla coma praecifa cjl in veflibulo , quae Accidunt in luctu mortuorum " . Eranvi ancora altri motivi per i quali i Gentili recidevanfi i capegli , e fpezialmente ciò facevano ali' occafione d'un grande pericolo, d'una gra- ve difgrazia , o della morte di qualche perfona cara e pregievole . Così gli amorini preflb Efiodo piangon la morte di Adone colle chiome recile .
Così Properzio : "
^ Illa
^l^( 32 )^^
Illa meo caros donajfet funere crines ^ Il Poeta di Sulmona indica egli ancora quello coftume appreJTo i Romani :
ISon mihi te licuit lacrimìs pcrfundere ìuxtìs , • In tua non tonfas ferre fepulcra comas . Quando adunque le noftre SacerdotefTe per alcuno degli accennati motivi fi tendevano, il recifo loro crine fi farà forfè recato al lotos menzionato .
Ecco due congetture le quali , tenuto buono il teflimonio di Plinio, ptionno in qualche maniera far contro alla conclufione , che dal medefimo tira il Giraldi , cioè che le Vergini di Numa aveflero tofata la tefta alla foggia delle monache d' oggidì . Confeflb però con ifchiettezza , eh' io ftelTo non fono di quefli due nflelTl miei pienamente foddif- fatto e contento , foprattutto non elTendo ^K\ ap- poggiati air autorità di alcun antico o moderno fcrittore , ma nati folamente dal mio cervello, del quale non ho poi moltilTimo concetto . Sarò dun- que sforzato a dare il mio fuffragio all' opinione Giraldiana ? O quefto poi nò . Ecco la terza e la miglior congettura , la quale effa pure tiene in piedi la teflimonianza del latino Naturalifta , e iufieme favorifce il mio parere .
Giudo Lipfio volendo combinare il paflb del citato Filofofo , che fembra indicare le Vertali tofate, col teflimonio di molt" altri , che apertamente contraddicono , penfa con molto giudizio e pro- babilità , che alle Sa:erdoteire di Verta una foi volta fi taglialfero i capegli , e ciò probabilmente
en-
'^^f 3 3 )^^'
entrando elleno fanciulline in quel facro Colle- gio, e che qiiefli capegli venifTero ofiferti alla Dea iofpendendoli ai rami d' una pianta forfè a \tl facra . Di quello fentimento unitamente ad altri fcrittori è Giufeppe Lorenzi Lucchefe . Quelle chiome in breve tempo rinafcendo porean preflo fervire , come ofTerva 1' Abate Declauftre , alla vanità , e all' ambizione di quelle donzelle , e farfene ricci , treccie , tupè , come di fopra vedemmo .
Per tal guifa fi falva la capra e i cavoli , e vien fciolta la lite . Che fé il Sig. Giraldi ha creduto parlar anch' egli di quell'unica detonfione, niente ho contro lui , ed avrò fin ad ora batta- gliato con un nemico immaginario , ma il para- gone eh' egli fa delle Vertali colle noftre Mona- che perpetuamente detonfe , me ne fa forte dubi- tare , Mi fia permeilo efporre 1' indicata opinione di Lipfio con alquante parole , e con alcune rifìeflìoni illuminare .
Erano dunque nel' ingrefTo del loro Colle- gio tofate quelle Verginelle . Ma donde , e da qual fonte difcendeva mai quella religiofa cerimo- nia ? Quello è quanto io cerco per ultimo .
Cert.imente il motivo per cui le Vedali ton- devanfi elTer non può lo Hello, per cui fi ton- dono nella noftra fanta Religione le perfone al particolar fervizio di Dio confacrate . Appo noi la tonfura fignifica lo fprezzo e 1' abbandono del- le cofe del mondo : „ Rajio capitis ejl tempora-
E iium
^^( 34 )^^
liuni omnium depojìno „ S. Girolamo . Senz' al- tro aggiungere ognun ben vede , fé tale motivo può calzare alla tonfura di quelle Giovani , le quali nonché fprezzar le pompe e le vanità del fecolo , vi nuotavano anzi dentro e vi guazzavano allegramente .
hvvi chi penfa che quefle Giovanette nel monaftero entrando di Verta , a quefta Dea ia dono ofFriflero ed in voto i loro capegli , e che tale tonfura il rito ioifa delia loro confacrazione . Realmente non fra Romani foltanto , ma fra le altre nazioni ancora uomini e donne , fanciulli e fanciulle , o per fcioglimento di qualche voto , o per impetrazione di qualche grazia H tronca- vano le chiome , e le oltrivano ora ai patrj fiu- mi , ora fuir ara di qualch' altra divinità . Alcuni le donavano a Bacco . Virgilio
Te lufìcare choros , facrum ubi pascere crinem . Altri 3 Febo come attefta Marziale :
Hos tibi Phoebe vovet totos a vertice crines Encolpus domini Ccnturionis amor . Altri a Diana
F/jvus ab inionfo pendebat vertice crinis
Arcjdos hoc Triviae primis pafcebat ab annis
Munus. Stavio ,
Alla verità eran facrificj quelli fpecialmente per le donne , d' un merito fopragrande , e pe- nerei a crederli , fé il motivo ne ignorafll . Si determinavano a quelli fproprj fempre per caufe d'alio rimarco, e di molta importanza. Alcune
fiate
^^^i 3 5 }-^'^
fiate il bel fefTo faceva doni e facrificj a Mercir- rio , a Giunone , a Venere per confervarfi belle , per acquiftarfi marito ec. Si trovarono perfino delle donne , le quali ebbero il coraggio e la magnanimità non folo di privarfi delle chiome , ma di facrificare ancora Io fpecchio , e confa- crarlo alla bella madre d' amore . Queft' era ve- ramente un eroifmo grande e mirabile . Il Ghe- dini cercava fra i viventi in Roma :
Una reliquia de' Fabrizj e Curi
E' probabile che non T abbia trovata . Chi voleffe però cercare fra tutte le giovani donne d' Italia un efempio di vù-tù pari all' accennata , è fìcuro che getterebbe il tempo e le ricerche.
Ma a non diftaccarci dai facrificj capilliz; , è celebre quello della moglie di Tolomeo Ever- gete , di Berenice vo' dire , la cui chioma da mano ladra rapita fulT altare di Venere fu dal matematico Cenone fra gli altri trafportata , e fatta fegno celefte . Da Luciano e da Svetonio Ci ritrae anticamente efTervi flati fimolacri di Dei tutti coperti di capellature a loro facnficate . E a farci ancora più dapprefl^o all' argomento , af- ferma Giacomo Filippo Tommafini , che i Sacerdoti del gentilefimo „ primos capids barbaeque pilos „ Diis fuis velati primitias confecrabant „ . Il qual rito probabilmente difcendea dal popolo Ebraico , imperciocché nella confacrazione de' Le- viti leggiamo , che dovean effi tutti i peli raderfi della ior carne ( Num. 8. ) , e i Nazarei al finire
£ 2 del
del loro Nazareato prò tempore venivano tofati ," e i loro capegli podi fui fuoco ( Num. 6. ) . Dal fìnquì detto ne fìegue effer probabile cofa che la detonfione di quelle Vergini Romane folTe ce- rimonia della loro adozione in Vertali , e rito della loro confacrazione .
Altri pretendono , che quefla detonfione non fofTe rito della loro confacrazione in Sacerdotefle di Veda , ma sì piuttofto fegno e figura della libertà che acquiftavano , fciolte venendo elleno in quel punto dalla patria potellà . E in realtà quando effe venivano prefe ( captae ) dal Ponte- fice Maffimo , e alla Dea fi dedicavano , ceflfava in quel momento fu di loro tutta la paterna autorità , ed erano fui juris , e poteano de' loro beni difporre , e far teftamento . Strano e fingo- lanlTimo privilegio . Strano che ragazze in un' età, nella quale appena comiicia a fvilupparfi il germe della ragione , acquillaffero un diritto di tanta confiderazione . Singolarifilmo perchè ogni erudito delle romane leggi fa quanto eftefa ed enorme foffe la patria poteftà in Roma . Ora quefta libertà , che elleno ottenevano veniva ^\- gnificata per quella ftelTa maniera , per la quale iignificavalì la libertà e la manumifljone de' Ser- vi , vale a dire col taglio de' capegli .
Gli fchiavi venendo manumelTi è certo che fi radevano il capo . E' bello a tale propofito il teliimonio di Giovenale alla fatira quinta , nel- la qu.ile oltre 1' annunciata altre cerimonie fi no- tano ufate in quella circoitanza : O//2-
Omnia [erre Si potes & dcbcs pulfandum vertice rafo Fracbebis quandoque caput , nec dura timebis Flagra pati kis epulis 6' tali dignus amico . E queir altro di Plauto nell' Amphitr. Att. I. Quod ille faciat Jupiter Ut ego ho die rafo capite capiam pileum . Tito Livio , Polibio , Loon , Pignori , Tiraquelli , Pitifco , Gravina ec. parlano di quefto coftume , il motivo e la ragione del quale ci vien fpiegata da Nonnio Marcello 235.,, Qui liberi fiebant ea. 5, caufa calvi erant , quod tempelìatem fervìtutis „ tunc fervi eff'ugere videbantur , quafl naufragio „ liberati „ . Di fatti i naviganti a quali era àa- litto durante viaggio raderli iJ capo , o tagliarfi r unghie , fé venivan affaliti da qualche fortuna di mare , il recidevano le chiome , e le offrivano a Nettuno per abbonacciarlo ; perciò dille il fa- tirico Poeta :
Gaudent ibi Vèrtice rafo Garrula fecuri narrare pericula nautae .
Io non so , fé nella manumilTione delle Ve- flali luogo aveifero tutte le cerimonie della ma- numiffione de' fervi , cioè il Pileo , il giramento intorno , lo fchiaffo , la verga vindicla ec. Cre- derei anzi di no , perchè la prima cadeva in per- fone nate libere, e fi facea dal Pontefice, l'altr.. cadeva in perfone o per acquifto , o per origine fchiave , e ^i facea dal Pretore . Quello so fi è , che la cerimonia della tonfione vi avea luogo ,
e
e che nella loro veflizione fi adoperava quefìo rito per indicare la libertà che ottenevano . L' Abate Declauftre nel Tuo Dizionario Mitologico lo aiTerifce con chiariflìme parole . „ Torto che „ una Donzella veniva ricevuta Vertale , le ra- „ devano i capegli in fegno di piena libertà , „ come facevano cogli fchiavi , e fin d' allora „ non era più fotto alla poteftà paterna , e per ,, giovane che fofTe , potea far teftamento , e „ dare il fuo a chi voleva „ . Molti altri alTe- rifcono la medefima cofa , e fra gli altri T En- ciclopedifta „ Si tot qu on avoit recu une Ve/ìale , „ on lui coupoit les cheveux ^ & on attachoìt fa „ chevelure à cette piante Ji renommée par les fic- „ dons d Homere appellèe Lotos , ce que dans „ une cérèmonie re'igieuje , où tout deroit etre „ mifìèrìcux , etoit regardé come une marque d" af- „ franchijjement ^ & de libené .
Due caufe adunque fi aflegnano della ton- ditura delle Vertali candidate . O quarta fi facea per indicar la confacrazione delle medelìme , o per (lenificar la libertà che acquirtavano . lo mi fentn più inclinato a quert' ultima , ma giacché la prima ert^a pure ha il fuo buon fondamento , non giudico opportuno abbandonarla fpecialmente che fembra molto probabile, che da ambedue quefte caufe unitamente tale cerimonia difcendelfe, vale a dire che la fuddetta detonfione nel tempo rtertb poterte fignificare e la loro adozione al fer vizio di Verta , e la loro manumiflione dalla
pa-
patria podeflà, non per altro motivo quelle ot- tenendo la libertà , fenonfe perchè fi dedicavano a Verta , al cui miniflero fi volevano perfone onninamente libere .
CONCLUSIONE.
E' tempo ornai di ammainare le vele dopo aver vagato fra tante inezie e fri volita . Sì lo vedo, e lo confeflb anch' io, che aggirato mi fono intorno a lieve foggetto , e poco meno che inutile „ in tenui Libar , e forfè con alquanto di leggerezza e vanità giovanile . Ma T ingenua mia confeffione mi protegga almeno dalla mordace e fprezzante cenfura di certa fpezie di gente , che non è poi la più difcreta ed urbana . Se lieve argomento ho prefo io a trattare fi fu , perchè ben fitto avea nella memoria quel celebre canone di Orazio :
Sumite materìam vejlris qui fcribids aequam Viribus .
In guado più vaflo e profondo avrei trovato ficuro pericolo e naufragio . Anzi mi duole che non abbia faputo correre un arringo così facile e piano ; né di me pofTa avverarfi ciò , che imme- diatamente foggiunge il cantor di Venofa : Cui lecca potcnter erit res Nec facundia deferet hunc , nec lucidus ordo . Se alcuno però fentiifi , che proferì ffe con- danna coptro la lievezza del mio argomento. ,
vor-
vorrei con tutta modeftia in parte almeno difen- dermi, e loro rifponderei, che fublimi Cenj im- mortali arredarono tal volta i loro penfieri , e la lor penna fu lievifllme cofe e volgari . Ricorderei loro che il cantore di Achille, e quello di Enea, che pur magnanimamente fcorfero i vafli campi della reale Epopea le fublimi ali abbacando non fdegnarono ravvolgerli quegli intorno alle rane e ai topi, quelli intorno alle zenzare e alla agliata. Ma a non ufcire dalla claffe degli antiquarj, quan- ti uomini grandi e celebratilfmii anche a più minuta ricerche di antichità difcefero , traendo dalle me- defime fé non moltiffimo vantaggio , moltillimo diletto certamente . Qual più vana e futile per- quifizione, che indagale fé il cappuccio di S. Eran- cefco foffe di figura rotonda o piramidale . Ep- pure ingegnofì e dotti uomini acremente depu- tando molto tempo vi fpelero e molto inchiollro . Le noflre ricerche furono certamente più nobili e più gentili .
IL
IL SUPPLICIO
D 1
EMIGLIA VESTALE
IDILLIO.
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lungo difcorrere fuUe Vertali èmmi venuta voglia a dir di loro qualche cofa in verfi ; appe- tito facile a nafcere in certe tede aventi un po' di fuoco poetico , le quali fé per qualche tempo frufciano intorno ad una cofa , facilmente fi ac- cendono e cantano . Aggiungo perciò alla finita cicalata 1' annunziato Idillio benché il foggetto di quello abbia certamente poca parentela coli' argomento di quella .
Emiglia fu una infelice Vertale, che per aver violata \à Verginità fu fecondo la legge viva feppellita . Oppia e Minuzia avanti lei , e dopo lei molt' altre torfero la medefima forte .
Alla condannata veniva primamente tolto T or- namento delle bende facerdotali . Si portava quin- di quafi io(f^ morta in una lettica , o fu d' un cataletto per le rtrade più popolofe di Roma ad
f un V.
iin luogo detto campo fccllerato . I parenti, gli amici la accompagnavano al fupplizio , e intanto ogni pubblico Ufficio era interdetto , e la Città tutta in defolamento e cofternazione . Giunta la procelTione al luogo della fepoltura il Pontefice Faceva alcune preghiere, indi la confegnava al carnefice , il quale la calava in quella lianza fotterranea , ove trovavafi preparata una menfa , un letto , una lucerna , oglio , latte ec. Si chiu- deva quindi la bocca di quefta caverna , e la funzione era finita . Lo ftupratore , come dicem- mo , era nel foro battuto colle Verghe infin che morifle . Ma non più : ne mantijfa, obfonia vincat »
Me
^l^( 43 )^^
M.
-e lamentevoi Mufa
Velata il crin di funebre ciprelTo
A pianger chiama con dolenti note
D" un infelice Vergine la forte
E la barbara motte .
Pietofe alme fenfibili difcenda
Nel voHro cuore il fuon de' carmi miei ,
E vi fi fparga e cada
Come fertii rugiada ,
Che dei mattin lu i primi rari albori
Bagna di (lille avvivatrici i fiori ,
Lieta del fuo dedino Sul Ijto tiberino
Ver.gin miniflra dell' antica Verta Vivea Emiglia . Il miniftero auguflo Degli avi il nome , cento pregi e cento Chiara la fean fra le Romulee figlie j Sul frefco giovin vifo Bidea bellezza di celerti tempre ; In vaghe anella il nero crin fcherzava Lungo il collo nevofo , ed appariva Sulla tornita morbidetta guancia
F 2 Mifta
Mifta la rofa al giglio ;
Mirar era periglio
L' alto fplendor , che da begli occhi ufclva ;
Quantunque in parte ne tempraffe il lume
Suo pudico coftume .
Tal forfè appar , quando più s' orna e abbella
D' Apollo la germana ,
La nemica d' Imen cada Diana .
Lieta vivea , ma del maligno amore
Il funefto veleno
Tutto turbò di così bella pace «^.^
Il puro invidiabile fereno .
Garzon amolla, che al leggiadro vifo, 'Al dolce fguardo , agli atti cnefli e bei Forfè vincea Narcifo . Ai vezzi ai preghi del fincero amante Lunga flagion immota flette e dura Come full' alpe annofo pino immoto Sta contro i foffj di fischiante noto . Ma cede alfine , e la vietata fiamma Già in fen le (erpe , tutto Ne accende il fangue ed ogni fibbra irrita ; Mifera amante ah qual t' aggira infana Sacrilega paffione ! Al Cielo odiato E' il fuoco tuo , Ah ti rammenta o (tolta D' Oppia la forte , e di Minuzia il fato . Ma ella non è più di ragion capace j Del giovine vezzofo Fra i caldi amplelTi s' abbandona , e giace .
Fama è che a lei , mentre fuggea le prime
D' amor
D' amor delizie , le Verginee bende
Cadeflero dal crine, e a quel foggiorno
Gracchiane il negro , il trifto corvo intorno .
Né il pref.igio fu vano ; Il reo dellino
Già fa palefe e noto
De'' rigidi Pontefici al Configlio
Il grande error del violato voto .
Giudici ah ! pria che la fatai fentenza In fulla nonna delle leggi avite Cada fu lei , il mio parlare udite . Emiglia è rea . Antica legge a morte La danna , il fo ; ma faggio è chi talora Delle leggi il rigor tempra e raffrena . Voi lo dovete j alfine La fua colpa è d' amor , amor che tutti Uomini accende e Numi : Amor che in certi impetuofi iflanti Priva di fenno e di ragion gli amanti . Vi muova o Pad^i la fua verde etade , Il merto fuo , la fua beltà vi muova ; Mirate il crudo affanno In cui fi giace immerfa , E quei pianto che a piedi ella vi verfa J Per le facrate ceneri degli avi Pei figlj voftri e per le votlre fpofe Padri augufli pietà ; ma invan perdono Da qut:lli imploro , invano A queir alme infenfibili ragiono .
Dannata è a morte ; già dal crin le fafcie Sacerdotali , e le facrate infegne
II
Il MaHìmo Pontefice le toglie .
Addio , die' ella , un di pregiate e care
AiiguRe facre fpoglie ,
Addio ripete , e intanto
Tutte le bagna di copiofo pi.mto.
Di funi avvinta fopra negra bara
Yien diflefa , e fi porta
In ferr,bianza di morta
Quella che un dì la facra via fcorrea
Suir ilhirtre carpento , e a cenni fuoi
Schiavi ancelle e littori intorno avea .
Regna nel Popol tutto
Silenzio , orrore e lutto ;
Parenti , amici taciturni e chini ,
Scompollo il crin , di pianto il mTo molle»
Sieguon la pompa funerale , e a cento
Yergini ftringe il cuor freddo fpavcnto .
Per le frequenti popolofe vie PafTa di Roma la Vellale , e giunge Oimè laddove tutto piaghe e fangue L' Idolo fuo fotto omicida sferza Battuto a morte «Ito lì duole e langue . Al roto fuon della dolente voce Alzò la donna un grido , Uni r eftreme polle ;
Ma in van forger tentò , invan fi fcofTe . Cobì fier' oifa prigioniera , a cui Barbara man lui ciglio 1 parti uccida , Freme di vani sforzi , E r aria aflbrda d' impotenti {Irida .
Mille
'Z^i 47 )^^
Mille crudeli affetti
Le fanno a brani il cuore,
Spavento , amore e sdegno
Vergogna , pentimento , ira e dolore .
Ma quello è il campo fcelleraco, e queda E' la fatale fotterranea grotta , Ove fepolta dee pa(Tare a Dite La miferanda Vergine corrotta . Ella al primo veder V orrida folTa Rifugge addietro , mette acuto ftrido , E tal le ferpe crudo giel per T offa , Che di timore imbianca , S' arrefta , trema , perde i fenfi , e manca . Tal forfè svenne Andromeda infelice Qua ido forger mirò fuori dall' onda L' enorme moftro , e fpalancarle incontro L' ampia vorago della gola immonda .
Nel 'fatai antro Emiglia seppellita Finì gli eflremi difperati avanzi D' un infelice vita . Le Vergini del Tebro Nel lor cuore le offrir tacito e muto Di pietod fofpir mefto tributo .