C 3 7 A é DIZIONARIO

DI ERUDIZIONE

STORICO-ECCLESIASTICA

DA S. PIETRO SINO AI NOSTRI GIORNI

SPECIALMENTE INTORNO

AI PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA PATRIARCALI, ARCIVESCOVILI E VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII, ALLE FESTE PIÙ SOLENNI, AI RITI, ALLE CEREMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI, CARDINALIZIE E PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC.

COMPILAZIONE

DEL CAVALIERE GAETANO MORONI ROMANO

SECONDO AIUTANTE DI CAMERA

DI SUA SANTITÀ PIO IX.

VOL XLIX.

IN VENEZIA

DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA MDCCCXLVIII.

DIZIONARIO

DI ERUDIZIONE

STORICO -ECCLESIASTICA

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OMBRELLINO, Umbellinus, Uni- bracidus. Insegna di distinzione e istrumento con che parandosi il sole si fa ombra, e con esso riparasi pu- re la pioggia. L'invenzione delle om- brelle per ripararsi dai raggi del sole risale a' tempi più remoti, ed in molte solenni occasioni e ceri- monie fu usato come distintivo di dignità , e come un segno di risdizione, onde fu paragonato Baldacchino di cui è simbolo , alla Mappula [Vedi), ai quali ticoli ed a Mapful^ri si parla an- cora de' loro sostenitori, e meglio ai luoghi ove si descrivono le funzio- ni in cui si usa l'ombrellino, che suol chiamarsi baldacchino d' una sola asta. Il Fanone {Fedi) fu tal- vòlta chiamato l'ombrello o baldac- chino che anticamente si portava sul capo del Papa. In Italia si dis- se ombrellifero o ombrelliere la per- sona che portava l'ombrellino ai

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prelati o ad altri dignitari che ne godono l'uso per prerogativa di o- norificenza, anche come segnale del- l'altra del baldacchino dai medesi- mi adoperato. In Alea città d' Ar- cadia, celebrandosi la festa in onore di Bacco chiamata Sceria, si porta- va in processione la di lui statua colle tempia cinte di foglie di vite, entro un'adorna lettiga, nella quale sedeva una giovane baccante che portava un'ombrella, affine d'indi- care con questo mezzo la maestà del nume. In molti bassorilievi di Persepoli il re o uno de' primari magistrati viene rappresentato sotto un'ombrella che una giovinetta tie- ne aperta sopra il suo capo. Ed ecco ch'eziandio nell'antichità l'om- brellino fu un segno di potenza di- vina od umana, di religione e di di- stinzione. I greci si servirono di ombrelle nelle feste Dionisiache di Bacco , per venerazione e decoro

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della divinità, onde Bacco ebbe tra gli altri i soprannomi di umbrolccù o timbratici. Gli ebrei cbe sul ca- dere della repubblica giudaica si diedero alle idolatriche superstizio- ni, contaminando la festa de' taber- nacoli con alcune cerimonie prese dalle feste Dionisiache, le celebra- vano con ombrelle. Anche nelle fe- ste di Cerere chiamate Eleusini?, e Thesmophoviae, e in quelle di Mi- nerva dette Panalheneca, si usaro- no ombrelle. Dall' uso sacro passò l'ombrella all'uso profano, ed i pri- mi che l'adottarono per segnale di dignità furono gli antichissimi re di Persia , che non comparivano mai in pubblico senza l' ombrello : in Baldacco, luogo della Persia, fabbri- candosi un panno tessuto d' oro e di seta porpora, e questo adottan- dosi per una specie di tenda sta- bile, sotto la quale furono eretti i troni, o portatile, sotto cui incedeva- no sovrani e personaggi, prese il nome di baldacchino e baldekino, velo, om- brella, mappula, umbracolo. Pres- so gli antichi romani si trova che JVuma Pompilio ordinò che quando il sacerdote andava al tempio per sagrificare, fosse portato in carro co- perto con panno in forma d'arco trionfale. Si ha pure che l'ombrella la portasse solamente il pretore, ed in seguito divenisse quasi comune ai distinti personaggi, non pare in principio a titolo di dignità, ma per ripararsi dal sole e dalla pioggia. Fra'cristiani divenne in uso l'om- brella o ombrellino singolarmente nelle cose sacre, qual distintivo di- gnitoso, e per lo più di seta dama- scata di color bianco ed anche di lama o ganzo d'oro, guarnito con trine e frangie d'oro o di seta, col manico o bastone nero, e si sostie- ne da un chierico sopra il sacerdo-

OMB te quando porta processionalmente la ss. Eucaristia o Viatico [Fedi) neh' ostensorio o nella pisside, uso che il Marlene riferisce già prati- cato l'anno i368, De anliq. monac. ritibus cap. 25, lib. 3. L' uffizio di sostenere l'ombrellino è molto de- coroso, poiché parlando il cerenio- niale de'vescovi, lib. II, cap. 33, del portare le aste del baldacchino, pre- scrive : deputenlur nobilis viris, ba- rones etc. Se un cardinale, prelato o altro personaggio s'incontra colla ss. Eucaristia che viene portata agli infermi, discende dalla carrozza, prende l'ombrellino e lo porta sino alla casa del malato o alla chiesa, e ciò in omaggio di venerazione al Signore de' dominanti. Di ciò si fece parola a Carrozza, e dell'accompa- gnamento del viatico nel voi. XL, pag. 1 33. Decretò la congrega- zione de' riti. 3 1 85. Umbella uti nec licet praesidi, neque alteri in so- lemnitate Corporis Christi dum fit processio solemnis. 4420- Baldachi- num non esse defereudum in pu- blicis supplicationibus , in quibus circumferuntur imagines, simulacra et reliquiae sauctorum , quia cora- petit dumtaxat ss. Sacramento, et ubi viget consuetudo , etiara reli- quiis instrumentorura passionis D. N. J. C. 447 '■ Decretimi generale, quo jubetur, ne reliquiae sanctorum de- ferantur sub baldachino, et ordi- naiiis locorum districte praecipitur, ut abusus eliminent. La Chiesa dun- que alle reliquie del ss. Sangue , Croce, e istromenti della passione di Gesù Cristo, non propriamen- te l'onore dell'ombrellino o baldac- chino, e solo lo coucede in que'lub- ghi ove ve ne sia inveterata con- suetudine di esporre o portare re- liquie sotto baldacchino e ombrel- lino. Nella solenne traslazione però

OMB delle reliquie de' santi si usava il baldacchino del colore conveniente (^.Reliquie), se martire o confes- sore; ma la congregazione de' riti, per l'abuso che si faceva di tal uso, con decreto approvato da Leone XII, escluse il baldacchino o ombrellino per le reliquie de' santi. Che il bal- dacchino non si può usare neppu- re per le reliquie della Beata Ver- gine, lo dicemmo nei voi. XXXI, p. 222, e XXXIV, p. 109 del Di- zionario, essendo soltanto proprio col- l'ombrellino del solo ss. Sagramenlo. Anzi noteremo che Clemente XI, a- ventlo saputo che nell'arcidiocesi di Toledo si portava il ss. Viatico sen- za l'ombrellino, energicamente esor- tò l'arcivescovo a ripararvi. Nelle eucaristiche funzioni il colore pro- prio del baldacchino o dell'ombrel- lino è bianco; il rito ambrosiano usa sempre il colore rosso. A Ci- borio e Tabernacolo si dice del co- nopeo velo o baldacchino di essi. Il conopeo è un velo che si frap- poneva fra il sacerdote e il fonte battesimale nel tuffarsi in esso le donzelle che si battezzavano, ed i battisteri o fonti sacri alcuni sono coperti del conopeo. Anche la pis- side è coperta d'un piccolo co- nopeo.

Il privilegio di portare l'ombrel- lino venne in seguito, oltre l'usarsi dai Papi e sovrani, dato ai cardinali, ai vescovi, a qualche prelato, ai prin- cipi, duchi, marchesi, ec. con colo- ri propri ad ogni grado ; come l'u- so degli ombrellini per ripararsi il sole e delle ombrelle per ripararsi dall' acqua è comunissimo, e si u- sano di seta, di cotone e di tela cerata, di diversi colori: gli anti- chi romani per ripararsi dagli ar- dori del sole servi vansi d'una spe- cie di cappelli o parasoli che chia-

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movano umbellae. Del cappellone o parasole usato dai cardinali in luogo dell' ombrellino nelle proces- sioni, se ne parla nel voi. IX, p. 175 del Dizionario. II Papa usa due ombrellini di damasco rosso guarniti con trina e frangie d'oro e fiocchi di seta rossa e oro, con bastone nero, che ripiegato si cu- stodisce entro saccoccia di tela ros- sa. Si tengono appesi in sala, si por- tano ne' possessi, ma incedendo per la città, ne' viaggi e nelle villeg- giature se ne porta uno solo colla saccoccia da un parafreniere o se- diaro, e si pone sopra la carrozza ; ne' treni pubblici o semipubblici procedendo i parafrenieri a piedi, uno porta inalberato e chiuso l'om- brellino dietro la carrozza, apren- dosi dal decano per riparar il so- le al Papa quando scende dalla carrozza, ed anco camminando la carrozza stessa. Se il Papa i' a- dopera, lo sostiene il decano, e in alcuni luoghi anche i magistrali o altri distinti personaggi, ed il tutto meglio si riferisce ai rispettivi ar- ticoli. Si crede che l'imperatore Costantino il Grande concedesse la insegna dell' ombrellino a s. Silve- stro I Papa del 3 1 4- H Pontefice Anastasio III del 911, ad istanza di Berengario I imperatore e re di Italia, concesse 1' uso dell' ombrelli- no al vescovo di Pavia. Del bal- dacchino portato sopra il Papa, fe- ce menzione Innocenzo III del 1 198 con la voce mappula, nel cap. 7, lib. 2 de M'issa, dicendo pure dei suoi significati allegorici e mistici. Nell'Ordine romano XII di Cencio Camerario, si legge che il nuovo Papa portandosi con cavalcata al Laterano, un servente portava 1' om- brella. Neil' Ordine romano XIV di Pietro Amelio, De Dominica Pai-

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marum, si dice che il Papa ince- deva sotto umbella seu baldachi- ti uni in processioni bus e lo soste- nevano quattro nobili. Nel 1178 ritornando Alessandro III da Ve- nezia a Roma, dopo la pace fatta con Federico I, gli anconetani pre- sentarono due ombrelle, una pel Pa- pa, l'altra per l' imperatore : allora Alessandro III disse : una terza se ne prepari pel doge veneto, a cui meritamente gli si compete, poiché egli avendoci liberati dal fragor del- la guerra, ci pose nel refrigerio della pace ; lo che propriamente si- gnifica 1' ombrella, nella di cui me- moria vogliamo che i dogi di Ve- nezia ne facciano uso nelle loro solennità. Nel voi. XXIV, p. 88 del Dizionario narrai come entrò Urbano V nel 1 366 in Roma, in cui Ridolfo Varani signore di Ca- merino portò il gonfalone e le chiavi sul suo capo. V. Ingressi .'oj.enni m Roma, e Gonfalone : a Chiavi pontificie dissi come col padiglione informa d'ombrello sono le insegne della romana Chiesa. Del Padiglione (Vedi) o sinnicchio o zinnichio, o grandissimo ombrello, insegna delle principali basiliche di Roma, ne parlai ne' voi. VII, p. 1 16, IX, p. 55, XI, p. 178 e 263, XII, p. 33 del Dizionario ed altrove. Ivi si è dunque detto come il pa- diglione, papiliones vel lentoria, ma- gni umbraculi, sivet abernaculi, con- trassegno di giurisdizione e distin- tivo speciale, con la croce e il cam- panello precede nelle processioni il clero di dette basiliche; eh' è so- vrastato da piccola croce dorala su globo simile, ed è fatto in forma di vasto ombrello di striscie di drappo di seta gialla e rossa, con drappellone in cui sono gli stemmi della basilica, chiudendosi come l'om-

OMB biella e sostenendosi alternativamen- te da due individui con veste bian- ca ; che se ne attribuisce la remota origine per ricevervi al coperto il clero nelle lunghe processioni, al- lorché era sorpreso dalla pioggia, e perchè il capitolo lateranense ha due padiglioni, ciò si crede, come essendo anticamente più. numeroso ne usò perciò due e con essi si fa precedere, ovvero il doppio padi- glione lo adopera come cattedrale di Roma la basilica cui appartiene, o più ragionevolmente per avere il capitolo riunito le prerogative della vicina basilica di s. Lorenzo ad sancta Sanctorum, il perchè usa pure due croci e due campanelli nelle stesse processioni. Ne' diari rnss. del cerimoniere Cassina, de- scrivendosi l'associazione del cada- vere del cardinal Colloredo peni- tenziere maggiore nel 1709, si leg- ge : Postea clerus, beneficiali et ca- nonici basilicae s. Mariae trans Tyberim cimi propria cruce sine papilione. Fedi il Moretti , De presbyterium p. 127, 128. Nel li b. I, e. 91, p. 2go: de caeremoniis aulae Bizantinae, per la creazione di Leone in imperatore, si narra che praeit Patriarcha cimi suo clero in magnani ecclesiam. Ad- sunt presbyteri in Papilione. Est aulem Papilio dictio romana. Si- gnificat illud animalculuni vel in- sedimi, auod circa Crambeni oh- volitai. Ratio appcllationis est. Ve- la Papdionis vel Tentoni variis colorìbus dislincta referunt simili- tudine alas illius animalculi, auod romani Papilionem appellant. In lume itaque Papilionem intrai imperator. In fatti anche al presen- te i padiglioni o sinuicchi delle ba- siliche romane hanno i teli alter- nativamente, si nel corpo del gran-

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tle ombrello che nel drappellone, a due colori, cioè rosso e giallo, pro- pri tuttora del senato e popolo ro- mano. Che questi due colori, pri- ma che Pio VII sostituisse il bian- co e giallo, fossero propri della Chiesa romana e delle sue milizie, lo notai nel voi. XXXIII, p. 123 del Dizionario.

Nel 1 383 Carlo III Durazzo re di Napoli ricevè nella sua reggia sotto I' ombrella d' oro il Papa Ur- bano VI : come furono ricevuti i Pontefici ne* loro viaggi, si parla ai luoghi ove si recarono. Nelle rela- zioni dei Possessi presi dai Papi nella basilica Lateranense e raccol- te dal Cancellieri, si leggono le se- guenti erudizioni siili' uso e forma dell'ombrellino del Pontefice in solenne funzione, potendosi anche consultare il Catalano in Ponlif. Rom. t. I, cap. V. Nel possesso di Gregorio XII nel i4o5, dopo il Papa a cavallo procedevano XII vcxilla. Deinde ea cani umbraculo sericeo, quoti tendìt in conimi, an- teque Ponti ficem semper ferlur, per Costantinuni ipsum pollasse ad praefatum devenisse Sdvestrum. Noteremo che allorquando uel i449 1' ultimo antipapa Felice V rinun- ziò il pseudo-pontificato, in premio Nicolo V lo dichiarò cardinal de- cano del sacro collegio e gli con- cesse alcune insegne pontificie; ma fra le eccettuate fuvvi l'ombrellino. Nel possesso di Pio II i romaui pretesero appartenergli il baldac- chino che avea usato. Innocen- zo Vili nel possesso dell' anno 1 4^4 "• Papa, cujus equum duce- bant senalor, et conservalores ur- bis, quia laici digniores ipsis non inlerfuerunt, sub baldachino, quod cives romani, capita regionum, et alii nobiliorcs cives, qui continuo

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in satis copioso numero ante Pa~ pam incedebanl, usque ad Latera- num portabant. Leone X nel pos- sesso del i5i3 fu preceduto dalla ss. Eucaristia : equum cum Sacra- mento ; baldachinum super Sa- cramento per cives romanos Vili vicissim. Dopo i protonotari, ulti- mo umbella Papae, quam portai unus Macerius ( Mazziere, Fedi ) armatus totus, absque tam galea. Nel voi. V, p. 299 del Dizionario notai, che recandosi Leone X a Bologna preceduto dalla ss. Euca- ristia, a questa fece servire il ma- gnifico baldacchino che gli aveva- no destinato i bolognesi, e il meno ricco che i medesimi aveano pre- parato pel santissimo Sagramento 1' usò per ; e ad Eucaristia ss. che precede i Papi ne' viaggi, ra- gionando del suo cerimoniale, dissi del suo baldacchino o ombrellino. Nel possesso di Sisto V del 1585, Unus parafrenarius ferebat unum umbraculum ex damasceno rubro supra Pontificali, transeunlem per solem. Nel possesso di Gregorio XIV nel i5go, dopo di lui caval- cavano i soliti cubiculari intimi. A pud eos, et prope Ponti ficem, pa rafrenarius unus Sanctilatis suae cum umbella ex damasceno serico purpureo confecta, aureis corda lis, et frangi is ornata, pedes gradieba- tur ad arrendimi solis radios per viam, ne visum Ponlificis offende- rent. Innocenzo X nel possesso del 1 644j incedendo in Lettiga [Vedi), seguito dai consueti cubiculari do- mestici, non lungi da loro, vicino alla lettiga, era un paral'reniere di sua Santità coli' ombrella di dama- sco cremesino, trinala d'oro. Co- sì per Clemente IX e Innocenzo XI. Anche Innocenzo XII nel 1691 an- dò al possesso in lettiga, presso la

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quale due suoi parafrenieri soste- nevano due ombrelli di damasco cremesino trinati dJ oro. Clemente XI nel possesso del 1701 cavalcò, e dopo erano portate due ombrel- le dal decano e sotto decano, che servivano nelle occorrenze. Nel suo pontificato il p. Bonanni pubblicò la Gerarchia ecclesiastica, ove a p. 400 dice che nelle funzioni ec- clesiastiche il Papa usa due om- brelle di seta rossa guarnite d'oro, una sostenuta dal decano de' para- frenieri, l'altra dal sotto decano; e che nel giorno in cui coronato si trasferisce dalla chiesa di s. Pie- tro alla Lateranense, l' ombrella si sostiene da un mazziere armato. Ciò riporta parlando al cap. 97 del baldacchino sotto cui si porta il sommo Pontefice, maestoso or- namento, che fu adottato dai Papi non per fasto e vana pompa, ma per conciliare venerazione ne' po- poli, i quali ordinariamente dalle cose sensibili ed esteriori prendono argomento di stimar ciò che non comprendono con 1' intelletto; aven- do Dio ordinato nella legge antica, che 1' Arca si conservasse sotto co- perte preziose, e che il sommo sa- cerdote sotto l' ombra di esse of- frisse il sacrifizio. Nella funzione

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del possesso di Benedetto XIII nel 1724 e di Clemente XIII nel 1758, il decano e sotto decano dei parafreuieri, vestiti in abito nero, portarono ciascuno l' ombrella a- perta presso il Papa; altrettanto si legge di Pio VI, che fu l'ultimo Pontefice che prese possesso caval- cando. Pio VII lo prese in car- rozza, circondato dal decano e sotto decano, con due palafrenieri cogli ombrelli. Benché il regnante Pio I\! vi si recasse in carrozza, fu preceduto e seguito dalla cavalcala nel 1846,

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e due parafrenieri incedevano presso di essa col decano, [' ombrellino di damasco rosso e con la borsa di velluto rosso secondo il consueto pei memoriali.

I cardinali hanno l'uso di due ombrellini di seta damascata, cioè uno rosso, l'altro paonazzo, guarni- ti con trine, frangie e flocchi simi- li, del qual colore sono le fodere di tela per custodirli, da cui esco- no i cordoni ed i due fiocchi, ado- perandosi quel colore secondo i tem- pi e le prescrizioni de'cerimoniali, e le Vesti e Cappe de' cardinali (Vedi), dovendosi l'ombrellino e il cuscino sempre uniformare al co- lore delle vesti cardinalizie, e nelle domeniche Gaudele e Laetare, in cui i cardinali adoperano il colore roseo, l'ombrellino è paonazzo co- me la cappa. Negli articoli delle Cappelle pontificie e cardinalizie e in quelli d'ogni funzione cui in- tervengono i cardinali, parlando dei loro treni, livree e vesti colle qua- li v'incedono, notai ancora di qual colore si fa uso dell'ombrellino e cuscino; quando dissi, i cardinali vi si recano con vesti e tutto altro rosso o paonazzo, di tal colore de- ve essere eziandio l'ombrellino; ed altrove rimarcai, che i cardinali de- cani, di principesca famiglia, o dei marchesi di baldacchino, siccome godono il distintivo d'intarsiare l'oro nelle seterie de'finimenti de'loro ca- valli e guarnizioni delle loro car- rozze, cosi i loro ombrelliui rosso e paonazzo, i fiocchi, le trine e le frangie di seta simile sono intarsia- ti con oro: altrettanto come le se- terie frammiste con oro, potrebbe- ro usare i cardinali camerlengo e vice-cancelliere. I due ombrellini si appendono nelle pareti della sala in un ai due cuscini ; e quando il car-

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tlinale esce di casti, un servitore per turno cou esso sotto il braccio lo precede, e poi lo pone all'estremità destra della carrozza fermato all'un- cinello, il cjuale è in tutte le car- rozze di quelli che godono questo distintivo. Nel discendere il cardina- le dalla carrozza, meno se per di- porto passeggia fuori delle porte di Roma od altrove, non lo precede l'ombrellino, ma resta sulla carroz- za, in cui si pone anche ne' viaggi e villeggiature; sempre l'ombrellino come insegna deve accompagnare ovunque il cardinale : quella della Mazza d'argento i cardinali non più l'usano. In conclave stesso i car- dinali ritengono l'ombrellino, ben- ché non l'usino, cioè il paonazzo col quale vi entrarono, uscendone poi col rosso. La prima volta che il nuovo cardinale usa l'ombrellino, non l'adopera il giorno di sua crea- zione recandosi a ricevere dal Pa- pa la berretta cardinalizia (del cui modo, oltre a Berretta, meglio par- lai ne' voi. IX, p. 176, e XXXV, p. icjt. del Dizionario), ma bensì in quello in cui si reca a prendere il cappello cardinalizio , ma riposto dentro la carrozza, poiché solo dopo ricevuto il cappello incomincia ad usarsi, laonde non possono adope- rarlo que'cardinali creati assenti da Roma benché da lungo tempo, fin- ché non hanno ricevuto il cappello rosso dal Papa. 1 due cardinali che accompagnano iti carrozza il Pon- tefice, sedendogli l'impello, non usa- no allora l'ombrellino per rispetto, ma lo fanno riporre nelle proprie carrozze di seguito, o lo lasciano nella sala pontificia. L'ultima volta che si usa dal cardinale l' ombrel- lino, è nella pompa funebre in cui si porta il cadavere alla chiesa, pre- cedendolo con esso un servitore a

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piedi, perchè a piedi vanno tutti gli altri servitori; e quando i cardina- li recansi per visite di formalità, possessi o altre circostanze, in cui i servitori precedono a piedi la car- rozza, l'ombrellino è portato da uno di essi sotto il braccio. L'ombrelli- no de'cardinali in rare occasioni si apre, per cui è sempre ripiegato dentro la sua custodia di tela. Nel sabbato santo i cardinali si recauo alla cappella con ombrellino pao- nazzo, e siccome al peccatores del- le litanie depongono le cappe pao- nazze ed assumono sulla sottana paonazza le rosse, dopo la funzio- ne prendono la mantelletta e moz- zetta rossa, così nel tornare a casa si usa l'ombrellino rosso, e la cap- pa si pone nella saccoccia di tal colore. Parlando delle Carrozze, dis- si, che prima d'adottarle i cardina- li cavalcavano anche ne' viaggi col- 1 ombrellino per ripararsi dal sole e dalla pioggia, così e per segnale di dignità e in memoria del prece- dente uso, sempre un loro dome- stico lo porta quando escono dal proprio palazzo. In fatti, abbiamo che il cardinal Farnese quando an- dò in Germania legato a Carlo V, sempre cavalcò riparandosi il sole e la pioggia coll'ombrellino. I car- dinali impotenti di andare a caval- lo, facevano anticamente uso delle lettighe e delle sedie. Spettava ai palafrenieri de' cardinali il baldac- chino sotto il quale ricevevasi nei loro ingressi i legati a latere.

Tra i prelati, il solo Uditore dei- la camera {Vedi) usa l'ombrellino paonazzo, non però nel palazzo apo- stolico, come il primo tra i prela- ti di fiocchetti, e perciò gode il di- stintivo del Baldacchino al modo detto a quell'articolo. I vescovi noti hanno l'uso propriamente dcU'um-

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brellino, ma del baldacchinOj cioè sopra l'altare e sopra la sedia o trono episcopale, come altri prelati; e sotto baldacchino incedono nei pos- sessi e processioni portando il ss. Sagramento ; di che tratta il Ce- reni. episcop. lib. I, cap. i4- De usu umbraculi seu baldachini. Il Vettori nel Fiorino d'oro p. 5oj ri- porta una gemma antica in cui si vede un vescovo a cavallo e in mi- tra in atto di benedire, preceduto e seguito da due individui, il primo colla croce, l' altro coll'ombrellino, in forma di Flabello {Vedi). Altre- sì nella corte romana godono l'uso e l'insegna dell'ombrellino, i Prin- cìpi assistenti al soglio, il Maestro del sacro ospizio, i Principi, i Du- chi, i Marchesi di baldacchino, il Senatore ( le mogli di detti perso- naggi godono l'uso dell'ombrellino), ed i Conservatori di Roma ( Vedi), ec; come ancora gli Ambasciatori [Vedi), ed anche quelli di Bologna e Fer- rara (Vedi), ornando vi erano in Roma. Gli ombrellini di tali perso- naggi souo di seta celeste con fioc- chi simili, e guarnizioni frammiste con oro. Nel colore della seta diversificano gli ombrellini di alcuni ambasciatori, che adoperano quello proprio della loro coite, e quello del senatore e de'conservatori di Roma, essendo il colore nero, e lo porta innanzi un Fedele di Campidoglio; va però nota- to che la fodera dell'ombrellino di detto magistrato romano è di due colori, cioè di tela nera in quei gior- ni che il magistrato indossa il rub- bone nero, e di tela gialla quando esso veste la toga d'oro. A miglior schiarimento di quanto dicemmo tanto dell'ombrellino, che delle se- terie de' cavalli delle carrozze del magistrato, come uè' voi. Vili, p. ->-3i, e X, p. i2i del Dizionario,

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aggiungeremo che la prima car- rozza giornaliera dell' antico ma- gistrato , i cavalli avevano seterie e fiocchi di seta nera ed oro , la seconda e la terza carrozza aveva- no cavalli con seterie e fiocchi di seta gialla e rossi; nei tem- pi di gala e quando si usava dal magistrato il treno nobile, i caval- li della berlina aveano seterie, in- trecciature e fiocchi di seta bleu e oro. Il senatore usa come il magi- strato le suddette seterie e ombrel- lino, il quale è pure portato da un fedele. Nel prospetto delle attuali prerogative del senato romano, si leg- ge. Alzerà permanentemente il trono nel proprio palazzo insieme al bal- dacchino. Avrà l'uso dell'ombrelli- no a somiglianza de'principi. Avrà il treno di carrozze proporzionato alle occorrenze, ma non mai più, di sei, meno di tre. Gli orna- menti de' cavalli saranno di oro per la prima carrozza ; negri e d'o- ro per la seconda; negri e gialli per la terza. Finalmente l'insegna onore- vole dell'ombrellino l'usano molti comuni, o magistrature municipali, e Pio VII con breve del 23 dicem- bre 1 8 1 4 presso il Bull. Coni. tota. XIII, p. 348, lo concesse al magistra- to civico d'Anagni nelle pubbliche funzioni. Sopra i baldacchini si può vedere il Lunadoro, Relaz. della corte di Róma, edizione del 1 646, p. 1 37, 1 38 e 32g. E sopra gli om- brellini : Carmeli dell'uso delle om- brelle o baldacchino, nel t. II, p. 20, De' costumi sacri e profani. Pao- lo Pacciaudi, De umbellae ges tallo- ne commenlarius, Romae 1752. Co- stantino Ruggieri, Osservazioni so- pra l'uso e la forma degli ombreL li3 presso gli antichi, tanto gentili, quanto cristiani, e sopra altre cose appartenenti alle antichità sacre e

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profane, indirizzate al p. Paciau- di. 11 p. Bonanni, Numism. Pont. t. I, p. 236 e seg., eruditamente tratta sulle diverse denominazioni dell' Umbella e differenti specie.

OMELIA, Homilia, sacra oralio. Ragionamento sacro sopra l'evange- lo e altro argomento. In origine si- gnificò conferenza, o assemblea, o radunanza di popolo, e poscia ven- nero chiamate omelie le esortazioni ed i sermoni che si facevano ai popoli congregati insieme nella chiesa. 11 nome greco homclia significa propria- mente un discorso famigliare, ed in fatti le omelie facevansi famigliar- mente nelle chiese dai prelati che interrogavano il popolo, e ne erano interrogati, all'opposto dei sermoni che dicevansi dal pergamo alla fog- gia degli oratori. I padri greci chia- marono omelie le prediche, tutte le omelie de' padri greci e latini sono fatte dai vescovi. Chiamatisi altresì omelie le lezioni del terzo notturno dei mattutini, che spiegano il van- gelo del giorno, e che sono estratte dalle omelie de'padri. Si dice Ome- lario il libro che contiene le ome- lie de'padri, che leggonsi nell'uffi- zio, homiliare, homiliarius librusj ed Omeliasta il facitore di omelie, ho- miliates, homilites. Vedasi Antonio Bianchini, Collezione delle migliori omelie de' ss. Padri greci, Roma 1827. 11 Sarnelli, Lett. eccl. t. IV, pai lan- dò nella lett. 53 non potersi il ve- scovo esimere al tutto dal predica- re, quanto allo stile dice, essere di tre maniere quello della Predica (Fe- di), dommatico, critico, parenelico; uno insegna la dottrina, l'altro cen- sura i costumi, il terzo è famiglia- re, distinguendo s. Paolo l'insegna- re dall'esortare, e per esortare pre- scrive il genere famigliare e pare- netico, che s. Agostino nel sermone

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18, Deverbis Domini, chiamò csor- tationes ccclesiae morales, dette ome- lie, cioè allocutiones. Di queste esor- tazioni n è pieno il Pontificale ro- mano nelle saere ordinazioni, nella dedicazione della chiesa, ed altrove. Si può leggere nel Cerem. episcop. lib. I, cap. 22 : De concionibus sca sermonibus infra missam solemncm habendis, seti post missam in fu- nere episcopi, ani alicujus magni viri, et de habilu sermocinantis. Le omelie si fanno anco dagli abbati mitrati ne' pontificali, massime di quelli nullius dioecesis. Nel voi. Vili, p. 236 parlammo delle prediche e discorsi che si recitano nelle cappel- le pontificie, descrivendo le quali dissi in quali funzioni i Pontefici pronunziavano dopo l'evangelo l'ome- liaj cioè ne'solenni pontificali di Pa- squa, de' ss. Pietro e Paolo, e di Natale, per la dedicazione di chie- se, consacrazione di vescovi, cano- nizzazioni, ed altre circostanze. Gli antichi Pontefici le recitavano di fre- quente per diverse feste, e in diver- se Chiese di Roma (Fedi), massime l'eloquentissimo s. Leone I del 44°> di che ne abbiamo monumenti, co- me di s. Gregorio I del 590. Que- sto Pontefice, per non dire di altri, nella basilica Vaticana fece undici omelie, tre sopra gli evangeli in quella di s. Maria Maggiore, e quat- tro in s. Lorenzo fuori le mura, cioè nella domenica di settuagesima, nel mercoledì di Pasqua, nella pri- ma domenica dopo la festa della ss. Trinità, e nel sabbato delle quattro tempora di settembre, spiegando di- verse cose, e celebrando le feste dei santi patroni della chiesa ove le re- citava, in un al vangelo corrente. Delle omelie fatte da s. Gregorio I ne parliamo in diversi luoghi, ed il cardinal Baronio fece' incidere con

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caratteri nel dorso d'una sedia di marmo, esistente nella chiesa de'ss. Nereo ed Achilleo, l'omelia che ivi pronunziò. Nel 1 83 1 in Venezia si pubblicarono: Le quaranta omelie sopra gli evangeli volgarizzate di s. Gregorio I Magno. Innocenzo III ad ogni festa soleune della Chiesa ne spiegava l'origine, l'im- portanza e l'efficacia nella creden- za e nella vita de'cristiani, con ome- lie; e questo faceva specialmente in quelle settimane, fatte più delle al- tre a muovere alla contemplazione dell'amor di Dio, con la commemo- razione della morte riparatrice di Gesù Cristo. Egli sermoneggiava pur ne'giorni consecrati alla memoria dei confessori e de' martiri della Chiesa militante di Cristo, assunti alle glo- rie della trionfante, dopo mille com- battimenti e patimenti. Il predicar suo era in lingua volgare, e accor- revano in folla il popolo e clero a udirlo per la sua profonda dottri- na ed eloquenza. Raccolti una par- te de'suoi sermoni, li mandò in do- no d'amicizia ad Arnaldo abbate ci- sterciense : Innocentii sermones per festivitates sanctorum totius anni.

In tempi a noi meno lontani Cle- mente XI nella basilica Vaticana fe- ce al popolo romano elegantissime omelie latine, nelle quali si ammi- rava riprodotta la maschia eloquen- za di s. Leone I Magno : le pro- nunziò nelle feste di Pasqua, de'ss. Pietro e Paolo, di Natale, e per la canonizzazione de'ss. Pio V, Andrea Avellino, Felice da Cantalice, e Ca- terina da Bologna, sedente in trono, con mitra in capo. L'ultima la ri- porta a p. 229 il Cappello, Acta canon, j ed a p. 2 33 avverte che dopo Leone X, che nella canonizza- zione di s. Francesco di Paola re- citò un'omelia nel 1 5 1 cj, in questa

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funzione non si erano dai Pontefici più pronunziate. Nel 17 17 Clemen- te XI per l'ultima volta recitò l'ome- lie, poiché l'indebolita sua salute non gli permise più farlo. Carlo Alessio Guidi stampò sei di tali Omelie di N. S. Clemente XI spiegale in ver' si, Roma 17 12, con bellissimi rami e splendida edizione ch'erasi studia- to rendere correttissima, ma che gli fu fatale. Poiché, portando il libro magnificamente legato al Papa a Castel Gandolfo, vagheggiandolo nel viaggio, si accorse d' un errore di stampa. Se ne accorò talmente che giunto in Frascati in casa Pagliari, un colpo d'apoplesia lo tolse di vi- ta; il libro fu quindi recato al Pa- pa che ne restò dolentissimo. Que- sto libro merita d'essere annovera- to fra quelli rammentati da Got- tobl : Comment. epist. qua aliquos Ubrorumfata recenset, Wittemberga 1 73 1 ; e da Klotz, Disputat. de li- bris auctoribus suis fatalibus, ivi 1728. Dipoi in Venezia nel 1717 col testo furono stampate : Le ome- lie ed orazioni (due sul terremoto) della S. di N. S. P. Clemente Xf, volgarizzate da Gio. Maria Cre- scimbeni, terza impressione. Anche Benedetto XIII recitò molte ome- lie; così il dottissimo Benedetto XIV recitò un' omelia nella festa de'prin- c-ipi degli apostoli nella basilica Va- ticana, per la canonizzazione di cin- que santi, che si legge nel suo Bull. t. Il, p. 257. Pio VI rinnovando il costume de' più dotti e zelanti Papi, recitò diverse omelie nelia ba- silica di s. Pietro nelle summento- vate solennità. Quando nel 1782 si recò a Vienna, celebrando il Pon- tificale di Pasqua nella metropolita- na, dopo il vangelo fece una fervo- rosa omelia, che fu stampata insie- me con gli altri Atti del suo viag-

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gio. Essendo il medesimo Pontefice abbate ordinario di Subiaco, riedi- ficò la cattedrale di s. Andrea, e in consagrarla pronunziò un'omelia, che pubblicò il prelato Biancadoro poi cardinale, nel libro: Pio FI in Subiaco. Dello stesso abbiamo : Pii VI Allocutiones, Homeliae, pieni- quae Epistola?, Amstelodami 1792. Pio VII come vescovo d'Imola mol- te omelie recitò (di quella che die tanto a parlare, si può vedere il voi. XXXIV, p. 107 del Dizionario), e da Papa consecrando nel coro del- la basilica Vaticana a'3 aprile 1804 Gioacchino Tosi in vescovo d'Alia- gni, pronunziò la sessantesima sua omelia, che si legge nel Bull. Rom. Continuatio, t. XII, p. 1 4 1. Grego- rio XVI a'26 maggio 1839 solen- nemente canonizzò cinque santi, e dopo il canto del vangelo pronun- ziò un'eloquentissima omelia, piena di sacra unzione e di soda pietà, nella quale encomiò la santità dei nuovi eroi canonizzati : dopo l'ome- lia il cardinal vescovo assistente pub- blicò l'indulgenza al modo detto nel voi. VII, p. 3o2 del Dizionario, cioè per quelli che visiteranno i se- polcri de'nuovi santi negli anniver- sari di loro festa, poiché la plena- ria che in tal circostanza si suole promulgare, non ebbe luogo perchè dando poi il Papa dalla loggia la solenne benedizione, allora fu notifi- cata. Quindi lo stesso Pontefice a'5 ottobre 1840 fece la solenne conse- crazione dell'altare principale della basilica di s. Paolo, e terminata la funzione in trono pronunziò analo- ga commoventissima allocuzione o omelia, di cui parlammo nel voi. XI, p. 25 1 del Dizionario^ pene- trato di spirituale conlentezza ; indi compartì l' apostolica benedizione, facendo pubblicare dal cardinal pri-

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ino diacono l'indulgenza, ed assun- ti gli abili sacri per la messa bas- sa, sull'altare mentovalo disse quel- la della dedicazione. Nelle consa- grazioni de'vescovi che fece Grego- rio XVI, non recitò omelie.

OMER (s.), Fammi s. Audeniari, Audomaropolis, Silhieu. Città ve- scovile di Francia nell' Artesia o Arlois, dipartimento del Passo di Calois, capoluogo di circondario e di due cantoni, a 60 leghe da Pa- rigi. E situata parie intorno al mon- te Silhieu, parte sul colle che con- giunge detto monte con quello des Cravattes, ed in pianura bassa e paludosa attraversata dall'Aa che vi diviene navigabile. E una piazza for- te di prima classe, cinla da un buon circuito e da fòsse, con sobborghi fortificati e trincieramenti , e con quattro porte. E sede di tribunali di prima istanza, di commercio e di altre autorità. È generalmente fabbricata di mattoni gialli, è ben distribuita, e presenta molte strade larghissime. Si distingue la vasta piazza d'armi, il palazzo pubblico edifìzio gotico; l'antica cattedrale della Beata Vergine, bello edifizio pur gotico, ove ammirasi la Deposi- zione dalla Croce di Rubens, e rin- chiude il sepolcro di s. Audomaro, detto anche Odomaro, Otmaro, vol- garmente detto Saint-Omer vescovo di Terouanne; le rovine dell'abbazia di s. Bertino,ove si trovava la tomba di Childerico III, ultimo re di Fran- cia della stirpe de'Merovingi, ivi ri- legato da Pipino il Piccolo; la chie- sa del collegio, la cui facciata ha due torri, con bella volta di legno ; l'ospedale militare, che occupa l'an- tico collegio inglese, celebre un tempo per la educazione de'giovani cattolici irlandesi e inglesi, duetto dai gesuiti, quali ne avevano altro

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con religiosi fiamminghi; e final- mente la casa di arresto, sul punto il più alto del Sithien. Questa cit- tà ha numerose fontane, comodo porto sul canale del vasto sobbor- go Ilaut-Pont, due altre chiese par- rocchiali, monastero d'orsoline, col- legio comunale con pubblica biblio- teca di circa 16,000 volumi, arse- nale, magazzini, teatro, bagni, spe- dali pegli orfani ed esposti , altro ospedale oltre il detto militare, due ospizi, casa delle sorelle della Cari- tà, altri stabilimenti, ameni passeg- gi. Ha molte fabbriche e commer- cio: gli abitanti di origine fiammin- ga in gran parte ne conservano il linguaggio, e molti sono giardinieri. È patria dell'abbate Suger, di Fla- men scultore, de'gesuiti letterati Mar- tino du Cygne e Giacomo Mal- brancq, e di altri illustri. I dintor- ni sono deliziosi e fertili ; vi si tro- vano posizioni importanti per le ar- mate incaricate di coprire Saint-O- mer, e di farne levare l'assedio; nel 1827 le truppe francesi vi esegui- rono grandi manovre, sotto gli oc- chi di Carlo X.

Saint-Omer non fu remotamen- te che un borgo, il quale formos- si nel 626 intorno ad un castello fortificato, che coronava la sommi- tà del monte Sithieu di cui prese il nome. Adroaldo signore di que- sta terra la diede a s. Omer, che nel 648 vi fondò il monastero dei benedettini di s. Pietro di Sithieu, che fu in seguito la celebre abba- zia di s. Berlino, e fabbricò pure la magnifica chiesa poi cattedrale: il santo stabilì nel monastero la sua residenza, di cui fu primo ab- bate s. Mommelino, poi vescovo di Noyon, ed il successore s. Bertino gV impose il proprio nome. Nel- l'88o l'abbate Folco incominciò a

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cingerla di mura, le quali furono compite nel 902 da Baldovino li conte di Fiandra: verso questo tempo il borgo di Sithieu, lasciando il suo nome, prese quello del suo protet- tore e fu eretto in città. Nel 11 52 un violento incendio ne distrusse una parte. Baldovino V dipoi l'in- grandì, e poi Carlo V vi aggiunse varie fortificazioni. Prima di que- sto tempo invano nel 1 477 l'asse- diò Luigi XI, ma fu più fortuna- to dieci anni dopo; però nel i49^, ribellatisi gli abitanti, la consegna- rono ai borgognoni. Tuttavia Luigi XI se ne impadronì di nuovo nel 1492, mediante il tradimento di Filippo di Crevecoeur governatore della piazza; l'arciduca Massimilia- no la riprese ben tosto. I francesi non poterono prenderla nel 1 638, ma se ne insignorirono nel 1677 dopo la battaglia di Cassel, ed il suo acquisto fu loro assicurato l'an- no seguente pel trattato di Nime- ga. Nel i8o5 Saint-Omer fu uno de'cantieri e de' punti di partenza della flottiglia destinata contro l'In- ghilterra.

La sede vescovile fu istituita da Paolo IV li 12 maggio i559, ad istanza di Filippo II re di Spagna, suffraganea di Cambray : formò la diocesi con dieci terre di quella di Terouanne, con territorio lungo 42 miglia e largo 39, assegnando 3ooo ducati d'oro sulle decime e i5oo sul tesoro del re, cui die la nomi- na. Eresse in cattedrale la chiesa della Beata Vergine, che governa- vasi dai preposti, il primo de'quali fu Elcino del 1016, e l'ultimo O- doardo Berraques grande elemosi- niere di Carlo V, morto nel i557. Il capitolo si compose di sei di- gnità, con ventinove canonici mag- giori e cinque minori, otto vicari

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e ventitre cappellani. Prima di questa erezione, la chiesa dell'ab- bazia era stata la principale, go- dendo l'abbate molti privilegi, co- me d'intervenir con voto alle se- dute degli stati d'Artois. Il primo vescovo fu Guglielmo di Poitiers, il quale non fu consecrato. Nel i5Qi gli successe Gerardo di Har- mericourt, che fondò il collegio dei gesuiti per la gratuita istruzione della gioventù, e mori nel «577: quanto ai successori vedasi la Gal- lici chrisl. t. Ili, p. 472- Gli ulti- mi vescovi sono registrati nelle No- tizie di Roma. 1754 Francesco Giuseppe de Brunes de Montoluet di Dol. 1766 Lodovico Conzié de Pomier diocesi di Lione. 1769 Gioacchino de Conzié di detto luogo. 1775 Gio. Augusto de Chastenet de Puysegur d'Alby. 1778 Giuseppe M. Alessio de Bruyeres de Chala- bre, della diocesi di s. Papoul, che fu l'ultimo, poiché nel 1801 pel concordato Pio VII soppresse la diocesi. Questa stende vasi nell'Ai'- tois e nella Fiandra, divisa in due arcidiaconati, con dieci abbazie, ed il vescovo avea 4o,ooo lire di rendita. Nel giugno 1 099 vi fu tenuto in Saint» Omer un concilio da Manasse arci- vescovo di Reims, con quattro vesco- vi sulfraganei. Furono pubblicati cinque articoli riguardanti la tre- gua di Dio e diversi punti di di- sciplina ecclesiastica, e fu ordinato di osservarli sotto pena di scomu- nica. Baluzio, HJiscell. t. V; Mansi, Suppl. Diz. de' concilii. Del celebre collegio di Saint-Omer, fondato dai gesuiti inglesi, parlai nel voi. XXXV, p. 146.

OMERITI. Popolo della costa meridionale dell'Arabia Felice, vici- no al mare rosso, conosciuto sotto il nome di salci o indiani, paese

VOL. XLIX.

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chiamato poi principato d' Aden, cui anticamente era loro religio- ne l'idolatria mista con giudaismo. L' apostolo s. Bartolomeo vi pre- dicò il vangelo, indi vi ristabilì la fede Panteno prefetto della celebre scuola d'Alessandria. Nel IV secolo 1' ariano monaco e vescovo Teofilo indiano fu mandato dall' impera- tore Costanzo e da Giorgio d' A- lessandria, agli omeriti ed agli abis- sini etiopi, ma sembra che uon sia riuscito a spargervi l'eresia; dice pe- rò il Bercastel che l' imperatore ottenne con magnifici donativi l'e- dificazione di alcune chiese per uso de' mercanti romani e de' nativi del paese, i quali volessero apprendere la religione dell' impero, onde il principe degli omeriti si convertì e volle fare egli stesso la spesa di tre chiese, una nella capitale, le altre nelle città principali, ove i romani ed i persiani facevano il loro commer- cio. Nella vita di Papa s. Ormisda del 5i4 si legge ch'ebbe il confor- to di veder convertiti gli omeriti dalla superstizione giudaica. La re- ligione cristiana continuò a farvi progressi , finché ilreDunaam, spin- to dagli ebrei, si sforzò d'abolire nel paese il nome di Gesù. Cristo : prese la città di Nagra o Dafar, e fece crudelmente morire Areta suo principe e gli abitauti. Allora Ele- sbaam re d'Etiopia, a vendicar la morte di que' santi martiri, attac- cò il principe ebreo, lo vinse e gli sostituì un re cristiano, che poco regnò per rivolta de' sudditi, e gli successe Abraham pur cristiano. E- lesbaam chiese un vescovo al pa- triarca alessandrino per istruir gli omeriti, e Timoteo col consenso di Giustiniano I ne lasciò la scelta agi' inviati che condussero seco Gio- vanni, il quale edificò una chiesa

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nella città di Thnphar e vi stabili la sua sede vescovile. I nestoriani impadronendosi nel secolo VII di questa chiesa, sottomisero gli ome- riti al cattolico di loro setta resi- dente in Seleucia. Ecco i vescovi degli omenti. Paolo morto due an- ni prima della presa di Nagra. Gio- vanni mansionario della chiesa di s. Gio. Battista d' Alessandria. Gre- gorio di Milano, secondo i meno- logi, sedeva quando Elesbaam pas- sò di nuovo il mare, per dare un successore al re degli omeri ti, cioè Abraham. Abulareth verso il 63 o. N. inviato dal patriarca Simone. Oriens chrìst. t. I, p. 663.

OMOBONO (s.). Figlio d'un mercante di Cremona, cognominato dei Tucingi. Destinato al commer- cio, ebbe un' educazione conforme a questo mestiere ; ma trovò nelle istruzioni e negli esempli di suo padre dei motivi di probità, di re- ligione e di virtù. Sposò una gio- vine virtuosa e capace d' aiutarlo nel governo della famiglia. Dopo la morte del padre^ che lo lasciò padrone di grandiose sostanze, egli aumentò le sue limosine; andava in traccia dei poveri nelle capanne per sovvenirli, accompagnando sem- pre le sue beneficenze con savi con- sigli ed esortazioni. Alla carità ac- coppiava l'astinenza e la mortifi- cazione, e sapeva collegare coi do- veri del suo stato l'esercizio del- l' orazione, alla quale dava molto tempo. Egli interveniva ogni gior- no nella chiesa di s. Egidio ai mat- tutini, che dicevansi a mezza notte, uscivane che al mattino seguente dopo la messa cantata, ed era grau- de il suo fervore, che quanti il ve- devano sentivansi compresi della più viva divozione. L'esempio di una vita cosi santa valse a couver-

OMO tire molti peccatori. Mori il 1 3 di novembre^ mentre assisteva al san- to sagrifizio. Sicardo vescovo di Cremona, dopo aver provato l'e- roismo delle sue virtù e la certezza de' suoi miracoli^ si recò a Roma con molte persone rispettabili per sollecitarne la canonizzazione. Il Papa Innocenzo III lo annoverò fra' santi e pubblicò la sua bolla nel i 198. Il corpo del servo di Dio fu disotterrato nel i356 e traslo- calo nella cattedrale di Cremona; ma il suo capo è rimasto nella chie- sa di s. Egidio. La coufraternita dei negozianti di Lione, stabilita nella chiesa dei Fogliatiti, lo scelse a patrono, così altri sodalizi e l'u- niversità de'sartori; e se ne celebra la festa il i3 novembre.

OMODEI Luigi Alessandro , Cardinale. Luigi Alessandro Omo- dei de' marchesi di Villanova e Pioppera, sortì i suoi natali in Mi- lano da cospicua famiglia. Condot- tosi in Parma per attendere agli stu- di, si trasferì a Perugia, ove d' an- ni 20 ottenne la laurea in ambe le leggi. Passato in R.oina nel i63o vestì l'abito di protonotario apo- stolico per concessione di Urbano Vili, che quando Io promosse a chierico di camera ne gioì tutta la corte per essersi reso amabile a tutti. Indi venne fatto provvedito- re generale delle fortezze dello sta- to ecclesiastico, carico esercitato con destrezza per la mancanza di de- naro, mentre dovea pensare al man- tenimento degli eserciti che in più parti teneva la santa Sede. Egli nondimeno pieno di prudenza e di coraggio dispose così bene tutte le cose, che colla sua attività diede moto e anima alla riputazione del- le armi pontificie. Innocenzo X a- vealù destinato nunzio in Irlanda,

OMO quando cangiato consiglio lo tratten- ne in Roma col titolo di commissario generale delle milizie in tutto lo sla- to ecclesiastico, con facoltà di poter spendere e fare ordine de' pagamen- ti al depositario della camera in- dipendentemente dal tesoriere, cosa non mai veduta fino allora ; poscia in luogo del generale Savelli nella seconda guerra di Castro, lo dichia- rò generale delle truppe papali, delle quali in assenza di Camillo Pamphilj n' ebbe il supremo ed assoluto comando. Giunto al deca- nato de' chierici di camera, Inno- cenzo X a' 19 febbraio i652 lo creò prete cardinale del titolo di 6. Alessio e legato d' Urbino, dove si guadagnò la stima e il credito di cardinale pio, giusto e magni- fico, ed assai commendabile per la sua docilità e rettitudine, mostran- do tutto l'impegno nell' esercitare l'ospitalità co' pellegrini e coi per- sonaggi che da Pesaro passavano a Roma, avendo pure ricevuto gli ambasciatori veneti e la regina di Svezia con tale e tanta magnificen- za, che la principessa ne celebrò con Alessandro VII la splendidezza ; e quando la regina si dovè allonta- nare da Roma per la peste, scelse Pesaro per dimora, e fu trattata dal cardinale magnificamente. Venne ascritto alle congregazioni del buon governo, della consulta, dell' im- munità ed altre, e fu nel numero degli elettori di quattro Papi, mo- rendo in Roma nel 168 5 d'anni 77, ed ebbe sepoltura nella tribu- na della sontuosa chiesa di s. Car- lo al Corso, pel cui compimento avea speso molte somme, avanti P altare in cui venerasi il cuore del santo titolare, sotto lapide fre- giata di elegante iscrizione.

OMODE1 Luigi, Cardinale. Lui-

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gi Omodei milanese de' marchesi di Villanova e Pioppera, nipote del precedente cardinale, da cui ereditò tutte le sue f icoltà. Nacque in Ma- drid, dove condottosi a Roma in età di 3o anni, ottenne da Inno- cenzo XI un luogo tra' chierici di camera, e in grazia di suo zio a- mico intrinseco del cardinal Otto- boni, questo divenuto Alessandro Vili, a'i3 febbraio 1690 lo creò cardinale diacono di s. Maria in Portico, non s. Alessio; ascriven- dolo alle congregazioni del buon governo, della consulta, della fab- brica di s. Pietro ed altre. Sicco- me mansueto, affabile, dolce, aman- te della pietà e della giustizia, e dotato di gran facondia nel ragio- nare e di non volgare erudizione, ameno e prudentemente arguto nel- le conversazioni, fu universalmente amato, applaudito e stimato. Inter- venne a due conclavi, e morì di anni 5o in Roma nel 1706. Fu sepolto in s. Carlo al Corso, non molto lungi dalla porta maggiore, in cui si vedono le sue insegne cardinalizie. Falli l' Egss in ciò che scrisse di lui.

ONESIMO (s), discepolo di s. Paolo. Nato nella Frigia, era schia- vo di un cittadino di Colossi, chia- mato Filemone, dalla cui casa fu«- dopo averlo derubato di qual- che cosa. Recatosi a Roma, ove s. Paolo era prigione, fu dall' aposto- lo convertito, battezzato e riman- dato al suo padrone con una let- tera che domandavagli grazia per questo schiavo. Filemone, uon pago di perdonargli, lo mise in libertà e lo rimandò a Roma, acciò fosse vicino a s. Paolo, a cui servì sem- pre di poi col più tenero amore e più fedele. L' apostolo Io fece por- tatore, insieme con s. Tichico, del-

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la lettera eh' egli scrisse ai colos- sesi ; lo impiegò nel ministero del- l' evangelo, ed in seguito lo consu- eto vescovo. Fu martirizzato sotto Domiziano l'anno 95, secondo i greci, che l'onorano a' i5 febbraio: nel martirologio romano ed in altri è nominato a' 16 dello stesso mese.

Havvi un altro s. Onesimo, che non devesi confondere con questo, il quale fu il terzo vescovo d' Efe- so, e diede le più indubitate prove di carità e di rispetto a s. Ignazio, allorché questi recavasi a Roma. Si trova il di lui elogio nella let- tera che il santo vescovo d' Antio- chia scrisse agli efesi i.

ONESTO, Cardinale. Onesto car- dinale fiorì nel io44> sotto il pon- tificato di Benedetto IX.

ONOFRIO (s), eremita. Visse alcun tempo in un monastero pres- so Tebe in Egitto, nel quale erano cento religiosi che praticavano del- le grandi austerità; poi si ritirò nel fondo di un deserto del paese. Per molti anni sofferse fiere tenta- zioni, ma ne trionfò colla sua per- severanza. Gli esercizi della solitu- dine apparecchiarono l'anima sua alle più intime comunicazioni del- lo spirito di Dio. Sconosciuto al mondo, visse sessantanni in quel ritiro, nudrendosi dei frutti d' un palmizio ch'era ne' dintorni della sua cella, e morì verso il 400» a' ' 2 giugno, nel qual giorno se ne cele- bra la memoria.

ONORANDO, ONORANDISSI- MO, honorabilis, honorandus, ma- xime honoratus. Titolo d' onore che cominciò ad essere in voga verso la metà del secolo XV, e si dava allora, senz'altro epiteto, a persone distinte della plebe, e colla stessa facilità colla quale ora si l' Il- lustrissimo (Fedi). L'onorando,

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colmo d' onore, pregialo, si accom- pagnava col Magnifico (Fedi); ma da molto tempo 1' onorando e l'o- norandissimo più non si usano. Di- versi esempi di tali titoli si posso- no leggere in Parisi, Istruzioni per segreteria t. Ili, p. 44 e seS- ^ Vettori nel Fiorino d' oro tratta del titolo di onorabile e di onorato^ ed onorati si dicevano presso gli antichi, quelli che aveano esercita- to alcun offizio lodevolmente. Il contrario di onorati erano i plebei, ma s. Ambrogio fece la morale ri- flessione: Dives et pauper, et ser- vus et liber, et honoratus et plebeis} omnes in Christo unum sumus. L'o- norabile si diede anche ai collegi o corporazioni, quando composte di soggetti ragguardevoli. Del titolo di onorati trattò eruditamente il Gori, nel Colombario de liberti di Livia e di Cesare.

ONORATO (s.), arcivescovo di Cantorbery. Romano di nascita, si fece monaco in patria, e s. Grego- rio I Magno, che ne conosceva il sapere e le virtù, Io associò ai mis- sionari cui aveva incaricato di fa- ticare alla conversione dell' Inghil- terra. Essendo morto s. Giusto ar- civescovo di Cantorbery, l'anno 63o, Onorato fu eletto a di lui successore, e consecrato a Lincoln da s. Paolino arcivescovo di Yorck. Egli vide con gioia ingrandirsi o- gni giorno più il regno di Gesù Cristo, e vi contribuì non poco coi suoi esempi ed istruzioni, e colla somma cura che si pigliava di met- tere da per tutto dei pastori e- gualmc*>le pii ed illuminati. Morì a'3o settembre del 653, ed è no- minato in tal giorno nel martiro- logio romano.

ONORATO (s), vescovo d' Ar- les. Nato nelle Gallie, d' illustre L

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miglia originaria di Roma, ebbe educazione conforme alla nascita , e si distinse molto nello studio del- le belle lettere. Conosciuta la va- nità degl'idoli, si pose al servizio di Dio, ed indusse suo fratello mag- giore Venanzio a fare lo stesso. Essi avrebbero di buon grado vo- luto volgere al mondo le spalle ; ma il padre, caldo pagano, oppo- «easi all'esecuzione del loro desi- derio. Finalmente s' imbarcarono a Marsiglia con un santo romito, no- mato Caprasio, che si aveano tolto a loro direttore, per passare in Grecia e vivere colà sconosciuti in alcun deserto. Venanzio morì qual- che tempo dopo della morte dei giusti, nella città di Metone nel Peloponneso, e Onorato fu costretto ritornare nelle Gallie per un grave sconcerto di salute. Visse dapprima da romito sulle montagne vicine a Frejus ; indi si ritrasse nell' isoletta di Lerins, ove fondò il celebre mo- nastero di questo nome nel 400- Il merito di Onorato divenne così luminoso che fu innalzato alla se- de d'Arles nel 42^> quantunque egli avesse fatto ogni sforzo per op- porsi alla sua elezione. Egli non governò la sua chiesa per molto tempo, giacché soggiacque sotto il peso delle sue austerità e delle sue apostoliche fatiche nel 429- ^ su0 corpo fu portato solennemente nel- la chiesa di s. Genesio, non molto lungi dalla città, e nel i3gi fu tra- sferito a Lerins, ove serbasi an- cora la maggior parte delle sue re- liquie. La sua festa si celebra a' 16 di gennaio.

ONORATO (s.), vescovo d'A- miens. Nacque nel villaggio di Por- to nel Ponthieu, e governò con mol- ta edificazione la chiesa d'Amiens, della quale fu vescovo verso l' aa-

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no 660. S'ignora la storia parti- colare delle sue azioni e 1* anno della sua morte. Renoldo Cherins nel 1204 fece fabbricare a Parigi una chiesa intitolata del suo nome, nella quale conservasi parte delle sue reliquie. La sua memoria è o- norata a' 16 di maggio.

ONORATO, Cardinale. Onorato diacono cardinale, uomo di ottimo fondo e assai timorato di Dio, ot- tenne da s. Gregorio I del 5go la dignità di arcidiacono, e fu surro- gato in luogo di Lorenzo nel mi- nistero di apocrisario alla corte im- periale.

ONORI ADE, Honorias. Provin- cia dell'Asia minore, così nominata dall'imperatore Teodosio II, in me- moria di suo zio Onorio, figlio del gran Teodosio I. Prima chiamavasi Maryandina, e faceva parte della Bitinia. L'imperatore Giustiniano I, colla sua Novella 19, unì la provin- cia Onoriade alla Paflagonia, senza cambiar l'ordine delle chiese vesco- vili: volle soltanto che i diritti me- tropolitani che Teodosio II avea da- to alla città di Claudiopoli con ti- tolo di esarcato, venissero trasferiti a quella di Eraclea di Ponto, colle quattro sedi vescovili suffraganee.

ONORINA (s), vergine e mar- tire. Sofferse in Normandia, nel paese di Caux, nel terzo ovvero nel quarto secolo. Fu seppellita nel villaggio di Graville, presso l' im- boccatura della Senna. Nel decimo secolo, per le scorrerie de' norman- ni, il suo corpo fu portato nel luo- go oggi detto Conflans-sainte-Ho- norine, della diocesi di Parigi. La chiesa del priorato di questo nome possiede ancora le reliquie del- la santa, eh' è onorata a' 27 feb- braio.

ONORIO I, Papa LXXII. Figlio

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di Petronio conscie, di famiglia il- lustre detta della Maria di Capua, nato nella Campania, e perciò se- condo alcuni uno de' Papi del re- gno di Napoli, da canonico regola- le fu eletto Pontefice a' 2 7 ottobre del 625. Affinchè gl'inglesi non man- cassero dai principia della Chiesa, scrisse Onorio I al re Eduino, esor- landolo con lettera a perseverare nella cattolica religione, cui l'avea indotto ad abbracciare Edelburga sua sposa ; il re mandò a Roma una ambasceria, che implorò ed ottenne il pallio per gli arcivescovi di York, e Cantorbery a cui scrisse. Indi nel 633 il Papa riprese gli scozzesi, per- chè contro la legge del Niceno I, celebravano la Pasqua nella dome- nica che cadeva nella XIV luna di marzo, e non già nella prossima seguente domenica, come avea or- dinato detto concilio. Procurò di rimettere sul trono longobardo da cui era stato deposto Adaloaldo re cattolico, scacciatone da Ariovaldo re ariano. Nel 63o depose dalla se- de Fortunato patriarca di Grado, eretico e traditore della repubblica di Venezia, sostituendogli Primoge- nio suddiacono regionario della chie- sa romana, con lettera riportata da Labbé, Conc. t. V, e da Baronio. Onorio I estinse e pose termine allo scisma de'vescovi d'Istria, che aveano preso a difendere da più di settan- t'auui prima i tre Capitoli, come rilevasi dalla sua epistola ai vescovi di Venezia e d'Istria. Inoltre Ono- rio I scrisse eziandio a Isacco esar- ca di Ravenna, ai vescovi d'Epiro e al suddiacono Sergio. Fu somma- mente magnifico nell'edificare e ri- storar le chiese, tra le quali coprì il tetto della Vaticana con tegole di bronzo, incrostò d'argento l'al- ture di s. Pietro, e l'abbellì di ìnol-

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ti ornamenti ; rifece la chiesa di s. Agnese fuori delle mura, e quella di s. Pancrazio; fabbricò quella dei ss. Vincenzo ed Anastasio alle acque Salvie, ed in Tivoli quella di s. Se- verino, e così molle altre dentro e fuori di Roma. Convertì la casa paterna presso il Laterano nel mo- nastero de'ss. Bartolomeo e Andrea, ora dell' Ospedale del ss. Salvatore con chiesina dedicata al secondo, per aver saputo che altrettanto a suo onore avea fatto in Costanti- nopoli l'imperatore Giustiniano. In tre ordinazioni nel dicembre, Ono- rio I creò 8 1 vescovi, 1 3 o 3 1 pre- ti, io o 12 diaconi. Governò do- dici anni, undici mesi e sedici gior- ni. Morì a' 12 ottobre del 638, e fu sepolto nel Vaticano. Del titolo di santo dato a questo Pontefice, vedasi su ciò quanto ho detto a Cronologia de'romani Pontefici, par- lando di lui.

La memoria di Onorio I, di- cono alcuni , sarebbe stata delle più gloriose , se egli non fosse stato un poco negligente nel!' e- stinguere sul principio l'eresia dei ISlonotelìli {Vedi), che riconosceva- no una sola volontà in Gesù Cri- sto, proibendo disputarne sebbene egli riconosceva due volontà, onde qualche scrittore lo calunniò segua- ce de'monoteliti, benché poco dopo il Papa Giovanni IF {Fedì)ì del 640, nel condannar Y Ertesi (Fedi), lo purgò dalle calunnie impostegli, e che la sua dottrina fu conforme alla retta fede. A vendicar l'ouore di Onorio I si adoperarono i più valenti scrittori , comechè con di- verse sentenze, tutte in vero degne di lode, ma non tutte egualmente salde. Il cardinal Torrecremata, De ecclesia lib. 2, cap. 29, è di sen- timento che in nulla abbia errato

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Onorio I; ma bensì il VT concilio generale con errore ch'egli chiama ili fatto, male interpretando le let- tere pontificie a Sergio. Il dotto Wi- tasse nel trattato De incarnai, p. 2g3, novera gli autori che dopo Tor- lecremata hanno difeso questa sen- tenza ch'egli impugna, e nota che prima di lui avea similmente pen- sato Anastasio Bibliotecario, in pracf. ad Colleclanea t. Ili, Sirmondi, ed Emmanuele Caleca, di cui parla Pe- tavio. De Tvinitate lib. 7, cap. 1. A questa senten7a si oppone an- cora il padre Desirant nella sua bella apologia : Honorius Papa vindicalus, salva integri tate Conci- la VI, sivc historia Monolhelismi contra ultima jansenislarum ejfugia, Aquisgiani 171 1. Un'altra strada prese Melchior Cano, il quale cre- de che Onorio I, scrivendo a Ser- gio, errasse veramente nella fede; ma sostenne che tale errore fosse di lui come uomo privato, non come Papa. Questa sentenza è stata nel secolo passato difesa dal Tournely, De ecclcs. qùaest. 3, art. e dal Tomassini nelle Dissert. sopra i concilii, dissert. 20. Alberto Pighi, i cardinali Baronio e Bellarmino, il Boucat e un altro francese, che su tale argomento diede alla luce nel 1788 la dissert.: Examen e- xacl et detaillé du fait d'HonoriusJ negano che Onorio I sia stato con- dannato dal VI concilio; quindi vo- gliono che guasti sieno stati gli at- ti di quel concilio, e che contro la mente de'padri invece di Theodori sia stato intruso il nome Honorii, forse da Teodoro medesimo. Ma i maggiori uomini che hanno scritto di questo argomento, Cristiano Lu- po, Garuier, Natale Alessandro, An- tonio Pagi, de Marca, Tamagniui, Latino provati e ricevuti come veri

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e sinceri gli atti del VI sinodo, dei quali compose una dissertazione apo- logetica Combefis. Il p. Gisbert tra le sue Dissert. accad. stampate in Parigi nel 1688, una ne ha in di- fesa di Onorio I, neila quale è di sentimento che le lettere di Onorio I a Sergio, niuna definizione di fe- de contenevano, ma solo precetto di non usare il termine di due ope- razioni. Quindi segue a dire, che quelle lettere quando furonoda Ono- rio 1 sciitte, non nuocevano alla fe- de, almeno direttamente ; e benché fosse ancora pendente la causa tra i cattolici ed i monoteliti, e penden- te la causa può il giudice all'una e all'altra parte impor silenzio, sal- vo il diritto dell'una e dell'altra. Ma quando fu dal VI concilio ter- minata questa controversia, comin- ciavano le lettere del Pontefice a nuocere alla fede anche direttamen- te; imperocché finita una contro- versia, qualunque esitazione e va- cillamento nella fede nuoce, ed è contro la fede stessa. Per la qual cosa, avvegnaché Onorio I non ab- bia a' monoteliti aderito, potè il ge- nerale concilio le lettere di lui con- dannare, siccome quelle che d'allo- ra incominciavano a recar danuo alla fede. Il-p. Francesco Marchesi, nel suo Clypeus forlium, sive via* dìciae Honorii I Papae, R.omae 1680, con grande impegno sostiene che Onorio I non fosse condannato dal VI sinodo, finché fu generale ed ecumenico, cioè sino alla sessio- ne XI; ma dappoi quando già era disciolto il concilio. Per questa opi- nione si dichiarò il citato Boucat, nel trattato De Incarnatone, dissert. 4 ; e da essa non furono alieni il T01 recremata, Silvio, Lupo e Bel- larmino. La più comune opinione però de' moderui scrittori è quella

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che il Garnier particolarmente di- fese nell'appendice alle note del li- bro Diurno de romani Pontefici, e poi il p. Serry nel libro De Fo- ntano Ponti/ice, e il Wi lasse nel trattato De Incarnatione, cioè non essere realmente Onorio I nel tno- notelismo incorso, ma aver dal con- cilio meritata condannazione, per- chè con imprudente dissimulazione non abbattè la nascente eresia, co- me chiaramente si espresse s. Leo- ne II, epist. i ad episc. hispan., il quale parlando de' condannati per l'eresia de'monoteliti, ed aggiungen- do Ouorio I, non per eretico l'ac- cusa, ma perchè flammam haereli- ci dogmatis non, ut decidi A posto- licam auctontatem, incipientein extin- xit, sed negligendo confovit. Ma il dottissimo vescovo Sortoli nell'eccel- lente sua Apologia prò Honorio I, Ausugii 1750, una nuova strada in grande parte ha presa per difende- re maestrevolmente Onorio I, non pure da errore in materia di fede, ma da qualsisia menoma negligen- za. I suoi argomenti sono d'una maschia sodezza e d'erudizione co- si scella corredati, che non vi è luogo a dubitare che ognuno a que- sta sicura strada si debba appiglia- le : il Zaccaria ne fece un bellissi- mo estratto, Storia leu. d'Italia t. II, lib. 2, cap. 24j ove Ieggesi con poco divario Tesposta controversia. Sono ancora a consultarsi, per giu- stificazione di Onorio I, le dissert. sullo stesso argomento di Sante Vio- la e di Saverio Demarco, che stan- no inserite nella Raccolta di dissert. eccl. del medesimo Zaccaria. Final- mente il p. Cappellai-i poi Grego- rio XVI, Il Trionfo della santa Srde, cap. 16, dichiara che il fatto d'Onorio I non contraddice per mo- do alquno alla pontificia infallibili-

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tà. La sede romana vacò quattro mesi e 24 giorni.

ONORIO II, Papa CLXX. Lam- berto di Fagnano o meglio Fiagna- no, di bassa nascita, come scrivono Pandolfo Pisano, l'Oldoino, e Pla- tina che lo dice della contea d'Imo- la, mentre l'Orlandi ed altri lo fé» cero discendente da quei di Gisla o Scannabecchi di Bologna. L'anoni- mo imolese ossia l'Alberghetti, Sto- ria d'Imola par. 3, p. 20, dichia- ra che il castello di Fiagnano fu la patria di Lamberto, poiché allo- ra era soggetto al temporale e spi - rituale dominio d' Imola, per cui imolese lo chiamarono i più anti- chi scrittori di sua vita, e tale lo riconobbe il bolognese Gregorio XIII nel confermare l'indulgenza conces- sa alla chiesa di Fiagnano da Ono- rio II. Dotato Lamberto di acutis- simo ingegno e di specchiato costu- me si applicò in Imola assai per tempo e coi più celeri e fortunati progressi allo studio delle umane lettere ; attese poscia ad istruirsi nel- le divine scienze in Pisa, dove fu riputato il più dotto tra gii alunni. Tornato in Imola si ebbe dai citta- dini tale stima che nulla decidevasi senza il suo voto, e venne poi spe- dito in qualità di legato al Papa Gelasio II, da cui fu creato cardi- nale vescovo d'Ostia. Però il Car- della ed il Novaes riferiscono che Lamberto fu canonico regolare o lateranense, o di s. Maria del Pieno, indi arcidiacono della cattedrale di Bologna, da Pasquale II creato car- dinale prete del titolo di s. Prasse- de, e nel 1 io5 vescovo d'Ostia e Velletri, onde come tale dipoi con-? sagrò Gelasio II e Calisto II. Tro-» vossi presente all'elezione del primo, ed il secondo nel 11 22 in compa» gnia dei cardinali Sassone e Grego*

ONO ONO 25 rio lo spedì legato in Germania ad di per la consueta obbedienza, ra- Enrico V e alla dieta di Worma- tificarono canonicamente la di lui zia, onde co' suoi lumi e destrezza elezione, e lo riconobbero legittimo dasse fine alle discordie tra il sa- Papa a'28 dicembre, in cui fu co- cerdozio e l'impero per l'investiture ronato col nome di Onorio li, dal ecclesiasticbe, le quali con esito fé- cardinal Gregorio arcidiacono, poi licissimo terminò, riconciliando l'ini- successore Innocenzo II. peratorecol Pontefice. Dopo la mor- Grandi cose operò Onorio II. Pri- te di questi, essendosi i cardinali mieramente confermò a Gualtero radunati nella cappella di s. Pan- arcivescovo di Ravenna l'esarcato e crazio al Laterano, a persuasione successivamente in tre promozioni del cardinale Gionata, die temeva i creò venticinque cardinali, quattro soliti disordini de' Frangipani, che de'quali divennero Papi. Colla fer- cagionavauo nelle elezioni de' Papi, mezza e il rigore delle scomuniche sollecitamente fu creato malgrado la e delle forze temporali da lui usa- sua renitenza, Teobaldo (J ali) Boc- te, abbattè il partito di Corrado III cadipecora o Boccapecora cardinale il quale avea ricevuto la corona di romano col nome di Celestino II, ferro in Monza, da Anselmo arci- a'21 dicembre 1124. Indossatosi dal- vescovo di Milano, che perciò de- 1' eletto il manto o piviale rosso, i pose, mentre prima era stato eletto cardinali intuonarono il Te Deum, re d'Italia e de'romani Lotario II quando alla metà di questo inno da Onorio II approvato; il perchè sopraggiunse Roberto Frangipane, Corrado III, ritiratosi in Parma, fu fratello del potente Leone, ed in suo costretto ritornar in Germania. Mol- nome e de'romani loro aderenti prò- to si occupò il Papa con lettere e testò non piacere l'elezione, e in ve- con nunzi per la liberazione di Bal- ce proclamò Papa Lamberto, e pie- dovino II re di Gerusalemme, tenu- sentatolo al popolo venne acclama- to prigione dai saraceni. Scomunicò to, come insigne in pietà, pruden- Ruggiero II conte di Sicilia perchè za, avvedutezza e dottrina. Scanda- s'impossessò della Puglia, unendo Jose conseguenze e funesto scisma Napoli alla Sicilia senza il consenso era per iscoppiare per l'irregolare della santa Sede, e mosse guerra ai proclamazione di Lamberto, quan- beneventani. Di più Onorio II ju- do con gloriosa umiltà, ad evitar vitò tutti alla difesa di quegli stati, tumulti, spontaneamente Teobaldo come dipendenti dalla chiesa ro- ri nunzio nello stesso giorno alla su- mana, accordando indulgenza pie- prema dignità. Non soffrì la mode- naria a chiunque morisse nella spe- slia di Lamberto di restar Pontefi- dizione; indi si pose alla testa di ce con elezione così illegittima, mas- sue milizie presso il fiume Brada- sime pel virtuoso esempio dell'eroi- no per arrestare il corso delle vit- co suo collega pel zelo della quie- torie del conte. Ma vedendo il pe- te di santa Chiesa, onde ancor egli ricolo delle gravi perdite fatte, da si spogliò de'ricevuti pontificali or- Benevento, ov'erasi portato nel i 127, namenti dopo sette giorni. I cardi- nel seguente gennaio passò a Roma; nali penetrati di ammirazione per poscia restituitosi a Benevento costituì sincera umiltà e generosa mo- Ruggiero II duca di Puglia e Calabria derazione, si prostrarono a'suoi pie- con giuramento di feudatario della

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Chiesa, néll' ottava dell' Assunzione del 1128 al Ponte maggiore fuori di Benevento, rivocando l'investitu- r;i die avea data a Roberto II prin- cipe di Capua. Nel 1129 Onorio II tornò a Benevento per sedar gli insorti tumulti. Inoltre confermò l'ordine premostratense, riformò la disciplina monastica dalla prepoten- za di alcuni abbati, cooperò alla conversione della Pomeriana intra- presa da s. Ottone vescovo di Bam- bcrga. sostenne il vescovo di Pari- gi contro il clero ch'erasi guada- gnato il re, approvò il concilio di Troyes, e fu benevolo colla chiesa filinola (Fedi). Governò cinque an- ni, un mese e 2 ti giorni, e morì in Roma a' 1 4 febbraio ii3o, nel monastero de'ss. Andrea e Grego- rio al Celio, al quale erasi fatto portare dal palazzo Lateraneuse in tempo della sua malattia, e fu se- polto nel Laterano. La santa Sede vacò meno di un giorno.

ONORIO III, Papa CLXXX1V. Cencio Savelli nobile romano, ca- nonico della basilica Liberiana, pres- so la quaie era stato sino da fan- ciullo educato, o canonico regolare lateranense, aio per quattro anni dell' imperatore Federico II, uomo per santità e dottrina rinomatissi- mo, economo del cardinal Bobò Or- sini, che divenuto Celestino III, nel 1 [92 o 1 igS lo creò cardinale dia- cono di s. Lucia in Selci, quindi da Innocenzo III prete de'ss. Gio. e Paolo, che inoltre lo dichiarò ca- merlengo e cancelliere di s. Chie- sa, non che arciprete della basilica Liberiana. Essendo cardinale scrisse il famoso libro de'censi della roma- na chiesa, forse incominciato da ca- nonico, di cui si parlò ne' voi. VII, p. 74, e XI, p. 80, 8r e 82 del Dizionario, ed altrove. Scrisse pure

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il cerimoniale o Ordine romano XII, riprodotto da Mabillon, Mus. Ital. t. II, p. 167 e seg., essendo egli più. conosciuto sotto il nome di Cencio Camerario, che di Savelli, famiglia [Vedi) delle principali di Roma. Si fa autore anco di altre opere, come di alcuni sermoni e della vi- ta di Celestino III. Avendo seguito Innocenzo III in Perugia, e moren- dovi questi a' 16 luglio 1216,1 pe- rugini rinserrarono nel luogo dello scrutinio i cardinali, che in nume- ro di venti si affrettarono ad eleg- gere il Savelli nel di seguente a' 18 luglio, che preso il nome di Ono- rio III fu coronato e consacrato ai 24 luglio nella medesima città. Pas- sò quindi in Roma a'3 1 agosto, e quivi prese solenne possesso della basilica Lateranense a'4 settembre, accolto con singolare e straordinaria venerazione ed allegrezza de'concit- tadini romani. Quindi protestando di seguitare il zelo e le cure d'In- nocenzo HI [Vedi), per la sacra guerra di Gerusalemme, scrisse su- bito ai vescovi e sovrani cattolici onde promoverne l'impresa, con let- tere riportate dall'annalista Rinaldi. A Capitolo dicemmo come ordinò studiare ai giovani canonici; ed a Natale, che dispensò dall'astinenza delle carni, se tal festa cadeva in venerdì o sabbato. Approvò l'ordine de' Predicatori [Fedi), ed istituì il cospicuo uffizio in esso di Maestro del sacro palazzo [Vedi)j approvò ancora i Canonici regolari, speda- lieri di s. Antonio, poi uniti ai ge- rosolimitani, e quelli della Val degli scolari; non che la regola de' Car- melitani [Vedi) j eziandio approvò l'ordine Francescano, di cui fu as- sai benemerito, confermandogli la celebre indulgenza della Porziuncu- la [Vedi), In quattro promozioni

ONO creò tredici cardinali, fra' quali due suoi parenti. In diversi tempi ca- nonizzò s. Guglielmo arcivescovo di Bourges, s. Ugo vescovo di Lin- coln, s. Guglielmo abbate, s. Lo- renzo arcivescovo di Dublino, s. Guglielmo arcivescovo di \ork , e s. Geltrude. Sostenne Enrico III re d'Inghilterra contro la Fran- cia , ed intervenne nella guer- ra contro gli albigesi, proteggen- do i conti di Montfort contro quel- li di Tolosa. Nel suo pontifica- to si fece una crociata contro i pagani della Prussia e Livonia (fedi), alla quale spedì un legato. La regina della Giorgia (Fedi) gli scrisse lettere piene di ossequio, e gli dichiarò la sua impazienza d'in- viare i suoi soldati alla crociata di Terrasanta. Inoltre Onorio III spe- dì un legato in Danimarca (Vedi), in aiuto del re.

Nel 12 17 coronò in s. Lorenzo fuori delle mura in imperatore d'o- riente Pietro de Courtenay, colla sposa Violante. Alla repubblica di Genova, con tributo, concesse la me- tà dell'isola di Corsica; confermò i privilegi della chiesa d'Albano; e die in fèudo la Marca d'Ancona con censo, al marchese d'Este si- gnore di Ferrara. Vietò il bacio del messale dopo il vangelo, a chi non era unto col sacro olio; ed in Rieti fulminò con scomunica ed altre pe- ne chi oltraggiasse i cardinali , e vi consagrò la cattedrale. Nel 1221 i crocesegnati avendo preso Daniia- ta, Onorio III ne concepì estrema nllegrezza, che molto si convertì in pena quando nel seguente anno i cristiani furono costretti restituirla a' saraceni. In detto anno avendo nella basilica Vaticana coronato im- peratore Federico II con Costanti- na 0 Costanza di Aragona sua ino-

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glie, e poscia ottenuto che gli re- stituisse le terre della contessa Ma- tilde, che avea usurpato alla Chie- sa, Io esorlò poi energicamente e con minaccia di scomunica, ad in- traprendere la sacra guerra di Ge- rusalemme, come avea promesso con giuramento di recarvisi in per- somi, permettendogli rinunziare il regno di Sicilia al figlio Enrico. Nel 1222 il Papa vedendo che Federi- co li non attendeva alle promesse, e in vece stabilendosi in Napoli di- visava formarne la sede dell'impero onde abbassare la potenza pontifi- cia e quella delle città italiane, es- sendo in Anagni lo chiamò a e poi tenne con lui congressi in Ve- rona ed in Ferentino, al quale in- tervenne pure Giovanni di Brienne re di Gerusalemme. Federico II rio novo i giuramenti di portarsi in Palestina coli' esercito crociato, onde il Papa per meglio animarlo all'im- presa, in seconde nozze gli fece spo- sare Jolaute figlia di tal re, che nel 1226 ornò colle insegne imperiali, esortando alla stessa guerra con let- tere e coi nunzi i sovrani d'Europa: argomento che trattammo in piti luoghi, come ne'vol. XXIX, p. 14.7, e XXXII, p. 258 del Dizionario. Frattanto Onorio III fu costretto recarsi a Tivoli per le sedizioni di Boma troppo frequenti sotto il se- natore Parenzo, e l'imperatore vi spedì il suocero re di Gerusalem- me col patriarca di quella chiesa, per ottenere una dilazione alla sua partenza, ed il Papa gliela accor- dò; ma egli rivolse le sue armi con- tro le città italiane, che gli si mo- stravano avverse. Poco dopo nacque grave discordia tra Onorio III e Federico II, per le provviste che il primo avea fatto in Puglia di al- cuni vescovati vacanti; le lettere

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furono calde d'ambo le parti. La pubblica tranquillità fu ancora mi- nacciata per la lega di sedici città lombarde, che non vollero ob- bedire né ricevere l'imperatore quan- do si recò a Cremona per tenervi assemblea : si ritirò a s. Donnino dove Corrado vescovo d'ildesheim incaricato di predicar la crociata, scomunicò i lombardi nemici di Ce- sare; ma il Papa rivocò tal senten- za per riparare a maggiori sconcer- ti. Onorio III ordinò ai vescovi che nel giovedì santo riconciliassero col- la Chiesa i penitenti e lavassero i piedi ai poveri. Al re Giovanni di Rrienne die per sostentamento il governo del Patrimonio di s. Pie- tro, cioè il paese da Peonia a Ra- dicofani; e prese le difese de'moua- ci di Fossanuova, contro quei di Pi perno ed altri vicini luoghi, che rovinavano i poderi del monastero. 11 Papa fu per diversi anni trava- gliato dal male in una gamba, e mori in Roma a' 1 8 marzo 1227, dopo il governo di dieci anni e otto mesi : fu sepolto nella basilica Liberiana, presso l'altare del Pre- sepe. La chiesa romana vacò meno d'un giorno.

ONORIO IV, Papa CXCVIII. Jacopo Savelli nobilissimo romano, figlio di Luca e di Vana Aldo- biandesca, uomo di singoiar pietà di costumi e illibatezza di vita, ca- nonico di Barcellona, fu da Urba- no IV nel dicembre 1261 creato cardinale diacono di s. Maria in Cosmedin, divenendo poi il primo del suo ordine. Adriano V coi car- dinali vescovo di Sabina e Orsini, lo inandò in Viterbo per compor- re le differenze insorte tra Rodolfo re de'romani, e Carlo 1 re di Si- cilia ; quindi fu impiegalo in altre importanti legazioni, per la sua pro-

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fonda prudenza ed esimia destrez- za nel maneggio de'più ardui e ge- losi affari. Intervenne ai couclavi di Clemente IV, Gregorio X, In- nocenzo V, Adriano V, Giovanni XX, Nicolò III, e Martino IV, ai quali due ultimi impose la tiara; ed in quello per Gregorio X fu uno de' sei in cui si compromi- se il sacro collegio per elegger- lo. Per le sue egregie doti, Mar- tino IV lo fece suo esecutore te- stamentario, che morto in Peru- gia, ivi dopo tre giorni fu crealo Pontefice a' 2 aprile 1 285 concor- demente nel secondo giorno dello scrutinio, non senza sua virtuosa ripugnanza, come rilevasi dall'enci- clica, consti t. 2 3 presso Labbé, Coti' cil. t. XI, par. I, p. 989. Passato in Roma prese il sacerdozio a'i4> fu consecrato a'i5 aprile, e poi col nome di Onorio IV, assunto in ono- re del parente Onorio IH, fu co- ronato a' 20 maggio dal cardinal Goffredo d' Alatri. Alcuni vogliono che in questo giorno facesse tutte queste funzioni, ciò che sembra im- possibile per quanto era molestato ne'piedi e mani dalla gotta, che gli impedivano celebrar la Messa {Ve- di), senza l'aiuto di certi istrumen- li che gli movevano le dita. Essen- do sospesi gli agostiniani e carme- litani nel concilio di Lione II, egli poco dopo li confermò, facendo ai secondi cambiar l'abito. Nel 1286 condannò gli eretici fraticelli di cer- to ordiue chiamato degli Apostoli, ch'ebbe per autore e propagatore Gerardo Segarelli parmigiano, che escluso dai francescani si vesti in modo che pretese esser quello degli apostoli, dicendo ch'era giunto il tempo dello Spirito Santo e della carità : seguendo questi fanatici gli errori degli albigesi e valdesi, Se-

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garelli fu bruciato vivo nel i3oo. li Papa si oppose al re d'Inghilter- ra che voleva imporre le decime agli ecclesiastici ; purgò i suoi do- mimi dai ladri che infestavano, e mostrossi sempre intrepido nel sos- tenere i diritti della Chiesa. Si mo- strò zelante per la ricupera di Ter- rasanta , e scomunicò Giacomo II re d'Aragona per aver occupato la Sicilia, dichiarando Costanza sua madre incorsa nella scomunica ful- minata da Martino IV : in vece l'a- ragonese si fece coronare re di Si- cilia dai vescovi di Cefalo e Nica- stro, ed allora il santo Padre sco- municò ancor essi e sottopose l'iso- la all'interdetto. Eguale scomunica sentenziò contro Alfonso III re d'A- ragona fratello del precedente, per tener prigione Carlo II re di Sici- lia, al quale effetto per fargli guer- ra confermò al re di Francia le decime accordategli dal predecesso- re. Quindi fece una costituzione in cui si riservò la disposizione dei ve- scovati di Sicilia finché durasse la guerra. Fulminò pure le cen- sure contro i veneziani e con- tro il re di Castiglia, ch'eransi di- chiarati a danno di Carlo II, ma fa- cilmente dipoi gli assolse. Per ordine di Onorio IV s'incominciò ad inse- gnar nell'università di Parigi, in cui egli avea studiato, la lingua ara- ba e altre orientali, per l'istruzio- ne de'saraceni e degli scismatici d'o- rieute. Trovandosi Pioma perla lun- ga assenza de'Papi desolala in molti luoghi, restaurò il Monte. Aventino [Fedi) di sua cosa Savtdll [Fedi), ed a riserva dell'estate, che lo pas- sava a Tivoli, fece la sua residenza nel monte presso s. Sabina, nei pa- lazzo da lui edificato, o meglio da Onorio III che ne donò parte col- la chiesa ai domenicani. Concesse

Ol'O 29

la chiesa di s. Silvestro in Capite alle monache di s. Chiara; investì d' Albano (Fedi) la sua famiglia Savelli, e consagrò quella chiesa di s. Paolo giuspatronato di sua fami- glia, e da lui col monastero fon- data. Creò cardinale il solo Bocca- mazza suo parente, e non volle ce- dere al fratello Pandolfo che lo stimolava crearne altri, pronunzian- do quella memorabile sentenza che riporta il Ratti, Famiglia Sforza p. 333. Bensì nel suo cardinalato arricchì i propri congiunti, lascian- do eredi di tutti i suoi beni il fra- tello e il nipote. Per quanto riguar- da l'ultima sua malattia, si legga la p. 121 del voi. XLIV del Dizio- nario. Morì Onorio IV pieno di meriti, a'3 aprile 1287, nel giovedì santo, dopo il governo di due an- ni e due giorni. Fu sepolto nel Vaticano, e poscia per ordine di Paolo III fu trasportato nella chie- sa d' Araceli per essere tumulato nella tomba gentilizia, ponendovisi la di lui statua sepolcrale, di cui fecero menzione, il p. Casimiro, Me- moric p. 1 io; il Papebrochio in Co- nat. par. I, p. 209, e par. II, p. 64; e l'Oldoino, Addìi, in Ciacon., che riporta la figura. Vacò la sede apostolica io mesi e 18 giorni. ONORIO lì, Antipapa. V. Anti- papa XXII Cadolao, s. Gregorio VII e Nicolaiti.

OPONTO, Opus. Sede vescovile dell' Attica nella Locride, nella pro- vincia Achea, sotto la metropoli di Atene, eretta nel V secolo. Ebbe per vescovi Donno che fu al con- cilio d'Efeso I; Atanasio che in quello di Calcedonia ritrattò quan- to avea sottoscritto nel brigandag- gio d'Efeso; Callinico che assistè al V concilio generale. Oriens christ. t. II, p. 206.

3o OPP

OPPENHEIM. V. TniBUR.

OPPIDO (Op/riden). Città con residenza vescovile nel regno delle due Sicilie, nella provincia della Calabria Ulteriore prima, capoluo- go di cantone, a 8 leghe da Reg- gio e circa 4 c'a Palmi, città posta poco lungi dalla spiaggia del golfo di Gioia sul Mediterraneo, divenu- ta capoluogo di distretto, dopo i guasti del terremoto che disertò i luoghi aggiacenti, e nel suo distret- ta trovasi il circondario d' Oppido. Questa città che conteneva forse 8000 abitanti , molto soffrì pel terremoto del 5 febbraio 1 783 ; ed è situata in mezzo a montagne, presso il monte Aspro, sopra un colle, tra i fiumi di Medena e Trecosio . Dopo tale catastrofe , nelle sue vicinanze fu fabbricato un borgo detto Tubae dalla pro- posizione concistoriale, nel quale vi è l'episcopio ove risiede il vesco- vo. Fu chiamata anche Oppidum Mammari. La cattedrale, buon edili- zio con batlisterio, è sotto l'invocazio- ne dell' Anuunziazione della Beata Vergine, e sino al secolo XV osservò il rito greco, dopo il qual tempo tutta la diocesi adottò il latino. 11 capitolo si compone di sei di- gnità, cioè l'arcidiacono, il decano, il cantore, il tesoriere, V arciprete e l'inchisarca; di quattordici cano- nici, compreso il penitenziere e il teologo, ed altri preti e chierici : ai canonici spetta la cura delle a- nime. Vi è un'altra chiesa par- rocchiale, il seminario con alunni, monastero di monache e conven- to di religiosi, confraternite, ospe- dale e monte di pietà.

La sede vescovile fu eretta secon- do Commanville dopo il IX secolo, sulTraganea della metropoli di Reg- gio, e lo è tuttora. La serie però

OPP de' suoi vescovi l' Ughelli l'inco- mincia nel i3oi, Italia sacra t. IX, p. 4'7> e^ * SU01 continuatori riportano importanti rettificazioni e addizioni nel t. X, p. 3o3. N. fu il primo vescovo che sedeva nel i3oi;ma in una bolla d' indulgen- za del I2g5 si legge uno Stefano episcopus Oppìdensis. Indi Grego- rio cantore della chiesa di Gerace, postulato dal capitolo e confermato nel 1 338 da Benedetto XII; Bar- naba monaco basiliano, abbate di s. Maria de Trivento, del 1 349 » Nicola già arcidiacono d' Oppido, del i3o2 ; Simeone morto nel 1 3c)4j Giovannino Malatacehi cantore del- la chiesa di Tropea, nel 1094 creato da Bonifacio IX; Simeone Cervo di Giovenazzo del 1400; Antonio de Caroli nobile di Cosenza del 1424» traslato da Martino V alla sede di Bisignano nel i429 5 gu successe Tommaso, trasferito dopo pochi mesi a Strongoli ; Venturello Nubicl di Corneto, religioso di s. Spirito in Sassia, fatto nel i43i da Eugenio IV. Nel 1 449 Nicolò V nominò per gratitudine fr. Gi- rolamo di Napoli agostiniano, insi- gne filosofo e dotto teologo, già di lui maestro in eloquenza e forse anche nella greca erudizione, al dire d'Ughelli, in che ripugna il Rodotà, Del rito greco in Italia t. I, p. 4 ' 3, parlando di quello osservato io Oppido; pare che questo vescovo togliesse il rito greco dalla catte- drale o dalla diocesi, ma nel seco- lo XVI tuttavia fioriva ne' villaggi di s. Giorgio, di Cocypedano, di Lo- brico e di Siziano; onde solo dalla città e cattedrale lo rimosse dopo averlo come i predecessori esercita- to nel principio del suo governo, e negli ultimi anni di questo sosti- tuì il latino, nel quale ridusse au-

OPP

cora alcune terre della diocesi, ed osserva il Rodotà, che nel secolo decorso l' arciprete del castello di s. Cristina di rito latino, riteneva il titolo di protopapa. L'abbando- namento del rito greco fatto dalla cattedrale per opera di Girolamo, può essere avvenuto o per la di- minuzione de' sacri ministri o per- chè sforniti della convenevole dot- trina, o per essersi annoiato il po- polo de' rigorosi istituti della chie- sa orientale.

Essendo morto Girolamo nel 1472, Sisto IV unì il vescovato d' Oppido alla chiesa di Gerace (Fedi) cui presiedeva Atanasio Cal- ceofilo monaco basiliano, il quale sino dal 1467 avendo incominciato a professare il rito latino, erasi van- tato abbattere il greco nella sua cattedrale; impiegò la sua eloquen- za nell'accreditare ancbe in Oppido il novello rito della chiesa romana. Gli successero vescovi di Gerace o Oppido, nel 1497 Troilo Carafa napoletano traslato da Rapolla; nel i5o5 fu fatto amministratore il cardinal Oliviero Carafa, cbe con regresso cede nello stesso anno al vescovo Giacomo Conchillo spagnuo- lo, che trasferito a Catania fu no- minato nel i5og Bandiuello Snidi poi cardinale, indi nel r 5 1 7 per- chè deposto ne prese l'amministra- zione il cardinal Francesco Armel- lini, e nel 1 5 i 9 il cardinal Ales- sandro Cesarmi, il quale poco do- po rassegnò con regresso a Girola- mo Fianca arcivescovo d' Amalfi, e poi la riprese nel i534, rassegnan- dola di nuovo a' 28 gennaio i536. Tu questo giorno Paolo IH restituì a Oppido il suo proprio vescovo, sciogliendo l'unione con Gerace, ma non ricondusse il rito al pri- miero stato, contento che contiiuias-

OPP 3r

se il latino in vigore : il nominato fu Pietro Andrea Ripauti di Jesi, che morì in detto anno a' 2 set- tembre in Roma. Gli successero Ascanio Cesarmi romano, però con- sacrato nel i54o; indi Francesco de Notuzi arcidiacono di Mileto nel i542; fr. Tommaso Casella di Ros- sano, domenicano insigne, nel i54$ traslato da Montefeltro, poi passò a Cava; Vincenzo Spinelli nobile napoletano, virtuoso e prudente, nel i55o; Teofilo Gallopi di Tropea nel i56i, che intervenne al conci- lio di Trento e poi in quello pro- vinciale tenuto dall'arcivescovo di Reggio, coli' intervento pure del ve- scovo di Nicastro Facchinetti poi Innocenzo IX, in Terra Nuova, città della diocesi d' Oppido, ragguarde- vole per le sue chiese collegiata e parrocchiale, e per le reliquie, fra le quali due sacre spine, e per al- tri pregi. Questa città, fondata nel secolo IX, era una delle più belle della provincia quando nel 1783 il terremoto la distrusse in gran parte: fu patria del celebre France- sco da Terranova. Nel 1 56j Gio. Ma- rio Alessandri urbinate, traslato a Mileto; nel 1 573 Sigismondo Man- giaruna calabrese., intervenne alla consecrazione della metropolitana di Reggio; nel i583 Andrea Ca- nuto di s. Elpidio di Fermo, che riedificò più grande la cattedrale ed ornò ed abbellì anco quella del- le monache di Terra Nuova ; net i6o5 Giulio Ruffo non napoletano ma di Coloseto diocesi di Oppido ; nel 1609 Antonio Cesoni di Luyo che istituì la confraternita della dottrina cristiana, celebrò il sinodo, fu zelante pastore e propugnatore della immunità, lasciando al capi- tolo fondi per celebrazione di mes- se e anniversario. Nel i63o Fabrizio

32 OPP

Caracciolo traslato da Catanzaro; nel j632Gìo. Battista Montani nobile e arcidiacono di Pesaro, ch'eresse la col- legiata di Terra Nuova e istituì il collegio de' canonici, poi consagrò ; inoltre nell'episcopio formò una bi- blioteca ad uso del clero, dopo a- \er ampliato e isolato il palazzo, edificò la torre campanaria della cattedrale, e venne assai lodato per \igilanza e libertà sacerdotale. Nel i663 Paolo Diana Parisio patrizio di Reggio, fece di marmo la porta maggiore della cattedrale e ne au- mentò le suppellettili, soccorse ge- nerosamente i poveri della diocesi, e celebrò nel 1670 il sinodo che fu stampato. Nel 1674 Vincenzo Paolo Diana Araneo patrizio epi- daurense napoletano cassinese, sol- lecito e limosiniero, pastore amante ael di vin culto, benemerito dell'e- piscopio, della collegiata di Terra Nuova, consacrò la chiesa di s. Giorgio e fu trasferito a Cefalo. Nel i6q4 fi'- Bernardino Plastena nobile di Fuscaldo, correttore ge- nerale de' minimi, egregio vescovo che abbellì nobilmente e aumentò l' episcopio ed ornò la cattedrale anco con organo, ed accrebbe la mensa.

Innocenzo XII creò vescovo nel 1697 Bisanzio Fili patrizio d'Al- tamura e cantore di quella chiesa, eresse il seminario, celebrò il sino- do, presso la collegiata di Terra Nuova costruì 1' episcopio, consa- crò la chiesa de' cappuccini d'Op- pido, compì la torre campanaria della cattedrale, di cui fu benefat- tore eziandio colf istituzione di dieci mansionari o canonici secon- dari; cou eleganti opere abbellì il coro e da una cappella laterale tra- sferì all'altare maggiore la mira- colosa immagine dell' Anuunziazione

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di Maria Vergine patrona della città; fu vindice dell'immunità, ri- stabilì la biblioteca, e nel 1707 ven- ne traslato ad Ostimi. Gli successe Giuseppe Placido de Pace nobile napoletano filippino, pio e di vita penitente; si esercitò nelle sacre missioni e in altre belle opere, e mentre ne meditava altre morì nel 1709. Dopo la sede vacante di pa- recchi anni Clemente XI nel 1714 fece dono a questa chiesa del ce- lebre fr. Giuseppe Maria Peri mez- zi patrizio di Paola, già superiore di quel convento de' minimi, con- sultore del s. offizio e dell'indice, vescovo di Ravello e Scala. Iude- scrivibili sono le sue magnanime gesta, avendo ornato e ampliato la cattedrale e le sue suppellettili e paramenti ; restaurato , ingrandito ed ornato l'episcopio ; rivendicato molte rendite ecclesiastiche, ripri- stinato la disciplina nel clero j isti- tuito la prebenda teologale, pro- mosso le scienze e il divin culto; inoltre die ottimi regolamenti al se- minario, difese l'immunità, fu a- mante de' poveri e della giustizia ; consacrò ed abbellì la chiesa di Paola madre dell'ordine de' mini- mi, e quella di Speziano degli slessi religiosi, consagrando eziandio nel 1719 la cattedrale. Nell'episcopio istituì F accademia Maria degF in- fecondi. Sotto i suoi auspicii tutta la diocesi ne provò i benefici effet- ti, edotto com'era ci lasciò diver- se erudite e importanti opere. Con lui dai continuatori dell' Uglielli si termina la serie de' vescovi d' Op- pido, quale compiremo colle an- nuali Notizie di Roma. 1734 Leone Luca Vita di Monteleone diocesi di Mileto . 1748 Ferdi- nando Mandarani della diocesi di Squillace , traslato da Slrongoli.

OPP

1770 Nicolò Spedalieri di Guarda- valle diocesi di Squillace, trasferito da Martorano. Dopo diversi anni di sede vacante, nel 1792 Alessan- dro Tommasini di Dominiti diocesi di Reggio. 18 19 Ignazio Greco di Catanzaro. Per sua morte, Pio VII nel concistoro de' 19 aprile 1822 preconizzò l'odierno ottimo vescovo monsignor Francesco Maria Coppola di Nicotera, già vicario generale di quella diocesi e canonico della cat- tedrale.-La diocesi ha circa 4o mi- glia di territorio, con i4 luoghi. Ogni nuovo vescovo è tassato in fiorini 33, e le rendite ascendono a quasi 3ooo ducati.

OPPORTUNA (s.), abhadessa di Montreuil. D' illustre famiglia del paese di Hyesmes, ora Auge, in Normandia, risoluta di vivere nella virginità, ricusò molti vantaggiosi partiti, e col consenso de' suoi ge- nitori si ritirò nel monastero di Montreuil. Le sue rare virtù, deter- minarono la comunità a sceglierla per ahhadessa, ed ella se ne mostrò ben degua, andando innanzi a tut- te nel fervore e neh' austerità, sen- za diminuire la dolcezza che aver doveva verso le altre sorelle^ le quali trovavano in lei una madre tenera e compassionevole. Fu afflit- ta pel tragico fine di suo fratello Crodegango vescovo di Seez, che ■venne proditoriamente ucciso a No- nant, mentre ritornava alla sua se- de, dopo essersi recato a Roma per visitare le tombe dei santi aposto- li. Ella andò a cercare il corpo del fratello e lo fece depone a Mon- treuil. La chiesa di Francia ha messo Crodegango nel numero dei santi, ed è onorato a Seez a' 3 di settembre. S. Opportuna mori li 22 aprile 770, e fu seppellita pres- so a suo fratello; ma nel 1009 le

VOL. XUX.

ORA 33

sue reliquie furono trasportate nel priorato di Moussy, nella diocesi di Parigi, e poco dopo a Senlis. In seguito ne vennero distribuite al- cune porzioni, e il suo braccio di- ritto nel 1 374 fu portato a Parigi nella chiesa che porta il suo nome. S. Opportuna è onorata a Seez, a Parigi ed altrove, il giorno 22 di settembre.

ORA , Nora. Una delle venti- quattro parti , in che è diviso il giorno civile, diversamente numera- te secondo la consuetudine de' po- poli, o ventiquattresima parte del vero giorno naturale o solare, o del tempo che il sole impiega a ritor- nare sul meridiano. V. Giorno, ove dissi come dividesi in quattro sorta e sue spiegazioni ; del giorno civile de' romani ed altri popoli, come dell'artifiziale o civile, ossia il tem- po che scorre durante il giorno na- turale, cioè quello della luce e la notte; naturale e astronomico; non che del modo cui lo divide la Chie- sa, anco mediante le Ore canoniche [fateli). Vi sono due sorta di ore, alcune egualij altre disuguali. Le ore eguali dividono il giorno in venti- quattro parti eguali, essendovene do- dici dalla mezzanotte al mezzodì , e dodici da mezzodì a mezzanotte; chiamami anche equinoziali perchè dividono il cerchio equinoziale in ventiquattro parti eguali. Le ore in- eguali sono più lunghe o più corte secondo la diversità delle stagioni , essendovene sempre dodici pel gior- no naturale, dalla levata del sole fino al suo tramontare, di maniera che in estate le ore del giorno sono più lunghe di quelle della notte, ed al contrario in inverno quelle del giorno sono più corte, perchè il sole resta per un tempo minore sul no- stro orizzonte : queste ore chiamatisi

.34 O II A

pure giudaiche, antiche o planeta- rie, ed erranti. L' uomo ben cono- scendo la preziosità del tempo, cer- cò sino dall'infanzia della creazione ogni mezzo per misurarlo ; e seguen- do il sole, vita e movimento del- l'imi verso, segnò gli anni, le stagio- ni, i giorni, e dall'apparire e dispa- rire del notturno pianeta divisò i mesi. Lungo sarebbe il discorrere quanti e quali furono gli usi de' pri- mi popoli per segnare gli anni , i mesi, i giorni, di cui altrove breve- mente parlammo, e dividere le ore, laonde ci limiteremo ad un sempli- ce cenno.

Gli antichi ebrei non conobbe- ro apparentemente le ore: divi- sero essi il giorno in quattro parti che chiamarono ora ; cioè mattino, mezzo giorno, primo vespero e l'ul- timo ; la notte divisero in tre par- ti, sera, mezzanotte e guardia del mattino. Tuttavolta è antichissima la divisione del giorno in ore : gli egizi lo distribuivano in dodici parti, e i greci adottarono tal divisione ai tempi di Anassimandro che fiorì sotto Ciro, o di Anassimene suo di- scepolo. Ma invece di computare le ore come noi facciamo da una mez- zanotte all'altra, essi le contavano dal levar del sole sino al suo tra- montare, di modo che esse erano più corte nel solstizio d'inverno , e più lunghe in quello di estate. Du- rante gli equinozi, la loro prima ora corrispondeva a quella parte del giorno, che cade tra le 6 e le 7 ore del mattino, la terza corrispon- deva alle nostre 9 ore circa, e così di seguito. La divisione in ore era sconosciuta dai romani avanti la pri- ma guerra punica; essi non regolava- no in addietro i loro giorni se non che dal levare e tramontare del so- le con ore disuguali. Dividevano le

O R A dodici ore del giorno in quattro parti, le prime ore, o la prima par- te che cominciava a 6 ore del mat- tino, la terza che cominciava a q, la sesta che cadeva alle 12 o a mez- zo giorno, e la nona che comincia- va a 3 ore dopo mezzodì. La Chiesa romana non fece adunque se non che conservare con qualche modi- ficazione nel tempo, quelle antiche denominazioni di prima, terza, se- sta e nona, per indicare gli uffizi che diconsi in certe ore del giorno, poi chiamate ore canoniche: quan- to alle religiose osservanze, la Chie- sa romana fu nelle ore seguita dal resto della Chiesa cattolica. Quanto ai romani, Censorino c'insegna cou altri, che la notte era divisa in quat- tro parti come il giorno, chiamate veglie o vigilie. La prima veglia comprendeva le prime tre ore del- la notte; al fine della terza ora co- minciava la seconda veglia e durava fino a mezzanotte; la prima ora o parte del giorno comprendeva le tre ore ordinarie dopo la levata del so- le, ed al fine di questa terza ora incominciava la seconda parte del giorno delta terza, perchè seguiva il segno della terza ora ordinaria, e durava questa fino a mezzodì ; quindi incominciava l' ora o parte del giorno chiamata sesta, dopo la quale veniva l'ora o parte del gior- no chiamata nona. Secondo questa spiegazione, facile è intendere le ore che riguardano la passione del Re- dentore.

Le ore nostre si dividono in an- timeridiane o prima di mezzodì, e pomeridiane dopo mezzodì : i ro- mani le distinguevano in diurne e notturne. L'orologio italiano novera seguitamele le 24 ore del a principiare dal tramonto del sole, o piuttosto mezz'ora più tardi. L' o-

ORA rologio francese o olir amontano > det- to anche astronomico, scomparte le 2.| ove in due dozzine, e conta le prime dodici dette del mattino, dal- la mezzanotte al mezzodì ; le altre dette della sera, da questo a quel- la : questa scompartizione delle ore del mattino e delle ore della sera non viene da tutti approvata, come impropria, perchè diconsi ore mat- tutine quelle che scorrono iti certe stagioni durante la notte , ed ore della notte quelle che immediata- mente susseguono al mezzodì. Si questionò pertanto quale dei due orologi sia il migliore, ma senza distinzione di rapporti ; e si dice dagl'intendenti, che niuno di essi soddisfa compiutamente ai bisogni della vita civile, poiché niuno de'due dichiara i quattro punti principali della giornata, cioè il uascere e il tramonto del sole, il mezzodì e la mezzanotte, che nelle quotidiane fac- cende spesso fa mestieri conoscere. L'orologio francese o oltramontano, popolarizzato tra noi allorquando l'Italia soggiacque l'ultima volta al- l'invasione della Francia, divenne si- stema europeo, e si è introdotto generalmente in Roma nel 1846; ma siccome nella compilazione di questo mio Dizionario procedei col- l'antico calcolo delle ore dell'orolo- gio italiano, trovai indispensabile proseguire coli' antico sistema del medesimo. V. Orologio, ove pure si tratta della divisione del tempo e delle ore. Agli articoli Angelus Domini, all'aurora, al mezzodì e alle ore it\\ De profundis ad un'ora di notte ; a Quarant'ore ed altri re- lativi, ed a Campana, parlammo del pio costume di recitare alcune ora- zioni in diverse ore, cui danno il segno le campane, come nel vener- dì alle ore 21 in memoria di quel-

ORA 3 7

la in cui spirò Gesù Cristo, con in- dulgenze concesse dai Pontefici ; e di altre ore che la Chiesa e la pie- tà de' fedeli hanno stabilito e con- sagrato in particolari preghiere, se ne parla a' loro luoghi. In Roma nella Chiesa di s. Maria della Pa- ce, per lascila del prelato Giulio Be- nigni, ogni mattina un'ora avanti giorno suona la campana con nove tocchi, in memoria de' nove mesi in cui la Beata Vergine portò nelle sacre sue viscere Gesù. Cristo ; e dopo finita la prima messa ne deve suonare altri dodici in onore degli apostoli.

ORACOLO , Oraculum , vatici- nium. Risposta degli dei falsi , e celebre fra gli ebrei fu l'oracolo di Beelsebub dio d'Accaron, ch'essi so- vente consultarono. Fra gli ebrei si distinsero molte specie di veri oracoli: i.° l'oracolo a viva voce, come quando Dio parlava a Mosè; i.° i sogni profelici, come quelli di Giuseppe; 3.° le visioni, come quel- le de' profeti ; 4-° l'oracolo d'Urina e di Thummim uniti aW'Efod (Ve- di) del sommo sacerdote; 5.° dopo l'erezione del tempio consultaronsi più soventemente i profeti, e dopo di essi pretendono gli ebrei che Dio loro si manifestò per mezzo d'una voce interna, o sensibile che facevasi sen- tire da un numero sufficiente di per- sone per renderne testimonianza. Quanto agli oracoli de' falsi dei, sebbene non si possa dubitare che vi fosse il più delle volte molta so- perchieria, furberia, impostura e fal- sità per parte de' sacerdoti e delle sacerdotesse degli idoli , pure avvi apparenza ch'essi abbiano talvolta avuto qualche conoscenza di cose nascoste o future : Dio permetten- dolo così per punire i pagani che li consultavano, in ima maniera ili-

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comparabilmente più terribile , se avesse egli sempre, come fece qual- che volta, imposto silenzio a tutti quei pretesi oracoli. Si prese l'ora- colo anche in significato di predi- zione, indovinamento e vaticinio : Seneca definì l'oracolo, volontà de- gli dei annunziata per bocca degli uomini, ed era questa la più au- gusta e la più religiosa specie di predizione dell'antichità. Il deside- rio sempre vivo e sempre inutile di conoscere l'avvenire, diede origi- ne agli oracoli, l'impostura gli ac- creditò, e il fanatismo vi appose il sigillo : questa credulità fu seguita dai più grandi uomini, dai filosofi più illuminati , dai principi i più potenti, e generalmente dai popoli e nazioni più incivilite. Vi fu per- ciò chi sostenne, essere stati gli o- racoli un parto o un effetto inge- gnoso della politica, che in questo mezzo alimentava la grossolana cre- dulità, e confermava la soggezione de' popoli. Gli antichi non contenti di far rendere gli oracoli da molte divinità (in diversi articoli, par- lando de' loro templi e luoghi, di- cemmo de'più famosi), quel preteso privilegio si fece passare anche agli eroi, e si resero oracoli in nome loro. Si consultavano gli oracoli , non solo per le grandi e pubbliche imprese, ma anco talvolta per sem- plici affari privati. Più sovente però ricorrevasi agli oracoli per far la guerra o la pace, per istabilire al- cune leggi, per riformare gli stati o cangiarne la costituzione. Gli ora- coli vendevansi pure o si pronun- ziavano per danaro in diverse ma- niere. In alcun luogo il sacerdote o la sacerdotessa rispondevano per la divinità che si consultava ; altro- ve era lo stesso dio falso, dal quale ottenevasi la risposta per via di so-

O li A gni, dormendo nel tempio; altrove l'oracolo o la risposta del medesimo si consegnava per mezzo di schede o cartoline sigillate, o come in Pale- strina si rendeva per mezzo delle sorti. Alcuna volta affine di ottenere quelle risposte, richiedevansi molte prepara- zioni, come digiuni, sagrifizi, lustrazio- ni, offerte e simili; vi aveano altresì oracoli ne'quali ponevasi minor dif- ficoltà alla risposta, e il divoto che interrogava l'oracolo, riceva la ri- sposta al suo arrivo. L'ambiguità era uuo de' caratteri più frequenti de- gli oracoli, e la duplicità del senti- mento non poteva ch'essere favore- vole a coloro che ne approfittava- no. Alcune risposte erano assai sin- golari , altre semplici piacevolezze. Gli oracoli decaddero dal loro pri- mitivo credito, allorché più non si rendettero in versi, sebbene è dub- bio se realmente con essi rispon- devasi nella primitiva loro istitu- zione. Quello però che maggior- mente contribuì a screditare gli ora- coli , fu la caduta de'greci sotto il romano dominio, giacché questo eb- be cura di sopprimerli, disprezzan- done i vaticini, non ponendo i ro- mani attenzione che ai libri sibilli- ni e alle divinazioni etrusche. L'o- racolo di Dodona vuoisi il più an- tico, quello di Antinoo il più mo- derno o l'ultimo che venne stabili- to. Ne' primi tempi della Chiesa cristiana il dono della profezia era comune, e Dio ha permesso che do- po la nascita del suo Figlio la mag- gior parte degli oracoli de' pagani dovessero starsene in silenzio. E ce- lebre però la questione sopra il si- lenzio «degli oracoli degl'idoli, che da molti si erede successo appena nacque Gesù. Suida, Cedreno ed al- tri scrivono, che nella stessa notte in cui nacque, il famoso oracolo di

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Delfo, che sussisteva da più di due mila anni, li ammutolì : ma Bene- detto XIV, De canon, ss. e. 4A n. 8. ha dimostrato che questa è una cosa assai incerta. Sulla durata e il fine di questi oracoli ha egregia- mente scritto Antonio Wandale, se- guito da Bernardo Foutenelle, al parere de' quali si oppose un ano- nimo francese tradotto in latino : Historia de silentio oraculorum pa- ganismi post Jesu Chrislì, 1725. Il Cancellieri, Notizie della festa di Natale, p. 116, riporta l'elenco di autori che scrissero su questo pun- to e sugli oracoli. Il Salvatore pro- mise che le porte dell'inferno non prevarranno giammai contra la sua Chiesa, ed appoggiati a quella divi- na promessa noi crediamo la Chie- sa infallibile ne'suoi oracoli riguar- danti le verità della fede.

ORA1NGE, Ai -ansio. Città vesco- vile antica e considerabile di Fran- cia in Provenza , dipartimento di ^ alcbiusa, capoluogo di circondario e di due cantoni, a 5 leghe da A- vignone, e 23 da Montpellier , in una bella pianura ai piedi d' una collina, sulla piccola riviera di Mey- ue. Ha tribunale di prima istanza ed altre magistrature. Mal fabbrica- ta, ha belle piazze e fontane, molte chiese, la cattedrale sotto l' invoca- zione della Beata Vergine, d'Ognis- santi e di s. Fiorenzo. 11 tempio protestante è di ardita architettura; ha ospedale, collegio comunale, fab- briche e commercio. E patria di Giuseppe Saurin celebre matema- tico, convertito da Bossuet, e di al- tri uomini illustri. S'ignora l'origi- ne d' Orange , credendo alcuni es- sere stata eretta dai focesi fonda- tori di Marsiglia. Certo è che an- tichissima , era una delle quattro città de'cavari, e Giulio Cesare vi

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mandò una colonia di soldati della seconda legione, onde fu chiamata colonia secundanorum. Dai romani venne a profusione abbellita di mol- tissimi bei monumenti, di cui ri- mangono ancora alcuni avanzi : i più osservabili sono un superbo ar- co di trionfo, detto arco di Mario perchè vuoisi eretto a di lui onore dopo la vittoria sui cimbri e teuto- ni, opinione però contrastata; le vestigia di un teatro di grande di- mensione, la cui facciata settentrio- nale è ben conservata ; e quelle po- co riconoscibili d' un acquedotto e di bagni. Prima la città era più grande, ma molto soffri dai visigoti, borgognoni e altri barbari , che se ne impadronirono alla caduta del romano impero. Indi la possedero- no i re di Francia, e poscia ebbe principi particolari. Nel 793 Carlo Magno fondò il principato o contea d'Orange nel contado Venaissino , che prese il nome dalla città suo capoluogo, in favore di Guglielmo- au-Cornet, altri dicono che il primo conte fu Gorand d'Adhernar, fioriti nei primi del secolo XI; nel 1 1 85 passò alla casa di Daux, poi a quel- la di" Chalons nel 1 3g3 , eretta in principato; in fine nel i53o al principe di Nassau , uno dei quali Filiberto prese e saccheg- giò B.oma nel 1527: Guglielmo di Nassau principe d'Orange, fondò la repubblica d'Olanda; e Gu- glielmo Enrico, prima slatolder d'O- landa, pervenne al trono d' Inghil- terra nel 1689 col nome di Gu- glielmo III. La fortezza, che Mau- rizio di Nassau principe d'Orange rese regolarissima nel 1622, e face- va considerare questa città come una delle più forti d'Europa , fu sman- tellata nel 1660. Guglielmo Enrico suddetto, di Nassau, ultimo de'suoi

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signori, essendo morto senza poste- rità nel 1702, Luigi XIV s'impa- dronì della città e principato d'O- range, benché Guglielmo III aves- se designato per esso un erede di sua casa ; solo die al principe di Conti, che vi avea pretensioni, due terre in cambio. Alla pace d' U- trecht nel 1 7 1 3 Luigi XIV si fece cedere definitivamente il principato e la città, da Federico Guglielmo l re di Prussia, il quale per mater- ne ragioni si dichiarava erede di Guglielmo III, ed al quale si die in cambio la città e territorio di Gueldria, impegnandosi dare un compenso al figlio del principe di Nassau Dietz , che Guglielmo III avea fatto suo erede, e che fu lo stipite de' nuovi statolder d'Olanda, poscia re de Paesi Bassi (Fedi)j si trova la genealogia di questa illu- stre casa, nella Storia della contea di Borgogna, per Dunod. Il princi- pato fu quindi unito al delfinato, sino alla formazione del dipartimen- to di Valchiusa, nel quale fu com- preso. Anche durante le guerre di religione, la città assai soffrì, e quando fu presa dai protestanti nel 1 562 ne distrussero le chiese.

La sede vescovile fu eretta nei primi del secolo IV sotto la me- tropoli d'Arles. Il primo vescovo fu s. Lucio che patì il martirio verso il 3 12 nella scorreria che fecero gli alemanni sotto Croco. Gli successe Eiadio che nel 356 sottoscrisse la lettera de' vescovi della provincia di Vienna, contro Saturnino vescovo ariano d* Arles. Costanzo mostrò molto zelo contro gli ariani , e fu al concilio d'Aquileia nel 38 1 in cui furono condannati. Indi furono vescovi Marino, Giusto, e s. Eutro- pio che sedeva nel 47 5- Sotto il vescovo Bonifazio, morto nell'839,

ORA la sede d'Orange fu unita a quella di s. Paul-trois-Chàteaux; ma sul finire del secolo XI il Papa Pasqua- le II acconsentì che i due vesco- vati tornassero indipendenti. Quan- to agli altri vescovi d'Orange sino a Gio. Giacomo d'Obeille del 1674, vedasi la Gallia christ. t. I. Gli ul- timi vescovi si leggono nelle Noti' zie di Roma. 1 73 1 Francesco Rous- sei de Tilly della diocesi d'Autun. 1774 Guglielmo Lodovico de Tillet della diocesi di Sens, sotto il quale pel concordato del 1801 Pio VII ne soppresse la sede. Dipoi la rista- bilì, nominando vescovo il primo oltobre 1817 Paolo Teresa Davide d'Astros della diocesi d'Aix, ma pri- ma che il Papa morisse di nuovo la soppresse. Nell'epoca che i prin- cipi protestanti signoreggiavano O- range, il Pontefice nominava il ve- scovo, che aveva 10,000 lire di ren- dita. Il capitolo componevasi di tre dignità e sei canonici , e la diocesi conteneva 19 parrocchie.

Concilu di Orange.

Il primo fu tenuto nel 44 l a8u 8 novembre, composto di tre pro- vincie, con diecisette vescovi, e pre- sieduto da s. Ilario d'Arles, di cui si hanno trenta canoni importanti per la disciplina. Ordinò che ogni concilio stabilirebbe la celebrazione del seguente, poiché contro il de- cretato di quello di Puez, i vescovi ricusavano intervenirvi. Diz. de'conc.

Il secondo nel 529 presieduto ai 3 luglio da s. Cesario d'Arles , con dodici vescovi che sottoscrissero i 2 5 articoli ch'erano stati mandati dalla santa Sede, iutorno la prede- stinazione, la grazia e il libero ar- bitrio. S. Cesario li rimandò a Ro- ma colla professione di fede, e Bo-

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nifacio II li approvò, onde si estin- se l'eresia de' serni-pclagiani che a- veva afflitto per cent'anni la Fran- cia, ed il Papa propose s. Agosti- no per ottimo maestro sulla di- vina grazia. Diz. de conc.

11 terzo nel 1229 per ricevere alla penitenza gli albigesi e quei ch'erano sospetti de medesimi erro- ri. Labbé t. XI; Arduino t. VII.

ORARIO, r. Stola.

ORATE FRATRES. Invito al- l'orazione nella Messa (Fedi), che il sacerdote fa ai fedeli acciò sia accetto a Dio Padre il sagrifizio che va ad offrire. Rodolfo ne fa auto- re s. Leone 1 Papa del 44°» ma nelle vile de' Pontefici si legge che s. Auacleto del io3 dicesi aver ordi- nato a'sacerdoti di dire I" Orate fra' tres almeno a due persone, e che s. Sotero Papa del iy5 decretasse non potere i sacerdoti celebrare senza l'assistenza di due almeno, cui dire Domiiius vobiscum (Vedi), ed Ora- te fralres. IVIa che basta un solo ministro per la messa privata lo insegnò il dottore s. Tommaso, par. 3, q. 83, a. 5 ad 12; ed ai romiti ed altri anacoreti rinchiusi lo è per- messo senza il ministro, con licenza del Papa, come si legge nel Bona, Rerum liturg. e. 1 3 ; ne osta che dica le cose in plurale, come l'Ora- te fra tres, perchè queste parole ri- guardano tutta la Chiesa, che est una in multis, et tota in singulis. Quindi il sacerdote recita solo l'uf- fizio divino, benché dica in nume- io plurale, lenite adoremus, ore- mus, benedicamus Domino. Il Pi- scicelli, Spiegazione della messa par. 3, ci le seguenti nozioni. Finita l'orazione, Suscipe sancta Trinitas, il sacerdote bacia l'altare, si volge verso il popolo, stende le braccia , riunisce le mani innanzi ai petto ,

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e dice con voce chiara Orale fralres, e continuando a dire segretamen- te, ut meum, ac veslrum sacrifì- cium acceptabile fiat apud Deuni Pattern omnipotentem , termina il circolo perfettamente e ritorna in mezzo all'altare per la parte del vangelo. Perchè le Oblazioni (Fedi) ch'erano presentate dal popolo lun- go tempo esigevano , la Chiesa ti- morosa che per questo la plebe si distraesse, stabilì che appena termi- nate, il sacerdote ad alta voce di bel nuovo le insinuasse il raccogli- mento dello spirito, la divozione, l'orazione, dicendo Orale fratresj e sebbene presentemente le oblazioni non sono più in uso, nondimeno la Chiesa ha ritenuto questo rito, sul riflesso che quanto più. s' avvicina l'ora dell'incruento sacrifizio, tanto più esser debba necessaria delle co- se sante la pia meditazione. Di più il celebrante con Y Orate fralres in- tende, che come Mosè salir dovendo sul Sinai per parlar con Dio, e da lui ricever la santa legge , intimò al popolo che nessuno ardisse, con minaccia dell'ira divina, avvicinarsi ai confini del monte , ma che da lungi con timore e tremore la glo- ria del Signore osservasse ; cosi i cristiani, lungi dall' altare divoti e raccolti in silenzio e in orazione as- sistono al divin sagrifizio. In fatti anticamente in alcune chiese all'O- rale fralres eravi costume, che tutti i laici- si allontanavano dall'altare, ed in giusta distanza assistevano al proseguimento della messa, siccome in altre chiese si calavano le cor- tine, o usciti chiudevansi, onde pa- reva che il sacerdote separato da tutti stasse nel sancta sanctorurn, e con tutto il raccoglimento del suo spirito solo la grande azione ope- rasse. Il celebrante per dire V Orate

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fratres si volta dalla sinistra alla destra, e poi ritorna in mezzo l'al- tare avendo fatto un circolo, e vuoisi significare con esso, girandosi verso tutti, e dicendo ora è più che ne- cessaria l'orazione, orate, e dicendo fratres intende uomini e donne , perchè giusta la sentenza di s. Pao- lo, non v'è distinzione d'uomo e di donna, ma tutti sono una cosa in Cristo, dunque uomini e donne e tutti avvicinandosi al sagrifizio , in silenzio e meditazione orale: dice segretamente ut menni ac veslrum sacrificium, per non trattenersi più del dovere rivolto al popolo; lo che terminato , divotaraente il popolo per l'assistente genuflesso risponde: Suscipiat Dominus sacrificium de manibus tuis ad laude ni et gloriam nominis sui, ad ulililalem quoque no- strani totiusque Ecclesiae suae san- ctae. Indi il celebrante risponde A- men. lu mancanza del ministro o assistente che risponda, il sacerdote stesso si risponderà, dicendo: Su- scipiat Dominus sacrificium de ma- nibus meis in vece di tuis, ec. stan- do eretto e nel mezzo dell' altare colle mani giunte e con voce som- messa. V. il Missal. Rom. par. 2, tit. 7, rub. 7.

ORATORE, Legatus, Nuncius. Ambasciatore, nunzio o messo. V. Ambasciatore, Diplomazia, Legato, Nunzio, Ministro. A Palazzo Apo- stolico si è detto della parte di palazzo e dei donativi di comme- stibili che ricevevano da esso in Roma gli oratori de'sovrani e delle repubbliche. Oratore dice anche quegli, che ammaestrato nell'arte del dire, fa pubbliche dicerie, chiaman- dosi oratoria l'arte di parlar bene. Oratore sacro significa Predicato- re [Fedi). Dicesi inoltre oratore la persona che domanda grazia con

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supplica o Memoriale {Vedi) : fi- nalmente oratore vale precator, che ora, che prega, che si raccomanda a Dio , che fa Orazione [Fedi).

ORATORIO, Oratorium. Luogo sacro pubblico dove si fa orazione e celebrasi il santo sagrifizio, o pic- cola cappella domestica destinata al- la celebrazione della messa, Sacel- lum sacrimi, cellula sacra, de' quali luoghi o edilizi, loro diverse forme e struttura, origine, uso, celebrazio- ne del sagrifizio e relative notizie avendo parlato agli articoli Altare, Cappella, Chiesa, Messa ed in altri, solo qui aggiungeremo analoghe e- rudizioni ; primieramente notando col Maeri, che Oratorium negli or- dini romani fu chiamato anche il Genuflessorio [Vedi); e con Agnel- lo Ravennate scrittore del secolo IX, che anticamente si denominaro- no Monasteri [Fedi) i piccoli Ora- torii, anzi allorché furono ridotti a parrocchia, circa il secolo X, ri- tennero impropriamente l'anteriore denominazione. Avvertiremo altresì che ai propri articoli tenemmo pro- posito degli antichissimi e primi ora- torii eretti dai fedeli nei primordi della Chiesa per le sacre adunanze e celebrazione de' divini uffizi e di- vin sagrifizio, non solo per le per- secuzioni, ma anco per la credenza della presenza di Dio in ogni luogo, onde ne formarono nelle Catacom- be e Cimiteri, prima delle pubbli- che chiese, ed i Pontefici in detti oratorii vi celebravano, predicavano, battezzavano, ordinavano , e vi fa- cevano tutte le altre funzioni pon- tificali. Egualmente a' loro luoghi si parla degli altri primitivi orato- rii, come di quelli delle Chiese La- teranense, Vaticana o altre chiese. Inoltre distingueremo meglio l'ora- torio pubblico o piccola chiesa , e

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]' oratorio privato o cappella dome- stica. Di questo argomento tratta- rono: Gio. Leonardo Venser, De al- taribus portalilibus, Jenae i 695. Jo. Baptista Gattico, De oratoriis do- meslicis et de usu al'aris porlalilis fuxta veterem ac recentem Ecclesia e dhciplinam ecclesiasticorum, secu- lariitmaue virorum singula jura et privilegia compleclentem , Piomae 1746; et Bergomi 1 75 1 . Giuseppe Luigi Assemanni, Comment. theol. canon, crii, de oratoriis publicis et domesticis, Romae 1766. Lo ri- stampò col Tractat. Just, canon. Jos. de Bonis, De oratoriis publicis Mediolani 1761, e con la diss. po- stuma del p. Fortunato da Brescia, De oratoriis domesticis. Ne un cenno i' Effemeridi di Roma del 1780, anno in cui fu in Milano stampata l'opera con questo titolo: De oratoriis priva tis commentarius ad recentium constitntionem [Magna cum animi, di Benedetto X1Y, di- retta al primate e vescovi di Po- lonia contro gli abusi degli oratori! privati nelle case de' laici) normani, et ad confìrmandam etiam pratei- pua fura in traclatu de oratoriis publicis exposita accomodalus. Fi- nalmente premetteremo un cenno sugli oratorii degli antichi ebrei. Quelli i quali dimorando troppo lontani dal tabernacolo o dal tem- pio, non potevano andarvi in ogni tempo, fabbricarono de' luoghi chiu- si sul modello di quello dell'altare degli olocausti, per ivi offrire a Dio i loro omaggi, e con vocabolo gre- co furono chiamali proseuche3 cioè preghiera ed oratorio, mentre nelle grandi città era n vi sinagoghe , luo- ghi destinati alle adunanze degli e- brei. In questi luoghi ordinariamen- te non eranvi proseuche, le quali tuttavia esisterono in alcune città:

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Maspha fu celebre luogo in Israele di preghiera. Gli oratorii che gli ebrei avevano in Alessandria, erano accompagnati da un bosco sacro ; generalmente gli oratorii degli ebrei erano cortili aperti, simili ai recinti o forum de' latini.

L'oratorio pubblico o piccola chie- sa, quanto alla struttura dev'essere semplice e di una sol nave, di lar- ghezza e altezza conveniente alla condizione del luogo. Alla testa si costruisce la cappella rivolta all'o- riente, e rimpetto la porla , e così la -finestra : dall' opposto lato della sacristia si edifica un piccolo cam- panile ddlerente dal parrocchiale con una sola campana. Ma sulla costru- zione degli oratorii, e di diversi bellissimi e sontuosi ne tratta il eh. milanese Annibale Ratti, valente in- gegnere architetto civile, nell'impor- tante e dotta opera artistico-lette- raria, che a mia confusione e sin- golare onore co' modi i più lusin- ghieri si degnò intitolarmi : Trat- tato teorico-pratico per V erezione de' sacri templi con brevi cenni sto- rici, Milano 1846. A Cappella di- cemmo dell'origine degli oratorii, e di quelli riguardati per chiese pub- bliche. Il Muratori parlando nella dissert. 64 delle parrocchie e pievi, nome delle chiese parrocchiali di campagna, perchè col nome di ple- be si disegnò già l'unione de' fedeli posta sotto Ja cura d'un sacerdote, ed anche le diocesi , asserisce che fino dal secolo IV s'incominciarono a fabbricare, oltre dette chiese par- rocchiali, gli oratorii o sieno cap- pelle in villa per comodo sovente delle persone ricche, piuttosto che del popolo, dei quali ora abbiamo abbondanza. Col tempo questo uso passò nelle stesse città, gareggiando particolarmente i grandi per avere

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l'oratorio in casa, a fine di farvi celebrare la messa, il che tuttavia si pratica per antichissima consue- tudine. Anticamente ancora furono fondati degli oratorii pubblici , ed alcune delle cappelle private comin- ciarono a servire per comodo del popolo, specialmente concorrendovi la plebe, allorché riusciva troppo incomodo l'andare alla molto lon- tana parrocchiale. Anzi tolta anco- ra la necessità, si fabbricarono per le città simili oratorii, ne' quali era permesso al popolo d'intervenire per udire la messa. Ma poiché a' tempi di Pipino re d'Italia non pochi di tali oratorii si lasciavano andare a male, egli fece una legge perché fossero restaurati, quantunque non necessari, mentre essendo stati edi- ficati ad onore di Dio e per como- dità del popolo, era decente che si conservassero con proprietà. Siffatti oratoiii erano in potere de' laici che li governavano a mezzo di qualche chierico amovibile, e siccome erasi introdotto il cattivo costume che i grandi contribuivano le decime non alle parrocchie, ma agli oratorii fon- dati nelle loro possessioni, nell'8 55 i padri del concilio di Pavia ricor- sero all'imperatore Lodovico li ac- ciò ne levasse l'abuso; non poten- dosi allora negli oratorii predicare, riconciliare i penitenti e amministra- re la ss. Eucaristia , tranne circo- stanze particolari. È necessaria la benedizione dell'oratorio pubblico, onde si possa celebrare la messa , la quale si fa dal sacerdote de li- cenlia episcopi, vestito di stola e piviale bianco, di che tratta il Ri- tuale rom. : Rilus benedicendi novam ecclesiam; il Diclich nel Diz. sa- cro lilurg. a Chiesa nuora ; e noi nel voi. XI, p. 2 38 del Dizionario. In Roma vi sono molti oratorii

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pubblici, nella maggior parte appar- tenenti ad arciconfraternitee confra- ternite anche di straniere nazioni, di che parliamo ai loro articoli, cioè de' principali, così di quelle chiese che ne hanno, e di quelli de' più in.signi luoghi pii, come il Monte di Pietà. Altrettanto dicasi degli o- ratorii notturni del p. Caravita, del quale si discorre a Collegio roma- ko ed a Missione; de' Filippini [Vedi) con Oratorii sacri, de'quali si disse a Musica, sacra, e nel 1785 fu stam- pato in Roma il libro degli E- scrcizi dell' oratorio di s. Filip- po IVerij di s. Girolamo della Carità (Fedi); della chiesa della congregazione della Missione (Vedfyj di s. Maria del Pianto dell'arcicon- fraternita della Dottrina cristiana (Vedi), aggregato a quello prima- rio del p. Caravita pel godimento delle indulgenze e privilegi conces- si dai Papi; altri quattro notturni oratoiii sono stati istituiti dal car- dinale Leonardo Antonelli, che li associò a quello del p. Caravita, nel I7g5, sotto la direzione del pio e benemerito sacerdote Giuseppe Mar- coni, ai Monti, a piazza Barberini nella chiesa degli scozzesi, in Traste- vere, e a Pupetta, poi trasferito in s. Maria della Pace. Il sacerdote con- te Fioravanti , morto vescovo di Rieti, istituì 1' oratorio notturno di s. Angelo ai corridori nella Città Leonina ; il canonico Cardoni par- roco di s. Angelo in Pescarla, mor- to in Corsica deportato dai fran- cesi, aprì un oratorio in s. Maria in Viucis, poi trasferito in s. Omo- bono, per non dire di altri oratorii notturni. Di questi, incominciando dalla pia istituzione notturna dell' 0- spizio di s. Galla, parla il Costanzi, L' Osservatore di Roma t. I, p. 208 e seg., come delle pie opere e pre-

ORA diche che vi si praticano con mol- to vantaggio spirituale. Il p. Pietro Caravita o Gravita, succeduto al p. Promontorio altro gesuita, a cui si deve nel 1606 la primaria origine dell'oratorio della ss. Comunione generale detto del p. Caravita, come propagatore insigne di utile ope- ra pia, è meritamente stimato il padre di tutti gli oratorii notturni di Pvoma, e moltissimi di essa e di altre città e luoghi vi furono ag- gregati.

L'oratorio privalo 0 cappella do- mestica nelle abitazioni, s' intende quello che serve all' uso di qualche casa particolare, e che non ha al- cuna porta sulla strada pubblica, ossia 1' ingresso indifferentemente permesso a tutti. Gli oratorii pti- "vati furono in uso anche ne* tempi antichi ; essendo tradizione costante che s. Pietro abbia celebrato in ca- sa di Pudenle senatore romano, co- me ci assicura anche il Baronie JNei primi anni del IV secolo, s. Saturnino ad onta del divieto di Diocleziano, celebrò in casa di Ot- tavio e lo afferma Ruinart; ed il I.ambertini, poi Benedetto XIV , Della s. Messa sez. I, cap. I, affer- ma che s. Ambrogio dopo la me- tà del IV secolo, essendo in Pioma, fu invitato da una nobile matrona che abitava in Trastevere a dir messa nella di lei casa ; e nel sagra- mentario gallicano pubblicato dal Mabillon nel Mia. Ital. t. I, p. 364, vi è l'orazione da dirsi nella messa che celebravasi in domo atjuslibet. 11 \escovo di Siracusa non volle rice- vere l'oblazione d'un veneziano, permettere che si celebrasse mes- sa nella di lui casa; ma s. Grego- rio I con l' episi. 43, lib. 5, l'e- sortò a ricevere l'oblazione, a la- sciare che si dica la messa, anzi di

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andarvi egli stesso a celebrarla in segno di riconciliazione. Dal mede- simo Muratori, dissert. 56, abbia- mo che gl'imperatori, i re ed altri minori principi edificarono nel pro- prio palazzo, oratorio o cappella o- ve i loro cappellani salmeggiavano giorno e notte, e tale uso lo crede incominciato da Luitprando re dei longobardi , e dai re di Francia della prima stirpe lo reputa il To- mass'mi introdotto: ciò fu fitto af- finchè i principi più comodamente assistessero al culto divino e alle ore canoniche con tutta la fami- glia. A Palatino si è citato quan- to riguarda la cappella palatina di alcuni sovrani. Essendo nati degli a- busi in questi oratorii privati, con farvi quelle funzioni che debbono ce- lebrarsi in chiesa, i concilii ed i Papi emanarono provvidenze. Il concilio di Agde del 5o6 decretò potersi permettere gli oratorii privati per quelli che sono lontani dalle par- rocchie, per comodo delle loro fa- miglie; ma ne' giorni solenni coman- dò doversi portare in città o assi- stere ai divini uflizi alla parrocchia, cioè nella Pasqua, Natale, Epifania, Pentecoste, s. Giovanni Battista ed altre feste grandi. Dispose pure che gli ecclesiastici i quali in detti gior- ni ardiranno celebrare le messe ne- gli oratorii, senza la permissione del vescovo, sarannoscomunicati.il con- cilio di Costantinopoli del 680 in Trullo proibì di battezzare negli oratorii domestici, di celebrare la liturgia senza la licenza del ve- scovo. 11 ven. Beda nel lib. 6, cap. 9 della Storia si lamenta che al suo tempo i magnati non andavano al- la chiesa, che per pregare e sentir la predica, finita la quale partiva- no, mentre ascoltavano la messa ne' loro oratorii privati. Sugli abu-

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si degli oratorii privati, nel secolo JX si querelò il santo arcivescovo di Lione Agobardo, presso il To- massini, par. I, cap. 95, n. \i, Discipl. Il concilio di Salisburgo nel i 4^0 proibì di celebrare nelle cap- pelle private, senza che i cappella- ni si sieno sommessi all' arcidiaco- no. Lo slesso Lambertini aggiunge ih' è regola canonica non doversi celebrare la messa che nelle chiese eonsecrate o ne' luoghi ne' quali il vescovo permette che si celebri ; e giusta la corrente disciplina, nelle chiese consacrate o benedette dal vescovo, o con di lui permissione benedette da un sacerdote, o per privilegio negli ora tori i privati o nelle cappelle domestiche. Il conci- lio di Trento levò ai vescovi ed ordinari la facoltà che aveano di poter concedere agli altri nella loro diocesi l' oratorio privato in casa, per celebrare in esso le messe, re- stando però illeso il privilegio dei vescovi di poter avere nelle loro abitazioni l'oratorio privato e di po- tere in esso celebrare e far celebrare la messa, cioè l'uso dell'altare porta- tile o pietra consagrata: egual privi- legio lasciò intatto ai cardinali quan- tunque non sieno vescovi. Di qualche restrizione comandata da Clemente XI sugli altari portatili, onde eli- minarne i molti abusi e delle suc- cessive dichiarazioni d' Innocenzo XIII e Benedetto XIII, riguardo ai vescovi cardinali, si parlò ad Al- tare portatile, cioè se ne permise 1' uso solo nelle loro abitazioni sla- bili, o lemporauee o d' alloggio. Lo stesso concilio di Trento dero- gò al privilegio che di tale altare aveano i regolari, abolendolo per gì' insorti abusi. Al solo Pontefice fu riservato accordare questo, am- pliarlo a chi ha l'uso, e conce-

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dere il permesso di celebrare negli oratorii privati o cappelle domesti- che, al modo detto a Cappella. Dallo slesso Lambertini si narra che il Papa accorda agli oratorii privali la facoltà di celebrare la messa, eccettuati però alcuni giorni e particolarmente quelli di Pasqua, Pentecoste e Natale; ma a cagione di malattia, acciò gl'infermi che non possono uscir di casa non re- stino senza messa ne' giorni più so- lenni, si permette dal Papa ad essi di sentir la messa anco in quel giorno nell'oratorio privato e tre nel Natale. Le pontificie concessioni poi prescrivono da chi si può sod- disfare al precetto in ascoltare la messa negli oratorii privati , sie- no parenti, amici o persone di ser- vigio. Ai missionari apostolici i Papi concessero gli altari portatili con maggiori o meno eslese facoltà, secondo i luoghi e le circostanze. A Cappella pure dicemmo come debbono erigersi gli oratorii e co- me debbono essere forniti. De'suoi requisiti canonici si può vedere il Ferraris in Bibliolh.t verbo Oralo- riunì n. 6. Il luogo dove si vuole erigere un oratorio , deve essere chiuso almeno da tre lati, decente- mente adorno e ben fornito di tut- te le suppellettili necessarie al sa- grifizio della messa, non che libero e segregato da tutti gli usi dome- stici ; oude sopra di esso non deve ritenersi alcun letto ad dormien- dum o altre cose profane. Vedasi il Sarnelli, Leti. eccl. t. IV, leti. 45: Della celebrazione negli oratorii pri- vati, in cui dichiara e spiega il de- creto di Clemente XI parlare delle case de' laici e degli oratorii privati in esse conceduti per indulto apo- stolico, ne'quali eransi introdotti a- busi per parte de' vescovi e de' re-

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golari privilegiati ; e che le cappel- le degli episcopii non sono compre- si- sotto i decreti degli oratorii pri- vati, tua godono il privilegio degli oratorii pubblici, come quelli dei cardinali. Di questi parlai a Palaz- zi di Roma, e il cardinal de Luca ne discorre nel Cardinale pratico p. i52, dicendo che non solo vi soddisfano il precetto della messa i famigliari, ma anche quelli che non lo sono; che vi si può cele- brare un' ora avanti o dopo della permessa, e generalmente vi si può fare quanto è permesso nelle cap- pelle de'vescovi.

ORATORIO, Cowgregaziose. V. Filippini.

OPiATOPiIO, Co>GREGAZION'E DI

Francia o di Gesù Cristo. L'isti- tuì Pietro Berulli (F'edi) parigino, per consiglio di molte persone di- stinte pel loro rango e pietà, fra le quali s. Francesco di Sales, il ven. Cesare de Bus, il p. Coton gesuita, ed il cardinal de Retz o Gondi suo vescovo, per formare de- gli ecclesiastici ben penetrati dallo spirito del loro stato, ed in memo- ria delle orazioni fatte da Gesù Cristo, mentre si degnò di vivere tra gli uomini vestito di carne u- mana, onde poi i membri della congregazione iu ispecial modo o- norarono 1' infanzia, vita e morte del medesimo, ed anco della santis- sima sua Madre. Formò questa con- gregazione di preti secolari, che fu- rono detti oratoria/iì, sciolti da o- gni voto, ma viventi in comunità, con praticare nelle loro case tutte le funzioni solite farsi dai regolari. Le diede principio nel 1611 agli 1 1 novembre in Parigi, nel sobbor- go di s. Giacomo, e Paolo V l'ap- provò ad istanza di Maria de Me- dici regina di Francia, con la co-

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stituzione Sacrosanctae romanae ec- clesiae, de' 10 maggio 16 13, Bull. Rom. t. V, par. IV, p. 294 ; e gb' as- segnò per preposito generale Io stes- so fondatore. Intese egli di stabili- re con questa congregazione una società di ecclesiastici, che ritenen- do 1' uso de' loro beni, praticassero la povertà e facessero professione di attendere ai sacri ministeri, sen- za imbarazzarsi in alcun benefizio o impiego presso i prelati della Chie- sa, a' quali raccomandò loro di sta- re uniti a tenore dell'obbedienza promessa ai medesimi quando fu- rono ordinati. Decretò che in que- sta congregazione vi fossero due sor- ta di persone, le une come incor- porate, le altre come solamente ag- gregate, e che tra le prime si eleg- gesse il generale, impiegandosi le aggregate per un tempo determina- to nella vita e costume degli ec- clesiastici. A questi volle che si ap- plicassero seriamente, onde ordinò che non s'insegnassero le uma- ne lettere, la teologia, benché poi si derogò a tal prescrizione. INon stabilì alcuna regola, volendo che il generale governasse la congrega- zione secondo la sua prudenza, a- vendo riguardo ai tempi e alle per- sone. Benché il p. Berulle per la sua umiltà si nascondesse, fu impie- galo in affari importantissimi, e nel 1627 creato cardinale da Urbano Vili, che lo dispensò dal voto fat- to di non accettare alcuna dignità, Non rallentò egli puuto i suoi or- dinari esercizi di pietà, e santamen- te morì a' 2 ottobre 1629. Furo- no fondale in Francia e nei Paesi Bassi molte case di questa congre- gazione, Che poi stese delle regole nelle quali i di lei alunni dichiara- vano di non essere religiosi, ma sol- tanto preti congregati, soggetti ini*

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mediatamente ai vescovi de' lunghi ov'erasi la congregazione stabilita, e eh' eglino erauo uell' ordine della gerarchia ecclesiastica, adempiendo quanto loro veniva imposto dai cu- rati, come cappellani delle loro par- rocchie.

Questa congregazione sul prin- cipio si conformò in molte cose al- la congregazione dell'oratorio fon- data in Roma da s. Filippo e per- ciò detta òe Filippini [Vedi); e fin- ché visse il cardinal Betulle fu con- siderato più padre che superiore, si pensò a compilare alcun re- golamento, riguardandosi come pa- drone e oracolo della comunità. Dopo la morte dell' istitutore, la congregazione prese una nuova for- ma di governo, poiché nel i a- gosto i63i radunatesi dal p. Con- dren di lui successore tutte le case in quella della strada s. Onorato in Parigi, madie delle altre, con- vennero tutti nel sentimento di non essere obbligati ad alcuna sorte di voti ; che la suprema autorità ap- partenesse alla congregazione legal- mente adunata, e che il p. generale ch'era perpetuo, dovesse uniformarsi in ogni cosa alla pluralità de' voti, non valendo il suo che per due. Fu limitata ancora la di lui auto- rità temporale sui beni della con- gregazione, e gli furono dati tre as- sistenti colle facoltà bensì di accre- scerne il numero al bisogno, e che questi avessero con lui il voto de- cisivo nelle deliberazioni delle cose temporali, dovendosi ogni anno pre- sentare i conti al visitatore. Statui- rono eziandio che quelli i quali avessero potuto farlo, pagassero al- cune pensioni senza aver alcun ri- guardo ai servigi che prestavano ; e che ninno fosse ammesso nella congregazione, se non avea un ti-

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tolo per essere ordinato. In un'al- tra assemblea generale gli oratoria* ni dichiararono che la congregazio- ne non formasse corpo, e che per- ciò fosse libero ad ognuno l'uscirne sempre a piacele. Siccome fino dal principio questo istituto puramente ecclesiastico o sacerdotale, si vide pieno di giovani, il p. Berulle sti- mò bene di prender de' collegi per esercitarli in qualche impiego, laon- de una gran parte di loro case con- sisté in collegi ; ebbero pure molte parrocchie unite alle case, ed alcu- ne con ricche rendite. Scopo della congregazione fu pure l' istruire nei seminari, di predicare, far mis- sioni, di confessare e di attendere generalmente a tutte le funzioni del sacerdozio sotto l'obbedienza de' ve- scovi. Benché gì' individui non fa- cevano voti, erano però obbligali sotto pena di peccato di seguire gli statuti che si facevano nelle assem- blee generali ogni tre anni : essi vestivano con abito nero proprio dei sacerdoti. L'istituto formò fino alle ultime vicende politiche del secolo passato, da ottanta case distribuite in tre classi, ciascuna delle quali teneva un visitatore, e tutte e tre un capo col titolo di preposito ge- nerale. Si distinsero in esso i pp. Condren e Bourgoing che tennero 1' uffizio del generalato dopo il fon- datore, di gran pietà e autori di opere. Il p. Gio. Battista Gault, ze- lante vescovo di Marsiglia. 11 p. le Jeune si consacrò alle missioni e lasciò per tutta la Francia lumi- nose tracce de' successi di sue apo- stoliche fatiche : si hanno di lui molte opere e sermoni. Il p. Olier che fondò in Parigi il celebre se- minario di s. Sulpizio, era stato di- scepolo del p. Condren. L' ora to- nano p. Eude, imitatore dello spi-

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rito del cardinale Berulle e del suc- cessore, istituì la congregazione de- gli Eudisli e della Madonna della Carila: è autore di alcune opere di pietà, e morì a Caen li 19 ago- sto 1680. Il p. Bernardo detto il povero prete, mori iti odore di san- tità ed insti tuì in Parigi il semina- no de' trentatre. Tra i dotti orato- riani i più rinomati sono i pp. Malebranche, Morino e Tornassi no, come rilevasi dalle loro opere. Ve- dasi il p. da Latera, Storia degli ordini par. 3, p. 198; Bergier al- l' articolo Oratorio ; ed il p. Bo- nanni, Catalogo degli ordini par. I ,

P- 46.

ORAZIONE. J^. Preghiera, Mes- sa, Uffizio divino, Genuflessione.

ORAZIONE Domenicale. V. Pa- ter NOSTER.

ORAZIONE per l'elezione dei Pontefici, ed Orazione funebre pei Papi. Antichissimo è il lodevole co- stume di pronunziare da due va- lenti oratori in idioma latino 1' o- razione o elogio funebre pel defun- to Pontefice, onde celebrare le sue virtù e fasti del pontificato ; e l'o- razione per l'elezione del nuovo Papa in cui si suole rammentare agli elettori la gravità del negozio e 1' espettazione universale, le sin- golari ed eccellenti virtuose qualità che sono necessarie a chi deve ele- varsi alla cattedra apostolica, e per- ciò che debbono mirare nella scelta del soggetto la sola gloria di Dio e 1' utilità della Chiesa universale, onde dare ad essa un degno pa- store ed un provvido principe allo stato. Ambedue le orazioni si so- gliono pubblicare in Roma con la stampa ; cosi quelle che si fanno in gran numero in diverse parti del mondo nei funerali de' Papi che gli celebrano le diverse chiese, e

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quelle nella esaltazione del nuovo Pontefice; molte di queste partico- lari orazioni alle rispettive biogra- fie le accenniamo, e meglio il No- vaes nelle sue Vite, e con più dif- fusione il Cancellieri ne' Possessi. Nelle traslazioni de' cadaveri dei Papi eziandio si pronunziarono o- razioni funebri, come pure talvolta pei loro anniversari. Nella prima congregazione generale che i cardi- nali tengono dopo la morte del Papa, come dissi nel voi. XVI, p. 292 del Dizionario, dai medesimi per voti si deputano due dotti per- sonaggi, ordinariamente prelati o ve- scovi, uno per l'orazione in funere ed elogio del Pontefice defunto, qualora non vi sia il suo cardinale nipote cui spetta nominarlo, 1' altro per l'orazione de eligendo sununo Ponti/ice, cioè per la ottima scelta del futuro Papa. A tal uopo già i cardinali con ischedula sono preve- nuti che debbono procedere alla nomina di due oratori con queste parole. Dcputantur duo viri erudi- ti, quorum prirnus prò oratione lui- benda in tandem defuncli Pontifi- cia; seeundus pio sermone in mis- sa Spirilus Sancii de eligendo sum- mo Ponlifìce. Queste orazioni si re- citano o leggono dai destinati nella cappella del coro della basilica Va- ticana ne Funerali (Vedi), Novendia- li [Vedi) che i cardinali e tutti quelli che hanno luogo nelle cappelle pon- tificie fanno al Papa morto, cioè la funebre dopo la nona messa no- vendiale, e quella dell' elezione nel d'i seguente dopo la messa dello Spi- rito Sauto, che celebrasi onde in- vocare i lumi del divino Spirito per l' elezione di un degno successore del principe degli apostoli; se l'o- ratore è vescovo è vestito di roc- chetto, amittOj piviale nero nelle

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orazioni funebri, e in quelle per l'e- lezione rosso, e mitra semplice bian- ca di tela; se semplice prelato in rocchetto, cappa e berretta ; se è prete semplice sul rocchetto se ne ha l'uso, o sulla sottana veste la cap- pa prelatizia in un alla berretta. L'oratore del sermone de eligendo riceve cento scudi dalla camera a- postolica. Di tutto parlammo nel voi. Vili, p. ig4 del Dizionario ed altrove, come a Conclave ed Elezione de' Pontefici. Anticamente, come si ha dall'Ordine romano XV, presso Mabillon, Mus. hai. t. II, cap. 14.6, si facevano le orazioni funebri ogni giorno dopo la messa da quel cardinale che l' avea ce- lebrata, e dopo la nona il cardina- le oltre il discorso di elogio del Papa defunto, faceva ancora il ser- mone sulla sollecita e santa elezio- ne del successore, qualora i cardi- nali non avessero commesso la com- pilazione e recita di tali orazioni ad alcun prelato o maestro di teo- logia. Il Novaes nel t. I delle Dis~ sert. alle vite de' Pontefici a p. 2 5o ci l' Appendice I: degli oratori dell'esequie de' Pontefici ; ed a p. 272 V Appendice II: Biblioteca dei conclavi e delle orazioni per 1' ele- zione de' Pontefici. Ne faremo P e- stratto, senza riportare le edizioni e titoli delle orazioni per brevità, essendo state stampate a parte o con altre opere, unendoci qualche analoga erudizione ricavata dalle Vite de Pontefici dello stesso auto- re e da altri, con aggiungervi ezian- dio quelle pei Papi del secolo cor- rente. Monsignor Galletti nella let- tera a Federici, premessa all'Ornilo funebris prò Julio II, Rotuae 1777, produsse un catalogo degli oratori che nelle pontifìcie esequie noven- diali fecero le orazioni funebri, ed

ORA il Novaes ne profittò ampliandolo di molto e formandolo con miglior ordine. Molte orazioni funebri dei Papi si trovano nella raccolta : Ora- tiones clavorum hominum, Venezia e Padova 1 55g, Colonia i56o , Parigi 1377, Hanau 161 3.

Delle orazioni funebri degli an tichi, di quelle che si fanno per al tri sovrani e personaggi, e di quel le ch'ebbero luogo per le elezion di altri principi e dignitari, o su periori regolari, ne parliamo a' lo ro luoghi: nel 1723 in Torino ven ne stampato, Degli elogi funerali ra- gionamento ; nel i843 in Parigi si pubblicarono: Oraisons funebre s de Bossuet, Flechier, Massillon, Ma- scaron, Bourdaloue, et Laure. L'e- logio funebre ha un doppio ogget- to, quello cioè di proporre all'am- mirazione, alla riconosceuza, alla emulazione, o almeno alla imita- zione, le virtù e i talenti di colo- ro che si distinsero ne'primi ordini della società, e al tempo stesso di fare intendere agli uomini di qua- lunque grado e condizione la nul- lità delle grandezze mondane, nel momento in cui l'uomo passa al- l'altra vita. Laus defunclorwn, t>i- ventium exhortatio est. Polibio lodò ed enumerò l'utilità di tali orazio- ni con espressioni degne di lui ; i due Pontani fra' moderni ne enco- miarono l'istituzione. L'uso delle orazioni funebri è assai antichissi- mo, e sembra incominciato dagli egizi, nel che erano assai severi, poiché vollero che il gran sacerdo- te prima delle esequie de'loro so- vrani, esponesse in pubblico le azio- ni del defunto, virtuose che vi- ziose, e se le prime superavano le seconde gli facevano il solenne fu- nerale, altrimenti ne lasciavano in- sepolto il cadavere inonorato. Tra i

O II A greci uno de'più prossimi congiunti del morto pronunziava l'orazione funebre : alcuni pretendono che So- lone fosse l'introduttore di questo costume tra' greci ; e Pericle recitò l'elogio funebre de'guerrieri periti nel combattimento delle Termopi- li. Presso i romani, Proculo in Ro- ma pel primo disse le lodi del de- funto Romolo in pubblico, promo- vendone a più potere la deificazio- ne, e l'ottenne. Poscia Valerio Pu- blicola disse le lodi presente il ca- davere del collega Giunio Bruto, ucciso nella guerra contro gli etru- schi; da quell'epoca si continuò in Roma a rendere questo tributo di lodi a tutti i grandi uomini roma- ni, ordinariamente da un parente, che salito in ringhiera, dolente e con voce melanconica e sommessa pronunziava il laudario funebris del defunto, rammentando le sue azio- ni più memorabili e gloriose. Indi in Roma si rese questo ufficio ono- revole anche alle donne, in ricom- pensa degli offerti gioielli per con- tribuire alla somma ch'esigevano i galli, per ordine del senato; e Pa- piria fu la prima che godette di quel privilegio. In Italia poscia si perpetuò l'uso delle orazioni ed elo- gi funebri, ed anche ne'bassi tempi, e col rinascimento delle lettere ri- nata l'eloquenza s'ingentilirono que- ste lodi ; per non dire di altri, si vuole che la prima orazione fune- bre recitata da' francesi nelle loro chiese, fu quella pronunziata nell'ab- bazia di s. Dionigio pel contestabi- le du Guesclin, al quale Carlo VI fece rinnovare i funerali nel i38f), ed il vescovo d'Auxerre celebrante sul pulpito ne disse le lodi.

Morto Clemente VI nel 1 352 in Avignone, l'encomiò con dodici ora- zioni funebri, s. Pietro Tommaso

VOL. XLIX.

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aquitano carmelitano. Ne' funerali di Urbano VI nel i38g e di Bo- nifacio IX nel i4°4 furono pro- nunziate nove orazioni funebri in tutti i giorni de'novendiali. Nell'ese- quie di Eugenio IV nel 1 447 l'udi- tore di rota Malatesta ne lodò la vita, e il cardinal Parentucelli n'en- comiò la morte; il primo dichiarò qual fu Eugenio IV, il secondo in- sinuò qual successore si dovea dar- gli, e fu lui col nome di Nicolò V; cioè uno disse l' orazione funebre, l'altro quella per l'ottima elezione. Abbiamo anche V O ratio ad cardi- nalem prò electione Pontifice post morleni Eugeuii IV, di Poggi : no- teremo che un Carlo Poggio fu se- gretario di tal Papa; Poggio Brac- ciolini esercitò l'uffizio di segretario apostolico con Bonifacio IX, Innocenzo VII, Gregorio XII, Alessandro V, Giovanni XX III, Martino V, Eugenio

IV e Nicolò V. Ne'funerali di Nicolò

V fecero l'orazione funebre, nel pri- mo giorno Nicolò Palmerio agosti- niano vescovo di Catanzaro e poi d'Orte, ed in altro giorno Giacomo di Portogallo vescovo d'Arras poi cardinale. In quelli di Calisto III pronunziò l'orazione funebre Gian- nantonio Campano poi vescovo di Cortona e di Teramo. Nell'esequie di Pio II il medesimo vescovo Cam- pano fece l' orazione funebre forse in Siena, poiché in quelle celebrate in Ancona ove mori, la recitò tra i due ultimi cardinali diaconi Cri- stoforo Moro doge di Venezia : si ha pure di Domenico de Dominicis veneto vescovo di Brescia, Oralio habita in funere D. Papae Pii II, forse negli altri funerali che i car- dinali gli celebrarono in s. Pietro. 11 cardinal Ammannati detto di Pa- via, fece l'orazione ai cardinali per l'elezione del successore, in cuisplen-

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5o ORA

didamente encomiò il defunto. Nei funerali di Paolo II disse l'orazione funebre Fraucesco insigne teologo spagnuolo, ambasciatore del re di Spagna; e Francesco de Ubertis, ce- lebre poeta cesenate, Epistola prò eligendo suinmo Ponti fice. Nell'ese- quie di Sisto IV fece l'orazione fu- nebre Ambrogio Coriolano, famoso teologo romano, generale degli ago- stiniani e penitenziere del defunto; ancbe Guglielmo de la Perriere udi- tore di rota, francese, compose V O ra- tio in funere Sixti IV, recitata nel nono giorno per la ottima elezione, in un all' Oratio de electione futuri Ponlificis. Ne' funerali d'Innocenzo Vili fu lodato con orazione di Leo- nello Clieregato nobile vicentino ve- scovo di Concordia, Oratio in fu- nere Innocenlii Vili P. R. ad S. R. E. cardinales , Romae 1492 ; e Bernardino Carvajal vescovo di Foligno poi cardinale fece V Oratio ad cardinales de eligendo Pontifice Innocentio Fili demortuo , ìiabi- ta in basilica s. Petti, Romae 1 492- Ambedue le orazioni furono pubbli- cate impresse separatamente colla stampa. Nell'esequie di Pio II pro- nunziò l'orazione funebre Domeni- co Crispi. In quelle di Giulio II, Tommaso Fedro Inghirami di Vol- terra, canonico vaticano, custode della biblioteca vaticana, e segreta- rio del sacro collegio: per l'elezio- ne del successore, recitò l'orazione Pietro de Flores spagnuolo, poi ve- scovo di Castellamare e di Gaeta. Ne* funerali di Leone X non si tro- va chi n' abbia fatto ne' novendiali l'elogio funebre; molte ve ne sono pronunziate ne\Y Università romana (Vedi), per l'anniversario di sua morte, che tuttora hanno luogo qual ristoratore della medesima. Per l'esequie di Adriano VI recitò l'ora-

ORA zione funebre il suo famigliare Cor- rado Vecerra patriarca gerosolimi- tano, nipote del suddetto Carvajal: di questo si ha Coinitium electionis Hadriani VI. Nei funerali di Cle- mente VII fece l'orazione funebre Lorenzo Grana canonico vaticano, vescovo di Segni, celebre oratore ro- mano. In quelli di Paolo III ele- gantissima ne pronunziò Romolo Amasei oriundo da Bologna, nato in Udine, già maestro del di lui nipote cardinal Alessandro, poi se- gretario di Giulio III. Essendo sta- to differito per morte di Paolo III l'ingresso de' cardinali in conclave, nella mattina di esso 29 novembre i549, Giovanni Beroaldo palermi- tano eruditissimo e vescovo di Telese fece 1' Oratio de eligendo, come ri- porta 1' Ughelli. Di Antonio Tabo si ha l' Oratio in crealione Julius III; più Orazione nella creazione di Marcello II ; altra nella mor- ie di esso, e sermone fatto per f in- gresso in conclave del collegio dei cardinali. Però nell'esequie gli re* citò l'orazione funebre Giulio Pog- giani di Novara, di rara letteratura, poi segretario delle lettere latine di Pio IV e di s. Pio V. Uberto Fogliet- ta dotto genovese, celebre istorico patrio, fece l' Oratio in comiliis Pon- lificis demortuo Marcello II. Pei funerali di Paolo IV, recitò l'ora- zione funebre Giampaolo Flavio abruzzese; e quella de eligendo Giu- lio Poggiani mentovalo. Ne' no- vendiali di Pio IV s'ignora chi lo lodasse; per quelli di s. Pio V fe- ce l'orazione funebre IVIarc'Antonio Mureto sacerdote, e professore del- l'università romana, eccellente scrit- tore francese, ed altra ne recitò in s. Maria Maggiore, quando Sisto V vi trasferì il corpo, il prelato ro- mauo Autuuio Boccapadule., poi se-

ORA ORA 5i gielario di Gregorio XI 1 1 e Gre- ilei medesimo, e di Gregorio XIV gorio XIV. Questi disse pure l'Ora- e di Paolo V. Pei novendiali di tio de summo Ponti/ice creando ha- Leone XI ne celebrò le gesta il bita in s. Pelri die 11 maii 1072. sunnominato Ugoni, mentre l'orazio- Nell' esequie di Gregorio XIII, che ne prò eligendo la pronunziò Ales- per essere cadute nella settimana Sandro Burgi modenese, giù segrc- santa non oltrepassarono il quinto tario del sacro collegio, vescovo di giorno de' novendiali, il gesuita Ste- Borgo s. Sepolcro. Nelle esequie di fano Tucci messinese insigne oralo- Paolo V recitò l'orazione funebre re, pronunziò l'elogio funebre : l'ai- Gaspare Palloni romano canonica tro gesuita Orazio Tursellini 10- di s. Pietro e di lui segretaria ; mano ne recitò altro ne'funerali fat- pel suo trasporto in s. Maria Mag- ti nel collegio romano, che per es- giore la disse Lelio Guidiccioni luc- serne stato il fondatore proseguirò- chese canonico della stessa basilica : no i gesuiti a fargli un'orazione di l'orazione per surrogargli un degno lodi nell'apertura delle scuole, mol- successore la pronunziò l'eloquente te delle quali si vedono stampatej Agostino Mascardi di Sarzana poi e tuttora dura si lodevole coslu- cattedratico nella romana universi- manza. Pei funerali di Sisto V re- tà. Pei funerali di Gregorio XV citò l'orazione funebre Baldo Ca- fece l'orazione funebre il celebre taneo; Lelio Pellegrini di Sonniuo Famiano Strada gesuita romano; professore dell' università romana quella de eligendo il suo segretario pronunziò quella pel trasporto del- de'brevi a' principi e canonico va- le sue ceneri, e alla presenza di ticauo Giovanni Cia napoli fiorenti- trentanove cardinali, in s. Maria no. Per l'esequie di Urbano Vili Maggiore. Nelle esequie di Urbano disse l'orazione funebre Felice Can- VII fece l'orazione funebre Poni- telori di Cesi, prefètto dell'archivio peo Ugoni romano beneficiato va- apostolico, e quella dell'elezione Ja- ticano, e professore dell'università copo Accarisio bologuese vescovo di romana; quella ad ampli ssi mas S. Viesti. Innocenzo X fu lodato dal R. E. cardinales cani subrogandi conte Ubaldiui segretario del con- Ponlificis causa conclave ingressuri clave, pronunziando V Oraiio de sub- essenl, la recitò il suddetto Calaneo. rogando su/nino Ponlifice, Jacopo Pei novendiali di Gregorio XIV Rospigliosi poi nipote di Clemente disse l'orazione funebre Vincenzo IX che lo creò cardinale. Ne'no- Blas Garzia, famoso rettorico spa- vendiali di Alessandro VII disse l'o- gnuolo; per l'elezione del successo- razione funebre Agostino Favoriti re la pronunziò Girolamo Ragazzo- di Sarzana canonico Liberiano, suo ni veneto vescovo di Bergamo. Per segretario e poi di Clemente IX, l'esequie d'Innocenzo IX fece l'ora- Clemente X, Innocenzo XI, e del zioue funebre il p. Benedetto Giù- sacro collegio; quella dell'elezione stiniani celebre gesuita genovese; indi Stefano Gradi raguseo custode dei- quella de eligendo Antonio Guidi ve- la libreria Vaticana. Neil' esequie scovo di Trau. Per l'eccellente eie- Clemeule IX fu encomiato dal Fa- zione del successore di Clemente voliti ; l' orazione de eligendo la Vili, recitò l'orazione Marcello Ve- disse Antonio Malagonelli detto A ma- stri segretario de'brevi ai principi dori fiorentino. Pei funerali di Cle-

5a ORA.

mente X ne esaltò le azioni il Ma- lagonelli, indi per quelli d'Innocen- zo XI l'orazione funebre la recitò il celebre Eramanuele Scbelstrate d'Anversa canonico Lateranense poi tli s. Pietro, e custode della biblio- teca Vaticana, mentre quella per l' elezione la pronunziò Luigi Ser- gardi nobile sauese. Questi fatto ca- nonico di s. Pietro e uditore del cardinal Ottoboni nipote d'Alessan- dro Vili, per sua morte disse l'o- razione funebre, e quella per In- nocenzo XII Nicolò Fortiguerra poi segretario della Congregazione di propaganda (Fedi); l'orazione de eligendo nel 1700 la disse Girola- mo Ventimiglia vescovo di Lipari. Per l'esequie di Clemente XI fece 1' orazione Gianviucenzo Luccbesini luccbese canonico di s. Pietro, di lui segretario delle lettere latine, poi de'brevi a'principi, e fu la prima a pubblicarsi ne' Diari di Roma, n. 583 : per l'elezione d'un eccellente successore la pronunziò Camillo de Mari teatino, nobile genovese, ve- scovo d'Aleria. Nei novendiali d'In- nocenzo XIII recitò l'orazione fu- nebre l'aio del di lui nipote Gia- como Lanfredini poi cardinale, ed ancora quella de eligendo per Be- nedetto XIII, al dire del Novaes nelle sue Dissertazioni. Ma egli stes- so nella vita di tal Pontefice rife- risce cbe la pronunziò il prelato veronese Francesco Bianchini, il qua- le nella congregazione de'cardinali per la scelta dell'oratore per l'ora- zione de eligendo, per acclamazio- ne e senza il solito bussolo fu da essi eletto in concorso di monsignor Braschi, poi Pio VI : ciò conferma- no i Diari di Roma n. io52. Al Papa Benedetto XIII fece nell'ese- quie l'elogio Tommaso Ricchini do- menicano di Cremona, segretario

ORA dell'indice, poi maestro del s. pa- lazzo ; quando poi il corpo fu tras- portato in s. Maiia sopra Minerva, la disse prima in s. Pietro, ove ce- lebraronsi altre esequie, Giuseppe Simone Assemani maronita, canoni- co di s. Pietro, custode della biblio- teca Vaticana, e nella chiesa dove fu trasferito, ne' funerali la recitò Venanzio Filippo Piersanti maestro delle cerimonie pontificie e cappel- lano segreto di Clemente XI l. Per morte di Benedetto XIII il detto Lanfredini ne recitò l'orazione de eligendo. Per l'esequie di Clemente XII pronunziò l' orazione funebre Enea Silvio Piccolomini segretario delle lettere latine poi cardinale, e quella per l'elezione il lodato As- semani. Benedetto XIV ne'noven- diali (durati otto giorni a cagione della Pentecoste) venne encomiato da Tommaso Antonio Emaldi da Lugo canonico Lateranense e di lui segretario delle lettere latine, indi de'brevi ai principi con Cle- mente XIII. A questi nell'esequie disse l'orazione funebre Benedetto Stay raguseo di lui segretario delle lettere latine, poi de'brevi ai prin- cipi di Clemente XIV e Pio VI, e canonico di s. Maria Maggiore, mentre per la sua elezione l'avea recitata Gio. Battista Bartoli vene- to arcivescovo di Nazianzo ; e Ste» fano Evodio Assemani arcivescovo d'Apamea pronunziò quella de eli- gendo per l'esaltazione di Clemen- te XIV, il quale fu poi lodato nei funerali da Filippo Bonamici luc- chese di lui segretario delle lettere latine : per l'ottima scelta del suc- cessore a Clemente XIV, disse l'ora- zione il memorato prelato Stay. Nel- le esequie di Pio VI celebrate a Venezia nella patriarcale basilica di s. Pietro in Castello uel 1799, re-

ORA

citò l'orazione funebre Cesare Bran- cadoro arcivescovo di Nisibi e se- gretario di propaganda poi cardinale : trasportato il corpo da Valenza di Francia ove mori, a Roma nel 1802, ne pronunziò altra in s. Pietro Gioa- chino Tosi segretario delle lettere latine di Pio VII, poi vescovo d'Ana- gni, ne' funerali celebrati dal detto successore con raro esempio prae- sente cadavere. In Venezia ove fu celebrato il conclave per l'elezione di Pio VII5 disse Y Or alio de eli- gendo sumino Ponlifi.ce , Veuetiis 1799, Antonio M. Gardini vescovo di Crema. Nei novendiali di Pio VII, pronunziò l'orazione funebre monsignor Daulo Augusto Foscolo veneto arcivescovo di Corfù, ora pa- triarca di Alessandria; poscia quel- la de eligendo il prelato Domenico Testa di s. Vito canonico di s. Ma- ria Maggiore, segretario de' brevi ai principi. Per l'esequie di Leone XII fece l'orazione monsignor Angelo Mai della diocesi di Bergamo, pri- mo custode della biblioteca Vaticana, ora cardinale, e recitò quella per l'ottimo successore il detto monsign. Testa. Nei funerali di Pio Vili dis- se l'orazione funebre monsignor Ca- millo di Pietro romano , al pre- sente arcivescovo di Berito, inter- nunzio straordinario e delegato apo- stolico di Lisbona ; il lodato mon- signor Mai pronunziò : De eligendo Pont. Max. sermo, Piomae 1 83 r typis Vaticanis. Ne' novendiali di Gregorio XVI gli recitò con bella facondia ed eloquenza 1' orazione funebre monsignor Gio. Battista Ro- sani vescovo di Eritrea della diocesi di Saluzzo presidente della pontificia accademia de'uobili ecclesiastici, nel» la quale rappresentò le preclarissi- ine virtù che adornarono l'animo di buon padre e sovrano. Mon-

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signor Luca Pacifici di Semionda segretario delle lettere latine del defunto (confermato dal Papa re- gnante) e canonico di s. Maria Mag- giore, pronunziò sull'importantissi- mo argomento la dotta ed elegan- tissima : De Pontifi.ee Maximo eli- gendo, oratio habila in basilica Va- ticana ad S. R. E. Cardinales XVI11 Kalendas auinliles an. MDCCCXLVI, Romae, ex typo- grapheo Salviuccio. Aggiungeremo che il lodato vescovo d'Eritrea, nei funebri onori che solennemente re- se alla grand' anima di Gregorio XVI l'accademia di religione catto- lica, recitò in di lui lode altra ora- zione, nella quale commendò pre- cipuamente i segnalati benefizi re- cati da quel Pontefice, dalla sua for- tezza e sapienza, alla santa Chiesa

ORB1BARIANI. Eretici derivati dai valdesi verso il 1 1 98, cosi det- ti forse dalla paiola Orbis, perchè scorrevano il mondo da vagabondi senza avere una dimora fissa. Ne- gavano la Trinità, la divinità di Gesù Cristo, il giudizio di Dio, la resurrezione de'corpi, e disprezzava- no l'uso di tutti i sagramenti. In- nocenzo III li condannò.

ORCISTO. Sede vescovile della seconda Galazia, nell'esarcato di Pon- to, sotto la metropoli di Pessinun- te, eretta nel V secolo. Ebbe per vescovi Donno che fu al concilio d' Efeso I, Longino intervenne a quel di Calcedonia, e Sergema a quello di Trullo. Oriens dir. t. I, p. 493.

ORDEONA o ORDONA, Ordeo- ninni. Città vescovile ora distrutta, nella provincia di Capitanata nella Puglia, lunge 6 miglia da Ascoli di Satriano, e 44 da Beneveuto, nel vicariato romano. Dalle sue ro- vine apparisce che fu grande, bel-

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la, nobile, opulenta. Per ragione feudale, qual masseria divenne pro- prietà del collegio romano de'ge- sui ti, con chiesa rurale di s. Leone vescovo d'Ordeona ne' primi secoli del cristianesimo. Il vescovato fu unito ad Ascoli di Satriano (P'edi), e ne trattano l'UghelIi, Italia sacra t. Vili, p. 225; ed il Sarnelli, Meni, de'vesc. di Benevento p. 129 e 23 r. ORDINARIO, Ordinarius. Que- gli che ha podestà e giurisdizione ordinaria nelle cose ecclesiastiche, proprius locìs epìscopus : ordinario è anche opposto di delegato, pro- prius. Significa eziandio l'arcivesco- vo, il vescovo o altro prelato, che ha giurisdizione ecclesiastica in un territorio, perchè vi è stabilito e giudica secondo il diritto comune ed ordinario. Chiamasi pure ordi- nario colui, il quale ha la collazio- ne d' un benefizio di diritto comu- ne; e chiamasi il sommo Pontefi- ce l' ordinario degli ordinari, dac- ché nel concilio di Laterano venne riconosciuto in lui il diritto della collazione, per anticipazione su tut- ti i collettori ordinari, di che me- glio si dice a Beneficio. Che ordi- ni furono dette le prebende canoni- cali, lo dichiara il Garampi nelle Memorie j rilevando che appellan- dosi ordini le prebende e canonie, il nome d'ordinario si attribuì ad ogni canonico. Ordinario è un ti- tolo che si ai canonici della me- tropolitana di Milano, ed il Sassi Jo dice derivato dall'ordinaria giu- risdizione ch'essi avevano di far in- sieme coll'arcivescovo ordini e sta- tuti, e di poter con lui definire le cause più gravi e sottoscrivere le sentenze; ma il Sorniani trovò tal nome anche in altre chiese, e lo crede nato dall'ordine gerarchico in che ogni pieve teneva il suo clero

ORD diviso in preti e leviti, quindi spie- gò le soscrizioni degli oidi nari di s. Abondio. Su questo punto va letto il Zaccaria, Storia lett. t. VI, p. 5g6. Questi ìiell' Onomasticon Rituale dice ancora, che ordinario significa pine Calendario: Calenda- rium quoque diciinus, quod alii or. dinarium, et ordinem divini qfficii celebrandi appellanl; Ubellum scili- cet, in quo quae singulis diebus of- ficia recitando, fiat, eorumque rilus, episcoporum jussu adnolanlur. Or- dinario o Ordinale, Ordinalis, era il libro in cui si contenevano le cerimonie ecclesiastiche, detto oggi Rituale, come spiega Macri; ed il Zaccaria, Ordinarium ritualis liber est edam ordinarium.

ORDINAZIONE, Ordinatio. L'or- dinare e 1' ordine slesso , 1' atto di conferire gli ordini ecclesiastici , ed il rito di consagrare le persone ec- clesiastiche, col quale si conferisce la grazia e il potere di assistere e trattare con decenza alle incumben- ce ecclesiastiche alle quali sono isti- tuite e destinate. L'ordinazione ge- neralmente considerata può e>sere maggiore , che contiene gli ordini maggiori, la minore i minori ; ma l'ordine complessivamente conside- rato ne' di versi gradi è uno solo, ed è un sagrameuto della nuova leg- ge istituito da Gesù Cristo, nel quale con diverse stabilite cerimo- nie e cose si il potere spirituale all'ordinato di fare tutto quello che ha rapporto coli' ordine stesso, co- me dicesi all'articolo di ognuno, V. Ordine. Abbiamo del p. Morino: Co/n- ment. de sacris eccles. ordinationì- bus3 Antuerpiae 1695. Francesco Hallier , De sacris electionibus et ordinationibus ex antiquo et novo ec- clesiae usu, Romae 1740- Oio. Gia- cinto Sbaraglia , Disputano de sa-

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cris puerorum ordina ti onìbus 3 qua vera vetusque ecclesiae doctrìna est novis ostensa ac propugnata mo- numentisi Florentiae 1760. Wigant, Tribunal conftssaricrum et ordi- nandorum } Pisauri 1760. Ordi- nante chiamasi il vescovo che con- ferisce gli ordini sacri, ed ordinan- do dicesi colui che riceve gli ordi- ni sacri. V. Ordinazioni, ove si parla ancora delle ordinazioni che faceva- no gli antichi Pontefici, e di qualche esempio posteriore.

ORDINAZIONI de' Pontefici. Il principe degli apostoli e primo som- mo Pontefice s. Pietro, in due or- dinazioni creò cinque vescovi, dieci preti e sette diaconi , secondo No- vaes, Storia de' Pontefici: tra quelli da lui ordinati , solo nomineremo s. Evodio vescovo d' Antiochia , s. Aspreno vescovo di Napoli, ed i suc- cessori e Papi s. Lino, s. Cleto, s. Clemente I e Anacleto. Quindi i ro- mani Pontefici conferirono i sacri ordini nel mese di dicembre, ed il Papa s. Simplicio del 4^7 vuoisi che fosse il primo a farlo nel me- se di febbraio, nelle tempora della quaresima, se si deve credere all'A- malurio, De eceles. officiis, lib. 2, cap. 2, in Biblioth. Patr. t. i4> p. 968, ed al Mabillon in Comment. vraevio ad ord, rom. § 16. Però Francesco Pagi, Brev. Pont. rom. t. I, p. 219, sostiene che prima di s. Simplicio i Papi conferivano gli ordini anche in altri mesi , ove si offrisse il bisogno. Il Marlene, De anliq. eccl. rilib. lib. I, cap. 8, ari. 4, aggiunge, che il far menzione l'Anastasio delle ordinazioni esegui- te nel mese di dicembre, non è ne- gare che si facessero pure in altri mesi, contro la comune regola os- servata da' Pontefici. Il Novaes di- chiara non comprendere per qual

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ragione l'Anastasio non abbia rife- rito alcuna di queste ordinazioni fuori del mese di dicembre, se desse vi fossero state, come pretendono il Pagi e il Marlene, poiché riferisce le altre fatte nel dicembre. Riflette inoltre che Papa s. Marco del 336 governò la Chiesa per otto mesi, dal gennaio all'ottobre, e non ostan- te conferì gli ordini sacri, senza che lo potesse fare nel dicembre , che non entrò nel corso del suo ponti- ficato. Cosi ancora fra i cinquauta- sei Pontefici rammentati nella cro- naca di Damaso, nel codice della regina di Svezia, quindici di essi non fecero le ordinazioni in altro mese fuori di dicembre, che furono i santi Anacleto, Evaristo, Sisto I, Ponziano, Antero, Cornelio, Sisto II, Eusebio, Liberio, Svricio, Anastasio I, Sisto III, Ormisda, Giovanni I e Felice III detto IV; onde l'Anasta- sio che si servì di questa cronaca, ha giudicato che tutte le ordinazio- ni fatte dai Papi fossero eseguite nel dicembre, appunto perchè niun altro mese in essa viene ricordato, avendo tralasciato di rammentare le fatte e celebrate fuori del dicem- bre. Se questo è il mese prescritto da' canoni a' vescovi per fare le or- dinazioni, i Pontefici per la loro suprema dignità non potevano es- sere astretti alle regole degli altri vescovi, come si può argomentare dall'essere s. Gelasio I del 492 >l primo Pontefice, che cou decreto assegnò le ordinazioni pontificie a tutte le quattro tempora dell'anno. Condii ude il Novaes, che dopo s. Simplicio sino alla fine del secolo IX, tutti iPapi amministrarono gli ordini sacri nel dicembre o nella prima settimana di quaresima, ov- vero dopo la domenica quarta di essa, fuorché s. Leone II del 682,

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che amministrò questo sacramento nel maggio e nel giugno per le tempora di Pentecoste, e prima di lui s. Gregorio I del 5go una vol- ta in settembre per le tempora, niuno però de' Pontefici li conferi- rono nel sabbato avanti Pasqua , come si ha dal citato Mabillon, Orci, toni. cap. 16, p. io3,cap. 19, p. 126. Tratta sopra la disciplina de' Pon- tefici, nella collazione degli ordini, il suddetto Pagi p. ^5 1, n. i3. Mi era proposto in quest'articolo regi- strare cronologicamente, come dissi altrove, le ordinazioni de' Pontefici, da s. Pietro sino circa al secolo IX, come le riporta il Novaes; ma os- servando poi che riusciva lungo e monotono, trovai più opportuno ri- ferirle alla biografia d' ogni Papa ; ed a quelle che ciò non feci, nel- l'ir.tendimento di effettuare il pri- mo divisamento, supplisco colle se- guenti dichiarazioni , quali riunite pur serviranno a prendere un'idea in che consisteva il numero de' pro- mossi agli ordini sacri maggiori , ne' primi secoli, nelle pontificie or- dinazioni in alcuni pontificati.

Il Papa s. Anacleto del io3, in un'ordinazione nel dicembre creò sei vescovi, cinque preti e tre dia- coni. S. Alessandro I del 121, in tre ordinazioni creò quattro o cin- que vescovi, sei preti, due o tre diaconi. S. Aniceto del 167, in cin- tine ordinazioni creò nove vescovi, dieci o diecisette preti e quattro diaconi. S. Calisto del 221, in cin- que ordinazioni creò otto vescovi , sedici preti e quattro diaconi. S. Ali- terò del 237 creò il solo vescovo ili Fondi. S. Caio del 283, in cin- que ordinazioni nel dicembre creò cinque vescovi, venticinque preti e otto diaconi. S. Anastasio I del 398 ju due ordinazioni creò dieci o un*

ORD dici vescovi , otto o nove preti e cinque diaconi. S. Bonifacio I del 4 18, in una ordinazione nel dicem- bre creò trentasei vescovi , tredici preti e tre diaconi. S. Anastasio II del 496 in una ordinazione nel di- cembre creò sedici vescovi e do- dici preti. Di s. Bonifacio II del 53o s'ignora. S. Agapito I del 535, in una ordinazione nel dicembre creò undici vescovi e quattro dia- coni. S. Benedetto I del 57 4 , io una ordinazione nel dicembre creò veutuno vescovi, quindici preti e tre diaconi. S. Adeodato I del 61 5, in tre ordinazioni creò venlinove ve- scovi, nove o tredici preti, e cinque diaconi. Adeodato II del 672 in una ordinazione nel dicembre creò sei, altri dicono quarantasei vescovi , quattordici preti e due diaconi. S. Agatone del 678 nel dicembre creò dieciotlo vescovi, dieci preti e tre diaconi. Adriano I del 772, nel suo pontificato di circa ventiqualtr' an- ni, in due ordinazioni creò centot- tantacinque vescovi , ventiquattro preti e sette diaconi. Con s. Nico- lò I dell'858 il Novaes termina di riportare le pontificie ordinazióni. Stefano VII dell' 896 depose dal proprio grado gli ordinati dal pre- decessore Formoso e li ordinò di nuovo; ma di contrario sentimento sono diversi autori citati dal No- vaes nella vita di Stefano VII , i quali affermano che questi non con- sagrò gli ordinati, da Formoso. Ma il Papa Romano che gli successe abrogò le cose fatte da Stefano VII; indi Teodoro II dell' 898 annullò gli atti contro Formoso, e Giovan- ni IX che gli successe restituì ai primi ordini i degradati. Tuttavol- la Sergio III del 904, nemico della memoria di Formoso , scomunicò quelli che ordinali da lui eser-

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citassero nella Chiesa l' officio del grado e ministero da esso ricevuto. 11 Baronio scrisse che Stefano VII e Sergio III errarono perciò in que- stione di fatto non di diritto, per pessimo esempio, non per falsa dot- trina. Ne' secoli susseguenti i Pon- tefici fecero eseguire le ordinazioni dai Vicari di Roma, e questi talo- ra da' prelati Vicegerenle, tranne qualcuna, succedendo alle loro or- dinazioni le creazioni de' cardinali. Il Platina nelle File de Pontefici registra le ordinazioni da essi fatte, e con tale titolo eziandio registra quindi le promozioni de' cardinali , vescovi, preti e diaconi sino a Paolo II inclusive. I di lui continuatori egualmente col nome di ordinazio- ni riportano le creazioni o promo- zioni de' cardinali sino a Gregorio XV, sotto il quale per la prima volta apparisce col titolo di Promozione (Vedi) le creazioni de' cardinali preti e diaconi. Con s. Gelasio I del 492 il Cardella principia le Me- morie sloriche de' cardinali, henchè come notiamo a' loro luoghi, molto prima incominciammo ad enumera- re quelli che ci fu dato rinvenire, essendo incertissime le loro notizie ne' primi secoli della Chiesa; men- tre la loro origine a Cardinale la diciamo ne' primi anni del II seco- lo, e meglio suhito dopo la metà di questo : al n.° i de! § V di detto articolo si ragionò delle cerimonie che si usavano anticamente nella creazione de' cardinali , nella feria quarta o mercoledì delle quattro tempora, preceduta da triplice in- terpellazione al popolo sulle qualità de'promovendi, in tre diverse chiese alla messa, e la terza si faceva dallo stesso Papa, che se niuuo si pre- sentava a deporre contro di loro , gli ordiuava preti e diaconi cardi-

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nali. Cambiata in progresso di tem- po in ciò la disciplina, la creazione de' cardinali si passò a fare ne'con- cistori, interpellando i cardinali se doveansi fare altri cardinali, e sul- l'idoneità di chi si dovea promovere, cioè nel primo del mercoledì e nel secondo delle quattro tempora, nel sabbato succedendo la pubblicazio- ne de' nuovi cardinali, e 1' imposi- zione del cappello. In progresso di tempo le promozioni cardinalizie si fecero a beneplacito de' Papi nelle quattro tempora, e fuori di tali e- poche, ad onta che Sisto V con bolla volle richiamare gli antichi riti de' Pontefici de' primi cinque o sei secoli della Chiesa, i quali crea- vano e ordinavano i cardinali sola- mente nel dicembre in giorni di digiuno, prescrivendo altresì negli eletti che abbiano almeno ventidue anni, gli ordini minori, e vestito già per un anno l'abito chiericalc con tonsura, e chi non lo era, do- vesse promuoversi al diaconato den- tro l'anno; di ciò meglio a Diaco- no, Prete, Decano del sacro col- legio e Ozione.

Alessandro III nel concilio Late- ranense III annullò le ordinazioni fatte dagli antipapi. Gli ordinati dal Papa non potendo essere promossi ad ordine più degno senza licenza di lui da vermi vescovo, i Ponte- fici talvolta dispensarono, autoriz- zando alcun vescovo a supplire a questa loro antica prerogativa, e In- nocenzo III die la facoltà all'arci- vescovo di Milano di promuovere agli altri ordini sacri quelli che a- vessero ricevuto qualche ordine dal Papa. Nel i35o avendo Uberto o Umberto rinunziato il Delfinato al re di Francia, ed entrato nell'ordine de'predicatori, in un solo giorno lu ordinato suddiacono, diacono e sa-

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cerdote da Clemente VI, come nar- ra il Macri, Noi. de'voc, verbo Or- cio. Ai rispettivi articoli si portano gli esempi degli ordinati dai Papi, come di alcuni feci nel voi. XIX, p. 3o6 del Dizionario, ed eccone altri tolti dai Diari di Roma, e qualcuno dal Novaes. Siccome però dicemmo che in Roma nelle quat- tro tempora il cardinal vicario o il vicegerente fanno le ordinazioni nella basilica Lateranense, noteremo prima che invasa Roma dai francesi nel 1809 e deportato Pio VII, solo vi ritornò nel maggio 1 8 1 4- Avendo il governo francese costretto il clero al giuramento vietato dal Papa, nelle basiliche Lateranense e Vati- cana pochi membri del capitolo vi restarono, cioè i soli giurati. Per tal motivo le ordinazioni e le consegra- zioni degli olii in esse non si fecero negli anni 181 1, 18 12, 181 3. Nel 181 1 la consegrazione degli olii e l'ordinazione del sabbato santo (quel- la del sabbato sitientes non ebbe luogo per lo scarso numero degli ordinandi) si fece nel palazzo Penli- ni dal vescovo Carenzi, come dissi a Olio santo. Nel 181 1, traimela mentovata, 1812, 18 13 fece le fun- zioni delle ordinazioni e consagra- zioni degli olii monsignor Menochio sagrista pontificio, unico vescovo che non essendo deportato restò in Ro- ma benché non giurasse. Queste funzioni da lui si celebrarono nella chiesa della Missione ( ove trova- vaìisi un sufficiente numero di preti, e circa venti alunni del collegio Ur- bano; 'ed a' dodici preti, sette dia- coni e sette suddiaconi necessari alla consagrazione degli olii vi pensava la segreteria del vicariato, come ai paramenti per le ordinazioni) omes- sa Tordi nazione del sabbato sitien- tts pel detto motivo. Però nel 1814

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tal prelato nella basilica Lateranen- se tenne l'ordinazione nella prima di quaresima e nel sabbato santo, dopo aver nel giovedì santo consa- grato gli olii.

Gregorio XVI ( Vedi ) coman- dò che qualsivoglia estero volesse in Roma ordinarsi, sottoscrivesse prima la forinola che si legge nel voi. Ili , pag. i23 degli Annali delle scienze religiose, seconda serie, nella quale dichiarasse di ricevere le di lui encicliche Mirari vos, e Singulari nos, di approvare le dot- trine contenutevi e di riprovare sen- za alcuna esitazione le contrarie da lui condannate unitamente al nuo- vo sistema filosofico. Quanto ai me- no lontani esempi sul!' ordinazione de' Papi, Beuedetto XIII, come fa- cile ad eseguire le funzioni episco- pali, ne fece diverse, oltre quelle del 1724 accennate nel detto voi. XIX, p. 3o6 del Dizionario, ed anche in Benevento sua chiesa arcivescovile, nelle due volle che vi si recò da Papa. Nel 1723 consagrò vescovo in s. Maria Maggiore il cardinale Ottoboni, che nel precedente anno avea ordinato diacono e prete in due consecutivi giorni; e nelle tem- pora di quaresima nella cappella Sistina del Vaticano tenne l'ordi- nazione generale, nella quale asce- sero gli ordinandi a sessantacinque. Benedetto XIV a Castel Gaudolfo nella seconda festa di Pentecoste, nella chiesa principale ordinò prete Antonio Vincenzo Masi della dio- cesi bolognese. Nello stesso luogo, ma nella cappella segreta del pa- lazzo, Clemente XIII nel 1763 ai 12 giugno, domenica, prima di ce- lebrare, conferì i quattro ordini mi- nori a Gio. Francesco Minati pa- dovano, convittore nel seminario ro- mano. Inoltre Clemente XIII nel

ORD i 7 'ic) avendo nominato nunzi Vis- sonili, Carafa, Onorati, Lucini, Od- di, Localelli, Colonna Pamphilj, do- po aver ad alcuni di loro conferito in diverse funzioni gli ordini sacri, li consagrò tutti arcivescovi : di mol- te consagrazioni di vescovi fatte dai Papi se ne parla a Vescovi, ed ai loro articoli l'amministrazione di al- tri sagramenti. Che Pio VII con- ferì la tonsura o tutti gli ordini mi- nori a Francesco di Paola Borbone (ora padre dell'attuale re di Spa- gna Francesco d'Assisi) nella sua cappella domestica, lo dissi nel voi. IX, p. 162 del Dizionario. 11 re- gnante Pio IX nella cappella se- greta del Quirinale nel dicembre 1847 promosse ai sacri ordini sino al presbiterato il suo cameriere se- greto monsignor Edoardo Borromeo in Ire feste successive , in quella della Concezione cioè, e nelle due seguenti domeniche, assistendo e- ziandio alla celebrazione della pri- ma messa dell'ordinando nella stes- sa cappella il 21. Il eh. Vermi- glioli, nelle Lezioni di diritto caiW' ììico, voi. I, lez. XI, afferma : che il sommo Pontefice colla pienezza di sua potestà, può in ogni luogo e chiunque ordinare, ed anche col- l'oracolo della viva voce, quantun- que fra i dottori vi sia questione se possa in tal modo ordinarsi il sacerdote. V . Ordinazione, Ordine. Quanto alla Consacrazione ed or- dinazione del sommo Pontefice {Ve- di), mentre ad Anniversario della

CREAZIONE, CONSACRAZIONE e CORONA- ZIONE del Papa, si parla dell'anni- versario di sua ordinazione. Sulle ordinazioni regolate dai Papi de' ve- scovi d'Occidente [Pedi), si può consultare il Zaccaria, Ariti Febbro- nio par. II. Mabillon, Alus. hai. t. II, Commetti. XVI: De ordina-

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tionibus sacrìs ecclesiae romanae. V III Or do romanus de ordina tio- nibus sacrìs. IX Ordo romanus c- jusdern armamenti.

ORDINE, Ordo. La parola or- dine si usa in lato modo a signifi- care lo stato della Gerarchia ec- clesiastica [Vedi), ossia il sacro prin- cipato della Chiesa, composto di ili- versi pastori e ministri, di podestà ineguale forniti, destinati 3 com- pire quanto appartiene all'esercizio del culto divino e alla salvezza delle anime ; e in un senso più stretto e comune, ad esprimere il sacro rito, col quale si al cristiano la po- destà di esercitare le sacre funzioni e la grazia di esercitarle santamen- te. In tal senso egli è un vero sa- gramento, ed è il sagramento del- l'ordine col quale si cousagrano i ministri della Chiesa, ed uno de' suoi sette sagramenti. Il p. Chardon, Storia de sacramenti lib. I, dell'or- dine, lo chiama fondamento della religione cristiana, non polendo dar- si religione senza sacerdote e sagri- fìzio , ed essendo questo il sagra- mento che costituisce nella Chiesa i ministri delle cose sanie, i media- tori tra Dio e gli uomini, i sagri- fica tori che offrono a Dio l'ostia santa e vivificante, sostituita a tutti i sagrifizi dell'antica legge; l'ordine mantiene perpetuo il cristiano sa- cerdozio. I greci d'ordinario chia- mano questo sagramento con vo- cabolo che significa stendere la ma- no, perchè nelle loro adunanze so- levano alzare o sfendere la mano nel dare il suffragio per l' elezione de' ministri ecclesiastici, e perchè gli eletti erano consagrati al santo mi- nistero coll'estensione o imposizione delle mani. Tutta la Chiesa gre- ca che latina, ha sempre usata la imposizione delle mani , come ina-

Go ORD ORD teria essenziale della sacra Ordina- grazia, clic in le per l'imposizione zione (Fedi), unita alla preghiera, le delle mie mani. Ora un rito, un cui parole determinano gli effetti segno esteriore, capace di per della cerimonia esteriore: a Mano stesso a conferire la grazia, non si dice delle diverse imposizioni del- può essere che un vero sagramen- le mani in uso nella Chiesa. L' or- to. La tradizione delle due chiese dine è un sagramento della nuova è formale sulla esistenza del sagra- legge istituito da Gesù Cristo, per mento dell'ordine: i più antichi e ve- da re il potere e la grazia di con- nerahili padri della Chiesa greci e sagrare il suo corpo e di adempiere latini, talmente ed unanimi si espri- n Ile altre funzioni ecclesiastiche. E- mono, che non lasciano luogo a du- gli nell'ultima cena, dopo aver isti- bitare che in tutti i tempi il rito tuito il sagramento dell' Eucaristia col quale si sono consagrati i mi- (Fedi), ordinò agli apostoli di con- nistri dell'altare siasi creduto un sagrare e sagrificare il suo divin vero e proprio sagramento; ed i corpo e sangue; e dopo che risii- concilii ecumenici di Calcedonia e scitò da morte, spedi gli apostoli a di Trento ne fecero una solenne de- predicare pel mondo, conferendo lo- finizione di tede. E veramente stra- ro una potestà simile a quella con no che alcuni pretesi riformati, co- la quale egli stesso era stato spe- me i viclefisti, i luterani, i cai vini- dito dal Padre. Lo stesso Gesù Cri- sti ed altri eretici, riguardando nel- sto disse agli apostoli dando loro le loro dottrine l'imposizione delle il potere di rimetterei peccati: Ri- mani come una consagrazione, poi cevete lo Spirilo Santo j i peccati escludono l'ordine dal numero dei saranno rimessi a quelli ai quali sagra menti comuni a tutta la Chie- voi li rimetterete. Ricevettero anco- sa. La Chiesa ha sempre creduto ra gli apostoli dal Redentore il pò- che la natura o l'essenza del sa- tere di conferire ad altri quella pò- gramento dell'ordine consistesse nel- testà medesima, com'era stata loro la consagrazione legittima de' mini- da lui conferita, affine di perpetua- stri fatta dal vescovo, colla mate- re nella Chiesa il santo ministero, ria e la forma convenienti, come abbiamo dalla sacra Scrittu- ra ; ed è certo che gli apostoli or- § I. Divisione del sagramento dinarono vescovi, preti e diaconi. dell' ordine. Si legge nel cap. 6 degli Alti degli

apostoli, che vennero ad essi pre- ' Non vi è propriamente che un sentati i sette discepoli destinati al solo sagramento dell'ordine. Questo diaconato, e che essi imponessero però si distingue in sette ordini o loro le mani pregando. Tutti con- gradi, come sette parti componenti vengono che l'imposizione delle ma- un tutto solo, che termina nel sa- ni significhi la presenza dello Spi- cerdozio o presbiterato ; cioè l'ostia- rito Santo e la grazia di lui , che rio o ostariato, l'esorcista o esorci- s' infonde nell'anima del soggetto, slato, il lettore o lettorato, l'accoli- su cui si adempie, e le parole del- to o accolitalo, il suddiacono o sug- l'apostolo s. Paolo dirette a Timo- diaconato, il diacono o diaconato, teo, ne sono il fondamento più si- il sacerdote o sacerdozio o presbi- curo: Io ti esorto a rianimare la teralo che occupa il primo rango

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tra gli ordini : di ognuno si parla ai loro articoli. Sopra tutti i sette ordini s'innalza eminentemente quel- lo del Vescovo [Vedi) o episcopato o vescovato, essendo i vescovi le- gittimi successori degli apostoli, e ne' quali è la pienezza del sacerdo- zio, superiori in carattere, in auto- rità e podestà a' sacerdoti. L'alta idea che giustamente si concepì fi- no dai primi giorni della Chiesa del sagrifizio della Messa (Vedi) e di tuttociò che a quella si riferisce, fece conoscere che il concorso di un numero di ministri raccolti intorno all'altare, incaricati di diverse fun- zioni, tutte tendenti al compimento del sagrifìzio, avrebbe reso la ceri- monia più augusta, e ispirato ne'fe- deli più grandi sentimenti di pietà e di divozione. Moltiplicatisi poi mi- rabilmente i fedeli, come fu neces- sario l'accrescere il numero de' ve- scovi, così divenne importantissimo 1' aumentare quello ancora de' mi- nistri inferiori, e si sentì il bisogno di formare de' giovani chierici , di dedicarli per tempo al servigio di Dio j assuefacendoli con l' esercizio delle sacre più o meno importanti funzioni. Ecco le principali cause della istituzione di alcuni ordini. L'ostariato, l'esorcistato, il lettora- to e l'accolitato si dicono ordini mi- nori, perchè hanno una podestà di esercitare le funzioni più remote dal santo sagrifìzio, e non operano immediatamente sopra una cosa con- sagrata. 11 suddiaconato, il diaco- nato e il sacerdozio si appellano ordini maggiori, per la prossimità e stretta relazione che hanno col santo altare; il* primo viene am- messo al maneggio de' vasi sagri ; l'azione de' secondi risguarda il cor- po e sangue di Gesù Cristo, cioè il sacerdote per consagrarlo, il diaco-

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no vi coopera distribuendo l' Eu- caristia, come faceva anticamente; donde ne viene ancora, che quelli i quali sono promossi a tali ordini, siano irrevocabilmente dedicati al divino servigio e obbligati a con- servare perfetto e perpetuo Celiba- to [Vedi). Prepara al ricevimento di questi ordini la Tonsura [Vedi) ecclesiastica, la quale non è che una semplice cerimonia che inizia il bat- tezzato al servigio della Chiesa, lo fa partecipe de' privilegi dello stato ecclesiastico , e lo rende alto a con- seguire benefizi, i quali senza di essa per goderli occorre la pontifi- cia dispensa. 11 vescovato, il sacer- dozio, il diaconato sono d'istituzio- ne divina, come rilevasi dalle sacre scritture ; gli altri cinque sono stati istituiti dalla Chiesa fino da' tempi apostolici, siccome insegna il conci- lio di Trento, esistendo già allora tutti gli ordini dall'ostariato al pres- biterato , solo il suddiaconato di- venne ordine maggiore e sacro as- sai più tardi , cioè al tempo circa di Urbano II, finché Innocenzo 111 lo comprese fra i maggiori. I tre ordini del suddiaconato, del diaco- nato e del sacerdozio , propriamen- te sono ordini sacri o maggiori; i quattro ordini dell'ostariato, dell'e- sorcistato, del lettorato e dell' acco- litato, propriamente sono ordini non sacri o minori. E certo che vi so- no per Io meno sette ordini nella chiesa latina, ed il concilio di Tren- to lo dice espressamente , non de- cise però altrettanto per la greca. Vi sono alcuni i quali ciedouo che il vescovato , 1' officio di cantore e la tonsura sieno veri ordini, e che per conseguenza vi sieno dieci or- dini presso i latini. Altri non ri- conoscono che quattro ordini pressoi greci , cioè il sacerdozio, il diacona-

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to, il suddiaconato o ippodiaconato e il lettorato; altri vi aggiungono l'epi- scopato, altri l'officio di accolito, di esorcista, di ostiario, di cantore, di confessore, di fossario o beecamor- to; ma i rituali greci solo fanno menzione de' suddetti quattro ordi- ni, oltre l'episcopato, altri attri- buendoli al primicerio, al sacella- rio e ad altri, mentre l'ostariato, l'esorcistato e il lettorato vengono tutti compresi nella collazione del lettoi-alo, nella quale si usa dal vescovo ordinante una sola e sem- plice formola ed orazione, e quin- di ricevuto che abbia l'inizian- do il detto ordine, cui si fa sem- pre precedere la tonsura de' capel- li, diventa al tempo stesso e letto- re ed ostiario ed esorcista ed acco- lito, e ne esercita da quel momen- to i relativi uffizi, come può veder- si nell'eucologio greco. Sul numero e distinzione di diversi ordini si nell'oriente che nell'occidente, si vegga il p. Chardon t. I, lib. I, cap. I.

§ II. Della materia dell'ordine, sua forma, suoi effetti, e reiterazione di esso proibita.

Le opinioni de' teologi sono di- vise tanto sulla materia che sulla forma dell'ordine; ma sulle due o- pinioni nulla decise il concilio di Trento. Quelli i quali non ricono- scono che la sola imposizione delle mani del vescovo come materia es- senziale, non riconoscono parimenti che l'orazione la quale accompagna l'imposizione delle mani per forma essenziale; e quelli i quali preten- dono che la tradizione o consegna degl'istromenti sia la materia essen- ziale, pretendono altresì che le pa- role le quali accompagnano la tradì-

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zione stessa degl'istromenti siano la forma essenziale, sia essa totale o sia parziale. Quelli i quali sosten- gono, che la sola imposizione delle mani sia la materia essenziale del sagramento dell'ordine, si appoggia- no alla Scrittura, ai concilii, fra' qua- li il Niceno I, ai padri ed agli an- tichi rituali, citati dal p. Morino, par. 2, De sacr. ordinai., i quali non fanno menzione che della sola imposizione delle mani, quando par- lano dell'ordinazione de'sacerdoti e de' diaconi. L'ordine deve avere la materia, che nel sacerdote è la con- segna del calice col vino, e la pa- tena coll'ostia, ossia pane azimo se si ordina secondo il rito della chie- sa latina, col pane fermentato se secondo la chiesa greca cattolica ; nel diaconato i libri degli evange- li; nel suddiaconato il calice con sopra la patena ma vacua, e ciò rapporto agli ordini maggiori. Per i minori la materia è quella cosa che ai medesimi appartiene, in re- lazione dell'incombenze ecclesiasti- che che a questo si conviene, e si descrive ai loro articoli come e me- glio si fa de'primi. La forma o formola sono le parole stabilite dalla Chiesa , ad ogni ordine, e quella che riferisce al compimen- to dell'ordine, cioè pel sacerdozio fu concepita dal concilio di Firen- ze sotto Eugenio IV, in termini che nel tenore alcun poco differi- sce da quella del Pontificale roma- no, che attualmente si usa. Deve- si contemporaneamente alla tradi- zione o consegna della materia, pro- ferirsi la forma. Quanto alla rubri- ca del Pontificale romano, il quale dice che il carattere s'imprime nel- la consegna degl'istromenti, essa non è antica, ne universale, e si de- ve attribuire a qualche particolare,

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oltre i! decreto di Eugenio IV. Al- tri chiamano la tradizione degl' i- stromenti, materia accidentale o in- tegrante dell'ordinazione, perchè es- sa esprime più chiaramente gli of- fizi degli ordinandi e la grazia an- nessa ai diversi ordini, e colle pa- role che l'accompagnano loro facoltà di usarne, della quale sono spogliati nella degradazione con tor- gli dalle mani il calice colla pate- na, ec, senza spogliarli però del carattere o della podestà dell'ordine. V. Degradazione e Deposizione, ed il Pontificale Romanum, par. 3. Degradationis forma, ossia Ordo suspensionis, reconciliationis, depo- silionis, dispensalionis, degradatio- nis et restilationis sacrorum ordi- nimi. La chiesa greca conferisce il sacerdozio colla sola imposizione delle mani, accompagnata dalle pa- role: Accipe Spiritimi Sanelum. Il concilio di Cartagine del 3g8 ed altri concilii stabilirono la forma del- le ordinazioni. Abbiamo di Josepho Pons ispano: Dissertalo hislorico- dogmatica de materia et forma sa- crae ordinalionis , et singillatim praesbyteralus in illorum ulililatem qui sacros ordincs suscipere, aut ministrare debent, Bononiae 177& Di essa se ne legge il giudizio nel- l' Effemeridi lelt. di Roma del 1776, che dichiara essere stata trattata la dissertazione con lodevole teologia scolastica. In un codice vaticano vi è la Dissertazione della nazione dei eopti, e della validità del sagra- meato dell' ordine presso di loro, scritta nel 1733 da Giuseppe Si- monio Assemani. Ivi si tratta del sagramento dell'ordine conferito dai vescovi copti ; della materia e for- ma degli ordini nella chiesa orien- tale ; quale imposizione delle mani sia la materia, e quale orazione sia

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la forma nella chiosa orientale; del modo di conciliare la chiesa orien- tale colla cattolica romana nella materia e forma degli ordini, ec. A Liturgie delle chiese orientali, e negli analoghi parziali articoli si parla di tali argomenti. Vedasi il Sarnelli, Leu. eccl. t. I, lett. 39. Conciliazione della diversità nella materia sagramentaria tra la chiesa latina e la greca; e la lettera 46 del t. III.

Il sagramento dell' ordine produ- ce due elfetti principali, cioè la grazia santificante e il carattere, il quale fa che un ordine valida- mente conferito non può mai esse- re reiterato : questo è un punto definito contro i luterani e i calvi- nisti dal concilio di Trento. La gra- zia santificante che produce l' or- dinazione in un individuo ben pre- disposto, è quella che chiamasi se- conda, la quale suppone 1' uomo di già giustificato e che ne aumenta la giustizia. È altresì la grazia sa- gramentale propria all'ordinazione quella che il diritto ai soccorsi attuali necessari per esercitare de- gnamente le funzioni del santo mi- nistero per rapporto alla salute dei fedeli. Il carattere che produce la ordinazione è una marca impressa nell' anima in modo indelebile, per mezzo della quale coloro che han- no ricevuto questo sagramento sono distinti da coloro che non Io han- no ricevuto, e sono resi atti ad e- sercitare le funzioni ecclesiastiche. È questione molto discussa nelle scuole, se qualunque ordine confe- rito secondo il rito essenziale, cioè colla materia e forma legittima, è egli valido e produce un carattere indelebile quando viene conferito da un vescovo eretico o scismati- co o simoniaco, o scomunicato per

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qualunque motivo. La maggior par- te de' teologi credono valida tale ordinazione, ed hanno in loro fa- vore tutte le prove estrinseche dei concilii, de' padri e dell'uso costan- te della Chiesa. S. Anastasio II Pa- pa del 49^ dichiarò validi il batte- simo e gli ordini sagri, conferiti dal vescovo scomunicato e sospeso, per non dire di altri che vietano di reiterare le ordinazioni fatte fuori del grembo della Chiesa. La Chiesa ha sempre considerate come valide le ordinazioni fatte dagli eretici, sci- smatici, scomunicati, giacché essa ha in tutti i tempi accolli gli uni e gli altri che si sono convertiti. Vi sono cento esempi di questa disci- plina concernente il ricevimento de- gli Eretici (Pedi), come ne' concilii generali di JN'icea I e di Efeso; tut- lavolta il p. Morino cita un gran numero di concilii, di padri e di fatti ecclesiastici, contro la validità delle ordinazioni eseguite dagli e- retici scismatici, simoniaci, ec. ; a tutte queste difficoltà ben risposero i teologi, le spiegarono e ne dichia- rarono i dubbi con ragioni e prove convincenti. Quanto agli eccessi di x Stefano III e Sergio III contro gli ordinati di Papa Formoso vedasi Oedinazioxi de' Pontefici.

Il Bernini, Storia dell'eresie cap. VI, narra, che divenuta la simonia ob- brobriosa nel nome e ne'fatti, derivò l'eresia dei riordinanti, che furono alcuni troppo zelanti, i quali non solo condannavano i vescovi simo- niaci, ma volevano che gli ordinati da loro di nuovo si riordinassero, come invalidamente ordinati, il che impugnò Clemente li, dispensato- riamente ammettendo l' esecuzione dell' ordine, distinguendo quelli che scientemente e non simoniacamente si sottoposero al simoniaco e vice-

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versa, affinchè ciascuno ricevesse la differente pena, conforme era sta- to stabilito coi caduti nell' idola- tria o lassi, divisi in varie classi. Quindi riporta alcuni esempi di riordinazioni, e che s. Anselmo ve- scovo di Lucca riconoscendo nulle le ordinazioni fatte dai simoniaci, tenne solo per valido e rato il bat- tesimo conferito dai simoniaci ed al- tri eretici, per la estrema necessità di esso. Aggiunge che s. Leone IX e s. Gregorio VII non definirono se le ordinazioni degli eretici fos- sero valide, esprimendosi con paro- le ambigue. Difendendo i riordinan- ti la loro sentenza contro i simo- niaci, con quanto disse s. Pietro a Simone mago autore de'simoniaci, ritennero le ordinazioni di questi nulle e reiterabili. Questa diversità di pareri si dilucidò dai dottori s. Tommaso e s. Bonaventura, da Eugenio IV e dal concilio di Tren- to, contro la reiterazione degli or- dini; questa, come di altri sagra- menti, ammise s. Gregorio I in casi di dubbiosa collazione. Con- chiude il Bernini, che per la rior- dinazione si debba intendere la ri- benedizione che si conferisce agli ordinati illecitamente, con quel so- lenne rito praticato in reconcilia- tione schismatici vel haereticij ma non uullamente dai vescovi simo- niaci avendo eglino ricevuto il ca- rattere quoad substantiam, e sola- mente essendo sospesi quoad exer- citium. Vedasi il Pontificale Rorna- num: Ordo ad reconciliandutn a- postatam, schisnialicwn, vel haere- ticumj ed il Sarnelli t. I, lett. 28: Se gli ordinati dagli eretici, scisma- tici, scomunicati, simoniaci siauo validamente come illecitamente or- dinati. Nel t. IX ci la lett. 38: Che il vescovo, il prete e il diacono

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ingiustamente deposti, se si tornano acl ammettere alla Chiesa, non deli- bano essere riordinati, non essendo- si inai usate nella Chiesa le riordi- nazioni e riballezzazioni.

£j III. Del soggetto dell'ordine, e delle, disposizioni o condizioni per riceverlo.

Il soggetto dell'ordine è qualun- que persona capace di riceverlo, cioè l'uomo soltanto, e non la don- na, né la Diaconessa [Fedi); l'esem- pio delle profetesse, diaconesse, pre- sbiteresse o sacerdotesse non favo- risce punto le femmine, non essen- do ordine la profezia, l'officio delle antiche Diaconesse e Sacer- dotesse o Presbileresse (Fedi) ; quan- to a Giovanna Papessa (Vedi), è mesta una rancida favola. I soli t istiani battezzati sono capaci del- l'ordinazione, perchè il battesimo è la porta degli altri sagramenti, e perchè nessuno può dare figli spi- rituali alla Chiesa come ministri pubblici, ciò che si fa coll'ordina- zione, senza essere egli stesso mem- bro e figlio della Chiesa medesima, il che si ottiene col battesimo. Egli è perciò che vennero sempre bat- tezzati e ordinati di nuovo i chie- rici ch'erano stati promossi agli or- dini senza essere stali validamente battezzati, com'è dimostrato dal ca- none 19 del concilio Niceno I. I fanciulli che non hanno ancora l'uso della ragione sono capaci di essere validamente ordinati, secondo l'opi- nione di molti, poiché i sagramen- ti i quali imprimono carattere, co- ree il battesimo, la confermazione e l'ordine, non esigono inten- zione, né consenso per parte dei fanciulli che li ricevono: molti esem- pi ne riportiamo ai relativi artico-

VOL. XI.IX.

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li, e molti ne produssero il p. Mo- rino, De sacr. orditi, par. 3, exercit. 5, ed il p. Alartene, De antiquit. rie 1. 1, cap. 8, art. 3. Lo stesso deve dirsi degli insensati, la di cui de- menza è continua; ma i fanciulli ordinati non sono poi obbligati a osservar le leggi della continenza, se essi volessero astenersi dall'eser- cizio dell'ordine, come avverti con altri, Billuart, Deord. t. 16, p. i36. Innocenzo III, cap. Major, decise non potersi validamente ordinare un adulto, quello cioè ch'è perve- nuto all'età di giudizio e di di- screzione, suo malgrado, per la ra- gione che Gesù Cristo non volle costringere gli uomini ad assumer- si loro malgrado obblighi che so- no una conseguenza necessaria dei sagramenti, e particolarmente quel- li del battesimo e dell'ordine. Il Sarnelli nel t. 8 ci diede la lett, 24'- Quale intenzione si ricerca per ricevere gli ordini validamente, e quale per conferirli. Nove sono le disposizioni o condizioni principali necessarie per ricevere lecitamente gli ordini, affinchè chi vuole ab- bracciare lo stato ecclesiastico, non faccia una risoluzione imprudente e falsa, la quale tornerebbe a som- mo suo danno, non meno che del- la Chiesa; cioè la vocazione, la buo- na intenzione, la santità, la scienza, 1' età, gli interstizi, il titolo, l'ordi- nazione successiva, e l'esenzione di irregolarità, delle quali eccone una breve spiegazione.

1 La vocazione è assolutamen- te necessaria : Dio scelse i suoi mi- nistri in tutti i tempi; e s. Paolo insegna che niuno deve ingerirsi nella dignità del sacro ministero, se prima non vi è chiamato da Dio, come Aronne; e Gesù Cristo stesso vi entrò dopo esservi stato chiama-

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to dal Padre suo. 2." E necessaria la di possedere una dottrina propor- buona intenzione, la quale consiste zionata alla grandezza e alla esten- nel non proporsi altro scopo nell'en- sione delle sue funzioni, e pecca gra- ttare nello stato ecclesiastico, se non veniente o quando manca di tal quello di consagrarsi alla gloria di dottrina, o quando ordina persone Dio, alla sua propria salute ed a che non hanno la dottrina richiesta quella degli altri : entrarvi con vi- per gli ordini ch'essi ricevono. 5.° ste mercenarie, o fomentati dai pa- Secondo il concilio di Trento biso- renti, per gli onori e ricchezze, è gna aver toccato i ventidue anni un commettere peccato mortale : pel suddiaconato, e i venticinque di alcune ordinazioni fatte per for- pel sacerdozio; esso non determina za le riporta il Berlendi, Dello- l'età per ricevere la tonsura e i blazione par. i, § 8. Ripugnali- quattro ordini minori. V. Eta\ 6.° do s. Girolamo di ricevere gli or- Bisogna osservare, secondo la decre- dini sagri , colla forza l' ordinò tale di Papa s. Siricio (Fedi) del S.Epifanio, facendogli tenere la boc- 385, gì' Interstizi nel conferire gli ca serrata. 3.° La grandezza e l'ina* ordini, cioè un intervallo di tempo portanza delle funzioni ecclesiastiche tra il ricevimento d' un ordine e provano abbastanza quanto sia ne- quello di altro superiore, iu pro- cessarla una santità non comune in porzione, la cui osservanza confer- coloro che vi si accostano, e fa niò s. Zosimo Papa del 4 '7- Oli d'uopo che si purifichino e si san- antichi canoni volevano un inter- tifìchino, prima di accingersi a san- vallo di dieci anni tra gli ordini liticar gli altri. Gli ecclesiastici maggiori, e di cinque tra i minori; essendo in virtù del loro stato i i canoni posteriori del concilio di depositari della verità divina, i di- Trento non determinano il tempo spensatori de'misteri di Dio, le gui- fra gli ordini minori, lasciando al- de e i condottieri del popolo nel- la prudenza del vescovo lo stabilir- le vie della salute, sono obbligati lo e il dispensarne, e quanto agli possedere una scienza proporzionala ordini sacri o maggiori, prescrivono ai loro ordini e alle funzioni più un anno d'interstizio per ciascuno. o meno importanti di cui sono in- I canoni obbligano in coscienza, e caricati. Secondo il concilio di Tren- coloro che non li osservano, facen- to, il tonsurato deve saper leggere dosi ordinare senza osservare gl'in- e scrivere, e possedere gli elenien- terslizi, peccano mortalmente. L'an- ti della religione; chi ha gli oidi- no d'interstizio del suddiaconato al ni minori deve sapere di più la diaconato, o del diaconato al sacer- lingua latina ; il suddiacono e il dozio, è ecclesiastico e non civile e diacono devono essere istruiti di naturale composto di dodici mesi ciò che appartiene alla natura e interi: un chierico che sarà stato alle funzioni de'loro ordini ; il pre- ordinato diacono nel sabbato delle te dev'essere in istato non solo di quattro tempora della quaresima di amministrare i sagramenti, la di- quest'anno, potrà essere ordinato spensazione de' quali gli è affidata, sacerdote nel sabbato delle quattro ma anche d'istruire i! popolo e di tempora di quaresima dell'anno se- guidarlo con sicurezza nella via del- guente, benché questo sabbato giuri- la giustizia^ il vescovo è obbligato ga venti giorni prima dell'anno cor-

ORD rente. Il solo Papa co\Y Extra tem- pora [Vedi), può dispensare intie- ramente dagli interstizi, dando au- che più. ordini maggiori ad una medesima persona in uno stesso gior- no : la bolla Cimi ex sacrorum or- dinimi di Pio II, seguita da molti altri, pronunzia la sospensione di di- ritto contro quelli che ricevono gli ordini, extra tempora ; le dispense pontificie si accord.ino per qualche necessità o ragione, più o meno fa- cilmente, secondo la volontà de'Pon- telici, ed Innocenzo XI fu modera- to dal dispensare l'età e gl'inter- stizi. 11 vescovo può solamente di> sponsale d'una parte di essi per la necessità, o per qualche importan- te causa, o per l'utilità della Chie- sa, ed in sua assenza il vicario ge- nerale può dispensarne, quando ha la facoltà di accorciare le Dimisso- rie [Vedi). Eletto Papa s. Grego- rio VII, da diacono ch'era, volle dif- ferire a prendere il sacerdozio fino nlle quattro tempora di Pentecoste, e la consagrazione episcopale fino alla festa del principe degli aposto- li. Egualmente Innocenzo III, eleva- to al pontificato essendo diacono, volle aspettare le quattro tempora di quaresima per ricevere il sacer- dozio. Dell'età e tempo degl'inter- stizi per ricevere gli ordini, vedasi : Allalii, De aetale et interstidis in collatione ordinimi, etiam apudgrac- cos servandis,ì>\.on\ae i638. Labbé, Concil. t. II, p. 1021 ; e Lamberti- ni, Instit. 58 , p. 29?. 7.0 È ne- cessario un Titolo o Patrimonio o Benefizio [Fedi); a chi non l'aves- se Innocenzo XI comandò che non si conferissero ordini, rinnovandone la legge : si fa a titolo di povertà nesjli ordini mendicanti, e di missio- ne ne' missionari. 8." Bisogna farsi ordinare successivamente e per gra-

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di, in modo che non si venga a ri- cevere un ordine superiore prima di avere ricevuto gì' inferiori, ciò che i canoni chiamano promozione per saltimi, di che parlammo a Ma- tricola (J'edi), catalogo che conte- neva i nomi de'mimstri della Chie- sa, distribuiti in ordini : l'ordinazio- ne per saltimi è valida, ma proibi- ta ; colui ch'è in tal modo ordina- to incorre nella sospensione, e nel- l'irregolarità se esercita le funzioni dell' ordine che non ha ricevuto. Quanto al non essere stato ne'pri- mi secoli necessario l' ascenso per grado agli ordini, e de'Papi consagra- ti vescovi ommesso il sacerdozio, se ne tratta a Consacrazione del som- mo Pontefice, ed a Laico. Si può leggere il Sarnelli t. II, lett. i5'< Se si è mai dato nella Chiesa che taluno ricevesse l'ordine maggiore, senza aver prima ricevuto il mino- re; e del chierico ordinato per sal- to. €)." Bisogna essere eseute da Ir- regolarità [Fedi). Il Sarnelli nel t. II ci die la lett. 38 : Se la brevità della statura sia compresa ne'difet- ti che inducono irregolarità.

Cj IV. Del ministro dell'ordine.

Il solo vescovo consagrato è il ministro ordinario del sagramento dell' ordine, punto di fede deciso dal concilio di Trento, e fondato sulla sacra Scrittura e sulla tradi- zione. Un semplice prete può esse- re il ministro degli ordini minori per commissione del Papa, come fe- ce s. Celestino V con fr. France- sco d'Apt per Lodovico figlio di Carlo II re di Napoli, e com'è di- mostrato dal concilio di Trento, dall'usanza de'cardinali non vescovi ne'Ioro titoli, finché Innocenzo Xlt non tolse loro tal privilegio, e da

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quella degli abbati de'cistereiensi, i quali conferiscono i quattro ordini minori; dall'abbate di s. Paolo dei cassiuesi cui Benedetto XIII conces- se conferirli in un alla cresima ai monaci loro soggetti, e sudditi dio- cesani dell'abbazia; dall'abbate di Monte Cassino, dall'abbate di Mon- te Vergine, e dal commendatore di s. Spirito ai canonici regolari, fu accordato il conferire la prima ton- sura e gli ordini minori ; e per non dire di altri, Leone X die fa- coltà al priore d'Aviz di conferire gli ordini minori ai suoi sudditi . Prima che nelle vicinanze di Geru- salemme vi fossero vescovi cattolici, il p. guardiano del s. Sepolcro con- feriva la prima tonsura, gli ordini minori e la cresima. Molti teologi portano lo stesso giudizio del sud- diaconato, alcuni del diaconato, ed alcuni altri del sacerdozio , cioè che un prete può esserne ministro per pontificia autorizzazione; ma secon- do l'opinione più comune, ch'è quel- la di s. Tommaso, un semplice pre- te non può conferire validamente il diaconato, il sacerdozio, perchè siffatto potere è riservato ai vescovi: si tiene per dubbio il pri- vilegio che dicesi concesso da In- nocenzo Vili agli abbati cistereien- si, di conferire il diaconato. Ai Co- repiscopi (Fedi) era lecito ordina- re lettori, esorcisti, e suddiaconi, quando il suddiaconato nella primi- tiva Chiesa era annoverato tra gli ordini minori. Si può consultare il Sarnelli t. VI, lett. 29 : Se chi non è vescovo possa ottenere dal Papa la facoltà di conferire gli ordini sa- cri. E della podestà degli abbati sacerdoti e benedetti , di conferire gli ordini minori, ai quali il con- cilio di Trento restrinse il potere di conferirli ai monaci loro sudili-

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ti soltanto. Ninno può essere leci- tamente ordinato se non che dal suo proprio vescovo, o da un al- tro col di lui permesso o dimisso- ria, come determinò il concilio di Trento. Bonifacio Vili, seguito dal quarto concilio di Milano tenuto da s. Carlo, distinse tre sorta di ve- scovi propri, quello della nascita, quello del titolo o beneficio, e quel- lo del domicilio, e meglio dicesi a Dimissokia. Un vescovo può ordi- nare un individuo che non appar- tiene alla sua diocesi, dopo ch'egli lo ha per tre anni nella sua casa, e purché gli dia un beneficio sen- za alcuna frode nel tempo della sua ordinazione, come prescrisse il concilio di Trento. In quello II di Lione, Gregorio X decretò, non po- tere un vescovo lecitamente ordi- nare un individuo di diversa dioce- si, al quale ha dato un beneficio coll'intenzione di ordinarlo, senza il permesso del suo proprio vescovo, o del capitolo in occasione di sede vacante, e dopo uu anno dalla vacan- za della sede vescovile, purché quello a cui si rilasciano le dimissorie sia vincolato da benefizio ricevuto o da riceversi. A Maidalchini cardinale, dissi come Innocenzo XI difficilmen- te sanò il difetto di sua ordinazio- ne, eseguita senza la pontificia di- missoria. Le dimissorie il Papa può rilasciarle a tutti i cristiani, e ad Ordinazioni de'Pontefici si è detto nou potere senza sua licenza esse- re promossi ad ordine più degno gli ordinati dal Papa, e di quelle ordinazioni eseguite dai Pontefici. A' loro luoghi parlando de' vescovi greci, armeni e maroniti residenti in Roma, dicemmo come dai Pon- tefici furono ivi destinati a confe- rire i sacri ordini a quelli del lo- ro rito. Sulle ordinazioni scambie-

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voli di greci nel rito latino, e di latini nel greco, anche di ordini maggiori, e che i vescovi latini or- dinano i greci nelle loro diocesi, veggasi il Rodotà, Del rito greco in Italia.

6 V. Del luogo e del tempo in cui si conferiscono gli ordini, e del- le pene di coloro che ordinano e che sono ordinati contro le leg- gi ecclesiastiche, e di quelle fat- te dalla Chiesa sull'idoneità dei promovendi agli ordini.

Un vescovo non può ordinare fuori della sua diocesi senza il per- messo del vescovo diocesano, quan- do anche lo facesse in monasteri esentati, secondo il disposto del con- cilio di Trento. Nel 17.53 fu stam- pata una lettera di Benedetto XIV al cardinal Guadagni suo vicario di Roma, sopra un trattalo nel qua- le un religioso pretese di mostrare che i cardinali vescovi suhurbicari, nelle loro private cappelle di Ro- ma possono conferire la tonsura e gli ordini miuori, senza chiedere la licenza al vicario di Roma, laon- de il Papa dichiarò a norma del concilio di Trento, potere essi so- lo conferire la prima tonsura ai propri dipendenti o diocesani, co- me dissi a Cappella e Palazzi Di Roma. Tal concilio revocò ai cardinali l'indulto di conferire la prima tonsura e gli ordini minori nelle loro chiese titolari in Roma, ma gravissimi dottori sostengono non intendersi revocato per riguar- do ai propri famigliari. Gli ordini maggiori devono essere conferiti so- lennemente nella chiesa cattedrale, o almeno nella chiesa principale in presenza del clero, in pubblica or- dinazione nella messa : è di tracli-

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zione apostolica il conferire gli or- dini sacri col digiuno e sagrificio della messa; così furono ordinati gli apostoli Paolo e Barnaba. Il Pa- pa s. Anacleto decretò che gli or- dini sacri fossero pubblicamente conferiti e dal proprio vescovo, ed altrettanto ordinò il Pontefice s. Zeferino. Gli ordini maggiori de- vono conferirsi tfel sabbato delle Quattro Tempora (Fedi), nel sab- bato sitientes della settimana Me- diana (di tali denominazioni si può vedere il voi. Vili, p. 277 del Di- zionario) precedente alla domenica di Passione, e nel sabbaio santo. Se tale e tanto fosse il concorso degli ordinandi, che tutti non po- tessero ordinarsi nel sabbato, o per altro legittimo impedimento, potrà protrarsi l'ordinazione alla domeni- ca susseguente, continuando il di- giuno del sabbato, tanto il vescovo che gli ordinandi. Anticamente le ordinazioni si facevano il sabbato sera, perchè la vigilia che comincia in detta sera si finiva nella matti- na della domenica, per cui molti dissero che le ordinazioni si face- vano la domenica. La nuova disci- plina di ordinare la mattina del sab- bato forse nacque dalla trasposizio- ne dell' uffizio. Dimodoché, siccome 1' uffizio di tal mattina corrisponde o è quello della vigilia, che si co- minciava la sera, così corrisponde l'ora delle mattutine ordinazioni al- l'ora delle vespertine, che si face- vano anticamente. Vedasi il Sarnel- li t. VI, lett. 22:-Qual sia la do- menica Mediana, e delle ordinazio- ni ne' sabbati de' quattro tempi.

Si conferiscono gli ordini in giorno di sabbato, perchè questo giorno è dedicato allo Spirito Santo, i cui do- ni si compartiscono nella ordinazio- ne. Il solo Papa è esente da que«

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ste prescrizioni, e colla pienezza di sua potestà può anche dispensare i ■vescovi in favore degli ordinandi. Facendosi ne'primi tempi della Chie- sa le ordinazioni solo in dicembre, acciò i novelli ministri della Chiesa rinascessero con Cristo, per la rnol- tiplicità degli ordinandi fu d'uopo aggiungere altri tre tempi, prima in primavera, o mese di marzo o apri- le ne'delti sabbati silientes e santo, poi nell'estate nella settimana avan- ti la Pentecoste, e nell'autunno nel settembre, ricorrendo ne'detti tem- pi il digiuno, del quale parlasi a Quattro Tempora, essendo doveroso che le sacre ordinazioni si celebras- sero previo il digiuno. Veramente la Pasqua non trovasi nell'enume- razione de'tempi prescritti per con- ferire gli ordini sacri, fatta da s. Gelasio I, epist. 9, ad episc. per Bruttios et Lucaniam, e. 1 1 ; e da s. Zaccaria nel concilio romano del 743, e. 1. Alcuni autori hanno con- chiuso da ciò, col p. Quesnello, in op. s. Leon, disser. 3, n. 5, et not. in ep. II, e col p. Mabillon, ÌUus. Ilal. t. II, p. io4, che ab antico la Pasqua ossia il sabbato santo non fosse uno de'tempi destinati per la collazione de'santi ordini. Tuttavol- ta abbiamo che s. Zenone vescovo di Verona, morto nel 38o, per Pa- squa faceva le ordinazioni, e secondo tutte le apparenze così in molte al- tre chiese. Che gli ordini maggiori non devono essere conferiti fuori delle quattro tempora, senza un motivo considerabile, lo statuì pure il concilio di Bordeaux del 1624; e che non si devono conferire a chicchessia due ordini maggiori nel- lo stesso giorno, quello di Trento Jo comandò. Prima di questo, ed ai 26 marzo 1 493, il cardiuale Ales- landrino conferì nel medesimo gior-

ORD no il suddiaconato e diaconato a Cesare Borgia, ed a Giovanni Bor- gia} con dispensa di Alessandro VI loro zio, clie poi li creò cardinali; e rinunziando il primo la porpora, gli permise anche di ammogliarsi. Rispetto poi alla collazione degli ordini minori si può fare e si fa sovente secondo la disposizione del e. De eo, ne'giorni di domenica e nelle altre feste : sonovi delle dio- cesi in cui si usa conferire gli or- dini minori nel venerdì sera, vigi- lia del sabbato in cui si fa l'ordi- nazione de' sacri ordini maggiori. Non occorre conferire gli ordini mi- nori in tempo di messa, ed ancor- ché non digiuno, ma debbonsi con- ferire ne'limiti della diocesi. Vedasi il Saruelli t. VI, lett. 23: Sepos- sano conferirsi gli ordini minori dopo pranzo in giorno festivo; ri- sponde affermativamente, quanto al- la validità; quanto all'essere lecito, benché la rubrica dichiara in ma- ne tantum, crede si debba intende- re per le ordinazioni pubbliche, non per le private e nella cappella epi- scopale, anche pel riflesso dell'uso introdotto di conferire gli ordini minori il venerdì a vespero, avan- ti le ordinazioni de'quattro tempi. Parla poi degli ordini minori presso i greci, nel t. Vili, lett. 5 1 : Della tonsura chiericale presso i greci. Quanto alla tonsura, il pontificale richiede che si possa dare in tutti i giorni, in qualunque ora ed in qualunque luogo, perchè essa non è, secondo l'opinione più abbraccia- ta, ordine, ma preparazione agli or- dini; ed essendo atto di volontaria giurisdizione personale, può il ve- scovo conferirla anco fuori di dio- cesi. Ordinariamente i vescovi con- feriscono la tonsura nell'episcopio, qualora uon la dauuo in chiesa col-

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le altre ordinazioni. L'arcivescovo s. Carlo desiderava che tutti i preti, come i vescovi, facessero l'anniver- sario della loro ordinazione, persua- so che questa santa pratica servi- rebbe di molto a conservare lo spi- rito sacerdotale, che deve di conti- nuo animare i ministri dell'altare. Circa le pene di coloro che or- dinano e che sono ordinati contro le leggi, i concilii ed i Papi hanno decretato in tutti i tempi gravi pe- ne. 11 concilio di Calcedouia decre- ta la pena della deposizione con- tro l'ordinatore e l'ordinato; il quinto d' Orleans porta la pena di sospensione per cinque mesi, e quel- lo di Trullo ordina la deposizione: i Pontefici Clemente IV e Bonifa- cio Vili il confermarono. 11 conci- lio di Trento autorizza queste di- Terse pene, come pure i concilii di Milano sotto s. Carlo , di Bordeaux nel i583, d' Aix nel i585. Aven- do Sisto V nel i585 pubblicato severissime leggi contro i chierici agli ordini sacri mal promossi, e con- tro i vescovi promovendi, Clemen- te Vili colla bolla Romanuin Pon- tificali de' 28 febbraio 1596, le moderò riducendole a termini de'sa- cri canoni. Analoga bolla emana- rono Urbano Vili nel 1624 agli 1 1 novembre, e Innocenzo XII nel 1694. Alessandro VII, Innocenzo XI e Clemente XI comandarono agli ordinandi di Roma di fare dieci giorni di Esercizi spirituali dai Gesuiti o alla Missione (Fedi) per degnamente ricevere i sacri or- dini, utilissima opera, che molti ve- scovi introdussero nelle loro dioce- si. Per l' idoneità de' promovendi agli ordini sagri, antichissimo è il costume dell' esame di essi nella Chiesa, prescritto anche dal conci- lio di Trento, cioè l'interrogazione

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circa i misteri più necessari della fede cattolica, i costumi e l'istru- zione necessaria, che si fa in tutte le diocesi dagli esaminatori del cle- ro: forse derivò quando il concilio JViceno I del 325, prescrisse non doversi ordinare alcun prete senza esame, o (piando in quello di Car- tagine del 398, in cui 2i4 vescovi stabilirono l' Esame (Fedi) de'pro- movendi con vietare l'ordinazione de'chierici senza essere esaminati dai vescovi colla testimonianza del popolo, altrettanto statuirono pel vescovato; decreto che rinnovò Cle- mente Vili. Gli antichi esami si facevano nel mercoledì, ed i pro- movendi si proponevano come i ve- scovi al popolo, perchè desse testi- monianza delle loro virtù, e costu- mi, acciò restassero esclusi gì' in- degni. Quando il popolo l'appro- vava, pronunziava 1' acclamazione : Dignurn est, justus est. Questo rito è pure in uso presso i greci. Gre- gorio XV decretò che nel regno di Napoli niuno si ammettesse alla prima tonsura e ordini minori, se prima non fosse stato denunciato il nome dell' ordinando dal proprio parroco in chiesa, per fare inqui- sizione di sua vita e costumi. Que- sta disciplina si eseguisce anche per gli ordini maggiori nelle chiese, co- me le pubblicazioni de'matrimoni, cioè tanto nella chiesa parrocchiale, quanto in quella ove si deve fare l'ordinazione, in tre diverse feste; dicendosi essere obbligati chi cono- scesse qualche canonico impedi- mento a denunziarlo, come prescri- ve il concilio di Trento. Come si debba intendere la risposta di quel- li che rappresentano gli ordinan- di al vescovo, affermando essere degni , lo spiegò Innocenzo IH al vescovo Auriense. Sull' esame e

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idoneità de' promovendi vedasi il Macri, Not. de voc. , verbo Orilo. L'esame di tutti quelli che si pre- sentano agli ordini, appartiene di diritto al vescovo, poiché spetta a lui stesso ordinarli, ed a ben guar- dare di non conferire i sacri ordi- ni a coloro che ne sono indegni, diritto fondato sugli antichi con- cilii, e in particolare su quel di Trento, il quale prescrive pure l'e- same ai concorrenti ai benefizi in cura d'anime. L'esame di quelli che aspirano ad essi e agli ordini non deve limitarsi ad alcune ste- rili questioni, bisogna soprattutto entrare eziandio nel particolare dei costumi, delle inclinazioni, della condotta, degli studi, delle preghiere e degli altri esercizi di pietà. Ve- dasi Francesco M. Campione: I- slruzione del clero per ogni esame da subire avanti l' ordinario, Roma 17 io. Aloisio Togni apostolico ro- mani cleri esaminatore : lnstructio prò iis, qui sani examen sitbituri, ut vel ad ecclesiaslìcos ordines prò- moveantur. vel ad audiendas con- fessiones fidelium, atque etiain ino- nialium approbenlur, vel animarum curae praefìcianlur. Editio secunda, R.omae 189.4. Vedasi inoltre il p. Chardon, Storia de' sacramenti t. 1, dell' Ordine lib. I e II. Sarnelli, Leu. eccl. t. II, lett. i\: Quanto sia forte il legame dell' ordinazione. Lett. 4g, t. VII : Quale scienza si ri- chiede per le dignità e ordini ec- clesiastici, e che cosa sia la sapienza. ORDINE ROMANO, Ordo Ro- manus. Antichi libri rituali della santa romana Chiesa, detti volgar- mente ordini romani, scritti in di- versi tempi, che il dottissimo e be- nemerito p. Mabillon riunì in un sol corpo e pubblicò nel t. II del Musei Italici, ad utilità delle ceri-

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monie sagre e dell' ecclesiastica di- sciplina, e ad illustrazione de' sagri dommi, premettendovi il suo com- mentario, ove parla ancora de' vari autori degli ordini romani e di al- tri libri rituali della chiesa romana. Ecco il novero degli Ordini roma- ni. I. Ordo romanus de missa pon- tificalis. Appendix de officiis a Coena Domini usane ad Pascila. II. Ordo romanus de missa ponti- ficali. III. Ordo romanus de missa item pontificali. IV. Fragmentum veteris ordinis romani de missa pontificali. V. Ordo romanus de missa episcopali priinus. VI. Ordo romanus de missa episcopali secun- dus. VII. Ordo scrulinii ad eleclus, seu de baptismo. Vili. Ordo roma-* nus de ordinationibus sacris. IX. Ordo romanus ejusdem argumenti. X. Ordo romanus de triduo ante Pascha. XI. Ordo romanus alido- re Benediclo canonico s. Petri, sot- to Innocenzo II. Johannis Papao AVA diploma de basilica s. Pctri. Excerpta ex libro Petri Malli i de eadem basilica. XII. Ordo roma- nus auclore Cencio cardinale, sotto Celestino III, poi Papa Onorio III. Breve recordationis de consueludi- nibus altaris s. Salvatoris latera- nensis. XIII. Caeremoniale roma- man editimi jussu Gregorii X. XIV. Ordinarium S. R. E. auclore, ut vi- detur Jacobo Gaietano cardinale, praemissa capitulatione, sotto Bo- nifacio Vili. XV. Liber Petri A- melii episcopi Senogallicnsis, prae- missa item capitulatione, sotto Gre- gorio XI. XVI. Index sollemniunz collectarum, et stalionum S. R. E. Appendix. I. Eglogae Amalarii ab- bati in Ordinem Romanum. II. Jo- hannis Diaconi Uber de ecclesia Late- r ancnsi ad Alexandro III. III. Con- sLitutiones Laleranenses jussu Gre-

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gorii XI edìtac. IV. A a guaimi Pa- iridi epistola ad Innocentium Vili in librimi sacrarum caeremoniarum, quibus romani Pontifices itti con- sueverunt. V. Excerpta ex Diario Paride de Grassis contra electum Corcyrensem, qui praedictum Au- gustini librum sub suo nomine vulga- vit. Di tutti questi Ordini romani ed altre opere, e de' loro autori, se ne tratta in moltissimi articoli. Sugli Ordini romani molto scrisse il Zac- caria, Biblioth. Ritual. t. I, p. 169 e 357, item Ordo seu Rituale,

ORDINE RELIGIOSO, Ordo rè- ìigiosus. Congregazione di religiosi che hanno uno stesso capo, una stes- sa regola, uno stesso abito ed una stessa maniera di vivere. Corpo e società di persone che tendono al perfezionamento della vita cristia- na, mediante i voli solenni di po- vertà , di obbedienza, di castità, e la sommessione ad una regola dalla Chiesa approvata. Si possono ri- durre gli ordini religiosi a cinque generi : monaci , canonici , cavalieri e ospedalieri, mendicanti e chierici regolari, oltre le comunità o con- gregazioni ecclesiastiche. Di tutti questi generi, dell'origine di ognu- no, e perciò di quella degli ordini religiosi, di quelli non solo esistenti, ma estinti o soppressi, se ne tratta ad ogni loro articolo, oltre i gene- rici e relativi, come Monaco, Ca- nonici regolari, Cavalieri, Ordini militari, Mendicanti, Chierici rego- lari, Congregazioni di comunità re- ligiose , Comunità ecclesiastiche, Frate, Religioso, Oblato, Conver- so, Laico, Donato, Disciplina rego- lare, Eremiti, Eremo, Monastero, Convento, Capitolo generale, Ge- nerali, ed altri numerosissimi arti- coli ; altrettanto dicasi delle Mona- che, Religiose e loro istituii appai'»

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tenenti agli ordini religiosi o indi- pendenti da essi o di particolari istituzioni. Così a' loro luoghi si dice de' privilegi concessi largamen- te agli ordini religiosi , massimamen- te dai romani Pontefici, come del- l'esenzione dalla giurisdizione vesco- vile, i cui primi a concederla fu- rono Pelagio I , s. Gregorio I ed altri ; più laidi estese esenzioni ac- cordò agli ordini regolari Leone X nei concilio generale Lateranense V, indi in parte modificate da quello di Trento, come immediatamente soggetti alla santa Sede. Gli ordini religiosi hanno quasi tutti un cardina- le per protettore, il quale gode facol- tà e giurisdizioni: nelle Cappelle pon- tificie (Fedi) hanno luogo gli abbati generali degli ordini monastici e ca- nonici regolari, come cassi nesi, ba- siliaui, mechitaristi, canonici rego- lari lateranensi, monaci camaldolesi, vallombrosani, cisterciensi, Olivetani, sii vesti-ini, girolamini, ec. ; i gene- rali e vicari generali degli ordini mendicanti, come domenicani, mi- nori osservanti, conventuali, agosti- niani, carmelitani calzati, serviti, minimi o paolotti , della mercede, della redenzione degli schiavi, cap- puccini, della ss. Trinità calzati, car- melitani scalzi, ec; ed i procuratori generali de' suddetti ordini mona- stici e mendicanti: quali poi sono quelli che v' intervengono ed ove siedono, si tratta al citato articolo. Ivi si dice quali procuratori gene- rali fanno in detta cappella il ser- mone, ed anche a Mendicanti, ove specificai quali chierici regolari men- dicanti ora vi sermoneggiano, ben- ché non intervengano alle funzioni e cappelle pontificie. Ad ogni ordi- ne, riforma e congregazione religio- sa si parla delle parziali beneme- rente de' membri che le compongo-

74 ORD ORD no, e dei loro uomini grandi nella trovano riprensibili : tanto più che santità, nelle dignità ecclesiastiche trattandosi di corporazioni religiose, compreso il pontificato, nelle scien- la massima parte de' loro individui re ed anche nelle arti; in quelli che non cedono a chi si sia in probità, li, riguardano degli immensi vantag- in scienza, in rettitudine. Giova ri- gi recati in tutto il mondo e in portare su tal proposito il sentimen- tutti i tempi, colla difesa de' doni- to d'un filosofo che non era ligio mi cattolici contro gli eretici e scis- certamente a quelle corporazioni, malici, e colla propagazione della Voltaire. » Non si può negare che lede a mezzo de' religiosi missiona- nei chiostri vi sieno sempre slate ri , mantenimento e incremento di delle grandi virtù. Non vi è tuttora essa, non che con l'incivilimento monastero che non racchiuda delle delle nazioni, essendo innumerabile anime grandi, che fanno onore alla il novero de' martiri ; non senza natura umana". 3.° Che la società confutare le principali accuse che è debitrice agii ordini religiosi d'iti- gli eretici, gl'increduli ed i cattivi finiti vantaggi; della conservazione cristiani fecero contro gli ordini re- e propagazione delle lettere e delle ligiosi. Perciò solo ci sembra op- scienze, del progresso della coltura portuno, per non fare ripetizioni e de' terreni, della educazione morale per dovere di brevità, riportare quau- e scientifica di un immenso nume* to in argomento si legge nell'ina- io di giovani; del soccorso a innu- portaule ed utile opera del canonico mere voli indigenti , dell' assistenza Francesco Bronzuoli fiorentino: Isti- d'infermi negli ospedali, de! riscatto tuzioni cattoliche, sez. 89, § i, degli degli schiavi presso i baruari, della ordini regolari. costumatezza de' popoli, mediante la m Onde stimare e rispettare debi- predicazione della divina parola , tamente gli ordini religiosi, e non l'amministrazione del sacramento restare ingannati dalla ingiusta cen- della penitenza, l'assistenza prestata sura che contro di loro non di alle parrocchie in soccorso de' par- rado si avventa , specialmente che rochi, e mediante ancora i consi- siano inutili alla società, fa d'uopo gli, l'esortazioni, i buoni esempi. riflettere, conforme ne insegnano la 4-° Che le orazioni private e co- fede, la storia, l'evidenza. i.° Che munì, unite alle astinenze e a pe- lddio padrone com'egli è di tutte nitenze rigorose, sono il massimo le sue creature, Iddio che ha crea- ed il continuo vantaggio che i po- to le ragionevoli per essere da loro poli riportano dalle comunità reli- amato e servito su questa terra, ha giose, e pel quale ogni saggio le sii- diritto (e chi mai oserebbe di con- ma e moltissimo le apprezza. Di gior- traslarglielo ? ) di scegliere fra esse no e di notte si alza al divin tro- un numero e destinarle ad essere no la loro prece, ed allontana i fla- unicamente occupate di lui, e a pie- geli i che si scaricherebbero sulla stargli un servigio più diretto, per- scelleratezza de' popoli, e richiama- letto e continuo in tutte le azioni no benedizioni sulle città e fami- delia loro vita. 2." Ch'è un' ingiù- glie; e bene spesso nel tempo che i stizia ingiuriosissima vilipendere ed censori e nemici de' religiosi s' im- insultare tutto intiero un ceto di mergono infino a gola nei peccati, persone, perchè alcune di esse si e provocano la tremenda giustizia

OIID di Dio, le orazioni di quelli otten- gono loro clemenza e misericordia. Questo vantaggio si ha specialmen- te dalle comunità dedicate alla con- templazione e dai sacri asili delle monache ". Sulle benemerenze degli ordini religiosi e della loro apolo- gia si può leggere il discorso pre- liminare del p. Flaminio Annibali da Latera minore osservante : Coni' pendio della storia degli ordini re- golari esistenti > Roma 1790. Tra le altre cose rileva, che tra gli otto prin- cipali dottori della Chiesa, sei furono religiosi, tre de' greci, cioè i ss. Ba- silio, Gregorio IVazianzeno e Gio. Grisostomo: tre de' latini, cioè i ss. Gregorio I, Girolamo ed Agostino. Noi vi aggiungeremo i ss. Tommaso d'Aquino e Bonaventura, non che i ss. Pier Damiani e Bernardo, dichia- rati questi dottori della Chiesa a'tem- pi nostri. Tra le dissertazioni più recenti e apologetiche degli ordini religiosi, ne citeremo àue: Discorso del marchese Carlo Aulici pronun- ziato in Roma neW accademia di religione cattolica, il 11 giugno 1826, Imola 1826. Eccone l'argo- mento . Gii ordini monastici e re- golari favoriscono le scienze, le arti, l'agricoltura, l'istruzione pubblica, e porgono sollievi all'infermità e alla miseria. Il p. Giuseppe Palma carmelitano, poi vescovo d'Avellino, nella detta accademia a' 2 1 luglio i836 pronunziò il Discorso in di- fesa degli ordini religiosi, contro le calunnie de' libertini; si legge negli Annali delle scienze religiose, voi. IH, p. 4o6.

L'origine degli ordini religiosi principalmente la descrivemmo ne- gli articoli, Monache, Monaco e Di- sciplina regolare, si d'oriente, che d'occidente, e deriva dai primi tem- pi della Chiesa, altro in vero non

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essendo la professione della vita mo- nastica e regolare, che l'osservanza di alcuni consigli, proposti dal fon- datore della Chiesa Gesù Cristo nel- l'evangelo, a quelli cioè che desi- derano menare una vita più per- fetta di quella del comune de' cri- stiani. Dal principio della Chiesa sempre vi sono state persone del- l'uno e dell'altro sesso, le quali de- siderose di tal perfezione, si obbli- garono volontariamente ad osserva- re i detti consigli. Sono questi fra gli altri, la povertà, la castità e l'ob- bedienza, che per essere di tutti i principali sono il costitutivo e l'es- senza della vita religiosa d'ogni re- golare istituto. Se la professione dei mentovati consigli fu proposta e con- fermata da Gesù Cristo eziandio col- l'esempio, egli può dirsi per con- seguenza della vita monastica e re- golare autore e maestro. Molti Pon- tefici, padri, concilii e scrittori ri- conobbero per fondatori della vita religiosa gli apostoli, perchè furono i primi a professare la nuova filo- sofia portata da Cristo al mondo , ignota prima a tutti i sapienti del gentilesimo. Altri riconoscono per principe de' monaci anacoreti s. Gio. Battista, come ombra e figura della vita monastica, la quale al tempo degli apostoli ricevè il suo compi- mento. E ciò particolarmente dal- l'evangelista s. Marco, che fondando la chiesa d'Alessandria colla conver- sione alla fede d'innumerabiii per- sone, molte di queste si proposero subito di osservare oltre i precetti anche i consigli evangelici, ritiran- dosi nella solitudine alla pratica di tutte le virtù, chiamati Terapeuli} antichi solitari chiamati anche A- sceti. I principali di questi propa- garono il monachismo : s. Paolo pri- mo eremita verso il 2 5o o 25q in-

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cominciò la sua vita religiosa ; s. Antonio patriarca de' cenobiti, ver- so il 270 abbracciò tale vita, e sot- to la di lui direzione si formarono molti monasteri ; s. Basilio poi per- fezionò l'istituto monastico dopo le conferenze avute con s. Antonio e cui suoi discepoli. Quindi pel 1110- nachismo scrissero regole s. Anto- nio (cui si attribuisce 1' istituzione de' primi cenobi de' monaci nel de- serto, come 1' istituzione della vita regolare nelle sacre vergini, benché la loro origine risale ai primi tem- pi della Chiesa), s. Basilio in oriente, s. Benedetto in occidente : in pro- cesso di tempo dagli ordini orien- tali Antoniano e Basiliano, e occi- dentale Benedettino derivarono altre congregazioni monastiche, ed in gran immero dall' ultimo. Sino dai primi secoli colla regola di s. Agostino assai fiorirono 1 canonici regolari di moltissime congregazioni; più lardi e verso il declinar del secolo XI i cava- lieri ospedalieri e militari, aumentali per le Crociate (Fedi), con regole dif- ferenti di qualche ordine religioso e voli solenni. A voler dire delle principali istituzioni, mentre lungo sarebbe tutte riportarle , nel secolo XI vennero istituiti gli umiliati, che si esercitavano nelle manifatture di lana e nel tingere e sodare nelle gualchiere i panni ; ed i certosini. Ne' primi anni del secolo XI 11 fu- rono approvati dalla santa Sede gli agostiniani, i carmelitani,! france- scani, i domenicani frati mendicanti, di cui furono subito benemeriti In- nocenzo III, Onorio III, Gregorio IX; Gregorio X però nel concilio di Lione, come avea fatto Innocen- zo IH in quello di Laterano IV, proibì di fondare nuovi ordini re- ligiosi. Il canone Laleranense dispo- se: » Opponendosi la soverchia di-

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versila degli istituti all'osservanza del buon ordine, proibiamo rigoro- samente d'inventarne di nuovi; ma chiunque vorrà praticare la vita re- golare, abbraccerà una delle regole che sono approvate ". Dai nominati ordini derivarono diverse riforme, ed in gran numero dal francesca- no. Nello stesso secolo XIII ripeto- no l'origine gli ordini de' serviti, de' rnercedari, de' trinitari. Nel se- colo XIV venne approvalo l'ordine di s. Paolo primo eremita, e fonda- ti quello de' gesuati, quattro de'gi- rolamini, e quello di s. Brigida . Nel secolo XV furono istituiti i minimi; e ne' primi anni del XVI 1' ordine ospitalario de' benefratelli. Ne' primordi del secolo XVI s. Gae- tano fu il primo che radunò una congregazione di chierici regolari; indi furono istituiti i barnabiti , i somasohi, i gesuiti, i chierici rego- lari minori, i ministri degl'infermi, i eludici regolari della Madre di Dio, gli scolopi. Le congregazioni di sacerdoti in comunità incomincia- rono coi filippini dopo la metà del secolo XVI, poscia nella fine di es- so coi dottrinari; nel secolo seguen- te prima i pii operai, poscia gli o- ratoriani, quelli della missione e le congregazioni de' chierici secolari. Nel secolo XVI II si fondarono i passionigli, redentoristi, fratelli delle scuole cristiane ed i frati della pe- nitenza. Fra tutte le regole formate per gli ordini religiosi , principal- mente prevalsero quelle composte da s. Basilio, da s. Benedetto, da s. Agostino e da s. Francesco; le quali regole servirono come quattro fonti, dai quali attinsero le acque tutti quelli che dopo tali santi fondaro- no ordini e congregazioni religiose, dopo il disposto dui concilio Late* raueuse IV.

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Nel pontificato di Clemente XIII la repubblica di Venezia, solto pre- testo di riformare gli ordini rego- lari, ebbe per iscopo di distrugger- li interamente nei domimi della re- pubblica. Questo operato servì di funesto esempio per la soppressio- ne che poi fecero diversi sovrani di parecchi ordini religiosi ne' loro stati. Infatti nel 1781 l'imperatore Giuseppe II con editto impose a tutti gli ordini regolari esistenti ne- gli stati austriaci, di rinunziare ad ogni unione, dipendenza o connes- sione passiva con altre case reli- giose e con superiori esteri, tranne la comunione delle preci e de' suf- fragi. Proibì aucora ad ogni reli- gioso di recarsi ad alcun capitolo generale o assemblea, che dal pro- prio ordine si convocasse fuori degli stati austriaci, oltre altre leggi re- strittive per gli ordini religiosi e per le monache. Indi l'imperatore rimise la dispensa de' voti ai vesco- vi diocesani, abolendo l' esenzioni ed i privilegi de'regolari. Ebbe in seguito luogo la soppressione di vari monasteri d'ambo i sessi ; e poscia quella di tutte le case reli- giose in tutta l'estensione degli stati austriaci, ad onta delle zelanti ri- mostranze di Pio VI. Verso il de- clinare di tale secolo scoppiata la funesta rivoluzione di Francia, in quel legno s'incamerarono i Beni ecclesiastici [Pedi) (de' beni de're- golari ne parlammo pure a Ma:vo, dicendo del vocabolo Mani morte), indi si procedette alla soppressione di tutti gli ordini religiosi, ed al- l'abolizione de' voti monastici e re- golari. 11 Bercastel, Storia del cri' stianesimo t. 36, parlando del nu- mero grandissimo de' monasteri e conventi in cui si andarono a chiu- dere i membri di diversi ordini re-

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ligiosi, dice: » Il corteggio que- sti uomini più daddovero dediti a Dio costituiva lo splendore della Chiesa. Essa aveavi in ogni tempo trovato appoggio nelle preghie- re di queste anime fervorose. \ e- rano usciti de'grandi luminari, dei difensori zelanti della Ceóe, ed i pastori delle anime vi vedevano sempre degli operai pronti a se- condarli nel ministero della parola ed in tutte le sagre funzioni. Gli empi stessi non negavano che i re- ligiosi non avessero fatto sommi benefizi allo slato, per aver dis- sodate e messe a coltivazione le ter- re, sì pei soccorsi che sommini- stravano alle campagne ed alle pro- vincie, dove molli villaggi, molte terre e molte città ancora doveva- no la loro origiue e la coltura dei loro terreni allo stabilimento dei monasteri, e ancora per le scien- ze, delle quali essi per una lunga serie di secoli erano slati i soli de- positari ". Malgrado tutte queste notorie verità, agli 1 1 febbraio 1790 fu domandata la soppressione di tutti gli ordini religiosi e l'abo- lizione di tutti i voti monastici : pro- testò altamente il clero, ma inu- tilmente. Conquistando poi i repub- blicani francesi pressoché tutta 1' I- talia, ovunque abolirono gli ordini religiosi. Divenuto loro imperatore Napoleone, tra le innammissibili do- mande che nel 1808 fece a Pio VII, vi fu l'abolizione degli ordini religiosi dell' uno e dell' altro sesso, 1' abolizione del celibato e 1' abili- tazione al matrimonio delle perso- ne consagrate al culto religioso, anche in forza di voto solenne: tutto negò Pio VII, ma il suo sta- to fu di nuovo invaso, indi venne deportato prigioniero nel luglio 1809. Nel seguente anno tutti i su-

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periori degli ordini regolari furono da Napoleone chiamati a Parigi capitale dell'impero francese; giun- ti in detta città colla forza, con questa vennero trasportati subito in diversi luoghi della Francia. Con decreto del 3 maggio Napoleone soppresse tutti gli ordini, congrega- zioni ed istituzioni religiose, anche d'Italia e di Roma, d'ambo i sessi. Siccome nella casa della Missione per ordine del governo furono col- locati circa venti alunni del col- legio Urbano, in cura de' sacerdoti di tal congregazione per educarli ed istruirli, essa non fu mai sop- pressa, interessando a Napoleone per fini politici che si mantenesse il collegio per le missioni. Distrut- ta nel 1 8 1 4- la potenza di Napo- leone, felicemente Pio VII tornò alla sua sede, ripristinò gli ordini religiosi e le monache, e con editto de' i4 agosto del cardinal prefetto della Congregazione de' vescovi e regolari {Vedi) ordinò la restitu- zione delle case religiose che non aveano cangialo natura ; così Ro- ma e lo stato pontifìcio potè ve- dere riunite tante comunità rego- lari, eh' erano state qua e di- sperse e confuse. Nei num. i e 3 del Diario di Roma 1 8 1 5 è ri- portato il novero de' monasteri e conventi ripristinati in Roma dalla congregazione de' prelati e ministri perciò istituita da Pio VII, donde poi si diramarono ad occupar quelli delle provincie i religiosi e le re- ligiose. In pari tempo furono ria- perti i collegi addetti alle missioni degli ordini regolari, de' quali si parla agli articoli degli ordini stessi. Dei compensi accordati da Pio VII agli ordini e congregazioni religiose, giusta la rendita netta de* loro an- tichi beni perduti, va letto quanto

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riportai nel voi. XL, p. i5geseg. del Dizionario. Successivamente gli ordini religiosi furono in gran parte ripristinati in Italia ed al- trove, soppressi sotto la dominazio- ne francese, ed anche negli stati au- striaci, come in altri, si ripristinarono alcune congregazioni religiose dei due sessi. In questo secolo ezian- dio abbiamo nuove istituzioni di congregazioni religiose, delle quali parlasi a' loro articoli. Tra quelle di donne, nomineremo quelle del Sagro cuore e le Oliale ospitalie- re approvate da Leone XII; tra quelle di uomini ricorderemo gli Oliali di Maria Vergine di Pi- nerolo, approvati da Leone XI I, e quella della Carità approvata da Gregorio XVI, il quale cano- nizzò s. Alfonso de Liguori fonda- tore dei redentoristi, la cui statua di marmo è stata eretta nella ba- silica Vaticana, tra quelle de' prin- cipali fondatori degli ordini reli- , giosi.

La moltitudine e la varietà degli ordini religiosi ebbe per iscopo di contentare tutte le inclinazioni, e la varietà delle loro diverse deno- minazioni non deroga al nome cri- stiano, come eruditamente prova il Sarnelli nelle Lett. eccl. t. 8, lett. i i, contro gli eretici. Non sono di- visi nella fede, dottrina e carità cristiana; la diversità sia nelle vesti, sia nel nome, cagiona alcuna deformità, ma piuttosto bellezza nel- la Chiesa di Dio, componendosi la principalissima parte negli unti del Signore e ministri di nostra santa religione. Questi diversi ordini re- ligiosi con vari simboli sono de- signati nejle sagre lettere , come varie membra dello stesso corpo mistico. V. Gerarchia ecclesiastica. La nuova Gerusalemme o chiesa

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militante si rende simile alla cele- ste,composta di angeli;e siccome que- sti parte assistono, altri illuminano, altri purgano, altri sono mandati a ministrare, così è degli ordini reli- giosi: alcuni attendono alla medi- tazione, altri a cantare in coro, altri a predicare la parola di Dio, altri ad amministrare i sagramenti, altri sono mandati nelle più remo- te regioni a convertire la gente alla fede, tutti collaboratori nella vi- gna del Signore. Sono adunque i fon- datori illustri degli ordini, padri che generarono figliuoli a Cristo, se- condo i diversi bisogni della Chiesa ne' deferenti secoli e ne' vari climi, con differenti opere buone; avuto riguardo ai tempi, ai luoghi, ai co- stumi, alle circostanze in cui si tro- vavano. Le medesime ragioni de- terminarono i Papi ed i principi ad approvare o confermare i di- versi ordini religiosi, consultando i bisogni e l'utilità della Chiesa e delle nazioni. I due ordini di s. Antonio e di s. Basilio bastarono per gli orientali, perchè quelli non si dedicarono che al lavoro delle mani, alla preghiera edalla peniten- za; in occidente i fondatori si propo- sero, senza trascurare que' tre og- getti, 1' utilità del prossimo in tan- ti diversi modi che abbiamo ac- cennato. Nulla imporla che siano vari i riti e vari gli ordini rego- lari nella Chiesa, perchè tutti con- vengono in una fede, dottrina e carità cristiana : tuttavolta si tro- vò opportuno da diversi Papi proi- bire il passaggio da un ordine al- l'altro, per giusti motivi. Quindi nella lett. 14 il Sarnelli enume- rando gli ordini religiosi a tutto il secolo XVII, ne ricerca l'origine da s. Paolo primo eremita e da s. Antonio patriarca de'cénobiti, e

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dagli asceti che li precedettero, poi- ché è comune sentenza, che s. Pao- lo propriamente istituì il monachi- smo nell'Egitto, s. Antonio lo or- dinò e regolò ; indi parla delle quattro principali regole e degli or- dini che sotto di esse militano, cioè di s. Basilio, di s. Agostino, di s. Benedetto e di s. Francesco, regi- strando i principali ordini che in ogni secolo furono istituiti, tranne quello de' certosini che si considera istituto particolare. Le dette quat- tro principali regole servirono di modello alle altre, che come fonda- mentali furono modificate secondo lo spirito de' posteriori fondatori, e ciò che si proposero coi loro isti- tuti : la regola de' certosini parte- cipa di quelle di s. Agostino e di s. Benedetto. Quando gli ordini re- ligiosi furono trapiantati da un pae- se in un altro, vi furono chiamati e stabiliti dai sovrani, dai vescovi o ordinari, dai magnali, dai magi- strati civici e dai popoli stessi, pel buon odore delle loro virtù o pei servigi particolari che rendevano e di cui se ne sentiva 1' utilità. Dun- que non fu per falsa divozione o capriccio che se ne vollero avere di molte specie in uno stesso luo- go, ma per bisogno e comodità del pubblico e vantaggio religioso, di che parla ampiamente la storia. Se ciò fu spinto talora forse fino all' eccesso, come dicono alcuni , di tal difetto non se ne può incol- pare la Chiesa, i Papi, i vescovi, i principi, i magistrati, gli ordini stessi. E vero che i concilii Late- ranense IV e di Lione II proibi- rono stabilire nuovi ordini religiosi, ed il secondo decretò che si doves- se ricorrere al Papa per l'appro- vazione di nuove regole; ma si de- ve riflettere che avanti il primo il

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francescano e il domenicano erano stati approvati verbalmente da In- nocenzo III, onde Onorio 111 elet- to dopo il concilio non fece che confermarli; e prima del secondo , Gregorio X che lo celebrò, avea già approvato i celestini colla re- gola di s. Benedetto, onde se pre- scrisse divieto per fondare altri or- dini, ciò fu per impedire nuove re- gole, la cui moltitudine poteva in que' tempi portare confusione nella Chiesa. I differenti rami de'france- scani, formati successivamente, non furono nuovi ordini, ma rifórme di quello già stabilito, con diffe- renti o maggiori austerità : altret- tanto era avvenuto coi monaci ed i canonici regolari, e quasi simili circostanze e divisamene s'incon- trano nelle altre diverse istituzio- ni, cos\ in quelle delle mona- che, una delle quali santa Teresa carmelitana dell'antica osservanza, fu fondatrice dei carmelitani scalzi e delle carmelitane scalze. Il b. Roberto d'Arbrissel istituì nel i i oo la congregazione benedettina di Font-Evrault, e in venerazione alla disposizione del Redentore che as- segnò s. Giovanni per figlio della divina sua madre, sottopose la con- gregazione ad una religiosa supe- riora generale. Finalmente, quanto alla diversità dell' abito degli or- dini religiosi , essi, generalmente parlando, portano quello de' loro fondatori, alcuni de'quali per u- miltà vestirono nel modo il più abbietto; altri l'abito proprio del luogo onde traevano origine, ec- cettuate alcune modificazioni pre- scritte dalla santa Sede, per quelle ragioni notale ai singoli articoli. Le congregazioni religiose posterio- ri usano comunemente 1' abito che portavano gli ecclesiastici in tempo

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della loro istituzione, ne'diversi luo- ghi donde derivò.

Oltre gli autori e storici che citiamo ad ogni religiosa istitu- zione, sugli ordini religiosi posso- no consultarsi i seguenti. Storia de- gli ordini monastici , religiosi e militari e delle congregazioni se- colari dell' uno e V altro sesso, con le vite doloro fondatori e rifor- matori, traduzione dal francese del p. Giuseppe Francesco Fontana milanese chierico regolare della Madre di Dio, Lucca 1737. Que- sta importantissima opera è del p. Pietro Ippolito Helyot del terz' or- dine di s. Francesco, che incomin- ciò a pubblicare il primo volume nel i 7 1 4-s C0Q figure rappresentan- ti i religiosi de' due sessi. Filippo Bonanni gesuita: Catalogo degli ordini religiosi della chiesa milita/i' te, espressi con immagini e spiega- ti con una breve narrazione, Ro- ma 1738, quarta edizione. Nella prefazione parla di quelli che pub- blicarono le immagini de' fondatori e fondatrici degli ordini religiosi, e le figure degli abiti de' religiosi e delle monache. Nel 1826 in Roma, secondo l' opera del p. Bonanni, pubblicò Giuseppe Capparoni : Rac- colta degli ordini religiosi eh' esi- stono nella città di Roma, dise- gnati ed incisi all' acquaforte dal medesimo e coloriti. Philippou de la Madelaine: Hisloire complete et costumes des ordres milìlaires, mo- llasti epies et religieux, Paris 1841. Baione Agostino Cauchy : Conside- rations sur les ordres religieux, Paris 1 844- Questa opera apolo- getica meritò gli elogi degli An- nali delle scienze religiose, voi. 19, p. i5o. Nel voi. 4> seconda serie p. 189, il eh. ab. G. B. Grana die l'analisi dell'importante opera isto-

ORI) rica ed apologetica, del p. J. M. Prat gesuita : Essai sur la des- tructioit des ordres religieùx en France au dix-huiticme siede, Pa- ris 1845.

ORDINE MILITARE, Ordo mi- lilaris. Gli ordini militari, religiosi, ospitalieri, equestri o cavallereschi, sono corporazioni o compagnie di cavalieri istituiti dai Pontefici, da- gl'imperatori, dai re, e da altri principi e persone in diverse occa- sioni, per la difesa della Chiesa o dello stato, o per curare gì' infer- mi j massime pellegrini ed i fe- riti in guerra, i quali fanno par- te degli Ordini religiosi [Vedi), e godono coni' essi i privilegi del chiericato. Questi ordini ospedalie- ri si confusero talvolta cogli ordini militari. Poiché gli ordini istituiti in Gerusalemme (Fedi), onde cu- rare i pellegrini infermi che reca- vansi alla visita del s. Sepolcro (Vedi), vedendo mal sicure le stra- de per gli aguati che tendevano lo- ro gl'infedeli, li fece risolvere a cingere la spada; indi molti perse- verarono nel solo rapporto dell'o- spitalità, altri esclusivamente si de- dicarono ad una repressione arma- ta degl' infedeli, altri continuando ad esercitare l'ospitalità a un tem- po si fecero campioni di que' me- desimi loro ospiti, cui aveano pro- fuso le loro pietose cure e zelanti caritatevoli sollecitudini. Conquista- ta Gerusalemme dai crocesignati la- tinij e fondato il nuovo regno, gli ospedalieri prestarono ai re validi aiuti contro i saraceni, onde ripor- tarono insigni privilegi, onori e fie- ni. Gli ordini militari religiosi ab- bracciarono regole differenti, con voti solenni di povertà, obbedienza, di difesa e di castità, il quale a molti fu dai Papi commutato in vot. XLIX.

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castità coniugale. Una gran parte di ordini monastici e mendicanti aggregarono ai loro quelli de' ca- valieri, mediante l'osservanza delle proprie regole, con diverse limita- zioni proporzionate alla loro con- dizione e mitigate dalla podestà dei Pontefici che li colmarono di pri- vilegi ed esenzioni, approvandoli e confermandoli. Molli ordini milita- ri ebbero ed hanno le cavalieresse, come molti ordini religiosi ebbero le loro monache, onde vi furono militissae, equitissae, hospitalariae. Quindi, secondo le diverse catego- rie, sono superiori di tali ordini diversi dignitari, come i gran mae- stri, i gran priori , i gran can- cellieri, ce; i gradi degli ordini se- condo la loro qualità differiscono, sia ne'dignitari, che nei gran croci, commendatori e cavalieri. Hanno abiti e distinzioni particolari, con

redole religiose o statuti. Ordina- ci o

riamente principale insegua degli ordini militari, religiosi ed equestri è la Croce di decorazione religiosa ed equestre (Fedi) , ove si parla delle sue diverse specie e forme, e de' modi di portarla, e con esse si sogliono ornare gli slemmi gentilizi: il p. Bonanni, Numism. Pont. t. I, p. 184, riporta quello di Clemente VII sopra la croce gerosolimitana, al cui ordine il Papa avea appar- tenuto, in una medaglia da lui co- niata. E assai difficile lo stabilire le preminenze d'origine degli or- dini equestri, militari, religiosi, men- tre alcuni di essi hanno cercato de' secoli di gloria ne' primi secoli della Chiesa, altri in quelli de' tem- pi di mezzo, con chimeriche pre- tensioni, fìngendo anche monumen- ti a loro sostenimento. Vollero essi imitare alcuni ordini religiosi ch'eb- bero la mania di cercare la loro 6

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origine in tempi remotissimi, ed anche avanti 1' era cristiana, affine di venire riguardati come merite- voli di precedenza sugli altri, ciò che producendo gravi e pregiudi- zievoli questioni, provocarono le sa- lutari provvidenze della santa Sede per sopirle. La critica non ammet- te ordini militari prima del secolo XI, ed i più. rigorosi e imparzia- li storici non li ammettono avan- ti il XII, fra i quali nominere- mo il p. Papebrochio ed il p. He- lyot. L' opera del secondo sulla sto- ria degli ordini religiosi e mili- tari, è la più insigne che abbia- mo, e chi scrisse dopo il p. Helyot per lo più da lui attinse le nozioni. Se in esse vi sono alcuni difètti, questi sono inseparabili quando si scorre un campo vasto, seminato di spine e di tante varietà. Alme- no è l'opera che contiene minori errori delle altre scritte su questo genere di storia; gli estratti storici sono esatti, gli abiti furono ripor- tati fedelmente.

Si prelese far rimontare l'origi- ne dell'ordine di s. Lazzaro [Ve- di) fino al primo secolo della Chie- sa. Si volle asserire che s. Giaco- mo primo vescovo di Gerusalemme fu 1' istitutore de' cavalieri del s. Sepolcro [Vedi). Molti tentarono far credere che l'imperatore Co- stantino il Grande fondò gli ordi- ni Costantiniano e dello Sperone d'oro [Fedi), e che il Papa s. Sil- vestro I li approvasse, giltando co- sì i fondamenti d'un ordine di cavalleria, che in seguito fu il mo- dello di tutti gli altri. Tutti i cri- tici dichiarano eh' è un voler ro- vesciare l'edificio della storia e vio- lare tutte le regole della critica, il cercare de' cavalieri cristiani , sia militari, sia ospedalieri, prima delle

ORD crociate e dei secoli XI e XII. i romani, i greci, gli sciti, ne i sarmati non conobbero queste milizie secolari e regolari arrotate nel nome di Gesù Cristo, e sotto l'invoca- zione delta Beata Vergine e dei santi, per combattere sotto lo sten- dardo della religione contro i ne- mici principalmente del nome cri- stiano, e contro i nemici delta Chie- sa e dello stato. È vero, che se nell'antichità non si ritrovano or- dini, eravi qualche ombra, qualche immagine delta cavalleria militare, imperciocché vi è gran differenza su queste due istituzioni. I cavalie- ri degli ordini militari fanno un corpo o una società, che riconosce un capo ed è soggetta a statuti, sebbene non sempre osservati : delle solenni cerimonie ed insegne di di- stinzione hanno sempre segnalato l'ammissione agli ordini. Non fu lo stesso delta cavalleria militare, la quale non esigeva cerimonie : con- feri vasi avanti o dopo le battaglie, all'assedio di una città, all'aprirsi d' una breccia, al passare d' un pon- te. Questo era uno stimolo del co- raggio in altri, ed una ricompensa del valore a chi ne avea dato pro- va : questi premi della virtù pre- cedettero lungo tempo gli ordini militari eretti dai principi cristiani. Si possono dividere questi ordini in due classi, 1' una è della caval- leria civile e politica ; l'altra delta cavalleria cristiana, secondo le di- stinzioni che vi fecero gli scrittori degli ordini militari. Volendo i prin- cipi ricompensare le belle azioni , senza esaurire le loro finanze, in- ventarono delle insegne d'onore, che poco costano a un sovrano e che lusingano 1' amor proprio di un suddito senza renderlo potente. Sa- rebbe forse a desiderare che la di-

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sfribuzione ci i questi ordini fosse più rara, e che le distribuzioni si facessero più meritamente, per quei riflessi che riportammo a Carica, a Dignità' e in altri articoli relativi, per essere premio della sola virtù e del sapere. A Cavalieri dicendo della loro origine, incominciando da quelli degli antichi romani, par- lammo de'diversi modi cui si crea- rono i cavalieri, La cavalleria cri- stiana è differente dalla cavalla- ria civile e politica descritta. I re, i principi ed altri neh' istituirla si proposero un fine più nobile che non è quello di far uccidere gli uomini, o di ricompensar quelli che gli hanno uccisi in battaglia ordi- nata. La difesa della religione, l'ap- poggio della Chiesa, la sicurezza de' pellegrini, il sollievo degli in- ferrai, il patrocinio delle vedove e degli orfani, della giustizia, la tu- tela della pubblica quiete, come pei Guelfi e Ghibellini onde pacificarli fu istituito quello de' Gaudenti j ecco quale fu lo scopo di queste sacre e benemerite istituzioni. L'u- manità non presenta nulla di più bello, di eroico e di più consolan- te, che lo spettacolo d' un certo numero d' uomini che si obbliga- rono con giuramento a tutto ciò che la carità ha di più sublime : se alcuni membri di tali istituti non adempirono i loro doveri, l'i- stituzione perciò non perde punto della lode che le è dovuta, e quel- li che osservarono esattamente le sue prescrizioni meritarono l' uni- versale stima ed ammirazione. Le passioni e sregolatezze degli uomi- ni , le grandi ricchezze acquistate dai cavalieri militari religiosi, il tralignamento dalla virtù, il raffred- damento dal primitivo spirito, fu- rono le principali cagioni della de-

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cadenza di diversi ordini, e provo- carono le lagnanze de'concilii, co- me di quelli generali Lateranense III e di Vienna, de' vescovi, dei Papi e de' principi, indi sollecitò le riforme e l'estinzione di non po- chi. Dappoiché gli ordini della ca- valleria cristiana, sebbene applicati alle armi, sono i suoi membri ca- valieri di religione e di chiesa, ca- valieri di milizia ecclesiastica, te- nuti all'osservanza de' voti e della regola.

Alle Crociate (P'cdi) principalmen- te si attribuisce l'introduzione o am- pliazione della cavalleria religiosa, indi ne furono segnatamente stabiliti degli ordini nelle Spagne, a motivo degl'infedeli mori maomettani, che neaveano occupata una considerabile parte, con immensi danni del cri- stianesimo, con regole monastiche, molti de' quali in progresso di tem- po dalla santa Sede furono secola- rizzati, e ridotti quasi a confrater- nite di cavalieri ammogliati, con indulto di godere le commende. Al- tri storici considerarono gli ordini di s. Michele, dello Spirito Santo, del Toson d'oro, della Giarrettiera e simili, che per divozione partico- lare furono istituiti dai principi , quali semplici confraternite, distin- te però dalle altre di tal nome, pel rango e qualità delle persone che vi sono associate. I più antichi or- dini militari e religiosi sono quelli di s. Lazzaro, il Gerosolimitano, quelli detti Teutonico, d'Avis, di Ca- latrava, di s. Giacomo d'Alcantara, della Mercede. Tra i più antichi or- dini cavallereschi primeggiano quelli detti Costantiniano o Angelico o di s. Giorgio , e quello dello Speron d'oro o milizia aurata, tuttora fio- renti e nobilissimi, non che quello di Cristo. Tra eli ordini militari

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religiosi egualmente sono al presen- te pure risplendenti, il Gerosolimi- tano o ospedaliere di s. Giovanni di Gerusalemme, quello de' ss. Mau- rizio e Lazzaro, il Teutonico e quel- lo di s. Stefano. Tutti gli ordini militari, equestri e militari religiosi hanno articoli nel Dizionario, esi- stenti o non più esistenti, ed anco quelli istituiti da principi di reli- gione differente, di alcuni de' quali ne parliamo ai luoghi ove furono istituiti, riportando tuttociò che li riguarda e le loro benemerenze , massimamente degli ordini militari religiosi, che resero eminenti servi- gi alla Chiesa e allo stato con eter- no lustro del loro onoratissimo no- me, intervenendo i loro rappresen- tanti a molti concilii, molti indivi- dui de' quali fiorirono per gloriose azioni, e anche per santità di vita e dignità ecclesiastiche. Oltre gli sto- rici che riportiamo in detti articoli, ed i citati in quello degli Ordini «eligiosIj su questo argomento , si possono consultare i seguenti : Giu- seppe Michieli , // tesoro militare. Auberto Mi reo, Origines equestriuni sive mi litarium ordinimi, Antuerpiae 1609. MìUiariuiìi ordinimi origines, statata, iconibus additis genuinìs , Maceratae 1623. Andrea Mendo , De ordinibus militanbus , Lugduni 1668. Bernardo Giustiniani, /Usto- rie cronologiche della vera origine di tutti gli ordini equestri e religio- ni cavalleresche, dove si contengono tutte l'imprese, croci, stendardi, a- biti e capitolari di ciascun ordine e religione, Venezia 1672. Filippo Bonauni, Catalogo degli ordini e- questri e militari esposto in imma- gini e con breve racconto, Roma 1724. Riporta ancora il catalogo degli autori che descrissero gli or- dini equestri, i primi elementi delle

ORD croci dalle quali procedono tutte le altre degli ordini equestri, con altre 1 17 figure delle differenti croci. To- relli, Armamentarii hislorico lesalis ordinimi equestrium et militarium in codices tripartiti, Forolivii 1 73 1 . Dizionario storico portatile degli or- dini religiosi e militari e delle con- gregazioni regolari e secolari, Ve- nezia 1790. In Parigi nel 1820 A. M. Perrot pubblicò la Collezione istorica degli ordini cavallereschi civili e militari, con una serie di tavole rappresentanti a colori le cro- ci, medaglie e nastri di tutte le de- corazioni degli ordini antichi e mo- derni. Secondo questo scrittore , il numero degli ordini istituiti fino al 1819, non comprese le medaglie d'onore che pure descrive (altret- tanto delle principali facciamo noi a'ioro luoghi), ascende a 234, dei quali 129 già erano aboliti, dando di tutti contezza. Gaetano Giucci , Iconografia storica degli ordini re- ligiosi e cavallereschi, Roma 1 836. ORE CANONICHE, Horae ca- nonicae. Preghiere vocali che de- vono essere recitate in tutti i gior- ni, in tempo determinato, dalle per- sone che sono destinate a questo ufficio: furono anche dette ore re- golale ovvero ordinate dalla Chiesa, e nella vita di s. Gennaro vescovo di Parigi, cursus. 11 Breviario {Ve- di) è il libro che contiene le ore canoniche e tutto l' Uffizio divino [Vedi), il quale si deve recitare giornalmente da quelli che vi sono obbligati. Chiamatisi ore, perchè devonsi recitare a certe ore del gior- no o della notte, secondo l'uso dei luoghi. Si chiamano canoniche, cioè regolari, perchè debbono cantarsi giusta le regole istituite dalla Chie- sa : e propriamente sono preghiere de' cauonici addetti al Coro [Fedi).

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I Divini uffìzi [Fedi) furono divisi in diverse ore, nelle quali la Chie- sa volle che ogni giorno si lodasse da' fedeli il Signore. Il Martene , ylnliq. ceri, discipl. in div. celeb. ofjìciis, t. IV, cap. I, dice che chia- mansi ore canoniche, perchè do- vendo tutti i cristiani, e particolar- mente gli ecclesiastici, sempre pre- gar Dio, e nou potendo l'orazione essere continua per la fiacchezza della nostra natura e per gì' imba- razzi del mondo, è stato istituito che almeno in certe ore del giorno si diauo lodi al Signore, acciocché ce- lebrandole a suo tempo si possa dire che sempre lo preghiamo, che mai non cessiamo di pregarlo. Per- ciò furono divise le ore canoniche in numero di sette, cioè come sono distribuite nel breviario, Mattutino e Laudi (Pedi), le quali non for- mano che un' ora , non avendo se non che una Colletta (Fedi) che le termina; Prima, Terza, Sesta, JSona, Vcspero e Compieta (Pedi). A queste ore furono date varie spie- gazioni: rappresentano i doni dello Spirito Santo; indicano pure i sette principali benefìzi di Dio, che sono la creazione, la conservazione, la re- denzione, la predestinazione, la vo- cazione , la giustificazione , i sette misteri della passione di Gesù Cri- sto : altre spiegazioni allegoriche pro- prie del misterioso numero sette- nario, si possono leggere nella Not. dévoc. eccl. di Macri, Horae ca- nonicae, ove riporta i versi ne' quali si contengono i misteri che ad ogni ora canonica si debbono contempla- re. Egli confuta Polidoro Virgilio che attribuì a s. Girolamo o a Pe- lagio I Papa l'istituzione delle ore canoniche, dappoiché erano in uso molto prima, giacché si distribuiva- no quotidianamente le preci in sette

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ore nella primitiva Chiesa greca che latina, come manifestamente si raccoglie da s. Clemente, da s. Ba- silio ed altri padri. prova cosa alcuna il canone, Eleutherius, dist. 91, ivi parlandosi delle vigilie re- stituite in osservanza dai nominati, essendo certa istituzione apostolica l'ore canoniche, avendole prese dal- la legge e costume della sinagoga, onde cantò Davidde : seplies in die laudeni dixi libi, psalm. 118. Nello stesso salmo le commenta s. Girola- mo dottore della chiesa latina, tutte nominandole con dire : ridete quid dicat hora terlia, sexta, nona, lu- ccrnarium, media nocte, gallici ninni, mane primutn. E s. Basilio dottore della chiesa greca, nelle sue Regole, ecco come si esprime : nobis haec regula sit, seplies per singulas die- rum conversiones laudes celebrare. Il medesimo s. Girolamo c'insegna come si osservino precisamente sette ore nel Commento di Giobbe; ed inoltre nel suo libro De regul. mo- nadi., riporta le ragioni per cui la Chiesa ne ha ordinato la recita ; cioè perchè si assuefaccia il cristia- no all'orazione ed al salmeggio nella notte, a cantar inni di lode nell'au- rora, a porsi in difesa all' ora di terza, sesta e nona, qual guerriero di Cristo, e acceso il lume, sull'im- brunire del giorno, offrire al sommo Dio un sagrifìzio vespertino. Altra ragione ne adduce il Gemma, lib. 2, cap. 53 : e in fatti all'ora di terza pregavano gli apostoli nel cenacolo il giorno di Pentecoste, a sesta ora- va s. Pietro, all'ora di nona il me- desimo ascese al tempio con s. Gio- vanni, alla mezzanotte si posero in orazione s. Paolo e Sila, motivo per cui furono prescritte queste ore ai fedeli.

IlMazzinellij Uff. della seti, santa,

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parlando delle ore del giovedì san- to , osserva sul costume del sanlo reDavidde, che nulla impedito dalle cure del principato, sette volte al giorno si poneva a lodare il Signo- re così. Le nazioni orientali ebbero in uso di dividere il giorno in do- dici ore eguali fra loro , prenden- dole dal levare siuo al tramontare del sole; dimodoché (più o meno lunghe, secondo che più o meno lunghi erano i giorni ) si divideva- no di tre in tre, e contandosi dopo il nascer del sole, si dicevano terza, sesta e nona. V. Ora. Nel tempo della sinagoga questi erano gli spazi di tempo destinati alle preghiere , osservati dagli apostoli stessi, e per tradizione apostolica dalla sinagoga sono passati alla Chiesa. In tal mo- do la Chiesa con questa distribu- zione di ore canoniche prescrisse un compiuto diurno, acciocché dal co- minciare sino al finire del giorno niuna parte di esso vacasse da que- sta celeste occupazione. Al Papa Vi- gilio del 54o si attribuiscono i ca- pitoli che si trovano nelle ore ca- noniche; a s. Daruaso I od a s. Gre- gorio 1 del 590 il versetto Deus in adjutorium [Vedi), che dicesi innan- zi ad ogni ora canonica ; ed a Sa- biniano Papa del 604 l'uso del suo- no delle campane alle ore canoniche per eccitare i fedeli alla preghiera. 11 Pontefice Eutrenio II neli'826 ordino la costruzione de' chiostri presso le chiese cattedrali, ossia mo- nasteri, per la vita comune de'chie- ìici o canonici, perchè si trovassero pronti ad offrire il sagrifizio , e al tanto delle divine lodi nelle ore ca- noniche , e l' immediato successore Gregorio IV nell'827 eresse con- tiguo alia basilica di s. Maria in Trastevere uu monastero ai mo- naci detti canonici, perchè doveva-

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no giorno e notte officiare la basi- lica, cantando le ore canoniche e le lodi dell'onnipotente Dio, come narra il contemporaneo Anastasio bibliotecario. Nei secolo seguente l'imperatore Ottone I, ad onta delle occupazioni della sovrauità, con pro- fondo raccoglimento non solo assi- steva alla inessa, ma a tutte le ore cauoniche diurne e notturne. Che gli Oratorii (Fedi) domestici nei palazzi de' principi servirono anco per assistere essi colle loro famiglie alle ore canoniche, lo dissi a quel- l'articolo, e la contessa Matilde eb- be oratorio con cantori. Le ore ca- noniche furono ridotte alla forma che hanno presentemente nei bre- viari sino dal principiare del terzo secolo. K. Canto ecclesiastico e Divini uffizi ; ed il Sarnelli , Leti, eccl. t. IX, lett. 56: Quando dai ca- nonici, precisamente delle cattedrali, si cessò di andare a mezzanotte per la recita del mattutino, cioè nel XIV e nel XV secolo. Nel concilio di Pari- gi del i5s8 fu decretato: D'uopo è che da tutte le chiese cattedrali, col- legiali e conventuali si recitino l'ore canoniche alle ore assegnate dalla Chiesa, e non si faccia correndo e in fretta , ma posatamente e fer- mandosi dove conviene, soprattutto alla metà d'ogni versetto; in guisa che si possa discernere per la dif- ferenza del canto, quello d'un uffi- zio solenne, da quello d'una sem- plice feria. Vedasi il Diclich, Diz. sacro liturgico : Ore canoniche ter- za , sesta e nona. Ore canoniche, loro cerimonie quando si recitano privatamente. Ore canoniche, loro cerimonie quando si debbono reci- tare in coro. Ore canoniche , lo- ro cerimonie quando si cantano so- lennemente in coro. Tutti gli ec- clesiastici negli ordini sagri, benché

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non beneficiati, sono obbligati, sotto Delia di peccato mortale, alla recita delle ore canoniche anche fuori del coro, secondo 1' antica coMumanza dell'oriente e dell'occidente, confer- mata nel concilio di Basilea, sess. 21. Gli ecclesiastici sospesi, scomunicati, deposti o degradali, condannati alle prigioni o schiavi , non sono esen- tati da tale obbligo, tranne gli ul- timi se sono esposti alle battiture e al disonore. L'obbligo di recitare l'uffizio incomincia col suddiaconato, ed i beneficiati pure vi sono obbli- gati sotto le slesse pene minacciate dal concilio Lateranense V, sess. 9; decreto che confermò s. Pio V, il quale inoltre obbligò all'uffizio della Beata Vergine quelli che godono pensioni chiericali sui benefìzi, in un a quelli che fruiscono prestimo- nie perpetue, che sono fondi o ren- dite stabilite da un fondatore per la sussistenza di un ecclesiastico sen- za titolo di benefìzio. La Chiesa ha altresì prescritto la forma e la ma- niera della recitazione delle ore ca- noniche, particolare e pubblica. Vi sono delle cause che dispensano dal- le ore canoniche, e gli obblighi di quelli che tralasciano recitarle. Quan- to alle ore diurne -dell' uffizio am- brosiano, ne trattano il breviario, il rituale ed il pontificale della chie- sa milanese. Le ore di prima, terza, sesta e nona , di poco variano da quelle del rito romano; gli stessi inni e salmi , e la stessa distribu- zione de' medesimi. Abbiamo di Clau- dio Joly : De reformandis horis ca- nonicis, Parisiis 1 644-

OREGGì Agostino, Cardinale. A- gostino Oreggi nacque nella valle di s. Sofìa nell'Emilia o B-omagna, da ge- nitori scarsi di beni di fori una, che compensò coll'eccellenza de'suoi ta- lenti e coll'illibatczza de'eostumi. Pel

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trasporto che avea da fanciullo pel- le scienze, d'anni 1 7 fu mandalo a B-oma, ove la vita corse pericolo per- chè un indomilo toro lo balzò in alto, senza però riportarne nocumen- to, e la virtù fu messa ad eserci- zio nel fuggire un' impudica don- zella nella casa da lui abitata, ciò che saputosi da tutta Roma fu ri- guardato quale altro Giuseppe. Il cardinal Bellarmino lo tolse da tal casa, e lo pose in un convitto di giovani a s. Anna. Compiti con fa- ma di raro ingegno i suoi studi, teologici che legali, per mezzo del cardinale fu fatto canonico teologo della cattedrale di Faenza, nel qual tempo dedicò al cardinal Barberini, allora legato di Bologna, poi Urba- no Vili, una sua conclusione, e poi entrò al suo servigio per teologo, avanzandosi intanto nella cognizio- ne delle lingue orientali e nella scienza de'canoni. Divenuto il car- dinale Papa, lo dichiarò pontifìcio teologo, consultore del s. offizio e de' riti, elemosiniere e canonico di s. Pietro, adoperandolo negli all'ari più rilevanti e gelosi del pontifi- cato. Quindi a'28 novembre i633 lo creò cardinale prete di s. Sisto. Ricevuto l'avviso di sua promozio- ne dai cardinali provenienti dal concistoro, proseguì per lo spazio di un'ora con somma indifferenza una disputa teologica in cui trova- vasi impegnato. Fu quiudi provve- duto dell'arcivescovato di Beneven- to, dove impiegò due ore prima del giorno in dettare lezioni di teo- logia. Sollecito della buona condot- ta di sua famiglia, faceva ad essa quasi ogni giorno il catechismo o esortazione, e voleva che almeno uua volta al mese si accostassero ai sacramenti, regnando nella sua corte il buon ordine, la modestia.

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la preghiera ed il timor di Dio. Amministrò la cresima ad immensa turba di fanciulli diocesani, facen- do loro fervorosi ragionamenti. As- sisteva l'esame degli ordinandi, e nelle ecclesiastiche funzioni traspa- riva in lui un'aria di paradiso, ver- sando lagrime in celebrar la messa: tenerissima fu poi la sua divozione per la Beata Vergine. Morì in Be- nevento nel i635 d'anni 58, con lullo universale, e fu seppellito nella metropolitana con magnifico elogio postovi dai suoi nipoti. Le sue ope- re furono stampate nel 1637 e ri- stampate in Roma nel 1642 : ne fa il catalogo il Torrigio. De script, card, p. cj.

OPiEGON. Arcivescovato dell'A- merica settentrionale negli Stati Uni- ti, sul grande Oceano, nel distretto del suo nome. Questo è traversato dal fiume Oregon o Columbia, il quale secondo nome lo prese dalla nave che montava Gray, che pel primo Io discoprì a'7 maggio 1792, e perciò anche il distretto promi- scuamente si chiama Oregon e Co- lumbia. All'est è diviso dalla cate- na de' monti Missuri - Columbiani, detti anche Montagne pietrose o rocciose, Rock-monntains. Numero- se sono le valli nel versante occi- dentale delle Montagne pietrose, ove vivono erranti le tribù india- ne, ed ampie sono le pianure. In quella tra la catena marittima e la costa sono molti boschi, ove i pini e i cedri bianchi si credono gli alberi più smisurati del globo per altezza e circonferenza enorme; è pure meravigliosa la vite parasila. La navigazione è difficile per im gran tratto. Tranne le montuose cime; la temperatura dell' Oregon è più dolce di quella del lato op- posto. Fertili souo i terreni, ma

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la coltura è trascurata, traendo ci- bo gl'indigeni principalmente dalle pescose acque de'fiumi, dal selvag- giume, dalle bacche di certi arbu- sti, e da una radice succedanea al pane. In diversi luoghi sgorgano fonti termali. Gli spagnuoli sosten- gono che il loro navigatore Estrada de Cita scuoprì la foce del Colum- bia prima di Roberto Gray capita- no americano di Boston. Quindi Broughton risalì il fiume, e parte n' esplorò Mackenzie; migliori in- vestigazioni nel 1806 eseguirono Lewis e Clark, da cui presero nome due principali affluenti. Quando Vancouver esplorò la costa, gì' in- glesi si fecero padroni di questo tratto e cessarono di contrastarlo all'Unione nel 181 5 pel trattato di Gand. Molto fece l'Unione per possederlo in vista del commercio di pelliccerie e soprattutto delle pelli di lontra tanto apprezzate dai cinesi ; laonde il distretto d'Oregon o Columbia nel 1823 fu ammes- so all'Unione.

La famiglia columbiana degl'in- diani può dividersi nelle due razze principali de'chactas o teste piat- te, e de chochoni o shoshones detti indiani serpenlij ciascuna delle quali si calcola più di 60,000 in- dividui. Nella categoria delle teste piatte entrano i tushepaws, i wap- paloos, i shahala erranti; e tutti questi hanno l'uso di appianare straordinariamente la testa de' loro figli. Gli altri chactas hanno indo- le pacifica e vivono di caccia e ra- dici. I ebochonis o indiani serpen- ti, si suddividono in snake o alita- tati, in chopunis, in sokuths, iu echelutus, in enichurs ed in chil- luckittequaws di attitudine più guer- riera, viventi sotto tende portatili. Le ricche mandrie de'cavalli sono

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possedute dai chochonis, mentre i cfaactas allevano cani per le caccie. La fattoria di A storia si riguarda come il luogo principale del distret- to d'Oregon, ed è piazza fortificata sulla riva sinistra della Columbia, presso la foce. Il furie s'innalza su d'una eminenza, e buono n'è il [tor- to. A"»tor ricco negoziante di Nuova- York e direttore d'una compagnia di commercio per le pelli del gran- de Oceano, nel 1810 vi spedì un carico da cambiarsi con pelliccerie, ed una piccola colonia di artisti e cacciatori canadesi, che vi portaro- no le razze di pecore, capre e ma- iali. Nel seguente anno da essi fu costruito il forte, ma in progresso venne ceduto alla compagnia in- glese del nord-ovest. Le tribù, in- diane de'ch'innooks e de'clatsopi vi- vono ne' vicini dintorni. Essendovi penetrati i missionari cattolici, ed avendovi operato numerose conver- sioni, Gregorio XVI nel 1 843 e- resse il vicariato apostolico dell'O- regon nel territorio al di delle Montagne rocciose, nominando il primo dicembre vicario apostolico e vescovo di Drusa in parlibus monsignor Francesco Norberto bian- che!. Dio benedì le sue fatiche e zelo e quelle de'missionari, per cui essendosi propagato il vangelo e accresciuti i bisogni de' numerosi cattolici, era per erigere l' Oregon in arcivescovato quando morì il Pa- pa. Il successore regnante Pio IX vi supplì a'24 luglio 1846, dichia- rando primo arcivescovo il detto pre- lato, cui concesse il pallio a'21 di- cembre. In pari tempo istituì le se- di vescovili di Walla e di Van- couver, suffraganee dell'arcivesco- vato.

OREMUS. Termine ecclesiastico che signillca preghiamo, ed invito

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all' orazione. Dicendo oremus, nella messa, il sacerdote stende e subito congiunge le mani, come per do- mandare ed invitare il popolo a pregare con lui: termina la preghie- ra dell 'oremus con X Amen [Vedi). Il Zaccaria, Onomasticon rituale, spie- ga 1' Oremus, vocatur indiclio ora- tionis : oremus dicilur ante publi- cam orationem, ut invitentur omnes adorandum. Il Piscicelli, Breve spie- gazione della messa p. 116, dice che nella quaresima, tranne le do- meniche, per tutto il mercoledì san- to, in tutte le messe feriali vi è una orazione di più, la quale sempre è l'ultima, e sempre incomincia così: Oremus, humiliale capita vestra Deo, e perchè quest'orazione è pel popo- loj a questo si volge alquanto il sa- cerdote allorché dice, Immillate ca- pita vestra Deo, il perchè di que- sta orazione egli è di parere che la Chiesa in questo tempo celebran- do solennemente il gran digiuno quaresimale, e meditando egualmen- te con più d' ispezialità in questo tempo la passione di Gesù Cristo, con questa orazione costringe i fe- deli, non solo ad umiliarsi innanzi a Dio coll'esercizio delle sante mor- tificazioni, ma e di più umiliarsi innanzi al Redentore pel gran fa- vore dell' umana riparazione dall'a- mor sua operata, non meno che col- la propria sua morte. Di altre spie- gazioni sulla forinola : Humiliale capila vestra Deo, che nelle messe cantate pronunzia il diacono, par- lammo a Colletta, orazione dell'O- remus della Messa [Vedi), così detla perchè si fa sopra l'assemblea, ed in particolare di ciò che a Dio il sacerdote domanda. 11 Mazzinelli, Uffizio della settimana santa, ag- giunge che l'orazione che si recita dopo tal furinola, di sua primiera

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istituzione si crede falla per i pe- nitenti e per quelli che non si co- municavano, mentre ne' tempi apo- stolici comunemente si crede che la comunione fosse quotidiana, massi- me in tempo delle persecuzioni, on- de resistere al martirio. Terminate che furono, i fedeli seguirono a co- municarsi ogni giorno, almeno in tempo di quaresima, ma mancando in seguito la pietà, fu ridotta la co- munione alla domenica; ed allora fu che la Chiesa nel licenziar quel- li che non si comunicavano, stimò dover supplire con tale Oremus al- la comunione, acciocché privi non fossero de'sulFragi della Chiesa q^iei che rimanevano esclusi da essa. Di- cevasi sopra del popolo in (òrma di benedizione, ond'era egli avver- tito dal diacono, che si prostrasse davanti a Dio: Humiliate capila vestra Deo. Perchè dicevasi per sup- plire alla comunione, non si diceva nella domenica, ch'era colla comu- nione comunemente santificata. Que- sta preghiera nella quaresima è an- cora la colletta del vespero, perchè i vesperi, secondo il costume de'tem- pi antichi, si dicevano unitamente colla messa ne'giorni di digiuno. Al- l'articolo Genuflessione parlai del- la forinola o avvertenza per piegar le ginocchia innanzi alcuni Oremus, dopo essersi detto questo termine : Flectamus genita, che nelle messe lette dice il sacerdote, e l'assistente risponde Levate per alzarsi, indi se- gue l'orazione: nelle messe solenni il Flectamus genua lo pronunzia ad alta voce il diacono, e il suddiaco- no nello stesso tuono dice Levale. Delle diverse discipline e significa- ti, di quando dicesi il Flectamus ge- nua, come nel mercoledì santo avan- ti l'orazione del solo primo Oremus della prima Lezione (Vedi), dopo

ORE aver detto cioè Oremus j nel ve- nerdì santo dopo l'Oremus dell'ora- zione dopo il tratto, e avanti ognu- na delle dieciotto orazioni dopo la parola Oremus; nel sabbato santo dopo le undici profezie e prima delle orazioni, detto che sia Oremus, non dicendosi dopo la duodecima profezia; finalmente nelle quattro tempora, quando si debbono dire più Oremus colle profezie, se ne tenne proposito ne' voi. Vili, p. 3o6 e 3o8, voi. IX, p. 5, e voi. XXIX, p. ig e 20 del Dizionario. Ivi pu- re si notò che il Flectamus genua non s'intima nel venerdì santo quan- do si prega pegli ebrei, per le ge- nuflessioni derisorie che fecero al Salvatore, pregando però la Chiesa acciò sia loro rimosso dal cuore quel velame che gì' impedisce il vedere e credere alle scritture ; mentre nel voi. XXXI V, p. 146 si disse an- cora di quegli Oremus o invito alle orazioni che la Chiesa ordinò per l'imperatore nel venerdì santo, pre- messa la detta forinola : a Preghie- ka diremo di quelle ordinate o vie- tate pei sovrani, e delle diverse ora- zioni. Ma quanto al Flectamus genua delle quattro tempora, faremo que- ste distinzioni, cioè nelle messe con- ventuali. Nei tempi di primavera o quaresima, d' autunno o settembre, d'inverno o dicembre, il Flectamus genua si dice nei mercoledì e sabba- to; ne' tempi della Pentecoste o esta- te, il Flectamus genua si dice ne' soli venerdì e sabbato. Vedasi Caesa- rius Arelatensis in Homi Ha 34 de genibus fleclendis in orationibus. Il popolo al Flectamus genua deve sta- re inchinato ancorché sia genufles- so. A. Colletta, si parla eziandio dell'intimazione Flectamus genua e dell'altra Levate, poiché anticamen- te ne'giorni di digiuno nelle prò*

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cessioni il popolo si radunava in una chiesa, dove attendeva il ve- scovo, che principiava coli' orazione chiamata ad colleclam, cioè a fere sull'assemblea il sommario o com- pendio de'desiderii, domande e pie- ghiere del popolo a Dio. Di si andava poi ad altra chiesa, dove si diceva la messa : il celehrante pro- nunziava Oremus, e il diacono sog- giungeva Flectamus genita, accioc- ché gli astanti genuflessi facessero una piccola pausa, nel tempo della quale si orava con silenzio. All'in- timazione del suddiacono : Levale, il popolo si alzava per ascoltare in piedi la colletta o orazione, che si diceva dal celebrante esponendo le domande dell'assemblea o popolo. A Irchejo o Iwchik azioni si è det- to delle principali che hanno luo- go nelle orazioni e nel pronunziar- si Y Oremus.

ORENSE (Aurien). Città con re- sidenza vescovile di Spagna nella Galizia, a 16 leghe da Lugo, ed a 90 da Madrid, capoluogo della pro- vincia del suo nome, ai piedi d'una montagna, in una bella e fertile pia- nura, sulla sinistra del Minho, che si passa sopra un magnifico e bellis- simo ponte di dieci archi, fatto a'tem- pi di Traiano, il maggiore de'quali ha i56 piedi di apertura, e i35 di elevazione dalla base. Le strade ed i fabbricati non sono disaggradevoli, essendo l'edilizio più. osservabile la cattedrale, detta volgarmente di go- tica struttura, che oggi più esatta- mente si chiama ogivale, suscettibi- le di tanti ornali e modificazioni, che interessa anche il comune gu- sto degli ornati e decorazioni per mobili eziandio. La porta di questa cattedrale, chiamata del Cristo, seb- bene non terminata, presenta un ti- po originale, ed alcuua complicuzio-

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ne di ornati. Si osserva in ispecie il gran fìnestrone circolare con in- tagli tricuspidali per simboleggiare la ss. Trinità come in altre scoltu- re ecclesiastiche ogivali. La parte interna è ben disposta e sufficien- temente illuminata, ed ha altresì un portico ornato di figure, in gran parte perite per le vicende de'tem- pi. L'altare maggiore e la cappella del ss. Cristo sono forse troppo riem- pite di bassi rilievi esprimenti la passione del Redentore, e di ornati senza numero. Ne mancano alcuni quadri di pregio di scuola spaglino- la. Questa cattedrale, di solida strut- tura, è sotto l'invocazione di s. Mar- tino, e tra le reliquie che in essa si venerano, sonovi i corpi de' ss. Giusto e Pastore, di s. Eufemia e di detto s. Martino patrono della città. Il capitolo si compone di no- ve dignità, prima delle quali è il decauo, di Ventisei canonici, com- preso il teologo e il penitenziere, di dodici raziona ri ed altri ecclesia- stici. La cura delle anime è nella chiesa appresso la cattedrale, con battisterio, dalla quale è alquanto distante l' episcopio. Vi sono due monasteri, più confraternite, l'ospe- dale e il seminario. Evvi anco- ra un ospizio pegli esposti, una casa di beneficenza con officine di lavoro, ed altri stabilimenti. I bagni termali, situati nella parte occidentale, sono assai frequentati e celebri da un tempo remotissimo, e ve ne sono degli altri presso la città che hanno la stessa riputazio- ne. Questa città è rinomata per le sue fabbriche di eccellente ciocco- lata, e le sue filande di liuo ; an- che i suoi prosciutti sono tenuti i migliori del regno, pregievoli sono le uve e le frutta de'dintorni. E patria dello scultore Francesco del

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Rloiue e del giureconsulto d. Frati- cesi di Oviedo. 1776 Pietro de Que' cesco de Puga-y-Feijoo, per non vedo-y -Quinzano , poi cardinale . dire di altri. Orense si chiamò pri- 1818 Damaso Egidio .Iglesia-y-La- ma Amphilocopolis , da Ànifìloco go di Tuy. Dopo lunga vacanza di capitano greco, che dicesi ne gettò sede, il regnante Pio IX, nel con- io fondamenta 11 79 anni avanti cistoro de' 1 7 settembre 1847, Pre" l'era nostra. I romani le diedero couizzò l'odierno vescovo monsignor il nome di Aquae Calidae, a mo- Pietro Zarandia di Lesaca diocesi tivo de'salutiferi suoi bagni caldi, di Pamplona, canonico e vicario ;i!tri la dissero Aquae Calidae ci- generale di Calahorra. Ogni nuovo linoruni j gli svevi lo chiamarono vescovo è tassato in fiorini i4oo. / yentes, o TVerm-see ossia caldo La diocesi è ampia, estendendosi mare, dal quale per corruzione si in tercenta fere leucas quadratas, lòimò poscia Orense, Auria. e contenendo 665 parrocchie.

La sede vescovile fu fondata, se- OREO, Loreo. Sede vescovile condo Commanville, nel 5oo circa, d'Eubea o primiera Achea, nell'esar- prima sotto la metropoli di Braga, cato di Macedonia, sotto la metro- poi di Lugo, quindi di Braga nuo- poli d'Atene, eretta nel V secolo, vamente, e per ultimo di Compo- Ebbe per vescovi Teofilo che fu .stella di cui è tuttora suffraga dea. al concilio di Calcedonia ; File- Se vuoisi credere alla tradizione to intervenne al settimo genera- degli spagnuoli, il primo vescovo fu le ; Sofronio qualificato vescovo s. Arcadio discepolo di s. Giacomo di Daulia, vescovato unito, e di Ta- upostolo ; generalmente però se ne lanzio; indi Doroteo vescovo di Ta- nicomincia la serie con Benedetto lanzio ; Crisanto ne occupava la se- dei 062. Ne furono successori, Vit- de verso la metà del secolo XVII. limerò nel 572; Lupato nel 58t); Oriens dir. t. II, p. 2o3. Davide che sottoscrisse ai concilii ORESTE, Oresiis porlus. Sede ijiiarto e sesto di Toledo; Sona che vescovile della Magna Grecia, e por- fu a quello del 653, ec. Fra gli al- to d'Italia nel paese de'Bruzi, secon- iri vescovi noteremo particolarmen- do Plinio, nel vicariato di Roma, to, Diego prelato esemplarissimo che le cui rovine si vedono all'imboc- morì nel x 1 3 1 ; Alfonso Perez frau- catara del Metauro nella Calabria cescano, uno de' più gran predica- Citeriore. Non ha che far nulla con tori del suo tempo, morto nel 1 3y 1 ; s. Oreste del monte Soratle, comu- Lorenzo che sotto il regno di Fer- ne del distretto e comarca di Ro- dinaudo III nel i23o edificò la ma, nell'abbazia nulLius delle Tre cattedrale; ed il cardinal Giovanni Fontane: lo descrivemmo nei voi. Torr ecremata [Vedi), domenicano XII, p. 229, 23o, e voi. XIII, p. celebre. Nelle Notizie di Roma so- 67 e seg. del Dizionario e ne'luo- do registrati i seguenti: 1736 fi*, gli i relativi: di recente il chiar. p. Giovanni de Zuazo-y-Tesada de'mi- Ranghiasci, nelle Meni. stor. di Ne- nimi di Toledo. 1738 fr. Agostino pi, eruditamente descrive il monte d' Eura agostiniano di Barcellona. Soratte, che chiama Mons Fall- 1764 fi*. Francesco Galindo de'mi- scorimi, cioè de' falisci antichi cis- ni mi della diocesi di Saragozza. 1769 mini. Fu Oreste, detto poscia Por- IdclfousoFrausos-y Rango della dio- lo Ravaglioso, aulicamente sede ve-

ORF scovile, e Longiano suo vescovo as- sistette al sesto concilio di Papa s. Simmaco nel 5o4- Ughelli, Italia sacra t. X, p. i55.

ORFA. V. Edessa.

ORFANI. V. Orfanotrofio.

ORFANI. Eretici Taborìtì (Fedi), settatori del fanatico Giovanni Zi- sca, che non avendo voluto altro capo dopo la sua morte, si fecero chiamare orfani. In Boemia com- misero infinite crudeltà contro i cat- tolici, ed altrettanto in Sicilia, co- me narra il Rinaldi all'anno 1 4^9» 11. 16 e 17. Martino V per raffre- narli fece promulgare una crocia- ta. Dal medesimo si apprende al- l'anno i434» n- 2-3, che in Boemia rifiorì il cattolicismo, poiché gli us- siti, detti anche calislini e pragesi, eretici anch'essi, venuti a discordia, distrussero gli orfani ed i taboriti.

ORFANOTROFIO, Orphanotro- phium. Collegio o seminario di or- fini fanciulli privi di padre e ma- dre o d'uno de'genitori, pareli tibus orbatimi. Ahhiamo dalla legge an- tica che Dio si dichiarò padre e protettore degli orfani, ordinando agli ebrei di non abbandonarli, di provvedere alla loro sussistenza, di lasciar loro una parte de'fiutti del- la terra, e di ammetterli ai ban- chetti delle feste e dei sagrifizi. I profeti più -volte ripeterono agii ebrei il volere divino, rimproveran- doli della negligenza in eseguirlo. Il tesoro delle elemosine conservate nei tempio, era principalmente de- stinato al loro mantenimento. L'apo- stolo s. Giacomo disse ai fedeli, che il miglior atto di religione e il più. gradito a Dio è quello di visitare e di consolare le vedove e gli or- fani nelle loro pene, quindi a più forte ragione quello di aver cura di educare quegli esseri infelici. E

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questo spirito di carila principale cara ti ere del cristianesimo, che fece stabilire una moltitudine di asili per riceverli, e che a tante persone cristiane il coraggio di servir loro da genitori, e di accordare loro le medesime cure che la tenerezza di pache o di madre potrebbe ispira- re. Disse Gesù Cristo: ogni volta che avete fatto qualche cosa per uno de' più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatta a me. Quando la nostra religione non avesse altro titolo di raccomandazione fuorché la cura con cui essa invigila alla conservazione degli uomini, sarebbe sufficiente questo solo titolo per far- la amare e rispettare. De'principali orfanotrofi sparsi per tutto il mon- do, se ne fa menzione ai loro arti- coli, così di quelli di Roma, della quale tuttavia daremo qui appres- so alcune brevi indicazioni. I sovra- ni e principi sempre li protessero, e 1' imperatore Valentiniano I del 370 fece esenti dal censo i pupil- li. A Diacono dicemmo come dagli apostoli furono istituiti anche per soccorrere i poveri e prender cura degli orfani e de'pupilli; a Diaco- nie come i diaconi aveano per essi ospizi ed ospedali; a Diaconesse come aveano cura delle povere ed orlane; si può vedere Elemosina ed altri articoli relativi, come Ditti- ci e Matricola, ove si registravano gli orfani ed i pupilli mantenuti colle rendite della Chiesa. Nella chie- sa greca di Costantinopoli vi fu l'offizio di Orphanotrophits, cioè nutritore e provveditore degli or- fani. Il luogo nel quale erano in Roma alimentati gli orfani sotto s. Gregorio I del 590, chiamava si Or- phanolrophium, e fu da lui fonda- to nel sito ove al presente é la chiesa di s. Stefano de'mori: di que-

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sto ospizio o spedale per gli orfani fa testimonianza anche l'Alveri, Ro- ma in ogni stato par. II, p. 219. A Can*tof.[ pontificii si narrò co- me s. Gregorio I presso il patriar- chio Lateranense e le scale della ba- silica Vaticana fondò due scuole di canto sacro, con rendite. Ogni scuola si chiamò Orphanotrophiuni o Parvisium, ed era come un se- minario per istruire i giovanetti che bramavano dedicarsi al chiericato, nelle scienze, ne' riti e nel canto. Le rinnovò dai fondamenti Sergio II dell'844) il quale restato iu fan- ciullezza orfano d'ambo i genitori, era vi stato collocato da s. Leone III. A Fanciullo facemmo parola de'fanciulli esposti ne'tempi di mez- zo. I Papi non solo seguirono con zelo lo spirito della primitiva Chie- sa, con soccorrere il pupillo e l'or- fano, ma nel medio evo segnata- mente si dichiararono eziandio su- premi protettori de' principi orfa- nelli, credendosi a que' tempi che a difendere i minacciati loro dirit- ti, in alcun luogo trovare non si potesse un miglior appoggio che appresso colui il quale teneva in mano sua i fulmini della Chiesa, contro le ingiuste altrui pretensio- ni, e consideravano i Pontefici co- me uno de' principali obblighi la protezione de' deboli e de'pupilli. I medesimi Papi all'alavano anche al Nomenclatore (Fedi) la cura degli orfani e de'pupilli.

Ad Innocenzo III si deve l'istitu- zione del Conservatorio delle pro- ietle presso l'ospedale di s. Spirito in Sassia (Fedi), figlie esposte ille- gittime, od orfane, o nate da sna- turati o poveri genitori ; ed al me- desimo ed a Sisto IV dobbia- mo la stabile fondazione nel me- desimo ospedale, dell'ospizio de-

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gli orfani o proietti, di che tratte- remo parlando di quel grandioso stabilimento, monumento insigne della romana carità. Ne' tempi po- steriori i primi orfanotrofi che si eressero in Roma a suggerimento di s. Ignazio, furono quelli tuttora fiorenti, presso la chiesa di s. Ma- ria d ' Aquiro (Fedi), per gli orfani, e presso la Chiesa de' ss. Quattro Coronati (Vedi), per le orfane, pri- ma istituite in Trastevere : Paolo III per governare questi orfanotrofi nel 1 54 1 approvò l' A rcicon frater- nità della B. V'ergine della Visita- zione degli orfani (Vedi), di che parlai ancora nel voi. XIX, p. 33. Il protettore di essa cardinal Antonraa- ria Salvi a ti, magnificamente beneficò i due orfanotrofi, e pegli orfani fon- dò il Collegio Salviali, od ospizio degli orfani (Vedi)', gii orfani sono in cura de'somaschi, le orfane in quella delle agostiniane. ì^e\Y Ospì- zio apostolico (Fedi), fondalo sotto Innocenzo XI da Tommaso Ode- scalchi, indi ingrandito da Innocen- zo XII e da altri Papi, tra gli alunni e le alunne si ricevono nel sontuoso stabilimento anche orfani e pupilli d'ambo i sessi. Nell'Ospi- zio di s. Maria dell' Assunta, o Ta- ta Giovanni (Vedi), incominciato sotto il benefattore Pio VI, sonovi anche molti orfani; altrettanto di- casi dell' Ospizio di s. Maria de- gli Angeli (Vedi), fondato da Pio VII e Leone XII. Ecco come in Roma, essendo il centro di quella divina religione di amore, che co- nosce per uno de'suoi primi pre- cetti l' amare il proprio simile co- me sé medesimo, si preude cura dell'orfano, oltre altri stabilimenti che hanno pure articoli. I fanciulli sono teneri e preziosi virgulti della gran pianta sociale, il perchè chi in-

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lentie alla loro cristiana educazione, deve assai per tempo adoperare con le cure le più solerti, affinchè in processo degli anni si rendano benemeriti della religione, del so- vrano e della patria.

Nel 1837 percossa Roma dal flabello del morbo asiatico cho- lei a, per le vittime di questa pe- stilenza rimasero moltissimi infe- lici orfani abbandonati, cui non solo mancava il giornaliero alimen- to, ma si videro senza sostegno nel- la loro tenera età, e senza guida che li stabilisse nel sentiero della pietà e della virtù. Cessato il mor- bo, surse con edificante zelo una benefica pia società per dar loro sussistenza e tutela, persino a quel- li delle vicine campagne, supplen- do alla mancanza degli estinti ge- nitori; quindi la carità romana fu larga e magnifica. \ olevasi aprire per questi orfani del cbolera un nuovo ospizio, ma le difficoltà che presentavano bambini di latte, fan- ciulli spoppati o di tenera età, e- sclusa l'idea di un generale e trop- po dispendioso ospizio, si preferi- rono sussidii a domicilio, o il col- locare in alcuni ospizi i maschi, e ne' conservalorii le femmine, anche fuori di Coma, per forme di vive- re più semplici e frugali. Per que- ste ed altre ragioni la società, che assunse le veci de' defunti genitori, dispose che i suoi pupilli restassero nelle private case, e ritenessero la maniera di vivere ch'era loro pro- pria, allogando quei eh' erano al tutto orfani preso amorevoli pa- renti, o consegnandoli ad altre buo- ne persone della medesima loro con- dizione. Furono stabiliti alcuni so- ci al caritatevole ufficio di tutori, per vegliare su ciascuno de' pupilli loro affidali, formarli alla virtù, e

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supplendo ai doveri propri de'geni- tori. Gregorio XVI che durante la pestilenza con sommo zelo avea cu- ralo la cessazione, e soccorso i co- lerici generosamente di suo partico- lare peculio, approvò la Pia società in soccorso elei poveri orfani per il co- lera, e fu largo di magnifico aiuto, come diremo, con contribuire del pro- prio parecchie migliaia ili scudi, ed aprì a quanti gli diedero il nome i tesori della Chiesa, il pio cardinal Carlo Odescalchi di lui vicario, ai 2.3 novembre 1837, con notifica- zione che si legge nel n.° .96 del Diario di Roma, come preposto dal Papa alla protezione e direzione della società, invitò per di lui or- dine con paterni e commoventi pa- role tutti i cittadini a cooperarvi, pubblicando l'elenco di diccisette ri- spettabili personaggi d'ambo i ses- si, formanti il consiglio direttivo della società. Questo stampò subito V Ordinamento generale per la pia società in soccorso de' veri orfani pel colera; divise la città in sei se- zioni, ed assunse la direzione supe- riore religiosa, morale ed ammini- strativa della società. Intanto 792 persone furono scritte nel ruolo dei novelli soci; cioè chi donò un soc- corso per una sola volta, chi die cose da letto o da vestire, altri si obbligarono ad annue o mensili pensioni. Del suo mille scudi annui somministrò il Pontefice e altrettan- to il sacro collegio; inoltre Grego- rio XVI a profitto di questi orfani permise pubbliche feste, accademie al teatro d' Apollo e in Campidoglio, e tre lotterie di oggetti donati da benefattori, laonde si ricavarono vi- stose sovvenzioni. Dalle sole limo- sine fìsse, mensili e annuali, la so- cietà ricavò quasi undicimila scudi annui, quanti appunto ne avea bi-

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sogno. Gli orfani d'ambo i genito- ri erano 400j c|uc' cne aveano per- duto il padre 200. Nel i83g fu messa a stampa una breve istru- zione pei tutori, riguardante i rap- porti morali ed economici de' loro pupilli, vegliando ancora sulla loro istruzione nelle arti e mestieri, e nelle scuole diurne e notturne, se- condo l'età. Il num. 79 del Dia- rio di Roma di tale anno descrive la prima riunione generale della pia società nell'oratorio del p. Ca- ravita.

I gesuiti e le religiose del sa- gro Cuore si dedicarono alla cu- ra religiosa degli orfani ed orfa- ne, oltre i rispettivi parrocbi ; anzi i gesuiti a tutte loro spese fonda- rono presso la Chiesa di s. S te fino rotondo un ricetto od ospizio per venti orfanelli, per dar loro una buona educazione. D'un saggio in- torno ai primi elementi della storia sacra e di lingua italiana, dato da tal piccolo drappello per opera dei gesuiti, parla con lode il n.° 55 del Diario di Roma 1840; già il n.° 3 avea narrata la festa celebrala nel- l'oratorio del p. Cara vita, dalla pia società in onore della ss. Concezio- ne, sotto la cui protezione si pose alla sua erezione. In tale anno i consiglieri della seconda sezione mar- chese Patrizi e contessa Marconi aprirono una scuola e convitto per ventiquattro delle loro zitelle a s. Maria Maggiore; anche la terza e sesta sezione aprì scuole. Si formò ancora per munificenza di Grego- rio XVI, e dalla pia unione di Ma- ria regina degli apostoli, il Conser- vatorio o pia casa di carila in via di Borgo s. Agata [Fedi), donde verso il declinar del 1840 derivò il Conservatorio o ritiro del sagro Cuore di Gesù alla salita di s. O/io-

ORF frio (Fedi), per opera di Elisabet- ta Gozzo li e del commendator Tor- lonia, avendo il primo avuto origine per quella del sacerdote Pallotla e di Giacomo Salvati. Aggiungeremo che nel n. y5 del Diano di Roma 1841 si notifica come detta pia unione per favore dell'ordine Gerosolimi- tano avea ricevuto porzione dell'o- spizio presso ponte Sisto, per acco- gliervi le povere ragazze pericolan- ti, e specialmente le orfane e le più abbandonate. JNel 1 838 la so- cietà incominciò a stampare i Rap- porti sopra lo slato attivo e passi- vo della cassa della pia società in soccorso de' poveri orfani del cole- ra, de'quali tennero proposito il n.° 4' del Diario di Roma 1840, e il n.° 8 delle Notizie del giorno 1 84 r , per non citare altri numeri. Aven- do gli orfani e le orfane del ter- ribile flagello colerico, ricevuto aiu- to, educazione e collocamento dal- la generosità e carità della pia so- cietà e benemerito consiglio, per debito di gratitudine sinceramente ne benedirà sempre il nome, in un a quello di Gregorio XVI, che con animo invitto e scarsi mezzi dovet- te far fronte non solo al cholera e ai cordoni sanitari, ma ai danni re- cali dai terremoti, dalle inonda- zioni, e da altre gravissime non pro- vocate vicende del suo memorabile e spinoso pontificato, che lo costrin- sero per dura necessità a contrarre debili, provvedendo però al modo di soddisfarli.

ORFINI Viviano, Cardinale. Viviano Orfini nacque a Foligno (Fedi) di benemerita e nobilissima famiglia il 23 agosto 1701, essen- do in essa tra gli altri fiorili, Tom- maso vescovo di Strongoli poi del- la patria, ove mori santamente; Pier Orlino governatore di Terracina e

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Osimo; Gio. Battista ponente di consulta e collettore degli spogli in Ispagna ; Antonio e Ottaviano re- ferendari di segnatura, e il secondo vice legato di Romagna , ed altri personaggi mentovati nel citato ar- ticolo. Dedito allo studio, abbrac- ciò Io stato ecclesiastico, e bramoso di servire la santa Sede, Pio VI lo fece prelato e governatore di Collevecchio in Sabina, ov' era nel 1782. D'animo sincero, affabile con tutti, generoso co' poveri, pietoso cogli afflitti, amante della giustizia, divenne l'idolo della popolazione e gradissimo al cardinal vescovo. Indi fu trasferito al governo di Fa- no, ove pur si rese ben accetto pel suo spirito conciliatore in tempi che già incominciavano a diveuir difficili, ed abbellì la città di nuo- va deliziosa strada. In premio di sua lodevole condotta Pio VI lo richiamò in Roma , promovendolo a ponente di consulta e conferen- dogli un canonicato nella basilica Vaticana. Mentre ne adempiva i doveri, invaso e democratizzato lo stato pontificio dai francesi, il Pa- pa fu tratto prigioniero in Francia. Costretto il prelato d'allontanarsi da Roma, cercò asilo in estero re- gno, quindi restituì l'ordine alla patria chiamatovi dal voto de'sag- gi cittadini al cessar dell'epoca re- pubblicana. All'esaltamento di Pio VII ritornò alla capitale, venendo an- noverato tra i chierici di camera, po- scia esercitò la presidenza della zec- ca e delle ripe. Di nuovo occupato lo stato dai francesi imperiali e strappato Pio VII alla sua Sede nel 1809, a lui fedele il prelato si co- dusse altrove. Restituito il Papa nel 18 r4 al suo trono, Viviano appena giunto in Roma, divenuto decano de'chierici di camera, fu nel 1816 voi. xnx.

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preposto alla presidenza delle acque e strade, e nel 18 1 8 alla prefettu- ra dell'annona, finché Pio VII nel concistoro degli 8 maggio 1823 ne premiò i meriti con crearlo cardi- nale dell' ordine de' diaconi, onde per le patrie benemerenze Foligno ne celebrò l'esaltazione a'6 aprile, con accademia nella quale recitò analoga erudita Orazione Giacomo Frenfanelli, ivi più tardi stampata nel 1829. Ma rapidamente Foligno dal tripudio passò al lutto, poi- ché colpito il cardinale da grave e breve infermità di polmonea, ne le- sto vittima compianta agli 8 mag- gio, dopo soli 60 giorni di cardi- nalato. In Roma i solenni funerali furono celebrati nella chiesa di s. Marcello, in cui cantò la messa il cardinal Bertazzoli. La sera il di lui cadavere fu trasportato nella chiesa di s. Angelo in Pescheria per disposizione del Papa, avendogliela destinata per diaconia cardinalizia, come attestano i num. 3y e 38 dei Diari di Roma, e il Nicolai, Della presidenza delle strade t. II, p. 149, e vi restò tumulato con ono- revole iscrizione, lodato per reli- gione, soavità di costumi e probi- tà, come pure si legge in quella composta per la sua promozione da monsignor Luca Pacifici.

ORGANO, Organimi. Strumen- to musicale. Questo vocabolo signi- ficò originariamente qualunque siasi strumento; in seguito venne appli- cato a tutti gli strumenti musicali: Organa dicunlur, omnia instrumenta musicorum, come si espresse s. A- gostino, Enarr. in psalm. 56, v. 16; poscia ai soli strumenti da fiato, lo che rilevasi da s. Isidoro, Etimo' log. lib. 3; finalmente al più gran- de di tutti gl'istrumenti di canne, cioè all' organo nostro, detto per 7

98 ORG ORG antonomasia i7 re degli istromenli solenni fuuzioni de' Pontefici si usò musicali. Questo mirabile e impor- l'organo o altri strumenti musicali, tante strumento musicale si aclope- V. Cappelle pontificie, li primo ra in chiesa per avere accompagna- orgauo fatto in Roma vuoisi quello ta la dolcezza colla divozione, la della chiesa di s. Agostino; eccel- gravilà colla modestia. In tal mo- lenti poi sono quelli delle chiese do ne fu lodato l'uso da'padri, pur- del Gesù, della Minerva, della Mad- chè non degeneri ad usimi Mi? dalena ed altri, come notiamo ai lo- citae voluplatis. Onde avvisa il Ba- ro articoli, in altri dicendo dei più ionio, Distili, psalm. e. 17, §2, n. 4= celebri organi: sono famosi quelli il suono e canto dev'essere tanto di Friburgo, ed il recente di s. Dio- grave e moderato, che non tutto nigi di Parigi, che dicesi il più l'animo attragga al diletto di se; grande e più completo di Francia, ma lasci la miglior parte al senso Fu detto che l'organo poco lascias- di quelle cose che si cantano ed al- se alle ispirazioni dell'organista, l'effetto della pietà. In fatti il con- onde poter trasfondere ne'suoni e cilio di Colonia del 536 decretò, nella nota la libera emozione, che che gli organi, termine allora ap- sembra dal cuore propagarsi all'e- plicalo agli strumenti in generale, stremità delle dita. Eppure si odo- devono piuttosto eccitar divozione no maestri che rendono l'organo che un'allegrezza profana. 11 concilio quasi fedele e docile ripetitore delle di Ausburg o Augueta del i548 più delicate astrazioni. A Musica prescrisse che gli organi non suo- sacra parlammo di qual musica nerano che delle arie divote. E vocale e istrumentale si conviene quello di Treveri nel 1 549 avea nelle chiese, e quale è la riprovata ; statuito che in tempo dell' Eleva- dicemmo del vocabolo organare per zione sino all' Agnus Dei non si armonizzare, e l'accordo organimi; dovesse suonar l'organo, can- e confutammo la credenza che s. Ce- tare alcuna antifona, onde i fedeli ciba, la quale dicesi martirizzala venerino in silenzio il mistero del- nel 23o, suonasse l'organo e can- la morte di Gesù Cristo, e pendino tasse , e come si debba spiegare grazie a Dio de'benefizi che ci ha l'antifona cantanlibus organis, tolta meritato colla sua morte. 1 russi dai suoi atti. II vocabolo organo non soffrono organi, altri i- viene dal latino e fu adoperato da strumenti nelle chiese, perché ri- Tertulliano, il quale descrive una tengono che convenga ai seguaci simile macchina composta di tubi, della nuova legge d'impiegar la e formante una moltitudine di suo- sola voce naturale per celebrare le ni, detta organo idraulico, del qua- lodi di Dio. Che l'organo non fu le Archimede era inventore: si ammesso nella cappella pontificia deve tacere che il medesimo vo- e nemmeno nella chiesa di s. Gio- cabolo fu proprio di alcune mac- vanni di Lione, lo dicemmo a Can- chine da guerra, per attestato di tori pontificii, ove notammo quan- Vitruvio lib. 10, cap. 1 ; e per te- do essi cantarono sull'organo nel stimonianza di Columella lib. 3, palazzo apostolico. Anche il Bo- cap. 1, organi si chiamarono alcuni nanui, Della gerarchia eccl. p. 4^4> stromenti da misurare. Ma 1' or- ciò nota affermando che mai nelle gano idraulico, che si dice inveii-

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tato da Ardii mede, non era molto dissimile dal nostro quanto alla forma delle canne ed al suono, se non che l'acqua era la forza mo- vente, per cui si spingeva l'aria ne' tubi, onde si producesse il suo- no. Organi idraulici si sono fab- bricati anche a' nostri giorni , ed alcuni se ne introdussero nel seco- lo passato in diverse ville di Roma, ed ancora sussiste quello del giar- dino del palazzo Quirinale. I fran- cesi attribuiscono l'invenzione del- l'organo idraulico a Ctesibio d'A- lessandria, 234 anni avanti la no- stra; e 2601 anni prima credono che inventasse 1' altro organo il re di Cina Hoang-li. Il Gimma, Idea della slor. lett. d'Italia t. II, p. 778, attribuisce l' invenzione del- l' organo che suona da a forza di note, ad Eusebio Bianchi mila- nese e carmelitano scalzo, il qua- le scrisse le regole per fabbricare un organetto, che per via di ruo- te suonasse due o tre ariette; la quale invenzione gì' ingegnosi tede- schi hanno a più. sonale accre- sciuta.

Quanto al luogo ove si deve col- locare l'organo nelle chiese, e come devesi edificare, tratta il eh. Ratti, Dell'erezione de' sacri templi , p. 82. Egli dice che il suo luogo sia do- ve possa servir bene agli uffizi di- vini, ed accompagnare il canto e le funzioni del clero, e perciò sarà a vista dell'altare maggiore. Quan- tunque il più usuato luogo è quel- lo sulla porta principale, se la chie- sa è graurle^ meglio è collocarlo di fianco e vicino al detto altare, non solo perchè riesce più comodo al suo uso, ma eziandio perchè toglie l' occasione al popolo di commet- tere l'irriverenza di volgere le spal- le all'altare, per islare più allento

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alla musica. Per serbare poi la simmetria e la magnificenza, se ne possouo fare due laterali allo stesso altare, come si vede in tante chie- se. L' organo suole adornarsi cou cornici, risalti, pitture e sculture adat- tate alla musica: si adorna ancora con ordini architettonici e con fron- tespizio, quando si voglia grandez- za e magnificenza , sempre corri- spondente e proporzionato all'edifi- zio della chiesa. Quanto all'origine degli organi, primieramente convie- ne distinguere l'uso loro nelle chie- se, da quello in altri luoghi; l'or- gano da fiato o pneumatico, da qua- lunque strumento musicale. Sem- bra che ne'primi secoli dell'era cri- stiana non abbia esistito un vero organo composto di canne, e col meccanismo cui vennero poi fabbri- cati. Publio Optaziano Porfirio, che fiorì verso il 322, nel suo Panegi- rico in versi pubblicato dal Velse- rio, fa chiaramente menzione degli organi, che si sonavano con manti- ci, strumenti che attraggono e man- dano fuori l'aria dando fiato alle canne dell' organo, detti in latino folli s. Tuttociò che si legge nella descrizione dell'organo Giuliano nel secolo IV, presso il Du Cange_, Glos?, parola Organimi, ed in quella fatta da Cassiodoro nel suo Commentar. del salmo i5o, nulla ha che fare cogli organi nostri o strumenti di canne. Diversi autori presso Lodo- vico Cresolio, Mystagogi lib. 3, cap. 27, attribuiscono l'introduzione del- l'uso degli organi nelle chiese per gli uffizi divini, a s. Damaso I Pa- pa del 367, ma erroneamente. Al- tri vogliono che Venanzio Fortu- nato, morto nel 606, nella Vita di s. Germano vescovo di Parigi, pa- re che conoscesse o indicasse gli or- gani iu Francia verso il 58o nella

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chiesa di detta città; ed il Granco- las, Comment. hist. Brev. rom., ri- ferisce i di lui versi:

Hinc puer exiguis attemperai Or- gana cannis ; Inde senex largam ruotai ab ore tubarti. Cymbalicae voces calamis miscen- tur acutis, Disparibusque tropis fislula dui- ce sonai. Timpano, rauca senum puerilis tibia mulcet, Alque hominum reparant verba canora lyram.

Ma monsignor Alfieri nel suo Ri- stabilimento della musica eccl. p. 89, ha provato contro il signor Di- dron archeologo parigino, il quale volea sostenere la stessa cosa, che in que' versi non parlasi di or- gano idraulico, di pneumatico, ma solamente »» si tratta del pessimo costume (quantunque i viventi d'al- lora non ne comprendessero tutto il male, fra i quali il Fortunato), che pure v'è stato nella Chiesa, dei giovanetti detti Choraules, che as- sistevano alla salmodia insieme con i vecchi, suonando, pifferi, trombe, tamburi ed altri simili strumenti, i quali ora vengono commendati e ricevuti, ed ora biasimati, ed esclu- si ". Tuttavolta scrissero molti col Platina, che s. Vitaliano Papa del 657 abbia introdotto gli organi nelle chiese; ma quello storico nel- le Pile de' Pont, aggiunge però ut quidam volimi, quindi non è ben certa la sentenza in favore di s. Vita- liano, sebbene sia la più comune, ma presero abbaglio; vedasi il Bona, De divina psalmodia cap. 17, § 2, n. 5; Stefano Duranti che di ciò diffusa- mente tratta, De rit. eccl. calli, lib.

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I, cap. i3; e Gimma, Idea della stor. leti, d'hai, t. I, p. 240, opi- na in favore di s. Vitaliano, ma questa opinione venne ben confu- tata dal p. Sala nel t. II de libri liturgici del citato Bona. Siccome nel pontificato di s. Vitaliano i suoi cantori armonizzarono a men- te e non in iscritto alcuna melo- dia, e probabilmente le intonazio- ni de'salmi del canto gregoriano; es- sendo stata nominata tal maniera organare l'armonizzare, e organimi l'accordo, come rilevai di sopra, ta- li nomi indussero molti storici, che non conobbero a sufficienza la sto- ria musicale, a dichiarare che a suo tempo fosse in uso nella chie- sa l'organo, e che quel Pontefice lo introducesse nelle chiese. Il Mura- tori nella dissert. 24, parlando di questo argomento e degli strumen- ti da fiato e da corda, osserva, che Giona monaco di Bobbio e con- temporaneo di Fortunato, nella pre- fazione della Vita di s. Colombano scrisse: Plerosque organi scilicel, psalterii, cylharae melos aures ap- pietas, molli s saepe Àvenae moda- lamini audiluni accomodare. Con- fessa però non conoscersi bene co- sa fossero gli organi accennati da Fortunato e da Giona, ed aggiun- ge: forse erano piccole fistule o si- ringhe, composte cannis exiguis co- me usarono i greci, sonate colla bocca, e però diverse dagli organi portati in Francia dai greci, i qua- li nel secolo Vili aveano il segre- to di fabbricarli, che gelosamente custodivano, sebbene è dubbio se dall' oriente passò questo artifizio in Europa, o se da qualche italia- no fosse l'istrumento ad imitazione di quello d'oriente fabbricato; come non è noto chi nell'oriente ne fos- se l'inventore. Per tanto si narra

ORG che in detto secolo, e verso il 7 5j, da Eginardo, De geslis Pipini, o nel 766 secondo il Rinaldi, il primo organo fu portato in Francia dagli ambasciatori di Costantino IV Co- pronimo, i quali ne fecero dono al re Pipino nell'assemblea nazionale di Compiegne, ed il re lo donò al- la chiesa di s. Cornelia di tal cit- tà; tuttavia dal testo, multa misit numerai, interque et organa, sem- bra parlarsi di molti organi, e per- ciò si possono intendere anche al- tri strumenti , benché lo Scoto e l'Aventino intesero un vero organo. Anche sotto il regno di Carlo Ma- gno figlio di Pipino, 1' imperatore Costantino V Michele gli mandò un organo in dono; ma il monaco di s. Gallo ne parla con esagera- zione, De rebus bellicis Caroli M. lib. 2. Nota il Lenglet, Tavolette cron., che nel 787 Carlo Magno si recò in Roma con cantori e orga- nisti, per introdurre in Francia il Canto ecclesiastico gregoriano {Ve- di), cioè lo ristabilì.

Il Muratori osserva, che se si ha da credere al monaco Engolismene, que- sti nella vita di Carlo Magno a detto anno riferisce, come allora i romani erano eccellenti nel sonare gli organi e nella musica sacra, forse confon- dendo l'arte organandiy armonizza- re, per sonar l'organo; ma il Ri- naldi all'anno 787, num. 69, inve- ce dice chiaramente, che i cantori romani insegnarono a quelli di Fran- cia il suono dell'organo. Vivente il mentovato principe, racconta Du Cange aver avuto la chiesa di Ve- roua l'uso degli organi, perchè in due carte di quel tempo si trova porla organi, così chiamata o per- chè ivi appresso era il monastero s. Mariae ad organum, ovvero per altro motivo, essendo il vocabolo co-

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mune ad altre cose. Altri preten- dono che un prete veronese, appre- sa dai greci l'arte di fabbricare gli organi, ne portò l'artifizio in Germania, ed esegui d' ordine di Carlo Magno il primo organo in Aquisgrana. In vece Eginardo, De geslis Ludovici Pii ad an. 826, di- ce che presentandosi a questo prin- cipe Giorgio o Gregorio provenien- te da Venezia, vantandosi di sapere costruire organi, 1' imperatore lo spedì ad Aquisgrana, con ordine di somministrargli l'occorrente alla co- struzione dello strumento: di tale organo fa menzione JXigello storico contemporaneo, che descrisse con poema le gesta di Lodovico I. Al- trettanto afferma il Muratori anche nella dissert. 56, descrivendo la di- vozione de' laici alla salmodia, qua- le si aumentò dopo aver Gregorio prete veneziano introdotto nelle chie- se l' ingegnosa invenzione degli or- gani pneumatici, appresa in orien- te e recata da lui in occidente, e ne fece sentire la melodia ed i soa- vi concenti. Leggesi nel Dizionario del Moreri, che l'uso degli organi fu inventato nel tempo di s. Ai- drico vescovo di Mans, morto nel- l'856, e che questi è uno de'primi che li stabilirono nelle loro chiese; però l'Advocat giustamente osser- va che l' invenzione era anteriore, non si può dire con certezza 4°° anni prima, com'egli asserisce, ed in Claudiano dice esservene la de- scrizione. Il p. Mabillon negli An- nali Bened., ed il Baluzio in Mi- sceli, lib. 5, dicono che Giovanni Vili dell'872 scrisse al vescovo An- none di Frisinga, pregandolo spe- dirgli un buonissimo organo, ed un artista che lo sapesse fabbricare e suonare. Saviamente riflette il Mu- ratori, ch'essendo passata tanta fa-

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migliarità e pratica fra i romani ed i greci dominanti per tanto tempo in Roma, appena si può credere che tardi fosse Y organo intro- dotto nelle chiese romane; perchè i migliori artefici di tali macchine si trovavano allora in Germania e vi fioriscono tuttora, e che meglio sapevano sonar 1' organo , però il Papa ne desiderò uno; dal che non si può con sicurezza inferire, che prima non avesse Roma adoperato gli organi. Si può vedere il Zarli- 110 ne' Suppl. musicali lib. 8, che parla dell' introduzione degli organi in Germania. Se deve credersi a Guglielmo di Malmesbury, gli or- gani fabbricati nel secolo X sotto la direzione di Geberto, poi nel 999 Silvestro II, erano idraulici.

Reca però meraviglia , che nel tempo in cui gì' italiani, i fraucesi ed i tedeschi, non ostante tutta la loro propensione e trasporto per l'organo, nou fecero in detto secolo gran progresso nella costruzione di esso , mentre gì' inglesi ne aveano già di grandissima mole, come quel- lo fatto fabbricare nel 9^1 per la chiesa di Winchester, dal vescovo Elsego, al dire di Volstano nel suo poema De vita di tal prelato. Nel- l' Italia gli organi divennero comu- ni ne'secoli XI e XII, e nelle chie- se di Francia se ne propagò l'uso nel i25o dopo s. Tommaso d'A- quino, e forse ne fu colà portata l'arte dall'Italia. Avendo scritto il Binghamo, Orig. eccl. lib. 8, e il Navarro, Dehor. enti. lib. 6, che l'uso dell'organo fu introdotto dopo s. Tommaso, devesi intendere nella Francia. In appresso gì' italiani si diedero a migliorare ed estendere in ogni modo quest'arte, e costrui- rono a gara organi meravigliosi. O- gnuu sa che il meccanismo de'man-

ORG liei è la parte essenziale dell'orga- no; r aria compressa è il primo motore del suono. Non si deve oc- cultare, che dopo la metà del se- colo XV in Venezia Bernardo te- desco inventò la pedaliera dell'or- gano, al modo detto da Sabellico, Ennead. IX, t. II, lib. 8. Gli Anti- gnati di Bergamo nel secolo XVI migliorarono gli organi. Nel mede- simo secolo Nicola Vicentino, cele- bre professore di musica, non solo fu trovatore dell'archicembalo, ma altresì deWJrciorganOj ed è proba- bile eh' egli trasferì ed applicò al- l'organo la prima invenzione. Ve- dasi : L'antica musica ridotta alla moderna pratica , Venezia i554- Descrizione dell' arciorgano 3 nel qua- le si possono eseguire i tre generi della musica, diatonica, cromatica ed enarmonica, Venezia 1 56 1 . 11 pia- noforte o cembalo a martelletti, per testimonianza di Maffei e Carli, fu costruito dapprima nel 17 18 da Bartolomeo Cristofori padovano, seb- bene alcuni ne ascrivino il merito a Cristoforo Amadeo Schroter or- ganista nella cattedrale di Nordbau- sen, che secondo essi l'avrebbe tro- vato nel 1717. Che se questo ci viene, non so quanto giustamente conteso, niuno può negare che il pianoforte a pedaliera, o cembalo organistico, nou sia il ritrovamento dell'abbate Trentin veneziano. Re- centemente i fratelli Serassi di Ber- gamo hanno portato quest'arte al più alto grado di perfezione, come dissi nel voi. XXX, p. 173 del Di- zionario, de' quali Giuseppe perfe- zionò il somiere: da loro fu rinno- vato quello celebre di Trento con- sumato già dalle fiamme. Altro per- fezionamento agli organi lo dob- biamo in Pavia, a Giambattista, Giacomo e Luigi padre e figli Lin-

ORG giardi, inventando un nuovo lira- tutti. Anche in Francia si sono in- trodotti miglioramenti, massime in questi ultimi tempi, agli organi delle chiese, e in Inghilterra si sono ap- plicati grandi organi alle orchestre de' teatri. Tra le invenzioni fran- cesi di questi ultimi tempi si cita un organo nominato in Francia or- gano espressivo, strumento inven- tato da Grenié. Questo consiste in un semplice giuoco di cannelli pog- giati su d'un somiere ordinario, e l'espressione che particolare dicesi di questo strumento, risiede nella disposizione e nell'azione de' man- tici. Per mezzo di artifizi semplici ed ingegnosi, i mantici subiscono pressioni variabili, la cui intensità trasmessa a'tubi al loro suono il carattere, e a così dire l'accento degli strumenti da fiato. Finora è tenuto quale organo da camera o da oratorio.

Veramente questo organo espres- sivo sembra essere ì'Elodicon de- scritto nel dizionario di Lichtenthal, giacche YElodicoti, l'organo espressi- vo, Vorgano melodico, il Fisarmoni- ca, sebbene solfo diverse denomina- zioni, sono tutti strumenti d'una stessa famiglia. Lichtenthal non parla del Fisarmonica, bensì dell' Elodicon. Il Fisarmonica fu per poco tempo a Roma in voga, e presto andò in disuso, perchè praticati su di esso notabili miglioramenti acquistò il nome di Elodicon, sotto del quale è generalmente conosciuto. Esso fu inventato nel secolo corrente da E^chenbach che trovò il principio della sua invenzione nell' Arpa d'Eo- lo e nell'Aura, ed immaginò di pro- durre a piacere le vibrazioni mer- cè un mantice artificialmente im- piegato a far vibrare non già delle corde tese, ma delle molle, e di

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rimine per tal modo il clavicordio e l'organo. Questa idea poi fu messa mirabilmente in esecuzione da Voigt fabbricatore di strumenti aSchwein- furt. Consiste questo strumento nel- l'avere per corpo delle molle metal- liche attaccate da una estremità e libere dall'altra. Queste molle sono messe in vibrazione da getti aerei prodotti da un mantice, e fanno le veci d'un arco. Colui che suona tale strumento ha innanzi a il cem- balo, e mette in azione il mantice, dal cui movimento più o meno for- te dipende la forza o debolezza del suono, il quale è d'una singolare bellezza. L'esteriore dello strumento otTre una cassa ornata, facilissima a trasportarsi : forte assai per una cappella o per un piccolo teatro, produce l'effetto d'una completa ar- monia di strumenti da fiato, ed ha inoltre il vantaggio di non perdere mai il suo accordo, e d'essere al sicuro dall'influenza delle variazioni atmosferiche. Cosi viene descritto da Lichtenthal V Elodicon, che può dir- si lo strumento chiamato Fisarmo- nica, il quale verso il 1 834 inco- minciò a introdursi in Roma, e pel suo progressivo perfezionamento, il ripetiamo, prese i nomi di organo melodico, organo espressivo, ovvero Elodicon, ed in Francia ne fu be- nemerito assai d'Alexandre: un E- lodicon trovasi in Roma nella chie- sa nazionale di s. Claudio de' bor- gognoni, e vi figura come un or- gano. Uno de'perfezionamenti di sif- fatto strumento egli è che in vece di avere due pedali che alternati- vamente pongono in movimento gli interni mantici, ve n'è uno soltan- to, e in tal guisa l'esecutore rimane più libero da quella applicazione, che dapprima esigeva il movimento simultaneo de' due pedali . Tanto

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YElodieon che gli altri consimili strumenti, nelle loro qualità hanno molta somiglianza coll'organo ; non hanno la forza d'un organo di gran mole, lo superano però nella dol- cezza, e nel poter rendere alla mu- sica i chiaro-scuri, coll'accrescere e diminuire la voce a piacere dell'e- secutore, lo che non può fare l'or- gano, se non che a tratti, mediante la differenza de'suoi registri. Anche

V Elodicon ha i suoi registra ma questi sono devoluti in ispezial mo- do per far gustare la varietà delle voci e le varie specie di strumenti che vuole imitare, facendo percor- rere l'aria nell'interno delle lamine, in diversi sensi o direzioni : questo strumento eseguisce assai bene le musiche d'un temperamento largo, sostenuto, melodioso e flebile.

Scrissero tra gli altri sullo stru- mento dell' organo : Gianmaurizio Stohr, De organo musico, Lipsiae 1693. Ecole d'orgue d'après les ou- vrages de plus célèbres orgaiàstes de

V Allemagne, par Martini , Paris i8o5. Giovio, Cenni storici sulU or- gano, Como 1808. Giuseppe Seras- si, Lettera sugli organi, Bergamo 1 8 1 6. Pietro Lichtenthal, Dizionario di musica, alla parola Organo. Il lodato monsignor Pietro Alfieri poi nella sua importante opera: Rista- bilimento del canto e della musica ecclesiastica, ci i seguenti para- grafi : § 4- Del prefetto del coro e suo officio. § 5. Dell'organo, e quan- do possa usarsi. § 6. Dell' organista e suo officio. § 7. De'mezzi da pren- dersi onde por termine agli abusi introdotti nell' esecuzione del canto gregoriano e nel suono dell'organo. Siccome il tutto è narrato con l'au- torità de'concilii, de'decreti ponti- ficii, de' cerimoniali, della pratica e de' riti della Chiesa romana , così

ORG delle cose principali ci limiteremo ad un brevissimo cenno.

Il prefetto del coro deve andare di concerto coli' organista sui toni che debbono accompagnare i salmi, i cantici e gì' inni, affinchè subito concordino le voci col suono di quell' istrumento. L'organista (che anticamente era l'ostiario) deve suo- nare con gravità , altrimenti me- rita correzione. Sono alcuni secoli, da che al canto de'salmi,, de' can- tici, degl'inni e delle messe si uni- sce il suono dell'organo, ma si ese- guisce generalmente con poca cau- tela, ad onta delle prescrizioni or- dinate dalla Chiesa. E conveniente usare l'organo in ogni domenica e in tutte le feste di precetto dell'an- no, tranne le domeniche dell'av- vento, fuori della terza, e similmen- te l'altre di quaresima, eccettuata la quarta, ma non si suona che nella sola messa conventuale; si può suo- nare nelle domeniche di settuage- sima, sessagesima e quinquagesima ; suonasi inoltre nelle feste fra l'av- vento e fra la quaresima, che dalla Chiesa solennemente si celebrano. Nelle messe votive che si celebra- no con solennità in ciascuu sabbato in tempo di quaresima, ne'quattro tempi, nell'avvento e nelle vigilie, ed alle litanie dopo i vesperi negli anzidetti tempi; rispose la congre- gazione de' riti: Dubiorum ad 4; affermative et amplius. Si suona nel giovedì santo alla messa , uel sabbato santo alla messa e ai vespe- ri, ed ogni volta che debba il gior- no festeggiarsi con solennità per al- cuna grave cagione, secondo il giu- dizio de'rispettivi vescovi. Conviene suonar 1' organo quando il proprio vescovo celebra solennemente, se la ragione di tempo noi vieti, o entra in chiesa in festivi più solenni

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ad assistere alla messa cantata , o esca in fine della funzione. Altret- tanto si fa all'entrare d'un legato apostolico, d'un cardinale, d'un ar- civescovo o di altro vescovo che il diocesano vorrà onorare fino all'in- cominciar della funzione. Per con- suetudine commendevole, il simile si fa all'entrare d'un principe, spe- cialmente del proprio, nonché del magistrato, tranne i tempi in cui è proibito il suono. Nelle primarie fe- stività che si celebrano soleunemen- te, può sonarsi l'organo nel mat- tutino che nel vespero fin dal prin- cipio, con le note distinzioni nelle diverse parti. E abuso cantar tutti i salmi con frapporvi 1' organo, e fare recitare un versetto da uno che appena si sente da vicino. Nei vesperi, mattutini e nella messa, il primo versetto de' cantici e degli inni, e similmente quello degli inni in cui dee genuflettersi, allorché il ss. Sagramento viene esposto, e si- migliatiti, dovrà necessariamente can- tarsi dal coro e non dall' organo. Alle altre ore canoniche non è so- lito usare l'organo, tuttavia ne'gior- ui solenni si può usare all'inno di terza, a quello della compieta, e al cantico Nunc dimiltis, se vi è con- suetudine, e anche all'antifona della Madonna in fine della compieta, e mentre il vescovo a terza assume i paramenti pontificali. !n qualun- que tempo voglia figurarsi il canto de' versetti alternato col suono del- l'organo, durante questo uno del coro con voce alta dovrà proferire le parole del versetto che non si cauta. Ne' solenni vesperi è consue- to usar l'organo al fine di ciascun salmo. Alla messa solenne, appena esce di sagrestia il celebrante, si suo- na l'organo, e alternativamente si tralascia secondo la rubrica; è abu-

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so accompagnare la prefazione con organo chiuso in qualche luogo , vietando la Chiesa il suono mentre il sacerdote cauta sull'altare; all'ele- vazione si suona con maggior gra- vità. Nel canto del simbolo prescri- ve il ceremoniale de' vescovi non si frammescoli l'organo, affine di non renderlo inintelligibile. E qui si so- no dati tutti gli scrittori di riti a sostenere che non si dovesse mettere l'organo nel simbolo: ma monsignor Alfieri ha provato con sode ragioni, che si può benissimo usare l'orga- no nel simbolo, purché si canti tutto alla distesa in modo che s'intenda- no le parole chiaramente, e questo essere il senso del ceremoniale. Inol- tre avverte il lodato autore, che quando il suono ricuoprisse le voci, si deve usare l'organo chiuso, ma non mai escluderlo, tanto più. che esso adoperasi costantemente nella musica armonica, senza che la Chie- sa vi abbia mai reclamato. Si può suonare nelle messe de' fedeli de- funti, purché il suono sia nell'an- damento e nel tuono lugubre; al- Y Amen le sole voci devono rispon- dere. Se v'ha alcun chierico capace di suonar l'organo, si dee anteporre al laico; l'uno o l'altro, specialmen- te nella messa e ore canoniche, qual- ora sia veduto dal popolo, deve ve- stire sottana e cotta. Dev'essere l'or- ganista alquanto intelligente della lingua latina, ben istruito sul tem- po in cui couviene che suoni; deve avere molta pratica di quello che dovrà suonare, massime sulla qua- lità e quantità de' registri, e del suo meccanismo per rimediare ai difetti dell'istrumento che facilmen- te si producono dalle intemperie; non basta saper beu suonare il pia- noforte per ben suonare l'organo, essendo diversa la maniera di suo-

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natii anche per l'effetto. L'armonia vuol essere nell'organo sostenuta e legata, ed è necessario lo studio dei toni o modi ecclesiastici, e la co- gnizione del canto fermo, non che de' principii d'armonia, poiché l'u- nità armonica deve dominare fra il canto corale e l'organo, onde rispon- dere maestrevolmente alle parole della sacra liturgia ; basta co- noscere il solo meccanismo armo- nico. L'organista non deve prolun- gare il suono in tempo che altri devono cantare. E contrario al senso ecclesiastico far uso di estri capric- ciosi e di motivi tolti dagli sparliti teatrali; d'infrascare gli accordi cui si accompagnano le sagre melodie con millanta fioretti e goffi ghiri- bizzi, trillando ad ogni nota, ascen- dendo e discendendo con infinite scalettale, e queste mescendo di gruppetti mordenti, che non la fi- niscono più; si deve accompagnare, non disturbare la preghiera, che vuole divoto raccoglimento, peggio poi se i due sensi sono diametral- mente opposti. Con questi gravi in- convenienti, la musica dell'organo in vece di concorrere a dar mag- gior forza alla sublime espressione de'sacri cantici, serve fatalmente a distruggerne l'effetto, e disturbano il sentimento di profonda venera- zione che si deve promuovere nelle menti de'mortali radunali nel tem- pio della divinità; mentre scopo del- la musica sacra è di accrescerlo e vieppiù infervorarlo. L'organista de- ve eseguire sonate maestose, gravi e convenienti ai sagrosanti misteri che si celebrano dalla Chiesa , e corrispondenti alla contemplazione di essi, onde sollevare gli animi dei fedeli ; non con concetti lusinghieri e profani , che invece di eccitare alla edificazione, provocano le menti

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alla dissipazione e al divagamento, confondendo le idee del gentilesimo, del furore, delle passioni, con mu- siche teatrali, co' sagri misteri della fede di Cristo, col candore dell'af- fetto dell'uomo per un Dio di pu- rità , dimenticando così la santità del luogo, e prostitueudo colle pro- fane armonie la casa del Signore e di orazione. Anche il concilio di Trento ordinò ai vescovi e superiori locali, che il suono impuro e lasci- vo sia rimosso dal tempio, ciò che ripeterono i concilii di Cambray, d'Augusta, di Milano ed altri, in- fliggendo pene ai trasgressori. Ve- dasi il citato articolo Musica sacra.

ORIA. Sede vescovile dell'Afri- ca occidentale, la cui provincia non è conosciuta. AI presente è un ti- tolo vescovile in partihus, sotto l'ar- civescovato pure in partihus di Cartagine, che conferisce la san- ta Sede. Gregorio XVI a'3o otto- bre i834 fece vescovo Oriense monsignor Guglielmo Clancy, indi a'ia aprile 1837 lo nominò vica- rio apostolico della Gujana Britan- nica o Demerary nell'Indie occi- dentali d'America.

ORIA o URITANA (Orilan). Città con residenza vescovile nel regno delle due Sicilie, nella pro- vincia di Terra d'Otranto, distret- to e capoluogo a 8 leghe da Brin- disi, e più di 8 da Taranto, presso il suo golfo, sopra un' altura fra due laghi, entro una valle degli Apennini, e cinta all'intorno da terre palustri. Ha un eccelso castel- lo edificato da Federico II che la difende, e fu già uno de'principali stabilimenti de'greci albanesi rifug- giti in Italia nel secolo XV, onde molti degli abitanti sono discenden- ti da essi. L'antica città di Tirea, che non lasciò vestigie di sé, forse

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surse in questi dintorni. Fu chia- mata anche Oira , Uria, Hyria, Uritanwn nel paese de'salentini, e molto soffrì dai saraceni che la in- vasero nel 977, dopo che nell'879 •vi avea stabilito il municipio Gai- deriso principe di Benevento. La prese Roberto duca normanno nel 1062 e la riedificò nobilmente. Di- venne marchesato della celebre fa- miglia di Balzo, e Filippo li diede Oira o Oria come ducato al ni- pote di Pio IV, Federico Borro- meo conte d'Arona, con grossa pen- sione sulle seterie di Calabria, e ciò per avere reintegrato Marc'Au- tonio Colonna delle terre confisca- tesili da Paolo IV. La cattedrale di

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moderna struttura è dedicata alla Beata Vergine Assunta, con batti- sterio; l'antica era sotto 1' invoca- zione de' ss. Crisanto e Daria , ed era stata edificata dal vescovo Teo- dosio ov'è il castello. Tra le insi- gni reliquie che vi si venerano ev- vi il braccio di s. Barsanufio o Barsonulfo patrono della città, che secondo alcuni visse sotto l'impe- ratore Marc' Aurelio, eremita egi- ziano che vuoisi vi abbia predicato il vangelo e stato primo vescovo; se ne fa menzione nel martirologio romano agli 1 1 aprile e agli 8 febbraio, e più probabilmente di- cesi fiorito nel 5^o, venendo ripo- sto il suo corpo nella chiesa a lui intitolata fuori della città, che fu data ai religiosi minimi. Vicino alla cattedrale è il palazzo vesco- vile, ma non vi sono in città altre chiese parrocchiali; bensì due con- venti, un monastero di monache, diverse confraternite, l'ospedale e il seminario. Vi si coltiva molto tabacco.

La sede vescovile fu eretta nei primi secoli sotto la metropoli di

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Brindisi (Vedi) ; ma essendo sta- ta questa città rovinata dai sa- raceni nel secolo VIII, la di lei sede fu incorporata alla diocesi di Oria, onde l'arcivescovo s' intitolò Bruudusino e Uritano, o Untano e Brundusino. Per togliere poi le contese fra i diocesani di Brindisi ed Oria, ad istanza di Filippo II, agli 8 maggio 1^91 Gregorio XIV colla bolla Regi mini universae, pres- so l'Ughelli, Italia sacra tom. IX, p. 1 63, separò le due diocesi e la- sciando a Brindisi il titolo arcive- scovile, nuovamente eresse Oria in vescovato, e lo sottopose alla me- tropoli di Taranto, di cui è tutto- ra suffraganeo. Il primo vescovo conosciuto di Oria è Teodosio, che edificò l'antica cattedrale ed assi- stette alla traslazione delle ossa di s. Leucio da Benevento a Trani, nel declinar dell' ottavo secolo . L' Ughelli nella serie degli arcive- scovi di Brindisi a pag. 29 e seg. incomincia la seguente delle chiese uuite di Brindisi ed Oria. Fiorendo nel 695 Teodoro greco, vescovo di Brindisi, i saraceni distrussero la città, onde ritiratosi ad Oria, i di lui successori s'intitolarono vescovi e arcivescovi delle due chiese. Do- po di lui fu eletto Giovanni pur greco, indi Andrea vescovo di Brin- disi ed Oria, sotto il quale Oria soggiacerne alle barbarie de'sarace- ni, che trasportarono gli abitanti schiavi in Sicilia; nel 1000 Marco tuttavia risiedeva a Oria, e riunì i titoli di Osluni e Monopoli. Nar- do greco del 1040 ebbe a succes- sore uel 1060 Eustachio, il quale propriamente si chiamò arcivesco- vo di Brindisi e Oria, ed a lui il Papa ridusse all'obbedienza Mono- poli eh 'erasi ribellata. Nel 1062 da Aceieuza vi fu trasferito Codino,

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al quale Urbano II ad istanza del conte, clero e popolo di Brindisi, a questa città lo restituì, confer- mando l'unione con Oria, e nel noo meglio il tutto confermò Pa- squale II, poiché dichiarò che Brin- disi fosse la metropolitana e Oria sutfraganea, continuando però i pa- stori a chiamarsi arcivescovi di Brindisi e Oria. Nel detto anno suc- cesse Balduino, nel noi Nicolao, nel ioi5 Guglielmo francese, nel i i 1 8 Giuliano, indi Bailardo fran- cese, alle cui preci Ruggiero I rie- dificò la metropolitana; nel n^.5 Lupo francese, nel 1173 Gugliel- mo francese che decorò la metro- politana con pavimento di musai- co, e fu al concilio Lateranen- se III : la consagrò il successore Pielro nel 1 190. Nel 1 196 Gerardo; Domenico nel i2o3 fu mandato da Innocenzo III legato in Bulgaria; nel 1216 Onorio III fece arcive- scovo M. Pellegrino I che cousagiò; nel 1225 Pietro di Bisignano, ab- bate di Vulturno; nel 1239 Pie- tro Paperoni; nel 1254 Innocenzo IV vi trasferì da Castro Pellegrino II; nel 1289 Adenulfo francese traslato a Conza; nel 1296 An- drea Pandoni canonico capuano: nel i3o6 Bartolameo decano di Capua; nel 1 3 1 9 fr. Bertrando fran- cese de'minori; nel 1 333 Giovanni XXII dichiarò arcivescovo di Brin- disi e di Oria fr. Guglielmo di castello de'minori, vescovo d'Alba; indi Guglielmo francese abbate be- nedettino, traslato a Trani; Clemen- te VI nel i345 trasferì da Vespriu alle due chiese Gailardo francese, e nel i348 da quella Corsiense vi traslatò Giovanni della Porta saler- nitano, poi lo divenne di Capua.

Nel i352 fr. Gisio o Pietro o Pino dottissimo domeuicauo ; nel

ORI 1 379 l'antipapa Clemente VII vi intruse Guglielmo francese; nel i38o Marino del Giudice, poi cardinale e arcivescovo di Taranto; nel i38g Riccardo ; poscia Vittorio e Paolo romano fatti da Gregorio XII, al secondo Giovanni XXII I subrogò in vece Pandolfo abbate di Monte Vergine; nel 1^.1 5 Aragoni de'mar- chesi Malasp'ma, poi d' Otranto. Nel 1 4 1 8 Martino V reintegrò Pao- lo spogliato da Giovanni XXIII ; Pietro Gatta napoletano nel i427 fu trasferito da s. Agata; nel 1 4^7 da Monopoli Pietro Petri virtuo- sissimo; nel i453 Gaufrido Chie- rici di Monopoli. Dopo diversi an- ni di sede vacante, nel «479 Fran- cesco de Arenis di Lisbona; nel 1484 Roberto Pisciceli! nobile na- poletano , eruditissimo ed ammini- stratore di Motula; nel i5i8 Do- menico Idiaschez spagnuolo; nel 1 5 1 S Gio. Pietro Carafa, che ri- nunziò nel i524 pei* istituire con s. Gaetano i teatini, poi cardinale e Papa Paolo IV. Nel 1^24 Gi- rolamo Aleandro, poscia cardinale, dottissimo; per sua cessione nel 1 542 il nipote Francesco Alean- drOj ma il marchese, il clero e il popolo di Oria gli negarono l'in- gresso, tentando sottrarsi dalla sua obbedienza, non volendo riconosce- re la preminenza di Brindisi. Pao- lo III ammonì gravemente gli on- tani a riparare il mal fatto, colla bolla Esponi nobis, presso l'Ughelli p. 4i> confermando l'unione di Oria a Brindisi. Nel i564 Pio IV da Ostuni vi trasferì Gio. Carlo Bovio di Brindisi originario bolognese; rie- dificò il palazzo arcivescovile di Oria, eccellente pastore, fu sepolto nella cattedrale. Gli successe nel 157 1 Bernardino de Figueora spa- guuolo, già arcivescovo di Nazaret;

ORI dopo la sua morte noi i5f)' la chiesa di Oria fu separata da Brin- disi, e Clemente Vili nel i5o,5 ne fece primo vescovo Vincenzo Tufo napoletano teatino, prudente e soa- ve, integerrimo e zelante, ornò la cattedrale. Ebbe a successori, nel ]6oi Lucio Fornari nobile di Brin- disi, che collocò i minimi nella chie- sa di s. Barsonulfo; nel 1620 Do- menico Ridolfi napoletano teatino , probo e virtuoso; nel 1 63 1 M. An- tonio Parisi di Squillace , eresse nella cattedrale la cappella della Beata Vergine; nel i65o fr. Raf- faele Palma nobile napoletano dei conventuali, celebre predicatore, ca- ritatevole, propugnatore della disci- plina e immunità ecclesiastica, mu- nifico colla cattedrale; nel 1675 Carlo Cazolino nobile di Cosenza, poi traslato a Pozzuoli ; nel 1 697 Tommaso Maria Francia nobile di Cosenza domenicano; nel 1720 Gio. Battista Labanchi di Cassano, col quale ha termine nell' Italia sacra la serie de' vescovi d'Oria, ed i se- guenti sono registrati nelle Notizie di Roma. 1720 Gio. Battista Laban- chi di Cassano. 1746 Castrese Scaja della diocesi di Napoli. 1756 Anto- nio de los Reyes di Brindisi. 1772 Enrico Celaja della diocesi di Chie- ti. 1 78 1 Alessandro M. Kalefati di Bari. 1798 Fabrizio Cimino della diocesi di Lettere. 1818 Francesco Saverio Trigiani conventuale di Bari. 1829 monsignor Michele Lan- zetta della diocesi di Salerno. Per sua dimissione, Gregorio XVI nel concistoro de'sg luglio 1 833 pre- conizzò l'attuale vescovo monsignor Giovanni di Guida della congrega- zione della missione di Vico Equen- se. Il capitolo si compone di sei dignità, l'arcidiacono, il cantore, il sotto cantore, il tesoriere, l'arcipre-

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te, ec. ; di dieciotto canonici, com- prese le prebende del teologo e del penitenziere, di altri preti e chie- rici: all'arciprete è affidata la cura d'anime della cattedrale. La dioce- si contiene molti luoghi, e si esten- de per circa 60 miglia. Ogni ve- scovo è tassato in fiorini 3oo, e le rendite ascendono a 3ooo ducati, gravati di pensione.

ORICANDA o ORINCANDA. Se- de vescovile della provincia di Li- cia, sotto la metropoli di Afrodi- sinde, nell'esarcato d'Asia o di Mi- ra, eretta nel secolo IX. Ebbe a vescovi Paolo che fu al concilio di Efeso, e Teodoro che trovossi a quello di Fozio. Oriens christ. t. I, p. 993.

ORIENTE, Oriens. Parte del mondo onde apparisce nascere il sole. Gli ebrei distinguevano l'orien- te col nome di Kedem, che signifi- ca il Levante, perchè è da questa parte che sorge il sole; i greci ed i latini, per la stessa ragione lo chiamarono la parte della luce. Le- vante chiamasi propriamente quel- la parie dell'orizzonte, ove il sole si alza, e che parimente si dice Est ed Oriente. Levante è nome pure applicato in generale principalmen- te a tutti i paesi situati all'oriente del Mediterraneo, all'Egitto e co- munemente alla Turchia Asiatica ed Europea, ove gli europei fanno il traffico, chiamandosi scale del Levante quelle piazze di commer- cio ove i negozianti di Europa han- no banchi e ritirano le merci in cambio di quelle che vi portano. Ne'libri sacri l'oriente significa tal- volta i paesi che sono all' oriente della Giudea, come 1' Arabia, la Persia, la Caldea ; in questo senso è detto che i Magi vennero dal- l'oriente per adorare il divin Sai-

no ORI ORI valore; talvolta per l' oliente di cenno la potestà esercitata dai Pa- Gerusalemme; tale era la situazio- pi, padri comuni de'fedeli e vicari ne del monte degli Olivi. In altro di Gesù Cristo nell'oriente, la distin- significato prendesi pel lato orien- zione sulle chiese d'oriente e occi- tale, ossia per la parte anteriore dente, secondo la divisione de' due del Tabernacolo o anche del Tem- romani imperi, e delle loro gerar- pio che descrivemmo a Gerusalem- chie ecclesiastiche e diocesi, non che me. Ma anche secondo 1' evangelo della chiesa orientale greca, dei cleri di s. Matteo, oriente indica asso- secolari e regolari e loro monache lutamenle la parte dove nasce il e religiose, come delle liturgie delle sole , colle parole : fulgur exit ab chiese orientali. Innumerevoli sono oriente, et paret usque in occiden- poi gli articoli riguardanti l'oriente, tem. Quando Isaia dice, che Dio e quelli delle sedi patriarcali, arci- fece sortire il giusto dall' oriente, -vescovili e vescovili di giurisdizione significa ciò in generale un paese o titolari dette in parlibus infide- lonlano, perchè gli Ebrei aveano lium poste nell'oriente: i patriarcati poca cognizione de' popoli occiden- latini titolari residenti in occidente, tali, da' quali erano separati dal sono quelli di Costantinopoli, Ales- Medilerraneo; ed è per la stessa sandria, Antiochia; i patriarchi con cagione che chiamavano l'occidente giurisdizione residente in oriente, o l'Europa, le Isole, perchè non sono quelli di Antiochia de' greci conoscevano da questa parte se non melchili, Antiochia de/ maroniti ', An- che gli abitanti delle isole di Ci- tiochia de'siri, Babilonia, Cilicia de- prò, Candia e le altre dell'Arcipe- gli armeni e Gerusalemme. Anche Iago. Il sacerdote Zaccaria parlando i patriarcati, arcivescovati, vescovati del Messia, si espresse che Dio ci acattolici, eterodossi, colle loro di- Zia visitali dall'oriente del cielo , gnila di Cattolico, Mafriano ed al- paragonando il Messia al sole, cui tre, hanno articoli: de'santuari più fa pure allusione l'altro passo: io insigni se ne parla a'Ioro luoghi. faro venire il mio servo V Oriente. Roma è madre di tutte le chiese, All'articolo Occidente riguardo al- centro del cristianesimo, ma Gerii- V Oriente si è detto di esso come salemme e l'oriente ne furono la continente del globo col nome di culla ; ivi i pastori ed i gentili pei Orientale, desunto dalla posizione primi adorarono Gesù Cristo, che più vasta dell' Occidentale, e cou- vi volle prendere carne umana per lenente l'Asia, l'Africa, l'Europa, la redenzione del genere umano, Ivi inoltre indicammo quanto ri- ond' ebbero compimento per essa guarda il nome dJ Indie orientali, tutti i misteri, ed ivi si sparse il vasto paese dell'Asia meridionale; primo sangue de' martiri, e ne le distinzioni sugli imperi d'oriente uscirono i primi martiri ed il ed occidente o romano, e le loro di- primo sommo Pontefice s. Pie- visioni; le provincie che Io costi- tro, in un cogli altri apostoli, onde tuirono e i suoi limiti; gì' impera- promulgare l'evangelo per tutto il tori greci orientali e loro esarca; mondo, ed i primi santi. L'uso dei il loro impero di Nicea, l'estinzione primitivi cristiani era di voltarsi dal- degl'imperatori greci di Costantino- la parte dell'oriente per pregare Id- poli. Finalmente n Occidente si ac- dio, persuasi che tal pratica prò-

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venisse dagli apostoli. Dall'avere Ge- sù Cristo Dell'ascendere al cielo la- sciata sul monte Oliveto l'impres- sione de'suoi santissimi piedi , qui est contro. Hierusalem ad orientali, s' introdusse dagli antichi fedeli di fare orazione verso l'oriente. Fab- bricando essi le antiche Basiliche e Chiese (Vedi) ebbero sempre cura di collocare le porte d'ingresso al- l'occidente, ed il coro coll'altare al- l'oriente, dal quale lato guardava il tempio di Salomone. L'osservan- za de'cristiani di pregare rivolli al- l'oriente era tanto esatta, che i pa- gani presero occasione di dire che adorassero il sole. Intorno a tal mi- sterioso uso s. Atanasio portò la detta ragione, chiamando oriente lo stesso Cristo; aggiunge, che essendo Dio chiamato nella sacra Scrittura luce e creatore di luce, è convene- vole che quelli che orano sieno ri- volti a quella parte del cielo don- de nasce la luce. Perchè l'oriente era tenuto come quasi fonte di lu- ce, e contrario o opposto d'occiden- te e geroglifico di tenebre, derivò nella Chiesa l'antica osservanza che chi si dovea battezzare, dovendo prima rinunziare al demonio, fosse posto verso l'occidente, e in tal po- sizione pronunziasse le parole del rinunziamento; dovendo poi confes- sare Cristo, ciò faceva rivolto verso l'oriente. Scrisse s. Giovanni Dama- sceno : pendendo il Signore in cro- ce guardava all'occidente, e perciò adoriamo in questa guisa per dili- gentemente mirarlo; e salendo egli in cielo, sollevossi in alto verso l'o- riente, e così fu adorato dai disce- poli, come anche verrà di nuovo alla fine del mondo nella maniera ch'essi lo videro, laonde aspettando noi la sua venuta facciamo orazio- ne volti all'oriente; è questa islitu-

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zione degli apostoli, tuttoché nelle sacre carte non fu descritta : così il Damasceno. Ma sottentrandovi poi la superstizione de' priscillanisti e manichei, che realmente adoravano il sole nascente, s. Leone 1 nel sei m. 7 De Nativ. prontamente vi pose ri- medio , acciocché non proseguisse l'errore invalso, ammonendo il po- polo con queste parole: » Da cosi fatti instituti (cioè de' detti ereti- ci) si deriva anche quell'empietà, che certi in vedendo da luoghi alti levarsi il sole, scioccamente l'ado- rano; la qual cosa alcuni cristiani stimano religiosa, che innanzi di giungere alla basilica di s. Pietro, salile le scale si rivoltano e chi- nansi al sole nascente, del che sen- tiamo grandissimo dolore ". Perciò più tardi Bonifacio Vili nel porti- co di detta basilica, e incontro la porla principale, fece collocare l'im- magine del Salvatore di Gioito, in musaico poi ridotta, affinchè quelli che recavansi a visitar la basilica , essendo già soliti a far orazione al- l'oriente, prima d'entrarvi, a questa sagra immagine indirizzassero i loro ossequi e preghiere, come osserva il Marangoni, Ist. di ss. Sancì, p. 200: vedasi il Piinaldi an. 34, n. 232, an. 58, n. 107.

L'impero d'oriente incominciò da che Costantino trasportò il romano trono a Bisanzio per lui delta Co- stantinopoli: allora si vide passare in oriente quasi l'intiera Roma do- po il 326; i grandi vi condussero i loro schiavi, in un a quasi tutto il popolo, e l'Italia rimase priva d' una gran parte de'suoi abitanti. Con quella divisione di scettro e di dominio, le ricchezze passarono a Bisanzio, e l'impero d'occidente tro- vossi depauperato, e per le inva- sioni barbariche del settentrione de-

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cadde, e nel secolo seguente crollò. Ma l'alma Roma divenne eterna ad onta di tutte le grandi vicende dei secoli, dal momento in cui i ss. Pie- tro e Paolo vi piantarono la sede della religione e il primo vi fondò la cattedra apostolica. Dopo la vit- toria riportata da Costantino sopra Massenzio col salutifero segno della croce, il cristianesimo riconoscendosi come religione legittima dell'impe- ro, allora incominciò propriamente 1' esistenza politica e la grandezza di Roma cristiana, disponendo la provvidenza il trasporto della sede imperiale in oriente, per lasciar quella di Roma libera ai sommi Pontefici, i quali colle loro glorie e più sublimi offuscarono quelle di Roma pagana, e dominano pacifi- camente sull'occidente e sull'oriente colla paterna autorità de' vicari di Cristo. Roma è dunque l'eterna se- de di Pietro, ed a lui essa va de- bitrice di sua perpetuità : ubi Pe- trus, ibi Ecclesia. L' impero d'o- riente si compose di sessanta dio- cesi ossia no regni. Dopo la fonda- zione dell' impero romano, la po- testà civile e militare risiedette sino a Tiberio nel prefetto del pretorio, ma per la sua aumentata gran po- tenza, dopo Coni modo venne divisa in due , finché Costantino riparti l'autorità in quattro prefetti del pre- torio per tutti gli stati dell'impero romano, cioè d'Italia, deU'Illirio, del- le Gallie e dell'Oriente, dalle pro- vincie del quale Giustiniano I smem- brò l'Egitto, e ne fece una quinta divisione col suo prefetto. Su que- ste ripartizioni procederono altresì quelle delle cose ecclesiastiche. E- gualmente il regime della Chiesa fu diviso in orientale e occidentale. L'orientale comprendeva sei diocesi o regni, la prima Oriente con An-

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liochia per metropoli ; Egitto con Alessandria per metropoli; Asia con Efeso per metropoli ; Ponto con Cesarea di Cappadocia per metro- poli ; Tracia con Costantinopoli per metropoli. La chiesa occidentale era ripartita pure in sei diocesi o regni, cioè Italia con Milano per metro- poli; Illirico occidentale con Sardi- ca per metropoli ; Africa sotto il primate di Cartagine; Gallia sotto- posta all' arcivescovo di Treveri ; Spagna di cui era capo la chiesa di Siviglia: e Inghilterra soggetta al primato di York. Tutti questi stati e metropoli hanno articoli. Il Papa, vescovo universale, era ed è pa- triarca d'occideute; Costantinopoli per la sede imperiale , benché più. tardi eretta in patriarcato, esercitò nell'oriente il patriarcato, sebbene in diritto inferiore alle altre Chiese. Al prefetto del pretorio orientale succedeva immediatamente la digni- tà del conte, con autorità amplissi- ma civile e militare, con residenza in Antiochia. Vedasi il Terzi, Siria sacra p. i3. Le sventure dell'im- pero orientale furono aumentate dal- le eresie che in vari tempi insor- sero, e dai vari scismi e divisioni colla Chiesa romana, e a poco a poco venne conquistato con fana- tismo religioso dai Maomettani {Ve- di) , che finirono con impadronirsi nel 1 4^53 di Costantinopoli, dando termine all'impero orientale. Verso 1' 887 l' autorità de' patriarchi di Costantinopoli non solo si era este- sa sull'oriente, ma anche in parte d'occidente in Sicilia, Puglia e Cala- bria 0 reame di Napoli. Le chiese ad esso soggette erano ottantatre me- tropoli con giurisdizione sui vescovi suffragane"!; trentanove sedi distin- te con titolo arcivescovile onorario, chiamate autocefale, perchè non e-

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sercitavano diritto metropolitico, ad alcun metropolitano erano sog- gette, dipendenti bensì dal patriar- ca di Costantinopoli, cui obbediva- no 563 vescovi, e fu considerato il capo della Chiesa orientale, mentre nella gerarchia ecclesiastica s'ebbe il primo posto dopo il sommo Pon- tefice. Parlandosi a Grecia di quan- to riguarda la Chiesa orientale, ri- levammo come gl'imperatori greci, non contenti d'avere gigantescamen- te ingrandito la giurisdizione de' pa- ti iarchi di Costantinopoli, tentaro- no assoggettarsi la Chiesa romana, con procurare che fossero creati car- dinali gli orientali, indi eletti Papa, e riportammo il novero de' greci sublimati a questa dignità; gli altri orientali elevali al pontificalo sono ì seguenti, oltre gli africani s. Vit- tore 1 e s. Melchiade. I santi Pie- tro principe degli apostoli, E vari - sto, Aniceto e Zosimo ; Giovanni V e Conone ; s. Sergio I; Sisinnio e Costantino; ed i ss. Gregorio IH e Zaccaria.

Otto sono le principali nazioni cristiane dimoranti in oriente, se- condo Giuseppe Simoni o Assemani, che con riti, lingue e prelati par- ticolari, ne formano altrettante chie- se, e sono le seguenti. La piima nazione è quella de' Greci {Vedi), che sono soggetti principalmente al patriarcato di Costantinopoli, e dalla Grecia ed isole dell'Arcipelago sten- dendosi negli altri tre patriarcati più antichi dell'oriente, partecipano co- munemente i loro donimi e riti agli altri orientali. La seconda de' Mei- chili [Vedi), che servendosi nelle sa- gre liturgie e divini uffizi insieme colla greca anche della lingua ara- ba , vivono nella Fenicia sotto l'ob- bedienza de' patriarchi indebiti di Alessandria, di Antiochia e di Gè- vol. nix.

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rusalemme , uniformi in tulio ai greci del patriarcato di Costantino- poli , e solamente differenti nella lingua araba. La terza de' Ritieni ( Vedi ), i quali quanto al rito convengono intieramente coi greci del patriarcato costantinopolitano, e differiscono solamente da essi quan- to alla lingua rutena, che da loro adoperasi ne' divini uffizi in vece della greca. La quarta de' Caldei [Vedi), seguaci di Nestorio : ha que- sta nazione il patriarca di Mossili presso l'antica Ninive, ed oltre il fermentato nel santo sagrifizio co- mune agli orientali sopraddetti , si serve di riti particolari e della lin- gua caldea negli uffizi divini, e sten- desi dalla Mesopotamia e Caldea sino al Malabar nell'Indie orien- tali. La quinta degli Armeni [Vedi): seguono questi gli errori (eccettuati i cattolici, ed altrettanto dicasi degli altri coi patriarcati summentovati) di Eutiche; usano per materia nell'Eu- caristia l'azimo, e sono di rito in tutto differente dalle nazioui anzidette , siccome anche nella lingua dai po- poli di oriente fra' quali abitano. Hanno quattro patriarchi, uno nel- l'Armenia maggiore, l'altro in Per- sia o Ezmiaziu, il terzo nella Cili- cia, il quarto in Costantinopoli. La sesta de Copti o Egiziani (Vedi), abi- tanti nelle provincie dell'Egitto : sono seguaci degli errori di Eutiche e Dio- scoto, ed osservanti dei riti della chiesa antica Alessandrina, nella lin- gua però coptica o egiziana; e quan- to al salterio usano la lingua ara- ba. Risiede il loro pa Inarca nel gran Cairo, la di cui giurisdizione si esten- de sino all'Etiopia: perciò gli abis- sini o etiopi cristiani abbracciano i dommi e riti de' copti, benché si servono ne' divini uffizi della lingua etiopica e non della coptica. La set- 8

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ti ni a de' Siri-Gìacobìli (Vedi), di- moranti nella Mesopotamia: hanno un patriarca residente presso la cit- tà di Mardiu ; e quanto agli erro- ri sono in tutto conformi ai copti o egiziani ; quanto poi al rito , si servono della lingua siriaca, e sono nel l'ito conformi ai maroniti , ec- cettuatane la materia dell'Eucaristia, che dai maroniti si adopera in azi- mo, e dai giacobiti in fermentato. L'ottava finalmente de' Maroniti [Fedi), abitanti nel Monte Libano e nella Fenicia, e sparsi in diverse parti della Siria e Palestina: si man- tengono questi nella fede cattolica sotto l'obbedienza del proprio pa- triarca antiocheno , che loro viene confermato (come quelli delle altre nazioni cattoliche greci-melchiti, siri, caldei, armeni ) dal sommo Ponte- fice romano ; celebrano nella lingua siriaca, con rito proprio della loro chiesa. L'Assemani morì nel 1768, laonde ai citati ed altri articoli si parla delle posteriori notizie delle mentovate ed altre nazioni orien- tali, come Grecia, cattoliche che scismatiche, e delle missioni catto- liche ne' paesi delle seconde, quan- do non hanno vescovi ortodossi. Al- le tre biografie degli Assemani so- no notate le loro opere riguardanti gli orientali, e molte se ne vedono registrate ai loro articoli. In questi si riportarono le provvidenze ema- nate dagli orientali, e sui loro riti e lingua: Benedetto Xlll per to- gliere gli abusi che nascevano nelle chiese di Roma alla celebrazione delle messe degli orientali, ove per curiosità concorreva gran popolo , con decreto de' 6 dicembre 1725, presso il Lamberlini, De canon. ss., lib. 1, cap. 38, stabilì che non po- tessero celebrare senza licenza del cardinal vicario, altrimenti celebra*-

ORI sero privatamente. Tutti gli orien- tali cattolici dipendono dalla Con- gregazione di propaganda fide.

JNel 477 fu celebrato un conci- lio, che porta il nome di Oriente, nel quale Pietro di Foulon fu scac- ciato da Antiochia, e gli fu sosti- tuito Giovanni d'Apamea, il quale venne anch'esso espulso dopo tre mesi ; fu poi sostituito in Antiochia un uomo pio. Diz. de'concilii. Dalle Epistole di s. Gregorio I del 5go , abbiamo che la santa Sede a quel tempo possedeva anche de'patriuao- ni nell' oriente, de'quali trattarono l'Alemanni, De Laler. pariet. cap. 5; il Bianchini, in Anast. t. II, p. 3oi; ed il Cenni, Disseti. Dall'orien- te ogni anno solevano mandarsi in tributo a Roma i garofani alla Chie- sa di s. Giovanni in Lacerano [Fe- di), e l'opobalsamo per ardere nei Lumi [Fedi), ove si disse che pro- veniva ancora dalla possessione che la chiesa romana avea in Babilo- nia. A Gerusalemme si notò che tutti gli stabilimenti cattolici d'orien- te, tranne quello di Cairo ch'è sot- to la protezione dell'Austria, sono sotto il protettorato della Francia, del qual protettorato si parlò me- glio a Grecia : sugli istituti fran- cesi iu oriente, e sulla protezione cattolica che fece sempre parte dei diritti della Francia, meritano es- sere lette le due lettere prodotte dal benemerito cav. Artaud, Storia di Leone XII, t. II, cap. 3i. Ab- bfamo: Pietro Halloix gesuita, Il- lusi riunì ecclesiae orienta lis scripto- rum, ani sanctitate, j'uxta et erudi- lione Jloruerunt, vitae et documen- ta, Duaci i633. Michaelis Le Quien domenicano, Oriens christianus in auatuor patriarchatus digestus, quo exhibentur ecclesiae, palriarchae,cae- terique praesulcs totius orienti*, Pa-

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risiis 174°- M ciotto cardinal Ange» lo Mai nella solenne accademia di religione cattolica in Roma, de' io maggio 1 838, lesse un eruditissimo ragionamento : Sulla pubblicazione da farsi, nella maggiore ampiezza possibile, delle opere religiose orien- tali, di cui tanta copia abbiamo nelle nostre pubbliche biblioteche. Di questo importante argomento ne ri- porta l'estratto il num. 44 del Dia- rio di Roma. Parlò dell'ebraico, del siriaco, dell'arabo, che volgarmente si crede linguaggio soltanto dell'isla- mismo, ma che da più secoli deve chiamarsi il linguaggio del cristia- nesimo orientale; indi del cotto, delle lingue etiopica, armena, gior- giana, e della slava e sue moltipli- ci diramazioni. Vedasi del p. Pie- tro Bandini domenicano: Dissert. della necessità che hanno oggi co- loro, cui lo stato, la professione e il genio chiamano ai biblici studi, di coltivare lingue orientali per ar- restare il progresso del razionalis- mo, ec. Firenze i84«- A Lingua si parlò degli idiomi orientali. Nel 1804 fu pubblicata dalla tipografia di pro- paganda fide : Professio orthodoxae tìdei ab orientalìbus facicnda, jussu Urbani Pili edita, cimi interpre- talione latina. Ivi nel 1739 si die alla luce : Ada orientalis ecclcsiae ronlra Lutheri haeresim monumen- tisi notis, ac dissertationibus illu- strata, una cum epistola Cristopho- ri Ranzovii adversus lulheranorum errores. Abbiamo di A. Mazzoldi: Delle origini italiche e della dif- fusione dell' incivilimento italiano all'Egitto, alla Fenicia, alla Gre- cia, e a tutte le nazioni asiatiche poste nel Mediterraneo , Milano 1846.

ORIENZO (s.), vescovo d'Auch in Guascogna. Governò la sua chic-

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sa dall'anno 3s3 fino al 364) e il adoperò con molto zelo alla con-- ■versione degli ariani e degl'idolatri che abitavano alle falde dei Pire- nei. Le pene e le persecuzioni che egli ebbe a soffrire non servirono che a purificare il suo cuore, e a far risplendere l'amore di cui era infuocato per la gloria di Gesù Cri- sto. Il suo culto fu sempre celebre nella città di Auch, che l'onora fra i suoi patroni a'5 di maggio, e ne conserva il corpo nel monastero del di lui nome. Nel 1 354 la città di Tolosa ottenne una parte delle reli- quie di questo santo vescovo, eh' è nominato nei più antichi martiro- logi, ma sotto diversi giorni.

ORIGENE. Nacque in Alessan- dria d'Egitto l'anno i85, sopran- nominato Adamanzio o Diamanti» no, e Calcentero, cioè viscere di bronzo, a cagione della sua appli- cazione instancabile al lavoro. Leo- nida suo padre, che dicesi essere stato vescovo, l'educò con cura nel- le sacre scienze e nella pietà, ove fece mirabili progressi. Ebbe in maestro Clemente Alessandrino, e d'anni 18 gli successe nell'uffizio di catechista, o di capo della scuola cristiana d'Alessandria, e numerosi furono i suoi uditori cristiani e ido- latri : fortificò i primi nella fede, e converti la maggior parte de'se- condi. Insegnava alle donne e agli uomini, e volendo mettersi al co- perto d' ogni calunnia, si fece egli medesimo eunuco, sia col mezzo di qualche medicamento, sia col ferro, prendendo troppo alla lettera ciò che Gesù Cristo dice nell'evangelo degli eunuchi volontari. Si recò a Roma nel 2 11, spinto dal desiderio di vedere l'illustre chiesa così an- tica, ch'era allora governata da Pa- pa s. Zeferino. Poco vi si tralten-

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ne, e tornato in Alessandria ripre- se le funzioni di catechista. Nel ii5 fece un viaggio in Arabia, e Tanno seguente passò in Palestina, e si stabilì a Cesarea, dove il vescovo Teottisto lo fece predicare, benché non fosse che laico. Demetrio ve- scovo d'Alessandria se ne formaliz- zò, e richiamò Origene, il quale fe- ce poco tempo dopo un viaggio in Antiochia per ordine dell'impera- trice Mammea, che l'avea chiamato per sentirlo parlare sulla religione cristiana. Dopo qualche tempo si restituì in Alessandria, dove conti- nuò ad insegnare e a scrivere fino al 228, nel quale con lettere com- mendatizie del suo vescovo portos- si in Acaia. Passando da Cesarea, Teottisto e s. Alessandro di Geru- salemme con altri vescovi l'ordina- narono sacerdote d'anni 43, benché eunuco. Ciò irritò Demetrio che scrisse da per tutto contro di lui, e persuaso da forti ragioni lo scac- ciò da Alessandria quando vi ri- tornò, lo depose dal sacerdozio, e lo fece condannare da due concilii nel 23i. Origene ritornò in Roma nel 248 per difendere la sua causa avauti Papa s. Fabiano, indi riti- rossi in Cesarea, ove stabilì celebre scuola, ed ebbe per discepoli i ss. fratelli Gregorio Taumaturgo e Ate- nodoro, e molte altre persone illu- stri per virtù e scienza. Fece in seguito un viaggio in Cesarea di Cappadocia, quindi ad Atene e nel- l'Arabia, dove ricondusse alla vera fede Berillo vescovo di Boslra. Chia- mato nell'Arabia da un'assemblea di vescovi, per disputar contro gli eretici che pretendevano morissero le anime col corpo, e che risusci- tassero con lui, li convinse e conver- tì. Soffrì molto e con coraggio eroi- co nella persecuzione di Decio; tilt;

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tavolta si narra che fece sembianza di offrire incenso agi' idoli, per sor- tire di prigione; ma questa è una calunnia inventata da'suoi nemici, poiché è certo che soffrì costante- mente i più crudeli supplizi, ben- ché uon sia morto nella- tortura, e terminò di vivere nel 253 in Tiro, d'anni 69. Innumerevoli sono le opere che scrisse, che s. Epifanio disse seimila, e s. Girolamo dichia- rò essere difficile leggere tutti i di lui libri. Quelli che realmente gli appartengono, e de'quali ce ne resta una parte, sono: 1. Essapli, Ottu- pli e Telrapli, cioè le edizioni del- la Scrittura a sei, a otto e a quat- tro colonne. 2. Sulle Cantiche. 3. Lettera a Giulio Africano sulla storia di Susanna, 4- »$*w primi ven- ticinque salmi. 5. Sulla risurrezio- ne. 6. Lamentazioni. 7. Stromati. 8. Sulla Genesi. 9. Sui principii. io. Su s. Giovanni. 11. Della pre- ghiera. 12. Sull'Esodo. i3. Ome- lie sui Giudici. i4- Omelie sull'e- pistola ai romani e su s. Luca. 1 5. Esortazione al martirio, 16. Su Isa- ia. 17. Su Ezechiello. 18. Lettera a s. Gregorio Taumaturgo. 19. Sui Cantici. 20. Omelie sui salmi, ai. Su s. Matteo. 11. Sull'epistola ai romani. 23. Omelie su Geremia. i\. Su Ezechiello. 2 5. Sulla Ge- nesi. 26. Sull'Esodo. 27. Sui Le- viti. 28. Sui Numeri. 29. Sulla pri- ma epistola ai tessalonicensi. 3o. Sui piccoli profeti. 3i. Contro Cel- so. 32. Omelie sopra Giosuè. 33. Sul principio de' libri de' Re. 3q.. Sul- la Pitonessa. 35. Sui Cantici. 36. Sopra Isaia. 3j. Sugli Alti degli apostoli. 38. Sull'epistola agli e fé- sii. 39. Sull'epistola ai colossesi. 4°. Sull'epistola a Tito. 4 1 Sull'epistola agli ebrei, ^n. Molte omelie sulla sles- sa. 43. Molti scrini sul salmo 5o,

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sui Proi'erbii, e su alcune parti del- la Scrittura. 44- Molte lettere su diversi argomenti, ec. Gli furono attribuite altre opere non sue, quin- di aumentati gli errori e le false dottrine di cui fu imputato. La mi- gliore edizione di sue opere la fece nel 1733 in Parigi il p. Carlo de la Rue benedettino di s. Mauro. Gli furono altresì attribuiti molti erro- ri; si disse, dove Origene scrisse be- ne, niuno meglio di lui; dove male, ninno peggio. Fu tenuto per ere- tico, condannato e scomunicato. Quelli che lo difendono osservano che quando anche Origene avesse avanzato degli errori, ovvero glie se ne imputarono molti di più, non dovrebbesi considerare eretico, tan- to perchè non gli ha avanzati che come questioni problematiche, du- bitando e sottomettendo i suoi pen- sieri al giudizio della Chiesa, quan- to perchè morì nella comunione cat- tolica, e quasi in mezzo ai tormenti che aveva sofferti per Gesù Cristo. Sebbene s. Girolamo notò diversi capi di sue eresie, dopo gli apo- stoli lo considerò come il più gran- de maestro e dottore delle chiese, e si sarebbe volentieri caricato del- le calunnie di cui fu gravato, pur- ché avesse potuto possedere la sua profonda scienza nelle scritture. In vita e dopo morto fu soggetto ad essere condannato e a un tempo difeso da personaggi insigni e san- ti; altri lo detestarono come il pa- dre delle eresie che nacquero dopo di esso, gli origenisti, gli ariani, i pelagiani, e persino i gnostici, i qua- li furono detti origenisti turpi, per distinguerli dagli origenisti semplici, che solo sostennero gli errori di Origene. Anche al giorno d'oggi non sono più uniformi i giudizi de'mo- dtrni circa la dottrina di Origene,

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che quelli degli antichi, ad onta che si renda giustizia alle sue vir- tù, e sia chiamato celebre dottore della Chiesa. Questo grande uomo è indubitato che sino dall'infanzia fu di costumi irreprensibili, d' un genio superiore^ d'uno spirito pro- fondo, vasto, solido., penetrante, e di eloquenza singolare. A tante ra- re qualità e virtù aggiunse un'eru- dizione universale, dotto nella scien- za delle divine scritture, eccellente nella filosofia umana, buon cono- scitore della lingua greca, e medio- cre dell'ebraica. Il suo stile è faci- le, purgato, chiaro., persuadente mas- sime nell'opere di controversia. Con- chiude il Bernini, Isl. dell'eresie, volesse il cielo siccome resta certa notizia del suo peccato, così rima- nesse speranza probabile di sua sal- vazione. Fu condannato non solo da Demetrio, ma da altri vescovi, dal Papa s. Anastasio I, censurato da s. Gelasio I, condannato dal generale concilio di Costantinopoli, o quinto sinodo del 553, e dal Lateranense del 649, e da altri concilii prima e dopo di essi . Ruffino monaco di Aquileia introdusse in Roma i suoi errori, che si sparsero ancora nel- l'Egitto, particolarmente fra'mona- ci ; ed Avito prete spagnuolo nel 4i5 circa li rinnovò nella Spagna. Vedi Origenisti.

ORIGENISTI o ORIGENIANI. Settatori degli errori di Origene (Fe- di), che abusarono de'suoi scritti. Bisogna distinguere due sorta di origenisti, cioè i discepoli di Orige- ne detti origenisti semplici, ed i se- guaci di Origene detto l'impuro, an- ch'esso egiziano, che verso il 290 insegnò che il matrimonio era in- venzione del demonio; ch'era per- messo seguir tuttociò che la passio- ne poteva suggerire di più infame;

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che bisognava impedire la genera- zione con tutti i mezzi possibili ; ed autorizzava i libri apocrifi dell'an- tico e nuovo Testamento. Da lui si chiamarono origenisti impuri i suoi discepoli, ne seguirono le abbo- rninazioni, e sussistevano ancora nel V secolo: i ss. Epifanio ed Agosti- no, che parlarono di Origene l'ini' puro, non convengono che ne' suoi errori vi abbia avuta alcuna parte il celebre Origene dottore della Chie- sa, i di cui scritti non altro respirano che l'amore alla castità. I seguaci di questo dottore sostennero che Gesù Cristo è figlio di Dio per ado- zione, che le anime umane esiste- rono prima di essere unite ai cor- pi, che i tormenti de' dannati non saranno eterni, che i demoni stessi un giorno saranno liberati dai tor- menti dell'inferno. I monaci d'Egit- to e di Palestina caddero in que- sti errori, li sostennero con perti- nacia, causarono grandi turbolen- ze nella Chiesa, ed il quinto conci- lio generale tenuto nel 553 in Co- stantinopoli li condanno, e in que- sta censura vi comprese lo stesso Origene. Per opera degli origenisti mancano molti atti sinodali intor- no alla condanna d'Origene e dei seguaci di lui. Gli origenisti allora erano divisi in due sette, che l'una l'altra seguiva tutte le fal- se opinioni, le quali si trovano nei libri di Origene. Quei che sosteneva- no che Gesù. Cristo è figlio di Dio per adozione, pretendevano eziandio che nel giorno della generale risurre- zione, gli apostoli sarebbero resi e- guali a Gesù Cristo; per questa ragio- ne furono chiamati Isocristi [Vedi). Quei che insegnavano che le anime umane hanno esistito prima di essere unite ai corpi, furono pure appella- ti Frototisli (J'edi), nome che in-

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dicava il loro errore. Non si sa per- ché questi ultimi furono chiamati anco Tetadrìli (Predi)) nome comu- ne ad altri eretici, o prevenuti del numero di quattro. Il p. Luigi Dou- cin gesuita scrisse la Storia dell' o- rigenismo, Parigi 1700. Vi è ag- giunto uno Schiarimento sopra ciò che gli antichi hanno detto intorno alla condanna di Origene nel V concilio ecumenico. Tale storia, che ad un tempo è quella di Origene e della sua eresia, piena di dotte ricerche e di narrazioni curiose, è anche bene scritta.

ORIGO Curzio, Cardinale. Cur- zio Origo patrizio romano, ammes- so nel 1686 in prelatura da Inno- cenzo XI e fatto ponente del buon governo, Innocenzo XII nel 1690 lo fece uditore di segnatura, e nel 1696 luogotenente civile dell'udito- re della camera. Quindi per l'insi- nuante e savia maniera con cui sep- pe introdursi in grazia di Clemente XI, già suo amico, fu promosso a segretario de' memoriali, indi a se- gretario di consulta, creandolo car- dinale diacono in s. Maria in Do- mnicaa'3o gennaio 17 i3. Fu ascrit- to alle congregazioni del s. offizio, del concilio, de'riti ed altre, dive- nendo prefetto della seconda, dopo essere slato legato di Bologna. Iu- tervenue a quattro conclavi, mori in Roma nel 1737, e fu sepolto in s. Eustachio, diaconia in cui era passato, e dove vivente erasi pre- parata la tomba innanzi alla sua cappella gentilizia di s. Girolamo, col semplice nome e stemma sulla lapide.

ORIHUELA (Oriolen). Città con residenza vescovile di Spagna, nel regno di Valenza, da cui è di- stante 35 leghe, e 6 da Mur- cia , sulla Segura che si altraver-

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sa su due ponti, in bella e fertile pianura che si prolunga sino a Murcia, al piede di una montagna calcare che la difende dai venti del nord, e le procura un clima dolcissimo nell'inverno, ma un po- co caldo nell'estate. E di forma oblunga, cinta di mura, con sette porte, difesa da un castello fortifi- cato, e divisa iu quattro quartieri. Le strade in generale sono bene distribuite, larghe e dritte con mar- ciapiedi comodi. Quasi tutte le ca- se sono di amena apparenza, e mol- te bellissime. Vi sono cinque piaz- ze regolari. La cattedrale d'antica struttura, con fonte battesimale, è dedicata al ss. Salvatore, avente contiguo 1' episcopio. Il capitolo ha cinque dignità, prima essendo il de- cano, sedici canonici compresi il teo- logo e il penitenziere, dodici por- zionari e altrettanti con metà di prebenda, diversi beneficiati e altri preti e chierici. Vi si venerano mol- te reliquie : quattro porzionari han- no la cura dell'anime. Vi sono no- ve conventi di religiosi, tre mona- steri di monache, diverse confrater- nite e seminario. Oltre la cattedrale vi sono altre due chiese parrocchiali con battisterio, fra le quali quella di Mostra Sènora di Monteserrato; tre ospizi o ospedali, uno de'quali pegli esposti, un collegio dipendente dal- l' università di Valenza, tre biblio- teche, anfiteatro, caserme di caval- leria e diverse fabbriche. E patria di d. Fernando di Loaces giurecon- sulto, di Anastasio Vives di Roca- mura vescovo di Segorve, e degli storici Garda e Francesco Martinez. La pianura di Orihuela è celebre per la sua fertilità; forma un se- guito di giardini in cui aranci , cedri e frutti spiegano di continuo le loro ricchezze ; i legumi e gli

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erbaggi vi sono saporiti e delicati, e la biada vi cresce in abbondan- za. L'antichità di questa città si perde nella oscurità de'tempi. I car- taginesi la presero ai contestani; passò poscia sotto il giogo de' ro- mani, e da questi in potere de'go- ti, da cui ricevette il nome di Or- zitella; i mori se ne impadroniro- no nel 71 5, e la chiamarono Or- guella, onde poi fu appellata Ori- huela, Origliela, Orvela, in latino Orcelis, Orcilis, Orcellis. Ai mori la tolse nel 1264 Giacomo 1 re d'Aragona, e la popolò di cristiani. Nel 164.8 fu danneggiata dalla pe- ste, ed un trabboccameuto della Se- gura ne distrusse gran parte nel 1 65 1 . Presa nel 1 706 da Bellenga vescovo di Murcia, fu abbandonata al saccheggio. Molto soffrì nel ter- remoto del 21 marzo 1829.

La sede vescovile si pretende da alcuni ch'esistesse al tempo de'goti. Certo è che fu eretta in cattedrale dal concilio di Basilea, ed ebbe per primo vescovo Pietro Ruiz di Co- rella, col titolo di governatore pel corso di tre anni; ma il Papa Eu- genio IV annullò il privilegio del conciliabolo Basileese. Giulio II ca- nonicamente l' eresse in vescovato verso il i5io, e l'unì a Cartage- na, dalla quale venne poi disgiun- ta nel i553 da Giulio III, o da Paolo IV, se deve credersi a Com- manville. Fu ed è tuttora suffra- ganea della metropoli di Valenza. Gregorio Gallo di Burgos, teologo di Salamanca, prese possesso di que- sta sede nel marzo 1 566, celebrò il primo sinodo, e nel 1577 ^u tra' sferito a Segovia. Il secondo sinodo fu tenuto dal vescovo Giuseppe E- steva di Valenza verso il 1 5g4, in- di venne traslato a Tarragona. Le Notizie di Roma registrano i se-

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guenti vescovi, i 738 Gio. Elia Go- mez Theran di Madrid. 1760 Pie- tro Albornoz-y-Tabies di Valenza. 1767 Giuseppe Tornio della dioce- si di Valenza, traslato da Tricomio in parlibus e suffraganeo di Valen- za. 1791 Antonio Despuig-y-D allie- to (Vedi), poi cardinale. 179? Fran- cesco Saverio Cabrerà di Badajoz. 1797 Francesco Antonio Cebrian- y- Falda ( Vedi), indi cardinale. 1 8 1 5 Simone Lopez filippino della dioce- si di Cartagena. Essendo traslato all'arcivescovato di Valenza, Leone XII dichiarò nel concistoro de' 27 settembre 1824 l'odierno vescovo monsignor Felice Herrero di Val- verde nato in Fuenlabrada arcidio- cesi di Toledo, già parroco di To- ledo, canonico di Solsona e vica- rio generale. Ampia è la diocesi , contenente più luoghi. Ogni vesco- vo è tassato di fiorini 1200, con circa 4^j00° monete di rendita, gravata di antiche pensioni.

OR. IMMA, Orymma, Orimena, Rhimna. Sede vescovile della prima Panfilia, nell'esarcato d'Asia, sotto la metropoli di Side, eretta nel IX secolo. Ebbe per vescovi Paolo che fu al concilio d'Efeso; Teodoro in- tervenne al VI generale, ed a quel- lo di Trullo j Stefano al VII gene- rale; Chiliano contemporaneo di s. Tarasio; Metodio assistette al con- cilio di Fozio. Oriens chr. t. I, p. 1 oo4-

ORIMONE, Orima, Vrima, Su- rima. Sede vescovile dell'Eufratena, metropoli d'Antiochia, sotto l'arci- vescovato di Gerapoli, eretta nel V secolo. Maca suo vescovo interven- ne al concilio di Calcedonia. Siria sacra, p. io 5.

ORIOL Pietro, Cardinale. V. Aureolo Pietro, Cardinale.

ORISTANO (Arborea). Città con

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resideuza arcivescovile in Sardegna, divisione del Capo-Cagliari, capo- luogo della provincia di Busachi, nel distretto del suo nome, a 18 leghe da Cagliari, presso la riva si- nistra dell'Oristano o Tirsi. E in feconda pianura, e sebbene per ca- gione delle vicine paludi non goda della miglior salubrità, viene però compensata abbondantemente dalla fertilità del terreno, che forse in tutta l'isola non si trova l'eguale. Abitata da circa 6000 persone, han. no ivi sede le autorità civili ed ec- clesiastiche della provincia. Vi sono vecchie muraglie diroccate, di piedi di altezza, con diversi popolo- si sobborghi. La cattedrale è sotto l'invocazione di Maria Vergine As- sunta, con battisterio, ed è assai spaziosa e bella, e colpisce l'occhio di chi l' ammira per l'isolato suo campanile di originale struttura. Vi è un' altra chiesa parrocchiale col sagro fonte; i conventi pei religiosi sono dieci, essendovi gli osservanti, i cappuccini, i domenicani, gli scolo- pi che insegnano nel collegio, con due monasteri per le monache Cla- risse e cappuccine; vi sono inoltre sette confraternite, l'ospedale assi- stito dai benefratelli, il monte di pietà ed il seminario. Il palazzo arcivescovile è prossimo alla metro- politana. Il suo golfo presenta la figura d'un orecchio umano, e per la poca sua sicurezza riesce d'osta- colo all'accesso. Il porto all'imboc- catura della riviera è però vasto, ed il molo assai bello; vi è in vi- cinanza una gran torre, e due ma- gazzini pei grani, di cui si fanno abbondanti esportazioni. E nota in tutta l'isola la fiera che ha luogo in settembre, e vi accorrono d'ogni intorno mercauti. Circa un miglio in distaoza trovasi il ponte costrut-

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to sul fiume Tirsi, di assai difficile struttura, con tre archi. Sulla costa sonovi delle saline e pesche di ton- no. I dintorni, oltre le miniere di mercurio, producono soprattutto ec- cellente vino vernaccia. Dicesi che questa città sia l'aulica Usai o Uselli di Tolomeo, fondata da Oz- zoco od Onroco I giudice e rego- lo di Arhorea nel 1070: altri cre- dono aver desunto il moderno suo nome di Oristano o Oristagni., dal vicino stagno dell'antica contrada o villa""io di Ores, forse moderna -

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mente Ur-as, e che poi l'ha dato al vasto golfo. Fu già residenza dei potenti giudici d' Arhorea, il qual nome di una delle quattro provin- cie dell'isola, è stato anche alla cit- tà promiscuamente talora appropria- to, per cui molli geografi vennero indotti iu errore, credendo che Ar- horea fosse stata cittàj e confon- dendola con Oristano. Popolata in detto tempo dalla distrutta città di Thavos, o Tharos, o Temo, o Ter- no , divenne capoluogo della pro- vincia, ebhe i suoi signori particola- ri col titolo di marchesi, e sino al- l'ultimo di questi fu molto più po- polata. Fu soggetta agli aragonesi, col restante dell'isola di Sardegna, i quali nel principio del loro domi- nio investirono un ramo discenden- te dai giudici d'Arborea del detto marchesato d' Oristano, e lo tenne per varie generazioni, finché Leo- nardo 11 fendutosi colpevole di fel- lonia, nel i477 d'ordine del re Al- fonso V venne condannato a mor- te, e cessò di vivere nelle prigioni di Xativa. Nel 1637 un'armata fran- cese, comandata dall'arcivescovo di Bordeaux e dal conte di Harcourt, sbarcò nel porto e s'impadronì po- scia della città.

La sede vescovile vi fu trasferita

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dall'antica città di Thavos o Tha- ros, regnando il suddetto Ozzoco I, che per essere la capitale della pro- vincia di Arborea, fu cagione che alcuni scrittori errarono anche nel- le descrizioni delle sedi vescovili , credendo Arborea nome di città, perchè in varie vecchie carte si legge nella serie de* vescovi ori- stauesi, promiscuamente arcivescovi di Arborea e di Oristano, sino ad opinare che fossero due sedi di- stinte, quando che in realtà una sola indicano ; dovendosi distingue- re il nome della provincia Arbo- rense, da quello della capitale Ori- stano, sede del vescovo, come op- portunamente avverte il benemerito can. Dima, Serie cron. degli ar- cìv. e vesc. del regno di Sardegna, parlando di questo arcivescovato, con dichiarare che la serie de' pa- stori oristanesi e gli schiarimenti ad alcuni dubbi, sono notizie rac- colte da d. Gianfraucesco Simon, ed a lui somministrate dal presen- te arcivescovo. Proponendoci a que- sl' articolo trattare della città e ar- civescovato, nel dare di ciò un cen- no a Arbora o Arborea, confessia- mo averla chiamala città di cui ap- pena si vedono le rovine, per se- guire i geografi e storici che cosi la nominano, e Commanville quan- to alle date. La sede vescovile di Thavos, Tbaros o Temo vuoisi pertanto eretta nel VI secolo, e nel XI trasferita a Oristagno, ciò con- fermando una lettera di s. Grego- rio VII del 1073, scritta ai quat- tro giudici di Sardegna, come an- tico dominio della chiesa romana. Commanville la chiama arcivesco- vile nel secolo XII, e registra per suffraganei, Temo in tal secolo tra- sferito a Oristano, s. Giusta di cui parleremo, Ales (Fedi) civitas Cai-

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dellina «oppresso e unito a Orista- no in detto secolo, e Usai o U selli {Fedi) trasferito ad Ales nel XVI secolo. Attualmente Oristano ha per suffraganee le sole sedi unite di Ales, Usai e Terralba [Vedi). L'arcivescovo però s'intitola, per grazia di Dio e della santa Sede arcivescovo d' Oristano, vescovo di santa Giusta, vessillario di santa romana Chiesa, inquisitore ordina' rio, ec. Ecco la serie degli arcive- scovi d'Oristano.

Dell'arcivescovo Arborense qui tra- sferito regnando Ozzoco I, non si han- no notizie, come de'successivi prelati sino al iio5, in cui celebrandosi la solenne consagrazione di s. Maria di Saccargia e ss. Trinità, solo si leg- ge che tra gli altri intervenne : Su donnu de su archiepiscopu de Ari- Stanis. Il secondo arcivescovo fu Co- nuda del Mar ossia de Lacono,dei prelati conosciuti, che assistette alla consagrazione della chiesa di s. Ma- ria di Bonarcado e viveva ancora nel li 85. Nel 1192 Giusto, che patì fiere persecuzioni e forse mo- rì verso il i2o3. Indi nel i2o3 Omodeo, nel 121 1 Bernardo che eseguì molte critiche commissioni affidategli da Innocenzo III e da O- norio III, il quale però lo scomu- nicò per aver prestato soccorso a due pisani contro il suo divieto, ma morì in grembo alla Chie- sa cattolica. Nel 1218 fr. Pietro I che celebrò il sinodo; nel 1225 Teodorico; nel 1227 Torgodorio deMuru, il quale col soccorso del regolo ossia giudice d' Arborea, difìcò la cattedrale. Nel 1 2^ 1 Edip- po, nel 1260 Omodeo, nel 1273 A leardo che consagrò un altare in Villa Urbana, nel 1289 Pietro II che per lo più visse in Roma tra i domestici prelati di Bonifacio VIII.

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Nel 1296 Scholay, nel 1299 Ala- manno, che però non prese posses- so, per essere stato fatto vicario di Roma, e morì nel medesimo an- no. Nel i3oo fr. Consiglio Gatto domenicano, già cappellano e con- fessore di Martino IV, traslato a Conza; nel i3ot fr. Leonardo I Aragal minorità, trasferito da Tri- carico; nel i3o4 fr. Guido Dome- nicano di Cipro, creato da Benedet- to XI ; nel i3o6 Oddone I poi di Pola ; nel i3o8 fr. Oddone II Sala domenicano, già vescovo di Ter- ralba, quindi di Pola, poi arcivesco- vo d' Oristano ; celebrò il concilio provinciale e nel i3i2 passò alla sede di Pisa, quindi patriarca d'Ales- sandria e amministratore di Mon- tecassino, fu al concilio di Vienna. Nel i3i2 fr. Guido Cipriano francescano; nel i320 fr. Guido Cattano pur francescano, di cui si ha l' opuscolo : De usu honorum temporalium Christi, et discipulo- rum e/us, che si conserva nella ve- neta biblioteca di s. Marco ; inter- venne col figlio del giudice d' Ar- borea alla coronazione d'Alfonso IV re d'Aragona. Nel 1342 Gio- vanni I; nel 1 349 Nicolò I, già di Squillace e di Melfi; nel i354U- bertino; nel 1 36-4 circa Gonnario I; nel i382 Gonnario II; nel 1 388 Leonardo II; nel 1392 Conrado da Cloaco genovese, già di Sulci e d'Amelia, poi trasferito a Noli; nel 1397 Ubaldino Cambi Buona- mici di Cortona, prima arcivescovo di Torres ossia Sassari; nel i4oo Marino Fabario napoletano; nel 1 4o3 Paolo Oleni traslato da Cal- cedonia in partihus, incaricato di diverse commissioni da Bonifacio IX; nel i4<>3 Bartolomeo sanese, indi di Massa Marittima; nel 1 4°4 fr. Nicolò II Benito domenicano, già

ORI di detta chiesa e di quella di Tre- viso ; nel i4o6 Bertrando che in- tervenne al concilio di Pisa, in cui fu eletto Alessandro V. Nel i4>8 fr. Elia minorità, nel ì^3j Loren- zo Schinto, nel \/^5o Gregorio At- tacco, già vescovo di Trevico o ca- nonico ; nel i454 Giacomo com- mendatario di s. Angelo Frigello ; nel 1460 F. Arnesti ; nel 1470 Giovanni II Dessi; nel 1 4^4 Fer' dinando Romano chierico cesarau- gustano;nel i492 Giacomo Serra [Fedi), poi cardinale, in tempo del quale Giulio II con bolla del 27 novembre i5o3 unì ad Ori- stano perpetuamente la sede vesco- vile di s. Giusta, di cui come dei suoi vescovi daremo il seguente cenno, con l'autorità del lodato can. Bima.

La sede vescovile di s. Giu- sta, sanclae Justae , riconosce la tua prima epoca sul finire del se- colo X!. Risiedeva il vescovo nella città di s. Giusta, divisione del Capo Cagliari, sulla riva del vasto stagno del suo nome, circa una le- ga lunge da Oristano, di cui og- gi ne rimane appena la memoria in un villaggio di questo nome, e dicesi con «3oo abitanti. La cat- tedrale era dedicata alle sante mar- tiri Giusta, Giustina ed Enedina. 11 capitolo si formava del decano e dodici canonici, oltre ad alcuni altri beneficiati preti e chierici. Il primo vescovo di cui abbiasi certa memoria è Agostino; vi sono anco- ra non dubbi indizi di Effisio che si qualificò vescovo di s. Giusta in un diploma antichissimo forse del 1080. È indubitato che il primo vescovo è Agostino del 11 18, che nel seguente anno intervenne alla dedicazione della chiesa di s. Sa- turnino in Cagliari : ne furono suc-

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cessori, nel 1 1^5 Paucapelea che assistette alla consagrazione della chiesa di s. Maria di Bonarcado e alla donazione del regolo d' Arbo- rea Baiisone; nel iifoUgoneche da detto regolo fu mandato con due altri ambasciatori genovesi a Federico I imperatore, ond' essere coronato re di Sardegna il mede- simo Barisone, scacciati dall' isola i pisani. Nel 1228 Pietro de Martio che sottoscrisse la donazione del bosco d' Averqueda fatta al mona- stero di Bonarcado; nel 1269 Mar... intervenne al concilio tenuto in Bonarcado; nel i3o6 Giovanni in- tervenuto a quello di Vienna e al sinodo provinciale d' Arborea te- nuto dall' arcivescovo d' Oristano Oddone II; nel 1 3 1 8 fr. Federico domenicano di Sardegna; nel 1 33 i fr. Jacopo Cuccino domenicano, che legò molti beni al suo convento di Pisa; nel 1 349 "'• Palazino mino- re osservante; nel 1 354 Bernardo già d'Isola; nel 1387 fr. Serafino Travagio di Trio minorità, traslato da Reggio di Lombardia ; nel 1397 Geminiano; nel 1 4o 1 fr. Domeni- co minorità; nel 1428 fr. Ettore domenicano; nel i43o Antonio; nel i433 fr. Pietro de Vellena mi- norità ; nel i5co Gaspare che in- tervenne al concilio Lateranense V, dunque sembra che sotto il seguen- te arcivescovo, quello d'Oristano s'intitolasse anche vescovo di s. Giusta con giurisdizione ordinaria. Vedasi il Mattei, Sardinia sacra, de ecclesia Aiborensis p. 2 33, de ecclesia sanclae Justae p. 253.

Nel 1 5 1 1 fu fatto arcivescovo d'O- ristano, indi anche vescovo di s. Giu- sta, Pietro Serra de Mugnoz, che fu al mentovato concilio generale . Gli successero: nel i5i7 Giovanni III Briselotto carmelitano, già di Beri-

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to in partibus e suffraganeo di Carnbray, governò a mezzo d' un vicario e morì universalmente com- pianto dai letterati; nel i520 Gio- vanni IV de Claray canonico di Carnbray, benché d'anni 20; nel i58o Agostino Grimaldi (Fedi), traslato da Grasse e Majorca, poi cardinale; nel 1 53 7 Carlo de Ala- gon che Paolo 111 nominò col ve- scovo d' Ales a sedare le differenze insorte tra l'arcivescovo di Caglia- ri, capitolo e consiglieri della città, colla moslie del viceré Cardona. ed intervenne al concilio di Trento. Nel 1 554 Andrea Satina, già d' A- les e Terralba ; nel i556 Pietro Sauna, già canonico della chiesa

primaziale; nel iJ Gioire Rug-

giassons, ma si crede solamente e- letto ; nel 1 565 Girolamo Barbara, pubblicò il concilio di Trento e celebrò quello provinciale ; nel i5y4 Pietro Buerba canonico regolare di s. Agostino; nel 1578 France- sco Fico di Sassari; nel 1 588 An- tonio Canopoli di Sassari, nel 1620 trasferito alla patria, ove fondò il seminario; nel 1G21 d. Lorenzo ]\ietto benedettino, traslato da Ales e da Alghero con somma lode, in- di arcivescovo di Cagliari; si nota che nel 1606 l'arcivescovo d'Ar- borea Alfonso Rieto con l'arcive- scovo di Sassari ricorsero a Roma per disputare il primato a quello di Cagliari. Nel 1627 Gavino Mu- gliano piemontese; nel i64t Pie- tro de Vico, già sino dal 1 636 coadiutore e vescovo di A micia in partibus j celebrò il sinodo, poi fu promosso a Cagliari. Nel 1657 fr. Idelfonso diSotomajor mercedario, poi di Barcellona; nel 1664 Ber- nardo Cottoner di Majorca, alla qua- le venne trasferito; nel 1672 Pie- tro de Alagou già vescovo d' Ara-

ORI purias, celebrò il sinodo e passò a Majorca; nel i685 Giuseppe Ac- corra e Fico, già d' Ampurias ; nel 1704 Francesco Masones Nin, trae- lato da Ales ove avea fondato il seminario e celebrato il sinodo, l'u- no e l'altro fece in Oristano. Nei 1726 Antonio Nin di Cagliari, ca- nonico di quella primaziale, di cui poi n' ebbe il governo e celebrò il sinodo; nel 1 744 Vincenzo Ciio- vanni Vico Torrellas già d' Ampu- rias ; nel detto anno Nicolò Mori- zio Fontana abbate commendatario di s. Maria di Cavour; nel 1746 Luigi Emmanuele del Carretto di Camerano, già preside del convitto di Soperga; riformò in più punti la diocesi, vi stabili molte pie opere, fra le quali un monte di pietà che poi divenne di grano, l'istituzione del- la buona morte e catechismo, e la riedificazione del seminario ; cele- brò il sinodo in cui si ammira la di lui pura dottrina, e lasciò di eterna memoria. Nel 1772 Antonio Romano Malingri stato superiore del convitto di Soperga, assai com- pianto ; nel 1 778 fr. Giacomo Fran- cesco Astesan domenicano, già di Nizza, con sommo zelo e prudenza; nel 1784 Giuseppe Luigi Cusani de' conti di Sanglian.0 di Vercelli, ivi già canonico prevosto ; nel 1798 Francesco Maria Sisternes d'Ori- stano, morto nel 1812; indi dopo lunga sede vacante, nel 18 19 Gio- vanni Antioco Azzei d'Oristano; nel 1828 Gio. Maria Bua d* O- scheri, ampliò di un nuovo braccio il seminario, chiamò in Oristano i sacerdoti della missione e le mae- stre pie vicentine, e mori in Nori o Nuoro di cui era amministrato- re. Gregorio XVI nel concistoro de' 27 luglio 1842 preconizzò l'o- dierno arcivescovo mousignor Gio-

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▼anni Saba dell' arcidiocesi di Ca- gliari e di essa canonico peniten- ziere e vicario generale, non che professore di sacra Scrittura nell'u- niversità, commendatore de'ss. Mau- rizio e Lazzaro. 11 capitolo si com- pone della dignità dell'arciprete, di diciotto canonici comprese le prebende del teologo e penitenziere, di alcuni beneficiati e di altri pre- ti e chierici. Nella cattedrale due preti a disposizione dell'arcivescovo hanno la cura delle anime. L'arci- diocesi è ampia e contiene più di settanta luoghi. Ogni nuovo arci- vescovo è tassato di 35o fiorini, con 5ooo scudi di rendita.

ORLANDO, Cardinale. Orlando cardinale prete del titolo di s. Marco, nel i i5i sottoscrisse una bolla di Eugenio III in favore del- la chiesa di s. Zaccaria di Venezia.

ORLEANS Giovanni, Cardinale. Giovanni d' Orleans de' duchi di Longueville, nacque in Parlenay nel Poitou, e quantunque assai gio- vane si rese chiaro non solo per la stretta parentela coi re di Francia, ma molto più per la innocenza del- la vita, per 1' erudizione e per l'e- sercizio di tutte le cristiane virtù. Ebbe 1' abbazia di Bec, poi la chie- sa di Tolosa nel i5o2 d'anni 18, e nel 1022 quella d'Orleans, a cui compartì segnalati benefizi, e tra le altre cose vi fece edificare una nobile sagrestia, pubblicando rei i525 la raccolta delle costitu- zioni sinodali. Nel i53o agli 11 dicembre ricevette in Orleans Gia- como V re di Scozia, iu occasione delle sue nozze con Maddalena fi- glia di Fraucesco I, e trovossi pre- sente alla coronazione di Eleonora d'Austria sorella di Carlo V e moglie di Francesco I. Col suo consenso i canonici di s. Stefano

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di Tolosa, che prima erano rego- lari, furono secolarizzati. Quindi ad istanza dell' istesso Francesco I ai 19 febbraio 1 533 Clemente VII lo creò cardinale prete di s. Mar- tino a' Monti, e dopo otto mesi morì d'anni 5o in Tarrascona, ove erasi portato ad incontrare il Papa che andava in Marsiglia.

ORLEANS (Aurtlianen). Città con residenza vescovile di Francia neh' Orleanese di cui fu capitale, capoluogo del dipartimento del Loi- ret, di circondario e di cinque can- toni, circa 12 leghe da Blois, il da Chartres e più di 29 da Pa- rigi, sulla destra riva della Loira. E sede dJ una corte reale da cui dipendono i dipartimenti di Loir q Cher, Indro e Loira, e Loiret; di tribunali di prima istanza e di com- mercio, corte d'assise, ec. Ha ca- mera e borsa di commercio; un'ac- cademia universitaria, la cui giuris- dizione abbraccia i detti diparti- menti ; collegio reale, società di scienze, belle lettere e arti ; biblio- teca pubblica di 2 5,ooo volumi con bella galleria ; neh' antico pa- lazzo comunale vi è il museo ; ga- binetto di storia naturale e fìsica, giardino botanico, società di carità materna e bibliche protestanti, corsi gratuiti di disegno, architettura , scoltura, botanica; scuola di mutuo insegnamento e d' equitazione, e compagnia di assicurazioni. Orleans veduta dalla riva sinistra del filane presenta il più bello aspetto; essa forma un triangolo assai irregolare, del quale il maggior lato riguarda il sud, ed era un tempo cinta da mura fiancheggiate da torri, delle quali molte esistono ancora, e da fosse che furono riempite e rim- piazzate da superbi baluardi ; altri ameni passeggi e fra gli altri il

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Grand-Mail, la cingono pure al di qua delle mura, tranne all' est. Si entra nella città per otto porte, e \i sono altrettanti considerabili sob- borghi che annunciano una grande e florida città, che si divide in quat- tro quartieri, generalmente assai be- ne fabbricata con magnifica strada reale, sul cui modello si edificò quella di Borbone; la prima con- duce a piazza Matroy e al ponte superbo della Loira di nove archi. Sull' antico ponte vedevasi altre vol- te il monumento di bronzo eretto in onore di Giovanna d' Arco, det- ta la Pulcella cV Orleans: vi era rappresentata a piedi della croce , ai lati della quale si ergeva la sua statua vestila d' armature e quella di Carlo VII. Mutilato il monu- mento nelle guerre civili e religio- se, fu tolto nel 1743 di sopra al ponte, restaurato con cura e posto all'angolo della strada reale e della Yieille-Poterie, ma fu interamente distrutto nel 1793. Orleans con- tiene un grandissimo numero di edilìzi pubblici che hanno ragguar- devole architettura ; il palazzo di giustizia fra gli altri è un bel mo- numento moderno del 1821, il pa- lazzo de' Merli fabbricato sotto Lui- gi XIII, e molti \aghi edilìzi fatti all'epoca del risorgimento delle ar- ti. Fra le costruzioni gotiche cite- remo le chiese e sopra tutto la cattedrale con baltisterio dedicata alla ss. Croce, una delle più belle di Francia. Ne Ito i fondamenti il vescovo s. E u verte; incendiata insieme alla città dai normanni nell' 865, la pietà de' re di Fran- cia la riedificò. Distrutta di nuovo nel 999, la rifabbricò il vescovo Arnoult. I calvinisti avendola de- molita nel i56y, meno qualche cappella e sei colonne della navata,

ORL Enrico IV nel iSgg assegnò fondi per la sua riedificazione, ma i la- vori più. volte tralasciati ebbero so- lo a'nostri giorni compimento, e for- merà per la sua sontuosità ed ele- ganza V ammirazione de' posteri. Bella e maestosa è la facciata, con ornamenti ricchi e fioriti ; nulla avvi di più delicato e grazioso del- le sue scolture e di quelle delle due torri, le quali sono terminate da una specie di coronamento dell'ef- fetto il più pittoresco. Mirabili so- no le porte, l'audacia irregolare delle gigantesche volte, e il melan- conico aspetto che spira V interno. La cappella della Beata Vergine è di marmi bianco e nero. In questa cattedrale ebbero luogo le cerimo- nie della consagrazione e corona- zione dei re Carlo I il Calvo, Eu- des, Roberto II, Luigi VI, e Luigi VII che vi celebrò le nozze con Costanza. Inoltre vi sono altre un- dici chiese parrocchiali munite del fonte sacro, diversi monasteri e con- fraternite, ospedali pei corsi di stu- dio e pei pazzi ed esposti, grande e piccolo seminario, ampio episco- pio annesso alla cattedrale ; chiesa concistoriale riformala ; l' ospizio della Croce con corso di ostetricia, uno stabilimento ortopedico, casa di sanità e delle acque ferruginose nel sobborgo di s. Marcello, tre bagni pubblici, due de' quali sulla Loira, case di detenzione, grandi caserme e teatro. Orleans posta quasi nel centro della Francia, so- pra un immenso fiume che la fa comunicare colf Atlantico, col Reno e il Mediterraneo, e mediante ca- nali colla capitale, ebbe un com- mercio assai esteso e importanti fabbriche; però dopo la rivoluzione la prosperità ognora crescente di Havre e la ti asformazione di Pa-

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ligi in città industriale, fecero per- dere alla città, malgrado la sua fa- vorevole posizione, la maggior par- te del suo commercio, che solo po- trebbe restituirgli in parte il divi- salo canale laterale alla Loira. Tut- tavia vi sono parecchie manifatture. Questa città vide nascere un gran numero di personaggi distinti , co- me il re Roberto II; Amelot de la Houssaye celebre scrittore; Stefano Dolet stampatore, poeta ed oratore, bruciato vivo quale ateo ; Daniele Jousse e Roberto Pothier dotti giu- reconsulti ; Carlo Simmoneau inci- sore; Bongars dotto scrittore; Du- bois Gerard istorico della chiesa di Parigi; Nicola Gedoyn scrittore; Si- mon de Muis interprete dotto della scrittura; Dionigi Petavio, uno dei più celebri critici del suo secolo ; Nicola Thoynard dotto nelle lingue, nella storia e nell'antichità ; Lavas- sor, Isambert, e Maria Touchet fa- vorita di Carlo IX e madre di En- richetta di Balzac. 11 re di Fran- cia Luigi Filippo (che abdicò li 24 febbraio 1848) è del ramo secon- do de' Borboni degli Orleans, e pri- ma di sua assunzione al trono por- tava il titolo di duca d' Orleans, e nel i83o lo conferì al suo primoge- nito Ferdinando Filippo Luigi, morto infelicemente per una violenta ca- duta, e tutta la famiglia porta il cognome d' Orleans. L'Orleanese è una considerabile provincia di Fran- cia, nel quale abitò il bellicoso po- polo de' carnuti, ed una parte de' se- noni ; le sue città soffrirono l'estre- mo eccidio dagli eserciti di Cesare. Posta quasi nel centro delle Gallie, formò poi la miglior parte della deci- matela provincia romana, col nome di Senonia o Lugdunensis quarta, e l'imperatore Aureliano ne fu tanto benemerito ristoratore, che gli abi-

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tatori cambiate le antiche denomi- nazioni, si dissero aureliani. Sotto i re Merovingi l'Orleanese formò una separata monarchia chiamata il regno di Orleans, che da Clodo- veo I venne lasciato per testamento nel 5i 1 a Clodomiro suo primo- genito legittimo, dacché Teodeber- to I re d'Austrasia era nato prima del matrimonio, ed i regni di Pa- rigi e di Soissons toccarono a Chil- deberto I e Clotario I fratelli mi- nori. Erano però incorporati al re- gno d' Orleans anche il Senonese proprio, la Turenna, l' Angiò, parte della Provenza, il Delfìnato e la Sa- voia. Volle Clodomiro stabilire la sua residenza nella città d'Orleans, ed ai suoi stati riunirvi la Borgo- gna, e la tolse colla forza delle ar- mi al re Sigismondo, che fece cru- delmente morire nel 523; ma an- ch'egli venne ucciso dipoi nel 524, e due suoi nipoti furono pugnalati, ed il loro fratello Clodoaldo solo si salvò col radersi la chioma, vene- rato poi da' francesi sotto il nome di Saint- Cloud. Così lo scettro d'Or- leans passò nelle mani del loro zio Clotario I, e venne ereditato con quello di Borgogna da Gontrano suo secondogenito, il di cui lungo e saggio dominio, dal 56 1 al 393, può chiamarsi l'epoca più florida della monarcbia d'Orleans. Per ado- zione egli lasciò il trono al nipote Childeberto li re d' Austrasia, che riunì per tal modo Ire de' quattro regni di Clodoveo I; ma perito nel 5q6 per le insidie di Fredegonda, rimase per fraterna divisione al suo secondogenito Tieni li re d'Orleans e Borgogna sotto la tutela dell'ava Brunechilde. Poscia Clotario II fi- glio di Fredegonda, per tradimento de' magnati d'Austrasia, Orleans e Borgogna, se ne impadronì con inau-

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dite crudeltà nel 6 i 3, riunendo in un solo capo il reame di Francia. L' Orleanese restò compreso nella Borgogna sino a Carlo Magno, e se- gui i destini della Francia. Sotto il recime feudale ebbe titolo di con- tea, la quale fece parte dell'appan- naggio lasciato da Ugo il Grande nel 987 o 988 a Ugo Capeto suo primogenito, cbe potè dirsi il nucleo dell'attuale potente e fìorentissima monarchia. L'Orleans nel i328 fu eretto in ducato dal re Filippo VI in favore del suo figlio Filippo di Yalois, che fu il primo principe a portale il titolo di duca d'Orleans, fra' quali si distinsero Luigi figlio di Carlo V, Gastone figlio d'Enri- co IV, Filippo fratello di Luigi XIV, il di lui figlio Filippo reggente di Francia, Luigi primo principe del sangue, morto nel 17^2, il suo fi- glio Luigi Filippo che. terminò di ■vivere nel 1785, il figlio del quale Luigi Filippo Giuseppe mori nella rivoluzione nel 1793, ed il cessato re de' francesi è suo figlio. Il di lui primogenito Luigi Filippo Ferdi- nando duca di Chartres e poi d'Or- leans, per la detta fatale disgrazia perì nel 1842, lasciando due figli, Luigi conte di Parigi e Roberto du- ca di Chartres : il triste avvenimen- to e le belle qualità e valorose a- zioni del principe furono anco de- scritte dall' Album di tale anno, p. 2^7.

La città d'Orleans, di remota an- tichità , dicesi fondata da'carnuti o sciartrani , che la possedevano al tempo della conquista delle Gallie fatta da Cesare, e questi la prese 5i anni avanti l'era cristiana. Diversi storici pretendono, che fosse fabbri- cata sulle rovine dell'antica Gena- bum presa e incendiata da Cesare; ma sembra oggi provato che Gien

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occupa il luogo dove sorgeva Ge- nabuni: essa fu considerabilmente ingrandita verso il 272 sotto l'im- pero d'Aureliano, da cui venne il nome di Aurelianum, dal quale si fece Orliens e in seguito Orleans. Nel 4-5 ' Attila alla testa di 5oo,ooo uomini entrò nelle Gallie, colla speranza di facilmente conquistarle. Dopo aver incendiate varie delle principali città, arrivò il 24 giugno avanti Orleans, che destinava a piaz- za d'armi; ma sebbene incapace di resistere, incoraggiti gli abitanti dal vescovo s. Aniano o Agnano, si di- fesero valorosamente per alcuni gior- ni. Mancati i viveri , crollando le muraglie, aperta la breccia, entrati alcuni uffiziali nella piazza a par- lamentare, sopraggiunse Ezio gene- rale romano con numeroso eserci- to, onde Attila si ritirò perdendo- vi 160,000 uomini. Nel 523 que- sta città divenne la capitale del regno d'Orleans. Verso il 570 O- doacre duca de' sassoni pose l'asse- dio ad Orleans, e gli abitanti chia- mato in soccorso il re de' franchi Chilperico I , questi battè il duca sotto le mura , lo inseguì fino ad Angers, e s'impadronì di quella cit- tà, come pure d'Orleans e di tutti i luoghi lungo la riviera della Loi- ra, e li riunì alla sua monarchia. Ugo Capeto, dopo averla riunita alla corona, vi tenne un'assemblea gene- rale de' grandi del regno, onde as- sociare suo figlio al trono, e vi ri- tenne prigioniero dopo la presa di Laon, Carlo di Lorena, che vi morì nel 993. Il Papa Innocenzo II nel 1 i3i rifugiandosi in Francia fu in- contrato a Orleans da Luigi VI e da tutta la reale famiglia , che gli rese i più profondi atti di riveren- za*. Nel i4^8 gì' inglesi possessori della Normandia , della Picardi a ,

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della Sciampagna, dell'Angiò e del- la Tureiina, attaccarono anche Or- leans con memorabile assedio, men- tre il duca di Bedfort fecesi dichia- rare a Parigi reggente della Fran- cia per Enrico VI re d'Inghilterra ancora lattante. Carlo VII era per perdere la monarchia francese, e tutto era disperazione nel i4'29 > poiché il conte di Salishury strin- gendo d'assedio Orleans, questa sta- va per arrendersi. In questo punto la semplice pastorella Giovanna d'Ar- co, animata da spirito religioso, si credè destinata dal cielo a liberare il re e la Francia da' suoi nemici. Si pone alla testa dell'esercito e con prodigi di valore, dopo un assedio di dieci mesi, costrinse gì' inglesi ad abbandonare Orleans, e salvò il tro- no di Carlo VII, onde per celebrità fu detta Pulcella d' Orleans. Piti tardi caduta in mano degl'inglesi , con vergognosa vendetta, calunnian- do l'eroina come maliarda, la fe- cero bruciar viva a Rouen. La ri- conoscenza degli orleanesi fece in- nalzare ad essa il memorato mo- numento, e consagrarono il 3 mag- gio anniversario di loro liberazione. Ma la sua memoria fu ristabilita, riconoscendosi il processo che con- dannò Giovanna iniquo e pieno d'im- posture, e fu decretato alla salva- trice della Francia, in riparazione, due processioni, l'una nel luogo in cui era stata condannata, l'altra in quello del suo supplizio , ed onori di nobiltà, trasfusi alla sua fami- glia e confermali anche da Carlo X. 11 p. Menochio, Sluore t. III, p. ^4, nel descrivere la liberazione d'Or- leans, dice che nel i456 Calisto III ordinò la revisione del processo, da cui risultò l'innocenza della Pulcella d'Orleans. Delle memorabili sue ge- sta trattammo nei voi. XXVI, p.

VOI. XLIX.

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3 1 i e ség., e XXX, pag. icp del Dizionario. Nel 1 838 fu pub- blicato in Milano, da Ovido Go- wes : La Pulcella d' Orleans _, o- pcra tratta dagli atti del processo e, dalle cronache contemporanee. Iti Orleans nel 1 56o vi morì France- sco II. I cattolici l' assediarono nel i563 per liberarla dai calvinisti, nella quale circostanza Francesco du- ca di Guisa fu assassinato da Pol- trot de Mere. Dipoi sotto il regno di Carlo IX, Orleans fu insangui- nala nel massacro di s. Bartolomeo, tutti i calvinisti vi furono scannati senza pietà, non risparmiandosi donne fanciulli. In Boigni pres- so Orleans fu già il principale sta- bilimento deh' ordine militare di s. Maria del Carmine, istituito da En- rico IV. Nel 1814 Pio VII dopo essere stato da Napoleone rilegato in Fontainebleau, nel ritornare alla sua sede, onorò Orleans di sua pre- senza, sotto il titolo di vescovo d'I- mola, e la benedi con tutto il cuo- re. Orleans ebbe un tempo la zec- ca ed una università , fondata nel 1 3 1 3 da Filippo IV il Bello, che godette in diritto di qualche cele- brità, e dove furono allevati de Thou, Erasmo, Calvino e Teodoro Beza ; Pothier vi fu professore. I dintorni d'Orleans sono deliziosi e coperti di amene case di campagna : fino alla rivoluzione fu la capitale del governo generale militare dell' Or- leanese e dell' Orleanese stesso. So- no rinomati il suo canale e la sua foresta.

La sede vescovile fu eretta nel III secolo suffraganea di Sens , e nel 1622 lo divenne di Parigi, come lo è ancora, quando Gregorio XV eresse la capitale di Francia in ar- civescovato. Il vescovo fu ricco e potente; nel giorno dell'ingresso era 9

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accompagnato da cinque baroni del paese, ed avea il diritto di far met- tere in libertà tutti i prigionieri della cititi, privilegio che in seguito ven- ne limitato. Il primo vescovo d'Or- leans fu Diopelo, ma alcuni scrit- tori dicono esservene stati tre pri- ma di lui, e due il Chenu, Arch. et episc. chron., cioè A libito e Au- spicio. Diopeto assistette co' suoi de- putati al concilio di Colonia nel

346, ed a quello di Sardica nel

347. Fra i di lui successori vi so- no diversi santi, come s. Evorsio o Euverto o Evurzio , che il Butler dice morto verso il 34o, ma me- glio fiorito circa il 3j^. in cui in- tervenne al concilio di Valenza ; s. Aniauo o Egnano che mori nel 453 ; s. Prospero di lui successore ; s. Monitore, di cui trovasi menzio- ne ne' martirologi a' io novembre; s. Floscolo o Fuscolo ; s. Euche- rio; s. Teodorico 11 del io 16 circa, che abdicò nel 102 r, e morì an- dando a Roma ; il beato Filippo I del 1221; i cardinali Giovanni d'Or- leans del i52i o i522, e Antonio Sanguin del i533. Quanto agli al- tri vescovi, vedasi la Gallio, chr. t. Vili, p. 1410: i seguenti sono regi- strati nelle Notizie di Roma. 1754 Lodovico Giuseppe de Lavai de Montmorency della diocesi d'Angou- lème, poi cardinale. 1758 Lodovi- co Sestio de Jarente di Marsiglia; suo coadiutore con futura successione, Lodovico Francesco de Jaicnte Senas d'Orgeval della diocesi di Vienna, nel 1780 vescovo d'Alba in par- tibus. 1802 Stefano Alessandro Ber- nier d'Angers. 1807 Claudio Lodo- vico Rousseau di Parigi, traslato da Coutances. 18 19 Pietro Maria Rouspk de Varicourt, della diocesi di Ginevra. 1823 Giovanni Bru- mauld de Beauregard di Poitiers.

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Gregorio XVI nel 1839 fece ve- scovo monsignor Nicola Maddalena Morlot di Langres; nel concistoro de' 27 gennaio 1 843 lo trasferì al- l'arcivescovato di Tours, e in pari tempo gli sostituì l'odierno vescovo monsignor Giovanni Giacomo Fa- yet di Mende, già vicario generale di Rouen e parroco di s. Rocco in Parigi. Il capitolo si compone di nove canonici compresi il teologo e il penitenziere, ed il maestro del canto, speciali prebende dignitarie, di molti canonici onorari, e pueri de choro pel divino servigio: il par- roco canonico ha cura delle anime della cattedrale. Prima avea il ca- pitolo dodici dignità e quarantasei canonici, oltre molti beneficiati. La diocesi comprende il dipartimento di Loiret, e si estende in 20 leghe per lunghezza di territorio, e 18 in larghezza. Ogni vescovo è tassato in fiorini 370; prima avea 4°, 000 lire di rendita.

Concilii d' Orleans.

Il primo fu tenuto a' io luglio 5o 1 per ordine di Clodoveo I, con l'assistenza degli arcivescovi di Bor- deaux, Bourges , Auch, Tours e Rouen, oltre ventisette vescovi, fra i quali s. Quinziano di Rhodez, s. Me- leno e s. Teodorico d'Auxerre. Si fecero 3i canoni sulla disciplina, i monaci e la giurisdizione civile. Reg. t. X; Labbé t. IV; Arduino t. II.

Il secondo a'23 giugno 533 per ordine dei re Teodorico o Tierri I di Metz, Childeberto I di Parigi, e Clotario I di Soissons. Vi furono ventisei vescovi delle quattro pro- vincie Lionesi e di tre d'Aquitania, tra' quali diversi santi: i 21 ca- noni sono ripetizione degli antichi

ORL regolamenti. Reg. t. XI ; Labbé t. IV; Arduino t. II.

Il terzo nel 536 secondo il Man- li, ma sembra lo stesso che il pie- cedente.

Il quarto nel 538 a' 7 maggio per rimettere in vigore gli antichi regolamenti; diecinove vescovi, otto de'quali santi, vi formarono 33 ca- noni. Reg. t. XI; Lahbé t. V ; Ar- duino t. II.

Il quinto nel 54 1 con trentotto vescovi die vi fecero altrettanti ca- noni di disciplina ecclesiastica, sul- l'istituzione delle parrocchie e dei patronati, e sulla proibizione ai lai- ci di togliere i beni dati albi chie- sa, e agli ecclesiastici di alienarli. Ivi. Diz. de concila.

Il sesto a'21 ottobre 549, fa^° adunare da Childeberto I, con cin- quanta vescovi e ventuno deputati d'altri di tutte le Gallie, toltane la Narbonese occupata da'goti, e dieci santi. Ne'2 1 canoni si terminarono le differenze intorno alla celebrazio- ne di Pasqua, e per conformarsi a Papa s. Vittore I ; si condannarono gli errori di Etiliche e Nestorio ; e si stabilì che non si darà per ve- scovo al popolo quello che questo ricusa. Ivi.

Il settimo nel 634, ad istanza di s. Eligio contro un eretico greco e monotelita^ che fu condannato e scacciato dalle Gallie. Reg. t. XIV; Labbé t. V ; Arduino t. Ili; Diz. de'conc.

L'ottavo nel 766 in cui Pipino determinò muover guerra a Gaife- ro duca d'Aquitania. R.egia t. XVII; Labbé t. V; Arduino t. III.

Il nono nel io 17 contro due ere- tici manichei, che furono bruciati d' ordine del re Roberto II. Labbe' t. XI ; Arduino t. VI.

11 decimo nel 1022 contro altri

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manichei condannati al fuoco, i cui capi erano Stefano e Lisonio eccle- siastici d'Orleans; lo presiedette Leo- t ori co arcivescovo di Sens co'suffra- ganei, alla presenza di Roberto II e della regina Costanza. Gallio, chr. t. II; Diz. de'conc.

L'undecimo nel 1 127 sulla disci- plina. Pagi un. 1 127.

Il duodecimo nel 1129 Labbe' t. XI; Arduino t. VI.

11 decimoterzo nel i4'i sulla motte del duca d'Orleans Luigi I, assassinato a Parigi a'23 novembre 1 407 ; e contro Giovanni duca di Borgogna, che fu scomunicato. Gio. Orsini, Storia di Carlo VI

ORMI o ORMI AH o OUR MYAH. Ormia, Urmia. Sede ve- scovile di Persia nell'antica Media. Divisa la chiesa de'nestoriani in tre partiti, il cattolico Simeone Ducha vi stabilì la sua sede nel declinar del secolo XVI ; i nestoriani e già- cobiti vi ebbero de'vescovi; i primi due, i secondi uuo. Oriens chr. t. II, p. i328, 1601. Orini è sotto il patriarcato de'caldei.

ORMISDA (s.) Papa LIV. Da raol ti chiamato col pronome di Celio, di stirpe illustre, di nazione cam- pano di Frosinone, non già di Ca- pita, come vogliono alcuni con Mu- ratori, Annali d'Italia anno 5 1 ed altri pretendono nato in Vena- fro. Certo è che nacque in Frosi- none, figliuolo del frusinate Giusto, padre per legittimo matrimonio di s. Silverio eletto Papa nel 536, es- sendo stato ammoglialo prima di ricevere 1' ordine del diaconato; fu ammesso nel clero romano, in cui diede prove di sue virtù, ed aven- dogli predetto il sommo pontificato s. Cesario d'Arles, a questo fu ele- vato a' 26 luglio 5i4 di comune accordo. Dichiarò primate di Spa-

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gna e suo vicario il vescovo di Tar- ragona, e confermò tali prerogative a quello di Siviglia. Ordinò a'sacer- doti che fossero ordinati non per salto, ma osservando gl'interstizi; che i pubblici penitenti non si po- tessero consagrare; che si avesse de- gli ordinandi sperienza di probità e scienza ; che il vescovato non si ottenesse con doni o ricercasse con ossequi, e che si celebrassero ogni an- no due volte, od una almeno, i sinodi provinciali. Prima di mandare s. Or- misda i suoi legati all'imperatore Giu- stino, per mezzo del quale ottenne l'u- nione della chiesa greca colla latina, divisa già da 35 anni per lo scisma d' Acazio, temendo il Papa che di questa legazione si offendesse Teo- dorico re de'goti, si portò da lui in Ravenna nel 5i8, ed il re ne fu contento e benché ariano gli usò molti segni di venerazione. Ricevè s. Ormisda gli ambasciatori di Clo- doveo I re di Francia, che lo rico- nobbe per vero vicario di Gesù Cri- sto, e gli mandò una corona d'oro perchè manteneva la fede con ge- losa costanza e purità. Riprovò co- me di facile eretica interpretazione la proposizione di alcuni monaci ac- meti della Scizia: U/ius de Trini- late^ passus est carne j ma dopo es- sersi disputato per 25 anni, fu ap- provata come cattolica. Nel suo pon- tificato e verso l'anno 52o s. Be- nedetto istituì il celebratissimo e benemerentissimo suo ordine. In di- verse ordinazioni creò 55 vescovi, 2i preti e io diaconi. Con somma sua gloria vide convertiti alla fede dall'arianesimo i borgognoni, dal pa- ganesimo gli etiopi e i lazzi, e dal- la superstizione giudaica gli omen- ti. "Vegliò indefessamente su tutte le chiese, represse gli eretici, istruì il clero nella salmodia, ornò i sacri

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templi impiegandovi 571 libbre d'ar- gento, e die continui esempi di fer- mezza, modestia, penitenza e cari- tà. Governò nove anni e 1 1 gior- ni, e morì a'6 agosto 523, sepolto nella basilica di s. Pietro. Scrisse un gran numero di lettere a diffe- renti persone, e ne abbiamo anco- ra 80 nella raccolta de' concilii e in altre opere : i pensieri sono no- bili e solidi, sebbene sentano al- quanto della barbarie del suo seco- lo riguardo allo stile. Pier Luigi Galletti nella sua Lettera all'erudi- tissimo sig. abbate Giuseppe Pelli nobile fiorentino, sopra Papa Or- misda, scritta da Roma a' 11 giu- gno 1757, e inserita nel Giornale di Roma del 1756 stampato nel 1757, art. XI, poi riprodotta dal Zaccaria, nella sua Raccolta di dis- sertazioni ecclesiastiche t. XVI, diss. 4, sembra dal titolo ch'egli si pro- ponesse parlare di s. Ormisda, ma niente di esso dice, fuorché di es- sere parente d'un certo Geronzio, di cui solamente tratta, spiegando l'iscrizione che fu posta al suo se- polcro, ed allora scoperta. Vacò la santa sede sei giorni.

ORMISDA (s.), martire. Era di una delle più antiche famiglie di Persia, e avea avuto padre un sa- trapo o governator di provincia di- sceso dalla schiatta degli Achemeni- di. Varatane V re di Persia, con- tinuando la persecuzione mossa nel 420 da Isdegeido suo padre contro i cristiani, fece chiamare a Or- misda, ordinandogli bruscamente di rinnegar Gesù Cristo. La risposta saggia e ferma di Ormisda fece dar nelle furie il re, il quale dopo aver- lo spogliato dei beni e di tutti gli onori, gli fece levare le sue robe, non lasciandogli che un piccolo pezzo di tela che gli cingeva le reni, e

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lo condannò al vilissimo mestiere di pascere e governare i cammelli dell'esercito. 11 santo solFerse con gioia questo crudele trattamento. Multo tempo dopo Vararane aven- dolo veduto da una finestra del suo palazzo, osservò ch'era tutto abbron- zato dal sole e coperto di polvere. La ricordanza di ciò ch'era stato e della condizione di suo padre, aven- dolo alquanto mosso a pietà di lui, lo mandò cercando, lo fece vestire di candido lino, e poscia lo esortò a deporre la sua ostinazione e ri- nunziare alla fede. Ormisda, tras- portato da santo zelo , stracciò la nuova veste, e la gettò al re, dappoiché voleva fargliela compe- rare coli' apostasia. Cacciato subito dalla presenza del re, terminò poi santamente la vita, ed è nominato nel martirologio romano a' 9 di agosto.

OROLOGIO o OR1VOLO, Ho- rologiwn. Strumento cbe misura il tempo, giorno e notte in parti egua- li : F. Ora, Giorno. Orologio nel rito greco significa liturgia 0 bre- viario, così chiamato perchè contie- ne le ore, ossia l'uffizio da recitar- si in ciascun giorno dell'anno : vi è un grande e un piccolo orolo- gio, il piccolo ricavalo dal grande contiene un numero minore di pre- ghiere. L'arte che fabbrica gli oro- logi per misurare il fugacissimo tem- po chiamasi orologeria, e quello che l'esercita oriolaio, o orivolaio, o oro- logiaro, horologiator. Nelle chiese e ne' monasteri la custodia e regola- mento dell' orologio era uffizio del sagrista. Come la provvidenza divi- na diede l'ammirabile regolamento de' cieli alle angeliche menti, così lasciò nella terra aperto il campo alle vaghe e pellegrine invenzioni dell'umano iugeguo; acciocché tut-

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te le cose rimaste capaci di qual- che perfezione, dagli artifiziosi loro modi fossero al compimento con- dotte. Fra queste quella degli oro- logi é certamente una delle più me- ravigliose dell' ingegno umano, ab- bracciando quelli da muro, da ta- volino, da scarsella, gli svegliarini, i pendoli, le ripetizioni e per fino quelli che talvolta si sono messi nelle tabacchiere, neJbastoni, ne'bot- toni, negli anelli e ne'monili delle donne. Poiché non potendosi fissare il tempo fugace e fermarlo nella rapidità del suo corso continuo, è stato un frutto sorprendente della sagacità dell'uomo, di poter giun- gere a saper indicare tutti i mo- menti della sua partenza, ed a mo- strare per dir così e contar le par- ti, per le quali ci lascia e s'invo- la. In tutte queste varie ingegno- sissime forme d'orologi hanno suc- cessivamente, e quasi a gara, tra- vaglialo gl'italiani, i fraucesi, i gi- nevrini, gl'inglesi, gli alemanni, i fiamminghi, sino a ridurre questa arte all'ultima perfezione, ed a for- marne un ramo assai ragguardevo- le di commercio. Così il Cancellieri. Sembra però cosa fuori di ogni credenza, e fa meraviglia il pensa- re quanto tardassero le nazioni a trovare un istromento cou cui mi- surare esattamente il tempo, e fra tanta dovizia di cognizioni degli an- tichi, pur non giungessero mai ad inventarne uno che fosse esatto, e valesse di giorno e di notte, e fos- se disposto in modo da servire alle intere popolazioni. Questa invenzio- ne era riserbata alle nazioni mo- derne, allorché appena uscivano dal- la barbarie, e questa gloria era ser- bata all'Italia. L'orologio ha otte- uulo nel passato secolo e nel cor- ìenle grandissimi miglioramneti per

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le molteplici invenzioni che si sono fatte intorno a diversi scappamenti, e le forme e la costruzione degli orologi, che si sono variate all'in- finito. Gl'inglesi, i ginevrini ed t francesi si sono singolarmente di- stinti nell'esercizio di quest'arte, ed i celebri Berlhoud e Brequet pre- sentarono sino dai primi anni di questo secolo alla pubblica esposi- zione mostre marine e cronometri di una esattezza che eguagliava quel- la degli strumenti più perfetti sino a quel tempo conosciuti, distinguen- dosi ne'cronornetri anco Duchemin. L'arte dell'orologeria ha fatto pro- gressi anche in Germania ed Italia. La vera origine degli orologi è pro- priamente ignota, e le opinioni degli scrittori sono differenti. Nella com- pilazione di quest'articolo profitte- remo principalmente dell' eruditissi- mo Fraucesco Cancellieri, il quale nel suo bel libro : Le due nuove campane di Campidoglio, con va- rie notizie sopra i campanili e so- pra ogni sorta di orologi, di questi egregiamente scrisse, illustrando il banalissimo argomento con nume- rose notizie bibliografiche di autori che ne trattarono. Nella par. 2 col cap. IX e seg. discorre dell'inven- zione degli orologi d' ogni specie, cioè degli orologi solari e del fiore della passione; degli orologi ad ac- qua ; degli orologi a polvere; de- gli orologi a pendolo; degli orolo- gi a ruota ; di quelli pubblici di varie città di Fiandra; d'un orolo- gio a secondi naturali ed equazio- ne in Parigi ; se possa farsi un oro- logio perpetuo senza bisogno di ca- ricarlo ; degli orologi pubblici di alcune città d'Italia , d'un orologio a cicloide; degli orologi pubblici di Roma; se sia preferibile l'orologio oltramontano all'italiano; degli oro-

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logi mobili negli anelli, tabacchiere, ec, e delle ripetizioni e mostre ta- scabili ; della determinazione delle longitudini di mare; de'cronometri ; degli scrittori in genere sugli orologi, perchè de'parziali ne parla ad ogni capitolo; e delle imprese accademi- che, versi ed enigmi in lode degli orologi.

Gli orologi che sembrano essere stati più. usati ne'tempi remoti e più generalmente adottati, sono gli orologi solari e gli orologi ad ac- qua. Si trova menzione degli oro- logi solari fino dai tempi più re- moti presso gli ebrei, poiché 800 anni prima dell'era cristiana ne som- ministra una manifesta prova l'av- venimento del profeta Isaia, che per confermare la certezza della guari- gione accordata da Dio al re Eze- chia, fece ritirare prodigiosamente per dieci gradi o linee l'ombra del sole sull'orologio di Achaz suo pa- dre. Gli antichi ebbero diverse sor- ta di orologi o quadranti solari, al- cuni inventati dai caldei, altri dai greci; si dice primo inventore l' a- slrouomo caldeo Beroso, fiorito 64.0 anni avanti 1' era nostra. Sembra che l'arte di stabilire un gnomone e di formare un orologio solare com- piuto, fosse dovuta oltre ai caldei o babilonesi anche ai fenicii, popoli commercianti e navigatori che si saranno di buon'ora avveduti della necessità di misurare il tempo con qualche esattezza, indi da loro pas- sò ai greci. Le piramidi o obelischi {Vedi) d'Egitto, tuttavia credonsi formati ad oggetto che si servisse- ro come una specie di ago, e l'om- bra segnasse le diverse ore del gior- no. Gli orologi solari nella loro for- ma erano differenti, e prendevano il nome di scafa, di emisferio e di disco, dalla figura che ciascuno di

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essi aveva, benché il meccauismo non fosse the sempre lo stesso, con- sistendo in due linee solsliziali del cancro e del capricorno nell'equa- tore, e in altre undici linee poste diagonalmente più o meno vicino al gnomone, ad oggetto di notare le ore avanti e dopo il mezzodì. Ma essendo però l'elevazione del po- lo diversa, secondo i differenti pae- si, in maniera diversa era necessa- rio determinare coll'analemma l'al- tezza del rispettivo gnomone, ossia l'ago che negli orologi a sole colla sua ombra indica le ore, per cui gnomonica fu detta l'arte di fab- bricare gli orologi solari. Di quelli che tuttora ci rimangono i più co- muni sono un emiciclo scavato in un quadrato ed inclinato, come ap- punto è quello che si vede in Cam- pidoglio e nel museo Vaticano : di tal sorte pretende il Grozio che fos- se quello di Achaz, benché diversa- mente altri opinarono. Gli ebrei non conobbero orologi sonanti, e servi- vansi delle trombe per indicare le ore ; anche fra i romani il bandi- tore o trombetta del console avea l'incarico di avvisare l'ultima ora e quella del mezzogiorno. Fabio Vestale lasciò scritto che L. Papi- rio Cursore fu il primo a costrui- re in Roma un orologio solare, ma secondo Plinio fu posteriore, poiché M. Vairone riporta, che M. Vale- rio Messala V avea portato per la prima volta nel 472 di Roma, da Catania con altre spoglie del trion- fo della Sicilia, che lo riconosceva dalla Grecia, senza comprendere che un orologio solare adattato alla me- ridiana di Catania, non poteva se- gnare esattamente le ore nel foro di Roma : fu collocato con festa presso i rostri. Altri attribuiscono ad Anassiiuene Milesio o Milelo,

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nato 5a8 anni avanti l'era nostra» la prima introduzione in Roma del- l'orologio solare, con che s'incomin- ciò a prendere la misura del tem- po, fino allora ivi sconosciuto, e dicesi inventore del gnomone, di cui altri danno il vanto al suo mae- stro Anassimandro di Mileto, morto nella 58. a olimpiade : a questi si attribuisce l'applicazione al gnomo- ne o al quadrante solare dell'ago che serve ad indicare le ore, strumento che poi perfezionato ricevette il no- me di oroscopio o di orologio. Al* tri finalmente scrivono, che nel 5qo di Roma Q. Marcio Filippo accor- tosi della fallacia dell'orologio gre- co tratto da Sicilia, ne costruì uno nuovo, e lo collocò presso l'antico con molta sua lode. Sino dai tem- pi della repubblica eravi in Pa- lestrina una piazza coli' orologio solare, che Siila adornò di portici: Vairone osservò che invece di me- ridies, vi era scritto tnedidies.

Parlando dell' Obelisco di Monte Citorio, dicemmo dell'obelisco d'Au- gusto che servì di gnomone e orolo- gio solare, per segnare con la sua grande ombra tutte le ore del giorno; e di altri orologi solari si fece men- zione in diversi luoghi. L'Antonini nel 1790 pubblicò una serie d'orologi solari, i quali d'ordinario si collo- cavano sopra colonne o altro edili- zio a comodo del pubblico; ma sic- come da principio nelle città appe- na ve n'era uno, così presso i gre- ci e i romani fu introdotto l'uso de'servi con l'incarico d'indicare ai padroni l'ora che correva, dopo di avella osservata nel pubblico oro- logio: noteremo ch'é ancora in uso l'antico costume in alcuni paesi di Germania, Svizzera^ Olanda e In- ghilterra, di mantenere uomini sti- pendiati che avvertono dell'ora du°

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rante la nulle. 11 Gore della passio- ne o delia grandigia indica le ore nelle giornate serene,, e si riguarda come un naturale orologio solare. L'aprirsi e serrarsi che fanno alcu- ni mirabili fiori in certi dati tem- pi del giorno, dal maggio fino al- l'agosto, il che fu detto vigilia e sonno delle piante ; un tal fenome- no forse suggerì l'idea dell'orologio, secondo le osservazioni del sommo Linneo e di sua figlia; fu chiama- to V orologio Flora. Questo nel 1 838 divenne grazioso argomento alla gentile poesia del più gentile de' poeti viventi cav. Angelo Maria Ricci. Mancando il sole ne' giorni nuvoli e piovosi , o in tempo di notte, gli antichi usavano la clepsi- dia o clessidra, ch'era un orologio ad acqua, che si crede introdotto in Roma nel 5q5 dal censore Scipio- ne Nasica, per riparare alla misu- ra del tempo in mancanza del sole, ma non perciò si provvide al sop- pravvenire delle tenebre nella not- te. Questo orologio misurava il tem- po quasi come gli orologi a polve- re, collo scolo uniforme delle acque, cadendo l'acqua di gocciola in goc- ciola da un vaso in un altro: in R.oma serviva per fissare il tempo agli oratori nel foro, e dai clepsi - dari si metteva l'acqua nel vaso, secondo il bisogno ne'giudizi foren- si. Le clepsidre si usarono auche dai cinesi, i quali dicesi che per mezzo degli orologi ad acqua supputassero gl'intervalli di tempo che scorre- va tra il passaggio d'una stella pel meridiano, e il levare o il tramon- tare del sole, e quindi calcolassero la lunghezza de' giorni. Furono in uso fra i greci e i romani gli an- tichissimi orologi a polvere, i quali comunemente non comprendevano che lo spazio d' un'ora, e la mito-

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logia ne formò il simbolo del tem- po ; furono detti anche di sabbia o polverino, la cui origine appar- tiene alla più remota antichità. In appresso essendosene perduto 1' uso per adoperarsi i quadranti solari, alcuni scrittori sono d'avviso che i monaci, stanchi di cercare nel so- le e nelle stelle le ore de'loro uffi- zi, immaginarono di nuovo i pol- verini, facendo sgocciolare la sabbia, i quali per essi tennero il luogo di orologi e misuravano la durata degli uffizi.

Ma qual paragone può mai far- si fra le macchine, per altro in- gegnose suindicate, e gli altri oro- logi inventati posteriormente, si co- modi e comuni, che a forza di molle, ruote, contrappesi e pendoli ci segnano ad una ad una tutte le ore diurne e notturne, e ce ne danno perfino il grato e utile av- viso col suono della campana? In- cominciando dagli orologi a pendo- lo, seguendo l'ordine tenuto dal Can- cellieri, molte sono le questioni so- pra il primo loro introduttore, la cui controversia mirabilmente trat- tò il Tiraboschi, rivendicando l'ono- re della sua prima invenzione al- l'italiano Galileo Galilei nel i64t> eseguita poi da Vincenzo suo figlio naturale, servendosi dell'orologiaio Marco Teffier. Defendente Sacchi, Storia degli orologi, difese il Gali- leo contro Montitela, che pretese darne la gloria all'CJgenio. L'appli- cazione del pendolo all' orologio, fu poi seme fecondo di bei trovati nella fisica, nell'astronomia e nella nautica. Dicesi che il Galileo ne ap- prese l'idea dall'osservare l'oscilla- zione e il moto delle lampade ap- pese alle volte del duomo di Pisa, il cui semplice ondulare gli servì d'applicazione a regolare la misura

ORO del tempo per mezzo del pendolo negli orologi, sedici anni prima che Cristiano Ugenio o Huyghens offris- se agli stati d'Olanda il suo orologio nel 1637, con meccanismo poco dif- ferente da quello di Galileo, e ne scrisse due opere; altri poi in se- guito perfezionarono l'orologio oscil- latorio e sue diverse specie. Il Ber- nini, Storia dell'eresie, pretende col Ciacconio, che Sabbiano Papa del 6o4> distinguesse le Ore canoniche (Vedi) 3 per recitare i divini uffizi, istituisse gli orologi e le Campane (Vedi), per invitare il clero ad unir- si. Degli orologi a ruota si ha una lettera scritta nel 757 dal Papa s. Paolo I a Pipino re di Francia, cioè d'un orologio notturno che gli mandò in dono con alcuni libri in- dicati nel voi. XXI li, p. 22 3 del Dizionario. 11 Cenni sospettò che l'orologio potesse essere fatto in mo- do da indicare le ore dalla sfera se- gnate, con l'aiuto d'un lume acce- so che vi era rinchiuso. Da Erman- no Contratto e da Adone è descrit- to un orologio, che Aronne Rachild re de' persiani fece presentare nel- l'8o7 a Carlo Magno; altri dicono che il donatore fu Haroun-al-Ra- schid califfo , che avea contratto con lui alleanza. In esso erano rac- chiuse dodici pallottole di bronzo, che successivamente al fine di cia- scun'ora cadevano, facendo risuona- re un cembalo o bronzo sottopo- sto ; ed inoltre dodici statue in at- teggiamento di cavalieri, che uscen- do al compiersi delle ore da altret- tante finestre o porte, che prima erano aperte, le socchiudevano. Que- sto pare che fosse orologio oppor- tuno al giorno, non meno che alla notte, come riflette il Cancellieri. Tuttavolta dell'orologio a ruota se ne deve la felice e stupenda iuven-

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zione ad un italiano; e fece quasi o- bliare l'orologio solare, cui l'astrono- mia assicurò una perenne ricordan- za, chiamando orologio astronomico una delle costellazioni dell' austro osservate dal de la Calile, presso il Capo di Buona Speranza. Scrive pertanto il Passeri, che sino dopo 1' 800 si stette alla descrizione del sole, e questa ristretta agli orologi fìssi nel muro, poiché i portatili non ebbero gran seguito. Ma al tempo dell'imperatore Lotario I ni- pote di Carlo Magno, Pacifico arci- diacono di Verona, dagli scritti de- gli antichi ivi concepì l'idea di met- tere in opera gli orologi a ruota, mossi dalle forze d'un peso, e re- golati dal contrasto d'un resistente, che poi ebbero credito grandissimo, e vi si aggiunse la perfezione del suono, e finalmente furono appli- cati a più. altri servigi e piacevo- lezze. L orologio di Pacifico, che mori nell' 846 o nell'849> indica- va le ore in tempo di notte, e nuli bis ante viderat, scrive il p. da Pra- to parlando del suo epitaffio ripor- tato dal Muratori nella dissert. 24, il quale quanto alla qualità dell'oro- logio fa opportune riflessioni; anzi di quello donato a Carlo Magno, opi- na che fosse una clepsidra o orolo- gio ad acqua, o pure da polvere, e non orologio da mettersi fra quelli da noi usati. L'arcidiacono Pacifico è riconosciuto comunemente per au- tore del primo orologio composto a ruote, senz'acqua ; ed al medesi- mo si attribuisce ancora l'invenzio- ne dello scappamento, ordigno in- gegnoso che frena l'azione del pri- mo motore, e reude equabile il movimento delle ruote: nota il Ti- raboschi, che se tuttavia è incerto tra i nominati chi fosse il primo costruttore degli orologi a ruote, e

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benché propriamente non si sappia ove e per opera di chi avesse ori- gine questa invenzione, come non se ne trova fuori d'Italia alcuno indizio più antico, è assai probabi- le che nascesse fra noi. Soltanto verso la fine del secolo XV, Wal- tero di Norimberga cominciò a ci- mentare gli orologi a ruote nelle osservazioni astronomiche. Si crede da alcuni che il celebre Gerberto francese, poi Papa Silvestro II, sia stato nel 998 l'autore degli orolo- gi da suono. Ditmaro dice che lo fece in Magdeburgo con tale artifi- zio, che una stella veduta per una fistola, ne dimostrava le ore ; altri dicono che lo facesse in Ravenna per Ottone III. li Mazzucchelli no- tò che il celeberrimo Boezio si di- lettò anche della meccanica, e Gun- debaldo re de' borgognoni avendo presso di lui veduti in Roma due orologi che avea inventalo, l'uno de'quali indicava in una mobile sfe- ra il corso del sole, e l'altro quello del giorno ossia delle ore, col mez- zo d' acqua stillante, pregò il suo suocero Teodorico, e questi Boezio, che volesse mandarglieli. Quindi alcuni riconobbero Boezio per in- ventore degli orologi da contrappe- so . Cassiodoro fa menzione di due orologi ch'egli stesso avea lavorati pel suo monastero, l'uno solare, l'al- tro ad acqua. In qualunque modo, essendo stati questi i primi orologi a ruota, benché da molti si creda che quelli di s. Paolo 1, Boezio e Cass.iodoio, quantunque congegnati in maniera che si stendessero a tut- te le ore 24 del giorno, fossero pe- rò ad acqua semplicemente, laon- de giustamente Giovanni Ispano ri- prese i pittori che rappresentano s. Girolamo con l'orologio. Non man- cò chi credette che anco gli auti-

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chi abbiano posseduta l'arte di fa- re gli orologi, che poi siasi smar- rita e ritrovata dai tedeschi ; ma benché si voglia accordare che gli antichi conoscessero l'arte di for- mare gli orologi a ruote, questa fu certamente dimenticata ; è poi in- negabile che al principio del secolo XIV questo strumento, mosso da ruote, era già assai noto, e l'attesta Dante.

In molti articoli parliamo degli orologi principali delle città, deco- rati con figure e rappresentanze, di specie differenti ed a martello, con singolari meccanismi armoniosi, numerose campane, posti sulle tor- ri, sui campanili ed altri edilizi , non solo per indicar le ore, ma anche per avvertire i cittadini del pericolo degli incendi, pel quale veramente sembra che bastasse il suono delle campane. Il primo oro- logio a ruota, di cui si trova men- zione in Italia ne' bassi secoli, è quello del campanile della chiesa di s. Eustorgio de' domenicani in Milano, forse circa il i3a8o 1 3 3 9 (altri dicono nel i3o6), e verso lo stesso tempo ivi pure fu eretto quello sulla torre di s. Gottardo : l'orologio della torre di s. Eustor- gio venne collocato in una stella d' oro, ma pare che non suonasse le ore, proprietà lodata in quello di s. Gottardo (dicesi lavorato da Guglielmo Zelandino) che suonava le ore 24 sopra una campana, in- cominciando il numero dalla notte. L' antica famiglia Doudi di Cre- mona, stabilitasi nel secolo XIII in Padova, erroneamente si crede ab- bia assunto il soprannome di Oro- logio, da quello a ruote di 24 ore fabbricato per la torre di tal città nel 1 344» noa da Giovanni medi- co e matematico, ma da suo pa-

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die Jacopo anch' esso medico insi- gne, d' ordine d' Ubertino da Car- rara signore di Padova. Giovanni colle sue mani fece quello a ruote di Pavia, di tale ingegnosa strut- tura che riuscì superiore e mira- bile più degli altri fino allora ve- duti, poiché indicava ancora i mo- vimenti del sole, delle stelle e di altri pianeti, ed i giorni festivi: questo strumento chiamato orologio, sfera o planetario, gli costò sedici an- ui di fatica. Essendosi guastato, Car- lo V imperatore ne fece fare uno simile da Giovanni Torriani cele- bre macchinista cremonese, e lo por- tò in Ispagna. Si crede che il ter- zo orologio a martello eretto in Italia, sia quello di Monza del 1 347- L'arcivescovo di Milano Vis- conti nel 1 353 fece lavorare in Genova un insigne orologio ; tre anni dopo il comune di Bologna ebbe il suo orologio, e lo collocò sulla torre pubblica detta del Ca- pitano, la cui campana battendo annunziava le ore. Gli orologi in Inghilterra non vennero eretti clie nel i320 per opera di Wallingford monaco benedettino, costrutto a Londra. L'orologio di Courlrai che Filippo I' Ardito duca di Borgogna fece trasportare a Dijon nel 1 363, riguardossi come uno de' più cele- bri orologi. Nel iSyo il re Carlo V fece venire dalla Germania En- rico di Wùk, che costruì l' orolo- gio del palazzo di Parigi e fu la prima macchina di questa specie che quella capitale possedesse. Iu Germania a detta epoca già elati- vi come in Fiandra orologi com- plicatissimi, ne' quali d'ordinario s' inserivano i segni del zodiaco, il corso de' pianeti ec : nello stesso secolo a Lunden vedeasi un orolo- gio costituito con singolare aitili-

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zio. La Spagna ebbe il suo primo orologio in Siviglia nel i/^oo, Mo- sca nel i4°4> Lubecca nel i4o5. Diversi meravigliosi orologi, segnan- ti le ore, il moto del sole e della luna e degli altri pianeti, l'eclissi, i segni zodiacali e tutte le rivolu- zioni del cielo, i giorni e le ore, descrive il lodato Cancellieri ; oltre i succitati a secoudi naturali ad e- quazione con due sfere, e quello a cicloide acquistato dal Valadier suo autore dall'elettore palatino, autore eziandio d' un orologio che Pio VI mandò a Salomone re d' Iberia greco sismatico, che glielo avea do- mandato. Non vi è poi città in Eu- ropa che abbia un numero gran- de d'orologi pubblici come Roma, ove se ne contavano al principio del nostro secolo quarantacinque, moltiplicilà che riesce di gran co- modo pegli abitanti. I principali li descriviamo parlando de' più im- portanti edilìzi, e su quello delle Poste, Gregorio XVI ve ne fece collocare ad utilità notturna, senza attendere il suono delle ore, uno con sfera e numeri trasparenti, co- me a Parigi ed altrove. Quanto alla struttura degli edilìzi per gli orologi pubblici, si può leggere il eh. Ratti, Dell' erezione de' sacri templi p. io5, ove tratta del cam- panile, delle campane e dell'orolo- gio.

Gli orologi portatili o da tasca, delti mostre e talvolta quadranti , sono oscuramente descritti da Vi- truvio che li chiama viatorii, senza dire nel descriverne uno, se fu in- venzione greca o romana : man- cando allora la direzione della ca- lamita, pare che non potessero a- gire che per un movente ritarda- to e ridotto al corso, ordinato dal- la resistenza d' un qualche grave.

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Si vuole che le prime mostre tasca- bili sieno state inventate a Norim- berga, da Pietro Hele nel i5oo, onde chiamaronsi uova di Norim- berga, dalla forma ovale, cioè dopo l'invenzione della molla spirale, tro- vato di Ugenio o Iltiyghens, come forza movente, la quale fu sostitui- ta ai pesi in molti orologi. Qual- che esempio anteriore di simili o- rologi con filo di budello o corda di violino in vece di catenella di acciaio (sostituita da Gruet di Gi- nevra per evitare 1' impressione dell' atmosfera che ricevevano le cordicelle di budello ) si vedono ne' gabinetti con collezioni di cu- riosità : Luigi X! re di Francia (morto nel i 4^3) possedette un o- rologio tascabile, che suonava le ore. Però gli orologi mobili e di piccola molle si diffusero nel secolo XVI, col suono indicanti le ore e segnanti anche il corso de' giorni e de'pianeti, e si giunse nel 1 537 circa a racchiuderli negli anelli. A Carlo V fu presentato un orolo- gio che passò per cosa portentosa, sebbene egli si dilettava fabbricare orologi, occupazione eh' esercitaro- no altresì diversi sovrani, fra' quali Gio. Gastone granduca di Toscaua, che confessava con Seneca, che il gran numero d'orologi ch'egli te- neva, non combinavano mai nella giusta indicazione del tempo, ed un giorno avendoli trovati tutti caduli per terra, pel rovescio della tavola che li conteneva, disse: questa e la prima vota in cui finalmente tutti sono andati d accordo. Dopo la narrata invenzione del pendolo, da essa ne derivò l'applicazione di nuove divisioni alle macchine desti- nate alla misura del tempo : si di- vise 1' ora in 6o parti, che nomi- uaronsi minuti, il minuto egual-

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mente in 6o frazioni che nomina- ronsi secondi, e il secondo in 6o parti che si dissero terzi, cosicché la rivoluzione giornaliera del sole, divisa da prima in 24 parti, io è ora in 86,4oo secondi, che si pos- sono contare; divisioni che si ap- plicarono agli orologi tascabili, ai cronometri e a tutti gli orologi a- stronomici. L'epoca della perfezio- ne degli orologi pare che debba ripetersi al regno di Carlo li re d'Inghilterra (morto nel i685), che due ne mandò a Luigi XIV, uno a ripetizione, 1' altro a sveglia- rino, che furono i primi di que- sto genere veduti in Francia, indi- cando col suono le ore e i quarti. Occultando gli artefici inglesi la nuova costruzione, solo al carmeli- tano Truchet di Lione riuscì a- prirne le mostre: si fecero ripe- tizioni con musiche, racchiuse an- co in anelli e pomi di bastoni, non che dentro bottoni d'abiti. Dicesi che le ripetizioni sieno state immaginate nel 1676 dall'inglese Barlow. Quan- to alla emendazione e perfezione de- gli orologi a ripetizione, si deve al pesarese Cristoforo Agostini, poi sacerdote, nel principio del secolo XVIII. Le irregolarità da lui eli- minate consistevano : se cinque o sei o più. minuti si dava mossa al- l'ordigno della ripetizione, l'oro- logio suonava anticipatamente quel- 1' ora istessa, a cui l' indice non per anche era giunto, e di più. suonava ancora i tre quarti già scorsi. Per correggere questo difetto studiarono allora invano i più bravi orologie- ri d'Italia, di Francia, di Germa- nia e d' Inghilterra , dimodoché il rimedio era riputato quasi impos- sibile. L'Agostini essendo in Roma, comechè avea un genio particolare per inventare le più ingegnose mac-

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chine d' ogni genere, dopo avere appreso l' arte d' orologiaio da un valente liegese, giunse a trovare il modo di ridurre a giustissima re- gola le ripetizioni con disegni che fece. Li die al maestro per esami- narli, ma tacciatolo di presunzione li prese senza apprezzarli. Giunto poi in Roma un rinomato orolo- giaro di Londra, parlando col lie- gese dell'accennata irregolarità, que- sti mostrandogli i disegni del di- scepolo, a di lui richiesta glieli ce- dette come cosa che riputava non doversene far conto. Dopo pochi mesi si seppe che finalmente 1' In- ghilterra aveva corretto il difetto delle ripetizioni, ed essendone stata mandata una a Roma, trovò 1' A- gostini ch'era stato a puntino e- seguito il metodo da lui inventato. Questa gloria rivendicata all' Italia, racconta meglio il eh. Ramatili, Lettere intorno invenzioni e sco- perte italiane, lelt. 23, e nella lett. 45 discorre dell' orologio a specchi onde mostri le ore in luogo ove non giunga raggio di sole; inven- zione dell' ebreo Raffaele Mirami. La determinazione delle longitu- dini nel mare, per mezzo dell'orolo- gio di mare, il cui moto uniforme, ad onta dell'agitazione del mare, con- serva sempre l'ora ch'è sotto al me- ridiano della partenza, si deve nel 17016 a Giovanni Harrison di Lon- dra che fece un pendolo, poi mi- gliorato e perfezionato da lui stesso. Finalmente i tanto decantati crono- metri o orologi marini^ cos'i detti per essere misuratori del tempo, sono certamente i capi d'opera della più gran perfezione, per misurare il tempo colla maggior possibile preci- sione, e presentano i vantaggi più. grandi ai progressi delle scienze; poi- ché per la loro esperimeutata esattez-

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za gareggiano in questa cogli stessi pendoli astronomici^ essendo insen- sibili agli effetti ed influenza della temperatura e degli estremi mo- vimenti. Sono di piccola mole, e ordinariamente della forma delle mostre da tasca grandi ; quindi si rendono doppiamente pregevoli pel facile loro trasporto, partico- larmente nella navigazione, nulla soffrendo dal movimento de' basti- menti anco in mezzo alle burra- sche, onde furono sostituiti agli o- rologi marini neh' interessante de- terminazione delle longitudini. Ven- gono pure impiegali nelle osserva- zioni astronomiche, godendo della stessa esattezza de'pendoli, e si a- doperano principalmente nella de- terminazione delle differenze di lon- gitudine e in altre osservazioni geo- detiche. Marcano i cronometri le ore, i minuti e i secondi, il caldo e il freddo. >Nel 1784 ne lavorò uno con somma diligenza l'inglese Mudge, ed altro l'inglese Emery assai pregevole; altri rinomati co- struttori di cronometri sono Ar- nold, Januier, Giroud, Rerthoud , Rreguet, Tourbillon: anche in Ita- lia e in Germania si fabbricano eccellenti cronometri, e Francesco Tessarolto, meccanico dell'universi- tà di Padova, ottenne premio di onore per un suo cronometro che presentò all' istituto di scienze, let- tere ed arti. Il celebre cardinal Capaccini lasciò in morte un per- fettissimo cronometro a Gregorio XVI, il quale lo donò al gesuita direttore della specola ed osserva- torio astronomico del collegio ro- mano, pel suo costante divisamen- te di contribuire al bene de' pub- blici stabilimenti, anche con og- getti a lui donati d'un merito sin- golare e non comuni, acciò oguu-

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no potesse ricavarne vantaggio; idea sublime che lo determinò sempre a privarsi di ragguardevoli pro- prietà, sagrificando anco il piacere di vagheggiarle vivente.

Il Cancellieri nella lodata sua opera, impiega il cap. 21 a trat- tare, se sia preferibile l'orologio oltramontano o francese detto an- che astronomico, all' italiano, del quale facemmo parola a Ora (ove portai le ragioni perchè sono co- stretto, per uniformità de' volumi pubblicati, nel Dizionario prosegui- re la computazioue delle ore col- l'orologio italiano), nelle diverse divisioni delle ore, e come ambe- due le noverino e scompartino, vec- chia e nuova questione agitata an- cora a'nostri giorni. Il gesuita Do- menico Troili pubblicò in Modena nel 1757: Ragionamento dell'o- rinolo oltramontano; e l'altro ge- suita Giulio Cesare Cordara in Alessandria nel 1783 : Discorso de' vantaggi dell' orologio italiano sopra l'oltramontano. Antonio Ca- guoli quindi ci diede : Orologi ita- liano e francese, Venezia 1783. Nel i8o5 monsignor Filippo Gi- Jii stampò in Roma : Memoria snl regolamento dell' orologio ita- liano colla meridiana. I cinesi con- tano il principio del giorno dal- la mezzanotte, onde l'origine degli orologi francesi può dirsi in certo modo cinese. Non può certamente negarsi, che questo esseudo regola- to sopra il punto fisso della me- ridiana, mostri meglio dell'italiano il punto del mezzogiorno, che preme di sapere per la cessazione dei lavo- ri e per l'ora di desinare; poiché ve- nendo a cadere dalle ore 16 alle 19, che sono i due estremi de'due solstizi d'estate e d'inverno, non può sapersi che con una tabella,

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la quale è molto incomoda. Ma se dee confessarsi che questo orolo- gio astronomico sia il più inge- gnoso ed esatto, sembra per altro che l'italiano sia più facile a ca- pirsi, e per la maggior parte degli uomini più usuale, più comodo e più necessario. Servendosi il Can- cellieri delle espressioni del Cor- dara, aggiunge: la natura medesi- ma si è dichiarata in favore del sistema italiano, che mette il fine di un giorno e il principio d'un altro, al tramontare del sole, per essere questo un punto sensibilissi- mo a tutto il genere umano, pun- to di divisione fra la luce e le te- nebre, che chiama gli uomini dal- la fatica al riposo ; che intima ai bruti il ritiro ne' loro covili; che impone a tutta la terra un pro- fondo silenzio; che finalmente por- ta seco un cangiamento universale di cose sulla superficie dell'emis- fero; tanto che il sole medesimo, nell'atto di nascondersi, par che dica, che in quel punto finisce un giorno e ne comincia un altro. Conchiudendo il Cancellieri, donde tolsi questi brani, che carissimo ci deve essere il nostro orologio ita- liano. Il Cordara poi, a p. 32, ter- mina con dire: usi pure ognuno quell'orologio che più gli piace, che non glielo contrasta, ed essere an- zi d'avviso, che ad ognuno debba parer meglio quello a cui si è av- vezzato da lungo tempo, tale es- sendo la forza delle abitudini; pe- rò sostiene, che il contare le ore all' italiana sia più naturale e più semplice dell'orologio oltramontano; e che l'orologio italiano è più fa- cile a capirsi , più facile a rego- larsi, più usuale (al suo tempo), comodo, più necessario.

più

Nel novembre 1846 il regnante

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Pio IX coli' esempio dato nell'oro- logio del Palazzo Quirinale [Vedi), ha tollo l'antico metodo italiano, sostituendovi il sistema ormai eu- ropeo, comunemente detto alla fran- cese. Indi sull' utilità del cambia- mento di regolare i pubblici orologi di Roma, e della divisione del tem- po in giorni e ore, e degli orologi così detto italiano e francese, si pub- blicarono AAY Album alcuni articoli, fra' quali i num. 26 e 27 dell'anno XIV, contengono quello bellissimo del sacerdote Salvatore Proia , il quale eruditamente con sode ra- gioni e con profondo sapere, impar- zialmente enumera i pregi e i difetti de' due orologi. Difende l'orologio italiano, usato ad imitazione del po- polo di Dio, e di Atene maestra di civica sapienza; distingue i rapporti per gli usi della vita domestica e pel modo di regolarlo, dichiara uti- lissime le dodici tavole del gesuita Clavio, spase per tutti i mesi e giorni dell'anno, la durata del gior- no naturale, le ore della notte, e persino l'aumento del giorno per la rifrazione, avendo provato il Gi- lii potersi l' orologio italiano rego- lare anche col mezzodì. Rileva inol- tre perchè è preferibile l'orologio ita- liano all'oltramontano; ne rimarca i pregi e lo difende dalle imputa- zioni difettose, e consiglia leggere l'ingegnoso libretto uscito dalla spe- cola del collegio romano, col quale a chi interroga che ora e? si rispon- de senza fallire un minuto in am- bedue le maniere, cioè coll'orologio francese egualmente che coll'ilalia- no. Quanto all'orologio denominato francese, non dubita di affermare , perchè popolarizza to anche nell' I- talia, possa e debba introdursi nei nostri paesi, massime nelle grandi capitali come Roma, dove conside-

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revole è il concorso de' forastieri, usi già da lungo tempo a quella maniera d'orologio. Quindi loda il senno pubblico di Roma, che imi- tando quello del principe ha scam- biato l'orologio nel francese, ma non perciò si dee all'italiano orologio, osservato in Italia per lungo volger di secoli , ne' quali regolò la vita operosa de' nostri antenati , male- dirne e renderne odiosa la memo- ria, compiacendosi di vederli anzi tuttavia sulla fronte del maggior tempio Vaticano, e sul portico delle colonne di Veio nel foro Antoni- niano, cioè sull'edifìzio della posta a fianco del suo vittorioso rivale (poiché Gregorio XVI, oltre il por- tico, aggiunse all'edilìzio due orologi). Conchiude, che il vero vantaggio che possa ritrarsi dall'orologio detto francese, è quello di poterlo con piìi facilità regolare sul tempo medio, coi modi che propone secondo la scienza, da cui scaturì alla società quanto si ha di pregevole nella mi- nuta divisione del tempo, nella cro- nologia , nel calendario; come op- portunissimi consiglia una meridia- na di qualche esattezza , linea per cui nel punto del mezzodì passa un raggio del sole e l'ombra prodotta dal gnomone, e delle tavole d'equa- zione del tempo, e consultarle quan- do il gnomone o il centro dello spettro solare coincide con quella. Finalmente a maggior comodo del pubblico, e per ovviare al disordi- ne che suole arrecare 1' andamento diverso di tanti orologi in Roma , dal primo dicembre 1847 un colpo di cannone dal Castel s. Angelo an- nunzia ogni alla popolazione il vero istante e preciso del mezzo- giorno, quale appunto dovrebb' es- sere in pari tempo indicato da tutti gli orologi ben regolati della città.

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OR.OPE. Sede vescovile d'Isaii- ria, nel patriarcato d Antiochia, sot- to la metropoli di Seleucia, eretta nel secolo Xlf, secondo Comman- ville e le notizie latine, perchè sem- bra che oltre il vescovo greco , vi facesse residenza anche il latino sta- bilito al tempo delle crociate , in cui la Siria fu conquistata dai cro- cesignati latini. La voce Oropi in sentenza di Codiarlo è dedotta dal- l'ebraica Oroba, cioè città campe- stre, e fu comune a cinque diverse città in differenti regioni, come in Macedonia, ove nacque Seleuco Ni- cànore, in Beozia, ridi' Eubea, nel- l'Argolica, ed in Cilicia eh' è questa. La quale da Stefano di Bisanzio •viene registrata per terza sede ve- scovile suffraganea di Seleucia, co- me pur fece il p. Mireo, e la col- loca presso Anfipoli col nome an- tico di Telmisso, aggiungendo che quando la ristorò Seleuco acquistò quello della sua patria Orope di Grecia, adducendo le testimonianze di Polistore e Senofonte. 11 p. Le Quien, Oriens chrislianus, non ne fa menzione : il Terzi nella Siria sacra, parlandone, dice che gli riu- scì solo trovare Abramo vescovo di Oropi, uno di quelli che sottoscris- sero nel V secolo l'epistola sinodi- ca all'imperatore Leone I, in occa- sione delle dispute circa il concilio di Calcedonia. Orope, Oropien, è un titolo vescovile ira partibus, sotto l'arcivescovato pure ira partibus di Seleucia. Leone XII nel concistoro de' 17 settembre 1827 lo conferì a monsignor Stefano Scena della dio- cesi di Bagnorea, dottore dell'una e dell'alila legge, suo prelato dome- stico, attuale priore di s. Maria in Via Lata. L'onorò di varie impor- tanti commissioni, quindi lo dichia- rò commissario apostolico di Loreto,

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al quale articolo molto ne parlam- mo con dovuta lode, per quanto di bene vi operò; e Gregorio XVI lo fece segretario della congregazione della disciplina regolare e poi di quella dell'immunità ecclesiastica.

ORREA, o ORVEA, o ORVE- DA. Luogo di Bigorre nella Gua- scogna, in cui nel 1073 fu tenuto un concilio per I' abbazia di Simor- ra. Mabillon, A miai. t. V, p. 71.

ORSA. Sede vescovile di Russia, unita a Polosko [Fedi).

ORSI Giuseppe Agostino , Car- dinale. Giuseppe Agostino Orsi nac- que a' 9 maggio 1692 da nobile famiglia in Firenze, ove apprese la grammatica, la rettorica e la filo- sofìa sotto la direzione de' gesuiti. Nel 1709 si fece religioso dell'or- dine de' predicatori nel convento di s. Domenico di Fiesole, e vi compì lo studio della filosofia , facendovi quello di teologia con mirabile pro- fitto, e conformandosi alla virtù e alla pietà. Passato nel convento di s. Marco di Firenze ne meritò il governo di quello studio, ed in pro- gresso divenne fornito di vasta eru- dizione, per la sua singolare assi- duità allo studio non solo de' teo- logi scolastici, ma anche de' padri della Chiesa e degli scrittori ecclesia- stici, sì antichi che moderni. Colti- vò altresì le belle lettere e le lingue, massime la latina e la greca, men- tre quanto all'italiana si può dire uno de' più eleganti scrittori. Chia- mato a Roma nel 1732 insegnò la teologia nel collegio di s. Tomma- so d'Aquino, indi nel 1738 diven- ne segretario della congregazione dell' indice per volere di Clemente XII, del cui nipote cardinal Neri Corsini era teologo. Benedetto XIV nel 1 749 lo nominò maestro del sacro palazzo apostolico. A premiarne i

ORS sommi meriti Clemente XIII nel con- cistoro de' 24 settembre 1 749 lo creò cardinale dell'ordine de' preti, e per t'iolo gli conferì la chiesa di s. Sisto de' suoi correligiosi dome- nicani, annoverandolo alle congre- gazioni del s. ollizio, di propaganda, dell'indice e della correzione de' li- bri della chiesa orientale. Mentre la Chiesa e lo stato aveano giusta- mente di lui concepito le più belle speranze, quale ornamento della Chiesa romana, d'anni settanta non compiti, morì a' 12 giugno 1761 in Roma , e fu sepolto in conve- niente deposito nella sua chiesa ti- tolare con onorevole iscrizione, do- po essere slato esposto ne' funerali in quella di s. Maria sopra Miner- va. Monsignor Fabroni scrisse la •vita del dotto e pio cardinal Orsi, e ne registrò le importanti e gravi sue opere nella sua Dee. 1, Tritar, ilalicor. illuslrior. sacc. XIII, p. 432 : in parte avea fatto altrettan- to il p. Catalani a p. 23o e seg. De mag. s. p. apost. Riporteremo le principali. i.° Disseriazione doni- malica e morale contro V uso ma- teriale delle parole, Roma 1727. 2.0 Disserlatio apologetica prò ss. Perpetuae , Felicitae et sociorum martyrum orthodoxia , adversus Sa- muclem Basnagium,Y\oveYiiiae. 1 728. 3.° Dimostrazione teologica , colla quale si prova , che ad effetto conciliare i diritti della veracità col- le obbligazioni del segreto, ne si può, si deve ricorrere ad alcu- na di quelle leggi, che alcuni mo- derni teologi alla romana repub- blica attribuiscono, Milano 1729. 4-° Dissertano historica, qua Oslen- dilur calìiolicam Ecclesiam tribus prionbus saeculis capitalium crimì- num reis pacem et absolulionem nculiquam denegasse , i vi 1780. vol. xtix.

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5.° Disserl. theol. de invocatone Spintus Sancii in liturgiis graeco- rum et orienlalium, ivi 1 73 1 . 6." De concordia gralìae et liberi arbitrii, cum Ritardo Tapperò epistolari di- sputalione. Liber apologelicus, quo Scoti doctrina a recentis historici censuris adserìlur , R.omae 1 7 3^4- 7." Dissert. duae de baptismo in nomine Jesu Christi, et de chrisma- te confirmationis , Mediolani 1733. 8.° Vindiciae dissert. de baptismo in nomine J. C. a sorbonici doclo- ris objectis, Florentiae 1735. q.° De irrejorinabili romani Pontificis in definiendis fidei conlroversiis judicio, Romae 1739. io." De romani Pon- tificis in synodos aecumenicos et co- rumque canones potc.state, ivi 1740- 1 i.° Dell'origine del dominio e della sovranità temporale de* romani Pon- tefici, ivi 1 7.42. Storia ecclesiasti- ca, ivi 1 74-7» c'°è il primo volume, mentre il XX, che contiene 1' ulti- ma parte della storia del VI secolo, fu pubblicato nel 1761. Egregia- mente la continuò e compì il suo confratello p. Becchetti, poi vescovo di Città della Pieve. Tra le diverse complete edizioni nomineremo quel- la fatta in Venezia nel 1822 in volumi 42> Per cura di Giuseppe Battaggia.

ORSICINO, Antipapa. V. Anti- papa IL

ORSINI, Famiglia. Fiorì per po- tenza e ricchezza questa nobilissima famiglia romana e primaria d' Ita- lia, nonché per antichità, celebrità e lustro, e non punto inferiore alla non meno illustre e possente Colon- na Famiglia sua emula , per cui a quell' articolo vi sono molte no- tizie che la riguardano, e siccome moltissimi articoli trattano degli Or- sini, oltre i relativi secondo gli av- venimenti, così li rimarcheremo in io

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cai-altere corsivo, ed ivi si trove- ranno più copiose notizie, limitan- doci in questo articolo alle princi- pali indicazioni. Gli Orsini possede- rono grandissimo numero di feudi e vasti domimi, principalmente nello stato pontificio e nel regno delle due Sicilie, come si dice a' loro luo- ghi. Tenevano tribunali con giuris- dizione di mero e misto impero ; avevano fortezze e torri ben guar- nite, come ne aveano i loro palazzi, così l'ebbe quello ora de' £ raschi ( a Palazzo Braschi parlai della famosa statua di Pasquino ) in Ro- ma; milizie con particolari insegne, e si legge nelle storie che fece- ro guerre, paci e alleanze. Ordi- nariamente gli Orsini furono in Roma capi del partito Guelfo, fa- vorevole al Papa., mentre i Colon- nesi Io erano de' Ghibellini seguaci degl'imperatori; ma ambedue le famiglie realmente curando i propri interessi, cercarono sempre in que- ste fazioni ulteriore ingrandimento e il continuato esercizio di loro in- fluenza. I conflitti tra i Colonnesi e gli Orsini ne' bassi tempi e fino al secolo XVI, furono accaniti e fre- quenti in Roma , e sotto di essi prendeva parte il resto della no- biltà romana e molli del popolo , con funeste conseguenze. Queste ini- micizie e fazioni foise derivarono dalle sanguinose gare de' possenti e turbolenti conti Tusculani, Nomen- tani, de' Crescenzi, Pierleoui, ovve- ro da dispute di possedimenti ter- ritoriali , o meglio dalle tendenze de' bassi tempi che i popoli e i no- bili si assembravano sotto opposti vessilli. Gli Orsini e i loro attinenti furono come antemurale politico e geografico del pieno dominio tem- porale de' Papi, nelle luughe e san- guinose lotte contro il municipio e

ORS senato romano, massime ne' secoli XII, XIII e XIV; mentre i Colon- na sempre fomentarono le rimem- branze dell' antica potenza del po- polo e senato romano, e colle pa- role, colle opere e colle guerre te- nevano vivo il municipalismo. Gli avvenimenti politici delle due fa- miglie , varie volte oscillarono sul resto d'Italia: nello statuto di Ro- ma la famiglia Orsini si nomina prima della Colonna.

L'origine della famiglia Orsini o Ursini t che in Francia chia- masi Ursins, è controversa, aven- do il Sansovino ed altri scritto- ri dato nelle esagerazioni in cer- carne il principio . Non può per altro negarsi, che la nobilissima ca- sa Orsini può con tutta ragione van- tarsi di essere fra le romane una delle quattro più antiche, delle più illustri, delle più potenti, ed anche delle più benemerite della santa Se- de, pei fedeli servigi prestati alla medesima ne' tempi i più calami- tosi, e ne' quali ebbe più volte la disgrazia d' essere sacrilegamente e colla più nera ingratitudine assalita dagli stessi suoi figli, per cui meri- tarono gli Orsini di essere distinti in varie occasioni con singolari pre- rogative, onorificenze, dignità e de- corazioni equestri. Narra il Novaes, Storia deJ Pontefici } t. XIII, p. 3g, che la casa Orsini si propagò glo- riosa con dieciolto tra santi e beati fino dal 222, cioè Orsino vescovo di Bourges nel 225, Giovanni e Paolo fratelli martirizzati nel 362, Orsino prete nel 5oo , Benedetto patriarca de' monaci d'occidente, e Scolastica sua sorella nel 54o (lo affermano ancora il Simonetta, De Chrisl. fide, et rovi. Pont, persecut., e lo Scheiner, De Rosa Ursina si- vt sol), Volusiano arcivescovo di

ORS Tolosa e martire nel 570 , Balilde moglie di Clodoveo II re di Fran- cia nel 66 5 e poi monaca benedet- tina, Gaudenzio vescovo di Praga nel 990, Adalberto vescovo della stessa chiesa nel 997, Giovanni vescovo di Traù nel 1 100, Bernardo vescovo di Teramo nel n 22, Valerio ve- scovo di Nocera nel 1228, Giorda- no cardinale cisterciense nel r 1 88, Matteo cardinale domenicano nel I294> Latino cardinale dello stesso ordine nel ^27, e Giovanni mo- naco cassinese nel i33o. Il mede- simo Novaes rileva inoltre, che si accresce il lustro di questa cospicua prosapia con cinque sommi Pontefi- ci, cioè Stefano HI del 7 52, s. Paolo I di lui fratello del 7^7, Celestino III del 1 191, Nicolò III del 1277, e Benedetto XI IT, con più di quaranta cardinali ( di ven- tisette, dopo questo articolo, ripor- tiamo le biografìe di notizie certe ), essendo di essa il primo ch'ebbe il titolo di Ciirdinale; con venti elet- tori di Sassonia e di Brandebur- go; con sei senatori di Pioma (sette coll'odierno principe), quattro pre- fetti di Roma, sei gonfalonieri di Roma; con parecchi contestabili di Sicilia, gran maestri de'cavalieri tem- plari e gerosolimitani, e con molti altri nersonaggi ( chiari e celebri per pietà e santità di vita, per altre di- gnità ecclesiastiche , per scienza e per valore nelle armi e in famose imprese, in grandissimo numero, di che ampiamente trattano le storie che poi citeremo); onde la famiglia Orsini meritò di contrarre paren- tela cogl' imperatori, co' re di Fran- cia, di Spagna e d' Inghilterra , a- vendo dato undici regine ad altret- tanti troni, e preso dodici figlie di re e imperatori in matrimonio. Ol tre Batilde che fu moglie a Ciò-

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doveo II, Agnese sposò Primislao re di Polonia, Cunegonda fu mo- glie di Beda re d'Ungheria; Ladis- lao re di Napoli prese in moglie la vedova di Romandello Orsini, e Bo- nello Orsini sposò Agnese figlia del re di Tessaglia, avendo date le sue due sorelle, l'una a Andronico im- peratore d'oriente, l'altra al re di Casliglia. Ermanno Orsini ebbe per moglie Anna, figlia dell'imperatore Alberto 1; Ottone Orsini si congiun- se in matrimonio con Edwige figlia di Ridolfo I imperatore; Alberto Orsini sposò Elena figlia dell'im- peratore Ottone IV, e Poppone Or- sini Gondavina figlia dell' impera- tore Lodovico I il Pio, figlio di Carlo Magno.

Quanto all'origine degli Orsini, se si deve credere al Bovio , della chiesa di s. Lorenzo in Damaso p. i6r, ecco ciò che ne dice. Trae la casa Orsini la sua origine da' go- ti, un capitano de' quali chiamato Aldoiuo acquistò gran nome con- tro i vandali. Alla sua morte la vedova ritiratasi in Fiandra die alla luce un figlio, che nomò Mandilla, che in lingua gotica siguifìca privo di padre, e lo consegnò ad una balia. Questa teneramente si affe- zionò al fanciullo, e vedendosi con pena mancare il latte, l'attaccò, se- condo l'uso d'allora del paese, alle poppe d'uu'orsa domestica, per cui la nutrice al primo nome gli ag- giunse quello d'Orsino. Dopo la morte della madre, Orsino si recò a Roma nel 42^> e Per 'e beneme- renze che si acquistò coli' impera- trice Pulcheria, n'ebbe da questa in premio del suo valore alcuni ca- stelli nell'Umbria. Da Orsino nacque o fu discendente Giordano, che in R.oma portatosi edificò la casa nel rione Ponte, sopra un piccolo moti-

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te, che tla lui si disse Monte Gior- dano. Contiguo n questo uno di ca- sa Orsina, che fungeva un prima- rio posto nella corte imperiale, fab- bricò la chiesa di s. Maria della Coite, cos'i detta da sua posizione civile, e nel i4^o fu intitolata ai ss. Simone e Giuda apostoli. Essa esisteva già a' tempi di Urbano II del ro88, facendone menzione nella sua bolla delle chiese filiali dipen- denti dalla basilica di s. Lorenzo in Damaso. Fu anticamente par- rocchia, e nel 1726 sotto Bene- detto XIII venne ingrandita con quella soppressa di s. Biagio del- la Fossa : non si conferiva per coucorso , come gius patronato de- gli Orsini , ma l'eletto parroco do- vea essere approvato dal cardi- nal vicario. Altre notizie di questa chiesa le riportai a Monte Giorda- no. Tornando all'origine degli Or- sini, il Novaes la descrive cosi. Se- condo il parere de' più accreditati scrittori, trae essa origine da Caio Orso Flavio, che tanto si distinse in qualità di generale nelle armate imperiali al tempo di Costanzo, ma pel suo valore militare, avendo pro- vocato l'invidia de' suoi competito- ri, fu costretto a ritirarsi in Italia, dove la già acquistata riputazione aumentossi di giorno in giorno, per la cognizione che del suo esimio merito ebbero gl'italiani e in ispe- cial modo i romani. Dal suo nome Orso prese la discendenza il cogno- me Orsini. Questi stabilirono la lo- ro dimora, prima nell'Umbria, ove possedettero per lungo tempo molti castelli, quindi passando uel Lazio furono dall'imperatore Teodosio II onorati del titolo di principi verso il 4^1; iòdi Giustiniano I nominò un Orsini prefetto dell'Umbria. Nel 752 fu elevalo alla cattedra aposto-

ORS lica Stefano li detto III Orsini, che consagrò re Pipino monarca di Francia, ed i suoi figli Carlo Ma- gno e Carlomanno, ricuperando col loro aiuto le terre occupate dai lon- gobardi , e per la munificenza di Pipino vide anco amplificato il prin- cipato della Chiesa romana: gli suc- cesse nel 757 il fratello s. Paolo I, che fondò nella casa paterna il mo- nastero e la Chiesa di s. Silvestro in Capite. Di ambedue i lodati Pa- pi era fratello Giovanni duca di IVepi, ed alla morte del secondo s'intruse Costantino Antipapa XI, fratello di Totone, fatto da Deside- rio re de' longobardi, duca à\ Nepi , al qual articolo si dice come gli Or- sini ivi dominarono con diverse in- terruzioni di tempo. Il Papa s. Leo- ne IX ordinò con breve, che ogni anno nella Pentecoste si dovesse be- nedire una Rosa d'oro e darsi al principal barone di casa Orsini, e per la prima volta nel io5a fu donata a Lodovico Orsini il Vecchio di Monte Giordano, barone di som- ma potenza ed autorità. Si mosse s. Leone IX a concedergli o con- fermargli questo privilegio, perchè ribellatosi a lui e alla Chiesa un principale signore romano, Lodovi- co si portò valorosamente in favo- re della Chiesa, e represse l'ardire di quel magnate. Come la rosa d'o- ro fu poi donativo insigne, ordina- riamente per principi sovrani, cosi divenne l'insegna principale degli Orsini , essendo composto il resto dello slemma, sostenuto da due orsi, d' un' anguilla guizzante e di tre sbarre. Il Vettori, Del fiorino d'oro, parlando della rosa che si vede nelle monete pontificie , anche di Giovanni XXII 1, Martino V e Ni- colò V, dice che per delta rosa d'o- ro alcuni scrittori asseriscono es-

ORS sersi per un tempo gli Orsini chia- mati Rosini. Della rosa Orsina si leggono in un mss. antico i due seguenti versi :

Haec Rosa magnanimi defenditur unguibus Ursi : Nani genus Ursinum Roma vetu- sta traiti t.

E perciò, quasi alla custodia della cordonata per cui si ascende al- l'antico palazzo de' Savelli, poi pas- sato in dominio degli Orsini, si ve- dono ritte in piedi le figure di due orsi, il che osserva Cancellieri nel- Y'Iscriz. delle ss. Simplicia e Or- sa pag. i4-

Nel secolo XI le fazioni se- guaci del Papa e dell' impero , che poi presero il nome di guel- fi e ghibellini, per le gravi defe- renze insorte in seguito fra i due poteri , massime per le Investiture ecclesiastiche _, produssero orribili sciagure e sanguinosi fatti. Dicem- mo già che tra i guelfi primeggia- rono gli Orsini favorevoli alla causa della santa Sede, ma verso il io io sopraffatti dai loro nemici , furono costretti, tranne un ramo, di partire da Roma, per cui si divisero parte nella Francia, ove più non esisto- no, ed ivi unitisi al sangue regio furono cancellieri del regno , conti di s. Paolo e signori di Armentiers; parte in Germania, ove ancora fio- riscono col cognome di Orsini Ro- senberg, in Carintia e nella bassa Austria, con residenza iu Welzenegg in Carintia ed in Freudenau in Stiiia. Fu Vitello Orsiui che nel ii5o passò iu Carintia, vi sposò Agnese figlia del duca Enrico del- la casa di Spanheim, e u' ebbe due figli, Vitello II ed Eurico. Il pri- mo si stabili iu Boemia sotto il

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nome di Vitek, secondo la lingua del paese, ramo de' Rosenberg di Boemia. Enrico rimase in Carintia e fondò con la sua sposa Anna con- tessa di Orleuburg la linea de' Ro- senberg di Carintia. La linea di Boemia si estinse nel 1611 in Pie- tro Wock. Il suo padre aveva ri- cevuto nel i5g2 la dignità di prin- cipe, e la sua famiglia era stata la più polente e la più considerevole della Boemia. Le sue possessioni as- sai considerabili, passarono ai più stretti parenti delia casa di Salva- ta. I membri componenti la liuea di Carintia furouo nominati poco dopo, pei loro stabilimenti di Ale- magna , signori della R.osa , dallo stemma di loro famiglia, e già si- no dal 1 23 1 si nominavano signori di Rosenberg. Il pronipote di En- rico, che mori nel 1 2 1 4 , era nel 1 260 siniscalco iu Stiiia, dove il suo padre Cristoforo si eia stabilito pel suo maritaggio con una figlia della famiglia di Weissenegg. I Rosen- berg rimasero in Stiiia finché Mas- similiano, valoroso guerriero della stessa casa, il quale accompagnò l'im- peratore Carlo V*in tutte le sue guerre, si vide filialmente obbligalo di alienare tutte le sue possessioni per i sofferti dispendi de' suoi pre- parativi guerreschi, dimodoché non restò al suo figlio Ulrico che un anello matrimoniale. Dopo la mor- te di Massimiliano, accaduta nel i55o, Ulrico si ritirò in Carintia, dov' egli come i suoi discendenti acquistarono per il loro merito e per i maritaggi nuove possessioni. Gio. Andrea di Rosenberg di lui nipote, gran burgavio di Carintia , ipotecò durante la guerra de' tren- t'anni tutte le sue possessioni per assistere i due imperatori Ferdi- nando H e Ferdinando III , e la

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sua patria. Iq ricompensd de' sei - vigi distinti ch'egli avea reso ai detti imperatori ed allo stato, fu innal- zato nel 1G48 con tutta la sua di- scendenza alla dignità di conte del- l'impero, ed ottenne nel 1660 per lui e pei primogeniti di sua fami- glia la dignità di gran maestro , e per gli altri discendenti maschi quel- la di maestro della corte eredita- ria di Carintia. I suoi figli Giorgio Nicola, e Wolfango Andrea fonda- rono due fìdeicommissi ch'esistono ancora. Il primo, gran hurgravio di Carintia, lasciò tre figli, di cui la po- sterità venne ad estendersi, ed i fidei- commissi de' quali formano il mag- giorasi della linea tuttora fiorente. Wolfango Andrea meritò, come guer- riero e uomo di stato , il favore dell' imperatore Leopoldo I, e per suo mezzo ottenne egli e il suo fra- tello Giorgio Nicola, pei loro discen- denti posto e voce nel collegio dei conti di Francouia uel 1688, e la prerogativa di magnati d'Ungheria: il primo in seguito fu uominato presidente della camera delle finau- ze. Egli ehbe due figli dalla sua pri- ma moglie, Regina baronessa Welz; il cadetto di Francesco Andrea si- niscalco di Carintia lasciò un solo figlio, per nome Carlo Giuseppe , consigliere alla reggenza , il quale mori nubile; il primogenito Giu- seppe Paris fu colonnello austriaco e combattè valorosamente sotto il comando del duca di Lorena nella guerra coutro i turchi, ma morì anch' egli giovane assassinato dal barone di Roseo. Il suo figlio Wol- fango Sigismondo lasciò due figli , Francesco Saverio ministro di stato e di gabinetto e gran ciambellano d'Austria, e Wolfango Filippo com- mendatore dell'ordine teutonico. Il nrimo&euilu Francesco Saverio fu

ORS promosso dall' imperatore Leopoldo Il nella sua coronazione in Frane- fort nel 1790, alla dignità di prin- cipe dell'impero, in ricompensa dei servigi da lui resi , governando la Toscana nella sua minorità quando n'era granduca, colla condizione che tal diguità passasse dopo la sua mor- te al cugino Vincenzo conte di Ro- senberg ed ai suoi primogeniti. Vin- cenzo era figlio di Filippo Giusep- pe nato dal conte Wolfango Andrea, e dalla sua terza moglie Ernestiua contessa Montecuccoli, figlia del ce- lebre generale principe Raimondo stato ambasciatore in più. corti , e che avea ereditato dal suo zio ma- terno la signoria di Gleiss nella bas- sa Austria. 11 conte Filippo Giu- seppe ebbe da sua moglie contessa Kaunitz un solo figlio , \ iuceuzo menzionato di sopra. L'imperatrice Maria Teresa ricompensò i di lui servigi col nominarlo siniscalco di Carniola e di Carintia. Egli mori prima del cugino Francesco Save- rio, per cui la dignità di principe dell' impero passò a Francesco Se- rafino primogenito di Vinceuzo e delia contessa Giuliana dama di Stubenberg. Questi si dedicò al ser- vigio militare, si distinse in molle occasioni, fu nominato generale e membro del consiglio di guerra, e servi più di cinquant'anni. Gli suc- cesse Ferdinando suo figlio ciani - berlano austriaco, gran maestro ere- ditario della corte di Carintia, ec, maritato prima alla contessa Maria Cunegonda di Brandis, poi a Otti- lia contessa Wurmbrand-Sluppach : egli è vivente ed ha per figlia Ma- ria Cunegonda, fratelli, sorella e ni- poti. Lo stemma de' Rosenberg è una rosa vermiglia di cinque foglie . iu campo d'argento.

Dalla famiglia Orsini che restò

ORS in Ruma , uscirono selle rami , se- condo il sentimento de' migliori cro- nologisti, tulli ora estinti eccettuato quello superstite di Orsini- Gravina. 11 più illustre di Tali rami derivò da Giovanni figlio di Orso Orsini conte di Piti gli ano, senatore di Ro- ma nel i 190 e nel 1200, da cui discesero quindi i personaggi più distinti, cioè Matteo il Grande se- natore di Roma; Giovanni Gaeta- no che nel 1277 fu eletto Papa col nome di Nicolo III, padre del quale fu Matteo Rosso Orsini se- natore di Roma nel 1242 e 1246» ed era disceso da Orso nipote di Celestino III. Romanello I conte di Nola, fatlo da Carlo II re di Na- poli nel I2g3; Raimondello di Bal- zo principe di Taranto nel 1398; e Raimondo duca d' Amalfi e prin- cipe di Salerno. Il secondo ramo furono i conti sovrani di Pitiglia- no, marchesi di Monte s. Savino , ramo fatto da Guido Orsini conte di Soana ; e Giovanni Orsini il primo marchese di s. Savino. 11 terzo ramo, de' siguori di Monte Rotondo in Sabina, per Orso Orsi- ni derivato da Rinaldo fratello di Nicolò III : Rinaldo fu anche pa- dre del cardinale Napoleone Orsini; altro fratello di iNicolò 111 fu Gen- tile padre del cardinal Matteo Rosso Orsini. Il quarto ramo de' conti di 'lagliacozzo, di cui l' investi il sud- detto Carlo li con diploma del 1294, col tributo annuo di oncie d'o- 10; principi dell'Aquila, conti d'Ari- guillara, comperata per 55,ooo scudi da Giordano Orsini al re di Napoli suo coguato, pel qual mez- zo l'acquistò dipoi Alessandro VI; signori d'Alba e duchi di Bracciano t die Pio IV con diploma de' 9 ot- tobre 1 56o eresse in ducato, fin dal quale auuo principiarono gli Or-

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sini ad assistere al soglio pontificio, mentre al capo della famiglia Co- lonna già nel i5o3 era stato con- ceduto questo singolare onore, forse in virtù del trattato di pace e ri- conciliazione fra le due potenti fa- miglie, onde d'allora in poi gli Or- sini e Colonna alternati vamenle pre- starono assistenza al soglio pontifi- cio ; come ancora eresse nello slesso tempo Anguillaia in marchesato a favole di Paolo Giordano Orsini. Egli portò anche i titoli di marche- se di Rocca Antica in Sabina, conte di Campagnauo, Galera e Monte- rano, principe di Piombino, mar- chese di Populonia, signore dell' i- sola dell'Elba, Pianosa e Monte Cri- sto, marchese di Trevignano , dei quali luoghi si parla in diversi ar- ticoli. I discendenti di Paolo Gior- dano, come il duca Virginio suo figlio e gli altri, usarono parecchi titoli di signorie, come duca d' A- ragona, principe di Nerola e Torre, conte palatino, principe dell'impero e grande di Spagna di prima clas- se. Virginio Orsiui fu pure signore di Ceri o Cerneteli. Il famoso e potente Everso li conte d' Anguil- laia, era di detto stipite, da cui uscirono gli Orsini del ramo di Manupello e Tibaldeschi. Si narra che quello cui formò il ceppo dei signori d' Anguillara prese questo cognome e per stemma 1' anguilla per aver ucciso presso Malagrotta un terribile serpente, onde il Papa gli donò tanto paese quanto pote- va camminare in uu giorno, del quale era capo l'Auguillara e Su- iri.

Questo ramo degli Orsiui-Brac- ciano, che primeggiò sopra tutti gli altri, essendo andato, massime nel secolo XVI, del pari coi so- vrani i quali non isdegnarono di

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unirsi al medesimo cou vincoli stret- tissimi di parentela, fu fatto da Na- poleone Orsini fratello di Nicolò III. Morto senza figli nel i6/[.5 Paolo Giordano, gli successe Flavio Orsi- ni figlio di Ferdinando suo fratel- lo, il quale morì anch'esso nel 1698 senza figli, così dalla prima moglie Ippolita Ludovisi, come dalla se- conda Anna Maria della Tremolili- le Noirmoutier sorella della duches- sa Lante; onde i beni di questo ramo, con quelli dell'altro Orsini della linea di s. Gemini nella de- legazione di Spoleto, poco prima ancora estinta ed entrata in quel- la di Bracciano, passarono al ra- mo de'duchi di Gravina nel 1718. Quindi è che avendo Anna dopo la morte del marito Flavio Orsini, conservato il nome di principessa Orsini, fu destinata da Luigi XIV cameriera maggiore di Gabriella di Savoia, prima sposa di Filippo V re di Spagna, ed avendo preso il maggior ascendente sull' animo di quel principe, governò dispotica- mente la monarchia fino all'arrivo in Madrid della seconda sposa di Filippo V, Elisabetta Farnese. Ca- duta in disgrazia, tornò in Roma, e morendo lasciò erede de'suoi be- ni la casa Lante. Essendo in que- sta passato ancora l'archivio della famiglia Orsini, Benedetto XIII con chirografo de'5 settembre 1 7*29, Bull. Magn. t. X, p. 4°6> ordinò al cognato della defunta d. Mar- cantonio duca Lante, di consegnare l'archivio ai duchi di Gravina, per potere avere i nomi de'creditori e debitori delle linee Orsini - Braccia- no e s. Gemini, entrate nella li- nea Gravina, in vigore di molti fi- deicommissi riconosciuti dalla sacra rota.

Il quinto ramo degii Orsini

ORS si formò de'marchesi di Mentana in Sahina, che credesi l'antica No- mento (Vedi), duchi di Amatrice e Salvo, ramo fatto per Latino Or- sini poi cardinale." L'ultimo princi- pe di questa linea, di cui restaro- no ancora eredi i duchi di Gravi- na, trovandosi prigione in Castel s. Angelo, ove stette carcerato tren- t'anni, avendo Caffarelli uccisa sua moglie, sposò nel carcere una don- na di vile coudizione, dalla quale ebbe un figlio , che lasciò le sue pretensioni sopra il principato di Amatrice al collegio de' gesuiti di Vienna ^ d' Austria , ove morì nel 1689. E per verità mirabile l'a- more che alla compagnia di Gesù sempre ebbe la famiglia Orsini , della quale alcuni sono arrivati a darle duecentomila scudi, come os- serva il Novaes. 11 sesto ramo lo fecero i conti di Pacentro e Oppi- do, ramo fatto da Roberto conte d'Alba e di Tagliacozzo, gran con- testabile di Napoli. Finalmente il settimo ed esistente ramo degli Or- sini di Roma, è quello de' duchi di Gravina nel regno di Napoli, ove questo ramo si trapiantò da qual- che secolo addietro, di Conversano, Campagna, s. Gemini, signori di s. Agata, principi di Scandriglia in Sabina, Solofra e Vallata, conti di Muro, ec. : è un ramo proveniente dagli Orsini-Bracciano, fatto da Fran- cesco Orsini, figlio di Giovanni con- te di Tagliacozzo, che divenne se- natore di R.oma con Sciarra Co- lonna. Nel 1 4 1 7 fu dichiarato con- te dell'impero, duca di Gravina nel 1 4-63, e ne fu primo duca Giaco- mo Orsini figlio di Francesco, prin- cipe dell'impero con titolo di altez- za nel 1624, rango e onori de' prin- cipi stranieri in Francia nel 1629. Da Ferdinando Orsini X duca di

ORS Gravina, nacque Pietro Francesco duca XI, nel 1724 Papa Benedet- to XIII, e Domenico XII duca, che sposato in prime nozze ad una ni- pote di Clemente X, cuori nel 1705, lasciando Filippo duca di Gravina XIII. Questi sposò nel 1718 d. Gia- ciuta figlia del principe Ruspoli , nel 1724 'all° principe del sacro romano impero e cavaliere perpe- tuo della stola d'oro dalla repub- blica di Venezia. Questi lasciò per successore Domenico Amadeo suo figlio duca XIV, il quate si maritò con d. Paola Odescalcln nel 1738, che restato vedovo, nel 17 43 Be- nedetto XIV creò cardinale; morì nel 1789 e fu sepolto nella cap- pella gentilizia di s. Barbato nella basilica Lateranense. Il di lui figlio d. Filippo Bernualdo duca XV , maggiordomo di Francesco I re del- le due Sicilie, morto nel 1824. D. Domenico suo primogenito duca XVI, maritato a d. Faustina Caracciolo di Torcila, fino dal 1790 terminò di vivere. Da lui nacquero l'odier- no duca di Gravina, di cui parle- remo in fine, e d. Teresa che si congiunse in matrimonio col prin- cipe Doria-Pamphilj, che celebram- mo altrove e a Pamphilj per la sua pietà e belle virtù. Da ultimo morì d. Francesco , fratello del suddetto duca d. Domenico.

Ora passiamo ad accennare le notizie principali d' alcuno degli Orsini i più. rinomati, de' quali e di altri in più luoghi si discorre. Dopo il 1 168 Matteo Orsini con Pandolfo Savelli distrussero i pa- lazzi de' Conti , de'Colonnesi e dei prefetti di Vico, seguaci dell' im- peratore Federico I. Nel 1191 fu elevato sulla cattedra di s. Pie- tro, Giacinto Bobò Orsini, col no- me di Celestino IU, del quale e

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de' Dolo Orsini trattammo ancora nell'articolo Innocenzo III suo suc- cessore: i discendenti della nohile e potente romana famiglia de' Ro- boni, lasciando questo cognome nel secolo XII, presero quello de'ligli d'Orso, di che erudite notizie ri- porta il Gai ampi nelle Memorie p. 5o 1 e 53G. Abbiamo quattro cardinali de'Boboni, tre de' quali creati da Celestino III, cioè un ni- pote e due altri parenti, essendo egli sialo benefico assai coi suoi congiunti. Celestino III conferì ai suoi nipoti i feudi di Vicovaro, Bardella e Canlalupo ; gli Orsini furono i primi a ricevere feudi dal- la Chiesa romana, in ricompensa dei loro servigi. Essi nel seguen- te pontificato d'Innocenzo III si unirouo con Oddone di Poli con- tro i lui parenti per timore di essere molestati nel possesso dei propri castelli. Piaimondo Orsini nelle guerre che sostenne per hi ricupera di Terrasanta , ottenne da Gregorio IX il prezioso dono della rosa d'oro. Nel 1277 fu su- blimato al pontificato Nicolò III. Sebbene esso non fu di lunga durata, è noto che amò assai i suoi nipoti, ed in ispecie il principe Bertoldo che investì del titolo di conte di tutta la Romagna, e se fosse più a lungo vissuto avrebbe certamente effettuato il suo magni- fico e vasto piano, quale era di creare due re della sua famiglia, uno cioè in Lombardia, perchè fosse a portata di tenere a freno i germani che abitavano allora una parte delle Alpi e potevano a lo- ro genio invadere la sottoposta pia- nura, e l'altro in Toscana, perchè in unioue con lioma potesse ali oc- casione essere pronto a reprimere i fruuecsi padroui iu quel tempo

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dei reami di Sicilia e Napoli. Ama- tore caldissimo di sua prosapia, pre- miai osameute ne aumentò la poten- za, procurando l'acquisto di nuovi feudi, come fece con Soriano, con N omento che die a Orso suo nipote, ed altri, e costruirvi de'forti che fos- sero capaci a sostenere sempre più la baronale dinastia Orsini, qualora fos- se minacciata da altri baroni, in ispecie dai Colonnesi, nemici impla- cabili allora degli Orsini come a- cerrimi sostenitori de'guelfi. La ri- valità tra queste due famiglie cru- delmente inasprì nel 1295 sotto Bonifacio Vili, che procurò abbas- sare la potenza de' Colonna, all'e- saltazione del quale aveano coope- rato i cardinali Orsini in quei tem- pi influentissimi nella elezione dei Papi, come narriamo alle biogra- fie di questi. Verso tal epoca gli Orsini già avevano acquistalo Brac- ciano sulle spiaggie del lago Sab- batino, e sulla cima del colle vi fabbricarono la famosa rocca, dove esiste il piccolo vecchio paese situa- to uella parie scoscesa della rupe, co- me al presente ancora si vede, dan- dogli il nome di Arcennio in for- za del termine ArxArcis , quale poi fu cambiato in quello di Bar- cenno, e quindi Bracciano in virtù de nuovi bracci ossiano borghi fab- bricati in progresso di tempo dagli Orsini, cioè da Napoleone abbate di Farfa, dal duca Virginio, da Flavio ultimo di tal ramo, e dai duchi Odescalchi che nel 1696 ac- quistarono il feudo per 336,ooo scudi, ora ricuperato dal duca Tor- lonia , cui era passato, dall' o- dierno principe Livio Odescalchi. Questi a' 22 marzo 1848 rinunziò alla santa Sede la giurisdizione ba- ronale nel feudo di Bracciano e nel contado de'Pisciarclli : altrettanto ha

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fatto di Soriano il principe di Castel - barco. Nell'elezione del francese Cle- mente V si verificò il famoso detto del cardinale decano Rosso Orsini, che per lungo tempo il Tevere non rivedrà i Papi. In fatti nel i3o5 Clemente V stabilì la residenza pontificia in Francia e in Avigno- ne, ove restarono sette Pontefici con estremo danno di Roma e d'Italia. In questo lungo lasso di tempo i baroni romani, più non essendo raffrenati da un'autorità superiore, neppure volevano conoscere eguali: torrenti di sangue furono versati in Roma dai Colonnesi ed Orsini, ora per sosteuere un vano onore, ora per veudicare ingiurie perso- nali o de'Ioro numerosi clienti e partigiani, essendo i Colonnesi uniti ai Savelli nel sostenere i Banderesi prepotenti, facendosi forti nel po- polo romano seguace nella maggior parte de' Colonnesi, e nella prote- zione imperiale. Gli Orsini aveano appoggio ne'Papi, ne' re, e in gran parte della nobiltà, cioè in quella nemica de'Colonna, benché alcuni di essa talora cambiarono fazione come i Savelli. Principalmente se- guirono i Colonnesi, i Capocci,, i Margani, i Porcari, i Conti, i Cor- raducci, i Cesarmi, gli Annibaldi. Gli Orsini ebbero per lo più divo- te le famiglie Alberini, Frangipani, Tebaldeschi, Annibaldi della Molara, gli Anguillaia e varie altre. Campo di fiori, ove aveano palazzo, era la lo- ro piazza d'arme, che ciogevanla a modo di bastione le case de'Massimi, dei della Valle, dei Capizucchi, Del- fini, Branca , Capodiferro , Mellini , Alberteschi. Gli Orsini guardavano pei Papi le torri e catene del Te- vere a porta Portese, 1' ingresso di Borgo, il Castel s. Angelo, e quel tratto che da esso corre a porta s.

ORS Sebastiano. I Colonna, oltre la vet- ta del Campidoglio, aveano que'luo- gin forti che nominammo al loro articolo, oltre quelli de'loro parti- giani, grido de'quali era: Popolo e Colonna, mentre gli Orsini se- gnavano sui loro pennoui e lande, Orso e Chiesa, molto che ripeteva- no nelle zuffe. Avendo finalmente tali accaniti rivali acconsentito di deporre le armi, tutta l'autorità di Roma fu divisa tra essi mediante convenzione non poco singolare: dei due capi dello stalo, che col nome di senatori governavano lutla la repubblica, uno veniva eletto dalla fazione Orsini, l'altro dalla fazione Colonna; tali furono Stefanello Co- lonna, e Bertoldo Orsini, il quale peri a forza di sassate per insurre- zione popolare causata da carestia, onde fu ripristinato il famoso tri- buuo Cola di Rienzo. Indi furono senatori Nicolò Orsini conte di No- la, e dopo la morte di Cola, Orso Orsini.

II conte Nicolò dispiacente che il conte Napoleone di Manopello suo fratello, morto nel i366, non avea potuto effettuare l'erezione della cer- tosa alle terme Diocleziano, ottenne da Urbano V un breve facoltativo nel 1870 per fondar la certosa pres- so la basilica di s. Croce in Geru- salemme. Gregorio XI che poi nel 1 3y 7 restituì la papale residenza in Roma, come amicissimo di tal principe Nicolò, gli conferì il gover- no della provincia del Patrimonio, coll'annuo assegno di duemila du- cati, e combinate le vertenze che esistevano tra il medesimo e l'ab- bate della Chiesa de' ss. Vincenzo e Anastasio alle tre. fontane, il qua- le avea pretensione su molte terre e castelli dello slato Aldobrandesco per clonazione di Carlo Magno e

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concessione di Alessandro III, con- fermò a Nicolò con bolla data in Avignone nel 137-2 tutte le con- venzioni stabilite e passate intorno al detto particolare, come l'avea sta- bilite Urbano V, cui la morte gli impedì spedire la bolla ; e volle che il principe Nicolò e discenden- ti godessero in perpetuo come feu- datari di detta abbazia la città di Ansi don ia col porto di Finilia, Por- lo Ercole, e l'isola del Giglio eoa 100 miglia di mare còl jfus piscan- di et navigandi, l'isola de'Sanniti, tutto il Monte Argentalo, Orbetel- lo collo slagno, i castelli di Maisi- gliana e di Tricosta , Caparbio, Monte Acuto e Sertena, la metà del castello di Capita, e la tenuta di Collelongo, purché si disse al monastero abbaziale da Nicolò il castello di Statua nella campagna romana della diocesi di Porto, co- me si effettuò, ed in perpetuo ogni anno un cavallo bianco del prezzo di 5o scudi. Urbauo VI nel i3S5 fu liberato dall'assedio di Nocera de' Pagani, in cui si trovava ristret- to, da Raimondo del Balzo Orsini, benché quel Papa fosse stato nemi- co di tal famiglia, come unita a Giovanna I regina di Napoli, e le avesse mosso contro i tivolesi a dan- no di Yicovaro, Castel s. Angelo o Madama, e di Santo Polo. Tra i discendenti di Nicolò III vi fu Or- so Orsini figlio del fratello Rinal- do, dal quale ramo derivarono i principi possessori di Bracciano, An- guillaia, Treviguano ed altri feudi, città e castella , tanto ne'doininii ecclesiastici, e massime ne' dintorni di Roma, come si potrà vedere ai loro luoghi, che nel reame napole- tano, e da! cui vero e legittimo ceppo proviene quello di Gravina, che felicemente ancora si conserva.

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Discendente di detto Orso fu il principe Carlo Orsini, il cui nipote Paolo Orsini, famoso capitano e ge- nerale della Chiesa^ ricuperò nel 1409 la signoria di Roma a Papa Alessandro V, riportando vittoria sui nemici nella via della Lungà- 1 a ; e disfece Ladislao re di Napoli nella battaglia di s. Germano nel i4i i> e a Roccasecca, sotto Giovan- ni XXIII. Da Carlo Orsini nacque- 10 quattro figli, Napoleone, Rober- to gran contestabile del regno di Napoli, Giovanni vescovo di Traili e abbate di Farfa, e il cardinal La- tino celebre ne'fasti ecclesiastici de- gli Orsini : sotto il detto abbate è probabile che Monterosi, della sud- detta abbazia delle Tre Fontane, al quale articolo ne descrivemmo le diverse terre, fosse proprietà di casa Orsina. Da Napoleone nacque Vir- ginio, e da questi Gio. Giordano e Carlo figlio naturale che successe al padre nella contea d'Anguillara. Da Gio. Giordano nacquero tre figli, Napoleone, Girolamo e Francesco che iti poi abbate di Farfa per rinunzia di Napoleone suo fratello. Questi fu celebre militare del suo tempo, aiar- chese di Trevignano, e sposalo a Claudia Colonna fu padre di Gio. Ranista ed Antonio, e stipite degli Orsini signori di Vicovaro presso Tivoli, i quali perchè senza eredi costituirono successore nel loro ric- co patrimonio il duca Virginio: Na- poleone venne ucciso da due sicari plesso Fossombrone. Ne' pontificati di Sisto IV e Innocenzo Vili gli Orsini goderono gran favore, ricu- perando quanto avevano perduto nel regno di Napoli, e aumentando le molle loro possessioni. Verso que- sto tempo Clarice Orsini sposò Lo- renzo de' Medici il Magnifico, e fu madre all'immortale Leone Xj ed

ORS Alfonsina Orsini maritata a Pietro de Medici fu avola di Caterina re- gina di Francia.

Da Girolamo nacque Paolo Gior- dano che fu il primo a prendere il titolo di duca di Rracciano, il quale Pio IV dichiarò capo di tut- ti i feudi che possedeva la casa Or- sina di tal ramo. Da Paolo Gior- dano nacque Virginio che fu se- condo duca, e da questo Paolo Gior- dano, e Ferdinando il quale suben- trò ne' diritti del fratello mancante di successione, da cui nacque Fla- vio quinto e ultimo duca di Brac- ciano, acquistato dagli Odescalchi in uri a Palo già degli Orsini. Dal car- dinale Latino nacque Paolo erede del marchesato di Tri pai da e Mon- te Fredano nel regno di Napoli, non che di Mentana, dichiarata mar- chesato da Gregorio XIII al suo di- scendente conte Latino, e di altri non pochi castelli nella Sabina. Pao- lo si diede tutto alle armi, si rese assai caro a Virginio Orsini il Gran* de, il quale fu capitano generale della Chiesa e del re di Napoli, ed ebbe per figli Fabio di raro inge- gno che dettava a un tempo a quat- tro segretari, il duca Roberto che fu arcivescovo di Reggio, ed il bra- vo guerriero Camillo, istruito nel- l'arie militare da Nicolò Orsini con- te di Pitigliano, generale de' vene- ziani durante la lega di Cambray, il più savio e circospetto tra' gene- rali italiani. Invidiando la potenza degli Orsini, Cesare Borgia figlio di Alessandro VI, bramoso d'im- possessarsi de' suoi domimi, assediò Trevignano ch'era stata tante volle malconcia dagl'implacabili Colonne- si a fronte della resistenza e bra- vura degli abitanti, i quali avendo pur dato saggio di valore nell'ag- gressione di Cesare, soggiacque nel

ORS 1496 a saccheggio e rovina. Aven- do precedentemente sottomesso An- guillara, l'ambizioso e crudele Bor- gia volse le armi contro Bracciano, ma respinto dalle forze degli Orsi- ni dovette abbandonare l'impreso, anche per opporsi a quelle riunite dagli altri Orsini di Soriano. Ma ve- nuto con essi alle mani fra Soria- no e Lassano d'Orte , fu talmente battuto, che oltre la perdita dell'ar- tiglieria e gran numero di soldati tra morti e prigionieri, fra' quali il generale duca d'Urbino, restò leg- germente ferito Giovanni duca di Cancìia fratello di Cesare, che pre- cipitosamente si salvò in Ronciglio- ne. Mentre il Borgia assediava Brac- ciano, nella rocca morì nel 1 497 il cardinal Lottati, la cui presenza avea contribuito alla vittoria. Car- cerato per sospetti di aderenza agli Orsini, e riuscitogli di scolparsi, ri- fugiossi in Bracciano. Il Sansovi- no, il Cardella, il Novaes racconta- rono diversamente l'accaduto, onde seguendo noi i secondi, questo cen- no serva di rettificazione a quanto narrammo alla biografia del Lona- ti. Nella stessa rocca nel 1 zj.8 1 era- vi morto di apoplessia il cardinal Migliorali, detto degli Orsini per- chè sua madre fu di tal famiglia, sepolto nella chiesa de' cappuccini, indi trasferito in quella di s. Lu- cia con lapide. Grati gli Orsini ai trevignanesi, li chiamarono per distinzione fedeli. Con isleallà fu rotta la pace conchiusa dagli Orsi- ni, tornando il Borgia sui loro feu- di, e gli anguillarini si sottomisero spontaneamente; e Bracciano fu pre- so con altri luoghi, facendo da ca- pitano lo stesso Papa. Nel 1 494 Cesare Borgia avea fatto morire di veleno Virginio Orsini il Grande, j nel gennaio i^u'3 Paolo figlio del

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cardinal Latino, allora duca di Gra- vina, col cavaliere Orsini furono per di lui ordine arrestati in Siili- gaglia, ove gli avea invitati con pre- testo di affidare al primo il coman- do dell'esercito pontificio, indi stran- golati in Castel della Pieve. Ignaro di lutto il cardinal Gio. Battista Or- sini, si recò da Alessandro VI per congratularsi della presa di Siniga- glia fatta da Cesare, ma invece fu imprigionato, e di veleno morì in Castel Si Angelo. Udita da Fabio la tragica morte del padre e quel- la dello zio, giurò farne aspra ven- detta, quando poco dopo nell'ago- sto i5o3 terminò di vivere Ales- sandro VI. Allora portatosi in Ro- ma con grosso corpo di truppa, piombò su quella di Cesare, e ne fece macello, lavandosi le mani col sangue degli uccisi, furioso anche per l' incendio dato a gran parte del suo palazzo. Ad evitarne il ri- sentimento, Cesare si trovò costret- to impetrare dal nuovo Papa Pio III asilo in Castel s. Angelo, avve- nimento che il Sannazzaro rimarcò con que'versi che riportai a Borgia Famiglia. Fabio morì nella giorna- ta del Garigliano, comandante un grosso corpo di truppe del re di Napoli ; gli successe il fratello Ca- millo, che sposò la sorella di Vir- ginio conte d'Anguillaia, da cui eb- be Paolo, i cui discendenti si di- stinsero per militari imprese e per dignità ecclesiastiche, terminando gli Orsini del ramo de' signori della Ma- trice e di Mentana, nel principe Ales- sandro di un merito singolare.

Giulio II avendo dato in matri- monio Felice sua figlia a Gio. Gior- dano Orsini, da cui nacque Paolo Gior- dano duca di Bracciano, beneficali splendidamente i Colonnesi, secondn- chè narrai al loro articolo, colla sua

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mediazione ottenne la sospirata pa- cificazione delle due possenti case Colonna e Orsini, stipulata con solen- ne istromento in Campidoglio ai 27 o 28 agosto i5i r, e in memoria del felice avvenimento fece coniare una medaglia o moneta incisa dal Cara- dosso, col motto : Pax Romana intor- no al suo stemma, e nel rovescio la sua effigie. Si dice che anco gli Orsini in tale occasione coniassero una mo- neta o medaglia, forse quella che descrissi nel voi. XIV, pag. 278. Altri motivi di questa famosa pa- ce furono quelli che andiamo ad accennare. In detto anno Giulio li dopo il 17 agosto, al modo det- to alla sua biografia e a Medico, fu creduto moriente per alcuui gior- ni. Abbandonato dai medici, le por- te del palazzo furono aperte a lut- ti, onde il popolo potè mirare il Pontefice disteso in letto semivivo. La città fu in tumulto per le vio- lenze, ruberie e omicidii che si com- misero ; i tribunali si chiusero, i magistrati non riscossero più rispet- to, e il governatore si rifugiò nel Vaticano. II Campidoglio pronta- mente fu occupato dall'abbate Pom- peo Colonna vescovo di Rieti, poi cardinale, e da Roberto Orsini fi- glio dell'ucciso Paolo: il primo dal- la loggia de'conservatori arringò il tumultuante popolo a ricuperare colle armi l'antica libertà, facendo \ina odiosa descrizione degli abusi del potere temporale tenuto dagli ecclesiastici, e come i Papi gli ave- vano tolta l'amministrazione della città, lasciando alla civica magistra- tura, resa impotente, una larva d'au- torità, tenendo da questa lontani i generosi ingegni romani. Restituiti- si in Roma con gente armata i ba- roni dai loro feudi, fecero temere mali maggiori e funeste eonsegueu-

ORS ze. In tanto estremo frangente, Ja- copo Frangipane e Marco Salomo- ne, chiamato Marcantonio Altieri, dotto nella storia, nella filosofia e nell'eloquenza, si dolsero della ne- gligenza universale, poiché niuno si dava carico d'impedire la minac- ciante catastrofe che stava per piom- bare sull'alma città. Indi a lui uni- ti si recarono dai conservatori, cui rappresentarono il gravissimo peri- colo. Commossi i conservatori dai loro discorsi, gl'incaricarono portarsi dai baroni a pregarli di non ricuo- prirsi d'infamia con abusare di tan- ti armati a danno della patria, che perciò era in ispavento. Tali e tan- te buone ragioni adoperarono, che non solo li persuasero a nulla in- traprendere, ma si offrirono per la custodia della città, anzi a maggior sicurezza determinarono deporre gli antichi odii e confederarsi insieme con giuramento secondo il giudizio del magistrato. A questo sembrò spediente, io nome del popolo, che ciò avesse solennemente luogo in- nanzi loro con atto formale, onde ristabilire la comune benevolenza e concordia a' 28 agosto. Il notaio Simone Antonio Piloto in splen- dido e pacifico giorno ne stipulò il memorabile atto, in cui principal- mente figurarono Giulio Orsini in nome de'suoi e di Gio. Giordano, e Fabrizio Colonna per sé, per l'as- sente Prospero e per tutti gli altri di sua casa, per perpetua sincera pace e riconciliazione, comprenden- dovi ambedue i propri seguaci e aderenti, figurando altresì in que- sto istromento i principali baroni romani. Il sapido e benemerito Al- tieri, con energico e libero sermo- ne preparò gli animi a pronunzia- re il corrispondente giuramento : giunse a persuaderli con provargli,

ORS ORS i% clie se i Pontefici non li reputato- nobile romano, per aver questi coo- no adatti a reggere e governare pelato di concerto col governatore le proprie cose, ciò doversi alla lo- di Roma Vincenzo Portico (poi de- ro giustizia per impedire triste con- posto da Gregorio XIII), alla car- seguenze, quali conoscitori di loro cerazione di un contumace rifugia- passioni e cattiveria degli animi di- to nel suo palazzo, per cui insorse scordanti. Inteneriti i baroni e i quel tragico trambusto die indi- cittadini del suo ragionamento, si cammo nel voi. V, p. 249 d^ &'~ abbracciarono affettuosamente, ed zionario. Inoltre il crudele Lodovi- a mezzo di quattro deputati per co commise altro più atroce delit- ogni rione, offrirono a Giulio II to, poiché a mezzo di un sicario già guarito, intero vassallaggio e fi- fece uccidere Vittoria Accoramboni gliale obbedienza, rigettando e ab- vedova di Francesco Perelli nipo- borrendo i perniciosi nomi di guel- te di Sisto V, e moglie di suo en- fi e ghibellini. gino Paolo Giordano duca di Brac- hi questo tempo fiorì Lorenzo ciano, forse ingelosito di questo ma- Orsini signore di Ceri detto Renzo trimonio, o perchè inutilmente ten- da Ceri, del ceppo Anguillaia, che sedurla, ma in Padova venne formò per primo un corpo d' in- decapitato. Non pertanto Sisto V fanteria italiana, in grado di re- a dimostrare la sua alta stima per sistere ai formidabili battaglioni le famiglie Orsina e Colonna, die degli svizzeri e spaglinoli . Dagli in matrimonio le due sue nipoti, stipendi veneti passò a quelli di cioè Flavia al duca Virginio figlio Leone X, e si distinse nella di- di Paolo Giordano con 80,000 scu- fesa di Marsiglia contro il contesta- di di dote oltre un regalo di altri bile di Borbone, ma in quella di 20,000, ed Orsina al gran conte- Roma contro il medesimo al servi- stabile Marc' Antonio Colonna con gio di Clemente VII non potè ispi- pari dote e regalo, per cui le due rare coraggio ni cittadini. Poco do- famiglie furono riconosciute da Si- po nacque Fulvio Orsini dotto an- sto V per primarii baroni romani tiquario, figlio naturale d'un Orsi- e principi assistenti al soglio pon- ili commendatore di Malta; ebbe tifìcio. Nel 1690 circa il feudo di un grado distinto tra gli eruditi Trevignano passò nella famiglia Gril- contemporanei, formò un magnifico lo, ed a' nostri giorni in d. Cosimo museo, lasciò diverse dotte opere, Conti, decorato al modo detto nel e morì canonico Latcranense. Ca- voi. XVII., p. 283, e fatto principe millo Orsini nel pontificato di Pao- da Gregorio XVI , quando con lo IV sostenne il governo generale breve del 23 gennaio 1 835 elevò dello stato ecclesiastico con molta il marchesato di Trevignano a prin- riputazione e gloria, per cui fu sti- cipato. Quanto Trevignano, deve a mato uno de'piimi personaggi del questo benemerito signore , si può suo tempo, anco per scienza mili- leggere nell'opuscolo: Considerazio- tare e somma rettitudine. Non fu ni intorno l'agricoltura di Trevi- però simile tanto nelle qualità mo- guano, dedicato al protettore car- iali, che nelle virtuose sue gesta dinal Giacomo Giustiniani. Trevi- Lodovico Orsini de' duchi di Mon- guano a preferenza di Bracciano e lerotondo, per l'uccisione di Vitelli Anguillaia, ebbe la gloria di essere

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chiamato il primo a figurare sulle spiaggie del lago Sabatino., dopo che fu .sommersa dalle sue acque la città di Sabazia. Nel 171 8 Cle- mente XI dichiarò principe assisten- te al soglio il duca di Gravina d. Filippo, il cui zio nel 1724. fu su- blimato al pontificato a'29 maggio col nome di Benedetto XIII, ed eb- be la religiosa consolazione ili assi- sterlo al trono, e nel possesso a ca- vallo servito da' suoi paggi e nu- merosa famiglia incedette avanti la croce papale; mentre il duca di Monte Mileto pronipote del Ponte- fice, e da lui latto capitano de'ca- "valleggieri, cavalcava alla testa di essi. Alla di lui biografia parlam- mo della moderazione con cui trat- tò il duca d. Filippo e l'altro ni- pote p. Mondillo filippino che fece ■vescovo di Melfi e Rapolla, indi ar- civescovo di Capua, e insieme pa- triarca di Costantinopoli. In una delle medaglie di Benedetto XIII si vede la rosa, slemma di sua fa- miglia Orsini. Vedasi il libro: Ilo- nor Ursinorum et praedicalorum familiae, etc. Romae 1724- Ed Ales- sandro Borgia : Vita Beuedicti XIII, R-omae 1741- Al presente è XVIII duca di Gravina, principe assistei te al soglio, principe romano e na- poletano e di Solofra, d. Domenico Orsini, da Gregorio XVI insignito della gran croce di s. Gregorio I, e successivamente fatto direttore del debito pubblico, senatore di Roma e comandante generale della guar- dia civica. IN' ci 182.4 S1 sposò a d. Maria Luisa, figlia di d. Giovanni To rlonia duca di Bracciano., e ne ebbe i seguenti figli: i.°d. Giacin- ta maritata al cav. Augusto Gori- Pannilini di Siena; i." d. Teresa; 3.° d. Beatrice; 4-° d. Filippo. Il palazzo Orsini già de' Savelli sul

ORS monte del suo nome, ne! rione s. Angelo, è fabbricato sul piano del- l'altezza del teatro di Marcello, ed occupa gran parte dell'area di tal teatro, e la circonferenza della fab- brica nell'ordine superiore, forse in origine eretto onde forti ficarvisi nel- le guefre civili. Nel 1717 l'acquistò per venlinove mila scudi il duca d. Filippo. Altre notizie su questa nobilissima famiglia si possono leg- gere nelle opere di Cancellieri ed in quelle de' seguenti autori. Fran- cesco Sansovino, Historia di casa Or- sina, degli nomini illustri della me- desima coi loro ritratti, Venetia 1 565. Willelmo Inchoft* , . Genealogia fa* viiliae Ursinae, Amstelodami 17 io. Notizia storica dell'origine, progres- si, onori e dignità della famiglia Orsini, Venezia 1724. Marchesi, Galleria dell'onore. D. Paolo Bon- di, Memorie storiche sulla città Sa- bazia ora lago Sabatino, sull'origi- ne di Trevignano anteriore assai a quella di Bracciano e Angujllara, e sulla vasta potenza della famiglia Orsini, Firenze 1 836. Conte Pom- peo Litta, Famiglie celebri italiane.

ORSINI Giacinto, Cardinale. V. Celestino III, Papa.

ORSINI Giordano, Cardinale. Giordano della nobilissima romana famiglia Orsini, Eugenio III nel 11 45 lo creò diacono cardinale, e poi prete de'ss. Gabinio e Susan- na. S. Bernardo nella lettera 290 assai lo biasima, e dipinge con ne- ri colori. Fu spedito col cardinal Ottaviano, legato apostolico all'im- peratore Corrado III in Ratisbona, al quale, morto in quel tempo, fu sostituito Federico I, di cui Gior- dano annullò il matrimonio, perchè contratto dentro i gradi di consan- guinità. Nel ritorno dalla legazione, passando per la Francia e la Nor-

ORS mainila, commise tali eccessi che s. Bernardo ne avanzò relazione al Papa, esponendogli le strane violen- ze da lui usate per cumulare de- nari, avendo destato il generale dis- prezzo e malcontento. Di questo cardinale, che molto poteva per aderenze e ricchezze, si prevalsero in parecchie occasioni i Papi, per contenere dentro i limiti del dove- re il popolo romano, che sollevato dal senatore e dai baroni, e singo- larmente dall'eretico Arnaldo da Brescia, si mostrò ribelle. Si dilet- tò molto dello studio delle antichi- tà , delle quali avendo fatto una scelta raccolta, stabili un pubblico museo, dove furono da lui colloca- te a ornamento della patria, a de- coro del proprio nome, e a delizia de' forestieri che capitavano in Ro- ma. Invidiando i suoi emoli com- mendevole genio, utilissimo per le belle arti, d'ordine superiore fu ma- nomesso e distrutto. Morì dopo 20 anni di cardinalato nel 1 i65, in Roma.

ORSINI Pietro, Cardinale. Pie- tro Orsini patrizio romano, da Ales- sandro IH creato cardinale nel 11S1, morì nell'istesso anno in Pisa, ed ivi restò sepolto. Il Cardella non con- viene col Sansovino, storico di casa Orsini, che chiama poco critico, on- de tale storia abbonda di errori e di anacronismi, su quanto scrisse di questo cardinale.

ORSINI Bobone, Cardinale. Bo- bone Orsini nobile romano, Lucio III nel dicembre 1182 lo creò car- dinale diacono di s. Angelo, e poi nel 1 188 da Clemente III fu fatto prete di s. Anastasia e vicario del. Papa. Morì nel 1189 dopo essere stato elettore di tre Pontefici.

ORSINI Bobone, Cardinale. Bo- bone romano, che alcuni vogliono

VOL. XI.IX.

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della nobile làmiglia Orsini, cano- nico valicano, da Celestino 111 suo parente nel 1192 o 1 1 93 fu crea- to cardinale diacono di s. Teodoro, e arciprete della stessa basilica; in- tervenne ai comizi d'Inuocenzo III, e morì nel suo pontificato.

ORSINI Gian Gaetano, Cardi- nale. V. Nicolò III, Papa.

ORSINI Rosso Matteo, Cardi- nale. Matteo Piosso Orsini nobile romano, insigne per prudenza e in- tegrità di vita, da Urbano IV nel dicembre 1 262 o 1 263 fu creato car- dinale diacono di s. Maria in Por- tico, commendatario della chiesa di s. Maria in Trastevere, e presidente delle provincie del Patrimonio e della Marca, dove seppe resistere a Pietro de Vico, il quale con una cavalleria di alemanni , avuta da Manfredi nemico della Chiesa, la infestava. Da Nicolò III suo zio fu fatto arcipre- te della basilica Vaticana, rettore o soprintendente dell' ospedale di s. Spirito, e protettore dell'ordine dei minori, del cui fondatore s. Fran- cesco fu strettissimo amico. Inter- venne al concdio di Leone II, e a dodici o tredici conclavi , avendo come primo diacono coronato cin- que Papi. In quello di Martino IV, tenutosi in Viterbo, fu con il car- dinal Giordano Orsini di lui zio, ad istigazione di Annibaldi custode del conclave e nemico fiero degli Orsini, estratto con violenza, e do- po molle contumelie ritenuto solto buona custodia, sul pretesto di es- sersi ambedue dichiarati che non sa- rebbe eletto il Papa finche non fos- se restituito d governo della città ad Orso Orsini, di cui era stato spogliato armata mano dagli Anni* baldi. Rilascialo poco dopo il car- dinal Giordauo, fu ritenuto il car- dinal Matteo in carcere, e per al- 1 1

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cuoi giorni trattato a pane ed ac- qua. Gli autori ili tali enormi at- tentati furono scomunicali, e la cit- tà sottoposta all'interdetto e ad al- tre pene. Accompagnò e difese con una scorta di milizie Bonifacio Vili, allorché fuggì da Anagni a Roma. Morì nel i3o5 in Roma, deplo- rando il trasferimento della residen- za pontificia che Clemente V fece in Francia, e fu sepolto nella basi- lica Vaticana, nella sua cappella gen- tilizia di s. Pastore, con un epitaffio in versi, e nove anni dopo fu trovato incorrotto. Ebbe 4-3 anni di glorio- so cardinalato, e scrisse alcune ope- re teologiche: De auclorilale eccle- siete. Epistolas varias. Theologica auaedam.

ORSINI Latino Frangipane Ma- imbranca, Cardinale. V. Frangipane Latino Mal abr anca, Cardinale.

ORSINI Giordano, Cardinale. Giordano Orsini, insigne per lo spec- chiato suo costume, e niente meno eminente pel sapere, dal fratello Nicolò III a' 12 marzo 1278 fu creato cardiuale diacono di s. Eu- stachio, e nel conclave per di lui morte fu col cardinal Orsini Rosso {Vedi), suo nipote, estratto a forza dal conclave col pretesto che ritar- dasse l'elezione, e ritenuto in cu- stodia sino a quella di Martino IV, onde i viterbesi furono puniti col- l' interdetto, con dovere erigere un ospedale e demolir parte delle mu- ra. Morì in Roma nel 1287, dopo essere intervenuto a due conclavi. ORSINI Napoleone, Cardinale. Napoleone Orsini patrizio romano, nipote di Nicolò HI, canonico di Parigi o di Reims, e uditore di rota o cappellano pontificio di Ono- rio IV. Fece i suoi studi a Parigi, ove il detto suo zio gli diresse una lettera pieua di salutari avvertioien-

ORS ti e di savissimi consigli. Nicolò IV per la Pentecoste del 1288 lo creò cardinale diacono di s. Adriano, e da Clemente V venne fatto arci- prete della basilica Vaticana, pel cui buon governo nel i33y essendo in Avignone fece alcune ordinazioni. Dopo avere per ordine di Bonifacio Vili ridotta Orvieto all'obbedienza della Chiesa, lo stesso Papa l'im- piegò nel i3oo nella legazione del- l'Umbria, del ducato di Sroleto, e della Marca Anconitana e contado di Perugia, nell'esercizio della qua- le ricuperò Gubbio alla Chiesa, to- gliendolo a Uguccione della Fagiuo- la e ad altri nemici della medesi- ma. Ebbe poscia la legazione di Sabina e del Patrimonio, a cui Clemente V uel i3o6 aggiunse quel- la di quasi tutta l'Italia, affinchè colla sua destrezza e prudenza pro- curasse di pacificarla, come sconvolta e agitata da civili discordie e tre- mende fazioni. Nel 1307 da Faen- za passò a Bologna per pacificare i cittadini , ma alcuni sediziosi e malcontenti iucilati per denaro dai fiorentini, i quali erano stati sco- municati dal cardinale essendo in Firenze, oltre il calunniarlo che avesse intavolato un trattato a pre- giudizio della città e contado bo- lognese, commossero e sollevarono i bolognesi, e contro il diritto delle genti assalirono il cardinale nell'abi- tazione del vescovo, ove con violen- za gettate a terra le porte ed uc- cisi alcuni suoi famigliari, chiaman- dolo ad alla voce traditore, slavano per ucciderlo, allorché accorso al tumulto Bernardo della Polenta go- vernatore della città, con dolci e blande parole placata la sedizione, dissipò il turbine della congiura. Nel partire il cardinale tutta volta fu de- rubato di buoua parte de'suoi rie-

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cbi arredi, e gli furono uccisi altri famigliari. Ritiratosi il legato in Imola, fulminò di censure gli anzia- ni e rettori di Bologna ; sottopose la città all'interdetto, e privolla dello studio, dichiarando escluso dalla cocn- munione de* fedeli chi vi si recava, ciocché ridondò in vantaggio di Pa- dova. Coll'amiciziade'conti di Monte- feltro potè recarsi in Toscana, e fu con grande onore ricevuto in Arez- zo, dove nel i3o8 radunò lutti i suoi amici di Marca e Romagna, ed i fuorusciti bianchi e ghibellini di Toscana. Avendo ciò posto in grande allarme i fiorentini, si mi- sero con esercito nel contado d' A- rezzo, e dopo aver con inutili trat- tati deluso il legato, furono da lui scomunicati. Vedendo il cardinale indebolite le sue forze militari, nel luglio partì per Avignone, dove fu rimosso dalla legazione, e con poco onore passò iu Roma. Scrisse la vita della b. Chiara da Montefalco, e nel 1 3 1 7 ebbe commissione di far accurate indagini sui miracoli che Dio operava ad intercessione di Margherita da Cortona, quali furo- no da lui approvati. Da Giovanni XXII nel i32i fu incaricato di e- splorare qual fosse la meute e la sentenza di fr. Ubertino da Casale francescano, uomo dotto e riputalo nella scienza delle scritture, intor- no la questione tra i francescani e i domenicani sulla povertà <li Cristo e degli apostoli ; ed il sentimento del religioso incontrò la soddisfazio- ne sì del Papa, che dei cardinali. Ciò non per tanto 1' Orsini mostrò sempre avversione a Giovanni XXII, il quale gli aveva dato parola di non salir mai a cavallo, se non per intraprendere il viaggio di Roma per restituirvi la residenza pontili- eia. Il Papa non uscì dal suo pa-

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lazzo che a piedi per andare alla chiesa, onde il cardinale se ne ri- putò talmente offeso che non volle più parlare con lui, intervenire a'suoi funerali, come non andò coi colleghi quando furono da Giovan- ni XXII chiamati prima di morire. Dal medesimo nel i325 avea rice- vuto la chiesa di Monreale. Morì iu Avignoue decrepito nel 1 342 do- po 54 anni di cardinalato, e dopo essere intervenuto all'elezione di set- te Papi, a tre de'quali come primo diacono impose il triregno. Recitò la sua orazione funebre il cardina- le Roger, poi Clemente VI, e fu sepolto nella chiesa de'minori, e non nella cappella da lui fondata in quella città, con semplice elogio da lui composto. Filippo IV re di Fran- cia, per l'affetto che avea pel cardi- nale, gli accordò annua pensione di mille fiorini d'oro di Firenze, dà' pagarsi ancora a'suoi eredi, e poi in luogo di essa gli diede la villa di Bagnoli che passò nelle mani di Rinaldo e Giordano suoi nipoti, i quali venderono poi la villa ai vis- conte di Turrena. Nel 1294 Car- lo II a riguardo del cardinale avea investito Jacopo Napoleone, e Na- poleone figli d'Orso, della metà di Tagliacozzo in perpetuo, col tribu- to di or,cie d'oro. Edificò i\n palazzo in Villanuova presso Avi- gnone, poi abitato da Clemente VI e suoi successori.

ORSINI Feancesco Napoleone, Cardinale. Francesco Napoleone Or- sini patrizio romano, insigne non meno per la vasta sua erudizione, che illustre per lo splendore delle cristiane virtù, da Bonifacio Vili a' 17 dicembre J2op fu creato car- dinal diacono di s. Lucia in Selci e arciprete di s. Maria Maggiore. Clemente V lo dichiarò legato a

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corollare io Roma, con altri cardi- nali, l'imperatore Enrico VII. Morì nel i3i2 circa, dopo essere inter- venuto alle elezioni di Benedetto XI e Clemente V.

ORSINI Gian Gaetano, Cardi- nale. Gian Gaetano Orsini, massi- mo giurista, nobile romano, a' 16 o 17 dicembre 1 3 1 6 Giovanni XXII lo creò cardinale diacono di s. Teodoro, e nel i326 gli affidò la legazione d'Italia con ampie fa- coltà sopra le Provincie di Roma- gna, Toscana, Marca, Umbria e Sardegna, e stabilito paciere di tut- ta l'Italia, sconvolta e agitata dal- le fazioni e guerre civili. A tale effetto si condusse in Pisa, dove fu ricevuto colle maggiori dimostra- zioni di rispetto e di amore; quin- di in Firenze, dove alloggiò in s. Croce, e dopo quattro giorni pub- blicata la bolla di sua legazione, celebrò un sinodo coli' intervento de' vescovi di Agnani, di Amelia, di Città di Castello e di Fiesole, non die del nuovo eletto di Arez- zo, in cui furono pubblicati alcuni canoni per la riforma degli eccle- siastici. Si studiò di condurre a più sani consigli Castruccio tiranno di Lucca e Guido Tarlato vescovo d' Arezzo, entrambi nemici della Sede apostolica, perchè a suo dan- no davano potenti aiuti ai Visconti di Milano, che avevano occupato Città di Castello e altre terre del- la Chiesa. Riuscite inutili le sue industrie li scomunicò e dichiarò ribelli della Chiesa, sottopose al fi- sco i loro beni e diede facoltà ad ognuno contro le loro persone: in- caricò Carlo duca di Calabria, fi- glio di Roberto re di Napoli, di muover loro la guerra, per cui i ghibellini invitarono in Italia Lo- dovico il Bavaro, il quale fu in

ORS Roma dichiarato capitano del po- polo con alla testa del governo Colonna di Sciarra, essendo prima stati cacciati dalla città Napoleone Orsini e Stefano Colonna che la governavano pel Papa. Non esseri - do riuscito al legato di richiamare il popolo ed i suoi 52 tribuni del- la plebe alla divozione di Giovan- ni XXII, a' 24 giugno 1327 sco- municò l' imperatore, interdisse la città, invitando gli ecclesiastici ad uscirne. Dopo aver perduto una battaglia coi romani, si ritirò in Toscana, ove ottenne in commenda la celebre abbazia fiorentina e po- co dopo il beneficio di s. Maria in Pigneta, gravandosi i fiorentini per- chè si appropriava tali benefizi. L' imperatore si fece coronare, fi- lesse I' antipapa Nicolò V e parti da Roma. Ritornatovi il cardinale ne' primi d'agosto i3a8 con 800 cavalieri del re Roberto, annullati tutti gli atti del Bavaro, esiliò i di lui partigiani e fautori, e prosciolse Roma dalle censure, riducentlo il popolo di nuovo all' obbedienza del Papa. Questi però non approvò la guerra da lui fatta ai Colonnesi per vendicar la morte data da Stefano Colonna a due nipoti dell' Orsini , anzi lo riprese acremente e gli or- dinò ritornare alla legazione di To scana. Nel novembre i328 arrotala in Montefiascone buon nerbo di mi- lizie, si condusse contro i corneta- ni e i viterbesi, i quali nell'anuo seguente ritornarono in dovere. Restituitosi nel 1 3 34 in Avignone, intervenne al conclave di Benedet- to XII, e morì nel i355, e fu se- polto nella chiesa de' minori, essen- do anche stato arcidiacono della chiesa di Conventrè.

ORSINI M k t teo, Cardia ale. Matteo Orsini nobile romano e ni-

ORS potè del precedente, da canonico della chiesa di s. Stefano in Fran- cia, ed applicato allo studio del di- ritto pontificio, professò la regola di s. Domenico; avendo letto pub- biica mente la sacra Scrittura in Ro- ma, Firenze e Parigi, dove acqui- stassi gran riputazione, fu eletto provinciale della provincia romana e definitore dell'ordine, che gover- nò con segnalata prudenza e sol- lecitudine; nel qual tempo sorpre- so da gravissima malattia e tenuto dai medici per perduto, quasi per miracolo ricuperò la sanità. Venne quindi dal popolo romano spedito ambasciatore in Avignone a Gio- vanni XXII, per invitarlo in suo nome a traferirsi in Roma. Il Pa- pa dopo lette le lettere, rispose cortesemente senza però nulla con- chiudere; bensì si querelò dell'in- clinazione mostrata dai romani a favore di Lodovico il Bavaro, da lui scomunicato come eretico e pri- vato dell'imperio. Iu questa occa- sione conosciuto il merito di Mat- teo, nel 1327 gli conferì il vesco- vato di Girgenti, dopo sei mesi Io trasferì all'arcivescovato di Siponto, ed a' 18 dicembre lo creò cardi- nale prete de' ss. Giovanni e Paolo e diedegli in amministrazione la chiesa di Palermo, ove celebrò il concilio provinciale, ricevendo da Gregorio XI la commissione di vi- sitar la chiesa di Monreale. Con- venne col suo voto nell' elezione di Benedetto XII, che nel i338 lo nominò vescovo di Sabina, moren- do in Avignone verso il 1 34o, e trasferito in Roma fu sepolto en- tro urna di marmo nella chiesa di s. Maria sopra Minerva, nella cap- pella di s. Caterina da lui fondata, «lalla quale fu trasportato insieme colle ossa del cardinal Latino Orsini

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nella sagrestia, donde nel i63o dal p. Ridolfì generale fu riporta- to in chiesa colle ossa di detto car- dinale Latino, presso la statua del Salvatore. La sua eredità di parec- chie migliaia di scudi e la sua pre- ziosa suppellettile dispose che fosse impiegata in legati pii. I fondi ac- quistati nel territorio di Bologna li lasciò a quel convento di s. Do- menico, a condizione che si doves- sero alimentare un numero di re- ligiosi applicati alle scienze, impie- gandosi una somma in opere pie, e contribuir del denaro per la ce- lebrazione del capitolo generale. Gli scrittori domenicani lo distinsero col titolo di beato, e dicesi che Dio a sua intercessione operò molti prodigi.

ORSINI Rinaldo, Cardinale. Ri- naldo Orsini nobilissimo romano, profondano apostolico e arcidiaco- no delle chiese di Liegi e di Peru- gia, chiaro per dottrina e integrità di vita, a' 17 o 18 dicembre i35o Clemente VI lo creò cardinale dia- cono di s. Adriano e arciprete del- la basilica Vaticana, e nel 1 358 ab- bate commendatario di Nonantola, non che da Urbano V deputato con tre cardinali a ricevere la professione di fede di Giovanni Paleologo impe- ratore d'oriente, fatta nella chiesa di s. Spirito di Roma nel i36g. Intervenne a tre conclavi e morì nel 1 374. in Avignone. Trasferito in Roma, ebbe sepoltura nella ba- silica Vaticana, dove alla sua tom- ba, collocata in quelle sacre grotte presso i santi Pontefici Leoni, si vede una lapide colla sua effigie quasi consumata, sopra la quale legge vasi una volta un magnifico epitaffio in versi, quantunque le sue ossa fossero trasportate presso quelle di Nicolò III,

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ORSINI Jacopo, Cardinale. Jaco- po Orsini nobile romano, dottore in- signe in gius canonico e protonola- rio apostolico, chiaro per pietà e distinto merito, da Gregorio XI nel maggio o giugno i 3<7 i fu crea- to diacono cardinale di s. Giorgio in Velabro, e seguì il Papa d' A- vignone in Roma, e passando per Firenze fu accolto con grande o- nore. Nel conclave di Urbano VI contribuì alla sua elezione, e secon- do alcuni Io corono col triregno. Di- poi l'abbandonò per seguire l'an- tipapa Clemente VII, nella cui ob- bedienza morì in Vicovaro o me- glio in Tagliacozzo nel 1379, ed ivi restò sepolto.

ORSINI Pon-cello, Cardinale. Poncello Orsini nobile romano, ot- tenne da Urbano V il vescovato d' A versa, ed ai 18 o 28 settem- bre 1378 Urbano VI lo creò cardi- nale prete di s. Clemente, e lo fece legato della Marca, nel qual tempo forse interinalmeute governò la chiesa di Perugia. Seguì il Papa nel viaggio a Nocera de' Pagani , ma indispettito di sua eccessiva se- verità, si sottrasse da lui con se- greta fuga e fino alla sua morte visse incognito e ritirato ne' suoi feudi. Nel conclave eh' ebbe per- ciò luogo nel 1389, gareggiò pel pontificato col cardinal Acciaioli, e poco mancò che non vi venisse sublimato. L' eletto Bonifacio IX Jo fece vicario generale di Sabina e arciprete o primo prete di s. Chiesa, e ultimo commendatario del monastero e spedale di s. Tom- maso in Formis, che Urbano VI o Bonifacio IX aveva unito alla mensa capitolare della basilica Va- ticana. Morì in Roma nel 1 39^.

ORSINI Tommaso, Cardinale. Tommaso Orsini de' conti di Ma-

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impello, da Urbano VI nel 1379 lii creato cardinale diacono di s. Maria in Domnica, e compromet- tendosi mollo nella sua fedeltà é valore lo dichiarò legato del Pai li- monio e dell'Umbria, in tempo the Rinaldo Orsini principe dell' Aquila e conte di Tagliacozzo erasi im- padronito d' Urbino, Spoleto e con- vicini paesi spettanti alla santa Se- de. Prevalendo nel cardinale gli sti- moli dell' onore a quello del san- gue, ricuperò Narni, Amelia e Ter- ni, e dopo la morte di Angelo de Vico anche Viterbo. Tuttavolta oscurò la gloria del suo nome, per aver eccitato a Viterbo una sedi- zione contro il vicario suo succes- sore, il quale per salvare la vita dovette uscirne. Sdegnato di ciò il Papa ed accusato che tentasse di alienare varie importanti terre del dominio pontificio, chiamò il car- dinale e lo fece rinchiudere nella rocca d'Amelia, da cui non molto dopo, alle replicate istanze di alcu- ni principi, fu liberato. Quindi il cardinale svelò a Urbano VI la con- giura tramata contro di lui in No- cera de' Pagani dal cardinal Mez- za vacca, nella quale avevano preso parte altri cinque cardinali. Inter- venne al conclave di Bonifacio IX suo amicissimo, che gli compartì molti onori ; morì in Roma nel i3go, e fu sepolto nel Vaticano.

ORSINI Pietro, Cardinale. Pie- tro Orsini de' signori di Rosem- bergh in Boemia, Urbano VI nel dicembre 1 38 1 lo creò cardinale; ma dopo matura deliberazione , qualunque si fosse il motivo, forse il fiero scisma che affliggeva la Chie- sa, rifiutò l'eminente dignità, con- tento della vita quieta e privata.

ORSINI Raimondelio, Cardina- le. Raimoiulello o Raimondo Orsi-

ni romano de'conti di Nola , Urba- no VI nel dicembre 1 38 1 lo creò cardinale diacono, secondo Panvi- nio e Ciacconio. Sansovino non lo annovera tra i cardinali, e solo nar- ra che un Raimondello Orsini, sol- dato valorosissimo, con gran molti- tudine di fanti e cavalli liberò Ur- bano VI dall'assedio di Lucerà, e lo condusse con la corte in sicuro, a fronte delle milizie di Carlo III. ORSINI Giordano, Cardinale. Giordano Orsini romano, in cui la nobiltà gareggiò colla dottrina, da uditore di rota, Bonifacio IX nel 4oi Io fece arcivescovo di Napoli, indi Innocenzo VII a' 1 1 giugno i4o5 lo creò cardinale prete del titolo de' ss. Silvestro e Martino ai Monti, arciprete della basilica Vati- cana e protettore dell'ordine fran- cescano, rassegnando nel 1^06 la chiesa di Napoli. Abbandonò Gre- gorio XII, alla cui elezione era stato favorevole, e condottosi in Pisa in- sieme cogli alivi cardinali elesse A- lessandro V, il quale lo trasferì al titolo di s. Lorenzo in Damaso, es- sendo questo il primo esempio di ozione da un titolo ad un altro. Per commissione di Giovanni XXI II, alla cui elezione era intervenuto, si recò, quantunque invano, nel- le Spagne in qualità di legalo , per quietare i tumulti ivi eccitati dall'antipapa Benedetto XIII, e col- lo stesso carattere fu poi inviato nella Marca, dove si portò egregia- mente nell'esercizio della propria carica, attesa la singolare sua de- strezza e perizia nel trattare gli af- fari. Ritenendo in commenda il ti- tolo di s. Lorenzo in Damaso, fu fatto da tal Papa vescovo d' Alba- no e penitenziere maggiore ; indi fu 3I concilio di Costanza in cui venne detto Martino V Colonna, che nel

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i4 '8 col cardinal Filastrio lo spe- di legalo a' re di Francia e d' In- ghilterra onde pacificarli , ed ebbe allora in commenda la chiesa di Charlres, che ritenne per pochi me- si. Inoltre Martino V, persuaso di sua abilità e zelo, lo inviò in Un- gheria e Boemia, ove con carila e sollecitudine procurò sradicare le eresie de' viclefisti ed ussiti. Gli fu- rono addossate diverse legazioni, e tra i gravissimi incarichi che funse, vi fu quello di visitatore di tulle le chiese e luoghi pii di Roma, per riformare e correggerne gli abusi. Nella quale occasione avendo con- siderato che nel monastero delle monache di s. Andrea delle Fratte restavano quattro sole religiose , trasferitele in altri monasteri, ne assegnò le rendite alla basilica Li- beriana con bolla di Eugenio IV, al cui conclave si trovò presente, e nel i43i lo traslatò al vescovato di Sabina. Coi cardinali Landi e Brancacci esegui l'ardua commissione di procedere contro gli usurpatori de' beni di chiese, monasteri ed ospe- dali. Il medesimo Papa lo destinò legato a lateie al concilio di Basi- lea, il quale divenuto conciliabolo, si oppose con vigore alle pretese inique di que' padri, e di cui scrisse un diario, che fu riposto nella Lau- reuziana di Firenze. Per ultimo venne spedito col cardinal Lucido Conti, legato apostolico all'impera- tore Sigismondo , che iuconti ò in Siena mentre portavasi in Roma per ricevervi le insegne imperiali. Fondò in Bracciano un convento agli agostiniani, colla chiesa di s. Maria Novella. Si mostrò mecenate de' dotti e letterati, e raccolta con diligenza una nobilissima biblioteca di scelti volumi, ricercati da tutte le parti del mondo , ne fece alla

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Vaticana donativo. Un'altra ne eresse nel chiostro della chiesa di s. Bia- gio a strada Giulia, di cui diede ia cura a due beneficiati di s. Pie- tro, lasciandola a quel capitolo, da cui fu trasferita nel proprio archi- vio. Essendo decano del sacro col- legio e vescovo di Sabina, morì nel j438, e trasportato a Roma fu se- polto nella basilica Vaticana, nella cappella da lui fondata, alla quale assegnò ampia dote.

ORSINI Latino, Cardinale. La- tino Orsini romano, alla nobiltà della famiglia unì profonda cogni- zione nelle leggi, singoiar pietà, zelo incomparabde nel difèndere l'ec- clesiastica libertà , e somma com- passione verso i poveri , onde me- ritò la mitra di Gonza da Euge- nio IV nel i438, ed un anno do- po quella di Traili, e nel 1 454 da JNicolò V quella di Bari ; questo Papa l'avea già creato cardinale ai 20 dicembre «448 dell'ordine dei preti col titolo de' ss. Gio. e Paolo, ed arciprete Lateranense. Rinunzia- ta la chiesa di Trani a Giovanni Orsini suo fratello, uomo dottissi- mo, e ottenuta nel i45o in com- menda quella di Urbino, e da Pao- lo 11 la legazione perpetua della Marca, da Sisto IV appena eletto Papa venne fatto camerlengo, e nel 1472 arcivescovo di Taranto, colla soprintendenza del governo dello stato ecclesiastico, e di tutti gli af- fari importanti che si trattavano coi principi a benefìcio della Chie- sa universale; quindi ancora legato di Massa Trabaria e di Bologna, e presidente di Farfa. Fondò in Roma la chiesa e il monastero di s. Salvatore in Lauro, e dopo averli riccamente dotati , ne fece dono ai canonici regolari di s. Giorgio in Alga. Quivi sovente trasferi vasi a

ORS mangiare alla mensa comune di que' religiosi, a' quali regalò pure una copiosa biblioteca che rimase preda delle fiamme nel sacco di Bor- bone. Pio II oltre di averlo inca- ricato della legazione di Bologna, gli die l'onorevole incombenza di trasferirsi quale legato in Bari, in- sieme coll'eletto di Chieti, per ri- cevervi il giuramento di fedeltà e di omaggio dal re Ferdinando, che in Napoli solennemente coronò; quin- di col cardinal Prospero Colonna accolse il duca di Cleves nel suo ingresso in Roma. Professò singo- iar divozione alla Beala Vergine, in onore della quale nelle sue vi- gilie faceva rigorosi digiuni, con fer- vorose frequenti orazioni, e ne ri- cevette segnalati favori e l'avviso di sua morte. Sisto IV col sacro collegio lo visitò ammalato nel suo palazzo a Monte Giordano, e otto giorni prima che morisse tenne un concistoro nell'istessa di lui camera, nella quale occasione supplicò il Pa- pa a non voler trasferire ne' suoi nipoti i benefìzi che possedeva, co- me Sisto IV avea risoluto di fare. Inoltre ottenne dal Papa di poter dichiarare il proprio tiglio Paolo, erede del suo ricco patrimonio . Dopo essere intervenuto a quattro conclavi, morì nel i477 ia Roma, da tutti amalo e riverito, qual or- namento singolare del senato apo- stolico e della nobiltà romana, es- sendo vescovo Tusculano, in età di settantaquattro anni , e fu sepolto nella chiesa di s. Salvatore in Lau- ro senza funebre memoria, secondo la sua disposizione. Ma i canonici regolari per gratitudine gli eres- sero sopra la porta del secondo chiostro adiacente alla chiesa un busto di marmo con semplice iscri- zione, che fu replicata all'ultima

ORS cappella posta al destro lato della

chiesa.

ORSINI Giambattista, Cardina- le. Giambattista Orsini romano, chie- rico di camera e canonico della ba- silica Vaticana, nel novembre o di- cembre i483 Sisto IV lo creò car- dinale diacono di s. Maria Nuova, donde passò prete de' ss. Gio. e Pao- lo, ed arciprete della basilica Li- beriana. Innocenzo Vili nel i4gi lo fece arcivescovo di Taranto, e poi vescovo di Gartagena, colla le- gazione ili Romagna, Marca e Bo- logna. Addetto questo cardinale col- ia sua famiglia al partito de' fio- rentini , per ordine di Alessandro VI che principalmente pel di lui mezzo era stato eletto Papa, e da cui fu regalato del palazzo che la casa Borgia avea in Roma, fu ar- restato nel palazzo Vaticano, e poi chiuso in Castel s. Angelo, dove morì nel i5o3 non senza gagliar- do sospetto di veleno, e fu sepolto nella chiesa di s. Salvatore in Lau- ro o più veramente nella basilica Vaticana. Questo cardinale con gran- de impegno e sollecitudine avea composte e combinate le rancide controversie che agitavano tra i canonici regolari e secolari della ba- silica Lateranense.

ORSINI Franciotto, Cardinale. Franciotto Orsini nobile romano, fu allevato sotto la condotta e di- rezione di Lorenzo de Medici in Fi- renze. Valoroso di corpo per 1* e- sercizio delle armi, trovatosi in mol- te imprese e fatti d'armi, tolse mo- glie, che dopo aver partorito il fi- glio Ottavio mori. Dedicatosi quin- di allo stato ecclesiastico, nel primo luglio 1 5 1 7 il suo affine e consan- guineo Leone X lo creò cardinale diacono di s. Giorgio in Velabro , arciprete della basilica Vaticana, e

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nel i5lQ amministratole della chie- sa di Roiano. Clemente VII nel i5a4 g'' conferì quella di Frejus che ritenne per sette anni, e nel 1529 quella di Rimini che gover- nò poco. Intervenne all' elezione di Adriano VI, ma fu l'unico cardi- naie che si dichiarò contrario; in quella poi di Clemente VII, i suoi col leghi , attesa la sua integrità e religione, trattarono di esaltarlo al pontificalo. Morì nel 1 533 d'anni sessant'uno, e rimase sepolto nella basilica Vaticaua con breve iscrizio- ne. Nella presa di Roma, Clemen- te VII lo avea dato per ostaggio agl'imperiali.

ORSINI Flavio o Fulvio, Car- dinale. Flavio o Fulvio Orsini ro- mano, de' duchi di Monte Rotondo, alla nobiltà del sangue unì eccel- lente perizia nelle facoltà legali, oltre ad un nobile genio di ave- re presso di insigni letterati, per l'esercizio delle cristiane virtù. Pio IV nel i56o lo fece vescovo di Muro, nel 1 56 1 uditore della ca- mera, e nel i56a lo trasferì alla chiesa di Spoleto; quindi a' 12 mar- zo 1.565 lo creò cardinale prete di s. Giovanni a Porta Latina, donde passò a' ss. Marcellino e Pietro. Nel i56g s. Pio V lo fece amministra- tore di Cosenza , cui rinunziò nel 1 573. Gregorio XIII lo spedì le- gato a lalere a Carlo IX re di Fran- cia, per impegnarlo a cacciare gli eretici dal regno, e prendere le ar- mi contro il turco. Nel licenziarsi dal re, questi volle regalarlo di un prezioso diamante di gran valore, che il cardinale in niun conto ac- cettò. Trovandosi in Ferrara ebbe ordine dal Papa di traltenervisi a prendere cognizione della molesta causa de" confini di quel ducato e il territorio bolognese, che pero non

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ebbe allora termine. Tornalo a Ro- ma, fu nominato alla protettoria delle Fiandre, colla carica di pre- fetto della segnatura de' brevi. Nel i58o rinunziò il vescovato di Spo- leto a favore di Pietro Orsini suo nipote, fatto dal Papa coadiutore con futura successione, e portatosi a Napoli per rimettersi in salute col beneficio di quel clima, vi morì d'an- ni cinquantuno nel i58r, dopo es- sere slato a due conclavi.

ORSINI Alessandro, Cardinale. Alessandro Orsini romano, de' du- chi di Bracciano, nacque in questo feudo nel i5g2, ed essendo stato fornito dalla natura di rare prero- gative di spirito, non meno che di corpo, passò la puerizia nella corte del granduca di Toscana Ferdi- nando I suo avo materno, dove potè agevolmente perfezionarle con l'ap- plicarsi alla pietà e alle lettere, prima in Siena e poi in Pisa, con tanto fervore, che sprezzando i pro- pri comodi si alzava assai per tem- po per lo studio. Paolo V a' 2 di- cembre 161 5 lo creò cardinale dia- cono di s. Maria in Cosmedin ; e Gregorio XV, la cui esaltazione in gran parie ripeteva da lui e dal cardinal Ubaldini, lo destinò legato in Ravenna, ove tra le altre cose in tempo di carestia fece vendere il grano al popolo a minor prezzo di quanto lo avea pagato per suo conto. Compensava co' propri de- nari i danni che soffrivano i carce- rati e i contadini pel ritardo delle loro cause. Terminata la legazione fece un viaggio in Germania , per cui non si trovò al conclave di Ur- bano Vili, e tornato a Roma si die a vita di vola e penitente. Larga- mente faceva elemosina a' poveri , visitava sovente gli ospedali, serven- do i malati e lavando loro i piedi

ORS con edifioazione degli eretici, alcuni de' quali tornarono al cattolicismo. Alla quotidiana celebrazione della messa premetteva la sagramentale confessione, e spesso per divozione ministrava all'altare al proprio con- fessore. Se per le strade incontrava il ss. Viatico, Io accompagnava a capo scoperto sino alla casa del- l'infermo. Dava ogni giorno più ore alla meditazione e alla lettura de' libri santi, e costumava impie- gare annualmente un tempo congruo nel ritiro degli spirituali esercizi, ed ogni sei mesi faceva la confes- sione generale, per meglio conosce- re lo stato della propria coscienza. Tormentava il corpo con cilizi e di- giuni, e di notte colle flagellazioni e vigilie. Ad onta di esemplare con- dotta vi fu chi macchinò contro la sua vita, e non essendogli riuscito, gli scrisse una lettera piena d' in- vettive e di atroci contumelie. Gli fu consegnata prima della messa, ed alzati gli occhi al cielo ringraziò Dio ch'erasi degnato di presentargli occasione di perdonare per amor suo un'ingiuria, e bruciò il foglio. Divotissimo della passione del Re- dentore, ne compose e fece stampa- re l'uffizio, che quotidianamente re- citava, recandosi sul petto un Cro- cefisso armato di punte acute che spesso lo bagnavano di sangue. Da questo divino esemplare apprese le lezioni di quella sincera umiltà che gli fece richiedere inutilmente al Pa- pa di rinunziare la porpora e ri- tirarsi nella compagnia di Gesù, di che caldamente supplicò ancora il p. Vitellesohi preposito generale , per meglio esercitare la sua rigo- rosa penitenza e vita contemplativa. Non potendo ottenere tale dispensa, tuttavia conseguì di essere ascritto a quella !>< : nenia ita religione, in

ORS cui fece pure i voti con quei tem- peramenti che erano compatibili con tale istituto e colla dignità che suo malgrado conservava, come abbia- mo dal Novaes. Divotissimo della Madonna, ne recitò sempre il rosa- rio, pronto a spargere il sangue |)er essa, come lo faceva nelle vi- gilie di sue feste, aspramente fla- gellandosi. Il solo difetto che in lui venne notato, fu di lasciarsi sover- chiamente dominare da un giovane suo aiutante di camera , cui donò paiecchie migliaia di scudi, ciocché fu uu nulla in confronto di sue virtù; anzi osserva il Cardella , che ordi- nariamente i personaggi di rango e di alto affare sogliono porre affet- to a qualche domestico, e lo bene- ficano, raro essendo il caso che si- mili favoriti non sieno forniti di qualità che ispirino nel padrone benevolenza e fiducia , spesso offu- scate dall'invidia de' compagni e dalle calunnie altrui , come dalle supposizioni di genie di debole men- te e cuore perverso. Mori santa- mente nel 1626 d'anni trent' uno in Bracciano, e trasferito il suo ca- davere in Roma , ebbe sepoltura nella chiesa del Gesù, presso la tom- ba del ven. cardinal Bellarmino ge- suita.

ORSINI Virginio, Cardinale. Vir- ginio Orsini deducili di Bracciano, rinunziala l'ampia primogenitura di sua nobilissima famiglia per dedi- carsi alla vita ecclesiastica , compì con successo i suoi studi sotto ec- cellenti maestri. Vestito l'abito mi- litare de' cavalieri di Malta, per le imprese fatte contro i turchi gua- dagnossi gran nome tra i suoi. In- formato Urbano Vili del suo me- rito singolare, di molo proprio a' 10 o 16 dicembre 1641 lo creò car- dinale diacono di s. Maria in Por-

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tico , dichiarandolo protettore de- gP indiani e degli armeni, de' regni di Polonia e di Portogallo, e com- protettore di quello di Francia pres- so la santa Sede. Volendo Urbano Vili cingere e munire di muraglie la Città Leonina e il rione di Tras- tevere , lo dichiarò soprintendente o presidente di tali lavorazioni con amplissime facoltà. Alessandro VII a di lui istanza concesse alla chiesa e capitolo di s. Eustachio, cui era passato, la facoltà di celebrare l'uf- fizio e messa di s. Raimondo Non- nato, già cardinale diacono della medesima. Dimessa la diaconia, pas- sò successivamente nel 1675 sollo Clemente X al vescovato di Frasca- ti. Intervenne a quattro conclavi , perchè un'infermità gì' impedì d'en- trare in quello d' Innocenzo X , e morì in Roma d'anni sessant' uno, con fama di pio, affabile, liberale co' poveri, religioso verso le chiese, delle quali una ne fabbricò presso Palo. Trasportato a Bracciano, ove con gran somme aveva contribuito alla fondazione d' un monastero di monache, rimase sepolto nella chie- sa di s. Maria Novella, dell'ordine di s. Agostino, con un epitaffio scol- pito in marmo , dal tempo logo- rato.

ORSINI Vincenzo Maria, Car- dinale. V. Benedetto XIII, Papa.

ORSINI Domenico, Cardinale. Domenico Orsini d'Aragona roma- no, de' duchi di Gravina e proni- pote di Benedetto XIII, nacque in Napoli a' 5 giugno 1719. Dopo avere ricevuto l'educazione e l'i- struzione conveniente al suo grado, fu destinato oratore straordinario di Maria Amalia regina di Napoli a Clemente XII. Successo a questi Be- nedetto XIV, per gratitudine a Be* nedetto XIII che lo avca creato

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cardinale, essendo a Domenico mor- ta la moglie Paola Odesealchi, nella prima promozione a' 9 settembre 1743, mentre dimorava in Napoli, lo creò cardinale diacono, essen- do principe assistente al soglio, e nel fiore di sua gioventù, rimetten- dogli la berretta cardinalizia per monsignor Fdippo Maria Pirelli na- poletano. Dipoi gli conferì per dia- conia la chiesa de' ss. Vito e Mo- desto, ascrivendolo alle congregazio- ni del concilio, dell'immunità, di propaganda fide, della consulta, del- la cerimoniale, della visita aposto- lica, del buon governo ed altre. Carlo 111 che molto lo amava, lo nominò a diversi pingui benefizi; e allorquando dal trono delle due Si- cilie passò a quello di Spagna, ascris- se il cardinale e la sua famiglia tra i grandi di Spagna di primo ordi- ne, onore veramente che la famiglia avea già goduto. Oltre a ciò fu di- chiarato protettore del regno delle due Sicilie, e ambasciatore del re Ferdinando IV presso la santa Se- de, del qual carico in progresso di tempo si spogliò, restando in buo- na grazia di quel sovrano. Come ambasciatore del re, nel 1760 ri- cevette da Clemente XIII l' inve- stitura delle due Sicilie, prestando in nome di Ferdinando IV giura- mento di fedeltà ed omaggio , con tutte le formalità. Dipoi nel 1768 per l' assenza del contestabile Co- lonna, il cardinale presentò solen- nemente al detto Papa il tributo della chinea nella sala concistoriale, essendo stata privatamente manda- ta nel cortile Vaticano. II cardinale partì dal palazzo Farnese col se- guito di otto carrozze e dieciotto prelati di corteggio. Non vi furono 1 fuochi d'artifizio, che si solevano tare al modo detto a Chi:-:ea. Di-

ORS messa la prima diaconia, e passato successivamente a quella di s. Ma- ria ad Martyres , e per ultimo a quella di s. Maria in Via Lata, di- venne primo diacono. Fu lodato per cuore geueroso co' poveri, pieno di religione verso Dio, non che libe- rale e munifico colle chiese alla sua cura commesse. Intervenne con autorità e influenza ne' conclavi di Clemente XIII, Clemente XIV e Pio VI , e mori in Roma a' 19 gennaio 1789, d'anni settanta e quarantasei di cardinalato ; venue esposto in s. Maria in Vallicella de' filippini , e trasportato privata- mente fu sepolto nella basilica La- teranense, nella cappella gentilizia dedicata a s. Barbato vescovo , col solo stemma e nome inciso sopra la lapide sepolcrale, come avea dis- posto nel testamento. Fu protettore dei regni delle due Sicilie, di Be- nevento, della città e stato di Fer- mo, di Città di Castello, di Spole- to, di Sezze , di Monte Alboddo , della Fara, di Monticelli e di Ca- stel Madama; della chiesa e nazio- ne siciliana, dell' arciconfraternita dello Spirito Santo di Napoli, di di- verge chiese ed università artistiche di Roma; dei monasteri Farnesiani della ss. Concezione ai Monti, cap- puccine di Albano, s. Chiara di Pa- lestrina , s. Maria delle Grazie di Farnese, e della divina Provvidenza della Fara ; di altri monasteri di monache , di diversi sodalizi e del collegio dei caudatari.

ORSO, Ordine equestre. L' im- peratore Federico II l'istituì per la Svizzera nel I2i3, per aver con- corso alla sua esaltazione contro Ottone IV, ed in onore del patro- no di essa s. Gallo. Gli die il no- me di Orso in memoria di s. Orso marine della legione Tebea, owe-

ORS r0 in memoria de' servigi prestati da un orso a s. Gallo , quando stabilì il suo romitaggio. Ne asse- gnò la soprintendenza all'abbate di s. Gallo, e fiorì nel paese finché si ridusse a repubblica. I cavalieri portavano un collare composto da una catena d'oro, in cui era in- trecciato uu ramo di quercia, aven- te pendente una medaglia, rappre- sentante un orso smaltato di nero, sopra un'eminenza di terra. Bonan- ni, Catalogo degli ordini equestri,

ORSO (s.), abbate. Nato a Ca- hors neh' Aquitania, si mostrò fin dalla sua infanzia penetrato di amo- re verso Dio, per cui in appresso, lasciata la sua famiglia, si ritirò nel Berry, ove fondò i monasteri di Taurisiac o Toiselai, di Heugne e di Pontivi. Affidali questi mona- steri alla direzione di persone com- niendevoli per la loro santità, pas- sò egli in Turena. Fermatosi a Se- napate, oggidì Senevieres, vi co- struì un oratorio con un romitag- gio, ove fermossi ben presto un monastero, del quale commise la cura a s. Leobazio, detto volgar- mente s. Libesso in Turena. Dopo ciò ne andò a fabbricare un altro a Loches sul fiume Indro, e vi ra- dunò dei religiosi che molto tempo spendevano nel lavoro delle mani. Questi imparavano dal loro santo abbate a praticare perfettamente le virtù monastiche; i suoi esempi traevano maggior forza dal dono dei miracoli, di cui egli era forni- to. Sani' Orso morì verso il 5o8. S. Leobazio, primo abbate di Se- nevieres, camminò sulle sue orme, e fu sepolto nel suo monastero. Que- sti due santi sono nominati ai io di luglio nel martirologio romano; ma la loro festa è posta ai ?.S del-

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lo stesso mese dal Surio, dal p. Labbé ed altri.

ORSOLA (s), vergine e marti- re. Credesi che fosse figlia di un principe della Gran Bretagna, e che abbia lasciato il suo paese insieme con altre vergini, allorquando i sas- soni, aucora pagani, vi davano il guasto, cioè nel quinto secolo. Esse amarono meglio di fare il sagrifi- zio della propria vita, che di per- dere la virginità, o rinunziare alla religione cristiana; e furono messe a morte dall'armata degli unni, che guastavano allora il paese nel qua- le erano rifuggite. Pare che s. Or- sola fosse alla loro testa per con- durle ed incoraggiarle. Esse soffri- rono presso al basso Reno, e furo- no seppellite a Colonia. Ma gli au- tori non vanno d'accordo sul numero di quelle sante vergini, sull'epoca del loro martirio. Dalle tombe delle sante die si sono sco- perte a Colonia, sembra ch'esse fos- sero in gran numero. Wandelberlo monaco di Pruim, nel suo marti- rologio le fa salire a mille; ma egli non° iscriveva che giusta falsi alti. Sigeberto conta undicimila vergini; ma altri pretendono che fossero so- lamente undici, e si appoggiano al- le antiche leggende, nelle quali tro- vasi scritto XI. M. V., ciò che spie- gano per undici martiri vergini, in- vece di undici mila vergini. La cro- naca dell'abbazia di s. Tradone non ne novera che undici. Quanto al- la congettura che una delle sante poteva portare il nome di Undeci- mila, essa è priva di pruove e con- futata dai buoni crilici. 11 martiro- logio romauo si contenta di nomi- nale s. Orsola e le sue compagne, di cui è realmente impossibile il determinare il numero. Goffredo di MoiUiuGutb, nell'istoria d'Inghilter-

i74 ORS ORS »a che si conserva ms. nella biblio- lei prescritti per l'istruzione e edu« teca Vaticana, colloca il martirio di cazione delle donzelle, sebbene al- <jueste sante circa la fine del quar- cune di esse si determinarono poi to secolo; ma Odone di Frisinga di vivere in comune, ed abbraccia - ed Usserio lo mettono alla metà rono anche lo stato religioso con del quinto, e la cronaca di Sige- fare i voti solenni. A differenza di berlo nell'anno 4-53. S. Orsola è queste, quelle dell'istituzione di s. An- riguardata come il modello delle gela, le quali seguitarono a menar persone che si occupano nel dare vita particolare nelle case paterne, educazione cristiana alla gioventù, furono sempre chiamate e tuttora Ella era patrona della casa di Sor- si dicono orsoline congregate, e sono bona a Parigi, ed è onorata colle secolari. I genitori della santa, se- sue compagne il giorno 21 d'otto- condo alcuni, furono nobili; secondo bre. Molli stabilimenti religiosi si altri, poveri artigiani, i quali però sono formali in onore di lei per educaronla nel timore di Dio e l'educazione delle zitelle. V. Orso» nella pietà. Passò i primi anni con mne, ove pure si parla della sua edificazione in Desenzano, e morti chiesa in Roma, mentre di altra si i genitori restò sotto la cura dello la menzione a Ospedale di s. Spi- zio, uomo assai pio, il quale la la- PiTo, in un al sodalizio stabilito sot- sciò continuale le sue divote piati- to la sua invocazione, per assistere che colla sorella maggiore. Ambe- i pazzi, due si esercitavano in frequenti ora- ORSOLINE. Ordine di monache zioni, austerità e opere virtuose. An- cosi chiamato dalla protezione sot- gela vesfi l'abito dei terz'ordine fran- to cui milita di s. Orsola (Fedì); è cescano, come attestano col p. Wa- diviso in varie congregazioni, le qua- dingo molti scrittori, ed il p. Gio. li hanno diversa origine, abito di- Ugo Quarrè dell'oratorio, nella CrO' verso, e differenti costituzioni e te- naca delle orsoline, e nella vita noie di vita. Alcune religiose fanno della santa stampata in Roma nel i voti solenni, vivono ne'monasleri, 1 768. Alle osservanze prescritte dal- e sono perciò vere monache, oltre la regola del terz'ordine, Angela ne si legano soltanto con voli sempli- aggiunse altre, massime nella pover- ci, e sono ancora queste di due sor- e nelle astinenze. Vestita da ter- ta, di quelle cioè che vivono in co- ziaria visitò i santuari di Palesti- mune come ne'monasteri, e di quel- na, di Roma, ed i diversi oratorii le che menano vita particolare nel- eretti nel Monte Varallo dai mino- le proprie case. Di queste seconde ri osservanti. Tornata a Brescia ivi sono le orsoline più antiche, istituì- per divina rivelazione istituì (altri te verso il 1527 o meglio nel i537 dicono più probabilmente in Man- da s. angela Melici (Fedi), da De- tova) una compagnia di donne det- senzanOj detta comunemente di Bre- te di s. Orsola, perchè la sottopose scia, alla cui diocesi apparteneva al di lei patrocinio, a cui si ascris- quella terra posta sul Iago di Gar- sero subito con gran fervore di spi- da. Ella volle che le sue figliuole rito molte fanciulle, alle quali in- rimanessero nelle proprie case, ac- culcò, che come s. Orsola con mol- ciocché più facilmente potessero sod- te sue compagne era morta per la disfare a que' doveri di carità da fede custodendo sempre la virgini-

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tà, così imparassero a serbare a Dio intatto il loro candore, ed a servirlo con fede e carità fino alla morte. La santa fu ispirata a que- sta fondazione da una visione: men- tre stava in orazione le parve di vedere una scala simile a quella di Giacobbe, per cui salivano vergini riccamente vestite e coronate, e di udire una soavissima musica di vo- ci, dalle quali si prediceva dover ella essere istitutrice d'una nuova congregazione di vergini . Siccome ]e nuove eresie d'allora desolavano j chiostri e condannavano la vir- ginità, ella si accomodò alle neces- sità del suo prossimo, e perciò vol- le che le sue figliuole dimorassero nel mondo e nella casa paterna, onde coi loro insegnamenti e buo- ni esempì inducessero ogni sorte di persone a camminare nella via del- la virtù. Comandò loro di andare in cerca degli afflitti per consolarli e istruirli, de' poveri per visitarli e soccorrerli anche inferrai nelle case privale e negli spedali, soggettandosi umilmente a qualunque fatica loro venisse imposta dalla carità. Volle inoltre la santa che si facessero schiave di tutti per cooperare par- ticolarmente alla conversione e sa- lute degli uomini in que'tempi in- fetti della più abborainevole corru- zione ; e finalmente ordinò, che se- condo il bisogno variar potessero il tenore di vita da lei prescritto nel- le sue regole, alle quali il ven. Fran- cesco Gonzaga, già generale de'mi- nori osservanti, vescovo di Manto- va, aggiunse vari statuti e costitu- zioni. Per l'arbitrio però lasciato lo- ro dalla fondatrice, di variare il tenore di vita secondo il bisogno de' tempi, alcune di queste divote vergini abbracciarono dipoi in di- versi luoghi la vita claustrale, e si

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divisero in varie congregazioni, come accennerò in progresso. Le prime seguaci della santa , che in breve tempo si moltiplicarono moltissimo, benché vivessero nelle proprie case, elessero la stessa Angela per supe- riora, cui diedero il titolo di fon- datrice, che da lei per umiltà fu ricusato, sebbene accettò il governo della sua compagnia di s. Orsola, che dai popoli fu anche detta Mu- ta e divina, per la vita santa di quelle che la componevano. JNel i 556 d. Francesco Alsianello, sacer- dote virtuosissimo, s'incaricò del go- verno di tutto l'ordine delle orso- linej di cui fu eletto direttore, es- sendo già morta la santa in Bre- scia a' 2 1 marzo i54o secondo al- cuni, o a' 27 gennaio al dire del Butler, com'è registrata nel marti- rologio romano, benché la festa si celebri a'3i maggio per indulto di Pio VII. Il suo corpo fu deposto nella chiesa di s. Afra, presso la quale abitava, e cominciò subito ad essere venerata pei miracoli che Dio operò. Clemente Xlll nel 1768 ne approvò il culto immemorabile, e Pio VI nel 1777 le virtù in gra- do eroico, canonizzandola Pio VII nel 1807, colla bolla A eterni Pa~ tris, presso il Bull. Coni. t. XIII, p. 148. In quest'anno ne fu pub- blicata altra vita: l'abbiamo pure del p. Girolamo Lombardi, di monsignor Giorgi vescovo di Ceneda in cento sonetti , oltre quanto ne scrisse il p. Heliot in un all'istituto nel t. IV, p. 162 della Storia degli ordi^ vi religiosi.

L'ordine meritò d'essere appro- vato nel 1 544 ^a Paolo III, e per la venerazione che ne contrasse s. Carlo Borromeo, che da Brescia le chiamò a Milano, a sua istanza Gre- gorio Xlll nel 1572 a'2/4. novembre

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le confermò e arricchì di privilegi, ac- cresciuti poi da Sisto V e Paolo V. Nella canonica approvazione di Paolo J II, fu riconosciuto il titolo dato dalla fondatrice di compagnia di s. Or- sola, e concessa facoltà ai superiori di aggiungere o togliere o variare secondo i luoghi e i tempi le pri- me regole stabilite dalla santa. Di- cemmo che le orsoline sono di tre sorta, cioè di quelle che vivono nel- le proprie case secondo l'istituzione di s. Angela; di quelle che vivono in comunità senza essere obbligate alla clausura; e di quelle tenute a questa, e perciò vere monache e religiose. Delle prime dette congre- gate e delle seconde molte ve ne sono in Italia ed in altre parti, e delle terze moltissime ne fiorirono in Francia; delle une e delle altre ne andiamo a riportare qualche cen- ilo. Le orsoline congregate furono introdotte in Francia dalla madre Francesca di Bermond, che nel i5j^. indusse veuti donzelle d'Avignone ad istruire la gioventù, secondo l'i- stituto di s. Angela, che ha l'edu- cazione per iscopo principale. Nel i5g6, a persuasione del ven. Cesa- re de Bus fondatore de' dottrinari, cominciarono a vivere in comune e stabilirono la loro prima casa in Ile città del Venaissino, da dove la madre Bermond passò a fondare le case d'Aix e di Marsiglia, dalie qua- li derivarono le altre di Francia divise in tante congregazioni, com- poste di persone religiose legate con voti solenni, e obbligate alla clau- sura. Madamigella Acaria nel 1604 introdusse in Parigi le orsoline con- gregale per istruire gratuitamente le zitelle : ivi perseverarono senza voti solenni e clausura, finché agli m novembre 1612 il vescovo di Parigi Eurico di Gondy, eseg'ù la

ORS bolla di Paolo V che erigeva in monastero con clausura la loro ca- sa, permettendo i voli soleuui, e le dodici che furono scelte a profes- sarli divennero le prime pietre del- l'ordine claustrale di s. Orsola. Fu dato loro un abito preso in parte da quello delle carmelitane, e in parte da quello delle agostiniane, cioè una tonaca bigia al di sotto, ed una veste nera al di sopra , con manto parimenti nero, ed una cin- tura di cuoio. Il Papa nella bolla assegnò a queste vergini la regola di s. Agostino, e le pose sotto la giurisdizione del vescovo di Parigi e di tre dottori in teologia da lui dipendenti, e comandò inoltre che ai tre consueti voti solenni aggiun- gessero il quarto d'istruire le fan- ciulle. La fondatrice del monastero di Parigi madama Maria d'Huil- lier, signora di s. Beuve, benché non ne avesse assunto l'abito, fu sepolta nel coro delle religiose. Dal medesimo prese il nome la prima congregazione delle orsoline clau- strali, e gli altri monasteri che fu- rono fondati in seguito dalle mo- nache uscite dalla congregazione Parigi, seguitando le coslituzioni compilate pel primo monastero, le quali furono abbracciate eziandio da quelli che in progresso si unirono. Cou licenza di Urbano Vili furono composte altre costituzioni, approvate nel i64o da Gio. Francesco de Gon- dy arcivescovo di Parigi, nelle qua- li ove parlasi del quarto voto d'i- struire le zitelle, è proibito alle re- ligiose di uscire dall'ordine per an- dare a riformare o stabilirne altro, e si prescrive non dar l'abito della religione se non a quelle che han- no compito i5 anni, e di non am- metterle alla professione che dopo due anni di noviziato. Le converse

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non fanno il quarto volo. Le mo- nache, affinchè attender possano al- l'educazione delle fanciulle, recitano in coro il solo uffizio della Madon- na, fuorché in alcune feste solenni, nelle quali recitano l'uffizio divino, ma senza alcun canto per essere lo- ro vielato, e nelle domeniche e al- tre feste recitano di questo sola- mente il vespero e la compieta. Os- servano il silenzio dal fine della ri- creazione della sera fino a sette ore dopo la mezza notte : fanno la di- sciplina in tutti i venerdì e ne' mer- coledì e giovedì della settimana santa, e digiunano le vigilie delle feste della Beata Vergine, di s. Ago- stino e di s. Orsola , ed in tutti i venerdì dell'anno, e ne' mercoledì fanno l'astinenza. Il loro vestito è di saia o di panno nero senza al- cun ornamento. La cintura è di cuoio nero, il velo nero foderato di bianco è di tela, della quale è il soggolo e la fascia che cinge loro i capelli e la fronte. Sul velo nero altro ne portano di stamina che calano in guisa da non esser vedu- te quando parlano con alcuno : in chiesa usano un manto lungo di saia nera. Le converse hanno lo stesso abito delle velate, ma il man- to è più corto delle vesti, e le ma- niche della veste più corte e più serrate.

La madre Margherita de Vigier detta di s. Orsola, dopo essere sta- ta in Ile colla madre Bermond, pas- sò in Avignone chiamatavi da suo fratello compagno del ven. Bus. Con esso nel 1604 andò a Tolosa, e dopo varie opposizioni, in vigore di una bolla di Paolo V del 161 5, convertì la casa in cui viveva cou alcune compagne, in vero monaste- ro di religiose orsoline, sotto la re- gola di s. Agostino, di cui furono voi,, xnx.

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loro accordate tutte l'esenzioni, gra- zie e privilegi. Questo monastero fu capo della congregazione di To' Iosa, poiché da esso uscirono le re- ligiose per fondarne degli altri, nei quali si adottarono le medesime co- stituzioni. Quasi in tutti i loro mo- nasteri di questa congregazione fu istituita una società di pie dame per visitar gli ospedali e le carce- ri, istruire i servi e le serve ne'do- veri cristiani. Nell'abito e nelle os- servanze di poco differirono dall'al- tre orsoline. La madre Vigier col- ma di meriti, nel 1646 morì nel monastero di Villafranca. La ma- dre Francesca di Cazeres delta poi della Croce, fu fondatrice delle or- soline della congregazione di Bor- deaux, la quale fu formata da prin- cipio di sette case, delle quali era la principale quella eretta in que- sta città nel 1606 per le premure del cardinal Sourdis arcivescovo del- la medesima. Per bolla di Paolo V dette case furono erette in veri mo- nasteri, e la madre Cazeres fu la prima superiora di quello di Bor- deaux, che poi ne fondò altri mol- ti ; essa morì nel 1 6^9. Questa congregazione di Bordeaux diven- ne la più numerosa e più rispetta- bile di tutte le altre delle orsoline, poiché si estese ancora nelle Fian- dre,nell'Alemagna, in Ungheria, nel- la Nuova Francia in America, ed e- ziandio in Italia. Le costituzioni ap- provate nel 1617 dal cardinal Sourdis, le confermò Paolo V e poi Clemente IX, con le congregazioni delle dame, e in poco dilìerirono dalle altre or- soline. Dalla congregazione di Bor- deaux il primo monastero d'Italia che ne derivò fu quello fondato in Roma nel 1688 per opera della duchessa di Modena (Vedi) Laura Marlinozzi, molto contribuendovi la

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sua figlia Maria moglie di Giacomo II re cattolico a" Inghilterra. Per stabilirlo la duchessa ottenne un breve da Innocenzo XI e fece ve- nire dal monastero di Brusselles sei religiose, alle quali poi si uni- rono quattro altre orsoline di Mons parimente delle Fiandre. In questo monastero Clemente XI nel 17 19 fece alloggiare Maria Clementina Sobieski futura sposa di Giacomo III, figlio di Maria e Giacomo li, che si stabilirono in Roma. Nel pre- cedente anno il Papa avea visitato la chiesa e il monastero, in occa- sione della celebrazione del primo centenario della istituzione della con- gregazione di Bordeaux da cui de- rivava: esso si celebrò per otto gior- ni con nobilissimo apparato, musi- ca, pontificali e panegirici. Nel pon- tificato di Gregorio XVI dal mo- nastero delle orsoline di Parma si trasferì a' 17 maggio 1 83 1 in que- sto di Roma la principessa Luisa Maria Antonietta Giuseppina di Bor- bone, figlia dell'infante Ferdinando I duca di Parma, religiosa esem- plarissirna dell' ordine ; fu onorata più volte di visite da Gregorio XVI, ed ivi soavemente mori modello d'ogni virtù a' 20 febbraio 1841. Le orsoline di Roma vestono tutto di lana nera, e cingono la tonaca con cintura simile, ed hanno il ve- lo del capo molto lungo. Il mona- stero con contigua chiesa è presso il Corso, nelle vie Vittoria e Lau- rina (così detta dalla Martinozzi e prima via peìrgrinorum), nel rio- ne Campo Marzo; ripele la sua prima fondazione da d. Camilla Orsini Borghese, indi perfezionalo dalla mentovata duchessa di Mode- na, e ridotto da Benedetto XIV a clausura. In esso vi è una scuola per le fanciulle divise in classi se-

ORS condo la condizione e l' età, eh' è dai 7 ai ia, e sono istruite nel ca- techismo, leggere , scrivere e lavori muliebri. Quattro sono le maestre, e più di 70 le alunne. Oltre la scuola, le orsoline tengono nel mo- nastero donzelle in educazione. La chiesa è sotto l' invocazione di s. Giuseppe e di s. Orsola : Benedetto XIV coi disegni di Mauro Fonta- na ristabilì e ingrandì la chiesa e il monastero, lavori ch'ebbero com- pimento nel 1760 sotto Clemente XIII. L'interno della chiesa è ricco di stucchi e dorature: l'altare mag- giore contiene degli affreschi, fra i quali un s. Giuseppe colla Beata Vergine e il Bambino, buoni lavo- ri del p. Andrea Pozzi gesuita, che operò eziandio tutte le pitture del- la cappella di s. Agostino, e il mar- tirio di s. Orsola colle vergini com- pagne, come si vede nella volta. Di sua scuola sono i ss. Ignazio e Francesco Saverio; inoltre egli col- la sua solita perizia colorì tutte le prospettive nelle pareti laterali. Per la festa di s. Orsola in ogni qua- driennio il senato romano fa alla chiesa l'oblazione d'un calice e pa- tena d'argento, con quattro torcie di cera. Oltre il monastero di Ro- ma, altri monasteri di orsoline clau- strali furono fondati in Italia; par- leremo di Ire. Quello di Fabbrica nella diocesi di Civita Castellana, istituito dal ven. Tendermi vescovo di essa; quello di Calvi nella dio- cesi di Narni , eretto nel 1718 da Demofonte Ferrini in bella po- sizione, con magnifico fabbricato; quello di Benevento, fondato nel 1786 dall'arcivescovo cardinal Ban- diti, a mezzo delle monache di Calvi. Le orsoline della congregazione di Lione furono ridotte allo stato di religiose regolari dalla madre

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Francesca di Bermond, la prima ad introdurre in Francia le orsoline di s. Angela, come si è già detto, quando non erano obbligate alla clausura, professavano la regola di s. Agostino. Nel 1619 con bolla di Paolo V la casa di Lione fu dichiarata monastero, e la madre Cermond in professare prese il no- me di Gesù e Maria; essendone uscita per fondare altri monasteri^ morì in quello di s. Bonet le Cha- tel nel 1628. Dopo la sua morte la congregazione di Lione mollo si dilatò, compilandone le costituzioni 1' arcivescovo cardinal Marqueroont, e il di lui successore Carlo Miron vi fece alcune variazioni. Le orso- line della congrrgazione di Dijon riconoscono il loro principio dalla madre Francesca di Xa in toglie che la istituì nel 16 19. Nel luogo era- vi stata eretta una comunità di or- soline congregate che vi avea fatto pochi progressi, quindi altra ne i- stituì detta madre che fiorì coll'a- iuto di Carlo Descares vescovo di Langres, e cambiata in altra più, spaziosa venne convertita in mona- stero nel 1619 con bolla di Paolo V. Dipoi Urbano "Vili spedì un breve in favore di queste monache, in cui tra le altre cose gli concesse potersi eleggere un direttore che go- vernasse la comunità, assoggettandolo all' approvazione de! vescovo di Lan- gres. Poscia ebbero luogo altre fon- dazioni, e mentre la madre Xain- togne della ss. Trinità faceva quel- la di Troyes, vi morì nel 1639 , continuando la congregazione a propagarsi colle osservanze di quel- la di Parigi, solo distinguendosi dalla cintura di cuoio. Le orsoline della congregazione di Tulle furono fondate dalla madie Antonietta Mi- colon, delta colomba dello Spirito

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Santo, che per consiglio de1 gesuiti ne avea abbracciato l' istituto. La prima casa fu in Ambert, ed essa ne divenne superiora, e nel 1614 si fecero i voti semplici. Da Gre- gorio XV ottenne di erigere in mo- nastero la casa fondata in Tulle, e con altre religiose vi fece la solen- ne professione. Scrisse ella stessa le costituzioni, che nel 1623 approvò il vescovo di Clermont, facendo al- tre fondazioni : queste orsoline di poco differiscono dalle altre. Le or- soline della congregazione Arles riconoscono per fondatrice la ma- dre Giovanna di Rampale detta di Gesù, nata in s. Remy diocesi di Avignone, ove assunse il velo con la madre e sorella. Nel 1602 pas- sarono ad Arles ove istituirono una casa, di cui prima la madre e poi la stessa Giovanna fu superiora. Nel 1624 con diploma del vice legato d' Avignone la casa fu dichiarata monastero col consenso dell' arcive- scovo d' Arles, il quale diede il ve- lo e poi ammise alla professione le religiose. La Madre Rampale ste- se le costituzioni che vennero os- servate dalla congregazione d* Arles, che si propagò poi con altri mona- steri e 1' unione di diversi, moren- do la R.ampale in quello d' Avigno- ne da lei fondato nel i636, e fu illustrata da Dio con molti miracoli. 11 loro abito fu simile a quello del- le oisoline di Bordeaux, tranne il manto corale che strascina per ter- ra, e il velo eh' è di slamina tras- parente. Le orsoline della congre- gazione della Presentazione furono istituite dalla madre Lucrezia di Gastineau, che dedita alle cose mon- dane, il vescovo d' Orange pose nel- la casa di s Orsola di Ponte s. Spirito. Passò iu Avignone a fon- dare le orsoline reali, perchè piani-

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te in casa del già re Reuato, e fu eletta superiora di esse. Nel 1637 ottenne da Urbano Vili che l'eri- gesse in monastero, dando alla nuo- va congregazione il titolo della Pre- sentazione della Madonna, il quale si comunicò quindi a tutti i mona- steri che a questo primo si uniro- no. Tale nome lo prese Lucrezia nel professare con voti solenni, e fu confermata superiora dai deputa- ti dell'arcivescovo d'Avignone, ed ivi morì nel 1657. Le costituzioni le scrisse il p. Bourgoin generale dell' oratorio di Francia.

Oltre le orsoline descritte obbli- gate alla clausura e vere religiose, vi sono di quelle che fanno sola- mente i voti semplici e possono u- scire dalla casa in cui vivono. Tali furono quelle della congregazione di Borgogna, fondate nella contea di Borgogna dalla madre Anna di Xaintogne sorella della madre Fran- cesca. Cominciò la sua congregazio- ne in Dol nella Borgogna per istruire le zitelle e altre persone del suo sesso nelle cose della fede, ad esem- pio de' gesuiti che 1' insegnavano agli uomini ; scrisse alcune regole e morì in Dol nel 1621. Il fine prin- cipale dell' istituto è quello di san- tificare chi lo professa coi voti sem- plici di povertà, castità, obbedienza e perseveranza, con cui si obbligano le aggregate a dimorare nella con- gregazione, sebbene per difetti ven- gono licenziatele di procurare la san- tificazione delle persone del loro sesso cui sono strettamente obbligate. L'a- bito è nero, fuorché il collare; invece di velo portano berretta nera con so- pravi una specie di cappuccio, e cingono la veste con cordone di la- na nera. Fanno tre anni di novi- ziato, escono a due a due con li- eeuza della superiora per visitare

ORS gì' infermi e i loro parenti, e non avendo chiesa o oratorio partico- lare, per andare ad ascoltare la messa ed assistere ai divini uffizi. La fondatrice ordinò confessarsi dai gesuiti e valersi de' loro consigli, a- vendo sul modello della loro com- pagnia istituita la congregazione e formate le regole. Questo istituto fu prima approvato da alcuni ve- scovi di Francia, e nel 1648 fu con- fermalo con breve d'Innocenzo X in un alle regole e statuti, e lo fu pure in tutto da Innocenzo XI. Di queste orsoline della congregazione di Borgogna se ne propagarono anche in Svizzera, con vesti diverse dalle francesi, e fanno un quarto voto di andare in qualunque parte del mon- do, qualora sia loro comandato e Io richiegga la maggior gloria di Dio . Orsoline senza clausura, che vivono in comunità, furono pur quelle delle ss. Rudina e Seconda di Roma in Trastevere oblate, le quali però praticavano nella loro casa e chiesa tutti gli esercizi pro- pri delle religiose claustrali. Ebbe- ro esse per fondatrice due sante donne, una francese, l'altra fiam- minga. La prima Francesca Mon- tieux. parigina, che vestito 1' abito religioso di s. Chiara per non vo- lersi maritare, a piedi scalzi fuggì dalla casa paterna per visitare il s. Sepolcro. Portatasi prima in Roma nel i5g8 per ricevere la benedi- zione di Clemente Vili, questi la consigliò a restare in Roma dove potea santificarsi. Obbedì continuan- do a vestire da Clarissa e cammi- nare scalza, finché Paolo V l' ob- bligò prima di morire a calzarsi. Nell'anno santo 1600 in abito pe- nitente si portò in Roma la nobile Francesca Gourcy fiamminga , la quale sciolta dai legami del matri-

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ruonio avea eletto per is poso Gesù Cristo : dono essersi trattenuta cin- que anni in Colonia, pellegrinando giunse all'alma città nell' arcicon- fraternità de' pellegrini. Appena per consiglio del p. Piiccioni gesuita pe» nitenziere vaticano si abboccò colla Montieux, si determinò vivere con essa fino alla morte. Ambedue sta- bilirono adunar fanciulle che non volevano obbligarsi a clausura ed a voti solenni, e di formare una congregazione di oblate orsoline. Comprarono perciò diverse case con- tigue alla antichissima chiesa delle ss. Ruffina e Seconda sorelle vergi- ni e martiri, già parrocchiale quasi abbandonata ; stata de' mercedari, era allora della basilica di s. Maria in Trastevere, ed in origine casa pa- terna di dette sante : nel 1602 Cle- mente Vili la diede loro, e confer- mò Paolo V (ed Urbano Vili), il quale inoltre a' 5 marzo 161 1 ap- provò le costituzioni ed esentò dalla giurisdizione del curato della par- rocchia. La madre Francesca Mon- tieux mori piena di meriti nel 1628, e la madre Francesca di Gourcy che dopo di lei governò sola la co- munità, termiuò di vivere nel 1641 con egual fama di santità. Le co- stituzioni furono quindi sotto Urba- no Vili nel i643 riformale e ap- provate da Alfonso Sacrato vicege- rente. Queste oblate non facevano alcun voto e le loro regole non ob- bligavano nemmeno a peccato ve- niale. Erano soggette al cardinal vi- cario, e le fanciulle che vi si aggre- gavano dovevano fare un anno di noviziato in abito secolare. Vesti- vano tonaca di lana paonazza scura, con sopravveste di saia nera e cin- tura di cuoio. Allorché si comuni- cavano assumevano un manto nero; in casa incedevano con velo biauco,

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cui aggiungevano il nero quando uscivano, lo che eragli permesso al- cune volte : di loro scrisse il Piazza, Eusevologìo romano tratt. 5, cap. 34- Pio VII nel i8o3 col breve Nobis nuper, de'2 3 dicembre, Bull. Rom. Conlinualio t. XII, p. 107, incorporò al monastero delle oblate delle ss. Ruffina e Seconda le mo- nache del Conservatorio di s. Cro- ce (Fedi). In progresso di tempo ridotte le oblate a piccolo numero, si ritirarono in un angolo della ca- sa, e nel 1 833 vi furono sostituite le dame del Sagro Cuore (Fedi), a cui concesse Gregorio XVI il mo- nastero e la chiesa, che avendole restaurate ed abbellite la pia mar- chesa Teresa Andosilla vi fondò lo stabilimento di educandato e di scuole per le fanciulle, che detto Papa visitò al modo narrato nel n. 87 del Diario Roma 1 833. In Parma le orsoline furono sta- bilite nel 1 575 dal duca Ranuccio Farnese, che loro prescrisse regole, volendo che ad imitazione di quelle istituite da s. Angela Melici inse- gnassero alle donzelle leggere, scri- vere e i lavori propri del sesso : ne fissò il numero a quaranta. Al- lorquando sono ricevute nell'oblazio- ne fanno voto a Dio di castità per- petua e di vivere e morire nell' i- stituto. L' abito consiste in veste nera e zimmarra simile; in casa tengono in capo un velo trasparen- te, ed usano grembiale bianco e lungo manto turchino quando esco- no per andare alla chiesa ; le con- verse sono dette bianche dal velo che portano. Hanno la priora e so- no esenti dalla giurisdizione del ve- scovo, perchè sotto la protezione sovrana. Da questa derivò la comuni- tà di Piacenza, fondata da Laura Ma- si e Isabella Lampaguani. JNel 1600

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suor Paola da Foligno fondò io questa città un' altra congregazione di donne di s. Orsola, approvata dal vescovo diocesano, per istanza del cardinal Baronie La fondatrice fu eletta superiora : in questa con- gregazione fu stabilito ricevere fan- ciulle nobili o dotate di sufficiente patrimonio, perchè restavano per lo più nelle case paterne, uscendo di rado e per la visita di qualche santuario, come di Loreto e di Ro- ma. Per la superiora fu statuita una casa con oratorio, clausura e sette religiose. Insegnano queste or- soline senza mercede, leggere, scri- vere e il catechismo alle fanciulle. La stessa madre Paola fondò due altre case dipendenti dalla superio- ra di Foligno, ed Urbano Vili nel 1 638 si servì di lei per riformare i monasteri di Foligno, ove morì santamente nel 1 647- L'abito è sottana nera con maniche strette e cordone di lana rossa : in casa u- sano velo bianco, sul quale pongo- no il nero quando escono. In altri luoghi sonovi orsoline che non ap- partengono ad alcuna delle congre- gazioni suddescritte, che vestono di nero con un collare bianco, e fanuo le scuole per istruire le ragazze , onde sono chiamate comunemente maestre. Le orsoline sono sparse per tutto il mondo, ed ove esisto- no lo diciamo ai loro articoli, ben- ché diverse delle nominate congre- gazioni si sciolsero nelle vicende po- litiche che agitarono gli ultimi an- ni del secolo passato ed i primi del corrente. Nel 1837 le orsoline di Praga celebrarono il terzo anno giubileo di loro istituzione. Le or- soline sì claustrali che semplici col- legiate o congregate si adoperarono sempre e tuttora si adoperano par- ticolarmente ncll'istruire ed educare

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le fanciulle negli uffizi loro attinen- ti e più nella dottrina cristiana e nella pietà. Emulando le orsoline lo zelo de' più fervidi missionari, valicarono i mari e passarono in America, ove fondarono congrega- zioui nel Brasile, nel Canada e in altri luoghi ad istruzione delle don- zelle e per dilatare il culto divino. Delle orsoline trattano gli storici degli ordini regolari, ed il p. Bo- nanni nel suo Catalogo par. 2 ri- porta le figure e parla delle orsoli- ne di s. Angela, di quelle di Roma, delle ss. Ruffina e Seconda, di Par- ma e Piacenza, di Svizzera e di Castiglione delle Stiviere, le quali fu- rono fondate da d. Olimpia Gon- zaga nipote di s. Luigi, insieme con due sorelle, per insegnare senza mercede alle fanciulle. Vedasi an- cora il p. Annibali da Latera, Com- pendio della storia degli ordini reg. par. 3, p. 67, delle religiose orsoline. Il Rambelli, Lett. intorno invenz. e scoperte italiane, lett. 3g, rimarca che le scuole gratuite per le povere donzelle è uu vanto che non può essere conteso all'Italia dall' Inghilterra, per l'antichità prin- cipalmente delle scuole pel povero. ORTE (Ortan). Città vescovile antichissima dello stato pontificio, nella delegazione apostolica di Vi- terbo, circa cinquanta miglia distan- te da Roma, e fabbricata sopra un alto masso di materia vulcanica det- ta tufo , sulle sponde del Tevere , che ne circonda la maggior parte. Dopo che andò in rovina il solido poiìte di Augusto, di cui vedesi qualche avanzo, il passaggio del fiume si eseguisce col mezzo d'uua barca. Per le copiose acque del Ne- ra, già congiunto al Velino, qui il Tevere iugrossa e s' incomincia a navigare, come osserva Degli Elfetti.

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Certo è che il Tevere fu per un tempo agevolmente navigabile dal- la foce del Nera sino a Roma , e soveute le barche orlane cariche di derrate soccorsero le carestie di tal città. Nel suo territorio, e precisa- mente nella valle Oriana, è il lago Vadimoue sacro a Giano, e dai ro- mani chiamato Volturno, cotanto ce- lebrato nelle storie romane, e da Pli- nio il giovane descritto per le sue acque sulfuree e per le isoletle na- tanti : oggi il suo cratere è assai an- gusto , nascondendo le profonde sue acque giunchi e pruni. Anticamente somministrava l'acqua ai vicini bagni medicinali, di che si hanno vestigie, ed ora si scarica nel Tevere fra grandi massi di travertino, benché altri pretendono riconoscere il lago Vadimone nel Naviso di Viterbo. Presso questo lago i romani guer- reggiarono coi galli-boi uniti agli etruschi: inutilmente questi ultimi in altra battaglia vicino al lago giurarono di non tornare in patria che vincitori, ma tutlo piegò in fac- cia al valore romano; ed ivi pure Dolabella sterminò le reliquie dei galli-senoni. Il martirio di s. Lan- dò o Lamio sotto Diocleziano, per- chè nou volle sacrificare ad Ercole, avvenne in prossimità del lago, e se ne venerano le sacre spoglie in una cappella non lungi da Bassanello, ove si rinvennero nel 1628. L'an- tica cattedrale era stata da s. Cas- siano vescovo intitolata a s. Lorenzo martire; l'attuale fu magnificamente riedificata dal ven. vescovo Tenderi- ni, ed aperta nel 172 1. E' sotto l'in- vocazione di Maria Vergine Assun- ta, con capitolo di dieciotto cano- nici, de' quali il primus hiler eie- quales ha il titolo di priore , e da diversi cappellani e beneficiati. Nella città, olire la cattedrale, vi sono le

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parrocchie di s. Pietro e di s. Sil- vestro; fuori delle sue mura nel territorio si contano altre quattro parrocchie. Evvi un buon semina- rio vescovile, tre monti di pietà, cioè a Goglie, Frumentario e d'Ab- bondanza. I tre ospedali servono agi' infermi , a' convalescenti ed ai pellegrini. Vi sono molte confrater- nite e pie congregazioni, tutte ca- nonicamente erette, non che le uni- versità delle arti che ivi si eserci- tano. Da ultimo fu eretta una nuo- va scuola pia per le fanciulle, di- retta dal novello istituto delle pie educatrici , e adornllici del di viti Sangue, le quali oltre il noviziato e l'educandato, danno alle fanciulle d'ogni ceto istruzione nel leggere , scrivere e ne' lavori muliebri: per tutte le altre donne, in varie fesle dell'anno, vi si fanno molti esercizi di pietà cristiana. Un esperimento dato da detta scuola si legge nel n.° 88 del Diario di Roma 1843: l'istituto fu ideato dal cau. del Bufalo, e posto in pratica da Ma- ria de Mattias, che ne gettò le fon- damenta in Acuto delegazione di Frosinone. Tra le più antiche isti- tuzioni religiose si novera il mo- nastero di s. Giovenale , eretto dal celebre Belisario patrizio , il quale dopo aver offerto a s. Pietro i do- nativi ricavati dalle spoglie de' goti, edificò presso Orte il monastero che dotò di possessioni e arricchì di doni. Prima dell'invasione francese esistevano in questa città i conventi degli agostiniani, conventuali, giro- lamini, minori osservanti e cappuc- cini, ed i monasteri delle agostinia- ne e benedettine. Dopo il 1 8 1 4 soltanto poterono ripristinarsi i mi- nori osservanti , i cappuccini e le benedettine. Vuoisi che da Orte procedesse la nobilissima gente Or-

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tensta di Roma. Di Orle fu pure 1* illustre matrona Proba Falconia poetessa, che acquistò celebrità dal centoue in onore di Gesù Cristo, combinato con interi versi tratti dall'Eneide, e in tanta superstizio- sa venerazione sali a'suoi tempi, da doverne il Papa s. Gelasio I pro- clamare 1' esclusione dai libri santi della Bibbia, a' quali si frammischia* va. Ivi ebbero i natali i beati Be- nigno e Giovanni francescani , cbe si venerano, il primo nella chiesa di Araceli di Roma, il secondo in quella di s. Francesco di Palermo. Fu ancora patria di Lodovico di Eugenio IV Medico [fedi); di Giu- lio Roscio storico e poeta, caro ad Aldo Manuzio; di Antonio Deci, a- niico di Torquato Tasso ; di Filip- po Deci; di Mario Villani giure- consulto, e di altri celebrati dal Fon- tanini e da altri scrittori ; oltre molti vescovi e prelati, e del cardi- nal Nuzzi [Vedi). Dacché Orte pas- sò sotto il dominio della Chiesa ro- mana , conservò costante attacca- mento ai Papi, pel quale e per concessione di Eugenio IV ebbe 1' onore d'innestare nello stemma municipale il triregno e le chia- vi pontificie in cai» rosso, col- l'epigrafe: Muiius fidelitatis s. Ro- manae Ecclesiae. La popolazione di Orte, compresovi 1' annesso vil- laggio di Bagnolo, è di circa 2400 abitanti : soggiacciono al suo go- verno le comuni di Bomarzo co- gli appodiati Chia e Mugnano, di Bassanello , di Bassanello in Teve- rina, e di Gallese: Corchiano gli fu tolto nel 1 844- È residenza del go- vernatore e del vicario generale del vescovo.

E impossibile rintracciare l'epoca della fondazione di Orte, nascon- dendosi la sua origine fra le tene-

OR T bre della più remota antichità : fu certamente nobile città etrusca, ed il Fontauini l'annoverò fra le do- dici metropoli delle etrusche Lucu- monie, escludendone Veio e forman- do de' veienti una nazione a parte diversa dagli etruschi 3 e co' mede- simi confinante, governata in tem- po del suo memorabile assedio dal re Larte Tolunnio. Il p. B.anghia- sci nelle Meni, istor. di Nepi, però sostiene con sode e concludenti ra- gioni, che Orte non fu Lucumo- ne, ma oppido Falisco ossia Fale- rii Etrusco, situato nell'etnisca Pen- tapoli, come può vedersi nella par. 2, cap. 7. Vi si venerava Marte, Giano, Vulcano, Volturno ed Er- cole specialmente sotto il titolo di Hercules somnialis, e si hanno anche notizie di un' ara in onore del padre Tibeiiuo. Virgilio nella Eneide narra che le flotte orlane, aventi a duce Messapo, soccorsero il re Turno e i ruttili contro E- nea : stando a questo racconto , e supponendo Orte fondata dai pe- lasgi che sbarcarono in Italia 344 anni prima della caduta di Troia, la città surse y44 anni prima di Roma, ed in italiano chiamasi Or- te, Orla, Orti ; in latino Horta , Orla, Hortia, Horlanum, ed inoltre Horlus ed Ordini come credè spie- garne il significato Andrea Longhi vescovo di essa, che nel suo ingres- so pontificale scherzò con quei versi che riporta anche il p. Casimiro da Roma, Memorie de' conventi dei frati minori della provincia roma- na, cap. 16, parlando della chiesa e conveuto di s. Bernardino presso Orte e delle notizie di questa. Al sorgere di Roma venne a poco a poco annichilata la potenza etrusca, e perciò Orte passò insieme alle altre città sotto il domiuio de'ro-

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mani, presso i quali fu sempre in grande estimazione, che la dichia- rarono città l'anno 33o. Augusto vi dedusse una colonia militare; fu ascritta alle tribù Quirina ed Ar- niese, stabilendoci un collegio au- gustale e un magistrato della co- lonia, come ricavasi dalle antichis- sime iscrizioni prodotte da Fonia- nini. Si vuole ancora che Augusto vi edificò un tempio a Marte Ul- tore. Nello scioglimento dell'impero romano, la città soggiacerne a di- verse dominazioni, mai però fu pre- sa per forza, avendo sempre resi- stito a qualunque poderoso esercito, solo cedendo per onorevoli capito- lazioni, come affermò a Sisto V Por- tano Roscio, presso il citato Fon- tanini. Totila re de' goti , dopo la vittoria riportata contro V impera- tore Giustiniano I, avendo occupato tutta la Toscana, tentò di prende- re ancora Orte, ma trovandola ben munita, abbandonò l'impresa rivol- gendo altrove le sue armi. Però do- po qualche tempo cadde in potere deJ suoi che l'occuparono per vari anni, finché Giustiniano I, dopo la barbara morte di Amalasunta, man- dò il patrizio Belisario con valido esercito, il quale liberata Roma dai goti, questi scacciò da tutte le città occupate. Tra le quali essendovi Or- te, per parte di essi vi trovò vigo- rosa resistenza, potè impadronir- sene, finché gli ortani per segreta iutelligenza gli aprirono le porte. E tradizione che allora Belisario non solo edificasse il detto mona- stero, ma che donasse alla catte- drale una croce ornata di gemme per voto fatto a s. Lorenzo. Gli successe Narsete, che disgustato colla corte imperiale, chiamò in Italia i longobardi e il re Alboino, il quale vinte varie ciltà lento l'assalto d'Or-

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te, donde venne valorosameute re- spinto, impresa che neppure riuscì al successore Clefa. Alla sua morte i longobardi divisero in trenta duci la conquistata Italia, e fecero ogni sforzo per togliere ai romani le città restate in loro potere. Orte essen- do tra queste dovè cedere al co- mune destino, vendendo cara a' lon- gobardi la sua dedizione, poiché li battè più volte e solo si sottomise negli estremi, e con decorose con- dizioni, che per altro non vennero mantenute ci ni capitano Fernaldo.

JNTeI 5go divenuto esarca di Ra- venna Romano, dipoi per l' impe- ratore Maurizio occupò Orte, Su- tri, Todi, Amelia, Perugia e altre città, per cui la città tornò a far parte del ducato romano. Dopo il 726 ribellatosi il ducato all' impe- ratore Leone come iconoclasta, spon- taneamente si sottomise al dominio temporale della santa Sede in ad Orte, dedizione che ricevè s. Gregorio II. Avendo il successore s. Gregorio III fatta pace con Tras- mondo duca di Spoleti, se ne chia- mò olTeso Luitprando re de' longo- bardi, per cui invase quel ducato, e domandò al Papa la consegna del duca. Ricusatosi il Pontefice, il re montò nelle furie, cinse Roma d'as- sedio, devastò le vicine campagne , ed occupò le città di Bieda, Ame- lia e Bottnarzo. Strinse ancora Or- te d'assedio, ma v' iuconttò corag- giosa resistenza, potè ottenerla se non quando domandato dagli or- tani soccorso al Papa, questi gli spe- di Stefano capitano e patrizio ro- mano a dichiarargli la sua impo- tenza atteso l'assedio di Roma; per cui col consiglio di Stefano , cede- rono dopo tre mesi nel 739 con vantaggiosi patti. La città gemè sot- to il barbaro dominio due anni ,

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valsero le replicate istanze di s. Gregorio III per indurre Luitpran- do ad evacuarla. Gli successe nel 74 1 s- Zaccaria, che rivolse le pri- me sue cure alla ricupera di delta città e altri territori! della Chiesa. A tale effetto si parti da Roma con tutto il clero, i primari cittadini e Stefano capitano della milizia or- tana, e si avviò per Terni ove di- morava il re. Il senato d'Otte spe- dì 3oo giovani militari, scelti fra le primarie famiglie, per incontrarlo a Kepi, e accompagnarlo nel resto del viaggio. Gradi il Pontefice questa dimostrazione, e con tale accompa- gnamento giunse ad Orte, uscendo- gli incontro il vescovo, il capitolo, il clero, la nobiltà e numeroso po- polo, tutti benignamente da lui ac- colti. Nella città trovò che Luit- prando avea quivi mandato un suo nipote, per complimentarlo e se- guirlo a Terni : questi dopo aver baciato i piedi a s. Zaccaria, prese il freno del suo cavallo bianco, e lo condusse sino alla porta della cattedrale, mentre sul Papa soste- nevano le aste del baldacchino otto de' primari nobili longobardi. Scen- dendo da cavallo il Pontefice, il nipote del re gli sostenne la stalla, e prese quindi il lungo lembo del- la veste pontificale, che tenne per tutto il tempo che s. Zaccaria orò in chiesa e recossi al palazzo desti- natogli, ove restò sino al giorno seguente. Portatosi poi il Papa a Terni, si pacificò con Luitprando, e nella chiesa del Salvatore fu steso l'alto di restituzione de' luoghi oc- capali dai longobardi, compreso Or- te. Nel pontificato di s. Leone IV i saraceni minacciando i domimi della Chiesa, il Papa riedificò le mura e le porte di Amelia e di Orte, anche perchè gli abitanti era-

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no danneggiati dai ladri e assassi- ni. Per sua morte eletto nell' 855 Benedetto III, insorse in Orte Anastasio, ed ivi fu eletto Antipa- pa XIII [Fedi), per fazione ordi- ta da Arsenio vescovo di Gubbio, che potè sovvertire gli ambasciatori imperiali spediti a Roma per assi- stere alla pontificia consagrazione. Giunti questi ambasciatori a Orte furono guadagnati in favore dell'an- tipapa, a cui si unirono Rodoalto vescovo di Porto, Agatone vescovo di Todi, ed altri primari del chie- ricato. Giunti poi gli ambasciatori in Roma, non essendogli riuscito far riconoscere Anastasio, prestarono ob- bedienza a Benedetto III: secondo il Ciacconio, Anastasio con alcuni sostenne lo scisma più di due mesi. Verso il qoo Alberico I marche- se di Camerino e duca di Spoleto, fatto da Giovanni IX. generale del- l'esercito contro i saraceni, dopo averli vinti ebbe per premio la città d'Orte. Accusato poi di tradimento, quasi da lui fossero stati chiamati gli ungati in Italia a danno del Pontefice, poiché bruciarono molti castelli, fu esiliato da Roma e ri- tirossi in Orte, ove assediato da' ro- mani e abbandonato dagli ortani , che aprirono le porte alle milizie pontifìcie, venne trucidato. Altri chiamano Alberico I marchese di Toscana, e Io dicono fiorito sotto Giovanni XI. Degli Effetti scrive, che per la rovina di detti castelli gran parte degli abitanti si ritira- rono a Civita Castellana, e da loro il luogo acquistò tal nome ovvero quello di Civita, detta ancora Ca- strimi Felicitali* da Cencio Came- rario. Inoltre Degli Effetti asserisce, che i conti Tusculani , signori an- che di Orte, possedevano moltissi- mi castelli fino a Roma, e che la

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città aveva la fortezza. Il p. Casi- miro opina che Orte per un tempo riconobbe il dominio degli Estensi, come discendenti dai marchesi di Toscana che signoreggiarono la cit- tà. Dopo che s. Francesco d' Asisi ottenne la conferma di sua regola, si fermò per circa quindici giorni presso Orte, ove predicò la peni- tenza, e fece delle grazie per virtù divina, per cui in seguito gli orta- ni assegnarono ai francescani chiesa e convento vicino al Tevere, in cui ■visse e morì il b. Teobaldo d'Asisi, uno de' primi compagni del santo. Dipoi i francescani passarono alla chiesa di s. Teodoro, indi in quella di s. Angelo, il cui convento essen- do stato fortificato ad uso di roc- ca, si trasferirono in s. Francesco ove dimorarono i conventuali, ve- nerandovisi il cilicio del santo isti- tutore. Nel 1298 ribellatisi i Co- lonnesi con Sciarra a Bonifacio Vili, questi promulgò un' indulgenza a favore di chi avesse preso le armi contro di essi, ed Orte gli mandò 3oo giovani ben vestiti ed armati, col capitano Pirro Triusefora cit- tadino orlano. Nel i3y5 Orte a sug- gestione de' fiorentini si ribellò a Gregorio XI dimorante in Avigno- ne, e nel novembre riconobbe per signore Simonetto di messer Orso Orsini, esempio pernicioso che se- guirono Viterbo, Città di Castello e Perugia. Riconosciuto il fallo , presto tornò all' obbedienza della santa Sede. Urbano VI nel 1 384» onde supplire alle spese incontrate nel combattere gli scismatici, impegnò Orte per due anni a Malatesta dei Malatesti, ritraendone 10,000 fio- rini. Ladislao re di Napoli, dopo essere andato a Giavarino onde farsi coronare re d'Ungheria, nel i4o3 sotto speciosi pretesti occupò Roma

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e quasi tutta la provincia del Pa- trimonio di s. Pietro. La valida resistenza che gli opposero gli or- tani, irritò le sue truppe che de- vastarono il suo bel territorio, e distrussero non pochi de' suoi im- portanti e popolati castelli. Impri- gionato dagli ortani Sigismondo ni- pote del re, lo trattarono con ogni riguardo. Ladislao volle assaltare Orte e in più volte vi perde 2,000 uomini. Quantunque gli ortani fos- sero ridotti dal re alle ultime stret- tezze, pure non gli accordarono il possesso della città , che con pro- messa di entrarvi con pochi de' suoi disarmati, come avvenne: inoltre La- dislao s'impadronì di Narni e Gal- lese. Questi luoghi alla morte del re soggiacquero nel i4'4 a"a re* gina Giovanna II sua sorella, ma poi vennero tolti e restituiti a Gio- vanni XXIII da Paolo Orsini ca- pitano della Chiesa. Il valore degli ortani avendo ingelositi i vicini, fu- rono* rappresentati al Papa come ribelli, e lo indussero a sentenziare l'interdetto contro la città, e pri- varla degli antichi privilegi. Ma gli ortani avendo fatto conoscere a Gio- vanni XXIII, a mezzo del legato cardinal Isolani, che la loro dedi- zione lu forzata, li assolse, riammi- se alla sua soggezione, e confermò tutti i privilegi con diploma de' 19 aprile 1 4 1 5. Indi gli ortani resiste- rono bravamente alle truppe de'fa- ziosi guidate da Nicolò Piccinino e da Braccio Fortebraccio, a'quali nel i43 1 Eugenio IV avea interdetto 1' acqua e il fuoco.

Tra gli altri servi di Dio che furono in Orte ad annunziare la di- vina parola, nomineremo s. Ber- nardino da Siena nel secolo XV, in venerazione del quale gli ortani statuirono celebrare la sua festa, e

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fabbricarono un convento contiguo alla chiesiuola dell'Annunziata, ri- fabbricata ed ampliata nel i463 da Domenico Santi, sotto l'invocazione di s. Bernardino, die descrive il p. Casimiro col novero delle reliquie, in un ni cappuccio del santo, e ta- bella col ss. Nome di Gesù, dal santo usala per propagarne la di- vozione, per la quale quivi istituì una compagnia. Verso il i5oo sotto Alessandro VI, Vitellozzo Vitelli ca- pitano uccise Altobello tiranno di Todi nascosto in Acquasparta , la cui carne fu venduta al macello, attese le crudeltà usate verso de'suoi e le milizie orlane, cento giovani delle quali i-acchiusi nello stretto del ponte di Augusto, fatti prigio- nieri li strascinò in Amelia, e furono ivi miseramente trucidati. Nel 164.2 tentando il duca di Parma pel du- cato di Castro [Fedi) invadere lo stato pontificio, gli ottani fornirono volontari alle milizie papali , onde Urbano Vili pel camaldolese p. Ar- tusini mandò alla città la polvere necessaria per l'artiglieria. Benché andasse a vuoto l'impresa del duca, continuando le turbolenze guerre- sche, Innocenzo X volle che Orte fosse presidiata dalle sue truppe, fa- cendovi acquartierare nel 1646 la compagnia del capitano Gio. Cor- rado Orsini, insieme alla fanteria comandata dal capitano Guerrino Petrucci. Decretata nel 1649 dal Pontefice la distruzione di Castro, Spinola governatore del Patrimonio invitò gli ottani a portarsi colà con le milizie stanziate in Orte , onde concorrere a diroccare Castro , che ridussero in un cumulo di macerie. L' attaccamento degli orlaui alla Chiesa romana rifulse nel declinar del passato secolo, nell'invasione dei repubblicani francesi. Mal presidiata

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da' napoletani , dovette cedere alla forza preponderante; ma appena po- tè scuoterne il giogo, gli ottani si unirono agli aretini e alle truppe degli altri popoli, e da Civita Ca- stellana cacciarono gì' invasori, pren- dendo possesso della fortezza in no- me del Papa, lasciandovi per co- mandante un cittadino orlano, che la tenne sino alla seconda invasio- ne francese sotto Napoleone. Ricu- sando a questo il giuramento, l'in- tero capitolo e tutti i parrochi fu- rono dannati a glorioso esilio. Nel 1820 Orte ospitò amichevolmente le truppe tedesche, che recavansi a reprimere la rivoluzione di Napoli. Finalmente nel 1 83 1 gli ottani si distinsero nella fedeltà e difesa del trono di Gregorio XVI, come ave- vano fatto ne' precedenti secoli, nel- le turbolenze e guerre che afflisse- ro lo stato pontificio, fino da' tem- pi di Giovanni III e s. Gregorio I. In quest' ultima circostanza dimo- strarono un eguale impegno e co- raggio contro gì' insorti, che prossi- mi alla città minacciavano invader- la: la popolazione intera accorse alle mura per la difesa , colla civica e truppa di linea comandata dal con- cittadino capitano Mariano de' conti Alberti patrizio ortano; e continue furono le orazioui alla Beata Ver- gine, al protettore s. Egidio , agli otto martiri comprotettori , e al- l'arcangelo s. Michele, del clero e popolo. Il tutto e meglio è ripor- tato nel supplemento al Diario di Roma n.° 4' 1 in a'tl'e stampe d'al- lora, e nel Plauso della città d'Orle pel ripristinamenlo della pace negli stali pontifìcii; Rieti 1 83 1 . Scrisse- ro sopra Orte e sua sede vescovile ed antichità, Giusto Fontanini : De anliquitatibus Hortae coloniae etni' scorimi libri Ircs, cuw fìguris acri

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incisi.*, et gemina appendice monti- memorimi ex codicibus vaticani";, eie. Edilio ter ti a, ancia et ree ogni la, Romae 1723. Tommaso Mamachi: De episcopalus Hortani anliquitale ad hortanos cives Uber singularis. Advcrsus auclore in l'belli italice scripti de cathedra Horlana Civi- tonicae non praeferenda , Romae 1759. 11 p. Mamachi in questa o- pera la preferenza alla sede ve- scovile di Orte sopra quella di Ci- vita Castellana (Fedi) } i canonici e cittadini della quale per sostene- re la preminenza da essi posseduta, pubblicarono diversi scritti che ci- tammo a detto articolo, confutati dal p. Mamachi contro il p. Mar- roni, il quale si dichiarò a favore di Civita Castellana per l'anzianità del di )ei vescovato. Sono poi pre- giatissimi tali opuscoli per la copia di erudizione che contengono e pei molti lumi che danno alla storia ecclesiastica de'remoti tempi. La cit- tà e sede vescovile d'Orte può ri- putare a somma sua gloria , che i celebratissimi Fontanini e Mama- chi scrissero con tanto impegno di sua antichità.

La fede fu ricevuta in Orte nei primi tempi del cristianesimo, e l'U- ghelli, Italia sacra, t. I, p. 733, di- ce che ab apostolorum alumnis fi- dali Chris ti accepit guani deinde sua praedicatione Lucius Papa (del 2 55) in paucis fovii, conservavi^ gue. In prova di che vanta l'ere- zione della sua sede vescovile fino dai tempi del Pontefice s. Silvestro I nel 33o circa. Il citato p. Ranghia- sci celebrando l'antichità e distinti pregi d'Orte, dice che una delle città della Pentapoli forse avrà a- vuto il vantaggio di venire alla fe- de per opera di s. Tolomeo vesco- vo della suddetta Pentapoli, inviato

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dal principe degli apostoli. Fino dai primi tempi erano i vescovi orla ni decorati della porpora senatoria che conservarono fino alle nuove costi- tuzioni apostoliche, che restrinsero questa singolare prerogativa: ecco co- me s'esprime l'Ughelli. » Hortanus episcopusin romanae provinciae prae- sulibus numeralur, Innocentiique III privilegio senatoriam cardinalitiam purpuram adjunclam habuit, ut re- fert Azorius par. 2, lib. 4> caP- I* Quam quidem dignitatem rIonorio II sedente, etiam obtinuisse constat usque ad annum 1 126, in quo Ro- dulphus cardi ualis hortanus purpu- ra senatoria decoratus est. Caeterum non diu cardinalitia dignitas hor- tanis episcopis mansit. Si quidem Eugenius 111 sex tantum romanae provinciae ecclesias sanxit eo privi- legio debere gaudere , caeteris ad commune aliorum episcopatum jus vocatis". Il primo vescovo d'Orte che si conosca è Giovanni Monta- no, ordinato da s. Silvestro I ver- so il 33o; il secondo s. Cassiano d'Alessandria, originario egiziano, e- letto verso il 363 regnando l'im- peratore Gioviano (sotto il quale fu fatto morire), che edificò la cattedrale in onore di s. Lorenzo martire, indi Leone che governò con lode ventitré anni ; Marziano che intervenne al sinodo nel 5o 1 celebrato da Papa s. Simmaco; U- baldo Prosenio orfano; Baldo, forse lo stesso che il precedente, fiorì nel pontificato di s. Gregorio I, dall'e- pist. 32, lib. I, del quale rilevasi che essendo ritenuto prigione in Raven- na dall'esarca, ne reclamò la libe- razione, pei gravi danni che ne sen- tiva la Chiesa e popolo di Orte. 11 vescovo Giuliano nel 649 fu al con- cilio romano ; Maurizio intervenne a quello del 743; Adamo sedeva

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nel 761; Slefano si recò al concilio eli Roma dell' 826; Magesto regi- strato da Ughelli, al dire di Lucen- do, appartiene alla chiesa d'Ostia. Arsenio dell' 860 fu legato di s. Nicolò I a Lotario I, perchè ripu- diasse la concubina Valdiada ; po- scia divenne vescovo Zaccaria, quin- di Stefano II, che sottoscrisse al sinodo che Slefano VI detto VII tenne contro il predecessore Papa Formoso. Nel 916 o 917 Pietro ■vescovo d'Orte apocrisario di Gio- vanni X presiedè al concilio d'Al- thaim; N. vescovo del 963; Lam- berto vivea nel 1003, essendo con- te dJOrte Guidone; nel io 17 Gio- vanni; altro Giovanni nel 1028 fu al sinodo di Giovanni XX, ina vi ripugna Lucenzio; Laudovino del io36; Gregorio del 1049, secondo Fonlanini. Non si trovano altri ve- scovi sino a Ridolfo [Fedi), che Onorio II creò cardinale nel 11 26, dichiarando che questa dignità do- vesse ornare i vescovi d'Orte, pri- vilegio che abrogò Eugenio III : questo Papa nel 11 45 compose le di lui liti coi canonici d' Orte , mediante la bolla Ne oblivionis. Pao- lo nel 1 179 si trovò al concilio ge- nerale Lateranense III , in Roma nel 1 1 80 consagrò la chiesa di s. Nicola in Carcere, e nel 1 196 con- corse alla consagrazione di s. Lo- renzo in Lucina. Gli successe altro Paolo verso il 1200, cappellano d'Innocenzo III; N. fu eletto e or- dinalo nel 1222 da Onorio III, che Degli Effetti chiama Guido, così Lucenzio. Successivamente furono vescovi, Trasmondo del I23g, Gio- vanni del 1 248, fr. Pietro de' mi- nori eletto da Alessandro IV col di- ploma Ddritum officiij Corrado ar- cidiacono di Viterbo richiesto dal capitolo, fu confermalo nel 1284

ORT da Martino IV; e nel 1296 Boni- facio Vili fece vescovo Bartolomeo; nel 1298 fr. Lorenzo di Velletri de' minori ; nel 1 334 Nicola Zabe- reschi nobile ortano e canonico, e- letto dal capitolo e approvato da Benedetto XII, sagace e d'animo forte, commissario del cardinal Al- bornoz, signore di Bassa no, Torri- cella e d'altri castelli. Nel i362 dalla chiesa Rissanense vi fu tras- lato Giovanni, cui successero nel 1 365 Pietro ortano , nel 1 366 fr. Gio- vanni di Foligno domenicano, che a vantaggio della Chiesa statuì leggi sinodali, nel 1396 fr. Paolo Al- berti nobile fiorentino de' minori , trasferito ad Aiaccio. Nel i4^o fu falto vescovo Sancio o Santi, tras- lalo a Civita Castellana nel i432, ed in sua vece Valentino di Terni canonico.

Atteso le diminuite repdile del- le mense vescovili d'Orte e Ci- vita Castellana, Eugenio IV nel i437, colla bolla Sacrosancta ro- mana Ecclesia, unì i due vescovati, il secondo de' quali già avea unito a quello di Gallese [Vedi), unione che dovea aver luogo alla prima vacanza d'uno de' due. Nel 1 4^9 morì il vescovo di Civita Castella- na, e Valentino vescovo d'Orte en- trò in possesso di quella diocesi , intitolandosi d'allora in poi vescovo d'Orte e Civita Castellana. Sebbe- ne nella citata bolla dicasi, che stan- do il vescovo in Orte s' intitolava vescovo d'Orte e Civita Castellana, e dimorando in questa seconda cit- tà prendesse il titolo viceversa, pu- re egli preponeva sempre Orte ; anzi ricavasi dagli alti del 1 4^9 al i582, che la chiesa d'Orte nelle bolle e alti concistoriali prenomi- navasi a Civita. In quest' ultimo an- no accoltisi gli ortani che nelle boi-

ORT le Civita prenominavasi ad Orte, reclamarono contro tale innovazione, e dipoi nel i j56 fu introdotta stre- pitosa lite avanti la congregazione del concilio, praecedentiae super re- servatis. Quantunque la sede d'Or- te fosse più antica e prenominata nella bolla d'unione e in altre, ed eziandio in altri atti autentici per lo spazio di i43 anni e più, la chiesa Oriana fu posposta a Civita Castellana detta anche Civitonica. A questo articolo parlammo de' suoi tre primi vescovi , qui aggiunge- remo, che ne successero sino al suddetto Santi altri ventidue. In se- guito il nominato Valentino nell'an- no i438 fu trasferito a Montefia- scone, ma pochi giorni dopo ritor- nò alle sue chiese, assistè al conci- lio di Firenze; quindi nel i442 di' venne vescovo di Orte e Civita Ca- stellana Luca nobile bolognese, che ehbe per successori i seguenti. i443 Antonio Stella di Civita Castellana e canonico, dotto ed esperto negli affari. 1 44-^ n'. Nicola Palmerio a- gostiniano e siciliano, insigne teolo- go, traslato da Catanzaro. i4*^7 An- tonio già di Castro che si annegò in mare. 1 4^7 3 Pietro Ajossa di Troia, trasferito a Sessa, i486 An- gelo Pechinoli di Civita canonico, che secondo Novaes fu legato d'In- nocenzo Vili in Germania ed in Ungheria, chiaro in dottrina ed elo- quenza, prefetto di Civita Vecchia. i493 Enrico Bruno segretario di Alessandro VI, che lo traslatò a Ta- ranto . 1498 Giorgio Macca fa ni di Marsi, trasferito a Sarno. 1 499 ^,0" dovico. i5o3 Giovanni Burchardo {Vedi) (di cui parlammo ancora nel •voi. XLI, p. 177 del Dizionario ed altrove in più luoghi ) di Stras- burgo, celebre ceremoniere. 1 5o6 fr. Francesco Franceschini orlano dei

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minori, confessore di Giulio II e penitenziere, che fu al concilio La- teranense V : per sua rinunzia Cle- mente VII nel iSi1^ fece ammini- stratore il cardinal Paolo Cesi (Ve- di), e nel 1 537 S'' Sl|ccesse ne^ 1' amministrazione Luca Savelli . i538 Pomponio Ceci (Vedi) poi cardinale. i53g Scipione Bongal- li romano , intervenne con lode al concilio di Trento, sotto del quale Pio IV ristabilì la sede di Gallese che dopo il i575 fu riunita a Ci- vita. 1 565 Nicola Perusci romano, morto in odore di santità. l58à Andrea Longhi parmigiano, erudi- tissimo e celehre poeta, ottimo pa- store. 1607 Gio. Vincenzo Canza- chi o Camachi nobile d'Amelia, e- letto, e in vece trasferito a s. Mar- co. 1607 fr. Ippolito Fabiani di Ravenna priore generale degli ago- stiniani, teologo e predicatore egre- gio. 1621 Angelo Gozzadini bolo- gnese, già arcivescovo di Nazianzo, virtuoso e zelante pastore, che for- mò eccellenti statuti sinodali, e com- pose le liti insorte tra le due dio- cesi. 1 653 fr. Taddeo All'ini carne- rinese maestro generale di s. Ago- stino, sagiista d'Innocenzo X e ar- civescovo di Porfirio, compianto. 1 686 Giuseppe Antonio Sillani Leon- cili nobile spoletino, lodato per scien- za e virtù. 1698 Simone Paolo A- leotti forlivese, insigne in letteratu- ra e in belle doti, ripristinò il se- minario di Orte e fu benemerito della disciplina ecclesiastica. 1705 Ascanio Blasi romano già di Sala- mina in partibus e sullraganeo di Sabina. Con questi nell' Ughelli si compiono le serie de' vescovi di Ci- vita Castellana e di Orte, che con- tinueremo colle Notizie di Roma. 17 17 venerabile Gio. Francesco Ten- dermi da Massa di Carrara, di no-

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bile stirpe, fregiato delle più rare virtù, che con sommo zelo e carità esercitò il pastoral ministero : in Civita riedificò la cattedrale e fon- dò il seminario; ne scrisse la vita il p. Gio. Francesco Strozzi gesuita, stampata nel iy5o in Roma. 1739 Bernardino Vari di Spoleto. 174°* Santi Lanucci di Mondavio, del qua- le abbiamo stampato in Roma nel 1757: Synodus diocesana civitatìs Hortanae. 1763 Francesco Maria Forlani di Capranica diocesi di Su- tri, trasferito da Sanseverino. 1787 Lorenzo de Douiinicis di Foligno: nel i8o5 Pio VII riconobbe il titolo di cattedrale a Gallese, conferman- do l'unione e la concaltedralità con le sedi di Civita Castellana ed Orte, come si legge nel Bull. Coni. t. XII, p. 402» °«de i vescovi presero il ti- tolo delle tre chiese. Pio VII nel 1822 ai 19 aprile trasferì da Nico- poli Fortunato Maria Ercolani dei passionisi, di s. Gregorio diocesi di Tivoli. Per sua morte il regnante Pio IX nel concistoro de* 1 4 aprile 1848 dichiarò vescovo delle tre chiese l'odierno monsignor Amadio Zangari di Rimini, canonico di quel- la cattedrale, dicendosi nella pro- posizione concistoriale, che il Papa jus sibi reservavit alìlcr decernen- di circa terroni Canepina quoe ad dioecesim Hortan perlinet. Del- l' insigne reliquia del prepuzio di Gesù Cristo , che si venera in Calcuta, diocesi di Civita Castella- na, ne parlai a Circoncisione di N. S. G. C. : si può vedere ancora il Marangoni, Istoria di sancta san- dormii.

ORTODOSSO, Orthodoxus. Ag- giunto de' cristiani, le cui opinioni e dottrine sono conformi a quelle della Chiesa cattolica, apostolica, ro- mana : è l' opposto di Eterodosso

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[Vedi). Ortodosso è un vocabolo derivato dal greco orlhos , retto, e da doxa, opinione, cioè di retta o- pinione. Vedasi il Macri, Not. dei voc. eccl., verbo Orlhodoxus. Fi- des or thodo x a o ortodossia è un vocabolo che si prende: i.° perla cattolicità o sana dottrina, la quale fa sì, che credousi tutte le verità determinate dalla Chiesa: questo è il contrario dell' Eterodossia ovvero della eresia. per una festa che si celebra presso i greci nella pri- ma domenica di quaresima, in me- moria del ristabilimento delle sacre immagini abbattute e lacerate da- gli iconoclasti ; chiamasi la festa dell' Ortodossia, come se si dicesse del ristabilimento della religione cristiana, e fu Metodio patriarca di Costantinopoli che neh' 842 stabili tal festa, coli' approvazione dell' im- peratore Michele e dell'imperatrice Teodora sua madre. Ortodossogra- fo è un termine dommatico, di cui servesi per designare gli autori che hanno scritto in senso cattolico. Vedasi il Bergier, Diz., Ortodosso e Ortodossia. Il Nardi, De' titoli, dice che quello di ortodosso, Alessandro VII nel i658 lo attribuì ai re di Polonia, per aver da quel regno sterminati e dispersi gli ariani. Que- sti eretici chiamarono omoncionato o omuncionato gli ortodossi, perchè ammettevano due nature in Gesù Cristo. Gli ortodossi erano registrati ne'sagri Dittici, e si cancellavano da essi quelli che abbandonavano la fede ortodossa benché sovrani.

ORTOLANO, Cardinale. Orto- lano cardinale diacono di s. Adria- no, sottoscrisse la bolla di Urbano IV, spedita in Anagni nel 1264, a favore dell'abbazia di s. Maria di Bomiaco nella diocesi d' Aquila.

ORTONA (Ortonen). Città ve-

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scovile ari liei) issi ma nel regno delle due Sicilie, nella provincia di A- bruzzo Citeriore, situata in riva al mare Adriatico, tra i fiumicelli A- riello e Moro, in vicinanza della Punta di Acquabella, che forma un piccolo capo, distante 4 leghe da Chieti e da Lanciano. Appartenne ai frentani, che si confondono age- volmente coi maruccini. Il suo pic- colo porto affluisce di navi, eh' e- sercitano il cabottaggio e serve di scalo alle mesci onde ridonda la fiera di Lanciano: è capoluogo di cantone, ed anticamente si chiamò Orlona a mare, forse per distin- guerla da Or dona di Puglia. Vuoi- si edificata dai troiani dopo l'ecci- dio di Troia. L' Ughelli la chiamò bella, non grande, e costrutta in pietra : OrLona porlus vectigal Ca- roltts I Siciliae rex basilìcae pria- cipis apostoloriini Urbis Romae condonavit. Già appartenne a Ra- nuccio II Farnese duca di Parma. La cattedrale è sotto l'invocazione di s. Tommaso apostolo, patrono della città, con battisterio, essendo- ne curato un canonico coadiuvato da tre preti : vi è in gran venera- zione il corpo di tal santo, ed ha contiguo decente episcopio. Il ca- pitolo si compone della dignità del- l' arcidiacono , di dodici canonici compresi il teologo ed il peniten- ziere, di tre beneficiati canonici so- prannumerari , e di altri preti e chierici. Vi sono diversi conventi di religiosi, un monastero di mo- nache cisterciensi , alcuni sodalizi, l' ospedale e il monte frumentario. Neil' Ughelli vi è la storia della traslazione dall' India e da Edessa di Siria nel \i5ti, fatta da Leone ortonese, del corpo o parte di esso di s. Tommaso apostolo, in un ai documenti; dico parte perchè anche

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Meli a por crede di possederlo, non che altri luoghi : certo è che ad Ortona Bonifacio IX e Sisto IV concessero pienissima indulgenza , riconoscendo contenere il corpo del- l'apostolo la cattedrale. Nel i4°9 proveniente da Cividale, vi appro- dò Gregorio XII co' suoi famigliari sulle galere somministrategli da La- dislao re di Napoli, indi parti per Fondi e Gaeta.

La sede vescovile, dopo che i di- scepoli degli apostoli vi predicaro- no il vangelo, vuoisi eretta nel IV secolo, e si conoscono due vescovi, Calunnioso che ne occupava la sede sotto s. Gregorio I, mentre nel con- cilio romano di s. Martino I del 649 trovasi sottoscritto Vittore e- pìscopi Ortonensis. Dipoi s. Pio V nel 1570 ripristinò la sede e la dichiarò suffraganea di Chieti. A cagione della mediocrità della men- sa vescovile, nel 1604 Clemente Vili colla bolla Pro excellenti, e- resse Campii [Fedi) in vescovato e l'uni ad Ortona, essendo anche essa un tempo soggetta al dominio del duca di Parma. Il primo vesco- vo di Ottona fu Gio. Domenico Rebiba siciliano, fatto da s. Pio V nel 1570, traslato uel 1596 a Ca- tania da Clemente Vili, il quale gli sostituì Alessandro Boccabarili piacentino, poi primo vescovo di Ortona e Campii : gli successero, nel 1624 Antimo degli Atti nobile di Todi zelantissimo, che promulgò salutari decreti per le due diocesi nel sinodo, e difese l'immunità ec- clesiastica. Nel 1640 fr. Francesco Antonio Biondi conventuale, da Capri; nel 1 644 Alessandro Cre- scenzi romano somasco, trasferito da Termoli, indi a Bitonto; nel 1 653 Carlo Bonafaccia romano, poi di Terni; nel 1675 Giovanni Vespu- i3

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la patrizio napoletano, valente e ■virtuoso predicatore teatino, ornò il sepolcro di s. Tommaso, ristorò la cattedrale dai danni del terre- moto, eresse il seminario, restaurò la chiesa di s. Margherita vecchia, istituì il monte de' Morti pei suf- fragi de' defunti, e fu benefico colle monache: lo fu pure con Campii, rinchiudendo in techa d' argento il capo del patrono s. Pancrazio martire, donando alla cattedrale candellieri con croce d'argento; v' istituì delle prebende, lasciò una somma al capitolo pei suoi suffragi e pel culto della Beata Vergine. Donò ancora le suppellettili vesco- vili, edificò la cappella nell' episco- pio, celebrò due sinodi, uno in Or- tona, l' altro in Campii, le quali diocesi visitò attentamente, e morì piamente. Giuseppe Falconi nobile di Civita Ducale, fatto vescovo nel 17 17 e lodato: con questi 1' Ughel- li nell' Italia sacra t. VI, p. 772, e t. X, p. 3 11, termina la serie de' vescovi di Ortona e Campii, che compiremo colle Notizie di Roma. 1730. Giovanni Romano della dio- cesi di Squillace. 1735 Marc' An- tonio Amalfitani della diocesi di Mileto. 1766 Domenico de Domi- nicis della diocesi di Teano. 1792 Antonio Cresi d'Aquila. Nel 1818 Pio VII soppresse le due sedi , ed unì Campii a Teramo (ledi) e Ortona a Lanciano (Fedi), quindi nel i834 a' 19 febbraio Gregorio XVI, per le premure del dotto ar- cidiacono d' Ortona de Virgiliis, ri- pristinò la sede vescovile d' Ortona, assegnandola però iq perpetua am- ministrazione dell' arcivescovo di Lanciano.

OIVTOS1A, Orlliosia. Sede ve- scovile della provincia di Caria, e- sarcato d' Asia, sotto la metropoli

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di Stauropoli, eretta nel V secolo, presso il fiume Meandro. Ne fu ve- scovo Diogene rappresentato al con- cilio di Calcedonia dal sacerdote Teotisto. Oriens christ. t. I, p. 908. Ortosia, Orlhosien, è ora un titolo vescovile in partibus pure sotto Stauropoli; ne fu insignito già l'at- tuale arcivescovo di Messina Fran- cesco di Paola Villadicani, che Gre- gorio XVI creò cardinale.

ORTOSIA oORTOSIADE, Or- thosia seu Sarchais. Sede vescovi- le della Fenicia marittima, nel pa- triarcato d'Antiochia, sotto la me- tropoli di Tiro, eretta nel V seco- lo, presso A rad e il fiume Eleute- ro. Ebbe per vescovi greci, Fosfo- ro che fu al concilio d'Antiochia, in cui si giudicò la causa d'Anasta- sio di Perrha, e sottoscrisse al con- cilio di Calcedonia; Nonno che fir- mò la lettera del concilio di Feni- cia all'imperatore Leone; Nilo del monastero di s. Eutimo; e Stefano partigiano di Severo. Oriens chr. t. II, p. 826. Clemente VI nel i345 vi nominò vescovo Arnaldo frate minore. Ivi, t. Ili, p. 1239.

ORVIETO (Urbevelan). Città con resideuza vescovile dello stato pon- tificio, capoluogo della provincia e delegazione apostolica del suo no- me, della quale daremo prima un piccolo cenno di sua posizione to- pografica e de'luoghi che la com- pongono. Confina questa provincia al nord colla delegazione di Peru- gia, al sud con quella di Viterbo, all'est col Tevere, che la divide dall'agro di Todi, ed all'ovest colla Toscana. Fra le colline che la in- tersecano, si veggono correre i due fiumi Paglia e Chiane, che non lungi da Orvieto recano congiunti al Tevere il loro tributo. La nuo- va strada Cassia da ultimo aperta

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(della quale parlai pure a Monte- fiascone), che passando pei territori! di Città della Pieve e di Casti- glione del Lago, offre agiata co- municazione con Perugia e colla Val di Chiane toscana: questa via rende Orvieto quasi centrale di comunicazione tra Roma e Firenze, traversando la detta deliziosa valle. Lo stato orvietano formò sempre come appendice alla provincia di Viterbo o Patrimonio di s. Pietro, e sino alla fine dell'ultimo secolo ebbe un prelato per particolare governatore, però a Delegazioni di- cemmo che Orvieto sino a tal e- poca era la quinta provincia dei domimi della santa Sede. Gli ulti- mi prelati governatori e residenti in Orvieto, furono Settimio Hono- rali di Jesi, Francesco Marazzani poi cardinale, e Bartolomeo Lopez napoletano che lo era nel 1798 all'invasione de' repubblicani fran- cesi. Nel 1800 Pio VII istituì la delegazione di Viterbo e nominò governatore provvisorio di Orvieto l'avv. Gio. Francesco Passali ro- mano, indi prelati governatori Do- menico de Simone poi cardinale, e Ferdinando Moscardini. Nel 1809 gì' imperiali francesi occuparono di nuovo gli stati della Chiesa, e solo nel 181 4 li ricuperò, e potè ritor- narvi Pio VII, il quale nel 18 16 comprese nella delegazione di Vi- terbo la provincia d'Orvieto che dichiarò distretto, con governatore secolare, residente coi sotto-diret- tore di polizia e preposto al bol- lo e registro in Orvieto. Final- mente Gregorio XVI a' 5 luglio 1 83 1 elevò TOrvietano al grado di delegazione apostolica, con pre- lato delegato, congregazione gover- nativa e tribunale di prima istan- za, con presidente residente in Or-

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vieto, come dissi a Delegazione, parlando della popolazione della provincia. Il medesimo Papa Gre- gorio XVI successivamente vi de- stinò i seguenti monsignori per de- legati apostolici : Silvestro Belli poi cardinale, Camillo di Pietro, Ale- rame Pallavicino, Giacomo Anto- nelli ora cardinale, Salvatore Pac- cinelli, Terenzio Carletti , Paolo Durio, Gio. Battista Cannella e Matteo Eustachio Gonnella, a cui il regnante Pio IX nel 1847 die in successore l'attuale monsignor Filippo Torraca di Civitavecchia, trasferendolo da Camerino in cui l'avea posto Gregorio XVI. Alla comune di Orvieto sono appodiati i villaggi di Corbara, Frodo, Su- gano, Titignano, e Torre de' ss. Severo e Martino, con altri dodici meno importanti. La delegazione contiene le comuni di Castel s. Giorgio coll'appodiato Baiano, di Castel Viscardo coll'appodiato Pi- ceno, di Monte Rubiaglio, di Pota- no coll'appodiato Castel Rubello, di s. Venanzio cogli appodiati Colle- lungo , Ripalvella, Rote-Castello e Ch'ila Conti, e di s. Vito che ha per appodiati Palazzo Bovarino, Poggio Aquilone e Pomello. Il di- stretto di Fienile contiene le co- muni di Alhrona, Fabro, Carna- iola, Monte Gabbione coll'appodiato Castelfìore, Monte Giove, Monte Leone e Panano: alla sua am- ministrazione comunale va unito l'appodiato Sala ed i casali Mea- na e Mealla. Ambedue i distretti sono nella diocesi d'Orvieto, e del- le comuni andiamo a riportare bre- vi indicazioni.

Distretto di Orvieto.

Castel Giorgio. Ebbe forma di

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paese nel 1 47^ 80lt0 Sisto IV, ed ha buoni fabbricati, con territorio in piano.

Castel Viscardo. Fu della fami- glia Monaldeschi , ha il palazzo Spada, e territorio in colle e piano. Monte Rubiaglio. Ha pochi fab- bricali con territorio montuoso.

Porcino. Nel 1 269 fu molto ro- vinato dai collegati ghibellini; co- sì nel i3i6 e 1Z1Q patì altri di- sastri per gare civili. Ha il terri- torio su terreno vulcanico e in mon- te, con pochi fabbricati chiusi da mura.

S. Venanzio. In monte è il suo territorio, con non pochi fabbrica- ti cinti di mura.

S. Vito. Il territorio è giacente in monte, con mediocri fabbricati.

Distretto di Ficulle.

Ficulle. Capoluogo situato nella parte boreale dello stato orvietauo, non lungi dal corso del Chiana, con territorio in colle, con buoni e re- golari fabbricati cinti di mura, stra- de rettilinee e due borghi. La col- legiata e chiesa matrice è dedicata alla Beata Vergine Assunta. È tra- dizione che ripeta l'origine da una colonia di Ficulea, che surse pres- so Nomento per opera degli abori- geni, e ne tratta il Nibby, Analisi de' dintorni di Roma t. II, p. 43. Trovandosi in questo luogo l'im- peratore Tiberio Claudio, allorché gli giunse notizia d'una vittoria ri- portata in oriente dalle sue armi, ■vi eresse un tempio al Sole mitra- to, e quindi gli fece un sagrifizio nella spelonca di Termodonte : di tal fatto se ne legge memoria in antichissima lapide, situata nella chiesa di s. Maria fuori le mura e riportata dal Calindri nel Saggio

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statistico-storico dello stalo poni. p. 257, parlando di Ficulle. Diverse fabbriche e archi di stile gotico, di- mostrano l'antichità del luogo: è tal chiesa costrutta in gotico con sot- terraneo, ha porta con stipiti di marmo bianco, festone di alabastro, e capitelli di particolare disegno. Evvi ancora un ponte detto del mu- ro grosso, che fu fatto costruire dal- l'imperatore Nerone. Vicina esisteva una celebre abbazia di benedettini, i fondi de' quali passarono per do- minio diretto alla basilica Liberia- na di Roma: vuoisi che l'abbate Eraziano benedettino nascesse in questo territorio. Tuttora vi è in prossimità un convento di cappuc- cini. L'aria è salubre e l'industria agricola supplisce alla mediocre fe- racità del terreno, per trarne tutti i naturali prodotti ; il vino si con- fonde in commercio col rinomato d'Orvieto, altrettanto dicasi di quel- lo de' luoghi con vicini. Ha diverse fabbriche di buone stoviglie, e la nuova via Cassia, che ne attraver- sa i sobborghi, ha dato utile ecci- tamento all'operosità degli abitanti. Sotto i francesi, come la più cen- trale posizione fra i molti circostan- ti luoghi, Ficulle venne costituito capoluogo di cantone del distretto di Todi, nel dipartimento del Tra- simeno, e nel 18 17 capoluogo di governo. N' è patrono principale s. Eumenio vescovo, e protettore il cardinal Anton Francesco Orioli con- cesso da Gregorio XVI, che lo fe- ce pure di Dolsena.

Allerona. E pur detta Lerona, con territorio in colle, i cui fabbri- cati sono in parte cinti di mura.

Fabro. Il territorio è in piano e in colle, il cui paese in parte è cin- to di mura, con sufficienti fabbri- cati.

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Carnaìola. Giace in colle e in piano il leni torio, ha un palazzo con fabbricati non rimarchevoli.

Monte Gabbione. Nel 1377 fu preso a forza dal visconte di Lo- rena nipote di Gregorio XI, perchè il suppose dello stato di Chiusi ; il visconte l'acquistò, mentre prima era della famiglia Montemarte. E in monte e colle il territorio, con fabbricati cinti di mura.

Monte Giove. Il territorio è in colle, con mediocri fabbricati.

Monte Leone. Surse il paese ver- so il io52, e nel 1373 il visconte di Lorena lo prese a forza, suppo- nendolo appartenente al Chiusino, e nel 1 3y4- lo vendè alla famiglia Montemarte, alla quale lo riprese nel 1377. Ha territorio in colle e piano : il paese ha molti fabbricati, circondati di mura, e la collegiata de'ss. Pietro e Paolo apostoli.

Parrano. Giace il territorio in colle, con fabbricati contornali di mura.

Sul territorio dell' Orvietano si può consultare il Blavium, Thea- rum orbis. Quello della città di Or- vieto è vasto ed ubertoso di •vini preziosi, delicati e leggieri, celebrati col nome di vino d Orvieto j le sue colline sono vestite di ulivi e di altre utili piante, ed è tanta l'ab- bondanza de' suoi prodotti d'ogni genere, che ne somministra ezian- dio alle città e luoghi circonvicini ; abbonda altresì di canape, la ma- cerazione del quale nelle acque del Paglia rende allora spiacevole la dimora campestre. L'originalità della situazione d'Orvieto, le frutti- fere e ridenti colline che la circon- dano, ed i superbi puuti di vista che presenta dalle sue sommità, ac- crescono la sua importanza, e fu per diversi secoli favorito soggior*

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no di molti Papi. Inoltre, se Or- vieto non è la sola, è certamente tra le pochissime città d'Italia che tra tante fazioni di guelfi e ghi- bellini^ di bianchi e neri, che la- cerarono sino i figli di una stessa famiglia, siasi conservata sempre fe- delissima alla santa Sede, avendo essa l'onore di avere anco assicura- to le sacre persone de'sommi Pon- tefici ne' tempi i più critici e peri- colosi. Vaga è la piazza principale, ed ornata dal decoroso palazzo apo- stolico, già proprietà dei Bourbon del Monte, ed ora del prelato e canonico Cesare Pandolfì. Il palazzo pontificio fu costruito da Benedetto VII, e restaurato da diversi suoi successo- ri, come da Urbano IV: esso re- sta a conlatto dell'episcopio, ed ap- partiene alla fabbrica di s. Maria. L'antico palazzo de'governatori og- gi è del tribunale di prima istan- za e dell'assessorato , e vi sono le carceri. Alcuni nobili hanno palaz- zi rimarchevoli, massime il palazzo Gualterio pei grandiosi disegni che ne adornano le pareti interne, ac- quistati dal cardinal Filippo ; sono questi i superbi cartoni sui quali lo Zampieri detto il Domenichino, i Caiacci ed altri valentissimi della scuola bolognese posero i primi slan- ci del loro genio, per poi riprodurla adorni dell'incantesimo de'colori sul- le tele e sui muri. Nella cappella gentilizia dello stesso palazzo si am- mira un s. Michele arcangelo di- pinto in un pezzo di muro segato, e credesi opera di Luca Siguorelli, di finitezza tanto squisita eh' è fa- ma servisse di prova d'arte allor- quando si trattò allogargli il grau lavoro della cappella del duomo. Tra i buoni quadri di questa città, mirabile è quello della cappella del palazzo Pelrangeli, che si attribuì*

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sce a Pietro Perugino, e rapprese»' ta la Madonna coi ss. Savino, Giove- nale, Agostino e Girolamo. Magni- fico è il palazzo vescovile, adereute alla cattedrale. Vi sono nove con- venti di religiosi, quattro monaste- ri di monache, un conservatorio, un orfanotrofio, oltre diverse altre pie e benefiche istituzioni, diversi soda- lizi, l' ospedale, il seminario cogli alunni, ed il monte di pietà, il qua- le è il primo ch'ebbe l'approvazio- ne pontificia. Meraviglioso è poi il pozzo profondo a tutta l'arte no- tissimo, e fu detto con ragione che l' antichità non vide e non ebbe mai opera più utile di questa: è chiamalo volgarmente pozzo di s. Pattizio, denominazione tratta da quello situato in Irlanda, il quale, come dissi nel descriverlo a tale articolo, uou è un pozzo, ma una ampia e profonda caverna formata nell'isola del lago di Dearg, famo- so per antiche tradizioni non esen- ti da superstizione. Noteremo col Calindri, che al forte del gran Cai- ro vi è un pozzo sulla forma del- l'orvietano, più profondo e più grande. Allorché Clemente VII do- po il furioso sacco di R.oma nel i5^7 si rifugiò in Orvieto, consi- derando che per le rupi inaccessi- bili che circondano la città sareb- be stato sicuro qualora vi fossero stali fonti perenni, di cui mancava per la lontananza de'mouti che gli fanno corona, e che in mancanza di pioggie sarebbe stato costretto a cedere ad un lungo assedio e ca- dere in mano de' crudelissimi suoi nemici, deliberò di scavare e co- struire il pozzo tanto famoso per la fortezza, ccll'opera del celebre ar- chitetto Antonio da Sangallo, prov- vedendo così al difetto dell'acqua onde dissetare la popolazione in

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tempi d'assedio o di siccità. Il suc- cessore Paolo III lo fece quindi condurre a fine sotto la direzione di Simone Mosca, scultore e archi- tetto fiorentino che edificò il so- pratterra, ove si legge: Quod natu- ra munimento inviderai industria adjccit. Iscrizione che allude la dif- ficoltà dell' impresa, l'ingegno, l'ar- te e la magnificenza del lavoro. Le mura del sopratterra sono d'ope- ra laterizia, alte i5 palmi. Due por- te opposte diametralmente danno l' ingresso a due scale, una delle quali serve per discendere, l'altra per salire, e viceversa. Queste sca- le costruite con mirabile artificio una sopra l'altra, si ravvolgono spi- ralmente d'intorno al vuoto cilin- drico del pozzo, ch'è largo 60 pal- mi, dal qual vuoto e dall' ampia bocca superiore ricevono lume per 72 finestroni simmetricamente dis- posti dall'alto sino quasi al fondo, finche giunti al profondo e al li- vello delle acque, si forma la co- municazione d'una scala con l'altra per mezzo di due porte diametral- mente opposte come quelle del so- pratterra, e di un ponte che traver- sa e divide per metà l'area del pozzo. Da questo artificioso lavoro si trae il vantaggio di poter es- trarre l'acqua che sorge da una ve- na perenne nel fondo, caricandone un giumento, il quale può comoda- mente scendere e salire per le larghe cordonale, che sono 248, senza che vi sia pericolo che possa incontrar- si con alcun altro, poiché, come si è detto, l'una delle due è destinata a discendere, l'altra a salire. Que- sto pozzo è profondo 275 palmi a perpendicolo, e quel ch'é più mi- rabile si è, che essendo scavato nel tufo, verso il fondo è mancata ogni materia solida, ed è convenuto sup-

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|>lire con materiale di rnaltoui. Que- sto monumento è di figura sferica o sia rotonda; ne ragiona il Vasa- ri, e meglio di Monaldeschi lo de- scrisse il p. Donarmi, Numism. Poni. t. I, p. 19-2, ove ne riporta lo spac- cato e la pianta, colla parte este- riore, oltre la medaglia che ne fu coniata da Clemente VII, coli' epi- grafe: Ut bibat populus, e Mosè in atto di far uscire l'acqua dalla rupe. Altro meraviglioso e superbo splendidissimo monumento, per cui Orvieto merita di essere visitata da- gli intelligenti e amatori delle ar- ti, è la sontuosa e magnifica cat- tedrale, tanto famigerata sotto il nome di Duomo d'Orvieto. Questo ripete la sua esistenza dallo strepi- toso miracolo accaduto nel 1264 in Bolsena {Vedi), allorquando un sa- cerdote che celebrava il divin sa- grifizio, dubitando sulla virtù delle parole della consagrazione, a monu- mento della presenza reale, vide tra le sue mani l'Ostia (P'edi) che im- molava grondar vivo sangue, onde ne furono intrisi i sacri lini e il Corporale [Vedi), ed asperso l'al- tare. Furono tali lini fatti traspor- tare solennemente da Urbano IV in Orvieto ove risiedeva, onde la pietà degli orvietani e la loro ve- nerazione per cosi insigni reliquie non tardò ad erigere il nobilissimo tempio per custodirvi prezioso deposito. Il luogo prescelto a git- tarne le fondamenta, come il più opportuno ad accrescere e dare ri- salto alla maestà dell'edilìzio, ch'è il più nobile ed eminente della città, tu quello ove esisteva la chiesa di s. Costanzo appartenente ai canoni- ci, e l'altra di s. Maria Prisca spet- tante al vescovo e antica cattedra- le, per cui veune poi dedicato alla Beata forgine Assunta per rinuo-

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vai il culto che ad essa ivi pre- stava (pel quale gli orvietani come a loro principale avvocata volevano erigere un tempio che avesse fama tra i principali d'Italia), cangiando- si poi il nome antico in quello di s. Maria della Stella, per una stel- la che ha sul manto: però l'imma- gine che ora venerasi nel tempio dicesi ancora la Madonna di s. Bri' zio, così detta dal popolo ( perchè ad esso la. donò tal santo protetto- re di Orvieto), poiché veniva espo- sta con istraordiuaria magnificenza nel giorno anniversario della fon- dazione della nuova cattedrale, gior- no in cui ricorreva la festa di s. Brizio. Lorenzo Maitani sanese, ar- chitetto a que'tempi celebratissimo, die il disegno della fabbrica, la cui sollecita costruzione fu incoraggita dalle spontauee oblazioni de' fedeli, e dalle cure di Nicolò IV che dopo il riposo de'fondamenti di sua mano mise la prima pietra nel 12906 be- nedì l'opera nascente: molti celebri artisti coadiuvarono in diverse epoche le fatiche del Maitani, dichiarato so- printendente generale della fabbri- ca. Da più vie della città si perviene alla piazza ove s'innalza il superbo e- difìzio. Il Maitani ne piantò la faccia- ta, alta dal lastricato alla sommità 240 palmi e larga 180, in un punto così favorevole che i raggi del sole sul meriggio colpiscono di fianco i bassorilievi, i quali colla opposta om- bra mostrano in quel momento uno spettacolo sorprendente di prospet- tiva. Sopra un magnifico basamen- to di otto palmi d' altezza s'erge questa superba facciata, composta da tre frontespizi e da quattro obe- lischi che la fiancheggiano sópra un piano lastricato di marmo rosso lar- go 16 palmi, a cui si sale per set- te gradini alternativamente di mar-

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mo rosso e travertino. Sopra la delta base s' innalzano quattro pi- lastri o piedistalli, i quali reggono quattro svelti vaghissimi obelischi, gli estrerai de'quali sono alti 160 palmi sopra un diametro di 16 cir- ca, e i medii che terminano in doppia cuspide souo alti 180 pal- mi col diametro di i4- Tutti sono sormontati da statue appartenenti ad uuo scarpello più vecchio della scuola sanese. Ogni piedistallo, com- presa la base e cornice, non è me- no alto di 43 palmi e largo 16, e sono primieramente ammirabili i bassorilievi delle loro tavole, che esprimono molte e varie storie del- l'antico e nuovo Testamento, scol- pite da celebri artisti , in quat- tro o otto partimenti ovali o vani, primeggiando i bassorilievi rappre- sentanti il giudizio universale cou eccellenti gruppi e figure. I delti quattro piedistalli sono sovrastati da un simbolo in bronzo de'quat- tro evangelisti , e dividono le tre porte che danno ingresso al tem- pio su due gradini di marmo. La porta del mezzo è circondata da varie cornici, e da tre ordini di pic- cole colonne spirali intarsiate di mu- saici di vivaci colori, ed è pure adorna di moltissimi fogliami e mi- nuti lavori con trafori, tutti esegui- ti con esattezza e buon gusto; so- pra l'architrave è la statua di mar- mo della Beata Vergiue, colorita di bronzo onde porla in armonia col padiglione di tal metallo sotto cui posa, del quale sono pure gli an- geli che dai due lati la fiancheg- giano, stupendamente gettati. Le al- tre due porte laterali hanno ognu- na sul!' architrave la statua di un angelo in marmo, ed un finestro- ne terminante in arco acuto, che in vece di vetri q cristalli sono for-

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niti di alabastri diafani. Intorno al- le porte e fìnestroni girano varie cornici, con tre ordini di colonnet- te spirali ornale di sottili fogliami e musaici, con istatue di bronzo sui triangoli, tutti fiancheggiati da quadri di musaico^ e mirabili mu- saici riempiono i vani de' triangoli; rappresentando il campo del trian- golo di mezzo 1' Assunzione della Vergine, quello de' quadri laterali gli apostoli, s. Cirillo alessandrino e il profeta Amos. Il campo del triangolo posto tra il primo e il secondo obelisco, dal lato sinistro, offre il battesimo di Gesù, ed è notabile la figura che si scalza per tragittare il Giordano, che vuoisi di Cesare Nebbia da Orvieto ; gli altri musaici sono pure importanti. Sopra i triangoli evvi un maestoso loggiato a guisa di claustro, che si prolunga per i5o palmi, formato da bei trafori ed intagli, terminalo da ricco cornicione; quale loggiato è praticabile come i quattro obeli- schi, nell'interno de'quali una scala a chiocciola conduce sino alla cuspide di ognuno. Sopra il cornicione, gli intervalli de' quattro obelischi for- mano tre frontespizi adorni di mu- saici, due de'quali cioè i laterali (le punte de' loro triangoli termi- nano con una statua) con lo Sposalizio e Presentazione della Vergine. Mai- tani situò in quello di mezzo con mol- to criterio, un quadrato che serve a interrompere la contiuuazione dei triangoli che avrebbero prodotto monotonia : esso è forato nel cen- tro da un finestrone circolare ador- no di fogliami, musaici e colon- nette. Ne'quattro angoli sono in musaico i quattro principali dotto- ri della chiesa latina, lateralmente le statue de'dodici profeti, e supe- riormente quelle degli apostoli, pog-

ORV ORV 201 giando sul vasto cornicione il trian- sero, e che appellasi gotica : a par- golo maggiore che sostiene nella lare rettamente non si può dirne sua putita la croce. Il campo di gotica la forma, nel riflesso che il sa- questo triangolo, rinnovato col car- piente architetto scrupolosamente non tone di Lanfranco, presenta in mu- attenendosi alla maniera troppo esile saico la Coronazione della Vergine, e troppo svelta di quella, ma cor- opera veramente stupenda. Le par- reggendola in parte, costruì il tem- ti laterali della chiesa, come il prò- pio sulle traccie dell'architettura se- spetto, sono basate sopra un piano migotica o gotica moderna , che di sette gradini, e sono degne di non manca di delicatezza e d'una osservazione le due statue collocate franchezza di lavoro capace di sor- nella base laterale degli estremi ohe- prendere, e ch'era in voga ne'se- lischi, rappresentanti le sibille Libi- coli XIV e XV. È a croce latt- ea ed Eritrea di Fabiano Toti. Tot- na, lunga 400 palmi e 148 larga, to l'esterno del tempio, tranne il e vi si entra per le dette cinque prospetto eh' è di marmo bianco porte, dando le tre del prospetto carrarese, è composto a vicenda di esterno ingresso a tre navate. La pietre nere e di travertino. For- navata di mezzo, maggiore delle la- mano frontespizio i muri che ter- terali, è alta 1 84- palmi, ed è sos- minano le navale per largo e per tenuta da dieci grandi colonne del- lungo, con quelli delle due cappel- Y altezza di palmi 88 e della c'ir- le ornati di cornici e fogliami. Al- conferenza di 24, e da due pila- tré due porle laterali danno ingres- stroni cui vengono soprapposti do- so al tempio, ed in ispecie quella dici archi grandiosi di tutto sesto, dalla parte dell'episcopio è ricca formate a liste bianche e nere, co- d'intagli, ed ha l'architrave di bron- me è lutto l'interno del tempio, ed zo, ov'è in bassorilievo il Piedento- hanno capitelli scolpiti con qualche re tra gli apostoli. In questa stu- gusto e tutti di diverso disegno, penda facciata d'ordine di Pio VII Sopra i delti archi vi è praticata furono rinnovati i pregiati musaici j una loggia o galleria che gira per eguale ordine emanò Leone XII, e tutta la navata, ed è sostenuta da compi Gregorio XVI con altri re- mensole lavorate di ricco e vario stauri, ed è perciò che il delegato disegno. Dodici finestroni gotici nei Dnrio fece incidere dal valente cav. lati, e l'occhio che adorna il prò- Girometti una gran medaglia, la spetto, danno luce a questa navata, quale con isquisito lavoro e mira- Meritano attenzione le statue dei bile prospettiva effigiò la stupenda dodici apostoli che la decorano, es- mole della facciata^ coll'epigrafe: Gre- sendo le migliori s. Tommaso del- gorius XVI Fronlem Reparavìt, e l'orvietano Ippolito Scalza, il quale nell'esergo MDCCCXLIL Nel mez- vi scolpì la propria effigie, s. Gia- zo della corona di lauro ch'è nel corno Maggiore del Caccini, i ss. rovescio si legge : Aloisio Lambris- Giovanni e Filippo del Mochi, ed schinio Vir. Emiri. Patrono - Paulo il s. Matteo di Gio. Bologna. Ter- Dario Amisi. Praef. Vvbevet. mina questa navata e le laterali L'interno del duomo presenta un con un ripiano cui si accede per vasto edilìzio sulle norme dell'ar- due gradini, il quale ripiano forma chi lettura che i tedeschi introdus- la navata per largo che ha nelle

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due estremità le cappelle del ss. Corporale e della Madonna di s. Brizio. Quivi da quattro grandi pi- lastroni e contropilastri s'innalzano le volte a crociera, dipinte in az- zurro. Sul detto ripiano vicino alla statua di s. Paolo veilesi il pulpito, bell'opera disegnata dallo Scalza, di noce egregiamente intagliato e di forma ottangolare; sul cornicione po- sano le quattro statuette degli evan- gelisti, degne di tanto artefice. Per cinque gradini di marmo bianco terminati da una balaustrata simi- le, si ha l'accesso al gran presbite- rio dell'altezza di 1 54 palmi, ove ai lati dell'altare maggiore isolato ammiransi l'Angelo e l'Annunziata, statue scolpite dal Sfochi. Proceden- do oltre osservasi il coro bellissimo con lavori di tarsia di minuto e diligente lavoro, eseguito dopo il 1 33 x da artefici sanesi sotto la di- rezione di Giovanni Ammannati. lSrel mezzo di esso stava la sede episcopale, a' tempi nostri trasferita dalla parte del vangelo del gran presbiterio, ed in vece ivi fu eret- to dal vescovo cardinal Antamori un altare a'ss. Pietro e Paolo. Nel coro si vedono l'effigie di molti san- ti, fra' quali quelli venerati dal ca- pitolo, ed eremiti, figure e ornati sorprendenti per la finezza del la- voro. La volta della tribuna viene formata da una gran crociera a quarti acuti, divisa in quattro lu- nettoni, ma le pitture già assai sti- mabili, sono devastate dall' ingiuria del tempo : Ugolino di Prete Ilario orvietano dipinse i cordoni di essa e fiori, ed i muri a figure, col Pa- dre eterno circondato dalle gerar- chie angeliche., lo Spirito Santo in mezzo a cori d'angeli, Maria coro- nata da Gesù in gloria, e la sua Assunzione, ed i dodici profeti, gli

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apostoli, gli evangelisti : tutto il ri- manente della tribuna è diviso in 16 quadri coloriti a fresco sul mu- ro, rappresentanti per la più. parte i fatti più celebri del nuovo Testa- mento ; finalmente sopra il coro so- no 40 mezze figure di santi Ponte- fici e vescovi, ed altri che glorifi- carono la Madre di Dio colla loro dottrina, dipinti a fresco e a chiaro- scuro. Il gran fìnestrone è alto 60 palmi, ed è tutto composto di mi- nuti pezzi di vetro divisi in 44 quadretti , in cui lavorarono fra Morichetto da Viterbo coi migliori pittori in vetro. Scendendo dalla parte del trono vescovile, prima d'inoltrarsi alla cappella del ss. Cor- porale, vedesi a destra l'altare del- la Visitazione, il quale bellissimo come quello de' Magi che gli fa simmetria, perchè ambedue situati ne' muri che fanno facciata alle na- vi minori, tanto nella tavola che negli ornati è di marmo carra- rese; il suo vago disegno è del San- micheli che lo fece in competenza di Sangallo, con tavola più che di mezzo rilievo della Visitazione ed ornati, sculture singolari di Moschi- no figlio di Simone Mosca, aventi vicino la statua di Cristo alla co- lonna, del Mercanti. Sopra la cap- pella del ss. Corporale ammirasi l'organo che sembra appeso bizzar- ramente per aria, essendo il pro- spetto altissimo fino alla sommità della volta, bella opera di Scalza con figure e variati ornati di squi- sito gusto, essendo l' artefice dello strumento Bernardino Benvenuti : sotto di esso ed ai lati della porta della cappella, sono le statue del Salvatore di Raffaele da Montelu- pò, e la Vergine di Toti. La cap- pella del ss. Corporale, edificata in- sieme al duomo, ha pitture espri-

ORV menti -varie istorie del miracolo di Bolsena dell' orvietano Ugolino e di altri. Si ammirano i depositi del vescovo d' Orvieto Vanzio e di Sebastiano -Gualtiero prelato dottis- simo orvietano, non che le sta- tue dell'arcangelo s. Michele e del- l'angelo Custode, del Cornacchina Dietro l'altare del Sagramento per due gradinate si ascende al gran tabernacolo ornato di colonne e di fogliami dorati, in cui chiuso da quattro chiavi diverse si couserva il reliquiario del ss. Corporale, fat- to per le premure del vescovo Bel- tramo Monaldeschi, e lavorato nel 1 338 da Ugolino Veri sanese. 11 suo disegno quadrangolare, schiaccialo ai lati, somiglia in gran parte a quello della facciata del duomo, del peso di circa 4°o libbre. E di argento, tutto lavorato a smalto perfettissimo, con Statuette, obelischi, fiorami^ ornati a rabesco e sagre rappresentanze; è alto quasi 7 palmi, e nella base largo 5, con Io stemma de' Monal- deschi che in Orvieto e nelle circo- stanti provincie ebbero potenza stra- ordinaria, e di Sieua patria dell'ar- tista. Chiuso da due sportelli si ve- de per un cristallo il ss. Corpora- le, decorando gli sportelli scomparti- menti con pitture a smalto allusive al miracolo, alla sua festa, all' isti- tuzione dell'Eucaristia, ed a vari fatti del Redentore. E interessante ancora la figura della Madonua dei raccomandati, situata a destra della cappella, opera di Gentile da Fa- briano.

Uscendo dalla cappella a destra, si scende in una delle navate late- rali, ove sono cinque cappelle, e cinque finestroni per banda, i quali sin verso la metà sono forniti di alabastri diafani : ciascuna è ornala di colonne di vario ordine di coi -

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nicì, di riquadri e di putti, e Io Scalza fu autore di tal decorazio- ne ; Alessandro Scalza e Giorgio fiammingo ne eseguirono gli stucchi. Meritano particolare osservazione le pitture di dette cappelle, essendo nel muro sotto il primo finestrone la Lavanda, di Cesare Nebbia or- vietano. Nella prima Taddeo Zuc- cari dipinse il Cieco nato, con sin- golare maestria; al muro sotto il secondo finestrone la Maddalena è di Pomarancio. Questi nella secon- da cappella colorì Lazzaro risul- tato, e nella terza la Probatica pi- scina, e sotto il finestrone Gesù che scaccia i profanatori del tempio. Nella quarta cappella Zuccari espres- se il risorgimento del figlio della vedova di Naim, e sotto il prossi- mo finestrone 1' Adultera. Il qua- dro del quinto altare è del Poma- rancio, rappresentante le Nozze di Cana ; Gentile da Fabriano colorì la Madonna e s. Caterina sotto l'ultimo finestrone : i suddetti pit- tóri dipinsero i riquadri delle cap- pelle. Rimpetto alla Madonna è il fonte battesimale, opera cominciata da Pietro di Giovanni da Fribur- go, e perfezionata da Giovanni di Pietro Guidi fiorentino: è ottagono di marmo rosso d'un sol pezzo, ha 32 palmi di circouferenza , 4 di profondità, ed è sostenuto da otto leoni di marmo bianco. E lavoralo intorno a festoui e storie, con bas- sorilievo del battesimo di Gesù Cri- sto; sul coperchio è la statuetta di s. Gio. Battista. Incontro a questo fonte si trova la statua di s. Rocco di Toti, indi l'Assunta di Mazza» - ti e la Natività di Maria del Neb- bia. Accanto a quest'ultimo altare ammirasi la bella statua di s. Se- bastiano dello Scalza. Le pitture so- pra il finale prospetto di mezzo so-

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do del Ragazzini, cosi quelle del In quello di contro gli strumenti dei- prospetto finale delle altre navate la passione sono sorretti da angeli, minori. Seguitando il giro e pas- A destra vi è la Beata Vergine col sando alla navata destra, si animi- coro degli apostoli, e dirimpetto i rauo le pitture nel fine del muro profeti, i martiri e il coro delle di Nebbia, e quindi nella prima vergini, il quale dicesi di Pietro cappella vi fece le riquadrature; ivi Perugino: in questo lunettone vi si vede il quadro della presa di sono gli stemmi de'Monaldeschi, cioè Cristo nell'orto, opera interessante di Achille che nel 1494 lasciò un di Muziano, del quale è pure Cri- legato per le pitture e ornamenti sto innanzi Pilato sotto il secondo della cappella, e Francesco vescovo finestrone. Inoltre il Muziano di- d'Orvieto poi d'Ascoli, che la dotò pinse la Flagellazione nella seconda con testamento del 1462, e die cappella, nella terza la Coronazione mano alle pitture. Nel lunettone a di spine, e nella quarta Cristo al sinistra sono i quattro dottori coi Calvario. Sono di Nebbia, Cristo quattro fondatori degli ordini men- mostrato al popolo sotto il terzo dicanti. Quello de' profeti e il Cri- finestrone, Cristo spogliato dai giù- sto giudice sono dipinti dal b. An- dei sotto il quarto, e la Crocifissio- gelico da Fiesole, e dal suo disce- ne nella quinta cappella, oltre la polo Cozzoli e da altri scolari le Deposizione dalla croce sotto 1' ul- pitture vicine verso l'episcopio. Nel- tirao finestrone. Proseguendo il cani- la facciata al disotto di Cristo giu- nimo si vede incontro il vago al- dice,, diversi angeli suonano stru- tare della Presentazione de'Magi, con nienti e fanno festa alle anime de- fìgure più che di mezzo rilievo, ol- gli eletti che portano al paradiso. tre gli stupendi ornati, simile a quel- Dal lato sinistro altri angeli discac- lo della Visitazione, opera egregia ciano i reprobi condotti all' inferno del Mosca: a lato vi è la statua in varie e strane guise tormentati dell'acce Homo di Scalza. Volgen» dai demonii, di Luca Signorelli di dosi a destra si vedono le statue Cortona (che incominciò a dipin- di Adamo e di Eva, di Toti e di gere la cappella nel 1499), del qua- Montelupo. le sono pure le altre copiosissime Rimpelto alla cappella del ss. Cor- pitture di questa cappella. Dalla porale si entra in quella della Ma- parte de' reprobi si vede tra le fiam- donna di s. Brizio,ch'è alta 64 palmi me ima barca piena di gente spinta e larga 5o. Essa è destinata al culto da' demonii al supplizio, in modo dell'antica immagine di Maria Ver- terribile e spaventoso. Qui si spec- gine dipinta in tela in campo d'o- chiò Michelangelo prima di finire l'o, anteriore al secolo XII. Ai lati il suo Giudizio nella cappella Si- dell'altare sono s. Costanzo e s. Bri- stina al Vaticano. Ne' diversi vani zio, statue del Toti. Questa cappella sono s. Brizio, s. Costanzo, l'ange- da cima a terra è dipinta per lo Raffaele, l' Annunziata e s. Mi- tutti 1 muri, primeggiando il Giù- chele che libera le anime. Intorno dizio universale e risurrezione dei all'arco della porta si rappresenta- morli. Il campo de' lunettoni è d'o- no le guerre e le confusioni che ro: in quello sopra la Madonna è succederanno iu cielo e in terra nel dipinto il Redentore tra gli angeli, discioglicuento della natura, con me-

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ravigliosi gruppi di cadaveri. A si- nistra dell'ingresso l'Anticristo pre- dica a' suoi seguaci, in ricco por- tico del tempio di Salomone, ove si rivede l'Anticristo condannare a morte Enoc ed Elia, e in altra par- te i demonii che lo portano all'in- ferno. Nell'angolo il b. Angelico rac- conta i novissimi a Signorelli, e dai maravigliosi suoi gruppi di figure, Raffaello ed altri eccellenti pittori studiarono. Dirimpetto vi è espres- sa la risurrezione de' morti al suo- no delle trombe, con feconda e bella immaginazione e mirabili figure. Se- gue l'inferno, il più terribile de' sog- getti e il più studiato di Signorelli, con dannati e demonii intenti a tor- mentarli. Neil' ultima storia scorgesi dipinta la storia de' beati , con in alto un coro di vaghissimi angeli che suonano, magnificamente ve- stiti, e altri in varie giubilanti at- titudini. In alcuni ovati a chiaro- scuro Signorelli esegui bizzarre com- posizioni mitologiche, analoghe al- l' argomento : nella nicchia dietro alla Pietà di Scalza, dipinse questa coi ss. Faustino e Pietro Parenti o Parenzo, e questi ripetuti in due tondi. Nel primo scompartimento dell'altro muro che segue sonovi figure diverse, le Virtù, l'Annun- ziata, la risurrezione di Lazzaro, e s. Marta che incatena il drago, li- no de' principali ornamenti di que- sta magnifica cappella è il gruppo della Pietà dello Scalza, gloria del suolo orvietano che il produsse , nella quale scultura volle emular quella del suo maestro Michelan- gelo esistente nella basilica Vatica- na. In un masso solo di marmo carrarese cavò il valente artista questo gruppo di quattro statue,, un terzo più grande del naturale, e con siffatta maestria che si può anno-

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vera re fra i più bei monumenti dell'arte ch'esistono in Italia. Siede la Vergine addolorata sopra un masso col divin Figlio sulle ginoc- chia, con la Maddalena e Nicode- mo, il tutto lavorato con amore e squisita diligenza. Incontro a questo gruppo evvi la cappella della no- bile famiglia Gualtieri, edificata dal cardinal Filippo; il quadro dell'al- tare è di Muratori. A destra si ve- de il deposito del cardinale , e ap- presso la lapide di Lodovico Ansel- mo Guallerio arcidiacono della cat- tedrale, poi vescovo di Veroli, indi di Todi. A sinistra ammirasi il de- posito del cardinal Carlo, con al- tra lapide di Gianotto Guallerio arcivescovo di Fermo; finalmente questa sontuosa cappella è decorata del deposito del cardinal Nuzzi ve- scovo d' Orvieto.

In questo sacro tempio si con- servano molte insigni reliquie, cor- pi santi e il braccio destro di san Luca evangelista ; delle indulgen- ze principali concesse sino da' più rimoti tempi da' Papi , inclusiva- niente a quelle delle basiliche Va- ticana ed Ostiense, tratta il padre Valle pag. 78. Essi poi ne' loro brevi e bolle magnificarono la ce- lebrità e sontuosità del tempio, mas- sime Sisto IV e Benedetto XIV, e prima di loro Pio nel lib. 4 dei suoi Commentari. A' nostri giorni il Cicognara scrisse : » La cattedra- le di Orvieto può dirsi uno de' più preziosi monumenti non mai abba- stanza illustrato, tenuto in quella venerazione a cui ha, più di cento altri templi, luminoso diritto ". La rev. fabbrica o magistrato di citta- dini, detta dell'opera di s. Maria, è intenta co' suoi camerlenghi , de- putati e soprastanti alla sua conser- vazione e abbellimento, ed ha l'ara-

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m'mistrazione de' beni (fra' quali i feudi di Frodo e Sala ), dalla quale ne escluse i chierici Martino V nel i4«9 che ne approvò i nuovi sta- tuii, essendo gli antichi probabilmen- te compilati in fine del secolo XIII; dovendosi alla pietà e grandezza d'a- nimo di molti camerlenghi tanti bei monumenti che adornano il duomo, la cui serie nell'archivio della me- desima incomincia nel i32i, ben- ché in precedenza se ne conoscano altri : a loro concessero privilegi Martino V, Pio 11^ Leone X, Cle- mente VII, Benedetto XIV e Pio VI. Alla mia brevissima descrizione di questo sontuoso tempio, suppliscano i seguenti autori, i quali ci diedero pure notizie sui vescovi e sulla cit- tà. Giacinto Ravicini : riistoria del ss. Corporale di Orvieto, e come fu ritrovata V Ostia nel tabernacolo, Foli- gno 1696. Giulio Cesare Bottafan- go : Poema sul Corporale di Orvieto, Roma 1626. Hyacintus Horandus: Architectura musarum in templi Ur- bevelani descriplione, ivi i632. Me- morie istoriche d'Orvieto e dell'in- signe basilica di s. Maria della Stella, fondata, edificata e dotata dal comune e popolo della mede- sima città, Roma 17 58. Notizie isto- riche dell'antica e presente magni- fica cattedrale d' Orvieto , Roma 1781. Guglielmo Valle conventuale: Storia del duomo di Orvieto dedi- cala a Pio VI, Roma 17 91. De- scrizione del duomo d' Orvieto e del pozzo volgarmente detto di s. Pa- trizio, per servire di guida al viag- giatore: seconda edizione riveduta e corretta, Orvieto i836, presso Speiandio Pompei.

lu Orvieto sonovi altre nove chie- se parrocchiali senza il fonte batte- simale, e la collegiata de' ss. An- drea e Bartolomeo apostoli; diversi

ORV importanti archivi, ed i! p. Valle tratta de' pregi e de' codici degli archivi della città, dell'episcopio, del capitolo, della fabbrica, di s. Fran- cesco de'conventuali, di s. Domenico de'domenicani,di s. Gio. Evangelista de' canonici regolari e de' cronisti orvietani. Orvieto ebbe la sua zec- ca, e di Annibale Olivieri nel 1782 fu stampata in Bologna: Illustra- zione di un sigillo della zecca di Orvieto. Il primo stabilimento dei consoli in Orvieto si fissa dal Si- gonio nel 976; ma il Muratori ne dubita , tenendo egli che ciò non avvenisse prima del secolo XII. Lo stabilimento del rettore e podestà del comune d'Orvieto è certamente del secolo XI, ed è probabile che con esso reggessero la repubblica i consoli. Questo rettore per lo più era nominato e spedito dal Papa, ed il b. Pietro Parenti o Pareuzo romano fu eletto da Innocenzo III in fine del secolo XII. Monaldeschi scrive all'anno 1200, che aboliti i consoli, fu creato un podestà e un capitano , e da prima occuparono questi impieghi Puccardo vescovo d'Orvieto e Gualfredo vescovo di Chiusi. Vi sono monumenti donde rilevasi una certa dipendenza de'con- soli anche dal vescovo; il consolato dicesi sospeso in Orvieto verso la fine del secolo XIII. La durata dei consoli era di un anno, almeno nel secolo XII, ed anche i piccoli luoghi avevauo allora i loro consoli; in quell'epoca tale era la potenza d'Or- vieto, che ad esso spontaneamente si assoggettavano i paesi anche in qualche distanza. Nel 1260 fu po- destà di Orvieto S.Bonaventura, che accrebbe colla sua dimora nel con- vento di s. Francesco il numero de- gli uomini illustri che lo nobilita- rono, ed ove si vede ancora una

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cisterna fattavi da lui, e che som- ministra l'acqua migliore agli orvie- tani. Furono anche capitani del po- polo prima di essere Papi, Bonifa- cio Vili e Benedetto XI, come nel 1 334 lo fu d. Giovanni primoge- nito del re di Francia, poi re Gio- vanni II. Al gonfaloniere nel 1725 Giacomo III re della Gran Breta- gna conferì il titolo di cavaliere di s. Giorgio. II magistrato civico avea signoria pel dominio che sino al secolo passato esercitò per tutto il territorio di Orvieto, destinando in ciascuna terra e castello di esso i giudici, godendo altresì il possesso di più feudi, cioè due terre rispet- tabili e molti castelli, ne' quali eser- citava assoluta padronanza, eziandio col fus sanguinisy approvandone le sentenze la congregazione di con- sulta.

Fu costume degli orvietani di dare la cittadinanza a tutti i fora- stieri di abilità , quindi Lorenzo Maitani ed altri valorosi artisti sta- bilironsi in Orvieto colle loro fa- miglie, onde il gusto per le belle arti e il loro genio si propagò tra gli abitanti, alcuni de' quali eccitati dall'emulazione e dalla contempla- zione di tante opere stupende, di- vennero anch'essi maestri degni di lode e di ricordanza. Le famiglie patrizie sono di nobiltà generosissi- ma , e vantano molte decorazioni equestri, e uomini illustri che fio- rirono in pietà, dignità ecclesiasti- che, nelle magistrature, nelle armi, in dottrina e in altri pregi, ne' quali pure fiorirono molti cittadini. Il Marchesi nella Galleria dell' onore, par. 2, oltre di Orvieto tratta di parecchie famiglie nobili, massime della Monaldeschi, Simoncelli, Lat- tanzi, Saracinelli, Dolci conti di Cor- bara, Magalotti, Vitozzi conti di Ba-

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sco, Marabottini, Bulgarelli conti di Marsciano signori di Carnaiola, Gual- tieri, Alberici, Febei, ec. Su diverse di dette famiglie sono a vedersi que- ste opere. Castelmaggio, Schema ge- nealogicum stirpis Febeae Urbeve- lanae, Verona 1724. Cecca rei li, au- tore da non fidarsi : Dell' historia di casa Monaldesca libri V , nella anale si ha notizie di molte altre cose accadute in Toscana e in Ita- lia, Ascoli i58o. Durante, lst. del- la famiglia Trinci 3 ove si tratta dell'origine de'Monaldeschi. Ughelli, Albero e storia della famiglia dei conti di Marciano, Roma 1667. Che la famiglia Farnese donde uscì Paolo III fu antichissima d'Orvie- to, e noverata tra i domiceli i, lo attestano più storici, fra* quali San- sovino, Delle famiglie illustri; e Sa- lazar, Indice della casa Farnese. Si crede da alcuni che i Medici che regnarono in Toscana provenissero o avessero dimorato in questa città. In Orvieto fiorirono i beati Regi- naldo domenicano, Tommaso servi- ta, ed il ven. Pier Domenico chie- rico della cattedrale, poi de' minori riformati ; e le beate Giovanna o Vanna vergine del terzJ ordine di s. Domenico, e Angelica fondatrice del- le monache claustrali del terz' or- dine di s. Francesco. Orvietani fu- rono molti prelati e vescovi, ed i seguenti cardinali, le cui notizie ri- portiamo alle loro biografie. 1 198 Raniero. 1298 Teodorico Ranieri. i553 Girolamo Simoncelli. 1 654 Carlo Gualtieri. i6g5 Domenico Tarugi. 1 706 Filippo Antonio Gual- tieri. 1 83 r Francesco Maria Pan- dolfì, Alberici, pubblicato nel i832 da Gregorio XVI. Qui suppliremo ad un' ommissione delle biografie. Lodovico Gualtiero de' Gualtieri nacque in Orvieto da nobile fami-

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glia a' 12 ottobre 1706, e studiò in Roma nel collegio demeritino, che ne conserva ancora il ritratto. Da Clemente XII nel ijSq fu spe- dito inquisitore a Malta, indi Be- nedetto XIV a' 16 dicembre 1753 lo fece arcivescovo di Mira e nun- zio di Napoli, trasferendolo nel 1754 pe' suoi distinti meriti alla nunzia- tura di Parigi. Clemente XIII a'24 settembre 1759 lo creò cardinale dell'ordine de' preti, e gli rimise in Viterbo la berretta cardinalizia pel suo camerière segreto e coppiere Giuseppe Maria Con tessi ni veneto , come riporta il n.° 6639 del Dia- rio di Roma, indi gli conferì per titolo la chiesa di s. Giovanni a Porla Latina, e l'annoverò alle con- gregazioni de' vescovi e regolari, di propaganda, d'Avignone e delle ac- que, promovendolo a legato di Ro- magna. Morì d'anni cinquantacinque a'24 venendo i 25 luglio 1761 nella villa Taverna di Frascati, e trasferito in Roma fu esposto pei funerali in s. Andrea della Valle, poscia sepolto nella sua titolare. Fu lodato per rari pregi e dottrina. Vedasi l'opuscolo: Ritraili poetici con note biografiche di alcuni uo- mini illustri d'Orvieto, ivi 1 84 * pel Pompei. Essi sono trenta, cioè dei cardinali Ranieri, Simoncelli, Carlo e Filippo Gualterio, e Viviano Tom- masi arcidiacono della cattedrale, che il Cardella e Novaes (i quali seguendosi da noi, nulla dicemmo di Guido Bisenzio orvietano, che il p. Valle dice creato cardinale da Onorio III ) lo dicono sanese e ori- ginario d'Ancona; de' pittori Ugoli- no di Prete Ilario e Cesare Neb- bia, e d'Ippolito Scalza scultore, ar- chitetto e disegnatore ; dei letterati Pier Leone e Monaldo Monaldeschi della Cervara, Ugolino Malabranca

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patriarca di Costantinopoli , Seba- stiano e Trivulzio Gualterio , Gio. Battista Bisenzi servita , Cipriano Manente, Pier Francesco Farnese, cav. Giulio Cesare Bottafango, Giu- lio e Carlo Cartari, il primo sena- tore di Roma, l'altro decano degli avvocati concistoriali, Baldoino del Monte Simoncelli, Pier Leone Al- berici, Calisto de* conti Lodigeri ve- scovo di Monte Pulciano , Acazio Antonio de' conti Saracinelli , Giu- seppe Palazzi Orienti, Camillo Pi- ciarelli e Luigi Bellafronte di Alle- rona ; e le donne Virginia Gemma de' Zuccheri, Virginia Rossi Albe- rici, ed Anna Giuditta Febei, della qual famiglia fu il prelato Febei maestro delle cerimonie pontificie e commendatore di s. Spirilo. Questa carica ora l'esercita l'orvietano mon- signor Enrico Orfei, il cui fratello conte Bonaventura è avvocato con- cistoriale. Tra gli altri i prelati orvie- tani viventi qui nomineremo i monsi- gnori Biagio Bucciosauti delegato di Civitavecchia, e Francesco Piccolo- mini canonico vaticano, cameriere segreto e coppiere fatto da Gregorio XVI e confermato dal Papa che regna. Dicesi che in questa città certo Lupi orvietano inventò la com- posizione medicinale chiamata or- vietano, famoso antidoto o contrav- veleno.

Orvieto sorge sopra un'alta rupe vulcanica di tufo, di forma quasi sferica e ovata, e d'intorno scoscesa per notabile distanza dai monti, che le fauno due ale , e che lasciando al fiume Paglia (che già unito nel- le vicinanze al Odane, dopo breve corso vanno a scaricare le loro ac- que nel Tevere ) per una stretta vallea dal lato settentrionale libero il corso, porse in ogni tempo a' suoi abitatori, massimamente prima delle

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bombe sterminatrici, un sicuro asilo da' nemici insulti. Questa città an- tica e forte, cinta di muri che la stessa natura costrusse, e contenuta in un ambito bastantemente ampio, si fa a prima vista distinguere per l'originalità di sua posizione in aria temperata. L'origine è involta nel- l'oscurità de' secoli, e sarebbe ricca di moltissimi monumenti, se fossero state custodite e conservate le tante lapidi , che di quando in quando sono state ritrovate in caratteri e- truschi fuori delle mura e del re- cinto tufaceo ne' sepolcri de' gentili. La sufficienza de' generi di prima necessità invitò probabilmente a po- polare il suo territorio fino da' pri- mi tempi alcune di quelle colonie alle quali o il desiderio di conqui- sta o la soverchia moltitudine per- suase l'emigrazione del suolo nati- vo. Città etnisca molto antica do- vette essere uelle vicinanze^ giacché niun luogo ha dato iscrizioni di dettatura e caratteri più antichi, e varie urne di forme antichissime. Da alcuni geografi e da molti isto- rici è tenuto Orvieto per quell'an- tico Erbano o Herb animi di cui parla Plinio. Oropìtum con altri la chiamò Antonino, Urbisventum Pro- copio, Urbs i'etus major s. Gre- gorio I, Orbitimi il re Desiderio , Urbs Velus Paolo Diacono, donde corrottamente si disse Orvieto. Ivi presso furono i volsci e i volsinii popoli molto potenti, e Cossa ch'e- ra una delle celebri città d'Etruria. Altri dicono che fu la principal se- de de' popoli sai pina ti collegati coi vulsiniesi nella guerra contro i ro- mani, descritta da Tito Livio, nella quale rotti i vulsiniesi al primo scon- tro, i salpinati poterono evitare la pugna, e moenibus armati se tuta- bandir t caratteristica che ad Or vie

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to mirabilmente si adatta. Non si deve tacere che altri la credono o- pera de' pelasgi o degli etruschi, ed altri ch'ebbe il nome di Urbs velus, perchè da' romani destinato per luogo di riposo de'soldati benemeriti e ve- terani. Sembra certo che sia stata abitala da antica e nobile popola- zione, la quale dovè piegare anch'es- sa il collo al giogo de' romani con- quistatori, che poi costumarono re- carvisi a diporto, dichiarandola cit- tà nel 5go di Roma, opinando Li- vio che la costruissero i lidii, e Ca- tone i vei umbri. Nella declinazio- ne dell' impero romano fu nel 4°9 sottomessa da Alarico re de' goti, e più tardi occupata nel 476 da O- doacre re degli eruli ; quindi di nuovo posta solto il dominio goti- co di Teodorico. Dopo la morte di Amalasunta, l'imperatore Giustinia- no I volendo riconquistar l' Italia , inviò contro i goti Belisario che nel 536 prese Roma : il re Vitige lasciò in Orvieto una forte guarni- gione di goti , allorché le truppe greche lo inseguivano ; ma Belisa- rio dopo V espugnazione d' Urbino, cintala di regolare assedio, venne a capo di scacciameli, onde sottomise come per lo innanzi Orvieto all'im- pero romano, che avea sede in Co- stantinopoli. Alcuni dicono che con Belisario e di Grecia venne in Or- vieto l'illustre famiglia Monaldeschi, altri da Francia quando vi venne Carlo Magno, dopo l'espulsione dei longobardi da Roderico Monaldo che proveniva da' duchi d'Augiò: questa città può andar superba di averla accolta entro le proprie mu- ra, poiché per essa crebbe in po- tenza di stato quando si resse a li- bertà, e l'ebbe a signora; per la medesima estese relazioni con altre città, le quali contrassero rapporti

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tli sangue e di stato colla genie Monaldesoa , e per essa infine oc- cupò un posto distinto nella gloria delle armi e delle lettere. Emula della casa de' Filippeschi, parimenti d'Orvieto, sostenne con essa guerra civile lunga ed atroce. Nel volgere degli anni la stirpe de' Monaldeschi si divise in quattro, e si appella- rono della Cervara, del Cane, della Vipera, dell'Aquila, dagli animali che scelsero nel 1 337 a distinzione dello stemma comune. Furono i Mo- naldeschi gran parte della fazione guelfa e ghibellina, e in patria die- dero nome alla fazione de' Beffati e Melcorini, poi Muffati e Malcoiini. Calato in Italia Alboino re dei longobardi, di questi fu preda Or- vieto verso il 568, onde Paolo Diacono l'annoverò tra le città to- scane desolate da questi invasori. Minacciando Desiderio re de' lon- gobardi Papa Adriano I, esso ri- corse a Carlo Magno che nel 773 imprigionò Desiderio, e terminò il reguo de'longobardi in Italia; indi Carlo Magno donò Orvieto alla romana chiesa, lo che confermò con diploma Lodovico I Pio suo figlio. Così la città e suo territorio passò nel dominio temporale dei Papi, riacquistò la sua libertà, e sebbene ad esempio delle altre cit- tà d'Italia si resse poi con forme repubblicane, si attenne alla fazio- ne guelfa seguace del Pontefice, guerreggiando sovente con gloria e coll'acquisto di segnalati trofei con- tro i popoli confinanti. Rimetten- doci agli storici che citeremo in fi- ne, per gli avvenimenti di Orvie- to e suo stato, ci limiteremo a indicare i principali. Per la fre- quente residenza che vi fecero i Pa- pi colla corte e curia romana, la città sali in grande onoranza e ric-

ORV chezza, popolata di dignitari e let- terati, e frequentata dai sovrani, diti principi e dai più celebri per- sonaggi. Il primo Pontefice, di cui abbiamo memoria essere stalo con la corte in Orvieto, fu Giovanni X nel 916, fuggendo dal furore dei saraceni: vi si fermò più mesi, e vi fece fabbricare la chiesa di s. Gio. Evnngelista, che fu prima de'bene- dellini, poi de'canonici regolari che nel i499 erano entrati nella chie- sa della Madonna del Fonte fuori d'Orvieto. L'imperatore Ottone I nel 962 fu coronato imperatore da Giovanni XII, e nel diploma con cui confermò gli stati della santa Sede, vi comprese Orvieto. Scrive il Mar- chesi, che dopo questo tempo gli orvietani vissero colle proprie leg- gi, governo che durò 23o anni, essendo abitata da copioso popolo che molto diminuì nel furore delle civili discordie. Nel 977 si portò in Orvieto Benedetto VII, e vi si trattenne molto tempo: fece fab- bricare sulla piazza della cattedra- le il palazzo del Soliano detto a- postolico, per sua residenza e dei successori, che ancora esistendo mo- stra quasi intatta la pesante ma- gnificenza del secolo X; inoltre fe- ce mettere a musaico il pavimento della chiesa di s. Andrea. Riferisce il Manente, che nel 985 quasi tut- ta la corte romana si ritirò in Orvieto per liberarsi dal furore dei greci. Papa Silvestro II intorno al 1000 si rifugiò in Orvieto col fio- re della nobiltà di Puglia e di Calabria, per la guerra de'greci che infestavano l' Itaiìa. A questo Pontefice, secondo il Bernardini, si deve l'ordinazione del governo di Orvieto a norma delle leggi ro- mane, sconvolte dai longobardi. Giovanni XVIII detto XIX fu in

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Orvieto nel ioo3, al quale Ma- nente attribuisce la fabbrica della mentovala chiesa di s. Giovanni: al dire di esso, nel recarvisi Bene- detto Vili nel ioi3, vi stabili lo studio generale, che l'imperatore s. Enrico II nobilitò con vari pri- vilegi. Benedetto IX nel io34 fug- gendo da Roma vi stette quattro anni; edificò le chiese di s. Maria dell'Episcopio e della ss. Trinità pei benedettini. Nel io83 vi si recò s. Gregorio VII che fabbricò il monastero di s. Gregorio , e nel 1092 Urbano II, e fece l'acquedotto di cui si vedono le vestigie presso i cappuccini. Manente aggiunge che per timore dell' imperatore Enrico IV, si rifugiarono in Orvieto coi loro tesori molte famiglie del Pa- trimonio e tutta la corte romana con parecchi signori forasti eri. Vi si recò pure nel 1 102 Pasquale li, ed accrebbe le stanze del vescovato. Nel 11 54 o 11 56 recandosi in questa città Adriano IV colla cu- ria, adornolla di edilizi e le die per insegna le chiavi come fedele alla sede apostolica. Allorché nel 1160 vi si portò Alessandro III, concesse vari privilegi alla città, e pel suo costante attaccamento ai Papi, le affidò la guardia di tut- ta la provincia del Patrimonio, come attesta il Bernardini. Inaspri- tesi nel 1 184 le fazioni de' guelfi, e ghibellini, questi come partigiani imperiali negarono obbedienza agli ecclesiastici che governavano la cit- tà, onde i guelfi col soccorso di Bolsena , Bagnorea ed altri vici- ni espulsero tutti i ribelli colle lo- ro famiglie. I fuorusciti ricorsero all'imperatore Federico I, che ri- cordandosi avere gli orvietani favo- rito Alessandro III, ordinò a Enrico VI suo figlio, anche in odio del Pa-

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pa successore Lucio III, di rimet- terli colla forza in Orvieto. La cit- tà si fortificò da ogni banda, ed accorsero in aiuto Bagnorea, Bolse- na, i soldati pontificii , i romani benché in discordia con Lucio III, i perugini, i fiorentini, i lucchesi, gli eugubini, gli spoletini, gli um- bri, i marchegiani e gli asisani. Enrico VI con validissimo esercito, co' fuorusciti orvietani , cornetani e di altre città, s'impadronì di Montepulciano, Chiusi, Acquapen- dente, Bolsena, Bagnorea ed altri luoghi, e saccheggiate tutte, assediò Orvieto per tre anni. Vedendo che i cittadini resistevano disperata- mente, lasciò l'impresa senza con- clusione, e l'Adami nella Stona di Volseno aggiunge, con patto di re- stituire i beni ai banditi, e di po- tere abitare in Acquapendente, Boi- sena e Bagnorea. Celestino III nel 1193 vi si fermò con tutta la cor- te un anno, e riordinò lo studio generale. Intanto in Orvieto, soste- nuti dai principali cittadini, si pro- pagarono i manichei ed altri ere- tici, ad onta delle condanne, del l' interdetto e rigore d' Innocenzo III, per cui gli abitanti invocarono un pretore o rettore o podestà o governatore, e gli fu spedito Pie tro di Parenzo, ma nel 1199 vi sostenne il martirio, al modo det- to nel voi. XXXV, p. 273 del Di- zionario. Fu sepolto nella chiesa maggiore di s. Mariaj e subito Dio per glorificarlo operò strepitosi mi- racoli a quelli che ricorsero al suo patrocinio, pubblicati da Stefano Cartari ne\Y Istoria antica latina, e sua traduzione in lingua ilalia' na del martirio di s. Pietro di Parenzo , Orvieto pel Giaunolti 1662. Inoltre Innocenzo III per comporre le discordie che mise-

212 ORV ORV raraente laceravano la città, di- dro IV nel 12.55 e ristorò il pa- visa nelle fazioni de' guelfi e giù- lazzo pontifìcio; indi creò senatore bellini, de' quali erano antesignani di Roma Cuonconte Monaldeschi, i maggioraschi delle due primarie e fatto arcivescovo fra Costantino famiglie Monaldi e Filippi, vi spe- Medici di Risenzo, mundollo nunzio legato il cardinal Gregorio, che in Grecia: nel 1260 vi ritornò, riuscì ripone in concordia i cit- attesa la famosa rotta che i guelfi tadini. 11 Marchesi dice che nel ebbero a Monte Aperto sul sanese. 121 1 pullularono gli odii privati Manente scrive che Alessandro IV tra gli abitanti per l'elezione del non approvava che si venisse a pretore, e con essi insorsero le quella battaglia decisiva; ma i fio- guerre intestine che fecero divenire rentini imbaldanziti per le polenti Orvieto teatro di luttuose tragedie, loro aderenze la vollero per forza. Nel declinar di aprile e principio Urbano IV essendo in Viterbo, non di maggio 121 5 o 12 16, Innocen- fidandosi de' romani, e temendo zo III con copioso accompagna- de' saraceni chiamati da Manfredi mento vi si portò, confermò alla occupatore della Sicilia e di Napoli, città la sua giurisdizione sopra Soa- nel 1262 si ritirò in Orvieto, ri- na e Chiusi, e dalla loggia del pa- storò il palazzo apostolico e molte lazzo Soliano pubblicò la bolla del- chiese dentro e fuori della città, la crociata, e die solennemente al invitando Carlo I d'Angiò a scac- popolo la benedizione. Onorio III ciar Manfredi ghibellino. Intanto gli nel 12 17 o 1220 fu in Orvieto, orvietani occuparono la signoria di ove coronò re di Gerusalemme Rolsena e delle circostanti castella, Pietro conte d'Artois, al dire del ma per l'aspro governo Rolsena p. Valle, nella chiesa di s. Andrea, scosse il giogo e si pose in libertà, per cui il principe fece edificare Orvieto ne fu dolente, e radunato l'annesso campanile, e dipingere numeroso esercito ne ordinò l'as- tutta la chiesa di storie del vecchio sedio, ed a fronte della brava re- e nuovo Testamento; nella città il sistenza, con macchine fabbricate a Papa fu visitato da s. Domenico, Sugano gli orvietani l'espugnarono e nel 1221 vi si recò Giovanni re diroccandone le mura, saccheggian- di Gerusalemme con la regina sua dola, e portando in patria il fiore consorte , e vi si trattennero più de'cittadini. Dimorando Urbano IV mesi. E tradizione che nel 1222 in Orvieto, nel 1264 accadde il s. Francesco fondasse il convento narrato miracolo di Rolsena, che de' suoi frati in Orvieto, ove poi lo mosse a istituire la festa solen- morirono santamente due suoi di- ne del Corpus Domini, facendone scepoli. comporre l'uffizio a s. Tommaso Gregorio IX nel 1227 passò in d'Aquino allora professore di filoso- Orvieto con gran corte, vi creò fia in Orvieto. Ma gli orvietani vo- molti cavalieri, confermò lo studio lendo riteuere il castello di Risenzo generale, e dopo esservisi trattenu- già tolto alla santa Sede , Urba- to qualche tempo, ritornò in Roma no IV di ciò mal soddisfatto, dopo accompagnato dal re e dalla regiua avervi spedito molte bolle, e se- di Gerusalemme. Egualmente con condo alcuni celebrato un concilio tutta la corte vi si recò Alessan- nel palazzo apostolico, ne partì per

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Todi e Perugia, ove morì a' 2 ot tobre. Ivi fu eletto a' 5 febbraio 1265 Clemente IV, il quale si re- cò in Orvieto con il seguito di molti signori, indi nel 1266 con- sagrò la chiesa di s. Francesco, e in qualità di senatore di Roma spedì Cittadino Monaldeschi a Vi- terbo per calmar le turbolenze in- sorte, mentre era podestà d'Orvie- to Guiscardo Ugolino di Provenza, nipote di Carlo 1 d'Angiò, dal Pa- pa investito delle due Sicilie. Nel 1272 sul principio di luglio andò in Orvieto Gregorio X, ove operò quel- le cose che riportai nel voi. XXXII, p. 271 del Dizionario, e nel di- cembre vi creò cinque cardinali , tra' quali s. Bonaventura e quei che poi divennero Innocenzo V, Gregorio XI e Giovanni XXI: rac- conta il p. Valle che mentre eravi Edoardo 1 re d'Inghilterra, questi lece da Viterbo trasportare in Or- vieto e seppellire con gran solen- nità in s. Francesco, Enrico o Ric- cardo conte di Cornovaglia, eletto re de' romani e figlio del re Ric- cardo I; e che ritornandovi Gregorio X con Carlo I, accordò alcuni pri- vilegi ad Orvieto. Vuoisi che an- che il Papa Nicolò III abbia ono- rato di sua presenza questa città. Eletto Martino IV in Viterbo a' 22 o 23 marzo 1281 si fece co- ronare in Orvieto e nel sabba to santo a' 12 aprile vi creò sette car- dinali, uno de' quali fu poi Boni- facio Vili, e fu raggiunto da Car- lo I re di Sicilia, con gran corteg- gio di baroni, dimorandovi dieci mesi. Ivi Martiuo IV vi scomuni- cò a' 6 febbraio 1288 Carlo I e Pietro III re d'Aragona, perchè e- ransi sfidati a duello. Nel 1285 il Papa fu costretto uscire dalla cit- tà, por l'insolenza del governatole

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Ranieri, e passato a Perugia vi mo- rì a' 25 marzo. Finché egli vi di- morò tenne in freno i ghibellini, e benché i capi de' guelfi ne volesse- ro la distruzione, ninno soffrì vio- lenze; ma nel 1287 prevalendo i ghibellini, arsero più di ido case, e uccisero molti guelfi. In tale an- no passò in Orvieto Onorio IV e fece fare il ponte nuovo di Riochia- rOj e due anni dopo vi fu Carlo Il re di Napoli con nobile brigata. Nicolò IV vi fu più volte; una cronaca dice ch'entrò per Porta Posteria agli 11 giugno 1290, e vi restò sedici mesi e sei giorni. Narra l'Adami che dispiacendo a Bonifacio Vili la condizione di Bolsena, dismembrata dai domimi della Chiesa, mandò per legato a Orvieto il cardinale Napoleone Or- sini, acciocché dagli orvietani si rendessero alla santa Sede le ter- re e le castella di Valddago di Bolsena. Ricusarono di farlo, onde furono da lui scomunicati. La cit- tà si ridusse in gravi angustie per- chè il cardinale, lasciati alla custodia del ss. Sagramento io s. Audrea quattro sacerdoti, condusse a Roma tutto il resto del clero secolare e regolare. Allora gli orvietani in- viarono ambasciatori a Bonifacio Vili, che conosciute le ragioni che aveano sul dominio di quelle terre glie ne confermò il possesso e as- solse dalle censure. Indi vi passò nel 1297, e vi rimase con tutta la corte sei mesi continui, canonizzan- do nella chiesa di s. Francesco a- gli 1 1 agosto s. Luigi IX re di Francia. Essendo l'edifizio del nuo- vo duomo a sufficiente altezza condotto, sopra un altare portatile nel dell'Assunta solennemente vi celebrò i primi pontificali (altri di- cono nel 1298, e lo credono gioì-

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no della consagrazione), lasciandovi i paramenti sagri, e sollecitando il compimento della fabbrica, pel qua- le effetto donò del suo iooo fiori- ni d'oro. Dopo questo pontificato incominciò la decadenza di Orvie- to, per avere Clemente V nel i3o5 fissata la residenza in Francia e in Avignone. Fu grande la fi- ducia di Clemente V e successori avignonesi della fedeltà degli orvie- tani, anche nelle più critiche circo- stanze, che deputarono i loro ve- scovi a farne le veci in Roma e per l' Italia ; la qual cosa sebbene onorifica, non compensò le ricchez- ze e l'abbondanza, che l'affluenza continua di tanti forestieri illustri alla corte de'Papi, e le molte no- bilissime famiglie stabilitesi in Or- vieto pel corso di secoli intieri, ver- savano prima a piene mani per le sue contrade : anzi allontanato il principal motivo di tanto concorso, ch'era la corte pontificia, si di- spersero per le loro castella d'Ita- lia per assicurare meglio le perso- ne e per ingrandire la loro signo- ria. E sebbene al restituirsi nel 1 377 in Roma la papale residenza, i Pontefici ritornassero talvolta in Orvieto, questa non risentì gli an- tichi vantaggi, perchè il soggiorno colla corte fu di poche settimane o di solo passaggio.

Nel 1 334 fu dal popolo, bramo- so di pace e stanco delle funeste contese delle fazioni, acclamato per principe Ermauo de'Monaldeschi , il quale signoreggiò anche Chiusi, s. Fiora, Acquapendente, la Valle di Betona , Bagnorea e molti altri luoghi : visse nel dominio tre anni, e colla sua morte spirò ancora la pubblica quiete, e nuovamente ec- citati gli animi dalle fazioni, tor- narono ai primi conflitti e vendet-

ORV te. Riuscì però nel i346 a Corra- do e Monaldo d'essere rimessi nelle paterne giurisdizioni, benché non potessero goderle sino al i35i in cui Giovanni Prefetto di Vico, per la sua prepotenza usurpò il coman- do. Nello stesso tempo Benedetto figlio di Belmonte Monaldeschi, col- legato con Visconti arcivescovo di Milano, concepì il reo disegno di assoggettar la patria a duro ser- vaggio, e vi riuscì con armati sa- telliti, che coll'uccisione eseguita in sua presenza de'due virtuosi paren- ti Monaldi de' Monaldeschi a colpi di stilo, dettero il seguale della ri- volta; il saccheggio e la strage ac- compagnarono la sua acclamazione. Poco però godè egli e di Vico del- l'usurpato potere, perchè il cardi- nal Albornoz legato d'Innocenzo VI, venuto da Avignone con truppe collettizie di francesi, ungheri e te^ deschi, ricuperò le città pontificie stanche della tirannide baronale, ed Orvieto fra le altre lo accolse come liberatore, e in premio gli conferì la propria signoria, che ten- ne finché visse, onde tornò piena- mente alla Chiesa nel 1 367 sotto Urbano V, che vuoisi aver onorato di persona Orvieto. Nel 1378 Ur- bano VI ristabilì l'università degli studi, facendo nel breve splendido elogio d' Orvieto, di sua divozione e fedeltà alla chiesa romana. Quin- di per compiacere al desiderio dei cittadini, lo concesse in vicariato temporale a Corrado e Luca Mo- naldeschi della Cervara, a'quali pe- rò fu in breve tolto da Bigordo Michelotti signor di Perugia, che col valore, e dalla sorte assistito, potè con nobile acquisto dilatare il suo principato. Bonifacio IX del 1389 fece duca d'Orvieto il fra- tello Giovanni. Ritornò e si man-

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tenne Orvieto ne' successivi pontifi- cati con incorrotta fede ossequioso alla Chiesa, per cui reggendo Or- vieto Tommaso Caraffa nel i4'4j per la sua fuga entrò a dominarlo il famoso Braccio da Montone pe- rugino, il quale poi lo cede a Mar- tino V quando da Firenze vi si recò nel 1420, e concesse nuove indulgenze per accrescere la divo- zione al ss. Sagrainento. Abbiamo dal Marchesi, che Orvieto non con- tinuò lungamente nell'obbedienza ec- clesiastica , intrudendosi nella ti- rannide Gentile Monaldeschi della Vipera, che la tenne quattordici anni. Nel novembre 1 44^ Eugenio IV venuto in cognizione che il pa- lazzo apostolico minacciava rovina, con breve diretto ai conservatori della città, gli incoraggi a ristorar- lo a spese della fabbrica del duo- mo, facendo in esso sperare che nel seguente estate vi si sarebbe reca- to, e di compensare con benefizi la spesa che perciò avrebbero incon- trata ; il Papa fu prontamente ob- bedito. Dicesi che il successore Ni- colò V passò in Orvieto, e il No- vaes racconta che vi costruì la for- tezza o rocca, con magnifiche abi- tazioni e amplissimi fossi. Fr. An- tonio da Vercelli francescano, colla sua eloquenza ridusse gli orvieta- ni ad una stabile pace con le par- ti de' Muffati e de' Marcolini nel i46o, cooperandovi messer France- sco Luto da Siena governatore di Orvieto, alla qual pace pose il si- gillo Pio II nel ritorno da Manto- va che vi si recò; indi nel i47° fuvvi ancora l'imperatore Federico 111.

Sisto IV concesse indulgenze per la solennità del Corpus Domini, e promosse le oblazioni pel compi- mento del duomo. Nel i4§5 ven-

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ne la peste ad affliggere Orvieto, e durò sei anni ; nel primo anno ne morirono 35 o 36 al giorno, e in tutto l'anno 1700. Carlo Vili re di Francia per conquistale il regno di Napoli con poderoso esercito si recò in Roma, ed avendo contrario Alessandro VI l'obbligò a pregiudi- zievoli patti. Partendo il re da Na- poli a'20 maggio 1 49^> e temendo il Papa di nuovi sagrifizi, passò in Orvieto; per parlargli il re si por- tò a Viterbo, e gli spedi ambascia tori, ma inutilmente, perchè Alessan- dro VI ad onta che tenesse guar- nigione tedesca in Orvieto, si tra- sferì a Perugia per non ascoltarlo; tutta volta Carlo Vili vide Orvie- to. Sembra che Alessandro VI sia tornato a visitare la città, e vi spedi alcuni brevi, uno dei quali è degli i 1 luglio i497- Anche Giulio II nel 1 5o6 andò in Orvieto, e fece il ponte sul fiume Paglia, di cui si vedono ancora le rovine, e dal suo nome si chiamò Giulio, avendo accordato alla città per fabbricarlo la gabella sul bestiame e il dena- ro di non piccola somma che se ne traeva. Leone X nell'audare a Bologna nel i5i5 volle venerare il ss. Corporale, e vi lasciò 1 00 ducati di limosina. Nel i52j pel tremendo sacco di Roma, dopo es- sere stato Clemente VII in Castel s. angelo [Vedi), accompagnato da Luigi Gonzaga e da alcune Mili- zie [Vedi), la sera degli 8 dicem- bre fuggì in Orvieto, e vi restò sei mesi con tutta la corte, alloggiato magnificamente dal vescovo suo pa- rente cardinal Ridolfi. Nei primi mesi del i528 furono a visitarlo il marchese di Saluzzo., il duca d'Ur- bino, gli ambasciatori di Mosco via, con altri ragguardevoli personaggi. Ivi creò alcuni cardinali e ne par-

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ti il primo giugno. Quando poi passò a Bologna, con bolla ordinò, che se iu tempo di sua assenza da Roma fosse morto, il conclave si dovesse tenere in Roma; ma qualo- ra non dasse libero e sicuro asilo ai cardinali, o fosse infetta, in vece si celebrasse o in Civita Castellana, o iu Orvieto, o in Perugia, a scelta de'cardinali. Altri clamorosi avveni- menti non presenta Orvieto, ed i principali sono notati dai suoi sto- rici ; solo noteremo cbe Urbano Vili rifece la fortezza e la rese assai for- te ed interessante. Quanto alle vi- cende delle ultime invasioni stra- niere, ne toccammo di sopra. Gre- gorio XVI la beneficò ed onorò con elevarla a delegazione e in al- tri modi. Questo Papa nel 1841, ritornando a Roma dalla visita del santuario di Loreto, l'onorò di sua presenza al modo egregiamente de- scritto dal cav. Sabatucci, a p. 225 e seg. della Narrazione di tal viag- gio, riportando pure le iscrizioni di cui faremo parola.

Giovedì 3o settembre prove- niente da Città della Pieve il Pa- pa fu festeggiato sulla strada prin- cipale dagli abitanti di Monte Leo- ne , con alcuni archi di verdura legati tra loro con festoni a fog- gia di nuvole, fra le quali erano fanciulli, che nel passaggio innanzi a lui spargevano nembi di fiori. Il santo Padre discese dalla carrozza, consolò con ogni maniera di pater- na amorevolezza que'popolani, e ne ammise parecchi al bacio del pie- de. Fu il medesimo presso Carna- ioia, ove sorgeva un grande arco di verdura di grata vista per lo straordinario adornamento, essendo- visi attorniate a spira con pannoc- chie di granturco le colonne che sos- tenevano la volta. Verso le ore io

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antimeridiane Gregorio XVI giunse al convento de'cappuccini presso Fi- culle, ove si umiliò a' suoi ordini monsignor Durio delegato di Or- vieto, nella qual provincia erasi ad- dentrato. Adorato il ss. Sagrameu- to esposto in chiesa, e ricevutane la benedizione dal sagrista, corteggiato dal guardiano e religiosa famiglia pre- se alquanto riposo e colla corte un rinfresco. Posto nuovamente iu viag- gio, e percorrendo il borgo di Fi- culle ornato d'un grande arco trion- fale, intorno al quale erano raccol- ti il clero, il governatore., il magi- strato comunale e tutto il popolo per tributargli omaggio, il Papa di- scese e compartì loro la benedizio- ne. Più innanzi non pochi archi di verdura erano stati innalzati per celebrare il passaggio del supremo Gerarca, dai contadini della borga- ta di Bagni. Qui presso già distia- guevansi coronati di popolo i din- torni e le mura castellane di Or- vieto, sventolando la pontificia ban- diera sulla maggior torre della cit- tà. Ad un'ora pomeridiana sua San- tità avea già salito l'erta rupe su cui poggia ; e poco dopo la porta d'ingresso, segnatamente al princi- pio dell'abitato, eravi un arco trion- fale d'elegante disegno dedicato dal- la città all'adorato suo padre e so- vrano con analoga iscrizione. Nella parte opposta, cbe figurava un ric- co padiglione, si trovarono il dele- gato, il magistrato municipale e la nobiltà. Al giungere del Pontefice il gonfaloniere conte Gio. Battista Viti genuflesso tributò i rispettosi omaggi colla presentazione delle cbiavi, cui il Papa rispose con cor- tesi e atlabili modi, e poi decorò del grado di commendatore dell'or- dine di s. Gregorio I Maguo. Avan- zando il corteggio uell'interuo della

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città tutta messa a festa con pro- fusione di addobbi e damaschi, giun- to che fu al punto del muro, ove si appiana la strada verso la cattedrale, una eletta di giovani nobili e civici orvietani ottenue di trarre a mano la carrozza in cui sedeva Gregorio XVI, preceduti da otto fanciulli ve- stiti egregiamente come i paggi spa- glinoli, i quali infioravano la via. Alla porta della cattedrale, sovra- stata da relativa iscrizione, fu rice- vuto dal vescovo cardinal Orioli col suo capitolo, e ricevette dal cardi- nal de Angelis vescovo di Monte- jfiascone e Corneto, la benedizione col ss. Sagiamento con grande ap- parato esposto. Accolta quindi sua .Santità sotto il baldacchino soste- nuto dai canonici, si recò a piedi al palazzo delegatizio (in mezzo al cui prospetto era un'iscrizione cele- brante l'avvenimento ), situato di fronte al duomo, ove da uua log- gia nobilmente preparata benedì il popolo numerosissimo e pieno di letizia per la sovrana presenza. In- di il Papa passò all' episcopio ma- gnificamente dal vescovo preparato a sua residenza, ove nella sera am- mise a udienza il capitolo, il ma- gistrato civico, i nobili, il presiden- te e membri del tribunale, mentre la città era rallegrata da ricca il- luminazione, e rimpetto all'episco- pio s'incendiò una macchina di fuo- chi artifiziali, lodandone il Poutefìce la vaghezza al compositore Famiano Buratti orvietano. Nella seguente mattina celebrò la messa sull'altare maggiore del duomo immensamente pieno di popolo, ov'era soleunemeu- te esposto il ss. Sagiaraento ed il sacro Corporale ; cantato quindi il Landa Sion e il Tantum ergo, mon- signor Belletti vescovo d'Acquapen- dente compartì la benedizione eu-

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caristica, lasciando il Papa alla chie- sa il prezioso calice con cui avea offerto il sagrifizio. Passò quindi con carrozza del cardinal vescovo, che fece sedere al suo fianco, a vedere il celebre Pozzo di s. Patrizio, la cui strada per cura della magistra- tura si trovò ampliata, e l'ingresso decorato di corrispondente iscrizio- ne, ammirando il pregio di opera ardimentosa. Poscia visitò le clau- strali ne'due monasteri di s. Pietro e di s. Bernardino, ne' quali per questa circostanza eransi riunite, al primo le religiose di quello di s. Lodovico, ed all' altro quelle del monastero del Gesù. In ambedue i luoghi accolse al bacio del piede, ol- tre alle molte religiose, anche mol- te dame orvietane, cui accolse colla consueta sua gentilezza, dirigendo parole benigne alle figlie del gonfa- loniere e nipoti del cardinal Lam- bruschini, le nobili donzelle Amalia ed Ersilia.

Nel ritorno alla sua residen- za , il santo Padre volle discen- dere all'arco trionfale per osservar- lo nelle sue parti, e lo trovò gran- dioso ed elegante, non che decora- to nobilmente. JNelle pitture si ri- cordavano l'istituita delegazione, il traforo del Monte Calillo in Tivoli, ed il museo Gregoriano Etrusco sue pontificie opere. Un bel gruppo di statue sormontava il piano superio- re colla figura di Gregorio XVI seduta in cattedra, e recato in trion- fo dalle quattro virtù cardinali. Pro- cedendo il Papa a piedi sotto bal- dacchino le cui aste erano sorrette da tre della magistratura e da tre della commissione della fabbrica del duomo, si condusse al palazzo dele- gatizio, ove dalla loggia, fra i vivi applausi del popolo in islraordina- rio numero adunato sulla soltopo.

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sia gran piazza, lo benedì amore- volmente. Tornò poscia alla catte- drale a venerare nuovamente il ss. Corporale, indi da vicino lo con- templò, degnandosi ammettermi a tanta religiosa consolazione. Ne am- mirò la singoiar custodia, indi si deliziò in osservare la maestosa ar- chitettura del magnifico tempio, co- me la più perfetta nel semigotico stile, e parte a parte i superbi di- pintij le nobilissime sculture. Per ammirare poi anche le bellezze e- sterne del duomo, sua Santità nelle ore pomeridiane recossi al palazzo della fabbrica del medesimo, ov'era slata eretta un' epigrafe adatta alla circostanza, ed ivi notò la rara splen- didezza della facciata, tanto nell'ar- chitettura che nelle decorazioni, e nella vasta sala osservò con piacere alcuni disegni dello stesso tempio, ed alcuni notabili e ricchi paramen- ti che servirono pel concilio di Trento. Con molta soddisfazione il Papa accettò per le mani del ca- merlengo nobile Filippo Rovizza un volume d'incisioni rappresentanti la facciata, l'interno e varie parti del duomo ; e con distinzione ricevette dal gonfaloniere, dichiarando con ef- fusione il suo gradimento, l'offerta di divozione e riconoscenza che gli fece per parte degli orvietani, cioè sei medaglie, due d'oro, due d'argento e due in rame, e tutte colla di lui effigie di quella apposilamente co- niata per perpetuare la memoria della visita fatta ad Orvieto, perciò nel rovescio si legge : Ne-Ach>enlus Auspicalissinri - Memoria Intercide- rei- Urbiventani. Tutta la corte eb- be dalla cortesia degli orvietani, esemplari di tali medaglie in ar- gento e in rame. Perchè meglio il Pontefice gustasse la vastità e di- segno del duomo, ne illuminò l'in-

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terno il magistrato municipale, che ne affidò la cura al nobile Leandro Mazzocchi, e dopo la prima ora di notte vi si recò col pontificio se- guito. Non si può esprimere l'effet- to maraviglioso, che lo splendore de'lumi diffuse nel sacro edifizio ; bello fu il vedere la disposizione de'lumi in lampadini, che fecero ri- levare il disegno delle parli princi- pali del tempio, brillando sulle se- migoliche finestre laterali poste nel- le tre navale e nella galleria che prolungasi alle pareti della navata di mezzo, sul fineslrone della tri- buna, sugli archi che scendono am- plissimi al gran presbiterio, sui ca- pitelli delle colonne, e all'occhio cir- colare posto nel finale prospetto, ove al disotto leggevasi con caratte- ri messi a lumi: Gregorio XVI P. O. M. A basso degradava l'immen- so spleudore, affinchè si godesse con maggior effetto le linee splendenti che tracciavano superiormente la gotica architettura, tenendosi chiuse le cappelle della nave traversa per venerazione al sacro tabernacolo e alle insigni reliquie che in esse si conservano. Questo vago, severo e grave spettacolo provocò la più vi- va compiacenza nel santo Padre, in tutta la corte, e nel pubblico, quando partito il Papa si ammise a insolita meraviglia. Sabbato 2 ottobre, Gregorio XVI dopo cele- brata la messa nella cappella del- l'episcopio, esternò la sua ricono- scenza ed affezione al cardinal Orio- li, ed eguali sentimenti al magi- strato civico per la città; e ripetu- to al cardinale quanto l'avesse pe- netrato la sontuosità del trattamen- to e tutte le attenzioni ricevute, partì per Monte/lasco ne fra le osse- quiose e sincere acclamazioni del popolo, che accorrendo ripetutamene

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te ne' luoghi donde transitava, non si stancava di reiterare le più vive dimostrazioni di fedeltà e divozio- ne. Scrissero di Orvieto Gio. Bla- vio, Theatrum civilaiumj Hondius, Italiae descript, j Ceccarelli, Storia de ' Monaldeschi , in cui parla dell'o- rigine; Durante, Istoria de Trinci, in cui ragiona dell'argomento. Ephe- merides Urbevetanae ab anno 1 342 usque ad i363. Lxtat in t. XV, Rer. ltal. script, di Muratori. Ci- priano Manente da Orvieto, Ili sto - rie dal 970 al 1400, Vinegia i56i. Dal i4oo insino al 1 563. Ivi i566. Monaldo Moualdeschi della Cerva- ra, Commentari historici , ne' quali oltre a' particolari successi della città d'Orvieto e di tutta la Toscana, si contengono anco le cose pili notabili per tutto il mondo, da li edificazione d' Orvieto insino al 1 584, Venezia 1 584. Giacomo Lauro, Historia e pianta della città d'Orvieto, Ro- ma i636.

La fede è credibile che fosse pre- dicata in Or\ieto ne' primi tempi della Chiesa. Nel riportare il p. Val- le la serie de' vescovi, la quale pre- feriamo a quella che V Ughelli ri- porta neW Italia sacra t. I, p. 1 463, come naturalmente più esatta , di- chiara che un secolo prima di es- sersi trovate memorie de' vescovi d'Orvieto, ve ne sono di quelli di Bolsena, poiché Gaudenzio interven- ne ai concilii romani del 465 e 499 > dopo di esso solo si ricordano Clau- dio del 601, e Agnello del 680, convenendo dire che tal nobile e antica città, trovandosi esposta alla furia de'barbari, fosse distrutta nel fine del VII secolo , e incorporato il suo vescovato a quello d' Orvie- to, dov'è probabile che fino da' pri- mi secoli del cristianesimo vi risie- desse il vescovo. Questo si deduce

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dalla memoria che accidentalmente fa Papa s. Gregorio I verso il 5qo di Giovanni, uomo così ben fermo nella sua sede, che fu d'uopo della pontificia mediazione perchè non togliesse i privilegi ai monaci di s. Giorgio, a quel tempo abbastanza potenti per non temere un vescovo novello, onde si vede non oscuramen- te che non era egli il primo pastore d'Orvieto. Noteremo che allora era- vi anche il monastero de' ss. Mar- tirio e Severo, già detto del Sal- vatore, fuori delle mura, e sopra di esso poscia si diffusero le bene- ficenze della contessa Matilde, for- tificandolo con torre ottangolare: nel pavimento sono rimarcabili al- cuni pezzi di musaico, come alcune pitture sul muro anteriori al secolo XIII, e una campana che pel suono non cede a quella di Perugia det- ta viola ; eravi anche il monastero di s. Paolo. La sede d' Orvieto fu sempre ed è ancora soggetta im- mediatamente alla santa Sede. Nel 5gi era vescovo Canaldo o Candi- do, cui scrisse s. Gregorio I , indi fiorirono: Gregorio già prefetto di Roma, che intervenne al concilio ro- mano nel 743; Aliperto fu a quello dell'826; Pietro dell' 853 ; Leone si recò al concilio di Roma dell'861 ; Rodolfo francese eletto nel 975 fu sollecito in adornare la città di son- tuosi edificii e nel darle ottimi re- golamenti, e forse per di lui opera venne introdotta in Orvieto la nuo- va forma del governo consolare ; Andrea genovese fiorì nel gg5; Ni- colò del 1007; Ilderico sottoscrisse nel ioi5 un privilegio di Benedet- to IX; Paolo Promano del 1C22 a cui giurarono i consoli di mante- nere i privilegi de' cittadini e della Chiesa ; Sigifredo a cui il capitolo d'Orvieto, addetto a que' tempi alla

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chiesa di s. Costanzo, deve molto per la riforma del costume de' chierici, e riduzione alla vita claustrale e comune, e per avergli dato tre chie- se parrocchiali e sette pievi. Nicola Campano viveva nel io4o; Luca nel ioti ; Teuzone nel io54; indi Albertino monaco, al cui tem- po Pietro e Farulfo Calvo accreb- bero l' entrate della mensa , on- de fece dipingere le loro imma- gini nell'episcopio, ed altrettanto benefìci furono poi gli Alberici. Gio- vanni pisano fiori intorno al 1066; Filippo nel 10785 Angelo Teatino nel 1092; Guglielmo circa il 1106, al cui tempo si vogliono donati al vescovato il castello di Mucarone e altri luoghi, ma con poco fonda- mento, bensì il conte Bernardo Bui- garelli donò il castello di Panano ed altri ; Giovanni fiorentino del 1121; Guglielmo II del 1126} Antonio del 1 1 3g , ma prima di lui faceva da vescovo Radulfo di Perugia; Ildebrando del ii4°> for- se della famiglia Beccaria; Gual- fredo del 11 55 circa; Guiscardo orvietano del ii57j Milone, quin- di Rustico del 1168, il quale si compose con Ranieri Bulgarelli sul- le ragioni del castello di Parrano. Riccardo Gaetani pisano fiorì nel 1179, e vent'anni dopo fu fatto pretore d'Orvieto, avendo per col- lega Lanfranco vescovo di Chiusi, per comporre le discordie de'citta- dini armati, al cui tempo si fondò nella città un ospedale servilo dai chierici. Nel 1201 Matteo Alberici che fece edificare la chiesa di san Silvestro; nel 121 1 Giovanni Ca- pelli bolognese; Capiterio o Capi- taneo nel i2i3 deputato del Papa per la pace tra Orvieto e Todi, ed a suo tempo i premostrateusi presero il monastero di s. Severo

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in luogo de' benedettini; a questo vescovo si attribuisce l'erezione del bel convento di s. Domenico, del quale tratta il Fontana, De rom. prov. orci, praedic. Ranieri del 1228 e consagrato in Perugia da Grego- rio IX, celebrò nella cattedrale il sinodo per riformare i costumi, in- di formò un esatto inventario del- le terre, tributi ed altre cose ap- partenenti alla mensa, intimando scomunica a coloro i quali non re- stituissero i beni usurpati alla chie- sa. Nel 1253 Costantino domenica- no dotto e pio, legato apostolico in Grecia per la concordia colla chiesa romana^ dicesi de' Medici di Bisenzio; nel 1257 Giacomo, e al suo tempo essendo accaduto il mi- racolo di Bolsena, Urbano IV ivi lo spedì col seguito di moltissima gente per trasportare solennemente in Orvieto il ss. Corporale, la qual pompa può dirsi la prima solennis- sima processione del Corpus Domini. Nel 1272 Aldobrandino Cavalcanti fiorentino, santo e dotto domenicano, vicegerente di Roma per Gregorio X; nel 1279 Francesco de'Monal- deschi di Bagnorea, molto si affa- ticò per indurre i canonici e citta- dini a fabbricare una nuova e son- tuosa chiesa alla Beata Vergine o nuovo duomo, cui diedesi principio nel 1290, trasferito a Firenze ; nel 1295 Leonardo Mancini orvieta- no; nel i3o2 Guittone Farnesi, fatto da Clemente V suo vicario iu Roma, e da Giovanni XXII capitano generale contro i ribel- li della santa Sede; in Orvieto e- resse un monastero ai cisterciensi col consenso de'24 consoli e dei 4o savi che allora governavano la città; nel i328 fr. Beltramo dei Monaldeschi orvietano domenicano, traslalo da Bagnorea; nel i346

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Raimondo orvietano traslato da Rieti; nel i348 Ponzio Perotto guascone, e qual vicario del Papa in Roma nel i35o aprì la porta santa; nel i359 Giovanni vicario di Roma e dello stato pontifìcio; nel i364 Pietro Boeri narbonese benedettino; nel 1 878 da Padova fu trasferito Giovanni de'Piacentini; nel 1379 Ligo Cbiarangelo o Chia- rello da Nola, ma non entrò al possesso per avere aderito all'anti- papa Clemente VII; indi Tomma- so, Nicolò Merciari perugino del 1 388, poi di Cagli. Mattia Avveduti or- vietano de'minori, nel i4°4 cele- brò il sinodo diocesano, teologo pre- claro. Alessandro V dichiarò am- ministratore il cardinal Corrado Caracciolo (le notizie de' cardinali vescovi sono alle loro biografie), nel quale uffizio gli successe Monaldo Monaldeschi arcivescovo di Nicosia. Nel 1 4 1 8 o 14^0 Francesco Mo- naldeschi che per la sua smodata ambizione i concittadini ottennero che fosse traslocato ad Ascoli, in ve- ce passando nel 1 44^ da Lucerà a Orvieto, Giacomo benedetto.

Nel i454 Giovanni Castiglioni di Milano dotto; nel i456 Anto- nio Cobateri di Valenza spagnuolo; nel i4^7 Marco d'Alessandria del- la Paglia, o Marinoni milanese; nel 1476 Giorgio della Rovere, ebbe i seguenti coadiutori : Enrico Bruno poi arcivescovo di Taranto, Giam- battista Orsini poi cardinale, Gen- tile Baglioni più grande nelle ar- mi che tra gli ecclesiastici, e Car- lo Bocconi da Parma suffraga neo. Nel i5o3 Alessandro da s. Seve- rina, ma senza effetto per morte d'Alessandro VI; nel i5ii Ercole Baglioni perugino, per cessione del cugino Gentile; ifoo Nicolò Ri- dolfì cardinale amministratore, ni-

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potè di Leone X; i52g Vincenzo Durante fiorentino; Nicolò Ridolfi nipote del cardinale; i554 cardi- nale Girolamo Sinwncelli orvietano, nipote di Giulio III; \56i Seba- stiano Vanzi di Rimini fu al con- cilio di Trento, esercitò varie cari- che in Roma, e lasciò mille scudi alla cappella di s. Maria del duo- mo, con l'obbligo ai parenti di mantenere in Perugia sei giovani di Orvieto a studiar filosofia: mor- to nel 1570, il cardinal Simoncelli riprese l'amministrazione che durò sino al i6o5. Giacomo Sannesìo camerinese poi cardinale; nel 1621 cardinal Pietro Paolo Crescenzi ro- mano traslato da Rieti; nel i6S\.5 cardinal Fausto Poli da Cascia ; nel i656 fr. Giuseppe della Cornia perugino domenicano, stampò in Orvieto nel 1660 il suo sinodo, lo- dato pei savi provvedimenti, nel quale vi è il Calalogux episcopo- rum Urbisveleris di Filidio Mara- bottini; questo prelato desiderosis- simo di sapere cosa avvenisse della sacra Ostia che nel miracolo di Bolsena non ardì consumare il con- fuso sacerdote, nel ripulirsi il reli- quiario, e al toccarsi di una molla, si aprì uno sportellino sferico d'ar- gento, e si vide che la conteneva nel mezzo di due angeli genuflessi con incensieri. Egli per vecchiaia ri- nunziò nel 1676. Bernardino Bocci romano integerrimo, commissario apostolico per la peste della Mar- ca, poi cardinale, celebrò il sinodo diocesano; nel 168 1 cardinal Savo Millini, e lasciò molte memorie di sue beneficenze, traslato a Sutri e Nepi nel 1694= questo vescovo con pie limosine e cogli aiuti d'Innocen- zo XII riedificò in Bolsena più no- bilmente il tempio in cui avvenne il prodigio e vi pose la prima pie-

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tra, onde fu coniata medaglia col- l'effigie del Papa e il nome del car- dinale, riportata dal Boriarmi, Numis. Pont. p. 835. Nel i6g5 Giuseppe Camuzzi aquileiese, mori poco do- po assai compianto dai poveri ; nel 1696 Vincenzo degli Atti già di Bagnorea; nel 17 16 cardinal Fer- dinando Nuzzi d'Orte, col quale neW Italia sacra tom. I, p. i463, si termina la serie de' vescovi. Nel 17 18 fu fatto amministratore Mi- chele Teroni vescovo di Venosa ; cui successero i \escovi Onofrio Alisci patrizio di Foligno nel 1721 traslato da Bagnorea, che celebrò il sinodo diocesano; Giuseppe de'conti di Marsciano patrizio romano nel 1734, che celebrò il sinodo, fondò e dotò la scuola pia per le fan- ciulle, sepolto nella bella chiesa della Madonna del Velo fuori del- la città, da lui edificata e dotata, lasciandone a'suoi il patronato. Nel 1754 Giacinto Silvestri patrizio an- golano, traslato da Sutri e Nepi, che in vigore delle bolle apostoli- che eresse in collegiata la pievania di Ficulle, con arciprete e dieci ca- nonici. Nel 1762 Antonio Ripanti patrizio di Jesi; colle rendite del soppresso collegio de'gesuiti e col- l'unione del collegio Cappelletti in ■vigore di breve apostolico , eresse il seminario vescovile nell' istesso collegio de'gesuiti : questi ripristi- nati, lo fu pure il collegio. Nel 1780 Paolo Francesco Antamori romano, vescovo zelante, prudente, dotto, giusto e modesto. Con altre camerate ampliò il seminario , al quale con autorizzazione apostolica unì le rendite cospicue della chiesa pievania del castello di Monte Ru- biaglio, con averla ridotta a vicaria perpetua. Eresse in parrocchia la chiesa di s, Salvatore di Castello di

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Bolsena, ove edificò una bella chie- suola alla Madonna detta dell'Ar- cale, ed ivi ridusse in forma assai propria 1' ospedale con aumento di rendite. Eresse nel duomo l'altare de'ss. Pietro e Paolo, ottenne da Pio VI il risarcimento di quasi tutti i musaici della facciata del duomo, e ne fece perpetuare i mo- numenti più belli di pittura, scul- tura e architettura con 38 tavole delineate, e con la storia di tanto celebrato tempio, fatta compilare con documenti dal p. Valle e de- dicata al Papa. 11 cardinale ebbe caldo impegno per la conservazio- ne del duomo e suo splendore , giacché ad esso sono incaricati ve- gliare i deputati non meno che il vescovo, per uno degli statuti della fabbrica approvati da Martino V. 11 cardinal Antamori fu pure pro- tettore della città e dell'opera pia di s. Maria della Stella nella cat- tedrale, del capitolo di Bagnorea, come della nobile congregazione di s. Biagio d'Orte e di quella città: morì nel 179^ e fu sepolto in duomo.

Terminando col precedente il p. Valle la serie de' vescovi d'Orvieto baroni di Castel Giorgio, di Mea- na e di Pugliano, la compirò colle Notizie di Roma. Per le vicende politiche vacò la sede, e Pio "VII nell'agosto 1800 fece vescovo Ce- sare Brancadoro di Fermo poi car- dinale, e nel i8o3 lo deputò a presiedere ai restauri della fabbri- ca del duomo, col breve Pasloris aeterni, e con l'altro Fraternitatis l'autorizzò a riunire le parrocchie di s. Stefano e di s. Leonardo, come si legge nel Bull. Boni. Con- tinualo, tom. XI, p. 4^9 e 46o- Traslato nel luglio i8o3 in patria, fu fatto amministratore Gio. Batti-

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sta Lambruschini di Sestri, diocesi di Brugnato, vescovo d'Azoto in partibus, dotto, esemplare e zelante, e nell'agosto 1807 divenne effettivo pastore. In tale anno coll'approva- zione di Pio VII accolse i gesuiti reduci di Napoli e gl'impiego con ubertosi successi nella diocesi e nel seminario, poscia ottenne la fonda- zione del loro nuovo collegio. Nel 1809 fece la visita, e per non pre- stare giuramento al governo inva- sore, fu deportato a Belley, ove sep- pe che Napoleone nel 18 io decre- tò che il suo vescovato con quello di Acquapendente fosse unito alla diocesi di Città della Pieve. In Bel- ley compose la Guida spirituale per uso della diocesi d'Orvieto, cui rimise nel 1812 (enei 1823 stam- pò e fu autore di altre opere). Ri- tornato nel 181 4 alla sede, fu as- sai festeggiato e riordinò la dioce- si, commettendogli Pio VII l'ammi- nistrazione di quella di Città della Pieve, e per tutto statuì savi or- dinamenti e pie pratiche. Chiamò a Bolsena i fratelli delle scuole cri- stiane, in Fienile stabilì la scuola delle m est re pie, e per le nobili e civili donzelle in Orvieto fondò un educandato o conservatorio, in ciò aiutato dalla sua virtuosa sorella Maria. Ristabilì diversi conventi e monasteri, promosse la beatificazio- ne pel culto immemorabile del p. Bonaventura servila, il cui corpo venerasi nella chiesa de'Servi. Morì compianto nel 1825 e fu sepolto nella chiesa del seminario ove avea istituito l'oratorio notturno pel clero, lasciando la sua biblioteca al semina- rio. Il eh. monsig. Carlo Gazola nel 1841 ne pubblicò la Vita in Or- vieto coi tipi del Pompei , di cui un estratto con elogio inserì il eh. cav. ora monsignor Montani nel n. 1 7

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del Diario di Roma 1842. Leone XII nominò a succederlo nel dicem- bre 1825 Anton Domenico Garn- berini d'Imola, che nel 1828 creò cardinale , e Gregorio XVI nel 1 83 3 fece segretario degli affari di stato interni. A' i5 oprile gli so- stituì il p. Anton Francesco Orio- li di Bagnacavallo vicario generale apostolico del suo ordine de' con- ventuali, dotto e sollecito pastore, ornato delle più belle qualità, on- de nel 1837 lo dichiarò ammini- stratore di Città della Pieve, al modo detto dal eh. Baglioni nelle Lettere storiche p. 36 1, indi lo creò cardinale nel 1 838, e fece protetto- re di delta città. Cedendo ai suoi desiderii, Gregorio XVI l'esonerò dal vescovato ( al presente' è pre- fetto della congregazione de'vescovi e regolari fatto dal regnante Papa) e nel concistoro de'24 gennaio 1842 gli surrogò l'odierno vescovo mon- signor Giuseppe Maria de' conti Vespignani romano, traslato dal- l'arcivescovato di Tiana in parti- bus, già vicegerente di Roma e abbreviatole di curia. In testimo- nianza di pubblica allegrezza, il ti- pografo d'Orvieto Pompei, gli dedi- cò e pubblicò l'opuscolo: Il gruppo della Pietà scolpito da Ippolito Scal- za nel duomo d'Orvieto, canto di Angelo M, Geva genovese. Zelante vescovo, veglia sull'istruzione del clero, ha eretto le scuole notturne e fatto altre cose lodevoli.

Nella diocesi esiste un'antichissi- ma abbazia sotto il titolo de' ss. Severo e Martiri, amministrata nei primi tempi dai benedettini , poi dai premostratensi e quindi dagli Olivetani, finche dai Papi venne da- ta in commenda ai cardinali e altri distinti personaggi. L'abbazia da Si- sto IV fu aumentata di rendite me-

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diante l'unione di altra abbazia de- nominata di s. Nicolò presso Todi. Competendo all'abbazia l'esenzione passiva, gli abbati commendatari incominciarono ad arrogarsi anche l'esenzione attiva, pretendendo di esercitare una vera giurisdizione nelle parrocchie e chiese addette all'abbazia, e persino sul clero e popolo esistente ne'due paesi chia- mati Castello della Torre e Villa di Canale, assumendo il titolo di abbati nulli ust tenendo un vicario o curia in Orvieto, ed approprian- dosi altri diritti e titoli denotanti una vera giurisdizione. Ciò pro- dusse contestazioni coi vescovi di Orvieto, ad eliminar le quali Gre- gorio XVI alla morte del cardinal Pacca abbate commendatario, nel i845 soppresse ogni esenzione, sia attiva, sia passiva, riducendo l'ab- bazia ad un benefìcio semplice, pe- rò coll'antico titolo di abbazia e ferma la di lei libera collazione alla santa Sede, concedendo al ve- scovo l'esercizio della piena giuris- dizione. La funzione della palom- bella che facevasi nel duomo, al modo riferito a Fuoco, nella Pen- tecoste del 1846 lodevolmente fu eseguita nella piazza avanti, non essendosi trovata la caducità che si vantava nel rimuoversi l'uso. 11 capitolo si compone della dignità dell'arcidiacono e dell'arciprete, di sedici canonici compresi il teologo e il penitenziere, di dodici bene- ficiati, di ventiquattro cappellani corali, e di altri preti e chierici. La cura delle anime nella cattedra- le è affidata dal capitolo all'arci- prete, coadiuvato da due cappella- ni. I canonici neh' inverno godono l'uso della cappa magna, neh' esta- te cotta e rocchetto, vestendo in diocesi calze paonazze colle insegne

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de'protonotari apostolici partecipan- ti. I beneficiati vestono la cappa come quelli di s. Pietro di Roma, e si distinguono dai cappellani col- l'almuzia di pelle. I cappellani ve- stono l'almuzia di panno viola- ceo. La cappella de'musici è sti- pendiata dall'opera pia, la quale è laicale, come si disse, godendo il privilegio di vestire cappa e spada, di assistere sotto il banco del ma- gistrato nelle funzioni in luogo di- stinto, e nella solenne processione del Corpus Domini alza lo strasci- co al vescovo. L'opera pia provvede di tutto il bisognevole il duomo pei divini uffizi e pontificali del ve- scovo, del capitolo e del clero. La diocesi è ampia e contiene 46 luo- ghi. Ogni vescovo è tassato in fio- rini 3oo, ascendendo le rendite a circa scudi 4°°°-

OSANNA. V. Hosanna.

OSBOR o OLBOR, Osborium. Luogo di Germania nel quale s. Annone o Arnoldo arcivescovo di Colonia, nel 1062 celebrò un con- cilio alla presenza dell'imperatore Enrico IV, in cui fu condannato l'antipapa Onorio II, e riconosciuto il Pontefice Alessandro II. Reg. t. XXV; Labbét. IX; Arduino t. VI.

OSGITA (s.), martire. Figlia di Frewaldo principe di Mercia, nac- que a Quarendon, e fu allevata nella pietà da sua zia Eadgita, la quale era singolarmente ragguarde- vole per le sue virtù. Impalmata assai giovane da un re degli angli orientali, ottenne da esso il con- senso di vivere in perpetua virgi- nità. Essendole stata donata dal re l'abitazione di Chick, vi fece fab- bricare un monastero, cui governò più anni con grande riputazione di santità. Duranti le scorrerie dei danesi, circa l'anno 870, questi

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barbari le mozzarono il capo, in odio della religione cristiana cbe ella professava. Portato il suo cor- po ad Ailesbury, vi rimase qua- rantasei anni, di poi fu trasferito a Chick, die prese poscia il nome di s. Osgita. Qui fu pure fabbrica- ta col suo nome un'abbazia di ca- nonici regolari, la quale divenne celebre pei miracoli operati all'ur- na della santa. La sua festa è se- gnata a' 7 d'ottobre.

OSI ANDRA NI. Eretici protestan- ti, derivanti da Andrea Osiandro famoso teologo, uno deprimi nel i522 a predicare gli errori di Lu- tero, il quale però non poteva sof- frirlo, pel suo carattere inquieto e stizzoso. Si fece capo-setta e for- mò de' discepoli che si sparsero per tutta la Germania : morì d'epilessia nel i552 andando da una città all'altra per sfidare i più gran be- vitori. Insegnò che Gesù Cristo fu mediatore solamente in qualità di Dio; che l'uomo è giustificato for- malmente, non per la fede, per la grazia, ne per la imputazione della giustizia di Gesù Cristo, ma per la giustizia essenziale di Dio, per la natura divina, comunicata all'uomo giustificato, errore che fu disapprovato dagli altri eretici stessi.

OSIMO (Auximan). Città con residenza vescovile dello stato pon- tificio nella delegazione di Ancona, da cui è distante quattro leghe e mezzo, antichissima e celebre, che occupa ameno colle, cinta da roma- ne mura di solido e pregievole la- voro. Quasi da magnifica loggia, vi si contempla dall'interno superiore passeggio la più gran parte delia Marca Anconitana cou sorprenden- ti e bellissime vedute, in aria pu- ra, essendo le fertili pianure inter- secate dall' alveo del Musone, che vol. xnx.

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sbocca nel sottoposto Adriatico. Ve- niva già attraversata dalla via Fla- minia, ed in principio di questo se- colo vi è stata ripristinata la stra- da consolare, che passa in vicinan- za della sua porta principale detta d'Ancona. Da questa per ascendere alla piazza principale il sentiero è alquanto scosceso, e si sale ancor più per ascendete alla cattedrale, la quale è sotto 1' invocazione della protomartire e vergine s. Tecla, e di s. Leopardo primo vescovo della città. Essa fu ristorata e ingrandita dal vescovo Gentile nel 120^, poi ristorata, accresciuta ed abbellita da altri vescovi in diverse epoche. Dei suoi monumenti e pregi ne tratta- no gli storici che citeremo. Il cano- nico di essa Luca Fanciulli compo- se l'opera: Di alcuni antichi riti della cattedrale d'Ostino, colla spie- gazione di un sacro trìttico, che si conserva nell'archivio capitolare, Ro- ma i8o5. Ivi riposano i corpi ilei ss. martiri Vittore, Corona, Filip- po, Leopardo vescovo, Vitaliano suo successore, e Benvenuto altro vesco- vo d'Osimo: in altare separato po- sto in mezzo alla chiesa, nel i435 il vescovo Andrea vi collocò i cor- pi de'ss. martiri Sisinnio, Dioclezio, Florenzio e Massimo , i primi tre martirizzati con pietre in Osimo sotto l'imperatore Diocleziano, l'al- tro patì in Roma il martirio nel medesimo giorno, e Dio permise che il corpo fosse trasportato in Osimo, e riunito a quello de' suoi compagni. Giovanni Baldi nelle Vi' te de' santi martiri Vittore e Co- rona, e degli altri santi sepolti in Osimo, Ancona 1620, afferma che erano cittadini osimani. Da Dome- nico Pannelli mansionario della chie- sa Osimana abbiamo : Ragguaglio della invenzione delle teste de' ss. i5

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martiri d' Osimo Fiorenzio e com- pagni ; della ricognizione de' loro corpi e degli atti, e delle feste in onor loro celebrale in detta città nel ij5i, Pesaro 1 75 1. Vi si ve- nerano anche altre insigni reliquie. Nella contigua chiesa di s. Gio. Bat- tista, nel suo centro, esiste da tem- po immemorahile il battisterio se- condo l'antica disciplina, rinnovato con sontuoso e ben inteso lavoro di bronzo con statue e altri orna- menti dal vescovo cardinal Calami- na. Questo superbo lavoro, fatto su modello di Paolo Lombardo, fu ese- guito da Pietro Paolo Jacomelti, coli' aiuto di Tarquinio suo fratello, recanatesi. La forma è un bacino con coperchio a foggia di tempio rotondo. Tutto è di mirabile arte, festoni, foglie, frutti, rosoni, arabe- schi; cosi i quattro bassorilievi e le quattro statue, una delle quali la Carità si vede col cucchiaio nella destra ed una pentola nella sini- stra, con una mosca sulla pentola che pare viva. La cupola del tem- pietto, ricca d'ogni fantasia di bas- sorilievi, con Io stemma del cardi- nale, è sovrastata dalla figura in piedi del Redentore. Questo batti- sterio è stato sempre l'unico nella città, onde al medesimo devono por- tarsi tutti a ricevere il battesimo, anco quelli delle parrocchie subur- bane, somministrato dal parroco del- la cattedrale, prima esercitando in essa la cura d'anime due sagristi amovibili. Tra le molte sue chiese, sette delle quali parrocchiali, fare- mo menzione di quella vasta e di bel disegno de' conventuali, ove si venera il corpo di s. Giuseppe da Copertino e le camere da lui abi- tate; non che della leggiadra chie- sa di s. Silvestro. Nella chiesa di s. Sebastiano vi è una preziosa rac-

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colta di reliquie, massime di fon- datori , riformatori e propagatori d'ordini regolari, formata dai fra- telli osimani Girolamo e Ottaviano Guarnieri. Contiguo alla cattedrale sorge un ampio e magnifico palaz- zo vescovile ridotto a migliore e più elegante forma dal vescovo car- dinale Calcagnini, e prima di lui l'aveano ornato e ingrandito i due vescovi Sinibaldi ed altri, ed occupa colla cattedrale l'area dell'antico cas- sero. E adornata la piazza dal pa- lazzo municipale, disegno di Bra- mante, in cui si conservano molte antiche e famose statue di marmo, in gran parte mutilate, oltre im- portanti iscrizioni. Si può vedere l'osimano Gio. Francesco Gallo: La vera interpretazione delle lettere che sono nell'antichissime basi che al presente si trovano in Osimo, An- cona 161 5. Il Martorelli le ripro- dusse a p. 43, oltre la descrizione degli antichi monumenti che sono in Osimo. Il palazzo municipale si distingue per la sua sala spaziosa, quadra, alta e maestosa. Sotto l'a- rea della piazza si discoprirono an- tiche grandiose camere a volta, che si credono avanzi di terme, scorren- dovi tuttora le acque. In questa piazza è anche un pozzo o cisterna pubblica, racchiusa da elegante can- cellata di ferro, e fuori di porta Ro- mana evvi una fonte copiosa.

Osimo è ben fabbricata, ha un sufficiente teatro, e fra le private abitazioni si distinguono quelle del- la maggior parte de' patrizi, per la regolare architettura ed eleganza. Sopra tutti è però grandioso l'edi- fìcio del seminario e celebre colle- gio Campana, eretto nel 17 16 ed incominciato nel 17 19, il quale ben presto salì alla più alta rinoman- za, ed ascrisse a singoiar vanto

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di avere istituito i nobili convittori nelle scienze, ed aperto la via al- le più sublimi dignità a Leone XII e Pio Vili, ai cardinali Mancin- forte, Gallo, Campanelli, Antici, Mantica, Benvenuti e Ugolini, ol- tre a cospicuo numero di vescovi, prelati e letterati insigni, e molti ancora viventi. L'arciprete Domeni- co Angelelli, nel 1771 pelQuercetti pubblicò in Osimo: Memorie iste- riche del seminario e collegio Cam- pana. Questo importante stabili- mento ricevette ulteriori migliora- menti dal cardinal Benvenuti ve- scovo , e dall' odierno degno pa- store cardinal Soglia. Per le cure di questi, come fautore d'ogni ma- niera di buoni studi, si deve la ri- pristinazione dell' illustre accademia de' Risorgenti, di cui è direttore il eh. letterato prof. Giuseppe Ignazio Montanari. Egli nel 1 845 mi fece l'onore di ascrivermi all'albo del collegio accademico, e spontanea- mente si compiacque spedirmene il diploma. Del medesimo abbiamo l'importante Discorso letto nella distribuzione de premi fatta agli a- Ianni del ven. seminario e nobile collegio Campana nel i843, col novero di quelli ebe lo illustraro- no, cioè professori, convittori e alun- ni, diversi de'quali osimani : solo ai primi devesi aggiungere d. Albino Valenti rettore dell'istituto e pre- vosto di s. Gregorio^ dotto nelle lingue e nelle scienze ecclesiastiche. Nel n.° 79 del Diario di Roma i845 si legge, come il lodato cardinale avendo ordinato che la sera del i5 settembre si tenesse nel palazzo municipale solenne tor- nata dell'accademia de Risorgenti da lui restituita , protetta e am- pliata, nella gran sala magnifica- mente illuminata, monsignor Carlo

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Gazola pronunziò dotta orazione in- torno alla divina epopea di Ales- sandro Soumet; e che quindi eb- bero luogo i componimenti poetici con importanti argomenti, recitati da chiari letterati e personaggi, avendo decorato il trattenimento accademico il cardinal vescovo di sua presenza e plauso. Inoltre nel n.° 3o del Diario 1846 si narra come l'accademia celebrò il 3 apri- le qual giorno sagro ni dolori di Maria Vergine protettrice de'Risor- genti, nel nobile collegio Campana, in cui la sera si tenne la consueta solenne accademia nell'oratorio col fiore della città. Furono cantate dagli alunni e convittori alcune strofe dello Stabat Maler, con mu- sica de' filodrammatici osimani : il eh. conte Cesare Gallo lesse la pro- sa sul gran mistero della Reden- zione, cui seguirono altre strofe e le composizioni poetiche analoghe alla passione del Figlio e ai dolo- ri della Madre, con viva soddisfa- zioue del cardinal mecenate e pa- trono. L' origine di questa accade- mia col nome di Sorgenti si deve al vescovo cardinal Bichi nel 1671, in cui si recitarono erudite disser- tazioni anco sopra patrie antichità, oltre i poetici componimenti, nelle frequenti adunanze. Colla morte del cardinale mancò utile esercizio, finché il canonico Stefano Bellini rettore del collegio Campana, nel 1770 in questo lo ristabilì colla de- nominazione di Risorgenti. Tanto ri- porta il Vecchietti nelle Memorie del Compagnoni t. IV, p. 3io. Gli ac- cademici si denominarono Risor- genti, col motto del Venosino: A- liusaue et idem nascerìs, poiché gli antichi Sorgenti per esprimere il nascimento della loro accademia ebbero per impresa il sole che sorge.

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Il conte Paolino Mastai Ferretti, No- tizie delle accad. d'Europa, riferisce a p. 61, die inOsimo il vescovo Com- pagnoni l'ondò un'accademia per la disamina della storia ecclesiastica. In questa città la famiglia Bellini possiede un gabinetto numismatico: è altresì degna di osservazione la biblioteca. 11 Zaccaria, Excursus Ut- ter. per Italiani, tratta della Biblio- ih. Compagnoni episcopi j Museum Leopardium ; Codices mss. in prì- valoriali aedibus ; archivia episco- pale et civitalis, unde chartae ali- quae emendatiores danlur quam apud Martorellium leganlur j Ana- glypha duo principes Templi, ec. Vi sono cinque conventi di religio- si^ compresi i cappuccini ed il ri- tiro de'minori osservanti a poca di- stanza dall'abitato ; tre monasteri di monache, fra le quali le cappucci- ne di dentro di rigida osservanza, e le cappuccine di fuori rinomate pei tessuti di tele operate; a que- sti s'applicano ancora le povere zi- telle racchiuse nel conservatorio di s. Leopardo. Altresì in Osirno vi è l'ospedale pegl' infermi, l'ospizio o orfanotrofio per gli esposti, il semi- nario con alunni, alcune confrater- nite ed altri istituti d'istruzione e beneficenza, come il monte di pietà. In ogni tempo fiorirono osi ma- ni in santità, dottrina, armi e di- gnità, fra' quali oltre i rammentati in questo articolo, nomineremo i più celebri, le cui notizie come del- le principali famiglie, riporta il Mar- torelli, molti essendo stati insigniti de' primari ordini cavallereschi. Ol- tre i martiri e santi di cui parlasi in questo articolo, s. Bonfìglio ve- scovo di Foligno., s. Silvestro Goz- zolini fondatore de' tuonaci silvestri» ni, il beato Nicolò Romani, e Car- lo Martello Dilajuli, morto in odo-

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re di santità. Divennero cardinali , nel i58i Anton Maria Galli o Gallo j nel i 747 Raniero Simonet' li j nel 1785 Muzio Gallo, de'qua- li parliamo alle biografie. Furono vescovi, Luigi Gallo d'Ancona, Fran- cesco Cini di Macerata e Tolenti- no, Guarnino Guarnieri di Reca- nati e Loreto , Ascanio Marchesi- ni di Calvi, Pietro Valerio Mar- torelli di Montefeltro autore di ope- re, il quale lasciò a comodo del pub- blico la sua ragguardevole libreria in cura de' filippini, Antonio Maria Pranzoni di Minervino, Francesco Sinibaldi di Sessa, e quelli che lo diventarono della patria lo diremo nella serie de' vescovi. Prelati, Sta- tilio Paolini segretario de'memoria- li di Clemente Vili, Antonio Gia- como Gallo votante di segnatura, Francesco Guarnieri chierico di ca- mera, Gio. Francesco Gallo gover- natore di vari luoghi, Nicolò de'Ro- mani segretario d'Urbano V e Gre- gorio XI. Magistrati, Traiano Gal- lo luogoteneute dell' A. C, Gozzone Cozzoni, Vincenzo Galli, Carlo Si- nibaldi. In giurisprudenza , Cino Campana avvocato concistoriale, Di- taiuto Ditaiuti vicario generale, Pao- lo Emilio Gallo, Girolamo Garzo- ni, Pietro Filippo Martoielli. Lette- rati , Fabrizio Campana , Nicolò Ditaiuti, Teodosio Fiorenzi came- riere segreto di s. Pio V, Au- relio Jaunicoli generale de'silvestri- ni, Bernardini Pini, Tommaso Stel- la , Annibale Sinibaldi , Luigi Martorelli canonico vaticano autore d' opere, la cui famiglia sino dal 1208 si stabilì in Osimo. Ad essi aggiungeremo: il sacerdote Ales- sandro Bultari di cui pubblicò la vita Janicoli, il gesuita Gio. Batti- sta Buttali la cui vita nel 1 84 4 fu stampata in Loreto, il sacerdo-

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te Domenico Santini, Andrea Bo- Danni, il sacerdote Francesco Fui- na. Nelle armi si distinsero, Lipazzo e Andrea Gozzolini, altro Andrea e Nicolò Gozzolini, Nicolò Ditaiuti, Fe- derico e Muzio Campana, Lodovico Fiorenzi, Cesare e Prospero Guar- niero Fabio Gallo, Onorio Guarnie- ri, Bartolomeo Guzzoni, altro Cesare Guarnieri, Buccolino Guzzoni, Pier Domenico Leopardi della più antica famiglia nobile d' Osimo, Dario e Francesco Nelli, Carlo e Pollione Sinibaldi, Sinibaldo Sinibaldi, Giu- lio Sinibaldi. Il catalogo de'podestà d' Osimo il Martorelli lo riporta a p. 435 e seg., e l'incomincia con Bongiovanni Albertini del 1 177, re- gistrando per ultimo Giacomo Bos- so spagnuolo. In processo di tempo i Papi destinarono a governare Osi- mo de' podestà con patenti della congregazione di consulta, indi Pio VII nominò un governatore di bre- ve, e tuttora un governatore vi ri- siede, essendo Osimo capoluogo di governo distrettuale, che comprende le comuni di Castel Fidardo, Mu- gliano, OfFagna e Polverigi, coli ap- podiato Castel dJEmilio, con 25,34?- abitanli, de'quali 1 3,433 d'Osimo, secondo l'ultimo riparto territoriale. L'industria conta in Osimo alcune fabbriche di tessuti di lana, ed il bell'opificio Dittai uti per la strut- tura della seta : nelle varie sue fie- re e negl' invernali mercati fa no- tabile traffico di bestiame, granaglie e carne porcina, avente il territorio ubertoso specialmente di grano, vi- no e olio di ottima qualità. La città è sotto la protezione della Beata Vergine del Rosario e di va- ri santi, fra' quali di s. Vittore, la cui festa celebrasi con processione, e prima col suo carro. Deve saper- si, che anche Osimo ebbe il suo

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carroccio, V origine del quale però si perde Dell' antichità, prendendo poi il nome di Carro di s. Fitto- re3 e sotto questo si mantenne lun- go tempo, ponendovi la di lui im- magine vestita da guerriero; solo fu tolto quando Bonaparte fece del- l' Italia una provincia francese. Il modo stesso della processione attua- le indica che quel carroccio era insegna di popolare potenza. Il car- ro era tirato da due bovi grossi e preceduto da un individuo che reg- geva un' antenna da cui pendeva ricchissimo drappo, sul quale erano le cinque torri (in forma di rocca, figurando la più alta Osimo come capo della Pentapoli picena, e le altre le quattro città che la compo- nevano) antico stemma del municipio, in memoria del primato che la cit- tà si ebbe nella Pentapoli picena. \J encomiato Montanari nel Giorn. milk. ital. n.° 34, anno I, ci diede un bell'articolo sul carro di s. Vit- tore e sua processione.

L'origine di Osimo essendo re- mota come quella di tutte le città antiche, si rimonta ai parenti di Noè ed a favolosi racconti , altri stabilendola i5 anni dopo la rovina di Troia. Fu detta dai latini Au- ximum, a quo Auximales popirfi, ed ai tempi di Pompeo fu appella- ta civilas quippc magna, restando qualche vestigio sin dove si esten- desse la sua ampiezza, della quale fanno pure testimonianza Plutarco, Procopio, Biondo ed altri ; anzi ce- lebrasi come fortissima e grandis- sima sopra d'ogn' altra della Mar- ca. Contribuiva alla sua grandezza una Padusa navigabile da Numana ossia Umana alle radici di questi colli, che descrive il Martorelli con prove e notizie, come della gran- dezza e potenza d'Osimo sino da

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queir epoca, derivatagli anche dalla comunicazione col mare. Congettu- ra Compagnoni che Osimo sia fon- dala, come le vicine Ancona e Nu- mana, d ai siculi-greci, ne riporta le ragioni, dicendone prova lo stesso nome della città, prima greco, poi latinizzato, e da Auxo fecesi Au- xwnum o Auximum, forse da Auxo dea e una delle Grazie cui gli ate- niesi prestarono particolare culto, ovvero da quel verbo significante accrescere, aumentare, in significato di accrescimento ed estensione di siculo dominio dopo l'edificazione d' Ancona. Dipoi i sabini piceni se ne impadronirono, poco dopo la se- guita fondazione di Roma. Il Co- luccij Antichità picene t. V, ripor- ta un trattato in quattro articoli : Della origine e antichità di Osimo, che servono di preliminare agli an- nali di essa città. Nel primo arti- colo si parla del sito, nome e ori- gine di Osimo, cioè: l'antica Osi- mo era nel sito istesso in cui esi- ste presentemente. Si esaminano i nomi Auximum, Auximales , Ausi' munì, Ausimales , Oximum ; si pro- va che tutti sono originali e non corrotti. Si asserisce che per Oximi s'intese da T. Livio la città d' Osi- mo del nostro Piceno. Omesse le ricerche su de'primi popolatori del- la provincia, si stabilisce che la ori- gine di una città si può ripetere dal popolo che fondò la contermi- ne, quando sia noto. Ancona e Nu- mana furono fondate dai siculi: for- se gli stessi fondarono Osimo. Si conferma con altre ragioni : si scuo- pre un errore del Bacci, e si esclu- de l'agro Pretuziano dalle vicinan- ze di Osimo. Si rende ragione per- chè Plinio non dicesse espressamen- te che Osimo ancora fosse fondata dai siculi. Si parla dell' etimologia

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del nome Auximum che si ripete dal greco, e se ne deduce un'altra prova per crederla fondata dai si- culi. Si propone altra congettura sull'etimologia del nome della città. L'epoca della fondazione d'Osimo ripetersi dai siculi. Si può anche leggere la dissertazione del sacerdo- te osimano Filippo Vecchietti, in- torno alla città Atesina, nella quale si cerca se la città Ausiua, ricorda- ta da s. Gregorio I, sia Jesi o piut- tosto Osimo; e la Risposta alla dis- sertazione intorno alla città Atesi- na di Girolamo Baldassini.

Vuoisi che Osimo si governasse con proprie leggi, avanti l' ingran- dimento della repubblica romana; tale libertà divenne ancor più sta- bile per mezzo dell'alleanza e giu- ramento di fedeltà fatto coi vitto- riosi romani nell'anno 4^4 di " ma. Decaduta quindi nel 4^4 dal - lo stato di confederata del popolo romano, per la guerra mossa al Piceno, poiché ridotto questo dal console Sempronio, non senza gran- de spargimento di sangue, in pieno servaggio, è credibile che ancora Osimo discendesse nella condizione di prefettura, legge cui erano sot- toposti da Roma que' popoli accu- sati di rotta confederazione, di che si opinò allora de'piceni. Tuttavol- ta poco dopo la sconfitta, i roma- ni ad alcune città accordarono la qualifica di colonia, e più tardi ad Osimo, cioè nell'anno di Roma 5g6 secondo Velleio Patercolo se- guito dal Compagnoni, ovvero pri- ma vi fu dedotta secondo Li- vio, giacché nell'anno 579 essendo consoli Sp. Postumio Albino e Q. Muzio Scevola , ebbero i censo- ri impegno di cingere Osimo di mura e di costruire intorno al dop- pio di lei foro opportune taverne a

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comodo de' negozianti, laonde è pro- babile che nel 578 avesse princi- pio la colonia osimana. Il Com- pagnoni ripugna che divenisse mu- nicipio, e confuta Martorelli e gli altri che affermarono avere ricevu- to la qualifica municipale. Bensì la colonia di Osimo costituì col suo popolo altre colonie, chiamate co- lonie della colonia d'Osimo, ed è perciò che dagli storici si dice che gli osimani dierouo il nome alla provincia: la colonia ehbe tulli i suoi magistrati onde governarla a modo di piccola repubblica, e quel- li che nelle più cospicue s' incon- trano, come i decurioni, dal cui ce- to si prendevano quelli che com- ponevano la pubblica rappresentan- za; i triumviri, magistrato che da- masi alle città principali; i seviri, gli augustali, gli edili, i giudici della ragione, i questori, i pretori con giurisdizione sopra altre colo- nie e fra le altre di Jesi e Umana come osserva Martorelli. Ad Osimo non mancarono i collegi de' cen- tenari e de'fabbri, i pubblici edifizi, cioè i bagni, il campidoglio, il teatro, il circo de' giuochi e degli spettacoli, delle quali cose nelle la- pidi osimane ve u'è espressa men- zione. I cittadini erano scelti a pro- tettori di altre colonie e municipi, come avvenne in persona di M. Op- pio Capitone, patrono de' municipi di Numana e di Treia, e della co- lonia Esina, non che di T. Catinio edile di Pozzuolo, e patrono della colonia di Jesi stessa. Da ciò può rilevarsi quanto i cittadini di Osi- mo erano saliti in riputazione, ve- nendo dalle altre popolazioni ele- vali a cariche ed onorificenze. Il Colucci nell'' articolo secondo parla della città e suo governo politico ne' seguenti argomenti. Osimo dallo

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stato di libertà passò ad essere pre- lettura. Opere che fecero i romani in Osimo, essendo ancora prefettu- ra. Si cerca se vi sieno ruderi dei muri rifatti dai romani censori. Da- gli avanzi di essi prendesi lume per misurare l'ampiezza dell'antica città. Si riferiscono i passi degli autori che parlano della deduzione della colonia osimana, e i vari sentimeli- ti. L'epoca della colonia doversi ri- petere al 596, e se ne adducono le ragioni. Memorie del territorio osimano presso gli antichi scrittori, il quale avea circa l'estensione at- tuale, indi si accrebbe ne'secoli bar- bari e dopo la distruzione delle città confinanti. Si cerca se in Osi- mo seguissero altre deduzioni colo- niche, e se fosse mai municipio. Il suo governo politico fu come delle altre colonie; si parla della sua re- pubblica e divisione del popolo in tre gradi. Il principal magistrato fu de'prelori, e trattasi de'quinquenna- li, giudici, questori, edili , seviri, augustali, collegi delle arti come ri- sultano dalle lapidi, e memorie dei sacerdoti gentili che furono in Osi- mo. Nell'articolo terzo il Colucci di- scorre delle opere e luoghi pubbli- ci d' Osimo, iscrizioni e frammenti che ne restano, cioè. De'pubblici edi- fizi che furono in Osimo rilevati dalle iscrizioni e prima de' templi de' numi e del loro culto. Dell'an- tico foro osimano, e notizie che se ne hanno dagli scrittori. Del teatro e altri luoghi destinali in Osimo per gli spettacoli pubblici, e delle ter- me. Lapidi e frammenti di esse appartenenti a benemeriti cittadini osimani ; cose più notabili che si incontrano nelle iscrizioni.

11 merito della colonia osimana fu più manifesto allorquando Pom- peo Magno l'anno di Pioma 670 vo-

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leudo far leva di truppe contro Cn. Carbone, in considerazione del suo splendore e come città grande, vi si recò, e scacciati prima i due fra- telli Ventidi principali cittadini e partigiani di Carbone, in mezzo al foro assunse da la pretura e il titolo di generale dell'esercito, che raccolse dipoi iu tutto il Piceno in gran numero, che potè unire in- sieme tre legioni. Ivi si trattenne non solo come città grande e co- moda a formarvi l'esercito, ma an- cora per le possessioni e delizie che vi possedeva la propria fami- glia. Altro testimonio decoroso del- la grandezza e potenza della colo- nia osimana è quando suscitatasi la famosa guerra civile tra Giulio Ce- sare e Pompeo, questi spedì nella città Azzio Varo con buona truppa per presidiarla come tenuta la chia- ve del Piceno, mantenerla a fe- dele, e impedire qualunque novità. In questo mentre avendo i decurio- ni di Ostino, dopo il passaggio del Rubicone, saputo l'arrivo di Cesare colla decimaterza legione, subito si presentarono ad Azzio, e Io persua- sero con energico discorso a partire dalla città, dichiarando e intendendo fargli resistenza, e non poter fare a meno di aprire a Cesare le porte, come tanto benemerito della repub- blica. Varo o intimorito dalle mi- lizie cesariane o mosso dal valore o potenza della città o dal rispetto pei decurioni, prontamente fuggì colle sue coorti, lasciando in libertà la piazza. Indi giunta qualche par- te delle milizie di Cesare, ed uni- ti visi gli osimani furono improvvi- samente sopra a quelle d' Azzio che ruppero con uccisioni e molti pri- gioni, onde si meritarono gli elogi di Cesare ne'siioi commentari, che giunto nella città fece rilasciare L.

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Puppio primipilo o comandante di una compagnia, e distintamente rin- graziò gli osimani. Il fiorente stato io che trovavasi Osimo al tempo della decadenza della repubblica ro- mana, non pare che venisse meno presto, come accadde di altre ri- spettabili colonie; seguitò a godere il primiero suo lustro e splendore ancora negli anni appresso, lo che rilevasi dalle antiche basi e statue ch'esistono nella città, le quali qua- si tutte furono innalzate ne' primi secoli dell'era cristiana, ad onoran- za di que'nobili cittadini che si di- stinsero per cariche lodevolmente sos- tenute in Roma , o che per grazie e favori compartiti alla patria si resero di essa benemeriti. Non vi è dubbio che Osimo verso il V se- colo di nostra era pervenne al più alto grado di splendere tra le altre città del Piceno, giacché scrivendo Procopio della guerra gotica, affer- ma che i romani riconoscevano que- sta città per capitale del Piceno e per la metropoli di tutta la nazio- ne, anzi in detta guerra la chiave dell'impero in Italia, onde fu forse V oggetto principale de'due eserciti combattenti ; si deve tacere che L. Floro die il pregio di capitale del Piceno ad Ascoli presso il fiu- me Tronto, altra colonia nobilissi- ma per aver fatto la prima figura nella guerra sociale, come scelta da- gli alleati a piazza d'arme nell'an- no 4^4 di Roma, mentre Osimo fu solamente considerata per metro- poli del Piceno molto più. tardi di tal guerra, e quando Ascoli per le vicende de' tempi era già decaduta dall' antico suo splendore, massime in tempo della guerra gotica ; così si possono conciliare Floro e Pro- copio. Osimo ne'primi del V secolo era la più bella città della Penta-

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poli del Piceno, e ne iti considera- diversi scrissero, rovinassero la città, ta capo di essa e la più raggirar- dopo avere esaminalo tal punto devole, residenza del pretore e al- dichiara che certamente fu travaglia- tri magistrali della provincia coi ta dai goti e dai longobardi. Ritor- littori. nata sotto i greci vi si mantenne Disciolto l'impero d'occidente, tra per più di un secolo, quando i popoli i barbari invasori vi furono i goti, divoti a s. Gregorio 11 e sua doini- che per scacciarli da Roma e dal- nazione, si ritirarono dall'imperatore l'Italia, l'imperatore Giustiniano I Leone l'Isadrico, di che profittandone nel 536 vi spedì il prode Belisario il re Luitprando occupò la Pentapoli che riprese Roma. Allora i goti si e Osimo circa il 728, in un al patri* ritirarono in Osimo come in luogo monio che ivi avea la chiesa roma- sicuro e inespugnabile, ponendovi na, il cptale poi restituì a Papa s. il re Vitige il maggior nerbo di Zaccaria in JN'arni. Minacciando i sua gente, e un presidio di 400° longobardi di estendere le usurpa- soldati de'più scelti, tenendo per cer- zioni fatte sui dominii della chiesa to che il vincitore non Io avrebbe romana e nella Pentapoli, il Papa assediato in Ravenna avanti di re- Stefano II detto III ricorse all'aiu- care Osimo in suo potere. In fatti to di Pipino re di Francia, il qua- Belisario stretti d'assedio i goti, que- le costrinse Aislulfo a restituire le sti domandarono soccorso al re, di- terre occupate, quindi ampliò il cendogli che colla perdita d' Osimo principato del romano Pontefice an- si poneva la chiave dell'impero in che con la Pentapoli del Piceno mano ai nemici forti di 1 1,000 no- in un ad Osimo, che però i lon- mini. La città fece lunga e vigo- gobardi ritennero, e altrettanto fe- rosa resistenza, e Belisario la prese ce il re Desiderio ad onta delle re- più con stratagemma che con la plicate rimostranze de'Papi. Trava- forza, avvelenando l'acqua della fon- gliando questo re Adriano I, accor- te magna che serviva ai bisogni se a difenderlo Carlo Magno, che della città, così detta dal credersi imprigionato nel 773 Desiderio e fabbricata al tempo di Pompeo Ma- dato fine al regno longobardico, con- gno. Calati i longobardi in Italia fermò le donazioni fatte alla chiesa nel 568, dipoi verso il 575 anche romana; così Osimo passò definitiva- Osimo soggiacque al loro dominio metile sotto il paterno dominio della nella decadenza dell'impero greco, santa Sede, mentre era governato dal e pare che il medesimo fosse in ter- suo particolare duca, formando allora rotto, rilevandosi dalle lettere di s. Osimo un ducato. Quindi gli osima- Gregorio I, che chiama Osimo re- ni uniti ai fermani, anconitani e pubblica e per vizio di codici avi- agli abitanti del castello di s. Feli- tas Ausina (la qual denominazione cita, spedirono solenne ambasceria a Compagnoni e Martorelli esamina- Roma, si dierono alla santa Sede no se convenga più a Osimo che con stabile dominio insieme alla a Jesi, Vedi), esservi allora in essa Pentapoli, giurarono fedeltà a s. Pie- uno de' principali comandanti delle tro e ad Adriano I, e si tagliaro- truppe imperiali, Bahan magister no capelli e barba all'uso de'roma- miliUim. Però il Compagnoni non ni, anche per detestare quello dei ammettendo che i vandali, come longobardi, sebbene alarne famiglie

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di tal nazione si stabilirono in Osi- ma

Questo dominio della chiesa ro- mana fu confermato nel 962 con diploma di Ottone I a Giovanni XII, giacché pare che Osimo nel secolo X seguisse il partito imperiale, indi tornasse all' obbedienza della santa Sede. In fatti nel secolo X un giudice del sagro palazzo in nome del Papa vi rese ragione, e s. Leo- ne IX ritornando di Germania vuoi- si che si recasse in Osimo nel io53, ed ai 3 1 marzo vi consagrasse la cattedrale ; altra consagrazione si at- tribuisce al vescovo Gentile o altro pastore. Dipoi nel to5g si portò iti Osimo Nicolò II, essendo mal- contento di alcuni magnati romani, e per informarsi intorno alle cose de'ribelli anconitani, o per impedi- re qualche novità tentata dai con- quistatori normanni ; vi giunse nei primi di marzo, ed ai 6 vi fece una promozione di cardinali nel sab- bato de'quattro tempi: tranne De- siderio, che fu poi Vittore III, non si può stabilire con certezza chi fos- sero gli altri cardinali per la discre- panza degli autori. Agli 8 Nicolò era ancora in Osimo, come si ha da un privilegio ivi spedito per Mon- te Cassino, indi nell'aprile si ritirò in Roma. In questa città il Vec- chietti a' 19 giugno 1769 lesse nel- l'accademia ecclesiastica la bella Dis- sertazione intorno ad una promozio' ne di cardinali fatta da Papa Ni- colo II nella città d' Osimo: si leg- ge nel t. I, p. 372 del Compagno- ni. Gli osimani quindi aderirono al- l'antipapa Clemente III, che soste- nuto dalle armi dell'imperatore En- rico IV, si fece riconoscere in mol- te terre della Chiesa. Essendo mar- chese della Marca Guarnero svevo, venue in Italia l'imperatore Fede-

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rico I, che inutilmente assediò An- cona perchè soccorsa dai greci, e sostenne contro Alessandro III tre antipapi. Nel 1172 l'imperatore fe- ce di nuovo assediare Ancona da Cristiano arcivescovo di Magonza, e fra i popoli che accorsero ad aiu- tarlo vi furono gli osimani seguaci di Federico I, secondo il Saraceni ; ma Martorelli nega che Osimo ade- risse all'imperatore sibbene a Ales- sandro III, il quale commise al ve- scovo Gentile importanti affari, e nel 1 177 intervenne alla famosa pa- ce tra il Papa e Federico I. Ces- sata la persecuzione di questi con- tro la santa Sede, nou terminò l'ade- renza d'alcuni popoli fomentata dai rettori o marchesi tedeschi della Marca, massime da Marcualdo, on- de seguirono frequenti guerre e usurpazioni di territori!, per cui gli anconitani e osimani stabilirono una confederazione difensiva e of- fensiva contro qualunque, tranne la Chiesa e i collegati, nel 1 r 98.

Frattanto guerreggiando gli osi- mani coi recanatesi, Inuocenzo III li pacificò a mezzo del cardinal Gio- vanni legato della Marca, con reci- proca restituzione di uomini e ter- ritorii presi. Continuando diverse con- troversie e guerre tra alcuni popoli della Marca, Innocenzo III nel 1 199 chiamò ciascuno de' loro ambascia- tori ad parlamento in Roma , ed intese le loro ragioni li pose in concordia, notificandone i risultati con suo breve al vescovo , clero e podestà d'Osimo per distinzione dal- le altre città della Marca, e perciò la pose sotto la protezione di s. Pie- tro. Da questo racconto non pare interamente vero quanto scrisse il Baldassini, che Osimo ritornò all'ob- bedienza della romana chiesa sotto Innocenzo III, non essendosene sot-

OSI tratta ; piuttosto, seguendo il Vec- chietti, si debba intendere la fazio- ne dominante della contrada. Ver- so questo tempo si pone la distru- zione de' vicini castelli di Monte Cerno e Castelbaldo dagli osimani, che pur sottomisero come diremo i ringoiasi, e ricuperarono vari ca- stelli del contado , tutto narrando Compagnoni. L'imperatore Enrico VI die l'investitura della Marca d'Ancona a Marcualdo che si ri- bellò alla Chiesa, devastò e incen- diò più luoghi. Il Papa gli spedi le- gati per ammonirlo, ma inutilmente, per cui venne scomunicato. Tra i luoghi devastali vi fu Monte Fi- luttrano, e allora molte sue fami- glie, di Tornazzano ed altri castelli per sicurezza vennero a ricovrarsi in Osimo, come sito munitissimo e tenuto di diffìcile espugnazione. Al- la morte dell'imperatore, Innocenzo III non riconobbe il fratello Filip- po, invece coronò imperatore Ot- tone IV , scomunicando il primo co' suoi fautori, essendo insorte an- che nella Marca fazioni che segui- vano ambedue : Cingoli aderì a Fi- lippo, Osimo a Ottone IV, il per- chè tra loro sursero nuove dissen- sioni e guerre, ed i cingolani furo- no costretti darsi col loro podestà nel 1204 ad Osimo, ad onta del famoso trattato di pace conchiuso in Polverigi, tra le città e terre marchiane, nel precedente anno a' 17 gennaio, Osendone podestà e resi- dente in Osimo Gottibaldo marche- se della Marca d'Ancona. Dai mo- numenti rilevasi l'antica giurisdizio- ne che Osimo avca nello spiritua- le, e poi anche nel temporale so- pra Cingoli, e fin dove si estende- va il contado del suo vescovato, e come alla mensa cattedrale erano annessi più castelli. In questo teui-

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Osimo restituì al suo vescovo Gentile i castelli occupali nella guer- ra. In seguito i podestà arrogan- dosi maggiore autorità, anco sugli ecclesiastici, indussero Innocenzo III a commettere al cardinal Cenci le- gato della Marca di ammonir gli o- simani che fossero obbedienti alla Chiesa nello spirituale, che nel temporale, ed al vescovo di Rimi- ni di costringere colle censure il podestà, senatori e tutta la città a risarcire i danni dati, e soddisfare alle ingiurie fatte alla chiesa di Ra- venna sopra i castelli d'Ubaldo, Monte Cerno e Rosciano di sua pertinenza, quali si demolirono di commi consenso per togliere ulte- riori liti e scandali. Nel 12 12 gli uomini del castello di Camerano giudicarono spediente porsi sotto la difesa e protezione d' Osimo. Con approvazione d'Innocenzo III, Ot- tone IV nel 12 14 investì della Marca Aldobrandino d'Este, il quale confermò ad Osimo le sue giuris- dizioni sugli uomini e terre di tut- to il contado e distretto, special- mente su Montefano , Moutezaro, Casarolo, Montefìlottrano', Cerqua , Castel d'Ubaldo, Monte Cerno, e di Poggiolo con piena ragione di do- minio in perpetuo, promettendo coo- perare alla distruzione di Castel Ficardo. Quindi il marchese prima prese in imprestilo da Osimo tre- mila libbre moneta di Ravenna , donde rilevasi l'opulenza della città e buona corrispondenza con Aldo- brandino. Avvelenato questi da' conti di Celano, il fratello Azzolino con- fermò agli osimani nel 1219 tutte le loro ragioni.

Nel I2i5 passò per Osimo s. Francesco d'Asisi, e predicando frut- tuosamente nella pubblica piazza , indusse molti giovani a seguirlo;

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indi in mezzo alla selva di Fora- no, nel contado d'Osimo, vi fece scaturire un miracoloso fonte, riedi- ficando ivi altro convento, essendo forse l' antico de' benedettini, pas- sandovi poi i riformati : in esso il b. Corrado da Oflida ebbe nelle braccia dalla Beata Vergine Gesù bambino, cioè da un' immagine di- pinta in una cappelletta da mano angelica, come vuole la tradizione, ed ivi mori. Raimberto podestà di Cingoli coi fratelli si fecero citta- dini d'Osimo, indi dimenticati i giuramenti fatti, si collegarono coi suoi nemici anconitani e recanatesi, menti' erano con essi in guerra; però d'ordine d' un general parla- mento fatto nella pubblica piazza furono banditi con confìsca de' be- ni. In vece Appigliano, da antico tem- po soggetto a Osimo, promise di non eleggere rettore die del proprio iuo- go o osimano, di consenso del ge- nerale consiglio. Deposto Ottone IV, da Papa Onorio III fu coronato Federico II figlio di Enrico VI, che ben presto cominciò a travagliare la Chiesa, provocando le censure pontificie. Nel 1222 Macerata spe- di un ambasciatore a Osimo , per aver licenza di collegarsi con alcu- ne terre, e nel 1227 gli osimani ollrirono aiuti a' riminesi. Prima di questo tempo venuto Federico li nella Marca con l'esercito, dopo la presa di Spoleto, Osimo a preveni- re il suo furore si arrese con van- taggiosi patti, salva la giurisdizione del contado e il dominio su Cin- goli e sue ville. Del contegno degli osimani ne fu indignato il nuovo Papa Gregorio IX, e differendone: il castigo nel 1240 trasferì la sede vescovile a [decanati, forse indispet- tito quando Enrico figlio dell'im- peratore piantò gli accauipainctiU

OSI presso Osimo. Inasprite le fazioni de'guelfi e ghibellini, esterminio d'I- talia e d'Europa, Innocenzo IV ri- volse le sue cure alla Marca, cui spedì Marcellino vescovo d' Arezzo e capitano generale , che si avvici- nò colle milizie ad Osimo per torla agi' imperiali, i quali comandali da Roberto di Castiglione vicario im- periale, presso Civita Nova, o sotto Osimo al dire di Baldassini e Com- pagnoni, lo sbaragliarono, gli pre- sero il carroccio e impiccarono il prelato. Federico II intanto con di- ploma del 1247, in riguardo a'ser- vigi resi, ordinò che ogni volta che il podestà di Osimo dovesse por- tarsi per la Marca, o fuori di essa, il comune non fosse tenuto pagargli ogni giorno oltre venti soldi. In det- to anno Innocenzo IV concesse al vescovo d' Umana la giurisdizione spirituale sulla città d'Osimo, per compenso di essergli stata tolta Re- canati, cui restò il restante della diocesi osimana, e nella chiesa di s. Flaviano i canonici e il titolo di c<z- iliedralem Auximanam sedem.

Morto nel 1200 Federico II, si dice che gli osimani ritornarono al- l'obbedienza d' Innocenzo IV, in- di si videro costretti aderire a Manfredi naturale di Federico li, quando con 20,000 saraceni si pose a danneggiare la Marca, per- ciò scomunicato da Alessandro IV. Soffrendo con pena gli osimani di vedersi contumaci della Chiesa, per- chè la necessità gli avea fatti seguaci di Federico II e suo figlio, in oc- casione che detto Papa mandò alla Marca Aunibaldo suo nipote per rettore, benché alcune città e terre si sollevarono, essi ne presero le parli, e mostrando l' antica fedeltà alla Sede apostolica, meritarono lo- di e ringraziamenti da Alessandro

OSI IV. Al successore Urbano IV Osi- rao inviò ambasciatori per la resti- tuzione della cattedra, e T otten- nero nel 1264, colla conferma del mero e misto impero, e di tutte le sue antiche giurisdizioni, in premio di avere pei primi corrisposto alle sue premurose esortazioni , di riti- rarsi da Manfredi e ritornare al dominio papale, come città forte e popolosa di valorosi cittadini. Di più. rielesse in vescovo s. Benvenu- to che dichiarò rettore della pro- vincia. Per sostenere il partito guel- fo della Chiesa, gli osimani soffri- rono pei ghibellini e continui dispen- di per l'esercito di Manfredi, onde ricorrendo a Clemente IV, otten- nero di non essere gravati in som- ministrare soldati e dar loro le paghe. Carlo I d'Augiò fatto re di Sicilia dal Papa, vinse Manfredi e distinse que'nobili clie avevano com- battuto sotto i propri stendardi, con autorizzarli ad aggiungere nelle lo- ro armi il rastello con tre gigli d'oro, come fecero gli osimani Leo- pardi, Claudi, Fiorenzi, Sinibaldi e Nelli. Nel 1280 avendo i Simonet- ti usurpata la capitania di Jesi e commessi molti eccessi, Onorio IV per punirli quali ribelli domandò aiuto agli osimani. Continuando le fazioni a desolare la Marca, al ret- tore Antonio vescovo di Fiesole si ribellarono alcuni luoghi, cui suc- cesse Pvambaldo di Trevigi. Osimo fedele alla Chiesa servì d'argine in loro difesa, per cui meritò dal pri- mo nel i3o3 facoltà di ridurre in Castello Poggio s. Giustino poi det- to s. Faustino con rocca, e dal secondo nel i3o5 di poter fortifi- cale la vilia di Cerlongo, per si- curezza degli abitanti del distretto d'Osi mo: io detto anno Clemente V stabilì in Francia e poi . in A-

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vignone la residenza papale, che vi restò per sette pontificati con gra- ve danno d'Italia. Verso il 1 3o3 si compilarono i più antichi statu- ti osimani. Nel 1 3oo, o 1 3 1 4 Pei* pretensioni di confini accadde san- guinoso conflitto tra gli anconitani guelfi e gli esini aiutati da Osimo e dal conte Federico d'Urbino ca- poparte ghibellino, con gran stra- ge de'primi e perdita del carroc- cio e bagaglie, ricevendo gli osi- mani in dono gli stendardi presi al nemico. Prevalendo in Osimo il partito di Lipazzo e Andrea Guz- zolini ghibellini, nel 1 3 16 s'im- padronirono con violenza della cit- tà, sottraendola dall'obbedienza del- la Chiesa, occupando pure Offagna, Monte Cassiano e Appignano, in- carcerando il vescovo Giovanni per non volere dichiararsi ghibellino, e commettendo le maggiori iniquità in Recanati ed in altri luoghi; te- mendo poi il risentimento del Pa- pa, chiamarono a proteggerli il det- to conte Federico di Montefeltro, come narra il Reposati , per cui Giovanni XXII fece bandire contro di lui la crociata come nemico della Chiesa e fu fatto in pezzi. Avendo affermato Ercole Gallo, che Monte Filoniano, Monte Fano, Staffolo, Appignano, Monte Cassiano, Castel Ficardo e altre terre per la maggior parte furono edificate da- gli osimani, il Martorelli con do- cumenti vuol provare contro l'An- gelita, che Monte Cassiano appar- tenne al dominio e contado d'Osi- mo. Frattanto Giovanni XXII, non tanto per le accennate scelleraggiui dei Guzzolini, quanto per la pri- gionia del b. Giovanni, che in essa moiì, e le sevizie ed oltraggi fatti al suo fratello e successore Berar- do, dopo diversi monilorii scomuni-

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co il popolo d'Osimo, lo privò del suo contado, condannò a pagar grosse somme i detti tiranni , il podestà e priori, ed inoltre gli levò il nome di città nel i320 circa, dando al vescovo il titolo di vesco- vo della dìocasi osimana. In questo tempo calato in Italia Lodovico il Bavaro nemico del Papa, spedi U conte di Chiaramonte nella Marca per obbligarla a seguitare il suo partito come successe con Osimo, ebe soggiacque coi luoghi defezio- nati al pontifìcio interdetto. Gli osimani coi collegati , dolenti di tante censure, mandarono oratori a Giovanni XXI! in Avignone per implorare perdono, abiurando gli errori che loro s'imputavano, dete- stando la ribellione e promettendo con giuramento fedeltà e obbedien- za; per cui nel 1 333 furono as- solti solennemente e rimessi in gra- zia coi loro alleati, poiché molto prima gli osimani erano stati ridot- ti alla divozione del Papa dal car- dinal Poggetlo, prevalendo nella Marca la parte guelfa, avendo scos- so sino dal i322 il giogo de' loro rettori alla morte dello scomunica- to Montefeltro.

Espulsi i ribelli Guzzolini, gli osimani elessero per rettore Mala- testa da Rimini , e poi Pollione Sinibaldi nobile e prode concit- tadino , continuando Lipazzo coi ghibellini a sollevare diverse cit- tà e terre contro la Chiesa , per cui vi fu una grande sconfìtta presso Osimo con grave perdita delle mi- lizie ecclesiastiche. Dipoi travaglian- do la Marca con saccheggi e bar- barie fr. Morreale colla feroce sua compagnia di ventura, avendo pre- so Monte Filoltrano, molte fami- glie si ricovrarono in Osimo, alcu- ne delle quali in seguito ripatriarouo

OSI per ordine di Blasco Fernando ret- tore della Marca. Avendo Innocen- zo VI spedito legato in Italia il cardinal Andoino della Rocca, la città nel i358 venne con esso ad una onesta composizione delle pene e malefìcii pretesi dalla camera e curia generale pei bandi anterior- mente comminati, ottenendo piena remissione mediante lo sborso di 4oo ducati d'oro. Successo nella le- gazione il celebre cardinal Egidio Albornoz, nel regolare gli sconcerti della Marca, ricuperò pienamente alla Chiesa la signoria d'Osimo da quelli che 1' aveano dominata, per opera di Fulcherio Calboli Paoluc- ci forlivese valoroso capitano; indi il cardinale volle che si mandas- se un uomo per ogni fuoco a Monte Alboddo contro Boscareto usurpa- tore di Corinaldo e Monte Novo. Inoltre dall'indulto del cardinal An- glico Grimoaldi legato di Urbano V, si rileva che nel 1 366 la città fu interamente reintegrata di tulli gli onori, dignità, prerogative e del- l'intero contado. Essendosi poi gli osimani giustificati con Urbano V de' precedenti fatti, con bolla del 12 luglio 1 368, oltre la conferma di detto indulto , restituì il no- me di città ad Osimo e la cattedra vescovile, ad istanza del suo segre- tario osimano Promani , del clero e del popolo. Ad onta che il cardi- nal Albornoz avesse composto le dif- ferenze tra'marchegiani, tuttavia du- rando le scorrerie per le spese che dovea sostenere la Chiesa, i popoli erano gravati di molte taglie, le quali furono dal Papa moderate agli osimani. Vedendosi questi malme- nati dai ministri della curia per la ribellione de' Guzzolini , benché as- solti e reintegrati, non poteva il con- siglio e podestà ricuperare l'autori-

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del mero e misto impero, onde ricorsero nel i3yo stesso al cardi- nal Grimoaldi, e questi ordinò die il podestà d' Osimo dovesse cono- scere tutte le cause civili e crimi- nali, eccettuate quelle riservate nelle costituzioni Egidiane d' Albornoz ; poscia altre grazie concesse al sin- daco, e ridusse ulteriormente le ta- glie che gravavano la città, la quale nel 1372 ottenne pure da Gerardo nunzio di Gregorio XI, che il te- soriere e ufEziali della Marca tra- lasciassero di molestarla per gli an- tichi bandi e processi, come piena- mente assoluta in tutto. Indi Osi- mo nel i3y4 ottenne dai successivi cardinali legati proroga alle facoltà concesse al podestà. Nel 1 3y5 si terminò la lite con Monte Filotlra- no sulla via di Cerqua, in favore d'Ositno. Per nuove gravezze Fer- mo e Ascoli si ribellarono, e Mace- rata si die a Varano consegnando- gli il rettore; fedele Osimo alla Chie- sa, in difesa di questa si collegò con Ancona, Jesi, Recanati ed altri luo- ghi, dichiarandone gradimento Gre- gorio XI con due brevi, e con al- tro agli aiuti che domandavano li confortò coll'annunziargli per tratto amorevole il suo vicino ritorno in Roma per ripristinarvi la residenza pontificia, come effettuò nel 1377. Intanto si fece precedere dal cardi- nal di Ginevra legato con forte e- sercito bretone, del quale 800 uo- mini svernarono in Osimo, e da Roma nel febbraio scrisse al cardi- nale ed al gonfaloniere , priori e consiglio d'Osimo, per invigilare a tutto potere alla custodia della for- tezza della città, e siccome Osimo sosteneva il maggior peso della guer- ra che il cardinale faceva ai nemici del Papa e tirannetti de' suoi do- mimi, Gregorio XI ricolmò di Iodi

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ed encomi i fedeli osimani. Patendo perciò la città invasioni e gravi dan- ni , il Pontefice ordinò al rettore della Marca perchè la soccorresse e vedesse di stabilire una tregua. Dai differenti brevi da Gregorio XI spediti ad Osimo, riportali cogli al- tri diplomi, bolle e brevi dal Mar- torelli e dal Compagnoni, si legge ampia concessione alla città del me- ro e misto impero, l'esenzione da tutte le taglie o dazi, il trasferi- mento della curia del presidato in Osimo come seguì , il rimborso di 1 i5o fiorini d'oro spesi pei soldati bretoni, la restituzione di tutto il contado che possedeva avanti la ri- bellione de' Guzzolini e confiscato dalla camera, ordinando finalmente al cardinale d'informarsi se ad esso veramente apparteneva Monte Fi- loniano allora occupato da alcuni nobili di Cingoli, preferiti alla sog- gezione osimana. Ripugnando Mon- te Filottrano di rimettersi a dove- re, la città fu costretta far lite a- vanti il cardinal legato e processo, da cui risultò essere stato riedifi- cato dal comune d'Osimo colla de- molizione di alcune ville e de' ca- stelli Tornazzano e Storaco del con- tado, di avervi esercitato giustizia del mero e misto impero, cimi gla- dii potestate, avanti che fosse slato privalo del contado da Giovanni XXII. Si decise in favore d'Osimo nel palazzo vescovile, nella solita camera del rettore generale della Marca Pietro arcivescovo di Sivi- glia giudice delegato, indi messo in possesso di Monte Filottrano nel i378.

A Gregorio XI in detto anno successe Urbano VI, contro il quale insorse l'antipapa Clemente VII, già cardinal di Ginevra, il quale pron- tamente ne die avviso od Osimo ,

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con molte esibizioni di stima per guadagnarlo al suo partito, ma inu- tilmente, essendosi mantenuto fedele al legittimo Urbano VI, e la Mar- ca solai tutte le conseguenze di pernicioso e lungo scisma, divisa in fazioni e obbedienze. Per la pubbli- ca quiete il consiglio represse la baldanza de' nobili Sinibaldi, Leo- pardi, Gozzolini e Gozzoni , e sta- bili cbe 3oo uomini possidenti fos- sero sempre pronti accorrere ar- mati in palazzo ai cenni del gon- faloniere e priori. Per ovviare alle continue risse per le fazioni guelfa e ghibellina, fu decretata la multa di venticinque fiorini d' oro a chi ne disputasse in pubblico o in pri- mato. Nel i38o divenne medico d'O- simo Andrea di Recanati, che in morte per gratitudine lasciò erede la repubblica veneta, col peso per- petuo di pagare cento zecchini al- l'anno prò rata a quattro osimani studenti in Padova la medicina, la filosofìa e la legge, e questa anche canonica e civile per indulto po- steriore d' Eugenio IV. Tentò ne! i382 di ripatriare Giacomo figlio di Lipaccio Guzzolini , e occuparla di nuovo, ma scoperto il traditore INicolò Celestino, severamente fu con* dannato. Osimo era in tanta esti- mazione presso Urbano VI, che il cardinal Buontempi legato lo pregò a spedirgli ambasciatori , acciocché noi rimovesse dal vescovato di Pe- rugia. JNel i 383 alcuni osimani ten- nero mano a Petrello d'Ancona ca- po di ladroni , il quale con mol- ti fuorusciti anconitani e cingolani entrarono in Osimo , uccisero pa- recchi, appiccarono fuoco alla cat- tedrale, fecero oltraggio al castel- lano del cassero, e assediarono il vescovo Pietro. Gli osimani si di- fesero, e cogli aiuti di Monte Filot-

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trano, Monte Fano e Recanati ver- gognosamente li posero iu fuga, on- de ne fu fatto processo nella curia generale che ancora risiedeva in O- simo. Nel 1 384 ebbe luogo un atto di concordia tra le diverse fazioni di Osimo e Ancona, quale non piac- que a Ridolfo Varano. Nel 1 385 il cardinal Buontempi si recò ad O- simo e vi ritornò nel i38g per la congregazione provinciale, impeden- do col dono di ioo,ooo fiorini, da cavarsi dalla provincia, che i capi- tani colle genti dell'antipapa venis- sero contro i luoghi della Marca ed Osimo fedeli a Urbano VI. A questi successe nel i38g slesso Bo- nifacio IX fratello di Tomacelli mar- chese della Marca; il Papa si di- mostrò amorevole verso la città, an- che quando essa fece le condoglian- ze per l' imprigionamento del mar- chese fatto da Gentile Varano. Per la venuta di Mostarda da Forlì nel- la contrada, Osimo con altri luoghi avendolo vettovagliato, come nemi- co e ribelle alla Chiesa, furono pu- niti coll'interdetto, indi con saluta- re penitenza ribenedetti. I Malatesta al principio del secolo XV torna- rono a signoreggiare Osimo, e Pan- dolfo in segno di possesso nel i4o5 vi piantò un forte, che la città ob- bligò demolire nel 1407. Carlo Mala- testa difensore e generale della Chie- sa, andando creditore della camera di grosse somme, il suo amico Gre- gorio XII per pagarlo permise l'a- lienazione de' beni ecclesiastici an- che d'Osimo, indi restò prigione di Braccio da Montone sostenitore di Ridolfo Varani , onde con questi dovè pacificarsi. Nel i/\.i5 il popolo gridando viva la Chiesa, il popolo e la libertà, si sollevò contro il cancelliere de'Malatesta Bartolomeo Vanni, e l'uccise per le sue durezze,

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ponendone a sacco le robe, e quelle de' signori Carlo e Pandolfo Mala- testa vicario per la Chiesa iu Osi- mo. Questi per vendicarsi armati recaronsi ad Osimo, che prima di ammetterli capitolò ad Offagna con perdono del passato, obbedienza e fedeltà ai Malatesta, ma non po- tersi da loro edificare fortezze; quin- di gli osimani ne ottennero corris- pondente assoluzione dal cardinal Corrano legato.

Terminato lo scisma nel i4'7 coll'elezione di Martino V, confer- mò egli alla città il mero e misto impero. Nel 1 43 1 predicando in Osimo s. Giacomo della Marca, gli riuscì togliere il giuoco d'azzardo in cui si proferivano bestemmie. In questo tempo venendo a sapere gli osimani che Martino V voleva to- gliere ai Malatesta la Marca, lo pre- garono a poter continuare sotto il governo e loro vicariato ; in vece il Papa mandò Agnensi vescovo d'Ancona e Umana a Osimo, e ne prese possesso per la romana Chie- sa, restando cosi i Malatesta privi dell'antico vicariato d'Osimo , ed i sindaci prestarono giuramento di fe- deltà. Mentre nel pontificato di Eu- genio IV governava per lui la Mar- ca Vitelleschi con troppo rigore, il duca di Milano profittandone la fece invadere da Francesco Sforza, ed Osimo gli si arrese accomodandosi alle vicende de' tempi e alla pro- pria conservazione, mediante capi- toli di convenzione, pubblicati dal Marlorelli, in cui furono riconosciu- te tutte le prerogative della città anche sulla rocca. Francesco dichia- rò Osimo pel sito suo forte piazza d'arme, vi lasciò il genero Giovanni Maurutii da Tolentino e Antonio Trivulzio con 1200 cavalli di presi- dio, e in meno di quindici giorni ebbe voi. XI IX.

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in suo potere Ancona col resto della provincia, saccheggiando alcune ter- re, onde Eugenio IV chiamò in aiu- to Alfonso V re d' Aragona e di Napoli, ed elesse capitano della Chie- sa Nicolò Piccinino. Gli osimani pel cardinal Domenico Capranica se- gretameute fecero intendere al Pa- pa, invocando perdono della defezio- ne, ch'erano pronti a sottrarsi dallo Sforza a costo di loro vita , e fu- rouo confortati a stare saldi in tale proposito, che presto sarebbe venuto l'esercito aragonese a scacciarlo , e nel i443 riconobbe tutti i luoghi del loro contado. Alfonso V entrò nella Marca pubblicando un mani- festo per liberarla, per cui gli Sfor- zeschi aveano deliberato dare il gua- sto e il sacco a Osimo, impediti dal- la vigilanza de' cittadini , i quali animati dalla vicinanza dell'esercito regio insorsero il 29 agosto i44^j e si liberarono dal presidio di Sforza, ed in memoria fu poi decretato ce- lebrare con solennità e processione la decollazione di s. Giovanni, che ricorreva in tal giorno. Principal- mente tale liberazione di Osimo, debbesi attribuire alla illustre e be- nemerita Liouetta vedova di Gia- como Leopardi d'Osimo, la quale col suo grand'animo e prudente ac- cortezza fu cagione di salute alla patria. Poiché avendo essa ad ospi- ti alcuni graduati dell'esercito ne- mico, venuta scaltramente in co- gnizione del pravo disegno, non solo corse ad avvisarne i principali cittadini, ma energicamente li ecci- tò a prevenire gli Sforzeschi, con far prigioni sul far del giorno i loro duci, mentre altri simultaneamente piombassero sui soldati, come ven- ne coraggiosamente eseguito con mirabile successo, che produsse an- che la liberazione della Marca dal iG

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loro giogo. La memoria di questo fallo, di recente la celebrò con giuste lodi il prof. Montanari, nel Duro. 44 del Giornale militare

1847, e nel num. 1 dell' Album

1848. Grato Eugenio IV per tan- to operalo , rimeritò gli osima- ni con onorifica bolla di lode , ringraziandoli d'essere stati i primi a scuotere il giogo straniero , onde servirono di esempio agli altri, ri- mettendogli ogni pena incorsa , e autorizzandoli a trasportar senza da- zio nella provincia le biade, con al- tre grazie. Con altra bolla del 1 444- Eugenio IV ricolmò d'encomi, fa- vori ed esenzioni Osimo, cui Alfon- so V premiò l'eroica azione che in- fluì sugli altri luoghi, con indulto di potere estrarle dal suo regno 5oo rubbia di grano e 3oo bovi, come pure d'inquartate, come fece, nel blasone dello stemma l'arme d'A- ragona. Il conte Sforza si ritirò a Fano, ma quando era per tornare gli osimani invitarono a difenderli Gaivano capitano aragonese nel 1 44^j che mandate le sue genti fuòri la porta del Vaccaio furono prov- veduti per la ricupera de' luoghi del contado, e nel seguente anno ri- presa la ribelle Offagua dagli arago- nesi, fu restituita la grossa bombarda a Osimo, cui aveala donata Picci- nino. Vedendo lo Sforza insupera- bile la fedeltà degli osimani chiusi nelle mura, saccheggiò Monte Fano e per paura cadde Castel Ficardo: quindi nel 1 447 ebbe luogo la pa- ce tra il Papa e il conte, con con- dizione che il ricuperato a questi restasse, il resto fosse della Chiesa, tuttavia Osimo e alili luoghi dovè pagargli que' tributi che spettavano alla Chiesa secondo i patti. Non perciò la guerra terminò, ed Euge- nio IV mandò molli cavalli in Osi-

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ino, comandati da Rido castellano di Castel s. Angelo, ma lo Sforza si persuase non poter riavere la Marca. In questo tempo respirando Osimo pace dopo tante guerre, a riparare il decadimento di molte fa- miglie, adottò diversi provvedimenti, come di rimuovere il lusso delle donne nelle vesti con salutare pram- matica, che se si fosse osservata non si sarebbero poi rovinate tante fa- miglie, ed il Martorelli ne' primi del secolo XVIII ne coniò trenta.

Eletto Nicolò V ne die parteci- pazione alla città, che spedì amba- sciatori a congratularsene, ed otten- ne conferma degli statuti e privilegi, indi volle che si aggiustassero le dif- ferenze tra gli anconitani, osimani e recanatesi, pretendendo i secondi Olfagna e Castel Ficardo. Calisto III confermò i privilegi e ridusse le taglie, incorporando 5Ionte Fano al contado; e Pio II approvò il de- creto del consiglio sull'aggregazione de' cittadini, condonando 200 fio- rini di taglie in riparazione delle muraglie pubbliche, come pure con- fermò gli statuti, le riformanze ed i privilegi concessi da'predecessori; de- creti che poi confermò Paolo II. 11 b. Giacomo da Monte Prandone fe- ce vendere le case lasciate da Lue- chino ai minori osservanti dell'An- nunziala, per fabbricare nel 1460 la vasta cisterna nella pubbli- ca piazza pel bisogno del popolo. In quest'epoca gli osimaui s'intro- misero a pacificare Jesi ed Ancona guerreggianti, pure fu seme di fu- turi dissapori coi secondi. Pio II ordinò che si compensassero i dan- ni ricevuti da Osimo dai Malatesta nella guerra sostenuta dal Papa, con promessa di difenderla e protegger- la come fedele. Recandosi Pio li in Ancona per la guerra contro i tur-

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chi nel r 4^4> a' l7 lugh0 cu'ca Pas" so per Osimo ; la città gli donò un pallio di seta cremesina, e il Papa Io lasciò alla cattedrale. Per la scor- reria fatta da alcuni osimani nel territorio di Monte Filottrano d'or- dine del consiglio e priori, per com- petenze di confini, la città e i de- linquenti furono condannati in gros- sa somma, ma Paolo li moderò l'eccessiva pena. Crescendo il male umore tra Osimo ed Ancona con rappresaglie , alla seconda si unì O (lag uà, e furono condannati i rei d'ordine di Paolo li, cui ricorsero gli osimani. Sisto IV die avviso alla città di sua esaltazione, e fu beni- gnissimo di grazie e molti brevi spediti in varie contingenze, con- fermando tutte le concessioni dei predecessori, e concorrendo al ripa- ramento delle mura. Tra Piecanati ed Osimo nel i4?3 si rinnovò l'an- tica amicizia, onde togliere ai faci- norosi il rifugio ne' due territorii. Simile concordia dovea seguir con Ancona, ma nuove questioni l' im- pedirono, anzi essendosi gli osimani gravati col Papa furono reintegrati di certo laudo, e verso questo tem- po la contrada fu afflitta dalla pe- ste, forse nel 1^.76. Progredendo i reciproci danni, Buccolino o Cocco- lino Guzzoue che ne soffri, a' 27 giugno 1477 ^u sPedito con 800 armati osimani contro gli anconi- tani e confederati forti di 4ooo uo- mini, ed a Cesa con poca perdita li vinse, uccidendone 200, e facen- done altrettanti prigioni, e gli prese uno stendardo : il contemporaneo esimano canonico decano Antioco Onofri con carme latino importan- te celebrò l' azione, e si legge nel Marlorelli. Conosciutosi il conflitto da Sisto IV, provvide alla cessazio- ne delle ostilità, con pena di scomu-

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nica e 10,000 ducati di multa, e dopo aver dichiarato che gli osi- mani erano stati provocati , spedi un commissario a pacificarli. Per la buona amicizia eh' era passala sempre coi fermaui, Osimo si offri ad aiutarli nella guerra cogli asco- lani.

Intanto Buccolino stato capitano al servizio del duca di Calabria, si fece conoscere altiero, sagace , ani- mosOj sedizioso e avido di gloria e di dominio, accattivandosi l'amor della plebe come mal veduto dai nobili, sparlando del governo pub- blico e del Papa. I principali gen- tiluomini osservandone gli andamen- ti, per difesa comune si unirono in compagnia o lega, mentre era le- gato della Marca il cardinal Piove- re poi Giulio II. A' 2 aprile i486 chiamato in consiglio Buccolino, que>ti stimò circostanza opportuna per impadronirsi del potere. Entra- to in consiglio uccise Giacomo Leo- pardi antico emulo di suo padre , onde tutti gli altri consiglieri fug- girono in veder armata molta plebe in favore di Buccolino, che uccise anco altri, mentre i suoi faziosi in numero di circa 4°o gridavano, Vi- va la Chiesa e Buccolino, girando per la città preceduti da esso a ca- vallo. Quasi tutta la nobiltà si riti- rò in campagua sbigottita, e poi cou buon numero di gente pressoché bloccarono la città, dandone parte a R.oma del seguito eccidio. Bucco- lino andò differendo d' insignorir- si della città, inducendo il magi strato a richiamare con buone pa- role e minacce Pier Domenico Leo- pardi cugino dell'ucciso, cui l'avea seguito gran parte della nobiltà, ma inutilmente. Innocenzo Vili saputo il trambusto, con monitorio obbligò Buccolino a comparire in B.otna ,

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indi ricusandosi lo dichiarò con- tumace e incorso nelle censure, nominando commissario generale il Leopardi a radunar l'esercito pon- tificio contro il tiranno, e diresse i5 brevi a diversi principi e città per soccorsi per combattere questa rivoluzione, nella supposizione che la città ne fosse complice, promet- tendo assoluzione a chi si fosse ri- tirato dal ribelle. Spedi Leopardi in più parti per aiuti, temendo che a Buccolino altri potenti potessero darlo, come gli anconitani forti per molte aderenze. A.' 7.5 novembre giunti i bramati soccorsi, si presen- tò all'assedio formale della città l'e- sercito ecclesiastico, fornito di tutti gli attrezzi militari, comandato da famosi capitani, cioè da Giovanni Vitelli, Gio. Paolo Baglioni, Mas- similiano da Carpi, oltre diversi Colonnesi e altri rinomati baroni, coi cittadini della lega e fuorusci- ti, recanatesi e anconitani , i quali aveano 700 fanti e 1000 cavalli con artiglieria per abbattere le mu- ra. Per l'ostinato coraggio de' ri- belli, elevatezza e fortezza della cit- tà, e più di tutto per la stagione invernale, le milizie si ritirarono ai quartieri, restando al blocco il luo- gotenente della Marca Agnelli con molte squadre di soldati , mentre Buccolino fece dare il bando rigo- roso ai fuorusciti che aveano ro- vinato le sue possessioni e quelle de' suoi seguaci; di che offeso Leo- pardi, in compenso delle spese fatte ottenne dal Papa per indennizzo i beni di Buccolino. Questi sempre più esacerbandosi si provvide di gente, denaro, aiutato dagli arago- nesi nemici d'Innocenzo Vili, e con buon numero di banditi e vaga- bondi teneva la città e suo conta- do in continua molestia e si fece

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signore d'Osimo. Il Pontefice inter- pose Guido Ubaldo duca d'Urbino perchè con promesse vantaggiose richiamasse al dovere Buccolino, ma riuscì tutto inutile, sebbene a- vesse il tiranno dato in ostaggio il nipote, lusingandosi ne' suoi potenti amici e aderenti, e nelle munizioni e vettovaglie di cui era provvisto. 11 duca col governatore fecero di nuovo assediar la città ; si condusse al campo il detto nipote, e per co- stringere Buccolino a cedere fu pri- ma minacciato di farlo morire e poi sotto i suoi occhi venne impiccato. Allora il ribelle nella disperazione, segretamente spedì altro nipote An- gelo Guzzone a Bajazetto II gran signore de' turchi, per darsi in sua mano colla città e provincia, salva la professione del culto cattolico, co- me aveagli fatto intendere per Pie- tro Balignani suo ambasciatore; in- oltre facendogli rilevare i pregi e fortezza d'essa, e che col suo domi- nio gli sarà facile tener l' impero d'Italia, la quale bramava averlo in sovrano, essendo malcontenta dei propri principi; avvertendolo anco- ra che il Papa a mezzo del cardi- nal Balve era in trattato di ospi- tare il suo fratello Zizimo e con esso gli avrebbe fatto guerra. Gli mandò diverse condizioni e capitoli, fra' quali domandò che la provincia invece di Marca Anconitana si do- vesse chiamare poi Marca Osimana; che Osimo divenisse capo di tutta la provincia, dovendo ella essergli di guida al conquisto della provin- cia e di chiave a quello d'Italia; che nella città si dovesse battere moneta d'oro e d'argento; che il santuario di Loreto fosse rispetta- to e posto sotto la giurisdizione del vescovo d'Osimo; che per tributo Osimo e il contado prometteva un

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cavallo di prezzo e due cani; che Buccolino fosse dichiarato capitano generale de' fanti italiani con lo stendardo imperiale ottomano, con- cedendogli in dominio Castel Fi- dardo, Umana, Sirolo, Ca mora no e Offagna coi loro territori!, ren- dite e giurisdizioni , oltre l'esenzio- ne de'dazi, franchigie che domandò pure pe'suoi e per la magnifica cit- tà d'Osimo; che al nipote Angelo si dasse uno stalo che rendesse 5oo ducati d'oro annui ; che fosse in suo potere conferire tutti i bene- fizi ecclesiastici d'Osimo, con altri patti e dettagliate condizioni tutte riportate da Martorelli. Bajazetto li, sentite le offerte di Buccolino, ed informatosi dai cristiani rinegati chi egli fosse e com'era situata Osiruo, conobbe che non era affare vantag- gioso per lui e difficile il conquisto: tuttavia lo ringraziò delle offerte^ e che se fosse andato a servirlo, e si fosse portato valoroso gli avreb- be donato ricchezze e conferito ono- ri eminenti. Di questo fatto n'ebbe sentore Innocenzo Vili, e temendo che da quella fiamma non si de- stasse grave incendio, tanto più in- sospettito quando seppe scorre- re l'Adriatico alcuni legni turche- schi , domandò ed ottenne dal du- ca di Milano Lodovico il Moro grosse bande di cavalleria e fante- ria. Il Papa dichiarò generale delle milizie ecclesiastiche il prode Gio. Giacomo Trivulzio milanese, ma ingelositone il duca, dopo ch'egli si portò sotto Osimo il 27 maggio 140*7 procurò distorlo dall'impresa, sino a renderlo sospetto a Innocen- zo Vili e richiamando le sue trup- pe. Trivulzio lungi dall'abbandonar l'assedio, egli stesso assoldò 1 200 fanti, e coll'esercito pontificio e fel- tresco cominciò 1' assalto delle nui-

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ra da porla Cavaticcio, ma le bom- barde poco danneggiando la città, Buccolino in una sortita gli uccise 3oo uomiui e Giovanni Vitelli primogenito di sua famiglia, con molto dolore del Pontefice. Trivul- zio riparò alla mancanza dell'ac- qua ed assicurò di felice esito il cardinal Balve legato della Marca mandato dal Papa. Intanto Bucco- lino aspettando soccorsi domandò armistizio, e partorendo la moglie una figlia, ne fece compare il car- dinale per meglio illudere tutti e allungar l'assedio, pericoloso per gli assedianti per la fortezza del sito. Accorgendosi delle simulazioni, Trivulzio ritornò all'assalto, e con grossi alberi recisi alzò forte terra- pieno e castello per battere la cit- tà e smantellarla, quando s' inter- pose Lorenzo de Medici per Buc- colino, il quale s'ebbe ottomila scu- di e quattro carri per trasportare le sue robe, con approvazione del Papa, lasciando libera la città al cardinale e al Trivulzio che vi en- trarono li 2 agosto 1487, renden- do la ciltà pubbliche grazie a Dio. Passò Buccolino in Firenze, indi a Milano, ove caduto in sospetto al duca fu imprigionato, tormen- tato, e mori ignominiosamente ai i4 giugno i4g4.

In Osimo fu demolita la casa del traditore, ed il Trivulzio per me- moria dell' impresa mandò a Mi- lano due belle colonne scanalate, e due statue, cioè un console ed un Esculapio di bronzo già venerato dai gentili osimani. Il Papa lo ac- colse onorevolmente e lo voleva crea- re cardinale, ciò che ricusando, gli donò la rosa d'oro, una spada ed un cappello gioiellato benedetti, chiamandolo difensore della Chiesa. Il commissario Pier Domenico Leo-

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pardi ricevette pure distinta acco- glienza da Innocenzo Vili, e gli confermò l' antico privilegio, che uno di sua casa prendesse in dono la mula che cavalcava il nuovo ve- scovo entrando in Osimo, dopo a- verne tenuto il freno. A prevenire ogni futuro tentativo di novità, il Papa nel 1488 fece erigere nuova fortezza nel recinto dell' episcopio, come luogo più eminente e domi- nante la città, ed a capo della piaz- za fu fatto il torrione della rocca; ma pel dispendio del presidio nel 1496 Alessandro VI fece demoli- re la fortezza. Innocenzo Vili, ben- ché Osimo fosse tornato all'obbe- dienza, per diminuirne le forze la privò delle terre e castella che ne formavano il contado e territorio, e di molti privilegi, ed incominciò a deputarvi il podestà che prima eleggeva il magistrato civico, la- sciando tultavolta alla città alcune prerogative, quando venne assicura- to che non concorse alla ribellione, che tanto dispendio avea recato al tesoro pontifìcio, sino a creare il collegio de' segretari e altri uffìzi venali, ed impegnare le pubbliche vendite, la mitra di s. Silvestro I e due calici d'oro.

Allorquando il cardinal Rovere trasferitosi a Osimo dominato da Buccolino non vi fu ammesso, fu ben ricevuto a Monte Fano, che sottraendosi da Osimo si costituì immediatamente soggetto alla santa Sede, ed inutilmente la città tentò ricuperarlo colle armi. Nei i4°>3 passando per Osimo la duchessa d' Urbino, fu banchettata a spese pubbliche. Giulio li fece trasporta- re a Fano l'artiglieria della demo- lita fortezza, e nel 1 5of) dovea ono- rare la città di sua presenza, per cui si fecero diversi preparativi.

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Quando Francesco Maria della Ro- vere duca d'Urbino fu spogliato del suo stato da Leone X, per evitar gl'insulti de'suoi soldati gli osimani si dovettero con lui comporre ; e nel i52i riceverono onorevolmente Squillech comandante degli svizzeri, che il Papa spedì contro il duca, e per un incidente l'ambasciatore osi- mano impedì le conseguenze del trambusto avvenuto in Jesi. Nel i522 la città patì mortalità per la pestilenza che desolava la fami- glia, indi seguì la carestia, il fla- gello delle locuste, e il passaggio degli eserciti che produssero nel i5iy il calamitoso sacco di R.oma. Sotto Osimo passò anche l'esercito di Lautrec mandato dal re di Fran- cia in aiuto di Clemente VII e con- quisto del reame di Napoli. Nel i532 vi transitò pure Luigi Gon- zaga colle sue genti d'arme, e nel 1 533 convenne alla città far la prov- visione per le truppe imperiali di Carlo V. Sabbato 27 settembre 1 538 Osimo fu rallegrata dalla presenza di Paolo III proveniente da Reca- nati. L'ingresso fu solenne, il Papa andò alla cattedrale ove si diede la benedizione, cantando Tu ergo quae- siunus i pontificii cantori, e il car- dinal Pisani promulgò l'indulgenza. Paolo III fu portato dai palafrenie- ri ad alloggiare nell'episcopio con cinque cardinali, o meglio nella ca- sa paterna del vescovo Sinibaldi, mentre i due cardinali nipoti furo- no ospitati da Aurelio Guarnieri. Dipoi nel 1 54i il Pontefice dichia- rò prelato domestico e suo conti- nuo commensale il vescovo Sinibal- di, non che nobile, e di poter in- quartare nell'arme lo stemma pro- prio. Nel 1573 la città fu trava- gliata dalla peste, e iu processo di tempo soggiacque agli avvenimenti

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cui andò soggetta la provincia, il più grande e più fatale de' quali fu la francese invasione, e prima della metà di gennaio 1798 se ne impadronirono i francesi d'Ancona, mentre faceva parte della provincia di Macerata, alla quale quasi sem- pre avea appartenuto. Nel 1800 fu restituito Osimo a Pio VII, il qua- le ■verso il 1809 fu nuovamente spogliato dagli imperiali francesi, e solo nel i8i5 lo riebbe. In tempo della straniera dominazione appar- tenne al regno italico, ora nel di- partimento del Metauro, ora in quel- lo del Musone. Onorata Osimo dal- la presenza de'Pontefici s. Leone IX, Nicolò II, Pio II, Paolo III, e Pio VII, nel 184.1 lo fu pure da quel- la di Gregorio XVI reduce dal san- tuario di Loreto, ove era stato os- sequiato dal vescovo cardinal Soglia, di che andiamo a dare un cenno, avendone fatta la descrizione il cav. Sabatucci nella Narrazione del viag- gio, riportando pure le iscrizioni di cui faremo parola.

Martedì 14 settembre uscito Gre- gorio XVI dal territorio Lordano, ed entrato in quello di Castel Fidar- do, s' incontrò in un grandissimo padiglione ivi eretto dagli abitanti, i quali adunati colla magistratura e clero, acclamandolo supplicarono scendere e benedirli , ed il Pa- pa benignamente li contentò, am- mettendo molti al bacio del piede. Circa le ore dieci e mezza antime- ridiane giunse il santo Padre sulla piazza del mercato innanzi Osimo, il cui ingresso era decorato d'arco trionfale eretto dal sacerdote Carlo Frezzini, con relativa iscrizione.il gon- faloniere della città cav. Andrea conte Bonfigli, a capo della magistratura, dichiarò la fedele sudditanza degli osimani e il loro giubilo per

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gradita venula; eranvi presenti il governatore del luogo e il delega- to d' Ancona monsignor Lucciardi. Distaccati i cavalli della carrozza in cui sedeva il Papa, fu tratta da uno stuolo di giovani in città, all'ester- no della cui porla sorgeva allro arco in forma gotica con epigrafe allusiva all' ingresso. Le strade si videro abbellite da archi formati di tappezzerie, verdure e insegne pa- pali. Mirabile fu la piazza del colle- gio Campana, che presentava un va- go giardino con vasi d'agrumi e al- tre piante, coi circostanti edilizi tutti addobbati con eleganza: sulla lac- ciaia del collegio un' iscrizione ce- lebrava l'avvenimento, e sotto vari ritratti di Papi, cardinali e uomi- ni illustri usciti da esso, con suo distico. Lungo la via del Corso con sfarzo si videro ornate le abitazio- ni, e con spessi ritraiti di Gregorio XVI. Altro arco e più maestoso era- si eretto a metà della salita del duomo, con tre leggende onorevoli al Pontefice. Alla porta della catte- drale sua Santità fu ossequiata dal cardinal Soglia vescovo diocesano, e dai cardinali Ostini e Ferretti , e da tutto il clero secolare e regola- re; ed ivi ricevè la benedizione col ss. Sagramento. Asceso quindi al- l'episcopio, il Papa benedì da una loggia con paterna elfusione il po- polo riunito sulla piazza maggiore di bella simmetria per un tempio sacro alla religione, che con elegan^ te prospetto era stato innalzato rim- petto al magnifico palazzo comuna- le ; campeggiava sotto ricco padi- glione un quadro ove da ottimo pennello era effigiata sua Santità lilla in piedi, con iscrizione. Il Pa- pa accolse amorevolmente nell'epi- scopio il clero, i pubblici rappre- senlauti, il governatore, le corpora-

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zioni religiose, vane deputazioni del- le lene convicine, ed altre distinte persone. Indi si recò a piedi a vi- sitare la basilica di s. Giuseppe da Copertino, e venerò il suo corpo nella ricca urna, monumento religio- so de'conti Sinibaldi. La chiesa era superbamente parata ed illuminata, dovendosi ai 18 settembre celebra- re solennemente l'annua festività, luoltre il Pontefice per divozione a- scese alle camere abitate dal santo, es- sendo stato il chiostro nobilmente or- nato e con diversi motti scritturali, e ne fu ben contento per l'edificazione che ne ricavò, stante la piccolezza della cella di legno, il povero let- ticciuolo, le semplici suppellettili, l'altare ove celebrava, e il luogo in cui si flagellava, ed altre memorie. Il p. Cici guardiano gli umiliò un sunto del processo della canonizza- zione di s. Giuseppe, e le sue reli- quie, con molta pia soddisfazione del Papa. Egli si recò poscia a vi- sitare le claustrali ne'monasleri, pri- ma di s. Benedetto ov'eransi perciò riunite le orfane del conservatorio di s. Leopardo, quindi quelli di s. Rosa e di Maria Addolorata, diri- gendo a tutte parole di conforto e piacevoli; in ultimo volle il Pon- tefice ammirare il magnifico batti- sterio di bronzo. Ritornato nell'epi- scopio vi desiuò, e ringraziato poi il cardinal vescovo per la nobiltà del trattamento a lui ed alla cor- te usato, benedicendolo e abbrac- ciandolo affettuosamente, mosse alla volta d'Ancona, dimostrando al ma- gistrato e al popolo quanto sensi- bili erangli riuscite tante festevoli dimostrazioni, invocando su tutti le celesti benedizioni. Oltre i citati au- tori e quelli che poi nomineremo, scrissero su Osiuio: Ercole Gallo, Breve descrizione dell' antichissima

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città d' Osimo, Ancona i6i5. Jacopo Lauro, Breve discorso di Osi/no, cit- tà del Piceno, Roma 1639. Anthio- cus Honuphrius, f'etustissimae Au- ximatis Urbis brevis notitia, Mace- ratae 1682: il Ranghiasci la crede tratta dall'istoria di Paolo Emilio Gallo osimate. Luigi Mai-torelli, Me- morie istoriche della antichissima e nobile città di Osimo, Venezia 1705. Dopo questo osimate, il con- cittadino Marc' Antonio Talleoni , celebrato traduttore in terza rima di Giobbe, scrisse le Memorie isto riche della città d'O s'uno, fino ai primi del secolo corrente, che rive- dute dal dotto d. Pietro Quatrini, furono pubblicate dal Quercetti in Osimo nel 1807-08.

L'introduzione della religione cri- stiana in Osimo, il Marlorelli la disse probabile nell'anno 162 di nostra era, e che l'abolizione totale dell'idolatria e lo stabilimento del culto cristiano devesi a s. Leopardo destinato in vescovo da s. Innocen- zo I dopo il 4°2- Ma il Compa- gnoni, diligentissimo e accuratissi- mo scrittore, nel rimarcare quelli che abbracciarono tali opinioni, av- vertendo quanto di erroneo fu det- to di s. Leopardo, dichiara incer- ta l'epoca de'principii della religio- ne cristiana in Osimo, come quella del vescovato di s. Leopardo, che bensì riconosce per primo vescovo, il quale resa che fu la pace alla Chiesa da Costantino, deve credersi che fosse inviato in Osimo dopo la metà del IV secolo. AI Compagnoni sembra probabile che il vescovo s. Felicia- 110 di Foligno, predicasse pel primo l'evangelo iu Osimo nella metà del secolo III, onde molti cristiani ivi si trovavano alla metà del IV, per- chè fu inaflìato dal sangue de* ss. Fiorenzo, Sisinio e Dioclezio, dopo

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i quali fece rapidi progressi, onde nel V e VI secolo era assai fioren- te. Laonde ragionevolmente presso la metà del secolo IV sembra do- versi fissare i primordi della cntte- dra episcopale, anticipando cos'i di un secolo e mezzo circa il vescova- to di s. Leopardo, die la leggenda apocrifa e favolosa, non però le giunte, confonde con Leopardo car- dinal prete di s. Innocenzo 1, il cui nome presero la cattedrale e il vescovato. La sede vescovile fu sempre ed è ancora soggetta im- mediatamente alla Sede apostolica, ed oltre Cingoli, di cui parleremo, dal 1725 divenuta concattedrale , ebbe ed lia giurisdizione su Monte Filottrano, Monte Fano, Staffolo, Appigliano ed Olfagna; lo era pure Monte Fiore prima clie fosse com- preso nella diocesi di Recanati, e Monte Cassiano avanti die Sisto V V assegnasse al vescovo di Loreto. A Macerata riportammo le notizie di Appignano, Monte Fano, Monte Filottrano e Monte Cassiano; a Je- si di Staflolo; mentre a Dio pia- cendo nelle Addizioni farò il simi- le d'OfFagna, come di Castel Fidar- do diocesi di Recanati, Agugliano e Polverigi d'Ancona. Il primo ve- scovo adunque di Osimo è s. Leo- pardo patrono della città, fiorilo ver- so il 35o, di cui abbiamo da Do- menico Pannelli: Memorie di s. Leo- pardo vescovo d' Osimo, Perugia 1755, oltre Baldi, Martorelli e Com- pagnoni. 11 suo culto si estese in Cerreto, R.ieti, Apiro, Sanseverino, Avellana, Gubbio, Falerone, Fer- mo, e nel distretto di Recanati fu a lui edificata una chiesa ; più in- venzioni abbiamo del sagro suo cor- po. Il secondo vescovo che si cono- sce è Costantino del 492 circa, no- minalo in una decretale di s. Gè-

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lasio I, ch'ebbe grave controversia col vescovo d'Ancona. Fortunato in- tervenne nel 649 al celebre conci- lio di s. Martino I. Giovanni del 680 sottoscrisse a quello di Papa s. Agatone. Nel 743 fece altrettan- to s. Vitaliano a quello tenuto da s. Zaccaria Papa, la cui festa cele- brasi in Osimo a' 16 giugno: dal Pannelli abbiamo, Memorie istoriche de'ss. Vitaliano e Benvenuto vesco- vi d' Osimo, ivi 1763, pel Quercet- ti. Germano dell'826 assistè al con- cilio romano d'Eugenio li. Leone dell'84o circa ricevè l'investitura di Aternana nel distretto d'Osimo in Monte Torto, da Giorgio arcivesco- vo di R.avenna. Andrea dell' 843 sottoscrisse agli atti del concilio ro- mano di s. Leone IV. Astingo del 962 fu al concilio di Ravenna. Ciò- roardo del 996 fu presente ad un placito di Ottone III. Gislerio del 1022, cui s. Pier Damiani consigliò convertirsi e ritirarsi in un chiostro: per opera di tal santo si vuole che nel secolo XI si fondassero nella diocesi Osimana alcuni priorati della con- gregazione di Avellana, di cui egli fu propagatore. Lotario fiorito nel 1066, sottosciisse ad un concilio di Alessandro li, e ad altro di Ferra- ra o di R.ouia ; venne investito del- la massa Aternana da Guiberto ar- civescovo di Piavenna poi antipapa Clemente III ; fece una cospicua do- nazione a'suoi canonici osimani, men- tre Adelberto e Adelberga donaro- no a lui il castello di Aiano. Gri- moaldo sedeva nel 1 i5i, donò al- l' abbate di Chiaravalle di Fiastra la chiesa di s. Maria in Selva, e ri- cevè da Anselmo arcivescovo di Ra- venna l'investitura d'Aternana. Guar- niero del 11Ó4 circa, forse pseudo vescovo intruso nello scisma dell'an- tipapa Pasquale II, alla morte di

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Grimoaldo ; promosse il culto di s. Vitaliano e riformò la disciplina del clero: ebbe forse attinenza di san- gue col marchese Guarniero II, e fu attribuito alla famiglia Guarnie- ri d'Osimo.

Nel i 177 divenne vescovo d'Osi- mo Gentile d'auimo graude e di molto zelo per la Sede apostolica, e ne fu legato; ricevè da Giraldo ar- civescovo di Ravenna l' investitura d' Aternana, fu al concilio Latera- nense del 11 79, e patì diversi ol- traggi da Enrico VI ; dal territo- rio di Castel Fidardo trasferì i cor- pi de'ss. Martiri Vittore e Corona in cattedrale, la quale fu da lui in- grandita, ornando il pavimento del presbiterio con musaico, e dedicando nella parte superiore (essendo anco altare maggiore quello di s. Leopar- do) l'altare maggiore della Beala Vergine; la torre campanaria da lui eretta, fu poi ristorata dal vescovo de Cupis. Ricuperò alcuni beni spet- tanti alla cattedrale, per la quale ricevè la cessione del castello del- l'Isola e di Monte Cibano; come pure ricevè dai ciugolani il giura- mento di fedeltà e di vassallaggio alla chiesa e comune di Osimo ; ven- dicò le ragioni di sua chiesa su Mon- te Cassia nu. Terminò di vivere nel i2o5 circa, e gli successe uu ano- nimo; indi fiorì nel 1224 Sinibaldo I che die in enfiteusi al comune di Cingoli alcuni siti e case ivi esistenti di ragione della chiesa osimatia; per favorire i gueltì venne sequestrato e afflitto dai ghibellini osimani , che danneggiarono inoltre i fondi della mensa. Si portò a dimorare in Cin- goli a motivo dell'aderenza d'Osi- mo all'impero, ed esercitò giurisdi- zione sul monastero di s. Vittore di Cingoli, concedendo indulgenza a quello di s. Giacomo. Sotto il di

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lui successore Rinaldo del I2 3g Gregorio IX punì Osimo, con tra- sferire la sede de'vescovi co'canoai- ci a Recanati, poco sopravvivendo alla traslazione accaduta nel 1240. Dopo lunga vacanza, nel 1244 'n* nocenzo IV creò vescovo Pietro di Giorgio canonico vaticano con resi- denza in Recanati, quindi nel 1247 sottopose la sola città di Osimo al- la diocesi d'Umana in compenso del- la sottrazione di Recanati che spet- tava a quel vescovato. Alessandro IV verso il 1258 deputò ammini- stratore d' Osimo fr. Giovanni Co- lonna domenicano arcivescovo di Messina per togliere a poco a poco la città e la diocesi dalla giurisdi- zione di Recanati. Nel 116Ò Urba- no IV ne fece amministratore, e nel 1264 vescovo d'Osimo, nel re- integrarlo del vescovato, s. Benve- nuto Scotivoli d'Ancona, di cui era arcidiacono, consagrato dallo stesso Papa iu Roma come stato suo cap- pellano. Fu zelantissimo pastore, sos- tenitore delle ragioni e feudi di sua chiesa, cui ricuperò diversi be- ni; iu Cingoli riformò la canonica o priorato de'ss. Quattro Coronati, e sostenne i suoi diritti su quella pieve e sull'altra di s. Vitale. Vi- sitò diverse sue chiese e monasteri, e celebrò sinodi; Gregorio X l'in- caricò suggerirgli segretamente quan- to credeva meritevole di riforma, per trattarne nel concilio di Lione li. Egli morì nel 1282, non nel 1276 come dissi al breve cenno di sua biografia seguendo il Butler, errore in cui caddero gravi autori, compreso l' ostinano Martorelli. Nel i5go il vescovo Fiorenzi ne tras- portò il corpo dalla chiesa supe- riore alla confessione della stessa cattedrale, dipoi nel 17 55 ne fece solenne ricognizione il vescovo Com-

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pngnoni, e venne dichiaralo com- protettore d'Osimo. Abbiamo di Da- miano Fillareti (cioè il p. Flaminio M. Annibali da Latera) , Lettere ad un p. minorità, nelle quali il suo giudizio intorno alle ragioni addotte da Domenico Pannelli per provare la professione minoritica di s. Benvenuto vescovo d'Osimo, Fano 1764. Seconda edizione con Osserva- zioni, Osiruo 1765 pel Quercetti. Vi sono molte notizie sulla chiesa d Osi- mo, e la cronologia de'vescovi sino al 174°- Quanto allo stato religio- so di s. Benvenuto, ciò viene con- futato anche dal Compagnoni e dal Vecchietti, i quali al più ammetto- no che fosse stato terziario o fiate della penitenza. In Osimo fu fon- dato un ospedale sotto la di lui in- vocazione.

Nel 1-283 divenne vescovo Be- rardo I di Cagli canonico d'Osimo, non della patria come dicemmo al- la sua biografia col Cardella, e per- ciò chiamammo Bernardo o Berar- do (tutti i vescovi cardinali hanno biografie, perciò qui non ne ripetere- mo le notizie); vendè al comune i castelli di Tornazzano e Storaco feudi di s. Leopardo, e comprò la villa di Monte Torto^ e approvò la fondazione dello spedale d'Agu- gliano. Creato nel 1288 cardinale, il capitolo rimise a lui l'elezione del nuovo vescovo, che Fu Monaldo nel 1 289, canonico di Charlres, che ab- bellì con pitture l'oratorio di san Gio. Battista al Battisterio. Morì nel 1292, indi nel 1295 gli succes- se il b. Giovanni osimano traslato da Bonifacio VIII da Jesi, perchè era slato eletto da una parte del capitolo; promosse il culto di san Leopardo, fu rettore della Marca nello spirituale, quindi vicario di Roma ; fabbricò nella cattedrale e

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nell'episcopio, e soffrì vessazioni da alcuni ribelli osimani , quali fatte ancora al fratello Berardo II che gli successe nel i320, già canonico della cattedrale, Giovanni XXII li punì con togliere ad Osimo il tito- lo di città e l'onore della cattedra al modo detto. Al suo tempo e nel i323 nella chiesa di s. Nicolò dei benedettini, poi delle monache di s. Chiara, un Crocefisso dipinto nel muro sparse miracoloso sangue, di cui si pose in ampolline di cristal- lo nei duomo. 11 patrizio osimano Marcantonio Talleoni ci diede: No- tizie intorno al sangue miracoloso scaturito nel secolo XIV da un Crocefisso dipinto nel muro nell'an- tica chiesa di s. Nicolò d' Osimo, ivi 1762, pel Quercetti impressore vescovile e pubblico. Nel i326 fr. Sinibaldo II osimano minore osser- vante, pel primo fu destinato ve- scovo liberamente dal Papa, cioè da Giovanni XXII, prima eleggendo- lo il capitolo, indi confermandolo la santa Sede. Gli successe nel 1342 in vescovo della Osi/nana diocesi, durando ancora l' accennata priva- zione, fr. Alberto Bosoni di Gub- bio domenicano, e celebrò un sinodo in Cingoli perchè Osimo si trovava priva dell'onore della cattedra. Nel 1 347 fi'- Luca I Mannelli fiorenti- no domenicano, chiaro e dotto teo- logo, traslato da Zicne, ma lungo tempo restò in Avignone, indi pas- sò a Fano, e morendovi lasciò di- verse opere. Gli fu nel 1 358 sosti- tuito fr. Pietro I Masseo d' Ascoli domenicano illustre, ottenne da Ur- bano V nel 1 368 alla sua chiesa la restituzione della cattedra, tenne più sinodi, restaurò la cattedrale cui donò molti arredi e la croce stazionale, aumentando la mensa con alcuni fondi, e scomunicò di-

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versi ribelli diocesani iu un al cle- ro di Cingoli. Pietro II occupò la sede nel 1 38 e , era della famiglia Latubertini eli Monte Filottrano, ma sulle prime fu ricusato dagli osimani, forse per le controversie colla sua patria, anzi l'antipapa Clemente VII pretese nominarvi in pseudo-vescovo Giovanni, trasferen- dolo dalla sede di Mallezais. D'or- dine d' Urbano VI predicò la cro- ciata contro Luigi d' Angiò e il detto antipapa ; obbligò i parrocbi d' Osimo al servigio della cattedra- le e al canto delle messe ; per la gabella del jus pasce/idi in Monte Torto scomunicò la comune d' Osi- mo, e con ordine del Papa dichiarò scomunicati i cardinali Piata e Tar- lati scismatici; fece il coro della cat- tedrale e fu luogotenente della Mar- ca e Spoleto. Nel i4oo Bonifacio ]X fece vescovo della patria Gio- vanni III Grimaldeschi già canoni- co di essa , che assolvette il clero d' Osimo per avere aderito a Mo- starda da Forlì per le incorse cen- sure, e restituì il capitolo al novero di dodici canonici, Nel i4t2 fu ve- scovo Bartolomeo, che rinunziando nel i4'9> Martino V nominò Pie- tro III Pat ricelli di Fano de' mi- nori, sotto del quale per l' incendio della sagrestia perirono preziosi docu- menti e suppellettili. Per sua morte nel 1422 il capitolo volle procedere all'elezione del successore, ignoran- do il particolar decreto di riserva fatto da Martino V, in persomi di Nicolò Bianchi d'Osimo benedettino abbate di s. Nicolò : il Papa di- chiarò invalida l'elezione , tuttavia informato di sue eccellenti qualità gli conferì il vescovato; introdusse ni s. Marco i domenicani, fece fon- dere la campana maggiore della cattedrale, rinvenne i corpi de' ss.

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martiri Vittore, Corona e Filippo, e fece donativi alla sua chiesa, li capitolo regolò insieme col vescovo gli affari delle chiese urbane e dio- cesane, fino al secolo XV.

Andrea Broglio, non osimano, ma di Montecchio, già vescovo di Caorle e di Fossombrone, nel 1 4^4- fu trasferito a Osimo, lodato nel concilio di Basilea, ove tenne le par- ti d'Eugeuio IV, onde lo fece vi- cario di Roma, e fu al concilio di Ferrara. Trasferì in cattedrale i corpi de' ss. Fiorenzo e compagni martiri, divenne governatore della provincia, donò la cattedrale di sa- cri arredi, e fece una campana, la- sciando un legato per l'anniversa- rio. Nel i4^4 gli successe Giovanni IV de Prefetti di Vico urbinate, no- bilissimo; fece terminare le porte della cattedrale, e nel 1 460 ebbe a successore Gaspare Zacchi nobile di Volterra, dotto segretario del car- dinal Bessarione e di Pio II che ricevè in Osimo; con il comune eb- be dissapori, così con altri; descris- se le memorie di sua chiesa e dei vescovi predecessori, Auximatis ec- clesiae descrìptio et pontiflcuni ca- talogna' ; fece trascrivere il martiro- logio pel clero e vi aggiunse il ne- crologio; ristorò in Cingoli il palazzo del vescovato d'Osimo, ne compì l'edifizio e vi eresse la collegiata, fu castellano di Tivoli. Nel 1 474- Luca li Carducci fiorentino camal- dolese, compose colla casa Leopar- di la controversia in ordine alla mula da lui cavalcata nel primo ingresso colla nobile bardatura e freno , spettante alla medesima , prerogativa che poi nel 1748 Be- nedetto XIV trasferì in Francesco Nobili e suoi discendenti, quale e- rede dei Leopardi. Nel 1 479 ri^vo' il corpo di s Leopardo con gè-

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nerale religiosa consolazione, fu ze- lante pastore, difensore di sua giu- risdizione, lasciò sua erede la cat- tedrale. Nel i4^4 Paride Monte- manni di Castel Fidardo, fabbricò la cisterna nel palazzo d' Osimo, trovossi alla ribellione di Buccolino e ne solfri, ottenne l' unione alla mensa dell'abbazia di s. Nicolò ( la qual cbiesa per mollo tempo servi di matrice d'Osimo , quando la cattedrale d'ordine d'Innocenzo Vili fu racchiusa nella fortezza da lui edificata), scomunicò i pubblici rap- presentanti d'Osimo e loro negò la comunione pasquale, poi cooperò all'ornamento della città. Gli suc- cesse nel 1498 Antonio Sinibaldi osimano con applauso de' concitta- dini, ornò la volta e i capitelli del- la cattedrale, che riapri dopo la demolizione della fortezza, e dopo a- ver celebrato i pontificali in s. Ma- ria della Piazza, riuscendo incomo- da la detta chiesa di s. Nicolò ; i- stituì il monte fru mentano di s. Leopardo, intervenne al concilio Lateranense V, riconobbe e ritro- vò i corpi de' ss. martiri osi ma ni e de' ss. Leopardo e Vitaliano, indi nel i5i5 rinunziò al nipote Gio. Battista Sinibaldi già canonico ar- ciprete della cattedrale. Egli coope- rò alla fondazione del monte di pietà ; nuovamente eresse la collegiata di Cingoli e la dignità arcipretale; ri- fabbricò e ingrandì l' episcopio, al- loggiò nella casa paterna Paolo III, benedì solennemente la campana del comune. Per di lui rinunzia e morte nel 1 547 6^ successe Cipria- no Senili anconitano, lodato per dot- trina, prima che a Paolo III giun- gessero le istanze del pubblico a fa- vore del canonico Pier Filippo Mar- torelli. Nel 1 55 1 Bernardino de Cupis romano, che per la sua età

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ebbe in amministratore lo zio car- dinal de Cupis sino al 1 553 ; fu al concilio di Trento, pubblicò le sue costituzioni sinodali, e per le disposizioni di s. Pio V, che ordi- nato avea la visita di tutte le cine- se dello stato, nel i57 3 Gregorio XI li deputò Salvatore Pacini vesco- vo di Chiusi visitatore della diocesi osimana, onde nel i5?4 '1 vescovo rinunziò con pensione, e gli succes- se Cornelio Firmani maceratese, celebre maestro di cerimonie pori' tijicie, onde a quell'articolo ed al- trove parlammo di lui; celebrò il sinodo e lo pubblicò, visitò la dioce- si, cooperò alla fondazione de' cap- puccini d'Osimo, e promosse quella del monastero di s. Benvenuto. Nel i588 Teodosio Fiorenzi osimano, già familiare amato di s. Pio V, canonico vaticano, poi Sisto V lo dichiarò direttore di suo nipote car- dinal Montalto, accrebbe il decoro della cattedrale, vi eresse e dotò la cappella del ss. Sagramento e della Beata Vergine, ridusse a mi- glior forma il presbiterio, e trasla- il corpo di s. Benvenuto. Nel 1591 gli successe il concittadino car- dinal Antonio Maria Gallo o Galli, eresse la penitenzieria, intitolò a s. Tecla protomartire l'altare mag- giore dell'abside, ne dichiarò di precetto la festa, e la sostituì al- l'antico titolare s. Leopardo, cele- brò sinodi, visitò la diocesi, il resto, come degli altri cardinali, l'indicam- mo alla biografia.

Nel 1620 il cardinal fr. Agosti- no Galantina di Brisighella dome- nicano, ingrandì 1' episcopio, innal- zò una torre di prospetto al san- tuario di Loreto per vederlo e ve- nerarlo, fu benefico colla cattedrale, ristorò il convento di s. Marco dei domenicani, celebrò due sinodi, aprì

-'74 OSI OSI il conservatorio delle orfane. Gli fu trasferito a Viterbo, indi nel successe, dopo sede vacante notabile, 1721 divenne Innocenzo XIII j e nel 1642 il cardinal Girolamo Ve- siccome benevolo coli' antica sua rospi romano, donò alla cattedrale chiesa e diocesani, donò alla catte- una croce d'argento, e varie reli- diale grande e ricca lampada d'ar- quie, e queste anche alle monache gento con reudita pel perpetuo man- di s. Nicolò e di s. Ben ventilo, ed tenimento del lume; per 2 5 anni il corpo di s. Candido martire ai cede la pensione eh' erasi riserbata canonici di Cingoli; istituì alcune per erogarsi iu pio uso; ai ca- mansionarie in cattedrale, che pure nonici e dignità accordò 1' uso della migliorò nell'edilìzio. Nel i652 Lo- cappa magna, ed ai canonici onora - dovico Betti anconitano, governa- ri e mansionari l'almuzia, onde il toie di varie città dello stato, ce- capitolo nella camera capitolare gli lebrò il sinodo e fece altre buone eresse una marmorea iscrizione di opere. Nel i656 Antonio fi uhi sa- gratitudine. Dopo sede vacante, nel nese poi cardinale, fece rifondere la 1 7 1 4 fu vescovo il cardinal Ora- seconda campana della cattedrale, zio Filippo Spada lucchese, trasfe- aumentò le prebende delle due di- rito da Lucca ; si affaticò per l'ere- gnità e del teologo, migliorò 1' epi- zione e stabilimento del collegio Cam- scopio e la sua strada; accomodò pana e ne fece l' apertura nel 1718 il giardino contiguo alle sue carne- o 1 7 1 9, eccone l'origine. Federico e re, con islatue di stucco, pergolato Muzio Campana pattizi osimani a- e corridoio pel passeggio; in Cin- vendo destinato la loro eredità per goli trasferì i canonici della colle- l' erezione di un monastero di cap- riata nella nuova chiesa, e conver- puccine, avendone prevenuta la di- ti in episcopio l'ospedale di s. An- sposizione la pia Benedetta Wan- tomo ; riconobbe i corpi de' ss. mar- herten Viganega, il cardinale otten- ttri, introdusse i filippini in Cingo- ne commutata 1' erogazione nella li e in Osimo , alla cui cattedrale fondazione d' un collegio nel loro donò nobili suppellettili, erigendovi vasto palazzo cui si uuì il seminar Ja prebenda teologale; fondò l' ac- rio, e si chiamò collegio Campana. cademia de' Sorgènti, per non dire Inoltre il cardinale provvide l'ospe- d altro. Nel 1691 il cardinal Opi- dale degl' infermi, e con alcune con- zio Pallavicini genovese, lodato pa- dizioni si mostrò favorevole ai cin- store, governò sino al 1700 iu cui golani per avere l'onore di città mori. Vacò la sede e solo nel 1706 vescovile. Gli successe nel 1724 il il cardinal Ferdinando d' Adda mi- cardinal fr. Agostino Pipia d'Óri- lanese fu nominato visitatore apo- stagno domenicano, e nel 1725 Be- slolico e amministratore, cooperò nedetto XIII concesse a Cingoli alla fondazione delle cappuccine e (Vedi) la concattedrali con Osimo, pm tardi al collegio Campana. Cle- onde il cardinale dovette intitolarsi incute XI elesse vescovo nel 1709 pel primo, vescovo d! Osimo e Cin- il cardinal Michelangelo Conti ro- goli. Nel 1727 rinunziò e fu fatto mano; dopo avere governato per amministratore delle due chiese Giù- vicari si portò in Osimo, aprì la seppe Accoramboni arcivescovo di visita, die l'ultima mano alla fon- Filippi poi cardinale. Indi quale ve- dazione delle cappuccine; nel 1712 scovo nel 1728 gli successe Pietro

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II Radicali di Celle, feudo di sua casa nel Monferrato, traslato da Ca- sale; visitò la diocesi, abbellì l'epi- scopio d' Osimo, istituì in esso una accademia di teologia e di gius ca- nonico, e fu lodato come limosinie- io e zelante pastore. Nel 1729 fr. Ferdinando Agostino Bernabei di Ancona domenicano, trasferito da Acquapendente ; aprì la visita e rifuse la campana della cattedrale. Nel 1734 d cardinal Giacomo Lonfredini fiorentino di sommo ze- lo, variò la disposizione del presbi- terio nella cattedrale di Osimo, unì i beni ed il collegio Campana al se- minario, e rinunziando nel 174° designò per successore Pompeo Com- pagnoni di Macerata, letterato bene- merito, che avea servito in diversi incarichi la santa Sede. Edificante pastore, aumentò la pubblica biblio- teca e quella del seminario^ difen- sore de' suoi diritti, promosse i buo- ni studi, aprì in Osimo una casa di correzione per le donne ed una scuola per le fauciulle, non che a- prì il conservatorio delle orfane, ritrovò le teste de' ss. martiri osi- mani, cooperò allo stabilimento di pubblica stamperia, provvide la cat- tedrale di suppellettili e l'abbellì colla serie marmoiea di tulli i suoi vescovi, ornando con pitture l'ab- side. Anche di Cingoli fu beneme- rito, ove eresse la dignità d'arci- diacono e cooperò all' erezione della collegiata di s. Esuperanzio e nel 1765 del seminario, mentre in Ro- ma fondò l' opera pia per la difesa de' poveri delle due diocesi. Zelan- tissimo, limosiniero, celebrò due si- nodi ; raccolse ed illustrò le notizie de' vescovi predecessori, che fatte stampare il p. Maroni delle scuole pie le riformò, mentre l'altra serie che fece imprimere, fu riformata e sup-

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plita dal Zaccaria gesuita, oltre le Memorie continuate e supplite dal Vecchietti prete osimano . Dopo lunga vacanza di sede, proseguendo la serie colle Notizie di Roma, Pio VI nel 1776 creò vescovo il cardi- nal Guido Calcagnini ferrarese, di- sliuto giurisperito, già cameriere se- greto di Benedetto XIV, avvocato concistoriale, e dopo vari uffizi pre- latizi nunzio di Napoli e arcive- scovo di Tarso, maestro di camera. Nella cattedrale rimosse 1' altare maggiore da dove l'avea eretto il car- dinal Lanfredini, e Io trasportò iti mezzo al presbiterio; ridusse in mi- glior forma l'episcopio, ornando con pitture la galleria del giardino e (jiiesto con decorazioni ; aumentò l'edifìzio del seminario, riaprì l'ac- cademia ecclesiastica, ed alla recita di dissertazioni sloriche vi aggiunse quelle di diritto canonico per mag- gior profitto del clero, e nelle con- ferenze di questo statuì anche le discussioni liturgiche : aprì la visi- ta, emanò provvidenze pei chierici del seminario e verso i nobili con- vittori dell'unito collegio Campana; celebrò il sinodo anche in Cingoli, il cui episcopio ristorò rifabbrican- done il seminario, e sotto di lui tentò Cingoli ottenere un proprio e distinto vescovo. Ne furono succes- sori, nel 1808 il cardinal Giovanni Castiglioni d' Ischia; nel 181 5 Carlo Andrea Pelogallo fermano, poi cardinale, e nel 1823 il cardinal Ercole Dandini romano. Per sua rinunzia Leone XII a' 24 maggio 1824 fece vescovo d' Ippona 1V1 partibus monsignor Gregorio Zelli, ed amministratore delle due chiese, poi vescovo d' Asisi e ora d' Ascoli ; e nel dicembre 1828 il cardinal Gio. Antonio Benvenuti (di cui par- lai ancora a Prosinone e in altri

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luoghi, come a Marca, Legato e nel voi. XXV, p. 290). Per sua morte Gregorio XVI dichiarò nel concistoro de' 18 febbraio 1 83g l'attuale degnissimo vescovo, cardi- nale Giovanni Soglia Ceroni di Ca- sola Valsenio, la cui splendida e benemerita carriera ecclesiastica, la sua dottrina, opere e virtù cele- brammo in più luoghi, ed ancora nei voi. XVI, p. 106, e XXXIV, p. 48 e seg., e di sopra qual fautore de' buoni studi, restauratore de' Ri- sorgenti e benemerito del semina- rio. Lo ristorò ed abbellì, e lo prov- vide di miglior metodo di studio, non che di ottimi reggitori e mae- stri, onde farlo risalire in fiore e in quella fama che gode. A van- taggio de' giovani che ivi si educa- no, dettò egli pel primo, dopo la costituzione di Leone XII, un libro d'Istituzioni di gius pubblico eccle- siastico, e tale che fu adottato in altre scuole, come a Rovereto dal dottissimo ab. conte Rosmini, fon- datore dell'istituto della Carità: dettò pure ad uso dei seminari delle due sue diocesi una Grammatica latina, che adottata anch'essa da altri stabilimenti, meritò che ne sie- no già esaurite tre edizioni. A lui devono i diocesani le scuole not- turne di carità e le scuole dome- nicali pegli artisti adulti , con ap- posito regolamento approvato dalla congregazione degli sludi ; le quali scuole furono delle prime negli stati pontificii. Sotto i di lui auspicii il palazzo che fu dell'appannaggio (del quale parlai nel voi. XXXII, p. 3a6) ora si riduce a grande e comodo ospedale. Contribuì perchè i molti poderi che sono nel territorio, e già dell'appannaggio, fossero a discreto prezzo comprati dai luoghi pii e dai cittadini. Sempre intento al soc-

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corso de' poveri, non tralasciò pro- curar loro eziandio lavori. Ristorò la cattedrale e vi fabbricò nuova cap- pella al ss. Sagramento. Finalmen- te la dolcezza e temperanza del suo paterno governo, il suo zelo e buon volere, la sua affabilità e prudenza, Io rendono amabile e rispettabile a tutti. Questo amplissimo porporato fu già cappellano segreto e intimo di Pio VII, cameriere segreto e coppiere di Leone XII che lo fece inoltre il primo segretario della congrega- zione degli studi, arcivescovo d'Efe- so, elemosiniere e canonico Liberia- no ; da Gregorio XVI eziandio pro- mosso a canonico vaticano, a pa- triarca di Costantinopoli e segreta- rio de' vescovi e regolari, e merita- mente godè la particolare stima e singolare affezione e benevolenza dei lodati Pontefici, che gliene dierono solenni testimonianze.

Il capitolo si compone di tre di- gnità, l'arcidiacono, l'arciprete ed il primicerio ( eretto di recente e già benefizio istituito nel i685 da un Matteucci); di dieci canonici com- prese le prebende di teologo e pe- nitenziere, di altrettanti mansionari e di quattro sacerdoti cantori : i parrochi urbani e suburbani sono canonici soprannumerari , hanno la precedenza sopra i mansionari, quan- tunque ancor questi abbiano comu- ne il titolo e le insegne. Pio VII col breve Quantum, de'i4 gennaio i8o3, Bull. Éom. Cont. t. XI, p. 453 , concesse ai canonici sopran- numerari, allora composti di nove parrochi e undici mansionari, in luo- go dell' almuzia, la cappa magna come i beneficiati vaticani. Antica- mente il capitolo eleggeva i cano- nici ed il vescovo. Il capitolo di Cingoli ha tre dignità, il prevosto, l'arciprete e l'arcidiacono, tredici

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canonici comprese le prebende teo- logale e penitenziaria, sette man- sionari: la cattedrale è sotto l'in- vocazione dell'Assunta : vi è la col- legiata di s. Esuperanzio. Ogni nuo- vo vescovo d'Osimo e Cingoli è tas- sato in fiorini 270, ascendendo le rendite a circa scudi 4^00j dedotte le antiche perpetue pensioni in fa- vore de' silvestrini e del capitolo di s. Marco di Roma, oltre altri pesi. Sulla chiesa osimaua e serie de' ve- scovi, scrissero: Ughelli, Italia sacra t. I, p. 4<)6' Fausti Antonii .Maro- ili , Commentarius de ecclesia et epiicopis Auximaiibus , in ano U- ghelliana series emendatili', conti- nualur, illustratur, Ausimi 1762, lypis Dominici Antonii Qnercetti , impress, episcopalis ac publici. Fran- cisco Antonio Zacharia, Auxima- lium episcoporutn series a Ferd. U- ghellio prinium contexta, deinde a Nic. Colelio alìquantulum ancia, nnpperirne a F. A. Maronio emen- data et continuala , mine denic/ue plenius restituta pluribusque nonduni editis documentis illustrala, Àuximi 1764, ex officina Quercetti. Memo- rie istorilo- critiche della chiesa e de' vescovi d'Osimo raccolte ed il- lustrale da monsignor Pompeo Coni' paglioni vescovo di della chiesa, o- pera postuma, continuata e suppli- ta con note e dissertazioni da Fi- lippo Vecchietti, Roma 1782, t. V. Colucci art. IV: Memorie cristiane, in cui tratta che i primi lumi della religione cristiana penetrarono in Osimo sotto il pontificato di s. Pie- tro, e come si propagasse; primo vescovo si reputa s. Leopardo ; mo- numenti di sacra antichità, e del sar- cofago in cui riposano le reliquie dei santi martiri. Nel t. XXV poi riporta quanto di Osimo e del convento dei conventuali scrisse il p. Civalli a p. 93.

VOL. XL1X.

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OSIO Stanislao, Cardinale. Sta- nislao Osio, nato d'illustre famiglia in Cracovia , fino dall'adolescenza diede chiaro a conoscere a qual su- blime perfezione fosse da Dio chia- mato, imperocché era tra le altre cose, quale altro s. Bernardo , tal- mente dedito al digiuno, che il di- rettore della sua coscienza trovò ne- cessario, per non rovinare la di lui complessione, obbligarlo per pe- nitenza di prender maggior quan- tità di cibi ne' giorni da lui consa- grati all'astinenza, il primo de' quali era il venerdì in memoria della pas- sione del Redentore. Teneramente compassionevole verso i poverelli, di- stribuiva ogni giorno il denaro che riceveva da' genitori, e quando n'e- ra privo, genuflesso l'implorava, si alzava finché non l'aveano con- tentato, laonde era sempre contor- nato da una folla di poveri sino a correre rischio di essere soffocato. Il padre da Vilna lo mandò in Cra- covia a studiare nell'università, e si guardò bene d' infettarsi delle ere- sie, e vi trasse un suo amico. Ab- boniva la conversazione delle fem- mine benché parenti. Non badan- do alle intemperie, ogni venerdì vi- sitava le reliquie di s, Stanislao ve- scovo. Tale fu l'assiduità agli studi, che lesse otto volte le opere di Ci- cerone, per cui divenne peritissimo della lingua latina, a cui volle unire la cognizione della greca e un per- fetto possesso della filosofìa, dive- nendo perciò modello di perfezione e dottrina in detta università. Tras- feritosi a Padova, fece amicizia con Polo poi cardinale, ed in Bologna fu addottorato nelle leggi civili. Tor- nato in Polonia, il re Sigismondo l'impiegò ne' più importanti affari, lo fece cancelliere del regno contro sua voglia, e lo nominò canonico di *7

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Cracovia. Incaricato a scriver let- tere per lo scioglimento illegittimo del matrimonio del re, si ricusò fran- camente come cosa detestabile , lo che saputo dal re ne depose allora il disegno, per cui la regina Bona disse che Osio avea la prudenza del serpente e la semplicità della co- lomba. Nominato al vescovato di Cultna sotto Giulio III, dovè re- carsi alle ambascerie di Vienna e Brusselles , ove colla sua efficacia ed eloquenza tutto ottenne , ricu- sando il denaro che il re gli offrì pel viaggio. Nel ritorno , per non albergare in luoghi eretici, passò al- cune giornate senza cibarsi, viag- giando pure di notte. Giulio III lo trasferì alla chiesa di Varmia, che governò con grande esemplarità, a- nimando il popolo alla divozione e istruendolo nella di\ina parola. Per esser più idoneo al sacro ministero, si diede alla lezione de' ss. padri e principalmente di s. Agostino che lesse sei volte: avea distribuito la giornata in tre tempi , che impie- gava nell'orazione e nello studio, in vantaggio del prossimo , e nel so- stentamento e riposo del corpo. Ne- mico dell'ozio procurava tenerne lontani anche i famigliari. Si pre- stava facilmente a chi a lui ricor- reva, tenendo perciò sempre aperte le porte dell'episcopio. Esortava i ministri del suo tribunale a non prender doni, e trattar anco i rei con carità. Celebrò il sinodo con utilissimi decreti, e pel primo in- trodusse i gesuiti in Polonia, fon- dandogli col suo peculio un colle- gio nella diocesi. Recitava solo e genuflesso sul nudo pavimento le ore canoniche nella pubblica chiesa, e nelle feste era assiduo a' divini uf- fìzi. Visitava gl'infermi negli spedali, sollevando questi con larghe limo-

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si ne, ciò che fece sempre co' pove- ri. Pel suo zelo non risparmiò in- comodi, spese e viaggi a vantag- gio del cattolicismo , cui trasse dall'eresia non pochi , facendo pri- var dell'impiego di governatore un eretico. A difesa della religione con- tro l' eresia intervenne alle diete tenutesi nella Prussia, procurando illuminare chi la professava. Ben- ché non obbligato, varcò con peri- colo la Vistola per recarsi al sino- do di Petricow adunato dall'arci- vescovo di Guesna Nicolò Dzier- gowsky. Ivi accese i vescovi di ar- dore per 1' ecclesiastica riforma , e per la purità della fede di cui stese la forinola. Mantenne del proprio giovanetti ai buoni studi, ma in- darno tentò di trarre dall'errore Alberto marchese di Brandeburgo e duca di Prussia. Chiamatolo a Roma nel i558 Paolo IV, nella pri- ma udienza Io trattenne tre ore, e determinò di crearlo cardinale, onde l'Osio in ginocchio lo supplicò a non farlo ; falso è dunque come asserisce il p. Carrara, ch'egli fu imprigionato in Castel s. Angelo (equivocando con quello di cui nel voi. XL1V, p. 189 parlai), confutato dal Cardella. Pio IV per proseguire il concilio generale in Trento, nel i55q spedì il prelato nunzio a Ferdinando I imperatore, ed a Massimiliano re di Boemia, ed il primo ne restò ammirato di venerazione. Indi il Papa a' 2b feb- braio 1 56 1 lo creò cardinale prete di s. Sabina. All'udirne la notizia ne restò costernalo, ricorse alle ora- zioni e per un mese stette perples- so se accettare : saputosi dall'impe- ratore, gli mandò Drascovizio poi cardinale, per indurlo a sottomet- tersi, come pur fecero altri principi ed ambasciatori, in un al re di Po- lonia, ai prelati e palatini del regno.

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Sottomesso l'Osio all'autorità di tan- ti personaggi , nel di della ss. An- nunziata ricevette dall'arcivescovo di Slrigouia le insegne cardinalizie. Do- po due mesi Pio IV lo inviò legato a latere al concilio di Trento, do- ve la sua casa divenne l'ospizio dei vescovi e cattolici esiliati dall'Inghil- terra, consolando gli altri con let- tere e con danari. Dopo il concilio ritornò alla sua chiesa , e tutto si diede a beneficarla. Chiamò in Prus- sia i gesuiti, gli affidò il seminario provvedendoli di chiesa e collegio con gran spesa. S. Pio V lo dichia- rò legato a latere di Polonia, al cui vantaggio il re Sigismondo volle che si recasse in Roma, destinando coadiutore di Varmia, con benepla- cito apostolico, Martino Cromer di molto merito e zelo della religione, a difesa della quale avea scritto al- cune opere contro gli eretici. Giun- to a Roma vi fu accolto con ge- nerale applauso, ed ivi si diede a sollevar l' indigenza, per lo più a- vanti giorno per non essere os- servato, divenendo la sua casa il rifugio di tutte le nazioni, vescovi, sacerdoti, religiosi, pellegrini, solda- ti ed esuli ; ricevendo una volta per- sino 3oo schiavi, cui somministrò vitto e mezzi per ritornare alle loro case. Ne' pubblici spedali visitava gì' infermi, consolandoli con parole e limosine, ed il simile faceva coi suoi famigliari malati. Fondò in Roma un ospedale pe' suoi conna- zionali, con chiesa dedicata a s. Sta- nislao vescovo e martire, ma la mor- te gl'impedì di vederne compito l'e- dilìzio a vantaggio de' polacchi. In mezzo a tante spese, quando man- cava denaro per supplirvi, fece ven- dere la domestica suppellettile. Som- me considerabili gli fornirono i car- dinali Madrucci, Ippolito e Luigi

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d'Este, e Gregorio XIII. Mentre nella state trovavasi in Subiaco, sep- pe la morte del re Sigismondo, e gli fece celebrare in s. Lorenzo in Damaso solenui funerali coli' inter- vento di quaranta cardinali. In tale occasione vesti di nero cento pove- ri, ed a tremila distribuì considerabi- li limosine iu di lui suffragio. Gre- gorio XIII lo fece penitenziere mag- giore, carica che accettò non senza renitenza; quindi insieme co'peniten- zier.i minori ascoltava le confessioni nella basilica Vaticana, mostrandosi affettuoso con tutti, solo col pro- prio corpo esercitando l'austerità, fino a farsi flagellare da un fido domestico. Morì santamente in Ca- pranica, consumato dalle fatiche e penitenze, uel 1579 d'anni settan- tasei, universalmente compianto, la- sciando il poco ch'eragli restato ai bisognosi. Trasferito a Roma ebbe sepoltura nella basilica di s. Maria in Trastevere, divenuta suo titolo , al destro lato dell'altare dell' Assun- ta, con magnifico epitaffio. S. Pio V e Gregorio XIII lo chiamarono sal- da colonna di s. Chiesa, e il ven. cardinal Bellarmino, lo disse uomo degno di eterna memoria, e orna- mento del concilio di Trento. Seb- bene odiato a morte dagli eretici , tutti gli scrittori di quel tempo lo ricolmarono di alte lodi. Dotto con- troversista, scriveva con facilità ed eleganza, facendo un eccellente uso de' passi della sacra Scrittura. Sa- peva destramente trar vantaggio dal- le contraddizioni degli eretici, con- tro i quali scrisse molte opere, che tuttora Ibi vivente furono stampate trentadue volte in sette diverse lin- gue per tutta l' Europa. Stanislao Rescio pubblicò nel 1 584- '" Pari- gi un volume sopra le azioni di questo cardinale, ed in Roma ne

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fu data rn luce la vita nel 1087. L'Argelati riporta il catalogo delle sue opere, ed il Ciacconio il di lui testamento. Anche il Torrigio, De script, card. p. 5i, riporta il titolo di dette opere.

OSLAVESHLEN o OSLAVES- LIN. Luogo del regno di Mercia in Inghilterra, in cui fu tenuto un con- cilio nell' 823 sotto Ulfredo arcive- scovo di Canlorbery. Reg. t. XXI; Labbé t. IV; Arduino t. VII; Augi, t. I.

OSMA (Oxomen). Città con re- sidenza vescovile di Spagna nella Castiglia Vecchia, provincia di So- ria, al piede d'una montagna sulla riva destra dell' Ucero, a 20 leghe di Burgos. Molto rovinata, più non si vedono traccie di sue antiche mu- ra, onde la sede del vescovo è nel suburbio chiamato Borgo d'Osma. Una delle chiese racchiude le spo- glie di s. Cristina. La cattedrale de- dicata alla Beata Vergine Assunta, e l'episcopio conveniente e ad essa vicino, sono nel borgo: la cattedrale è di magnifica e gotica struttura, con batlisterio in cui esercita la cu- ra delle anime un vicario cappella- no deputato dal capitolo; ivi sono in venerazione i corpi di s. Pietro vesco- vo d'Osma (secondo la proposizione concistoriale ultima) e del ven. Pala- fbx. Il capitolo si compone di dieci dignità, comprese le prebende di teo- logo e penitenziere, prima delle quali è il priore; di quindici canonici, di dodici rationariis, di ventuno cappel- lani, e di altri sacerdoti addetti al divino servigio. Avea l'università fon- data nel i55o; ora ha un collegio, un convento di religiosi, confrater- nite, ospedale, casa per gli esposti, seminario e altre pie istituzioni. Tra gli uomini illustri, vanta d. Pietro d'Osma celebre teologo, e d. Gio-

OSM vanni Loperraez che descrisse que- sto vescovnto: s. Domenico fu ca- nonico regolare di questa chiesa, il cui capitolo fu secolarizzato nel i533, e prima avea undici dignità. Que- sta antichissima città fu chiamata Oxoma e Uxama. Pompeo se ne impadronì, ed ancora si vedono gran numero di antichità romane, mas- sime una torre del suo vecchio for- te, ed una vasta cisterna ben con- servata. Alfonso I re di Leone nel 746 la tolse a' mori, che la ripre- sero nel X secolo. Indi nel io 19 d. Sancio di Garcia conte di Casti- glia se ne impossessò e la ripopolò. La sede vescovile suffraganea tut- tora di Toledo fu eretta nel V se- colo : il primo vescovo fu Giovanui, che intervenne al concilio di Tole- do nel 5g7 ; gli successe Gregorio che fu a quello del 610, poscia per l'invasione de' mori la successione ne fu interrotta; solo ripristinata sotto il re Alfonso VI del io65, e si legge nelle notizie ecclesiastiche di Spagna. Soltanto nomineremo il ven. Giovanni di Palafox di Mendoza de'marchesi d'Arizia d'Aragona, che da Angelopoli fu nel i653 trasfe- rito a Osma, e mori a'3o settem- bre i65c), lasciando alcune opere: come avverso ai gesuiti, si può ve- dere il voi. XXX, p. i3g del Di- zionario. Gli ultimi furono , come si ha dalle Notizie di Roma. 1726 Pietro de la Quada. 1744 Gio. An- tonio Oruna di Burgos. 1748 Pie- tro Clemente d'Aroztequi di Cuen- ca traslato da Larissa. 1764 Ber- nardo Antonio Calderon di Siguen- za. 1786 fr. Gioacchino de Eleta d'Osma traslato da Tebe. 1790 Giuseppe Costanzo da Andino di Burgos trasferito d'Albarazin. 1794 Diego Malo de Portugal agostinia- no di Badajox. 1796 Antonio Ta-

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vira y Almazan di Jaen, già di Ca- narie. 1801 Giuseppe de Guarnica di Santander. 1 8 1 4 Giovanni de Cavia di Palencia. Dopo lunga sede vacante, il regnante Pio IX nel con- cistoro de' 17 dicembre 1847 pre- conizzò l'attuale vescovo monsignor Gregorio Sauchez dell'arcidiocesi di Toledo, ex claustrato dell'ordine di s. Girolamo , e prefetto maggiore delia biblioteca di s. Lorenzo in Escoriai. La diocesi si estende a treuta leghe in lunghezza e tredici in larghezza, contenente più luoghi e 4^o parrocchie. Ogui vescovo è tassato ne' libri della camera apo- stolica in fiorini 1800.

OSMANNA (s.), vergine. Uscita di nobile famiglia d'Irlanda o d'In- ghilterra, lasciata la patria, si riti- rò in Francia per vivervi in istalo di virginità. Stabili sua dimora nel- la bassa Bretagna, ove servì Dio con gran fervore, e morì presso la città di s. Bvieux verso il settimo secolo. JN'ell'undecimo il suo corpo fu por- tato a s. Dionigi in Francia ; ma il più delle sue reliquie furono dis- perse da' calvinisti nel 1567. Que- sta santa è nominata in molti mar- tirologi a' 9 di settembre.

OSMONDO o EDMONDO (s.), vescovo di Salisbury. Era conte di Seez nella Normandia, e seguì in Inghilterra Guglielmo il Conquista- tore, che lo creò conte di Dorset. Fu qualche tempo gran cancelliere d'Inghilterra, e seppe accoppiare una santa vita coi doveri di soldato, di cortigiano e di magistrato. Ma egli lasciò le dignità per abbracciare lo stato ecclesiastico. Le sue virtù e il grande suo ingegno non permisero che fosse lasciato nell'oscurità com'e- gli desiderava. Fu tratto dalla so- litudine nel 1078 per essere col- locato sulla sede di Salisbury. Edi-

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fico la cattedrale, che poi distrutta da un fulmine, la rifece nel 1099, e si mostrò molto caritatevole. Nella, radunanza di Uockingam del 109 7, entrò sciaguratamente nella parte di quelli che per compiacenza eransi dichiarati contro s. Anselmo ; ma ben presto se ne pentì, e volle ri- cevere l'assoluzione da s. Anselmo medesimo, a cui fu sempre dipoi siucerameute affezionato. Zelante del- la gloria di Dio, abbellì più chiese e fece diverse fondazioni. Compose per la sua chiesa un messale , un breviario ed un rituale, e stabilì le cerimonie, in cui erano state fino allora molte varietà. Morì, dopo lunga malattia, li 4 dicembre 1099, e fu seppellito nella sua chiesa ; ma nel 1 4-^7 venne trasportato nella nuova cattedrale. Fu canonizzato da Calisto III nel i458, e se ne cele- bra la festa a' 4 dicembre.

OSNABRUCH (Osnabrugen). Cit- tà con residenza vescovile di West- falia , capoluogo di governo e di principato d'Annover, a circa io le- ghe da Mùnster, sulla Haase. Cinta di mura e fosse, si divide in vec- chia e nuova città, e vi si entra per cinque porte. La cattedrale è degna di osservazioue, e lo è anche la chiesa di s. Giovanni ; e quelle di s. Maria e di s. Caterina de' lu- terani, i quali hanno il concistoro e un orfanotrofio : quattro sono gli ospedali. Inoltre vi sono due capi- toli e ginnasio cattolici. Rimarche- vole è il palazzo comunale, ove eb- bero luogo nel 1648 le conferenze degli ambasciatori protestanti per la famosa pace di Westfalia, i cui ar- ticoli stabilirono un nuovo sistema religioso politico negli stati europei, come notai a Congresso , la quale fu conseguenza dei celebri doppi congressi teuuti in Osuabrùch dui

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protestanti, e dai cattolici in Mmister, ove ne trattai. Il quartiere Freyung offre un passeggio ameno e assai frequentalo. Ha manifatture di gros- si lanifici e di tabacco : poco lunge è il giardino botanico d'Ebersburg. La città è antichissima, e dicesi pu- re Osnabrìck o Osnaburg , Osna~ burgum, Osnabruga. Nel 1 807 di- venne capoluogo del dipartimento westfalico del Weser; nel 18 io fu compreso nell'impero francese, ap- partenne al dipartimento dell' Ems superiore sino al 1 8 1 4> 'n cui colla provincia fu restituita all' Annover, tranne alcune piccole porzioni della seconda cedute alla Prussia e al ducato d'Oldenburg. Il governo di Osnabrùch corrisponde presso a po- co all' antico vescovato sovrano di questo nome, il cui vescovo era prin- cipe dell'impero, e comprende oltre il principato d'Osnabriich, i circon- dari di Meppen e d'Emsbùhren, la contea inferiore di Lingen e quella di Bentheitn.

La sede vescovile fu istituita suf- fraganea di Colonia verso il 776, per opera di Carlo Magno, che vi stabilì pure scuole di lingua greca e latina. Ne fu primo vescovo Gui- do morto nell'8o4; tra' successori nomineremo s. Bennone o Bernar- do Buccone prevosto benedettino di s. Pietro a Gokelar , ucciso nel 1088 nel sedare un tumulto; s. A- dolfo già canonico di Colonia e ci- sterciense di Campen del 1 1 89, mor- to nel 1224^ Il Surio in Comment. parla del concilio quivi tenuto nel 1 538 contro gli eretici. Nel i5gi Filippo de' duchi di Brunswich e Luneburgo s' impadronì del vesco- vato e v'introdusse il luteranismo; era pure amministratore di M inde 11 e Verden, e morì nel 1623. Fat- tone vescovo il cardinal Zollerai,

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dicesi avvelenato nel 1625 dai ca- nonici protestanti, facenti parte del capitolo, nel timore che li volesse bandire dalla cattedrale. Gli succes- se Vallemberg benemerentissimo, poi cardinale , sotto il quale gli svedesi impadronitisi d'Osnabriich, nel 1 634 elessero in vece Gustavo conte di Wasaburg naturale del re Adolfo, ma colla pace di Westfalia cede il vescovato a Waltemberg per 80,000 scudi, e si convenne in essa che il vescovo sarebbe alternativamente cat- tolico, uno della casa di Lunebur- go, e protestante, il quale sarebbe sempre il principe più giovane del ramo del duca Giorgio di Bruns- wich, allora generale delle truppe svedesi, e con capitolo composto di luterani e cattolici, e questi con pre- vosto decauo. Ciò sempre riprova- rono i Papi, e nel t. Il del Bull. Cont. vi sono diversi analoghi bre- vi di Clemente XIII, ed altro nel t. III. Siccome la giurisdizione spiri- tuale de' cattolici era devoluta al- l'arcivescovo di Colonia, nel 1723 fu fatto suffraganeo ci' Osnabrùch Gio. Adolfo de Horde di Colonia vescovo di Filiopoli, e nel 179^ Carlo de Gruben di Bonna vescovo di Paros. Nel i8o3 fu regolato che il vescovato sarebbe a perpetuità nella casa d' Annover [Vedi], e pel concordato di Leone XII il vesco- vato d'Osnabriich fu ripristinato. Nel i83o Pio Vili fece suffraga- neo l'attuale monsignor Carlo An- tonio Liipke d' Osnabrùch, vescovo d'Antedona, con tremila monete di convenzione per provvista. Gregorio XVI nel 1 84 1 Io dichiarò ammi- nistratore apostolico e vicario apo- stolico delle missioni settentrionali di Germauia e d' Annover con re- sidenza in Osnabrùch : di questo vicariato antichissimo , che prima

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risiedeva iu Paderbona, dammo un cenno nel voi. XXIX, p. 102. La capitale del regno d'Annover è pure nello spirituale soggetta a questo vescovo, con chiesa cattolica fabbri- cata nel 171 1 per esortazione di Clemente XI, concorrendovi i ca- pitoli, i vescovi, gli abbati di Ger- mania. Anche Harburgo e Lune- burgo città del regno ne dipendo- no; nella seconda sonovi belli isti- tuti di scienze e di carità. Ambur- go, Lubecca, Brema, ec. altri luo- ghi del vicariato, hanno articoli. Ferdinando di Fiirstenberg vescovo di Paderbona e di Miinster nel 1682 destinò 5oo,ooo imperiali di fondi per trentasei missionari ge- suiti nelle parli settentrionali d'Eu- ropa e orientali d' Asia , pia opera che si disse Ferdinandea : nel 1802 fu stabilito che le rendite si ero- gassero solo per le missioni setten- trionali di Germania.

OSPEDALE, OSPITALE OSPE- DALE, Nosocomium, Xenodochium, Hospitale. Luogo pio e casa cari- tatevole che accoglie i poveri infer- mi per curarli, dove loro si som- ministrano per carità i soccorsi spi- rituali e temporali: si chiama an- che ospitale di Dio e casa di Dio. Dicesi Archinosocomium o Archixe- nodochiuni l'arcispedale o archiospe- dale, cioè i capi degl' istituti di si- mil genere, che aggregando gli al- tri ospedali, questi partecipano del- le loro grazie e privilegi. Gli ospe- dali dalla voce hospitium, hospitali' tas traggono l'etimologia, e furono anco chiamati santuari di carità, o teatri delle umane miserie, onde han- no il titolo di venerabile e di sacro, e dobbiamo tutti essere grati a chi li fondò. Presso gli antichi popoli, gli ebrei, i gentili fu esercitata l'ospitali- tà. 11 primo ospedale pubblico che si

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fondò in Gerusalemme, al dire di Giuseppe ebreo, fu quello fondato da Ircano pei soldati forestieri; in Roma fu il primo quello eretto da Fabiola matrona cristiana, nel luogo ovesur- se la chiesa di s. Maria in Traste- vere, pei soldati impotenti per la guerra ; ed in Costantinopoli da s. Zotico senatore recatosi da Roma colà con Costantino, come si ba dal Piazza, che celebra l'ospitalità roma- na, nell' Eusevologio, tratt. I degli spedali pubblici. 11 p. Mamachi, Dei primitivi cristiani, a p. 52 del t. 3, narra come questi sotto nomi di- versi li eressero massime pei pelle- grini, onde riceverli e trattarli ca- ritatevolmente, leggendosene memo- rie ne' padri fioriti nel IV secolo : gli ospedali o ospizi già erano ai tempi apostolici, e se ne fa men- zione nel concilio di Calcedonia del 25 1. Fiuo dai primi tempi della Chiesa una parte considerabile dei suoi beni fu impiegata nel fondare e mantenere ospedali per le dille- renti specie de' miserabili, per cu- rarne l' anima e il corpo ; e ben presto gli Ospedali di Roma [Ve.' di) furono istituiti per diverse na- zioni. Non solo in essi si uutrivauo e medicavano i poveri cristiani, ma anche i pagani, a segno che ne re- stò nel IV secolo confuso Giuliano l'apostata, che avrebbe voluto a lo- ro imitazione si stabilissero ospeda- li e si mettessero contribuzioni per soccorrere i poveri. Queste differen- ti case di carità cristiana ebbero nomi diversi, presi dai greci, per distinguere quelli che vi si ricove- ravano ed assistevano. La casa in cui uudrivansi i bambini lattante fossero 0 no esposti , chiamavasi Brepìiotrophium j quella degli orfa- ni e pupilli Orphanótrophium j l'o- spedale de'malati nazionali 0 per

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le malattie mediche, Nosoeomium; quello degli stranieri e pellegrini A'e- nodochium , tenuto propriamente per ospizio o casa di ospitalità; Ge- rontocoinium fu detta la casa di ri- tiro pei vecchi invalidi ; Lemocho- tnium dove si medicano gli appe- stati, V. Lazzaretto; Traumatoco- mium l'ospedale de'feriti ; Nosodo- comium pei malati in genere; Mani- comiuni pei maniaci, mentecatti,pazzi, ed anche Xenodoch'ium amentiumy hospilio insanorunij Ptocholrophium pei mendici e pazzi, o l'asilo gene- rale e comune ad ogni sorta di po- veri . V '. Ospizio., Orfanotrofio, Poveri.

Ben presto siffatte case di ca- rità furono fondate in tutte le principali città e luoghi della cri- stianità. S. Epifanio, Haeres. >j5, i, dice. » I vescovi per carità verso gli stranieri stabiliscono questa sorte di case, nelle quali ricoverano gli stor- pi ed i malati, e somministrano lo- ro la sussistenza ". D'ordinario era un prete o un diacono che ne avea l'intendenza, come in Alessandria s. Isidoro, a Costantinopoli s. Zotico e poi s. Sansone. Eranvi altresì al- cuni ricchi particolari che ne'primi secoli mantenevano ospedali o ospi- zi a proprie spese, e che servivano essi medesimi i poveri, come fecero s. Pammachio a Porto, e s. Galli- cano a Ostia alle foci del Tevere. I santi vescovi non risparmiarono nulla per siffatte spese, e ne' primi secoli i medesimi prendevano cura de'poveri e degli ammalati, apren- do case presso le loro cattedrali o le proprie abitazioni: molti conci- lii ordinarono loro di visitare i leb- brosi, gl'infermi, e di somministrar- gli vitto e mezzi per guarire, mas- sime quello di Tolosa del i5go. L'episcopio o altra casa del vescovo

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fu l'asilo de'poveri, delle vedove, degli orfani, de'malati, de'pellegrini, degli stranieri : era cura de' vescovi riceverli, lavar loro i piedi, e di ser- virli a mensa, uffizi caritatevoli che sempre esercitarono gli ecclesiastici, ed i ricchi monasteri ordinariamente avevano annessi ospizi o ospedali. Quanto furono i Papi benemeriti de- gli ospedali si può vedere a'ioro luo- ghi, massime degli Ospedali di Roma ; altri per salutare penitenza, e per ren- dere questa in vantaggio de' malati , obbligarono città e persone ad erige- re ospedali: Alessandro IV nel 1257 per assolvere i pisani dall'interdet- to li obbligò a edificare un ospeda- le, altrettanto fece coi viterbesi Mar- tino IV nel 1281. La maggior par- te degli ospedali furono fondali o diretti da personaggi distinti e ce- lebri pei loro lumi e sperienza, bra- mosi di esercitarsi nelle più belle virtù . Spedalingo fu detto il pre- fetto dell'ospedale, xenodochii prae- fectus, hospitii cuslos j spedalieri i cavalieri ospitalari degli ordini mi- litari istituiti per l'assistenza degli infermi. I preti e diaconi che go- vernavano gli ospedali, anco sul temporale, rendevano conto ai vesco- vi, dai quali dipendevano, come tut- to il rimanente de'beni ch'erano de- stinati ad opere di carità, onde no- minavano chi ne dovesse aver cu- ra. Alcuni fondarono ospedali de- stinati ad essere governati da reli- giosi o religiose colla esenzione dal- la giurisdizione vescovile. V. Ospe- daliere e Ospedalieri. Gli ecclesia- stici che avevano l'amministrazione degli ospedali, avendola in seguito, pel rilassamento della disciplina, con- vertila in titoli di beneficii e com- mende a loro particolare profitto, il concilio di Vienna vietò che per l'avvenire venissero dati ospedali

OSP come titoli di beneficii ad ecclesia- stici secolari, e ordinò che venisse- ro amministrati da laici idonei, i quali ne rendessero conto agli or- dinari , decreto che fu confermato dal concilio di Trento., il quale ap- provò agli ordinari qualunque ispe- zione sugli ospedali, ciò che in Fran- cia e altrove non si osservò, essen- done affidata l' amministrazione a laici che fanno i' uffizio di tutori. Sulle loro tasse e amministrazioni, ■vedasi il Ceccoui, De seminari p. 220.

In progresso di tempo si stabili- rono ospedali per particolari ma- lattie, e pei due sessi, con ospizi eziandio per gli esposti Fanciulli e Bastardi (Fedi); ed a Matrimonio si parlò della parentela di chi gli adotta. Che le prime e vere scuole di Medicina nacquero negli ospeda- li, a quell'articolo Io dissi. A que- sti stabilimenti si aggiunsero quelli per la cura de'pazzi ed anco per i ciechi. Dei primi parlo a Ospedale di s. Spirito, de' secondi a Ospizio di s. Maria degli Angeli, dicen- do degli stabilimenti de' sordo-muti. Gli ospedali nel tempo medesimo che hanno offerto ricetto ai po- veri, hanno altresì somministrato ai medici il modo di aver riunito un numero considerevole di malati sui quali apprendere la loro arte sperimentale. Hanno il privilegio di tenere campane, non solo per l'ese- cuzione di tutti gli uffizi a tempo determinato, ma ancora per convo- care il popolo ad esercitarsi nella carità, e alla celebrazione de' divini misteri nelle congiunte chiese per quelli che le hanno. La Chiesa ha prescritto, che nell'erezione de' ve- scovati vi debba essere l'ospedale nelle città residenziali de' vescovi e concattedrali , onde ne faccio

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menzione ne' loro articoli, segnata- mente de'pri nei pali. Lo zelo e mu- nificenza de'Papi, de'vescovi e dei principi non solo fondò ospedali in oriente che in occidente, ma li ricolmò di privilegi, prerogative ed esenzioni. V. Medico, Chirurgo, Spe- ziale, Medicina, Chirurgia, Pesti- lenze. GÌ' indiani di Surate nella presidenza di Bombay aveano ospe- dali per gli animali malati o feri- ti, e non toglievano la vita a qua- lunque essere vivente, neppure per cibarsene. Vedasi il Pozzi, Polizia medica degli os/jedali, Milano i83o. Sull'origine degli ospedali, discorso accademico di Luigi Morelli di Sie- na, professore di medicina clinica nell'università di Pisa, Firenze 1837. Gli ospedali incorsero da pressoché un secolo nella censura non solo degli acri oppositori d'ogni benefi- ca istituzione, ma di alcuni altresì che professano sincera carità wjrso il povero e l'afflitto. Furono però difesi e altamente lodati, come dui Eergier nel Dizion. cucici. , e da mons. Monchini, Degl'istituti di pub- blica carità in Fio ma, ove dotta- mente tratta in genere sugli ospeda- li, sugli ospizi degii esposti, e sugli spedali pei pazzi, e di quanto su ili loro è stato scritto.

OSPEDALI DI ROMA. Se que- sti cedono per anteriorità di tem- po a quelli aperti in oriente come culla del cristianesimo, furono al certo i primi d'Italia e delle re- gioni occidentali. Anche in questo lioma fu magnifica nelle tante sue istituzioni verso i poveri e l'infeli- ce languente umanità; i Papi li ri- guardarono sempre come patrimo- nio della Chiesa, e potentemente con- tribuirono alle loro fondazioni e in- cremento ; cardinali, prelati e pie persone ne imitarono generosamen-

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te gli esempi. Però Clemente XIII nel 1 766 col breve Exponi nobis, e nel 1763 col breve Exponi, pres- so il Bull. Coiti, t. Ili, p. 178 e 248, dichiarò non poter godere il privilegio d'immunità ed asilo quei che commettevano furti negli ospe- dali di s. Spirito e di s. Giacomo in Augusta. Tutte le nazioni civi- lizzate hanno creduto indispensabile istituire delle pubbliche località pei poveri infermi, fornendole di tutto ciò eh* è necessario per curare le malattie di essi, e così togliere dal- la morte tanti individui che privi di cura e di assistenza, vittime ne sarebbero inevitabilmente divenu- ti. Roma centro del cristianesimo, come delle arti e scienze, non po- teva non procurarsi la primazia in questo tratto di umanità e in que- ste istituzioni di pietà, per la quan- tità d'ospedali che racchiude. E ben può dirsi cattolica la carità roma- na, poiché quasi tutte le nazioni cospirarono amichevolmente a fon- darvi utili istituii. I pubblici ospe- dali che ora danno in Pioma assi- stenza e sollievo agl'infermi (senza contar quello di s. Giovanni di Dio dei benfralelli pei febbricitanti uo- mini, quello di s. Rocco per le par- torienti, quelli pei convalescenti del- l' arciconfraternita della ss. Trinità de'pellegrini dell'uno e dell'altro sesso, e di s. Galla pei convalescenti rognosi, de' quali due ultimi parlasi a Ospizi di Roma, e i multi istituti naziona- li e particolari), sono cinque, fregia- li del titolo di Arcispedali o Av- chiospedali, cioè capi degli istituti di simil genere (de'quali, come de- gli ospedali di s. Giovanni di Dio e di s. Rocco, brevemente tratta- remo in questo articolo), e ricchi di privilegi, prerogative e rendite: due destinati precipuamente alle

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malattie mediche, escluse le croni- che, meno i letti di giuspatronato; s. Spirito in Sassia per gli uomini con stabilimento di proietti e paz- zi ; il ss. Salvatore o s. Giovanni in Laterano per le donne di ma- lattie acute e croniche; tre alle ma- lattie chirurgiche d'ambo i sessi che vi sono ricevuti in separate sale, cioè s. Giacomo in Augusta all'alta chirurgia e piaghe di ogni genere; s. Maria della Consolazione alla chi- rurgia istantanea con ferite, frattu- re e scottature; s. Maria e s. Gal- licano all'infermità cutanee, febbri- citanti, scottati, e attaccati da ti- gna e rogna; ciò non pertanto tut- ti porgono soccorsi ai bisogni istan- tanei. La loro situazione è tale che ogni quartiere della città può fa- cilmente godere di questo bene. Im- perocché s. Spirito e s. Gallicano sono locati nella parte occidentale, l'uno nel rione Borgo, l'altro in quello di Trastevere; s. Giacomo è nella parte settentrionale e nel luo- go più popoloso di Roma nel rio- ne Campo Marzo, il ss. Salvatore a levante nel rione Monti, s. Ma- ria della Consolazione nell'estremi- tà meridionale dell'abitato, e quasi nel centro della città nel rione Cam- piteli). Per tal modo Roma non ha dovuto, come altre capitali d'Euro- pa, stabilire ne'diversi quartieri ca- se di soccorso per gl'infermi, per- chè bastano i suoi pubblici ospeda- li ove e notte sono pronti pro- fessori dell' arte salutare, e farma- chi e ogni altra cosa che bisogni anche ai casi improvvisi. A Diaco- nie CARDINALIZIE DI ROMA dissi die

sino dai primi tempi della Chiesa aveano contigui ospizi e ospedali , presieduti dai Diaconi e Notare {Fedi).

Dicesi che s. Cleto eletto nel-

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I' anno Ho secondo successore di s. Pietro, convertisse in chiesa la pro- pria casa, poi sacra a s. Matteo [Ve- di) in Merulana, con aggiungervi un ospedale pei pellegrini. Nel con- cilio tenuto nel IV secolo da s. Sil- vestro I, venne statuito che una quarta parte delle rendile della Chie- sa fosse adoperata a beneficio dei poveri e degl' infermi. iSell'istesso secolo Fabiola illustre matrona ro- mana aprì in Roma un ospedale pei malati poveri, e si distinse an- che nell' accoglierli e servirli. Ste- fano II detto III del 752, presso s. Eustazio in Platana, fondò un ospe- dale per cento poveri. Sino dai pri- mi secoli presso le chiese di s. Gio- vanni in Laterano e s. Pietro in Vaticano [Vedi), furono edificati ospedali, ricordati dall'Alamanni in parietinis, come ne furono istituiti da diverse nazioni, e sodalizi anche artistici , di che trattiamo ai loro articoli, sebbene alcuni non più esi- stenti. Gli esistenti sono quelli de- scritti a Germania, cioè di s. Maria dell'Anima pei teutonici, di s. Ma- ria in Campo santo per le pelle- grine teutoniche, dei belgi, di s. Elisabetta de' garzoni fornari tede- schi, e di quello che aveano i boe- mi; di s. Giacomo degli spagnoli pei casigliani, e della Madonna di Mon- serrato pegl'infermi e pellegrini ara- gonesi, di cui parlasi a Spagna, men- tre a Portogallo si dice di quello di s. Antonio pei portoghesi; a Spe- ziale di quello di s. Lorenzo in Mi- randa pegli speziali; ad Abissinia e Etiopia di quello di s. Stefano pe- gli abissini e mori ; a Bergamo e Collegio Cerasoli di quello di s. Bartolomeo e Alessandio pei berga- maschi; a Lucca di quello della ss. Croce e s. Bonaventura pei lucche- si; a Cuiesa de'ss. Ambrogio e Car-

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lo di quello pei milanesi o lombardi; a Firenze di quello di s. Giovanni dei fiorentini, pei nazionali ; a Fiandra di quello di s. Giuliano a'Cesariui pei fiamminghi ; a Francia di quelli di s. Luigi de' francesi e di s. Claudio de'borgognoni pei naziouali; a Si- cilia di quello della Madonna di Co- stantinopoli pei siciliani ; a Polonia di quello di s. Stanislao pei polacchi ; a Chiesa di s. Girolamo de' Schiavo- VI, di quello per gli .schiavoni e illirici d'ambo i sessi ; a Università' arti- stiche di quelli della Madonna di Lo- reto pei fornari italiani, e di s. Ma- ria dell'Orto per gli aggregati al- l'università unite nella sua chiesa. L'ospedale di s. Sisto per gli inva- lidi e storpi uomini e donne, fu trasportato nell' Ospizio apostolico di s. Michele. [Vedi). Così alle bio- grafie de'Papi e altrove si rimar- ca la carità loro verso gl'infermi, e le benemerenze cogli ospedali, in che si distinse Paolo II. A ricor- darne qui alcuni, Clemente IX di frequente visitò gl'infermi dell'ospe- dale di s. Spirito, del ss. Salvatore e di altri, recando loro sollievo e consolazione; frequenti pure furono l'eguali visite fatte da Clemente XI nel suo lungo pontificato e con for- malità, agli ospedali di s. Spirito, della Consolazione, di s. Giovanni, de'Benfratelli. Benediceva le vivan- de degli infermi cui presentavano i cardinali, e cingendosi di zinale (che il maestro di camera donava ai ce- rimonieri), ad es«.i dispensava biscot- tini e prugne portale in bacili dai camerieri segreti, ed una medaglia d'argento con indulgenza che gli somministrava l'elemosiniere. Talo- ra col penitenziere maggiore assistè i moribondi. Prima di uscire dal- l'ospedale si lavava le mani con ac- qua versata dal coppiere. Bencdet-

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lo X11I in visitare gl'infermi negli ospedali, li serviva colla presenta- zione delle vivande, li ricreava con dolci, gli amministrava il viatico e l'estrema unzione., assistendoli a ben morire. A Civitavecchia descrivem- mo le visite e i doni fatti ai ma- lati dell'ospedale allorché lo visita- rono Benedetto XIV e Clemente XIII.

Sul principio del presente secolo dopo le vicende repubblicane, Pio VII apri una visita apostolica agli ospedali di Roma con amplissime facoltà ai cardinali visitatori che ne riordinarono il reggimento con opportuni decreti: le aperture delle sagre visite negli ospedali sono ac- compagnate da cerimonie prescritte dal cerimoniale de' vescovi, previa l' adorazione del Santissimo, la let- tura del breve apostolico, il ricevi- mento all'obbedienza de' sacerdoti, religiosi e addetti; quindi il visita- tore assume gli abili sacri, dopo data la benedizione pontificale, fa le assoluzioni pei defunti della chie- sa e del cimitero, e gli altri riti pre- scritti dal cerimoniale. Visita quia» di tutti i locali, oltre gl'infermi dei due sessi, udendone le richieste. Nel 1809, occupata Roma dai francesi, l'amministrazione stabili una com- missione amministrativa degli ospe- dali j per tutti gli ospedali di Ro- ma, non compresi i nazionali, com- posta di sette membri, cavalieri ro- mani e legali, che li diresse con molta intelligenza, pubblicandone gli annuali rapporti. Ritornato nel 1 8 1 4- Pio VII in Roma, tolse alla com- missione degli ospedali s. Spirito, cui rese il prelato commendato- re, essendone l'amministrazione assai vasta. Per gli altri ospedali man- tenne la commissione amministrati- va, con un prelato per presidente,

OSP e sei deputati, a'quali poi aggiunse alcuni ecclesiastici, e volle che si amministrasse in comune quanto dava l'erario. Gli ospedali furono s. Giovanni, s. Giacomo, s. Maria della Consolazione, s. Gallicano, ss. Trinità de'pellegrini, s. Rocco. Leo- ne XII con moto- proprio de'5 gen- naio 1826, Nel dare incomincia- mento alla visita apostolica, riordi- nò con regolamento gli ospedali, bramandone il miglioramento con più perfetti metodi. Primieramente dichiarò a se riservata l'immediata superiorità, onde la deputazione am- ministrasse e agisse in suo nome. Volle che tutti gli ospedali di Ro- ma formassero un sol corpo e am- ministrazione centrale e complessi- va, riunendovi s. Spirito e sue di- pendenze, e che la sola capacità fosse il limite del ricevimento dei poveri che implorassero soccorso nelle loro infermità. L'anteriore de- putazione la mantenne aumentando- ne i membri, sotto la presidenza del commendatore di s. Spirito, tut- ti con voto deliberativo. Ogui ospe- dale ebbe un deputato particolare nobile romano ; tutti gli ospedali aveano una sola computisteria cen- trale, un sol deposito di medicinali, un sol metodo pei commestibili, sup- pellettili ed altro. Delle sue visite agli ospedali (della Consolazione, s. Spirito, s. Giovanni, s. Gallicano) e della medaglia perciò coniata feci parola nel voi. XXXVIII, p. 68 e 82. Pio VIII a'2£ dicembre 1829, colla lettera Quae super egcnuni et paupereni, sciolse tale deputazione e ritornò gli ospedali quasi alle anti- che forme, dando loro amministra- zioni separate e parziali, meglio clas- sificando gli ospedali iu ricevere i molestali dalle malattie che afflig- gono il corpo umano. S. Spinto fu

OSP OSI» 269 reso ai canonici regolari dell'ordine diremo in un alle visite da esso e al loro abbate commendatole mae- l'atte. A Cimiteri di Roma dissi qua- stro generale. Gli altri cinque ospe- li ospedali l'hanno, e descrissi olire dali del ss. Salvatore o s. Giovati- quello pubblico di s. Lorenzo, quel- ni, di s. Giacomo, della Consolazio- lo di s. Spirito come il più vasto, ne, di s. Gallicano, di s. Rocco, poi- facendo menzione delle belle rap- che nulla si cangiò a quello della presentazioni in figure espresse al ss. Trinità, ebbero cinque partico- vivo ed egregiamente eseguite an- lari deputazioni, composte di un pie- clie con arte ingegnosa, onde imi- lato presidente e di due deputati, tare la natura nella storica verità l'uno ecclesiastico l'altro cavaliere, e nella illusoria scenografia, che vi si Non solo i beni furono resi a eia- fanno in quelli di s. Spirito, di s. Gio- scun ospedale, ma l'assegnamento vanni e della Consolazione (oltre le dell'erario stesso fu diviso prò rata, rappresentazioni di quello presso la Gregorio XVI visitò gli ospeda- Chiesa di s. Maria in Trastevere e li, in alcuni pose ordini regolari a dell' Arciconfralernita della morie nei custodia, e principalmente fu mimi- loro cimiteri). Queste annuali reli- fico con quello di s. Giacomo, ve- giose e morali rappresentazioni, sta- gliando su tutti, come meglio dire- bilite fino dalla metà del secolo pas- mo parlando d'ognuno. Il regnante sato, servendo per eccitare il cri- Pio IX col moto-proprio del 2 ot- stiano fervore a suffragare i defun- tobre 1847 dispose. « Sarà cura ti, e pel fine santissimo che si leg- della magistratura romana e del nella sentenza del lib. II de'ÌMac- consiglio di prestarsi a tutti gli in- cabei, cap. 12, ver. 46, hanno Ino- carichi che al sovrano piacerà di go con argomenti analoghi tratti all'alargli, nominando deputazioni o dal vecchio come dal nuovo Testa- commissioni temporanee o penna- mento, dalla storia ecclesiastica e nenti relative all'amministrazione de- dalle vite de' santi ; se ne possono gli ospedali ed ospizi per gl'infer- vedere alcune descrizioni nel Dia- mi, vecchi, alienati ed esposti, ed rio di Roma i83g, n.° 91, e nelle altri qualunque ". Inoltre col moto- Notizie del giorno n.° 4^ del 1 845, proprio de' 29 dicembre i847 tu" n,° 44 del 1846, e n.° 44 del 1847; chiaro dipendere dal ministero del- essendo scritte la maggior parte dal l'interno. « Gli ospizi, ospedali, re- cav. Andrea Belli, e di quelle della clusorii di mendicità ed istituti di Consolazione degli anni anteriori, beneficenza, che sieno però d'istitu- egli stesso Io afferma nella sua le- zione laicale, e che vadano salvi i scriz. della chiesa di s. Maria del' diritti degli ordinari. E che gli ospe- le Grazie, p. 54- Le descrizioni poi dali militari dipenderanno dal mi- storico morali con incisioni de' fatti nistero delle armi ". Il medesimo rappresentati sogliono dispensarsi dai Papa volendo ulteriormente miglio- superiori de'cimiteri. rare la condizione degli ospedali, Gli ospedali di Roma quasi lutti ed in ispecie quello di s. Spirito hanno pie lascile per annue do- frequentato caritatevolmente nella tazioni, per maritaggi e monacazio- sua giovinezza, per esso e per quei ni. Vi sono in ognuno metodi per di s. Giacomo e s. Gallicano ha la distribuzione delle guardie, per preso quelle provvidenze che poi l'assistenza degl'infermi, pei medi-

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c'inali, medicature e vitto. Mentre in tutti gli ospedali d' Europa evvi una farmacopea o lista di medici- nali ad uso de' poveri, fuori della quale non è lecito fare ricette, in Pioma con generosità romana è in libertà de' medici ordinare ciò che stimano opportuno. Si dicono capo- letti quelli addossati alle pareti; i secondi congiunti a questi hanno il nome di cariote, i terzi di terze, i quarti di quarte. Il vestiario e robe degl'infermi si custodiscono in ap- posito luogo; se muoiono si vendo- no a benefìcio dell'istituto. 11 pio luogo fornisce agi' infermi veste di lana nell'inverno, di lino nell'esta- te, e pantofole per levarsi di letto. Non è loro disdetta la visita dei parenti in ore determinate. Sulla disciplina veglia il priore. Vi sono sacerdoti cappellani confessori per l'assistenza spirituale; pel reggi- mento sanitario medici e chirurehi primari, medici assistenti, chirurghi sostituti, farmacisti con giovani , proporzionato numero di serventi d' ambo i sessi, secondo gli ospe- dali ove sono ammessi. Tutta la famiglia suole avere stanza, vitto e onorario. I giovani alunni studenti che vi apprendono la medicina e chirurgia, quando sono in officio vestono zi m marra di panno, i primi di color turchino, rosso gli altri. Nella Colleclio di monsignor Cate- rini, non solo si riporta la bolla Quod divina sapìentia, sull' ordina- mento degli studi di Leone XII, ed il suo moto-proprio sul regolamen- to degli ospedali, ma ancora le ri- soluzioni della congregazione degli studi per la collazione de'primariati, approvate da Pio Vili, e quelle sul concorso per la collazione de'posli, confermate da Gregorio XVI. Sugli ospedali di Pioma, oltre gli autori

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che la descrivono, si possono legge- re Fanuccij Opere pie di Roma j Amydeuo, De pietale romana; Piazza , Opere pie di Roma, ed Eusevologio romano j Costanzi , L'osservatore di Roma j e monsi- gnor Monchini principalmente, De- gli istituti di pubblica carità, due edizioni ; non che gli articoli, Ospe- dale, Medicina, Medico, Chirurgia, Chirurgo, Speziale, Pestilenze. Col- 1' autorità di tali scrittori e di altri brevemente andiamo a descrivere i sette ospedali e arcispedali sum- mentovati.

arcispedale di s. Giacomo in augusta dello degl Incurabili. E così detto per essere edificato presso il mausoleo d'Augusto, pel nome del primitivo suo benefattore e per la natura d' una parte delle malattie difficili a guarire che vi si curano. E collocalo fra due sue chiese, che descriveremo per ultimo, cioè di s. Giacomo apostolo sulla via del Cor- so e di s. Maria Porta Paradisi su quella di Pupetta. Il cardinal Giaco- mo Colonna romano avendo osser- vato che gì' infermi d' ulceri e pia- ghe per la loro schifosità, come per la loro lunga durata del male, era- no rigettati dagli altri ospedali, sta- tuì nel suo testamento che per loro si edificasse un ricovero. Pertanto gli esecutori testamentari del di lui nipote cardinal Pietro Colonna, per comando di questi effettuarono la disposizione dello zio nel 1 338 o i33g. Da principio si conferì in commenda e fu sottoposto all'ospe- dale di s. Spirito. Vacala la com- menda nel i45i per morte del car- dinal Giovanui le Jeun vescovo di Terouanne o Morinense, Nicolò V lo lolse da lai soggezione di s. Spi- rito e lo diede alla compagnia di s. Maria del Popolo, la quale avea

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la sua chiesuola Vicina, ed esercita- va molta carità verso que' poveri infermi. Indi s' incominciò a chia- mare anche ospedale di s. Maria del Popolo, e la compagnia al suo titolo aggiunse quello di s. Giaco- mo. Leone X nel i 5 i 5, colla holla Salvatoris nostris, V eresse in arci- spedale con facoltà di aggregare quelli fondati per gl'incurabili, coti partecipazione dell'indulgenze e pri- vilegi che godeva ; approvò I' ope- rato de' fratelli e die ai loro sinda- ci e visitatori diritto di raccogliere per la città gli affetti da mali in- curabili e di mal francese o sifili- de, e trarli anche per forza ai l'isti- tuto, cui accordò esenzione dalle puhhliche gravezze, e privilegi; Den- si escluse i lebbrosi, i mali epide- mici, e quelli pei quali erano isti- tuiti particolari ricelti. Allora era governato da quattro annuali guar- diani, due romani e due forestieri, da dodici consiglieri e da altri mi- nistri. Questa confraternita nel i5i5 fabbricò 1' antica Chiesa di s. Ala- rla de' Miracoli [Vedi). All'arcispe- dale gli concessero privilegi Cle- mente VII, Paolo 111, Giulio III e Pio IV, il quale nel i 56a colla bol- la Provisionis nostrae, concesse in persona del cardinale Cueva pro- tettore, facoltà di giudicare le cause riguardanti il pio luogo e gli ad- detti. Il cardinal Carafa, poi Paolo IV n' era slato benefattore ; e per non dire di altri, il cardinal Cueva gli lasciò 80,000 scudi, e il cardi- nal Dolera la sua eredità. Verbo questo tempo l'arcispedale fu fre- quentato da s. Filippo Neri co'suoi filippini, e da s. Camillo de Lellis che ne fu economo o maestro di casa, il quale credesi che da qui togliesse l' idea di fondare i Mini- stri degli infermi. Avendo Innocen-

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7.0 X ordinato che si rinovasse- ro gli statuti falli nell'anno 1 54^, li approvò nel i6~4 colla bolla Militantis ecclesiae, e si pubblica- rono in Pioma nel 1 65o, con que- sto titolo: Statuti del ven. arduo- spieiate di s. Giacomo in Augusta nominalo dell' Incurabili di Roma. Venuto meno il sodalizio, nel pre- sente secolo 1' amministrazione fu regolata al modo detto di sopra , onde nel 1 83 3 la deputazione stam- pò il Decreto contenente la dichia- razione, modificazione ed aniplia- zione degli statuti e regolamenti da osservarsi nel ven. archiospedale di s. Giacomo in Augusta dello degli Incurabili.

Gregorio XVI nel 1 834 per l'as- sistenza delle inferme vi stabilì l'e- semplarissime ospedaliere della Ca- rità o misericordia; indi nel 1 84** con risoluzione di una congregazio- ne di cardinali chiamò al governo dell'arcispedale il benemerito ordi- ne degli ospedalieri de' benfratelli, essendone generale il reverendissimo p. Benedetto Vernò romano, di cui feci parola nel voi. XL1V, p. 1 4- J - Ecco come trova vasi l'arcispedale. Tra le sue due chiese si distendevano paralellamente le sale e corsie. Quel- la delle donne divisa in due parli ; la maggiore per ricevere le inferme, tranne le sifilitiche cui era ed è desti- nata l'altra più breve, perchè tenute separale, curate e custodite con mol- to riserbo. Sotto la corsia delle don- ne eravi la vecchia corsia nel 1 584 fabbricata dal prelato guardiano Salviali poi cardinale, e serviva per riporvi robe e mobili. La corsia degli uomini era posta in pianoter- ra, divisa da quella delle donne per coltili e fabbricati^ avente sulla por- ta maggiore lo stemma del suo e- difìcatore Francesco Orsini prefello

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di Roma. Poco acconcie erano le sale delle donne ridotte da granai a quell'uso nel i 825 ; quella degli uomini trova vasi umida, non ariosa ed incomoda; nelle prime potevano stare 1 56 letti, nella seconda 200. Nel largo spazio tra dette sale era la scuola di clinica chirurgica, di anatomia pratica e di operazioni chirurgiche, istituita da Pio VII nel i8i5, la quale fa parte delle scuole dell'università romana: vi e- rano i3 letti, 6 per le donne, 7 per gli uomini. Nella stanza di s. Camillo si ponevano gli operali e quelli di ci vii condizione; nella stan- za di s. Gaetano i frenetici ; nell'o- spedaletto si curavano i famigli ; laonde l'ospedale in tutto poteva ricevere 384 infermi d'ambo i sessi. Oltre gli accennati luoghi, era vi 1' abitazione per la numerosa fami- glia di circa 70 individui d'ambo i sessi, la farmacia con laboratorio e giardino, la biblioteca a comodo degli studenti chirurghi, vago teatro e museo anatomico, camera incisoria e tre bagni, cucina, ec. Per avere il prof. Sisco, che celebrammo nel detto ■volume a p. iZfO, pel primo insegna- ta la clinica chirurgica, pubblican- done il Saggio nel 1 8 iG, lasciò al- l' ospedale i suoi ferri chirurgici, ì suoi libri, ed un fondo pel mante- nimento di cinque giovani alunni di chirurgia, unitamente al suo bu- sto in marmo, onde nel teatro a- natomico fu posto il di lui ritratto dipinto dal celebre cav. Laudi. Quelli degli altri benefattori e insi- gni protettori del pio istituto sono nella biblioteca, ed all' ingresso del- la sala clinica fu eretta un' iscrizio- ne al cav. Paolo Martinez per aver ultimamente stabilito sei letti per- petui pei due sessi. 11 cimiterio posto in mezzo all'edilìzio, nel 1 836 fu ab-

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bandonato, trasferendosi i cadaveri al cimiteriopubblico di s. Lorenzo, riat- tivalo e aumentato da Gregorio XVI- Alcune pie congregazioni d' ambo i sessi vi fanno vari uffici di carità a vantaggio corporale e spirituale degl'infermi e inferme, e di mag- gior merito per la natura delle ma- lattie qui più che altrove schifose e ributtanti, prestandosi per le fem- mine edificanti gentildonne. Alla famiglia e ospedale delle donne so- printendono le suore ospedaliere della carità, con amministrare la dispensa e guardaroba. Lo stabili- mento avea circa 32, 000 scudi di rendila lorda, de'quali 16,780 sono dati dal pubblico erario in com- penso del numero accresciuto degli infermi, secondo le memorate di- sposizioni di Leone XII, e de' quat- tro vasti tenimenti perduti nel de- clinar del secolo passato per le vi- cende politiche. Non vi è limite o restrizione ai ricevimenti degl' infer- mi de' due sessi di piaghe, tumori, ulceri, ferite, aneurismi, fìstole, of- talmie, sifillidi e altri mali d'alta chirurgia; ne si bada alla loro età, patria, condizione e religione : in un luogo presso alla sala della medi- cheria vengono a curarsi molti , specialmente affetti da sifìllide.

Posti da Gregorio XVI i beu- fratelli alla direzione dell'arcispeda- le, il p. Vernò assunse anche l' in- carico di priore residenziale del me- desimo. Mosso dal suo impegno e zelo, il Papa nella sua munificen- za e compassione degli afflitti da infermità, si decise prontamente a migliorare la condizione di essi, onde effettuare il reclamato miglio- ramento della corsia inferiore de- gli uomini, malsana e non adatta- ta, con formare sale più salubri alla natura delle malattie per lo più

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croniche e incurabili. Laonde per dare più ampia e conveniente lòr- ma a quella parie dell' edilìzio, che forma il lato dove si curano gli uomini, con nuova grandiosa corsia e gabinetti annessi, e contribuendo del suo particolare peculio scudi quattro- mila, confidò al cardinal Tosti pro- tesoriere generale 1' esecuzione del- l' importante e grande lavoro. Que- sti ne die incarico al valente archi- tetto cav. Pietro Camporesi roma- no, il quale pose mano all'opera il 23 maggio 1842, trasportandosi i malati in sale provvisorie. Volle imitare lo stile di Bramante, de- corandone 1' esterno con pilastri compositi e finestre arcuate, per cui l'antica porta che dava l'accesso all'arcispedale venne trasferita sul Corso; avendo cura che gli stemmi del cardinal Colonna e del pre- fetto Orsini figurino nel nuovo e- difizio, al modo detto nel n.° del Diario di Roma i84"2- La par- te che prima era destinata per la corsia de' malati, ora viene destina- ta a luoghi inerenti allo stabilimen- to, ed agi' infermi nel caso d' in- fluenza di male, e superiormente a questi ambienti di bella e solida costruzione a volto. La lunga cor- sia fu costrutta ben decorata con pilastri e cornici richiamati con a- naloghi lacunari, che formano sem- plice e decoroso il soffitto. Nella fronte interna di questa corsia ver- so il Corso chiara luce un gran- dioso fìnestrone arcuato e ornato da due colonne di marmo, e nel mez- zo quanto prima va a collocarsi la sta- tua colossale di palmi 1 6 del Pontefice Gregorio XVI benefattore, dall' or- dine di s. Giovanni di Dio in gra- titudine dell'affidatogli governo: da questa vista gì' infermi riconoscenti, per respirare aria di salute in spa-

VOL. XL1X.

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zio sissi me sale ed elevale, riguar- deranno con tenera divozione l' im- magine sua e ne benediranno il nome. Di fronte a questo monu- mento è l'aliare per 1' ufficiatura dell' ospedale. La statua per com- missione del p. Vernò fu scolpila mirabilmente dal valente Rinaldo Rinaldi padovano, il quale espresse Gregorio XVI seduto maestosamen- te in una sedia ornata con emble- mi analoghi alla dignità e alla fa- miglia, vestito di stola, mozzetta e rocchetto ricamato, come fosse alla visita dei malati, e perciò si vede in atto di benedirli. La fìsonomia ricordando 1' ultimo tempo del suo pontificato, viene riconosciuta per una delle più somiglianti, anche pel carattere e naturale movenza. Quan- to all'arte, la statua mostra tutto quello che si può esaurire di buono a nobile e difficile soggetto, che si rese arduo sommamente per le colos- sali dimensioni, pel costume dell'abito e per l'effetto e difficoltà di essere la figura espressa sedente. Questa lo- data opera di bellissimo marmo di Carrara devesi porre su analogo pie- distallo di eleganti modanature^ nei lati sono scolpite in bassorilievi la Giustizia e la Carità, due delle tan- te virtù che fregiarono Gregorio XVI, e uel davauti l'inscrizione de- dicatoria ed a tergo lo stemma dei benfratelli. Nel i843 per eternare la concessione pontificia a questi re- ligiosi, e la fondazione di un nuovo premio ai giovani studenti nelle ri- cerche anatomiche de' nostri organi in istato sano e morboso, statuito dal Papa col titolo di premio gre- goriano, il p. Vernò fece coniare una medaglia monumentale di gran- dioso diametro, ond' ebbe luogo la prima solenne premiazione nella pri- ma domenica di quaresima, pub- 18

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blicata con analoghe stampe del Puccinelli : tutto è descritto nel n.° a3 del Diario di Roma, e nel n.° 52 dell' Album in cui riportasi l'in- cisione della bella medaglia e sue iscrizioni. Nel 1 844 l'ospedale stes- so incominciò a concorrere co' pro- pri fondi al più sollecito progredi- mento della sontuosa fabbrica, e nel- la parte economica ne fu affidata la tutela al p. Vernò, in un alla nuova facciata del separato ospeda- le muliebre incontro la chiesa del Gesù e Maria e conseguenza del- l'altra, per la cui spesa eziandio in gran parte contribuì l' amministra- zione del pio luogo. Nobilitato così magnificamente il prospetto esterno ddla bella chiesa di s. Giacomo, la medaglia che si suole coniare per la festa de' principi degli apostoli, nel i844 oltre l' effigie di Grego- rio XVI nel rovescio rappresentò le imponenti triplici facciate, cioè dell'antica chiesa e le laterali dei nuovi edifizi con questa iscrizio- ne: Valetudinario Incurabilìum Ad S. Jacobi In Augusta Rcstiluto Am- plialo i844- Nel i845 a' 29 set- tembre il Papa onorò di sua pre- senza questo nuovo edifìzio. 11 3o aprile 1846 il p. Vernò volendosi ritirare dalla direzione dell' ospeda- le e da quella economica della fab- brica, umiliò a Gregorio XVI stam- pato l' opuscolo : Vtn. archiospe- dale dell' ordine di s. Giovanni di Dio sotto V invocazione di s. Gia- como in Augusta, rendiconto dal 29 jnarzo 1842 a tutto il 3i dicembre i845. Nel quale rilevasi avere il pio stabilimento purgato dai debiti e lasciarlo in prospera e fiorente con- dizione ; avere 1' amministrativo av- vantaggiato ed essere in corrente, con relative considerazioni, schiari- menti e bilancio. Si legge nel n.°

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46 delle Notizie del giorno 1846, come a' 12 novembre il regnante Pio IX consolò di sua persona lo stabilimento, e nei numeri 36 e Zj del Diario di Roma 1847 la sua deputazione del cardinal Mario Mat- tei in visitatore apostolico del mede- simo con breve spedito in aprile, nello spirituale e temporale.

Chiesa di s. Maria Porta Para- disi o in Augusta. E posta dietro l'arcispedale di s. Giacomo degl'in- curabili cui appartiene , ed antica- mente avea contiguo il suo ingres- so nella via Ripetta già Leonina. Venne fabbricata dai fondatori del pio luogo, e cou esso Nicolò V la die alla compagnia di s. Maria del Popolo. Nel i523 il prelato Anto- nio Burgos spagnuolo vi edificò una cappella ad onore di s. Maria Li- beratrice dalla peste, con altare pel ss. Sagramento pei poveri infermi, per quella che in detto anno avea afflitto Roma. Nel 1626 la chiesa con disegno di Gio. Antonio de Rossi venne riedificata e abbellita, coll'eredità di Matteo Caccia medi- co dell'ospedale e abitante nella ca- sa contigua , donde udiva la messa per una finestrella che nella nuo- va fabbrica fu chiusa. Dal Bom- belli, Raccolta delle immagini t. II, p. 61, oltre le notizie delia chiesa, si ha che l'immagine della Madon- na col Bambino dipinta in tavola, la coronò il capitolo vaticano con corona d'oro a' 29 luglio 1676. Ha nell' esterno una semplice facciata murata in mattoni con porticlietto chiuso da cancellata di ferro. L'in- terno contiene tre altari ornati as- sai riccamente di marmi fini e scul- ture, due de' quali eretti dai lodati benefattori, che vi sono sepolti in buoni depositi. Le scolture dell'al- tare a destra sono di Lazzaro padre

OSP del nominato de Rossi; l'altro in- contro ne ha di Cosimo Fancelli, e quelle dell'altare maggiore sono di Francesco Brunetti : le pitture della cupola 1" esegui Pietro Paolo Caldini, e quelle per di sotto Lo- renzo Greuter.

Chiesa di s. Giacomo in augu- sta. In questo luogo nel secolo XIII esisteva una chiesa dedicata a s. Maria in Augusta, e rifabbricandosi d'ordine del cardinal Pietro Colon- na nel i33g venne intitolata a s. Giacomo maggiore apostolo, per rin- novare la memoria del cardinal Gia- como suo zio, primario fondatore del contiguo ospedale, e con questo concessa da Nicolò V alla compa- gnia di s. Maria del Popolo, onde fu detta s. Giacomo del Popolo. Es- sendo protettore dell' arcispedale il muuificentissimo cardinale Anton Ma- ria Sahnati romano, rinnovò la chie- sa dai fondamenti nel I5Q5, ter- minandola nel 1600: il Martinelli, Roma ex ethnica sacra, p. 1 j 4, ri- porta la medaglia che perciò fu co- niata col ritratto del cardinale , e nel rovescio il prospetto esterno del- la chiesa. Ampliò lo spedale e ri- dusse la gran sala per gli uomini, facendo l'ingresso accanto la chiesa, e questa e quello dotò con larghi lasciti, venendo sepolto avanti l'al- tare maggiore. Il disegno della nuo- va chiesa è di Francesco Ricciarelli da Volterra che lo condusse sino alla cornice, e per sua morte suc- cesse Carlo Maderno che compì la solida fabbrica, col coro e l'altare principale, riducendola perfetta, con grandiosa facciata a due ordini di pilastri dorici e corinti. L' interno criticato dal severo Milizia., è di fi- gura elittica, ed il maggior diame- tro è dalla porta all'altare, sopra i quali due punti sorgono due gran-

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di arconi, e due minori lateralmen- te, mentre quattro piccoli si vedono agli angoli dove sono le cappelle. Nella prima a destra è dipinta la Risurrezione del Roncalli. Il basso- rilievo della cappella seguente, ope- ra stimata di le Gros, esprime s. Francesco di Paola venerando la immagine dipinta in muro della B, Vergine col Bambino, di cui ripar- leremo : i due quadri laterali sono del Passeri, e gli ornati in istucco del detto scultore. La terza cappella ha il quadro col battesimo di Cri- sto del Pasignani. Nell'altare mag- giore eravi la Cena del Signore di- pinta dal Ricci di Novara, che co- lorì pure gli affreschi della volta col Padre eterno: l'altare è adorno di quattro belle colonne d'africano, ed ha un ricco ciborio; i freschi in al- to colla storia di Melchisedecco so- no di Vespasiano Strada, quelli del la Manna, coi santi e gli angeli fu rono colorili dal Nappi. Allorché il lodato p. Vernò fornì di paramenti e sacri arredi la chiesa, ne fece ri- sarcire e imbiancare l'interno, l'i- staurare le cappelle e i quadri, os- servando che quello della Ceua era quasi totalmente deperitOj vi sostituì l'odierno, pittura dell'esimio cav. Giovanni Silvagni, che egregiamente vi rappresentò s. Giovanni di Dio fondatore de' benfralelli nel beato suo transito; se ne legge la descri- zione nel n.° 7 1 del Diario di Ro- ma 1 844- La cappella Graziani dal- l'altro Iato della chiesa ha la Nati- vità di Gesù del Gramatica; nella seguente vedesi la statua di s. Gia- como scolpita da Ippolito Buzi. L'ul- tima cappella eretta a spese di Vir- ginia o Vittoria Tolfi ( di cui parlai nel voi. XIV, p. 1 85: della cap- pella da essa eretta nella chiesa dJ diaceli ne tratta a p. 199 il p.

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Casimiro, Memorie) avvi un quadro «lei Zucchi esprimente la divota fon- datrice in atto di orare innanzi alle immagini della Madonna e di s. Giacomo. Quanto al quadro della cappella di s. Francesco, il Bom- belli t. I, p. 87, Raccolta delle im- magini, riferisce che quelle della Bea- ta Vergine e del Bambino die fu- rono coronate nel 1639 con corona d'oro dal capitolo vaticano, sono le medesime collocate dalla confrater- nita nella chiesa di s. Maria dei Miracoli, ed in questa trasportate dal cardinal Salviati; mentre quella esistente in tale chiesa è dipinta in tela; e che il bassorilievo fu ordi- nato dal prelato napoletano Antonio di Filippo benefattore della cappel- la e divotissimo della Madonna. Leo- ne XII nel 1824 dichiarò parroc- chia questa chiesa, ed il senato ro- mano ogni quadriennio vi fa l' of- ferta d'un calice con patena d'ar- gento, e quattro torcie di cera. L'ar- cispedale per pie lascite conferisce doti a povere zitelle.

Ospedale di s. Giovanni di Dio. E situato nell' isola Licaonia o Ti- berina, ov'era il tempio d'Esculapio con ì'asclepio, in cui i sacerdoti del nume con superstiziose pratiche cu- ravano gl'infermi. Nelle case de' ric- chi romani erano private inferme- rie dette valeludinarii, in cui cura- vano per interesse gli schiavi. Nel t. Ili desìi Atti dell' accad. d' archeo- logia, vi è del dottor De Mattheis: Dissertazione sulle infermerie degli antichi. L' ospedale di s. Giovanni di Dio appartiene ai religiosi Ben- fratelli, al quale articolo ne parlam- mo in un alla contigua chiesa di s. Giovanni Calahila {Vedi), già s. Maria in Julia ed esistente nel 79?, indi donata dal gran maestro dei templari Mollay alla b. Santuccia che

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vi fondò il monastero delle mona- che benedettine che furono trasloca- te in s. Anna ora Ospizio di Tata Giovanni. L'ospedale fondato nel pontificato di Gregorio XIII e nel i58i, si compone di due sale am- pie; l'antica contiene circa 5o Ietti, 24 'a seconda eretta sotto Clemen- te XI, che contribuì alla spesa, più elevata ed ariosa. Ivi si ricevono solo i malati uomini mandati dai be- nefattori del pio luogo, e quelli che per esser curati danno qualche li- mosina, per lo più. febhrici tanti ed infermi di malattie mediche ed a- cute. Le pitture della volta sono di Gio. Paolo Tedesco. Congiunto al- l'ospedale è il convento de' religiosi, oltre la bella ed elegante chiesa : i cadaveri si seppelliscono in un pic- colo cimiterio disgiunto dallo sta- bilimento per un cortile. Havvi un'eccellente spezieria, di cui si prov- vede utilmente anche il popolo. Ec- cettuato il medico primario, che vi- sita gl'infermi due volte a! giorno, nel rimanente sono custoditi e cu- rati dagli esperti e caritatevoli re- ligiosi, non escluso il generale che dirige la disciplina e lammiuislra- zione. Gì' inferrai sono tenuti con nettezza e singoiar diligenza, con buone biancherie, buoni cibi e me- dicamenti ottimi, onde i benfratelli sono segno all'universale stima e be- nevolenza. I religiosi al loro fonda- tore s. Giovanni di Dio (Vedi), nella crociata meridionale delia ba- silica Vaticana, eressero una statua di marmo scolpita da Filippo Val- le. Nel i838 in Milano dal p. Tom- maso Ceva gesuita si pubblicò la Vita e miracoli del sempre ammi- rabile s. Giovanni di Dio, fonda- tore del sacro ordine dell'ospitalità de' pp. fate bene fratelli. A questi ultimamente Gregorio XVI aflidò il

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governo degli arcispedali eli s. Gia- como, di s. Maria e s. Gallicano, e recandosi in Ancona visitò ed am- mirò ( nel modo descritto dal cav. Sabatucci, Narrazione del viaggio p. 126) il loro ospedale coll'annes- so magnifico ed utile stabilimento pei pazzi d' ambo i sessi , istituito per cura e zelo del r. p. Benedetto Ver- nò romano, attuale generale dell'or- dine. In Loreto venne stampato l'o- puscolo : Nuovo ospizio sotto l'in- vocazione di s. Giovanni di Dio per la cura fisico morale de' mentecat- ti. Quanto alla Chiesa di s. Gio- vanni di Dio o Calabi ta {Vedi) di Roma, solo aggiungeremo, che nel 1640 i benfratelli la ricostruirono sull'area dell'antica, caduta a terra, e allora trovarono il corpo di s. Giovanni Calabita cui è dedicala , die riposero sotto l'altare maggiore, iti un alle reliquie e corpi di molti ss. martiri. La facciata esterna è di Luigi Barattoni, rinnovata poi nel 1702 coi disegni di Romano Ca- rapecchia scoline di Carlo Fontana, venendo nell' interno adornata con bei marmi, stucchi e dorature. Nel- la prima cappella a diritta vi è l'im- magine della Beata Vergine col Bam- bino dipinta in muro e coronata dal capitolo vaticano li 19 marzo i664j di cui tratta il Bombelli, Rac- colta delle immagini t. II, p. 97 : è delta delle Mole e della Lampana, perchè essendo prima sotto l'arco del primo contiguo ponte presso le mo- le, in un' inondazione del Tevere le acque cuoprirono l' immagine e la lampana , che continuò ad ardere prodigiosamente. Dopo averne il Bombelli pubblicata l'immagine, per abbellirla vi furono sovrapposti vari arabeschi d'argento o metallo do- rato, fra' quali resta libero lo spa- zio de' volti della Madonna e del

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Bambino, di due angeli e di alcu- ne anime del purgatorio. Cou altri miracoli, a' 9 luglio 1796, la pit- tura da annerita e confusa, mostrò a un tratto fattezze distinte, il ca- po della Beata Vergine si volse a sinistra, e così restò, e per circa tre mesi mosse ed aprì gli occhi : tutto descrive il Marchetti, De prodigii, p. 1 1 2, riportando l'immagine coi det- ti ornati. Nella seconda cappella è il quadro di s. Giovanni Calabita del Lenardi : quello dell'altare maggiore fu dipinto dal Generali detto il sa- binese, e rappresenta la Beata Ver- gine che il suo divin Figlio a s. Giovanni di Dio. I laterali e la volta della tribuna e della chiesa sono pitture del Giàquinto, il quale colorì pure il quadro di s. Antonio abbate nel primo altare dall'altra parte, mentre nel seguente si ve- nera il Crocefisso. Abbiamo dal Can- cellieri, Notizie istoricke delle chiese di s. Maria in Julia e di s. Gio- vanni Calabita, Bologna 1823.

arcispedale di s. Maria della Consolazione, ìli Portico e delle Gra- zie, e di vita eterna. A Chiesa di s. Maria in Portico dissi com'essa fu eretta da s. Galla nel V secolo (la cui confraternita vuoisi eretta nel io63 da Alessandro II ) e co- me nel declinar del XII Celestiuo HI vi fondò un ospedale, cioè nel sito ov'è ora l'Ospizio di s. Galla {Vedi), trasportandosi dipoi l'im- magine miracolosa della Beata Ver- gine nella Chiesa di s. Maria in Campitelli [Vedi), le chiavi della quale sono presso i deputati del- l' arcispedale, come proprietario di essa. All'erezione di tale ospedale già esisteva quello delle Grazie, per- chè istituito nel io45 da Gregorio VI presso la chiesa di quel titolo, situata fra la chiesa de' ss. Quattro

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e il Laterano, ove custodiva*! con gran divozione un'immagine di Ma- ria in tavola, che piamente credesi dipinta da s. Luca e già venerata in Gerusalemme. Nel 1084 l'ospe* dale e chiesa di s. Maria delle Gra- zie, furono devastati insieme a buo- na parte delia città dalle genti del normanno Roberto Guiscardo ve- uuto in soccorso di s. Gregorio VII, contro i partigiani di Enrico IV. In seguito rinvenutasi illesa ed intatta la sacra immagine fra le rovine, dalla sagrestia della basilica Late- ranense, in cui stava depositata, Ur- bano II nel 1088 cou solenne rito la trasportò nella chiesa che in un all'ospedale dal popolo romano fu di nuovo eretta e dedicata a s. Ma- ria delle Grazie, cioè all'estremità del Foro romano sotto il monte Ca- pitolino e la rupe Tarpea, da cui li separava la via che fu un tem- po il vico Giugario. Nel 1460 al- tra immagine della Vergine col Cam- bino, dipinta sopra rozza muraglia alla peudice del Tarpeo, mosse sin- golarmente la divozioue del popolo, quando liberò dalla forca un in- nocente a suppliche della madre; e siccome dicesi che ad essa la Ma- donna pronunziò le parole vattene che sei consolala, quindi all'imma- gine fu dato il titolo della Conso- lazione. Raccoltesi molte limosine, la confraternita delle Grazie , che da lungo tempo reggeva il nomina- to spedale, edificò una chiesa sotto il titolo di s. Maria della Consola- zione, e vi pose l'immagine in ve- nerazione, che poi descriveremo in un a quella delle Grazie. Quanto alle due immagini ne tratta erudi- tamente il Bombelli nella Raccolta t. I, p. 9 e 17, poiché coronale dal capitolo valicano con corone d'oro, quella di s. Maria della Cousola-

OSP zione a'7 dicembre 1 634, l'altra s. Maria delle Grazie, celebre per tan- te memorie, a' 1 4 agosto 1647. Con- tinuando con aumento le pie offer- te de' fedeli, in mezzo alle due chie- se fu fabbricato uu nuovo ospeda- le, che si disse della Consolazione. Indi a non molto e forse nel pon- tificato di Sisto IV, come scrive mons. Monchini, ingrandito il nuovo ospi- tale, furono ad esso riuniti quello prossimo delle Grazie, e l'altro non lontano di s. Maria in Portico (nel i5o6 dice il cav. Belli, Della orì- gine) e formatosene uno solo, il tri- plice titolo sotto l'invocazione del- l' Immacolata Concezione fu assun- to tanto dall'ospedale, che dalla confraternita che ne avea il gover- no, sebbene d'ordinario il pio sta- bilimento dicesi della Consolazione. Noteremo che il cav. Belli ne' suoi Monumenti afferma che 1' origine dello spedale delle Grazie fu nel pontificato di Gelasio II del 1118, quella della Consolazione sotto Ca- listo III (meglio Pio 11), e che dei tre ospedali ne formò uno solo A- lessandro VIII ( meglio Alessandro VII ). Esso è destinato a ricevere gl'infermi de' due sessi, afflitti per ferite, fratture, contusioni, lussazio- ni , scottature (dell'ospedale di s. Antonio fondato in Roma in prin- cipio del secolo XIII, in cui si ac- coglievano specialmente quelli offesi dal fuoco, ne parlai in più. luoghi, come nel voi. XXVIII, p. 70 ) e per tutti que' mali chirurgici che richiedono istantaneo soccorso. Gli uomini sono accolti nella corsia mag- giore che si stende fra le due chie- se, ora via della Consolazione, sot- to la quale sono cinque sale a vol- ta di ineguale lunghezza. Questo sotterraneo pare che abbia un tem- po servito ad uso di ospedale , e

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forse sia stato quello delle Grazie. Tale corsia maggiore nel 1608 fu prolungata a cura e spese di Pietro Giovanni Florenzio perugino, bene- merito guardiano dell'arciconfrater- nita, il quale fece anco innalzare il piano della prossima chiesa delle Grazie e restaurarla, venendovi se- polto con onorevole iscrizione. L'an- zidetta corsia è larga e bella, acqui- stando più luce e aria allorché sotto Leone XII vi si aprirono molte e am- pie finestre arcuate ; può contenere 122 letti, un altro essendo nella camera contigua pei frenetici. Pa- rallela alla corsia stessa, ma divisa dalla via ( Alessandro VII permise che nella notte fosse attraversata da catena di ferro per impedire lo strepito che pregiudica alla quiete e al sonno degl' infermi , le quali catene si tirano anche dopo il mez- zodì nell' estate , essendo il sonno calma nei mali) sulle radici del Tarpeo, sta la corsia delle donne meu bella e più piccola, capace di 34 letti : eretta al principio del se- colo XVI e nel i5o3 dal famoso duca Valeutino Cesare Borgia, fu restaurata dai custodes del sodalizio nel 1735: prima avea le pareti e- sterne dipinte con ciuque fatti scrit- turali. Qui sorgeva anticamente la chiesa di s. Lorenzo sub Capitolio detto Nicolanaso o Nasonis. Il car- dinal Jacopo Corrado (Pedi) fer- rarese, nel 1666 ampliò il pio luo- go coli' ingrandire l'abitazione pei ministri, e col fabbricarvi la spe- zieria e il teatro anatomico. L'isti- tuto è inoltre fornito d'una piccola biblioteca e di una camera inciso- ria con alcune preparazioni chirur- giche. Nella sala in cui radunavausi i superiori della confraternita , vi sono dipinte le tre memorate im- magini della Madonna, essendo de-

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corate le pareti d'iscrizioni in giu- sto encomio di molti benefattori e benefattrici del luogo pio: fra i pri- mi solo nomineremo il vescovo di Rieti Giorgio Bolognetti romano ; fra le seconde la famigerata Van- nozia Catanea madre del suddetto Borgia, e queste anche ai lati del- l'altare della corsia delle donne, nel quadro del quale è espressa la Bea- ta Vergine col divin Figlio. Molti Papi furono benemeriti dell'arcispe- dale come Leone X, Adriano VI, Clemente VII, Paolo III, Giulio III, s. Pio V, Gregorio XIII, Sisto V, Alessandro VII ed altri; cosi pure lo furono diversi cardinali , prelati ed altri celebrati dal cav. Belli. Per la cura e servigio de' ma- lati vi sono sacerdoti cappellani, uno de' quali è priore che veglia sulla disciplina; medico primario e me- dico assistente; due chirurghi pri- mari e due chirurghi sostituti , ol- tre dieci giovani studenti; la priora con due infermiere addette alle don- ne , ed altri famigliari : tranne il medico e chirurghi primari, tulli hanno vitto e abitazione nel luogo. I cadaveri erano prima tumulati da. uua pia compagnia nel cimiterio po- co distante, e per disposizione di Gregorio XVI ora si trasportano nel cimiterio di s. Loreuzo. L'ar- ciconfi aterni la nel 1664 foce stam- pare in Roma : Statuti della vene- rabile archiconfrattrnita della Ma- donna ss. della Consolazione. Più le Regole pel buon governo dell'ar- chiospedale della Consolazione di Roma rinnovate ranno 1687. Il sodalizio già diresse e amministrò lo stabilimento, il quale fu poi sog- getto ad un cardinal visitatore, in- di ai reggimenti summentovati , quindi sotto Leone XII alla depu- tazione centrale che lo ridusse nel-

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l'attuai forma elegante, ed ora lo governa una parziale deputazione; ad essa spelta anche la cura delle due cinese annesse, assistite dal ret- tore e sagrestano. Molte pie socie- tà qui si conducono a visitare, con- solare ed istruire caritatevolmente gl'infermi; la pia unione di s. Paolo [Fedi) apostoloebbe origine in questo arcispedale. Le annue rendite ascen dono a circa 12,000 scudi, com- presi 3j5o che ne l'erario. Dai Diari di Roma mini. 67 del 1816, num. 55 del 1 8 1 9, e i4 del 1 833 si legge che nel 1816 ebbe prin- cipio la premiazione d'iueoraggi- menlo agli alunni in medaglie d'ar- gento, mercè le instancabili e ragio- nate istanze del dott. Andrea cav. Celli romano, al presente chirurgo primario dell'arcispedale; e che que- sti ha lodevolmente disposto in fa- vore dell'istituto tutti i suoi libri d'arte e sedici astucci conlenenti strumenti chirurgici, tanto in argen- to, (pianto in acciaio, lasciando il suo corpo nella chiesa delle Grazie, con quella iscrizione che ivi si col- locò, riportandola a p. 12 Della origine, del v. arcisp. egli stesso. In- oltre il cav. Belli è benemerito dell'arcispedale per aver pubblica- to in Coma le cinque seguenti eru- ditissime opere, oltre le memorie mss. che presso di conserva. Monumenti lapidarli delle chiese e dell' arcispedale di s. Maria in Portico, delle Grazie e della Con- solazione , aggiuntavi V appendice intorno ad una dipintura rinvenu- ta nel 1820 presso il teatro noto- inico, i83o. La chiesa di s. Ma- ria delle Grazie contigua all'arci- spedale della Consolazione , e la dipintura dell'esterno della tribuna della maggiore chiesa di questo stabilimento, descritte ed illustrale,

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i833. Ad Antonio Trasmondo let- tera intorno alla guarigione di quat- tro mortali malattie, ec. i834- Del- l origine del ven. arcispedale di s. Maria della Consolazione , già chiamato di vita eterna, cenno sto- rico con appendice, i834- L'ospi- tale delle donne presso s. Maria della Consolazione, descritto ed il- lustrato, 1 835.

Chiesa di s. Maria delle Grazie. Udo de' due sacri templi che fiau- cheggiano l'arcispedale, cui appar- tengono, riguardando questo l'orien- te. Ivi vuoisi già sorgesse il tempio di Vesta, la casa d'Ovidio, il pub- blico erario; ebbe l'origine già in- dicata nel declinar del secolo XI. Vi si ascende per doppia branca di gradini, essendo sull'architrave delia porta lo stemma dell'arcispedale formato di tre croci, e l' immagine della Vernine in marmo. L'interno e di figura quadrilunga, cou diver- se lapidi, e l'altare unico adorno di buoni marmi e colonne d'afri- cano, nel cui centro è la celebrata immagine della Beata Vergine delle Grazie, che nel 1 796 volse prodi- giosamente gli occhi (come afferma il Marchetti, De3 prodigi, p. 121), con balaustra di marmo. .Nelle pa- reti si venerano 1 eflìgie di Gesù Nazareno, della Beata Vergine con lettere gotiche sul nimbo , e s. Veridiana vallombrosana, i qua- dri rappresentanti s. Luca che di- pinge la Madonna, s. Pietro che risana lo storpio pollandosi al tem- pio: non più esistono le pitture della tribuna, quelle laterali. I Papi furono larghi d'indulgenze a questa chiesa, inclusivamente a Gre- gorio XVI.

Chiesa di s. Maria della Con- solazione. Edificata presso l'ospeda- le al modo riferito, fu cousagrala

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il 3 novembre i47°> come afferma ii Venuti, Roma moderna, il quale parla ancora della confraternita, delle doti che conferiva alle zitelle, de'dodici sacerdoti poveri che ogni anno trattava a mensa nel gioveili santo (per legato del cardinal Gre- gorio Naro, quale ancora si eseguisce, così pure le dotazioni); della cap- pella nel 1 585 concessa ai garzoni degli osti, che la rifabbricarono in onore dell'Assunta; di quella nel 1618 data a'pescatori di Roma che la dedicarono a s. Andrea, ed oltre altre notizie sugli ospedali , dice pure della chiesa di s. Maria delle Grazie. L'architetlura è di Marti- no Lunghi il vecchio, ma il com- pimento della facciata si deve a Pasquale Belli col denaro lasciato dal celebre cardinal Consalvi; la chiesa fu risarcita sotto il beneme- rito presidente Bussi poi cardinale. La prima cappella a destra entran- do, dedicata al ss. Crocefisso, ha il quadro di Taddeo Zuccheri , che pur dipinse le storie della Passione che sono intorno. Il quadro della seconda cappella con Alalia Vergi- ne, il Bambino e diversi santi è di Agresti. La terza architettata dal Ferreri sull'altare ha dipinta I a- dorazione dei Magi, dai lati, nella volta e ne' pilastri la Nascita di Cri- sto, la Presentazioue, alcuni fatti di Maria, i ss. Antonio abbate e di Padova, opere di Bagliori. Sull'al- tare maggiore si venera la memo- rata miracolosa immagine di s. Ma- ria della Consolazione; i quadri la- terali di sua Nascita e Assunzione sono del Pioncalli. Dal lato sinistro nella prima cappella sacra u Maria si vedono alcune sue storie a fre- sco di Pomarancio; nella contigua di s. Andrea vi è il quadro co'la- terali e la volta dipinti da Colan-

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Ionio. L'Assunta cogli apostoli nel- la terza cappella fu condotta a olio dal Nappi, che operò ancora gli alfreschi intorno. Le tre mezze fi- gure in marmo di bassorilievo sul- l'altare dell'ultima cappella furono scolpite da Raffaele da Montelupo. La chiesa è tutta ornata di marmi e stucchi dorati in abbondanza, per cui riesce di nobile e maestoso a- spetto. In allo dell'esterna parte dell'abside mirasi la vaga immagi- ne di Maria col div'm Figlio, di buon fresco del Berrettoni, ristora- ta dal Palmaroli, meglio parlando- ne il cav. Belli p. 36, La chiesa di s. Maria: egli dice che l' im- magine ricorda la cessazione della peste sotto Alessandro VII, pel pa- trocinio della ss. Vergine, e quan- to in essa fu benemerito di Roma 1 arcispedale che vi perde due mae- stri, 69 inservienti, e fece costruire altro ospedale fuori di porta Ostien- se, onde in memoria i reggitori di esso nel i658 fecero dipingere l'ac- cennata immagine. Alessandro VII nel trasportare l'immagine di santa Maria in Portico alla chiesa di Campitelli, a questa della Consola- zione concesse che il senato roma- no le facesse I' annua oblazione di un calice e patena d'argento con quattro lorcie di cera per la festa della Natività di Maria, ma ora ha luogo ogni biennio.

Ospedale di s. Galla. V . Ospi- zio di Galla.

Arcispedale di s. Maria e s. Gal- licano. A Chiesa di s. Lazzaro (f'edi) posta alle radici di Monte /Mario dicemmo dell'origine di essa e contiguo ospedale ( il cui piccolo edilìzio esiste tuttora) o Lazzaret' lo [Pedi) pei lebbrosi, cui fu data la cura al maestro di casa o mag- giordomo del Papa, poi al commen-

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datore di s. Spirito. Venula meno col tempo la lebbra e (fattasi più comune la rogna e la tigna, vi si cominciarono a curare queste ma- lattie. Per la sua lontana e inco- moda situazione, i malati furono trasportati nell' arcispedale di s. Spi- rito in sito appartato, indi Alessan- dro Vili destinò che anche altri ospedali ricevessero gli attaccati di siffatti malori cutanei, per elimina- re il contagio. Però essendo le scar- se rendite riunite a s. Spirito, que- sto non ammetteva gl'infermi che in due soli mesi d'inverno. Frat- tanto il sacerdote sabinese Emilio Lami rettore dell' ospizio di s. Gal- la, vedendo che ivi si ricoveravano la notte de' ragazzi attaccati da quei mali, caritatevolmente ne prese par- ticolare cura, ed ebbe a direttore e protettore dell' opera monsignor Lancisi archiatro di Clemente X!, che celebrammo in più luoghi. Nel 1722 prese a pigione una casa in Pisci nula nel rione Trastevere, e vi trasportò i suoi fanciulli tignosi e rognosi, cui per beneficenza del car- dinal Corradini aggiunse anche uo- mini e donne in separate sale, te- nendovi 4o letti : vuoisi che questo ricovero fosse nella casa detta il palazzaccio. Il cardinal Orsini che avea messo alla pia opera molto affetto, divenuto Benedetto XIII ne fu splendido protettore. Nel 1724, non molto lungi da detto ospedale e presso piazza Romana., con dise- gno dello stesso Lami e architet- tura del cav. Filippo Rauzz.ini o Ragozzini napoletano, intraprese e in due anni compì un ospedale che è tra' migliori d'Europa. Il Papa pose ne' fondamenti la prima pietra colla medaglia dell' anno santo, nel marzo 1725 pronunziando un'o- melia e celebrando la messa su al-

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tare portatile, e nel 1726 colla bol- la Bonus Me ne fece la canonica e- rezione sotto l' invocazione di Ma- ria Vergine e di s. Gallicano ( il quale dicesi fondatore di Gallicano, Fedi) , che ad Ostia eresse uno de' primi ospedali, ed è ordinaria- mente con questo nome chiamato. Benedetto XIII benedì il quadro dell'altare maggiore della chiesa di- pinto dall' Evangelisti, di cui sono pure le lunette degli altari laterali corrispondenti alle due corsie del- l'ospedale, e benedì le due campa- ne; indi uell' ottobre consagrò il detto altare in onore di s. Gallica» no, consagrandosi i due laterali di s. Filippo e della Beata Vergine dai cardinali Corradini e Marefo- schi ; mentre V arcivescovo Finj poi cardinale consagrò 1' altare di s. Francesco d' Asisi, ed altrettanto fece il vescovo Santamaria con l'al- tare di s. Giovanni di Dio in altra parte dell'ospedale; dipoi il Papa benedì solennemente il contiguo ci- m iter io (ora abbandonato dopo l'a- pertura del cimiterio di s. Lorenzo), corrispondente alla piazza di s. Ruf- fina, con l' intervento di molti car- dinali, prelati e parrochi. Più tardi il vescovo Fouchet gesuita consa- grò l'altare della stanza de' mori- bondi, ove furono chiusi nove cor- pi di ss. martiri. Benedetto XIII fece coniare una medaglia colla sua effigie e nel rovescio il prospetto della chiesa e dell' ospedale con l'e- pigrafi: Cor nostrum dilatatimi est. S. Mariae et s. Gallicani Nosoco- mium. Gli assegnò 4°°° scudi di annua rendita, ed a sue istanze l'im- peratore ne assegnò 600, il re di Spagna 700 , il re di Sardegna 5oOj e 3oo la repubblica veneta. Ma al presente le rendile del pio luoiiu ascendono a soli scudi 2600

OSP all'anno, e la camera apostolica vi supplisce con 10,000. Benedetto XIII dichiarò l'ospedale erede de' morti in Pioma ab intestato e senza legit- timi eredi ; dal nipote d. Filippo duca di Gravina gli fece dare co- piosa quantità d' acqua proveniente dal suo palazzo Savelli ; deputò un cardinale per protettore, e per prio- re il benemerito Lami, affidandogli la disciplina e l'amministrazione, coadiuvalo da sei sacerdoti; per l'as- sistenza delle donne stabili sette o- blate. L' arcispedale ha due gran sale poste sulla medesima linea , una per gli uomini capace di 120 letti, l' altra minore per le femmi- ne capace di 88 letti, ventilate e illuminate benissimo, con comodi per la nettezza. Queste sale sono intramezzate dalla suddetta chiesa di forma quadrata, che ha da un lato la porta sulla pubblica via e dagli altri tre altrettanti altari, di cui il maggiore è rimpetlo alla por- ta, i minori a vista delle due corsie. L'encomiato Lancisi avendo lasciato 70,000 scudi per fondarsi uno spe- dale per le donne inferme di mali acuti pe' rioni di Ponte e Borgo, e delle vie Giulia e Lungara, che non avessero potuto essere condotte a quello di s. Giovanni senza espor- le a pericolo di vita , Benedetto XIII in vece ordinò che si stabilis- sero in s. Gallicano 1 5 letti per le medesime, cioè io per le febbrici- tanti e cinque per le tignose o ro- gnose. Busti e iscrizioni ricordano questi insigni benefattori. Altro fu Benedetto XIV che nel 1754 ag- giunse un' altra sala che va ad li- misi ad angolo retto con quella de- gli uomini per 3o letti; e Leone XII nel 1824 eresse il bellissimo teatro anatomico, con camera in cui sono preparazioni anatomiche del valente

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dottor Frattocchi. Vi sono ancora sei bei bagni di marmo per gli uomi- ni e quattro per le donne ; la spe- zieria ben fornita con vasto labo- ratorio, la camera incisoria. Secon- do la bolla d' istituzione quei che sono affetti di rogna, tigna, lebbra e altre malattie alla cute comuni- cabili per contatto, ed abbiano feb- bre, sonoammesi nell'ospedale. Quel- li che non 1' hanno, se romani solo vanno a medicarsi, se dello slato si ammettono con rescritto de' supe- riori finché vi è luogo : talora con sovvenzione mensile a convitto si accettano poveri fanciulli romani, se privi di genitori e parenti. A' ra- gazzi che in buon numero si ac- colgono senza febbre, s' insegna il catechismo e si esercitano in o- pere di pietà (uscendo dall'istituto non solo sono guariti nel corpo, ma migliorati nell'anima), mangiano in refettorio e dimorano come in ospi- zio nella sala di Benedetto XIV; si sollevano negli spaziosi cortili e pos- sono uniti uscire a diporto. Le ra- gazze fanno altrettanto nel quartier delle donne. Gli infermi sono allet- ti più da tigna che da rogna, onde i giovani chiamansi tignoselli e le giovani tignoselle. Leone XII nel 1828 vi pose all'assistenza delle femmine 1' edificanti ospedaliere del- la Carità o misericordia, che vi sta- bilirono il noviziato, onde fu eret- to un apposito edilìzio sotto Gre- gorio XVI. Questo Papa nel 1842, per risoluzione d' una congregazio- ne di cardinali, affidò la direzione e amministrazione dell'arcispedale (le cui viceude economiche supe- riormente ho accennato parlando genericamente degli ospedali di Ro- ma ) ai benemeriti ben/rateili, es- sendone generale il r.mo p. Bene- detto Vernò: i cappellani e confes-

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sori assistono gì' infermi nello spi- rituale : ewi un medico primario, altro assistente, un chirurgo prima- rio e due sostituti, otto giovani stu- denti ed altri famigliari. Tranne il medico e chirurghi primari, il pio luogo vitto e stanza a tutta la famiglia che ascende a circa 4^ '»• dividili, comprese 24 ospedaliere fra suore e novizie, secondo recenti cal- coli, ed esse curano la guardaroba, dispensa, bucato e cucina di tutto lo stabilimento. Il regnante Pio IX nell'aprile 1847 na nominato visi- tatore apostolico nello spirituale e nel temporale il cardinal Mario Ma t tei. Lo slemma dell'arcispedale rappresenta un cuore col motto: Amor Dei. Abbiamo: Ragguaglio dell' ospedale nuovamente eretto in Roma dalla S. di N. S. Benedetto XIII sotto il titolo di s. Maria e di s. Gallicano, e delle opere, di carità che vi si praticano. Di altri opuscoli riguardanti V istituto e no- tizie del medesimo, ne tratta il Can- cellieri, Notizie ìsloriche delle chie- se, ec. p. 102 e seg.

Ospedale di s. Rocco. Ad Arci- confraternita de' ss. Rocco e Mar- tino ho detto che fu istituita di faccia al porto di Pupetta nel i499> indiche essa fece fabbricare la chiesa e il contiguo ospedale nel i5o2 con luogo per gli uomini e per le don- ne, infermi di febbre e ferite, o malattie acute, massime poveri dei dintorni e confrati, barcaiuoli e per- sone addette al commercio che eser- citasi nella prossima ripa del Te- vere. Quanto alla Chiesa di s. Roc- co [Fedi) aggiungeremo. Il Bom- belli, Raccolta delle immagini t. Ili, p. G5, narra che il sodalizio aven- do comprato il sito dagli schiavoni per aprirvi un ospedale, vi edi- ficò magnifica chiesa eziandio ,

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nella quale trasportatavi da quella di s. Alessio l'immagine della Ma- donna col Bambino dipinta in mu- ro, fu collocata sul pilo dell'acqua benedetta. Nel i645 si manifestò dispensatrice di grazie, onde fu tras- locata io nobile cappella, allora de' Morelli, poi de* Paracciani, ed il capitolo vaticano la coronò a' 2 1 gennaio i658 con corona d'oro, onde la chiesa fu ampliata e ab- bellita. L'interno è a tre navi di- vise da pilastri, con quattro cappel- le per ciascuna ; la nave di mezzo ha in fondo l'altare maggiore. Nella prima a destra l'Amorosi dipinse s. Francesco di Paola; nella secon- da il Baciccio vi rappresentò la Ma- donna ed i ss. Rocco e Antonio abbate; nella terza Chatel vi colo- rì diversi santi egregiamente; la quarta eretta con fini marmi da Gaspare Morelli con disegno di Men- ghini, contiene la detta prodigio- sa immagine di Maria, avendo di- pinto la cupola il Carisi. L'altare maggiore con marmi finissimi l'e- dificò il cardinal Francesco Barbe- rini prolettore, che donò pure il quadro di s. Rocco del Brandi. La prima cappella a sinistra ha s. Mar- tino del Formello; la seconda s. Antonio di Padova del Preti, con cupola e lunette di Rosa : la cap- pella del Presepio colorita dal Pe- ruzzi, fu guasta dai ritocchi; l'ul- tima ha s. Vincenzo Ferreri del Grecolini. Della clamorosa festa di s. Rocco, che celebravasi anticamen- te, feci parola nel voi. XVII, pag. 24; per essa i Papi solevano visi- tare la chiesa, ed alcuni vi cele- bravano messa, come Clemente XI e Innocenzo XIII. Ora fo ritorno all'ospedale, nel secolo XVI bene- ficato dal cardinal Anton Maria Salviali romano, con aver migliora-

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to l'edilìzio, e assegnato beni per- chè ricevesse segnatamente le par- torienti, giacché in Roma fiorivano per Je malattie mediche e chirur- giche più ospedali ampli e como- di. Nel '770 essendo primicerio dell'arciconfraternita il prelato Ri- minaldi poi cardinale, col breve Supplices preces di Clemente XIV, si ridusse definitivamente l'ospeda- le a ricevere le sole partorienti, come si pratica tuttora ; il prelato con lode perfezionò l' opera, fissan- do e confermando colla pratica le regole, che anco oggi si osservano, onde meritò che il Papa lo dichia- rasse superiore assoluto. L' ospedale si forma d'ampia sala e di diverse camere, una delie quali è pei parti e per le operazioni: d'ordinario 20 sono i letti che possono accrescersi, con cortine che li separa dagli al- tri. Le donne prossime a partorire ed anche 708 giorni innanzi, sia- no o no maritate, sono ricevute sen- za cercare il nome e la condizione, anzi se vogliono possono coprirsi il •volto per non essere vedute; se muoiono si seppelliscono nel conti- guo cimiterio, senza sapere chi sono, e in vece del nome si scrive un nu- mero sul libro mortuario. È vieta- to l' ingresso ad altre donne e uo- mini benché parenti, ed a persone di qualunque dignità; v'entrano solo il medico, chirurgo ostetrico, levatrici e le donne addette che di- pendono dalla priora, oltre il sacer- dote che presiede all' ordine inter- no del luogo. Esente V ospedale da qualunque giurisdizione, niuna don- na è molestata. Quando sono in istato d'essere congedate, circa 8 giorni dopo il parto, possono uscire inosservate nelle ore più opportune e con ogni cautela, al che si presta la località. Le donne che non vo-

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gliono far conoscere la loro pre- gnanza, oude salvare l'onore della famiglia, sono ricevute molto tem- po innanzi il parto, evitandosi cos\ infanticidi: quelle che non sono po- vere pagano circa tre scudi mensili, e di più se vogliono un trattamen- to migliore, pagamento che cessa all'avvicinarsi del parto; chiamansi depositale, e come le altre non dico- no il nome e condizione a veruno, serbandosi per tutte il più gran se- greto. I fanciulli appena nati si mandano colle debite precauzioni alla pia casa degli esposti in s. Spi- rilo; quelle madri che vogliono ri- prenderseli, pongono loro un segna- le per distinguerli. La rendita del- l'ospedale è di circa scudi i5oo , de' quali 6qo sono dati dall' erario. Governato già dall' arciconfraternita passò per le fasi amministrative nar- rate degli altri, ed ora è presieduto da una particolare deputazione, es- sendone presidente V Elemosiniere del Papa (Fedi).

arcispedale del ss. Salvatore ad Sancta Sanctorum presso s. Gio- vanni in Laterano. Da un lato del Monte Celio, all'estremità della va- sta piazza di Laterano (Fedi), e presso la prima chiesa e arcibasili- ca del mondo, cattedrale del Papa e madre di tutte le chiese, sorge l'ospedale la cui origine seguì quel- la di s. Spirito. La prima sua fon- dazione si deve nel 12 16, secondo diversi autori e monsignor Mon- chini, al cardinal Giovanni Colon- na romano ; altrettanto dissi alla sua biografia, riportando le parole del Cardella e citando con lui il Marangoni, ma ora riscontrato que- sti in vece leggo a p. 191 e 282, Istoria di ss. Sanctorum, compilata colle memorie dell'archivio della no- bile Arciconfraternita del ss. Sai-

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vatore ad Scinda Sanctorum [Fe- di), doversene la fondazione o al- meno la canonica eiezione e perfe- zionamento al cardinal Pietro Co- lonna romano, elevato a tal dignità nel 1288, che per aver effettuato le disposizioni dello zio cardinal Gia- como, è anche celebrato fondatore dell'ospedale di s. Giacomo: poi di- remo come il Marangoni spiega le diverse sentenze sopra i due fon- datori. A Gregorio IX, coll'autorità del Bernini, dissi che aprì e dotò l'ospedale Lateranense, forse avrà contribuito colla sua autorità e be- neficenze all'effettuazione dell'istitu- zione del cardinal Giovanni, se de- vesi lui ritenere primario fondato- re, come pare che sia. Il Cancellie- ri in più luoghi, e noi ad Acque, scrive che l'ospedale ebbe origine dai venditori d'acqua, e che ogni anno si esponeva nella festa dell'o- spedale una pianeta, ov'era ricama- to o dipinto un asino carico di ba- rili d'acqua, forse stemma della com- pagnia di siffatti venditori. Il Ma- rangoni avverte ancora, come meglio diremo, che la detta nobile arcicon- fraternità, dopo aver esercitato l'o- spitalità nel luogo che ottenne pres- so la Chiesa de'ss. Marcellino e Pie- tro, nel 1 348 eresse l'ospedale pei poveri e per gl'infermi, presso la chiesetta di s. Andrea, ed a questo spedale comunicò il proprio titolo del ss. Salvatore ad Sanata San- ctorum, non che lo stemma e inse- gna, cioè l'immagine stessa del ss. Salvatore in mezzo busto sopra un altare, tutta risplendeute fra due can- delieri con candele ardenti, in me- moria che diverse volte i cerei che ardevano avanti la medesima nou si consumavano o crebbero di pe- so. Per la prossimità a detta arci- basilica o Chiesa di s. Giovanni

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in Luterano [Vedi), come questa volgarmente appellasi l'arcispedale. L'immagine si custodiva in una cap- pella contigua al palazzo Lateranen- se, ma Sisto V la trasferì alle Sca- le sante. Avanti di progredire dare- mo un cenno delia chiesa e del so- dalizio.

Narra l'Anastasio che Onorio I del 625 nella propria casa eres- se un monastero di benedettini (già ne feci cenno nel voi. XXXVII, p. i4o) in onore de'ss. Bartolomeo e Andrea apostoli, con chiesa o ora- torio sotto 1' invocazione del secon- do (il cui braccio, portato da Co- stantinopoli da s. Gregorio I, ivi ri- pose), dotandolo con fondi suoi e al- tri beni, indi riedificato e rimesso in isplendore nel 780 da Adriano I. Abbandonato il monastero forse nel declinar del secolo XI per l'in- vasione di Guiscardo, che accennai a Ospedale della Consolazione, ven- ne nel XIII ridotto a ospedale sot- to il titolo di s. Andrea, poi cam- biato coll'attuale, e la chiesuola ser- ve per la custodia del ss. Sagramen- to pegl' infermi, e delle reliquie, e per V esercizio di alcune opere di pietà. Si può vedere l'opuscolo del Casini : Pitture antiche ritrovate ac- canto l'ospedale di s. Giovanni in Laterano, Roma 1783. Diresse e governò lungamente l'ospedale la detta nobilissima arciconfraternita, ch'ebbe sin dall'origine principal sco- po di ricevere i pellegrini e cura- re gl'infermi, oltre la custodia del- la prodigiosa immagine acheropita del ss. Salvatore. Di essa parlammo in più luoghi : della solenne lavan- da e mensa a' 12 individui nel gio- vedì santo, che sino al declinar del secolo passalo facevano nell'ospeda- le i guardiani e senato romano, nei voi. Vili, p. 3o2, e XXXVII, p.

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200 ; solo qui aggiungeremo che nel Prospetto delle prerogative del senato romano, riconosciute uel 1847 dal regnante Pio IX, nel n.° i5 si legge. « Assisterà alla solenne mes- sa nel giovedì santo, alla lavanda e mensa de'dodici poveri sacerdoti, che ha luogo nell'archiospedale di Sancta Sanctorum, quando però non ■vi sia cappella papale ". Riguardo alla nobilissima arciconfraternita par- lai della lavanda de'piedi di detta immagine, ne' voi. IX, p. 83, e XXXVII, p. 2o3 : del collegio dei dodici ostiaii custodi della medesi- ma, nel voi. XLI, p. ig5. 11 capi- tolo Lateranense sebbene non ha al- cuna giurisdizione sull'arcispedale, tuttora nomina a vita un benefizia- to detto priore de'preti di esso, di- stinto però da quello ch'esercita nel- l'arcispedale la sopì intendenza del- la disciplina. Il beneficiato non ha altro officio, che d' intervenne in primo luogo col l'altro priore a tut- te le funzioni ecclesiastiche, che pri- ma la nohile arciconfraternita ed ora i deputati esercitano; esso è vestito sempre in piviale bianco, col- la targa del ss. Salvatore dietro, as- sume l'abito nell'arcispedale o nella chiesa di s. Andrea ove i deputati si portano all'assistenza degli anni- versari e messe che vi si celebra- no; gode molti onori e piccoli emo- lumenti, e forse nella funzione del- la lavanda vi avrà avuto luogo. L'arcispedale godeva una rendita sul collegio de' segretari apostolici j soppresso questo da Innocenzo XI nel 1679, in compenso gli cede i proventi ed emolumenti che ritrae- vansi dall'affitto delle carceri di Cam- pidoglio. Queste rendite si affittava- no per annui scudi 4^°> ma ,a'* mente diminuirono, che il sodalizio fu costretto ad amministrarle a con-

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to proprio con remissione, laonde Benedetto XIV assegnò al pio luo- go per quelli che vi scapitava scu- di 100 annui, rilasciandogli l'am- ministrazione delle stesse carceri. Ciò approvò Clemente XIII a' ig no- vembre 1761 col moto-proprio, Fra le maggiori, presso il Bull. Conti/i. t. II, p. 271, attrihuendo però al- l'erario il mantenimento de' prigio- nieri, tranne quelli che potevano pagare. Tuttavolta l'arcispedale non trovando il suo conto ad ammini" strare le carceri e pagarne i salaria- ti, sebbene avesse il testatico di bai. 7 172 al giorno per ogni prigio- niero, chiese a Leone XII d'esse- re esonerato dall' amministrazione economica, e l'ottenne da Pio VIII. Finalmente noterò che il cardinal Capraniea nel fondare l'almo Col- legio Capraniea [Vedi), volle go- vernatori e patroni di esso i con* servatori di Roma ed i guardiani dell' arciconfraternita ; il cardinal Nardini lasciando all'arcispedale il suo palazzo, che ancora possiede, assoggettò ai guardiani la direzione del Collegio Nardini (meglio è ve- dere il voi. XXXII, p. 34 e 35, poiché a detto articolo mi espressi equivocamente, quanto dissi al palaz- zo) da lui fondalo. Il cardinal Crivelli destinò i medesimi guardiani gover- natori del Collegio Crivelli (Fedi) che voleva istituire (onde l'arcispedale mantiene un discendente di sua fami- glia in un collegio, essendo il legalo amministrato e protetto dal cardi- nal decano, come dissi nel voi. XIX, p. 172); altrettanto fece il fon- datore del Collegio Ghislicri [Fe- di). Ora ritorniamo all'origine del- l'arcispedale.

Il Marangoni nel cap. 44> riporr tando i veri documenti e testimo- nianze storiche sull'origine e sta-

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bilimenlo, primi statuti delln com- pagnia de' 'raccomandati del ss. Sai- valore, e suo fervore nella pratica dell'ospitalità , dichiara potersi affer- mare fondatori di essa i due car- dinali Colonna Giovanni e Pietro; il primo morto nel 124^ quale in- ventore e architetto di grande opera, contribuendovi con parte di sue ricchezze, pel ricevimento dei pellegrini nell'ospizio presso la chie- sa de'ss. Marcellino e Pietro, e dei poveri infermi nell'ospedale presso la chiesa di s. Giacomo vicino al Colosseo; il secondo e di lui paren- te assunse la protezione e direzione dell'opera, e per renderla stabile e perpetua la fece erigere canonica- mente da Giovanni XXII residente in Aviguone, onde a lui molti die- rono il titolo di fondatore, anche per aver cooperato colle sue elargi- zioni alla fabbrica del nuovo ideato spedale del Laterano, che però fu eretto molti anni dopo di lui, che morì nel i326. Gli statuti del soda- lizio furono approvati nel i33i, per cui il Marangoni confuta gli errori detti in proposito, anche dai bene- meriti dell'istoria degli stabilimenti romani (e chi non sbaglia?), Fatino- ci e Piazza. Per accogliere i pelle- grini e per curare gli infermi, la compagnia acquistò alcune case con- tigue alla chiesa de'ss. Marcellino e Pietro, nelle quali formatovi un o- spizio o spedale, con somma carità ■vi ricevette gli uni e gli altri, fin- ché lo trasferì al Laterano presso la cappella di s. Angelo, la cui fab- brica solo fu incominciata nel i 348 sotto i guardiani Francesco Vecchi e Fraucesco Rosana, e vicino alla chiestila di s. Andrea, in onore del ss. Salvatore, ed anche sotto l'invo-

cazione di s. Michele arcangelo,

pei

due sessi: ben presto divenne rino-

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malo e florido, continuando il soda- lizio la cura dell'altro spedale di s. Giacomo al Colosseo, il quale nel secolo XVI fu riunito al Lateranen- se. L'antica fabbrica è ancora in piedi nel cortile contiguo alla chie- sa di s. Andrea, poco lungi dalla spe- zieria, 120 palmi lunga, e 4* 'ai'* ga ; e qua appunto fu trasferito il primo spedale della chiesa de'ss. Marcellino e Pietro. Nel 1462 coi danari lasciati da Everso II conte d'Anguillara e potente barone ro- mano, fu fabbricato un nuovo brac- cio di ospedale verso settentrione, detta la corsia vecchia, cominciato dalla chiesa di s. Andrea, sino alla punta del campo Laterano, al qua- le poi si aggiunse dal lato della piaz- za Lateranense l'altra corsia delta nuova nella parte verso oriente e la chiesa di s. Giovanni in Fonte, so- pra del quale sono le stanze per la famiglia, ed ambedue servirono per gli uomini : nel bel mezzo della fac- ciata esterna, in cima sovrasta l'oro- logio con campane. Aftinché poi non si perdesse la memoria del titolo e del sito della prima cappella dedi- cata a s. Michele arcangelo, nel det- to braccio verso tramontana, e nel- la facciata sopra la porta di s. An- drea nel 1 638 fu fatto dipingere a fresco una grande immagine di s. Michele con analoga iscrizione. Quin- di la carità dell'arciconfraternita nel i655, ed incontro i descritti edifizi, con architettura di Gio. Antonio de Rossi benefattore dell'arcispedale, dai fondamenti eresse un sontuoso ospe- dale per le donne inferme, consisten- te in una sola corsia detta mulieru/n, tirata a lungo verso settentrione, e sopra questa altra succursale, con portico nel suo primo ingresso, e con stanze ed officine per le donne inservienti. Inoltre il sodalizio a suo

OSP conto tenne case per ricovero delle •vedove miserabili, ove le mantene- va, perciò dette case sante. Per tan- te benemerenze 1' arciconfraternita fu arricchita dai benefattori, e dai Papi con privilegi e indulgenze, an- zi per aver nel i 386 estirpati i mal- viventi de'dintorni, il senato le ac- cordò giurisdizioni sopra gli abitan- ti, e sopra una terza parte del Co- losseo. Di tutto e di altro tratta co- piosamente il Marangoni. Molle i- scrizioui ricordano i benefattori del pio luogo, fra' quali Vannozza de Caiani madre del famoso Cesare Borgia. Nella metà del secolo XVII il sodalizio ridusse allo stato attua- le le quattro grandi corsie, di che principalmente si compone questo magnifico e grandioso stabilimento. Pio VI ordinò che l' ospedale rice- vesse gli scottati dell'estinto ospedale di s. Antonio, di cui si fece cenno ad Arcispedale della Coxsolazioxe. Sotto di lui si migliorarono i ba- gni dell'acqua santa, di cui è pro- prietario l'arcispedale: di essi e del- l'acqua parlai ne'vol. I, p. 79; IV, p. 4°; e XXV, pag. 160. Noterò che nel casino d'ingresso vicino ai bagni, solendovisi cambiare Gregorio XVI nelle sue lunghe passeggiate fuori di porta s. Giovanni ove sono, il cardinal Sala presidente del luo- go pio, dopo aver abbellito il loca- le, e di tutto fornitolo, senza farne vanto, con semplici modi me ne con- segnò le chiavi per tale uso del Pa- pa (ne restai sorpreso e edificato, avvezzo a vedere ostentazioni pra- ticate nelle più piccole cose col Papa , ma di ciò meglio tratterò se Dio vorrà in altra opera) e solo le restituii dopo la morte di questo.

L'arcispedale è ora destinato a voi. XLIX.

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ricevere le sole donne, senza di- stinzione di età, condizione, patria e religione, secondo il pio e ge- neroso costume della carità roma- na, purché sieno affette da malattie mediche. La corsia nuova è capace di r 36 letti, la vecchia di 84, quel- la detta mulierum di i43, Ja sue- cursale di 1 1 7, e 3o possono con- tenersi in alcune camere sussidiarie prossime a queste ultime due cor- sie. V'ha inoltre per le tisiche un luogo chiamato s. Giacinto con 24 letti, e per le frenetiche una sala a 4 posti; finalmente vi è un vasto spedaletto capace di letti, detto di s. Filippo, per la famiglia degli uomini, e per i gravemente feriti o colpiti da straordinario accidente ne'dintorni. I 4' 'etu che tengousi ordinariamente nella corsia vecchia diconsi perpetui, e sono destinati al- le croniche, che però essendo di un numero maggiore occupano anche parte della nuova. Grandissima è Ja nettezza di questo vasto arcispedale: esso ha due medici primari, un chi- rurgo primario, due sostituti chirur- ghi e de' soprannumeri nelle due classi pei casi d'influenza. Le sorel- le della Carità [Fedi), (il cui be- nemerito istituto approvò Gregorio XVI), furono quivi introdotte nel 1821, ed è la prima casa della con- gregazione, dimorandovi la superio- ra generale : da ultimo eranvi 35 suore, cioè 12 oblate e 23 conver- se, ed alcune serventi in loro aiu- to; hanno dall'ospedale il vitto e mille scudi annui. Queste esem- plari religiose soleva visitarle Gre- gorio XVI in un all'ospedale, nel- l'ottobre e nel carnevale. Esse ol- tre la caritatevole assistenza delle inferme, la cura della guardaroba e della dispensa, esercitano la bassa '9

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chirurgia, cavano sangue, siringano, applicano coppe e vescicanti. In Ca- stel Gandolfo il pio luogo acquistò una casa per fare ristabilire le in- ferme suore, e Gregorio XVI più \olte si recò a benedirle. Pei ser- \igi più faticosi della cucina, dispen- sa e spezieria suppliscono gli uomi- ni. Per l'assistenza spirituale delle malate, nel 1 836 Gregorio XVI vi pose i benemeriti Ministri degl'in- fermi (Fedi), cioè otto religiosi, sei padri e due laici, compresi il prio- re e il sotto priore; ed oltre alle co- se spirituali soprintendono alla disci- plina degli uomini addetti all'istitu- to. Questi religiosi hanno stanza e vitto come il rimanente della fami- glia ; più scudi 24 l'anno oltre la limosina della messa, ed il priore ^S. Diversi zelanti ecclesiastici secolari e regolari si recano ad ascoltarvi le confessioni, istruendo e consolan- do le inferme: queste ricevono an- cora le visite di parecchie cari tate- voli dame, che vanno ad assisterle e confortarle. Quelle che risanano so- no portate all'ospizio della ss. Tri- nità de 'pellegrini; i cadaveri di quel- le che muoiono sono tumulati nel cimiterio aperto sotto Pio VII, clie contiene 36 sepolture, e sono ac- compagnale con molta decenza dal- la pia unione di Sancta Sanctorum istituita nel 170*4 nell'annesso ora- torie, al cui altare venerasi l'imma- gine di s. Maina imperatrice col di- ■viti Figlio, dipinta in muro. Questo cimiterio è prossimo alle corsie mu- Iterimi e succursale; l'antico era situato più a tramontana, all'estre- mità della fabbrica. L'istituto ha una spezieria ben fornita di medi- cinali, con capo farmacista, e h ven- de al pubblico di cui n'è mancante in quei dintorni. Vi è pure la sala

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incisoria per le sezioni de'cadaveri, e la biblioteca : un tempo era n vi le scuole quando dimoravano nel- l'ospedale i giovani studenti, con concorso e dissertazioni nel teatro anatomico. L'arciconfraternita del ss. Salvatore diresse e amministrò l'ar- cispedale, finché Pio VII nel prin- cipio del corrente secolo ne dichia- rò visitatore il cardinal Pignatlellit indi seguirono i narrati provvedi- menti presi per gli ospedali di Ro- ma, finché Pio Vili ne affidò l'am- ministrazione ai deputati, di cui Gregorio XVI fece presidente il car- dinal Giuseppe Mezzofanti. L'arci- spedale ha di rendita 3 2,000 scudi circa all'anno, compresi 14,000 pa- gati dall'erario: fra i suoi pesi è il mantenimento della cappella Sane tei Sanctorum alle Scale sante, da cui ritrae una terza parte delle limosi- ne della bussola, le altre spettando al capitolo Lateraneuse. Della pro- cessione solenne che celebra l'ar- cibasilica Lateranense pel Corpus Domini, coll'intervenlo del Papa e de' cardinali; che passando per la corsia nuova, si pone il ss. Sagra- mento sull'altare, e con esso si be- nedice le inferme, ne parlo nel voi. IX, p. 65. Solo qui aggiungo, che entrando la processione nell'arcispe- dale, i deputati prendono le aste del baldacchino, e le lussano all'u- scir di essa; il Papa mette l'incen- so e incensa il ss. Sagramento, som- ministrandogli la navicella e l'in- censiere il cardinal arciprete dell'ar- cibasilica, dopo averlo ricevuto pre- sentandogli l' aspersorio, indi i' ac- compagua fino alla sortita.

arcispedale di s. Spirilo in Sas> sia, o di s. Maria in Saxia. Mo- numento insigne della carità roma- na, degno dell'alma Roma, centro e

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regina del cristianesimo, il più bello e il più grande dell'Europa, che ven- ne dai Pontefici fregiato del titolo di apostolico. Questo colossale e mera- viglioso complesso di magnifici edilì- zi estendesi lungo la destra riva del Tevere, incominciando a poca distan- za dal Ponte s. Angelo, sin quasi al Porto Leonino, nelle vie Borgo s. Spirito e Luogara, nella Città Leonina (ledi) j il più antico, il più ricco e il più vasto ospedale di Iioma. "Wdiulorni, ne'primi tem- pi della Chiesa, vi furono altri ospe- dali, ospizi o scuole nazionali, di cui parliamo a'ioro luoghi, oltre l'ospe- dale eretto da s. Simmaco Papa del 4f)8 , lestaurato ed ingrandito dai successori, poi venuto meno : della chiesa e ospedale di s. Gregorio I de Cortina, feci parola nel voI.XLIV, p. 44- 1' Torrigio, Ilist. della cJiiesa di s. Giacomo in Borgo p. i/[, Ilar- ia che vicino vi fu un ospedale di s. Giacomo, e più olire quello di s. Nicolò fabbricalo dalla palle di Bor- go s. Spirito, in quel distretto che chamavasi Borgo di s. Martino, co- sì dello perchè era nella parrocchia della chiesa di s. Martino, la qua'e poi fu inclusa dentro il palazzo del priorato (di cui faccio cenno a Ospizio de'convertendi) sulla piazza Rusli- cucci o Vaticana, ma con nome cor- rotto di s. Martinella. Mei voi. XXXV, p. 2 3, 24, 23 e seg. ho detto co- me verso il 7 1 5, o 725, o 728 portatosi in Roma Ina re degli an- glo-sassoni, vi fondò la elvesa di s. Maria con scuola, ospizio o ospeda- le pei suoi razionali pellegrini in- glesi, dai quali avendo ia contrada preso il nome di Saxia o Sasso- nia, anche la chiesa, la scuola e l'o- spizio fu detto con tale aggiunto ; narrai quanto fiorì la scìiola di s.

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Alarla in Saxia, riportai le impor- tanti notizie relative de'seguenti se- coli, il progressivo aumento e de- cadenza per gl'incendi e rovinose vicende sofferte ; dissi finalmente come la scuola coll'ospizio essendo caduta in deplorabile stato e de- serta, fu da Innocenzo III rifab- bricata dai fondamenti, e converti- la nel famoso ospedale di s. Spi- rito in Saxia o Sassia. Altrettanto eziandio narrai a Denaro ni s. Pie- tro, ed a Commendatore di s. Spi- rito, ch'è il prelato cui è affidato il governo, la direzione e amministra- zione di questo benemerito stabili- mento, immediatamente soggetto ni Papa che lo nomina. Ivi dissi pure di sua cospicua dignità, ampie fa- coltà e prerogative, di sua origine, serie e benemerenze; come altresì di molte notizie riguardanti l'arci- spedale ed annessi ; di sua arcicon- fraternita, cui Giulio III affidò l'am- ministrazione di questo splendido luogo, quando tolse la dignità del commendatore per essere stato al- cuno trascurato nell'osservanza del- le discipline, quindi nel i556 ripri- stinata da Paolo IV colla bolla Ano- stolicae Sedis, sopprimendo la con- gregazione di sei membri del soda- lizio che dirigeva l'istituto; dell'ac- quisto di sue principali possessioni (molte delle quali meglio descrissi negli analoghi articoli); dei com- mendatori creati cardinali, i quali hanno biografie nel Dizionario, e degli autori che trattarono dell'or- dine <\e Canonici regolari di s. Spi- rito (Vedi), e dell'arcispedale. Ad Arciconfralernita di s. Spirilo in Sassia notai che si deve ancora ad Innocenzo III la sua antichissima i- sliluzione, e perciò ritenuta la prima fondala in Roma, che servì d'aiuto

i$i OSP

notabile all'incominciaraenlo e pro- seguimento dell'ospedale: essa ha la chiesa o oratorio dedicato alla ss. Annunziata, ed il Venuti, Roma mo- derna p. 1223, riferisce che fu ri- fatto dai fondamenti, e trasferito rimpetto alla nuova corsia da Bene- detto XIV, con architettura di Pietro Passalacqua; che i quadri degli alta- ri laterali sono i medesimi ch'erano nella vecchia chiesa, e neh' altare maggiore si venera un'antica imma- gine della Beata Vergine della Sa- lute, vestendo i confrati sacchi tur- chini coll'insegna dello Spirito San- to. Nel num. 5o del Diario di Ro- ma del 1801 si dice che la chiesa è ornata dentro e fuori con scol- ture di Bergondi allora restaurate, essendo stata ristorata la chiesa e ornata la detta miracolosissima im- magine dall'architetto Melchiorre fi- glio di Passalacqua.

11 munifico Innocenzo III (Ve- di), elevato alla cattedra di s. Pie- tro nel 1198, divisando col suo grande animo aprire un ricovero per gì' infermi , e un asilo pei ba- stardi o proietti, slimò atta all'o- pera l'antica scuola e ospizio degli anglo sassoni, divenuta deserta, e ne affidò l'esecuzione all'architetto e scultore Marchionne XIII d'Arezzo. Compilo l'edilìzio sapientemente chia- mato a Roma Guido di Montpellier, fondatore degli ospedalieri Canonici regolari di s. Spirilo (Fedi) ( il p. Bonanni nel Catalogo par. I, p. 54 e 55 riporta analoghe notizie e le figure di essi cogli abili corali e talari), a questi ne commise la cura nel 1204, onde da loro l'ospedale di s. Maria in Saxia si disse di s. Spirito: oltre di essi Innocenzo III vi stabili ancora le monache ospe- daliere, seguaci della regola di Gui-

OSP do, per aver cura non solo de'pro- ietti, ma ancora delle inferme ed in- fermi. A Conservatorio delle proieL- te(tyedi)) situato in una parte del- l'edifizio presso il Tevere oVera l'an- tico Cimiterio di s. Spirito (Vedi), parlai di sua origine, e come venne affidato alle religiose pur bastarde di s. Tecla vergine e martire, poi soppresse, delle quali feci parola an- che nel voi. VII , p. 275. Conti- nuando a parlare dell'ospedale de- gl'infermi, poi dirò dell'ospizio dei proietti, e dello spedale de' mente- catti aggiunto nel secolo decorso. In- nocenzo III dotò il pio luogo coi beni suoi patrimoniali, l'arricchì di privilegi e d'una libreria, dichiaran- done maestro generale, magisler ho- spitalis, lo stesso Guido, e l'ospedale volle che fosse capo e principale di quelli che iu seguito avessero eret- to i di lui canonici regolari, i quali venendo poi riformati da Pio II, ve- stirono l'abito di preti secolari, fregiandosi come il commendatore della doppia croce biforcata , inse- gna dell'ordine e dell'arcispedale, che anzi è sovrastala dallo Spirilo Santo raggiante. Inoltre il Papa fe- ce fabbricare appresso l'ospedale una nuova chiesa, che descriveremo in fine, dedicandola allo Spirito Sauto, che colle sue divine ispirazioni l'a- vea infiammato ad eseguire un'ope- ra di tanta carità, la quale avendo per così dire ottenuto l'origine dal cielo, Innocenzo III fece vestire i proietti e le proiette, ed i ministri e inservienti, con abiti di color ce- leste. Indi Innocenzo IV del 1243 a questo pio luogo fece molti mi- glioramenti e nuove fabbriche, e gli assegnò molti beni, aumentati pro- gressivamente da altri Papi, da car- dinali, prelati, nobili ed altri beue-

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fattori, le memorie de' quali si am- mirano in più luoghi, e tali furono pure alcuni che vi professarono l'ar- te salutare , come Lancisi , Pane e Giavina, lodati anco a Medico e Me- dicina. Degli Elfelli, nelle sue Me- morie, parla delle commende di s. Spirito a Falleri, a Civita, a Campa- gnano, a s. Elia presso Nepi. Nicolò HI del 1277 fece rettore e soprin- tendente dell'ospedale il nipote car- dinal Matteo Rosso Orsini. Eugenio IV nominò commendatore il nipote Barbo, poi Paolo II, il primo che non appartenesse all'ordine ed il primo prelato commendatore , e siccome per le di lui molte occupazioni non poteva attendervi, il Papa stesso pre- se il governo dell' ospedale ; ed è perciò che vedendo scaduta la con- fraternita di s. Spirito , colla bolla Salvatoris nostri, nel 1 44^ la ri- chiamò a vita , indi arricchita di privilegi nel i477 c0"a bolla Illius da Sisto IV. Questo Papa osservan- do che la fabbrica costrutta da In- nocenzo III, massime per la lunga assenza de' Papi d'Avignone, avea sofferto gravi danni e minacciava rovina, volle riedificarla servendosi anche dell'eredità del cardinal Am- malinoti, non essendo state sufficien- ti le riparazioni del commendatore Pessirotti , che però avea rifabbri- cato o terminato la chiesa, ed eret- ta la casa de' canonici , come me- glio dissi nel voi. VII (non Vili, errore di stampa), p. 274- Pertanto Sisto IV con architettura del Pin- telli (autore della cappella Sistina, come al voi. Vili, p. ii5), fece co- struire una gran sala lunga 564 palmi architettonici, larga circa 55, alta 60, capace di un triplice ordi- ne di letti per ciascuna parte : di prospetto alla strada fece un ele-

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gante portico , poi con vantaggio murato, dove si posero de' focolari per iscaldare i poveri cui davansi gli avanzi de' cibi. Nella parte su- periore delle interne pareti si con- dussero alcune dipinture a fresco che ricordassero le gesta principali del Pontefice fondatore. Il celebre Palla- dio vuoisi che abbia ornato poi que- sta sala di bella ed elegante cupola ed altare di graziosa architettura, che a divozione degli infermi si stabilì avanti la porta principale nel mez- zo della sala: il quadro rappresen- ta s. Giobbe dipinto da Maratta. Per disposizione dello stesso Sisto IV, i nobili bisognosi di ricovrarsi nell'ospedale, vennero un tempo accolti in luogo separato e decente. La detta corsia grande o braccio vecchio contiene 326 letti. Si crede che vi lavorasse anche l' architetto Pollaiolo sotto Innocenzo Vili, e che Paolo III vi facesse aggiungere un braccio da Antonio Sangallo.

Talvolta i beni dell'ospedale fu- rono dai Papi ne' bisogni dati a sicurtà d'imprestiti; così fece Paolo IV per scudi 3o,ooo che impiegò nel grano necessario a Roma. In vece s. Pio V donò al luogo pio scudi 25,ooo, e richiamò il com- mendatore Cirillo alla prefettura del sacro palazzo, onde riparlai di lui nel voi. XLI , p. 258, nella serie de' Maggiordomi , de' quali alcuni fu- rono commendatori , e perciò va letta. Il predecessore Pio IV, col breve stampato Cum magistrum, re- stituì all'arcispedale le indulgenze e privilegi a forma del concilio di Trento, e colla bolla ad universi ne confermò gli indulti e le facol- tà. Il successore Gregorio XIII eles- se commendatore Aldovrandi, che arricchì la sagrestia e la chiesa , e

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fece Ja facciata del palazzo de' com- mendatori, servendosi del concitta- dino Ottavio o Ottaviano Masche- rino bolognese; edifìzio solido e di bell'aspetto: R.uino che gli succedet- te fabbricò le scuole pei putti, am- pliò il monastero per le monache di s. Tecla, e terminò il cortile del palazzo, il quale resta fra il lato occidentale del braccio Sistina e la chiesa. Nel i584 s' pubblicò in Ro- ma : Compendio de privilegi, esen- zioni, indulgenze, ec. confermati da Gregorio XIII e la riforma del concilio Trento. Indi nel i586 ivi venne stampato il breve di Si- sto V, Exigìt incumbentis nobis, in conferma delle indulgenze, privile- gi e facoltà dell'arcispedale.' Sotto Paolo V, il quale come dirò istituì il banco di s. Spirito, il commen- datore Torniolo edificò la scuderia e il granaio; e sotto Urbano Vili il commendatore Vaio molto abbellii la chiesa e la sagrestia. Di Alessan- dro VII, come benemerito dell'ospe- dale, si ha una medaglia colla sua effigie , e nel rovescio il prospetto dell'ospedale con lo Spirito Santo fra nuvole, raggi e l'iscrizione : Ae- dibus oeconomia et disciplina resti- tulis. Dicesi ancora che fece costrui- re una sala lunga 1 49 palmi, larga circa 4§> alta 49j chc lega ad an- golo retto con quella di Sisto IV, ed è l'attuale ospedalelto de' feriti con 64 letti, imperocché col tempo si conobbe l'utilità di separare tra loro gl'infermi per ottenerne più a- gevolmente la guarigione, quindi lo scorbuto come attaccaticcio ebbe destinato per luogo particolare i memorali portici murati della corsia Sistina con 6 letti, e ne' portici stes- si dall' altra banda per cura del commendatore Cioia ultimamente si

OSP posero i cronici con 2 5 letti. E qui noteremo che la tisi come male con- tagioso ebbe una particolare sala, detta s. Giacinto, con 1 3 letti; agli operati , come quelli che aveauo d'uopo di maggior quiete e custodia, fu destinata la sala detta s. Fi- lippo con 22 letti; i frenetici, per- chè non turbassero gli altri e fos- sero meglio guardati, ebbero stanza apposita con tre letti di forza; fi- nalmente pei famigliari infermi fu destinato V O speda letto di s. Girola- mo con 12 letti. Dell'eredità lascia- ta all'arcispedale da Lancisi archia- tra di Clemente XI, anche per un ospedale di donne, ne tenni propo- sito a Ospedale di s. Maria e s. Gallicano, ove pur dissi dell'unio- ne ad esso de' proventi spettanti al- l'ospedale di s. Lazzaro, in avanti incorporati all'arcispedale di s. Spi- rito. Dell' acqua Lancisiana trovata sotto tal Papa, si legga i voi. I, p. 79, e XXV, p. i5g: quanto alle notizie del Lancisi ne tratta il Can- cellieri, nella Lettera al dott. Koreff sull'aria di Roma. Questo autore ne' suoi Possessi de Papi dice dei luoghi che presero i commendatori nelle cavalcate, e Zosimo Valigna- ni nel 1721 in quella d'Innocenzo XIII intervenne tra' protonotari a- postolici. Clemente XII vedendo l'ar- cispedale e il suo banco aggravati di moltissimi debiti, deputò visita- tori apostolici i cardinali Porzia e Lanf redini : pei benefizi ed amplia- zioni fatte da questo Papa all'arci- spedale fu coniata una medaglia in cui oltre la sua effigie e l'epigrafe: Pia domo servala, si vede il Pon- tefice accogliere varie donne con fanciulli, essendovi in aria lo Spi- rito Santo tra raggi. La popolazio- ne di Roma, dai tempi di Si-

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sto IV a Benedetto XIV, essendosi duplicata (nell'ultimo suo anno asce- se a i 54,o58 abitanti), accadeva che si avessero al tempo stesso presso a mille infermi, massime nell'estate per quei provenienti dalle campagne, i quali non poleansi contenere ne' so- liti locali, e conveniva usare dei prossimi granai. Laonde Benedetto XIV nel 1743 divisò d'ampliare duna terza patte l'edilìzio, poiché al lato orientale della corsia Sisti- na, verso Ponte s. Angelo, aggiun- se con disegno del Fuga nuova sala lunga palmi 4'4> 'ai'ga circa 55 e alta 5q, che si disse braccio nuo- vo, e nella pai te superiore Tu ador- nala di pitture di Gregorio Gugliel- mi che rammentano le miracolose guarigioni operate da Gesù Cristo: esso colle corsiole è capace di 287 letti. JNel suo altare un buon quadro di Giacinto Brandi esprime la ve- nula dello Spirito Santo. Inoltre ar- ricchì il pio luogo di bel gabinetto e teatro anatomico, da Pio VI am- pliato e fornito di belle cose ( fra le quali sono una meraviglia i si- stemi arteriosi, nervoso e venoso, lavorati con incredibile esattezza e pazienza dal valentissimo Giuseppe Flajani), e tolto il cimiterio conti- guo dalle rive del Tevere lo trasfe- rì sul Gianicolo. Oltre a ciò deputò in visitatore apostolico dell'arcispe- dale il cardinal Antonio Saverio Gentili (Pedi), il quale pagò un milione di scudi di debiti che a- vea il pio luogo. Abbiamo per- ciò di Benedetto XIV una meda- glia eguale a quella di Clemente XII: sotto Benedetto XIV il cova- menda tore Erba Odescalchi poi car- dinale vi stabilì cinque scuole chi- rurgiche; il successore Castelli poi cardinale ordinò che alle pareti fra

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mezzo ai letti si appendessero al- cune tavolette con alcuni segni con- venzionali, per indicare lo stato del- l' infermo e il trattamento da usar- glisi. Nel 17^1 si pubblicò in Ho- ma : Regole da osservarsi nel sacro ed apostolico archiospedale di s. Spi' rito in Sassia.

Gli immensi locali di questo ar- cispedale riceverono perfezionamen- to da Pio VI, sotto di cui la po- polazione salì fino a i65,ooo abi- tanti, il quale aggiunse una nuova fabbrica separata dalla vecchia pei* la pubblica via, bella a vedersi per l'ampiezza e per 58 colonne che in doppio ordine sorreggono la vol- ta del secondo piano, mentre egual numero di pilastri sostiene quella del primo. 11 primo piano, chiama- to s. Maria, è lungo palmi 592, largo 74? alto 20; il secondo s. Carlo, lungo egualmente, largo pal- mi 75, alto nella navata di mezzo 45 e nelle laterali 33 ; in ambe- due si potrebbero collocare quattro ordini di letti, e si calcolano colle camere annesse poterne contenere 840. Pio VI collocò nell'arcispedale 1 54 vare preparazioni anatomiche, ed una serie di strumenti chirurgici, anche di nuova invenzione, spediti da Alberto Adayr primo chirurgo del re d'Inghilterra. Eresse una cattedra d'ostetricia nell'università, con scuo- la nell'arcispedale, ed aumentò d'un braccio 1' ospedale de' pazzi. Sotto Pio VI il cardinal Zelada fece do- no al gabinetto anatomico di mol- ti pezzi anatomici condotti in cera con tutta la possibile naturalezza. Pio VII nominò visitatore apostoli- co il cardinal Francesco Carafa, che nel 1802 stabilì le istituzioni mediche e la medicina teorica e pratica che poi mancarono, e nel

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i8o3 per accorrere ai molteplici bi- sogni del grandioso stabilimento, con moto-proprio riportato nel Bull. Coni. t. XII, p. 43> >nvil° gì' abl" tanti di Roma e dell' agro romano che facessero testamento, quando l'eredità superasse cinquanta scudi, dovessero lasciargli una sovvenzione non minore di paoli dieci, altrimen- ti dichiarò nulla qualunque lascila e responsabili i notari. Indi nel i8o5 destinò particolari camere per la fiorente scuola clinica medica da lui fondata, capace di 18 letti, 12 per gli uomini e 6 per le donne, ed abbiamo dal prof. De Mattheis , Ratio institeli clinici romani, Ro- mae 18 16. Nel precedente il com- mendatore Pallotta, poi cardinale, emanò la Notificazione sopra varie disposizioni riguardanti il retto re- gime , governo ed amministrazio- ne dell' apostolico archiospedale di san Spirito in Sassia . Laonde F arcispedale può alzare 16 16 let- ti , secondo gli esposti calcoli , an- zi una volta si ricevettero 2000 infermi , facendosi uso degli al- tri locali. Neil' invasione francese e posteriormente l' arcispedale sog- giacque all' amministrazione sum- mentovata dicendo degli Ospedali di Roma; ripristinatosi da Pio VII il commendatore, sotto il prelato Dandini poi cardinale e visitatore apostolico, si fecero molti notabili miglioramenti, con ricostruirsi i ba- gni, vennero sostituiti ai focolari le stufe, si aggiunse una bellissima ca- mera incisoria, fornita di tavole di marmo, luminosa, ariosa, abbondan- te d'acque. Leone XII dispose del- l' arcispedale al modo detto parlan- do degli ospedali, e lo visitò ad e- sempio de' suoi predecessori, massi- me Clemente IX, Clemente XI, Be-

OSP nedetto XIII e Pio VI. Leone XII voleva stabilire in s. Spirito un col- legio medico-chirurgico, ove i gio- vani alunni scaricati de' più minuti uffici dell' ospedale , studiassero la pratica e la teorica di loro arte importantissima. Inoltre Leone XII voleva dividere I' ordine de' canoni- ci regolari in due classi, sacerdoti e laici, i primi per la cura spiri- tuale, i secondi per la temporale, e pone tutto in mano alla carità. Oltre l'ufficiare la contigua cbiesa, i canonici sino al 1847 soprintendeva- no all'assistenza e servizio dell'ospe- dale e ai diversi rami dell' ammini- strazione, dividendosi fra loro a no- mina del commendatore gli uffici di direttore spirituale , di priore, di sot- to priore dell' ospitale, di maestro di casa con presiedere al banco, di archivista con diritto di pubblico notaio, di fabbriciere, di commis- sari de'proietti e del conservatorio, di prefetti delle guardarobe e di- spense.

Ristabilita da Pio Vili F an- tica amministrazione, nominò com- mendatore monsiguor Antonio Cio- ia che migliorò la condizione dei dementi, quella degli esposti e de- gli infermi, facendo costruire bagni si ad acqua, che a vapore ; abbellì il museo, stabili le scuole d'anato- mia pratica e di chirurgia opera- toria, acquistò il vasto teni mento della Mesola che descrissi ne' voi. XXIV, p. 44> e XLV, p. 309, ed operò altre cose lodevoli. Gregorio XVI visitò lo stabilimento tanto de- gl' infermi che delle proiette, dichia- rò tal prelato reggente della cancel- leria apostolica e commendatore e- merito. Indi nominò visitatori apo- stolici i cardinali Macchi, Castraca- ne e Ferretti, deputando segretario

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della visita monsignor Enrico Orfei ( che per essere 6tato commissario apostolico di Loreto ivi parlam- mo di lui ), ed assessore monsi- gnor Giuseppe Ferrari ; e finalmen- te dichiarò protettore il cardinal Macchi e commendatore monsignor Orfei che tutt' ora fungono gli o- norevoli uflizi. Dell' ospedale milita- re da s. Spirito e da altri arcispe- dali trasferito da Gregorio XVI a ponte Sisto in cura dell' ordine ge- rosolimitano, indi nel declinar di ottobre i S^f4- stabilito nel magnifico braccio di s. Carlo, parlai nel voi. XX1X, p. 289. inoltre sotto Gregorio XVI e nel settembre 1844 furono introdotte nel pio luogo le mona- che della congregazione delle figlie della carità, dell'istituto di s. Vin- cenzo de Paoli, per la direzione del conservatorio delle proietto, del ba- liatico e guardarohe dell' ospedale e pia casa, dipendentemente dal commendatore prò tempore. Nel voi. XLV, p. 186 ho detto che il re- gnante Pio IX nel 1847 ha sop- presso i canonici regolari di s. Spi- rito, conferendo loro pensioni pel mantenimento, sostituendogli i be- nemeriti Ministri degli infermi {Ve' di), per la cura e assistenza de' ma- Iati e pel governo dell' unita par- rocchia, oltre gli uffizi di archivista e segretario cogli inerenti privilegi, rimanendo presso monsignor com- mendatore prò tempore l'ammini- strazione delle rendite. Monsignor Orfei uel riceverli alla testa de'pro- fessori e primari officiali dello sta- bilimento, vestito in gran formalità e cappa sciolta, dopo la lettura del breve pronunziò eloquente e forbito discorso, cui degnamente rispose il prefetto generale de' religiosi, indi il prelato ammise questi all' abbrac- cio e sesuì in chiesa il cauto del

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Veni Creator Spiritus. Le commen- de che si conferivano ai canonici dal prelato commendatore, sono state incorporate all'ospedale a beneficio dello stabilimento. Essendo i mi- nistri degl' infermi incaricati di co- operare alle cure ch'esige l'ammi- nistrazione, quale resta affidata in- teramente a monsignor commendato- re pio tempore come il regime dello stabilimento; ecco le parole del bre- ve del Papa che regna : Ea lamen lege et ejusdem archiospitalis admi- nislralio et regimen integrimi iiwio- lalumcjue ac nulla ex parie immi- llatimi penes eundem dilectum fi- lìuni Enricuni Orfei commendato- rem, ej'itsaue in miniere successore1! omni tempore permanere debear, ipsique religiosi viri in partes dum- taxat sollicitudinis atque ad ea pc- ragenda quae canonici praestabant vocali censeantur cimi furibus et oneribus quae ex conventione hisca nostris littcris inserta derivante L'en- comiato vigilantissimo prelato a me- moria di tal provvidenza eresse li- na marmorea iscrizione, riportata nel n. 41 delle Notizie del giorno 1847, che descrive la visita fatta dal Pontefice nell'ottobre all'arci- spedale, recandosi nelle corsie in un a quelle pei militari, alla farmacia e al conservatorio delle proiette. Di al- tra visita parla il n.° 3 della Gaz- zetta di Roma 1 848.

L'arcispedale è destinato par- ticolarmente alla cura degli uomi- ni febbricitanti, sebbene sia con- siderevole il numero de' feriti che vi si ricevono: vengono ammes- si d'ogni età, condizione e reli- gione prontamente. Il vitto è buo- nissimo, e quei che possono man- giare carne hanno pure cicoria cot- ta, e ciò per lascito di un pio me- dico : durante il pasto, tre volte la

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settimana suonasi I' organo. Se l'in- fermo risana è trasportato all'ospi- zio della ss. Trinila de' pellegrini e convalescenti; se muore, a suo tem- po si trasporta nella camera mor- tuaria e poi al cimiterio di s. Spi- rito dalla pia unione istituita nel 1775, i cui statuii approvò Leone XII, la quale è di molta edificazio- ne. Oltre i ministri degli infermi •vi sono a coadiuvarli sei cappellani confessori, per la assistenza spiritua- le de' malati e per celebrare la mes- sa ogni mattina nelle diverse sale. Per disposizione di Clemente IX, confermata da Clemente X e In- nocenzo XI, ciascun ordine regola- re deve mandare una volta il mese due religiosi ad ascoltare le confes- sioni per cinque ore, si trala- scia di ridurre alla cattolica fede chi sventuratamente non la profes- sa. L' arciconfraternita di s. Spirito continua nel pietoso ufficio di assi- stere spesso gì' infermi. Oltre ad essa non mancano buoni sacerdoti e laici che vi si recano quotidiana- mente a far la carità, e molte pie società e confraternite vi si porta- no pure, segnatamente la domeni- ca. Quattro medici e due chirur- ghi primari recansi all'arcispedale a fare due visite al giorno; ciascun medico ha il suo assistente, ciascun chirurgo il suo sostituto, i quali di- morano nel luogo. Vi sono de' so- prannumeri che si chiamano alla cura quando aumentano i malati, acciocché un medico non abbia a curare più di 5o o 60 infermi. Se- guitano i giovani alunni studenti (tra' quali io dovea far parte come dissi nel voi. XLIV, p. i4^) clie vestono zimmarra e sono ammessi a diversi uffici previo esperimento ; cinque di essi chiamatisi maggiori, e sono capo-sanguigna, uuzionario,

OSP scrivano, caporale, mignaltaro. La spezieria ha il capo speziale con cinque alunni, fornisce i medicina- li a tutti gli stabilimenti racchiu- si nell'arcispedale, ed è fornita di un gran deposito di eccellenti me- dicinali e d'ottime macchine e la- boratorio. L' archiatra Lancisi non solo donò all' istituto la biblioteca Lancisiana, che descrissi a Biblio- teche; ma per istruzione de' gio- vani alunni istituì un' accademia medico-chirurgica nella biblioteca, la quale oltre il bibliotecario e sot- to bibliotecario, ha quattro giovani assistenti, due studenti di medicina, due di chirurgia: ad essa è unito un gabinetto mineralogico e zoo- logico, dono di monsignor Gigli. Durante la quaresima ad ore 11 nelle domeniche, giovedì e venerdì nel teatro anatomico, dai giovani studenti si leggono dissertazioni, a- natomico- fisiologico- chirurgiche, per la premiazione de' quali secondo 1' Elenco che si pubblica colle stam- pe, si danno medaglie d' oro e di argento con conio di proprietà del- l'arcispedale, il cui prospetto si ve- de nel diritto coli' epigrafe : NosO' cornami Praemia Studiorum. Nel rovescio si vede un professore che nototnizza un cadavere, però le ul- time hanno qualche variazione, col- la leggenda : Sexcentos Exsecuit Ut Naturimi Scrutaretur. Annualmente si pubblicano in istampa gli elen- chi sommarti delle operazioni d'ai' ta chirurgia eseguile nel decorso dell' anno nel venerabile apostolico arcispedale di s. Spirito in Sassia. Dalla statistica d' un decennio, dal 1 83 1 al i8jo risulta, che in s. Spirito si raccolgono ogni anno in- fermi 1 3,491. 60; che il loro nu- mero medio suole essere 5oi. 8g ; che per assisterli si sogliono tenere

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famigliari 16*9. ir) ; che muoiono Ioga iscrizione e stemma. Indi In* annualmente 1 i4*>. 5o, ciocché nocenzo XI colla bolla Aet/uitatis, una mortalità di 8. 4o per cento; del io maggio (683, ordinò che i la quale essendo minima per u\\ beni dell' arcispedale fossero oblili- grande ospedale, forma il più bello gati ai deposi litri con obbligo ca- e magnifico elogio così dell' istituto, merale. Clemente XII per riparare come della medicina romana. No- agli abusi avvenuti nel banco, v'in- teremo, che il prelato commenda- tradusse nuovi ministri, facendo ren- tore ogni anno pubblica colle stani- dere stretto conto agli antichi, e col pe il Ristretto generale di tutti gli consiglio del cardinal Porzia visita- ìnfermi, proietti e famìglia ec. e tore e de' prelati Millini e Mesmer, suoi annessi, come zitelle del con- poi cardinali, a' 11 settembre 1787 servatorio e dementi. stabilì un nuovo metodo e migliori La rendita annua di s. Spirito, provvidenze al pubblico servigio. E non compreso l'ospedale de' pazzi siccome l'arcispedale pei debiti del che ha separata amministrazione, banco pagava annui snudi 60,000 sebbene diretta dal commendalo.re, di censi, assegnò Clemente XII al ammonta a circa 90,000 scudi, dei pio luogo scudi 120,000 dalla con- quali quasi 5o,ooo sono assorbiti gregazione della rev. fabbrica di s. dalle spese pei proietti, e i rima- Pietro, e scudi 80,000 dall'affitto «enti non essendo bastanti a' molti del giuoco de' lotti. Benedetto XIV bisogni, vi supplisce l'erario con per l'ottimo regolamento e ammi- 36,ooo scudi l'anno. Al declinar del lustrazione de' depositi nel banco fe- sccolo XVII l'arcispedale spendeva ce nuove leggi colla bolla Comunis annui scudi 100,000, come all'erma Aerarli, del 3 agosto 1750. Il ban- il Piazza iiell' Eusevologio. Dall'ai'; co ha particolari rendite, dicesi scu- cispedale e suo commendatore di- di 5, 000, colle quali pagasi il mi- pende un banco di depositi il cui nistero ; il soprappiù è dato all'ar- edifizio è nella via de' Banchi, ove cispedale. In questo banco ciascuno fu già l'antica zecca delle Monete può depositare qualunque somma pontifìcie {Vedi}. Il banco fu isti- di denaro, senza però percepirne tuito pe' depositi dello stabilimento frutto o interesse, e a pubblica utilità nel modo det- Pia casa degli esposti in s. Silf- io nel voi. XV, p. 73, da Paolo rito in Sassia. Dalle storie delle V colla bolla A ponlificatus nostri più antiche nazioni si rileva il erti* primordio, del i3 dicembre if>o5, dele costume di sagrificare a Mo- perchè le vedove, i pupilli ei Ino- Iodi i teneri figli, d'abbandonare ghi pii potessero deporvi i loro de- i bambini alla fame, al freddo, ai- nari, ipotecando lutti i beni del- le belve, sulle sponde de' fiumi, dub- l' arcispedale a favore di quei che biosa essendo la pietà di chi li rac- depositano, quindi ebbe privilegi coglieva. Solone permise agli ate- come il Monte di pietà di Roma, niesi d'uccidere i bambini, e Li- ai quale articolo ne riparlai. Ales- cingo ordinò agli spartani che t Sandro VII e Clemente IX l'ai t ic- nati storpii o di complessione men chirono di grazie particolari ed il robusta si gettassero in una vora- secondo adornò l' edilìzio con fao- gine come inutili allo stato, come ciata esterna come rilevasi da ana- si praticò in varie contrade d' Asia.

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È vero però che la repubblica di Atene faceva allevare gli orfani dei difensori della patria e i figli ab- bandonati d' illegittima unione. Le genti dell' antico Lazio furono pro- clivi all'uccidere o esporre i fan- ciulli ancorché sani. 1 romaui con superstizioni e dubbiezze riconosce- vano i propri figli, e nel voi. IX, p. 264 dissi che alla colonna Lat- taria nel foro Olitorio esponevano i bambini spuri per far trovar loro nutrici. Vedasi Nicola Ratti : Dis- seri, sopra gli stabilimenti di pub- blica beneficenza degli antichi ro- mani, Roma 1829. I primi impe- ratori romani che condannarono l' esposizione, sembra che fossero Valenliniano I, Valente e Grazia- no nel IV secolo. I concilii d'Arles, di Vaison, ed altri nel IV e VI secolo presero provvidenze per gua- rentire quelli che pietosamente a- ■veano raccolti gli esposti ( secondo il costume invalso in Francia ed al- trove, presso le chiese, in una con- ca di marmo a ciò destinata) dalle molestie de' genitori per ricuperarli, diritto che perdevano dopo dieci giorni. Nel voi. XXI IT, p. i5g, ri- marcai che la maggior parte dei fanciulli esposti sarebbero periti se la religione cristiana non fosse ac- corsa a soccorrerli, e di ciò che pra- ticossi ne' tempi di mezzo co' trova- telli o fanciulli esposti, argomento che toccai pure a Orfanotrofio. Veramente una speciale istituzione 0 brefotrofio a sollievo delle inno- centi vittime della miseria e della colpa, sebbene dicono alcuni che nel VI secolo in Europa fosse già qualche ospizio a ciò destinato, fu quello che in Milano formò in sua casa l'arciprete Dateo nel 787, da lui chiamalo Xenodockio, preceden- do così di tre secoli quello di Pa-

OSP dova, riputato in Italia finora il più antico, e viene descritto nel voi. \, p. 279 di Milano e il suo ter- ritorio : i raccolti alimentali fino all'età di sette anni, e dipoi istrui- ti in qualche mestiere si lasciavano in libertà. L' ospizio di s. Michele di Novara fu fondato nel IX seco- lo, secondo de Cerando, De la bien- faisance publique. Fuori d' Italia nel X secolo esisteva nella Rorgo- gna un istituto religioso particolar- mente dedicato agli orfani e agli esposti. La cura di questi faceva es- senzialmente parte delle pie opere assunte fin dalla sua origine dall'or- dine ospedaliere di s. Spirito isti- tuito in Montpellier da Guido. Nel- la stessa città un asilo speciale per gli esposti fu nel 1 180 destinato da quei religiosi, e un simile a Mar- siglia nel 1188. Si può consultare l'eruditissima opera del conte Leo- poldo Armaroli : Ricerche sloriche sull'esposizione degV infanti, Vene- zia 1 838. Innocenzo III nel tempo stesso che fondò l'ospedale di s. Spi- rito per gl'infermi, apri un asilo ai bambini abbandonati, sia perchè frutto innocente d'illeciti amori, sia perchè figli di genitori poveri o snaturati, trovandosi di frequente dai pescatoli nel Tevere, invece di pesci, corpicciuoli di bambini anne- gati nelle reti; onde ebbe anche origine il Conservatorio delle pro- ielle, aliìdato alle religiose di s. Te- cla, soppresse da Innocenzo X come accagionate di molti disordini. Pros- sima alla porta dell'ospedale è una ruota capace d'un bambino, ed al suono del campanello il caporale de- gli studenti di guardia accorre a pi- gliarlo, sebbene da molti anni il bambino si porta direttamente al suo tavolino, rilasciando polizza di ricevuta se n'è richiesto, mentre re-

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gistra il deposito dell'infante. Quin- di il caporale al piede destro del bambino incide colla lancetta la croce di s. Spirito, e v'insinua del- la tinta nera perchè rimanga inde- lebile. Trasmesso al baliatico, la priora osserva se ha segnali per te- nerne conto al commissario, indi si battezza sotto condizione, se non avvi certificato di parroco che gli abbia amministrato il sagramento. Neil' istituto vi sono balie, secondo il bisogno, in tre sale con 5o letti con due cune per cadauno, e sono tenute con grandissima cura e ben nutrite : ognuna allatta ordinaria- mente due bambini, e temporanea- mente anche tre. Questo baliatico è deposito, giacché gli esposti si danno a balie particolari che li conducono alle proprie case di cit- tà, o in campagna, con opportune provvidenze. Sorvegliano i bambini, in Roma il commissario, e ne' vici- ni castelli alcuni deputati. Le ba- lie hanno mensualità in propor- zione che cresce il bambino o bam- bina; per lo più le balie ritengono per figli i maschi, che sogliono di- venire i prediletti a fronte de'Iìgli legittimi. Una volta i proietti ma- schi, quando venivano restituiti dal- le balie, erano educali nella pia ca- sa, poi si mandarono a Monte Ro- mano, gran podere di s. Spirito, di cui feci cenno a Commendatore, per farne una colonia agricola: ora quei che ritornano dalle nutrici so- no mandati all'orfanotrofio di s. Ma- ria della Provvidenza in Viterbo, dove per convenzione stipulata col- la pia casa, i proietti sono mante- nuti, vestiti ed educati a qualche arte fino a 21 anno. Allora si con- gedano con dieci scudi regalia liberi di slessi, col cognome di Espositi } Spositi o Proietti^ che ri-

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cordano la loro umiliante origine, cognome comune alle proielte. Chi adotla il proietto o la proietta, si obbliga di mantenerli e dargli stato, e riceve perciò un premio dal pio luogo, il quale alle ba- starde cento scudi di dote, se la concessione di ritenerla è a tempo e a stato nubile: quanto agli ob- blighi dell'adozione ed alla paren- tela legale che si contrae, ne tenni proposito nel voi. XLUI, p. 286. Le bastarde rese dalle nutrici all'i- stituto sono collocate nel proprio vasto conservatorio, presso l'arco e porta di s. Spirito nella via Lun- gara, di cui le più anziane sono le maestre, esercitandosi in lavori mu- liebri . Benedetto XIV ampliò Tedi- fizio e lo cinse di mura. Ivi si fa il bucato per tutta quanta la pia casa, si fanno le fascie pel baliati- co e le tele per l'ospedale, e vi so- no circa 55o bastarde. La media degli esposti annualmente è di 834- 8. Come vestivauo prima i proietti e le proielte ce ne la figura il p. Bouamii, Catalogo par. 3, p. 5j e 58. Molti di questi esposti vengono dalle vicine provincie di Sabina, di Marittima e Campagna, ed anche dal regno di Napoli.

Ospedale di s. Maria della Pie- tà de poveri pazzi. Verso il i548 Ferrante o Ferdinando Ruiz cap- pellano di s. Caterina de' funari , e Diego ed Angelo Bruni suo figlio, nobili spagnuoli di Navarra, si die- rono a raccogliere in Roma i pelle- grini in una casa a piazza Colon- na presso il palazzo Jacovacci. Ve- dendo però che di ciò nell'anno santo i55o occupavasi l'arciconfra- lernila della ss. Trinità , rivolsero la loro pia opera a racchiudere i pazzi d'ogni sesso e nazione che nella città, non aveauo ricovero. In-

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tanto Faustina Francolini* moren- do in dello anno, lasciò un'abita- zione contigua per ospizio a quat- tro poveri preti (per cui forse la vicina piazza eli Pietra prese i' o- dierna denominazione per quanto dissi nel voi. XX, p. 171, ovvero per altro ospizio di preti quivi si- tualo sotto Giulio 11); ne commise l'esecuzione a d. Giulia Colonna, e questa al p. Lainez generale de' ge- suiti. Questi opinò più vantaggioso dare 1 abitazione agli infelici pazza- relli radunati, ebe già erano 80. Il cardinal Cueva spagnuolo fu il pri- mo protettore dell'opera, e il car- dinal s. Carlo fu uno de' benefat- tori, ed allorquando veniva da Mi- lano a Roma soleva abitare quella paite del palazzo Jacovacci spettan- te all'ospedale de' pazzi. Per la cu- ra e governo dell'ospedale de' men- tecatti venne sotto Paolo 111 isti- tuita la confraternita di s. Maria della Pielà de' pazzi, die Pio IV approvò nel 1 56 1 colla bolla lllius (jiu i>ro dominici sa L'adone , con molle indulgenze e grazie. Si ba una medaglia coll'effigie del Papa e l'epigrafe: Mendicis in Plocholro- j)luuui redactis, colle ligure della Carità sedente con quattro fanciulli, due in seno , due nelle braccia , a- vendo provveduto anche ai metidi- ci. 11 sodalizio edificò la chiesa a piazza Colonna sotto l'invocazione di s. Maria della Pietà, cioè sull'a- rea ili altra antica sacra a s. Ca- terina vergine e martire; ed alla confraternita successe una congre- gazione di deputati presieduta da tin prelato e da un cardinal pro- tettore. Ne parla il Piazza, EustvO' logio Irati. 1, cap. 7; ed il Ricci, De giubilei p. 7.5. Il medesimo Piaz- za, nel Irati. \ 1, cap. 4", nana ebe essendosi diminuito il fervore della

OSP confraternita suddetta, altra ne sot- tentrò sotto 1' invocazione delle ss. Orsola e Caterina nella stessa chie- sa di s. Maria nel 1 5g9, sotlo Cle- mente Vili, e la protezione del cardinal Giustiniani. Nel 1608 il sodalizio si trasferì nella chiesa di s. Orsola a piazza del Popolo, la quale demolita nel 1660 per edi- ficarvi quella di s. Maria de' Mi- racoli, passò nella cbiesa parrocebia- le di s. Nicolò de' funari incontro le oblate di Tor de' Specchi, acqui- standone il dominio, e cedendo il gius parrocchiale al capitolo della chiesa di s. Marco, intitolarono la chiesa alle SS. Orsola e Caterina , indi rinnovata con disegno di Car- lo de Domi'niciSj erigendo Clemente X nel 1674 il sodalizio in arcicon- fraternita. Quanto all'ospedale indi ne fu generoso benefattore il car- dinal Francesco Noli, che gli lasciò la sua eredità (come afferma il Co- nanni, Catalogo par. 3, p. 67, ri- portando la figura d'un alienato come vestito a suo tempo); non che altri, come Vincenza Viara de Puc- ci veneziana che istituì suo erede l'ospedale. Ne fu eziandio benefico principalmente Benedetto XI 11 che credette più opportuno rimuovere l'ospedale de' pazzi da un luogo così centrale e clamoroso, ed unirlo a quello di s. Spirito, presso il quale e per la via Lungara fece a tale elletlo costruire due bracci di fab- brica separali, uno per gli uomini, l'altro per le donne, e nel 1728 vi si trasportarono i pazzi, cioè nel di- cembre, comesi legge nel n. 1 7 7 1 del Diario di Roma, assoggettando anche questo isliluto al prelato com- mendatore. La chiesa e l' ospedale furono acquistati dall' Arciconfra- temila de' ss. Bartolomeo e Alessan- di 0 de Bergamaschi e dal Collegio

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Cerasoli [Vedi); prese il nome di tali santi, trasferendovisi il sodalizio dalla chiesa di s. Maculo, di cui parlai nel voi. XIV, p. 182, e vi aprirono un ospedale pei nazionali. Tuttavolta la chiesa è volgarmente chiamala ancora la Madonna della pietà, per l'immagine miracolosa che vi si venera dipinta in tela, credesi da Guido Reni, già della pia Cle- menza Caroui o Garroni di Subis- co, il cui nipote sacerdote d. Pietro, come dissi a Collegio Cerasoli, nel 1790, la fece trasportare in Roma e donò alla chiesa con quelle ri- marchevoli circostanze riportate dal Bombelli nel t. IV, p. 187 della Raccolta delle immagini. L 'a rei con - fraternità fece rifabbricare la chiesa, e nell'altare maggiore posero il bel quadro ch'era in s. Maculo, dicesi dell'Alberti, esprimente la ss. Ver- gine coi ss. patroni e angeli, e poi innanzi vi collocò quello prodigioso di delta Madonna. L'altare a sini- stra contiene il quadro della De- collazione di s. Gio. Battista del Mi- lani, quello l'impello i ss. Fermo e Rustico del Valtellina. Tornando all'ospedale de' pazzi, di esso fu be- nemerito Clemente XII, e Pio VI vi fece aggiungere un altro brac- cio per dormitorio; indi il luogo fu pure ampliato da Leone XII per l'aumento degli alienati, ri coverà n- dovisi anche quelli delle provincie, sebbene in esse fioriscono i mani- comi di Perugia, Pesaro e Anco- na, essendovi spedali pei dementi anche in Bologna, Ferrara, Mace- rata e Faenza. L'edilìzio di quello di s. Spirito è composto di due cor- tili quasi quadrati, di pianoterra con refeltorii, cucina, bagni e cap- pella, essendo ne' piani superiori i dormi tori i. Non vi si ricevono che i pazzi inviati dalia polizia, ed ban-

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no buon vitto e abili uniformi. Gli uomini dipendono dal lettore, le donne dalla priora ; vi sono cinque guardiani, tre guardiane e altri in- servienti. II medico e il chirurgo visitano quotidianamente l'ospedale. I dementi ogni giorno assistono alla messa, e adempiono altre pratiche religiose; alcuni buoni sacerdoti li visitano frequentemente e profittano de' momenti di lucida ragione per istruirli nelle cose spirituali ove ab- bisognino. L' amministrazione è se- parata, ed ha scudi 35oo di ren- dita, supplendo l'erario con baj. \.\. al giorno per ogni matto, corrispon- denti a quasi 19,000 scudi ali an- no, tranne gli agiati pei quali pa- gano le famiglie per ognuno scudi 5o annui, in tutti ascendenti a cir- ca scudi 1800 annui; però l'era- rio si fa reintegrare dalle comuni dello stato ciò che spende pei loro dementi. La statistica d' un decen- nio dal 1 83 r al 1840 prova che nell'ospedale entrarono 709 uomini e 3j2 donne, uscirono 449 uomi- ni e 162 donne. 11 celebre dottor Esquirol, che impiegò quasi tutta la sua vita nello studio e nella cu- ra della follia, visitando nel i835 questo spedale lo lodò, riconoscendo che per la natura del luogo non po- teasi fare di più, imperocché è an- co necessario che i manicomi sie- 110 in luoghi elevali, remoti e tran- quilli. Le benemerenze dell' Esqui- rol verso l'umanità e l'ardente cari- tà sua pei dementi, si leggono nella biografia di Giacinto Grana, pubbli- cala t\<\\\' Album 11." 2 3 del i84i« In tutti i paesi si osserva un nu- mero progressivo e spaventevole di pazzi, le cui cagioni si vogliono più morali che fisiche , concorrendovi l'indebolimento de' sentimenti reli- giosi ed i politici sconvolgimenti.

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Ai fu un ordine equestre sollo il lilolo de Pazzi (Fedi), e quello reli- gioso degli Alessiani (Fedi), per as- sistere i dementi. Il p. Menochio, Sutore t. II, p. 4$ tratta: della vo- lontaria pazzia di s. Simeone co* gnomi/iato Salo.

Chiesa di s. Spirilo in Sassia. La chiesa di s. Maria in Saxia, e- retta dal re Ina, fu da s. Leone IV dichiarala filiale della vicina ba- silica Vaticana, soggezione che tut- tora dura come dissi nel voi. XII, p. 3^6, benché essendo andata in rovina la riedificasse Innocenzo III in onore dello Spirito Santo con disegno del Marchionne, indi diven- ne parrocchiale, ed un tempo vi si custodi il Follo santo (J'edi), on- de tre volte l'anno si mostrava in detta basilica ove si venera, ai pro- ietti e proietle, ostensione che ora ha luogo per l'arciconfraternita. In- nocenzo IV la ristorò, e Urbano V al modo detto ne' voi. XV, p. 69, e XVIII, p. 101, vi ricevè l'abiura del- l'imperatore greco Paleologo. Pio II gli donò il braccio di s. Andrea a- postolo (sarà parte di esso, per quanto dico a Patrasso) , come riferisce il Piazza trattando del- l'arcispedale neìì'Eusei'ologio. Nel- l'anno i5zj in un alla pia casa soggiacque a saccheggio e profana- zione pel famoso sacco di Roma ; ma Borbone condottiero dell'eserci- to vi restò ucciso presso la porta di s. Spirito, da un colpo tiratogli o da Castel s. Angelo o dal campa- nile della chiesa, ove per memoria fu collocata iscrizione; ma l'ucciso- re sembra il Valentini , e lo notai nel voi. XIII, p. 2 55. Perciò con architetture di Antonio da Sangal- lo, Paolo III ristorò la chiesa e ne abbellì l'interno con pilastri corinlii e dorici semplici. Indi la facciata ester-

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na sopra scalinata, con bel frontone in cima, due ordini di pilastri, nic- chie e riquadri, tu eretta sotto Si- sto V, con disegno del Mascherino. Nel 1 655 il capitolo vaticano co- ronò a' 5 aprile con corona d'oro l'antica e miracolosa immagine del- la Madonna col divin Figlio dipinta in tavola, che il Bombelli, Raccol- ta delle immagini, t. I, p. 129, di- ce ritenersi essere quella posta nel- l'anteriore chiesa dal re Ina: ag- giunge che il commendatore Albizi nel nuovo edifizio eretto da Pio VI per le affluenze di malati, rimpetto all'arcispedale, dal valente Cavalluc- ci vi fece dipingere la celebre im- magine in atto di essere venerata da s. Giuseppe Calasanzio, che abi- tò co' giovanetti da lui ammaestrati nel sito già dello vicolo delle scuole pie, e demolito per l'erezione di tal fabbrica, e corrispondente al luogo ov'è la cappella in cui si custodi- sce il ss. Sagramento per gì' infer- mi ; di più il prelato vi fece dipin- gere i Papi benemeriti della sacra immagine, cioè s. Gregorio II, sotto del quale vuoisi eretta l'antica chie- sa di s. Maria in Saxia, s. Pasquale I che neh' incendio che rovinò nel- l'8 1 7 la scuola e la chiesa, trovan- dola illesa, coi segni di croce l'estin- se, e s. Leone IV sotto del quale nell' 847 l' immagine di nuovo fu rispettata dal fuoco, come si legge dalla lapide con cui nel 1740 ne avea rinnovata la memoria il cooi- mendalore Pallavicino. L'interno del- la chiesa è proporzionato , avente forma curva, le cappelle di poco sfondo. La prima a diritta ha due colonne di alabastro agatino colla venuta dello Spirito Santo di Zuc- ca, del quale sono pure le altre pit- ture. L'Assunzione nella seconda cap- pella è dell'Agresti, autore degli al-

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tri dipinti, tranne la Natività, di Mon- tani , e la Circoncisione di Nogari. La terza cappella contiene il qua- dro della ss. Trinità di Agresti, autore eziandio de' laterali rappre- sentanti due prodigi operati dal Re- dentore. La Trasfigurazione nella quarta era del Valeriano, cui venne sostituito un quadro di Cavallucci. La tribuna dell'altare maggiore fu dipinta dal Zucca sotto Sisto V, che in questa come in altre opere ha effigiato letterati e artisti contem- poranei : il ciborio ricco di belli marmi si vuole disegno del Palla- dio, e i due angeli cbe adorano fu- rono scolpiti in legno da Lorenzo Tedesco. La prima cappella a sini- stra ha per quadro s. Gio. Evan- gelista di Venusti o di Pierin del Vaga, oltre la celebrata immagine di s. Maria in Saxia in un ovato custodito da cristallo, ivi trasferita dalla cappella del batlisterio. Nell'al- tare della seguente cappella il Cri- sto morto è di Agresti, come le pitture ne' lati e nella volta. Si ve- de nella terza cappella Gesù tolto dalla croce, dell'Aquila; Lilio aven- do eseguito ne' pilastri gli evange- listi. La coronazione della Beata Ver- gine, col Redentore e alcuni santi sull'altare dell'ultima cappella, sono lavori del Nebbia, come le pitture delle bande e della volta. La fac- ciata sulla porta maggiore fu colo- rita da Zucca e da Conti anconi- tano e Matteo da Siena. La sagre- stia grande ha tutta la volta di- pinta, come le pareti laterali, con istorie a chiaroscuro dell'erezione della scuola e chiesa, e successivi disastri, eseguite da Ubaldo Abba- tini con tanta eccellenza che sem- brano bassi rilievi. Sull'altare è la venula dello Spinto Santo, bel la- vol. xux.

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voro di Girolamo Sicciolante da Ser- moneta.

OSPEDALIERE, SPEDALIERE o OSPITALIERE, Ospiialarine. Donne zitelle, maritate o vedove, che con edificazione assistono gì' infermi e le inferme. Vi sono pie congrega- zioni di zitelle che generalmente fan- no i voti semplici, uno de'quali è l'o- spitalità o assistenza agi' infermi ne- gli Ospedali [Vedi), ordinariamen- te Oliale [Vedi), con diverse de- nominazioni di Figlie o Sorelle della Carità (Fedi). Sogliono eser- citare la bassa chirurgia e vengono incaricate per lo più negli ospedali delle inferme alla loro caritatevole assistenza, alla distribuzione del vit- to e medicine, alla loro cura , co- me pure di vegliare alla guarda- roba, alla dispensa, al bucato, e in alcuni luoghi anche alla cucina. Al- tre ospedaliere sono secolari, chia- mate generalmente sorelle della ca- rità, maritate o vedove, che si re- cano negli ospedali o nelle case del- le proprie parrocchie per conforta- re nello spirito gì' infermi e le in- ferme massime croniche, recando lo- ro il sollievo di buoni cibi e me- dicinali. Tanto delle religiose, che delle secolari ospedaliere ne parlo ai rispettivi articoli ove esistono, o dicendo di loro istituzione benefica. Dagli Ordini militari (Fedi) ospi- tatali ebbero origine anche le con- gregazioni di ospedaliere , in pro- gresso di tempo propagale per tutto il mondo. Delle gerosolimitane trat- tai in fine dell'articolo Gerosolimi- tano : il p. Bonanni nel Catalogo degli ordini religiosi par. 2, p. 61, 62, 63, 76, 77, discorre delle don- ne che servono gl'infermi, risalendo a s. Fabiola romana, di quelle che servivano nell'ospedale di Gerusa- 20

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lemme, dell' ospitatane di Francia eanonichesse, come di quelle che descrissi nel voi. VII, pag. a 36, di quelle di s. Spirito di cui par- lai a Ospedale di s. Spirito (Fe- di), delle donne che servono in quello di Livorno ; e delle gero- solimitane e di Francia ne tiene anche proposito nella par. 4, p- *23 e 124. Le monache salesiane o della Visitazione presero questo nome dal- le visite che facevano alle inferme, onde sono tenute ad ammettere tra loro le inferme o malsane. A Mis- sione congregazione dissi delle isti- tuzioni di s. Vincenzo de Paoli , delle religiose e sorelle della carità per vantaggio degli afflitti da infer- mità. A Carit.O si parla di esso e di altri simili pietosi istituti, come di quello di s. Vincenzo de Paoli da cui derivarono le oblate ospe- daliere della misericordia, le cui re- gole Leone XII approvò con moto- proprio del 3 gennaio 1826 in Ro- ma, stabilite già neh" Ospedale del ss. Salvatore (Pedi), nell'Ospedali di s. Giacomo (Fedi) con novizia- to neh5 Ospedale di s. Maria e s. Gallicano (Fedi) ove esercitano di- versi edificanti uffizi e la bassa chi- rurgia, avendone eziandio approvato l'istituto Gregorio XVI con breve del 29 settembre 1 83 1 : i loro voti di po- vertà, castità, obbedienza e ospitalità si rinnovano ogni anno, quando alle suore piaccia di rimanere nell'istitu- to, finché giunte ai anni possono farli perpetui. La carità e l'intelli- genza con che queste benemerite donne adempiono alle loro incum- benze, lontane da quanto olfre il mondo di bello e lusinghiero, e tut- te consagrate al bene della languen- te umanità, ispira per esse alta ve- nerazione, e fa nascere il desiderio ehe istituzione utile e santa si

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dilati e accresca, per le povere in- ferme. Vedasi il Costanzi, I/osser- valore di Roma 1. 1, p. 70 e 71, e sappi, p. 42. Abbiamo l'opuscolo: Costituzioni e regole per li conser- vatorii delle zitelle degli ospedali, Roma 1751. Fra le ospitalarie che fanno voti solenni, nomineremo so- lo quelle dell' IIotel-Dieu fondate a la Fleche nella diocesi d' Angers nel 1628, e mandate nel Canada nel i65g, indi approvate da Ales- sandro VII nel 1666; a Montreal curano annualmente 2000 poveri infermi. Ivi è l'altra comunità re- ligiosa , ma con voti semplici, fon- data nel 1 753 da Maria Marghe- rita Dufrost per la cura de' vecchi e infermi.

OSPEDALIERI, SPEDALIERI o OSPITALIERI, Hospitalarii. La lo- ro origine si vuole derivata dall'o- spitalità e dall' Ospizio (Fedi), si- no dalla più rimota antichità, me- glio propagata nel cristianesimo, e sistematicamente esercitata dagli Or- dini militari (Fedi), ospitala ri ed e- questri, e insieme religiosi, che si re- sero eminentemente benemeriti della società, al modo narrato ai loro arti- coli; perciò senza nominare tutti gli ordini che si dedicarono alla visita, cura e assistenza degli infermi, solo citeremo, tra' canonici regolari, i Ca- nonici regolari di s. Antonio, i Ca- nonici regolari di s. Spirito, de'qua- li è pure a vedersi Ospedale di s. Spirito j tra'cavalieri quelli dell'or- dine Gerosolimitano, de' Templari, di s. Lazzaro ; tra' religiosi, i Cro- ciferi ( il cui istituto di servire gli infermi negli ospedali lo conferma anche V Acqnacotta nelle Meni, di Matetica p. 118, enumerando gli ospedali che ne' secoli XII e XIII governavano nella Marca), gli Ales- siani, i Ben/rateili, i Ministri degli

OSP infermi, e la congregazione di s. lp- polito. Abbiamo da Carlo Solfi: Il ministro degl'infermi con l'aggiunta della benedizione pontifìcia, Vene- zia. Liguori, Il sacerdote provvedu- to per l'assistenza de' moribondi, Bas- tano 1 838. Diclich, Rituale per l'as- sistenza de' moribondi, Foligno 1840. V. Missionario, Morte.

OSPIZIO (s.). Rinchiusosi in un casolare entro una torre abbando- nata presso Villafranca in Proven- za, visse colà a somiglianza degli anacoreti di Egitto. Iddio lo favori del dono dei miracoli e di quello della profezia. Predisse i guasti che i longobardi dovevano fare nelle Gallie. Questi barbari giunti fino alla sua torre, vedendo la catena che gli stringeva il corpo, lo pre- sero per un malfattore. Uno di essi alzò il braccio per iscaricargli un fendente sulla testa ; ma una mano invisibile trattenne il colpo, anzi gli s' intorpidì talmente il braccio, che non potè più muoverlo. Il santo col segno della croce gliene restituì l'uso, ed egli rinunziò al mondo e servi Dio tino alla morte presso il suo liberatore. Allorché Ospizio sen- tì avvicinarsi l' ultima sua ora, si fece togliere le sue catene, ed orò lungamente ; poi coricatosi sopra un tavolato, placidamente spirò ai il di maggio 68 1. Austadio ve- scovo di Nizza seppellì il suo cor- po. Un miracolo operato a Lerins colla polvere della sua tomba, lo fece porre uel numero dei patroni di quell'isola. Le sue reliquie sono nella cattedrale di Nizza, ove si ce- lebra la sua festa ai i5 di ottobre; ma nel martirologio romano è no- minato ai 21 di maggio.

OSPIZIO, Hospitium. Luogo do- ve per cortesia si alloggiano il fo- rastiero e l'amico, e per pio isti-

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tnto gl'infermi e i pellegrini, onde talvolta si chiamarono ospizi gli O- spedali {Vedi). Alcuni benefici isti- tuii portano il nome di ospizi, e si anche ai piccoli conventi e mo- nasteri di religiosi ove dimora al- cun superiore, e per qualche tem- po i religiosi forestieri. Ospizio si usò anche per ospitalità. Questa si- no dai più limoli tempi fu pratica- ta dagli ebrei, e la Scrittura spesso la raccomanda, e per essere stata trascurata cagionò la distruzione di Beniamino e la morte di Nabal. L' ospitalità fu anche esercitata da- gli egiziani, dai greci, dai gentili, dai romani e da altre nazioni, e fu molto in uso la Lavanda de' piedi {fedi) agli ospiti : questa virtù uni- versalmente celebrata, però fu men facile ad esercitarsi nel primiero sta- to degli antichi popoli, perchè men frequenti n'erano allora le occasio- ni, e poca noia recava l'accogliere in casa uno straniero anche per qualche giorno. Le più colte nazio- ni tennero l'ospitalità per sacra, ven- ne posta sotto la tutela speciale de- gli Dei, e furono condannati all'am- menda coloro ch'erano convinti di aver mancato all'ospitalità, che ero- gavasi per Giove ospitale, da quel- li che l' idolatravano. Roma fu grande e generosa per gli ospiti, che la maggior parte delle case avea luogo apposito per gli ospiti, e per- sino ne'teatri vi avea un luogo di* stinto all'uopo. Anticamente gli al- berghi erano sconosciuti, ma i viag- giatori erano sicuri di trovare rico- vero, ospizio e amichevole accoglien- za in qualunque luogo ov'erano uo- mini; però i romani sotto l'impero già avevano alloggiamenti chiamati Dwersoria, che si propagarono poi in Italia ed altrove. Si ricevevano gli ospiti con onore, e la durata

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del loro soggiorno era un tempo di gioia e un' occasione di festa, e non si lasciavano partire senza far loro regali; nel ricevere gli ospiti si costumavano riti e cerimoniali, come il mangiare insieme del pane e del sale offerto in principio della mensa, e quindi nascevano mutui vincoli di amicizia, la cui violazione era altamente condannata dalla pub- blica opinione e spesso dalle leggi. Si soleva segarsi in due parti un bastoncello d'avorio, delle quali par- ti ciascuno de'due ospiti una ne con- servava, e questa era quella che no- minavasi tessera hospitalis, segnale o indizio dell'ospitalità, i cui vin- coli e diritti erano ereditari nelle famiglie. Coli' ingrandirsi le nazioni andò scemando l'amore alla priva- ta ospitalità, e vi fu sostituita la pubblica, innalzandosi nelle città a ricovero degli stranieri magnifici edi- lizi, monumenti piuttosto di vanità che di henefieenza. Ma questa ospi- tale virtù anco allorquando era nel massimo onore, non ebbe mai per sublime iscopo di soccorrere il po- sero, l'infermo, l'orfano, e nulla sen- tiva di quella verace carità che i gentili mai non conobbero, e che fu comandata ai suoi seguaci da Gè- sii Cristo, la carità pel prossimo, che derivante dall'amore verso Dio, è il germe d' ogni virtù cristiana. Dai tempi apostolici, e con differen- ti vocaboli si trovano eretti ospizi dai primi cristiani, prima in orien- te e poco dopo in occidente; ed i vescovi munivano i fedeli viandan-

OSP ti colle lettere Formale, ond' essere ospitati ne'Iuoghi, alloggiati con Ci- ri tà e riconosciuti per fratelli ed amici. Somiglianti ricoveri vennero aperti dallo zelo de' vescovi presso le cattedrali, e per ogni dove si diffu- sero. Ne'bassi tempi il numero degli o- spizi si accrebbe sommamente, mas- sime ove non trovavansi ospizi ca- ritatevoli di pellegrini, monasteri o altre fondazioni religiose, ne'quali l'ospitalità esercita vasi, e in molti tuttora esercitasi. In Roma ben pre- sto vi ebbero ospizi quasi tutte le nazioni, e molte ve l'hanno ancora, oltre diversi pii stabilimenti chia- mati Ospizi di Roma {Fedi). De- gli ospizi de'tempi di mezzo, il Mu- ratori ne tratta nella dissert. 3j. Col volger del tempo sorsero ezian- dio ordini religiosi, ospitalieri e ca- vallereschi, specialmente dedicati al- l'esercizio della pietà verso i pros- simi; i quali aprirono nuovi asili e ricoveri al malato, all'orfano, al- l'impotente, al mendico, al vian- dante; tanto nelle ciltàj che in mezzo ai campi, nelle gole de'mon- ti e sulle sponde de'fiurai. Ad Ospe- dale di s. Spirito, parlando della sua pia casa degli esposti, accen- nai i primi ospizi eretti per gli or- fani e per gli esposti o trovatelli. Vedasi Nicola Ratti: Delle opere di pubblica beneficenza de' cristi a~ ni de' primi tre secoli, nel toni. Ili degli Atti d' archeologia. Presso le Moschee de' maomettani vi sono ospizi pei poveri ed ospedali per gli ammalati e pazzi.

FISE DEL VOLUME QL'ADRIGESrMOJN'ONO.

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SMCR

fioroni , Gaetano,

1802-1883. Dizionario di erudizione

storico-ecclesiastica AFK-9455 (awsk)