DELLHISTORIA DE I SEMPLICI A R Q M A T I, ET ALTRE COSE CHE VENGONO portate dalì’Indie Orientali pertinenti alì’vfo della Medicina-» . DI DON G A R ZIA DALDHORTQ Medico Portughefe 3 con alcune breui Annotanom di Carlo Clufio , Parte Prima , diui fa in quattro Libri, ET D V E ALTRI LIBRI PARIMENTI di quelle cole che fi portano dall’Indie Occidentali; Con vn T ruttato della Neue & del beuerfiefeo . DI NICOLO MONARDES MEDICO DI 61 VIGLIA. flora tradotti dalle loro lingue nella noftra Italiana da M ESSER ANNIBALE BR.IG ANTI , Marrucàio da Ciuità di Chieti, Dottore & Medico EccellentifiLna • CON PRIVILEGIO* IN VENE TI A, M. PC. XVI* TAVOLA DE I CAPITOLI CONTEN VTI Nelli quattro Libri Veti’ Hi fiori a de* Semplici Ar ornati portati dalle Indie Orientali * Et nelli dui Libri delia Seconda Parte, delle Cofò che fi portano dalle Indie Occidentali Et net Libro della Neve. NEL PRIMO. 1 n vé ^ fritti; ti fri il* «7 ' Disili 0;» U I kit ^ f A V n Del AP un io . 2* f Del Curcas . -*i Del Creerà. 248 24 Del Datura . 248 2j Del B angue. 240 26 Dell' Arali jjo i7 Dell’Anonimo. 231 25 D' alcuni Re dell' ln. die, 2JJ Nel Terzo * * TT\ ^ 1 ^ ainimè3e & — J Copal. 261 2 Della T acamahaca . 263 3 Della Car agiià; 263 4 De l'olio del fico del- l'Inferno . 2Ó7 5 Del Bitume. 269 6 Del Liquidambra , e dell'olio del medef- mo *' zio 7 Del Bai fama . 292 8 Dell herba di Giouan ni infante . 277 9 Del Guaiacoli Legno fanto . 21g s 0 Della China 2$s OLA. / / Della Sari spariglia, 290 12 Della pietra di fm- 'gue3et della pietra de * fianchi* 29$ 13 Del Legho per il mal dette reni 3 edell'vri- na. 299 14 Del Pepe dell'india . 300 ij Della cuffia fiftola . 301 16 Delle niellane purga* tiuè . 2 / 7 Detti pignoni purgati* ui. 30j iS Dette fané purgatine . 304 19 Del latte del Penine* nichit 3à6 20 Del Ai ecciocan. 306 2 1 Del Sol f ore viuo. 32 2 2d Del legno Aromatico* 3*3 Nel Quarto. 1 1 ^ ^ t l a pietré JLJ Be^aar. 34 / d Dètt'herbà Scordone* rai 36 é H F I N È; * i CAPITOLI DELLI D V I LIBRI Della Seconda Parte PELLE COSE CHE SI 46 j j DelldTrementina.et Caragna di Cartha gena. 4óó 6 Del fior del Meccioa can . 467 7 Del frutto del Balfa- mo . 469 8 Della Trementina di A bete . 47 ! 9 Del Pepe lungo. 472 10 Del rim e dio al fuoco della facci a . 473 11 Delle radici centra veleno . 474 12 Delle cafiagne pur- gatine , 473 13 Della Z arrapatigli* di GuaiaquiL 47 4 14 Dell3 Erboro cotra il fiujfp . 48 ! jj Dell3 Ambra grtfd - 482 va !«plj d T A V Del Libro della Neue. i Della neceffità del be- vi cr dell'acqua 3 & del beuer frefeo . 49 6 z Della freddar a de II’ ac qua . J02 3 D* quattro mamere da nfr efedre . Del nfrefear con la Neue . J Der gl'Auttori 3 che hanno approuato il ri fiefear con la Neue . S‘3 Del modo che fi ha da sfarla Neue, arda 7 De 1 modi che fi vfano à rifrefcarcon Neue à quefli tipi > & qual fia meglio. 321 TAVOLA DI TVTTI I SEMPLICI, ET ALTRE COSE CHE SI contengono nella prefentc Opera-» . A Beximi- Acqua di Cd- fora. 49 Acqua difiori di C anello, . 76 Acqua di Garofali verdi. 103 V Acqua di areca • 122 Acqua di Mirabolani verdi . 13* Acqua di fiori dell'ar- boro melanconico . 212 Adel . Adelham . A galloco . Ahouay . Aifacutlu . Alequeca * Ali . A tipo. 2SS 2S3-2JS So 237 2S7 206 9 *6* Almelendeli . 4 Aloe . 6 Aloe Socoterino . 7 Aloe come fi conofca ejfer buono . 8 Aloe non fifa in Alejfan dria . 9 Aloe à che cofà ferue • 10 Aloe v fiat a dal Medie # del gran Soldano Ba- dar . 1 # Aloe come fi dà nell* vice- ré della vefftca, edell$ reni . /# Aloe nelle vene hemor- r oi doli che operi . / jf Aloe infume con mele co- me purga . 1 $ Aloe di natura di metal- lo ferina da Piimo « Aloe di Spagna » 1$ Altith . / j Amba « Ambare . Am~ TAVOLA 'Ambra / Ani omo . 143 Anacardio . 140 A nac ardi 0 buono a gli af- matici. 141 Anacardio verde in [ala- moia. 141 Anacardio fana le fcrofo- le * 141 An ac ardo di Cicilia . 141 Ang e . 2 Amudem . / j Aniudea & angeidam piante . 16 And. 2jo Anime . 261 Anonimo . 2 s 1 Anon . 222 Antijpodio . 60 Annale . 133 An'fuba . 21$ Arac & aritqui . / 2 * Arata . 747 Arboro di Bengiuino . Arboro di lacca . ^ 7 Arboro di canfora * * $ Arboro del Cate . 9 2 Arbore del T abaxir . jS Arboro del legno aloe. 82 A rboro del fan dalo . 8 6 Arboro del fandalo crefce in altre parti . 86 Arboro del macis . pp Arboro del gare falò , / 66 Beli. *39 Bengiuino piantò non co- nosciuta da gl’ antichi. 27 Bdelio . 43 Bengiuino non e il Lafer • 22 Bengiuino che cofafia • 26 JBengiuino di piu forti . 2 8 Bengiuino doue fi ricoglie . 28 Bengiuino boninas • 29 Betre • 8 8 Betre come fi pianti* e fi coltiui - 92 Ber . 241 Beri fera arboro . 3 6 Ben II 0 dell' Indie • 198 Bitume • 269 Bloxeuoal. 187 Boniama . 224 Bombaim » 222 Bufora città di Avicenna- 17 Brafil . s Brmdones • 243 Budiecas * 244 Bugualhas* 328 c Accia d* Elefan- ti . 66 Caceras. 248 Caious . J42 Cairo . 127 Cairo donde vien detto . / j Caifmanis . 72 Calamo aromatico - 146 Calamo non è l’Acoro, ne meno lagalanga . 148 Calamita . 208 Calamita non nafee col ferro. 208 Calamita non e velenofa . 208 Calamita prefa per bocca* ferua lagiouentu . 208 Calambuto . 9f Canfora . 44 Canfora come fi falfi fichi . 47 Canfora Rihachina . jo Campi elifii . 77 Canada vafo da bere . <2/ Caricamo non è tl bengiui- no . 38 Cancamo che cofafia . 39 Candii . 1 39 Cane Ila . Carmabolas . 74/ Car agita. 26$ Car andas° 317 Car il. 126 Cardamomo . //* Cardamomo è vna ftecie . /// Cdr - tavola: Carpe fio» 112 Cuffia folutiua . / 37 Cuffia , e cunetta pori fono due coffe . 69 Cuffia , cinanomo , e ca- ntila è vna coffa ifieffa . 69-73 Cuffia fi fola . 30 1 Caie . // Cute, e il lido de gli anti- chi • 73 Caxcax . 2* Cebar . <5 Cenorins . .227 Chandama . £ / Champe • 213 Chenpo. 210 Chinai fola» 168 China . 2,?/ Chincapalones . 22/ Cinamomo Alepitino per- che co fi fi a detto . 7/ Cinamomo che coffa figni- fica . 72 Cocco. 128 C 0 falò frutto . 122 Colles. 232 Color roffo da tinger pelli . 41 Comalange . 247 Comori. 4 Conche che fanno le perle . 210 Comraditione dei Ma- nardo . $ Contrafio fi opra la galan - ga, acoro, e calamo aro- matico. 179 Copal . 261 Copra . 126 Cofio . 138 Co fio , che fi porta in An- uerja . 161 Coffcia . 2 74 Cor afoni. 273 Corone di Pater nofiri di legno xilo aloe . 84 Corno di Rmocerote . 64 Coru herba buona alla diff- fenteria. 219 Cord • 218 Cora. 276 Cotalmaluco . 277 C otogni Begalenfi . 239 Chnfiallo non fi trouo mai nelle minere di Dia- manti. 200 Croco indiano » 176 Cubebe . 1 io Cubebe fi. 'vendono cotte . in Curcas » 246 Cura di quelli , che hanno preffo 1 fiori del Datura . 249 Curcuma . 177 Cnrrentes , animale con e cauallo • 64 Da- D DAtvra. 24 8 Dente di Elefante non {erue nell'ìndia per medicina . 6 l Defcrittione del legno co - lubrino » Defco fatto d'arboro di canfora . ^ Diamante prima gioia, e Re dell' altre gemme . 197 Diamante come dee effe* re- 198 Diamante maggior di quattro aue liane . 199 Diamante non re fife al martello . 200 Diamante non nafte den- tro al chn fi allo 200 Diamante non toglie la virtù alla calamita . 20 0 Diamante non fi confuma col piombo. 200 Diamante non ferue in Medicina. 2o / Diamante, non è veleno 20 ' Due differente , che fi veggono nella cane fi a fwoprefedalpaefi.pl T A V O I A. Dui Diamanti fregati irì- fieme fi congiungono , che non fi ponno di fi ac - care. 200 Dm , ouer Dio JfiU. IJ7 Donde s'impedifia il r accorr e il bengiuino . 40 Dolori colici curati dal COCCO . t2p D ortoni . 229 Elefante 3 cfiua hiflona. 62 Elefanti mangiati crudi * 62 Elefante intendente delle lwgue. é4 tlefann non fi domano » 66 Elefante intèndente do- nato à M affimi liano Jmperadore . 6 8 Elettione di agalloco come fifa-. 81 Error del Matthioli . / a Errordel Brafauola. io Error de3 Frati commen - tatorì di Mefite . / j 7 Efperieftfa per conofier la pietra bezaar. 346 Fa- tavola. FA g A R A . 42 Fugar a . U3 Farine di n ac cani . 4. 2 Fané purgatine . 304 Faufcl. ll9 Faufel graduato . 120 Fattola deWarboro mer- lane onte 0 . 213 F eruz.egija tur che fa /non ilfmeraldo . 203 Fiore di giunco odorato non /’ babbi amo per no _ fra negligenza . iS6 Figuer a banana . 227 Fiori del datura vfato da' ladri. 248 Foglia di c aneli a . 7 s Foglia di betre . 9 / Foglia ai malabatro . ‘ * G GA l a n g a . 17S Galanga non e il jquinamo . / 79 Galanga dotte nafte . 179 Ganada . Gandas . ^ Gange fiume . /j/ Gama . ly0 Garofalo . l0l Caro fall come fi ricolgo- no, e quando . l0 2 Garofalo nafie folamente nelle A4 01 ut he . tot Garofalo come fi conferiti dalle tarme. i0 3 Garof ali fiori . l0 1 Gente delia China • 1 7 s Gengeuo. lSo Gengeuo deferitto da uaf fimihano . ; g2 Geiduar . Gomme. l9$ Giardini di JNGamoxa Re . gy Giacinto, e granata . 206 Gì anco odorato . 134 Giudei non conobbero il bengimm Gol 27 TAVOLA. Gol fa . _ 97 Comma trottata fra i ga- rofali . to$ Gotim. 133 Guaiacan . 27 S Guarì ab ano . 22 3 230 H HAmama * ciò che figni fichi . 144 Herbamalauaria come fi prepari . 219 Jierba di Giouanni ti- fante. 277 J-J in x aber . / 38 Higuero. 233 H ir colo . /// Hi fi ori a ctvn* Elefante della China . 6 y EJ i fori a d'vn mercante di Rubini. 203 lmad m aluco . 276 imad. 236 Jmgu& irrigar a. 16 ImingH . lnfufione di tamarindi . 133 Jncenfo . 3 1 Jncenfo non nafte nell’In- dia . 3 1 Jncenfo vfato affai da Ai edici Indiani . 33 Indiani appreTffano gl’o- dori . 21 3 Jnhame . 247 l frementi di rame eh' ‘ti- fano per comprar le per- le . IOIkìI . K 21 1 247 IA C A . lagra . Jaiama. Jaiaqua . Jamgomas . lambolones . Jambos . ] afide . 1 damatalo « 216 129 222 224 217 243 238 206 LAcca. 34 Lacca doue nafea va ne opinioni . 34 Laccacomefifceglie . 36 Lacca non ha le f acuità del charabe . 37 Lacca non è il cancamo . 37 Latte del F empente hi. 30 6 Legno aromatico . 323 Legno tavola; Legna aloe come fi cono- fica efifier buono . 8 1 Legno aloe faluatico . S i Legno colubrino . / 88 Legno fan to. 278 Legno per il mal delle reni & dell’ vr ina. 299 Laferpitio di Francia . 22 Lido . Lingua arabica . 17 Lingua Magar ahi . 17 Liquidambar . 270 Liquidambra . 6 Liquore dell’arboro della con e Ila . 7 6 Louan . Lo doni co Romano t affiato. 28 Lo doni co Romano difefio. 3* M MAcis. 9g Malabatro . 93 Madreperla . 210 Maleduui* 2 Maldiue • 2 M aluco* 2s6 Mangm, 221 Mangelis * i9$ Mangiriquam . 271 Mango fi ans * 237 Manna . ^ MmagefacUH’lndif. ìfi Mar ama. 232 Marmelos di Bengala , 239 Martabanìs . 229 Mafchiu . 229 M ecer ffecie d’opio . 24 Alecciocan . 306 M cdicamento di Ruffo commendato . / 2 Medicamento fiatto del Coru . 219 Melenfiagine intorno al frutto Mi fa d’vn Fra- te F ramificano . 226 Meliques. 276 M e Ione Indiano . 24 3 Mex* 246 Ài idollo del Mdgas* 221 Ài irabolani * / ^ / Mirra . ^ 3 Moali. 90 Àioceuar compofitione di aloe * l0 Modo di dar la radice china • l?Q* 171 Ai ogori . 213 Aiogori . 232 Molo ado. 234 M otxi donde fi caufi . 247 Mungo « 247 Mufa , 224 N NAlfes* 19$ Alaim » 69 K4t T A V jS/alquea - 2ff N aldina . 2 Naie . 2 Nana - 224 Napello non fi troua nel- f indie . tS6 Nardo- lS° Nani chiodate con chiodi di legno. 124-' 20 S Negando - 214 Negando buono ad im- pregnar le donne - 21 j Negando raffrena la luf- furia - 21 S Nimbo- 214 Nimbo ne* medicamenti • 21 4 nimpa forte di beuada- 22 Niz-a . 2jó Niz,amaluco - 2g 3 Noci della lacca rifiagna- noilfiujjo- 216 Nociuoh di Mrngois fermano 1 fiuffi . 222 Noce mofeata , & il ma cis non è fiata da gli amichi conosciuta - 99 Noce d'india- 123 Noci di Faufel . 120 Nojkomio (pedale di ve- tte Ih . 23 O C>.C ciuo di gatta. J O L Ocofori arbore . é Olio d'ambra . f Olio di bacche di cantila • i 76 Olio del fico dell'inferno * 267 Olio del liq}ùdambar-27& Olio di noce d' India - 126 Olio per l'impetigine- 142 Olio di noce mofeata. 177 Olio del nimbo - 2 14 Opto lagrima di papaue- ro . 24 Opto non eccita à libidi- ne, come alcuni credo- no. 2J Otraqua forte di beuanda . l3 Otraqua . 12 S T PA c o N A . e Faqut- uere. 227» Paigi. 133 Pale- 22 7 Papavero non fai' opto- 2 4 Paieca . 2 44 Tazjim . Pepe. ìof Pepe bianco 3 e pepe nero non fono piante diuerfe . / 07 Pepe T A V OLA.* Tepe cerne fi riami - e col- rati . IQJ Tepe lungo c diucrfa pan- ia dal nero e dal bianco- io 7 Pepe Canarino - j 09 Tepe dell ' India . 300 Tarda, 1 moneta . 4 7.7 1 Ferie- 209 Perl e doue fi trottino . 2 09 Ferie maggiori che fi tro- vano . 211 Ferie imteccbiano . 211 Ferie come fi palificano • 2 1 1 Ferie prefe al plenilunio fono migliori . 211 Ferie non fentono ne' me- dicamenti de gl* India- ni . 211 ma, e dopo cena , Pimenta del Raho . Tifo, veleno - F Ulano faljb . Tcmphohge . / 1 109 227 57 / 44 Rubino . 20 3 Rubino non risieri de al buio . 20 3 Rumes. 233 S SA COL A A. 114 Salbo. 25 à Samac . 3 2 Sambrane . 8 8 Sandalo. 84 Sandalo citrino non fi por- ta in Portogallo . 8 7 Sandalo è di tre Jpecie . Ss Sarmashandar . 138 Saffafras. 406 Sarzapariglia . 290 Scorzonera herba . 366 Scorza di cajfia fiolutiua. 159 j- r Scorza di noce mojcata condita . 99 Selachiticum . 4 Sepulueda riprefo intorno al fandalo . 87 Semplice odorate come / intendi . 2 1 Sttdbul . j Sicomoro . 42 O L A. Siri folci . 239 Smeraldo . 202 Soft . 257 Sofola . 4 Solfare vino - 322 Spettacolo di doi Elefan- ti, che combattono . 6 6 Spinello. 204 Spodio . S7 Stampa antichiffima nel- la China. 17 f Sura . 127 Super flit ione in Cam baia* 62 T TAbAxir. S7 Tabaxirà che co fa e buono. S9 T abaco. 388 T acamahaca . 263 T amerlano. 237 Tamirham. 233 T amalabrata . 93-98 Tamarindi. 134 Tanga- 166 T apfia. 167 T ermicatlu . 237 T imeìea no nafce nell* ìn- die . 24 T imiriabim . 33 Timor. s TochaRe - 234 T opan * Tri „ I J ik HI rii)' w [ in ri, ♦ àw- J2! - jilttN- <1 i*I*. '« fjtf. ^ 11 IdCw V » « i ; r ; W^w V5- , T4 T una fatta in Quinmon . 6o V VA si di Cocco. 128 Fafo di fmeraldo che fi moflra in Geno- ua . 20^ Fafo murrino . 206 Venerea in f et t ione . / ^ 7 t \ Aphión , & fuo vfio . 40 f- efi'er biffe fio, che l'opto - 404 ApoBemc fredde . 3 94 Arbore contrail flifio . 481 Arbore di gran r virtù * ■4SI Armadìlla & fina figura. 463. fina deferittione . 464. ofio della fina coda, & fina virtù . 464 A fina . 274- 3lS Atheneo. 509 Atrates hijìorico . f io Auaritia delti Spagmtoli nel c ondar le medicine falfie . 420 Àuerroe . 3S0 Auicenna. 331. 498 Auolton in grande quan- tità. 454 3 A- I Wl ili , ^ V ^ , ► *“ & h ■§«? ", » ■{£>' £ 1 » T A V O . t A ; * c BA g v E herbà del- f Indie Or untali . 40 /• confetti oh di le 1 per fognarti cole piace- nti . Balenati . cr gl in- da ani li preti dono in cac eia. 4Ss Bai] amo d'india O cader/ tale , & defcritùone dd fuo frutto. 4Óp BJuer-, , . f ^ Leucr frefeo a cui fi c oneri ga, come fi de zfare con neue3 à cui non fi comica gayfuoi benefici f, a cui fi conuenghi apprettato da -Amcermaja Rafts ci- mato Lufitmo da Ga- ietto • 3 1 3 Mettere aldo fminocu* menti. 4pS Beffar che fign fichi ne ti la lingua virava. 341 Bendarne he A4 edicine . } 37-3+1 bitume . 2Ó<). fua tempe- ratura . 270 Bolo Alrmeno buono per le Petecchie. ^3 Bugimi . 394 "*A 1 M a n 1 che unti, j mali fimo -. 464 Cancro. 440 Carogna . ^ 267.466 C urbani > 0 appojleme ve* tenofe 3pó Cardo Santo radice. 430 . fua figura 43 /. dotte v* fi a. 431. fua dà feriti io - ne. 474. fua tempera - tura 3 gr fine virtù . Cuffia dell’ Indie Oc ciden tati > 30.1. fua virtù . , 3 02 Cajtagne purgatiue 3 loro dej culti ori e 3w odo da tur le 477. (or corretti u n e . ^ lor temperatura. 47s C a fi i glia. jJ2 Catarri 3 & tir rimedio. 39 l'fi32 462.490. h li- ni ori caldi. $6 p C auftico eccellerne . 440 Cauterio . 440 C edri & lor virtù • 333. 33^-339 C entello herba>& fue vir~ tu ‘ 4SI C eruello 3 & fuo dolore . 263.271.487 Cacatecas minere d'orge a b ? td T A V to della Trottine id Me chioacan . 3° 7 C bar rèe. 262 Cb^rcte M interno. 511 C bimbo luogo nel Perù . cor. 4-7 6 China donde fi porti . 278. ZS 3 . fitta deferitone . 286-fro vfo fina acqua. 28 6- Modo 'di prender - la. 287* fua 'virtù fra temperatura . 289 Chincicila luogo princi- pi nel Mechioacan . 3°7 Chrifloforo Colobo .238. 280 Ciche-rea . 34-7 Cieli vndeci * 429 Cleopatra. 332 Colico, & fra cura. 303 • 303-3 lJ'3z3 Collo, & fro vac or aumen- to . 264 Colore per pittori . 462 Condrilaherba • 374 Copal - 261 Coì alle. 484 Cofe , che fi portano dalle indie Cccidetali in Spa gna . 239 C enfiata impoli . j 1 / Credenza, che fifaà Si- gnor* . 37S Crudità fo repletìone. 393 Cuore 3 & pajfiom . 433 • 489 D DEbollezza come fi rifiorì . 422 Democrate. 331 Demo fi bene • 331 Denti 3 & lor dolori come fi curino . 264-394» 422'433-43S-462:fr- crtficìo che fi fa di loro dalli Indiani . 477 Difiillationi . 432 Diofcoride . 330 • 374 • 401.497 Dittamo doue nafca.Z6o . contta-veneno . 339 Dolori per bum ori freddi come fi curino . 266 » 217-439-471 Dolori artetici . 31 3 Duchefja di Begear .237 Durefine come fi nfolui- no. 268- 272-273-289 Dolori 'ventbfi . 392 Dolor di fianco. 298.299. 323 E Ebbrezza coll'Mm- br 0.491. col fumo del T àbaco • 400 EU- li tifi»!!/ tflp# Yaoiaiu t* il1 0ÌW I Ì00‘$$ u0(f(L filé»1 ^ TAVOLA. jjw» «* 335' ^ ?yjMÌ5*4W|: S&{ s£V 0- ,0*1 L il1 t(f>0 !| ì <5 ' N1 J,i Elettro mi (tursi d'oro 3 & di argento. 376 Elementi . 4^2 Epilepfia de' fanciulli • 3S* Erafi (Irato . j 02 Etherea regione . 4^2 Evonimo Alchimifla . ii/ Euticles . //0 Enfiagione . 263. 264 . 266. 268. 273. FAme, e£* /for ww< yj f o//cr* co/ 7". <^co . Eafuoli purgatimi 47 1 dor aeferittione & lor vir- tù . / E er ite 3 & lor cura .266. 273' 276- 277- 47* auelenate . #47 E errando C ortefe . 307 Fianco. 277- 297- 3:3. 392.4*9- 437' Fiandra . 711 Flegme come' fi purghi . 303.304- falfo & fra cura. 297 E tuffo di fangue , Elenio - roidale,A4e(iruo. 297 E tuffò. 424.462. colerico di fangue. 46 2. guarito con polvere . 443. 482 Frane. di Aiedozjtjt. 283 Ere] co fatto con ne uè 3 non offende 3come quello 3 che e dal tempo . 312 F uoco elemento . 193 Fuoco della faccia 3 infir- mila . 473 6 GAleno- 348. 494- 497- soo. 301 Gelifco Provincia . 267 G engiouo verde . 286 Giacinto gioia . 206 Giouami Agricola. 336 Gio. A4 amie. 337 Gio. O dorico Adelchiun . 374 Giunture 3 & lor doglie . 263- 266. 267. 268. 275- 393 • 289. 303- 3*5- G orna per la Gotta . 462 Gotta. 26 6. 28 9. 31 3.422* 462 Granata 3 & fuoi monti fiempre carichi di neue . 320 Gravidanze . 42 3 Guacatan herba3 & fua fi- gura, & fuo nome. 43 $ b 4 Guata- / T A V Guaiacan arbore quando , et come fi conobbe- 27 8- fua de ferii tiene ■ 281. acqua di lui come fi fa- 2 82 ■ acqua detta co ( he regola fi prende -283- fiue virtù - 2 84 Guaiaqml fiume del Perii - virtù delle fuc acque - 477 Guan canile as , nome In- diano della Zar spa- riglia . 477 Guilielmo feruitor, CTfew empiafiro . 473 Guido della Vazjiris , che circondò il mondo - 346 Grani danz,e . 42 s H HAmfze Benteripho Sì [prologo . 349 Ha vna città nell' 1 fio la di Cuba . Hclleboro IV egro della Prouinciadel Aiecioa - can . 443 Heliogabalo Imperai or. SU H emoroidi , & l or cura - 439-lorfiuJJò . 297 il erba di Gionanni in- fante , fina de fcrit rione, & fue virtù ^ou e fi tro^ 277 OLA. fi erba Scorzonera, quan - dojdcue , c 7 come fi tro- ni- 366- fino nome onde verga- 36 8- fra deferi- ti one, luoghi deue nafte, Cr fitaf Speratura. 370 » fitta acqua nelle febri pe- ndenti, condito, ò con- ferita di lei - 309 H ev ha de' Palle fi reri. 3 93 Herba di Pietro d'Qjma, e fine virtù - 4S 1 Herba cantra herba - 473 Herbe mer artigli ofe - 442 Hermolao Barbaro -262 Htdropifia, & fiminme- dij. 417.268^ 317 Hieronimo Alo tuo Ai e- dico Francefè- 376 Htppocrate. 147 H ondar as Porto , 47 6 H umori ' freddi. 26 3- vi- ficofi de' vecchi - 268- 289-296 48 8 .1 ICteritia 289.377. 323 ileon infirmiti. , & fuori ~ medio , 268 lnccnfio olone naft e . 260 Jndiam figgono l'andar al fuoco fatto di cene legno- 47 4. fi tagliano k frnlc fu ole de' pedi , tir le mangi Ano 3 poi fi fanano le ferite- 434 ìndie Oc ci de?? tali qudd.ó, tir da mi /coperte . 23 8r ì firmità fredde 261. 270-272 . lunghe . 28 s l 'graffare . 426 Ifitc Al edico miralo- 498 L LAtte, & fra vir- tù- _ 474 Lane de' Pinipimchi tir fra virtù, fra tempera- tura . 306 L egn 0 ar ornati co . 323 Legno per le rene , fra ac- qua, come fi faccia. 27 7 l egno Saio àrbore. 27 8- ciò che egli fi a tir fra defcrìttione.28 1 -acqua come fi faccia, tir cerne fi prenda. 282- tir fu a ■virtù. 284 Limito Jfila hoggi Stati- mene. 33S Imnngini . 267 Lettera del Perii feri tra da Pietro d'Ofmaal 1). A4 o?i arde? . 446 Jjqtiidambra, tir fito olio. 270 fite vmu.271.fua temperatura . 272 JjUigi di Cuctia . 360 M MA l caduco . 484* 49 * t , Al al b racrj e onde da pri- ma, y erti fé . 277.280. come fi cfoiàmajjè. 280 . fra cura, 422-434-282. 286.273. 31 3 Ai aline om a. 287 • 363. 373' 470 A4 . Anton.lmp. 3 30 A4 ani fi-copiate . 42 3 Aiarìa Cutaneo inferra a diangofcie. 360 A4 amale . 317 A4 antri Al fon fi di Sof- fia , vice Re rieli’ Indie Orientati . 40 1 A4 afiici deue ?t afono . 260 A4 atri ce tir fra fu foga - none -26 4- tir 268.373. fitte pajfioni . 424-433. 488. fre opilatiom , cr durezze. 272 . 276. futi purgati one, fu 01 dolori . 313. fu 01 affanni. 373. firn difetti. 417 • firn no- cumenti . 482 A4 ecioacan provincia nel la nona S pugna . 367 Me- T A V Mecioacan PI erba. 306. [uà hifloria • 30 8 fua de- fenttione fina radice 3& fiue conditioni. 3 12. fua temperatura . 3 1 3- fua 1 virtù . 3 13. con che or- dine fi prenda. 316 • fua Dofi. 3 2 1 .fino fiore . 467» deferì tùon dei fio- re. 47 radice con- dita. 4*5 9. come fi cono- fica efjer buono . 42 0 Ad e ciò ac an di S* Hele- na pericolofo . 468 Medicine contra veleni . 338 Mediane dell3 Indie 3 & fiue virtù . 467 Medicine , che curano vn male & conferitane an co da quello . 339 M enfimi. 297 424 Milza. 268 Minere d'oro» 322 Mirachial. 289 Miramamolin Redi Cor duba & fua liberalità . 3*9 M 1 tridate Re » 330 M itridato Medicina . 335* 338 Mondo pieno di per f et - none . 492 M orni Pirinei . 320 OLA» Mufchio . 489 N NApelio vele- no . 349 Naphta , Bitume . 269 Nebbie come fi generino . 493 . Madre di tutte l'iwpr e fifoni aeree. 494 Nerui percoffì , & lor ri- medio. 265. loro attra- ttone. 275. 276- 31 5* N eue come fi generi. 493 . doue cada. 494. come ficaldi . 49 5. fino frefeo fina natura. 49 6- fino vfio nel rifireficare . 5 02. fina acqua non fanale 9.C0- fie rifrefcaie con lei fa- né. 5 1 6- doue , & come fi ferbi. 320. Ad odo di rifreficar con lei. 32/. Benefici} fitoi . j/5 Nerone lmper. 510 Nicaragua Pr ouinci a . 322 Nicolo Pieremmo Me- dico . 3s ? Nocelle purgatine. 30 2 -lor virtù, lor temperatura, lor difetti 3 & corroda- ne* 303 O c~ li. i. # tavola. 'buio è », fi ftjjiw. fi jùkf* !j;,l00' À0'M m /fff ’f sf! y Kf0 k vi0>r, *.K O Oc C H 1 . 264 Ocofol àrbore. 270 Odoardo Re d’ Inghilter- ra liberato d’vna ferita auelenata3con che -277 Ogho del fico infernale . 267 . come fi cavia 3fiua virtù. 268 • fua tempe- ratura . 269 Oglio del Liquid’ambro . 27 i.fue virtù. 272 Oglio come fi cani de * /m tifi femidagP lnd.267 Ongaria . 31 / Opdationi. 392.289.414. 424 0pio3etfuo vfiopreffo àgli Indiani . 403 Orecchie 3& vdito . 464 . Orina. 277. fino ardore. 419. fiua r et catione . 42 1 . fina doglia . 4 37 Orfada herba}& fiua figu ra.440. fuomme3 & fue virtù ^ fiua tempe- ratura . 44.0 Ojjo del cuor del ceruo . 539 PAntaleo de* Ne- gri . 293 Paralifia . 277. 289.490 Pater no fri di S.Helena > radice , & /or figura . 436 . lor defcnttione 3 lor compie fifone, & vfio dell’herba . 437 Pepe d’india. 290 . 3 00 Pepe l ungo fiua figura 3 de- Ccrittione, & lue virtù . 472.473 Pencrates. 309 Perle. 339 Peflilem. 2,62. 426 Petra Città dell* j4 fi a . Petecchie . 2 64 Petto 3 & fue pa fifoni. io t. 39i; 418 Penetri profumi . 486 Philoflrato . 339 Piaghe vecchie. 397. 44 1 . 467. fiefche. 277. 289. 462. picciole . 4.39 Pietra Pe\aar3 & fuoi no mi. i4i. animali 3 che Ingenerano & lorde - fcnt. 14 1. come fi ge- neri. 142 . fiuo colo- re c fr figura. 2,43. f al- fa come fi conofica. 146. quando prima condotta J in T A V in Spagna#; Smine- rai e • 34 6. (uà fola ere • $46- come flette occulta va tempo. 329- fuaejpe ricn\a. 3 3 7 .virtù. 36 2» come [coperta nel Perù. 444-449-lorVf0' 449 ' 4-5 $ r pietra del Sangue. come fi adopri, & fu a virtù. $96 -del fi anco . &[ua ■virtù • jua ejp orienta . 297 . Pietre pmiofie . 339 Piate de ’ C armarti . 4C4 Pietra de’ Tubironi . 463 p:et ra dell e rem . 46 9 Pietro d? Abano il conci- liatore ■ 336 Pietro C ami cer . 374 Pignoli purgatali, loro de- feriti ione. & lor virtù . 30 3 Pioggia nel Perii nelle montagne . CC non nel piano . 313 Plinio. 328 3 10. 317 Plinto fecondo . 3/0 Pofjìdomo. 269 Profumi. 486 proprietà occulta . 330 Poluere per veleno . 340 O t A- O QV alita' manife ■» fta. 330 Quartana. & fuacura. “ 463 Ouito Proni nei a nel Pe - ~^ru. 443 R RAbi MofieH ebreo. Ragni grandi come aran- ci • 4/4 Medico Arabo . /4 fegni dell? auelenato . 332. da velen freddo, et da velen caldo. 3 32 . fi - gni peggiori. 3 3 3. cura delli auelenati. 334.cn- ra del veleno caldo . 336 . cura del freddo . 336- per proprietà oc- culta . 337* fim cura. 338. col3 herba Scorzo- nera- 338. Modi di guardar fi da i veleni . 37 S' tavola. 373. Radici con tra ve- leno y & loro deferitilo - m y & loro nome . 474. lor temperatura . 47 3 Fermi del corpo . 393-362 Vertigine- 364- ~ 373 V f ica. 284- 3 ij V ìllalobo Dottore . 499 Vinoy e fua viuacità come fi mortifichi . 3 jg Vitrioloy cr fuo olio - 333 Vm corno . 33 ^ Volatiche Tegna. 399 Vomito- 268-432- neltor le medicine come fi im- pedi fica . 3 1Q Viceré- 289 Vento fità. 289.296 - 301 famoy &fiuadefcrinio~ ne - x Enophonte. s/o Xilo arbore del Bai - 273 ZA R Z A P A R IGEI A donde fu portata y fua defcrittione 3 ejfer la fmilace aftra - come fi vfaua.290 291. come fivfaal preferite. 292 . firoppo di lei compofto dall3 Ruttore , & fue virtù - 293- Poluere di lei > fua temperatura y fua virtù. 293 Zar spariglia nona doue nafta, come la chiama- no gli Indiani. 476. co- me fi adopri. 478. come fi dee dare- 480 IL F I N B r< DELLA HISTORIA DE I SEMPLICI A ROM ATI, ET ALTERE cose che fet^go^o portate dall Indie Orientali * pertinenti alla Medicina ^ . SCRITTA IN LINGVA PortughefcjdairEcccllente Dottore D.Garzia dall Orto, Medico dei Viceré deiriadie. Et bora ridotta nella nojlra Italiana dall3 Eccellente Dottore & Ad e dico* Ad. Annibale Brigami Adarrucino da Ciuità di Chicti . LIBRO PRIMO. Dell'Ambra . [ ap . I . Ve l» che noi in Italia chia- miamo Ambra, da Lacinie detta Ambartì , e da gii Ara- bici, Ambar, forco il qual no- me , per quello , chio fin qui mi truouohauere offeruato, è da tutte le nationi dei Mon doconofciuta, ò purecó po- ca variatione di voce . Ala della fua origine , fonò affai varie le opinioni de* Scrittori jimpeioche alcuni dicono effere il fperma A della i Dell* Ambra ■ della Halena.altri vn’efcremenro di vna befiift ma- rma,oueramente Tpuma di mare. Le quali opinioni non fono, per dire il vero, molto ragioneuoh; per- ciochein cero luoghi, done fi ritruoua grande Ab- bondanza di Balene,e doue i’onde del mare batru te generano gran quantità di (puma , non fi è mai veduta Ambra. Alcuni al tri dicono,che in grufo di bitume fcaturifce da certe concauirà di Torto del mnre.Laquale opinione c fiata da molti tenuta per- la migliore, e più con forme a Ila verna Auicenna al 2.1’b.slc.6$.eSerapioneneI libro de’ Semplici al c.i^óhanno detto, l’Ambra generarli nelTaltre riue del mare non alrrimente,chei fonghi ne glfor bori ; e pofeia nelle tempefie, e nelle forruoe efierc infieme co’ falli mandata fuori . Laquale opinione ha più del venfimile , che tutte baiti e d’Auicenna- Imperoche fofiiando gagliardamente Euro,n’c fia ta gittata, (che veniua di tutro quel trarr* dell’Ifo- le di Maldiua,che fpettano ad Onere) gran copia nell’lfole diComaro,di Demgoxa,edi Mofombi- ca. All’incontro folEando poi Fauonio,fe ne racco- glie gran copia in quelle ifieiTe Ifole , che volgar- mente per corrottione di voce, Maldiue fi dicono, douedo piu torto dufi di Nalediue,perciochc Na- ie in lingua Malauarica vuol dir quattro, ediua Ifola, la onde Nalediua fi haueriada dire, comefe dicertì, quattro IfoIe,in guifoche fogliamo nei chia mar quelle Ifole Angelediuajequali fonodifianti dalla fiera di Doga nelle Indie Orientali , dodeci leghe, per eiTere cinque à punto, conciona che An- ge in lingua loro non voglia dite altro che cinque» Ma quefio è fuori del nofiro intento , pur non ho potuto fchrnar di non dirlo,effendo l’ifole di Mai- dica cadute in ragionamcco.ScnuCmo quefii ifiefii Autieri Capitolo /. ^ .Autrori già citati nei tnedefìmo luogo, che PAiii* bra, efTendo mangiara da vn certo pefce chiamata Azel torto fi muore, liquale poi rrafporrato dai- J>onde del mare , e prefo con gli vncim , e tirato m fecco dagli huominidi quei paefe, e fbentratolo, necauano 1* Ambrasbenche queft'ambra tutta è te- nuta per vile,e di poco valore, eccetto quella, che il rmuoua attaccata alla fchena, laquale in lunghez- za di tempo diuenta perfertiffima. Ma quella lo- ro opinione à mio parere è fa 1 fa i imperoche chiara cort e, che tutti gh animali, quei cibi ricercano per Jor forteni mento, che fono alla lor natura conucs- neuoli , p u corto che dannofì , fe pur pttauencurst non auenirte eiler quelli co’ cibi buoni mefehiati* nel modo, che habbiamo noi in cortume di fare per ingannare i topi. Non pare adunque verirtmilej che qtiefto pefce vada ricercando l’Ambra, douen- do cifer la Tua morte , anzi dirò, che eden do l3 Am- bra vna di quelle cote, che grandemente Conforta- no & accrefcòno forza ai ciore, habbia tal pefce mangiato mortifero veleno, poiché con hauer pre- fo così delicato modicamente muore.Scriue Auef-a roe al quinto del Colhget a! cap.pò. ntrouarfì vna fpecie di Canfora nelle cauenie del mare * che và poi (opra nuotando neii’acque, della quale la piò lodata è quella che da gli Arabi é detta Afcap, Ma quanto quefta opinione rta lontana dai vero , e quanto indegna di cosi grande huomo, e di coll gran Filoiofo, é tanto chiaro , che non fa medierò* ch’io l’approui. Primanicte,perche dice la Canfo- ra nafeere nel mare* Appreflò perche quella che e fredda e feccain terzo grado, vuole che fia Am- bra, laquale è calda de fecca in fecondo grado. pori emo alcune voci > iequahiintrouano appref- Ai fc ^ Dell'Ambra • fa di Setapione, e d’Auicenna. T edifica Sera pione al libro de’ Semplici al cap.is6.che di quella _Am- »v.? a, ne reca <>ran quanta calla Prouincia ài Zmg, ^Sl? 1 irnperocheZingue.oueroZangue capo de* Pcrfiani, & Arabi , dinota quello ifteflo che da’ Latini è detto N igeine da noi negro, per ef- fe! tutta quella rimerà marttima deli Ethiopia ha- bitata da Mori, cioè da gente negra . Lofi medefi- nìamente Auicenr.a al i -hb-al cap.6? ■ sggiungen- d'olUm’epitetto , la chiama A Imendei. , quafi vo- oba 'dìrefdi Melinda , coli ancora Selachuicum fratto il vocabolo forfè da Zeilan Ifola nell One"' te più lodata d. tutte . Laquale nel primo l.bro d» Diofconde al cap.io-fu falfamente da Lacuna cre- duta, che falle vna città, effendo veramente Ifola ornata di molte città . Queft° e duan'0 f’ha da gl’ Arabi. De' Greci nefluno altro ne ha fermo, fe oon Alito. In fomma la mia opinione e quella, The fi come fecondo la -varietà de’ luoghi vn ter. .eno alle volte farà rollo, in guifa, diveggiamo ! boloarmeno, & alle volte bianco, in guilacne •vediamo la creta , è molte volte negro , cofi ”ve- i ifimtlmente può edere o Ifola.o terreno, che hab- fc àt fattele dell’Ambra ilche , ouerameme fraterna, ouerovnacofa fangofa, o altra d al- ila forte, e quello manifeftamente fi vede perla C. ran quantità, che fe ne ritroua ; imperochefe n é ìitrouato tal pezzo, chefatà fiato della grandez- za d’vn’huomo , e tal’hota di lunghezza di no- vanta palmi , e dì venttdue di larghezza. Hanno detto alcuni dì hauet veduta vn’ifola tutta dt pura Ambra, laquale hauendola poi 'Voluta rttroua- «e.mai più non la viddero . Nell’anno i jp f • pref, foal promontorio Como» a ìlquaìe vedo 1 boia Capitò là I - $ di MaJdiua , ne fu ritrouato vn pezzo di tre mila libre, & credendoli colui che io trouò,che falle pe- ce , onero alcuna forte di bitume, lo vendette per adai buon mercato . Il più gran prezzo , ch’io n’habbia veduto era di pcfo quindici libre. Ma coloro, che traficano in Erhiopm rettificano di ha- uerne veduti pezzi affai più grandi : percioche tuc- ra quei la riuiera di Sofola minio à Braua è abbon- dali udì ma d* Ambra . Rirrouafene ancora ( ma di rado) in Timor & Bralìl . E l’anno 1530. vdì, che in Setabul , porto de* Porto g he lì ne fu trouato''vn pezzo- Mi lì ri feri fcc ancora* che fpelfe volte fen’è veduto ne* becchi de gli vccelh , i quali è da crede- re , che iui facciano 1. Toroidi : alcuna volta fi è ve- duta ne* conchili5& nelle fcorze delle oftriche me- fchiata, 6c attaccata l’Ambra . In oltre la più per- fetta Ambra lì tiene, che lìa quella, che è fenza a U cono mifcuglio di fporchezzo , & quella, che piu tira alla candidezza, cioè, che lìa di color cineric- cio , oueramente in vn luogo di color di cenere , &s in parre di candido ; che lìa leggiera , e che tràhcra con l’ago , rimandi dell’olio. La negra è riproua- ta , e coli medelìmamente la molto bianca a! pare- re di Serapione nel luogo ciraro di fopra* laonde io giudico , che lìa col gelfo contrafatta^ . Qui douemo notare vna contradirtione del Manardo* ilqnale nell’elettuario di gemme nella prima di- ftintione delle compolìtioni di Mefue, dice* che l’Ambra è cola nuoua , c ch’egli la tiene in poca Rima -, ma poco dopo nell’elettuario del Diambra» quali [cordatoli di fe ftelfo, loda per nfpettodcl- l’Ambraintìnitamenre quella compolmone, e di* ce egli di feruirfene fpelfo e nelle donne , e ne* vec- chi » è in gran Rima appo de gli Indiani ricchi* A } fenisa- ^ Veli' Ambirà. feruendofene ne’ cibi in conto di Medicina; ven- dei! più, e meno fecondo la grandezza de’ pezzi, imperoche quanto pitie grande tanto e maggiore il prezzo, non altrimenti che nelle pietre pretio- fe; ma in nefl'una altra patteein piu prezzo, che nelle parti della China; dotte eilendone da no- ftn Portilo lieti portata vna certa poca quantità , tu onni Cateapnrezzata nulle , e cinquecento feudi ( d Care appreso eh Indiani è vn pefo di venti on- cieì dal coi guadagno tirati alcuni altri mercatan- ii,ve ne po tarono tanta quanti- à.che hora e ndot. »a à viliffimo prezzo . Annotatione di Carlo Giulio . NEllA fiera di Siuiglia , la piu famofa non fo- la»; ete della Bettca.ma di tutta Spagna fi porta dfllL’ America vn certo olio di color citrino 3 del quale ji tredi cario le meraviglie ne gli affètti della matrice . Chiamano queft'olio , olio A3 Ambra. offendo del me- de fimo odore, che famiglia l’Ambra, lo mi credo, che metto defilili da quell'arbore , che nella biffi oua dt Aitffico è detto itto in quefio modo . Fra gli arbori ai M efficofi fa m emione dell'arbore dett o Geo fori, arbo- re api grande vago, con le fòghe fimili all'edera . il liquor di quefio , che chiamano Liquidambra , fana le ferite, e mej chiaro con la fua feorza, e poi ridotto in polvere, rende foamffimo odore . DeW Aloe . Cap , 1 1 « * Aloe da’ Latini è detto Aloes, da’ Greci <*ach, Arabi, Perfiani,e Turchi lo chiamano Ceber* € <}ue- L Capitolo 11» 7 e quefto tnedefimo da Serapione è chiamato La- ber, forfè per error deii’efpoficore, ò pur per negli- genza de gli Stampatori ; perciocheil tetto Arabi- codice Cebar. Ma i Guzaratefi ( i quali fono cre- duti edere Gedrofij ) e cosi ancora quelli,che habi- tanoin Decan, lo chiamano Arcaa; i Canarini, che fono in quella rimerà dei mare,lo chiamano Cate- comer. Li Spagnuoli Azibar, quali fcriuo- l’Aloè, e l’acacia effer folito di adulterar fi, per elle- re in quelle parti poca quantità di detta gommale di acacia : anzi, per dire il vero,netfun credito fi do ucr ia lor dare , sì come ho 10 per relanone di hno- mini degni di fede intefo. Bcn'èil vero, eh 10 non negherei mai: che portato d’vna m altra parte,non p ornile falfificarfi. Che quello Aloe, che fi fa m Socotaro fia megliore , e più lodato , non folo e la- ma poblica, ma l’ho incefo ancora da perfone cele- bri le quali diceuano di faper di certezza 1 Aloe nafeerein molti luoghi delle Indie , ilqualepor- randofi con quello di Socotaro mAdem,eGida (chiamata da certi per corrotion di vocabolilu- daa) è di là per terra al Cairo , e dopo in Aleflan- dna alla foce del Nilo: oueroad Ormus, e dopo à Boema, e d’indi al Cairo in Aleflandria-» . Ma fi conofee facilmente quello , che nafee in Socotaro da quello di Cambaia, di Bengala, e d’altri luo- ghi? Ondeà quattro doppie c più caro quello, che di Socotaro fi reca, che l’altro , che da altri luoghi fi porta. E fra gli altri fegnali, lodauano il So- coterino, che fu ile fodo, e ben cofìipato, come che gli altri , che fi portano d’altre parti , non pollano ben condenfarfi per effere il fucco da di- uerfe piante raccolto. Nè fi trouano (fi come gli Arabici affermano) ''Varie fpeciedi Aloe, perche vna fola fpecie fe ne ritroua , tutto che gli fi diano vari) nomi .Quello, che Diofcoride>e Plin.fcriuo- no dicendo, che il più lodato fi porta dal i’Indie* 6 altri dicono , che fi porta di Alcffandria , onero Mirto lofi li da slcifty ali few- fi.pcrefl'e- jw®M [Éofido (rito* [^\0 ttajUW)"® ooofoloc^ [ezza PAlof ìlfilc?01* ifdjcGida t$0 #,# idlil*' ^ 'V& t0* qoclkfy Ittilno^1 I no il fa io, co111® rri , no.11 co dadi* coiw^ ertele lifidin» liti.f# *! Capitolo Ili p dall’Arabia , non è da intenderli femplicemenre ; ma fi ha da inrender di quello » che di Socotaro primamente c fiato portato dall’India , perciocché diCambaia, e di Bengala ancora fi porta in Or- mns,m Adem,& in Gida-j . La onde manco errore ha fatto Mefue in dire, che'Yna fpecie folamente di Aloe fi portadiSo- cotaro, l’altra fpecie di Perfia , la terza di Arme- nia 3 e la quarta di Arabia ; imperoche quella, che fi porta in Portogallo, fecondo ho con gli pro- pri) occhi veduto, e di Socotaro. Machefiada alcuni antepofia l’Alettandrina , di qui fi è caufa- to, che gli anni pattati portandofi molte cofedi fpecieria in Ormus, e d'india in Bacora,in Adem, 6c in Gida , onde poi con gli camelli fi portano à Sulz (iaquale è pofta nell’efiremo del mare Eri- treo) e poi in Alcfiandria nella foce del Nilo, don- de pigliandola i Veneziani , la diftnbuiuanoal re- fio di Europa ; ma nonché Meramente l’Aloè fi faccia in Alettandria . Nafce l’Aloè non folamen- re nelle parti maritime, ma nafee etiandio ne’ luo- ghi diferti dell’lndie, hauendolo io per ducento leghe veduto farfi per tutto , in quel viaggio , che io feci per terra per quei diferti, E'cofa chiara, che nefluna forte di gomma ftilla dell’AJoe ; maben’è vero , che dalle fue foglie efee vna certa acqua vi- feofa , laquale é tenura in poca ftima , e non ferue à cola alcuna^. L’vfb dell’Aloè non c folamen- te appretto de gli Arabi , e de* Medici Turchi , I quali fiudiano Auiccnna(che effi chiamano Abo- rto*) hanno Ietti i fuoi cinque libri de* Ca- noni, e ftudiano Raze , (chiamato in lingua loro Benzacharia) e cosi anco Hali Rodoan , e Me- fuc(da loro chiamato Menxus)auenga che non fia quello,. io Dell'Aloè } quel lo, che habbiamo noi ; e di più Radiano l’ope- re di Hippocrace , e di Galeno s d’ AriRotiie » e di Platone , benché quelle opere non fono intiere, &C perfette nel modo, chel’habbiamonoi in lingua Grecai. E' in vfo ancora l’Aloè appo de gli In- diani ne5 medicamenti , che purgano, e ne3 col- liri) , e così ancora nelle ferite doue fia bifogno ri- generar carne , perii quale effetto tengono nelle Fpecieneapparecchiata vnacompofitione, laqua- le chiamano Mocebar , fatta di Aloe, & Mirra, della quale compofitione fi feruono grandemen- te in curare i caualii , de nell’ammazzare i vermi delle ferite^ . Ho veduto io vn Medico del gran Soldano Ba- dur Re di Cambaia,ilquale fi fermila molto fpelfo dell’herba Aloe, in quello modo: Faceua egli cuo- cer le foglie tagliuzzate infieme con falene poi da- ua di quella decottione otiopncie , e quella fenza alcun trauaglio moueua quattroe cinque volteil vctre.In quella città di Goa fi dà l’herba Aloe ben pella , e mefehiata con latte à coloro che patifeor.o viceré nelle reni , oueramente nella vellica , & coll ancora à quelli che orinano marcia, e certo non fenza gran giouamento, e fodisfattione dcll’in fer- mo; percioche con quella tollo guanfcono.L’vfo di quella è noto etiandioà cacciatori , imperoche cu- rano le gambe rotte à gli vccelli . Serue ancora qui neli’Indie per ridurre le poReme, e iflegmoma raaturatione. Per laqual cofapareà me, che di gran lunga erri il Matthioii nel Comm. del j.lib. di Diofcor.al cap.z.done vuole che fi conferui più toRo per fpettacolo, e bella viRa , che perche ce ne habbiamo à feruire nella Medicina-. . Quello eh’ Antonio Mo fa Brafauola dice nella lua Esami- na Capitolo li, it na de’ SernpIici,negàdo,che l’Aloè fia herba ama-, ra} è maggiormente da merauigliare ; imperoche hauendoia io moire volte guftata , l’ho Tempre ri- trouara amara , e tanto piu mi è paruta amara, quamo era più alle radici vicina, come che le cime delle foglie fodero lenza amare zza. Tutra la pian- talo le ha vn certo odor graue; la onde edendo dif- fenfione fra certi Auttori, fe\ medicamenti , doue entra l’Aloè, fi debbano prendere innanzi mangia- re, ò pure inlìeme col cibo, oueramenrefubito da poi. Mi èparfo di dirne qui alcuna coletta, aucn- ga che fufie ciò cola da ricercarli da più dotti Me- dici di mejGaieno dà cinque pillole di Aioe,& ot- timamente per certo \ imperoche mitiga in quello modo il dolor del capo. Plinio al cap.j. del 27.iib. giudica , che ha di maggiore efficacia , fé pigliato l’Aloè, fi mangia fubito appreOb ; ma che fia però il mangiar poco, e di buon nutrimento ; iaqnal co- fa à me piace infinitamente ; e coli hanno in coli u- me di farei Medici di quefte bande, imperoche t (Tendo l’Aloè medicamento debile , non euacua- ria , fe fubito non fe gii aggiungede forza col cibo* benché poco, e di buon nutrimento deue edere, accioche predo digerito , podà meglio .purgai . All incontro Paolo al 4. cap. del 2. libro comanda, che fi prenda la mattina à buon’hora , riprenden- do quelli che lo pigliano dopo cena, conciofic, fecondo che egli dice , che corrompa il cibo . Qa- feuno fi difende con le fue ragioni, e con i Tuoi Auttori, ma facilmente fi pofiòno concordare^ . MaelTendo queda contradittione molto volgare, e da molti ddeuda, giudico cofa fupertìua à ragio- narne piu . Benché non mi parrà colà fuor di pro- pofito, le aggiungerò qui vna regola afiài volga- 12 "Dell* Aloe . re, che vfano gli Indiani nel dar delle medidrie.Lé pillole, e le medicine correnti da bere le danno ne! .modo ideilo che facciamo noi, cioè nell’alba, prò* hibendoall’mfenno per cinque hore il mangiare, il bere, & il dormire; ma fe in quello tempo non fi purgano , attendono, fecondoil precetto di Aui- cenna , à confortare il floroaco, ilche fanno eflt con dare à bere due dramme di maflice difciolto in acqua di rofe, &vngono i! 'ventre di fiele di bue,metrendo poifopra all’ombellico vn panno lino imbrattato del medefìmo fide, & quello fan- no per dare aiuto al medicamento, e per eccitare la virnì efpulfiua,fe pure ne hauerà bifogno . Se in terminedi quellecinque hore il corpo farà lafua debita euacnatione , gli danno tre onde di bro- do di gallina fenza altro; & poi beuutovn poco di acqua di rofe, fanno metrere l’ammalato à dor- mire. Quello modo di. curare pare à me, chefia fondaco con le fue ragioni , e con rdlimomanza di Aurtori ; attenga che Ruellio al 5. libro ai cap.ip. commendi grandemente quella beuanda di Ru- fo comporta di Aloe, di ammoniaco, mirrà , evi- no ; donde prefa occafione riprende acerbamen- te gli Arabici, come quelli, che leuatone l’ammo- niaco, e’1 vino, fanno le pillole di Aloe, di zaffe- rano , e di mirra ; óc dicono elfer quella la ricetta tolta da Rufo; facendo collui à fua vfanza, e di al- tri Scrittori moderni , i quali alfai volte à fommo Audio riprendono gli Arabi per poter più celebra- re! Greci. Ma veramente non fi può negare, che il medicamento di Rufo non fia di gran valore nel la pelle, e febri contagiofe,& c cofa chiara, che le pil- lole di Rufovfate nell’ifteffo modo, ches’vfano* fono affai buone, da molti fperimentate con af- fai Capitolo Ili fj fai buono fucceflb,doue fi aggiunge il zafferano, non peraltro, fe non perche oltre à molte altre prerogatiue, ch'egli ha, conforta il cuore, & è ape- ririuo. li Manardoal primo hb* delle fue epifille nella prima epifiola, infìemecon molti altri mo- derni dà gagliardamente addcffo à Mefue, à Sera- pione,& ad Auicenna,con dire, che quelli habbia- no detto , che l'Aloè apre talmente 1 capitelli del- le vene, che ne fa fcorrere il fangue, per la qual co- fa dicono non douerfi vfare nelle emorroidi, e li ri- prende, perche habbiano detto, che l'Aloè nic- chiata con mele, ha manco forza di purgare, c cheé manco dannofa allo ftomaco deli'aJa-e me- dicine purgauue. Onde all'incontro il Manardo, &c quelli altri Tuoi fcguaci dicono ; che i'Aloe non fola mente non apre le vene emorroidali , ma che più tofto riferra*, e dicono non hauer detto bene Melile, dicendo, che l'Aloè mifchiata con mele, fia meno dannofa allo ftomaco, conciolìa che il fa grandemente profitteuole,e di ncflun danno, e che nicchiata con mele , purga 'Valorofamente più de gli altri medicamenti . Il primo argomento 10 prouano con l'auttorirà di Galeno , e l'altro Papprouano con ragione^. Imperoche hauendo 11 mele anch’eftb'Vmù di purgare, aggiunto ad &itio medicamento, che medefimameute purga, fuàdi maggior forza, e purgarà molto più: In 'Verità , che Antonio Mufa Brafauola , ilquale non fi obliga mai ad opinione d’huomo alcuno dei mondo, dice nei difcorfo, ch'egli fa foprai Semplici aliai meglio confìrmando l'opinione di Meme , e teftifica di hauerlo egli molte 'Volte jperimentato , che l’Aloè apre Je vene emorroida- li* t con medefimamente ho prouaco io,che l' A ice eccita Veli' Aloe • e xira gran dolore &fiufìo di fangucà dette vene* I che può facilméte auenire per cagione deli’ama- r zza dell’Aloè, aprendo le bocche delle vene, fi come per efempio fa- rà la Sci 1 i a ,(< he volgarmente dicono cipolla fquil- ia) quella mangiata ammazza , óc applicata di fuori, impiaga. A quello, che dicono del mele, quando Mefue dice, che l’Alce melchiatocol mele purga meno, rifponderei cofi dicendo , che haucn- do l’vno, e l’altro medicamento, cioè l’Aloè , & il mele virtù di purgare^ il più debole, cioè il mele, è oppreflTodal più gagliardo, ciré dall’Aloè , Ócin quefta guifa ancora qnnfi accidentalmente corro- bora lo (fornace; percioche purga fenza nocumen- to , òcon pochiffimo quegli humori, che fono allo ftomacho noiofi . Mi fa grandemente merauigha- re Plinio, che al libro 27. al cap.4.vuoIe,che l’A loe fi ritroui fopra Gierufalemdi natura di metallo. Io per me non (blamente n’jio con ogni diligenza fpiato fopra quello luogo di Plinio , Medici Ebrei, ma Speciali ancora, i quali diceuanoefifer di Gieru- falem , e negauano d’ctferfi mai veduta tal forte di Aloe in tutta la Paleftin&j . Anno* Capìtolo II . Annotatone di Carlo Clufio. IL Cairo anticamente chiamato Mem fi celebralo per le meramghofie Piramidi 3 che fino al dì d'hog g$ fi anno in piedi 3 doue fi racconta ej]er flato prigione Giofeppe, & ejfertìi ancora i granai 3 è da Mori chia- maro Me fiera ; ma perche vna certa Regina chiama- ta Alcairey laquale fi tiene d'hauer quei luoghi accre - fiatiti 3 ha dato il nome al Cairo 3 doue ha incominciato a mancare ilcomercio di gemi pian piano , dopo che V Jmperator de' Turchi 3hauendo prefio Coftammopo - li3la ficee foggia regale 3doue bora tutte le genti concor- rono . Nel nofiro Aloe, per dire il vero3non vi e ama - reflua alcuna 3 ile he porto opinione auuemre dalla fo- nere loia humidità ; ma in certi luoghi di Spagna fi ri - nona vn' altra forte di Aloe, nelle cui foglie ritrouare- te amarena, cr nereggia infieme3della quale /periamo di far vedere vn giorno il ritratto . 1 N quel libro attribuito à Galeno intitolato ad Patermanum al cap.g. fi ficriue3che debbia darfiene do- po cena quanto due grani di cece3 & è medefimamente da 1 nolo Egmetaal 2 . lib.alcap.43. dato dopo cenarla qua' contradtmone accorda Nicolò Rorariò nel libro ch'egli fece delle C ontradittìoni fra gli Auttori anti- chi. Non dice Plinio in quel luogo 3che così fatto Aloe fintrom, ma dice 3 che fono flati certi 3 c'hanno detto , che ne la Giudea in Gierufialemme vi fia l'Aloè di na- tura di metallo . Dell' A Itith . Cap. Ili , a!tA?TA; Iac6fufi°ne deìl’AIcith , Aniuden, Ada fetida, Affa, dolce^ouero odoratale Lafer- pitia té Dell' Aitith . pitio,che à pena me nc poffo diftricare; imperocne non ho ritrouato ancora chi m’habbia faputo dire il nome della pianta, doue fi fa quefta gomma , nc meno chi nVhabbia faputo defcnuere la torma della pianta. Vogliono molti, che fi porti di Cora- fone ad OrmuSjC d’indi nell’India.Altn dicono di Cuzurate , auenga che ini fi crede che venga della r^ione di Deio luogo affai freddo,laqual regione fi ftcnde fecondo che ferme Auicennaal i-lib-cap. U- fino in Corafone, e nella regione di Ghiaia^- Chiara cofa è , che quefta gomma Altith da molti Arabi è chiamata Antitjim peroche à qual fi voglia Arabo , che farai veder quella gomma , che da gli Indiani è chiamata Icngo, ouero longara , dira in »"Vn tratto, che fia 1* A l cicli, ouero Antu. La pianta, doue qucfto liquore fi raccoglieva* paefani è chia- mata Àniuden, e da certi Angeidan ; ma perche la comma fi porta in lontane parti , è diffidi cofa ad hauere la veradefcrittione della pianta.». Que~ ita forte di medicina é ftata per varij nomi chia- mata. Da Auiccnna al 2.1ibal cap.p$. fu detta AI- iith,& Alonbarut , fecondo la varietà delle lingue de’ paefi doue fi reca . Ma che cofa moueffe il tra- duttore à chiamarla Affa; non lo faprei dire,fe non chehauerà perauentura voluto dire Lafer, e non Affa, ilche poi à longo andare , effendo corrotto il vocabolo ha cominciato à dirfi Affa-» . Ma qui di- rà alcuno ; che TAltith non è il nome della pianta, che produce il Lafer, ma più tofto di quel fucco apprefo ; laquale opinione par che fuffe di Gerar- do Cremonefe, nei Commento fopra Rafis, nel capitolò del coito diminuto, nel libro delle diui- fioni,cap.7p. allaquale opinione rifpondo in que- fio modo , dicendo* : che Gerardo non feppemai la Coitolo 111. t7 la vera lingua A rabica cortumata da Sirij , Mefo- pocami , Per da ni > e T artari , doue fi crede che na~ feede Auicenna in vnacirrà chiamata Bofora . fa quale lì tiene da certi che futfe Babilonia, ma ioho fa puro per certo, che non èBabilonia, ma si bene è vicina à Babilonia, dellaquale non fivedeho^i veftigio alcuno, pofta nella Prouincia di Vzbeque. Querta V zbeque c vn luogo di Tarraria, doue na- (cono huoroim ftrcnui,e gran fagittarij,iquali coli a piede , come à canal lo vanno al foldo de i Re fo- refticri. Sonoquefti per auen turai Parrhi cotanto noiod à Romani, &: quefta lingua è quella, che co- loro chiamano Arabi, cioè Arabica, nella quale fi trouano fcritre Popcrc di Galeno, d’aitri Filofofi e del fa Ifo Profeta. La lingua de* noftri Maurimni echiamara Magaraby , qua fi volertelo dire lingua di quefti , che habitano in Occidente, percioiha Gaiby vuol due Occidente , & Ma ,dì quelli . in foroma Altith.non vuoi dir altro, che la piantabile produce il Li Ter , di modo, che molte volte è tolta la gomma perla p, anta ideila . Ma sui potrà dira alcuno , fé l’Aliuhuor è i’AlTa dolce, quale farà l’ Alla dolce t Io non mi ricordo di hauer fin qui letto, nc appo di Auttor Greco, nè Arabico, nè meno Launo apptouata Ivltoria dell’Alìa dolce Ma come, e perche gli Arabici chiamano il II- cpiorezuz. e poi di efier ben cono , econdenlaio Robalznz : Impercche , Rob , in lingua Aiabi- ca,vuol dir denfa o , & A i, è l’articolo del fecon. co calo de gli Arabi , onde di qui mi par verifimi- iffl i 1C, l,£l Prefo il nome dell'Alfa dolce . Madie 1 Almh degh Arabi fia il Liferpitio di Diofcori- Ce,edi 1 hnio(aucga che nefibno di quelli,che ve- ramente xqo Arabi , ne habbìa fatta nientione, fi B come come fu Rafis& Aucrroe) nodimcno chiaramen- te il dimoftraSerapioneneì fuolib.de* Semplici a* cap. 2.5 1. doue patlàdo dell’Aluth , nferifee di pa- iola in pirola turto quello, che Diofcoridcje Gale- no fcriftero del Laferpnio . Laonde non vale l'opi- nione di coloro, che vogliono con moiri argomenti prouare , che l’ Alfa fetida fia pianta differente dal Laferpino , miperoche non perciò, chc'i Laferpitio de gli antichi fuffe in coftume ntfoa(o "{ gran (lima per fcruirfene molto j ma non fi leruo* | no nè delle foglie , nè della radice , percioche non f°no lor conofciute;ma folamente del fucco,dd quale grandemente fi feruono per eccitare h libi* dine . Colui, ilquale ho detto di fopra,che fi fecui* I | «.ut v^^uiivuv ut ovj/uivivuu) uicwuu i iuiauv/u ^rouanoli aire in nclfun modo al Medico , fé non mefehiata con altri Semplici . Ma non poflb far di non mc- èpiùinc0, rauigliarmi grandemente della trafeuraggine di re l'opinione di Sepulueda, dicono l'Alfa non fer« iuande an< je citando Galeno, vuole che fia veneno, petcioché ©poli de\il cj|C n£ Galeno,nè Auttore alcuno de* Greci hanno detto tal cofaj anzi tutu d’vn confenrimento han* ride ancora data al terzo Iib.al cap.yó.auengachtì U & Qft :,à 25 dl'Altìth. Àa (beffo delibatola, mi dille, che à lui era flato riferito quello fuoco cariarli d’vna pianta, che ha lo fooiie limili ai codio, incidendo il caule : ; & poi lo mettono dentro i cuoi de’ buoi , prima imbrattati di fannie, e farina di fromento, mefchiatoinfieme per meglio conferirlo, e di qui viene, che nell Al- fe fi vede non sò che cofa come farina di faua.l or- tafi quello fpeflb in Mandou,w Chitor, & in Deli, & fi porta ancora di Ormus in Peni, in Malaga, m Tanàfari, in altri luoghi conuicmi . li Laler li porta nelle Indie di due fotti; vno fchietto, e luci- do; l’altro fofeo, e con mifcugii , ilquaiei Baneaqi prima che lo mettano in opera con 1 cibi, lo puiifw cano . Lo fchietto è di color fincero limile alr am- bra malia . Quello fi teca in Guzerace (fi come fi dice) di Chitor, di Pataue, & di Deli. L’altro conmifcugli di Ormus; Io fchietto è in maggior prezzo, & i mercatanti non di leggiero com prano buello di imitagli* eccetto quando ha daferuire ne i cibi de’ peneri , e nelle medicine , quando non hanno dello fchietto , è perfetto . Lo fchietto è di più valorofo odore delizierò; ma à me , per dire il veto, l’vno, e faltro mi par di cattino odore , ma molto più quello, che per fchietto è tenuto . Co- loro nondimeno, che l’hanno in coftume, dicono, che’i puro è di maggiore odore , ilche auuiere per vna certa dcmellichezza ; imperoche ad alcuni la borace liquida è di ingrato odore , e coli ancora il zibetto per la grautzza del fuoodore , e tutta via fono per lo piu cofe odorate. A me nè i’vno,nc l’al- tro Lafer rende odore di porro , ma piu torlo pai- mi, che fi vada accoltandoalla noftra Mirra , e di qui credo efifere auuenuto, che Auicenna ha diuifa 1» Affa in fetida3& odoratajpercioche la fetida ren- de miito chetiate & poito fattati oinfiemc eneli'Af* foi'Por- 1 Milana li.llLafofi Veloci; ffilneaci yofnfi* lileall'an1' ;(li come fi ili, L'almo Wf ocomp^ U ila feto® q0(!of jéaKiffl UlO' & ■dicono» iiWf ilcuni U incoio11 ;[[PSÌI 10,W^ dot mi iìM111 fetidi È Cambio ìlì ài de odor di porrò, ilche veramente non è coti , per- che appo de gli antichi quello era chiamato odo- ratolo perche ha u e he foaue odore, ma perche ha- uerteacuto,e valorofocdoie}& in quello modo di- cono il calamo odorato.efsédo più torto à giudtcìo di moki, fetido. In quefto iftertomodoèdi valoro- fo odore FAÌoe, di piu valorofoèià fpica nardi, molto più di tutti. La onde io ho purgato molti in- fermi, 1 quali abhorriuano il reubarbaro per rifpet to deila fpica , che vi era porta. Mimerauiglio di Antonio Mufa nel l’Edàmioa de’ Semplici, perefi. fer (lato tato credulo, che ha voluto dar fede à colo ro,chediceuano il Bengiuino (pianta da gli anti- chi non conofciuta , fi come appreflo faremo ehia- ro) furt e vna piànta delle fattezze del Silfio. Àia di quello ne fauellaremoà lungo al fuo luogo . Cofì medefimamcnteil Rudlio, altrimcti huomodou to,e di granduli ma lode degno,nel terzo hb.dellà natura delle piante àc.fii ferine nella Francia na«< fecce vna grolla radice, Se grandc,di fuori negra,e di dentro bianca, il cui liquore,*: Teme è di mcraui- gjiofo , efoaue odore: alla qual radice perle iìu- pende virtù gii hano i Semplici fti dato illuftri no- mi,chiamandola hora Imperatoria, hora Angeli- ca,& hora radice d» fan Spiritose gli a t tri b: dicono facohà di ribaldare, e di dlìecare in terzo grado, dicono di pii efier con tra veneno,fpegn^r lapefti^ lentia , e preferuare i corpi da perte , ritenuta fola- méte in bocca,& di Verno datane la quantità d’vri eece con vino, e i'Eftarecu acqua di rofe,vuole>eh2 per quel giorno che fi prende, nò porta Fhuomo ap peftarfi, percioche manda, e per vnna e per fudore il veneno fuora: vuole etiandio,che fia buona con- tri i fafeinarnenti , Se à molti altri malori , che per B 3 bre* $2 DeWAltkh breuitàtralafcio , Quefta vuole egli, che fiali La* ferpitio di Francia, del la quale hanno i manefchal. chi fatta mentione,&: fe alcuno fc Bapprefta al na* fo,trouarà,che quefta forte di Lafer rende il mede* fimo odore del Bengiuino delle fpeqerie, fendo che gli huomini feientiati portino opinione , che’l Bengiuino delle fpecierie, ouero il Beniudeo, fia il Lafer Sinaco,cofi detto, perche la Iudea, doue na- fce,mandi ànoi la fu a prole. Ma quefta opinione nel capitolo del Bengiuino con molti & gagliardi argomenti riprouaremo . Di quefto iftefto parere , cioè , che’l Bengiuino fia il Lafer, fi vede efler tal- volta il Maf thioli nel terzo libro à cap. 78- del fuo Commentario fopra Diofcoride, ma poiaftretto dalia veruàj mutò parere^ , Annotatione di. Carlo Clufio , PEk ragionare il noftro Ruttore in tutto quefto capitolo dei Bancari, è neceffiariodi fiapere , che forte di gente fi fi ano quei Ftlofiofi Baneani chiamarti benché hoggiatftu toflp mercatanti ,che Ftlofiofi fi dou- r tario chiamare . Sono di piu forti d'huomim, ma tut- ti contengono in quefto , che non ammalano mai co - fa animata , non fido , che non ne mangiano . Il qual precetto offèruano tanto inuiolabilmente , che molte volte ricomprano gli ve ce Ili , c poi gli laficiano in li- bertà volare . Non mangiano rape , ne agli , ne efi polle 3 ne cofia alcuna tinta di color roffio , ne beopo vi- no , non gufi ano aceto 3 ne meno tiimpa , cuer annate erra qua f forte di beuande appo di lor co fiumare) nè fri e no fiapa . Digiunano fpeffie volte , mangiando molto poco, e di notte, fi come farebbe vnpoco dà \ucchero,ap~ prefio alenale è beono acqua, (Meramente latte . A leu» Capìtolo 11 lì. 2$ ni di quelli piu. de gli altri fuperflìtiofi , fi afiengono per venti giorni di mangiar 90 fa alcuna . Hanno in co fiu- me di dare à bere alle formiche acqua inzuccherata, portando opinione di fare elemofina a poveri, cr appa- recchiano acqua da bere àgli vece ìli . Quando effi fono per morire , fogli otto vna certa parte della lor facoltà lafciarc à certi huomini, che vanno per li diferti, per- che diano acqua da bere a peregrini , (gr viandanti . Raccbta quefto Auttore dihauere egli veduto in Gam- bale te vn Nofocomio doue fi curava ogni fine di ve- ce Ih, e dopo curati li lafciaua andare à fu a liberta. Di- cono, che vfano il mede fimo modo di veftire , che fan- no gli Girino fi fifii , e credono la tranfmigratione d’vn corpo in vrì altro . Quefia medefima opinione tengono * Br Ameni, in Bai agate, in Cambaia é* m Malauar , % quali non gufano cibo alcuno , fi non fino prima la- ttari tuttofi corpo, e fono in maggior veneratone, che i Baneani dey quali fi fiiegliono gli Scriuani, Secretori], Procuratori ,0 per dir meglio, F attori, EJfilt tori, e Le- gati per 1 Re , ma quefti tutti ,fi come anco quelli , che h abitano alla marina chiamati Cun ca, mangiano ogni forte di carne, eccetto vaccina , & il porco^domefiico, credono tutti la tranfmigratione dell* anime , & alcune altre mclenfagine da ridere . T utto ho io tolto dal no- firo Auttore mattato m varij luoghi . Dell'Oppio. Cap. Il II. ELL°) che noi Pbrrughelihaiiendocor- V^rotto 1] vocabolo, chiamiamo Anafiam,i Mauritani , i quali gli Indiani hanno feguitatò, dicono ofìum trattoli 'Yocabolo^da]- 1 Oppio de Greci. Molti nomi hanno gii Arabici soia dalia lingua Greca, la qual effi dicono,lhua- B 4 mani* 24 Dell'Oro. mani, quafì diceffe Ionica, mutando il P, in F, per effere lettere molto rimili , la onde Odio dif- fero Olio, Peonia, Fannia, &: altri fomighanti. So- no molte le fpecie delPÓpio, fecondo la varietà de i luoghi . Quel lo che fi porta del Cairo chia- mato meceri,biancheggia,& è in gran riima. Por- to opinione,che fa quello , che noi chiamiamo te- baico. Quello,che fi reca di Adem,& da altri luo- ghi vicino al mare Entreo>è negro, e duro.II prez- zo del quale hora è alto, & hora è baffo , fecondo ia^varietà de i luoghi. Quello che fi acquila in Cambaiajn Madon, di in Chritorè più molle, de è di color più riauo . Si vende PÓpio in molti luoghi affai caro , percioche i'vfano à mangiare, e fempre le cofechefono in vna parteincofturaefl vendono più care. Quel c’ho detto recarli di Gam- baia, la maggior parte fi raccoglie in Maiauù per- che ha non sò che d’odore della Timeìea, hanno creduto alcuni falfiricarfi col fucco della Timelea, ma s’ingannano ; percioche in tutta Cambaia,anzi m tutta l’India non credo, che nafea la Timelea, de io ho faputo di certezza in Gambata’; l’Opio non effere altro , che la gomma, ouer lagrima del papauero . Nafce in querii luoghi il papauero, chiamato da coloro caxcax comunemente con gli Arabi, con ri capo sì grande , chetal’vnocàpe vn feria ro , e rntzo. Nelle noftre parti ancora, ma non cori grandi , firirrouano, da quali incifìj ff illa fuori i’Opiojma non è il papauero negro, percioche in tutta Gambata non ve lo trouerai . Tuttoché Auicenna a! 2.1’b.à cap.pfi. voleffeche l’Opio fi faceffe del papauero negro , bcche non sò io di certezza fe in altre regioni fi fa del negro . E* gràde l’vfo di quefto per tutta la Mauritania, e per tutta Coitolo ìli 11 2S tutta rAfIa,imperGche vi fono coli alTuefatti à man giare, che aftenendofcne, vanno à pericolo di mori- re. Il checertoè da merauigliare per elfec coli nar- cotico^ ftupefamuo ; ma timi quelli, che J’vfano, fono per dire il vero , fonnachiofi . La onde colo- roche fanno la fua facoltà, ne prendonoin poca quantità . Alcuni altri ne prendono àfommo Au- dio affai per fuggir la franchezza deile fatiche, per Jeuarfi i trauagli dell’animo, e non come alcuni fcioccamente credono, per eccitare à libidineùm- peroche l’Opio non folamente non eccita à hbi- dine,ma più tolto con la fua frigidità, e col riftrin- gerei vali fpermatici fmorza la libidine, &ioho conofciutoalcuni Porcugheffi quali per vfar l’O- pio , fono fatti Aerili impotenti . La comune dofe in quelle parti è dii venti lino in cinquanta grani d’orzo dipefo. Ho conofciuto vn certo di Corafone Secretano di Ntzamoxa,i)quale ogni di mangiaua tre lamine, ò tauoletre , che vogliamo dire,d’Opio,di pelo di dieci dramme, e piu i’vna; & auenga che per lo p ù rtupido e fonnacchicfo pareffe, difpuraua nondimeno acconciamente , e dottamente d’ogni cofa,co:anto p uòi’ a ffuefat rio- ne in noi. Annotatione di Carlo Clufio . SCrive /’ Ruttore, che Canada , ilquale è vn vafo da bere apprejjo de \P or tughe fi, cape tretacinque on~ cte>& il feftano de gli antichi capendo vetiquatro on- cie di vino , o di acetoso d’acqua mi ha pi accinto di tra- porta) e per Canada, vn feftano, e mez.o,che è migliore > e pili acconcio vocabolo rio ho hauu.to Bellonio al libre ter\o dell ojferuauom a c.g-dice che l’Opio fi raccoglie abbondati* 2Ó DclBcngium* abbondatiti (fimamente dal papauiro bianco in tuttala Pathlaeontd Capadocia,e Ctlicta,c dice cjfere grade- mente in vfo appreso di Turchi ,e de Permani, ma non fe ne prende però da copro piu d‘vna drama per volta. Del Bengiuino . Cap. V * HA b b i A m o detto parlando del Laferpi- tio , [‘Affa odorata non edere il Bengiuino, ■a che molti huomini dotti fiano flati dique- fio pa'rere . Rimane hormai , che noi approdiamo a noftta opinione con fald. argomenti.Chiajo fta, chent n è flato alcuno, che fi (ìa ne* condimen fer- rino del Bengiuino, ma dell* Affa appreffo deg Indiani fi feruonofpeflòne* cibi , ficomedifopia habbiamò detto . Za onde è chiaro 1 Bengmino non effer l’Affa - La maggior patte del Lafer li re- ca deli-india di là dal Gange , chiamato da pae- Lni Ganga, ma il Bengiuino , che fi porta nel! In- dia, il quale chiamano Amigdaloides, fi racco- glie in Samatra , e non nell’Armema , e Siria, oue- fa mente Africa, ò Cirene , e di quello la mag- gior parte fi porta qui , donde poi fi porta in Ara. h-i in Perda, e nell’ Alia minore,^ anco (fi co- me’ho intefo da perfone degne di fede) m Pale- ftina, Siria, Armenia, & Africa . Hanno i lortu- ghefi t a (Tato Antonio Mufa per haugr detto, nel- rtlRmina de’ Semplici, che le genti , appo dequa. linafce il Bengiuino . hanno (aftrctti da la veri- tà) detto, che il Bengiuino e gomma del Lalcu cicio , perciocheda paefani è chiamata comm- ham. Àli'auttorità del Ruelho nel terzo libre .del- la natura delle piante àcap.ja. doue noi habbia- mo detto, che vuole, che l'Imperatoria fia il Lafei Coitolo P* • s/ di Francia, & il Bengiuino delle fpecierie , coli ri* fponderemo. Hanendo egli fra i'altre viitù dato all'Imperatoria , che fmotza gli appetiti venerei . Non habbiamo detto;cht*l Lafer è vfato da gli In- diani per eccitare à libidine, & perciò non potrà ef- fer la Imperatoria fpecie di iafer. Il noftro Bengi- uino credo io , che non ha ltaco da gli antichi co- nofeiuto, imperoche da Greco veruno, né da Ara- bo mi ricordo haoer veduto efferne fiata fatta mc- tione, e quelloche Auerroefcriue al y. del Colli* ger,à cap.y6.dei Behmzan,ouero Belenzan, ouero Petrozan,dicendo,che habbia virtù di (calciare, &c ciccare in fecondogrado,echeafcinga,e confor- ta lo ftomaco humido , e rilavato, che fa buon fia- to,con forra tutte le parti del corpo ,& eccita gli ap- petiti venerei, è tanto fuccintamente, e con breuità dalui deferitta, ch'io per me non poffo perfuader- mi,che ha il Bengiuino, ma altri intende altrimen ti, & io li cedo- Potiamo anco di qui congiettura- re, che nè meno i Giudei ne haueffero cognitione, percioche nè Dauid, nè Salomone, 1 quali h dilet- tarono eftremamente di odori, e di fuffumigi j, non ne fecero mai mentione. Potrebbe facilmente ef- fcre,che Ruellio per la conformità delle voci, par- lando del Bengiuino, e del Bengiudeo , h fo(fe in- gannato, che douria piu tolto hauerlo chiamato bengiaoy,cioè figliuolo di Ioa, doue copiofamentc nafee . Scriue vn certo Milanefe nafeere il Bengi- uino nel monre Parapanifiò, 6c oltre di fiauei ec- citati in teftimonianza alcuni Macedontani, che dicono nafeere nel monte Caucafo odorar; (lìmo, e migliore affai del noftto , cita ancora Pudouico Romano. Io, per dire il vero, nè à quello Mila- ni , nè à quelli ^kcedonianidileggiero ^vo- 2 $ Pél Bèngtuìtfo . gho credere ,p veder qui molti di Tracia (da loro chiamati Rumes) e moiri Turchi venire à cóperar Ben «filli no , che fé il Bengiuino fané nel lor paefe, comprarebbono altre mercantie di più importaza, e di maggior guadagno di quelle. Può bene egli edere , che quelli Macedoruani piglino la Storace in luogo di Bengiuino , ma nódimeno non fappia- moglie la Storace nafca alcroue , che in Ethiopia, la doue la mirra ancora lì ritrouaua . Di Ludouico Romano ho intefo qui da certi Portughefi, che lo conobbero, che egli non pafsò mai Calicut , e Co- chin, nè meno à quei tcpi quelli man, che hoggt lì nauiga o;lì twnigauano . lo in vero p il pacato ho tenuto detto Ludouico p huorno di verità, ma ha- uendo letto i Cuoi libri ho ritrouato,che molte cofe ha finte di fua volótà, come per efempio, doue egli trarta di Ortnus , al terzo libro al c.z. dice* che fia vna Ifola, onero Cifra potentiffìma, doue fono ac- que foauiffìme,& ogni abbondanza^ nondimeno qui non fi rroua altra acqua che falla, anzi c necef- fario portamela di altre parti ogni annoine quella è molto buona . Apprefiò fcriue al 6-lib.à c* i 7. che in Malaca non vi è nc acqua, nè legna, doue nondi- meno vi è acqua foauifiìma da bere, & abbondan- ti (lima, &- vi fono affai buone legna, donde pofiìa- mo vedere,che à detto Auttorenon fi dee dar mol- ta fede nel le cofe, che ha fcritto delie Indie J1 Ben- giuino è di più forti , ma quello è più da mercanti apprezzatole chiamano Amigdaloides, ilqualc ha certe vnghie, ò per dir meglio, alcune macchie bianche in guifa di mandole , e quanto ballerà più copia di quelle macchie, tanto farà migliore, e più perfetto.Si raccoglie la maggior parte in Siti, e po- co più vicino in Martaban . Par mi , che di quello faceffe Capitolo F- 20 facefle mentìone Antonio Mufa, dicendoglieli •porta mefchiato con le minuzzerie delle Tue radi- ci,ma fi inganna, perche veramenta è vna fola forte di gomma, vna alquàto più grofla, e l’altra alquan toplù liquida,&altrache non è del tutto dura, la- quale rifcaldata dal Sole , fi fa più bianca . Quello Bengiuino cofi efficcato, fi rifolue alle voltetn fari- na,doue fi ha creduto il Biafauola,chefiano ramc- ti delle radici.Ritrouafene vn’al tra forte più negro in Iaoa,& in Samatra, & è di più ballò prezzo . In Samaria ve n’è vn’altra forte di negio, chefcatu- rifceda gli arbori gionani, che perla foaunà del- l'odore èchiamato Bengiuino di Boninas: e fi ven- de à dieci doppi più dell’altro. Vn pezzo di quello mi fu mandato à donare quelli giorni pattati di foauifiìmo odore , il quale ttropicciato con mani, lafciaua quelle merauighofamente odorifere. Ho fpefife volte giudicalo , che quel Bengiuino di Bo- ninas non fia alt ro, che Bengiuino inlìeme con bo- race liquida ; laquale 1 Chineli chiamano Rofa- malha , per accoltati] il fuo odore à quello del Bengiuino di Boninas . Perla qual cola ne ho cer- te volte voluto fare esperienza ,hauendo roefchia- ta la (torace liquida col Bengiuino; ma quantun- que il Bengiuino cofi mefchiato fia più dell’al- tro comune odorifero, è nondimeno fuperato di fragranza, e foauiià di odore del Bengiuino di Boninas. In oltre il Bengiuino che vien fuori del- le piante «ìouam , è più odorifero dello Amigda- loide. li he credo io che venga perche la gomma perde per la vecchiezza affai della fua naturai fra- grammo come fuoiein tutte fomigliad cofeauue- nire ; ma perche il bianco è più bello , ri nero di piante giouam è più odorato 3 Cogliono in ficaie mefchUr. Del Bengiuiti» . mcfcivarlo, accioche habbia inficme la fragranti» dell’odore, e la bellezza. Tutte le forti di Bengiui- no fono da Chinefi chiamare Caminham , da Ara- bi Louaniuoy,come fe dicefie, Incenfo di Iaoa,per efler quefto paefe il primo, che fi difeoperfe à gli Arabi : percioche gli Arabi chiamano Blncenfo Louaiv, quelli di G?zarete,c quelli di Decan, di- cono Vdo. L’arbore del Bengiuino è alto, diritto c bello, e ner l’abbondanza de’ rami,che fono fol- ti,e co bell’ordine diftefi Se eleuati in aria jfa gran- de ombra . il tronco è groflfo, fodo , efaldo. loft© hauute alle volte delle foglie condite in aceto , Se alle volte ancora ne’ fuoi rami attaccate , fono al- quanto minori di quelle del cedroouero del limo* ne > ma non cofi verdi , e dalia parte di fotto bian- cheggiano. quelle che fono ne’ rami più groifi, hanno affai fomiglianza delle foglie di falice, ma fono vn poco più larghe,e meno lunghe. S’c rai'ho ra veduto quefto arbore crefcere nel ITfola di Ma* laca,nt* luoghi humidi. Intacano gli arborLaccio- che la gomma del Bengiuino venga più copiofa. Le piante nouelie(fi come ho detto) fanno il Ben- giuino di Boninas , & è migliore di quello , che fi acquifta in Sian> e quefto di Sian è migliore di tut- te le altri forti di Bengiuino* Tutte quelle cofe non ho potuto io fenzafpcfa di danari imparare $ imperoche pagai aliai bene (fecondo era il doue- re) colui , che mi porrò le foglie. Se i rami di que* ilo arbore , percioche oltre alla difficoltà grande» •he vi c di andare in quelle felue3c necefiano met- terli à gran pericolo , per la quantità delle tigre* chiamate da paefani reimones,che iui fono . Mo- ra fc à quefto , che ho qui difputaio , trouarò con* tiadittionc » ò altra cola di meglio > non mi teche- . Capitolo Vì . gg rò ì vergognatoli in qucfto, come in ogni altro.di ritrattarmi . Annocationedi Carlo Clufio . E’ D A credere , che quefto noftro Ruttore fia da qualcb’vno [lato ingannato, che fujfepoco amico di Ludoui co Romano 3 ouer amente hauerà egli h auuto altra forte di ftampa di quella 3chc comunemente fi leg- ge di L adoni co Romano 3 perciocheal j. Itb. alcap 2. parlando di Ormus, dice d'ejferui merauigtiofa care- stia di Acque buone da bere > e di tutte le cofe pertinenti al vitto y e tutto dice portar fi di fuori 3 fi come il no (Irò ^“"ore anch’ejjo dice , & al 6 lib. al cap. t7. parìan- doda M alaca3 produce nondimeno fromento 3 carni. ,e poche legna, doue in nejfun luogo fa mcntnme di acqua . K f4eJto Originino Amigdahno [fi crede Ornato Lufi- tano nella enarratone 7 / . al cappella Mirra3che fia decorrere. E* cofa chiara, che per n.J5i Inflano"VI nafee Incenfo , percioche tutto Porrósi I le quì ct?nfuma > « che di qui (i porrà in 2 '° ’ lUttc,v,cnc daH‘Arab.a . La onde non poflo fé non merauigliarmi , donde Dlofcondeal 1 c-7«>. ilquale ha anco Auicenna feguitat» «I p DeW Incenfo l al z lib ai 0.553- habbia intefo, che hlncenfo na- fte nella India . De gli Arabi è veramente da me- rauidiarfi tneno,chiamando Incenfo Indo quello, che Diofcor. dice eflfcre di color nero: imperoche il color nero loro dicono, Indo, fi come fi può più chiaramente vedere nel mirabolano nero, dagli Arabi chiamato Indo. In oltre l’Incenfo, quale nel- la Arabia (blamente nafee , è da paefani chiamato T onan nome tratto dal Greco . Auicenna al z.lib. al capì? 5. lo chiama Conder, cioè rafina , percio- che zamac vuol direinlor lingua gomma, come farebbe àzamac Arabi, gomma Arabica. e Sera- . ne nel libro de* Semplici , hauendo corrottoli vocabolo, lo ch’ama Conder. Io ne ho (piato molti Arabi , e tutti mi dicono chd’lncenfo non è dao- ln»vno chiamato per vn nome j ma fono pochi che k> chiamano Conder, come la maggior parte lo chiamano Louan,il medefimo ho vdito dire da cer ti portnghefi, che fono longo tempo fiati In Ara- bia i quali mi diceuano di piu , che hai bore , che oroduce 1‘ Incenfo è medefimamente da paefani chiamato Louan, e dicono , che ven'è di due for- ti vno che nafee ne i monti, d'altro ne 1 piani ; duello de* monti , perche nafee in luoghi con fi a- eofi, produce petfettiflìmo e lodato Incenfo,-^ duello de* piani fa vn certo Incenfo nero, e tru quale mefehiato con rafina di altri arbori , a- doprano per impegolar le barche, in guifa che fac- ciamo noi della pece. Qoeftiarbon di quefii lue- ohi rendono folamente ai Re , & à nefluno è leci- to di raccorrà r Incenfo, fedal Re non gilè con- ceffo. Concorrono in quelle parti mercatanti di Adem,di Aele,e di altri luoghi di Arabia;e col Re patmfeono il prezzo della quantità dell'Incen- Capitolo Vi ì - fo, che hanno da comperare, con patti Tempre, che fi.'i buono, e iegiiimo , ilquaJe noi chiamiamo ma- fchio,& elfi chiamano mela o. li più buono, & il •p’ù lodato è qui di viJilfimo prezzo, imperoche cento libre non vogliono p:ù di due feudi d’oro Portughefi. Si mefehia affai volte il trillo col buo- no, alquale hanno molte volre certi pezzetti di feorza attaccati, e lì porta in quelk* bande,ma è di viliflìmo prezzo , e mai non fi fallisca altrimenti ; imperoche chi faria colui che volefle fai liticarlo* comprandolo à coli buon mercato? è grandemen- te in cotfume appo de’ Medici Indiani i’Incenfp, perche Te ne feruono fpelfonegli vnguenfi e ne’ fuffumigij,e molte volte lo danno pei bocca anco- ra in varie infermità del capo, & in fiulfi di corpo. La maggior parte dell* Incenfo fi porca di quà al- ia China , percioche in quelle pam i’vfano affai , e cofi parimente ne* paefi vicini à Malata . L’arbore dello Incenfo è picciolo , e produce-le foglie come il Jentifco, Óre molto peculiare ali’Arabia . Seri- nono nondimeno gli Spàgnuoli , che f Incenfo fi troua anco nel Mondo nuouo: ma quefta creden- za fin appo di loro , che io per me non pollo dir- ne altro. Della Mirra . Cap. VII. GR a n copia di Mirra fi reca à noi dall’Ara- bia, laquale da gl’indiani è chiamata boia, e le ne porta etiandiodi Abcxim, che èl’Ethiopia, ma come fi fia l’arbore che la produce, & in che modo quella ralìna fi raccoglie , non ho mai potu- to ìapere: ho fidamente incelò da vn certo merca- tante > che.pratcìcaua in Meiinde , 6^ in Mofatn- * ‘ C bique. Velia Lacca. bique,e da vn certo Sacerdote Ethiopico, e V efeo- uo Armeno , che vi fono certi huomini montanari, & faluatichi , chiamati Bodoins di lingua Arabica pure, che in parie fi accolla alla Caldea, & alla Si- riaca , e quelli huomini diceuano portar per terra Ja M irra in Braua in Megadaxo , e che quelli ifteilì diceuano portarla di vna regione , ch’dfi chiamano Caldea-. . Annotatione di Carlo Clufio . Hi hadefideriodi faper l’opinione degli ariti - j chi intorno all’lncenfo & alla Mirra , legga Teofrajlo al gdibro dell'Hiftona delle piante , e Pli- nio allibro iz-cap.14' & i y. dell’ Hifl or ia naturale, e legga ancora quello 3che babbi amo noi detto 3 nelle ap- pendici aggiunte al libro delle piante del Dottijfimo Vod&neoj fcritto in lingua Francefe * Della Lacca. Cap . Vili» QVel che da i noftri Speciali c chiamata Lac ca, gli Arabi chiamano Perfa , &1 Turchi Loch Sumutri,come Te volefle dire,Lac ca di Samatra * non perche Samatra fia prouincia congiunta col Perù , doue fi raccoglie gran quan- tità di Lacca, ma perche gli Arabi Se altri fi han- no creduto, che nafceflt in Samatra , Quello i Bef- fo nome ha nelle prouincie di Balaguate , in Ben- gala , in Melanar , percioche coli l’hanno chiamata gli Arabi . ma il vero nome di quelli paefi è Lac . Nel Perù , Se in Martaban > doue fc neritroua di perfetnflìma,è detta Trecj e qui di- ceno>che fi fuole portare di Iarnay. No fi chiama* fica- Capitolo VI 1 L fi come vuole il Pandettarioàc. 12. hauendo cor- rotto il vocabolo, Aec, oneramente Aeufal, nè raco tio S ac, fi come per corruzione fi legge apprettò di Serapionenel iib« de* Semplici cap.181. Ma fi po- ma merauigliàre alcuno , come effendo da paefa- ni ,appò de* quali nafce la Lacca chiamata Trec, fiano fiati ricrouati quefti altri nomi Lac 5 toc , e Luc,del che porto opinione , che quefta fia fiata la cagione, percioche qiiefto Semplice per volerfene noi feruire,cofi in medicina, come etiandio per tin- gere i pauohèdibifognochefi riduchi Lóc , ouero in vna certa confiftentia di mele, ma faria Tempre meglio* e più conueniente vfare il nome naturale della prouincia doiie nafce il Semplice , ettendo quefia mutatiònede'nomi caufadi molti errori Le genti del Perù, c di Martaban la porcanoirì Samatra , dónde poi riportaUano etti nel lor paefc il pepe . Io per me ho gran tempo dubitato che co~ fa fatte Lacca, come fi preparafle , e doue fi racco- ghette . Percioche mi diceuàno alcuni del Perù etter Tolito inondarci fiumi , & auanzaria ferirà, e poi mancando la inoodatione, i pàefani buttaua- no in quel fango, che rimaneua certe bacchette s doue fi creauano certe formiche grandi, le quali di quel fango adunauano gran copia di Lncca . Di- mandando poi, fé di queftó > che etti raccòntaua- no3fottero teftimortij di vedutami dittero, che tan- ta commodità non haueano di poterle vedere, otternar con diligenza, ma che Phaueano folamert te vdito dire , e che era fama publica • Per vltimò ritrouai vtthuomo affai da bene,curiofo,e diligen- te , che era fiato in quelle partile mi ditte , che iùl tra vn’arboregrandittimo, con foglie ad vn certó «ftodoicome di pruno, ne’cuiramipiùfottiliai- Q à cuntf *6 Della Lacca * cune formiche vfeite di fotto terra , veniuano à la- vorar la Lacca , non altrimenti , che fanno le pec- chie , fucchiando la materia da quell'arbore^. Quelli rami poi fi fpiccano da gli arbori , e gli fec- cano all'ombra fin tanto , che fé ne fpicchi la Lac- ca, laquale rimane come baccelli ritondi, doue al- le volte rimane qualche pezzetto di legno . La mi- gliore è ftimata Tempre, che fa quella , che è più felli erta e lenza quei pezzetti di legno , come che l'altra , doue fiano quei legnetti , fia peggiore . Se ne ntruoua anco di più Tozza e meno fchiecta , che dopo di elfer colata e ridotta in poluere, v’è mc- fchia della terra, e quella è piu vile. Diedi ordine à certi ,cheandauanoal Perù, che per amor mio fi informafiero diligente mente fé la cofa palla fife co- fi, e mi difiero al ritorno, che era verilTimo quanto colui mi hauea detto. Ho faputo il medefimo, ouandó fui in Balaquare, douenafeanoe fi rifer- bano molte cofe per portarle ne* porti conuicini.: Qui mi fu portato vn ramo troncato dali’arbo- r^Tietro Bezifeta, del quale nel fecondo lib. fa- uellaremo , la doue era gran quantità di Lacca at- taccata, ma perche per la contrarietà dell'aria, po- ca quantità vi fe ne raccoglie, però non Te ne fa mentione. Pur tuttauiaci fono molti che dicono di haucrla in quelli arbori veduta . Ma che le for- miche lauorano la Lacca , di qui fi può conofcere, che con la Lacca Tempre fi veggono alcune ali di formiche mefchiaie . Il modo di feieglier la Lac- ca è dimafticaria, percioche tinge d’vn belhfiì- mo colore. Di quella fi fanno quei pezzetti di Lac- ca che ci feruono per figillar lettere , hauendeci quelli colori aggiunti , che più aggradano . Di. quella medefima fi feruonp* maeftri dileguarne - per doueal- i. •*: ài k è § i p- Capitolò Vili. n? per fegnar le tauole, di quella ifteffà gli orefici, e gli argentieri riempiono i vali d’oro, e d’afoen* ro. Non è in verità l’arbore, dotte fi fa la Lacca né in gràdezza, nè meno nelle fattezze limile al mir- to» fi come hanno creduto alcuni , ma crefee tal volta arditezza dell’arbore delle noci reoa|i,e tal volta minore.ali.lib.al cap.45 2. fcriue Auicenna, feguédo Paolo, che la Lacca chiamata da lui Lud* ha limile alia Mirra, e vuole che ha odorata, auer- tendo à feieglierfì con accuratezza , con riprender coloro > che dicono effe r limile al Carabe : ma be- ne è il vero, che ha alcune virtù fomiglianti al Ca- rabe. Io credo, che Auicenna' non conofceffe la Lacca, conciofia che non è limile alla Mirra , cf* fendo che quella fi crea nelle punte de’ rami, eia Mirra ftilla dal tronco dell’arbore. Nè meno è odorata come è la Mirra , tutto che Auicenna vo- glia , che fia odorata . Ma che il Bellunefe h abbia* tradotto Lue, ha potuto auuenire, perche coli i’hab bia egli trouato nella (lampa amichaj Balia che bora da tutti gli Arabi lì dice Log Sumtitri * Fa ctiandio errore à dire , che fia della medefima vir* tu del Carabe , percioche il Carabe è glurinofo , e coftrettiuo, e la Lacca apre le coftrirtioni . Inol- tre credo 10, che la cagione di fare errare Auicen- na fia fiata, che egli ha creduto ,che la Lacca fuf- ei Cancamo di Diofcoride, il quale in verità è moto dmerfo dalla Lacca, laquale] nc anco, co- me habbiamo detto , è odorata 5 & il Cancamo erue ne 1 fuffumigij , ilche è fegno, che fia di gra- to odore . Di qui fi fa manifello Ferror fuo, per iiauere egli fatto due capidiuerfi, in vno deferì- uendo il Cancamo , e nelPakro il Ceichem , come le rollerò due Semplici diuerfi .Serapioneal libro C $ de" 2# DelU La'ccd . jde’ Sempiici, al capir. i3i.di opinione di Diofcori- auega che Capitolo Vili • 4f che fi a dura e ferina humor e, nondimeno mafiicata , fa lo fputofanguigno fiche è certo fegno di bontà, onde vo- gliono ,c he per tinger le pelli , e co fi ancora del Sicomoro 3confeffo dibatterne hauuto ragguaglio dal Cor tufo . Petratto del frutto del 'Bdelio . II frutto del Bde lio èquàto vna no- ce luglàde , ò poco maggiore, di forma tnangulare, JB ma vn poco lùghet- c ta cillafi ì f0rma - fico . è odorato, e di colore alquanto citrino,có vna fcor- za affai dura, ilqual moftra di cffer pre- gno,e di hauer den tro il nocciuolo , ò midollo che giuo- ca. La Hiftoria dei Bdelio feruta da Auiccnaal c.i 15 è molto tróca e cófu fa. Diolcorideegii altri Greci hàno fo Jamente della gom ma del Bdelio fatto mérione,ma Plinio al 12. lib-alc.?- fa métione anco del- l’arbore , in quelle parole. E' vicino la Batriana, doue na- fee lo Bdelio perfettiflìmpjil cui arbore è nero, del- la 44 T>e!ld Canfora l Sa grandezza , Studio di dir la de- ferì ttion e fatta da Sera pione , ma fe vorrà alcuno vederla, ò legga I’uleftò$erapione}ouero il Com- mento del doitiflìmo Mattinoli fopra Diofcoride* Della (^anfora . Cap. I X . NOn è dubbio, che noi habbiamo ad edere in. alcuni medicamenti molto obiigatià gfi Arabi* percioche molte volte hanno parlato di quelli, dv J quali 1 Greci antichi n’hanno fatto po- co calò, ò pur non gli hanno conofciuti; e que- fti fe peraucntura alle volte non ne hanno fuffi- cienre defcrinione fatta , è auuenuto , perche non hebbero cognitione di queipacfi. Imperocheio, che lungo tempo ho fatta la mia ftanza in quelli luoghi i pollò con gran difficoltà confeguire di ha- uerla vera e perfetta cognitione de gli Aromatl* parte perche i noftri Portughefi , (tutto che naui- ghino la maggior parte del mondo) fono fola- mente intenti à cercare qual forte di merci, di qual paefe debban portare per ritrarne maggior gua- dagno, che habbiano à fapere, checofa nafca in ciafcun paefe, doue effi vanno, e di qual fattez- za fi ano gli arbori, che vi fono, e fe fono frut- tiferi, ouero in fr li tri feri , e che in quelle noftre parti vi nafcono li medelimi , poco penfiero ne prendono . Parte ancora per l’età già matura, che non permette , ch’io polla tutte quelle parti ri- cercare; nè meno fe ìovoicffi, lo potrei fare per rifpetto dei Gouernatori di quelle prouincie,iqua- ii per la giia vecchiezza , e per i’efperienza fi vo- gliono Capitolo IX. gliono più torto feruir di me, che de gli altri Medi- ci,auenga che lìano dottirtìmi , e per quello io non douerei elTer riprefo , fé taPhora vengo dubbiofo à direalcunacofa . Hora ritornando al noftro pro- pofìto. La Canfora è chiamata da tutti gli Arabi hora Capur , & hora Cafur : percioche quella let- tera F, ha appo di loro gran conformità con la let- tera P, e fe pure da altri altro nome le venute da- to,òfarà per colpa delle ftampe, ò pure perche gli Autrori li fonoingannari . Lr la Canfora medi ò poco maggior , per la mag- gior parte è di più vile prezzo, della quale quei gentili Baneani ne fanno quattro fpecie, ripar- tendola in capo , in petto , in gambe , & in piedi . Qua "Vna libra di quella del capo lì vende ottan- ta. pardani. (Pardani è 'Vna moneta de gii In- diani, che vale dieci realijji Cartiglia:) Quella dei petto Velia Canfora peno vale venti fcudi.Qnella delle gambe dodici* c quella de i piedi quattro, ò al più cinque . Alcuni curiofi p gliano quattro iftromenti d’ottone co va- ni buchi, fi come fono qucllùche fogliono tener co loto, che vendono le perle, donde padano la Cà fo- ra . Quella Canfora , che paflarà per il buco mag* giore di quello iftromento, ha vn prezzo determi- nato . Quella che paflarà per il buco mediocre , ne ha vn’alrro: e quella, qhe per il più picciolo, ha an- ch’efla vn’ altro prezzo. Sono t Baneanicofi deliri in fceglier la Canfora , che in vn tratto fi aueggo- no efler l’vna forte di quefta Càfora mcfchiata con l’altra, e gli fanno fare vn prezzo determinato, ne farà chi loro polla ingannare : Nafce gran quanti- tà di quefta Canfora in Burneo , in Baitos , in Sa- matra,6Ò_ in.Pacen . 1 nomi de’ luoghi, doue Se- rapione de Auicenna dicono nafeere la Canfora , fono per Io pii fai fi Acati . Imperoche quella, che Scrapione a! lib.de Sernphal cap.344. dice, che fia di Pan (òr, di Pacen,Ifola di Samatra i Quella, -che Auicenna al z.lìb.al cap.i34* chiama Alzuz , cre- do, che dadi Simda, laquale è vn’ifola vicina à Malaca . e quella , che Serapione dice portarli di Calca, e corrottoli vocabolo, e dorica dir di Mala- ca . La Canfora è vna gomma, e non midollo.oue- ro anima, fecondo vuole Auicenna al luogo cita- to poco prima, infieme coi moki altri, laquale ca- dendo nel meditullio dell’arbore , dopo ficaua, oueramente nfuda fuori per le fidare « quefta ho veduto io in vn defeo fatto dell’arbore della Can- fora in cafa d*vn certo fpeciale : e dopo in vn le- gno groflo quanto vna cofcia, che fu donato al Signor Gouernatore Giouanni di Crafto, e per vi- sitilo in vna tauoletta larga vn palmo in cafa davn mer- ifcfi, àéfàMcii iiijicf'Jcra BKsendtoonccóva- A&tyMCO .^Siiccilbucoroag. k?ipW» jjOJlSltfW® «SfiS *Si ss^ *'f'2 0 ti^r * l» ►CL’ .Annota# iLU- K C aditolo $ X » tfy mercante. Nondimeno non niego, che alle volte non cafchi nella concauità dell'arbore. Da princi- pio rifuda aliai bianca fenza macchia alcuna, nè di nero, e non fi ca.ua con iftromento alcuno > fi come fi penfarono molti, nè meno per darle la bianchez- za fi cuoce , fi come lai fa mente s*ha credulo Auù cenna al c. i34.de! 2.1ibro,eSerapionenel libro de Semplici , al c. 144. Mi è fiato per cola vera affer- mato ,che vfeendo alcuno per raccoglier la Canfo- ra , come ne haucrà per auenrura piena vna zucca, fopragiungeà forre vrfaltro piu gagliardo , e piu yalorofo di quello, & in vn tratto ^ammazza, e nó c tenutoa pena alcuna, perciochc dicono efièrli ciò dalla fortuna fiato concedo . Quella , che fi porta diBuroeo, ha per ifpiù certi faflècri mefehiati fe- co, onero vna certa géma s chiamara da lorochan- demos, non molto differente dall'ambra cruda, ouero ci farà mefchiara rafparura di legno , ma le fraudi fi feoprono di leggiero. Nè sò io, che fi acca tun altro modo che coh, imperoche fe.taPh.ora fi vedrà mefehiàta di rofTo^ucro di nero, fi farà que- ito caufato dalle mani fporche,chel'hàno manco-, giara, oneramenre per efTerfi bagnata, laqual mac- chia prefto da Baneani fi leua via, imperoche met- tendola mvn panno di lino, la gettano in acqua calda infieme con fapone,e fucco di limone, & ha- uendolà ben lauataja feccano all'ombra, né man- ca molto di pefo, e rimane alTai più bianca . Òue- ito ho veduto fare io da vn mio amico Baneanodl- qualc volle fidarmi quello fecreto. Parmi, che Scrapione a! luogo di fopra citato, habbia di tue* fcurnmTn£,fte :,e fttto mentione » ma m veroo- ne viene Pu dice, che maggior quantici ne viene di Haru, che non fa di Sim . Quefte pa cole. . ^ Velia Canfora • role,(cofi credo io)che debbano 'ntenderfi : mag- gior quantità è quella ? che fi porta di C nmceo,c di niaooior forma, che quella * che ii reca di Burneo, perciochedi quella d maggio* pezzo non eccede Vna drarna o ; i pezz c udì; e ne vengono di Chiri; ceo, fencdi quattro oncia, e d- p:ù grandi . A me è Barn da perr ne degne di fede affermato, che Bar- boia è delle mitezze della noceiuglande, confo- che biancheggiati fimili à quelle dei falice, ma di- ceuano di non hauer veduto nè frutto, nè fiore , fe ben o er H eflcre*, che ne produchi . Quello so di certezza, che !a mateiiaicioè il tronco è di color di cenere,fimi!ea! faggio,^! volta.vn poco piu nero, ma non è leggiero.nè fungofo nel modo, che Aui- cenna defenue a ! z lib.al cap. 134* (e pur perauen- tura e^li non lo haueife veduto , quando per vec- chiezza fuffe l’arbore mancato , & hauelfe perdu- to il vigore : ma è di mediocre fodezza . Aggiun- aono alcuni, e dicono, edere altifiìmo,e grande ar- bore,con rami diflefi , e molto bello da vedere . E* nondimeno fauola quello, che dicono, che all’om- bra di quello arbore fuggonc turi quelli animali, che temono edere offeli da più feroci. E’ fauola parimente quello che fcriuono alcuni feguendo l’opinione di Serapioneal libro deJ Semplici, al capit. 344. all’hora fiafegno di miglior raccolta di Canfora, quando fi fentono neiBaria più fol- gori, più tuoni , e fi veggono più lampi, & cor- rufeationi , conciofia , che Blfola di Samatra , (la quale vogliono alcuni, che fia la Taprobana,)e tue ti quei luoghi vicino alla linea Equinottial, di ne- cefiìtà fono à molti tuoni foggetti; e per quella ca- gione hànoogni giorno piogge , ò picciole ó gran-. di,e fe ciò fuflè,douriafi ogni anno raccogliere gii - - - quan* Capitolo IX. 4p quantità di Canfora, e però non h abbiamo à dire, che i moni fiano cagione di miglior raccolta di Canfora. Credono alcuni, cheli Canfora, che viene della China fa mefchiacacó quelladi Bar- rico, per porta rf di Burneoin Chinceo, la quale opinione confermano quei Baneani di Cambaia , i quali dicono per fecreco, che mancando la Canfo- ra di Burneo , hauerc ellì in collume di meichiare con eifa gran quantità di quella di Chinceo , e poi le danno fidamente il nome di Burneo . Dicono ancora quelli Baneani, che la Canfjro di Chiocco è medicamento compollo, ilqualein procdTo di tempo fu a por a e f corrompe, ma quella di Burneo non fa quello e (Tetto. Ma à aie, per dire il vero, non pare, che fa medicamento com pollo , auenga che ilManardo, nel compendio di Me fu e , diltinno- neS. mi fa contrario. Tuctauia fe farà compollo, farà di due forti di Canfora, imperocheaucga che fuapori, non è però molto foggietta à corromperli, ilche èfegno , che non fa com polla, nc fuma, per elfere le cofecompolie p ù delle Semplici fog^ette allacorrortione. Laonde veggiarno , che qui, per le gran pioggie,il reubarbaro appena f con fer- ii a per quattro meli , ai l’incontro la Canfora fi conferua bcnifiìmo affai lungo tempo, donde fi giudica , che non fa medicamento compofo. FàAuerroe al y. del Colliget , ai cap.pó. che fi ri- truoui vn’aitra forte di Canfora moltoda quefa diuerfi,efcriue, che l’ambra gialla fia vna forte di Canfora , ma per hauernoi nel capitolo dell’am- bra affai diTufamente tal’opinione buttata à ter- ra, mi pare indarno à 'Volerne qui trattare. An- drea Bell unefe ferine nel fio ditrionario Arabico, Pacqua canforata lliilare dell’albore della Canfo» D ra j o Della Canfora •*- ra , & elTcr come l’arbore, calda nel terzo grado* Ma di quella acqua ho dimandato io molo Medi- che molti Mercatanti, e nettuno ha fa puro darme- ne cognirione, nè meno diconohauen'a veduta--. La onde facilmente credo, che il Bellunefe, coli rei deferiuer quell’acqua 3 come nel guardarla, fi ita ingannato . Scriuenoil Ruellioal i.Jib alcap. 21. quale intutroè dato feguitodal Matthiolial i .lib ai cap.7j.fopra Diofcoride , hauendo l’vno e l’altro tolto da Serapione, quella Cafora edere mi- gliore ddhilrre , che dal Rshab, viene chiamata Riachina.il quale Re fui! piimo, che ritrouò l’ar- tificio di far la Canfora bianca,ma io nó poffo per- vadermi à crederlo, conciofiachei Redcli’Indie fono affai potenti, non hanno bifogno di meteerfi à tale artificio . Rafis ai 3 . lib ♦ della Medicina,c.22. fachefia frigida & humida. Si Auicennaal 2.hb. al eap.i 34. ( ilqualec fiate feguiraroda molti ) fa, chefia frigida e fecca in terzo grado. Sono fiato ancor io gran tempo, infiemecori molti moderni in opinione, che la Cafora fotte cali da per caufa di quell’odore, e delle pani fornii , ch’ella ha , ma poi di hauerla con l’efpt rienza prouata nelle oph- talmie,enelIeinfiammaggioni de gli occhi, e nei cotto di fuoco hauer la freddezza della neue, mu- tai Cubito opinione, oltre che tutti coloro, appo de’ quali nafee la Canfora , dicono , che fia frigi- da. Nè imporra, perche fia odorata, imperoche peretterdi parti fonili, facilmente fuapora, bef- fala quell’odore, che fi troua nella fuperficie» ai contrario del Sandalo , e della Rofa , laquale, per ie parti fiitiche ch’ella hà, rifeiba l'odore . Serve Auicenna al 2. hb- al c.134. chela Canfora fa fiat Livorno defìo , fiche non sòcome pctta egli ette- re, Capitolo X . fi re,eflendo ella naturalmente frigida ,'e le cofe fri- gide fogliono far dormire, lo dico, che cefi di fuo- ri, come di dcncro applicata , ancor che fia io poca qualità, fi dormire. Ma fe alcuno l’odorerà fpefiò, e fe 1 accodi fpetfo al nafo, delìccarà il ccrebro,e lo farà vegghiare . Io quelle parti fe ne feruono mol« to,& in molte cofe, òc ancora ne 1 cibi « Annotatione di Carlo Clufio . SCrive Lodouico Romano al + .ltb.de Ile Nauiga- tionì al cap.4. che Per dar/ è vna certa moneta d'oro delle Indie picciola e tonda piu che non e il Seraphi di Babilonia, ma molto pwgroj[a3doue da vna banda fono due demonij [colpiti e dall'altra vi e non so che fcritture di Lettere , ma la / lampa e fai fa , perciò che vi fi legge Ber day in luogo di Perda ». Vvltime f lampe non fan- no m emione d' vii fu v, ma di salci, anfuri [lamentele di viriagie 3 e dopò d' vi lucide vllfeek- leggafi f opra di ciò il Aiatthiohfopra Diofcoride.al / .lib.al cap.pj. Del Cate , onero del Lido . Cap . X . IMperoche gl’indiani fi feruono molto nelle moliifkationi , e relafiàtioni delle gergiue del medicamento farro di Betre , Areca, e Care, noi parlaremo di tutti tre: e perche coli ricerca l’or- dine, parleremo hora deli’vitimo, cioè Cate , il- quale è medicamento che con vna certa amarez- za coftnnge . Apprettò poi trartaremo dcs gli altri due • Maggior parte dei Cate nafee in Cambaia, cfpecialmentein Bazaim, Manora,e Daman, tutte citta che rendono obedienza a! Re di Portogallo* Se ne raccoglie ancora nel diftrecto di Goa , & in D 1 molti j2 Del Cdìe, onero del Lieto umoìti altri luoghi , ma non in tanta abbondanza , come nei luoghi detti difopra, donde Tene por- ta per mercan tia gran quantità nella China ; ma nell’Arabia, in Perda, in Corazone fi porca Colo per medicamento, 6c in poca quantità . Nel- la China Tene porta grati copia, e coli ancora in Malica, percioche le ne feruano affai ne’ mafiica- tori j , mefelìiato col Betre. Chiama fi appo di tut- te le narioniCate , eccettoin Malaca, che fi dice Caco . La cagione perche da gli A’ .bici, Perfiani, c da altre géu di quell’ A fia fia fiato chiamato Ca- ie,© con poca varietà di lettere ,è, perche nel re- gno di Malaca fc ne còfuma la maggior parte, do- ue ha il medefimo nome,non alrrimentijche intra- uiene anco nel corto , ilquale quantunque nella prouincia doue lì raccoglie fi chiami Vplot , non- dimeno da ruttigli Indiani è detto pucho ad vfan- za di Malaca . L’arbore donde quello fucco fi ca- lia è della grandezza del Frallìno, di foglie minu- te, finirti alì’crica,oueioalla Tamarice , è Tem- pre verde; dicono che fa i fiori, ma non fa fruttole mol ro fpinofo ; La materia del legno è forte, dura, loda , e pcnderoYa , 8^ è incorruttibile, tanto fe fi efpone al Sole, come fe fi mette nell’acqua , per la qual cefa lo dicono i paefani , legno fempreuino. Fannofi di quello per t (Ter duro , e ponderofo i pe- llelli da fpogliare il rifo ne i mortai di legno di fei palmi di larghezza-» . Chiamano i padani que- fi’arbore, Cacchio ; ma perche caufa chiamino quello fucco Care , non ho mai potuto con ragio- ne fapere. 11 modo dì cauare il tocco è quello . Cuocono in acqua i rami minutamente tagliuz- zati, poi li pedano , e vi mefehiano farina dì Hac- diam , laquale fi fa di certe Cernente negre , é pie* . ciole > Capitolo X • f j ciole i di fapore delia Segala , dellaqtiale lì fa pa* fie, e con rafparnra di non sò che alrro legno ne- ro, che nafcequi , benché al le 'Voi re ancora fi fa lenza di quefio, e ne fanno certi trocifci , ò vo- glie dir tauolette, lequali feccano poi all'ombra , ocaò non fiano dal l’ardor del Sole rifolu'te infie- • nie con la lor 'Virtù . cottimo medicamento non (blamente per fermar le gengiue, per deficcare,e per cofiringere, ma è buono anco ne i fìnfiì di ven- ete, Se in leuare il dolor de gli occhi , doueiome ne fono moire volfecon felice facce (io fernito. Mo- ra rimane à vedere , fe c fiato il Care da alcuno de gli antichi conofcinro; io, per dire il vero, non credo che fia altro il Cariche il Licio de* Greci , e di5 Latini , percioche da nitri fi ferine Piftefiò mo- do di cauaie il fucco , e fi tiene che habbia le me- defime virtù, che ha ilnoftroCate. In oltre cofi da Diofcoiideal i.lib.cap.i 14. come da Plinio al libro 24. al cap.14. come parimente da Galeno al fettimo de* Semplici è preferito il Ucio Indiano à gl’altri , il quale Lido fra Greci 'Venne in co- mune, doue è fiato creduto , chea quel tempo ne nafeefie di perfetto-' 11 mede-fimo Licio Indiano e preferito da Auicenna ai fecondo libro al c.^.e da Serapioneal lib.de’ Semplici, al cap.y.da'qua- h è fiaro chiamato H^dhadh , e ledanno . Vuole Auicenna , che mancando il Lido , ci habbiamo à feluir dell’ Areca e del Sandalo . Sono alcuni mo- oeinì , che mettono in luogo del Licio il fuccodei 1 efi eli meno. Ma gli fpeciali Portnghefi,fe fifie- ro p’u diligenti in cercarei veri Semplici, ecer- enfierò ne’ fondachi de gli Indiani, volgarmente c»a loto chiamati Olyfipone, ve ne trouariano, do- ue anco potriano haueredei Faufer ,ouero Are- i ca. Della Macina. ca,percioche con la naue regale vi fe ne porta gran copiai • Annotatione di Carlo Clufio . IL Lido di Diofcoride ha le foglie firn ili al Buffa* & e arbore piatolo e baffo; la onde e da giudicare ,■ che fi a altro arbore di quello, che deferì ue il noftro Aut tore. Benché, per dire il vero , non perche Diofcoride m deferiuere il Licio [ha fermo in una opinione ( fe vero e, che l’ultima parte del capitolo del Lido fia dt Dio- fcoride-) Di quella forte di feme ha fatto etiddio men- tione colui , che nauigaua [opra la naue chiamata San Benedetto, la qual fi ruppe a i [cogli del Promontorio di buona fperan\a. co fluì l’ha de feruta, e dice ejfer fimi U al Senape, ma un poco piu nera, della quale fattane fa- rina , ne formano certi panetti tondi , e la mangiano tutti quelli, che fanno alla marina deli’Lthiopia, effe- ci al mente quelli, che fanno fra il fiume dt S . C hnfio- foro,e quello , che fi dice di Santa Lucia . Sono le cafe indiane, certi luoghi concaui fiotto al palalo del Re, detteli rrferbano non folamente gli Ar ornati; ma ogni (medi mere amia , che fi porta dall’ Indie con le nani Regali di Lisbona < a noi ha pi acuito di chiamar dette cafe, fondachi » Della Manna. Caf. XI . CH e la Manna fia ftara conofciura da’ Greci, penfo che affai à baftanza fiaitatoda moder- ni difpurato. Io ne dito alcuna cofa;chenómi pa- re di tacere. Habbiamonoi qui veduto tre forti di Manna portarli del regno Vzbeque. La prima fot- te la riferbano in vtri , delfapore difauo di mele, chia- Capitolo X 1 . j j chiamata Xirqueft,e Xiracaft,cioè latte di arbore, chiamato queft, percioche Sir, in lingua Perfiana, vuol direLac. Noi hauendo corrottoli vocabolo, la chiamatilo Siracoll ; é vna certa rofara^he Teor- ie gù per quelli arbori , oueramenre vna gomma, che da quelli dilli Ila . La feconda fpecie fi chiama Tinu>iabin,ouero Trungibin, fecondo ha il Bcllu- «eie tradotto , e dicono generarli ne* cardi , in cer- ti granelli maggiori del coriandio mezano , di co- lore fra rufo, e 1 olio, la qual Màna fi raccoghe crol- lando i capitelli del cardo. Il volgo ha Tempre creduto, che folle frutto della pianta, ma poi c fia- to ritrouaro,che è gomma, ò rafina.L’vfo di quella c molto più da5 Pendini iodato, che ddi’altra, per- cioche quella, del laquale noi ci Temiamo, non ar- dirono elfi di darla à fanciulli ; fe non hanno paf- fiito quattordici anni j maio, da che venni qui. Tempre me ne fono feruito, & ho trottare- ohe pur- ga fenza molto fallidio. La terza fpet ìe e quella, cheli porta in certi pezzi grandi, perlopiù me- fchiatacon foghe, e quella fomiglia affai a quella, che fi raccoglie in Calabria, & è tenuta in gran, fil- ma . Quella fi porta di Bazora , città di Perfia af- fai famofa. Portali tal hora in Goa denrro certi veri, vn’altra forte di Manna della fiera di Ot mns, limile ad vn mele bianco purificato , ma in quelle bande predo fi corrompe, per non elferci commo- dità di riferbarla in va fi di vet ro . Annotatione di Carlo Clnfio . LEggi il Commero dd Matthioli fopra Dio fiori - de, al primo libro ,al c- 7 3. dotte racconta le opimo - tu, c afide' Greci, come de' Latini, e par tm et e de gli A- D 4 rabi. Velia Manna. rabijgr butta à terra l’ opinione de ’ moderni. Ma Do- nato sìntomo Alternare , nel Trattato della M anno? ch'egli ha fatto , riprende lui , & il noftro A ut toro in- fumé con tutti quelli , che hanno fin qui ferino da tal materia . Non mi par qui di tacer e, ni di reflar i li ag- giungere à quello , che Carlo Clufio qui ferine , che l\rn- no r f 62- effondo in Napoli Protomedico di tutto' l Re- gno ilfamofifftmo Marino Spinelli, fu ( per non so che fimftro amenuto ) ricercato di fapere , che cojdfitffe la Manna, che ordinariamente per tutte le fi e acne fi perche approuato dal lor [ano giudi- ci%hauefifi io copili ficureffa potuto il mio intero fegui- re.JSfb crededo 3 ne penfando3che l'Altomare altrimen- ti huomo dì grddijfimo valore 3 e di profonda dottrina» volefife cofi liberamente dar fuori alle (lampe, fenfa pu- re vn mimmo fegno di gratitudine 3 quello 3 ch'io co / len- ti bau e ho ferino , e con tanti [udori haueua faticato . Del Talaxir . fap. XII. I^Ntrando lo (podio in cofi grandi com- j pofitioni de gli Arabi molto famofi , & Aur- loti molto dotti, & in quelle mafiìmamenre, che fi prendono per bocca,non è merauiglia fé fi dubita, che lo (podio di coftoro fia quello ifiefi’o des Grecia ilquale è di natura di metallo, non buonoà pren-* derfi per bocca, Ma, per dire il vero, vna (ola forre di S podio fi ritruoua,al ruondo,e quella è la Pomr pholigede gli Arabi, chiamata Tutia, nel cui man- camento i Greci preparauano i'antifpodio.E' fiato cagione di quello errore quel Dauo Terentiano, difiurbatore di tutte le cofe , Gerardo Cremonefe, hauendo nel terzo libro, al cap 36.de Rafisad Al- manf. tradotto per Tabaxir degli Arabi » Spodioj iiqualc errore hanno poi feguito tutu i tradotto.. jS DelTahaxir . ■ ri Latini da gli Arabi, traducendo S podio per Ta- baxir . In verità,jche le tradottioni di vocaboli fo- no molto pericolofe, e maffìmameme nella Medi- cina . La onde fi douna più torto lafciar i nomi de* medicamenti fenza interpretatione, che tradurli malamente in lingua Latina. Ma per tornate al noftro propofito, Tabaxir, è vocabolo Perdano, prefo da Auicenna al 2.1ib.al cap.617. eda gli altri Arabi della lingua Perdiana, nè vuol dire altro, chehumor latteo, veramente fucco, ò liquore ap- prefo in alcun luogo, fotto il qual nome, è coli da i Turchi, come da5 Arabiciconofciuto. E‘ chiamato da’ paefani Sacar de Masnbu , come fe diceffe zuc- chero di Mambu. Hora nondimeno hanno inco- minciato à chiamarlo Tabaxir, percioche con que- llo nome vien dimandato da' Arabici , Petfiani , e Turchi, i quali permercantia Io portano da! 1*1 li- die nel lor paefe. Comprali quello Semplice molto caro; ilcomun prezzola Arabia è di comprarlo à pefo d’argento . L’arbore , doue fi genera è tal nel- la dell’altezza d’vn Popolo, altre volte piu piccio- lo, fa i rami dritti , fe non che tal’hora gh Indiani li piegano per far pergolato, e luoghi da parteg- giare , apprefiò di loro grandemente coftumati* Sono quelli rami con molti nodi , quali vo palmo l’vno dall’altro lontano, & ha le foglie più lun- ghe di quelle dell’oliua. Fra tutti gii intermezzi de’ nodi , fi genera vn certo liquore dolce e grof- fo, e ridotto in guifa di farina d’amido, e della ifterta bianchezza , & alle volte lène genera affai, alle volte poco, ma non tutte le canne, nè meno tutti 1 rami generano tale humore,ma queg!i,foia- mente,che iono nelle parti di Bifnager, di Bateca- la, &invna parte di Malauar . Quello liquore. Capitolo X 11 • jp dopo d’eflere apprefo, moftra d’eflere di color ne- rojouer cinericcio, e non perciò è tenuto per trillo, imperoche quefto auuiene,ò perche fia troppo hu- mido,ò perche ha flato lungo tempo nd legno t in chiufo , fl come s’hanno penfato alcuni : conciona che in molti rami, che non fono flati toccati dal fuoco,intrauenga quefto . Ha di ciò farro melino- ne Rafis a! quinto libro della Medicinali cap.36. doue pciò non ha parlato del modo di generai li, ma racconra le virtù folamente . E' da credere, che la Scrittura di Setapione, al libro de’ Semplici, al cap.342. ila per l’antichità corrotta, dicendo Sera- feirin luogo di Tabaxir. Auicenr.a,al idib.alcap. 67 7- vuole , che fi faccia di radici di canne abbru- ciate ; ma c già chiaro, per quello che fi è detto di fopra ; che la fua opinione è falfa . In oltre lo fpò- dio,ilquale è la tutia de gli Arabi, è fi come ho dee to,vn’altro medicamento, la cui luftoria fi può ha- uer da’ Greci. In mancamento di quefto dicono alcuni, douer porfi l’antifpodio d’olfa di elefan- ti ; ma quanto fiafciocca colà à dirlo, io ne pollo far teftimonianza, fapendo che i’oflfa de gli ele- fanti non feruono à colà alcuna ; e che quelle gen- ti le gettano via . Hauendo adunque la falfa rra- dottione del Cremonefe , partorito tanti errori, di qui innanzi,dico douerfi,ne’ medicameli da’ Gre- ci deformi , via re tutia in luogo di fpodio , percio- che mai non fi mette fe non in medicamenti, che fi applicano di fuori. Et nelle compolitioni de gli Arabi , douemo 'Vfareil vero Tabaxir, perocché per lo più fi prendon per bocca_> . Hora è da fape- ie ,che di opinione di Medici , coli Indiani , co- me Arabi , Perfiani , e Turchi, il Tabaxir và à pro- pofitonegli ardori, così interiori, come elteno- Velia T uria - ri;Sc è buono anco nelle febri coleriche, e nelle dif- ientericL-/ • Della Tutia . Cap. XIII . Scrive Anicenna al 2. libro al cap.703. che la Tutia fi croua nell’India , e quello médcfimo dice Serapione al libro de* Seplici c.422. con que- fìe parole . Ritrouafì vna celta fòrte di Tuna nel- l’India,ma per dire il vero, io non sò, che in n emi- na parte delhlndie vi fi ritruoui la Tuna , onero il Spodio de’ Greci, nò meno il rame, ò altre forti di metallo, donde fi poffa far la Tutia. Ma la Tuna, della quale noi qui cì remiamo, e che fi porta in PortogalloJ& in ifpagna , in altri luoghi del» ^Occidente, non è metallica , ma ò di quella fotte di Tutia, che Diofcoride chiama Antifpodio . Ha- uendoà me detto vn mercatante ,ilquale era mol- to cutiofo inueftigatore di coli fatte cofe, che egli hauea faputodi certezza da mercatanti Perfìani, che quella Tutia fi fa in Quirmon , paefe della Perfìa, vicino ad Ormus , doue nafee anco il più perfetto cimino di tutta la Perfìa , di cenere d vti certo arbore di quel paefechiamato Goan,ilquale fa il frutto del meddimo nome coro pollo di feor- za,e di midollo , e dicono tanto la feorza , come il nucleo di dentro effer buono à mangiare , e quefta Tutia fi chiama Aleftandrina, non perche fi faccia in Aleffandria, ma perche e portata di Qturmon in Ormus, e d’indi in Aleffandria, e d’indi poi in Italia,óc in Francia^. Anno- Capitolo XIV- 61 Annotatione di Carlo Clufio. N z i fi cóme vuole il Matthioli nel Commen- to di Diofcoride3al j -lib.al cap. 46 -quella Tutta della quale noi ci fermarne in Italia 3 in Germania, , & in Francia, e la cadmia 3 che fi fa nelle fornaci di Germania . Nondimeno fe 1 noflri /pedali fojfero vn poco piu diligenti „ facilmente di quefte fornaci cattar inno anco il poofolige 3 e lafciariano 1 loro An- ti frodi] fatti d’cjjd di buoi abbracciate 3 fi come dice il nofiro Auttore . Dell’Auorio* Cap. XIV. LOssa de gli elefanti non (blamente non Ter- nono nelle medicine, tuttoché alcuni creda- no, che lo Spodio fi faccia di queiVofla abbruccia- te, ma nè anco à far cofa alcuna per vfohumano. Solamente fi cerca di hauere il dente, e quello, che dice Egineta delPvnghia, dicendole ferue nelle ni ed lem e, credo 10 che fia bugia.E* chiamato l’ele- fanre da gh Arabi HI , 6c il Ino dente Canati! . in è',l*lLUUl 1 “ 3 n ino ciente Canati! . in Guzarate & in Decan fi chiama Ari . In Malauar, An<°* ! n * onnj-A n _ » i r*».. ... J Guzarate & in Decan fi chiama Ari . In Malauar. portano Del? Attorto > portano ogni anno mille , c fei cento libre, oltre ì quelli, che fi portano di alcune pani dell’Indica • Vna parte di quello Auorio fi porta nella Clima, ma la maggior parte fi porta in Cambaia . e vna certa fbpefftitionc ordinata dal Diauoio nelle don nc di quel paefe.che morto alcun lor parente, tolto rompono tutti i braccialetti, che portano d* Auono Cche cani donna ne porta più di venti per braccio, benché ce ne è di quelle, che li portano anco di gu- fcio di teftudine)e poi lenandoli t! lutto, tornano a rifar ali altri di nuouo . E* tenute l’ Auono appo di co fioro (fecondo la grandezza del dente) m gran ftima i onde i denti più piccioli non fono tento ap- prezzati , ma j grandi fono m gran prezzo . Ogni elefante ha due denti nella mafeeila di fopra, i quali non fi cambiano mai , fi come alcuni fi pen- fano. Le femirìe per lo più non hanno quclu denti, fe ben ve ne farà alcuna, che hauerà i denti vn pal- mo lunghi • Amazzano gli Ethiopi gli elefanti, per mangiarfene la carne cruda, e màdano poi per mercantila qui à noi i denti legati con certe vimi- ne, onde io credo , che in quel le pam fia maggior copia di elefanti, che qui in Europa di buoi . So- nori elefanti di natura melanconici , fi fpauenta- no di notte, e fono vedati da fogni fpauentofi • A che fogliono remediare con fami feder fopra 1 lor guardiani , chiamati in lor lingua volgare Haires, che ftieno Tempre parlando, perche non dormino. Sono fpeffo vedati di flulfo di corpo . Alle J^vol- te fono coli gelofi , che diuentano ferociflìmi , c quali furio li , onde rompono le catene Rile- gami . A che rimediano con menargli i lor guar- diani in campagna , iui grauemente lor ri- prendono . Oicre al feruitio , che fanno in porta- * r#» Nfcfcse ■IfcP» JC % *$ **«*)> ffl Z É & Capìtolo Xly. repefiele arteglieriedi vn luogo in vn’altm r„ p'“!” cfi -de dl, quefta Ifola , fi JLl j?PÌr°Cfae *'• «leftntì $ r/: anco Plinio al hb S Val g* a,tr‘ * mentionc »a^s?£ss Racconta 64 ' Veli1 Auono . Raccontano , che in Catnbaia vicino à Bengala, e coli in Fatane ve ne fono molti chiamati da paesa- ni Gandas . lo , in verità , non ho ancora veduto il Rhioceroté , ma si bene sò quello, che quell, che habttano in Bengala.fi feruono del corno per nme- dfo cótta venentT , credendole fia dell’vn.corno, benché veramente no. e > fi come dicono quelli, che in effetto lo fanno, in oltre è tanto cofa incer- ta alleilo, che gli Auttortfcriuonodel Rtnocerote, che ben paté, die non gabbiano mai veduto . Io riferirò qui quello che ho intefo da perdine de- gne di fede . Dicono, fra il Promontorio dt buona Speranza , & vn’altto Promontorio , detto volgar- mente Currentes, di hauer veduto vna certa forte di animali terreftri , attenga che in mare ancora fi riparino, i quali haueano il caponi crini di camal- lo! ma non era il cauallo marmo, & vn corno lun- go due palmi, & era mobile, voltandolo hora a. la delira , & hora alla Anidra , & hora Balzammo m alto,& hora l’abbaffauano.ilqualeanimale feroce- mente combatte con l'elefante, & il corno e lodato oet rimedio contra veneno , del quale n e già data fatta fperienza , hauendone dato à due cani vene- nati ; vno de’ quali hauea à doppio pefo beuuto il veneno, con hauer beuuta con acqua la poluere di quedo corno effer guanto , e l abro alquale poca quantità di veneno, era dato dato, non ha- uendo beuuto il rimedio di quedo corno, effer morto. Gli elefanti non folamente intendono la propria fauella del paefe.ma ancora le dramere,fe l danno loto ad intendere. Sonocupid. di glo- ria, ricordeuoltde’ benefici) , ne mai fi feordano del a ingiuria, anzi fonocupid.ffmi di vendetta. In fomma à qued’animale altro no pare, che poffa * ni sn* Capitolo XI 1 11 . ój spaccare, perche ila animale ragionarle, fe non la fauella. Benché non manca, chi dica in Cochin clferui vna memoria, & vna fede publica , laquaie teftifica di hauer qui vno elefante parlato, & ha- uer cercato da mangiare al fuo guardiano, che fi chiama Malauar Nairein (or lingua, &in Decan Poliuane,alquale coftui rifpofe5cheperciò nò glie- le daua , perche il caldaio doue folca cuocerei ri- fo, era rotto, dicendoli, che douefte portarlo al maeftro, ch'egli poi haueria cotto il nfo, l’elefante prefo il caldaio có la promufeide, lo porrò al mae- ltro,ilqoale acconciò il caldaio, ma per inauenéza vi lafciò vna fi (Tura aperta di Torte, che fpadea fuo- ri,hauendo ['elefante riportato ii caldaio, e volen- do il guardiano cuocere il rifo,vi mife l’acqua, e vi- de , che vfciua fuori , onde Io diede vn’altra volta allo elefante, che Io portalTe al maeftro, il maeftro prefo il caldaio, moftrò di acconciarlo, ma non fo - lamentenon Ioacconciò,ma vi fece vna filiera più larga. L’elefante portoli caldaio al mare, & lo empi di acqua marina , e vedendo che non era be- ne acconcio , ritornò con gran barrito di colera al maeftro, quali dolendoli dello inganno. All’vi- timo ii maeftro acconciò bene il caldaio, ma l’ele- fante non fidandoli ancora, ritornòà farne pie- na al mare, e '"vedendo , che non fpargea più fuori l’acqua. Io riportò à cala, e mangiò il ri- fu , che iui dentro fa cotto . Sono hoggidi'vi- ui alcuni di coloro , che affermano , di hauer que- fta cofa veduto,ma non ofano di dire, che l’habbia- no vdito parlare . Dicefi, che il Re di Sian, nei cui Regno fi trouano perfettilfimi elefanti,dopo quel- li di Z,eilan,ha vno elefante bianco, e però è chia- raatocorae per ecceiicza,il Re dall’elefante biaco. £ Vn òù Dell' Auorio - Vn mio fedeliflìmo amico, mi ha riferito, cheegh ha vedure due cacciecii elefanti , doue era andato i! Re del Perùxon infinita quantità di gente, e di- ce, che vi fu nella prima caccia ducento mila huo- mini. Circondano queftijtutto’l paefe intorno, do- tte fanno, che gli elefanti hàno lelor pafture, e poi fi vendono , in modo di corona fernpre reftringen- do, tanto che rinchiudono in mezo, non folamente oran quantità di elefanri,(hauendone in quelfvna caccia prefi quattro mila ) ma molte altre forti di animali, come fono porci feluatichi,tigri, parte vi- ui, e parte da lancie feriti. Dopo liberarono tutti gli elefanti, da ducento in poi,cofi di vecchi, come di gioueni, accioche il fuo paefe none rimàga len- za. Furono quelli domati is-quefio modo. Lirin- chiudeuano détro certe intrauate,e pian pian li ve- niuanodimodoriftringcdo , che appena vihauef- fero commodità di vn luogo , ciò fatto , legauano quelli con funi fate di vimini i piedi, e le zanne, di forte che nó fi poteuano mouere,& i guardiani, le- oati con due funi,vi faliuaao fopra, &hora dando Foro de* calci , hora baftonate , di continuo minac- ciauano loro di voler battere, e pervltimo di far loro morir di fame , fe non fuffero fiati ben cofiu- mati ; ma fe fofiero fiati ben coftumati li haueria- no enti con olio, promettendo loro di dar ben da mangiare . Ilche fatto , li cauauano à due à due di quel fa intrauata , e li lauauano , e lauati , li accop- piauano infieme in mezo à due altri domefiichi,e domati. Etinqueftomodo dicea coftui domarli gli elefanti. Haueuaintefo quefio medefimoRe del Perù , che per le felueera gran quantità di ele- fanti, coftui per prenderli , vi mandò non sò quan- te elefanti femine , che erano domestiche , vietan- dole, Capitolo XI Hi: 6? dole } che noti hauefiero à congiungerficon gii elefanti mafehi, ma che hauefiero à quelli, con fè- gni fatto fa pere , che all'hora haueriano loro con- fentito.chefi fodero con efiecongionri, quadofof- fero giunti alle lor mandre. Venute qui l 'elefanti femine, tofto i mafehi le feguirono , e le feguirono tanto, die entrarono nella Città del Perù(la qua- le è affai grande) doue le femine andando alle lor mandre, erano da i mafehi feguire; dopo cattatone .le femine, rima feto gli elefanti mafehi (blamente* i quali poi co! medefimo artificio detto di fopra do -manano. I giouani moire volte fi domano con le baftonare , con le riprenfioni, e con la fame , Se al-* cuna volta con far lor carezze. Ma 1 piu grandi II rinchiudono in certe cafe grandi, le quahhanno molte ponicelle Uretre, donde coloro , che voglio- no domar gli elefanti , tirano le lande , e le (kette* fin tanto , che fianchi , e mezo morti, per le ferite, e|per la fame] fi veggono* Ai quali, i guardiani poi dicono , che perciò gl’hanno cofi mal trattati * perche debbano lafciar la ferocità* ma fedii fi get- tano con humiltàà terra , fono per far loro moire carezze. Gli elefanti alPhora fi buttano à terra* e coloro li lauano, Se vngono di olio. Se danno lor da mangiare, e dopo ad ogn'hora li dimandano come ftanno , fe vogliono alcuna cofa . In quefio modo pian piano fi domano . E‘ gran bugia quel* lo che Plinio fcriue al lib. 8. al cap.i. dicendo, che ad vn minimo fremilo di porco, l'elefante fi fpa* uenta,e torna indietro. Im peroche molte volte en- trano i porci nelle ftalle de gli elefanti, nè perciò fi fpauentaoo, nè per vederli punto fi muoUono . E* colà chiara, che nelle fdue di Malauar van- no molti porci infieme con gli elefanti* Ma egli £ z è bene 6% Della Candid* ? e bene il vero, che hanno in odio i topi, fi come di- ce il medefimo Plinio, imperoche , fe perauentura doue effi ftanno , vi faranno ropi > mai fi veggono dormire, fe non con la promufcide ritorta & auui- lop pata, per paura.che i topi non vi entrino , ò non la ni ordino, e per quella medefimacanfa abbon- feono anco le formiche. Mi merauiglio, comefi fia melfo à dire Andrea Lacuna al fecondo libro di Diofcoride,al cap.50. che fi ritroui PAuorio fof- file, effendo cofa da ogni verità lontana , remi, merauiglio meno del Fuchfio, ìlquale nel libro delle Compofinoni de 1 medicamenti, dice, Cile in nefiun luogo fi ritroui il vero Auorio , eflen- do tanta copia di elefanti per tutta l’India , e per PErhiopia^, Annotatione di Carlo Giulio. T jE* libri di Simone Genouefc.che comrmmemen j\! te n leggono 3io non ritrouo tal cofa feriti a. Della docilità J della induftna degli elefantine hanno moh : finitori fcritto, e di quefta loro induftna , e docilità 1 h abbiamo e f empi moderni . H abbiamo noi, già tre ah ni fono .veduto qui nel Belgico 3vno elefante, che fu du Re Cat bulico mandato a MafimiUano Imperatore che hauea vno intelletto , et vna pronteTfga neWappren dere3 che era qua fi humana , & era nondimeno ancor \ gioitane, che nonpa fatta none anni . Della (famelici . Cap. XV ER a per innanzi coli luga e malageuole ;a via t> andare à trouar le fpe delie, che 1 noftri ami» pafi'ati difficilmente ne hàno potuto haucr la per- r fetta Capitolo XP** Sp fetta cognitione , donde fi è caufato, che fi difiero mille fauole, leqnali Herodoto ha tutte referite per vere . E perche fi vendcuano molto care 9 era ne gli huornini maggior cupidità di guadai gno, le fpecierie fi falfificauano, donde auuenrua> che fi daua loro vari) nomi , auenga che per lo più. fodero d'vna medefima forre. Per la diftanza adim que dei luoghi , e per poco pratticarfi quei paefi da mercatanti , non è fiata da gli antichi faputa à baftanza Phifioria della Canella . imperoche co- loro che la portauaoo in Ormus, & in Ambiava- no fi come puf à baffo diremo, Chinefi. Di Ormus poi fi porraua in Alep.fiera celcbrariffima di tutta Ja Si ri a, da altri mercatanti. Quelli pofche di là la portauano in Grecia , diceuano, ò che nafceua ne i loro paefi,ouero in Erhiopia c diceuano,che fi ra- gliarla e fpartiua da* Sacerdoti con molte cerimo- nie in tre parti , dandone vna parte à i Dei , vna al Re, e l’altra ài Sacerdoti . Ma è già cofa chiara per le namgacioni de* noftri Portoglieli, che hano tut- ta quella regione rrafeorfa, e oe hanno la maggior parte caminata per terra , che la Cafiìa , ò Ganci- la , nè meno il Cinamomo non nafee in Erhiopia, doue dicono di non hauerui tro.uara nfiìjna for- te di Cafiìa, nè d) Cinamomo . Ma di più aggiun- gono, che quelli ifielfi Arabi vengono à comprar la Canella in quefte bande , Se ogrìi volta che roti fi porta di quà, il prezzo aumenta* Ma dirà for- fè qui alcuno, che fia vero, che la Canella non nalcein Ethiopia , e che perciò vengono elfi nel- le Indie à comprarla . Ma è ben vero , che hanno la Cafiìa , &e il vero cinamomo , che non farà per- auerrura eonofcmro da* Barbari, e da genffrozc-^ Io ho molti Media amia, coli Arabi , come Tur* £ 3 chi# 7Q Velia Cartella' . cni^e Corazoni , i quali chiamano la Canellapiù croffa Calda lignea. In oltre vi fono alcuni de’no- Portughefi , che hanno trafcorfa rutta l’Ethio- pia fotte l’Egitto, hora chiamata Guinea , non fo- llmente per mare,ma anco per le parti mediterra- nee , & altri dall’lfola detta di San Tomafo,fino a Sofola,e Mozabique, e di là per infino à Goa, alcuni altri dal Promontorio di buona fperanza per mare per mimo à Mazabique,e Melinda , tal- ché Pvna e l’altra Ethiopia, tanto fopra,quàto Tor- to l’Editto hanno trafcorfa,e nondimeno non han- no m^i veduta nè canella , nc calda . Non effendo adunque il modo mai (lato tanto conofciuto quart U>hora,m8ldmamenteà Portughefi, è da credere, che non ci habbiano queft efpecierie,e quedi me- dicamenti coli celebrati , come èil Cinamomoe la calfia,à mancare; ma più collo effer l’abbondan za cagione di farne dar fofpetti.Nè meno è da cre- dere T che quelli di quel paefe, auenga che noi ne foliimo dati pococuriofi» Phaudferohauutoà te- ner fecreto ; imperoche , fi come quelli, che habi- tano Pi-fola di San Lorenzo, douela gente è bar- barifiìma j modrano à mercatanti , che tal* hora vi capitano, vn certo frutto della grandezza d’vna Auellana , quale ha odore di GaPofoli, cofi ancora o\\ Ethiopi modreriano à i nodri il Cinamomo , e la calila, medicamenti coli odorati . La calila tan- to dagl’ Arabi, quanto da9 Perfiani & Indiani da tutù è chiamata Salihacha. Ma da gli Indiani è volga unente chiamata di queli’idcfiò nome , che chiamano la Canelta,non facendo fra la Canelia, e ia calda alcuna differenza; e per dire il vero,nef- fimo ha ritrouata d.fferenza fra laGatjella,e la saffia^ . Ma che alla Canelia glifiano dati dati nomi Capitolo Xy . yi nomìdiuerfidiCinamomoe di Calila, credo che i Mercatanti Ghindi ne lianoftati cagione. Im- perocheie Hiftorie Annali della citràdi Ormi is, fanno melinone, che anticamente quaranta naui andarono delle Chine in, quei paefe, doueporta- uanodel ior paefe, oro, feta, vafìnmrini (altri- mend chiamati porcellane ) mufchlo,ottone, per- le 3 & altre fomigiianti mercantie, dellequaline vendettero alcune in Malaca, riportando in cam- bio di quelle , nei lor paefe dei fandalo , noce mo- late, macere, Garofoli, e legno aloe ; lequali cofe vendeuano poi in Zcilan & in Malauar , & iui pi- gliauanoCanella perfettilfima, cioè di Zeilan,edi Malauar la men buona, e coli ancora di Iaoa,doa- de ancora portauanoil Pepe Se il Cardamomo ; e tutte quelle cofe portauano poi in Ormus, ouer© nelle parti maritime dell’Arabia. Addimandati quelli Ghindi, che cofa fulTero quelle fpecierie, e donde le portauano, diceuano tutte quelle fa- uole, le quali racconta Herodoto , accioche con quelle loro inuentioni , accrefceffero il prezzo del- ie loro mercantie . Hauendo poi conofduto , che la Caneila di Zeilan era differente da quella di Iaoa , e di Malauar , ii dierono vari) nomi , tutto chela feorza fuffe della medefima forte ; ma era- no differenti folamente per la qualità dell’aria e del terreno, (i come fuole accadere ne’ frutti,iqua- li auengache fiano d’vna medefima fpecie , per la varietà del paefe e del terreno fogliono effer più foaui,oueramente men buoni dell’ordinario.Com- prando adunque quelli di Ormus la Caneila da’ Chinelì, per quella cagione i Perfiani la chiamano Darchini,che nó viene à dite altro che legno Chi- nefe. Dopo portandola in AldTandria per vender- y 2 Della Ca?ielU . la più cara à Greci, che ini cócorronoja chiamane» Cinamomo ; che vuol dire legno odorato, come fe dicefiero Amomo portato della China . Alla Ca- nella poi , che fi porta di Malauar e di laoa danno il medefimo nome , che fanno in laoa , cioè Caif- inanis, fiche in lingua Malaya, vuol dire legno dolce , e quefia i Greci per corrottion di vocabolo, chiamano Cafiìa, dado ad vna medefima cofa due nomi . Auicenna,al i. hb-al cap. 1 28-0 cofi Rafis,e tutti gli Arabi fi fono feruiti dei vocabolo Perita- no,chiamandola darchini,fi come à molti Perfiani è in coftume. La Canella d’ogni forte che fia fi chiama da gls Arabi Querfaa, eQueafe. Gli altri nomi fcritti da gli Arabi,fono tutti corrotti, fi come per eflempio darfihahari, e fomiglianti . In Zeilan fi chiama Cunrdo, in Malaia, fi come ho dette Caifmanis, in Malauar Cameaa . Quello che Scra- pione fcriue,dicendo Darchina, interpretato arbor delia China , è falfa la ftampa , e quella interpre- tationeviè aggiunta dàlPinterprete. In oltre vo- glio pregare cofi i Medici , come Speciali, che ha- uendodi qui innanzi da porre in luogo di Cafiìa la Canella,lafciano di feruirfi della tnfta, e metta- no la più eletta, già che ne habbiamo tanta ab- bondanza. Nè meno mettano nella compofitio- ne, in luogo del Cinamomo il doppio pefo di Caf- fia , tutto che fi fauorifeano con l'auttorirà di Dio- fcoride,e di Galeno. Scriuonoalcuni , che la no- fira Canella non èia Cafiìa de gl’antichi, perciò- che fi come efiì dicono, la Cafiìa è nera, e fenza odore ; ò fe pure è , farà la pfeudocafiìa di Diofco- ride , piu tofto , che la legitima Cafiìa . Occorre euandio qui nelfilndie, che fi troua della Cafiìa afiai trilla mefehiata con i'alcra,& in gtan quàcirà ilche Capiterò XV > y$ fiche auiene ò perche none fiata ben gouernara, ò non è fiata tagliata co! tempo. Impcroche ap- pena trouarai vn’altroaromato, che più prefio il corrompa della Canella,mnflìmamente fe fià lun- go tempo in nane, elfendo quello paefe fottopo- fto alla putrefattone , malfimamente in luoghi maritimi. Laonde veghiamo per ordinaria espe- rienza, chelaCanella perde ogni anno di quella foaunà di odore, e di fapore . Se alcun defìderafie di veder piu oltre della Cafiìa , legga il Manardo ali’ottauo lib- Epifìola prima, & il Commento del Mattinoli, al i.lib.di Diofcorideal cap.n. Se 13. iquali con molti argomenti prouano la nofira Ca- ntila edere la legicimacaflìa ; quando poi dicono, che non lì troua il Cinamomo, s’ingannano, effen- do che la Calila, il Cinamomo, eia noftraCanella liana vna ideila cofa. Scriue il Lacuna al i.lib. al cap.19. di hauere egli olferuaro ne’ fondachi de gli Indiani in Lisbona, tutte le fpecie diCanella da gli antichi deferitte . Ma io non ne ho qui nel- i’Indieofferuato più di due, cioè quella, che nafee in Zeilan, e quella di Iaoa , e di Malauar . Impe- roche quella, cheli fuole portarein Portogalloè veramente di Zeilan . Può bene egli edere, che cinque forti differenti in bontà fe ne ritrouino , ma non faranno in fpecie differenti . Quello , che ag- giunge poi del Cinamomo, ritrouato nel Pontifi- cato di Paolo Tetzo, infìeme con Maria moglie diStelicone, c fen za dubbio vna fauola. Dicono alcuni , che noi habbiamó il vero Cinamomo , ma non quello , che da Diofcoride è chiamato Molili» rico, al i.lib. alcap.13. quale è più de gli altri lo- dato , e fecondocheTheofrafto fcriue, alp. lib.al £aP-J« vuol che fia con molti nodi. Adequali cofe crede* 74 Della Calettai credo io di hauere con gli argomenti addotti di fopra à baftanza rifpofto . II Cinamomo,ò voglia- mo dir la Canella, è vn’arbore della grandezza dell’oliua, etal’hora più picciolo, di molti rami quali dritti, e non fiord, di foglia limile al lauro di colore, ma nelle fattezze tira à quella dei cedro, è non limile alPIride, licerne hanno fcioccamen- te fcricto alcuni, di fior bianco, ài frutto nero, e ri- tondo,quali della gràdezza dell’ Aueilana, ò limi- le à picciole oliue . La Canella non è altro , che la feorza interiore deirarbore , imperoche ha quello arbore in guifa, c’ha il fouaro, parimente due feor- ze , ma non coli grolle , e coli diftinte • Scorticato l’arbore,fi getta via la prima feorza, e dopo taglia- ta in pezzetti quadrangulari, fi getta per terra, ri- uolgendola coli bene inlieme, che parevn pezzo d’vn ramo integro , e pur non è altro , che pezzetti di fcorza,riuolti in modo di fcartozzi,alla grolfez- za d’vn dito . Quel color poi di rofato , ouer cine- riccio vinofo,levien dato dal calor del Sole. On- de quella, che non farà ben gouernata, diuenta bianca di color di cenere, & ali’incótro quella, che farà dal troppo calor del Sole abbrucciara , diuen- ta nera . Leuatavna volta la feorza dell’arbore, non la toccano più per tre anni. Di quelli arbori, n’è gran copia in Zeilan , e fi foleua hauer la Ca- nella à vii prezzo , ma da trenta anni in qua , nef- funo la può comprare, fe non li fattori de* Re. Sono gii albori in Malauar più piccioli , e cofi an- cora in laoa, che non fono in Zeilan, e fanno ctiandio più trilla Canella , ma non fono però cofi piccioli come Plinio fcriueal lib- 1 i. al c.ip. e Ga- leno al x . libro de gli Antidoti . Sono nondimeno gli arbori rutti fcluaticki , che nafeono da ior po- Capìtolo XP • y y Ha. Per quanto io ho potuto fapere,la Canella non nafce akroue , fé ben Francefco di Tamara fcriue, che nel mare Eritreo fi ritrouano nelle tempefte gii arbori di Canella, e di lauro ricoperti dal mare^> . I noftri Portughefi, cheogn'annonauigano il ma- re Eritreo, dicono, di nonhauer mai tale arbore veduto, e quello, che dicono neJl’hiftoria dellTn- die Occidentali, fcriuendo, che produchi i caliere le ghiande àmodo del fouaro, da che la Canella fa il frutto come l’oliua, non habbiamo à dire, che fia vera Canella , ma farà altro arboreti altra fpe- cie . Né meno è vero quello , che la medefima hi- ftoriafcriue , dicendo , che nafce nella China , im- peroche fi porta di Malaca, con altre mercantie nella China. Mi fi dice, che gran quantità di Ca- nella nafce parimente nelllfola di Mindauao, e nell’altre Ifole conuicine , ma quelle fono lontane dalla China. Credettero alcuni , che la Canella nafcefle anco in Alep, per hauer ritrouato, appref- fo certi Auttori fcritto, Cinamomo Alepitino, ma credomi,che cofi nafca in Alep , come in Ifpa<*na . Ma per portarli di quelle parti in Ormus , e di qui in Alep, è auenuto,che la Canella buona & incor- rotta , portata di là in Europa , habbia prefo il no- me della città di Alep, benché quella di Zeilan fia la migliore. Rirrouafene anco della men buo- na , laquale c quella , che è di fcorza più grotta , c non auoltata in modo di (carrozzi , e coli ancora quella, che non è del medcfimo anno . Imperoche Ja fcorza, quanto piu inuecchia, più fi fa peggiore* Quella, che nafce in Malauar erutta trilla, e tanto differente da quella di Zeilan , che cento libre di quella di Zeilan , vagliono dieci feudi , e qua- ranta libre di quella di Malauar, vagliono vno feudo * Della Candid i fendo . Stilla dall’arbor della Canella vn liquore, che rende odore di Càforajma il Re ha prohibito, che non fi incidano le radici , perche fi leccano gli arbori . Si caua per lambicchi di vetro , e di piom- bo l’acqua da i fiori , ma quella , che fi caua dal le feorze non ben fecche ancera.è di maggiore, e piu foaue odore , tutto che dichi il Lacuna al primo libro, al cap.12.. che da i fiori fidamente fi caua; è buona queft’acqua deftillara à molte cofe, impero- che Tana la fiacchezza dello tfomaco , e mitiga in vn fubitoil dolor colico, venuto percaufa fredda, fi come ho io più volte fperimentato, fa bel colore nel vifo,e fa buon fiato,&^ è molto commendata ne’ condimenti delle viuande per farle più foaui,e più odorifere. Dalie bacche delia Canella fi caua oglio, in guifa che fi fa dell’oiiua , & c come feuo, ò come fapone gallico , ilqualc prima che fia fcal- dato è fenza odore, ma poi rende alquanto odore di cinamomo j fe ne feruono nelle difìeropcranze fredde dello ftomaco, e de inerui . In oltre per dire alcuna cofa dei nomi di rucre le forti di Cia- ncila , fcritte da gli antichi , credo , che facilmen- te polla edere, che Zigir fia tutta quella rimerà delle Ghingale, che è Zeilan, imperoche i Perfia- ni,e gli Arabi chiamano ineri Zàges, e tutti quel- li di Zeilan ,e di Malauarfono negri . Il Mofili- tico fcredo , che fi dica dall’Ifola di ZeilAUrche è tutta montuofa . Scriue Plinio al lib-i 2^. al cap.15?. che fi porta nei porro de’ Gebanid , chiamato Oci- la, ilquale non èalrro, che il porto diGhiagali, ouero di Zeilan. E’ la Zeilan, ò vogliamo dire Cei- Jan, ottanta leghe di circuito, e trenta di lunghez- za,ha il poloeleuatoda fei fino ànouegradijs vn’~ Ilola la più abbondante , e più lodata di tutto’! mondo. Capitolo XV- 77 mondo,! aquale vogliono alcuni, che fia la Tapro- bana,altri la Samatra,& ha dirimpetto il Promon torio di Conn,cofi volgarmente chiamato ; è mol- to popolata ; auenga che fi a montuofa . Gli h abi- tanti fono chiamati Ghingali . Sono qui moire no- ci moicate , Garofali, Pepe \ & ogni forre di pietra pretiofa, dal diamante infuori .Vie gran copia di perle, d’oro,e d’argento . Sono le felue ripiene d’o- gni fòrte di vccelh,di pauoni,di galline, di colom- bi di varie forti, e vi è gran caccia di cerui, e di cin- gali . Vi fono frutti delicanflìmi, tuttoché nafea- no da fua polla, fi come fono vue,e fichi, e naranzi, iquaii auanzanodi foauirà di odore tutto ij mon- do . Hanno grande abbondanza di legna, e di fer- ro, hanno molte forti di palme, e molti elefanti di buoniffimo ingegno, alliquali dicono gli altri ren- dere obbedienza . Dicono gl’indiani, che qui fono i campi Eii(ìj>e nella fommnà di quefto mome, la- cuale chiamano Roftro di Adamo, dicono che 'Vi fiano ancora le veftigiede’ piedi di Adamo. Ritrae Capìtolo X V * Annotatone di-Carlo Clufio Iv1 R A la no fra C ansila vi fi ritrouano alle volte al- cuni fragmenti, ò pendetti di Cartella , che non par che fiano quella ficorz.a interiore 3ma piu tofto la prima , circondata ad vn certo modo d'vna pelliccila cineric- cia . Affai volte fi veggono quei canelletti , ò ficartoz.- z.ettiyche vogliate dir e ficorticati della fic orfici piu gr of- fa 3e ruuida. Ho veduto io nel Belgico 3due rami di Ci- namomo 3 & vn3 altro ne ho veduto in mano di Carlo Audomaro 3et vn' altro appo di C.V.D. Nicolò Faldati ra3 Medico Beugefié , i quali rami erano dritti 3di grò fi- fiefifia del dito pollice 3e non fienaia nodi 3 ma con certi no- di 3 ò pure con certi fiegni diffami vn palmo l'vno dal- l'altro . La fic orila e fiottile 3 e quafi di color di cenere , di giocondo odore 3& al gu fio fioaue, ma co la fiua acrelfi \a mordeua alquanto la lingua . IL legno veramente è fien\a odore 3 <& infiipido 3 come a punto vn ramo di fia- l ice3 al quale grandemente fi fiomiglia . Ritien e nondi - men o tuttauia quella fioamtà di odore 3 e giocondità di fiapore, che la nofira Cane Ila 3 anfi maggiore 3 ancor che fio fiero da quaranta 3e piu anni fiati tronchi dal pri- mo pedale . La foglia mi fu data in Jfpagna dall'Ec- cellentifiimo Signor Giouan Tla^a 3 Medico Falen- tìano . Quefta iflefia deficrittione di Cartella fa Lodoui - co Romano alfe fio lib. delle Nauigationi3al cap.4. do - ue parlatili' /fola di Zeilan . Raccontano ( dice egli) que^i di quel luogo 3 il fianto Adamo 3 dopo del com - meJJ 0 peccato 3 hauere mi col piamo , e con lìaflinen7as cjjcndofi già pentito 3 ricomperata la colpa > la qual co- fa affermano con tal congettura. , dicendo 3che ini fi veg- iuTpalmi^ U Vefigte de* **e4i di di piu di £>el - &e$ Agallocho* onero legno Aloe . JDeW \A gallo choj onero legno Aloe . Cap. X V 1- SCrive Diofeorideal i.lib.alc.21. parlando del legno Aloe , da lui chiamato Agallocho, che quello fi porta dell’Indie, e dell’Arabia Rico- perto più tofto d’vna certa cute, che di fcorza, e di- ce efier buono ne* fuffumigij in luogo d’inccfo, ma il vero legno Aloe non fi porta veramente d’altra parte, che dalle Indie . Può bene egli portarli dal- l’Arabia, ma farà perauuentura portato ini dal- rindie,nel modo,che fi portano infinite altre mei- cantie , ma io non credo, che nafca in A rabia . N è vit ne ricoperto di cute, ma veramente di fcorza, come gli altri legni. Ncmi par verifimile, cheli metta ne’ fuffumigi j in luogo d’incenfo,ma più to- fto al contrario, in luogo dell’incenfo, fi ha da metter l’Agallocho,per efierci fempre maggior co- pia d’mcenfo, che di Agallocho. Non è folito mai di metterli le cofe più rare e malageuoìiad hauerfi, in luogo delle più volgari, ma più tofto ai contrario fi fuolfare. Perche cento libre d’m- cenfo, non vagliono qui piùdivno feudo, tutto che fi porti dall’Arabia, & il legno Aloe, quan. tunquefi acquifta in quelle parti, ogni libra va- le tre feudi. Credono alcuni, che fotto il nome di Tari, fia ftato fcritto da Plinio al lib, iz. al cap. 20. della Hiftoria naturale, dicendo, che li porta delli colini di quei luoghi, doue nafee la Cal- ila^ il Cinamomo per li regni Nabatei, alle Tro- gloditi . Fà in due diuerfi capi mentione Auicenna deU’Agallocho,aI hb.2. al cap.742. doue parla del Xiloaloe, nell’altro al lib.z. al c.24. ferme dell’A- galugen,imperoche tuttauoita;che ftà egli in dub~ Capìtolo XVb 'Si bio di alcuna cofa , è folito fcriuerne per due capi» tolidiuerfi, Tempre però riferbandofi di parlarne nell’vlumo più à pienone p ii accuratamente. Nel primo capitolo del 2.1ib.al cap.742. raccontai no- mi,e le prouincie,doue naTce,e donde li porta jma il vero, e legitimo Aloe non nafce in tutti quei luo- ghi ; Imperoche quello , che nafce in Comorm Promontorio, (anticamente detto Cori) & in Zei- ian,auengache lìa legno odorato, e che fia credu- to legno Aloe feluatico , nondimeno non è il vero legno Aloe, perche il vero,elegitimo nafce in Ma- laca,& in Samatra, donde da Ghindi fi porraua_> . S’inganna Auicenna dicendo » che per cauarne tutto l’odore , fi faccia bollire in acqua : Serapio- ne al libro de’ Semphci,al cap.197. ne fcriue varie forti . Primamente fcriue l’Indiano, ilquale fi tro- U8 in vna certa [fola chiamata Fiuma . Il miglior di tutti è quello , che è nero, e che moftra vari) co- ìori,& è ponderofo . L’altro fi chiama Monduno, coli detto da vna città delle Indie, chiamata mon- del . L’altro, Seifico,& l’altro Alcumeri, ilquale èmen buono del Seifico, auenga che i’AIcumeri non fia più di tre giornate difcoìlo da Seifi. In ol- tre quello è migliore, che gettato in acqua ,và Li- bito al fondo,ecofi parimente quello, che più re- lìfteal fuoco. Io in verità, non fapreidire, ciò che fi voglia per quelle parole inferir Serapione, e credo , che i vocaboli fiano grandemente corrotti, onde per Fiuma non sò, che cofà voglia egli in- tendere. Per Monde , intenderà perauentura Me- linda.e per Seifì,6c Alcumeri, intenderà la Ifola dj Zeilan,& il Promontorio Gomorin, dal quale è la Ifola di Zeilan difcofta tre giornate per mare. E quello è quanto vp io congetturando . Verament<» F \$ S2 Dell’ Agallocho }ouero legno Aloe • io Comorin,& in Zeilan nafce vn certo legno odo rato,ilqualechiamano legno Aloe feluatico (fi co- me poco prima habbiamo detto) in lor lingua det- to Aguilabraua.Col qual legno abbrucciano i cor- pi de" Baneani ,i quali habbiamo in principio del libro detto, che fi aftengonodi mangiar cofa ani- mata. Dice il medefimo Serapione,al lib.de" Sem- plicità! cap. 1-.p7.chei rami del legno Aloe, fi fanno per vn’anno intiero fiat fepcliti fiotto terra , accio- che !a feci za fi marcifca,e rimanga il legno fchier- to, ma di forte, che niente ne fia consumato 5 dice oltre à ciò, che cadedo i rami di detto legno Aloe, è poi dalle inondarioni de i fiumi portato nelle par ticonuicine. In molte cofie fi accolta ai vero, ma in molte altre fi allontana dalla verità. Quel, che egli dice, che fa il frutto come il Pepe, che è rollo, non sò Te fiail vero, non hauendoloiofìn qui ve- duto. Nè meno ne fecero mentione gPaltri Ara- bi, fi come fu Rafis,& Ifaac,feben fenderò le virtù dell’ Agallocho. Ma maggior fauola mi paiono! fogni di coloro , che dicono , che PA gal locho è vn ar bore, che nafce fidamente nel paradifo terreftre; e fono poi i pezzi portati da i fiumi , e però non mi pare àpropofitodi confutar tal fauola. Non me- no di quello , è fuor di propofiro quel che Ipriue il PandettariodelPAgallocho, al capitolo jo.dicen- do , che l’Agallocho fi falfifìca con la Camelea, laqual cofa mi par del tutto fuor di ragione, per non elfer Camelea in rutto quel paefe^» . Il Ruel- lioal i.libroal capitolo 36. auenga , che del tutto non dica il vero, nondimeno non fi è di moltq cofie ingannato.Io non ho fin qui veduto le quattro for- ti di Agallocho, che egli fcriue, ma fidamente ho veduto l’Indiano. Può facilmente edere, che l’altre fpecie Capitolo XV L $3 fpecie non fiano Agallocho,ma alcuno altro legno odorato. Seduci) Mufanella Esamina de5 Sem- plici, anch© egli bene del FAgal locho,ma s’ingan . na , dicendo, che cene fono moire felce, 1 ni pero- che fono arbori rari . L’Agallochoè detto da ali Arabi Agaiugen,& Haud : e quelli di Guzerate% di Dccan io chiamano Vd , il quai vocabolo , pat che ha tolto dall’Arabico. In Malacafi chiama Garro,ma li più perfetto Calambac. L’arbore è m guifa d’oliua , & alle volte maggiore, il frutto e coli parimente il fiore , non mi è occorfo di hauer- Io potuto vedere, per k difficoltà,e per il pericolo, che (aria delle Tigri ^ che in quei luoghi fonoco- pioMlìme. A me furon portati di Malacairami B.(j$ con *e foglie . D.icono,cne FAgallocho tagliato di fìefco , non rende alcun’odore , e che non è odora- to , le non dopo l’efier fecco . Anzi dicono l’odore non effe re in tutto l’albore, ma folamente nella parte piu di dentro, e nel cuor del legno. La feorza è grolla , eia foftanza del legno c lenza odoro « Ben’è il vero, che io nò niego, che putrefatto il ie- :0Ì!: gno j quella parte oleaginofa , equell’humor più ■0 grolfo non fi ritiri dentro al cuore, ò vogliamo dire li# midollo, e lo fa più odorato , ma per dare odo- 0 re allo Agallocho, non ha roiftiero di putrefateio- diccn- ne. Sono alcuni tato pratichi , & accorti in fceglie- lucka, re il legno Aloe, che penno anco far giudiao di *JueI c^e nouellamente c tagliato , fe bacierà da efi* \0‘ *5re odorato , ò fenza odore , conciofia che m ogni $0 lot te d1 legni ve ne è vno miglior dell’altro. Sono $$ lolin quei di Ma kca,di nettar prima FA galiocho, ujlUO^' che lo vendano à Mercatanti . Quello fi preferifee a gii altri, che è ben negro con alcune vene cine- di1' nccie , che è ponderofo , e ripieno di humor grafi- V fi fio* $4 Del Sandalo • fo . La prona fi fa con abbruciarlo al fuoco , ofier- uando fe rifuda molto humore ? c non fi fa con l’acqua per veder fe v à al fondo» percioche ve ne farà di perfetti (fimo , che gittato in acqua , non và à fondo. Quelli di Guzerate, e di Decan, ricer- cano oltre à ciò , che i pezzi fiano grofiì , fi come fi fa delle pietre pretiofe , e delle perle , che le mag- giori fono delle altre migliori . Credono enfierò, che quanto maggiori fonoi pezzi, che habbiano maggior virtù. • Annotatione di Carlo Clufio . HO letto io in Auicenna tutta thiftoria dell’ A- gallocho , ne mai ho trouato 3 chi n’habbia fatta mellone .almeno nella noftra ftampa. La onde e da dire che l'Auttore habbia hauuto Ani ceri a d’altra ftampa. Lori afe dì quefto in Lisbona dall’ indie . &e i enuto in grapre^Jo. Se ne ftogliono tal’ bora fare corone di pater noftri.coft per la giocondità dell’odore 3 come per la va- luta hauuta in gran ftima . A4 a fono piu in vfo quelle che fi fanno di xiloaloe , comunemente detto legno fel- pati co .deferitto dal no fero Auttore.e cofi ancora fi fan- no d’vna certa altra forte di legno . ilquale [ornigli a werauigliofamente l’Agallocho , ma e ferina odore . Del Sandalo . Cap. XVII , ESsendo il Sandalo grandemente necefifarioal- l’huomojfi come cola no poco gioueuole nel- le cattiue difpofitioni del cuore,nó mi ha parfo co- fa incóueniente di qui trattarne . Chiamali nelì’I- fola di T imor, de in tutti i luoghi vicino à Maiaca, Chan^ Capitolo XVI t $ f Ghandamàjil qual poi gli Arabi, ha u en do corro t- ro il vocabolo, diflero Sàdaf,eeofi poi l’hàno chic- maro tutti i Mauritani in ogni luogo. In Canari in Decan,& in Guzerate fi chiama Sercànda . Tre fono le fpecie dei Sandalo , il rollò , il bianco , & il pallido, (chiamato nelle fpecierie citnno)le quali fpccicnon nafeono tutte in vn luogo, ma in vari» luoghi^ molto fra lor diftanti . Imperoche in Ti- mor, douenenafee gran quantità di bianco, e di pai lido, non vi nafte il rodò. Ma nelJTndia di qua diii fiume Gange, (chiamato da loro Gancu? ) cioè in 1 amafari , Òc in certi luoghi maritimi di Cita- lamandel, la cui deferinione io non ferino, perche fin qui non ho potuto informarmene , pur tuttauia è cola certa, che il Sandalo viene da rutti ouefli luoghi ch’io dico . In quelle parti di rado fe nè fer- vono , imperoche gl’indiani nelle febri fidamente l’vfano. Il refto turco fi porcaio Porto^allo,e nel- le parti di Occidente. Sogliono ancorai pae farsi di quelle bande feruirfene per far ftatue de’ 1 oro ido- li, ^ornamenti di Tempi); è differente il Sandalo tofio dal verzino, ma I’vno e l’altro è fenza odore . imperoche il Sandalo lofio non c dolce, nèman- co tinge , lequai cofe tutte fono nel verzino, Il Sandalo bianco, ecofi parimente il pallido, na- iecnell'Indic di là dal Gange,ma la macrefior par- re in Timor , laquaieè Ifola tutta circondata di P°m. Il più lodato è quello che fi troua al porro Mena, percioche non è molto legnofò, anzi e quali tutto cuore, e midollo. Al porto di Ma- tonta fi troua eriandio il Sandalo pallido, ma è ' f ha Poco «Mollo • La differenza, i «a f,° ha 'j'do!l° ’ C‘1 legBOjè, che nei midol- oua litro l'odore. In sjuelì’aitro porto chiama. F 3 to g6 Del Sandalo . to Comanafe, non vi nafce buono SandaIo,percio- che la maggior parte è legnofo , e poco midollo , e di quella ìitefla forte è quello, che nafceal porro Seruiago. Sono i mercanti in quella cola coli prat- tichi, che fubito dato l’occhio al legno, fanno dire, donde fia venuto. Trouafi etiandio il Sàdalo bian- co^ il pallidoin Veibali (porto di Iaua)alfai odo- rato , ma quello in poco tempo inuecchia, e però è recedano in capo dell’anno leuarne via adai le- gno, perche nel midollo riferba l’odore. 11 miglio- re è il pallido, perche c più odorato, ma fe ne porta in minor quantità, onde fra infiniti tronchi di San- dalo , appena ve ne trouerai cinquanta di pallido. Ho vdito pur hora da Mercatati prattichi in quel- l’Ifola, che perii piùilSandalo pallido nafce ne* luoghi aperti, & efpolli al Sole, e dicono eder tanta la fomiglianza fra gli arbori de’ Sandali, che non fi può il bianco difcernere dal pallido, fe non per- auenturada’ paefani, i quali vendono gli arbori tronchi a’ Mercanti. Il Sandalo è della grandez- za dell’arbore della noce regale, con foglie adai verde, e limili à quelle del lentifco ; il fiore nel cer- ueo nereggia, il frutto è della grandezza d’vn ci- regio, da principio verde , e poi diuenta nero , & è fenza fapore,e di leggiero fe ne cade . Dicono, che l’arbore è fenza odore, fin tanto, che non ne fìa Ie- llata la fcorza, e fatto fecco. Confumafi per tut- ta l’India gran quantità di Sandalo bianco, e di ci- trino. Imperoche tutti quei popoli , ò chefiano Mauritani,ò Gentili,feneferuono,pellandoloben prima in vn mortaio di pietra, e poi macerando- 10 in acqua, fe ne vngono tutto il corpo, e poi lo Jafcian fciugare; e tutto quello fanno per lenare 11 calore dei corpo , e per farlo odorifero . lmpe- roche Capìtolo XVI 1. S/ roche quella regione è calda eftremamente , i3<^ i padani fi dilettano infinitamente di odori. Portali J5vno,e haltro Sandalo coirle naui di Portogallo, di Malaca in Chochin , & in Goa , famofiffime fiere delie Indie, etfendo hora mancata la fiera di Coie- cut, anticamente cofi famofa.Di là poi,cioé di Cho chin e di Goa, la maggior parte fe ne porta in Ma- Jauar,in Canara,in Bengala, in Decan,& in Guze- rate. La minor parte fi porrà in Ormus,in Arabia, & in Portogallo. Anzi appena credo io, che in Por togallo fi porti il vero e legitimo Sandalo citrino, imperoche molto più caro fi compra quache polla venderfi in Portogallo. I Greci antichi non fecero mai mentione del Sandaio,ma gli Arabi fidamen- te . Quel, che vogliano lignificare quei vocabo- li , Machazari,& Mahazari , io per me non lo sò, auengache i Frati nella diftintioneottaua , al cap. 1 6 1 .nel Commento di Mefue, efpongano per Ma- chazari , odorifero. Se pur non voicfie dire Ma- chazari, cioè portato di Malaca, ouero che debba leggerli Mazafrani , che vuol dire tinto di color pallido, ò per dir zafferano. In altre non pare à me , che in mancamento del citrino,debbano por- re à pare pefo del bianco , Òc il lofio infieme, fi co- me ordina Sepulueda , ma più tofto il bianco fola- mente , etfendo il bianco più conforme ai citrino, che non è il rollo. L’arbore delSandolo porraro in altre parti crefce, imperoche l’ho veduto io in Adanager, principal città di tutto’] regno di De- can , doueil Re Nizamoxa facea la fua refiden- za, ma non eraodorato. Quello Re Nizamoxa ha giardini grandmimi di tutti arbori foretfieri, anco di quelli del noftro paefe , benifiìmo in ordine, e fanno frutti .. Mi è fiato deao ancora, F 4 che ss Del Betre . che neli’lfola di S. Lorenzo vi fia il Sandalo,e che gli Ethiopi raffermano, ma poi ho intefo , che non c Sadaio, ma vna cerca force di legno odorato,!! co me qui ancoca fe ne ricroua di molti. In Malauar fi troua vn certo legno odorato limile al sadaio bian co,delquale 1 paefani fe ne vngono nelle febri; e lo chiamano in lingua Malauarica, Sambrane . PEr quanto ft può cauar da quejla defcrittionefe dot dubitarfi grandemente fe noi habbiamo il Sandalo citrino , fcriuendo co fini , che appena fi porta in V or- togallo . Può adunque egli ejfere, che in luogo del San- dalo ànoi fia portata alcuna altra forte di legno odo- rato . il Sandalo bianca, che noi habbiamo è fenz.a odore , & il roffo è dolce , e tinge . ile he dice il nofiro Auttore, che non vi fi richiede . Del Betre . Cap. XV 111. HAnno gl’indiani grandemente in dbftuJ me il Betre, e però porto opinione , che non fia fuor di propofito à ragionarne . Il Betre malti- candolo, fi fente amaro, e per tal cagione vi mc- fchiano 1» Areca, & vn poco di calce, e coli acconcio diconoelferedi foauilfimo fapore. Io per me ha- uendolo vna volta guftato, vi trouai tanta ama» rezza, mi difpiacquein modo , che mai più Elio potuto fentìre^ . Alcuni vi aggiungono il Li- cio,ma i ricchi e li magnati vi aggiongono la Can- fora di Burdeo,& alcuni il legno Aloe, il mufehio, e l’ambra . Acconcio in quella guifa è di coli foa- ue fapore, e fa coli buon fiato, che i fignoricon- Annotatione di Carlo Clufio . nnua- Capìtolo XVII 1» tìnuamente Io tengono in bocca, benché gli altri ancota5fecondo la poffibilità che hannod’vfano di mafticare. Vfano parimente di mafticar l’ Areca infieme con i Garofali,e col Cardati) omo. Ne i luo ghi, doue fi prattica poco,e ne i luoghi difcofti dal mare fi vende afiai caro. La onde fi dice, che Ni- zamoxa vifpende ogni anno tre mila feudi Portu- ghefi. Quefte fono le loro Tragee (che in Latino è fcritto Tragemata)& quefte prefentano a5 fore- ftieri , il Re alle volte le dona di fua mano à i primati, ma àgli altri per mano di fermtori , che efti chiamano Zarabadar,ouero Tambuidar. Cer- che il Betre ha alcune vene, ò dogliamo dir co- lie per il mezo della foglia, le incidono per lungo, non come facciamo noi al trauerfo , con l’vnghia del pollice , e poi aggiontoui vn poco di calce , la quale in vero , coli per la poca quantità , che ve ne melchiano , 'come perche detta calce fi fa di feor- ze diottriche, non può fare alcun nocumento , e peftano TAreca , e i’auoltano nelle foglie de! Be- rrei fe la mettono in bocca , e mafticano , buttan- do fuori il primo fucco , (benché quefto noi fanno tutti) ilqual fucco par fanguinofo. Dopo conti- nuando cofi al tre , & altre foghe in quefto accon- cie,mafticario tuttauia . Sogliono cottolo, quando alcun fi licentia per partirli, 6c andare in altre par- ti? ò pure quando etti medefimi vanno in viaggio, empire vna borfa di feca di quefte foglie cofi ac- conci , e con quefte fogliono honorar l’hofpite, quando prende combiato, è parimente m coftu- me,che hauendo alcuno da andare à parlare a* pri mari , di mafticare il Betre per hauer buon fia- to . Imperoche è tenuto appo di loro alfai mala creanza li non hauere il fiato odorifero . La onde i po- po Del Betre . i poueri huominì , douendo andare à parlare in- nanzi ad alcun primato, fi tengono Tempre h ma- no innanzi ia bocca, per timore che qualche catti- uo odore non gii 'Vada al nafo . Cofi medefima- menre fanno le donne, che hanno daincontrarfi con gli huomini, prima che comincino à parlare, manicano il Betre, ftimando, che habbia gran for- za di eccitare àlufiuria. Tutti queilijChe ftannoin quei paefi, hanno in vfanza dopo l’hauer mangia- to di mafticare il Betre, Se altrimenti facendo , di- cono, chett cibo fa loro naufea,e dicono , che à co- lor,che fon foliti mafticarlo, e lo intermettono , dà cattiuo fiato . Sogliono lafciar di viàrio per alcuni giorni , quelita’ quali fuife morto alcun parente,e cofi ancora fe ne attengono in certi.Ior digiuni. Gli Arabi fimilmente,& i Moali, cioè quelli delia fet- ta di'Ali, fon foliti in certi lor digiuni lafciar di vfarlo per dieci giorni, e di gettarli in terra . Rac- contano alcuni, ma io tégo che fìa fauola, che que- lli feguaci di Ali fi rinchiudono in vna certa rocca, òq^iui fi lafcian morir difete, e mille altri fomi- glianti melenfagini. Nafce il Betre in tutti i luo- ghi maritimi dellTndia, doue praticano i Portu- ghefi,ma dentro terra non ve n’è,fe non ci farà por tato da* luoghi maritimi . E‘ bene il vero , che n’è in Dultabado, città riccain Decan, Se in Bifnagua, ma in cofi poca quàtità, che non potria portarfene in Perfia,& in Arabia . Sopra Galaiate, ottanta le- ghe lontano di Ormus , non faria gran meraui- glia , che ve ne fuife , imperoche non fa volontari ne* luoghi freddi , fi come è la Chinarne meno neJ luoghi molto caldi, fi come faria in Mofambique, Se in Sofola . In Malauar fi chiama Betre, in Deca, in Guzerate, Se ia Cauam fi chiama Pam . In Ma- ialo Capìtolo XV 1 1 1 • g ì Jaio Siri . S’ingannano coloro che credono , che il Betre fia il Folio Indiano . Nel quale errore , fono flato ancor’ io in quel principio , che venni nell’In- dia j ma pei fui sforzato di mutar parere, quando fui chiamato da Nizamoxa,che efiì chiamano Ni- zamaluque , per curarlo d’vna fiacchezza di fto- roaco,e dicédo à lui li Semplici, che enrrauano nel medicamento, fra l’altre cofe le dilli, che douefle mafticareil Folio Indiano. Ilche intendendo, for- rife il Re, imperoche intendeua quefto vocabolo.e mi moftrò Auicennafcritto in lingua Arabica ; il- quale faceua due capitoli diuerfi del Folio, e del Betre, nei i. libro, al cap.ijp. fcriuendo del Folio Indo, dice, che da gli Indiani lì chiama Cadegi,& al 77-cap.fcriuendo del Betre , dice , che fi chiama Tetnbul , (corrotto alquanto , fecondo mi pare , il vocabolo) per chiamarli generalmente Tambul, e non Tembul , doue potrai aggiungere , che à qual fi voglia Arabico, ouero Ethiopico, che tu di- mandi, che cofa fia Betre, torto diranno, che fia il Tambul , Auicenna , al 2.1ib.al cap.705?. dice efier buono per confortarle gengiue, e per quefto ef- fetto l’vfano di mafticare gl’indiani 5 & apprefto aggiunge , che fortifica Io ftomaco ; perche da gli Indiarne molto defideraro. Quel che poi dice, che fia freddo nel primo grado , e fecco nel fecon- do tengono opinione che’l tefto fia falfo, "Vera- mente (fi come credono molti dotti dell’Ara- bia ) farà quefto guardar di teperamenti falfamcn- te attribuito ad Auicenna,imperoche occorre fpef- 10 , che il volgo fa errore nel conofcere de* tempe- ramenti, fi come nel Peperei Cardamomo, e nel- la cipolla , che hanno detto alcuni, che fiano fred- di . Io ritrouo il Betre efier caldo, c fecco in fecon- do p2 Del Betre « do grado » e quello io giudico per il fapore , e per j’odore. La foglia del Betre, è quali limile alla foglia del narancio, ma vn poco più lunghetta* e nella punta vn poco più Uretra ; ha certe vene , 6 vogliate dir colle, fi Comes’ è detto , pel mezo . Il buono li tiene che fìa quello che è ben maturo, e di color fuluo, benché molte donne dicono, chelia miglior quello, che non è ben maturo,per far mag- gior ftridore in bocca manicandoli, & viene à cor- romperli, fe colto dall’arbore li tiene lungo tempo maneggiando con mani. Il Betre nelle Molucche, produce vn certo frutto, limile alla coda di vna lu- eerta , ilqual frutto in quelle parti li mangia , & è loro molto grato. E‘ flato il Teme portato in Ma- Jaca.e gullato,era di buon fapore. Piantali ad vfan- za delle viti, e li mette il palo appretto al ftipire, doue s’appoggia, accioche vada ferpendo in guifa della noftra edera. Alcuni per trarne maggior guadagno l’accollano all’arbore del Pepe, ouero dell’Areca , &in quello modo fanno bel l’ombra. Ricerca gran cura, e vuole etter continuamente ir- rigato d’acqua^. Annotatione di Carlo Clufio . DE i Betre, ouero del Betle ha fatto anco metione Luigi Cariamo fio, al cap.gj. dicedo co fi :Co figli huomini,come le donne vanno per Calicut manicando vna certa foglia, eh' e ff chiamano Beile, co che fi tingo - no i deli e la bocca d’vn certo color roffetto.Jlrfa no l'v- fano pero quelli, che fono di vii códitione • Quando vano ve fi iti di lutto in fegno di cordoglio fi afìegono di mani- car detta foglia, accioche i denti mo firmo anco e (fi me- Capitolo XIX . » , & all' h or a in luogo di color rojfo mo frano nero. Senne parimente Lodouico Romano al quinto libro delle Nauigat ionici cap.y.cheil Re di Calicutper cer ta fiuperflitione fi ajiiene per vrianno di vfar con don- ne, emedefimamentedinonmafiicareil Betre . Que- fle foglie fono fimili à quelle del nar anelo, e mangiate fino al gufo gradeuoli . Del Folio. Cap. XIX. CH e il Folio Indiano fia differente dal Be- tre, che Auicenna ne fcriue in capitoli appar- tat? , giàl habbiamo nei capitolo di iòpra à ba- ldanza fatto conofcere , e però mi pareria cofa fu- perfluaà ripeterlo qui vn’akra volta . Gl’Indiani chiamano li Folio Tamalapatra,la qual voce imi- tando, cofii Greci, come i Latini, io chiamano (hauendo corrotto i! vocabolo) Malabatrum. Gli Arabi le dicono, Cadegi dcll’Indic, cioè Folio In- diano , imperoche l’interprete d’Auicenna ha tra- dotto parola per parola . La onde non fi dice. Fo- lio , per eccellenza, ma perche cofi ha piaciuto ad Auicenna di chiamarlo, al 2. lib.al cap.2co„ Imperoche quello, che fcriue Attuario effer chia- mato da’ Maumani Tembul , s’inganna nel mo- do, cne fanno molti altri. II Folio Indiano è fi- mfie alla foglia del narancio , ma vn poco piu metta in punta \ è di color verde , con tre colle per ilmezo , coni quali fegnali facilmente fe ne vie- ne m cogmtione , & è odorato, quafi dell’odore i! « garotal° > en°nèdi tanto graue odore, come !wnr0l°^0raei1 mac,s ; nè mcno è di c°fi rottile, j 1 . , -° odorG come la Canella . Non và in guifa della lece palude il Folio, nuotado fopra Tacque, fi come 24 Del Folio . fi come ferine Diofcoride al i.Iib.al cap.i i. ilqua- Jc poi ha feguitato Plinio , al lib-i 2 al c.16 . ilquale in quella defcrittione è flato ingannato, manafee in vn’arbore grande, lontano dali’acque , cofi in Cambaia, come in molti altri luoghi. Et fe da qualche Speciale, quali efii chiamano Gandis , di- rnandarai il Tamalapatra, farai fubito intefo, per- cioche quello è vocabolo della lor lingua materna. Non fono quelle foglie di coli grande odore3come lo fpico nardo , ma è piìifoaue. Nè fi raccolgono quelle foglie nel modo che DiofcQlfóe ferine , al libro 1. al cap.i 1. ma le ligano in certi fafeetti , e cofi le vendono . E' di vn certo color verde chiaro, che non nereggiano nel bianco-, delle quali foghe, quelle fono le migliori, che fono intiere, come che in quelle maggior virtù li conferai , il cui odo- re non và fubito al capo , fi come fanno Pai tre co- fe odorate. Scriue Plinio al 1 2.. lib-al cap. 26. ede- re vn’arbore in Siria, con la foglia auolcata, donde fi caua olio per far vnguenti odoriferi , de5 quali diceeder PEgitro affai abbondante , mai! più lo- dato viene dal le Indie, e fi genera ne’ luoghi pa- Judofi , in guifa della lente paluftre, Se è più del zafferano odoraro, &èdi fapor falfo. Il bianco è men buono, il cui fapore decedere fimi le al nar- do, e l’odore , dopo l’hauer bollito in vino , ha da auanzar tutti gli altri. Maio non sò, chenafca in Siria, nè meno in Egitto . Ne ho fpiato 1 Medi- ci di Mccnphi , di Damafco , e di Aleppo , e tutti mi hanno detto, che nè in Egitto , nè in Siria nafee tal’arbore : Ma sò ben certo , che non è di cofi va- lorofo odore, come il zafferano , nè meno di fapo- re di nardo ; Ma che l’odor di quello, bollito in vi- no, ecceda tutti gl’altn odori, poteua in quei rem- Capitolo, XIX . fs pi facilmente cifere,percioche non haueanoco , , It quali habbìamo noi detto hauete il FoIl° Sei noftri Speciali, e Medici di Portogallo fodero pò diligenti, non haueriano di bifogno .del «t«- ÌUMuutw, percioche tanta copia di Folto, fi po- trebbe portar di qui , che batteria a tutta Europa . Ma in deferto del Folio, vfano (pur che ne habbia. no) le foglie di Canella, ouero almeno Io ipico nar do, e non il Macis , fi come hanno voluto alcuni. Vuole Auicenna al a. lib. al cap.z 59. nella tradot- tione del Bellunefe, che fi metta in cambio del Fo- lio il Thalifafar,ma ciò che lìa ii Talifafar3io vera- mence non lo sò . Annotatione di Carlo Clufio « QV E s T o iftclfo Folio Indiano deformo qui dal - /’ Autt ore fi porta nelle noftre bande ancora ** con le foglie intiere attaccate a certi jottilt ramoscelli ingmfa3che qui lo lederete dipintoci fapo~ re quafi delle foghe di lauro ,&ein venta off# diffe- rente dalla foglia del Garofalo , lacuale poco piu fotta dipingeremo . La fcorXa di quei ramofcelh gufata ha vn certo fapore aromatico . Confonde Amato Lu - fitano lahifloria del Folio 3 e del Betre nell’ Enarrano - ne 11 & 6 8 . al c del Malabatro3edel Malabatrmo . in oltre effendo quefto noftro Compendio alle ftampe, mi U mandato da M- Giacvbo Antonio Cortufo 3 vn certo frutto picciolo fimile alla ghianda 3 con quefia ifcrittivne 3 (fiuHus Canella ex quorundam fent enfia, ex aliar um vero fen tenti a T embul conuolmh m Li- dia) quale bruendo io intefo portarfi di qua > infie- ni e col Volgar Folio Indiano 3 vengo in credenza, che quefto fia il vero Folio deformo qui dal noftro ' 1 J Cardia, «20,1 Urne, itfer o icU’w- uropa- ubbia- jiconaf li# Ì0 r,# :o. Capitolo XIX - 97 Garzata , per effere il frutto del T embul affai da queflo diuerfo , si come fi può dalla deferittione del Betre rac- ccrre . Hoprefojpediente di farlo qui di quella gran- dez.za depingere , che à me e flato mandato . Legge fi qui nelnofiro Auttore,con le foghe di Ninfea, pere io- che altra tr adontane di quefta non ho potuto hauere . Aia la noflra flampa non fa mai mentìone del Golf a, ma della Nercida Indiana, cioè del nardo Indiano. IL che fa chiaro teflimonio , che il tr adottor d1 A ilice nn a in molte cofe ha errato , ò pure vi farà alcuno altro Auicenna in Arabico . Io porto opinione, che per T a- hfafar voglia Auicenna intender quello, che al fecondo libro ,al cap. 6 94 def trine, quale il noftro Aiutare dirà mi feguente capitolo , che fia il macere . $# iìd '\k tin- titi' ò>* It# M Ut # G Ritrae Capìtolo XX* 9$ tentedal màcere dei Greci. Volendo noi Vedere là defcrittionedell’vrtó^dell'altro, e cofi ancora le virtù, ma haùendo ciò vn certo de* moderni affai à baftanza prouato , giudico non effer di bifogno di ripeter qui di nuouo i fuoi argomenti. Ma baderà, ch'io breuemente racconti Pili fio ri a del Macis,e della noce mofcata . Imperò porto opinione, che il macere de* Greci non ha à tempi noftri conofciu- ro.L’aibore^che produce là noce mofcata,& il Ma- cis èdella grandezza del pero, e con leifteffefo-* glie,ma vn poco più cortese ritondette , ò per me- glio dire,é vn'arbore non troppo differéce dal per- meo, ma di foglie più corte * Produce il frutto rico- perto di vna feorza dura, la quale tìel maturarci s'apre vna fcorZa, ò vogliamo dire Vnà membrana più fattile, la quale ciicóda la noce col fuo nucleo* Quella fottìi membrana è il Macis . lo non parlo della feorza efterìore , auenga che qUefia fi condì- fca con zucchero , e ha molto apprezzata , effendo» effa odorata , e di buon fapore , e Vale ne gii affetti del celebro, delPvtero, ede'ncrui* Pffendogiàil frutto maturo , & aprendoli, fi come ho detto, la feorza esteriore in modo cl'vn riccio di cafiagrta, fi vede il Macis foffeggiare in guifa di coccoj cofa di belliffima vifià , maffimamente quando gli arbori fono ben carichi * effendo poi già fecca la noce , il Macis parimente s'apre , e perdendo il róffore,du uentadi color d'oro, ilquale fi Vendette volte pi à della noce mofcata . Nafce quefio arbore in quel- Mfola chiamata Banda, dicono, che ve ne ha an- co nelle Molucche , ma che non fa frutto , fi cò- rneo quello ancoraché nàfce in Zeilaiì* Quella noce infieme col fuo Macis non è fiata da gli àn- hchi Greci conofciuta, fi come dice Àuerroe, fi« G i quale 100 Del Adacisl quale racconta ciò per vnodi quei Semplid,ehe non hanno i Greci conofciuto,auéga che Serapio- ne nel libro de’ Semplici, al c.i. defcriucndo que- llo Semplice,!}' ferua dell’auttorhà de* Greci. Sen- ile di quello Auicenna al fecondo lib.al c.45. Quelli fono i veri,e legitimi nomi Arabici.I Mau- ritania’ Turchi li feruono d’altri nomi,i quali per colpa di tempi fono poi flati corrotti, li come in Se- rapione ancora fe ne ritrouan molti. Il Macis è quella membrana , che abbraccia la noce , à forni- glianza del macere, che da’ Greci per cofa rolfeg- giante è dipinta^. Annotatione di Carlo Clufio . YEdi il Commento del Ad attbioli al primo li- bro di Diofcoride.al capitolo del macere . Lodo- meo Romano al lib.ó-al c-24- e Ad a/fimdiano Tranf. nel hb.della hiftoria delle Ad ciucche 3 che tutti ne par - latio.Ouero il noflro Ruttore hà vn’ altro Auerroe.oue- ro tl\noftro efalfo . Jmperoche fecondo la /lampa del no - firo Auerroe,al quinto del Colliget3al cap.42 . corrobo- ra la fra opinione con i’ annerita di Galeno . Del Capìtolo X X 1 Uff Bel Garofalo, Càp . XXI . IO non ritrouo,che Diofcotide, nè meno Gale* tiohabbiano in alcun luogo parlato dal Caro* falò , auenga che Serapione he parli di auttorìtà di Galeno. Per la qual cola ftimo,òcheil libro di Ga lenojdoue parla del Garofalo fia perduto, perdo- che il lib.de’ Dinamidìjè falfamente attribuito à GalenojOUeramence Serapione hà più tofto parla- to di ciò per auttorità di Paolo,che di Galeno. Pli- nioal 1 2. lib. al cap.7. ferine del Garofalo quefte parole. E‘ dice egli, nelle Indie vna cofa limile ad vrr grano di Pepe, chiamato Garofalo,ma più gri- de, e più fragile. Chiamali da gli Arabi Caryo- phyllum,oueramente Garyophylon.Da* Perlìani, da’ Turchi, e quali da tutti gli Indiani è detto Ca- lafur . Ma nelle Molucche, donc folamentena- fces& in quefte parti fi chiama Chanque . J nomi, che fono nelle pandette; cioè Armufel , eCarun- feiò, è fiato per trafeuraggine de gli Stampatori Arabici, ò per colpa del tempo, ma de’ nomi non fi ha da fardifputa, per efi'er la cofa à tutti chiara. Nafce fidamente, fi come ho detto, il Garofalo nell’ Ifole Mollicene, lequali fonocinque,e la pria cipal di quefte, è Giloulo ,non troppo difcoftodàl mare, nè meno molto vicino. Nafce etiandio in Zeilan,& in molti altri luoghi, ma in nefluna par- te fa frutto , eccetto che nelle Molucche . L’arbo- re c come l’arbore del Lauto , coli d’afpetto , co- me di grandezza . E fa parimente le foglie di lad- ro , ma vn poco più ftrette , c fa molti rami . Pro- duce gran copia di fiori, quali fono in prima bian- chi, dopo vefdi , poi diuentano lionati, c poi in- G 5 durati ìoz Del Garofalo * (durati fi fanno Garofali , da Portughefi chiamati jplauo , per hauere vna tefta in modo di vn chiodo, ripartita con demi in quattro parti, diuifa in guifa rii ftella, fi generano nella eftremità de i ramufcel- hjcomc il frutto del mirto.Quefto fiore, fi come da perfone degne di fede ho intefo , è mentre è verde lanto odorato , che pafia di odore tutto il refto de* fiori . Coloro che il coltiuano,al tempo di raccòrrò M\ $1 frutto, nettano ben bene fotto, benché non vi na- ItHu fee mai forte alcuna di herbe , perche l’arbore tira uft | fe tutto l’humor del terreno , e poi li battono , e dti fanno cadere il fruttodi lafciano p due, ò tre gior- fe pi feccare,e poi li ferbano , e li mandano in Mala- jyg ca,& in altri luoghi • I Garofali che fono più groflì de gli altri fono quelli, che rimangono nell’arbore, 0 non fono differenti da gli altri , fe non che fono pili vecchi *. Se bene Auicenna al 2. lib* al cap« $ i g. ha falfamente creduto , che quello fia il ma- nty fchip . E» gran legno di abbondanza ,fe l’arbore b produrrà più fiori, che foglie , e però non fi deono pia fouerchio battere gli arbori,percioche il troppo &c| batterli li fa fteriji . Quei picciuoli , doue Hanno ,o( appiccati i fiori, volgarmente fon detti full i . Le ^ foglie non fono coli (oaui di odore, come il Garo- falo, meno i rami fono odorati , fe non poi che fono alquanto fccchi • Nafcc quello arbore da per fe dalli Garofali , che fono caduti, doue per le molte acque , che continuamente piouono , atte à dar nutricamento alle piante, nafcono gli arbo- ri , i quali in otto anni fi fanno grandi , e durano ppi cento anni, fi cornei proprij paefamdiepno * Jl accoglie!? il Garofalo, dalli venticinque di Set-* lembre per infino à Gennaio, S^àFebraio, ma lìpn fi cogliono con ie mani , fi come vogliono al* Capitolo XXI . jo§ cuni , mai forza di battiture. E' falfa l'opinione di coloro, che credono, che l’arbore del Garofalo fn il medefimo con quello delia noce mofcafa ; imperoche la noce ha la foglia quali rifonda , in guifadi quella del pero,& il Garofalo l’ha limile al lauro ; Portali il Garofalo nella Ifola di Banda, lontano dai luoghi , doues’acquifta, & in Banda nafcelanoce mofcata. Scriue Auicenna aificon- do hbr.ai cap.$ 18. la gomma del Garofalo è d’v~ na iftefla virtù con la rafina dei Terebinto . La on- de hò voluto fpiarnecoloro , che portano il Garo- falo dalle Molucche , e mi dicono di non hauer ral gomma veduta . Ma non però negherò , che tutti gli arbori non facciano gomma , maflìmafaente fe fono incili ; ma fin qui non è flato a!cuno,per quel ch’io ne sò , che i’habbia fperimentato . Inten- do, che da 1 Molacela erano per prima tenuti i Ga rofali in poco prezzo, fin tanto che vi andarono le naui della China , lequali ne riportano gran co- pia à i loro , e di là poi nel i'indie , nella Perfia , e nella Arabia. Hointefoxheperconfeniareil Ga- rofalo s’inaffta di acqua marina, altrimenti fi rar- meria. Serue il Garofalo à molte cole, cofiper condimento de’ cibi , come anco per medicamen- to, In Iaqa fono rcnuti più in prezzo quei grofli d’vnanno, che gli altri , ma noi teniamo m mag- gior (limai piccioli, e Lottili , iquaii efiendo an- cor verdi , fi condifeono da’ Molucchicon aceto, c fale: all’incontro quelli fiottili fi conferuanocon zucchero , e fono al gufto grandemente diletteuo- li . Le donne Portughefi , che fono in quelle barn de,fanno le acque diligiate del Garofalo verde di merauigliofoodore , e molto gioueuole negliaf- fettidel cuore, & alcuni frferuono del Garofi* lo, G 4 della io4 Del Garofalo • elei !a noce mofcata,del Pepe Jugo,e del nero in prò uocare il fudore in quelli che hano il ma! Fràcefe . Alcuni altri vfano di metrere il Garofalo poi neri- cato Copra la cómifiura coronale del capo , p dolor di tetta, caufato da caufa fngida.Nafcono certi fio- ri nella China,iqua!i p l'odore, c'hàno di Garofo- li,fono chiamati Garofiiatirma nó fono, p dire il ve ro,cofi odora riporne qlli,c’ habbiamo noi.T rouafi etiandio nell'Ifola detta di S.Lorezo,vn certo frut- to della grandezza della Aucllana con tutto il nu- cleo,e forfè maggiore,ilquale ha odore di Garofa- lo : ma fin qui non fi sì perche cofa fia buono . Pittura del Garofalo con la fra fogliai e col frutto » Capitolo XX J° ios Annotatione di Carlo Clufio . IL Garofalo non è altroché vn certo abo7ff amento del frutto , fi come veggiamo nelle mele , nel peri, e ne ipomi granati , & in molti altri . imperoche il fio- re,iìquale è compollo di quattro picciole foglietto, ha fiotto il frutto quafi allagato , pieno di molte fibrette, non altrimenti , che il frutto del mirto . Defcr tuono il Garofalo Lodouico Romano al feflohb. alcap.2j-e M. affimi liano T ranfi nel libro delle ìfiolc Molucche . Aia quel che ferine Marco Paolo Pene ti ano, al 2 lib, ale. 3 8. è veramente altra pianta . La foglia di quefla è piu fretta di quella del Lauro, filmile al Calice ,ouero al perfico,ma di piu lungo picciuolo. L' habbiam 0 noi tal *- hora vedute condite con acqua fi alfa infiieme co i ramila però noi babbi amo hauuto penfiero di farne fare il ri- tratto con le foglie, e col frutto . Fra i Garofali, che fi. portano in Anuerfa vi fi ritroua certa gommaja quale è odorata, e gittata ne i carboni , rende odore di Garo- falo - La quale farà peraitentura quella gomma , di cui fa mentione Auicenna , ma io non confido affermarlo % per non battere ancora {fermentata la fua forz.a . DelTepe. Cap. XXII. LA maggior parte del Pepe fi trouain Malsi uar per tutti quei luoghi maritimi del Pro- montorio Comarin per infino' à Cananor . Na- fte etiandio ne* luoghi maritimi di Malaca,ma non cofi buono,come il già detto,per efler la mag- gior parte vuoto, e fuanito, e mal pieno . Na- fte parimente ’in quelle Ifole vicino à lana , in Sunda,&in Guda , & in molti altri luoghi ; ma quello fi porta tutto nclk China ; gran parte ancora iQ$ Bel Pepe* ancora fi confama nel med-fimo luogo, eccetto que!lo,che fi porta al Peru,& Martabana. La mag gior parte di quello, cheli raccogliein Malauar, lèrue ali’vfo de* paefani , tutto che’i pacfe non fia molto grande , Tene con fuma ancora qualche par- ticella da quelli , che habitano nelle minere, vna parte di quello fi polla dentro di due cuoi d> buoi in Balagate , e gran quaiH> à (auengachefia pro- h’buo per bando regio,)fi fura da padani, & è por tato da Mauri'ani per il mare Eritreo . Quelli tut- ti fono i luoghi, doue nafee il Pcpe,benche fe ne ri- troua ancora fopra C anano r di quella banda, che mira yerfo Settentrione, ma c in coli poca quan- ti tè,che appena baita à paefani, anzi hanno di bifo- gno ch’altri lo porci loro. Quefta pianta non fa bene ne* luoghi deferti , e mediterranei . Quanto quelli luoghi fiano difeofti dal monte Caucafo , te ne potrai chiarire dalle carte de’ Coimogtafi . Il Pepe in lingua Malauarica,fi chiama Molunga,in lingua Malacitana, Lada.Dai Medici Arabici, e dal volgo, e chiamato Filfil , tutto che A uicenna al z.hb.al C.J57.& al cap.5 f 8. lo chiami » fecondo la tradottane del Belunenfe, FL»ifur,& il Pepe lun- go, Darfuful, e tal’fiora Fulfcl, il quale è (lato fe- guitatoda Serapione al libr.de* Semplici, alcap. 467. In Guzerate, & in Dccan fi chiama Meriche, òc in Bengala Morois, & il lungo, come che iui fo- lamenre nafea, fi chiama Ptmpihm. Non è in veri- tà merauiglia , fe Teofrafto , al p. lib - al cap 22. e Diofconde,al2.1ib.ai capa f 5. e parimente Piinio, ìl quale per lo più ha feguitaip coftoro,al lib. 1 2. al cap.7. nonhabbvano le fattezze della pianta del Pepe fapute , onde per la diftàza de5 luoghi hanno Juuuw fede nella deferittione à paefani, ma si bc- Capitolo XX li* 107 ne è da merauigliarede gli Arabi, che fìano flati nel medefimo errore, e coli ancora di molti mo- derni.Piantali la pianta del Pepe alle radici d* vrtt- altro arbore, (io l’ho per lo più veduta piantata ap- prettò l’arbore del Faufel, e della Palma) efuole, ebbracciandolointorno, afcendere per in fino alla cima, con poche foglie limili alle foglie del grana- to,ma più picciole e nella punta acute , & al gatto alquanto calide, e di faport della foglia del Betres ò Betle , che vogliate dire , del quale habbiamo di fopra parlato . Ha il flutto attaccato à racemo, à racemo, corre l’vua, ma i racemi del Pepe fono p ù piccioli ;e coli ancora i granelli: li quali fon Tempre Verdi, fin che fi fecthino,e fiano perfettamente ma- turi , il che fuole ettere circa la metà di Gennaio • La radice è picciola,e non è come quella del cotto, lì come ditte Diofcorideal 2.1ib.al cap.150.impe- roche il cotto non è radice,ma legno,fi come al fuo luogo diremo.Fra quella pianta, che fa il Pepe ne- ro^ quella, che fa il bianco,viècofi poca differen- za,che da nefluno, eccetto che da paefani fi può co nofeeremon altrimenti, che la vite, che fa l’vua ne- ra da quella, chela fa bianca, laqualcnon fi può ben difcernere,fe non quando vi è l’vua . Ma quel- la,(j^e fa il Pepe lungo, è pianta molto diuerfa, & haquefla pianta con quella del Pepe l’iftefla fi- milicudine, cfies’habbia la faua con l’ouo . Ben- ché oltre à ciò, li Pepe lungo nafee in Bengala, re- gione dÙcoftn cinquanta leghe di Malauar, doue nafee il Pepe bianco, §c il nero, Vale in Bengala ogni cento fibre di Pepe lungo vno feudo e mezo d’oro Portughefe, In Cochin, doue nafee la mag- gior parte del Pepe nero , ogni cento fibre va- le cinque feudi d’oro Portughefi . Di qua aquat- ile* Del Pepe ero ò cinque anni, ch’incomincierà à portar/? in di- ucrie altre parti, far a perauentura bifogno di com- perarlo à quindici*» venti feudi . II Pepe nero , nel proprio luogo doue na/cej fi compra ogni cento li- bre due feudi e mezo d‘oro Portoghefijma in Ben- gala vale dodici.Le piante del Pepe biàco fono po- che* non ve ne fono fe non in certi luoghi di Ma- iauar^eu1 Malaca.SuoIeP bianco porli" nelle men le oe già Mae/tri, delquale fi feruono in guifache facciamo noi in luogo di fale . Dicono, che fia con- rra vencno , e che fia medicina per gli occhi ; ilche d^eanco Diofcoride al 2. hb. ai cap.i yo. cofi pia- celie a Dio, che haue/fe ben defentta i’hiftoria di quejta pianta.Io per me non ho mai in quelle par- ti vduo quefto vocabolo Brafino , fi come fi legge in quel luogo di Diofcoride,nè meno Brechmafin, che in limo a. i2.hb. al cap7.fi legge. Li racemi del 1 epe ancora verde, & immaturo, fi conducono con aceto, ouero con fale, e fi ri /ci bano per li bi- logm. Gli Arabi, e cofi parimente i Medici Per- liam dicono, che il Pepe fiacalido in terzo gra- 1 ^IT,Plr^c^ 5 h come la maggior parte de Medici Indiani, dicono, che il Pepeìia frigido, in gmla, che dicono ancora di molti altri Aromati, che hanno virtù di rilcaldare . Vorrei pre^awut- ti i Medici , che in luogo del Pepe bianco , dquale e piu cahdo,e più odorato, non vogliano mette- re il nero, faiuo fe non fu/Te gran careftia del bian- co 5 cofi medefimamente non vorrei, che mettef- fero 1 Pepe lungo, in vece del bianco , oueramen- del nero , percioche fono due piante diuerfe,ma si nero coi bianco fono infieme conformi . In ol- tre per non lafcmr di dire di tutte le forti del Pe- però voluto qui fcriuerc di quel Pepe . che in lin- N gua Capitolo XXII t09 gua Malauarica,haucndo prcfo il nome da Cana- r« , fi dice Pepe Canarino , ilquale è vn certo Pepe fuanito, e leggiero, del quale fi feruono in purgar- li prurito del capo, e nel dolore de’ denti. Alcuni altri fe ne feruono in quella infirmiti, che da Me- dici è detta paffion colerica, oueramente colera • le cui fattezze s’io voleifi hora defenuere , faria per- auemura fuor di propofiio, percicche nonftne porta in Portogallo . Annotatione di Carlo Cl ufio . Luì Infioriti del P epe, la ferine anco Lodouico Ro- mano al 1 -hb .al c . 1 4..& al6.lib.alc. i a. evaria alquanto dal noflro Auttore. Ho veduto io tn Ltsbona " 1 et‘ h,am<> col granello non rugo fi , ma pieno , piU acuto, e piu odorato del nero , et ini in Lisbona fe ne fa poco cafo . Se ne potna delle Indie hauer gran quanti- tà ,ouero almeno a baftan\aper le medicine , fe gli (be- ciak Ponughefi Mero fin dilìgiti. Rùrouafene nondi- meno m Anuerfa alle voltoapprefo de" droghieri mc- fchtato poinero. Queflo Pepe m racemi, e cofiparimen- te il Zenfeuero furie ritmar fi in Anuerfa acconcio tnjalamoia, m certi racemetti lunghi, e fittili, ma non .coj, ripieni di granella, come quelli della vua . La cui pittura babbi amo qui fitto fatto ritrarre dal viuo. So- leuaf, per innanzi portare -va’ altra forte ài Pepe m - rZZtfV* lw/nU VoftuRheScfi due, pimenta del raboMoe il Pepe della coda, ma temendoli Re ai Por- ^aUo,cheporrandofi queflo, non autliffe tl vero Pepe, ÌTiW^/7 fZtbflia piu portare . EraqJeflo riÉl T U fuMe>c° vn P‘Cl inalo molto picciolo, la iff,’£ tno:"al^”t9 rugo fi, che nerreggiaua.e del- •> JJ ausila del P epe, f ancora cofi aromatico. sjo Dette Cubebel § sì come habbiamo noi faputo da coloro > che ne hauea - no hauuti ì racemi, era fatto in racemi y quale credette- ro alcuni > che fttjfe L’amomo » LA P ITT VR A DEL PEPE. Delle Cubebe» Ca. XXIII. BEnche in Europa di rado ci feruia- mo delle Cu- bebe, fé nó alle volte nelle có- pofitioni, nodi meno da gli In diani fono grà demete in vfo, mefle in molle nel vinopecci tare il cotto. E neirifola di la oa p rifcalda- re loftomaco. Chiamali que fto frutto da i Medici Arabi- ci , Cubebe , e Quabeb > dal volgo Quabe- bechini. In Ia- oa , doue n*è Capìtolo XXI 11. >/# detto Cornile, dal retto de gli Indiani, fuor che in Milaca,fi dice Cubab.chini .Nè è da credere, che habbia tal nome, perche nafea nel la China, perdo- che nella China fi porta di Cunda,e di Iaoa,douc n’è gran quantità, ma perche quelli della China, i quali nauigano il mare Oceano delle Indie, le por tauanodall’Ifole già dette ,doue!o copra uanoin- fieme con l’altre mercantie ne gli altri porti dei mare Indiano c nelle fiere.E' fienile quefta piata ad vn melo ordinario , ma più picciola , con foglie di Pepe, ma più ftrette, & và Ter pendo àguifa d’ede- ra sù p gli arbori, oueramente per parlar più fchiet to,in guifa di Pepe . Non è delle fattezze del mir- to,nè meno ha le foglie limili al mirto. Il frutto ftà attaccato à racemi,non già tutti infieme,có i grap- pi,come vua, ma ogni granello ha il fuo picciuolo, il fiore c dorato, la piata è feiu?ggia,e crcfce da per fe , non ve n*è di domeftica , nè meno ve n’è di piu fpede, fi come falfamcte s’iroaginarono i Frati nel Commento di Mefue,nel fine della feconda parrc, alla prima diftintione,alc.3(j. E’ in tata gran ftima quefto frutto in quette bande douenafee, che per dubbio, che fi femim altroue e nafea , prima che Io portine à vedere,!* paefani locuocono.Edi qui cre- do io, che venga, che è coli (oggetto à corromperli , tanto qui, quanto in Europa . Ho faputo io quefto da Portughefi, c'hanno lungo tempo habitaronel- l’ifola di Iaoa . E non è, fi come fi credono alcuni, fpecie di Pepe,percioche il Pepe per Io più fi porta di Cunda , ilquale non è diuerfo dal Malauarico, ma quefta pianta infierire col frutto , è d'altra Spe- cie, e ne nafee qui poca quantità . Credcfi Matteo Siluatico nel c.j8i.di ferreria di Serapione, de gli Arabiche ie Cubebe, non fiano altro, che il mirto filueftre ! 12 Delle Cubebe . filueftre di Diofcoridc , ilquale chiamano Rufcei , oucro Carpefio di Galeno;Ma veramente s’mgan- na ; imperoche haucndo$erapione,e gli altri Ara- bi, iquali erano pocoinftrutri nella lingua Greca, opinione, che Diofconde , e Galeno non haueiTero cofa alcuna tralafciata , rollo che vedeuano alcun Semplice deferito da’ Greci hauer quelle facoltà, che in vno Semplice delie Indie fi ritrouano , dice- uano efier quello ifteflòjòc aliai lo haueano per re- lation (blamente . Ma che non fia il mirto fi Indire è cofi chiaro , che non bifogna prouarlo . Ma che non fia nè anco il Carpello, potrei fc fulTc bi fogno, prouarlo con molti argomenti . E* lodato il Car- pello di Ponto,e dicono, che ne nafee gran quanti- tà nella Siria. Ma fe le Cubebe fòdero il Carpe- fìo, perche 1 Turchi,? quelli delia Siria, cercano dii Jhauerlo delle Indie, e lo comprano coti caro, quati do fi potriano feruir del loro , e fenza molta fpefa? In oltre il Carpello è deferirtoda Galeno al primo libro de gli Antidoti diceodo,ch*egh habbia le fe- luche fiottili. Quanto hormai fiano le Cubebe va- rie dalle feftucheiogn’vno il vede . Sono alcuni al- tri che hanno hauuto ardir di dire , che le Cubebe fiano il Teme deli* a gnocado, ma elfendo le fattez- ze le facohà,cofi dell* vna, come dell’altra di que- lle piante differenti, deue tale opinione riprouarfi; e pe’òparmi fuperfhio à fpender fopra di ciò pii*, parola • Capitolo XX 111» ;/j Annotatione di Carlo Giulio . LA 'virtù delle Cubebe mi hanno ridotto à mente Ihiftoria della Fagara dì Auieenna 3 l aqua le b quafi della medefima facolta 3 che le Cubebe . La onde non hauendo in quefla mia compilation e piu commodo luogo 3 c’haueffi potuto il fuo ritratto moftrare 3 e rac- contar la fua hifioria 3 mi è parfo di far bene fé qui tha- neffi pofio . FJ la Fagara vn frutto fimile ad vn ceceAvna f it - til f cor fa coperto , di color cinericcio 3 tendente al neroy doue fi riferra vn picciolo midollo col nocciuolo affai duro ricoperto àìvna fiottile nera membrana . il frutto intiero è co fi filmile 3e di grandezza, e di colorerai for- ma à quel frutto 3 che noi nelle ffiecierie chiamiamo Cu- culo indiano 3 e gli italiani chiamano Coccole di Ce- nante , chea prima vi fa potrid ingannare 3 e potria prenderfi per quelle. Ha fatto di quefro mera ione Auieenna 3 al cap.266. in quefìo mìndo . La F rigar a e vn granello fimile al cece 3 che ha il granello AI aha- leb 3 e dentro vi e vn granello nero coMe-il Scehedcne- gi3 e fi porta di Safala . La ripone nel lerz^grado cal- da e ficca 3 e dice ejfer buona alla frigidità dello fi orna- co3e del fegato 3 e che gioita e n audio alla concoti ione, & firivge il ventre , mo chiamato, è vn Scplice in quelle parti af fai conofciuto» p eflcrui mol- to familiare , e di qua fe ne porta gran par te in Europa, l Africa & Alia. Ma che quello nome Carda- momo gli fi co uenga, lafcia- rò, che altri fe lo cerchi. Aui- cenna al capir. 159. del 1, lib. fa vn peculiar capitolo del Saccolaa , il- quale dice ef- fer di due for- ti,vna che fi di ce Saccolaa quebir , cioè grande, haltrofacco- laa cequir, cioè minoro. Et per quelli due no- mi, è venuto tanto à 1 Medici Arabici, cornea i Mer- Capitolo XX! 111: tts Mercatanti in cognitione.In Malaaar fi chiama E- tremelli,in ZeilamEnfal ; in Bengala, Guzerate, Se in Decan ,èderroalIe volte Hil, alle volte Elachi, ma queftoèfra Maurirani (blamente; imperoche dal reito de* Gemili che habitano in tutte iefudet- re prouincie , Dorè fi chiama . La qual diuei fità di nomi è fiato cagione di far nafcereconfufionefra gii Scrirton Arabici : imperoche alcuni vfano i vo- caboli Indiani, & alcuni Arabici: però à molti è fta to cagione di errare, di qui fi caua,che quel che Se- rapioneper vno chiama Saccolaa , & Hilbaneper l'altro, dobbiamo dire, che fia falfo li refio, douen- dofi Hil folamente fcriuere . Mafe per vltimovo- Jcfiimo agginngeruiquelBane, deuria più tofto fcriuerfi , Buro, che in lingua Canarina non vuol dire altro, che grande. Non fignifica altro ap« prefiode gli Arabitì Saccolaa, eueramenre Sac- cule di Auicenna,otiero Elachi , che quel che vol- garmente è detto Cardamomo, à gli antichi coll Greci , come Latini del tutto incognito, fi come dalle loro fcritture fi può raccorre; imperoche Ga leno al 7-Iib. de* Semplici fcriue, che il Cardamo- mo,non è di quella calidità,che è il Nafturtio, ma più foauc,e più rifragante,econ a marezza, lequali conditioni non tutte conuengono al noftro Carda- momo, fi come l’efperienza nelodimoftra. Dio- feoride al i. lib.al cap.j. lauda quello , che fi por- ta di Comagene, di Armenia , e da Bosforo, auen- ga che dichiancoranafcere nelle Indie . £ dice che fi debba elegger quello , che è pieno , malage- vole a romperli, e che con l*odojce ferifea il capo. Mail nofiro Cardamomo fi porta in quelle par- ti donde Diofcoride fcriue, che venga . Nèquel- It^c malageuoie à romperli , nè ferifee il capo , nè H 2 meno / / 6 Del Cardamomo • meno è amarore al gufto è cefi scuro come il Ga- rofalo. Plin.al lib. i z.c. 1 3. fcriue, che fiano quattro foni di Cardamomo, dicédo collimile à quefii, e di nome, e di frutti è il Cardamomoscol feme tan- ghero ,e fi miete nel medefimomodoin Arabia. Sono di quattro fpecie, vno verdifiìmo e graffo, con angoli cmi,malagetioleà romperli, e quello è grandemente lodato. L’altro che biancheggia nel rufo. II terzo più curto, e più nero. Il peggiorai timi è quello, che è vario,che facilmente fi trita, Se è di poco odore. Il vero ha da effer limile al Co- llo. Quello nafee nella Media . Quelle fono le parole di Plinio, ben che tanto apprclfo di Diofco- ride,come apprelfo de gli altri Greci, vna fola fpe- eie di Cardamomo fi rirroua . Ma nell'uno dei già dettici confronta col nollro, quale ha da elfer fra- gile con la fiiiqua biancheggiante, e con i granelli neri di dentro . Si femina ad vfanza de’ legumi, di altezza, quando è creLiutodi vn gombito , doue Hanno appiccate le fiJique, lequali hanno taluol- ta venti granelli di dentro, ma non come fenfie il Cordo nel primo libro di Diofcoride dicendo, chejfia di grandezza d’vrra gihanda , ouerod’vna Auellana . Di tutto quello errore è fiato cagione quei Dauo Terentiano di Gerardo Cremonefe, il- quale non hauendo alcuna cognitione di tal Sem- plice, gli diede di fuo capriolo il nome de’ Gre- ci , benché meglio Tana fiato à lafciacli il legiti- mo nome Arabico , fenza altrimenti tradurlo . Quanto fia falfa Popinionedel Ruelhc» al fecon- do lib. ai capitolo 5. proponendoci il Capficon, onero il Siliquafiro per il Cardamomo de* Mauri- tani , è chiaro àciafcuno. A quello , cheli Lacu- na nuolto contra gli Àrabi tanto proieruamei^ Coitolo X X 1 1 1 1 . j i j te fcriue al primo libro di Diofcoride,aI c ap. 5-. dei fuo Commento, co fi vogliamo ri fponderc dice ri- do,che la fu a Meleghetra non è il Cardamomo d Diofcoride . Nè meno il Cardamomo maocriore c di color cinericcio . Nè meno la Nigella è la terza fpecie, ch’egli dice trouarfi nelle fpeciene , perciò» che la Nigella in nelfuno di quelli luoghi di que- lle bande nafee . Inoltre io non contrarrò mol- to co coloro, che dicono il Codumenodegli Ara- bi elTer il Cardamomo de* Greci, imperoche la Saccolaa di Serapione, e d’Auicenna , nqn fu mai da* Greci conofciuta, fi come di fopra habbiamo detto . Ma quando colloro prohibifeono, che non dobbiamo feruirci della Saccolaa, perche i Greci non ne hanno fatta mentione, io non vi confento; elTendofi per molte efperienze veduto, hauer que- lla à molte infermità giouato ; e ftimo , che in iur- te leeompolìtioni de gli Arabi fi debba v fa re, e coli ancora in moire de* moderni , che hanno oli Ara- bi feguitari . Ma che la Meleghetra non fia il Car- damomo minoreè chiaro; perche d’ambeduele fonine nafee in quelle parti ; de* quali i’vnoèii grande, e l’altro è il picciolq; ouero, come dico- no, il maggiore, & il minore di vnaiftelTafaf rez- za , fenon che nella grandezza difFerifcono. Tur ™ rama il minoreè tenuto per migliore, perefler piu dell’altro odorato, benché confiderai le viriù,do- ueria dirli il maggioro • L* vno e J’a Irto nafee nel- le Indie, e particolarmente per tutto il paefe dal- la fiera di Calicut , fino inCananor, benché na- fee ancora in Malau&r , in Iaoa , ma non coli abbondante , nè con la corteccia coli bianca . Sene feruono alfai in quelli luoghi : imperoche fecondo habbiamo detto di fopra, fi ma dica inlìeme col H 5 Bctre, i j $ Del Cardamomo Betre, e purga lo ftomaco, & il capo della pituita* lì mefchia ancora con li Troppi . £’ bugia quello, che dice Matteo SiIuatico,che gli Indiani vfino la radice di quefto nelle fcbri periodiche, e^he naica in certi tumori d’arbori, percioche è affai Toltile ra- dice, e non nafce Te non è feminato, hauendo pri- ma abbruciato i 1 terreno col fuoco, perche habbia ànafcer piùprefto. Annotatione di Carlo Clufio . IL Cardo, al primo libro di Diofcorid.e fa che il Car damomo maggiore fia della grandezza del fico,& il minore meno dell’ Auellana3ma nei quarto libro delle piante falche il Cardamomo meTJfano Jia quanto una .Avellana ben groJfa.il Adattinoli meàefimnmente fa la pittura del Cardamomo à jonngliàzji d’zn fico, e di '""Ma iflejja grande'Jz.a ,non e [fendo altroché la Ade* guet ammira nel feto involucro . Jlche veramente, ndo il no [Irò A attore, non è da tener fi per il Carda- momo volgare , ne meno per la Saecolaa ac gli Ar ahi . Trouafi , che n’ è fatta mentionedal P onde tt ano 3 al cap . / 17. ma nelle noftre ( lampe apprejjo di Rajis ma - lageuolmente/itroua . Il V andctt ano planale e A/Iat- theo Sduatico , fecondo le noftre ftampe > non li dà fio - migliarne virtù • 1 IL Capitolo XX F. 1 1 p IL RITRATTO DEL F AFFÉ L> CO>L fuo inmlucro 3 e fuon del fuo inno lucro* Vna Jpecie ài Auc liane lunghette . Del Faufd / fop. XXF. FAnno malamcre colo- ro, che in vece del Fau- fel, mettono il Sandalo rof- fo,p adulterarli il detto San- dalo rollo con altro legno li- mile , eden do i’vno , e l’altro fenza odore, li come fi è det- to,parlando del Sandalo . Il Faufel è di manco prezzo, e nó fi fa!lihca,e li porria facil- mente con gli altri Aromati H 4 portare no fi et Faufel- porcare in Portogallo, purché gli fpeciali, òuera^ mere i Medici fuffero più curiofi, Se haueffero pen fiero d? farlo portare. Appreffodegli Arabièchia mata Fanfel, auenga che Àuicenna per corrottion del vocabolo, al cap.262.al 2. lib. Io chiami Filfel, eFufe! . Fanfel èchiamato in Dopar , Se in Dael, porri di Arabia . In Malauar volgarmente fi chia ma Pac,ma da i nobiliti, è detto Areca , e di que- llo nome fi feruono i Porto ghefi,che fono nelle In- die , pcrcioche furono efiì i primi à ritrouar quel paefe . In Guzerate,& in Decan, Suppari è detto. In Zeilan Poaz. In Malaca Pinan, in Cochin, Chacani . Ne nafee affai in Malauar *, in Guzera- te , Se in Decan poco , e ne’ luoghi fidamente ap- prodo la marina. Ma il più lodato nafee partico- larmente in Chauì , ilquale poi fi porta in Ormus» Ritrouafene anco di buono neli’lfola di Mom- baim, la quale fu d me donata dal Re di Portogal- lo , mafenza la poteflàemphiteotica . Lodali an- cora quello che nafee nella Ifola di Bafira, e que- llo è quello che fi porta in Decan infiemecó quel- lo, che nafee in Gauchin, ilquale è nero, picciolo, & affai duro, dopoché è fecco . Nafee parimen- te m Malaca, ma cofi poco, che appena bada à' paefani. In Zeilan ne nafee gran quantità, ma è bianco, ilquale è portato in quella parte di Decan, che è fuggetta à Mammalucco, e cofi ancora in Befnaga . Portali anco di Zeilan in Ormus , in Catnbaia, e nelle Ifoie di Maldiua,ò vogliamo dire Nalediua. E fe bene Serapione ferine al ca- pir. 34*. che l’ Arabia non produce Areca , que- llo fi dee intendere de* luoghi mediterranei. Se ne troua nondimeno di buona in Dofar, Se in Xaei, luoghi alla marina ; imperché crefcono volon- Capitolo XXV • ili rieri quelli arbori appreffo ai mare, Se odiano i Iuo ghi mediterranei, doue fé vi nafeeffero , il (emina- riano con gran diligenza, percioche tanto i Mauri- tani ,come i Maoli , (i quali Maoli fono genti che ferueno la legge Maomettana) ne mangiano af- fai,anzi Tene ieruono ancora nei lordigiuni,quan do lafciano di mangiare il Bette. Masticano BAre- ca infieme col Cardamomo per purgare lo ftoma- co,e parimente il capo . Si mefchianocoJ Faufel,ò con 1’ Areca,come vogliamo dire, tutte quelle iftef- fe coliche habbiamo già detto mefehiarfi col Be- tre . Auenga che il Betre fia calido,e 1* A reca frigi- da,e fecca-Ma vi fi mefehia anco il Lido, percioche l*vno,e l’altro conforta le gengiue,e ferma i denti. Se è grandemete profitteuole al fputo del fangue y al vomito, Se al flufio di corpo . L’arbore è dritto,e fongofo,con le foglie di palma, e col frutto come Noce mofeata,ma più picciolo , oueramente come Je più picciole noci Iuglandi. Di dentro è duro, hai .alcune venette bianche,e roffe, no è totalmente ri- tondo,ma è da vna banda fchiacciato, bcche que- gli fegnali non fi troueranno in tutte le forti di A- reca .E' rauoito quello frutto in vnoinuogìioaffai lanuginofo, di fuori di colore alquanto flauo, affai fimileal Dattilo quando è maturo, e non fecco. Quello fin che non è maturo , è ftupefartiuo , vbbriaca-, ma tuttauia fi mangia da alcuni cofi imi maturo, per non fenrireil dolore di qualche tor- mento . Il frutto dopo che c fecco, lo confettano in quello modo . Peltano la Noce del Faufel ben bene infieme col Licio , e con la foglia del Be- tre, alla quale fia tolto ‘‘Via quel neruecto, e poi la mafficano nel modo , che di fopra fi è det- lOt buttando via la pi*ma faliua fanguinola^ . Et t22 Del Faufel . Et ir* quella guifa purgano il ceruel!o,Io ftomaco, c confermano i dctijC le gengiue. Gli huomini ric- chi,e potenti, fanno certe pilolette di Faufel,d) Li- cioni Càfora,di legno aloe, e d’vn poco d’ambra, e quelle mafticano . Scriue Seraprone nel libro de’ Semplici, alcap*34j. che il Faufel nfcalda, e par- tecipa d’amarezza . Ma hauendolo ;o effaggiaro, non vi ritrouaicahdità nefiuna, ma si ben vi nno- tiaivna infipidezza con virtù cóftrettiua. Laonde mi perfuado , ò che Sera pione non habbja i’Areca veduta ,otieramente hauendola veduta, nó i hab- bia mai affaggiata . lo fòglio di quella Areca ver- de có lambicchi di vetro far cauare acqua, e me ne feruocon affai buon fucceffo nt’ fiuffi cojerichi di Vctre, e quefto ì’ho fin qui hauuto pe. grà fecreto • Annotatione di Carlo Clufio . MI e fiata la noce Faufel mofirata non so che volte da Pietro Coldemburgo jpeciale , CT huo - 7ko molto dotto 3e molto ne i Semplici cjperto . Trouanfì certe altre Noci lunghette che fono aigr adtfzA egua- li al Faufel col fuo inuoglio , alquanto dur e3 e di fuor * negre de quali tagliate per mez^o .ajjomigliano mirabil- mente la Noce mojeata. Sarà per auentura alcuna for- te di Faufel , onero altra co fa fimle al Faufel .A4 a per hauerla io veduta vecchia 3 e già priua del fuo humo - re 3 non potrei dir cofa alcuna del fuo fapore , ne meno della temperatura . Noi h abbiamo qui pò fio il ritrat- to co fi delVvna3come dell' altra. Fa mentirne dell* Are- ca Lodouico Romano 3al quinto libro delle fue Nauiga- tiom al capitolo Jèttimo 3 in quefto modo . Haueano in co fiume di mangiare ( parla qui del Re di C alieni 3e de Precipidi quei luoghi Jun cery frutto ,Co falò chiama- Capitolo XXVI . i2$ to, volfe dire , F auf e 1 , il quale e prodotto da un'arbore chiamato Areca, non molto varia dalla Palma, ohe fa le cariote , e quafi fa filmili frutti . Lo mefchiano pepa- to con i gufci di oflriche à modo di calcina. Quefodif- fie colui . Mae co fa da ridere quel che dice il mede firn o A attore, al 4 Jib. alcap.2- percioche quelle- ccfe , che fi mangiano per conferuar la fianità 3 egli diceJche fiano prefientaneo veneno . Racconta , che hauendo il Sultani da far morire alcuno de ’ Satrapi , lo fa venire innanzi di lui, e facendolo fare ignudo, fi mangia non so quan- ti frutti , chiamati C ho fall, delle fhtte’fiz.e della Noce mofcara,& infieme vi maflica no so che foglie d' herbe finnli alle foglie del melagrano, quali chiamano T em- boli,con mefchiarui ancora della calcina , fatta de i gu- fi di afriche pe(fe,e maflicate le rumina, e poi alla fine futa ogni cofia fopra di colui, che vuol far morir e, onde ajperfolo di quefto , fubito leuandogli con quel veleno co fi prefentaneo la vita, nefegue la mone. Imperoche * come habbiamo detto, hauendo fopra di colui futato il mafie ato veleno, fra fracio di mefghora l’auellenato cade m terra , e manda l'anima fuori . Della Voce d* India . Cap. XXVI . IO non credo, che arbore alcuno firirroui più à proposto alPvfohumano, che la Palma In- diana, da Greci anticamente (per quantoiopof- lo giudicare) non conofciiìta, e da gli Arabi quali Giiprezzata , hauendo molto poco ferino. Aui- cenna la chiama, al fecondo lib- al cap. co 6. Iau- lialindi , ìlche non vuolein lingua noli™ dire a l- tro, che Noce Indiana . Serapione al libro de5 , 1 l?F,\a,a IcaP*2.i8*e Ralìsnel fecondolib. del- ia Medicina, al capitolo fecondo, chiamano que- fto 1 24 Della Noce d’india fto arbore, ItaInare,cioè arbore che fa le nóci. Vol- garmente chiamaro l’arbore Maro, il frutto Narel, e quello 'Vocabolo Narel è comune coli à Permani, come ad Arabi. In Maiauarfi chiama l’arbore Tingamaran. £t il frutto maturo. Ten- ga, ma il verde , e non maturo Eben . Et in Goa fi chiama Lanha . In Malaia l’arbore lì chiama Tri- can , e la noce Hihor, al quale habbiamo poi noi Portoglieli porto nome Coquo, per quelli tre re- gnali, ò tre forami, che rapprefentano il capò d* vn gatto mairi one , ò di fomighante animale^ - L’arbore è di affai procera grandezza con le foglie di Palma, oueramente limili alla canna, ma al- quanto piu grandette . Col fiore di cafiagna, è di foftanza fungofaeferulacea, crcfce volentieri in luoghi arenofi,e preliba! mare, ma tic’ luoghi me- diterranei non di leggiero fi ritroua . Si feminano le noci , donde poinafconole piante. Lequali fi trapiantano, &in pochi anni crefconoe fanno il- fruttesmartimamenrefefonoben colnuate; per- ciochein tempo di Verno vogliono ertereingra fia- te di cenere, ò di Iettarne, e d’Eftare irrigate d’ac- qua. Diuenranogli erbori più grandi, e fpatiofi fe fi piantano prefioalle muraglie , percioche par, che fi dilettino di fporchezzo, e di fango . La ma- teria del legno perefler procera, èvrile à molte cofe, di modo che nel la Ifola di Naldiua,voìgar- mente detta Maldiua, fi fanno di quell’arbore le naui, le quali inchiodano con chiodi, armano d’arbore ,edi vele, e di forte. De i rami , che in Malauar fono chiamati OIha fe ne fanno i retti delle cafe , i tauolati delle naui , elecoperre. So- no quelli arbori di due fpecie, vno che lo rifer- bano per il frutto , l’altro per farne la Stira , che è il Capitolo X X Vi 7 2f iì "Vino mollo . Quefta Sura dopo ch’écorta,è chiamata da paefarn Otraqua . La Sura fi fa in quefto modo . Tagliano i rami , e poi vi attacca- no 1 vali , c’hnbbiano à rieeuere quel liquore , che da loro Sura è chiamato, e per raccoglierlo dai- rami più alci, e più fupremi , fanno per forza d’ar- gani , e di funi, chinar gli albori, oucramente fan- no delie tacche sù per gli arbori , per potetuicon più facilità faine . Quella Sura fi difilla in guifa> che fi fa l’acqua vice , ic ne caua vn vino dei tut- to limile all’acqua vite, percioche bagnatone Va panno lino, abbruccia non altrimenti, chefefuf- le di acqua "vite bagnato. Chiamali quello li- quor , coli diffidato Fula , cioè bore, e quei, che rimane Otraqua, con hauerui melchiato vn po- co di quel liquore diffidato. Della Sura prima che fa dilfil lata , polla al Sole, fe ne fa aceco alle volte affai forre . Seleuatoneil primo va(ò,fe°ue pur tuttauia à ftillar dal taglio fatto nell'al bore della Sura, la raccolgono,^ al caldo del So- le , ouero del fuoco la fanno condenfare, la qua- le Tettando in guifa di zucchero con den fata ' la Ifg'.a ' E.' cfuta P« buona quella.che fi fa nell IfoladiNalediua, percioche a uefta non 'Vien nera, come l’altre , che fi fanno in altre pam. E' ricoperta la nocefrefca, di vna tenera icorza , la quale al guftoha fapore di Cinara,ò vo- gliamo dir Carcioifì, ha -Vn midollo di dentro om?1a°red<>lt0' Vl troua ancoravn’ac- lfn0^ Cet'fo^e5Chenon genera naufea, e dura O,°n®mrpo; Òaa!Uo Più Irefca è la noce. latito il ? oeepmfoaue. E’buonaancola fc orza di mezo, impaccile non cede di foauità alle man- dolcie mangiata quefta da molti con la lagra, del- la 1 26 Della Noce d’india • laquale habbiamo poco prima par la to,onerarn en- te fi magia col zucchero, ò pure fi pefta , e fé ne ca- lia il latte, col quale cuocono il ufo, non manco buono, che fé fi cocefiecó latte di capra. Alle volte ci cuocono v ocelli , ouer carne di ammali quadru- pedi, e ne fanno certi pottaggi , da loro chiamati Cani . Fatta poi la noce più matura, riferba anco- ra vn certo liquore, ma non cofi buono, come il primo, anzi alle volte s’inàcetifcc . Quefte noci do- po che fon fecche,& hanno loro leuata la fcorza di fopra , le pedano i paefani , e ne fanno vna patta, che la chiamano Copra, la qual fi fuol portare in Ormus,in Balaguate,& in altre parti, doue non ce rPè tanta abbondanza , chelepoft'an feccare, oue- ramente in quelle parti, doue m nefiun modo non n’hanno. Sono quefte noci alTm buone, e cene feruiamo noi in vece di ca (lagne, e fecche fono più grateal gufto, che non fono quelle, che fi porta, nointierein Portogallo. De i fi agm enti di que- lla Copra, fene fa olio chiari (lìmo col torcolare, &: in gran copia , non fidamente buono per le lu- cerne, ma buono ancora per cuocer rifo , anzi di quefte noci fi cauano due forti d’olio, vno dalle noci ffefche, buttataci acqua calda di fopra , e poi fpremute, fi vede l’olio andar fopra l’acqua nuo- tando, del quale ci feruiamo noi per fpurgare gli efcrcmenti deiIoftomacho,ede gli inrettini, e pur- ga piaceuolmente , e fenza alcun nocumento. Al- cuni vi aggiungono l’efpreftìone de* tamarindi, & io i’hopm volte trouato vtile medicamento. Se Auicennaal2. lib- al capir. 506. e cofi Serapio- ne al lib. de’ Semplici , al capit. 22S. quando Fan- ti pongono al butiro , intendono di quello olio, par mi , che dicano bene , ma s'ingannano in que- m» ém !« hit (juadiu- »i!l SJ1HC0' ié \;àf 0 i0|A pi ijfi ** \W Il f pi? é $ è t :f5Ì illO» 4 # & & Capitolo XXyh 1 2 p fio , che dicono, che mollifica meno il ventre dei batiro . L'altra forte d'olio è quello, del quale habbiamo detto di (opra, che fi caua dal Copta-» . Quello, oltre alle vi rrù già dette, èmerauigliofo perinerui . E noi ci trouiamo ógni giorno gran- didimo giouamento nella contratiione de' nerui,e coli pari méte nelle doglie vecchie di gionture. Vn- tó che habbiamo l’infermo con quello olio, lo met- tiamo in vna tina grande, oueramente dentro d'v- na botte , e ben riscaldato con fuoco, e con panni, iui lo lafciamo dormire , e ripofàre . Che queli’o- lio ammazzi i vermini del corpo, fi come hanno fcritto Auicenna , e Serapione, ne’ luoghi già cita- ti,non ho fin qui fattane efperienza. Ma che la no- ce habbia tal virtù , non fidamente è fenza ragio- ne , ma per continua efperienza , è cofa chiara, che mangiata genera dei vermini . Concederò b.ene facilmente, che confidato Serapione al libro de* Semplici,al cap.228. nella aurtorità di Manfàrun- ge,il quale vuol che fia Mefiue antico , che voglia, che quella noce mangiata, onero il cocco, fermi, e llagni il fiudo del ventre ; impercche non è fuor di ragione, cheeflendola noce d* parte ter r dire, fermi il ventre , e l'olio , come chefia di parte ae- rea , e fiottile, mtioua il ventre * L’arbore dafe non fa olio, ma -l'olio fi caua fidamente dal coc- co. Andrea Lacuna nel Commento , che fa fopra Diofcoride ,al primo libr. alc.25?. ferine e (Ter opi- nione, che queìì’olio dolce, che ftil la della paima, fia TEleomeli di Diofcoride. Quella noce crico- perta di due feorze : la prima c villofa , della qua- le fi fa il Cairo, cofi chiamato in Malauar, vfato fidai per quelli luoghi, conciofia, che di quella fac- ciano le farte , c le funi per le nani : pcrcioche non i'infra- t28 ’ Bèlla Noce ^ Indiai s’infracidano nell’acqua marina . Di quella anco- ra in luo*o di (loppa, aborrano le naui, de è tanto deUa (loppa migliore , quanto che più refifte alla putrefattione , imbeuuta l’acqua manna s’in- grotta, e fi coftipa. Ma veramenta di tal feorza vi U fola non (ì fa nettuna forte di panni di razza , fi co- me il Lacuna fi sforza di darci à credere, al primo libro del Commento di Diofcoride alc.141. della feorza interiore , laquale è dura , fe ne fanno 1 vafi al torno per gente pouera,e fc ne fa parimente car- bone per gli orefici molto buono . Nè meno que- lli vafi, beuendoui dentro , giouano à paralitici , fi come fi pensò Sepulueda : come dal volgo in Por- togallo è creduto: percioche né ha quello frutto co fa alcuna, che fia buona per li nerui, eccetto quello ©lio,delquale habbiamo poco prima faucllato, co- me che ne anco i propri paefani diano à quefti vafi tal virtù, anzi non ci è Auttorc alcuno degno di fe- de, che l’approui . Ma none da tacere, che ipae- fani mangiano i teneri germogli di quefte palme, e fono più grate al gufio, che non fono le tenere caftagne, e che non fono le palme batte , chiamato Palmito,eda* Italiani Cefaglione. Quanto la pal- ma è più vecchia , tanto più teneri , e delicati ger- mogli produce, ma canato quel germoglio , muo- je la palma. Horaparlaremo del Cocco , di quel- lo dico, che dicono di Maldiua. Lodali dapac- fani quello Cocco ,ò quella Noce ,efpecialmen- te il midollo per li 'Veleni , & 10 ho intefo da perfone degne di fede, etter buona à doglie coli- che , paralifie , epilelfia , & ad altri mali di neruh Dicono, che mettendo vn poco d’acqua dentro di quefte Noci,doue fiavn poco del fuomidol- lo,preferua,fcguitando peròà beuerne alcun gior- Capitolo X XV L 129 no,da dolori coliche da moke altre infermità, per~ cioche muoue il vomico. Ma non Phauendo io fpe nmentato,dòloro poca fede, benché, per dire il vero , nó ho hauuro fin qui occafione di farne pro- na, rna io più volentieri mi feruo de* medicamen- ti,che con moka efpertenza trouoapprouati,fi co- inè per efempi delia Pietra ILzaar, della Teriaca, dello Smeraldo, della terra figillatajèd’infiniti al- tri medicamenti , fecondo ch’ai fuo ‘luogo fi dirà, che di quelli nuoui,e meno licori, imperoche fe be- ne dirà alcuno di liauerne egli felicito giovamen- to , non sò fe farà queft’auuenuto , perche egli fe Phabbia perfuafo , ò pur per imaginatione , e però non pofto cola alcuna affermare, rna fecol tempo trouerò cofa di certezza , non mi terrò à vergogna di ritrattarmi. La fccrza di quello Cocco è nera, ma più lucida del Cocco comune, & è per lo più di forma oliuare non coli monda come il comune; la polpa, il midollo, dopò di efierfecco, è af- fai duro e bianco , con cerca pallidezza, & ha nel- la fuperficie molrefiffure , &èporofa,madinef- funfapore notabile. La defedi quello midollo è di darne per in fino à dieci grani . Dalli con vino, ò con acqua, fecondo la natura del male . Si riero- nano moke volte di quefti cocchi molto grandi, & alle '"volte affai piccioli , e tutti giunti alino del tnare^. Habbiamo noi per pubiica fama vdito dire, che Plfola di Maldiua fia ftata altre volte terra ferma, e che fia ftata per inondatione del matefommerfa ,onde fi fon fiacre quelPIlole snel- le quali ci furono ricoperte delle palme , che he ra ci mandano quelli cocchi , iquali indurati dui ter- reno, li veggono in quello modo. Machefiano della medeiima fpecie con inoltri, non fi può di I leggie- 1 3® Della Noce d'india . leggiero giudicare , per non citerei alcuno, c’hab- bia fin qui veduto le foglie,ouero il tronco dd l’ar- bore,ma veggono (blamente i cocchi gettati a 1 lito hoi'vno , hor due per volta; e qnefti non fi pcnno da nefluno raccorre, fotto pena della vita , pcrcio- che fi reputa, che tutto quello che fi getta dal ma- re, e fi ritroDa nell’arena, debba appartenere al Re,Iaqual cola e data cagione di dare à quella no- ce maggior credito. Cauafi di quello cocco il mi- dollo, ò vogliate dir la polpa, e poi fi lecca nel medefimo modo, che fi fecca la coperta, e venu- ta dura in guifa che fi vede, diretti che fia calcio di pecora., . Annotatione di Carlo Giulio . L.A defcrittione di quell’arbore , oltre a molti altri , l'hanno fatta Lodouico Romano al quinto hb.al c. fifone Giofejfo Indiano al cap . 1 37. & 1 38 • A4 a Stra- bane al c. 1 6- della fua Geografia , fa di quefla palma mentione . Onde nonpojj'o fe non grandemente del no- firo Auttore merauigliarmi , che dice ejjer quefi3 arbo- re non conofciuto da 1 Greci antichi. S trabone dice co fu T utto l’altro pigliano dalla Palma , percioche ne fan- no pane , mele , aceto , olio , e varie cofe te finte , e delle fcorz^e fi feruono per far -Carbone per li ferrar 1 , e ma- cerate nell' acqua, le danno per cibo a i buoi . Non tro~ uo3 che in quefhnojlri libri facejfero mai queffi Rut- tori qu) allegati , mentione di laralnare . A4 a sì bene del Neregily come fa il Pan dettario al cap. 363° Tutte le farte 3 e funi de Ile nani regali di Lisbona fono fatte de villi de 1 Cocchi , onero noci, e particolarmente di quelle, che nauigano per L' Indie . E di quejH iftejfi vil- li fi fanno certe cinture aggropat e > delle quahfi fer- itone Capitolo XXVIL isi Uonó affai le donne di bajfa mano qu) in Lisbona . Mah* biatno noi in Lisbona veduti i va fi fatti dì qnefto Coc- co di A4 aldina alquanto pi u lunghetti di quelli 3 che fi fanno dell’altro Cocco comune , t qnali fono piu neri > e piu ter fi. Del midollo fecco ne trottami anco in Lisbo- na a comprare , le cui virtù fono grandemente appren- diate, e l’antipongono quafi a tutti gli altri rimedij con- tra Veleno 3e per quefta ragione e molto caro. Ma quan - to fio, da preftar poca fede à quejle falfe virtù che gli attribmfcono , il nofìro Ruttore ne fa capaci tutti . De Mirabolani * Cap, XXV 11* E' Cosa chmra.clienèdà Diofcoride,nèdà Galeno , nè meno da Plinio fono fisti i nofiri Mirabolani cono Cui ti * Conciona che il lor Mira* belano fia altra cofa del tiolìroj percioche.di quel- lo fé ne caua olio per far gli vnguenti odorìferi, onde Mirabolano in lingua Greca non vuol dire altro, che noce}ouei'o ghianda vnguentatia de* Latini. Di qui credo che Éa venuto,che hauendo il tradotror d* Auicenna , e di Seraptone veduto , che quefii nofiri Mirabolani s’accoftano di fàrtezze al- la ghianda, hanno fenZa altra confideratione, tra» dotto Mirabolani . Ma per mio parere , a (fai me* gl io haueriano detto, Pruna, per efier molto alle prime conformi . Auicenna al i.Iib.a! cap.458* chiamai Mirabolani delegi, e coli meddimàmen* te Seraptone al libro de1 Semplici, al cap.107.ben- che pererror di ftampa fi legge malamente, Ha- Jiligi . Tutti i Medici Arabici mi hanno detto, che da lor rutti i Mirabolani fono chiamati delegi* Ma gli fiaui particolarmente fono detti Azfar , gii Ì % Indici, f 32 IV M imbolimi V I odici, onero neri A fuat,i ChébuliChebuIgi, egli Emblici, Embelgi. Ma fotto quello nome non w’hebbero corninone nè Auiccnaal 2.1ib.al 0226. nè meno Mefue , ai libro de* Semplici de* medica- menti purgarmi , al capitolo terzo, ma Torto il no- me di Sem, lì come fi può in Scrapione vedere, il- qual vuole , che il lèni lìa d’ vna fottiliflima fcorza ricoperto, lidie è proprio fegnale de gli Embiici. Sonò i Mirabolani cinque fpccie diuetfe , delle quali habbiamo la maggior parte de* nomi tolti da altri. E quella fpècie,che Serapione chiama Dama- fceno, buona ne* mcibi melancolici , non è perche nafca in Damarco,rrsa perche dall* Indie fi portano i Mirabolanijd’indi in Damafco . E‘ benché Sera- pione, al libro de* Semplicial c.io7-dica,chei Mi- rabolani chiamati Seni fiano vna fpecied’oliua , è crror Tuo, fia però detto con Tua pace j e credo, che dell’errore fia fiata cagione quello, perche gli Em- biici li fogliono magiare come l’oliue, acconci con fa le,ouer con acero. S’ingannano parimente quel- li, che dicono, che rumi Mirabolani fono frutto d’vnfolo arbore, comeanco quelli, che dicono! ìiaui,& ichebuli efierd’vn’iftetfoarbore;irnpero- the veramente fono cinque forti diuerfe d’arbori, r pe rche maggiormente fi merauigli,nafcono que- lli arbori più di fefi'anta , e forfè più di cento le- ghe difeofto i’vno dall’altro. Alcuni ne nafeono in Gca , Òc in Barecala , altri in Malauar , & in Da- bul • Nel regno di Cabalavi Tene ritrouano quat- tro fpecie; Ma i Chebuli nafeono in Bifnager , in Decan , in Guzetate , & in Bengala . Quelli che fi portano lecchi in Portogallo, la maggior parte viene d’vn paefe, che é frali Dabul, eCambaitu, Habbiamo noi perefperieirzaclferuato , che tutti Capitolo XXV lì. ÌS3 BW tjiiei frutti, che vengono dalle regioni vicino à Set . ww tentrione, fono meno atri à putrefarli degli altri., ièiltd Ridono apprefTo di coloro tre forti di Miratala* te- ri , de* quali (ì feruono nelle purgationi , che vo* tonfo glion far leggiere , e che purghilo fenza fa [ti dio « Oliere, il- La prima fpecie, ilquale è rifondo, e purga la cole- tta ra,da* Paefani èchiamato Arare, ma da3 Medici àn fifa richi A ritiqui,e fono quelli, che noi chiamamo Fla- uh L’altra fpecie, chiamano Rezanuale, che fono i la# roftri Indi, ò vogliamo dir Neri. La terza fpecie c da’ paefani detta Gotim , & è rifondo , quelli noi pf chiamiamo Beilirici . IChebulida noi coli detti* gp liquidi purgano il flemma , da loro fono chiamati Areca, Quelle fono le quattro fpecie di Mirabola- ni yfate da colloro nelle medicine. Perche della ^ quinta fpecie da Jor chiamata Anuaìe, e da noi EmbHci,auenga ch’effs n’habbiano,hó fe ne feruo- no , nel le medicine, ma piu toflo in indurire , e far fedi i cuoiai? vece del Rii, ò fommacco che voglia- la ino dire de* coriari. V i fono alcuni, che li mangia- no verdi per eccitar l’appetito L’Arare è mondo, $ c fa le foglie come il Sorbo. L’Anualeè di foglie l# minutamente incile della grandezza della palma, isti. L Rezanua(e , è d’otto angoli , e fa le foglie Amili ff ai Per fico. Sono quelli, ai bori della grandezza olì* del pruno, e tutti feluatichi, che nafeono da per fe. 0 L ve n’è alcuno domeflico . E (fendo quelli a! gu- ftoaftringemi- , & acidi come forbe immature, )# mio, che fiano frigidi , e fecchi. Non vfeno gli otti11 Indiani di prepararli s percioche non fe ne feruono Jliilt Per Purgarc,ma per conftringere folaméte. Quan- jgj oo vogliono purgare vfano la lor decottione, ma in lT!ao?,or dofi , che non facciamo noi qui in Eu* roPa • Cogliono v/arli ancora conditi con zucche- À l } xo t De' T amerìndi * rocon affai buon fuccdfo , nè vi è Medico , che gli habbiavfau, chefia flato maià rifico di perder perciò la ri putatione. I Chebuli fono piu in cre- dito de gii altri, i quali ficondifconoin Bifnager, in bengala, & in Cambaia . Gliflaui , e gl’indi in Batecaia3& in bengala . Sono io foluo di far cauar acqua per lambicco di quelli ; che fono immaturi» laqtiale , dopo di hauer fatto pigliare alcuna con- ferma firingére, la dò à bere apprdfo, e vi mele Ilio, fe vi farà meftiero , alcun firoppo . Lifiaufo & i beiirici, foglio io far pigliare in principio del man- giare da coloro, che paufeono flufib di ventre, ò ri- fa (fa rione di ftomaco3a’ quali conuengono per ca- oione dell’aftrittione, che hanno accompagnata concerta poca acidità. Ho (perimenrato ancora il fucco (premuro da’ Mirabolani vero in efl'er gran- demente profìtteuolt-> • Annotatione di Carlo Clufio , I Mirabolani Chebuli di rado fi portavo in quefte bande fe non fece hi 3 o mal conditi . Gli Em- ulici, de- quali mi merauiglio >che non ne faccia l’ iut- iere alcuna m emione , fi portano in Anuerfa in affai abbondanza, fiefihi bene acconci . De 5 Tamarindi . Cap . XXV III . SOnq i Tamarindi da tutti conofciutfe però mai fi falfiiìcano.Nafcono in molti luoghi deilTn- dd, ma quelli, che balcone nelle montagne fono ir infiori , e fi conferuauo p:ù lungo tépo incorrot- ti, Si come fono queilijChe s’acquiflano in Càbala, Coìtolo X XV 1 1 1 • i S5 Se in Guzerate . In Malauar fi chiamano Pulì ; la Guzerate Ambili , fono i quali nomi fon o dal re- ftodell’Indieconofciuti. Gli Arabi gli chiamano Tamarindi, comefe dice fiero Palme dell’India, percioche Tamar, in lingua Arabica, fi come è chiaro àciafcuno , vuol due Dattilo. Chiamaro- no gli Arabi quelli frutti, Palmole, non già perche l’arbore fia limile alla palma, ma percheron han- no hiuutonome più proprio da chiatnarli,veden- do, che quelli ancora hanno di dentro qtieli’ofiì- cmolo come la palma. L’arbore è della grandezza del frafiìno , ò della noce , ò della caftagna , di fo- ftanza foda ,e non fungofa,ornato di molti rami, e di molte foglie minutamente incile, della gran- dezza di quelle della palma . 11 frutto è in modo d’vn’arco , ouero inguifad’vn dito incliniate). La feorza mentre’l frutto è immaturo, è verde, ma fecco d menta cinericcio, e fi fcorcica facilmente^ . Ha dentro vn nocciuolo della grandezza del lupi- no,alquanto ritondo, ma piatto, di color fuluo,ma pocofuluo. Gettanofiviai nocciuoli , e ci feruia. nio della polpa, laquale è vifcida,e lenta. Ma que- llo è degno di ofieruarfi, che i frutti di notte fi aui- luppano nelle foglie , e di giorno fi fuiluppano, de efeono fuor delle foglie. Il frutto mentre è ver- de, è acido , ma non è fenza foauuà . Io me ne fer- uo dopo di e (Ter ben feelti de acconci con zucche- ro , molto più che non fò del firoppo acetofo . Ho incoftume ancora di purgar molte volre l’infer- mo con iainfufionede’ Tamarindi . Toglio quat- tro oncie di Tamarindi , eli faccio macerare nel- l’acqua fredda , ouero in acqua lambiccata di ci- coria per tre hore,e fattane l’efpreffione, e cariato- ne i Tamarindi, e poi gettaioni vn pocodizuc- I 4 chero / j 6 De T 'àmarmài * chcro di fopra, la fo pigliare con non picciolo giff- oamento,percioche euacua l’humor colerico , 6^ incide, & aflbttiglia l’humo fiemmatico.Le gena di quelle bande , fi purgano da lorftdfi coniTa- tnanndi, mefchiati con olio di noce dlndia . Met- tonoi Medici Indiani fopra Perifipila le foglie pe- lle dei Tamarindi . Noi vfiamo quii Tamarindi in luogo di aceto5eflendo cjuel Inacidirà più grata al gufio , che l’aceto , mafiìmamerite de gli immatu- ri . Si portano acconci con Tale, accioche meglio fi cóferuino nella Arabia, nella Perfìa,neirAf]a mi- nore in Portogallo . Io li foglio ferbare in cafa fenza (aie , con la fua fcorza folamente . De i fre- fchi fe ne fa conferua con zucchero . In veritàjchc è medicamento molto buono per digerire , «3^ efpurgare gli humori, Se etiandio buono al gulto • Mi fono taluoltaferuito dell’acqua diftillata da i Tamarindi , ma perche l’ho ritrouata troppo dol- ce^ infipida, ho lafciato di feruirmene . Rimane ad effeminar quello medicamento , fecondo quel- lo , che gl’Auttori A rabici n’hanno fcritto ; perche i Greci non ne hanno hauura cognitione^ . Aui- cenna al fecondo libro al capir. 699, non fcriueil medicamento , ma infegna folamente di fcieglieiv lo, e dice che i Tamarindi frefehi > fono migliori. Mefue aifefto de’ Semplici. al cap.8. vuole, che fia frutto della palma Indiana feluatica . Ma l’erro- re fi fa chiaro da quello, percioche in tutta l’In- dia non trouarete palme, e li frutti delie palme fi portano dall’Arabia nell’India-» . Douc fe ne mangia di lecchi gran quantità, ecofi medefima- niente ìm pallai 1 in fiem e fenza Pollò. Mi raccor- do di hauer veduto in Cambaia , in Guzerate vna certa force di palme , ma però Iterili, e molto diffe- Capitolo XXIX» differenti dall’arbore che produce i Tamarindi Sera pione al librode* Semplici, al cap.548. di aut- rorità di Bonifaa dice , che nafeono in Cefarea A- man, ma fia con pace di lui detto,è cofa chiara, che in Cefarea Aman , la quale è della Siria , nonna- fono Tamarindi, percioche là fi portano di qua ialITndie da mercatanti per mercantia . Sono al- cuni, che dal làpore acido vogliono, che i Tama- rindi fiano roxiphenice. La quale opinione non polio nè approuare, nè meno riprouare. Ma noti aprono però quello, cheil Lacuna nel Commen- to fepra Diofcoride,al i.hb.al cap.uò. ferine di- •cendojchenon differifconoi Tamarindi da i darti- ii Thebaichfi come nè anco approuo,che quell* Ar bore, che egli fa, che fia fpecie di palma feluatica,e c’habbia le foglie lunghette, e nella punta acute, percioche le foglie fono nel modo, ch’io poco in- nanzi ho detto *, in oltre i Tamarindi , di opinione de gl’ Arabi rifrefeano , e diffeccano nd terzo gra- do , auenga che certe traditioni di Mefue , dicano, (ma fa! famence) che rinfrefcano,e diseccano in fe- condo grado . lo me ne feruo continuamente nelle febri coleriche affai, e non della Caflìa onero della Màna , percioche quelli per la lor dolcezza fi con- uertono facilmente in colera ; e di qui viene , che i Medici di quelle bande non vfano nelle febei ar-, denti il zucchero. fìttila Caffi a folutiua* (ap. XXI X. SA ria forfè partito cofa séza propoli ro a trattai re qui ^dell’arbore, che produce la Caffia, detta Volga l'nicte Cafiìatìllula, per elTer Se p lice affai da sucri conofciuto , fe nò ci fufTe difcordia del nome, che Delia Caffi a folutiua . che malamente leda Gerardo Cremonefe, ìlqtia- le.fi come ho detto di fopra , haueria farro meglio à nó toccare i nomi, e vocaboli Arabici, che hauer- li cofi malamente rullatati, & hauer darò loro oc- cafione di elfier calunniati , efiendo veramente piu lofio degni di laude , che di biafmo , per hauerne data cognitione di cofi nobile , di cofi buono , e ci medJcaratnto cofi neceflario ali’humana falute. In lingua Arabica , volgarmente fi dice Hiarxarn- ber , vocabolo di tre fillabe , benché Auicenna per corrottion di voce, lo chiami al fecondo libro , al c. 15)7. Chiarfamdar.In Malauar fi chiama Comda- ca,in Canara,della qual prouincia è Goa,Bauafin- gua,in Guzerare, e cofi da* Mauritani,che habira- no nel Regno di Decan,fi dice Gramalla ,in De- cani dalli Bramelli è chiamaro Bauafingua. L’ar- bore in Canara fi chiama Bahoo, è della grandez- za d* vn pero , ha le foglie come il perfico > ma vtt poco più ftrette, e verdi, fa i fiori grandemente fi- mi U alla gineftra , di color giallo , di odore di Ga- rofah, quali caduti, rimangono certi baccelli lun- ghetti di color verde,mentre che non fono maturi, c non di color roflo, fi come vuole il Lacuna, iqua- li poi maturi fi fanno neri , di lunghezza taluolta di cinque palmi, ma fotto due palmi mai. Na- fcc per tutu quelli luoghi , ma la miglior di tutte, e che più lungo tempo fi conferua è quella, che na- fte ne* luoghi psu verfo Settentrione , fi come è in Cambai-u . Se ne troua anco nel Cairo, in Ma- iaca , in Sian , e per tutta quella rimerà . Io non ne ho veduta fe non di fduatica nafciuta da fe ftef- fa . Ho nondimeno intefo , che in America , fal- famente chiamata India Occidentale , per non e fi- fa’e ft non vna fola l’India, laqualc ha prefio il no- Capìtolo XXIX. / me dal fiume Indo,conofciuto anco da gli antichi, vinafca, doue da’ luoghi feluatichi è fiata ne gli hortitrafpiantata, e parimente ne’ campi', talché hora vi fi ritroua in abbondanza . Ma io tengo, che più auenturati fiano i noftri Portughefi, poiché fenza cchiuarla ne hanno tanta abbondanza , che vn Candii , dee cinquecento venti libre, non. parta il prezzo dt dieci reali Caftigliani , che farla vn feudo d’oro Indiano , chiamato da loro Paidaon. Scriue Auicenna al z.lib.al cap.197. crter la Cartìa fra caldo, e fecco mezzana, de hauere anco non sò che di virtù di humettare. Serapione al libro de* Semplici, al cap. 1 2. vuole che fia temperatale Me- fue ferme al libro de’ Scphci,al c.<$. che tira alena- to al calido, e che humetta nel primo ordine, one- ro nel principio del fecondo.Meritamente è degno il Sepulueda di ogni riprenfione dicendo , che le feorze della Cartìa, fono buone à prouocare i mefi alle donne, e cofi ancora vagliono ne1 parti diffi- cili, de alle fecondine ritenute, date à bere con A r- temifia, ò pur date con vn’ouo forbile, ò con quat- tro onde di mele ; imperoche,auenga che noi con- cediamo fecondo egli dice, che dato tal medica- rnentonefia taluolta feguito buono effetto, non habbiamo però adire, che ciò fia percagion del- le feorze di Caffia auuenuto , ma più°tofio per Partemifia, percioche ertendo dette feorze frigi- de , e fecche , non ponno tali effetti produrre , ol- treche le fecondine aflai voi re fenza alcun medica- mento, foglionofpinte dalla natura , venir fuori . £ quel , che A uicenna fcriue , ni fecondo libro , al capitolo 199. doue dice efier buona alla difficol- ta del parto, è da alcuno ncn fenza ragione tenuro luogo fofpetto, de il fielluncfc acne opinio- ne, 140 Dell ’ Anacardo ) né, che quel tefto fi debba correggere, e debba di- re il cocomero Pecco in luogo di Cafiìa , e che del- la Cafiìa folutiua fi habbia fidamente ad inren- dere, quando parla di medicamento folntiuo, c negli altri luoghi s’habbia ad intendere Cafiìa lignea. E1 cofa da ridere quel che dirò bora di certi Portughefiii quali credono, chela maggior pane de gli huominidi quefto paefe, patifca di Buffo di corpo per cagione della carne de* buoi che mangiano , iqualiìì pafcono della Cafiìa fo- lutiua, che in vero è vna melenfagine, perdo- che gli arbori della Cafiìa , fono tanto ahi , chei buoi non ci ponno arriuare, nè meno vi fonotan- ra abbondanza di quefti arbori, che potefiero ba- llare à nutrir tanta copia di vacche, delleqoaline allenano gran quantità, e non mangiano altre car- ni, che quelle del paefe. In oltre offendo i baccelli ricoperti di feorza dura, è cofa verifimile adire, che le vacche non habbiano à lafcinr la pafiura del la gramigna, laquale è qui fempre verde, per pafeerfi deìli baccelli della Cafiìa, del chejhnuen- doio dimandato i padani , Tene faceuano beffe...» Dell' Anacardo , Cap. XXX, I Greci moderni hàno dato il nomealf Anacar- do eflendo fiato àgli antichi incognito, nò per anro/e no per la fomigliàz3,c’ha di forma, e di co- lore col cuore,& hàno in ciò (èguitato le pedate de gli Arabiche lo chiamano Balador. Da gl’indiani è detto Bibo,e da’ Portughefi Faua di Ma!aca,per- docile quando è verde, e péde ancora nell’arbore, è come le nofìre faue grolle , ma vn poco maggio- Capìtolo XXX. t4! re . Se ne ti'oua gran copia in Canonor, & in Cali- cut, & in tutte le prouiocie deli’Indie , per quanto io ne ho potuto fapere, maflìmamentein Cam- baia, & in Decan. Serapione al libro de* Semplici, al cap.3 yó.cita Galeno, non altrimenti, che fé egli hauetfedi tal frutto parlato 5 nondimeno non io conobbe mai , e dice ha ocre virtù mortifera , ben- ché à quefio l’efperienza gilè contraria, impero- che in quelle parti fi dàà gliafmatici, macerato nel fiero , e cofi ancora à quelli, che patifeono ver- mi nel corpo . Anzi quando fono verdi acconci in falamoia, in gmfa,ches*acconciano leoliue, cene feruiamo à mangiare . Del frutto, dopo ch*è fecco, fe ne feruono in luogo di cauftico nelle fcrofole . E tutta l’India vfa quefto mefehiato con calcina per fegnarei panni. Auicenna al 2.1ib.al cap.41.I0 raflomiglia all’ofTo del tamarindo ; e vuole , che il nocciuolo fia delle fattezze di vna mandola , e di- ce,che fia fenza malignità j Et apprefib poco dopo dice, che fi ripone fra 1 veleni, che fono di virtù mortifera . Ma che non fia veienofo , già Riabbia- mo con ghefempi di fopra moftrato ; machehab- bia virtù cauftica , nel fecco fola mente habbiamo detto che fia . Vogliono alcuni, che fAnacardo fia calido, e fecco in quarto grado, & alcuni altri in terzo. Ma à mene i’vno,nè l’altro mi piace, impe- roche nel verde è cofa chiara , che non ci è tal cali- dirà , e lìcci à eccefiìua , rè meno par che fia di ra- gione, à volerlo riporre in quel grado di candita, e Eccita , che è il Pepe, fe non fulTe perauentura di quella forte quello, che nafee in Sicilia.» . Anno. 142 Dell* Anacar do . Annotatione di Carlo Clufio . PORTASI di Brafil in Lisbona vna certa forte di noci da loro chiamata C atout . L’arbore e grande co foglie di pero. Il frutto e delle fattele, e de Ila { gran-* deffa d'vn’ouo di Papera , le quali e fendo piene di fuo- co fono come quei certi , che chiamano lime felle qua- li fi feruono i Brafillani. .tutto che Theneto ale. 6 /• nel- la deferittione dell* America dica il contrario , come io ho vdito da i ?nedefimi . Nell’ e fremita del flutto vien fuori vna certa noce fimile ad vn rignone di lepore > di colore cinericcio , & alle volte di cmericcio mefehiato di rojjo . Ha queflanoce due feorze , frale quali vi è vna certa cofa jpongiofa piena à’vn’oiio fpejfiffìmo , e caldiffimo , di dentro ha vn nocciuolo bianco , buono à mangiare , e non men grato al gufi o , che il pelacchio, ma e ricoperto dy vna pelli citi a cwericcia , laquale 3 per mangiarlo , b fogna leuar via . Alangiano di quefìi leggiermente ro fliti, ipaefani, perche fono piaceuoli al gufo, dicono che ftimutano venere . E dùcono, che alle impetigini non ci e cofa piu appropriata di que Idoli o , e co fi ancor alle lichene . L’vfano ancorai pae fimi per guarirla rogna. Aia quefio e degno di meraviglia, che tl primo frutto non ha feme , e vogliono , che nella e fremita di quella noce debba conferuarfì la fpecie del- t arbore. Credono alcuni , chefia fpecie dy sinacardi , per famigliando, di quell’humore aere , che hanno fra le Coorte rinchiufo. H abbiamo procurato, che fia PAna- * sardo delle fpecierie , come que fi’ altra noce prima iu- tiera,e poi ripartita per mefo, vi fi ha qui dipinta . RI- efjj. ' Dell'Amorfo . > ^mettono alcuni l'Acoro di opinione. di Galeno ài fefto libro de* Semplici, ilquale perauentura non è fneno dubbiofo,che fi fia PAmomo. Molti de’ mo- derni hàno creduto, che la Rofa Hiericonuna fofie il vero Amomo.La quale opinione afiai dotramen- te,e con molte ragioni ha gettata a terra il Matthio li nel Commento del primo libro di Diofeoiide, al cap.14. Alcuni altri dicono, che fia il piè colombi- no , e quello medefimamente l’iftefio Matthioli fi sforza di far conofcere,che fia errore.Io nondime- no, benché non habbiamo di qua veduto quelle piante, che nafeono in Europa, duo nondimeno li- beramente tutto quello, c'ho imparato nell’ Indie deli’Amomo . Dimandai ^na volta ad vn ceno fpcciale Spagnuolo, ma Ebreo ,i!quale’diceua di far ftanza in Gierufalem , ciò che fu (Te l’Amomc, mi rifpofe, che in lingua Arabica fi chiamaua Ha- mamà , ilche non vuol dire altro , che piè colom- bino , e diceua egli di conofcer quella pianta , ma che nell* Indie non i’haueua veduta . Chiamato poi da Nixamoxa , che volgarmente è detto Ni- samoluco, Re in Decan potentifiìmo, e tiene Tem- pre appreffb di fe con buona prouifione molti dor- tifiìmi Medici 3 cefi Perfiani, come Turchi, di- mandai à quelli Medici , fe haueuano dii l’Arno^ mo, mi difiero » che lui non nafceua, ma fra gli altri Aromati, che al Re fi portauano dell’Afia, della Perfia , e dell’Arabia per fare i medicamen- ti contra veleno , fi ci portaua anco l’Amomo , del quale mi donarono vn ramo , e facendone io com- paratione con quello, che delirine Diofcoride, mi parue che afiai bene ci quadrafie , e tutto che fuf- fe feceo , rapprefentaua afiai il pie colombino, imperoche tutti i nomiceli delle piamejComc.de* morbi Cartolo XXXI . 14 s morbi in Auiccna, ò fi riferirono alia parola,oue~ ramcntc dalla cofaifteflfa pigliano ii nome, come per efempio , la bugloffa^che vuol dire , lingua di buejOueroCinoglolTa, che vuol dir lingua di cane. Il capeluenere, la lingua auis, & cofi parimente ne i morbi l’Elefantia , chiamata da loro Daulalfìl, che vuol dir piè di Elefante . Hydrofonia , Mara- zaiquelbe,che lignifica dolor di cane. Di qui don., que è da fapere, che F Amomo appr< fio d’Auicen- tia non è altro, che il piè colombino > Ritrouan do- mi appo di Nizamoxa notai non so quante piante, che noi non habbiamo in Goa.u a ie quali fu PEu- patorio>Mexquetera3McxirJa Buglofla, la Fuma- ria, la Me li fifa , il Tamaricc, PAfparago, le"YÌoie purpuree, tutte piantate neil’horto dei Re.Lequa- h nafeono perauentura tutte nei luoghi mediter- ranei , Ma l'auaritia de’ noftri fpeciali è cofi gran- de>che più tofto attendono à portar mercantie, che à tener le lor boteghe fornite . La onde a u iene, che in luo^o della violarne bifogna vfare vn certo fiore d’vn certo arbore d’altra virtù delle noftre viole, benché io veramente non me ne fei uo mai , fe non in certi medicamenti, che supplicano di fuori3& il liroppo violato lo fo fare di viole condire, cheli portano d’Ormus, ouero di Portogallo . Annotaticele di Carlo Clufio . acesse à Dio', che quefto nojiro AuttoYe ci ha - JL uejfe Ptu piena infoi mattone data dell' Amcmo,poi che dice di hauerne veduta la vera pianta, perche batte- ria molte qkeftioni decife . Io per me tengo per fermo , che il fuopie colombino. 9mn poffa ejfere il medefìmo cd K noftroì 146 Lei Calamo Aromatico . nofroflquale non dubitano alcuni3di porre in ‘vece del ‘ vero Amomo;e(j'endo piu toflo vna Jpecie diCeraurio. A4 a quefto cofi f ciocco errore , lo di f opre il Matthioli nel Commento di Diofcoride. Che forte di pianta fifa il A4cxquarera3& il A4 exc\uir,ioperme non lo sofie ciò che quefti vocaboli fi vogliano figmficare - Del Calamo Aromatico . Cap. X XXII. NOk è mcn contratto fra i Medici moderni del Calamo e delPAcoro, che dell’Amo- mo; Imperoche vogliono alcuni, che il Calamo delle fpecierie fa l’Acoro de gli antichi . Alcuni altri vogliono più tofto che la Galanga fa PAco- ro, per laqual cofanon fi può di leggiero fra tanta varietà di opinioni trouar certezza.,. Pur tutta- iria non etfendo ad alcuna deli’opinioni obbgato, dirò liberamente ciò che ione Tento . Il Calamo Aromatico, delquale fi feruono nelle fpecierie in Portogallo (allenendo , che io dico Aromatico , e » nonodorato) fi come vogliono molti, percioche Aroma non lignifica odore, ma quel che volgar- mente fi chiama Drogara , nè meno io sò, che '"vi ila Calamo odorato, ma si bene il Giunco, è il me- defimocon quello , ches'vfa qui nelPIndie, cofi dalle donne,come da gPhuominì , e dalle befiie^. In Guzerate fi chiama Vnz ; InDecan Pache j In Malauar vnzabul ; In Malaia dirimguo; In Perfia Hegerj In Cucan che par che fia luogo marinino , Vatìcan, da gPArabi è detto Gaffa b, Aldirira. Serapione al libro de’Semplici, a! C.205.Ì0 chiama Haffabeldirin,ma per corrottjon di vocabolo. Tutti i Medici Arabici inficme con Auicenna, al fecondo libro al capir. 1 6 1 . & 1 1 1. lo chiamano Capitolo XXXI 1. i chiamano Aldirira . Quell’iftelfo Tuona Calfab, che Calamo , & aldirira che gPAromati , percio- che Aldirira è quel medefimo,che apprettò di noi. Aroma. E perche quelli di Malaia hanno prefo rvfodiferuirfenedagl’Arabi , che erano di Cora- zone,e perciò hauédo corrotto il vocabolo, Io chia- mano diringe. Si Temina per tutta lTndia,ma mol- to più in Guzerate, & in Balaguate, &anco qui in Goa , doue è molto in vfo . Seminato ne gli horti nafce, ma poco. Quello Calamo non c* odorato, fe non dopo, clVefueltodal terreno, e quanto più è verde, pare à meche fia di più valotofo, e di più graue odore. Auengache Ruellioal lib-i.al c»iS. dichi altrimenti . Portali aile marine, percioche quello, che nafce in quei luoghi, non èàbaftanza. Quello che fi porta di Balaguate, fi trasferire in Occidente . E* cofa aile dóne molto famigliare nei mal di matrice , Se in doglie di nerui , e da Mane.* fcaichi è cercato in tempo di verno con grande iftanza. Imperoche peftato Se aggiuntoti! dell’am- mi , che è il cimino leluatico , Se vn poco di Tale , c buttiro, e zucchero lo danno per riparo del freddo alle beftie la mattina . E chiamato quello medica-, mento Arata. Chiamando Hippocrate , e pari- mente Galeno al lib- de5 Semplici quello Calamo Indiano, Calamo vngucruario,e Plutarco Calamo Arabico, par che fi polla inferire, che nafea anco altroue , che nellTndie . Io per rintracciarne il ve- ro , ho fpiato molti di coloro , che habitano in Co- razone,e molti Arabici , iquaii portano qui caual- ii à vendere , fe ne i lor paefi nafce il Calamo , e fe elfi Io conofceuano>efe fe ne feruiuano. Tutti mi dilTero, che ne i lor paefi non fi troua , ma che fi ci porta per mcrcantia dali’Indie , e dilTero, cheelii K i io f 4 S Del Calamo Aromatico lo cono-fceuano molto bene , perhauerlo grande- mente in coftumc. Nondimeno non fi ingannano coloro 5 che lo chiamano Arabico , percioche del- l’india lì porta in Arabia, e di là poi in altre parti . Nè meno s’ingànano quelli che lo chiamano Alef- fandnno, percioche di quàin Aleffandria,dopoin * 13aruti,&in Tripoli diSoriafi porta. Quel che dice il Manardoalbottauo libro alla epift. prima affermando di hauerlo nella Pannonia veduto coli frerco,che moftraua di non venire di parti lontane, non è del tutto ficuroà credere, percioche poma effere, che egli s’ingannaffe, oneramele f’e l'hauerà veduto, l’hauerà petauentura veduto in qualche fporteila, oueramente in qualche ^afo di terra, won altrimenti, cheli gengero, il qual molte vol- te piantato nafte ; ma quella è cofa chiara, che di qua in altri paefì fi porta il Calamo. Quefto Calamo , del qual noi ci (bruiamo > non è radice, conciofia che lìa picciolo affai , ma è vn fragmen- to del Calamo, convna particella taluolra del- la radice. S’ingannano adunque coloro, che vo- gliono per corroborar la loro opinionedire , che il Calamo fia loro Acoro, e che non ha altro che radice^ . E non è da dire , che quello che veglia- mo nel Calamo fpongiefo , e di color fìauo , "fia in modo alcuno (inaile alatela delPAragna , fi co- me fattamente s’imaginaiono Auicenna al fecon- dolib.al cap.iór.e Serapione al lib. de’ Sempli- ci, al cap. 205.1 quali affai meglio che i Greci, e che i Latini di nectffifà douea crederli , die l’ha- uefferoà la pere. In oltre, che il Calamo no ha l’A- coro , nè meno la Galanga , fi può à baldanza prò- naie per Auiccna,e per Serapione,! quali difiinra- ynente, in tre capitoli, parlanpddi’Acoro, del Ca- lamo, Capitolo x x x li» tento » e delia Galanga . Ma quelli , che d cleri - yono i! Calamo, dicono, che nafte nell’india, Se è veramente coli , perche non nafte alerone . Et’ A- coro non na fee al croue,che in Europa . A noi duo* cue l’Acoro è incognito, e non polliamo pure una-* ginarci quello, che il Manardo , de il Leenicenoa eglialm hanno offeruaro. A tutti gli Arabici , à Turchi, à Corafoni, & à Medici Indiani è incogni- to. Imperoche chiamato da Nizamoxa perche l’haucfs^o curaro d’vn tremore , ch’egli patina, hebbe affai da dire con quel fuo Medico (òpra l’A- coro . La doue ciò che lì fuffe l’Acoro, quantunque lo nominafic per nome Arabico , non potè mai fa- pere, fe non chediceua nafeere in Turchia . Il Ca- lamo è calido . e fecco nel fecondo grado , e l’Aco- ro in terzo grado , e la Galanga è piùdeU'vno, e del, l’altro calida , fi torneai fuo luogo diremo. Il Calamo, e l’Acoro èhuono ne gli affetti del cele- bro, e la Galanga conforta lo ftomaco, rifoluela ventofirà , e fa buon fiato . Annotatione di Carlo Giulio. IL Calamo aoffro vfuale e molto differite da queffos che il noftro Ruttore deferirne idei qual Calamo e jfa to ferino dagli antichi.il n offro no e altro sc he vn& ra- di ce-, all e volte co una particella di foglie • yìl quale par* che affai bene fi couegam tutti queìfegni , che dagli an- tichi gli fono fati dati. 1 o per me no poffo alla opinione del Ai amar do coir adir e, e co fi degli altri ,c he lo tégono per vero, e legitimo vi coro. Recafi qui à noi ài T ar ta- ri a, e d,i Luti arnia 3ne nafee parimere m Polonia > doue fi chiama PntsKuuorz.et 3 e di quefìo fi fermilo i T ede- li $ fchh rjo Del Nardo Jchhgli Italiani , & iFranceft, i quali non hanno altro Calamo comfciuto . Si fòleua portare in Anuerfa di Lisbona vn ceno Calamo fimile al noftro , ma di cat- tino odore , e di cattino fapore , ilqual fegnofi conueni - ua con queflo , che il noftro Auttore de ferine . E fola - ^ mente per quefta cagione e flato lajciato , auenga che tutti gli feci ah dicano , che fojje molto piu efficace di qucfto che bora vfiamo . Del Nardo , Cap. XXXIII* QV e s t o poflfo io difponere , che molti più Aromati in maggior quadrà , men falfifica- ti3e di minor prezzo habbiamo noi hog- gì, che anticamente non haueano , per efferhora perle nauigationide* Portughefi ritrouare le In- die, e quelle parti, doue nafeono gli Aromati fono piùcoltiuate3 che anticamente non foleuano. Nel numero de* quali ripongono il Nardo , ilquale fenza alcuna fraude fi porta, fé bene alle '"Volte per colpa, del mare , acquifta non so che di maro- dorè, ò pur per la vecchiezza perde di quella foa- uirò di odore . Chiamali apprefib de’ paefani il Natdo(Imperocheil nome, e cefi Greco come La- tino è noto ) Cahzfara , & Auicenna al 2. lib.al cap.646»ecofi ilreftoditutti gli A littori Arabici lo chiamano Sembul , che vuol dir fpica, eSem- bul Indi, che vuol dir fpica Indiana, non altrimen- ti, che fogliamo noi dire fpica celtica, effi dicono Sembul Rumin, ma che Mattheo Siluaticohab- bia al cap. 640. detto Simibel, eSumbul non è da merauigiiarfi, non hauendo egli faputo la lingua Arabica : Se pur non vogliamo dire , che col tem- po Ila flato corrotto il vocabolo. Nafce il Nardo Capitolo XXXI lì. iji inMa.ndou,&: in Chitor preflb il fiume Gange , chiamato Ganga da’ paefani * e Io chiamanoan- cora facrofanto , onde quelli di Bengala , quando Hanno pér morire , fi fanno mettere con i piedi fio- lamenre nel fiume.Sono in quello fiume certe chic fiole d’idoli , doue vanno in frotta i mercatanti di Guzerare,e di Decan ad adorarli, e vi portano rie- chiflimidónij donde poi dicono ritornar ramifica- ti,ma fono più rodo da demoni vedati . Lefipecie del Nardo nò fono diuerlb,ma vna fola io ne cono fco5cioè quella,che dai luoghi già detri fi fuo! por tare. Nafee in'vn certo monte , che da vna parte f riguarda rodente , e dall’altra l’Occidente . Da quella banda 'Verfo Occidente, vie la Siria 3 in molti hioghi feparata daile Indie. Ma tuttauia feminato nafee in molti luoghi , ma con difficoltà, nè meno fe ne trouavno miglior dell’altro , nè ha lafpica l’vno piu lunga dell’altro , è vna radice, che fparge per la terra vn certo virgulto , ò vogli dir caule , ò furto lùngo da tre palmi, efopra quel fuftojvn’altro molto p ù curto, nello eftremo del- la radice nafee la fpica,& apprertòdi mano in ma- no per il furto nafeono l’alt re , &cofi fitte fi ven- dono in Cambaiaùn Acurate , Se in Goqua , Se in altri luoghi maritimi , donde i mercanti Perfiani la portano in Arabia, ma la maggior parte dico- no , che fi confuma da paefani . Alle volte fe ne trouadi fporca , e piena di poluere, cpme che i villi della pianta fi fian fatti poluere^. Compra- tigli come ho detto) da quei mercatanti, con quel- la poluere fi'lauano le mani. Di quelt’vno l pie a Nardo, che nafee a p predo il fiume Gange, e fi por- ta in Occidente, fi feruono tanto 1 Medici India- ni,come i Perfiani , Turchi , Se Arabi . Ma à qu 1 K 4 che / f2 Del Nardo , che argomentano , dicendo , che anticamente per auttorhà di Plinio al 1 2.. lib- al c. 12. fi vendeuaà gran prezzo , c che per quello dicono bora , che ii noftro Nardo non fia il vero,aedodihauereàba- fianza nfpofio,con hauer detto, che le Indie ci fo- no hora phiconofciute, che non erano al tempo di Plinio , e di quelli Semplici fc ne porta hora mag- gior quantità, che ail’hora non lì portaua . Io per me tengo, che lìa del tutto fauola quello , che An- drea Lacuna ha detto nel Commento di Diofcori- de,al i.libroalcap.6.douedice,chePvfodel Nar- do apprdfo de gPIndianiera pcricolofo,percioche fi fa di quello vn certo veleno mortifero, che non fidamente beuuto , ma fparfo fidamente foprale carni, mentre fi fuda, ammazza grhucminfiilqual tollìco, dice chiamarli pifo, percioche hauendo io molti anni fatto nelllndie officio di Medico , K- hauendo non folamente pratticato con Medici A- fiani di ogni forte, ma fono fiato anco familiare con Re, e con Prencipi , nondimeno non ho mai quello pifo potuto vedere, anzi nè anco il nome ho potuto fentire . Quella forte di Nardo, che Sepul- ueda chiama Satiech,e Satiach, credo che fia quel- lochelì porta di Satiqua di vn porto celebratilfi* mo,e fiera , che fi fa alla bocca del fiume Gange . Annotatione di Carlo Clufio . Ritrovandomi V aprile paffuto in slnuerfa, trouai fia certi fafeetti di Nardo alcune piante, che nfpondeuano à punto all* hir colo di Diofconde , il- quale de ferme , al primo libro delle cofe medicinali > al capitolo fetttmo dicendo, con quefto falfificarfi il Nar- do Celtico, per e fere vna pianncmda fimile al Nar- do ■M i'M ftiM 03# a k m tifi m ■* 0 ìrf tonfa > pi# 0* sèP è Capitolo X X X 1 1 1 » i f§ do Celtico, mapiu bianco, e quafì di vn certo verde ci - nericcio, fenica fùfio , e con foglie piupicciole ,e piu cur- te, & apprejjo alla radice è molto villofa c nera , ferina odore . Le foglie mafticatc non hanno fasore Aroma- tico , ma fono vijcoje , e molti, e fendo all incontro quel- le del Nardo Celtico calt-de, co poca ajlnttiom di odo- re, e di fapore piaceuoli . Facendo adunque il noftro Auttorc in quefio capitolo mentionc del Nardo , non ho potuto aflenermi di non parlar dell' H ir colo ,e mo- strarne qui il ritratto , il che fin qui da neffuno è fiato fatto . RITRATTO DELL'HIRCOLO de gli amichi . Del ÌS4 Del Giunco odorato . i Del Giunco odorato, (/ip. X XX 1 1 1 1. I L Giunco odorato nafcc copiofiflìmo in Maz- care & in Galaiate prouincia dell’Arabia, non altrimenti, che in Ifpagnahafcela Gramigna , pa- fcolo peculiare per gli animali. 11 nome Latino, & il Greco di quella herba è chiaro. Da’ paefani è detta Sachbar, da altri c detta Naxis Chacule, cioè herba lauatoria , benché per dire il vero , ap- pretto de gli Arabi , è per altri nomi ancora chia- mata. Imperoche Auicenna al fecondo libro at cap.ipS* Adhar, Serapioneal é.ip. Adher, iqiiali Autton hanno tutti i Medici , tanto Arabici, come Perfìani, che habitano in quelle bande , feguitato . Mail fiore è chiamato Foca. E quel, che Mat- theo Siluatico chiama Adeher, & Ad hecarum fo- no vocaboli corrotti . Da Perfiani , che confinano con quei luoghi è detto Alap, che vuol dire herba, dal cui nome è per eccellenza chiamato . Appref- fo gl’indiani non ha vn nome particolare, ma gli fi dice herba Mazcacenfe.Sonoci alcuni, che la chia- mano paglia della Mecha,e non mancano anco di quelli, che la chiamano pallura dicameli , e non Lenza ragione . Benché in quelle parti non ci fo- no tanti Cameli che pottano mangiar tutta que- lla herba infieme con i fiori , ma vi fono molti afi- ni,mulì,e cannili di quelli, che noi chiamiamo bo- ui Arabici, e ci fono anco capre , e pecore, che altro non mangiano, che quella herba . Portali nelle Indie, perche fi adopra in medicina, mane confumano gran quantità per Uranici mercatan- ti di caualli, e la mettono fott© àicanalli, perche non fiano dal llerco , edall’vrina ottcfi nelle bar- che. mié :«ooo dt Munte.] titoi odoàbas tómoili pottlttiu tal1 Sta ciurlò,! Perirne ' perfàriac 13 min co hanno : ■ ita i m\t}i Uk Utopia cJicint COfflpft Mfaio, Hae ttóujc lìti I illlj ; non : « Capitolo XXX 1111. iss che , anzi fubito che veggono vn cauallo bagnato, vi mettono dell’altro afciutto, & il bagnato butta- no in mare . Li marinari ne fogliono tal’hora por- tare i falcetti , per venderli poi nell’India . Mi ri- cordo di hauerne comprato ad affai buon mercato non so quanti falcetti nell’llola di Diu per man- darli con altri Aromati in Portogallo , ma non vi potei mai vedere vn fiore . Le genti di quel paefe, per effer gente groffa, e feluatica , non hanno que- lle herbe in alcun prezzo. Appiedo di coitolo non è in vfo , ma noi (blamente, & i Medici Arabi, Se i Perfianicene feruiamo. I paefanife ne feruono per far lauande per eflì, e per il lor beftiame . Bo- ra veniamo à recitar gli A uttori.che di quefto G lu- co hanno fcritto : Diofcoride al i. librai Cap.i 6. diffe,cheil più lodato era quello di Nabathea: il fecondo quello di Arabia , che alcuni dicono di Babilonia, llpeggiordituttifi porta d’ Africa , e vuole , che del fiore , e delle cime, e delle radici ci habbiamo à feruire . Deuefi fceglier quello che {Impicciato con mano, rende odor di rofa . Iosò che in queftt luoghi nominati di fopra , che tutu fi comprendono nell’Arabia, nafee il Giunco, ma che nafea in Nabathea, ( cofi cognominata da Naba- thach,nepote d’ifmaele, e proumcia d’Arabia che confina con la Giudea ) è dubbio, perciochene ho io diligentemente fpiatoalcuni diquei Medi- ci, che fono in Gierufalera , Galilea, Sciti altri luoghi vicini, e torri mi hanno detto, che quel Giunco , del quale efiì fi feruono, viene dal Cairo, dimandato poi fe nafee nel Cairo, ò pure era iui portato di Mezcate, mi rifpofero, che elfi non io fapeuano . La onde inrefo quello , non Volli paffar più oltre in dimandar fe nalceua in Ba- bilonia, Bel Giunco odorato « bi Ionia, ancor cìVio mi imagini, che poma nafcer» ui. Vituperando adunque Diofcoride il Giunca Africano , non farà bi fogno, che ci affatichiamo in andarlo rintracciando, mafiìmamente per non ha- ueregli efphcatoin qual regione d* Africa nafta. Circa i fiori, io confeffo la poca diligenza, cofi, mia , come de gii altri, non hauendo alcun procu- ratodi farne venire. E* dunque per noftra colpa venuto,che fi a difmeffo di v fa rio -Ne* medicamen- ti odorati veggio , che Diofcoride vfa alle volte al- cune cóparationi firauaganti, fi come qui nel Giun co dicendo, che fìropicciatocon mano rende buon odore, e fimile alla rofa: Ilche non mi parvero, perche veramente il Giunco ftropicciato t ede buo no odore, ma non però fimile alla rofa . 11 Giun- co odorato è da Cornelio Celfo chiamato Giunco ritondo,à differenza dei Giunco volgare,e del Ci- pero , ouero del Giunco triangolare, ma veramen- te non crefccrà à quell’altezza , che fa il Giunco . Auicenna al i.hb.al cap.y5>8. ne fcriue due fpecic, vno chiama Arabico, ilquaie è odorato , e l’Al- tro nafeiuto in Agiami, per ilqual vocabolo in-, tende Damafco . Ma dicendo per autrorità di Diofcoride, che il Giunco fa il frutto nero, è chia- riamo errore , percioche Diofcoride non fece mai roentione di frutto . Serapione al libro de* Semplici, al cap. 15?. fcriue di autorità di Boni fari, che il Ciuco ha le radici limili al Chulem, ma più larghe, con nodi più piccioli , econ moki canel- letti alquanto duri,efa il frutto fimile al fiore del- la canna ima più minuto, e più picciolo, e che in vn cefpugliq nn fono moke piante . La radice di que- llo Giunco è cefi fumicai Chulem , che da mol- ti è di quello ifteflo nome chiamato, fi come da principio Capitolo X XXIV* iS7 principio ho detto. Mattheo Siluatico dice , al cap. 1 2.' che fi conferua dodici anni . Crederò , che in I neghi fecchi , e mediterranei fi conferui lungo tempo, per non hauere humore , ma in quelli luo- ghi, maritimi per rifpetto della humidirà, poco tempo fi conferua col fuo odore. In quanto à quel- lo , che fpctra al Brafauola, Se alli Frati commen- tatori di Mefue, alfa! dottamente ha rifpollo il Mattinoli, al i .libro, al cap. 16.fo.pra Diofcoiide, e però giudico , che fìa cofa fuor di propofito , ag- giungerui altro del mio . Ma non pollo fe non grandemente merauigliarmi della trafeuraggine de* Frati , nella diftintione prima, al cap.47. fo- pra Mefite, i quali vogliono,!che laGalanga lia la radice ddjguincoodorato, percioche la Galan- ga nafee nella China j che Uà dall’Arabia forfè mille leghe lontana , Se è molto dal Giunco odo- rato differente, coli nelle foglie, come nelle ra- dici , e la Calar» ga non nafee fenon è feminata, in guifa che fa il Calamo, de il Giunco nafee da per fe, e non fi femina->. Annotatione di Carlo Clufio . DI v , ou$r Dìo e ì fola del mare Oceano Indiano 3 pojfa all1 incontro dejla bocca del fiume Indo . Da paefani chiamato DiuL P enfio 3c he da Plinio f affé chia- mato Patalen , dotte è la citta di Mercurio , co vn porto affai forte ->e molto celebrato. La dotte concorrono Mar- catati Venctiani3Greci3e T raci3( volgarmente chiama- ti ) Rumes 3 Perfiam3T urchi3& strabi. Quel che vo- glia intendere il no (irò Auttoreper C hule.no ho fin qui potuto fapere* Se ben l’ho co grd dilige tui cercato, fepur non volefje intender la gramigna, ouer quell- herba vol- gare. ij$ DelCofto i gare che i Greci chiamano, T offa , e da alcuni Haxiè Chacule , cioè herba lauatoria , il V onde t tarlo al cap. ij8' vuole, che Chulem fia herba capillare . DelCofto. Cap. XXXV. FV* Grandemente da gPandchi celebrato il Collo, &hoggi ancora è celebrato 5 Ma per- che tutti i Greci, non men che i Latini, e gl’ Arabi hanno augnate molte fpecie di Collo; Di qui è ve- nuto , che ha recato in dubbio , fé noi habbiamo il vero Collo . Dicono alcunfiche nò,e vogliono, che nelle fpecierie fi vfino certe radici , cauate in Ifpa- gna, oueroin Italia. Ma io fono di quello pare- re, che vna fola fpecie di Collo fi ritroni, del quale iodichiarirò prima i nomi, dopo farò la deferir- rione, Se appreflb dirò Pvfo in medicina . II Collo è chiamato da gl’Arabi Coll . In Guzerate fi chia- ma , Vlpet . In Malaca doue molti fe ne feruono, Pucho, e di là fi porta nella China. I Greci, e coli parimente i Latini hanno tolti i nomi da gli Arabi, imperoche quello, che Serapione al li- bro de’ Semplici , al cap 5 1 8. chiama Coll, c cor- rotto il redo, e vuol dir Cali , e con quanti Arabi io ho parlato , tutti dicono Cali talnolta, e tal- uolta Coll , e ralhora ancora Colli . Nafceil Co- llo preflò à Guzerate , fra Bengala , Dell!, e Cam- baia, nel Mandon, Se in Chitor, donde molti carri carichi di vlpet, di fpica,di crifocola,(volgarmente chiamata borace , e da gli Arabi tenear) e d’al- tre mercantici! portano nella principal città del regnojChiamata Amadabar, laquaPè polla ne’ di- fetti , e fi portano ancora in Cambaiate , città non molto difcofta dal mare, donde poi fi porta pei Capitolo XXXV • 159 la maggior parte delJ'A(m»ÌR molti luoghi dell’A- frica, <5 c in tutta l’Europa . E‘ defcritta la forma, e Lettigie del cotto da quelli che l’hanno veduto, fi- mileà quella delfambuco, della grandezza del- rArburojOuer dell’Azimbri,e produce il fiore odo raro. Quello è tenuto per migliore, che dentro è bianco, Òc ha la fcorza cinericcia . Ritrouafene an- cora di color di buffo, con la fcorza pallida. E5 tan- ta la fragranria del fuo odore, che à molti ferendo il nafo,è caufa di dolor di tetta, è di fapore nò ama- ro , nè dolce, benché inuecchiato diuenta tal’hora amarori frefco nondimeno al gufto è acuto, fi co- me fono tutti gli Aromati. Li Medici indiani fe ne feruono in molte compofitioni . I mercatanti lo portano in Ormus , là doue concorrono 1 Corafo- ni,e Perfiani,edilàfi porta in Adem,doue concor- rono mercatàti Arabi, e T urchi per comprar que- tto,&: altre mercantie. Non e dunque merauiglia, fe in luogo di quefto vfanoglifpeciali, cheftanno lontano di Portogallo , altro Semplice , percioche in Portogallo fe ne porta affai poca quantità, e perciò dicono gli anrichi, che ci fono tre fpecie di Cotto, cioè T Arabico , che vogliono, chefiail bianco, leggiero , c di affai foaue odore . L’India- no, leggiero, amaro, e nero . Et ii Siriaco , graue, c di color di buffo . Ho dimandato à Mercatanti Arabici, Perfiani , c Turchi , doue fi fmaldfce tan- ta quantità di Cotto , che di quà loro fi porta • Mi hanno detto, che la maggior parte fi confuma nei- l’ Afia minore, e nella Siria ; ma fe ne confuma an- cora da’ A rabi , e da’ Perfiani 5 dimandato loro, fe ne’ lor pacfi nafcc alcuna forte di Coftojmi differo, cheneffuna . Il medefimo I10 dimandato à i Medi- ci di Nizamalgci , iquali mi differo , che effì altro Cotto i$o DelCofto Cotto di quellojche fi porta dall’Indie non hanno veduto, ma che già alquanto tempo vi fu vn Medi- co fra loro, chiamato Xatamas, ilqual lungo tem- po hauea medicato nel Cairo , & in Conftandno- poli, che diceua la varietà di tanti nomi elTer ve- nuta da mercatanti di tante varie nationi . Che gli Arabi ne facciano due fpecie, credo efler ciò auue- nuto per fola cagione del Semplice , il quale men- tre è frefeo, è fenza alcuna amarezza, & è di color bianco, ma dopo di elfer inuecchiato, e mezocor- xottOjdiuenta amaro , e di color nero . Annotatione di Carlo Clufio . NO n pare à mecche la deferittione di quefio Co - jlo comjponda con quella de gl3 .Antichi . w? pe- rorile dalla deferittione di Diofcoride (ì cauail Cojlo ejfer una radice. dicendo. Sonoui di quelli .che mefchtan doci certe radici dure d'Enula.cke fi portano di C ama- rene . lo falfific ano . Non e co fa v eri fintile. che vn ra- mo souero 'un tronco d3 arbore habbia tanta fomiglian- 7a con le radici . che pojfa con effe fofifticarfi . Il Co fio del nofiro Ruttore non ha punto fattele di radice . e non è quafi altro che legno ricoperto della fiua corteccia . La onde ò douemonoi dire. gli antichi non batter cono - (cinto il C ofto.ouer amente tl Cojlo degl" Arabi (fi pero il Cofto de gl3 Arabi e quefio qui deferitto) ejfer pianta drnrfa dal Cofto degli antichi Crea . 162 Del Turba* terra , doue per lo più vi fi veggono le reliquie del fallo àguifa di ferula con midolla fungofa, e que- llo moftra confarli molto col Collo del noftro A ut tore . Ho voluto qui porui il ritratto cauato il me- glio,che fi ha potuto dalla radice fecca. Se per l’A- zimbronon vuole intendere il Giuni pero , perciò- chezimbro appretto de* Portughefi vuol dir Gi- nepro 5 confetto di non fa per che cofa fi -fia . Non mancano di quelli che vogliono la zedoaria co- mune e fiere il Collo per hauer molte fattezze, che corrifpondono al Collo de gii Arabi . Del Turiti . Cap . XXXVI. 1 Gran difienfione fra Medici moderni del Turbitele gli Arabi, imperoche ci fono moiri che vogliono che fia il Tripolio deJ Greci, altri vo- gliono che fia la radice delia Pitiufa , Se altri del- PAlipo; ma à mio parere tutti s’ingannano. Im- peroche ho veduto io la pianta del T urbit verde, e piena di fiori, laquaie in vedrà è molto diuerfa dalle già dette . Quel, che noi chiamiamo Turbir, cofimedefimamenre lochiamanogli Arabi, Per- fiani,ei Turchi , auenga che Andrea Belluncfelo chiami nelle fuecorrctriom Terber. In Guzerate, doue ne nafee affai, fi chiama Barcamen,& in Ca- nara, la cui prouincia è Geoa , fi dice Tiguar . Il Turbit è vna pianta, che fa la radice nc molto grolla, nè molto lunga , col fullo à guifa d’hedera di tefo per terra, di groflezza d*vn diro,& alle vol- te n poco più di lùghezza di due palmi, e ralhora molto più lunga. Ha le toghe di Altea, & i fiori an- cora vanno in quella lomighanza, folleggiami nel bianco, Capìtolo XX XVI* bianco, & alle volte del torto bianchi. Non però è vero , come alcuni vogliono , che ere volte il di mutino colore. Di tutta la pianta è buono il can- ile, malficnarnente la parte inferiore verfo la radi- ce,per elfer più gommofa,il retto è più fotti le, e più capillare, talché non può Cernire. Molte volte la radice ftà straccata al fufìo,e non é buona, perciò- che il faltOjCioèil caule folamcte è buono alla me- dicina.La pianta quàdo fi raccoglie, è in fe tutta in- fipida.Nalce ne’ luoghi maritimi, ma nèanco mol- to vicino al mare, che fonda Io polla bagnare, ma bora due, &liora tre miglia difeofto dal mare. La più parte nafee in Cambaiete in Surrate,m Dio Ifola , òe in BaZaim , de in altri luoghi conuicini * Rurouafene anco in Goa, ma da’ Medici non è te- nuto in conto, e però nonsò fe fe ne feruono . Mi era (iato detto , chenafceuaancoin Bifnager , che fta cento cinquanta leghe, e più lonranoda Guze- rate , da poi ho faputo , che colà li porta di GoZe- rare, donde fe ne porta ancora gran quanta in Per- fia,m Arabia , nell’ Alia minore, de in Portogallo; imperoche quello , che nalce in Bifnager , è' di coli poca virtù . chieda* Medici non è tenuto per buo- no. Potnaelfere, chenafcelfe anco in alcune al* tre parti delPlndia , perche non lì femina, ma na- fee da per fe,ma quefto non fi sà per la rrafcuraggb. ne de* paefani . In oltre > non è ogni forte di Tur- bit gommofo} ma perchehanno veduti gl’india- ni, che noi dalla gommofità cerchiamo le codino- ni del T urbit , fogliono prima che taglino la pian- ta^ torcerla, ouero leggiermente inciderla , à fìn£ che efea il Iiquore,e fi condenfi, de alquanti giorni da poi ritornando , e ntrouando ì canelli pieni di quella gomma condenfata , quelli raccolgono* 'i6t Dei Turbit i Quefto mi ha riferirò vn mio parente Medico in Bazaim,ilqua!eera no so che volte flato con i pro- pri) indiani à raccoglierlo * doue oficruò quefto modo di trarfccchi. Coflui hauendoordinato;che fi lafciaflero alcune piante fenza incisone , ritrouò poi che quelle non haueano gomma , e fe pur alcu- na l’hauea , erano poche piante , e con poca gom- ma. Donde fi può argomentare la gomma non feruir punto per parer buono, ò trillo il Turbu,an- zi forfè faria da dire, che quello fufle il migliore, doue la gomma non appar di fuori , come che fia dentro rinchiufa . Non peiòniego, che non fi t i- troui Turbi t con la gomma, e che non fia nè torto, nè incito, ma accioche piu facilmente mandi la gomma fuon,lo torcono, & incidono L’altro le- gnale d’efièr buono,è,che fia bianco. Quello, che è lecco al Solcèbiàco,ma qudlo,cheèfeccoairom- bta nereggia, e forfè non è meri buono di quello cheèfeccoal Sole. llTurbir è medicamento de* Medici Indiani , che purga il flemma ,alquale , fe non ci farà fcbre , foghono , fi come fanno anco ne gli altri medicamenti, aggiungere del gengcuo, alcuni altri Io danno fenza porui gcngeuo co bro- do di pollo . 11 miglior di tutti è quello, chena- fce in Gambata . Mi raccordo hauerne io compra- to nellTfola di Diu, vn fafcetto per vna tanga, de ogni fafcetto pelati a 13. libre , intefi poi che colui, dal quale io i’haueua comprato , i’hauea pagato due "Volte meno . In oltre è da fapere che vn’altioTui bit molto diuerfo da quello, che fiora ho qui deferuto, deferiuono gli Arabi . Di- cendo Mefueal 2. libro de’ Semplici» al i.cap.dfer radice d’vnflierba di foglie fimile alla ferula, ma piu minute, de effet di quella forte di pianta, che fono Capitalo X XX VI . t/>f fono latticiniofe,dice rirrouarfcne varie forti, alcu-' isa domenica , altra feluaticà, grande, picciola* bianca , nera , e fiaua * Nafce in luoghi fecchi , li- die fi conofce dalPafprezza del fucco.Pcr fceglicr- 10 buono, s'hanno fette cofe da offeruare, che fa bianco, di dentro concacauo in guifa di canna > fia gommofo, di fcor za cinericcia, Jifcio, frangibile, e frèfco. 11 grofib,& il duro è riprouato. Ma°fa det- to con riuerenza jdimoftra egli per altrui relatione dihauer deferittod fio Turbit, e non hauermai veduto il vero : perciocbe non conuiene punto nel-* le fattezze, nè meno è pianta latciciniofa , nè fe ne rroua di domefiico,conciofia che rutto il ve^na na- feere in luoghi incubi , e da per fe . Ma egìfè ben vero,chevno è maggior dell'altro. I! colore, olia bianco, ò lì a nero , ò fa fìauo , non è proprio delia pianca, ma l’acqusfia fecondo che farà preparato j imperoche quello, che non è ben preparato, e non è raccolto àfuo tempo, non può efièr bianco . Na- fce più volentieri ne’ luoghi humidi, chen e’ fcc- du , e non è la bianchezza, ò d’elfer gommofo, fe- gnale di bonrà , fi come s'è derto . Nè meno è in guifa di canna, ò di ferula , nè pieno . ò fragile , fe pur non fuflfe fiato dalla troppa liceità confumato» 11 denfo , pare à me che fia più tofio da lodare,cj^ da vituperare per hauere infe più fofianza, put che non fia carolato. Serapioneal libro de’ Sem- plici , al cap.3j0.ha ridotta la deferitione del Tri- poiio di Diofcoride, alfuoTurbit, ma fe noi nè faremo parangon con la difcretione del vero Tur- bit, chiaramente ne accorgeremo del fuo errore, imperoche non ha le foglie dell’Jfatide, nc me- C3Uh f°n° incifinella cima, ma finito* uoin pun^a aguzza guarnito di larghe foglie. H JL $ fiore iCÒ Del Turbiti fiore non fi sà ancora , che tre volte il dì fi muti di colore ; nè meno è radice odorata ; nè fi sà, che fia contra veleno. In fomma non fi può dir che fia ì’Alipo di Diofconde , fi come credettero alcuni moderni, per non confarli la Tua defcrittionecon quella deh’ A)ipo,e per efifer anco di facoltà diuer- fa. XI Turbic purga il flemma folo, J’AlipoWiu- mor melancolico. Nè meno, fi come s’è detto, pof- fiamo ad alcuna delle piare latticiniofe equiparar- Jo, lequalì non fi prendon per bocca fenza lcfione j de il Tur bit non ha in fe alcuna parte acuta, e pur- ea il flemma fenza faftidio . Credo, che di tale er- rore ne fiano flati caufa gli Arabi , iquali vedendo appreffode* lor paefani edere in coftume per pur- gare il flemma il Turbit portato dell’Indie, volfe- ro in vn tratto applicarlo ad alcuna deferittione de* Greci, portando eflì opinione , che r Greci ha- uefiero di ogni forte di piante cognitione . Ma molto meglio faria flato con tal credenza non Confondere ogni cofa , ma fidamente di quei Sem- plici fare vna fera pi ice deferittione, de’ quali efiì ppn haueano cognitione^ , Annotatione di Carlo Clufio . BAzaim è vna citta, laquale ha molte città, e molte ville fitto dife,& e di fante dall' t fola di Dio cin - quanta leghe, filetta al Re di Portogallo. T àga e vna moneta dell' Indie, che vale feffmta regali Por tughe fi, e quafi due cafhgliam regali, onero fette offe Fracef;vn regale cajiighano fa trentafei regali di Portogallo , Il Turbit, fermo dal no/iro Ruttore, e molto differente da quello^ che comunemente pv fa nelle feci erte , del quale Capitolo XX XV IL 167 chi piu brama faperejegga il Commento del dottijfimo J\datthioli3al capitolo $q.j i.& j8-del quarto libro di Diofcoride . Nafce abbondantemente la T apfia per tut- ta Spagna , della cui Radice fi feruono molte jpeaerie di Spagna per il vero T urbit . Si troua in molti luoghi di Europa alcuni 3che moftrano la Radice della Scamo- nea in p eletti per il vero T urbit 3 e fe ne feruono ne i loro medicamenti, fi come chiaramente e nota à coloro , che hanno con diligenza fatta comparatone delle Ra- dici fecche della Scamonea col T urbit . Del Re ubar baro . Cap. XXXVII, NO n mi par necetfario ch’io ragioni molto del Reubarbaro perder medicamento già da tutti conofciuto, nondimeno, non mi è parfo di tralafciar di dire, che tutto quel Reubat baro , che li porta qui nell’Indie,in Per(ìa,dc in Europa tutto viene dalla China: Imperoche dalia China fi por- ta per la Tartariain Orrous , & in Alep, dt qua in AldTandria; pervlnmoin Venetia , donde poi gli altri regni d’Europa lo pigliano. Noi, oltre à quel- lo,che nelle naui fi portano dalla China, ci Temia- mo anco di quello, che d’Onws fi reca , per dfer men foggetroà corromperli, & à carolai fi, che non fa quello che fi porta nelle nani della China, im- peroche piu facilmente quei Semplici fi corrompo no, che per vn mefc nauigano il mare,che né quel- li 5 che fi portano per terra in vn’anno . Oltre che l’India mafiìmaméte ne 1 luoghi maritimi, è gran- demente humida. Laonde dem Semplici no pon . no lungo tempo fenza coi romene tenerli. E’ però il Reubarbaro porraro il rriefedi Maggio ne’ luo- ghi maritimi dell’India , fe prima del mefe di Set- L 4 tembre 1 68 Del Reubarbaro . tembrenon fi mette in opera, non è più buono, e bifogna buttarlo via ; percioche fi guada, fi come fanno in queftì quattro meli d*£date,che farà Già gno., Luglio, Agofto,e Settembre, molti altri Sem- plici. Fra tanto fi porta dell’altro di Ormus , del qual poi fi feruono, e quello che hanno ne’ luoghi maritimi rifeibato,lo gettano in mare.Dicono;che ne nafte vna certa altra fpecie invna terra della Tarceria chiamata Sarmachandar, ma non molto bucno3buono fidamente da purgar le bedie . Tal- ché altro Reubarbaro non fi trotta nell’India , che quello della China, il quale da’Perfiani è detto Rauamchini; ma i Mauritani per lo più Io chia- mano per quei nome di Rauan. Ho in telò , che io Cochin fi cuoce alle volte il Reubarbaro,ouera~ mentefidifiilla,econ quel decotto,ò con quelTac- quadifiillata fi purgano, edtquìfuoleauuenire, che molte volte il Reubarbaro fi guada ,e fi caro- la facilmente, ma per non hauere intefo ancora al- cuno,che habbia ciò veduto, non ardifeo affermar.» lo per vero. Della Radice China, fitp. XXXV III. NAsce quella Radice nella gran regione della China, laqoale è creduta, che fi eden- da per infinoalla Mofcouifi;Vi regna in tutta que« fìa regione , e parimente in Iapan, quella venerea infetrione , détta da molti mal Napolitano, da al- cuni mal I rancefe, e da noi altri rogna Spamiuo- I Perfiam la chiamano Bedefrangi, che vuoi dire morbo Gallico. Ha voluto Iddio difeoprire à gli habifanti di quedo paefe F'vfo d’vna certa Radice , che nafee i quei luoghi, acciochehauef- fe Capitolo XXX FI ir ló9 fc à tal male ad efler rimedio , non altrimenti J che ha difcopetro al Mondo nuouo l’vfo del legno Guaiacà , conciofia che quella parte del Mon- do, per quanto Te ne trcua fcrirto, è grandemen- te da tal male infeftata , douehauendo di là pre- fogli Spagnuoli l’anno 1493. lo portarono in Eu- ropa,e poi di mano in mano alle altre nationi. Co- minciammo noi ad hauer notitia di quella Ra- dice l’anno 1 jsj.hauendola qui portata certi Chi. nefi, iquali erano di quella infermità infetti, ac- cioche mentre ftauano qui per loro negoci) , fi fof» fero curati. L’anno prima, che di tal Radice fi hauelfecognitione, venni io qui di Portogallo > e portai meco alcune robbe, e fra l’aìtre portai cin- quanta libre di Guaiacà, del quale, benché in naue me ne fulfe rubbato aliai , ne guadagnai mille du- cati Portughefi s Imperoche fi afpetcaua di Porto- gallo con gran defiderio, e ne moriuano molti per caufa delle maligne ontioni; forfè in quel tempo neflun’altro fuor ch’io, ve l’hauea portato. Furono molti guanti col mio legno, ma poi che mi man- cò , e non fi portando dell’altro di PortogaIlo,vna libra di quello ch’era fiato vna volta operato iti decottione , fu venduta venticinque ducati Portu- ghefi . Auenne in quel tempo , che vn certo mer- catante dille al Signor Martino A Ifonfo de Sonfa mio Mecenate , che egli ncIPIfola di Dio era fia- to curato di mal Franccfe con vna certa Radice portata dalla China, le cui virtù inalzaua co gran- dilfime lodi 3 percioche quelli che lapighauano non erano afiretti à feruar quella ftretrezza di vi- gere,che nel legno Guaiacà fi ricerca , ma fi guar- dau^no folamente da carne vaccina , da carne di porco, da pefce,e da frutti crudi, benché nella Chi- na / Della Radice China \ na,ne anco da pefee fi guardano,percioche fono ge neralmente tutti i Chinefi gran golofi.Effendo an- dato il grido in volta di quefta Radice , deftdera- uano tutti grandemente di vederla,e di quella fer- uirfi , per non poter (offrire quella eftrema dieta, che nel Guaiacà era bifogno di offeruare; oltre che quelli di quella Ifola per il molto ocio fono gran fguazzatori . In quello medefimo tempo le naui Chine fi andarono à Malaca , porrando per vfo di paffaggiero vn poco di quefta Radice, e quel poco fu con tanta iftanza cercato,che ogni Ganta(che è vn pefo di quei paefi di 'Ventiquattro onde) di quella Radice , (ì pagò dieci ducati diJPortogallo. Ma poi portandone i Chinefi gran copia, comin- ciò à calare il prezzo , talché vna Ganta fi compra horavn regai Cartellano, e da quel, tempo inco- minciò ad hauerfi in poco conto l’vfo dei legno Guaiacà , con dire , che vno Spagnuolo volea far morir di fame tutti quelli di quel paefo • Hora per ritornare al noftro ragionamento, non fenza cagione la Radice China c tanto lodata , impero- cheofferuando tutto quello, che in tale infermità fi deue offeruare, cioè la natura del morbo, il tem- po dell'anno , la regione , il fedo , l’età , di il tem- peramento dell’infermo,] fono 'Veramente i fuoi effetti merauigliofi , tutto che non ci manchino de* moderni , che agramente la biafimauano , ma certo à corto, neglieftremi, e gran dolori, inuecchiati, fi fa vn’oncia di quefta Radice bol- lire in fei libre di acqua , e ne fanno confumar la metà. Riferbafi quefta decottione in alcun va- fo di vetro, ouer di terra benvetriato. Racco, glieli la fpuma mentre bolle, e con gran gioua- mento fi mena su l’vlcere,ofopra i tumori, è buono anco C ;«tìdl il# ait® «Uri ktnft» jf^pK .J-d *— •■■■ àtjfiff! ptllltlOj ti ; mix : mk. \ aitilfui hetìaa Intoni! Wttfl ckj taiotii ladra &pm hfi, atidii , ih 1 tv . j k I i® j I iti I * Capitolo X X X V 1 Ih 17 1 top anco per li dolori quel vapore , che fi eleua men- osfl- tre bolle. Solerne raPhora con la decotcione fo- mentare i tumori . Molte volte ancora bagnarno i fer- panni lini in deità decotnone,e li mettiamo fu Pvl- cere, e rettane netre . Sogliono quei della China, dw per efier paefe affai freddo , pigliarne maggior wn quantità, & hauendoli alcuni di quefto paeie vo- mì luto imitare, cocendo nella detta acqua dueon- odi eie, etaPhoradue e mezadi derra Radice, fono 0» per la troppa calidità incorfi in grauiflimi acciden- te ti i ma non mi par di lafciar di dire quei che à me Ì occorfe. Hauendovna fciaric? , prefi per prouo- 1 care il Pudore la decortione di detta Radice , e be~ • ueruiola calda, fi come da principio fi conftuma- 1 ua , venni in tanta calidità di fegato , che mi ven- k ne in tutto il corpo vnaerifipilacó ìnfiammaggio- 0 ne, onde mi fu neceffario cauar fubito fangue dalla ;it vena , e pigliar confcrua rofata con acqua d’orgio, ìli e ftar difeoperto à Paria per guarire, e fard molti à ui nno rifico accorti , incominciorno à lafciar di dar 0 la decortione calda, &à darne in tanta quantità . a Sopra tutto fi ha da feieglier la Radice,che fia pon i. derofa, frefea , e foda , che non fia carolata , ò toc- cata da tarme , e fia bianca , impcroche quefta è li migliore di quella, che rofteggia . Noi vfiamo ,0 di far bollire vn’oncia di quefta Radice in feili- bre d’acqua , e ne facciamo feemar la metà, fecon- ^ do il male, e fecondo la complefiìone delPinfer-. )5|( rno, aggmngendoui Tempre alcuni medicamenti jjij buonrper corregger quefta Radice, come peref- 0 Tempio effendoci dolor di capo, ò di nerui , vj ag- ^ giungo del rofmarino ,oueramente delle rofe^>. Ij Se il fegato patirà d’opilanone , vi aggiungo clel- r Appio, fe ci farà ardore con ofttuttione, ci mct- , to la iyz Della Radice China . to la Cicoria , fe ci farà viceré nella vellica , ouera nello reni} vi metto il ficco della Jiquiriria , & alle volte metto con la Radice, egual pefo d’orgio. So- gliono coloro che hàno da pigliar la decottione di querta Radice , purgare prima, e pigliare i Groppi appropriati al male, a’ quali Groppi, pei cieche per il pai pecca i’humor flemmatico, fi fuolc aggiun- gere buona quantità di Turbile d’Agarico^ mol- te volte s’inacquano i Groppi con la medefima de- cottione deila China . P a flati i quindici giorni; ve- dendo il bifogno , le G dà vn minoratiuo , & vn’al- tro gli Tene dà ne’ trenta giorni. Ilqual minora- tiuo farà comporto \ di Màna,ò di R i barbaro in- fufoin detta decottione di China, 6 pure con de- cottione fatta d’orgjo, di pruna,e di liquiritia.oue- ramente in acqua di endiuia , ò pure gli G dà della Calila. in tuuo il tempo, che piglia detta decottio- ne fe il corpo diuenifle ftittico , & hauefle bifogno d’aiuto, le facciamo del li crirteri con decottione di detta Radice, mel rofato.olio violato, e Caflìa. Se l’infermo veniffe perauenturaà rifcaldarfi molto, ordiniamo, che la Radice bolla meno, oueraroen- teagginngerno alla decottione vn poco d’acqua di endiuia, ò di fi.imoterra,òdi bnglofla , ilchefe perauentura non giouafle, ne rertiamo dalla de- cottione, differendo la cura in altro tempo più congruo. Quefta decottione guarifee alle 'Volte in venti giorni, alle volte più tardi, & tal’hora pm-prefto . Nondimeno i dolori, perii piu, vanno crefeendo per infino a’ quindici giorni , e poi pian piano fi vanno mitigando . Ho molte volte vedu- to alcuni, che quantunque Gabbiano prefa detta Radice, poi all’vlum© con la dieta effer guariti, & alcuni in ncffunuiodo efler guariti, forfè per- che Coitolo XXX Vili. 173 che gli humoii erano più freddi . La onde dò per raccordo à coloro, che s’hanno à fenrir di detta Radice in Europa , che per efier regione più fred- da.accrefchino maggior dofa . In tutte le cure, che fi fanno, il (olire è di pigliar trenta oncie di Radi- ce, fecondo che hanno da efier trenta giorni per finir la cura . io per me di rado fogho dare à bere detta deccottione calda, faluo, che dotte fono gran- di dolori , & ìnuecchiati , effondo all’hora bùògno di euacuar tal materia per fudore, & à quelli tali fi da due volte il giorno,cioè la mattina e la fera. La dieta , che ordinariamente loro s’impone è quella. Mangiano gallina, ò poliojò carne di cabrato bol- lita con poco fu le, ( che metrendouene poco , peti- fio che non ppfià far male) con zafferano, e co- riandi lecchi . Alle volte ancora fi concede carne roftua fecondo la qualità del male . In vino in nef- fun modo fi concedc,eccettoche non fi deffe tal de- cottione percento dello ftomaco ripieno di mol- ta flemma ,oueramente per dare appetito, aii’ho- ra fi dà aU’amalàto fidino adacquato con det- ta decotnone , percioche eccita l’appetito > & aiu- ta affai la concoteione. IChinefi hanno in coftu- me di mangiar pane fatto con mele. E' valorofa quefta Radice ne’ mali invecchiati , doue fono tu- mori, e piaghe maligne, più che nc5 mali nouel- ìi. Sonouianco altri modi di vfar detta Radice. Ho veduti alcuni m Balagate, che pigliauano la decotùone di detta Radice, c poi vi neucuano del- la Radice pcfta dentro , e quello faceuano fera , e mattina. Sono alcuni altri, che pigliano ogni mat- tina vn cuccliiaro di conlerua , fatta dt mele , e di poluere di quefta Radice , oueramenre fatta con Zucchero, quando peraueutura yi fòlle gran n- r (calda- / j4 Della Radice China . fcaldamenro nel corpo , e poi beuono appretto là decotdone . Si accrefce , e diminuifce , e fi correg- ge la quantica della poiuere in detta conferua , fe- condo che al Medico parerà. E’ bene alle volte à variar la cura. Io mi raccordo di hauer guariti due, alli quali sperano enfiati i tefticoli . Sogliono quei della China mangiar detta Radice frefca bollirà con carne in guitta , che vfiamo noi di mangiar le rape,& 1 nauoni. Tengo opinione , potendoli però hauere,che l’acqua diftillata di quefta Radice fuf- fe buona. Ho mandati i lambicchi nella China..» per farmi far dell’acqja diftillata di quefta Radi- ce, non sò fe mi verrà. Giona la decottionedi detta Radice , oltre al /altre infermità conformi al mai Francefc-alle pa ahfi,a* tremori, a’ dolori di gion- ture,à (cianca à podagra à tumori fcirrofbe fiem- matici,& allefcrofole . Gioua alla fiacchezza del- io ftomaco,ad vno inuecchiato dolor di capo, alla pietra, & alle viceré della vellica. Quelli della Chi- na chiamano quefta pianta Lampatam , è di gran- dezza di tre , o quattro palmi , con cauli fornii , i quali d» rado fono guerniri di foglie , à fomiglian- della pianta nouella del melo granato. La ra- dice è lunga vn palmo, alle volte grotta, alle volte fonile, lacuale canata frefca, fi può mangiar cru- da, e cotta . Io fin qui ne ho (blamente vna pianra veduta qui in Goa , e quella era affai picciola , e per la ficcità mancò prima , che venitte più gran- de. Hauendo alcuno da piantardetta pianta, pian- tila vicino à gl* arbori , percioche fi abbraccia à quel li, e fel pe à guifa di edera. Ho incefo,che colo- ro che pigliano detta decottione,in veder vna don- na, colio fi accendono à libidine , perla qual co- fa fi dà per raccordo , che mentre fi cura , nett'una donna Capitolo XX XVI IV 17 s donna vada innanzi all’infermo. Emendo io in quelli noftri ragionamenti ^venuto molte volte à parlar della China, e particolarmente in quello capitolo, è da lapere, che auenga, che la China fa gente barbara tenuta , nondimeno nelle mercan. tie,e nelle opere manuali, fono per molto indù- llriofi tenuti , & in dottrina di lettere non cedono ad alcuna regione . Hanno i Chinefi la legge feru- ta limile alle leggi Imperiali, fi come per vn libro delle lor leggi, che fioflerua nell’ indie, fi può ve- dere . Io ne dirò vna perefempio , laquale è que- lla . Non è lecito.ad vn’huomo , che bauerà com - mefiò adulterio con vna donna viuente il marito, di prenderla poi morto il marito per fua fpofa. In- tendo ancora efier 1 gradi, Se i premi j appo di loro fecondo la virtù , e la dottrina . Danno il carico à gli huomini dotti , e fapienti , cofi di correggere il Rè, come di gouernare tutto il regno . Si veggono nelle lor pitture gli huomini leggere in cathedra. Se hauere intorno molti afcoltanti . In oltre hanno coftoro la (lampa cofi anticaglie non ci c memoria di huomo quando ella incominciaflejeflendo Tem- pre appo di loro (lata in y(ò . Annotatane di Carlo Ciufio , QV i ancora fi Jerue il noflro Ruttore di quel vo- cabolo Ganada , del quale ho data l’ejpofitione , . v y. capitolo dell3Opio, dicendo ,che vtfoncia di Fradice China debba bollire in quattro Ganade di ac- qua; ho tradotto per le ragioni dette m quel capitolo, quattro Ganade , f ù feftertij . Flora in Europa è ve- nuta vna certa Radice , laquale chiamano con vocabo- lo Ì76 Del Croco Indiano . lo (perche i Spaglinoli furono i primi . che del Veru la portarono in Europa ) Zarz,apangha.come fe diceffero Rotto inueticchtato3 della quale fono in ventàgli effetti miraeoi off .ancora che à noi fi porti meja carolata tut- ta e corrotta per il lungo viaggio .donde ella viene . Chi vorrà piu à pieno informacene . legga l'epiftola . & il Commento fopra Dtofcoride del Adattatoli. E' noi pa- rimente .fe iddio ne pr e fiera grafia narr aremo la fu a hi fi or ia. dandola in pittura, e faremo chiaro quan- to la Z arrapar iglia fa dmerfa dalla Smilace afferà, contro, l'opinione di alcuni 3 che feneuano . che fujje vna ifteffa coja . Del Croco Indiano . Cap. XXXIX . Hiamàno in Canara quefta Radice Ad lad,come ancora in Malauar , ma propria- mente dice Marnale, in Malafio dice Cunheua,da Perfiani è chiamata datzad,che altro non vuol db- re , che legno giallo , da gli Arabi è detto Ha- ber . Nafce la più parte nella regione di Malauar, cioèinCanaoor inCalicut, Nafceetiandio qui in Goa , ma in poca quantità. Se ne porta gran copia in Arabia, e nella Per ha , iquaheon- fefifano tutti non effer pianta de i lor paefi » ma ve- nir dall’Indio • Partili che di quello nefacdfe mentione Auicenna al fecondo libro , al capitolo loi. chiamandolo Caledfium , onero Chaledu- niam. Ma perche non ferine di ciò rifolutamen- te , ma di opinione altrui , come di cofa da lui non ben conofciuta , nè meno io pollo diruene co- fa certa»;. Può facilmente effere , che fia corrot* to il vocabolo , e da principio fia ftata da gli Arabi quefta Radice chiamata Aké , fi come la ! làh ctftrt fm mt • ,Chi H if* l[nt ini- di* 4l cidi- otti' ili* iniiJii f ave- £tÈ p'° 0 »*" a# irt Capitolo XXXI X. i7? chiamano anco gl’indiani , e dopo p corrottion dì vocabolo fìa dato decto Chaledtìum. Alche crede- rcpiùdi leggiero, mici spinge quello , ch’egli ha fcritco della Curcuma , onero curcum , al fecondo iib. laquale Curcuma fi nfi'omiglia à quella Radi- ce. E4 pariicolar cortame d’Auicenna, volendo fcriuere di alcun Semplice, e non necffendoegli ben rifoluto, di farne, fi come habbiamo detto, di- uerfi capitoli. Nè mi accordo io con coloro , che dicono, che per la Curcuma ha voluto intendere la Celidonia, unpeiocheauenga che comunemente fi fcruano di quella Radice , coli per tingere i panni, come per condire i cibi, taro quì,come in Arabia, &c in Perfia , non per altro fe non perche fi compia à più vii prezzo, che il noftro zafTerano,jilqualena- icc anco nt* lor paefi , è nondimeno anco in coftu- me nelle medicine, malfimamentc ne 1 colliri , per gl’occhi,e cofi ancora nella rogna , accompagnata col fucco di narancio , e col Cocco , cioè con l’olio della noce mofcata , alle quali infermità cofi nel capitolo del Cadelho, come della Curcuma Tenue Auicenna efifer buona»/ . Annotatione di Carlo Clufio . NElla noftra impresone deferiue Auicennay al fecondo libro la Curcuma , oueramente Cùrcuma, dandoci por quella interpret atiene 3 cioè fec- cia d'olio eh Croco . 1 moderni vogliono } che la Cur- cuma delle jpecierie fia il Cipero indiano -leggi il Alai thiolhCr altri ,che fopradt ciò hanno ferino . M Della !?s Della Galdnga . Della G.t lunga . Cap. XL. LA Galanga e vn Semplice necefiario aJI’hUQ- mo , ma non fu da i Greci antichi conofduto in o (Tun tnodo,& à gli Arabi non è troppo noto; è chiamato da gli Arabi Cai iiegiam , &auenga che tutti 1 Mauritani , fi come fu Serapicne, al lib» de* Semplici , alcap.^i.douecorrorrsmenre leggo- no Culegem, onero Calungem, noe da preftar io£ fede , impei oche tutti gì*Arabi lo chiamano Cai- uegiam. La Galar.ga è di duefpecie, vna minore odorifera, laquale li porta quà della China, e di qtì poi mP rrogallo; la chiamano! paefani La- na;', don . Vn’altra maggiorerà quale è più grafia della puma, ma p ù debile, e di minor vii ù.Nafce quefiain Iatia,& è da’ paefani detta Lancuaz. Noi quìneil’lndie,cofi Pvna , come Paltra chiamiamo Lancuaz . La minore nafee come frutice , di al- tezza dì due palmi , con le foglie dì mirto , e con radice ». odufa , e nafee da per La maggiore^ che nafte ih Iaua, orefice quafi di altezza di due cu- biti, con foghe di mirto , appuntate in grufa d’va ferro di lancia, con radice grofia , e nodofa in mo® do di canna, e col fiore bianco. E* pianta Tonni- fera , fi femina di quefia maggioria Radice fola- mente , e con il feme,ficome fi fa il Gengeuo,ben« che apprefio de gli Scrittori ritronerai altrimen- ti. Nondimeno qui feminato il feme, fenevede ne gli horti , ma in poca quantità , pur tuttauia è à baldanza per la infialata, e per le medicine^, Aui- Cenna , e cofi ancora Serapione non hebbero piena cognitione di quefta Radice, percioche efiendo, li come gabbiamo detto , di due fpecie . La prima* n laquaie il©*1 m ’oiè che ■de’ T ilo! Cai* va il > ffa ice 1 \à m liil- fi 0 irs 0 mi* jla* itti» MB* tsede ,> vfi rfp tfi Capitolò X L* ìaquaìe c quefta delia China, è preferirà . Cofioro ne fcriffero dubbiofaméte, e di qui credo io che (ia auuenuto, che Auicenna n^ha fatto due capitoli, vnoal 2. iib. ai cap.321. chiamandola Calungiarn, e l'altro, al lib. 2. al cap* 1576. chiamandola CafeC- bendar 5 ma diche nome habbia chiamata quella della China , la quale è principale, e di qual nome quella di lana, laquale è più vile, io non losò» per- ciochecofi delbvna , come dell'altra , han parlato molto dubbioftmente. E gran contrailo fra i Me- dici moderni fopra la Galanga , il Calamo, e l'A- coro • Vogliono alcuni , fra i quali è fiato Antonio Mufa Brafauola neli’ElTamina de’ Semplici , per auttorirà del Leoniceno , la Galanga efier l’Acoro de gli antichi . Alcuni altri, fra i quali è il Manar- do, al 2.1ib.epifi.^.&ìi Matthioli al i.iib.al cap.2. nel Commento fopra Diofcoride , vogliono più ron- fio il Calamo delle fpeciene cllèr l'Acoro, ma nei capitolo dei Calamo,mofira di dire, che il Calamo non fiaalcuno di quefii due. Nondimeno in ve- ce dell'Acoro, fon folito di metter fempre, lì come ho detto in quel proprio luogo, il Calamo odora- to. Ma veramente è del tutto da leuar via l’opi- nione de' Frati, alla diftintione prima , ai cap. 47* fopra Mefue, fi come ha fatto aliai fede il Mat- tinoli, '"volendo che la Galanga fiala radice del- lofquinanto, percioche la radice dello fquinan- toèinutile. Lo fquinanto nafcein Arabia, de in Ateista . All’incontro la Galanga nafee nella China, & in lana, oueramente Iaoa, luoghi molto lontani dall'Arabisu , M 1 Anno« J)el Gengeuo . Annotatione di Carlo Clufio . LE g g i il Capitolo del Calamo 3 doue ho detto , che il no [Irò Calamo in nejfun modo confronta col Ca- lamo del ri offro Amore . Del Cenge uo . Cap. X LI . IL Gengeuo da gl* Arabi e detto Gingiber ; da* Perfiani , e da* Turchi , Gtngibil , non Len- aibil, fi come malamente fi legge in molte flam- ine di Serapionc ; al libro de* Semplici, al cap.336. In Gozerate, in Decan, & in Bengala mentre è frefeo, e verde, fi chiama Adrac, ma poi di ef- fer fecco fi dice fu&e. In Malauar , cofi "Verde, come fecco,fi dicejmgi i in Malaio* Aliaa,il Gen- geuo è di fogliefimile allTride aquaticoJò voglia- te due , al Gladiolo (non alle canne) ma fonovn poco più nere. Ilfufto infiemecon le foglie cre- ile all’altezza di due , ò di tre palmi 5 ha pari- mente la radice limile all’Iride, ma non và, fi co- me fi crede Antonio Mufa , ferpendo per terrai . TJè meno è molto acuto, raaflimamente quello, che nafce in Bazaim, perla molta humidità del terreno. Mangiali quefta radice tagliuzzata in- sieme con altre herbe nelle infalate,con aceto, olio, efalej e fi mangia etiandiocottaecon il pefce,e con la carne . Nafce il Gengeuo in tutte le prouin- cie delìTndia , chenoi Tappiamo, òfeminato, ò piantato j perche quello, che nafce da per fé c di poco valore » Il migliore , e più copiofo è quello di r r Malauar, Capitolo XL1. i$t Malauar, grandemente da gli Arabi, e da* Perfiani defiderato. ApprdTo à quello è quello , che nafce in Bengala. II terzo luogo ottiene quel di Da bui, e di Bazaim , ilqual nafce per tutta queila riua del mare ; ne* paefi deferti , e ne’ medireraoei appena vi fi truoua, donde mai ne viene à noi. V*e n’è anco nell’ifola di S. Lorenzo, & in Comaro, i quali luo- ghi confinano con l’Ethiopia , e di qui hanno pre- lò alcuni à fcriuere5che nafca apprefio de* Troglo- diti . Raccogliefi nel mefedi Dccembre , e di Ce- raio, alquaie dopo d’elfere alquanto fecco, fifa vna coperta di loto, non già per farlo di maggior pefo,ma perche ferrando j buchi, li confcrui con la fua humidità naturale più lungo tempo , e però quello , che non è ben ricoperto di loto , è più fog- getto alla corrottone , & à carolarli . Scrine Gale- no al ó.libro de’ Semplici, che fi porta di Barberia, fc Galeno per Barberia intende 1* Indie , dice bene, ma fe intende per Barberia quella parte d’ Africa, c’hoggi veramente é detta Barberia , non ha detto bene. Scriue Diofconde al i.lib-al cap.i f i. che nafce nell’Arabia de* Trogloditi. Nafce veramen- teapprefibi Trogloditi, & appretto gli Ethiopi, ma in tanta poca quantirà,che batta appena à pae- fani . In Arabia veramente non nafce » percioche nell’Arabia vi è d’altronde portata^. E' bene il vero quello, che fenuono, dicendo, che da fò li- to mefehiarfi ne gl'antipafti , perche quello rnede- fimos’olferua hoggi da gl’indiani. S’ingannano poi in dire, c’habbiail Gengeuo le radici piccio- le,come il cipero , percioche fono molto più grof- fe di quelle del cipero. Muoueil corpo, ma leg- giermente , erutto 'Viene perche conferire alU . cócottione. Alcuni vogliono, che reftringa il cor- M 5 t $2 Del Gengeuo . po 9 perche fatta buona ccncortione, fi ferma ìf lìufiodel corpo, nato perauentura da humor cru- do. Scriue il Mufa nella fua Esamina de Semplici che mangiato condito con zucchero, Jafcia in fine alcuni sfilacci nella bocca, ma lì come dicecgli,ac- cade quefto (blamente in quello, che farà fofìftica- to,ò carolato.© macerato in Jiffiua forte, e poi con- dito con zucchero, acciò non fi fcopri la fofìftica- tione * Il maturo à perfettìone pieno, e non carola- to, lauatoin molte acque, e macerato per molti giorni, e poi condiro con zucchero, è veramente piacertele al gufto,non è per l’acutezza fafiidiofo, riè meno lafcia sfilacci nella bocca . Quefto fi Tuoi farciti Bengala, Se è perfet£iffimo,l*aItro in Chaul, & in Bazaim , Se Dabul . E' del tutto riprouato quello, che fi porta di BatecaJa_>. Annotatione di Carlo Giulio . Fyl menti one del Gengeuo Lodouico Romano al j-libal cap. 14. dicendo , il Paefedi Calicut pro- duce il G engeuo , che e 'una radice , e fe ne caua alcuna affai JfeJfo al pefo di dodici onde , ma non tutte fono cu quefiagranàeTffa- Non vapiu [otto terra quefta ra- dice, che tre 0 quattro palmi , in gui fa che fanno le can- ne. Quando fi caua il Gengeuo , Inficiano vn nodo neU taf offa , e poi lo ricoprono di terra , come fe foffe il Ce- rne di quella radice , con fperanza di hauerne Can- no feguenie il frutto, che fava il Gengeuo . A4 djfimilia- no T raffinano, fcriuendo delle Ifole A4 olucche, deferi- re il Gengeuo in quello modo . il Gengeuo nafte per tutto in ciafcuna delle Jfole dell' Arcipelago, altro fe mi- nato,altro da per fe venuto ; ma quello, che fi femina e piu gentile , & e migliore • torba filmile a quella, . Capitolo XL1J . ì8$ thè fa il Croco (intendi pero il Croco Indiano, onero la Curcuma) fa la radice fimile al Gengeuo,nafce mede - / imamente in ciuci luoghi . Della Zedoaria. (fap, XLII . D Vbitasi grandemente di quelli due Sem- plici, ciac deila Zedoaria , e del Zerumber y imperoche Auicenoa al 2.lib,al cap.744.dv’ 745. ne ha fermo per due diuerfì capitoli . Ralìsal terzo libro della fua medicina, al cap. 54. ferme d’ambi- duemvn capitolo. Serapionc al libro de’ Sempli- ci , ale. 172. fa votolo capitolo del Zerunvbet. Io fono gran tempo flato in quello dubbio, & ho cre- duto che la Zedoaria, quella dico , che è la più ce- lebrata , forfè il noflro Zerumbet. . E Semplice molto da’ Perfìani defìdaato , il quale fi por ra di quàin OrrnuSjC di ià nell’ Alia minore, & in Vene- tia .Il Zerumbet all’incontro ho creduto chefcf- fe quello , che noi chiamiamo qui Croco padano, del quale fi è fatta melinone , doue fi parlò del Croco Indiano . Ma dapoi mi fono a ned uto, che io era in errore per le facoltà varie, che ha il Cro- co Indiano dai Zerumbet . Quel che noi chiamia- mo qui Zedoaria , Auicenna al fecondo lib. al ca- pitolo 75 2. (auenga che non la conofcef]e)lachia- maGeiduar, nè 10 leso altro non c; perciochs na- fte in certi luoghi vicino la China-.. Comprali!! Geiduar molto caro, nè facilmente fe ne trouaà comprare, fe non da qualche ciarlatano , ò fttl- timbanca da gl’indiani chiamati S»ognes>da Mau ricani Calendari, i quali fono vna certa forte d’huo mini, che peregrinando, c mendicando fi gua- dagnano il ''Viuere. Da quefti 1 Re,e gran Signori M 4 Cwtn- i§4 Della Zedoaria . comprano il Geiduar.E* iì Geiduar della grandez za di v ia .ghianda,, e quali delle medefime fattez- ze » e di color trafparente . Vo pezzetto di qudio Geiduarxhe pefaua forfè mezza oncia,hebbi iota donoda N zamoxa ,ilqotile hauendolo mandato in Portogallo infieme con vn beilifiimc pezzo di Lapis Arerjenio,fi perdette infieme con la nane. Lo feci prima vedere da gli fpcciali in Chaui , in Goa,e nctfun d’efli conobbero mai ciò che fi fufTe» Vn’alrro pezzetto picciolo ne viddi nelle mani di va certo di quefii furfanti, ma non lo comprai,du- bitando che fuffe fòfifticato - E* buonoil Geiduar à molte cofe, ma particolarmente contra veleno, e contrai morii e punture di animali velenofi . Non hebbe Diofcoride cognitionedi quello Semplice, nè meno Auicenna al fecondo libro , al cap.yji. percioche egli fi pensò , che la Zedoaria fuire li Geiduar. Il vocabolo di Zedoaria è corrotto>vuo~ le dire Geiduar. Annotatone di Carlo Clufio . IO porto opinione , che il Geiduar qui defcrìtto non fia conofciuto in Europa , le che difficilmente fi pof- fa cono [cere per le ragioni. , che il noftro Ruttore ne ad- duce. Imperoche quello , che noi chiamiamo Zedoa- ria non e Geiduar , ma farà perauentttra vna jpeciedi Zerumbetjlquale il noftro Auttore nel feguente capi- tolo deforme . Benché non ?nanca di quelli che dicono , che fia da nporfi fra le ffecie del Cafro, deferivo da Diofcoride • RE Capitolo X LI 1 1 • ìSf lèi RITRATTO DEL ZERVMB ET DslZemmbet. Cap . XLIII* Chiamasi da gli ArabfcZerumbet,da Ferfia- ni,e da Turchi Zeba, in Guzerate, in Decan, & in Canara3Cachoraa.In Malauar,Zua . N’ègpa copia nella prouincia di Malauar,cicè in Calicur, &in Cananor. CoG feminara,come pian tara, nafce quefta pianta in molti luoghi , ma da per fé nafce ne* bofehi di detti paefi,doue da molti è chiamato Gengeuo feluatico,e nel vero non fenza caufa,im- peroche le foglie di quefto fono limili a quelle dei Gengcuojbenche maggiori , & vn poco più aper- te^ la radice ancora è vn poco più grande del Gc- gcuo . Cauafi la radice, e poi fi taglia in pezzi , e fi lecca ; dopo fi porta in Arabia , in Perfia, in Gida, & in Alefiandria 3 donde poi fi porta in Venetia 3 c ne gli altri luoghi . Si con di fee col zticchero,&é migliore del Gengeuocondito. Hora difcorriamo alquanto per gli Autrorijche n'hanno fcrirto. Auu cenna al z, lib- al cap. 7^7. dice la Zedoaria etfe- di Serapiom. . .Lo jfi h nidi ,df* W re p$6 &el Zerumbet . re vna radice limile alla AriftoIochia,eche quella è la migliore5chenafce appreso alle radici del Na pello, e dice elfere ottimo rimedio al veleno, maf- limamente delle ferpi , e dei Napello al cap.747. dice, il Zerumbet ha le radici limili al Cipero,ma è meno odorato . In vn’alrro luogo vuole, che fia arbore di quella ìftrlTa fomiglianza , c facoltà, che Serapione diceelTere la Zedoaria: Serapione al Jib.de* Semplicialcap.171. fcriueil Zerumbet ef- fere la Zedoaria , e poi di auttontà di Ifaac , dice, cheli Zerumbet ha le radici tonde, limili ali* Ari— Ilolochia,di colore, e di fa pore limile al gcngeuo,e dice,che fi porta dalla China. Auicenna al 2. librai cap.743. conobbe folamentc il Zerumba , onero Zerumbet, ma perche Phauea veduto in pezzi ton di , e taluolra in pezzi lunghetti poirare nelle ma- rine di Perfia. pensò citte fuife di due foni il Zernm ba,& il Zerumbei -, per quella medefima caufa la- nciò di parlar delle foghe, per no hauerle egli mai Vedute, dicendo folanienre, come quella Radice fi portaua dalPIndie in altri paefi . E nel vero hog- gi ancora è vario, e diuerfoil prezzo di quelio5che viene in pezzi riro^di da queli’ahro, che viene in pezzi lunghetti . Q_undo dice, che quel, che na- fte appreffo al Napello è il migliore , è veramente vnafauola, percioche il Napello non fi rrouam quelle bande, non effe odori ielue atte à fare il Na- pello . Il Zerumba nafce in gran copia ne* bofihi di Malauar , 6^ in molli luoghi nafce feminaco. Non ho ancora ti ouato aicuno,aneoga che ci hab- bia gian diligenza vfata,'he habbia veduta quella radicenafcere apprelfo al Napello. Oltreché fia cofa manif Ila per quello, che Auicenna in '■va- rij luoghi variamente ne tratta , ch’egli iionfep- pe Capitolo X LI lì» 1Z7 pe macche cofa fi fu (Te il Zerumber.il vero refio di Serapionenon ha quella parola aggiunta, Zerum- betjcioè Zedoaria:E però ha p ù del venfimiicsche fìa dallo interprete aggiunta, iìquale non fapeua perauentura la differcza, i h*era fi a la Zedoana,& il Zerumba» ilche fi può da quel, che Teglie cono- feere, pcrcioche dice, che fi porta dall . China . Ci fono di quelli, che hanno hauuto à dire, che Arna- bo,del quale Paolo Egineta ferine al 7.hb.al cap.j. fìa vn'ifteflfa piata col Zerumbet» ma dalla dtfcric- tione deil’vna,e delPaltra pianta, fi vede affai chia- ro e (Ter piante diuerle. Imperoche i’Arnabo di Paolo è vno arbore altiflìmo » di foauiflìmo odore, & il Zerumba, fi come habbiamo hora detro,è pia- ta come gramigna . Nè meno è da dar fede à co- loro, che dicono, che fiali Been bianco, ouer nero, ò pureil Carpefia, imperoche l’vno, e l’altro di quefii Semplici fi porrà qua con non poco guada- gno , 6c il Zerumba fi poi ra di qua in altre parti . Oltre che le fattezze dell* vna , e dell’altra pianta, fìano molto diuerle daquelledel Zerumba. Annotatione di Carlo Clufio . IL Zerub 3 onero Zereumba [ara perauentura quella radice, che nel capitolo ad Cofto , ho detto che fi por- ta in Genetta del tutto j inni e al Gengeuo , ma alle volte maggiore, & e di detro pallida . Ritrouafin yìnuerfa ma. fi tiene anco che am- mezzi i vermini del corpo , detti lumbrici , Se che curi le papille , ouero dTantemare che '•vogliate dire, e le impetigini^ che curi anco la pacione co- lenca,colì volgarmente chiamata^ da gli habitanti di quei paefì detta Mordexi . Dicono ancora , che Ha buona contrai paroiifmi delle febri intermit- tenti , datone in poìuere, macerato prima in acqua al pelo d’vn’oncia , percioche fa buttar per la boc- ca gran copia di collera. E1 ritrouata quella Radi- ce giouare a’ morii delle ferpi in quello modo. Nell’Ifoladi Zeilan vi è vna forte di ferpi cheli chiamano coronati . In Portogallo la chiamano Cobras-di Capelo ;noi lo polliamo chiamar Re- gulo. Vie oltreà quello vn certo animale della grandezza pel la Martora , inimiciillmo di que- llo ferpente, il quale chiamano Quii, ouer a men- te Quirpelc-» • Ogni 'volta, che quello anima- ledetto Quirpele ha da incontrarli col detto fer- pe , morde quella Radice, ( la quale copiofamen- te nafeein quelle bande) c morde di quella par- te, che è dal terreno difeoperta , percioche Tem- pre vna parte ne auanza fopra la terra, & hauendo dato dimorfo alla Radice c manicatala , coni pie- di dinanzi bagnati della fua falma , Se il capo pri- ma, e pofeia tutto il fello dei corpo 'Và fregan- Capitolo X LI 111- iSp do , & bagnando di quella fahua , e poi aflfahfce il ferpe , nè mai lo lafcia fin che vceifo non Io habbia. E fé perauentura al primo allalto non potelle vin- cerlo, torna di nuoiioalla radice, e di nuouocon la faliua li frega il corpo, e ritorna alla battaglia, & in quello modo ammazza il ferpe . Da quefto fpetta- colo imparati i Chin gali (che coli fi chiamano quei di Zeilan)fono venuti in cognitione,che quella ra- dice è buona per li veleni . Sonoci molti Portu- ghe.fi , che hano veduto quelle battaglie, percioche fogliono nelle cale nutrire, &alfeuar quelli ani- mali,coli per ammazzare i topi, de* quali fono ini- mici (fimi, come ancora perche combacino có que- lle ferpi . Sonoci certi furfanti,ò ciarlatani da loro chiamati Gioques , 1 quali per far rifpettarfi, come religioli ,e fanti , fi fogiion fpargere tutto il corpo di cenere , e portano di quelli animali in volta per tutti quei paelì . Alcunialtri facendo delfaltim- banca , ò del ciurmatore, portano quelli fèrpenti coronati, hauendoh prima fatti manfueti, e piace- uoli , fe gli auiluppano intorno al collo, ma hanno prima loro cauatn denti, donde poi danno à cre- dere al volgo, che elfi gli habbiano incàtati,peiche no pollano loro mordere . Portano tal’hora ancora di detti ferpenti coni denti per farli combattere con detti animali chiamati Viuerre,ouetocon altri fomighanti. Nell’Ifoladi Zeilan ci fono tre fpecie di quello legno, il primo è Jodatiflìmo, c di quello la donnola, ò la martora , che vogliate dire, fi fole armare: ilqual legno da* paefani è detto RametuI, da* Porcughefi , Paodicorba, cioè legno di ferpe, perefier buono almorfo delie ferpi. Crefce ali’aì- tezza di due, ò tre palmi, con pochi rami , non ba- ttendone più di quattro, ò cinque aliai lottili - La radice 7 g o Del legno Colubrine > radice della qual effi fi feruono, è come la Radice delle noftre viti fonile, ftendendofi per terra con molti capi jò nodi*, di forte che Tempre alcuna Ra- dice fi trotta fopra terra ; leuatone vna Radicelo- fto in Tuo luogo ve ne nafee vn’altra. Quefta Radi- ce è bianca>che tira al cinericcio,alfai foda,&: ama- ra al gufto, le foglie fono fintili à quelle del Per fi- co, vna più verdi, i fiori végonoin racemi,molto di- feofti dalle foglie, divo belhftìmo color rolfo, ii frutroc fienile à quello dei fa m buco, ma lofio, e duro, fatto in racemi, fi come fi vede nel Pendime- lo. Peftafi prima quefta radice, e dadi con vino , ò con acqua cordiale a’ morficati dalle ferpi. E* fe- ltro anco menarli su i a Cote in guifa di Sandali , e poi fi getta su le ferite. Dicono, che nafee quefta in molti altri luoghi , ne! diftrerro di Goa . La fe- conda fpecie è lodata non mcn della prima, perii veleni , e fi via nell’iftefiò modo , che fi vfa l’altra; è arbore che nafee folo , difeofto da gli altri arbo- ri, Se è fimileal melagranocon fpinecurre, efoiv ti . E1 arbore afpro,di feorza bianca, dura,fefla per il lungo, e foda , Se amara , ma non tanto , quanto la feorza del primo , produce le foglie gialle , bel- liftìme, e vaghe da vedere. Se pur caPhoran a fee vicino ad alcun’altro arbore, fi và ferpendo peE la cima de gli arbori, e dicono, che l’abbraccia come fanno le zucche. Hanno coftoro in coftu- me di dare il legno infiemecorila Radice, e con la feorza, ma veramente la Radice è migliore. Di- cono, che il medefimo arbore nafee nelPIfola di Goa, ma à me non è mai occorfo di vederlo. Ritro- uandofi il Viceré in lafana patan, ( Ifola congiun- ta à Zeilan ) le furono donati alcuni fafcetd di le- gno con le fue radici, iequaii erano fornii, dure, nere* Capìtolo XLV> i$i nere, Se odorate . Lodauano coiloro grandemente quelle Radici, con dire, che erano buone perii ve- leni . Simile à quello arbore dicono , che riafce ne! diftretto di Goa . Ha pochi rami , fottìi i , di quat- tro, ò cinque cubiti l’vnodi lunghezza ,i quali fe non fono alerone legati , non fi pollone da icr ftelfi foftenere, ma fi difendono per terra . Ha le foglie rare, limili à quèlle del lentiico , lunghette, non di color verde, ma macchiato , oueramente verdi nei bianco,con varie macchie. Diedi, che in Malaca li ritratta vna certa Rad ice, clfè prefentaneo rimedio nelle ferite di faette arrofficaie-» . Annotatone di Carlo Clufio . VN pezzetto della prima Jpecie lungo tre dita per larghezza mimoflrom Salamanca Panno 1 5 6\ il geiilijfimo ^goftino Va[eo3chegia buon tem- po era flato mandato a donare di Portogallo a Don Giouanni V zfeo fuo padre , huomo letterati [[imo , in- [teme con vn vafetto fatto di Cocco di A4 aldina, e con vna belli [prua pietra Be\ar}mfieme con certi altri va- [etti teftudinati , legnali tutte cofe eran tenute buone per li veleni . r Della Tìetra Begar . Cap. XIV, I Medicamenti córra veleno hanno rutti hatmro il nome della pietra Bczar,on de p eccellenza fi log. iono chiamare medicameli Bezartichi , quella 1 ìetra e di rara virtù con tra i vdeni,enafee in que- fto modo . Rmouali in Corafone, & in Perda certa forte di Caproni, chiamatila lingua Perfìca,Paza, di *92 Della V tetra Bezjtr l di color raffb,c forfè anco d’altro colore dì medio- cre grandezzata io n’ho veduto viro di color ruf- fo,óc alfa) grande in Goa.Nel cui ftomaco fi gene- ra quefta pietra Bezar,la quale và continuamente crescendo intorno ad vna fotuliftìma paglia , e fi forma d molte tuniche, di forma come Iugula, ò cocn- vna ghianda, alle volte ancora ha forma; per lo più è ieggicra,di color verde, che nereggia; fe ne tfoii d di piccioie,e di grandi,lequah fono in mag- gior ftima, vanno tutte in mano d’huomini fegna- luti,e perfònaggi d’imporrarza, percioche quanto la pietra c più grande , tanto maggior virtù dico- no di hauere • Io mi raccordo d’hauerne hauuta vna che pefaua cinque dramme . Quefta fu man- data in Portogallo, Se appena fu felfanta quattro «fucati venduta, che qui età fiata comprata vri po- co più . In quello modo fi genera quefta pietra , Se io con gli propri j occhi I* ho offeruato , percioche pedata la pietra , ho nei mezo ritrcuato vna fòtti- lifiìma paglia , e Phocnandsointefo da huomini degni di fede , che tutti dicono , che quante pietre fo io in Perfia , tutte hanno quella paglia di den- tro . Quella pietra non folamenre fi troua in Per- lìa , ma in molti luoghi di Malaca, Se in queJl’Ifo- la , che ha prefo il nome dalle vacche , non molto lontano dal Promontorio Comodo, douein vna careftia , che venne neil’eftercito, ammazzandoli mola di quefti caproni alfai grandi , nella mag- gior parte vi furono trouate nello ftomaco que- lle pietre-» . Donde poi hanno hauuto in coftu- me di ammazzar tutti i caproni che capitano in quelle bande per cauarne la pietra, è bene il ve-/ ro5 che quelle non fi póno à quelle della Perfia pa- reggiare-». I Mauruanilònohuomimcofi accor- Capitolo X hV • / 93 ti, che fanno molto ben difcernere , e giudicare di qual regione ha la pietra , i quali per conofcere, la iòfifticace dalle vere, le comprimono con mani, poi legonfianconìa bocca, fe gonfiando l’aria vieti fuori fegnale è, che è fofifticata. Chiamali quella pietra Pazar, e Pazan, cioè, Ca prone,e cofi è chia- mata da gli Arabhcome parimcte da Perfiani, e da quelli, che habuano in Corafone . Noi per corror- tion di vocabolo, la chiamiamo Bezar, e gli India- ni più correttamente la chiamano Bazar, quali ve- le fiero dir pietra di Piazza), percioche Bezar in lor lingua, vuol dire Piazza . Sene feruono gli India- ni ad imitation noftra contra i veleni. Quel li d’Or- znus e di Corafone,nó folamente fe ne feruono con- tra i morfi d’animali velenofi , ma ctiandio contra tutti i morbi melanconici. Gli huomini ricchi , e potenti fi fogliono purgar due volte l’anno, cioè il Marzo , & il Settembre ; e dopo la purgatione per cinque giorni continui , fi pigliano dieci grani di quefta pietra infufa in acqua di rofe , e dicono con tai rimedi) conferuarfi la giouentù , e !a robu- ftezza de’ membri . Sogliono alcuni molte vol- te pigliarne per infino à trenta acini, ma certo è fouerchia quantità ; imperoche tutto che non habbia quefta pietra forza, alcuna di poter noce- re*, nondimeno c più ficuro à darne poca quan- tità, & in Ormus ne fogliono pigliar poca quan- tità , dicendo eftì , che non fenza pericolo fe ne piglia quantità grande. Sono folito anch’io feruirmene ne’ morbi cagionati da malenconia, maftimamente quando fono inuecchiati , fi co- me faria per efempio in 'vna rogna maluagia s inlepra , nelle pnirigini ; Se nelle impetigini, e per quefta mebefima ragione direi , che potdfe efi» N tèe i 94 Della Pietra Befar 1 fer buona nella quanana . Intendo, che molti flb~ bandonati dt Mediche lafdari per morti, fono fla- ti da quefla pietra ritornati in falute . Quel, che il jMatthioIi ferine nel Commento di Diofcoride , al ^.lib.al cap.73. dicendo, che legata al fìniflro lato in modo , che tocchi la carne , vince ogni veleno ; io per me non ho vedute farne taJ’efperienza , nè meno qui l’vfano in queflo modo. Queftosiben Tappiamo, che la poinere di quefla pierrapefta,c pofta nelle ferire , libera dalle punture de gli ani- mali veienofi. Quefla iftefla virtù ha ne’ carboni pefliferi, i quali aperti, e poi mefloui quefla pclue- re di dentro fanano ; percioche fi fucclua il veleno. Effondo in quefte bande, delle effantemari,e puftu- Je (chiamate in Italia petecchie, ò papulefo paftic- ci) affai cartine, donde gli infermi fpeflo muoio- no, habbiamo noi in coftumedi dare ogni giorno à gli ammalati vn grano, ò due di quefla pietrapn- Teme con acqua di rofe ; & in verità , che fi dà con *granditfìmo giouamemo. Ha incominciato que- lla pietra ad effer di giorno in giorno in maggior ftima. La onde adefl'o è di meftiero, che tutte quelle , che fi trouano in alcuna prouincia , fi por- tino dal Re, e d’indi non fi ponnopoi,fenon mala- geuolmente hauere^. Annotationedi Carlo Clufio . TRovasi alle volte in Lisbo?ia quefla pietra à toprare di varie forti di forme, le quali ancor che da mercatanti flano tenute in gr a prezzo, no le voglio- no con quel patto venderebbe il compratore ne poffa fa- re q/perten^a. Veffenenza fifa cofit Si pajfa tifilo con Pago Cartolo XLFf'. tpf Vago per il toffico , chiamato herba Balsfirera 3 e poi pajfafi Pago per il piede d’vn cane , ò d'altro animale > e Ji lafcia il filo nella ferita. Tofto incomincia ad ba- tter quelli accidenti che coloro bau eri ano 3 che batte (fiero prefio il tofifiico . Come poi il cane fii getta in terra , e già fi vede dijperato di falute , li buttano m bocca la poluere di quefta pietra dificiolta in acqua * Se il cane ne fentirà giouamento j e prona che fìa buona 3 ma fih non gioua 3 è falfa * D ella Vie tra di Malacha < Cap. X L V 1 » LA Pietra Bc-zar mi ha fattó vn'ahra pietra ve- nir e à me ej!a quale dicono ritrouarfi in Ma- laca,eccellentiffima corra veleno, ma in Pam fola- mente fi truoua , laquale è prouincia del regno di Malaca, e fi caua quella pietra dal fiele del? IfttU ce,& è in tata dima apprefiò de3 paefani, per litro- uarfene poche , che di duo , che furono trouace in- lìeme,ne fu màdata vna à prefentare al V icerè Pof- tughefe,che gouernaua l’India, & aucga che qui ci fiano molte pietre Bezar, i paefani (limano aliai più quelPal tra.Non mi raccordo di haùerne io ve- duta più di vna, il cui colore era di porpora fedo- rita,al gufto amara, al tatto lifcia,& lubrica in gui- fa di fapone gallico. Non ho fin qui fatta delle fue virtù efpericza^ma ilclan(fimo,& eccellete Medi- co Dimas Bofche Valentiano, mi dice di hauerla egli prouataindue perfone, che haueano beuu- •to il toflìco, e non hauedo alle mani acqua cordia- le, & il pencolo era nella tardanza, la fece mette- re in infufione in acqua comune , e poi diede quel- l'acqua à bere a* patienci, i quali difiero, ch'era amara al gufto 3 ma il lor ftomaoo , fi fortificò , $c Hi il ip4 Delle Gemme ? ; il veleno punto loro non nocque . In verità, che à queft’huomo , dcono edere tutti i Medici Indiani obligati , hauendoci la virtù di tal Pietra manife- sta,elfendo in quelle bande fomma mente necef- fariodi liauer medicamenti contra veleno, detti da’ Greci AIexifarmaca_> . Delle Gemme . Cap. XLV IL DA to fine all’hidoria de gli Aromati , non mi par fuor di ragione, di aggiungerci alcu- na cola delie Gemme, tato più per edenici venu- ti à ragionar delle piene . La onde incommincia- remo dal Diamante, imperoche è tenuto,che auan zi tutte l’altre di valore , e da per la durezza della fina fodanza, come vn re dell’altre Gemme . Ben- ché fé voledimo hauer riguardo al valore , & alla vaghezza del colore , il primo luogo ottenerla lo Smeraldo, appredo il Carbonchio , (pur che lì ano fchiette)& il terzo il Diamante. Mail prezzo del- le Gemme, ò viene perche la Pietra è rara, ò viebe dall’adettione de gli huomini,ò dalia volontària di maggior virtù approuata per lunga efperienza lata la Calamita ; e coli ancora quella Pietra , che ffagna il fangue di qual fi voglia luogo, che dilli. Si vendono quelle gemme con certo pelò, che in Cambaia,douc dette Gemme fi trouano,fi chiama Mano 5 che farebbe ventifei libre delle nodre . Lo Smeraldo fi vende con vn pelò, che fi chiama Ra- nche farà il pefo di tre acma di frumento. L’altre Gemme fi vendono in Europa à Charatti,che è vn pefo di quattro acina, e nella India fi vendono à Mangelis,che è il pefo di cinque acina . Anno- 'ì'ckl Mani Bsni/f- TEl capitolo del T urbith dijfe V Auttore > che Ai ano, era pefodi ventifette libre. Del Diamante . GL i Arabi,de’ quali molti Mauritani fono ti imitatori 5 chiamano il Diamante Almaz, de ben Serapione, al libro de’ Semplid5al c.39 1. la chiama altrimenti . Da5 paefianfdoue nafce,fi dice Ituàjin Malaiòjdoue etiandio (ì ritroua, fi chiama Irati?'. In. ere, ò quattro luoghi fi trouano i Diamàti, cioè nella provincia di Binager^in due, ò in tre ri- pe. Gian guadagno dano al Re le minere di quel- la pròuincia e grandi ancora fono i Tuoi priuilegijj imp.eroche,(ì come in 1 fpagna ha il Re la iurifdir- tione nella pelea de* tonni,talche, Te vn fol tonno (i prende,c necdTario,che fi ceda al Rejccfi parime- le in quelle caue di minere , è grande l’entrata dei Rejpercioche tutti i Diamanti, che fi trottano p af- fa re il pefo di trenta Màgelis toccano al Re, e fi fà per quello diligenti film a guardia, doue fi cariano* e fe peraùentLira ne fuflc rubbato vn fole, in Va fu- biro colui, che lo rubba infieme có tutta la fina rob ba, fi dà in mano de! fifeo. Vrdalrra rupe è in De- canno molto lontana dada lurifdittione , dilma- diza,chenoi chiamiamo, Madre Maluco. Vn& alira rupe è nella mrifdittione di vn'ahro piccio- lo Re paefano, là doue fi truonanoeccellentifiìmi Diamanti , ma piccioli . Quelli fi chiamano Dia- manti della rupe vecchia , iquali fi portano à ven- dere in vnacinà della regione di Decan chiamata. JLifpor,doue fifavna edebratiffima fiera , donde N 3 poi "tp$ Del Diamante poi quei di Guzerate li portano qui à noi à vende- re, e li portano anco in Bifnager , tirati da miglior vendicatile lui fi fc; percioche i Diamanti di rupe vecchia, fono appo di coftoro tenuti in gran ftima, Mafiìmamente quelli che fono naturalmente po- liti , e lauorati , li quali da’ paefam fono chiamati Kaifes ;imperoche, fi come vna vergine fi preferi- fee ad vna donna corrotta , cofi il Diamante dalla natura polito, & acconcio s’ha da preferire à quel- lo, che dall’arte è fiato lauorato. Al contrario fanno iPorrughefi » filmando pm quelli che fono daU’artificio dell’huomo acconci, e lauorati . L'vn altra rupe al mare Tangiam nel paefe di Mala, ca . lem Diamanti auanzano quelli di rupe vec- chi 5 fono certamente piccioli , ma lodati affai . Vn foto difetto hanno, che fono vn poco ponde- rofi, e perquefiofono pai gran a’ venditori , che n’ compratori . Ir. nefiuno di quefti luoghi fi troua il criftallo . come • è anco ir. tutta l’India , percio- che il enfia Ho amai luoghi freddi , fi come fono i’Alpi, che diuidonola Germania dalia Itafa-» . ^on niego però > che nella India non ci fa il Be- rillo , ilqoale è fimile al criftallo , anzi vi fi rruo- yain gran, pezzi , de’ quali fi feghon farverri, e vafi pretiofi , ma quefto non fi rruoua in Bifnager, fc non in certe paro lontani da’ luoghi-, dou.c fi tro- ll^ pi D amanti. Trouafi gran quantità di Beril- li in Cathbaia, in Martauao, enei paefe de! Pau, «k uè non fi troua alcun Diamante , fe non quelli, chefir portano» Vcp’èanconelI’Ifoladi Z dan, doue ne arco c? lòfio Diamanti . Strine Plinio, £ÌhU$7'ai cap 4 che nafte il D’amahie anco in Arabia , ma quefto non ho potuto ir- mai vedere, fcèfapcre, fi cerne nè anco in Cipro, nè in Mace- donia; ì ité» iflj/g/iof létupc ulta* i«pi> motti ireferi- dalli innario Itf0 l'n là> vec- fai* Bdc- ìlio» perciò* peto [flit' 0 0 eri) o tp> (uro* il* *1* i*»* ai?#1 !# Capitolo X LVÌll . donia *, imperoche fé in quelle parti nafcefteroi Diamanti, non fallano quettfiche nafcono qui ‘an- co defiderati da’ T urchi, quali portano la maggior parte di Diamanti in Turchia. Scriue Francdco di Tamatra,che nel Perù fi crollarmi D;amantijio, per dire il verojio poca tede à tale Auuore,per ve- dere, che nel trattate de* Diamanti delle Indie , (I ha imaginato mille melanfagini, tk ha detto mille fauolefii come dille, che 1 Diamanti l'uno guardati da certi Ter penti, e che non fi ponno torre, le prima non fi dà certa carne preparata à mangiare aderti ferpenti > ma poi màgiata derra carne, ponno ficu- ramente torre ( Diamanti, pcrcioche i lir penti fono in altro occupati . Dicono alcuni ahri , c he fi cro- llano in Ifpagna,al che non pollo io confcntire,per non cófermartì quello per auttorità a’alcuno fent- tore approuato . Senne Plinto > nel luogo già cita- to , che non facilmente fi ttuoua Diamante mag- gior di vna aueiiana douein vero non fi può ri- prendere . percioche ferme egli delle cofe , che fa- peua . Ma qui ve n’è di magg«oi di quattro auella- lie . Il maggiore, ch’io habo a vedmo,pdàua cen- toquaranta Mangelis , benché coltui rilega fiora, ch’egli i’habbia . Ho intefo etiandio da huomo de- gno di fede,hauer egli veduto in Bunager vn Dia- mante di grandezza d’vnouodi gallina, non mol- togrande, ma quefto pare à me quafi vn mira- colo, che quella forte di gemme, le quali dama- no ftar molti anni nelle vilcere della tetra per po- ter crefcete, e generarli , fi generano quali nella fuperficie, Evengono quali in due, ò tre anni à perfettione . Se nella minerà cauata quell’anno all’altezza di '"vn cubito trouate il Diamante , e poi in capo di due anni ncauate di nuouo nel me- N 4 d di aio 2&ò Del Diamante. defìnno luogo vi titrouateeriandio il Diamare, ma egli è ben iì vero, che i grandi non fi tremano fé non nel p ù fondo delle rnpi. La nitidezza del Dia-* manreèviuace,&è forte, e duro. Allo incontro il et i Hallo è languido ; per queftoè da gioiellieri conofciuto . Non è il vero;che il Diamanrerefifta li ila botta del m iftello, perciochecon ogni piccio- lo martello fi riduce in poluere, e con grandifiìma facilità (ì pefta col piftello di ferro; &in quello modo iò pedano coloro,che con la fua poluere po- ligono gli altri Diamanti. E’ pariméte falfo quel- lo, che gli antichi hanno creduto , dicendo , che il lìiamantenafcenelcriftallo, e che non può rom- pe! fi col martello 5 ma che fidamente fi rompe col fangue dell’hirco , maflimamente/e l’hirco , ( co- me dicono alcuni ) farà prima dato nutrito d'ap- pio,e d’altreherbe prouocatiue di vrina, & hauerà benino del vino. Nè meno è il vero, che tolgala virtù alla calamita di tirare il ferro; percioche n’ho fatto io molte volte efperienza, e l'ho trouata fauola, come nèancoè vero quell’altro, chfcfene dice, che podofepraal capo della donna, fenza che ella il fa ppia , in fogno andarà ad abbracciare il marito, s’ella farà fedele, all’incontro, fe farà fiata impudica, le volgerà le (palle. Jfau.ola, anco- ra c quello, che dicono, che la punta del Diaman- te fi confumi col piombo, per conro dell’argenro viuo , che col piombo c mefehiato , imperoche , fi come vince i! ferro, Scaltri metalli , cofimedefì- mamente con ageuolezza penetra il piombo , non altrimenti, che penetrale vna rapa . Queftosi be- ne ho fperimentato io più volte, che due Diaman- ti perfetti fregati infìeme, fi vnifeono di modo in- ficine, che non di leggiero li potrai feparare. Et ho Capitolo XLVni- mi ho parimente -veduto il piamante dopo di effet ben nfcal dato, tirare li re'lefdftuche; non mecche fifaccia l’elettro. Nonferue .1 Diamante mnef fona fotte di medicina , fe ben’io ho trouat, a con. Medici di quefte bande ,-dae mettono la poluere del Diamante con la firinga dentro delta veffica s> tanforza, che egli ha di penetrare, onde fotateb- be diinteftini ; nella quale credenza, veggtoeffer- ci alcuni de’ Medici moderni , ma fi come ho del- io,c fai fa opinione ; imperoche ho veduto io alcu- ni Ethiopi fchiaui di Gioiellieri , 1 quali s hanno l Diamanti inghiottiti, e ricercadoh i Padco.n li trouando,à furia di baftonate gli hanno loto far- ro confettare hauerfeli inghiottiti , & anda"d°f^ corpo li buttauano infieme con le feccie fenzafln- tirne vna minima lettone . Uche puffo io tetta- re; ma mi fi-potria dire, che fattane poluere e ve- leno ; e che coli può forare lo ftomaco.e g.i uitefti- „i : & io ti dirò , che lo ftomaco non ritiene quella poluere , ma rotto prefa , per la fua grauezza fe ne va perfecefio» Conofco io vna donna, laquale ha- ucndovn marito, che lungo tempo hauea patito vna difentetia , li diede per molti giorni la poluere del Diamante, e giamai ne Tenti lefione alcuna, fin tanto, che fianco di più pigliarne, Tene reftò • Et fe ne reftò ancora , perche detta donna hauea incelo da Medici, che in vano fi affaticaua, e che il mari- to non era per campar di quella infermità . Onde dopo gran tempo fi morì, hauendo molti giotJU prima lafciato di pigliar la poltro • Anno- Del Smeraldo . 102 Annotationedi Carlo Clufio . CE k t o quaranta Aiangelis fono [ottanta acina 'ì ouer amente m' oncia & ma dramma . Due fcr opali y e quattro acma3 fe pero pefa il Ai angeli s cin • que acina > fe come poco prima ha detto l’Auttore . Del Smeraldo . Cap. XLIX . LO Smeraldo è più raro , & è più pretiofo , & appena fi sà rìoue egli nafca,per non rimaner- la doue lo cauano, alcun frammento , percioche per efier raro, ieuano 1 mercatanti i frammenti an- cora . E*' chiamato da* Perfiam Smaragcio, da* In- diani Pachee. Da Arabi Zamarrutnon Zabarget, fi come ritrouerete ne* Commenti di Setapione,al lib.de* Semplici, al c. 384.00 meno Tabarget,fi co- me ferme il Pandetrario nelle lettere T, & Z, per- cioche quel luogo c corretto , al capitolo del Sma- ragdo, douefi dee leggere Zamarrut. Si fofifti- ca in Balagatc, Se in Bifnarger , doue lo fanno di pezzi di 'Vetro grotto , de* tjafchi rom . E quelli Smeraldi, che ho veduto io poi tarde! Perù , del Mondo nouo non fono fenza fofpetto o*etfer fofì- fìicati . S*irgaonano grandemente coloro , che nello elettuario di gemme , dicono entrarui lo Smeraldo, credendo eli?, che per Fcruzegi, fi deb- ba intendere lo* Smeraldo . quello amene , perche lion intendono bene la proprietà della lingua Ara- bica , e petche non fanno la opinione di Mefue^ . Il tetto Arabico di Melue alla prima dittino- ne de gli elettuarij dice , Peruzegi , imperoche (fi come S*c detto ) è gran fomiglianza appretto de 8^ Capitolo L • 203 gli Arabi nella lettera, P,& F, donde facilmente lo Stampatore ha potuto errare , mettendo F, in luo- go di P. Pernza de gli Arabi non è altro che la no- stra Turchefa, laquale nafce abbódatiilìma in tut- ta la Perda . Non fu dunque opinione di Mefue, che in quella com potinone entrale lo Smeraldo, auenga, cheChriftoforo degli Honefti fuoefpofi- tote voglia il conttario,ma volle intendere che noi volgarmente chiamiamo Rubini di Corfica , i quali, fi con' prat o à venti per volta > hauendo coftm Luati via » Rubini oa vna cerca ta- uola doue erano ripcdi, vene rimale vno naico- fto nelle pieghe del panno. La notte aliVfcuro an- dandoli 'zo4 Del Rubim i dandoli l’occhio alla rauoIa,li panfedi vederui di fopra voa (ciarlila di fuoco;tofto accende il lume, e va alla cauola,e troua vn picciolo Rubino, dono poi toUone<]uello , non vi apparile più fcmdlla di fuoco , Chiara cola è, che i mercatanti fogiionp ne i Ipr ragionamenti mefcolar molte volte delle fa- noie . Ma à te ftà poi , fe loro vuoi dar fede * Chia- miamo noi Carbócolo quello chehauerà vna rof» fezza lifpiendenteje bella, e che farà di vintiquat* tro carati. Ip ne ho veduto vno appreffb di vn gran fignore in Decan,ilquale, auéga che mi -furie, ami- co, non voi fe mai moftrarmek) le non li dalia la fe mia di non farlo fapere ad huomo di quel paefe. Si credala egli - che fiiffa di veti ridia ducalidi oro di Portogallo dì valore, ilqualefìaueua egli com- prato fefMani d’oro, che fono cinque Anobedi Portogallo . La feconda fpecie è quella , che chia- mano jBalafcio vn poco rofìetto , e quella è in mi- nor dima . La terza fpecip, è io spinello , iìquale è più roffò,ma è più vile,perciodienóha quel fpìen dorè, che ha il vero Rubino. Se neritroua dì quel- li, che biancheggiano , e di quelli , che biancheg- giano nella porpora , ò per dir meglio , del colore del ciregio, che ftà per maturarli . Sonoci di quel- li, che da vnabanda fonoroffi, e dall’altra biadai j Altri d’vna meza parte fono Zaffiri , & dall’altra Rubini; La caufa di quella varierà credo che ven- ga dal nafcimentodel Rubino. Quando da prin- cipio il Rubino lì genera nella fua minerà, bian- cheggia dopo venendo à maturarli , viente à farli rollo, il quale rollore venendocon lunghezza di tempo facendoli perfetto, auiene che canati pri. ma d’elfer maturfhora bìachi , Se hora d’vn r0ffb- re languido li veggono , £ perche il Rubino, & a Midi me, doue lidi m : fa- lla- rof- f ami- fi// cfc. oro un- :di ni sjièt # àifl and# lini* # . lo** joiif iera# jfl# ighc cali# j'vflrf binomi Zitfw Capitolo LI * 20 s Zaffiro fi tiene 5 che nafearro in vna me defima mi- nerà,per quefto da vna parte moftra talhora il Zaf fico, e dall’altra il Rubino; de’quali quando vene capita alcuno,che farà bello, hauendo il color ce- ruleo mefehiato col rollo , e da certi paefanichia- mato Nilacandi , come fe dice fiero Zaffiro Rubi- no. Da gii Arabi e da’ Perfiani il Rubino è detto Yacut . Le genti di quefto paefe lo chiamano Manica-. . Annotatione di Carlo Clufio . Visi' Arroba di Vortogallo pefa trentadue libre 3 cioè qua fi cinque Alodij Italiani > certamente gran prelfifio di gioia . Del Zaffiro . Cap. LI. IL Zaffiro è gioia di vii prezzo, douendo per la vaghezza del filo colore ceruleo, ilquale mira- bilmente diletta all’occhio, effiere in maggior fti- ina; chiamali da’ paefani Hilaa . Sono due forti di Zaffirino è ofcuro,e l’altro rifplendente, ilquale dicono Zaffiro d’acqua. Quefto è il più vile,ilqua- le alle volte q d’vn certo color mefcluato , che raf- fembra il Diamante, onde alcuni ci fi fono ino-iri- nati. L’vno e l’altro fi ritroua in Calicur, in Cana- nor,6<: in varij luoghi di B.fnaga.I migliori fi por- tano di Zeilan; i più lodati poi di tutti fono quelli del Perù . Tutto che fia quefta gioia grandemente vaga all’occhio, nondimeno per grande che fia , e di viuace colore , è di viliffimo prezzo ; mai fi tro- no, che fufie venduta più di mille ducati d’oro Porco glieli . Del 20 6 Del lajbiae l Del Giacinto , e Granata . Cap. Li I. CO s i il Giacinto, come la Granata ; è qui di vihllìmo prezzo, quantunque vogliano alcu- ni > che (ìano di fpecie di. Rubini , chiamandolo il Giacinto Rubino flauo , e la Granata Rubino ne- ro . Nafcono in Calicut,& in Cananor , benché le Granate nafcono ancora per tutto il Regno di Cambaia,e di Balaguate. Dicono, che i Giacinti nafcono ancora in certi luoghi di Portogallo, come in Bela, non molto lontano di Lisbona, de minoici altri luoghi di Spagna», . m 'J atti ft Di nifi Del Iafyide. Cap. LIII. RI t p, o v a s i vna fpecie di Iafpide di color verde, della quale fi fanno i vafi Murrini, ’ ^ porcellana volgarmente chiamati , cofi verdi, che J * /*ì _ i P rr — J * c* ì ì r\ • r\ n n Iftft M direfte,che fodero di Smeraldo. Di quella forte fa- rà perauentura quel lo, che fi moftra in Genoua,il- quale dicono, che fia di Smeraldo , e per darli maggiore auttorità , ne fanno careftia di farlo ve- dere . A me è (lato non so che volte offerto vn va- H fo Murrino, fevolea comprarlo perdueento par- dani , ouero feudi di Spagna . Qoalefe fu Ife fiato di Smeraldo , appena ne haurei potuto la mille!!- \\ ma parte comprare per quel prezzo . !i h. Dell’^Itequeca. Cap . LI III. ^ TRovasi in Balaguate vna certa pietra, chia- mata Alequeca, da gli Arabi detta Quequi. ^ V na libra di quelli minuti frammenti di detta pic- CeA tra. Capitolo LV • 207 tra, dopo di eflfer politi, è cofi vile, che non fi com- pra più, che vn regai di Cartiglia . Nondimeno la virtù di quefta auanza tutte Balere da qual fi vo- glia parte che feorra»; . Dell occhio di Gatta. Cap. LV . I quefti , fé ne trouano di buoni in Zeilatii & alcuni fé ne portano dal Perù, doue dico- no, che vanno di Bramaa . Quefti , fono più in fti- ma qui nella India,chein Portogallo. Io mi rac- cordo di hauerne mandato vno in Portogallo, il- qualcfuqui Rimato feicento ducati d’oro di Por- togallo , & in Portogallo non fu Rimato più di ot- tanta , onde fu qui riportato, e fu venduto il prez- zo già detto . Credono gli Indiani , che colui che porta quefta gioia non porta impouerire \ ma che debba Tempre crefcere in ricchezza, lo rac- conterò quello, che ho fperimentaro. Il panno lino compreso si forte , che tocchi il midollo!, ouer l’occhio di quefta pietra, non può efter da fuoco abbrucciato. Dell a ‘Pietra Armena . £ap. LV 1. LA Pietra Armena è mifta di color ceruleo, e di vn verde chiaro.Chiamafi da gli Arabi Hage- rarminijcioè pietra Armena. Dimàdando io gli Ar- meni , fe quella pietra nafceua appo di loro ; non me l’hanno faputo dire. Mai Medici Turchi , e Perfiani mi hanno detto, che elfi n’hanno certa po- ca quantità veduta ne’ lor paefijma non fanno Teli porta d'Armenia, ò d’altro luogo . Dicono , che fc ne troua gran quantità ne] Regno diBelaguate, chiama- 20 $ Velia Calamita * chiamata Vltabado. Con quefta pietra purgano i Mauritani l’humor melanconico, ma perelpe- rienza ho io trouato, che purga debilmente^ • Della Calamita . Cap. LV II- E' Fauola quel , che molti fcriuono della Cala- mita dicendo , che quelle naui , che vanno m Cahcut non hanno chiodi di ferro, per la gratl. quantità di fcogli di Calamita, da i quali i chiodi fari ano tratti fuori , fe folferodi ferro, e le naui h feffogheriano . Ma in Calicut,& in tutto quel trat- to di mare, ci fono molto più naui chiodate di fer- ro , che di legno . E' bene il vero , che nelle Ifole Caldine le naui fon fabricatecon chiodi di legno. Ma io credo, che fia più tofto per penuria di ferro, perche coftano meno di legno, che perche temano della Calamita. Nè meno è il vero, che perciò la Calamita tira il ferro, perche nafeono ambe- due in vna medefima minerà, ò perche fianoie tninereinfieme congiunte . Si come credono mol- ti*, imperoche la Calamita fi troua in certi luo- ghi, dQuein nelfun modo ci è ferro. Sono alcu- ni altri , che credono , che per ciò la Calamita tiri àfe il ferro, perche ha conforme facoltà col fer- ro, donde è tirato alla Calamita . Et per que- lla ragione la Calamita non è di maggior pefo, ancora che nella bilancia ci aggiungi gran quan- tità di ferro , che fi fia con vna picciola quantica . Ma noi habbiamo molte volte veduto il contra- rio. Nè meno è quefta pietra velenofa fi come molti hanno tenuto ; imperoche le genti di quefte bande dicono che la Calamita prefa per bocca, però in poca quantità, conferua lagiouemù. La onde Capìtolo L FI 11 * 209 onde fi racconta, che il Redi ZcilaniI vecchio5 s*haueua fatto fare tutti i vali , douefi coceuanole viuàde per iui,di Calamita. Et quefto lo dille à me colui proprio , che fu à quefto officio deftmato . Delle Ver le . Cap, LF 111 * RImane à dire delle Perle, lequali non fo- lamente per ornamento fon ddìderate, ma etiandio per medicina . Le Perle, che fono grafie, fono da’ Latini dette V niones , e la caufa è quella, perche appena ne ritrouarete due delia medefima grandezza , figura , e nitidezza . Le picciole fono da* Latini femplicemente dette Margarite . Da gl’Arabi,e da5 Pecfiani Lulu . Da gl’indiani Moti. In Malauar , Muto ,eda‘ Portughefi Ahofar, che in Arabico vuol dire Fulfar,ilquaieè vn porto nei inardi Perfia, doue ne nafeono di perfettiffime. Imperochcauenga Dio , che in Barem , in Catifa, snComarin, &in altri porti di quefto mare, fe ne ritrom di buone , perche da1 noftri fu prima co- nofeiuto quefto porto de gl’altri , hanno da quel- lo dato il nome in lingua Arabica Ahofar al Se Perle-* . E di qui c auenuto ancora , che quelle fo- no chiamate Orientali ; imperoche quefto feno dei mar Perdano, in comparatione della noftra Europa c Orientale-». Si generano anco le Perle del Promontorio di Corin per in fino aìl’Ifcjla di Zeilan. La qual pefea è rendita del Re di Porto- gallo -, ma quelle, perla maggior pai te fono mi- nute, enofili ponnoconle già dette pareggiare, perche fono tutte grandi, e perfettiffime, e però quelle fi comprano ancoà più vii prezzo. Ne fo- no ancora neli’lfola di Burneo , lequali , quamun- O que 2ÌÙ Delle Verte guc fi a no grandi non però cedono alle già dette di bellezza. Di quella raedtfima forre ne rrouareie nella China, ma veramente non fono belle . E co- fa chiara , che anco nel Mondo nuouo ne fono-, ma nò fi ponno in neflTun modo paragonare alle Otte- tali *, imperoche > òfenoofeure , e di color nubilo- fo, ò non fono rifonde, nè lifcie . Nafconole Perle nelle cariche . Quelle conche , che nuotano prò à fopra delfacque del mare, generano più grolle perle. E quelle che fono nel profondo del mare, le fanno più minute. Qneftc conche efpofte al Parìa fi feccaoo, e s’aprono , e poi nella carne fi trouano le Per legherà affai, & hora poche/econdo la gran- dezza delle conche . Sene troua anco nelle ncftre ofinche, e ne* conchili, ma fono meno gemili . Di tutte le conche quelle fono tenute per migliori , c per più atte à far le Perle, che fono bianche, e lifcie, da* paefani chiamate cheripo . Delle quali fi fan- no poi cricchiati , e vali da bere . Ma qui è da fa- pere , che quel cheripo , non e quella , che volgar- mente fi dice Madreperla, percioche quefta i pae- fani la chiamano chanquo , delle quali fe ne fan- no tauole da mangiate , ceftelle, e Pater nofiri » Se bene quefta forte di concilile chiamato che- tipo è di fuori fcabrofo , e umido, nella parte di dentro è lifciflìmo, e belhffimoà vedere^ . Por- tanfi quefte ferri di concilili per mercantia in Bengala , don e fi polifcono, e Tene fanno vafi da bere; ma della maggior parte fe ne fanno armil- le, & altre cofc. Era anticamente in quefte peni vn coftume che le virgini di fanguc nobile non po- teuano efler corrotte, e fuerginare , fe non haueua- no le braccia ornate di quefta forte d’ermi! ìc-i • Ma hora non li offerua più , e per quefta cagione fono Capitolo LV 1 1 1"» su fono quelli conchili venuti in più vii prezzo. Li mercatanti di quello paefe , hanno certi iftromen- ti di rame perforati, co* quali fogliono fare il prez* zoalle Perl^>. Onde quelle Perle, che partano per li forami più piccioli , fono di vn prezzo , e quelle che partano per li forami vn poco più gran- di fono di più gran prezzo . E cofi di mano in ma- no, fecondo la grandezza de* forami , e delle Per- le, iìfaloroil prezzo. Ve ne fono di cofi minute# che non fi pcnnoinnertfun modo forare, percioche l'arte è quella , che la fora , e non nafcono , come fi credono alcuni, cofi forate . E però reftano que- lle al li maeftri; fono poi portate in Europa , delle- quali taluolta fi vende Poncia due arte Francefi. Le maggiori Perle , che fi trouano nel Promp torio di Comorin, pefano cento acina di fremente. E fogliono quelle taluolta valere millecinquecen- to ducati l'vna . Io n'ho vedute di molto più gran- di, lequali diceuano ertere dell’Ifola di Burneo, ma non erano cofi belle,come le dette di fopra.Ne ho trouata vn'altra quà , che pefaua fdfanta acina difromento. Dicono, che inuecchiate, mancano di pefo , c perdono di colore . Ho io fperimcnta- to, bhe le Perle fregate ben bene con rifo mezo rot- to , e con fale, racquiftano il primo vigore , e la ni- tidezza. Chiara cofac, che le Perle prefe dopo del Plenilunio, diminuifeono col tempo, ma quel- le che fono prefe inanzi del Plenilunionon fonoà quefto foggette . Apprcffo de gl'indiani di rado fi feruono ne' medicamenti di Perle, ma i Mauritani afiai fpertò , fi come facciamo ancora noi , meteen- do le Perle nelle medicine cordiali . Il Fine del Libro Trimo . O 2 DEL- 212 DELLA HISTORIA DE I SEMPLICI AROMATI, BT j£LT \E COSE CHE VEJ^GOJ^O ■portate dall’ Indie Orientali > pertinenti alla Medicina . LIBRO SECONDO. Dell'arbore M elanconico . Cap. L Av endo à ragionare de i Sempli- ci»^ deile piante dell’India à noi inco gnite,non mi è parfo fuor di propoli- co di incominciare da *vn certo ar- bore » ilquale non norifce mai fe non dalì’occafo del Sole, per infino al nafcimento»e di •giorno mai • Qoefio c yn’arborc della grandezza dell’oliua,con foglie limili al pruno . Al tempo di fiorire , fiorifce di notte. Se il fiore è odoratifiìttf o ; rna perche è delicato , e fragile non ferue à cofa al- cuna,eccetto che de i piccioli, i quali per efier gial- li, fe neferuonoi paefani, per dar colore alle vi- vande, percioche tingono come il zafferano. Vo- gliono alcuni , che l’acqua diftìllata dai fiori, fia buona per gl’occhi , applicandola con vn panni- cello bagnato in efia. E* peculiare arbore di Goa* «dicono efier portato diMalaca. Io non l’hoal- froueneli’Indie veduto. Lo chiamano in Goa,Pa- nzataco,& in Malaga, Syngadi. Lo chiamano an- co Coitolo li 2Ì$ CO arbore trifle, cioè melanconico, percioche fiorii fce Tempre di notte. Raccontano quelle genti vna fauola di qucft’arbore , dicendo, che vn certo Sa-* trapo , chiamato per nome Parizaraco , hebbe vna figliuola affai bella, della quale cttendofi innamo- rato il Soie, hebbe da far con lei^ma poi innamora- toli d’vn’al tra, la lafciò. Entrata quefta figliuola per tal cofa in defperatione, s’ammazzò di fua ma no.Dcllc cui ceneri, (percioche in quelli paefi è an- cora incoftume di abbrucciare i corpi morti) fa- noleggiano , che nafcelfe quello arbore , i cui fiori abhotrifcono di tal force il Sole , che non por.no fofferir di vederlo . Ma la refragantia dell’odor di quello fiore mi hà fatto venire m mente due altri odoratiffimi fiori . Il primo fi chiama Mogo- ri, di gran lunga più odorato de 1 fiori di «aranci* onde appretto de’ padani è tenuta l’acqua , che fe nc (lillà, nel medefimo conto, che in Spagna fi tie- ne l’acqua de’ fiori di narancì. L’altro fiore , del quale qui grandemente fi feruono,è chiamato chà* pe , Se è di più grato odore, che il nottro giglio bianco. Elfen do caduto in ragionamento d’odo- ri,è degna cofa di fapere,che quelle genti fono coli foitemente inclinate à gii odori , e tanto loro gra- dùcono, che a ttai volte non fi curano di hauer da comprarli da mangiare , pur che habbiano tanto da poter comprar de gli odori. E però non fen- za ragione c da credere , che fiano anco più bitta- riofi. 1 prefenti,& i donzelle fi foghono da huomi- ni baffi ptefentaie a’ Re, fono folamente detti fiori, e delle noftre rofe, lequali hanno in cottume di fparger ne* paui menti delle camere de’ Re. Et vfa- no anco corami dipinti di vari j fiorkM’hanno det- to alcuni , che tanca è di coftoro la pazzia intorno O 3 à fiorii 2t* Del Nimbo'. à fiori che i tributi, che fi danno al Re di Bifnager, Cogliono {blamente di odori, e di fiori afccdere al- la fomma quafi di cinque mila feudi di Spagna . ;il Del'Ndmbo. Cap. II. ^ a Chiamasi generalmente da tutti gli In- ,fJ diani Nimbo vn certo arbore, che è della grandezza del frafiino , con foglie fimili à quelle | delBohua, ma vn poco più acute , e per intorno in- t{; cife à modo di ferraci ambidue le parti verdi non c| cinèriccie,nè villofe, fa gran quantità di foglie , il # fiore è bianco,& il frutto è fimile alle picciole oli- jjw" ue. Serue queft’arbore nella medicina-, imperoche le foglie pefte , e mefehiate con fucco di limone , e pofte su le ferite tanto de gli huomini, quanto del- le beftie, fanano merauighofamente . Dicono cfofi quelli di Balaguate, come quelli di Malauar , che il fucco di quefte foghe ammazza i vermini, fiche non è fuor di ragione , per hauer quelle foglie qualche amarezza . In Bifnager , & in Malauar fi caua del frutto di queft’arbore vn olio , ilquale fi porta poi di qua per mercantia , de è perfettifiimo menato caldo à dolor de* nerui * Del 7S(egundo . Cap. Ili . NAsce in Balaguate, de in Malauar vn’ar- boretto della grandezza del perfico,con ra- mi molto fpeflìjiquah tagliati, rinafeono più fpeflì, piùfpaciofi, di foglie fimili al fambucco circina- te, ferrate, per intorno , dellhfìefiò modo, come quelle del fambuco, ma alquanto afprette . Il fio- u è nel cmericcio bianco , il frutto è nero della Capìtolo 111. 21 y grottezza del Pepe, ò pifello più grotto. Vfano quelli di Malauar di metterlo io quei loro man- giari chiamati Card . Il fuonome volgarmente fi chiama Negando . Alcuni in Balaguate lo chia- mano Sambali,& in Malauar Noche . Ha quefto arbore molte virtù • La decottione de* rametti te- neri, ouerarnen te gli (fletti rami bolliti, e mefii fo- pra la carne contufii, ò fattane fomentatione,è vti- lifiimo rimedio, pur che non ci fia ferita. Alle vol- te fi friggono detti rami infieme con le foglie con oiio , e fi mettono sù le contufioni , perche rifoluo- no 1 tumori , e guarifeono . E' coli ordinario que- llo rimedio , che fi petfuadono efler buono ad ap- plicarlo ,ò fritto con olio , ò bollito in acqua. So- naci flati di quelli, che l’hanno pofto su le ferite, & in vna notte l’ha Iellato il dolore, & ha digerita la materia, e poi le medefime foglie mette petto sù le ferite, l’hanno di forte nettare, che rotto fono venute à cicatrizarfì . Le donne dicono , che fono buone à fare impregnare, beuendone li fucco>oue- ramentela decomone, preparando la- matrice al concetto ; ma io direi piu toflo,’ che fi mangiafle, checofi faria il medicamento più gagiiardo:Han- no le foglie non sò che di acrimonia, come il Na- fturdo,dondefifcoprela pianta etterc ih fecahda : Hanno alcuni fperimentato quella pianta ettec buona à raffrenar la lufiuria, e per quefto fi fon metti adire, che fia l’ Agnocafto, ma s’mgannano di gran lunga . Pcrcioche i’ Agnocafto è molto da quefto arbore diuerfo . zió Bella Idea . Della I aca-. Cap. I II L LA laca c vn’arbore nella India a Hai grande, fa il Tuo frutto nei tronco , e non ne5 rami . 11 frutto è grande, di forma di melone, & alle volte più gràde,di fuori verdeggia^ di dentro ro (leggi a, è circondato di molte fpine in forma d’vn riccio» ma tenere, e molli , & entro vi fono certe noci af- fai grandi ricoperte d’vna feorza dura . La feorza del frutto è di fa pare del melone, ma è malageuo- le affai da digerire, e molte volte fi và perfecefio, in quello ifieff) modo, cheli ha prefo. Le peci, che fono dentro fi roftilcono, oueramente fi fan- no lede, e buttata via la feorza, laquale non fer- ire àcofa alcuna , fi mangiano in modo di cafta- gne , alle quali fono molto limili. Chiamali que- llo frutto in Malauar Iaca_r . In Canara , & in Guzerate Panaz . Nafcefolamente vicino alma- re. Hoprouatoin me fteffo, & in altri, che que- lite castagne , ò noci , che vogliamo dire, ristagna- no il fluffo del ventre^ . 1 funi h 1 limi Annotatione di Carlo Clufio. | \\ DEscrive queflo arbore Lodouico Romano , al ^ j iib.al c. ij. delle fue nauigationi con quejìe pa - i role . Sono in Calicut certi frutti 3 i quali fono da coloro (t che rìhano cura chiamati laceri- il tronco dell' arbore è della gradeffa del pero Jl frutto è di due palmite meX- Xp}digrojJeffa quàto vna cofcia d’vn huomo.Si gene- ra il frutto nel tronco , fotto le f rondi 3 & alcuni circa la j 1 pietà del tronco } e di color verde » nel rejfo è fimi le alla | Pigna* Capitolo V • 217 pigna, ma ài piu minuti v in ac ci , In queffo che s’ inco- mincia a maturare , fa vn color 3 che tira al nero 3 e par che voglia marcir fi . Coglie fi queffo frutto del mefe di Dccebre , è di fapore qua fi del melone mofcatello , ò poco differente ,fe min al fapore del cotogno per fico ben ma- turo. Porge nelguffo varij piaceri .alle volte ti parrà di mangiar fauo di mele . tal’hora vn narancio dolce . Di dentro ha certe membrane come il granato ,doueft anno certi frutti nafcofti non troppo differenti dalle cafiagne, ma fe fi roftifcono al fuoco 3 hanno veramente fapor di cafiagne . Per laqual cofa fi può dire, che non ci fio, frutto ne piu eccellente , uc piu degno di quello . Dellamgomas . Cap. V . IL Iamgomasè vn*arbore della grandezza del pruno, nafte da per fe nelle càpagne, nafce an- co ne’ giardini di Bazamj, di Chaul, e di Batequa- ia , armato di molte (pine , con foglie medefima- mente di pi uno, con 1 lìori bianchi , e con il frutto Ornile al forbo, di fapore di pruno ma aftringente. Se acerbo. In^quel che incomincia à fpontare è iìmileal pignuolo. Chiamali da* Paefani lamgo- mas. Ho mtefo da pei fona degna di fede, che il vero modo di feminarlo, è di afpettare, che vn cer- to vccello ne mangi , e poi di hauerlo rimandato per feceffo , feminarlo infieme con quel fterco , de in quefto modo dice nafeer più pretto, e viene an- cora piu pretto à menare 1 frutti . Della Carandas . Cap . V 1 » Ef Vna piata la Caràdas della gradezza deli’Ar buco, e tt alfomigha etiàdio nelle foghe,fa gra quan- 2 1 8 Del Coru . quantità di fiori , dell’odore della MatriTclua , il fruttoècorrie picciole mele, i quali maturi anni- grifcono, di fapor d’vua,al gnfto afiaì grati. La on- de , da molti fe ne fa vino , il frutto ancor verde è della groflczza di vna auelana con la fua fcorza,6c’ fille volte maggiore . Il fuccoche ne ftilla è mol- te volte vifcido, e laciiciniofo . Mangiafi da mol- ti dopoché c maturo, colfale. Hanno in coftu- me mentre è ancor 'Verde, di farlo in falàmoia, oueramente di condirlo con acero. Et in quefto modo fi conferua per eccitar l’appetito. Nafce cofi net diftretto, come in Balaguate, e chiamali carandas. Annotatione di Carlo Clufio . OViedo all'ottano libro della fua Hifloria , al c.i2. ne deferine vno fimile a quefto , dicendo in queflo modo . Nella Jfola Smagrì noia vi e vn'arbor grande 3 e bello, di fo fianca foda & vtile, chiamato per nome Anz,uba , che fa vn frutto grandemente foaue, in guifa delle pere appiane, chiamare ryofcatelle, abbon- dante d’vn {uveo latticimofo , e vifcido, non altrimenti , che fono i fichi immaturi , onde e dijpiaceuole à coloro , che lo mangiano , fe prima non lo fanno fare in ac- qua, e non [premono prima quel fucco con mani , accio - che rimanghi nell'acqua . Del Coru* Cap . VII. IL Coru, cofi chiamato in lingua Canarica,c vn frutro della grandezza dell’Arbmo, ò pure vn poco più picciolo,con foglie di pomogranato, con fiori buchi, di odore come di Matrifelua . I Portu- ghefi. Capitolo VII • 219 ghefi,che fono nelle Indie la chiamano herba Ma- lauarica, imperoche quelli di Malauar furono i primi, che ci infegnarono il modo di feruirfene.Có quefta pianta guarirono coftoro ogni forte di dif- ferueria, haucdo però prima purgatoli corpo del- la maggior parte dell’humore peccante, perche altrimenti ricadevano facilmente nel medefimo male. V fano di quella pianta le fcorze delle radici fecche , percioche dalle frefche filila vn certo hu- mor latticiniofo , donde io da principio giudicai, che filile calida , ma poi che l’hebbi gallata, la ri- trouai inlìpida , e frigida , e poi riguardando à gli effetti che fa , tengo che lìa frigida , & fecca , ma chehabbia più del lecco > che del frigido, 6^ in quella temperanza la tengono ancoi Medici pae- fani. Mettelì la poluere di quella radice pella in vn lambico à macerare infiemecon fiero di latte,e poi vi fi aggiunge dell’Ameos,deli’Appio,del Co- riadro fecco, del Teme di cimino nero pello, e bru- flolato , infieme con vn’oncia di butiro fenza fale . E fi mette tutto à llillare , fe ne caua acqua , della- quale prendiamo quattro onde, e fi mefthia in- fieme con acqua di rofe, ouer di capitelli di rofe, ò di piantagine ,.e fe ne dà all’ammallato due on- cie per volta , doue vedendo perauentura mag- gior bifogno, aggiungemo taluoita la poluere fat- ta de* trocifci dcìi’herba Malauarica . I trocifc: fi fanno delle iftelle cofe,che fi fa l’acqua, dal butiro in fuori , che nor? fi ci mette . Giouano anco aliai i crifteri fatti di quell’acqua due volte il giorno, cioè la mattina ad hora di fella , e due hore dopo mezo giorno. Il màgiar di quelli infermi ha da ef- fer nfo macerato nel fiero , e polli cotti in acqua di rofejda loro chiamata Canei,dandone loro lecon* 220 Bell' me ari . do che la robuftezza , ò fiacchezza richiede . Ma non facciamo loro bere vino in nettun modo $ ma fe cr tutte gran bifogno > lo concediamo nelle dif- fencene già insecchiate . Nondimeno auenga che àmefia faccetto bene Tempre PeflTermi fcruirodi queft’acqua , fori forzato à confettarli vero, che hheròa Malanarica preparata da quefii di Maia- liate di più fpedito giouamc-nto . Preparafi quel- la con le Ut. ttc cofe , che fi prepara la nofìra , ben rrica,e macerata nel fiero, oueio in acqua di rifi, e poi fi cuoce . Scuoci alcuni , che ornano il furco della pianta ancor verde , e ne danno la mattina à digiuno fett’oncie per volta affretti da maggior neceffiti, ne danno altretanto ad bora di Vefpero, Ma perche il fuoco è amaro, e difpiaceuole , fo- gliano fubito bcu-uto , dar loro vn poco di fiero per Jciacquarfi la bocca . Et vedendo ? Malauarefi di haucr dibifògno d ancora p ii gagliardo rimedio, vi lo gl io no mefehiar l’Opio, benché quello non lo confettano mai. E‘ buono parimente, quello rime- dio alla debolezza dello ftotnaco,e ritiene il vomi to dato con acqua di menta, e poluere di mallice . DeWMacari. Cap. Jri 1 1 1 . NA s c e in quella prouincia vn picciolo ar- bottello, ma tuttauia è più grande del già detto, iiquale fòle foglie ,'il fiore, il frutto li- mile al mirto , ma aliai più allringenie. Chiama- no i paefani quella pianta Auacari, e natte nelle montagna . Dicono che fia merauigliofa nelle di fTenterie inuecchiate,che vengono per caufa fri- gida . Mi ditte vn certo vecchio Portughefe di ha- uerla egli fperimentata in vna fua figliuola , la- quale Capitolo 1 X, 22 i Mi quale haueodo per vn’anno inriero patito di di f fen tenace non hauendogl alcun’altro rimedio gio dif. uato mai * pigliò la fcorza di quella pianta pefta, :hc e fattala macerare in acqua di rifo, la pigliò m di guifadiptifana,eneguarì. Dicono > che quell’ar- he bofcello ha l’odore del trifoglio . a- i Della Mangas . fap. IX. tu h bene * frutti dell’India fono molto piùec- iccd s3 celienti di quelli d’Europa , lì come fono i na- na! ranci, i cedri, 1 fichi, le vuede perfidie, le mdagra- jjor ni,e fomigliati, è nondimeno più eccellete, di rutti io, gl’alrri quel frutto, che elfi chiamano Mangas . E’ (o. coli grande la foaunà di quello frutto, che por- er tato con gl’akri frutri già detti nella piazza per di venderli , Quelli d’Ormus , i quali n’hanno gran li0| copia, lafciano tutti gli altri , e quello folo com- nl5 prano. 11 tempo di coglierli ne’ patii caldi fuo- j,;, leelferedd mefe d’^pri!c_j . Nell’ahre parti più unii fredde di Maggio , e di Giugno , alle volte d’Ottobre ancora , (da elìì chiamato Redolilo ) e di Nouembre_^ . 11 qual frutto vana di bontà , e di fapore , fecondo che fono vari; 1 paefi done na- » fee • Il miglior di tutti fuoleclTer qudìo, che na- it. fee in Ormus. ApprelToàquefio, è quel di Gii- ^ zerate, malfimamente quello, chemer eccellen- ^ zac detto Gazeranno, di grandezza , per dire il vero minor de gi’alrri, ma di fapore, e di odore, ,|t auanza tutti, liquale ha di dentro vn picciolo noc- ciuolo . 11 terzo luogo in bontà tiene quello di \ Balaguate , al generale è più grande di tutti gl’aitri. Mi raccordo di hauerne 10 veduti due, che pefauano quattro libre, e mezza . Ma fra tutti pa* ' re li ■ 222 Della Mangas I re à mecche fiano più foaui quelli, che vengono di Chacana, di Quindor,di Madaneger, e di Dulta- bado , principali città di Nizamoxa . Sono buoni etiandio quelli, che nafeono in Bengala, nel Perù, &in Malaga. Io n’ho vn arbore in vnamia pof- feflìone , che ho in Bombaian , che produce detto frutto due volte l’anno; imperochefail fruttoil mefe di Maggio eccellctiflimo di fapore, e di odo- re^ poi in fine dell’Autunno , fa l’altro, molto più del primo commendato per nafeerfuordiftagio- ne . Il color del frutto, è d’vn verde,che folleggia. E* di gratifiìmo odore fi mangia mondato dalla feorza infufo in alcun vino gagliardo, ò pur fenza vino , fi come fi fa delie perfidie duraci . Si con- duce ancora col zucchero, talhora con aceto , olio,e fale, poluerizatoci nei mezo, del gengeuo,e dell’aglio . Alle volte fi mangia con fale , e talho- ra bol lito in acqua . E' frigido & humido, fi come fono le perfidie • Dicono,che i fuoi nocciuoli rodi- ti, fermano i fiulfi del corpo , ilche ho io ritrouato efler vero,& il midollo, che ftà dentro del noc- ciuoLo mentre è frefeo ammazza i lumbrici,e le ti- gnole del corpo . Et tutto mi par ragioneuole, per e fiere amaro . Annoratione di Carlo Giulio . Mi riduce quefto frutto à memoria il laiama del- l’Quiedo deferitto al 7. lib.de Ila fua hift ormai cap . / 3. becche maggior famigliatila moftra di hauere col fuo AnonAel quale (crine al libro ottano , al c. 1 8. io fermerò qu) l* hiftoria.cofi dell3 vno. come dell'altro , ac- cio che i Lettori giudichino a qual de ’ due piu s* affimi « glia. Avori 3e vn3 arbore che molto s’ajfomiglia al Gua~ xiabano. Capitolo IX. 22$ mbano , cofi di fattela, di grandeffifà, di foghe, e di fòfianza, come ancora difeme * Diffrifcono /blamen- te in due cofe,cioe nel frutto, ilquale e minore ai quel del Cuanabano e nella fcorzd ; per ciocie la forza di que- llo è gialla, e quella del Cuanabano è verde . Difi enfio- no ancora, perche à mio parere e piu grato al gufo P A non , che non e il Guanabano per efier di polpa piu foda . L'vno , e l'altro gl' indiani di America hanno in gran (lima , e li colmano con gran diligenza nelle lor pefe/Jìoni . Tutto queflo riferì (ce Ouiedo dell' Anone, itera vediamo ciò che dice della laiama . Nafce nella Spagnuola, e nelle altre lfole vicine , vn frutto , il quale da nofri per la fomiglia?i\a,che ha co li nocciuch di pi- gne , e chiamata pigna , non già perche habbia queflo quelle fquame legno fe , ma perche la forza e nel mede- fimo modo figurata, ma ferina fquame . E fi taglia col coltello inguifa di melone . E fi come di bontà di fucco eccede di foauità tutti gl' altri , cofi medefimamente ec- cede in vaghezza di colore , ejfendo di vn colore , che nel giallo verdeggia . Et fecondo che fi và maturando , perde del verde • L'odore e fiauiffimo , quafi fimileà quello delle per fi che, majfimame. e di quelle, che in Ita- lia , e cofi medefimamente tn Ijpagna hanno prefo il nome dalle mele , e dalli cotogni , & e di grandeffia di vn comune melone . Nafce ciaf un frutto da vn certo cardo afferò, efinofo , con certe foglie lunghe, dal me- zo delle quali forge vn germoglio ritondo, con vn fol putto , il quale dopo dieci , ò dodici me fi fi matura , e toltone via quefia , non vi nafce piu in quefta pianta altro frutto , e pero come co fa , che non ferue à nulla, fi getta via . Nell' e fremita del frutto , & alle volte nell' e fremita del caccole fiotto al frutto , nafeono al- cuni rorìfi, o torrioni , che vogliate dire , come germo- gli, che danno à i frutti grande odore • Quefliferuona in 224 Della jM ùfa • in luogo di feme. Si mettono tre dita fitto terrari moà do che la metà del torrione appicca fuori del terreno 3 e quefti fanno le radi ci 3& al fuo tempo il frutto. Sono va- rie forti di que (fi frutti 3 iquali fecondo la varietà della lingua 3 co fi harmo vari] nomi 3 ma tre fpecie differenti fenemofirano . La prima da paefani 'e detta laiama* La feconda e detta Boniama . E la ter%a Jaiaqua.Que- fi a vltima e bianca di polpa 3 al gufo è vino fa 3 ma al- quanto aceto fa3& acerba. Il Boniama e di polpa bian- ca 3 al gufo è dolce 3 & ad vn certo modo infipido . Il ]aiama3 'e piu lunghetto di tutti gl’ altri 3 & è di polpa, che tira al flauo 3 dolce e foaue al gufo . E per tutta la polpa fono Jparfe alcune fibre fittili (fime3 le quali auen- ga 3 che mentre fi mangiano non facciano alcun male al palato tuttauia mangiandone (beffo nuocono alle gin- giue. In certi luoghi nafcono quefii da perf ?3 per i cam- pi in affai abbondane , ma quelli 3 che fino coltimti 3 fono molto più foaui 3 emette gran conto a coltiuarli3 perche ricompenfano le fatiche . E abbondanza .che ve n’e3 l’ha fatto venire in poca flima . Quelli che nafcono nel difiretto fono cofi m bontà 3 come in grandezza da gl' 1 folani preferiti àgi altri. Il frutto dopo che è matu- ro 3 non fi può più di quindici 3 ò venti giorni confida- re . Fin qui Ouiedo T eut.al hb.de fingolari d' Ameri- cani cap.46.dice3chequefto frutto 3 da quei di Brafil3 è chiamato Nana 3 e che quando fono infermi 3 ne man- giano affai .• E ne deferiue vno al medefimo hb. al cap.j$- fimile à queflo3 chiamato tìoynn . Della Muftì, Cap . X. QV està pianta vna fola volta fi femina3impe- roche feminata vna volta, pullulano dal tro- fei co molti germoghjche poi douécano ar- bori. ri*. Capitolo X i 22 f bori .11 tronco è di fcorza fquamofa, fatta di^ foglie, c le foglie fono grandiflìme di due cubiti 1 vna, e forfè piu di lunghezza , e di larghezza vn cubito, con vna calla larga , e grotta nel mezo . Non pro- duce rami, ma da i germogli efeono certi fiori con- giunti inlìeme, di coiore,che tira al rufo, di forma di vn’ouo, luoghi vn palmo, doue appaiono per in- torno i picciuoli, ccnco, e duceuto infieroe,e taluol- ta più, che foftengono i fichi • Naice in Ganara, in Decan , in Guzerate , & in Bengala , fono da loro chiamati Quelli. Nafce parimente in Maialiamo- li fe gii dice Palan , & in Malaio , doue fe gii dice Pizan- Nafce in molti altri luoghi &c in Africa an- cora , in quella parte chiamata Guinea, doue lo chiamano Bananes. Gli Arabi chiamano quello frutto Mufa,oueramcte Amufa, coli l’hanno chia- ssato Auieenna,Serapione,e Ralìs, che hanno per particolar capitolo fcvitto di quello frutto . Ne haueranno altri ancora perauentura fcritto , ma à me non è occorfo di hauerli letti. Di quelli frutti quelli fono più lodati, che vengono di Marcaban, doue furono da principio portati di Bengala , do- po furono feminati perche fallerò migliori , & bo- ra fi chiamano fichi Martabanis. Sene trouano certi altri , al mio gullo più faponti , e più odoraci, chiamati Cenorins, e fono quelli latti, e pieni . In Malauar ci fono di quelli, che fono chiamati ehm- chapalones, foaui, e grati al gullo, fono pieni , e di color verde . Lodanti parimente quelli, che nafeo- no in Safala , da gli Echiopi detti Intinga • Se ne ritroua vna certa tòrte , in Bazaim , & in altre pro- uincie , il cui frutto è largo pieno , e lungo va pal- mo . Quello rotino, e poi metto in molle, nel vino, c gettatoci della Canelia di (òpra , è di miglior la- D p poro u 226 JDellaAiufa . pore del 'cotogno roftito . Quefto ifteffo frutto aperto pel mezo , e fritto nella farragine con zuc- cherose carrella di fopra,crariffimoc!bo.Auicenna al z.ìib.ai cap.491. ferine che ha di poco nutrimen- to, e che generi colera, e flemma infieme, ma che giòui àgli incendij del petto, e del polmone, e che noccia allo ftomaco 5 e però à quelli , che fono di natura colerici, fi dee dar follimele, con gli temi. Se à quelli, che fono flemmatici, dee darfi il miele. E* buono per le reni, e prouoca Forma . Rafisal 5. ad Almanfore , al cap.20. dice , che fia nociuo allo ftomaco , e toglie la voglia di mangiare, ma che moue il ventre, e lenifce Fafprezza della gola. Se- ra pione al Iib.de* Semplici al cap.84. ripone di te- ftimonianza altrui, il frutto Mufanel primo ordi- ne di calido, &?hiltnidò* E dice elfer buono à gli ardori del petto , e del polmone, ina coloro che ne mangiano affai , fi fentono aggrauare lo ftomaco} e dice, che fa aumentare il concetto nella matrice. Gioua alle reni, prouoca F orina, e ftimola venere. 1 Medici Indiani prohìbifeono tal frutto nelle febbri. Se in molte altre infermità. E‘cofa da muouerle rifa quel, che ne fcriue vn certo Frate di San Francefco , in quefto modo dicendo . Qua* mafi quefto gentil fruttoMufa, percicche vera- mente é cofa degna delle Mufe, ouet amente , per- che le Mufe vfano tal cibo , aggiungendo appref- fo , che quefto fia quel frutto, che Adamo mangiò nel Paradifo . Annotatione di Carlo Clufio . HO molti anni portata opinione , che il frutto Ai u\a de gli strabi f riffe quella pianta , della quale Capitolo X . 227 quale fa mentione Plinio al il. lib.al c. 6 -con qui fi e pa- role . La' altra e maggior del melo 3 e di fiatata molto piu eccellente, che i fhpicnti delle Indie mangiano Je cui foglie fono come ali di v cetili funghe tre cubiti e larghe due , canario il frutto della fiorTa di meramghofa dol- cefifa, e con vno fi fanano tre perfine. L’arbore e chia- mato Pale,cr il frutto Ariene. N’ e gran quantità nel- le Sidraci termine all'effercito'di A le fiandra . Et per- cioche quejio quadra affai bene alla defirittione dei frutto Adufa , arrogefi à quejio che la proni nei a di Ai alauar , che e fopra il fiume Indo , e fitto al Gange * ritiene ancora il nome di Paloni, d'onde fi vede battere i Latini tolto il lor Pala . In Li sbona, dotte n'ho alcune piante vedute , benché infruttifere , fi chiama ancora adefjo fìguera Bananas, cioè fico che viene di Banane* Ho ritr ouato il fuo ritratto effer ben dipinto nel Com- mento del Adattinoli [opra Diofioride >nel capitola del- la Palma . Là mentione di quejio frutto Lodouico Ro- mano al quinto libro delle fue N auigatiom , al capi i doue dice , che cene fta di tre forti. Aie fa mentione an- cora L rance fico Brocardo , ilquale ha definito la ter- ra Santa fitto nome de* pomi del Par adì fio 3 il quale itt unto è fiato figuitato dal Cardano nel fuo libro del- le fotti h tà . Lo de ferine ancora Theueto , al libro de* [iugulari d' America , al cap.33. e dice il fruttò chia- mar fi dagli Ameriani Pacona , e l' Arbore Pauaquo- uere . Ouiedo lo chiama , ma impropriamente , Pla- tano allottano libro dell' hi fi ori a delle Indie , al capito- lo primo , la cui defcrtttione come piu copio fa dell' al tre per non faflidire i lettori va ripeterla molte volte , noi la porremo qui Ritrouafi, dice egli , quejio frutto fit- to nome di Platano , tutto che non fi pojfa dire che fid tvero arbore , ne che fa vero Platano 3 ma pianta non peculiare delle Indie > ma fiotto nome di Platano da p 1 altre 229 Della Af tifa . Mire parti portata. Crefee talvolta quella pianta im- propriamente detta Platano ad altera grandi (finta, e s’ingrofia quanto vn'huomo . Tal' bora non Ji fa piu groffa d’vna cofcia a' vadimonio , J e condo la qualità del terreno 3e la fertilità del luogo . Fa le foglie dal princi- pio del tronco per in fino alla cima gr aridi ffim e 3 lunghe alle volte di dodici palmi 3 e di tre ò quattro larghe 3 & alle volte minori . Leqùali fono ageuolmente m vane parti da venti in ci fé 3 e fi veggono co fi t nei fi, pender da quella cofla3 che hanno nel me fio . T utta la pianta e co- me vn germoglio 3 onero vn furculo 3 nella cui fomnntà nafte vn picciuolo 3 ò vogli dire vn maglio lo della grò fi fefifia d3vn braccio 3 che produce l’vua 3 che hauerà verni 3 ò trenta 3e taluolta cento 3e piu frutti di vn palmo di lunghefifia 3 e digrofieffia quanto il braccio 3 molte volte piu grandi 3 e tal3 bora piu piccioli , fecondo la fertilità , e bontà del terreno . piala fiorila affai graf- fa , ma facile à fiorticarfi 3 doue ha dentro la polpa 3 o vegli dir carne 3 filmile alla midolla del bue , l'vua fi ha da corre intiera 3 prima che fi maturi 3 cioè quando al- cun de i frutti incomincia à dmentar flauo 3 ilquale fi appicca poi nelle cafi doue fi finifee di maturare - aperto detto frutto per il lungo in due parti 3 e poi fat- tolo feccareal Sole 'e di grati [fimo fapore 3 & auan- i fichi fecchie di bontà 3 e di nutrimento . Ai e fi- fi fu le tauole 3 e cotto al forno conforta il core 3 & e foaui filmo . Sonoci alcuni 3 che lo cuocono con le carni 3 ‘punendone pero prima leuata la feorfia e meffo nella pignatta dopo che le carni faran mc\o cotte s per cioè he non comporta gran cocitura 3 ma non è da fi egli er fi ne troppo maturo , nè troppo acerbo . Sonoci di quelli 3 che lo mangiano crudo 3 ma maturo 3 [enfia altro condi- mento, e digratt filmo fapore, & è falubre,e di leggierò fi padifte . il tronco, che produce il frutto è d’vn anno; Capitole X 1 o 229 miti’ (fi vnti folti volta in vita produce il frutto . A4 a fanno Mi 1 alle radici cinque, e fei,e piu germogli, i quali rinouano b fu le piante , che nelianno feguente producono il frutto . uid T oltane inutili getta via la pianta3contc cofa muti- mi- le. E' co f fertile quefla pianta, che mai muore, ma fem m$t pre fa mtoui germogli , che fi può tutto l'armo hauere '> (t abbondantemente de 1 frutti . Le formiche fanno gran Vffìf danno a quefie piante, e però da principio, prima che ri - Iti'iff troua fiero il rimedio, fe ne fec canario molte . E fi come «ti* habbiamo da principio detto , quefta piantale qui fora - miti fti era,effendo qui fiata portata l'anno della mi fra falu - ftf‘ te 1 s / 6- della gran Canaria. Quefio ho tolto dalla luti - iM ga defcnttione d'Ouiedo . I0 . ' ' fa Dei Dor ioni . Cap. XI. k o ■ ? ^ R A i più celebrati frutti dell’Indie vi é quel* li» 0 lo che in Malaca è chiamato Doriones.ilquale fk è della grandezza d’vn melone con feorza foda , c Ni* conserte emihemie appuntate, in modo, ch*è quel \è frutto , che in Goa è chiamato laca. Del qua le al tri- capitolo quarro habbidmo parlato. Di fuori è ver* i de, e di dentro concauo, & in ogni concavità vi è il b feme della grandezza d’vn’ouo di gallina , di co- f lore , e di fapore limile à quella miltura , che fi fa re di mandole pefte , di farina , di Urte , d'acqua di ni» rofe5e zucchero , che chiamano bianco mangiare* iella ma non coli molle, nè meno cofi vjfcofo, ben-. 4 [bt c^e in alcuni frutti fi rmouachenonè bianco » riti ma di color pallido ♦ Dentro alqual Teine vi è ^Vn officiuolo fimile à quello del petfico , ma ri— Hip tondo. Le foghe fono mezo palmo lunghe , ap- pt punrate, al gufto falfe, e dalla parte di fuori di 0] color verde chiaro , e di dentro di verde ofeuro* p * n £3 * Belli D orioni . Il fiore n&l bianco rofleggia . Dicono, che l'arbore fia della grandezza della noce, con foglie di Lau- ro. Alcuni alrn lo defcriuono in quello modo. Il fruttpèdi grandezza d’vna Pigna, allevolte molto più grande , & è quali dell’iftelfa figura , fe non che ha quelle eroinctie,ò vogliamo dir tuber- coli piu fomite più acute,qualì limili alle fpine de i ricci. Dentro vi fono quattro cócauità, douefiri* ferba la midolIa,ouer polpa, limile à quel graffo di lattiche gli SpagnuoJi dicono nataci Francelì cre- me^ gli Italiani capodilatte . La foglia è verde fi- milead vna punta di lancia, con due r.eruerti per il lungo, donde poi per tutta la foglia fi fpargonoal- tre vertette. Dicono l’arbore elfer grandilfimo, e non produce frutto per infinoài quaranta anni. Alcuni altri dicono elfer fruttifero dopo il quarto ?tnno. Il frutto dopo d’elfer maturo, e di color verde, ma fm orto. Annotatione di Carlo Clufio . Sì confu co queflo frutto quello ,che da Ouiedo e chia- mato Guan ubano , da lui defcritto allottano libro della fu a- hi fona, al cap‘27Ùlquale dice nafcere per tut ta ì' si meri cacche chiamano il M ondo nono . Adun- que il Gmnabano e vn' arbore alto, e bello, e con foglie di Limone . il frutto e belli [fimo della granaci z.a di i i ' 1 1 fi Coitolo XI . 231 rrn della polpa ci fono certi femi grandi 3vn poco mag- giori di quelli dell a^ticc-a 3 ma neri . Il frutto e fri- gido; è molto àpropojito in tempo di State . Im per oc he attenga 3che fi mangi v vn’huomo 1 in Guanabano intero 3 .non però ne ferite alcun nocumento . Il legno e di mate- riatenera. Qtiefto dijfe Ouiedo . Tarmi quejlo Gua- nabano grandemente diuerfo da quello 3che Cefare Sca- li ger fenuen do centra al Cardano nel libro ottauo de Subtil. extfcit‘28 1 • parte 6 • in quejlo modo dicendo . il Guanabano ir arbore della fatte'fz.a del tronco del Tino 3 alto 3 con foglia grande 3 e lunghetta 3 col frut- to della grandefrad'vn melone . La fiorila e ai co - tor verde frifplèndecome quella del cotogno digrofef- zrad’vn dito . La polpa di dentro e bianca 3 dolce co- me il latte apprefo 3 didentro ha il feme in guifa di fa - giuoli . T éngo opinione y che quejlo fia quello 3c he que- sti anni àdtetro fu in Anuerfa portato di A4oz,ambi- 'q uc \ di' Ethtopia, il frutto era grojfo di lunghezza me- tLO piede 3 ricoperto di dura 3 e de» fa feor fa 3 con vna lanugine fattile V, e molle, ma verde per intorno 3 come fi vede ne i cotogrthhapsr ti lungo certe vene 3 ò piu lo- fio certi fole hi, m gufa di meloni . La parte efirema fi nife é appuntata 3 e nelT altra , donde pende dar ami, fta attaccata ad vn picciuolo fermo 3 e fibrofo 3 badi dentro la polpa bianca 3 della quale fi feruono gl E- thiopine gli ardori delle febn per ifmorfarla fate, perhauere vn piaceuole fapore accido . Quefta dopo 3 che e fece de frangibile di mòdo , che tritar ata con le dita 3 fe ne fa farina 3 ma ntien fiempre la fua acidità, • JDetro di quefia polpa fonofparfi i femi , che fopoigliano rignoniyouer amente tl femeÀcl vero Anagin/mf di co lor nero rifplendete, e paiono appiccati co certe fibre al- T ombelico 3fi c ome ftfuo nel fino ritratto vedere Que/h feminati. fottotér a 3 fecero alThora le piante con foglie J J p 4 finali 2?2 Detti D òr ioni fimiti al lauro,, ma pei venendo il verno , fi feccamwS J/rf altro fimile à quello ne deforme T heueto , ma coti foghe diuerfi,al i o .c. degli fingo lari dell3 America con quelle parole . T re fono nel Promontorio dett’Ethiopia djfiole dell’ Ejperide , volgarmente chiamate capo ver- de. In vna di quejie vi è vn3 arbore conile foglie del no r ftro fico , col frutto lungo quafi due piedi, e grò fio, non molto dìuerfio dalle lunghe, e grandi yucche C (prime * Mangiano alcuni quel frutto nel modo, eh e facciamo noi i meloni, doue dentro fi trouano i fierm della grò ffefig ¥a di vna faua, di figura, come rignoni di lepre Soglio- no alcuni di quefh cibarle firme , alcuni altri ne fanno collane per ornamento del collo , perciochefecche,e ben mature fono vaghe a vedere . Narra Theuetc,e moki altri, che apprefio i Gambali fi ritroua vn’ altra forte di frutti, la htt defcrittione par che molto fi confa eia col no ftro , maffimamente fornitine quel di dentro y che da neffim e dejcritto. E pero è cofadubbiofa, & m certa, fe c di dentro vi fonoi femi come fagiuoh- La defcrittione e que ffa . E ragli altri arbori, che fono apprefio de 3 Cani- bali, vi fi vedde vn frutto grofio poco meno di vna 7fitc - cagna fimile à quel melone chiamato citrullo , di for- ma foglietta, onero Ouafo jn grufa dell’ ouo dello Struz- zo. Non /’ v fimo per mangiare, ma e vago all’occhio à ve dere, maffimamente quando L’arbore e carico. 1 Ca « nìbali ne fanno vafi,de ’ quali fi feruono in certa lor fu- perftitione , imperoche fonatene la polpa , lo empiono di miglio, onero di pietrulfre, ò d’altro fomigliante, e di fuor: lo guarnifeono di varie forti di piume , e poi fo- randolo di fitto, vi mettono vn baftonc, e lo piantana in terra . Nano co fiume di co fer-uar nelle lor cafiine tre, q quattro di quefii frutti. Si credono che tutta volta,che maneggiano , e Jcuotono detto frutto , chiamato in lor fongua Alaraka,e T amaraka con mani, che quello per caufa Capìtolo XI. 23$ caufa del miglio }ò di quelle pie truffe, che vi fono den- tro facendo rumore , parlino con il lor T opan , cioè con il lor Dio , e da quello hauere i nfponfi . Co fi dai lor Taygi,che fono certa forte di gente , che col fuffuwigio deldherha Petun,e con certi loro ine antefi mi ,è loro dato acredere, che il loro T amaraka ha virtù diurna . De- ferirle Ouiedo all* ottano libro dell* hi fioria Indiana , al capitolo quarto, il H iguero tetrafillabo in quefìo modo . Higuero è vn' arbore grande quanto vn t elfo-nero ; il frutto e finale ad vna zjuccar itonda,& alle volte e luti ghetta, ma quello chi è ritondo fe d’vna tondefzji mera - mghofa. Fanno di quello ta^fzje, & altre forti di vafi, la materia è forte, & atta à farne fedie, [canni, felle di camiti, & altre cpfè diiegname; direi ,chef offe d 1 ma- 1 evia come il n arancino come il melagrano • Si feor fi- ca di leggiero, ha la foglia lunghetta, e fretta, laquale naTeftremità fi allarga, e poi per infino al picciuolo fi và refìrtngenao . Gl* Indiani in tempo che non hanno altro frutto di. quello , lo-mangiano, cioè la polpa fola- mente, laquale } fimile alla polpa della \ucca verde , il colore, e la forma e di Tfutca . £ ' co fi grande ,-che può capir dentro nel maggior frutto, che ci fia,vna libra di acqua . Jl piu picciolo non e men grojfo d’vn pugno, Qucfio arbore è ordinario nella Spagnuola, e cofi pari menu w molte altre J fole , & tn tutto tl diftretto dei- Ritrai- £34 Ritratto del Guanabano del Come 6 dee chiamar quefto frutto feguente,ef- fendo raroae foreftiero,non è da farne poco cafo-E però mi ha parfo metterlo in quefto noftro Com- pendio,per far cofa grata à coloro, che di Semplici li dilettano, iquali n’haueranno grana non à me, ma à Coldebergo,dal quale io l*ho hauuto . Io 2 fé Io mitrouo di quefti frutti, ò pur di fimìli à quelli, due filze infilzare di filo xiJino , & vn*altro d’vn certo fumo fatto ad an- gui: .Ogni filza, cu ero ogni collana, chiamata Lora , ha dire, ò tre reticelle fatte di filoxilino, dalle quali pendono i frutti vacui in guida, che ho fatto io qui ritrarre. Soglion o i Canibnli ne’ loro balli portar qu e fi • filze ligate alle gambe, fi coro e'appr; fio de* Mauri t a ni, e degli Spagnuoli è in vfo di portar le Noie, e le cam- panelle.E cofa merauigbof quanto quefti frutti toc andofil’vn ccrn l’altro, rifonino . DeTvltim© ha fatto mentione Theueto al libro de ’ Angolari deli’ America, ai cap.3 $ .in quello modo* HHOTAJ DEL THE VE TO • là IlfilO; 1,(1 àk lidi santial! incedo ioteid feo,l beni «ino pip pai àflnip WM fredde N gualcì pttfai ciàii che 'veramente parea abbracciato di poluers Coitolo XV . 241 d’archibugio . Ilche giudico io efler coli occor- ro per la 'Vifcidità, e lentezza delia polpa me- fchiata con qualche aftrittione. Onde accefa vna volta , arde più gagliardamence , che non faria al- cuna cofa Cecca , fi come veggiamocheil ferro in- focato abbrucia molto più y che non fa il legno, ouer fioppa-» . Del Carambolar . Cap. XV. Ritrovasi vn frutto in Goa quanto 'Vn picciolo ouo di gallina, dipinto ( fi come ap- pare) in quattro parti di color flauo . Chiamali in Malauar Carambolar. In Canara, & m De- can Camariz. In Malaio Balimba»,. In medici- na non ferue mai , eccetto che fi dà nelle fcbri quo- tidiane . E del fuo fucco infieme con altre cofe appropriate, Tene fanno colliri j per gnocchi. Il fruttoè grato à molti , malfimamente quello , che ha fa por divino. Sicondilce coi zucchero, &è gratilfimo al gallo , io me ne feruo in 'Vece dei firopo acetofo . Del Ber. Cap. XVI . Chiamasi in Canara quello frutto Ber, in Decan Ber,in Malaia Videras,e quello c mi- glior del noftroìma cede poi di bontà à quello, che nafcein Baiaguate. L’vnoè piu foaue dell’altro, e ritien Tempre alcuna cofa di collrettiuo ; ma non fi matura mai coli bene , che fi polfa feccare , fi co- tne fa quello > che nafce in Amafegua , e però non Q_, può - 242 Dell3 Ambare . può effer pettorale, nel modo , che fono le giugio- le, delle quali c folitofarfiil firoppo. Ma per non efferci qui altre mele buone da mangiare, lì come fono le camofedi Spagna, chein Italia fi dicono paradife , fono quefti frutti qui apprezzati . L’ar- bor, è differente dalle giugio!e,e della grandezza del melo, e delle medefime foglierà meno mon- de, & è alquanto fpinofo . Deir ^ tubare . Cap. XV IL TRovasi quefto frutto qui nelPIndieJ, & è chiamato A rubare, della grandezza delie no- ci. Li Medici non fe ne feruonoàcofa alcuna. Se» glionocon quefti dar condimento a' cibi , per farli più grati al gufto . Dopo ch'è maturo , è odorife- ro, &hanonsòched?acetofopiaceuole. E4 rico- perto devila certa feorza cartilagmofa , laquale mentre il frutto non è maturo, è verde, ma poi di effer maturo è di color foluo . Annotatione di Carlo Giulio . CHiama quefto frutto Lodouico Romano ni f. libro delle fue Nauigationi, al cap. ij. Am- ba con queffe parole . Vie , dice egli vn’ altro frut- to chiamato Amba . Il tronco e detto Magna , & è fimile all'arbore del pero , e ve n’è gran copia . RajfomigLiafi que fio frutto dopo eh' e maturo , ad'vna noce delle noflre . Quando e maturo e foluo, d’vn co d lor rivendente . Sta il frutto nafeofto dentro la fior- ai , tnguija delle mandole ficchè . E piu foaue alga - Capitolo XIX • 24 3 fio delle damarcene 3fi condirono quefli frutti ne i ha- rili 3 fi come qui da noi fi condifcono l' oline 3 ma fono molto migliori . Delle Iambolanes . Cap . XV II I. NAsce da per fe per le campagne vna pian- ta delle fattezze del mirto, ma con foglie d’arbuto; produce vn frutto limile alle più grof- feoiiue, ma grandemente al gulìo aftringente s chiamanlo i paefani Iambolanes . Acconciali in falamoiaad vfanza d’oliue^ . Ma nè quello frut- to , nè meno la Iaca è tenuto in quelli pacli per fa- lubro . Del Brindones . Cap. XIX. Ritrovasi in quella regione vn certo frutto chiamato Brindones,che di fuori è alquanto ro(Io,ma di dentro è rodò come (angue, &cdifa- pore affai acetofo . Ritrouafene alle voice di fuo- ri nero; ma tal colore viene dopo d’elfer maturo, e non è coli acetofo come l’altro , ma di dentro non èmen rolfo del l’altro. Piace ad alcuni quello frut- to, maàme non mi diletta , per elTer troppo a ce- tofo . Se ne feruonoi tintori . Le feorze li confer- uano , e li portano poi per mare in altre parti per far l’aceto. £‘ l’hanno certi Portugheli fatto in Portogallo . Del Melone Indiano . Cap. X X . Ritrovasi nell’India vn certo Melone aitai grande, & ritondo,eon certa poca lunghezza '244 Del Melone Indiano i quali in forma ouale. Ilqualeda Portoglieli., che habitano nell’Indie , è detto Pateca, hauendo cor- rotto il vocabolo dell'lndie, doue Io chiamano Ba lice. Non tagliano coftoro quefto Melone per il lungojcome facciamo noi il noftro Melone, quan- do vogliamo mangiarlo, ma per li trauerfo,e ben- ché i noftri Meloni fiano dolci più di quelli , non- dimeno il loro cfoaue , e rinfrelca merauigliofa- v mente. Rifoluefi tutta la polpa in acqua3è buono nelle febn, che vengono da humor colerico,è buo no ancora al rifcaldamento direni , e di fegato , fi comehabbiatno dalla efperienzaimpararo. Pro- uoca l’orina . Quelli che fonofani, lo fogliono mangiare tre horeinnazi definare, ma meglio fa- riano , fe lo mangiacelo in principio del mangia- re. llfemedi quefto,prima che fia maturo, è bian- co; ma dopodieffer maturo è nero. Prouoca il fonno',e fono quefti femiffe ben noi non ne habbia- mo,tenun migliori di tutti gl’aitri Temi frigidi. Di- cono gl’ Arabi , & i Pcrfiani, che la prima volta fu loro quefto frutto portato dall’India, c però Io chia amarono Batice Indiano, cioè Melone d’india, co- ; me anco l’ha chiamato in molti luoghi Auicenna Batice in lingua Indiana, che vuol dir Melone^. Ma i paefam dell'Indie lo chiamano calangari » Auicenna fa mentione di quefto, al libro 4-fen pri- mari cap.3p.nel cap.de pura tertiana, doue gran- demente lo commenda . Hannofi creduto alcuni, che quefto (ìa’l Melone , che nafte in Caftiglia di 5pagna,chiamato Budiecas,dicédo,che fa corrot- to il vocabolo, volcdo dir Batiec, dicono Budiecas; ma di gran lunga s’ingannano; imperoche differi- sce afiai da quefto , non folo di foglia , ma di tut- ta ia pianta , laquale non và per tetra ferpendo in Capitolo XXI , 245 guifa, che fa il melone d’india, ma crcfce in alto. Non fapeuanoi più dotti Medici di quefte bande l’vfo di quefto Melone inmedicina,percioche non fogliono confederar le cole molto minutamente* ma curano foJamente per efperienza;e per confue- tudinej ma poi che da me furono auertiti/e ne in- cominciarono à ferine^ . t Annotatione di Carlo Clufio . PA r m 1, che con quefto frutto habbia certa fornì* gli arila, quello 3 che Lodouico Romano al j. libro al cap. if. delle fue Nauigationi in quefto modo deferì - uè . Sono in Calicut certi frutti fimili alle yucche, ma piu. atti a condir fi de cofa degna di farne mentione3chia - manfii Comalange 3 nafte in terreno lauorato in moda di Ad elone . Del Mango . Cap. XXI» IL Mungo è vn feme verde, che poi maruro fi fa nero, della grandezza del Cor andrò fecco ; è cibo dicaualli, ma talhora ne mangiano gli huo- mini ancora . In Guzerate, & in D.can fc ne fer- uono i paefam nelle febn in quefto modo. Il fe- licitante non mangiari per dieci, e talhora per, quindici giorni, dopo le fi dà la decorsone di que- fto frutto , dai quale non hauerà di tutto leua- ta la polpa , e dopo quefto feorticato il Mungo* glielo danno cotto in modo che fi cuoce il rifo * E non danno loro il pane di fromento, fe noti dopo molti giorni. Non manca in quefte ban- de fromento , auenga che non s*ingraftìno » e non Iauorino i terreni come facciamo noi. Ma 24.6 Del Curcas fa perfida Indente araro il terreno, con la propria graftezza,& alle volte ancora fenza pioggia, il fro mento feminato del mele di Notiembre , fi racco- glie maturo alla metà del mefe di Gennaio. Dico- no, che quefto Mango nafee anco in Paleftina . Fà di quefto mentione Auicenna al 2.1ib.al cap. 488. c lo chiama Mede. Il Bdlunefeha tradotto Mcs. Io ho intcfo da dotti Medici Arabici , che deue dir Mex. Ne parla anco in vn*aItroluogo,aI primo li- bro, fen terza,al cap.7. doue prohibifce,che non fi mangino gli vccelli infieme col Mex , efiendo pe- ricolo>che il Mex ancora crudo,non fia portato in- terne col chilo al fegato . Del Curcas. Cap. XXII. IN Malauar nafee vn frutto di grandezza dcl- Pauellana con tutta la feorzaj ma non è coli ri- tondo • E* bianco , de è di fapore di tartnfoli cotti . Chiamano quefto Chiuiquilenga,cioc vn picciolo Inhame.Id Catrojdouen’ègran quantità, lo chia- mano Curcas. E cefi medefimamente fi chiama in molti luoghi di Malauar. In Carobaia fi dice Car- pata . Pende quefto frutto da i rami di certa pian- ta, che fi f mina . Io per me non sò, che in medici- na ferui à cofa alcuna. Per quello, che io pofio con- fiderare, par che ne face fife Serapione mentione, al libro de’ Semplici , al capir.225. e che lo chia- mane H belculcul, douendo dire Habalculcul, ch’è quanto fe diceffe, Curcas. Se pur per forte non lo chiamiamo noi malamente Curcas ; imperoche Hab,non vuol due altro, che gran Teme . Al, è l’ar- ticolo del fecondo cafoni come altre volte habbia- mo noi detto. Scriue Serapione^che mangiatoie- nera Coitolo X XI 1 . 247 nera gran copia di Teme, ma che fa venir quel ma- le, chei Medici chiamano colera, & il volgo coli- rica pailìone , ilche gli è (lato da Malauarefi attri- buito. Ne fece mentione Rafis al terzo librodel- la fua Medicina, al cap.20. e lo chiamò Kiljtil, ma forfè per corrottion di vocabolo . Elfendo qui ca- duto in ragionamento di quel male che da’Medi- dici è detto colera, è da fa pere, che qui nella india lì chiama morxi , ìlquale è male cagionato da fo- uerchio riempimento di cibo. Noi per corrottion di vocabolo le diciamo mordexi , e gli Arabi ha- chaiza , quantunque in Rafis per corrottion di vo- cabolo (ì legga faida. La quale infermità è molto più acuta qui nell’India, che non è apprdìò di noi, &habifognodi più opportuni , e preftì rimedijj imperoche molte volte è occorfo, che in termine di ventiquattro hore, & molte volte in fpaciodi dieci hore ha ridotto l’infermo à morte , anzi tal- uolta in termine di quattro hore folamente. Suo- le per lo più tal infermità quelli infeftare , cheli danno alle crapule &c alle laìciuie, maflìmamente nel mefe di Giugno, e di Luglio . Annotatione di Carlo Clufio . INh A M E è una pianta alti filma co fi da V or tughe fi chiamata Jaqual nafee prejj 0 ajl’acque,e parimente nell3 acqua . Aia non fuol quefia nafeere da per fe , ma vuole ejjer feminata . E benché molti credono , che que- lla fia l’Arfi degli EgtttijA me pare piu tofìo3chefeia la Colocafia. Il che piacendo à Iddio vn giorno chiarire- mo . Quejlo Inhamenon c quello 3 che per altro nome e detto T uca.del quale ne fanno quei dell3 America fan- Q_4 na. 24$ DelCacerasl m- Farmi, che Ser apione in quel luogo non voglia ìn~ tendere ( con pace del nofiro Ruttore fa detto ) il Cur- cas, ma piu topo il fuo fecacul . DelCaceras. Cap. XX Ili . Ritrovasi qui vna radice,clie in modo di T rafi nafce fiotto terra, e nelle ficcittà del ter- reno manda fuori vn cauietto dodrantalc con fo- glie intrecciate infieme verdi , limili al Gladiolo, Aprendoli la terra per gran liceità, elee fuori in modo di tartufinoli. Laquale fecca,ha fiapore di ca- ftagne, ma quando non è lecca, èdiingratifiìmo fapore . La chiamano qui Caceras . D el Datura . Cap . X X I V . LA pianta, che da quefti Indiani è chiamata Da- tura^ d’vn fufto g rollò, di foglie grandi fimi- li airAcanto,ma vn poco più picciole, e nella pun- ta^ per intorno fono fpinofie -, & hanno molti ner- uetti fiparfi per il lungo, fono infipide, e fono gran- demente humide;at gufto alquanto amarette^ cora odore, che quali ralfembra il rafano . Caccia il fio- re nella punta de* rami del colore di quelli del Rofimarino, & per il più è ritódo . Nafce in Mala? uar . Quando 1 ladri veghon rubbare alcuno, met- tono di quei fiori ne’ cibi, e glieli danno à mangia- re; percioche tutti coloro che ne mangiono perdo- no il ceruel lo, e ven gono in gran di (fi me rifa, &in gran liberalità ; concedendo di propria volontà, che ogni vno loro rubbi . Suole tale alienatione di mente durare per fpacio di ventiquattro hore. La pr;ma cofa » che fi dee far per curarli, fi dee prouo» Capitolo XXV • £4? Care il vomito, perche buttino quanto hanno nello ftomaco infierae co! cibo , dopo fi deono euacuare, c far con cn fieri gagliarde diuerfionfecofi ancora con forti , e gagliarde fregaggioni alle gambe po- co più fopradel piede, e taPhora anco trar loro fangue dalla vena del piede . Con quefta forte di rimedi j giamai alcuno de’ miei amalati fi morì; ma tutti, gratia al Signore, fono in termine di ven- tiquattro hore guariti. Dadi cal’hora quefia me- dicina per ridere, e per burla; 'Vedendoli quel- li che la prendono; andar come pazzi, de 'Vb- briachi. Ma à me, per dire il vero, non piacciono quefti feherzi . Nc anco ne* fchiaui conferirei, cho fi facefiero . DelBangue. Cap . XXV . PErche molti hanno creduro>che il Banguc non fofie differente dall’opio da loro detto otìo, fi come altre volte ho detto, non mi è patio fuor di propofito di fauellar del Bangue. Il Ban- gueèvna pianta non molto dal canapo differen- te, fe non che il Teme di quefta é vn poco più mi- nuto di quello del canapo. Oltreche il fu fio di quefta è legnofo , e quafi fenza feorza , al contra- rio del canapo . Gli Indiani mangiano diquefto feme , e cofi parimente delle foglie per lufibriar più volentieri . E coloro , che fcriuono danno con- traria'Virtù al feme del canapo, cioè che diflec- chi lo fperma_>. Il fucco tratto dalle foglie pe- lle, etal’hora dal feme, fi condenfà , alqualeme- fchiano alcuni il Faufd verde, percioche vbbrìa- ca, e conturba à certo modo il cerebro, oueramen* te *Vi mefchiano la noce mofeata, de il macera e Tal’ ho» 2jo Dell' Ami* TaPhorai Garofali , e raluolra la Canfora di Bur- neo. Alcunialtri Pambra,& il mufchio. Ma mol- ti vi mefchiano Popio, fi come fanno i ricchi di Mauritania. Non riceuono alcuno altro benefi- cio da quefto , fe non che fono rapiti in Eftafi , e fi diftoJgonoda tutu i penfieri3facendoli ftar Tempre in cerco piaceuole rifo . Dicono, che la prima vol- ta che fu ritrouatoPvfodi quefto fucco, fu per- che i capitani de gli eftercithe gli huomini di guer- ra, i quali ftanno in continua vigilanza , beuendo, ilfangue, oueroilvmo, ò pur Popio diueniflero come vbbriachi, e fi allontanalfero da ogni penfic- ro, e da ogni rrauaglio , e profondamente dor- Biiftero . Solea dire il gran Soldano Badur,à Mar- tino di Soufaconfiglicrregio , alqualevolea gran bene, e col quale confidaua le fue cofe più fecre- te, che ogni volta, che egli hauea animo di an- date in fogno in Portogallo, in Brafilia, nelPAfia minore , nelPArabia, e nella Perfia , prendeua folamentevn poco di bangue condito con zucche- ro, e mefchiato con i Semplici già detti , chiamato daefiìMafchiu. Dell'Anil. Cap. XXVI. QVel, che da gli Arabi, da’ Turchie da tutte qucfte nauoni è detro Anil,in G‘j zelate, do- ** ue fifa,èdertoGaIi . Et horada moiri fi dice AiJjèvna herba cheogn’anno fifemina fimile al bafihcò Raccoglie!! nelPifteftb modo3e la fecca- no, dopo la mettono in molle, e la peftano bene, e fattone pani, la mettono di nuouo per alcuni gior- ni à feccare.La quale poi che è fecca, pare di color yerde,ma quanto più fi fecca, più prende del ceru- leo, Capìtolo XXVL 2St leo , tanto , che in vltimo viene d’ vn color ceruleo affai carico, ò voglian dire di color veneto . Quel- lo Anil è tenuto per buono, che è fchietto , e puro, e che abbracciato, non rimane in guifa di Are- na, ma fe ne fa fottiliflima farina.,. Alcuni al- tri lodano quello, che gettato nell’acqua, và nuo- tando à fopra ; La onde lià da elfer leggiero, e ben colorito. Annotatione di Carlo Clufio . SCrive il noftro Ruttore, Mangivi quatti , di- mandato io a wgIu Bortughefi , ciò che volefse egli dire , tutti mi hanno dettole he vuol dir Bafilicò , ma à me 3 per dire il vero3non fodisfa quefta loro inter - pretatione ; imperoche non folament e non fogliamo noi far quefta pafta di B afihc ò , ma piu tofto di Guado , la cm deferittione quadra affai meglio con quefta pianta . Del Anonimo. (ftap. XXV II. Asce vna pianra in Malauar di meraui- ghofa natura,laquale toccata con mani, to- lto li ritira e riftringe in le fteffa . Fà le foglie del polipodio , e i fiori gialli . Neffuno de gli Antichi, ch’io fappia ha fatta di quefta pianta mentìone. Parmi , che colui , c’ha deferitto 1* America, moftri di volere intendere quella, che nafee nel Perù , la- quale toccata folamente con mani , fi lecca . Di alcuni Be dell' Indie. Cap. XXVI li» PErcioche in quelli noftri difeorfi habbiamo molte volte fatta mentionedi Nizamoxa,e di 25 z Dì alcuni Re dell* ìndie'. di altri Redell’Indie, hopenfaro, ches’ioraccon* rafli alcuna cofa di quefti , e così ancora d’alcunà altri Re di Oriente, non faria cofa fuor di ragione. Sono già forfè trecéto annidile vn potentiflimoRe di Delo.ò Deli che vogliate , che occupò vna gran parte di quella India, che ftà di qua dal Gange, & occupò parimente il regno di Balaguate , haucdo- ne alcuni Re Gentili difcacciati . Nel medehmo tempo i Mauritani tirannefcamente occuparono Cambaia,e ne cauorono i legittimi Signori , ch’e- ranoGentilixhiamati Reisbutcs . Tienfi per opi- nione , che la loro origine venga da i Re di Baia- guate, chiamati Venedaras, e gli altri habitanti di quefti paefi fono chiamati Colles : ma coli quelli* come anco quelli , che fono detti Reisbutos, vino- no infino al dì d’hoggi di preda fidamente, e di la- trocini] . A quelli dà il tributo tutto il regno di Decan,& à quefìi altri cioè à i Reisbutos , il regno di Cam baia , non peraltro, fe non per euitar leìo. ro correrie, e latrocini j , Nei Reconuicini l’han- no per in fino ad hora potuto domare, imperoche fono ftrenui huomini.e buoniflimi foldati. Ma per dire il vero, gli iftefiì Re, per cupidigia di danari confentono, che quefti rubbino, hauendo anco e(H Ja lor parte della predai . Quefto regno c nel di- ftretto di Deli, verfo Setrenrrione,e fi ftende fin in Corafone . E1 regione fredda , non meno mole- fìata nel verno di neui, e di ghiaccio , che fi fia la noftra Europa-» . Occuparono trenta anni fo- no , quefto regno i Mogori , i quali chiamano Tartari, ma poco dopo ài Tartari fu rirdto da vn caualiero quale eftendo nemico del Re di Ben- gala , per hauerli 'Vccifo vn fuo fratello, mode guerra contra il Re, hauendolo vccifo pre- Capitolo XXVI 1 1 • 2S3 fe il Regno di Delo,infieme con molti altri Regni* La onde fa riputato il più potente Re di tutti i tuoi tempi,& io ho vdito da perfone degne di fede, che lafua iurifdittionefi ftendeua 800. leghe intorno. Fù coftui da principio fignore d’alcune montagne pretto al Regno di Bengala, e chiamauafi Xoalam, che vuol dire Re del mondo . De* fatti di cottili fi potria maggiore hiftorìa fcriuere,che del gran Ta- mithan , che noi hauendo corrotto il vocabolo , di- ciamo,Taborlanojalcuni altri Tamirlangue,e que- ftoc il meglio; percioche Tamor è il fuo proprio nome,e iangue , vuol dir zoppo , fi come egli era . Hauédo quefto Re Xaholam prefo il regno di De- cade di Cucan 3 e non potendo tanti Regni gouer- nare, diede ad vn fuocófobrino il gouerno Quello fuo cófobrino fi dilettò fempre di nationi foraftie- re, fi come fono Turchi, i quali propriamente fono dell’Afia minore, hora chiamata la Natòlia, come fono i Rumes, che fono i Traci Corafoni, da molti creduti ,che fiano Arij , & Arabi . Coftui diuife il Regno in prouincie,doue poi mandaua i Gouerna- tori. Le parti mentirne, lequali s'eftendono 60. le- ghe, incominciando d’Angediua , perinfinoàCi- farda , con il retto de gPaitri luoghi dentro terra, che có altre prouincie li congiungono, diede in go- uerno ad Adelham, che in lingua Portughefe vuol dire ldalgo . L'altra parte, che fi ftende di Cifarda per infino à Nagatona, infiemecoi luoghi dentro terra, che cólinano có Pai tre prouincie,e con Cam- baia, diede in gouerno à Nizamaluco . Quetti due folamcte htbbero gouerno in Cuncan, che è il trac to maritimo per infino al monte Guate, coli chia- mato . Quefto è vn monte attai Targo , 8c in molti luoghi è aitilfimo , là doue è cofa merauigh’ofa da vedere» 2J4 Di alcuni Re dell' Indie • vedere,che nella fornmità vi fia vn piano, e perche in lingua Perfiana,baha, lignifica fommirà, il mon- te fi chiama Guate. Onde quella gran prouincia di là dal monte fi dice Balaguate, come fe dice!!?, prouincia oltre al monte, ò (opra al monte. Li Prefetti, e Gouernatori della Prouincia di Bala- guate fono Idamaluco, da noi detto Madremalu- co,Catamalucco, è Vendo. Tutti quelli erano Gouernatori, e tutti di nationi foratore, ecceto Ni- zamaluco, ìlquale dicono efier nato in Decan , & e (Ter figliuolo d’vn certo Tocha, Re di Daquen, có la cui moglie dicono d’hauer hauuto à fare car- nalmente il Re Daquen . £ di qui viene , che Ni- zamaluco fi dice , che fia di ftirpe regale ; ma gli altri Gouernatori del Re elfer tutti fchiauicom- pratidel denaro del Re . Auenne, che in procefio di tempo à quelli Gouernatori incominciò à rincre- fcere, di dare obbedienza al Re . La onde tutti ìn- fieme congiurati, ciafcun fi fece fignore della pro- uincia, ch’hauea in gouerno; e prefoil Re Da- quen lo menarono in Beder, principal città del re- gno di Decan, e lo diedero in guardia à Vendo, vno de’ Gouernatori . Furono di quella congiura confapeuoli alcuni Gentili, come fu Mohado, Co- fcia, e Veriche,a’ quali concedettero alcune regio- ni grandi, con alcune città opulentifiìme in que- llo modo . Mohado hebbe la città di Vifapor, che hora è la regale,Idalcam ; Echolapor, e Paramda, le quali citrale furon tolte poi dal Nizamaluco. Veriche hebbe la fua prouincia. Il fuo bifauo chia- mato Ad Acemnaique, ma riputandolo di mag- giore honor degno, vi aggiungono quefta parola Rao. Ma Rao femplicemente,e fenza alcuna giun- ta,lignifica per eccellenza il Redi Bifnageriifqua- lc per innanzi è fiato d’Adelham molto Frauaglia- to, mahoraèii più potente di tutti quei piccioli Redi Dccan,&à lui obbedifeono tutti. Hora «nni°i”arC-^ ProP°^ro> Adelin lingua Perfiana, vn M, pglUftltla ’ & ham aPPrfflo de* Tartari yuoldirRe, onde è venuto, che Adelharo è ran. Regiufto . Ma nè lui, nè Puoi P1* ebbermaila giufiitia infiimsu. Quefto in Ilpagna z56 Di alcuni Re dell ìndie .' Ifpagna fi chiama Sabaio ,pcrcioche,fi come in lin- gua Arabica, e Perfiana Saibò vuol dir Signore,deI qual nome fi fogliono per eccellenza chiamar e_-> . Maluco vuol dir Regno, e Niza in lingua Perfiana fignifica Lancia, onde Njzamalucoè tanto come diceflì Lancia del Regno. Cofi medefimamente Cota fignifica in lingua Arabica,queilochein La- tino Arx, & in Italiano Rocca, onde Cotamal uco* è quanto fé diceflì Arx Regni, cioè rocca, ouer tor- tezza del Regno. Imad nella medefima lingua fignifica fedia , laonde Imadmaluco, non viene a dire altroché fedia Regale. V erido vuol dire con- feruatione.Donde dicedo Melique vendo, e quan- to fe diceflì Redi conferuatione . Da alcuni fono quefti Prefetti , ò vogliamo dir Gouernatori chia- mati non Maluci , ma Meliques , quali diceflì Re piccioli. Ma nè anco Maluco propriamente lignifi- ca Regno, ma più tofto regione, ouer prouincia . h perche Nizamaluco alle volte è flato da me detto Nizamoxa, non mi è parfo di lafciare di dichiara- re la forza di quefto vocabolo. Xailmel padre di quel Xatamas , ilquale pofliede hora la Perfia , di baflìflìma , e vile conditone venne adefler gran- diflìmo Imperatore, e contrattò con flmpcrator de* Turchi fopra la lor religione. Coftui fe fanguu nofa guerra à tutte le vicine nationi , che non vole- uano ofleruar la fua religione. Succedendo à co- stui il figliuolo detto Xatamas, comando a quei piccioli Re di Decan il medefimo, ciotte loro honorare con quei nome di Xa, che in lingua 1 er- fiana "vuol dir Re. Di qui è venuto, che hora Adexa , Nizamoxa , e Cotumixa fi chiamino , per conferuar almeno il nome regale. Benché no han- no poteftà di batter moneta, fe non di rame . Ni- * zamoxa Capitolo XXVI 111 257 ^arnoxa ha prefa quefta religione, ma quegli altri Re torto partito 1* Ambafciatore, la rinunciarono. Quefto Xaifmael lo chiamano i Turchi Sufi , per hauerhauuto vn Capitan generale del fuo effera- to huomo firenuoje coraggiofo, chiamato Sofi.So- roci d^quelli , che dicono , che fi dee dir Xeque, e non, Xa,mas’ingannano; imperochequantunque Xeque fianomedi dignità, fignificando Xeque, vecchio , donde fono detti , Xeque Arabi , nondi- meno Xaifmael fi dee diro • Annotatione di Carlo Giulio . MA t t i a di Adi doari al / . libro della Sar ma- ria Afiana , al ckp. / 0 . fcnue altrimenti, dotte farla dell' Imperatoria de' Tartarei. Il quarto Impera- tore .dice egli, fu figliuolo di Bachi Temir curino , che fig rii fica in Lingua T artarefea felice ferro, Temir vuol dir felice , e Cutlu ferro, percioche era felice 3e bellico - fi • Quefii e il T amerlano, cofi celebrato nelle Hifio- nejlquale disfece tutta l'Afta , e pafsò per infmoin Egitto. E poco dopo dice, Fu vn' altro Prencipe di Tar- tan in quel tempo , chiamato Aifaccmlu che vuol dir troppo , ouer amente Troppo ferro , percioche era 7oppo , ma feroce, cojhife molte guerre felicemente . DEL- DELLA HISTORIA DE I SEMPLICI aromati, KT Jt IT\E COSE CHE ì ^EJ^GO 7^0 portate dall’ Indie Orientali > pertinenti alla Medicina . SCRITTA DALL’ECCELLENTE Dottore, & Medico > Nicolò Monardes di Siuiglia_>. LIBRO TERZO. 'Neiquale fruì altre cofe s infogna il modo di piglia- re la radice del Mecciocan* purgatane cccellentiffima . PROEMIO. NE l l’a n n o mille quattrocento , e no- nàtadue furono i nofìri Spagnuoli gui- dati da Don Chriftoforo Colombo Ge- nonefe à difcoprirel’Indie Occidenta- li; , hoggi Mondo nuouo chiamato, e difcoperfe- ro le prime à gli vndici di Ottobre del medefimo anno, e da quel tempo in quello Ci fonoritroua- re molte, e 'Varie Ifole, e molta terraferma, tan- to in quella parte , che chiamano nuoua Spagna , come in quella chiamata il Perù.Doue fono molte Prouin- Vrcemio . 2s? Prouinde,c molti Regni , e molte città di vari; , e diuerfi co (lumi , nelle quali li fono ritrouate cole, chegiamai fono Hate vedute , nc finoà quefta ho- la fa pu te , Se alcune altre , iequaliauengachenoi iehabbiamoin quelle pani, fono in quelle in mag- giore abbondanza , perche di là fi porta oro, ar- gento , perle , fmeraldi , turchine , Se altre pietre fili', e di gran prezzo, delle quali fé qui n’habbia- mo alcuna particella, è grande poi i'ecceffo, eli copia , chen’è venuta , e ne viene tuttauia di quel- le parti, mafftmamente d’oro, e d'argento, chec colà di meraviglia la gran quantità , che n’c venu- ta, per non dir delle molte perle, Icquali hanno mà rutto il mondo pieno . Portan di là medefima- mente papa galli, gattimaimoni , grifi, leoni.,giri,fal- chi, falconi, a fiori, e tigri, lana, bambagi, grana da tinger corami ,zuccari, rame , verzino, ebano, Se azurro. E di tutto quelìo clamala copia, che ne viene ogni anno quafi cento naui cariche, che in verità è cofa grader ricchezza incred hi le. A ppref fedi quelle ricchezze cofi grandi , ne mandano di più le noftre Indie Occidentali molti arbori, pian- te,radici, fuochi, gomme, fi utti,femi, liquori,e pie- tre di grandiflìme virtù nella Medicina . Nelle quali cofe fi fono ritrouati , e firitrouano tuttauia moiri grandi effetti , che auanzano affai in bontà. Se in prezzo de* già detti di fopra, e tanto mag- giormente, quanto è più eccellente, e neceffarTa la finità del corpo, che i beni temporali j delle quali cofe n’è (lato per innanzi il mondo priuo, non lenza poca caufa , e colpa noftra , fecondo che h vede dal gran profitto , che dall5 vfo di quelle ne viene, non (blamente nella noftra Spagna , mairi tutto il mondo) e ciò none merauiglia, che coli R 2 fra. %6q Proemio* -fia, dicendoli Filofofo, che non tutti i luoghi pro- ducono egualmente tutte le piante,& i frutti, con- ciona che vira regione , ò terra produrrà tale ar- bore, ò frutto, che vn’al tra non lo produce. Noi reggiamo , che in Creta folamente nafceil ditta- mo; e l’incenlo nella region di Sabati mafiice nel- la Ifola di Chio,e la Canella , Se. li Garofalo infic- ine col Pepe , Se altre fpecierie nell* Mola folamen- te di Maluch. Et altre diuerfe cofe fi trouano in di- uerfe parti del mondo, lequalinon fono fiate per infino a* nofiri tempi conolciute, Se gli antichi rie- rano piiui . Ma il tempo , ilquale è di tutte le cofe difeoptitore , Pha à noi infognate con gran profitto fìoftvo, vedendo perauentura la gran necefiuà,che di quefie haueuamo. E coli come fi fono daino* fin Spagnuoli difeeperti nuoui Regni , e Prouin- - eie , coli n’hanno i medefimi recate nuoue medici- ri e,e nuoui rimedi) ,cos quali fi curano,e fanano di- uerfe infermità , che fe perauentura non Phaueffì- mo , fariano incurabili , e fenza alcun rimedio, e di quefie cofe, auenga che alcuno ne habbia co- gnu ione , non però fono communi à tutti . Ea on- de perquefia cagione io mi media trattare, Se a. fcriueredi tutte quelle cofe, che fi recano dalie no- fire Indie Occidentali, Tementi ail’vfo delia inedia cina ; e fono rimedi) alle cattiue infermità , che noi fogliamo patire, dichenòn picciolo giouamento pe fogue a’noftn de’noftn tempi; e non folamente à noi , ma à quelli ancora, che verranno dopo noi. Et io fatò il primo à fcriuerne,accioche il rimanen- te fi aggiunga poiàqueftomio principio da quel- li, che faranno più di me dotti, ePhauerannocort tfperienza ritrouato . E perche ftando noi in que- lla città di Siuiglia> laquaie è porto, e fcala di tutte Fin die Capitolo li sfa Plfufic Gccidentalfne Tappiamo render più ragio- ne, eh:: glabri , che fono m tutto il reho delia Spa- gna , per capitar qui principialmeme fattele cofe, do a e con miglior relatione, e con maggior efpe- i’unza fi Tanno. PolTo io» di trenta annfche iticeli- co in quella città , far fede delia cfpericnza , e del- l'vfo di dette cofei perche me ne fono informato da quelli , che dà quelle parti l’hanno portate con molta diligenza , e l’ho Iperimentate in diuerfe, e moke perfone , vfata ci ogni diligenza , e riguardo podi bile con felici filmo fucceflo * Deir ^ /lime j e Copti. Cap. 1 , REcako dalla nuoti a Spagna due Torti di rafine, che Tono iti fieni e molto conformi 5 L'Vna la chiamano Coppi * l’altra Anime^ . lì Copal è vna rafina aliai bianca , afiki lucida , e tra- fparente. La portano in cert^pezzi grandi, cho paio no fette di diacitrone, affai chiara, hamedio- cre odore , però non tanto buòno come PAnimo « Con quello Copal faceuano gl’indiani fuffumiaij ne’lor facrificij, per laqual cofa fe ne feruiuano fpefio ne’ Tempi) i loro Sacerdoti . E quando i primi Spagnuoii andarono in quelle bande, veri- nero i Sacerdoti à riceuerli con alcuni pcofu- mieti piccioli , bruciando dentro di quello Co* pai , per dar loro il fumo ai nafo . Vfiamolo neli’infermirà fredde di re- ità, 111 luogo d’mcenfo , ouero Anime_^> . E' calido nel fecondo grado , Se humido nel primo , con ha- nere alcune pani rfiolunu^e m olii ficari ue, Leni- rne e lagrima, oucr rafina dVn’arbor graderò bian- co, ni a a color d’incenfo, ha più deU’oleagioofcr* & $ che’! 26 2 Dell' Anime 3 e Copal . che’lCopal. Viene in grani come Piocenfo,benche in più gioiti pezzi. Ha vn color giallo come rati- na ; è di a flai gratiofo odore, e foaue, gettato sù carboni, fi confuma facilmente . Diffèrifce dal no- tilo Anime, che portano di Leuante , per non etifcr coti biancone coti lucido. Portano il notilo in gran pezzi, trafparentijondedilfero alcunfiche fia fpecie .di charabe,ò fuccino; che foglion chiamare ambra epprefa , della quale fi fanno corone di Parer no-^ Uri-, ma veramente non è,percioche il charabe è vn bitume ,che fi pefea nel mar Germanico , c fi cairn dal mare in pezzi con vncini di ferro, ilqualedee venire da qualche fonte nel medefimo mare in modo di bitume, e venuto all’aere freddo, s’apprc- de , c fi condenfa . lidie fi conofce dal vederti fra quei pezzi , legni , 6 c altre fuperfluità del mare at- taccati in dia. E di qui può venir l’error di quel- li,che diflero, che era gomma di populo ; e coti di quegli altri che diticjro elfer gomma di pino. Del- PAmmenoftro , Hermolao Barbaro huomo dot- tiflìmo dice, che fi raccoglie alle riue del Pago, clo- ne fi raccoglie Pmcenfo . Qual Pago fi chiama Amintia,e per quefta cagione io chiamano Anime. Q netto che fi porta dalia nuoua Spagna , fi racco- glie d’vn arbore di mediocre grandezza per via d’incifione , nel modo che fi raccoglie Pincenfo, & il mattici. Ci feruiamo di quetio Anime in molte infermità, maflìmamenredicapo , e dolo- ri d’effo cagionati da humori, e da caufe frigide, ò per catarro, che viene dal capo , e ce ne feruiamo dopo cPhauer fatta Peuacuatione, fuffumigando- ne le tianze in tempo di Verno. E' buono anco, doue fono infermità lunghe , imperoche purifi- ca, e corregge l’acre. Serueà fuffbnfigarneiroc- Capitolo Ili £6$ cari , e le cuffie nell’hora del dormire , per quelli, die patifeono dolor di ca po , ouero emicrania ; c buono à fuffumigarne anco il capo à quelli che di natura l’hanno debile,e ne fono difettofi . Fa (Te ne empia Uro , & incerate , doue fa dibifogno di con- fortare , e di rifoluere , e fpecialmente humori fri- gidi^ venrofità • V fari in vece d’incenfo , coli ne* luffumigij , come nel rellochehabbiamo detto . Conforta il celebro applicato in forma d’empia- ftro , e cofi ancora lo ftomacho,e tutte le parti ner- uofe . Fatto in guifa d’incerata , con la terza parte di cera fcaccia via il freddo in qual fi voglia mem- bro che fia , portandolo però per molto tempo at- taccato, e rinfrefcandolo. E’ caltdo nd fecondo grado , humido nel primo . Della T acamabaca . £ap. 1 1 . POrtasi medefimamentedallannoua Spà- gna vn’altra forte di gomma, ò rafina,!aqua!e chiamano gl’indiani Tscamahaca , e quello illef- fo nome gli hanno dato i noftri Spagnuoli . E' ia- lina cauata per incifione da vn albero grande co- me popqlo,& è molto odorifero. Fa il frutto co- lorato, come Teme di peonia . Di quella rafina3ò gommali feruono fidai gl’indiani nelle loro infer- mità,c maggiormente in enfiaggioniin qual fi vo- glia parte del corpo che fiano , imperoche le rifol- ue,digerifce , e disfa mirabilmente , cofi leua me- defimamente via qual fi voglia dolore, caufato da humori frigidi, ò llatuoli . In quello cafo general- mente, e continuamente tutti gl’indiani le ne fer- uono , e per quello illefio effetto l’hanno portata anco gli Spagnuoli . li fuo colore è come quello R 4 del 264 Della T ac am ah ac a . del galbano ; anzi credono alcuni , che (in l’ifteff© galbano . Ha certe parti bianche in guifa ddFam- i’norsÌ3CO.E< di odor,’graue,di fapore medefiroamé- te grane. Gettato sù carboni accdi , fa ritornare le donne fincopate, e quelle, che per cagion di foffo- canon di maire hanno perduto i fenfi.Pofla quella medefima rafinasùTombeiico in modo di empia- li ro, ferma la matrice al fuo luogo ; & è tanto Pvfo di quella nelle donne, che la maggior parte Tene confuma in quello cafo , perche vfandola , Temono molto giouaméto, prohibédo loro, e leuando ogni fuffogaoicnto di matre,cófortando lo ftomaco. Al- cuni curiofi vi aggiungono delPambracane, e dei mufchio; veramente è meglio, che vfandola fola. Quella lià Tempre foda fenza disfarli, fin che ha tutta confumata, per la qual cofa maggiormente gioua. £' buona per leuar via qual fi voglia dolore caufaro da humori frigidi,e fiatuofi,imperoche ap- plicata in forma di empiate) > li leua via, erifolue àmerauiglia. Si attacca di tal forte, che finche non ha finito di operare, non fi può diftaccare . Fà la meddxma opera polla sii ^enfiagioni caufate dalle medefime cagioni, confumandoie,e rifoluen- dole ; e fe faranno difpofte à maturarli, le matura prettamente. Tienfi quello per rimedio molto ve- ro,^ e molto efperimencato . E1 grandemcte profic- teuole in reume , e difcefe da qual fi voglia parte, che vengono; e coli medefimamente le prchibi- fce , difendendone vn poco in vna pezza linea, li- gàdola poi dietro à Torecchie da quella parte, dó- de le difcefe corrono . E polla sù le tempie à modo di ciroco, intrattiene il fluffo, che corre à gli occhi, & alì’altre parti dei vifo. Prohibifce, eletta via il dolor de’ dend,mettendo vn poco di quella rafi- na Capitolo 11 » 26 s nane? buco del dente forato; e fé con lamedefma hfuffumigaràil dcteguaftojfache non camini più Innanzi la corroccione. Polio à modo diempiaàro nel tremolò nel dolor di capo;Qdellefpa{le,li leua via.Mefchiato có teriaca,vna parte di ftorace,&: vn . poco d’ambra in modo di empiaftro per io fìoma- cojcóforta, e fa appetito di magiare, & aiuta la di- geftione,rifoluendo la ventofità. Pofta nel medefi- mo modo sù la tefta,la confortale guarifce il dolor della fciatica, ò di catena, cefi è grande l’effetto di quella rafina. Fà il medefimo in ogni dolor di giu- tutein qual fi voglia parte del corpoche fìa ; ma maggiormente fe procede da humori frigidhò mi- jfti ; percioche con la fua rifolutione , ha anco delle parti ftittiche , donde riccue merauigliofa confor- tatione . In giunture, de in ferite di nerui adopera- ta (ola,fana,e cura; imperoche è grande Pefpetien- za , che s’ha di quella , generando tofto materia , e prohibendolo fpalimo. Applicali ordinariamen- te in ogni forte di dolore. Io foglio mefchiarla con teriaca , e con cera gialla , perche s’applica di mi- glior gratia. £’ già l’vfo di queharafina tantoce- iebiato , che il volgo non sà altra medicina di que- lla per qual fi voglia dolore , purché non vi fa in- fiammaggione molto cahda, e benché vi fufle paf- futo il principio, e la furia , è di gran giouamento per tifoluere il refiduo delle materie-;. E‘calida nei principio del terzo grado, con hauergran ftiw ucità, e confortatione, e fecca nel fecondo « belCaraguà* Cap . Ili „ POrtano di terra ferma per via di Carta- gena , e del nome di Dio di dentro terra , vn® rafìna 2o 6 Della Caraguà . ratina del colore del Tacamahaca, alquanto piu chiara, e lucida,e più denfa, che gl’indiani la chia- mano in ior lingua Caraguà , e quello ifteffio voca- bolo gli hanno ritrovato i noftri Spagnuoii. Ha quali il medefìmo odore della Tacamahaca, auen- ga chelìa più graue, è grandemente oleaginofa ; e però s’attacca bene fenza molta vifcofità, e fenza triturarli per la tenacità che hà.E* medicina nona, venuta da dieci anni in quà . Gl’Indiani l’vfano nelle loro infermità, 6c entiagioni, & in ogni forte di doglia, Horain qucftenoftre porti per 1 buoni effetti, che fa, c tenuta in già (lima. Gioua,cfana le meddìmeinfermitàjchefanala Tacamahaca, im- però opera con maggior preftezza , & in molte in- fermità, doue la Tacamahaca no hauerà farro l’ef- fetto che deue,la Caraguà finifeedi fanare. Perche vn cerro, ilquale patiua vna doglia in vn’homero,e per cagion del dolor ch’egli hauea gran tem po pa- tito , non poteua maneggiare il braccio hauendo vfato grà tempo la Tacamahaca, nò guari mai fin tanto , che non vi poneffe la Caraguà , con laquale fra tre giorni reftò libero . In pacione digionture, € di gotte artetiche è merauigliofo l’effetto , che fa; imperoche applicato fopra al dolore , pur che non vi fia infiamaggione d’humori troppo cahdi , lo leuavia. Con gran facilità rifolue, e disface en - fiagioni antiche , coli d’humori , come di ventofi- cà. In dolori caufati per fluffo, ò (commento d’hu- mori frigidi, ò pur mifti, fa merauigliofaoperatio- ne. Opera in tutte le paliioni de’nerui , & dolor di tetta , & altri dolori , che da quella procedono . Certo è medicina di grande efficacia per ieuarsi dolori. E fa la fua operationc molto ficura. In feri- te frefche, fpecialmenti di neru ì, gioua affili, e tan- Capitolo 1111. 267 to maggiormente in giunture,nellc quali ho vedu- to io far con elfa fola affai grandi operationi.E' in- terccttiuo per prohibire il flutto, e commento à gli occhi,& ad altre parti , applicata fra l’orecchie, c nelle ; tempie . E' ia rafina affai graffa, &o!eagi- nofa, è calida più che in fecondo grado . Ma è qui da notare, che tutte quelle ra fine le raccolgono gl’indiani per via d’incifìone, dando colpi, eteri- te negl’arbori , da’ quali in vn tratto vien fuoraii liquore, e d’indi ia raccogliono . Dell’olio del fico dell' Inferno . Cap . II II. DI Gilifco Prouincia nella nuoua Spagna por- tano vn oliojoueraméte liquore, che a’noftri Spagnuoli ha piaciuro di chiamare del fico del- Plnferno; perciochefì caua d’vn arbore, ch’ènè più, nè meno, come il noftro fico dell’Inferno, coli nella foglia, come nel frutto. E quel medefimo, che noi volgarmente chiamiamo cataputia,ò chet- ila, e quella è coli latticiniofa come la noflra ; dif- ferilce folamente , che quella dell’India è più ar- borea perla graffezza del terreno. Fanno gPIn- diani quefpolio nell’ifleffo modo , che à noi infe- gna di fare Diofcoride nel fuo primo libro ai cap. 30. & cin quello modo. Macinano il feme, e lo cuocono in acqua, e dopod’dfer cotto, ricolgo- no con -vncucchiaro l’olio, che va nuotando per fopra_,. E quello modo di fare oliodi frutti, di lemi, e di rami d’alberi , è molto frequente e co- mmiato da gl’indiani , i quali per efprefiione non io fanno faro . Quello olio veramente c mi- gliore cauato in quella guifa, che per efprelfio- ne. Ha quell’olio gran virtù, fi comes’è veduto dali’vlò .268 Dell' Olì 6 del "Fico dell'inferno 1 dall’vfo d’efto , coli nell* Indie, come in altre parti. E tutto quello,che io ne dirò, farà detto con gran- didima ei’perienza e grande vfo in diuerfe perforici Cura tutte ['infermità che ''Vengono da hurocri freddi, e venrofì, niòlueogni durezza, e mollifica' tutte ie enfiagioni ventofe , ieua via ogni doglia in qual fi voglia parte che fia , ma maggiormente fe vien cagionata d’alcuna caufa fredda e vctofa, do- uefa inerauigliofi effetti , rifoluendoie ventofità grolle in qual fi voglia parte che fiaoo , ma princi- paiméte nel ventre;e perciò Tana la hidropifia ven- tofa,e coli medefimaméce ogn’altra fpecie d’hidro- pifia vngédo con detto olio tutto il vétrc-e piglian- done alcune gocciole con vino, ò con altro liquore appropiiatoiperciocheenacua l’acqua citrina, c fa cfpeller la vétoficà, e fe fi mette in cri fiero, ò in me- dicina,purga fimilmcte l’acqua citrina, e caua fuo- ri la ventofirà con affai più ficurezza, che ogn’altra medicina. In dolor di ftomaco caufato da Iramori freddi, e ventofi, e cofi in colica fa gradi dì ma ope- rario.ne vogendofi con detto olio, e pigliandoneal- cune gocciole. Equefto fa principalmente in quel- la infennirà mortale, chiamato Ileo, nella quale fi rimandano lefeccie per bocca. Purgai! flemma, maflìmamente in pafiìone di giuntura . Vna goc- ciola di queft’olio prefa con brodo di gallina, eua- cua l’humore, donde fi caufa il dolore . Cura 1* vi- ceré antiche del capo , lequah menano molta ma- terici. Vn caualierojilquale di molti anni vomita- tia il cibo, fi vntò lo ftomaco con detto olio , e fané di forte, che mai pu\ Io vomitò . Disfa le opilario- ni della milza , delio ftomaco , e deila matrice . Vngendofi con effoi bambini piccioli, e i fanciulli grandicelli, che non potino andar dei corpo, del- i’om- Coìtolo V • 269 l'ombelico in giù fa loro andare, &euacuare, fc peraucntura haudfero vermi, li efpellc Ramazza, ma più efficacemente fe fe ne dà loro vna gocciola, ù due à bete con latteo con altra cofa gralfa.In tar- dità d’orecchia, & à quelli, chehan perduro l’vdi- co lo fa loro ritornare , con merauigliofa operatia- ne. Si come per molte efperienzes’è veduto. In paffiorte di giùtr.re,in dolori, & enfiagioni di dette giunture, purché non fia la caufa molto ca!da,gio- ua tmrabi) mence, erifolue i membri attratti votati con quell’olio. Si di (tendono i nerui.e fi fanno ven- cidi, leuandone via il dolore . Se vi farà alcuna ci- catrice, leua viali fegnaleouunque fi fia,ma(fima- niente del vita. Li golfi del volto, da’ quali (fino fpello le donne moleflate, fi confumano, e ditfrug- gono da quell’olio , non fenza loro grandiflìma contentezza. E4 calido nella prima metà dei terzo grado, & humido nel fecondo . Del Bit urne. Cap. V . Itrov asi in Cuba apprefiò la riua del mare vn fonte , ilquaie manda da fe vn certo bitu- me fuori di color nero , come pece , di grane odo- re, del quale fi feruono gli Indiani nelle loro in- fermità fredde^ * I noftn, che fono in quelle par- ti, per impegolar nauigh, pache è come pece nauale , lo mcfcolano con feuo, acciò le dia mi- glior carena. Io credo, che quello fia il Naphra de gli amichi, del quale fcriue Polfidonio nrro- uarfi due fonti in Babilonia vno di bianco, l’al- tro di nero . Quello, che fi reca dalle Indie, vfiarno noi in palfione di matrice, percioche riduce la ma- trice ai iuo luogo, fe peraucntura lene fu fife fa li- 2? o Del Liquidambar >c dell'olio del medcfi ra con poner detto bitume al nafo , e fe fu He difce- fagiù, con poner vna pezza bagnata in detto bi- tume alla natura, fubito la fa ritornarsi!, e la ridu- ce al fuo luogo. E coli medefimamentegiouaap- p I icata nelle infermità fred de, non a i trini en ti, che l’alt re medicine delle quali di fopra habbiamo parlato ; è di natura calido nel primo grado , humidonel primo. Del Liquidambar j e dell’olio del mede fimo . Cap. FI. POrtano dalla nuoua Spagna vna rafina , che noi chiamiamo Liquidambar , & vn’akra cofain guifa di olio che noi chiamiamo olio di Li- quidambar, che '"viene à dire cofa odoranflima , e pretiofa come ambra, oueramére come olio d'am- bra-» . Sono ambedue cofe di aditi foaue,e grano- fo odore, e fpecialmente l’olio , ilquale ha vn’odo- re più gentile, e più foaue_->. E' il Liquidambar rafina, canata per inci (ione d’vno albero, di affai grandezza, e molto bello, adombrato dì moke foglie, lequah fonocomefoglied’edera. Lo chia- mano gli Indiani Ocozab . Ha la feorza grotta, e cinericcia, laquale ferita ,*& intaccara, manda fuori il Liquidambar , e coli Io raccolgono . E perche la feorza ha vn’odore molto foaue, la pe- dano, e la mefehiano con la rafina, & in quello modo , quando fi brucia rende migliore odore, talché douunque nafee fimile albero , fifente per tutto il campo vn’odore foauifiìmo. Quando gli Spagnuoli furono I’vitima volta in quelle parti, Tentìrono per quei luoghi tanto odore, che penfa- rono, chevifuttero fpecierie, e che vi fufleroal- Capitolo VI 27 i beri di fpccierio . Riportarono gran quantità di Liquidambar in Ifpagna , tantoché n’empieron® molci vali, e molti barili in conto di raercantia,im- perochequi fi guadagna con e fio , per fuffumigar cole d odore , e lo confurnano in luogo dì ftorace, perche veramente ii Tuo fumo , &r il fuo odore par che fia di fioraci. E^ cofi medefimamente lo mettono in altre compofitioni odorifere,!] come in paftcictte, pipctre , e foraiglianti . Manda cofi buono odore, fenza bruciarlo , che douunque egli ha, non fi può nafeondere , perche rofto paffail liio odore molte cafe, e molte firade, mnflìma- mcnte quando è in quantità. Serue affai in me- dicine, e fa grandi effetti ; impcroche rifcalda, CGnfortajdfojue, mitiga i dolori . Poftosuil cere- bro mcfchiatocon altre cofearomadche,con forra il cerebro,e ne leua via il dolore. Leua ancor fvia pollo à modo d’empiaftro qual fi voglia fonemi dolore cagionato da frigidità . In pafiione di fio- maco fa merauigliofo effetto applicato in modo di fiomarico ; perche conforra lo ftomaco, rifoJue la ^ventofità , S^^aiuta la digcftione, leuando via la ind igefiione .Fa opera , che fi cuoca bene il cibo, e dà apperiro di mangiare . Uche fi fa tutto co! Ln quidambar diftefofopra vn pezzo dicamofciom forma di feudo mefchiatocon vn poco di.fiorace, ambra , e mufehio , e fattone empiafiro , fa gran- di filmo prò in tutti quei dolori, che ho già det- to. Si fa di cale empiafiro grandi efpenenze in quella città per i buoni effetti , che egli fa . E* cal- do nel primo del fecondo grado , humido nc! primo . Di quello Liquidambar fi caua l’olio, che chiamano olio di Liquidambar, il cui odore è più foaue. Cauafi dal Liquidambar quando èfrefcò pollo 27z DelBalfam* pofto in luogo doue poffa da efib diftillare la par- te più fattile, e quello è il più perfettojaltri,ì’efpri- mono, perche n’efchi maggior quantità , per effer cofa,che fi porta per mercantia.Imperoche con ef- fa profumano i guanti per le gcti populane , in che fe ne confuma affai . Se ne feruono per medicina in varie infermità, & è di già virtù per fanare,e cura- re infermità freddejimperoche có eccelléza rifcal- da tutte le parti doue fi applica, rifoluendo, e mol- lificando qual fi voglia durezza della matrice ; Se aprendo le fue oppilationi prouoca i mefi . Il fuo vfficioè di mollificare qual fi voglia durezza . E* caldo quafi nei terzo grado • E* qui da notare , che moire perfone portano quell’olio, eia llorace li- quida dalla India nò molto buono , perche lo fan- no de’ rami d’alberi fatti in pezzi, e poi cotti, don- de ricolgono il grafitiche và nuotando per fopra, e di quello vendono. Colgono i germogli deU’al- bero donde fi caua il Liquidambar già detto , e ne fanno mazzetti, i quali vendono gli Indiani nei loro mercati, perche feruono à metter fra le vefti,e robbe per dare odore come acqua d’angioli per quello effetto ancora i’vfano gli Spagnuoli . Del Balfatno» Cap . VII • POrtano dalla nuoua Spagna quel liquo- re eccellentiflimo , che per la fuà eccellenza , e merauigliofi effetti lo chiamano Balfamo, che già vn tempo fi ritrouaua nell’Egitto . E perche fa cofi grandi operationi , Se è rimedio à tante infer- mità, gli s’è dato tal nome^. Falli d’vn’albero maggior del granato ; ha le foghe àguifa d’orti- ca >rirdnatC;> ma delicate. Lo chiamano gl*In- Capitolo Vìi . 273 diani Gilio ; t noi altri quel eh’ elee da detto arbo- re chiamiamo Balfamo. Fallì in due maniere,è vna pervia d’incifione, tagliandola feorza delibe- ro, laquale c delicata , e dandogli colpi , da’ quali dee poi vn liquor vifeofo, che tira al bianco • Dal- la incisone ne vien poco, ma nondimeno è eccel- lenti(fimo,e molto perfetto . L'altro modo, ilqua- le gl’indiani vfano in cauar detto liquore da det- ri alberi , &è comunemente vfàto da loro, è, che pigliano i rami , e i tronchi de gli alberi , e ne fati- no fcheggie più lottili , che fi ponno fare , e poi le mettono in vna caldaia aliai grande co gran quan- tità d'acqua ,e la fanno bollire fin tanto , che veg- gano, chefia à baftanza; pofeia la lafciano raf- freddare, e raccolgono con vn cucchiaro l’olio» die và nuotando per fopra , e quello è il Balfamo)» che viene in quelle bande, e che comunemen- te è il coftume . 11 fuo colore è rollo, che tira al ne- ro , codorati(Iìmo,e di odore aliai gratiofo , nè li comporta conferuarlo altroue, che in vafo d’ar- gento , ò di vetro , ò di (lagno , ò pure in cofa 'Ve- triata, perche tutto il rello penetra , e palfa . L’v- fodi quello è (blamente in cofedi Medicina, <$c cantico, quali da quel tempo, cheli difcoprì, e guadagnò la nuoua Spagna. Imperoche fubito gli Spagouoli n’hebbero notitia, e con quello li medicauano, e curauano ie ferire, che gli tran date da gl’indiani , anifati diaò da giu (tedi In- diani, 1 quali furon veduti, che con qnelio medefi-, mo fi curauano dii . Nel tempo , che lo por areno in Ifpagna la prima volta fu tenuto in tanta (lima, in quanta ragioneuolmente era da tenerli , per ve- dertene merauigliofe operationi. Valeua ciafcu- n’oncia dieci, e venti ducati, & hora vn’arroba non S vai 274 Del Bdfamo . vai più di tre,ò quattro ducati. La prima volta che 10 portarono à Roma valfe cero ducati l’oncia,do- po pefTerne portato in ranra quantità, nó folamen- te non è in prezzo, mas’è donato fenza prezzo , e quefto fa i’abbondantia , e careftia delle cofe , che quando era in gran prezzo, ogn’vno fi valeua del- le (be vimi, e poi che venne à vii prezzo,non fi ten- ne piu in conto, eftendo pure quello Balsamo quel- lo ìfttftb , quando valeua cento ducati Toncia, che c hora , che non ha certo prezzo . £ fe n on per al- tro fodero fiate difeoperte l’Indie , che per darne quefto merauigliofo liquore, faria ftaro bene im- piegato il trauagliojche fi prefero i noftti Spagnuo- li , già che’l Balfamo , che fi foleua hauere , fono molti anni, che fi perdette, efiendofi fecca la vigna diclondeficauaua, che hora non fi porta più, e non fi troua al mondo *, per laqual cofa hebbe no- ftro Signor per bene in luogo di quello darne que- llo delia nuoua Spagna , ilqualeà mio parere non è in virtù medicinale men buono di quello d’Egir- to, fi come fi vede perlifuoi grandi effetti , cper 11 gran profitto , che fa , del quale noi ci feruiamo in medicina, &in due modi, ò fi piglia per boc- ca, ò s*applica di fuori in cinigia . Piefo la mattina à digiuno, fana Pafma; Ieua l’infermità della veli- ca; prouocai meli alle donne, pigliato pefò per bocca , oueramente vfato in pedarij ; Ieua il dolo- re dello ftomaco lambcdone vna gocciola la mar- dna à digiuno , poftala fopra la pianta della mano prima, iaqualeconnnuata confortalo ftomacho3 rettifica il fegato , fa buon colore nel vifo , fa buon fiato, allargali petto, disfa le oppilationi , e con. i'erua la giouemù. Io ho conofciura vna perfona di gran qualità, cheLvfaua, c con edere ella di grande Capitolo VII. 27? grande età, parea giouane,e vide fenza di ferri * mentre l’vsò. Alcuni tifici Thanno vfato,<5<: ha fat- to loro gran giouamcnto . Alcune fignore,che non faceuan figliuoli, i’iianno viàto in forma di pefiarij per purgar la matrice, & ha loro giouato. Applicali Umilmente per di fuori in ogni forte di doghe cau- fate da liumori freddi, e venrofi,imperoche conti- nuato, lena via ogni forte di dolore, applicato cal- do con vna penna, c poi ponendoui fopra vna pez- za linea, bagnata nel medefimo Baita mo. £‘ rifo- lutiuo, & in quello modo confuma, e disfa Lentìa- gioni fredde, Cantiche, con forra ogni parte, doue s’applica . n^orto fu5 1 cerebro, lo conforta meraui- gliofamente,ene leua il dolore , Confumando ogni forte d’humore, ò freddezza che vi fufie . Guarisce ia paralifevngendone il cerebro, la collottola , la noce del collo, eia fpina del dorfo, che è quella parte, donde denua Porgano, per raezo le fpalle,& ùngendone ancora il membro paralitieato . In quelto iftdTo modo gioua in tutte le infermità di ritrattioni de* ncrui . Porto su lo flomaco, aiuta la digedione, e lo conforta ,rifoIuendo la ventofità,e fe vi fufie oppiìacione , la disfa , ecofi medefima- mente l’oppilacion della milza , laquale mollifica, e rende benigna. Toghe via il dolor di fianchi porto caldo fopra il dolore. Leua il dolordiven- tre, e di ftomaco venuto per caufa fredda, ò di ven- tofità menato caldo , oueramente mefio dentro dJvn panecaldo venuto dal forno. Prouoca Cori- na à quelli , che non ponno orinare applicato per fuori, e pigliatone vna gocciola per bocca , la com- moue,&efpd!e. In dolor di gionturefa meraui- gliofa operatione, &: in quello ha fpecial preroga» nua, e i ha anco in fciatica * rifolue qual fi voglia S i durezza. 27 6 Bel Bai fimo 2 durezza , & enfiagione , che fomiglianti dolori Co- gliono fare. In paffione di nerui è merauigiiofo ri- me dio. Ri fo!ue,e fana ogni fcorrimento,e dìfcenfo d’humori.AppricarodettoBalfamom cole diciru già, fa merauigìiofi effetti, tanto vfaro da fe folo,co me mefciuato con altri medicamenti , i quali hab- biano virtù di far quell*tfFetto,per ilquale fi appli- ca. Perche il volere efplicar quefio faria cofa lun- ga,lo rimetto à colui, che fe ne hauerà da feruire,ii filale farà da per fe la mifiione,come conuicne. E* il Baifamo rimedio molte comunemére coftuma- toin ferire nouelle, percioche lecuracoj|Ja prima intentione conglutinando le parti fenza generar materia , e doue farà corrottione , che impédifca il giutinare , fa molto buona operatone , digerendo con preftezza, e tutto il refio delle operanoni d- rurgicffii, che fanno meftiero finche fi famnole • ferite, e per quella cagione è medicinacofìuma- ta , e molto generale in tutte le cofedi cinigia, per gente pouera , poi che con ^vna fola medicina fi fanno tutti gl’effetti neceffarij, & è già cofa co- mune^ • In edere ferito alcuno , tofto direi , met- ta ni fi del Balfamo , ecofifi fa, e fanano. In feri- te di nerui fa merauigliofa operatione , impéroche le cura , e fana più che al tra medicina, proiben- do che non vi venga lo fpafimo. Le ferire di te- fia fi fanano molto bene con quefio, non vieffen- do però incifione ,ò rottura di otfo. Sana qual fi voglia ferita frefea , in qual fi voglia parte dei corpo , attenga che non fia ferita femplice^. in ferite di giunture, come fi voglia che fiano, fa me- rauigliofaoperatione , e prohibifee lo fpafimo . E’ molto coftumato in quella città in tutte le ferite ; percioche pochifiime cofe ritrouarete per quefio effetto* Capitelo Fili, 277 cffetto.douenon ha fìalfamojper laqual cola in ef- fer ferito alcuno, torto ricorrono al Balfamo , per- checon affai poca quantità fi curano, e fanano. E mo)n (lì me volte s’è veduto con hauerlo adopera- to vna fola volta, al terzo di quandi penfauano di porre l,aIrro,rittoua.uano la ferita Tana . in piaghe vel;chie,applicaco da fe loJo, ò con altro vnguento ie monditi ca, netta , & incarna, & in febri lunghe coniparortfmi menato per mezzora inanzi che ve» ga il freddo per tutta la fpinal midolla ben calda, e dopo di eflerfi l’infermo coperto bene, pigliatone anco cinque, òfei gocciole con vino, toglie via il freddo in tre, ò quattro volte, che ciò li faccia. E’ di fapore acuto, al quanto amaro , donde lì feorge ha- uer parti ftitiche, e confortatiue . E* caldo, e 1 fecca in fecondo grado * Dell berla d i Gioii anni I nfante . Cap, Fili* NOn vò Iafciar di fcriuer di vna certa Herba, che i conquistatoli della nuoua Spagna vfa- inno per rimedio delle loro ferite, e frizzate, la* qual Herba affai buon rimedio fu ne’ lorotraua- gli . La infegnòvn Indiano, ìlqualeera fetuitors di vno Spagnuolo chiamato Giouanni Intuire, e perche fu il primo , che vsò detta Herba , la chia- marono , hoggidi la chiamano f Herba di Giouanni Infanta . Quefta Herba è picciola , ha la foglia come il noftro azede di Spagna, alquan- to pelofa^j . La colgono verde,la pedano, e la pon- gono coli fernphcemcnte fopra le ferire , nftagna il Sangue , e le la ferita è nella carne , la faida , e ia cura , glutinando infieme le parti « Le feri- te de ineriti, & altre parti le digerire, e mondi- S 3 to, 27 S Del Gmiacan, ciò e Legno fantoi fica, e fa rigenerar la carne, fin che fi fanano.E per- che non fi troua quefta herba in ogni luogoja por tauano in poi uere /perche faceua il medefimo effec lo che verde, benché l’opera rione d’incarnare me- glio fi faceua «falla poluere,che non dali’herba. Vi ibno molte altre herbe, fi come vi è quefia in tutte le parti dell’India c’hàno quefia , & altra proprie- tà di merauighofi effetti,cheà voler fcriuer di cia- fcuna in particolare, faria di miftiero cóporre mag gior volume, che quefio . Tre cofe fi portano dalle fiofire Indie Occidentali , che hoggi fono celebra- te per tuttofi mondo , e con quelle fi fon fatti , e fi fanno maggiori effetti in medicina , che giamai fi fufler fatti con altri medicamenti, che fino al dì d’hoggi Tappiamo ; perche l’vfiicio di tutte tre è di curare infermità , che fono fenza rimedio, in- curabili , & è di fare effetti , che paiono veramen- te miracololì. E quefio è manifeffo, non folo in queftenoftre parti , ‘ma in tutto il mondo, e fono «quelle . Il )egno,che chiamano Guaiacanja Chi- na, e la zarza pariglia-;. E perche pare, che la China venga di Portogallo, e che i Portoghefi la portino dalle loro Indie Orientali, e non dalle no- stre , dicono efli quello , che noi qui apprettò dire- mo, quando di quella fi parlerà, incominciàdo dal Guaiacan, come da rimedio primieramente -"ve- nuto dall’Indie , e come principale, e miglior di tutti, fecondo l’vfo, eia efperienza di tanti anni chel hadimofttato. Del Guaiacctn>cioè Ugno fanto . Cap. IX. IL Guriacà,che chiamano i noffri legno delle In- die, vene in cognitione fubito, che furono ritto- ua te Capìtolo 1 X . , 2y 9 natele prime Indie, che fu nella Ifota di San Do- menico, doue Tene troua gran quantità. Dieda nociria di ciò vno Indiano al fuo padrone in quello modo. Elfendo vno Spagnuolo , ilquale pariua gran dolore di mal Francele,che l’haueua prefo da vna Indiana , quell’indiano, ch’era vno de’ Medi- ci di quella terra , le fece bere l’acqua del Guaia- can,con la quale, non folo gli fi leuarono le doglie, ma fanò etiandio molto bene del male. E con quell’acqua furono fanati molti altri Spngnuoii , che erano infetti di finii! male. lidie tofto per quelli, che veniuano di quelle bande fu communi- cato qui in Smiglia,donde poi fi diuulgò per tutta Spagna, e di là per .tutto il mondo, imperoche era già l’infettione per tutto il mondo feminata , in verità per fimil male è il migliore, e più gran rime- dio di quanti fino al dì a’hoggi fi fono intronati , e che fam,c che euri tale infermità, con più certezza e pm ficurczza ; unperoche fe fi gouernano bene , c fi dà quella acqua nel modo, che fi richiede, è cofa certa, che fi fanano perfettamente , fenz* tornare àricaderui, faluofe l’infermo non tornafieà rin- fangarli nel medefimo fango, doue egli prefe il primo male. Ha piaciuto al noftro Signore, che da! luogo, donde véne il mal Fràcefce,di là vernile il rimedio per guarirlo ,imperoche il mal France- fe venne in quelle parti dall’Indie, & in prima dal- l’Ifola di S.Dometuco. Fra gf Indiani il mal Fran- cefe era tanto volgare, e famigliare , come à noi ai- cri le varoie , e quafi la maggior parte de gli India- ni hanno tal male , nè fe ne fanno molto fcropolo. Venne in quello modo . Nell’anno 14515. nella guerra,che il Re Catolico hebbe in Napoli con Re Carlo di Francia , che era detto dal Capo grotto 0 S 4 lu 2$o Bel G uaiacan, cioè Legno finto . In quefto tempo don Qiriftcforo Colombo forno dal primo difeoprimento, che fece delle Indie, che furono di San Domenico, & altre Ifote, e menò fé- codi San Domenico molta quantità di Indiani, & Indiane, le quali condii fife in Napoli, done era il Re Cafohco ailogia'o , il quale teneua g.à con, chiufa la Tua guerra, perche già eira fatta la pace fra i due Re , e gli eifefeiti praricauano lVno con l’altro, doue giunto Colombo co’ fuoi Indiani, 8c indiane, liquali andauano per lo piu carichi de* frutti dei 'oro paefe, ch’era il mal Francefe , in co- minciarono gii Spagnuoh àconucrfarcó le India- ne, e gli Indiani con le Spaglinole di tal maniera* che infettarono gli Indiani, e le Indiane ]?efiercir© de gli Spagnuoli , Italiani, eTedefcIr, che di timi ne haueuft il ReCatolsco nel Tuo eflerciro , tal che molti futonoinfetti di ra! male. Et dopo, come gli etterati fi piaticauar>o,hcbbe luogo, che fimilmen- te fi accendeteli fuoco in quel del Re di Francia» donde legnilo b.eue tempo, chel’vno, e l’alrro etterato fu infetto di quefto mal feme 5 c di là fi di- ftefe per tutto'i mondo. Nel principio hebbedi- uerfi nomi , gli Spagnuoli penfandoche i Francett i'hauettero loro dato - lochiamano mal Francefe» all'incontro i Franteli, pattando che in Napoli quelli della rena i’hauetteroloro dato, lo chiama- rono trai Napolitano; i Tedefchi vedendo, che dalla conuerfation de gh Spagnuoli l’haueuano prefo Io chiam arono rogna Spagnuola, & a Uri lo chiamarono fai ampion dell’india, e meritamente, poiché di là venne il male. Fra gli eccellenti Me- dia di quei tempi, furono moire opinioni della caufa , oc origine di tale infermità . Alcuni dice- vano ette* venuta percagion de* cacciai cibi ma* ien* Capitolo IX* 28 i knconìci, che gli efferati haueuano pernecefiltà vfatt, fi come fono herbe feluaggie , e molte cofe di horti , e radici di herbe, afini, e caualli. Se altre co* fe, che generano famigliati infermità, corrompen- do, & abbruciando il fangue . Altri i’auiibuiuano ad vna certa congtunrionedi Saturno con Marre, attribuendoli tutto ad influentie celefti. Ecofilì dierono vari) nomi, vna chiamandolo lepra , altri lichene, altri mentagra, altri mal morto, & altri eie- fantialì , fenza potere veramente accertare che for- te d’infermità li fufTe, imperoche non fapcuano, ch’era infirmità nuoua, e la voleano ridurre ad vna delie già conofciute,e fcritte . Dopo venendo il no- ifroGuaiacan , il cui nomee Indiano , e fra effi af- fai con ofciurojC coli l’hanno chiamato, e chiamano pet tutto il mondo, auenga che lo chiamino anco Legno d’india. Di quefto Legno hàno fcritro mol- ti, & affai. Vno dicendo, che ha ebano, altri che fiafpeae di buffo, e molti altri nomi gli hanno impofti, come ad albero nuouo mai più vifto in quefte parti, nè meno in alcun altra delle difeo- perre,ecomeil paefe è nuouo à noi altri , cofì l’al- bero medefimamenre è cofa nuoua . Comunque fi fia , è vn albero grande quanto vna lecina, ò eli- ce , che vogliate dire , fa molti rami . La feorza fi leu a da fe ftefia , poiché è venuta grolla , è gom- moià , ha la midolla affai grande, che tira al nero, &' erutta grandemente dura molto piùdell’eba- no , fa la foglia p'cciola , e dura, Se ogni anno fa i tìori gialli , da’ quali fi genera il frutto rifondo , e niarticcio,con feme di dentro, & ègrolfocomene* fpole. Ven’èdi fonvglianti alberi in grande ab* bondarza . Dopo fi ha rirrouaro qui vn altro albc- XQ della fpeue di quello Guaiacan in San Giouan- 2 Del Gttìacatt, cioè Legno [amo l ni di porto riecho, che è vn’altra Ifola fopra quel- liq la di San Domenico, & è come il populo, & anco- quia ra più picciolo, ha il tronco, & ì rami fottili,e non pie ha quafi midolla,e fé pur ne ha, è affai poca, e que- u,i fìa è nel tronco, perche neffuno de5 rami ne ha . £' u,ei più odorato, e piùamaroil Guaiacan di quefto. leitOj VTafihoraal noftro tempo ; ma non ci (cordiamo w però di quello di San Domenico. Per li Tuoi mera- (sto uigliofi effetti lo chiamano Legno Santo. E certo eie con gran ragione , perche è di migliore operatione (nifi di quello di San Domenico , come per efperientia tro fi vede, nondimeno, e l’vno,e l’altro è merauiglio- pali fo rimedio per curare il mal Francefe. Dt’quali.c te, di ciafcun d’effi fi fa l’acqua , che fi piglia per tale itti] infermità, e per molte altre in quefto modo . Pi- !j ( gliano veti oncie di legno rafpato , oueramente ta- jiot gliuzzaro , e due oncie di feorza del medefimo le- ^ gno , e pettata , mettono ogni cofa in molle in tre qu azumbre d’acqua, che faria al noftro pelò poco ali più , ò poco meno di quindici libre d’acqua in vna lii pignatta nuoua d’vn poco maggior capacità , per d fpatiodi ventiquattro hore, e coperta bene la pi- d gnatta , fi fa cuocere , à fuoco lento di carboni pri- f( ma accefi , fin che fe ne confumano due azumbre,© ti ne retti vna . Conofcerai quefto , perche al tempo, <* 5 cheli mette l’acqua nella pignatta, fi mette pri- ma vn azumbre , t fi mifura , e poi per quella mi- fura, e quel fcgnale fatto nella pignatta, ficono- fee quando faranno le due azumbre ccnfumate , e ne retta vna_> . Dopo d’effer cotta l’acqua, fila- feia raffreddare, e fi cola, e fi riferba in vafo v itrea- to, e lubito fopra al medefimo legno g;à cotto vna volta, fi rorna à mettere quattro azumbre d’ac- qua , c fi cuoce fin che le ne (cerai l’vncu . E que- fta || I • k fuijiiel. km- tilijCD oa acque- tila. E' § i quello. * udiamo oimcra. .Eccito peraùone fpcrientia flflìj jfo fusili penule h Pi- meta, mole- leìtitcs rfopcco uainvoa ;ii hff éfi' fipi- •mpo> ' laffli* , cono* ìtnatcì i>. iviirca* li# i# W . * ' Capitolo IX* 283 fia acqua fi cola , e fi nferba appartatamente . La qual acqua s’ha da pigliare in quella guifa. Do- po d’efiei: purgato l5 infermo per configlio di Me- dico, fi dee rinchiudere in vna camera ben ftufa- ta , e riguardata da freddo , e da aria , e mefiò nel letto , pigli dieci onde dell’acqua , che fi fe la pri- ma volta, ben calda . E coprafidimodochepof- fa ben fudare,fiando nel fudore, almeno due hure, e dopo di hauer iuciato, fi fciughi, e muti di ca- mifcia calda, e di lenzuola. E mangi di là à quat- tro hore dopo di hauer fudato, mangiando vue pafie, mandole, e bficotn,e di tutto mediocremen- te, beuerà dell’acqua che fi fece la feconda volta in quella quantità che le parrà conueneuole. Del- la quale acqua potrà medefimamente bere fra giorno, d’indi ad otto hore dopo di hauer man- giato , torni à pigliar la prima acqua , e ne pigli otto altre oncie chefia bencalda,efudi per due altre hore, e fciugatoil fudore, fi muti di panni lini caldi, e d’indi ad vn’hòradapoi ceni ìe me- defime vue pafie , mandole , e bifeotti , e beua della feconda acquru . Quefto ordine ha da tene- re ne’ primi quindici giorni , faluo fenonfifen- tifie notabile fiacchezza, perche in fimil cafogli fi ha da foccorrer con darli da mangiare vn pollo picciolo roituoinfiemecol reftoche egli mangia- rla-.. Enei deboli, che non ponno comportar tan- ta dieta, batterà di pigliarla per nouc giorni, e finiti i noue giorni, ha da mangiare vn pollo pic- ciolo roftito , e calo che l’infermo fuffe debole di forte, che non potefie fefirir la dieta , le s’ha da dar da principio il pollo, ma che fia afiai picciolo, ® andando aumentando tuttauia il cibo . Pafiatii quindici giorni, fi cornerà à purgare , pigliandoli di 2$4 Del Gmiacatt • di calila tratta per fera , al pefo di dieci dramme , ouera mente altra cola equiualente à quella . Etiti Éofcoi quel dì non beila l’acqua prima , ma beua deJEac- isiaicfo qua fernplice . Ma poi il giorno appreffo delia lifodai punganone tornerà ai meddìmo ordine . Pigliati- fioLegno do per la mattina, e per la fera l'acqua pritna,e fa- ’ftopc cendo il refto, che con effa lì conuien fare, coli nel :erc&op mangiare, come nel bere, faluo che in luogo di poi- fiadelL lo, potrà mangiare meza pollanca rollila, & in fine fenzarae alcuna cofa di più , Quella feconda volta fi pigli t'iaftèvc l'acqua venti a) tri giorni, nel qual rem polì può le- glioreo uar di letto,e ftarff nella fua camera vellico, e bene doli,c fi addobato . Et al fin di venti giorni s’ha da torna- niente, re à purgare varierà volta, & ha da tener fpecial penfiero di gouernarlì con regola dopo di hauer prefa l’acqua per quaranta giorni in tutte quelle cofe , che 1 Medici chiamano non naturali , guar- r dandoli da donne, e principalmente da vino, ira mo Legno,e fe non volelfe farlo, beua acqua corra . ^ con aneli, ò finocchio , cenando poco la fera fenza mangiar carnea . Quello è il miglior modo , che fi tiene in pigliar l’acqua del Legno, ilquale|fana fljfo molteinferrnitàincurabili, doueJa medicina noni ^ ha potuto far il fuo effetto . E quell'acqua è il miglior rimedio , che fia nel mondo per curare il ^ mal Fraocefe comunque fi fia , e di qual fi voglia c^, fpecie fi fia, imperoche l’eftirpa e diradica del tur- to, fenza che mai piu ritorni. Et in quello ha Ja pe[( fua pnncipal prerogativa , e la fua eccellenria . E9 racc buona quell’acqua per la hidropefia , per Pafma, a u per l’epilepfia, per male di vellica e di rignoni,per uat pafiìone,e dolor di giunture, e per ogni male da ha na| mori , e venialità caufato . £‘ buona per infermi- nel luogo del quale beua acqua femplicedel medefi- 4a fa tà ème, à. Et ini a delfine* ! é della . Pigliati, rima, effl- uii nel joodipoi- # k Mfji polipi fcekffi udm gfpccinl idihtutt infili ifBi® itlrf acficofi' lif# 5! Àfa jUlltfM 11(110 ftfi curarci frf ideiti ftollllj {Diia- E' lCtfafiii3i mi fc 'Vedere vna radice grande, & alcune altre piccioleidiman dandomi che radici foffer quelle , io li tifpofi , che erano radici di China, im peroche mi pareuano af- fai frefchej egli mi dille, che veramente era coli, perche poco ttmpocra, eh1'. gli proprio l’haueua raccolta , e la portaua dalla nuoua Spagna^. Io mi merauigliai , che in quelle parti Phauelfc tro- uata, portando opinione, che folameme nella Chi- na fi ntroualTe ; egli mi diffe, che non folamente nella nuoua Spagna v’era della china,mache pre» 2tó Della China. fìo haueria veduto portate gran quantità di fpede- rie di quelle parti ifteffe, di donde fi portauala China .diche credetti, quando poi viddiil contra- rio , che egli hauea fatto con (uà Maeftà di porta- re in Spagna gran quantità di fpecierie,che già ha- uea incominciato à porre Se à piantare. Se io viddi il gengeuo verde portato di quelle bande , e fimil- mente la China , laquale c vna radice di canna con molti nodi,di dentro bianca, ma ve n'è alcuna, che con la bianchezza ha il color rodo, ma di fuori è colorata . La migliore è la piu frefea, che non {lab- bia buchi , e che fia ponderofa , e non fia carolata, con ha nere vna fuftanza denfa,e di fapore infipida. Nafce quefta radice nella China , che è l'India Orientale predò alla Scithia,e Sericana. Nafce vi- cino al mare, èia pianta come quei cardi da fcar- dnrei panni, chiamato labro di venere. Siferuono della radice folamenre, con laquale gl'indiani fi curano di graui infermità * e per quefta cagione ia tengono m gran ftima . Curano con effa tutte le infermità lunghe , eie acute ancora, fpecialmen- telefebri. Prouocando con l’acqua di detta radi- ce il fudore, e per quefta via molti ne fanano. Pro- uoca mirabilmente il fudore. Sarà forfè da trenta anni , che la portarono i Portughefi in quefte par- ti, e la teneuano in gran prezzo per curare tutte le infermità . Specialmente vale ne! mal Francefe, nel quale ha fatto grandi effetti , Se in molti altri ancora , fi come noi diremo . Si dà l'acqua in quefta guifa . Purgato Pinfermo, come piu vi par- rà comieneuotc' fi pigliarà vna delle radici, e fi ra- g]l a àal ritondo, con fette Poetili , e larghe quanto vn carlino, e pigliando di detta radice tagliata al pefod’vn’oncia, fi metterà dentro d* vna pignatta nuoua. Capìtolo X. 2 $7 nuoua , e poi (opra vi fi mettano tre azutubre , cioè quindici libre d’acqua , e fi farà dare in molle per venti, ò ventiquattro bore, e coperta la pignatta, fi fai à cuocere à fuoco lento di carbone infocato, fin che diminuifchi la metà, che farà vn’azum- bre, e mezo , e quella feruirà per la medicina det- ta di fopra, parlando dell’acqua del legno , e dopo d’clfer raffreddata, fi coli, e fi rifcrbi in vafo verna- to , tenendo pen fiero , che Ria in alcun luogo ofcu- ro, ò che habbia il lume di (òpra , perche meglio fi conferua, e dura anco più lungo tempo, fenza cor- romperli. Et meffo l’infermo in danza ben guar- data dal freddo, econueneuole à tal medierò, fi pigìiarà la mattina à digiuno dieci onde di det- ta acqua, quanto più calda la può fcffnre, c pro- curi di fudare, afpettando il (udore per due horc almeno, dopo di hauer fudato, fi afeiughi, efi muti di camifcia , e lenzuola nette, e calde, dan- doli dopo del fudore due , ò ere altre bore in letto* & dopo di elferfi ri pofato , fi potrà vedire , e bene afferrato fi dia nella fu a camera , laquale fia guar- data da freddo & d’aria, ma piena di ogni piace- re, e di buona conuerfaiione. Mangi alle vndi- ci bore meza polladra picciola lelfa , ouero'-Yn quarto di gallina acconca con poco Tale, beuen- dofifempreal principio del mangiare vna fcutel- la di brodo , poi fubito apprelTo feguiti il mangia- re della gallina , laquale da principio fia in poca quantirà, e finifea il padocon'Vn poco di coto- gnata . il bere farà dell’acqua , che piglia la mat- tina, perche qui non fi ricerca di far più che vn'ac- qua_». Dopo partitoli principio, potrà appreffo al brodo mangiar d<* beue parte fenza arilli, oue- ramente delle prune fecche fenza olfo ; il pane fa- 288 Della China T rà la feorza del pane ben cotto , oneramente man- giaràbifeotto, Se fra il giorno hauerà voglia di bere > lo può fare pigliando alcuna conferua, e be- lerà di quell’acqua iftelTa . Patiate otto hore dopo di hauer mangiato, fi metta in ietto, e pigli dieci al- tre onde deli’iftefta acqua, quanto pù calda la puòfoffrire, e procuri di fudare perdile hore. E dopo del fudore fi afeiughi , e mutifi di camifcia, c lenzuola nette, e calde, d’indi ad vi;’ahra hora ce- ni alcuna conferua, outramenrevue pafife , e man- dolecon alcun bifeotro , e beua deli’iftdfa acqua, mangiando in vitimodella cotognata, dopo della quale non beua più . Quefto ordine fi ha da tenere per trenta giorni continui , fenza hauer dibifogno di più purgarli dalla prima volta in poi, e fi può Ieuar di letto, pur cheftia bene afferrato di panni, e ben veftito. In quefto tempo fi pigli ogni forre di piacere, e di allegrezza, f hiuando all’incontro tutte quelle cofe, che le potettero dar noia . Dopo dihauere in quefto modo pigliata l’acqua , ha da tener buon ordine , e buon regimento per quaran- ta giorni continui, c non ha da ber vino, fe non ac- qua fatta della China già cotta vna volta , laquale dopo d'efler cotta, s’ha fempre da rifeibare , e da metterli à fece are all’ombra . E quella China cofi fèccaferuirà per far dacqua da bere, ne’ qua- ranta giorni dopo di hauer prefa l’acqua , facen- do cuocere vn’oncia di detta China in quindici libre di acqua finche fcemila metà, e di quefta acqua beuerà di continuo , ma fopra tutto fi guar- di da donne. Habbia penfieroj cofi nell’acqua de’ trenta giorni, come de’ quaranta, di far ilare ira molle ia China , prima che fi ponga al fuoco , per ventiquattro hore. Curanficon queft/acqua molti? infei- Capitolo X . 28? infermità, ogni forte di mal Francete , tutte le pia- giie vecchie , & viceré . Disfa le durezze antiche, leua i dolori delle giunture, che chiamano gotta artetica , & altra qual fi voglia forte di gotta , che fia in parte , ò membro particolare, e fpecialmente cura la fciatica , toglie il dolor di capo antico, e di ftomacoffana ogni forte di difcefe,e di reuma, disfa leoppilationi , e cura Phidropifia . Fà buon color nel volto, leua via la irteritia,& ogni cattiua com- piendone di fegato acconcia, e rettifica . Et in que- llo tienegran prerogauue, e per quello mezo cu- ra le lue infermità . Sana la parahfia, & ogni in- fermità di nerui , è buona peni mal dell’orma , e per la malenconia mirachiale, percioche confu- ma quello humore, donde vien caufata . Leua la inalenconia , e tutte le infermità venute da Immo- li freddi , conforta lo llomaco, rifolue merauigho- famente la ventofifà , gioua nelle febri lunghe, &; importune, ficome fonocotidiane , e febri erra- tiche. Pigliata quella acqua nel modo che fi ri- chiede, quelle eftirpa, e caccia via, facendo ciò con prouocare fudore, nel quale vfficio eccede rut- ti gli altri medicamenti . Alcuni hanno detto, che prouocando fudore , cura le febri pcftilen- tiaii . E’ fecca in fecondo grado , con molto poco calore. Ilche fi vede, perche Paltre acque,; co- me fono di Legno , e Sarzapariglia , rifeaidano , e mettono fete, e quella nè dà fere , nè fa impreso- ne alcuna di calore. In verità è medicina molto nobile, nella quale ho io ritrouaci grandi effetti per le infermità già det-e^ . 290 Deìlei Sar ^aparigl 'ta . Della Sarzapariglia . Cap . X / . LA Sarzapariglia è cofa venuta in quelle noftre parti dopo delia China , farà bota venti anni, che venne a d vfarfi in quella città . Portoflì la pri- mi volta dalla nuoua Spagna, perche gli India- li la vfauano per gran medicina » con la quale cu- rauano moire, c varie infermità. E‘ vna pianta, che fa molte radici di (otto terra, lunghe in guifa di vna bacchetta, c più, di color leonato chiaro, & alle volte fono le radici tanto fondate , che per ca- narie del tutto, è di bifogno di cauare vna grà quà- tità di terreno. Fà alcuni rami nodofi,che facilme- te fi fcccano , e diuentano legnofi . Non fappiamo, che producili fiori, nè frutti. Dopo di quella della nuoua Spagna , fe ne ritrouò più ai Sfondo vn’aitra migliore3Iaquale fa migliori effetti . Conofcefi ef* fer di fondo,con efTer ieonara,e piu grolla di quella della nuoua Spagna , laquale è bianche che tira ai giallo, òcè più lottile. La onde la Sarzapariglia, che tira più al nero,c la migliore . Ha da effer fre- fca , & in qucfto confifte tutta la fua bontà . Co- nofcefi efier frefea , quando non è carolata, quan- do fi rompe, che non faccia poluere, ò caroli , per- che la frefea ripartendoli à lungo pelmezo , fi fa in guifa di riftringhe, cnon fa poluere, quanto più è graue, è migliore. La chiamano gli Spa- gnuoli Sarzapariglia, per la gran fomiglianza clic tiene con la noftra Sarzapariglia di quelle bande, ìaqualeè lafmilaceafpera. Io credo al fermo,chc la Sarzapariglia di quelle parti , fia la ideila con la noftra, laqualc ho io molte volte cfperimentata , c fa gli iftdlì effetti la noftra , che quella della nuo- ua Spagna, con la quale ha maggior fomiglianza. Capitolo XI • 2 p [ che co quella di fondura.E' di faporeinfipida fen- za alcuna acrimonia,c l’acqua fatta di quella, non ha più faporc,ches’habbia l’acqua di orgio. La pei ma volta, che fu vfata quella hcrba,fu molto diffe- rete il modo da quello di hoggi ; imperoche la da- uano alia vfanza de gli indiani nella cura delle lo- ro infermità, cerro faceua alfai grandi effettfima Sa delicatezza de 1 nollri di quelli tempi ha fatto5chc fi vii, e fi dia come l’acqua del Legno. Da principio pigliavano della Sarzapariglia in molta quantità forfè più di meza libra,e la cagliuzzauano,e la pe- llauano,e poi la metteuanoà molle in vna quanti- tà di acqua , laquale dopo di efier molro ben mol- lerà merteuano in vn mortaio , e la pellauano ■"vn buon pezzo, di modo , che diuenma tutta come vnabaua, poi la coJauano , e fprerneuano molto bene , fin che ne cauafiero la mucilagine, ò baua,e di quella pigliauapo la mattina ben calda vn buo- no bicchiero, e poi fi copriuano, e fudauano le due file hore , e fe fra giorno haudfero hauuta Vo- glia di bere , haueuano da bere quella (Iella baua j imperochcnon fihaueua da bere, nè da mangia- re altra cofa di quella, e la fera cornauano à pi- gliare altro ramo di quella i lidia baua calda , fat- ta , fi come ho detto per efpretfkme, e fudauano aitrotanro , come haueuano fitto la mattina^ , Quello ordine teneuano tre giorni continui, fen- za mangiare, e fenza bere altra cofa di foftanza, le non quella baila cauata per efpreflìone della Sarzapariglia , in quello modo io la diedi da principio molte volte , e certo faceua grandi effèt- ti,e rifanarono molti infermi meglio, che bora non lanano. Dopo fi introduce vn’altio modo Se è quello, che hora fi vfa, in quella forma . Pigliano T i due 2ìj2 Della SarT^tpdrìglià . due onde di Sarzn pariglia, e lauata, fi ammacca,© Taglia minutamcte,e pofcia fi mette in vna pignat- ta nuoua , gettadoui (opta quindici libre di ^cqua, c fi fa Ilare io molle per ventiquattro bore . Dopo, copèrta bene la pignatta , fi cuoce à fuoco lento di carbone bene infocato , finche ditninoifcano le due parti, e neretti vna,iìchefi conoscerà perla regola della indura , c’habbiamo detto di fopr&-» . Edopodieffer raffreddatali coli, erfferbimva- fo vetriato . Sopra quella meddima Sarzapari- glia cotta vna volta 5 fi getti tanta acqua , che retti piena la pignatta , e ti faccia bollire alcuni bolli. E dopo di e (Ter raffreddata fi coli , e riferbi in vafo vernato . Purgato finfermo, come meglio fi con- uenga, e rinchiufo in camera ben ftufato, ha da pi- gliar per la mattina dieci oncie dell’acqua della Sarza pariglia, e fodaràalmeno per due hore,e do- po dd (udore fi fciugheià , e fi muterà di camifcia, c„ lenzuola caldi , e netti , & il medefimo farà la fera otto hore dopo di hauer mangiato, mutan- de fi di camifcia,e lenzuola calde, mangiando Tem- pre alle vndeci , e cenando ad vn’hora dopo di ha- uerfudato. Ceni la fera vue paffe, e mandole, c bffeotto, ebeueràdeila feconda acqua, tenendo quello ordine per quindici giorni; ma (evi fu fi- fe fiacchezza, gli fi ha à dare vn pollo picciolo ro- tino, aumentando tuteauia fecondo il tempo . Ha dafiarein letto almenoi primi noue giorni, il rimanente in camera , guardandoli da freddo, e di vfeire all’aria, & in fine di quindici giorni s’ha da purgare con medicina piaceuoie, e faci- le , de il medefimo farà in capo de’ trenta giorni : di modo, che fi offerui totalmente l’ordine, che di- cemmo in pigliar l’acqua del Legno, e coli mede- fi ma- Capitolo XJo (imamente dopo de* trenta giorni, ha da tenerti guardato, ite vfar buon reggimento per quarant’al tri giorni , non beucndo vino j ma acqua femphce fatta della medefima Sarzaparigiia, e guardifida donne. Quello è il modo ordinario di pigliar la Sarziparigliaj che hoggi è in coftume; e perche io ho efperienza d’altri modi, che vi fono gran fecre- u, gii fermerò quì,accioche fi dica tutto quello, che lì deue nella Sarzaparigiia , da che è medicamene to hoggi grandemente coftumato , nel quale veg- giamo grandifiimi effetti . lo foglio fare vn firop- po, il quale òdi molto tempo celebratolo quefta citrà;& in tuttala Spagna,efono fedici annfch’io me ne lcruo per mal francefe, e per ai tre infermi . tà> 1 1 quale non nfcalda , nè meno infiamma, ma è ben temperato fecóndo la fua graduatione, fa buoni effetti . 11 primo, per liquale quello fu ordi- nato, fu per Pantaleo del Negio Genouefc , iìqual t (fendo curato da molti Medici, & hauedo piglia- ta l’acqua del Legno,era già quafixonfuiHCidc ha- ueua vna géma nella fronte della gamba co gran- didimi dolori, cofiui io prefe,e fanò molto bene. Io fio vfato quello firoppo in molte perfine per quel- le infermità > doue iuole giouare la Sarzaparigijaj & il Legno, e per molte altre ancora, & ha buona gtaduationefimperodiefi lena la liceità al Legno, & il calore alia Sarzaparigiia, e faffi in quefta gui- fa.Pigliàfi dueonciedi Sarzaparigiia, e quattro ori eie di Legno fante preparato nei modo già detto, poi fi tolgono tredozene digiugiole fenza ofto, meza oncia di fior di boragine, meza oncia di vio- le,& alquàti grani di orgio modali, tutte quefte co fe lì mettono m quindici libre d’acqua , e fi cuoco- no à tuo co allegro, fin che reftì delle tre para i’ vna 2 $4 Velia Sar^apOrtglia . e fi co!a,& ad ogni dieci oncie di quefto decotto, fi aggiunge vn’oncia di firoppo violato.Pighfi caldo la mattinai la fera, con quel i’ifteflb ordine già det to dell’acqua , procurando di fudare, fé fi può, e fe perauentura ne venifte poco, pur tuttauia Tana. Poti no quefti , che l’vfano , mangiare vn pollo picciolo per pafto,dal primo di che incominciano, facendo poi il rcfto della diera , con bere acqua femplice di Sarzapariglia,chcfi fa di meza oncia di Sarzapa- riglia, con quattro azumbrc di acqua ; tanroche bollendo fencfcemivna parte, ò poco più. Quefto ordine Tana ogni forre di mal Fiàcefe,e tutte quel- Pinfermirà , che habbiamo detto fanar inacqua del Legno, e la China, eSarzapariglia. E perche à Tornar da capoà dirle, faria cofa fuperfiua, e lun- ga, fi potrà leggere in quello , c’ho detto di fopra j perche certamente in quefta acqua femplice > & in quefto decotto, io ho trouati grandi effetti, cofi nelle in fermità , doue fuffe alcun fofpetro di mal Francefe, come anco in infermità lunghe, importune, nelle quali i rimedi) comuni di Medi- cina non haucfferogiouato , quantunque non pro- cedettero da mal Francefe . Quefto nondimeno le cura, efana, come fi vederà per lafuaopera- tione. Suol farfi vn’altro firoppo di Sarzapari- glia in quefto modo. Si tolgono ott’oncie diSar- zapariglia ammaccata, e tagliuzzata , e cuocefi in quattro azumbre d’acqua , finche feemmo tre, e ne refti vna , In quell’acqua, che refta,fi buttano quattro libre di zucchero , e fe ne fa firoppo . Del quale firoppofi pigliano tre oncie la mattina, & al- tro tanto la fera mangiando cofe di buona follan- te cenando poco, e beuendo acqua femplice fo- jarnente di Sarzapariglia . Potrà andare l’infermo Capitolo XI. 29$ fuor di cafa à Tuoi nego® j. Curanti con quello mol- te infermità dette di fopra, fenzache infermo ne lenti alcun trauaglio. Eli ha da [pigliare finche fia finito tutto il Groppo. Pigliali fimilmente la Sarza- pariglia leuandogli il midollo di dentro,poi la Pec- cano , e ne fanno poluere > e la padano per fetaccio difeta. Di quella poluere fi piglia in mal Francc- fe> & in fpecie di tal male , & infermità caufate da tal male , pigliandone il pefo d’ vn cablino per vol- ta , co bere appredb dell’acqua femplice della Sar- zapariglia, e ciò fi hi da fare la mattina à digiuno, e la fera quando fi và àierto ha da mangiare cofe di follanza,e non ha da bere vino/e nó acqua fem- plice di detta Sarzapariglia . E bene , che fi purghi prima3chc incominci ad vfar detta poluere. Que- lla guarifee molte infermità lunghe , &* temporali, e cura mcrauigliofamente il flemma falfo dima- ni^ piedi; in quella forma purgato l’infermo , 6c ancofenza purgarlo. Quando non fi potefle fare altrimenti, piglierà la fua poluere, comejè dato det- 10, enei flemma falfo fi metta con vna penna vn poco d’acqua di folimato. aggiuntai acqua di ro- fe> che non fia molto femplice. E quello s’ha da fare ogni giorno ;imperoche con quello farà per. fettamence fano. Quello lo mondifica, incarna, e fa far la cicatrice, fenza adoprarui altri rimedi) . Ma ha da vfarfiia poluere ancora , c l’acqua fem- plice della Sarzapariglia , chehabbiamo già det- to . E’ cofa quella di coll grande effetto , e tanto fperimentata, quanto lo poti an vedere coloro, che l’vfaranno, perche certamente ne diuengono fa- rli . E* tanto l’vfo della Sarzapariglia al di d’hoggi nel modo già detto, chea qual fi voglia infermi- tà s’applica , & è venuta in tanta {lima, che in T 4 qual 2pó Della Pietra di [angue, e de’ fianchi , qual fi voglia difcefa di reuma , vcntofirà , mal di marre, & altro qual fi voglia difcenfo , che fia , co- me non vi fia febre , ò intero. ita acuta , fubito pi- gliano l’acqua Tempi ice della Sarza pari glia . E queftaè talmente al di d’hoggi mcffo in vfanza, che non altrimenti , fi troua l’acqua cotta Templice della Sarzapariglia nellecafe;.che fi fa l’acqua nel- le bettine,& in verità fa grandi e ffetti , riparando à lunghe, de importune infermità. E' bene il ve- ro , che le perfone mólto caltele di compldfione le ribalda più del douere, e però non ia potino be- re . E tanto meno fe haueranno li fegato caldo più del douere, perche lo rifcaidaafiài . In pafiione di donne , sì della matrice , come d’humori fred- di fa buoni efferti , e nfcalda io fiomaco freddo,’ ufolue merauigliofamentela ventofità, &in per- fone infeste di molti mali, efpecialmente fogget- ti arcuate, & à dolori inuecchiati, &in infermi- tà caufate da cattiui liumori, de nelle altre ratte* che corrono in qucfto modo con continuarla è di grandifiìmo profitto , e guarifeono gPinfer- midi quello, che mai penfarono di fanale-». La fua compleflìone è calcia , fecca quali nel fecondo grado . Hannofi da dare tutte tre quefì’acqus nell’Autunno. Della "Pietra di [angue, e della pietra de' fianchi. Cap. XI 1 . POrtano dalla nuona Spagna due Pietre di gran virtù, i’vna chiamano Pietra di fangue, e l’altra Pietra de’fìàchi.La Pietra di fangue è fpecie di Iafpe di vanj colon,alquàto ofeura, e tutta bac- cheggiata di varie pitture, colorata come di fau? gues Capitolo XI 1» 297 gne;delle quali Pietre fanno gl’indiani alcuni cuo- ri grandi, e piccioli. L’vfo di quella Pietra , coli in quelle parti , come in quelle è per ogni Buffo di fangue, di qual fi voglia parte che fia , di nafo, di meliruo , e di vene hemortoidali , e di ferite , e di quello, che lì getta per la bocca . Bagnali la Pietra in acqua fredda,e mettelì nella man dritta dell’in- fermo, che la tenga ben Uretra nei pugno, tornan- do fpeffoà bagnarla. In quello modo l’vfanogli Indiani, c coli medcfirnameotel’vfian o noi qui * Sitien per fermo a p predo gl’indiani , che toccato con quella Pietra il luogo, donde corre il fangue. Io rifringa . E tengono in quella gran confiden- za , percioche fe ne c veduto l’effetto. Gioua me- defimamente tenerla legata fopra à quella parte, dondecorreii fangue , facendo toccar la carne. Se in quello modo habbiamo veduti grandi effetti in riftringere ff fangue. Alcuni che patiuano fluffo di fangue hemorroidale , fi fono guariti con hauer fatti anelli di quella Pietra, econhauerit portati di continuo nel diro. 11 medefimo s’è veduto nel fiulfo rnellruale di donne . L’altra pietra, che chia- mano de’ fianchi, è vna pietra che le più fine paio- no prafma di fmeraldi , che tira al 'Verde, con vn certo color latteo. La più verde è la migliore, la portano fatta in varie forme,chc coli anticamen- te l’haueuano gl’indiani , vna come pefee , l’altra come capo d’vcceilo,ahra come becco di Papagal- lo, altra come pater nolln ritordi, ma tutte forate, imperoche l’ vfauano gl’indiani rii portarla appic- cata al collo, per caufa di dolor di fianchi 5 ouer di ftotnaco, che io quelle due infermhàfa mtraui- gliolì effetti. La pnncipal vinù>che nenejè in dolor di tiàchi, & in far efpeiier i*arena,e pietre, la onde vn 2?$ Della Pietra di [angue, e de* fianchi . vn gentJÌ’huomo,che qui n'ha vna la migliore,che 10 habbìa mai veduta , tenendola nel braccio , li fa efpellerc , e mandar fuora tanta arena , che molte volte Tela leua, penfandochele debba far danno 11 far tante arene . Et in leuandola , notabilmente lì vede lafciar di fare arene , Se in fentirfi il dolor de' fianchi, & in riporli la Pietra adoffò , diminui- re, e fi leua via , con mandar fuora molta quanti- tà d'arena, e petriciuole. Io l’ho veduta portare da perfoneaggrauatedi gran dolor di fianchi. Se in ponerfela addoflò , mandar fuori l'arena , e pie- tre, Se eglino rimaner liberi. Tiene quella Pietra vna proprietà occulta , mediante laquale fa mera- uigliofi effetti di preferuar l'huomo dal dolor de* fianchi, e dopo d'dferui caduto lo leua via,e dimi- nuire. Fà mandar fuori l’arena in grande abbon- danza, e coli medefimamente le pietre , Raffrena il calor delle reni, gioua al dolor di ftomaco porta- rli fopta, ma fopra tutto preferua da dolor de’ fian- chi . La Ducheffa mia padrona, come che in breue tempo haueffè patito tre volte dolor de' fianchi, portaua vn braccialetto di quelle Pietre al brac- cio , e dopo che incominciò à portarlo , mai più ha fentito tei dolore, che fono dieci anni e più. E que- llo iffeflo è occorfoà molti altri , i quali hanno il medefimo giouamento fentitocon quefta Pietra, periaqualcofaètenutam gran ftima. £ già non lì troua cofi ageuolmenre , come prima fi trouaua, percioche quelle Pietre folamen te Cacique, e Si- gnori i'haueuano. E con ragione, poiché fa cofi mcrauigliofì effetti. Vn'altra pietra fi troua, che fana il flemma falfo , laquale per vdita lòlamcnte la sò, ma non l'ho veduta-» . Del Capitolo XI 1 1 » Del Legno per il mal delle reni3 e dell vr ina * Cap. XIII . POrtano nuouamenre dalla nuoua Spagna vn Legno , che pare come vn legno di pece , grotto, e fenza nodi, del quale molti anni fono, che in quefte parri fi fono fcruici nelle pattioni delle re- ni, & in dolor di fianchi, e per infermità d’vrina . La prima volta, ch’io lo viddi vfare, farà da venti- cinque anni , da vn marinaio, che era infermo d’v- rina,e di reni, e dopo che l’vsò quello, flette fano c buono . Dopo ho veduto qui, che molti i’han por- tato dalla nupua Spagna, e l’vfano per quette in- fermità , Se in quelli , che non vrinano liberamen- te ; in dolor di rem , & in dolor di fianchi , Se in quelli anco , che vrioano con dolore , oueramentc vrinanopoco. Da poi s’è allargato il rimedio, e fi dà per oppilatione; imperoche l’acqua , che fi fa di quello , Tana l’oppilatione, cofi della milza, co- me del fegato, c quello s’è ritrouato da pochi an- ni in quàj e veramente ritrouano in elfo notabiì profitto. Fatti l’acqua in quello modo. Pigliano il Legno, e lo tagliuzzano minutamente quanto più fia potàbile; e pofeia lo mettono in acqua chia- ra di fonte, che fia perfetta , e raffinata , ór in quell’acqua lo fanno Ilare per tuttofi tempo, che dura il bere, mettendo il Legno dentro di mezzo- ra in mez’hora,che come l’acqua incomincia à pò- farli , incomincia ad hauere vn colore azurro af- fai chiaro, e quanto più vi Uà, tanto più azurro diuenta , tutto che il Legno fia di color bianco . Di quella acqua fi beueai continuo , e con etta s’inac- quail 'V100, e fa molti merauigliofi, emanifelli ettetti fenza alcuna akeratione; r.è'-yi fa di bilò- gno $00 Bel Pepe dell'India . gao altro, che vn’buon ardine, e reggimento nel viuere. L’acqua ranco fapore acquifta,come fe non vi hauelfè mefchiara cofa alcuna , perche il Legno non gli leua fapore alcuno . La fua compìeftìone è caldaie fecca nei principio. Del Vepe dell'India. Cap. XI V. NOn vò lafciar di dirui del Pepe dell’lndfa, il quale nonfolamente ferue in medicina, ma è etiandio fpecieria ecce! len ti (firn a , conofciu- ta in tutta la Spagna ; imperoche non vi e giardi- no j nè horto , nè celta di vafo che non vi fi vegga femìnato per la bellezza dei fuo frutto . E* pianta grande tanto * ch'io n’ho veduta alcuna in quefia città, che agguagliaua alcuni arbori . Fà la foglia verde à fòmiglianza del bafihcò , e larga come quella , che nella Spagna chiamano caranfol? . Fa il fior bianco, donde poi nafce il frutro, ilquale cin diuerfe fornii . Alcuni di quefti fonolun- ghi , alcuni ntondi , altri à fòmiglianza di melo- nfaltn di ceregic;ma rutti fono al principie^quan- do non fono ancora maturi aliai verdi , c poi ma- turi , molto colorati di vn color affai gratiofo • Si feruono di quefto in tutti! loro mangiari , e potag- gì , e fa miglior gufto, che non fa il Pepe comu- ne, fattone fette, e gettatone! brodo , è falfa ec- cellenti filtra^ . Si feruono di quello in curro quel- lo, che fifoghono feruire delle fpecie aromatiche portate di Moluch, e di Callaie. DifFerifcono fra loro, che -quelle cofiano molti denari, & in que- fto non fi fpende altro, che la fatica di feminarlo, perche in vna fola pianta fi raccolgono fpecie per tutto Capitolo XV . $ot tutto Panno , con minor noftro difauantaggio, e maggiore vtile . Conforta affai ; rifolue la ven- tofìtà ; è buono per il petto,e per coloro, che fono frigidi di complefIìone,rifca!da, e conforta corro- borando le membra principali; è caldo, e fecco quali in quarto grado. Portano di diuerfe parti dell’Indie noftre molti medicamenti per purga- re , che fi fono ritrouati > e difcoperti col tempo. Le cui operationi fono grandi , e grandi gli effet- ti. De’ quali darò qui vna breuerelatione, acciò Ha come vn preludio per trattare della radice del Mecciocan, del quale fùprincipal noftro intento di fermerei . Della Caffi a fi (loia* Cap. XX. VIhne dall’India di San Domenico, e di S. Giouanni di- porto ricco gran quantità di Calila fìttola, & è tanta, che non folamenre pioue- de à tutta la Spagna , ma à tutta Europa ancora , c quafi à tutto il mondo; perciochc in Leuante,don- de prima foleua venire, ne vanno bora più naui ca- riche,che di Bifcagha non viene ferro. Quella, che viene dalle noftre Indie, è molto migliore fenza comparatione di quella, che fi porta dai PI adia ì Venetia,e le galeazze di là la portano à Genoua, e' di Genoua nella Spagna, che quando era giunta qui per non etter buona , e per effer fiottile , & anco per maturarli con tempo cofi lungo veniua ralmen te corrotta,che poco profitto faceua. Quelli noftra, che portano di San Domenico,e di San Giouanni, c matura, grotta, piena.graue, e dentro come me- , e fretta tanto , che molte volte viene in feffan- $62 Belle Auellane purgatine . ra g torni dopo di etter raccolta, c con etter frcfca,e ci» gratiofo gatto, e non ha quel lo odore horribile, che haueua quella di Lcuanre. e per ciò opera mol to meg!io,e con più facilità. £‘ la cattìa fittola, e fua operanooe medicina di gran ficurezza . Purga be- nignamente lenza punto a Itera re. Euacua princi- palmente la colera, «Se appretto il flemma, e quelli hurnorijche (tanno nelle vie . Conterifpra affai co- loro che la pigliano . Purifica ìlfangue, fa molte buone operationi in ogni forte di infermità, ma fpe cialmentein pattfone di reni , e di vrina pigliara due horeìnnàzicena. In reuma fa manifefto profit to pigliata due hore dopo di hauer cenato* Currt,à continuarli, mal di petro,e dolor di cofte;che pleu- rifi c chiamato prefo ad vfanza di Jàbmuo petto- rale. Applicata per di fuori con olio di mandole dolci,aIiegerifccil dolor graue del polmone,e coli ancora il dolor delle reni. E' buona in febri calde, & vfata al continuo innanzi cena , ouer la mattina innanzi mangiare, prohibifeela generation della pietra, e fmorza la fete. E‘ humida nel primo gra- do,declina ai caldo,benche poco,c digettiua, e rc- folutiua, chiarifica il fangue , e reprime la fua acu- tezza e coli ancora quella del la colera rotta. E* fia- ta nrrouata nelle Indie, dopo che furono difcopcr- te . La doli è il pefo di dieci dramme , trattane la polpa pcrfetaccio, fino ad vna oncia, e meza;prcfa in canna, quattro oncie~/ . Delle Auellane purgatine . Cap. XVI . AL principio, che fi difeoperfe l’India, porta- rono di San Domenico certe Auellane trian golau,con lequali fi purgauano gli Indiani, & era- no 4 Capitolo XVI . no quelle all’hora purgationi familiari . Dapoi gli Spagnuoli, aftretti da neccttìtà , fi purgarono an- ch’cfiì con le medefime ; c venute in quelle bande, fi ptirgauano moke perfone con quelle i flette , con non picciolo rifico della lor vita, per etter pur^atio- ne gagliardifiima , e perche fa andare infinitUfime volte del corpo , prouoca il vomito con gran sfor- zo,^ con gran vioIcntia,trauagho,&'tìnguftia. Al. curii dapoi la incominciarono à rettificare , brutto- landole, c veramente non fono cofi violenti, né cofi fu ri ole, ne meno fanno la loro opera tionc con ramo trauaglio ; purga potentilfimamente il fieni- ma , & appretto la colera ♦ £* medicina eccellente per dolori colici, rifolucJa ventofità, & inetta in crifticro euacua mediocremente . Le fue fattezze, & i I colore è della forre delle noftre Auellane , ha la feorza fiottile di color caftagno chiaro , fono triangolari; la midolla interiore è bianca , c dolce, tal che per la fiua dolcezza, ha fatte di moke burle à molti . Lo chiamano i Medici volgarmcte Bene ìlqualeè di due forti , vno chiamano maonum, é Laltro paruum . Il magnum è quelle Auellane purgatiue, il paruum , è quanto vn cece , del quale m Italia fanno quell'olio odorifero, chiamato olio di Ben , con ilquale fi coftuma di vngere i capelli c la barba per delitia . La fua coni p Icttione è caJL da nel principio del terzo grado, e fecca nel fecon- do . La fiua doli è di meza dramma , pei infino ad vna, ma hanno da etter bruftolafc-# . Dc 'Pignoni purgatiti . Cap. XV 11* tano dalla nuoua Spagna certi Pignóni, co quali gli Indiani fi purgaao, &in quelle Darti '$4 Belle FMe purgatine . pirti ancorali purgano molte perfone- Sono que- lli , come 1 noftri Pignoni , iquali nafcono da certe mele grandi , àfomigiianza di fromento d’india. Non ha la fcorza coli dura , come i noftri Pignoni, e la detta fcorza è alquanto p’ù nera, fono mondi, e di dentro molto bianchii graffi , e dolci al gufto, purgano valoroiamente la colera 8c il fiemma , òc ogni forte di acquofità . £' medicina più piaceuo- le delle duellane, purgano perdifiato, e per di- fopra, fe fi bruftolano non porgano tanto , nè con tan^o rrauagiio . Purgano di fu a natura humon gtoffi, è purgatione molro coftumara fra gblndia» ni, ì quali li pedano, e poi difciolgono in vino, ha- uendo prima prefi i firoppi, chedifpongono gli humon da euacuarfi , con far dieta concernente . Sene pigliano cinque , òfei, più e meno fecondo la complelfione dello ftomaco di colui, che ha da pigliarli , ordinariamente fi bruftolano , perche in quefto modo fono più digeftiui , e meno vaio- rofi . £’ di bifogno, ch« colui che gh ha da piglia- re, fi gouerni bene dopo di effcr purgato. Stfuol dare nelle infermità lunghe, edoue fonohumorà grofli . Sono calidi in terzo grado , e fecchi nel fe- condo, con alcuna grauezza, la quale rimette loro alquanto la liceità. Delle Fané purgatine . Qip. XV III* DI Cartagena,edal Nome di Deportano cer te Faue à fomigliaza delle noftre, faluo, che fono più picciolesdel colore, e della fartezza delle noftre* Hanno nel mezo delia Faua,che diuide le due merà,vna pelliccila fottile, come tela di cipol- la . Leuano loro la fcorza, e quella pelliccila inte^ ricrea Capitolo XV 111; 3os riore, c poi !cbrullolano,ele fanno in poi aere, la quale fi piglia con vino , oueramente la medefima poluere mefchianocon zucchero, beuendo appref. fovnforfodi vino. Purga fenza molto faftidio la collera , & il flemma, & ancohumori grofli mifli. E* medicamento da gl’indiani molto apprezzato per la facilità del pigliare. Molti Spagnuoh fi pur- gano con quelle Faue affai beatamente; percioche è medicina più piaceuole, e più facile dell’alrre dette. Io ho veduro molliche fono venuti da quel- le parti , purgarli con quelle Faue , e fucceder loro la cofa molto bene, perche purgafenza mo!eftja> ma fi ha da auercir molto bene , che fi lem quella pellicella,che hanno nei mezo delle due faue, per- ciò che fe la pigliano , è tanta la fua forza , e velie- mencia di vomito , e di feeeflo , che mette J’huomo in gran pericolo.' Et coli medefimamente fi ha da tener penfiero di bruflolarle, perche coli fi prepa- rano^ fi rimette la loro acutezza , e ciò ha da elice regola generale in quella medicina, & in tutte ie altredette, imperocheil brullolarle è la fua vera preparatone. Dopo di hauer pigliata qual fi vo- glia di quelle medicine, non fi ha punto da dor- mire^ è bifogno , che li ftia regolato dopo di efléc purgato, in tutte quelle cofe, che conofccrà, che fia neceirario ad vn’huomo purgato . Dannofi quelle Faue preparate, in febn alfai lunghe, & importu- ne, &: in infertilirà dt humori milli , e grofii , & in colica , & in pallione di giunture > & è puraatione generale . Sono quelle faue calide nel fecondo gra- do, e fetclie nel primo. Se ne dà da quattro fino à fei brullolate, e più , e meno fecondo ia qualnà del ventre di colui , che i’ha da pigliare . $oó Del Lane del P empente hi , Del Latte del Tenipenichì. Cap. XI Xo IN tutta la cotta di terra ferma cauano vn certo Latte da vn'ai boretto come melo , che Jochia- mano gl’indiani , Penipenichi, del quale taglian- do vn ramo, toftoefee dalla ferita vn certo Latte alquanto fpettò, e vifcofo,dei quale pigliatone tre» ò quattro gocciole, purga per di folto valorof (fr- ittamente , da principio humori colerici , de acqua citrina, efafua operationecon gran vehementia, e preficzza . Pigliali con vino fattone poluere, ma in poca quantità, perche la fua operatione è potcn- tittima, ha vna particolarità, che mangiando, ò beuendo brodo, ovino, ò altra fomigliantecofa, fubitolafcta di operare. E‘ di bifogno, c’habbia buon riguardo coluijche l’ha da pigliarci ècalida, e fecca nel terzo grado . Tutte quelle medicine, delle quali habbiamo parlato , fono violenti , e furiofe , e però fi fono la- nciate di vfare, dopo che venne il Mecciocan, per- che in etto fi ritroua operatione pmficura. Perla qual cofa fono venuti in quefta opinione à feruirfi del Mecciocan, non fidamente 1 nottri , ma tutta l’India, comedi purgarioneccceilenrillìma, della quale noi hora trattarono . Del Mecciocan « Cap . X X • IL Mecciocan è vna radice, che già venti anni fi ddcoperfe, nella Prouincia della nuona Spa- gna nellTndie del mare Oceano . Portali d’vna re- gionepiù m là di Msffico più di quaràta leghe, la- quale Capitolo XX • §07 quale lì chiama Mecciocan,e fu cóqtiifìata da Fcr- ranteCortefe nell’anno 1^14. èterra di gran ric- chezza,cioè d’oro, ma più d’argento, perche quello è il più ricco paefe , che fia in tutte quelle parti , e s’intende, che tutto quel luogo fia argento per più di ducento leghe. Qui fono quelle minere celebra- te,e di tata ricchezza, che le chiamano cacatechas, & ogni giorno fe ne difeoprono per il paefe aflfai più ricchi minere d’argcco,& alcune d’oro.E’ luo- go di affai buona, e Tana aria . Produce herbe falu- tifere per fanare di molte infermità , tantoché nel tempo de gl’indiani Comarcani veniuanoin quel- le parti per fanarfi de’ loro mali , & infermità , per le cagioni già det;e»->. £' paefe molto fertile, e mol- to abbondante di pane, e di cafcio, e di frutti « Ha molti fonti, &c alcuni d’acqua dolce . Ha grande abbondanza di pcfce.Sono gl’indiani di quel pae- fe molto ben difpofti,di migliore afpetto,che i Co- marcani, & ancora più fam . II principal luogo di quella Prouincia chiamano gl’indiani Chincicilaj e li Spagnuoli chiamano rutto il Regno Meccio- can. E* luogo affai ripieno d’indiani , pollo fopra vna lacuna d’acqua dolce , abbondante di molto pefee. E* come vna ferratura . Et in mezodiquff paefe ftà limato il luogo, che il di d’hoggi ha gran tratto , e comercio per le grandi minere , che vi fo- no d’argento in tutto il paefe. Subito, che quel- la Prouincia fu conquista , vi andaron’aictìnt Frati Francifcani , e vi fondarono vn monafterio del lor Ordine j e come che fallerò in paefe nuo- uo,e tanto diuerfo dalla loro natura , ne cadettero alcuni infermi , fra i quali vi fu il Guardiano, col- quale haueua grata amicitia Cafonzin Caciquc fi- gnor di tutto quel paefe. li Padre Guardiano heb« V * Del A4 ecciocan l bc a liai grane in fermi tà,e londulfein gran perico- lo.- il Cacique vedendo, che il Aio male andana in- Danzi, li dille vn giorno, che gli haueria menato vn Indiano luo,ilquale era Medico, òc egli da lui A m e dì cau a, che poma facilmente e Aeree he hauef- fe da;o rimedio al fuo malo . Vdito ciò il Padre Guardiano, e vedendo Ja poca prouiAone de* Me- dicee d’alcu beiiefici, ch’egli hauea,acconfenti e li ti ! 0 e , c h e .1 o m e n a 1 fé , 1 1 q u a 1 v e n u r o e v e d u r a 1 a fu a infermila, dilleal Cacique,che fecoiui voleua pi- gliare vna certa poluere , ch’egli haueua in animo di dargijjdi vna certa Radice, che fanaria. Saputo ciò dal Padre Guardiano, per il deAderio che ha- uea di guarire, accettò di f. rio, e prefe la poluere che il dì leguente li diede lì Medico Indiaoo,con vn poco divino; con laqual poluere purgò tanto, e tanto piaceuolmente , che rallegeri affai in quel girino, e molto p li da quello in poi, di modo che {anodi quella infermila. 11 rimanente de’ Padri, che flad ano infermi , & alcuni Spagnuoli , che A- milmente erano infermi, feguirono li Padre Guar diano, e pighorno della medefima poluere vna , e due volte, e quante volte paiue loro di bifogno perguanre. Ddl’vfo della quaJ poluere fe ne ri- trouarono tanto bene, che tutti fanarono . 1 Fa- cili diedero relarione di quello al Padre Prouin- ciale in Mtfiìco , doueegli dimoraua, ilqoale la comunicò poi coi- quelli della terra , dando loro della Radice, & inanimandoli à pigliarla per la buona rdatio’.e,che haueanohauuta da quelli di Mecciocan . Laqualc vfaca da molti , e veduta la meranigiiofa operatione , che facea , s’andò fen- dendo la Aia fama di modo , che in breue tutta Ja terra d’empi di fue lodi, e de’ fuoi buoni effetti, '4 * Capitolo JC « hq p sbandendo Pvfo del R'eubar baro di Bafberia,e le- uandogli il nomalo chiamarono Reubar baro del- Je Indie, che co fi comunemente loch-iamano.Mec- aocan, perche fi porrà, e fi raccoglie nella Prouinw eia chiamata Mecciocan , e non fola mente in Mef- &co , & in tutto il paefe di Medico fi purgmocon qaefto, come pòroacionccccellentiffittiatlafcrate tutte l’alrre medicine , ma nei Perù , & in tutte le parti della India non vfano altracofa, nè fi pur- gap o con altra purga , con tanta confidenza , e fa- ciluà, imperoche quando ia pigliano credono al fermo tener cerca falute, e perciò ia portano dal- la nuoua Spagna , come mercantia molto apprez- zata^. Hauerà venticinque anni , ch’io la viddi qui la «prima volta , che efiendo vn certo Pafqual Caranio Genouefe venuto dalia nuoua Spagna, cadette nel viaggio infermo , 6^ hauendolo io nelle mani al tempo che donea purgarli, mi difie, che egli portaua vn Reubarbaro dalla nuoua Spa- g n a, che era medicina ecce II enti filma, e con quel- la fi purgauano tutti in Mefiico , e la chiamauano Reubarbaro di Meccocan , e che egli proprio fi era purgato con quella , alla quale egli haueua gran credito, e n’haueua fatta efperienn'tL, . io vituperai l'vfo di tal medicina ; imperoche fo- rni gl ianti medicine nuoue , delie quali noi non habbiamo cola alcuna da' Scrittori , nè meno hab- biarno giamai faputo , che cofa fi fia , non erano da vfarfi . Onde li perfuadetti ,che douefife pur- gai fi con quelle medicine , che noi haueuamo qui , delle quali fe n’era fatta efpcrientia , e ne haueuamo anco buona reianone * efiendo fiato fentto da huomini fapienti,e dotti. Egli acconfen- ti alle mie parole , e fi purgò con vna pui gatione > y i ch’io Del Meccìoc cfrio li diedi fecondo che alla fua infermità fi con- ueniua, alla quale quantunque ne feguiffe notabi- le alleggiamentoje profitto, non per tanto reftò li- bero del fuo male , di modo che fu di bifogno pur- garlo vn’altra volta * E venendo alla feconda pur- gatone,non volfe in nertfun conto pigliare altra co fa che’l fuo Reubatbaro di Mecciocan,con ilquala purgò cofi bene , che rimafe fano fenza alcuna in- fermità . E benché mi fu (Te parfo buono l'effetto, non perciò ne reftaifodisfatto fin tanto, che molti altri, che vennero in quel luogo à cader malati , fi purgartelo col Mecciocan ifteffo j e fie ne ritroua- rono molto bene,perche erano auezzati à purgarli con dìo nella nuoua Spagna. Vedute le fue buo- ne opere in tante perfonc * incominciai anch’io ad vfarlo, & à purgar molli con dio, dando credenza à i Tuoi buoni effetti, talché e con quello, che io ho fperimentatoquì , e con lardatone, e credenza grande di quelli , che veniuano dalla nuoua Spa- gna ,s*èdiftefa in tanto la fua fama, che già è fat- to volgare à tutto il mondo*, e fi purgano con effo non folo nella nuoua Spagna, e nelle Prouincie del Perù ; ma nella noftra Spagna, & in tutta Italia, .Alemagnaje Fiandra. Io ho dato auifi di quello quali à tutta l'Europa , cofi in Latino, come in no- ftra lingua. E‘ cofi grande l'vfo di quello, che Io portano per mercanta principale in gran quanti- tà, e fi vende à gran prezzo , e tanto, che mi diffe vna volta vn drogherò, che oltre à quello, che egli bauea venduto per la città, ne haueua venduto per di fuora l’anno paffato più di dieci quintali^ colo- ro che glielo dimàdano, la chiamano Reubarbaro delle Indie, perche già è cofi famigliare, che no vi £ villa; dout non fi vfi, come medicina ficuri filma* Pedi Capitolo XX» gin Pc di grandi effetti,perche per vfarlo non ha di bi« fogno di Medico, ilche è di maggior fodisfattione à tutti , come perche fia cofa già verificata , & ap- probata per buona . Io ho (Erettamente addiman- dato coloro 3 che vengono dalla nuoua Spagna, c fpecialmente quelli , che fono fiati in Mecciocan, delia maniera della pianta, che fa quella Radice, e della forma, e figura, & mi dicono, che la porta- no di dentro terra noue leghe più in là di Meccio- can,da vn luogo chiamato Cohma,& è tanto il po- co penderò di tutti , come che il principale intento loro è Finterete , & i loro guadagni , non vi fanno dir pjù di quello, che ne fappiano gli Indiani. In Mecciocan vendono le radici fecche,e nette, come qui le portano, e gli Spagnuoli fe le comprano, e comclpeciedi mercantia, le mandano qui in Ifpa- gna. E certo in quello fiamo grandemente degni di riprenfione , conciofia che hauendo veduto, che nella nuoua Spagna ci fono tante herbe , e piante, & altre cofe medicinali di cofi grande importan- za,che non vi fia, chi ne fcriua,nè fappia,che virtù, né che forma sgabbiano per confrontarle con le noftre , che fe haue(fero animo d’inueftigare , cfperimentare tante fpecic di medicine, che gli In- diani vendono ne* loro mercati, ò T iangel (che fo- no le loro piazze ) faria cofa di grande vtilità ve- dere, efapereleloro proprietà, &efperimen tare i loro vati), e grandi effetti, i quali fono publicati, cmanifeftatida gli Indiani con grande efperien- za , che hanno fatta di quelle , e 1 noftri fenza piu confideratione ledifprezzano. E di quelle,diche hanno già faputo gli effetti nonne vogliono dar xelatione,nènotitia , che cofa fia, nè meno feri ue~ S e l’effigie , e le fattezze, che hanno. Andando V 4 adun- $12 Del Mecciocan . adunque inueftigando la pianta della radice dei Mecciocan, vn paleggierò, ch’era venuto di quel- la Prouincia, mi awsò, che vn Padre Francesco Gauia venuto di quelle bande hauea portalo ne! nauilio, doue egli anco venne, la propria herba verde dei Mecciocan dentro di vn baril grande, e che l 'hauea portata con moka diligenza fin di là pm innanzi del Mecciocan , e che io reneua nel, Monafterio di San Francefco di quefta città, di che io n’hebbi gran contentezza , e eofi me ne an~ dai fubi.ro al Monafterio , e nel portico delPinfer- mità trouai"Vn certo vafo come meza botte, nel quale era vna herba molto verde , che mi differ© effere il Mecciocan, che il Padre hauea portato dalla nuoua Spagna, non Terza poco fuotraua- glio. Quefta è herba, che vàferpendo, erano!- gendofi intorno ad vna canna, ha del verde ofeu- ro , fa le foghe , che la maggiore farà quanto "Vna fende Ila, che tiri al ri tondo con vnapicciola pun- ta dirimpertoa! picciuolo, ha la foglia i Tuoi ner- netti 5 è delicata, quali fenza humidkà . Il tanno, ouero io tiri pire , è di color Jeonato chiaro . Dico* no , che fa certi racemi con vna certa vua picciola, non p>ù groflfa del Teme del coriandro Cecco » e che queftoéil frutto , ilquaie fi matura del mefe di Settembre-*. Fà molti rami, che fi ftendono per la terra, ma fe fi mette loro cofa doue fi raccol- gano, vanno ferpendo intorno, la radice è grofc ia à modo di quella della noftra brionia , tanto che ha piaciuto ad alcuni di dire, che fia quella iftefta , òfpecic di erta; ma veramente differifeo» no affai , percioche la radice della brionia , coli verde* comefecca, mordica affai , ilche non fa la /radice dei Mecciocan, anzi c infipida , e fenza mordi*. Capitolo XX, 31$ mordicationc, & acrimonia alcuna , edifferifeo* no ancora nella foglia , coli medefimamente è quel c’habbiamo al prefente, cheli noftro Mec- ciocanc vna radice, che porrano dalla nuoua Spa- gna della Prouincia di Mecciocan in pezzi gran di» e piccioli, tagliati in fette, e poi comprertì eoo le mani . E radice bianca, alquanto ponderofa, pare ài pezzi , che fia di Radice grande fenza midolla alcuna . Le condirioni , che ha da hauere per feie- gherfi buona, e perfetta, fono, che fia frefea , ilche ficonofcerà da! i on cfler carol ata, nè nera, ma che fia bianca al poffibi Ie,c fc fu tte alquanto pardigha, fia nella parte citeriore della Radice, perche l'in- teriore è bianca-* . Pettata , & mafticata vn poco* èfenzafapore, e mordicatione alcuna. Importa, perche habbiaà far migliore operatione , che fia frefea, perche quanto p. uè frefea , è migliore, e quanto maggiori fono i pezzi , meglio fi confei ua. E di qui viene , che coloro , chela portano fatta in poluere, s’ingannano, con dire che fia buona al pari dell’altra , perche fi rifoluc , e perde affai di fua virtù, e cofi medefimamente 'Veggiamo, chefequi fi fa in poluere, e fi nferba, non fa cofi buon’opera , come pettata poco prima , che scab- bia da pigliare—» • La Radice fa buchi facilmen- te, e torna fece a , e fi tarla con buchi ; rorna molto leggiera-. . Conferuafi bene dentro del miglio ra- netta in "vn panno incerato , che fia fotti le . Rac- coglici! nel mefe di Ottobre , e mai perde la fo- glia; lafuacomplettìoneè caldanel primo grado, e fecca nel fecondo ; perciocheè comporta di par- ti aeree fottih con alcuna ftitticità, iichefi cono- fee , perche fatta la fua operatione , lafcia i mem- bri imerion corroborati fenza debilità, efiachez- $ 1 4 Bei Meccìoctm za alcuna, altrimenti che lafciano gli altri medicai menti foIutiui;anzi coloro,chc fi purgano con que- llo» reftano dopo d’efler purgati più forti, e più ga- gliardi, che prima, che fi purgafiero . Non ha bi- fogno.dicorremone, perche non fi vede in quefta Radice nocumento, ouer alcun notabile danno. I! vino è fuo vehicolo , e corroboratione per fua opi- nione, perche pigliato con vino, fa migliore opera* che con alcun’altro liquore ; impercche non fi vo- mita, &c opera meglio . Dadi in ogni tempo, & fi* ogni erà.Fà la fua operatione fenza molefiia,e fen- xi quelli accidenti, chel’altre medicine folutiue fogìiono fare. E* medicina facile da pigliarli, per- che non ha mal gii ft o/o lo piglia il fapore della co- fa,in che fi diTcioglie, perche da fe è infipida,e per- ciò è facile a* fanciulli , perche la pigliano fenza fentir ciò che fi fia , e coli medefimamente è facile per quelle perfone, che non ponno pigliar medici- na; imperoche quefta non ha nè odore , nè fapore • 10 ho purgato con quefta molti fanciulli , e final- mente di molti vecchi , perche l’ho data taluoim *d huomo di ottanta anni, & ho veduto hauer far- ta opera molto buona, cficura, fenza alcuna aì- teratione, nè difturbo , e fenza reftar poi infiacchi- to, & indebolito. Euacua quefta Radice humo® ri colerichi groftì , permifti, & humori flemmatici di qual fi voglia forte, chcfiano, & anco humori vifeofi; e putridi, de ambedue le collere, euacua, l’acqua citrina de gli hidropici con gran facilità. 11 fuo riguardo principale è il fegato,módificado® io,e confortandolo , e coli anco i membri à lui con- giunti/ come è Io ftomaco, e la milza . Cura ogni forre di oppilatione di quelli membri, e tutte le infermità da quelli cagionate , come per efem- piQ Miai flCOIHJUf* loti ht bia in quelli tono. Il riiiaopi- ircopera, nonfivo- n[0>trò 0* tfol0 i tip lellaco- i,ep«' > lenza fi.eW’ a àà J0 10 i!: 'èè\ : ionio* miniatici , CUftCUi 10' )0O Carsogf Capitolo X X . $ij j>iohidropifa , &itteritia ; perciocheinfiemecoti la Tua buona uperatione rettifica la mala complef- fione del fegato j rilolue la ventofità. e con facilità refpelle , nfolue & apre ogni durezza di fegato , e dimilza.edi ftomaco. Toglie il dolor di capo in- uecchiato ; mondifica il cerchio, e li nerui, euacua glihumori, che fono nel capo . Guarifce i tumori flemmatiche le Crofole. Et fa buon’opra rei le pag- lioni antiche di tefta , & in tutte le diftiliauoni , e difeenfi antichi in dolor di giunture , cofi in par- ticolare, com mrn generale , fi come per efempio in gotta artetica , in pafiìone di ftomaco , & in dolor dei medefimo, euacuando la caufa, e confumando la ventofirà . In paftione di vrina , e di vellica , in dolor de* fianchi , & in colica di qual fi voglia for- te,che fia,fa merauigliofa operatione. Cura le paf- fioni di donne, e fpecialmente mal dr madre } eua- cuando, e leuando via la caufa, come che perla maggior parte venga da humori freddi , e da ven- tofità, i quali humori da quefta medicina fi eua- cuano . In paftione di petto, come tofte vecchia, Se afma,vale affai ; imperoche vfando quefta Radice la leua via, e la lana . Vale etiandio in paftione del- le reni caufata da humori grofti, euacuando tali humori,& mandandoli fuoi i . In mal Francefe fa gran pruoue ; euacuando gli humori , che pecca- no,! quali per la maggior parte fono freddi , mafli- mamente quando il male è di gran tempo , & in- uecchiato . Purga detti humori,& ef pelle fenza al- cuno incommodo* pigliandone però più volte , fe- condo fi vedrà il bifogno: perciochein quefte in- fermità vecchie, & amiche non bafta vna fola eua- cuatione; ma vi fa dibftògno di purgar più vol- ile . Ilche fi può far con gran ficurrezza con si fat- ta £ t6 Bel Ai eCciocdn . ta radice » E di qui viene , che non ha da rriersfm- gharfi ncfftino, le con vna fola euacuarione non fi confeguirà fublto Ja falure, che fi defidera : percioc- ché molte volte è di bifogno di dar piu d* vna por- ganone per diradicare, & efpellere del nitro li mài hurnore, cagione di tal infermità. Euacua quefta Radice mir abilmente la caufa delie febri lun- ghe , & : importune , come anco di mere le febri compofte, maffimamente delle- inuecchmre, co- me fono febri terzane norhe , cotidttne , fiem ma- liche, de altre fomigliami . E ancora lefe« bri erratiche , e le febri caufate da oppiJationi • Vfando di qudta purgarione quante volte fia me- Hiero ; perche in (òrmglianti infermità lunghe , de importune non fi ha da contentare il Medicod? vna loia euacuatione, ma deue andare à poco à po- co digerendo , de euacuando , g?à che la euacua- tione fi può fare con tanta ficurczza . Può quefta medicina benedetta vfarla colui, chen'hàdi bifo- g ao , di buon’animo, e con confidenza , che le habbiada giouare affai. La qual cofa habbiamo noi fino ad hora veduto in tanti , che con giufto ti- tolo fi può dare ferma credenza alle fue operatio- ni , già che veggiamo con quanta facilità , e come anco fenza accidenti fa gli effetti, chehabbiamo detti , e fperiamo ancora che ogni giorno fe r/iiab- bia à difcoprir di maggiori, i quali fi potranno aggiungere àquefti. 11 merhodo, e Lordine , che fi ha da tenere nelfamminiftratione, e nel dar que ft a poluere fatta della radice del Meeciocan,fi heb be dal Medico Indiano , che noi dicemmo , e do- po fi èvfata in vari) , e dmerfi modi . La prima cofa, che ha da far colui , ilqualeha da prender detta poiuere, fi ha da preparare con buon reggi- mento 'km ione non fi ir, perciò- toapor- moiimal uà qoefta fétilun- s le febrr A co- , fiemma. corali pilatid •tèma- i *bt)& 'dico di ;oàpO» h «jwii -a,cbe l! i0f fld op(d‘ , (0 Raffio én’hib* o«a^° line cftfo* mo.t*’ tipOK tjiD»®!!1' ufi Capitolo 3C JC * 31? memo di viuere, e con buon'ordine in tutte le cofe non natura li, guardandoli da tutte le cofe, che po- teflèro offender la fua falute , & vfando rum quei cibi, che p’ii fi conuengono;e piu difpongono l'hu- more, liquale pretende principalmente di euacua- re ; e con quefto vfi alcuni (troppi, iquali habbiano quefta medefima inrentione di difporrc i'humore, e preparar le vie per donde ha da vfeire. E per que- fto fai à beneconfigliarfi con alcun Medico. Vfi de i enfiai, fe per^uentura non hauefieil verme obe- diente, mafiimamente il giorno prima , che buce- ri da pigliar la poluere. Se per cafofarà di bifo- gno di cauar fangue , facciali co'i parere di alcun Medico . Preparato adunque, e difpofto il corpo in quefia maniera , per purgarti , pigliati detta Ra- dice eletta, nel modo, che habbiamo dettele pefta- ta ne farà poluere non molto fiottile, r è meno mol- to grofia , ma fia mezanamenre pefiata. £ fi pi- gli nel modo già detto, dificiolca in tanta quanti- tà di vino bianco, quanto paria à baftanza per be- re , e piglili sii l'alba-». E* quefto c il miglior li- quoie, col quale fi pofia dare j cofi l'vfano Gene- ralmente tutti gl'indiani , perciocheil vino , co- me habbiamo detto , corrobora , e dà forza à que- fia poluere. E perche vi Tono alcuni, che natural- mente nó beono vino, in tal enfio fi può ior da»e con acqua cotta di cane! la, ò d’anifi, ò di finocchio j fe ad alcun fufte nociuo il vino, fi può ’oacqt are con acqua cfcndiuia, ò di lingua di boue, ò di alari ro= ncs . E perche tal medicina non fi da in fi bri acu- te,ma imamente in croniche* lui. ghe.fi fotfhfce il vino piu, che nefiuno altro liquore, co'i quale ho veduto 10 far migliore operarione checon ogniai- ?ro* Si da nondimeno ancora mefehiata con con* fiaua 3 1 $ Del Meceìoem ' ferua violata, e con firoppo violato, & è buona pra fi tica . Percioche con la Tua frigidità & humidirà fi ni corregge quella poca calidità , e liceità , che ha la poi poluere. Pigliali con quede cofe, beuendo ap- ty prdfo vn poco di vino inacquato , oueramente ~vti nto poco d’alcune di quel l’acque dette di fopra . Fan- h noli di quefta poluere pillole riformare con elet- Itili tuario rofat© di Mefue ; in verità fanno alfa! foni buon’operaje purgano affai bene . St fa etiandio in nei palla di manuìchrifti, ò in neuole^ò in marzapani, pie perche, non hauendo mal fapore , non fi fentein ani nelfunmodo. Et in qi edo modo ferue molto per la. fanciulli, e per quelli, che nó ponno pigliare forni- da glianti cofe . Le pillole, che fi fanno di quella poi- idi uere hanno da edere adai picciole , poco più di vn ila coriandro fecco, perchepiù predo fi disfanno, e bi non ribaldano , & operano anco più predo , e me- i\ gito. Si può dar quella poluere la mattina non jy men chedt fera. Si dà con affai pi ofpero fucceflò ftì meda col firoppo rofato di noue infufioni, me- fchiandocó due oncie di firoppo rutta quella quan fa tità di poluere, che fa medierò . E certamente fimi fc le mifttonefa meraiiigliofi effetti per vigorarfi,c uà pigi lar forza dal detto firoppo. Euacua humori co- ty lena grotti, e flemmatici , Se ancora midi . Et eua- \ eoa la ferofità del fangue . £ perciò è gran medici- na^ di merauigliofa operatione.Euacua valorofa- mcnte l’acqua citrina de gli hidropici , vfara però molte volte , e data fra l’vna porganone , e Falera, cofa,che corrobori ,e fortifichi il fegato. Si ha da pi gliar con brodo più volte, e di buona operarione.Si piglia la mattina affai per tempo, c vi fi può dormi- reapprdfo per mez’hora prima , che incominci à purgare , perche il Tonno prohibifee il "Vomito , e fa / ! Capitolo X Xo fa che il calor naturale venga meglio ad attuarla medicina . Ma fé alcuno che ha da pigliar qtiefta poluere, ò altra medicina folutma temeffe il vomi- to, può fare vn rimedio^dcl quale ho io iunoa efpc- ricnza, & è quefto. Torto prefa la purgatione hab- bia vn torlo d'ouo rortito ben caldo, e disfatto eoa ledita, e porto in vna pezza linea , fe lo leghi nella fontanella della gola , e tengalo fin ramo , che la medicina incomincia à purgare, che fenza dubbio proh’bifce il vomitoje non fidamente il vomito, ma ancora quelli fumi catriui , che afeendono alla a0- la. Ilche non farà di poca contentezza, dopo di ha. uer vn poco dormito . Incominciando la medicina ad operare, non dorma più, nè mangi, nè bea cofa alcuna, e ftia in luogo, doue faria non I*offenda,in buona conferuatione , perche ogni cola può impc. dir l’operatione . E‘ da notare, che vna delle mag. glori eccellenze , che ha qiiefta purgatione è , che fìàm poterti dell'infermo di poter quella quanti, tà di humori euacuare , che à lui piace . Ilche è co. fa, che gfantichiconfiderano affai, percioche di. leu tendo qual fia più ficura, la purgatione, ò il ca. uar fangue, non dicono per altra cagione efferii cauar fangue più ficuro, che per effer in potertà uoftra di cacarne quel tanto, che à noi piace, il. che non intrauiene nella purgatione j perche pi- giurala TOlta la mediana, non è più in poterti del Medico , ne dell'infermo di farli iafeiar la fua ' p*?^chc>n quella noftra purgations della radice del Mccciocannon imrauienc. Im- perocliein p,gi,are vnafcutella di brodo, òin ma- g q-ebecofa, lafcia d'operare, coli non può p nateli fegno, efi può pigliare fenza corretcio- e • n venta c da tenerli in gran ftima , confide- r»ado> $2$ Del Mecciocan . rando, che fi fia rinouara vna forte di purgstione» la quale operi coli valorofamenre, e con tanta ficu- rezza , che fila nella volontà di colui, che la pren- dejdopo che vede hauer facto quel tanto che balìa, di poter con vn forfo di vino impedir la fua opera- tone . Bora veduto il Medico, e coli pariméte l’in- fermo , che già la purgatane ha fitto il fuo doue- re,ha da mangiare, ma in principio fi beua vna fiu- tala di brodo, e d’indi ad vn’hora magi delia gal- lina ò cappone, gouernandofi nel redo, coli nel be- re,come nel mangiare e ne gl’altri riguardi, che de- lie hauere, come huorno, che fi fia purgato . Per la qualcofafi ha da guardarein quel di di non dor- mire, nè mangiare, nè bere per infino all’hora della Cena , laquale farà leggiera , di cibi di buon nutri- mento. Il giorno figliente fi pigli vna medicina la- uaciua,& alcuna cor}ferua,gotiernando(i da quel- lo in poi nel viuere come li richiede . E fi perauen- turacon hauer prefa vna volta detta poiuere, l’in- fermo non guanfee , ò non haueià tutto quello purgato , ch’era di bifogno , e necefiario per fana- le, fi può tornar da capo a pigliar vn’altra volta, e tante volte, quante parrà al Medico,che fi conuen- ga j ìlqualehada auertire dopo di elfer purgato l’infermo, che fi confortino , e fi vengano le mera- lb|ra principali ad alterare. Nel che io non pollò dare precifamente il mio parere , per elfer varie , e diuerle l’infermità , doue fa di bifogno di varije diuerfi rimedij , & il mio intento non èaltro, che di firiuer l’vlò della radice dei Mecciocan , come di colà di canta importanza , e di medicamento , e di rimedio tanto eccellente, che la natura n’ha dato. E fe’l tempo ne ha tolta la vera Mirra, il vero Balfamo, il CmamoflK>,& altre Medicine , che gli amichi Capitolo XX» $2 1 antichi pendettero , dellequali à i noftri tempi non vi è memoria alcuna, e fi fono perdute. In luo- go di quelle n’ha dilcopei te,e date tante , e tate al- tre cofe , che noi habbiamo dette portarli dalle no- flte Indie Occidentali , e particolarmente il Mcc- ciocan ( purgatione ranto eccellente ,e ranro beni- gna ) che fa operatone con grandidìma Scurezza. E* radice bianca, gratiofa nel colore, e nell’odorex facile nei pigliare, Se opera fenza trauaglio, e len- za quella horribilità, che hanno Palrre purgationi, «Se etiandio fenza quegli accidenti Se angofeie, che fi Temono in pigliar l’alrre . In oltre ha altre pro- prietà, e virtù occulte , lequali fin qui noi non Tap- piamo; ma col tempore con l’vfodi elfo fi difcopri- ranno di giorno in giorno . La doli che fi ha da pi- gliare, e la quantità di quella poluere fatta del Mecciocan ha da efier conforme all’obedienza del ventre di colui , che la prende ; imperoche alcuni purgano con poca quantità , fi come interuiene ad vn Signore di quello Regno, mioconofcente , che purga affai bene col pefo di meza dramma di que- lla poluere. Alcuni ne vogliono due dramme per purgarli, Se altri tre, «Si perciò deueciafeuoo varia- re la quantità fecondo i’obedienza del ventre. Coli medefimamentefi variala quantità conforme al- la età , perche il fanciullo n’ha di bifognodi poca, il giouane di più, e(l’huomo perfetto, e robullo di molto più : meno n’ha da prendere il fiacco, che i’huomo gagliardo, e pet quella caufa ha da va- riare il Medico la doli , fecondo li parerà à propo- fito, per laqual cofa al fanciullo ne darà il pefo di meza dramma , al giouane di vna dramma. Se al- Thuomo perfetto due dramme, e quello comu- nemente fi efferua , Incile donne non fe ne può dar X meno Del Sulfure vino . meno di due dramme , ma Tempre feci ha da ha- uer confideratione , già che ftà in poreftà del Me- dico impedir la Tua operatione , quando vede , che eccede il fegno, c però Te n’ha da dar Tempre va poco più , che vn poco meno , perche beuendo "Va poco di brodo. Te perauentura pafiafieii legno, fi può rimediare . Quello in Tomma è quello,che fin qui ho ritrouato della radice del Mecciocan, e Te piu ne potrò rintracciare , lo fermerò , fecondo che il rem po, e l’vfo , mi dimoftreranno . D cl Su Ifu re viuo » Cap. XXI * STando per por fine all’vitime righe di quello libro , Bernardino di Burgos,huomo dotto Se tipetto nell’arte Tua , mi moftrò nella Tua bottega vn pezzo di Sulfure viuo portato dalie nofire In- die, cola la più eccelli nte, ch'io habbia mai veduta «rafpaicre come vn vetro, di colore di fimfiimo oro, e pigliandone vn pezzetto, e girandolo nel fuoco, diede grandifiìmo odore di pietra di Sulfure , eoa fuuoverde, Se odorato quel pezzo , non hnuetia od ire. Lo recarono di Quinto, dalle Prouincic del Perù d’vna minerà , chTiuiftìrirrouatain'-va monte predò le minere dell’oro . Dicono, che la materia dell’oro, è l’argento "Vico, Se il Sulfu- re, l’argento '‘Viuo come mareria , Se il Sulfure, come forma, e cofi è quello, ch’io ho "Veduto, ilquale ècomevn pezzo di oro finiamo . Porta- do di N;caraquà vn’altra Tortedi Sulfure , ma è pardiglio, e cinericcio, penfo,fenza colore, c fenza trafparcnria , ilquale fi troua prefio à Vulcano di Isiizaraquà . Quello gettato nel fuoco, rende odor di Capitolo X X 11» 323 di pietra diSuIfure, imperò è come vn pezzo di terra , & in nefifuna cofa fi famiglia al Sul ture di Quinto, eccetto che nel lo odore 3 ma non ha quei color di oro , nè quella trafparen eia , e diafaneuà * Applicato in cofe di medicina,doueconuiene ,fa merauigliofi effetti, mafiismamente macinato, e difcioltoin vino, portola fera nel volto à coloro , che jfhanno infiammato, e colorato, inguifa di leprofi , vfato però più notti dopo di hauer fatte là fue purgatiom vniuerfali , leua via quel colore, e Tana merauigliofamcte, di che ió ne ho fatta gran- deefperienza . Difciolto con oliorofato, fana la rogna 3 e pigliandone il pefo di vna dramma con \Vouo,fana la colica,& Jofpafimo* £' buono per dolor de’ fianchi ieguarifcertitteritia. E* caldo, a fecco eccertiuamente, ilche ben fi conofce dalfa- micitia,che tiene col fuoco 3 percioche toccatolo- fio s’infiamma . Queftoè la materia principale di quella diabolica inuenuone della poi uere, cachet ne di tanti mali , e tanti danni * bel Legnò * Aromatico . Cap. XX 1 i, IL medefimo Bernardino de Burgos mi mortrè vn Legno che à mio giudicio penfai , che fufltì il Legno Tanto di San Giouanni di Porto ricco , il qual Legno hebbe cortui in queftomodo. Stati*» dom cafa dirvn mercatante principale diqùefta cura ,6^ apparecchiando vna medicina appref- io ai fuoco, doue brucciano per legna , quel Le- gno, il fumo, che faceua odoraua affai ,6^ erà odore molto foaue , di che merauigliàtofr grande-* niente , dimandò che cofa haueano gettato nei X i filo C0 £24 Del Legno Aromatico 7 fuoco di coli buono odore^ . Quelli di cafa Ieri-, ipofero, che quel buonoodore veniua da quelle legna cheli brucciauano. Vditociò, lìpighòvn pezzo di quellegno, e trattane vna fcheggia odorandola , non rendeua odore , r è meno al ga- llo alcun fa potè , non più che fe fufle vn pezzo di legno comune. Leuogiipoi vn poco della fcorza, Marchefa d’Aiamonre , e di Giuralcop,Conte(Ta di Venelcazar3edi Vanara, Signora delle Ville di Burghiglio, di Capella^ Curici con le Tue pcnincntie, mia padrona», . Il Dottor Monardes fuo Medico , S, nome 3 e fauor fuo venga ad ejj'ere in pH effetto muta, eletta fin volontàri . lo Signora eccellerla Ogliono, molto eccellente Si- gnora, tutti quelli che ficriuono, e danno fuora alcuna opera , dedi- carla a d alcun Frcncipe grado 3 one- ro ad alcun Signore 3accioc he fitto il eccellentijjima 3 ho piu ragione de gl* altri à farlo 3 sì perche V. Eccellenza e cofi gran Vrmcipeffà, come per- che le fono fruitore 3 e perche ancora per juo meZo heb- binotitia della pietra Bezaar 3 e dell’herba Scorzone- ra 3 delle quali ho propofto in quefto Libro di trattare, per ejfer cofe di grande importanza 3 e grandemente al- la vita humana necejfarie3 già che rimediano 3 e cura- no tante 3 e sì diuerfe infermità 3 fi come in procejfo del- l'Opera fi potrà vedere . E poiché per mezo di voflra Eccellen\a io hebbi cognitione di qnefte due cofe3 le con- finerò 3e dedico a Lei yac cioè he col Juo meZo ancora fi ano notificate le tnolte virtù 3 e merauigliofi effetti di quefti due cofi fegnalati medicamenti 3 donne farà tenuto bene impiegato il buono vjjìao3& il trauaglio3che E. Eccel- lenza in quefto s*ha prefo . La fiupplico dunque a rice- vere il Libro 3com e opera d’vn juo feruitorre, ilquale no per altro deftdera la vita 3 che per [penderla in Juo f ?rui- tio, e cofi medefimamentc procura 3 che quella di E Ec~ cellenza jìaper molti 3 e lungi anni accrefciut a . X 4 PRO E- 3*8 PROEMIO. Li nio ndfuo libro delì’Hiftorie delle cofe naturali, infinitamente fi duole , dicendo tut- te iccofe di quefto mondo eftere a iì3h uomo contra- rie, & à gl’animali brut; la narura blamente è ve- ra madre, hauendo loro dato forza. Se inflinro na- turale, col cui mezo fa pefiero eflì eleggere ciò che loro puòefferli profitteuole , Se ali'incomro fuggii ciucilo, che nocumento può loro apportare. LJhuo- mo blamente c priuodi quefto; perciochenon sà ciò chea lui può giouare, nè sa fuggirei! dannofo* imperoche fenógfè infognato, enó rapprende da altri, non può fa perlo , che nel vero da ic falò noti i’in tendeva onde auuiene,che tati incommodi pa- tifee, e che facilmente cada in difaftrofo fine . E fra quelli pericoli., come perche à ciafcun paftò vi fia cofa, che può ridurlo à morte, Se à lui contrario: iì toftico nondimeno c quello . che di nafeofto , Sem palefe piu di tutte l'altre ^offende, ilqual tofficoiia ciafeuna herbetra fi riiroua,& in qual fi voglia mi- nerali ftà nafeofto. Se ineiafeuno animale fi rifer- ra , fenza che parliamo di quelli, che la malitia ddi’huomo ha ritrouati centra fe ftefto. Quefti fono molti, i quali la natura ghha ripoftì nelle piante, ne gli arbori, nelle pietre , e ne gl’animali,, accioche J'huomo non fi mfuperbifi.a della fua grandezza , ma vuol che (appia , che vna picciola herbetea Io può offendere, Se vn frutro3& vna pie- tra lo può far morire. Conira tutti quefti veleni tanto in generale, come in particolare, cefi Greci* come Arabiche Latini fenderò infiniti rimedi]; fra a quali fecero meri rione d’vno, che al tempo antico 4ìnn gran prezzo, Se in gran jftima tenuto perle Vroemio. ^29 fu e molte virtù > c merauigliofi effetti , che ha con- tea ogni force di veleno, e fuoi accidenti . Quefia c chiamata pietra Btzaar, laquale il tc- po, ( fi cornee difcoprirore di rutte le cofe , colie diBrutu>re,ediuorarorerìdJe medefime ) ha tenu- to molti anni naicofta & occulta in modo , che più non Tappiamo, che cofa lìa pietra Btzaar , come Te mai non fuffe Baia al mondo \ & il Tuo nome era à noi grandemente Brano, e poco conoTciuto,non al- trimenti, che ci Tono i popoli della Scithia. 11 me- defimq tépo volcdoci pagare quello, che egli ci ha tolto, per hauer tenuta quella pietra pretioTaaTcofà per tanti anni, hora non folo ce l’ha dimoBra,e di- feoperta, ma infieme con effa n’ha data anco l’her- ba Scorzonera di grandiflìma virtù, laquale da po- chi anni in qua, non Tenza picciolo noftro guada- gno, è Baia difeoperta . £ perche queBe due coTe, cioè la pietra Bezaar , e l’herba Scoizonera hanno fra di loro tanta lomiglianza ne gli effetti , & han- no tanta virtù contra veleno, mi è piaciuto di fcri- uer giuntamented’ambedue. Et per hauer piena notitia di qutBo ,cioè, àchecoTa queBi due Sem- plici Tono buoni , è di biTogco di Tapcr prima , e di trattar de’ '“veleni , come preludio dell’Opera , e perciò diremo, che cofa fia veleno, & in iegn are- mo à conofcere gli auelenati. InTegnarcmoi ri- medij, come l’huomo s’ha da preferuare, e te- nerli guardato da’ veleni , e però trattarono prima queBo , come coTa , che fornirà molto al noBro intento, ch’è di fcriuere della pietra Btzaar, cdel- Therba Scorzonera... Veleno è quella cofa, che pigliata per bocca , ò per di fuori applicata, vince il noBro corpo, facendolo cader ammalato, e cor- rompendolo, ouerameme ammazzandolo . Que- Bo 33° Proemio , fto fi ritroua in vna delie quattro cofe, ò in pianta, o in minerali ,ò in mirti , ò in animali . I quali ve- leni fanno 1 loro effetti , 6 per qualità mamfefta, ò per propierà occulta,ò per ambedue infieme.Qne- lti veleni alcuna volta ne offendono, & amazzano, &alle volteceneferuiamo per noftro giouamen- to, e falute corporale, & alrre volte fenefèruiuano gli antichi per rimediode* loro trauagli. Di quei veleni , che n’offendono , Diofcoridenel fuo libro della hifforia delle piante ne trarrò in generale, 6c in particolare molto effatramente , mettendo in generale tutti i rimedi), & in particolare ciò che era buono per ciafcun veleno. Il medeffmo fecero alcuni altri Greci, e JLattini, & Arabi, fi come può ogn’vno, che più particolarmente deffdera di fa- perne, vedere. Coftoro fcrirtero molti antidoti, e medicamenti, con li quali ciafcuno fi può preferii a- re, e guardare di non effere attoffìcato , perche la malignità humanaèmoho grande, e molti han- no rentaro per loro intereffe, e vendetta non {bla- mente offendere, e far morire le genti volgari , e balle, ma Pontefici, Imperatori, Re, gran Prencipi, e Signori, 1 quali quanto fono in più maggiore, de alto ffato riporti Tanto maggior pericolo partano . Molti Scrittori antichi fegnalati compofero di- uerfi medicamenti per non edere offefi da veleno, edacofe velenofe, lequali s’hauriano loro potu- to dare, fi come veggi amo, che fece l’Imperato- re Marcantonio , li quale temendo di effere at- toflìcato, prendeuaogni mattinavo poco di Te- riaca , e Mitridate alcuna volta la fua compofitio» ne di Mondare, & altre volte certe foglie di ruta con noci , e fichi ; ecofi medefimamente'vfarono alcuni altri le medefime Medicine per non effer offefi Troemio . 33 r offefi da veleno, ò perche l'oro non fuflfedato . Al- cuni vfano i veleni per rimediare , c curare molte infermità , & in quello modo l’vfano 1 Medici per efpellere , & euacuare gl’humori , che fono di fo- prauanzo ne i noftri corpi, imperoche quello non iì può fare, fe non fi fa violenza, e forza alla natu- ra, per laqual cofa 1 medicamenti foiutiui gagliar- di non fono fenza velenofità . Bene è vero , che fi cerca con ogni diligenza di correggerli, e prepa- rarli; ma à benché quello fi faccia»tut tauia vi retta qualche parte di velenofità , per laqual fa coli ga- gliarda operatione . Cofì medefimamente fi vfano 1 veleni in cofe di cinigia , con i quali eftirpano > e corrompono la carne cattiua, e rimouono la fuper- fìua delle piaghe,fe ne feruono ancora in aprire, &c in far cauterio, dotte fia di bifogno . I veleni fimil- mente preferuano da alcune infermità, fi come J’argenro viuo portato adoffo preferua 1 fanciulli da mal d’occhi , che dicon gli Spagnuoh impecer la vifla3y abla de perfori as en las creatura s. 11 folima- to prelerua dalla pelle : tk io ho conofciuto ''vno infermiero, che feruiuain vno hofpitale , douell curauano molti appellati , ilquale con portare 'Yn pezzo di folimato fopra la rcgion del cuore , mai s’appeftò . Alcuni altri vfarono anticamente 1 ve- leni, non conofcendo però la fede , per liberai fi di morte crudele c’haueuanoda paure, ò da ingiu- rie, oda feruitù perpetua , fi come auenne à De- moftene , alquale douendofi dar morte atroce , de ingiuriofa , egli preuenne in darfi la morre col ve- leno, che continuamente portaua feco in vn capel- lo bianco fotto l’orecchia . Il medefimo fece De- mocratecol veleno, che portaua in vn’anelio • Il medefimo fece Annibale , quando fi vidde vinto; e Cieo- $32 Troemio ; c Cleopatra perche Ortauiano non la portafTerief triófo,6c altri molti, che per liberarli di morte vicu~ perofa, che afpettauano, voi fero prima pigliare il veleno con le mani proprie* che (offrir tal morte-». I principali (eguali di conofcere vno,che fiaaue- Ienato,ò habbia prefo veleno, fono quelli . Quan- do alcuno dopo di hauer mangiato , ò benuto (en- te fubito vn pefo affai grande , Se vna grauezza in tutto il corpo, con grande angofeie di vomiti \ Se quando dallo ftomaco, ributta cofa di fapore hor- ubile , e dà che non fi pi ò muouere , Si ha grandi sbadigliamenti, e diftenfioni , e fi cangia di colore nel vifo, hora diuentàdo giallo3hora liuido, Si bo- ra di color di terra , e di quello medefimo colore fi fanno l’vnghie, e le Libra, e tutto il corpo, e fi fente vna inquietudine,che non può ripofare, nè ftar fer- mo , nè meno può (lare in piedi , ò colcato nei let- to, anzi con trauaglio, Se anfia fi và riuoltando per il letto , e per terra , e fente al cuore angofeie, cade in fincopa. Se ha gran voglia di vomitare , ma non puoj il bianco de gli occhi diuenta di color di sangue» '& infiammato, mira con afpetto atroce. Se bombile, ha il polfo difordinato, e cofi medefi- * inamente il refpirare, e fopra ogn’altro gli fi raf- fredda tutto il corpo , e maflì inamente le parti cftrcmo. Ma tutto quello s’ha da confiderai, c’habbia ad effere conforme al 'Veleno, c’haurà prefo j percioche fe il veleno farà freddo , tutto il corpo fi raffredda, e particolarmente i piedi, le mani , &il vifo, rimandando anco il fiato fred- do, e Io vedrete (lare attonito, e quafi fuor di fenfi. Se’l veleno è caldo, hard gran fere, & ardore di dentro, e di fuori , talché li parrà di abbruccia- re. Fà grandemente à propofito per conofcere la natura Troemìo • 333 natura del veleno prefo, vedere il vomito , e quel che per vomirò fi ributta , per poter dal color giu- dicare, che forre di velenosa; imperoche tutti i veleni hanno i Tuoi colori proprij . Conofciuto per queftavia*, òperreIatione,òperindit j il veleno, fi deue procurar di rimediami col fuo contrario ,ac- ciochefi eftingua,e fi rimuoua la fua malignità, di che tutti i Medici antichi hanno fcritto affai , tanto in generale, come in particolare;imperoche ciafcu- no ha il fuo cótrario, donde fi rimedia alia fua ma- lignità . I fegnali più cattiui ne gli atroflicati fono le fincope più frequenti , & il moftrare il bianco dell'occhio molro colorato , cauare la lingua fuor della bocca, groffa;e nera, il polfoccnrrartodl fu- dor freddo , hauer freddo anco tutto il corpo, ma maggiormente le eftremità, 8c il petto. E' cat- tiuo fegnaie ancora , fe dandoli da vomitare non può vomitare , ecofi ancoil non fiare in cetuello, e qucfto è male in ogni forte di veleno, ò prefo per bocca , òcaufatoda morfo di animali velenofnma fe fmania , come fe filile frenetico , quefto è fegna- le mortale^. Per meglio conofcere, che forte di veleno fia fiato prefo, è di bifogno , che fi miri à quello, che ha mangiato, ò bcuuto, fe pur ve ne farà alcuna particella reftara ; imperoche fe vi fa- rà fiata mefchiata alcuna cofa , fi giudicher à facil- mente dal colore, ò dal l’odore , oda! gufio, dan- done ad alcuno animale, come per efcmpioad vii cane,ò gatto, ouer gallina s e di qui puoi mirare gli effetti, che fa: perche fe fiammale s’anunorbidifie, è fegno , che fcnte alcun male : ma fe muore , è fe- gnale più gagliardo , chc’l veleno fia fiato medefi- mamente gagliardo. Conofciuto chefiadi effere alcuno audenato, la prima cofa, clic ha datare è. 1 324 ' Proemio . che il patienre faccia il vomito , perche è cofa che ^ più conuiene , e fa maggior prò , percioche non dà ^ tempo da dillribuirfi li veleno per le vene , e per le ^ arterie, e di faine al cuore , doue fe pemuenrura m giunge, folo Iddio vi può rimediare, e però quello tol rimedio del vomirò è di bifogno che lì faccia con ®ft la maggior preftezza che lìa polììbile,accioche pri ma, che palli lo llonmco lì efpella fuori . Alche fa- re lì ha da cercar cofe , che con maggior prellez- Mo za , che lìa pollìbile lo polfano prouocare , fi come faria il metter le dita nella gola,bere acqua calda, foli & e rimedio piu comune l’olio dolce beuuto in fini) gran quantica , di force, che fe n'empia ri ventre, 'Wd accioche meglio fi efpella ciò che nello ftomaco li S ritroua , ma sforzili di tenerlo vn pezzo nello Ilo- 'ora maco , e poi procuri con dita il vomirò . E que- fio fi ha da far tanto fin che fi vegga hauer getta- *14 to , e mandato fuori tutto quello , che haurà man- h\ giaro, ò beuuto, cagione di tutto il filo malo . M E fe l’olio non fulfe ballante fir quello, fi può far «pi de gli altri vomitiui , incominciando da ì pm de- , ^ boli, fi come farebbe la decottione d’aneto, e di fe, tij me di rafano e di camomilla, òdi altri fommlian- Ho ri, folitià prouocare il vomito, aggiungendo al- |ni la decottione , fe farà bifogno, vna dramma di tu agarico, iiquale oltre che prouochi fortemente il fa vomito, ha proprietà di rompere la forza del vele- fi no. Alcuni hanno per gran lècreto di dar vnquar- ( tiglio , che alla nollra mifura faria vna foglietta , a d’acqua di fior dinaranci tepida, perche o?tre che ni prouochi il vomitola virtù particolare di ellincme ci re, &: ammazzare la forza del veleno, deuefi dar fi calda la rnifura d’vn quarciglio Et ha quell’acqua, »ì cauata da i fior de naranci , tal proprietà , per ef- ! eli Vroemio ma pmkmdì imcperk [(penami éefitoiicoD biScticciodiepri .fai, Atei* Bjpi# io®,!®* lereaqiiìA toWoii Eque- 3 litoti é,i^f », fri folWIttlK;* ’/p" iW1*? fere fpecie dicetro, ilquale ha gran virtù contra veleno , fi come habbiamo noi fcritto in vn libret- to, chevà imprdfo con altri miei, che tratta de* naranci . E1 bene anco, che col vomuorio lì me- fchi alcuna coTa, c’habbia vinù contra veleno , co- me per efempio Teriaca , Mitadare,&: altri fomi- glianìi , di che qui appreso trartaremo . A 1 nortri tempi fi e comporto vn olio , che chiamano di ve- triolo, ò cuperofa, percioche di quello (blamente fi caua,& è ccfa la più eccellente per efpellere, e & eccellenza la pietra Be- zaar j perciochein ella fi ritrouano tutte le virtù, e proprietà , che in tutto il relto delle medicine dee- re , hauute per preprierà occulta, e per grafia infu- fa dal cielo contra veleno. Se detta pietra fi ritro- ua, è il migliore, Se il maggior rimedio di ratti , li come lo dimoftraremo in quello , che llguo. Della pietra Bezaar . Cap. I , LA pietra Bezaar ha molti nomi, imperochfl gli Arabi la chiamano Hager , i Perii Be- 2aur> g!i Indiani Bezaar , gli Hebrei Belzaar , i Greci Alcxifarmaco, i Latini contra 'Venenum* gli Spagnuoli piedra contra venenoy defmayos * Et certo ragioneuolmenre ha tal nome , poiché ccofi fignora quella pietra de i 'Veleni, che gli cftingue,& ammazza , e dillrugge come fignor di efii. E di qui viene, che tutte le cofe, che fono con- tra veleno , ò contra cofe velenofe , chiamano Be* zaartiche per eccellenza . Quella pietra fi genera nelnnteriora di vn’animale , che generalmente chiamano capra montefa_> . Il generarli pietra ne gli animali, è cola affai chiara, mallìmamente Y | nel* $42 Bella pietra Bezaar . pejl'huomo, ilquale non ha parte ne! Tuo corpo, douenon fi generi pietra , cofi medefimamenre in vc£elli, in pefei, & in tutti gl’animali di terra. Più pio nel libro ottauo,a! capitolo n.e nel libro z8.al capitolo, che dice che icerui vanno alJecauerne, douefonoferpenti, econ l'anelito li cauano fuo- ri, e fé li mangiano, e quello crede, che lo faccia- poper fanarfi di alcune infermità, ouer perrin- giouemre , percioche i cerui viuono lungo tempo . Gli Arabi vanno ampliando quella cofa per dimo- fìrarne, che dal mangiare i cerui ferpenti , fi viene à generar la pietra Bezaar, e dicono in quello mo- do. Nelle parti di Oriente fono alcuni animali chiamati cerui , i quali nel caldo delia Eftate fe ne vanno alle cauerne de gli animali velenofi , douc ve ne fia gran quantità , e grandemente velenofi , per edere il paefe molto caldo, econ l'anelito li cauano fuori , e li calpeftano , & ammazzano co i piedi , e fe li mangiano, e dopo di elTer ben fatij di quelli , fe ne vanno con la maggior celerità che fia pofiìb: le à ri rrouare alcun luogo, doue fia acquai entrano in quella in modo, che none appaia di fuo ri altro, che Pmoftaccio per poter refpirare,e fanno Ciò perche con la frigidità dell'acqua fi contempri il gran calore del veleno , che hanno mangiato , e Hanno là dccro fenza bere pure vna gocciola di ac- qua, fin tanto, che fi diftempri , e rinfrefehi quello incendio, e che fia loro pafiata la furia di quel cal- do . Stando dentro quella acqua,fi genera loro nel lagrimare de gl-occhi vna pietra,laquale viriti del- J’àcqua , fe ne cade , e ferue ail'vfo della medicina. Quello e in fomma quello, che fcriuono gli Arabi» J)el n odo come fi generi la pietra Bezaar , io l’ho cercatele Pho con fomma diligenza inueftigato da quelli, Capitolo li quelli, che vengono dalle Indie di Portogallo , da quelli maflìmamente, che fono pattati piu innanzi della China, per faper la verità della cofa,& è nel- l'India maggiore, dcilaquale fcriue Tolomeo, che Macoli abbondante, e coli ricca. Quella è plinti là del fiume Gange in certe montagne, che con fi- nano con la China, doue fonocerti animali affai limili a5 ceruficofi in grandezza, come in leggerez- za^ altre cofe,tutre conformi à i cerui, fe non che hanno altre parti, lequali participano di capi acan- to nelle corna, c’hàno di capra riuolte all’mdietro, come nella forma del corpo, donde lor diedero no- me di capra montefai ma quello mi pare, che deb- ba correggerli, e chiamarla ceroicapra, per le par- ti, che ha dell’vna, e dell’altro, ciocdiccruo, e di capra . In quelle parti fanno Pvfficio del ceruo,il- qualc dice Plinio nel luogo già detto , che và alle caucrne delle fiere, e con l’anelito le caua fuori, e fs le mangia, e poi fe ne và à trouar l’acqua,& ini den- tro fi mette , fin chss’anegga elfer pallata la furia del veleno, c’haurà mangiato , fenza mai bere pu- re vna gocciola di acqua. Vfcitodilà fenevà per li campi e mangia molte herbe falutifere di gran virtù contra veleno, lequali egli per ifiinto natura- le conofce, donde poi, tanto dal veleno mangia- to, come dall’herbe pafeiute fi generano , median- te il calor naturale, per vna certa virtù fpecifica infufaal tempo della generauone, nella concaui- tà delle fue interiora, & nelfaltre parti del fuo corpo alcune pietre grandi, e picciole, lequali fono cofe di maggiore ammuatione, e di maggior vir- tù , che per infine al dì d’hoggi habbiamo fa puro Contra veleno . E‘ opinionc,the di quel veleno coli perniciofomangiato da detto animale, e di quelle Y 4 herbe $44 Della pietra Befaar . herbe coli falutifere da lui pafciure, fi generi fa pietra Bezaar, e fecondo che dicono quelli, che vengono da quei luoghi & hanno veduto tale ani- male , donde fi cauano le dette pietre, diconoef- fere della grande zza d’vn ccruo,e quafi della ìflef- fa forma ; ha fidamente due corna , larghe con la punta acuta, voltate alBindietro, in modo, che ca- dono sù le (palle; il pcloèrofio di color cinericcio; per la maggior parte c vermiglio, de anco di altri colori. Vene fono molti in quelle montagne. Gli Indiani li cacciano, & ammazzano con arme, lac- ci^ imboficate,i quali fono cofi feroci, che alcuna volta ammazzano i cacciatori. Sono leggien,e fal- lano grandemente - Viuono nelle cauetnc,e van- no m frotta, e ve r/è gran quantità , ma molti nc fono nelle femine ; la lor voce è vn rugito. Cauano loro le pietre dall’interiora delle budella , e da al- tre parti concaue del petto . Mettono gran cura in far quelle cacciagioni ; perche 1 Portughefi, ch’iui contrattone, le pagano bene, &eflì le portano al- la China à vendere , e di là fi portano à Malucho, e Cahcur ; percioche in quelle parti è il maggiore commercio; e le tengono in tanta fiima, che vaie alcuna cinquanta feudi. Scriuendo quello tratta- to , fui à vedere vn animale,che deue edere quello ili tifo , 6 pure c di quelle fattezze , che fono quel- li di quelle parti. Quello io viddi in cafa del Si- gnor Arcidiacono di Niebla, fignor molto genero- io, alquale era fiato mandato di paefe molto lon- tano per via di Africa, & è di quella maniera.» , E* vn animale gràde quanto vn ceruo, è del mede- fimo pelo, del medefimo colore, e pelle del ceruo 3 ha il mollaccioni capo>e coda di ceruo5& è leggie- lOjComeceraQ, 11 mollacelo è di ceruo, ma i’afpet- Capitolo 1 # 34? to è di capra; alla forma del corpo famiglia vn ca- pron grande , & ha anco i piedi , come caprone , « con due corna riuolte all’indietro alquanto caden- ti fopra al collo3con le punte ritorte3che paiono ef- fere di caprone *, tutto il redo è di ceruo. Ha vna cofà , che è di grande ammiratione, & è , che get- terò giù di vna torre , cade fopra le corna , e non fi fa mal nelfuno, anzi ribalza come palla piena di vento nell’aria . Mangia herbe,legumi3pane,e ciò che gli fi dà . E1 di gran fortezza , per la qual cofa fi ticn femprecon vna catena di ferro legato, per- che rompe, e rode le corde. Sròafpetrando,che muoia, ò che rammazzino,per veder fe ha la pietra Bezaar . La forma , e le fattezze di quefta pietra c in diuerfi modi ; percioche alcune fono lunghe co- me oflo di dattoli , alcune come calla gne, & al- tre come bolzoni, ritonde, alcune come oua di co- lombi. Io ne ho vna, che par 'Veramente vn ri- gnonedi capretto 5 ma finalmente tutte fono ar- rembate i nefluna ve n’c, che habbia la punta acu- ta, e cofi come fono diuerfe nelle fattezze, fono anco varie nel colore \ percioche alcuna ven’èdi color cafiagnoofcuro, di alcune fono citrine , ma comunemente fono di color 'Verde ofeuro , come color di malanzane; & moire ce ne fono di color di gatto, con quelle righe , che hanno i gatti del zibetto, di color grifo ofeuro. Tutte quelle, cho fono fine, fono à laminette, I’vna fopra l’altra, come cipolle , con merauigliofo artificio ordi- nate j e quelle laminette fono cofi belle , e rifplen- denti,che parciafcuna, che fia polita con gran- de artificio -, la onde leuata la lamina fuperio- re , l’altra che 'viene apprefiò , c molto più ri- fplendente, e più polita della prima $ e di qui fi co- nofe© 34$ Della pietra Bezaar . nofce qua ndo è fina, e vera . E per quello folamen. te io giudico, che quella, ch’io ho, fia vera , e fina: percioche leuata la prima lamma,quella che feoue opprefio è più rivendente della priroa.Quefte'ìa- mineiono grolle alle volte, & alle volte lottili , fe- condo la grandezza della pietra. E’comealaba- ltio, & c molle , imperoche fe fi fa troppo dimora- re m acqua, fi disfa. Di dentro non ha midollare fondamento doue fi formi, anzi cconcaua, e piena di poluere della medefima foltanza della pietra, e quella poluere è la miglior parredi tutta la pietra,® fa migliore effètto, donde fi giudica , che la pietra lia fina, e vera; iroperochelefalfenon hanno pol- uere; in quelle due cofe adunque fi conofcerà la fina, eiavera pietra Bezaar,hauendo.femprela vera quelle laminettevna fopra l’altra rilucenti, e di dentro quella poluere , che le falfe non hanno, c vna, nel altra. Ior.eviddi vna, che fu rotta per veder fe era fina, laqualeera fatta à lamina; ina detr° haueua vn granello, ò feme, fopra alqua- Je il fai fa no Indiano l’haueua formata . Guidone della Vazaris natiuo di quella città, ilquale haue- ua il mondo girato, & era (lato in quelle parti della China , mi diceua , che vi erano India- jni,che ne faccuano delle falfe co vna certa compo- wtione, ch’dfifapeuano, ma non però poterono tare in effe le due cofe già dette , cioè le lamine , e la poluere di dentro, e mi diceua, che cotali pie- tre fono da gli Indiani tenute in maggior ftima, che da noi, per curarli loro con quelle di molte • Andrea Bellunefe dice di opinione di Tifali Arabico in vn libro, che egli fcriffe delle pietre, che la pietra Bezaar è minerale, e che lì ca- lia della medefima forte che Balere pietre minera- li Capitolo J . $ 47 li delle Tue minere, come fono diamante, rubini, fmeraldi ,6^ agate. Ilche pare , che fia ancora opinione di Serapione , quando parlando di que- lla pictradice : Il minerai di quella pietra è in Si- ria, e nell’India , e nelle parti di Oriente-» . Nella qualcofa quelli s’ingannano } percioche chiara- mere fi vede cauarfi da gii animali già detti, iquali gli Indiani prendono nelle caccie con gran dili- genza, (blamente per cauarne la pietra . E dopo fé ne veggono l’operationi, e i chiari effetti, fi come apprelfo diremo . Serapione dimoili a, che al fuo tempo vi erano anco di quelle pietre falle, quando ei dice: Vi fono di quelle pietre, che non hanno al- cuna virrù contra veleno.Di quella pietra non tro- uo hauer fcritro Auttore alcun Greco, né meno La- tino ; da gli Arabi folamentc c dato trattato di tal pietra, & ancora da alcun moderno , fi come dire- mo qui apprelfo. E per quello vi recherò fidamen- te gli Auttori Arabichi antichi, che ne fenderò, de i moderni Latini , malfimamente quelli de’ nollri tempi. Fra gli Arabici, che più fi dillefeà fcriue ine fu Serapione, huomo alfai dotto nella hiftoria me- dicinale , ilquale nel cap.$6. fcriue molte cofe di quella pietra Bezaar degne di faperfi,e di fuaaut- torità dice di quanta eccellenza fia quella pietra cótta ogni forte di veleno di qual lì voglia manie- ra,e qualità fi fia. Dice anco, che fia contra i morii de gli animali velenofi, ellinguendo , dlir- pando la radice, e mala qualità, che i veleni impri- mono nt i corpi , liberando dalla morte colui , che l’vfa. Egli la dà in poluere,e dice di fare il medeji- mo effetto fucchiandola,e tenendola in boccajper- cioche dopo di hauerla prefa,prouoca il fudore, de cfpelle fuora il veleno , anzi fi allarga più, con di- re. 34$ Della pietra Befyar re, che portata adotto di modo, che tocchi le carni alla banda fimftra, preferirà colui, che la porta, di non edere attoflìcato, e lo difende da tutte lecofc velenole, perche la fna proprietà, è virtù tale , che in qual h voglia modo, che s’applichi al corposa, che il veleno non offenda; e quelli , che ne fonoof- 1-efi, ” ymano; ilche non fole fa in quelli, ciiehan. no prefotl veleno , ma in quelli anco, a’ quali tuf- ferò nuelenatc ftaflfe , 'vefti , lettere , ò altra cofa, donde potcflero effere offefì . Dice il medefimo Se- rapione , che quefta pietra vale nei morii di ani- mali velenofi , ò nelle lor punture ; pigliandone la poluere per bocca, percioche prouoca il fudo- re , 1 ef pelle tutto fuora alle parti citeriori. Giona grandemente la poluere di quefta pietra po »a su le pofìeme , o ferite di animali velenofi, per. aocuediftrugge, eleua la malignità del veleno; oc in ranco 1 inalza Sera pione, che auenga chele piaghe fatte da tali animali fiano già incomincia. „e.ÌCarr0mEerfi,,eCUra ’ e fana-’- Polla la poi- *“«* comporta. £ Jnrl a hu®mo Cofi dotto non fenile parcicoiar- cu $ucfta P,cCra> comedi molte altre cofe, u P«. etter natiug di Perfig nella città di Bocca-. ra. 3J2 Della pietra Bezaar * ra, haueua da hauerne più notiria , che ì Mori Spagnuoli, che tanto in particolare ne fenderò. Toccane (blamente nel fecondo canone , nel quar- to capitolo , parlando delle medicine , che di loro proprietà operano contra la malignità de* veleni', e ne dà Pefempio della Teriaca , e delia pietra Be- zaar . E più innanzi dice, che la Tenaca,e la pie- tra Bezaar , fono due ccfe , che conferuano la fani- tà, e la virtù de gli fpirti, accioche pollano efpelle- re il Veleno. Enei 4-lib. nella fen 6- nel 4. cap. e nel 5. in tre luoghi loda la pietra Bezaar contra ve- leno, & il meddìtrsofa nella cura del fiele della vipera , notandola per cofa eccellente . Ne’ quali luoghi è cori breue, chele ne paffa leggiermente. E benché egli ne parlafle , non ne parlò di fuo pro- prio parere, percioche prefe tutto daRaris,neI- l'oftauo trattato . Et in quello irielfo capitolo, parlando delle cofe, chea noi fono più profitteuo- ìkdice efler la pietra Bezaar, pur che ri ritroui, do- tte dimoftra con quanta diffìcultà riha. E nei ca- pitolo, doue parla di quelli, che hanno prefo il na- pello , dice, che ria buona la pietra Bezaar colora- ta, e netta, c che ria cofa approuata . E ciò dille per- le pietre fittine, che al fuo tempo doueano trouarri. Quelli fono gli Auttori, ch’io ricrouo antichi fra gli Arabi, 1 quali hanno fcritto di quella pietra Bezaar , che non fono pochi , che doueano à quel tempo hauer cognitione di tal pietra per il con- tratto , e commercio , che 1 Re di Marocco hauea- noconrindia Orientale, e fpeciaimente con la Perfia , doue veniuano le mercantie , e le colè pre- tiofe delflndie. Di che mi diede cótentezza vn ea~ ualhero affai principale, che dimorò gran tempo p quelle parti per GouernatQi'pdel Re di Porto- gallo, Capìtolo /♦ 335 gallo, & hebbe di quella pietra cognitione, & an- co del modo , come fi doueua pigliare , e come gli indiani la cauano da gli animali > e della forma loro • Collui mi diede gran luce di quello, che ho detto , & egli la fperimentò , e l’ha veduta cfpen- mentare à molti , con molto giouamento de fuoi effetti. Et io neefpcrimentai nel medefimovna, laquale egli liauea, la migliore, e la maggiore, che Labbia in mia vita veduta , che hauendo vna lun- ga, e difficile infermità , accompagnata da vna certa mitezza , come che haueire fofpetto di vele- no,gli feci pigliar per molte mattine al pefo di tre grani di quella pietra Bezaar,con acqua di lingua- boue, guari a (fai bene. Molti Medici moderni de’ noftri tempi hanno fatto mentione di quella pie- tra Bezaar , e l’hanno celebrata ne’ loro libri di gran prerogatiua córra ogni forte di veleno, e con- tea molte altre infermità , dellaquale diremo noi tutto quello, che da ciafcuno ne ritrouaremo fcrit- to . Fra iquah vi è Pietro Andrea Matthioli Se- nefe, huomo affai dotto, ilqualene ifuoidottif- fimi Commentari fopra Diofconde , nel 6dib. an- nouerando le medicine, che fono per proprietà fpccifìca contra veleno 5 fcriue della pietra Bezaar virtù molto grandi , e la mette per medicina , e ri- medio il più principale s c’hoggi fi ruroui nel mondo contra veleno ; e ri fenice affai dj quello, che noi habbiamo detto degli Auttòri già allega- ti. Andrea Lacuna natiuo di Segouia,ilquaIe fu da i più dotti chiamato Galeno Spagnuolo,ne’ Com- mentari, che egli fece fopra li medefimoDiofco- ride in lingua Spaglinola , nel fello libro,che trat- ta de’ veleni , fcriue quanto merauighofo rimedio fiala pietra Bezaarcamrapgni forte di •'veleno, e Z contra 3S4 Delia pietra Bezaar . conrra i morii delle fiere velenofe, come anco con» tra le febri pcftifere,c di mala qualità; e cofi mede- fimamente fenue, che fia gran rimedio córra l'epi- Jepfia, dice,cheerpelie, e rompe le pietre delle re- ni , e darà con vino , disfa la pietra della vellica^ . Sctiue anco come fi generi queffa pietra dentro di certe capre montefe in Perfia, infegnandoci,ccme la fina ha da tffer rilucente, fquamofa , molle , e di color di melanzana , e che fia rimedio affai cele- brato fra Prencipi, e gran Signori per l’effètto oià detto. Valefcodi Trento, Medico celebrato de* Inoi tempi, natiuo di Milano, difcepolo di Torna- mira, nel fettimo li b. della fua Pratica, lodaaffai quella pietra Bezaar conrra veleno. Se in altre in- fermità per gli fuoi effetti , e per la gran fama del- le fue operanom , nel fuo tempo , conrra ogni for- te di 'Veleno. Santo Arduino da Pefaro Medico Italiano in vn libroche egli fende de’ veleni, lo- da grandemente la pierra Bezaar, e la preferire à tutte Je Medicine, cofi Semplici come compoffe, Je quali habbiano 'Virtù conria veleno, òcontra morii d’animali veleno!!, e dice di hauerla eoli veduta, & hauerne certezza per molte efperien- zc , che egli n’ha fatre. Amatolo fifa no, huomo de noltri tempi affai dotto, ilqualefa hotalafua ffanzain Ragugia, nel Commento, che egli fe- ce fopra Diofeoride nel fecondo libro, doue par- la de* cerui genitali, trarrò di quefta pietra Bezaar molto dottamente, come huomo Portughefe, ches’èra informato molto bene da* Tuoi paefani, che -vemuano dall’India*, e dice: La pietra Be- zaar,è di fattezze come vna palla, di color cincric- CI°- che declina allo azuiroofcuro, compofìadì moke lamine, laqual pietra è chiamata Bezaar, qual! Capitolo 1 . sss quafi rimedio preftantiflìmo contra ogni Torte dì velenosa caiuno da vno animale, come ceruo, che fi ntroua nella India , chiamato capra momefa_>. Siritroua la pietra nelle budelia , c parti interiori di detti animali , della qual pietra dato tre grani con acqua di fiori di naranci , c preftantiflìmo ri- medio contra ogni veleno ; e con acqua di acero- fella,contra febei pe(lifere,ammazzando,& eftin- guendo la Tua velenofità , c malignità, ammazza i lumbricijdata con acqua di portulaca , malli ma- mente doue farà febre, ma doue non farà febre, fi può darli con vin bianco . Dice anco di haueroe fatta efperienza in punture , e mal di cofiato, chia- mato da’ Medici pieurifi per grande,e crudel , che fifulfe, e rantopiùfevi farà accompagnata mala qualità. Ma più conuiene darli à gli auelenati ne* vomitorij j percioche fa gettar fuori il veleno per vomito, e dara à quelli, che hanno già vamitaro/a loro mandarlo fuori per fudori , onero per fece f- fo. Dara nelle febri nel dì del parofifmo , prouo- ca il fudore , con ilquale moke volte fi guariteci « Nella terza centuria nella cura 74. Se nella cura 8 5. curando alcune febri pelli fere , dice, che prefo il pefoditre grani della pietra Bczaar con acqua appropriata ,eftingue, & ammazzala malignità del 'Veleno di fomiglianti febri , e la dà come ri- medio predanti (Timo, e dice, chei Re della In- dia tengono quefta pietra in gran ftima , e ben pa- reche fia coli, poiché il Re di Cochin mandò nella prima conquifta fra Paltre cofe pretiofe, vna pietra Bezaar poco più grofla di vna auellana , per prefente di maggior prezzo, e di maggior (lima di tutti , laquale fu qui poi hauuta in gran prezza, per hauere intefo le iùe gran virtù . £ quefta fu la Z 1 prima, 3S 6 Della pietra Bc'fyar . prima ,chei Portughefi porraronoin Spagna,ma dopo di quefta ne portarono moire altre , veduti i merauigliofi effetti , che con quelle gli Indiani fa- cenano; & hoggi la portano infieme con i diaman- ti.rubini, & altre cofe preriofe, di gran valore, che portano di quelle bande, e la vendono molto cara. N icolò Fiorentino , fra quelli de* Tuoi tempi il piu dotro, nel fermone quarto , al trattato quarto, nel terzo capitolo loda infinitamente la pietra Bezaar, e dice il medefìmo, che difiè Auerroe, e Sera- pione, fenza porui cofa alcuna del fuo, fi come fece in tutto il refto, che egli fcrifie^. Giouanni Agricola, Amonio Alemano, che fende de’ medi- camenti Semplici de* noftri tempi , nel fecondo li- bro parlandodella pietra Bezaar, dice edere an- tidoto efficaciflìmocontra veleno, 8c eficr medi- cina diuina contra i "Veleni, e morii d’animali. Girolamo Monruo Francefe , Medico dei Re En- rico, nel libro, che egli fende de’ rimedij cirugi- cali, fra i rimedij de gliaueicnati pone la pietra Bezaar per il maggior rimedio di tutti i rime- di) de’ noftri tempi , per la grande efperienza, che egli n’ha hauuta in moltecofe, &in molti figno- n . Anronio Mufa BrafauoJa, Medico dot ti Al- ni o da Ferrara , nel Prologo, che egli fende fc- pra gli antidoti di Medie, recita "va calo accadu- to inFerraradi molte perfone auelenàte, lequa- ji fi rimediarono con vomitare il veleno con olio di 'Vetriolo, e con pigliar la pietra Bezaar . il Conciliatore chiamato Pietro d’Abano natiuodi padoua , huomofra quelli della fua età adTai dot- to, in vn trattato, che egli fende de* "Veleni, nel ^ap.Si. dice Bezaar amonomaftice, d intendedi yp#M?erta pietra detta J3e?aar,ia cui propria, e fpe- dfica Capitolo 2 « £J7 cifica virtùècontra ogni forte di veleno mortife- ro, liberandodalla m,orte con ogni celerità lènza bifogno,nèaiutodi altro antidoto, nè di medicina* ò Medico alcuno ; onde per eccellenza fi dice Be- zaar, per efifer medicina , che libera da veleno, da morte, e da ogni grande infermità . £ chi porrari quella pietra (eco, fi può tener ficuro da ogni mor- tifero veleno , dalla quale vn Re d’Inghilterrà chiamato Odoardo, fu liberato da vna ferita vele- noia^ mortale, che il gran Soldano li diede có vna fpada auelenata in vna battaglia, che hebbcroin- fieme nella conquida di Vlrramare, vicino la città d’Arom, alquale dando per morire, fu data la pie- tra Bezaar , donatagli dal gran Maeftro de* Tem- plari),che era vn ordine in quei tempi di gran qua- lità, e molto ricco. E dice di piii,ch*egli vidde à fuo tempo vn’altra pietra Bezaar leggiera , che fi rade come fi fa il geflTo, di color poluerofo, ch’era tenu- ta in gran dima. Altri Auttori non vi fono, che fac- cino mentione di tal pietra ; e fe alcuno ve n’è, ne tratta leggiermente, nò dicendo altro fe non che la lodano in generale, & in particolare per cofa buo- na per veleni. I quali Auttori io lafcio di recitare, ri- putàdò,che fianca bah a za li. già decci.perchehab- biamoauttontàà finhcienza per tutti quelli, che ie ne vorranno feruire • Rimane à dire quel lo,ch3io per efperienza n’ho veduto, à maggior conrmatio- ne della fua virtù, efue merauighofe operationi* accioche fappiaogn’voo, che quel che io ho fedi- to de gl’ Auttori allegati fia approuarocò manife- Iti eleni pi . Sono forfè quindicianni , che lamia (ignora Duchefla di Befciat, fu auuifata dai fignoc Giouan Maniche, che nella corte fi vfaua per fuf- jocatiom di cuore , ò pur vogliamo dire accidenti Z | epilettici# 3 J S Della pietra Be^aar . epilettichche in Napoli dicono,difcenfi,vna pietra chiamata Bezaar ; percioche la Signora Ducheffa rnia patrona , haueua vn figliuolo grandemente (oggetto (qua fi da fanciuilo)à tal maie,defideran- do la Tua (alme, procuraua tuttauia di fa pere alcun rimedio, g;àche gli ordinari) di medicina, (de* quali fé ne erano farti infiniti da i più dotti Mcdi- cidiSpagna) non haueano fatto alcun prefitto in ^cofa alcuna,auifata adunque de* buoni effetti della pietra Bezaar, comunicò meco la cola ; fiche certo mi fu cofa aliai nuoua , non hauendo io più cogni- tione dì quefta pietra, di quello,che n’era fcritto ne i libii,e nò credeua,che in quefte parti fi ritrouaffe. La onde la fupplicai , che doueffe ogni diligenza vfare per haucrla ; percioche io grandemente defi- deraua la falute di quel fignore, che cqfi le fue vir- tù meritauano, e la fua molta dottrina in ogni for- te di lettere, Se anco in tutto quello, che vn princi- pal fignore , com’egli era , era tenuto à fapere, c lo defidcraua ancora per veder la pietra , cola da me molto bramata. Si mandò per la pietrai Lsbona perroezod’vn Genouefe, c ne vennero due mol- to buone, incaftrate in oro, della grandezza di due olii di dattoli , ò poco maggiori , di color *\crde, e nero, come melanzane^ . Venuta la pietra con non pocanoftra contentezza; percio- che ogn’vn fègue il fuo difegno; nefudecto, che oprapreloil giouanedal fuffogamento di cuore, dal quale era alPimprouifo (pedo affalito, glifi doueffe dai Venuto adunque vna fera affai tar- di, fubito gli fi diede la pietra, fecondo l’ordine mandato dalla Corte, fiquale era, che Tene pren- dere in poiuereil pefo di tre grani in acqua di bu eloffa in quantità fufficiéce . Si fece cofi à punrojSc apren- Capitolo / . $$<} aprendoli la bocca , fi patì fatica , à fargliela tran- guggiare. fiche fatto, benché con gran didima dif- ficoltà , d*uidi à due Credo, che l’hebbe prefa, tor- nò dal (affogamento coli facilmente, come fe mai rhauefle hauuto. Vedutoli buono effetto, chfha- uea fatta la pietra,Phauemmo dapoi in gran filma, ma in molto maggior fiima fu hauuta dapoi che fi vidde , che ogni volca che la prendeua , ritornaua cefi facilmente ; perche in quello fi conofceua no- tabile differenza; imperoche non pigliando la pie- tra, il fuffògamento li duraua affai , e tornaua con gran fatica, e tardi, anzi non potea con molto tem- po liberarfene totalmente; ma quando ghfidaua la pietra, torto ricoi\:aua,e con gran facilità, come fenonvi fuffe caduto. Per laqual cofa la Signora Ducheffa mia padrona , porcaua Tempre la pietra in poiuere nella fua borfa in quella quaotirà > che gli fe ne douea dare , accioche nei cadere in detto fuffogamento , glifi potefifecon p ùfacilnàs da- re,perche non hfluetfe à durarli tanto. Horaaucn- ne, che dopo, che incominciò ad vfarla , non ca- ci eua coli fpdfo in tal fuffogamento, come era da prima fohto. Veduto io ciò, dilli alla Duchefia mia padrona , che era precetto de* Medici, che quelle medicine , che ne curano ddi’infermità, ne ponno anco preferuare, perche in quelle non in- corriamo • E che perciò ero io di parere , che fi do- ueffe dargliene ogni mattina, che potrebbe ageuoi mente diere, che col continuo vfo non veni fife à patir p ù tal fuffogamento, & haueria quel vapo- re, che afccndeua al cerebroconfumato,ilqufiedo- uea perauentura dfere velenofo, e di mala quali- tà, la onde la pietra haueria ammazzata,&r eftinra quella mala qualità, haueria contornalo quel Z 4 vapore, 360 Della pietra JBe^aar . vapore , che fi lenaua di roteo il corpo., oda alcu» membro particolare, onde lcuata la radice, e l'ori- gine del male , reftaria libero . Si fece cofi, e gii fi diede ogni mattina à digiuno al pefodi tre grani la poluere della pietra > con acqua di iinguaboue, e piacque’à noftro Signore ; che facefte si grande ef- fetto,che dal dì, che incominciò pigliarla , fin che mori di alrra infermità , dopo di più di dieci anni, mai più cadde in ral male, laquai pietra pigliò fei meli continui , fenza mai mancare vn giorno . Ve- duto quefto effetto cofi grande , e cofi chiaro , ha- uedo io per le mani vna {ignora giouane , chiama- ta donna Maria Catagno , laquale era fiata gran tempoinferma d’alcuni fuffogamenti di cuore, Ò pure di epilepfia,[& effendo da molti dotti Medici fiata curara,Phauea nondimeno tale,e cofi grande, che taluolta le duraua dieci, e dodeci bore fsnza mai ritornare , e quefto era quafi ogni giorno , on- de era ridotta à tale, che non fi leuaua già di molti giorni di letto ; doue effendo io chiamato per cu- rarla,veduto il poco giouamento , che le haueuano fatto gli altri rimedi; ; lafciai i rimedi; comuni de gli altri, che ne erano fiati fatti infiniti, e le feci portar di Lisbona vna pietra Bezaar , e dopo di hauerla purgata, gliela diedi, fecondo l'ordine già detto. Talché da quel giorno , che incomin- ciò à pigliarla fino ad hoggi , mai più ha patito tal male, che fono già più di dodici anni, doue fi confumò vna pietra grande, quanto vn dattolo . In quefto medefimo tempo Luigi di Cueua Licentia- to, huomo nelParre fua affai dotro, mangiando* prefe fenza accorgetene, vna cofa velcnofa, che lo riduffe in tanto pencolo , e con tanti accidenti del veleno, c'hauea prefo, che pensò di haue*e in bre- Capìtolo 1 '• '36 i ue à morire; benché pigliale vomitili!, teriaca , Se altri rimedi) contra veleno . Io andai à vibrarlo , e lo ritrouai tale , che poca fperanza hebbi della Tua vita ; e vedendo , che da veleno procedala tutto il fuoma!e,& ilpocovtile, che i rimedi} lehauea- no fatto, io medefimo andai à trouargli il rime- dio , che era la pietra Bezaar , iaquale dopo di ha- uerla in molti luoghi cercata , la ritrouai in potere di detta donna Maria Catagno , allaquale era ri- mafta la poluere interiore della pietra , e penfan- do,che ella non ne haueffe più di bifogno , Tela riferbò, laqual poi nere io prefi , che penfo, che fufiedafei grani, e la ri parrei in due cartoline, e con molta contentezza , per hauer ritrouato rime- dio à propofito per colui, che tanto bifogno ne ha- ueua , ritornai alla fua cafa , e lo ritrouai col mag- giore affa n no, Se anguftia>che fi pofi*a alcuno ima- ginare . Torlo giunto, le diedi tre grani della pol- uere, ch’io portaua dentro la cartolina, infieme con acqua di linguaboue, Se in termine di tre Credo, dopo di hauerla prefa , s’incominciarono notabil- mente à rimettere gl’accidenti, Bangofcie,le finco- pe , di forte , che quando fu la fera , ftaua già in buona difpofitione , c fuora di pericolo di morte , doue era fiato cofi prefib , talché al giorno Tegnen- te fi ntrouò bene in quanto al pericolo, marefiò nondimeno di tal forte, che per molti meli non po- tè rihauerfi dai paflatopale.Auenne,che il mede- fimo Licentiato Luigi di Cueua effendo in camino con vn lìgnore,& vn paggio grande , fi mife à bere in vn follo di acqua affai cactiua,e piena di veleno- si animali, e nel finir di bere, fi Tenti tanto Iaffo, Se impedito di tal maniera, che non fi potea punto siuouere, enfiandogiifi il ventre, e tutto il corpo con $6 È Della pietra Bezaar # con grandi angofcie, lìncopc, vomiti, e fudori; tal- ché fu portato craueriaro fopia vn cauallo ad vna villa vicina, edopod’haucrli fitti alcuni rimedi;, gli dieronola pie r-i Bezaar, che il fìgnore porta- ua feco per alcun fuo bifogno , donde fenti tal be- neficiojcheal fecondo giorno po’ è da fe lìdio ca- nunarcolfuo padrone.-» • Vna fanciulla mangiò vn giorno non sò che cola velenofa , donde lì cau- farono poi accidenti di morte, di quelli, che i vele- ni fogliono caufare, e veduro, che non giouauano i remedij medicinali , gli feci d irla pietra Bezaar, & '.odo incominciò à Barbene^». L'ho fatta dare à fanciullijche puzzano , epaufeonoalferfia, &à mola ha fatto mamfeftidìmo giouamento, e coli ancora à quelli* c'hanno lumbnei, doue fa grande operatone ; percioche li fa mandar fuori , e li dif- fa meratugiiofameme, leuando via gli accidenti, che fogl tono fare, & il medelìmofa, doue che lìa maceria ,oucr humor velenofo. Nellecofe, doue chiaramente lì fon vedute le fue operationi, è dato nella pelfilenria $ percioche t Ben do in Alemagna vna pefte molro grande, in tutti quelli , à quali li daua ia pietra Bezaar, fi^vedeua chiaramente gli effetti merauigliofi , che faceua_» . £ volendo far- ne io efperienza , hauea quattro appettati neli’ho- fpitale, à due de' quali fu data la pietra, & à gli al- tri nò,quelhche la prefero, ^ramparono la vita,& i due altri moncono.Si diede in quel tempo à mol- ti appedati, de' quali venerano, che hauendo due ghiandole , & altri tre , tutti fcamparono la vira-» . E di ciò furono teftimoni molti gran Signori , che iui fi ntrouarono prefenti, 1 quali chiaramente lo viddero, e molte altre perfone particolari , lì co- me c cofa nptoria à tutta la corte. E'profitteuole gran- Capitolo I 363 grandemente quella pietra in triftezza,e melanco- nia . Sua maeftà dell’Imperatore Carlo V. che lia in gloria , la pighaua fpclfe volte per quello ef- fetto, e coli medefimamente l’hanno pigliata, e la pigliano molti per corali malinconie fenza ca ti- fa *, percioche le leua via, e fa che ehi l’vfa reft? al- legro contento, e gioiofo . Ho veduto io molti af- fai affannati di angofeie, di lìncope, e malinco- nia , che in prendere il pefo di tre grani di quella pietra con acqua di lìnguaboue , fono agentemen- te guariti. In fcbri di mala qualità, e pellilentia- li , fa merauigilofa operatione ; imperoche lena la malignità, e la rimuoue dalla per fona , e con fu ma la maia qualità del veleno , che c la principal co- fa , chc’i Medico dee fare; imperoche (e quella prima d’ogn’altro non lì leua , poco vale la cura, che lì fa. Vfano molti di portare 'vn pezzo di quella pietraio bocca in tempo di fofpetro di pe- lle , e quando fi ha timor di veleno, ò di cofa vele- nofa; coli medefimamente gioua molto à tenerla in acqua, e di quell’acqua dareà gli ammalati di febre pellifera,ò di mala qualità. V n caualiero ha- uea due feruuori con febre di mala qualità, che comunemente chiamano Modorro, diciamo noi mal mazzucco, ouer mal matto, e tenendo di con- tinuo vna pietra Bezaar in vn vafo d’acqua , delja quale facea loro bere , ambedue guarirono , e fi li- berarono dalla morte. E per quello effetto fi tiene fempre quella pietra détro l’acqua c’hanno da be- re gli infermr,percioche ferue à leuar la mala qua- lità della febrea& accrefce vigore al cuore. Quella pietra non gioua fidamente m 'Veleni, & mede velenofe, ma in altre infermità ancora , fi come fi c veduto per efperienza; peiciochedataincapogir- 3 64- Della pietra Be*%aar i li, ò vertigine , che vogliate dire , di cap'o, gioua grandemente, e cod mededmamentc in oppila- rioni, ilche fi è nondcatoà noi da vna Monaca, iaquale patendo fuffogamento di cuore,e di oppi- lattoni, pigliando qnefta pietra, non fòlo guari de* fuffogamenti, ma della oppiiatione ancora . E con eder gran tempo, che nó hauetia hauati 1 Tuoi men- UrLU gli incominciarono à venire adai bene . In ol- tre gicua grandemcte quefta pietra à quelli c’han- no prefofoliniaro, òrifagallo, ouet’aitro veleno corroduo , perche ammazza , e confuma la ma-li- na del veleno, eleua viai Tuoi accidenti, fé bene nella corrodono, &efcomtione che fa il veleno , è di bi fogno vfar de’ rimedij à tal codi conuenienti j perciochequefta pietra in tal cafo non opera > ma in quefto il latte ha gran prerogatma ,efa mani fé- didimo effetto , pigliato in gran quantirà, e conti- nuato per alcun giorno, perche ohre che da tnern- uigliofo rimedio in veleno corrodilo , fa gettare il veleno per vomito, e con fuma la fua malignità , Se è il vero antidoto comra "Veleno . CodVneded- mamente gtona quefta pietra nelle febri , che fono con papille, ò petecchie , ò pafticci , che vogliamo dire , cofe come beccature di pulici, che per lo più appaiono neilefpalle, e nelle parti del corpo , do- ue fono fartene . Quefto fuol venire nelle febri maligne di mala qualità. Se è come vna crife di natura ^laquaì’efpelle l’humore cattino fuor per la cute , onde è di meftiero vfar diligenza di farlo vfeir ben fuori , e guardard, che non d rimandi dentro, e ciò d dirà con fregagioni, con ventofe. Se altri fomiglianti , che tirano fuori l*h umore, douc la natura cerca di trarlo ; vierando però di fare t pirime > Se ontioni, lequali hanno forza di prohi- bue. Capìtolo 1. bire3 che quefte pcapule non efcano fuori . L’altro* che conuiene fare da principio , che incominciano le papille ad apparire , è di dare all’infermo cofa, chehabbia virtù di eftinguere, & ammazzarci! veleno ; di che habbiamonoi altroue copiofamen- re trattato, hauendo rifpetto di non cauar fangue dalle vene dopo di edere vfeite le papule , pur che non vi (ia gran repletione . Vnacofà ho rirrouata io in quefte papule,e febri di mala qualità,di gran- didimo giouamento , e di notabile efperientia in molte per fon e, Óc c il boloarmeno noftro prepara- to con acqua di rofe , dato in tutti i medicamenti, che ha l’infermo da pigliare,e cofi ancora nel man- giare, che in verità 'Vi ho ritrouata gran virtù, maftìmamente in tempo, chequi furono molti in- fetti di mal mazzucco, doue molti fi liberarono co efio. Tutto che quefto noftro boloarmeno affai differifea dall’Orientale , equeftofarà in manca- mento della pietra Bezaar,come perche quefta ec- ceda tutti gli altri rimedi;, fi come io viddi in -vn caualiero affai principale di quefta città, ilquale haueua 'Vna febre di mala qualità , con molti accidenti di vomiti, di fincopeò^ altri acciden- ti di febri maligne , doue erano apparfe le pa- pule già dette per le fpallc, de in darli la pietra Bezaar con vn poco di Liocorno , fubito eh acci- denti ceffarono , e venne colui à migliorare , per- che fi cftinfela malignità della fébre, che era di coli gran male cagione. Di quefti si fatti cafi po- trei raccontarne molti , che nella Spagna da quat- tordici anni m quàjch’io me ne feruo,fi fono di cat- tine infermità liberati, & in verità par cofa miraco- lofa à gli effetti, che vna pietra cauata dal ventre,ò hcle d5 vn’animale , come ceruo * ò capra , data m §66 Dell'hcrba Scorzonera . coli poca quantità, faccia quei grandi effetti, c’hab bìamofcritto. E perche è già tempo di trattar del- l’herba Scorzonera , hauendoui affai tenuroàba- da nella pietra Bezaar, dirò tutto quello, che di cffa faprò . Dell h erba Scorzonera - Cap. 1 1 . L’Herba Scorzonera, della quale habbiamo promeffo di trattare , è vn’herba conofciuta, c r i cl juata da trenta anni in quà, quàdo il tempo ne i’ha d fcoperta, fi come ha fatto di molte altre co- fe,che fi portano d ille Indie Occidentali^ fono (fi come veggiamo) infinite , lequali da 1 nofiri anti- paffati, nè meno da noi mai fono fiate vedute , fe- condo c’habbiamo noi fcrittoin vn trattato fatto al Reuercdfifimodi Siu;glia,ilqualetratra di tutte lecofe,che fi poetano dalle noftre lndie,cheferuo- no all’vfo della medicina-, fi cafo paffa cofi. In Ca- talogna , nel contado di Vrgel , in vn luogo cheli dice Monte bianco, fu la prima volta rirrouara quefi* herba Sco’ zonera in quefio modo. Effendo quel piefe moleftaro da animali affai velenofi , e particolarmente da quello, chechiamaoo Scorzo- ne ilquale,oltrech* fia molromaligno,e tofiicofo, è copiofo , rnrouandofene gran quantità , cofi ne i terreni lauorati, come ne gli arbori, & herbe, maf- fi inamente ne i luoghi coluuari, di tal modo, che Io tengono per piaga, e trauaglio irremediabile, per- cioche nè le genti ponno lauorar le vigne, nè feccar frementi, nè meno ne gli altri necelfirij vffici della agricoltura, fenza efiere da quelli crudelmente of- feli, fi ponno elfercitare , il cui veleno , e maligni- tà è tanta, che douunque morde, (ubico fa gon- fiare. Capitolo IH $6? fiare,e dà grandiflimi dolori, & accidenti veleno!?, Ja quale enfiagione afcende cofi pretto al cuore, che non fcccoirendoli,faciImente viene alla mor- te, il peggio che era, era il poco rimedio, che vi fi faceua,percicchei rimedi j di Teriaca, & altri fa- migliami no faceuano cola alcuna. Efiendo adun- que Ja piaga fenza rimedio, fumenaro in quelle parti vn Moro fchiauo di Africa, ilqualecuraua i morficati da quefti animali , cofi velenofi, con dar loro à mangiare vna radice , & il fucco di vna cer- ta herba,ch’egli conoficeua . Il qual rimedio era di tal giouamemo, che affai facilmcte fianaua i morii, e la velenofità , doue concorfie tanta gente , che lo fecero non falò libero , ma ricco, e mai quel Moro in tutto quel tempo, nè con prora effe, nè con doni, volfeàneffuno dire, che radice, òherba fi fuffe, con che egli fanaua cofi gran male ; fino à tanto, che due perfone curiofie del popolo , veduto quan- to imporrala à tutti faper,cheherba era quella, gli fi mifero dietro ferzaeffereda lui veduti , e vidde- rodouecolfe l’herba , e cauaua le radici; Pofcia partitoli il Moro andarono à qncliuogo, oueegli hauea colta l’herba, e trouaronoil retto dell’heiba, cheli Moro hauea colta, e pigliata, e cauatane buona quantità, perche ve n’era afTaffe ne ritorna- rono con l’herba alla rerra, & à cafa del Moro , il- quale trouarono , che ftaua cattando Pherba d’vn ceno, con che l’hauea porrara . E guardando Pvna, e I altra viddero, che era quella ifteffa; la onde non puote negare il Moro, che era già difeoperra la cola, che egli renea celata,el’herba,cheeg! hauea colta , e che egli daua , era con quella , che porta- ronocoloro, vnaifteffa, e da quello in pt «Rinco- mincio a conofcer da tutti, e quelli, che n’Jhaueua- no 368 Ddlìotrb a Scorzonera . no di bifogno5andauano efli medefimi à coglierla, e.fe ne feruiuano per li morii de gli animali già detti efcuerzos in lingua Catalana ; e per la fomi- glianza che la radice ha col medefimo animale, che veramente fi confrontala figura della radice con queft’animale, chiamano i’herba Scorzonera, E'quefto animale al generalelungo vn palmo e mezojè fiottile nella coda , e fi vàingroftande per infimo al capo in forma di vnfufodiÌcgno,hail capo grofiò, e quadrato con la bocca grande , lar- gasi fquarciata; ha la lingua nera, acuta; ha i denti minuti, come fu fiero di vipera femina3con iquali morde, e con la lingua punge come feorpio- ne pii colore è cinericcio, che tira al nero, con al- cune pitture di varij colorì, è 'Yn’animale pigro nello andare, e ftà continuamente afeofo fra Pher- ba granile vigneje non meno mordono gli anima- li,che gli huomini . Va continuamente per terra, e perciò fi teme di dormir nelle campagne, doue fo- no quelli . E' feroce, di cattiuo afpetto , e di cattine operationi, è peggiore il fuo morfo , e di maggiori accidenti , e pencolo , che il morfo della vipera di quel paefe. Solamente ha per contrario queft’her- ba, chiamata del fuo nome , Scorzonera ; impero- che gettandofegli il fucco di quefta herba fopra, tramortifee, e fe gli fi getta nella bocca, di modo, chela inghiottifea, muore. Se alcuno farà da que- llo animale morficato,e mangia della radice, ò bea del fucco delPherba , fubito Tana, e fe bene ftà enfiato,fubito fi difgonfia, e fe gli Ieuano i dolori, e le fincope , e fe fi piglia fubito dopo di efier morfi- caro, non vengono gli accidenti , nè il morficato fi gófia,nè meno il luogo,doue la fiera haurà morfo. Onde alcuni fi fanno per burla mordere nel brao Coitolo 11 . 369 ciò, ò nella gamba, e ftando l’animale mordendo* mangiano la radice dell’herba, e non fentono le- eone, nè accidente alcuno, ma (blamente i’ampref- lionc , che vi hatà fatta il dente. Se con il fucco di queU’iierba s’vngonole mani, e pigliano poi lo fcorzone, tramortifce in tal modo,chenon morde, nè ii può m uone re , ma ftà come furte morto . La radice d i quelt’hcrba è di buon fapore , che tira al- quanto al dolce, mangiali cruda come paftinaca, gioua, come ho detto, ne’ morii di quegli animali, che li chiamano del fuo nome . Mangiata cruda,© roftita, onero in conferua gioua . Coli medelima- mente gioua il fuo fucco, fatto delle foglie, o beuu- to da per le , ò mefehiato con altra cola cordiale in ogni modo è contra veleno , e non folo è buona per li morii dello fcorzone , ma contra quelli di vipe- ra ancora, & de gli feorpioni, e d’altri animali ve- lenoli . Tratta l’acqua per lambicco , e data a be- re nelle febri peftilentiali, le leua via , onero elfen- di mala qualità farà di gran rimedio, e data in tempo , che la natura tenti il fudore , lo prouoca- rà merauigliofamente , talché molte “Volte lafcia l’infermo fano . La fua radice li fa in conlerua , de c di molto buon gufto , e li mangia con diletcatio- ne. Inoltredata l’acqua diftillata dell’herba, e gran rimedio per le febri già dette , c per lincope, etriftezzadi cuore, e malenconia. Qneft acqua li fuol mettere anco in piume cordiali . Vfali hog- gi in ogni luogo l’acqua diftillata. per le febri pe- iicolofe,beuendonecontinuaméte,ò pure mefchia- ra con acqua cordiale . Si dà la conferua, e l’acqua per molti giorni per curar i’oppilatiom del fega- to, e della milza, cdaltre parti intrinfeche? àcc buona anco per le donne, che no hanno i fìxoi meli- 1 A a La 37 o BeWherba Se or lontra > La farrezza , & effigie di quefta herba Scorzonera c molto bella, e la natura l’ha molto ben dipinta, come nerba , c’hauca in molte cofe da gigliate . £v i a tezza di vn cubito poco più, poco meno , ha la foglia in guifa della cicoria , quando è in per fet- tione,alquanro più larga, circinara,grotfa,e fi fpar- ge per terra; è lunga, & acuta nella punta, Se ha vn neruetto, che va dal nafeimento della foglia , per nfino alla punta ; il colore è verde chiaro, fa mol- ti rami,modi, fornii, duri e legnofi,nelIa cima prò* duce certi capitelli lunghi , neruofi e mondi , con ronir m »u/!^a denti, che tirano alquato à i f]? C 1I<^! oar°fali, dondenel mefedi Maggio efeono alcuni fiori riftretti di molte foglietto,! qua- * peni del tutto, fi fanno vn fior grande, e rir'on- do e le fue foglie li fpargono in guifii di raggi dei Scie gmlie, che eerto è vn fiore di affai bella paru- Alla fine di Giugno li cadono le foglie, e riman. fDawénH Pf ’^Ca '?’che v°giiafcdire, ritondi, eh- fannn n1 mo tc arl^e > tutte Per intorno, che rimati dC °> c ne,,° Autunno, ne’ valérti, donn l f gfn°jrnfta 1 fcme’ ma fttt0 11 kmc> «- dfvna^.fAg Ie del,a Planta • La radice è informa _ Patt’naca, carnofa, e graue , fi finifee in acu- to, andando fempre ingrolfiandofi per in fino alle foghe, havna feorza delicata attaccata allame- deuma radice, dicoloi pardigho, che tira al nero, alquanto afpera, tagliata, ó rotta getta vn’acqna vifcofa , come latte, è tutta bianca di dentro, orafi, fa.edolce.rinfa.' per il più in luoghi mótuolì.c’han- no del! humido.la fina compldiìcneècaltda & ho- nuda ne primo grado, le fue virtù fono tutreqoel- Je, c Labbia mo dette, la principale è cétra lo Scor- zone, animale coli veienofo, e coli dannofo , che m Capitolo IL 37 1 in verità pare in quello la Tua operatone mirano- Jofa^ . £' bene, quando fi prende il Tocco dalle fo- glie, che fia chiarificato, e che pigliandoli la radi- ce,fi pigli quella c*ha maggior virtù . Siila da ha- uer confiderarione, che olire, che fi pigli il fucco,e ia radice di qudVherba per rimediare ai veleno cefi perniciofo di tale animale, conuieneancoà far tórte falere diligenze, che già habbiamo det- te conaenirfi à gli attofficati . La onde è bene, che mentre fi fa prouifione del Tocco, ò della radice di detta herba, che leghino il patiente quattro, ò cin- que dita più (opra del morfo , eccioche non pafii la malignità del veleno alTaltre parti del corpose ciò fi ha da fare nelle braccia, e nelle gambe ; per- cioche fefarà il morfo in parte, doue non fi polla ligare, fi hanno da mettere per intorno empia firi Antichi gagliardi, che prohibifeano la furia del 'Veleno, e quello s’ha da far con prdlezza , prima che’ì danno fi cotnmunichi » e fi difperga per gli altri membri interiori ; perciochefe vna volta ar- riua al cuore , è fafiidiofa , e diffidi cora^ . £ que- llo ha daefler precetto comune in rune le puntu- re , ò morfi di velenofi animali . Se la piaga farà picciola,fi ha da far gràde,e fi deue con alcune fca rificationi fiargare,ouero in alcun altro modo * Se farà frefca,le fcarificationi fiano leggiere.Se di luti go tempo, fiano profonde, affine che co! l’angue efehi molta quantità di veleno, e dopo delle fcari- ficationi vi fi gettino le ventofe , che tirano il vele- no fuori, tante volte gettandotele, quante vi parrà, che il bifogno lo ricerchi. Alcuni fono, che facciano le punture, e i morfi, e ne cauano con la bocca il ve- leno,imperò è cofa pcricoiofa per colui, che fa tale vfficio , meglio fia adunque à rimediami con ven-. A a x tofe* 372 Dell'herba Scorzonera . Wf€ ’ ò C(ln P°rili il cu*o d’vn gallo, ò di pollo, ò di piccione fopra al motfo,ma il gallo fia viuo,hauen jjogtt prilla quella parte difpiumata. E quello fi dcue tante volte fare, quàte meftiero ne fia, fin eie fi vegga hauer tratto fuori il veleno, ch’era nella piaga,, Deuefi rener canto il pollo ,ò gallo sù la tenia , fin che fi vegga venir meno , ò morire . E* buon rimedio anco di metter detti polii viui,aper- n per mezo la fchena sù la ferita , tanto tempo te, ncndoueh , quanto quei calore fi conferua, rotto poi leuandoh -via , che il calore incomincia à raf- freddai^, quando bada pomi de gli altri , sfor- zandofi Tempre di cauar fuori il veleno con il mi, glior modo, che fia poflibilo. Sopra la piaoafi ponga medicina, che la tenga aperta . Alcuni^ no nella puntura cauterio arcuale, e fa orande ef- fetto, eftmguendo il veleno, e confortando la par- te. Il roedefimo effetto farà il potenriale in am- guazzare il veleno, ma non è cofi buono, come l'at- tuale, lvno, el’altro intrattieni piaga, fiche c cofa necetfaria per la cura-,. B gran prò il Jucco delia herba Scorzonera potto lèn- za altro su la puntura, òmefehiato con altre me- cucine Bc zaartiche , come è teriaca , mitridato , & o tre famigliami medicine . Ma fefi puòbauerla pietra Btzaar, gettando della fuapoluerefopra la piaga, tara meiauigliofo effetto. In tutto quello tempo fi ha da tener buon’ordine, e.buon reaaj. mento in tutte Je cofe non naturali , vfando al°(uo tempo le euacuationi con medicine benedette, con le quali fi mefehiaranno alcune cofe centra veie- po.r. quando conuenga fi cauar fangue dalle vene facci a fi, e di piu fi foccorra à gli accidenti.* ciafeu- BQ}(«cpdo li fpetta, tanto in generale, come in par. titolare; Capitolo IL «colare j Hauendo à mente di dar fa mattina à di* giuno alPinfermo la conferaa della radice dei- l’herba Scorzonera , la pietra Bezaar, ò la noftrà poluere già detta , ouero il boloarmeno preparato, ecofi ancora dargliene fra giorno , fe la necefiìtà ci alt tinge* Deuefi anco hauer penfiero di ornare il cuore con cofe che contemprino, ouer alterinola difternperanza,OLierarnente fare e piume delle me- defime cofe, che confortano con poluere, & acqua cordiale \ fra lequali fi metta fempre quella della herba Scorzonera . Oltre alle virtù , che ha Pher- ba Scorzonera contra i morfi di quegli animali tanro in particolare, come in generale, e contra tutti i veleni, ha etiandio altre virtù particolari, che con Pvfone l’ha la efperientia dimoftrato * E1 cofa molto approuata nelle fincope di cuore, e per quelli, chepatifconodi epilepfìa; e per le donne che patifeono mal di madre , e ftrangolamenti , ò fuffogationi , pigliando la con ferua fatta della ra- dice, ò beuendo il fuoco dell’herba chiarificata» oueramente l’acqua diffidata^ . Gioua grande- mente dopo del parofifmo, ma maggiormente pri- ma che venga, <5cm quello che fi fen te venne, pi- gliatala radice con Pacqua, prohibifee, che non venga, ò venendo, farà molto minore;ma non ope- ra tanto,quando fi prede dopo. Gioua affili à quel- li» che hanno dolor di capo , e coli medefimamen- teà quelli , c’hanno (fornimento di capo,prefo pe- rò dopo Phauer fatte le purgationi vniuerfaii. Gio- ua molto pigliandone al continuo in rallegrare il cuore ; percioche leua via le triftezze che vengono fenza cagione. Il fuccocauato delle foglie e chia- rificato,e pollo al Sole per alcun giorno, e poi me£ fone gii occhi , chiarifica la villa , e ne leua via u A a 2 $74 Dell" herba S cordonerà . panno, ò nuuola , ma vuole effer mefehiato con vii poco di mele.Queliijdie remono di elfere auelena- ti , pigliando la mactina la conferua fatta della ra- dice , e l’acqua infieme , non faranno offefi in quel giorno . Tutto quefto infegna l’vfo, e Ja efpenen- za di quefta herba , fenza che habbiamo A utnore, ilquale polfiamofeguire, imperoche fin qui non Tappiamo di che nome gii Auttori la deferiuano. Giouanni Odorico, Melchior Medico Alemano fcriue vna pi fida ad Andrea Mattinoli , dicendo, che Pietro Canicer, Medico Catalano le mandò i’herba Scorzonera fecca in Aiemagna , diman- dandogli, che herba ella fufie; la doue pone, e de- fcriue la herba afTai ben<^. Et il Matihioh non S^che herba fi fia, nè meno alcun’altro fino à que- fta hora l’ha detto, nè fcritto . Alcuni curiofi fi la- dano dire, che fia la condrilla^laquale è fpecie di cìcoria,di che fa mentione Diofconde,nel 2. libro al capitolo 12. Ma benché habbia alcuna fimilitu- dine infieme, differifce nondimeno aììai nella ra- dice *, percioche la condrilla ha la radice le^nofa fk inutile, e molto fottilc^. Differifce anco rei fiore, folo fi confrontano nelle virtù , per efiere l’v- nae l’altra buona ne’ morfi delle vipere, dicendo piofeoride, che la condrilla data con vino , è gran rimedio per li morfi delle vipere^ . Qual fi ^vo- glia cofa che fia quefta noftra Scorzonera,noi ver- ghiamo i fuoi effetti effer grandi, cofi contra il mor fo delio Scorzone, animale tato pdfimo, e veleno- fo,come per Paltreinfermità,c’habbiamo detto, le- dali virtù, poiché in cofi pochi anni fi fono difco- perte,ho fperaza, che molte più fe ne habbiano da ^uomini dotti àdifeoprire nel rcpo da venire ; Je- quah fi potranno aggiungere à quefta, ch’io ho qui potuto Capitolo 1 1 37 S potuto Scoprire, e fcnuere. E g.àchehabb.amo . trattatoli meglio , che Ha flato poffiblle , di que- fte due mediane , coli principali , come e la pietra Iìezaar , e l’ herba Scorzonera , che fono le due co- fc cefi principali , ed.cofi grandi effetti contrai veleni , e ragionami cofa , che fi venga all vltima parte di quello , che habb.amo promeffo di fcriue- re- cioè /come debbiamo noi da guardarne , e da profanarne da* Veleni, per non cadere in vn pen- colo coli grande , come da quelli rffulta , già che c nia« e neeeflano per la iicurra di qua olia Prccipe, ò Signore, percioche fe alcuna frauda Irà nel mangiare, ò nel bere , fi ddcopre prima ne gli altrijChenel Signore, la cui Salute, e vita P ta affai , fi' bene il vero, c’hoggi fi fa queLo p A a 4 ito 37 6 Dell* ber b a Scoronerà . ° per cerimonia, e grandezza, che per ficuoà , e pe r quefto li volgo chiama quefti tali hùomini, Si- gnori di faiua . Ai dì d’hcggi fi fa airrimemi que- fla corni cerimonia , che da principio fi facea, e co- me fi dee fare ; percioche hora con pigliare vn po- co di pane , e menarlo per fopra il mangiare , & in mor (icario vn poco, e gettarlo via , e con toccar fo~ Jamenteco* labbri vn poco di vinoso di acqua, fa- tisfanno & all*vno,& all’altro, ma per farlo bene di bifogno, che realmente mangino de* cibi, e be- uanodi queIIo>chedànoda bere, perche altrimen- ti malamente fi puòfaperefe vi è fraude,ònò, pri- ma che giunga allo ftomacodel Signore. Dece medefimamete il Signore ordinare, che fi apparec- chino diuerfe forti di cibi, perche non piacendo- gliene vno polla mangiar dell’altro, e di quel che li. parejimperoche eflendo vari j e molti ! cibi, man- giari poco di ciafcuno, e mangiandone poco , non potrebbe quello , che è infetto di 'Veleno , far quel danno, che farebbe vno, ò due, quando di quelli reftafie fodisfattt), percioche efl'endoqual fi voglia de* cibi infetto, e mangiandone affai, faria maggior danno. Auertifcano ancora, che molte volte I animo dà di non mangiare alcuna cofa , ai- hora deue lafciar di guftarla, perche ne potria poi lentire notabile nocumento. £' bene à mangiar con forcina , ò con cucchiaro quanto fi mancia , e che fiano fatti nel modo che Girolamo Monture, h uomo dotto m medicina fece fare al Re Enrico d! l rancia, & è, che per conofcere fe nelle cofe, che fi mangiano vie veleno, fi ha da fare vna forcina, & vn cucchiaro di miftura tì>oro , e d’argento, che gli antichi chiamarono elettomi , laqualc ha da edere di quattro parti d’oro, & vna d’argento , « fiano Capìtolo 11* fìano gli iftromemi Iifci , netti , e molto ben forbi- ti . Con la forcina pigli le cofe dure , e fode , con il cucchiaro, le cofe liquide, perche nel metter tali iftromenti nelle cole che fi mangiano, òta- oliaroj ò in mineftra, che fia, tofto l'oro fi fa di mal colore , diuenrando lionato, azurro, ò nero,e s’im- panna, e perde il lufiro, c’hauetia per innanzi, lichc farà cagione, che fi miri molto bene il man- dare , e ricerchi donde ciò fi è caufato , per vedere ciò che vi è dentro, facendo di quello in alcun ani- male efperienza . Quello medefimo fi può far nel bere,facendo vna tazza , ouero vn vafo largo , che fia ben forbito , accioche fe il vino , ò acqua che in efie fi mette harà veleno , follo il vafo s’impanna, e piglia alcun colore de* già detti , ma fe non vi farà veleno, rifer bara il medefimo colore, ch'hauea per prima, fen za fare alcuna matafione- Et in verità è molto gentile, e nobil fecreto, e facile . Incomin- ciando àìnangiare qual fi voglia cibo , l’ha da ma- nicar molto bene, e da fen urne gufi©, guardan- do bene fe picca, òli dà qualche mal fapore, òfe le br uccia la bocca , ò la lingua , ò fe li facelfe naufea , òli deffe qualche mitezza, perche Men- tendo qual fi voglia di quelle cofe, ha da gettar fuori cièche ha mangiato, e deue fubito lciacr quarfi la bocca con vino , ò con acqua , lafciando quei cibi , e mangiando de gli altri, cbencà darne vn poco à qualche animale per veder refer- to, che fa. La onde farà à propofito di haucre al- la tauola del Signore alcun cane, alquale quello fi pofia dare per farne efperienza, c come fi ve- de fare in quello l'effetto, s'ha da giudicare quel che fi deue. Deuefìauertire, che quando! veleni fono corrofiui , fobico in gufarli, fanno corrugar 37$ Dcll’hcybd Scorno?! era . 'anb°C“; c vi fann° vn'afprezza notabile, e picca- ch°;ftWrr0-‘ u meglio, che può far colui, ri- ln J°^Pettoie^hc mangi rotto* ò letto e non vfi dluerfità di ab. , nè menoVodi ,àX po™7 nccuPeereCI0Fhrda <5ueftl. Può maggior nocumento riceuere . E fe pure vuole vfarli, ordini, che non vi marchio"0' C P«CÌOche folto quelti fapor. , fi può facilmente afcondereil vele- no^lchenonauerranelrofèojouerond Ietto. Coi! dolaCfiDerdi?n h™"0 d® eUÌtarc Je tofeaffal' H, j’P «coprono grandemente il veleno. Ha da mirar colui, che dà in fofpetto, quando mangm con farne, chenon fiaffrettial mana.W ma fi raffreni, & intratenga, mangiando adagio , e urtando , fi comes’è detto , quel che mangia” & il medefimos hadafarenel bere; imperochebenen- docon gran fete , non fi fente quel che bee don- 22: £ caufato, che haucndo hauuto alcuno Dran fete , ha beuuto inchiottro 3 Jdlìa & beueuflCq ^ dlJ0,ImaÌ°>fenza iiauer.fcntiro dò che ™ ’P Ch e?" fi ,la fenr,toiI nocumento nel C?.P - E Pero fi ha da bere adagio, adagio, pi- gliando guido di quello , che fi bee . In verità che qual fi voglia , che con mediocre auertenza darà auilato, facilmente con quefta regola può Pape- re , le da quel che mangia , ò bee può riceuer dan- no. in queffo modo ancora, miri molto bene il color de cibi ; perci nche da quello fi può indi- car la fraude.che vi farà ; miperoche faranno d’al- tra forte di quella , che deunano edere , eflèndo di altro colore, di quel lo, che foglicno edere, la nran- dementeapropofito, chcivafi, douc lì bee" ed man- Capitolo 11, p mangiavano netti5nuoui,erifpIendenti,fefia pofi. fibile, fiano tutti d’argenro puro, e forbito; percio- che fe veleno vi farà, facilmente s’im panna,e ne di- uenta l’argento leonato, ò nero. Non ha molto che in quella città vn gentil’huomo affai ricco, dan doglifim vna tazza piana da bere, 'YiddejChela razzali macchiauad’vn color leonatoofeuro , eli merauigliò, ma volfe pure fenza bere gultare il vino , ilquale incominciò à rafparle la lin gua , e la bocca grandemente ,e però volfe poi gultare il vi- no, donde quello della tazza era tolto, etrouò, che no haueua quella afprezza, e mirando l’acqua che era nella ghiara , viddenel fondo molte gra- nella di foli mato,che non eranoancora ben disfac- te,doueelfendo io chiamato, raccollì delia ghiara per inlino à venti granella di folimato. Se elfendo gran tempo, che quel Signore era dato infermo, giudicai , e raccolti , che non era quella la prima volta , che haueuano tentato d’attodicarlo , e per quello fìà fino ad hora infermo , tutto che lia gran tempo, che occorfe il cafo . Dico quedo, perche fe non fude dato che la tazza s’impannò, e s’infettò, non fi faria concfciuto . £’ bifogno, che la botte, e ivafidoue fi tiene il vino, e l’acqua diano ben tu- rati, perche non v’entri , ò cada alcuna cofavele- nofa , come perefempio aragne, falamandre, e fomiglianti ammaletti velenofi . E per quedo è male à bere co vafi di bocca dretta, come fono fia- fchetti,e bomboli; percioche meglio fi vede ciò che li bee in cofa larga , aperta , Sono alcune perfone curiofe, lequali riguardando alla fua falu- te,tengonovn pezzo di Liocorno, con vnacatenet- ta d’oro legato , accioche dia continuamente nel- l’acqua , che fi ha da bere , Se in verità è ben fatto , per- 3*9 Dell’hcrba Scorzonera. Cap. 1 1 . perdoche oltre che Jeua il fofperto dei veleno , ag- giunge à quel che fi bee vna virtù cordiale meram- gliofà. Si ha da mirare anco di non ftare al fuoco fatto di legna velenofe , e di mala qualità ; perdo- che il fumo auuelena , come fe fi piglia Ile cotfìcó . E guardili anco di non mettere nella Camera car- bone, che incominci ad accenderli, perche molti fi fono di quello morti. Dia i fuoi, panni lini à confer- uareà perfona , in cui polla confidare ; percioche fra quelli vi fi ponno metter cofe , che fanno nota- bile nocumento , e fopra tutto ha dà tener feruito- ri, che fimo fedeli, e quelli de* quali egli fi fida, f.1 ^uon ,'»naog!°j e virtuofi , 6c elTercitati in difcipline di buoni collumi ; a’ quali il Signore ha da far fpeffo beneficij , e grafie. Sopra ogni altro ha da procurare, che ii Medico , à cui fi commette la fu a fallite. Ha letterato, di buona efperienza, di- fcreto , di buon giudicio , che Ila ricco , e di chiaro lignaggio > che eflendo coli, non farà cola contra al conueneuole , poiché in man fua, dopo d’iddio, «a la vita, e la falute_j . IL FINE. BOR- BORGARVTIO borgarvcci. A’ LETTORI. Vantvn qjt e (humanifi- fimi Lettori) il Dottor Aio- nardes Medico di S migli a , h abbia molto dottamente 3 & con ogni forte d3 accorratela ferino in quejìo picciol violarne , maggior parte de 3 medicameli 3 che ne foglion venire da ambe- due /’ Indie 3et moftrato Pvfio.et virtù loro nella medicina.\T uttauia.perche la diftan^a da quei luoghi a3 nofiri.'e à noi in tutto et per tutto ine o- moda3& caufandofh che per tale incommodità.à mol- ti 3c he di là ne portano medicamenti 3li cornea Jpejfe fia- te 3per li viaggi lughi e perigli ofi .Inficiar li medica neti fudetti3et anco la propria ulta: Pero per beneficio vmuer fiale 3 & anco per adornamento di auefto libro 3 ci fiamo imaginati 3 che farà non poco àpropo fitto. di notificarmi & farne honorata mentione in quella Opera .qualmete molti de3 medicameli fudetti3et infiniti altri 3 fi trouano al presete appreflo l’h onorati fimo Speciale . et fimphe in- fila fingo lari filmo J]/LP racefio C alveolari fienale alla Càpana d’oro, in Verena. Percioche no è dubbio nijfiuno. che efsedo ejfo AL -Fracefico 3di fitta naturale inclinatio- ne.cortefiffimo.e liberaliJ]imo3farà con ogni prontezze d3 animo .grati jjìma mofira.à chmque fi copiacerà di ue dere le alte merauiglie di diuerfii medicameti fimphcfi e copofti, & etiddlo di diuerfi minerali .meTf minerali, pietre pretiofe .animali ranffimi »v ocelli vifiì dapoc i3 tefi 3*2 pefci non conofci uti , diuerfe foni di terre , & legni, mi- nere d'ogni qualità , & infìmma di tutto quello che fi può vedere di bello , di raro, & di buono, apprejfo i piu dotti, e piu rifu egli ari ingegni de 3 no fri tempi, che qui- tti apprejfo // fudetto , come in vn f he atro vniuerfale, di tutte le piu efquifite, e piu [ingoiar co fe del mondo , facilmente fi trotteranno . tinnendo egli da 6o- e piu anni in qua, fempre attefo à rintracciar e, e fare acqui- lio delle cofefudettefenfa njparmiare ne faticaste jpe- fia . La onde ha adornato vn fino fioritijfimo fiudio, & ogni di tadorna , come ne poffono rendere chiara tefii- monìanfa diuerfì Signori , & diuerfi nobiliffimi intel- letti, d ' quali dal fudetto fede fatto, (Jr a tutte l’horefe ne fa larghijfimà copia . C i afe uno c he de fiderà di vedere le prenominate co- fe,vadi a vìfitafil fudetto Spettale à Verona , apprejfo delquale fi troueranno medicamenti infiniti , & altre cofe degne d’ejfcr vijie , & conofciute, delle qual tutte fe rìe trattato anco à parte, in vn Juo Libro Latino, inti- tolato il Ad ufieo . Et perche fiotto tante , che farebbe troppo lunga cofa il fieri uerle tutte , ne metteremo fiolo alcune delle piu rare,Cr piu not abili , che al prefente fi trouano apprejfo di lui . & fono quefìe , cioè il Faufel del Peuere,& vna beila rama d' effo peve- re,con le foglie, come ne tefitfica anco il Adattinoli ne 3 f uoi Commentarvi fopra il Diofcoride- à car ^o ^ ,Etanco fi trova apprejfo il fudetto , Peuere d’E - thiopia . La pagar ad3 Auicenna, frutto fimile àvn cece , di fottil fior fa • V va foglia del Zen fero , cofa rara da vedere . Il Zerumbetja Zedoana rotonda fimi le alla radi- ce della rotonda ariflologia . Et anco fi nona apprejjo del fudetto , vna pietra di Be^aar, stój| Rifili | i làijnì- 1 w(it, I imii, ètfih 1 ijfijtfii- jwf- ! injàl | fànif iàd ; fakf f umici- 1 fft r I fa I 0 i tH 'ft j fa 1 fa 1 ti- fa (!■ ! i# ; 4 fa t- i i 3*S Bendar, di quelle, che nafcono nello fi omaco di quei cer- nì, capre, ò caproni, come le dimandano, dell' Badie . Oltre di que fio , il fudetto fi troua hauere molte balle grojfe, come balle di corame da giuncare . Lequalifono di pelo di Boue,o di Vacca, che grattando fi i Buoi con la. lor lingua, s'empiono la bocca , del fuopclo , e lo inghiot- tifiono . La natura gli ha conceffo nello ftomaco vn luogo, doue fi generano dette balle , come fanno le pietre Beffar nello filomaco di quei caproni d'india, & quelle fon da Plinio chiamate T opus . Si troua hauer anco vna pietra grojfa come una gran balla , quale andò del corpo vn Cannilo , Cofa miracolofa . Si troua parimente hauere il Cofio Arabico , e l'In- dico, itomene fa fede il Matthioli nel Diofcoride,doue afferma non hauer mai piu vi fio il Co fio Arabico . Si troua anco apprejjoil fudetto , vnpez.z,o dirubi- ‘ no della propria minerà , & ha in fi cosi del rubino, come della granata , mefchiati ; doue fi vedono cacciati dentro nel pez.z.0 , li rubini , come nafcono , £r cosi anco le granate. Ha anco vn bel peffo egroJfo,di pietra armena,con alcune linee di lapiflafuli , cofa rara da vedere . Et anco vn peffio di lapiflafidi , con dentro del lapis arA menus , doue con bello artificio vi fi vede ejfer filoni dvna iftejfa vena , con Ime e d'ore , molto vago e bello, & nella pietra, delle granate , che di ejfa pullulano fuo- ri, con vn fdon parimente d'oro finiffimo , lungo vn di- to, che fa flupir tutti, che lo vedono . Ha panmete vn pez,z.o di calamita,grade,come vn pane ; laquale e t/fir acolo fa, che mettendo vn cortello in bildciada vna banda, & la calamita dall'altra, il tira afe, cioè nell'altra bilancia. Onde chi lo vede fi ftupifee. S i troua anco hauere vna capa di perle, ò voglia di- re. BU # re,madriperle, con tre perle dentro groffe come pfiguo- li o bifi, dotte fi vede come nafcono ,& ne ha potuto ha - nere 2j' feudi. . anco ne^ fuo ft Hdt° tutte le gemme dell ' Indierà* ho infernale , qual fi caua del feme del noflro ricino 3che pochi lo fanno . H a l’ anime capai 3 la caragua 3 l'aca- mancaci h quidambra, il bitume 3il balfamo dell' Indie; */ guaiacano Legno fanto 3 la gomma dell'arbore del garofalo, la vera cedua 3 gomma atich'effa. Vna pietra di f angue, vna pietra per le reni3il Mecciocanàl Reu- bar bar o bianc o 3 differ ent e dal Al ecciocan . La gom- ma ichfia 3 che nafte al pie del Cameleonte3 co fa ranjfi - ma > della quale ne fa honorata memoria il Alatthioli al fuo capitolo nel Diofconde 3 con honorata mentione anco dell' inuentor d' e (fa gomma - Ha parimente la foglia della Caffìa folutiua 3 con lì fiori. La foglia del betre , & della Canella3 il Jolfar viuo puro 3 piu bello dell'oro 3 il folfaro ver - de 3 frilroffo. ltem l'herba Scorzonera. & V va pietra minerale 3 laquale e pietra Bezaar di di- Mtrfi colori, qual fa miracoli ne' v eleni, & ne fono fat- te, tra gli altri, diuerfe prone dal C lari /fimo Signor Giacomo Contarmi nobile Veneto , quando fi trono Po - defla à Bergamo . Ha anco vna pietra Bezjtar 3 de ferina da Auìcen • na, che e rariffima da vedere . Ha panni et e la pietra del Rojpo, la pietra, che fi ge- nera nel ventricolo della rondine . Et in fomma fi trotta hauere infinite altre cofe , da lui raccolte e feelte , per il corfo d'anni 67 • di fua vita , come farebbe per ef empio, cofe purificate ,v et agli di fogli d'arbori dell' Indie, rari in he llefja, vfati da quelle Regine dell' Indie, vna ca- micia di penne di Papagaìli, vna berretta delle ifiejfe penne 3*S tenne, cofe tutte merito vaghe all' occhio , pezzi notabili di minere d'oro, che fi trottano perle (bade in quei paefi d'ìndie , bizarri , e rari . T re belli fimi pezzi di vero Alicorno , battuti da Maffimdiano Imperatore con fmoferittioni regie , & honoratijfime . J Si troua appnfo il fudetio vna tauola piena di lette- re Gieroglifice , molti 1 doli d' Egitto , tutti feriti i con lettere parimente gieroglifice . Ha anco la pietra, che fi troua nel fiele del toro, i ca - peli amenti dell' A fura, pefee, che vale alia [ordita del - l' orecchie, fecondo Galeno . Ha cordoni fatti della pie- tra Amianto, che nafte in Cipro , che fe ne fa d'ejfa te- le , qual fi nettano e fanno bianche con fuoco , ne mai fi brugiano . Ha il vero papiro d'Egitto , ferino di let- tere, che ne fun l'intende . Il vero folio Indiano, il ve- ro cinamomo , la vera acacia ,o fina egittia , ilcina- pno minerale , & il mimo minerale delli antichi . Et fi troua h aviere l' ve cello del Par adì fo , detto Adanuco - diaria , qual' e vccello tutto pieno di piume , fenza pie- di , ferita ale , e vive in aere , onde alcuni lo chiamano C amele onte aereo, ne mai fi vede in terra , fienon quan- do cafca morto . Ha anco il Camaleonte terreftre , che viue d'aere , qual fi muta in ogni colore , quando fe li mette apprefo . Ha tutte le forti d'alcioni, tutte le for- ti di corichigli, & altre belli [ime cofe, che farebbe lun- go il riferirle tutte . T orno dunque à dirui ( humanifimi Lettori) che baueregran commodità di vedere , e conofcere vn’ infi- mi à di medicamenti , & altre rarità, con poca jpe fa, e manco fatica , fenfa andare alla volta dell' Indie, & con a fai miglior conditione , che leggendo sui Libri • DELLE COSE. CHE VENGONO PORTATE D jt LVI Ì^D I E OCCIDENTALI , pertinenti all’vfo della Medicina . Raccoltele trattate dal Dottor Nicolò Monardes, Medico di Siuiglia_> . Parte Seconda, diftinta in due Libri, JV nanamente recata dalla Spagnuola nella nojlra lingua Italiana . Con vn libro appreflo dell*i ftcfTo Auttore , che tratta delia N£V£,edeI beuere frefcocon lei. LIBRO PRIMO, ^ Ila Maeftd del Cattolico . C. M. E* giorni pattaci io fcriHt vn Li- bro di tutte le cofe, che vengo- no dalle 'Voftre Indie Occi- dentali, lequali feruono all’vfo della Medicina , ilqual certo è dato tenuto in quella (lima, che meritano le cofe , che in lui fi fono trattate. Veduto adun- que il beneficio, che ha fatto, & quanti fi hanno li- berato, & fanato co* fuoi rimedij, deliberai di pro- ceder più oltre, Se di fcriuer di quelle cofe, lequali dapoi* Capitolo 1. 587 dapoi,che io fcrifiì , erano venure da quelle parti J Dallequaliio porto opinione, che non meno di vcì- lità, & beneficio fi prenderà,che dalle pallate, per- ciochequìfi vedran cofènuoue, &fecreti che da- ranno merauiglia , mai fino al dì d’hoggi non ve- duti j nè fa putì. Et poiché le cofe, onde noi trat- tiamo , & 1 Regni , t Se le parti , onde effe vengono, fono di V. M* & quegli che ne fcriue è parimente fuo vafallo, fupplico V. M. che le riceua, e fauoii- fca , & le habbia grate nel modo , ch'ella fuol fare falere opere à V.M. dedicate^ . Bb i Da Capitolo /. 5^ tra gl’indiani, & piu tra quelli della .nuoua Spa- gna, perche dapoi l’acquifto di quei Regni fatto da’noftri Spagnuoli, ertìauertiti da gl’indiani, fi vaifero di lei nelle ferite, che nella guerra riceue- uano , curandoli con lei con gran beneficio di tur- li . Pochi anni ha , che da quella parte è fiata por- tata in Spagna più per adornarne giardini; Se bor- ri jaccioche con la fua bellezza facefie grata vedu- ta, che per penfarc ch’ella porcalfe feco le meraui- g.liofe virtù Medicinali, che ella tiene* A! preferi- te noi l’vfiamo più perle fue virtù , che per Ja fua bellezza-, perche certo fono tali, che induconoà merauiglia . Il fuo nome proprio tra gl’indiani fi è Piciek, chequel di Tabaco è pofticcio.de’ noftri SpagnuoJi,per vna [fola, doue fene litroua in gra- diflima quantità, chiamata di quello nome Taba- co. Viae,&: nafeein molte parri delle Indie Se or- dinariamente ne* luoghi humidi , & ombrali . Bi- fogna che la terra, doue fi ha da femina.re fia ben coltiuata,& fia terra libera. Seminali é’ogni tem- po ne’ luoghi caldfid’ogni tempo nafee. Ne* fred* di fi dee feminare il Mcfe di' Marza, aceioche fi di- fenda dal ghiaccio. * E* quella vn’h rba , che crdfccoÉk viene à molta grande zza, & Ypefie volte à?maggiore di vn Limo- no . Produce vn fufto dalia radice, ilqualeàfcen- de dritto fenza piegarli ad alcuna parrò * Pro- duce molti germogli dritti , che quali li aggua- gliano col furto principale . Le lue foglie fono quali come quelle del Cedro fallate , che non fi incontrano. Vengono à molta grandezza, fpecialmente le balle, lequali fono maggiori , che quelle del la Rombico . Sono di vn Color 'ver de ofeuro, & di qucftocolore è tutta la pianta . Bb j E1 pc- $90 Del T abaco 3 & fue virtù i £' pelofa la pianta^ anco le fue foglie . Potta alle muraglie, le vette come i Cedri, &: Aranci ; perche tutto l'anno ftà verde, & mantiene le foglie, &fe alcune fi feccano/onoquelle da batto . Sii la dma di tutta la pianta produce il fiore, ilqualeéà modo di campanella bianca, & nel mezo incarnata , che ha molta gratta. Quando fi fecca pare Papaueri neri. In lui ftàchiufoil feme,ilqualeèfommamcn- te minuto, di colore Leonato oicuro . Ha la radice grotta conforme alla grandezza della pianta con molte radicette, che da quella efcono. E'iignofa, Se aperta, ha il core di dentro alla maniera del co- lore del zafferano; Se guttata tiene alquanto di amaro. Si leuada lei facilmente la feor za . Non Tappiamo , che nella radice fia virtù alcuna . Del- le foglie foie Tappiamola virtù che diremo ; ben- ché io credo, chela radice habbiafofhcienri virtù Medicinali, lequaliil tempo difeoprirà . Tutta^- mia alcuni vogliono ch'ella habbia la 'virrù dei Rcubarbaro; ma io non Pho efperimentata fin ho- ra . Si conferuano le foglie feccate aiPombra , per )t effetti, che diremo, Se fe ne fa poluere, per viar- ia ir* luogo dell e foglie; perche douenon fi troua quetta piata, vfano della poluere in luogo fuo, per- che non Tene troua in ogni parte. L*vna,& Palrra ficonferua per molto tempo fenza corromperli. Lafua complettìoneè calda. Se fecca in fecondo grado • Ha virtù di fcaldare Se rifpluere con qual- che a ftringentie, Sconforto. Con fojid a, Sfal- da le ferite frefche , Se le cura ( come dicono ) per la prima intentione . Le piaghe fporche netta , Se mondifica , Se riduce à perfetta fanità , come dire- mo particolarmente di ognicofa più innanzi. Et fimilmfmediremp delle virtù di quett’herba, Se Capitolo 1. 391 delle cote 5 ailequali ella gioaa di vna in^nain particolare^ » Haqueft’herba Tabaco particolar victiì di fa- ri are i dolori della tetta, fpecialmenre proceden- dodacagion fredda , fimilmente cura laCe- phalea , quando proceda da humor freddo, ò vie- ne da cagione ventofa_>. Sideono porre le foglie calde (opra ii dolore > de moltiplicandone le fiate, che farà di meflieri , fioche*! dolor s’acqueti . Al- cuni le vngono con olio di fiori d’Aranci , Se fanno molto buona opta-j . Qiiando per catarro, ò per l’aere, ò per altra ca- gion fredda fi incorda il collo, pofte le foglie calde nel dolore, ò sù lo inondamento, lo lena , & lifol- ue , & reftano liberi dal male. L’ittettofain qua- lunque dolore , che fia nel corpo , de in qualunque fua parte i perche etfendo da cagion fredda , & ap- plicandola cornee detto, lo toglie via de rifolue non fenza grande ammiradone^ • Nelle paffìom del petto fa queft’hetba mera- uigliofa opera, fpecialmente in quelli, che get- tano marcia, & putredine per la bocca, & ne gl’Af- matici, Scaltri mali antichi. Facendoli decot- none dell’herba , de ridotto con zucchero in firop- po, & tolto in poca quantità , fa vfeir la marcia, 8c la putredine del petto merauigliofamente_^ • Et prefone il fumo per la bocca > fa vfeir la marcia del petto alli Afmadci . Nel dolore dello ftomaco nato da cagione fred- da, òventofa, pofteoile foglie molto calde Io le- na, de rifolue, tornando à rimetterle, fin che egli ceffa. Et fi dee notare;, che le foglie fi fcaldano me- glio, che in altro modo tra la cenere, ò ceneraz- zo molto caldo, mettendole dentro>& iui fcaldan- B b 4 dole 392 Del T abaco, & fu e virtù , dole molto bene , & fc fi paneranno incenerite fa" ranno rm gficre, & più vigorofa la operariorc~> » Ne#iY oppila doni dello ftomacp, Se della milza principalmente c grande rimedio queda heiba, perche ella le disfa , Se confama . Et quello ifteffo fa in qualunque altra oppilatione, ò durezza , che lianel ventre, efiendo la cagione ò humor fred- do, ò ventòfirà. Si dee prendere l’herba ^verde, Se pelarla , & con lei coli pefta fregare la durezza per vn buon pezzo ; & al tempo del pefiar l'her- ba, lì infonde qualche gocciadi aceto, accioche faccia meglio la fu a operatione. Et dapoi fregato il luogo fi mette fopra 'vn a foglia , ò foglie del- l’iftefld Tabi co caldo, Se li lafcia Ilare coli fino al dì Tegnente, nel quale fi fa il medefimo, ò in luogo delle foglie, fi pone fopra vn panno di lino bagna- to nel filo fu eco caldocaldo. Alcuni dapoi l’hauer fregato coll’herba coli pe- li a » '"vngo.no con 'Vnguenti appropriati à mali limili ; Se fopra vi pongono le foghe, ò fucco del *1 abaco, Se certo con quella cura fi hannodifop- pilato grandi , Se durcoppilationi. Se disfatte an- tiche enfiature^ . Nel dolor del fianco fa quella herba grandi ef- fetti, polle le foglie tra la cenere , òcenerazzo cal- do , canto che fi fcaldino bene,& poi mede fopra il dolore , ritornandouele quante volte faià bifogno. Sarà bene nelle decortioni , cheli hauerannoà fa- re per li cri fiieri , mettere in loro infieme con Tal- trecofe, le foglie di queil’herba , Jequah gioua- rano molto, & Umilmente per le fomentationi, Se crnpiafiri, cheli faranno. Ne* dolori ventofi fa il medefimo effetto; lenen- do il dolete, che n alce dalla vemofità jcolfappli- carc Capitolo /. §9$ care k foglie hell'ift'cflò modo , che è fiato detto» che fi hanno da po-nernel dolore del fianco ., cioè più calde, che polfòno éflére-*- Nelle paftìoni delle donne , che chiamano mal di matrice , ponendoti’ vna foglia di queft’herba T a baco ben calda nella maniera che fi è detto , fa ma ni fedo beneficio , & fi dee poncre sù l’ombelu co , & di fiotto di lui . Alcuni pongono prima cofc di buono odore su l’ombelico , & vi foprapongono poi la foglia . Quello doue in coiai pafiìone fi tro- ua manifcfto beneficio fi è, ilmetrer la Tacama- baca, ò foglio del Liquidambro, de il Balfamo, & la Caragua , perche ogni vna di quefte cofc pofie sù bombe! co, & date di continuo ,ò di tutte loro fattone vna miftura , fa nelle padroni delia matri- ce manifcfto beneficio. In vna cola celebrano queft’hetba le donne , che ihabitano nelle Indie,cicè, nelle repletioni de’ fan- ciulli , & firoilmente grandi , perche vngendofi prima il ventre , con olio di Lucerna , ponendo al- cune foglie , che fiano fiate nella cenere calda , fio- pra il ventre, & alcune altre fopra gli homcri, Jeua la crudità, & fa fare buona digeftione , ponendole lefnte, che fanno bifogno. Se le foglie faranno incenerate farà meglio . Ne’ '"vermi del corpo di tucre le generarioni, che fiano, ò tondi, ò larghi ha virtù di vcciderli, de cacciarli fuori merpuighofamente, facendone de- cozione ddl’herba, èc poi firoppo con zucchero, datoin molto poca quantità; Òc pofioil fuccodi lei sii l’ombelico. Dapoi fatto quefto egli è me- fiien farli vn crifticro, che gli euacui, & cacci fuo- ri delle budelli . Ne* dolori delle giuture , e (Tendo da cagió fred- da $ 94 Del T abaco, e ? fio virtù '• da, fanno le foglie di quefto Tabaco merauiglioA fa operarione, porte calde fopra il dolore. Il me- defimo fa il fucco porto in ^vn pannicello di lino caldo , perche rifolue l’humore, Se leua il dolore. Se la cagione fufie calda , farebbe danno , eccetto quando, efiendo l’humore caldo, fufie fiato rifolto il fottile,& reftafie il grolfo: che in quefto cafo gio- ua , non altrimenti che fe fufie la cagion fredda^ . Et fi dee fapere , come pofte le foglie doue fi Tenta dolore , per la cagione detta ( fia in qual parte del corpo fi voglia ) giouano molto . Nelle enfiature, ò appofteme fredde , le ri- folue, disfa, lauandole col fucco caldo , ponendoui fopra Thcrba pefta , ò le foglie del me- defimo Tabaco. Nel dolore de* denti , quando il dolore c da ca- gion fredda , ò da catarro freddo *, portoui 'Vna pallottina fatta della foglia del Tabaco, lauando prima il dente con vn pannicello bagnato nel fuo fucco, leua il dolore. Se prohibifce,che la putrefac- tione non 'Vada innanzi . Nelle cagioni calde non gioua . Et quefto rimediò è già tanto comune, che tutti ne guarifcono. Cura merauigliofamcnte queft’herba le bugan- ze, fregandole coll’herba pefta , dapoi met- tendo i piedi, & le mani in acqua calda con fale,&: portandoli ben coperti . Quefto fa con grande efperienzain molti . Ne* veleni , & ferite auelenate , è di grande ec- cellenza il noftro Tabaco, ilche da poco tempo in quà fi ha faputo in quelle parti . Perche gli In- diani Caribi , i quali mangiano carne humana, ti- rano le loro faettc bagnate , con vna herba, ò com- pofidone fatta di molti veleni , contra tutte quelle riaigkì dolore , eccetto I otifoto jfogio- stài. | ntifaia Ipltl t lde.lt' alio i li ■ .ledei d'1 itjdatJ- bi* h\i# litootl^ llf#' 0* 01 A 'tbif 0' 0 ; nittt' ite# Dilli.11' 1,0# :tcf è Capitolo i. jpy cofe che vogliono vccidere;'& è cofi trifto, & tanto perniciofo quefto veleno , che ammazza lenza al- cun rimedio» Se i feriti muoiono con grandi dolori, & accidenti rabbiofi, fenza trouar rimedioàcofi gran male. Per alquanti anni vfarono in quelle parti à poner nelle ferire del folimato. Se ne guari- uano alcuni , Se certo che in quei luoghi fi ha pati- to molto di quefto danno. None molto tempo che andando alcuni Caribi nelle loro Canoe à San Giouani di Porro ricco per faettare Indiani , ò Spa- gnuoli , fe li trouatfero , giunfero ad vno alloggia- mento, & ammazzarono alcuni Indiani , Se Spa- gnuoli, & ne ferirono molti, Se non trouandofi per forte Phofte folimato per guarirli, fi deliberò di adoperami il fu eco del Tabaco , Se fopra di lui Piftefia herba peftata,& piacque à Dio,che ponen- dolo nelle ferite , fi mitigaflero i dolori , le rabbie. Se gli accidenti, co* quali moriuano. Et di tal ma- niera fi liberarono di ogni cofa,che leuata la forza al veleno , glifi faldorono le piaghe» fiche pofeà tutti merauiglia_». Quefto faputo da quelli del- Plfola , al prefente fe nc vagliono nelle ferite , che riccuono combattendo co* Caribi , Se non li temo- no più, poiché hanno trouato cofi gran rimedio in cofa tanto dìfperata_> . Ha fimilmcnte 'Virtù queft’herba contraPher- ba de* Balleftrieri , laquale òrfano i noftri caccia- tori per vccidere le fiere , laquale è veleno po- tcntiftìmo , che ammazza fenza rimedio. Ilche volendo verificare Sua Maeftà, comandò,che fe ne faceflfe Pefperienza, Se ferirono vn cagnoletto nella gola , Cubito li pofero nella ferita Pherbade5 Balleftrieri , Se indi à vn poco li pofero nella iftefta ferita ( che già haueano vnco colPherba de’Balle- ffreri) I < - rt* 396 Del T abaco, & fke 'virtù . ftreri) buona quantità del fuccodel Tabaco,6 oc non eccedendo nel far difordini in tutto quello > che fi conuiene à buon’ordine , Se buon gouerno, perche in altra maniera non li giouaià. Facendo quefto, li nettarà la piaga d’ogni carne cattiua, pu- trida, fu ptiflua, tino che retti la carne fan a_>. Nè fi tema pitto, che fi faccia la piaga molto gran- de, perche mangia folo il cattiuo fin’ al buono. BelT abaco ,& fue virtù» Con la medefimacura ponendoui minor quantità di fucco,Ia incaroarà, & ridurrà à perfetta fanirà « Di modo , che fa tutte leoperationi di Chirurgia s che tutte le Medicine del Mondo polTono fare,fen xa. effer bifogno d’altro medicamento . Quefta operatione di curar piaghe vecchie , che fa il l'abaco con tanta merauiglia , nonfolamen- te Io fa ne gli huomini ; ma ne gli animali brutti} perche in tutte le parti dell’India, doue fiano ar- menti , coli per le ferite, come per le graffiatu- re, che fi fanno nel monte. Se per altre cagioni impiagandoli effi , Se ettendo la terra calda, Se humida in eftremità, molto facilmente fi gli pu- trefanno le piaghe, Se vengono molto pretto ad incancherirli. Se per quella cagione fe ne muoio- no molti armenti . Per rimediar à quetto,& à ver- mi,che gli fi generano nella carne , foleuano met- tere nelle piaghe dei folimatojpcrche in quello ri- medio trouauano più beneficio , che in alcuno al- troché hauelfero vfaro . Et perche il folimato vai molto in quelle parti , molte fiate valcua più il fo- iimato , che fi confumaua , chei capi d’animali, che fi confcruauano . Per quefta cagione hauendo trouato nel Tabaco tanta virtù per curar le pia- ghe nuoue, Se putride , deliberarono di valerli del’ Tabaco nella cura de gli animali, coli come ha- ucuano fatto nella cura , Se rimedio de gli huomi- ni’,ponendogli il fuccodel Tabaco nelle piaghe, & iauandole con eflb,& ponendoui fopra Pherba pc- fta.Et è di tanta efficacia ,& virtù, che vccide i ver- mi,oetca la piaga, mangiando la carne cattiua , Se genera carne , finche fi lana, come nelle altre , che Sabbiamo detto, Piftefio fa nelle percolfe degli .animali da caricosperche poftoui il fucco,e Pherba Capìtolo /« $99 pefta del Tabaco ( come fi è detto ) benché fodero incancherite, le netta, incarna, & cura,& Tana . Si - milmenrela portano gli Indiani fatta in poluere, quando vanno in viaggio, pei qucfto effetto ; per- che fa l’iftcffo beneficio , che*! ficco, lo'viddi vn’hoomo, che haueua alcune piaghe anriche nel- le narici , donde vfciua molta marcia , &andaua- ro correndo fempre più, & lo configliai, che tiraffe sù per le narici il focco de! Tabaco, ìlquale lo fece. Se alia feconda volta gettò più di venti vermi pic- coliflìmi , Se dapoi alcuni alrri pochi, finche nere- fio fenza niuno, Se vfandolo cofi per qualche gior- no guai ideile piaghe, che haueua di dentro dei nafo, benché non rifaceffe quello che fé gli era mangiato, Se caduro , & fe più tardaua credo , che non li rimaneua più nafo , perche tutto fe lo man- giavano, come auuieneà molti , che al prefente veggiamo fenza nafo* Mentre io fcriueua queftecofe, fitrouauarvna figliuola di vn caualliero di qucftacitrà, laquale già molti anni haueua vna qualità di volatiche, ò quali regna sù la tefta_, . lo Thaueua medicata, & fattole molti rimedi; generali, Se particolari. Se i Chirurgici Se i Maeftri haueuano vfato ogni Ior diligenza j mamunacofa le era giouata».. Auen- nc> che vna donna, laqual era alla fua cura,hauen- domi vdito vn giorno à dir gran bene del Taba- co ,Se quanto egli era gioucuoleà tante infermità, mandò à tome, fregandoli gagliardamente le volatiche che la fanciulla hauca,per quel giorno Ja fanciulla fette molro male, perche reftò come attonita. Se la donna non caro ( benché la rvedeffe cofi ) di refiar il di feguente di tornarla à fregare piu gagliardamente. Se la fanciulla non fenii tanto fiordi- soo Bel T abaco, & fue virtù • ftordimento, anzi le incominciarono à cader le pa- criiole, & erode bianche , che haueua su la teda, oc di tal maniera le fi nettò, & fanò la teda, col fai ciò per qualche giorno ( benché più piaceoolmente ) che fi fanò della regna, ò volatiche molto bene,(en- za fa pere quel lo , che effe fi faceflero . Vna delle merauiglie di queft’herba , & che ap- porta piuduporefiè, il modo, col quale la '"vfa- oanoi Sacerdoti de gli Indiani, ilquale era tale-» » Quando tra gli Indiani occorreua negocio di qual- che importantia , onde i Cacique , ò pnncipa i del popolo haudfero nectflità di configliar fi co lor Sacerdoti di cotal negocio , andauano al Sa- cerdote , tk li proponcuanp la cofa_j • Il Sacerdo- te fubito, alla loro prefentia, prendeua alcune fo- glie dei Tabaco , le poneua fopra la lucerna , &: rictueiia il loro fumo nella bocca, &nelnaio> per-vnacanella, come l’haueua prefo cadcua m terra à «mi fa di morto, fi^ftauacosi fecondo la quantità del fumo, che haueua ncenuto, & quan- do l’herba haueua fatto la fu a operatione, nueni- ua in fe& daua loro le rifpode, fecondo t rantal- mi, &iliufioni, che egli vedeua, mentre (limo- raua à quel modo , & le interprecaua come h pa- reua , òcome il Demonio lo configliaua ; dando di continuo le rifpofte dubbiofe, & di tal manie- ra, che qualunque cofa che accadeflfe , poteua d - re , che quello eia , che elfi haueuano detto , & la rifpofta 5 che haueuano dato . Similmente gli altri Indiani paloro paflatempo prendeuano il fumo del Tabaco, per iuebbriatfi con lui, & per cede- re quelli fam afini, c cofe,che fe gli rapprefentaua- noi dalle quali riceucan piacere^. Et altre volte lo prendeuano per faper i loro negoc; j , & accedi. Capitolo 1 . 401 perche fecondo quello, che gli fi rapprefentaua mende che erano ebbri di lui,così giudicauano efii de’ loro negocij. Et perche il Demonio è inganna- tore , Se conofce le virtù delle herbe , infegnò loro Sa virtù di quefta, accioche mediante iei.gli venif- fero quelle ìmaginationi, Se fantafroi,che gii fi rap prefentauano, Se con tal mezo li ingannarla . Che ci fiano herbe, lequali habbiano fimil virtù è cofa comune ne’ libri de' Medici . Diofcoridedice,che Vna dramma della radice del Solatro furiofo, pre- fa in vino , prouoca grandemente il Tonno , Se fa„ che colui , che la prende fi infogni cofe varie > gli fi rapprefentino fantafimi, & imaginationi par- te terribili , Se fpauentofe, parre piaceuoh Se dilet- teuoli . bdl’amfo fi dice, che mangiato all'hora del dormire , induce fogni gratiofi. Se molto pia- ceuoli , Se che il rauano li hi graui , Se molto rno* lefti , Se cofi di molte altre herbe , che farebbe co* fa lunga il narrar ciò, che di qucfto fatto (enfie- rò gli antichi . Diego Garziadi Gueuarra nel li- bro che fende de gli Aromati delie Indie Orien- tali , dice, che in quelle parti è vnsiierba,che chia- mano Bague , laqualc rnefcolata con cofe odori- fere,fi fa di lei vna con fettionc di buon’odore, gufto,& che quando gl’indiani di quelle parti vo- gliono vfeir di fe fteffi, Se veder cofe,& vifioru, che diano loro piacere, prendono vna certa quantità di quefta confettione, Se prendendola tettano priui di ogni fenti mento, & mentre dura la virtù del medicamento/entono molta contentezza, Se veg- gono cofe dellequali riceuono piacere , Òc fi alle- grano con loro . Et che vn gran Soldati Signore di molti regni dille à Martin Alfonfo di Sofia, che fa Vice Re nell5Inàia>che quàdo voleua veder Regnij, Cc Otti 4° 2 Del T abaco > crfue virtù . Città Se altre cofe, del (equali haueua piacere, to- glieua il Bague fatto m certa confemone, deche con quefto riceueua piacerei contentezza . L’vfo di quefta confettane è molto comune , Se è molto vJata da gli Indiani dt quelle parti , de la vendono publicamente per quefio effetto . .. .),;15noo^^ndiani delle noft.e Indie Occidenta- li il Tabaco per riftorarfi della franchezza , de per prender alleuiamento della fatica,perche nelle lo- ro^e^e> ° balli fi fiancano , Se affaticano tantoché renano fenza poterli muouere, Se per poter affati- carli il giorno feguente, Se tornar à far quelTeccef. fiuo c (ferrino , prendono per lo nafò,de per la boc- ca il fumo del 1 abaco , Se refiano come moni , Se Bando cosi, di tal maniera fi rinfiancano,che quan do ritornano in feftefii, refiano coli franchi, che pofiono tornar à rrauaghare altretanto. Et cosi fanno Tempre, che efli ne hanno mefiieri , perche con quel Tonno ricuperano ie forze , Se fi rifiora- no molto. I Negri che fono andati da quefte parti allTn- die , han prefo il medefimo modo , Se vfo del Ta- baco,che hanno gITndiani; perche quando fi veg- gono fianchi, lo prendono per le narici, & per la bocca , Se auien loro il medefimo , che à gl’india- ni, ftando tre, de quattro hore tramortiti . Et refia- no leggieri , de franchi per poterli affaticar di nuo- no,de fanno quefto con tanta contctezza , che ben- ché non fiano fianchi , lafciano di feruire per far- lo . Et è venuta la cofa à tanto , che i loro patroni Ji cafiigano per quefio , de abbruciano loro il Ta- baco*, accioche non i’vfino , de efiì fe ne vanno nel- le cauerne, de luoghi occulti, per farlo,perche non potendoli inebbriar con yino (che non ne han- no; Capitolo 1 » 40$ no) cercano di inebbriarfi col fumo del Tabaco* Io li ho veduti quid farlo, òcauenir loro. quello, che fi è detto * Dicono, che quando cfcond di quel- lo ^ordimento , ò forino , fi trouano mólto riftora* ti ,,&che Vorrebbono efi*er rimarti à quel modo, poiché da ciò non riceuono dànritì « Che quelli Barbari vfinocofe fimili perieuarfi la llanchezza , nòti folo fi vede nelle noftre Indie? Occidentali , ma fi vfa ancora, 6^ c cofa molte? comune nelle Indie.Orientali . Et Umilmente nef-f l’India di Portogallo, per quello effetto cefi fi vende PO pio nelle botteghe, come qui sto condi- to, il quale vfano gli indiani per tifiorarfi delU fia.ncheZza , che prendono, & per allegrarli , non fenrit dolore di qualunque cofa trauagliofa di corpo, ódifpirito, che polla loroaUenire ,6^ li chiamano latra loro Aphion. Di quello Aphiotf vfano i T urchi per quello effetto . I foldati, & Ca- pitani. Che vanno alla guerra, quando fono mól- to fianchi* poiché fono alloggiati, &fi pòffono tipofare, prendono PAphion , & con lui dormo- no, 6<^rellano rillorati della fatica^. Altri più principali prendono il Bague, che ha miglior gu- fto, & miglior odore, perche porta molta Ambra, & Mufchio, 8c G aro foli, & altre fpecie, che certo écofa di metauigliail federe, che quelle genti Barbare prendono coral i Medicine, & che le pren- dano in si gran quantirà, & che non li ammazzi- no, anzi le prendono per falute , & rimedio ne* lo- ro bifogni • Io Vidi vn Indiano di quelle parti, che in mia prefedtia dimandò à vn botteghiero vri quarto di Opio . Io Io interrogai, perche lo ri- chiedala , egli mi dille, che lo prendeua per riftó- tarli, quando fifentiua molto fianco, & affili Qc i dall* 4o4 D et T abaco, & fue virtù dalla fatica, &ehe prcndcnala metà di quello, che togheua, ( perche il borteghicro gliene diede pili di vnaottaua per due Reali) & che con quel* lo dormiua tanto, che quando (ornaua in fé, fi trouaua molto rifi orato, & franco da poterfraf- faticare di nuouo. Io me ire mareuigliai, Se paruc- mi cofa di burla , poiché cinque, ò fei grani ( ilchc èli più, che polliamo dare ad vno infermo, per ro- butto che egli fi fia ) Se quelli molto ben prepara- ti , fono cagione fpeffe voice di accidenti di morte. Molti anni dipoi eflen do io nella bottega di vn’al- tro Speciale di quella Città, venne vffalrro India- no delle tnedefime Indie Orientali, & dimando allo Speciale , cheliddfe Aphion : ilqualenon io intefe. io ricordandomi dell'altro Indiano, feci che motti ò all'Indiano l’Opio;& nel mottrarglie- lo, dille egli, che quello dimandarla, & ne com- pio vn’ottaua . Io dimandai all'Indiano, perche lo voleua, Se egli mi dilfe il medefìmo , che l'altro Indiano mi haueua detto , cioè , che era per poter affaticarli, Se nftorarli della fatica , che gli appor- tauanoli carichi } Se che haueua da aiutar à fra- ncar vna Nane, ondevoleua prender la metà di quello innanzi, per poter reggerli alla fatica , poltra metàdapei pallata la fatica , per riftorarli. jftìl’hora io diedi fede al primo Indiano di quel- lo, che egli mi dille. Se dapoi l'ho creduto, ha- uen do veduto, & letto , che m quelle parti è cofa molto comune per limili effetti . Ilche certo è co- li». degna di grande confideratione , poiché cinque arnnì di Opio vccidano noi, Se feffanta diano à lo- ro fallile , Se riftoro . V fa no gli Indiani il Tabaco per ettinguer , Xion patir ia fete, Se fimi 1 mente per fopportar la fa* me. Capitolo 1. #0 f •file 3 8c poter pattar le giornate, feoza hauer bi fo^ gno di mangiare, nè di beucre . Quando hanno da pattar per qualche deferto , ò foli tubine , dotte non hanno da ritrouare acqua , ò cibo, Planò alcu- ne pallottole , che fanno di qudto Tabaco in que- llo modo; Prendono le fuc foglie, &le ma dica* no, & cofi come le van manicando, mefcoiano’ con loro cerca poluere fatta di fcocze di cappe ab. brufciate, de vanno mefcolando nella bocca ogni cofa infieme, fin che diuiene, come vna patta , deU laqual fanno alcune pallottole poco maggiori chi Ceci , & le pongono à feedare all’ombra, & da poi le ferbano , & le vfano in quella maniera . Quan- do iianno da caminare per luoghi doue non pen(a« nodi crouare nè acqua, nè cibo, prendono vna di quelle pallottoìe,& la pongono tra il labbro di fot»* to, & i denti, & la vanno fuggendo tutto il tempo, che cattiinano,&: quello che ne fuggono inghiottì- fcono,& à quella maniera pattano,& caminano tre* & quattro giorni fenza temer il, mancamento del mangiare , nè del bete , perche non fen torio nè fa~ me,nè fete,nc franchezza 3che impedifea loro il ca* minare . Io credo che la cagione del poter pattare à quello modo fia , che cofi come vanno fuggendo di continuo la pallottola , traggono del fiegtna al- la bocca, ilqualevanno inghiottendo, ck^ man* dandolo allo ftomaco, de che quello inter, tenga il calar naturale, ìlqualelo va confumando , fi nutrifee di quello • Uche '‘vediamo* che in-a teruiene in molti animali , che per molto tem- po dell'Inuerno danno chiufi nelle concauità, 6^ cauerne della terra, & qui ui pattano fenza niu- no cibo , perché il calor naturate ha che contornai fe della grafazza,ei)e acquiftornoneU,£ttatc-/v 40 6 Del Sajfafias, & fue virtù , L’Orfo anco animai grande, e feroce, dà molto tempo de] Verno nelia fua caua,& feorrein Jei fen- za niangiare,nc bere , fuggendoli folole branche, ìlche forfè fa per le cagioni dette . Qoefto è in fomma quello , che io ho potuto ri- cogliere di qued’herba cosi celebrata, chiamata Tabaco,checertoèherbadi grande llima , perle niolce virtù che ella ha, lì come habbiamo detto . jQell'arborO j che portano dalla Florida , chiamati SaJJ'ajras . fap. I L DAlla Florida , che c terra ferma nelle no- dre Indie Occidentali , poda in vinticinqnc gradi, portano vn legno, & radice d’ vn’arboro, che nafte in quelle parti di gran vjrtù,& di grande ec- pellentia ; percipche lì curano con lui graui, & di- perfe infirmila. E' tre anni, che hebbi notitia di que fto arboro,perche vn Fràcefe, che era dato in quel- le parti, me ne modrò vn pezzo, & mi dille mera- piglie delle fue virtù, & quante,& quanto varie in- fermità fi curauano con l’acqua > che fe ne faccua » per ah’hora io non li diedi credenza ; perche m quefte cofe di piante, herbe, clic fi portano di fuora , in gran parte fi parla affai , & fe ne sì poco j fe non è però huomo,che ne habbia fatto efperien- da con dudio, & diligentia . Confiderai bene J’aiv potOjdc le fue parti , e giudicalo quel che hora ho irpuato , & veduto per efperientia . Mi dilfe egli, che i Francefi , i quali erano dati nella Florida ai fempo, che gmnferp in quelle parti, fi erano infer- mati la maggior parte di vane, & graui infirmila, & che gl’indiani infegnarono loroquedoarboro, 4q 8 Del Sajfafras > & fue virtù « mcrauigliofi, Se varij effetti , Dapoi che ne furo» rso cacciati i Francefi , cominciarono ad mfer- niarfi inoftri Spaguuoli,comei Francefi haueua- no fattoi alcuni di loro , che erano rimaftì , infe- gnaronoà* noftri Spagnuoìfcomeeflì fi haueuano curaro con l’acqua di quello arboromerauigliofo3 &il modo , che haueuano tenuto nel ì’vfarlo , mo- firato loro da gli Indiani , iquali con quella fi cu- rauano, quando erano infermiseli ogni lor malo- Cominciarono! noffri Spagnuoli à curar fi có l’ac- qua di quello arboro, Se fece in loro cosi grandi rncrauiglie,che non fi può dire, nè credere . Perche per li trilli cibi , Se beuer acque crude > Se dormir al fereno,vennero la maggior parte à cadere m al- cune febri continue , per lequalila maggior parte di loro vennero ad oppillare, Se dalle opillationi à gonfiare, Se nel principio del mal fubitoperdeua- no l'appetito del mangiare, & li foprauemuano al- tri accidenti , Se infermità, che fogliano apportar limili febri ; onde non vedendo quiui rimedio da poter curarli, fecero come li configliarono i Fran- cefi, facendo quello, che elfi haueuano fatto.Ilche era in quello modo; Cauauano la radice di que- llo ai boro , Se prcndeuano vn pezzo di lei , come lorpareua, &ne faceuanorafadure, Se lepone- uano in acqua àdefcrittionc quanto vedeuanoef- fer bifògno , poco più , ò poco meno , Se la cuo- ceuano tanto, quanto vedeuano a cheballaua à rimaner di buon calore . Così la beucuano la mat- tina à digiuno, & tra il giorno. Se al definare, Se al cenare,fenza guardar più pefo , nè mifura di quel- lo,che io dico , nè altra guardiane ordine, di que- lla . In coiai modo fi nfanarono di tanto graui , Se trauaghofe infermità, che à quelli iftetfì,che le pa- puano* Capìtolo I V 409 tiuanoY & fi rìfanarono, ha lafciato gran mcraur- glià,. . 1 fani la beueuano anche elfi in luogo di •Vino, laquale li conferuaua in fanità, come fi ha veduto ciò molto bene in quelli , che fono 'Venuti quell'anno di quelle parti , liquali fon tornati tut- ti fani , & fa lui , robufti , & di buon colore , fiche non foccedeà quelli , che vengono di quelle altre parti, òdi altre conquifte , iquali tornano infermi* gonfij , difcoloriti , & in breue tempo ne muore la maggior parte di loro. Vengono quelli foldaù tanto confidati da quefto legno, che ftandoiovn giorno tra molti di loro informandomi delle co- le di quefto arboro , Ja maggior parte di loro, traile delle loro fcarfelle 'Yn buon pezzo di detto legno, & ditTeroj Vedere qui Signore il legno 5 che tutti lo portiamo con noi , per medicarne con lui, cafo che ci ammala(limo,come habbiamo fatto là, ik cominciarono à lodarlo tanto , de confermar le fue opre merauighofe con tanti efempi di quel- li, che qui ftauano, che certo io diedi gran fede à quello, che di lui haueua vdito; de prefi animo di efperimentarlo , come ho fatto, de come vedre- mo nelle virtù , de merauiglie , che di lui trattare- mo. Hora porremo la deferittione, de figura di quefto arboro. E' Tarboro ( donde fi taglia il legno, che al pre- dente portano di nuouo dalla Florida, chiama- to Saftafras) vn arboro , che vien ad efl'ere di mol- ta grandezza. Ve ne fono ancho di mezzani, di piccioli. Il maggiore è della grandezza d'vn Pi- no mezzano, de quali di quella fattezza , perche è dritto. Non ha più ch*vn tronco, lenza altri virgulti, nè rami j come la Palma. Solo nell’alto fa le fue tameà guifa d’vn Pino mondato > faceti- 4 / o Del SaJfafraS) & fue virtù . do delle rame, che egli porta ,vna coppa. Ha la W feorza grofià,di color ieonato, & di fopra vna fot- rile,come cenere criuellata.Nell’interiore c l’arbò- ro5& le rame bianco, che tira al leonato vn poco,& l’arboro & Je.rame fono lifcie. Mangiata la feor- za,ha odor aromatico, & tira alquanto all’odor di inocchio con grand’aromaticirà , & fragantia tanto, che poca quantità di quefto legno, che fia in vna cafa, empie l’aere che vi è dentro dei Tuo odo- tato re. La feorza tiene alquanto dell’acuto, quel di dentro ne ha poco, & poca aromaticità. La cima, N che ha le rame,tien le foglie verdi à guifa di foglio H di fico con tre punte . Quando fon picciole , fono come foglie di pero , «Se vi fi vede à pena il fegno Wi delle punte,& fono verdi feure , & odorifere, ^ molto più quando fon fecche. Vfanoqueftegli Ini diani per ponerle pedo fopra le battiture, & quado ^ lì fcccano,le vfano nelle cofe medicinali,& nó per- % deno le foglie però > ma ftanno effe femprc verdi , W 6c fe vna fi fecca, & cade , ne efee vn’altra . Non fi sà, che faccia fiore , ne frutto. Le radici dique- lì’arboro fono grofTe , & fottili , fecondo la gran- Poi dezza dcll’arboro . Per effer radici , fono hfeie ; ma non tanto come l’arboro, & le fue rame, lequa- «M li fono tali rifpetto alla Ior grandezza norabilmen- , Hi te. Sono le radici di queft’arboro molto fuperfìcia- U li fopra la terra , onde fi eftirpano con facilità . Et quefta è cofa comune à gli arbori dell’India , per- H che tatti per la maggior parte tengono le radici di foprauia . Et fe_ di Spagna ne portano alcuno per t metterlo là,fenó lo pógono di foprauia, nó fa fruc che nella fredda.Pe rò conuienfi hauer riguardo alPordine, & metho- do, per torla, che in ciò non fi tratta di manco, che della vita,& della faniràilaqual Tappiamo, che non ha pretionel mondo. Che lafciandociòal parer© di chi non sà, li auiene quello , che auenne ad vna Signora, laquale per alcune indifpofitioni di matri- ce,& grandi frigiditàjchepatiuajioconfigliai, che prendeffe Pacqua di quello legno Saffafras, &ie diedi l'ordine , che haueua da cenere nel farla , Òc prenderla , che fu quello, che ie fi conuenia . Ma parendo à lei che mettendo molto legno più di quello, che io le diflì,&; die cocendo Pacqua più di ciò, chele hauea ingegnato, fi haurebbe rifana- sa più coffe?. Poiché Phebbe tolta alcuni giqjnr 4 1 4 !>*/ Sajfafras , & fue virtù . coli gagliarda, le mife vn’accenfione cofi grande addotto , che non folo le conuenne lafciar l’acqua, ma fu meftieri falaflarl a cinque fiate , & pofe la vi- ta fua à ventura, Se fece vergogna al rimedio . Da- poi fatta fana , Se gagliarda , tornò à prender l’ac- qua con l’ordine , che io prima le hauea detto , Se lì rifanò molto bene de’ fuoi difetti , che non erano pochi, ne piccioli . Tempo c già che vegniamo alle virtù di quello legno coli valorofo, & che parliamo in particolare diciafcunadi loro, fecondo che Phabbiamo fapu- te, Se efpenmentate^» . In generale 1 ooliti Spa- gnuoli in quelle parti della Florida, doue fono (la- ti, &fono, vfano di quell’acqua già detta cotta à defciittione , per ogni fpecie d’infirmità, fenza efcluderne alcuna , ma eflendo infermi di qualun- que infermità che lor foprauenga , acuta , ò lunga* calda. ò fredda, graue,ò leggiera tutte le eura- siano àvn biodo iftelto,& tutte (ì medicano Con 'Yn modo di acqua fenza far differentia alcuna, Se è buono , che tutti guarifcono . Delchc fono efiì cofi certi , che non temono nè i mali prefenti, nè vfano guardia per quelli, che han da venire;mà la tengono per 'vn rimedio ’Vniuerfale à tutte Je infermità. Vna delle cofe, neJIaqual trouarono gra benefi- cio di quell’acqua , fi fu nelle oppilationi interne, per le quali fi veniuano ad enfiar Se farli Hidropici la maggior parte, perche dal grà caldo che patina- no , veniuano ad hauer quali tutti in generale que- lli mali,& co l’acqua fi difenfiarono, Se fi difoppi- lorno, Se con quella iftelfa vennero à fanarfi das ca- lori quotidiani, chel più di loro patiuano . Perche nel giunger quiui , infamarono la maggior parte Capitolo J . 4 di cotali fcbri lunghe, & importune, nelle quali io ho efpericntia , chequeft’acqua prefa3come fi con- uiene, fa merauigliofi effetti, & fi fono fanati mol- ti con lei; perche il fuo principal effetto è confor- tare il fegato , difoppilarJojConfortarlofiomaco , elle fono le due cole principali , che conuien chel Medico faccia , perche guarivano da cofi fatte in- fermità. Perche nell’infermità non s’ha da dubi- tare, ch^effendo gli humori corrotti , non fiano an- cora offefi 1 membri principali. Onde vna delle cole , die fanno quelle medicine , Iequali fi porta- no darle noftre Indie, è principalmente(quando fi piende laequa di alcuna di loro) confortar il fh- f ^fortificarlo ; perche generi buoni humori, elic icelo non fi fa,la cura è per niente.Similmen- te il r.oftro Saffafras ha merauigliofeproprietàdi confortar il fegato , de difoppilarlo di modo, che generi fangue lodeuolc^ . Io medicai vngiouinetto, che per alcune ter- zane baftarde fi haueua oppilaro , de per leoppi- latiom fi hauea enfiato tutto di modo, che era quafi ^dfopKo, & con purgarlo molce fiate cor» pillole di Riobarbaro, & farli prender nel mezo delle purgationi il Dialacca, bcuendo l’acqua del detto Saffafras di continuo, fenza beuerned’al- cun’altra , venne à fonarli molto bene , & à difen tiarfi , & difoppilnrfi , & non la lafciò di beucr fin c*1^Perfttt®menrenon reftò fano. Nel curar le terzane baftarde, & le febri lunghe, dirkmn ,Tne,Con . In vna cola fi vide gran hcneficiQ neU’vfo di quella acqua , & Capitolo 1 1* *l7 fu in quelli, che haueuano perduto l’appetito dei marciare , perche lo ricuperauano , & con 1 v(o di lei lì ìeuaua loro il faftidio, ilche fu cagione che moiii collo fi rihebbero. Et quefto, che modi quella acqua dia appetito di mangiare , vien pre- dicato da’ foldati con tanta ammiratone , che di- cono,che alcuni lafciauano ftar di beuerla, perche produceua in loto tanta fame,che non fi poteuano mantenere , & perche quiui non vi era abbondati- tia di vettouaghe, onde potettero ìatisrar alia ra- mejChe lor faceua l’acqua, quelli, che non ne hauc- uano bifoguo,non la voleuano beuci e, perche tutti la vfauano perbeuanda in luogo di vino . Ilche fu gran cagione, che ntotnafleto fani, come fi vede in quelli , che ritornano da quelle parti , doue la vfa-4 uano. Nella Banana fi troua vn Medico tenuto per liuomo,che intende, ilqual curò molti di quel- li, che vemuano nella Flotta della Nuoua Spagna infermi con l’vfo folo di quella acqua , fenza dare, nè fare loro altri rimedi), ò^riufeì molto bene con lei , perche molti fanarono. Glienedauada bere quanta ne voleuano tra il giorno, & al oelìna- xc>8c ai cenare , & la mattina • A quelli, che non poteuano andar del corpo, ne daua vn vaio di cal- da con vn poco di zuchero non molto bianco, Óc andauano con quefto molto ben del corpo . Ad al- tri daua medicine fol di quella con mele , & face- nano buone operationi . lo medicai qui alcuni, che furon nella Hauana curati à quefto modo , iquali non erano ritornati fani del tutto, ma qui fi rifana- rono molto bene . Ne5 dolori della tefta nuoui,& vecchi,che proce- dono da cagione fredda, prendendo quella acqua calda la mattina , ben cotta , & ai dennarc , p d cenare. 4 1 $ DcLSaJpifits, & fre virtù . Cenare , &tra il giorno femplice, con buon go* tterno cosi nel mangiare , come nell’aitre cofe non Maturali , & facendo ciò per molti giorni, meraui- gliofamente li cura . efara_, . Ben è miftie-ri ,che colui , che vorrà ciò fare, fi purghi prima, che nel tempo di mezo, che la prenderà, vfi alcune pillole di Hierafemplice . E (appiano quelli >che prenderanno qir-fta acqua, che non è loro bifogno di ftar ferrati nella camera , ma bafta Bandarbeti *Veftici , guardarli dal freddo, & dall’aria, & vfar buoni cibi • Nelle paflioni del petto , che procedono da hu* mori freddila quefta acqua grande velie, & bene- fìcio * Apre la via del perro . Con fu ma le humidi- « tà, &' flegme , che à quel cìifeendono . Prohibifce ledifcele , & catarri ,che à quello deriuano dalla refta. $1 de prendere alcuni giorni nella mattina calda, & beuerla poi fempliet di continuo. Lafcia- ta quella della mattina , fi ha da beuer quella che c piùfemplicemente fatta , per molto tempo; per- che facendo quefte acque (empiici le loro opera- rioni à poco à poco,& dcbolrr ere, fi conuienc con- tinuarle per molto tempo. Egli ebeneàmefeo- iaruidel zuchero con inacqua; perche ella facci» miglior opera rior . Nelle piflìoni dello ftomaco, quando lafta- gioneéfredda, ò ventofa ,dapoì fatte le enacua- tioni vniuerfali , prendendo quefta acqua la mau tina gagliarda , femplice nel refio (come fi è derto) la guarìfee òc Tana , maggiormente fe vi ha dolor vecchio ; perche io l’ho data per quefto ef- fetto ad huomioi , che già molti anni patiuano do- lori di ftomacograusfiì ni,moin dty quali col preri dei Pasqua la mattina caldififiìma per alquanti giorni. Capitolo lì» 419 giorni, & continuar l’acqua fem pi i ce alla lunga* prendendo vna fiata alia lètti mana pillole di Hie- rafemplice, fi fono fanali» Già Habbiamo detto* come l’vfodi quèft’acqua riftora l'appetito perfo* Se induce voghi di mangiare^ . Nella debolezza dello ftomacò, &nel difetto del calar naturale, onde hon fi digefifce quel , che fi mangia, fa molti effetti. Aiuta la digeftione,con- fuma le ventofita, che (beo cagione della indige** ftione, leua l\ice(ofità>&: i rutti < A quelli, che vo^ mitrino il cibo ( vfanza molto cattiua ) leua qtiefio mal vfo, purché mangino poco, & vfino del conti* nuo di beuerquelVacqua fenzavino. Sopra rutto fa buon fiato, & buon odor di beccài . Nei doler, & mai di fianco vfata queft’acqilà* quando fi hai! dolore, calda, gioiia molto, &c moU to più vfata di continuo femphee , da fc , ò con '’Vi* no, perche preferua , che non venga il dolor tante! concinno , & tanto grane. Similmente fa fate à quelli i che l’v faiio, molte renelle ,òndc fi genetà la pietra , & parimente fa far le pietre fc ve ne fori nelle reni, &: prohibifce la lor generatione, perche confuma il fiegma , donde efk fi generano princi* paimenre , & le ventosità , che fono cagione molte volte del doloro. A quelli , die h^nno ardore d'oriflà, &à quelli che patifeono nel formate grande ardore, &feti* tono calore notabile , àqoeftirton fi conuicn !*v(0 di quell'acqua , perche è caldài . Quelli cali deu* tonno "N-farc di quel legno , ciVid fetidi nella pri- ma patee di quella H ltoria, ilqualeè eccellente per quelli, che patifeono ùmili ardori , Scdùloth Se perle renelle, & pietre, perche in tutti quelti mali, che vengono da caldo è merauighofa colà Dd ^ ^ 420 Del SdpifìdSj & fue virtù i ?a Tua operatione, e certo che, fé vi fufie pietra nel- la vefiìca, onde procedetelo fimili ardori, per- che in tal cafo ninna di quefie acque può far effet- to 5 ma fola la lancetta , quando ella è grande *vi può giouare, come io ho veduto in molti, che dan- do fuì dire ella è pietra , ella non è pietra , è ior fo- pragionta la morte . Che fe perauentura à tempo fi fodero aperti, farebbono'Yiuuti molti anni, co- me habbiamo "veduto affai di feflànta anni , più, fard tagliare, viucr finoà gli ottanta, Se più oltre anchorsu . Bifcgna dar attenti., che quefto Legno, che io chiamo della orina, de del fianco faccia l’acqua azura, chefe non la fa azu- ra, non è del verojperche portano ancho vn legno, che fa l’acqua gialla , ma queftonon è quello che giotia *, ma quel folo è tale , che fa l’acqua azura, onde quello, che la farà azura, farà il vero. Que- llo è attenuto per la auaritia di quelli , che lo por- tano, che quando hanno veduto, che fi vende cefi bene in quefta città , per li manifedi benefici), che egli fa in cotali paffioni di òrina, temperandole reni, Se il fegato, Se facendo molti altri beni , por- tano di tutti 1 legni che trouano , Se li vendono per legno del fìancho . Il medefimoc auuenuto nel Jvkccioacan , che quando cominciò à valer venti ducati la libra, ne cargarono di là tanto, parte che era per maturare, parte che non era ancora maturo, che giorno quà , non fece lo effetto, che faceua li buono , Se ben Ragionato. Qndccme- tfieri hauer l’occhio, che quel che portano, fia del proprio. Se fia in tutto bene Ragionato. Il mol- lo bianco ( quanto à me ) tengo, che non fia di quella gui(à,che è il fofeo, perche veggiamo, che’I folco la miglior operatione . Potria dfer,che quel molto Capitolo 1 /. 42 1 molto bianco nonfia di quello, ò non habbia la pcrfettione che dè hauer tl buono . Or venendo alla nodra acqua del Saflafras, che ellac prouocatiua della orina, Se fa orinar bene quelli, che ne hanno !mpedimenro,maggiormente elfendo ciò per humori, ò cagioni fredde^» . Io conobbi vn Pretesile venne con queda Flotta della Florida, ilqual dando in quefte parti orinaua male, Se molto focalmente, Se faceua delle pie- tre molto minute, con molto dolore, & alcuni lo fìirnauano 'vicino à morte. Ma quando egli fu nella Florida , & beuettcFacquadel Sàfiafras per l’ordinario, come faceua la maggior parte in luogo di vino , fece moke pietre grandi , Se picciole fen- zaniuna padrone. Dapoi ritornò quàfano, &in buon dato, quanto à detto male , beuendo l’acqua femplice di quedo legno per l’ordinario , «Scadao* quandone il vino . Mokibeuono qued’acqua per lamcdefima ra« gione , fanno molte renelle , Se nefee lor mol- to bene_>> . Ne’ deboli Se nelle perfone, che non podòno ca- minare,nè adoperarli (percioche ciò auuienc per la maggior parte da humori freddi)prendcdo queda acqua calda la mattina. Se procurando di fudare quel più,che fi può, màgiando cofe di dieta, beuc- do l’acqua femplice di continuo, Se vfando quedo per molti giorni , habbiamo veduto molti fanarfi « Et fi dee notare, che nel prendere qued’acqua non vi ha bifognodi guardia, comenell’altre, fe non quando fi prende calda, cioè le occorre àfuda- i e, guardarli , Se poi pallate il fudore leuarfi , andar ben vedilo . Non fa bifogno altro che que- llo , Se buon’ordine , Se buoni cibi nei mangiarci » Dd i Et $22 Del Saffafrds, & fue 'virtù . Ec fe non fi fudaià , non fa cafo, perche benché pon fi fudi, turtauia fi guanfee, lo conobbi 'Vn Captano cji quelli , che vennero dalla f lorida , il quale mi certificò, che flette cefi debole di tutti i- (noi membri, che i Tuoi faldati lo pottauano fa- pra di vna Barra , perche ad alno modo non fi pò- teua aiutare. Èt perche era in "^n porto, doue non era il Saffafras , mandò 4 tome > & prefe l’ac- qua , & fu dò per alcuni giorni , & dapoi la prefe femplice, & rtftòfaniffimcjCome io io viddi fano, & in buon fiato. 0 Nel dolor de* denti pefiato il legno, & manica- to col dente che duole, de lafciando il mafticaro nel buco del dente, che duole, fe è forato., & ancho fe non è> leua il dolore merauigliofamente con efpetientia in molti., ^ Nel mal Francefe , fa i medefimi effetti , chele altre acque del Legno, & delia China, tk della Zarza pariglia , prendendoli , come fi prendono le dette acque co* fuoi fudori , accrefcendo p ù,ò me- po la deepttione dell'acqua, & la quantità del le- gno fecondo che farà la complefiione , & la infer- mità di chi la prende , perche re gh feuipori fred- di flemmatici fa rniglfar opra, che ne’ colerici , ùmilmente nel detto male antico fa miglior ope- rartene, & maggiore, che in quelli di poco tempo, &r più doue Labbia enfiature, o fiati, & dolori di tefla, con le condìtioni già dette . In quefli mah fi mende l’acqua femplice continuamente per mpl- to tempo, grandi effetti, maggiprmcnte nei deboli; che fiaop riamiti {lancili, & indeboliti, per Ite fo di molte medicine.., • . . Mchi gottpfi.tencdoii all’opmton comune, han- no viato, & vfano à beuetc l’acqua di quello ar- ' ‘ boto. Capìtolo 11 . 42$ feftro, prendendola alcuni calda (come habbiamo detto) alcuni altri femplice di continuo , Se adac- quando con lei il vino • Quello, che io ho vedutosi è, che ne’ gottofi inuecchuti no fa nè bene, nè ma- le,& fe fa alcun bene, è confortarli lo Aomaco,re- foluerli le vétofùà, darle qualche appetito di man» giare , Se 1 maggiori benefici j , ch’ella fa , fono in quelli ,che di poco tempo fono infermi, che (fe la cagione del male è fredda) gioua loronotabiìmen te, ma fe l’humore^ la cagione fono caldi,non fo- le non gioua loro , ma fa lor danno,infiammando- li, & apportandoli maggiori dolori . Di vna cofa ho io veduto notabile beneficioin molti coll’vlo continuo di quell’acqua, 6^ è, in quelli, che hanno le mani ftropiate, che non I© potfònoeffercitare, come foieuano, perche io ho curato vn gentil'huomo , tlquale non poteua fcri- uer, & quando fi metteua à fcriuer li cadeua la raa- noà poco à pocoinfiemecon lajxnna , incomin- ciando à fcriuer fin à cinque,ò fei iitere. Prefe egli vnvafo della più cotta la mattina , &fi flette per due horenei letto, Se dapoi andòa’fuoi negotij, Se mangiò buoni cibi , & cenò parcamente, Se be- llette acqua femplice dell’ fteflbSaflafras, Se «nut- rì molto bene , hauendo confiimato gran fomms di danari in Medici Se Medicine^che non li hauea- no giouato cofa alcuna,fin che fe gli nmediò,com© fi è detto. Molti mi hanno certificato , Se io lo veggo qui per efperienna apprefa da loro , che quando erano infermi nella Hanana, &non poteuano andar del corpo,quel Medico, che ftà là li facea ror la matti- na à digiuno vn buon vafo di acqua calda del Safi. iàfras, Se li molhficaua il ventre, & haueuauo molr D4 4 10 4+4 Del Sajfafras, & fue 'virtù . co beneficio de! corpo; ìlche habbiamo veduto qui per efperictia.Et vn foldatomi refe certo, & lo com probo con gli altri della Tua camerata, chehauen- do fluilo per indigeftione,& crudità delloftomaco, & mancamento di calore, li cefsò, co*! prender vn vafo di quefta acqua ogni mattina à digiuno, di be tserla fimilmcte di continuo ; & quella, che beuea Ja mattinala bcuea ben fredda;& con quefto gua- rì bene del flu/fo, che hauea patito per molti anni. Ne* dolori , & infermità delle donne fa l’acqua del Sarta fras grandi benefici) , de fpecialmentein quello, che chiamano mai di matrice , & doue fa- ro ventofìtà, le confuma, & rifolueinfiemecon ogni altra frigidità del 'Ventre , de disfa le fue gonfiezze , curando ogni guifa di difetto , che proceda dalla matrice^ • Et quefto è già cofi efpe- rimentato, de cofi pofto in vfo, che fono guarite molte con qudVacqua , che mai non penfauano di effer fané-» . Nelle ritentìoni di menftrui , òmefi, che non 'Vengono alle donne, fa quefta acqua opere mera- uighofe , prouocandoli , de facendoli venir à quel- le,allequali del tutto non vengono;prendendo vn vafo di quefta acqua caldaia mattina, de beuen- done per l'ordinario al definare, de alla cena dì quella, che fia più femplice , che non è quella della mattina ; tenendo buon gouerno nel man- giare, 6^ facendo altre cofe, che diano vigor all'acqua, perche li porta prouocare. A quelle, clieelli ftentanoà venire, fa ella manifcfto bene- fìcio , prendendo l'acqua nella forma detta , guar- dandofi,mentre la prendono,dalle cofe,chc le pof- fono nuocere-» . Ertendo vfaca , difoppila > fa buon colore dì volto Capitolo 1 1« 42 f volto come Io vederanno da gl’effetti i Signori che Fvferanno per necelfità . Hanno riguardo (quando fi trouaffero patir caldo, ò completorie calda) di moderar la quan tua del legno,& la decottione dell’acqua, come fi cornitene j & quefio fi fa facilmente , vedendo co me procede nel principio Pvfo di quella ; perche conforme àciò, poflòno acerete , & diminuire come lor parerà neceffatio . V fano di quella acqua alcune donne per in*ra- utdarc, & m alcune ha fatto manifello effetto. Quello , che io voglio dire sì è ; che vna Signora « laquai era maritata già molti anni , & non hauea hauuto figliuoli , prefe detta acqua (perche fuo manto laprcndeua per alcuni mali di oppilatio- ni,& per vn certo caldo lento , che li era rimafto di vna terzana doppia, che egli hauea hauuto) & la continuo prendendola nella mattina cal- daV ^,al dcfinar> & alla cena, &tra il gior- no femphee , tenendo nel retto buon gouerno • macchio ^ lngraUÌdò 5 ^ Partori vn figliuolo* Io inrendo , che vna delle principali virtù di quella acqua sì è ; il di fponer la matrice à quello effetto 5 perche per la maggior parte Ie donne non fanno figliuoli perla molta frigidità, che fi ge- nera nella matrice , laquai impedircela aenera- tionc. Et perche quella acqua la confuma .con- fortando , Oc rifoluendo ie ventofità , che danno grande impedimento , tengo per certo, che fa- rà mamfeUo beneficio, come habbiamo veduto, fucile che no partorifeono per ifmifu rato calore, oc ìeccnezza, non vfino quell’acqua , che non gio- verà loro, perche fe la prederàno, & nc fentirann© danno. 42 6 Bel Sajfajrasj & Jue virtù danno, non atmbuifcano Ja colpa, Se il difetro&l- l’acqua, ma alla loro complefiionc , Se al non con- ueoirfi con loro . L’vfo di quell’acqua ingrana manifcftamenre, perche habbiamo veduto molti deboli, 6^ infer- mi , che l’hanno prefa , i quali fono guanti de’ lor mali, Se fono rimafti con pai carne, & miglior co- lore^. Ilche affermano, Se lodano molto quel- li,che vengono dalla Florida, iquali tutti dicono, che l’vfo di quell’acqua ingraffa,& che coli è auue nutoà loro, che non folocon lei fono guariti de* lor mali , & infermità, ma che li ingraffaua , & re- ftauano di buon colore . E coli in loro fi vede, perche tutti quelli che fono "Venuti di là , tutti fon venuti fani , graffi.,0^ di buon colore . Io cre- do, che quando erano infermi, doueano edere deboli, & gialli, & poiché fi rifanarono fecero buona carne. Se buon colore, generando il fe- gato buon fangue,, onde meglio fi marmano le membra ,che quando infermarono . Mi par certo gran colà,che detta acqua faccia cotale effetto, ef- fendo calda,& ficca, fe non è per le cagioni dette. Similmente io ho veduto molti enrrar à tor l'ac- qua del legno deboli. Se fcoloriti. Se vfeir gagliar- di,graffi, & di buon colore, non mangiando altro, che vua paffa,& mandole Se bifcotto. Ne’ mali peftilentiofi , 6^ contagio!! , che habbamo '"Veduto quelli tempi di pelle palla ti, molti i’hanno vfata à beuer per preferuarfi da co- tal male, habbiamo veduto, che muno di quelli che la vfarono , fu tocco dall’infermità, che correua-* . Moiri portauano vn pezzo del- la radice, òael Legno, odorandolo di continuo, come vn pomo > pache col fuo odore cofi gra- 427 Capitolo 11* fo fi| retti fica fife l’aere contaminato . Io ne por- rai vn pezzo molto tempo , Se al mio giudicio tra- mila gran beneficio in lui , perche con quefto, Se coi mafticar^vna fonda di cedro, òdi limone la mattina , Se tra il giorno ( ilche per preferuare ha gran forza, & proprietà) mi parue, mediante Dio, che io mi liberaffi del fuoco , nei quale noi Medici veniuamo polii . Benedetto fìa il noftro Signore, che ci liberò da tanto gran male , & che ci diede quello così eccel- lente arboro chiamato Salfafras , che ha coli gran virtù , Se effetti tanto merauigliofi , come habbia- mo detto, Se quelli di più, che’l tempo ne infegne- rà> ilquale è difcopritor di tutte le colila . Sana ben notare la quantità di detto legno. Se la quantità dell’acqua, nellaqual li ha da cuocere, Se ponere vna regola, & pefo,& mifura nclli affetti^ temperamenti caldi, Se vn’alrra ne’ freddi . Io di- rò Bordine, che lì ha da tenere nel prender l’acqua di quefto legno eccellente . Quella fi dee fare con- forme alla infermità di colui, che la prende, Se fe- condo il tempo, nel quale fi prende , & fecondo la qualità, & compleflìone ddì’infermojperche al co lenco daranno l’acqua meno corta, Se con minor quantità di legno,& al fiegtnatjco più cotta, & con piu quantità di legno. Così fi confiderei intor- no alle infermità, che alle molto fredde fi conue- nirà l’acqua più cotta , Se con più quantità di le- gno, &à quelle, che non fono tanto fredde, òche pac nctpano di qualche caldo? manco cotta, Se con minor quantità di legno. L'iftcfio fi orteruefà nel tempo caldo, ò freddo , & nelle etadi , & altri caia con cotal rifpetto, Se ptoportione . E per più chia- rezza io portò qui 'Vn* ordine mexzano come fi 42$ Bel Satfafrasj & fue virtù i dee vfar quell’acqua , ilqual feruirà ad accrefccre? ò diminuire fecondo che gli parerà , che fi connen- ga à ciafcuno , perche nelle infermitadi molto fredde alzeranno l’acqua di grado nella cottura* & ne! la quantità del legno ; Se nelle infermità, che non faran cofi fredde, òche participeran d’alcun calore , abballeranno l’acqua di grado , cocendola meno,& mettendoui manco legno. L’crdinemez* zano è qucfto . Halli da elegger i l legno , che non fia antico , ma del pmfrefcochefi polla hauere. Se che hibbia feorza , perche quello, che non l’ha* non è buono, nc fa effetto . Hanno da procurare di hauere della radice, perche quello è il miglior del- l*arboro per quelli effetti , Se cure del le infermità, che habbiamo detto , & in cafo , che non fi hauelfe la radice, fono migliori le rame , che nafeono nella cima delì’arboro, &in cafo che mancalfero le ra- me, è buono l’arbore», ma in modo che & quello, & quelle habb’ano la feorza . Della radice fi ha da prender minor quantità, ma più delle rame, Se più affai dell’arbnro; che deeelferil doppio del- ia radice. Hora diremo delle rame , comedicofa mezzana tra la radice , Se Parboro, come di quel- le, che comunemente fi conducono. Di quelle fi prenderà mezza oncia , Se fc ne farà rafadure più fornii, che fi potrà, Se fi porranno in tre boccali di acqua in vna pignatta nuoua , doue daranno in infufione per dodici hore, & dapoi fi cuocerà à fuoco di bronze ben accefe , finche cali i due terzi. Se redi vno . Dapoi fredda fi colerà , Se fi ferberà in vafo vitriato. Sopra quelle rafehiadure del le- gno già corre, fi getterà altre tre boccali di acqua. Se fi cuocerà finche cali mezo boccale , Se non più. Dapoi fredda, fi colerà , 6^ fi riferbaià in vafo vi- trinco. Capitolo 11 . 4.2*/ triato - Dell’acqua prima fi ha da tor la mattina à digiuno vn mezo quarto di lei calda , poi fi ha da coprir bene, 8c procurar di fudare , & fe fudarà fi murerà poi di robba calda,& fi afciugarà il fudore. Màgi di vn vcctlloarrofioA frutte fecche,& con- diti , de beua della feconda acqua al definar , de al cenarci tra il giorno.Poi fi leui>& leuandofi vadi ben veftito,& fuga tutte quelle cofe,che io pofiono offendere. Laferaceni leggiermente delle frutte fecche, Ócconferue, &non ceni carne, beuendo dell’acqua feconda. Quello potrà far per molti giorni fecondo, chefifentirà; perche fe fi leni irà migliorare, con Tvfodi quell’acqua in quella for- ma prefa , procederà innanzi finche refii fano ; ma fe non, la vadi cogliendo ogni terzo giorno, balen- ilo della femplice al continuo . A quella maniera ella fi può dare in tutte le infermità chehabbiamo. trattato, alle quali gioua. Ma quelli, che non fi vogliono mettere in quello trauagho, che certo è il megliore , de più conuenientc , pofiòno far ì?ac- qua femplice in quella formai . Prendino mezza oncia del legno poco più,ò meno con le conditioni già dette, &^lo faccia- no in rafehiadure, & lecuocino in tre boccali di acqua tanto , che cali la metà, più follo più , che meno, &di quell’acqua polfono beuere di con- tinuo al definare, al cenare, & tra li giorno, che certo prefa in quella forma fa, & ha fatto me.- rauigliofi effetti, de cure grandilfime nelle infer- mitàlunghe, &fallidiofe, tenendo buon’ordine, & buon gouerno nelrellodeli’ahre cofe non na- turali . Et benché fia beuuta coli femplice,fa non- dimeno gran beneficio , de fi ha da continuare per lungp tempo, perche l’vfo continuo di que^ 430 Del Satfafrds,& fue virtù • ftafupplifceallavinù della prima , che habbiamó detto. Quelli, che non poffono rcftare di beuer cofc,i vino, poflono adacquare il vino con lei ; perche Jo m farà ancho più grato , & di miglior gufio , peiche queft’acqua ha vn (bau i (fimo odore , che fimigha ^ ad acqua cotta con finocchio, Se molto buon fàpo- (amo re, Se gufto. Sopra tutto fa merauigliofi effetti, come habbiamó veduto , Se veggiamo in diuerie, de. I & varie infermità , maggiormente nelle infermità ^ lunghe, & importune, nellequali non giouanoi n- Ioni medi) ordinari) di medicina, con grandi c lem pi ilio, che habbiamó di ciò veduto . Et fi dee confidera- re, che principalmente gioua all’infermità fredde, & lunghe, Se don e fiano ventofitadi , & altri mali di quella grufa , ilche conofeeran tofto quelli che la vorran miniftrare,& la vfaranno . Vna cofa de- uono notare, che vfata, come fi è detto,benche noti fi conuenga per quello fi prenderà, nondimeno non li può far danno alcuno, anzi fe ben fi porte- rà mente, manifedo vtile dal tempo , che la fi hau- rà prefi , finche fi lafcierà , ilche può far ogn vno affai facilmente , fe lederà , che non troni in lei quel beneficio, che defidera , fenza chel nabbia farro danno , nè pregiudicio alcuno nei tempo che Phaurà prefa_, . Del Cardo Santo, Radice, portata dalla Tsluoua Sfa ~ gna . Cap. Ili- PORTANO dalla Nuoua Spagna già tre an- ni in quefte patti vna radice mcrauighofa, Se cu gran virtù, che chiamano Cardo fanro , iaquaic ha difeoperro ck. fatta palcfevn Padre f ranci fra- tto neila Proumcia del Mcceioacan, infognatali da Capitolo 111. 431 vn Indiano di quei luoghi molto pratico in quelle cofe, & gran conofcùot e delle loro proprietà per- che in quelle Prouincie (come nella piima Parte dicemmo)fonomok’herbe medicinali, che hanno grandi Teoreti, & virtù. Nafce quello noftro Cardo Tanto in quella Prouincia , nei luoghi molto tem- perati,in terre, che nó tono Cecche, nè molto humi- de. La Tua figura, de forma è, cornei nollri lupuli di Spagna ; perche ha la foglia limile à loro , & al lor modo egli fi aggrappategli ha doue andari alco.raa Tc non ha doue aggrapparli,!} dillende fb- pra la terra . Il Tuo colore è verde ofeuro. Non fa fiore, nè frutto. L’odor che tiene è grane, graroal quanto. La radice fa vn fu fio grolle», e poi da lui manda molte radici,che fono della grolfrzza d’vn duo grolfo più, è meno* E nel colore bianchic- Del Cardo [auto, & Jlte virisi . eia. Ha la feorza, che fi Iafcìa . L’interiore, ò pi*- dolia Tua è merauighofamcntc adoperata , perche c compofta d’alcum fogli fottili , che fi poftòno fe. parare ad vno . La radice ha odore quafi aroma- tico . Mafticata rende amarezza notabile, con al- cuna acrimonia . Ha quefta radice le Aie 'Virtù nella feorza . In quefte naui , che fono gionte al prefente , ne c venuto copia di lei , Se fi ha più no- titia delle fue virtù , che per innanzi . Molti di quelli , che vengono in quefta Flotta della Nuoua Spagna dicono molto bene di quefta radice . Ma chi ne dice più è vn gentiluomo , che viene del Meccioacan, ìlquaie n’ha portato buona quantità. Quello che egli dice , & habbiamo efperimentato di lei diremo . Nella fua compleftìone , Se tempe- ratura è calda, &: fecca nella prima meta del fecon- do grado. Lecofe principali, allequali quefta radice gioui, fono le diftillationi, Se i catarri di tefta , perche fa render il catarro per la bocca,tirandolo dalla tqfta col mafticare Vn poco della feorza della radice buona pezza di tempo, & fputarne,ilche fi de fare la mattina à digiuno . Fa venir foori molta flc- gma , Se humori dalla tefta, che farian andati allo ftomaco,ò ad altre parti . Prima che facciano quefto , conuien che fi pur- ghino Se euacuino . Alcuni di quelli che la mafti- cano , ìquah fono facili al vomitare, vomitano con lei manicandola > Se fa render molta colera , fitgma>& molto più fa vomitare, fe fi prenderà la fua decotcione, perche fa vomitare con facilità Phumor che fi trouerà nello ftomaco . Facendo quefto conforta detta radice lo ftomaco , Se mani- candola conforta le gengiue , Se forcificai denti, &pro- Capìtolo 1 11* 43 3 & prohibifce la loro afprezza, & fa che non fi pu- trefanno , nè corrompono . Fà buon’odor di boc- ca , & perche è amara > bifogna dapoi l’hauer ma- nicato lauatfi ia bocca con vino, perche leui l’araa- iitudine^ . Ne* mali, de infermità delle donne, dcpiiido- uefianooppilatiom, & mancamento di purgatio- ne, prefa la polcere della fcoiza di detta radice, le disfa de guarifee , fi fa che venga ben la purgatione, conl’vfo diquefta, fi ha da rorcou vino, ò con Acqua cotta con coriandoli, decanti- la, laquale s’ha da beuere mentre fi torrà . RifoU uele ventofitadi, de conforta lo ftomaco. Men- tre fi prende, fi ha da vnger’il corpo con l’olio di Ambra liquido, de Dialtca parti eguali . S’ha pri- ma da purgare, & poi tener buon’ordine in ogni cofa, de buon gouerno . Nelle pafikmi del cuòre , maggiormente co- municate nella matrice, fa ia poinere detta, Tacqua cotta della feorza delia radice molto gran- di effetti . S’ha dà prender la poluere, comes’è detto, &ia decottionc fatta al pefodi due Reali della radice tagliata minuta , & cotta in vn boeca- ledc mezo d’acqua tanto che cali la metà, defu- buo tor feorze Cecche di cedri al pefo di qnatrro Reali > di canelia fatrain poluere al pefo di due Reali, de dargli vn Foglio con quetie cofe, poi torla via, de colarla. Si donerà prendere ogni mateinavn valettodifei onciedi quefta decorno- ne con zuchero,.( perche è alquanto amara ) ò lèn- za , come meglio fi vorrà . Pi e! apporto peiò , che prima che s’vfi, fi fiano fatte le vniuerfaii, & de- bite purgarioni . Dice quefto Gentii’huomo, che porta quefta jÉ e radice., 4 $4 Del Cardo finto, & fue virtù . radice, che ella gioua molto ne* dolori del mal Francefe prefa ò in poluere, ò la fua decottione: il- che non ho io efpenmemato , perche habbiamo tanti rimedi; per quedo male, che non habbiamo fatto l’efperientia di quedo . Dice, cheli prende fenza guardia , ma che fin che lì prenderàl’acqua, ò la poluere , li tenga buon’ordine, Se gouerno, Se nel mangiare, & in tutto il redo . Nel morbo caduco, che li chiama Gottacoral infermità grande, Se quali incurabile, dicono, c’ha gran proprietà, che fa grand’efFetri , prendendo la poinere della feorza della radice con vino,ò acqua, come più fi conuenirà- Ione con figliai vno qui, ilquale perche era di più di quaranta anni , &già molto tempo ne patina, non ha fenrito fìn’hora al- tro, fe non che con la poluere vomita quando la prende, & rende molta colera, Se non fono coli grandi i parolifmi , come folean edere . Pare à me che non vadialla via di guarire. Daic far l’effet- to in quelli,che non padano i vinticinque an ni, per- che lìn là podono hauer rimedio. Io 'I\-fpcrimcn- rerò in quelli tali , che non faria poco bene, s’ella facelfe l’effetto , che vien promedo . Ne’ dolori della teda "Vfano queda radice in quelle parti , come rimedio grande Se molto cer- to. Diròcomevà lacofa_>. La prima fiata ch’io •"vidi queda radice fu nelle mani d’vn infermo, ch’era "venuto dal Mexico che la portaua per gran colà, dicendo, che fanaua, fcacciauai dolori della teda , fiche egli haueua da alcuni in- diani ; Se noi dimandò, fe la doueua vfare . logu- dai la radice , Se preuenni quello,che ne ho detto. Se lo configliai che J’vfaflTe ; come gli era darò det- to nel Mexico, Se cofi fece egli, madicandola la mattina. Capìtolo ìli * 43? mattina , fputando, con che gli cefsò il dolore della te'fi:a,cae molto era che lomoleftaun . Dapoi mi dille vn paffaggiero,che veniua nella Naue,do-. ue venula quello genuIhuamo3iIquaie ne portaua gran quantità, che flarulo egli nel Nauiliocon do- lor grande di tefta , gliene diede vn poco da ma- nicare,che la mafticò bene, Se fputò con lei,&^ che li cefsò il dolore manifeflamente,& me ne mo ilrò vn poco , che glie naera reflato , che era la me- defima , che io haueua veduto . Dapoi qui alcuni l’hanno vfata ,& ha lor fatto gran bene . Nel dolor de’ denti la celebfan molto quelli* che l’han portata di Spagna. Stando ìoneli’Ho- fleria, doueera quefti , cheportaua la radice,mi Certificò rhofle,che hauendo vn gran dolor di dea ti,fene Uberò col mafticar la feotza di detta radi- ce dalla parte spunto dotfera il dente, cheli dole- rla, fputando quattro poteua^ . Et e (fendo io vn’al- tro giorno nella Dogana à medicare vn Genoue- fe , che (lana là , fi lamenrò meco va’alrro ch’era pur là della medefimanatione, di dolor di denti* & facemmo portar della detta radice , in pre- fentia di rutti mafticò la feorza di quella radice co'l dente che li doleua . óQ fpmò molto, Se fpu- tando gli cominciòà padani dolore. Se innanzi che partimmo di là , li cefsò del tutto. Iohehbii giorni pafTati vn dolor d’vn dente, che mi diè pe- na rutta vha notte, Se parte d*vn giorno, prefi d*vn vafb, che tengo in cafa vna foglia di T abaco* Se Umilmente della radice detta. Se le manicai ambedue inficine. Se fputai , Se mi cefsò il dolore, che non m’è tornato più,& fono più di fei mefi,che mipafiò. Quello è in fornma quello, che ho po- tuto laueftigare dd Cardo fanro, il che è affai, poi- • He i ch’egli 4 $ 6 De' Pater nojtri di S- H eletta . ch’egli ècofi poco tempo,che ficcnofce. II tempo eh (coprirà il refio, & come ne fapremo più* ne da* temo notina d’ogni col'a^ . pe ‘Tater noflri* che chiamano di S. He lena» Cap. IV, DAlla Florida porrano alcune radici rifon- de , che chiamano Parer noftri di S. Helcna jqtiali tengono quefto nome, perche fono in vn Poi* to di quella terra, che fi chiama così . Quefte fono alcune radici lunghe diuifein nodi , in modo che tagliando ogni nodo rerta rifonda , come vn Parer tioftro, delle quali forate nel mezo fi fan Rofari j, che portano i foldati al colio per cofa di molta fii- ,pa. Si feccanoediuengon dure come orto . Nel- l?efU riore fon negre , & didentro bianche. Sràla feorza attaccata cosi forre, ch’ella & la midolla fi fa nitro vno , & fi fa rugofa com’c feccn . G urtata radice, tutta tiene fapor aromatico con buon Capitolò JV> ' 4$? goffo . Pare al gufto,che fia vna generation di fpe. eie, come Gaìanga . Sono della groffezza del dirò groiTo poco più ò meno . L’herba, ò pianta non ha molto furto , le frondi fi fpargono per terra . Fà iè foglie larghe , grandi , & molto verdi . Nafce per l’ordinario ne*Ìuogiii humidi . La fua compieflìo- tieécaldain fin nel fecondo grado, &fecca più che nel primo . Le file virtù fono querte-» » Gli Indiani vfano l’herba pertata tra due pietre* quando fi hanno da bagnare, fregandoli con lei tutto il corpo ; perche dicono , che raflbda loro la carne, & li conforta col fuo buon’odore , & quella fanno il più del tempo per lo gran beneficio, che ritrouano in lei . Ne’ dolori dello ftomaco i’vfano gii Indiani,, prendendone la poluere, & i noftri Spago noli la vfano per l’jftelfo effetto, tolta focalmente neifino fufione del vino , delche io ho veduto in alcuni no- tabile efperientia^. Nel dolor del fianco fa la poluere di radice ma- niferto effetto, perchealcuni hanno prefa quella radice fatta in poluere-in vino, hauendo cattauia la doglia, & è lor ceffata. He non me nemeraui- glio, perche ia fua qualità manifcftaè bartante à produrre limili effetti . Ne* dolori delLorina, à quelli che non poffono ben'onnare, prendendo la poluere, la provoca , ó£ fa vfcir fuori . £' cofa coftumata per molti di quel- li, che fono vertuti di quelle parti , iquali l’hanno vfara in mali limili. Et qui fi ha veduto la me- defima efperientia , che vno , che haueua vna pie- tra , de non la potcuafar, vsò alcuni giorni della poluere di quella radice , & la fece facilmente^* Vn foldaio porcaua vn Rosario al collo fatto di £ e 3 quella 43$ Del GuacatcW, & fuc virtù • quella radice, & m 'incontrò vn giorno, & mi di- mandò, fé conofceua quei Parer noftri, di che era- noverche li era fiato detto , che erano di radicedì Gendana. Io li dilli , che i Pater noftri erano fatti di alcune radici, che fi trouauano nel porto di San» ta Helena,& che non era Genti arr* . Alì’horami narrò gran '■virtù di lei , e li effetti coli buoni , che Pvfo di quella faceua, fiche io credetti , perche par bene , che la radice habbia gran virtù medicinale, fecóndo la fua maniera, & aromancità,& per quel-* Io che io ne haueua fpenmentato , Del Guacatan , Cap . V . HAjjno portato in quelle Naui vn’herba dalla Nuoua Spagna, che chiamano gli In- diani Guacatan, laqual fimiglia molto il noftropo Jio montano, eccetto, che non ha odore , E' piccio I a Eerba,bianchiccia, puntata . Non sò fe porti fiore, ic fratto* Ho io l’herba fon za radice * timidi- fatti- ikdi l il» fatti ih ! M ai,à! | àf | leniti Capìtolo V - Ilfoo nome proprio tra gli Indiani è il detto. L’iftelfole hanno pofto li Spagnuoli. Vfanla «rii Indiani per le infermità, che diremo,& per le ifief- fe la vfano li Spagnuoli là, & quelli, che l’hanno portata qua con notabile beneficio. Nelle Hemorroidt la vfanoin quello modo.Pe- ftanoi’herba molto bene, & lauanorHemorroidi con vino , nel quale fia fiata cotta quella herba be- ne ( ma fe fono molto calde, fi cuoce in acqua) Òc con quella decottione calda le lauano , & fubito le afemgano leggiermente, & le pongono fopra delia detta poluere. Et certo è mcrauigliofo l’dfetto, che fa in quefto cafo, oud'iodapoi veduto i Tuoi buoni effetti , ftimo la detra herba molro . Douunquc s’habbia dolor per freddo,ò per ven. tofità fia in qualunque parte del corpo , che fi vo- glia, ponendo Trementina in ogni parte che dole, òc mcttendoui la poluere di queft’herba fottìi, mente pedata con vn panno di lino,ò di fera fopra, fi attacca, come colla, in tal modo , che non fi leua finche cella il dolore . Et di ciò tengono manife- fta efperienza quelli di quelle parti , & Umilmente quelli di quelle i perche l’hanno fperimentaro . La poluere di quefia herba porta in piaghe pic- ciole, fpecialrnente nelle parti occulte, le netta mondifica* & le cicatnza, & lana-» . Ec 4 DdU Della Oy ^ada * Della Oratola. Cap. VI . POrtano firnilmcte dal- la nuoua Spagna vn fenic che fi chiama Orzada.Le po- fcro quello nome pei vnafi- militudineche ella ha coni! noftroorzo, perche fa vna fpi ca come eflò,e nella fcorza ne ne inclufo il feme;ma è molto da lei diuerfa nelle virtù, nell e Tue qualità, perchela Or zada è il più gagiiar do canili co, & corrofiuo, che fin hog- gidì in herb^jò in piata fi hab bia veduto;etàto,che fa eueì- l’opera, che farebbe il folimfc to,ò rifagallo.Onde dcuuque fa meftieri di cauterizare, ò abbi ufciarejò corrodere qua- lunque carne per putrida che ella fi fia, ponendo la poluere ili quello Teme, fa la filetta o- pera , che farebbe il cauterio, facto di ferro ardente, di mo- do che c il più gagliardo cau- terio potentiale, che fi fappia finallora. Eilingue,& ammaz za il cancro,per forte che egli lia, ammazza, 8^ difcacciai verni douuque fi fiano.Man- già, & corrode la carne catti- ua, & putrida,Ieuando quel- la delle piaghe, come gagliardo afterfiuo. Gli Indiani, perche non haucano nè fplimato,nè altri altri cauftici , come habbiamo noi , quando haue- nano da vfare di fimiJi rimedi j ,teneuano, & ren- gonoqueftofeme'per cauli ico porentiffimo, come egli è in vero, & coli fé ne vagliono, come di rime- dio efficaciflìmo. Si dee mettere quella poluereà poco à poco , Se piu , ò meno , conforme alla grandezza cic;l male, ponendo 1 difenfiui, che fi vfano à mettere, quando fi adoperano firaili rimedij . Nelle piaghe vecchie , Se immonde, doueèbi- fogno di corroder la carne trilla, con prender que- fio teme, & macinarlo & diffoluerlo bea con ac- qua di Pian taglile , ò acqua rofata , bagnando nell’acqua chiara, che reiierà poi di fopra, '■yn pezzetto di tela > ò ponendo in luogo di tela , de* fili bagnati neli*acqua, netta la piaga 5 mangian- do la carne cattiua di tal maniera , che per catriua, & antica, chefia la piaga. Se per immonda che fia, la lafcia netta,& con la fua carne falda Se Tana * Dapoi quello deonfi "vfare quelle Medicine , che hanno '‘Virtù di generar carne ; perche l’effetto di quello Teme non è, fenon di mondificare , Se nettare, dcleuar il fouerchio della piagai. Qu^I ito effetto medefimo che fa in noi altri fa ne gli altri ; ne* quali per la maggior parte fono pia- ghe mo Ito cattiue , cancherofe , piene di ver- mi,doue polla lafemenza(feil cafo farà coli gran- de, che lo richieda ) ò la fua acqua , come fi è det- to , fa lo medefimo che fi è detto, Se meglio, vfan- «do Tempre nel luogo , doue fi pongono cotaJi me- dicamenti, de* djfenfiui , che fianocoriuementi i perche è medicanti n o fortiflìmo, che ne hame- iliero di tutti. Dirò ]uelIo,cheà men’èauuenutoc Mi portò queito Teme vno Indiano con altre molte Jhcrbe » I y f 1 c9]| ! 442 D' Alcune herbe , di gran virtù . herbe, & andando difeorrendo Copra di loro, quan- do venimmo à quefto Cerne, ne prefi vn grano, melo polì alla bocca, per prouarlo. Quelli, che l'haueua portato (come quel , che bene lo cono- fceua) mi preCe lamano, & non mi laCcio pigliar- la; ma con tutto ciò, ione ruppi co’ denti vn gra- no, eh» non è maggior che vn gran di temenza di lino , Se anco più picciolo, & tien gran fimihtu- dine con quella , & nel toccarmi la cima della lin- gua quefto Cerne rotto , mi vi fece vnavefi.ca , che mi durò per alcuni giorni, loia diedi al Diauo- )o, & credetti bene ciò , che di lei mi affermauano. Hora io comincioad viaria , & fa piu effetti , che non fi dicono . E' calda in quarto grado , & piu, le vi fon gradi. D’ alcune berbe di gran virtù. Cap. 111. SI m i l m e n t E tengo vn’herba , che cotta ,& prefa la fua acqua calda , fona il mal de petto , laqual non sò come fi chiama, Ce non che nella me- mona di lei veniua ferino quefto . Etvn’altra, chefavfcir la creatura morta del ventre, & le feconde, perche di quefta ne tonno grande efperientia gl, Indiani, per quefto effetto, & ha gmuatovna fiata in quelle parti. . . !, herbe fecche, che t r1, in ferra L'altra, che effendo fparfò per ter- “° nel toccarla par cogl ierla,fi increlpa, & fi neo- filie in fe ltella, & ferra , come vn caule Murciano. Capitolo VII > 44$ Cofa merauigliofa, & di grande confiderà tìon e* Tengo Helleboro negro portato dalla Prouin- cia dei Meccioacan, come quello di Spagna, & fa ridetto effetto . Quelli giorni effendo venuto vn giouine ì con-, figliarli meco, ilquale veniua di Quito, venne da me vn mio vicino dicendo , che la fua figlia ftaua molto mal del fi u fio, onde io la medicaua, & che le vfciua molto fangue,& che l’andaffi à vificare_^. Dimadommi l’Indiano , che cofa era fi utto di fàn- gue. Io. li ditti quello , che egli era . Egli mi dif- ficile mi darebbe vna cola, che fatta in poluere*& prefa, lo faceffar fubuo, laquale egli in Qmto ha- neua efperimentato molte fiato. AndòU padre di lei con lui al fuo alloggiamento, 6^ porrò va pezzo di vn frutto, che pareua etter di arboro . Da vna parte era molto lifeio , & di color giallo , dal- l’altra molto ai prò , & molto colorito , che pareua morello . Egli fi pedo fottilmente , & ne fu data la poluere alia inferma con acqua di capi di iole, vna fiata à quell’hora tarda , l’altra la mattina, & fubito incominciò àceffade ilfluffo, & daldhora innanzi prefe miglioramento, onde venne à nfa- narfi . Et perche mai più non vidicolui,che lo die- de ( benché lo procuraci con diiigentia)non po - tei mai Caper ciò che era, nè che arboro era quello, che producala il detto frutto. Di queda maniera fono molte altre cofe nelle noftre Indie Occidentali, che hanno gran virtù, & grandi Teoreti Medicinali -, de’ quali ogni gior- no fi Capra più ; & fi andaranno difeoprendo ? ac- cioche polliamo feruirci di loro. Ilcht habbiamo veduto molto manifedarnenre, nel beneficio, che hanno facto quelle che fin’hora fono date portatei 444 !>' alcune herbe dì gran virtù i poiché è tutto il Mondo pieno delle fue oprem<£ raui^liofe a curandoli con elle infermi' à » ieqnaft non é (lato ballante tutto il redo deila Medicina à fan a re, co me fi vede in tuta quelli, che le vfano>&: adoprano,coo grande vti!e, lequati con rama ripiiratione fi conducono dall’India di Portogallo, de come per {ardanone & o ; dine, die io fcrulfvcnero in cognicione di lei . Cofi certo ìnelbmabile , degna di elfer tenuta molto cara, che vna cola, laquai’è tatuo meraui- ghofa , & di tanto prezzo (i habbia crenato nelle Indie di V. M. «Se fian cofi facili da poterli hauere, ik cofi certe Se vere , che non tegm&uio dubbio de i Tuoi effetti, & virtù . Ilche non è cofi in quelle che portano dall’India Orientale, che fe ne vengono- dieci vere, fono accompagnate da cento falle. On- de quelli, che le coprano, deuono molto bene con- fiderare quando le comprano, che non vengano ingannati. Quelle che fi portano dalle nollre in- die fono tutte di vn modoillelfo, nè fono diuerlò in altro, che ncli’dfer grandi, & picciole . Li effec- ti,che fanno fono merauigiiofi , perche è pocentif- fima la tor virtù centra ogni veleno , & febri pdli- fere ,6Q_ humori velenolì,come nella terza Parte Dio pei mettente diremo . il modo, che fu porta- ta Capitolo VI 1 1 44? cala lettera era quello. Venne vn piego come di ictrere inuolto in vna tela incerata coli ben allibra- to , che poteua andare in ogni luogo , per lontano Chefufle. Aperto quello > eraui vna cadetra fatta d’vn pezzo di legno ben grolTo,coocauo>ch’cra bel da vedere . Nel concauo di quello erano le herbe, & femenze3che dirà la letterajfopra d’ogn’vna era fcruto quello ch’era . In vn lato del legno , ch’era concauato vn poco più , erano tre pietre bezaar fermare con vna pergamina con la fua cera , ben gouernate . La lettera era polla di ferro , ferma di molto minuta lettera, & alquanto difficile da leg- gere . La foprafcrittadiceua à quello modo . 44-6 AL MOLTO MAGNIFICO Signor , mio Signore , IL DOTTOR MONARDES Medico in Siuigiia_;« Molto Magnifico Signor . O l t o famofo Dotteremo fa molta mo ua parerà à V* Merce, non effendo io li- ter ato , n 'e della futi profefiìone , che le ferina in mate ? ia del fuo efferctt Muffen- do io vn foldato,che ho feguito la guerra in quefle parti tutta mia vita . Ma ho ciò fatto, effen- do affetti onato à V . Mere e, per va libro, eh’ ella ha com pofl'o delle Medicine, che fono in quefle parti , & delle loro virtù & beneficij , Uguale ha fatto qui tanta vtili- tà,& bene feto, che non lo potria narrare à V- Merce , perche babbi amo hauuto bordine , come fi hanno da vfare i rimedi /, che habhiamo quia qua li innanzi era- no adoperati da noi fenzji regola , ne modo alcuno , & noti face unno co fi buon effetto , ne fi nmedia.ua tanto con efiì . llche alprefente è al corti? ano, che mediante i fuoi libri, fi fono fanati mofii, che mai non pelaro- no di ricuperare la fan ita , ne hauere rimedio alcuno • lo Signor ha pm di vendono anni , fin' allo fcriueredi quella, che vado peregrinando per tutte quejle Indie, doue fono molte di quelle c afe, eh' e Ila 'firn uè nel fuo libro , (jr altre che non fono condotte cofi) ; per effere i Medi- ci, che vengono in queffe parti poc o curiofi , iquali non attendono al bene vniuerfale , ma al lorfolo particola- re , venendo per arricchir fi folamente • Et perche la geme che pajfa à quejh luoghi per la maggior pam è igno - Lettera del Perù • 44? e ignorante , non apprezza il bene 3 che potria fare . Io Signore, benché non habbia lettere 3 fon nondimeno af- fezionato à gli huomini dotti , cornea E. AI. sì per lo [no libro j come per la fama 3 che ella ha in quefle parti, la quale e grande ;ma tutto che non la conofca3 ho volu- to tuttauia prender queflo trauaglio 3 che mi e diletto. I . Alerce fenue nel fuo libro , dando notitia della pie- ira Segnar . & da i fegnali dell’animale 3 che l’ha 3 li- quali con fiderati ci habbiamo abbatutotn vna fpecie a ammali 3 che vanno perle montagne di quefle Regio- ni 3 h qua li [mugliano ?nolto à Montoni 3 0 Caproni , cu ella dice e [fere. nelle Indie di P ortogallo 3 iquah gene- rano, ò- hanno le dette pietre 3 & ne fono molti in que - Jti paefi nelle Al ontagne 3 & luoghi freddi . Sono per la maggior parte di color rojjo . Pafcolano herbe [aititi f e- ' e 3 delle quali ha gran quantità nelle A4 ontagne 3 oue nafeono . S ono molto leggieri 3 tanto 3 che non fi pojjono cacciare 3 [e non con archibugi . Sono diuerfii f blamente da quelli dell’ India nell’ejfer priui di corna 3 perche m tutto il re fio fono gl’ift e /fi . A’ quindici di Giugno di quefl’anno ij68. io JffC P re da quelli Indiani amici , diquefie pietre , che fica. vano da quefii ammali, fi e; C tra ogni veleno , & comra ogni ffecied toffko man- giatl ò in altra maniera , & ne' mali del ouon^nd d‘fcacciarc,& venderei vermi del corpo . Aellcferi. Lettera del Ter u . 44$ te melenate fatte con herba mortale , laqual vfano % Caribi , pofta la poluere di quefta pietra dentro, è gran rimedio . Lo dicono anco gli Indiani , che que- lla pietra è con tra il veleno dell' herba mortale 3 che e fi me de fimi vfano , per vcciderfi l'vn T altro 3 & per vccider noi jiejjì , perche molti de* noftri Spagna oli fono per lei morti ar abbi andò 3 & con i frani acciden- ti , fèn^a trottare 3 nè fapere alcun rimedio . Vero è, che nel Solimato han ritrouato qualche rimedio 3 po- nendolo nella ferita, ma fe i herba è frefca 3 gr da nono poffa,gioua poco fe ne muoiono fenfa rimedio . Ca- vammo del primo animale 3 che aprimmo da quel boc- ca lino, onde torna à ruminar 3 quando egli giace, T ber- ta che pafcolò , notte pietre . Et pare , che come T her- be che pafcolano fono di cofi gran virtù , co fi quiui dal loro fuoco per ordine di natura fi generino , CT na- fcono quelle pietre , che hanno cofi rare virtit . JMe aprimmo de gl* altri di quelli 3 che haueuamo morti cacciati ,& va tutti trottammo delle pietre maggiori, 0 minori , fecondo la loro età . Et fi de notare , che quelli, che pafcolano nella montagna , fono quelli , che generano le pietre , che hanno virtù , perche quel- li, che pafcolano al piano , come non mangiano , nè fi nutricano delTherbe virtuofe della montagna , cofi le pietre , che hanno , benché habbiano virtù , non fin però tali , nè tanto buone , come quelle , che hanno quelli , che fin nati , gr fi nutriscono nella monta- gna . H abbiamo cominciato a vjàr quefe pietre fe- condo l’ordine, che V . M ercè da neifuo libro , dandole nella quantità , che ella dice , c 7 per le infermità , ade- quali ella ferme lei ejjèr di beneficio. E abbiamo vedu- ti in loro effètti, che ci ha fatto merawgliare , gr in lo- ro habbia no veduto mani fe fi beneficij gr hanno gua- nto d’infermità molto grandi 3c he ji mer aitigli ano tut- F i ti o Lettera del Perù . ti quelli, che l'han vedute . Ma Signora C atherim di prera fare Ila del Signor Prendente , & a Dorma Ala- ria di Riber a , Cr a Diego di Andrada , & à Diego dell’ I fola, & à A4 ariana moglie di Afaeftro Gìou an- ni Platino , & al Padre lofippe Maruinos, & al Pa- dre Fernandes Clerici, & altri molti, hano fatto gran- di beneficij quefle pietre , [amandoli di molti mali , che farebbe cofa lunga dardi loro nonna a V - Alerce . Ra- fia à dirle, che ìlle fono pietre , di gran virtù , & come cofa nuoua le prendono in po licere tutti quelli, che hanno infermità , che non fi pofjono [avare con A4 e di cine , Q* Molti guarirono , ilche fta à laude del nofiro Signore, che pofe in loro corali virtù . Due fi e fi hanno v fiat e dapoi quella caccia, che ho detto A4 • perche quelle furo- no le prime , che fi difcoperfero nel A4 ondo , per vfo ài curar -infermità , & feriamo , che habbiano da fa? e opere merauigliofe, fecondo che hanno cominciato. T 'ut- io ciò fi dee a V . A4, poiché col fio libro ne die nonna per trouarle , & di [coprirle , & cattarle di quefii ani- mali, chele tenevano cofi occulte . Che certo fi dee à fr.A4- molto ; perche ne di fc opri cofi gran theforo,come quefio,che è il maggiore, che fi fia discoperto trovato in quefle parti. Onde le deve la no fra nation molto, & finalmente tutto il Adendo , che fi ha da valer di loro , & degli altri Jecreti,che V Ài . mette nel fuo libro, de ■* quali noi qui ci valemo molto, & credo che fi ne vaglia agniuno . in ricompenfiadel beneficio, che io ho ricevu- to per la mi a parte , mando à D >A4 . vna dozzina di P te- tre per via di Giovanni Cor^o mercantericco. Se giun- geranno cofi) , ella f ara di loro ef eri ernia va molte in- fermità , che fi troverà grandi effetti in loro . Per la 'mede finta via ella mi avi farà della ricevuta ,& di quel piu che ella farà feruitach comandarmi , che lo faro , come bìmmo , il qual le e affetti ovati fimo, per hauerla veduta Lettera del Perù . 4j t veduta curio fa , & dona , & far tanto ben al A4 ondò von quello che ella ha fritto, & publicato . H ora io mando à È. A4- vna caffè tra, nella qual fo- nò alcuni fafuolijh qitali ella darà ordine , che fi femi - nmo al principio di A4 arino , perche il fieddo non li abbrufei . Quefi fanno la pianta come le faue alquan- to piu pi cuoia 3qu ali hanno le vagine doue fanno i fé- mi . A4 andando vna doz^ena di quefi con fate, iqua- d hanno fapor di faud frefea, purgano gaghardamen- tegli huomini colerici, & i fìegmatici mediocremente , G euacuano l'acqua de gli hidropici fenz*a grauefua* I. mede fimo fanno , fe effondo [cechi fi metteranno à moli e, & f torr anno con inno - E mefiicri tener appa- recchiatoti cibo, perche fc purgaffero troppo, mangian- do, cefjer à f abito l' operazione - A4 andò fimi l mente à V- A4 .vna herba, chcnafce tn quefi piani in j erta nella terra, come gramigna, la- qua/e e digran virtù per molte infermità , & faccial- mente per quelli , che parificano ài fi t llat ioni , mal di gola fiegmoni, & altri mali, per che fattane decottrone, G vfiandola in gargart fmt , li fa ccjfare molto facil- mente t& con gpran benefìcio. Et per qu e fio , c r per h dolori della te fa , & deflillationi y manicandoli , fa fiutar molto . Chiamano qucfla hcìiià del mio nome, perche io la vfo,& tòn figlio, che gti altri ì'vfimo in ma- li filmili ; la qual mSnfègnò vno Indiano , che fapeua molto dell' herbe - • < J Similmente mudo à E A4 . vn frutto di vn'arboro, che e di gran beneficio , t quali arbori non fi trottano in at/ e parti, che in quefic . E della gran delfica di vna Qiierci a di quelle di Cafiglia . Ha la fcorfa,comc di ^ erTL 3 6 laf°&la C(ime di fraffene . Ha molte virtù, perche la fcorzjz fatta poluere, cr po fi a [opra ogni pia- ga, che habbia me fieri di effer nettata , per ejfer ini* F f i monda s 452 Lettera del Vera- monda, la netta, tfir dapoi fa ere fcerla carne, & la fa - 7ia molto bene - Fregando i demi con detta po/nere , li ■netta,Cj polla nelle gengive [carnate , le incarna , & ferma li denti, che fi muoaono . C ocenao ben le foghe 'di que/i* arbore in acqua , & lavando con ^ue (l’acqua ogyn enfiatura , che habbia qualche piaga, o che fia ap- po [ternata fava la gonfiezza , & la pofiema . kt po- vento vna t ela bagnata in detta decozione tepida fi opra il medicamento, che fi mette f opra la piaga, o f opra la polvere , che fi fece della forza. Liquefi fi pone per fa- vai' le piaghe fa, che quelle piaghe fi fanino piu lofio , vietando che non vi di fci ridano gli burnori . Dell ar- boro efie vnarafa odori feniche ferue per profumar in molti mah di tefta, & per far empiaftri per molti ma- li . Fiorala mando a V. AI -Del frutto fannogh In- diani certa bevanda > hqual per loro è molto firma • V \ Merce la faccia fe minare j che vorrei che nafcefjero, pere he farebbe co fa di gran piacere per li beneficq , che fa nella Medicina ,& por la notata, delibar boro, per c he rn ogni tempo ha motto buon’odore . _ lo menai in quefie pani vna II egra , che comprai a Xerez della frontie- ra , laquale rimafe , quando venimmo qua con alcune piaghe vecchie nelle gambe , le quali ella haueva già 7K otto tempo, & venendolo alla fola della Margarita molto travagliato, per le piaghe, che haueala mia Xe- tjra,vn Indiano mi di fife, che lafanerebbe,& vedeva io \he quivi non haueuo nitro rimedio , la pofi nelle mani dell \ ridiano, perche me la curaffe,ilquale prefio va f rat tcfche in quella terra è corr uve, & lo mangiano tutti m venerale, eh’ e della grandezza di zn Aratilo, w tie- %e va’ olio , come Per fico) lo abbrucio , & ne fecepoF m e ( perche l’oJJ'o è duro, ne fi può pefiarfenDi abbru v (ciarlo) & le poje la detta polvere nelle piagne, eh ella banca con inolia carne putrtda,& molto forca, le qua- iMicYddel Perii 4fg h con la detta polvere fi nettarono molto bene ,0* fife Corro fi tutta quella carne putrida fin sul’ofo . Dapoi fatte nette , confili , fi vn poco della poluere , fi le comincio à generar carne nuoua , finche fi empirono di carne >& fi fanarono molto bene . E fi dee confi* dorare, che damma de/l’ofio ha tanto veleno, fi mài* Ha, che 'fi alcuna perfori a , ò animale la mangiare* morrebbe fiubito. f enz.a alcun rimedio , come fi haueffe mangiato ognUttro veleno corrofiuo , come fili maio, « n\ agallo . Nella terra di P e fio , doue io vijfi alcuni anni , ha* aeavn Indiano, che medicava i fimi * fi li Sparano- li a ogni infermità che effi hauejfiro, con vnger loro k giunture, fi le parti che lordoieuano , òdoue haue fie- ro il mate , col fumo di certaherba , fi filmo li co- priua , fi fidavano perle giunture puro fan ir uè , fi finalmente per la parte inferma , doue poneva il fic- co, 0 tome andavano fidando , andava ri cogliendo Or nettando con vn panno di lino il (àngue , fin tanto che vedeva che fuga baftanta . Dapoi linwriua con co te di buona fa (lam ia , facendoli fi dar tante fa- te, quante vedeva che barattano, fi Con qu e (lo fan al * '™°™olt! d>?f*rmità incurabili , (fi fi debbo dirlo à y Merce, egli pareva che molti rfegiouenifero,fi re- fi afferò piu gagliardi, fi pfi giouani,. di quello che era- no prima che in ferma fero. Et per copi che noi facem- mo ne per doni, ne per carenze, neper afpreTle, ne per minacele , mai non volle egli dirne , che herba fife quella , ne mo (Ir aria ad alcuno . In quefta terra fi troua vna (pecie Carfaro, eh1 è di le- gnotenero Li Indiani piu tofio fi lafieriam ammd&f re . che andar al fuo lame,j?cbe dicono, che me ttedoi* In- diano alla luce di quefh arboroMdolc il fuo fimo refif impotente con donne- Et tengono quefto per co fi certo, fi F f 2 ' veri- 4J4 Lettera del Perù . JffJ T neri Reato, che non andariano al fuoco, che fi fa di quel- lo, per tutte le cofe del mondo , perche effi come carnali non vogliono quefto . , Curano in quella terra le enfiature , che vengono a medi , & alle gambe da humori freddi , con vn’herba, che fi chiama denteila ; laqual pejUra, & po fi a [opra la enfiatura , lena ftubito alcune ve fiche , per le quali elee molta quantità in acqua Cy humore finche refi a il Lede, ò la gamba afteiutta . io ho veduto grandi cjfe- rientie di quelle euacuatiom tra gl’ Indiani ,che l vja- no molto , '& ho veduto alcuni Spagmoh vjarla , O ^UajPetfrannodel cinquant. lotto . In C bile fi tagliarono alani indiani prigioni le fole de’ piedi per mangiar- tele & r aro ftirono pure per ciò, & quel che apporta piu merauìgliasi è , che fi pofero [attaglio alcune foghe di certe herbe, & non gli vfet goccia di [angue, tenendole Covra ■ Et quefto videro all’ bora molti della citta di S -Iacopo , prefinte ilS- Gai eia ai M endoz,z.a, coe}u. C afa che fece merauigharogn’vno- Herbe, & arbori , come quelli di Spagna qui fi tro- iano molto pochi , perche la terra non li porta . Nella Nuoua Spagna ve ne fon piu , che in altra parte nel- le Ir, aie , che quando fi conqutfto , trottarono molti ar- bori come quelli di Ca(ìtgha,& molte herbe. Ca piate, colite quell e,c he ha in CafHglmi& augelli, & animale finalmente . Oim che habbtamo qut fon [erpcnti , che pongono mmmiglia à chili vede , i quali fono tan- to prandi come huommi , & fono ptaceuoli fimi , & non fanno male . Ci fono ragni grandi come granfi, molto maligni & molto velenofi- Ci fon r0SPl L°fl orandi come quelli di Spagna, liquah mangiano gli Jn- ptiatti acro (h, pecche fono geme, che mangiano ogni ge- neratione difaluaticine-C i ha tati Auolton.chc nafta- Lettera del Perù . 4 s s no in molte Ifole, che fono in queflo Afarprejfo a terra 3 chef mangiano le pecore 3 & in tanta quantità , che mette jpauento ; perche ejfendo i Negri pofli alla lor guardia , ne han poca cura . Di vna cofa mi meraui- gho,che le vacche ,che nafcono nelle montagne 3 condot- te al piano 3 fi moicm tutte . io vidi che vn amico mio meno trecento vacche per pafcolare,& fletterò qualche tempo che nonpafcolorno 3 & à poco a poco in vn mefe non gli ne re fio muti a, che tutte fi morirono , er quel >c he è piu da merawgharfi e > che fi muoiono tutte treman- do 3 qt confumate . Alt uni ne danno la colpa ali effer la terra delle montagne frgidijflma 3 & piouerui ogni giorno 3 & nel piano non piane 3e far caldo, onde mutati - do fi da vno e fremo all’altro ,Ji muoiono 3 che certo Si- gnor è cofa degna di conflder attori e 3 vedendo 3 che m Jpacio di otto leghe poco piu 3 ò meno 3 che ci fia di pia- nura dalla co fla alle montagne pervn tratto di piu di mille leghe 3 guimai non habbia piouuto 3 & che nelle montagne pioua ogni giorno . Sapra ih. Ai. chea gli 8> di Ottobre di que [fanno giunfe qui vn mio cugino 3 che fi chiama A tonfo Gar- bila molto buon faldato . (A ci dijfe 3 che ha trottato vna herba3Ìaqual e cantra quell’ herba, t he 'uccide ferì fa ri- medio > & vfano i Caribi 3 ergi' altri indiani v ado- ro fi nelle loro guerre 3 & cacete 3 1 quali h abitano da Charcas fina Chile 3 & viuono come Arabi 3 mante- nendo fi folamente della caccia 3 cr di carne humana* Que fli con le fr effe mherbate hanno morto va’ in fini- ta di Spagnuoh 3 tquali dicono 3 che neri fon buoni da mangiare 3 per ejfer carne dura 3 onde quando li vcctdo- noji tengono à macerare , tre, & quattro giorni . C on quefl’herba 3 che bora fi hatrouato fi rimedia molto al danno 3 che ef]ì fanno 3 perche 1 nofin non li 1 err/euano 3 fé non per iherba 3 con laqual vngono le faci te3 ode ti- F $ 4 rana 4 r 6 Lettera del Perù . tano 3 lacuale li faceua morir Tribbiando , fcn\arime- dio alcuno . .>4/ preferite con la conn'herba , che hanno trouato, fanno tutti molto allegri < Dicono y checvna herba, laquale ha alcune foghe larghe , che fi può f mi- gliare alle foglie della Piante gine di Spagna , la qual pefia,& pepa nella ferita attcjf cara, mortifica il tc (fi- co,& il veleno , & fa ceffar (libito gli accidenti 3 che fa il veleno delP herba . Si ha per cofa di gran momento in quei luoghi l'hauerft trouato cotal rimedio , & [appi a [/. J[4 . che fi trotta la contr' herba nel me defimo luogo , dotte fi troua Pherba , O' credo che arie ho ne fi a in altre parti , ma là , dotte fi fa il danno ha piaccialo a N -S di [coprirne il rimedio . Scrino a F- A4 . quefie co fi , perche di qua ella confe- deri quante, piu herbe , & piante di gran virtù filmili a quefia debban tenere le rtofire Indie , lequali non habbiawo trottato, ne fappiamo , perche gl' indiani , co- me geme cartina , & no fra inimica , ?ton ci dtfeopn- rebbono vn ficreto > ne vna virtù di vn' herba , benché effe venijjero fegati per mez^o . Che fi alcuna cofa pap- piamo di quefie , che ho detto , & d'altre , fi fanno dall' Indù ne, lequali come vfiano con li Spagnuolidi- fc oprano loro, & dicono tutto ciò, che fanno . Non vo- glio ejfèr piu lungo , perche non sò,fe quefia lettera per - uenirà alle mani di V-A4- Se ella vi giungerà, piacen- dole di darmene auifo, io le fermerò piu alla lunga , & con piu particolari di quefia terra , & delle virtù d'ai- tr* herbe, 07" degl' animali,^ d'altre cofe,che so, che le daran piacere , poi eh1 ella è cofi curio fa di fapere quefie cofie . N>S- &c. Vi Lima nel Perno.' 2 s -di Decemb. l'anno i p 62 Bacia la mano di F- Ai. Pietro di Ofina, Cr di Xara, (fi Zegio. Lettera del T^rh: '#jy QVesto Gcntil’huomo del Perù , che m* ferine quefta lettera , benché io non lo cono- Tea , pare huomo curiofo , de affettiona- fo à quefte cofe ; de io lo rtimo molto . Perche ef- fondo V officio del foidato maneggiar Pnrmi/par- geril fangue,de far altri tflcrcnij militari^ de erti- mar molto, clic voglia inquii ir, de cercar herbe, Se piante, per fapcr le lor proprierà,d<: virtù . Nelche parche habbia imitato Diofconde, chetrattaua ranni nell’cflercito di Antonio Se di Cieoparra,dc per ogni luogo doueegli andana, cercaria di fapere dell’Herbe, Ai bori, Piante, Animali,& Minerali^ altre molte cofe , delle quali fece que’fuoi fei li- biche fon tanto celebrati in tutto il mondo ; onde egli n’acquirtò la gloria , Se la fama , ch’egli hora tiene, & ha riceuuto maggior nome dallo fenue- re, chefehauefic guadagnato molte Città con le fue ai mi militari . £r perciò tengo in gran pregio quefto Genril’huomo, perla fatica, che prende nel voler fapere, Se inueftigare queftecofe natura- ci j & h ho grande obligo , per la buona opinione^ ch’egli ha di me, per quello , che mi ha jnuita- lo, che cerco fide apprezzar molto. Io procura- re refcriuendoli, che ne mandi più cofe -, polche ci farà gran Theforo il fapere li fecreci, de merauiglic della Natura. Dell’heibe.chcmi ha niandamfa- ròefpcnenza, de faprò le loro virtù, dequelloche fanno. I femifeminaremoà tempo. Le pietre Be- zaar mi paiono diuerfe da quelle, che portano dai- i'Indie Orientali. Nella fuperficie fono leonats ofeure, de rilucenti. Sotto di dua coperte, ò fogli hanno vnacofa biàcha, che guftara,de trattata con denti, è pura terra. Non ha fapore,né gurta,de anzi rifrefca3che fcaldi » Son pei ordinario deila gran- dezza 45$ Lettera del Perii . dezza di vna meza Faua . Sono per la maggior pane piane . Ve ne fono di grande , de picciole, de ben pare che in lor fi troua virtù Mcdicinale.MoI- ti di quelli, che fon venuti in quella Flotta ne han- no portato , ìquali mi vengano à trouare , come fe io fufiì il primo inuentor di effe. Contano di loro merauighofi effetti, che paiono prodigi). Ione pellai vna 5 faua poluere la diedi ad vn garzone, che fi diceua hauer prefo veleno. Non sòie altri rimedi j , ò ella fu > che lo rilanarono molto bene. Me ne vaierò in altre infermità; & quello che io vedrò di lei, &dell’altre Medicine, con quello, che ci farà di nuouo, daremo in luce in vn’altro ter- zo volume, che faremo di quella Hiftoria Medici- nale. Nel qual faranno cofe merauigliofe , de Te- oreti grandi di Medicina, che daranno piacer ad onn’vno, & più à gl’infermi, che hanno bifogno di fanarfi con loro . V na cofa fi dee con fiderare , che quello , ch’io ho fcritto qui , parte ho inte fo da co- loro,che fono venuti di quelle parti, ìquali ne han- no notitia , parte fi attribuire alle fue compleffio- ni, qualità, che lo poffono fare, de parte habbia- mo elperimentato . Ec in ogni cofa fi dee hauer confideratione , che tutte quelle cofe che fi condu- cono dalle noftre Indie fono per la maggior parte calde , de che fi debbono vfare come di cotal qua- lità in tutto quello , che vorranno adoperare ; per- che egli è bene effer auifati di quello, che tanto gioua à faperfi • LIBRO 46* Del Sangue di Drago . Nuoua Spagna . In quella della terra fetma veni- uà il Vefcouodi Carthagcnia, huomoreligiofitfl- mo,& dotto, & molto curiofo di quelle cofe,ilqiiGf ftibuo che giunfe, mi ricercò di quella materia her bacia, perche era affezionato al libro, che nc fa ce- ni o . Io Io fui à vifitare,& parlando di molte cofé, Se d’herbe , Se di piante , che (ì ricrouano nella fna Diocefe , venimmo à trattar del Sangue di Drago, ilqnalficaua molto fino & intinta perfezione m quei luoghi , Se ei mi dffe ; Io porto meco il frutto dell’arboro, ondecauanoii Sangue di Drago, il- quale è cofa merauigliofa da vedere, perche è co- me vn’animale. Io lo vo! fi vedere, Se aprimmo vna foglia.doue dà il feme,&; aperta la foglia. appaine vn Dragon facto con tanto artificio , che parca vi- uo,colcoiio luogo , la bocca aperta , iefpalleipi- nofe , la coda lunga. Se affifo fopra i Tuoi piedi,chc certo non è alcun, che lo miri, che non fi merauigli di vedere la (ha figura fatta con tanto artificio, che pare aucrio, che non è artefice coli perfetto, che lo polla far meglio . Nel vederlo che io feci . mi ven- nero nel penderò quelle tante opinioni, Se cofi va- ri) pareri , quanti hebbero circa di quefio li antichi cofi Greci, come Latini, & Arabi, quali differo mil- le impertincnric . per moftrarc d’infegnarne , per- che fi chiamade Sangue di Drago, dicendo alcuni, che fi dice cofi, perche decollato vn Dragone,!? co- glie quel Sangue.dc fi condifce con certe cofe,per- ciò lochiamano Sangue di Drago. Alcuni altri dicono.cheè fangue di vno Elephante , mefcola- ro con altre cofe. Altri, cheè fpecie di Minio. Mol u,ch’è dicco di Siderite herba molto picciola,che fa il fucco molto verde. Alcuni, che è fucco di vna radice di vn’herba che fi chiama Dragontea , Capitolo lo 4.6 1 che perciò fi chiama Sangue di Drago. Quefio dicono gli amichi , & aflai più incomienienti , che farei lungo à fcnuerli . 1 Moderni feguendo que- fia medesima ignorantia,come foghono fare,neile cofe che fono dubbjofe (perche il loro ftudiosìè, non direcofa alcuna di nuouo nelle cofe chiare,&: manifdìe , non che nelle dubbiofe, & ditfìcili)la- fcianociòcofi,cotne l'hanno trouato. Tutti que- variano,come hanno farro li anrichi.Ma il teni- pOjChe è difcopriror di rutte le cofe, ne ha difcoper- t0;& infcgnaro ciò, che fia Sangue di Drago , perche fi chiama coli . Erè, per lo frutto di que- ll' Arboro , che manda fuori qutfta lagrima a mo- do di fangue che c il frutto che dicemmo , il qual e *"Vn Dragon formato , come lo può produrre la Natura , donde prefè molro chiaramente 1* Arboro il nome, perche egli èco(a comune, che gli Albo- ri prendono il nome da' loro frutti,come riceuette il fuo nome quefio arboro merauighoio,& ne ieuò di tanti dubbij, & tante confufioru , come vedia- mo, cheferiuono gii Antichi, & Moderni, cofve- der il frutto,che egli porta fatto à guifa di vn Dra- gone.-» • Però da qui innanzi faremo certi, che co- fa fia Sangue di Drago, & perche fi chiami San- gue di Drago i poi che'l fuo frutto dèi! nome al- l'arboro;&^ alla goma, ò lagrima , che da lui fili- la. Laqual traggono eccelienrifinna di Cartha- genia,chefi fa per incìfione , dando vna coltellata n cl ì'i fie Ilo a r boro, i 1 qua I e per t fi'ci 'a r boro d 1 n o l- ta grandezza, ha la feotza molto folcile , che con Ogni cofa fi rompe. Similmenre,fi fa, ma non coli buono, al modo che fi fa la Trementina in Gatti- glia, laqual fi vende in pam . i/vna fi chiama San- gue di Drago di goccia, Pallia fangue di Drago in 46 2 Del Sangue di Dr ago * Cap. L pane. L’vna,& l’altra hanno virrù di fermare qua- lunque fluflfo di corpo, porta fui ventre, ò merta ne’ crifteri,& ptefa per bocca . Fatta poluere, de porta fui capo , proh bi fce 1 catarri della tefta alle parti inferiori . Applicata in qualunque flurto di fan- gue, lo ritiene ferma . Consolida de conglu- tina le piaghe frefche . Prohibifce, che non cado- no i denti , & fa crefcere carne nelle gengiue gua- fte . E' color merauigliofo per li pittori , oltra di quello hi molte altre virtù . lo penfo di femi- nar i femi, per veder fe rafeerte in quefte parti. Tienfi per temperato il Sangue di Drago con po- co calore^ . Mi diede egli vna gommatile fi trà dalla Terra ferma del Perù, con laquale fi purgano i gottofi in quelle parti . Pongono tanto di quella, quàto è vna nocella in acqua rtillata, de lafcianla Ilare tutta la notte . La mattina la colano , de la fpremono,&Cw prendono quell’acqua , che può ertere in quantità di due onde, de ftanno fenza mangiare fin al mezo giorno, & con quella purgano l’humore , che fa la gotta . Io vidi che la vfaua vn Caualicro, che ven- nein quella Flotta, ilqual effendo gotrofo , lo por- rà per rimedio al fuo male,& con vfar quella eua- cuatione fi fente bene,& non li vien la gotta come foieua, che I’offendeua molto crudelméte, de fpef- fo . A me ne diede tanto, quanto vna nocella, che non volle darmene più, &: io lo diedi con l’ordine detto ad vrrgottofo, de fece tre purgationi con lui. Nonsò ciò che ne farà. Era mefttcri hauerne più quantità, per procedere p ù oltre. Ma ella farà portata , de altri ne condui anno, come fono Ilare condotte molte altre cofe.Ha buon guftonel pren- derfi j perche non ha odore, nè fapore . Fa la fua ope- Deli’ Armadìllo . Cap.JL 46$ opcratione fenza noia . E' calda (à quel che me nc parc)in primo grado. Non sò qualTa l’arboro5che ia fece, perche tampoco non lo sà chi la portò . Deir ^Armaci ilio . Càp. 1 1 Q Vesto animnle'è ritratto da vn’altronatìi- rale,ch’è nel Mnfeo di Confaluo Gonzalo ^ di Molina, Caualiero di quefla città, nel quale fono molta quantità di libri di varia lettio- ne,& molte fpecie di animali, Se augelli, & altre co fecuriofe , tratte coli dall’Indie Orientali , come Occidentali , & d’altre parti del Mondo , & gran copia di Medaglie , Se pietre antiche , varietà d’armi, che egli con gran curiofità,& con generofo animo ha radunato . VArmadillo . p Ortano (ìmilmére dalla Terra ferma vn’of- fo che è della coda dVn animale ftranb,ilquaje è tutto *464 Delle pietre de * Caimani . è finto coperto di cappe fin’ a* piedi, come vn caual loche fia coperto d’arme j onde lo chiamano l’Ac- madillo. E' della grandezza di 'Vn porcelletto nafcente,& nel moftaccio li famiglia . Ha vna co- dalunga, & grotta, come vn figuro. Sfà dentro della terra come topmera , & dicono , che di lei fi nutrifca; perche fuor di lei non li veggono man- giare cola alcuna . Ha la virtù folo neli’ottb della coda,ilqual fatto poluerc minuta , & prendendo- fene tanto, quanto vna retta di aco grotto, & fatto- ne vna pallottola , mettendolo nell’vdito, fefi ha- uette dentro dolore, lo fa cettarc merauigliofamen- re . Slmilmente fe vi fi fente fufurro , con qualche Tardità, fa grande effetto . Quanto a! dolore fe ne ha grandi efperientie in quelle parti in molte per- Ione, che l’hanno vfato, & fi fono fanati con lui. Et hlonfignor il Vefcouo mi certificò hauerlo veduto molte fiate con grande lua merauigha, poiché fi vede ch’ella habb a tal virtù in parti cofi occulte . Sono di qutftì animali nell’India di Portogallo . Chiamanli coderti, per ctter come ho detto armati di lame, de cappe_> . Delle Vietre de' Caimani . Cap. III. CAvano dalle Terre del Nome di Dio, Carrhagema, 6^ d’altre parti della Ter- ra ferma alcune pietre , che fono pura giara di fiume , ò di rufcello , lcquaii fi trouano in gran quanti à nel li ftomachi di Caimani che chiamano figuri, ìquali fono certi animali mol- to glandi ,chehabicanoin terra, & in mare,6c_ ^Vanno in terra , & portano Tuoi figliuoli come le Teftugioi . Sono animali fieri, con molti ordini licori, calore mille Icfbd . pcrchcne vcadooo de, peti continuo dono, li flette,! fortino l ^CO, Ò[ ttecoftoc m JidatdK licdfilu *>btltncm tientu ^ ne diede oalaqi gerendo ^ pietra fockt i’puci kthti (li miai Dii TN« Oli» I Hiif Capitolo J lì» 46? di denti , di gran bocca , in maniera 3 che inghioci tifcono vn’Indiano intiero» Habitano per l’ordi- nario alle riuierc de5 fiumi , & alcuni nel mare su le foci • E'cofa merauigliofa la lor grandezza, perche ne fono alcuni lunghi trentadue piedi. Li vccidono con hami , perche con archibugi e diffi- cile , per la dura coperta , che hanno . Stanno del continuocon la bocca aperta-- . Quando li veci- dono > li trouano nei ftomaco vna gran fporta di pietre , & ciottoli , che non fi sà perche effetto lo portinola, òfefia per tenere occupato il fuo fto- maco, ò per fauorna,come à Nauiho . Quefte pie- tre cuftodifcono gli Indiani , Se li Spagnuoli , per quelli , che hanno la quartana, perche ponendo- li due di quefte pietre alle tempie vna per parte, li cefla la quartana , ò fe leallcgerifce il calor no- tabilmente . Et di ciò tengono in quelle parti elpe- rientia , perche nel Nauigho , doue veniuachi ma ne diede due dì loro , mi ditte egli , che le pofe à vn MonachG miniftro del Nauiglio, ìlqual haue- ua la quartana , la qual li cefsò , & fi andò alleg- gerendo in tre , ò quattro termini , che fi potè la pietra-» . Io le ho efperimentate , & le ho pofte due fiate ad vna donzelhna, che ha la quartana. Se par che non fenta tanto caldo mentre che le tie- ne, ma non le é ceffata la quartana m quefte due fiate, che fe le fono pofte . Non so ciò , che fara da qui innanzi . Delle Vietre de* T iburoni • Capm 1 1 1 1* IN tutti i mari dell’India nella maggior parte di loro fono alcuni pefei , che chiamano Teu- toni , iquali tòno molto gagliardi^ de belhco^ 406 Della T rementina, & Cavagna . combattono co’ Vecchi marini , & fono fieri neile loro opre, & effetti. Pacano quefìi con bami gran- di ,& li tirano à terra , ornarono nei Nauibo, Se li fanno in pezzi . Nella tefta di qudfi , laqual è molto grande, trouano alcune pietre grandi, bian- che, di molta grandezza, tre di quattro, de più, Se alcune di più di due libre, coricane in alcune parti, & molto bianche . Sono alquanto graui. Si rade- rò facilmente . Diquefte pietre hanno nelle In- die grande efperientia, dandole in poluere à quel- li, che patifeono doglia di fianco, à quelli, che non pedono orinare, 6^ à quelli che non pGf- fono mandar fuori la pietra delle reni, & delia vellica , effer do di grandezza , che poffa vfci?e_; • Quella è cofa tra gli Indiani molto verificata, Se fa pura , Si fimi 1 mente tra gli Spagnuoli , cheha- bi'ano in quelle parti , quelli che 'Vengono qui, lo verificano, Se affermano dfercotì. Ione ho guftato, Se pare cofainfipida . Non i’ho pro- uata, nè applicata fin’hora . Col tempo fi farà , Se daremo conto di lei . Della T rementina >& Cavagna ài Cartagenia . Cap. V . POrtano dal nuouo Regno , Se Prouincia di Cartagenia vna Trementina molto chiara. Se molto odorifera , & molto miglior che quella, che chiamano di Abete , Si di quella che pori ano da Venetia.Ha tutte le virtù, che ha la buona 1 re- mentina, & fa quelli medefimi effetti, & migliori. Se con maggior efficacia Se preftezza_/ . Qui fi c adoprata nelle ferite > Set cofa metaui- gliofa la buona operatione, che ella fa, maggior- mente Capitolo VI* 46 j mente nelle ferite delle giunture & dinerui , Se delle gambe, perche io ho veduto grandi opera- tioni fatte con lei.Mondifìca ancora mefcolata con altre cofe le piaghe vecchie, & lauata, Se prepara- ta , c cola eccellente per la faccia delle Signoresche ne hanno bifogno . Portano da quelle medesime parti Carogna pu- rificata^ tanto chiara, che pare Balfamo,& certo è migliore, Se fi applica molto meglio, che quella, che fin qua è venuta, Se è molto odorifeta,e fa me- glio i Tuoi effetti, Se opera meglio di lei . Dei fiori del Me celo acati . Cap. VI . POrtano molti di quelli , che fon venuti in quella Flotta della Terra ferma molto buono Meccioacan,alf«i mi gl iore;chc quello della Nuo- ua Spagna , colto nella coffa di Nicaragua , Se in Qujto,ilquale dapoi che fi feopri , Se trouò quella deila Nuoua Spagna è (lata (follata in quelle par- ti ch’io dico, la medelìma herba, Se radice,& l’vfa- no per purgare, Se fa merauigliofa opevatione * Ec 468 De' fiori del Al eccìo acari . àdadoprano in quelle parti , Se in tutta la T. F. me adoprauano quello, ch’era portato dalla nuo Spagna, con merauigliolì faccetti . Dal capo di Helena nella medettma cotta traggono vn’alrro Meccioacani ma egli è molto impetuofo, Se pretto, fa molti ftrani accidenti di vomiti, Se angofcie,con molta vfeita , Se per quefto lo chiamano Scamo- nea^ non l’vfa alcuno;perche fa li accidenti det- ti,Ha la foglia, come il medefimo Meccioncan,bc- che vn poco piu piccio!a,che fi auolgc, Se attacca, dcuunque s’appiglia, Se ha la radice minore, con qualche acrimonia . Onde lì vede manifetta- mente,quàto faccia al cafo la difpofitione del luo- go i perche la detta radice faccia maggiore , ò mi- nor opra. Onde io credo, che il primo,che venne in quefte parti fotte colto in buon luogo, Se che quel- lo che portano al prefente , debba etter colto in al- tre parti più humide,che li leuano la virtù, Se l’ope ratione . Gù fi femina nella cotta della Tetra fer- ma ne’ giardini, Se horti, fanno conferue della ra- dice in molti modijch’è cola piaceuoleal gutto, Se fi può mangiare per gola ; perche ettendo di radi*- ce infipida apprende il zuchero molto bene m coni maniera, che fi confetti ?o condifca . Q_ui portano il frutto, Se il fiore coli intiero, come ili sùla pianta, & le foglie, delirami. E'ilfiore>co- me di Aranzi,di cinque foglie alquanto maggiori. Sono nel cuore Jeonate , fa nel mezo vna vellica delia grandezza di vna nocella , che è vna pellici- uola mpho fottile , bianca alquanto nel colore, la- cuale lì cìiuide in due capi, ò parti, feparate co vna pelliciuola molto fotnle , Se in ogni parte ha due *rani della grandezza de ceci molto piccioli, Quando >on iecchijreftan negri.Non hanno al gu* Capitolo VII, *6$ fio fapor alcuno. Quelli femircati in ferra molle, &r renerà nafeono molto bene, Se è herba allegra, che fi apprende in qualunque luogo, elvella aggiunga* Mantien la foglia tutto hanno. Il redo delle (ac operacioni +&c il modo di prender la radice dicem- mo neiia prima Parte, doue potrà vedere, chi di lei fi vorrà feruire* Si fa di lei conferuacorne di polpa di mele cotogne, òcon la coperta di zuchero, ò in firoppo di zuchero, ò àmodo di gelata fatta del fuo fucco, & di zuchero. Ad ogni guifa egli pur- ga benignamente , & fenza grauezza_j . Del frutto del B affamo . Cap. VII, Ella Prima Parte parlando del Batfàm o» dicemmo come fi faceuain due maniere? vna per taglio , che poco di quefio veniwa in quefte parti; l’altra per decottione, Sedi quello è tutto quello, che viene in Spagna . Quello elvè fatto per incifionenon 'viene in quefte parti, per- che è cofa molto lunga da farli, e coglierli. Ho- ra in quefte naui , che 'Vengono della terra fer- ma viene gran quantità di Balfamo fatto per ta- glio , ilqual fi fa di alcuni arbori , come quelli che fini nella nuota a Spagna,oue fi catia il Balfamo far- Gg. * » 479 Del frutto del Balfamo, to per decottione. Quelli fono albori di molta grà- ckzza» che hanno molte rame della loro radice, leqnaliefcono dclPifteffi arbori, iquali hanno due fcocze,vna groffa come di Quercia, & l'altra rotti- le , attaccata alBinterior delBarboro . Tra mezo quelle duefcorze ficaoa il Balfamo fatto per ta- glio, ilquale efce come vna lagrima bianca , chia- rifiuna,con merauigliofo,& foaue odore, il che ben fa fede i luoi effetti roerauighofi,& delle virtù me- dicinali , che egli ha , dellequah trattammo nella prima Parte. Et perche di quel Balfamo fatto per decottione (come nel detto luogo infegnammo) habbiamo ceduto i merauigliolì effetti , che egli fa ,con tante merauigliofe operationi , che hanno dato 5 & danno merauigliaà tutto il Mondo, 6*^ altre molre,che fin qua veggiamo, che ha fatto, Òc jfaràogni giorno. Con fiderinfi le operationi qui- pi comare , & Balere anchora , che molto più me- tauighofe faranno quelle, che fi faranno col Bai- Toro, c he bora portano fatto per incifione , polche vai pai vna goccia di quello, che vn’amphora del- l’altro , come fi vederà manifdtamente vfandolo . Che certo quel, che era in Egitto, ilquale peri già lana fecoli , non credo io che haueffe più virtù di quello , tengono per vero, che quello fia di mag- gior vii i ù , 6c di maggiori effetti , che quello . lo ho i* frutto di qnefìo ai boro, ilquale è picelo, o fecondo la grandezza delBarboro , èvn gra- no de1 a grandezza di vn cece bianco * G urtato e ^ o.co amaro , & ftà chiufo nel capo di vna va- ua della larghezza dì vn duo , filetta, bian- a & forrile , con groffezza di vn Reale fempli- c in C non vn grano nel capotile è. il ftur- ;> ilqual viauo gli Indiani per profumar fi con lui ? ^ ne* Capitolo Vili . 471 re’ dolori de! la teda, & ne5 catarri. Certo quello del Balfamo è cofa inerauigliofa , & ben pare in lui, ch’egli fia tale, quali fono i’opere fue_-> . DellaT rementina d’^ihete . Cap. Fili . Traggono dalla terra ferma 'Vna Tre- mentina , ò liquor , che chiamano di Abete, ilqual fi coglie d’alcuni arbori malinconici , iqua- li non fonone Pini, nè Cipretli. Sono molto alci, & affai piu, chei noftri Pini, fono diritti, come Cipreffì. Nella ior cima fi generano, &c produ- ce l’arboro da fe alcune veffìche grandi, de pic- ciole, lequali pedate, efee di loro ~vn liquore merauigliofo, che cade à goccia à goccia, dccofi lo colgono gli Indiani con gran lunghezza-». Por- tano quelle goccie, che fono nelle veffìche in vna cappa, &ne mettono vn’ahra, ladoue fi ftiila, de è fattura così lunga , che gli Indiani ne colgono molto poco al giorno. Seme quello liquore per tutto quello, à che fcrue il Balfamo. Sana molto ben le ferire^,. Difcaccia li dolori freddi, &ventofi. Alcuni lo prendono per dolore di ftomacho nato dihu- mori freddi , ò per ventofità con vn poco di 'Vino bianco. Et fi dee Papere, che’l Balfamo fatro per decottione , & quel fatto per incifione , de ogn i al- tro, liquore di quelli delle Indie, cheli prende- ranno per bocca , fenedè prender poca quantità, ilche non dee effere più , che quattro, ò cinque goccie , 8c non fi hanno da torre nella palma del- la mano, come diffì ma togliendo vn poco di 'vi- no, ò acqua rofafopra vn cucchiaio, de pofteui le goccie del Balfamo fopra, metter il cucchiaro den- Gg 4 cro 4?i Del Tepe lungo . irò la bocca, &lafciarlo cader, che non tocchi la lingua perche toccandola , non fi parte quel fapor (iella lingua , Sedei gufto per molto tempo , & fa vn difgufto di tal maniera , che per qoefto fo o al- cuni l’aborrifcono» & non lo prendono , & ad altri hauea leuatod’appento del mangiare, toccandolo con la lingua nel prenderlo . fi finì follo j Se ci kprti volgernmoà quella di Honduras; laquaTcquel- (jitdil la , che habbiamo adoprato tìn’hora . Al ptefente ftacagn non folo la portano dal Perù ; ma di Quito,di tot- ìiMdK ta quella colla , Se la migliore, Se di maggiore ef- iroj&jj fetto è quella , che fi tragga di Guaiaquil , donde tolpteo era quella , che ho detto , che portarono al l’hora . loi,k Hora ne portano tuttauia, benché poca , perche fi vtagt rragge da luogo tanto lontano , quanto e il Perù. fìtte? Nal’ce quella Zarzapariglia alla riua d’vn fiume, che vien da monti del Perù , ilqual riforge preffo molti od vn luogo, che fi chiama Chimbo , & gl’indiani preixj di quelle parti lo chiamano Maica. E'fiumeche iatno porta molta acqua , Se alcune fiate viene con gran- ficcon de inondauone , che empie tutte le valli vicine fan, delle lue acquea ♦ . . bino, Chiamanlo Guaiaquil, perche paffa ne’ piani preffo "Vn luogo , che fi chiama S- Giacopo di ufo Guaiaquil . Corre da Oriente , ad Occidente , Se ^ và ad entrar in mare preffo à Porrouecchio , per ^ lo paffo, che chiamano di Guainacaua. Sùleri- ^ ue di quello fiume nafee molta quantità di Znrza- ^ pariglia, Se fimi! mente nelle valli vicine. Quella, è me- ftien ponerla per lo tempo,che farà bifogno ad in- tenerirla, &fe ne dee prender in buona quantità. Da poi e (fendo quefta (colza della Zarzapariglia verde, ò macerata, fi ha da ragliare in pezzetri pic- cioli, Se fi ha da pettate , aggiungendole acqua di modo , che fe ne podi cauar il fucco , ìlqualc efee, come vna baua,ò muciiagine . Di quefto fi prende la mattina tanto , quanto fi può beuere in vna fia- ta, ò più fiate , Se dapoi fi dee porre l’huomo a fil- mare , & fudar tanto che vada il fudor per lo letto in mran quantità. Dapoi fi dee murate di vefii net- te,& mangiare pollo , Se non beuer altro, che quel fucco, il quale fi è cauaro dalla feorza della Zarza- pariglia cefi al definare , come alla cena , fiche ha da eft'sr molto lcggiermcte, come anco tra il gior- no. Procurino di guardarli dall’aere, e dal fred- do tutti quelli, che li curano, benché in quel luogo di Guai a quii (che può e(fer fabricadi cinquanta cafc,ò poco più , la maggior patte fono di pa- oha~& poco chiufe , & i pareti fono di canna , non vi finn folari , ma fi habita al piano) quihab- bta affai poca difefa. A quefta maniera, & con ^n poco di conforto di conditi^ frutti fecchfiche fa- nano Capitolo X 1 1 1 . 4? $ riano neceflari j, in orto, ò noue giorni reftano fam rii tutte le infermità, che fi curano con la Zaizapa- figlia, & altre molte, che faria lungo il contarle^ « Bafta che non và huomo !à,che nó torni fano, ben- ché hobbia moire grane infermità, Iequaìifenon fon febri acute ( che in quello cafo non ha luogo detta cura, nè in altra infermità, che fia acuta)tutre Baine fi fnnano con merauigliofi fncccflì , come lì vede, per la molta gente in ferma, che giunge là, la- qufli ritorna lana de* mali, che porta feco.E' meftie- ri,che colui che entra à quefta cura habbia le forze gagliarde, & nó fia debole notabilmente, perche le farà debole, nó potrà fofferirecofi già fu dorè., fenza ri fchio della vita . Per quefti tali tengono vn’alcra maniera d’acqua , iaqualècofi. Prendefi quattro onciedi Zarzapariglia , più toftopiù, che meno (perche la nó vfano nè pefo, rè mi fura* ma tcgìio- ro di nitro à difcretrione) & fi leua la fcorza à que- Ba Zai za pariglia , & fi pefta tanto la detta fcorza, fenza porla in acqua fe ella è verde , Se fe è fecca, fi petìa,& fi pone in acqua finche pare intenerirà, da- poi fi cuoce quefta fcorza fenza il cor di dentroin quattro boccali di acqua, poco più, ò meno, Se fi lafciatanto, che cali la metà dell’acqua più rollo più, che meno, Se di quell’acqua fi beue più che fi può in molte fiate, ò in vna,& fubitofi ponel’huo- moà lodare, Se benché non fudi tanto, quanto conia prima, fuda nondimeno bene, fi muta di vefti, mangia pollo , fi guarda dal freddo , & dal- l’aere, Se al definare. Se cenare vfa la iftefta acqua, perche in vn giorno fe ne confuma vna decottione. Si prende à quefta maniera quindeci, ò venti gior- ni,& ancho à quefto modo guarirono molti di Joc mali, con gran merauiglia di ogn'vno , perche •4So Mia Z arrapar iglia . dell’vfar quefta Zarzapariglia non fi fenrc male al- cuno , fe non fufle in febn , ò in mali acuti . Efii non fi purgano, come qui facciamo al principio * nè al mezo, nè al fin del la cura, perche quiui non èfi vi fono Medici, nè medicine, fe non alcune donne* che danno queft*acqua,lequali ne fono eiperte, oC C la togliono , & danno come lor paro • Quello , che io noto in quello negocio fi e , che w: fi cuoce la Zarzapariglia fenza il cor di mezo, & che che non fi adopra fe non la feorza fola , ìlche mi par molto bene , molto conforme a buona Un medicina ; perche alle radici , che hanno cuore di t:. dentro, fe gli dee leuare, come cofa fupeiflua ina; fenza virtù, & beneficio.Anzi impedifcono,& ltur- vai bano , che non fi faccia l’opra , che fi defidera per loro; perche la 'Virtù dà nella feorza, laquale c quella,checomunemcteèvfata horadanoi,quar- coti' do cene vogliamo feruire. Ondeiodaquunuan- zi, quando hauerò da ordinar quefta acqua per ^ alcuno, che ne habbia bifogno, io vfarò la feorz^u . nc Et al prefente l’ordine che io infegoo, equelto, (1 cioè , Prendan quattro onde di Zarzapariglia , o C 0 fe li caui il cor di dentro , lauata la feorza , i ponga à molle in quattro boccali di acqua perora giorno naturale-». Dapoi fi cocerà finche calila metà, &fe fi temerà di calor nell’infermo, fi pe- nerà meza oncia d’Orz » feorzato, à cuocer con lei infieme . Et fe il calore farà grande , in luogo | di acqua comune fi farà in acqua di Cichorea con l’orzo , & faràcofa temperatiflima , & in quelli ta- t& li farà merauigliofi effetti , come lo habbiamo >, efpenmentato m molti . L’altra cofa, che m que- ù fio neoocio ho confiderato , & di che mi fon va- 2 luto fi è , che ella fi beua quanto più fi può m vna, j Capitolo XI }J , 4$i àp>'ù fiate, ilche certo fa grande effetto nel prouo- car il Pudore, perche fi fuda molto , bruendo moh. ta acqua, & guarifee me gho5& piu tofìo,& quell© che fi ha da far in molti giorni, fi fa in pochi , con più certezza di reftar Pani . Certo fono du e cofe quette, che giouano molto, l’vna Tvfar la feorza fenza l’anima, & l’altra bs- uer moh’acqua la mattina in *Ynasò più fiate, per* che proucchi maggior Pudore . Nel retto cgn’vno \ferà , la dieta, che potrà fopponare, confa uando la virtù , perche quefta è quella , che fana le infer- mità . V edian o che nc* bagni d’H ha , & di Ale- magna prende Ihnfermo di quei l’acqua minerale venti, & trenta bichieri, prima che mangi, & tutta» la rende infieme con l*hu more, che produce il ma- le, ond’egli fi cura, ò per fudote, ò per orina, 6^ conquettofi Pana di tante infermità, come veg- giamo fcritto da graui Auttori. Cefi credo che quettonuouo vfo faràà quelli, chela prenderan- no, &vfaranno, grande vtilirà, & beneficio, & che fi faneranno meglio , & con più facilità , & in minor tempo, facendoli con l’ordine fopradetto . Dell' Erboro contro, il flnjjo . Cap. XII II. DA t nuouo Regno traggono vna fcorza,che dicono eficr di vn’ar boro, che è di molta gra- mezza, il qual dicono, che ha le fue foglie in figu- ra di core, & che non fa frutto . Quetto arbore ha vna feorza grotta, molto folida , & dura , che in quetto, de nel colore attonuglia molto alla feor- za del legno, che chiamano Guaiacan. Nella fupor- ficie ha vna peUicciuoIa fiottile , bianchiccia, fcop« H h piata 4 § 2 Dell* Ambra grifo . piata tutta . Ha la fcorza più di vn dito grotto fo~ fida, de graue, laqual guflara , tiene notabile ama- ritudine,come quella della Gentiana . Ha nel gu- flo mirabile aftringenna, con qualche aromatici- tài perche al fine del mafiicarla , rcfpira da lei buon’odore. Tengono gl’indiani quefta fcorza m molta ftima, & fé ne-vagliono in ogni guifa di flutti, che fiano con fangue,ò fenza fanguc. Li Spa- gnuoli (lancili di quella infermità per auifo de gli Indiani, hanno vfaro di quella fcorza , 5c fon ri fa- nati molti con lei . Ne togbono tanta , quanta vna faua picciola, fatta in poluere. Prende!] in "Y ino rottolo in acqua appropriata, fecondo il caldo, o il male . Si dè prender la mattina à digiuno, de tre>o quattro fiate, vfando nel retto l'ordine & gouerno, che fi conuiene à quelli, che hanno flutto . E tanto quello, che ne dicono coloro, che la celebrano , & vendono da quelle parti , iquali la portano come cofa mcrauigliofa per rimedio à quefto male ; che certo non è cofa di poco pregio, per la dimculta, che fi ha nel curarlo . Io hebbi vn pezzo della fcorza già due, otre giorni, laquale io ciperi mentalo con falere cole, & darò notitia di rutto nella Terza Parte, che pia- cendo à Dio, fcriueròdi quella medefima mate- ria. Io la ho efperimentaca già due fiate con me- rauigliofo faccetto; perche ha fatto cettar Audi di molto tempo. Dell Ambra grifo . Cap. XV . Essendo io con Giouanni Gurierez Teglio cs- ualier molto principale Theforicro della cafa uciia cótractatione,vn pattaggiero;che veniua dal- la Capitolo XV. la Florida li diede vn pezzo d’ Ambra grifo eccef- Jemfflimo, dicendo, che Io hauea hauato nella Florida t . Io prefi il pezzo di Ambra, Se lo aperfi# & riufeì di dentro grifo di molto buon colore; per- che il pezzo di fuorauia era negro.Dimandai à co- lui , che lo porrò, doue l’haueua hauuto, egli mi dute che fi racoglieua nella corta della Florida,che h haueua principalmente da gl’indiani , che io ri- coglieuano nella detta corta; perche fi vaiolano di lui ne’ loro piaceri, Se conrenti , vngendofi con lui la faccia , Se altre parti del corpo per lo fuo buon odore . Delche cerro mi merauigìiai,vedendo,che nelle noftre Indie Occidentali forte cofi eccellente Ambra, Se, cheli tempo ne l’habbia difeoperto, $£ die fia venuto da querte parti non fedamente tan- ta ricchezza di argento , oro , perle , Se altre corti pretiofe; maancoal prefente ne portino l’Ambra grifo cofi eccellente ,cofa tanto filmata al mondo* & che tanto fi via per la falutedd corpo, dccheé tanto necefiària per curar, Se Tana r con lei tante* & sì diuerfe infermità , come duerno , Se cofa, che per le deline humane, Se ornamento, Se conten- tezza del lshuomo ferue cotanto. Seppi fimiìmen- te, che altri partaggien portauano del medefimd Ambra , Se alcuni in molta quantità , onde rimali molto facisfatto , perche il primo pezzo ch’io vi- di mi pofefofpetto , ma poiché ne vidi del Fa Ufo* credetti , che egli forte di quelle pani . Qaerto fi trona nella corta di quel mare, dal Cannaueral fin*al!a punta di S-Helena . Tcouanlo gettato alla corta . Penfano,che fia feme di Balena, come è ftà- ta opinione antica , ilcheèfaìfo, come Io dimo- rtra Simeon Archiatros, Auttor Greco, dicendo ? F’Ambra m diuerfi luoghi riforge. Sonde fonti H h * ond* Veli' Ambra grifo . onde elio efee, come quelle del Bitumali peggio* è quello, che guftano.Sc inghiortifcono 1 pefci^c. Il medefimo pare, che fenia Serapione. Se non rul- fe flato detto Simeon , & ALtio , non ci fono altri Greci , che facciano mtntione di lui . Da gli Ara- bi il ne^ocio è trattato con tonta ignorarla , & con- fusone^come vedrà, chi per loro vorrà certificarli, checofa fia l’Ambra . Egli è veramente vnafpe- cie di bitume, che riforge, & efee dalle fonti, che fono nel profondo del mare , tk venuto all aere il liquore, fecondo ch’è groflo,fi congela,& conden- fa,& fi fa 1* Ambra , che noi veggiamo, alla condì- tionc di molte cofe , che ftando nel profondo dei Mare fono molli , Se Tenere, de cauate fuori all ae- re , diuengono dure, come leggiamo nel cora o, che nel profondo del mare è tenero , 6c molle, venendo all'acre, diuien pietra , Se dell Ambra, delqual lì fanno i pater notili, ìlqual nel profondo del Mare, è molle, ma (alito all’aere diuien duro, e tfaflfojde tuttauia egli è bitume, che efee dalle fon- i che fono nel mare Germanico . Con quello (i confondono le opinioni barbare, lequah dicono, che l’Ambra è feme di Balenai la cagione, onde v.nne quella ignorantia, fu i’hauer trouatodel- y Ambrl nello ilomaco delle Balene, & di ajtii pe- fcidi quelle fpecie, perche come afeende il detto bitume all’alto del Mare per la fua leggierezza,le Balene fe lo inghiottifeono > credendo ch^c^ fa da mangiare , 6^ cofi glielo trouano nelj'Yen- tre. Che fe fuffoteme ftarebbe in altra parte del corpo, come è naturale à tutu gl’animah . A 1 mio Jerupo fi prefe vna Balena nella cotta d'vna delle Canarie, laqual hauea piu di quattro Amphorc di Ambia . Dall’hoia in quà ne hanno vccife mente* Capitolo XP. , 4ff ¬inehan trouato niente. Diconoqtiefti, ch« vegono dalla Florida, che vi fono Balene per quel- la cofta, & che l’hanno morte, & che nó hanno lof trouato Ambra, nè altra co& nello ftomaco, che pefee, de chei Balenati lor figliuoli, che fono di molta grandezza, benché li habbian vccifi , non li hanno mai però trouato niuna cofa , perche gl'in- diani gli pefcano,& prendono con la maggior de* fìrezza,che fi polla imaginare,& è à quefto modo* Piglia vn'Indiano vna corda lunga, de forte, con alcuni lacci fatti,& fi mette in vna Canoa, Se và al- la parte , douc vede venire la Balena co’ Tuoi figli- uoli,& fiauucnta addoflòad vn di loro, <3cli falca in cima, & Cubito li pone al mufo il laccio, Il Ba- lenato come fente quefto , fccndeal profondodel mare, de l'Indiano abbracciato con lui } perche fon grandi nuotatori, Se fòffreno molto lo ttar fotto ac- qua . Il Balenato perche ha neccfficà dirifpirare torna ad alto . In quello tempo di mezo Blndia- no gli caccia vn cugno acuto , de glielo pone per Is barici , onde rcfpira 6^ lì dà col pugno in modo# che’! Balenato non lo può gettar via da fe,& quan- dodlotorna ad alto, l’Indiano li prolunga lacor- da, & coma alla fua Canoa , & và tirando il bale- nato,ilquaie perche non può refpirare, facilment* fi affoga, de fe ne viene à. terra, che certo è bella, Se merauigliofa caccia quella. nella quale hanno tata deftrezza , che vn’Indiano vccide vn Caiman , il- qual è vn leguro, òcrocodillo di tré rad de, piedi, il più horrendo,& crudele animale, che fia nel mare. Alcuni dicono,che l’Ambra, fi fa dLalcuni frutti# chefonoailariua del mare,doucfono delle balene; c che nel mefe d’ Aprile, e Maggio quàdo elfi fono macuri,ó luogo col buon’odore, & dandogliele catriuo dal- la parte inferiore.Similmeme odorandolo, conter- rà il cuore, Se fa gagliardi , & viui li fpiriti . Et di quà viene, che gioita portandolo, Se odorandolo el tempo di pefte, ò di acre corrotto , per refifter egli alla corrottionc,& malaria di lui con la fua virtù, c foaue odore. E'cofamerauiglicfa quanto IMmbra gioui,& aiuti i vecchi in ogni manieratile l’vfino; perche oltre che col fuo eccellente odore conforta loro li fpiriti, il cuore , & i! ceruello, a flottiglia lor anchora gli humori vifcofi,& tìcgmatici, dt’quali continuamente abbondano. Et alcuni dicono che’l fuovfo intcrtienc la vecchiezza, deche conferua quelli, che vi fono, che non pallino p:u oltre. Et è bene che quelli tali l’ vfino nc’ cibi , Se nc* profumi delle lor ftantic, Se pofto sii la tefta, Se fui petto, Se lo portino di continuo in mano per odo- rarlo , Se fi ponga nel vino , col quale fi lauino la faccia, & le mani, che è cofa merauigliofa il con- forto, Se gagliardezza, che loro apportai. Della qual cofa io ho veduto mamfcftì effetti, & lo vedrà molto bene il vecchio decrepito, che Io vferà con fuo grande beneficio . Nelle paflicni delie donne è merauigliofo ri- medio mefcolato con pietra Calamita , Se Galba- no,pofio in empiaftro fopra l’ombelico per far tor- nar la matrice à fuo luogo, Se per l’altre fue padro- ni. Giona fommamente odorandolo di continuo, alle donne, adequali difeende la matrice. Et fe vitnin su, metto in vnataftadi bambagia vnta con olio di Liquidombra , la fa difeender , poncndofc- le nella bocca della matrice. Nelle donnc,che non parteriteono per frigidità che vi ha bbiano dentro* Capitolo XV» +9 p vfoioàfare quella confcttione,chefi fa d' Ambra due parti, rafatura di auorio vna parte, rottilmcn- tctritatc, Legno aloe mezza parte fattoio poluc- re, &convn poco di Zibetto fi facciano pillole, delle quali fc ne ha da prendere ogni terzo giorno tre, che peli no mezo Reale, ponendoli l'em piaftro detto su l'ombelico, & la tafta predetta nella boc- ca della matrice^ . Et certo fanno gran beneficio > fatte prima le purgauoni vniuerfali, che faranno conuenienti, & fideonovfarc per molti giorni . Gioua molto l'Ambra nelle infermità dello ftomaco, nella fua frigidità , 'Vfandolo in cmpiaflro fatto di lui, di Alipta mofeata* fioracelo forma di feudo pollo sù lo ftomaco, £c della medefima malfa fatte pillole , ò mefcola- ta con 'Vino odorifero , prendendone la mattina à digiuno, perche nfolue le ventofità, caccia ogni freddura , che fia nello ftomaco, aiuta la digeftio- ne, induceappetito, & voglia di mangiai^. Et quello fi conuienc a’ freddi di complelfione,si che la cagion del danno dello ftomaco, che hanno, venga da freddura, 6^ per quello fi conuieneà ^Vecchi, & à freddi di ftomaco. L'ambra con- forta il cuore, Òrfana le fue infermità, princi- palmente fe vengono da 'Ventofità, ò per cagione d'humori freddi. Prendendolo da fe, ò mefeo- lato con buon Legno aloe, 8^ Mufchio in for- ma di poluere, ò di pii loie ( perche il Mufchio,co- me dice Auerroe,cóforra purché tutte le cofe odo- rifere, che fiano al mondo , perche la fua aromati- cirà,& cóforto auanza tutti gli altri odori ) in ogni maniera, che l'Ambra fi applicherà da fc,òcon altre cofe nell'infermità del cuore, gtouerà mollo. Appi*- 4P o Dell'ambra grifo . Applicato al cuore efteriormcnte in ogni guifa che ciò li faccia, lo conforta & ingagliardifce, & ri fol- lie ogni humor , che fia in lui . Io faccio teidar l’Ambra & mefcolarlo bene con cera gialla disfat- ta , de di ciò fare vna tortetta fottiie , Jaqual polla fui cuore gioua molto ne1 Tuoi mali, maggiormen- te fe vengono da fiati malinconici, ò da qualunque altra cagione che fi ha , purché non fia calda-*. £' molto gioueuolc PAmbraa’ malinconici; per- che ìi allegra molto , leuando la cagione del ma- le , de rifoluendo le fue venrofità , onde patifeono molto, ó<^ à quelli tali è bene che fi dia, & che l’vfino la mattina pernia di medicina , mefeoia- to come habbiamo detto, 6^ Umilmente, che lo portino pollo lui cuore , de fui ceruello , lo rvfinone,cibi, che certo ho io veduto grandi ef- fetti di lui in quelli corali. Doue fia comntione d’aere , l’Ambra lo rettifica da fe, ò mefcolato con cofe odorifere, profumando il luogo con lei, doue ^vorranno Ilare, principalmente al tempo , deh’Inuerno. In quelli , che al tempo freddo patifeono catar- ri freddi profumando con luto, ò con fua millura le lenzuola , doue vorran dormire , la llanza Umilmente, è cofa merauigliofa quanto buon’effet- to, che egli fa-* . Gioua parimente à quelli , che hanno parahfia, ò debolezza di nerui , profumandoli con lei, ò con fuamiHura. Età quelli, che patifeono di imi ca- duco dandoli loro al nafo , quando hanno il paio- li fino, il fuo fumo li fa tornar in fe , de portandola feco odorandola di continuo, non li vien così rollo, nè tanto gagliardo il parofifmo, de vngendo con lei à quelli, che patifeono parahfia , il cerueì io , de tutto Capitolo X V. fatto il collo, manifeftamente gioua loro ; perche l’Ambra è cofa che cóforta più 1 nerui ,& il ceruel- lo,di quante cofe, che conofciamo . Vna co {a ha l'Ambra, che dà merauiolia, & la dice Simeon Sedo Aurror Greco, chele alcuno 1 odorerà prima che beua vino, lo fa ftar come eb- bro , de che fé egli fi mette nel vino, inebbria di tal maniera, che poco 'Vino mefcolato coll’Ambra, inebbria notabiiméte, ilche ho io veduto per efpe- rientia in cala di vn gran Signore di quelli Regni, ìlquale per dehtia, grandezza teneua faliere piene di Ambra, come di Tale, da ponerla ne’ cibi, & ad vno parafilo fu pollo dell’ Ambra nei -vino, liquale fi inebbnò molto forte con lui . Molte al- re co e hauerei da dire dell’Ambra , ma per non panari termini dei mio propofiro, & perche nella lerzai arte io porrò quello, che mi relia à dir dì piu, ai prefente iafcio di fcriuere qui . libro 492 LIBRO CHE TRATTA DELLA NEVE, Et delle fue proprietà \ & del modo, che fi ha datener nel beuer rinfiefcato con lei, & degli altri modiche fi ha da rifrefiare . Con altre Confide ranoni > che apportano tanto piacere , per le cofe antiche. de- gne da ejfer e ime fé , che qui fi cederanno rinomare intorno di que fi a materia . COMPOSTO Dal Dottor Monardes Medico di Siuiglia * PROEMIO. E C e Dio noftro Signore per mani, fedar il fuo fa pere , & infinito pote- re, la machina vniuerfale di quello Mondo, laqnal contiene tutte quel- le perfettioni , che Phuomopuò nel ' — ingCgno invaginano . Quella fi diuide in due parti, nella regione Etherca, ò cele- ftiale , e lucida , fenza varierà alcuna 6q_ priua di ooni alternatione,& corrottionc . Quella contiene in fe vndeci cieli, ne’ fette de* quali (ono il Sole, & la Luna, & oli altri Pianetti , nell’ortauo (ranno le Stelle. Il nono chiamano Chriftallino, il decimo Primo mobile , & l’vlttmo dimandano Cielo Em- pireo,che vuol dire, Ciclo di fuoco , per Io grande fplendote, che efee da lui . Quello è fido , che non fi muoue, douec la danna de* Beati . L’altra parte è la regione Elemctare , che conti, imamente* fenza fermarli dà foggetta alle altera. uoni. Proemio* 49$ rìoni.e fi diuide in quattro Elementi, che fono fuo- co, aere, acqua , & rerra, dalla miftura de* quali fi generano tutte quelle cofe inferiori . Lo elemento della terra fià nel mezo, come centro di rutta la machina , pretto à lei fià l’acqua , & fopra l’acqua, & la terra fià l’aere , fopra l’aere il fuoco , ilquai’é congiunto col ciel della Luna. Tutti quefti Eie- menti fi muouono, come^Veggiamo nelle impref- fioni,che fi fanno in loro . Soia la terra è immobi- le , come centro di ogni cofa^ . La terra ha molta miftura d’acqua, & d’acre, folo il fuoco non tiene miftura d’altri elementi . Tra quelli clementi è molto principale l’aere, ilqual fi diuide in tre par- ti* l'vna la fuprema, ch’è vicina alla regione del fuoco , laqual è calda , & fecca , per la vicinanza che ella ha con lui,prendcdo molto della fua qua- lità, & c chiara, pura,doué non attendono nc Venti, nè nubi , & quella chiamano parte, ò region cclefte. La parte batta, che ftà pretto all’acqua, e la ferra, è grotta, & torbida piena di vapori, è percof- fa,& vifitata da raggi del Solejonde viene ad etter calda , come la fuprema . Per coofeguenre la tne- zana region dell’aere viene ad etter molto fredda, per trouarfi nel mezo di quefti dui ditemi coli cal- di, onde in lei s’aduna il freddo, come in parte di mezo, fuggendo dal calore delii efiremi,chc hab- biamo detto . Quella parte di mezo ha diuerfe parti più , meno fredde j perche la parte, che è 'Vicina à noi altri non è tanto fredda, come quett la , cheè vicina alla parte , che è folto del fuoco , onde quanto più faghono 1 vapori in alto, più li condenfano, fi ftnngono. In quella roeza- na regione dell’aere fi generano le nebbie, le rug- gine , le goccie , le pruine , le pioggie , ieneui , la 49* Proemio Giàdmé, le nuuole,& altre impreflionhcotre tuo- ni, folgori, fulmini. Se comete . Le Nebbie fono la prmcipal materia, onde fi generano la pioggia , la Nene , Se, la grandine , Se i’altre impreiTtoni, che habbiamo detto, lequali fi f.nno di molti vapo- ri , che afeendono dall’inferiore alla mezzana re- gione dell'acre, &C. quiui adunati , fi fanno vn corpo Se fi condeniano per la freddura del luogo detto . Et perciò è la nebbia , come madre Si ma- teria comune di tutte le impreilìoni , che fi fanno nell'aere, lidie auiene nella Neuc, come di lei generata nella mezzana regione dell'aere. Che egli non è altra cofa la Neue , che vn vapor fred- do & humido, che fi aduna nella mezzana re- gion dell’aere, generato nel corpo della nebbia con voa freddura mediocre, laquai non è tanto forte come quella , che produce la tempera , nè tanto debole , come quella , che produce l'ac- qua -, onde quel tal vapore prima che fi faccia ac- qua, fi congela, Se cade diuifo in pezzi, iquali fono bianchi , perche regna in loro più freddura, che nell’acqua . lichene dimoftra Galeno nel li- bro della Bidona Philofofica, per l’auttorità di jfVuaximenes Philoffo. Dell’aere denfo( elicer- gli) fi fanno le nebbie, deU’ifteflfo piùden- fato , fi genera la pioggia . Quello lite (lo fe fi con- oelaperla freddura dell’aere, fi fa Neue. Emen- do più mrenfo, fi fa temprila . Et il medefimo Ga- leno nel libro de vtihtate Refpirationis dice, le neb bie congelate fi fan Neue, che è la materia , onde fi fa la piogg su . Cade la Neue ne’ luoghi alti, iquali £ lor natura fono luoghi freddi, & quiui fi cóferua molto. Rare volte cade nelle vaih,& fe cade,è minuta, & fu biro, fi disfa» MMI Troemio . 49 f h disfa . Non cade in Mare, fe non di raro , per Io caloriche egli tiene, & per li venti, che in lui regna- lo di continuo . Sono i Tuoi contrari) il caldo, ’humido, & molto piti il vento di Leuante. Gal cno nel nono De fimpliribu.s, dice j che furono I aiìofon , che dififero , che la Neue haueua pani calde j perche prefa nella mano (calda , & abbrtu icia,cpme foco.Diceanco l'ifteilo Galeno il mede- (mio nel quarto de3 medeiimilibri,checaminando egli fopra la Neue, fe li abbruciarono i piedi . La cagione di quello non efièr la Neue calda, nè l’ha- uer ella parti calde, ma che con la fua freddura terra li pori delle mani, ò piedi, Se prohibifce,che’l caloi interiore non habbia donde vfcirfene fuori, & con inclufo di dentro, è cagione di coli grane in- cendio,che par che fi abbrufeino . Ilche veggiamo nel contrario j che fe ardeno le mani , Se fi pongo- no in acqua calda , come fi aprono 1 pori median- tei! calor dell’acqua , diala, Se efee fuori il caler interiore. Se reftano le mani fieddeL-» . , Cade la Neue per la maggior parte in tempo di Inuerno, principalmente quando corre l’aere da Greco. Cade in terre montuofe_^ . Mai non cade in terre molto calde,' eccetto che permeraui- glia^. Quando cade è di bella, &:gratÌQfarviftap perche cade in falde bianchiflirne, Se cade piace- volmente , fenza tempefta, nè vento , feftcggia la gente quando cade con le fue palle. Non fa don- no à niuno , perche fe s’indura la terra , ella quan- do fi disfa , la intenerifee. Se ingrafià, ammazzan- do l’herbecattiue, Se facendo fruttificar, ere - feer le buone , come dice A. Gelilo , perciò fi dice ; Annodi Neue,anno di bene. E' grata à’ cac- ciatori; perche al tempo , ch’ella cade,hanno mol* 4p 6 Vroemio . recacele cofi di feluaggiumi , come d'altre fiero. Dice Galeno, chelaNeue prohibifee, che non fi corrompa il pefce,ondc locóferua per molto tem- po, che non fi putrefa. Similmente conferita la carne dalla putrefatnone, come veggiamo, che nelle montagne tra la neuefi rrcuano huomini , de animali, eh-: fi fono agghiacciati cofi incorrotti,co- me fe fuficroimbalfamati. Dice Galeno, che fo- gnarli di Neue, cindicio di hauer infermili fred* da^. Quanto più è la Neue vecchia, tanto è più dura, de perde la fna bianchezza , de fi indura di tal maniera, che vi fono nelle montagne edificij, de camere fatte di Neue cofi forti, cheli filma, che fiano per durar molti fecoli . Molte altre buone cole ci fon da dire della No- ue,laqual io lafcio di raccontare , per dire d'vnnla più grande, & la più principale,che ella habbia,la- quaffi vfa al dì d’hoggi in cucco il mondo, de è, che con lei fi rinfrefea quello , che beuiamo di tal ma- niera,che con ogni ficurtà lo fà tanto freddo, quan- to la noftra famtà e'i gufto lo può tolcrare . Et ciò è in tanta perfetrione , che niuna cofa ci ha hoggi- dì, che con più gufto, & foauità lo faccia. Tratta- remo adunque ( poiché l'effetto della Neue fi c il rifrefearc ) ciò che fiail beuer freddo, fàcili fi conuenga beuer cofi, ò^quai fiano quelli, che con ficurtà lo portino fare, cofi per conferuano- ne della lor fanità, come per la cura delle loro infermità. Cap- /* IL beuer hebbe origine dalla neceftìcà,che hab- biamo della noftra conferuatione;perchc egli è vn'ap- Capitolo /. 4$? appetirò naturale che ogni huomo ferite, pei' riftorarl’humido , che di continuo fi perde. Per queftocreò la natura l’acqua, che è fredda 6^ humida, per riparare à queda perdita , laqual é comune à ruttigli animali. Similmenre Hippo- crate, Galeno, &: Diofcoride dicono, che l'acqua oltre elle dee efier fenza fapore , fenza odore. , fenza colore > lucida, & chiara, ha da effere anco, fa fredda*, perche cotal acqua ridarà limonio per-, fo , & fa attortigliare li cibo, acciochc poffa pene, trare al fegato, & quiui farfifangue. Dice Gale- ro , che vna delle condinom della buona acqua si è,chc ella fia fredda *, perche ettendo cefi, ha mol- te buone proprietà > che non ha la calda . Auicen- na fentendo quefto nel fecondo libro , parlando dell’acqua, loda molto l’acqua fredda, dicendo coli ; Egli è vero che l’acqua fredda oltre che con- forta lo iìomaco, giopa anco à quelli, che hanno il ventre ferrato, & à quelli che paufiero buffi, ò vfei- te di corpo, in qualunque maniera di flutto, che fi 'Voglia, òdi. qualunque patte che venga, & pari- mente à quelli, che patificro infermità» nate da co- tali difceie_, • Doue ci dà ad intendere Auicenna , quanto fi conuenga l’vfo dell'acqua freddaà quelli,che pa- tifeono di flutti, è di diftillatiom allo ftomaco, maggiormente fe fuflero prodotte da humori cal- di f ilche veggiamo in alcuni , iquali hauendo buffi colerici, guarifeono con prender vn buon for- fo d'acqua fredda, & alcuni airri che hauerdo, de patendo dolori , de affanni d» ftomaco,con be- uer folo acqua freddiffima , fi fono fanati , co- me racconta Galeno nel fettimo della Methodo. Vidi (dice egli) che in vn giorno , anzi in vn’hora, jt i co** 4Q $ Libro della N e ue con vn buon fiato di acqua fredda fanai molti in- fermi, & deboli delio ftomaco,Con alcuni de’qua- li non fol adoprai acqua di fonti fredda,& li fanai, ma con acqua anchora rifrefeara nella IMeue, co- me fi coftuma in Ron a_> . Similmente Cornelio Celfo nel primo libro or- dina a* deboli di fìcmaco , che benano dopo man- giare acqua freddiflìma. II medefimo nt’fiufiì co- lerici dà acqua freddilfima . Et in catarri prodotti dahumoricaldijavfaper vietarla difeefa. Aui- cenna nel cap. detto, dice, l’acqua fredda conforta tutte le virtù nelle fue operationi , cioè à fapere, la virtù digeftiua ,1’atrrattiua , & Ja rerentiua , & la efpulfina. Coli vàefplicandociafcuna di loro, dan- done ad n'tcdere,quanto l’acqua fredda fortifichi, & ing'aghnrdifca tutte quefte virtù, perche meglio facciano le lorooperationi . Et il medefirho Aui- cenna, nella feconda del primo, trattando dell’ac- qua dice.L’acqua fredda é la migliore di tutte tac- que, & quella che fi conuiene a’fani, perche dà appetito di mangiare , & fa lo ftomaco forte . Et fubiro più oltre dice , quella che non farà fredda, corrompe la digeftione , & fa vuotare li cibo dallo ftomaco, non leualafete, è cagione dihidropi- fia, perche corrompe la prima d'gefiione , & con- fuma il corpo col fuo calore, Quefto medefimo conferma l’iftefToAuicenna nella terza del primo, dicendo', l’acqua fredda fi conuiene à quelli , che hanno complefiione temperata; perche la calda fa infermar lo ftomaco - lfac, Aliabas, Rafis difiero il medefimo, che ha detto Auicenna, fiche lafcjo di fcriuer per non efier lungo. Vna cofa vuole Auiccna nella terza del pri- mo, che colui, che verrà ber molto freddo , prima debba 'Capitolo 1 499 . debba fare buon fondamento di cibo, mangiando prima che beila ‘"vna buona quantità di cibo. Et dice piu, che la beuanda fredda non fi dè beuere in vn tratto, ma à poco à poco , onde nafee due bene- ficij, prima che in quello che fi beue, fi prende mi- glior gnfto, poiché non mortifica il calor naturale, come fijvede neU’olla, che boglie*che fe fe le getta Tacqui ad]vn tràtro^élfa di bollire, & fe fe le getta à poco à poCo > non lafcia di far la fua opera none « Et perciò dice il medefimo Auicenna, ehequan-t do fi vorrà beuer freddo, che fi beila con vafodi bocca (fretta , accioche non feenda la beuanda ad vn tratto , Intendo per vafo di bocca (fretta , car- raffi, ò ampolla, ò bacchierò dà becco, che certo è gran licentia, per quelli , che fon affertionati à be- uer con vafi fimili . Se prendino vento,ò nò, mi ri- metto al Dottor Villalobos , che trattò à lungo di queftonegoció < Dalle cofe dette fi vede, che Àui.cennà'Viioief che quelli Che beuefanno molto ffeddomon bena- no fubito al principio del mangiare ; perche ci fo- no alcuni , che cominciando à mangiare fiibito vogliono beuere freddi filmo , efirndo Io fio ma- co vuoto fenza cibo, i quali non pedona rimaner fenza danno , limale , che da dò vieo loro lo a ttr i buifeono fu bi to 4 1 la freddura della, beuanda,- & non al loro maTordme . Delche, dice Auicenu na , parlando detTacquà freddasche’i beuerja fen- za ordine è Cagione di moire infermità,; & beue Con ordine coli nel tempo ,xorne nella quan- tità , fa li benefici^, che egli ha detto . Per la qua eofa ogn*vrio dee confiderai e à quel j»che U c niene , & fare efperienria in fe ftefiò. . Che 1 le - rà con uenien te à beuer freddo Io potrà ÒPP li ^ • tare* jo fi Libro della Nette * tare > lenza che l’offenda , che Io faccia , perche da ciò li feguirà i beneficiatile habbiamo detto. Ma fe è infermo , ò ha di ferri donde Jvegga , chei beuer freddo l'offenda notabilmente ; che non Jo faccia. Perche il mio intento è di moftrare,&: petfuadereà quelli, che beueno freddo,& non fa lor male, nè li offende, che feguanoà beuer cofi j perche à quelli tali che l'hanno in co{Uimc,& già hanno efiperien- tia, che non li offende, i\ diuietarlojenertbbe loro l'appetito del mangiare , non haurebbono gufio di Ciò che mangiaffeto,& mangierebbono con difpia- cere, & trillo appetito , perche non piacerebbe ìo- ro quello , ch’efli beueffero , &s'impirebbonocon la beuanda calda lo ffomaco di ventofità, de non potriano fare buona digeftione. Ma chi è colui, che emendo mezzanamente fano in tempo di gran caldo, ò di Ettate , & venedo à mangiare fianco da gli efferciti),òdanegocij, pien di caldo, con la lin- gua lecca, de il refpirar frequente , lafci ftare di be- uer freddo, poiché ciò facendo li feguono tanti be- nefici] quanti io ho detto, & fouiene allaliiane- ce fin à>& trauaglio,& refta cótento,& allegro fen- za hauer cffelo alla Tua difpofidone,& fallite. Al- che ci dà animo, & efforta Galeno nel libro, che fe- ce de' buoni, de mali cibi, dicendo 5 Nel rempo di Efiate , nelquale il nollro corpo è caldo, de alcune jiatc infiammato , all’horanoi habbiamo meftieri d’ vfare quelle cofe che nc rifrefchino,benche fiano di mal nutrimento, come fono prune, more, pomi, CÌtiegi,meloni, zucche, de gli altri frutti freddi . In tcpuali( dice Galeno )noi polliamo vfar cibi fred- di, come fono piedi di porco cotti con acero, de lat- te congelata , & i medefimi cibi fi deonorifrefea- u. Ecfimilmentefihada rifrefear il bere, come l’acqua . Capitolo 11. fot l’acqua . Et il vino adacquato con acqua fredda ,ò rifrefcata nella Neur, Se l’vno, & l’altro, cioè il ci- bo,& la beuàda fi dee rifrefcare in acqua freddiffi- ma di fontana,&fenon fenehaurà,fi rifrefchi'con Neue, & (òpra tutto, la beuanda . Et dapoi , che Galeno ha fatto lunga digrefiione , come fi còrnea folo in tempo di Eftacc magiare, Se beuere freddo, pone chi fian quelli, che hanno da beuer freddo, Se dice in quefta maniera : Quelli , che hanno da be- uer freddo fono gl’huomim occupati in molti ne~ gocij, Se quelli c’hànocura di moire cofe, come fo- no i Gouernarori delle Città , Se de' Re , Se i mini- ftri,che li^aiutanojChe participano di tali cure,dcJ fatiche, Se quelli, che fi efiercitano molto nelle fa- tiche corporali, & fpcèialmente ne gli eftercitij mi-* litari, ò altri efiercitij violenti , Se quelli che carni- nano fpecialmenteà 'Viaggio lungo, volendo in- tendere, d’ogni eflercitiocofi di corpo, comedi fpirito . Et dapoi , che ha trattato quefto , io mo- dera in quefta forma, dicendo, ma quelli che non hanno quefte cure, Se beueno freddo fenza que- fta cagione in ocio,& grandezza, fenza e ile rei far fi, quefti perche non hanno cagione cofi grande di caldo, che li aftringa à beuer molto freddo, non lo facciano, che non fi conqiene loro che beuano cofi* Siano e (fi conremi dell'acqua frefea , come natura la produ fife , fénza poneria à rifrefcare in altra co- fa. poiché eftì non hanno bifogno,che el ia fia fred- diftìma^ . Et benché beuano ociofi , Se fenza fa- re cffercitij , Se fenza curar pur che’l tempo fia al Eftate,ò faccia molto caldo, poftòno beuer bacqua fredda . Intendo, che ne* luoghi, doue ella non i c fredda, fi polla poner à rifrefcare, Parc^.n® dc^ eia freddiftima .Quefto iftelfo con fir mòli mede» mo jo2 Libro della Nette . no Galeno nel terzo libro de* cibi , & nel libro delle infermità delle reni,doue dice, che Pvfo del- l’acqua fredda con Nene à i molti caldi, & a5 car- r»ofi,& à quelli, che fi efiercitano, & faticano affai, fi può concedere molto fredda , maggiormente fe fono vfatidi beuerla; perche quelli, che fono vfi la fopportano (ntglio,& piu lenza danno,che quelli, che pop fono vfi,iquali la dcono bere con più ri- fpetto, & più confideratione^ . Oltre che l’acqua ha tante buone conditioni, come habbiamo detto , per la conferuatione del- la fanirà , ne ha di molto maggiori ancora nel cu- rar le fcbri > & altre infermità . Onde Hippocra- te, Galeno trattarono di lei molto partico- larmente , fpecialmenie Galeno nel nono della Jvlethodo, éc in quello Decaufis procatharricis , doue riprende Erafiftrato , & quelli che lo ftgui- lauano , iquali '-yietauano l’vfo dell’acqua fred- da à quelli, che haueuano la febro. Et nel li- bro primo della Methodo,per la medefima ragio- ne riprende Thefiàlo . Et nel libro primo & fet- timofiloda liauer curaro molti infermi di padro- ni di ftomaco con acqua freddifiìma, &ancori- frefcatacon Neue. Etnell’ortauo, nono, decimo, yndecimo dell’iftefia Methodocura le febri, ik altre infermità con acqua freddifiìma,laquale è li- re edio eccellente , prefa con le conditipni , che fi Ctniuer . Ncll’vndecimo dice, che le febri acu- ir fi curano con falafiì, & acqua fredda -, & fpe- t tu Unente le fcbri fanguigne , ò che ne han molta . I i a. Per le cofe dette fi vederà, quanto fia con- l\ \ Tire l’acqua rifrefeata con Neue, quando non I ioni cefi fredda, come è meftieri per la noftra x.onlauatione, & diletto, tk per curarne di mol- ti? Capitolo 11, jos te infermità. Tutta la qual materia habbiamo trac tatobreuemente, accioche fia preludio , & princi- pio al noftro difegno > ilquale è di dire il modo di rifrefear con la Neue . Et perche quello , che fi ha da rifrefeare con l’acqua (fotco dellaquale , fi in- tendi il vino , & ogn’ahra cofa , che fi ha da rifre- fcare)diremo quello, che fi hauei à da trattar folto dell’acqua^ . Cap . 1 1 • L’Acqva è fredda in due modi* vno naturale, comeiòrge dalle fontane fredde, & dalle for- tiue,& quella, efiendo tanto fredda, quanto fi con- uiene, non è meli ieri rifrefear la , fe ella ha tanta freddura , che ella fatisfaccia alla nollra necelfità, fenza che fia meftteri di cercar cofa , che più la ri- fcefchi . Vi ha vn’ahi’acqua , Iaqual non è fredda tanto, quanto ri e bisognerebbe coli per la nollra cóferuatione, & fanità, come per la nollra fatisfat- tione, anzi per non efler tanto fredda quanto con- uenirebbe , è cagione de’ danni, che di fopra gab- biamo detto . Di queft’acque,che nó fon cofi fred- de sì per lor natura, come per edere m terre calde, è noftro intento di trattare come fi deooo rifrefea- re, accioche col lor calore non ci danneggino, de accioche rifrefcate , come fi conuiene, ci lausfac- cianoin modo, che le polliamo beuere , Sciare fenza noftro danno. Adunque noi porremo qui tutu i modi, che ci fono da nfrefeare, .quali fi via- rio al dì d’hoggi in tuttofi mondo, & dl loro "d* mo fcielta del migliore, & piu ficuro, raccontand li inconueniemi, che fi usuano in c.afched I i 4 SOj Libro della Neue . Gap. 111. QV a t t r o maniere cì fono di rifrefcftre 3 che al dìcPhoggi fi vfano in tutto il moti- do, cioè con aere, in pozzo,con falnitro, & con Neue . Ciafcuna di quefìc c vfata à quefii tempi . La prima, che c di nfrefear con acre» ben- ché fia comune, & vfata da ogn’vno, nondimeno è fiata , & c molto vfata dalli Egittij per non haucr pozzi , nè Neue . Quella del falnitro mai non la conobbero . Galeno fa lunga menrione del modo di rifrefear con l’aere, & dice coli ; Quelli di Alef- fandria , & Egitto per rifrefear l’acqua da poterla beuerPEfiate, prima la fcaldano,òla cuoceno, poinc’ vafidi terra la porgono la notte al fercno sù le feneftre , ò terrazze , ò su li arbori , & la ten- gono quiui tutta la notte, ÓQ prima che il Sole efea la leuano via, & lauando i vali di fuori con acqua fredda,volgono loro attorno delle foglie di pampino, e di lattuca,c d’altre heibe frefche, & li pongono fotto terra nella parte più frefea della ca- fa , acdcche conferuino il frefeo . Qnefto modo di rifrefcarc fi °vfa al dì d’hoggi in tutto il mondo, benché non con tanta diligenza , perche non cuo- ceno l’acqua, & fi contentano di ponerlaal fereno, come comunemente fi fa . Nel modo ifteflò fi rifrefèa l’acqua alPaertin fofpendendo alcuni cuoi pieni d’acquaal- Paere, & mouendoli continuamente^ . Iichefi vfa in tutta Eftremadura . Altri rifrefeano ponen- do i ^vafi al fereno con acqua , 6^ prima che’l Sole efea { li auolgone intorno vefii > opellice , ÒC queffa fèft Qoeflt aorranj, llfflltlCfl iipnrn inftno,f rosimi, la boi tiro, eh odor/, A (fot far luoghi, ( ti, Noi àfoni ( fallii, 1 infida naia qc rientc, «li'itre fononn lifcial'i ta,(jU2j haao.j Matti, Nitri % Sii % Capitolo 111 l jof quefto fanno i paftori, Se genti de’ campi . Quefto modo di lifrefcar coll’aere ha molti contrarij, perche l’aere è demento che riceue ogni «lrerationc , corrotrionc , Se per quefto fi può imprimere d’ogni mala qualità facilmente, & lui infetto , può far il medefimo nell’acqua , perche à quefto modo egli ri fresca imprimendo in lei fa fua malitia, ilche dimoftra molto bene Auicenna nel- la feconda del primo , dicendo : Quell’aere c cat- tiuo , che ha miftura di cofe cattiue , di vapori , di odori , 6c di fumi cattiui , maggiormenre quello , che è ferrato tra muraglie , 6^ quel che patta per luoghi , doue fiano piante putride , Se arbori gua- ttì , & doue fiano corpi morti , perche fi altera da ciafcuna di quefte cofe» Se da loro riceue mala qualità. Et per quefta cagione i Medici antichi vietano , che à tempo di pefte non fi ponga l'acqua à lifrefcar al l'acre, perche l'aere corrotto non dia mala qualità all’acqua . Vi è vn'altro inconuc- nienre , che non ogni fiata fi può rifrefear l’acqua all’aere; perche alcune notti ,ò le più deH’Eftate fono tanto calde, che non foi l'aere non rifrefca,ma Jafda l'acqua più calda, che non vi fi pofe,& fe ac- quifta alcun frefeo , non dura più che per la matti- na,quando non fa bifogno . Similmente neH'Au- tunno. Se neirinuerno , quando fi vuole rifrefear* fiU’aere , le tempefte , le pioggie , le nebbie , Se al- tre alterationi non Jafciano che fi pottà fare .Tut- te quefte cofe ci fono moftratc dalla efpcrientia ai dìd'hoggi. , Vn’alcra maniera di rifrefear co l'aere d ha» ia; quale è la più Tana, e séza pericolo di ogni altra^ laqual non fi acquifta niuna mala qualità, e qucit vfano molte perfonc di qualità, p ritrefeat® > jgó Libro della Neue . che hanno da beuer , ponendolo in vali di terra , ò di metallo , & facendo vento con vn lenzuolo ba- gnato continuamente à i vali. Et ha da efter il ven- to gaglfardo,fenza cefl'arc mentre dura il mangia- re . A quello modo lì rifrefca molto bene ; perche l’aere caldo , che ftà d’intorno a* vali li parte, & le fuccede l’aere frefco & freddo come amene, quan do lì fa vento alla faccia , che tacciando quello, che le ftà predo caldo , &c venendo aere di nuouo, la ri frefca,& raffreddai . L’altra maniera di rifrefcar è nel pozzo, doue lì mettono i vali con acqua, ò vino,& quiui Hanno ri- porti la maggior parte del giorno. Quella maniera di rifrefcar ha lìmilmente molti contrari;, coli dal- la parte dell’acqua, con che lì rifrefca, come dalla ' parte del luogo, doue lì pone,maggiormente met- tendoli ne’ pozzi publici delle città,& del popolo, ' liquali per la maggior parte fono fporchi, & pieni diimmonditie. L’acqua de’ pozzi è acqua terre- lire, grolfa, morta, per ftar di continuo ferma, & ri- porta nelle vifcere della terra . Et perche c acqua immobile, lì putrefa, perche i raggi del Sole non la pcrcuoteno,nc è veduta dall’aere,& perciò di con- tinuo è piena di elfalationi , vapori non buoni , per liquali facilmente lì corrompe, &fono dette ac- que fporche , piene di fango, & di altri animali di mala qualità. Oltra di ciò eflendo in quelli termi- ni , che può acquiftar l’acqua , ò’I 'Vino polli per molto tempo in quella acqua fporca, & (lagnante, fenóla mala qualità ch’ella ha? Onde Galeno di- ce , che i vafi , che lì hanno da poner nel pozzo , lì deono poner pieni , perche fe lòno fcemi , penetra l’acqua del pozzo , ò il fuo vapore nel vafo , & per ciòficonuieneporrein vali pieni, & ben chiulì,per quello. • Capitolo 1 J fr. so? quello, che fi è detto. Et dice, che dee efiere al contrario , quando fi vorrà rifrefcar coll’aere , per- che i vafi non fi deono poner pieni , ma che ne redi qualche loro parte da empire ; perche l’aere fred- do delia notte inclufo in queilo,che refta fcemo,ri- frefca più l’acqua_j • Ordinariamente fi poneà rifrefcar ne’ pozzi in vafi di rame , ò di lama di Milano ; il rame (e non è bene (lagnato di dentro, imprime mala qualità in quello, che fi nfrefca > perche con la humidiràdel pezzo fi fa fubito nel rame il velderamejche è quel verde , che vi fi vede dapoi alcuni giorni, ilcheè cofa molto cattiua, Óc perniciofa . La lama di Mi- lano è fatta di ferro, laqual con ia humidità dei pozzo fi carca tofto di ruggine, che è quel nero, che laici fi vede dapoi alcuni giorni, &ii ruggine è cofa cattiua, che imprime molto mala qualità in quello, che fi beue.Ond’io farei di parere, che quel- lo , che fi hauefie da rifrefcar nell’acqua del pezzo fu fife in vafi di vetro , ò di argento . Benché il me- glio è crar l’acqua del pozzo, & ponerla in vafi, & in quelli poi metter quello che fi vorrà rifrefca- re, mutando molte fiate l’acqua, perche tratta l’ac- qua del pozzo, perde molto de’ triftì vapori, per elfer veduta dall’aere, dalle cofe dette fi. veggono liinconuenienti , che fono nel rifrefcar in pezzo, apprelfo de’ quali veggiamo , che Tempre l’acqua tiene fa por di terra , ò qualche altro mal godo , il- qual fi (ente notabilmente dapoi beuuta, olirà a ma l’odore, che ella rendei . , f ] L’altra maniera , & terza di rifrefeare e con la - niero, laqual è muentione de’ Marinari, & pec ~ mente di quelli , che vanno nelle Galee ; pc 1 quiui non rifrefeandofi l’aere maggiorrp tempo yo 9 Libro deiU Nette » tempo di calme, non vi cflfendo pozzi, nè Neue, la neceffità infegnò loro quefto rimedio, benché non fa buono, per ii molti inconuenienti , che egli hà . Egli fi rifrefea fecondo che dicono alcuni fuggen- doli freddo al la parre interna di quello , che fi ri- frefea , per l'ecccftìuo calor del falnitro, il qual na- feeperia forteagitation del falnitro eoa l’acqua, onde ricogliendoli il freddo alla parre interna , fi 'Viene à generar il freddo fuggendo dal calor del falnitro , che è ridotto inatto dalla forte agi- ratione. Altri dicono, che l’acqua fi ingrofia col falnitro, Ac^che fatta più fpefia, & groffa , ha più virtù fredda, la qual ( aiutata dal calor del fal- nitro la freddura dell’acqua ) fa maggior penetra- tione, perche ogni cofa fredda quanto ha più parti denfe , tatuo più fi raffredda^ . Et perciò dice Ga- leno nel hbro delle Semplici Medicine j che niii- na cola può eflfer freddifiìma , che habbia parti rare , ò folcili ; onde quanto più denfe fono le cofe , hanno tanto maggior forzsu . Altri dico- no, che’l falnitro ha '“Virtù attuale molto fred- da , & che agitato coll’acqua fi fa più freddo , co- me fi vede nella falamuoia, che dapoi l’efierfi molto mefcolato il fale coll’acqua , retta freddiflì- ma . Il medefimo fi vede nell'acqua dello Alume, & del falnitro. . Quefto modo dirifiefcare induce molte infer- mità. Scalda iffegato. Apporta fete continua- mente. Fàfebri aride, infiamma il polmone. Fà perder l’appetito di mangiare, & altri mali, che farei lungo à contarli . Altri modi di rifrefeare ci fono,in fìumi5& fon ri fieddifiuni, de* quali parla Galeno, onde nò acca- de trattarne , perche douc fono acque freddiflìmc* non DOttfl TÌ;qB G UltZI Neue daque lonot ÙC(j[ rompi te, dn io ^ ìm circe quell moli S'or nelle timo iodi 11 % l'ò lem qua 5(1 lt! Iti 4 Capìtolo 1 F> fo? oon è meftier , che fi metta à rifrefeare , ma fi può vfar quelle^. Cap* IV . Gl a' habbiamo detto, che l'acqua laqual do - ueua diuenire pioggiacon la freddura della mezana regione dell'aere, fi agghiacciò , &c fi fece Neue i onde è poco differente l'acqua piouana, da quella che efee dalla Neue , perche ambedue fi fono generate di'Vna ifteffa materia, faluo che l’acqua della Neueè'Vn poco più grofia , perla compleffione che riceuette dalla freddura dell'ae- re, di modo che non ècosìcattiua , come la dipin- gono* Et ùmilmente veggiamo,chei Scithi la bea- no per l’ordinario , come dice Htppocrate. Veg- giamo che dalle Neut , che fi dileguano fi fanno fiumi principali , de' quali beono per l'ordinario i circonuicini fenza danno, nèoffefa alcuna^. Di quefti molti fono in Spagna, in Alemagna, molto più nell'Indie Occidentali , doue la mag- gior parte de’ fiumi fono Neiii che fi dileguano nelle montagne, & monti, delle quali beueno rut- ti in generale , perche non vi ha aiu'acqua in tutte quelle parti. . _ . , I Romani per diletto, & curiofità beueano I ac- quatile vfciua della Neue, laqual faceuano cader giù per alcune pietre per afTotugliaria . Atheneo pone 'Vn verfodi Sopita antichiffimo Poeia, nei quale agli dice , che al filo tempo beueuano Neae, & l'acqua che vfciua dalla Nere_^ • Pf* Hiftorico Greco famofifiimo dice, chealtu ^ m _ po fi beueua la Neue no» Rio nelle Ciua,^._ f io L’èro delia Nette . cfferciti. Éutìcle hoomo dorroin vna delle fueepi- ftole riprende quelli del fuo tempo, che noni) con- teneuano di beuer rifrefeato con Neue,ma chebe- ueano l’iftefifa neue. Atraresjfrftorico fa molta mc- tion della Neue vfata al fuo tempo con molta dili- genza,&: diletto. Xenophonte nelle cofe memora- bili che fetide, fa mentione di molte genti, che nop fol beueanò Neue, ma la fua acqua di continuo . 1 Romani la vfirono molto, Se firnilmeore Plinio nel libro trentauno della fua Hiftoria 0100,0416 Ne- ron fu il primo , checuoceffe l’acqua per ri fregar- la con fa Neue,ilche Galeno nel fettimo della Me- thodo , riferifee , dicendo , Neron fu il primo nel cuocer l’acqua , Se dapoi raffreddarla con Neue ; perche l’acqua fcaldataà queft o modo riceue più rodo la freddura , Se piu intenfamente, Se è acqua più fana , perche dalla cottura fi feparano le parti terreftri dell’acqua, ócrefta piu fotti le, Se più at- tenuata , onde feende più facilmente dallo doma- co. Plinio fecondo in vna delle fu e epiftole dice ad vn fuo amico, che tra l’alrre cofe, ch’egli tiene apparecchiare per mangiare, è molta Neue per ri- frefear con lei quello, che beueranno. Et il fo- pradetto Plinio Zio di quello, nella fua nnrural’Hi- ftoria, nel L'bro decimonono, fi lamenta della diligenza , che quelli del fuo tempo teneuano nel confcruar la Neue dell’Inuerno , per lo rètripo caldo della Primauera , dicendo , che volgemmo fottofopra i monti , conferendo la Neue per i’E- frate , fncendo preuerrir l’ordine del la natura, che ne* meli caldiflìmi, ne’ quali non c fe non calore. Se fecchezza , fia tanta la curiofità dtl le gemi , che habbianò all’hora tanta abbondanti a di Naie, quanta ne’ me fi, ne’ quali fuole la fhgion n attuale man- Capitolo IP. yi\ ^andarne in terra gran quantità ì Quefto dice Pii- n3° > perche al Tuo tempo ; & dapm fu cofa mólto comune confermar la Nette dell’Inuerno per la 1 rirnauera , & Eftat^. Heiiogabalo Imperato- li renc*ìa fatta vna gre (fa folfa, in vn rtìon'ticelJo o vna fu a vigna, doue l’Inuerao facetta ricoglié- re mo.ta quantità di Nette portata da’ monti cir- conuicini à Roma, doue la renea per sfarla al tempo del caldo nelle fue cene Iautidìme . Chare- te Mitileneo nella hidona che-fcriffe del Re Alef, andrò dille, come nella città di Petra , città opu- entiOtma dell* A da , erano ordinariamente trenta tulle, 1 equa li in tempo d’Inuerno d empimmo di drCU^ PJr, r° rcmp° ^aJdo,trdinftantia di Aleflan- dro,dcdeJfuoi. Al di cfhoggi d fa quedo non folo in Ada;ma iti molte parti deli’A ffica, «Se in tutta l’Europa, & più anchora in turre le terre dgnoreggiate dal gran forco, Ipecialmentein Conftantinopoli . doue è tamol'vfo della Neue, òheturto l’anno fi vende pubicamente , & tutto l’anno d vfa . Il mededmo h fa al predente in tutti li dati di Alemanna , Se di fiandra, di Vngaria, Se di Bohemia, Se à°!rre pai tL oouecóferuanola Neuein cafe,òcauerhe Plnuér no, per rinfrefear con lei la Primauera, Se portane^ di f landra à Parigi molto ghiaccio , che vi ha più di fdla nra leghe.Nella Cartiglia d conferua dmil- mentenellecafe, & la colgono l’Inuernó , ilqnal palpito, la conferuano per lo tempo del caldo Et vi fono molti Signori , Se grandi , che tengono nelle Montagne cafe particolari , doue la man- dano à raccorre l’inuerno per quedo effetto, & molti dmilmente l’vfano, Se nfi efcanocon lei co- si ndi’Inuerno, come nella Primavera, rutroche priaci- S 1 1 Libro della Neue . principalmente in Cartiglia 'vi habbia al tempo delTInuerno acque freddiftìme^ . Dicono i de- uoti della Neue, che non li offende cofi quello, che c fatto freddirtìmo perla Neue , come quello, che c freddirtìmo per lo tempo, perche fi 'Vede che à bcuer vn bicchier d9acqua fredda di pozzo»© di fontana fredda , fa male, beuendola rifre- fcata con Neue non fi fente quel danno. Di vna cofa mi merauiglio io molto , che ertendo quefta città di Siuiglia vna delle più notabili del mondo, nellaqoal Tempre fono viuuri molti grandi,Signo- ri. & Caualien molto principali, molta gente nobile cofi naturale , come ftraniera,non ci fia fta- to,chi habbia portato Neue in tempo di Eftate per rifrefcarcon lei ciò, chefibeue, poiché i caldi di quefta terra dal principio della Primauera fin quafi rutto l’Autunno fono così grandi , che non fi pofiònotolerarc , Se tutte Tacque fono tante cal- de , che non fi poftono beuere , Se con tutto ciò la maggior parte delle gente di quefta città fono gen- te da negocij, &facende . Adunque in terra così calda , doue fopr’abbondano le facende , Se fati- che , doue l’acqua c calda , Se non ci è con che far- la fredda, con giufta ragione fi può admetterc , Se vfare il rifrefeare con Neue , poichc’l Tuo fred- do è ranto ficuro , come habbiamo detto , fa i benefici] che Galeno, Se Auicenna ne hàno dirno- firato. ConfideriognVnola Tua difpofitione, per- che ertendo , Se anco non elfendo fano del tutto, in tempo di Eftate può beuer freddo più, ò meno,co- mc li ficonuiene, perche il beuer freddo tempera il fegato , mitiga il calore , induce appetito Se vo- glia di mangiare, conforta lo ftomaco, corrobora tutte quattro le virtù; perche meglio poftono far Capitolo V • si 3 le loro operadoni,fa mangiare con appetito; & al- legramente 3 eftingue la fet« di ral maniera, che con poco beuer lì fansfano , toglie la fetc tra’l gior- no, prohibifcechcnon fi generino pietre nelle re- ni, temperando li loro calore, diuieta febbrezza, & fimiimence fa molti buoni effetti, che l’vfo , l’efperientia ne dimoftra_> . Cap . V • T perche il miglior modo di rifrefeare fi è \ con la Neue, come habbiamo detto, diamoli auctoriiàcon Auuorigiaui,&fiail primo Auicen- na nella terza del primo, oue dice. L’acqua fredda con Neue à quelli che faranno di cópletfìonc tem- peratala cui freddura fi habbia fatto có Neue, cf- fcndola Neuetrifta . Dice effendo la Neuetrifta, perche quefta ferue per rifrefcar di fuorauia , & la buona fi mette dentro di quello, che fi Vorrà beuer, come lodimoftrail medefimo Auicenna nella Fen feconda, del primo, al cap.ió.douedicej La Neue, Se l’acqua agghiacciata,quando faran limpide, che. ìa Neuenon farà caduta fopra .male piante, òche non hauerà mf fiuta di terra , ò d’altre fuperliuità, òc il ghiaccio non farà fatto d’acqua cattiua, Se in- fetta, ma che l’acqua che vfeira della Neue farà chiara , de limpida , Se quella cne vfeira del ghiac- ci farà buona , Se limpida , & alcuna parte della Neue, ò del gelo fi metterà nell’acqua, che fi bcue- rà, ò con lei fi rifrdcarà l’acqua per di fuori, è buo- na , perche l’acqua , che di lor efee non è diuerfo dall’alti’acqua Quello dice Auicenna>dandone ad intendere, che quefte acque,che dcono della Ne- K K Ue, S 1 4 Libro della JSIeue . ue, Sedei gelo, effendo limpide, non fon diuerfe di bontà dalTaltre acquea . Solo vi c differentia in quello, che l’acqua della Neuc,& del ghiaccio fo- no più grotte che Tal tre acque, per efTer il 'Vapor condcnfato , nella mèzana region dell’aere, come habbiamo detto. Rafis tra gli altri Arabi il piu dotto, nel terzo libro al Re Almanfcre dice cofi, l'acqua della Neue rifrefea il fegato caldo, prefa fopra il cibo corrobora, & fortifica Io ftomaco, in- duce appetito, & voglia di mangiare, ma non bifo- gna beucrne molta . Et fubito dice . L’acqua , che non é tanto frefea , che polfa piacere à chi la beue gonfia il ventre, non lena la fere, guafta Tappano, leua la voglia di mangiare, confuma il corpo , 6^ conclude con dire, che ella non ècofa buona . Ciò intendo io per la conferuation della fanità huma- na, della qual tratta Rafìs in quel libro. 11 medefi- monel quartoad Almanforc, parlandodella pre- feruation nella pelle, ordina , che fi beua acqua di Neue, &nel medefimo capo lo nferifee vn’altra fiata, & nel cap. vctefimofefto del medefimo libro, in tempo di Eftatc ordina, cheli beua la mattina Neue con zuchero. Curarono gii Arabi moire infermità colTvfo della Neue, de con Tacqua rifre- fcata con lei . Auicenna nelle pafiìoni dello lloma- co calde, ordina, che fi rifrefehi la beuandacon Neue. Et Umilmente il medefimo, nelle pafiioni calde del fegato polla fopra il dolore molto acuto, de in cagioni molrocalde , fi ha veduto molte fia- te leuare il dolore. Ordina egli nel dolor dc’den- ti , che fi rifrefehi con acqua con Neue , de che fi feialaquino con làmolrofpcfio. Similmente Aui- cenna nelTvndecima de! terzo , trattando del tre- mo* dei cuore dice- Se il cafo farà diffìcile, de vi fa- rà Capìtolo F- fif rà flccenfionc/c li dia à ber acqua fredda, & acqua in Neue mcfcolata con acqua vfata à goccia,à goc-* eia, perche non fi beue ad vn tratto, per le cagio- ni dette. Il medefimo dice Rafis nel continente in tre luoghi parlando di quella meddìma pacio- ne, nella prima dà à quelli tali à beuer di continuo acqua di Neue, maggiormente Tela tal infermità faràdi humor malinconico* Etnei fecondo luo- go li configlià y che vadino à beuer in luoghi fred- di, & fe non lo potràn fare, che vfino di beuer Ne« ue , Se l’acqua di lei dì continuo . Il terzo fi c , à quelli , che non hanno rimedio al digerire > che (1 debbano cónferuare col dar loro à beuer di conti- nuo acqua di Neue . Et io mentre che fermo que- lle cole, ho curato vn Caualiero> che non poteuà ref pirarej Se era tutto enfiato , Se non poteua pren- der fonno già molti giorni,con giunta d’vna paflìo- ne di cuore, ìlqualc col trarli l’angue, Se darli à be- uer acqua di Neue di continuo j fifanò nonfenza merauiglia di ogn*vno;petche era tenuto per mor- to. Amato Luficano nella fettimà Centuria con- ta vn cafo d’vno , che hàucà vna febre àrdente , Se cllepcrlo grande ardore , &calor ch’egli hauesL nella gola, non poteua inghiottire, che con vn pez- zo di ghiaccio fuggendolo di continuo , non folo li cefsò la diffìcultàdelringhiottire, &la accenfio- tìc che hauea nella gola* ma fe li rimeffe notàbil- mente la febr£->. VTafià quelli tempiil beuer rifrefcatocon Ne- tic in tutte le parci,doue ella fi può ha nere, perche lì trotta più ficurtà , Se più piacere in quello modo dirjfrefcare, che ne gli altri. Onde ^eggiamò', che nella corte Pvfano le loro Macftà , Principi, Sé Principelfe,& tutti i gran Signori, Sé Càualieri, Sé Kk * gen£^ / 16 Libro della Nette • geme comune , che in lei refiedono, &^hnoà q cefi' bora non fi è- veduto che habbia da:o cagio- ne ad alcuna gcneratiohe di infermità, & fé fu (Te dannofa, Se haaefie prodotto alcuna ìnfeunità co- , roune,ò particolare, in tanti anni quanti ha, & da che ella fi vfa, fi hauerebbe veduto. Anzi riabbia- mo molti efempi , che ha giouato , & conferuato i fani,chenon cadano infermi, & fonati gliinfermi delle loro in ferinità . Qui io veggo molti,ch’cfien- do in fermi>& hauendo molti difetti, dapoi che be- .Wjj ner.o freddo có Neue,fe ne fono hberati,e lardan- do di vfarla , fono tornati nel ptimo fiato. Tutto quello ch'io ho detto, oltre che la efpcnentianela M ttn dimoftia,ne lo infegna Galeno Princi pe della Me- dicina in molti luoghi, perche nel terzo de gli Ali- menti dice , come a’ caldi diftomacofi coninone il beuer rifrefcatoccn Neue_^. Il medefimo coirei- jnanel libro de' buoni , & rei cibi, & nel feto ino della Methodo. Già fi ha veduto ( dice) come fi eurauanoi mali , & dolori dello fiomacocon ac- qua ri frefeata con Neue. Etnei fefto delle £ pi de- ^onl'yfa mie vfa molro l’acqua prima ma cotta, & pofeia n- £refcata con Neue. In molti luoghi pontà rifre- fcar in Neue le Medicine,che fi hanno da vfare, Se il medefimo fanno gl’Arabi . Dalie cofcdetteegli appare, quanto fotte cele- j^dic braca la Neue prefio gli antichi , Si come fe ne fer- ^5 «iuano per conferuatione della lorofanuà, Si nel- le cure dell'infermità , per eflere il miglici modo da rifrcfcare , il più fchietto , Si più fenza fofpetto, checifia 5 perche il freddo, che fi acquifta della Neue,c fano fenza pericolo della cofa , che fi rifre- frefea va’ acqua agghiacciata molto buon?^ . hhX Cap, do* 4 1 Capitolo VI, Cap . VI . EG l i è vero , che non fi cohoiene vfaf di con- tinuo della medefima Neue, fé non in tempo di necefiìtà per via di medicina, perche l’vfo della medefima Neue beuuta nclPaCqua , ò nel vino , è pacandoli per lei , genera moire fpecie d'infermi* tà , lequali fé al prefenre non fi fenrono , vengonfi » Mentir nella vecchiezza,dellcquali fa longa men* rione Galeno nel libro dell'infermità delle reni > &Q nel libro de’ buoni , Se rei cibi. Ec perche Auiccnna ne parlò alquanto più chiaramente , di* rò quello, ch’egli fcriue nella terza del primo, nel capitolo ottauo. Quelli che beuono Neue, l’acqua, ch’efce dalla ìfteffa Neue, fe i’vfaranno dì continuo j aueniranno loro molti danni . E1U of- fende i nerui , àrècatciua pedo petto, per li membri interiori,& fpecialmente per lo refpirare* & non Pvfarà alcuno àbeuer, che nó li faccia daru no ( faluo fenon fofiè fanguigno) che fe al preferì 4 te non fentifà il danno , Io fendi à nelPauenire. Per le cofe derre egli appare , quanto da nnofò fia i’vfo della medefima Neue,& dcii’acqua.ch’efce di lei, eccetto che fe non fufie per via di Medicina. So- lamente fi può vfar quello che fi rifrefea con lei,* perche ciò non offende,come habbiamo detroiper* che in quefio gli antichi differo non etfer danno, nè fofpetto a !cuno,nè al prefenre veggiamo, che vi fia altro, che il far i benefici;, & Pvtihtà dette, go- dendo, come dice Plinio , del piacete, & delica- tezza del frefeo, fenza che ci offendano i difetti della Neue, come lo dimoftra Marciale nel lib.40 dotte dice.Nófidee beuerla Neue.MaquellOiChs- K ir | fi h a f i % Libro della Neue fi ha ben rifrefcato con lei , ilche nc moftrò la fet« ingemofa.A molti vecchi non fìà bene il bcuer ffe- feo con Neue, cioè intenfamente freddo, fe non lo haueranno in coftume , perche quando fia cosi; lo poffono vfate, Se beuci fenza che li offenda . Ma c ben, che fi moderino nel beuer freddiamo , Se che fi diano piacere con quel che fia freddo mezzana- mente, benché fia con Neue* Similmente i fan- ciullini , Se garzoni non c bene che beuano frefeo con Neue ; per la debolezza de’ nerui , Se membri interiori, perla tenerezza del l’età ; tanto più, quanto che non deon beuer nc anco vino, ma ac- qua ; perche per la loro età non fi dee Iafciare,che lo beuano, Se beuendo l’acqua, che fufie freddiflì- ma, farla lormanifefto danno. Il vino frefcocon Neue non offende per la Tua freddura tanto, quan- to l’acqua rifrefeata. Vna delle cofe,che più rimet- te la furia , Se forza del vino, è il rifrelcario. Et fo- lio tre cofe,che rimettono il calor del vino ; prima l’adacquarlo molto innanzi che fi habbia da bcue- re , poi il metterui dentro vn’anima di pane ; per- che tiri àfe i fumi. Se la fottigliezza dei vino, il terzo è ponerlo àrifrefcarc per qualche tempo in $cqua freddiffìma , ò in Neue ; perche quanto più intenfamente firifrefea, tanto più fi reprimono i luci fumi, Se vapori , Se fimilmente offende meno Jatefta , Se penetra meno alle giunture^. Ilche fi vede nell’ifteffo vino , che rifrefcato perde mol- to delle fue forze, tantoché fe è freddiamo, pa* le acqua.*. Sono alcuni, che fenza confideratio- pe dicono, Se vano predicando molti mali del ri- frefcarcon Neue, fenza faper,fe è buono ò reo, per- Éfic eflendocofa nuoua , maggiormente in quella, ferra, temono non venga lor danno dall’vfarla^. finendo Capitolo VI . j tif Emendo ad vna tauolad’vn Signore vn piatro di ciregi con la Neue di fopra , non osò vn Caualiero à prenderne pur vna , dicendo , che li farebbe ma- le , per effer rifrefeate con Neue , tutto che fia cofa molto antica ponerlaNeue fopra i frutti, come conta Galeno, che la poneua fopra le more. La ca- gione di quefto fi c, perche non fi ha v fato, nè anco veduto Neue in quefta terra. Onde tuttauia la ten- gono in fofpetto, Se non Tvfa , le non la gente Ulu- lare,& non tutti, ma quelli, che fono fiati cortigia- ni ,& quelli, che hanno prouato il beneficio, che lor fegue dall’vfo di lei-, perche gli altri dicono, che fenza Neue fon vifiì , & che fenza di lei viueranno anchora,& non confiderano,che per viuer pofiòno palTarfela con bue , aglio , Se porri , ma quefii tali cibi foftentano male , Se non piacciono . Che altra cola è il mangiar le pernici, & la vitella al fuo tem- po, 8c il caftrato, Se i polli al loro, & diuerfa cofa èli mangiar la carne con falfa,& la pernice con li- mone , che ad vn modo è mangiar fenza gufio , Se miticamente, Se all’altro c'Vn mangiar gratiofo & delicatamente, come huomini. Il medefimo ènei beuer frefco,ò caldo ; perche dal beuer rifre- fcato con Neue, fegue fanità, buon gufio, & pia- cere, & dal beuer caldo infermità, difgufto , noia. Confideriamo, che li antichi pofero tanta felicità nel beuer freddo, fpecialmentc rifrefeato con Neue, Se che erano genti fauie, Se difcrcte Ac- quali con molta cura procurauano la loro fanità. Se conferuatione; perche in quefto, Se ne’ loro glo- riofi , Se eccellenti gefti poneuanola loro fomma felicità. Onde fe elfi con tanta diligentia, come habbiamo detto prima, beueuanofrefcocon Ne- lle,in terre manco calde che quefte; perche voglia- le jc 4 mo -$2Q Libro dell a Neue . mo noi altri Iafciar di godere di quefto bene, & di- letto i poiché da ciò non può feguire, fe non vtilità grande, vfando fi come ho detto ? Ogn’vnoconfiden quello, che fe gliconuiene conforme alia fua fanità, Si all’vfo , Se al coftume fuo, & confidcri bene quel Io, che li comporta, per- che l’vfo l’infegnerà quello, c'ha da fare, poi dal danno, ò beneficio trarrà, feladeuc vfare, ònò. Et fi dee aucrtire , che al principio , che fi vfa à be- uer frefcocon neue , i primi giorni fi fentc fete fra parto, ma partati fette, ouer otto giorni ella non fol ceda ; ma fa , che fi patta trà il definar , Se la cena fenzafete, &fenza alcuna necefiìtàdi betiero. Porcafi la Neue à quefta terra dalia montagna ne- uatafei leghe di fopra Granato. Corta la Neue affai per eifer il camino lungo, e porrafi per luoghi caldi, onde'Vienàfccmar molto, Se giunge qui molto poca quella, che di là ci conducono. Se per- ciò vale cofi cara . E'cofa merauigliofa à vedere, che qucfti monti di Granata fiano Tempre pieni di Neue , Se fia in loro durabile , Se perpetua , Se per gran caldi, Se Soli, che facciano, fempre rtà la Neue in vn ftato permanente , ilchc veggiamo , che non auiene ne’ monti Pirenei, iquali fi empiono di Nc- uc ogn'Inuerno, Se venendo l’Eftate , fi dilegua tutta , di modo che non refta in loro Neue alcuna , I Redi Granata, per grandezza Regale vfauano nc’ mefidi gran caldo l'Eftate di beuer l’acqua, chebeueuanorifrefcata con Neue, come rifenfee il noftro Hirtorico Alfonfodi Palcntia in quello, ch’egli fcrifiedella guerra di Granata.» . Conferuafi la Neue in luoghi freddi, &fecchij perche lahumidirà, Se calore fono fuoi contrari), & il vento di JLcuantc molto più, per etfer caldo, & humi- I osta* prip □Éfaaokn ialifn tttor Wìvii teasuo falliCÈH - ••it.. ■'SiffiB Glieli » 7»>4>u c No. Il hii. ss ufi Capitolo vili Sii hu micio . Si calca la Neue quando fi ferba, perche dura più , &fi dilegua meno . Charete Mitilcneo dice, che fi ha da conferire la Neue ftiuata, & co- perta con foglici rami di roti ere, perche à quello modo fi confèrua piu. Quella, che portano à que- lla ci trà la portano in paglia , perch’ella la con fer- ua più ch’altra cofa, & la dilegua meno. Ucheci dimoftra bene il glonofoSanro A gollino nel lib. primo della Città di Dio, douc dice, che diede al- ia paglia virtù fredda cosi poflènte, checonferuaf- fe la Neue freddifiìma , & la mantenere , & che li diede fimilmente cofi calda, & ardente virtù, che * frutti verdi immaturi, come pomi , 8<^ Tuoi fimil rende Ile maturi, & ilagionsti da poterti mangiare? Nelcheappare , quanto di uerfa virtù tenga la pa- glia, poiché fa effetti contrarij, conferuando la Neue,& maturando i frutti verdi, & fa ancor più, che pollo vnvafo con l’acqua rifrefeataal fereno, ò in altra cofa dentro la paglia, confèrua il fuo fre- feo per tutto il giorno. Cap. ni. DV e modi principali fi'vfanoà quelli tem- pi di rifrefcarcon Neue. L’vno è metter i fiafehi , ò'Yafi di quello, che fi haderà da rifre- fcarc fepolti nella medefima Neue , fiche fi fa doue fia molta Neue, cofi fi rifrefea più 9 &c più tofto. Il medefimo fi fa col ghiaccio, &co* pezzi fuoi. Ci ha Un'altro modo di rifrefeare, ilqualc è molto facile, 6^ fi fa con poca Neue, à quello modo; fi empie 'Yn vafo di quello, che fi 'Vorrà rifrefeare , & vi fi pone di fopra vn piatto d’argento, òdi vetro, òdi lama da Milano, che fia fondite^ j2£ Libro detta Neue . fon dito, perche tocchi ; & fi bagni bene in quello, che fi vorrà rifrefcarc, & in quello fi mette della Neue, gettando via di volta in volta l’acqua, che fi colerà della Neue; perche fe ella non fi getta via, la Neue fi (calda, & fi dilegua più . A quella maniera firifrefea molto, &coli intenfamente, quanto fi vorrà, & e modo, che ciafcuno lo può vfare più,ò meno, come vorrà , ò ne hauerà bifogno . Altri ri- frefeano ponendo la Neue in vn bicchieretto, quello mettendo in ciò, che vogliono rifrefeareja- fciando,chc vadi nuotando, ò fiia fcrmo,& gettan- do via l’acqua , che fi fa dal dileguarli della Ne- lle . Quello iftefio fi fa con vn canon lungo di la- ma da Milano, ponendolo pieno di Neue nella cofa,che fi ha da rifrefcarc, che ftia fermo, & que- fto fi fa per nfrefeare vn caRtaro, ò vafogrando* Quelli dui modi di rifrefcarc fono tardi , & é me- ilieri,che fi facciano molto tempo innanzi al man- giare, & con tutto ciò non rifrefeano molto. Al- tri pongono la Neue in vna celleila inuolta in vn poco di fafeio di paglia, perche ciò la conferua molto , ponendo il bicchieretto , nel quale fi vor- rà beuer vicino alla neue-». A quella maniera fe- guono molti benefici j, prima non c mellieri andar gettando via l’acqua alla Neue , perche per la ce- lla fi cola , poi non fi dilegua tanto la Neue , finalmente non accade riempire il vafo di quello che fi vorrà bere, perche bagni il piatto; perche con ogni quantità , che fi porrà il bicchiero , egli fi nfrefearà . Et quello mi pare il miglior modo di rifrefeare d’ogni altro, con poca Neue. Quello del piatto é ancho elio buono . Ma ogn’vno faccia fecondo la quantità della Neue, che egli haue- rà , & quanto al rifrefeare più 3 ò meno , li gouerni fecondo Capìtolo VII. j2 , fecondo che richiederà la neceflhà, ò la fanirà li, a; & fecondo che gli cómporrerà l’vfo di lei . Delia- qual cofa habbiamo fatto molto Jurgarel uione, benché il mio proponimento non futfe 9 fe non di difendere che il miglior modo di rifrefcare,& più fano.fia il rifrefcare con Neue , & che gli altri vii, & modi di rifrefcare habbiano molti contrari; co- me habbiamo detto, & chefoloil rifr^fcarcó Ne- uc ha quello, che più fi conuenga, poiché la Neue non tocca la cofa, ma folo il piatto rifrefcato da lei è quello che rifrefca . T utti gli altri modi , che ci fono di rifrefcare , non giungono di gran lunga al rifrefcare con Neue, perche quel che fi rifrefca con lei fi fa freddiflimo , oue tutto il refio , che fi rifrefca al fereno,ò in pozzo, ò con falnitro , fi può dir caldo in comparatione di quello, ch’è rifrefca- to con la Neue . Onde è cofa grande , & da farne molta ftima,chenel tempo caldo deJl’Efiate quan do fiamo tutti fuoco, Tintenfo calore del tempo, quando la feteè tanto grande, che ne toglie l’ani- ma,quando i corpi vanno ardendo, fudando, che habbiamo il rimedio cofi facile, che con poca Neue polliamo beuer tanto frefco,quantonecon- uenga,& tanto piu freddo, quàto fi vorrà, con ogni fìcurrà, & fanità : apportandone ciò tanto piacere, & contentezza, che non ha prezzo, con che fi pof- fa eftimare,nè intelletto che lo fappia efpiicare^ . Onde ogn’vno, che beuerà freddocon Neue potrà efifer giudice della mia Apologia, quando col tre- zo di lei trotterà modo di beuer freddo perfetta- mente,^. E PI- 524 EPILOGO. DAlle co fi dette fi vedrà, che co fa fin Nette, & quanto celebrato l'vfo fino prejjo alti Antichi per ri fi eficare con lei , & come il miglior modo di quelli, che ci fino da ri fr efeare , cr il pt'u conuemente per la no fra famtà,Q? necefifita,fi e quello, che fi fa con lei,& fimilmente come il ueuer freddo apporta tanti benefi- cile? vtilita,& il beuer caldo tanti mali et tanti dan- ni ; perctoche quefio indebohfice , & fianca lo filomaco, fa nuotar il cibo m lui , corrompe la digejhone , onde fi confuma, cr indebolifce il corpo, genera ventofitàfe ca- gione,che fi fianchi , & indebolita il fegato j produce jet e continua, non fin is face alla no ftranecefijìta, appor- ta noia , c? trifiìefij^a, & altri danni , i quali conofccrà coliti , che i’vfera , facilmente per ( è fiejfo . jxdaà quelli che be teno frefico , ò che fia frefico naturalmen- te, ò rifrefeato con Ncue, amene tutto il contrario ; per^ che conforta loro lo filomaco , c T fi l3 hanno rilafi]ato,& debole , lo fortifica , £r ingagliardifce , vieta il flufi- fo , & le ferina- ioni de gli humon caldi a lui 3 onde impedifce i fiuffi , q? vomiti colerici 3 con forra tutte quattro le virtù 3 toglie la fife 3 da appetito di man- giare 3 fa miglior dige filone , beuefi meno 3 & con piu piacere , c? allegrerà , fatis facendone piu vn poco di beuanda frefca3 che molta che non fiia cofi 3 prohibijce {a pietra à i caldi di compleffione 3 impedì fee la eb- brezza, tempera il fegato caldo, refrigera l'incendio, c'I foco à quelli, che fommamente fin caldi, ò infiam- mati , per ogni cagione che ciò fia, tempra il calore ec- ce jfiiuo della State, prefierua da pejle , prefa [opra il cibo daforza\al calore naturale perche faccia meglio la fua àtge (itone, & oper attorie ^toglie i dolori acuti che ven- gono da cagim calda, lena il tremor del cuore, allegra i mahn- r** sta tota ìu* 1 ' ÌOÙiH Ùh (-{Off &1&6 w, «foli Wfr % N*i •n, «4 ht<] « |jf ' }é fi f sì ' ; JS il' k' Epìlogo. S2S' malinconici , toglie al vino la fua furia, & ilfuo fumo po fi e le frutta nella JSIeue , pr ohi biffe che non fi cor- rompano, & fi godeno della delicatezza, che apporta il Juofrefco , le quali fono cofe che lingua alcuna non può ejplicare, ne intelletto humano comprendere . Quelli , che poffono liberamente beuer freffo , & ri- frefiato con Nette fono i temperati di completorie , & forno fi , quelli che hanrlb compleffione colerica , calda infiammata , quelli, che fono caldi di fegato > or di fio- macoj quelli che fino fanguigni , quelli cioè fi efferata. - no , or affaticano molto , gli hu omini di molti ricuoci], che hanno molte facendo: ] Gommatori delle Cma,& Repubhche , & imimfhi, & quelli che participano di cotali faconde , & fatiche , quelli che fi eff'er citano, or affaticano ne gl’ efferati] militari , & altre gran fati- che, quelli che caminano molto , & fi fono molto affa- ticati , quelli che pati/ cono febri ardenti , & mali di gran caldo, or accenfioni , & fopra tutto quelli che fo- no vfatià beuer co fi . Et quanto àque fio, ogn’vn beua freddo, Ò freddi (fimo come vorrà la neceffità, or come piu figli conuerrà . Quelli poi, à quali non fi conuiert beuer molto freddo, ne freddiffimo , fino li molti vec- chi , quelli che viuono in odo finfa far effercitio , & finz,a faconde , quelli che hanno erudita nello fiomaco per cagion di humori freddi , quelli che fono infermi del petto , quelli che han male di nerui , quelli che non pofjono digerire , quelli che mangiano per humori , efr cagioni fredde , quelli che pati [cono molte ventofita , ì fanciulhni , & quelli di poca età , & altri , a 5 quali il tempo , Cj l’vfi ha infognato ciò che lor bi fogna. Et con quefio diamo fine a quefia tipologia . IL FINE, F. Andrea Berna Veneto Min . Conuent. D.diFil. & Tbeol. Correttore approbato . Stampato in Venetia nella Stamperia di Giouanni Salis , M. DC. XVI.