DIZIONARIO

DI ERUDIZIONE

STORICO-ECCLESIASTICA

DA S. PIETRO SINO AI NOSTRI GIORNI

SPECIALMENTE INTORNO

Al PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA PATRIARCALI, ARCIVESCOVILI E VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII, ALLE FESTE PIÙ SOLENNI, AI RITI, ALLE CERIMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI, CARDINALIZIE E PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. ^C.

COMPILAZIONE

DEL CAVALIERE GAETANO MORONI ROMANO

SECONDO AIUTANTE DI CAMERA

DI SUA SANTITÀ PIO IX.

VCL. LVIL

Iwsema^, Pop/

IN VENEZIA

DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA MDCCCLII.

DIZIONARIO

DI ERUDIZIONE

STORICO -ECCLESIASTICA

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LEFERENDARI di Segn atuba, He- ferendariis signaturae, Vtriusqut signa- luvae Refeieiidariis. Prelati officiali del- la santa Sede, ai quali spetta di riferire le cause e le liti nel tribunale supremo della Segnatura di giustizia (/'•), ed in quello della Segnatura di grazia (^.), quando esisteva, la quale si adunava in presenza del Papa, ed ecco perchè si chia- mano ancora Referendari dell'una e del- l'altra segnatura. Nelle Notizie di Roma annuali sono riportati questi monsignori prelati referendari, secondo V epoca del giuramento prestato nella medesima se- gnatura, di che tenni proposito a Pbela- To; ed in quelle deli 852 incominciando dali.° mg/ Lodovico Conventati cheto prestò ai5 novembrei8i5, se ne con- tano io5i, de'quali prelati 67 apparten- gono al pontificalo di Gregorio XVI, 19 all'odierno. Il loro numero non è stabi- lito ; come sono ammessi , con qualche diffusione trattai al citato articolo Pbe- LATo.ove pur dissi quando cambiano l'a- bito prelatìzio da nero in paonazzo. I f'o- tanti di segnatura {F.) sono pure refe-

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rendari, ed hanno voto deliberativo nel tribunale : i referendari propriamente detti sono semplici proponenti, cioè rela- tori. Dell'antichissimo uffizio del referen dario delle suppliche de'principi, parlai nel voi. XLI V, p. 1 8 1 e 1 82. li cardinal Bentivoglio nelle Memorie, lib. i,cap.8, dice de'referendari : « Egli è questo su- periore nel numero, non avendo limita- zione alcuna; e si poti'ebbe eziandio chia- mare superiore di qualità, perchè in esso ordinariamente suole entrare la gioven- tù più nobile e più fiorita d'Italia, per in- trodursi in quel modo nel servizio della corte, e passar in tal guisa da un impie- go all'altro, o sia dentro o fuori di Ro- ma. Così pigliando da quel principio di mezzani progressi, il salire poi di mano in mano all'avanzamento di altre fortu- ne maggiori ". Piazza , Eusevologio ro- mano p. 273, del Collegio de'referenda- ri della segnatura, osserva con l'erudito Fatinelli che l'uso di porgerei Memoriali [f.) ai principi e sovrani fu sempre co- mune appresso tutte le nazioni; il colle- gio però delle persone destinate ad iscan-

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clagliniTi e riferirli, col tìtolo di referen- dari,sì riconosce fino dal tempo dell'im- peratore Eraclio del 610, che ne formò un corpo dii2, accresciuto poi e dimì- nuito secondo le mutazioni de'ten)pi,dal senatororaano,dagrimperaturiedai Pa- pi. Di questo numero e onore fu presso Caracalla imperatore il famoso giurecon- sulto Papiniano; presso l'imperatore A- lessandro Severo il celebre giureconsul- to Ulpiano; presso Giustiniano I,con no- me di referendario del sagro palazzo, Teo- doro gran dottore di legge; appresso s. Gregorio I, con vocabolo di consigliere (del quale uffizio primario parlai a Pre- sbiterio), come prima di luì presso i ss. Pontefici Zosimo, Ilario e Gelasio I, furo- no in questo sagro ministero Pietro Dia- cono, Emiliano, Paterio e Giovanni di- fensore ; dicesì sagro perchè s. Gregorio 1 avendo rimossi dal suo servìzio dome- stico lutti i secolari, scelse per suoi con- siglieri e famigliari chierici prudenti, ac- ciocché governassero anche il Patrimo- nio della s. Scde{y.), come notai a Fa- miglia PONTIFICIA e in altri articoli. Tra i romani furono anche detti referendari i notari, i ricevitori degli alti pubblici, cu- stodi degli archivii o scrinati, gl'incari- caX'ì alla spedizione degli atti o deiruffi- zio di riferire le cause. Nel V secolo era- no collocati per grado dopo i personag- gi ch'erano qualificati d'illustri. Ve n'e- rano molti, ed esponevano agl'impera- tori le domande de'privati, e i dubbi in- corti ne'giudici. L'ufìiziodi referendario, dicono Macri e Piazza, {u di tanto ono- re preno i patriarchi di Costantinopoli nt'l tempo di Giuttiniaiio I, che oltre al riferire all'imperatore tutti gli allari dei VMcovi orientali per riportarne la solle- cila spedizione de'rciciitli imperiali, a- veaoo ollresì il privilegio di spogliare l'iDiperatorc del montod'oro ormitudel- le aquile auguste, come nel giorno della Mia Solenne coronazione : al patriarca i referendari prestavano egualmente dei •effigi e oc riportavano le uinbasciulc

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più segrete, come quelli che soprinten- devano alle risposte. Furono chiamati i referendari apostolici, al dire di Piazza, spettabili ed eguali ai consoli ed ai pre- fetti delle Provincie, come li nominò Giu- stiniano I ; non che appellati custodi e maestri de'sagri libelli, operari beneme- riti e indefessi della repubblica cristiana e della s. Sede. Da Cassiodoro, in Far' mul. lib. j de Rtfer. (uvono celebrati qua- li canali delle preghiere, delle lagrime e de'sospiri de'suddili e de'miseri; ed al- tresì fedeli interpreti delle graziose in- dulgenze del principe, mallevadori delle pubbliche querele e solleciti amministra- tori di grazie de'consultori della giusti- zia. Aggiunge Piazza che l'ofTizio de're- ferendari nella curia romana è di rice- vere le suppliche, chiamate Coniinissio- ni, e introdurre le loro cause al princi- pe, quindi riferire ai ricorrenti i rescritti legittimijeperciò chiamasi la Segnatura udienza o concistoro del principe: impe- rocché fu di tal confidenza quest'ofhzio presso i re di Francia, che al riferire di Sigeberto in Chron., il solo referendario avea la custodia del sigillo regio, con cui si segnavano i diplomi. In Francia sotto la I.* dinastia i referendari furono mag- giormente onorati che in Oriente e in I- talia. Il gran referendario o il capo di tutti gli altri avea la cura dell' anello o sigillo reale. Egli riferiva al sovrano il contenuto de'diplomi, li presentava alla sua segnatura, li sottoscriveva egli stesso e .tuggcllava. Gli altri referendari infe- riori o sostituti .scrivevano gli atti. La ca- rica di gran referendario sotto la 3.' di- nastia fu unita a (juella del gran cancel- liere, insieme all'altra di conte del pa- lazzo. In appresso si stabilirono de'refe- rendari nelle piccole cancellerie, afiinchè vi esercitassero le stesse funzioni che i re- latori delle RU|)[)liclie o niaìlres des re- yu/'Vr.v esercitavano nello grandi. liradun- que l'oflicio di relercndario aiiclie nelle corti .secolari , Hequisilusque Olito </ui lune liefcrendarius J'ucral, cuj'its ibi sub-

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scriptìo mediata tenehatnr, adfuit, negat se siibscripsisse, come si legge in s. Gre- gorio di Tourslib. IO, c.ig. Tra le mol- te ceremonie, colle quali sicreavano i re- ferendari , la principale era di ricevere l'cinello d' oro dalle mani del principe ; onde si apprende dalla vita di s. Bonito vescovo cancelliere di Sigeberto III re di Austrasianel secolo VII: Nec multo post, amilo ex marni regìs accepto , refercn- darii officium adepUis est. Galletti, Del vestarario di s. romana chiesa p. 85, in un documento delySijdice che lo scris- se Andvealis referendarii. Muratori, Dis' sert. 4> Degli uffìzi della corte, osserva che non è ben chiaro qual fosse l'ufìizio di referendario nel palazzo de're longobar- di. Abbiamo nella cronaca Farfense un diploma di re Astolfo scritto nel 'j5&, ex dieta Domni regìs per Theoperlum illius Referendariiim j cioè non si conosce se costui fosse segretario de memoriali o^- pure cancelliere e notaro regio, a cui ap- partenesse Io scrivere i diplomi e privi- le"!

Gli odierni referendari apostolici, se- condo Macri, furono introdotti da Ales- sandro VI dell 492) e arricchiti di molti privilegi: sarà meglio il ritenere che ne ab- bia aumentato il numero e stabilito l'uf* ilzio ; dappoiché sebbene propriamente l'origine della segnatura è ignota, com'è ignoto il numero de' primi referendari, nondimeno Innocenzo Vili colla bolla Offìcii nostri debitum, de' 25 gennaio 1491,^"//. Rom.i. 3, par. 3,p. 228, au- torizzò alcuni referendari a giudicare le cause, che rimesse alla sua apostolica po- testà doveansi da lui stesso decidere. Ben- sì Alessandro VI fu il i ." che divise la Se- gnatura in quella di Graz/a e in quella di Giustizia. Riporterò per prova, come leggo neirOrtiz, Descriz. del viaggio di Adriano VI deli 52 2, p. 78, che quel Papa nel riformare la curia romana re- strinse il numero de'referendari, che al- lora erano 3o ; determinazione che au- meulò coulro di lui il mule umore, non

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ostante che molti approvassero la sop- pressione, poiché tanta moltitudine di referendari sembrava smisurata, molto dispendiosa e conseguentemente troppo gravosa alla camera apostolica. Tanto a difesa del severo Pontefice scrisse l'Ortiz amorevole suo panegirista; ma il suo tra- duttore e annotatore De Lagna vi ag- giunse questa grave nota: »Alle persone bene intenzionate e pratiche della curia romana, e che dell'ottimo regolamento di questi tribunali e de' soggetti che li devonocomporre hanno quella idea ch'e- sige la virtù e la giustizia, non potè fare a meno di non esser molto grata e mol- to da esso loro applaudita questa deter- minazione d'Adriano VI, cioè di restrin- gere il numero de' referendari". Leggo in Novaes, Storia di Adriano fi, che ridusse a otto i referendari. Più di un secolo dopo scrisse le sue opere il dottis- simo cardinal de Luca. Veggasi com'e- gli parla rapporto alla dignità de' refe- rendari antichi e moderni, all'uso di que- sta stessa dignità e al suo emolumento, lib. XV de Judiciis par. 2, de Relat. Ro- manae Curiaeforens. d\sc.\x\,o. 2,3,4- » Minusque habebatur (olim) usussim- pliciuin referendariorura in tam copioso et eiiraenato numero praelatorum ctijus- cumque generis personarum, ut de prae- senti , forte sub alicujiis reformationis necessitate habetur, adeo ut status prae- lulitius quodammodo vilescere incipiat, et cum ea contradistinctione inter prae- latos votantes, et alios qui ad dilferen- tiamdicuntursimplicesreferendarii,quo- uiam aderant solum illi, qui gerebant eas partes, quas hodie gerunt votantes in quodam praefinilo nimiumque modera- to numero, qui ncque ad hodiernum so- lurum votanlium ascendebat; atque bine sequebatur, quod in magna erat existi- niatione , magnisque potiebantur prae- eminentiis et praerogativis etiam supra prulhonotarios, ac rotae auditores,elca- nierae clericos; et merito quidem, cum csscut Papae coUalerales, ac immediati

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consiliarii. Item antiqui scriplores prae- supponunt , quod hoc munus notabìlia piaeseferret eraoluraenla licita et publi- ca, ultra alia considerabilia,quae produ- cebant munera, quae utpote in escuien- tis et poculentis consistentia, licita repu- tabantur, et tamen hodie istud muuus votaotisutiiusquesignaluraenullum pe- nitus producil emolumentum, minusque forte existinaatione considerabilena, nisi circa aliquod tale quale litigantium in- ferìoris classis obsequium, prò aliqua be- nevolentia captanda, adeo ut reputetur inpraelatisinfortunium ad istud munus pervenire. Talis est rerum mundi vicissi- tudoactemporum immutatio". Rappor- to alla maniei-a con cui vengono creati i referendari, come anche rapporto a mol- ti altri privilegi e doveri veggasi il citato discorso.Col pontificato diPaolo 1 1 1 spun- tarono giorni sereni e lieti pei referendari delle due segnature della s. Sede; questo Papa colla bolla Debita consideratione, de'3o luglio 1 540, Bull. Rom. l. 4, par. P''74» '• ricolmò di elogi, di privilegi e di grazie, chiamandoli i più stretti e confidenti ministri del principato, eguali e come nati dal chiaro sangue de' prin- cipi e de'baroni. Pertanto come Leone X e Clemente VII li dichiarò prelati, fa- migliari e continui commensali del Pa- pa, per cui riceverono dal palazzo apo- stolico la parte di pane e vino, della quale parlai nel vol.L, p. ?.o5, tolta la quale non ebbero per essa alcun compenso; noturi dellasedeapostolica, conti palatini e nobi- li. Concesse il proprio stemma dei Farne- si ad essi e loro discendenti, se avessero voluto inquartarlo nei loro, qual segno d'onore. Die loro la facoltà di creare no- lari e conferire lauree dottorali, ed a ta- le cfletto nella bolla prescrisse la forma del giuramento da prestarsi ; di Icgitti-' mare gli spurii o bastardi, di addottora- re cliam in utroqur /nre. L'uso de'pon- lifiadi, della mitra, anello, bacolo pasto- rale, e di dare le solenni benedizioni nel- le abbttie che uvcticru in commenda.

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La spedizione gratis delle bolle, l'esen- zione dalla gabella del vino ne porti di Ripa e Ripetta, e dalle decime, lasse e altri tributi laicali. L'esenzione di essi e loro famigliari dalla giurisdizione degli ordinari, in uno ai loro benefizi, preben- de, beni, cappellani, famigliari e servi, tanto dalla visita, quanto dalla correzio- ne,superiorità e dominio per tutto il cor- so di loro vita. solamente dalla giu- risdizione che si compete agli arcivesco- vi, vescovi e altri prelati, ma ancora daU la temporale de'presidi, de' governatori e di qualunque superiore per dignità ec- clesiastica e temporale eminente, anzi de- gli stessi delegati e suddelegati della s. Sede, per avere Paolo 111 ricevuti perse e successori i referendari d'allora ed i fu- turi sotto l'ombra autorevole di s. Pie- tro, acciò non conoscessero altra supe- riorità e subordinazione che quella del tribunale pontificio, avanti il quale sol- tanto doveano essere convenuti. Venne perciò interdetto a'nominati d'introdur- si nelle cause spettanti a'refereiulari, di promulgar sentenze, e di avanzarsi alla comminazione delle pene e delle censu- re, e molto meno ad elfeltuarle per qua- lunque delitto si stipuli il contratto ed e- sista la cosa, purché l'eccesso non vada a ferire la maestà del Papa e di s. Chiesa. Questa proibizione si estese anche sopra i proventi loro, che soggiacere non do- vessero a'pubblici dazi, collette e pedag- gi, quando non vengano imposti colla su* prema autorità della s. Scile. Chiunque ardirà di fabbricar procossi contro (|uesti prelati incorrerà nella pena di ntdiilà cdi attentato, il tutto a maggior decoro del- l'abito, dignità, lustro e prerogative dei prelati della sede apostolica. Li abilitò a conseguire le grazie espetlativee la plu- ralità de'bencfìzi, i (piali colle prebende potessero conseguire in estranei paesi, co- me fossero tia/ioiiali, potendo percepire i frutti de'bcnefizi ancorché assenti a ca- gione di kludi, polendo farsi rappresen- tare du altri ne'beiielizi personali e cu-

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rall ; come pure di poter conferire bene- fìzi ecclesiastici. Die loro l'indulto di e- leggersi un confessore approvato, cui il Papa conferisce h. facoltà di assolveredai casi riservati alla s. Sede, a riserva di 5; di liberarli dal laccio delie censure cano» niche, se vi fossero incorsi, e di commu- tar loro i voti in altre opere pie. L'in- dulto dell'altare portatile anche ne'luo- ghi soggetti all' interdetto, purché non ne sieno stati gli autori o cooperatori, da poterlo alzare in qualunque luogo ben- ché non sagro, ma conveniente; comedi poter celebrareavanti l'aurora, ed ezian- dio di far celebrare alla loro presenza. Accordò loro l'indulgenza delle stazioni di Roma, da potersi lucrare in due o tre altari di chiese a loro scelta. L'uso delle carni ne'tempi vietati, previo il consiglio del medico. Di poter posticipare le ore canoniche. Di disporrede'beni acquistati, mobili e immobili. Di rassegnare e per- mutare i benefìzi. Dichiarò che rofticio del referendaria to durava per tutta la vi- ta. Questo è il sunto sostanziale de'pri- vilegt concessi ai referendari della s. Se- de dalla larga mano e munificenza di Pao- lo III, anche secondo Marchesi Buonac- corsi, Del protonotariato, p. Sa, 43 e seg. Queste e altre prerogative furono dimi- nuite da nitri Papi; laonde meglio é con- sultore la bell'opera di Vitali, De fare signaturae justiliae.

Pio IV colla bolla Cam nuper,de'3i giiignoi562, Bull. Eorn. t. 4i par. 2, p. i36, sottoscritta dai cardinali, riformò i referendari sul modo di riferire e giudi- care le cause, meglio dichiarando le ma- terie della segnatura di giustizia e della .segnatura di grazia, ordinandone l'osser- vanza a tutti i giudici della romana Cu- ria (P^.); insieme alla declaratoria su tale riforma, circa prorogationes fatalium, che segnò qual moto proprio co\ placet. Il p. Tempesti nella Storia di Sisto V^ t. I , p. 264, riporta le provvidenze di quel Papa sul collegio de'referendari dell'una e dell'altra segnatura, quali pur si leg-

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gono in NoTaes, Storia di Si^to V, n. 46. Riferisce pertanto Tempesti che prima di Paolo ìli erano di numero incerto i referendari, l'officio de'quali è di riferire nelle segnature di giustizia e di grazia le accuse avanti al Papa, o ad un cardinale prefetto che presieda in luogo di lui. E- rano cresciuti a tal numero che sopra- vanzavano le cariche, che si potevano dal Papa distribuire. Con tutto ciò sarebbe stato di poco danno il numero eccessivo, se fossero stati eletti i soli meritevoli; ma perchè dalla troppa indulgenza de'tempi passati si faceva nell'elezione d'ogni erba fascio, quindi mescolati ì buoni cogl'igno- ranti ed i malvagi, ne derivavano tali di- sordini, che Sisto V volendo rimediarvi, convocò il concistoro e tutto amareggiato disse a'cardinali: Echefacciam noi? Voi ben vedete che si adoperano tutte le di- ligenze contro i facinorosi, e poi tenghia- mo i nemici domestici dentro la nostra stessa dominante, vestiti da prelati e da referendari : certamente siamo risoluti di volervi rimediare. Approvato dai cardi- nali il giusto rammarico del Papa, que- sto pubblicò la bolla Quemadnioduni , de'22 settembre i586, Bull. Roni. t. par.4i p- 24i,per la riforma, riducendo il collegio de'referendari al solo limitato numero di 1 00; e dichiarò che 70 fossero referendari dell'una e dell'altra segnatu- ra, di giustizia e di grazia, e che il rima- nente fosse di soprannumeri, per essere poi surrogati nelle risulte al detto nume- ro di 70, col riguardo all'anzianità e al merito loro, da considerarsi dal Papa. Li nominò perpetui famigliari e commen- sali del Papa, li dichiarò esenti dalla giu- risdizione degli ordinari e immediata- mente soggetti alla s. Sede, die loro il di- ritto d'innestare ne'propri stemmi gen- tilizi quello del Papa, eli autorizzò a tras- ferire le pensioni,come riporta anche Vi- tati a p. 28. Volle ancora Sisto V che d'in- di in poi si dovesse formar processo non meno della nascita, che delle qualità per- sonali e de' costumi di ciascuno, il quale

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dovesse essere annoverato, e che appar- tenesse ni cardinal prefetto delia segna- tura dare rinfornaazione al Papa, per con- ferir poi loro l'abito prelatizio. Dispose che nella segnatura di grazia non potran- no entrare se non dopo aver passati tre anui nella segnatura di giustizia. A quel- la assisteranno i8 referendari, cioè 12 i più antichi, come giudici, cioè i Volan- ti di segnatura, e ti per riferire le sup- pliche. Inoltre Sisto V confermò ai re- ferendari i privilegi di Paolo IH , chia- mandoli costituiti in dignità ecclesiasti- che, a forma della costituzione di Boni- fìcio WììyStatulum ad eosdeni referen- darios, de Rescripl. in sexto. Riepilogò diversi privilegi, e fra quelli che vi ag- giunse noterò l' indulgenza plenaria in arliculo morii s.O\\.VQ a ciòSisto V colla bulla /],rt«f^rt6/Z/.v, dichiarò referendari i Protonolariapostolici partecipami ( V.), concedendo loro i privilegi,leesenzioniele prerogative de' referendari, per cui le ri- porta ancora il citato Marchesi Buonac- corsi. Del protonolariato[>. 32,43 e seg., con opportune osservazioni, dicendo che delle prerogative e illustre rango de're- ferendari trattò con profonda erudizione mg.' Antonio Altoviti nel suo voto inse- rito tra le decisioni rotali di Rembold , Di'cis. Rolae Rembold volani rni^p.^ZÒ el scq. diversoriini : Discursus in causa roin. praecedentiacyffuo refcrvndariis si' ffiiaturae praecedcnliani dvbe.ri a genera- libus regulariuni probalur, Bomae 1 676. Deve notarsi che i protonolai i apostolici, tanto partecipanti che soprannumeri, co- me referendari fanno il giuramento nel- le mani del cardinal prefetto di segnatu- ra. Alessandro VII colla bolla Inter cae- /rr/2.r, degli I 1 giugno iO')<), Bull. Roni. t, 6, par. 5, p. 1 1, eresse in collegio i refe- rendari delle due legnature, rappresen- tato dai 12 prelati votanti cdull'anziano tiecaiio, i quali doTCvono essere prencelti diilcelode'rererendari;c preteriste liMpiii- Ittii per cstcrvi ammessi ircfeieiMJ.ui, dal cuidinal prefetto, decano e volanti del

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tribunale, con quel regolamento e meto- do che riportai al citato articolo Prela- to. Nella Relazione della corte di Roma, ivi stampata nel 1774» colle note del Zac- caria, questi avverte che i privilegi de're- ferendari furono rivocatio modificati da altri Papi, e che Innocenzo Xll colla co- stituzione Inter gravissimas , rimise al- l'arbitrio de'successori l'elezione de' vo- tanti, mentre per Tinnanzi nella vacanza subentrava li referendario più antico. Ma siccome amalgama i votanti coi referen- dari, senza le debite distinzioni, meglio è ommetterlo.il Tosichenel 1800 ristam- pò tale opera, ma col titolo: Del sommo Pontefice e della corte Romana, t. 2, cap. 36, riprodusse il Lunadoro colle note di Zaccaria, colla stessa oscurità e non senza errori, solo aggiunge: Tulli que'perso- naggi che sono ammessi nella prelatura di questa corte, comprovata avendo la nobiltà de'Ioro natali e la probità de'lo- ro costumi, dichiarali vengono referen- dari apostolici. Ma questo non basta, e tuttociò che si richiede lo notai a Pre- lato, ripeterò ancora una volta, insieme al loro abito, avendo detto del cappello de' referendari nel voi. IX, p. ifjy.

I referendari hanno luogo nelle caval- cate pel possesso del Papa, vestiti al mo- do descritto a Prelato, in uno ai fini- menti e gualdra[)pe che usano ne'ca val- li. Nelle relazioni de'A)5.5fò,s/ raccolte da Cancellieri, nelle più auliche sono amal- gamati fra i Praelalorum et Cnrialium. Lai." volta che de' referendari si fece di- stinta menzione fu nel possesso di Grego- rio XIV ilei I 590, dopo i protonotari, e ■v'intervennero in grosso numero. La 2.' in (picllo d'Innocenzo X neli()44) dopo i protonotari, nonnulli referendarii sinc rocchellis , mantclleUts tamen induti, et pileisscmiponti/ìcatibus, seguiti da'ca vai leggieri. In <pieIlo di Alessandro VII del iti')'), egualmente dopo i prolonutnri, f< rcfi'icndarinrum ordo palUolis, pilcolis' fjiKnein iponti/ìriis in^igniliis sr. conjiinxc- fdt. Nel possesso di Clemente \ del 1G70

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cavalcarono dopo i vescovi nonassislenli al soglio, ac referendarii ina/UelleUis^et rocchelih amidi equità nlcs cumpìuileris (le panno m'gro, habentes in capite hireta, tt pileos seniìponlificales: seguivano i ca- valieggieii. Nel 1676 pel possesso d'Inno- cenzo XI, i prelati referendari incedeva- no appresso i prolonolari, con rocchetto, manlelletla e cuppell()ni,sopra mule guar- nite con valdrappe alla pontificale , ve- nendo dopo un'altra lettiga del Papa. Si- milmente nel 1691 per Innocenzo XII in grandissimo numero con cappelli semi- pontificali in testa, indi la lettiga ed i ca- valleggieri. Nel 1701 per Clemente XI appresso i vescovi non assistenti, il com- missario della camera , i referendari in grandissimo numero con cappelli semi- puntificali, sopra mule con valdrappe ne- re : altrettanto, meno il commissario, si lia de'possessi d'Innocenzo XllI, di Cle- mente XIII vestiti diroccliottoe mantel- letta e cappello semiponlillcale , di Cle- mente XIV dopo i soliti vescovi non as- sistenti , seguiti dalla carrozza pontifìcia vuota e dai cavalleggieri;cos"iper Pio VI die fu l'ultimo a cavalcare. Pio VII pre- se possesso andando in carrozza, il simile facendo i successori; nondimeno vi fu ca- valcata,ed i referendari cavalcarono do- po gli abbreviatori , seguiti dall' uditore del camerlengato e commissario della ca- mera. Nel 1846 pel possesso del regnan- te Pio IX, venivano per ultimo e dopo gli abbreviatori, 7 referendari di segnatura in rocchetto e mantelletta, con cappelli semipontifìcali, guanti a maglia paonaz- zi e bardatura del cavallo nera^seguiva- no leguardie nobili. Quandoaveanoluo* go le 4 a"»ue cavalcate per le cappelle, siinihneute vi aveano luogo i referenda- ri di segnatura, dopo i semplici vescovi, vestiti di rocchetto, mantelletta e cappel- lo semipontificale, indi la carrozza ponti- ficia senza il Papa che precedeva a cavallo. I referendari di segnaliu'anon hanno po- sto in Cappella pontificia (f^-)j se v'in- tcrveDgoQu,rtìslaao iu piedi a cornu epi'

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f/o/de.Censì8di essi in rocchetloe man- telletta sostengono le aste del baldacchi- no, sotto il quale va il Papa ne'pontifì- cali solenni ordinari e straordinari, e nel- le processioni delle candele, delle palme, del Corpus Domini, della canonizzazio- ne, dell' apertura e chiusura delle porte sante: le dette aste sono consegnate ai pre- lati dai ^/azz/e//^/^.^, i quali poidai me- desimi le riprendono. Otto giorni prima di queste processioni il prefetto de'mae- stri delle ceremonie scrive un biglietto o manda l'invito stampato al decano dei votanti di segnatura, perchè avvisi 8 re- ferendari per portare le aste del baldac- chino. Leggo nelle Indicazioni de' cere* vionieri pontificii, che per la processione del Corpus Domini del 1 684, essendosi ri- (jutati I referendari di venire a portare le aste, perchè in luogo d'Innocenzo XI fece la funzione il cardinal Cibo, suppli- rono gli uditori di rota ed i chierici di camera , onde il prefetto delle ceremo- nie fece doglianze col cardinal prefetto di segnatura. Al nominato articolo Cappel- le PONTIFICIE, notai i tratti di via in cui nelle lunghe processioni i referendari so- stengono le aste del baldacchino. Ap- prendoda Chiapponi, ^cla canonizatio- nis, p. 219: Baldacchinum supra Sari' ctissimum Palrem deferri debet ab octo antìquioribus Referendariis Signaturae Justitiae,rocchettis submantellellis inda- tis. Ila sacr. Rit. Cong. die "òojan. 1 656. Giacché deve notarsi, come feci altrove, che sebbene! referendari non abbiano an- cora ricevuto dal Papa il permessod'as- sumere il rocchetto, per sostenere le aste del baldacchino debbono vestirlo. Noterò, ^he lessi in un antico mss. che i referen- dari di segnatura di giustizia, se fatti ve- scovi, ritengono il luogo nella segnatura e il titolo; certo è, che al presente il ve- scovato fa perdere ai referendari ogni di- ritto e privilegio. Leone XI I col molo-pro- prio Qunm plurima et gravissima, de' 1 5 aprile! S26, tuttora iu vigoie, indica chia- rameulQ i diritti e privilegi che godoito

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i pretati del tribunale di segnatura. Vedasi Plellemberg, iVo^. cong. et Iribunalium : ffe Referendarii. Giacomo Giandemaria, Riflessioni sopra la costituzione di Ales- sandro V I I per t erezione del collegio dei referendari di ambedue le segnature di grazia e di giustizia, e per le qualità che si richiedono ne' soggetti d' ammettersi in quello, Parola 1 6q3. De referendarioruni votantium signaturae fustitiae collegio a SS. D. N. Innocentium XII P. M. Fa- tinelli de FatineWs Lucensis in eadem si- gnatura votanfis, Romae 1696.

REFETTORIO, Refeclorium, Tricli- nium. Luogo dovei religiosi, le monache, e quelli che vivono in comunità d'ambo 1 sessi, si riducono a mangiare, a pranzo ed a cena, a prendere la refezione corpo- rale, come dice Macri. Da questo nome derivò quello di refeclorariits, o di colui che ha cura del refettorio. Il refettorio suole essere convenientemente luminoso; ordinariamente in quadro o sulle pareti vi si rappresenta la Cena del Signore, ac- ciocché i riguardanti apprendino la di- vina modestia e sobrietà, che qui princi- palmente debbono praticare. Oltre le ta- vole , che per ogni parte sono ilisposte, vi è il pulpito, donde nel principio della mensa comunemente si legge qualche par- tedfHa sagra Scrillura,ovvero qualche vi- ta deVauti o anche alcim libro istruttivo nella pietà e nella erudizione ecclesiasti- ca, terminandosi In mensa colla lettura del martirologio romano. In questo luogo i superiori sogliono dare delle correzioni e penitenze ai loro dipendenti, per (|ual- che mancanza da loro commesna. Altri ne^rcfedoni edificarono con l'esercizio di inorlificazioni , atti di umiltà e virtuosi. NcU'usciredal rvfìittorio, la comunità pas- sa al luogo della ricreazione. Dei refeltorii ho parlato in moltissimi articoli, segnata- mente de* più l>elli. /^. Tnici.iKio, Ban- f:HRTTi, Conviti, Pranzo, Cina, Digiuno, BeNCDiciTe, Lcttura.

HEGALIA. Dirillo temporale esercì* tato dai sovrani; dominio e ({iurisduioiie

REG temporale dato alle chiese dalla munifi- cenza de'principi cristiani; diritto già pre- leso dai sovrani di godere l'entrate de' ve- sce vati vacanti ne'Ioro stati, e di disporre de'benefìzi che ne dipendevano senza cura d'anime. La parola regalia ha molti altri si- gnificati, che si possono vedere nel Glos- sario ói Du Gange al vocabolo Regalia. In ordineall'origine delle regalie'conviene di- stinguere il titolo, con cui sogliono essere giustificate, ed il tempo in cui deve asse- gnarsi il loro comincìamento. Gli scrittori aulici sono discordi fra loro.nel determina- re il titolo con cui credono potersi legitti- mare le regalie: essi volendo sostenere che questo preteso diritto fosse ingenito nel* l'autorità suprema de'principi, ne rico- nobbero il fondamentosia nel dominiodei loro sovrani sui feudi conceduti alle chie- se , sia sul diritto che ai medesimi com- pete come ai fondatori de'beneflzi eccle- siastici, sia sulle qualità di custodi, avvo- cati e difensori dei diritti e prerogative delle chiese ne' loro stati. Nel resto non mancano gravissimi autori, che trattando delle regalie, senza studio parte le ri- tengono un'usurpazione, che solo può le- gittimarsi in parte coll'autorità della Chie- sa, ed avvisarono con tutta ragione che dal riconoscere ne'principi la signoria su- prema de' feudi, il diritto di fondatori e difensori dellechiese, non risulti giammai la facoltà di usare le rendite dellechiese, oppure il diritto di conferirei benefizi ec- clesiastici nelle sedi vacanti. ^. Rrivefizi

ECCLESIASTICI, BeIVI DI CuiESA, PrECI l'RI-

MARiE, Difensori. A Rendita Ecclesiasti- c.K trattai dell' origine e del progiessodi esse, tanto del clero secolare, chede'A'cr- ligiosi e Religiose (^.). Quanto all'anti- chità dell'esercizio del diritto di regalia in Occidente, ne hiinno parlato moltissi- mi autori relativamente ai diversi paesi o ref^ni. Alcuni scrittori sostengono, che in Oriente godeva di (jiieslo diriltoriiu- periitoru Foca del fio?.. Circa olle rega- lie di sovranità temporali , a Patiumuni DELLA s. Sede nairai che essa già gode-

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rn le regalie superiori che dichiarai, per l'alto dominio che vi esercitava di sovra- nità e amministrazione delia giustizia , fino dai tempi di s. Gregorio I del Sgo ne'patrimoni di Sicilia, in parte per ces- sione degl'imperatori d'Oriente, per cui le regaliesovrane temporali furono in uso prima che si conoscessero le voci di Feii' do {V-) e di vassallo, come provò Borgia nelle sue dotte opere in difesa della so- vranità della chiesa romana. Ma di questa specie di regalie giurisdizionali di tem- porale dominio e loro diverse qualità, mi- nori, e maggiori o supreme importanti signoria temporale, con quanto vi è di re- lativo, parlerò dopo le regalie ecclesiasti- che in discorso. Le regalie ecclesiastiche principalmente divisero in spirituali e temporali. Le spirituali che chiamavansi anche onorarie , consistevano nel diritto del sovranodi conferirei benefizi duran- te la vacanza de'vescovali. Le temporali che chiamavansi anche utili, erano i di- ritti che aveano i sovrani di godere del- l' entrate del vescovato vacante. Alcuni confusero {'Investiture ecclesiastiche [f^.) colla regalia, le quali sonostatel'unaal- l'altra cagione insieme ed effetto, benché sieno assai distinte fra loro. Le investiture, intese eziandio nel senso in cui furono ac- cordate da Calisto II, diedero occasione alle regalie; giacche quelle supponevano essere slati concessi alle chiese beni feu- dali, ed importavano l'obbligo ne'vesco- vi e negli abbati di riconoscere nel sovra- no il signore principale de'Ioro feudi, ed o- gnunosache le regalie perciò appunto che da principio indicavano i beni feudali con- cessi dal principe alle chiese, dipoi in for- za degli abusi tuttora crescenti, serviro- no a significare il diritto regio di gode- re l'entrate delle chiese vacanti e di con- ferire i benefizi a piena ragione. Le inve- stiture poi sono una conseguenza del le re- galie : imperciocché i principi hanno il diritto d' investire i baroni e i conti dei feudi che concedono, ond'é che l'investi- ture furono soltanto condannale, perchè

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spesso contaminavano di simonia l'ele- zioni, e massimamente perché erano de- generate in usurpazione dell'autorità su- prema ecclesiastica. Per cui è molto ve- rosimile, che l'accordo fatto per troncare la grave differenza fra il sacerdozio el'im- pero suir investiture ecclesiastiche, con- chiuso neli 122 da Calisto 11, ed Enrico V, di cui feci anche parola a Pace par- lando della natura de' Co/iror^a//, sia la vera origine della regalia ; dappoiché si parla di regalia o diritti regi in questi atti: Eleclus autem Begalia per sceptrum ale recipiat. Questa parola regalia compren- deva i feudi che i principi aveano dato alle chiese, ed in appresso fu estesa a tul- li i beni posseduti dalle stesse chiese. Ora secondo le leggi degl'imperatori aleman- ni, era di natura de'feudi,che coloro che li possedevano diventassero vassalli de- gl'imperatori da cui gli aveano ricevuti, ed erano obbligati a dar giuramento di fedeltà. Di più dopo la morte del vassal- lo, l'injperatore godeva delle sue rendi- te, fino a tanto che il successore fosse sta- to investito de'medesiini feudi, ed avesse prestata fedeltà e omaggio. Questa legge si estese agli ecclesiastici , perchè le loro chiese godevano molti feudi; onde poi in Francia la regalia cominciava colla sede . vacante e finiva dopoché il nuovo vesco- vo avea dato giuramento al redi fedeltà. Narra Bercasle\, Storia del cristianesi- mo t. i4, n." 25, che la storia nel i i6q somministra uno de'piìi antichi e forma- li titoli de're di Francia riguardo alla re- galia, "Dopo la morte del vescovo di Pa- rigi Tibaldo, essendo venuti in mani del re il vescovato e la regalia, il re diede il capicerato(oprimicero)cheneface va par- te, alle monache di Hieres, onde le mede- sime ne godessero ogni volta che la sede fosse vacante". Questi fu Luigi VI! re di Francia, che pel i ."feeemenzionedel dirit- to di regalia, e se ne parla anche nel testa- menlodire Filippoll Augusto, morto nel 1223. Pel regno di Francia molti pre- tesero che il diritto di regalia fosse taq-

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lo antico quanto la corona stessa ; altri giustamente Io negano, citando la storia, die c'insegna che sotto la r.'' stirpe de're i beni delle chiese vacanti erano ammi- nistrati dal clero e dall'arcidiacono, come apparisce dal concilio d' Orleans tenuto sotto reChildeberto, e dal concilio di Pa- I igi sotto re Clotario II : la chiesa galli- Cina seguì in quel tempo il decretato dal concilio di Calcedonia. Di più il diritto ili regalia , secondo la riportata spiega- zione, fu parimente ignoto sotto la 2.' stirpe de're, comesi apprende da una let- tera d'Incmaro di Reims a Carlo il Cal- vo; imperocché questo vescovo per re- go'a il canone del concilio di Calcedonia durante la vacanza della sede vescovile : che i beni del vescovo defunto saranno ditlisi, e intieramente conservati dall'ar- cidiacono e dal clero, e che quelli che o- «eranno mettervi mano per usurparli, sa- ranno scomunicali. £ in un sinodo tenuto sotto il medesimo imperatore , fu deciso conforme a quello eh' era stato prescritto nel concilio di Calcedonia , che dopo la morte del vescovo i beni sarebbero con- servati al successore dall'economo della chiesa. Egli è vero, che re Carlo il Calvo t'f.cn altrimenti dopoché Ebbo arcivesco- vo di Reims fu deposto dalla sede, ncl- l;i vacanza della quale, e durò parecchi «imi, quel principe s'impadronì de' suoi beni e ne diede anche una porzione in L'udo. Ma questo cattivo esempio non è contrario all'uso di quel tempo, perchè il |-«f promise nel sinodo di Beau vaia dei- rrt/fl a incmaro e agli altri vescovi, di re- stituire alla chiesa di Reims tutti i beni che uvea presi per punir maggiormente Ebbo. Non »i può provare parimenti il (liriltudi regalia, ndducendo il cattivo uso che Carlo Martello fece de'beni di chie- •a, dandoli in feudo a laici ; imperocché i (Capitolari di (>arlo Magno e di Carlo il Calvo condannano cpuMta dissipazione dei beni di chiesa e raltribiiixcono alle ne- Cestii de'lcmpi, le (piali obbligavano in cerio modo i principi a darea'ioro sudili-

REG ti i beni ecclesiastici per trattenerli al ser- vizio. Nemmeno al principio della 3." stir- pe era in Francia stabilito il diritto di re- galia, comesi ha dalla lettera di Gerber- to arcivescovo di Reims, che raccoman - da al clero e al popolo di vegliare che i beni del vescovo defunto sieno conserva- ti al successore. Dagli storici d'Inghilter- ra si raccoglie, che il medesimo diritto di regalia fu parimenti introdotto in quel regno nell'istesso tempo che in Francia, e che cagionò colà molte turbolenze. Pas- sò anche nella chiesa d'Irlanda, e da una epistola d'Innocenzo III al cardinal le- gato in quel paese, si rileva che l'uso del- la regalia era nella chiesa d' Armagh, e il Papa in detta epistola si serve della pa- rola regalia; e per impedire che i prin- cipi non potesserogodere per lungo tem- po della rendita della chiesa, accorciò il tempo della vacanza della sede, ordinan- do che i metropolitani lontani da Roma, entrino all' amministrazione delle loro chiese innanzi di aver ottenuta la loro conferma. Nel 1 2 1 5 l'imperatore Federi- co II fece una costituzione contro le re- galie, considerandole contrarie all'im- munità della chiesa, e confermò tale co- stituzione con altra del 1-2 19 che diresse a Onorio III Papa , al quale e agli altri vescovi cede le rendite chiamate regalie, come cosa spirituale che non s'apparte- neva agl'imperatori. De Marca, De con- cord, lib. 8, cap. 18 , riporta molte au- torità de'Papi e du'concilii, per mostrare che le rendite delle chiese vacanti non ap- partenevano ai principi nella chiesa gal- licana , e che dovcano in essa osservarsi, del pari che nelle altre chiese , i decreti del concilio di Calcedonia,che ordina che i beni sieno conservati a'successori; la mag- gior parte di queste prove sono nel decre- to di Graziano. Quindi si vede che que- sto abuso era antichissimo, e introdotto molto tempo innanzi che la regalia fosse stabilita e tollerata «lai Papi : per questo i conc.ilii proibirono ai [)rin(:ipi e agli altri laici d'impadronirsi (le'beni deg li ecclesia -

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stici dopo la loro morte. Questo malvagio costuoie d'impadronirsi de'benide'vesco- vi, subito ch'erano morii, s'era diffuso per tutta la Chiesa, ed era in uso nell'o- riente e nell'occideule. L'imperatore Ma- nuele Comneno proibì a'magistraii d'im- padronirsi a vantaggio del pubblico era- rio de'beni immobili delle chiese vacanti. Raimondo conte di Barcellona fece an- ch'egli l'islesso divieto a'suoi ministri, e per impedire che i beni delle chiese va- canti fossero dissipati, se ne dichiarò con- servatore, anche vivente il vescovo; pri« vilegio che si estese a tutte le chiese del- ia provincia di Tarragona. I medesimi privilegi furono accordati alla chiesa di Narbona,ma ciò non ostante i laici conti- nuarono sempre a impadronirsi de'beni de'vescovi dopo la loro morte, sotto pre- testo di volerli custodire. Gregorio IX si dolse coll'arci vescovo di Narbona , e coi vescovi Maguelona e Etna, che i sini- scalchi e podestà del re di Francia nella provincia Narbona s'impadronivano contro ogni diritto de'beni de'vesiovì in tempo della vacanza della sede, aggiun- gendo che i predecessori di s. Luigi IX non lo fecero mai sotto pretesto di rega- lia o altro diritto. Veramente a qiiell' e- poca i Papi non condannarono d'ingiu- stizia o usurpazione il diritto di regalia che i re di Francia esercitavano in mol- le chiese del loro regno, e s. Luigi IX stes- so ne usò , onde poi ì re non estesero le regalie oltre i molli vescovati dov'erano già introdotte. I parlamenti una volta giu- dicavano dì tutte le materie della rega- lia dal solo possesso, e seguirono la stes- sa regola sotto Filippo IH; in quel tem- po non vi era nulla di fisso e slabile pel diritto di regalia, ma segui vasi il costume e l'uso ricevuto, di modo che v'erano del- le chiese affatto esenti dalla regalia , ed altre non erano soggette se non ad una parte della regalia. Sul principio il dirit- to di regalia comprendeva soltanto i feu- di dipendenti da'principi, e fu dipoi esle- so alle reudite, che provenivauo dalle de-

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cime, ed anche alla collazione de'benefi- zi dipendenti dalle chiese. Le chiese the conservarono l'antico diritto di regalia, non furono soggette a questo diritto per le rendite delle decime e per la collazio- ne de'benefizi; il che fu cagione che i par- lamenti non aggiudicarono al re in alcu- ne chiese , se non la regalia per le ren- dite che provenivano da'fondi e altri be- ni temporali delle chiese, ed a queste la- sciavano le rendite provenienti dagli al- tari, dalle decime e dalle offerte, e tal- volta dalla collazione de'benefizi. Questo uso del diritto di regalia in parte fu nel I 274 confermatoda Gregorio X nel con- cilio generale di Lione li, ad istanze di Filippo III re di Francia, cioè si fulminò la scomunica contro qualsiasi dignità, di usurpare sopra le chiese il diritto di re- galia, e quelli ch'erano in possesso di que- sti diritti iuiono esortali non abusar- ne, con che venne a riconoscere le rega- lie per ì luoghi dov' erano introdotte, e proibì che fossero introdotte negli altri. De Marca lib. 8, cap. 24 osserva, che il termine regalia nel decreto del conci- lio sì prende in un nuovo significato, per la custodia e 1' usufrutto di tutti i fi ulti e rendite in tempo della vacanza della sede,edaggiungechesottoil nome di frut- ti sono comprese le collazioni de'benefi- zi, a cagione della bolla d'Alessandro llf, nella quale dice, che le collazioni dei benefizi debbono mettersi tra'frulti; ma pare che l' intenzione di Gregorio X sìa stata d'impedire che in avvenire i laici, di qualunque qualità fossero,ncnusur- passeroi beni delle chiese in tempodise- de vacante, sotto qualsivoglia pretesto, sotto il nome di regalia o di custodia o di protezione. Inoltre Gregorio X giudi- cò bene lasciare ì diritti a quelli chen'e- lano in possesso , senza voler esaminare minutamente, se questi diritti fossero giu- sti o no; perchè sarebbe statodifficiie ve- nirne a capo, atteso il lungo possesso, in cui erano la maggior parte de' principi, il quale serve d'un titolo suflicieule nel-

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le cause civili : tantum praescrìplum , tjuanluni possessnni. Ma i re di Francia si arrogarono il diritto di collazione dei benefìzi, sebbene il concilio di Lione sot- to nome di frutti e rendile ecclesiastiche non avesse voluloincludereanche la pri- ma collazione de'benefìzì, ma soltanto il diritto di presentare ai medesimi, ed un mero giuspatronato : oltre a ciò i re di Francia esercitarono altri diritti ancora in favore della regalia, fino a ricevere le rassegnazioni de'benefìzi, che chiamansi in favoreni,e ciò dicono i canonisti e giu- reconsulti francesi, per privilegio speciale accordato ai re di Francia dai Papi, men- ine poi non si conosce questo privilegio, ed i re pretesero goderlo di diritto. Boni- facio Vili nella famosa contesa con Fi- lippo IV, che riportai a Francia, scrisse ai re che teneva per eretici tutti coloro che pretendevano , che la collazione dei benefizi, che chiamava diritto spirituale, potesse appartenere ai laici. Dipoi, salva la collazione e istituzione al Papa ed ai vescovi, per impedire che i benefìzi non fossero occupati da persone inette e inca* paci , fu concesso ai padroni laici la no- mina o presentazione ai benefìzi : lutta- volta seguitarono in Francia oltre i re, molti laici , ed anche qualche badessa a conferire i benefìzi di pieno diritto, forse per privilegi pontifìcii. Ke Filippo IV fe- ce un editto per autorizzare la regalia, ma non la eslese, se non alle chiese dov'era stala introdotta dal costume, conforuaaii- tlolo al decreto di Lione. Filippo V nel i334 con editto restrinse la regalia al co- stume e alle chicsedel regno, dov'era sta- ta introdotta, e volle che si conservasse- ro i beni delle chiese, e che si prendes- sero solamente a titolo di frutti le ren- dile ordinarie. Luigi XII nel 1 499 fece un simile editto, e prod)ì di più a'suoi mini- stri d'inquietar le chiese, dov'egli non a- ven diritto di regalia o di custodia. Non otiunie lulte le cause che vi furono sopra (|uc»Ih mnlrria ne'parlamciiti,i re diFran- cia contiuuuiouu u tiou arrogain lo ic*

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galia, se non in alcune chiese ; ed abbia- mo aucora l'editto del 1606 d'Enrico IV, dove dichiara : Che uon intende di go- dere della regalia , se non nella forma , ch'egli e i suoi antecesson hanno fatto , senza estenderla più oltre a pregiudizio delle chiese chene sono esenti. Luigi XIII nel 1629 fece una costituzione, dichiaran- do che voleva godere del diritto di rega- lia, come in passalo, e siccome certi termi- ni erano ambigui, il clero fece rimostran- ze per averne la spiegazione; fu risposto: che il re dichiarava di non voler godere della regalia ne' luoghi, dove non aveva di essa goduto per lo passato. DipoiLui- gi XIV nel 1673 fece una dichiarazione con cui stabilì,che tutte le chiese del suo regno saranno in avvenire soggette alla regalia, eccettuatene 4 che ne sono esen- ti a titolo oneroso. Di questa disposizio- ne traltai,come delle sue gravi conseguen- ze, nel voi. X\VH,p. 4? e seguenti, di- cendo della virileopposizione fatta da In- nocenzo XI, onde ebbero luogo le 4 f^^* mose Proposizioni Gallicane [f^.), essen- do nunzio Savo Ulillini (f^.)j ed insorse in Roma la gravissima vertenza delle Franchigie [f^.) , di cui parlai meglio a Immunita'o voi. XXXIV, p. 33, con quan- to accadde, per l'energico procedere d'In- nocenzo XI : nel voi. XXVI I, p. 5?. rac- contai pure le condiscendenze di Ales- sandro Vili con Luigi XIV, per termi- nare le differenze delle regalie e delle fran- chigie; e come riuscì a Innocenzo XII di far definitivamente rinunziare al re le franchigie, acconsentendo il Papa all'e- stensione delle regalie in lutto il regnodi Francia. Pare che il successole Clemente XI facesse poi qualche opposizione, per- chè leggo nella sua Storia di Novaes, n." 98, che nel 1 7 i i scri.sse ni nuovo vesco- vo di Grosse Megrigny, rammentandogli i sagri canoni, che vietano di violare i di- ritti ecclesiastici, e principalmente cpiaU' to il concilio di Lione avea disposto sulle regalie; perciò gli raccomantiò che non uccuuseullssc ne lucilomcnle, espres

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SHCuentealleiegalieeda lultociòchesem* brasse poterle amineltere. Le regalie in Francia terminarono nel declinar del se- colo XVllI colla ri voi unione, ed anche col successivo concordatodel 1801. Tenlaro* no di farle rivivere Luigi XV 111 e Carlo X,col nominare nelle sedi vacanti de'ca- nonici , ma non vi riuscirono^ dovendo stai'e al concordato.

Muratori colla Dissertazione 7 1 .'irat* lo: Della potenza de vescovi, abbati e al- tri ecclesiastici , e delle regalie antica- mente concedute al clero. Kedarò un bre- ve estratto. Anticamente la signoria tem- porale del clero secolare e regolare fu grande e opulente, massime in Italia. Di due sorte erano i beni temporali. Una conteneva i beni privati, cioè i poderi, le fabbriche, le selve, il denaro, i mobili e altri simili, esistenti in dominio de'citta- dini e delle persone private, e che si pos- sono, secondo il diritto delle genti, ven- dere, comprare, donare, permutare e ob- bligare. L'altra parte abbracciava i beni pubblici appartenenti alla repubblica, os> sia al principe, e si chiamano /{e-gaZ/e^sie- no cose corporali, o pure diritti: fra que- ste si contano il comando sopra i popoli, le angherie e perangherie, la giurisdizio- ne, le gabelle e i dazi, la zecca, le minie- re, i fiumi, le saline, ed altre non poche cose da vedersi presso i legisti. Come nei primi sette secoli cristiani assaissimi beni della prima specie concorsero nelle chiese, tanto per la pietà e oblazione de'fedeli, quanto per le donazioni degl'imperato- ri, re e altri principi, forse ancora si può facilmente dimostrare, che non pochedel- le regalie minori furono in questi mede- simi tempi contribuite ai luoghi e mini- stri sagri. Ma per conto delle regalie mag- giori e supreme, come il prescrivere leggi lemporali,ecomandareai popoli nel tem- porale, coll'imporre pene, giudici e tri- buti, avere soldati, far guerra ad arbi- trio suo, in una parola l'essere signore temporale di città, castella e paesi, co- mundando ivi con podestà secolare priu-

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cipesca, cominciò almeno nel secolo VI If, tranne la chiesa romana, che come dissi al citato articolo Patrimonio, già nel V secolo godeva le franchigie maggiori, e quegli esempi parziali di cui parlai a'Ioro luoghi, convenendo Muratori che pei pri- mi si devono noverare i Papi e la loro Sovranità. Da questo esempio, i vesco- vati, ed i Monasteri (al quale articolo dis- si di loro esenzione e privilegi) de'due sessi si procacciarono il dominio d'ampie cit- tà, castella, o d'altri pezzi di regalie e di temporale dominio, perle donazioni loro fatte. La prima e forse principale cagione per cui furono fatte, sembra che fosse la remissione de^pecca li jàìcuì parlai in mol- ti articoli, e Muratori nella dissertazione 68 : Della redenzione de' peccati per cui molti beni colarono una volta né'sogri luoghi. Imperocché in que'lempi srego- lati maggiormenteabbondavanoi misfat- ti e peccati ; e di questa cattiva influenza non di rado partecipavano gli stessi im- peratori, re eprincipi, a'quali perciòs'im- ponevano nella penitenza le pene cano- niche, secondo l'uso allora in vigore nella Chiesa di Dio. Niun'altra maniera cono- scevano allora i principi per isgravarsi dal peso de'digiuni e delle altre peniten- ze, che l'usata dal popolo, cioè di far la limosina a'poveri, di farcelebrarele mes- se, e di offrire poderi e altre simili sostan- ze ai luoghi e collegi sagri. Gran diiìeren- za nondimeno passava fra le redenzioni de're e del volgo; meno si esigeva dal po- polo, secondo la condizione e le facoltà delle persone; molto più dai dominanti, perchè nelle bilance di Dio sogliono pesare più alcuni peccati de'principi, e s\ perchè devono più magnificamente trat- tar con Dio i potenti, siccome provveduti di tanta copia di beni, che le private per- sone. Il perchè costumarono i principi, e specialmente i re e imperatori, di odiire alle chiese non solamente corti e grosse tenute di beni per la redenzione de'Ioro peccati, ma anche castella, città, comita- ti; marche, ducali e altre regalie, aggìuu-

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gendo nuovi doni ai vecchi,o almeno con- fermando il donatodagli antecessori. Con questo titolo si può ciedere,e ne riportai in vari luoghi le parole usate, che Pipi- no e Carlo Magno confermassero e am- pliassero il principato temporale di s. Pie- tro: la stessa redenzione de' peccati eb- bero davanti agli occhi gli altri principi e re, che donarono o fecero tributari alla chiesa romana regni o principali, dalla quale ne riconoscevano il dominio pagan- do il censo, in attestato della loro tem- porale soggezione. Paiticolarmente poi nel secolo XI per simili oblazioni crebbe la potenza e maestà de'romani Pontefi- ci, perchè sopra gli altri si mostrò sol- lecito a procurarle s. Gregorio VI I,il qua- le scrivendo al vescovo di Passavia, rac- comandò d'indurre Guelfo duca di Ba- viera e gli altri principi di Germania a soggettar le loro terre a s. Vietro, prò suo- rum peccalonim ahsolulione. Dalla sua Episl. 2 3,lib. 8, si apprende che la Fran- cia sino da'tempi di Carlo Mogno era so- lila pagare aiiiiualiiicnle censo alla chie- sa romana, cui esso re e imperatore an- che iSr/xo/i/Vz/zi o6<«/crrt/, pagando un de- naro per casa al b. Pietro che riconosce- •vano per padree pastore. Bertranno Pro- vinciac Comes nel 1081, pio remissione prrrnlnninisiiorum,o((n, concesse e donò tutto il suo comitato di i^-ovenza omni- polenti Deo, et ss. apostoUs Pelm ci Paii' io, et (1. Grcf^orio Papne f^ll et omni- bus succcssorihus suis. Parimenti Beren- gario conte di Barcellona nel loguoin'i e donò n s. Pietro e a Papa Urbano II la città di Tarragona, tolta di mano ai taraceiù, pmpter re Jcmplioncm peccalo- rum meoriim, et patris mei linynmndi, et piJrenliim meorum. Di ([iicsto titolo «i servi In griiii contessa Matilde (piando òotùìomniit liana sua alla chiesa dis. Pie- tro, proiettando nell'istrumeiito di aver fatta ampia donazione, mercede et remedio animar mcat; el parrnlum meo- rum, la qiial formol» significa la l'eden- xioue delle pene penitenziali. Altri simili

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esempi si hanno della Sardegna donai alla s. Sede. Non fecero di meno gli alt vescovi e chiese per ampliare il loro pj trimonio, per potere più faciUnente sot disfare alle necessità de'poveri e all'oi namento de'sagri templi; furono i tale studio oziosi i monaci e quasi tut gli abbati. Trovando talvolta le persor ecclesiastiche ne'loro contadini e lavori tori molta disubbidienza, ed anche me lestieda parte de' conti 0 governatori, pei ciò i vescovi e abbati procurarono dag imperatori, che i loro beni e uomini fo sero esenti dall'autorità de' conti e dal pubbliche imposizioni, come fece ancl qualche re longobardo; di queste eser zioni parteciparono eziandio i monaste delle sagre vergini.Nel secolo IXnon mai carono a' vescovi ed abbati, vassalli laii sottoposti alla loro signoria, ed erano ol bligati nelle guerre a condurre homim silos all'armata, quando non li dispens; va qualche legittima scusa. Nel secolo ^ gli arcivescovi di Milano ottennero de gl'imperatori tedeschi l'autorità teinpc l'ale sulla città e contado, con titolo ( conti, non prima come riportò Ughell Quantunque sotto Lodovico II godessei i vescovi e abbati corti con castelli, lui tavia solamente cominciarono a godei maggiori privilegi e diritti di sigiiorii quando il successore Carlo il Calvo ne 1*875 fu coronato imperatore da Giovai ni Vili, preferito al fratello e iii nipot perchè i vescovi d'Italia vaiitaggiaroii i loro interessi. Nelle successive (nrbolei ze di (pillili che aspirarono all'impero ni regno d'Italia, questi per assicurar della divozione degli elettori, eomincis rono a poco a poco, oltre ai priii('i[)i s( eolari , conUrriie ai vescovi e abbati I regalie, cioè le città, le castella, i pid)bl ci tributi, i comitati o contee, le march i ducati, come al vescovo di Modena e a tri. Per le invasioni e stragi de'saracei e imgheri, con licenza de're d'Italia, i v< scovi della bella regione, per difesa Ini e de'cilladini, fondarono e inuuiiunu cr

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stelli e città, laonde con possedere luoghi folli si resero maggiormente polenti, có- me ottenne il vescovo di Reggio, quello di Parma e altri: nelgiG-Berengario I im- peratore, per le calamità cui ridussero gli unglieri Cremona, donò molte rega- lie al vescovo A rdingo, cioè che ninno po- tesse tener Placito (f^-), o pubblico giu- dizio de'messi regi o imperiali, in prae- diis ej'us, atqiie caslellis, et ciirtibiis, ti- tiUis, cellis, alque plebibusj che spettas- sero a lui certi dazi nella città, il diritto della pesca nel Po, ec: le stesse regalie avea confermalo al vescovo Giovanni nel 924 Rodolfo re d'Italia, e nel 978 l'im- peratore Ottone I al vescovo Olderico, avendo altri augusti concesso l'autorità di conte sulla città, e sopra 5 miglia al- l'intorno, colla conferma delle preceden- ti concessioni. Quello che si è detto fin qui di alcune poche chiese, si può rife- rire a non poche altre d'Italia, anzi an- che ad altre di Germania, Francia, In- ghilterra, ec; poiché ogni vescovo si stu- diò di ottenere l'unione del governo se- colare delle città all'ecclesiastico, con ri- muovere i conti laici, e far trasferire o io tutto o in parte l'autorità di quelli nella propria persona. Per conseguenza non vi erano in que' tempi vescovi, che non go- dessero il dominio almeno di qualche ca- stello o di più, con piena autorità sopra il popolo; molti essendo conti della propria città, come rimarcai ai loro articoli. Nel secolo XI i vescovi di Ginevra litigava- no per le giurisdizioni e regalie coi conti della città. Una volta non vi fu mona- stero di gran nome, che non possedesse varie castella, e molte almeno delle re- galie; qual fosse la potenza di Montecas- sino, di Farfa, di Cluny e di molli altri, a'Iuoghi loro lo dichiarai; ne mancaro- no abbati col titolo di conti, e di abba- desse che nell'impero aveano luogo tra i principi. Con le accennate munilicenze de're, imperatori e altri principi versoi sagri luoghi, non solamente essi donava- no ciò che apparteneva al regio jPwco(/^,),

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cioè corli, castella, dazi, gabelle e tribu- ti, ma di quelle regalie che anticamente erano assegnate pel mantenimentoe uso de'conti secolari governatori delle cillà; per cui a poco a poco Ira per queste do- nazioni pie, e per l'istituzione di vari con- ti rurali, rimasero spennati i conti delie città e in qualche luogo venne aifatto e- stinta la loro autorità, perchè trasferita ne' vescovi e abbati da cui didìcilmente poi ne usciva. Ogniqualvolta un reo iuì- pcratore perveniva al governo, ciascun prelato soleva farsi confermare tutti i SUOI beni e diritti, più con doni ne cercava l'aumento; onde avvenne^ che non sola- mente i vescovi e gli abbati de'monaste- ri insigni, ma anche le badesse ed i col- legi de'canonici, tanto in Italia che fuori, signoreggiassero almeno in qualche ca- stellojcd ivi esercitassero sopra il popolo una piena giurisdizione, con riconoscere solamente nel temporale il re d'Italia u l'imperatore per sovrano. Vero è però, che molte castella e ville, i vescovi e gli abbati leaveanoanche acquistate per do- no e oblazione de'fedeli, o pure procac- ciale col proprio denaro, o edificate e for- mate dalla loro industria. Per moderare l'accresciraeDlodella potenza degli eccle- siastici, nel secolo XI cominciarono i re e imperatori a pretendere che niuno po- tesse conseguire vescovati e abbazie, se non prendeva l' Investitura (/^.) di lutti que'beni e stati, che dal regio fìsco erano passati nelle chiese, e si chiamavano re- galie, al dire di Muratori : per questa ca- gione crebbero a disn)isura le simonie, e insorsero liti e funestissime guerre fra il sacerdozio e rimpero,di sopra toccate, sotto s. Gregorio VII e successori. Poscia sotto Pasquale II (/'.), non trovando- si ripiego per quietar le diiferenze, onde troncare le simonie, divenute frequenti per le ricchezze del clero e per quelli che aspiravano al fasto di possedere signorìe, s'indusse a rinunziare ad Enrico V tutte le regalie godute dagli ecclesiastici, cioè civitates, ducalus, marchias, comitalus.

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monelns, teloiieuni, mercaliiui, ailvoca- tiasjura centiirionnm^et turres^ijiiaere- gnierant ciim perlinenliis suis, viilitiain , et castra/il^ ec. Ma questo privilegio bea presto fu abrogalo da Pasquale li, per cui si rinnovarono le vertenze, terminale poi (la Calisto li. Tanto crebbe la poten- za di certi abbati, che ottenute le insegne episcopali, talvolta lasciavano indietro i vescovi colla pompa della loro comitiva. Crede Muratori che dall'avere i vescovi oltenula la podeslàsecolare, nascesse il ri- todeiringressosolenne,alraenoneI looo, chei vescovi novelli d'Italia in molli luo- ghi (anche in altre regioni), coll'incontro e assistenza di tutto il clero e popolo, sot- to il baldacchino a cavallo entrassero nel- lecittà,recandosi con quella pompa e pro- cessione alla cattedrale. Muratori deplo- ra, che dopo avere i sagri pastori assun- ta la cura de' temporali dominìi, trova* ronsi anche carichi d'un grave fascio di cure secolaresche; di tanto in tanto do* veano portarsi, pei bisogni de'Ioro slati, alia corte regia o imperiale, corte lonta- nissima e per lo più ambulante; bisogna- va che intervenissero alle diete del regno, e soventecorteggiasseroi monarchi in va- rie funzioni. Da ciò avveniva, che i ve- scovi e abbati per molta parte dell'anno abbandonavano il gregge raccomandato loro da Dio, lasciandolo in mano di gen- te per lo più mercenaria. Succedendo poi guerre, al pari de'vassalli secolari anche gli ecclesiastici doveano somministrar la loro poi*zione di soldati per la difesa dei regno; anzi venivano forzati gli slessi ve- scovi e abbati ad andare anch'essi all'ar- mata, e condurvi i loro sudditi, e milita- rea di«pcltode'canoni, che lo proibivano. Inoltre, infestando i vicini le terre degli cccktiaalici, o tentando di usurparle, bi- sognavo metterli in armi, ossoldar gente oltre i vanolli e far guerre particolari ; dappoiché I tecolari invidiosi, non rispet- tando fi,\\ ordmi dc'monnrchi, i canoni dei concilii clcicomuniclicde'l^opi, tuttodì •tudiavano o coH'ornii o con oltre nbbo-

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minevoli maniere, di divorare i beni ec- clesiastici.

Ma che divenne dell'antica potenza e opulenza de'prelati e delle chiese, e delle loro regalie, Muratori lo sviluppa nella Dissertazione 72.^: Delle cagioni, per It quali ne' vecchi tempi si sminuì la poten- za temporale degli ecclesiastici. La i .' ca- gione s'ha da riferire all'empia cupidità e prepotenza de'secolari, che sempre si studiarono usurpare i beni di Chiesa, an- che con fraudolenti contralti, onde ridus sero i vescovatie monasteri, dall'alto gra do di potenza e ricchezza cui erano per venuti, molli a un mediocre stato, altri all'eccidio, altri a miserabile depressione Alle disavventure delle chiese contribui- rono ancora le frequenti irruzioni de'bar bari nell'Italia, cioè longobardi, saracen e ungheri, che produssero tanti mali ( desolazioni. Le pubbliche calamità e U guerre, ed altre simili traversie, obbliga rono molti vescovi e abbati a venden o livellare o locare non pochi de'Ioro he ni a* secolari. mancarono ne'corrotl tempi indegni vescovi eabbali, i quali sen za rossore e timore del giudice supremo dilapidarono le terre ecclesiastiche, tra sferendole ne'loro parenti e amici, o ven dendole per soddisfare alle loro pravità Sopra tutto cospirarono alla rovina de monasteri quegli abbati secolari, a'qual la prepotenza de'regnanti concedeva ii benefìzio que'luoghi sagri, di che Mura tori trattò nella Dissertazione yS.": De monasteri dati in benefìzio. Ma non man carono abbati claustrali, che si abusare no in ciò del loro ministero, con sagrile glie licenze e riprovevoli prodìgaliià, li che mosse i Papi, gl'imperatori, i re, i con cilii a rimediarvi. Di queste alienazion e enfiteusi molti vescovi ne peccarono. In damo nelle pie fondazioni si pose la proi bizione, che mai non si potessero aliena re i fondi donati; divieto che fecero pu re i vescovi quando conferivano chies e benefìzi a' preti. Neppure giovò di fa confermare dalla s. Sede le possessioni

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ad onta che la sua aulorilà fu sempre ve- nerabile; altrettanto si dica delle confer- me regie e imperiali, onde mantenere i sagri luoghi nel pacifico possesso de'lorò slabili; così de'divieli di tali supreme au- torità per prevenire lo spoglio eie dissi- pazioni. Imwensee costanti furono le cu- re de'Papi per tenere in freno i dilapi- datori e usurpatori del patrimonio eccle sìastico,c per fare restituire il mal tolto; finché proibirono le alienazioni e le per- mute, senza il beneplacito apostolico. Nel registro di Cencio Camerario vi sono mol- ti giuramenti di vescovi e arci vescovi, an- che oltramontani, fatti nel 1 235 al Papa, dove giurano la manutenzione delle loro chiese, e di non alienare cosa alcuna, m- consulto romano Po/j///?ce. Egual giura- mento fanno i Papi e i cardinali pei do- minii della s. Sede, e lo notai anche a Professione di fede. Non lieve indebo- limento pati la potenza degli ecclesiastici sotto l'imperalore Federico I, con porre degl'impedimenti perchè non crescesse. Nel voi. Lll, p. 253 parlai della celebre Roncaglia, ove gl'imperatori tenevano le diete quando calavano in Italia, come fe- cero i re d'Italia, coi vescovi^ abbati e signori feudatari o dipendenti dall'im- pero: in quella del 1 158 Federico I fece decidere, senza che niuno.osasse contrad- dii Io, appartenere all'impero tutte le re- galie, che ivi dichiarai, ricuperate poi dalle città lombarde nella famosa pace di Costanza. L'Orsato, Hist. di Padova p. 2o4, narra che Ottone I dopo essere slato coronato in Roma imperatore, ivi nel 967 da Giovanni XIII fece corona- re il figlio Ottone li; portatosi poi in Ac« quapendente confermò alle città d'Italia quella libertà ch'era stata loro concessa da Carlo Magno, col solo obbligo di tre tri- buti chiamali Fodro (cioè l'obbligo di a- limentare i soldati e fin lo stesso impe- ratore e tutta la sua corte in passando pel paese, compresi i foraggi pei cavalli, cui erano tenuti anche gli ecclesiastici, es- sendo una delle regalie maggiori de'so-

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vrani), Parata cMansiotiatico(c\oè le spe- se cl»e si facevano per ricevere il re o l'im- peratore, i loro messi e altri ministri: la 1.' parola indica l'ordine inviato di pre- parare l'alloggio, la 2.' l'alloggio slesso); di più a' privati e più cospicui cittadini delie città cominciò a distribuire onori e titoli cospicui, cioè di conti, marchesi, duchi,capitani, valva>>«orie valvasini,qua- U tulli godevano in testimonianza di be- nemerenza le regalie, ch'erano onori utili conceduti dai re d' Italia ai più merite- voli : regalie che per lo più erano ricava- te dalle entrale che si raccoglievano dui dazi, porli, ripalici, pedaggi, uso di pesca- re, moliqi e saline. Ciò premesso, dirò con Muratori, Dissertazione 48.": Della so- cietà de' lombardi e d altre città d Italia per conservare la libertà, e delle paci di p^enezia e di Costanzaj che nella gran dieta di Roncaglia, dov'erano concorse quasi tulle le città e principi di Lombar- dia, » super juslilia regni, et de regali- bus, quae longo jam tempore seu teme- ritate pervadenlium , seu negleclu re- gum, imperio deperieranl, studiose dis- seiente Friderieo, quum nullam posseut invenìre defensionem excusationis, tatn episcopi, quam primates, et civitalis uno ore, unoassensu,in manum princìpis Re- galia reddidere, pi-imique resignanlium Mediolanensem exstitere. " Se di buon cuore,Dio vel dica, esclama Muratori. Ag- giunge la spiegazione che Radevico die su ciò che s'intendesse per Regalia: Adju- dicaveriinl ducatus, tnarchias, contila- tus, consnlatus, moneias,telonia,fodrumy vectigalia, portiis, pedatica. Si può vede- re dello stesso Muratori Va Dissertazione I g.' : De' tributi, delle gabelle, e di altri oneri pubblici de' secoli barbarici. Lo stes- so Federico I spiega quali fossero le re- galie, nel diploma cui nel 1 169 confermò i privilegi al popolo d'Asti, pubblicato da Ughelli, Italia sacra t. 4> nia con alcuni nomi guasti. " Haec itaque, dice Federi- co I, Regalia essedicuntur: Moneta, Viae publicae, 4qualica,Flumina,publicaMo-

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lendina,Furni,Fureslica,Mensurae, Bari- cliatìca, Porlus, Argentaria, Piscationjs reditus, Sextaria vini et fnimeiili, et eo- rum, quée venduntur, Piacila, I3ataiia, Rubi, llesliluliones in integrutu, et alia omnia, quaead Regalia jme pertinent." Coulutlociò Federico I, dice Radevico, per conciliarsi la glom della liberalità, e per isfuggire in qualche maniera l'odio degl'italiani: » liis omnibus, in Fiscum adnumeratis, tanta circa pristiuos pos- sessores usus e^t liberalitale, ut quicum- quedonalione Regum, aliquid horum se possìdere inslrumenlis legitimis edocere poterat, is etiam, nunc Imperiali bene- fìcio, et Regni nomine idipsum perpetuo possiderel. " A quanto si è detto, che pei" più secoli il clero secolare e regolare e- ziandio potè procacciarsi castella e feudi con esercitarvi i diritti regali per conces- sioni di re e imperatori, si aggiunga che quando essi monarchi, duchi, marchesi e conti concedevano feudi ad alctuio, so- levano anche dargli facollà di poter la- sciare alle chiese quelle terre o beni, il che si appellava /«rf/crtre prò anima, e moltissimo fruttò a'sagri luoghi, frequen- temente in dominio d'essi colando li,'udi e regalie; laonde gl'imperatori a tanta cresciuta potenza pensarono di me,ltervi argineper l'avvenire. Non solamente tan- te regalie, tanti stabili e altri beni erano allora de venuti alle chiese, ma anche i loro terreni, villani e livellari godevano non poche esenzioni e privilegi,talinen- teche pagavano i tributi, nèconcorre- vano alle pubbliche necessità. Si può ere* dere che i laici mirassero di mal occhio lauta abbondanza di beni, e beni privi- legiali,andandosi sminuendo la loro por- zione; anche ai re e alle comunità dovet- te ciò parer grave. Dopo che Federico I ordinò, che per lasciar i feudi alle chie- ■e,fi rivhiedctiic la permissione del si« gnoreo lia del diretto padrone, pochine IMMarono alle chiete, e molti dc'pas^ati finono nd r%%c ritolti; movendo Ut«; l''c* dericu I a varie cIiìvm: per le loro [lossca*

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sioni, volle loro dare l'investitura, ed esi- gette sacramenUiinfìcIelilaliscnm honii- nio, inserendolo ne'diplomi. Per tuttociò, e per le controversie insorte nuovamen- te tra il sacerdozio e l'inqjero, da innan- zi le chiese d' Italia poco o nulla profit- tarono per conto dell'acquistare o au- menlare le regalie in loro vantaggio; la loro potenza venne sempre piìi calando, e ciò ancora per congiura delle città ita- liane, nelle quali si esaltò una smisura- la voglia di stendere leali del dominio. Questa sembrò al Muratori essere stala l'ultima e più concludente cagione, on- de sia proceduta 1' estenuazione del pa- trimonio ecclesiastico. Nel secolo XII le più delle città occidentali d'Italia aven- do preso forma di repubblica, ciascuna aspirò a ricuperare nel contado gli anti- chi diritti e a signoreggiare. Perciò in al- cune città venne meno affalto il tempo- rale dominio de' sagri pastori, e finono loro tolte a poco a poco tutte le castella, rocchee regalie, e.lo stesso patriarca d'A- quileia soggiacque alla sorte comune; co- sì terminando negli ecclesiastici le rega- lie e feudi imperiali. A Germama e Fran- cia raccontai, come nel declinar del se- colo passato furono spogliali de'stipersti- li feuili e regalie i vescovi, gli abbati, le abbadesse : mentre coi diversi Concorda- li (^.) i Papi accomodarono le regalie de'vescovati e altri benefìzi ecclesiastici. f^. Si'OGLi. Su questo argomento si pos- sono leggere gli articoli che vi hanno re- lazione, come Regio kxequatur, altro a- busocontro l'autorità della s. Sede, Pham- MATicA SANZIONE clic f(i altra piaga del- la Chiesa e lesiva l'autorità pa|)ale, ed i seguenti autori. Canipumanos, "J ruttalo (it'lla rrpfalin irainni(>rlizzazionty\tnc- zia 17C7. [Vaiale Alessandro, /Jt'/M/r /e- galiac, Leodii idH'). A ([uesla disserta- zione fu egregiamente risposto nell'opei'a intitolata : Causa re^aliae poniibiis ex- ^;//crt^i,Leodii lOH'). Cardinal Sfondrall, Tractalux gnitralix de. rc{;alia, Uomae iGtìy. Egidio Le Mui&tru, Delle nfjulic

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e de feudi. De Marca, Memoria della re- gnlùi. De Ripoll, Io citala Preci primarie. REGESTI o REGISTRI PONTIFI- CU. f^. BotLE, Drevi, Lettere aposto- lichRjRescritti, Registratori DELLE LET- TERE APOSTOLICHE.

REGGENTE, fle^en^jP/we.wV/c/iy.Che regge. Si diede questo nome al principe che governa Io stalo durante la minori- tà de're o altri principi, o in alcun' altra circostanza particolare, come di assenza, di malattia, d'impotenza, ec. Si cliiamu Reggenza, Ixeginien, il governare, il reg- gimento per modo e maniera di gover- nare. A Sede vacante dico chi governa ili tal tempo la sede apostolica e i domi- ni! pontifìcii. A Impero notai chi lo reg- geva nella sua vacanza. A Vicario capi- tolare Io descriverò, reggente del vesco- vato nella vacanza della sede. II reggen- te di Francia apponeva allre volte agli atti il proprio sigillo e non quello del re che trovavasi in minorità, usanza abolita da Carlo V deli38o: pretendono alcuni chei." ad assumere il titolo di reggente in Francia fosse Filippoconledi Poiliers durante la gravidanza della vedova del fratello suo Luigi X, morto neliSiG. In quel regno, come in altri , fu quasi sem- pre il privilegio delle Regine [f'^.)ma(in di essere reggenti de' figli loro , mentre questi Irovavansi in minorità : si videro in questa qualità Fredegonda sotto CIo- tario II del 584, Brunechilde sotto Chil- dcberlo II re d' Austrasia del 5cf3 , Ba- tiide sotto dotarlo III del 656 , Bianca di Castiglia neli226pers. Luigi IX,Lui- già di Savoia nel i525 per Francesco I, Maria de Medici neliGioper Luigi XIII, e A una d'Austria nel 1 643 per Luigi XIV, le quali governarono lo slato con auto- rità assoluta durante l'assenza o la mino- rità de' re loro figliuoli. Nondimeno in Francia vi furono anche de'ref;genti co- me il suddetto, e prima di lui Baldovino conte di Fiandra nel i o6o, in vece di An- na moglie del defunto Enrico I e madre di Filippo I, e il ducad'Orleansneli7i5,

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come si può vedere all'articolo Francia. Per le reggenti degli altri stali si posso- no vedere i loro articoli. La reggenza fu sempre pigliata in Italia in significato di reggimento o governo, e questo si ap- plicò ancora alle cariche municipali, co- me Firenze ch'ebbe isuoi reggenti, e sic- come una parte de' popolani reggevano gli ullìzi della città, l'altra parte era chia- mata di non reggenti; talvolta però si dis- sero insieme i reggenti e i maestrali di Firenze. Egualmente il vocabolo regge/j- te si applicò ancora al governo e reggi- mento delle accademie, comeì'Accade- min e Congregazione de' f^irtiiosi al Pan- theon {f".)j alle scuole e simili, ai profes- sori pubblici di arti e di scienze che ten- gono una classe nei collegi; ed i reggenti che aveano occupato per 7 anni continui la loro carica in un collegio dell' univer- sità dì fV7/7g/(f''.), erano preferiti ai gra- duati per la recpiisizìone de' benefizi. Il titolo di reggente fu daloeziandio al reg- gitore così de' conventi, come delle coii- rrateinile.de'collegi, come il Collegio di s. Bonaventura (^'.). Nella curia roma- na fu dato questo nome al Reggente del- la penitenzieria (/^.), al Reggente della cancelleria (/^.). Paolo IV avendo abo- lito la carica di Uditore generale della camera {^•) , Isliluì quella di Reggente della camera apostolica sul declinar del i558,e la conferì al nipote cardinal Al- fonso Cara/fa (^'.); ma Pio IV la rista- bilì, cessando il nuovo uffizio colla bolla Romanus Pontifex, de'i4 aprile i56r, Bull. Rom. t. 4i pa'"- 2 , p. 77. Sisto V creò il reggente dell' archivio generale o reggente degli archivi della s. Sede, con grande autorità onde conoscere, decide- re, provare, dichiarare,interpretare qua- lunque causa, differenza, lite, controver- sia, che potesse nascere nelle materie spet- tanti a delti archivi, con mano regia, e Lisciata affatto la tela giudiciaria, come si espresse nella sua bolla, ed io dichiarai ad Archivi DELLA s. Sede: ora un chie- rico di camera i presidente degli archi-

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vi, e due prefètti custodiscono l'aidiivio Vaticano.

REGGENTE DELLA. CANCELLE- RIA APOSTOLICA, Regens Cancella- riae apostolicae. Prelato della s. Sede che dopo il cardinal \\ce- Cancelliere (^.) > presiede alfe Cancelleria apos(olica{F.). colle qualifiche di presidente della mede- sima e di luogotenente del cardinale, co- sì chiamalo dal reggere questo primario tribunale della chiesa romana in nome delloslesso cardinal vice cancelliere,come riferisce Ciampini: De iS. R. E. Vicecan- cellario, et officialibus Cancellariaeapo- stolicae, ove a p. 1 1 o così parla: Locumte' nenlisysive Regentis Cancellariae nomen, etiani Praesidentis sortiluni est. Quani- obreni ex ipsomet nomine, illiiis, initnus deduciturnempe: quod cancellariani vi- cecancellarii nomine regit, illiusque offl- cialibiis in expedìtionibus praeesl.Et haec de Regente, modo ad alios offìciales. Lo stesso scrittore a p. 97, scotio i.* De Re- gente Cancellariae, tratta di sua origine nel 1876, del suo importante olUzio, del- ia sua autorità e particolari prerogative, come di ricevere i giuramenti pel cardi- nal vice-cancelliere e distribuire le com- missioni. Dice che il cardinal Borgia vice- cancelliere, fu il i.° a chiamare il reggente suo luogotenente nella persona di Alvaro ▼escovo di Silva, in occasione che nel 14^2 dovea assentarsi dn Roma e viag- giare con Pio n, concedendogli le facoitnj divenuto poi il cardinale Papa Alessan- dro VI, per l'assenza del cardinal vice- cancelliere, al reggente Gio. Battista ve- scovo di Modena conferì neh 499 le facol- tà per segnare le commissioni. Di (piesto 1." ufiì/ìalc della cancelleria della s. Se- de, trattai nel voi. VII, p. i Id, ir)3,i73, j jc), in cui dilli pure di alcuni elevati al cardinalato, l)enclié il novero sin molto maggiore, fra 'qua li ricorderò ancora f^al- le <li Leone X, il celebre Rnpaccioli di Urbano Vili, e per nondire di altri iSW/j- trxTrinn |>eniillinio rrggenle «ilevalo al- la port>ora du i'io Vili notando clic pri-

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ma di Sisto V la carica, come tante altre, era vacabile, acquistandosi per 25,ooo scudi, ed anche per 3o, 000 quanti ne pa- gò Corsini poi Clemente XII. Questo Pa- pa in memoria di averne esercitato il co- spicuo otlizio, volle decorare il reggente della cancelleria, siccome i vescovi, della singolare prerogativa dell'ornamento di colore verde al cappello semiponlilìcale, laonde nel cappello usuale questo prela- to porta la flttuccia di seta con Hocchi si- mili di tal colore, lo che riportai nel voi. IX, p. 198, ove però per errore di stam- pa si legge penitenzieria in vece di can- celleria, ciò chediè luogo all'abbaglio che si legge nel voi. LII,p. 79, in cui trattan- do del Reggente della penitenzieria apo- stolica ripetei il fallo tipografico. Tanto è vero, che non vi ha diligenza che basti, per assicurarsi di non prendere equivoci, che fece dire all'inimitabile Cicerone,//» Phil. XII : Cujusvis hominis est errare , ìwllius, itisi insipientis , in errore perse- verare joptinuis est porltispoeni tenti, mu- talio consiliì. Per la natura dell'ofllcio il reggente supplisceil cardinal vice-cancel- liere, tanto nell'assenza oimpotenza sua, quanto nella vacanza della carica. INlolti esempi si hanno di prova, che nell'assen- za o per vacanza del cardinal vice-cancel- liere , ne sostenne le veci il prelato reg- gente : fra gli altri ricorderò il recentis- simo esempio dell'assenza daRoma e mor- te in Eermo a'2 1 marzo 1 85?., del bene- merito della s. Sede cardinal Tommaso Rernetli, che Gregorio XVI aven dato iu successore al cardinal Pedic.ini, nelle qua- li circostanze supplì all'eminente dignità l'attuale reggente mg.'' Stefano Bruti prò- tonotario apostolico partecipante. Que- sto prelato era abbrevialore del parco maggiore, per cui «piando il regnante Pio IX lo promosse al reggentato, cessò nel minore oliìzio, leggendosi nella bolla di destinazione : f'olnmus antcìn iptod of- ficiiun Abbre^'ialoris de /Ila/ori Pracsi- dvntid tpiod in snpradicta Canrcllaria ad prucsrns oblincs per conccssioneni, U

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assìgnalìonem hiijusmoclì cesset eo ipso. Il medesimo mg/ Bruii quale reggente (Iella cancelleria apostolica, secondo la na- tura del suo ufficio, supplì le vecidelcar- dinal Bernelli fioche visse lontano da Ro- ma, ma poi defunto, a togliere ogni dub- biezza, e seguendo altri casi avvenuti nel corrente secolo, supplicò il Papa a vo« lergli accordare la facoltà di supplire le \eci del vice-cancelliere,facendo continua- re gli altri uffiziali, quindi ottenne il re- scritto. Die 24 'iiartiiiS52. SStnus. ari- iinit prò graiia jiixta pelila durante va' catione affidi vice-cancellarii. In segui- to diche mg.' Bruti prese solenne posses- so nelle sale del Palazzo della cancelle- ria apostolica (/^.), ponendosi sotto il tro- no alla presenza del collegio dei prelati abbreviatori, de'loro sostituti , e di tutti gli officiali di cancelleria. Nel 1/^2 del Giornale di Roma de' i3 giuguo i85a si legge, che il Papa Pio IX, con bigliet- to della segreteria di stato, affidò al car- dinal Luigi Amat di s. Filippo e Sorso, l'esercizio della carica di vice-cancelliere di s. r. Chiesa e di som mista (nel primo concistoro ne seguirà la preconizzazio* ne, giusta il costume). Il decano de' so- stituti degli abbreviatori di parco mag- giore, è pure sostituto di mg.*" reggente. Qui noterò che avendo il sovrano ordi- ne gerosolimitano il vice- cancelliere e il reggente della cancelleria, questi fungeva la carica dell'altro nelle assenze, come nel i6o4 fece in Malta il reggente fr. d. Em- nianueledeChebedo, pel vice*cancelliere fr. Gio. Otto Bosio, e lo riporta Pozzo , Hist. della s. Religione di Malta par. i , P.4B9. Molti scrittori, oltre il Ciampini, parlarono del reggente della cancelleria e suo rilevante uffizio, L'Amydeuo, De pittate romana, p. 206, De vicecancel- lariOj et magistralìbus, lo cWiacaaprinius minisler et Cancdlariae Regens. Nella Relazione della corte di Roma di Luna- doro, edizione del 1646, p. 89, si legge che il reggente era il i uffiziale della can celieria, posto che si acquistava pcr2?jOoo

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scudi , la metà pagando i i a abbrevia- tori che vengono dopo di lui, fruttando rS o il IO per 100 : the il cardinal vice- cancelliere godeva la collazione del rcg- gentato e di 6 abbreviatori; che questi 1 3 prelati erano pure referendari dcìle dixa segnature, ed aveano luogo nelle cappel- le pontificie; ma il reggente allora non vi andava per rispetto delle precedenze eoa altri prelati, avendo egli facoltà di com- mettere tutte le cause di appellazione ia Roma agli uditori di rota ed ai referen- dari, distribuendole per ordine acciocché ne avessero ogauùo.CoheìWojNotitiaCar- dinalatus, et ronianaeanlaeofJlcialibuSy a p. 2 1 1 impiega il cap. a i per trattare: De Cancellariae Regente , del suo ulfi- zio, preminenze, giurisdizione, in quali cause deputa i giudici, che siede nel par- co maggiore cogli abbreviatori, ec. Ve- ramente nel rame che riporta Ciampini a p. 5 1 , in cui si rappresenta il parco ove siedono gli abbreviatori, il reggente è fi- gurato in piedi sotto il trono alla destra del cardinal vice-cancelliere nell' atto di sottoscrivere le suppliche e le bolle. E qui avvertirò, che in cancelleria il solo reg- gente indossa il rocchetto, poiché i prela- ti abbreviatori, benché altrimenti ne ab- biano l'uso, ivi siedono solo con sottana e mantelletta. Questi ultimi però, nelle speciali funzioni del collegio hanno cappuccio di saia paonazza che è l'inse- gna che loro s'impone nell'atto dell' ia- gresso al collegio. De Luca, // cardinale pratico, discorrendo nel cap.40 del car- dinal vice-cancelliere, pone pel i de'suoi uffiziali il reggente, indi gli abbreviatori di parco maggiore e minore, dicendo che il reggente ha qualche maggiore parteci- pazione delle materie forensi per le com- missioni delle cause, circa la distribuzio- ne che se ne fa agli uditori di rota, ai pre- lati di segnatura, ed anche ai cardinali. Plelteraberg , Notitia congr. et tribuna- liuni curiae romanae, p. 34 1 parla del- l' officio del reggente. Regens est locunu tencns etpriniarius officialis vicecancel'^

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Inrii, e che si sottoscrive Regens. Nella Relazione della corte di Roma , accre- sciuta da Zaccaria t. 2, cap. 24, egual- mente si parla del reggente della cancel- leriai Finalmente distìnta notizia ci di questo prelato il Bovio, La pietà trion- fante, p. 1 9 1 , Del reggente della cancel- leria apostolica, dicendo ancora che po- teva alienarelacaricaritraendonela som- ma pagata, però di consenso del Papa. Che deve reggere la cancelleria in luogo del vice-cancelliere, presiedere alle spedizio- ni, deputare il giudice nelle cause com- messe dal vice'Cancelliere,edinquelledel- le due segnature di grazia e di giustizia, ricevendo la giurisdizione da detto car- dinale, le cui veci esercita, essendo a tem- po di Sisto IV amovibile ad arbitrio del vice-cancelliere, poi divenne a vita.

Questo prelato come famigliareecom- mensale del Papa, godeva la parte di pa- ne, ciambelle e vino dal palazzo aposto- lico, di cui al voi. L, p. 2o5. Qui noterò, rhe anco gli altri primari della cancelle- ria aveano tal parte, ed anticamente nel- la vigilia di Natale tota cancellaria ri- ceveva dal Papa quanto narrai nel voi. LV, p. 4'- il reggente è al presente in pieno esercizio della carica e ne perce- pisce tutti gli] emolumenti. Egli di per se, o i prelati abbreviatori di turno fan- no sulle bolle quantodissinel voi. VII, p. 180, vi appongono le iniziali L. C. lecta correcta,ed il reggente iV. /^ che significa Sirphaniis Regens. Interviene alla rinno- vazione delle Regole di Cancelleria (A'.). Intervienenellecappclle [)ontilìcie in cap- pa e rocchetto, e 6Ìede dopo i vescovi e il Commendatore di s. Spirito (f'.), benché un tempo avesse luogo dopoi protonuta- rì,come notai nel voi. Vili, p. ':>. i8,coa ì' Uditore delle Contradetlc (/'.) , aven- dolo ripetutamente letto Vielle opere che li'otlnno (ielle pontifìcie funzioni. Nelle processioni con detto uditore precedeva I gencrnli dv^li ordini religiosi, come i'i« levAi ne'vol. VII, p-^9<)i Vili, p. aiOt l'ROUKMto.ii, e ne'vul. Vll,p. 179, IX,

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p. 62, dichiarai che in quella del Corpus Domini presiedeva al gran numero dei vacabilisti che v'intervenivano. Gregorio XIII nel 1575, a togliere le dissensioni di precedenza per questa processione , sta- bilì l'ordine col quale dovevano incede- re i vacabilisti e gli officiali della date- ria, penitenzieria e cancelleria apostoli- ca, al modo che riporta Cohellio , Not. card. p. 243. Inoltre questo prelato ca- valcava nelle 4 solenni cavalcate , colle quali il Papa si portava alle ca[ìpelle del- la ss. Annunziata, di s. Filippo, della Na- tività, di s. Carlo. Similmente ha luogo in quella del Possesso del Papa: ecco gli esempi che leggo nelle relazioni raccolte da Cancellieri. Gli abbreviatori interven- nero nel 1 590 alla cavalcata del possesso di Gregorio XIV, ritengo che vi sarà in- tervenuto ancora il reggente, giacché os- servo che le più antiche relazioni di que- ste pompe non riportavano tutti gl'inter- venuti; gli abbreviatori li trovo pure nei possessi d'Innocenzo IX, in cui eziandio vi furono cnhiculnrii cancellar ine; così nel possesso di Clemente Vili; dicendosi in quellodi LeoneXI,chepriniadegli uditori di rota venivano i prelati di cancelleria; di Paolo V, di Gregorio XV, di Urbano Vili, d'Innocenzo X in cui si dichiarano 12 abbreviatori maggiori ; mentre dopo gli avvocati concistoriali cavalcavano au' ditores contradictarum, abbrevialores mi- nores, registratores bnllarnm, sollicitato- res de janizaris, portionari, prarsiden- tcs ripac, tutti olliciali e vacabili della can- celleria. Lai ." volta in cui espressamente è nominato il reggente, fu il possesso di Clemente IX nel iGGy, che cavalcò do- po i chierici di camera (gli abbreviatori precedevano i votanti di segnatura, che cavalcarono avanti i delti chierici,), con rocchetto e cappellone sopra mula ad- dobbata. Nel 16H9 per Alessandro Vili cavalcò il reggente dopo i chierici di ca- mera, avanti gli uditori di rota. Dal non averne trovatoallri esempi, eonvicruisup- porre, u che fu ummesi>o dagli bcrillori,

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ovvero che duravano le vertenze di pre- cedenza. Nel possesso del 1846 del re- gnante Pio IX, dopo i chierici di camera cavalcarono mg/ Antonio Cioja reggen- te della cancelleria apostolica , con due abbrevialori di parco maggiore, vestiti di cappa e rocchetto e cappelli semi-pon- tificali, sopra mule bardate di panno ne- ro. Sebbene Ciampini nella cavalcata fu- nebre del vice-cancelliere cardinal Far- nese, non parli dell' intervento del reg- gente, bensì degli abbrevialori, credo che non vi sia da dubitareche il reggente viab- bia luogo, quando quell'intermessa pom- pa si rinnovasse. Gio. Ciampini ci diede ancora, Abhrevioloris de Curia competi' diaria notitia,^owae 1 696.Questoabbie- viatore è diverso dai sunnominati, bensì si soleva scegliere dagli abbreviatori di parco maggiore, e ne trattai ne' voi. VI, p.i 18, XIX, p. I 55y oltre il suo articolo : al presente è mg.'" Domenico Bruti.

REGGENTE DELLA PENITEN- ZIERIA A POSTOLICA, Regens Potiti- tenliariae apostolìcae. Prelato Uditore di rota {^F.) insignito de' sagri ordini mag- giori , che dopo il cardinal Penitenziere maggiore (/ .) , presiede al i.° tribunale della s. Sede la Penilenzieria apostolica {F.), colla qualifica di i.° uflìziale della medesima equal vicario generale del car- dinale penitenziere, così appellatodal reg- gere il sagrotribunaleinnome dellostes- so porporato, nella cui assenza o impoten- za funge le veci , sottoscrivendosi ne're- scrilti e decreti. Regens. Del suo ragguar- ilevole e cospicuo uffizio come delle au- torevoli prerogative e facoltà, tenni pro- posito ne'citati articoli e nel voi. Lll, p. 78. Di lutto quanto che riguarda il suo intervento alle pontificie funzioni, come editore di rota, a questo articolo, ed a Cappelle PONTIFICIE dillusamente ne trat- to. Per un abbaglio preso circa 1' orna- mento del cappello spettante al /Je-g'gf^- te della cancelleria^ a quell'articolo l'ho rettificato, l'amore della verità dovendo preferirsi a qualunque riguardo. Oltre il

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cardinal Petra, Z?6 5^c/YZ Poenitentiariae, molti scrittori parlarono del prelato reg- gente della penilenzieria, fra'quali ricor- derò i seguenti. L'Amydeno, De pietate romana, scampalo nel i6i5, ap. 207 chia- ma Gio. Battista Coccino veneto decano della rota , s. Poenilentiariae praeftcluS' sìve i?fg'e/2*j- e trattando Decard.siimmo Poenitenliario, a p. 2 1 5 dice così: Munns igitiir poenitentiariae ohitiir primo per card.poenitentiarium cui immediate sub- est s. poenitentiariae Regens qui est lo- co vicarii , et cui imponilur tota diffidi- limonnn negotiorum farcina. Deligitnr ad id ex rom. curiae praesulibus virmo- rum sanctitate et litterarum scientia un- drffuaque conspicuus. Cohellio, Notitia cardinalatus et rontanae aulae officia' libus, llomae i653, parlando degli udi- tori di rota, a p. 2o5 attesta, che il de- cano della rota , quod munns antiquiori aevo poenitentiariorum decanus exple- bat, quindi parla dell'oflicio del reggen- te a p. 3oo. A p. 243 poi, parlando del- l'ordine col quale doveano incedere nel- la processione del Corpus Domini, secon- do lo stabilito da Gregorio XI li, dopo gli scrittori delle lettere apostoliche proce- devano l'uditore della penitenzieria e il reggente della penitenzieria. Nel possesso preso da Innocenzo X nel 1 644> trovo che cavalcarono , procuratores poenitentia- riae, e/usdem correctores. De. Luca, // cardinale pratico , p. 4o5 e 407 tratta del reggente, e la dice carica che è solilo conferirsi ad uno degli uditori di rota. Plellemberg, Not. cong. et tribunalium, p, 182, lo qualifica, /Jfg'e/w ex primariis romanae curiae praelatis eligi solet, et ut plurimuni estunus ex auditoribusro- tae. Gerit vices major is poenitenlìarii, et supplices libellos subsignat , ac decreta opportuna apponit, velconcedendo in iis petita, vel denegando ,quìai\'i eruditamen- te tratta del tribunale e suoioniziali. Lu- nadoro. Relazione della corte di Roma, illustrata da Zaccaria, parlando degli u- diloi i di rota, riferisce che a due udito-

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tori si soleva d'ordinario affidare gli uf- fici di reggente e canonista della peniten- zieria; discorrendo poi del tribunale, di- ce che il reggente esser suole unode'più degni prelati della corte romana, e parla del come esercita la carica. Nel voi. LV, p. 4i tlissi che nella vigilia di Natale il Papa faceva una distribuzione, Poemtó«- tiarii Clini eoriini fumiliis.

REGGIO {Rheginen in Brullo). Città con residenza arcivescovile del regno del- le lìue Sicilie, capoluogo della provincia di Calabria Ulteriore i/, di distretto e di cantone^ in fertile pianura all'estremità degli Apennini e della penisola italiana, sulla costa italiana del Faro di Messina, che mediante il canale di tal nome la se- para dalla Sicilia a quasi 3 leghe da ]M essi iia,eda72 da Napoli, sulla destra sponda ilei Calopinace, in riva al mare. Sede di una gran corte criminale, di Iribunaleci- vile e di giudice d'istruzione, piazza for- te di 3/ classe, cinta di mura (ìancheg- giate da torri e circondata da grandi sob- borghi. Le strade sono larghe e dritte, e le case in generale ben fabbricate; bella è la riviera, ma il portopuco sicuro, per- ciò le piccole barche riparando dietro una elevata muraglia, e fermandosi gli altri bastimenti lungo la rada. Nel niare diReg- gio si osserva il particolare fenomeno , conosciuto sotto il nome di Fata Morga- na e sul quale scrissero diversi e più di proposito il p. Giardina domenicano , spiegando la cagione della vaga e dilette- vole apparizìonesulleacqucdcl marcUcg- gino, e nella iitagione estiva e quando il mare istesso è in quella somma Iranquil- lilù che colir chiamano maclìeriay e di- stinguendo, per evitare ogni equivoco, 3 •ortc di Fata Morgana, cioè la marina, r aerea , ed ima 3.* eh' ci chiama Irido li'rginln. (Quantunque nella sua opera sia •overchin l'immoginozionc, in sostanza si raccoglie : che lo Iim[)ide7.za delle acque del mare ubbondanle di particelle bitu< niiiTote, l'nrin impregnata di umori cri- Palliai e di UDaUsticclcllnchciuuieuUile

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dal fuoco sotterraneo, rendono alle volte quel mare istesso come uno specchio, nel quale si veggono le città di Reggio , di Messina, ed i luoghi vicini cogli animali e lull'altro ch'è su quelle collinette , se- condo la posizione nella qualesi trova l'os- servatore; ed allorché que* vapori si cou- densano in aria, gli stessi oggetti si veg- gono come in un tcrsissimo specchio pen- sile. La cattedrale basilica, situata in mez- zo alla città, è un nuovo edilizio, avendo il terremoto nel 1783 rovinata l'antica; è dedicata alla B. Vergine Assunta , ri- splende per ornamenti di pitture e per la cappella del ss. Sagrameuto preziosa pei* la profusione de'maruii e agate chela de- corano : vi è il fonte battesimale, e la cu- ra d'anime adldala al canonico curato. Aderente alla metropolitana è il palazzo arcivescovile. Il capitolo si compone di 4 dignità,! .'delle quali è il decano, l'altre essendo 1' arcidiacono, il cantore e il te- soriere; di 24 canonici comprese lepre- bende del teologo e del penitenziere, di IO ebdomadari, e di altri preti e chieri- ci addetti al servigio divino. Inoltre vi so- no 7 altre chiese parrocchialie munite del s. fonte, oltre la collegiata di s. Maria chia- mala la CaUolicaùe.\ Protopnpa [F.)^ie- co. Vi sono pure 3 conventi di religiosi, oltre ilcollcgio e la bellachiesa nuovadei gesuiti con orfanotrofio provinciale; due monasteri di monache : nella chiesa dei domenicani si ammira una marmorea cap- pella di stile gotico. Nel novembre 1 849 fu inaugurato 1' educandato delle suore della carità con 7 religiose, le quali visi- tala la chiesa di s. Agostino per ringra- ziare Dio del benefizio conceduto da re Ferdinando II, fecero l'ingresso nell'edi- fizio loro preparato dal zelantissimo in- tendente promotore della bell'opera. Que- sto luogo già derelitto, fu trasformolo in decente ginno&io femminile, per le pie se- guaci di s. Vincenzo di Paoli. Vi sono e- ziondio altri stabilimenti d' istruzione e benefici, con fraterni te, ospedale e semina- tio. Ila fabbriche di seterie, selc, calze e

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uUre opere di bisso o tela tìni.ssima , giù tli molta rinomanza, essenzeediversesor- le d'acque odorifeie e stoviglie comuni, essendo stale le antiche di singoiar pre- gio; vi sono usine alimentate dalle mi- uieredi Valanidi,StolIa, Addai e Musciad- di. Considerabile è il suo traflioo di vini, olio, frutti e seta, anzi è il più ricco em- porio delle sete calabresi. La pesca attiva e copiosa somministra molta varietà di crostacei, fra'quali una specie di ostrica che dalle pinne marine o nacchere for- nisce abbondante e finissima peluria, det- ta volgarmente lana sudicia e in più a- datto linguaggio bisso o pelo tliostura, diesi prepara nelle nominate fabbriche con appositi metodi , per farne guanti , calze e berretti pregiati. Vi si tiene fiera ue'primi i 5 giorni di settembre. Fu patria di Agatone tiranno di Siracusa, dei filo- soli Ipparco, Ippia, Lieo e Teagene, del legislatore A ndrodamo,de'poeti Cleome- ne e Ibico, degli statuari Learco e Clear- co,edi altri più moderni uomini illustri: perciò vi fiorirono rinomate accademie , e Pitagora vi tenne scuola^ venendo al- tamente celebrata questa città dagli an- tichi scrittori pei tanti suoi pregi, come dairUghelli nel riportare la storia de'suoi sagri pastori, Italia sacra t. g, p. 3i5, ]l distretto di Reggio abbraccia , oltre il proprio circondario, quelli di Villa s. Gio- vanni, Scilla promontorio famoso, Calan- iia, Melito, Bova , e s. Agata in Gallina col titolo di principato.

L'antichissima e illustre Reggio, fl/jc- giuin Julii, secondo Slrabone vanta a fon- datori i calcidesi egli esuli messeni. AU cidamida fu invitato da Messena a por- tarsi alla lesta del governo di quella nuo- va repubblica, aiutato da un consiglio di 1 ODO Ira'più stimati cittadini. 11 suo pro- nipote Anassila, erede del potere esecu- tivo, sostenne guerre continue colla re- pubblica sicula di Zancle, e adizzò contro quella un'annata di messeni, trattadidre- cia, che l'occupò e le diede il nome di Mes- sene. Fiorì dopo questa epoca fcliccmcnle

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la repubblica reggina, e le morali leggi promulgatevi dal lilosofo Caronda, legi- slatore di Catania sua patria e di tutte le colonie calcidesi, altnssero l'universale ammirazione. Anassila il giovane cessò quel beato vivere, facendosi proclamare signore di Reggio, occupata a viva forza la rocca. Egli fece invadere la nuova Mes- sene dai sarnii, e questi ausiliari cacciò poi per dar quella signoria al figlio Leofro- ne; quintli difendendo contro ogni ester- na aggressione i suoi slati, e turbando so- vente l'altrui pace, e specialmente di Lo- cri , che senza la mediazione di Jerone sarebbe perita. Egli coltivava 1' idea di riunire in una sola monarchia la Magna Grecia, ma non ne venne a capo,elasciò niorendo Micito il suo più fido a tutore de'suoi figli. Questo uomo virtuoso sos- tenne con onore la moderata reggenza , mantenne la pace, ampliò il conunercio e fondò la colonia reggina di Bussenzio, ove fu poi Policaslro. Quando i giovani principi ambirono di governare da perse stessi, «gli tornò volentieri a vita privata in Tegea d'Arcadia, dopo avere reso fé» del conto di sua amministrazione, seco re- cando il solo guiderdone d'una pura co- scienza, Poco dopo, tra per l'insolente a- buso di potere che solFrivano e per 1' e- sempio che imparavano dalie città sicu- le, i reggini ricuperarono la libertà , ma furono lacerati ben presto dalle fazioni. 1 discendenti de'calcidesi e messeni ven- nero più volte alle mani ; in mal punto poi trovandosi, chiesero soccorso a'calci- Uesi d'Imera sicula, i quali volati in Reg- gio trucidarono tutti di contraria parte, usurparono la Signoria e aggravarono l propri confratelli colla più umiliante op- pressione. Né avvenne se non dopo lun- go gemere la nuova emancipazione della repubblica , la quale respirò finalmente sotto le forme del suo reggimento a co- mune. E così durò finché non le appre- stò nuovi guai la temuta possanza del si- racusano Dionigi. Fu Reggio lai.' città the gettasse il grido d'allarme contro quei

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(iranno, che voleva dominare tutte le re- piibbliclie degl' italioti, e collegalasi con Messina venne trasportato su quel la spiag- gia siciliana un esercito, ingrossandolo con altri ausiliari inesseni. Se non che Io spi- rilo di sedizione e di gelosia s'inipadronì de'niessinesi, mentre avveniva la marcia per a Siracusa, i quali sbandatisi, anche i reggini dovettero perciò retrocedere e cercar da Dionigi la pace. L' ottennero elleltivamenle, ma non aiulò guari, che con nuove onte provocarono il fiero re di Siracusa. Costui, vago di blandir gl'i- lalioti, mentre preparavasi a cozzare coi cu taginesi, richiese in isposa una vergi- ne reggina, ed i cittadini non solo rifiuta- rono di aderire al volo, ma vi aggiunsero l'onta d'inàultanle risposta. Trovò Dio- nigi maggior condiscendenza in Locri , ed ivi sposò Doriile, giurando contro Reg- gio im[)lacabile vendetta. 1 reggini dun- <jne si prepararono alla guerra, e trasse- ro nelle loro file quanti profughi sicilia- ni v'erano. Duce supremo dell' esercito iti Elori siracusano, e s'incominciarono le ostilità con infruttuoso nllacco sopra Messina. Tenti) Dionigi di sorprendere Reggio, ma Ehn'i ebbe la gloria di sal- varla e di ottenere la tregua d'un anno. Spiegava intanto ogni più chiaramente Dionigi le sue mire sulla Magna Grecia, e per meglio damarla si collegòco'belli- uosi lucani; il possesso di Reggio era il principaicsuoscopo. A. tal fine separò col- lii lo r/.a e col denaro lutti gl'italioti con- federali dagl'interessi di questa repubbli- ca, e dipoi la cinse di strellissimo asse- dio : oro, navi e ostaggi dovettero oftVire i cilladini sopr.iii'.ilti [tcv evitare il disn- fcln», ma ctin l'elliinero trattato iliscopri- i'(m'> di piii la propria debolezza. Con magnanimo eNcuq)io eccitali da Pilo che ne dirigeva la difésa, i reggini bastarono p(!ri I mc4Ì a sostenere le privazioni del- l'attedio,ed ì pili formidabili atliicchi, ma ninna «pcninza esicndrtvi piii di sidvcz- /», dovettero piegm'e alla reta, l'i fu tall- io rnido il (u'nniio, che con perfida si-

REG mutazione proferiva parole di pietà, di- chiarando di contentarsi della rifazione delle spese della guerra o d'un forte tri- buto, onde da' cittadini, come prezzo di libertà, alacremente si votassero i tesori nascosti; ma compiuta nuova specie di sacco, infianse Dionigi le promesse, tras- se in dura servitìi a Siracusa 6000 reg- gini e mise la città a ferro e fuoco. la virtù e l'amor patrio di Pilo il trattenne- ro dall' incrudelire contro di lui, il qua- le dopo aver contemplato eroicamente il morire dell'unico figlio, perì fra' tormenti più atroci che inventar sapesse la rafli- n<tla tirannide. Così cadde Reggio 386 anni prima deM'eia volgare e seco trasse la rovina di tutte le repubbliche ilaliote. Da (piell'epoca più non furono tanto glo- riosi I fasti civili di Reggio, benché Aga- locle figlio di Dionigi le rendesse la liber- tà, e restaurasse. Conquistata dai romani, divenne Reggio colonia e municipio no- bilissimo. Giulio Cesare, dopo discaccialo dalla Sicilia Pompeo,impresc a rifabbri- carla e la popolò di soldati e vecchi le- gionari, che aveanoservilo nella sua flot- ta, dandole il nome di Febia , che andò ((nasi subito in obblio, |)er prendere quel- lo di Rlicgiuin Jiilii. Vi morì verso l'an- uoi4di nostra era la famosa Giulia figlia unica d'Augusto, celebre per bellezza, in- gegno e depravala condotta; maritata pri- ma u Marcello, poi ad Agrippa, indi a Ti- berio, il quale si ritirò a Rodi per non es- sere leslimonio de'suoi disordini, lo che illuminò il padre che esiliò Giulia nell'i- sola Pandataria, e dopo 6 anni a Reggio, ove fu trattata meno severamente; dive- nulo Tiberio imperatore la privò della tenne pensione , onde la principessa de- stinata ad essere rornamenlodel 1 ." tro- no dell'universo, perì di fame! Dopo la morie d'Angusto sino al 4'" t^' I^cggio oiltà florida e magnifica. Dai romani pas- sò quindi nel dominio de'goli sotto Toti- ln,<h(; la |)rose nel !)\c). IVel ()iS fu oc- cupala dai mori o maouuMlani aglabili o agarcni. In seguilo nclioo'ìi la presero

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e sacclieggiaiono i j)i-ani, passando a fil (li spada qiie'saiaceniche vi si trovavano. Venula quindi in mano degl'impeialori greci, i noiiiianni li cacciarono, e Rober- to Guiscardo quivi si fece eleggere nel 1 o5q i.^duca di Sicilia e di Calabria. Nel 1 3 I 3 (u presa da Federico 11 d'Aragona le di Sicilia. Gonzajvo di Cordova b po- se in potere di F'erdinnndo V re di Spa- gna e di iS'a poli nel 1 5o3. Indi nel i 543 o 1 r)44 soiirj un orribile saccheggio e (u in- cendiala da Barbarossa eCaradino,perSo- limano II ini|>eialoiede'turibi;e]Muslal'à pascià nel i588 le lece provaie la mede* sima sorte, rinnovandosi poi a più ripre- se gì' insulti de' barbarescbij laonde nel ìScfS fu pure data allelìaninie dal pascià Sinan o Assaiie Cigala rincgalo calabre- se. Nondinienosi riebbe da tante sciagure, e già era ritornala fioientissima quando fu quasi inlieraniente distrutta dal ter- remoto del 1783, dalle cui rovine a poco a poco si ristorò. Seguì quindi i de.>>tini del reame di Napoli. Sono pressoché in- finiti i monumenti che ad ogni oc(a>ione di scavar la terra si trovano tanto den- tro che fuori la città, i quali dimostrano come Reggio slata sia ne'lrasandati seco- li luogo di molta distinzione e celebrità, Ira'tanti della rinomalissima regione.

La fede cristiana vi fu predicala dal- l'apostolo s. Paolo, the vi con verfi ('bat- tezzò moltissimi reggini, vi fondò la sede vescovile, la quale divenne metropoli ec- clesiastica della Calabria (/ .), uno de- gli antichissimi Palrirnoni della s.Sede (/^.)j avendo al i.° de'cilati articoli no- tato i Papi che die alla Chiesa la Cala- bria della ancora Magna- G/Tf/V7(/^.)j che vanta i suoi martiri primizie del cristia- nesimo della regione, essendo protettore di Reggio s. Giorgio martire. Prima di riportare la serie de' vescovi e arcivescovi d'tJghelli,dirò le notizie delle chiese gre- che stabilite in Reggio e nell'arcidiocesi, con l'autorilà di Rodotà, Deli ilo greco IH Italia t. I ,p. 4o2 e seg. Essendosi que- sta città resa alla faconda predicazione

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di s. Paolo, il quale lasciò le cui e del ve- scjj'vato a s. Stefano suo discepolo, fu go- vernala per lo spazio di 7 setoli da ve scovi di rito lalinojnel secolo Vili fu sta- bilita metropoli, e l'arcivescovo primate della Calabria. Il suo prelato sublimalo agli onori dell'arcivescovato, riceveva l'imposizione delle mani dal patriarca di Costantinopoli. Fu la chiesa di Reggio cospicua e illustre metropoli della Cala- bria sotto il greco impero per 3oo anni, con I 3 vescovi snffraganei thedovea con sagrare, cioè Cova, Tauriano trasferito poi a Mileto, Locri, Rossano, Squillace, Tropea, Amantea the si unì a Tropea, Colrone, Cosenza, Nicolera, Risignano, Nicastio, Cassano. Noterò che l'UglicHi ne registrò q, cioè Cova, Catanzaro, Ge- rnce, Colrone, Neocaslro, Nicolera, C)p- pido, Squillace, Jinpea, avvertendo the Cassano che pretendeva l'esenzione, s. Pio V nel 1 566 »» declaravil metropolitano Rheginosubjacere.sednuntConsentinam metiopolimsynodoriim causa petit, piout vicissimepiscopuslMilitenexemptusRhe- ginam uielropolim dumtaxat synodoi uni causa accedete solel, Inter ecclesuis ro- mano Pontifici immediate subjeclas. Commanvilicne riportò un numero mag- giore, a motivo della riunione di diverse sedi vescovili. Al presente sono suilraga- nei dell'ai ci vescovo di Reggio, in virtù del concoidalo Pio VII e sua circo- scrizione di diocesi, i 9 ve.<icovidi Bova, Cassano, Catanzaro, Colrone,Gerflce,Ni- caslro, Oppido, Squillace, Tropea cui è unita la sede di Nicolera. Dice Rodotà, che dopo avere il conte Ruggiero nor- manno restituita questa chiesa con molle altre alla giurisdizione della s. Sede, vi richiamò Tant icori tolalino,costanlemen- te poi osservalo dagli arcivescovi,! quali non avendo veruna ragione della dignità metropolìtica derivata loro da'pati ini chi di Costantinopoli, si determinarono di vo- lere ricevere un tale onore da s. Gn gorio VII , the graziosamente lo concesse nel 1 081 a suppliche del duca Roberto Gui-

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scardo. Non lulli i vescovi greci siiffra- ganei seguirono del pari le orme del loro metropolitano, con militare sotto il rito latino. Alcuni di loro avendo a cuore il greco, furono lasciali in libertà dal conte Ruggiero, il quale quantuncpieimpiegas- se dolcemente la sua aulorilà per rimet- tere in onore tutte le chiese, collecere- luonie latine; temendo nondimeno di su- scitare qualche pericolosa sedizione, la- sciò loro in libertà o di ritenere le antiche patrie leggi, o di soggettarsi al soave gio- godelle latine costumanze. Proseguivano pertanto alcuni vescovi nel secolo XII a celebrare le loro adunanze e i sacrosanti misteri nel rito greco. Ne fa argomento il diploma d'Alessandro HI, il qualeac- cordando nel i i65 l'insegna del pallio a Ruggiero II arcivescovo di R.eggio, già conceduto da S.Gregorio VII e Eugenio HI, confermò tale onore anche pe'suc- cessori, e gli prescrisse di potersi valere di quello nella consagrazione de'vescovi sufliaganei o fossero greci o pure latini: de'due prelati greci intervenuti col me- tropolitano, si fa menzione nel concilio celebratoda detto Papa nel i i7g.InReg- gio i greci aveano i i parrocchie, prova del numeroso popolo greco che vi abita- va, con sacerdoti che amministravano i sagrnmenti. La più superba e sontuosa basilica era s. Maria della Cattolica, \n cui esercitavasi con magnincenza e con mirabile aflluenza de'nazionali,la pom- pa dell'ecclesiastico ministero orientale, essendo la piìi insigne collegiata del rito greco, non solamente delTarcidiocesi di Reggio, ma nella vastità di tutta Italia. Fondala per capo e matrice della gente greca, era composta d'un gran numero di minittri, e governata dal protopapa, il quale crn fornito di molti onori e am- pia giurisdizione che esercitava. Dopo di hii teneva il a." luogo il diterco 7." di- gnità, ci(»ò sccnndo con greco vocabolo. J canonici celebra vano ogni giorno gtiec- cU:«in»tici nnizi e i divini mislcM'i, e nella feria G.' recitavano alcune particolari o-

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razioni per suffragio del loro illustre be- nefattore, funzione ch'era chiamata siip- plicazione. Tra le molle e decorose an- nue finizioni, con grave canto e senza mu- sicali istrumenti,mngniflca era quella nel- la domenica delle Palme. Il protopapa corteggiato dal suo clero, si recava dalla sua chiesa a quella di s. Croce che da lui dipendeva, dove a vista d'un prodigioso concorso di popolo, e con festivo plauso della città faceva la solenne benedizione delle palme. Il silo ove sorgeva questa chiesa mantiene il nome à' Ho sauna, e la colonna su cui il popolo poneva le palme, perchè ricevessero la benedizione nel ri- to greco, fu trasferita nell'atrio della cat- tedrale. E" incerto il fondatore della splen- dida collegiata di s. Maria della Catto- lica, però si attribuisce al conte Ruggie- ro, munifico ristoratore delle chiese e mo- nasteri di Calabria, dopo l'espulsione dei saraceni che aveano abolita la religione cristiana, e si vuole in rendimento di gra- zie a Dio, per le vittorie riportale su quei ])arbari e cotiquista del regno, ricolman- dola di rendile e provvedendola di nu- merosi sagri ministri, in segno di rispet- tare il rito greco e perchè fosse ai greci comune madre. In luogo del già arcive- scovo greco vi stabilì per principale mi- iiislro il protopapa, con autorità amplis- sima e giinisdizione sui greci, sottraen- dolo da quella del nuovo ripristinato ar- civescovo latino, prescrivendo alle chiese e clero greco del vosto territorio metro- politano di Reggio, che rendessero come n loro superiore soltantoomaggio al prò- topnpa , e riguardassero la sua chiesa per c.ittcdrale. Inoltre concesse la presenta- zione di (picsto prel:ito della greca na- zione ol popolo di Reggio, riserbando a se e successori d'inveslulo della dignità, («ode la chiesa di s. Maria della Catto- lica lutto in perfetta pace, finché, ni dire di Rodotà, gli arcivescovi ne procuraro- no rannientamcnlO) avendo essi col loro clero sempre riguardato di mal occhio la dignità di prulopupa. Priucipuhnciile

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volle comballere il rilo greco l'arcivesco- vo Annibale d'Afflillo,clje nel i6i i sop- presse nella detta chiesa le ceiemonie greche, v'introdusse le latine, converten- dola in parrocchia del proprio rito e ar- rogandosi la provvista dellecappellanie, di cui rimase spogliato il protopapa, ri- ducendosi a nulla la sua autorità. Gli av- civescovi successori difesero il disposto dal predecessore Annibale, con sostenere che il conte Ruggiero destinò la chiesa in sua reaj cappella e per i.'suocappel- lano il prolopapa, sottraendolo dalla giu- risdizione arcivescovile, ed a lui non spet- tare le nomine delle cappellanie. Ambo le parti vennero a contestazioni, e pub- blicarono erudite allegazioni: nel 1726 portata la causa al giudizio del cappella- no maggiore del re, egli dichiarò il pro- topapa, ancorché divenuto di rito latino, ed i successori, esenti dall' autori del- l'arci vescovo, e gli restituì il possesso d'e- leggere i ministri di sua chiesa, come la giurisdizionesui medesimi. Dipoi nel (780 in Napoli e nel 1 785 in Roma Zavarroni vicario generale dell'arcivescovo divul- gò un'apologia, sopra lacon Irò versa chie- sa, oppugnando la legittimità del diplo- ma del conte Ruggiero. La dignità del protopapa non più greca ma latina , si conferiva a presentazione della città di Reggio dal re delle due Sicilie. Celebra- va i divini uflìzi, assistito da ministri ec- clesiastici vestiti di mezzetta. Nell'arci- diocesi furono già molte colonie di rito greco, come di s. Agata, della Motta di s. Giovanni, ^i s. Lorenzo, di Cardeto, di Arno, di Mossero va, di Montello e Pen- lida\toIo.

Il i.° vescovo di Reggio fu s. Stefano di Nicea di Bitinia, ordinato da s. Paolo 2 5 anni dopo l'Ascensione in cielo del Re- dentore, chiaro per lo zelo di diffondere il vangelo, per virtù e dottrina, patendo glorioso martirio nel 74) coi ss. Suera ve- scovo, Agnese, Felicita ePerpetua.il 2.° vescovo fu Marco che nel 325 fu al con- cilio di Nicea I) Ilario viveva nel434;s-

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Slsionlo di Reggio del 536 che ospitò s. Placido; S.Cirillo di Reggio del SSg; Lu- cio fiori dopo il 586; Bonifacio del 598, di cui querelandosi il clero, Papa s. Gre- gorio I ne commise la causa a 5 vescovi di Calabria. Nel 601 divenne vescovoPao- lino; indi Giovanni che nel 680 s. Aga- tone spedì in Costantinopoli per opporsi all'eresia de' monotehti; Costantino del 790 che fu al concilio di Nicea II; Leon- zio neir870 intervenne a quello di Co- stantinopoli; Leone fu al conciliabolo di Fozio tenuto in della città neir879, se pure non sia lo slesso Leonzio; s. Euse- bio di Reggio colle sue preghiere salvò la città da maggiori eccidi i, per parte dei greci e saraceni, e lodato morì nel9iG. Gli successe Stefano, al cui tempo greci e saraceni devastarono la Calabria, e re- staurala la chiesa di s. Micheledi Catan- zaro la dedicò; indi Galato, poi Leonzio, Ruggiero del ioi4> V... o Uberto o Gu- glielmo del ioS6,Rfghiensi archiepisco- piis,che intervenne ad un privilegio con- cessoalla chiesa di PalermodalconleRug- giero, secondo Pirro. Indi Rodolfo o Ar- nolfo, che però l'Ughelli lo dice consagra- lo arcivescovo prima, nel 1081 sotto s. Gregorio VII, che con solenne rilo de- dicò la chiesa della ss. Trinità di Milelu, magnificamente dotata dal duca Rober- to. Nel 1 089 ospitò Papa Urbano li, re- duce dal concilio di Troia: essendo mor- to nel 1 190, il capitolo elesse arcivesco- vo s. Brunone fondatore de'certosini, che ricusò la dignità. Urbano II gli surrogò il rispettabile cardinal Rangerio, del qua- le e degli altri cardinali tratto alle bio- grafie: fu nel 1 106 al concilio di Gua- stalla con Pasquale II, ed altro non si sa di lui. Rodolfo o Arnolfo intervenne alla consagrazione della chiesa di Catan- zaro, e morì nel 1 122. Beraldofu elet- to nel seguente anno; poscia Guglielmo che morì nel i x3i; Ruggero del 1 146 di gran virtù, il quale da Gaeta ottenne da Alessandro 111 quanto notai disopra, e la conferma de'pri viiegi concessi alla sua

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chiesa dai re e imperatori. Il successore Tommaso, di celebrata memoria, fu nel I 177 al concilio di Laterano tenuto da detto Papa, coi sufTraganei greci Lera- sino, e Filippo di Cotrone, e Guido di IVicastro. Nel i rc)4 Guglielmo si com- pose sulle decime di Mesa, appartenen- te all'archimandrita di Messin^i col mo- nastero di s. Pancrazio: a questi l'im- peratore Enrico VI donò Bova col suo contado e rocca, ed altre terre, ciò che confermò poi Federico 11. Nel i 199 l'ar- cidiacono Giacomo divenne arcivescovo, la cui elezione approvò il cardinal Cre- scenzio legato; Innocenzo 111 gl'impose il pallio in Roma, e poi gli commise le dillerenze tra gli arcivescovi di Monrea- le e Rossano. Il capitolo avendo eletto Lando,nobile,erudito,prudenle,nel 1 2 i 7 Onorio IH l'approvò e consagrò,ed a que- sto Papa l'inviò Federico li per la pace, come a Gregorio IX che lo trasferì a iVles- Sina. iN'el 12 34 gli sostituì R... vescovo di Squillace. Vernacio cappellano d'In- nocenzo IV, per virtù e scienza lodalo, e- letto dal capitolo, il Papa lo confermò nel 1252. Indi nel 1259 M. Giacomo Ca- stiglioni consanguineo di Alessandro IV, «li egregie virtù. Papa Nicolò III avendo rigettata la viziosa elezione fatta dal ca- pitolo del decano Roberto, nel 1277 so- stituì fi-. Gentile de'minori, d'eccellenti doti e fornito di scienza, cui Nicolò IV fece reintegrare ne'beni dal cardinal Ber- nardo legalo: (pieslo pastore indefesso propugnatore della libertà ecclesiastica, sostenne potenti persecuzioni, indi fu fat- to aniniinistratore d'Alile, con facoltà di assolvere i fautori di Pietro II d'Arago- na, a danno di Carlo II. Nel i3o7 Cle- niiMilc V nomin(>Tomn)aso figlio del con- lediCHltinzuro; nel 1 3 i(> Giovanni \.XII approvò Gugliirlino di Ileggio di gravi qualità e prudenza, eletto dal ca[)ilolo'. il tuccciHore fr. Pietro agostiniano, iuM- goe per pietà e Icileralura, fu consagrato in A vignonc, ove era stata trasferita la re- tidctua puulifìcio,c uiurì ucl iSv.H. Gli

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successero, nel iSaS Pietro Galgani di Manfredonia traslato da Giovanni XXII da Cosenza; nel i355 Filippo Maurelli di Cosenza per Innocenzo VI; nel i3G5 Carlode'conliOrsoamalfitano; nel r 37 r Tommaso de Porta salernitano di gran virtù; nel i382 Giordano falto da Ur- bano VI; nel i4o4 Pietro Filomnrino no- bile napoletano nominalo da Bonifacio IX per le sue esimie virtù; nel 142 i Bar- tolomeo Gatlula nobile di Gaeta trasla- lo da Rossano, donde nel 14^6 passò a Messina, eruditissimo nelle divine e uma- ne lettere. Martino V lo fece succedere dal virtuoso parente Gaspare Colonna romano, e poco dopo nominò Paolo già di Manfredonia, che seguendo lo scisma diBasilea,EugenioI V lo esiliò, enei i44f> elesse Guglielmo Logoteta nobile reggi- no, che eresse nella cattedrale la cappel- la a s. Stelàno protomartire. Nel i 449 Angelo Grassi di Manfredonia, già di A- riano; nel i453 Antonio Ricci napole- tano, che edificò la torre campanaria, ri- fabbricò la parte anteriore della metro- politana, cui donò di preziosi paramen- ti; nel 14^8 fr. Marco Maroldi napole- tano, donìcnicano dotto; nel i497 ^''c- Irò Isuaclle.s cousagrato nella cappella pontificia, poi cardinale, che nel i5oG rassegnò al nipote Francesco la sede; nel i5i 2 Roberto Orsini nobilissimo roma- no, chiarissimo per virtù e dottrina, in- tervenne al concilio di Laterano V, e fu nunzio di Leone X in Polonia e Germa- nia. Neil 520 cardinal Agostino !/h\7//3t nmminislratore, che con regressocedè al fratello Pietro arcivescovo d'Epidauro in partibiisj indi colle stesse condizioni il oardiiinl l'h'cole C oiizaga. C\ctnen\e VII nelif>29 nominò Girolanìo Cenleilisici- liano, dolloe probo,consagralo nelhicap- pclla pontifìcia dal sagrisla : annientò i canonici da 1 2 a 1 8, e nel suburbio collo- cò i cappuccini. Nel 1 537 Agostino (ion- zaga nubilissimo di Mantova, che edificò la chiesa e il convento ai minimi e fu so- pollu avanti ai gradini dell'altare inag-

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giore (la lui lìcilìncato nella cattedrale. iVel I '}6ofr. Gaspare Riciulli di l'osso dio- cesi di Cosenza, insigne per virtù e scien- za, decoro dell'ordine de' minimi, bene- merito del concilio di Trento: introdus- se in Reggio i gesuiti ed i domenicani , rifece la cattedrale incendiata dai turchi e la consagrò; istituì il seminario, fondò il monte di [)ielìi,ed altro in Robliniano; ridusse diverse nionaclie in un monaste- ro, celebrò il sinodo; pianto da tutti, e- semplare e generosissimo pastore , morì nel iSg^ e fu sepolto nella cappella da lui costruita nella metropolitana. Gli suc- cesse Annibale de Afflitto nobilissimo pa- lermitano, eccellente nelle lettere, e per altre doti celebrato : avendo il rinegato Cigala coi turchi distrutto il sepolcro del predecessore, spogliata la cattedrale, ma- nomessa la cittì), a lutto accorse col suo patrimonio; celebrò il sinodo,e morì in odore di santità nel i63S. Dopo Anniba- le Mascabruni vescovo di Stabia, nel 1 644 Gaspare Creales spaglinolo lodato pasto- re. Nel 1660 Matteo di Gennaro nobile na[)oletano degnissimo; nel i6y 5 Martino Thanez di Villanova traslato da Gaeta; neliGgG Andrea Monreale di Brindisi giù di Lanciano, col quale nM'Ilalia sacra si termina la serie, che proseguirò colle Notizie di Roma, ijij Damiano Polou di Gandia. i ySy Domenico Zigari di Co- senza, traslato da Cotrone. lyGr Matteo Gennaro Testa di Napoli. 1767 fr, Alber- to M." Capobinnchi domenicano di Brin- disi. Dopo sede vacante, nel 1 797 fr. Ber- nardo Cennicola della diocesi di Telese, minore osservante. 18 18 Alessandro To- massini di Diminiti arcidiocesi di Reggio, Iraslato da Oppido. 1828 fr. Emmanue- le M."* Bellorado di Napoli domenicano, Iraslato da Catanzaro, autore d'opere, co- me (\e Panegirici in 3 voi. 1 829 fr. Leone Ciampa francescano alcantarino di Ser- ra Capriola. Gregorio X\ I traslatòa Con- ila questo prelato nel concistoro del i.° febbraio! 836; in quello poi degli i i lu- glio preconizzò l'alluale arcivescovo mg.'"

VOL. LVH.

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Pietro di Benedetto di Cassano arcidia- cono di quella cattedrale , canonico pe- nitenziere e teologo , degno della sede. L'arcidiocesi si estende per 36miglia cir- ca. Ogni nuovo arcivescovo è tassalo iu 600 fiorini, fruttando la mensa sgSo du' catorum aeris ntapoliiani cunclis dedu- clis oneribus.

REGGIO DI MODENA {Eegien Le- pidi). Città con residenza vescovile del duca todi/l/o^/e/ia (col quale articolo e eoa quello di Ferrara sono collegate le noti- zie di Reggio e suo ducato), da cui è di- stante più di 5 leghe, 6 da Parma, 3 da Novellara (della qual città feci parola nel voi. XLV, p. 286), sulla via Emilia, Gii- poluogo di distrettoedi due cantoni, co- n)e del ducato e provincia del suo nome, il quale si forma di que'luoghi che dirò. La provincia si estende sino al giogo de- gli Apennini , ed è in essa rimarchevole il monte Canossa perla celebre gran con- tessa Matilde [y.) signora della fortezza inespugnabile posta sopra una collina , prossima alla sorgente del CrostoIo,e per le singolari e memorabili vicende ivi acca- dute, che narrai a s. Gregorio VII, che vi ricevè il sommesso imperatore Eurico IV nei 1077 : ivi soggiornando la bene- merita eroina, fece la donazione univer- sale di tutti i suoi beni alla chiesa roma- na, che poi confermò a Pasquale li il 17 novembre I 102, prò mercede et remedio animae meae, et parentum meorum,\eg' gendosi l' istrumeuto in Muratori , Rer. /tal. t. 5. Dice il Sismondi.»>Tale dona- zione che ha servito di titolo alla chiesa romana nelle sue pretensioni sulla Lom- bardia {f^), non fu mai rivocata in dub- bioj ed è il titolo più autentico, che i Pa- pi abbiano reclamato". A Garfagnana, ed a Contessa parlai del grande alto , che comprende eziandio il Reggiano e il Modenese , donati a s. Pietro dalla pia principessa, onde la celebrai in tanti )uo- ghi. La gran contessa fu pure con s. Gre- gorio VII a Carpinete, altro suo castello del Reggiano, e dove la medesima sul fi- 3

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nir del secolo XI convocò la solenne die- ta per stabilire sulla guerra o sulla pace coli impero; e sebbene i teologi ed i ba- roni esternassero sensi di conciliazione , bastò un monaco ad eccitar gli animi al- la perseveranza e si corse di nuovo alle armi, che obbligarono l'imperatore a riti- rarsi oitreil Po. Lagran Matildefrequeo- pure Bibinnello, altra fortezza di que- sto ducato, in cui neh i i ifu visitata dal- l'imperatore Enrico V, che segui va le pe- dale del padre Enrico IV, e colla quale tenne breve conferenza. In Querzola, al- tra montagna, evvi una salsa che contie- ne olio di sasso, e fuma e bolle e vomita fungo, e talvolta pietre con molto strepi- to, e somiglia ad un piccolo vulcano che potrebbe uu giorno rendersi formidabile. Nel monte Yentasso v' ha un lago chia- mato da Vallisneri ammirabile, la di cui circonferenza è ad un di presso di i5oo piedi parigini, e ritieusi dai fisici che la sua profondità sia di 25 braccia, sebbe- ne non manchi chi asserisca che non ha fondo, ma che nei mezzo evvi un gran vortice che sensibilmente apparisce. L'ac- qua del lago è limpidissima, mai sce- ma per siccità o per mancanza di neve. Oggetto pure di curiosità è la cosi delta Pietra di Bismantova ,ì\covdala da Dau- te nel suo Purgatorio, la quale è un a- \unzo(li un fortissimo e inaccessibile ca- stello, che ai tempi di mezzo dominava il circoiitaute paese; ed evvi ancora il po- polalo borgo di Bismanlova.Tutto il mas- so è forinatodi strati di giacitura obliqua, ed è di pietra calcare : la faccia boreale è in alcun trailo così curva e pendente, t:lic I iesce quasi a ridosso della soggetta campagna. l'iù degnadi memoria èQuara |H:r le auliche terme chiatnnte Balnmiii tìqititrium, di cui hanno tanto parlato i iiuluruliRti ed i medici. Uiaiunc qualche Vestigio che prova anche oggidì come le iiu|ue termali veniiKcru raccolte per la ••Iute degli uomini. Lu loro virlìisureb* be attivi»iimaie l'iirte iornuuMt a vincere r asprezza del luo^u e l' lucuuiudità del

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cammino.Sino i medici dell'antica Roma ne raccomandavano 1' uso, e si sa che le acque di Quara si trasportavano in Fran- cia, Spagna , e in Napoli benché ferace di acque saluberrime, edovunque l'arte salutare giungeva a scoprirne gli utili ef- fetti. Altro luogo memorabile del Reg- giano è Rubbiera, Herbaria, borgo va- lidamente fortificalo sulla riva del Sec- chia, il di cui castello vedesi ora conver- tito in prigione di slato. Fu posseduto nel secolo XIV dalla s. Sede, e quindi da- gli Estensi, a' quali Giulio II lo ritolse, fiuchèdopola morte di Papa Adriano VI, tornò in dominio del duca di Ferrara Al- fonso I d'Este. 11 distretto di Reggio si di- vide in IO cantoni : Correggio, di cui par- lai nel voi. XLV, p. 286;Carpineto,del quale feci cenno, Cuslelnovo de' Alonti , Gualtieri, Minozzo, Montecchio, Reggio {intra^ià extra wmroA-), Scandiano che al- cuni credono vi sia nato 1' Ariosto, ben- sì lo Spallanzani, e Brescello. Di questo Brescello e de' suoi diversi nomi parlai in parecchi luoghi, come nel voi. XL, p. 292, 3oo e 3oi, trattando di s. Genesio suo vescovo e di altri dello stesso no- me, giacché fu sede vescovile. L'Ughelli, Italia sagra 1. 1 o, p. 3o, Brixeliensis c/ìi- scopatus, la chiama già preclara città del- la Gallia Cispadana,coloniaromuna e di cui trattarono diversi antichi scrittori che nomina, ed ove nel suo castello Bedriau- cese l'imperatore ron)ano Ottone, dopo essere stato sconfìtto da Vitellio, si ucci- se e vi fu sepolto al dir di Plutarco. Va- lenliniano IH dichiarò il vescovo su (Ira- ganeo di Ravenna (/ .). Cipriano lìorì nel 45a; AnuslasioCremonesenefu fatto ve- scovo da Pelagio II Pupa del SyB, e fu lodato pastore; Gregorio Maggia nobile creuionese buono e prudente, encomia- to per vigilanza, fiorì sotlos. Gregorio 111 del 73 I ; TeodelxM lo Meliori nobilissimo cremonese, monaco benedettino, venne eletto da s. Zaccaria Papa del 74 > > cui diede per successore s. Paolo I l'altro no- bile crcuiuuc;>c Ersilio, che pianto per le

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sue virtù fu tumulato nella cattedralecon onorevole epitaffio. Termina Ughelli le notizie (li questa sede senza nominare s. Genesio e con dire : Nane Brixellensis ecclesiae caputtst archipresbyter , suhja- cclqiie Mutinensi episcopo. Commanvil- le, Ilistoire de tous les eveschez, riferisce che nel ^5^ per avere Aitila rovinato Parma, il vescovo si ritirò a Brìxellum evi restò per qualche tempo, onde si dis- se vescovo di Brixellum, poi lo pone nel- l'elenco de' vescovi riunito alla sede di Reggio. Brescello, Bersello o Breiello ora jiorgo a 6 leghe da Reggio, sulla destra riva del l'o, lece già parte della contea di Correggio. La città Tu distrutta da Au- tori re de' longobardi tra 1' anno 584 e 5qo ne'quali regnò. Questo luogo lo ce- dette a Ercole I d'Este, il duca di Mila- no Galeazzo M." Sforza in compenso di Castel Nuovo del distretto di Tortona, che il duca Filippo M .' Visconti avea dona- to a Borso d'Èste figlio di Nicolò III e pa- dre del detto Ercole I, per averlo soccor- so coni2 I 7 soldati neh 44^ nella guer- ra contro i veneti , e che dopo la morte dello stesso Borso avendolo occupato il duca Galeazzo lo donò a Roberto Sanse- verino celebre capitano di que'tempi. Er- cole Il duca di Ferrara vi fondò poi cir- ca ili55i una rocca fornita d'artiglieria, ed in memoria coniò una moneta di bron- co rappresentante questa fortezza, colla leggenda BrixiiU securilas da un canto, e dall'altra un'aquila col tnoWoNobilitas Estensis. Vi è un'altra moneta spettante a questo luogo, d'argento e del peso di 5o grani, e rappresenta da un lato s. Gene- sio vescovo, coll'epigrafeiS". Ginesius Bri- xiiU Ponllfex, e nell'altra parte come la descritta moneta di bronzo. Secondo La- mi , Atti citi martirio di s. Genesio ro- mano , vi fu una badia di s. Genesio di Bersello o di Bresello, e si s. Genesio vescovo come se fosse il martire romano o un confessore; cita inoltre alcune me- morie spettanti alla badia esistenti nel- l'archivio Riccardi di Firenze, una bol-

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la d'Anastasio IV riportata pure da Mu- ratori nel t. 5 deWe/inliguit. niediiaevi, p. io2i,ed una carta della contessa Ma- ^ tilde, riferita ancora dal p. Bacchini nel- la Storia del monastero diPolirone, ove a questo s. Genesio della badia di Bersel- lo si il titolo di confessore. Questa ab* bazia sotto l'invocazione della ss. Trinità fu fondata e dotata da Atto contedi Ca- nossa, indi grandemente aumentata dalla gran Matilde contessa di Canossa. Altre abbazie del Reggiano furono s. Apollo- nia istituita da tale principessa e dallasua madre'Beatrice;s. Maria di Maurolo pure eretta dalla sua munificenza, e quella no- bilissima dis. Prospero summentovata da lei accresciuta mirabilmente. Della zecca e monete di Brescello tratta Bellini, De monetis Italiae. Essendo Brescello bene fortificato, fu preso per l'imperatore dal principe Eugenio nel 1702, e dai francesi nel 1705, che poscia lo evacuarono nel 1707. Iodi seguì le vicende di Reggio. Dai suoi scavi si rinvennero copiosi mo- numenti numismatici e archeologici, di sua antica importanza. Diversi scrittori posero il Reggiano, come il Modenese, ueW Esarcato (^^.)di Ravinnaot\' Italia^ altrodominio temporale della s. Sede,raa al citato articolo riportai le opinioni con- trarie di Muratori.

L'illustre e bella città diReggio diLom bardia è in paese delizioso e fertile, situa- ta in piano sul canale navigabile Tas- sone e presso la sponda destra del Cro- stolo. E" sede del governo provinciale, del municipioede'tribunali. Questa città cin- ta di grosse mura e con una cittadella per difesa munita di fosse, è ornata dibeU le strade mantenute nettedalleacqueche all'opportunità le percorrono, parecchie delle quali adorne di portici e di magni- fiche chiese, di decorosi palazzi e di mol- ti privati edifìzi di buon gusto. Un antico bassorilievo si osserva nella pubblica piaz- za, rappresentante un soldato legionario, che molli senza fondamento hanno preso per Breuno. La cattedrale è un buon edi-

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iÌ7.io di magnifiche forme ed ornalo, sotto l'invocazione della B. Vergine Assunta e di s. Apollinare, ed ove Ila le insigni re- liquie si venerano parte de* corpi de' ss. Crisantoe Dana{/.), altre loro reliquie essendo nelle basiliche Lateranense e dei ss. XII Apostoli di Roma. Il capitolo si compone di due dignità, l'arcidiacono ch'è ]a maggiore, e l'arciprete il quale eserci- ta la cura d'anime^ coadiuvato da un al- tro prete da lui eletto; ma il baltisterio, ch'è r unico della città, esiste nella pros- sima chiesa di s. Gio. Battista: di i t ca- nonici, comprese le prebende del teologo e del penitenziere, di 4 n^^isionari, di 9 cappellani, e di altri sacerdoti e chierici addetti alla divina uflìcialura. Nel 1881 Innocenzo XI concesse ai canonici la cap- pa magna violacea, con pelli d'armellino nell'inverno, e negli altri tempi con fo- dere di seta rubro orninsino. Aderente al- la cattedrale è il palazzo vescovile, buono e conveniente edifizio. Vi sono altre io chiese parrocchiali, ma senza il s. fonte, 3 delle quali sono eziandio collegiate; 3 conventi di religiosi, 1 monasteri di mo- nache, 3 conservatorii, diverse confrater- nite, l'ospvdale, il monte di pietà, ed il se- minario cogli alunni che fiorisce , come il collegio convitto de' gesiuti. Le suore della carità furono poste nell'ospedale dal duca Francesco IV e da lui aumentato, che celebraia Modena perle sue eminen- ti virtù etpjal modello de'sovrani, van- tandomi di portare questo mio Diziona- rio il suo augusto nome in ironie per sua particolare benignità : fra le beneficenze dal benemerito principe esercitate in Reg- gio , ricorderò il bel foro boario da lui fallo coklinire. Uglielli dice che vi sono due cnltedrnli, la descritta, e quella di s. Prospero di Castello di non minore ina- gnifìcenta dell'altro, con capitolo di cano- nici, aingoluritù che rimarcò Leopardi , nclln iVrrir dr vescovi di lirratuiti, pnr- jando delle due cattedrali di tpiesla cit- lii. Il capitolo ha il pi'cposto e nel i()8'j) ullcniie ieiuM;{{uecoiuli come quello del*

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la cattedrale di s. Maria sine prejudicìo /unum calhedmlis : nelle processioni si unisce con detto capìtolo, formando un corpo solo ch'è preceduto da una sola cro- ce. Tra le magnifiche chiese di Reggio è famosa quella della Madonna della Ghia- ra per la grandiosa e maschia architettu- ra, e per le pitture di scuola bolognese. Havvi un Crocefisso di uiano del celebre Guercino, sebbene di seconda maniera. Molti quadri esistevano in Reggio di al- tissimo pregio e basti ricordare la Notte del Correggio trasportata a Dresda dalla chiesa di s. Prospero, chiesa nella quale è pur dipinto nel coro il Giudizio uni- versale del Procaccino. Nella soppressa chiesa di s. Giovanni si conservavano al- cuni dipinti stimabilissimi, come pure nel- la chiesa di s. Agostino,cin s. Ilario, ove nell'altar maggiore è collocato un qua- dro di Mazzola. Si trovano in Reggio an- che molte statue e opere insigni di scul- tura di Prospero Spani detto il Ctcìueu- f*». L'Adamo ed li va all'ingresso della cat- tedrale, e il maestoso mausoleo del ve- scovo Rangoni , sono lavori dello slesso Clemente. Tra gli altri slabilinienti scien- tifici e benefici di Reggio, furò menzione della biblioteca ricca di più die 3o,ooo volumi, del museo di storia naturale pre- gevole e cnrioso, delle scuole delle belle arti e di musica, ed è soprattutto cora- mendevolissimo il suo istituto pubblico in favore de'mentecatti, posto fuori di Por- ta s. Pietro verso Modena. Il conte Ma- stai -Ferretti, ISotizie. deli' accademie di Europa, p. 64, fa onorevole ricordo di quella fondata in Reggio verso il 1 54o da Sebastiano Corrado cittadino di essa, i cui accademici circa il i.^yo ebbero il nome di Avctsij essendo per vicende de' tem- pi ridotta a scarso numero, fu rinnovata, e lasciato l'antico nome prese quello di PoliUicij finalineute neh 587 cambiò di nuovo denominazione assumendo (|uella di Elevali. In Reggio e suo territorio fio- rirono mai sempre uomini di gran me- rito, illuiili'i per santità di vita e dignità

REO ecclesiastiche, nelle quali si distinsero di- versi vescovi, ed icartlinali Gherardo Ses- sio, e Domenico Toschi{f^.), il (juale po- co mancò che non fosse sublimato ni pa- pato. E' quivi la patria del lìoiardo; l'A- riosto nacque in Reggio dalla Daria iMu- lagazzi; nella vicina Correggio sorli ina- lali Antonio Allegri, detto il Correggio e \\ pittore delle grazie. Lescienze naturali si gloriano di un Vallisneri, d'unZaiino- ni, «l'un Spallanzani, d' un Corti, d' un Venturi, d'un Filippo Re; l'erudizione, le scienze legali e le matematiche ebbero I 'anciroli,Corradi,Girolatno Toschi, l\ut' (ini; la buona letteratura vanta Paradi- si, Cassoli, Salandri , Lamberti) le arti belle vanno fjìstose del Clemente nomina- to, di Geccati, di Lelio Orsidi iNovellara creduto discepolo e imitatore «li Correg- gio, di Motta detto Raffaellelto , di Fon- tanesi pittore teatrale che fu unode'pri- mi in Italia a restaurare il buon gusto del- la scenografìa, a luiessendostato di gran- de eccitamento il patrio teatro comuna- le, che si ha in gran pregio, in cui ogni unno ebbero luogo spettacoli grandiosi in occasione della celebre fiera che tiensi nel maggio, ed alla quale concorreva per traffico e sollazzo per lo passato un nume- ro infinito di forastierie di negozianti di qualunque genere. Fatalmente il teatro patì gravissimo incendio nell'aprile 1 8 5 1 . Reggio ebbe la sua zecca e Muratori ne parla nella Dissertazione 27.* Questo grand'uomo dice però che ninna moneta potè vedere battuta prima deli 233 ; in fatti a quell'anno scrìve il cronista da lui pubblicato : Eo anno primo inceptafnit moneta Reginonim. E il Panciroli nella Storia mss. della città, cos'i parla de' reg- giani. Prìmum Nicolai Mallraversiian- tistitis nomine, penes qiieni hoc jus resi- tlebaf, elidere monelam coeperunt. linde aliqua e ti ani hodie mimismata cimi Ime inscriptione visuntun Nicolaus Episco- PUS. Ab altera veroparte legittir, FridE' RI e US lufPERJTon : quod Aenobarhi ic- nefìcio id antistiti nostro fus olini conccs-

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sum fuisse significai. Non da Federico I Barbarossa, ma da Federico II è da cre- dere che venissea Reggioquel privilegio. Se tanto prima l'avessero impetrato, non par credibile che avessero differito il va- lersene solamente a tempo del vescovo Nicolò che fiorì sotto Federico II. Fulvio Azzari nella Cronaca mss. de' vescovi di Reggio, scrive di non aver veduto mone- te ili quel vescovo in cui si legge il nome di Fe«lerico: pure ciò avvenne a Mu- ratori, che però tiene per certo lo asserto da Panciroli. Il vescovo Nicolò sul prin- cipio dovette mettere il nome di quell'im- peratore nelle sue monete, ma dacché le scomuniche pontificie si affollarono sopra di Ini, il vescovo desistè dal nominarlo. Muratori descrive le 7 seguenti monete. Lai."' moneta esistente in Reggio e Mo- dena, ha nel mezzo un iV, cioè Nicolaus^ e nel rovescio Episcovus^o^e pure si ve- de un ramo con foglie e le lettere £?£/?/?- Gio. In altra simile quell'iVj pare un H che taluno potrebbe attribuire a Henri' co vescovo nel i 3o 1 j ma in questo tempo Azzo Vili marchese d'Este era padrone di Reggio. La a.' moneta ha l'enìgie del santo vescovo protettore di Reggio, colle lettere .v. Prospeh, nel rovescio uno scu- do colla croce, e Regium. Nella 3.* mo- neta si vede il capo d' un principe colle lettere Divo Herc. Duci. Egli è Erco- le Il duca di Ferrara, che nel 1471 <^o- minciò a portar quel titolo: ilrovescioha la croce colle lettere ComunitasRegii. La 4-^ ha un'aquila che sta sopra una mac- china, e le lettere Hercules Dux : nel rovescio l'immagine d'un vescovo e le let- tere s. Prosper Eps. Regii. La 5.* ha il capo d'esso duca colle lettere Hercu- LES Dux: nell'altra parte Regium Outt A EMI LI A. La G.'' è simile, se non che con licenza del Prisciano vi si legge. Recium Emilia P'eteres. La 7.' ha l'efKgie del vescovo s. Prosper ; nel rovescio Regii Lepidi. Reggio ha territorio ferace nelle canipagne verso il settentrione, sorgendo tlal lato opposto le vette dell'Apenuiuo.

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Fa UD commercio attivo di cereali , for- maggi, vini e altri rurali procioni, sete, bestiami, canape. Il regnante duca Fran- cesco V, oltre le ferrovie, ha attivato una linea telegrafica in Modena, Reggio eGua- stalla,congiungendola conquelladi Man- tova, per la più pronta e continua corri- spondenza cogli stati imperiali austriaci e colla Germania. Altra linea fu costrut- ta fia Reggio e Parma. Il duca di Mode- na s'intitola ancora duca di Reggio. Sot- to il regno italico il conquistatore Napo- leone investì del titolo di duca di Reg- gio il maresciallo dell' impero Oudinot di BarSur-Ornain capoluogo del ducato di Bar, cioè nel 1 8og dopo la battaglia di Wagram combattuta a'6 luglio, ove fece prodigi di valore : morì a Parigi nel set- tembre 1847 governatore degl'invalidi, e se ne leggono i fasti militari nella ne- crologia pubblicata nel n.° 89 delle No- tìzie del giorno di Roma del 1847. Suo figlio è il generale Vittorio Oudinot di Reggio, che d'ordine di Francia nel 1849 liberò Roma dalla demagogia, al modo narrato nel voi. LUI, p. 210 e seg.

Reggio si vuole edificata dagli antichi etruschi, che rovinata dai galli. Marco E- inilioLepido console romano, che aprì la via Emilia daRimini a Piacenza, nell'anno 567 o 573 di Roma, avanti la nostra era anni 1810 1 87 la rifabbricò, ne aumentò gli edifizi, vi dedusse una colonia di ro- mani, l'ascrisse alla cittadinanza di Ro- ma, e le die il suo nome, ovvero In chia- mò Forum Lepidi vcl Rcgii Lepidi, on- de la posterità per gratitudine continuò a chiamarla Regiurn Lepidi. Ebbe il suo collegio delle arti sotto gl'imperatori. Nel •ecolo IV perle irruzioni de'barbari sog- giacque quati a totale rovina , fu signo- ITggiato dai goti, poi dui longobardi, ni cui tempo ebbe i auoì duci, finché Carlo Magno dittnitto il loro regno la restaurò dui tofTerti danni e d'nllorn in poi sotto i Carlovingi fu governata dai unnti ; indi ti uniformò all' italico reggimento a co- fpuiie. Sotto rim|M:rod'Ollonc' I, dopo la

REG metà del .secolo IX, crescendo in potenza in nobilisssima stirpe degli Estensi, l'isto- ria de'quali riportai a Ferrara e Mode- na, Sigifredo e Gerardo presero per mo- gli le signore delle Alpi e della monta- gna di Reggio , ed Azzo II loro fratello signore di Este e sue giurisdizioni forti- ficò quel luogo chiamato Canossa, ad on- ta dell'opposizione che gli fece Berenga- rio II re d'Italia che ve lo assediò. Corse da Verona Ottone I a liberare l'Estense, disfacendo l'esercito di Berengario 11, in- di i reggiani si unirono ad Azzo II con- tro Adalberto figlio del re verso il 955. Intanto Berengario II si unì agli unghe- ri calati in Italia a scempio della regione, eruppe Azzo II tra Modena e Reggio; ma questo unitosi a'tedeschi vinse il re, onde Piacenza e Reggio si dierono a lui, e Ot- tone ì nel 693 lo fece vicario dell'impe- ro in Italia. Tedaldo figlio di Azzo II di- venne signore di Ferrara, per investitura di Papa Giovanni XV detto XVI, ed eb- be dal padre Reggio, Lucca e Parma dagli zii; morendo fu sepolto in Canossa e la- sciò i suoistati al marchese Bonifacio suo figlio marchese e duca di Toscana, il qua- le di molto gli aumentò con Modena e altre città, ottenendo il vicariato d'Italia. Morto m Mantova [L".), Beatrice sua ve- dova educò virihnente la comune figlia gran contessa Matilde, e fu reggente e vi caria d'Italia , favorita dall' imperatore Enrico III suo fratello e dai Papi. Ma- tilde divenne poi assoluta signora di tut- ta l'immensa eredità de' genitori, come di Reggio, quale crede de' conti di Ca- nossa suoi signori. Delle sue preclare ge- sta già citai ove si possono leggere, venen- do dai Papi fregiata delle dignità di ge- nerale (Iella Chiesa e di vicaria d'Italia, come riferisce V'i^nn, fJislorin de' princì- pi (t Estc. Il suo patrimonio, benché so- lennemente donato alla chiesa romana , fu successi va mente contestalo dagl'impe- ratori, come narrai ai relativi articoli, n Germania ead Impero, soverchiiuidocol- la prcputeuza delle aruiii qiiiutli giavis-

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siine tlifièrenze e scismi Ira il sacerdozio e l'impero, perchè gl'imperatori ne pre- tesero in gran parte i (Joininii come feudi imperiali, alle quali pretensioni aggiun- sero le loro gli Estensi parenti di Matil- de : agli unì e agli altri la s. Sede talvol- ta diede in investitura le terre di Matil- de, come raccontai in tanti luoghi, ed a Garfagnana, con annui censi, inclusiva- menteal Reggiano. Intanto Reggio signo- reggiata da quando a quando dai legati degl'imperatori, si governava a modo di repubblica, divenne potente, sostenendo coi bolognesi frequenti guerre , contro i modenesi e loro alleati parmigiani. Fa- cendo parte della lega lombarda, guer- reggiò contro l'imperatore Federico!, in- di neh 1 83 ebbe parte e figurò con altre città di Lombardia nella famosa pace di Costanza , in cui Federico I si trovò co- stretto a riconoscere la loro libertà. Nel 120I i modenesi assediarono Rubbiera, ma ì parmigiani coi cremonesi si fecero mediatori de'reggiani per la pace. Inno- cenzo III avendo ricuperato molte terre di Matilde, fra le quali alcune del Reg- giano, ne investì Salinguerra ferrarese. Federico II nel 12 ledono Modena eReg- gio, già possedute dagli Estensi, ad Aldo- brandino II. Tuttavolta questo dominio fu interrotto, anche per la dominazione de'vescovi, poiché leggo inMuralori, Del- le anticliità Estensi, che nel 1289 la città di Reggio patì di fiere burrasche, scon- volta anch'essa dalle discordie civili e dal- le fazioni lieGitelfie GhibelUni^T^.). Ap- presa il popolo dal recente esempio di Mo- dena la maniera spedita di dar fine a tan- ti malori, anch'esso elesse nel 1 290 a' 1 5 gennaio per suo signore perpetuo il mar- chese Obizzo II , che seguiva il partito guelfo come fecero i discendenti, il qua- le presone il dominio e ridotti in città i Roberti, que'da Fogliano e gli altri fuor- usciti, vi fece d'allora in poi fiorire la pa- ce. Pigna riporta 1' eloquente conclone pronunziata da Orlandino Canossa, nel- l'ofliire a Obizzo 11 Reggio; iu essa rara-

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mentano con piacere i reggiani li passali governi di Bonifacio e di sua figlia Ma- tilde, ed altri Estensi, deplorando quello del comune e popolare reggimento, agi- tato da dette perniciose fazioni. Si offri- rono i reggiani con tutto il loro territo- rio, dal Po all'Apennino, fra'confini del- la Lenza e delia Secchia, stabiliti dai re longobardi, e da Carlo Magno riconosciu- ti dopo aver vinto Desiderio ; laonde O- bizzo II spedì a Reggio Bernardino Ros- si per suo vicario, nelle cui mani fu giu- rata fedeltà; poscia nel 1292 riconciliò i Robe(-ti,i Fogliani, i Canossi,con che re- stituì la quiete alla città. Gli successe il marchese Azzo X suo figlio, che nel 1 293 fu riconosciuto anche da Reggio. Nel i3o5 avendo Azzo X sposata la figlia di Carlo li re di Napoli, per gelosia si formarono alleanze contro di lui ; Giberto da Cor- reggio si portò sotto Reggio, i bolognesi sotto Modena, però gli Estensi si sosten- nero quantunque nella r .* i Manfredi pro- curassero sollevare la città. Ma neliSoG riuscì a Giberto nel declinar di gennaio di far sottrarre Reggio e Modena dal mar- chese, le quali si abbandonarono a graa tripudi per la ricuperata libertà , come- che tornasse fra loro il secolo d'oro, uto- pia che ben presto andò fallita. Imperoc- ché lacerate poco dopo ambedue dall'in- terne discordie e sanguinose mutazioni , non che da gravosi tiranni, si pentirono del fallo commesso a provocazionede'ghi- bellini. I conti Canossi restati fedeli al marchese, si ritirarono nel loro castello di Gesso. Unitisi gli Estensi con Lodovico il Bavaro contro il Papa, questi li scomu- nicò e pubblicò contro di loro una terri- bile crociata. Nel 1827 il cardinal Ber- trando per Giovanni XXII prese Reggio, la quale nel 1 33 1 si die a Giovanni re di Boemia, in uno a Modena. Indi nel 1 335 fu presa dai collegati italiani contro il re e data a Luigi Gonzaga , al quale i Fo- gliani venderono le loro ragioni, con ri- tenersi alcune giurisdizioni; però a man- tenersi nella signoria dovette far guerra

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a Maslino della Scala : nell'aniio seguen- te Beiieiletto XII dichiarò Luigi vicario di Reggio con annuo censo alla s. Sede, a inolivo della vacanza dell'impero. Nel i34> la città fu assalita dai tedeschi, e nel 1345 Francesco II d' Esle rovinò il Reggiano e 4 castella , con Couriago : i suoi fautori tentarono sorprendere la cit- tà, che si difesedalgovernatore de'Gon- zaghi. Per morte di Luigi, nel i358 ne divenne signore il figlio Feltrino Gonza- ga, cacciando i partigiani del fratello. I fuoruscili Roberti, Boiardi, Manfredi, ri- covratisi dal marchese Nicolò 1 1 d'Elste, lo sollecitarono a ricuperare Reggio. Il mar- chese quando vide che il Visconti aspira- va alla signoria, colle squadre venali del conte Lucio tedesco e le sue truppe, a'7 aprile i Sy 1 lo fece assaltare e colle segrete intelligenze co'suoi partigiani se ne impa- dronì; ma le soldatesche saccheggiarono miseramente la città, non la perdonarono ai sagri templi, alle donne, ridu- cendo il popolo ad estrema miseria. Fel- li ino eh' erasi rinchiuso nella cittadella, inclinava a consegnare Reggio al legato pontificio di Bologna, quando l' infedele conte Lucio si accordò di cederla al Vis- conti , che r avea corrotto, per 4o,ooo fiorini d'oro, dopo di che intimò alle trup- pe del marchese che partissero. Allora Feltrino introdusse le genti del Visconti nella cittadella e vendè tutte le sue ragioni per 5o,ooo fiorini, ritenendo per se No- vellare e Bagnolo, smembrando tuli giu- risdizioni dal distretto di Reggio con gravi tioglianzcdi que'cittadini, e con titolo di contea le trasmise a'suoi discendenti. Tra le tirannie usate in Reggio dai Gonzaghi, ki contano 4^>li'a chiesee monasteri spia- nati. Nicolò II neretto afflitto, per aver confinante in Reggio Bernal») Visconti, {)OlenlÌMÌmo e inqnielÌKsÌmo principe , il quale tlitfece i collegati nella baltngliu da- ta presto Rcggioa'2 giugno I 377. Pigna (Iic4',clic pri)<i|>rnm(io poi lciin|tre.so del- I LfleuH', ribellatili i reggiani nel ntar^co 1 374, «e gli diedero; ina pure che al Vii»-

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conti riuscisse di farli tornare alla sua soggezione, poiché nel i 4o3 narra lo sles- so storico, che il marchese Nicolò 111 die- de il guasto e fece depredare il Reggia- no. Essendo riuscito nel 1409 al marche- sedi prendere Parma, fece risolvere i reg- giani a scuotere il giogo milanese a' 29 giugno, e si dierono per lui a Uguocione Contrario, il quale a'22 luglio espugnò la cittadella : prima di questo teujpoera riu- scito a signoreggiare Reggio Oltobono III e Giacomo Ili. Gli ambasciatori reggiani si presentarono al marchese in Parma e gli testificarono ubbidienza e l'allegrezza in cui erano per essersi liberati dagli u- surpatori, onde Nicolò II! nel 1420 potè farsene riconoscere legittimo signore a Filippo M.' duca di Milano, sia per l'an- tica inveslilina data da Federico 11, che per la dedizione de'reggiani medesimi, e se ne fece amplissima scrittura , ricono- scendo Nicolò III quanto del Reggiano i Visconti aveano dato ai Gonzaglii, ai Cor- reggio ed a quei di IMirandola.

Nel 1452 recandosi l'imperatore Fe- derico III in Ferrara, eresse i lerritorii di Modena e Reggio inducati e li riconob- be feudi dell'impero, e creò duca dell'u- na e dell'allra città Borso d'Este, con aui - plissima bolla d'oro, non che conte di Ro- vigo, dandogli due aquile imperiali coro- nate per intjiiartarsi negli sten)mi, le qua- li restarono a'primogeniti, quali duchi di Modena e Reggio, col qual ultimo Borso fu benefico. Inimicatosi Alfonso I con Pa- poGiulio II, (|ucsti alla testa dellesue mi- lizie prese Rubbiera, poi espugnò la lìJi- randola (f^.)- Nel i /> 1 2 dopo che il duca Alfonso I crasi pacificato con Giidio II, Alberto Pio da Carpi suo antico nemico gli rappresentò non meritare perdono, il perchè Francesco iM." I duca d'Urbino capitano generale del Papa se ne impa- dronì, ad onta delle proteste fatte di es- sere Reggiocittà dell'unpero, proseguen- dosi la guerra con più cahjre. Nel conci- lirt Lateranense V furono lasciate al Pa pu Reggio e Modena , senza |>regiudr/.io

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tle'dirilli dell' impero. Leone X promise ài reslittiirle ad Alfonso i, ma volendo iiigiaiidite la sua famiglia Medici, non so- lo non l'adempì, lua divenne suo nemico. licslò Reggio nel dominio della Chiesa, finche Adriano VI per le suppliche di Al- fonso I e per le premure di Carlo Y, nel i5i2 sembrò disposto di restituirglielo, f|uaDdo la morte sua ne tioncòil tratta- to. Profiltando il duca delia sede vacante, si presentò armato avanti la città, ed il jvopolo prontamente gli si diede a'29 set- tembre 1. '5^3. Accostate poi le artiglierie alla cittadella, in poco spazio di tempo spaventò quel castellano, dimodoché ca- pitolò la resa. Eletto Clemente VII, agli ambasciatori Estensi che domandavano Modena, rispose il Papa rivolere in vece Jleggio, e Rubbiera di cui pure il duca ciasi impadronito, dopo 1' espulsione di Lionello Pio governatore pontiiiciojquin- di alleandosi nel 1 525 il Papa con Carlo V, vi pose la condizione di obbligare il duca di Feriara alla restituzione di Reg- gio, Rubbiera e delle altre terre occupa- le, quindi si esaminassese questi dominii e Modena appartenessero alla Chiesa o al- l'impero. Rollasi poi guerra tra l'impe- ratore e il Papa, fu questi nel i527 asse- diato in Castel s. Angelo,e nel 029 passò in Bologna per pacificarsi con Carlo V, il quale Alfonso I trattò sontuosamen- te nel passaggio per Reggio, Ivi si recò ancora Alfonso I nel i53o con salvacoD- dollo invocato dall'imperatore, la cui gra- zia fece di tutto per guadagnarsi, acciò lo mettesse in quella del Papa, onde com- porre le differenze del dominio di Mo- ilena,' Reggio, Rubbiera, Cotignola e Fer- rara da lui tenute. Clemente VII volle che si eseguisse il trattato di Barcellona, sulla restituzione alla Chiesa di Modena e Reggio, allegando molte ragioni al pos- sedimento di esse, poi le cure adoperate dai Papi predecessori per averle unilea- gli stati di Panna e Piacenza (/'.). In- teressando però a Carlo V di comporre 1 due prìncipi conlcudeuli, si oQn media-

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lore, premendogli che cessassero in Italia argomenti capaci a suscitar nuove e gravi turbolenze. Parlò a favore del duca con tanta efficacia, che alla (Ine Clemente VII venne ad un accordo, e cioè di rimettersi al giudizio inappellabile di Carlo V me- desimo quale re di Spagna, non come im- peratore, il conoscere per un compromes- so di ragione e di fatto i diritti loro, indi spassionato a termini di giustizia dichia- rare, se delle nominate città e terre la s. Sede o l'impero ne avesse la giurisdizio* nesuprema. Frattanto quelle città furono date in deposito all'imperatore, che vi po- se a presidio soldati spagnuoli. Benché il duca di malavoglia accedette all'accordo, se ne fìs.sarono le condizioni con pubbli- co istromento, determinandosi 6 mesi per la risoluzione di Carlo V,ed alle parti per produrre documenti di fondale ragioni. Carlo V date buone speranze al Papa e al duca, partì da Bologna nel marzo, e trovandosi ne' Paesi Bassi, o in Colonia come dice Muratori, sentenziò, che Mo- dena e Reggio grosse città coi loro do- minii di ragione dell'impero, appartenes- sero di diritto al duca di Ferrara ; e che Clemente VII ricevuto da esso 100,000 ducati d'oro in due rate, e ridotto il censo di Ferrara al modo antico di 7000 du- cali, di questa lo rinvestisse. Ma il Papa non contento di tal giudizio, non appro- vò né soddisfece per quanto potè alla sen- tenza del laudo. Questo Muratori lo di- fende, con sostenere che Modena e Reg- gio non fecero mai parte dell'Esarcato, come pretendeva Clemente VII, non do- vendoci valutare che Leone X avea com- pralo Modena per 4o,ooo ducali d'oro da Massimiliano 1, il quale ne avea da- ta solenne investitura ad Alfonso I, che ricuperò tutti i dominii e Reggio, la cui investitura dall'impero rinnovarono i suc- cessori. Clemente VII nella bolla in Coe- na Domini vi coniprese il duca di Ferra- ra, come usurpatore di Modena e Reg- gio alla Chiesa. Alfonso I munì Reggio e gli altri luoghi delle sue terribili arti-

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glierie, e nel i543 ricevette magnifica* mente Paolo HI nell'andata e ritorno da Busseto,per l'abboccamento con Car- lo V. Vedendosi Alfonso II senza prole, e destinando suo successore il cugino d. Cesare, fece rinnovare le investiture im- periali di Reggio e altri luoghi da Rodol- fo II. Morto Alfonso II, il duca Cesare nel 1 597 fece prendere possesso di Reggio e degli altri domiriii; ma Clemente Vili noi volle riconoscere per quello di Fer- rara, e pose in piedi formidabile esercito, irremovibile di riunirlo ai propri domi* rii. Laonde il duca Cesare neliSgS per- dette Ferrara, che Clemente Vili ricu- però alla s. Sede. Quindi Reggio, come nvea seguito sotto gli Estensi le vicende di Ferrara, d'allora in poi quelle di ,Vo- ^ifwn gli furono comuni. Nel 1 655 il mar- chese di Caracena governatore di Milano per la Spagna , mostrandosi ostile con Francesco I duca di Modena e di Reg- gio, si presentò con esercito in faccia a Bre- .scello, alfacciando diverse lagnanze, che si possono leggere in Muratori, esigendo pronto disarmamento e qualche piazza per sicurezza di sua fede verso Spagna. Rispose il duca con ragioni, e munìBre- «celloe Reggio ove inviò il marchese Pal- lavicino con grossa artiglieria , e poi si recò egli stesso per difenderlo col primo- genito. Caracena abbandonato perciòBre- scello, anche per la sua fortezza, a' i 4 mar- zo si presentò avanti Reggio, ov'ebbe luo- go una scaramuccia colla peggio degli spa- gnuoli. Dopo 3 giorni il duca credè mi- glior consiglio restituirsi a Modena, per dare più energici soccorsi a Reggio, don- de i cittadini culla loro bravura fecero opporluncsoi tile. Vedendo Caracena con ctii avca da cond)attere , retrocedette 0 ripassò il Po con poco decuro. Nelle guer- re per la >ucce<i»iune di Spagna, e benché il duca Rinaldo fosse neutrale, i franceHÌ in nome Filippo V re di Spagna per capitolazione occuparono Reggio a'sr) lu- glio 170?, cui ftcgui la prcHii di Modena. Kcl i 70G gl'itiipci tuli IcUckcUi »ullu il cu*

REG mando del principe Eugenio , contro i francesi occuparono lo stato, ed a'i3 a- gosto dopo qualche colpo d' artiglieria , entrò in Reggio che riprese pel duca, al- trettanto facendo i tedeschi di Modena ai 19 novembre, con gran letizia de'suddi- ti, essendo ritornati sotto il loro signore e liberati dalla occupazione francese. Una nuova guerra avendo ricondotti nel 1 734 i francesi in Italia, per la successione del ducati di Parma e Piacenza, ritenendo il duca Rinaldo favorevole all'imperatore Carlo VI, le cui armi erano state depres- se, a'i3 luglio entrarono in Reggio sen- za recar danni a veruno, ed a' 20 luglio per capitolazione occuparono Modena , finché Luigi XV fece evacuar lo stato dalle suetruppea'23 maggìoda Modena, a'24 da Reggio, lasciando bensì il paese pieno di guai pei debiti fatti a cagione de' francesi. Per la successione di Carlo VI , lo stato Estense fii esposto a nuove invasioni de' belligeranti nel '74?» con immensi danni. Costituitasi la Francia iu repubblica, occupò gran parte d'Italia, in uno ai ducati di .Modena e Reggio nel 1796, cui imposero contribuzioni. A'25 agosto avendo i reggiani fatto un movi- mento insurrezionale, si compose con go- verno repubblicano. Ne profittò Napo- leone comandante supremo de' francesi, per dichiarare gli stati Estensi sotto la sua protezione,e spogliarne il duca Ercole III; indi pei congressi di Modena, e di Reggio de* 27 dicembre, organizzò la repubblica Cispadana, facendo Reggio capoluogo del dipartimento del Croslolo, onde a Moni> NA, a MASSAe CAnnARA.e in altri relativi articoli descrissi queste e le successive vi- cende politiche sino a'nostri giorni, dello slato e di Reggio, le guerre combattute tra tedeschi e francesi. Avendogli austro* russi occupato Reggio, nel giugno 1 Soo lo ricuperarono i francesi, tòrmaiido dei dominii Estensi parte delle repubbliche Cisalpina e Italiana, confermando Reggio in capoluogo del dipartimento ilei Cro- blulo, cowcio fu [)ut ucl succeduto icguu

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A' Italia {V.), così dello Jal torrrnle o- inonimo che scorre presso la cillà e che anticamente entrava per Porta Castello, e teneva tutto il corso della via chian3a> ta oggidì Chiara, appunto dalle deposi- zioni dello stesso torrente. Nel i8o4 «e- candosi Pio VII a coronare in Parigi Na- poleone, nel n.° 92 del Diario di Roma si legge , che a* 9 novembre da Modena partì per Reggio, ove fu ricevuto coi se- gni della maggior venerazione, passando a pernottare in Parma. Reduce nel 1 8o5 da Parigi, il Papa a'3 maggio da Parma giunse a Reggio circa il mezzodì, incon- tralo prima e complimentato dalle auto- rità locali eda moltìsignori.Le stradedel- la cillà erano tutte guarnite di truppa, ed il Papa scese alla cattedrale, accolto dal vescovo e dal clero al suono dellecam- pane e delle bande militari. Ricevuta la benedizione col ss. Sagramenlo, saTi l'e- piscopio ove trovò preparato un lauto de- jeùnt. Dopo aver preso qualche ristoro. Pio VII proseguì il viaggio per Modena, come riporta il n.° 89 del Diario di Ro- ma. Sotto l'impero francese, al modo no- tato di sopra, Reggio tornò ad essere du- calo, quindi terminando il dominio na- poleonico ne'primi del 181 Murai redi Napoli in nomede'collegali colle sue trup- pe occupò Reggio, cui successero le au- striache pel duca Francesco IV nipote di M.' Beatrice ultima degli Estensi, al qua- le in forza de'traltali di Parigi furono re- stituiti questi stati, confermati nel i8(5 dal congresso di Vienna. Pio VII nel ri- tornare ne'suoi dominii nel i8i4, a'aS marzo entrò in Parma, indi ripassò per Reggio festivamente accollo, e per Mode- na giunse a Bologna. Quando poi nel 1 8 1 5 Murai ostilmente entrò negli stali della Chiesa, Pio VII si condusse a Genova e a Torino, nuovamente onorando di sua pre- senzaReggio, che ripetè le sue riverenti di- mostrazioni, e giunse a Modena a'24 mag- gio. I moli politici del 1 83 i furono ener- gicamenteavversati da Francesco IV,do- luto di vasta mente atta a reggere un ini-

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pero, e di quel retto sentimento del giu- sto e del vero per cui si guadagnano i vituperii de' tristi e le benedizioni dei buoni, poiché fu saggio amministratore della cosa pubblica e osservatore di giu- stizia, onde segnalò il suo regnocolla be- neficenza e fu chiamalo propugnacolo della quiete d'Italia. Sotto il di luì degno figlio e successore Francesco V , lo spiri- to rivoluzionario nel ducalosi mostrò più ardente, siccome fomentato da quelloche stava per esplodere quasi in tutta Euro- pa ; seguendo le orme dell'augusto geni- tore frenò finché potè l'effervescenza ri- voluzionaria e non transigette con essa, lasciò adescare dalle lusinghe chi profonde incensi al cospetto de' principi peringannarlì e trarli al precipizio in uno coi regni. Ma come le mene rivoluziona- rie a guisa d'irresistibile torrente nel 1843 scoppiarono furiosamente per tutta Ita- lia ed altri stali d'Europa, ciò che accen- nai a Pio IX, altrettanto avvenne a Mo- dena, cui subito aderì Reggio formando il comune a' a i marzo un governo prov- visorio, composto del potleslù e de' con- servatori; considerando il governo tluca- le decaduto, abolì i licei convitti di legge e di medicina, e ristabilì l'università degli studisoppressaneli8i 1. Quindi nel mag- gio Modena e Reggio si vollero unire al regno di Sardegna di Carlo Alberto,nel- rintendimento di formare cogli stati Par- mensi, colla Lombardia e colla Venezia un regno monarchico- costituzionule del- l'alta Italia ereditario in Carlo Alberto, impossessandosi i due muiiicipiì de'beni demaniali e allodiali del duca Francesco Ve di quelli gesuitici delle due provincie, con altre costituzionali disposizioni. Car- lo Albertoaccellòla dedizione Reggio e di Modena, cui inviò regii commissari straordinari, che pubblicarono analoghi indirizzi ai reggiani a'aGgiugno, a'28 pei modenesi, e d'allora in poi tutti gli atti pubblici si fecero in nome del re. Intan- loerasì incominciala la guerra per l'indi- pendenzaitaliaua, e sgombramcnlo loia*

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le degli aiisti iaci dalla regione. Pei ^ do- po le perdile guerresche sellerie dall' e- sercilodi Cailo Alberto, questo fu costret- to di convenire u'g agosto col vittorioso feld maresciallo Radetzky, comandante 'Supremo e valoroso degli austriaci in !• tallii, ad abbandonare quegli stati d'Italia da lui occupati, quindi il duca Francesco V rientrò ue'dominii degli avi suoi. Fi- nalmente, per la segnalata vittoria ripor- tata dal prode conte Radetzky il 23 mar- zo 1849 a Novara sul re di Sardegna, fu- rono definitivamente e del lutto sgom- brate quelle palli di territorio del duca- to di Modena che ancora tenevano i pie- montesi,le quali pel legitlimosovranosuc- cessivamenleocciiparono gli austriaci. Nel voi. LI, p. 2i3 e 235 narrai, che perdi- plomatìcheconvcnzioni,il duca di Parma e i'iaceiiza nel 1848 cede al duca Fran- cesco V il ducato di Guastalla i^F.) co\- \'\ sua città vescovile, il quale vi si recò la I .' volta a' 1 4 febbraio, e ciò in cambio di Pielrasanta vicariato di Toscana con città omonima che avrebbe dovuto pos- sedere : così il ducalo estatodi Modena >ennc aumentato di altro.

Quando e da chi fu in Reggio predi- cata la fede di Gesù Cristo , in uno alle prerogative del suo vescovo sulfraganeo <li Rologiia, che s'intitola principe, ed al- r^'slensione della diocesi, lo dichiara U- ghelli, Italia sacrai. 2,p. 238, in que- sti termini. » Ut aulem certissime con- stai, 8. Barnabain aposlolum , ac s. A- piillinarcm in Insubriam fuisse raissus , aitcrum in Galliam Transpndanam , al- tiTiitu in Cispadanam, ut illicevangeliiim (.iiii»li |>romulgarent , sic hatid insulsa coiiiitcturaassererepossumiis Regi um Le- pidi, ab altero , vel ab illonuu nlumnis sacra chrÌKliaiiu sutcepisse, quando inde ab anno 60 noklraesalulistraditur Pio- ihAsius Regio praefueruiit, ini(piitas lem- poruni nieinoriam devonivii, usque nd iiunum 4'>o. idolulria deinde deletu He- Ificniiit cccle»inruiidnl(ieKt,(|une primiini Medioluncntiorchicpi»c<>poxubje(;ln fiiil,

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poslea Ravennati, usqueadanniim 1 583. Deinde veroGregorioXlII mandantenu- perae melropolis Bononiensis sulFraga- nea effccta est. Amplissima dioecesi gau- det ejusque antistes tituloComitisfulget, ab anliquìsolim Caesaribusoblenlu. Cu- jus antistis modernae praerogativae sunt (si quidem anliquitus polioribus frueba- tur) Princi[)atus dignilate fulgere, galea, enseque pontifìcaliler celebraluri ad al- tare accedere, utrumqueex potestate illi concessa perCarolum Magnum adconlii- maccs, facinorososque compescendos. E^ juscpiepraecipuaoppida sunt: Mirando- la, Novellara, Correggio, Sassuolo, Scan- diano, Riibiera e Castel Nuovo inGaifa- gnana". Il 1 ."vescovo di Reggio fu s. Pro- tasiu, che fiorì verso l'anno 60, cui suc- cessero Cromasio, Antonino, Elia, Santi- no, Corasio, Favenzioche intervenne al concilio di Milano del 4^2. Elpidio vi- veva nel 458; s. Prospero (/^.)d'Aqui- lania dottore della Chiesa e autore d'in- signi scritti che registra Boiler nella sua vita, il cui capolavoro è il poema contro gV /ligniti o Semi pela giani j fu segretario di s. Leone 1 e distrusse il Pelagiatiismo che in Roma cominciava a insorgere. In- di furono vescovi, Stefano, Deodato del 488, Teodosio del 554 ">onaco, che di somma pietà fornito , ristabilì la chiesa di s. Albano devastala dai barbari. Do- nodeo, Adriano, Benenato, Lupino, Mau- rizio che fu al concilio romano del 679, Giov;innidel68i,Tommasodi.<anta vita del 701 che edificò la basilica abbaziale de'ss. Prospero e Pietro fuori della città, essendo ili." patrono di essa, ove si dice che ne collocò il corpo; il suo epitaflìo fu posto nella delta chiesa de' ss. Pietro e Prospero poi de'cassinesi. Costantino nei 715, Calisto, Geminiauo nel 753 che consagrò la chiesa di Nonaiitola. Apolli- noie nel 774.'' quale ottenne dalla mu- nificenza di Carlo Magno nel 782 pre- ziose esenzioni, ed ampie regalie e con- cessioni in favore di sua chiesa , coi di- plomi che riporta ITgliclli. Neil' 81.^ fu

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vescovo Adelmo; Noderberto neir824ÌQ- lervenne al concilio di Mantova, Vitale viveva nell'BsS di santa vita, il cui corpo fu deposto nel tenripio di s. Prospero: con diploma l'iinperalore Lotario 1 gli confer- mò tutti i pi ivilegi.Neir842Pioberto,indi Sigifredo che neir844 assistè in Roma alla coronazione di Lodovico ll,edoumenlò le renditede'canonicijposciaPellegiino, nel- r86o Amone, neir864 Rotfredocui Lo- dovico li con diploma donò l'isola Suz- rariam nel comitato di Reggio. Azzio fu al concilio di Ravenna dell' 877; Paolo fiori neir 879 che donò i suoi beni alla chiesa di s. Michele, prò mercede, et re- medio aiiimae meae. Neil' 881 Aronne eh' ebbe la conferma de' privilegi di sua chiesa , coi diplomi di Carlo il Grosso. NeirSgo Azzio oAzzone, forse degli E- slensij ottenne dal re Lodovico il corpo di s. Possidonio,eda Berengario 1 lacoa- ferma de' privilegi, venendo ucxiso dai barbari nell' 898 ; Fredulfogli successe, quindi Pietro, al quale nel 900 Ludovi- co IV imperatore, per le stragi e saccheg- gi che facevano i saraceni, accordò la con- ferma de' privilegi e licentlam circuni- dandi jam diclam ecclesiam per gyrum suae poleslaùs siciit ipse mtlius viderit, exceha miinuione videlicet ad perpeluani eectesiae suae defensionem. Anche Be- rengario I con diploma di privilegi nel 9 I I al medesimo Pietro die licenza con- itriiendi Castnim in sua Plebe in hono- rem s. Siephani sita in Fico Longo, esen- tando ancora quel luogo dall'autorità di tutti i duchi, conti e altri ministri della repubblica. Lo stesso Berengario I con diploma del 904 giù avea donato alla chiesa di Reggio Monte Cervario , onde provvedere alle necessità della chiesa, e rimediare alle depredazioni e incendi ca- gionati dai ferocissimi ungheri. InoltreBe- rengario I con diploma del 91 2 rivendi- cò le usurpazioni fatte alla chiesa di Reg- gio d'una cappella cum Castro, ed in di- fesa del vescovato se nedithiarò rtw^oca* toc vicario in avvenire, il vescovo Got>

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lardo nel 914 da Roma trasportò! cor- pi (o gran parte) de'ss. Crisanto e Daria, e onorevolmente li collocò nella confes- sione della cattedrale. Petronio del 91 5 de' conti de Palude del Reggiano, verso il qual tempo fu edificato il monastero de'benedettmì presso la chiesa suburbana de'ss. Prospero e Pietro, detto s. Prospe- ro inferiore, in cui fiorirono monaci di santa vita : Ughelli riporta la serie degli abbati, ed altra più esatta il commenta- tore e fino al 14^8 in cui si uni ai cassi- nesi di s. Giustina. Vedi Camillo Allaro- si, memorie istoriche del monastero di s. Prospero di Reggio, Padova 1733.

Giberto fu vescovo nel ^^o; Aribaldo nel 942, nel quale anno Ugo e Lotario re d'Italia, con diplomi presso Ughelli, con- fermarono le possessioni ed i privilegi del- la chiesa con diploma, concedendo " ter- ram juris nostri, quae conjacere videtur in ci vitate Regia a tribusmilliariis in cir- cuito una cum muris, et fossati», atque teloneo et stradatico, seu cum servisvel ancillis inibi pertinentibus, onmemque publicam functionem.etc. ". Qual copia poi di beni, castella e terre procacciassero i vescovi di Reggio alla loro chiesa, non si può meglio intendere, chedal catalogo de' beni, che Bonifacio marchese e duca di Toscana padre della contessa Matilde, ricevette in feudo dalla chiesa medesima, nel prezioso archiviode'canonici di Reg- gio; e pure non vi è descritto tutto, per- chè non vi si annovera la rocca di Canos- sa , la quale per attestalo di Donìzzone, Azzo avo di Bonifacioricevè in feudodal vescovo di Reggio, come rilevo da Mu- ratori nelle Dissertazioni 36.* e 61.' 11 vescovoAribaldonel943concessea'cano- nicidis. Michele la chiesa di s. Tommaso apostolo. Gli successe Adelardo Trissino nobile vicentino,lacui famiglia ebbe poi la contea di Canossa, che da re Lotario ebbe un privilegio per lacalledrale, ed egli fece donazioni alle chiese. Eruìelando o Gri- moaldo del 96*2 (u al sinodo di Ravenna del 967 e ricevè conferma di privilegi da

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Ottone I. Nel 998 Teuzo di Parma rle- difìcò la chiesa di s. l*rospero, le con- cesse beni e privilegi, vi cosliluì il pre- posto con 8 canonici, celebrò la solenne traslazione del suocorpo,edavendo ospi- talo il Papa Gregorio V, questi consagrò la chiesa : ma Pancirolo ed Acciari oppu- gnano il Carmen che tullociò dichiara, narrando che dalla chiesa di s. Prospero fuori della città non trasportò in quella di dentro i corpi de'ss. Prospero, Veuerio e Gioconda, la quale traslazione ebbe luo- go nel 1602 quando la chiesa suburbana era divenuta diruta, come rilevasi dalla bolla DecetRonianuni di Clemente VI 11. Il vescovo Teuzo edificò la chiesa de'ss. Vito e Modesto delle monache di Scan- diano, alle quali concesse la chiesa di s. Tommaso e loro eresse il monastero, eri jiorlò privilegi dall'imperaloreEnricolI. IS'el I o3o fu vescovo l'altro parmigiano Sigifredo, che aumentò l'abbazia di s.Pro- spero; il concittadino Gandolfo lasciò dei beni alla chiesa di Reggio: questo vesco- vo donò delle possessioni alle dette n)o- nache di s. Tommaso. Nel io4i Conde- lardo; Sifredo fu al concilio di Pavia nel io4(>; Adalberto del 1047; Conone del io5o fece donativi alle nominate religio- se; Volmarodel i o62;Gandolfodel 1 082 fu spogliato del vescovato da s. Gregorio VII. Gli successe Ariberto; Lodovico vi- veva nel 1092; Bonvegio del 1 101; A- delmo fiorì del i i 3o, al cui tempo Lo- tario Ile sua moglie concessero privile- gi. Alberio del i i4o canonico regolare, assistè all'mvenzione de'corpi de'ss. Pro- spero, Venerio abbate e Gioconda ver- gine, fatta nel 1 i^.\ dal cardinal Guido legato di Lucio II; Alberico del i 164 si |>oitò ni concilio di Laterano del i 179: magni animi praesnl fuit^quippc (fui Re- gii fungrrrtnr Praelura, inqtte cives re- gium proprmotium principatum rxerce- re. Nel I 187 divenne vescovo Picli'o, e l'iinprralore Km ico VI concesse un diplo- inn di prìvdegi alla cnltcdrnle. Nel i a 1 3 Nicolo IVIuUravci'ii di Vicenza, clic caro

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a Federico II ottenne que'privilegi am- plissimi e regalie che notai superiormen- te; battè moneta, s'inimicò colla s. Sede per essere partigiano di detto imperato- re, ridusse i canonici della cattedrale a 16, e pose la i.* pietra perla chiesa di s. Domenico. Innocenzo IV fece vescovo Guglielmo Fogliani patrizio di Reggio, che fu espulso dai ghibellini, indi paci- ficatosi ri patrio con gran plauso della cit- tà*, fu potente vescovo, venne annovera- to tra'principi dell'impero, onde i suc- cessori s' intitolarono vescovi e principi di Reggio. Dopo 8 anni di sede vacante, per la discordia degli elettori, nel 1290 fu vescovo fr. Guglielmo da Bobbio fran- cescano. Nel i3oi Enrico Gatatorci pa- trizio di Cremona; nel i3i3 Guido A- baisi di Reggio, eresse nella cattedrale u- na cappella gentilizia, e fu tfaslato a Ri- inini; Pietro del i3i8; Guido Roberti nobile reggiano nel i33o; Rollando de Scarnmpi nel i336, trasferito al titolo patriarcale di Costantinopoli. Indi nel 1 339 Bartolomeo Uipporegiensis arci- diacono della cattedrale; nel i 363 Lo- renzo Pinoli patrizio reggiano; nel 1379 fr. Serafino Tavacci traslato a s. Giusta in Sardegna. Gli successe nel 1387 Ugo- lino Sessio reggiano nobilissimo, ornato di preclare virtù, benemerito di sua chie- sa ; indi il degno fratello Teobaldo mo- naco di s. Prospero. Eugenio IV nel \'\^^ gli sostituì Giacomo Antonio Torre o Ma- solini (per quanto dissi nel voi. XLV, p. 3 2 2) di Modena, ove fu poi Iraslato; quin- di nel i444 Battista Pallavicini di Par- ma nubilissimo, prudente e pio: per sua morte i canonici elessero BartolomeoCoc- capani nel 1466, ma Paolo II |)er le pre- ghiere del duca Borso fece vescovo An- tonio Trombetta ferrarese. A questi nel 1478 successe il patrizio reggiano Boni* facio Arlotti di singoiar dottrina, ed ec- cellente pastore: nel 1503 Giulio II gli tliè in coadiutore Gio. Luca del Pozzo di Pontremoli celebre giureconsulto, e nel i5o8 ludivcuuccirullivu.Nd iSioGiu-

REO Ilo II elesse Ugone de'conli Bangoiiì di Modena, prudente e destro ne'pubblici negozi, dotto e pio, onde fu prò legato di Parma e Piacenza, e nunzio diPaolo IH a Carlo V : per accrescere il culto ai ss. Crisanto e Daria, ripose solennemente le loro ossa in luogopiìionorevole.Nel i 54o da Nicastro vi fu trasferito il cardinal Marcello Cervini, il quale occupato nel- la legazione a Carlo V, mandò a Reggio il p. Jacopo Lainez gesuita e compiiguo s. Ignazio, da cui i reggiani ricevero- no grandi vantaggi nella pietà e ne'co- stunii; nel 1 544 ^''^sferito a Gubbio, nel i555 divenne Papa Marchio li (A^.), Venne a lui sostituito Giorgio Audreasis nobile di Mantova giàdi Cliiusi e pieno di ineriti, essendo stato oratore di Carlo V a Clemente VII ePaulo III: fu fatto coadiu- tore il nipote Gio. Battista Grossi man- tovano, che gli successe nel i549 e in* lervenne al concilio di Trento. Nel iSGg s. Pio V nominò il suo confessore fr. Eu- stachio Locatelli bolognese e vicario gè* nera le de'domenicani, dottissimo teologo lasciò pregiate opere. Nel iSyS France- sco Martelli patrizio reggiano; nel iSyS BenedettoManzoli nobile modenese,som- mo filosofo e teologo, segretario e peri- tissimo consigliere del cardinal d'Este; nel i585 Giulio Maseli di Modena; nel i5c)5 Claudio de'conli Rangoni mode- nese virtuosissimo, nunzio di Clemente VIII in Polonia; nel 162 i il cardinal A- lessandro ù!Esle {V ^, fratello del duca Cesare, zelante pastore; nel 162 5 Paolo de'conti Coccapani, edificò nel suburbio la casa pel sollievo de'successori, ed in- tervenne alle fondazioni della chiesa dei ss. Giorgio e Ignazio, dell'oratorio di s. Alarla del Carmine, e della Scala santa, ponendovi la i.* lapide. Innocenzo X nel i65i fece amministratore il cardinalRai- naido à'Este (f^.); nel 1661 Girolamo de'conli Codebovi modenese, traslti lo da Montalto, visitò la diocesi; nel 1662 Gio. Agostino Marliani patrizio genovese, de- signalo di Accia, illustrò la diocesi, cele-

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hròdue sinodi, alla cattedrale donò molti argenti; nel 1 674 Augusto de'conti Bel- lincini di Modena, costruì il seminario e la casa pei missionari, introdusse in Reg- gio i minimi, ed i carmelitani scalzi, ce- lebrò il sinodo; nel lyor Ottavio Pieci- nardi patrizio cremonese, dispensò di fre- quente e in diversi modi al gregge la di- vina parola, nell'invasione francese dife- se le monache, restaurò eaumentò le pos- sessioni della mensa, accrebbe il semina- rio, edificò tutti colla sua pietà e zelo, e- resse un conservatorio e profuse limosine a'poveri. Con questi termina neìVItalia sacra la serie de'vescovi che compirò col- le Notizie di Roma. 1 728 Lodovico For- ni (li Modena. 17^0 Gio. M.^Castelve- tri modenese. 1785 Francesco M.'d'E- ste di Modena da Pio VI Iraslato da Ana- stasiopoli inpartibiis e abbate commen- datario dell'abbazia di Nonantola: nel voi. XLV, p. 3io narrai che nel 1798 accolse Pio VI in Modolena, che i fran- cesi deportavano in Francia. 1822 Aii- geloFicarelli di Reggio. 1 826FilippoCal- tani modenese traslato da Carpi. Pio IX nel concistoro di Gaeta de'20 aprile 1 849 trasferì da Carpi l'odierno e rispettabile vescovo mg. '' Pietro Raliàelli di Foscian- dora nella Garfagnana, già professore di teologia dommatica nella regia università di Modena e canonico di quella cattedra- le, zelante ed egregio pastore. Il circuito della diocesi si estende per circa 100 mi- glia. Ogni vescovo è tassato in fiorini 816, essendo le rendite della mensa circa 3ooo scudi liberi.

REGIA. Sede vescovile di Numidia nell'Africa sotto la metropoli di Cii la, e- retta nel Vsecolo, ebbe due vescovi. Mor- celli, Àfrica chr. l. i.

REGIA. Sede vescovile della Mauri- liana Cesariense, celebre pel martirio di molti cattolici, assaliti e uccisi dagli aria- ni mentre stavano occupali de'do veri del- la loro religione. Vittore suo vescovo nel 484 fu esiliato da (Jnnerico re de' van- dali. IVJorcelli, .africa chr, t. i.

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REGINA (s.), vergine e martliein Bor- gogna. Dopo aver solfeiio diversi tor- menti per la fede, fu decapitata in Aliza o Alexia, città anlicamenteconsiderabile, e che ora non è più che un piccolo vil- laggio della diocesi di Autun nella Bor- gogna. Credesi che il suo martirio av- venisse l'anno ^5 i , nella persecuzione di Decio. Le sue reliquie furono trasferite neir864 all'abbazia di Flavigny, ove an- cora si venerano. Ella è nominata nel martirologio di Usuardo e nei romano a'y di settembre; ma la sua festa è posta in diversi giorni, certamente a cagione delle traslazioni delle sue reliquie.

REGINA, Regina, Regnatrix. Moglie del Re (^.), e signora di Regno (f^-)j al- trettanto si dice dell'imperatrice, Inipe- ralrix, moglie deW Inipcralore (Z^^), e si- gnorad' ////pero (^.). Sarnelli, Leti. eccl. I. 6, lelt. 5i : Perche, la ss. Vergine si chiami pinUoslo Regina che Imperatri- ce^ ne rende ragione con dire, che alla Beala Vergine madre di Dio si quel titolo che dassi al suo divin Figlio. Iddio è chiamato ne' salmi Re: Rex inagnus super oninein lerranij Rex omnis terrae: nell'Apocalisse si dicedi Cristo: Rex re- gttni, et Dominns rloniinanliuni. ha ina- che adunque deve dirsi : Aslitit Regina a fìextris tuisj e benché Cristo sia «letto Sole, vuole ch'ella sia la Luna, ma Lu- na tale, che allora apparisce più lumino- sa, quando gli sta più prossima: e se dai gentili la luna era chiamata /?eg//i<7 Coeli {V.), molto più ciò si deve alla B. Ver- gine. Alberto Magno scrisse: » Propris- simum nomen, quod B. Virgini, .sccun- (lum (uam dignitatena summam debetur, tftesseUeginam,etplus proprium.cjuam Impcratrix. Hoc enim nomen tiinoris, et rigorit. Regina aiitem plus est nomen providenliae, et nequilatìs. " Dice s. Ber- nardo sulla Salve Regina {P'.): >• Regina mundi, et Regina Coclidicilur, per (|uani utriutque Creator et Rector generatur. Regina gloriae nomen, et iionoris; mii- gnUìoeoli«e,et decori»; dulcediuis, oc pie-

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tatis; amorìs, et honorificentine; sid)Ii- mitalis, et potentine; gnbernalioiiis, et juslitiae; defensionis, et graliae. " Nelle- Litanie TMurelanc (F.) invochiamo l.i B. Vergine, Regina degli Angeli, Patriar- chi, Profeli, Apostoli, Martiri, Confesso- ri, Vergi ni, d'Ognissanti, e Reglnasine la- be originali concepta. V. AveRec.inxCoe- LOBUM. Le figlie degl'imperatori deil'an- tico impero nel V secolo, e forse anche antecedentemente, qualifica vansi regine, e più sovente ne'monumenti e negli alti pubblici dicevansiiVbi/7iM////e. In appres- so ebbero il nome di regine molle ira le sovrane di un regno e tutte le mogli dei re. Regina degli Dei si chiama nella mi- tologia Giunone: gli assiri, i siri, e gli e- brei prevaricatori e idolatri chiamarono regina del cielo Diana o la Luna, e le in- nalzarono altari e templi. Tra gli antichi romani, la moglie del Re de\s a grifi zi [dì cui a He), si denominò Regina de sagri- fizi; nelle Nozze Aldobrandine del lì/u- seo Praticano, è rappresentata maesto- samente vestita, e colla testa adorna d'u- na corona radiale. Quanto riguarda la coronazione delle regine e delle impera- trici, si può vedere Coronazione de' re, Coronazione degl'imperatori: a Praga dissi che quell'abbadessa corona la regimi di Boemia; a Olio che le regine nelle coronazioni si ungono solamente nelle spalle, nella mano e nel braccio. Osserva Sarnelli, che la Chiesa ne'suoi sagri e mi- steriosi riti insinua alla reguia nella sua coronazione, quanto dices. Bernardo, co- me sì può vedere nel Pontificale romano: De henedictione et coronatione Regis: De henedictione et coronatione Reginae: De henedictione et coronatione Rrglnae solitis : De henedictione et corontttione Reginae, tU regni Dominae: De benedi' ctione et coronatione Regis in consorteni clertì. In ({uesta funzione il metropoli- tano o altro vescovo unge la regina col- l'olio de'catecumeni nella giuntura della mano e del destro cubito, e nelle spalle, per denotare che come l'olio uuulu su-

R E G pra gli altri liquori, così la regina è su- periore agli altri, ma insieiue dev'essere mansueta e piacevole, perchè l'olio è sim- bolo della benignità. Quando dipoi il me- tropolitano le impone la corona dice: Po- puloDei sem per prospere co nsulas.Qann- do le lo scettro , dice : esto paiiperi- bus niisericors,et ajfahilis, viddis^pupil- lis, et orphanls diligenlissimam curani cxhibens. Le erudizfoni e quanto riguar- da le regine possono vedere ne'Ioro ar- ticoli relativi. La s. Sede ed i Papi sem- pre estesero la loro paterna sollecitudi- ne anche sulle imperatrici e regine, beu- che oppresse dai sovrani loro consorti e divenute donne inermi; affrontarono la potenza de'Ioro persecutori, le difesero, generosame4ite soccorsero, e con decoro ospitarono in Roma, antico e pacifico sog- giorno de'principi detronizzati: gli esem- pi sono copiosissimi in questo ìmoDiiÀo- Ilario. Innocenzo III (/^) prese il pa- trocinio d'ingelburga ripudiata dal ma- rito Filippo il Augusto re di Francia; Clemente VII negò il divorzio a Enrico Vili re ù' Inghilterra (f^-), colla regina Caterina che difese; quanto fecero i Papi coU'infelice Maria Stuarda regina di Sco- zia{/\), lo dissi in molli articoli. Gregorio V die le rendite di Comacchio e Ravenna {!'.) per sostentamento della sfortuna- ta imperatrice Adelaide. Pio 11 , Paolo 11, Sisto IV ospitarono magnincameo- te Caterina regina di Bosnia{P'.)j Sisto IV anche Carlotta regina di Cipro (/^.), della quale parlai pure nel voi. L,p. i5. Fecero altrettanto, Alessandro VÌI con Cristina regina di Svezia {f^-\ che come le precedenti mori in Roma (ove nel 12 i3 pur mori Maria regina d'Aragona e fu sepolta in s. Pietro); Alessandro Vili e Clemente XI, con M.' Casimira regina di Polonia {y.)j Clemente XI esucces- soricon M.' Clementina e suo maritoGia- comò 111 re (\' Inghilterra (^■), i quali co- me tutte le precedenti furono tumulati nella Chiesa di s. Pietro (f^.)- Ne'ponli- ficali di Pio VII e Leone Xilmorirouo

VCL. LVII.

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in Roma M.' Luisa m^xaaiW Spagna[F.), e la sua figlia M-' Luisa ex regina d 'E - tru ria e duchessa di Lucca (F.) a' 1 3 mar- zo 1824. 11 i.°Papa che si assise a Prrt/i- zo{^V.) con una regina, fu Clemente VII. Molti Papi donarono alle regine la Rosa d'oro benedetta (Z"^.).

REGINA DEGLI APOSTOLI. Con- gregazione e pia società òtW Apostolato cattolico, d.\ sacerdoti e fratelli coadiuto- ri, e di sorelle, di fedeli d'ogni sesso e con- dizione, istituita in Roma nel 1 835 sotto gli auspicii di Gregorio XVI, dal servo di Dio sacerdote d. Vincenzo Pallotti ro- mano, di cui parlai nel voi. LII, p. 241, eziandio istitutore in Roma del Conser- va torio di Borgo s. Agata ( F.)^ e del Co«- servatorio di s. Onofrio (f^.), delio Ca- rolino dai munifico benefattore d. Carlo Torlonia, come ancora del solennissimo Oltavarioo Ottava (F.), che la sua con- gregazione celebra tuttora in Roma per la festa dell'Epifania con Presepio (F.), nella chiesa di s. Andrea della Valle dei Teatini [y\ con indulgenze concesse da Gregorio XVI nel 1 838, e da Pio IX nel i85o. Vedasi U Epifania del Signore, ec. per I oltavario che si celebra in Ro- ma dalla congregaziotie e dalla pia so- cietà dell' Apostolato cattolico, 3.^ edi- iione,Romai85i, ove si legge una breve notizia su questo istituto. Il fondatore po- se la congregazione sotto la speciale pro- tezione e invocazione di Maria Vergine Immacolata Uegina degli Apostoli, per la difesa, conservazione, propagazione e accrescimento della pietà edella fede cat- tolica; per avvivare, fomentare e diffon- dere in tutti i cuori il fuoco della carità, acciò si verifichi ciò che narrasi de'primi fedeli, mnliitudinis credentiuni erat cor unum et anima una. Anche a mezzo del- l'Apostolato cattolico, per illuminare coi missionari membri dell'istituto, della be- nefica luce del vangelo i popoli che si rav- volgono nelle tenebre dell'errore e dell'i- dolatria. Gregorio XVI apprezzandone e ammirandone il santo scopo, e volendone

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curare e/Ticaceniente il felice incremento, dièalla congregazione de'preti nel 1 844 '^ chiesa e casa di s. Salvatore in Onda pres- so Ponte Sisto (^".)j ove dico dove la de- scrissi. Questa chiesa e casa è ora il prin- cipale ritiro delia congregazione , resi- denza del rettore generale della medesi- ma edella consulta generalizia, come pu- re noviziato. La congregazione ingrandì, restaurò e abbellì tanto la chiesa, che la •asa, e questa ridusse a ritiro, nella prima facendovi fìorire il cullo divino, avendola fornita di tutto assai decentemente. Pri- ma apparteneva ai conventuali, quale re- sidenza del loro procuratore generale, on- de vi abitarono Rovere e Peretti, poi Si- sto IV e Sisto V. Ivi fu sepolto in luogo a parte con onorevole iscrizione il zelan- te e benemerito servodi Dio Pallotti, do- po che soavemente spirò nella propinqua suddetta casa o ritiro il 22 gennaio 1 85o. Ebbe la consolazione di vedere che il san- to e vasto suo concepimento, di accre- scere e dilatare nel mondo universo la cattolica leligione, andava prosperando pei due ritiri fondati in lioma e in Lea- (Ira, che sono i due fuochi centrali da cui t'irradia a tutta la congregazione e pia locielù l'ardore del suo lodevole propo- nimento, delle quali fu ancora il i." ret- tore generale. Dice il suo biografo prof, d. Salvatore Proja.» Non suderemo lun- gi dui vero dove affermassi, che anche l'immensa e benedetta opera (la Propa- gazione della Fede, fedi), con cui si soc- corre con ispontnnce limo&ine alle mis- tioni cattoliche oltre i confini de'mari, in- signe monumento della vera civiltà dei tempi nostri, nacque come da un grano di senapa gittato da lui nel cuore di pie- tosa donna. Ma se ne abbia pur questa il vanto, che fecondò il prezioso germe, eia industreecaltolica Lione,chc il creb- be 0 iroiiurata pianta. " Ricondusse in mille famiglie la domestica pace, e spen- se odii inlìnìti da private oHcse cagionati o dn civili discordici accolse i sospiri e Itflagiime dc^li alili (li, e spello trasse dal

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loro cuore la spada del dolore ; soccorse all'umanità languente negli ospedali, nel- le prigioni, ne'piìi abbietti tugurii; fu il padre degli orfani, il tutore delle vedove e de'pupilli, il benefattore di lutti, e in tutte le guise che per lui si potè; amò passionatamente i poverelli, la sua carità fu veramente proteiforme, volle sempre intorno a se i fanciulli e gl'ignorantelli per ammaestrarli ne'pri mi rudimentidei- la fede, ne'doveri di cristiano e di buon cittadino, sempre accarezzandoli, spesso fornendoli di libri e d'altri attrezzi gio- vevoli ai loro bisogni. Coltivò in partico- lar modo i giovanetti, che si esercitano in alti di pietà e di religione nell'orato- rio della Dottrina cristiana in s. Maria del Pianto, di cui fu direttore per molti anni. Collaborò coi benemeriti della ro- mana gioventù i canonici Mucciolie San- telli nelle così dette adunanze,oveiii mez- zo ad onesti allettamenti presso la Chiesa di s. Giorgio in P'elabro, nelle vacanze delle scuole e nelle feste, si danno all'ine- sperta età lezioni di buona morale e di sociali virtù. Molto fu propenso co'poveri artigianelli, che dopo i materiali lavori della giornata vanno la sera a ricevere il bene dell'istruzione intellettuale nelle Scuole notturne, coi fondatori beneme- riti delle quali il servo di Dio divise il pensiero, il dispendio e la flttica. Così a- doperondo colla gioventù dell'infìmo or- dine, non trascurò quella de'più elevati, e pochi sono in Roma i conservatorii e convitti delle suore, ed i collegi educatori di giovani di nobile o civil condizione, a'quali egli non intervenisse direttore di coscienze oconsigliereamorosodi miglior disciplina. Così eloquentemente parla di questo decoro, ornamento e modello del clero romano, il nominato degnosuo bio- grafo, ammiratore e tenero amico, nel t. i 7 ùaW Àlbum, giornale letterario di Ro- ma, nel n.°i3, dichiarando altresì il bel complesso delle altre virtìi che facevono splendida corona alla viva fede religio- sa, edificante pietà, che renderanno sem-

REG preallamenle commendevole l'illuslrecl. Vince?izo Palloni; insieme rilevando i .singolari pregi della mente e di sua pro- fonda doUrina, segnatamente nelle teo- logiche e morali discipline. Quanto ne fosse pianta e deplorala la perdita da o- gni condizione e classe di persone, non meuocheda' suoi ottimi ecclesiastici com- pagni, che gli celebrarono solenni eseriuie con funebre orazione, lo si legge ancora nel n." 1 9 del Giornale di Roma del 1 85o. Alirando d. Vincenzo lo stato lagri- mevole del nostro secolo in materia di religione, pei santi fini che dichiarai, cosi ispirato da Dio, diede principio ad un'o- pera sì santa e vantaggiosa alleanime, coir istituire nel i835 presso la Chiesa dello Spirilo santo de' napolelani{P^.),ìa Pia socielà che chiamò deli' y4 postola lo cattolico per esprimere con tal nome la speciale venerazione, servitù e sommis- sione che tale istituto professa e promuo- ve verso il supremo Apostolato dellaChie- sa di Gesù Cristo che risiede nel romano Pontefice e ne'vescovi, non che*il nobi- lissimo fine a cui è diretta. L'istituto non si limita a luogo, ne a tempo, ed ab- braccia tutte le persone d'ogni stalo, ses- so, grado e condizione, le quali unite in- sieme col vincolo della carità attendono alla propria santificazione, e ad eserci- tare con più perfezione quell'apostolato che Dio ha commesso ad ognuno. A'i4 oprile 1 835 il servo di Dio cardinal Car- lo Odescalchi (^.), vicario di Roma, ap- provò con ogni benedizione la pia socie- tà, quindi per suo mezzo a' 1 4 luglio Gre- gorio XVI la confermò e compartì mille benedizioni alla medesima,econ lei a qua- lunque opera di pielà e di zelo cui sia per dedicarsi. A' 17 luglio i836 il car- dinal Lambruschini segretario di stalo, in nome dello stesso Papa, di proprio pu> gno spiegò il titolo e la natura della pia società, sotto l'assoluta dipendenza della 5. Sede, promettendole cooperazione, in- coraggimento e sostegno.In seguito il sag- gio, umile e prudente foudutore d. Viu-

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cenzo sottopose il suo religioso conce- pimento dell'opera all'esame e appro- vazione di valenti teologi e cospicui let- terati, di moltissimi superiori generali di ordini regolari e parrochi di Roma, non diedi I o cardinali, riportandone da tut- ti amplissime testimonianze di adesione, di lode, di prosperi auguri, per cui 4' ordini e congregazioni religiose conces- sero alla pia società ed ai cooperatori al- le opere di essa la partecipazione di tulli i loro beni spirituali comunicabili. Gre- gorio XVI col bali Candida affidarono alla congregazione la cura spiritualedel- l'ospedale militare, quando il Papa lo col- locò nel locale da lui dato a Ponte Sisto all'ordine Gerowliniilano (f^.), rirapet- to alla chiesa e ritiro della congregazio- ne; quindi Gregorio XVI gliela confer- mò allorché restituì 1' ospedale nel fab- bricato incontro quello di s. Spirito e a questo appartenente: con zelo e carità corrispose la congregazione, fino all'in- felice epoca dell'ultima repubblica del i849> sebbene i suoi membri tuttora la frequentino pegli aiuti di carila, cristia- na. Il regnante Pio IX nel 184O conces- se all' istituto di amministrare in ogni tempo i sagramenti a quei della congrega» zione o che convivono ne'loro ritiri, conte di celebrare nelle proprie chiese i loro fu- nerali e seppellirli, «fi instar regularium. Inoltre Pio IX nel 1 847 col breve Qttuni in agro, confermò alla congregazione la chiesa e casa di s. Salvatore in Onda, con l'obbligo annuo d'un cereo di 3 libbre al procurator generale de'convenluali; accordò a'sacerdoti diverse facoltà spiri- tuali, confermò loro i tesori spirituali go- duti dagli ordini regolari, e dalle confra- ternite e pie istituzioni già esistenti nella Chiesa di Dio, da parteciparsi dalle so- relle della congregazione e dalla pia so- cietà; come pure alla congregazione dei preti comunicò i privilegi de'medesimi oi'd'm'ì, servalis servandis: di piùnel 1 84»^ col breve Ecclesiaslicorum Societates , auloiizzò gì' individui delia congregazio-

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ne di potei*$i ordinare a titolo di mis- sione. L'istituto è in incremento e si di- vide in 3 classi. La i.'ch'è come il cen- tro da cui le altre dipendono, e che le promuove, le anima e ledirige ambedue, si compone della Congregazione, di preti secolari, e fratellicoadintoridelV A posto- lato cattolico, i quali vivono riuniti nei ritiri in vita comune perfetta e sotto la regola lasciata loro dal fondatore. Il ve- stilo è conforme a quello de' preti seco- lari, adattandosi anche in questo ai paesi dove si trovano. I preti vestono la sotta- na di panno, chiamata anche ziminarra, con pellegrina e mezze maniche aperte, con fascia di lana senza fiocchi, e collare, cappello, e ferraiolo di panno odi scotto secondo i tempi, come i preti romani, berretta senza flocco e tutto nero. I chie- rici e novizi non portano la pellegrina; i fratelli coadiutori vestono dell'istessa maniera, ma più corto, senza collare, e senza code o penduli nella fascia. I sacer- doti si occupano in tutte le opere del sa- gro ministero, nelle quali si spera che vi sia il magg,ior servizio di Dio e aiuto del- le anime^ ed anche nelle altre opere di carità e di zelo compatibili coll'istituto, principalmente nel dar missioni in qua- lunque parie del mondo, ed esercìzi spi- rituali ad ogni classe di persone, dirigere i seminari e collegi di missione eretti nei loro ritiri, convocare in essi la conferen* za degli ecclesiastici, ec. Gli obblighi poi ai quali ciascun individuo della congre- gazione si astringe nella solenne consa- gruzione o oflerta a Dio (non per voli, che sono in libertà di ciascuno il farli o non farli, ma in virtù del contratto che ti fa colla congregazione), sono le 7 pro- mette: cioè di povertà; vita comune per- fetta; rinunzia alle dignità e ai benefìzi fuori della congregazione; castità; ubbi- dienza; perteverauza nella cungregazio* ne; di promuovere in ixpecial modo la venerazione de'miitcri della s«. Trinità, della Itrdfuzione, e la divozione ilella 1). Vergine. 1 fralelli coadiuluri però, per

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rendersi più utili alla congregazione, fan- no nelle mani del confessore anche il vo- to di ca%\^\\Àx ad tempns, e ad nutuni del rettore. Essi aiutano i sacerdoti nelle o- pere dell'istituto, facendo i loro uHici se- condo l'ubbidienza de'siipcriori, coope- rando alla congregazione colle fatiche, o- razioni ed esercizi virtuosi; dovendoque- sta congregazione pel suo fine esserenel- la Chiesa come un punto di mezzo tra il clero secolare e regolare, adattandosi al- le circostanze de'tempi e de' luoghi nei quali ha da diffondersi. La 2.^ classe del- l'istituto è composta della Congregazio- ne delle sorelle dell'Apostolato cattolico^ le quali osservano la' medesima regola dei sacerdoti, in quanto conviene allo stato loro, e vivono anch'esse in comunità nei propri ritiri, ad alcuni de'qùali sono an- nesse le pie case di carità erette per ac- cogliervi le giovinette povere, abbando- nate e pericolanti, e però le sorelle che abitano in tali ritiri si occupano per pro- prio istituto anche nella educazione ci- vile, che religiosa delle dette giovanette, come pure delle giovanette esterne, al- le quali fanno scuola ne' medesimi riti- ri, ed alla istruzione e conversione delle persone del loro sesso. Uno di questi ri- tiri, a cui è annessa la pia casa di carità, è il suddetto Conservatorio di Borgo s. «^g'rt/rt, altro è prossimo ad aprirsi in Vel- letri, insieme con un ritiro de'preli del- l'istessa congregazione. Il vestito ilelie so- relle è quello delle terziarie francescane. Finalmente la 3.' classe dell'istituto è la Pia società dell'Apostolato cattolico, che ritiene il primitivo titolo di tutto l'isti- tuto, formata di tutti que'fedeli d'ogni sesso, i>tato, grado e condizione, che in qual unque modo, o colle opere personali gratuite, o colle oblazioni spontanee, o al- meno colle preghiere cooperano (ciascu- no secondo la propria possibilità) al fine indicato della pia istituzione. La Pia so- cietà è già diflu.sn in tutte le parti del mondo, avendo spedito molti de'niissio- iiari tuulo uclU re^ioui culioliche, che

REG nelle parli degliereliciedegrinfedeli. Ad essa si sono ascrilte mediante pagelle di aggregazione, molte migliaia di persone d'ogni ceto, anche facenti parte di corpo- razioni morali, fra'quali non pochi car- dinali, vescovi, prelati, principi, e altri il- lustri personaggi ec; io uno a diversi mo- nasteri e conventi di regolari de'due ses- si, come di collegi, conservatorii e altri luoghi pii. In questa società tengono il primo luogo gli ecclesiastici secolari e re- golari, i quali uniti in sagra lega di emu- lalrice carità e zelo, coi sacerdoti della congregazione si prestano nelle opere del- l'apostolico ministero. Tutte le classi del- l'istituto, comprese le pie case di carità annesse a'ritiri delle monache, sono sotto l'immediata dipendenza e diretione dei superiori della congregazione de'sact*rdo« ti e fratelli coadiutori, salva sempre la de- bita soggezione agli ordinari, in ciò che non s'opponealle proprie regole e costitu/Joni. Fra le molle opere di sagro ministe- ro, e di carità e misericordia spiritua- le e corporale a vantaggio de' prossimi, nelle quali si occupa 1' istituto per con- seguire il fine che si è proposto, quelle che esercita la congregazione de'sacerdo- li unitamente alla pia società, sono: i.° Di fondare pie case di carità. a.°Di ce- lebrare l'otta vario dell'Epifania, il quale ebbe principio nel i83G nella chiesa del- loSpirito santo, indi in altre chiese di Ro- ma, come di s. Carlo al Corso e di s. Sil- vestro in Capite, stabilendosi in quella -dì s. Andrea nel 1841; in S.Carlo vi pre- dicò due volte il cardinal Odescalchi,ia s. Andrea Fio IX, lo che accennai nel voi. LUI, p. 190. 3." Di provvedere ai biso- gni delle missioni ne' luoghi suindicati, siccome ha sempre eseguito, eziandio con soccorrerledi denaro, di arredi, vasi e pa- ramenti sagri, d'immagini divote, di re- lìquie, di libri spirituali in diversi idio- mi, anche nell'Arabia, Persia, Oceania e altre parti del mondo. 4'° promuove- re la pietà e divozione colla continua di- ittribuzione di buoni libri, abitini, coro-

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ne, medaglie, crocefissi e altre sagre im- magini. 5.° Di sovvenire ai bisogni tem- porali de'poveri d'arabo i sessi e degl'in- fermi, con denaro, vestiarioe commesti- bili, come fece segnatamente nella pesti- lenza del I 887. 6.°D'aprirescuolegratuite perla gioveivtìi de'due sessi, per l'istruzio- ne ci vi le e religiosa, sia fra'dattulìci ohe nei paesi acattolici, onde opporsi alle scuole protestanti istituite per danneggiare il cattolicismo; avendo in Roma fondato 3 scuole notturne e una pia congregazio- ne per la santificazione delle feste. 7.° Di visitare e soccorrere i malati negli ospe- dali, i detenuti nelle prigioni. 8." Di da- re le missioni e gli esercizi spirituali ad ogni classe di persone, il che è proprio tanto de' membri della congregazione, quanto de'sacerdoti ascritti alla pia so- cietà. c).°Dì promuovere l'erezione di ca- se per detti esercizi pei giovanetti e gio- vallette di i.' comunione separatamen- te, pei coniugandi e pei coniugati^ assi- stendo a quelli delle donne le sorelle del- la congregazione. Il fondatore vietò ai ri* tu'i de'preti, e alle sorelle della congre- gazione dì possedere, ma mantenersi col- le oblazioni de'fedeli mensili e annue, o di qualunque sorte. Dispose che le pro- prietà e i beni stabili, che a qualunque classe dell'istituto venissero dati dalla, ge- nerosità de' benefattori, inclusi vamente ai pii legali, spettassero all'intiero corpo della Congregazione e della Piasocietà^ per erogarsi nelle opere proprie dell'isti- luto, e che ne fosse amministratore il rettore generale e sua consulta, la quale deputa i rettori de'ritiri de' preti e delle sorelle, acciò per se o per loro procura- tore ne facciano amministrare i beni dal proprio sindaco. I soggetti della congre- gazione possono ritenere le proprietà dei loro beni e testarne, lasciando al superio- re la cura di farli amministrare, e d'im- piegarne le rendite, non per uso proprio, ma solo per opere pie; e devono mettere in comune ciò che ricevono dopo la con- sagiazìone. Tulle le 3 classi dell'istilulo

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godonodi tutti i tesori spirituali summeo- tovali, e approvati dalla benignità pon- tificia. Fi-a le benemerenze di questo isti- tuto, aggiungerò, che promosse con suc- cesso l'associazione all'elemosine per la pia opera della Propagazione della fede^ come l'istituzione de'consigli parrocchia- li che dieronó ottimi risultati. L'istituto dell' Apostolato cattolico è in incremen- to. La congregazione nel suo noviziato va formando i giovani nello spirito e nel- la scienza per le opere di carità e di ze- lo, e per le nuove fondazioni che sono richieste in più luoghi. In Londra la stes- sa congregazione per mezzo del suo ze- lante sacerdote d. Raffaele Melia roma- no, va edificando annessa a un suo riti- ro una chiesa centrale a beneficio spe- cialmente degl'italiani, sotto l'invocazio- ne di s. Pietro principe degli apostoli, concorrendovi con liraosine vari principi e il Papa che regna, il quale unitameule ad ampie facoltà, le ha imposto tal nome. REGINA COELILAETARE ALLE- LUIA. Antifona chiamata degli Angeli, perchè cantata dai cori degli Angeli sul Ponte s. Angelo (F.) di Roma, per sa- lutare le immagini della B. Vergine (a pBEDicATORi parlando delle domenicane de'ss. Domenico e Sisto, dissi che si vuole compresa anchequella di detta chiesa) che si venerano nella Chiesa di s. Maria /Mag- giore {f^.), e nella Chiesa di s. Maria d'Araceli (^.)j portale da s. Gregorio I in processione per la pestilenza, onde a - Tpndola adottata la Chiesa nel tempo pa- Sfjuale, cioè dal sabbato santosino al vo- spero del sabbato precedente la domeni- ca della ss. Trinità, nella processione del- ie Litanie maggiori, allorché il clero se- colare e regolare di Roma celebra quella dalla chiesa di s. Marco a quella di s. Pie- tro, quando il capitolo di s. Maria Mag- giore, ed i minori csscrvanti d'Araceli so- no arrivati sul detto Ponte, per memo- ria dell'accaduto ivi contano l'antifona ftegina Coe/i. Di lutto trattai ne'vol. XII, p.(jr)ei li», ove ri|H;rtai tutta l'antifona e

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il versetto col quale s. Gregorio I rispose agli Angeli; e XXXIX, p. i 3, 1 4 ed altro- ve. P^. Antifona, Alleluja, Regina, ed il p. Antonio de Macedo: Divi Tutelares Orbis Chrislianif Lisbona 1689. Nel voi. X,p. 5i, parlando delle monache di Re- gina Coeli, corressi l'errore per cui si cre- dono cosi chiamate. All'aurora, al mez- zodì e alle ore 1^, al segno delle campa- ne delle chiese, con indulgenze si recita la preghiera detta V Angelus Domini o Ave Maria [F.) inginocchioni, e in pie- di tutte le domeniche incominciando dai primi vesperi cioè dalla sera del sabbato per disposizione di Benedetto XIV, il qua- le ordinò che invece A&W Angelus Domini nel tempo pasquale si recitasse l'antifona Regina Coeli e stando in piedi, cioè dal mezzocfidel sabbato santo a tutto il mez- zodì del sabbato innanzi la festa della ss. Ti'inità; ne parlai ancora nel voi. XXXI, p. 6r, ed in altri analoghi luoghi. Nella Raccolta delle indulgenze concesse dai Papi si avverte: i.°Che le persone religio- se d'ambo i sessi e altre che vivono in co- munità, non potendo dire V Angelus Do- mini o la Regina Coeli al suono della campana, perchè in tali ore sono impie- gate in qualche esercizio prescritto dalle rispettive regole o costituzioni, potranno acquistare le indulgenze,se subito termi- nato tale loro esercizio^ reciteranno 1'.^/!- gelus Domini o la Regina Codi, come dichiarò Benedetto XIII. 2.° Che i fedeli tutti trovandosi in luoghi, dove manca il suono della campana, potrannoacquì- stare le indulgenze, se circa le ore deter- minate l'ecileratuio secondo la diversità de'tcmpi V Angelus Domini o la Regina Cof//, come dichiarò Pio VI. Le principa- li indulgenze le concesse BenedettoXIlf, e le confermarono i successori, col breve uni vei'sale e perpetuo, Jnjunctn iV(;)/;/>,dei 1 4'«etlembre 1 7-«4, Ridi. Rom. t. 1 ?., par. a,p. 35(ì. Esse consistono, ncH'itidiilgen- za plenaria e remissione di lutti i peccati una volta al mese in un giorno, in cui i fcdcliconf(:ssiitie comunicati pregimi an-

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no per la s. Chiesa, per la conservazione dei Papa, pace e concordia tra'principi cristiani, ec; e l'indulgenza di giorni i oo ogni volta, che veramente pentiti reci- teranno V Angelus Domini o la Regina Coeli,

REGINALDO, Cardinale. Nato nel- r Umbria e abbracciato l' istituto di s. Francesco , Bonifacio Vili nel 1298 lo fece lettore dclpalazzo apostolico, grado divenuto vacante per la promozione al cardinalato di Gentile Partine (/'^.); non lo creò arci vescovo di Rohan, bensì a'i5 dicembre iSo-ì cardinale di s. Chiesa.

REGINERIO, Cardinale. Dell'ordi- ne de'diaconi, sottoscrisse il privilegio a favore della patriarcale di Grado, di Gio- vanni XIX detto XX del 1024.

REGIONE, Regio, Finis, Plaga, Tra- ctiis. Contrada, provincia, banda, paese. Essa in riguardo al cielo, significa le 4 parti cardinali del ttiondo,chechiamansi plaghe. Trattandosi della terra la parola regione dir vuole una grande estensione di terra, abitata da molti popoli confi- nanti, ma sotto uno stesso dominio. Una gran regione divfdesi in altre più piccole ili riguardo ai suoi popoli, dividendosi anche le piccole regioni in altre ancora che compongono un popolo, e che chia- n)ansi paesi. Una regione si divide in al- ta e bassa rispetto ai fiumi, al mare ed allemontagne. Nella topografia la parola regione fu in uso per significare i diversi quartieri delle città, molte essendo divise in regioni o rioni. Augusto divise Roma in i4 regioni, ed il Papa s. Clemente I la ripartì io 7 regioni ecclesiastiche, e ad o- gnuna assegnò un Notaro [f^.) regiona- rio; s. Fabiano vi aggiunse un Suddia- cono (^.) regionario, ed un cardinale dia cono regionario, "di che trattai aDuco- NiE cardinalizie; indi alle regioni furo- no aggiunti i Difensori della chiesa ro- mana [f^.),deU\ anche difensori regione rf: di lutti questi regionari, loro impor- tanti uffizi e distinte prerogative, parlai ai citati articoli, ed intervenendo alle

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pontificie funzioni assistevano il Papa. /'. RiOMi DI Roma, Primicero, Pbotoschimia*

RIO.

REGIONARIO, r. Rbgiowe.

REGIO EXEQUATUR,P/^c//«f7i re- giani. Abusivo riconoscimento, esame di pretesa Regalia (P^.) della podeslìx laica- le, quasi per autorizzare la pubblicazio- ne, l'esecuzione e T effetto delle provvi- denze religiose ed ecclesiastiche de' Papi, alle loro Bolle, Brevi, Lettere e Rescrit- ti [f^.y Questo f itale uso presso alcuni stati del regio excquatur , per la sem- plice visura, senza porre segno o far or- dine esecutorio riguardo all' esecuzione de', pontificii diplomi, essendo destituito d'ogni diritto e di ogni ragione, siccome derivato dal grande scisma d' occidente (come dai scismi derivò l'Esclusiva, Ve- di), qual misura di precauzione, fu sem- pre dai Papi condannato e riprovato con gravissime censure, come dichiarò e dot- tamente provò, contro Quesnello, Van- Espen e simili avversi alla s. Sede, il dot- to mg.* Fontanini, anonimo autore delle Ragioni della sede apostolica nelle pre- senti controversie colla corte di Torino, 1782, t. I, par. 2, capii, i, capo 2, Del regio exequatiir. Fontanini dichiara il regio exequa tur pregiudizievole e con- trario air ubbidienza, che deve ogni fe- dele e ogni principe, per grande che sia, al vicario di Gesù Cristo, e che prodotto e originato dallo scisma a null'altro ten- de che alla sua prima causa, cioè a ren' dere aliena e straniera negli stali tempo- rali de' principi l'autorità e podestà del Papa. Dal benedettino Zahvein nel 1. 1, p. 377 del Jus ecclesiastico, viene chia- mato il Regio exequatur 0 Placito regio, partode'polilici e ritrovato degli adula- tori «le'principi nemici della sede aposto- lica. 1 1 Rinaldi all'anno 84B, n.° 1 3, nari^ che Neoraenio posto da Carlo il Calvo al governo della Bretagna minore, avendo convertito il reggimento di essa in cru- delissima tirannia, spogliando i sudditi de'beni loro e uccidendoli . scacciando i

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vescovi dalle chiese (come raccontai nel conci 1 io di/Je</o«, A-W/), profanando e di- struggendo i luoghi sagri, e usurpandosi le possessioni loro, s. Leone IV l'ammo- nì con un'epistola, ma inutilmente : im- perocché l'arrogante e superbissimo uo- mo, mettendola per niente e avvilendo- la, neppur degnò di riceverla. Di che ra- dunandosi 22 vescovi in Tours in sino- dojfortemente lo ripresero, massimamen- te per cosiffatto disprezzo della sede apo- stolica, e minacciarono di scomunicarlo, con questa lettera sinodale. "Bastavano questi per tua perdizione; ma tu a cu- mulo de'mali accresciuta hai la temeri- tà, e offeso tutto il cristianesimo, mentre che hai avuto poco a pregio e dispettato l'apostolico successore di s. Pietro, a cui Iddio lia dato W Primato [f^.)iu tutta la terra. 1 mperciocchè richiedendolo tu, che li scrivesse nel suo libro e volesse per te pregare la divina clemenza , e promet- tendoti pur egli con sue lettere di farlo, veramente, che si fossero da te porte orecchie alle sue ammonizioni, tu non pure non facesti nulla delle cose da es- so ingiunteli, anzi anche ne ricevesti le lettere; e perchè non volevi por fine n' tuoi eccessi, non temesti il buono am- monitore. In lui dunque hai offeso gli a- postoli, il principe de'quali è Pietro; tu hai offeso i vescovi, li quali già regnano con Dio in cielo, e risplendono in terra con miracoli ; e hai offeso noi altri anco- ra, li quali avvenga che non abbiamo il loro merito, possediamo per grazia di Dio, l'islesso uffizio". Soggiunge Io stes- so Rinaldi. » Odano queste cose quegli che ritengono le lettere apostoliche, e sot- to qunUisia colore impediscono l'esecu- zione loro. E quindi per simili compren- dano la gravezza del peccalo commesso da essi, e da coloro, li quali difendo- no nc'pìì principi ciò, clic tunto detesta- no qiKr' padri eziandio in un tiranno ". Mn non indugiò In divina vondulln so- pra l'empio Meomcnio, clic percorso dal- I angelo morì.

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Lo scisma orribile e lunghissimo inco- minciato verso la finedel secoloXIVdiè la prima occasione e originea diversi fatali abusi ed eziandio all'abuso del Regio exe- (juatur o Placito regio, i\ i verso da I Placito l^f.) giudizio pubblico de'secoli di mezzo, al quale articolo dimostrai contro le al- trui deduzioni, che quelli tenuti ne'do- minii della romana chiesa, furono per- messi dai Papi con podestà delegatizia, senza veruna lesione di loro piena e as- soluta sovranità, dichiarando in che con- sistesse l'awocazia, protezione e difesa degl'imperatori e re su Roma e sulle terre della s. Sede. Clemente V avendo stabilito la residenza pontifìcia in Fran- cia, dimoro in Avignone (^.), ed altret- tanto fecero 6 successori, l'ultimo de'qua- li Gregorio XI la restituì in Roma. JN'el 1878 per sua morte fu eletto Urbano FI{V.), contro il quale insorsero diversi cardinali e crearono l'antipapa Clemente f^JI, che portandosi in Avignone vi sos- tenne una cattedra di pestilenza, ed ebbe a successore l'antipapa Beneiletlo XIII. Come i Papi in Roma crearono i cardi- nali, gli antipapi in Avignone fecero an- ticardinali. Osserva Novaes nella Storia di Clemente XI, 112, che Urbano V I nel lagrimevole scisma, vedendo ingan- nate diverse nazioni, che riconoscevano per Papa il falso Clemente VII, onde preservare dalle sue astuzie e intrusioni quelle chea lui obbedivano, stimò provf villo consiglio e necessaria avvertenza di raccomandare a'vescovi, che prima di da- re esecuzione nelle loro città e diocesi alle bolle pontificie, esaminassero con di- ligenza se dal vero Ponlefìce proveniva- no, in tanta perturbazione di tempi, ri- movendo così gli scandali, die in alcune parti nascevano dall'cs'ccuzione di diver- se lettere dell' antipapi). Per cui alcuni vescovi per tale concessione stabilirono una forma consuetudine, ordinando nei loro statuii provinciali o sinodali clic niu- no eseguisse le Icllere apostoliche, se non dopo che fosìic stalo du loro ullcnulo il

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fidimus sai Placet. Lo slesso fecero i principi so viani,affìriclièi popoli loro sog- getti non (ossero sorpresi e ingannati dal- l'antipapa, e questo si osservò per lutto il tempo che (lino lo scisma, con munire le lettere e bolle legittime del visto o Pia- (ilo regio o consenso regio, colle formo- le Placet, FiiUinuSy ed Exequatur. E- stinlo lo scisma, tornò in vigore l'uso an- tico, e perciò Carlo VII re di Francia nel 1424 ordmò , clie il rom.'mo Pontefice usasse liberamente per 1' avvenire della sua piena e indipentlenle autorità, come alFerma Carlo Fevret, nel Trnité de l' n- IntSy jil). r, cap. 4,0 Trattato de gli abusi edel verosoggettodelleappellazionicpia- lificate col nome d' abuso j opera non buona, di cui si hanno diverse edizioni, anche colle note del canonista Gibert ^ di Brunet : vi fu altres'i aggiunto il trat- tato d' A ntonio Dadm, Ecclesia sticae ju- rìsdictionis vindiciae. 11 celebre citato Fontanini, ecco come racconta l'origine e le cause per le quali incominciarono i principi a volere che non potessero ese- guirsi ne'Ioro slati le lettere e provvedi- menti del Papa, senza la visura e bene- placito loro o de' loro ministri, il fatale scisma che incomincialo sotto Urbano V I lacerò per tanto tempo la Chiesa di Dio, diede la prima occasione a questo ed a mol- ti altri abusi, per cui rimane oncor pallida e scolorita la bella faccia della sposa di Ge- sù Cristo. Imperocché divisi in diverse ubbidienze i principi cristiani, secondo il numero de'Papi, che ora i\ue e ora tre (a Urbano VI successero, Bonifacio IX, Jnnqcenzo FIIq Gregorio XH, contro il quale fu eletto Alessandro V , men- tre viveva Benedetto XIII; quindi ad A.- lessandro V fu dato in successore Gio- vanni XXI II, onde si rinnovò la mostruo- sità di vedere ad un tempo due Papi e y\n antipapa con tìbbidienze , laonde i ledeli non sapevano più ormai a chi ub- bidire e chi venerare per vero Papa ) si videro infelicemente in quel tempo di coufusioQc. Alcuni de'principi che lene-

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vano l'ubbidienza di uno di essi, o legit- timo o spurio che si fosse, affinchè ne'Io- ro stati non si eseguissero le provvisioni dell'altro, ch'essi non riconoscevano co- me vero successore di s. Pietro, ordina- rono che le lettere le quali portavano il nome della sede apostolica, non si potes- sero pubblicare, se non fossero prima ri- vedute da'Ioro ministri, per riconoscere di qual Papa si fossero, e non si prestas- se ne'Ioro stati ubbidienza verso un Pon- tefice, ch'essi giudicavano non doversi ri- conoscere per tale. A ciò si aggiunse, che nella Francia particolarmente, dove si ri^giarono Clemente VII e Benedetto XIII antipapi, questi per aver seguaci non tanto dispensavano, quanto dissipavano le grazie, aggravando gli ecclesiastici e il clero di annate, di |)ensioni e di sussidi straordinari che loro sovente imponeva- no, sicché del pseudo Clemente VII rac- conta Clemangio, Decorrupt. eccles. stat. cap. "xj, ch'essendo in Francia ricono- sciuto per Papa, operava ivi quasi da ser- vo de'servi de'signori di quel regno, e che lutto il clero era in guisa tale soggetto alla disposizione de' magistrati secolari, che ciascuno di questi era stimato più Papa che il Papa medesimo. Persilliitte cause il clero gallicano adunatosi in Pa- rigi nel I 399 e toltosi dall'ubbidienza tan- to del vero e legittimo Bonifacio IX Pon- tefice romano, quanto dell'antipapa Be- nedetto XIII d' Avignone, si fece lecito decretare, che non si dasse più esecuzio- ne alle lettere espellative dell'uno dell'altro, perché servivano a molto fo- mentare il lamentabile scisma. Quindi ad istanza e ricorso del medesimo clero maltrattato e aggravato dai suddetti an- tipapi USCI la I.' volta un'ordinazione di re Carlo VI, culla quale fu vietala l'ese- cuzione de' rescritti, mandati e bolle che i Papi potessero dare in avvenire in pre- giudizio delle libertà e franchigie di cui godeva la chiesa Gallicana {f^.). Qua- stoordinamenlo diede luogo a' primi in^ traprendimeDli de'regi oliìzìali sopra ia

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giurisdizione ecclesiastica. Nel medesimo tempo e durando il deplorabile scisma, benché l'Inghilterra ubbidisse al vero Pa- pa Bonifacio IX, nondimeno nel parla- mento del iSpi, fra le molte altre cose fuor di misura offensive della libertà e giurisdizione ecclesiastica, fu determina- to che nel regno niuno fosse scomunica- to con autorilù pontifìcia, si potesse ivi eseguire alcun mandato di Roma. Co- sì pure in Portogallo all'epoca dello stes- so scisma, e pel motivQ che non si avesse in quel regno ad ubbidire se non che al legittimo Papa, e non si eseguissero bre- •vi, rescritti, bolle e lettere false che ve- nivano da Roma, fu introdotto il costu- me che fossero prima vedute ed esami- nate dal cancelliere maggiore, e quelle che trovava essere vere e direttamente spedile, dava licenza che si pubblicassero e che avessero esecuzione, non dovendosi ubbidire in quel tempo di scisma che al padresantodi Roma. Efinalmente quan- do lo scisma era nel suo maggior fervore nel i4o8, Martino I re di Sicilia, nel por- tarsi nell'altro regnò d'Aragona, ordinò al consiglio di stare attenti, che nessuna bolla o lettera di Papa o di nitri principi o comitati, non si debba aprire o leggere prima che venga in potere delia regina vicaria del regno o suo consiglio, e dopo per ordine della regina si farà quello che prescriverà. Quanto a Napoli gli stessi difensori del regio exeqnalur danno alla di lui introduzione più fresca origine, fa- cendone I ."autore Ferdinando I d'Arago- na nel 1473, tocche non può ammettersi, anche pel disposto di Pio II nella bolla colla t]uale nel 1 458 lo avea investito del regno, sulla piena esecuzione delle let- tere opostolichc d'ogni genere rimosso qualiin(|iic impedimento; quindi Giulio Il nella bolla d'investitura del regno per Ferdinando V re di Spagna, tra le altre cote preicritse, che i ministri regi doves- sero latciore del tutto libera e indipen- dente l'cMcuzione di tutte le provvisioni •poitoliche, «Dii «ieno teouli a sumiui-

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nislrare la forza militare se richiesti per farle eseguire e punire i renitenti. Ma piut- tosto nel i56i, per assicurarsi che non fosse provveduta di alcuna chiesa qual- che persona nemica o sospetta, o non fos- se fatto alcun provvedimento pregiudi- zievole alla regia autorità di Filippo II, i ministri cominciarono a voler esami- nare e riveder le bolle apostoliche prima che si eseguissero, perla prammatica pro- mulgata dal viceré duca d'Alcalà, perciò pubblicamente scomunicato da s. Pio V nel 1 567 e poi assolto. Siccome però il la grimevole scisma d'Avignone avea dato origine e causa a questo abuso, espresso allora dalla necessità, e reso talvolta tol- lerabile dalle calamità di que'tempi, cosi fu pure ragionevole e giusto, che estinto il medesimo scisma nel concilio di Co- stanza nel 1 4 ( 7 colla elezione di Martino V, non più oltre durar dovesse, siccome pratica da non potersi tollerare senza gra- ve ingiuria e pregiudizio della s. Sede; il Papa nell'istesso concilio e con espressa approvazione del medesimo, rivocò, cas- sò e annullò la pi'cdetta concessione di Urbano VI, e qualunque statuto sopra ciò fatto, volendo e decretando, che gli esecutori dati nelle leltereapostoliche do- vessero e potessero liberamente eseguirle senza il f^idìnius seu Place tj licenza o assenso di qualsivoglia prelato, sotto pe- na di sospensione per 3 mesi dall'eserci- zio della giurisdizione ecclesiastica, con- tro quelli che ardissero di attentare cosa alcuna in contrario, come dilTusamentc si legge nella sua bolla Quod antidola morbiSy de'3o aprile i4i^> Sali. Rom. t. 3, par. 2, p. 4^7- Avverte Fontanini, che l'indulto di Ui-bano VI era stato già rivocalo e annullato dal suo immediato successore Bonifacio IX, come viene ri- ferito da Leone X nella bolla In supre- mo, del i." marzo i5jg, Bull. cit. t. 3, par. 3, p. 465i. Nello stesso pontificato di Martino V, Carlo VII re di Francia ordinò che il Papa usasse nel regno della sua potestà, come già notai; so non che

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dipoi fu autore della famosa Prammati- ca sanzione [F.), allra piaga della Chiesa. A Portogallo dissi come re Giovan- ni H ancora conservasse il regio tXequa' tur, per cui Sisto IV lo ammonì ad an- nullarlo e abolir l'invalsa consuetudine di esaminar le lettere pontificie, secondo il costume introdotto a tempo dello sci- sma ; ciò che egualmente mal soffrendo il successore Innocenzo Vili, con breve de'3 febbraio i486 se ne gravò col re, il cjual breve riporta Ferrari nella Bihl.Ca' non., verbo Placitum Regiiimj quindi il pio e rispettoso principe, sollecitato an- cora dal s. collegio, malgrado le molte opposizioni de'suoi ministri, si uniformò intieramente al desiderio del F.ipa, or- dinando nel 1487 che in avvenire le let- tere apostoliche si pubblicassero senza es- sere vedute nella cancelleria, e di in poi fu sempre così fatto, come a lungo ripor- ta Resende nella Cronica Giovanni II cap. 66, 4)er cui Io ringraziarono il Pa- pa e i cardinali. Così terminò per qual- che tempo del tutto l'abuso intrudulto in alcuni regni pel funesto scisma, e d'allo- ra in poi le lettere e provvedimenti apo- stolici, almeno sino al principio del seco- loXVl, furono pubblicati ed eseguitisen- z'allra visura o esame de'magistrati se- colari. Nella Spagna poi è egualmente certo, che per tutto il secolo XV non vi fu costume di sottomettere alcuna lette- ra apostolica alla revisione ed exeaua- tur de'regi tribunali, di che ne rende am- pia testimonianza il privilegio conceduto da Alessandro VI nel ujgS, a Ferdinan- do V ed Isabella; poiché vedendo questi principi che ne'loro statisi pubblicavano alcune false bolle d'indulgenze ad luiico fine di riscuotere copiose limosine da'lo- ro sudditi, con loro notabile pregiudizio spirituale e temporale, ricorsero al Papa supplicandolo che a rimediare al disor- dine, si contentasse di ordinare, che non si pubblicassero in que'regui le bolle di questa sorte, se non fossero state esami- nale prima e riconosciute da persone ido»

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nee, per vedere se vere o false. Alessan- dro VI mosso dulia congruenza della ri- chiesta, ordinò con sua bolla che non si potessero pubblicare queste lettere d'in- dulgenze, se non erano prima esaminate dagli ordinari del luogo, dal nunzio pon- tificio e dal cappellano niaggiore del re, i quali conoscendo essere quelle legitti- me e immuni da ogni sospetto, dovessero lasciarne libera la pubblicazione a quelli cui si appartenevano. Questo privilegio avea l'esenjpiodi somiglianti concessioni fatte ne'principiidello,scisma ricordato da Urbano VI ad alcuni vescovi e prelati di sua ubbidienza, come si raccoglie dalla suddetta costituzione revoca toria delle medesime concessioni, fatta poi nel conci- lio di Costanza da Martino V. Dal privile- gio di Alessandro VI si vede ad evidenza, che i principi finoa tutto il secolo XV non prelesero mai di soggettare come per di- ritto di regalia le bolle e brevi apostolici, all'esame e visura de'Ioro magistrati se- colari, altrimenti sarebbe stalo vano e inutile l'impetrarne il privilegio, il quale nondimeno fu ristretto alle sole bolle d'in- dulgenze, e diretto a favore non di ma- gistrati secolari, ma di persone ecclesia- stiche, cioè de' vescovi,del nunzio,del cap- pellano maggiore. Essendo stato Leone X supplicato di confermare 'alcune co- stituzioni sinodali delle chiese di Toledo e Cartagena sull'esame delle lettere apo- stoliche, e trovando temeraria e irragio- nevole l'istanza, la rigettò e fece lacerare avanti di lui. E perchè in quel tempo anche la podestà secolare aveva in qual- che parte lenlatod'intrudurrel'abusodel regio placito , perciò cassò e annullò le dette costituzioni, ordinando in virtù di santa ubbidienza a tutto l'episcopato, ed a tutte le città e luoghi sotto pena d'in- terdetto, ed a ciascuna persona secolare sotto pena di scomunica riservata al Pa- pa, di non impedire in modo alcuno l'e- secuzione delle lettere apostoliche, me- diante la sin riferita bolla In supremo, in quelita fece speciale menzione delle per-

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sone imperiali, reali, regine, ducali e po- tentati del secolo, perchè esse in alcuni luoghi aveano cominciato a impedir Te- secuzionedelle citazioni e mandati dei tri- bunaU di Roma; intraprendimento già condannato e vietalo sotto pena di sc-o- munica da Innocenzo Vili colla bolla Of- fidi nostri debiltim, de'iS gennaio 1 49 i , Bull. Rom. t. 3, par, 3, p. 223, giacché i medesimi principi aveano preteso di vo- ler soggettare al lorg Placet seti fidi- miis, le lettele e spedizioni apostoliche. Questo abuso e divieto dcWExf qualar, fu riprovato e solennemente anche colla pena di scomunica a' violatori, ogni an- no nel giovedì santo colla bolla in Coe- na Domini, dopo cheGiuliolI nel i5i i v'inserì l'apposita condanna, con riserva al l'apa delle censure contenute. Avendo Carlo V ordinato al suo regio consiglio di Spagna di esaminare tutte le bolle pon- tificie e di apporvi il regio exequatur, al- tamente lo riprovòClemente Vll.llsuc- cessorePaolollIcolla bolla Romanus Poh- li/ex, de'29 dicembre i533, Bull. Rom. t,4ipai'- i,.p. io5, condannò coloro che in qualsivoglia occasione senza il loro pia- cimento, visione e ammissione credono impedire le lettere apostoliche, scomu- nicando quelli che le esaminano senza l'autorità e permesso del Papa, e pensano di fura e consultare in contrario. Energi- camenles.PioV,per quanto riportai di so- pra, eper qua'nto direttamente e pel suo legalo cardinal Bonelli operò con re Filip- po II, sostenne che si levasse V Exequa- /ur introdotto nel regno di Napoli, con- tro il giuramento fatto dallo stesso re nel ricevere rinvestitma del regno da Giulio HI, di ubbidire gli ordini apostolici, im- pedendosi per lii vili di^W'txequaturan- the l'oNterviinza del concdiq di Trento. La 4tej-.li fermezza pel regno di iXapoli dimostrò il successore Gregorio XIII, volle ammettere giammai la lormolu pro- pala, di poi re nelle spedizioni apostoli- che Ohrilialur in luogo di Kxvqualur, per rincunvcnicntc ed cHcinpio che si da-

REG rebbe agli altri principi, che subilo pre- tenderebbero lo stesso. Aggiungasi, che scrivendo Clemente Vili di suo pugno una lettera nel i5q6 al viceré di Napoli Olivares, tra le altre cose gli disse: » Di- ce V. S. che siamo informati delle cose AeWExequatur^ ma discordiamo perché Ella ha questa cosa per una ragione fer- missima, e noi sappiamo essere il contra- rio e tanto dal vero che il regio Exequa- /«rsia immemorabile, che anzi si sa be- nissimo il principio ch'ebbe, che colore gli fu dato e con che occasione. Si sa che il principio fu per le sole chiese cattedra- li; si sa che prima non si notava; si sa quando si cominciò a notare, prima iu una cartuccia, e poi come si sia andato dilatando dai ministri e dai consiglieri, i quali se avessero l'occhio solamente a quello che conviene e non a dilatare sem- pre le fimbrie, in pregiudizio della giuris- dizione ecclesiastica, non laboraremus ". Anche Innocenzo X nel 1 65?. fece fare al viceré di Napoli delle lagnanze sul regio exequatur.Fonlatùnì spiega in qual sen- so e per qual ragione i iVirujzi (A.) apo- stolici presentino le loro lettere, conle- nenti ancora le facoltà di cui sono mu- niti, ai magistrati de'principi presso i qua- li sono inviali. E anche un altro abuso quello invalso in alcune corti di preten- dere dai nunzi apostolici presso le mede- sime destinati, che presentino i brevi di facoltà che ncU'iiiviaili loro concedono i Papi. Imperciocché avendo i nunzi una doppia rappresentajiza del Pontefice e come sovrano temporale e come capo del- la Chiesa cattolica, debbono i medesimi secondo il diritto delle genti provare la loro missione per mezzo delle solite let- tere credenziali, rimauciulo il Papa nella piena sua libertà di munirli dulie facoltà che giudica opportune e necessarie u'biso- gni spirituali de'rispelti vi luoghi. i so- vrani possonopreteiulercpercpialsivoglia titolo ili conoscere di quali facoltà sia rive- stito il l'appi cscnlaiitc poiili(ìcio,c mollo meno (li «[iporvi l'abusivo cxeqnatur.

Fontanini confutando le assertive e le pretensioni de'ministri della corte di To- rino, tratta del regio decreto di Francia suU'exequatur, fatto dal consiglio di sla- to a' 1 4 dicembre 1 63c) e registralo pres- so De Marca in fine del lib. 4) '"f* con termini meno intollerabili di quello che altrove si pretende, ordinandosi che i bre- vi apostolici si presentino dalle parti che gli hanno ottenuti a' vescovi delle diocesi nelle quali debbono eseguirsi, e che i ve- scovi fra 3 giorni li trasmetlino insieme col loro voto e relazione al re, eccettuali i brevi segreti della sagra PeiiUcnzitria (V.), o del foro interno, i quali tuttora sono rispettati anche ne'paesi acattolici. Tuttavolta la pratica in Fiancia si fu di ammettere la libera esecuzione di tutti gli altri brevi e rescritti della s. Sede, spet- tanti a particolari, sVin materia benefi- ziarla, come in materia di grazia e di giu- stizia, e solamente si pretese di sottopor- re al beneplacito regio le bolle e i brevi che hanno forma di legge o provvedimen- to generale. Quanto alla Spagna lo slesso rcalistaCenedo apertamente confessa non appartenere al principe per diritto di re- galia il rivedere prima della pubblica- zione le provvisioni della s. Sede, maa- vere perciò bisogno di speciale indulto e privilegio. Le leggi e costituzioni gene- rali della Sode apostolica erano nella Spa- gna libere dalla servitù AtiWexcquatury come si legge in Rodriguez, cioè quelle che riguardano la rehgione o apparten- gono alla disciplina ecclesiastica, e tutti gli altri provvedimenti che dal Papa si fanno per l'osservanza de' sagri canoni. Introdotto siffatto abuso anche nel regno di. Spagna, si trasfuse ben tosto nell'In- die occidentali. E reca veiamenle me- raviglia come tutte quelle repubbliche americane erette sulle rovine della do- minazione spagnuola, dopo avere stabi- lito il principio della libertà, abbiano non- dimeno conservale quelle stesse catene con cui dapprima teneva avvinta la Chiesa; iusereuUo anche uelle loro cosli-

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tuzioni l'iniqua legge del cos'i detto P<-/.sr agli atti del supremo Pontefice. Non così avvenne nella Confederazione del Nord, ossia negli Siali Uniti d'America, dove la libertà fu proclamata per lutli^ e dove i vescovi senza alcuna placitnzione o dif- ficoltà possono pubblicare gli atti della s. Sede. Pereira dottore portoghese, nel trattato De Manu Begia, dopo aver par- lato del costume di Spagna, di sottoporre in alcuni casi le lettere apostoliche all'e- same de'regi tribunali, per sospenderne l'esecuzione fino a tanto che ne sia in- formato il Papa, e dopo aver detto che tale uso non può difendersi senza privi- legio della s. Sede, parlando di Porlo- galloapertamenteconfe.ssa:/^/;ju/ «05 HO/i solent regia tiibunalia cxaniinare lite' ras, vel mandata apostolica. Dunque si- no a quel tenq^o non v'era in Portogallo tale abuso, e nondimeno la pace e la pub- blica tranquillità del regno non fu alterata pericolò, sebbene i timori. de'diieusori AeW'exequatiir vorrebbero farlo credere necessario. Nella Fiandra si domandava il placito per l'esecuzione dellespedizioni di Roma, non in vigore di leggi, ma per timore de'magistrali che per le tasse che percepivano vi costringevano i particola- ri; in sostanza ivi fu stabilito il regio pia- cito,non per preteso diri Ito di regalia, ma per supposto privilegio o concessione a- postolica, solamente per le provviste be- neficiarie. Nel pontificato di Clemente XI insorse una controversia col regno di Si- cilia, pe'nuovi attentali diesi commette- vano contro la liberti^ e Immunità cecie- siaslica {P'-); ma egli fece vedere di qual tempra fosse nel difendere i diritti della Chiesa con sacerdotale costanza. Tosto- chèin Sicilia fu pubblicato un edillo pon- tificio in cui si comandava l'ossei vanza delle scomuniche e degl'interdetti impo- sti dai vescovi di Messina, Catania, Gir- genti e Palermo, vi fu dai ministri regi istituito il nuovo tribunale della Giunta, il quale dovea invigilare che niuno nel regno ricevesse, esiìguìsse decreto al-

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cuno pontificio, senza prendere l'esame e la licenza che dice vasi ve^xoexequaliirf e questo si annunziò con pubblico edit- to. Il Papa dimostrando quanto ciò fosse contralio a' ss. canoni, a' ss. Padri calla s. Scrittura, colla bolla Accepìinus^ degli I I gennaio i 7 i 5, Bull. Rom. t. i i, par. a, p. 36, dichiarò nullo e irrito quest'a- buso, esortando i fedeli a ubbidire piut- tosto a Dio che a^Ii uomini, e denunzian- do quelli che in detto editto aveano avu- to parte, incorsi nelle censure, dalle quali non potevano essere assolti che dal solo Papa; indi aboTi il privilegio o tribunale della Monarchia di SlciUa {f.)- Dipoi nel 1 7 1 9 creò cardinali Belliiga, pel me- moriale presentato al rediSpagnasul pre- giudizievolissimo regio exf^^rt^f/rj ed y^Z- (han viceré di Napoli, dove con apostolica intrepidezza si oppose al regio tribunale, the pretendeva di sospendere l'esecuzio- ne de'brevi e bolle pontificie, senza il re- gio exequatur. Il n.° 234 *^^' Diario di lìoina del 17 19 tratta della bolla y^yao- slolalus noxtri, de' 1 8 agosto, Bull. Rom. 1. 1 i,p. 146, pubblicata da Clemente XF, colla quale annullò le disposizioni del se- nato di Torino, che voleva arrogarsi il diritto di sanzionare le provvisioni, bolle e brevi pontificii che andavano in quello tlato. Fontanini dopo avere esaininati gli usi e le pratiche degli nitrì paesi sul re- gio excquattir, per combattere le asser- zioni degli scrittori torinesi, che pretende- vano essere stato il preteso diritto da tem- po antichissimo stabilito nel Piemonte (A^.), fa notare il Igro errore mescolando econfondendo lVjce<7»fl/«rcoirmdulto di Nicolò V e confermato da' successori, di dare i duchi di Savoia il loro consenso alle provviste de' vescovati ed altri bene- fizi concistoriali, come pure di emettere kim de consenso pei benefizi minori da non poterti con ferii e agli stranieri; eche se i>ei' iniporlunilìi df'pu.stulanti fossero state rkloric grnziff e lettere apostoliche con- trai ìe nll'iiKlullo, non %o\o dovessero con* sidcrut'ki nulle, maputctt»cro anche i priit*

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cipi impedirne l'esecuzione, per cui tutti quelli che ottenevano qualunque ])ene- iizio,oltre le bolle dovevano impetrar pri- ma o dopo il regio placito o sia consen- so. Quindi i ministri regi della corte di Torino nel 17 igpreteserojche ogni bol- la, lettera, breve e rescritto della s. Se- de, benché non sieno materie benefizia- rle, debba prima di essere pubblicato ed eseguilo vedersi ed esaminarsi dai magi- strati laicali. Prova Fontanini che prima del i7i9Ìn Piemonte non vi fu vestigio o memoria alcuna del regio placito oe- xequalur, se non che nelle, provviste dei benefizi concistoriali, o d'altri conferiti agli esteri. Per tutte le altre materie la pretensione di soggettare al regiocx^f^Ki^- tur le lettere e decreti apostolici^ nacque pel bollore delle contese insorte tra la s. Sede e Vittorio Amadeo II primo re di Sardegna, allorché temendo i suoi mini- stri i fulmini delle censure da loro meri- tate pe' continui gravissimi attentati con- tro l'autorità della Sede apostolica, e con- tro l'ecclesiastica giurisdizione, pensaro- no premunirsi col riparo deWexetjuatur^ e col sottomettere al loro esame tutti i decreti e provvedimenti apostolici; quin di a 2 I giugno i 7 1 9 il senato di Torino pubblicò l'editto in cui s'impose la ne- cessità dell' exequatur, per vedere e rico- noscere se nelle bolle o qualunque altr.i provvisione procedenti fuori di stato, vi si contenga cosa alcuna pregiudizievole agi' indulti, prerogative e diritti della co- rona e de'sudditi. Laonde Clemente X[ colla suddetta bulla lo dichiarò nullo e riprovò, condannando e proibendo l'os- servanza dell'editto; conchiudendo Fon- tanini, che avendo Benedetto XIII coita bolla in Cocna Domini condannato il re- gio exequatur, nel preteso progetto di ac- comodamento lo qualifica di circonven- zione per le parole. La 2." cosa sopra cui la s. Sede non può che tollerare, é quell» diill'extquntur preleso dalla potestà lai- cale per le bolle e brevi apostolici; e la lollcrunza in tal proposito si arra, quau*

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do Vexequatur si riduca alla semplice Vi* suta, senza porre alcun segno, o fare al* cun decreto in ordine all'esecuzione so- pra delle bolle e brevi. Clemenle XII a- brogò quanto ne'progelti era sialo con- chiuso sotto il predecessore Benedetto XIII, finché Benedetto XIV terminò le vertenze, con quanto riporterò all'artico- lo Sardegna. A Parma riportai le preten- sioni del duca Ferdinando sul regio exe- tjualitr eia gravissima rottura colla santa Sede che ne derivò, per l'opposizione di Clemente XIII. Quanlo successivamente avvenne contro l'autorità della s. Sede nella repubblica di yenezia, Germania^ Austria f Toscana^ ed altri slati, a quegli articoli lo riportai. A'noslri giorni diversi sovrani si dimostrarono più riverenti al- l'autorità della Chiesa;chese quanto pra- ticarono alcuni per rispetto precipuamen- te all'immunità ecclesiastica non riguar- di propriamente il regio exequatiir^ ad onore loro e della s. Sede mi piace qui farne menzione. Nel voi. XLVII,p. 206 parlai della convenzione conchiusa nel 1839 fra Papa Gregorio XVI e il regnan- te Ferdinando II re delle due Sicilie,sul« l'immunità degli ecclesiastici; nel voi. XXXII , p. 32a rammentai li trattali conchiusi da Gregorio XVI nel 1841 con Francesco IV duca di Modena e Carlo Alberto re di Sardegna sopra alcuni pun- ti d'immunità e disciplina ecclesiastica: il duca rislabili e ripristinò ne'suoi stati il pieno usodc'diritti pontifìcii e vescovili e dell'autorità ecclesiastica; mai ministri regi di Sardegna da ultimo oppugnarono il concordalo, come toccai nel voi. L, p. 93 694, parlando della natura e carat- tere essenziale de'concordati. Nello stesso anno i84i nel pontificato di Gregorio XVI ilie di Baviera Lodovico dichiaiò nell'aprile esenti dal controllo di ogni au- torità secolare tutte le relazioni deli'epi- scopato,del clero e del popolo colla s. Se- de, per quello che riguarda gli affari re- ligiosi, vale Q dire concesse una maggiore libertà di corrispondenza col Papa, ed il

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placet o regio exequalur d'allora in poi non fu più del tutto rigorosamenteosser- vaio. Nel i85o l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe che regna, pubblicò l'importantissimo altosul libero esercizio dell'autorità della Chiesa, che si legge nel n.^gg del Giornale di Rontaj^o'xchè nel- la sua religione e pietà egli. sente appieno essere la più bella guarentigia dell'ordi- ne e della prosperità degli «tali il libero esercizio della veneranda autorità della Chiesa, per cui il § i.° del decreto dice: Tanto ai vescovi, che a' fedeli loro som- messi, è libero il rivolgersi al Papa intor- no agli afiari spirituali, e di ricevere le decisioni e disposizioni del Papa senza es- sere astretti ad una previa autorizzazio- ne delle autorità civili. Cos'i il magnani- mo principe restituì alla Chiesa de'suoi vasti stati quella libertà di relazioni colla s. Sede, cui le leggi di Giuseppe Ill'avea- no privata; abolì le formalità che impe- divano a'vescovi de'medesimi suoi stali dicomuuicare liberamentecol capodelia Chiesa universale; ed il placet cli'erano tenuti a riportare fu definitivamente sop- presso, a senso de'pubblici fugli, laonde non posso assicurarlo. Nel granducato di Tosfana colla parziale convenzione del 25 aprile! 85i,airarticolo5.°si provvide alla libera comunicazione de'vescovi e dei fedeli colla s. Sede. Per altro poco dopo comparve sui giornali una circolare mi- nisteriale de'3o giugno dello slesso an- no, colla quale si dichiarava ritenersi dal governo che il detto articolo » sia senza pregiudizio del regio exequatur^ di cui a forma delle nostre leggi e consuetudini devono essere muniti gli alti provenienti da estera autorità! "Sul regio exequatur si possono inoltre vedere il cardi nai Bellu- ga, Meniorialea Filippo V re di Spagna, § "•" ^^- Braschi, Libertate Ecclesiae, I. 2; Zaccaria, Anti-Febbronio vendicalo, t. 4, dissert. 1 2, cap. 2, per non dire di altri propugnatori dell'autorità papale. Sulla formola Placet usata dal Papa, parlai u Rescbitto.

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REGISTRATORI delle lettébe a- POSTOLiCHE, Regìstraloribtis lUeraruni a- poslolicarum. Officiali della curia ro- mana registra lori delle Lettere apostoli' che [f^.) e de Rescritti pontificii (f^.). Nei voi. VII, p. 184, XIX, p.i i3 dissi Bene- delio Xll autore del registro delle sup- plicheo Memoriali [F.) e concessioni del- le grazie pontificie nel i335. Il registro è quel libro^ove sono scritti e registrali gli atti pubblici, Album, Tabula, Rege- slum, Conimenlarius. De' registri delle chiese trattai in tanti articoli, come Dit- tici, Matricola, Ma rtibi,Not ari. Il Ma- cri nella Notizia de" vocaboli ecclesiasti' ci, \eiho Regestum, dice che questo è il legiltinio vocabolo, non Registrum. IVel Diz. della lingua italiana si legge, che in questa presso gli antichi Ligistro si dis- se il Reffstro. Ivi pure si legge al vocabo- lo P/0/OC0//0, libro ove i notai scrivono i lestainenli e i contraili ch'essi rogano; libro da registrarvi sopra checche sia, di- cendosi protocollista il registrature.il dot- to prelato Marino Marini, prefetto degli archivi segreti della s. Sede, nelle erudi- tissime Osservazioni sulle bolle de' Papi, dice che le copie delle Bolle pontificie (/'.) si appellarono Regesti, in cui reli- giosamente e con particolari andamenti trascrivevano le lettere apostoliche da- gli 4Sìrn'/i/flri(/''.) ch'erano anche custodi dellcscrittui e della s. Sede, capo dei(|uali era il rrotoscriniario {F .);cìie de'regesli si fecero quasi altrettanti ectipi o imma- gini simili. Ma Fonlanini forse crede che gli stessi autografi fossero riuniti ai re- gesti, poiché scrive nelle sue f'indiciae |). 27, che degl' istromenti si formavano regesti, oìi stabilitalcni instrnvicntoruni pofteristransinillendam.Mainù teme che tXii rcge>li ubbia confuso i tomi cartici- ni. K(|ui'Sli regesti pure si autenticavano cujI tigillo di piombo, di cui si muniva l'autografo, u degli i«tcs>>i autografi vera- mente hi itfcero alcuiiu volta regesti. Il p. Cou%tant nella prefazione alia sua rau- lolla delle |Kiiili(ìcic lellciu kctive,chc i

REG Papi ebbero costume di deporre in im istesso luogo autentici esemplari delle let- tere che concerneano l'utitilà dell'azien- da cristiana, o le avessero eglino scritte, o da altri ricevute. Non meno Antonio d'Acpiino nella lettera ad Innocenzo IX, premessa alle pontifìcie lettere raccolte dal cardinal Caraffa, dice che per antico istituto i più importanti ed autentici e- semplari delle lettere pontifìcie si conser- vano negli Archivi della s. Sede {F.). Sono questi regesti che debbono interes- sare la dotta curiosità degli archeologi, siccome sono le bolle che vi si leggono, le quali servono a grande illustrazione del- la storia. Ai vaticani regesti, che esisto- no tuttora, danno incominciaiiienlo l'e- pistole di Giovanni Vili, scritte però con carattere beneventano, sul declinar del secolo X. Seguono quelle importantissi- me del gran s. Gregorio J II, volume coevo al suo autore. Sono quesli i due soli regesti sottratti al distruggimento de- gli altri che gli avevano preceduti, e di quelli che li seguivano sino al memora- bile pontificato d' Innocenzo HI; ma da questo Papa a s. Pio V la serie de'regesli non è interrotta. Lo scienziato di s. Ar- cangelo Ruggieri, concittadino di Mari- ni, progettò a Cenedelto XIV la pubbli- cazione de' regesti vaticani , che doveva esclusivaraenlearrivare a Clemente Vili. Sarebbe di sommo giovamento un'este- sa e critica collezione di lettere apostoli- che traile dagli archivi vaticani, anche a correggere i molti errori de' benemeriti Ugheili, Saminarlani, le Quien ed altri scrittori, come per illustrazione e rettifi- cazione della storia civile ed ecclesiastica ; i regesti vaticani che le contengono sono fonti di sapere che inutilmenle si cerche- rebbeallrove. A Uollario dissi, che quel- lo originale sino 0 s. Pio V, si conserva nell'archivio segreto vaticano, e la conli- nunzionc di esso si custodisce in quello della dateria apostolica.

Cohellio, lYot. card, et rom.aultic of- fictaUbuSf cap. ^G, De rcf^tslraionbus,

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magixtrìs registri biillariim , et custode registri, ecco quanto dice sui registratori delle lettere apostoliche della cancelleria e del loro oflicio. «Qui apud Caesares di- cebalur comites dispositionum, et prosi- mi dispositionum, in romana curia apud sumnium Pontificem dicti sunl Registra- tores. Ubi literae apostolicae expedi tae fuerint, ex forma et slylo ab Octaviano Veslrio (in Praclica in Ronianae Atilae actionem) relalo, per unura ex scripto- libus, vel eorum fàmulurn ad registrum portantur; lue taxa similis scriploribus soluta solvitur in nianibus alteriusex re- gistratoribus ad id deputati (hicenim li- cei numero 20, ex quibuscollegium iste- rum constituitur non omnes tamen exer- cent officiura) alteri vero registratori si- niiliter ad hoc deputato solvitur etiam ipsarum literarum registratura, plus, vel minus, prout longa seu brevis erit illa- rum series : is recej)ta taxa, alteri regi- stratori literas distribuii, et hic in libri.s publicis, seu quinteriùs rescribit, et in re- gestrum ponit; registrataecum originali auscultantur ; auscultalis vero, magister oflicii a tergo ejus suae auscultationis fi- dein astruit, per verbum, Auscullata.\G- rus Marlinus V ubi registralorum offi- ciuin determinai, haec ait. Praedicti re- gistratores lileras registratas causa ali- (juid exigendi, vel extorquendi a prose- quentibus ipsas, plus debito difjerri non faciant registrari, vel eas de mala exps- ditione maliliose redarguant, seu ad quaeslum accusent, aul in salariis cleri' corum in registro praedicto scribentiuni participentj (fuod si conlrarium fecerint ipso facto excomniunicationis sententiani incurrant,aqua{inovÌ\$ca^\Xff%.c^^\.o)per aliuni, quain roinanuin Ponti/iceiiì, ab- solulionis beneficiuin consequi nequeant; et SI hoc per testes, seu praesuviptiones probetur, statini officio privati, et inha- biles ad aliud quodcumque obtinendum declarantur. Clerici vero in dicto regi- stro scribentes,qui literas eis traditas in- fra Ires dies ex lune immediate sequenles

VCL. LVII.

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(cessante legitimo impedimento) non re- gistraverint, ab ipso registro penitus a- vìoveantur, nec de cnetero ad ibi seri- bendum admitti valeanl. Qui taxam a bullatoribus seu plumbatonbus ( F. Pre- sidente DEL piombo) servandam, a regi- stratoribus quoque servari mandai § 1 3. Et cum regislratores isti ex viginti viris collegium constiluant, ut diximus, duo exìpsìsmagistri registri bullarumdicuu- lur, qui duosetiamsubslilutoshabent;et adest quoque cuslos registri bullarum ". Ciarapini, De vicecancellario , citando Cohellio a p. I23 parla de Registratori- bus literarum npostolicarum : de Magi- stris regesti bullarum: de Custode regesti bullarum, di cui dice : » Frustra aposto- licae literae incodicem transcriberenlur; nisi adesset ille, qui regestum in unum redigerei codicem,illumqueligaret,acsic formatum codicem, in archivo custodi- rei. Huicarchivo ille, qui praeest, cuslos regesti denominalur". Nella Relazione della corte di /ior/m, accresciuta da Zac- caria, si fa menzione nella cancelleria a- postolica de'24 registratori, che tengono il registro delle suppliche ; 6 maestri del registro, da'quali vengono, comesuol dir- si, ascoltate j che dopo sigillale le bolle dai piombatori, si registrano dai registra- tori, si ascollano dai maestri del registro. Nel voi. VII, p. 184 trattai della cancel- leria a postolica e de' registratori delle let- tereapostoliche; del maestro del registro; del custode del registro. Al presente nel tribunale della cancelleria apostolica vi sono il segretario de'regislratori delle bol- le di maggior grazia; i o registratori del- le bolle suddette esercenti; segretario dei maestri del registro; maestri del registro suddetto; custode de'regislri delle bolle di maggior grazia. Nel voi. XIX, p. 146 e seg., parlando della dataria apostolica, tenni proposito, oltre degli oflicide'revi- sori delle suppliche, dell'officio del custo- de delle suppliche, dell' oflicio del custo- de del registro delle bolle. Al presente nella dataria vi souoio registratori delle 5

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siipplìclie. Nella Paiìtenzieria[V.)Bt\>0' stulìca sonovidue registratori. Nelle con- gregazioni cardinalìzie vi sonoi protocol- listi e gli archivisti. A tempo di Sisto V erano offici vacabili, -20 registratori di sup- pliche, 24 registratori di bolle, 8 maestri delle suppliche e altrettanti delle bolle. 1 registratori vacabilisti anticamente inter- venivano alla processione pontificia del Corpus DominiySoiio la direzionedel/?eg- genle della cancelleria apostolica (/''.). Talvolta intervennero alla cavalcata del Possesso de'Papi {f.), come in quello del 1 644 registrò de Rossi o Giano Nicio Eritreo: dopo gli abbreviatori minori, magistri siippUcaùonuni , registralores bitllantm. DegW antichi registratori e cu- stodi de'registri del palazzo apostolico, parlai a Memoriale e Famiglia pontificia. REGNO o REAME o REGNAME , Regnimi, Regnor. Una o più Provincie {f^.), soggette a Re (/^.). Estensione di paese governato ed amministrato da un capo che ha il titolo di reo imperatore, benché propriamente Impero (f^.) dice- si il dominio e stalo deir/wj^eraforc (f^.), Imperittm, Poteslas. L'esercizio e durala della sovranità sopra ogni signoria tem- porale, suol dirsi impero e anche regno, sebbene questo esercizio e durata abbia luogo sopra il Principato o il Ducalo[ ^.), sia dell'imperatore, sia del re,siadel prin- cipe,sia del duca, ovvero di altro Sovra- no {f^.y In fatti per regnare s'intende posseder regno o stalo grande, il domi- nare, regnari, dominari ; dicendosi re- gnamenlo, per reggimento, regimcnj re- gnatore, che regna, regnalor; regnatrice o Regina (/'.), che regna, che domina, rrgnatrix, dominans. Regnicolo, regnico- /^i, abitante naturale d'un regno, nato nel regno; presso i toscani e romani comu- nemente s'intende del regno di Napoli. Diccsi Regno per Tiara o Corona, onde Triregno (/'.) la triplice corona del Pa- pa, che ne'primi secoli in detta talvolta templiccmenle Regno e liui a, prima che iÒMe ornato doUc i coruac. )LrA solilo il

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Papa nell'arrivare alla chiesa di deporre sulla porta il Regno, e pigliar la Mitra (f.), della anche corona: InnocenzoIII disse nel sermone di s. Silvestro 1: In si' gnuni imperii romanus Pontifex utilur Re- gno, et in signiini pontifìcii itti tur mitra. Regno de'cieli significa il regno di Dio, il regno di Gesti Cristo, la sua venuta, la sua manifeslazioneal mondo; la vocazionedei popoli alla fede, e la predicazione del van- gelo. Questa espressione di regno de'cieli nel NuovoTestamento, diceRergier,spes- sissimo significa il regno del Alessia {f^-), per conseguenza la Chiesa (^.) cattolica composta di tutti quelli che riconoscono il Figlio di Dio per re, che sono sotto- messi alle sue leggi e alla sua dottrina. Come i Profeti (A^.) sovente annunzia- rono il Messia sotto il titolo di re, è cosa naturale che la unione di quelli che gli ubbidiscono, sia chiamata un regno j ma non è questo un regno temporale come intendeva il comune de'giudei, è un re- gno spirituale destinato a condurre gli uomini alla beatitudine eterna nel Pa- radiso {f')- Così lo spiega lo slesso Gesù Cristo. La slessa espressione indica tal- volta lo stalo de'beali in cielo, e dicesi che ivi regneranno eternamente. Dalle circostanze, da quello che precede e se- gue nel vangelo, si deve giudicare quali di questi due sensi convenga meglio ai diversi passi della s. Scrittura, i regni temporali furono eretti dalle nazioni, da- gl'imperatori, e dai Papi ai quali molli regni si olTrirono Stati tributari alla s. Sede con annuo censo ed oihaggio feu- dale. Inoltre la chiesa romana esercitò la Sovranità (Z'^.) diretta sopra diversi regni, ed è tuttora signora di nobilissimo stalo, onde il dominio sovrano^ assoluto e indipendente che vi esercita il Papa è chiamato simultaneamente Pontificato e Regno, ed è comune la frase usata dagli stessi sovrani laici parlando del Papa, di felicemente regnante o gloriosamente re- gnante, venendo altresì appellalo il suo regno sa^ro principato, lu Roma vi souo

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di Residenza, /émbasciatorì, Diplomatici e Ministri (f^.), rappresentanti i diversi stati e regni pressolas. Sede, la quale vice* versa tiene Nunzi, Incaricati e Interniinzi (A'.) presso la sede de'governi e de'regni. Prima quasi tutti gli stati e regni aveano presso la Sede apostolica un cardinal Pro- iettore (F.), i quali ora sono ridotti a quelli notati a tale articolo. Essendosi alcuni am- basciatori lagnati perchè Pio II avea ri- conosciuto per re d'Ungheria Mattia, il Papa ciò saputo, disse ingiuste siffatte la- rnentanze, imperocché costume era della sede apostolica appellare re chi teneva il regno. Analoga fu la solenne dichiarazio- ne fatta a'nostri giorni da Gregorio XVI pel regno di Portogallo e riconoscimento di red. Michele I, come riportai nel voi. LlV, p. 275. Tutte quante le nozioni ed erudizioni riguardanti i regni , sono nei loro articoli, ed in tutti quelli che vi han- no relazione.

REGNO ANTICO D'ARMENIA./^. Patriarcato armeno.

REGNOBERTO (s.), vescovo di Ra- yeux. Nato sul declinare del VI secolo, assistette al concilio di Reims nel 625, e fece grandi donazioni alla sua catte- drale e ai monasteri che seguivano le re- gole di s. Colombano e di s. Renedetto. La diocesi diBayeux va debitrice alle sue pie liberalità della fondazione di molte chiese. La sua festa è registrata ai 16 di maggio, nel qual giorno accadde la di lui morte. Avanti le scorrerie de'normanni le sue reliquie furono trasferite nelle dio- cesi di Resanzoneed'Auxerre; ma la chie- sa di Rayeux nel 1714 "e ottenne una parte dal vescovo di Auxerre.

REGOLA, Lex, Reguta. Norma, mo- do, ordine edimostramentodella via del- l'operare; dicendosi Regolamento, Ordi- natio, rordinamento fatto con regola, e gli ordini diesi danno, o leggi che si pre- scrivono. Dicesi regola, per tutta la quan- tità de Frali (^•), che militano sotto un medesimo ovd'me,farniliaj ed anche per lo Convento 0 Monastero {F.) stesso dei

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frali. Meglio è vedersi Ordine religioso, Ordine MiLiTARE,e gli altri articoli inqnel- li citati, essendo le regole monastiche o religiose, leggi prescritte dagl'istitutori, fondatori e riformatori dei diversi ordi- ni e congregazioni regolari d'ambo i ses- si, canonicamente riconosciute e appro- vate dalla s. Sede. Le più antiche regole monastiche erano per la maggior parte semplici istruzioni particolari, che i fon- datori de'monasteri davano ai loro disce- poli, e che si comunicavano agli altri col tempo e per mezzo della tradizione, poi- ché in principio non si scriveano quasi mai; quindi i diveisi cambiamenti falli a quelle regole in uno slesso monastero. La regola religiosa non si cambia mai o quasi mai, meno che la s. Sede non la modifichi o spieghi, come fece per molte, a .seconda delle circostanze de' tempi e dei rispettivi ordini che la professano, come notai a'ioro luoghi. Le costituzioni sono gli statuti fatti in diversi tempi da'capito- li generali, o dalle congregazioni degli or- dini religiosi. La regola ohbliga più stret- tamente che le costituzioni, poiché dal- l'osservanza di queste in molte possono dispensare i superiori regolari, in altre oc- corre la dispensa ponliOcia. In sostanza le regole monastiche o religiose sono una raccolta di leggi e costituzioni, secondo le quali sono obbligali a vivere i religiosi d'un ordine, d'una congregazione, d'una casa e che fanno volo di osservare i /?ff- ligiosi e le Religiose (/"'•). Tutte queste regole devono essere approvate dai supe- riori ecclesiastici ed anco dal Papa, per- chè impongono obbligazione di coscienza ai religiosi e alle religiose; sarebbe giu- dicato nullo il Volo religioso (/^.) che si avesse fatto di osservare una regola non approvata. A Disciplina regolare e Or- dine RELIGIOSO tenni proposito de' primi che formarono regole scritte monastiche, cioè s. PacomiojS. Antonio, s. Rasilio, s. Agostino, s. Benedetto; poscia fecero re- gole pei frali Mendicanti {f'.), s. Fran- cesco, $. Domenico, ec; indi pei chierici

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regolari, pel i .°^ «. Gaetano, s. Ignazio e altri. Fra tutte le regole religiose preval- sero quelle de'ss. Rasi Ilo, Benedetto, A go stino, Francesco, Domenico, le quali fu- rono adottate dagli altri ordini e congre- gazioni regolari de' due sessi, ed anco- i-a dagli ordini ospitalari, militari ed e- questri.

REGOLARE, Religiosus, Sodalìs re- ligiosus. Diconsi regolari particolarmente quelli che hanno fatto de' voti in una casa religiosa, quindi il vocabolo regolare in forza di sostantivo indica Instato religioso claustrale, per opposizione allo stato se- colare del Laico (/"'.), diversificando al- tresì dagli ecclesiastici non regolari, che compongono il clero secolare, clero rego- lare dicendosi quello composto dalle cor- porazioni de Religiosi (F). Regolari si denominano altresì i benefizi e le cose che risguardano i religiosi. Regalare benefi,' cium è il beneficio regolare che non può essere impetrato che da un monaco o da un religioso, ovvero prò ciipienii prò/i- teri. E una regola di diritto, regnlaria regularibiis , cioè che i benefizi regolari devono essere conferiti ai regolari, ed i secolari a quelli del clero secolare. Tutte le abbazie capi-d'ordine sono regolari, e non possono essere possedute che da un monaco o da un cardinale, il quale è con- siderato regolare e secolare. Tulli i be- nefizi sono presunti secolari, a meno che non si giustifichi che sono regolari. An- ticamente i benefìzi regolari erano quasi sempre conferiti, come a titolo di ammi- nistrazione, perchè i religiosi titolari e- rano sempre ad vianum de'loro superio- ri, che potevano rivocarli quando loro piaceva. Ecco la ragione per cui i cano- nisti dicono spesse volte, che oniiie bene- ficitim regalare, manuale. I regolari pos- sono essere elevati ni vescovato, al car- dinalato, ni pontificato come gli ecclesia- stici secolari. Possono essere altresì man* dati n disimpegnarc i doveri di parroco. I iMucfizi spettanti a'i cgniari sono le ab* ltM7Ìc, i priorati conventuali, i priorati

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semplici e gli uffizi claustrali. Le abba- zie ed i priorati, tanto semplici che con- ventuali, possono essere conferiti ancheai secolari, non già in titolo, ma in com- menda. Si chiamano luoghi regolari quel- li che sono entro il recinto del convento o monastero o canonica regolare, il dor- mitorio, la sala del capitolo, il refetto- rio, ec, per distinguerli da quelli che so- no fuori del recinto e servono per il rice- vi mento de' forestieri ec, e chiamati fore- sterie. Pe'regolari, oltre Religiosi, si può vedere Canonici regolari. Chierici re- golari. Congregazione della disciplina regolare, Congregazione de* vescovi e regolari.

REGOLE DELLA Cancelleria Aposto- lica. Vedi i voi. V, p. 85, 86; VII, p. i56,i5j, e tutti gli altri relativi articoli. REGOLO (s.), vescovo di Senlis. Por- tò la luce della fede nella diocesi di Sen - lis, verso quel tempo in cui s. Dionigi predicava il vangelo in Francia. Le sue fatiche apostoliche ottennero la con ver* sione d'un gran numero d'infedeli. Egli fu l'apostolo e il primo vescovo di Sen- lis; morì in pace in seno al suo gregge, e la sua festa è registrata a'3o di mar- zo. Nello stesso giorno si onora un altro s. Regolo, vescovo di Arles, il quale è as- sai probabile che sia stato mandato da Roma nelle Gallie ; ma questo non è co- nosciuto che pel culto che gli si rende, si può adottare quanto di lui dicono i Leggendari, nulla sapendosi sul parti- colare delle sue azioni, sebbene la di lui esistenza sìa provata da diversi monu* menti. Chenu, Archiepisc. et rpisc. Gal' liae, riporta tre serie di arcivescovi d' Ar- les, in due delle quali nomina s. Regolo, in una qual 2.° vescovo, in altra come 3.°, aggiungendo, deinde Sihancclensis episcopusj dunque fu vescovo di Senlis. Nella serie poi de'vescovi di Senlis lo re- gistra peli." e lo chiatna discepolo di s. Dionigi. Nel Martirologio romano^ sono riportati r. Regolo vescovo d'ArIcs, e s. Regolo mortile di Populoniu sotto Toli-

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la, la cui festa celebra ili.°sellembre. Rispeltaodo l'aulorilà di Buttar, che se- guo, e l'eruditissima nota del suo com- mentatore, dubito per quanto ho aggiun- to, che di un s. Regolo ne abbiano f'or* mnti due.

REGRESSO, Regressiis. Ri vocazione della Rinunzia (f^.) fatta ad un Benefù fido ecclesiastico (V.). Dice il Tomassi- ni. De vet. et nova eccl. discipl. par. 4> lib. 2,cap. 7, che 3 condizioni si richie- devano perchè il regresso fosse permesso in coscienza : la i.* che il rassegnante a- gisse di buona fede e che deponesse ogni speranza e desiderio di regresso; la 2. che avesse bisogno del suo beneficio per vivete; la 3." che potesse adempire le fun- zioni del suo benefìcio. Il regresso nei benefizi dopo la rinunzia è condannato dal concilio di Trento in questi termini. M Siccome tuttociò che porta la menoma ombra di successione o di titolo eredita- rio in materia di benefizi è contrario alle costituzioni de' ss. canoni, e a' decreti dei ss. Padri, quindi non sia permesso a nes- suno l'avere regresso in qualsiasi bene- fizio, nemmeiio di consenso delle parti , vale a dire, di quello in cui favore si a- vesse rinunziato a condizione di entrare nel benelìzio , rimettendosi in salute ". Sess. 25 de Reform. e. 7. Lo spirilo del concilio in questa proibizione è d'impe- dire che s'introduca una specie di succes- sione ne'benefizi, e che non si dia occa- sione di desiderare la morte del suo pros- siuìo. /'. CoADiuTOBiA. Il coucìIìo genera- le di Lateranoha proibito colla stessa mi- ra il promettere di conferire un benefizio ad alcuno, dopo la morte di chi lo posse- dè. Can. I in cap. Nulla de Condì. Praeb. Contro le rassegne emanarono bolle s. Pio V, Gregorio XIII, Benedetto XIV, come notai nel voi. V, p. go. ì^. Dataria apo- stolica.

REIMS o RHEIMS (Rhemen). Città con residenza arcivescovile di Francia nel- la Sciampagna, dipartimento della Mar- na,capoluogodi circondario e di 3 cantoni

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a più di 9 leghe da Chalons-Sur-Marne e circa àa Parigi, in una pianura cre- tosa, avendo a qualche distanza belli pog- gi coperti di vigneti che producono vini eccellenti, non che di boschi, sulla destra sponda della Véle che ne bagna le mu- ra al sud-ovest e la separa dal sobborgo di questo nome, dove dividesi in parec- chi piccoli canali. Vi sono la corte d'as- sise, tribunali dii.^ istanza e commer- cio , camera consultiva delle manifattu- re, arti e mestieri; depositi di tabacchi e polveri ; biblioteca pubblica di più di 25,000 volumi e 1000 mss., situata nel palazzo della città; scuola secondaria di medicina, collegio reale, scuole d'insegna- mento reciproco, giardino botanico, ove si fanno corsi gratuiti ; società di carità materna,ca$sa di risparmio edi previden- za,e monte di pietà. Veduta Reims dalle colline che la circondano e dominata dal- l'alta sua cattedrale, presenta un bell'a- spetto; ha una forma allungata, ed è cir- condata da un argine di terra sostenuto da parapettì,preceduto da un largo fosso stato in diversi siti colmato, ed accompagnato tanto nell'interno che nell'esterno da pian- tagioni d'alberi. Ha di circonferenza una lega e mezza, e si entra per 6 porte, cioè di Marte, Cerere, Dìo-Luce, Racco, Vé- le o Parigi, e Porta Nuova: quelle di Cerere e Véle sono le sole precedute da sobborghi che portano gli stessi nomi; l'ultima ha un superbo cancello di ferro a foggia d'arco trionfale, costruito per la consagrazione di Luigi XVI. La spiana- ta Coqiiebert, piazza rotonda e piantata d'alberi, ha vicino il mercato bestia- mi. Sì divide Reimsin 4 parti disuguali, mediante due linee di strade che s'incro- ciano sulla piazza reale. La cattedrale di stile gotico, forse in questo genere il più notabile Francia, ampia e bellissima, ha un trìplice portone o porta tenuta ca- polavoro, coi suoi rosoni eleganti e ardi- ti,arricchita superbe vetrìate dipinte, con due toni leggiere abilmente assot- ligliale, r una delle quali elevasi a 3oo

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piedi da terra; pel complesso de'suol pre* gì, delle sue figure e bassorilievi, forma l'attenzione degli artisti e degli antiqua- ri. Questo duomo èIungo45o pietli, lar- go 93, altoi IO. La fumosa facciata ester- na è adorna due magnifici rosoni, di una quantità iniiumerabile di statue, di un gran numero di bassorilievi, sculture e ornamenti d'un lavoro meraviglioso. Le due facciate laterali presentano un bel rosone per ciascuna, le belle guglie essen- do decorate da statue che sormontano gli archi, e soprattutto il campanile del- l'Angelo, di rimarchevole leggerezza, il quale dalla centinutiu'a delle fluesire slanciasi a 55 piedi sopra il colmo della chiesa e sostiene un globo sul quale sor- ge la statua di grazioso Angelo alta 7 pie- di. Si valutano a 4 o 5 mila, 5 o 600 del- le quali nella facciala prin(:ipale , il nu- mero delle figure scolpite nell'esterno di questo tempio, l'interno del quale non rie- sce meno interessante per la vasta nave, pel bel pavimento del coro di quadrelli a mandorla e di diverse qualità di mar- mo, che vi si trasportò dall'antica chie- sa di s. iVicasio. Sono a nominarsi, l'oro- logio a campane accordate, detto del co- ro; l'organo, uno de'più belli di Francia; il baldacchino della cappella della ss. Ver- gine, un bassorilievo di Nicolò Jacques, ed una delle migliori opere di Poussin o quadro della Lavanda de'piedi: curioso è poi il sepolcro diT.V.GiovinOjCheda sem- plice cittadino di Reims, nel 3G(ì diven- ne console romano, monumento di u)ar- pio bianco già della chiesa di s.Nicasio, con una caccia bene scolpita. Questa metro- politana, incominciata nel 121 I dall'ar- civescovo A Iberico per sostituir quella in- cendiala neir anno precedente, non vide il tuo termine che verso il cadere del se- colo XV. E' sotto r invocazione della B. Vergine, e tra le insigni reliquie venera icorpide'««. Remigio iq>os(<>lodella Fran- cia e Rigoberto vencovi di Ueims, (piivi trasportati da dove furono tumulati. Vi ^ il fonte bollciinialc « la curo d'anime

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amministrata da un canonico parroco; il fonte battesimale. in bel marmo grigio- bianco, ha la vasca che alcuni ritengono servisse al battesimo di Clodoveo I. Alla cattedrale è propinquo il palazzo arcive- scovile, egregio edifizio. Celebratissima è altresì questa metropolitana per le tante consagrazioni e coronazioni ivi fatte da- gli arcivescovi de're di Francia, al qua- learticolo le notai, rimarcando pure quel- le ch'ebbero luogo altrove. Il capitolo si compone di io canonici titolari, compre- se le prebende del teologo e del peniten- ziere, e di molti canonici onorari , oltre diversi sacerdoti, ed i pneri de choro ad- detti alla divina ufficiatura. L'antico ca- pitolo si distingueva per 8 dignità, y4 canonici, ^1 cappellani e molti altri bene- ficiali. A M.\Nii'OLO dissi di quello usato anticamente dai canonici di Reims. Il te- soro racchiudeva articoli preziosissimi , fra'quali il calice del celebre arcivescovo Incmaro, dono di Luigi XV fatto nella sua consagrazione. Vi sono in Reims al- tre 5 chiese parrocchiali col s. fonte, di- verse oumunilà religiose di donne, i fra- telli delle scuolecristiane, alcune confra- ternite, due ospedali, cioè il generale e quello di s. Marconi, grande e piccolo se- minario, l'orlànotrolio, l'ospizio Ilòtel- Dieu che occupa i fabbricali dell'antica' abbazia di s. Remigio e dove si osserva la grande scala, il bel vaso della bibliote- ca, ed il superbo lavoro in legno arricchi- to di sculture delicate e colounecorintie egregiamente eseguite che ne formano le scansie. \]i\ tempo Reims conteneva un maggior ninnerò di stabilimenti religiosi. La chiesa di detta nbba/ia di s. Remigio, di benedettini della congregazione di s. Mauro, quasi vasta quanto la cattedrale, ridondava di ricchi e curiosi monumen- ti. Aminiravasi in essa un mngnilìco co- ro, il pavimento rappresentava molti sog- getti sagri, vi si veneravano de'corpi santi, la tomba ili s. Remigio; la celebre sagra ampolla stava dentro di tal tomba, del quale prodigioso vaso tenni proposito nel

REI \oI. XXVI, p. 261, parlando del batte- simo amministrato da s. Remigio a Clo- doveo I, venendo poi con l'olio miraco- loso che conteneva inunti gli altri re di Francia : il tesoro di questa rinomataab- bazia era considerabile. Questa chiesa , la più antica delta città, ha la facciata di semplice architettura, dominata da due alte guglie; nell' interno si osserva il bel colonnato che circonda il coro, e soprat- tutto la nuova tomba di s. Remigio, fat- ta neli8o3,cheneoccupa il centro: èque- sta una rotonda composta di 8 colonne di marmo campano, sormontate da al- trettanti archi che sostengono una specie di cupola a giorno; 6 tra gl'intercolunni sono guarniti ciascuno di due statue, cioè rappresentanti da un Iato i 6 pari laici del regno, dall'altro i 6 pari ecclesiasti- ci, in abito di ceremonia. L'arco di dietro è occupato dal gruppo del battesimo di Clodoveo I, composto delle figuredi quel re, del suoelemosinierc Tierri, e di s. Re- migio. Tutte queste statue furono rispar- miate quando nel 1793 si distrusse l'an- tico sepolcro, che nel i53i avea rim- piazzato quello eretto nel secolo XII nel luogo della tomba primitiva fondata dal- l'arcivescovo Incmaro: rultimodeli53i si doveva al cardinale Lenoncourt. La chiesa dell' abbazia di s. Nicasio, della suddetta congregazione, era un capola- voro d' architettura , e celebre pel feno- meno del suo pilastro tremante quando suonava la campana maggiore : era la più bella delle 3 basiliche di Reims, con ele- gante facciata, intieramente distrutta nel- l'accennata epoca rivoluzionaria. Eranvi pure a Reims l'abbazia di s. Dionigi, dei canonici regolari della congregazione di Francia ; quella delle benedettine di s, Pietro, una delle più ricche del regno; quelle di s. Stefano, delle canonichesse di s. Agostino, e di s. Chiara. Vi erano an- cora 6 conventi di religiosi mendicanti, un collegio de'gesuiti, una commenda ge- rosolimitana, il monastero di Loiigueau dell'ordine di Fontevrault, e 3 altre case

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religiose di donne. L'università era stata fondata nel i547 ^^' cardinal Carlo di ' Lorena , ed eretta da Enrico II a sua i- stanza. In Reims trovansi duestabilimen- ti di bagni, ed un teatro assai vastoeco- modo. Presenta questa città, soprattutto verso il sud, immensi giardini e terreni ; la parte abitata, di cui può considerarsi come punto centrico la piazza reale, ed il cui nucleo forma un ovale assai ben de- terminato dai bastioni e dai muri , non occupa se non la metà della superfìcie to- tale. Vi sono diverse belle strade , e tra le piazze primeggia la reale, di forma qua dra e decorata da belli edifìzi d'ordine dorico, terminati all'italiana^ il più im- portante tra'quali è l'antico palazzo de- gli Appalli , conosciuto sotto il nome di Dogana, che occupa tuttoii lato meridio- nale e va adorno d'un frontone greco, en- tro il timpanodel qualeèscolpita la statua di Mercurio, circondata da palle di lana e grappoli d'uva, primarie fonti del com- mercio di Reims; nel centro di questa bel- la piazza è una bella statua pedestre in bronzo di Luigi XV, opera di Carlellier, ristabilita nel 1 8 1 8, nel sito di quella che fu abbattuta nel 1793. Bello e superbo è l'edifizio municipale nella piazza dellaCit- là; incominciato nel 1627, fu terminato soltanto nel 1825 : la facciata è ornata di colonne corintie, doriche e joniche, ter- mina con due ampi padiglioni e ne pre- senta nel centro un altro più elegante e leggero, cui sormonta una bella torrecon orologio, 4 statile pedestri, ed altra simi- le di Luigi XIII, bell'opera di Cartellier, e collocata tra due colonne ritorte. La piazza de'Panni è decorata dalla fontana Machault.Possiedeqtiesta città buon nu- mero di fontane che deve al can. Godi- not, di cui conserva il nome quella pres- so la metropolitana , e racchiude molti oggetti interessanti per 1' antichità e per l'architettura. Reims cosi importantesot- to i romani, conserva ancora avanzi dei tempi remoti, che ricoidano i nomi di pa- iccchie iiii le sue vie e le sue porte rl'an-

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tica porta di Marte, chiusa sin tlali545, e posta vicino alla nuova, riesce soprat- tutto interessante, quantunque molto sca- duta ; consiste in un triplice portico di quasi I oo piedi di faccia, decoralo da 8 co- Jonne striate d'ordinecorintio, il cui arco di mezzo hai 8 piedi di larghezza ei la- terali 12: uno di questi vedesi per metà distrutto: tutti e 3 sono prodigiosamen- te carichi di sculture e trofei, per isven- tura in parte cancellati, e 3 colonne delle 8 trovansi soltanto assai bene conservate. Ignorasi l'origine di questo monumento o arco trionfale dedicato a Marte, che ere- desi eretto ad Augusto, quando M. Agrip- pa era governatore generale delle Gal- lie, ovvero secondo alcuni a quest'ultimo l'eressero gli abitanti, in riconoscenza del- le molte e grandi strade militari che avea fattoaprire e delle quali la città loro era il puutocentrale, secondo l'opinione di Car- bon.Altri avanzi d'arco trionfale si vedono in mezzo della città, e servi anch'esso per porta chiamata Basilicaire e per corru* zione Bazce : i bassorilievi che l'adorna no pare che l'indichino come dedicato a Ve- nere, altra deità tutelared'Augustodacui pretendeva discendere.A poca distanzadel primo arco sorge un monticello che por- la il nome di Arenes, e che supponesi for- mato dalle macerie d' un anfiteatro. Vi si scoprì nel 1738 un sepolcro antico de- corato da pitture a fresco, che l'ignorante suo proprietario distrusse nel 1802. Am- miransi ancora a Reims i magnifici pas- seggi elicsi svolgono all'ovest per una lì- nea d'un 4-° di lega, dalla porta di Mar- te a quella di Véle, formati da numerosi e belli viali d'alberi e bagnali ad un'estre- mila dal fiume, ed il castello d'acqua si- tualo presso alla città verso il sud , che fomministrn le ac(jue della Vele a 1 7 fon- tane ripartite ne'divc-rsi (piiulieri. Que- sto città , la più iinporlaiite del diparti- nicnlo per 1' estensione, la popolazione di più di 4<)|OOo onime, ed il coinmei*- ciò, è centro d'una induktria ultivìssima che principuliiiciitc s'cicrcilo nel lanifìcio,

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come manifatture di panni, caslmirl, me- rinos, cambelloti, ec, oltre altre manifat- ture. Altra industria significante consiste ' ne'vini di Sciampagna bianchi, spuman- ti e non spumanti. Vi si alleva un ovile di capre del Tibet. Si gloria Reims d'a- ver dato i natali a gran numerod'uomini celebri, tra gli altri Colbert, G. Gobelin che die il suo nome alle famose manifat- ture di tappeti a Parigi, Gio. Godinot il quale usò una parte dell'immensesue for- tune in fondazioni utili,Giovinosummen- tovato,ildottobenedettinoRuinart,ravv. Linguet, i due Troncon-Ducoudray , il letterato C. Batteux, l'antiquario Nicolò Bergier, 1' ab. di Lallaignant, lo storico Vely, l'ab. Pluche, Roberlo Nanleuil in- cisore del regno di Luigi XIV , ec. Ur- bano //nacque a Chatillon-sur-Marne, castello poche miglia distante da Reims. Producono i dintorni ottimi vini. Vi so- no acque minerali presso la porta di FIc- chambault, e cave che contengono molti fossili.

L'origine dell'antichissima e celeber- rima città di Reims è contraslata da di- verse opinioni : si vuole fondata da Rhe- mo re de' celli, all'epoca in cui Priamo regnava in Troia. Al tempo di G. Cesa- re, era una delle più importanti città del- la Gallia Belgica, della quale parlai pure a Paesi- Bassi. Fu chiamala Duracortuin o Duraconorum o Durocortoritm Ww' morum, formava la capitale de Remi, po- polo polente e fedele alleato de'romani, di cui prese in appresso il nome. 1 roma- ni vi fecero metter capo 8 strade super- be, delle (piali si nolano ancora qualche vestigio, ed al momento della creazione della Belgica 2.' ne divenne la metropo- li. Carbon nobile di Ueims, dice che A- grippa pei servizi considerabili che la cit- tà avea reso ai romani, per la stima che n'ebbe G. Cesare e le conlinuò Augu- sto , scelse questa città per essere nelle Gullie, ciò che Roma era nell'Italia, cioè il centro dove venivano a terminare lo strade da lui fatte costruire. Cadde poi

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in potere de'franchi, e Rei ms che già area abbraccialo la religione cristiana, ed era sede d'un vescovato, si gloria d'essere il luogo nel quale l'anno 496 fu Clodoveo I das. Remigio batlezzatocon gran pom« pa : si vuole che il santo ungesse Clodo- veo I anche come re, donde poi derivò agli arcivescovi di Reims il privilegio e- sclusivo di coronare e consn^rare i re di Francia, massime dalla S/ dinastia in poi, e tenne il i.° rango, col titolo di duca, fra i 6 pari ecclesiastici del regno : i re della I." stirpe concessero grandi privilegi alla città. Quando s. Leone 111 uell' 8o4 •■«• tornò in Francia, Carlo Magno lo fece inconti'aredat suo primogenito e Ioattese a Reims, accogliendolo colla solita divo- zione esultanle;quivi dimorando coll'im- peratore nella regia villa, elevò Mantova a vescovato, ed insieme passarono a Sois- sous. Il i,° esempio di coronare l'impera- tore fuori di Roma lo diede Stefano IV dettoVnell'8i6,cjuandosi portò inReitns a coronare Lodovico I. Narra Ferlone, De' viaggi de Pontefici, p. 77, che l'im- peratore gradì sommamente che il Papa perciò si recasse in Francia; e a Bernar- do re d'Italia ingiunse d'accompagnarlo i»el viaggio egli spedì incontro alcuni am- basciatori per fargli corte e servirlo, re- candosi egli ad aspettarlo a Reims. Nulla di più magnifico e piìi confacente alla maestà pontifìcia e alla pietà di Lodovico 1, può idearsi dell'accoglimento con cui il Papa fu da lui ricevuto. Si trovò ben 1000 passi distante dalla città a riceverlo col piìisfarzoso accompagnamento. Entram- bi discesero da cavallo, e l'imperatore 3 volte s'inginocchiò davanti al santo Pa* dre, il quale Io alzò da terra e si baciaro- no scambievolmente: Benedetto sia quel' lo che viene nel nome del Signore, disse Lodovico I. E Stefano V rispose : Sia benedetto Dio, che ci ha fatto vedere un secondo Davide cogli occhi nostri. Qmn- di s'avviarono alla chiesa e travia l'im- peratore addestrò il cavallo del Papa, e lu sosteneva colla sua mano. Orarono

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lungamente avanti l'altare, e si cantò il le Deuni e terminò la funzione con al* cune sagre preci , che il Papa recitò so- pra l'imperatore. Usciti di chiesa presero del pane e del vino in forma di benedi- zione. L'imperatore tornò a Reims, do- ve nel seguente invilo il Papa a pran- zo; Stefano V restò nel monastero di s. Remigio fuor di città, enei 3.° dal suo arrivo invitò a pranzo Lodovico 1 , cui presentò molti doni, come pure ai signo- ri di sua corte. A (jueste reciproche acco- glienze e dimostrazioni , corrispose la con- clusione degli alfari che più gli slavano a cuore, colla conferma alla chiesa roma- na di tutti i suoi privilegi. Nella domeni- ca seguente 29 novembre il Papa con una corona d'oro tempestata di gemme, che .seco aveva portata da Roma, coronò l'im- peratore, l'unse col s. crisma, esimilmeu- te coionò l'imperatrice. Poi ottenuto da Lodovico I che potessero tornar in Koma i molti romani banditi da Carlo Magno, e detenuti in Francia per l'enormità da loro commesse contro la chiesa romana e s. Leone III suo predecessore, il Papa prese congedo e tornò in Italia. Alla mor- te di Lodovico I neir84o, all'atto dello spartimento della monarchia, Reitns toc- cò a Carlo il Calvo e fece parte del regno di Neustria ; altri dicono che di questa r imperatore fece re il tiglio Luigi 1. Nel 1049 S.Leone IX passò in Francia per re- staurarvi la disciplina ecclesiastica; tras- portò dalla chiesa di s. Cristoforo il cor- po di s. Remigio, che trovò incorrotto, neir abbazia de' benedettini che prese il suo nome il i.° ottobre; celebrò un fa- moso concilio nella basilica di s. Remi- gio, illustratodal p. Lupo agostiniano cou dotte dissertazioni; consagrò detta chiesa, ed all'abbate del monastero concesse di poter celebrare i divini utìizi coi sanda- li, ornamento che allora era solo proprio de' vescovi: altri Papi onorarono Reims di loro presenza, ma siccome vi tennero de'concilii, ne parlerò trattando di essi. Notai nel voi. XXVI, p.290, che nel 1 1 79

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in Reims dall'arcivescovo carcllnal Albi- mano, con gran solennità e alla presen- 7a de'pari vi fu consagralo re Filippo II Angusto, e che l'arcivescovo ottenne da Alessandro III che i soli suoi successori potessero coronare i re di Francia, onde d'allora in poi la città fu il teatro di que- sta splendidissima funzione. Reims avea prima avuto il titolo di contea , ma Fi- lippo II le conferì quello di ducato in fa- sore di detto cardinale arcivescovo ch'e- ra suo zio. Nel I 359 sostenne un assedio controOdoardoI 1 1 re d'Inghilterra. Reims seguì i destini di Francia, ed immensa- mente soffrì nella rivoluzione del secolo passato, per la quale terminò di sussiste- re la celebre università. A' i2marzoi8 «4 S.t Priest generale francese emigrato l'oc- cupò coi russi, ma nella sera stessa soprag- giunto iVapoleone, dopo ostinato conflit- to, in cui il generale restò gravemente fe- rito, vi rientrò vittorioso, concedendo al- l'armata tre giorni di riposo oe'dintorni, che fu in quella memoranda campagna l'estremo; poiché essendosi fin dal feb- braio adunati a congresso nella vicina Chatillon, Stadion, Razumowski, d'Hum- boldt e Casteireagh plenipotenziari del- le 4 potenze alleate, ed il duca di Vicen- za ministro di Nnpoleone, per combinar Je basi d'una pacificazione, a'23 marzo fu ordinata la marcia in massa su Parigi, ed ebbe fine il potere di Napoleone. Luigi XVIII che rimontò sul trono de' suoi livi non fu coronato, bensì il fiatelloCar- loX aReimsa'29 maggior 825 con quel- la solennità eternata con medaglia mo- numentale , al modo che toccai nel voi. XXVII, p.i4'2- Leone XII ne'fuochi ar- tifiziali della rinomata girandola, che per la festa de'is. Pietro e Paolo si fecero sul Castel s. Angelo in detto anno, ebbe il pensiero che dessi con l' illuminazione e decorazioni rappresentassero In magnifi- ca facciata della metropolitana di Ueims, dicendo a mg.** di Queien arcivescovo di Parigi, allora in Ruma e da lui ospitato nel icminaiio romano; Voi di recente a*

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vele veduto la bella cattedrale; ebbene noi abbiamo ordinato di farvela rivedere nel- la girandola colla maestosa sua facciata. Nel i83o assunto al trono Luigi Filippo, abolì la dispendiosa ceremonia della con- sagrazione e coronazione in Reims, e per lui non ebbe luogo nemmeno altrove.

La fede cristiana vi fu predicata da s. Sisto romano, discepolo di s. Pietro, il quale verso l'anno Sj lo costituì in i.° arcivescovo per convertirla a Gesù Cri- sto; nell'anno 67 patì glorioso martirio e fu sepolto nella chiesa d^ss. Sisto e Si- nicio, donde nel 920 fu trasportato ilcor- nella basilica di s. Remigio, come ri- porta Ghenu, Archiep. Galliae chronol.y p. 264» series archiep. Remensiurn, citan- do gli storici Sirmondo e Flodoardo che ne scrissero i fasti. Gli arcivescovi si qua- lificarono poi primati della Gallia Belgi- ca, e legati nati della s. Sede ; -dice Com- roanville, Histoirede tous les archev., che tutti i capitoli della provincia ecclesiasti- ca pretendevano dipendere direttamen- te dagli arcivescovi di Reims, nondai lo- ro vescovi. Ebbero a sulTraganee le chie- se vescovili di Soissons, Chalons sur Mar- ne, Laon, Senlis, Beauvais, Araiens, No- yon, Boulogne. Al presente le sedi suf- fraganee sono 4 soltanto : Soissons, Cha- lons, Beauvais, Amìens. Il 2.° arcivesco- vo fu s. Sinicio romano, altro discepolo di s. Pietro, egualmente da lui ordinato 0 delegato per la chiesa di Soissons, don- de passò a questa e nel 68 fu martiriz- zato : sepolto col predecessore, la loro fe- sta si celebra a Reimsili." settembre. In- di divenne arcivescovo, nel 68 s. Aman- 7Ìo pure romano e discepolo di s. Pietro, morto neir89. Betausio greco nipote di Papa s. Eusebio, fu ordmato nel 3 12 da Papa s. Melchiade. Aper o Afer morì nel 3To, e gli successe Discolio, iodi s. Ma- terniano dal 348 al 370. Governò s. Do- uaziano (^.), morto a' i.\ ottobre 390 secondo Clienu, patrono di Bruges. Po- scia s. Vivon7.io, sotto il cui nome fu eret- ta la collegiata a Brau\; s. Severo morto

REI a'i^ gennaio e tumulato nella chiesa di s. Agricola. L'arcivescovo s. Nicnsio[F'.) edificò la cattedrale e colla sorella e al- tri compagni fu martirizzato nel 407 o più tardi. Baruch già prepositodi detta chiesa, Barucio fratello del precedente e morto nel 4^9? Barnaba fu ordinato nel 460 in Roma da s. Leone I che gli confe- rj il pallio, Bennadio o Bcnnagio fratello di s. Ilario d'Arlesdel462, morì nel469 e fu sepolto nella metropolitana. Nel 47 i il popolo ed i vescovi comprovìncinli e- lessero di comun consenso s. Remigio[f^.) e governò per 70 anni: distrusse l' ido- latria e l'arianesimo, fondò un monastero sul Monte d'Hor pressoReims, e vi pose a superiore s. Teodorico (F'.). Nel 54 '> Ro- manoabbate benedettino e cugino di Pa- pa Vigilio, Flavio, Mapinio morto nel 57 2. Fu celebre arcivescovo Egidio, di gran- de autorità nel regno d'Austrasia, paci- ficò il re Cliildeberlo II con Chilperico 1 re di Soissons , indi pel suo zelo e per invidia fu rilegalo a Strasburgo. Nel 597 RomuKo figlio di Lupo duca d'Aquita- nia. Nel 600 s. Sunnachio già arcidiaco- no della chiesa, morto decrepito, al cui tempo s. Baldrio fratello di s. Bova ( A^.) edificò un monastero in uno de'sobbor- ghi di Reims.ove si fece religiosa la so- rella, ne divenne badessa e le successe la nipote s. Doda. Indi fuarcivescovo Leu- degiselo;ne| 649Engilberlo o Angelber- to figlio del magislri equitumfrancoruiny che ricevè il pallio da Papa s. Martino 1; Laudo fratello del //i<7gfùfri eqitUnin piis- simo del 65 1, eresse il monastero ai be- nedelliiii; s. Nivardoo Nivone, la cui fe- sta si celebra il 1 ."settembre; s. Regolo che fondò il monastero Orbacense, nel Iòndo donatogli da Tierrico I li; s. Bigoberto^f^".) conte, cugino del predecessore, consiigrò i re Dagoberto 111, Chilperico II e Tier- rico IV, tenne al s. fonte Carlo Martello, il quale poi, per le brighedell'abbate Mi- lo o Milone che si usurpò questa sede e quella di Treveri j lo cacciò uel72 1 , onde si ritirò in Àquitania; restituito all'arci-

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diocesi la governò con zelo esemplare e morì santamente nel 7820 733, ovvero nel 740 secondo il Buller. Nel concilio di Soissons del 745 fu eletto Abele, ma po- co potè governare per le violenze dell'in- truso Milone. Tilpino o Turpino mona* co di s. Dionisio, di santa vita, fu nomina- to da Carlomanno nel 769 e ordinato nel 773 d'ordine di Carlo Magno, cui Adria- no I trasmise nel 774 il pallio col titolo di primate di sua provincia o Belgica a.', confermando il titolo di metropoli alla sua chiesa , ed assoggettandola alla sola autorità della s. Sede: da Cario Magno ottenne diversi privilegi alla sua chiesa, in quella di s. Remigio ai canonici sostituì i monaci, ed i*i fu se[)oIto nell'81 i eoa epitadlo in versi. Vulfario delI'SiS au- mentò i beni del monasteio Orbacense, e molti ne ottenne per la chiesa di Reims da Lodovico I, di cui era cancelliere. Eb- bo o Ebbone dell'Saa, di cui e delle sue vicende parlai ne' voi. XXVI , p. 276, XXXI V,p. 296 ; dopo di lui ressero la chiesa Folco abbate e Noto. Nell'H 45 //ic- mciro [V.) che consagrò Carlo il Calva nel settenìbredeirSSg, e poi a Compie- gne neir878 il figlio Lodovico 11 il Bal- bo. Neir882 Folco fece riconoscere Car- lo il Semplice, lo coronò e divise con lui il governo dello stato; restituì a Reims la scuola^ cinse di mura la città, ma fu assassinato dai satelliti di Baldovino IC conte di Fiandra per avergli tolto l'ab- bazia di s. Vasto e il castellod'Arras.Nel 900 Eriveo o Erve gran cancelliere di Carlo il Semplice, e consagrò Roberto ( in Reims. Sculfo già arcidiacono , mori di veleno nel 925 propinato da Eriber- to conte di Reims e d'Aquitania; quindi fece eleggere in successore il proprio fi- glio Ugo o Ugone che ancora non avea compito l'età di 5 anni, e Giovanni X lo confermò, secondo Flodoardo, Hisloria Reniens. lib. 4, nel 1. 1 7 della Bibl. Ponl.j perciòscrisse l'annalista Baronio,che que- sto fu ili." mostro che si vide nella Chie-? sa di Dio, caso uoo mai udito fìuo alla?

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ra. Àrtaudo o Ai-toldo monaco di s. Re- mìgio, tuttavia nel gSi ebbe il pallio da Giovanni XI, onde insorse scisma : dive- nuto Papa nel 946 Agapito II, per tei*- ininarlo, spedi per legato e vicario della s. SedeinFrancia Marino vescovo di Po' liinnrzio (^.), il quale nel concilio d'7n- gellieim [F".) del ^^S riconobbe Arlol- do, e scomunicò il competitore Ugo, ciò che confermò il Papa nel concilio roma- no del 949. Arloldo ottenne la contea di Reiras con facoltà di battere moneta da Luigi IV, che avea coronato in Laon ai 20 maggio 936. Odalrico figlio del con- te Ugone, preposto e canonico di Reims, f<i ordinato nel 962, e donò ai canonici la villa Vindenissa. Adalberto o Albero figlio del conte Goffredo nel 973, consa- grando in Reims Ugo Capeto. Arnoldo discendente di Carlo Magno, di cui nel voi. XX.VI, p. 284 e 285: contro di lui fu eletto Gerberlo nel 991 da Giovanni XVI , ma Gregorio V lo trasferì poi a Ravenna (^.) e fece ristabilire Arnoldo, che nel 999 fu confermato dallo stesso suo rivale Gerberto divenuto Silvestro II (^.). Indi Ebaio o Ebulo laico, però erudito nelle sagre lettere in que' tempi rozzi e ignoranti , che donò ai canonici la villa Biliniaca , celebrò il sinodo nel 1029, ed unse re Enrico I a Reims: per le epoche e altro di queste consagrazio- ni, ripelo che le riportaia Francia. Gui- «lo Barbet morì nelioT^; poi Gervasio narl)€t traslato da Le-Mans, coronò in Reims Filippo I e divenne gran cancel- liere. Manasse giù arcidiacono, nel 1080 fu fatto deporre da s. Gregorio f^ll[f^.). RainoMo o Rainaldo sostituito , era ca- nonico della metropolitana. Neliog^Ma- aa^sc Daufrai; Gervasio di Lorena, figlio di Ugo de KetCht e fratello di Baldovino I re diGcrusalcoitne, abdicò ncli i i4i ^ per meglio dire coi Sammartani, Pasqua- le Il ne annullò 1' elezione, onde poi si aminogliism vece il Papa ordinò Uadol- li» preponilo di llciuK. Rinaldo Dcsprelz o de Marliniaco trasferito nel 1 1 24 da An-

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gers, nella Pasqua del 11:29 consagrò in Reims re Filippo, ma non successe al pa- dre Luigi VI. Nel 1 1 39 Sansone Despretz; nel I 1 6 1 da Beauvais vi fu trasferi to En- rico Magno figlio di detto Filippo; Gu- glielmo Albiniano [V.) che coronò In Reims Filippo II Augusto poi cardinale legato; Guido Pare [F.) cardinale lega- to; Alberico d'Humbert nel 1207 che rie- dificò la cattedrale rovinala dall'incen- dio; Guglielmo de Joinville nel 1220 già vescovo di Langres, coronò i genitori di s. Luigi iX in Reims, il quale nella sede vacante fu inaugurato da Giacomo Ba- sochi vescovo di Soissons nel 12 26 a'29 novembre. Nel 1227 Enrico di Brenna; Ivhello de Mayenne già di Tours nel 1244» Tommaso de Beaumet neli25o; Giovanni de Courtenay morto nel 127 i; Pietro Barbet morto nel 1 3oo; Roberto de Courtenay neli3o2, consagrò Carlo IV neli32o; Guglielmo de Tria trasfe- rito da Bayeux e coronò Filippo VI nel- la metropolitana nella festa della s. Tri- nità del 1328. Giovanni di Vienna morì neli35i; poco visse Ugo de A rceis; Um- berto già delfino e patriarca d' Alessan- dria amministratore, morto nel i345; Giovanni de Craon Iraslato da Le-Mans morto nel i374; Lodovico Thesart nel 1374 già vescovo di Bayeux ; Riccardo de Picque nel 1877 ; Federico Cassinel motto nel 1390. Guido de Roye traslato da Verdun, nel 14^9 fondò in Parigi il collegio ili Reims, che nel 1763 fu riuni- to a quella università. Simone Crarnaiui (F.) patriarca d'Alessandria e cardinale; Pietro Trousseau trasferito da Poitiers, morto nel i43o; Reginaldo Carvale (/'.) cardinale; Giacomo Giovenale Orsini del i44 1; ^''0- Giovenale Orsini nel i47 3 pari di Francia, confermò colla sagra un- zione Luigi XI, da Calisto III deputato col vescovo di Parigi a rivedere il pro- cesso della Pulcvlla d'Orleans ingiusta- mente condannala. l'ietrodcLa-Valgià vescovo di s. Malo, morto noli493; Ro- berto Brissonnet niorlo nel 1^97; s'' *"*^'

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cesse Guglielmo Brissonnet (F",) cardi- nale; Carlo del Carretto {V.) cardinale; Roberto de Lenoncourt consagrò a' 25 gennaio i5i 5 Francesco I; Giovanni di Lorena [V.) cardinale; Carlo di Lorena (A^.) cardinale, fatto arcivescovo di 1 3 an- ni neh 538 da Paolo III, coronò con so- lenne pompa Enrico II , Francesco II, Carlo IX , chiamalo da Pio IV secondo Papa^ e da s. ?\oY\\Papa d'oltremon- <e. Lodovico di Lorenao Guisa (^.) car- dinale che nel i575 consagrò in Reims Enrico III.

Il Galtico, /4cia caeremonalia , a p. 226 riporta il dettagliato ceremoniale ch'ebbe luogo, il quale sembra scritto alla s. Sede dal nunzio di Parigi. Si parla del- la prodigiosa ampolla di s. Remigio, il cui olio servi per la con$agrazione,ed il mo- do come l'abbate della basilica lo portò sotto baldacchino(de'sostcni tori delle aste parlai a s. Remigio, ordine equestre) alla nielropolitana, incedendo a cavallo. La funzione si fece culla massima splendi- dezza e con isfuggiodi ricchi vestiari ca- richi di preziose gemme. Il re portava ud vestiario con aperture per ricevere l'un- zione senza spogliarsi. Prima della coro- nazione il cardinale arcivescovo di Reims domandò al popolo se volevano per loro re Enrico IH, il quale subito emise il giu- ramento. Poi il cardinale io benediecon apposite orazioni, essendo il re genufles- so, gli unse la cima del capo, il petto, la schiena, le spaile, i polsi, le palme delle mani. Vestitosi il re della toniceila e dal- matica, e del manto reale, dal cardinale gli fu dato l'anello benedetto, lo scettro nella destra e la mano di giustìzia nella sinistra mano, indi cogli altri undici pa- ri pose la corona di Carlo Magno in ca- po al re e disse : f^^ivat Rex in aeter- /»/m, così fecero i colleghi, e l'araldo tre ■volte gettando denari al popolo che gri- dò, flve le Roij dopo di che si cantò il Te Deiim. Il cardinale cominciò la mes- sa grande all'altare maggiore, ed all'of- fertorio il re per obblazioue ollìì un vaso

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di madreperla pieno di vino,un pane d'ar- gento, una borsa con 1 3 pezzi d'oro. Dopo la messa il re si comunicò sotto il trono colle due specie sagramentali (di cui par- lai nel voi. XV, p. I 12), tenendo la co- rona in testa, e nelle mani lo scettro e la mano di giustizia. Dopo la funzione il re con corona più leggera andò a desinare \estito come si è detto, avendo a destra e a sinistra tavole pei pari, pel nunzio e ambasciatori, pei principi e pei cavalie- ri. Vi assisterono alcuni primati della cit- tà di Reims chea sue spese fece il super- bissimo convito, secondo l'antico costu- me. In seguìtosulla porla dellacattedrale di Reims, corani popiilo, seguì lo sposa- lizio del re con Luisa di Lorena , al cui banchetto intervennero il nunzioeglì am- basciatori. All'arcivescovo cardinal Lo- dovico successero Filippo tie Lenoncoiirt {/^".) cardinale nel 1592; ^iicola de Pel' levé(F'.) cardinale morto nel i594; Fi- lippo de Ree già vescovo di ^'anles mor- to neli6o5; Lodovico di Lorena o Gui- sa (V.),co\ quale Chenu termina la serie degli arcivescovi : essendo soltanto sud- diacono, in sua vece coronò Luigi XII i nella caltediale di Reims il cardinal di Giojosa; introdusse nelle città ì gesuiti. Gabriele de s. Marieo Guglielmode Gif- ford inglese nel 1622, dotto oratore eteo- logo, già sufhaganeo del cardinal Lodo- vico coi titolo!// ^a/7/ZiUjd'Àrcidalia, visi- tò l'arcidiccesi. Enrico di Lorena de'duchì di Guisa nel 1629,6 come non consagra- to rinunziò neh 64 i-Eleonoro d'Estam- pes vescovo di Charlres, ricevette il pallio nella cattedrale di Soissons dal vescovo suffragnneo Le Gras; celebrò il sinodo, visitò r arcidiocesi , e fu lodato pastore. Enrico di Sa\oia,duca di Reims, i.° pari di Francia, legato della s. Sede, neh 65 r fatto arcivescovo, consagrò Luigi XIV : con questi nella Gallia Christiana si fini- sce la serie degli arcivescovi. Riporterò quelli del secolo passato e del corrente, registrati nelle iVo^iz/e ^i Eoma. 1722 i^rniaDdo GiulioUeRohandiParigi.1763

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Carlo Antonio de la Roche Àymonl (F.) cardinale j che consagiò Luigi XVI a Reinos nel 1775 agli 1 1 giugno. 1 777 A- lessandro Angelico de Talleyiand de Pe- rigord ( V.) cardinale : quando la sede di Beims fu soppressa pel concordato del 1801 non volle rinunziare a Pio VII, il quale nel 1 8 1 7 la ristabilì e promulgò ar- civescovo Gio. Carlo de Coucy già ve- scovo diLaRochelIe, alquale Pio VII in- dirizzò il breve Nostris, de'4 settembre 182 I, Bull. coni. 1. 15, p. 4^4i sulla con- servazione dell'arcidiocesi di Reims su di alcuni luoghi precedentemente smem- brali. Nello stesso Bollarioa p. 4^7 e 438 vi sono i brevi Etsi, Nostris sub pluni- ho, e Nostris apostoUcis, dello stesso Pa- pa, spediti nel medesimo giorno e an- no, sulla rettificazione dell' arcidiocesi di Reims, e sulla dichiarazione di Amiense di Soissons in sulTrnganei di questa me- tropolitana. Gli successe nel 1824 ^'O' ▼anni Battista de Aflf/'/C/^.) cardinale, che consagiò Carlo X,ed ebbe da Gregorio XVI nel i83g a coadiutore con futura successione mg.r Romano Gallar arcive- scovo d'Anazarbo in parlibns. Però non gli successe e per morte del cardinale,Gre- gorio XVI nel concistoro de' 1 3 luglio 1840 da Perigueux (/^.) vi trasferì l'o- dierno Tommaso Gousset di Monligny- les-Cherlieux arcidiocesi di Besancon , che come dissi nel voi. LUI, p. 228, Pio IX creò cardinale a' 3o settembre iBlio col titolo di s. Calisto, avendogli spedilo r annunzio col beirettino rosso per la guardia nobile d. Francesco de'duchi Cae- Inni, destinando ablegato per la tradi- zione della berretta cardinalizia mg.*' A- rhille A polloni, ch'ebbe eguale incarico pei cardinali d'Astros arcivescovo di To- lo«ne Mallhiru nrcivcscpvo di Besancon. Nel voi. XXXiX,p.G2, celebrai il ripri- Minamenlo della liturgia romana, opera- lo da qiickto dollÌMÌmo e zelante arcive- MUivonvirarcidioccRidiReimn, poiché con bclln Icllorn pn^londc frco ndottiire il bre- viuno , rilualc e mcbsalc romano^ risei'»

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▼andò solamente l'uflìzio de'sanli propri, e tuttociò con gradimento dell'intiero cle- ro. L'arcidiocesi si estende per circa So leghe e \5 per latum: si forma del cir- condariodi Reims e del dipartimento del- le Ardenne. Ogni nuovoarcivescovo è las- sato in fiorini 5ooj prima ne pagava4700 perchè godeva 5o,ooo lire di rendite. Concini di Reims. III." si tenne nel 5 1 4, e s. Remigio vi convertì unereticoariano.il 2.°nel625o f)3o presieduto da s. Sonnachio con 4^ vescovi, fra i quali i ss. Arnoldo di Metz e Cuniberto di Colonia : vi si fecero 25 canoni di disciplina, e prescrisse l'osser- vanza di quelli del concilio di Parigi del 61 3. Il 3.°neir8i3, tenuto d' ordine di Carlo Magno, per ristabilire la disciplina ecclesiastica: lo presiedè l'arci vescovo Vul- fario, previo il solito digiuno di 3 giorni; vi si fecero 4o canoni, ripetizione in par- te di quelli d'ArleseMagonza. Il 4-°"eI- l'874.II 5." neir879. Il 6>nell'892 0 89? in favore di Carlo III il Semplice. Il7.*'nel- r894-L'8.°nel90 1 ,in cui furono scom uni cati gli assassini dell'arcivescovo Folco. Il 9.°nel923,in cui Seulfo di Reims co'suoi su (fraga nei ordinò a quelli ch'eransi trova- ti alla battaglia di Soissons tra Roberto I eCnrlollIjdi far penitenza 3 quaresime in 3 anni. Ilio.°nel 97 5,in cui Stefano legalo di Benedetto VII scomunicò Teobaldo u- surpatore del vescovato d'Amiens. L' 1 1. nel 989 per l'elezione dell'arcivescovo Ar« Tjolfo. Il 12. "nel 991 a' 17 giugno in Basi- lea, 3 leghe distante da Reims, radtniato d'ordine d'Ugo Capeto contro Arnolfo, per sospetto d'essere d'intelligenza con suo zio Carlo di Lorena ch'erasi impadro- nito di Reims, che poi fu preso da Ugo e messo in prigione a Orleans. Presiedè il concilio Seguino arcivescovo di Sens, co- me più anziano, ed Arnoldo vescovo di Orleans come il più dotto pastore delle Gnllienefu promotore e incoricato di far le proposizioni. Egli esortò i vescovi n o- perarc senza passioiieecon hbcMià, quindi dumaudòsc Ainuliòdi Reims |)otesse pur-

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garsi del delitto di lesa maestà di cui era iucolpato; indi si produssero prove con- tro di lui. Ma 3 personaggi distinti par- larono in difesa di A rnolfo, e coll'autorità della lettera de' vescovi d'Africa a s. Da- niaso I,e altre allegazioni, mostrarono che ì grandi affari della Chiesa erano riser- vati al Papa, soprattutto il giudìzio dei vescovi. Fu risposto ch'era stato citato al concilio con letlerecanoniche, e per mez- zo di deputati da più d'un anno; e si pro- vò che la causa era stata portata al Papa colla lettera del re Ugo a Giovanni XV; tuttavia Roma taceva. Perciò Arnoldo d'Orleans pronunziò un discorso rimar' chevole, dichiarando che le cause eviden- ti devono essere terminate dal concilio provinciale. Udite le ragioni delle parli, si conchiusc che Arnolfo poteva essere giudicato nel concilio. Si fece dunque en- trare, e gli si esposero cou dolcezza i be- nefizi ricevuti dal re, e il malech'egli a- vea fatto a lui. Arnolfo si difese debol- mente, confessò il suo delitto e voleva ri- nunzìar il vescovato, per averlo esercita- to indegnamente. Nella 2.' sessione cui assisterono i re Ugo e Roberto I, Arnol- do d'Orleans esortò Arnolfo diReimsa prostrarsi avanti ire e domandar loro la vita; Io fece e gli fu accordata; poi rimi- se a Ugo l'anello e il pastorale, ed a' ve- scovi le altre insegne, lesse la sua rinun- zia e acconsenti che altri fosse eletto. Fu questi Gerberto, uomo celebre pel suo a- more alle lettere e per la parte ch'egli avea negli alìari della Chiesa. Adalgero avendo confessato d'aver aperte le porte di Reims e di essere entrato ostilmente nella chiesa, accettò d'esser deposto, e fu spogliato degli abiti sacerdotali, e ammes- so alla comunione laica. Il i 3." concilio nel ioi5 pei beni di chiesa, ed a favore dell'abbazia di Mausson. Il 14.° nel 1049 a'3 ottobre, il giorno dopo la dedicazio- ne della chiesa di s. Remigio, il cui corpo era stato portato nella nuova chiesa edi- ficata da Incmaro abbate. Fu presieduto da $. Leone iX e vi si trovaiOQO ao ve*

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scovi. So abbati e molti altri ecclesiasti- ci. Nella I .' sessione fu proposto il sogget- to del concilio, cioè gli abusi che prati- cavansi nelle Gallie contro i canoni, la si- monia, le funzioni ecclesiastiche, le chie- se usurpate o vessate dai laici , i matri- moni incestuosi, l'apostasia de'monaci e chierici, i rubamenli , le ingiuste deten- zioni de' poveri, i delitti abbominevoli ed alcune eresie. Tutti i vescovi si purgarono dalla simonia, a riserva di 4 ; gli abbati fecero lo stesso, tranne alcuni che non o- sarono parlare; un abbate di Poitiers fu deposto per incontinenza. Nella 2.' ses- sione molli confessarono ch'erano entra- ti per simonia. Si scomunicarono que' ve- scovi che invitati al concilio non etano intervenuti, mandato scusa. Si fecero 12 canoni per rinnovare i decreti de'Pa- dri, e si condannarono molti abusi. Alla fine del concilio il Papa die una bolla, la quale ordinò la celebrazione della fè- sta di s. Remigio ili.° ottobre. Il i5.° fu tenuto nel io5g per l'incoronazione di Filippo I re di Francia. Ih 6.°nel 1092 da Rainoldo arcivescovo con 6 vescovi della provincia , sulla differenza della separa- zione del vescovato d'Arras, da quello di Cambray : i deputali d'Arras dichiara- rono che doveansi ristabilire de' vescovi ov'eranostati ; l'arcidiacono di Cambray sostenne che Arras non dovea averlo. Il concilio rimise la decisione al Papa, che decise ordinare un vescovo ad Arras, ed in Roma consagrò l'eletto Ramberto. Si trattò pure di Roberto I conte di Fian- dra, che usurpava i beni degli ecclesia- stici che morivano, lliy." neli094 di 3 arcivescovi e 8 vescovi, li detto re Filip- po I sperava di far approvare il suo ma- trimonio con Rertrada: Ivo di Chartres non v' intervenne e appellò al Papa, di- cendo che non gli sarebbe stato permes- so di dire nel concilio impunemente la ve- rità. Ili 8.° tenuto da Urbano II nel lu- glio 1096, nel quale riconciliò colla Chie- sa Filippo 1 che avea scomunicato pelsuo adulterio cou Bertrada. 11 1 Q.^uel 1 1 o5, iu

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cui fu eletto vescovo di Cambray Eude o Adone, abbate di s. Marliaoa Touniay. 11 20." Del I I og per la causa di Goffredo vescovo d'Amiens. Il 21.° neh 1 i5a'28 marzo dal legalo Conone. Egli vi scomu- nicò l'imperaloreEnricoV, eri tnandòad Amiens GolTredo eh' erasi ritiralo nella Certosa. li 22.° nel i 1 19 a'20 o 3o ot- tobre presieduto da Calisto II, assistito da i5 arcivescovi e da più di 200 vescovi, poiché ne Ree venire da tulle le provin- cie d'occidente; vi erano quasi allretlauti abbati. Dopo la messa , il Papa si assise sopra trono elevalo rimpetlo alla porla della chiesa: i vescovi e i cardinali era- no nel I rango; un cardinale diacono in piedi a fìancodel Papa teneva il libro dei canoni per leggerlo all'occorrenza. Dopo le litanie e le orazioni, il Papa fece una specie d'omelia in latinosul vangelo, nel- la quale disse : che la barca figura della Chiesa era agitala dai fluiti. Un cardinale ièce un eloquente discorso, sopra i dove- li de'pastori. Il vescovo d'Ostia Lamber- to, poi Onorio li, spiegò i diversi n)olivi pe'quali il concìlio era radunalo. Il re di Francia Luigi VI vi produsse i suoi la- menti rispello alla Normandia, che il re d'Inghilterra gli avea invaso con violen- za; ma il concilio non volle esserne gin* dice. Ildegarda conlessa di Poiliers, segui- ta dalle sue donne, essendo entrala nel concilio , fece i suoi lamenti contro Gu- glielmo conte d'Aquilania che l'avea ab- bandonata , per prendere in sua vece la moglie del visconte diChatelleraul, e ch'e- ra immerso in tulli i vizi, gloriandosi di «uè dissolutezze. Si accettarono le scuse de'prelati d'Aquilania, 1 quali rappresen- tarono che il loro duca malato non cra- si potuto recare al concilio, conte il Papa gli avea scritto : gli si accordò un indu- gio n presentarsi alla corte del Papa , e ripigliar la suo legittima mrtglie .sotto pe- na d'anatema. L'arcivescovo di Lione si lagnò u nome del vescovo di Ala^on, de- gli iitlrnlali dell'ubbalcdi Cluny, contro tli-1 quale muuaci u chierici prudustcìu

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grandi lamenti. L'abbate di Cluny si di- fese, dimostrando provenir le accuse dal- la cura che avea di conservare i beni e i privilegi del suo monastero, i quali si con- fermarono. Il concilio fece 5 decreli, con- tro la simonia; l'investiture de' vescovi e abbati, proibendole sotto pena d'anate- ma; contro gli usurpatori de'beni di chie- sa; contro chi esige retribuzione pel bat- tesimo, gli olii santi, la sepoltura, 1' un- zione degl' infermi; sulla continenza dei chierici e contro le concubine. Si tece an- che un decreto per la tregua di Dio, per porre un frenoalle private risse in Fran- cia e in Lombardia, facendone severo di» vieto in alcuna stagione e giorni dell'an- no. In questo concilio non si potè con- chiudere la pace tra il Papa e l'impera- tore Enrico V. Questi essendo a Mousson, dove Calisto 11 si trasferì mentre teneva- si il concilio , non volle eseguir la pro- messa elicgli avea falla con giuramento di rinunziar all'investiture ecclesiastiche. INell 'ultima sessione i vescovi e gli abbati al numero di 4^7 avendo ciascuno un cereo in mano si alzarono, e il Papa sco- municò solennemente molte persone, del- le quali si lessero i nomi, e pei primi Eu- rico V e l'antipapa Gregorio Vili da lui crealo. Il 23,°nelii3i a' 1 8 oltobre, te- nulo da Innocenzo II alla lesta dii3 ar- civescovi e di 263 vescovi, e d' un gran numero di abbati, chierici e monaci fran- cesi, alemanni, inglesi e spaglinoli. V'in- tervennero il re e la regina di Francia. Il più celebre degli abbati s. Bernardo vi fece luminosa comparsa. Approvala l'elezione d'Innocenzo li, fu scomunica» lo l'antipapa Anacleto II se non tornava a resipiscenza. Si pubblicarono 1 7 canoni di disciplina del concilio di Clerinnnl del I i3o, poi ripetuti nel concilio di Late» rano II. Il Papa vi consagrò re Luigi VII secundogenito,iu vece del suddetto fratel- lo Filippo morto per una caduta da ca- vallo. 11 C'di delti canoni proibì ai mo- naci e ai canonici regolari lo skidio del- le Ic^gi civili e della medicina pur guudu-

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gnnr denaro. Furono vietali i tornei, per- chè ci correa rischio la vita dei corpo e dell'anima, volendo far prova di sua for- za e destrezza. Si pronunziò anatema con- tro chi percuotesse una persona consa- grata a Dio. Il Papa vi canonizzò s. Co- dardo vescovo d' Hildesheim morto nel 1128. Il 24-°neli i32Ìnfavore delTab- l)azia di Marmoiitier. Il 25.° neh i48 te- nuto nel marzo e in quaresima da Euge- nio III, ch'erasi portalo in Reinis nel de- clinar di febbraio, con molti vescovi di Francia, Germania, Inghilterra e di Spa- gna, contro Gilberto Porrelano vescovo di Poiliers, accusalo d'errori contro la ss. Trinila. Avendo s. Bernardo fallo confes- sare a Gilberto, ch'ej^li insegnava che l'Es- senza di Dio, la sua Divinità, la sua Sa- pienza non è Dio, il santo impugnò for- temente questa proposizione , dopQ una lunga disputa, indi stese una professione di fede contraria agli errori di Gilberto, che fu approvala dal Papa e da' cardi- nali. Siccome molli membri del concilio erano favorevoli a Gilberto, il Papa non confermò questo giudizio con decreto so- lenne, solo obbligò Gilberto a ritrattare i suoi errori, il che esegm. Fu condotto a questo concilio il fanatico Fone della Stella che avea sedotto molta gente del popolo, pubblicandoch'cgli era quello che dovea giudicare i vivi ed i morti; ma co- me non die che delle risposte sciocche , fu messo in prigione, ove morì poco do- po. Nella slessa assemblea fu accusato Gu- glielmo arcivescovo d'York di non esse- re stato eletto canonicamente, ma intruso per autorità regia ; ne fu convinto e Al- berto o Alberico vescovo d'Oslia pronun- ziò contro di lui a nome del Papa la sen- tenza di deposizione, però contro il pare- re della maggior parte de'cardinali. Fra i tanti canoni di questo concilio, uno fa conoscere 1' origine de'parrochi titolari, dicendo: » JNon si metteranno nelle chie- se sacerdoti per commissione, ma ognu- na avrà il suo prete particolare, che non potrà essere deslituitochedal giudizio ca-

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nonico del vescovo, e se gli assegnerà la sussistenza conveniente sopra i beni del- la chiesa". 11 26.°neli iSy.II ay.^neii i58 sulle differenze insorte tra il vescovo di Laon e l'abbaledi s. Martino. IlaS." nel I 164 tenuto da Alessandro III perlacro- ciata di Palestina , onde mandarvi soc- corsi. 1129.° nel i23i fu celebrato a s. Quintino {f^.) nel Vermandois, sulla di- sciplina, e relativamenteallacausa di Mi- lone vescovo di Beauvais. Il 3o.''nel 1 235 pure a s.Quinlinosulla libertà dellechie- se, donde l'arcivescovo di Reims con 6 sufl'raganei andarono a Melun a trovare s. Luigi IX per fargli delle rimostranze sopra certi articoli che offendevano se- condo essi la libertà della chiesa. Il St." nellostessoannoa Compiegne per alcune osservazioni da presentarsi a re s. Luigi IX. 11 32.° nello stesso anno a Seulis. Il 33.° nel 1236 a s. Quintino per le im- munità della chiesa. Il 34-° a s. Quintino sullo stesso argomenlo.il 35.° nel 1257 a Campiegne. Il 36.° nel 1287 ili.° otto- bre, tenuto dall' arcivescovo Barbet, con 7 suffraganei e i deputati di due altri, i quali risolvettero di spedire a Roma, per tener dietro sino all'intiera sua spedizione all'affare che aveano coi frali mendican- ti francescani e domenicani, sui privilegi della confessione e predicazione, accorda- li loro da Martino IV. Il 37.°neli3oi ai 22 novembre, in cui si feceuna cosllluzio- nedi 7 articoli, riguardanti nella più parte i chierici citali avanti i tribunali secola- ri. 11 38.° nel 1 564, tenuto dall'arcivesco- vo cardinal Carlo di Lorena, e fu nume- rosissimo pei vescovi di Soissons, Senlis, Chalons, Verdun, per l'arcivescovo di Sens, pei procuratori de' vescovi di No- yon, Laon, Amiens, Boulogne, pei depu- tati de'capitoli, e molli abbati che vi as- sisterono ebbero il voto. Si tennero 19 congregazioni: nella 2.*de'28 novembre si conchiuse, che quanto all'articolo del- la riforma de' costumi , sarebbe rimessa al concilio seguente. Si fecero molli statu- ti e regolamenti, sulla residenza die'cura-

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ti, i sagrntoenli, la vita regolala de'pnsto- ri, r esame pegli ordinandi e pe' curnli ; eccellcnli sono quelli spellanti alla vita clericale. 1139.° nel i583 provinciale pre- sieduto in maggio dal cardinalarcivesco- ▼o Lodovico di Guisa, e pubblicato colle stampe di Parigi. Vi furono i vescovi di Soissons, Laon, Beauvais, Ciialous, No- yon, Amiens e il deputato di Senlis. Vi si trattò del culto divino, breviario, mes- sale, rituale; de'giorni festivi, de' sagra- menti, seminari, sepolture, curati e ca- pitoli; de'simoniaci, confldenziari, usure, visite vescovili e sino di diocesani ; oltre molti regolamenti sulT amministrazione de'sagramenti e doveri degli ecclesiastici, e per l'osservanza del concilio di Tren- to. Gregorio XI li lo approvò con brève de'So luglio 1 584. Di tulli questi conci- lii trattano Labbé, Arduino, INIartene, la Gnllia ciisliana, Pagi, il Diz. dt conci- la. Nel i85i l'attuale cardinale arcive- scovo ha ripreso , come iu quello tenuto nel 1 85o,la celebrazione de'sinodi annua* li, e ne trattano i n. 253 6^54 dell' Owcr- valore romano. A'-iS settembre il suono delle campane di tutta laciltà, e le 8 del- la cattedrale ne dìerono 1' annunzio. La messa sinodale si celebrò ai 25 con tutta la pompa; in una mensa era aperto il li- bro degli evangeli ; nel recinto del coro eravi tutto il clero colle insegne di digni- tà, tra le quali dislinguevasi la bella croce in ismalto azzurro appesa al cordone vio- laceo che decora il petto de'canunici tito- lari, nuovo ornamento che data dal lem* degli onori recentemente conferiti al capo di questa illustre chiesa. Furono os- servali i riti e le ceremonie prescriltedal- la liturgia romana, llcardinaleche lopre- tiedellc, vi pronunziò eloquente allocu- zione, analoga alla riapertura de' sinodi ed oi bikugni di opportune provvidenze e fcUiUiti. Vi Irnlll) dc'hbri la cui lelturn è interdetta ui sacerdoti , ni chierici , ai loici, come della lelturn pericolosa di cer- ti giornsili; suirapprovHzionc dellii slam- |)u dc'libri; sul diviu culto per la ripristi-

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naia liturgia romana, cui crasi fatto lo- de volesagriGzio di abbandonarla remen- se; sull'uso dell'organo e la musica delle chiese; sull'oflerta del pane benedetto nel- la messa parrocchiale, avanzo dell'anti- co rito delle oblazioni di pance vino pel sagrifizio, distribuito a tulli come indizio d'unione, di fede e di sagrifizio, come sim- bolo di carità, in testimonio del pane vi- vo disceso dal cielo; è questo pane degli angeli che il sacerdote invoca nel benedi- re tale olferta, onde coloro che vi parte- cipano ne abbiano la salute dell'anima e del corpo. Questo uso del pane bene- detto mantenuto in molle parrocchie del- l'arcidiocesi, per la virtìi provala contro i demonii, la guarigione d'infermità e la santificazione delle anime, sarebbe esleso per tutta. Inoltre il cardinale vi trattò principalmente le cose concernenti le con- fraternite, i di voti pellegrinaggi, l'uso del rocchetto e della berretta, la predicazio- ne, le scuole, le parrocchie, gli olii santi, i padrini e le madrine, la 1." comunione; quanto spella alle messe parrocchiali, al- tari portatili, doveri de'confessori, ammi- nistrazione di sagramenli ; la visita de- gl'infermi, il viatico, l'estrema unzione , gli ordinandi. Il cardinale con quella dot- trina che lo rese celebre nelle sue opere teologiche, vi fece una meravigliosa figu- ra. 1 1 sinodo durò 6 giorni, con 2 sessioni e 6 sedule, formandosi 28 capitoli con ap- pendici.

RELIGIONE , F/V/w, f?<'%o, Riius. Cognizione della Divinila e del CuUo[f .) che le si deve rendere, unita alla volon- tà di adempire un tale dovere. Secondo la forza del termine, (jiiesto è il vincolo che imisce l'uomo a Dio (/''.) ed alle sue leg- gi mediante i sentimenti di rispetto, ri- conoscenza, sommissione, timore, e con- fidenza ed amore che c'ispirano le sue ili- vine perfezioni e i benefizi che da lui ri- ceviamo. Per decidere se 1' uomo debba avere una religione, basta sapere che vi è un Dio , e che egli ha creato l'uomo ; non potè fiulo, com'è, capace di rillessio-

REL neescnlimenlo, senza che gli ordinasse di adorare il suo creatore. Quindi laspe- i-iciiza dimostra, che 1' uomo senza reli- gione sarebbe assai poco diverso da un a- nimale; tali sono i selvaggi isolali diesi trovarono nati nelle foreste, e nelle caste e tribù d'indiani, che vivono generalmen- te come i bruti. E' assai sorprendente che si trovino uomini i quali si vantino di filosofia e che si procurino avvicinarsi a questo stalo di slupicLìà, i quali poco con- ienti di rinunziare ad ogni sentimento di religione, vorrebbero eziandio distrug- gerlo ne'Ioro simili. Così il Bergier. Tut- ti i popoli in ogni tempo si sono creduti obbligati di rendere certi omaggi, siano interni, siano esterni , a quella divinità che si sono essi immaginata; quindi i vo- li, le preghiere, i templi, i sagrifizi, i mi- nistri degli altari, e finalmente lutto l'ap- parato del cullo religioso, che fu sempre praticato dalle nazioni anche le più bar- bare e meno civilizzate. I romani rispel- lavano talmentegliDeide'loronemici,che prima di assediarle unacittà, deputavano de'sacerdoli per supplicarli di uscirne, e per evocarli alline di attirarli nel loro cam- po; intanto gli assediati li legavano stret- tainenle con corde per limoreche abban- donassero la città. Salutavano essi i pro- pri Idoli [r.) alla mattina, e li onorava- no con lodi nelle feste e nelle oltre occa- sioni soleinii. Gli antichi germani sagri- ficavano al Dio Thor in tutti i gioved"i, affinchè tenesse lontano il tuono, il ful- mine, la grandine. Allo spuntar del gior- no i magi dei persiani cantavano inni in onore degli Dei, e salutavano il sole na- scente, qual fuoco ch'essi consideravano come un princìpio eterno. 1 diversi po- poli del mondo sempre cantarono alla lo- ro maniera le lodi dell'Ente supren)o, e gli rendevano i loro omaggi con un'infi- nità di cidli differenti i\e\\ Idolatria (F.) e con la religione del Paganesimo (f^.): l'idolatria unita al paganesimo chiamasi Polilciiino (Z-^.). Questo accordo de* di- versi popoli dell'universo neli'onorare la

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divinità, ha la sua sorgente nella nozio- ne di Dio e de' suoi attributi profonda- mente scolpiti nel cuore dell'uomo, lochf prova l'esistenza e la necessità della re- ligione ingenerale. La religione sopran- naturale o rivelata è quella che è supe- riore alla natura e alla ragione umana, e che l'uomo non può conoscere col solo lu- lac naturale, uia che ita bisogno della ri- velazione divina per essere conosciuta: la /ijVe/rt!z/o«<?(/^.) è la conoscenza delle cose future o nascoste che Dio ha concesso ai suoi profeti, u'suoi santi ed alla sua Chie- sa. La religione naturale poi è quella la quale non oltrepassa la forza ed i confi- ni della natura, che si conosce col lume naturale, che non ha altra regola o mi- sura che la retta ragione nel culto di Dio e nelle cose divine. La religione cristiana deriva il suo nome da un Dio fatto uo- mo, chiamalo Cristo (^-)j quindi i suoi discepoli furono detti Cristiani (f^.) , la Fede (y.), la dottrina e la reiigionecri- sliann, Cristiaitesimo (f^-)- La religione cristiana è la sola vera, e tutto concorre a dimostrarne la verità. Le sue profezie, i miracoli, i martiri, il suo stabilimento, la sua dottrina, la santità del suo autore e di tulli i suoi veri discepoli, e la falsi- tà delle altre religioni, tuttociò depone a favore della religione cristiana, di cui è supremo capo il sommo Pontefice (/^.), che ha il Primato^F .) iuWaChiesa (/^.). Roma è madre di tulle le chiese, e cen- tro della religione cattolica, ma Geriisa' lemme (/'.) e 1' Oriente (A'.) ne furono l'avventurosa culla. Nondimeno osserva Rui nari, che la religione cristiana che pa- ti Persecuzioni (f.) sino dal suo primo principiare, ne'priini tre secoli della me- desima fiorì con maggior perfezione nel- l'occidente che nell'oriente. La morale della religione cristiana è sublime, eleva- la, ed è estremamente utile alla società, giacché per un privilegio che le è pro- prio, essa ne allontana tutti i mali, nello slesso tempo die le procura tutti i beni. Priucipali proprietà e caratteri della re-

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ligione cristiana sono l'amare Dio sopra ogni cosa, ed il prossimo come noi stessi per amordi Dio; riferire a Dio lutti i pen- sieri, i desideriijie azioni, ed essere sempre pronti a morire mille volte piuttosto che oQenderlo; fare agli altri ciò che voglia- mo che gli altri facciano a noi; perdona- re a'nostri ingrati e nemici; rendere bene per male; pregare pe'nostri persecutori, e ritenere per beati quelli che sono persegui- tati, aiHitti, disprezzati per la giustizia ; rallegrarsi nelle tribolazioni , portare la sua croce, vincere le proprie passioni, mo- strarsi in tutto umili: queste sono le mas- sime della morale dell' Evangelo [F.) o dottrina di Gesù Cristo fondatore della religione cristiana. I beni che questa ci promette come sorgente della nostra feli- cità sono inedabili, infinitamente superio- ri a'sensì e che consistono nel possedimen- to di Dio medesimo, nel goderlo con visio- ne beatifica in Paradiso (f'^.)- Anche a Ri« VELAZiONE parlai de'caratteri della religio- ne cristiana cattolica. Tutte le altre reli- gioni differenti dalla cristiana si riducono jtrincipalmentea tre, cioè la Pagana, VE- hraica, la Maomettana (F.). La religio- ne pagana none già soltanto puramente umana e tutta carnale, ma anche ridico- la, assurda, abbominevole e infame, ado- rando una moltitudine confusa di divi- nìtu favolose e colpevoli de'piìi gran de- litti; è una religione fulsa.

La vera religione è necessariamente an- che la prima e la più antica, Dio crean- do l'uomo, dovette insegnargli la manie- ra di servirlo, prescrivergli una religione e un culto, senza de'quali l'uomo non a- vrcbbe mai potuto tendere e giungere al tuo fine. Ora la religione pagana non è la prima, la più antica religione, poi- ché formossi a poco a poco colle finzio- ni de'poeti e della mitologia , culle spe- culazioni dc'fdosofì, in una parola è un giuoco o aberrazione della mente uma- na. La religione ebraica è il culto che Mo- le ìn<c^nòc prescrìsse ogii ebrei per ono- rare l'Knle supremo; ma per le prevarica-

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zioni degli ebrei porta con se la sua con- danna nelle sue profezie : dessa in Cristo finì, essendosi in lui appieno Terificati i profetati segni del Liberatore promesso; da tanti secoli è priva di tempio , di sa- grifiziOjdi sacerdoti; sperperato e confu- so il popolo, senza traccia di tribù, di ge- nealogie, di famiglie. La religione mao- mettana fu inventala 600 anni circa do- po la religione cristiana da un imposto- re, che facevasi chiiunnre profeta; non è vera, divina. E' un mescuglio mo- struoso di deismo , di giudaismo con poco di cristianesimo : lusinga essa le più vergognose passioni, promettendo un pa- radiso carnale; va debitrice del suo sta- bilimento, de' suoi progressi e della sua conservazione al fanatismo e alla forza del- le armi : ripugna alla ragione speculati- va e pratica. Non basta essere cristiano per salvarsi, bisogna professare la religio- ne Cattolica (Z^^.), apostolica e romana : non si salvano gli Eretici e Sciamatici (/^.). Tutte le selle crislianedirterenti dal- la chiesa romana sono .false e devono ri- gettarsi : la chiesa romana è la sol» vera religione,ed è la sola che dobbiamo segui- re per salvarci. Imperocché Lutero, Cal- vino, Zuiniglio,Enrico Vili non autenti- carono la loro pretesa missione,se non eoa laidezze, crudeltà, rapine, profanazioni , bestemmie. Stesero la loro influonza con blandire le passioni,ed allentare il freno ad ogni sregolato appetito. I loro sistemi fu- rono assurdi e senza base, onde i loro se- guaci li rinegarono e si ramificarono in sette innumerabili. La Propagazione del- la fede (/'.) della religione cristiana ri- porta anche a'nostri giorni copiosi trionfi sul Gentilesimo [J'^.) e sul Protestantismo (F.). La religione cristiana perla sua ec- cellenza é il fundamenlu d'ogni società e d.'ogni governo. La sicurezza e la felicità d' ogni governo e di ogni società è essen- zialmente fondata sulla religione caltoli- ca, che sola può ispirare ai principi l'a- more pei propri sudditi , ed ai popoli il rispello per le loro leggi. 1 principi stessi

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Infedeli {V) o idolatri sentirono troppo la necessità d' una religione , perciocché non conoscendone una vera ne adottaro- no una falsa : sapevano essi che senza di questo, tutte le leggi non possono avere forza vigore. Su questo sublime e va- stissimo argomento si possono vedere gli articoli che ne trattano, ed i seguenti au- tori. G. Cernitori, Biblioteca polemica degli scrittori che dali'j'jo alx'jo^Zhan- no difesi o impugnanti i dogmi della re ligione cattolica, Roma 1 793. Bergier , Trattalo storico e dogmatico della vera rcligione,V eixezia i 782. Coccio, ThesaU' ras catholicuscontroversiarumfideij Co- louinei66o. Muzio Vitelleschi, RelaziO' ne delle persecuzioni mosse contro la fe- de in vari regni, Roma 1 635. Antonini, f^erità del cristianesimo, Foligno i83o. A ntonioCesari, Dissert. sopra i henigran- dissimi che la religione cristiana portò a tutti gli slati degli uomini, Venezia 1 828. A ntonioDragoni^ Dissert. storico- dogma- tica sulla vera religione dalla creazio- ne del mondo infiuo a Cristo Salvatore, Cremona 1 839. Calisto Fornari, Tratta- lo del vero cristiano, Roma 1 838. Seve- rino Fabriani, La religione cristiana, Mo- dena 1837. G. cardinal Gerdii , Esposi' zione de' caratteri della vera religione. Giuseppe Jean, Culto cattolico, Venezia 1 83o. Tommaso Moore, Fiaggiin cerca d'una religione, Venezia 1 835. Metodo d'istruzione per ricondurre gli acattoli- ci alla romana chiesa e confermare i cat- tolici nella loro credenza, \eueziai83o. GiosefTo Pinamonti, Ragionamenti intor- no ai dispareri e alle discordie che sono tra i zelanti cattolici e i così detti incre- duli, Milano 1 832. Salvi, Dalla religio- ne cattolica sorgono iprincipii e progres- si della civiltà, dimostrazione , Venezia 1845. Studio della religione, Venezia 1823. Pietro Schedoni, Della religione cattolica j Modena 1 83o. Trionfi della re- //g/on<', INapoli i83o. Antonino Valsecchi, Defondamenti della religione e de' fon- damenti dell'empietà, Cotogna 1837. La

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religione vinci trice, Padova 1776. Gio. Fortunato Zamboni, La religione in i- spiegazioni e dialoghi, Trento i8 1 8. A- lessandro Lazzarini, De'pregi dello stu- dio della religione cristiana,Koma 1 824. A. Boutruche, Quadro comparativo edi- storico delle religioni antiche e moder- ne, delle principali sette religiose e delle scuole filosofiche, il quale dimostra V in- fluenza sociale del cristianesimo e lo sta- bilimento della società cristiana sulle mi- ne della pagana, Parigi 1 84 1 G. F. Lho- mond. Storia della religione prima della venuta di Gesìi Cristo ragionata e com- pendiata,nella quale si dimostra la sua divinità, con la serie delle promesse figu- re e profezie che annunziarono l'adorabi- le suo fondatore, non che gli avvenimen- ti e le rivoluzioni temporali che dispose- ro il mondo alla grand'opera del Mes- sia, traduzione spagnola di Berricrzabal, Madrid i843. Si possono leggere i 5o molivi cavati dalla sana ragione e dalle basi di vera credenza che la fede roma- na cattolica sia da preferirsi come la sola vera a tutte le religioni, compilati da An< tonio Ulrico duca di Brunswich e di Lu- neburgo, nelTabbandonare il protestan- tismo e ritornareal grembo della religio- ne cattolica, pubblicati dal p.Theiner,ói7o- ria del ritorno alla chiesa cattolica delle case regnanti, p.3o. Alcuni di tali motivi li riportai in diversi articoli, come a Pro- testanti, a Religiosa. Nel voi. 3, p.436 degli Annali delle scienze religiose, si leg- ge il saggio di una classificazione nume- rica degli abitatori della terra, giusta la differenza delle religioni , in tutti ascen- denti a circa 872 milioni, e divisi: Catto- lici romani d'Europa i i4i5oOj00o; Asia 3,100,000; Africa 1,100,000; America 23,420,000; d'Australia i5,ooo. Io tut- ti 142,1 451,000: ma sono più e comune- mente si vogliono ascendere a 200 milioni. Protestanti e altri cristiani orientali, i qua- li non appartengono alla chiesa greca, alla romana, in tutti 62,785,000; de'quali inEuropa 49>20o,ooo, in Ame-

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lica 12,620. Della fede greca, in tulli 57,1 I 1,000. Armeni, copli eullri mouo- fisislieselleorientali sepmate dalla chiesa greca e romana, in lulli5,85o.ooo.In so- .stanzaicristiani presi tull'insiemesecondo la statistici sarebbero 267,81) i ,000. Giu- dei 3,260, 000. Maomettani i 37,700,000. Bramini in Asia 1 1 7,000. Budilbisli e di- scepoli diConfucio, (.li Fo,ec.23o,20o,ooo. Seguaci di Lama 4^>35o,ooo. Pagani 73,600,000. Di tutte queste religioni e sette, come de'principii che professano, trattai a'Ioro articoli, o in quelli in cui sono tali religioni 0 sette. I\lg.'^ Domeni- co Lo Iacono vescovo di Girgenli, nel 1843 lesse neWy^ccadcmi'n di religione ra«o//tv7 (/'.) l'interessante dissertazione: Se e quanto il principio del progresso ab- bia luogo nella religione. Accennata la smania del nostro secolo di voler porta- re da per lutto il suo vantato progresso, traccia da prima l'idea caratteristica del- la religione santissima di Gesti Cristo, quindi con argomenti irrefiagabili, ile- dotti dalladivina origìnedclla medesima e dalla pratica costante di tutti i tempi, dimostra qualmente i suoi dommi, la sua morale, il suo cullo sono stati e saranno sempregli stessi, possono nella sostan- za ed in un senso assoluto ammettere al- cuna sorla di piogresso. Che se mio svi- hq)po più chiarode'dommi cattolici, uno studio più profondo della .scienza sagra, una più esalta e generale osservanza dei precetti evangelici, una piìi regolare ma- gnificenza del cullo c&leriore, ed un zelo più acceco e più attivo di estenderlo per ogni dove vogliono indicarsi iuiprovvi- Minente col nome di progl•e^so, il eh. au- tore nuli solo non trova che ridire in sif liitlu linguaggio; uia dalla storia della (Jliit'ta prendendo motivo di confermare viemmiigi^iormcnle l'assunto, con dotte I- profonde investigazioni uuimirn ili se- colo in secolo In portentosa condotta del- la l'rovvidi-n/.a, la quale n misura che sorgevano i diverti errori, per serbare in- tallo il deposito della lede, seppe oppor-

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Umamentc suscitare ora i ss. Padri, ora i conoilii, ora i teologi, ora gli apologisti, afìlnchè fossero messi in tutta la loro luce que' punti del domma, della morale e del cullo, ch'erano presi segnalamenledi mi- ra dagli eresiarchi.il che gli apreun vasto campo di scendere al particolare, e di fa- re in proposito acconce rilevanti osserva- zioni su qualcuno de'misteri,sul primato del romano Pontefice, sugli ordini reli- giosi e sulla grand'opera delle missioni; quindi conclude, che la l'eligione cattoli- ca, immutabile e perfetta di sua natura, nelle sue tre parli essenziali, cioè nel dom- ma, nella morale e nel culto, può essere più o meno illustrata, ma non è suscet- tiva di quel progresso che intende il se- colo, e che stoltamente applicar le vor- rebbero i novatori de' nostri giorni. Nel n."7 del Diario di RoniaiS^'j si legge, che afllne di proporre un eccitamento ai nobili ingegni, onde diano opera con a- lacrilà alla difesa e all'inercmento della religione cattolica, il defunto illustre mi- lanese march. Federico Fagnani concepì il generoso e mirabile divisamento d'as- segnare alcune pensioni vitalizie e alcuni premi per quelli, i (juali si segnalassero ne'di versi scientifici e letterari lavori, che verrebbero successivamente proposti e stampati, giusta la testamentaria dìspo- sizione,della quale è legatario il cardinal lìrignole. In esecuzione pertanto del pio legato si pubblicò il programma pel i.° concorso con pensione annua di scudi 120, a chi entro un triennio farà lo scritto più utile alla religione cattolica apostolica romana. Se ne tracciarono gli argomenti, e di più si pronùse un premio di scudi 3o() sul miglior libro che tratterà: La re- ligione di Gesù Cristo, sola origine del vero incivilimento, sola base del privato e del pubblico bene, solo mezzo di con- ciliare la ptdiblica colla privala felicità. Sulla religione cattolica, da alcuni disprez- zata e vilijiesa, 1' attuale zelante vesco- vo diS.iluzzo mg.' (jiantiotli di recente pubblicò una bella lettera pasturale, di

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cui un imporlanle brano si leggo nel n." \fji àeìV Ossen'atore romano tleli852. Finalmente noterò, che il vocabolo Reli- gione, si applica ancora per indicare un ordine o una congregazione religiosa, la regola de'religiosi, il loro convento o mo- nasleio, quindi /ì(7/g'/o,JO (A'.) l'individuo che vi appartiene. L'ordine equestre, re- golare e oiilitare Gcrosoliniitano o di ISIalta^ comunemente si chiama Religio- ne di Malta, Religione Gerosolimitana j cos'i qualche altro simile ordine equestre e regolare.

RELIGIOSA, Firgo D evola, Sancii- nionialis, Monialis. Zitella o vedova con- sagrata coi 3 P'oli (F.) di castità, po- vertà e ubbidienza, semplici o solenni, e \iventein/l/o/Jrt.j/<'/'oo Chiostro,ne\ Con- servatorio, presso Ospedale (F.), sotto una certa Regola {F.). Allorché la brama di servire più perfettamente a Dio in- dusse gli uomini a ritirarsi nella solitu- dine per attendere unicamente a\\a Pre- ghiera (F.) ed al lavoro, furono ben pre- sto imitati dalle Donne^F.), che abbrac- ciarono lo «tesso genere di vita; altre si dedicarono al servigio delle chiese e delle diaconie, e si chiamarono Diaconesse e rrcshiteresse[F.). In progresso di tempo furono istituiti gli ordini A^Wq Monache (/ .), delle Canonichesse{^F.), delle Ter- ziarie [F.), delle Recolleltc (^•), e con tutte quelle denominazioni di cui tengo proposito ai loro articoli, segnatamente delle religiose tuttora esistenti o istituite negli ultimi anni; quindi feci pure arti- coli per le religiose Oblale {f.)j come delle Suore o Sorelle (^F.), o Figlie (F.) della Carità (A".), ed Ospedaliere (r.), le quali sono grandemente benemerite della pubblica educazione morale e reli- giosa delle fanciulle, non che della pie- tosa assistenza delle inferme e degl'infer- nii, essendo segno delle universali bene- dizioni. Fra'motivi che indussero Anto- nio Ulrico duca di Brunswich C di Lu- ncburgo, a ritornare alla Religione (F.) cattolica, vi sono i seguenti , facendo il

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confronto colla pretesa de' protestanti. " Nella religione cattolica romana un gran numero dell'uno e dell'altro sesso, di nascita illustre, di ricche sostanze e for- tune, si sono generosamente consagrati al servizio di Dio, e passano le loro vile in una volontaria povertà, in un'angelica purità. Nelle altre religioni noi non tro- viamo veruno per nascita distinto e per ca- rattere,chemettasestessonelrangode'mi- iiistri, e di questo è cosa assai rara il tro- varne uno che abbracci la vita continente. Prova evidente che la necessità di guada- gnarsi il vitto è il solo motivo in essi di prendere questo stato; oveche nella chiesa cattolica romana l'amor di Dio, l'inte- resse della propria salute, e la viva e vera fede sono i motivi che spingono un gran numero di persone a consagrare in- teramente .se stesso al servigio dell'on- nipotente Iddio. La continenza, quel sin- goiar dono di Dio, non è dato ai mini- stri protestanti, ove pur è dato a gran numero di religiosi uomini e donne della religione cattolica romana, che per la gra- zia di Dio menano tutta la vita loro non solamente in uno stato di continenza, ma senza macchia o lordura alcuna in quello di pura verginità ". F. Vergine e Ve- dova. All'articolo Mo>aca dichiarai cosa sono le religiose, e parlai delle loro di- verse denominazioni come furono qua- lificate, come delle dilfererrti specie delle religiose esistenti o che furono, inclusi- vamente a quelle che appartennero a or- dini regolari militari, a quelle impiegate ne' Conseivatorii(^ P'.) alla istruzione pub- blica, a quelle penitenti. Parlai ancora delle \ovo Superiora, Priora, Abbadessa (^^.), già potenti come signore didominìi temporali; di che pure a Regalia e ar- ticoli analoghi, mentre a Regina dissi che quella di Boemia la corona l'abbadessa di Praga; degli abusi di alcune badesse nell'esercizio della loro autorità sulle le- ligiose; perchè chiamate Suore o Madri, co'diversi titoli che Iorospcttano,de'quali anche a Madre e Suora {F.)j delle loro

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religiose Co^wer^e, a vendo Morcelli chia- mato la monaca convevsa, /énciUasancli' monialisj dei pregi del Celibato [P'.) che osservano; dell'origine delle religiose doq jTìeno d'oriente, che d'occidente, e delle loro dilfereuti qualità e ditfusione, men- tre ai loro articoli e ne'luoghi ove sono ne riparlo meglio; della Clausura (f^.), e in quali circostanze poterono uscirne le religiose; di quanto riguarda il servizio delle chiese, e quale fu loro permesso; delle loro Doli e Livelli {^T^.)j di quanto spetta alla disciplina regolare delle reli- giose; de'monasleii doppi, ossia con pro- pinqui monasteri o conventi di religiosi del medesimo istituto; del divieto di far doni; sulle regolate o superflue spese del- le vestizioni accompagnate da vana osten> lezione de'poco saggi parenti, che fanno eccedenti invili quasi fossero rappresen* ianze profune, con un complesso di cose abusive e del tutto contrarie allo spirito della professione religiosa, certamente op- poste alla edifìcazione che si dovrebbe cu- rare. Dissi pure di alcune vestizioni ese- guite da'Papi, come della Professione re- ligiosa {f.y,su\ confessoli delle religiose, sui loro pailatorii, la cui frequenza è proi- bita tanto alle religiose che agli ecclesiasti- ci elaici, ec. Moltissime nozioni sul/Jt7/^'/o- so [F.) sono comuni e riguardano altresì le religiose. Delle principali leggi della Chiesa sulle religiose, decretate da'Papi e da'concilii, ne tratto in molti articoli; qui riporterò i canoni principali formati nei concilii sulle religiose. 11 concilio detto Trullo del ^92, col can. 4^ proibì d'a- dornare d'abiti preziosi e di gemme le figlie che vorranno prendere l'abito di religiose, per non far credere, che lasci- no il mondocon rincrescimento: in vece l'odierna disciplina permette, che tanto le monache o religiusu velate o coriste, che le converte i\ veslino con pompa e come si dice da i>po<e, nel giorno della vvulizione, ed in alcuni monasteri anche ({Middle giorno iiiniiiizi, perchè custuiiia- uu di purtuisi u vibiturc ullru monache

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e religiose accompagnate in carrozza da una signora; il quale adornamento si pra- tica per siguificiiie che quella è 1' ultima comparsa che fanno al inondo, llconcilio del Friuli del 791, col can. la prescris- se. La clausura delle religiose sarà esat- tamente osservala. Nessuno entrerà nel loro monastero senza la permissione del vescovo, il quale non ci andrà nemmeno esso, che accompagnato dai chierici. Ne le abbadesse , le religiose usciranno sotto pretesto d'andare a Roma, o altro- ve in Pellegrinaggio (f^-). Il concilio di Londra del 1 1 38, can. 1 6, proibì alle re- ligiose di portar pellicciedi prezzo, come di martori,ovverod'armellini, d'aver sca- tole d'oro, o d'arricciarsi i capelli, il tutto sotto pena d'anatema. 1 1 concilio di York del 1 195, can. i i, statuì che le religiose non usciranno dal recinto del monastero, che con l'abbadessa o la priora. 11 con- ciliodi Parigi deli2 1 2, col can. 9 ingiun- se ai vescovi di dare alle religiose de'con- fessori scelti. In un canone del concilio di Tours del i 289 si legge. La corruttela della simonia si è talmente sparsa tra la maggior parte delle religiose, che appe- na ne ricevono alcuna nel numero delle suore, senza trattar di denaro, e si stu- diano di coprire questo disordine col pre- testo della povertà. Noi proibiamo, che ciò non succeda più in avvenire, e di più ordiniamo, che se qualche religiosa cade in avvenire in questo disordine, tanto quella che avrà ricevuto, quanto quella che sarà stata così ricevuta, sia superio- ra o infermiera, venga cacciata dal ino« nastero senza speranza di ristabilimento, eche sia chiusa in un luogo dove la regola sia con più rigore osservata, per farvi per- petua penitenza. E (piaiilo a quelle che sono state così ricevute avanti il decreto di ((uesto concilio, n<ii abbiamo giiidi- cutoche fosse d'uopo provvederci in qtie* sta maniera, che sieiiu collocate in ullre case dello stesso ordine, (juclle che ci cu- tniroiio inaliiiiKMite. Cliesef(>sseinipussi- bile uulluuuile cumudumentu iu ullre cu<

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se a motivo del troppo numero di esse, adìncbè non si perdano nel secolo, me- nandoci una vita errante e vagabonda, sieno accettate come di nuovo per dispen- sa nello stesso monastero, cambiando i primi posti che ci occupavano, e dando luro gli ultimi. Noi ordiniamo altresì, cbe la stessa cosa sarà osservata riguardo ai monaci edagli altri religiosi. Ed anìiicliè non si possa scusare, o a titolo di sempli- cità o d'ignoranza, noi ordiniamo, che i vescovi diocesani facciano pubblicare o- gni anno questo ordinamento nelle loro diocesi. Dal can. Qi(oniam de simonia, del concilio Lateranense del iii5, ne segue, essere simonia il ricevere qualche cosa da quelli ch'entrano religiosi in un mona« stero, quando il nioucistero ha il modo di mantenere chi ci entra. Poco dopo il concilio di Cognac del 1228 statuì, che non si esigerà nulla per l'ingresso in re- ligione, ne si farà nessun patto in tal pro- posito. Questa disciplina in generale non si può più osservare, a motivo del depau- peramento cui soggiacquero le case reli- giose per le vicende de'tempi:in que'mo- nasteri in cui è indispensabile portare u- na dotazione, talvolta dispensain con- siderazione dell'abilità che abbia chi n'è priva, nel suono dell'organo, nel canto ec- clesiastico, o in qtialunquealtra virtù che possa riuscire utile al monastero, e talvol- ta ancora perla sua impoteiiza a contri* buirequantosi richìedeper speciali ragio- ni.Nondimeno non mancano monumenti, da'c|uali si appiende che anco anticamen- te ci voleva la dote per fare una monaca. Il concilio di.Sens del i5i8 comandò che non si riceveranno religiose nel mo- nastero, che a proporzione delle rendite, e non si esigerà nulla per l'ingresso, opei* Taccetlazione sotto qualsivoglia pretesto. Contuttociò se il numero essendo pieno, qualche figlia soprannumeraria doman* (lasse di farsi religiosa, allora si potrebbe ricevere una pensione, che non sarebbe estinta per la sua morte, in caso che si vo- lesse ricevere qualche ultra figlia povera

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in sua vece. Il concilio di Trento, sess. 2 5, cap. 5, de Reform. Regni, tt Monialihiis , oltre il decreto sulla Clausura, che ri- portai a quell'articolo, ordinò col cap. 7. Non sarà eletta abbadessa, priora, supe- riora, o con qualunque altro nome si ap- pelli, chi non ha 4o anni, e chi non ne ha passati 8 dopo la sua professione, in una condotta lodevole e senza rimprove- ro. Che se non se ne trovano con que- ste qualità nello stesso monastero, se ne potrà prendere d'un'altracasa dello stes- so ordine, e se in questo si trova qualche inconveniente, si potrà col consenso del vescovo, o d'altro superiore, eleggere un'altra tra quelle della stessa casa, che avranno più di 3o anni, e che dopo la lo- ro professione avraimo almeno passali 5 anni nella casa, con una condotta saggiti e regolare. Nessuna leligiosa potrà essere preposta al governo di due monasteri,» se alcuna se ne trova averne due o più sotto la sua condotta, ella sarà obbliga- ta,non ritenendone nemmeno uno, di ras- segnare tutti gli altri, altrimenti lutti sa- ranno vacanti di pien diritto. I vescovi e altri superiori delle case religiose avran- no particolar cura, che nelle costituzioni delledette religiose, sienoavvertitedicon- fessarsi e di ricevere la ss. Eucaristia o- gni mese, afllnchè, munite di questa sal- vaguardia salutare, possano superare co- raggiosamente tutti gli attacchi del de- monio. Il concilio di Colonia del i536, della disciplina monastica art. 8. Quan- to ai Confessori [T'.) delle religiose , si avrà cura di far la scelta per questo mi- nistero di persone regolate, savie, abili, che si guarderanno di non interrogarle sopra certi peccati, de'quali non si accu- sano, per non insegnar loro ciò che noti sanno: non le ascolteranno in confessio- ne in luogo particolare, ma in presenza delle altre religiose, aflìne di evitare non solamente il male, ma il sospetto che se ne potrebbe avere. Oltre il confessore or- dinario, il vescovo o gli altri superiori ne preseuteranuo due o tre volte all'anno

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un altro straordinario, per udir le con- fessioni di tutte le religiose. Can. io. ]1 s. concilio pronuncia anatema contro tutti e ciascuno di qualsivoglia qualità e condÌ7Ìone, tanto ecclesiastici che laici, secolari o regolari, che in qualunque ma- niera costringessero "una liglia o una ve- dova, o qualche donna d'entrare in un monastero, o prender l'abito di qualsisia religione, o di far professione, oche desse consiglio o assistenza per questo. Lo stes- so anatema contro quelli, che senza giu- sto motivo mettessero impedimento, di qualunque maniera, al santo desiderio delle figlie o d' altre donne, di prender il velo o di far voto. Can. i8. Le regole generali stabilite pel noviziato e la pro- lessione religiosa, sono applicabili tanto ai religiosi che alle religiose; ma per cer- teconsiderazioni vennero stabilite alcune regole particolari concernenti la profes- sione religiosa delle donne. Altre volte quando esse non erano tulle raccolte in Comunità ecclexiastica (/^'.) o religiosa e rinchiuse ne'chiostri, il vescovo avea e- sclusivamente il diritto di consagrarle e di dare loro il velo, il che non diiferiva punto dalla professione diesi ia presen- temente colle solennità prescritte dal Po«- ti ficaie Romano: De henedicdone alba- tissae: De benediclione et consecrntione virgiiium, in fuie della quale vi è V/ìna' ihema cantra molesianies bona mania- litim, veleas ad malum inducenles. Per la benedizione e imposizione delle mani del vescovo sidle badesse, nella (urmola si parla del ri'gimen anlmarumy e che es- sa è abatissam ovitim tuarnni , cioè di Ci'ido; e gli il libero e pieno regime temporale espirituale sulle sue monache e nionnvtcro: tanto la carica di abbate chcdiabbadcssa, la chiama dignità e Pie- lato (A'.), l'er velare e consagrare le ver- gini, colle particolari l)enedizioni, vi è la conirgnadel breviario, e anticamente an* chedcll'Huello come «pose di Gcsìi Cristo (f^.AtrBLtonELL'AnDAnKSSR.e il voi. XXV, p. 47)1 essendo tuli benedizioni dc'prioii

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tempi della Chiesa : altre ceremonie, co- me del taglio de Capelli [P^.), le riportai nel voi. XLVI,p. 48, parlando delle ve- stizioni, ove pur dissi che le religiose con- sagrale a Dio sono chiamate £>fo devote, e dell'antifona prò devoto focmineo sexu, pel quale devesi intendere le religiose, poi che d devolute sinonimo di consecratus, come vuole Nardi, De' parrochi t. i,p. 82 i.Leabbadesse furono anco chiamate Pastore, ed alcune hanno il Pastorale e giurisdizione. Nel citato volume parlai di alcune vestizioni falle da Pio VII; di quel- le eseguile da diversi altri Papi trattai di- cendo le notizied'alcuni monasteri di Ro- ma, come delle vestizioni e velazioni fatte nellecarmelitane,da InnocenzoXIlI, Be- nedetto XIII e Benedetto XIV, lo notai nel voi. X, p. 46 e 5 1 . Di quella fatta ese- guire da Clemente XIV dal nunzio di Francia, parlai nel voi. XLVllI, p. i54. Ordinariamente in Roma fanno le vesti- zioni i cardinali, anche diaconi con pon- tificia dispensa, lo che rimarcai nel voi. XIX, p. 286. Nel n.° i^-ì del Diario di Roma del i 777, si legge che Pio VI au- torizzò il cardinal Corsini dell'ordine dei diaconi, benché sacerdote, a vestire una monaca. Il concilio di Pai'igi dell'Saq ri- servò espressamente al vescovo il diritto di dare il velo alle Vedove e alle Vergini che si consagravano a Dio, e condannò 3 abusi diesi erano introdotti a quel tem- po: i.° l'arbitrio preso da alcuni preti, i quali senza aver consultalo il vescovo davano il velo alle vedove e consagra- vano a Dio le vei-gini; 2.° quello di al- cune donne che s'imponevano da se stes- se il velo ; 3.° quello di alcune abba- dessc e religiose, le quali si attribuiva- no sillalla autorità verso alcune vedo- ve o vergini, le quali volevano ritirarsi da! mondo. Il concilio di Trento confer- mò espressamente questo diritto de've- scovi, prescrivendo l'esame delle donne che vogliono entrare in religione. I^ìcco come parla in proposito, sess. i.'JjCap. 17 de Regni., e. Pucllae. Il sagro concilio di

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Trento, volenJo provvedere alla libertà delle vergini che dovranno essere consa- grate a Dio, stabilisce ed ordinacbe una fanciulla, la quale vorrà vestire l'abito, iionavendooltrepassalo i i ì anni non po- trà farlo, e chenèessa in seguito, qual- siasi altra non farà professione, se non quando il vescovo, o lui assente o impe- dito, il suo vicario generale, o alcun al- tro incaricato da essi e a loro spese, non abbia dapprima accuratamente esamina- ta la volontà della fanciulla, ed indagalo se essa non fosse stata costretta o sedot- ta, e se conosce bene ciò che fa; e dopo che si sarà riconosciuto il suo pio desi- derio, ed essere libera la di lei volontà, come pure aver essa le qualità e le con- dizioni prescritte coid'orniemente all'or- dine ed alla regola del monastero, e fi- nalmente che la casa sia a lei adattata e che le convenga, le sarà permesso di fare liberamente la sua professione, ed allln- che il vescovo non ne possa ignorare il lempo,sarà obbligala la superiora del mo- nasleio di avvertimelo un mese prima ; e se essa ommette di farlo sarà sospesa dalle funzioni della sua carica per tutto quel tempo che piacerà al vescovo. Tutti i concilii provinciali si confurmaruno a cpiesto regolamento; equello di (^ambray del 1 586 dichiarò che bisogna applicarlo anche ai conventi o monasteri privilegia- ti. [ religiosi e le religiose non possono ammettere i minorenni senza il consenso de'Ioro genitori. Vi sono in proposito di- versi decreti, i quali non hanno altro sco« pò, se non che quello d'impedire la se- duzionedal lato de'religiosi, e di non ren- dere nello stesso tempo i padri e le ma- dri arbitri dello stato de'Ioro figli; vale a dire che se dopo le prove e gli esami convenienti il postulante persiste nella sua vocazione, non si deve per riguardo alle lagnanze de'genitori, tralasciare di animetlerlo a vestire l'abito, ed a far la professione religiosa. /^. Padre, Madre, Figlio, Ncaizia, Religioso.

RELIGIOSO, RcUgiosuSj Devolus.

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Nome del Monaco [F'^.) , del Canonico regolare (^.), del Frale [r.), dell'/ve- vìila (^.), del Chierico regolare e del Chierico secolare [F.), Ae\\' Oblato (F.), del Cavaliere d' Ordine militare regolare [F.),(ÌM' Ospedaliere (F.), o di altro si- mile individuo che si consagra a Dio coi 3 voti solenni o semplici di castità, po- vertà e ubbidienza, e di altri secondo i lo- ro regolari istituti, e vivente in comuni- tà osservante una Regola [F.) dalla s. Sede approvala, con proprio abito, ed a- bitantenel Monastero o Cenobio o Gran- gia o Certosa o Trappa[F.), nella Ca- nonica {F.), nel Convento (F.), ntWK- remo (F.), nella Casa o Collegio o Riti- ro, ì\t\\' Ospedale {F.), o nelle Congre- gazioni di comunità religiose (/'.) o Co- munità ecclesiastiche (/^.), mentre VA- nacoreta, V Asceta, il Solitario [F.) e si- mili abitarono la Cella, V Asceterio, la Laura (F.). Il nome religioso è anche generico e può comprendere pure il sa- cerdote, come rilevò Garampi nelle 71/e* morie, dicendosi eziandio del laico pio, di voto, esemplare. A Religione notai che con questo vocabolo si suol chiamare l'or- dine e la congregazione regolare, quindi religioso l'individuo che gli appartiene. A. Ordine REiiGmso dichiarai quanto prin- cipalmente riguarda le congregazioni re- ligiose esistenti e le soppresse, e indican* do gii articoli ove tratto di ciascuna, dei privilegi e esenzioni loro accordali, dei cardinali Protettori (^F.), de' Generali^ Provincialieaìlv'i Superiori[F.)c\ìe han- no articofi, de Procuratori generali (F.)y dti' JlJendicanti[F.),de\\e'\nCiìì\le eiommQ benemerenze degli odini religiosi, massi - rae nella Propagazione della fede (F.^j dell'origine de'religiosi orientali e occi- dentali, secondo l'epoche, di cui ancora a

IVIOJVACO, a CaNOìMCO REGOLARE, a DlsCU'LI-

KA REGOLARE; delle vicende patite dai me- desimi ordini, massime negli ultimi tempi; dellecardinalizie Congregazione della di- sciplina regolare, e Congregazione de' ve- scovi e regolari {f^-} , da cui piincipal-

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mente per la s.Sede dipendono i religio- si ; che la moltitudine e varietà delle i- stituzioni ebbe per iscopo di contentare tutte le inclinazioni per chi ha Tucazio- ne religiosa, e per accoirere ai bisogni della Chiesa secondo i tempi e i luoghi, ri- marcando che la congregazione di Font- Evrauhsì sottopose ad una superiora ge- nerale in ossequio alla B. Vergine cui Ge- sù Cristo lasciò s. Giovaruji per iiglio. Dagli ordini religiosi derivarono quelli delle fie//g:/o5e, parlando delle quali e del- le regole generali stabilite per loro, mol- te cose essendo applicabili ai religiosi, si può vedere quell'articolo. Ad Ordine mi- urARE trattai delle differenti specie, re- ligiosi, ospedalieri, equestri, cavallere- ^chi, molti de' quali hanno cavalieresse; delle loro grandi benemerenze, singolar- mente per la conquista della Palestina (/'.) fatta colle Crocìatt(f^.), coi vantag- gi da queste derivati; di tutti avendone pubblicato articoli, anche di quelli che più non esistono, ed alcuni ebbero reli- giose, come il sovrano ordine Geresoli- //i/7rt«o, avvertendo che la critica non am- mette ordini militari o equestri avanti il secolo XI, multi de'quali, cioè i regolari, osservano regole degli ordini religiosi. In- ultrea Monaco trattai dell'originedel vi- vere monastico in oriente e occidente, e de'nomi cui sono chiamali quelli che lo professano, tanto benemerentissimi della società, fra'quali primeggiano i basilia- ìii, ì hencdeilini e fra questi i cassìiiesi\ i camaldolesi, i cislerciensi, i certosini j du'sovranied eminenti personaggi che ne assunsero la cocolla, dell' indicibile nu- mero de'santi. Papi, cardinali, vescovi e d<<ltis8Ìmi che vi iìorirono. Delle diverse discipline della Chiesa std monachismo e tuoi Ciiinbiamenti, riguardanti segnata- mente l'autorità episcopale; l'età prè- •crilta per ammettersi al vivere claustra- le,e delle diverse specie di quelli diesi ri- cevevano ne' monasteri, compresi i fan- ciulli offerti a Hiu; il divieto <li f.ue i mo- naci i\u padrini, e di far testamento; sul-

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l'amministrazione de'sagramenli e delle parrocchie, e differenti questioni perciò insorte; quanto riguarda gli Abbati {^.), loro possanza e insegne vescovili ; degli antichi monasteri e abbazìe di Roma con monaci orientali e latini ; che gli elevati alla dignità vescovile portino l'abito del- l'ordine ; delle diverse specie di monaci, Letterati, Conversi, Donati, Laici^f.), e di quelli che nel declinar della vita assu- mevano la cocolla, detti woAirtc/ti'rtr/ wc- currendum, e con essa venivano sepolti; delle possessioni monastiche, relativi re- golamenti e vicende ; del divieto di eser- citare il traffico egli uffizi di medico t chi- riirgoj delle diversità degli abiti, anche di quelli divenuti vescovi e cardinali; e degli attuali procuratori generali esisten- ti in Roma. A Monastero parlai delle di- verse abitazioni religiose, de' principali monasteri, di quelli soggetti a'vescovi e loro visite, e di quelli esenti dalla loro giurisdizione ; delle 20 abbazie privile- giate di Roma;de'personaggi illustri che ne uscirono, di quelli abitati da'Papi, e de'conclavi in essi tenuti; de' monasteri doppi cioè con monasteri adiacenti di mo- nache, come de'canoni sulla clausura; del- le figli uolanze religiose con partecipazione alle orazioni e buone opere; delle altre e- senzioni e prerogative cospicue de'mona- steri, e amministrazione de'sagramenti ; sui fanciulli che si offrivano a'monasteri, e relativi regolamenti; de'capiloli,come di quanto riguarda la parte beneficiaria, di cui pure parlai a Regolare (^^); la proibi- zione agli abbati del governo di più mona- steri; del novero de'benefizi concistoriali o ahhnrÀe nnlliiis dioecesis : dissi a Rendite EccLusiASTicHE dell'origine di quelle pure de'monaci e monache con diverse nozio- ni che li riguardano; a Regaiia poi trat- tai dell'origine, progresso, potenza e de- cadenza della sovranità e feudi goduti dai monasteri, ed esercitala dagli abbati e dalle abbadessR : delle principali abba- zie ragionai ne'rispettivi articoli de'mo- naci o canonici regolari, od in quelli dei

IIEL luoglil ove furono fondale, delle più ri- nomate avendone fallo articoli. Siccome le costituzioni di s. Benedetto permette- vano di lasciare la comunità per vivere solitario o anacoreta, colla permissione dell'abbate, questi solitari e anacoreti e- rano visitati dal popolo, il quale si racco- mandava alle loro orazioni, facendo ad es- si gran limosine, perchè li reputava più santi degli altri; ed eglino ricevevano ogni sorte di donazioni, compresi i beni sta- bili, quindi prima di morire ne dispone- vano in favore del proprio monastero da cui erano usciti.A Canonici BEGOLABi tenni proposito dell'antichissima loro origine, riunendo col vivere in comune lo stato clericale e regolare; delle loro numerose e celebri congregazioni che aumentaro- no i fasti della Chiesa; delle successive riforme, onde dalle loro chiese sursero cattedrali, dalle loro canoniche episcopi!, e coi loro beni le mense vescovili; del lo- ro abito e rocchetto; della controversia coi benedettini sui quali e altri monaci fu accordata la precedenza da s. l*io V, tranne il posto devoluto agli abbati nei concini, secondo l'anzianità del grado; degl'iiuiumerabili uomini grandi chedie- l'ono alla Chiesa in santità, dottrina e di - gnità ecclesiastiche, avendo enumerato i loro Papi e cardinali. A Frate notai che con questo nome ordinariamente sono chiamati i religiosi degli ordini mendi- canti e quali, notando che sebbene vi sie- no compresi, onde goderne i privilegi , gl'individui delle congregazioni de'chie- rici regolari, essi usano il titolo di Padre (F.); dissi ancora quali ordini equestri u- sarono e usano il nome di /rr/Ze o/r.^e che quelli che l'usano, con esso si sotto- scrivono se vescovi o cardinali, ciò facen- do quelli stati monaci col Don ( ^.). I frati incominciarono ne' primordi del secolo Xlllcogli splendidissimi e giganteschi or- dini de' Francescani e de' Predicatori (A^.), vere glorie della Chiesa di Dio, che a quegli articoli celebrai, mentre a Ca- pìtolo se'beligiosi, rilevai quelli presie-

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duli da'Papl. Frati sono pure 1 cospicui ordini degli Agostiniani e Car/nelifani C^.), di antichissima origine, come di se- gnalate benemerenze. Tuttavia il voca- bolo frate negli antichi tempi fu comu- ne a'monaci ed a'canonici. Ad Eremita trattai de'religiosi che militano nella Chie- sa sotto questa denominazione, ritirati nelle solitudini ))er meglio dedicarsi alla contemplazione dell' onnipotente Iddio, con vivere lontani dal conversare del mondo, e cibandosi frugalmente. La loro origine si fa risalire sino al profeta Elia e al precursore s. Giovanni ; certo è che gli storici .sono concordi in riconoscere patriarca del vivere eremitico s. Paolo ì° eremita (^.). Feci poi la distinzione degli eremiti veri religiosi, da quelli che solo ne portano l'abito e custodiscono le chiese suburbane e ne'Iuoghi solitari del- le città, peraltro vivendo religiosamente. Tra gli eremiti risplendono i Camaldo- lesi eremiti {f'.)', di questi e degli altri tratto a'Ioro articoli, in Roma essendovi i Girolamini e gli Agostiniani o eremiti di s. Agostino (^.) I Chierici regolari sono ecclesiastici uniti in congregazione con voti, vìventi in comunità e osservan- ti la regola de'loro santi fondatori, primo de'quali fu s. Gaetano istitutore de' ^i-rt- tini\y.); ma più di tutti si diffusero, pro- pagarono e fioriscono i benemeriti della Chiesa e della società i Gesuiti {f^.); van- no con lode pur qui ricordati i Barna- biti, Somaschi, Chierici regolari minori. Ministri degV infermi, Scotopi {f^.), ec. Le congregazioni de Chierici secolari so- no compo&le d'\nàW\dui viventi in comu- nità. Per Oblato s'intende quel religioso, che senza professare i voli, osserva la re- gola monastica o regolare, nel convento o monastero , essendo in libertà di de- porne l'abito : vi sono poi congregazioni di preti secolari, detti oliati. 1 cavalieri degli ordini militari regolari resero alla Chiesa e all'umanità immensi servigi, co- me notai, e al modo che li celebrai a'Io- lo articoli. Tra gli Ospedalieri portano

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il vanlo i Benfratelli (F.), tanto propa- gali e tanto benefìci colla languente uma- nità, che in tante regioni iianno in cura ospedali cospicui, incominciando da Ro- ma. Tra le congregazioni in comunità di preti secolari vanno principalmente men- tovati i Filippini o dell' Oratorio (P'.)j i Dottrinari (^.), i signori della Mis- sione (^.). Altre congregazioni veligio' se di voti semplicij che isliluite nel se- colo passato iianno fatto segnalati pro- gressi, sono i Passionisti , i Redentori- sii (Z''.) sacerdoti e laici, i fratelli delle Scuole cristiane {F.). In ogni parziale ar- ticolo riguardante ordini e congregazio- ni religiose descrivo tuttociò che gli ap- partiene, rilevando i pregi maggiori di ciascuna, nel modo accennato su quan- to toccai dei monaci e canonici regola- ri, come de'lodevoli, santi e mirabili scopi di tulli. I chierici regolari e gli altri delle congregazioni di sacerdoti viventi in co- munità, dall'usare come il clero secolare la Berretta (^.)ecclesiaslica, volgarmen- te sono chiamati berrettanli. Non è im- pedimentoal Pontificato [f^ .) l'aver pro- fessato la regola di qualche ordine o con- gregazione religiosa. Novaes , Disserta- zioni 1. 1, p. 83, enumerò più di 70 Papi stati alunni degli ordini regolari, cioè ed oltre alcuni primi Pontefici che si cre- dono appartenuti a' monasteri orientali, come i ss. Telesforoj Igino e Dionisio, i benedettini óeì 1. "ordine i3, quelli cisler- densi 4, quelli clnniaccnsi 4, quelli ce- Icstini uno, quelli certosini i,c^nc\\\ cas- sinesi uno, ed aggiungerò i camaldolesi Gregorio XVI ; i carmelitani 3, gli ago- stiniani 3, i canonici regolari lateranen- ti in gran numero , alcimi de' cpiuli gli sono contrastati da'hcnedettini clic pres- to di essi si rìcovrarono fuggendo i go- ti vii altri barbari che invasero Mon- te Cassino (/^); laonde coabitando per mollo tempo inHicme, gli scrittori confu- terò gli uni cogli altri. I donivnicani o prrilutilori /j, i francescani '). A'Ioroar- ticuli meglio riportai lu nozioni su quc-

REL ste glorie ecclesiastiche. A Porpora no- tai ancora que' religiosi che senza esser- ne insigniti furono elevati al pontificato, e que'ieligiosi ch'ebbero voti per esservi innalzali. A Chiesa di s. Pietro in Vati- cano parlai delle statue in essa collocate, de'foiidatori degli ordini e congregazio- ni religiose, in alcune delle quali ne ri- parlai. Ora passerò a registrare i princi- pali canoni de'concilii su'religiosi, a'qua- li possono riguardare alcuni di quelli ri- portati a INI ONACO e MoN,» STERO, come pu- re quelli fatti per gli ecclesiastici del Cle- ro (A.) secolare e applicabili al clero re- golare; quindi riporterò diverse generi- che erudizieni che nel generale li riguar- dano, anche per indicare alcuni primari articoli ove ne ragionai.

Il i. "concilio generalecelebratonel325 a Nicea decretò pene gravissime contro quelli che avessero receduto dalla pro- fessione monastica. Il concilio di Laotli- cea del 363 proibì a' chierici maggiori, a'minori ed a'monaci di entrare nelle o- sterie. Locchè prova, quanto è antica l'e- sistenza de' religiosi. Nel 385 Papa s. Si- ricio colla decretale 6." ordinò. Che i mo- naci e le religiose che con disprezzo del- la loro professione avran contralto ilei matrimoni sacrileghi e condannati dalle leggi civili ed ecclesiastiche, devono esse- re cacciali dalla comunità, da'monasleri e dalle assemblee della Chiesa, rinchiusi in carceri per piangervi i loro peccali, e non ricever la couujiiione che in punto di morte. Il concilio di Ueims deli i48, decretò; I matrimoni degli ecclesiastici cosliluili negli ordini sagri, e quelli dei religiosi e delle religiose sono dichiarali nulli. /'. Cemiiato. U concilio di Colonia <leli.')4fì, deci'. i(), dichiarò: Non è per- messo a' religiosi di essere Padrini (/ .) V. d'assistere alle IVozze (/'.). Il sagro con- cilio di Trento emanò i seguenti decreti, (he tulli i regolari dell'uno e dell'altro sesso menino ima vila coniòrmc alla re- gola, di cui liaimo fatta professione; e os- bcrvino soprallulto Iccosecherisguardu*

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nolaprofessionedel loro slato; come sono i Foli (f^.) d'ubbidienza, di poveilà e di castità. Scss. 2 3j De re/ormai, regul.^on sarà permesso a nessun regolare, dell'u- no e dell'altro sesso, di tenere o possede- re in proprietà, nemmeno a nome del convento, nessun bene mobile o immobi- le di qualunque genere; ma sidatti beni saranno rimessi in mano del superiore e incorporati al convento. Quanto a' mo- bili, i superiori ne permetteranno 1' uso a'privati, in guisa però, che il tutto cor- risponda allo stato di povertà che hanno votato, e che non vi sia niente di super- fluo, ma che non sia loro negato niente del necessario. lòid. e. 2. Ogni regolare, non soggetto al vescovo, facendo soggior- no nella Clausura (^.)del suo monaste- ro, e che fuor di essa sarà caduto in di- fetto con tal notorietà che il popolo ne sia scandalezzato, sarà severamente punito dal suo superiore a istanza del vescovo, e nel tempo che gli prescriverà ; e sarà tenuto il detto superiore a render conto al vescovo del castigo che gli avrà dato, altrimenti sarà egli stesso privato dell'uf- fìzio dal suo superiore, e il reo potrà es- sere punito dal vescovo. Jbid. e. 1^. In qualsivoglia religione, tanto d' uomini, quanto di donne, non si farà piofessio- ne prima di 1 6 anni compiti di Euì {^.), e non si ammetterà nessuno alla detta professione, se non avrà passato almeno un anno intiero nel noviziato, dopo aver preso l'abito. Ogni professione fatta pri- ma sarà nulla e non porterà nessun im- pegno per osservanza di qualsivoglia re- gola, ovvero ordine, per qualunque altra cosa potesse derivare. Jbid. e. i5. Avanti la professione d'un novizio o d'u- na novizia, non potranno i loro genitori e curatori dare al monastero, sotto qua- lunque prelesto, nemmeno del loro patri- monio, se non quel lanlo che sarà richie- sto pegli alimenti, e pel vestiario duran- te il loro noviziato, afllnchè non fosse questa un'occasione di non poter uscire, qualora il monastero tenesse in poter suo

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o tulio 11 loro patrimonio o la maggior parie, e s'eglino uscissero non potessero facilmente ricuperarlo. 11 tutto sotto pe- na di anatema contro quelli che dessero o ricevessero qualunque cosa a quel mo- do. 7/;/V/. e. 16. Nessun regolare, qualun- que ei sia, che pretenderà d' essere en- tralo per forza o per timore nella reli- gione, o dirà inoltre di aver falla pro- fessione avanti l'età richiesta, o qualun- que altra cosa simile, o che vorrà lasciar l'abito senza la permissione de'superiori, non sarà ascoltalo, s'ci non allega queste cause ne' primi 5 anni dal giorno della sua professione ; e se anche allora non ha egli dedotte le sue prelese ragioni da- vanti al superiore e all'ordinario, e nou altrimenti. Che se da se egli ha lasciato l'abito, non sarà inqualsisia maniera am- messo ad allegare nessmia ragione, ma sarà costretto a ritornare al monastero e sarà punito come Apostata dal religioso istituto professato [f^ .),seìna potersi pre- valere d' alcun privilegio della sua reli- gione. Nessun regolare potrà essere nem- meno trasferito, da qualsiasi autorità e facoltà, in una religione meno stretta; e non sarà accordata licenza a nessun re- golare di portare in segreto l'abito della religione. lùid. e. ic). 1 regolari di qua- lunque ordine sieno non potranno Pre- dicare (/^.), nemmeno nelle chiese del- l'ordine loro, senza l'approvazione de'lo- ro superiorij senza essersi presentati in persona a'vescovi, e aver loro doman- data la benedizione. Quanto alle chiese che non sono dell' ordine loro, non po- tranno predicare senza la permissione del vescovo, che sarà loro accordata gratuita- mente. Sess. i5 de reform. Se alcuno di- rà che gli ecclesiastici costituiti negli or- dini sagri, e i regolari che hanno fatto professione solenne di castità , possono contrarre matrimonio, e che avendolo contratto, è buono e valido, nulla ostante la legge ecclesiastica o il volo che hanno fallo ; che il sostenere il contrario non è altro che ud condunuare il matrimonio.

gG R E L

e elle tulli quelli che non sentono di nvei' il dono di castitìi, quaiiluuque l'abbiano votala, possono conlrarre tnatrinionio, sia anatema; poiché Dio non nega questo dono a coloro che glielo domandano co- me conviene, e non permette che siamo tentati sopra le nostre forze. Sess. 24> e 9. Se alcuno dirà che Io stato del matrimo- rio dev' essere preferito a quello della verginità o del celibato, e che non è mi- glior cosa, piìi felice il vivere vergini o celibi, del maritarsi, sia anatema. Can.

IO.

Degli abiti de'religiosi ne trattai ad ogni loro articolo, cioè tanto dell'abito stesso, di cui meglio in quelli degli ordini e con- gregazioni regolari d'ambo i sessi; come pure che nel concilio generaledi Costanti- nopoli deirSgS si ordinò, che i religiosi (ìitti vescovi, portino visibilmente l'abito del loro ordine, ciò che confermò neh a i5 il concilio generale di Lateranoj a delti articoli rimarcai inoltre, se qualche Papa dispensò alcun vescovo o cardinale quiin- toal colore,/'. Porpora. Cancellieri, iVo- tizie sopra il colore dtlC abito de vescovi e de' cardinali regolari, dice quanto se- gue. Il vescovo di fllarsico Cianles do- menicano, nelle Lettere meniorabìli, fu di opinione e pretese di provare, che non debba ammettersi nello stesso corpo una diversità di vestiario, e che perciò dovea cambiarsi il colore dell'abito de'vescovi monaci e religiosi mendicanti, non meno che quello de'tihierici regolari, per ren- derlo uniforme a quello di lutti gli nitri. lie confutò l'opinione il cardinal Orsini domenicano poi Benedetto XIII, dimo- strando con l'autorità di s. Tommaso, che i monaci ed i frati promossi al vescova- to seguitano ad essere tenuti a tutte le ouervanzf della loro religione, le quali nulla ripugnano, ed anzi convengono più 0I nuovo e più perfetto stalo delia digni- tà vescovile. Ini|ierciocchè (piantiuKpic «i legga nelle decretali, che l'abito non fa il monaco, ma bcn!»ì la prolessione re- golare (mjuo celebri i due ekauielri del

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monaco ingleseWallinghford: Tonsìolar- ga cornac, nigra vestis, bota rotunda, Nonfacinutlìlonachitmj std mens a cri- ìinne manda), nondimeno si ordina nelle Clementine, De vita et honesl, clericor., et cap. penull. eod. tit., che qualora si possa, debba sempre ritenersi l'abito re- ligioso, come segno esterno dell'interna professione. Poiché nel concilio generale, cap. Cleric. qffic. de vii. et honest., fu de- cretato : Pontifices (i vescovi) aiiteni in publico, et in ecclesia, super indnmenlis lineis oninino utantiir; nisi monachi fue- rint, quos oportet ferre liabituin mona' chornnt. Nota la Glossa arg. c^uod mona- chus.factus episcopus non penilus absol- vittir a regala monachali j siccome si pre» scrive nel can. 16, De monachis,quidiu tnorantesin nìonasteriis,si postea ad de- ricatus ordinem pervenerint, statnimus^ non debere eos a priori proposito disce- dere. E perciò, non rimanendo sciolto dai suoi voli, dee seguitare a vestirne l'abito, in attestato visibile e manifesto delle sue indissolubili obbligazioni; e non già por- tarlo soltanto occultamente. Che se ai chierici regolari non è stato imposto que- sto slesso obbligo, nasce, perchè i mede- simi non sono slati compresi nel decreto delconcilioLateranense, che parla de'soli monaci e de'regolari mendicanti, non e- sistendo allora i chierici regolari; e per- chè il loro vestiario non ha distintivo nota- bile,trannequalche eccezione che indicai ai loro articoli, ed è somigliante a quello del clero secolare. Si mostri) partigiano del parere di Cianles o Cianli, il vescovo <ìe Minori Leira o Leri carmelitano, per l'impegno dell'abito, non solo nella for- ma e nella materia, ma eziandio nel co- lore, senza trasportare nell'abito vesco- vile cosaalcuuailegli abiti monastici. («iac- che, come chiiuique religioso passa da un ordine all'altro tle[)one il suo anteriore, e prende quello dell'ordine in cui entra, cos'i gliscudjrò che fosse conveniente, che il rcj;()lare assunto al vescovato tliinct- Ickke l'abUo dell'uidiue, e si rtvc»lis8ti iu-

REL lieramente di quellodel vescovile. Si sciol- gono per altro tulle le obbiezioni nella leltei-a di Caslagnari ad un prelato, ove dimostra, che i regolari, abbandonando anche il colore dell'abito monastico, nel passaggio dalla religione alla Prelatura (A.), dalla cellaal palazzo, dall'ubbidien- za al comando, dalla ritiratezza al cor- leggio, dall'abbiezione ai titoli, dalle mor- tificazioni agli onori, e òaX cappuccio alla //«^/•fltj- sarebbe troppo facile che obblias- sero l'osservanza de'voti, che debbono tener sempre presenti alla loro mente,<:oa la vista del loro primitivo vestiario. a ciò potrebbe bastantemente soddisfare la delazione di qualche occulto segno del medesimo; dovendo a tutti render pale- se l'obbligo che conoscono di dover ese- guire, per essere sempre fedeli a'ioro vo- ti. Bello è certamente l'osservare chenel giardino della Chiesa fioriscono ne' Co- lori ecclesiastici (^•), fra le rose e le vio- le, anche i giacinti e i ligustri (piante con iscorza alquanto bianca, fiori bianchi e bacche neie), dicendo Durando, exterius sii indulus candida veste, quia etiarniit' terius candere dehet per innocentiani et cimritatem. E chi noa vede scintillare splendore più vìvo da questa varietà di colorì, mentre con essa a conoscere, che si dispensano le dignità anche a quel- li, che non hanno se non il valsente della virtù e della dottrina; e che col far com- parire fra'vescoviecardinali, qualche po- vero e umile religioso, serra la bocca ai maligni, che vanno spacciando le sole ricchezze e la nobiltà servire di scala alte Promozioni (/^.) ed eminenze ecclesia- stiche? Riverbera poi questo splendore sopra tutta la gerarchia regolare, che cosi las. Sede pubblicamentedichiaraper sua benemerita. Dappoiché rimirandosi in tale abito la dignità episcopale e cardina- lizia, cresce nel popolo, che per lo j)iù suol giudicare dall'esteriore, la venera- zione verso di essa, a gloria del cielo e a vantaggio della terra. Molto dunque giu- stamente si pratica dai religiosi, falli ve-

VOL. LVII.

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scovi o cardinali, l'uso di ritenere il co- lore dell'abito del proprio ordine, cam- biando soltanto la forma, sul taglio di quella usata da'vescovi e cardinali (i mo- naci e i frati in vece dell'abito corto det- to da abbate, incedono in veste talare di soltana o zimmarra e ferraiolone, sebbe- ne alcuni usino lo stesso abito regolare nel vestiario domestico usuale),s'i pel pro- fitto de'chiostrijche per l'onor della Chie- sa, come osserva il cardinal de Luca, in Relai. Roni. Cur. e nel Cardinale pratico. Vedi Scappo, Z?ei/rATe/o rubeo dando 51 R. E. cardinalibus regularibus, che parla de'religiosì fatti vescovi e cardinali, e del- le loro vesti . Lonigo, Delle vesti purpuree p. 44 '• <lc' Cardinali religiosi e regolari, dice: » Li cardinali (religiosi) cioè frati o monaci non mutano mai il colore dell'ha- bito della sua religione, hanno altro, di rosso per la persona loro, se nonilcap' pello, et la barella (aggiungo il berretti- no), nel resto dellì vestiti, et nella cappa ancora devono in tutto conformarsi al co- lore dell'habito della religione loro. Et perchè li detti cardinali religiosi frati o monaci non sogliono portare il rochet- to, però quando si adoprano in capella paramenti, in loco del rochetto si ve- stono la cotta: et il venerdì santo simil- mente devono portare la cappa di saielta del colore dell'habito della sua religione. Li canonici regolari, et altri religiosi, che portano il rochetto per privilegio, fatti cardinali, lo portano ancora sopra le ve- stì cardinalizie (le quali sono) del colore conformeall'habito della sua religione." In buona pace Lonigo, e Cancellieri che nel riprodurlo, non però nel testo, non vi fece avvertenza, non posso con- venire quanto al colore pei chierici rego- lari, poichèavendo Gregorio XVI creato cardinali Lambruschini vivente e Cado- lini defunto, chierici regolari barnabiti, il loro vestiario è rosso ( come ì cano- nici regolari) ; solo in vece della seta u- sano panno, ed il cammellotto o saielta fina o rairìnosse fino ; come rosso ma di 7

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seta è quello del cardinal Pignallel]i,glà chierico regolare teatino, altro porporato di Gregorio XVI. Veramente non vi è una disciplina stabile sulla materia del- l'abito de' chierici regolari. 11 teatino b. cardinale Toramasi usò la lana. Quando fu elevato alla porpora il suddetto car- dinal Pignattelli, avendone consultato il cardinal Lambruschini, questi gli disse di poter vestire di seta, e che quanto a lui indossava la lana ad esempio del ce- lebre cardinal Fontana suo confratello ])arnabita. Si può vedere Ceremoniale ep'scoporiim, lib. i, cap. i : De habilii, et oliis agcndis per episcopos. Cap. 3 : De hahilu ordinano archiepiscopi, et episco- pi in sua provincia, dioecesi vel^civila- te. Pel dettaglio delle vesti e loro varietà nel colore e nella specie, avendo unito al- ta teorica la pratica, invito a leggere i miei articoli degli ordini e congregazioni religiosi per le individualità, non cheCoL-

lARE, DeBRETTA cardinalizia C BERRETTI- NO CARDiJTALizio, i quali accoidò a'cardi- ualireligiosiGregorioXlVjC APPELLO CAR- DINALIZIO, Calze, Fascia, Sottana, Roc- chetto (ove dico quando i cardinali reli- giosi l'indossano senza maniche), Cappa CARDINALIZIA 6 sue divcisc fodcic c pelli, MozzETTA de' CARDINALI, in cui parlan- do de'vescovi che in Roma non l'usano avanti il Papa, avvertii che però l'indos- .sano i vescovi anche in parlibits se frati o monaci, in luogo del Cappuccio [V .) , e qual finimento del loro abito dapertutto. Inoltre si può leggere RIaxtelletta, nel quale articolo riportai come deveessere l'abito cardinalizio o vescovile di que're- ligiosi i cui abiti si compongono di colori diversi, avvertendo che ì canonici rego- lari esaltati a tali dignità, usano abiti co- me i cacerdoti secolari, non come scris- se Lonigo. All'articolo Croccia, e ne' voi. Vili, p. 187, 190, 191; XV, p. 299, 3oo, 3oi, 3o6; XVI, p. 290, nel trat- tore del vesliorio de' cardinali e vesco« vi in ftt'dc Tacuute, dico ancora di quel* lu dc'cardiuali religiosi, i quali se vcilo-

REL no del colore della propria congregazio- ne o ordine non lo variano, ma non as- sumono rocchetto nell' astenersi dalla mantelletla,come praticano gli altri Car- dinali. A questo articolo, a Presbiterio del Papa o s. collegio, dichiarai che Si- sto V l'ordinò e stabih al numero di 70 cardinali, fra'quali sieno sempre inclusi almeno 4 maestri in teologia degli ordini regolari e de'mendicanti. Belisario d'or- dine dell' imperatrice Teodora nel 538 fece esiliare Papa s. Sii ver io vestito da monaco. Benedetto IX rinunziò il pon- tificato e in Grottaferrata prese l'abito monastico basiliano. Vittore III, deposti gli abiti pontificali, fuggì a Monte Cas- sino a riprendere la cocolla, che poi dovè deporre. Eugenio 111, ritornato per alcu- ni giorni al suo antico monastero di Ci- stello, domesticamente rivestì l'abito da monaco cistcrciense. Dalla solitudine su- blimato al manto pontificale s. Celestino V, volle poi ritornarvi, falla solenne ri- nunzia del papato in concistoro, ed ivi riprese gli abiti religiosi. Alessandro V vestì sempre di sotto l'abito de' minori in cui avea professato; lo imitò Sisto IV, il quale non pare che con esso fosse se- polto come testificò Burcardo e poi si cor- resse: probabilmente gl'interiori abiti fu- rono francescani. Parlando di Benedetto XIII già de Predicatori (^'.), in diversi luoghi raccontai, che da Papa soleva ve- stirne l'abito quando si trovava tra'suoi religiosi, ed anche quando pranzò nel re- fettorio de'mìnori osservanti in Araceli. Gregorio XVI in tulio il suo cardinala- to, inclusivamente ai due conclavi, do- mesticamente vestì sempre la tonaca mo- nastica di sua congregazione camaldole- se; nelle villeggiature amava di pranzare ne' lìefettorii (^^.) coi religiosi, massime cappuccini: che sospirava la sua antica e pacifica cocolla, lo dissi nel voi. LII, p. io5. A Cadavere del Pap^ nolai di quelli che vollero essere tumulati vestili d'abiti religiosi, cui aggiungerò Gregorio IX coir abito francescuno che pure usò

REL in vita, Martino IV e l'antipapa Nicolò Ytlopo la l'inunzia, ambedue con l'abito minorila; ed altrove de'fedeli che per di- vozione ordinarono che oe Funerali i\ e- sponessero vestiti da religiosi, quindi coi inedesiroi si ponessero in Sepoltura (l^.), oltre quanto accennai iti principio parlan- do de'monaci e de'monasteri, e di quan- to dico nel voi. LII, p. 53. Sarnelli, Leti. eccl. t. F, lelt. 29: Che nella s. chiesa sia cosa antica ^pia e lodevole^che imO' riboncU vestano l'abito religioso, e col ine- desinio si facciano seppellire in segno di penitenza. Narra che i primi cristiani su- gli estremi della vita si vestivano di Ci- licio (r.), e spiravano sulla Cenere{F.)j così vollero morire s. Martino di Tours, 8. Carlo Borromeo, ed Enrico figlio d'En- rico li re d'Inghilterra. Che il cilicio ve- stivano ne' primi tempi quelli che fdce- vano pubblica Penitenza [F.), ed il con- cilio di Composlella nel io56 determinò che lo vestissero i chierici nel tempo del Digiuno (y.), della Letama^ e quando si denunziava la penitenza pubblica. E sic- come r abito e istituto monastico altro non significa e non importa che peniten- za, moltissimi in vece di domandare in morte il cilicio, richiesero l'abito monaca- le; perciò costumavano gli spagnuoli d'as- Sum^erlo Moribondi [f^.) per penitenza , tosandosi anche i Capelli {f'-), quindi se campavano, restavano monaci, il checon- fermò il concilio 12.° di Toledo nel can. 4, ma impose scomunica per un anno a quel sacerdote,cbe avesse dato simile pe- nitenza a chi non la richiedeva. Non solo di laici, ma ancora di ecclesiastici e pre- lati si legge, avere in morte domandato l'abito monacale in segno di penitenza, per cui i Papi concessero indulgenza ple- naria a chi ciò praticasse. In diversi luo- ghi notai, che i principi sovrani vollero \estito il proprio cadavere con abito reli- gioso,econ esso deposti nel sepolcro, mas- sime se ascritti al 3.° ordine di qualche religione, o aggregati alla figliuolauza di alcun ordine regolare.

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SuU'ammlnistrare i monaci il ballesi" mo e la penitenza e successi ve questioni, frenate dai Papi fino dal 610, tenni pro- posito anche nel voi. LI, p. 242, nel rac- contare l'origine delle parrocchie de're- golari. Gregorio IX nel 1227 facoltizzò i domenicani ad amministrare il sagrameu- to della penitenza. A tali religiosi fu pre- cipuamente affidata V Inquisizione [F.) per procedere contro gli eretici ; e Cle- mente VII per impedirei funesti progressi degli errori di Lutero, ordinò agl'inquisi- tori d'agire anche control religiosi di qual- sivoglia istituto. Giulio 111 riprese l'aoa- bizione de'religiosi che brigavano per es- sere esaltati alle mitre , ordinando che niuno potesse promoversi al vescovato , senza l'espresso consenso de'loro rispet- tivi superiori, e cardinali protettori degli ordini cui apparteuevano. Di versi religio- si nell'essere promossi a qualche dignità ecclesiastica, o vescovato o cardinalato, hanno bisogno di dispensa particolare del 4.° voto che fanno di non accettare al- cuna dignità, come gli agostiniani scalzi, i chierici regolari minori, i gesuiti, i mi- nistri degl'infermi ed altri. Proibì Paolo IV che i vescovi i quali avessero profes- salo la regola di qualunque religione, ri- nunziato il vescovato e tornati nel loro ordine, vi potessero avere dignità alcuna o carica, come si legge nella costituzione In sacra, de' 22 luglio i559, presso U- ghelli, Italia sacra 1. 1, p. 763. Riporta Novaes nella Storia di Clemente XI, che con decreto de' 17 giugno 17 16, Bull. Alagn. t. 8, p. 4^6 , riimovò la costitu- zione di Alessandro VII de'261uglio 1662, nella quale si prescrive, che i regolari as- sunti a vescovi titolari nelle parti degl'in- fedeli, non possano vivere fuori de' loro chiostri, ma sieno soggetti a' loro supe- riori, né possano esercitare i pontificali, col permesso ancora degli ordinari, sotto pena di sospensione riservata al Papa , giacché la loro giurisdizione è ristretta sol- tanto ne'confini delle loro chiese, rispet- tivamente alla loro visita. In mólti ordi-

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ni e congregazioni religiose, quelli che so- no elevati al vescovato, siccome cessano di farne parte, promuovono istanza per esservi nuovamente aggregati, onde go- dere poi in morte de'sulftagi, per cui es- si sono tenuti di farne a que'roiigiosi del proprio ordme o congregazione che van- no morendo. Papa s. Pio V die la prece- denza a' suoi frati domenicani sopra gli ordini mendicanti; quindi non solo pose religiosi Penitenzieri [f^.) nelle patriar- cali di Roma, ma della Vaticana dichia- rò teologo colla prebenda di canonico un domenicano, e che fosse vero canonico in tutto; però fu rimosso dal successore, co- me narrai nel voi. XII, p. 3 19. Vi sono esempi che vescovi religiosi furono cano- nici di dette patriarcali, e della Latera- nense nel 1727 Benedetto Xlll fece il sa- grisla Olivieri agostiniano vescovo di Por- firio, che lo era di S.Anastasia. Gregorio XVI fece canonico vaticano, con l'uso delle vesti paonazze, l'odierno mg.*" Lui- gi Cardelli arcivescovo d'^cr/rf^zo Ocri- da de' minori osservanti riformati. Nel Tol. XLI, p. 1 32 dissi che Paolo IV fece il teatino Consiglieri maestro di camera e canonico vaticano. Clemente Vili col- la bolla Religiosae, de' 19 giugno 1594, Bull. Bom. t. 5, par. 2, p. 3i, rinnovò la proibizione già fatta ai religiosi e alle religiose, di far donativi o regali. Paolo V ordinò ai regolari che nelle loro scuo- le insegnassero le Lingue (V.) greca , e- hraica, araba e latina. Gregorio XV nel 1G22 proibì a tutti gli ecclesiastici, seco- lari e regolari anche esenti, di confes&a- ree predicare senza il permesso e l'appro- vazione dell'ordinario: così terminò le antiche dispute, colle quali, per riguardo ai religiosi, pretendevano alcuni scrittori, che l'approvazione data una volta dal ve- scovo, potesse benMrivocarsi dalsuosuc- ceMore, ma non da lui stesso, come se i i^CKOvi comunicando od alcuni il loro potere non lo potessero riprenderequan- (lo lo credono opportuno. Urbano Vili nel 1 G34 ilichiaiò che uiuii rdigioiìo, fuor-

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che della compagnia di Gesò, potesse es- sere dalla sua religione espulso se non per incorreggibile; e neh 632 esentò i rego- lari di far leconfessionicol confessorede- pulato dai loro superiori. Clemente XI nel 1708 rinnovò le proibizioni, che gii ebrei potessero lavorare ne'giorni festivi ne'uìonasteri e conventi de' regolari. Be- nedetto XIII colla bolla Postula t, de'7 marzo 1 725, Bull. Boni. 1. 1 i,p. 377, vie- tòa tutti i regolari, ancorché costituiti in qualunquedignità, di portar via dai loro conventi e monasteri libri, mobilio altro per loro uso. Colla bolla Licet sacra, dei 1 5 (thhva'ioi'j'ìG, Bull. Rom. t.12, p. 70, nel qual giorno dice il Papa aver vestito l'abito domenicano, il cui istituto ancora professava, vietò a tutti i regolari profes- si di passare ad altro ordine religioso, o- spitalario o religioso, ancorché in esso sia in vigore l'osservanza regolare, riservan- do per l'avvenire al solo Papa lafacgltà di concederne il passaggio. Con costitu- zione de* 7 aprile 1726 Benedetto XIII prescrisse l'abito e la corona o Chierica (/^.) a tutti i prelati regolari, e il ritorno nell'avvenire ai chierici de'rispettivi or- dini a quelli che non risiedono nelle pro- prie chiese o le rinunziano. Quanto di- spose sui religiosi Consultori delle con- gregazioni cardinalizie (f^.), lo dissi nel voi. XVI , p. i36 e 2i4- Gian Jacopo Scarfantoni pubblicò: Dissert. j4n cuncti regulares non habenles speciale indul' tuni Sedia aposlolicae^ posi editioncni s. conc. Tridentini passini extra tempora a jurestatula sacris ordinibus iniùari.'' Lu- cae 17 16. Gli scrisse contro Fr. Alberto Cecchi domenicano: DeJo.Jac. Scarfan- toni can. Pisloriensìs, Dissert. judiciuni Latin Ilerculis Paullini s. theol.profes- soris ad aniicum, Lucae 1 7 1 7. A questa critica rispose Scarfantoni con questa scrittura, che però non fu stampata: zi- polflgia Dissert. can, impiignataeper Lac' lium J/erculeni Paullinurn super duhio: An cuncti regulares etc. Benedetto XIII deputò all' esame di questa coulroversia

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5 cardinali, 2 vescovi e 3 regolari, la qua- le rispose nei maggio 1725. Privilegia a siiminis Ponlificibus lain ante, (juani post IVidentìnuni siile /lire coinunicalio- nis regularibus concessa susci pìendi or- dines sacros eoclra tempora persistere in suo robore, nec eis fuisse unquanidero- gatuni, ac proinde tuto posse regulares ordinari extra tempora absque novo in- dulto apostolico. Benedello XIV, richia- niaiulo le provvidenze de'suoi predeces- sori, proibì a' religiosi, eccelluali \ Ben- fratelli (^.), l'esercitare l'arte di Spezia' (i {F^.)j tuttavia l'esercilano i Carmeli- tani scalzi, per quanto dissi a quell'ar- ticolo. A Parrocchia riportai come Be- uedello XIV dichiarò die i vescovi pos- sono visitare le chiese parrocchiali rette da'regolari, eccettuato soltanto quelle nel- le quali risiede il generale dell'ordine, di cui il parroco n'è religioso. Nel voi. LI, p. I 38 notai che Benedetto XIV dichiarò soggetti agli ordinari, i regolari viventi in casa de'secolari; e nel voi. V, p. 34, che rispose negali vamentealcardinalQuirini, che voleva si proibisce ai chierici di far- si religiosi, senza il consenso dell'ordina- rio. A DiMissoRiE ricordai quanto stabili Benedetto XIV sulle dimissorie per le or- dinazioni de'regolari. Clemente XIII col- la bolla Inter nudliplices, degli i i dicem- bre lySS, Bull. cont. 1. 1, p. 72, confer- mò la giurisdizione vescovile nelle dioce- si d' Olmiitz, Colonia , Miinster , Ilildc- sheim, Paderboua e Osnabruck, sui re- ligiosi. Contro le esenzioni de'regolari in- sorse anche Febronio , temerariamente negando al Papa l'autorità di concederle, naa con dottrina ed erudizione slorica lo confutò Zaccaria, AntiFebbronio par. 2, p. 396 e seg. Nel Pontificale Romaniwì, vi sono : De benedictione Abbaiis. De heitedictione Abbalis auctoritate aposto- lica. De benedictione Abbatis auctori- tate ordinaria De creatione militis re- gularis. All'articolo Croce di decorazio- ne RELIGIOSA, parlai di quelle da potersi portare sulla niozzctla dai cardinali, del-

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r ordine militare e regolare geròsolimi» tano e formata d'una croce ettagona di tela bianca. I sovrani talvolta hanno de- corato i religiosi e le religiose d'insegne equestri, per benemerenze; la Francia ne va dando esempi : coi religiosi fece al- trettanto il gran sultano de' turchi, e ne riportai esempi, ne' voi. XLIV, p. Sg, e LI, p. 32 1. A Nome resi ragione perchè lo cambiano i religiosi e le religiose; poi riporterò chi scrisse sull'argomento. I re- ligiosi cambiando nome, e taluni anche cognome,neiringressochefanno nella re- ligione da loro scelta', dimostrano pure in questo la rinunzia che fanno al mondo ed ai costumi di prima che lasciano, e di non essere piìi quelli che erano stati nel passato, per sbandire ogni memoria del secolo.Alcuni dicono derivarequesta mu- tazione de'nomi ne'religiosi, da quelli coi quali il Redentore chiamò Pietro, Gia- como e Giovanni, quando furono da lui aggregati nel collegio apostolicoe tra'suoi discepoli. Osserva Vettori nel Fiorino d^o- ro, p. 4^^) ^^^ il costume di nominare talora alcuna persona col nome della sua patria è derivato intieramente dagli an- tichi romani, come rilevasi dalle iscrizio- ni. Che oggi alcuni ordini regolari (come minori osservanti, riformati, cappuccini, ec.) con molta esemplaritìi si valgono di questo stesso coslume,per togliere la mag- gioranza fra' religiosi (anche per dimo- strare che più non appartengono alle lo- ro famiglie). De'religiosica/77ie//tónÌ5Crt/- zi,passionisti e altri, come delle religio- se che aggiungono al nuovo nome il co- gnome, con assumere quello de' santi o de' misteri di Gesù Cristo o della Beata Vergine, fo parola ai loro articoli: Dei titoli de' religiosi parlai principalmente a Padre, Fra", Frate, Paternità , Dox, Reverendo, Reverèndissimo, Canoixico, Monaco, Fratello, Molto Reverendo, ec. In alcuni ordini religiosi è vietato il passaggio in altri ordini, e lo notai trat- tandone. Per le secolarizzazioni occorre la Dispensa{V.) pontificia, come per pas*

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sare ad altro ordine: in. quelle de' voti semplici per l'uno e per l'altro caso, han- no facoltà diversi superiori generali, tran- ne il voto di castità, per il quale ci vuo- le la dispensa del Papa.

Molte erudizìoni riporta sui religiosi Nardì,De'parror/j/,incominciatìido dagli stati di perfezione in cui sono il vescovo e il religioso, e relativi confronti, secon- do s. Tommaso d'Aquino, nell'opusc.i 8 Sullo stalo della perfezione vescovile e religiosa. Dice il s. Dottore nel cap.iG: I vescovi ed i religiosi sono in uno stato di perfezione: questi secondi per la rinun- zia delle cose temporali ed abnegazione di se stessi; i primi nel dovere esporre la loro vita per le pecorelle, nell'obbligo di pascerle, ec. Perciò, siccome ne'contratti vi sono certe solennità, così nella consa- grazione e coronazione del vescovo, e nel- la professione religiosa si usano solenni- tà e benedizioni. Nel cap. 17 dice che lo stato vescovile è più perfetto del mona- co, perchè se il monaco rinunzia ai beni, il vescovo deve dare il temporale suo nei bisogni delle pecorelle, deve dare l' ali- mento spirituale, è obbligato anch'esso allo castità. Se i religiosi si sottomettono all'ubbidienza del superiore, il vescovo è morto a se stesso,enon vive che ai biso- gni del gregge, e perciò diviene il servo di tutti. I monaci non hanno per obbli- go (sebbene lo facciano zelantemente) di' moltiplicare i fedeli, convertire i pecca- tori, condurreanime a Dio, come il ve- scovo lo ha per voto del suo sposalizio colla Chiesa : quindi conclude, se lo stato del religioso è perfetto, quello del vesco- vo è pei'fetlissimo. Perciò si toglie benissi- mo un religioso dall' ubbidienza de'suoi superiori per farlo vescovo, stante che si paisà ad uno stato piìi perfetto. Vicever- sa, il vescovo non si può passare allo sta- to monastico, non potendo lasciare la sua chiesa, ed uno stato più perfetto (ve ne tono |)erò molti esempi, e l'ultimo me- morabile lo die il cardinale Carlo Ode* scalchi, f^cdi, per farsi gesuita). Nel cnp.

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19 dichiara: Religionis status perfec tic- nem non supponit, sed ad perfectìonem inducit. Ponlifìcalis autem dignilas per- fectioneni praesitpponitj perchè il vesco- vato est spirituale magisterium, ed a s. Pietro fu detto pasce, dopoché rispose, tu scìs Domine quia amo te. Nel cap. 20 soggiunge; I religiosi sono in uno stato di perfezione,ma non già gli. arcidiaconi, i de- cani ed i parrochi, benché questi tutti ab- biano cura d'ani me, che non hanno i reli- giosi (tranne gl'individui parrochi), non avendo i primi l'obbligo perpetuo di fa- re il vicario o il parroco, come la cosa esigerebbe se fosse in uno stalo di perfe- zione, come accade al vescovOj che non può rinunziare, ed il cui stato è perpetuo. Sebbene tra'vicari e parrochi possano es- servi individualmente degli uomini per- fetti secundur t ahitum charitatis.... sta- tum tameiì perfectionis non assequuntur. Quindi il vescovo si consagra, il monaco liei professare si benedice; ma il vicario, il decano, il parroco vengono investiti sem- plicemente, o data semplice cornmissione del loro ufficio, che non è stato di perpe- tua obbligazione, ma stato che possono lasciare, ciò che non può fare il monaco. Nel cap. 23: I vicari ed i parrochi non fanno voto di stare nel loro uffizio, come i religiosi nel loro stalo. Che anzi oltre essere maggiori per questa cosa de'par- rochi, spesso lo sono anche di più, per- chè talora per voto della loro religione si obbligano di assistere il vescovo nel pre- dicare, confessare, ec. Vi può essere un curato più perfetto d'un monaco, un con- iugato più perfetto d'un curalo; ma non ne viene che ciò formi slato. Il religioso benché cattivo si trova in uno stato di perfezione, nel quale non sono il curato, il coniugato ec. Lo stalo di perfezione, oltre i requisiti che vuole, richiede per principale il volo di perpetuità. Noi e. 2'): Dalla religione non si può passare all'ur- cidiaconalo, alla parrocchia (secolare)ec.; ma al solo vescovato come più perfetto. Quindi si può passare dal minore al rnag»

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giore,uon viceversa. Perciò il parroco può farsi religioso , ma non il vescovo che ha perpetua cura , senza licenza del Papa. Nell'opusc. 19 s. Tommaso chiama per- secutori della Chiesa coloro i quali non vorrebbero che i regolari predicassero e confessassero. Il vescovo delega nelle par- rocchie chi vuole e quando vuole a pre- dicare e confessare, ec, anche contro la volontà del parroco, e può inviare de'pre- ti secolari o regolari, secondo che crede. Avverte s. Tommaso, che lo stalo di per- fezione largamente preso èia carità: che in un modo più proprio è l'amministra- zione di-un oflicio:ed in senso vero e pro- prissimo è il votoperpetuo. Che nel i .Vin- tendono tutti quelli che sono in istalo di grazia ; nel 2." gli ecclesiastici rispetto ai laici; nel 3.° modo i soli vescovi ed i re- golari. Quella del 2.° dice doversi chiama- re piuttosto comparativa che propriay giacché i canoni chiamano piuttosto gra- do che stato quello di lutti inferiori al vescovo, e non regolari. Nardi stabilisce così la gerarchia di giurisdizione eccle- siastica regolare : gli abbati, i generali di ordini, i provinciali, i superiori locali. Di- scende questa dalla gerarchia di giurisdi- zione del Papa e del vescovo, sia che il Pa- pa, sia che il vescovo accordino i privilegi relati vi. Tale e tanta è la stima che laChie- sa in tutti i secoli ha fatto di coloro che seguono i consigli evangelici con profes- sione solenne avanti la Chiesa, che que- sta ha considerato lo stato religioso, co- me uno stalo quasi apostolico, e prossi- mo alla gerarchia d'ordine 3.°, come flui- no fede la benedizione nel creare l'abba- te, e le formolo delle professioni regola- ri. Furono gli abbati chiamati Pastori (/'.), ed hanno il Pastorale [V.) velato, dando la trina benedizione nella messa; portano l'anello, sono in dignità; anche anticamente aveano Tuso de' pontificali, davano e danno gli ordini minori; inter- venivano ai concilii con volo decisivo. I superiori locali o Prepositi o Preposti ^ Priori, Guardiani f /ìeWon (F!) sono chia-

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mali prelati minori, in grazia della giu- risdizione che hanno sui sudditi o sotto- posti. Non possono (almeno in certe re- ligioni) esser rimossi dal posto, e neppu- re essere sospesi senza un processo , per rispetto dovuto al grado. Per questo, di- ce Nardi, il superiore del convento il qua- le ha cura d'anime de' sudditi, è vera- mente parroco nobile, perchè ha giuris* dizione e prelatura. L'abbate de' mona- ci si benedice dal vescovo con una solen- nità, che all'esterno apparato rassomiglia alla consagrazioneepiscopale : si benedi- ce solennemente l'abbadessa; si vestono benedicendoli i religiosi ( ciò che fecero talvolta i Papi e di recente Pio IX, Predi') e le religiose. Fino ab antiquo fu concesso ad alcune chiese di monaci il privilegio di battezzare, propter apostolicum vitae illoruni instilulum, elreverentiam, guani expopulis exigebat virlus sanctitatis, co- me riferisce Marlene. Ne'Hollandisli a' i4 marzo si legge, che i monasteri di s. Pa- comio del IV secolo, nell'oriente, aveano il Batiisierìo o s. Fonte[F.)t vis'islTlii- vano i catecuraenij sicuramente per con- cessione episcopale,e vi amministravano il Battesimo (^.), ma si dubita se i mo- naci fossero preti; esempi più frequenti di battisteri si vedono nel medio evo anche in occidente, come le chiese di s. Marzia- le in Francia , di s. Mercuriale a Forlì, di s. Maria a Salerno. Da' concilii di Co- stantinopoli del 447 » ^i Calcedonia del 45 1, di Cartagine del 534, dalla rela- zione de'monaci di Siria a S.Ormisda Pa- pa del 5i4,si trovano una moltitudine di preti e diaconi ne' monasteri; altrettan- to si ha da Palladio, /7/5^ Lausiaca cap. 3g, 71, soggetti ad abbate talora anche sacerdote. Palladio vescovo d' Elenopoli nella Bitinia, avea abbracciata la vita so- litaria nel 386 , e compose detta storia dei Solitari. Attesta s. Girolamo che in Betlemme eranvi monaci preti che bat- tezzavano /ure suo, chiunque si presen- tava loro. Nel monastero e chiesa di Ni- tria, dice Palladio, il quale \i fu, erano 8

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preti monaci, il i ."de'quali celebrava, pre- dicava, confessava. Molli esennpi riporta Nardi deli' antica facoltà data a' monaci di battezzare nelle loro chiese pubbliche, avendone anche internecome le monache per le salmodie; cos'i del predicare, con- fessare, seppellire ijmorti, con licenza e de- legazione vescovile, loche si apprende an- cora dal concilio di Foitiersdeli loo, can. io; ed altrettanto si ha de'monaci di s. Mar2iale , che inoltre annunziavano le pubbliche processioni e i digiuni, onde se ne lagnarono i canonici nel concilio di Li- moges del I o3 I . I monaci furono favoriti nella predicazione, e si può vedere nel to- rinese Berardi t. 2, dist.i, e. 4, ed in Lu- pi t. 2, p. 288; per delegazioni de' ve- scovi exle'Papi. Spesso dai vescovi avea- no eziandio cura de'monasteri di. mona- che, ed il concilio Ispalensedel6 19 li co- stituì loro Palres spirituales. Che i mo- naci godessero privilegi e immunità sino dai primi tempi, si vede dalle lettere di s. Leone 1 del 44o> ^ da s. Gregorio I del 590 ,come dai concilii di Cartagine

•del 525 e 534- A'iempi di questo Papa egualmente confessavano i fedeli i mo- naci sacerdoti, questi poi si confessavano tra loro, disciplina che si apprende dal concilio di Parigi deir829, che declamò contro gli ecclesiastici e secolari che si con - fessavano dai monaci , ciò che in molti luoghi era vietato di. farsi dai regolari, perchè i canonici furono i primi deputati dai vescovi a udire le confessioni , ed e- ziandio le monache nelle loro diiese, se malate le confessavano al letto luro, ac- compagnati in certa distanza da ministri deputati detti sincelli , o diacono e sud- diacono, come !>i ha da detto concilio : i medesimi assistevano ancora il prete che bi reca va a celebrar la messa, dupola qua- le uscivano subito. Altrettanto fecero vi- roriitn n-ligiosonini colle religiosartwi

Joeininarum iic'monasteri per predicare, cunfeasorc u dire messa nell' Vili secolo. Come in oriente, com in occiilvnte erano i monaci piultuilo che i preti, i quali or»

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dinariamenle confessavano il popolo: molti canoni chiamano i religiosi più a- bili e più idonei de' preti nel ministero della penitenza, per lo stalo loro più per- fetto; così dichiarò Urbano II nel conci- lio di Nimes nel 1096. Quindi i principi per lo più aveano de'monaci per confes- sori : presso i greci nel secolo XII pochis- simi si confessavano ai vescovi e preti, ma tutti o quasi tulli ai nionaci. Forse avea- no anche più facoltà nell'assolvere ; e s. Tommaso chiama persecutorie nuòvi Vi- gilanzi coloro che non avrebbero voluto che i regolari predicassero e confessasse- ro. Brunone vescovo di Langres i>el 1 008 dispensò il popolo dal confessarsi dal cle- ro secolare, permettendogli in vece di farlo coi monaci del monastero Besuen- se. Talvolta facevansi Corespiscopi (f^.) anche dei monaci e degli abbati , ed in certe costituzioni attribuileal concilio Ni- ceno 1, si vede che molti curepiscopi e- rano vescovi, che consagra vatjo le chiese, e che se si fosse preso un monaco prete per farlo corepiscopo, in questo caso non si proibisce la celebrazione pubMica in detto convento , e ciò per onore del co- repiscopo, ch'è chiamilo vicario del ve- scovo. 1 monaci nel 1 X. secolo si fecero anche niissi o preti in issales, che conlene- vano i preti di campagna quali vicari fo- ranei, ed erano o abbati o monaci. Avea- no anche neirantìchità i loro generali e provinciali; s. Eulichio prima d'essere pa- triarca di Costantinopoli , fu monaco e generale de'monaci di lolla la metropo- li d'A masia, oltre gli JrchiinandrUa (/^): Teodoreto vescovo di Ciro mandò una lettera a s. Leone I da due preti corepi- scopi, e da un provinciale o generale dei monaci, exnrchum monacorum. Aveano molle parrocchie, e per mezzo d'un loro individuoviesercitarouolacurtiMieli 1 19 u)ol(e parrocchie rurali cgualmentccrano de'monaci- Fra'K-gali mandali nel G78 da s. Agatone a Costanti no[)oli,erau vi de'mo- naci. Essendo i superiori o abbati prela- ti a.n\ giurisdizione, òcumuuicavuiiu i lo-

REL ro monaci in tutti i casi, come si legge nel- Tepist. 1 79 di Stefano vescovo di Tour- nay: nelCapitolared'Aquisgrana deli'8 1 7 l'abbate poteva scomunicare nel furto oc- culto. Anticamente scomunicavano tutti i loro sudditi , non solo i generali degli ordini religiosi , ma altresì i provinciali nella loro provincia , gli abbati- ne' loro monasteri, ciò che alcuni autori estendo- no ai superiori locali de' conventi, come può vedersi nella Bibl. di Ferrari. Fapa 8. Pio V che fiorì dopo il concilio di Tren- tOj colla bolla Etsi AJendicantiiint, inveì contro quelli che non avrebbero voluto che i fedeli andassero a messa, a predica, ui divini uHìzi che nelle parrocchie, ed impe- divano che i regolari predicassero, cele- brassero i divini ufllzi o dicessero messa nelle feste prima de' parrochi : in vece dichiarò che è lecito ai regolari , i quali dice pollano fjondus dici tt nesliis, il pre- dicare, far funzioni, dir messa sempre, e non solo prima che ciò si faccia in par- rocchia, ma anche in tempo che si fan- no funzioni, che si dice messa e si predi- ca nella stessa parrocchia, e per soprap- più derogò a qualunque altra legge an- teriore, e dice che si soddisfa egualmen- te nelle chiese de'regolari. Il regnante Pio JX(^f^.) ha istituito la congregazione car- dinalizia, sopra lo stato de'regolari, spe- cialmente deputata: si compone di 6 car- dinali, e d'un prelato segretario. Per al- tre nozioni sui religiosi d'ambo i sessi, ol- tre tutti i loro articoli e autori che ri- portai, si possono vedere iseguenti. Aegi- dii Buchmuth , Schtdiasina de noininuni imposilìone, et inutalione, Vittembergae 1715. Frid. Balduini llolfinanni , Dis- seri, de muCatione noniinum baptismalis Chrislianomm non libera, Vittembergae 1727. Giacomo Sciòmmari, Uso della mutazione del nome, nel prendersi l' a- bito religioso : nelle note isteriche spel- tanti alla badia di Groilaferrata, Roma 1 727. Jo. Henr. Stuss, De mutatione no- niinum sacra, Gothae 173.5. Jo. Fred. Krebs, De nomiuuin nmtationem potis-

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timiun tn religiosorum professione, atque Pontificunt inauguratione, Norimbergae. Menochio, Stuore, t. 2, cap. 4' > Orila mutazione del nome che fece s. Paolo, e de' Religiosi; t. 3, cap. 33; Se quelli che eleggono lo stato religioso debbano ad esso applicarsi mentre sono giovanetti, o in altra età piìi matura. Piati, De bona status religiosi^ RomaeiSgo. Girolamo Piatti, Del bene dello stato de'religiosi, Venezia 1 5^3. Archangeli, De pri\'ilegiis religiosorum, et non religiosorum, Komae 1643. llnynaudi. De afMjstasia a rcli- giosis ordinibus , Romae iG4y. Gibali- ni, Disquisitiones canonicaede clausura regulari ex veteri et novo jure, Liigduni 164H. Didaco Sgroi, Lux prnelalornrn praesertini regulariuni , Venetiis 1673. A. Romauo, De privili-giis religiosorum j Romae. De Franchis, Controverniae in- ter episcopos , et regulares , Romae. O- Dorato da s. Maria, Dissert. storiche e critiche sopra la cavalleria antica e mo- denta secolare e reg^o/rtr<', Brescia 1751. Gio. Battista Perseo, Sulta esenzione dei regolari dalla giurisdizione de' vescovi e sulle cause matrimoniali, Asisi i 784- B. Cardinal Tommasi , Sulla vita comune religiosa, Napoli 1 833. Nicola Rocco, La capacità civile del religioso professo, Pa- lermo 1840. In questa opera si dimostra, che il religioso professo non è morto ci- vilmente e vìve coll'integrità de'diritti ci- vili, quantunque l'esercizio sia modificato da'voti monastici, perchè il religioso si de- dica alla vita di perfezione e di spiritua- le progresso, per cui l' incapacità solo si fonda soprala virtuosa rinunzia Httta dei beni del mondo. Il religioso è cittadino al pari di tutti gli altri. Il monachismo noa togliendo la cittadinanza , ne la libertà, ne la tàmìglia, non produce diminuziO' ne di capo, che nell'antica giurispruden- za romana era il cambiamento d'una con- dizione migliore in una peggiore. Ciò non si verifica nel religioso, che lasciando le terrene abitudini si solleva e sublima a pcrieziouc di virtù. La professione reli-

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gìosa induce soltanto un' incapacità ci» \ile di speciale genere. «Ricevuti in uno stato gli ordini religiosi , vuoisi eziandio accettare la disciplina della Chiesa, che li riguarda, la qualenon si oppone alle Re- galie della sovranità territoriale. L'auto- rità dimostra inoltre la capacità del re- ligioso professo nelle svariale relazioni della vita civile, nella facoltà d'acquista- re, di disporre, di contraltare , di obbli- garsi, di slare in giudizio, di esercitare gli uffici civili si pubblici che privali, ec. Me- glio è leggerne il sunto che nel t. i5, p. 196 degli Annali delle scisnze religiose. De pubblicò il eh. Michele de Mallhias. Eugenio Bore , Vita religiosa presso i caldei, seguita dalC istoria del convento di Rhahou-Ormuzde delle persecuzioni che ha sopportato dalla parte degli ere- tici e de' mussulmani, Parigi i843.

RELIQUIA DE'S\NT:i,Exuviae,Re- liquìae Coclituni Sanctoruin. I corpi e le cose de'sanli. Dice Piazza nel Mcnologio romano, p. 5o,che reliquia propriamen- te significa ciò che resta della maggior parie di qualche cosa; e perchè la prin- cipale dell'uomo è l'anima, perciò fu chia- mala reliquia il corpo che resta in terra o parte di esso : la Chiesa si serve di que- sta voce per denotare lutto quello che re* sta in terra degno di venerazione. Ag- giunge, che le reliquie denominale insi- gni, delle quali se ne può fare 1' uffizio, sono il capo, il braccio, la gamba, ovve- ro parte del corpo intiera, in cui il san- to abbia patito qualche tormento : che la venerazione delle reliquie incomin* ciò dalla nascente Chiesa, leggendosi che gli apostoli e i discepoli tennero in gran conto quelle del glorioso protomartire s. Slefano;e nel Testamento vecchio si leg- ge, die .Mosè trasportò l'ossa del patriar- ca Giuseppe dall'Egitto pel deserto nel- la Terra promesita; ed il corpo del pro- feta Eliseo, col solo contallo risuscitò uu morto. Certamente che Hno nell'antico Testamenlosi ebbe venerazione alle spo- glie de'gi usti, come il t'icoidalo Giusep-

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pe, che trasportò le ossa di Giacobbe suo genitore in Ebron nel sepolcro de' suoi padri. Il vescovo di Rieti Marini, Memo- rie di s. Barbara, p. 1 9 1 , avverte, che le reliquie de'sanli ne'secoli più remoti, ben- ché consistessero in minutissima parte, ed anche in poca polvere, non sempre sono stale denominate reliquie, la un Capito- lare di Carlo Magno sono chiamate Pa- trocinijs. Gregorio I fiorito assai prima e nel Sgo in alcune lettere le chiama San- tuari. Presso s. Gregorio Nisseno sono delle reliquie de'sanli il velo o pallio che fosse stato appostoal sepolcro di qualche santo , come anche si dicevano reliquie l'Olio (f^.), la cera (di cui a Candela ), che ardevano quali Lumi (^F.) su Lam- pade o Candellieri {F'.) avanti le slesse reliquie, non che la polvere raccolta al- l'intorno che davasi agl'infermi, l'erbe e i Fiori [V.) che avessero toccalo il sepol- cro o Memoria [F.) de'sanli; cose tulle che si tenevano in gran venerazione dai fedeli, e tuttora per divozione si prende l'olio dulie lampade che ardono innanzi alle reliquie o alle sagre Immagini^F.), come notai a'citali e altri articoli, siccome riputato sino dalla rimola antichità effi- cace a guarire miracolosamente i mali e liberare dal demonio gli ossessi. L'anna- lista Rinaldi che riporta copiose e ìmpor» tanti nozioni sulle reliquie de'sanli, dice che è antichissimo l'uso di nominare cor- pi santi le reliquie de'martiri, eche noa si prendevano dagli accoliti, ma da' so- li preti: produce diversi esempi, che nei luoghi incendiali les. reliquie restarono il- lese. Anlicumente de'corpi de'sanli nulla toccavasi, esoprallutlo questo era il co- slume della chiesa romana, lo che rimar- cai in più luoghi. Per appagare la divo- zione de'fedeli, che si portavano in Roma da rìmolc regioni e chiedevono qualche sagra reliquia, loro non davasi che qual- che velo o fascia che sollanloavesse toc- calo il sagro corpo d' un Martire (F.) e dicevasi fìrandeo e Orario. E' celebro la risposta che fece e. Gregorio I ull'im-

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peralrice Coslantina quando gli mnndò a chiedere la testa di s. Paolo, della qua- le con dilTusione parlai a Processione, onde non le accordò che il brandeo, e la avverti che dovea venerarlo come se fos- se là testa del santo apostolo , adducen- dole in prova il miracolo, che per altro brandeo si vide ai tempi di s. Leone I, il quale perchè alcuni greci dubitavano in- torno a questi veli, il Papa ne tagliò uno colle forbici e ne uscì sangue, come nar- rai nel voi. XII, p, 262, raccontando di altro simile prodigiooperato dallo stesso s. Gregorio I con un brandeo, del quale trat- tai ancora a Femestrella, ch'era quell'a- pertura che facevasi sotto le Confessioni {f^.) degli altari per calare tali veli, acco- standosi alla cassetta oarca delle reliquie, quindi si mandavano i brandei dai Papi in dono a qualche gran principe, non so- lendosi allora permettere da Roma in ve- runa guisa la traslazione delle s. reliquie tenute cori gelosa venerazione e come teso- )-i inestimabili. Dice inoltre Marini , che anticamente si disse corpo quello che non era se non una reliquia, onde leggiamo esistere corpi d'un medesimo santo in più luoghi, essendosi presa una porzione per r intiero, ovvero si diede il nome di cor- po a qualche principale parte di esso. dilTeCenza fra il corpo e propriamente la reliquia, ben la dichiarò Benedetto XIV, De canoniz. ss. lib. 4> p. 2,cap. 6. Par- lando s. Gaudenzio vescovo di Crescia del- le reliquie degli slessi ss. Quaranta mar- tiri , disse portionem relicjuiarwn siimi' mus , et nihil nos minits possidere con- fidinius, dum totos quadraginla in.sttis favìllis honorantes ampleclinnir ...pars jpsaj guani meruimus, plenititdo est. Os- serva Marini , che quando Dio dispone, che una città faccia il prezioso acquisto del corpo di qualche santo, viene ad av- vertirla di specchiarsi nelle virtuose a- zioni dallo stesso operate, abbonendo il vizio eamando la virtù. Borgia nelle 31e- morie di Benevento t. i, p. i 89, parlan- do del santuario di s. Michele arcangelo

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in Morite Gargano presso Manfredonia, diceche le sue reliquie presto s'incomin- ciarono ad usarle perdedicare a Dio chiese sotto l'invocazione dello slesso santo, cioè que'veli che si ponevano sull'altare o pie- tra 'ove apparve tal principe della corte celeste, appellati nelle vecchie carte /?«/- Itola, hrandca,€anctiiaria , palrocinia ^ avvertendo anch' egli cl»e le reliquie dei santi nominale ne' monumenti de'primi secoli, vanno d'ordinario inlese per que- sti veli, cere, olii, terra e cose simili,' trat- te dai loro sepolcri, e non già per ossa, come porta il costume d'oggidì. S'intro- dusse quindi una formola colla quale i Papi ordinavano che si dassero delle re- liquie di s. Michele a coloro, che avendo edificato a proprie spese alcun tempio, po- tevano poi solennemente consagrare aDio in memoria del s. Arcangelo, le quali for« mole sono nel libro Diurno. Per queste reliquie s'intesero, il pallio o brandeo, la detta pietra , e la terra della grotta del Monte Gargano. In grandissima venera- zione furopo i brandei posti sulle tombe de'principi degli apostoli, come dichiarai a Chiesa DI S.Pietro IN Vaticano, a Chie- sa DI s. Paolo nella via Ostiense, a Li- mina àPosTOLORUM e relativi articoli, co- me a s. Pietro e s. Paolo' (f.) parlando delle reliquie. de'Iorocorpi. Oltre i bran- dei, i Papi solevano per distinzione e ia segno di paterno affetto donare a'sovra- ni, polenti personaggi, chiese insigni e ve- scovi rimolij la limatura àeWe Catene di s. Pietro (P'.) e di s. Paolo in teche chea- ▼eano la forma di croci e più ordinaria- tnente di Chiavi ( F.) d'oro, che per ren- derle pili pregievoli ponevano prima di spedirle sopra la tomba di s. Pietro, ov- vero Anelli delle catene di s. Pietro [F.); i quali, le chiavi o croci i memorati per- sonaggi solevano portare appese al col- lo. Osserva Severano nelle Memorie sa- gre, p. 147, che ciò fecero i Papi, perchè non lasciarono partir da Roma alcuna minima particella delle reliquie de'sanli, e solo per soddisfare la divozione di quel-

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li clic ne facevano istanza, concedevano ideiti veli o braiidei,^ e limature. Noterò che. alcuni Papi dieiono a quelli che ri- chiesero reliquie,un pugno della terra del Colosseo{F .)coinechè inzuppata deliya/f- gue (^.) dè'niarliri. Gli slessi Papi man- darono per sagro donativo gli Agnus Dei elicerà benedetta {^F.) the si annoverano tra le reliquie, i quali originali nel IV o V secolo, operarono per virtù divina non pochi miracoli; ne parlai ancora ne'vol. IX, p'. 35, XI, p. 236 e aSy, dicendo che furono posti nelle fondamenta delle chie- se, ed a Exultet, a Cereo pasquale (^•), dicendo che ne' primi tempi si formava- no con esso, e dai Papi s'introdussero per eliminare le figure superstiziose che usa- vano gli antichi, ondesi portavano alcol- Io, come si fece degli Amuleti^ Filatte- rie{F.), talismani esimili, per preservarsi dai Malefizi {F.). Soprattutto e fino dai primi cristiani furono e sono nella più gran venerazione le reliquie insigni di Ge- sù Cristo e della B. Vergine, delle quali trattai a'ioro artìcoli, come de'lupghiove si conservano, cioè Croce, Titolo, San- gue, Chiodi, Corona DI SPINE, Volto san- to. Lancia, Canna, Sponga, Presepio ce, Ahello della B. Vergine, di cui meglio nel voi. LII, p. 147 eiyS, Cintura ec, e altrettanto del Redentore che della sua divina Madre. Menochio nelle Siuore l. I , cent. 4i cap. Sj discorre: Di varie re- liquie della D. Forgine che in diversi luO' fili si ritrovano. Di queste, di quelle del buo diviu Figlio, come di quelle de'óa/t- ti e Beali {F.), parlo ne* luoghi princi- pali ove esistono nelle chiese e santuari o alle loro biografie. Sarà bene qui pro- testare che la chiesa di Gesù disto men- tre ci fa sapere essere un allodi religio- ne l'onorare i santi, i beali e le loro reli- quie, massime in que'Iuoghi, dove è reso ud e»ti un culto parlicolaie, non intende d'impocciar&i nelle preltse rispeUi ve del- le chiese pailiculuri, (|uandociò non nuo- IX' aliti fi;de ne du una pai le ne dall' al- ita; ma coir urdiuariu sua saviezza ella

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lascia ai suoi. figli lu libertà di credere quanto la ragione e l'autorità rendono ad essi piìi probabile, come giudiziosamen- te osservò Tilleniunl parlando delle <jue- sllonate relicpiedi s. M.^ Maddalena, noi. I. Nella basilica Vaticana sonole reliquie maggiori , della vera Croce , della sagra Lancia, del Volto santo o Veronica , a- vendo trattalo del luogo ove gelosamen- te si conservano e quando se ne fa 1' O- s tensione, al quale articolo dissi donde de- riva la mostra delle reliquie, ne'vol. II, p. i32;VlII, p. 317 ; IX, p. 33, oltre (|uanto narrai pai landò di ciascuna di delle reliquie maggiori, essendo rigorosa- mente vietalo il venerarle da vicino , co- me dirò a Volto santo, per cuise fucou- cesso a qualche sovrano , il Papa lo di-, chiaro prima canonico valicano sopran- numerario e vi si recò ad appagare la sua divozione colle vesti corali. Non deve re- care meraviglia se il prezioso precipuo islromento di nostra- redenziotie , la ss. Croce, cui la Chiesa venera con partico- lare culto nel venerdì santo e nelle due sue feste, si trovi tanto nelle sue reliquie diffuso per lutto il mondo, perchè attesta s. Paolino aeW'Epist. 2, che anticamen- te da tutte le parti del mondo andavano i fedeli alias, città di Gerusale//iine[F\ per adorarvi le memorie dell' umana re- denzione, e non oslantc che ad ognuno si concedesse una paiticella del sagro.sanlo Legno , con tutto ciò per divina virtù e con islupcndu miracolo la ss. Croce pun- to non si scemava, ma rimaneva sempre nella sua grandezza. I nemici delle san- te reliquie sagrilcgainente si scagliarono anche contro l.i ss. Croce , come i Ceu- turialori di IMagdcbtugo , cui fecero eco Salmazio, Lutero, Calvino ed altri en)pi. Vedasi Calogerà i. \^, Dissert. Imago D. N. Jesus Christus Cruclfixus j e t. 89, Osservazioni sopra un antica tavola gre- ca in cui è rinchiuso un insigne ptzzo della Croce di Q. C. del p. Cosladoni, oveap. 2()3 si parla della moltiplicazio- ne meravigliosa del s. Legno, seguita nei

REL primi tempi della Chiesn, colle aulorilà di s. Cirillo vescovo di GerusaletDme, di Toutic monaco che ne pubblicò le opere, del nominato s. Paolino nella Epist. 3 i nd Severum, e di altri. Bernini, liisl. del- l'eresie, racconta che l'eresiarca Monete co'suoi manichei nei secolo III detestò le reliquie de' martìri come parto del Dio cattivoe tutte le Feste de^ santi ('^.),chia- mando idolatri quelli che li veneravano. h'ariano Eunomio co'suoi eretici ettnO" miani nel secolo IV abominò le chiese e le reliquie de' santi, asserendo essere in* cantesimi di Magia [r.) i loro Miraco- li {1^.). Nel secolo VII! insorse l'eresia óe^V Iconoclasti (f^-), di cui fu crudelis- simo fautore l'empio Leone imperatore, che non solo inveì contro il culto delle sa^ve Immagini (^.) de' santi, ma proi- bì invocarli e venerare le loro reliquie, ordinando che si calpestassero e con ogni sorla d'ingiuria si oltraggiassero, in op- posìeione all'antichissimo e pio costume della Chiesa, ed agli esempi degli ebrei e di allre nazioni; imperocché il Culto [f^.) prestato dai cattolici alle reliquie de'san- ti non si ferma sull'oggetto slesso, ma è relativo all'eroe cristiano, che già è di» venuto comprciisore della celeste gloria, onorando in lui Dio stesso come causa unica della sua santità e della sua glori- ficazione; non adorandosi con cullo di- vino, né invocandosi con implorazione di Preghiera (^.), come disse s. Girolamo contro l'eretico Vigilanzio, altro ardito impugnatore delle s. reliquie, sed minore cultii i'eneramur, quani sanctoruni Spi- ritiis, neduni quam Deiim ipsiim. Nella lettera di confutazione il dottore s. Gi- rolamo lasciò ai fedeli bellissimi e impor- tanti documenti sulla fede e dii^ciplina delia chiesa cattolica durante le prime e- tà. Sono essi pregicvolissimi , perchè ci porgono le armi per combattere le opinio- ni erronee de'moderni eretici, che ripren- dono i cattolici d' idolatrìa, perchè pre- stano ossequio a'sagrì avanzi degli ami- ci di Dio. Prescindendo dall'idea religio-

REL tocff

sa, la stessa naturnèquella che c'insegna nd amare la memoria di que' che ci fu- rono così cari in vita o a cui dobbiamo gratitudine , e presso gli antichi contri- buirono aW Idolatria {f^-), segnatamente per gl'7</o// (A.) chiamati Dei penali, La- ri, Mani[f\), o famigliari o doniestìci , che onorarono in tanti segnalati modi. Già toccai come dalla sagra Scrittura si apprende la cura gelosa ch'ebbero i primi patriarchi per le spoglie mortali de'ioro maggiori; che ri>tesso Iddio ono- rò le ossa di Mosè; Davide benedisse gli abitanti di Jabes-Galaad pegli onori resi al corpo Saul suo competitore; Josia nell'abbatteie gl'idoli e nel disperdei-e le ossa de'ioro veneratori, fece conservare onorevolmente quelle d'alcuni profeti; I- saia |)redisse glorioso il s. Sepolcro (P'.) del Salvatore, solo perchè avrebbe toc- cato il di lui corpo; coi quali esempi e con iiifìnìte testimonianze de'ss. Padri, presso Bellarmino, De reliqniis sancto- r*///i li b. 2, e. 3, viene comprovalo il cui - todellesagre reliquie, d'antìchissiui.'i tra- dizione de'iempi apostolici, onde menti- scono ì calunniatori eretici e protestanti nell'asscrire introdotto nel V secolo. Dal popolo di Dio passando alle nazioni gen- tili, questa cma fu costante presso gli e- gizi, de'qiiali parlai a Egitto per la so- verchia diligenza lìcW fmhalsninare^^/'^.) i cada veri, onorare e seppellirei loro De- funti (f^.). Presso i greci le memorie dei loro trapassati furono in pari onore, e ne registrai in tanti luoghi le testimonian- ze; mentre pel monumento eietto da Ar- temisia al consorte Mansolo, i magniiici sepolcri presero il uonxeiWM ausoleo( y .): tanta fu presso ai greci la venerazione al- la memoria de'grandi uomini trapassali, che Cicerone léce dire ad Attico, diedi tutte le meraviglie d'Atene ninna cosa tanto gli avea fatto impressione, quanto le tonibe de'grandi uomini. Riporta Gua- sco, / riti funebri^ che morto Menandro ottimo re de' battrianì, i sudditi princi- pali ne raccolsero le ceneri, ed avendo

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ognuno di essi esposte a gara le ragioni che area di farsene possessore, finalmen- te posero termine a bella ed onorata contesa, con sentenziare che si dovessero dividere fra tutti i pretendenti, aflinchè presso d'ognuno rimanesse la memoria del suo amatissimo principe. Gli etruschi non furono ad essi inferiori, e le belle sco- perte fatte a'nostri giorni de'Ioro sepol- cri ne sono irrefragabile testimonianza, co'monumenti e vasi de'quali Gregorio XVI potè formare il prezioso yj/«seo- Gre- gori ano- Etrusco (/')• Le tribù indiane nelle loro trasmigrazioni portarono seco le ossa de'Ioro padri. Presso i turchi a fianco delle loro splendide Moschee (P^.), hanno i loro cimiteri tenuti come giar- dini amenissimì, come notai a Cimiteri, e dove di continuo si recano a riverire le ossa de Morti ^r.). Nel cristianesimo sempre si rispettarono le spoglie de'fe- deli defunti, che ravvisando in esse al- trettanti templi dello Spirito santo fu- rono tumulate anche nelle Chiese (/^.), dove si oCfrono i tremendi misteri e s'in- nalzano cantici e profumi a Dio onnipo- tente come a sua casa. Uni versale fu sem- pre presso tutti i popoli di tenere in ono- re gli oggetti appartenuti a persone ama- te per parentela e amicizia, o stimale per la celebrità delle loro gesta e dottrina, sovente pure per la sola elevata posizio- ne sociale, e qualche volta perla loro sin- golarità, per gli errori, pe'vizi, pei delitti, ovvero perchè silfalti oggetti ricordano fatti storici e aventi relazione con avve- nimenti o epoche memorabili. Le città stesse conservarono con onore le armi dei fumosi guerrieri, appendendole talvolta ai templi de'numi. Siavea rispetto pres- to gli antichi per un altro genere di re- liquie; eranoqueste i capelli, per memo- ria di chi erano appartenuti, ciò che tut- tora si osserva anche dai cristiani. I ro- mani conservavano il fuso e la conocchia, conturnolo oncora di lana,diTanaquilla moglie di re Tar(|uinio Prisco-, la qua- diigudiCrclarcdc'vcicnli, luccucrid'O-

REL reste, lo scettro di Priamo, il velo d'Ilio- ne, gli Anelli o Scudi, il Palladio o simu- lacro di Troia e altre cose, la cui con- servazione superstiziosamente assicurava la perpetuità del romano impero, illu- strate con belle erudizioni da Cancellieri: Le sette cose fatali di Roma. A Funera- lE riportai come gli antichi romani e al- tre nazioni onorarono i morti. La lucer- na d'Epitelio fu venduta a gran prezzo, in ossequio di quel filosofo cinico. Nel- l'epoca dell'impero romano anche per a- dulazione si serbavano delle reliquie, co- me fece L.Vitellio insigne adulatore del- la corte imperiale, che portava sotto la toga i calzari dell'infame Messalina e spes- so con grande alFelto li baciava. Ad e- sempìo delia remola anlichilà, anche nei secoli a noi prossimi e fino ai nostri d"ì si sono conservali nelle città e paesi ci- vilizzati oggetti d'ogni forta, serviti al- l'uso di uomini più o meno celebri, e tal- volta apprezzati dagli uni ed esecrati da- gli altri. I magnifici palazzi de'reeallri principi, i monasteri e abbazie rinoma- tissime abbondano di ragguardevoli og- getti, quantunque di loro natura sleno stranieri al cidlo religioso. 1 musei, 1 ga- binetti, le biblioteche sono altrettante custodie gelose, che guardano preziosi monumenti. Nella patria di Petrarca ai tempi di Orsalo si conservava la sua se- dia e un mobile, ed anche lo scheletro del gallò che avea amalo. In molti luo- ghi d'Italia si serbano vari oggetti d'uso dell'Ariosto e di altri sommi poeti. A l'a- rigi ne'musel vi sono molte memorie di grandi uomini, e l'attuale presidente del- la repubblica francese sta formando un museo nazionale di lutto ciò che sia ap- partenuto ai dominanti di Francia. Nella lìibliotccad'Annoverèla sedia sulla qua- le morì Leibnilz. A Ferney si andava a vedere la casa del miscredente Voltaire, richiedendosi per n)emoria le cose più in - significanti. In Inghilterra vi sono molti cappelli servili a Napoleone, e delle penne con cui segnò rabdicuziune a Fonlainc-

REL

Mcau; altre memorie del gran genio «0« 110 iu Russia e altrove. Gli oggelli ser- viti all'eresiarca Lutero sono tenuti in ■venerazione da quegli stessi protestanti, che contraddicono col fatto a ciò che op- pongono ai cattolici sul culto delle reli- quie; altrettanto dicasi di altri acattolici per le cose appartenute ai fanatici capi- parte delle pretese riforme. Tal voltai pro- testanti e altri settari intrapresero pel- legrinaggi, per venerare tali oggetti o vi- sitare le abitazioni domestiche de'Ioro e- roi novatori ; stropicciandone le pareti, portavano seco il calcinaccio e la polvere come rimedi salutari per ogni infermità. Nel voi. i,p. 453 òegVi Annali delle scien- ze religiose 1.' seiie,soilo la categoria /?e- liquie,%\ legge: » Secondo le gazzette in- glesi il principe Alberto (marito della re- gina regnante d'Inghilterra) ha compe- rato il vestito di Nelson, quello proprio ch'ei portava nella battaglia di Trafalgar (navale del 1 1 ottobre 1 8o5, vinta sulle flotte gallo-ispane), per i 5o lire sterline ossia 3800 franchi, e fa ora conservare questa reliquia nell'ospedale degl'invali- di della marina. Un esemplare del De- cainerone di Boccaccio stampato a Ve- neziane! i47 I andò in una vendita pub- blica a 1260 lire sterline; e un volume col nome di Shakespear segnato di ma- no propria venne a costare 120 lire ster- line. La sedia di appoggio di avorio che la città di LuVecca donò al re di Svezia Gustavo Vasa, fu vendutane! iBS-ì per 58, 000 fiorini; e l'abito che Carlo XII re di Svezia portava alla battaglia di Mul- tava (vinta daPietro I il Grande), nel 1 82 5 costò 22,000 sterline ossia 560,000 fran- chi al compratore. Nel 18 16 lord Shaft- bury per un dente di Newton pagò ^3© sterlini. In occasione del trasportamento degli avanzi di Abelardo ed Eloisa, fuvvi un inglese che offerì per un dente di que- st'ultima 1 00,000 franchi . Per contrario tutto intero il teschio di Cartesio a Sto- colm costò soli 99 franchi. A Parigi un bastone di Voltaire fu venduto per5oo

REL III

franchi.UnaveslediGianGiacomoRouS" seau fu pagata 959 franchi, e il suo oro- logio di ottone 5oo franchi. Una vecchia parruca di Kant trovò un amatore per 200 franchi, e una similedi Lorenzo Ster- ne salì a 200 ghinee. Fuvvi chi comperò le due penne con.cui fu sottoscritto il ce- lebre trattato d'Amiensper 12,750 fran- chi. 11 cappello che Napoleone portava a Eyiau (in cui vinse i russi e prussiani) fu venduto per 1920 franchi. Tutto que» sto ha da essere, ben s'intende, giusto e lodevole: ma se poi i cattolici h;mno in onore le reliquie de' santi, tosto si grida superstizione I " In vece di deridere, co- me fanno alcuni, i protestanti percotali enormi contraddizioni, meglio è compas- sionarli per la loro cecità, e dimostrare ad essi, che altro è il fìne di noi cattolici nel venerare le reliquie de'santi. Gli uo- mini che ci hanno lasciato quelle spoglie non sono del genere de'primi. Essi non solo furono in questa terra cari, stimati, sapienti, potenti, coraggiosi, virtuosi, am- mirabili agli occhi del mondo, ma furono eziandio gli amici di Dio, di cui oggi so- no i comprensori in Paradiso. Le loro tombe non sono per noi oggetto di cu- riosità superstiziosa, ma bensì miniere inesairsle di grazie, di prodigi a vantag- gio spirituale e corporale de'fedeli, e ve- nerando le loro sante ossa, ci rendiamo meritevoli della loro possente protezio» ne, mediante la quale otteniamo da Dio la grazia d'imitare le loro virtù, e di po- tere un giorno essere loro compagni nel- l'eterna beata vita. L'ab. Esslinger, illu- stre convertito al cattolicismo, neh 832 pubblicò: Apologia della religione cat- tolica tratta dagli scritti de' protestanti principalmente alemanni ed inglesi, col- le loro più importanti confessioni. Se ne legge l'analisi nel voi. 2 degli Annali ci- tati i. "serie, ove a p. 372 si tratta dell'in- tercessione, invocazione e culto de' san- ti, delle reliquie ed immagini, lequali si devono venerare per confessione degli slessi protestanti. Nel voi. 5, p. 282 si

ii!i REL

parla (le;Ila confutazione dell'empie dot» trine di Collin de Plancy intorno a que- sto punto, fatta dal dotto p. Pungileoni conventuale, contro l'irreligioso Diction- naire crilique des reliques et des iinages miracideu.ses. In questo Plancy cavò dal- la poi vere il Trattalo delle reliquie A\ Gio- vanni Calvino eresiarca, ne trascrisse le bestemmie, ve ne aggiunse delle peggio- ri, ed inliorò il suo stile di quella sedu- cente sntira, che manca nello stesso Cal- vino. iS'e'primi tempi della Chiesa non era permesso il dividere icorpi de'santi, non- dimeno furono oggetto di venerarione anche le loro ceneri. Noterò che questa premura de'fervorosi cristiani di venera- re le ceneri de'ss. Martiri fu arditamente tacciata persuperstiziosa dagli eretici, che per derisione e per contumelia solevano chiamarli col soprannome di cìncrarli. Dopo la morte di s. Gregorio I comincia- l'onsi a venerare le ossa de'corpi de'mar- tiri,come se fossero stati interi; ma Plan- cy non fece distinzione fra l'uso e l'abu- so, il i." approvato, il 2." giammai au- tenticato dalla Chiesa. La Chiesa non pre- tende che si adorino nudamente pezzuoli di tela^ di metallo o di marmo figurati, nia li propone come copie originali par- lanti più all'animo che all'occhio, e l'a- nimo bene istrutto apprende esservi in Dio solo una santità essenziale, da cui la santità de'suoi servi deriva. Qui meglio dichiareròche per le reliquiede'santi s'in- tendono non solo i corpi o qualche parte del corpo, ma i capelli, le ossa, la carne, il sangue, il grasso, i denti, le ceneri, le poi veri, le vestimenta, e qualun({uc altra cosache possa averad essi servito in que- sta lena; parimenti i panni e i veli coi quali i loro corpi e ossa fossero stale av- volte e le avessero toccate. Di <(ucstc re- liquie alcune ti dicono insigni, e per tali •i ritengono il capo, braccia, gaud)c, ov- vero rpivllii parte del o>rpo m^lla quale il Mnlu lui palilo (pialclii; tormento e de- ve cuftcrc intera. Nel voi. K dc'medcsimi Annali t p. io3, Kono riportate lestimo-

REL nlanze de' padri armeni sul culto delle reliquie de'santi, cioè d' A bramo Maini - coiiese vescovo armeno nel VI secolo:» Se poi qualcheduno dubitasse per i ss. Mar- tiri, dovrebbe persuadersi nell'udire che in molti e remoti luoghi le reliquiedi cia- scun martire sono sparse, come quelle di s. Pietro apostolo, da Roma nell'Arme- nia enell'Àlbania orientale. Ovunqueso- no delle reliquie sacre ci è appresso la gra- zia di Dio, che esaudisce i voti de' sup- plicanti e retribuiiice secondo il bisogna di ciascheduno. Perchè mai invochiamo ad intercessione i ss. Martiri, e non sup- plichiamo piuttosto il medesimo Iddio? Perchè siamo pieni di confusione pei no- stri peccati, e non abbiamo coraggio di avvicinarci a Dio: ed è perciò che ci pren- diamo per intercessore il merito de' san- ti, che furono templi dello Spirito santa. Oggi si celebra la memoria de' santi, le reliquie de' quali sfolgoreggiano nelU Chiesa: per mezzo di queste preghiamo il Signore. Eglino sono stati templi dello Spirito santo, e le loro ossa sempre vi- venti sono medicina degl'infermi. Ci pro- striamo innanzi alle reliquie permanenti del campione di Gesù Cristo e venerabil martire, il quale è gloria pel mondo, ed intercessore per noi. Nel tempio vostro santo adoriamo le vostre reliquie; glo- rifichiamo il giorno della memoria dei vostro riposo. "" Sempre i Papi con zelo e impegno vegliarono contro i diversi a* busi, elle l'umana malizia di tempo in tempo ha tentato d'introdurre con reli- quie indecenti o sospette, pegli scaltri spacciatori di false reliquie, come rilevò Cancellieri, Memorie delle sagre teste, p. I 3 e 49.

A Martire ne distinsi le specie, doi Confessori della fede^f'^.), che soffrirono i turuiL-nti e la morte per Gesù Cristo ed il suo l'À>ang(lo (/''.). Che cristiani pri- mitivi ne imbalsamavano i cadaveri con preziosi aromi e profumi, attestando Ter- tulliano vwiW ÀpulogelieOy che maggior dispendiosi faceva in cpiesto pio uso dai

REL cristiani, che non dal gentili per l'onore «lei loro idoli; inoltre premurosamente ne raccoglievano il sangue. Indi vestili col Coloblo (^'.)li riponevano ne' G'/nj^en e Calficombeoin sepolcri chiamati //lewio* rie, sui quali si celebrò la Messa (f^-), confermandone l'a ntico uso s. Felice I del uni; ovvero si poserò i loro corpi sotto gli /^//(i^Y^^J) donde derivò l'uso di con- sagrarli colla Pietra ( P^ .) ^a^va %\x\\à Meri' sa (^.), in cui si racchiudono le reliquie de'sanli approvate dal vescovo. Antica- mente il Paliollo (V.) era una cortina che si poneva avanti l'altare, per impe- dire che la polvere penetrasse nella cassa delle reliquie. V. Oratorio privato, e Aìlhan, In^uoddain altare portatile epi' stolaris dissertatio ,T^ie%so Calogerà t.46 ; ed il Pontificale Romano, De altaris con- secratione, ciijtts sepnlchrum relirpiia- riunì est in medio siimmitatis stipilis; De altaris portatilis consecratione. A Mar- tire dissi ancora dell'uso d'imporre i no- mi ai martiri, di cui s'ignora come si chiamarono; su di che può vedersi Sar- nelli, Lelt. caci. t. 4, lett. 34- Che dai cor- pi de'santi uscì talvolta olio o altro umo- re miracoloso, come per diversi narrai a'iuoghi loro, così della manna che esce dalle ossa di s. Nicolò di Bari (^.). Co- me s'incominciò a prestare ai martiri so- lenne culto, già in consuetudine ne'primi 3 secoli, e che nel IV principiò quello de- gli altri santi. Che s. Gregorio I tolse l'a- buso di seppellire i morti nelle chiese, e di fabbricar queste ov'erano stati sotter- rati cadaveri, pel pericolo di confonde- re le ossa profane colle reliquie de'mar- tiri, pressoi quali i cristiani amavano di farsi seppellire. Dei simboli e segni per conoscere i martiri. Che per la loro venerazione nel IV secolo, per le loro fe- ste grande era il concorso per vederne e possibilmente baciarne le reliquie, dalle quali visite ebbero origine i sagri Pelle- grinaggi[F.)pev venerarne! Limina(f^.). Borgia nelle suddette Memorie di Bene- vento l. 3, p. 67, come segretario della

VOI. IVII.

REL ii3

Congregazione dell' indulgenze e sagre re- liquie (^.), volle fare alcune riflessioni sul bacio dato alle sacre ossa nude de'ss. Gennaro, Pesto e Desiderio, come si espO' nevano alla divozione de'fedeli in Bene- Tento. Fu certamente abuso de' vecchi tempi, prima del solenne divieto fattone nel concilio di Laterann nel i 2 i 5, il mo- strare talvolta nude le reliquie de'santi; mail darlepoi a baciare fu costume presso che peculiaie della chiesa Beneventana, essendovene esempi di altri corpi de'san- ti nel 1 1 19, e di s. Barbato nel 1 1 24 P^^' le loro invenzioni o ritrovamenti, onde riporle in luogo più decente. U Moretti, De ritu ostensionis sacraruni reliquia- rum (il Siipplementuni Dissert. è in fine della Disceptatio, De ritu variandi cho- rale indumentum) cap. 39, riporta alti o esempio di dare a baciar nude le sagre reliquie del 1 120, nel monastero di S.Pie- tro Vivo, sebbene conchiuda che furono esposte e baciate chiuse dentro le loro teche o Reliquiari (/^.). Dopo la proibi- zione del concilio, tranne i casi d'inven- zione e ricognizione (per cui ebbi la ven- tura di baciar la testa di s. Andrea apo» stolo, come notai a Processione, oltre il bacio della mano di s. Rosa in occasione che si recò a venerarla Gregorio XVI), assai di rado avvenne che nude si mo- strassero le sagre reliquie. Che poi nude eziandio si baciassero, dice Borgia che è quasi singolare il fatto nel 1275 acca- duto nel monastero di Corbeja Nova, al- lorché vi giunse maestro Fulcone desti- nato da Gregorio X ad accalorar nelle Gallie la spedizione in soccorso di Pale- stina. Fu questi pregato dai monaci per- chè aprisse le custodie delle reliquie, che erano state al loro monastero donate da Carlo Magno, per riconoscerne la since- ri tà e i nomi di ciascuna.ed avendoli pron- ta mente soddisfatti nel loro pio desiderio, le diede loro anche a baciare. In Bene- vento poi l'abuso di mostrare le reliquie fuori delle Im'o custodie e di darle anche a baciare, talmente vi si mantenne che 8

J^Bbwvonfc feotte^

n4 REL

(l'uopo fi» a Cgone Giiidardi nel conci- lio provinciale tiel 13^4 ^' proibire, ne nntiquae reliquiae amodo extra cassas niillatenus oslendanlmje a Massimiliano Piilombaru nel concilio provinciale del 1 599 di ordinare, che volendosi mostrare al popolo le sagre reliquie, non si estraes- srroda'Ioro vasi, si toccassero dai lai- vA.qitods. G regovius sacrileginm esse seri- l'iij neqiie eas niidas deosculari lieta t, scrisse quel Papa a Costantina Augusta, nella leti. 3o, lib. 4> "t^l narrarle che i ss. Pietro e Paolo aveano represso l'au- dacia di chi osò vedere e toccare le loro sagre reliquie. Ruinart, y4lti sinceri dei primi martiri della chiesa cattolica, nel- ì' Orazione i]\ s. GregorioNisseno del gran martire s. Teodoro, discorre della som- ma venerazione de'fedeli verso le reli- quie de'niartiri, che ritenevano per sum- lua grazia di avere la polvere ch'era so- pra o ilìnluriio l'urna che le conteneva, indi Ih custodivano come tesoro. Il giun- gere poi a veder svelalamente le reliquie, toccarle, baciarle era grazia e felici as- sai rara e data a pochissimi d'un merito eminente e dopo lunghissime suppliche. Commovente poi è il racconto degli af- fetti riverenti e delle soavi sensazioni che provava il veneratore quando Ira le sue mani riceveva il corpo o le reliquie del martire che baciava mille volte. L'anno- latore buchini soggiunge che lu discipli- na degli orientali era diversa, tra'(pinli fti usava pigliare in mano le reliquie dei ss. Martiri, di baciarle e di segnarsi con quelle. Ruinart inoltre racconta come conservate in oriente e occidente le reli- quie dc'mnrtiri, quanto pregialo u quan - lu vendale. A MAnTinio, tormento che si patisce dai martiri, liparlai de'snoi se- gni e della pi emura th'ebbero i fedeli nel I accogliere il sangue de'marliri, venen- doquetloegristromcnii del martìrio ve- nei'Hti dai medcftiini. Mun solo gl'Ì!itru- menti del martirio, ma pure le urne dei uioi'liri (ormarono un tenero oggetto di-l t'ulto de'fèdcli, come sappiamo du s. Leo-

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ne T. Boldelti, Osservaz. sopra i cimiteri e. 9, p. 3 1 2, traila della diligenza de'prinii cristiani nel conservare gl'istrumenli che servirono ai martiri di tormento, alcuni de'quali con altre cose che si credono aver servito per tale effetto, si trovano ne' se- polcri de'cimiteri. A Catacombe o grolle sotterranee, come tombe de'priuiiti vi cri- stiani, raccontai che coi consueti segni e iscrizioni vi furono seppelliti un imcneu- so numero di martiri, massime in quelle di Roma, inclusivamenle per un tempo i corpi de'ss. Pietro e fao/o, dicendo del- le loro Traslazioni (f.); quindi furono le catacombe venerale come sanluari,ed i Papi ne estrassero i martiri per collocarli nelle Chiese di Roma (f^.), o per donar- ne i corpi a'principi, vescovi, altre chiese e luoghi, onde fecero regolamenti pei ca- vatori e vi deputarono a presiedere gli scavi diversi cardinali della congregazio- ne delle reliquie, e^il oleario di Roma (^''.), con diversi ministri, non che il Sa- grista (A'.), confutando le calunnie degli acattolici. Narrai a Cimiteri che furono detti concilia Marlynmi, per quelli che vi furono sepolti in grandissimo numero, onde i primi cristiani e in tempo prin- cipalmente delle Persecuzioni [f .), vi ce- lebrarono i Divini uffizi {f^.), e poi vi fu- rono edificate propinque chiese, o con- tigui a queste si formarono cin)ìteri, pel pio desiderio de'fedeli di essere lunnilali presso le reliquie de'marliri e in seguito nelle chiese stesse. A Cimitehi ni Uoma e sue adiacenze tornai a trattare delle mol- te sue catacombe, delle quali discorro an- cora parlando delle loro chiese o delle strade ove si trovano, come delle tumu- lazioni de'n)artiri cogli strumenti del pa- tito martìrio; il perchè Papa s. Fabiano del 7.3H fece molte rubriche sui cimiteri o catacombe. A Chiesa, parlando dell'e- re/iune de'sagri templi, notai che quelli de' gentili ridotti per casa del vero Dio, rimaseropurgatieconsagrati colla santità delle venerande reliipiie de'rnartiii, por cui .Mccuuic il Pantheon di Uomu dedicalu

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principalmente a Giove, per le immagini tliiNlarlee Venere conlennequeliedi mol- li numi, così s. Bonifacio IV volle santi- ficarlo con 28 carri di corpi de'ss. Mar- tiri presi da'cimileri, e lo dedicò ad essi edalln B. Vergine, ed è la chiesa di s. Ma- vìa ad Marlyres. Dissi ancora delle sa- gre reliquie occorrenti per la consagra - zione della chiesa, chiuse in una cassetti- na per riporle nell'altare principale, avan- ti le quali reliquie in tutta la notte pre- cedente alla funzione deve il clero sal- meggiare, quindi nelle ceremonie della consagraz.ione il vescovo pone nel sepol- crino dell'altare le sante reliquie. Final- mente per non dire di altri articoli, a Im- magine parlai delle sagre immagini dei santi e beati d'ambo i sessi che sono e- sposto alla venerazione de' fedeli nelle chiese, edel loro. antichissimo e legittimo culto, lodando il pio costume di tenersi nelle casce nelle pubbliche strade in quei tabernacoli chiamali Maestà ij^)- Del modocome si devono rappresentarci san- ti dagli artisti, de'loro raggi, /^«rfo/rt. Co- rona, Diadema e Nimbo (f^.), cui sono ornati, simboli di santità. Come si espon- gono sugli altari le reliquie in cassette, urne, reliquiari e busti, fino dal declinar deirVIlI secolo, del loro culto di dulia, (ihe il concilio Niceno li del 787 fulminò anatema a chi uon venerasse le reliquie de'sanli.

Alle reliquie de'sanli si deve prestare venerazione e culto con invocarli a soccor- rerci nelle necessità spirituali e temporali, porger loro preghieie genuflessi , solen- nizzarne la festa con azioni pie, digiuni e penitenze. Si erigono chiese e altari a Dio sotto l'invocazione e il nome de'san- li , perchè il culto che a questi si presta si riferisce a Dio^ il quale pei meriti e in- tercessione de'sanli, che è in essi mira- bile, ci comparte le grazie. Da ciò deri- vano due beni, cioè che dalle orazioni e preghiere si ritrae utilità e vantaggio, ed esaminandoe ponderando le virtù de'san- li siamo indot ti a imitarli, come di niostra-

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noe stabiliscono gravi autori, il concilio di Trento e il catechismo romano. Del- la venerazione e pregioincui sempre fu- rono tenute le reliquie de' santi, infinite testimonianze si leggono ne'sngri scritto- ri, come degl'inniimerabili e grandi pro- digi operali da Dio a loro intercessione, solendo la chiesa portarle in Processione per ottenere grazie e il loro possente pa- trocinio. A. tale articolo dissi che si usa- va portare le reliquie .sotto Baldacchino, ma tranne le solenni traslazioni, fu vie- talo dalla congregazione de'riti, con ap- provazione di Leone XII, non potendosi usare nemmeno rO/«Z'rf///Vio(^'.), e nep- pure per le reliquie della B. Vergine, a- vendo detto a quell'articolo che si deve ili solo ss. Sagramento e alle reliquie di Gesù Cristo per consuetudine. Severano a p. 577 narra che Numeriano impera- tore fece murare l'apertura che condu- ceva alla cappella, ove riposavano le re- liquie de'ss. Crisanto e Daria , edificata dii'fedeli nel cimilerio della via Salaria, e mentre essi divotamente la visitavano, onde vi restarono seppelliti e marliri del- le reliquie de'marliri i ss. Diodoro e ìVIa- riano ed altri molti. Avendo i Papi ten- tato inutilmente di cercare ove fosse il tesoro di tante reliquie, nell'SSj Stefano V detto VI n'ebbe rivelazione da Dio e andò nel luogo coi cavatori, dove egli o- rando e quelli scavando finalmente tro- varono le Sante reliquie. Il Papa entrò nella grotta e colle sue mani separò le sa- gre ossa dalla terra e dai sassi, ordinan- do a Francone che soprastasse ai cava- tori e oporari acciò non fossero rubale. Durarono gli scavi più giorni e con tan- ta alacrità, fatica e zelo religioso, che i cavatori e operari si dimenticavano di mangiare per la consolazione che prova- vano in adoprarsi a opera pia, e pel soa- vissimo odore che continuameftle esala- vano le reliquie che andavano trovando. IS'elle notti ivi si udivano voci angeliche di persone chesalmeggiavano e si vedeva un grande splendoi-e, ed allora ni uno ardi-

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▼a accostarsi. Francone vi accese una lam- pada che arse 7 giorni ealtreltanle not- ti senza scemar l'olio e ad onta del sof- fiar de' venti. Altra cosa memorabile oc- conse in questi scavi e separazione dili- gente delle reliquie, ed in cui Dio dimo- strò quanta cura abbia de' santi suoi, e come sia vero il detto nel salmo 33 : Cu- stodie omnia ossa eorum. Avendo u n gior- no Francone sostituito Adalftedoperchè Io assistesse nell''opera, nella sua assenza Adalfredoa consiglio altrui s' indusse a rubar parledelle reliquie per cavarne de- naro , sapendo quanto ì cristiani avida- mente amavano possederle. Tornato alla sua casa colle reliquie fu colto da grave in- fermità,finchèdopoy giorni d'atroci dolo- ri,chiamato Francone, si gittò a'suoi pie- di, manifestò il furto e restituì le reliquie, con quanto di mirabile riporta Severano. Questi racconta ancora come le sagre reli- quie furono nascoste in luoghi occulti, quando furonorubatee i prodigi accaduti, e che la testa di s. Alessio venendo rapita fu ricomprata per 5oo scudi. Moltissimi cor- pi santi e reliquie furono rubati, massi- me ne'primi secoli e ne'bassi tempi ; ne riporterò diversi furti , che ho ricavato dalla Storia de' Papi di Novaes, meglio di diversi avendo parlato a' luoghi loro colle relative critiche, come de'corpi dei ss. Pietro e Paolo rubati dai greci ; di quello di s. benedetto rapito dai cenoma- ni a Monte Cassino (/'.), con quello del- la sorella s. Scolastica, traslazione che al- tri con più di ragione negano , pel fre- quente errore o modo di esprimersi di chiamar parte delle reliquie per corpo. Cos'i narrai del rubamento fatto del cor- po di s. Romualdo, portalo a Jesi (/'.), donde miracolosamente si trasferì a Fa- hriano ( F). A Pn'En:to e Foss anuova par- lui del contrastato corpo di s. Tommaso d'Aquino; delle quali dispute egualmen- te discorro a'Iuoghi loro, giacché per es- se vi furono anche ozioni gucrrcsclic e rappresaglie. Il corpo dis. Ilarioiie fuin- >ulalu da Ltichio. La testa di 1. Uumauo

REL abbate da certo Aronne furtivamente fu portata a s. Germano d'Auxerre. Alcu- ni francesi rubarono la testa dis. Clemen- te martire dal monastero di s. Maria di Costantinopoli e la trasportarono a Clu- ny. Il corpo di s. Bertulfo abbate fu ru- bato nel Belgio dal bretone Eletto. Nel- rSiSi veneziani involarono in Alessan- dria il corpo di s. Marco evangelista, e lo portarono a Venezia. Alcuni raercanli di Bai'i presero a Mira il corpo di s. Nico- lò e lo portarono in patria, {^n venezia- no rubò in Costantinopoli il corpo di s. Atanasio, che fu collocato in s. Croce di Venezia. In questa città si venera il corpo di s. Rocco, rubato per divozione a Mont- pellier da' veneti che vi si recarono pelle- grinando. Alfonso V, contro il volere dei cittadini, tolse da Marsiglia il corpo di s. Lodovico vescovo di Tolosa e lo portò a Valenza di Spagna. Il corpo di s. Luca e- vangelista fu rubato nel i 247 a Costanti- nopoli e portato a Brindisi, donde fu tras- ferito nel monastero Guleto della diocesi di Nusco, finché un braccio fu portato in Bologna. Nel sacco di Roma del 1 52 7 un soldato rubò il Prepuzio di Gesù Cristo, tagliatogli nella Circoncisione[f.),e por- tato in Calcata (uon Calcuta, come pei* errore di stampa si legge a Oute), ora nella diocesi e distretto di Viterho[f''.). Due laici trinitari rubarorto in Roma il corpo di s. Giovanni de Matha e lo por- tarono nel i655 a Madriii. II corpo del b. Pacifico da Ceredano fu portato furti- vamente in patria, ma senza un braccio, perchè alzandolo il beato nel passare per Mortara, l'ottennero le monache di s. Chiara per loro. Nel voi. XL,p. 186 par- lai della miracolosa traslazione del corpo del b. Girio, e di altrein altri luoghi. Que- sti rubainenti di reliquie derivarono dal concedersi ne'primi secoli diilicilmente, o per la vivissima divozione che si a vea ver- so il santodi cui s'involavano le spoglie, come pure pel gran fervore e desiderio di arricchire le nuove chiese con qualche corpo di santo. 11 Menochio, Suiore l. 2,

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cent. 65, tratta: Quanto fossero solleciti anticamente li Pontefici^ che non si por- tassero le reliquie fuori della città di Ro- ma. In questa ve ne fu sempre dovizia, come dimostrai descrivendone le chiese, o nelle biografie de'santi e beati, ed arti^ coli relativi: fra le opere che trattano del- le reliquie, di cui la metropoli del cristia- nesimo è tanto copiosissimamente ricca, citerò Piazza, Emerologio di Roma cri- stiana ^ ecclesiastica e gentile. La nuova Roma o Costantinopoli non volendole es- sere inferiore per la trasferita sede impe- riale, i suoi imperatori cristiani vollero ivi raccogliere iecose spirituali di mag- gior pregio, che vantassero le principali ciltù de'vasti loro domini!, le prime culle del cristianesimo, i luoghi dove visserogli apostoli e i loro discepoli, come narrai nella descrizione delle tante insigni reli- quie che da Costantinopoli dipoi si spar- sero pel mondo e in Roma, nella presa che ne fecero i latini, e più tardi i turchi, sebbene Maometto II pubblicò un ban- do di pena la vita a chi toccasse le reliquie e ornamenti delle chiese, volendo che fos- sero insieme co' tesori imperiali riservati per lui. Hurter nella Storia d'Innocenzo IIIj lib. 8, narrando l'espugnazione fat- ta di Costantinopoli dai latini, franchi e veneti, di ciòeruditamente parla, laonde ne durò un estratto. I francesi e venezia- ni come si spartirono, non senza trafu- gamenti, gl'immensi tesori della gran me- tropoli , così fecero de' tesori spirituali. Pussedea Coslanlinopoli la pietra su cui dormì Giacobbe, la verga di Mosè, le ve- sti della B. Yergine, la sua rocca e per- sino qualche goccia del suo latte; la vera Croce con istille del preziosissimo Sangue del Redentore, le fascie ove fu ravvolto, uno de'suoi primi denti, una ciocca dei suoi capelli, un frammento del pane da lui co'suoi apostoli diviso nell'ultima ce- na, un brano della porpora di cui era ve- stito quando fu condotto innanzi Pilato, e la sua corona di spine. Pretendeva inol- tre Costantinopoli di possedere le reliquie

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della maggior parte degli Apostoli , dei Padri più celebri della Chiesa, e de'Mar- tiri più coraggiosi della fede, avendo gli imperatori fatto a gara di arricchu'e tali insigni reliquie con ornamenti iu cui la squisitezza del lavoro conlendea colla pre- ziosità della materia. Di questi tesori e- rano soprattutto ingordi gli ecclesiastici latini, onde di buongrado lasciavano le- varie gemme di cui era ornata la s. Cro- ce per le scheggie del suo legno, che poi divisero scrupolosamente coi baroni del- l'esercito, i quali le donarono ai mona- steri e chiese delle loro patrie. L'impera- tore Baldovino I ne mandò un frammen- to a Innocenzo III e altro al duca Leo- poldo Vld' Austria. La maggior parte delle altre ricchezze di questo genere, re- liquie de'santi, suppellettili venerande per la santità di quelli cui erano appartenu- te, furono portate a Venezia , come una porzione del s. Legno, del Sangue di Ge- sù Cristo, i corpi di s. Lucia e di s. Si- meone, un braccio dis. Giorgio.un fram- mento della testa di s. Gio. Battista. Mol- te reliquie passarono in Francia e Inghil- terra, molle ne rubarono gli ungheri agli ecclesiastici del vescovo di Porto. Colo- nia ebbe il teschio di s. Pantaleone suo protettore ; il duca di Nassau in arca di squisito lavoro possiede un dente di det- to s. Precursore; il vescovo d'Alberstadt portò nella sua diocesi preziose reliquie; Amiens venerò per più secoli il teschio o parte di esso del medesimo s. Gio. Balli- sta; il vescovo di Troyes ottenne la laz- za che usò il Salvatore nell'ultima cena; quello di Soissons mandò al suo capitolo il braccio di s. Stefano; il legato cardinal Pietro di Capua recò ad Amalfi sua pa- tria il corpo di S.Andrea apostolo, sulle reliquie del quale meglio a Peocessiojje, ove parlai della lesta rubataa'nostri gior- ni. Baldovino I mandò al suo supremo signore molte preziose reliquie , trovale nella ricchissima cappella del palazzo di Buccoleone, con parte del preziosissimo Sangue, non che alle chiese de'suoi sta-

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ti , particolarmente a Namur. Alla vista di queste venerande reliquie i fedeli si sentivano accesi all'amore di Dio, e ad e- saltarlo per averle protette per lun- go tragitto e fra tanti pericoli di terra e di mare. In ogni luogo ove giungevano era giorno di Festa solenne, ritenendosi onorata anche la contrada . per tal pos- sesso , finché pur troppo nelle guerre e pretese riforme religiose, in Inghilterra, Francia, Germania e altrove, dagli ere- tici fanatici e dai miscredenti rivoluzio- uari molle si dieronoalle fiamme, get- tandone le polveri al vento, e oltraggia- rono in ributtanti modi ( fatalmente ciò si è rinnovato a'nostri giorni, ed un esem- pio ne siano le reliquie di s. Pancrazio, f fili), mentre dagli antenati loro erano state accolte con tenera divozione e stre- pitose acclamazioni di religiosa gioia. Se pon che pure allora non m.incò chi du- bitasse dell'autenticità di queste reliquie, e della legittimità dc'modi co' quali fu- rono acquistate. Vedasi SainelIijZ^eW. ecct. t. 5, ielt. /yì : Se un uomo degno di fede ad alcuno reliquie dt santi, se pos- sono e.sporsi alla pubblica venerazione coli' approvazione del vescovo. Chi in Ro- ma autentica e riconosce l'identità delle sagre reliquie, Io notai a Congregazione

DELLE INDULGENZE E SAGRE RELIQUIE. Tal- volta le autenticarono gli stessi Papi o col sigillo privato , o con quello di Piombo ( '"'.). I vescovi e gli abbati regolari an- «Ji'^essi autenticano le reliquie, così altri ••«uperiori de'religiosi per cpjclle che pos- keggono.

I Papi ed i conciliì in ogni epoca ze- larono il culto delle reliquie de' santi e l)eati d'ambo i sessi, nllinchè i fedeli non fossero ingannati, come per rinitioverne gli iibnti; onde oltre (pianto ho già detto »S6'*"'B''i^- " L.Hbbé nel t. :i,p.35o,c. 6a Concil., riporta gli estratti delle co- •tìluzioni antiche della chiesa d'oriente, e dice che si depongono nelle chiese e nei inonoAtcri i corpi de'hs. Martiri e di lutti 4|nelli clic hanno combolluto con buon

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esito per difesa della fede di Gesù Cristo, alUnchè le loro preziose reliquie procu- rino del sollievo agl'infermi, a'malati, ai languidi e a tutti quelli che hanno biso- gno di qualche soccorso. Che ogni anno se ne faccia tra'cristiani la Commemora' zione (f^-),Q uon si riguardino come mor- ti volgari, ma si onorino con profondo ri- spetto, come amici di Dio, e come il dia- dema o la corona della Chiesa; poiché col- la effusione del loro generoso sangue e- f^lino hanno rilevato il vigore e lo splen- dore della fede cristiana sopra tutte le Religioni [f.) straniere. 11 concilio di Cartagine del 398,colcan.i4 ordinò con mollo rig.ore che si gettassero a terra gli altari dove non erano le reliquie de'mar- tiri. Bonifacio V del 619 permise sola- mente ai preti e diaconi il toccar le reli- quie de'santi. Il concilio generaleLatera- nense IV deli 2 i5, col can. 62 decretò; Proibizione di mostrare le reliquie anti- che fuori delle loro casse, di porle in vendita ; e per quelle che si trovano di nuovo, proibizione di render loro nessun cidto pubblico,se non sono state ricono- sciute e approvate dall'autorità del Papa. I vescovi non permetteranno più che si impieghino vane finzioni o false scritture per ingannare quelli che vengono alle lo- ro chiese ad onorare le reliquie, come si \iì in molti luoghi a titolo d'interesse. Tut- to confermò Gregorio IX nel 124^. Il concilio di INIarciac nel'a diocesi d'Auch del 1 32G,col can. 4 stabilì : Non si trar^ ranno le rcli(piie dalle loro casse; per mo- strarle o melteile in vendita, se ne ri- ceveratmo di nuove senza l'approvazione della chiesa romana. Il concilio di Tren- to sess. 2.5, dell'invocazione de'santi, or- dinò: I fedeli devono portare rispetto ai cor[)i de' martiri e degli altri santi , che vivono con Gesìi Cristo, essendo sluti que- sti corpi un tempo nicmbra vive di Gc- sìi Cristo , e tempio dello Spirito santo, e dovendo un giorno essere risuscitati a eterna vita, e Dio incdesinio liuendo inul- ti beni ngli uomini per mezzo loro. Che

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però coloroclie sosleiigonodie non si de- ve rendere onore e venerazione alle re- liquie de'sanli, o che iniitilinenle i fedeli portnno loro rispetto, come pure agli al- tri monumenti sagri, e che invano si fre- quentano! luoghi consagrali alla loro me- moria per ottenerne soccorso, devono al- tresì essere tutti assolutamente condan- nali , cocue altre volle la Chiesa li con- dannò, e come li condanna ancor di pre- sente. Il concilio di Bourges dell 584, tit. I Ojdithiarò: Onorando le reliquie de'san- ti, noi adoriamo Dio, di cui sono eglino servi, e l'onore che noi rendiamo a'ser- vi si riferisce a lui che n'è il supremo Si- gnore; imperciocché se l'ossa de'martiri lordano, come si ardisce d'alfermare,quel' li che le toccano, come avrebbero potuto l)0Ì quelle del profeta Eliseo risuscitare un morto? Clemente IX attribuì alla con- gregazione delle indulgenze ciò che ri- guarda le reliquie de'santi. Clemente X colla bolla Ex conjwima, de' 1 3 gennaio 1672, Bull. Rom. t. 7, p. i'6i, prescrisse tutto ciò che si dovea osservare nell' e- strarre le reliquie de'santi, e sui loro ci- miteri e catacombe, dalle quali niuno po- tesse cavarle, sotto pena di scomunica, sen- za licenza del cardinal vicario, e coll'assi- slenza d'un delegato del quale in sua pre- senza si potrebbero estrarre i corpi santi; i quali posti in una cassa e portati in Roma si daranno in custodia al maggiordomo del Papa che la sigillerà. Che queste reli- quie non si esponessero, se prima dal car- dinal vicario non fòssel'o esaminate. Che le reliquie insigni de'martiri, cioè il capo, legambe, le braccia, la parte in cui princi- palmente patirono, nelle chiese solamen- te si esporranno, si diano a persone private, ma a'principi soltanto e maggio- ri prelati, e queste ancora rare volte, af- finché nella copia non si rendano di po- ca stima. Gravi pene impose a quelli che alle reliquie imponessero nomi diversi da quelli che loro furono imposti dal car- dinal vicario sedi martiri inuootinati, e pena di scomunica a ijuelli che douian-

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deranno qualclie cosa per le autentiche sigillale. Quanto alla mancanza de'uomi de'martiri, che si trovano nelle caldcom- be e cimiteri, ciò derivò dalle persecuzio- ni, nelle quali con angustia i fedeli in fretta doveano seppellirli senza notarne il nome, ma il solo numero. AfTmché poi le loro reliquie rinvenute coi segni certi del martirio non restassero inonorate e prive del debito culto, s'introdusse l'uso d'imporre ai corpi de'martiri anonimi de'nomi appellativi, possibilmente a loro convenienti, ciò che si chiamò battezza- re i corpi de'santi mediante l'imposizio- ne del nome. La mancanza de'nomi di moltissimi martiri negli attide'Ioro mar- tirii, derivò pure dall'interrogazione co- me si nomavano, perchè coraggiosamen- te rispondevano : Chrislianus siim, an- co perchè tenevano il nome ricevuto, con superstiziose cerimonie nel giorno del lustrico, per impuro e immondo. I del- ti pontifìcii decreti, cogli altri emana ti da'predecessori, furono confermati da Clemente XI ai 1 c) febbraio 17 o 4, con co- stituzione presso il Bull. Magn. t. 8, p. 246, vietando inoltre colla scomunica l'ingresso ne'cimiterì e catacombe, e l'e- strazione delle reliquie dai medesimi, or- dinando ai proprietari de' luoghi , dove essi si scuopriranno, di dare subito avvi- so al cardinal vicario emularne l'ingres- so fi a I 5 giorni. Inoltre Clemente XI con decreto de' 1 5 ottobre 1716 estese quello di Gregorio XI 11, contro quelli che colo- ravano gli Agnus Dei, e quelli che aves- sero distribuito reliquie false. Clemente XIII colla costituzione Inter multiplices, degli 1 1 dicembre 1758, Bull. coni. t. i, p. 72, vietò ai regolari di esporre nelle loro chiese nuove immagini e nuove re- liquie, senza l'approvazione dell'ordina- no. Colla costituzione Cum sictit,deio giugno 1760, loco citato, p. 336, proibì sotto pena di scout unic<i di estrarre re- liquie dal convento de'cappuccini di La- go. Delle benemerenze de' Papi pei sagri scavi, e di quelle del conservatore de'sa-

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grì cimllerì p. Giuseppe Marchi gesuita e di altri, per le catacombe e cimiteri di Roma, parlai nel voi. LUI, p. 3oo. Il re- gnante Pio IX, perchè sempre più eoa regolarità si facessero gli scavi nelle ca- tacombe cristiane, se ne conservassero meglio i monumenti e restasse così mag- giormente illustrata la storia delle arti cristiane de'primi secoli della Chiesa, nei primi dell 852 nominò una commissione di archeologia sagra, composta del cardi- nal vicario qual presidente, di 3 vescovi compreso il sagrista , di altro prelato e di altri dotti soggetti, fra'quali il p. Mar- chi, dotandola d'annuo assegno per sop- perire alle necessarie spese; quindi dalla commissione venne determinato il me- todo per visitare le sagre catacombe, ac- ciò rimanga ognor più. soddisfatta la di- vozione de'fedeli, come si legge nel n.° So del Giornale di Roma. Dal n." 128 del medesimo si apprende, come per cura di dotta commissione si sono cominciate e- scavazioni e risarcimenti nell'importante cimilerio de'ss. Nereo, Achilleo e Domi- nila, di cui parlai a Cimiteri di Roma e a Chiesa de'ss. Nereo e Acuilleo, mar- tiri celebratissimi della chiesa romana, che s. Giovanni 1 restaurò, situato pres- so Tor Marancia ( voi. XLVII, p.. gi e 1 02), e che il Papa l'onorò di sua visita, ammirandone l'ampia e profonda scala, per la quale fino al IX o X secolo i fe- deli discesero a visitare le tombe de' ss. Martiri, non cheil vasto ambulacro Han- cheggiato da solidissime costruzioni fatte dagli antichi Papi, che inette alla cripta u cubicolo adorno di pitture di molte an- tichità, il quale sembra essere il luogo ove giacquero ì corpi di delti santi fratelli. JNon solo di frequente nelle romane ca- tacombe si trovano corpi de'ss. Martiri, ma ancora in (|ucllc di altre città. Nel 184B in (juclli: di Chiusi si rinvennero le Oksa iit'is. C/iulianu, Luciano, Nerania e L'Ipin, le (piali n'4 luglio 1 8 T-;! solenne- «nenie furono IrnKportate nella cattedra- le. Sulle reliquie dc'banti e beati si posso-

REL no leggere : Rocca, Opera 1. 1 , n. 1 8 : /4a reliquiaenovae ab Ecclesia noncluin ap- probatae, absque expressa surn/ni Poti- tificis concessione publice vel privalini venerari queant? Andreucci, Hierarchia eccl. lib. i,cap.. 9: De observandis ab e- piscopo in aulhenticandis reliquiis. Do- menico Anfossi , De sacrarum reliquia' rum culla, veneratione,translationealque idenùtale, Brixiae 1 6 1 o. J. G. H. Greppo vic.° gen. di Belley, Disserlations relati- ves à l'histoiredu culle des réliques dans Vantiquité chrétienne, Lyon 1 842 . Ne die- de erudito ragguaglio mg.*' Domenico Barlolini nel 1. 1 7 degli Annalidelle scien- ze religiose. Q^iie'ilo archeologo da ultimo lesse nella pontifìcia accademia romanu d' archeologia una dissertazione sulle ca- tacombe recentemente scoperte presso la città di Chiusi. Diclich, Diz. sacro-lilurgi- co, all'articolo i?<;//^M/e insigni jche ripor* ta i decreti sulle medesime della s. con- gregazione òeRiti (V.). INLncri, Not. dei vocab. eccl., m Reliquìae, ove riporta al- cuni decreti della medesima, il quale av- verte che occorrendo per dispensa pon- tificia celebrare sopra unaltarìuochenon ha reliquie, si lasciano quelle parole nel principio della messa : Quorum reliquìae hic sunt.

RELIQUIARIO o RELIQUIERE , Reliquiarium, Lipsanotheca. Vaso o al- tra custodia dove si tengono o conserva- no le reliquie, o piccola casseltina pre- ziosa e portatile in cui si chiudono le re- liquie sigillatecolle autentiche. Si chiama anche llieca, ma in significato di borsa o fodera , vocabolo greco che congiunto all'altro di lipsana, ivrupiiede'santijCioò residuo o quel che rimane, si (oimò fJp- sanolecha. Theca pro[M iamenle chiamia- mo quella piccola scatola contenente le reliquie, che si mettono nel relicpiiario con piede e manico, 0 per portarle indos- so o al collo, in forme rotonde o di cro- ce, lo che è lecito come dichiarò Sarnclli, LcU. irci. t. 7, lett. U),cd i vescovi e (^li abbati l'usuDU ucWa Croce pètloralc {f .),

REL Simili reliquiari pollarono indosso Co- stantino e altri imperatori romani nel- le guerre, ed altrettanto fecero non pò- clii capitani, onde ricevere dalle reliquie che contenevano coraggio, conforto e pa- trocinio contro il nemico, ciò che notai parlando di diverse reliquie insigni. Di reliquiari ve ne furono e ve ne sono di tutte le forme, figure e materie, grandi e piccoli, di legno o metallo doralo o in- argentato, ornati di ambra e corallo, di argento e oro con pietre preziose e gem- me, talvolta di tuli superbi ornamenti ar- tistici, ne'quali l'eleganza e squisitezza del lavoro contrastò o superò il valore e la preziosità della materia. Si fecero gran- di reliquiari in forma di chiese gotichecon tutte le parti di quello stile. Nel Ponti- ficalo Romano s\ è: De henediclione ca- psanini prò reliaiiiis,tl aliis sanctuariis includendis. AWe reliquie si ókVIncfnso (y.), quando sono esposte alla pubblica venerazione, e si lànno loro Inckinazio- ni; al legno della ss. Croce si rende la Ge- ntijlessione y questa si fa pure passando innanzi alleTeste e Corpi de'ss. Pietro e Paolo pel culto particolare con cui si ve- nerano. Nelle solenni ostensioni di più re- liquie, adognunaun cantore con alta vo- ce annunzia al popolo di chi sono, onde accenderne il cuore a divozione verso le medesime e ad imitarne gli esempi , di- stinguendo quelle insigni col suono delle campanelle per promuovere maggior ve- nerazione e riverenza. De' reliquiari più fimosi e celebrati, ne parlai ove si conser- vano. Del loro uso e di quanto li riguar- da meglio a Reliquia. Moretti, De rltu o<:tensìotns sacrarutn reliquiarum, chia- ma i reliquiari Thecae reliquiai ine, The- cele Mnrfyrum, Capsa la cassa che le con- tiene; Morcelli teca e JVifCii, urna, Olla, / mrt, poiché i corpi de' santi in casse o urne di pietre e metalli preziosi o di le- gni ornali si conservano e venerano, tra iìori fiuti e talvolta vestiti nobilmente se- condo la loro condizione, e ne vediamo «ulto gli uilari senza puliutlu,ovveruque-

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sto si leva nelle loro feste e in altre so- lennità : piccole urne con reliquie si pon- gono sugli altari con altri reli(|uiari, vasi o ampolle. Egualmente sugli altari si col- locano bellissimi busti di legno o metal- lo, più o meno preziosi, colle reliquie ia pettoo nella testa del santo cherappiesen- tano nelle forme che gli sono proprie. Le chiavi delle custodie di reliquie insigni , come de'santi Protettori [V.) delle città, si tengono gelosamente da più persone, cioè dal vescovo, dal magistrato muni- cipale e talvolta anche dal preside locale; di tali custodie ve ne sono di munilìssi- nie per impedirne il rubamento, anche pel valore de'reliquiari, l'avidità dei va- lori facendo commettere anche questi sa- grilegì. 1 Papi donarono l'eliquiari in for- ma di croci, di chiavi , al modo detto u Reliquia, oltre corpi santi ventiti in bel- lissime urne, de' quali donativi ragionai in più luoghi. Ivi dissi quando le reliquie si baciarono nude; ora si baciano con cri- stallo innanzi, presentandole il sacerdott: in cotta e stola, e sesono reliquie insigni coi guanti secondo il colore della cate- goria cui appartiene la reliquia, e in tal modo co'reliquiari compartono la bene- dizione. L'uso di esporre le sagiereliq'iie de'santi, della B. Vergine, di GesùCristo, e di benedire i fedeli con le medesime è antichissimo. Fra gli opuscoli aggiunti nel t. 3 delle Opere di s. Efrein, si leg- ge V Encomiuni in Marlyres, nel fine del quale si dice: ingenllqtte cuni gaudio sa* eros certarninis vestri reliquias circuni- stani, benedici optantes, seciinique refen- re sancta anirnae et corporis reniediu de- suìeranles. Omnibus igitiir benediclionein impertianiini , ut boni discipuli optimi praeceptoris. Si può vedere Tronjbelli , De ciUtu sanctorunifì. 2,par. i, Dissert. 7 e S.Mavatìgow, Delle co^e gfntilcschey cap. 27, parla dell'origine dell'esporsi le cose sagre, le Immagini (/^^.) e reliquie de' nostri santi, non essere derivato dai gentili, rito che chiama relativo a quel- lo daWti Processioni [P'.ymcuì le reliquie

ìli REL

§i portano in reliquiari, o in urne se sono corpi, dn'primari del clero, e nelle solen- nità dai vescovi, cardinali e in cerli casi anche dai Papi; avendo io notato a Pro- cEssioM, che nelle solennissime per qual- che reliquia insigne, per la strada ove pas- sava si erigevano altari con reliquiari. Conviene che i fenicii pei primi, indi gli egizi, i greci, i romani e altri popoli con solenni ceremonie conducevano da un tempio all'altro i loro idoli e immagini delle false deità, i loio simulacri, che te- nevano anche domeiìticamente ripostilo armadi, ed esponevano alla venerazione e vista di tutti ne'giorni festivi e di mag- giorallegrezza. Però osserva che ciò mol- lo più conveniva praticarsi dalla reli- gione del vero Dio, nella esposizionedei- Je sagre immagini e reli(|uiein reliquia- ri, perchè l'umana natura non può age- volmente innalzarsi alla contemplazione delle cose divine e celesti, senza l'aiuto di quelle esteriori e visibili , nel vedere cogli occhi inessegli esem|»lari delle vir- tù da potere imitare. Quindi è che non già dalle vane e superstiziose pratiche dei gentili la Chiesa introdusse questi riti; ma dal sapere, come illuminata dallo Spirilo santo, quanto utile religioso ne possano cavare i suoi Hgli; tanto più che ciò ha ella ricevuto dalla sagra Scrittura, dulia solenne mostra che Mosè fece delle ta- vole della legge scritte dal dito di Dio, e dalla venerazione dell'arca in cui furono riposte; laonde la Chiesa adottò l'uso del mostramentodellesue cose sagre alla pie- tà de'suoi figli nelle feste e soleiniità, op- ponendolo al superstizioso dell'idolatria, avendo notato a 'RELiQuiA,chesempre fu- rono oggetto di divozione anche i reli- quiari e custodie che le contengono pel contatto delle medesime. Inoltre la Chie- sa le onora collo splendore dei lumi di cerei e hitnpiulc, che anlicaraente si ali- mentavano di soavi balsanti e profumi, coronale di fiori e tra le più ricche sup- pellettili di flagri arredi. Osserva ancora I\Iurungoni che molti reliquiari e cuttu-

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die delle sante reliquie furono adornati di cose profane, di cammei antichi e con im- magini gentilesche di mollo pregio, neri- porta diversi esempi, in lìguraequal sim- bolo dell'idolatria soggiogata dal trion- fante segno di nostra salute, la Croce, e dai confessori della medesima; e fra'reli- quiari e custodie preziose e nobilissime che descrive, dice de'cospicui busti colos- sali d' argento che conteimero le sagre Teste (r.) de' principi degli apostoli, pel magnifico ornamento de'quali Urbano V che le trovò nel santuario di Sancla san- ctoruui {^F.) del Lalerano , e cos'i detto dalla copia e preziosità di sue reliquie, invitò con sue lettere molti re e principi a voler concorrere all'ornamento, come fecero nell' offrire perle , oro, gemme e cammei, che poi l'umana rapacità deru- bò. Baldassari, Relazione delle avversità di Pio VI, l. 2, p. 356, narra le ruberie repubblicane del I 798 e le rapine sacri- leghe fatte alle chiese di Roma. In quel- la di s. Croce in Gerusalemme le reliquie insigni furono spogliate de'reliquìari d'o- ro e d'argento, couie degli ornamenti pre7Ìosissimi , meglio descrivendolo De Corrieris, De Sessorianis praecip. Pas» sieri. D. N. J. C. Reliqniis. Nella basi- lica di s. Maria Maggiore non fu rispar- miata la lunga'cassa d'argento in cui Fi- lippo IV avea fatto rinchiudere porzione del s. Pre^e/JM). Nella basìlica Laleranen- se involarono i detti due superbi busti colle loro gioie di molto valore. Ma (pie- st e distruzioni, dissipazioni e deruba men- ti rivoluzionari si estesero non solo lagri- mevolmente per le altre chiese di Roma e d'Italia, ma in tutti i luoghi che invase la frenetica e irreligiosa rivoluzione, on- de si perderono innumerabile quantità di reliquiari di sommi pregi, lantoper la materia che per l'arte veramente subliine, onde crono stati lavorati ad onore delle sante relicjuie.

REMACLO (s.), vescovo di Mastricht. Nato neir Aquitania, fu discepolo di s. Eli(jiu,che lu pose primo abbate del ino-

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nasiere ch'egli fondò a Solignac. Fu po- scia obbligato a prendere il governo del- l'nbbuzia di Cougnon; ma poco dopo fu chiannalo alla corte del re Sigeberto H, il cjuals era succeduto a suo fratello Da- goberloIneIregnod'Austrasia. Perdi lui consiglio Sigeberto II fondò le abbazie di Slavelo ediMalmedì, nella foresta del- le Ardenne, ch'egli governò sino al 65o, in cui fu posto sulla sedè di Mastricht. L'umiltà colla quale adempì i doveri di questa carica, diede un nuovo lustro al- le sue vii-lù. Il suo amore pei poveri an- dava del pari col suo zelo nell'istruzione del suo gregge; ma ben prestò desiderò ritirarsene. Nel 662 rassegnò dunque la sede a s. Teodardo, col consenso del clero e del re Childerico II, e andò a rinchiu- dersi a Staveio. La fama della sua san- tità indusse molte persone a chiedere di vivere sotto la sua disciplina. Egli li a- nimava a tenergli dietro nelle vie della perfezione, mentre la di lui avanzata età nulla gli faceva scemare delle sue auste- rità,raddoppiandoneanzi il fervorequan- lo più sentiva avvicinarsi il suo termi- ne. Mon verso l'anno 664, erimasese- pollo a Slavelo. Celebrasi la sua festa il 3 settembre.

REMBERTO (s.), arcivescovo di Bre- ma. iVacque nelle vicinanze di Bruges in Fiaudia,e si fece monaco a Turholt, non molto lunge dalla sua patria. Dopo la morte di s, Anscario (/^.), avvenuta nel r865, Remberto, ch'eragli slato compa- gno nelle sue fatiche apostoliche, fu scel- lo a governare le diocesi unite di Brema ed Amburgo, e gli venne parimente af fidata la generale soprinlendenza delle chiese di Svezia , di Danimarca e della bassa Alemagna,aflìnchè compisse l'ope- ra incominciala dal suo predecessore. Pie- no di zelo per accrescere il regno di Ge- sù Cristo, intraprese la conversione degli slavi e dei vandali. Segnalò altresì la sua carità verso i poveri , e principalmente verso gli schiavi. Malgrado le molte sue occupazioni, sapeva trovar modo di al-

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tendere all'esercizio della preghiera. Mo- rì aglii f giugno 888; ma nel martirolo- gio romano è notata la sua festa il 4 feb- braio, giorno in cui fu eletto arcivescovo. Di lui abbiamo la Vita di s. Anscarioy ed alcuni scritti di pietà.

REMESIANA oREMESSIANA. Se- de vescovile della Dacia mediterranea, sotto la metropoli di Sardica, eretta nel IV secolo. Ebbe a vescovi Nicela, s. Pao- lino zelante propagatore della fede di Ge- sù Cristo, e Dionegianoche fu al 2.°con- cilio d'Efeso, Oriens chr, t. 2,p. 3o6. Al presente Remesiàna, Remessianen, è un titolo vescovile in partibiis , sulfraganeo di Sardica in parti bus.

REMIGIO (s.), vescovo di Reims, a- postolo della nazione francese. Nacque nel 439, secondo i calcoli più probabili, da illustre e doviziosa famiglia, che dimora- va a Laon ; Emilio suo padre e Cilinia sua madre ei'ano altresì ragguardevoli per cristiane virtù. Di svegliato ingegno, lece rapidi progressi nelle scienze, e su- però colla sua eloquenza gli oratori del suo tempo, distinguendosi pure per la santità della sua vita. In età di 22 anni fu eletto suo malgrado ad occupare la se- de episcopale di Ueims; poiché il suo me- rito straordinario parve a' vescovi della provincia un motivo sullìciente per di- spensarlo dall'età prescritta dai canoni. Il nuovo vescovo occupossi fin d'allora con ardore incredibile dei doveri del suo ministero, e travagliò continuamente per la conversione de' peccatori, degli ereti- ci e degl' infedeli. S. Sidonio .Apollinare fece il più splendido elogio delle virtù di s. Remigio, e riguardava idi lui sermoni come un tesoro inestimabile. Clodoveo I re de'franchi, quantunque professasse il paganesimo, fece grande slima di s. Re- migio, il quale riuscì in seguilo, col soc- corso della regina s. Clotilde , a toccare il cuore del monarca, ed istruitolo ne'mi- steri del cristianesimo, lo balfez2Ò con grande solennità nella chiesa di Reims la vigilia di Natale del 496 : tremila frau-

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cesi seguendo l'esempio del re, riceveltè- lo parimenti il battesimo. S.Remigio di- stribuì a diverse chiese le molte terre do- nate da Clodoveo I,e fece lo stesso uso dei doni che gli fecero alcuni signori france- si. Fondò la sede episcopale di Laon, la cui chiesa intitolata alla B. Vergine eb- be parte considerabile delle sue liberali- tà; ed istituì dei vescovi a Tournai, Ar- ras, Cambrai e Terovane. Spalleggiato dal patrocinio di Clodoveo 1, estese do- vunque il regno di Gesù Cristo, e conver- tì gran parte della nazione francese, es> sendo l'indefesso suo zelo avvalorato dal dono dei miracoli, come testificano pa- recchi monumenti storici, de'qualì non si può contrastar la certezza. I vescovi ra- dunati a Lione per la conferenza che si tenne al suo tempo contro gli ariani, di- chiararono che il loro zelo per la difesa della fede era eccitalo dall'esempio di Re- migio, il quale avea distrutto per tutto gli altari degl'idoli con una moltitudine di segni e di miracoli. Avendo s. Remigio tt^nuto un sinodo in età molto avanzata, \i convertì un vescovo ariano, ch'era ve- nuto per disputare contro di lui. Questo venerabile pastore morì a' 1 3 gennaio del 533, secondo il p. Rivel, in età di ^^an- lii, e fu seppellito nella chiesa di s. Cri- stoforo di Ueims. Papa Leone IX nel I o49 trasferì il di lui corponella chiesa dell'abbazia de'benedettini, che prese poi il nome del santo. Visitatosi il corpo nel iG4(>>fu trovato ancora intero in tutte le i>ue parti. Dipoi fu trasportato nella cat- t«'draledi Reims(F.), ove ora si venera. Wclla diocesi di Reims si celebrala sua fe- tta a' i3 di gennaio; ma nella maggior parte delle altre chiese viene celebrata al I .** d'ottobre, ch'è il giorno della trasla- tione delle sue reliquie.

REMIGIO (s.), vescovo di Rouen. Fi- glio naturale di Carlo Martello, e fratello del re Pipino e del b. Carlomanno, fu educato nel palazzo, ove santificò lo stu- dio delle lettere cogli esercìzi della pietà criilÌQna,ecolla pratica di auslei-c peni-

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lenze. Abbracciato lo stalo clericale colla mira di consagrarsi intieramente a Dio, si dedicò alla meditazione della s. Scrit- tura e allo studio delle scienze ecclesia- stiche. La sua viriti si levò a alto gra- do, che il clero q popolo di Rouen man- darono un'ambasciata al re Pipino, per chiedergli suo fratello per vescovo, alla quale domanda prontamente acconsentì; sicché s. Remigio,quantunque desiderasi se passar la sua vita nell'oscuriUi, dovette sottoporsi ad un peso che avea sempre paventalo. Egli però adempì ai doveri dell'episcopato in un modo il più perfet- to. Sostituì nel divino offizio il canto ro- mano o gregoriano a quello del pae^e, che non trovava molto grave, abbastan- za regolato; e la buona riuscita che n'eb- be, indusse dipoi Carlo Magno a intro- durre nella chiesa gallicana i riti della ro- mana. Nel 765 assistette al concilio te- nuto nel castello di Atligny suU' Aisne.Mo- a' 19 gennaio verso 1' anno 77 i, e fu sepolto nella cattedrale. Il suo eorpo fa poi trasferito a Soissons, ma nel 1090 la maggior parte delle sue reliquie fu di nuo- vo portata a s. Audoeuo in Rouen, dove la sua arca fu derubata dagli ugonotti nel i562. La sua festa si celebra a Rouen e in altre chiese a' 19 di gennaio, benché non si trovi il suo nome nel martirolo- gio romano.

REMIGIO (s.), Ordine equestre. Pre- tendono alcnni che Clodoveo Ire di Fran- cia l'islituiste nel 49^> ''^ memoria del- l'ampolla eolio miracoloso col quale l'un- se s. Remigio arcivescovo di Reims , al quale articolo parlai di talcampollu eco- ronaziune ; ma qui ripeterò il detto al- trove, che i critici non ammettono ordi- ni equestri prima del secolo XI. Bensì narra Bouanni, Catalogo degli ordini e- (fnixtri, p. 98, riportandone la figura, che nella consagrazioiie e unzione de' re di Francia, che si faceva a Reims dai suc- cessori dis. Remigio, assistevanoalla fun- zione ed aveano per insogna la croce for- mala di due tronchi privi di foglie, sopra

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della quale era scol[)ila un'ampolla le* nula da un mano, e sopra l'ainpollu la figura delia Colomba in significato dello Spirilo sanlo, o come allri vogliono, l'am- polla si sosleneva dal becco della Colom- ba, onde furono chiamali pure cavalieri della sagra //o/^oZ/^. Giustiniani non lo dice ordine militare, ma insigniti di tale onore, con la prerogativa d'assistere a det- ta solenne funzione. Favino nella Storia di Navarra dice che questa onorificen- za spettava ai baroni di Terrier , Belle- sire, Sonastre e Louvercy feudatari del- la celebre abbazia di s. Remigio di Reinis, incarico de'quali era il sostenere le aste del baldacchino sotto il quale incedeva l'abbate di essa portando la s. Ampolla dalla sua chiesa alla metropolitana. Nel Ceremoniale però di tal coronazione non si parla di questi baroni, anzi si diceche le aste del baldacchino si sostenevano da 4 religiosi dell'abbazia vestiti di camice, se- condo la presorizìone di Luigi VII.

REMOLINI o ROMELINI, France- scOj Cardinale. Detto Elvense, nacque in Lerida di mediocre condizione. Appresa la giurisprudenza nell'universitàdi Pisa, divenne segretario del re d'Aragona, che io mandò ambasciatore al Papa. Col di lui consenso avendo la moglie professalo vita religiosa, gli agevolò la via allo stato eccle- siastico, per cui ottenne l'arciprelura e il cantorato della cattedrale di Mazza ra, indi pel favore di Cesare Borgia da Alessandro W fu fatto prolonotario, uditore di rota, governatore di Roma eneli5oi arcive- scovo di Sorrento, indi come versalo nel- la giurisprudenza lo spedi a Firenze per la famosa causa di fr. Girolamo Savona- rola, che in quel tempo fece tantostrepi- to, e lo sentenziò, per cui perì nel fuoco neh 498, e ne tratta Lamberlini, Deca- noniz. lib. 3, cap. 25. Benché vivente la moglie, nel maggio o giugno i5o3j Ales- sandro VI lo creò cardinale prete de' ss. Gio. e Paolo. Riuunziala la chiesa di Sor- rento, fu fallo amministratore di Lerida, e secondo Cordella nel i5o3 da Pio 111

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di Fermo: pare che non si recasse mai a Fermo e che per di lui opera succedesse l'unione del priorato di s. Maria a Mare alla mensa capitolare, dandosi principio sotto di lui alla fondazione del monastero delle suore di s. Chiara. Da Giulio nel i5i I fu fatto vescovo di Palermo, poi di Perugia per pochi mesi: in Palermo edifi- cò nell'antico episcopio il monastero dis. Chiara, e nel 1 5 1 3 vi fu nella città intro- dotto il tribunale dell'inquisizione. In as- senza di Raimondo di Cardona, che andò aRavenna a cacciar i fiancesi capitanati daLuigi XII, sostenne la carica di .viceré di Napoli, ove poscia ritornò per sottrar- si allo sdegno di Giulio II. Leone X nel 1 5 1 3 gli conferì le chiese di Sarnoe Gal- lipoli, al qua le neh 5i 7 rinunziò per quel- la d'Albano. Accettissimo a Leone X, si trovò presente al compimento del con- cilio Laterano V, e fu deputalo per uno de'giudici della causa di alcuni cardinali cospiratori contro lai Papa, ed interven- ne a 3 conclavi. Morì in Roma nel 1 5 1 8, d'anni 56, e fu sepolto nella basilica Li- beriana, con sospetto d'essere ancor vivo, per quanto dissi nel voi. VI, p. 208.

RENATO (s.),palrono d'Angers. Non ha nessuna esalta notizia della sua vi- ta. La tradizione della chiesa d'Angers porta che fu discepolo di s. Maurilio, e vescovo di essa chiesa, lo che molti au- tori hanno negato; e che indi passò al ve- scovato di Sorrento in Italia. Credesi che le sue reliquie sieno state portaleda que- sta città ad Angers, ma non si sa in qual tempo. E' però certo che il corpo dis. Renalo era ad Angers nel IX secolo> e vi è ancora presentemente nella cattedrale, ove il sanlo si onora come patrono in un colla B. Vergine, celebrandovisi la sua fe- sta a' 12 di novembre.

REINDINA. F. Rhendina.

RENDITA ECCLESIASTICA , Re- diluSy Proventus , Vectigalis Ecclesiae. Beni di chiesa , Benefizio ecclesiastico. Decime, Pensione ecclesiastica. Preben- da, Oblazione, Patrimonio della chiesa.

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Palrlmonìo ecclesiastico, e tutto il tem- poiJile ad esso annesso. In questi e altri ariìculi teoni proposito (.leltagliato come i Chierici (F.) si sostentassero nel prin- cipio del cristianesimocollelimosine eof- feite o pie volonlarie oblazioni de'feileli, dalle quali derivaronoledeciiiie.ecclesia- sliche pel necessario manlenimenlo dei ministri della Chiesa, quindi provennero gli stabili possedimenli del clero seccia- recregolare, o per donazioni operaccpii sii, di che trattai ancora a Regalia, di- cendo delle ampie signorie temporali da amboi cleri possedute, non che dalle /e- ligiose, anche con sovranità; quindi della loro diminuzione e decadenza per dissi- pazioni e usurpazioni. Dissi pure ne'cita- ti articoli e ne' relativi della quadrupla divisione di queste rendile, che durò più o meno secondo i luoghi ; cioè che una parteera devoluta al ] escovo (/^.); altra ai Clero[F.), in cui parlo pure dell'anti- ca vita comune de' chierici; altra per la f.ibbrica della Chiesa e Cullo [!'.), come pel Palazzo [f^-) vescovile, ove pur no- tai la durata <ii questa disciplina; altra porzione pei Poveri, Pellegrini e Ospeda- '' (''•)■ Questa divisione delle rendite ec- clesiastiche ebbe origine sino dal i.° con- cilio di Gerusalemme {F.), celebrato da s. Pietro, la cui amministrazione fu data a' Diaconi (F.); poscia pel disposto del Pontefice s. Anastasio I del 4^2 i' inco- minciarono ad esei citare i vescovi, ai qua- li la regolòs. Simplicio Papa del 467 con norme opportune, avendo in precedenza decretalo s. Pio 1 del 1 58 che le posses- sioni date pel servizio divino non poles- «ero impiegarsi ad altri usi. La polizia <lflla Chiesa sulla divisione canonica dei à>eni in 4 parti fini con assegnare una 4«' porzione di rendite ecclesiastiche ai ve- scovi, «Ile chiese, al cleiOiai poveri, ces- sando ne'xagri pastori l'obbligo della qua- druplice <li visione, per essere ad essi ri- rnoila lu sola antica Z^.' parte loro dovu- ta per proprio sost(*ntam«-nto, ches. Tom- iiiusu chiama beni propri dello flesso ve-

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scovo. Il cardinal Vio o Gaetano ne' Com- mentari su detto s. Dottore, asseverante- mente dice che se i beni della mensa ve- scovile sieiio notabilmente soprabbon- danti all'onesto mantenimento del pre- lato , a buona ragione si devono presu- mere a lui conferiti cornea padre de'po- veri. In ogni tempo i Papi, i véscovi, i concilii emanarono saggie ed utili leggi a tutela di tutti i rami e provenienze del- le rendite ecclesiastiche, il che si può ve- tlere in lutti gli ailicoli relativi, come Pa- trimonio DELLA Chiesa , Patrimonio ec- clesiastico, Beneplacito apostolico, En- fiteusi, Livello, Congregazioni cardi- nalizie che per la santa Sede vegliano al- l' osservanza de' ponliHcii decreti e sagri canoni, sia per 1' uso che pel manteni- mento. Egualmente i Papi, i vescovi, i concilii costantemente tutelarono, dife- sero e protessero le rendile ecclesiastiche dagli avidi e sacrileghi usurpatori che in tulli i tempi insorsero , d' ogni grado e condizione, come dai loro dilapidatori e dissipatori, onde originarono i Difensori della Chiesa{F.). In tutte l'epoche sfron- tatamente vi furono eretici che l' impu- gnarono e perseguitarono per ingoiarse- le; ed a Mano dichiarai perchè vennero appellati mani morte i beni de' Luoghi Pii e dt Regolari {^F .y In Germania prin- cipi acattolici s'impossessarono de'beni e dominii della chiesa cattolica, col pretesto delle sedicenti riforme religiose, o colla prepotenza del più forte, tanto nella fa- tide pace di fFestfnlia, in cui si aboliro- no tanti vescovati, ledi cui signorie si [)re- sero i princijìi Protestanti {^f.),co\\\iì ne\ declinar del passato secolo, al moilo det- to a Germania, hi Inghilterra [F .) e in Irlanda (F.) le immense ricchezze del clero cattolico le usurparono i prelesi ri- furmati della falsa chiesa anglicana, che se le godono lautamente colle loro moglie iigli, lasciando opulenti eredità; mentre i zelanti e operosissimi cleri cattolici sono poveri (! vengono mantenuti dalla pietosa ^cncru.silà di quegli ultimi cullulici. L'u«

REN l'igine dunque delle lentlite ecclesìaslìche deriva dalla comunità de' beni de'primi cristiani, ma non come pretenderebbero gli odierni sostenitori de' fuialissimì Co- viiiiiismo e iyc)6vV7//.$/7/o, deli vati dall'em- pio Panteismo ^/^.j, poiché non deve in- tendersi, come se i particolari fossero ob- bligati di vendere i loro beni per farli co- muni a tutti i fedeli. Per non cadere ne- gli errori de'fanatici Anabattisti{^F .) edel loro capoparte Muncero, che voleva la comunanza de'beni e delle fortune come tulli discendenti dal comune padre Ada- mo, conviene mettere una gran differen- za tra un uso, il quale non fu se non nel- la chiesa di Gerusalemme, ed una legge divina, dalla quale niuno può mai esse- je dispensato. Non v'era altra legge che obbligasse a questo i fedeli, fuorchèquella della carità. Gli apostoli non ignoravano le costituzioni di Mosèinfavorede'poveri, per impedire che non si riducessero alla mendicità; ed i suoi libri contengono mol- tissime leggi, che obbligano i ricchi a ren- dere i loro beni comuni a'poveri in mol- te occasioni, essendone una delle princi- pali quella che proibisce l'usura co' loro fratelli, qua le egualmente vieta la Chiesa e per eliminarla favorì l' istituzione dei Monti di pitta {/•)• Non si deve adun- que cercare verun'allra ragione di que- sta comunità di beni, che fu in uso nel nascimento del cristianesimo, se non nel- le leggi della carità che restano sempre le medesime, quantunque l'uso ne sia di- verso secondo le diverse occasioni. Sic- come i primi fedeli viveano in società, ed eravi tra loro un numero grande di po- veri, quelli ch'erano provveduti di beni e di fatollà erano obbligati a venderli per sovvenire a' bisogni dei loro fratelli. Gli apostoli si conformarono all'uso ch'era già stabilito nelle Sinagoghe (^.). La Colletta (P^.) di questua facevasi ne'gior- ui delle loro adunanze, ad imitazione de- gli £Z'm(/^.),e ciascuno accumulava nel- la settimana quel più che poteva per dar- lo a quelli clte aveunu la cura di racco-

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gliere le limosine. I ministri della Chiesa non aveano a quel tempo altre rendile, fuorché quelle che raccoglievano dalle li- mosine de'fedeli, e s. Paolo conforme al- le parole del fondatore della Chiesa Gesù Cristo, dichiarò che quelli che annunzia- no l'evangelò debbono anche vivere del- l' evangelo, e che quelli che servono al- l'altare debbono partecipar di quello che viene offerto sull'altare. Per la distribu- zione delle limosine gli apostoli istituiro- no i diaconi, riserbandosi a loro la prin- cipale ispezione sull'uso. Queste rendite ecclesiastiche essendo piuttosto sussidii che beni veri, quindi non v'era bisogno di formalità per consagrarli alla Chiesa, poiché non erano fìssi, e le leggi dell'im- pero non permettevano «'cristiani di pos- sedere beni stabili , disciplina che durò sino ai tempi di Costantino, il quale per- mise alle chiese di possedere beni immo- bili e di ricevere eredità. In quel tempo pertanto le chiese ìnconunciarono a es- sere dotate, come lo erano i templi de'pa- gani, perchè le adunanze de'cristiani non furono più considerate come conventico- le. L'imperatore Costantino accordò loro grandi privilegi, e permise ad ognuno di dar loro beni stabili d'ugni sorte di pos- sessioni, ed egli stesso ne donò, edifican- do niolte chiese. Volle anche che eredi- tassero i beni de'martiri, delconfessori e di quelli ch'erano stati esiliati per la fé- de,quando non comparivano i verieredi. Divenuta la Chiesa più ricca sotto i principi cristiani, in diversi luoghi fu me- no virtuosa, come declamano s. Girola- mo in Fila s. Malachia s. Gio. Grisosto- mo, homil. 86 in Matik.j s. Agostino che non volle accettare l'eredità che si offri- rono alla sua chiesa, acquistar case o terre, impiegando in santi usi il denaro che riceveva, anzi non ammettendo chie- rici se prima nop aveano rinunziato a'io- ro beni per una maggior perfezione, co- me si legge in Possidio, e. 24 in Vita s. Aiig. Nel 398 il concilio di Cartagine, cui intervenne s.Agoslino,decretòcol cun. 1 3:

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Il vescovo fleve usare tle'beni della chiesa come di quelli elicgli sono stati dati in de* positoenon comedi propri. Quantunque i vescovi e i diaconi avessero in quel tem- po la cura delle rendite ecclesiastiche, ciò non impedì che non vi fossero molti a- busi nell'amministrazione delle niedesi- ine; il che obbligò, prima del cartagine- se, il concilio di Gangresn fare un edit- to contro gli Eus lazi ani [F.), \ quali di- videvano fra di loro i beni di chiesa : inoltre decretò il concilio che il solo ve- scovo e quelli cui avrà commessa la cu- ra delle rendile ecclesiastiche, potranno ricevere e distribuire quello che veniva donato alle chiese. Ma alcuni vescovi a- busarono del loro potere, perchè essen- do nella maggior parte poveri e carichi di famiglia, trattenevano una parie dei beni ecclesiastici per sostentarla. A met- tere un argine a questo disordine, fu lo- j-o permesso di dare qualche cosa ai Pa- renti [!'.), s'erano poveri, vietando loro la vendita de'beni stabili delle chiese. Il concilio d'Antiochia ordinò ni vescovi che rendessero conto dell'amministrazione delle rendite al sinodo provinciale: e per- chè non si confondessero i beni ch'erano propri de'vescovi con quelli appartenenti alle loro chiese, ciascun vescovo appena tielfo dava una nota de'beni che posse- deva, i quali erano separati dai beni di sua chiesa, e ne disponeva liberamente anche per testamento a piacere, secondo le disposizioni delle leggi civili. Adonta di tali precauzioni, molti vescovi facen- dosi sempre padroni de'l)eni ecclesiasti- ci, fu d'uopo creare Economi (^.), che ne avessero ciua, aftinché i vescovi po- tessero attendere meglio alle funzioni del loro ministero. Essendo eletti dai vescovi e il mule sussistendo, il concilio di Cal- ccdonia ordinò che f(jssero scelti tra il cle- ro, e che i ve.scovi non avessero più liber- tà d'untniinislrare d.i per se le rendile della chiesa. Il potere degli economi fu minore n<;llc chiese d'occidente, ove per- chè le rendile delle chiese dud si distri -

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buivano con equità, fu come dissi sta- bilita la divisione in 4 pf»i'li; e (irazia- no, caus. i 2, qn. 2, cap. 23, riporta una lettera di s. Zosimo Papa del 4 ' 6 pe'"- ciò anteriore a s. Simplicio, indirizza- ta ad un Arcidiacono (A^.) economo , nella quale si fa menzione della distribu- zione, senza permettere smembramenti, come pretendevano alcuni ecclesiastici. Di poi s. Gregorio I del Sgo nel confer- mare la divisione, come aveano fatto al- tri Papi, dispose che la porzione del ve- scovo non fosse solamente per lui, ma per tutte le persone che gli saranno necessa- rie per mantenere l'ospitalità. Avendo» vescovi niosso litigio al clero sidla por- zione, s. Gregorio I decise a, favore del clero, e scrivendo ad Agostino vescovo degl'inglesi, gl'inculcò di conservare la co- munità de'beni di chiesa in quella nazio- ne, e di non introdurre quelle partizioni, che pretendevano i preti contro il clero o presbiterio vescovile, cui volevano la- sciare una sola 3." parte di loro porzio- ne. La chiesa orientale non dividendo i beni evitò i disordini cui sogi];iacque l'oc- cidentale, anco perchè i barbari occupa- tori di molte provincie dell'impero in- trodussero cambiamenti nella disciplina della chiesa occidentale. Gli economi cu- rando ancora le rendite in sede vacante e distribuendole a chi si appartenevano per diritto, insorsero gravi dinicoltà per- chè molli ecclesiastici avendo il proprio patrimonio o per acquisti fatti, nella loro morte talvolta non si distinguevano da quelli spetlanli alla chiesa, per cui non . pochi opinarono che quelli che viveano de'beni di chiesa non potessero ritenere il loro patiimonio. Nella chiesa d'occi- dente fu proibito agli ecclesiastici di di- sporre de'beni di chiesa, la quale prende- va l'eredità del vescovo se moriva senza aver fallo testamento, in mancanza d'e- redi. /'. Spogli. L'imperatore Giuliano rivocò i privilegi di Costantino, e tolse alle chiese i beni, allegando per preteslo che la perfezione della religione cristiana

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consisteva nella povertà. Benché i suoi e- (litli fiironu poi rivocali da Valeiitìniano J^noii ristabilì tutte le grazie fatte alla Chiesa da Costantino, ed i successori fu- rono ancor meno liberali. Invece luolti preti e monaci, non senza arti(lzio,si pro- curarono i beni de'particolari, massitue dalle vedove, come si può vedere negli /^/i- nali di Baronio, e utWEpist. di s. Giro- lamo a Eustochio, e di s. Ilario m Coinni. in Psalm.j per cui Valentiniano !_, Va- lente e Graziano fecero leggi coulro sif- fatti abusi.

L'oiigine delle rendite ecclesiastiche de* Monaci{l\) ebbe principio coMavo- ro delle proprie mani, dalle liinosine par- ticolari e da quelle che loro distribuivano i vescovi se bisognosi, alcuni conservan- do qualche cosade'luro privati palrìmo- ui,ijnchè ebbero oratorii e chiese conti- gue a' loro monasteri; laonde le limosina si raddoppiarono e il popolo cominciò ad abbandonarle Parrocchie [F^.), per an- dare alle loro chiese; quindi eressero bat- tisteri e amministrarono i sagramenti, per lo che incominciarono quelle questioni che trattai puie a Religioso:s. Gregorio 1 permise che celebrassero iie'loro mo- nasteri, onde alcuni credono che da que- sto principalmente sieno venute le Messe {V.) private, le quali furono di molto vantaggio e utilità a'monaci, e produssero rendile alle comunità religiose, massime per le messe de'defunli, come ancora la jnolli|)licazionc degli altari per celebrar- le e l'origine delle cappelle. Tutto ciò iu oriente già si praticava. I barbari con- quistatori s'intrusero nell'elezione de've- scovi per nominarvi persone a loro di- vole, e quel che fu più pernicioso e fa- tale alla Chiesa, si è che i principi e gli al- tri signori non fecero più distinzione dei beni consagrali a Dio, da quelli profani. Convenne sottomettersi alla necessità dei tempi, e le gran guerre che si successero furono cagione che la maggior parte dei beni della Chiesa cadde in mano de'laici, sebbene in gran parte poi tornaroDO alle

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cattedrali e ai monasteri, anche per re- stituzione. Quando le amministrazioni de'beni ecclesiastici furono erette in be- nefìzi o titoli perpetui, gli ecclesiastici che erano stipendiati dai capitoli cattedrali, dai monaci ed anche dai laici pei Padro- nali (/ .), diventarono vicari perpetui e curati ; ma la porzione migliore de'beni restò a'canonici ed a'monaci. Ritrovausi nelle formole di Marcolfo molti atti di ces- sioni e donazioni in favore de'tnonasleri, delle quali in tanti luoghi tenni proposito, come a Regalia, le più comuni dicendo : M Io N. figlio di N. donoal monastero... per rimedio.... o per riscatto dell'anima mia i beni.... ovvero, per rimedio dell'anima di mio padre.... o di mia madre, " senza dichiarare il numero delle messe. Altre formole sono circostanziate e con obbli- ghi particolari, che i benefattori addos- savano ai monasteri. Avendo i monaci collegati pii acquistalo estesi terreni, potendo tutti coltivarli, fecero una spe* eie d'allittanze enfiteutiche dette Convc' nientiacj ignorandosi allora per lo più le leggi canoniche che proibivano l'aliena- mento e il fìtto per lungo tempo de'beni ecclesiasticijil perchè vescovi e abbati ven- devano e permutavano tali rendite senza consultare i Papi e invocarne l'autoriz- zazione. Vi fu un'altra specie contrat- to chiamato Precario^ che portò gran- di ricchezze ai monasteri. Consisteva in una donazione che facevano i particolari de'Ioro beni alle chiese, dalle quali olte- uevano lettere che si chiamavano Preca- rias o Precatorias , e gli stessi beni per possederli per una specie d'afhltanza enfi- teutica; imperocché la maggior parte fa- cevano aHìltanze per 5,6 o 7 generazioni, a condizione di dare alla chiesa o mona- stero una certa reudita ogni anno: il po- polo dava assai più volentieri i suoi beni alle chiese, quando ne riservava l'usu- frutto per lungo tempo. Terminale le ge- nerazioni, i possessori de'beni diveniva- no fìttaiuoli con annua corrisposta, con condizione di migliorai^. Le persone che 9

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abbracciarono la vita monastica e quelli che in essa professarono ii vivere d'ana- coreta, contribuirono molto ad arricchi- re i monasteri, colla cessione de'propri beni o di quelli che ereditavano; allret- tanfo praticavano le vedove e le vergini che si facevano Religiose (f^.). I privilegi de'Papi e de'principi accordati ai mona* steri, contribuirono essi pure a conser- vare ed accrescere i loro beni: di que- ste franchigie, esenzioni e regalie parlai a'Iuoghi loro, oltre le fondazioni magni- fiche de'principi stessi; quindi incomin- ciarono Vliivesliliire ecclesiastiche (f^.), che produssero tante turbolenze nella Chiesa e lagrimevoli scissure tra il sacer- dozio e l'impero. Ma i gran beni goduti dai monaci, l'occupare i capitoli di tante cattedrali, anche colle dignità proprie del clero secolare, dierono gelosia ai canoni- ci, ai vescovi^ ai principi, quindi nacque- ro grandi contese, principalmente in In- ghilterra : questo agevolò ai preti seco- lari il modo di rientrare nelle chiese cat- tedrali e negli altri benefizi, secondo le regole del gius comune. Ma delle infinite benemerenze del monachismo colla Chie- sa eia società, learti eie scienze, in più ar- ticoli celebrandole ne trattai: a' monaci si debbono eterne obbligazioni de' servigi prestati alla Chiesa in tempi, in cui i preti secolari erano immersi nelle passioni u- mane e nell'ignoranza. Avendo merita- to la benevolenza e protezione de'Papi, anche per questo furono presi di mira, quando si volle combattere la possanza del pontificato romano e l'ampiezza dei suoi dominii temporali. Prima di accen- nare quanto riguarda le rendite della chiesa romana, e quelle private de'l'api, cardinali e prelati,. riporterò i principali canoni de'concilii sulle rendite ecclesia- stiche.

li concilio d'Orleans del 5i i nel can. Sdichiarò: I frutti della terra che le chie- se posseggono per liberalità del re con e- senzioncdi nggrnvi.saranno impiegati nel risorcìmcDtu delle chiese, in alimculo dei

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preti e de' poveri, e nel riscattare degli schiavi. Il concilio di Toursdel 506 col can. 24 stabilì: Che gli usurpatori de'be- ni delle chiese sono come omicidi de'po- veri; se persistono nel loro usurpo dopo 3 ammonizioni, bisognerà raunarsi tutti d'accordo co'nostri abbati e priori, e col nostro clero, e poiché non abbiamo noi altre armi, recitare nel coro della chiesa il salmo 108, per trarre sopra di essi la maIedizionediGiuda,in guisa ch'ei muoia non pure scomunicato, ma anatematizza- to. Il concilio di Nantes delI'Soo col can. 2 decretò: Bisogna istruire i preti, che le decime e le oblazioni che ricevono da'fe- deli sono l'alimento de'poveri, degli stra- nieri e de'pellegrini, e quindi che non deb- bano usarne come di cose sue, ma risguar- darlecome beni dati loro in deposito, sa- pendo che ne renderanno stretto conto a Dio, e che se non le dispensano fedelmen- te, a quelli che sono in necessità, ne sa- ranno puniti severamente. La stessa dot- trina è insegnata dal conciliodi Toursdel- VS 1 3, can. io; da quello di Chalons del- r8i4,can.6;da.queilodi Parigi dell'S 29, can. i5;daquellod'Aquisgrana oAix-la- Chapelledell'S 1 6, can. 8. In questocol can. 1 07 si dichiarò: La ragione sopra la quale sono fondate tutte queste autorità si è, che tutti i beni della Chiesa sono stati offerti e dati dai fedeli a Dio e alla Chiesa, e non a'benefiziati, e che per conseguenza que- sti ultimi non ne hanno il dominio; che i fedeli gli hanno dati per redimere i loro peccali, secondo il linguaggio ordinario de' Padri e de' concilii,che li chiamano il prezzo e il riscatto de'peccati; dal che ne segue che i benefiziati non hanno il dominio di que'beni, e che non possono senza ingiustizia distrameli dagli usi pìi n'qnali erano destinati, per impiegarli e consumarli in usi profani, e che non ne possono prendere, se non quanto è ne- cessario per l'onesto loro mantenimento. Quelli che hanno beni propri, non pos- sono trar sussistenza dalla chiesa, e ap- propriarsi COSI ciò che deve servire per

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alimento de' poveri, senza commettere grave peccato, e Io Spirito santo dice de- gli ecclesiastici per bocca del profeta O- sea: Eglino mangiano i peccati del popo- lo mio. Il concilio II di INiceadeir887,can. 12 dichiarò: Il vescovo che ha ricevuto l'amministrazione de' beni della chiesa, deve riflettere che Dio lo sta osservan- do, e che non gli è permesso d'appro- priarsene, o di dare a'suoi parenti qual- che parte de'suoi beni, che sono di Dio; ma se sono poveri deve sollevarli alla ma- niera degli altri poveri. Il concilio Late- ranense HI del i lyg disposecol can. i5 : Gli acquisti fatti per mezzo delle rendite ecclesiastiche, non potranno essere tolti alla chiesa dai benefiziati in vita, in morte; e facciano o non facciano te- stamento, questi beni devono restare alla chiesa. 11 sinodo di Parigi del i5o3 di- spose: Noi proibiamo espressamente agli ecclesiastici di far cattivo uso di ciò che posseggono, e di disporre per testa men - tode'loro beni ecclesiastici, altriment^i che in favore della chiesa; imperciocché i sa- gri canoni lo hanno sempre proibito, e non lo possono fare senza rendersi rei d'u- na specie di sacrilegio. Il concilio di Tren- to, sess. ■y.Sde Reforni. e. r , stabilV.E proi- bito ai chierici d'arricchire i loro parenti e amici de'beni della chiesa, prima per- che i canoni degli apostoli lo proibiscono, e poi perchè questi beni appartengono a Dio, e per conseguenza non ne sono pa- droni.Lostessoconcilio li esorta, perquan- to è in loro potere, di disfarsi del tulio di questo affetto disordinalo pe'Ioro fra- telli, nipoti o altri parenti, ch'è una sor- gente di tanti mali per la Chiesa. Il con- cilio di Magonza del i549 ^^^ "^^"' 7^ decretò: Poiché l'Apostolo giudica inde- gni di mangiar e di vivere, quegli oziosi che mangiano a spese altrui con pane, cui non si. prendono pena di guadagnare, quanto non sarà più formidabile il peso della indignazione divina, che sovrasta a que'minislri della Chiesa, i quali senza rcuderlealcun servigio, consumano le sue

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rendite, che altro non sono che il patri- monio de'sanli Martiri, e i doni che i pii fedeli destinavano al mantenimento del santo ministero. Si può vedere Dataria, Commenda, R.4ssegn azione de' benefizi. Regresso.

La chiesa romana fino dai suoi pri* mordii per le oblazioni de'fedeli fu in gra- do di esercitare la sua generosità, col soc- correre con copiosi sovvenimenli i biso- gnosi di rimolissimi luoghi, massime quel- li che nelle persecuzioni erano condanna- li per la fede a scavare i metalli, o a lon- tano esilio dalle lore patrie, a'quali i Papi veri ^aùvi <\q' Poveri [P^ .) costantemente aiutarono, non solamente fino all'ultima persecuzione di Diocleziano, come attesta Eusebio, ///i^ eccl. lib. 7,cap. 5,che in essa vivea; ma anche in ogni tempo, co- me avverte Baronio anno 44» "•" 68, e s. Leone I nel Semi, 5. La fierezza delle per- secuzioni non fece isfuggire ai vigilanti Papi le loro munifiche provvidenze nel- le più lontane parti del mondo, anche pel soccorso delle chiese. Seguendo questo costume, si distinsero amorevolmente s. Solerò del 1 7 5, e s. Dionisio [Z"^.) del 2G i : quanto costantemente fecero i benefici successori colle rendite della romana chie- sa, lo descrissi in un gran numero di ar- ticoli, aElEMOSINERIA AP0ST0LICA,a ClIIE-

SE, Ospizi, Ospedali di RoMA,ec. A'tempi di s. Cornelio Papa del 2 54, S'^ '^ chiesa romana, oltre il clero, colle sue rendile manteneva i5oo vedove, ed un numero grandissimo d'altre persone. Nel 3 1 3 Co- stantino nel dar pace alla Chiesa, donò a Papa s. Melchiade il palazzo Lalerano e rendite bastanti a mantenere il decoro della suprema dignità, come narra San- gallo. Gesta de' Pontefici t. 3, p. 375. Ri- ferisce s. G\\'o\&xno , Epist. 38, cheilcon- sole Pretestato soleva dire a s. Damaso I del 367: Fatemi vescovo di Roma e su- bito mi farò cristiano. Tanto già erano vistose le rendite della s. Sede. A Patri- moni DELLA chiesa ROMANA dissi che già

nel IV secolo possedeva patrimoni ino*

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rienlecon pìngui rendite; che dava fon- di alle chiese, monasteri e spedali con an- nuo canone, e che nel pontificato Pe- lagio I del 555 possedeva patrimoni in oc- cidente, mentre in quello di s. Gregorio I del 590 i patrimoni erano 23 con vistose rendite fe l'esercizio delle regalie superio- ri. Sotto s. Gregorio li e verso il 726 in- cominciò ìaSovra?iilà(^P^.) temporale dei Papiedellas. Sede; quindi da allora e me- glio fioodaAdrianol del 722 i Papi eser- citarono in Roma la piena amministra- zione delle cose civili, aumentandosi suc- cessivamente il principatodella chiesa ro- mana, con grande incremento di rendite, onde sempre più i Papi poterono aumen- tare gli uflìziali numerosi della Corte e Curiaroniana e àeWa Famiglia pontificia (/^.); quindi ebbero origine ancora la Ca- mera apostolica (^.), il Fisco pontifìcio (f^cdijOve parlai di quello de' vescovi), l' Arcario o Tesoriere (fedi, al quale arti- colo parlerò delle renditedello stato pon- tificio), il Camerlengo (F'.). Inoltre im- mensamente si accrebbero le rendite col- l'aumento del Denaro di s. Pietro (F.), incominciato nel 725, cioè pio tributo che diverse nazioni cristiane pagavanoal- la s. Sede, da Ina re di Wessez o de'sas- soni orientali in Inghilterra, che alla me- desima fece tributario il suo regno. Quin- di altri regni in gran numero si dichia- rarono Stali tributari della s. Sede {F.), con annuo censo. I sagri pellegrinaggi ad Liniina Apostoloruni [F.) vieppiù cre- scendo, il concorso a Roma fu frequente di persone d'ogni nazione, rango e digni- tà, tutti facendo pie ollerte a s. Pietro. A Regina parlai delle rendile di Raven- na da Gregorio V cedute all'infelice im- peratrice Adelaide, e dell'altre ospitalità usale con altre disgrazia te sovra ne dai Pa- pi colle rendite della romana chiesa. Mei io5()con investire Nicolò li i normanni dc'rcgni diNnpolic Sicilia, ch'erano della t. Sede, ne incominciò l'annuo censo alla criniera apostolica. In moltissimi articoli raccoului lo splendido uso fallu dai Pupi

REN delle rendile, con aiutare i sovrani nelle guerre, massime contro i nemici del no- me cristiano, cont ro gli scismatici e gli ere- liei, e per le Crociate (F.), anche colla Milizia e Marina (F.) pontificia. Chie- se, monasteri, vescovi e n.izioni, tulli pro- varono gli eiretli (Iella pontificia muni- ficenza, che per loro giunsero i Papi per- sino a indebitarsi, come dichiarai a Luo- ghi di Monte (F.). Con queste slesse ren- diteeressero innumerabili monumenti di pubblica utilità, di abbellimento, in Ro- ma e ne'loro domini! temporali. A Mo- neta, ed a Prefetto di Roma narrai co- me nel secolo XII insorsero gli arnaldi- sli a combattere le rendile della chiesa romana, ribellando i romani, colla pre- tensione che al Papa ed ai chierici ba- stavano le decime e le oblazioni: Clemen- te III si (pacificò co'romani,cedè loro una 3." parte delle rendite e ripristinò i Pre- sbiterii(F.), donativi che i Papi davano in alcune solennità. Sono troppo neces- sarie le rendile al Pontefice, non solo pel mantenimento del lustro di sua sublime dignità, e de'numerosi ministeri in ser- vizio di tutto il mondo cattolico, ma sicco- me padre comune per esercitare eziandio le sue beneticenac con tanti e lanli mi- lioni di sudditi spiriluali,che in ogni epoca le sperimentarono al modo che descris- si in diversi articoli; ed a Gerusalemme notai che il già re Giovanni di Brenna ebbe da Onorio HI il governo del Patri- moiiio di s. Pietro per sostentamento di sua persona. Abbiamo dall'annalista Ri- naldi all'anno 1289, n," 40j che Nicolò IV ordinò che certe rendite della chiesa romana, da lui espresse in una costitu- zione, si dividessero in due parti, una del- le (|uali entrasse nella camera apostolica, e l'ultra si dividesse Ira 'cardinali ; l'uso della qua! costituzione si è poi tralasciato per giuste cagioni, provvedendosi ai bi- sogni de'cardinali dal Pontefice con altre rendite. Novaes nella Sluritiàì lui Pupa, citando Rinaldi, eSpondano, /^///irt/. ec- cl. an. 1 2(j2, u.° 3, dice che Nicolò lY

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clivise le rendite della chiesa romana in due parti, una delle quali rimanesse al J'apa, l'altra fosse spartita tra'cardinali. Plettemberg, Not. Curiae Uomanae p. 471, riporta che le Annate, ad subven- lionc/n Papae et cardinalium indigen- tiiiin introductae sitnt. Nel voi. XIX, p. I i4e I 1 5 parlai delie Annate istituite nel I 892 da Bonifacio IX, pei bisogni della s.Sede e della Chiesa universale. A Piat- to CARDINALIZIO, modico assegno annuo de'caidinali, trattai delle rendite del Sa- gro Collegio (F.), e del detto assegno sta- bilito da Paolo 1|, con altre analoghe no- tizie; come del Rotolo o emolumenti ap- partenenti a'cardinali, sulla quale deno- uiinaiione apprendo da Bernini, // Tri- bunalt della Rota p. 1 4, che il rotolo car- dinalitio»erat scheda modo rotae com- plicata , quam sacri Collegii computista ad singulos cardinales mittere solebat,ubi singillatim notabantur por^iones, quae ad eosin distribulionibusspectabanf."Pei bisogni della Chiesa, non essendo sufhcien- ti le rendile della s. Sede, i Papi crearono i f^acabili (P^.), cioè la vendita degli uf- fìzi e delle cariche, anche con cospicue somme, che riscuoteva la camera aposto- lica e il tesoro o erario pontificio. Leggo in Platina, Fi te de' Pontefici^ che Sisto 1 V trovandosi bisognoso di denaro, fu il i.° che ritrovò nuovi uflìci per potersi ven- dere; in vece, come aveano fatto Pioli e Paolo 11 con altri cacciali da' turchi quando s'impadronirono dell'impero d'o- riente, mantenne onoratamente a sue spe- se Andrea Paleologo signore di Morea, e Leonardo de Tocco despota d'Albania, deposti ed espulsi dai loro stati da Mao- metto li imperatore de'turchi. Oltre a- gli altri doni che loro fece, diede 6000 scu- di d'oro di dote a Sofia Tommasa figlia del Paleologo, maritata al duca di Rus- sia. Piaccolse pure benignamente le regine di Cipro e di Bosnia ch'erano state pri- vate de'loro regni, e con molta cortesia le sollevò da ogni bisogno. In tempo di Paolo 1 V del 1 555 il Papa riceveva dalla

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Dataria {V.) scudi 6000 al mese. Qui noterò, che ora dalla medesima riceve tal somma, ma soltanto all'anno, con scudi 4ooo annui dal palazzo apostolico per l'intiero suo mantenimento; più dal me- desimo palazzo rice veannui «cudi Sooper l'occorrente alla segreteria particolare, ed ogni due anni scudi 2000 per l'acconcio o vestiario domestico, in tuttoseudii i,3oo annui! A questo tenuissimo assegno si de- vonoaggtungere,ani)ui scudi 6000 prove- nienti dalle sovrane regaliesui sali e tabac- chi, e le tasse concistoriali che si possono valutare da i o a 1 5 mila scudi annui, qua- lora vi .sieno molli concisione provviste di benefizi concistoriali. Tuttociò non ha bisogno d'alcun commento^ per ammira- re la virtuosa e edificante moderazione de'sovrani Pontefici, mentre con si limi- tate som me debbono nutrirsi, vestirsi, far limosine e doni secondo il loro cuore sem- pre generoso, benigno e paterno con tut- ti; al modo che vado riportando in tanti artìcoli, ed a quelli di Gregorio XFl e Pio IX[F.)j di splendide elargizioni che sono note, altrimenti assai maggiori sa- rebbero i molteplici tratti di loro ponti- ficia munificenza da doversi registrare. Volendo ricordare fatti contemporanei, le eredità di Pio FU, Leone XII, Pio FUI è Gregorio XFI ( F.), formano il più grande elogio del pontificato romano e sono luminosa testimonianza e prova dell'esemplare discrezione e disinteresse de'Papi, che non prendono un soldo dalle pubbliche reudite e altre casse ò prodot- ti, argomento che si potrebbe sviluppare con riflessi i più gloriosi a decorò e ve- nerazione de'raedesiroi. P«v quanto ri- guarda il Nepotismo, V. PAnEsTC. *^aolo IV impiegava i delti scudi 6000 in li- mosine, e sebbene si trattasse maestosa- mente, visse con mirabile frugalità, vo- lendoche l'esteriore del principefosse no- bile e quale si conviene a tanta altezza di grado. Riferisce Novaes, che Sisto V di suo privato peculio spese pegli acquedotti di Roma quantoriportai nel voi. I,p. 78.

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Per le opere sue grandiose e pei bisogni della Chiesa, senza aggravare il lesero o erario pontificio della qamera apostolica, aumentò il numero de'Iuoghi di monte e de' vacabili , assegnando pel pagamento de' frutti de'primi diverse annue rendite e Gabelle, e \i comprese se. 4^00 dell'ap. l>aìia àe\ìe Poste pontifìcie (f^.), che i pre- decessori a veano riservato a loro mauteni- mento. Alle moderate pontificie magnifi- cenze de'Papi verso de'cardinali, che no- tai a Putto CARDINALIZIO, aggiungeròche Gregorio XIV appena eletto distribuì se. 1 000 a gran parte de'54 cardinali che in- tervennero al suo conclave, fece alcuni doni a'Iuoghi pii, e volle che la propria famiglia vestisse sontuosamente. Si legge nella vita di Clemente X, che tutti gli e- inolumenti spettanti alla borsa del Pa- pa, fossero depositali nel monte di pietà, con animo di prevalérsene in pubblico benefizio. Il ven. Innocenzo Xl\P^.), nei i3 anni del suo pontificalo non prese un quattrino dalle rendite pontificie^ le quali volle che si applicassero per pagare i de- bili della camera apostolica. Merita ri- cordo Innocenzo XIJ {/^.), per avere a- bolito il nepotismo e gli uffizi venali, e per le somme immense che spese coi po- veri. A Clemente XI in morte furono tro- vati 60 scudi e la lista di 600 famiglie che viveano di sue limosine, per le quali impiegò più di 5 milioni di scudi, seb- bene la rendita stabile del Papa, di cui allora liberamente disponeva,dopo le spe- se necessarie al mantenimento della per- sona,non sorpassa va annualmente la som- ma di 5o,ooo scudi, come attesta Oltie- rì, Storia (tliuropa t. 7, lib. 20. Il suc- cessore lniK>cenzo XllI come i predeces- sori si collegò co'principi cristiani per fre- nare la [K)ssanza ottomana, esorlò i car- dinali ad aiutare i cavalieri gerosolimi- liini presi di mira, con denaro, ed egli pel i.'loro diede sondi io, 000 della cantera apostolica, ed altrettanti della sua borsa privata, non ottante l'essere onnai s'i li- mitate le rendite dcslinule all'uso dome-

REN slieo de'sovrani Pontefici, che appena a- scendevano al suo tempo a scudi 44)Of'0 come riporta l'Ollieri t, 8, il quale essen- do suo cavallerizzo, afferma di saperlo con sicurezza. Innocenzo Xill pose a dispo- sizione di Giacomo III 100,000 scudi per ricuperare il suo trono d'Inghilterra; ed ì mobili che aveano a lui servito e del valore di 3o,ooo scudi. Benedetto XIII li donò al re, cui accrebbe l'assegno che gli somministrava la s. Sede sempre ca- ritatevolee ospitale coi principi detroniz- zati, come praticò a'noslri giorni Grego- rio XVI con d. Michele I già re di Por- . togallo (^^.). Benedetto XIV trovando e- sauslo il pontificio tesoro, ordinò diverse economie nel Palazzo apostolico (^ ,), la- sciando a beneficio delia camera aposto- lica certi diritti che entravano nella bor- sa particolare del Papa e facenti parie delle loro rendile. Invaso lo stato ponti- ficio dai repubblicani francesi nel 1798, fu invitalo l'io VI a rinunziare la sovra- nità, per l'annua pensione di 3oo,ooo lire all'anno; come rifiutò e cosa disse, lo notai nel voi. LI II, p. io3. A p. i43 rac- contai che Pio VII deportalo a Savona d'ordine di Napoleone, che gli avea oc- cupato i suoi stati, ricusò i 100,000 fran- chi mensili offertigli pel suo mantenimen- to, rispondendo al conte Salmatoris go- vernatore de'palazzi in)periali, che ne a- vea fatta proposizione: Non li accettiamo; di nulla abbiamo bisogno, e se ci manche- rà il pane, i nostri fedeli lo sapranno, e ci appresteranno il necessario. Nel voi. XXVII, p. 137, dissi come Pio VII ri- cusò le proposizioni di Napoleone, di due milioni di iianchi annui di rendila, colla sovranità e residenza in Avignone, già do- minio della romana chiesa. A Professio- ne 1)1 FEDE ricordai quelle che fanno i Pa- pi, in uno ai giuramenti di non alienare idominii tein[)oralielerendile della chie- sa romana, e gli eguali giuramenti elio prestano i cardinali. A quanto ho detto sulle modicissime rendile de' Pupi e dei cardinali, si possono aggiungere ({uellc

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limitale provvisioni de'carclinali legali e prelati delegati che riportai nel voi. XXXVll,p. 288; e quelle pure discre- lissiuie degli altri Prelati (f^.), che ser- vono la s. Sede, di che parlo in quasi tutti i loro articoli, di udizi o cariche da loro esercitate. Nel 1849 si pubblicò in Roma: Slalistica di lutti gli uffìzi ed impieghi governativi, giudiziari e amministrativi co' rispettivi assegni annui, per l'eserci- zio del dominio temporale della s. Se- de all'epoca del 1 848, non che de' tribu- nali e congregazioni ecclesiastiche. Que- sta statistica, oltreché dimostra quanto la chiesa romana e lo stato pontifìcio spen- dono pei cattolici di tutto il mondo, nei Tribunali e Congregazioni ecclesiastiche o cardinalizie (^■), serve di solenne con- futazione alle mot te calunnie lancia te con- troia s. Sede, inclusi vamente a quella che ne! governo papale pressoché tutti gl'im- piegati sono ecclesiastici. Risulta pertan- to dalla Statistica che Dell'amministra' zione dello stalo gl'impiegati ecclesiasti- ci sono 243, inclusivamente a' 1 34 cap- pellani delle carceri e case di condanna unicamente addetti al culto, onde resta- no a soli 109, ricevendo tutti annui soldi di scudi 190,316; compreso l'ordine di - plomatico,composto di 7 nunzi, con scu- di46,634; 2 internunzi,con scudi i i ,000; 3 incaricati, con scudi G4oo. Gl'impie- gati secolari sono 5,o59, ricevendo tutti annui soldi di scudi 1,186^194, senza le gratificazioni : tra questi non vi sono in- clusi i professori dell'università, gl'im- piegati de'dazi appaltati. Si deve inoltre notare, che dopo detta' epoca si secola- rizzarono importantissimi ulìizi e cariche, fra'qnali i ministeri di grazia e giustizia, e del commercio, belle arti e lavori pub- blici: che vi sono ne'dicasten meramen- te ecclesiastici de' laici con impieghi sla- bili e con autorevole influenza nella cosa pubblica, non meno de'chierici che sono amovibili. Risulta pure dalla Statistica, che ne Tribunali e Congregazioni eccle- siastiche o cardinalizie, gl'impiegati ec-

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clesiasticisono 161, ricevendo annui sol- di di scudi 36, 120; gl'impiegati secolari sono 3 16, ricevendo annui soldi di scudi 6 1,836. Si può leggere Giovanni Mar- chetti, Del denaro straniero che viene a Roma, e che ne va per cause ecclesiasti- che, calcolo ragionalo, Roma 1800, che citai a Luoghi di monte, con opportune riflessioni contro i maligni detrattori del* la Corte di Roma [f.).

'REmES {Rhedonen). Città con resi- denza vescovile di Francia, capoluogo del dipartimento d'ille e Vilaine.di circonda - i'ioedi4cantoni,a 23 leghedaNantese 78 da Parigi, in bella pianura e aria salubre, sulla Vilaine e sull'llle chealquanto più l)a$so si congiungono; ha tribunali di i .' istanza e di commercio, camera consulti- va di manifatture, borsa e altreautorilà. Quantunque senza fortificazioni , é con- siderata come piatza di guerra di 4-* clas- se, ed ha forte presidio. La Vilaiuel'al- traversa e divide in alta ebassa, insieme congiunte da 3 ponti : la parte alta ha belle strade e vaste piazze, superbi edifl- zi che la rendono maestosa, costrutti do- po il fatale incendio del 1720, che durò 7 giorni, e distrusse diversi monumenti interessanti^ in uno alla remota e fambsa torre dell'orologio. Vi si o««erva partico- larmente la piazza del Palazzo di forma quadra, un tempo ornata della statua e- questre in bronzo di Luigi XI V, e del pa- lazzo della ragione, bel monumento d'or* dine toscano, attinente alla piazza d'ar» mi, più vasta, ma meno magnifica, che ingresso all'ostello della città, già anch'es- sa decorata della statua equestre in bron- zo di Luigi XV prima della rivoluzione. Racchiude Rennes buon numero di edilì- zi pubblici, l'ostello residenza de'tribuna* li e della pubblica biblioteca di3o,ooo vo- lumi e mss. preziosi, con facciata grazio- sa sormontata dal campanile, avente di- rimpetto la torre dell'orologio; il palaz- zo della prefettura in faccia al bel pas- seggio Lamotte ; il palazzo Blossac. La cattedrale, di recente e ottima struttura,

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è succeduta all'antica di stile gotico e pe- s.inte, la cui faccia principale era il me- glio. E' dedicata a Dio sotto l'invocazio- ne di s. Pietro apostolo, essendo il capi- tolo composto del decano, del gran can- tore e di altri 6 canonici , oltre diversi numerari , ed i pueri de choro. Il capo della casa d'Espi nay era canonico onora- rio della cattedrale, e sedeva incontro a! vescovo ch'era signore in parie della cit- tà e consigliere al parlamento. L'episco- pio, ampio e buono edilizio, n'è alquanto distante. Vi sono altre 7 chiese parroc- chiali con battisterio, diverse delle quali sono riccamente ornate; bella è la chiesa di s. Salvatore; importante l'antica ab- bazia di s. Giorgio. Vi hanno monasteri di religiose, ospedali, due seminari con a- ]unni,stabilimentid'istruzioneeper l'ar- te militare, società di scienze earti, scuo- le di pittura, scultura e disegno; un mu- seo di quadri scelti , uno de' quali di re Renato; gabinetti di fìsica, di storia na- turale, d'anticaglie e medaglie; bel pas- seggio tragli altri èquello del Monte Ta- bore. Nella casa di detenzione vi sono ma- nifatture. Rennes per la sua situazione e in riva a un fìume navigabile potrebbe fare commercio vantaggioso, pure ha po- ca industria; nondiméno vi si trovano di- verse fabbriche di maioliche, porcellane, cererie, tintorie; fra le produzioni del pae- se, pregiato è il butirro. E' patria degli storici Giovanni della Blettcrie, Poulhain di St. Foix, D. Lobineau e Tournemi- ne; Chapelier deputato alla costituente; de'giureconsulti d'Argentró e P. Hevin; del maresciallo di Retz, orso vivo nel 1 4 n Nantes; del celebre maresciallo e inge- gnere Vauban; de'lctterati Ginguené, A- inaury Duval, La Chalotais, del conte Lnnjuinais: Bertrando Duguesclin nacque ne 'contorni al caslellodclla Mottc-Rroou. A poca distanza da Rennes si trovano la bella selva del suo nume, eia cassina della l'revalaye taolo nota pel suo eccellente burro.

Henne* cliiamata un tempo Condatc,

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vocabolo celtico che significava confluen- te, in riguardo alla sua posizione presso alla congiunzione dell'Ille e delia Vilai- ne, una delle città più belle di Francia, eraa'terapi de'romani la capitale de'/?e- dones^ popolo gallico di cui prese poscia il nome e dal quale deriva quello che por- ta attualmente. I sassoni che se n'erano impadroniti alla decadenza dell' impero romano, ne furono in seguilo cacciati dai franchi, a'quali Nominoè principe de^bre- toni la prese nel IX secolo sotto il regno di Carlo il Calvo che gliela cedette. I suoi successori ne fecero la loro capitale della Bretagna (/^.) detta Armorica, toinò alla Francia se non pel matrimonio d'An- nadi Bretagna con Carlo Vili. Questa cit- tà benissimo fortificata nel medio evo,so- stenne gran numero di assedi, il più me- morabile essendo quello che il duca di Lancastro fu forzato a levare nel iZ^j dopo 6 mesi d' attacchi. Nel lySG vi fu trasferita da Nantes la facoltà del diritto dell' università. Era prima della rivolu- zione la capitale delI'Alta-Bretagna e di tuttele Provincie di cui quivi teneansi gli slati, e sede del parlamento eretto da En- rico II nel i555, il quale si rese celebre per la resistenza cui oppose mai sempre agli ordini iniqui della corte : il bel pa- lazzo nel quale riunivasi il parlamento è sulla piazza maggiore. Possedeva la zecca. La sede vescovile fu eretta, secondo al- cuni, a'tem pi apostolici di s. Pietroes. Li- no, altri conChenu, Chrou. episcoporurn Galline, p. 1 33, dicono nel IV secolo e per i.° vescovo s. lìJoderamno (/'.) del 388, suffraganea dell'arcivescovo di Tours, e lo è tuttora, Il 2.° vescovo fu s. Giustino martire, indi s. Riosismo nel 383 circa; poi s. Elettrano, s. Giovanni, Artemio o Antemio religioso dottissimo del 4'ì'3,s. Amando che morì nel Too, diceChenu. Gli successe s. Melanio (/''.), dotto reli- gioso, che istruì nella religione cristiana re Clodoveo I; fra'prodigi che Dio operò a sua intercessione, diccsi anche la risurre- zione d' un morto : egli estirpò intiera-

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mente l'idolatria die ancora regnava nel suo paese. Neir84o Salomone redi Bre- tagna nel borgo di Rennes fondò il mo- nastero de'benedettini di s. Melanioe di- venne florida abbazia, che di poi fu uni- ta alla mensa vescovile. Il vescovo Vitto- rio intervenne nel TTq al concilio di Pari- gi : s. lìloderamiio [f^.) rinunziò nel 719. lìlettrano neir866 fu consagralo dall'arci- vescovo di Tour.s;Tedaltlo che gli successe abdicò in favore di Gallerio, e si conten- tò dell'abbazia di s. Melanio. Silvestrode ]a Gujerche restalo vedovo, di comune suffragio fu eletto nelioyS. Fra gli altri nominerò Guglielmo de la Rupe Tanguy maestro in teologia, benigno, discreto e facondo, morto nel 1292. Alano già arci- diacono di Reniies,mortonel 1 SaS. Pietro deGuemené nel i35g consagrò l'antica cattedrale ; gli successe Raoldo canonico della medesima. Anselmo de Cantemer- le, di grande autorità, magnifico, venne insignito del pallio da Martino V e mo- rì nel i^ij. Guglielmo Brillet fondò 3 cappelle e 4 pfit;ri de choro nella catte- tlrale, rinunziando nel 1 447- Giacomo di Espinay nobilissimo, trasferito da s. Ma- lo, morto neli482. Roberto 5r;7/o (/^.) oGuibé, da Treguier, o Tourscome vuo- le Chenu, trasferito dopo iIi5oi a Ren- nes e poi cardinale. Fr. Ivo Majeuc do- menicano confessore della regina Anna, di Carlo Ville Luigi Xlf, di santa vita e grandemente elemosiniero. Claudio Do- dieu già ambasciatore a Paolo IV e Car- lo V. Bernardino Bochetel neli5Go, che per le diverse ambascerie in cui l'impie- gò Carlo IXrinunziò. Neil 5G5 Bertran- do de Marillac, dotto francescano ed elo- quentissimo predicatore. Arnaldo d'O*- *fl<(/^.) cardinale. Seiafino Olivavio^F.) poscia patriarca d'Alessandria ecardina- le. Nel 1G02 Francesco Lachiver, e nel 1G19 Pietro Coruuiller traslato da Tre- guier. Pei successori si possono vedere , GalUa chr. t. a , par. 2, e le Notizie di Ixoina. Perriiumzia di mg. '"Claudio Lo- dovico de Lesquen di s. Brieux traslulo

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da Beau vais, nel 184 r Gregorio XVI di- chiarò r attuale vescovo mg.'" Goffredo Brossais Saint-Marc di Rennes, già par- roco e vicario generale della stessa chie- sa. La diocesi si compone del dipartimen- to d'Ille e Vilaine, e si estende in lun- ghezza per 3o leghe e 20 in larghezza. Ogni nuovo vescovo è tassato in fiorini 370.

Concila di Rennes. 111. "fu tenuto neh 176 da Bartolomeo arcivescovo di Tours, a motivo d'alcune diffeienze tra questo prelato e il vescovo di Dol. Mansi, Suppl. 1. 1, p.SyS. 11 2.** nel lunedì dopo 1' Ascensione del 1273 dall'arcivescovo di Tours Giovanni de Montereau efurono sanzionatilo canotti, contro quelli che maltrattano i vescovi, o altri ecclesiastici che usurpano i beni del- le chiese. Altri erroneamente pongono questo concilio nel 1263 e presieduto da Vincenzo de Pilmis arci vescovo di Tours. Labbé t. I I , Arduino t. 7. Il 3.° nel 1 849 con edificante processione aperto agli 1 1 novembre e presieduto da mg.'" France- sco Morlot arcivescovo di Tours che par- lò dall'altare a'fedeli con successo, comesi legge a p. i^'j <\q\\' Osservatore romano. Nel t. 4 poi della CiV/7/àca</o//crt del feb- braio 1 85 1 a p. 432 viene detto.»» 1 ve- scovi radunati nel concilio provinciale di Rennes ora che hanno ricevuto da Roma l'approvazione de'loro atti, dirigono a'fe- deli diocesani un' allocuzione, che com- pendia tutto l'operato da essi nelle tenu- te sessioni. In altrettanti distinti articoli condannano i sette empi sistemi che di questi dìo inunluogooinunaltro perver- tono a un tempo la fede e la filosofia cri- stiana,echeperamordi brevità potremmo esprimere a un dipresso co'seguenti tito- li : cioè il razionalismo, l'indilferenza re- ligiosa, il panteismo, il mitisnio , la ria- bilitazione della carne, l'eclettismo reli- gioso , e il comunismo. Anatematizzale coteste profane eresie, consigliano i loro greggi a tenere la santità de'coslumi cri- stiani, e per tutela della fede e della san-

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tilà raccomandano si guardino in ispecie da tre incentivi : dalla parola insidiosa degli emissari protestanti ; dal perverti- mento degli empi ed osceni spettacoli ; dalla lettura delia stampa maligna ".

RENO (s.), martire. V. Montano (s.).

RENZ IO Francesco, Cardinale. Dot- to Alife dal luogo di sua nascita, e nipo- te del cardinal i?«/t77rjo consanguineo di Urbano VI, il quale nel dicembre i 38 r ]o creò cardinale diacono di s. Eustachio e vicario pontificio delle Provincie di Ma- rittima e Campagna. Contribuì mollo al- Telezione di Bonifacio IX e morì neh Sg^.

REONENSISo RHEON.Sedevesoo. vile di Grecia, surtiagauea d'Atene. Al suo \escovo scrisse nel iSoy Clemente V pel concilio di Vienna: nel i52i lo era fr. l'ietro da Cordova de'rainori. Orienschr. 1. 3, p.875. Commanvillediceclie/?/jeo« seu Bheonlis, fu eretta in Morea nel se- colo XVII suffraganea di Napoli di Mal- vasia, di lilo greco.

REPERITANOoREPERITANUM. Sede vescovile d'Africa nella Mauritiana Cesariana, esisteva nel V secolo sotto Giu- lia Cesarea, e nel 4^4 n'era vescovo Ce- liano. Morcelli, /4fr. chr.

REPINDONI o REPINTON Filippo, Cardinale. Canonico regolare di s. Ago- slino, fece mirabili progressi nelle lettere nell'uni versila d'Oxford, in cui ottenne la laurea di teologia e ne divenne professore. Ingannalo in gioventù da'wiclefìsli, scris- se alcuni errori che in n.°di 2^ ritrattò in ])ul)blica predica alla Croce di s. Paolo di Londra nel 1 382,con sincero pentimento. Eletto abbatedi Leicester, indi fu promos- so a vescovo di Lincoln, ed a'i<) scllem- bre!4o8 Gregorio XII lo creò cardinale prete de'ss. Nereo ed Achilleo. Fu al con- cilio di Costanza e all'eles^ionc di Marti- no V, morendo illustre per opere pub- blicale, nel i4i 7 ondi 4^0 secondo God- wino, -sepolto in Growlhcadum.

l\ìiVVÌi\ìL\C^,IU^s|mhhli(•a, RrsPu- blica,Uripublica, liemimhlica. Stalo ci- tile C libero, govcraulodui principali del

R E l' popolo pel comune ben'essere. Paese sot- to il collettivo governo di molli indivi- dui : se il potere e le magistrature sono fra le mani esclusivamente d' una classe distinta di nobili, chiamasi questo reggi- mento politico Aristocrazia , Aristocra- tiaj e Democrazia, Status popularis , se il potere del governo risiede nel popolo, ed esercitato da molli traiti a sorte, o e- lelli dalle diverse condizioni del popolo. Chiamasi repubblica cristiana, /?ejp<Z'//6'a Christiana l'universalità de'fedeli soggetti al sommo Pontefice [l^.), con potere spiri- tuale e universale sui cattolici d'ambo gli emisferi. Dicesi repubblica letteraria, E- rudiloruin omnium Natio, in modo collet* tivol'intero corpo degli studiosi e de'lette- rati. F. Lettere belle. Letterati, Eru- dizione. La democrazia o. governo o stato popolare,in cui le cariche si da vanoa sorte o per elezione, ed in cui il popolo avea tut- ta l'autorilìi, e tuttala sovranità risiede- va presso il medesimo, fiorì nelle repub- bliche di Roma e di Grecia (F.) , mas- sime in Alene: questa parola democra- zia viene dal greco, popolo, comandare, governare. L'aris,tocrazia, specie di gover- no esercitato dai pid savi e onesti, come dai meglio istruiti nelle leggi e nelle con- suetudini dello stalo, deriva da vocabolo greco, che vuol dire eccellente, forza, po- tere, potenza. L'oligarchia o dominio vio- lento di pochi, viene dal greco poco, cioè signoria, governo di poche persone, ma delle principali dello slato. Vi furono mol- te famose repubbliche in Europa, ma non propriamente il cui governo siaslaloas- solutamente popolare. I veneziani ed i genovesi chiamavano i loro stali repub- bliche, (|uantunque il loro governo fosse oligarchico. Gli svizzeri erano governati aristocraticamente; e l'impero germanico tenne la via di mezzo tra il monarchico e l'uristocralico. Vi è dilferenza tra il vero significato del wome populus in latino, e (piello che noi diamo alla parola popolo in italiano. Essa denota ordinariamenle l\a noi, quel che gli antichi romani chia»

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mavano plchs, viilgus, volgo, plebnglìa, il cuinune del popolo, e liiili quelli che non cadevano nella classe delie persone di qualità, de'citladini agiati e di quella che chiamasi gente onesta. In vece soUo il vocabolo populus sono cotupiesi tolti gli abitanti d'una città senza distinzione. Così questa parola popolo, che in gene- rale significa una moltitudine d'individui, i quali abitano in un medesimo luogo , compresivi i nobili, i ricchi e tutti gli al- tri, si prende in un senso molto ristretto, dicendo tutto il corpo del popolo, senza poi comprendervi le così dette persone di <|ualilà, i ricchi e quelli che lianno deb lo spirito e- della coltura. Fra' romani i plebei sisceglievanode'P/o^tJf/oW {/^.). A Pieve dichiarai , die plebe una volta si chiamava l'unione de' fedeli posta sotto la cura de'sacerdoti, nel qual senso si ap- pellarono pure le diocesi, intitolandosi di- versi Papi, Episcopus sanclae plebis Dei, come pur notai ne' voi. XLVIIIi p. 87, Xll,p.2 IO, perchè perp/ei^ si disse talvol- ta tutto il popolo cristiano. L'arcivescovo di Cantorbery s. Anselmo drce di se e dei ■vescovi: Nos chrislianae plehis Pastores, Dice Galletti nel Primicerio, p. 4^, che iieirVIll secolo col nome di repubblica si chiamava il coipo de' romani, di cui era capo il Pontefice, avvertendo che di gran kmga s' ingannano quelli, che per repubblica intendono l'impero; e la santa repubblica, che vuol dire Roma e suo du- calo, la prendono pel sagro romano im- pero. Borgia, Memorie di Benevento , t. ij p. 7, narra che s. Gregorio HI non nioslrò minor zelo del suo predecessore s. Gregorio II per la sagra repubblica o sia confederazione de' romani e di altri, da esso formata in un concilio tenuto nel 73?, per opporsi all'empietà degl'impera- tori greci; rimarcando che negli scrittori delle cose di dello secolo si deve distin- guere la sagra Repubblica, AdWa Repub- blica, giacché per questa s'intendono le reliquie dell* impero d'occidente, cioè quella porzione di dominio che ebbero per

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qualche tempo in Italia i greci, anche do- po la persecuzione mossa alle sagre Im- magini (^.), {)er la quale perderono tan- ti doininii. Vedasi, Respublica Christia- na ubi disciplina etjurisdiclio ecclesia- stica vindicantur in eluclabilibus mona- mentis etiani gallicanis , bre^'i et darà viethodo ad usuni stndiosae juventutis e- xa rata, hu^niù i838.

Delle principali repubbliche d'orien- te che d'occidente parlai ai loro articoli, così delle loro magistrature e ordini, co- me Senatori, Patrizi, Proconsoli, Prelo- ri, Questori j Dittatori, Prefetti (f^.) e al- tri; altrettanto della loro religione, leg^i e costumi. Vedasi Pozzi, Staio delle re- pubbliche, secondo la mente xli Aristoti- le, Venezia 1 Sq i . Della repubblica e par- te pubblica e de'suoi ministri delle città d* Italia , trattai a Comunità' o Comune, Municipio e altri analoghi articoli, come ne'molti de'Ioro magistrati, quando le cit- tà italiane si governavano in forma e con reggimenlodi repubblica, cioè Dogi, Prio- ri, Podestà, Gonfalonieri (^'.) e simi- li, oltreché negli articoli delle stesse città e slati. Le principali repubbliche d'fta- lui [f^.) furono quelle di Venezia^ Ge- nova, Pisa, Firenze, Lucca, Siena [F.), ed altre molte. SismondoSismondi ci die, JJistoit^ des republiques Italiennes da vioyen dge, Paris 1809, ma è nell'indice de'libri proibiti. E il p. Luigi Tosti, Sto- ria della Lega Lombarda, illustrata coti note e documenti, Monte Cassino 1848. Nello stato pontificio tuttora esiste la re- pubblica di s, Marino (^^.); tiene in Ro- ma un rappresentante, ed ha un cardi- nale per Protettore (f^.). Delle repubbli- che romane deli 798 e 1849 parlai a Pio Fle Pio IX{F.) : di quella del i 798 trat- tò ancora Baldassari, Relazione delle av- versità di Pia VI, t. 2, massime a p. 28 > e seg.,345e seg., ove descrive le ruberie repubblicane. Inoltre in Europa fu cele- bre la repubblica d' Olanda (A'.), rino- mata quella di Ragusi (V.). Ora vi sono quelle di /^/««cia edi Svizzera {V.),pres-

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so le quali la s. Sede tiene un nunzio e un incaricato d'afFari, ed esse hanno in Ro- ma^ lai.* un ambasciatore, la 7..^ un con- sole generale. Della repubblica di Fran- cia ripristinata neli84yj ne parlai a Pa- rigi, ed a Pio IX, come del suo presiden- te , il quale impose a Parigi la berretta cardinalizia ai cardinali Malhieu e Gous- set. In America (A'.) dal secolo passato si sono formale diverse repubbliche, eon senati e presidenti, principalmente quella degli Siati Uniti, di cu'\ scrissero: C. Bot- ta, Della guerra dell' indipendenza degli Siali Uniti d'America, Milano i 820. G. Corsieri, Storia della guerra fra gli Slati Uniti d' America e l'Inghilterra, Milano 1 82 I . Gio. Howard Ilinton, Storia e tO' grafia degli Stati Unili,\uonàvdii^'òo. Alemoria della chiesa cattolica negli Sla- ti Uniti d' America , compilala da wi ìuemhro della società Leopoldina ,W ero- nni 835. Cardinal Gaetano Baluffi, VA- vierica un tempo spagnuola riguardata sotto t aspetto religioso, dall' epoca del suo discoprimento sino al i843, Ancona i844- La rivoluzione degli Stali Uniti, quindi l'origine dellerepubbliche d'Ame- rica Uà loro confederate,che produsse l'in- sorgimento eziandio degli stali dominati dalla Spagna (^.), ebbe principio a' io marzo I 704 pel bollo della carta, impo- sizione che alfatto non si volle sopporta- re da' coloni americani. Il i.° congresso nazionale fu a' 7 ottobre 1765. L' indi- pendenza dì questi paesi fu proclamata a'4 luglio 1776. La Francia (Z-^.) si unì a quésti nuovi stati creiti in forma di repubbliche indipendenli , verso la (Ine del 1777. Un trattato di commercio tra la Francia e gli Stati Uniti vcnncsegna- to a Purigi il6 febbraio I 778, mentre ai f) higliogli Stati Americani fecero tra lo- ro un nuovT) trattato d'unione e confe- derazione, che fu ralilioato nel 1781. La loro indipendenza, dopo tante guerre, li- naiiiicnte fu l'iconuHciuta daW Ini; hi II erra (f^.) a'24 «cllcmhrci787.. La pace assi- curò la piena libcrlù e 1 dirilli dc'cutloli-

REP

ci in tulla l'Unione, e da varie parti di Etuopa de' sacerdoti secolari e regolari si recarono a coltivare la vastissima vi- gna. A'3o settembre 1800 si rinnovò il trattalo d'amicizia e di commercio colla Francia; ed a'6 marzo 1 801 il congresso americano tenne la sua prima seduta nel- la nuova città e nuova capitale dell'Unio- ne Washington. Ricominciate le guerre con l'Inghilterra, segui la pacca' i4 di- cembrei8i4- Quanto alla Spagna, essa cedette i suoi sovranidirilli nel iSigme- dianle compenso pecuniario. Nel 1824 le repubbliche fecero un trattato colla Rus- sia. All'articolo Diocesi, nel riportare la statistica di quelle di tutto il mondo, di cui feci articoli, parlai ancora di quelle d' America e sue repubbliche , come di quelle dell' Oceania [P^.): delle aumen- tate posteriormente scrissi articoli di quel- le che la lettera in corso di stampa lo per- mise ; per le altre dovei limitarmi ad ac- cennarle negli articoli Gregorio XVI e Pio IX, istitutori delle medesime. In que- sti due articoli notai eziandio, quando le repubbliche -americane stabilirono rap- presentanti diplomatici in Roma presso la s. Sede , ciò che toccai pure nel voi. XLVIII, p.167, dicendo dell'istituzione della nunziatura nella repubblica della Nuova Granata nell'America meridiona- le, fatta da Gregorio XVI, e de' rappre- sentanti diplomatici alni inviali dalle re* pubbliche della Nuova Granata, di Mes- sico, dell'Equatore, del Chili. Attualmen- te la s. Sede ha un rappresentante in mis- sione slraonlinaria, cioè mg.^ Luigi Cle- menti (già vescovo di Macerata) arci- vescovo di Damasco, delegato apostoli- co nel Messico e nell'America centrale; neir America settentrionale un console generale residente in nuova York, ed un consolo residente a Nuova Orleans; nel- l'America meridionale un console gene- rale residente in Monte Video. Le repub- bliche americane tengono i seguenti di- plomatici in Roma. Boli via, vaca; ed inol- tre couboli rcsidouli in Ancona e Civita*

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veccbia. Chili, vaca. Costa Rica, un mi- nistro residente; ed inoltre console gene- rale residente in Ancona. Equal;ore, un ininistro residente; ed inoltre consoli l'è- sidenti in Ancona e Civitavecchia. Gua- limala, un incaricato d'aflari. Nicaragua, vaca. Nuova Granala, un incaricato d'af- fari. Stati Uniti, un incaricato d' affari ; ed inoltre un console pure residente in Roma.

Delle repubbliche deWjdmerica, oltre quanto dissi a questo articolo, molte no- tizie riportai in quelli delle sedi arcive- scovili e sud'raganee vescovili de'Ioro sta- ti , laonde riproducendole qui perchè si possano leggere, tornerò ad avvertire che quelle di nuova fondazione non potendo avere articoli, perchè la loro lettera era già pubblicata, le distinguerò in caratte re corsivo; potendosi anche vedere Vica BUTi APosTotici e Fbefettube apostoli CHE. ^eU'^dniarica meridionale o centra le. Repubblica di Renezuela o Yenezue la : arcivescovato Benezuela o Carracas vescovati suffiaganei, Guayann, IMerida Repubblica di Guatimala nel!' America centrale : arcivescovato Guatimala ; ve scovati sulfraganei, Comayagua, Nicara gua repubblica), s. Giuseppe di Costa rica (Costa Rica è repubblica) nell' A merica meridionale, s. Salvatore. Repub blica di Bolivia : arcivescovato Fiata o Charcas oChuquisaca; vescovati suffra ganei, Buenos Ayres o ss. Trinità, Cocha barn ha ueìl' Amevìca meridionale, Cordo va, Pace, Salta, s. Giovanni de Cuyo, s Croce de la Sierra, Paraguay e capitale della repubblica del Paraguay. Repub blica del Basso Perù : arcivescovato Li ma; vescovati suflraganei, Arequipa,Cha capoyaso Maynas, Cusco, Guamagna e Ayacucho,Truxilio. Repubblica d'Equa tore : arcivescovato Quito; vescovati suf fraganei, Cuenca, Guayaquil. Repubbli ca del Chili: arcivescovato s. Giacomo vescovati sulfraganei, ss. Concezione, Se rena o Coquimboj s. Carlo d' Ànviid ucir America meridionale. Repubblica

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della Nuova-Granata : arcivescovato s. Fede di Bogota; vescovati sulTraganei, An- tiochia , Cartagena , Nuova Pamplona, Panama, Popayan, s. Marta. Repubblica di s. Doniingo o di Haiti : arcivescovato s. Domiiigo;su(rraganeoPortorico con no- mina del monarca di Spagna. Ì!Ìt\Y Ame- rica settenlriotiale. Repubblica degli Stati Uniti : arcivescovato Baltimore; vescova- ti sulfraganei , Charlestown , Filadelfia , Pittsburg , Providence, Richmond , Sa- vannah, Weheling. Cincinnali eretto in arcivescovato nel i85o da Pio JXj'vC' scovati sulfraganei, Cleveland, Detroit, Louisville di cui parlai nel voi. LUI , p. I 36 , Vincennes. Nuova-lifoik eretto in arcivescovato nel i 85oda Pio IXj vesco- vati su [fraganei, y^/Z>rt/;^, Boston, DuJ/alo, Harford. Arcivescovato Nuova Orleans; vescovati sulhaganei, Gfl/i'es/ort, Petrico- la, Mobile, Natchez. Oregon arcivescova- to; vescovati sulfraganei, iVéi^y/w/y, Van- couver, Walla-Walla. Louis o s. Luigi e- rello in arci vescovato nel 1 847 da Pio IX j vescovati sulfraganei, C/j;Vflg/Vi,Dubuque, Milwankia, Nashville, s. Paolo de Mine- sola (nel suo territorio dicesi ora scoper- to un lago con 4o miglia di estensione, e contenente diverse isole, in clima deli- zioso). Repubblica di Messico: arcivesco- vato Messico; vescovati sulfraganei, An- tequera, California (il cui stalo, insieme a quello del Nuovo Messico, per cessio- ne della repubblica del Messico, però fu ammesso nel 1 85o nell'unione degli Stati Uniti, formando cosli il 3 i.° slato della re- pubblica), Chiapa, Durango, Guadalaxa- ra, Merida o Jucatan, Linares, Mecoacan, Sonora, Tlascala, Vera Crux. A CongrC' gazione de propaganda fide [y .) riportai il novero delle sedi vescovili delle repub- bliche d'America, che perla s. SeAe sono sotto la di lei giurisdizione. V. Missioni PONTIFICIE, Prefetture apostoliche. Vi- cariati APOSTOLICI per quelli che furono istituiti nelle stesse repubbliche prima dei vescovati e arcivescovati. Nel 1. 1 5, p.33 ideali Antiali delle scien.

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ze relig. sonovi importanti e veraci notizie sul I .°slnbiiimenlo, progresso e sialo at- tuale della religione e chiesa cattolica ne- gli Stati Uniti di America, di mg/ Ro- sati vescovo di s. Louis che celebrai a questo articolo : ne darò un estratto. In- comincia col narrare che nel 1 63 3, da 200 fluniglie cattoliche inglesi, per sottrarsi alla lìera persecuzione chesotlrivano dai loro stessi concittadini della pretesa ri- forma in seno della patria a cagione del- ia loro fede, valicarono l'Atlantico e fer- marono la loro stanza nel Maryland sot- to la scorta di lord Baltimore , il quale avea oltenutodal suogoverno la proprie- tà di quella provincia, la facoltà di stabi* lirvi una colonia e fondarla con leggi in- glesi, e gli statuti particolari decretati dalla stessa colonia^ ond'ebbe principio la celebre colonia e città di5rt/<iVHore( A'.). I primi coloni furotio accompagnati dal p. Wilhei-°apostolo del Maryland e altri gesuiti, cui fu dato l'incarico della mis- sione, sotto la giurisdizione spirituale del vicario apostolico di Londra. iVon gode- rono per lungo tempo que'generosi cat- tolici di quella pace e libertà di coscien- za, che con tanti sagriHzi erano venuti a cercare nelle foreste del nuovo mondo. La chiesa riformata anglicana sostenuta dalle leggi civili e dalla forza dello stato, stese più o meno alle varie sette dissiden- ti la persecuzione medesima, con cui da Enrico Vili continuava ad infierire con- tro i cattolici in tutta 1' estensione della Gran Bretagna. Il medesimo spiritod'in- tulleranza animava le altre sette figlie della sedicente riforma, le quali eransi ri- fugiale in America, ed erano state auto* rizzale dall'Inghilterra a stabilirvi delle colonie ed un governo coloniale. Queste dimentiche della patria persecuzione re- ligiosa, di vennero anch'esse pcrsecutrici, e con leggi non men severe di quelle del- la loro metropoli proibirono ogni culto che dal loro differisse, privando del di- ritto di cittadinanza chiimque lo profes- e, ed anche vietando sotto pena di

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morte a* sacerdoti cattolici e a' ministri dissidenti l'entrare e dimorare ne'terri- torii di loro giurisdizione. Tali leggi so- no slate più o meno in vigore nella mag- gior parte degli stati o provincie anglo- americane, sino alla rivoluzione deliyyG che gli staccò dall'Inghilterra e li dichia- rò indipendenti. La sola colonia del Ma- ryland,stabilita sul bel principio da'cat- tolici, offri al nuovo mondo un esempio allora unico di cristiana carità, conce- dendo volentieri un asilo entro iconflni de'suoi territorii a quelli eh' erano stati costretti dalla persecuzione anglicana a fuggire dalla patria, o ch'erano stati e- spulsi dallecoloniede'dissidenti in Ame- rica. Coir ospitalità ricevettero insieme da' cattolici del Maryland il diritto di cittadinanza e la partecipazione a tutti i privilegi civili ch'essi stessi godevano. Ma questa cattolica generosità fu da' prote- stanti ospiti ricambiata colla più nera ingratitudine. Imperocché col loro nu- mero avendo rapidamente sorpassato di molto quello de'cattolici, la loro influen- za nell'assemblee legislative acquistò u- na preponderanza decisiva e assoluta; e sostenuti ancora dal governo inglese spo- gliarono i cattolici di tutti i loro diritti e privilegi, e li sottomisero a tutto il ri- gore tirannico delle leggi penali d'Inghil- terra. Resi i cattolici incapaci di occupar qualunque carica onorifica o lucrosa, as- soggettati a multe pecuniarie, vessati in mille modi, furono obbligati a celebrare di nascosto i divini misteri, a celare l'abi- tazione de'Ioro sacerdoti, e a vivere sem- pre in timore per la perdita de'beni lo- ro, della patria e della libertà di loro per- sone. NeliySo il p. Gruyton gesuita re- cossi a Filadelfia (A'.) e sparse le prime semenze della religione cattolica in quel- la città, vi fabbricò la cappella di s. Giu- seppe , indi la chiesa di s. Maria venne edificata dal successore p. Harding. Nel 177G allorquando le colonie inglesi a'4- luglio in Filadellìa { ove sedette il con- gressoaraericanodeirUniunesinoaliSoo

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in cui fu Irasferilo a "Washington) si se- pararono Jalla Gran Bretagna e dichia- rarono indipendenti gli Stati Uniti e con- federati, i cattoHci de' medesimi erano ancora sotto la giurisdizione del vicario apostolico di Londra, il quale li faceva governare da un vicario generale. Ma per la diflicoltà che vi era negli Stati Uniti di dipendere, anche per lagiurisdifione spirituale, da capi residenti nell' Inghil- terra, Pio VI permise al clero di Mary- land e Pensilvania di eleggersi un siipe- rìorecon ampie facoltà, compresavi quel- la d'amministrar la cresima, e la scelta cadde sul gesuita p. Carroll, che fu con- fermato : nelle due provincie il clero si componeva di 24 p»eli e di 24, 5oo cat- tolici circa. Dopo quest'epoca la religio- ne cattolica cominciò a far progressi più rapidi, mercè del libero esercizio conces- so dalle leggi fondamentali degli Stati U- iiiti; si diffuse di più quasi dappertutto, specialmente per l'emigrazioni de'coloni di s. Domingo cacciali da' loro schiavi, di francesi all'epoca della [."rivoluzione, e degli emigrali d'Irlanda, di Scozia, di Inghilterra, di Germania; coi sacerdoti francesi si aumentò il clero, e Pio VI fe- ce Carroll i." vescovo di Baltimore con giurisdizione spirituale su tutto il terri- torio delle 1 3 provincie che allora forma- vano l'Unione, e per coadiutore Leonar- do Neale. 11 vescovo ottenne una colonia di sulpiziani per stabilire e dirigere il se- minario di Baltimore, che ha reso servi- gi importantissimi a lutti gli Stati Uni- ti, non solo per la fondazione fatta dai sulpizianide'collegidis. Maria, di Geor- geslown e d'Emmilsburg per l'educazio- ne de' giovanetti, ma ancora per quelle delle sorelle della carità da essi istituite in America , a norma e colle regole di quelle di Francia,ed eziandio per un buon numero di degnissimi prelati forniti alle varie chiese degli Stati Uniti. Quindi in quasi tutti gli stati dell'Unione America- na la chiesa cattolica cominciò a conta- re un buon numero di seguaci, a edifi-

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carsi chiese, a formarsi parrocchie, a co- stituirsi missionari e parrochi. L'emi- grazione si operò ancora dagli stati anti- chi, situali nelle parti orientali, alle re- gioni occidentali de'medesimi, nelle qua- li si circoscrissero dapprima lerrìloi ii con governi provvisori!, e poi si fondarono nuovi slati con governi regolari e si ag- gregarono agli antichi^amniettendosi al- la generaleconfederazione. Accorrendovi e moltiplicandosi i cattolici, e con essi le parrocchie e le chiese, Pio VII elevò a metropoli Baltimore, ed eressedi verse se- di vescovili che produssero grandissimi vantaggi alla religione cattolica. Si vide- ro presto sorgere comunità ecclesiastiche e religiose, conventi, monasteri, semina- ri, collegi ; in una parola, quelle belle i- slituzioni di carità, di pielà e di lettera- tura, che han sempre accompagnata e contraddistinta la chiesa cattolica in lutti i tempi e in tutti i paesi. La chiesa cat- tolica degli Slati Uniti ricevè un consi- derabile aumento colla cessione fatta per ■vendita nel 1800 dalla Francia agli slati stessi, delle due Floiide e della Luigia- na, in cui si trovava la sede vescovile di Nuova Orleans. In seguilo altre emigra- zioni tanto degli altri stali d' America , quanto dell'Europa, con molti cattolici, si rivolsero verso le parli occidentali, le quali fino a quel tempo rimaste incolte offrirono agli agricoltori vastissime e fer- tilissime regioni a loro scelta; laonde in quelle contrade nacquero ì nuovi stali di Kentucky, Ohio, Indiana, lllenois, Mis- souri, ne' quali come per incantesimo sursero città, villaggi, col cambiarsi i bo- schi e i deserti in campi coperti d'ogni sorla di produzioni , per cui curando i nuovi coloni zelanti missionari, nel de- clinar del pontificato di Pio VII si fon- darono altre diocesi, in che fu imitato da Leone XII, da Pio Vili e massimamen- te da Gregorio XVI. Indi mg.' Rosali fa il confronto dello stato in cui era la chie- sa cattolica nelle repubbliche d'America nel 1790 a quello deh 842» colle rispet*

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tive enumerazioni di sedi vescovili, clero, e nutuero de'cattolìci di quasi i ,5oo,ooo, di chiese e non poche verameule magni» lìche, ben ornate, provvedute di organi, campane e di sagri arredi, ed oniciate con gran decuro : però il loro numero, come quello del clero, essendo inferiore al bi- sogno, i sacerdoti celebra vano in case par- ticolari e altri luoghi, ed ivi amministra- vano pure i sagramenti. Vi sono nelle diverse diocesi 470 stazioni, che equital- gonoa parrocchie nascenti. Gli stabili men- ti d' istruzione sono d'una gran riputa- zione, anche presso i protestanti, de'qua- li non puchi non hanno dtiiicoltàdi man- darvi I loro (ì^li. Circa lutt'i luoghi d'i- struzione, oltre di avere abili professori e maestri disinteressati, per lo più i col- legi sono forniti di copiose e scelte biblio- teche, di gabinetti di storia naturale, di macchine e apparati per 1' intelligenza delle scienze fisiche, e d'istrumenti e tele- scopi per le osservazioni astronomiche; laonde molli di tali collegi meritarono dalle assemblee legislative degli stati in cui sono, i privilegi di università col di* ritto di concedere la laurea dottorale. lu tal guisa negli Stati Uniti, come altrove e in tutti i paesi del mondo, la chiesa cat- tolica si è mostrata benefica e protettri- ce zelante e promovitrice delle belle let- tere, delle arti e delle scienze, ed ha coi fatti smentite le calunnie de' suoi nemi- ci. Inoltre ha promosso Tistituzione pri- maria de'fanciulli colle scuole elementa- ri, nelle città e villaggi, prevenendo il pe- ricolo a cui erano esposti nelle scuole pro- testanti,accoppiando alla coltura dell'in- telletto, lu morale e la religione. Pel fe- lice successo di cos'i utili e lodevoli isti- tuzioni, la chiesa cattolica trovò operai zelanti u disinteressati nelle comunità re- ligiose ed ecclesiastiche che s'introdusse- ro e stabilirono nelle repubbliche degli .Siali Uniti, con immenso vantaggio del- la religione. 1 gesuiti primamente vanno encomiali, altri bcncnienti sono 1 dome- nicani inglesi, I sulpiziuni liauccsi, i sa-

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oerdoti della missione, i redenloristi te- deschi, gli agostiniani irlandesi,i preti del- la congregazione della misericordia fon- dala in Francia, i cappuccini che dopo i gesuiti furono incaricali della maggior parte delle loro missioni nella tempora- nea soppressione, i trappisti, e di lutti il dotto n)g.'' Rosati ne narra le beneme- renze e i luoghi ove sparsero i loro ono- rali sudori. Abbondanti frulli recarono altresì alla chiesa degli Siali Uniti le co- munità religiose di donne, che pur de- scrive in numero di 76, di 1 5 istituti dif- ferenti, in uno a'Iuoghi ove sono, trovan- dosi negli Slati Uniti maggior facilità nello stabilire e propagare comunità religiose di donne che quelle degli uomini. Fin dai primi anni di tal chiesa si pensò, per quan- to il consentisse lu condizione de'lempi, alla santificazione, ed alla cristiana e let- teraria istruzione delle donzelle , massi- me orfane. Vn monastero di religiose or- soline vi fu fondato più di 100 anni ad- dietro, ed esse fioriscono per l'istruzione di grandissimo numero di donzelle e del- leschiavemore. Successivamente s'intro- dussero monasteri e case religiose, delle teresiane scalze, di quelle della Visitazio- ne o salesiane, delie sorelle- della carità che si sono prop.igale per quasi tulle le repubbliche americane, per le sollecitu- dini del celebre e piissimo vescovo mg.'" Flaget, anco con dilferenti congregazio- ni, tutte però seguaci delle regole del grati s. Vincenzo de Paoli. Vi sono ancora lo suore di Loreto, egualmente consagrate all' educazione delle donzelle, con supe- riora generale e noviziato; le domenicu- ne, le religiose del s. Cuore, quelle di s. Giuseppe di Lione, le Clarisse, le suore di IS'òlre Dame, <pielle della Provvidenza, quelle del iM onte Carmelo. V'è negli Sta- li Uniti una classe di persone, le quali. a cagione della schiavilùch'esiste nella me- la circa dellecunfcderate repubbliche, so- no cousiderale come d'una casta inlèrio- re. Sono ((ucsti i mori o neri che ven- nero dall' Airicu traspurlati in America

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iti qualità di schiavi, e furono addetti al lavoro, comeaiiche tutti i loro discenden- ti, pure quelli di sangue misto chiamati volì^armeiite mulatti o persone di colo- re, quantunque non pochi tra essi sieno liberi, doviziosi e pel colore appena si di- stinguano da' bianchi. I pregiudizi e le leggi del paese negano loro il diritto cittadinanza ; però la chiesa cattolica ri- guarda tutti come figli d'un medesimo padre, ed estende su di essi la sua mater- na sollecitudine come i bianchi; ma do- vendosi conformare agli usi, stabili appo- siti luoghi d'istruzione per loro, ond' e- vitare inconvenienti, sebbene ne' sagri templi e nell'amministraziotie de'sagra- menti non fa distinzione di servo o di li- bero, di schiavo o di nero. Sonovi orfa- notrofi tanto pe'maschi che per le fem- mine: nelle scuole gratuite cattoliche s'i- struivano 2870 fanciulli poveri. Negli Slati Uniti laChiesa non ha avuto sovra- ni o principi che abbiano fabbricate le sue chiese, eretti e dotali i suoi monasteri, se- mini) ri, collegi, università, scuole, speda- li, orfanotrofi; i suoi vescovi, missionari ecclesiastici e religiosi non hanno trovato soccorso nelle rendite delle mense vesco- vili, o delle parrocchie e delle loro comu- nità, che ne sor\o del tutto sprovviste; gli stessi fedeli, per la maggior parte di for- tune mediocri, stranieri, emigrati in A- merica per migliorar la loro sorte, non poteano contribuire a tante opere se non con offerte proporzionate alle loro tenui sostanze. La divina provvidenza supplì a tutto con una specie di predilezione a queste chiese nascenti, con guidarle e pro- teggerle in mille modi, inviando loro da paesi lontani, pastori, missionari e alun- ni pel santuario, religiosi e religiose, che abbandonando la patria e i parenti, var- cando i mari si sono consagrati al servi- gio di Dio e dell'umanità ; ha procurato dalla generosa carità de'fedeli d'Europa, specialmente dalle pie opere della Pro- pagazione della fede e della istituzione Leopoldina di Vienna, soccorsi cousìde-

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rablli, i quali congiunti agli sforzi de'fe- deli delle stesse repubbliche americane, e allo zelo disinteressato e intraprenden- te de' vescovi e del clero secolare e rego- lare, hanno somministrato i mezzi per condurre a buon termine con successive fatiche e con buon esito questa grandiosa impresa. In generale i vescovi, i curati o missionari non hanno rendite. Le volon- tarie oblazioni de' fedeli somministrano loro i mezzi di sussistenza. Per lo più queste oblazioni si raccolgono nelle do- meniche ed altri di festivi nelle chiese da alcuni secolari, mentre si canta il Credo; altre se ne fanno in particolari occasioni; i banchi che sono per le chiese sommini- strano parte del mantenimento del cul- to e del clero. Quando poi si vuole eri- gere una nuova chiesa, con successosi e- seguisce mediante volontarie contribu- zioni, cui talvolta concorrono i protestan- ti; altrettanto si pratica per le istituzioni di monastèri, conventi o stabilimenti d'i- struzione.

Da una statistica del i836 di diversi stati delle repubbliche delle due Ameri* che meridionale e settentrionale , ossia del Sud e del Nord, rilevai, che la repub- blica di Guatimala o America centrale, avea per popolazione 2 milioni d'abitan- ti, si parlava generalmente la lingua spa- gnuola, ed avea per capitale s. Salvato- re, altri dicono la città arcivescovile di Guatimala, e per presidente il generale Marajan. Repubblica degli Stati Cnitidel Messico, popolazione 8 milioni, lingua spagnuola, capitale Messico, presidènte Santanna. Repubblica degli Stati Uniti d'America , popolazione i5 milioni, lin- gua inglese, capitale Washington, presi- dente Jackson. Repubblica d' Haiti, po- polazione 1 milione, lingua francese, ca- pitale Porto-Principe, presidente Boyer. Repubblica di Benezuela o Venezuela , popolazione 1 milione, lingua spagnuola, capitale Caraccas, presidente Vargas.Re- pubblica della Nuova Granata, popola- zione i,688,uoo, hngua spagnuola, capi*

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tale s. Fede ili Bogota, presidente San- tancler. Repubblica dell'Equatore, popo- lazione I milione, lingua spagnuola, capi- tate Quilo, piesideule Rocafuenle. Re- pubblica del Perù, popolazione i ,200,000, lingua spagnuola, capitale Lin)a, presi- dente Orbegoso (nel dicembre 1 836 i di- partimenti peruviani d' Arequipa, Aya- cucbo, Cusco e Puno si costituirono in islalo a parie dal Perù settentrionale , col nome di Perù meridionale, mostran- dosi il nuovo stato disposto a confederar- si col Perù settentrionale, ed eleggendo Santa Crux a capo supremo o protetto- re). Repubblica di Bolivia, popolazione 1,100,000 , lingua spagnuola, capitale Piata o Chuquisaca , presidente Santa Cruz. Repubblica di Paraguay, popola- zione SoOjOOo, lingua spagnuola, capi- tale Paraguay, dittatore Francia. Repub- blica del Chili, popolazione I milione, lin- gua spagnuola, capitale s. Giacomo, pre- sidente Moscoos. Repubblica d'Argenti- na o di Bolivia, o Provincie di Rio della Piata o Cbarcas, popolazione 1 milione, lingua spaglinola, capitale Buenos Ayres, presidente Rosas. Repubblica d'Uragiiny, popolazione i5o,8og, lingua spagnuola, capitale Monte- Video, presidente Oribe. Siccome (|ueste nozioni le appresi dalla citata statistica dell 836, avvertirò colla Civiltà cattolica n. 1 6 del dicembre 1 8 To. » Riceviamo un opuscolo stampato Io scorso luglio in s. Giuseppe capitale del- la Repubblica di Costa Rica (o Costarica fatta sede vescovile nel 1849 ^" ^^'^ '^ col breve Chrislianae religionis), posta suirestremità meridionale dell' America centrale, in cui si fanno le più care e at- traenti descrizioni delTamenità di tutta l'America centrale, e specialmente delle due rcpubblìcbedi Nicnragunt: Costalìi- ca. L'America centrale, prima detta Ca- pitania generale di Guatimala, dichiarò indipen<li'nte dalla Spagna il 1 T setteoi- bre ilei 1 K:ì 1 : poi nel 1 82^ fu incoi porn- fa [)er forza al Messico, da cui slaccossi nel i8a3 l'cudeudoai inJipetidcule, beiictiè

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colla perdita della provincia di Cbiapas. Nel 1824 si costituì in repubblica fede- rale e indipendente, composta di cinque stati particolari. La qual federazione non durò che fino al 1839, ed ora si vuole re- stituirla fra' tre stati del centro, Nicara- gua, capitale Leon; Hondura<: , capitale Comayaqua; s. Salvador, capitale s. Sal- vatore. I due stati estremi, cioè quelli di Guatimala e di Costa Rica, sono repub- bliche indipendenti". Inoltre l'autore del- l'opuscolo crede che l'emigrazione euro- pea troverebbe in quelle fertili e sane terre assai migliori mezzi di prosperare che non neH'auriferaCaliforniaedaltrove.Dall'y^/- manacco cattolico degli Stati Uniti del 1848, risulta che il ùumero de'cattolici era di 1,200,000, sopra una popolazio- ne di 17 milioni, che segue fuori dell'u- nità cattolicacirca 20 differenti sette che si suddividono incessantemente in nuovi culti, come toccala Protestanti e Quac- QUEBi, mentre la porzione cattolica anda- va ad aumentarsi ogni anno a causa delle emigrazioni dall'Europa e delle conver- sioni. Il territorio degli Stati Uniti, com- preso l'Oregon e il Texas, allora contava 3 arcivescovi, 24 vescovi, 890 sacerdo- ti, 907 chiese e 562 stazioni o cappelle. Il clero nel 1847 si aumentò di 76 pre- ti, e nel 1848 furono edificate 95 chiese a spese de'fedeli, col soccorso della Pro- pagazione della fede {f^.), ma senza ve- run aiuto del governo. Paragonando la precedente statistica, con quella del 1837, il numero dellediocesi erasi duplicato.cosl i sacerdoti, triplicato quello delle chiese. Gregorio XVI e Pio IX a istanza della con- gregazione di propaganda /?f/e ede'conci- liidiBallimora,istiluirono le nuovesedi ve- scovili. Facendo la religione cattolica negli Stati Uniti ipiù lieti progressi, anche per avere accolto con generosa ospitalilii e di- stinzione i religiosi cacciati dalle rivolu- zioni d'Europa del 1848, V Almanacco (*^//o//ro stampato in Riiltimora nel 1849» registrò io44 sacerdoti (de'qualii Sona- tivi d'/^neiica), 1024 chiese, i,J7(>,3oo

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caltolici: 5o anni addietro eravi un solo vescovo e poche migliaia di catlolici; fra i convertitisi contava la nipote del faiuo- so generale Washington fondatore del- l'indipendenza americana, co'5 suoi figli. La statistica deir^/mawacco calloUco del i85o, compresi la California e il Nuovo Messico, segnò I i4' sacerdoti, lOyS chie- se, 1,52 3, 35o cattolici. Le repubbliche lasciarono sempre godere amplissima li- bertà alla chiesa cattolica, e per questo rapidamente crebbea dismisura, non in- ceppandola come fanno alcuni stati d'Eu- ropa. Benché i membri del governo sie- no per Io più protestanti, pure guarenti- .scono tutti i diritti de'cattolici, anche nel l'acquistar le chiese beni stabili in proprio nome. Ecco come gli americani intendo- no la libertà. Neil 85 1 negli Stati Unitisi pubbblicò il censo della popolazione, im- mensamente accresciuta e giunta nella totalità a 28,267,498, però tra essi qua- si i3 milioni in istato di schiavitù. Nel 1820 una emigrazione degli Stati Uni- ti fondò la nuova repubblica di Libe- ria, situata in Africa nella Guinea supe- riore, fra la Sierra. Leone e il capo Pal- mas, eben presto riconosciuta dalla Fran- cia e dall'Inghilterra, quando già conla- va 80,000 abitanti parlanti l'inglese. Im- mense sono le sue ricchezze naturali: Mu- rovia porto di mare n'è la capitale; ha il governo presidente, vice-presidente, se- nato e camera di rappresentanti. La for- mazione della repubblica in istato indi- pendente seguì nel 1 847, e Roberts ch'e- ra governatore della colonia, fu proclama- to i.° presidente. La repubblica di Libe- ria o Capo Mesurado, si formò principal- mente di schiavi emancipati negli Stati Uniti, e si aumentò neh 832, quando sot- to il presidente Monroe ebbe fine il ti- rannico e degradante commercio degli schiavi, sebbene ancora in qualche parte dell'America meridionale tuttora l'uma- nità trovisi nella umiliante condizione. Per gratitudine fu imposto il suo nome alla capitale. Le varie sette americane

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furono sollecite a mandarvi i loro mini- stri. Il zelantissimo mg.''England vesco- vo di Charlestown, considerando che tra gli schiavi emancipati si trovavano anche cattolici, per non perder questi e conver- tir gli eretici, pregò nel 1882 la congre- gazione di propagandante a prendere il loro stato in considerazione, ed il sinodo di Baltimore propose che si affidasse la missione agli eccellenti gesuiti : la congre- gazione vi annuì subito, ma i religiosi non poterono accettarla.

Gli Annali (ielle scienze religiose^ ol- tre le riportate, sono pieni d'altre impor- tanti notizie, riguardanti la fondazione dell'episcopato cattolico nelle repubbli- che americane, il progresso del cattoli- cìsmo, il suo floridissimo stato attuale, e le dissensioni della chiesa protestante, laonde citerò qualche luogo ove si ponno leggere. Nel t. 5, p. 294 si parla della fondazione del vescovato di Baltimora , fatta nel 1 789 da Pio VI per le provincie confederate d'America, elevata nel 1808 a metropolitana da Pio VII (^''.), che e- resse i sudlaganei di Nuova -York, Fila- delfia, Boston e Bards-Town ; dipoi nel 1820 istituì le sedi di Charlestown e Cin- cinnati. Nel voi. 7, p. 1 17 si discorre del- l'origine giudaica degl'indiani dell'Ame- rica settentrionale. Nel 1. 12, p. i6t l'opi- namento sull'opera di A. Kastner, /^«<J- lisi delle tradizioni religiose de' popoli in- digeni dell' America, Ginevra 1840. Nel vol.i4i p. 276 un estratto dell'y^'/maHar- cp cattolico pel 1 842 degli Stati Uniti del- l'America settentrionale, con consolanti risultati anche per l' incremento dell' i- struzione ed educazione religiosa, ne' se- minari, in 2 i'ist^t[U2ìoni letterarie, in 48 accademie, in^7 istituzioni caritatevoli, aMchediorfani,direttidallebenefichesuo- rédella carità. Nel voi. i6,p. 461 si parla di una nuova setta di profeti protestanti che nacque negli Stati Uniti, denominata dal suo autore Alillerismo, secondo il quale r universo dovea essere consunto dalle fiamme nel 184 3; non merita questa aber-

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razione di Miller d'impiegarvi allre paro- le, per un intelletto ottenebrato da tanta cecità. Nel 1. 1 9, p. 1 6 1 e vvi un articolo ri- guardante la così delta chiesa episcopale protestante degli Stati Uniti, per la gene* rale adunanza tenuta in Filadelfia da 20 de'ai del pretesoepiscopato protestante, per discutere sul titolo onde abbiasi ad appellare quella larvala chiesa, mentreè lacerata da intestine discordiegravissinae, originate dal Puseismo (f.)- L' umana superbia volle sottrarsi dall' autorità le- gittima e divina della vera chiesa catto- lica di Cristo, quindi fu colpita col ter- ribile gastigo deii'oiruscamento dell'idee e dell'incertezza. Non meno preziose no- tizie sui progressi del catlolicismo e scio- glimento del protestantismo nelle repub- bliche americane, di quelle degli Anna- li delle scienze religiose, conliene la pub- blicazione periodica della Civiltà catto- lica. Del più grande interesse sono le Let- tere intorno agli Stali Uniti d'/4merica, sullo slato della religione cattolica e di qualche opera ad essa relativa, svolgendo gli argomenti, /?f//^/o«e, Libertà de' cul- ti. La città di Washington , pubblicate nel t. 2, p. 655, t. 3, p. 1 4 1 e 3 1 4- In que- sto a p. 4396676 vi sono parole di dis- inganno sulla troppo decantata strabboc- chevole quantità d'oro della California e di s. Francisco, per lo slato poco prospe- ro degli emigrati in quell'aurifera regio- ne; ciò in contrapposto mirabile co'mari e monti promessi dalle speculatrici com- pagnie mercantili che cuoprironode'lo- ro pomposi annunzi i giornali francesi e italiani. In sostanza apparisce , che la favolosa abbondanza d' oro della Cali- fornia, era divenuta quasi un' illusione, secondo le comuni relazioni di quelli che vi si trovano; la speranza di procac- ciarvisi ricchezze era pienamente svani- ta, ed (i[)penu si trae oro quanlo busta a sostentar la vita de'ccrcatori giorno per giorno: pure la kpcranza tira colà ini- glinia avidi speculatori do ogni parte del mondo, ad oQla delle niicidiuli e ic-

REP

plìcate lotte accadutelra gli abitanti egli avventurieri minatori. Aggiungerò, che ora pare che il prestigio per la California si rinnovelli, poiché gli emigrati tuttavia continuano ad arrivare in folla a S.Fran- cisco, da tutti i punti della stessa America. In ogni modo le grandiose fortune non si fanno più come una volta. Recentissi- me notizie c'istruiscono che l'emigrazio- ne in California ricomincia con maggior furore di prima, da altre parti eziandio dell' istessa America : la Cina minaccia un'invasione di cercatori d'oro, e si teme che l'immensa libertà data ad ogni emi- grante sulle terre libere degli Stati Uni- ti, sarà un giorno il retaggio de' cinesi. Vuoisi tuttavia, che la provincia messi- cana di Sonora sia la più ricca miniera del mondo. Altre ne sono slate scoperte in Australia nell'Oceania, e nel fiume Na- e suoi ailluenti con abbondanti sabbie aurifere nella repubblica dell'Equatore. Nel 1 85 1 in Roma si pubblicò: Cenni isto- rici del progresso del cattolicismo negli Stati Uniti iV America e segnatamente della diocesi di Nuova York , scritti dal teologo Felice f^ Ulani s parroco nella stes- sa diocesi. Alla pietà e alla generosità dei poveri emigrati irlandesi, altri buisce l'au- tore in gran parte l'avanzamento della chiesa americana. Dice che le diocesi so- no ora 33 (36 per l'aumento di altre 3), cogli arcivescovati di Baiti mora, Oregon, s. Louis, Nuova York, Nuova Orleans, e di Cincinnati. Noterò che finora non vi sono primati. Nelle repubbliche di Ame- rica vi sono slati celebrati diversi conci- lii, come nelle città arcivescovili di Ules- sicOy Lima e Baltimora, ne'quali articoli li riportai. A Baltimora dissi di quelli del 1829, i833 e 1837, ed altro ne tenuto neli84o. Inoltre ne furono celebrati nel 1843, 1846 e 1849 co' rispettivi sullia- ganeijdelerminandovisiquellesedi vesco- vili che canonicamente eresse la s. Sei\e, e di cui feci parola trattando delle mede- siine, 11 barone llcnrion nella Storia uni- versale ddlachiaa 1. 1 2 ne 1 cgisli ò altro,

REP cioè il i.'o riunione de' vescovi a Balti- mora, con regolauienloin 1 8 articoli fat- to il 1 3 novembre 1 8 1 o, per l'araminislra- xione delle chiesedegli Stati Uniti. Ora leg- go nel n.°i 33 dell' Osservatore Romano , che in Baltimora a'g o io maggio 1 852 si fece dal palazzo arcivescovile alla catte- drale maestosa e solenne processione, per l'apertura del primo concilio nazionale ( veramente pare da quanto indicai che che non si possa chiamare primo, se pure non voglia intendersi, dopo l'erezione dei nuovi arcivescovati negli Stati Uniti) de- gli Stati Uniti, il quale consta di G prò- viiicie ecclesiastiche : Baltimora, Nuova- York, s. Louis o Luigi, Nuova Orleans, Cincinnali, ed Oregon. Trenlasei sono le sedi vescovili della provinciali vescovi ne portano i titoli rispettivi. I due vicariati apostolici sono governati da vescovi in pariibns. Sono assenti il vescovo di Vin- cennes e due vescovi dell'Oregon. Sono presenti tutti gli altri prelati in n.° di 32; più il vescovo di Monlerey o California,

I arcivescovo di s. Fede, il vescovo di s. Paolo di Minesota,i quali dovettero tra- versare enormi distanze. Intervennero pure due vescovi del Canada [f.). Agli Slati Uniti non trovasi primate, legato della s. Sede cui d' officio appartenga la presidenza del concilio. Laonde per que- sta volta {prò hac vice) il Papa nominò a rappresentarlo l'arcivescovo di Baltimo- ra. Da'pericoli ond'è minacciata la federa- zione americana , può solo scamparla la Chiesa. Il socialismo e l'emigrazione eu- ropea danno apprensioni, se la possente organizzazione della chiesa cattolica non \i si spiegasse a raccogliere sotto le sue insegne i fedeli e oiFrire il porto di salute a quelli separali fra il general turbine del- le loro selle ed errori. Il protestantismo portò i suoi naturali frutti, l'indifferenza e l'empietà; e di ^4 milioni d'abitanti, n'è appena baltezzata la metà. Dal n.° 3c) del- lo stesso Osservatore Si rileva, che il con- cilio fu chiuso il giorno dell'Ascensione.

II concilio prese le sue misure per dota-

REQ i49

re uniformemente tutte le diocesi di re- ligiose istituzioni e di regolamenti litur- gici; decretò la redazione d'un catechi- smo speciale; condannò il sistema del- l'insegnamento per lo stato; raccomandò risliluzione delle scuole cattoliche, per- chè se ne aumenti il numero; statuì la formazione di i i nuove diocesi. Anema- tizzò le società segrete, guarenCi i matri- moni misti, regolò l'amuninistrazione dei sagramenti, le feste, i digiuni; adottò un sistema d'uniforme amministrazione per le proprietà religiose che aumentano in- cessantemente, pe' soccorsi efficaci della propagazione della fede. Il bene immen- so da questa fallo dalla sua istituzione, si legge nel n."i95 del medesimo Osser- vatore, il quale col n.°i48 ci die la bella lettera pastorale, diretta dai padri del concilio nazionale di Baltimora al clero ed a'fedeli degli Slati Uniti. Altre noli- zie suir operato da questo concilio le ri- porta la Civiltà cattolica nel 1. 1 o, p. 2 1 6. REQUIEM AETERNAM. Versetto dell* uffizio de'fedeli Defunti (y.), che si dice dopo i salmi, gli Oremus (/^ .), ec. nelle Messe di Requiem^ col quale s' iuì- plora da Dio il riposo eterno, il riposo in pace, la luce perpetua che risplenda sui trapassali. Si compone del ^. Rcquieia aeternam dona eis Domine. Rj. AV lux perpetua luceat eis. '^. Requiescant in pace. ^. Amen (^•)- Si d\coi.\o Messe di Requiem quelle de'defunli, nelle quali il sacerdote nelle messe basse o privale e il diacono nelle solenni, in MeceAvW Ite M is- sa est [F'.) o del Benedicamus Domino {^^), dicono Requiescant in pace. Rife- risce Piscicelli, Spiegazione della s. Mes- sa, p. I 18, che nelle messe solenni di Re- quiem dices\ Requiescant in pace, per- chè la Chiesa in simili uffici è sollecita sol- tanto nel suffi'agare i defunti, perchè do- po la messa v'è sempre l'ufficiatura, o di seppellire il defunto o d'altre preci, come sono quelledel Liberarne Domine\V.) in- torno al tumulo, le quali cose invitano anche il popolo ad assistervi, affine d'ac-

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crescete i suffragi alle anime sante del Purgatorio [^r'.y Soggiunge, che rispoa- desi dopo il RequìescanLìa pace,/lfnen, per dimostrare con questo un vivo desi- derio per la requie senopiterna alle me- desime benedette anime. Delle indulgen- ze per la recita del De profundis col Re- qiiiem aeternam, parlai a quell'articolo. Il Piazza nel iMcnologio romano, par. 2, p. 4 ) narra che s. Gregorio I celebrando messa nella basilica di s. Pietro per uno ch'era morto 180 anni prima, del quale in quel giorno si faceva 1' anniversario, quando incominciò a dire le parole del- Vlnlroito: Requiem aeternam , ec. senCi una voce celeste che gli disse, Nonfdciam, non lo farò , non gli darò riposo. E re- plicando il santo, per dubbio di qualche illusione, le parole /?e<jr«iewi aelernam, di nuovo sentì la slessa voce, che gli disse : Nonfaciam, quia anima iWusdamnala est. Gli fu poi rivelato che si era dannato neW Inferno[f^.), perchè avendo conser- vata inimicizia, avendo perdonato al nemico, era morto senza confessione e pe- nitenza. Nel voi. XI, p. 1 06 riportai come Funerali (/'.) un defunto disse ch'e- ra dannato; sul qual fatto si può leggere Novaes, Storia di Clemente X, n.° 1 6, per quelli che l'affermano e negano.

RESCRITTO, Rescriptum. Risposta che scrive il principe sotto le suppliche e i Memoriali C^.)- H rescritto è un co- mando o risposta autentica e legittima, o concessione del sovrano o del principe ri- lasciata in iscritto a richiesta di qualche persona. Se riguarda liti, il sovrano tra- sferisce la giurisdizione o facoltà a quel- lo a cui rimette la definizione della cau- sa. Se non riguarda liti, dicesi benefizio o rncrilto di grazia, e si rescrive a favore del petente, ed appunto per questo dice- fi rescritto perchè si risponde a conforto, relazione e supplica del petente o ricor- rente , e questo può essere secondo il di- ritto, ogni tpndvolta si orduia la precisa fsccuziune del diritto, ovvero è contro quando si concede alcuna cos<i contro la

RES

di^pusi/.i(mc della legge alla quale deve derogarsi. Vari rapporti possono avere i rescritti per variane dcUtx causa e/]ic ieri- te, della materia, deWa forma, de\\' effèt- to e della causa impulsiva, d'i cui tratta- no i legisti ed i canonisti nelle loro ope- re: qualche brano più sostanziale ripor- terò con Vermiglioli , Lezioni di diritto canonico t.i, lez. 3. Dei Reicritti, Per la causa efficiente i rescritti come apostoli- ci, che nello spirituale si accordano dal l* tipa; imperiali, nelle cose temporali dal- rmiperatore;e/5/5cc)prt^//,che emanano dal vescovo, o suo vicario. Per \acausa im- pulsiva doppiamente si considerano; al- cuni diconsi annotazioni o favori che di Moto proprio (^^.)il sovrano o il Papa senz'alcuna petizione e causa accorda per i meriti d'alcuno. Altri sono quelli che si concedono per querela, petizione o sup- plica d'alcuno. Egualmente </o/;p/ si con- siderano per ragione di nialeria , e per- chè riguardano cose relative ai privati, altri che riguardano cose ecclesiastiche e negozi di università , che propriamente diconsi Prammatiche sanzioni [P^.) , e queste esigono cognizioni di causa. Ri- spetto aWa forma, i rescritti o sono gf^/ie- rali o speciali. Generali sono quelli che contengono generali oindifinite clausole. Speciali poi sono quelli che si dirigono fra certi, e sopra certe e dichiarate cose o affari, e sono senza generale clausola; la speciale deroga e toglie il generale. Se fossero due rescritti generali o particola- ri, non sarà di alcun vigore il posteriore se non sia fatta menzione del primo. I rescritti sono personali, che si restringo- no alla persona del concedente, o /my^cr* sonali che si danno senza alcuna menzio- ne, o considerazione di persona, ed indiQ- nitivamente. I primi cioè i personali rap- porto a'ioio effetti cessano colla persona del concedente; ^\' impersonali j»oi con- tiimano, finché dal successore del conce- dente non sienorivocati. I rescritti di gr/i- zia concessi colla clausola, fino a nostro b cnv placito, óoìi d^\ couccdeutc, si cslia-

REè puono colla morie di questo , ma se vi fosse Ih clausola, concessa a beneplacito della sede apostolica, siccome (jiiesta nou cessa colla morte del Papa, non si estin- gue il rescritto. I rescritti lutti o che sie- no secondo, oh re, o contro il diritto, han- no sempre autorità di legge, meno che sieno contro il gius pubblico o di vino, per- chè in lai caso sarebbe rescritto ollenulo contro il diritto, perciò di nessun edetto, e così ancora se si fosse ottenuto con- tro una lodevole consuetudine. Inoltre il rescritto si dislingue in Annotazione^ Prammatica sanzione, Pi ivilegio^ i-escrit- to di Grazia e di Giustizia, h' Annota- zione è rescritto di moto proprio, senza che alcuno ne abbia fatta petizione. La Prammatica sanzioneè una risposta e co- mando del principe sopra le cose pubbli- che, di uni versila ocorporazione, a richie- sta di qualche provincia, città, collegio, scuola, ec. Il Privilegio è un comando o concessione speciale in odio o favore di alcuno, che esenta dalla disposizione del- la legge scritta generalmente obbligato- ria e non può addursi in esempio. Il re- scritto di Grazia è quello che il sovrano dirige conferendo ad alcuno una qualche dignità o benefìzio vacante. Il rescritto di Giustizia è quello che specialmente si di- rige a privata persona, sulla richiesta che venga commesso ad alcuno la cognizio- ne d'una qualche controversia. Il rescrit- to può riferirsi a tutte le cose, tanto cor- porali, che incorporali, sopra delle quali può esservi ragione tliagire,o che riguar- di l'interesse pubblico o privato, crimina- le, sagro, religioso o temporale. Il rescrit- to afììnchè abbia la sua validità , deve contenere il nome del Papa o del sovra- no, l'anno del ponliiìcato o del regno, il giorno, l'indicazione e il luogo. Deve far- si menzione a chi si riferisce il rescritto, di quali cose' tratta, ed a chi è diretto, sia esecutore o giudice. Deve sussistere l'e- sposto acciò il rescritto non sia o surre- tizio, o orreliziOj perchè non varrebbe. E' necessario che sia sottoscritto dal Fa-

RES i5.

pa o dal sovrano, o da chi ne fa le veci e munito di sigillo: non dev'essere di pre- giudizio ne del pubblico, del privato, ma deve il rescritto rilasciarsi per neces- sità, utilità, evidente merito, ed a quere- la del richiedente, se questa sia giusta e fondata. A chiuncpie non è vietalo può ottenere rescritto, attore o reo , figlio di famiglia, religioso , ec. Non può implo- rarsi, uè ottenersi dallo scomunicato, ed è perciò che nelle grazie che fa il Papa, perchè abbiano valore, sempre premette r assoluzione delle censure , qualora ne fosse incorso il graziato. Il rescritto spe- ciale deroga al generale , il posteriore è preferito all'anteriore; fuori di questi ca- si è preferito il più antico, purché non sia stato negligente di palesarlo chi l'otten- ne. Adinchè un rescritto possa essere va- lido, non debbe essersi ottenuto con fal- sità, abuso, dolo, ne esservi difetto nella forma; non valutandosi allora le clausole di concessione, sia di moto proprio, sia di certa scienza, sia con pienezza di potere, sia con essersi supplito a qualunque vizio o difetto. Chi abusa del rescritto , resta privo del vantaggio, come quello che a- vendolo ottenuto perse,poi se ne prevales- se per altri. Siccome ordinariamente i re- scritti si rilasciano negli affari ecclesiasti- ci dal Papa e ne'temporali dal principe, così deve a questi prestarsi tutto il rispet- to, onore, ubbidienza e sommissione, ed il disprezzarli merita grave pena. Questa ne'Capitolari e nelle leggi longobarde con- sisteva nella perdita de'beni e nelle bat- titure. Questo rispetto e onore ai rescrit- ti sovrani si dimostra anche col baciar- li; nella primitiva Chiesa si faceva altret- tanto colle lettere epistolari fra amici. Tuttavolta sussiste, più o meno in vigore, l'abuso del Regio exeqnatur {f^.)-

Si dice rescritto del principe , cioè di quello che nel governo tiene il primo luo- go, e che può rilasciare rescritti. Il primo luogo nell'ecclesiastico lo tiene il Papa,ch'è pure principe temporale; i suoi rescritti diconsi ordinariamente Lettere apottoli-

i5a RES

che (^■), ed anche oraco//,quando il Papa risponde colla viva voce, vivae vocis ora- culi, che poi si mette in iscritto da chi spetta , talvolta colla formola : Ex aii- dienlia Sanclissimi. I rescritti pontifìcii, o che sieno di giustizia o di grazia , nei modi come si rilasciano e spediscono, si dicono segnature apostoliche, B reve , Boi- la. Dispensa, Chirografo, Molo proprio (f^-)' Vi sono molte maniere di falsifica- re i rescritti e le lettere apostoliche, indi- cate nel cap. licei ad regimen , de crini, falsi, ed espresse in questi due versi: i^or- ma, siylus, membrana, lilura, sigiltum^ Haec sex falsala danl scrìpia valere pu- sillum.'R.th\ìffe,inprax. e. apponi (fiiae, ec. fa una distinzione assai metodica re- la ti va alla falsificazione de'rescritti. Quan- to alle pene del delitto di falso, questo é stato sempre messo dai canoni nel nume- ro de' delitti gravi che meritano severa punizione. A Breve apostolico dissi co- me Nicolò V e Alessandro VI punirono i falsificatori di essi. Nel voi. XIX, p.i 36 narrai la decapitazione del sotto-datario Mascabruni , falsificatore dei rescritti di Innocenzo X. A Memoriale parlai pure di quanto riguarda i rescritti, quali con- venienti provvisioni e risposte allesuppli- the o memoriali. De'rescritti, Uiaturju- re suo, e Leclumj de'rescritti pei memo- riali anonimi, e di altra specie; dell'an- tichissimo e grayeufiìziodi referendario, o segretario de'memoriali. Che Benedet* to XII nel i333 ordinò si registrassero tutte le pontificie concessioni e rescritti, ond' ebbero origine i Fegislratori delle lettere apostoliche. Del contegno e meto- do di diversi Papi nel fare i rescritti. Mol- tissime nozioni riguardanti le differenti specie de'rescritti pontificii e de' Tribu- nali , Congregazioni cardinalizie e dei Segretari della s. Sede, le riporto a tali artìcoli. A Breve dissi delle segnature o •otioftcrizioni del Papa colle furmole Pia' rei, e /la est per le cedole cunciktoriali x n lioi.i.K di altre relative l'ormoU', così a DupEKki^o UiiLUMA in uuuul flJunograni'

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ma (F.) o formola Bene valete, come del- l' Actiim e del Daluni, su di che si può vedere Data. A Chirografo o concessio- ne pontificia , notai che lo sottoscrive il Papa col pontificio nome, dopo averci posto la data del giorno e dell' anno. A Moto- PROPRIO o risoluzione o concessione spontanea pontificia, lo dichiarai munito dell'autografa firma del Papa in latino, col giorno, mese ed anno in italiano, ed e- gualmente di suo pugno. Fra'citati tribu- nali, per quanto riguarda i rescritti pon- tificii, va principalmente letto Dataria a- posTOLicA, in cui tengo proposito delie va- rie formole cui il Papa sottoscrive le gra- zie : Fial ut petitur; Fiat molli proprioj Placet, e dopo ciascuna, con l'aggiunta della lettera iniziale del nome battesima- le, o di quello religioso se il Papa tale era stato, per abilitare la spedizione delle bol- le, che se vi ponesse il nome pontificio non sarebbe necessaria la loro spedizione. II P/tì!fe/colla detta lettera iniziale,il Papa Io fa di suo pugno anchesui brevi apostolici. A Dataria inoltre parlai de'diversi olìi- ciali preposti a' rescritti o segnature pon- tificie, cioè delle suppliche segnate manti Sanctissimij ed in più luoghi di esso ar- ticolo dell'ollìcio del Concessnnt che re- scrive sulle dispense matrimoniali r/e mi- nor/7»i{«, quali anticamente segnava ezian* dio il Papa, finché pel loro gran numero fu istituitodettoonizio,ronìciale del qua- le leggeva al Papa le petizioni, e facjva il rescritto alla sua presenza colla formo- la : Concessuni ut petitur in pracsenlia SS. D. N. PP. iV^.A^, aggiungendovi le lettere iniziali del proprio nome ed im- piego. Per CoMcr^.vMm talvolta s' intende la facoltà data dal Papa infermo al da- tario e al sottodatiirio per concedere le grazie e fare i rescritti ; vi sono diversi esempi, che si(rutlo<"0//r<'.9.w<«i i l'api l'ac- cordarono a'Ioro cardinali nipoti. De'rO' scritti se ne tiene proposito, in sexto lib, I , lit. 3 ; in Clemenl. lib. i , tit. :i ; in De» crei, disi. ()7 et Cnv, 7.'), quaest. i et a. Concilio Tridmt, sess. ?.2, e. 5, 0, e scss.

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25,cap.io, DeRcform.;{iiff. I. i, §t,Z)(; Const.princip ;in Cod.Uh. i,tit. igudaS. RESIDENZA , Residentia, Residere. Dimora cle'beneOciati nel loto beneficio, e loro assiduità nell'adempierne i dove- ri, imperocché una residenza ©presenza sterile e oziosa non basta, deve essere la- boriosa e attiva. Giusta il diritto comu- ne, tutti i benefìzi richiedono residenza, perchè la Chiesa anticamente non ordi- nava alcun ministro senza dargli un be- nefìcio in titolo, ch'egli era obbligato am- ministrare con tutto lo zelo, e che non e- ragli permesso di abbandonare. Le ordi- nazioni senza titolo, o senza un titolo pa- trimoniale essendo poi state ammesse, si incominciò a distaccare i bertelìzi dalle funzioni ecclesiastiche e a distinguerne due sorta, cioè i benefìzi semplici, ed i benefìzi in cura d'anime, compatibili e incompatibili. Fu trovalo necessario che i benefìzi in cura di anime obbligassero alla residenza personale, e questa residen- za personale fu dichiarata necessaria pe- gli Arcivescovati e f^escovati [ì^.) , per le Parrocchie , Abbazie , Priorati (F.) conventuali e regolari, i di cui possessori sono detti y^re/rz/i nella Chiesa, ed hanno cura delle lorocomuuìtà; le priiiie digni- tà de'capitoli,e in generale tutti i benefì- zi, i dr cui titolari hanno cura d'anime e giurisdizione nel l'oro interiore. Colla sess. i4> cap-i) ■! concilio di Trento ordi- nò, che non è permesso alle persone che posseggono dignità nelle cattedrali o col- legiate , ai canonici di assentarsi per più di 3 mesi all'anno, ad onta di qua- lunque consuetudine in contrario. Seb- bene il concilio di Trento, sess. ^3 de Reform. cap. 1 1, non abbia espressamen- te deciso, che la residenza fosse di diritto divino pei benefizi in cura d'anime, l'ha però bastantemente e chiaramente espres- so colle parole : cuni praecepio divino mandaliiin sitoniìiibits quihiis aniinaruni cura comtnissa est, oves siias agnoscere^ ec. Non permette ai vescovi di assentar- i)i dalle loro diocesi, se nou per una del-

RES i53

le 4 seguenti cause : Christiana charitaty urgens necessilas, debita obbedienlia^e- videns ecclesiae vel reipublicae utili tas, il che dev'essere nolo e approvato dai su- periori ecclesiastici. Dichiara lo slesso con- cilio, nella sess. 6, cap, i, che i vescovi, i quali si assentano senza ragione dalle loro diocesi per 6 mesi continui, devono essere privati della 4-* pai''e delle loro rendite; e che se essi persistono a starne assenti, potrà il Papa di pieno diritto prov- vedere ai vescovati. Ordina ai parrochi e altri beneficiati in cura d'anime, di non assentarsi dalle loro chiese , se non col permesso in iscritto del loro ordinario, e permette agli ordinari di procedere cano- nicamente anche colla privazione deTrut- ti contro i parrochi assenti, come si legge nellasess. 23, cap. i i. Ma di questo ari^o- menlo e con dilt'usione ne trattai ne're- lativi articoli, specialmente a Demefici\- TO, a Beneficio § 2, Divisione de'benefi" z/, ove riportai i canoni di diversi conci- lii che prescrivono la residenza, fino dal concilio di Sardica del 347- A. Congre-

GAZIONEDELLARESIDENZA De'vESCOVI ripor- tai le assidue sollecitudini de' Papi, che sempre ebbero, prima e dopo il concilio di Trento, per la residenza, non solo dei vescovi e cardinali nelle loro diocesi, ma de' cardinali presso il Papa, argomento che toccai pure nel voi. IX, p. 288 e 289, e quanti mesi i Papi accordarono per a- dempiere la visita deLiinina Apostolo- rum (^.). Oltre a ciò .si possono vedere: la bolla di Pio IV, De salute grcgis, dei 4 settembre i56o, Bull. Roni. t. 4i P^''- 2, p. 36 : De residenza episcopali, resi' dentiumque privilegiis, et non residentiuni poenisj il decreto d'Alessandro \ìì,Quia £t'c/e5/rt,de'26 luglio 16G2, Bull, de prò- pag. fide 1. 1 , p. 3 1 3 : Super residenlia e- piscoporum regularium j C. De Carolis, De episcoporuni residentiaj De residen- lia pastorum j'we divino 3 scripto sancito, Florentiaei 55 1; De Rosa, De vera resi- dcntia episcoporum, Neapoli 1679. Residenti si diQonoì Ministri ('À'.jdcb

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la Diplomazia ( ''^) che risiedono in Ro- ma presso la s. Sede, pe'loro Soi'rani o Jxepubbliche. Nell'alto finale del celebre congresso di f^ienna, fra le altre cose di cui fu tmttato, sui diritti e preminenze tiel corpo diplomatico presso le corti eu- lopee, fu stabilito che i diplomatici se- condo la entità delle incombenze e com- missioni all'estero fossero di 4i'anghi,cioè: ì "d'Incaricato (Taffari^f'.); 2.° di Mi- nistro resi(ientt;j3.°d'i I\limstro[T^.) pleni- potenziario, che ordinariamente va con- giunto coll'altro d'Inviato straordinario (F'-)j 4'° di Ambasciatore (f^-) straor^ dinario. Nelle delle disposizioni eziandio si determinarono i rispettivi liattainenti per la corrispondenza co'diplomatici me- desimi,e secondo i suddetti4 ranghi sono maggiori o minorigli appuntamenti che essibimnodallecorti rispettive, come pu- re secondo tali ranghi è- maggiore o mi- nore il compenso che loro il gover- no pontifìcio in luogo della Franchigia (^.). Ved.isi Marlin, Guide diplomati- qiie. Attualmente in Roma vi sono i Mi- nistri Ilesidenti jd'i Costa Rica, dell'Equa- tore, di Toscana. Oltre i citati articoli, pel corpo dìplumatico accreditato presso il sovrano Pontefice, per gli ambasciato- ri si può vedere Principi assistenti al so- glio PONTIFICIO, per quella alternativa che con essi vi facevano.

RESINA o RESAINA. Sede vescovile della Mesopolamia, nel patriarcato d'An- tiochia, sulfraganea della metropoli d'A- mida o Diarbekir, eretta nel IV secolo, secondo Common ville. UTem, Siria sa-^ era, p. i35, la dice memorabile pel se- polcro dell'imperatore Gordiano, e ne ri- porta le notizie. Zaccaria, iV/o/'/a lettera- ria t. 2, p. 1 8 1 , riporta l'erudite opinioni sulle due Resine o Reline, una sotto Mi- seno, l'altrasuttoErcolano, del tutto per- ciò diverse da Resina di Mesopotamia. Altri la chiainarMi liUesina e la dicono •ufTiaganm di Edcssa e dagli arabi chia- mala Hat .iin, cioè Caput Fontis, dulie lueonlielM' 3oo ruiilanc furtuaiili il fiume

RES

Chaboras. Calebre sotto i romani, l' im- peratore Severo vi stabili una colonia, e Teodosio le die il suo nome di Teodosio- poli. Ebbe 9 vescovi registrati dnW Oricns chr. t. 2, p, 279, il qualea p. 1 829 e 1 5 1 5 parla di altri vescovi caldei e nesloriani, e de'giacobiti, riportando due nomi de'pri- mi e unode'secondi. Al presente Resina , Rhesinen, è un titolo vescovile in parti- bus, sotto Amida o.Diarbekir. Per trasla- zionea Ringstondi mg.'' Alessandro Mac- donell che ne portava il titolo, Gregorio XVI nel concistoro de' 1 4 dicembre 1 834 lo conferì a mg.'" Antonio de Campos ab- bate dell'insigne collegiata di Guadalupe nel Messico, colla ritenzione del titolo canonicale e la prebenda, e la facoltà di farsi consagrare da un vescovo assistilo da due preti in dignità costituiti.

RESPETTO, Respectus. Sede vesco- vile di Numidia nell'Africa occidentale, la cui città era fortificata, sotto la me- tropoli di Girla, di cui fu vescovo Quod- vultdeus , che intervenuto nel 4^4 a"a conferenza di Cartagine, fu esilialo da Unnerico re de* vandali. Morcelli, Africa christ.

RESPICIO (s.), martire. F. Trifo-

SE (s.).

RESPONSORIO, Re^ponsorium. Pa- role ordinariamente tratte dalla s. Scrit- tura,che fi dicono o si cantano nell'uffi- cio della Chiesa dopo le lezioni o dopo i ca- pitoli,eche si ripetonoointiereo in parte. Si dicono responsori perchè recitali o can- tali da un corista, tutto il coro gli rispon- de. Ecco la ragione per cui s. Ambrogio chiama Re.sponsoria psalmoruni i verset- ti de'Salmi che il popolo rispondeva e ri- peteva. Ruperto nel lib. i, cap. i5 de 0///C'. dicecheil responsorio ebbe tal no- me perchè d'ordinario suol corrispon- dere alle materie contenute nelle lezioni correnti, che però Radulfo e Micrologo chiamarono ftisloria. Alcuni responsori appartengono alla Messa (/'•), altri al- l'uflicio divino. Quod ad primwn adti- net, nsalruos irsponsorius , si\'c rcspon-

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sorìnm psalmi post epistola tn a primis ccclesiae temporibus originein hahet, co- me dichiara Zaccaria naW Onomasticon Rituale, verbo Rexponsoriurn, ove ne par- la con eiutlizloue. Fu chiamato Respon- sortale il libro che conteneva i respon- sori ordinati da Adriano I, al riferired'A- inulario. I responsori per ordinario sono riflessioni su quello che si è ietto nell' Uf- fizio (/^.) divino, o contengono qualche preghiera o qualche istruzione sul miste- ro che si celebra, secondo quanto dice Mazzinelli, parlando delle lezioni del 2.° notlnnio del giovedì santo, nel suo JJfjfi' zio della settimana santa. Macri, Not. de\'ocah .cccl. , chiama il responsorio, sor- te di canto ecclesiastico, che suol cantarsi dopo le Lezioni {f^.)'. questo si dice re- sponsorio, a distinzione di quello che si canta dopo il Capitolo {f^-), e denomi- nato responsorio breve." Responsoria ab italis longo ante tempore sunt reperta , et vocata hoc nomine, quod uno canente, chorus consonando respondeat, " dice I- sidoro lib. I, cap. 8, de Eccles. off.; ov- vero perchè dove tinlsce il canto dell'u- no, ivi comincia l'altro a cantare. Raba- no, De inst. Cler. lib. 1, cap. 33, osser- va: » Responsorius cantus indedicitur, quod alio desinente, id alter respondeat. Inter responsoria quoque et antiphonas hocdilFert, quod in responsoriis unus di- cat versuin, in antiphonis autem alter* nent versibus chori. Antiphonas graeci, responsoria vero itali traduntur primum invenisse". Si canta il responsorio dopo la lezione, perchè la Chiesa non si contenta che noi solamente udiamo la parola di Dio, ma che la mettiamo in esecuzione, se- condo la spiegazione d'Amalario, Deord. Anliph. e. 4; ovvero denota l'assenso de- giiuditorijfìnìta la lezione. Serve ancora per sollievo, Tramezzandola dolcezza del canto con la sagra lezione. Tutti ripeto- no il responsorio, per significare il mu- tuo affollo e unanime sentimento. Du- rando lib. 5, cap. 2, nota che questa ri- petizione è imperfetta, ripetendosi parte

RES l'ii

(lei responsorio, per manifestare che le opere nostre sono imperfette. In certe so- lennità si sipete tutto, come nella i.^ le- zione della notte di Natale, nella Pasqua di risurrezione e nella 1.^ domenica del- l'avvento, per significare la compita e per- fetta cognizione de'sanli. L'ulti morespon- sorio delle domeniclie,. il quale comincia Duo Scraphim, tratta della ss. Trinità, perchè anticamente l'ultima lezione era sempre della Trinità, si cantava ia que'tempi il Te Dewn, secondo Duran- do, lib. 5, cap. I ; quindi fu trasportato dopo l'ultima lezione, per dar luogo a ta- le inno. Avverte Macri, che i responsori i quali si pongono la i.* volta, essendo impediti nella domenica da qualche uf- fìzio doppio, si ripigliano nella i.* feria, come si fa delle lezioni nel princìpio dei libri, e se non vi è alcuna feria vuota si tralasciano per quell'anno. Nell'ulliziq d'alcuni ss. Papi e Martiri nella peauU tima lezione del mattutino si assegna un responsorio particolare, il quale comincia Domine prae\^enisti, perchè que'ss. Pon^ tefici sebbene morirono per la fede tra i disagi, con tuttociò non hanno sparso il sangue, come notai a Confessore dellì FEDE. Sui Responsori scrisse un eruditis- simo trattato il p. Vezzosi, e lo ha pre- messo ai Responsoriali della chiesa ro- mana di s. Gregorio /, e pubblicati nel t. 4 ^6ll<^ opere del b. cardinal Tomma- si. Ivi può vedersi l'antichissimo uso dei responsori, anteriori all'età di deltoPa- pa, e anche di s. Basilio, e ivi ancora so- no detti responsori, dal rispondere che faceva il coro al cantore che ne dava l'in- tuonazione. Questi cantori che si trova- no chiamati Praecentores , Precentori (/^.), perchè come dice il citato Isidoro, lib. 7, Orig. cap. 2, Praecentor est, qui voceni praemiltit in canta: ed Onorio Augustodunense, lib. i, cap. 17, Prae- ceutor, qui cantantes voce et manu inci- tat; anche i greci gli aveano col nome A' Ypobleys, comt li chiama Socrate, III- si. hb. 5, cap. 2 2,becoodo avverte Vale-

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8Ìo. Se ne può consultare anche Cotelé- rio, ad lib. 2, cap. 5^, Conslilut. Aposto- licanunj e il Goar, Etichologii p. 29.il cantore medesimo stava nel inezzodel co- ro, come apparisce da una testimonianza d'Eusebio, o sull'ambone o pulpito, ov- vero sopra qualche suo gradino. In tutto il libro Responsorjale del b. Tommasisi trovano innumerabili notizie circa i re- spotisori, come nella sua prefazione. Il medesimo rilevò, che l'uso antichissimo fin dal principio della Chiesa ne'responso- ri fu che il coro ripetesse tutto intiero ciò che il solo cantore avea detto. Il metodo ili ripetere soltanto ex^rewia versuritfChe Cotelerio credè indicato nelle Coslkuzio- ni apostoliche y fu introdotto ne' poste- rioi i tempi e si pratica eziandio ne'nostri. S\ conserva però una traccia del rito an- tico in certi solenni uffici fra l'anno, nei quali, come nel notturno natalizio, il re- .sponsorio dal curo si ripete tutto intiero. Il verso Gloria Patri (/''.) fu aggiunto ili responsori posteriormente, per l'esem- |»io dato dai monaci dell'Egitto, eal cer- to si era introdottoal tempo d'Amalario fdlto arcivescovo di Treveri nelI'Sio.

RESSA o RESSI A.Sede vescovile del- la iVumidia, nell' A frica occidentale, detta anche Ressaiia,%o\.\.o la metropoli di Cir- ta,già esistente ne'primi del V secolo, co- me si ha da Morcelli, Africa chr., che par- la di due vescovi.

RETIMOo RETHYMO. Sede vesco- vile dell'isola di Candia, nella città del tuo nome e sangiacuto, della Turchia eu- ropea,devastata dagli ottomani nel 107 2, mentre Selim II faceva l'assedio di Fa- inagotta; ma i veneziani non ne furono Ricciuti se non verso la metà del secolo XVII da Ibrahim. Vi fu trasportata la se- de vescovile o la residenza del vescovo di Mdlipoiamo[ f^.), ma sembra che non bitogni formare di Relimo e Mellipota* Ilio un tolo titolo vetcovile in partibus, come di recente fece altri. Im|)erocchè Jtelimo e Mulhpotaiiio anche il Mirco , JVolitia cpiscopalwit p. 18 1 e aB 3, le l'i-

RET porta come due distinte sedi vescovili suffragaiiee di Candia (A^.). Altri geo- grafi sagri non ne riportarono che una, ed il Terzi, 5'/>/flt sacra p. 402, l'uaa, l'altra. Il p. Le Quien, Oriens diri' stianus l. 3, p. 917 eseg. nel descrivere la provincia ecclesiastica di Creta o chie- sa di Candia, che dice 35 miglia distante daRhitymna, citando Baudrand chiama Mellipotamo congiunto a Retimo, e di questo non fa articolo separato; soltanto nel descrivere Mellipotamo e i suoi 1 4 ve- scovi che riportai a quell'articolo, dicen- do di Luca, lo chiama, episcopus urbis Retimi [Milopotamiensi ecclesiaeuniiae) primtimfuit. Cerio è che attualmente Re- timo è un titolo in partibus separato da Mellipotamo, come vado a provare. dunque Retimo, Rhitymneu, è un titolo vescovile inpartibus, sotto l'arcivescova- to in partibus di Candia, che conferisce la s. Sede,e Gregorio XVI nel concistoro de' 17 dicembre 1882 trasferì al vescova- todella ss. Concezionedel Chili mg. '"Giu- seppe IgnazioCienfuegoschilianoche por- tava il litolodi vescovodi Uitimna,il qua- le titolo gli avea conferito Leone XII nel concistoro de'i5 dicembre 1828, vacato per morte del vescovo Francesco Suarez. Di poi lo slesso Papa nel concistoro de'25 luglio 1844 conferì il titolo vescovile di Retimoa mg.^Marc' Antonio Maiz del Pa- raguay, parroco e moderatore del semi- nario di Paraguay (/''.), al cui vescovo deputò in ausiliare, come notai in quel l'articolo; leggendosi nella proposizione concistoriale, che Gregorio XVI gli con - cesse l'indulto di farsi consagrare da u n vescovo, assistito da due preti costituiti in dignità ecclesiastica; e quanto a Ile- limo è detto, iirbs est insulac Crctae ( os- sia Candia) sub atvhicpiscopo Candie usi in hora boreali sita, et ab infidelibus e- tiain nunc misere dclinelur. Ciòfece Gre- gorio XVI quando e fino dal i84o mg.'"

VViscman portava il titolo di vescovodi Mellipotamo, che tenne fino al iHTo,!!!

cui il regnante Pio IX lo trasferì all'arci-

RET vescovato di Westminsler, decoraiailolo della dignità catdìtializia.

RETIZIO (s.), vescovo d'Aulun, Di illustre famiglia nelle Gallie, strinse ma* tt'imonio con una donna, la quale al pari lui era piena di ardore pel servigio di Dio e per la pratica di ogni opera buo- na. Rimasto vedovo, fu innalzato alla se- de episcopale di Aulun. Nel 3i3 inter- venne a un concilio che si tenne in Roma contro i donatisti; e l'anno seguente as- sistette ad altro concilio tenuto in Arles per lo slesso soggetto. Ignorasi l'annq del- la sua morte : è però nominato nel mar- tirologio romano a'19 di luglio. S. Ago- stino, parlando di luì, dice cli'era un uo- mo di Dio, e un prelato di grande auto- rità nella Chiesa. Leggesi in s. Girolamo, ch'egli era uno dei più dotti ed eloquenti uomini del 1 Vsecolo.e che scrisse dei com- mentari sul Cantico de'cantici, non che un eccellente trattato contro i nuv.izìani.

RETTORE, ÀiUistts, PrarposUus, Praeses, /?ec/or. Quello che regge, il go- vernatore, dicendosi Rettoria il governo e l'ufìizìo del rettore, Regiincn. Rettore si dice in alcune prQvincìe il curato d'u- na parrocchia j in molle comunità re- ligiose quello che governa la casa o il convento (rettore generale si chiama il superiore generale dei Chierici regola- ri (lilla Madre di Dio)j quello che pre- siede all' ospedale^ detto anche priore ; quelli che sovrastano a* collegi, a' semi- nari ^ alle università : e più anticamen- te i vescovi, come i presidi delle città e Provincie, singolarmente ne'dominii del- la s. Sede. Secondo Adami, Ricerche del carcere Tulliano, p. i i o e 1 1 i , il rettore talvolta fu l'economo, il provveditore e ramministratorede'beni di qualche chie- sa, Recior ecclesiae. Nardi, De'parrochi, dice che rettore unico della chiesa è il solo vescovo, cui è dato il rettorato e il reggere; cos'i avendolo chiamato s. Leo- ne I, s. Gregorio I, s. Agostino ed altri padri, e il concilio di Sardica. Similmen- te i Capitolari di Carlo il Calvo deir845

RET i'7

e di Lodovico 11 neir855. Nella vita di Ereberto arci vescovo di Colonia del 999, il vescovo è chiamato Doniui Dei recior, sive ovihus Christi pastor. Luca vescovo Tudense, parlando de'vescovi li dice, /?e- clores morum et principes animaruni. Il Capitolare Aquisgranense del 789 dice i vescovi, Pastores et rectores ecclesiaruni Deij il concilio di Parigi dell' 829, Re- ctores ecclesiarum. Vittore II nel io55 chiamò il vescovo di Ferrara, /?ec/or i- psius ecclesiae. Per eccellenza fu denomi- nato il Papa, Rectorem in universo orbe christiano. Nel concilio generale di Lio- ne II, l'injperatore de'greci Michele Pa- leologo chiamò il Papa, Rettore univer- sale della Chiesa. Dopo l'antifona che si canta per la coronazione del Papa, il car- dinal vescovo d'Ostia recitasu di lui quel- l'orazione, in cui è detto Pater regum, et rector omnium fìdelium. Indi il cardinal i.° diacono neh' imporgli il triregno gli dichiara essere egli Rectorem orbis. I rettori che i Papi deputarono al governo e amministrazione degli amplissimi a3 Patrimoni della chiesa romana (/'.), e- rano ì primaridella medesima e incomin- ciarono coli' origine de' patrimoni slessi nel IV e V secolo, esercitandovi in alcu- ni \e franchigie maggiori, in altri l'alto e pieno dominio. Questi personaggi illu- stri erano tenuti a dare giuramento d'ub- bidienza efedeltàal Papa innanzi di pren- dere il governo, e rendevano a lui conto delle loro operazioni, come si ha da Gio- vanni Diacono nella f ila di s. Gregorio I, e dalle Epistole di questo gran Ponte- fice. Fu rito de'primi tempi di prestarlo con solennità nella basilica Vaticana, a- vanti il venerando corpo di s. Pietro, co- me attestano gli scrittori di quell'angu- sto tempio, e ne rende grave testimonian- za s. Gregorio I del 590 nella sua lettera 72 al 70 lib. I, Ind. ix, indirizzala a Pie- tro rettore del patrimonio di Sicilia. In questa il zelante Pontefice esorlando Pie- tio a procurare i vantaggi della s. chiesa romana, per eccitare il suo zelo a farlo

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di proposito, gli rammenta il giui-amen* to, che per 1' aniniiiiistiazione di detto patrimonio avea dato avanti il sacratis» simo corpo del principe degli apostoli. Questo rettore si appellava Reclor pa- trifìionii SicUiae, Reclor per Siciliani^ e talvolta Rector Siciliae. Due erano poi le stazioni di questo patrimonio e prin- cipali residenze del rettore, Palermo e Si- racusa, nelle quali città risiedevano i mi- nistri della s. Sede col titolo di Difenso- ri della chiesa romana. Cartulari o Ar- chivisti e Nolari {F.), ed era precipuo loro uffizio di ricevere le rendite del pa- trimonio di Sicilia, giacché i debitori po- tevano pagarle in un luogo o nell'altro. Trattando a'rispettivi articoli de' patri- moni, parlai ancora de'Ioro rettori, e del- le notizie d'alcuno. Questi rettori ezian- dio per testimonianza di Nardi, t. 2, p. ig8 e seg., erano per lo più Suddiaco- ni [f^.) maggiori della chiesa romana, tal- volta prelati minori, che formavano il fiore della prelatura d'allora, ed i quali dopo la loro autorevole e onorevole car- rierain vari uffizi, erano esallatial cardi- nalato e diversi divennero Papi. De' 28 patrimoni, 17 erano in Italia, comprese le isole ; gli altri 6 in Istria^ Dalmazia, Illirico, Alpi Cozie, Gallia, Germanicia- na. Includevano vari vescovati, ordinan- do spesso s. Gregorio I a'rettori di que- sti patrimoni il correggere i difetti degli ecclesiastici e de' vescovi, qnos commissi libi Palrinionii finis includit. Lo stesso Nardi nel suo libro de' Co«;^J'7/,.'^^'*''OStra la vastità di tali latifondi, dicendo che la Massa Trabaria, che fu ptue Presidalo (A'.), fu uno degli antichi patrimoni dflla s. Sede, includendo i vescovati d'Urba- nia, s. Angelo e porzione del Tifernale. Avendo voluto Natale vescovo di Salone ordinare prete per forza Onorato suo ar- cidiacono, R. Gregorio I ordinò ad An- tonino suddiacono della romnna chiesa, V rettore dello medesima del patrimonio in Dolinazta, d'inliinurc n Natale di ri- uictteic l'arcidiacono ol iuu posto, c]uau

RET tunque si fosse fatto l'arcidiacono nuo- vo ; di più con facoltà di levargli l'uso del pallio, e se non basta di separarlo an- che dalla sagra comunione, e di deporre il nuovo arcidiacono. Per l'elezione del vescovo di Milano, s. Gregorio 1 mandò a presiederla Giovanni suddiacono retto- re del patrimonio della Liguria, come un'altra volta vi mandò Pautaleone nò- turo della chiesa romana, essendo questi nolari Regionari {^^.), il capo de' quali era il Primicerio della s. Sede (^.), tutti prelati, donde poi derivarouo i Protono lari apostolici (f^-), e spesso rettori an- ch'essi de' patrimoni. Siccome Pascasio vescovo non teneva il vicedomino per le cause, il maggiordomo per ricevere gli ospiti, ma faceva da se, s. Gregorio I ne scrisse ad Àntemio suddiacono, il qua- le stava in Napoli, come rettore del pa- trimonio che pur colà avea la sede apo- stolica, egli ordinò d'intimare al vesco- vo d'eleggere due soggeti a quelle cariche, altrimenti che esso Antemio radunasse il clero e li facesse eleggere dal medesimo. A Ilo stesso Antemio quel Papa comandò altra volta di vegliare alla elezione d'un vescovo, onde non v'intervenisse simonia; edaltra volta di costringerei! vescovod'A- malfi alla resìdenza.Doveano questi retto- ri invigilare su'vesco vi, riprenderli, e talo- ra anche per ingiunzione del Papa puair- li.AveanodelIefacollà ordinarie tra vesco- vo e vescovo, e spesso le più sid^limì stra- ordinarie incombenze. Un'altra volta s. Gregorio 1 sgridò Anatolio rettore della Campania , suddiacono della chiesa ro- mana, perchè non avea corretto certi ve- scovi negligenti. Nell'antichità questi pre- Liti rettori sono chiamati qualche volta Proceres della chiesa romana, ed erano chierici. Qualche rara volta da' Papi si mandava un prete per rettore di un pa- trimonio, come fu quel Candido gover- natore del palazzo pontificio, spedito in Erancia da s. Gregorio 1. Questi rettori the slavano ne' patrimoni aveano la loro COI le che 8i portavano da Uoma,couipo-

RET sta notali, difensori, azionari, ec, an- clie prima de' tempi di s. Gregorio I, a suo tempo e dopo. Talora erano richiesti per vescovi, e nel 680 Primogenio sud- diacono regionario apostolico fu fatto pa« triarca di Grado. IVel pontifìcato di s. Gregorio II e dopo il 726 avendo avuto principio la Sovranità della s. Sade {V.), pergovernaregli stali temporali e provin- cia de'suoi dominii furono mandati per lo più de' rettori, i quali terminarono cir- ca il secolo XV, essendo muniti di ampie autorità, facoltà e prerogative, cui poi successero i cardinali Legati (f^.) ed i pre- lati Governatori e Delegati (/^.)- Questi rettori de' sovrani dominii pontificii era no tenuti a prestare il giuramento di fe- deltà al Papa, come d'amministrare con giustizia, e se confermati nella rettoria do- veano prestar nuovo giuramento al Pon- tefice. Borgia, Memorie di Benevento l. ^3, p. 257, riporta il giuramento prestato nel 1289 da Leopardo Bonvillani d'Osi- mo, confermato da Nicolò IV nella ret- toria di Benevento. Furono celebri i ret- tori d' Avignone [F.) e contado f'enais- 5mo (/^.)j i rettori di Romagnaj cosi» rettori della Marca e del P/'cf/io^dicui ne pubblicarono la serie Monaldo Leopar- di, Series rectorum Anconilanae Mar- chiae, Recanetii824; e Pergoli Campa- nelli, Giunta alla serie de' rettori del Pi- ceno, Ancona 1826. De'reltori delle pro- vincie di Marittima e Campagna parlo a Velletri : di quelli delle altre provincie ecclesiaslichea'loroarticoli. Rettori ebbe- ro ancora i Presidati dello stato pontifi' ciò {V.). Vi furono anche rettori magi- strati municipali, e li ebbe Velletri, co- me si apprende dal can. Banco, Storia di Veletri t. i , p. 1 88 e 28 1 , che ne riporta la serie dali5i3 al 176 5. Questi rettori, coi giudice, venivano eletti dal magistia- to e dal pubblico consìglio nella vacanza del governo di Velletri, o per la morte o partenza del Podestà {F.), come ancora per la morte del cardinal vescovo gover- natore : essi esercitavano un governo as-

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soluto sino alla elezione e al possesso dei nuovo podestà o del nuovo cardinal ve- scovo governatore.

RETTORIANI. Eretici discepoli di Retorìo, laico egiziano che vivea nel 38o, il quale insegnava ciie ciascuno in parti- colare poteva salvarsi nella sua qualun- que religione, e ch'era permesso di con- formarsi a quella delio stato o del piin- cipe di cui uno era suddito. Inoltre inse- gnava, che gli uoniini non s'ingannava- no giammai, e che tutti aveano sempre ragione; che nessuno di essi sarebbe con- dannato per le sue opinioni, perchè avea- no tutti pensato ciò che doveano natu- ralmente pensare. Bergier dice, che inol- tre i rettoriani ammettevano tutte 1' e- resìe che sino allora erano vedute, e pretendevanoche tuttesi potessero egual- mente sostenere : questo sistema sembra rassomigliare molto a quello de' liberti- ni, de' latitudinari, degl'indipendenti, ec. che dommatizzarono nell'ultimo secolo, settari che pare non abbiano molto me- ritato il nome di cristiani. Ciò si appren- de dal libro delle eresie di s. Filastrio ve- scovo di Brescia, ma da'critici viene no- tato d' averne accresciuto il numero. Io fatti i sistemi de' rettoriani comparvero così assurdi a s. Agostino,che mise in dub- bio il riferito da s. Filastrio, /^^erf*. 72.

RETZ o GON DY Enrico, Cflr^//«rt/tf.

f^. GoNDY.

RETZoGONDYGio.FR4NCEsco,Car- dinale. V. Gondy, e il voi. I, p. 244- REUMAINO SUA VIO Giovanni, G;r-

dinale. Nacque in Rejumesdi Guascogna, divenuto perito nella giurisprudenza fu eletto uditore di rota per la sua nazione francese, indi neh 555 Paolo IV lo fece vescovo di Mìrepoix, per averlo conosciu- to da cardinale infiammato di zelo per la cattolica religìonee di sperimentata in- tegrità pel rifiuto di 200 scudi d'oro da lui donati in regalo o propina per una causa cui egli nel tribunale avea dato fa- vorevole voto, solo ritenendone due che di ragione gli appartenevano. Per si e-

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i*oico disinteresse a' 20 dicembre lo creò cardinale prete di s. Gio. a Porla Latina^ quindi coi cardinali Scolti e Consiglieri lo deputò sopra gli allari dello stalo ec- clesiaslicOjC prefetto di segnatura con al- tri gravi incarichi. Pio IV lo trasferì al titolo di s. Prisca e lo ascrisse al s. ofl'i- zio, destinandolo a informare per la ca- nonizzazione di S.Diego, Nel suo concla- Te poco mancò che non fosse eletto Pa- pa , pel concetto che godeva tra i colle- ghi. Fu pure a quello di s. Pio V,e mo- ri in Roma d'anni 63, neh 566, sepolto nella chiesa di s. Spirito in Sassia, ove il cardinal Rebtba esecutore testamentario gli pose un nobile epitaflio, che più non esiste e si legge nell'Ai veri, Roma in ogni stato par. 2, p. 278.

REUjSION o S. Dionigi m Africa (ReunioniSj seti s. Dionysii in /africo). Vescovato con resilienza vescovile in s. Dionigi o Siiint-Dcnis , nell'isola della Riunione, ovvero isola Mascaregna o di Rorbune, separata per un tratto di ma- redi luo leghedall'isola Madagascar, do- luinii e colonie della Francia. La forma- zione dell'isola della Rcunion o Riunio- ne è vulcanica, e s' innalza in forma di cono. Il clima è salubre e delizioso. Le coste sono dirupate, e le poche sue rade non sono comode: l'impelo de'Iìequeuti uragani è terribile, recando deplorabili diuini. In due terzi della superfìcie la ve- getazione è florida: produce garofuni ed eccellente calle, noci museale, cannelhi, cacao, zucchero, tabacco, e qualunque pianta ed erbaggi de'climi europei; vi pro- •pcrinio i cedri, gli ananas, le uve, ec. ; piiinic du costruzione, cavalli, belli e mul- tiformi volutili; si trovano grosse testug- gini, aud)ra,c(U'>dlo, conchiglie, ec.L'aui- iniriiglio portoghese d. Pietro Mascare- niia ftcuuprì l'isola nel 1 545, e dopo mez- zo kecolo lu visitiuono gl'mglesi. 1 fiati- celi ntlralli dal buon chma vi cercarono riliigin, e vi trunporlaruno sovente gl'in- fermi di Forte Dclllno e degli altri luo- ghi del Madagascar, uccio ricuperassero

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la sanità. Nel 1 649 Flacourt ne prese pos- sesso in nome del redi Francia Luigi XIV Dorbone, e la chiamò /^o/t^i Borbone. Do- po i5anni fu ceduta alla compagnia fran- cese dell'Indie, e quando i madecassi ri- bellati cacciarono i francesi dalla propria isola, fu questo il punto di riunione ove convennero. La Francia vi mandò spesso delle carovane d'indigenti orfane, per l'aumento della specie, e le proli acqui- starono in bellezza. Il celebre Mahé de la Bourdonnais, eletto nel 1 ySS governa- tore generale dell'isole di Borbone e di Francia, col suo genio e allivilà sottras- se dalla miseria e dall'anarchia la disor- dinata amministrazione, e vi ritornò nel commercio la floridezza e la prosperità. L'intendente Pòivre v' introdusse gran quantità di preziose piante orientali. In lutto il secolo XVll la colonia fu sempre in fiore, e soltanto dopo la rivoluzione di Francia perde il nome d'isola di Borbo- ne, si disse Isola della Riunione, e di poi Isola Boiiapartc^e] 1 8 1 o gl'inglesi l'as- salirono alla sprovvista e se ne resero pa- droni, non avendola evacuata che nel 181 5 pel trattato di Parigi. La capitale dell'isola è s. Dionigi, con ancoraggio po- co sicuro dall'impeto de' venti. Vi risiede il governatore, il tribunale di i." istanza, ed i supremi uffìzi amministrativi. Giace sulla costa boreale, alle falde d'un colle che termina col la spiaggia. Gli edilìzi, seb- bene costruiti in legno, non mancano di eleganza, e presso la marina ve ne sono di pubblici di bell'aspetto. L'interne vie sono fiancheggiale d'alberi; i passeggi del giardino sono deliziosi e vi si ammirano piante singolari. Una batteria difende l'ingresso muritliino: racchiude più di 10,000 abitanti, con poche ceutniaia di razza bianca. Le chiese parrocchiali sono le seguenti : s. Dionigi callediale, s. Pao- lo, s. Luca, s. Luigi, s. Pietro, s. Giusep- pe, s. Uosa, s. Benedetto, s. Andrea, s. Riaria, s. Filippo, s. Susanna. A Missioni snuNiKiu'. del scminariodelloSpirito san- to di Parigi, parlai dell'isola di Borbone

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e del suo stalo religioso, come prefelliira npostoiica, e de'suoi piistabiliinenli.il re- gnante Pio IX a maggior utilità spiritua- le de' fedeli dell' isola, con decreto della congregazione concistoriale de'26 settem- bre i85o e con bolla spedita per via de curia, eresse e costitm questo vescovato della Réunion o di s. Dionigi©, che di- chiarò siiflraganeo della metropolitana di Bordeaux. Quindi nel concistoro de'3 ot- tobre, a nomina del principe Luigi Na- poleone presidente della repubblica fran- cese, preconizzò i.° vescovo l'attuale nig."^ Floriano Giuliano Desprez d'Ostricourt arcidiocesi di Cambray, già parroco di quella metropolitana e decano della par- rocchia di Roubuix, come si legge nella proposizione concistoriale. Del Fervore di quella cristianità e delle condizioni del- l'isola, come del magnifico e trionfale ri- cevimento fatto a detto suo primo pasto- re, si legge un'interessante lettera, ripor- tata nnW' Osservatore romano del i853, n.° 172.

REVERENDISSIMO, Reverendissi. /«fu. Titolo d'onore superlativo di Revc' rendo, Rei'crendus , degno di rivereuza, da essere riverito: titolo che si agli ec- clesiastici secolari e regolari costituiti in dignità. L'antica formola d'indulgenza colla quale i Papi la concedevano nella cappella pontifìcia e che riportai nel voi; XXXIV, p. 278, dice: Reverendissimiis ili Christo Pater. Pai isi. Istruzione per la segreteria t. 3, p. 5 1 , tratta de'titoli Re- verendo, Reverendissimo, Riverenza, co- me segue. Simmaco chiamò Reverendo il Senalodi Roma (/^'.),e l'iinperatore Giu- stiniano I chiamò Reverendissimi non so- la «nente i F escovi [F.), ma anche i chie- rici. Cassiodoro al principe di Dalmazia e al senato romano diede il Reverendis- siinttmj e tanto egli a Teodora Augusta, quanto Ennodio a Fausto, e s. Agostino a Giuliana figlia d'Anicia Faltonia dis- sero , Reverenliam vestram. Il dottore s. Girolamo chiamò Reverendissimo il ve- scovo s.Agobtino. Nella liturgia falsamcn-

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te attribuita a s. Marco, ma de'primì del V secolo, si legge : il Reverendissimo ve- scovo tu conserva. In privati documenti del 957 egyo si trova : Reverendus Dia- coniis , e Reverendissìnius Siibdiaconus s. Ravennatensis ecclesiae. Nel secolo XI 8. Pier Damiano, scrivendo al cardinal vescovo d'Albano: Domno [f'^.) Bonifa- cio reverendissimo Episcopoj e cosi al- l'arcivescovo Vidone. Neh i4B i senato- ri di Roma chiamarono: Venerandani apostolicam Curiam, et Reverendum pò- pidum roinanitm. Sulla metà del secolo XIV il p. Pietro Paternis agostiniano, alla moglie di Ugooe da Rupe : Reverew dissimae, ac praepotenti Dnminae Del- phinae de Belloforti nepoti SS. D. Cle- mentis Papae VI, et ejusdem Dominino' stri prò mine Marescalchissae romanae Curiae. Di questa parlai a Maresciallo DI s. R. Chiesa. Scrisse s. V^incenzo Fer- reri : Reverendissimo in Christo Patri, fratriJoanni de Podioniici magistro ord. praed. Reverendissime magister. Veslra Reverentia. I^estra Paternitas reveren- dissima. Leonardo Aretino : Compella- tio illa reverendissima liis eminentibus (sc.Caid'iii^iWhus) dignitatibus quasi prac' cipua reservetur. In un titolarlo del se- colo XV de'protonotari apostolici, udi- tori di ròta e simili prelati, trovasi: Re- verendo in Christo Patri, et domino Jo. Baptìstae de Ursinis apostolico protono- tario. Il Bembo preponeva il Reveren- dissimo alV Illustrissimo (al quale arti- colo dissi quando si unisce coi Reveren- dissimo), wa V Illustrissimo se ne appel- lò ad altri segretari, che gli restituirono la prelazione, ed il Reverendissimo riten- ue in appresso la prerogativa distin- guere le maggiori dalle minori dignità ecclesiastiche. 11 redi Francia scrivendo ai congregati per celebrare il concilio di Trento, diresse la lettera ; ai Santissimi e reverendissimi Padri. lu prova che il Reverendissimo è stato sempre attribui- to a' cardinali, anche dagli stessi sovra- ni, e che quando i re di Spagna hanno 1 1

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dato loro il tilolo di I\Iuy reveren(Jo, han- no inteso dire non già Mollo reverendo^ rna Iieverendissinio j 1* impeiiitrice Ma- ria moglie di Ridolfo II scrisse In lettera: /4l Eeverencìiisinw in Cristo pndre signor vardinal Aldobrandino nostro caro e a- malo amico. Inoltre il Parisi dice, che può usarsi 1' Altezza (/'.) Reverendissi- ma, e l' Eccellenza (/'.) Reverendissima con que* prelati a' quali si conviene per ragione di dignità temporale. Girolamo Catena segretario e scrittore di molto pre- gio del secolo XVI, dice il Reverendissi- mo competere a'cardinali anche di fami- glia reale, e che al cardinal Alberto d'Au- stria fratello dell'imperalore fu scritto : y4l Serenissimo e Reverendissimo signor mio Osservandissimo (^■) il sig.'' prin- cipe Alberto cardinnld'y^iistria. Pel car- dinal York nel pontificato di. Renedelto XIV fu regolato il trattamento con fo- glio di Reali prefetto delle ceremonie pon- tificie esegrelario della ceremoniale, che gli prescrisse il titolo di Altezza Reale E- viinentissima. All'artìcolo Eminenza par- lai di questo titolo proprio de'cardinali, cui si unisce il Reverendissima, ed a chi il Colendissimo {f'-); che i cardinali pri- ma erano chiamati Reverendi, poi Re- ferendissimi,co\quaìe li chiamano i Papi. Il Garampi, Sigillo della Carfagna- na p. 67 e 68, riporta l'antica pratica del foro ecclesiastico e de'titoli di Reverendi e Reverendissimi pe'cardinali, che ripro- dussi ne' voi. XIX, p. 3o, XXI, p. 263. Aggiunge, essere curiosa a proposilo dei titoli, l'osservazione da lui fatta ne'ruoli e libri del suo capitolo Valicano. Ne'se- coli XIV, XV, XVI, e più precisamente circa l'annoi 540, n'soli canonici fu dato il titolo di Domini: ai beneficiati e chie- rici I)cni'n(riati nitmo affatto; a' vescovi quello ili Reverendi domini, e al cardi- nal arciprete il Reverendissimus domi- nuM^r.). Indi, riguardo a'canonicì, si pas- sò a dar loro, tpecialmente negli istro- menti, il titolo di Reverendi domini, e Reverendi palres et dominij e sul prin-

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ci pio del secolo XVI vi si aggiunse tal- volta r admoduni Illustrcs , admodiini Reverendi, e a neh e Reverendissimi domi- ni, finché nel 1 634, ^^'oè allora quando il titolo d' Illustrissimo e Reverendissimo non era più privativo per i cardinali, fu comunemente e costantemente dato ai suddetti canonici, non meno che a qua- lunque altro prelato. E quindi raccolgesi che la mutazione di un tilolo in un lan- go o condizione di persone , tira con se talvolta un'alterazione universale di ti- tolarlo, in molti altri ranghi a que'prinii subordinali e inferiori. Lo stesso Garam- pi, Osservazioni sulle monete pontificie^ a p. 5i deirAppendice,commenta il/fe- ^'e/T/^f;?/>5/m/7ep/7/(^r«t7rt// l'C.f/rrtf, dato ai cardinali camerlenghi, con dire: Il titolo di Re\>erendissimo da vasi propriamente a'cardinali, e fu attribuito nel i368 al Cabassolepalriarca di Gerusalemme, ret- tore di Avignone e del contado Venais- sino. Sembra che fino a questi tempi non fosse comunemente dato nemmeno a'ca- merlenghi pontificii, benché arcivescovi, e ciò rilevasi da un documento del i 364; però fu attribuito tanto nel 1 368 ad Ar- naldo, che nel 1 393 a Francesco camer- lenghi apostolici, ambedue alloi-a sempli- ci arcivescovi; anzi negl'istromenti came- rali del i 384 il medesimo Francesco ch'e- ra vescovo di Grenoble è dello Reveren- dissimus in Christo pater, ed egli slesso enunciando Pietro, Arnaldo e Stefano suoi antecessori nel cameilengato, die a ciascuno il titolo di Reverendissimo. Os- serva Parisi , che il tilolo di Reverendo e il Mollo reverendo è proprio de'sacer- doli, e il secondo de'graduati ; e che f'o- stra Riverenza, in vece di Paternità, si a'regolai i di berretta o chierici rogo- lari, al modo de'litolari che riporta |)ei diversi trattamenti, a p. G5 de'cardinali con altri, a p. jS de'prelali, a p. 83 per i nunzi, a p. 85 per i vescovi, a p. 87 pei signori d'Eccellenza, a p. io?, illitolario per Illustrissimi d'ogni rango. Piazza, (7f- rarchia cardinalizia , p. 7G8, rimarca l'u-

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so lodevole antico di chiamarsi dalle co- niiinitù ecclesiastiche e religiose, il loro superiore o capo, priore, guardiano o ab- bate col nome di Padre {f^.). Adunque il titolo di Reverendissimo, colle conve- nienti aggiunte di altri titoli, è proprio ÒG Cardinali, T'escovi e Prelati {fedi, al quale articolo trattai del Reverendissimo ^ unito aW Eccellenza e aW Illuslnssimo)j At Canonici [F.) e loro Capito li [F.); de- gli altri ecclesiastici costituiti in dignità; de'prelati Superiori genevah e y^bbati de- gli ordini /t<7/g'/W (/^.), come de'procii- ratori generali e altri graduati regolari, consultori, esaminatori, commissario del s. offizio, maestro del s. palazzo, segiela- rio dell'indice, cogli altri titoli loro pro- pri, come iW.Don {F.) agli abbati, a' Ca- nonici regolari j a Monaci [F.)', di Padre e Paternità, nonché di Frate{F.) agli al- tri religiosi. Il litolodi Molto reverendo^ di cui parlai a Molto illustre e negli al- tri citali articoli, conviene agli altri di- stinti sacerdoti secolari e religiosi in ca- rica e offizio, ovvero che i regolari già l'ab- biano esercitato per cui ne portano con YcxW titolo,così perquelli ornati de'gra- di accademici di Lettore, Baccellierc[F.). Noterò, che fra 'carmelitani scalzi vi è lo- devole sobrietà di titoli, dappoiché quel- lo di Reverendissimo non si neppure al loro generale; solo i religiosi scriven- dogli, usano il i\io\o A\ Molto reverendo Padre noslio, e parlando egli co' sacer- doti religiosi, a vicenda si danno il titolo di Riverenza, mentre scrivendo il gene- rale a tali religiosi loro il titolo di Molto reverendo Padre. Negli articoli Donna, Madre, Monaca, Religiosa, Ab- BADEssA, Superiora parlai de' titoli che spettano alle religiose abbadesse , supe- riore esemplici monache. 11 Reverendis- sima si usa talvolta colla superiora ge- nerale di qualche congregazione regolare, ovvero con alcuna illustre abbadessa. Al- le superiore, abbadesse, graduale e no- bili religiose si Molto reverenda Ma- c?/ee più ordinariamente Reverenda Ma-

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dre e Suora. A *sem pi ici Conversi, Laici e Donatisi suol dare il Fra o Fratello (F.), dicendosi pure ornalissimoo riveritissimo religioso fr. N. fralel N.: alle converse reli- giose altrettanto, cioè Suor o ornatissi- mao riveritissima religiosa. Si dice Mol- to illustre e reverendo signore a'sacerdo- li qualificati. II M/o Oi^e/va^^m/mo al- cuni lo aggiungono al Reverendissimo Padre, cioè a'prelati ed a' primari reli- giosi superiori. Altri scrivono alle abba- desse e superiore monastiche, Reveren* da Madre Signora Padrona Osservan- dissima o Colendissimaj dicendosi pure, Fostra Riverenza, La Maternità F^o- stra. Nellesottoscrizioni i monaci e le mo- nache prepongono Dono Donna,\ fra- li il Fr., ancorché divenuti i monaci e religiosi, vescovi o cardinali. Gli ecclesia- stici secolari si sottoscrivono N. arciprc- tCy Canonico N., o premellendolo al solo cognome; ma queste e altre particola- rità si possono vedere in Parisi, in que- sto argomento peritissimo; se non che fa d'uopo regolarsi co' tempi e gli usi dei luoghi e de'ceti, essendo ormai 1' esube- ranza e intemperanza de'titoli arrivata a tal colmo, che non si sa più come equa- mente distinguere i diversi gradi , poco osservandosi le lodevoli prammatiche ec- clesiastiche ed araldiche. Il titolo di Re- verenda, si alla Camera apostolica (^.), alla Fabbrica di S.Pietro, della qua- le trattai a CoNCREGAZiOitiE della beve- RENDi FABBRICA DI s. PiETRO, ed alla ca- mera degli Spogli (F.). F. Padrone e Si- gnore, come pure i relativi arlicoli, Let- tere El'ISTOLARI, SEGRRTARia

REVERENDO e RIVERENZA. T.

Reverendissimo.

REZAN, Rasania. Città vescovile di Russia a 36 leghe da Mosca. Era grande, ricca, capitale del ducato del suo nome, ma non potè ristabilirsi nel suo antico splendore, dopo che la rovinarono i tar- tari nel i568. Vi erano molti monasteri e varie abbazie considerabili di monaci russi ne'conlorni, ove il paese è fertile.

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La sede vescovile sufiiaganea di Mosca, divenne arcivescovato onorario nel seco- lo XII, indi l'arcivescovo passò a risiede- re inMurom oMoruma capoluogo di di- stretto,sulla riva deirpka. La cattedrale è un bellissimo monumento del secolo XVI, oltre molte altre chiese e mona- steri. Ebbe i suoi principi particolari che la ingrandirono e fortificarono, indi fu ap- pannaggio de'cadetti de'principi di Kio- •via, e poscia di quelli di Wladimir e di Rostow. Si conoscono 3 vescovi diRezan o Resan: Giona trasferito alla sede me- tropolitana di Kiovia; Protaso assistette alla coronazione di Demetrio, granduca di Moscovia nel i49^; Stefano ne occu- pava la sede a tempo dello czar Pietro I, prelato dotto e favorito da quel sovrano. Soppresso il patriarcato di Moscovia, Ste- fano fu fatto esarca della diocesi di Mo- scovia e presidente del consiglio eccle- siastico, morendo nel i •j'2.3. Oriens chr. t. I, p. i3i2.

REZZONICO Famigiia. Trasse l'ori- gine dalla città di Como, nella quale vi sostenne per lunga serie d'anni il decu- rionato, a cui le fu aggiunto il titolo di baroni liberi del s. romano impero, per diploma dell'imperatore Leopoldo I nel i665,colprivilegiod'inquartare nel tur- rito slenuna gentilizio l'aquila imperia- le. Si diramò da Como circa la metà del secolo XVI in Milano, Parma, Genova, e da questa ultima città, ove fioriva con grande splendore, si stabilì in Venezia nel 1640 nella persona d'Aurelio Rezzoni- co. Ivi meritò d'essere nel 1 687 registra- ta a caratteri d'oro fra'nobili della repub- blica, per la rilevante somma di denaro, che die in benefizio del pubblico erario. Tra'Rezzonico<li Como si distinsero: Al- tilio Cristoforo erudito del secolo XV II, autore tl«;lla Sylva senlentiarum et lem- plonim moralium a sanctorum stcllisde- forala, ri x. Scriptutat: sole, illuminata. Francmco arciprete e teologo iiisigneclic fiorì nel detlfi «-colo, luilore del IHrctrum Pialierii. Aurelio gesuita facondo e dot-

REZ to oratore sagro, che Clemente XIII che l'avea ordinato in Padova, lo chiami) in Roma e fece rettore del seminario roma- no in tempi dillìcili, conducendosi con prudenza e saviezza. Morì canonico pe- nitenziere della patria cattedrale, lascian- do diverse orazioni stampate e memoria virtuosa. Carlo Gastone conte della Tor- re Rezzonico, figlio di Anton Giuseppe, di mente svegliala, e autore dell'erudite Disquisitiones Plinianae. Gastone diven- ne esperto nella poesia in cui cantò legio- ne del Pontefice parente, versalo nella lingua greca, coltivò le matematiche, la metafisica, la fìsica, l'archeologia e altre scienze, ed in Parma divenne segretario peipetuo dell'accademia delle belle arti; primeggiò nella poesia, ed in questa e in prosa lasciò diverse opere. Tra'Rezzoni- co nati in Genova, vi fu mg.*^ Abbondio patrizio veneto, nipote d'Aurelio, che por- tatosi in Roma e postosi in prelatura, col suo raro talento e colla saviezza de'suoi costumi, pregio ordinario di questa no- bile e illustre famiglia, fu vice- legato di Bologna, indi governatore di altre città dello stato pontificio, come di Fresinone, morto in Roma nel 1709 e sepolto in s. Maria della Neve con magnifica iscrizio- ne fattagli scolpire dal cugino uditore di rota e protonotario apostolico, poi Cle- mente XIII, che fu il principale splendore di questa famiglia. Questi di nome Carlo nacque in Venezia da Giambattista figlio d'Aurelio, che da Genova avea traspor- tata in quella città la (iunìglia, e da Vit- toria Barbadigo parente del b. cardinal Gregorio Barbarigo, della quale parlai nel voi. LI, p. 171. Carlo esercitò varie cariche prelatizie, Clemente XII lo creò cardinale, e quindi BenedcttoXIV lo con- sagrò vescovo di Padova (/.)•• indi nel 1 7^8 a questo successe col nome di C/e- mente XIII (A'.), aven«lolo celebrato e- zinndio in tanti articoli e a Gesnili[f .)tc\\e vigorosamente sostenne. La repubblica veneta subito fece il lialello d. Aurelio cu- valicrc e procuratole di s. Marco, dispo-

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nendo che eguale onore in perpetuo do* vesserò godere i primogeniti della nobile stirpe, per cui d. Lodovico primogenito di d. Aurelio ne fu egualmente insignito, riportando Cancellieri le Orazioni per- ciò pubblicate in sua lode, // Mercato p. aSv: questi ebbeinnjoglied, Anna Giusti- niani patrizia veneta, la quale fu madreai 4 personaggi di cui vado a parlare. Lo zio Clemente X.I1I nominò d. Lodovico Prin- cipe assistente al soglio {f^-), e Gonfa- loniere del senato e popolo romano (f^.). Fece il fratello d. Abbondio Senatore di lioma (f"':),e nella cappella del Quirina- le locongiunseinmatritnoniocou la prin- cipessa d. Ippolita Boncoinpagno Ludovi- */, come si descrive nel n.°7 899 del Z?/(3Wo di Roma del 1 768: di poi Pio V! lo nomi- nò gonfaloniere, e Pio Wl principe assi- stente al soglio j al modo narrato a quegli articoli. Inoltre Clemente XIII creò car- dinale l'altro nipote Cailo/?e2ZO«/co(/^.), con quelle particolarità che notai nel voi. XV, p. 209, tpostrandosi egualmente be- nevolo col di lui fratello e altro suo ni- pote Gio. Battista /?ezso«/co (^.), che il successore, non per restituzione di cap- pello, ma per ragione di carica, creò car- dinale. Il virtuosissimo [Pontefice, pieno di meriti, insigne in pietà, clemenza, li- beralità, costanza nella difesa de'diritti ecclesiastici e ferma rassegnazione al vo- lere divino, mori nel 1769. 1 nipoti car- dinali e senatore, nella basilica. Vaticana gli eressero coli' opera del Fidia de* no- stri tempi Canova, quel monumento ca- polavoro d'arie, di cui parlai ne' voi. XII, p. 3oi, XIV, p. 83, riuscendo di mira- bile elfello col lume artificiale della Cro- ce che s'illuminava nel venerdì santo (di cui nel voi. LUI, p. 91), come notò Ci- cognara, Storia della scultura p. ?.44> che ne rimarca le meravigliose bellezze. \e- das'ì S\moneBa\\er\n\, Lettera a nig.> Gio. Battista Ixezzonico sopra V antica origi- ne della eccellentissima famiglia Rezzo- nico della Torre, Roma 1768.

PiEZZOiMCO Cablo, Cardinale. V.

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Clemente XIII Papa, e Rezzohico fami- glia.

REZZON ICO Cario, Crtr<Zi>w/e. Nac- que a Venezia dalla famìglia patrizia Rez- zonico, a* 25 aprile 1724, ed essendo protonotario apostolico soprannumera- rio fatto da Benedetto XIV, e vicario del- lo zio qual titolare di s. Marco, eletto que- sti Papa Clemente XIII a'6 luglio 1758, subito entrò in conclave a venerarlo, e pochi giorni dopo lo promosse a segreta- rio de memoriali, indi agli 1 1 settembre pel i.° lo creò cardinale e pubblicò a'2 ottobre dell'ordine de'preli, colla riten- zione della carica. Indi gli conferì ancor quella di vice-caiicelliere di s. Chiesa, col titolo dis. Lorenzo uiDamaso, poscia ab- bate commendatario di Grottaferrata;neI 1763 Camerlengo dis. Chiesa[V.), tra- sferendolo al titolo di s. Clemente, che pui permutò con quello di s. Marco, che ritenne in commenda quando nel 1773 Clemente XIV lo fece vescovo di Sabina, <londe Pio VI nel 1776 lo traslatò all'al- tro di Porto{y.)th. Ruftìna, ove ne notai le benemerenze, e poi lo nominò arcipre- te della basilica Lateranense, per grati - tudinealia protezione che il cardinale gli avea accordata pressoio zio, che preparò la sua esaltazione, poiché fu suo uditore del camerlengato. Come camerlengo, es- sendo pure gran cancelliere dell' t/zi/Ve/'. sita romana, nel t. 4> P- 2 39 della iSVo- ria di questa di Renazzi si legge il seguen- te splendido elogio. La sua pietà fu ve- ramente esimia, edificante, sincera e fer* vente. L'amore della religione, il suo zelo costante e irremovibile per l'onore e i di- ritti della s. Sede fu assai mirabile. Vigile e indefesso neiradempìerc tutti i doveri del suostatu e delie primarie sue cariche, non lasciò gonfiarsi dalla sua luminosa furtu- na,o trasportarsi ad abusar dell'influenza, che meritamente avea sull'animo del zio Pontefice. Ei seppe e durante tal pontifi- cato e dopo, sempre congiungere due cose diilicilissime ad accoppiarsi insieme, una grande umilia, e contegno conveniente

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alla rappresentanza e alla sua tlignilà. Fu continua e profusissiraa la sua larghezza in soccorrere l'indigenza de'bisognosi, e- rogando a prò loro annualmente somme copiosissime. risplendè meno generosa la sua beneficenza verso i luoghi pii e le chiese appoggiate al di lui patrocinio. A quella di Grottnferrala [F.) fece costrui- re dai fondamenti la sagrestia di cui man- cava, onde i monaci basiliani vi posero una riconoscente iscrizione. Ad indefessa vigilanza pastorale nel governo de'vesco- vali suburbicari, congiunse immensa li- beralità in ogni genere di benefizi, sparsi sui poveri e le chiese di quelle diocesi. Nelle Notizie di Roma del 1798, leggo che il cardinale appartenne a 1 2 congre- gazioni cardinalizie, non che segretario di quella del s. oflìzio ; che fu protettore degli ordini geroselimitano, della Merce- de, del cassinese, de' minimi; de' collegi germanico, greco, illirico; di Magliano e altre città e luoghi; della cappella Cor- sini nella basilica Laleranense, di mona- che, conservatorii, università artistiche, sodalizi, e dell'accademia de'Uinnovati di Asolo nella provincia di Treviso. Cardel- la che gli dedicò il t. 2 delle Memorie sto- riche de cardinali, celebra il cardinale come emulo delle virluoseazioni di s. Car- lo Borromeo, di cui portava il nome, e come questo era stalo segretario de'me- moriali del zio Papa, impiego in cui so- prattutto può campeggiare la carità del pro.ssimo, nel raccogliere e riferire le di- verse e molteplici istanze che si avanza- no al trono pontificio negl' ìnnumerabili bisogni de'sudditi. Infievolitasi la di lui sanità, cadde in una malattia di languore che per circa due anni lo tenne in letto. Sopportandola con edificante rassegna- zione, il suo animo fu addoloratissimo per i mali funesti sovrastati alla Chiesa, e per l'inviMione dello stato pontificio o* perata dai repubblicani francesi, i quoti nelfebbraio 1 798 detronizzarono Pio VI e lo deportarono, imprigionando ed esi- liando tutti i cardinali; solo rispettarono

REZ il cardinale a motivo della sua grave e inferma situazione, in)possibilitato a le- varsi dal letto, onde fu il solo porporato che restò in Roma in quel torbido tem- po del fanatismo democratico, con debito permesso. Finalmente ivi a'26 gennaio 1799, d'anni circa 75, e dopo essere in- tervennto a du£ conclavi, rese l'anima a Dio. Il cadavere vestilo dell'insegne car- dinalizie ed episcopali, fu incassalo e con decente accompagnamento di sacerdoti trasferito alla chiesa di s. Marco, dove nel- la seguente mattina gli si celebrarono l'e- sequie colle cerenioiiie soli te usarsi co'de- funli canonici di quella collegiata, aven- dogli negati gli onori funebri propri dei cardinali la libertà repubblicana. Fu se- polto avanti la cappella del b. Gregorio Carbadigo, di giuspatronato della sua fa- miglia. Il principe d. Abbondio Rezzoni- co senatore di Roma, degno imitatore del- le virtù del cardinal fratello, il quale per esse si conciliò la stima delle nazioni stra- niere tra cui molto viaggiò, gli eresse un njagnifico monumento di fini marmi, in un lato della cappella del Presepio della basilica Lateranense, o i.' cappella dalla parte dell'organo. Il disegno è di Canova, l'esecuzione d'Antonio d'Este, l'iscrizio- ne del celebre Morcelli e si legge nel cita- to Renazzi, e neln.°32 iiv\ Diario di Ro- ma del 1 8o4, insieme alla descrizione del monumento, fregiato dello stemma e del- l'elfigie del porporato.

REZZONICO Gio. Battista, Cardi. «rt/e. Patrizio veneto fratello del preceden- te,nacque in Venezia il i.°giuguo 1740. Fornito d'un talento pronto, vivace e pe- netrante, diede ben presto a conoscere quale un tempo sarelibc divenuto. Lo zio cardinale lo collocò per con vittore nel se- minario romano sotto la direzione de'ge- suiti, di cui ne restò aifettuoso protettore nelle crudeli persecuzioni cui furono se- gno, de'nemici dell'altare e del trono. Di- venuto lo zio Clemente XIII, nel 1." lu- glio 17(10 lo fece suo cameriere segreto [)urlccipanlc, indi protonulario apostoli*

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co, poi clileiico di camera e presidente o commissario generale delie armi, per cui prestò il giuramento nel pieno tribu- nale della camera a'27 novembre 1761. Inoltre lo dichiarò gran priore in Koma dell'ordine Gerosoliinilano {^P' .)jtne\ lu- glio 1 766 suo maggiordomo ,Tie\\a quale ragguardevole carica proseguì con Cle- menteXiV. Esercitò tali dignità e incom- benze con fermezza, integrità, avvedu- tezza e munincenza, che furono sempre inseparabili in tutte le sue azioni, dive- nendo eziandio benemerito del suo prio- rato, con restauri e abbellimenti. In pre- mio di tanti meriti, Clemente XI Va' IO settembre 1770 Io creò cardinale diaco- no di s. Nicolò in Carcere; indi per sua morte nel conclave contribuì nel 177^ all'elezione di Pio VI, che subito Io fece pro-segretario de Memoriali (F.), Ioam mise alle più intime confìdenze, edi fre quente si prevalse de'suoi lumi e consi gli, ne'piìi ardui e scabrosi alTari della Chiesa e dello stato. Appartennea 7 con gregazionicardiuaIizie,cd ebbe molte prò tettorie, come degli ordini de'canonici re golari, de'conventuali, e de'pii operai; d diverse città e comuni dello statu ponti fìcio, collegi, opere pie, confraternite, mo nasteri, capitoli, che possono leggere a p. 1 16 delle iVo//zie diRomadeì 1783 Finì di vivere in Koma, dopo lieve in comodo, assalito da colpo apopletico nel l'atto che volea sortire dal palazzo, e su bito ne raorìa'21 luglio 1783, d'anni 4 3 e 5o giorni, come riporta il u.°894''c' Diario di Roma. Il suo cadavere fu e- sposto nelle sale del palazzo senatorio di Campidoglio, del fratello senatore e da lui abitato; ma il funerale fu celebrato nella chiesa di s. Lorenzo in Lucina, e il cadavere tumulato nella sua diaconia, ove i fratelli cardinale e senatore gli eressero un nobile deposito, scolpilo dall'irlandese Cristoforo He\veston,col suo bu$to,aIcuni emblemi, ed epitaffio del Morcelli. La sua perdita fu universalmente compianta da chi potè ammirarne i talenti, le dolci ma-

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niere onde si rese a tutti carissimo, ed il pregio delle altre sue virtù. Imperocché accoppiòalla nobiltà de'natali, tutti quei pregi che la patrizia condizione rendono più luminosa e più rispettata. Fu bene- fico, sincero, splendido; mecenate delle arti, delle lettere e delle scienze in cui era versato, fu il sostegno degli eruditi e de- gli artisti, i quali gli dedicarono le loro opere. L'amore della religione, della s. Sede e del suo dominio, formarono la sua prima e costante occupazione. Abborren- do la doppiezza, l'alterigia e l'interesse, i sali e le arguzie gli erano famigliari.

RIIENDINA o RENDINA. Sede ve- scovile della provincia diMacedonia, sotto la metropoli di Tessalonica, eretta nel V secolo, indi fu unita a Lila {/'.). Due ve- scovi registrò 1* Oriens chr. t. 2, p. 98.

RHESINA. PRESINA.

RHINOCORURA.Sede vescovile del- la Fenicia o dell'Egitto, sotto il patriarca d'Alessandria, eretta nel V secolo. Si cre- de che sia Farma o Faramida, o Fare» mon nella strada da Damielta a Gaza, ed i copti ancora vi ebbero il vescovo. Tra gli 1 1 suoi vescovi, s. Mela morì per aver sofferto per la fede cattolica sotto Valente; Polibio fu discepolo di s. Epi- fanio; Ermogene dotto; "Tolomeo; Mosè tra 'santi del martirologio etiopico; £pi- maco giacobita molto dotto nelle contro- versie. Oriens chr. t. 2, p. 542.

RHlSAEUM.Sede vescovile del Pon- to Polemoniaco,sotlolameti-opolidiNeo- cesarea, ed eretta nel IX secolo, chiama- ta pure Risesuì mar Nero, importante e vicina al flumeomonimo. Altri la voglio- no eretta in vescovato da s. Germano pa- triarca di Costantinopoli, che perde la di- gnità, indi la riacquistò nel secolo XV. Tre vescovi riporta l' Oriceli chr.t. i,p. 517.

RHODEZ (Ruthenen). Città con re- sidenza vescovile di Francia, capoluogo deldipartimentodell'Aveyron, di circon- dario e di cantone, sopra il pendio d'una collina alla destra sponda deU'Aveytou

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che la bagna da un lato, tra questo fiu- me e l'Eaulerne, a i3 leghe da Alby e i5i da Parigi, Sede di tribunali di i.' istanza e di commercio, e di altre auto- rità. Ridente n'è il soggiorno per la stu- penda e bella veduta che presentano i cir- costanti paesi, su' quali l'occhio spazia; pittoresca la situazione, saluberrioaa l'a- ria, grato e piacevole il conversar degli abitanti, dotati di vivace spirito. E an- tica, ed ha mura che da lungo tempo so- no diventate sostegno de'giardini a ter- razzo che circondano la città; un passeg- gio piantato in forma di baloardo la cir- conda all'esterno. Vi sono 4 piazze pub- bliche, una delle quali grandissima. La cattedrale dedicata alla B. Vergine, è uno de'più belli monumenti del cosi detto sti- le gotico che possegga la Francia, per l'imponente estensione della sua navata, e l'ardita elevazione delle sue volte. Il fa- moso campanile è alto iSo piedi, eia tor- re principale della cupola ha nella som- mità la statua colossale della ss. Vergine. Questo maestoso tempio fu innalzato per cura ed a spese del vescovo Francesco d' Estaing. All'epoca della i." rivoluzio- ne, la cattedrale corse grave pericolo e si trattava di consegnarla alla banda ne- ra,quando uno degli abitanti per salvar- la giunse a farla dedicareall'orribilc mo- stro Marat ! Cos'i, con questa profanazio- ne, la strappò al vandalismo de'furori re-' pubblicani di quell' epoca funestissi- ma ricordanza. Nella cattedrale il capi- tolo si compone delle dignità dell'arci- diacono e dell'arciprete, di i 7. canonici colla prebenda teologale, di diversi ca- nonici onorari, e depueri de choro pel divino servizio. L'antico capitolo era di canonici regolari di s. Agostino, perchè a loro apparteneva la chiesa, quindi ven- ne iecolarizzalo con 7 dignità e 1 8 ca- nonici, 4 ebdomadari ed altri ecclcsinsli- ci; I.' dignità era il grande arcidiacono. Velia cfittcdrole si venerano molle reli- quie, ed il corpo di s. Arlcmonc; vi è il bullistcrio e lu cura d'anime, dal capito-

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lo affidala all'arciprete e a due vicari. Presso la medesima è l'episcopio, como- do edifizio. Vi sono due altre chiese par- rocchiali col s. fonte, due comunità re- ligiose di donne, due confraternite, 3 d"- spedali, un grandissimo seminario con cir- ca 3oo alunni per gli studi fìlosoHci e teo- logici. L'attuale vescovo di recente fon- dò a Nara un noviziato di confratelli di s. Giovanni, destinati a.compiere le fun- zioni de'primari istitutori nelle paiioc- chie troppo piccole, a cui non possono in- tervenire i fratelli della dottrina cristia- na. Inoltre a' IO luglio i85i fu benedet- ta la I.' pietra e gittata ne'fonda menti pel collegio libero di s. Gabriele de'pp. della compagniadi Gesù, con quella pom- pa che si legge ne'n. 182 e ic)5del Gior' naie di Roma, il quale riporta òtxW'Ami de la Religion : Che quasi ogni numero de'fogli religiosi della Francia, ci con- to di erezioni di nuovi collegi e semina- ri, la maggio!" parte afìidati alla direzio- ne dei pp. della compagnia di Gesù. In- oltre questa cittàhail palazzodella pre- fettura nuovamente costruito, l'ostello detto della città, il collegio di cui si am- mira la chiesa e la lunga galleria che con- duce alla biblioteca pubblica di i5,ooo volumi, donde si gode un bel punto di vista, llavvi inoltre gabinetto di storia na- turale e di fìsica, scuola de' sordo-muli, di disegno, borsa di commercio, sala di spettacoli, bagni pubblici, fabbriche di manifatture, il cui smercio è impurlan- te, come delle lane e del formaggio di Can- tal. Fu patria di Ugo lìronet trovatore del secolo XI II, di G. de Serres dotto cal- vinista, del poeta Giuseppe Segny, di Del- rieu autore drammatico, del pittore Am- brogio Crozat, dell'ab. Marie matemati- co, dell'ab. Raynal.

Ignota è l'origine di Rhodez o Rodez, chiamata lìutlicna, Scgodiinnrn ch'ìtas liulhcnorumj prese il nome de' Ruteni, della cui contea cru capitale e di tutto il Rouergue, antico paese di l'rancia nella parte uricnlulc della Gujcnna, che si dU

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\itlea in AIla-RIarca e Cassa-Marca. 11 no- me de'rutenisi vuole derivafo dall'idolo Itulh the adoravano, e del quale si vede ancora il sito del tempio. Alla caduta del- l'inipero romano Rliodez soggiacque alla sorte del Roueigue, il quale già compre- so da Valentiniano 1 nella 1/ Aqùilania, cadde successivamente in potere de'visi- goti nel V secolo, di Clodoveo I nel VI, e de'goti dopo la morte di quel re: nel VII dipendeva dalla Neustria, e nel se- colo seguente passò al duca Eude, il cui nipote Gaifre ne fu spoglialo da Pipino il Breve. Ebbe poi il paese di Rouergue de'conti ereditari indipendenti, ed il con- te Ugo nel I 167 lo cede ad Alfonso II re d'Aragona, ma nel i258 s. Luigi IX lo riunì definitivamente alla corona. S'i- gnora ancora l'orìgine de'conti di Rho- dez, che governarono ij paese fino al se- colo XV, e l'ultimo de' quali Borbone- Vendóme consegnò la città ad Enrico IV die la riunì alla corona. Rhodez soffri moltissimo per le invasioni de'goti e dei saraceni, ed un tempo si divise in città e borgo; il vescovo era signore della i.', ed il re del borgo: godeva il vescovo 5o,ooo lire di rendila. La sede vescovi- le si vuole eretta nel 45o circa, sulFraga- iiea di IJourges, ma nel 1678 Innocenzo XI elevando Alby ad arcivescovato, fra i sud'rag'.mei vi comprese il vescovo di Rhodez, che lo è tuttora, ed in quell'epoca s'intitolava conte della città, li i.° vesco- vo fu s. Jmanzio (/^.) di Rhodez, ordi- nato da s. Marziale apostolo dell' Aqui- tania, secondo la tradizione del paese, il quale lo fu pure de'ruteni, ed a lui si at- tribuisce la erezione della primitiva ba- silica della B. Vergine. Con instancabile zelo si adoperò alla conversione degl'ido- latri, gran numero de'quali sussistevano in questa diocesi, e molli ne guadagnò a Gesù Cristo colla forza de'suoi discor- si, de'suoi esempi e miracoli: per se pe- nitente e austero, cogli altri era tutto.dol- cczza e carità. Alcuni attestano che mori nel cadere del V secolo, e ch'ebbe a suc-

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cessore s. Quinziano. In vece Chenu, £"- piscoporuni Galliae chronol. p. 347 = '^<^- ries episc. Iiu(enensis eccl., pone dopos. Amanzio Elafio, in tempodel quale i go- ti fecero un'irruzione nell'Aquilania, cioè nel declinar del V secolo. Indi &.Quin- ziano[F.) africano a tempo di Clodoveo 1, che morì nel 5i i: certo è che nel 5o6 intervenne al concilio di AgdeenelSi i a quello d'Orleans. In questo annoaven- do voluto disotterrare il corpo di s. Aman- zio, ne fu in sogno rimproverato da lui, che gli predisse che sarebbe tolto dalla sede, ed in fatti per le vertenze insorte coi visigoti più possenti de'franchi in Rho- dez, s. Quinziano passò in Alvergna, di cui Cliermonl n'era la capitale, e ne di- venne vescovo. Indi fioiìs.Dalmazio che morì versoli 583, succeduto dall'arcidia- cono Teodosio: nominerò i più distinti. Vero dol 63o, Deodato del 920, Arnal- do del 935, Ponzio del 1075, Ademaro del 1 099. Nel vescovato d'Ugo fu tenuto in Rhodez un concilio nel i iGi o nel I I 70, nel quale vennero stabilite diver.se misure per conservare la tranquillità del- la diocesi, e ne tratta il p. Mansi, Sappi. Condì, t. ?., p. 537. Gli successe nel 1214 Pietro Enrico de la Treille; fr. Viviano francescano del 124? sepolto nella chiesa del suo ordine; Pietro de Plana patriarca di Gerusalemme del 1 3o4, e legato pon- tificio nella Palestina ; Bernardo lY Alhy (A^.) cardinale dui i336: il successore Gilberto o Guiberlo fece degli statuti si- nodali nel I 347 contro gl'invasori delle chiese e pubblici ladroni. Nel 1 3G4 Eai- dito d' /agrifoglio, che l'antipapa Clemen- te VII nel i383 fece anticardinale, on- de ne parlainel voi. Ili, p. 2 1 3. Giovan- ni de Cardalhaco patriarca d' Alessan- dria,amministratore verso il 1371 .Vitale de Mauleon patriarca d'Alessandria nei i4i8, cui successe nel i4'9 Guglielmo de Toi're che restaurò l'episcopio e ab- bellì la cattedrale, erigendovi J'elevala torre campanaria. Nel i5o5 Francesco de Stanno della nobile famiglia d'Estaing,

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àA quale scrive Chenu: »» Inter caetera ejus opera magis celebria est aedificium Pinnaciili ecclesiaecalhecli"alis,quod ho- dievisiturRuleMae,quodquereliquaGal- liae cainpanilia opeiis sliuclura anlecel- lere ci-editur; cum illiid esset ex majore parte lìgneum combustum fuit die 273- prilis i5io, quo anno caeptiim est aedi- fìcari lapideuin, ut nuncest, non taipen a fundamenlo ut pars ejus infeiior oslen- dit. " Kel 1 536 il cardinal Giorgio ^f/r- inagnac {>'.), amministratore: nel i56o rassegnò la sede in favore del nipote Gia- como de Corneliano, cui egualmente per rassegnazione successe nel i582 il nipote FrancescodeCornelianOjZelanlissimo pa- store e limosiniero. Nel 1616 per coadiu- toria ne occupò la sede il nipote Bernar- dino de Corneliano, pure lodalo, e col quale Chenu termina la serie de'vescovi, che prosieguono la GalUa Christiana e le Noiiùe di Roma. Essendo vescovo Se* geleo Colbert de Casteill scozzese, fatto •vescovo da Pio VI, all'epoca del concor- dato del 1 80 I in cui Pio V 1 1 soppresse la sede, egli si ritirò in Londra, ove morì do- poaver protestato con altri vescovi. Ripri- slinato il vescovato duilostesso Pio Vlf, nel 1817 vi preconizzò Carlo de Ramon de la Laude di Montauban. Nel i83o Pio V 1 11 dichiarò vescovo Pietro Giraud, che Gregorio XVI nel 1842 trasferì al- l'arcivescovato di Cambray da lui rista- bilito, ed in sua vece nel concistoro dei 23 maggio dichiarò l'odierno vescovo mg."" Gio. Francesco Croix.ierdi Billion diocesi di Clermont, già vicario generale di Moulins: del cardinalato di Giraud feci cenno nel voi. LUI, p. rq2. La diocesi è ampia e comprende il dipartimento d'A- ireyron. Ogni nuovo vescovo paga 370 fiorini di tasse.

RHOSO o RHOSOS, Rhosus. Sede veicovile della Cilicia 2.', nel patriarcato «l'Anliochia^Botto la metropoli d'Anazar- bo,eret(ii nel IV secolo, che Commanvil* le chiama Rhos, Ros, Roxsus. Si conosco- no 6 ▼eicuvi, riportati diìW'Oriens dir.

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t. 2, p. 206. 1! Terzi, Siria sagra p- f 1 7, nomina questa sede Rosis, parla di sua posizione e del suo vescovo Eustazio che fu al concilio di Calcedotiia. Al presente Rhoso o Rosea, Rhoseii,è un titolo ve- scovile in partibus, sotto l'arcivescovato simile d'Anazarbo, che conferisce la s. Se- de; e Gregorio XVI a' 27 marzo 1846 Io attribuì al coadiutore del vicario apo- stolico del Siam orientale, alunno del se- minnriodelle missioni stranieredi Parigi.

RHYNDACES o RHYNDACUS. Se- de vescovile della Bitinia i.% sotto la me- tropoli di Nicomedia, situata presso il fiu- me Rindaco, Due vescovi notò VOriens dir. t. I, p. 636.

RI ARIO Pietro, Cardinale. Nacque in Savona, fratello di Girolamo, che fu signore d'Imola e di Forlì (ne'quali ar- ticoli parlo di questa nobilissima fami- glia, come nel voi. XLVII.p. 2 i5de'due cardinali viventi), e perduto il padre di 12 anni, fu dallo zio p. Francesco della Rovere di Savona francescano e fratello della madre Violante, chiamato in Siena, ammesso ed educato nel di lui ordine, in cui il subliaie suo talento, congiunto a pro- digiosa memoria, gli facilitò i più rapidi progressi nelle lettere, fino ad essere scel- to lettore di filosofia nel convento di s. Nicolò di Venezia, il che gli aprì l'adito alla carica di provinciale di Romagna e a quella di commissario. Non mancò di stimolare più volte lo zio a portarsi in Roma, predicendogli che senza dubbio .sarebbe divenuto l'apa, come avea ve- duto in sogno, al dire di Monti, Mem. star, di Savona p. 227, quindi avrebbe potuto crearlo cardinale. Certo è che il p. Francesco, fatto cardinale nel 1467 da Paolo II, per sua morte a'rj agosto «471 divenne Sisto //-'" (f .), essendosi portalo in conclave il nipote in qualità di mae- stro di camera o conclavista, ed egli non mancò di adoperarsi con lutto l'impegno, singolarmente presso alcuni cardinali più riputati e di maggior potenza, allineile reiezione cadesse sullo zio. Questi lo no-

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minòsuliilo vescovo di Treviso, dove fece rifabbricar la cattedrale, e pel i.° a'i5 diceinbie lo creò cardinale prete di s. Si» sto, e nel i^'j3 lo trasferì all'arcivesco* vatodi Firenze. In commenda poi gli con- ferà le chiese di Siviglia, Spalatro, Va- lenza, Dìez, Mande e Sinigaglia, col tì- tolo di patriarca di Costantinopoli, oltre parecchie pingui abbazie e considerabili benefizi,colla protettoria dell'ordine fran- cescano. Decorato della legazione di Pe- rugia e poi di tutta Italia, si portò a Mi lano, Padova e Venezia, riscuotendo da per tutto grandi onori. Cogl* indicati ric- chi mezzi non ripugna il credere che te- nesse una corte di 5oo persone, tra le quali ve n'erano assai dotte, colte, nobili ed erudite, come si trattasse con princi- pesca magnificenza nella mensa, nell'a- bitazione, nelle tappezzerie, ne'Ietti, ne* gli abiti e nella scuderia. Furono memo- rabili la cena che imbandì agli ambascia- tori di Francia, e la sontuosa pompa col- la quale accolse Eleonora figlia del redi ^'apoli, che portavasi in Ferrara sposa d'Ercole I.Ne'due anni del suo cardina- lato, abusando delle rendite ecclesiasti- che, si calcola che spendesse circa trecen- to mila scudi perla sola tnvuh; Tossignu- ni, Storia cidi' ordine dt minori, lib. 2, p. 226, scrive duecento mila, ed aggiun- ge che sembrava nato fallo per dilapida- re. In un baleno la morte fece sparire tut- te le iélìcilà, avendolo colto in Ilumanel 1 743 secondo Cardella (a'5gennaioi479 riferisce Novaes), d'anni 29 non compili e non senza sospetto di veleno, come vo- gliono Wadiugo e Ciacconio, propinato- gli da persone, che non potendo solFrire la di lui sfrenata ambizione, per cui di- sponeva a suo talento del pontificato, in tal modo sei tolsero d'attorno e [)rov vi- dero alla sicurezza di Sisto IV, di cui si dice che il cardinale voleva in ogni mo- do sbrigarsi, per giungere egli medesimo al triregno. Lasciò eredi il fratello conte Girolainue il nipote Raft'aele, con 62,000 scudi di debito e 3oo,ooo d'arjjenlo la-

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vorato, oltre la ricca e doviziosa suppel- lettile. Fu sepolto nella basilica de'ss. XII Apostoli in nobile avello di marmo sul gusto antico, innalzato dallo zio Papa nel destro lato del presbiterio, con elegante iscrizione.

RI ARIO Raffaele, Cardinale.D'iSa- Tona, figlio di Sansoni e nipote per can- to materno del cardinal Pietro Riario, a cagione dell' eredità ne assunse il cogno- me, e Sisto IV lo riconobbe- per nipote, q'io dicembre 1 4? 7 creandolo cardinale diacono di s. Giorgio, in etì\ di 17 anni, mentre stava agli studi dell'università di Pisa. Indi neh 47 7 stesso vice-cancelliere e nel 1 483 Camerlengo (P^.) di s. Chiesa; legalo a latere in Ungheria, INIarca, Fer- rara e Umbria, arricchendolo di benefi- zi ecclesiastici, onde come generosissimo manteneva numerosa ed eletta famiglia, nella quale siconlarono sinoa 16 vescovi. Narrano gl'islorici che fu involuto nella congiura de'Pazzi contro i Medici, i quali erano di ostacolo all'ingrandimento de- gli stati che meditava Girolamo Riario zio del cardinale, signore d'Imola (/^.)» e che perciò questi entrò in tal congiura. Meglio è leggere quanto narrai nel voi, XXV, p. 35 e 36. Pel timore e spavento provato dal cardinale, che perciò fu in gra- ve pericolo d'esser vittima del furore po- polare in Firenze, conservò per lulla la vita la pallidezza del volto. Altro ìnfau- slD incontro lo provòsotto Alessandro VI, quando il suo figlio CesareBorgia spogliò i Riari di Forh; gli riuscì di sottrarsi al- le sue crudeltà, uscendo da R.oma col pre- testo di andare a caccia, ed in vece fuggii in Savona. Quantoalle tante provviste ec- clesiastiche, nel 1479 ebbe raniminisUa- zione di Pisa, che governò fino al 1489; quella di Viterbo nel 1498 da Alessan- dro VI, e la ritenne anclie in titolo fino ai i5of>; di Arezzo conferita dallo zio Giu- lio II nel i5o8, indi rinunziata nel i5i 1; di Savona ricevuta nel 1 5 1 o da detto Pa- p;i;di Lucca che consegui neh 5i 7daLeo- uc X, di cui si spogliò dopo 8 mesi. 11 Ciac-

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couìo pielende che fosse anche vescovo di Cosenza, Salerno, Taranto, Ascoli della IVIarca e d'Imola; ma Cardelia riscontrato l'Ughelli trovò che Io fusoltantodiTaran- to. Fu [jiire vescovo di Cuencaj di Osiuu, siiburbiciuiodi Portoedi Ostia e Velletri, ed in queste due diocesi da'fondamenti ri- fabbricò le cattedrali. Ebbe pure le abba- zie di Monte Cassino, Cava, Chiaravalle, Pavia in cielo aureo, di Sassovivo e altre, oltre la protettoria degli agostiniani e la \ice-re§geuza delle provincie di Bari e Capitanata. Divenuto titolare della C/i/e- sa di s. Lorenzo in Dainaso {f^-), la ri- f.»bbricò,e prosegui e compì il contiguo sontuoso palazzo tutto di travertini, che dal nome di>sua antica diaconia prese il nume dis. Giorgio, incomincialo dal car - dinol Mezzarota (^•), con architettura di Ora man te, con due facciale e magnifi- co cortile qtiadrato e circondato di por- tici , ornato con 44 colonne doriche di granito, forse provenienti dalle loo del portico prossimo al teatro di Pompeo. Kella stessa chiesa collocò la miracolosa immagine dell' Immacolata Concezione, fondandovi nobilissima cappella. Il Pa- lazzo Corsini (y.) era nitro palazzo che possedevano in Roma i Riaria tempo del cardinale, e fu abitato lautamente dal conte Girolamo dopo le sue nozze, per le quali Sisto IV fece celebrare in Ronfia so- lenni giostre e tornei in più giorni, e re- plicatamentenelpalazzoVaticano imban- ih splendide mense, colla libertà di gior- no e di notte di poterne godere ognimo: di questo palazzo e de'Riari erudite no- tizie raccolse Cancellieri nel Mercato. l*iìi gravissimo infortunio de' precedenti in- corse il cardinale come complice e fauto- re della congiura del cirdinal Alfonso Pc- tracci (/''.) , contro la persona di Leone X {f''.) , (piantun(|uc alcuni dicono che il cardinale solone lusse consapevole. Ku in prociato d'essere condannato a morte, dopo ctfcre >tuto in concistoro spoglialo della dignità cardinalizi», e privato di tut- ti i vwcuTUli e buucfiici pinguÌ!>)iiui che

RIA. possedeva in titolo, in coi|i menda in am- ministrazione. Ma interpostosi per lui il sagro collegio con ferventissime istanze, venne multato di centomila scudi, gli fu conlìscato il palazzo di s. Lorenzo in Da- maso in favore della camera apostolica e solo gli si permise di abitarlo fino alla morte, venendo quindi assegnato ai vice- cancellieri di s.Chiesa, onde acquistò pro- priamente e perpetuamente il nome di Palazzo della Cancelleria apostolica (/'.), venendo successivamente abbellito dai vice cancellieri, massime colle pitture a fresco nelle sue ampie sale di Vasari , Cecchino Salviati, Nasini, Bastiano Fio- ri, fr. Salvatore Foschi, Bagnacavallo, RuvialCj Bizzera, Wilt e altri valentissi- mi: il cardinal Farnese vi fece rappresen- tare le storie di Paolo III ;. ma eseguite in loo giorni, molli affreschi riuscirono mediocri. Il cardinal Riario ne'4anni che sopravvisse alla sua sventura, benché reintegrato nelle dignità e benefizi eccle- siastici, ma nel camerlengato il solo no- me, contrasse profonda malinconia con- giunta ad estrema debolezza di testa, on- de visse giorni assai tristi e addolorati. Rinunziate le chiese di Viterbo, Savona e Pisa ai Riari suoi parenti, dopo essere in- tervenuto con autorità a 5 conclavi , la morte troncò i suoi patimenti in Napoli nel i520 a'6 luglio, d'anni 6i e non al- trimenti. Trasferito il suo cada vere in Ro- ma, fu sepolto ni sinistro Iato del presbi- terio della Clùesa de' ss. XII j4 postoli (f' .), in bellissimo avello con semplice i- scrizionc, peravervi rifatto la tribuna eoa disegno di Buccio Pintelli, e dipinta col- l'opera di Melozzoda Forlì e di Sandro Bolticelli, delle quali pitture feci parola anche nel voi. L, p. aSG. Sotto Clemen- te XI fu demolita la vecchia tribuna e per la nuova il marchese Riario contribuì 3ooo scudi, ritrovandosi il cadavere del cardinale quasi intatto cogli abiti bellissi- mi e nuovi, come leggo nel citato Can- cellieri a p. 33. Laonde vieppiìi restano cunfututi quegli scrittori , che dissero il

RIA cardinale tumulato in s. Lorenzo in Da- inaso, ove veramente avea ordinato si de- ponesse, disposizione cliegl'iDdusse in er- rore.

RI A RIO Alessandro, Cardinale. Bo- lognese de'marchesi di Castelìelto, della nobilissima famiglia de'precedenti cardi- nali ; compili con decoro gli studi nella università di Padova, e neh 562 ottenu- ta nella patria la laurea dottorale, cliia- mato in Roma da'suoi amici, fu ascritlo da Pio IV nel numerode'prelati. Nel 1 565 ottenne collo sborso di 60,000 scudi laca- carica di Uclilore generale della camera (/^.), indi agli 8 novembre 1570 s. Pio V Io nominò patriarca d'Alessandria, titolo vacato per morte di Cortesi vescovo di Vaison (Garampi, Osservaz. sulle mo- nete, A ppend. p. 807, lo dice cohsagra- to a'2 4- agosto 1572 dal cardinal Lomel- lini, coir assistenza di Antonio Elio pa- triarca di Gerusalemme e di Fieschi ve- scovo di Savona), e lo die in compagno al suo nipolecardinal Bonelli legatorz/rt- tere nella Francia, nella Spagna e nel Por- togallo per istringere que'sovrani in lega contro il turco. Al suo ritorno fu asso- cialo al cardinal Crasso e altri prelati per riformare le cariche e gli uflìzi della cor- te romana. Gregorio XIII a'?, i febbraio 1578 lo creò cardinale prete di s. Maria d'Araceli, titolo che gli conferì a*3 mar- zo (come nota il p. Casimiro, Memorie di /araceli, p. 357), e neh 58o legalo « In- tere a Filippo II per la successione al trono di Portogallo {^.), e lo coronò re, dóve con rischiodella propria vita adem- pì con soddisfazione del Papa l'addossata- gli commissione. Filippo II nel partire volle regalarlo di ricco vasellame d' oro massiccio per uso d'una cappella, che fu da Ini modestamente ricusalo, come pure avea ritìulata al duca di Braganza (pre- tendentealla corona) una lazza d'oro or- nala di preziose gemme. Se non che, man- dato dopo alcun tempo lo stesso donativo in Roma, per comando del Papa fu co- stretto a riceverlo. Nella sua legazione rì-

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formò in gran parie gli ordini religiosi del Portogallo, e domò con rigorosi de- creti la contumacia degli antoniani. Ri- tornato in Italia neh 58 I, gli fu affidata la legazione dell'Umbria e di Perugia, la proleltoria de'monaci eremiti di s. Girola- mo, e la prefettura della segnatura di giu- stizia, venendo inoltre deputalo a repri- mere le scorrerie de'bandili. Si distinse questo pio cardinale nella divozione per la Beala Vergine, come lo dimostrò nel- l'erigere a suo onore un mtignifico alta- re nella chiesa di s. Maria della Conso- lazione di Roma, a cui compartì insigni benefizi, avendo pur fatto sontuosi pre- senti al santuario di Loreto e tra gli al- tri una croce d'oro per valore e lavoro assai ragguardevole, con alcuni candellie» ri d' argento di eccellente lavoro. Inter- venne al conclave di Sisto V e morì in Roma a' 18 luglio i585, d'anni ^1 non compiti, nel suo palazzo presso porla Set- timiana , come leggo nel citato Garam- pi, laonde i Riari ancora possedevano l'o- dierno palazzo Corsini, aggiungendo che ancora avea il titolo di patriarca, che fu dato a Enrico Gaetani poi cardinale, nel i586 a Gio. Battista Albani, neh 588 a Camillo Gaetani. Il caidinalRiario fu se- polto nella basilica de' ss. XII Apostoli, nella tomba che già si era preparala nel mezzo del presbiterio con breve iscrizio- ne, cui poi fu aggiunta altra magnifica e onorevole.

RIBADO o RIBALDO , Cardinale. Fiorì nel pontificato d'Innocenzo II, e si trova sottoscritto diacono cardinale di s. Maria in Portico nella bolla deh 139 a favore della chiesa di Ferrara.

RIBATTEZZANTI. Eretici che am- ministravano il Battesimo (f^.) a quelli che non erano stati battezzati nella loro setta, come i Donatisti (A'.).

RICA RIO (s.), abbate. Nacque nel vil- laggio di Centula nel Ponthieu,e fu al- levato nel santo timore di Dio, passando i primi suoi anni nelle fatiche della vita campestre. Avendo ricovrato in sua casa

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due preti irlandesi, i quali passando pel Ponthieu furono maltrattati dal popolo, restò commosso dai loro discorsi, che risolvette di non vi vere più che per Iddio, nella pratica della più austera penitenza. Si ridusse a non mangiare che pane di orzo misto con cenere, e a non bevere che acqua mescolata sovente colle sue lagri- me. Aggiungeva lunghe vigilie alla fatica delle mani , e passava i giorni e le notti nella preghiera e nella meditazione. Or- dinato poi prete,si consagrò intieramen- te air istruzione dei fedeli, e poco dopo passò in Inghilterra, onde perfezionarsi nella scienza dei santi. Ritornato in pa- tria, vi riprese le sue funzioni ordinarie, e i suoi discorsi producevano dovunque maravigliosi frutti. Predicò alla corte del re Dagoberto I, il quale tocco da un suo sermone sopra le vanità del mondo, l'ob- bligò a ricevere de'presenti di gran pre- gio. Il santo impiegò quanto gli era stato donalo a sollevare i poveri e a fabbrica- re il monastero di Centula, di cui si get- tarono le prime fondamenta nel 638, e poco dopo ne edificò un secondo , chia- mato poi Forest-Montier, a tre leghe e mezza da Abbeville. Passò il rimanente di sua vita con un solo compagno nella foresta di Cressy , unicamente occupalo nella preghiera e nella contemplazione. ]Morì verso il 64^, e le sue reliquie si cu- •stodiscono nel monastero di Centula det- to di s. Ricario. La sua festa è segnata ai 9.G d'aprile, e trovasi il suo nome ne'ca- lendari di Francia e nel romano.

RICASOLI Vgo, Cardinale. APier- lEONt Uno, Cardinale.

RICCARDI Behnardo, Cardinale. Francese di nobile stirpe, monaco e ab- bate di s. Vittore di Marsiglia, Alessandro del loG ilo creò cardinale prete, indi fu «pedilo (In 8. Gregorio VII per legato col tardmal Rernnrdo di Pavia a tutti ì prin- cipi di Germania, radunati in Forcheim ounh'O l'imperatore Enrico IV «comuni- roto pe'tnui cccesui, in cui luogo fu sosti- tuito Kodolfu di Svcvia. I partigiani di

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Enrico IV, contro il diritto delle genti ri- tennero per alcun tempo in prigione il legato, che lascialo poi in libertà potè ri- tornare in Roma. D'ordine di s. Grego- rio VII assunse la legazione di Spagna , per ristabilirvi la decaduta disciplina ec- clesiastica. Morì nel luglio i oyq, pare nel- la Spagna, con fama di uomo insignemen- te dotto, pieno di carità e religione, e di compassione pe' poveri.

RICCARDI Riccardo, Cardinale. Na- to di chiaro sangue nelle Gallie, fratello del precedente j professò la regola di s. Eenedetto in s. Vittore di Marsigliaene fu abbate. Alessandro IldelioGi lo creò cardinale prete, quindi s. Gregorio VII lo surrogò nella legazione di Spagna al defunto fratello. Ivi celebrò un concilio in Burgos perla riforma del clero che si abbandonava ai riprovati matrimoni, e fu ili.°, come scrive Riccy, Meni, istori' che d'Albano, p-igG, a stabilire il mini- stero pontificio in quel regno presso Al- fonso VI re di Leon e nella Castiglia, e come eziandio ricavasi dalie lettere di s. Gregorio VII al legato. In seguito il Pa- pa lo spogliò della dignità cardinalizia , per false informazioni di essere fautore dell'antipapa Clemente III; ma conosciu- tasi da s. Gregorio VII l'innocenza, pron- tamente lorestiluì agli antichi onori. Per sua morte brigò il papatoe vedendo sva- nire le sue anibiziose mire, procurò 1' e- saltazionedi Vittore III, dal quale ripu- tandosi non molto apprezzato, suscitò nel 1087 lo scisma dell'antipapa Silvestro, ovvero seguì le parti del falso Clemente III. Convocato però Vittore III un sinodo in Benevento nell'agosto, scomunicò so- lennemente il cardinale. Estinto poi lo scisma , pentito e dolente del commesso fallo, fu assoltoda Pasquale II, che lo spe- dì legalo a lalere nelle Gallie per dare l'assoluzione dalla scomunica a Filippo I, cheovcndo abbandonato la concubina Bcrtrada dava segni di verace ravvedi- mento. In questa occasione celebrò nel I I o4 un concilio iu Troycs , e altro in

Rie Ceaiigenci, ed un '^.° in Parigi, per con- (luniiare la simonia e introdurre nel eie- ro stabile riforma. Nel 1 1 o5 presiedè alla dieta di Magonza , in, cui Enrico IV ri- nunziò r impero a Enrico V: il i.° do- mandò con grande istanza d' essere pro- sciolto dalle censure da cui era allaccia- to ; ma ricusò di compiacerlo, se prima non detestava lo scisma di Clemente IH, e riconoscesse legittimi s. Gregorio VII e successori ; ciò che Enrico V avendo so- lennemente eseguito con umilia, massime detestando quanto avea fatto contro s. Gregorio VII, fu benedetto. Neh 107 ac- compagnò Pasquale II in Francia, e per sua commissione esercitò molte incom- benze. Verso il Ilio intimò un concilio in Palencia , nel quale restituì il diritto metropolitano alla chiesa di Braga , as- sistendo a quello di Clermont, in cui fu* rcnu scomunicati i persecutori della chie* sa di Mauriennc. Più per tempo Ughel- li lo fa vescovo d'Albano, ma Lucenzi pro- trae questa dignità al 1 1 i4 circa ; Car- della lo dice morto prima di tal epoca e nel 1 1 1 3, e Ciacconio nel 1 1 1 6 con mag- giore probabilità.

RICCARDO (s.), re. Regnava verso il secolo VI II, fra i sassoni occidentali ch'e- ransi stanziati in Inghilterra, e fu padre di Winebaldo , di Vilibaldo e di W^al- burga , che sono tutti (re onorati come santi. Sia ch'egli fosse spogliato de' suoi stati, sia che vi avesse rinunziato sponta- neamente, s'imbarcò a Hamble-IIaven per recarsi in pellegrinaggio a Roma coi suoi figliuoli Winebaldo e Vilibaldo. Ap- prodato sulle coste di Neustria, di pas- sò a Rouen, e dopo esservi dimorato as- sai tempo, seguì il suo cammino, dando per tutto manifesti segni di sua pietà. Non gli v«nne fatto d'andare sinoa Roma, es- sendo morto repentinamente a Lucca in Italia, verso il 722, e fu sotterrato nella chiesa di s. Frediano. 11 dono dei mira- coli che Iddio aveva accordato a questo principe in vita, e quelli con cui ha poi onorato le sue reliquie, Io resero meri-

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tevole d'essere annoverato fra i santi, li suo culto è assai celebre nella città di Luc- ca, che ne solennizza la festa il 7 febbraio, ed è altresì nominato in tal giorno nel martirologio romano.

RICCARDO (s.) , vescovo d' Andria nella Puglia. Inglese di nascita, si dedicò iìn da fanciullo al servigio di Dio, e creb- be nella pratica dell'astinenza, dell' ora- zione, dell'umiltà e delle altre virtù. A- vanzatosi nello studio delle belle lettere e delle scienze ecclesiastiche, insegnò teo- logia con felice successo, e ricevette gli ordini sagri. Il desiderio di una maggio- re perfezione gli. fece lasciare il suo paese per passare in Italia, dove visse nel ritiro e nella solitudiqe; maconosciutosi il suo sapere e la sua santità , fu collocato dal Papa sulla sede episcopale d'Andria nella Puglia. Essendo allora l'Italia lacerata da guerre intestine, egli si diede con som- mo zelo a sradicare mali inveterati, e gli altri vescovi si unironoperinduiloapre* dicare in tutto il paese, il che eseguì eoa felice successo, non essendovi alcuno più atto di lui a pacificare gli animi discordi e ad inspirare sentimenti di penitenza e ih pietà. Morì circa la fine del secoloXII, e fu canonizzato da Bonifazio VIII. La chiesa d'Andria l'onora come prolettore, celebrandone la festa ai 21 d'agosto. Nei Bollandisti trovasi la sua vita sotto il 9 di giugno.

RICCARDO (s.), vescovo di Chichester in Inghilterra. Nacque nel castello di Wi- che, lungi 4 miglia da Worchester. Incli- nato alla virtù, si dedicò di buon'ora a- gli esercizi della religione, e allo studio delle scienze, prima ad Oxford, poscia a Parigi, ove trasse una vita molto au- stera. Ritornato in Inghilterra fu insigni- to del grado di maUre-es-artsj indi si re- cò a Bologna per istudiarvi il diritto ca- nonico, e ne approfittò in modoche ven- ne eletto pubblico professore. Tuttavia non istette molto aritornaread Oxford; e pel suo merito divenne cancelliere di quella università. Cedeudo poi agl'inviti

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di s. Edmondo arcivescovo Canloibe- ry, si Irasfen appresso di lui, ed esso lo fece cancelliere di cjuella chiesa e gliaflì- la cui-a degli affari piti importanti dei- la diocesi. Accompagnò s. Edmondo nel suo esilio in Francia , e dimorò seco lui sino all'estreuìo di sua vita. Ritiratosi di- poi fra i domenicani d'Orleans, si applicò allo studio della teologia, e fu ivi eleva- to alla dignilèi del sacerdozio; quindi ri- passò in Inghilleira e fu parroco nella diocesi Ji Cantorbery. Bonifacio, succes- sore di s. Edmondo, 1' obbligò a ripren- dere il grado di cancelliere , e di conti- nuare a prestar servigio alla sua diocesi. Eletto vescovo di Chichester nel 1245, e confermato da Papa Innocenzo IV, die- desi tutto al governo della sua chiesa, e si distinse particolarmente per le sue bene- ficenze verso i poveri, e pel suo zelo nel mantenere la disciplina. Gli fu data l'in- cumbenza di predicare una crociala con- tro i saraceni; ma gli prese una febbre in quello che adempiva questa commissione, e morì nello spedale di Douvres a' 3 a- prilei2 53, in età di 56 anni. Il suo corpo fu trasferito a Chichester e seppellito nel* la cattedrale. La t'ama delle guarigioni miracolose operate alla sua tomba, edel- la risurrezione di tre morti, determina- rono il Papa a nominare dei commissari peresaminaie la verità di questi fatti, mol- ti de'quali furono autenticamente avve- rati; quindi fu con grande solennità ca- nonizzato da Urbano IV nel 1262.

RICCARDO, Cardinale. Prete della s. r. chiesa e abbate di Marsiglia , sotto- scrisse la bolla del 1095 d' Urbano II a favore del monasterodi 8. Egidio. Temo che sia il medesimo Riccardo Riccardi.

IUCCA UDO, Crtrr/mrt/e. Italiano.mo- nnco e abbate di Monte Cassino, nel di- cenibre 12 5?. 01 253 Innocenzo IV lo creò cardinale prete di s. Ciriaco. Ricuperò parecchi (ondi che per incuria de'tempi erano stati perduti dii qnrl monastero, e fìlli^nne da AlrKsandro IV ampia bolla di confctuia allu donazioui iiillu a insigne

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cenobio. Morì in Monte Cassino neh 163 circa, e vi restò sepolto.

RICCI GiovANivi, Cardinale. chia- ro sangue, nacque a Monte Pulciano, e per involarsi ai duri trattamenti della matrigna, di i5 anni si recò in Roma, dove trovò un protettore nel concittadi- no Tarugi, grande amico del padre, pres- so il quale non potè indurlo a ritornare. Venne collocalo per maestro di casa del cardinal del Monle e vi riuscì egregia- mente, onde il cardinal Alessandro Far- nese ad ogni patto lo volle seco nello stes- so uffizio, e ben presto conobbe in lui mol- to spirito e singoiar intelligenza negli af- fari, onde se ne prevalse in parecchi ma- neggi importanti e gelosi: lospedì inFran- cia, Germania e Paesi Bassi per Li'atlar- gravi incombenze, che eseguì con som- ma prudenza e soddisfazione del suo si- gnore. Dallo zio Paolo III nel «542 lo fe- ce ammettere tra' camerieri segreti e in prelatura, indi tra'chierici di camera, po- scia lo mandò collettore apostolico in Por- togallo , e successivamente inlernunzio, prima alla corte di Spagna, poi a quella di Vienna, conferendogli il Papa nel 1 544 l'arci vescovato di Manfredonia, indi l'ara- minìstrnzione di Chiusi nel i545, chiese che Ughelli pretende concesse da Giulio HI già cardinal del IMonte. Bensì questi restato amorevole col Ricci l'inviò a Na- poli per gravissimi affari, e poco dopo lo fece suo tesoriere segreto e particolare: Cardella crederebbe elemosiniere, ma dis- si altrove che i Papiaveano di tali mini- stri; Vitale poi lo vuole tesoriere gene- rale e probabilmente tale fu. Lo stesso Giulio Illa' 20 dicembre i55i lo creò cardinale prete di s. Vitale, ed a lui giovò non poco cn'suoi consigli, ed ebbe dai Pa- pi onorevolissimi incarichi, (|uali tulli di- simpegnò con lode d' integrità e valore. Pio IV mediante la rinunzia che il cardi- nale feced'un'abbazia che gli rendeva Hoo scudi, eresse Monte Snidano ( al (piale articolo parlai d' altre bcnemeren/.e del cardinale) in vcscuvutu e lo lece auiuimi-

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slrafore di esso; e per sua morte poco man- cò che fosse eletto Papa. In vece lo fu s. PioV, che nel «567 lo dichiarò ammini- stratore di Pisa, in cui celebrò il sinodo diocesano e stabilì utilissimi decreti ri- guardanti l'ecclesiastica disciplina e la ri- forma de'costumi, istituendovi un colle» gio pe' suoi concittadini. La destrezza o per meglio dire il dono che avea di ma- neggiare a suo talento il cuore de' prin- cipi e de'grandi, lasua industria nel con- durre a buon fine gli affari e negozi più gelosi e intrigati, ebbe del sorprendente e del singolare. Le sue principali e più grate delizie e la sua predominante pas- sione era il fabbricare; in conseguenza e- dificò in Roma W Palazzo Ricci {F .) nel- la strada Giulia, ovvero l'acquistò e ab- belb, come fece del Palazzo Sacchetti^ V.)^ ne costruì altro sul Monte Pincio ora di Villa Medici {F.),eAa\Uo\n Monte Pub ciano, fabbricando delle case presso il Va- ticano, ne'qualiedifizi impiegò la somma di 25o,ooo scudi. Insieme con altri car- dinali fu incaricato d'invigilare al risar- cimento delle strade di Roma, de' porli, de' fiumi e delle fonti dello stato eccle- siastico. Stabilita da s. Pio V la famosa lega co'principi cristiani contro il turco, deputò il cardinale per alienare dentro il termine d'un anno i censi imposti sui be- ni di chiesa in Italia, afinedicumularde- naro per sostenere tal guerra. Dopo esse- re divenuto nel 1573 vescovo di Sabina, e di aver concorso alle elezioni di 5 Pa- pi, morì in Roma nel iSj^, e fu sepolto nella chiesa di s. Pietro in Montorio, nel- la cappella di s. Gio. Battista da lui splen- didamente fondata, con onorevole epitaf- fio, avendovi fatto dipingere il santo da Cecchino Salviati, e scolpire mirabilmen- te le statue de'ss. Pietro e Paolo da Da- niele di Volterra. Dotatodi eccellente in- gegno, pio, costante, modesto e fedele, fu il fabbro della propria fortuna,ondequan- do era nella vita privata traspirava nella sua persona un non so che di grande e di maestoso.

VCL. LVII.

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RICCI MiciiELANGEto, Cardinale. Nac- que in Roma da pii genitori a' 3o gen- naio 16 19, da Prospero di Como e da Ve- ronica Cavalieri di Bergamo di oscura condizione. Dedicatosi allo stato ecclesia- stico, senza essere sacerdote, divenne qua- lificatore e poco dopo consultore del s. oHlzio, indi segretario della congregazio- ne delle indulgenze. Innocenzo XI il r." settembre 1 68 1 lo creò cardinale diacono di s. Maria in Aquiro, ma egli con illustre esempio d' eroica umiltà scrisse al Papa una lunga e ragionata lettera, nella qua- le con grande energia, erudizione e for- za di ragionigli rappresentò i molivi che lo determinavano a ricusare la dignità. Queste industrie riuscirono vane e il Pa- pa lo volle cardinale, ad onta de'suoi mi- rabili sforzi per sottrarsene. Ma quanto fu grande il piacere degli estimatori del merito in vedere esaltata la virtù, altret- tanto fu maggiore la doglia in vederlo in Roma dopo c) mesirapitodalla morte nel 1682 a' 12 maggio, d'anni 64 non com- piti. Ebbe sepolturains. Francesco a Ri- pa nella cappella del ss. Crocefisso, dove al destro lato si vede il suo busto in mar- mo con elegante iscrizione. Ad una sin- goiar innocenza di costumi accoppiò gran profondità di dottrina nella teologia, fi- sica e matematica ; fu amico de' primi scienziati e del Torricelli. Pubblicò : E' xerci tallo geometrica. De maxiniisel mi- niinis, che gli procacciarono l'ammira- zione degli stessi contemporanei. 11 Fa- broni ne pubblicò bella edelegante vita nelle Fitae italor. doclrina excellent. t. 2, p. 200, il quale tratta pure delle ope- re del cardinale.

RICCI Francesco, Cardinale. Nobi- le romano, nacque il i febbraio 1 679, e fatti rapidi progressi nelle facoltà legali, da Clemente XI fu ammesso tra'votanti di segnatura e poi Ira'chierici di camera, ottenendo nel 17 19 )a presidenza delle zecche, nel 1721 quella delle ripe, nel 17 24 quella delle strade, in seguito nel 1729 divenne decano^degli stessi chìerì- 12

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ci di camera, come rileva Nicolai, Della presidenza delle strade, X. 2, p. 146. Nei quali ufBci,attesa la diligenza incredibile con cui adennpiva i propri doveri, si fece da tulli amare; laonde il s. collegio nella sede vacante del i ySo, deposto il prelato Sardini, gli afiìdò la presidenza o com» missariato delle armi, e meritò di essere confermato dall'eletto ClemenleXII.Per morte di Filippo Bondelmonte, Benedet- to XIV nel I 74 ' lo promosse a governa- toredi Roma e vice camerlengo di s. Chie- sa, indi a'q settembre 1743 lo creò car- dinale prete di s. Maria del Popolo, e lo ascrisseallecongregazioiii de'vescovi e re- golari, consulla, buon governo e acque, facendolo inoltre proiettore dell'arcicon- fraternile del gonlidone, e della pietà dei carcerati in s. Giovanni della Pigna. Nel- la dignità cardinalizia si conservò e man- tenne in quella dolcezza e albibilità di tratto, cli'eragli sempre stata connatura- le, ed in quella stessa precisione e alien- zione nell'esaurire i suoi impieghi che in avanti avea usate. Finalmente, commen- dabile per pietà verso Dio e per la carità coi poveri , cessò di vivete in Roma a* 6 gennaio I 755, d'anni 76 non compiti. I funerali furono celebrati nel suo titolo, donde trasportato privatamente nella chiesa dis. Pietro Monlorio, fu tumulato nella cappella gentilìzia di sua illustre fa- miglia, con niugnifìco elogio ivi postodai nipote bali fr. Minialo Ricci.

RICCIA (Ariccia), Arida. Comune del governo e della diocesi suburbicaria d'Albano, distretto e Comarca di Ixoina (^'.), da cui èdistante 16 miglia, sulla fre- quentatissima strada corriera e postale che conduce a Napoli, la qualeraltravcr- •a. Fu già una delle città principali, più |)Otenli e più insigni dell'antico ^az/o(/ '.), come una delle più vetuste d'Italia. Kru «ituata nella via Appia nel concavo del piano della fantigerala e deliziosa valle o- monima, ora Valle Riccia , f^allìs ziri- eiaCf avente In tua rocca o cittadella iu luogo allo e (iurte, di cui liioauguno pò*

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chi avanzi del recinto in tetraedri regola- ri a strato alternato presso la Porta Ro- mana moderna. In questo luogo appun- to sorge l'odierna Riccia, ducato della no- bilissima famiglia Chigi (f^-), cioè nella sommità del vicino ameno e ridente col- le, ove secondo Ratli, Storia di Gema- no, p.ì^S, la riedificarono i polenti Sa- velli (/''.), per renderla più forte e capa- ce di maggiore resistenza alle ostili inva- sioni, secondo l'uso comune di que'teui- pi, e tuttora vi sono avanzi di mura mer- late a Porta Romana. Però il patrio isto- rico can.° Lucidi, nelle importanti e co- piose Memorie storiche della medesima, parlando delle diverse distanze allribui- te dagli scrittori tra Roma e 1' Ariccia, e confutando a p. 2 i quanto ne scrisse Bion- do nel 1 4^ 1 ntW Italia illustrata j dichia- ra che già 1' A riccia esisteva nello stesso sito, ove presentemente esiste, e non di- stante d'Albano più d'un miglio. E" cir- condata verso tramontana e levante dai colli A ricini, dal Monte Albano o Cavo (<li cui parlai a Passionisti), dalla selva della Faiola e dal Monte Gentile; verso scirocco dal Monte Pardo. E" aperta dal- la parte di ostro, ponente e maestro sino al mare Tirreno o ]\Iedilerraneo, da cui è lontana circa 12 miglia, ed in cui a oc- chio nodosi vedono anche le piccole bar- che. Deliziosa è la veduta diesi gode di tutta la campagna romana, incomincian* do da Ostia sino al Monte Circeo ora s. Felice o Felicita. Questo piacevole e tran- quillo soggiorno, commendevole per sa- lubrità d'aria, è assai frecpientato dai ro- mani ed eziandio dai lòreslieri , sia per villeggiatura, sia per rinvigorire la sanità o curare l'infermità del corpo. Tra'fab- bricati primeggia quello del principe di Canino (di cui nel voi. XXIll, p. i<)3 e i()(), XLV, p-i'>9) con piccolo leulio e giardino, in eccellente posizione. Nell'am- pia piazza poi, decorata da due fontane, olire altra in angolo, torreggia il magni- fico palazzo baronale del principe Chigi con propinquo e vasto parco. Rimpcllo

Rie si ammira la grandiosa cliiosa e insigne rnllegiata edifica la da AlessandroVIICIii- gi, una delle più belle opere del celebre arcliitelto e scHdtore cav. Gio. Lorenzo Bernini, eretta in onore delia B. Vergi- ne Mniia assunta in cielo. Essa è di stile semplice e corretto,di forma rotonda, i- solata ecii-condala da amboi lati con an- temiu'aledi bella struttura. A 'fianchi s'in- nalzano due torri campanarie, in mezzo alle quali vi è la sagrestia e sopra 8 stanze canonica li. Esteriormente è ornala di por- tico che ne cosliluisce il prospetto , so- vrastalo dallo stemma d'Alessandro VH; altre due specie di pollici distaccali sono ai lati con l'iscrizione di Sigismondo Chi- gi che li fece costruire. JNell'interno 8 pi- lastri sostengono la cupola e servono di divisione agli altari. Sopra il cornicione vi sono disposti i6 Angeli di stucco Ira loro collegati con festoni di fiori e foglie di quercia : la cupola maestosa che cuo- pre tutta la chiesa Cadorna di rosoni dif- ferenti ; ed i lavori di stucco o scultura li esegui Antonio Raggi. Nella tribuna è l'altare muggiore isolato, cogli stalli del coro de'canonici : ivi si vede dipinta a fre- sco da Guglielmo Cortese dello il Borgo- gnone l'Assunzione della ss. Vergine Ma- ria, con molti Angeli e i 12 Apostoli. Tre altari p«r parte sono tra' pilastri. Dalla parte destra dell'altare maggiore vi è s. Tommaso da Villanova dipinto da Van- ni, il seguente di s. Giuseppe e la B. Ver- gine lo colorì Lodovico Gemignani,il 3." di s. Antonio abbate è del fratello Gia- cinto. Dalla parte sinistra nel i. "dopo l'al- tare maggiore vi è s. Francesco di Sales del Borgognone, il 2.°rappresentantes. A- goslino e la ss. Trinità lo fece il sanese .Mai, l'ullimo di s. Rocco è opera di Alessandro Mattia da Farnese. In questa fabbrica il Papa impiegò 84,ooo scudi, dicesi in par- te provenienti dal legato del cardinal Maz- zarìni. A'i6 maggio i665 il nipote car- dinal Flavio Chigi assistilo dal capitolo di questa collegiata e da quello d'Albano beuedì il nuovo tempio, dopo di che A*

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IcssandroVII vi celebrò la messa coll'in- lervcnlo di alcuni canlinali, e poscia con- segnò la chiesa ai canonici dcll'Ariccia. Il Bonanni, Numisninla Poni. t. 2, p. fi4' e 694. •'•po'"''* e descrive la medaglia che fu coniala col prospetto del tempio, col- l'epigiafe : Bene fundata Domtis Domi- ni B. f'^irgini Aricinonim Pnlronae. Inol- tre dice che la i.^ pietra In pose il Papa ne'fondamenli nel 1 663, altra il cardinal nipote. Piazza, Gerarchia cardinalizia , trattando a p. 3oi della Terra d' Aric- cia, osserva che questa chiesa fu fabbri- cata sul modello del Pantheon di Roma, onde Alessandro VII vollechesi chiamas- se il Pantheon Mariano, e che poi fu det- to il Duomo dell' /l riccia. Le2"0 nella

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Descriz. della has. Vaticana, p. i i5, di Cancellieri , che uno degli ottagoni che rinfiancano co'Ioro semtcircoli i 4 piloni della gran cupola , è della stessa vastità della chiesa dcll'Ariccia : con quale idcci Buonarroti edificò tali ottagoni, lo rimar- cai nel voi. XII , p. 284. Questa è par- rocchia con ballisterio , essendo allìdata la cura d'anime al canonico arciprete. Il capìtolo si compone di esso e di altri i 2 canonici, cui Alessandro VII concesse l'u- so dell' almuzia color cenerino che ado- perano nell'inverno, poiché apprendo dal n.° 294 del Diario di Roma del i8o3, che domenica 23 ottobre Pio VII si recò a celebrare la messa in questa chiesa, do- po la quale onorò l'insigne capitolo con accordargli il privilegio di portare il roc- chetto in tutte lesagre funzioni. Alessan- dro VII dalla chiesa antica trasferì nella nuova tutti i privilegi, prerogative e in- dulgenze che godeva, dichiarandola col- legiata insigne. Colla conferma di tutti gli antichi diritti, il collegio de' canonici dell' A riccia rimase in possesso della pre- cedenza sopra gli altri capitoli delle col- legiate della diocesi; e benché questa gli venisse contrastata dal capitolo di Marino (^.), fondato molli secoli dopo di quel- lo dcll'Ariccia, cioè neh 643 da Urbano VlII^pertoglicrequalunque impedimen-

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lo nel sinodo d'Albano del 1668 la con- gregazione de'iili con decreto provvisio- nale ordinò che i due capitoli andassero insieme, con questo però, che l'arciprete dell'Ariccia incedessealla destra dell'ai), baie di Marino, e similmente i canonici dell'Ariccia alla destra di qiie'di Riarino; decreto rinnovato nel 1687, e nel 1847 in occasione del nuovo sinodo. Nel dello an- 1101687 fu estratto dalle catacombe di s. Marcello il corpo di s. Deodato martire, che il cardinal Chigi fece collocare sotto l'altare maggiore, e gli aricini ne speri- mentarono pili volte il benefico patroci- nio. Finalmentenella 3.* domenica di ot- tobre 018 di tal mese del 1778 il cardi- nal Andrea Corsini vescovo di Sabina so- lennemente consagrò questo tempio, con l'aliare della ss. Trinila e di s. Agostino, in cui furono collocate le reliquie de' ss. Pietro e Paolo, e delle ss. Apollonia pro- tettrice principale dell' Ariccia e Irene, vergini e martiri.

Nel luogo ove al presente esiste la chie- sa di s. Nicola arcivescovo di Mira, detto di Bari, verso i primi del secolo VI fu in- nalzato un magnifìco tempio alla B. Ver- gine Assunta , ed era 1' antica collegiata prima che Alessandro VII la facesse del tulio demolire, tranne quanto <lii'ò. Avea 3 navi, i cui archi si sostenevano da co- lonne di granito orientale, con io altari e molti ornamenti di marmo. A fìanco sorgeva alla torre con campanile , e per facciata oravi un portico con sopra le stan- ze canonicali. Si conosce che la visitarono Pio II, Sisto V, Clemente Vili, e Urba- no Vili, il quale vi celebrò a' 1 5 maggio 1G26. Ivi seppellivano i cadaveri, e le confraternite del ss. Rosario e del ss. Sa- gramento nella medesima erette aveano sepolture proprie. Avea i suoi boni anti- camente, con cura d'anime e G beneficiati delti canonici, stabilendovi nel 1 575 l'ar- ciprete il vescovo cardinal Cornia. Lesud- dette colonne che sostenevano gli archi delle novi si credono giù appartenute ad un tempio pagano. Due di cskc sorrcg-

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gono la loggia del palazzo baronale : due iiltre probabilmente decorano la fionte del cimiterio d'Albano; imperocché ad i- slanza del cardinal Falzacappa avea Gre- gorio XVI a lui concesse pel cimiterio due colonne di Veio, ma per le rivereiili ri- mostranze del dolio Fea commissario del- le antichità, invece il Papa compensò il cardinale con 200 scudi, con 60 de'qiia- liil porporato comperò poi dai dolliinari due colonne dell'antica chiesa, e se ne ve- dono due altre incastrate ne'miu'i. In A- riccia fu già altra chiesa di s. Nicola con monastero di monache benedettine , fi- liale di quello celebre de'ss. Ciriaco e Ni- cola di Roma , del quale parlai nel voi. Xll, p. 175 e in altri luoghi: probabil- mente esisteva a'tempi di s. Gregorio I del 590 , propinquo alla chiesa omonima, parlandone dilFusamente il can.° Lucidi, con chiesa dedicala al medesimo santo e molte possessioni. Il cav. Paoli pesarese nel 1637 avendo lasciato erede il princi- pe Bernardino Savelli de' suoi beni per impiegarli in opera pia , e premendo a questo signore che i suoi vassalli aricini fossero istruiti nelle lettere e nella dot- trina cristiana, neliG38 chiamò in Aric- cia i Dottrinari [P'.). religiosi chierici se- colari, i quali aprirono il collegio e la scuo- la per insegnare gli studi elementari e la dottrina cristiana, contribuendo al loro mautenimentoanche il comune, e la con- fraternita del ss. Sagramcnto assegnò ad essi una cappellania; inoltre il comune ve- dendo che il loro signore non manteneva le promesse, edificò a'religiosi una picco- la chiesa sotto l'invocazione de'ss. Nicola e Domenico, con facciata verso la piazza, annessa al luogo abitato dai dottrinari. Avendo Alessandro VII fallo demolire l'antica chiesa collegiata, ne riserbò una porzione nella nave di mezzo, in cui foce la facciata, la (juale e colle stanze cano- nicali diede e assegnò per ntiova e mi- gliore abitazione ai pp. dottrinari, che vi si portarono a' i() ottobre 1 ()()') ad eser- citare gli ullìci del proprio bcuoutcrito isti-

RI G luto : in progresso di tempo co'frulli di un censo ilei cav. Paoli la ridussero al- la presente forma di casa religiosa. Quan- to alla chiesa o oratorio che lasciarono, il principe d. Agostino Chigi nel i G69 la donò alla confraternita del ss. Sagramen- to. L'attuale chiesa, avanzo dell'antica collegiata, ha 3 altari ed è sagra a s. INi- cola di Mira, il cui quadro è nell'altare maggiore. Di Ganco si vede il campanile con l'orologio del comunCjCon due mo- stre e numeri trasparenti nell'estate e in tempo di villeggiatura. Prima che il co* niune trasportasse quivi l'orologio pub- blico, lo teneva in fronte del palazzo Chi- gi. Nel febbraio i852 si trovò un altare di marmo bianco tutto d'un pezzo, con un cornicione, appartenente all'antica collegiata, e dagli archeologi creduto del IV o V secolo. Si deve alla principessa d. M." Eleonora Rospigliosi- Chigi e a tut- te sue spese la fondazione delle Maestre pie per la buona educazione delle fanciul- le neh y3o, le quali come i dottrinari so- no benemerite dell' Ariccia, ed eressero nella loro casa una cappella a s. Luigi Gonzaga protettore della gioventù. Nel terrilorioaricino visonoaltre chiese. Sul- le rovine d'un tempio d'Esculapio sorge l'antico romitorio e chiesuola del ss. Cro- cefisso detto il Roinilorio citila Siella per la vicinanza della chiesa di tal nome in Albano, in molta venerazione e frequen- talo ne' venerdì di marzo dagli aricini e albanesi: colle limosine de'soldati tede- schi austriaci quivi accampati nel i744) un eremita francese fabbricò l'altare. I (Jiigi ne furono benefattori e dierono al- l'eremita l'orto ed i piccoli vani che oc- cupa. Gran venerazione portarono sem- pre gli aricini verso s. Rocco, e nel loro antico borgo gli consagrarono una chie- sa : altra cappelletta dedicata ai ss. Roc- co e Sebastiano, protettori contro le pe- stilenze, era sulle pendici di Valle Riccia nella strada della Costa, e tali li speri- mentarono gli aricini più volte, massime nel tremendo coutagio dèi 1 656, del qua-

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le fu tanto provvido Alessandro VII, on- de lo celebrai a Pestilenze. Pertanto nel 1657 il comune e i divoti di tali santi fuori di Porta Napoletana, la quale è con- tigua al palazzo baronale, a sinistra del- la via che conduce a Galloro, edificaro- no la chiesa di s. Rocco. Il principe d. A- gostino Chigi donò allora il quadro rap- presentante la B. Vergine, i ss. Rocco e Sebastiano, e l'Aricela nello stato in cui era fabbricata nel 1661, dipinto dal sud- detto Farnese, detto il Prete Farnesia- no, e non da Domenichino già morto, pare essere stato il pittore suo scolare. Nel 1780 con autorità di Pio VI si costruì il cimiterio pubblico presso la detta chie- sa di s. Rocco, contribuendovi il princi- pe d. Sigismondo Chigi; vi si trasporta- rono le ossa delle sepolture della colle- giata, ove fu vietato di tumularci cadave- ri pel fetore che producevano. Altra pic- cola chiesa o cappella rurale del territo- rio aricino e dedicata alta ss. Croce, fu eretta dopo il 1619 in una vigna della contrada Villafranca. In Ariccia vi sono le confraternite del ss. Sagramento e Ro- sario, e di S.Francesco Saverio. Fuori del territorio, ma dentro i limiti della parroc- chia, furono edificate le chiese di s. An- tonio di Padova, nella vigna Cecchina; di s. Antonio abbate, nel luogo detto !\Ionta- gnana ; dell' Immacolata Concezione eoa sepoltura, nel sito denominato Casalotto. Negli antichi tempi eranvi nell'Ariccia al- tre chiese dedicate a Dio in onore di di- versi santi: di quella di s. Pietro parlerò in seguito. Nella Valle Riccia presso l'o- steria omonima e nella fabbrica Palom- bara, perchè ridotta a palombaio dai Sa- velli, fu già la chiesa della Visitazione del- la ss. Vergine o s. Maria in Petrola. Di altre chiesuole non più esistenti tratta l'ac- curato Lucidi, ed ap. 35o della esistente chiesa e monastero di s. Maria di Gallo- ro, voce corrotta dal volgo in vece di Val- le d' oro, f'^allis aurea, forse così detta dalla collina per l'amena sua posizione e per la fertilità della deliziosa sottostan-

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le valle. Il Volpi, f'tlns Laliurn t.'j,de yilbanis et Aricinis, è di opinione checo- sl fosse appellata peicliè l'abitarono un tempo gli antichi galli , o vi fossero dai romani sconfitti o sepolti. Il Lucidi si at- tiene alla popolare tradizione, die narra essere il colle chiamalo Galloro perchè vi fu trovato o tuttora giace insitoiguo- to sotterra un gallo d'oro.

Il celebre santuario di Galloro è di- alante meno di mezzo miglio dalla Ric- cia, dalla parte orientale che volge verso Ge«za/io(^.),percorrendo deliziosa stra- da ombreggiata dagli alberi, a metà della quale è la frequentata fontana, luogo di- venuto memorabile per quanto raccon- tai nel voi. LI II, p. 2o3. Percorso tal trat- to havvi un colle, che levandosi di fon- do alla valle va con giusta proporzione digradando in forma di semicircolo, fin- ché giuntosopra il li vellodellaRiccia spia- na e finisce. Quivi nel bel mezzo a destra dellastrada corriera suramentovata er- ge il bellissimo e maestoso tempio, in cui si venera la tanto prodigiosa immagine di Maria ss. detta di Galloro dal luogo ov'è. Alla chiesa è unito un ben ordinato edifìziojgià monastero de* F allombrosani (f^.),ed ora residenza de' Ge5a/ii(^.), di- pendente dal collegio romano, come no- tai a quell'articolo. Il luogo per natura e per arte è amenissimo e ridente, sia per la costa della collina messa vagamente a cultura di viti e di piante fruttifere; sia per la Valle Àricina che gli si apre di sot- to, ricca e ubertosa non tanto per l'op- portunità del sito, quanto per le molte acque che tutta la corrono e innallìano; sia per la mirabile prospettiva del mare, delle tante collinette rivestite di macchie e sei vette, folle e ombrose, della veduta ilelMonleCave,e pel complesso delle na- turali circuotanti bellezze; giocondo e sva- riato spettacolo, che ili fre({uente recansi ti godere i villeggianti de'convicini luo- ghi e gli abitanti stessi, ^nche e meglio per Cure omaggio alla li. Vergine, per le luolto grazie ivi da essa cuuccssu u chi uu

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invoca il possente patrocinio. Rese cele- bre il luogo e il tempio la di vota iinma- gine che nel medesimo si venera nel de- coroso altare maggiore, dipinta sopra no masso di peperino o pietra albana forbita con lieve intonaco di calce. La ss. Ver- gine è sedente vestita di verde, con sopra il manto rosso, tiene nella mano sinistra un gambo con 3 rametti, sulla cui punta fioriscono altrettante rose senza spine, e culla destra abbraccia il bambino Gesìi in veste gialla, sedentele sul ginocchio in alto di benedire e di reggere coll'altra ma- no il mondo in figura di globo: il cam- po è sparso di stelle. La pittura è anti- chissima, forse di mano italiana di circa il X secolo. Prima del miracoloso suo ri- trovamento giaceva a' pie della collina in un fosso della valle, chiusa intorno da fol- tissima selva ed esposta all'ingiurie del tempi, ivi probabilmente posta o fatta di- pingere dai monaci basiliani di Grotta Ferrata {F.), che possedevano beni nel terrilutio aricino, e un tempo anche il ca- stello d'Aricela, come quelli che tanto di- voti della Madre di Dio, contro gl'/co- noclasU{F,) ne difesero le sagre imma- gini e ovunque collocarono. Sorentini e Lucidi credono che fosse fatta dipingere dai canonici d'Ariccia, quasi termine dei poderi che ivi aveano. Ciò è dubbio, co- me è incerto il tempo in cui incominciò l'immagine ad essere venerala dal popo- lo : sembra che verso la metà del secolo XV già fosse conosciuta dai terrazzani d'Ariccia, molti de'qiiali per un piccolo sentiero si recavano sovente a onorarla, e vi posero attorno a riparo uno steccato di tavole a maniera di nicchia. Nel i5()4 la principessa Artemisia Savelli per in- tercessione della s. Immagine ottenne mi- racolosa guarigione da gravissima ma- lallia, onde si propose innalzarle in sui fosso slesso una ca|)[)ella di pietra; quan- do i canonici d'Ariccia, fatte rimostran- ze sul dominio diretto del luogo e jìcrchc 111 principessa voleva porre in Ironie alla fabbrica il buo slcmma, vi si opposero;

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I.iontle il pio divisamento restò tioiicato, il fèivorcde'fedeli s'intiepidì, talché crel)- bei'O all'intorno pruni e arboscelli, che ne chiusero l'adito e la veduta. In tale stato di dimenticanza piacque a Dio che a certo Sante lievilacqua di Fivizzano, fanciuHoabitanted'Aricoia, recatosi nella Valle di Galloro in cerca di luppoli, aper- to con forza un cespuglio di rovi e arbu- sti selvatici, gli si parasse innanzi la s. Ini- inaginc,esubitos'intese intenerito e mos- so n divozione: si gittò inginocchioni, orò e pianse di religiosa conipunzione,e po- scia di frequente ritornò a sfugare i dì- I \uti affetti dell'animo suo. A volersi apri- re un viottolo più breve si procurò l'aiu- to di diversi fanciulli coetanei, ma le for- ze loro non corrisposero alla volontà, per cui si fecero laigo col fuoco, senza che l'incendio si propagasse per la selva. D'al- lora in poi i fanciulli si recarono a ono- rare la ss. Vergine, finché essendo in A- riccia caduto un ammasso sopra Sante, quando si piangeva morto, egli sano e al- legro disse aver invocato la Vergine di Valle d'oro, raccontandone l'invenzione. Promulgatesi le glorie della Vergine di Galloro, gli abitanti in calca si recarono a venerarla, e se ne aunjenlò la divozio- ne quando essendo il popolo a udire la predica nell'antica collegiata, furono in essa investiti dai fulmini con gran ter- rore, ma senza grave nocumento. Ciò av- venne a'9 febbraio 1622, festa di s. A- pullonia; il perchè multi attribuirono alla saula la loro salvezza e l'elessero di co- mun consenso in protettrice principale d'Ariccia: nondimeno altri l'attribuiro- no alla B. Vergine di Galloro, essendo tradizione che ne'ferili si trovò l'impres- sione d'una stella mal formata, somiglian- te alle dipinte attorno l'immagine, onde s'ebbe » castigo della trascurata divozio- ne. Sull'epoca dell'invenzione della s. Im- miigiue, senei 1621 o 1628, prima o do- po l'orribile uragano, vie discrepanza Ira gli scrittori; il Lucidi opina che l'inven- lìoufì di Suule si diettuussu nel marzo

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i()23:piìi savio consiglio è il ritenere che la preservazione dal temporale gli arici- ui l'ascrivessero alla ss. Vergine di Gai- loro ed a s. Apollonia. E indubitato che dopo il prodigio operatosi in Sante, fre- quentandosi con fiducia il venerando si- mulacro, tante furono le grazie che lar- ghegggiò Maria, che ne corse la fama nel- le città e luoghi circostanti, in modo che moltissimi si recarono a supplicarla nelle loro bisogna, riportandone stupendi mi- racoli, massime quando a'3 maggio 1 623 si dedicò la cappella o oratorio eretto dal canonico Pollidori di Frascati. Da quel tempo in poi si aumentò il concorso e la fede nel popolo, come i preziosi doni e le limosioe a scioglimento di voti o per in- volpirne il patrocinio. Con queste copiose offerte si formarono 36,ooo scudi, onde annuenti il cardinal Deli vescovo d'Al- bano e d. Paolo Savelli signore d'Aric- cia, si stabilì erigerle un sontuoso tem- pio. Ma insorte divergenti opinioni se fab- briairlosul ripiano della collina, che so- prastava alla cappella, ovvero dentro l' A - riccia, la B. Vergine ruppe ogni contesa, consolando le preci de'fabbricieri che vo- lesse loromanifestareiliuogodelsuotem- pio,col farcaderealla loro presenza e non senza portento un fulmine che si aggirò 3 volte intorno allo stollo o anima di pa- gliaio senza oilesa, mentre il cielo era se- reno. A tal prodigio non istettero più in forse e stabilirono che il luogo dello stol- lo fosse quello dell'altare maggiore, so- pra di cui si dovesse riporre la sagra Im- magine. Fece il disegno della chiesa il p. Michele da Bergamo cappuccino, archi- tetto assai perito e carissimo a Urbano \ III, ed a*i5agosto 1624 il cardinal Deti Solennemente vi poscia i.' pietra, dedi- candola all'Immacolata Concezione, con indulgenza plenaria concessa dal Papa. Progredendo la fabbrica terminò la som- ma, ad onta di altre limosine e pii legali raccolti, onde il fabbriciero Masserooi ri- corse a Maria pei mezzi onde continuar- la; depose poi cou giuramento the qua-

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lunque volta andava ad aprir ia cassa che avea lasciata vuota^ sempre la trovò for- nita di grosse somme. Vi contribuirono largamente i vescovi cardinali Pio e Bor- gia, il i.° de'quali a sue S[)ese dai cele- bre cav. Bernini fece erigere l'altare mag- giore, che provvide di tutto; il 2.°aHidò la cura dei tempio ai vailotubrosani, di concertocol principe Savelli, ed i monaci nel i632 a' 17 gennaio posero la i." pie- tra e incominciarono la fabbrica dell'an- nesso monastero, per le cure del valloni- brosanop. d. Benigno Bracciolini, clie di- venne primo abbate di Galloro. Termi- nala ia cliiesa e il monastero, si esegu\ nella prima la benedizione da detto ab- bate nel giorno della festa di Pentecoste; indi ebbe luogo nel di seguente a' 1 5 mag- gio! 633 lasoiennissimae magnifica tras- lazione della s. Immagine dal fondo del- ia Valle, dopo essere stata spiccata dal ri- manente dei vivo sasso, in cui la pom- posa processione percorse ia via Appia e l'Ariccia, con indulgenza plenaria, ed in questa occasione eziandio la Beata Ver- gine operò copia grande di prodigi. La .sagra funzione si fece con tanto splendo- re d'apparato e concorso d'iniiumerabt- ie popolo, di 12 confraternite ede'cleri, che dell'uno e dell'altro non se ne ricor- da il simile, tutto descritto dai pp. Lava- iani e Boero. La s. Immagine poi tata con maccliìna da io uomini sotto nobilissi- mo baldaccliino, incedeva a modo di trion- fo tra il canto de'sacerdoti^ i concerti dei musici, il suono degli strumenti e le voci della formicolante e commussa moltitu- dine, penetrata da tenera divozione: i soli f(>re8lieri si calcolarono 3o,ooo, ne' cui volti si vedeva il tumulto degl'interni pie- tosi alTclli. Ridevano le strade per varie- tà di coloriti e odoriferi [lori, da per tutto <alve festevoli di mortari e altri fuochi artifiziali. ^od è a dire come la Riccia si poie afesta con ardii trionfali, addul)bi, fettoni e fi'cgì, con cui gl'infcrvorati e re- ligiosi abitanti n lodevole gara esultanti uiuuiuuo di drappi, utuzzi e tappeti di

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colori diversi le porte e finestre di loro case. Perchè poi non si perdesse ia me- moria dei luogo donde si tolse ia s. Im- magine, l'abbate di Galloro nel 1676 fe- ce restaurare la cappella e posevi una marmorea iscrizione; in processo di tem- po divenuto il luogo negletto, nel 1846 la pietà dell'aricino Giuseppe Alberti, attua- le rispettabile priore del comune d' Aric- cia, ne rinnovò la rimembranza sotto l'o- dierno zelante superioie p. Andrea Stor- ioni gesuita, perchè vi fu aperta una più facile via ed edificata una vaga edicola o cappelletta in cui pose una piccola sta- tua della B. Vergine, ed ove si vede il muro dal quale fu segata la s. immagi- ne, con in fronte elegante iscrizione ia- lina che ricorda la storia della traslazio- ne. Della solenne traslazione si celebra festiva ricordanza nel giorno seguente di Pentecoste in cui si effettuò. Circa al mo- do come il principe d. Paolo Savelli con- tribuì alla fondazione del monastero, e le convenzioni fatte coi monaci, si può vederlo in Ratti, Della famiglia Sforza t. 2, p. 3i8 e 342. I monaci si obbliga- rono di dare la porzione parroccliiale al- ia collegiata per que'morti die seppellis- sero nella loro chiesa, purché non vi ab- biano sepoltura propria; e di tenere nel monastero 8 sacerdoti e 4 tra laici e cliie- rici, ed Urbano Vili prescrisse 12 sacer- doti. Per le ragioni che potevano avere i canonici d'Aricela sulla cliiesa e sull'a- rea del monastero e orto de'vallombrosa- ni, questi obbligò il principe a dareSoo scudi al capitolo, ciie di tutto ciò non fu interpellato. Laonde i canonici mossero lite al p. ab. Bracciolini, quale per inter- posizione del vescovo cardinal Bt)rgia fu troncata con un atto di concordia. Quin- di Urbano Vili eresse canonicamente l'abbazia. Gli aricini con costante lèrvorc continuarono nella divozione alla s. Im- inagine,e furono senqnc ricandjiati con grazie e favori i>egualati, restando illesi nella memorata peste clie invase le pros- >jiuc cillù e lene, avendo pure iuvocatu

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l'inlercessionecle'ss. Rocco e Seljastiano, come venne mppreseulato nel (|uadio po- sto nella chiesina de'due santi. In memo- ria diche, con convenzione stipulata nel- lo stesso anno tra'vallontibrosani e il ca- pitolo d' Aricela, si stabilì di celebrarne annua festa nella i." o a." domenica del- l'avvento, trasferita poi in fjuella della Concezione titolare della chiesa, precedu- ta da novena con convenevole pompa e de- coro, essendo stata rimossa a'uostri gior- ni la gara de' contribuenti, con istituir- si a tale efiello una pia unione di arici- DÌ, la quale elegge la signora delia festa, che con manto turchino e corona d'ar- gento in capo in nome del pubblico con diverse formalità offre candele e doni al- la B. Vergine, portando in mano la sua statuetta d'argento, da cui gl'iiifeimi, ai (juaii si reca, implorano la sanità. Edi- ficante e da intenerire ogni cuore è il nu- meroso concorso de'fedeli che in questo giorno, eziandio da lontano, si portano al santuario. Passala la signoria d' A ric- cia nel 1661 dai Sa velli ai Chigi, il san- tuario di Galloro acquistò assai coi nuovi duchi, ne'preziosi doni fatti alla chiesa e nell'accrescimento del suo splendore. A- Icssandro VII principale ornamento dei medesimi, avendo appreso che la lun- ghezza del tempio non era riuscita pro- porzionata alla larghezza, per la fretta di terminarlo, fece aggitmgere due cap- pelle che volle dedicale ai ss. Tommaso da Villauova e Francesco di Sales da lui canonizzali. Fece anche eseguire a sue spe- se la facciala, decorandola del suo stem- ma, l'ammattonato del pavimento e co- prir di piombo la cupola ; il lutto col di- segno e direzione del cav. Bernini. Com- piuta la fabbrica nel 1662, si recùa ve- nerare la B. Vergine, donandola di ric- chi paramenti sagri, e per attiiarle ezian- dio da lontano i popoli a renderle omag- gio, istituì in Ariccia una pubblica (ìera nella Pentecoste d'ogni anno per 8 giorni continui, la quale si estese a Galloro, cioè lungo la sUada e sul vasto piajzuue del

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santuario, e si vede dipinta in un gratt- dioso quadro esistente nel palazzo Chi- gi. Di più fececoniare una medaglia, che riporta il succitato Bonanni, colla leggen- da : Oslendil Doruinns riiisericordiani in Domo Malrissuae, Ariciae. Forse pel po- co numero de'monaci, questi si ridossero a cantare il vespero nelle sole fesle: la B. Vergine parlò e chiaramenle per due volte disse: Che si canti il vespero, e iacQ istantaneamente guarire l'abbate malato. Divulgatosi il duplice prodigio, da tutte parti accorse la moltitudine, quindi sa* nazionidi storpi, ciechi illuminati, ossessi e affascinali liberati, infermi d'ogni ma* lore guariti. Crescendo la divozione, sen- za numero furono le largizioni, ed il sa- nese Bigelli lasciò la sua eredità perchè si coronasse solennemente la s. Inunagi- ne. Pertanto i monaci, supplicato il ca< pitolo Valicano, questi delegò mg.'^Cibo patriarca di Costantinopoli, poi cardina- le, il quale a' 10 giugno lyat), alla pre- senza di po[>olo numerosissimo e di no- bili romani, ornò con solennissima pom- pa della corona d'oro la B. Verginee il s. Bambino. Dopoché Urbano Vili in- cominciò a fare la villeggiatura nel vici- no Castel Gaiidoìfo(^f^.), i successori lo imitarono; laonde di frequente onoraro- tio di loro presenza l'Ariccia e Gralloro, visitando il santuario e intervenendo nel gabbato al consueto canto di litanie: al- trettanto fecero quando si recarono aGeii- zano, JNemi, Vellelri, Terracina e altri luoghi. Urbano Vili donò al satiluario ricchi paramenti nel visitarlo. Cleinenle XI vi si recò più volte e ornò di marmi l'altare maggiore, donandogli il corpo. di .s. Clemente niarlire. Delle visite del se- colo passato e del corrente si legge lu me- moria uè Diari di Ilo m a j con lìi Bene- detto XIV che soleva recarsi alle litanie, e ordinò a sue spese la balaustra di mar- mo; la visitarono eziandio ClementeXlU e ClemenleXlV, Nell'in vasionede'repub- hlicani francesi del 1798, anche questo &auluai'iu lìoggiucque allo spoglio di lutti

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eli Oli ed argenti, comprese le dette due corone e i voti; quindi nel maggio fum- nacacciati i monaci e venduto quanto e- la nel monastero. Restata la chiesa de- serta eia s. Immagine senza culto, temen- do gli aricini che venisse profanata, ot- tennero dal preside di tra.>portarla nel- l'Ariccia, ed agli i i novembre poterono gli abitanti venerarla nella loro collegia- ta, onorandola con molteplici ossequi e sperimentandonela valida protezione.Nel 1800 avendo già i francesi evacuato lo stato pontificio, ed elettosi Pio VII in Ve- nezia, i vallombrosani nell'aprile pote- rono rientrare nel monastero; ma insor- se controversia tra essi e il capitolo d'A- l'iccia, che indottovi dal tumultuante po- polo voleva ritenersi il tesoro della s. Im- magine, finché il Papa ordinò che si re- stituisse a Galloro; il che fu eseguito a'5 dicembre 1801, in uno ai sagii arredi conservati, ed al miracolosoCrocefissoche si venera nella 1/ cappella a sinistra, il quale era stato trasportato a Genzano. Continuarono i monaci a promuovere la divozione alla ss. Vergine ed a riparare igravissimidatuiì paliti dalla chiesa e dal monastero, Pio VII nelle sue villeggia- ture a Castel Gandoifu frequentò il san- tuario e il canto delle litanie, e nelsab- bato i3 oltohie iBo4, assunti gli abiti sagri in sagrestia, die col Santissimo la trina benedizione. Invasi nuovamente gli stati della Chiesa dagl'imperiali francesi, nel 1810 l'imperatore Napoleone sop- pressegli ordini religiosi, e però i monaci vallombrosani dovettei'o di nuovo abban- donare Galloro, che peraltro già da pa- recchi anni pel numero ristretto non vi risiedevano più stabilmente, giacché per mancanzii di rendite e di soggetti dal 1 786 fransi lidutli talvolta a ilue sacerdoti. Tiittavulla il monastero ebbe a superiori tlivcrsi abbati viiiuoìi e dotti, ed alcuni furono elevali al vescovato: di questi il- luktri monaci trattano il can." Lucidi ed il p. liuero, essendo stati alcuni abbati ui'iùui, IViututlic i vuiluutbru^tuui deli-

Rie nitivamente partissero da Galloro, avea- no cura del santuario due sacerdoti ame- ricani già gesuiti, i pp. Castagnares e Ne- gai, spesati dal p. abbate, che di quando in quando vi si recava da Roma, i quali animali dallo spirito apostolico di cui so- no informati tutti i rispettabili individui della benemerentissima compagnia diGe- sii, si dierono con zelo alla santificazione delle anime. Espulsi i monaci, prosegui- rono a ufiiziarelachiesae ad amministra- re isagramentijin modo che ambedue la- sciarono in benedizione la loro memoria pressoi popoli d'Aricela e di Genzano. Ri- tornato nel i8i4 i^'o VII alla sua sede, dalla villeggiatura di Castel Gandolfo si recò più volte alle litanie del sabbato nel santuarìodi Galloro, ealtrettanto fece nel i8i5 e seguenti anni, sovente anche a piedi. Morto in Roma il p. Castagnares, restò il p. Nogal, onde il cardinal Bugna- ni vescovo d'Albano deliberò di riunire il santuario al suo seminario, e Pio VII vi acconsenti con breve de'24 agosto 1816, quando già gli era successo nel vescova- to il cardinal Di Pietro albanese. Ma non erano corsi due mesi dacché il seminario ne avea preso possesso, che gli convenne cederlo alla compagnia di Gesù, ed ca- cone il modo. Nel 1 8 i4 i"'stabiliti gli or- dini religiosi, i più ragguardevoli dell'A- riccia, e di Genzano fecero calde istanze per riavere i vallombrosani a custodi del santuario, ma essi per mancanza d'indi- vidui se ne scusarono. Siccome in Gen- zano diversi gesuiti aveaiio in tempo del- la soppressione aperto come un collegio o convitto con immenso vantaggio della gioventù, esi eranoadoperati in ogni ma- niera d'apostolico ministero a benefizio della città e de' dintorni, così i primari dell'Aricela e Genzano, cioè il can.° d. Francesco Guitlobaldi e Pietro Alberti d' A riccia, Nicola Pasquali e Pietro Jaco- binidi Genzano, si ailopraiono energica- mente col comune cardinal vescovo e coi superiori della compagnia di Gesù per- chè u quella si uilidus&c il :>uuluuriu di

Rie Galloro (dipendenle dal Collegio roma- no di Roma, il cui p. rettore vi tiene un p. superiore), cou aumento di entrate, cui si obbligarono le comuni d'Ariccia e Genzano. Cos'i ordinale le cose, a'20 ot- tobre 1 8 1 6 si recarono a Galloro diversi f^esuiti, ed in esecuzione del breve di Pio VII il cardinal Di Pietro fece il decreto pel formale possesso della residenza. Il giorno dell'ingresso de'gesuiti fu segnala* lo dalla solenne coronazione che il Papa volle fare alle immagini della B. Vergine e dei Bambino con due corone d'oro falle a sue spese in sostituzione delle rapite, al modo che narrai nel voi. XVII,p. 244» avendo Pio VII concesso per 3 giorni in- dulgenza plenaria in forma di giubileo: ogni atino nella 2.^ domenica d'ottobre se ne celebra il festivo anniversario. V'iu' tervennero la regina d'Etruria e gli au- gusti suoi figli, di versi cardinali, principi u altri signori, onde fu stampata la De- scrizione della solenne incoronazione ec, Roma i8 I y.ln questo anno le Carlo IV di Spagna, di votissimo del santuario, fece fare un gruppo di 3 bellissime rosed'o* ro, e voile che con solenne rito sioiTris- sero alla B. Vergine. Pio VII le bened'i e mandò al cardinal Di Pietro, il cpiale domenica 26 ottobre, alla presenza del re e della sua corte e di mollo popolo, do- po la messa pose in mano alla ss. Ver- gine le 3 rose; indi il p. I\ossoni gesuita |)ronunziò un'eloquente orazione.Di que- sta funzione trattano il n.° 90 del Dia- riocli Roma, e la Lettera delcan. d. Fran- cesco Brignoli, Roma 1817. Tra'princi- pi benefattori del medesimo nominerò d. Alessandro Torlonia, il quale nel 1 842 fece il nuovo organo che si vede in fon- do alla chiesa. Gregorio XVI fu divotis- himo del santuario, molle volte lo visitò recandovisi anche a piedi, e fece lu co- moda strada e il bel ponte che conduce dal piazzale di Galloro al piano dell'Ol- niala di Genzano, costruito sopra una- spro e profondo dirupo, che ivi rendeva absai diillcilc e pericoloso il cumuiiuu,ou*

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de a'noslri tempi si ricordano non pocliu vittime: ne parlai nel voi. XXIX, p.. 26 e 56, Fu coniala una medaglia colla ve* data del ponte, della strada e del san- tuario, e con questa iscrizione: Acquato Gallorijugo , Ponte consiructo, f^ia coni- planata, 1843. Si legge nel n.° 90 del Diario di Roma i845, che a'aG ottobre 4.' domenica del mese, l'insigne tempio e santuario di Galloro fu solennemente consagrato da mg."^ Francesco Brif^anli Colonna arcivescovo di Damasco, che ne avea la sera innanzi aperte pontificalmen- te le vigilie, avendo portalo in processio-» ne le ss. reli(|uie il p. Roothaan generale della compagnia di Gesù, il p. assistente Grassi con due altri padri della compa^ gnia. Tra i nobili personaggi v'interven- nero il principe Chigi e il duca d. Loren- zo Sforza Cesarini. Finita la funzione, il consagrante celebrò la messa suU'allare che pure avea consagrato. Abbiamo: O- inilia detta da S. E. R. mg.'' Fr, Briganti Colonna arcivescovo di Damasco nella consagrazione della ven. chiesa di s. Ma- ria di Galloro de'pp. della compagnia di Gesti, Roma i845. Tutto fu eseguilo per cura del sullodato p. Sturloni, il qua- le per la sagra fece fai e belle croci di me- tallo dorato in fondo di la va, e dalla parte del vangelo eresse una marmorea iscri- zione della seguita ceremonia.Nel 1704 il p. ab. Martellini fece incidere l'imma- gine della B. Vergine, altre furono falle dopo per opera de'gesuiti dai bravi in- cisori ÌNIochelti, e Villa il quale veramen- te la prese al naturale.Del santuario scri:»- sero: D. Romaco Lavaianì ab. valloni* brosano, Breve ragguaglio della Madon- na ss. che si venera nella chiesa di Gai- loro presso l' Ariccia ,]Xonm I 758. P.Giu- seppe Boero ^esuha, Istoria del santua- rio della Beatissima f ergine di Gallo- rOj Roma 1842. Riporta ancora la de- scrizione di molti de'prodigi e grazie daU la medesima operali.

Ariccia, luogo dedicalo un tempo alle deità più celebri, doluto dulia natura di

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dima lempei'iito, d'aria salubre, abbon- datile di sorgenli d'ottima acqua e |)OSto u'cunfiut della doininaiile del mondo, fu eziandio assai frequentalo dagli anticiii romani, anche come luogo allo alla cac- cia, provveduto di tulio il iiecessaiio al- la vita umana, teconJo d'uomini insigni in ricchezze, nobiltà e dolUina. In falli Stazio Papinio, Ira' luoghi più ameni e freschi, ove solevano i romani portarsi per evitare gli eccessivi caldi estivi di Ro- ma, annovera l'A riccia o il Ireddo bosco di Diana, paragonandola alle celebri Pa- leslrina. Algido (di cui nel voi. XXVI, p. 179), Tmculo e Tivoli. Laonde molti romani edificarono quivi e nel territorio nobili e sontuose ville per loro diporto, come P. Clodio potente e facondo, Giu- lio Cesare, le famiglie Elia e Toria, la gente Avonia, Agalirso liberto di Traia- no, Vilellio imperatore, Pomponio Mu- .•»a medico d'Augusto, delle quali Lucidi ne riporta le particolarità e i pregi, nella par. i,cap. 24. Ivi altresì parla di molte unticlie fabbriche nell'Ariccia, delle qua- li sparsi nelle vigne si vedono i vestigi, cioè dell'anfiteatro, del foro, di templi, della grandiosa sostruzloiie della via Ap- pi», fatta per facilitare il cammino nella Valle Aricina e delineala da Piranesi ; descrivendo |)ure i tanti scavi eseguili da- gli amatori delle antichità e ne' quali si rinvennero statue , vasi, iscrizioni e al- tri marmi lavorali, musaici, ec. : nel voi. XLIll, p. 55 notai i marmi del tempio (li Diana aricina, impiegati in alcune tor- ri e chiese di Marino. Delle anlichità a- riciiie e degli autori che scrissero dell'A- liocin. Lucidi ne discorre al cap. i ,par. i . Da ultimo, nel luogo detto la Porla d'A- riccia, furono trovale alcune medaglie di bronzo, che si collocarono nel museo Rir- chcrianodol collegio romano. A [>. 98 ri- porta erudite notizie sui templi dedicati nell'Ariccia in onore di Teseo, Fedro, E- fcculopio, Ippolito, Giunone, Oreste, Ili- genia, Fortuna Virile, Giove, Speranza, dvllu ulula Egeria, d'Auuu sorella di Di-

Rie done, Priapo e Lalona, a'quali accorre - vano i romani e i Ialini, massime nelle feste che per tali numi si facevano sotto la Valle Aricina^ dalla quale trae la sor- genleil fìumeNumico,ora Incastro, le cui acque erano tanto stimale da'romaui che se ne servivano pe' sagriflzi, famoso an- cora perchè vi morirono Enea e Anna Pe- renna. Della rinomata Valle Aricina, ove fu l'antica Aricia,al presente Vallericcia, Lucidi ne parla a p. 43. Celebre perla sua ferlililà, trovasi alle falde del colle su cui sorge l'attuale Ariccia o Riccia, dalla quale trasse il nome. E la valle circon- dala da tulle le parti da monti e colli che la rendono mollo deliziosa; tranne i det- ti colli e le vigne l'estensione è di i4t> rubbia circa. Nibby dice la Valle, cratere d'un antico lago di forma elillica, di circa 8 miglia di circonferenza. Lucidi propone 3 ricerche: se la Valle sia stata anticamen- te coperta dalle acque del mare, se sia slata vulcano, se sia stata un lago. Il ri- tiro delle acque del mare nelle lene la- tine, che prima bagnava in più luoghi, dev'essere accaduto molto tempo prima de'ten)pi d'Ulisse. Che la Valle Aricina, come ancora i laghi d' Albano o Castel Gandolfo (f.),e dell'Aricela ora di iVe- mi, chedescrissi nel voi. XXIX, p. 82 in Uno al comune, sieno stali vulcani, non è da porre in dubbio. Leggo in Fea, ^rt/ve- di notizie sopra Castel Gandolfo, Al" bano, A riccia, Neniijoro laghi ed emis- sari, che la Valle Ariccia anch'essa in o- rigine fu cratere o bocca particolare del vulcano comune agli altri due laghi, e- stintosenz'ac({ua, assai preslo riempito o dalla natura o dall'arte, fino all'altezza del più basso orlo verso il mare, citando quegli scrittori che parlarono di quel vul- uino (li pili sbocchi. Riflelleudo inoltre che la cillà d'Aricela in fondo al medesi- mo crulere verso il monte, è di più seco- li anteriore a Uotua, e anteriore anche al- la guerra di Troia, e che l'acqua dell'e- missario esce verso la città, conviene con Lucidi clic lucilia stessa dacuiJipcudcvu

Rie il lago, dello perciò A ricino, forse anche prima delia fondazionedi Koinn, quando essa era già assai popolala e ricca, faces- se traforare ii monte dalla parte sua e in sua giiuisdizione per servirsi dell'acqua a vari usi; operazione in appresso imita- ta e iDeglio eseguita nell'altro emissario dal governo di Roma, il quale avea già il modello della cloaca massima , opera anch'essa delle più straordinarie di ogni età. Ciò supposto, la superficie del Iago i!\lhano sarebbe restata più elevata fino al- l'anno 358 di Roma, in cui fu di tanto ribassala più di quella del socioNemije per conseguenza, dice Fea, non può cie- dersi che i due laghi abbianocomunica- zione insieme, e che questo ancora riceva l'acqua da quello. Un'altra lagione ezian- dio farebbe al Fea negare questa comu- nicazione opposta dal lago di Neiiii nel- l'Albano, cioè che tanta acqua vediamo sgorgare dentro al i.° lago sotto Neaii , quanta ne esce nella Valle Riccia, in am- bedue i luoghi facendo agire egualmen- te le mole. Osserva Lucidi che per pro- va del vulcano già esistito nella Valle A- ricina alcuni scrittori citarono la pioggia di sassi caduta due volte nell'Ariccìa al riferir di T. Livio, e la gran voragine a- pertasi all' improvviso nel loro o piazza dell' Ariccia, in cui il foro medesimo si sprofondò, lo che fu preso per indi/iodi grande infortunio vicino, come accadde. Però Lucidi, riflellendoche i vulcani e- rauo estinti da secoli e che sui loro cra- teri erano state fabbricale grandi città e già molte antiche all'epoca delle pioggie di sassi, queste probabilmenle derivaro- no da violenti turbinijCome altrove, e ne produce gli esempi e le ragioni. Siccome Plinio narrò per confermare vulcanico il terreno aricino, che cadendo un cai bone sulla terra l'accendeva, ciò deve attribuir- si alla torba che era nella Valle e poco co- nosciuta a' tempi di quel naturalista, la quale torba si trova ne'sili paludosi e tale in parte fu la Valle già lago. Inoltre spie- ga Lucidi le posteriori acctusioui accadu-

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te nelle fornice fosse sotterranee della Valle, come ellelto dell'aria infiamma- jjilesprigionatasi in que'Iuoghi, anche con islrepito e colpo simile a quello d'un can- none, il quale ripelulamenle e sotterra- neo s' intese nell'odierno paese senza si- nistri effetti, se nonché timore che doves- se produrre teri emoto; questi rumori e colpi sotterranei più o meno gagliardi si spiegarono per accensione sotterranea di particole sulfuree e nitrose, prodotte dal sole e dal caldo esteriore dell'estate. Fi- nalmente circa alla 3.^ ricerca, se la Val- le sia stata un lago, dichiara Lucidi. L'a- nalogia che passa tra'vulcani de'iaghi Al- bano e Keniorense con quello della Val- le Aricina giova ancora a provare the questa siastata lago sitnilea quelli: il crn- teie della Valle Aricina, se si eccettui la differenza della maggiore o minore altez- za de'monti e colli ciie la cingono, è si- mile a quello degli altri due luoghi. Po- ti ebbe siqiporsi poi che la Valle Aricina non sia mai stata lago, ma che le acque che in tenqio di pioggia scendono da' vi- cini monti in gran copia, formassero u- na palude o slagno o pantano nella par- te più profonda, la quale acqua ne' suc- cessivi tempi fu deviala per mezzo di (|uel canale o en)issario. the sotto il col- le più basso conduce le acque al di fuori della Valle, e che in seguito si formasse l'altro canale, di cui parla Rircher, La- tiìtm vet. et ììov. lib. 2, cap. 7, per mez- zo del quale le acque del Iago Nemoren- se s'introducono nella \ alle Aritina; ma non può ciedersi the ciò lossea'tempi di Ovidio, perchè la bocca, doridescalurisre V acqua del lago Nemoiense, è più alla de'molli luoghi più profondi della Valle. Lasciate da jtarle tutte le opinioni, e dato per certo the nella Valle Aricina fu uu vulcano, ne viene di conseguenza che poi vi sia stato un lago, o smorzatosi il fuoco da se per mancanzad'alimenlo,esoflocalo dalle acque piovane e de'monti vicini. So- pra i òut emissari che esistono, uno sul fine della Valle, l'altro sul principio, il i ."

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servì per deviare le acque o diseccare il lago della medesima, il 2.° per diseccare il lago di Nemi; ed il 1." fu formato prima del 2.°dagli antichi aricini,alti'ìmenli non avrebbero potuto fabbricare la loro città in (|ueslo luogo basso; ma è ignoto il tem- po in cui ciò seguisse, come è ignoto quel- lo in cui fu l'orato il monte per deviuie le acque del lago Nemorense. Fu aperto l'emissario sul fine della Valle anche per renderla ad uso di coltura ; l'emissario del lago jVemorense credesi aperto per profittare di quelle acque nella Valle A- ricinae territorio sottoposto. Si può vede- re Lapi, De due Ingiù Albano e Nemo- rense. Lucidi eruditamente discorre delle diverse coltivazioni e proprietà di Valle- riccia, della sua fertilità e prodotti, degli orti, vigne e piantagioni d'alberi di frutti e altre piante, primeggiando per sapore fiagli erbaggi i cavoli cappucci e bolo- gnesi, e le cipolle; che vi si semina pm-e il lino, la canape, il grano e i legumi con vantaggio. Quindi Lucidi ap. 190 discor- re della fertilità e produzioni dell'agro Aficino, avendo Cicerone lodato l'uber- tosità de'suoi campi, rilevando la perfetta qunlilà del grano e dell'erbe de' pascoli, onde il pane e le carni della Riccia sono ottimi; quanto al vino, eh' è abbondante, alcuni terreni lo producono buonissimo, così dice del sapore di diversi frutti e del- l' olio. Del commercio degli antichi ari- cìni tiene proposito a p. 202, e narra che oltre i ricordati prodotti , gli armenti e la cacciagione ne'primi tempi servirono ni commercio degli aricini, ed i romani tenevano in Ariccia parte delle provviste de'grani. Vuoisi che un tempo distenden- dosi il dominio ariciiioal mareconportoe navi, facessero anco il traHìco marittimo. 1 conlini antichidell'agro Aricino erano : da oriente rol regno de'Volsci (di cui a VKLLFTni) e si estendeva a lutto il Monte Artemisio (il quale ha conservato l'antico nome, perchè molti scrittori con questo chiamarono Diana, il lago e il bosco ari- cino) nella selva Fuiolu; da libeccio cou

Rie Ardea (della quale trattai nei voi. XXIX, p. 3i), già metropoli de'rutuli, co'quali insorsero molti litigi sui confini ; da po- nente coir agro Solonio posto tra Lavi- nio(al presente Ci vita Lavinia)e Lauren- to ora Patrica o Pratica (delle quali ra- gionai nel voi. XXXVIl, p. 2 19 e236); e da tramontana coll'agro e Monte Al- bano ora Cave. 1 confini moderni del ter- ritorio d' Ariccia, il quale è ristretto in rubbia 914 circa, sono all'oriente coi ter- ritorii di Rocca di Papa (di cui nel voi. XXVI 1, p. 174)9 J^eini e Genzano ; a tramontana con quelli di Castel Gandol- fo e d'Albano; a occidente con quelli di Albano e dell' Agro romano, e ad ostro con quelli di Civita Lavinia ( di cui nei voi. XXIX, p. 38, XXXVll, p. 233 ) e Genzano. Lucidi enumera a p. 3o2 le se gnenti colonie Aricine. Il Castel di Ma lafìllo , le cui rovine sono sopra il lago Albano presso Palazzola, del quale par- lai ne' voi. XLIII, p. 45 ; LlV.p. 233; ne furono signori i Conti ed i Savelli, dai quali passò ai Chigi;edalsuomontepro vengono le acque in Albano, derivando le sorgenti dai monti che sovrastano Pa lazzola e forse da Monte Cave. Il Castei Savello, di cui tratto a Savef-li famigua Genzano e iVt;//z(',de'quali tenni propo- sito ai citati loro articoli. A Nemi parla del bosco aricino e di Egeria, del lagoa- ricino, del famoso tempio di Diana Tau rica e suo sacerdote diverso da quello d Diana Aricìnn, di tutto ragionando Lu cidi a p. 68 e seg. coi relativi fatti isto rici alterati dalla fivolosa mitologia de poeti. Egli distingue i riti praticati ne tempio aricino di Diana venerala coi no mi di Taurica o Scitica, e di Aricina oNe morense o Cacciatrice; e siccome erauv due sacerdoti din'erentieduesagrifizi,un< mite, l'altro crudele, così congettura eh VI fossero ancora duesimulacri, uno ciò di Diana Taurica o Scitica portalo in A riccia dalla Tuurica o Scizia da Oresti cui oilrivnnsi vittime unnine ; l'altro Diana Aricina, INcmorcnsc u Cucclalric<

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sotto la cui figura favoleggiata era A ric- cia moglie d'Ippolito, in molto culto dal* le donne latine e romane, chiamata pure Vesta e Bona Dea, ed invocata pei feli- ci matrimoni epe'prosperi parli, concor- rendovi in folla i cacciatori. Il sacerdote di Diana Arìcina era nobile e cavaliere che serviva pure al tempio d'Ippolito Vir- bio, onde presso il bosco aricino eravi il ragguardevole collegio de' Flamini Vir- biali, e quello di altra condizione de'Lo- tori, cioè di persone destinate a lavare, o forse destinati alla cura de'bagni pubbli- ci ch'erano nel lago, ed a tener pulite le statue ed i sagri utensili di Diana loro tu- telare. Il sacerdote di Diana Taurica, di cui feci parola a Nemi, di vilecondizione, che regnava sul bosco con titolo di rex iVemore/25/Vj esisteva ai tempi di Pruden- zio che fiorendo nel IV secolo detestò ì\'.- secrabile costume di uccidere il predeces- sore per divenire sacerdote, oltre le vit- time umane che immola vnnsi nel tempio de'servi fuggitivi,al diredi Corredini, ^'e- tiis Lat'tnm pvofnnuni et sacriimjma Lu- cidi per servi fuggitivi crede doversi ri- tenere del perdente nel duello tra il servo fuggitivo e il sacerdote che avea il posses- so del bosco aricino. K\hhy, yd natisi dei dintorni di Roma, parlando di Nemi, di- ce che il barbaro rito cessò nel 891, quan- do furono chiusi i templi pagani, d' or- dine di Valentìuianoll e Teodosio I. Sem- bra dunque rilevarsi da Lucidi che seb- bene uno fosse il tempio di Diana nell'A- rìccia, due fossero i simulacri e differen- ti i sacerdoti. Tanto ne' tempi antichi, quanto ne'tempi di Cesare, nel tempio di Diana si conservavano i tesori della sagra moneta del popolo romano. ParlandoNib- by delle vestigie dell'antica Aricia , che occupano la convalle, pel tratto d' un mezzo miglio in linea retta dal parchet- to fino quasi alla celebre sostruzioue del- la via Appia, dice che gli avanzi più con- siderabili SODO nell'orto di mezzo, dove per la prima volta scoprì nel 1817 la cel- la del tempio di Diana Aricioa, ridulta

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oggi a casa rustica , costruita di grandi massi quadrilateri di pietra albana, com- messi insieme con molta arte senz'ombra di cemento. Dice che somiglia al tempio di Giunone Cabina, che occupa il centro della città antica, e che avea un portico di ordine dorico con 4 colonne di fronte e 4 ne'lali; ne riporta le dimensioni e di- scorre di residui di terme.

Non solo gravi autori riportati da Lu- cidi fecero gloriosa menzione dell' antica città d'Aricia, poi con duplice e detta A- riccia; ma Cicerone, Philipp. 3, ne fece magnifico elogio, chiamandola munici- pio per origine antichissimo , per diritto di confederazione unito a Roma, per vi- cinanza quasi ad essa contiguo, per isplen- dore de'suoi cittadini onoratissimo. Che da questoniunicipio erano derivale le leg- gi Voconiae Scatinia: da questosommi- nistrali a Roma moltissimi magistrati e cavalieri, che col loro splendore onorato avean la romana repubblica non solo nei tempi antichi , ma ancora nella recente età. Lucidi con amor patrio trattò con dillusione degli uomini e donne illustri dall' A riccia prodotti e dalia Roma:i pri- mi insigni nelle lettere, nelle dignità e nelle armi, consoli, senatori, edili, pretori, tribuni della plebe, legisti, cavalieri ric- chissimi e onestissimi; le seconde matro- ne ultime e virtuosissime in tulli i tem- pi, (|uosle e quelli facendo l'elogio della patria, che Servio, Aeiieid. lib. 7, chia- mò sede della virtù. De'nomi che di loro sono restati ne pubblicò le gesta anche Ricchi, Teatro degli uomini iltuslrifCnp. 5: Soggetti illustri dell' A riccia. Uno dei più celebri di cui si ha memoria fu Ma- Ilio Egerio Lesbio lu$culano,da cui de- rivarono molti e chiari aricini , che per molli anni fiorirono in virtuose azioni; quiodi tra gli aricini illustri in lettere va nominato Turno Erdonioche colla sua facondia nella curia Ferentina persuase i popoli del Lazio a inlimar guerra ai ro- mani, come notai nel voi. XLllI, p. 52 e 53, parlando di lui e di quelle assem-

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blee latine; ed Azzioìstorico. Ne'tempì a noi più vicini, essendo sfata fondata nel- l'Aiiccia 1' accademia degli Sfaccendati, per la poesia die ivi aveagià fiorito, on- de i fonti e il bosco A ricino furono detti delle Muse e delle Camene, in essa pro- dusse molti accademici buoni poèti edot- ti nelle scienze. E siccome il clima arici- no e la solitudine de' circostanti boschi invita allo studio delle lettere, cos'i, co- me negli antichi tempi, letterati e giure- consulti ne'moderni si sono ritirati all' A - riccia per attendere ai loro studi. Nelle dignità molti illustri dierono le famiglie Egeria, Erdonia, .Azzia, Voconia e Sca- tiiiia. Celehri tribuni della plebe e auto- ri delle succennate leggi fuiono Q. Vico- niovSaxa,eCaioScatinio. Il cardinal Pao- lo Sa\'elli ebbe i natali e l'educazione al- l'Ariccia. iNeirariiii furono più rinomati Virbio figlio d'Ippolito celebrato da Vir- giliojchepai teggiòper Tumore de'rutu- li; Turno Erdonio prode anche nella scien- za militare. Da Azzia aricina, figlia della sorella di Giulio Cesare, nacque Augusto, che divenne signore del romano impero, ed al cui innalzamento contribuì : essa fu pur madre della celebre Ottavia moglie di M. Agiippa. Dalla gente Azzia (Ieri- •varono i Labieni e i Balbi, fecondi d'uo- mini grandi. Delle donne più illustri a- ricine, per lai.'^si novera Egeria moglie e consigliera di INuma Pompilio cì." re di Pioma, o meglio deità immaginaria e ninfa del bosco aricino frequentalo da quel principe saggio, che altri credono a- bitatrice del bosco consagrato alle Muse presso Porta Capena di Roma, procu- rando Lucidi di concordare le diverse o- pinioni, dicendo convenire ad ambedue i luoghi (pianto si scrisse sopra hgcria. Altra illustre fu Azzia sorella della pre- cedente e moglie n \j. Filippo discenden- te da re Anco Marcio. Di motti aricini illuhlri e dotti, massime ecclesiastici, che Horirono nu'lempi posteriori, egualmen- te Lucidi riporta le notizie, l'er le singo- lari virili, ingegno e belle doli clie fregia-

Rie rono due degnissimi e benemeriti arici- ni, entrambi canonici della collegiata, che a' nostri giorni mancarono a' viventi, e cr)n)pianti dai concittadini e da quanti ne ammirarono il complesso delle loro egre- gie qualità e del sapere, qui ne farò bre- ve ricordo. III." fu d. Francesco G nido- baldi, defunto neh 83?, il quale el)be il canonicato cui è annesso l'oiììciodi espor- re la s. Scrittura. Si dedicò con vivo ze- lo ad ogni opera pia per l'utilità tempo- rale e spirituale della popolazione arici- na. Valente teologo, meritò la stima dei cardinali vescovi, cbe lo fecero esamina- tore del clero e gli affidarono altri ono- revoli incarichi.Dolto, coltivò con succes- so le lettere, l'erudizione e la poesia, on- de abbiamo di lui : // giorno santificato con l'esercizio della presenza di Dio av' vii'ata da brevi considerazioni e frequen- ti giaculatorie, operetta poetica, Roma 1825. Umile, prudente e di piacevole conversazione, fu assai caritatevole co'po- veri; benefico con tutti in vita, in morte dispose legati di pubblica beneficenza, do- nando la sua casa a vantaggio de'poveri infermi, scudi 200 per formare un mon- te di pietà, annua dote per una zitella o- nesta e bisognosa; altri lasciti desti per l'esercizio di tliverse pratiche divole, pel santuario di Galloro, per le due confra- ternite, ed al suo capitolo legò la propria libreria e gli scritti suoi per istruzione del giovane clero. L'altro illtiNtie eccle- siasticoaricino fu mg.'Gio. Battista Leii- ci, morto nel 1847, già canonico della collegiata e vicario generale della dioce- si, dalla quale venne amato e venerato, per essersi meritato la benevolenza ed estimazione di tulli, siccome vero orna- mento del clero, dotto, integerrimo, pio, di felice spcrienza, di maturo consiglio; benevolo co'bisognosi, zelante ne'ministe- ri che disimpegnò. I"'u in prima arcipre- te di Nemi, poi d'Albano, donde fu trat- to neir invasione liaiicese e patì depor- tazione in Corsica. Rifugiatosi in Sanie- gnu, re Villorio EmmanueIcgliaHidùIa

Rie tlirezione della propria coscienza e 1' e- ducazione delle reali figlie, poi regina di Napoli e duchessa di Modena. Ricompo- ste ncli8i4 le cose politiche dello slato pontificio, abbandonò gli splendidi onori della corte per tornareal suo gregge, con- tinuando con frequente carteggio la legi- ua M." Teresa a consultarlo in molte e gravi contingenze. Le ricchezze che glie- ne derivarono, le versò tutte in seno dei poveri. Disprezzatore delle onorificenze e delle dignità, ricusò il grado d'incaricato d'allàri della s. Sede presso la detta corte, e il vescovato di Sutri e Kepi. Ne' funerali celebrali nella collegiata d'Ariccia, fu lo- dalo con eloquente orazione dal can.° d. Pietro Santoni di Genzano, fratello del- rottimo can.° d. Giovanni arciprete d'A- liccia, e nel n.°8 delle Notizie del giorno di Ronia del 1 847 si legge un articolo ne- crologico.

Lo stemma municipale dell'Aricela è la figura d'una donna con corona in le- sta, con scettro in mano e paludamento reale, colla quale vuoisi rappresentata A- i\c\a nioglied'l[)politodi stirpe realee dui volgo chiamata la regina Aricela, ovvero dicesi effigiala Egeria. Quesloèpure il si- gillo del comune con l'epigrafe : Univer- silas Ariciae. La strada che incomincia dal rouiiturio della Stella non è l'antica Appia che conduceva a Valle Riccia, n>a una nuova via fabbricata nel 1763 dalie comuni d' Ariccia, Genzano, Civita Lavi- nia, Neuii e \ elletri, d'ordine di Clemen- te XI li, per avere una strada comoda che da Castel Gandolfo conducesse alla Ric- cia, facendola selciare con selci piccoli, u- iiilamente all'altra strada che diverten- do dalla via Appia conduce alla Riccia e a Genzano. Questa strada che d'Albano passando per la Riccia e Genzano condu- ce a Velletri, era già stala nel 16G7 da Alessandro VII surrogala all'antica con- solare Appia, come meglio dirò poi, ed a- vea perciò acquistati tutti i privilegi del- le vie consolari. Non ostante i chirografi d'Alessandro VII che ordinarono ripar-

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tire la spesa di essa e della manulenzio- nea 'ìi comuni della provincia del La- zio e di Campagna, che ne riceveauo be- neficio, tornò la strada al pessimo stato di prima, e si ritornò a passare per la sel- va della Faiola,co8Ì detta dal vicino ca- stello Fagiola de'Savelli, che quali ribel- li ne furono spogliati da Eugenio IV e venduto a Velletri, indi reintegrati da Calisto III; ma essendo già diruto il ca- stello, venne in seguito diroccato, come leggo in Ratti, Storia di Genzano, p. 1 46. Questo passaggio fu abbandonato anche per essere divenuto nido di famosi mal- viventi, ([uando Pio VI fece allargare la strada che d' Albano pel Casaletto gira intorno a Vallericcia e conduce a Gen- zano e di a Velletri. La strada che con- duce dal romitorio della Stella alla Ric- cia è tutta ombrosa, incontrandosi diver- se fonti d'acqua; ma è lunga e scoscesa, tortuosa ed erta. Considerando Gregorio XVI l'incomodo ei pericoli diessa, mos- so dalle preghiere degli aricini e genza- nesi, non che a vantaggio pubblico, ap- provò il progetto di agevolare 1' accesso alla Riccia mediantegrandioso ponteche la congiungesse ali' opposta occidentale collina , e così rendere perfetto il bene- ficio che avea incominciato con l' altro ponte eretto presso Galloro. Erasi già quasi conchiuso rappalto,quando alcune gelosie basale su riflessi economici gli fe- cero sospenderne l'elfeltuazione, e rivol- gere le sue cure alla provincia di Ferra- ra tanto danneggiala dalla straordinaria e rovinosa alluvione del Po, rimettendo a miglior tempo l'esecuzione del divisa- to ponte, come meno urgente degli argi- ni e altri gran lavori ch'esigevano le spiag- gie del 1^0. Sopravvenuti altri bisogni e la morte di quel pianto Papa nel 1846, restò troncata l'attuazione del proposto ponte, lasciandone la gloria al successo- re regnante Pio ì}i.. Questi nel medesi- mo anno condiscese alle istanze rinnova- le pel desideralo ponte, e ne ordinò la co- struzione, onde vantaggiare l'industria e i3

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il commercio, e sommamente facilitare il passaggio alle moltissime merci eall'im- menso numero de'viaggiatori obbligati a transilare pel suddetto tratto di strada al- quanto difficile e disastroso. Pertanto co- me riporta il n.° 3o del Diario di Roma i847,a'7apnleilcardinal Ostini vescovo d'Albano, alla presenza delcardinal Mas- simo, che qual prefetto genera le delle ac- que e strade avea di molto contribuito al- la risoluta erezione, de'capitoli d'Albano, Riccia e Genzano e de'magistrati di tali rounicipii, nella valle del parco di Chigi, pi emessa di vola processione,solenneinen- tepose la pietra fondamentale fra il snono delle bande musicali, il fragore de' mor- tari e gli applausi della tripudianle mol- titudine. Indi s'incominciò ad innalzare il meraviglioso ponte, che persolidilà del- la mole, per la sua altezza ed estensione è uno de'piìi sontuosi e magnifici d'Ita- lia, abbreviando sensìbilmente la distan- za che separa Albanodalla Piiccia dall'uà capo all'altro, cioè dal Borgo della Stel- la, ove l'antica via Appia si congiimge nlla nuova, fino presso la decorosa piaz- za della Riccia, alla quale il ponte viene livellato mediante saldissime e gigante- .iche orcuazioni, che sorgono dal profon- do e dirupalo burrone. Ne sono beneme- riti l'encomiato ingegnere architetto cav. Giuseppe Bartolini, autore altresì di quel- lo di Galloro,ecomediqueslo intrapren- denti gli onorevoli fratelli genzanesi Gae- tano e comm.** Camillo Jacobini attuale ministro del commercio, belle orti e la- vori pubblici. Quest'opera monumentale tolge al termine, e già da molto tempo si percorre dai pedestri nc'suoi ambula- cri, viadotti o gallerie^ che sono in linea retta per ciascun ordine e attraversano tutta la lunghezza del ponte entro! gros- si piloni. NcU'ultimo ordine il ponte sarà lungo metri 3 12, alto in tutto nìctri (m), largo 9 e 8u centimetri; quindi piìi al- lo di quello della Volle o di Maddaloni nel regno di No|)oli. Tutta lu bella costru- zioni: ù di peperino 0 pictni ulb;uia trut-

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ta con mine da una vicina cava, come la pozzolana. Così procedendo le cose , la Riccia ben presto va a ricevere nuovo lu- stro e nuovi abbellimenti, mentre nel no- vello stradale si fabbricheranno comodi ed eleganti edifizi. Nel i85i fu coniata per memoria una medaglia colla veduta del ponte e della piazza di Riccia, coll'epi- grafe: Albano et Arida Ponte conjunclis. Aricia è fama tradizionale che fosse fondata da Ippolito figlio di Teseo re d'A- tene, di cui le fìvole mitologiche in di- versi modi narrano le avventure (dicen- dosi, che fuggendo Ippolito gli sdegni di Fedra, trasportato da'cavalli del mostro marino, fu soltrafo a tanto pericolo da Diana e collocato nel bosco Aricino o E- ricino, sagro alla sua deità : che per que- sta cagione i cavalli non potevano entra- re nel bosco Nemorense), venerato poi qual semideo col nome di Virbio, aggiun- gendosi che così la denominasse da sua moglie Aricia. Ma la città d' Ariccia è molto più antica della guerra troiana, nel cui tempo vissero Teseo ed Ippoli- to; imperocché subito dopo la distru- zione di Troia era già l'Ariccia città po- tente e popolata, e Solino in Polyhislor. cap. 8, geografo latino che visse nella pri - ma età del secolo 3." di nostra era, ci fa sapere che fu fondata da Archiloco duce de'siculi, popoli indigeni del Laziale che dal medesimo trasse il nome; lo che si fi risalire a più secoli innanzi delta guer- ra, per cui Cluverio, Ital. anliq. lib. 3, cap. 4, stabilisce i principi! dell'Ariccia nell'anno del mondo i']^i, innanzi Gè- sii Cristo o nostra era 161 3, prima di Ro- ma 928 anni, e molti secoli avanti la fon- dazione d'Alba Longn; ritenendo Luci- di che una porzione del presente Albano sia situala nell'agro antico aricino, ed in- oltreché spettasse a questo tutta l'esten- sione dell'agro che oro comprcndesi tra la rocca di Castel Gondolfo e l'AriccÌH. Secondo Virgilio, jitnead. Iib. 7, nella guerra tra Turno re de'rululi ed Enea, in soccoiso del i." marci») onche Virbio

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figlio cVIppolito e d'Alicia, seguendo la credenza della venuta in Ariccia di suo padre. L'Aiiccia ne'vetusti secoli forse fu la citlà più forte dei Lazio, e isuoi cit- tadini i più valorosi, come dimostrò Tur- no Erdonio e come essi provarono nella guerra sostenuta e nella vittoria riporta- ta con l'aiuto de'cumani ed anche de'tu- sculnni e anziati, contro l'esercito etru- sco, che voleva ristabilire Tarquinio il Superbo sul trono di Roma nell'anno di Roma 248,quandoPorsennacon4o,ooo uomini, respinto da'romani per il loro e- roisDio e pacificatosi con essi, spedì il fi- glio Arunte colla metà dell'esercito (altri dissero Arunte figlio di Tarquinio, senza rammentare che perì nel combattimen- to con Bruto, fondatore della repubblica romana)ad espugnar l'Ariccia all'improv- viso, onde si formasse un regno per se; ed invece vi pei'dette quasi tutto l'esercito e la vita (venendo sepolto in quel mo- numento d'Albano che dicesi degli Ora- zi e Curiazi, come noto a Roma), men- tre quelli che scamparono colla fuga ri- cevettero generosa ospitalità dai romani, ed ebbero per abitazione un luogo pres- so il Palatino che da loro prese il nome di vicoTusco.Da questo fatto si può con- chiudere che in que'lempi la popolazio- ne dell'Ariccia fosse abbondante. Sdegna- ti gli aricini contro i romani, prima pel passo dato e le vettovaglie somministra- te agli etruschi, poi per l'ospitalità ac- cordata ai vinti, nel 254 *' nnii'ono ni principi Ialini dopo la caduta di Fideiie (/^.), città confederata, persuadendoli nel' l'assemblea del vicino bosco Ferentino con coraggiosa eloquenza a vendicarsi dei romani, determinandovi i principi dÌ24 citlà. Laonde si recarono gli aricini quali ambasciatori della confederazione in Ro- ma per domandare riparazione e. piena soddisfazione a quanto aveano praticato contro di loro cogli etruschi e co'fidéna- ti ; e venendo loro negata dal senato, gli intimarono la guerra, della quale parlai a Frascati o TuscuIo, a Lazio, a Pale-

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strina e negli altri articoli relativi; ma presso il Iago Regillo i romani riporta- rono vittoria. Si proseguì tuttavia con calore la guerra a cagione de'confini con nuovi trionfi de'romani, seguiti dalla pa- ce; onde è a credersi che d'indi in poi fossero gli aricini sempre collegati co'ro- mani. Quando gli aurunchi vicino all'A- ricela inlimarono guerra a'romani, que- sti ivi li disfecero. Si avanzò tanto l'a- micizia e la confidenza che gli aricini eb- bero co'romani, che stanchi de'continui combattimenti cogli ardeali pel dominio d'un campo o lenimento confinante, noi 3o6 di Roma a questa rimisero la cogni- zione di loro causa, convenendovi i ne- mici; però il giudicato fu in favore dei romani stessi che si appropriarono il con- troverso campo, come già spellante a Co- rioli. Nella i.' guerra punica egualmen» te gli aricini furono fedeli alleati de'ro- mani contro i cartaginesi, e quando si pacificarono fu stabilito che i cartaginesi non dovessero recare ingiuria agli aricini e agli altri latini che ubbidivano al ro- mano impero, facendosi di loro specin!e menzione per la slima che ne faceva il popolo romano. Onde nella 2.* guerra punica combattuta contro Annibale, gli aricini somministrarono aiuto aRoma sic- come polenti; per cui Coronelli nella Di- bl. univ.y veiboAriciay dice che poteva armare 1 7,000 persone. Volendo i ro- mani imperare su tulli i Ialini, deterntl- naiono questi di oppoisi loro quando al- cuna città ne fosse attaccata, ciò che fu la loro rovina, i romani soggiogandoli a poco a poco. Unitisi gli aricini coi lanu- vinì, veliteriii e anziati, e colli dal con- sole C. Menio presso il fiume Astura (di cui nel voi. LIV, p. 201) per sempre fu- rono vinti : l'Aricela cadde in potere di Roma nel 4^6 o 4'7> divenendo cillà municipale, ed i ciltadini verso il 4^0 de- corali del diritto di sulTiagio e ascritti al- la tribù Papinla, conservando la soprin- tendenza e direzione del tempio e'dclle cereraonie di Diana Ariclna, che però fu-

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rono fatte comuni ai romani. Da questo tempo gli ai'icini seguirono i destini dei romani e pugnarono cogli altri Ialini in difesa della repubblica romana sotto il no- me di sodi Ialini. A Mu:*icipio dissi che celebre fu quello d'Ariccia, tale dichia- rata dai romani, col diritto della loro cit- tadinanza, coi privilegi e prerogative dei piìiinsignijCioèdel proprio governo eleg- gi, coi tre ordini de'senalori o Decurioni (^.), cavalieri e popolo, che divideano tra loro il gQvernamenlo, onde vi sono i- scrizioni della loro repubblica, R. P. A- ricinoruni, e S. P. R. Aricimis. 1 latini non avendo diritto di contrarre matri- moni colle romane, di tale divieto furo- no esenti gli aricinì, e molti di questi in Roma divennero senatori, consoli, pre- tori e tribuni della plebe. Nel 44' L. Ap- pio costruendo la via che ne prese il no- me, questa traversò l' Ariccia, la quale di- \enne la i /stazione per chi da Roma an- dava a Brindisi; quindi è a credersi che per tal motivo crescesse in opulenza. Nel- la sanguinosa guerra civile tra Mario e Siila, gli aricini seguirono il partito di questo, il quale ne fece fortificare il ca- stello o cittadella, che non ostante Ma- rio prese e distrusse; indi a poco risorta, per averla Siila esonerata dalla tassa del- l'alloggio militare ed assegnato il terri- torio a'suoi soldati per ripopolarla, con- tinuò a governarsi colle sue leggi muni- cipali, conservando tutti i suoi magistra- ti. Augusto figlio di madre aricina con- servò e protesse il municipio, e fu con- servatore e curatore della repubblica a- ricina; probabilmente l'avrà beneficata, avendovi parenti e possessioni nel terri- torio. Avea ancora il suo senato, prima- rie magistrature essendo il riittatore , il questore, gli edili: gli aricini elessero dit- tatore l'imperatore Nerva, che si sarà fit- to rappresentare ilal prefetto, (piando era già declinalo lo splendore d'Ariccia per mancanza Unse de'principali cittadini, i qniili per la prossimità 0 Roma ivi fissa- rono il Uuinicilio, per cui u'iempi di Ne*

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rone era diveniita una piccola città, co- me rilevasi dji Lucano.

La vicinanza del municipio aricino a Roma, di cui fu forse creduto sobborgo, la numerosa popolazione, 1' opulenza dei suoi abitanti, le parentele con le case dei Cesari e delle più cospicue famiglie ro* mane, somministrano argomento a cre- dere che l'Ariccia sia stala istruita nella religione cristiana dai ss. Pietro e Paolo o dai loro primi discepoli. E' verosimile inoltre che s. Pietro in tempo della sua dimora in Roma, più volte siasi portalo «» predicarvi il vangelo, comefece negli al- tri luoghi a Roma vicini. Che se molti sono d'opinione che s. Pietro predicasse in ///Z'rt/?o(/^), che allora consisteva nel- le ville di Pompeo e di Clodio, con mag- gior fondamento potrà credersi dell' A- riccia, in cui fu edificato un antichissitno tempio a suo onore. Se il s. Apostolo nei suoi lunghi pellegrinaggi annunziava il vangelo ne'luoghi pei quali passava, de- ve congetturarsi che nella sua venuta dal- l'oriente a Uoma e passando per la viaAp- pia o reduce da Napoli, e per conseguen- za dentro l'Ariccia, avrà ivi promulgata la fede. La volgare lradizione,(òudata sul- r opinione di alcuni scrittori, narra che l'empio Simon mago (f^.), «topo la caduta fatta in l\oma alla presenza di Nerone per le preghiere de'ss. Pietro e Paolo ( ^.), |)er cui nel preteso volo si fracassò le meuìbra, volendolo! suoi seguaci condurre a Brin- disi oBrunda, ovvero altro ve, per allonta- narlo (la Rouja ove avea perduto la ripu- tazione, per meglio liulo ciu'are dalle ri- portate feri le, passando per l'Ariccia e ag- gravandosi il male, ivi infelicemente moia, ponendo i suoi fautori le di lui ossa in un sarcofago, che Lucidi dice esistere a'suoi tempi nel giardino detto l'uccelliera, e la tavola (li marmo cliu lo cuopriva sta nel palazzoChigì. Oltrea ciò, l'arco rovinoso di grosse pietre albane nella via Appia ó chiamalo volgarmente i/^<z.s7o//(7 Dinvo- lo e. il basto di Simon mago, dicendosi che in questo silo fu Simon mago dal diavolo

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tiaspoi iatoaH'inferno.cioè pressol'ingiies- so della via che conduce a Vallericcia. Fra (juelli che sostengono che Simon mago fu liiisportato all'Ariccia edivi morlie fu se- polto, noterò Davanzali, Notizie al pel- Ir^rino (Iella basilica di s. Prasstdc, p. <); (! nicchi, La reggia de Folsci, p. 2 1 8 : DelH J riccia Colonia LXXXP'^ , in cui Irai (a di sua storia e pregi. Quindi per lendeie senjpie più vituperosa la memo- ria dell'impostore eresiarca, i primitivi CI isliuni aricini innalzarono un tempio a >i. Pietro per ricordare il suo memorabi- le trionfo. Varie sono le opinioni circa il liii^go della morte di Simon mago, ed al- cuni lo dicono morto nella caduta in Ro' irui stessa, altri cite sopravvìsse: quanto a iAoma, l'Ariccia si considerava quasi at« taccata alle sue mura e un suo sobborgo. Di più, in conferma della probabilità che Simon mago perì nelT Ariccia, si ha dn antica popolare tradizione, clie gli ebrei che seguirond'eresiarca fissarono ivi la loro dimora, e i loro discendenti vi per- severarono sino al secolo XVII. Asserisce Lucidi che le abitazioni già degli ebrei e- sistevano in Ariccia nel luogo chianuUo Ghetto, con propinqua piazza delta Giu- dìa, sotto r antico palazzo baronale dei Savelli denominato il Palazzaccio; e che quelli superstiti che partirono, si unirono agli ebrei di Roma, Ira'quali alcuni han- no |jer cognome o soprannome dell' A- riccia. E" verosimile ancora che 1' apo- stolo s. Paolo annunziasse il vangelo nel- rArìccia,essendo solilo ciò praticare ovun- que passava : venendo egli da Reggio di Calabria e da Pozzuoli in Roma, i fede- li rincontrarono al Foro Appio e alle Tre Tabcriie, e seco lui passarono per l'Aric- cia , luogo di stazione pel cambiamento de'cavalli. Circa al tempio antichis:>imo dedicato a s. Pietro, questo sorgeva ov'èil forno, a destra dell'ingresso della presen- te Porta Romana, grandequanto l'odier- na chiesa di s. Nicola, con im solo altare, sopra di cui era dipinta nel muro l'eHigie del s. Apostolo] uel luto sinistro avea il

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campanile antichissimo in forma di torre e di considerabile altezza, devastato dai fulmini, onde unitamente alla chiesaca- dente dai fondamenti furono demoliti ai 28 aprile 1 665, e la campanella rifusa fu posta nella chiesa di s. Rocco. Il Piazza citalo deplora questa perdita della vene- rabile antichità, senza essersi supplito con altra meuìoria. Vi sono diversi scrittori, che si possono vedere nel Lucidi a p. SaS, che riferirono essere stala la chiesa Ari- cina decorala della sede vescovile , e ri« portano il nome di alcuni vescovi del V, VI e X secolo; ma pare che le denomi- nazioni Ialine riguardino piuttosto i ve- scovi d'Arezzo, Ariciensis, Ariliensis, per Aretinensis, cioè Arezzo : forse si prese A- retino per Aricino. La immediata posi- zione di Ariccia sopra la via Appìa , la più frequentala che partiva da Roma, la sua vicinanza a questa e la prossimità al- la villa A Ibanade'Cesari, se ne' tempi flo- ridi di Roma contribuì al beo essere del municipio aricino, queste stesse circostan- ze furono cagione della sua sciagura nel- le desolazioni cui furono segno Roma e i suoi dintorni per le irruzioni de' barba- ri, dopo il fatale trasferimento della sede imperiale a Costantinopoli. Infatti allor- ché Alarico re de'goti nel 409 di nostra era prese e saccheggiò Roma, dopo quel- le stragi si mise a scorrere l'Italia meri- dionale, passando appunto per la via Ap- pia; quindi Aricia che fu la i.' stazione, fu pure lai."preda che si presentò dinan- zi a'suoi occhi. Il suo esempio fu segui- to dai vandali condotti dai re Genserico nel ^^5, i quali impadronitisi di Roma estesero le loro devastazioni dintorno do- ve poterono, mettendo lutto a ferro e fuo- co. Queste medesime sciagure ebbe a sof- frire l'Ariccia nella malaugurata guerra fra i goti e gl'iu)peratori greci di Costan- tinopoli. La città quindi posta nella Val- le Aricina si andò così estenuando a po- co a poco, e per maggior sicurezza il po- polo si andò restringendo nell'acropoli (o più alta parte della città o castello)

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pritnillva^ abbaDclonando insensibilmeti' le la città inferiore ch'era esposta a tali rovine. Tanto apprendo da Nibby, /^/i«- lisi de dintonn di Roma t. ij p. 252 e seg.j di Arida, Arichia, Ariccia. Lucidi i»ou nomina espressamente 1' incursione di Alaricojbensi crede che nel 4' i la cit- tà restasse demolila da Genserico (ma erroneamente per quanto ho riportato) re de* vandali, il quale prima di partire (ritornare) per l'Africa, passò pel Lazio, mettendo a ferro e fuoco tutte le città si- no a Napoli. Aggiunge che questo infor- tunio l'avrà certamente sofferto 1' Aric- cia, la quale trovavasi fondata sulla via Appia, e siccome in quella desolazione ^li abitanti delle città e castelli devastati dal furore de'barbari,per salvar la vita fuggirono alle montagne in luoghi steri- li e inaccessibili, così èd'opinione che de- solata da' vandali 1' Ariccia, la quale si stendeva nel [)iano della Valle e nella via Appia, i suoi abitatori restringessero la loro abitazione nel solo colle ove ora sor- ge. Dal dominio degl'imperatori greci e de'loro esarchi l'Aricela, unitamente agli altri luoghi del Lazio formanti il duca- to romano, per dedizione passò sotto il dominio della chiesa romana e de' Papi, quandodopo il y26ilducatoromanocon altre 7 città della Campania spontanea- mente si sottoposero alla sovranità di s. Gregorio II. Il medesimo narrato infortu- nio l'Ariccia dovè soffrire neir827 dagli arabi o saraceni, i quali provenienti da Ca labria con iscorrerie infestarono le spiag- gie e campagne del Lazio, derubando uo- mini, bestiami e biade, rimanendo allora le compagne marittime inabitate, onde i proprietari di esse fabbricarono per si- curezza degli agricoltori delle torri , al- cune delle (|uali ancora si vedono. Più di lutti «offrì Porto (V Anzio (F.), come jiiìi esposlu. Il danno maggiore i sarace- ni U» fecero neirH44»chcdistrusscro mol- ti monumenti. Questa 2.' irruzione sara- cena Nibby la riporta all'anno 84 6. e cre- de cli'csM fiuiisc di spopolare 1' A riccia

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inferiore, e definitivamente restringesse gli abitanti nella cittadella, dovepurog- gi è ridotta, edove in origine veunefon- data dai siculi; dappoiché come esistente ancora sulla via Appia lo rileva dall' a- nonimo di Ravenna. E questa città cos'i ridotta nel 978 viene indicata in una car- ta dell'archivio di s. Maria in Via Lata, in cui si leggecomeGiovanni de Aurimo e Marozia sua moglie abitanti del Ca- slello Aricìensecova^varono duevignepo- ste nel territorio Ariciense. Da una per- gamenadidetto archivio si rileva che nel 981 rAricciaaveailsuotì?»a:a somiglian- za di altre città, e Stefano s'intitolava dux del Castello Ariciense, facilmente de'con- li Tusculani potentissimi, e tenne un pla- cito in Ariccia. Lucidi riporta nel 990 Guidone duca dell' Ariccia de' conti Tu- sculani , nipote di Giovanni XIV o XV (anzi dirò XV detto XVI) e padre del- l'antipapa Benedetto X, come e meglio raccontai a Frascati. Theuli, Teatrohist. di J^elletri, lib. 3,cap. G, pretese che l'A- ricela fosse soggetta a Velletri ; ma ciò deve spiegarsi perchè Guidone dimorava in quella città. In una pergamena del 1 00 i ricordala chiesa dis. Pietro posta den- tro il Castello Ariciense, e che la città pro- priamente detta ch'era nel basso, non solo si trovava abbandonata, ma ridotta a vi- gne, e che la Terra era considei abile. Nel io58 divenuto antipapa Benedetto X fi- glio del duca, è verosimile che gli aricini ne seguissero il partito ; ma neh' istesso anno eletto Nicolò II, colle sue milizie do- mò gli abitanti insieme ai prcneslini, tu- sculani e numentani ribellati, ed ancora Gallese e altre castella del conte Gerar- do, forse signore d'Ariccia,la quale tornò sotto l'inimedialo dominio del Papa. In- sorte sedizioni pel uuomo Prefetto di Ro' ma (r.), Pasquale Usi ritirò ad Albano, die il comandudcl suo esercito a Pier Leo- ne l'Vangipnne, il fpiale per aver l'aiuto di TolomeoconleTusculanoneli i i3 gli donò l'Ariccia di consenso del Papa. To- lomeo quietò Roma , imprigionò il iU

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gliodcl prefelto e suo nipote, e Io coudus- 8e alt'Ariccia. Ritornata l'Aiiccìa nel do- minio de' conti Tusculani, secondo Nib- by restò loro sino alla distinzione del Tu - sculo; ma Lucidi considerando la poste- riore ribellione di Tolomeo che sprigio- nò il nipote, opina che Frangipane poco dopo riprendesse l' Ariccia, ed inoltre con- fo ta quegli scrittori che asserirono aver r imperatore Ottone I nel 964 investito dell'Aricela Virginio Savelli, la quale in vece passò nel dominio de'Malabranca, nobile famiglia romana che la possedet- te sino al 122 3, finché a'20 maggio 122 3 di Diala voglia la vendè a Papa Onorio ili per contentare lesue premure, il qua- le non l'acquistò per la sua famiglia Sa- velli, ma per la camera apostolica, per la somma da essa esborsata di 2 5oo libbre o lire buoni provisini, monete del se- nato romano. Dall'ìstromento inserito nei libri de'censi della romana chiesa si rile- va che essa avea sempre conservalo l'al- to dominio suH'Ariccia, e non era affat- to considerata feudo imperiale; piuttosto i Malabranca l'aveano ricevuta per inve- stitma dalla s. Sede, che ne ritornò as- soluta signora insieme a tutti i diritti e azioni. La ripugnanza de' JMalabranca nel- l'alienare l'Ariccia, per cui aveano tenta- to un atto fraudolento, proveniva perchè il sito Castnun era molto forte , anche per le da loro aggiunte fortificazioni con una torre; e quanto alla tenuità del prez- zo, sebbene fosse ragguagliato probabil- mente a 60,000 scudi, pare che i Mala- branca poco vi possedessero fuori della giurisdizione; il valore poi de' terreni in que'tempi era assai meno de'nostri. Il do - minio pieno della s. Sede continuò per molli anni, come lo era nel 1262. Men- tre Giovanni XXil risiedeva in Avigno- ne, nel 1 3 1 5 permise al rettore di Marit- tima e Campagna di concedere a Paolo Conti barone romano Castro Arìciae , permutandolo con parte di Castri s.Joaii- itis, forse l'odierna città di ]\Iontes.Gio• \anni.Div;,•rsi scrittori afl'ermauo che l'ab-

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bazia di Grolla Ferrata sia stata una vol- ta padrona dell'Aricela, altri crederono che solo vi possedesse molti beni non già il dominio di essa; le quali divergenti as« serzioni si possono riscontrare nel Luci- di. Pare che per le guerre civili divenu- ta diruta e disabitata l'Ariccia, chiama- ta Caslruin Aritiae, Ritia e R'xa, don- de per corruzione di vocabolo e tolta la 1 .* vocale si formasse quello di Rìccia, fosse donata ai monaci di Grotta Ferra- ta, i quali non ebbero coraggio di riedi- ficarla per timore di novità e incursioni d'armi allora frequenti, massime dai pre- potenti confinanti. S'ignora propriamen- te r epoca di tale stato deplorabile e la durata di tale infelice condizione, com'è probabile che breve fosse il dominio dei monaci. Si deve tenere presente quanto coll'autorità di Ratti dissi a Ge.nzako, che Bonifacio IX donò tutto il territorio al- l'abbazia de' ss. Vincenzo e Anastasio o TreFontane(di cui nel vol.XilI, p. 59) de'cisterciensi, e che un tempo dipende- va l'Ariccia dalla Castellania di Ladano, di cui erano signori feudatari i Savelli. Questi nel 1473 a* io ottobre con istro- inenlo e nella persona di Mariano fece- ro permuta col diruto Castello di Bor- ghetto vicino a Grotta Ferrata, coH'abba- te commendatario di quest'abbazia car- dinal della Rovere, poi Giulio li, il qua- le cede loro l'Ariccia, e ad essi conveniva per le circostanti signorie che possedeva- no d'Albano, Castel Savello, Malaflitto e Castel Gandolfo , ed essendo terminale le guerre civili, i Savelli volevano rifab- bricar la Riccia, Ritia. Appena però Ma- riano entrò in possesso di essa, nel me- desimo giorno se ne disfece , permutan- dola con 100 rubbia di terreno valutate 20,000 scudi pel deprezzamento in cui allora erano i terreni, colcav. Pietro Gio- vanni Savelli suo fratello, mediante istro- mento , il quale formò lo stipite de' Sa- velli dell'Ariccia.

Divenuti i Savelli signori dell'Ariccia, la popolarono di abitatori, richiamando

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gli antichi passali ne' vicini luoghi , per assistere alla coltura de'teneni, procu- rando di rendere dilettevole il soggiorno, sia cui provvederla del necessario, checou edificarvi varie delizie, facendovi residen- za continua, sebbene talvolta nella slessa linea riunissero lasignoria d'Albano, nel- l'edifizio poi dello Palazzaccio, o in quel- lo più nobile ampliato poi dagli attuali signori. In questo riceverono Pio II al- lorché andò a Genzano, al dire di Lu- cidi. Ad Albano narrai che nella guer- ra di Sisto IV conilo il re di Napoli, le milizie della Chiesa per difesa occuparo- no le terre de'Savelli e l'A riccia nel 14^'^) che tultavolla i\'i6 luglio vi entrò il du- ca di Calabria e poco la ritenne, perchè le genti della Chiesa la ri presero a' 19 a- gosto. Nel pontificato d'Alessaudro VI es- sendosi i Sa velli uniti ai Colonna, incon- trarono l'indignazione del Papa, che con- fiscò i loro beni, fece danneggiare i lo- ro castelli dal suo figlio Cesare Borgia (^.), dando nel i." ottobre i5oi l'A ric- cia, Albano ed altri luoghi a Roderigo e Giovanni Borgia, figli della fiimosa Lu- crezia sua figlia; la Riccia, Ricciarn, toccò a Giovanni fanciullo di 3 anni; i quali dominii poco durarono, essendo morto il Papa nell'agosto i 5o3. Mentre signoreg- giava in Ariccia Camillo Savelli nipote dell'acquirente, l'unico suo figlio Anto- nio, giovine di belle speranze, di rarequa- litìi, amato da Carlo V e da quanti il co- noscevano, non senza debosciaggini e ven- dette che eseguivano i suoi sicarii, nel- l'estate del I 534 fu presoda violenta pas- sione per una donzella del luogo di beltà singolare e onesta, fidanzata al compae- sano Cristoforo Landò. I genitori della vogheggiala, per liberarsi dalle molestie del figlio del loro signore, ne sollecitaro- nu le nozze, nel giorno delle quali un ser- vo del giovane duca in suo nume presen- tò alla (posa un mozzo di fiori. Landò vi- de tubilo clic il prepotente signore aspi- rava a iniidinre ilsuo tnlarnu.cd alla gio- iti iucccìm: ili lui Ih tristezza, onde voleva

RI C abbandonare la sposa ; ma le lagrime di questa lo vinsero, ed allora si prefissedi af- frontare qualunque cimento. Intanto An- tonio non desistette dal suo importunare in più modi, ma la pudica e fedel con- sorte di tulio teneva avverlilo il marito, il quale finalmente levatosi di pazienza presela barbara determina7Ìone di ucci- derlo. A tale eifeUo egli s infìnse per lii moglie, scrivendogli diesi recasse da lei ad una certa ora nollurna. >\ iitoiiiu fuori di se per la supposta coudiscendenr.a, volò incauto all'invilo, e ricevuto in vece da Landò sotto mentile vesti di donna, re- stò morto da lui e dal sicario vignaiolo del medesimo. Preso il delinqiienleda ri- morso e timore, per Porto d'Anzio fuggi in Turchia e in A leppo. Conosciulosi in Riccia e da Camillo l'atroce caso, si fece rigorosa perquisizione del reo e si carce- rarono l'avvenente sposa ed i suoi geni- tori, promettendo il governo di Paolo III 3 0,000 scudi a chi consegnasse Landò. Ad onta delle torture, cui soggiacque la donna, ella sempre si dichiarò innocen- te, anzi certamente se non fosse fuggita nella fatale notte anch'essa sarebbe resta- ta vittima del furibondo marito. Nondi- meno fu condannala alia decapitazione, ed avrebbe subito la condanna, se presa da curiosila di vederla Margherita d'Au- stria figlia di Carlo V, duchessa di Par- ma e moglie del nipote di Paolo Ili, nou ne avesse domandala la liberazione, mos- sa a compassione dalle fattezze angeliche dell'aricina. L'ottenne dall'inconsoliibile Camillo, e allora pose la giovane tra lo sue damigelle, ed in morte della duches- sa per sua disposizione passò in Modena al servizio della duchessa d'Este. Camil- lo Savelli per l'aceibilìi del dolore perde l'uso della ragione e quindi la vita, pas- sandola Riccia in retaggio a'Sa velli d'Al- bano. Nel ì!)5G per la guerra degli spa- gnuoli contro Paolo IV, lu Riccia soffri «juanlo Albano. Lucidi fa diverse osser- vazioni sulla successione de'Savelli e sui signori d'Albano e loro politiche vicctir

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de, dicendo che altro Camillo Savelli du- ca d'A riccia vi ebbe forse i natali, e che la goveiiiò col figlio caidinal Silvio Sa- vela, come rilevasi da un documento del i 568; ed opina che lutti i tigli di Camillo nascessero alla Iliccia, per l'ordinaria di- mora che vi faceva, sposandosi la figlia Gii'olama nella collegiata conscudi 4700 di dote. Sisto V recandosi nell'ottobre 1 58c) alle Paludi Pontine (^P^.)^ passò per l'Ariccia, dove (u ricevuto e si trattenne presso i Sa velli, e dormì nella stanza del torrione del piano nobile verso Roma. ln< di furono duchi Mario e Fabrizio signori anche d'Albano, i di cui statuti li resero comuni alla Riccia. Paolo ottenne da Pao- lo V il titolo di principe d'Albano, chia* mandosi anche duca della Riccia, ove pas* sava con diletto la stagione estiva per la sua ventilazione fiesca, quantunque am- basciatore imperiale: gli successero i fi- gli Rernardmo, che sposò M.'' Felice Pe- retti pronipote di Sisto V, e Fabrizio iSVz- i'elli cardinale, il quale pure esercilòdo- minio sulla Riccia. Il secondogenito del- la famiglia assumeva il dominio e il titolo di duca dell'Aricela, il primogenito quel- lo di principe d'Albano dopo che le linee de'Savelli si riunirono: tali furono an- che Paolo e Giulio ligli di Bernardino, il secondo de'quali pt-r altro sebbene se- condogenito riunì i titoli, perchè il i." die allo stato ecclesiastico e poi fu cardi- nale per Alessandro VII; però i feudi e- l'ano governati in nome d'ambedue. Ur- bano Vili frequentò r A riccia recandovisi da Castel Gandolfo, come liecero i succes- sori. Sotto di lui insorta la guerra coi i^rtr- ììcsi pel ducato di Castro (f^.), nel 1 64'i i Savelli ordinarono che l'Ariccia si pò- nessestille difese, come senza porte e sen- za muraglia attorno. Laonde fu linno* vata la Porta JVapoletana, e lal'orta Ro- mana che per la sua ristrettezza dicevasi Portella fu chiusa, come lo furono tutti gli altri ingressi alla Terra: ma siccome questa è circondata solamente da case, le precauzioni prese non potevano essere

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sullìcienti a liberare i cittadini dagl'in- sulti de'nemici, che non vennero. Ritro- vandosi la famigliaSavelii gravata di mol- ti debiti, si vide nella necessità di dover vendere l'Ariccia. Pertanto nel 1 66 r con decreto della Congregazione dt baroni (/^), ai I luglio Paolo e Giulio vende- rono l'Ariccia col suo territorio e giuris- dizioni al cardinal Flavio Chigie a'prin- cipì d. Mario e d. Agostino, il 2.° fratello e gli altri nipoti di Alessandro Vllallo- ra regnante, pel prezzo di scudi 3 58, 000, la cui famiglia ancora possiede. Lucidi impiega il cap. 29 in descrivere com'era proceduto il governo sotto i principi Sa- velli, che encomia quali reslauiatorideU la Riccia ; ne esamina le loro leggi e sta* tuti municipali, conchiudendo che non ne abusarono paragone di altri feu- datari. Che i libri della comunità inco- minciarono nel 1602, l'archivio pubbli- co del barone fu stabilito nel i6o4,(luel- lo de'cocnunisti nel 1602. A p. 177 di- scorre delle milizie che aveano i Savelli e i Chigi, divise in due compagnie a piedi ed a cavallo, comandate da distinti ca« pitani. Siccome i Savelli, come poi lo fu- rono e sono i Chigi, erano MarcscùilU del Conclave {f'.), perciò tenuti ad ar- ruolare soldati in sede vacante, si servi- rono delle milizie di Riccia, a cui aveano dato la divisa della milizia del marescial- lo dì 8. Chiesa custode del conclave dei cardinali, nella quale si vedeva grande sfarzo allorché stava in delta azione. I Chigi ne'conclavi del 1721 e 1724 pari- menti si servirono della milizia aricinn, ma nel i 780 avendo ottenuto di potersi servire ilelle lìlilizie pontificie, rimase quella d'Arìccia priva della divisa; con- tinuarono però i principi Chigi ne'con- clavi a scegliere lra'4 capitani che assi- stevano alle ruote del conclave ilaipituno della milizia ai icina. Di quanto si prati- ca al presente dal Maresciallo, parlai a questo articolo, il quale elegge solo due capitani.

DcH'Ariccia sotto il dotuinio de'prin-

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cipiCliigi, i! Lucidi tiene proposito con grandi eucotnii nel cap. 3o, come più iu- tlulgcnti e meno esigenti de'precedenti signori, affabili e generosi, e pei tanti van- taggi che recarono alla Riccia e agli abi- tanti, in gran parte narrati disopra. Per abbellire l'Ariccia, siccome la strada che vi conduceva era troppo lunga e incomo- da, convenendo scendere dal convento delia Stella d'Albano per la via Appia si- no all'orlo de'Xorrioni, e di salire per la strada detta de'Sassi,ora impraticabile e ridotta a fosso, ed entrare per la Porta Napoletana, giacché come notai la Porta Bomana era angusta, aprirono i nuovi signori in parte e in parte ampliarono la presente strada che da Albano condu- ce alla Riccia: innalzarono la magnifica Porta Romana nuova con disegno del cav. Bernini, e innanzi ad essa innalza- rono un muro a guisa di loggia, la quale fjrma all'occhio un magico teatro per l'ampio prospetto della ValleRiccia, del- la Campagna rou)aaa e del mare da O- stia al Monte Circeo. Ampliarono ancora il palazzo, in cui nelle diverse villeggia- ture per multi giorni dimorò Alessandro VII, dormendo nella stessa stanza in cui fu Sisto V. Noterò col principe Massimo, Notizie della villa Massimo p. i6G,che come in questa si conservò il cavallo im- paglialo di Sislo V, ne! palazzo Chigi del- la Riccia esiste il piccolo cavallo baio im- pagliato, che dicono appartenuto ail A- lessandro VII. Questo Papa, acquistate cdcmolite mollccase poste innanzi al pa- lazzo, dilutò la piazza, l'ornò con due fon- tane, e du'fundamenti ivi eresse il sontuo- so tempio, di cui giù parlai. Oltre a ciò ampliò la strada che dulia Riccia passan- do per la Selvotta e innanzi al convento du'cappuccini d'Albano conduce a Castel Gandolfo, fece altri abbellimcnli e con- ceue privilegi, toccati di sopra. Il feudo dellaUicciafuiuggettalu al vincolodipri* luogeniluro, onde al principe d. Agosti- no nel lyo^iucceued. Augusto, in tem- po del quale « nel 1 70Q un cscicilo im*

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periale pretese alloggio e sussistenza, ma non ebbe luogo. R^ecandovisi a'3 1 mag- gio I 7 I oCIementeXljil principe Io fece ricevere con gran pompa: presso il con- vento della Stella si trovò schierata la mi- lizia a cavallo, la quale accompagnò il Papa; come erasi praticato per Alessan- dro VII, alla porta dell'Aricela il gov.ei- natore e priori gli presentarono le chia- vi, ringraziandolo dell'onore che riceve- Tano. Nella collegiata fu ricevuto dal car- dinal Pamphilj, nel palazzo dall'ab. d. Mario fratello del principe, a Galloro dal cardinale Spinola e dai monaci, restituen- dosi a Castel Gandolfo per la Selvotta: agli applausi degli abitanti fecero eco il suono delle campane e lo sparo de'mor- tarijla sera furono presentali al Papa re- gali di commestibili portati da 24 uomi- ni. Clemente XI fece maresciallo d. Au- gusto, il quale nel l 'j.^o perfezionò il pa- lazzo con aggiungervi dalla parte più bas- sa del parco il Torrone nuovo e Quarto nuovo, colla spesa di circa 4o,ooo scudi, rendendolo simmetrico all'altro lato. Nel 1^44 S'' successe d. Agostino, benefico come il genitore, avendo cura delle stra- de frequentate da Benedetto XIV, che più volte visitò il palazzo e il casino del principe, ove per 4o anni villeggiò il car- dinal Argenvilliers. Questo Papa avendo incontratolo storico Lucidi di 7 anni per la via, gli piac<iue, a sue spese fece istrui- re nel seminario d'Albano e provvide nel- la patria d'un canonicato. Nel 1744 '«* Riccia patì qualche incomodo per l'eser- citoaustriacocomandutodal general Lob- kowitz nella guerra coi gallo-ispani per la conquista del regno di Napoli {f^.)ydO' vendo lodare la disciplina militarede'te- deschi accampati nelle vicinanze. Nel voi. L, p.4^ ftici menzione del sacrilego furto della pisside colle s. Ostie. Nel 17G9 di* venneduca della Riccia d.Sigismondoor- nalo di profondu dottrina; ristorò il pa- lazzo, rinnovò una delle due fontane, ab- bclh la collegiata ed eresse (pie'laterali cusìui che ricordai: fece piantar nuovi ol-

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ini iolorno alle deliziose strade per con- servarle ombrose, ed eseguì numerosa piantagione di moricelsi in Vallericcia, oltre altre beneficenze. Nel i ygS gli suc- cesse il saggio principe d. Agostmo vi- \ente, che celebrai a Chigi famiglia ed a Maresciallo di s. romana chiesa, il qua- le a seconda del disposto di Pio VII, co- me gli altri feudatari, rinunziò ai diritti baronali. Nel declinar del novembre I 798 entrarono parte in Riccia, parte in Gai- loro 3ooo tra fanti e cavalli de'repnb- blicani francesi, che fecero giavi guasti e ruberie, ed un capitano minacciò il sac- cheggio, quando sopravvenuto l'esercito na|)oletauo, i repubblicani fuggirono: lo scampato pericolosi attribuì allaB. Ver- gine di Gallerò. Nelle rammentate visite latte da Pio VII alla Riccia, trovo nel n.° 86 del Diario di Roma 1 80 5, che dome- nica 20 ottobre ascoltò la messa d'un suo cappellano nella collegiata, ricevuto dal- l'arciprete, capitolo e magistrato; india ))iedi si recò al palazzo del prìncipe^ il quale si trovò sulla porta, e fu cundutlo uelle sue camere ove presela cioccolata, ed ammise al bacio del piede la princi- j'csca famiglia ed i summentovati, men- tre il principe fece servire di lauto rin- fresco il corteggio. Aggiungerò agli ac- cessi fatti da Gregorio XVI alla Riccia, «piello che si legge nel n.° 84 del Diario (li Roma i83i, a'19 ottobre nel palaz- zo, accolto dal principe d. Agostino e no- bilissima famiglia, dalla cui loggia com- partì al tripudianle popolo la solenne be- nedizione, avendo gradilo uno squisito rinfiesco, del quale partecipò la corte. Dal n." 83 del Diario di Roma 1847 si riporta come il regnante Pio I X a' 1 4 ot- tobre si recò ad osservare la costruzione del suddescritto ponte, ed a piedi passò nella Riccia, visitando la collegiata e nel palazzo la principesca famiglia. Nel mag- gio 1849 P*'" l'herare Roma dai dema- goghi repubblicani, il re delle due Sicilie Fcrduiando II con l'esercito couìposto di circa 16,000 uomini, con 72 pezzi d'ar*

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tiglieria , formò il quartiere generale in Riccia e Albano, 4o de'quali collocò al- l'Ariccia; nel palazzo alloggiò la princi- pessa di Sassonia, ed il re vi dormì una notte: durante la sua dimora in queste parli pel restauramento del governo pon- tificio, di che trattai a Pio IX [T-^.), colle altre potenze alleate, per ben 3 volte fu a visitare la 13. Vergine di Galloro. An- che prima quel religioso monarca si era mostrato caldo d'alletto verso la s. Im- magine, e nel 26 maggio 184^ tornan- do da Roma alla sua capitale colla regi- na e col fratello d. Francesco conte di Trapanij che allora avea compita la sua educazione nel collegio de'nobili presso i gesuiti, vollero onorare di loro presen- za il santuario, essendo slata apposita- mente ornata e illuminata la s. Immagi- ne. Indi il re colla regina e il conte fra- tello entrarono nella casa e per qualche tempo si trattennero coi padri, dichia- rando il re la sua soddisfazione per l'edu- cazione ricevutavi dal fratello. Il conte più volte offrì doni allaB. Vergine quan- do vi si recava da Roma, ed il real fra- tello d. Luigi conte dell'Aquila nel 1 849 mandò al santuario un nobile caliced'ar- genio con alcune cesellature dorate. Re- stituendosi Pio IX in Roma a' 12 aprile i85o, giunto alla R.iccia, dopo aver vi- sitato la chiesa collegiata, fra il rimbom- bo delle artiglierie francesi e le acclama- zioni degli abitanti, traversò a piedi il via- dotto del nuovo ponte e manifestò la sua soddisfazione, come rilevo nell'opuscolo, lìclaz. storica del viaggio di Pio IX, \t. 55, e dal n." 91 del Giornale di Roma di detto anno. Per quanto dissi nel voi. LIII,p. 232, il Papa a'3 luglio i85i col- l'enLomialo monarca e la famiglia reale recarono a venerare il santuario di Gal- loro, indi passarono per la Riccia. Vedasi Jllemorie storiche dcltanlichissiino Mu- nicipio ora Terra delC A ricci a e delle sue Colonie Genzano e Nemi, dedicate al principed. Agostino Chigi dal con." Eni - inanuclt Lucidi^ Roma 1796. Nell'arti-

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colo Roma, parlando del circondario deU la couiarca, brevemente descriverò Cam - pagnano, Cesano, Magliano Pecorarec- ciò, Formeilo e Scrofauo, signorie de'Chi- gi, avendoa Ostia accennato quakheco- sa del loro Castel Fusano. V, Palazzo Chigi.

RICHELIEUduPlessis ArmandoGio- VANXi, Cardinale. Nacque nobilmenlea'5 settembre 1 5'Ò& nel suo castello di Riche- lieu, o in Parigi secondo altri, contrad- detti però da Perrault. Fu valentissimo e kummo diplomatico, comecliè splendida* mente fornito di straordinario ingegno , che coltivò in Parigi nel collegio di Na- varracoU'applicazioneagli studi pe'quali aveva molta disposizione, mentre la sua inclinazione lo portava al maneggio di grandi alFari. Per rinunzia del fratello Al- fònso poi cardinale, di 22 anni Paolo V con dispensa nel 1 607 lo preconizzò vesco- vo di Luron, venendo consagrato in Ro- ma dal cardinale Longuy di Giury. Dopo la morte di Enrico IV si recò a Parigi, o- ve datosi alla predicazione, lo ud irono pi ù volte Luigi XIII e la di lui madre regina Maria de Medici, ed il clero di Francia congregati nella generale assemblea. Ine- di 3o anni la regina lo fece suo gran- de elemosiniere e cappellano maggiore , nel 1616 segretario di slato. Quando la regina fu rilegata a Blois, ebbe ordine di seguirla colla carica di supremo eco* uomo del palazzo reale. Intanto nel 1617 per morte del marchese d' A nere, cam- biato il gabinetto politico di Francia, di- venuto sospetto alla corte, fu obbligato a lilirarsi nel suo priorato d'An)ou,indi & Ltirun, e poscia in Avignone, dove si occupò ascrivere alcuni libri di pietà, che non lasciano niente da desiderare per giungere al più alto grado di perfezione, e cunipoM: il celebre suo metodo di con- troversie sopni i punti della fede , onde convertire quei che sono separati dalla chicca cattolica. Richiamalo indi alla cor- te, V ttabilita nel t (izo per suo moz/o, co» me per opera del cardinal Rochcfuucuuit

Rie e altri personaggi, la tanto desiderata pa- ce fra il re e la regina madre ch'erasi ri- lirata in Angoulcnie, fu ad istan/.a del re a'5 sellenibie 1 622 daGregorio XV^.crea- lo cardinale prete. JNeliG24 lu dichiara- lo i.° ministro di slato, capo dei consigli, soprinlendente generale della n)arina e del commercio , abbate commendatario di Ciuny, di Cistello e di Premonslrato. Dimessoli vescovato di Lugon, venne e- lello provvisoredeU'mu versila di Sorbo- na, a cui rifabbricò la casa e la chiesa co- me notai a Parigi, mcnnmenli perenni di sua magnillceiiza e grandezza, capo d'o- pera d'arcliilellura. Ad onta delle glan- di cose operale per Fi uncia {^f^.),\)Gvn' ver umilialo i grandi, abbassalo i parla- menti, compressa l'arroganza de'princi- pi del sangue, resa l'aulorilà del re asso- luta, bench' egli solo ne volesse tema' le redini; l'invidia, la calunnia, l'impostura furiosamente si scagliarono a suo danno, per cui il re si detcriniiiò di levarlo dal potere. Se non che, portatosi il cardinale dal sovrano, seppe così bene giustificar la sua condotta , che invece di decader dalla sua grazia, si aumentò sen.tiliilnien- le; in suo onore eresse Richelieu di lui pallia in citlù e in ducalo: i cortigiani per piacere al cardinalesi recarono a co- struirvi belli edilìzi e la disertarono dojx) la sua morte! Tutto intento ad abbassar laiorinidabile potenza di casa d'Austria, signora de' due mondi nella monarchia spagniiola, fece di lutto per rovesciarla, ed impegnò il gran Gustavo li Adolfo re di Svezia negl'interessi della Francia, percui l'imperosi trovò sull'orlo del pre- cipizio; ma la morte di Gustavo li e la perdila della battaglia diNortling, trasse casa d' Austria da ogni pericolo. Essen- dosi proposto l'eslerminio degli eretici u- gonolii e calvinisti, determinò di togliere dalle loro mani la Rochclle, che por lo spazio di 70 anni era il propugnacolo del- l'eresia, e gli riuscì con tanto vantaggio della callolica religione, chein conseguen- za di lui brillante villuriufurono lultcu*

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gli ugonolli 3G città. Si adopròcon suc- cesso col l'i iti pero oltomano, perchè cac- cuili gli nraieni scismatici dai s. luoghi di Palestina, fossero |•e^liluiti ai francesca- ni. Ciò che operò questo magnanimo por- porato pel legno di Francia si può ve- dere nella notissima storia dei suo mini- siero, nel citato articolo e in tutti quel- li che hanno relazione ai grandi avveni- Dìeiiti di cui fu l'anima ed il regolatore, essendo lui la molla di pressoché tutti i g.iljinetti d'Europa, diretti dalla sua va- sta mente , fina politica e invincibile co- raggio. Finalmente dopo aver dato alla luce diverse opere, fondala l'accademia delle scienze, stabilita la stamperia reale e il giardino delle piante, chiusela gran scena di sua vita in Parigi ai 4 dicembre 1642, d'anni 58 non compiti, universal- mente odiato, non polendosi slare nella sua camera pel fetore de' vermi che gli scaturivano da una postema nel braccio desilo, e fu sepolto nella chiesa* di Sor- bona, incoi venne innalzato alla sua me- moria un sontuoso mausoleo di marmo bianco scolpilo dal celebre Girardon, do- ve si legge un epitadlo troppo prolisso. Egli fu uno de'più grandi ingegni e ge- li ii che abbia prodotto la Francia, uno dei |>iìi abili ministri che vi sia stalo al mon- do; nato fitto per comandargli uomini, capace di superare ogni ardua impresa, amico generoso, nemico irreconciliabile. Avea un aspetto affabile e insieme mae- stoso, un tratto cortese e obbligante, spi- rito vivo, giudizio sodo, idee veramente grandiose; fu un complesso di molte bel- le vii tu e di molli gravi difetti, tenendo sid suo tavolino il breviario e Macchia- vello, onde fu fornito di poca pietà. Ta- gliò dalle radici le guerre civili in Fran- cia, soccorse l' Italia, pose in confusione (iermania. Dominò per mezzo del terro- re nello S[)irilo del re, il quale lo stima- va, lo temeva e non lo amava ; e lo go- vernò anche dopo morto, poiché si può dire che il celeberrimo cardinal Mazza- lini di Pescina (/'.), il quale il successe

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nel ministero, e fu da lui raccomandalo a Luigi Xlll come V uomo il più abile che potesse mettere alla testa degli alta- ri e il meglio istruito negl'interessi dello stato, seguì il medesimo suo spirito (pian- tunqueconuna tattica opposta. Nella dot- trina fu eccellente e profondo, dal fonte della quale scelse due eminenze, cioè la teologia j e quella parte di filosofia che dicesi politica, reudendo colla prima ri- levanti servigi alla chiesacatlolica, ecol- l'altra elevando se stesso con seminar dis- sensioni e poi comporle a forza del pro- prio talento ed eloquenza, per conquistar queir estimazione pei gradi della quale non solo salì al cardinalato, maslrinsein pugno tutta la possanza del regno di Fian- cia. I suoi difelli furono esagerati dai suoi tanti emuli e nemici che gl'imputarono crudeltà, avarizia, vendetta e le immen- se ricchezze che lasciò. Personaggio ce- lebre meritavache molti scrittori ne com- pilassero la vile, onde abbiamo: Remigio du Ferron, Vita card. Armandi Riche- //e», Aurelia i636. Carlo di s. Paolo a- nonimo, Hisloire du i/ììnistcre dncnrd. de Richtlieii , Paris i65o , Amsterdam i664- Altro nnoiùtno, Journal du card. Richelieu, l'arisi 652: trailo dalle i17e//io- rie che il cardinal scrisse di proprio pu- gno durante la gran burrasca della cor- te. Serafino Collini, Ilsctgro eroe effigia- to nelle azioni del card. Richelieu, Varh 1 626. M. D. P., Fila card. Richelii, Pa- risiis i653. A. Anbery, Hist. du card. RichelieUy Paris et Cologne 1 660, ove nel 1667 il medesimo pubblicò, Mcnwires pour l' hist. ec. Montchal, Mémoire con- tenant des particularitez de la vie, ec, A mslerdam 1 734- M. L. C, lìlinislì-re du card. Richelieuel0azzariniyUaye\ 713. Fernandez, Discorso politico de la vida, y eihos del card, ec, Pamplona 1641. A. Taurello, Vita o suo ritralto,ec.,ììo- logna 1 643. R. Keuchénio in Ialino^ Con- fronto de' card. Richelieu e Mazzarini, Amsterdam 1667. A.R.Richard in fran- cese, Parallelo de' card. Richelieu e Diaz-

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zarìiv, Parigi i 704 e 1 7 1 6 : e Parallelo delcard. Ximenesi ° minUlro di Spagna e del card. Richelìctijec. , Ti-e\ouxi j6^. C. V'iulard, Flist. dii ministcre dii card., Lion 1662. G. Le Clerc, AVe du card., Anislerdam 1646: è un'apologia de'pro- testanti, ed un ammasso di pregiudizi. Delle sue opere si hanno molte edizioni, come del suo Testamento polUicOy ec, Am- sterdam 1687.

RICHELIEU duPlessis Alfoxso Lo- dovico, Cardinale. Fratello maggiore del precedente, nacque in l'arigi e nel 1 6o5fu nominato vescovo di Lucon, ma nones- sendo consagrato lo rinunziò a favore del germano stesso, per ritirarsi fra'certosini ove fu fatto visitatore dell'ordine, da cui contro sua volontà fu tratto da Urbano Vili, il quale nel 1626 lo promosse ad arcivescovo d'^\ix edopodueanni Io tra* sferì a Lione, dove stabilì molte chiese e monasteri pei religiosi de'due sessi; indi a' 19 novembre 1629 lo creò cardinale prete della ss. Trinità di Monte Pincio, titoloch'ebbe quandoLuigiXIll lo man- dò in Roma per rilevanti affari, nei qua- li felicemente riuscì. Il re lo nominò pre- cettore dell' oi'dine dello Spirito santo , provvisoredi Sorbona, decano di s. Mar- tino di Tours, abbate commendatario di 4 abbazie più nobili e pingui di Francia, enei i63i gran elemosiniere del regno. Nella peste che fece strage in Lione, espo- se la propria vita per la salute de! greg- ge, visitando ogni giorno la città distri- buendo generose limosine.onde nell'im- tnensu tiubn di miserabili in dolorosa circostanza niuno perì di fame. Con gran- de intrepidezza entrava ne'palazzide'ric- olii, non meno che ne' tugiu'i de' poveri infetti dui morbo pestilenziale, ministran- do toro gli estremi sagrauicnti, massime quello della ss. Eucaristia. Nel 1637 si li'oiferì a Colonia per islabilire in nome di Luigi XIII hi pace tra i principi d'Eu- ropa. Intervenne ni conclave d'Innucen* ro X, e neh 64(3 presiedè nll'assend^len del elei ulciiula in i'ari(^i. Con volto ila-

Rie re e animo tranquillo inconlròla morie tra le braccia della sua chiesa di Lione, d'idropisia, a'aS marzo 1 653, d'anni 7 i , e fu sepolto nel tempio di quello spedale de'poveii, con epitallìo veramente di e- difìcante e sincera imiillà, che vivendo aveva scritto di propria mano ; in cui si legge, che nacque povero, giurò povertà, di morir povero e di voler essere Seppelli- to tra' poveri. Ebbe riputazione di uomo chiarissimo per zelo religioso, per illiba- tezza e candore di costumi e profondità di scienza , come dichiarò Urbano Vili nella bolla per l'arcivescovato d'Alx. Al- le altre sue virtù unì singolare accortez- za per ciò che riguardava il temporale di sua arcidiocesi , straordinaria saviezza e circospezione per quanto si apparteneva allo spirituale, non prendendo parte agli intrighi di corte. Nel 1 653 ne pubblicò in latino a Parigi la vita l'ab. Michele de Pare.

RICHMOND (Richimondlen). Città con residenza vescovile degli Slati Uniti d'America,capitale dello slato di Virginia e capoluogo della contea di Enrico, a 36 leghe da Washington, sulla sinistra spon- da del James River a circa do leghe dal- la sua foce, ed immtdiatamente sotto le cascale di questo fiume, nel sito in cui co- mincia a farsi sentire la marea, ed in fac- cia al bel borgo di Manchester, col qua- le comunica per due ponli. Eellissiuia n'è la situazione esalubre, con circa 1 700 ca- se in pietra, tra lequali parecchieassai bel- le, e più di 700 in legno. Vi si osserva il Campidoglio o palazzo dello stato , fab- bricato sul modello della Casa Quadrata o Maison Carrée a Nimes; il nuovo pa- lazzo della ragione odella giustizia, la car- cere detta penilenzieria, la maestosa chie- sa e|)iscopale eretta sulle rovine del tea- tro, e l'albergo del governatore : il teatro diu'anle la rappresentazione prese fuoco a'26 dicembre 181 i e vi perirono 72 per- sone, onde in memoria ili funesto av- venimento fu creilo un monunicnlo in- contro la chiesa al teatro sosliluitn per vo-

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to. Vi hanno leinpligli episcopaliani, bat- tisti, metodisli, quacqueri ed ebrei; casa d'elemosina o beneficenza, grande arse- nale, due mercati, scuola leciproca o lan- casfriana, museo , biblioteca pubblica di più di 3ooo volumi, cnanifalture, gran magazzini di tabacco.Vi sono inoltre, am- pia fonderia di cannoni , fabbrica consi- derevole d'armi, fucine di ferro, raffine- rie di zuccaro. La felice situazione della città sopra un fìume navigabile, pratica- lo per evitare le vicine cadute del James, e il paese ricco di produzioni la rese una delle più fiorenti e commercianti degli Stali Uniti. Copiosa è la marina mercan- tile, comodo è il porlo fluviale, assai fre- quentalo per l'esportazione e pel traffico interno. Col nome di Virginia si designò prima tutto lo spazio conlìnentule del- l' America nord, che gl'inglesi propone- vansi occupare, ma in seguilo si restrin- se la significazione all'odierno stalo. Wal- ter Raleigh l'impose alla regione in ono- re della regina Elisabetta, perchè non fu maritala. Nel 1607 si fece il i.° stabili- mento nel territorio corrispondente allo stalo attuale, ed al tempo della deposi- zione di Carlo I si mostrò fedele alla mo- narchia, finché fu soggiogata dalle forze del parlamento. Gli abitanti assai soffri- rono dall'arbitrario governo britannico, onde insorsero. Durante la guerra di 7 anni i francesi e gl'indiani loro alleati ca- gionarono disastri sulle frontiere della Virginia , onde nel respingerli che fece Washington nativo di questo stalo, per lai." volta si distinse e die saggio di quel- lo che fu poi. La contrada fu il teatro di diversi combattimenti durante la guerra dell'indipendenza; i suoi abitanti spiega- rono mollo patriottismo, come pure nel- la guerra del 18 12. Lo stalo si divide in io5 contee, ripartite in orientali ed oc- cidentali ; Richmond appartiene allepri- me, avanti della quale fu Williamsbur- go la metropoli di Virgìnia. Lo slato di questa forma la diocesi di Richmond, isti- tuita colla sede vescoTÌle nel 1820 da Pio

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VII, dichiarandola sufTiaganea di Balli- mora, come lo è tuttora. Vi deputò per i." vescovo mg.*" Patrizio Kelly irlande- se, quindi a'g febbraio 1 822 avendolo tra- sferito a Walerford in Irlanda,diè ladio- cesi in amministrazione all' arcivescovo di Baltimora. Per richiesta dell' arcive- scovo Samuele Eccleslon, falla nel conci- lio provinciale di Baltimora del 1840, di cui parlai a Repubblica dicendo di quel- le di America, supplicò la s. Sede di vo- lere restituire un pastore a Richmond, e Gregorio XVI nominò a questa sede ai i5 dicembre mg.*^ Riccardo Wehlan, al quale a'23 luglio i85o il regnante Pio IX die in successore l'attuale mg.r Gio- vanni Mac-Gill. Ecco lo stalo della dio- cesi secondo le ultime notizie che mi fu dalo conoscere, sebbene ritengo, che co- me negli altri stali delle altre repubbli- che d'America, a seconda di quanto ri- portai nel citato articolo, anche in questo stato il caltolicismosia in lutto aumenta- to , così nelle sue chiese e stabilimenti religiosi. Vi sono 7 chiese, cioè la catte- drale in Richmond , in Norfulk , Porls- moulh,]VIarlinsburg,Hospers-ferry, Balli s. Vincenzo, W^heeling. Vi sono case di educazione, cioè scuola gratuita di s. Vincenzo in Martinsburg, con suore del- la carilàed educandato; scuola per ledon- zelle in Norfolk, con suore della carità; orfanotrofio e scuola gratuita di s. Giu- seppe in Richmond, con suore della ca- rità, orfanelle, educandato e donzelle e- sterne; infermeria in Richmond, con suo- re delta carità ; associazione benefica pel soccorso degl'indigenti in Norfolk. La po- polazione generalmente parla la lingua inglese, i cattolici superano i 7000. Da altra relazione rilevo, che le chiese era- no 12, le stazioni 5; il seminario diocesa- no con seminaristi; 5 scuole domenicali, ed una società di temperanza , oltre gli enumerati stabilimenti.

RICTRUDA (s.), abbadessa di Mar- chiennes in Fiandra. Nacque in Guasco- gna verso il 61 4) di assai illustre fumi-

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glia. Si rese commendevole per la sua pie- tà, ed unitasi in matrimonio con Adabal- do, uno de' primi signori della corte di Clodoveo II, n'ebbe quattro figli che al- levò nelle massime più sublimi della per- fezione, e sono presentemente onorali di culto pubblico; cioè s. Rlauronlo abbate di Breuil in Fiandra, a'5 maggio ; la b. Clotsenda badessa di Marchieiines, a'3o giugno; s. Eusebia badessa tli Hatnay, ai 16 marzo; e la b. Adalsenda religiosa di riamay, a' 4 dicembre. Adabaldo fu as- sassinato dai malandrini nel tornare di Fiandra in Guascogna, e la di lui santità è riconosciuta dalla Chiesa che l'onora a'2 di febbraio. Essendo Rictruda ancor giovane, Clodoveo II le propose di pas- sare a seconde nozze, e le offrì per isposo unode'suoi favoriti gentiluomini; ina el- la ricusò le proposizioni del re, e prese il velo religioso dalie mani di s. Amando. Era qualche tempo che già per consiglio del medesimosanto,ellaaveafondatouna badia di uomini nella terra di Marchien- nes, diocesi di Arras. Appena divenuta ve- dova ne fondò un'altra di donne nello stesso luogo, e ne fu eletta superiora, nel qualgradogovernòsantamentequella co- munità per ben /^.o anni. Poscia per at- tendere con maggiore libertà agli eser- cizi di pietà e di penitenza, depose il gra- do di superiora, qualche tempo prima della sua morte, che fu a' 1 2 maggio G88, nell'età di 74 anni. Il suo corpo si costo- disce in ricchissima arca presso i bene- dettini di MurcLiennes,eil suo nome Irò- "vasi in molti calendari lucali e monasti- ci. Abbiamo la di lei vita in IMubillon e nei Ijollandisti.

lUDOLl''! Nicolò, Crtrr///w /e. Nacque in Fu'enze da nobilissima prosapia e ni- pote di Leone X , il quale scorgendo in lui bcliisHimo indole, vi voce ingegno, rara dottrina, versato nelle lingue greca e la- tino, di coiilunii integerrimi e fornito di lutleqijclk*(|ualità die concorrono a for- mare un prniuipc ecclcsunilico , dopo a- vcrlu iusignilu della dignità di [uoluno-

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tarlo apostolico, nel 1 ." luglio r 5 1 7 lo creò cardinale diacono do'ss. Vito e Modesto nella sua [)ià florida età, aflidandoglilam- minisi razione del vescovato d'Orvieto nel i520. Ivi accolse poi nel dicembre 1 527 Clemente VII, quando fuggì da Roma, e lo ebbe a ospite per 6 mesi: nel sacco di quella città era stato dato in ostaggio ad Ugo JMoncada. Quel Papa lo impiegò iu alfari gravissimi e si vaUe de' suoi con- sigli, avendone per esperienza conosciu- to il valore e l'eminente sapere, congiuu - fo a costante e insigne pietà, che lo rese venerando a'più gran principi. Fino dal i524 l'avea fallo ainininislratore di Vi- cenza edarcivescovodi Firenze, dove nel i536 ricevè 1' impeiatore Carlo V: nel 1526 gli aveva pure conferito la sede di Forlì, e nel 1 532 (|uella tli Viterbo, in cui per comodo e sollievo de'vescovi fabbri- cò fuori della città presso Bagnaja un ma- gnifico palazzo e vi alloggiò neh 535 Pao- lo III, il quale lo nominò vescovo d'Imo- la e arcivescovo di Salerno. In questa ul- tima città nuovamente ospitò con regia magnificenza Carlo V , ed a suo ten>po il corsaro Barbarossa voleva saccheggiar- la. Fece gran be»ie alla chiesa d'I (nula ; quantim((ue assente vi celebrò il sinodo, e introdusse i canonici lateranensi. Ri- niui/.iò la mitra di Firenze con regresso a Dondelmonte, onde alla sua morte nel I 543 ne riassunse il governo, che poi nel I 548 cede ad Altoviti. In Vicenza re- stauiò dai fondamenti e ornò l'episcopio, governandone la chiesa 1 G anni, ma sem- pre assente, i^iulo III gli die incomben- za di riformare la cancelleria apostolica. Fu legatoci ttiU-re della proviiicui delPa- trin)onio , e di Roma nell'assenza di tal Papa. Intervenne a 4 ^-'unclavi, nell'ulti- mo de'({ualipel credilo che godeva pres- so il s. collegio, e per le ingiunzioni che Paulo 111 aveva date al nipote cardinal l'arnese, doveu esser Papa; ma fu colpito dalla morte ne'primi liei I 55(), nello sles- so giorno in cui era slato conconlenien- te dclcrminalo di elevarlo ul pontificalo.

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Le sue ceneri trovarono riposo nella chie- sa di s. Agostino, dove giacciono senza al- cuna memoria. Possedeva una scelta bi- blioteca, piena e ricca d'antichi volumi, da lui con grandi spese, sommo ardore e in- dustria raccolti. Fu chiamalo da Giaui* celli, lo splendore del suo secolo.

RIDOLFI Ottavio, Cardinale. Pa- trizio fiorentino, illustre e chiaro non solo per generosa nobiltà, ma più per eccel- lenti virtù, dopo aver lodevolmetite eser- citata la vicelegazione diFerrara, nel 1 6 1 2 da Paolo V fu promosso per nomina del re di Spagna alia chiesa d'Ariano, a cui recò immensi benefizi ; tra le altre cose ristabilì il seminario giùchiuso e abban- donato, restaurò l'episcopio, abbellì il fonte battesimale, fece costruire nella cat- tedrale un pulpito di vago disegno, e nel- la cappella da lui fondata pose la statua di marmo di s. Ottone protettore di A- riano; promosse l'ecclesiastica disciplina, ed ebbe una tenera carità pei poveri. Quin- di dopo vari governi, con integrità e giu- stizia amministrati, co' meriti dell'antica divozione di sua famiglia a casa d' Au- stria, ad istanza degl* imperatori Ferdi- nando 11 e Mattia, a'5 settembre iSii Gregorio XV lo creò cardinale diacono di s. Agata, e poco dopo dallo stesso Pa- pa fu trasferito all'ordine de'preti col tito- lo di s. Agnese in piazza Navona, e fatto vescovo di Girgenti. Favori l'elezione di Urbano Vili, che gli assegnò la protei- toria de' monaci di Monte Vergine. Pel candore de'suoi costumi, prudenza e be- nignità, fu universalmente applaudito ed amato. Se non che governata appena la nuova chiesa 26 mesi, la morte l'involò da questa terra nel 1624, con generale lutto, nell'età di 4^ anni, e fu sepolto in quella cattedrale presso all' altare mag- giore, senza funebre memoria. Però il di lui fratello p. Ridolfi generale dei predi- catori , nella metropolitana di Palermo gli eresse un monumento marmoreo econ magnifico elogio.

RIDOLFO (s.), arcivescovo di Bour-

VCL. LVU.

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ges. Uscito del sangue reale di Francia, e figlio di Ridolfo conte di Quercy e si- gnordiTurena. Rinunziatoa tutte lespe- ranze che poteva avere nel mondo, entrò nel chiericato l'anno 8?.3,e fu eletto ar- civescovo di Bourges neir84o. Fondò 7 monasteri , e moslrossi zelantissimo per la riforma degli abusi introdotti nella sua diocesi , pubblicando per istruzione del suo clero una raccolta di canoni, la qua- le conosciuta sotto il nome d'Istruzione pastorale, si trova nel t. 6 della Miscel- lanea di Baluzio. Morì nell'SGG a'2 i di giugno, nel qual giorno si celebra la di lui festa.

RIDOLFO, Cardinale. Nel privilegio da Giovanni XIXdettoXXdel i024con- cesso al patriarca di Grado, si trova tra i cardinali sottoscritto: Ridolfo indegno prete e abbate del monastero di s. Lo- renzo.

mDOhYO, Cardinale. Imoleseche O- norio II nelle tempora di dicembrei 126 creò cardinale diacono di s. Maria in A- quiro e poi vescovo d'Orte. Sottoscrisse un diploma d'Onorio II a favore di Mar- cantonio conte di Montemarte ediOna- no, e la bolla d'Innocenzo II spedita nel I i35 pel monastero di s. Benedetto di Mantova.

RIDOLFO, Cardinale. Romanocrea- to cardinale diacono dis. Lucia in Septi- solio da Celestino II nel delle Ceneri 1 144- Ritenne la diaconia per quasi aS anni, nel qual tempo si mostrò costante seguacedellegittimoPapaAlessandroIll, contro gli sforzi dell'antipapa Vittore IV, e contribuì alla elezione di 4 Pontefici.

RIDOLFO, Cardinale. Francese ear- cidiacono d'Arras, meritò che Innocenzo 111 del 1 198 lo creasse cardinale e vesco- vo d'Arras. Si legge nella Gallia Christia- na, che morì nel 1220, ed ebbe sepoltu- ra in Arras nella chiesa della B. Vergi- ne, ove gli fu eretto un avello di metallo, in cui sono scolpiti alcuni versi.

RIDOLFUCCI Luca, Cardinale. V. Gentili.

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RIETI {Reatin). Cillà con residenza -vescovile dello stalo pontificio, nella le- gazione dell' f/w^nVi {F''.), capoluogodel Ja provincia e delegazione apostolica del suo nome, nella quale si comprende l'an- lica e celebre Sabina (f^.), per cui i pre- Iati delegali s' intitolano , delegali della provincia di Rieti e Sabina. I geografidi- cono limitata questa delegazione al nord da quella parte dell'Umbria che compo- ne la delegazione di Spoleto, all' est dal regno di jNapoli, al sud ed al sud-ovest dalla Comarca di Roma, ed all'ovest dal- la delegazione di Viterbo, dalia (juale la separa il Tevere. Il corso di questo fa- migerato fiume contrassegna la divisione antica fra le dueprovincie della s. Sede del Patrimonio o Viterbo, e della Sabi- na, la quale si estende verso l'est a sini- stra del fiume,sino alle montagne dell'A- bruzzo clie formano una parte dell' A- pennino, dalle creste de'monti Tetrici si- no al rinomato Velino. Il paese è gene- ralmente montuoso, coperto da una ra- mificazione occidentale degli Apennini , appartiene intieramente al bacino del Te- vere, dopo il quale il primario corso di acque è il Velino, che non corre se non nel nordovest, dove s'ingrossa del Salto o del Torà o Torà no , indi si unisce al Nera poco lungi da Terni. Il territorio in clima sano è feracissimo in ogni gene- re di coltura, e le colline soprattutto sono abbondanti di pingui oliveli e disquisi- ti frulli. Le ottime trotte del Farfa , ed i roviglioni onde abbondano i torrenti , concorrono colle pescose acque del Te- vere e del Velino a somministrare gra- dili cibi.Ne'montisi trovanocuriosi ostra- citi e conchiglie; vi sono pure buoni mar- mi, belle breccie colorale, pietre focaie capaci di pnrticolar pulimento, alabastri, ed ancora una miniera di pirili, che nel 1774*1 'pci'i'^dtòcontenere oro, argen- to e ferro. Il commercio si limita ai ce- rcali, al vino di cui si fu copiosa esporla- cioDC, all'olio di oliva, ed al bcsliarnccor- outo, opecialiuculcul lx:«liumeporciuO|

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alla seta, al legname, e ad altri generi, poche essendo le maniflUture. Dopo ave- re il Realino ed il Sabinese seguilo i de- stini del romano impero, patirono le fa- tali irruzioni de'barbari e da loro furono dominati, ed i longobardi ne formarono un Caslaldato oGastaldato del ducato di Spoleto (^•), venendo i Castaldati chia- mati anche Ministeri, e Masse come tal- volta nel Realino , i quali presiedevano a città e luoghi di minor popolazione, nella principale facendo residenza il Ca- staldo o Castaldo , custos honiinuvi. A questi si affidava dai re il governo econo- mico delle loro ville e corti, la direzione degli uomini liberi e de'servl che vi erano addetti, l'amministrazione della giustizia, del governo politico e l'ispezione milita- re. Divennero soggetti di somma consi- derazione, edincerto modoegualiai /?«- chi (/^.) e talvolta vi divenivano, come pure furono sollevati all'onore di Conti (/^.). Per comandare i re con maggior di- spotismo, ai castaidi affidarono il gover- no civile e militare di non poche città del regno longobardo, ~ nelle quali non era il duca o non si voleva porvelo ; in tal caso il castaido ivi era il supremo magi- strato. In generale i castaidi erano sog- getti al duca e a lui rendevano conto del loro operato : tali erano i castaidi del du- cato di Spoleto, amovibili, almeno ogni anno. Fatleschi, Memorie del ducato di Spoleto, p. i44> diceche Rieti, città com- putata nei tempi di mezzo nel cuore del- la Sabina, era caslaldato insigne, per cui il nome del suo castaido si trova regi- strato in lutti i contralti della Sabina, appellato sempre vir magnijìcus , titolo che non si dava agli altri castaidi. Ne'pri- mi tempi de' re Carolingi si vede osser- vata la slessa pratica di descrivere il no- me del castaido di Rieti, dopo quello del duca di Spoleto in ciascun monumento della Sabina , finche poi di rado fu no- tato il nome del duca e mai piti quello del castaido o del conte di Rieti. Aggiun- (je FallCttchi^ p. i4^, 2ui, 1173, che anco

RIE in questo caslaldato reatino distinse la pietà e la munificenza de'duclii di Spo- leto e di altri magnali longobardi verso la nobilissima abbazia di Farfa {V.), di cui parlai ancora a Poggio Mirteto, ed a Presidati dicendo del Farfense o di s. Vittoria , eziandio con beni posti nel territorio di Rieti e di altri caslaldati con- finanti. La topografìa del castaldato di Rieti la pubblicò Galletti nelle Mtmorie di tre antiche chiese di Rieti denominate di s. Michele arcangelo al ponte, s. Aga- ta alla Rocca e 5.G/V7 comò, Roma 1 765. Questo dotto scrittore, Del Priniicero, p. 207,riporta un documento di Ambone di Remedio scabino di Rieti delgSS, e dice che il castaldato di Rieti era goveruatodal suo castaido, dichiarando che gli scabini erano giudici minori delle città, i quali si eleggevano dal popolo,a differenza di quei Giudici ( V.) che si dice va no sacri palatii, i quali erano eletti dal solo re o impera- tore, e ^ei'à.Q% '\ni\\.o\di-s ano judicesdonini regiset domniimperaloris,e talvolta an- cora j'iidices palatini. Altre notizie sulla topografìa del castaldato reatino ripor- ta il citalo Fatteschi, avvertendo che iu Rieti vi fu pure il duca, iu mancanza del quale suppliva il temporario castaido. Nondimeno osserva che pochissimi ca- stelli s'incontrano a' tempi barbarici nel territorio realino, parlicolarmenle fino al secolo X, manifesto contrassegno del- la ferocia distruttiva de'barbari invaso- ri; quindi enuaiera i castelli e villaggi del- l' agro reatino, incominciando da quelli degli aborigeni, anche a p, 225. Inoltre nota, che le antiche città e castella non molto distanti da Rieti, le quali ebbero la di.'igrazia d'essere maltrattate da'barbari, fmono anche opportunamente riattate, rilenendo tuttavia il loro essere, ed un po- polo competente, quelle furono che ai tempi longobardici fecero una figura di- stinta nella Sabina e nel ducato diSpoleto. Dice aver trovato, che a molte di queste presiedeva un castaldoe che i loro benché piccoli lerritorii sono dichiarali ne'moQu*

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menti veri caslaldati ; indi s'incontrano nell'antiche carte Caslaldus et Castalda- tus InlerocrinuSj Amilerninus^ Falagri- nensis, Narnatensis, Ophiani, oltre alTo- rano, Ponlano.ec. Ignora peròsequesli ca- staidi che presiedevano a cillà e luoghi di minor popolazione, avessero qualche di- pendenza dal caslaldo di Rieti, o se fos- sero di egual dignità e giurisdizione. E' però vero che tali castaidi de'piccoli luo- ghi nominali s' incontrano spessissimo presenti ai piacili più solenni nel ducato, insieme co'castaldi delle principali città, ed in essi pronunziare il loro giudizio e decidere unitamente le cause, sembrando da ciò potersi credere, che tutti i castai- di come i duchi godessero l'istesso gra- do d'autorità e la medesima onorificen- za. Benespesso tali caslaldati sabinesi nel Reatino,dislinli talvolta col nome di Gin- r//c/rtn'a e spessissimo con quello di Ali- nisteriiinij si vedono notati or col nome di Masse, leggendosi invece di castalda- to. Massa Interocrina, Massa Amilerni- na, Massa Nautona, Massa Noverlina, e Massa Capitana , intendendosi con quel nome di Massa il complesso di tutto il distretto del castaldato; ed or col nome di Pago, il quale comprendeva egualmen te il circondario tulio della città o castel- lo in cui risiedeva il castaido, leggendosi di sovente ne'monumenli di Farfa, in ve- ce di Caslaldatus,Pagiis Reatinus, Pagus Sabinensis, Pagus Amiterninus, Pagus Furconinus, ec. In processo di tempo di- venuto il Reatino e il Sabinese dominii temporali della chiesa romana, i Papi li governarono per mezzo dei loro ministri rettori e poi di prelati governatori, men- tre de' rettori àxSabìna parlerò a quest'ar- ticolo. Nelle Notizie di Roma del secolo passato e de'primordi del corrente si pos- sono leggere i nomi de'prelali governa- tori di Rieti e delsuoterrilorioe distret- to. A Delegazioni apostoliche , narrai che il governo di Rieti con residenza del prelato governatore, era nella provincia deirUinbria, non percliè all'Umbria ap-

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parlenesse, come notò Fattesclii contro l'asserto del p. Berretti; e che Sabina era la 6.* provincia, con prelato governatore e luoghi di feudi baronali. Dissi che Pio VII istituì le delegazioni, ed a Rieti e Sa- bina die un prelato governatore the in- sieme legovernasse,comprese le loro giu- risdizioni e distretti. Che nel i8og occu- patosi dai francesi d'ordine di Napoleo- ne Jo stato pontificio, Rieti fu dichiara- to capoluogo di circondario nel diparti- mento di Roma, e si riguardò qual me- tropoli della Sabina, imperocché la vera Sabina, ossia 1' alta Sabina comincia da Bieti, e si estende verso Roma, laonde questo nome si impropriamente a di- versi luoghi. Ritornato Pio VII nel 1 8 14 sul suo trono, nella nuova divisione del- le Provincie, tra quelle di terza classe vi comprese la Sabina, e tra le nuove dele- gazioni da lui istituite vi annoverò Rieti con prelato governatore residente che e- ziandio governò la Sabina , con due as- sessori , e la congregazione governativa composta di ducconsultori della provin- cia e del segretario generale; con tribu- nale dii.^ istanza compostodi 3 giudici, de'difensori de' rei e del procuratore fi- scide; la direzione di polizia, l'assessora- to camerale, la soprintendenza di dogana, la direzione del bollo e registro, il con- servatore dell'ipoteche, l'ingegnere pe'Ia- vori d' acque e strade : più pel distretto di Poggio Mirteto in Sabina, il governa- tore, il preposto del bollo e registro tan- to in detta città, che in Magliuno e Ca- nemorto. Dipoi nel 1827 Leone XII fece un più regolare riparto dello stalo pon- tificio,riunì la delegazione di Rieti a quel- la di Spoleto, con quelle particolarità che notai a Delegazioni , con residenza del prelato delegato a Spoleto, ed in Rieti il •uo luogotenente e il pretore : ivi inol* tre riportando anche quello del 1 83 i di Gregorio XVI. Questo Papa ristabilì la delegazione di Rieti, al mudo narrato nel ▼ot. XIX,p. aia, co'due distretti di Rieti e roggio Mirteto, i govcruatori e il nu-

RIE mero della popolazione della provincia, la quale è da quell'epoca aumentata. Ta- li disposizioni sono in vigore, con 4 con- sultori e il tribunale di I.' istanza, none- sistendo più il governo baronale di Ma- glianOj tolto dal regnante Pio IX, il qua- le come registrai nel voi. LUI , p. 229, nel novembre i85i istituì la legazione dell'Umbria e vi comprese la delegazio- ne di Rieti , colle relative disposizioni e quelle sulle comuni, di cui parlai ancora a Gonfaloniere e meglio a Priore (^.). Ma de'numerosi luoghi tanto del distret- to di Rieti , che del distretto di Poggio Mirteto, per unità d'argomento parlerò di lutti a Sabina, ove diròdi moltissime notizie storiche e politiche che riguarda- no Rieti e il Reatino, essendo stale co- muni le vicende, per cui nell' accennare qui poi le principali della città di Rieti, sarò di conseguenza breve, onde non fare inutili ripetizioni.

Rieti, Reale, nobilissima e antica città, giace in ameno colle sulle due rive del Velino che la divide dal borgo, nel qua- le poco lungi confluisce il Torano che di- scende dai monti sabini, che poscia uni- to a varie sorgenti, in un largo seno ri- stagna, formando il lago di Piediliico. La parte più antica occupa la schiena più eminente del colle, e la più moderna si dilata sul piano; con un circuito di 3 mi- glia, in cui sono4ooo case e circa i 1,000 abitanti, secondo le proposizioni concisto- riali del 1834 e del 1849, avendola '"-'"''* I." chiamata Gregorio XVI Fidelissiinn Reatina Civitas. E' sede del prelato de- legato edelle autorità civili, amuìinistra- live e militari della provincia e delega- zione, intitolandosi i delegati apostolici, delegato della provincia di Rieti e Sa- bina. Cinta di mura , ha nobili palazzi delle molte e distinte fiuniglie patrizie che contiene, e fra' palazzi che prieneggiano per architettura nomiiierò(|uelli de'Vin- cenlini nella così delta piazzetta, e il pa- lazzo dc'Vecchinielli; vie bustanlemcnte regolari con piazze, due essendo riuiui-

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chevoli e decorate di fontane; un conve- niente teatro, e diversi ìmpotlanli edifì- zi, come il palazzo del municipio. La cat- tediale grandiosa lia 3 navi, nella cui tri- buna il bellunese cav. Paolelti esegui nel- le pareli pregievoli alh-cschi : è insignita dui titolo e prerogative di basilica, il tut- to confermato da G regorio XVI nel 1 8 3 9. Per eccellenza è chiamata di s. Maria, come lo fu anticamente il vescovato, per venerarsi la B. Vergine Assunta incielo qual titolare della medesima e quale pa- trona della città, onde la sua veneranda elHgie si vede ne' sigilli degli antichi ve- scovi, e fu dipinta nel muro del maggior altare sotto l'invocazione della Madonna del popolo. La decorosa cappella di que- sto nome era appunto prima il maggior altare, ed il vescovo Domenico Lutani la rinnovò sull'antica forma. Nell'altare principale isolato , secondo il rito delle basiliche, vi è in grande venerazione sot- to l'ara massima il corpo di s. Barbara (^'•) vergine e martire, oltre altre san- te reliquie. Il gran tabernacolo della cap- pella del ss. Sagramento è tutto ornato di alabastri, agate e diaspri. La cappel- la di s. Caterina fu rinnovata in bella scagliola dal conte Vinceolini Sardi. La cappella di s. Barbara è ricca di buoni marmi, ed il valente pittore cav. Anto- nio Condoli in due quadri rappresentò il martirio e la morte di s. Barbara. Di questa santa tutelare de' reatini e di al- tri popoli, come delle milizie, delle for- tezze e singolarmente di quelli che ma- neggiano le artiglierie, ciò che rilevai nel voi. XLV, p. 1 14> eruditissime notizie si leggono nelle Memorie di s. Barbara v. e in. di Scandriglia della di Nicomediay protettrice principale della città e diocesi di Rieti, raccolte ed esaminate da nig.r Saverio Marini vescovo della stessa città, dissertazione, Foligno 1 788,1 806. 11 dot- to [)relato dimostrò , che la santa fu di greca origine , ebbe i natali in Nicome- dia di Bitinia, ma che poi il suo domici- lio fu trasferito in Scandriglia, comune

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della diocesi di Sabina , nel distretto di Rieti, ove dimorò successivamente, pati il martirio e fu glorioso il di lei sepolcro, dalla quale terra venne traslato il sagro suo corpo a Rieti. 11 Marini è d'opinio- ne, che sia stata dal padreDioscoro mar- tirizzata in Sabina e precisamente a Scan- driglia, dove per antica tradizione si mo- stra tuttavia il luogodel suo martirio, nel tempo che Dioscoro erasi recato da Nico- media alla corte dell' imperatore Massi- mino, ed avea forse acquistato un subur- bano in Scandriglia. Per quanto lontane sembrino le congetture di mg.' Marini, contro il quale scrisse il celebre Zaccaria, pochi anni addietro fu ritrovata inScan- driglia una lapide sepolcrale , con greca iscrizione di forme cristiane del IV secolo circa, nella quale si ricorda che un padre infelice pose quel monumento al figlio suo morto d'aneurisma. Questa lapide fu re- galata ul cav. Bianchi architetto del son- tuoso tempio di s. Francesco di Paola in Napoli, nella qual metropoli egli la portò collocandola nel museo Borbonico , e fu illustrata dal prof. Quaranta. Orcomun- que lontana sìa l'induzione, ella valepur qualche cosa per significare, che come un greco cristiano presso al tempo di s. Bar- bara si trovava in Scandriglia, così non diviene improbabile che vi si fosse anche recato Dioscoro colla sua figlia da JVico- media. Certo è che s. Barbara in più so- lermi modi fece sempre sperimentare il suo patrocinio ai divoti reatini, massime con esentarli ab immemorabili nella cit- tà, dai danni de' fulmini e de' terremoti. Questo tesoro si vollero procurare i reati- ni, perchè nella cattedrale aveano se non il corpo, almeno le reliquie di s. Giuliana compagna s. Barbara, onde si recarono di forza a prenderla in Scandriglia, o per- chè vi possedessero de'fondi, o pei diritti di loro patria unavoltacapitaledella Sa- bina, come riferisce Jodoco, Ilalicae de- scriptio; Reale Sabinoriim quondam ca- put episcopali titulo insigni, e ricorda il p. Claroni, De Episcopìs Reatinis j^.iS.

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Ciò avvenne prima del 969,0 almeno a- vanti il I I 17, collocandola nella catte- drale di Rieti. Quindi frequenti furono i pellegrinaggi di voli de' popoli i più ri- moti a Rieti, per venerare s. Barbara, di che vi sono memorie die risalgono al seco lo XIV. M."^ Marini confuta quelli che as- seriscono venerarsi altrove il corpo di s. Barbara figlia di Dioscoro, la quale ha i segnali della palma pel conseguito mar- tirio, della torre per quella che prodigio- samentesiaprì qunnd'ella fuggì alla mon- tagna , quando il padre voleva ucciderla per professare la fede cristiana, di cui era fiero nemico. Soltanto la testa fu deruba- ta dai francesi, dai quali la ricevè s. Ber- nardo e poi donò a Genova ove si vene* ra. Conchiude che le altre ss. Barbara sono diverse da questa. Abbiamo di Ga- briel Naudaeus, Tabularii majoris tem- pli Reatini instauratio, Romaei646. Si legge pure nel t. g, p. 8 del Burmanno, arricchito di doppio indice, venendo mol- to lodato dal Maffei nella Storia o arte critica diplomatica, e serve mirabilmen- te ad accrescere lo splendore della città di Rieti, sia per illustrare diverse celebri famiglie dimenticate , sia per riordinare la serie de'suoi vescovi. Vi si addita l'u- bicazione dì molte chiese , onde un tale lavoro sarebbe giovevole a chi volesse ac- cingersi ascrivere gli annali di Rieti. Il capitolo della basilica cattedrale di s. Ma- ria ha la dignità dell'arcidiacono e si com- [)onedii 5 canonici, compresele prebende del teologo e del penitenziere, di 12 be- neficiati e di altrettanti chierici beneficia- ti, non che di altri preti e chierici addet- ti al divino servizio. La dignità ed i cano- nici hanno le insegne corali della cappa magna col rocchetto, colle fodere d'armel- Jino Dell'inverno; i beneficiati la cappa con pelli cenerine. Un canonico per con- corso approvato nella cattedrale ammi- QÌ«tra la cura d'anime, coadiuvato dn un altro prete. In cuu non vi ù il f(jnte bat- tciimolc, ma nella prossima chiesa di s. Gto. Balli»lo,cd ù l'unico della città. L'c-

RIE piscopio, buono edifizio, è prossimo alla cattedrale. Quanto al capitolo ed all'an- tica vita canonica professata già dai ca* uonìci, ecco le erudizioni che leggo in Ga* rampi, Memorie della h. Chiara, p. 542, estralle da lui nel loro archivio. Antica- mente furono delti sacerdoti e custodi^ e ne produce i documenti del IX, X e XI secolo. La i." menzione di canonici si os- serva in un placito del 1 028, estratto dal registro Farfense e tenuto nel vescovato di Rieti , dove intervennero Petrus Ar- chypresbiter , Azo Canonicns et Cardi- naliSyAdani Preshyter et Canonicns, Be- nedictus Preshyter et Cardinalis. Così in altre carte del 1 122 e seguenti anni tro- vansi parimenti detti canonici. Da una bolla d' Alessandro IV del i254 si rac- coglie, che anticamente i canonici e il vescovo aveano comune e mensa e refet- torio , e che aliqui ipsorum in comuni dorni . . . solebantj che poi (dovrebbe dir prima) al tempo di Gregorio IX, inter se bona hu/usmodi diviserunt, certa ipso- rum parte //tWo Episcopo ... ipsis cano- nicis adinvicem assignata. Che in appres- so seguì un'altra divisione, la quale è for- se quella slessa, che si ha in un islromen- lo del 1249, *^°*^ ridotti tulli i beni in una sola massa, ne furono fatte 4 porzio- ni, ed una se ne diede al vescovo, le altre ni canonici. Volle però Alessandro IV, che ridotto il tutto adpristinum statum, Epi- scopus et canonici reatini, omnibus bonis ipsius ecclcsiae, quae taliter divisa fiie- rant,incommune redactis, perpetuo co- medant , et conversentur insimul , sìcut priusj siccome da maestro Bernardo del- ia Penna commissario apostolico nel feb- braio del 1259 fu eseguito. Ma perchè i canonici non si quietarono a queste ze- lanti premure d'Alessandro IV, ricorse- ro a Urbano IV, il quale con bolla de'28 ottobre 12G1 commi.se, che si riducesse il lutto in pristino, sulla lorma cioè del- la divisione ch'erasi fatta a tempo di Gre- gorio IX, volendo peraltro, (//<o// i/V/<7/i Capituluin situul comcdant, ac idem E-

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piscopos in hiijusmodi mensa communì {iliquando exquadani coniedal hones ta- te, juxla ordinationeni ipsani siipradicli G/rg-oriV. Riguardo poi alla disciplina dei canonici, nelle loro costituzioni fatte do- po la 2.^ divisione de' beni nel laSo, si trova mentovato il chiostro della cano- nica e il modo delle loro distribuzioni. »» Quacumque die defuerint ab hiis tri- bus horis, scilicet Malutino, Missa, et Ve- sperìs, vel etiam tantum ad duabus ex ipsis, illa die nihil percipiant deoblatio- nibus altaris, aut de cellario, aut de vi- no. Si autem duobus diebus se absenta- verint in lioris prediclis,priventur quarta parte de redditibus molendinorum, quae ipsos in edogmata illa contigeret ; ac si tribus diebus vel ultra defuerint, priven- tur in totum quodeis contigeret in edog- mata emergenter; excepta tamen una die quae eis sicut aliis in qualibet edogmata ÌDdulgetur;exceptoetiam triduo minutio» nis, et edogmata medicidae, vel si essent intra civitatem Reatinam infirmi, aut si sealiquando de licentia Episcopi absen- tarent". Altre costituzioni furono anche stabilite nel i474><^^^"^ quali però nulla apparisce, che possa concernere il convit- to che allora si teneva nella canonica. In- oltre Garampi a p. 526 riporta un an- tico ordine della Messa, egualmente ri- cavato dall'archivio capitolare di Rieti. De' beni delle chiese di Rieti e sua dio- cesi, e loro qualità ecclesiastica, parla Ma- rini a p. 233 e seg.

Nella città vi sono altre 8 chiese par- rocchiali, e fra le più belle chiese s. Sco- lastica si distingue per l'architettui'a; al- tre chiese appartengono alle confrater- nite. Vi sono i conventi e le chiese de'do- menicani, cappuccini, conventuali, rifor- n)ati, crociferi, scolopi e agostiniani; non che i monasteri e le chiese delle benedet- tine e domenicane, tre monasteri di eia- risse, le religiose del Bambin Gesù, le Bi- gnole, le maestre pie, delle quali leggo in Novaes, che Benedetto XI V nel 174? se- parò dai dottrinari di s. Agata la chiesa e

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casa di s. Paolo di Rieti, che donò alle me- desime maestre. Gli stabilimenti di pub- blico insegnamento e beneficenza sono, il seminario, ili. "che fu fondato immedia- tamente dopo il concilio di Trento , ed ove nel 1 834 eranvi 1 5o alunni, come è detto nella proposizione concistoriale; il liceo o ginnasio comunale; un istituto a- grario pegli orfani : abbiamo. Per la so- lenne inslHuzionee aper'- ra della socie- tà economico-agraria della provincia di Rieti e Sabina, discorso pronunzialo il 1 3 febbraio 1 84 1 da mg. Bartolomeo Orsi delegalo apostolico e presidente del- la medesima, Ktelì per Salvatore Trin- chi 1841 Inoltre vi è un istituto pei po- veri vecchi artisti impotenti al lavoro, il monte di pietà, un reclusorio per le po- vere orfane, l'ospedale comunale in cura de'religiosi benfratelli, una casa di rifu- gio per leconvertende. Apprendo dal n." 7 della Gazzetta di i?owrt del 1 848, che a' 19 gennaio vi furono aperte le scuole notturne, per le sollecitudini del can. d. Pietro Micantelli , del conte Pietro O- doardo Vicentini, e di altri zelanti citta- dini. Vanta Rieti, con diversi storici, d'a- ver dato i natali in Falacrina di lei con- trada (che alcuni credono Ci vita Regale), ai grandi imperatori Vespasiano , e suo figlio Tito deliziadel genere umano, ven- f'icalore del deicidio commesso in Geru- salemme e tipo di clemenza : vogliono al- cuni, che ambedue morissero in una lo* ro villa ne'contorni di Rieti. Ughelli par- lando di Rieti dice:» Illustre vero, et con- spicuum est, illìus cives omnium virtù - tum, atque artium genere ubique, et sem- perelfulsisse, quorum alii literisperpoliti, alii armorum gloria celebres, alii sangui- nis claritate insignes , alii in republica moderanda spectati, alii incredibili con- stanlia praediti, in religione Christiana olim suo sanguine conflrmanda , omnes deniqueeximia ac surama fide in sedem apostolicam excelluerunt ". I santi e bea- ti della città e diocesi sono, s. Probo ve- scovo, s. Stefano abbate, $. Severo prete,

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«. Marco vescovo, 8. Anatolia marlire,b. Giovanni agostiniano, il di cui culto ini- memorabile ap[noyhGregorioXFJ[f^.); s.Balduinoabbatedis. Pastore, della stix'- pe de'conti de'Rlarsi , al quale s. Bernar- do diresse pareccbie sue lettere, veneran- dosi il corpo in Rieti ove fu ritrovato. Il b. Andrea di Monte Reale, s. Giuseppe da Lionessa, s. Vittoria martire, b. Gre- gorio agostiniano, s. Filippa Mareri , b. Colomba domenicana del terzo ordine e comprotettrice di Rieti, moria in Peru- gia nel monastero che ne prese il nome: Cancellieri nelle Campane, p, i parlan- do della benedizione e imposizione del no- me, dice che ad una campana fu posto quello di s. Colomba. 11 citato Gallelli nelle Memorie riporta le notizie di di- versi antichi domicelli reatini, e che nel- la corte di Nicolòjll delisyy fiorirono maestro Paolo annoverato tra gli odi- ciali primari, e Tommaso ascritto tra i cappellani, pe'quali pubblicò \\ numero- so ruolo della famigia di quel Papa, di cui io feci tesoro a Famiglia pontificia, perchè il più antico ruolo palatino che %\ conosca , onde intieramente lo ripro- dussi. Marini nelle Memorie, a p.240 e 24 1, dicendo de'lustri di Rieti, che ancor rgli chiama patria de'tre Vespasiani im- peratori, dai quali crede Baronio disce- so Costantino Magno, aggiunge, che del- lo splendore di tante sue famiglie fanno chiara testimonianza l'ordine gerosolimi- tano, 1' attinenza con varie cospicue di Romaj le^baronali giurisdizioni che a suo tempo godevano anche in esteri dominii, prelati, nunzi; lodando gli antichi Mare- ri, insigniti di ordini equestri e preroga- tive. Rieti die al sagro collegio i seguen- ti cardinali, de'quali ne scrissi le biogra- fìe : Odoaido Jecchiarelli, Ippolito An- tonio Vincenti- Mareri, Benedetto Cap- pelletti , Francesco Tibcri. K vivente il cardinal Nicola ClarelliParacciani vesco- vo di Monte Fiasconc, dignità conferita- gli da Gregorio XVI, il (|Uiile creò pure cardinali i due prcccdcoli. Altri uomini

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illustri reatini furono: Loreto Mallei poe- ta distinto, il quale tradusse il salterio. Can.° Carlo Latini di Collalto diocesi di Rieti, in questa città fece lungo soggior- no, ed è autore d'un trattato delle Leg' canoniche, civili e criminali. 11 mar- chese Colelli. Per non dire di altri per- sonaggi illustri reatini, da ultimo eclissò in Rieti l'astro splendente della repubbli- ca letteraria, il cigno soave e canoro del Velino, il verace modello del /t;//er(7toc/J- stiano, l'aureo amico di quanti egli chia- mò con questo dolce nome , il cav. zen- gelo Maria Ricci patrizio romano, aqui- lano e reatino, che sebbene natolo Mo- polino nell'illustre provincia dell'Aquila, diocesi di Rieti, in questa ultima città fe- ce l'ordinario suo soggiorno nell'avito pa- lazzo, vi fu visitalo da eccelsi personaggi e scienziati, non che dal gran Ferdinan- do li regnante monarca delle due Sici- lie, che lo voleva istitutore del suo real primogenito ere'de del trono, evi reselo spirito a Dio il i.° aprile i85o d'anni 74- Nome immortale che per silenzio non i- scema, e per encomio non cresce. I rea- tini testimoni ed estimatori oculari del- le sue rare virtù, come del vasto suo sa- pere, lo amarono in vita di amore sin- golare, considerandolo reale ornamento della loro patria; lo piansero sinceramen- te in morte, che deplorarono qual pubbli- ca calamità, con grido universale di duo- lo. Nella cattedrale gli furono celebrate con pompa straordinarie e solentii ese- quie con orazione funebre; e con raro e- sempio v'intervennero e presero parte l'e- gregio e rispettabile nig."" vescovo, il cle- ro, il mimicipio, la nobiltà, la delegazio- ne co'niagistrati che la compongono. Un senso di dolorosi dilluse per l'alena Ro- ma, e per tutta la nobilissimaltalia; var- cò mari e monti, e ne ritrasse eco di glo- ria imperitura pel defunto, comechè ca- ro a tutti, e da tutti sommamente ammi- rato. Nò perduto veranìciite può dirsi , ehi sebben tolloallosguardo mortale, vi- vrà sempre ocl copioso novero dcH'cccel*

RIE lenii sue opere, in prosa eloquentissimo, e<l in ogni genere ti i poesia, cos'i nellasu- blinie epopea, come ne' voli della lirica, nella flebile elegia, e nella didascalica iu cui spiegò le leggi della natura e i canoni della morale. 11 suo genio fu sempre fe- condalo dallo spirilo religioso che emi- nentemente l'informava, massime in ce- lebrar le lodi di Colei che è Regina sine labe originali concep'a , con magiche e attraenti concetti , che appellar si po- trebbe il Canto/' di Maria, come dichia- rò l'illustre e venerando suo amico, mg/ Gio. Battista Rosani vescovo d' Eritrea, nella Biografia dtlcav. Angelo lìl. Ric- ci, Romai85o. 11 Ricci fu in somma un veroporlento, un complesso di virtù pub- bliche e domestiche; benefico per natu- ra, gentile e cortese per cuore. Ebbe e- gli alto e perspicace l' intelletto, fervida la fantasia,' pronta e tenace la memoria; animo aperto ad ogni più candido aifet- to, ad ogni senso del bello : laonde merita- mente ottenne l'applauso di quanti pote- rono sperimentarne le rarequalità, e ap- prezzarne l'ingegno. Fra questi mi vanto anch'io di essere,e mi glorio possedere 1 66 lettere aulografedel grand'uomo, scritte tutte con elegante e argenteo carattere in lui famigliare, che conservo e reputo (anche qual prezioso gioiello dell'onore- volissima collana delle ventiseimila a me indirizzate che custodisco, tutte ordinate con registro), equivalenti per me più che ad onorevoli diplomi, per le lusinghie- re espressioni di cui sono tulle ricolme, imperocché ritengo che il giudizio d' un cav. AngeloM." Ricci valga quello d'una accademia. Questo sfogodi ossequioso af- fetto e di gratitudine a insigne lettera- to, dovea io depositarlo in questa mia o- pera, descrivendo il luogo illustre che gli fu seconda patria , e ciò non solamente per la tanta deferenza ch'egli si compiac- que con invariabile costanza dimostrar- mi, mescendo persino le sue alle mie la- grime quando perdei il maggior figlio, che celebrò co'suoi aurei versi ; ma eziandio

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per il largo e amorevole compalimenlo, che concedeva a questo mio Dizionario, ed a segno, che Ira le njolteplici cure pri- vale e sociali, e tra le tante letterarie fa- tiche e corrispondenze epistolari, egli ap- pena giunto nelle sue mani ogni volume della mia opera, de' 49 che ricevette, lo leggeva da capo a fondo, e quindi eoa pronta lettera di tulli gli articoli, classifl- candoli, eruditamente mi ragionava e in- coraggi va nel mio disastroso e limgo cam- mino. Sempre si meravigliava con islu- pore, come Dio largamente mi aiuta va per potere colle mie scarse forze e di per me solo elaborare tulli quanti gli articoli del- la mia opera , di così svariato argomen- to. Ciò non ricordo per vanità, tna perchè conosco che il divino datore e autore di tutto, con un dolor di capo o colla pun- tura d' un dito potrebbe troncar la con- tinuazione de'suoi gratuiti doni. Pertan- to, dolcemente commosso e penetrato, de- pongo riverente questa pubblica ghirlan- da sull'onorato marmoreo avello eretto- gli nella chiesa di s. Agostino di Rieti (e- gregiamenle scolpito dal coinm." Giusep- pe de Fabris, ed elegantemente descritto dal p. Checcucci delle scuole pie nel 1. 1 8, 11.° 3o dtiWAlbiundx Roma), dai degnis- simi figli cav. Gio. Maria e prelato Achil- le M."'; ghirlanda che resterà in queste pagine seuìpre fresca e verde, per le pos- senti lagrime dell'amicizia; dappoiché nei veri dolori sono prime e più facili a of- frirsi spontanee le lagrime, che le parole per lo più impedite dalla foga degli af- fetti e dalla doglia dell' animo oppresso. Ne potrei qui svolger tutti gli elogi che in se comprende il solo celebrato nome del cav. Ricci, il quale ben scrisse di se:

Cantai pastori e duci^ anni ed amori, L'ai-e, i claustrij le trombe ji fiorale conche^ E agli Itali sposai Germani allori.

Nel t. 4 àtW Jlbuni p. 234 ^' ^ "" ^'■"" dito articolo o Memoria delle amichila reatinejà\ cui riprodurrò un estratto. Nei ))iù bei tempi della romana repubblica l'agro reatino per la sua fertilità e ame-

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nità, rassomigliato da Cicerone alla fa- inosa Tempe di Tessaglia, era sparso di deliziose e magnifiche ville, spellanti al- le famiglie piti distinte di Roma. Alcune di queste ville sono descritte da Mariano Vittorio nelle Antichità d' Italia: ne fa menzione anche Terenzio Varrone , De re rustica, lib. 3, cap. 2, ove introducen- do Appio a parlare, gli fa dire, che la vil- la del campoMarzo, formata per como- do del popolo romano, cedeva in magni- ficenza alle ville reatine. La più celebre di tulle queste ville era quella diQ. As- «io. Ebbe questa il vanto di accogliere prima l'augure Appio Claudio, invialo dal senato per conoscere lo stalo della questione insorta a cagione dell'emissario Curiano fra' ternani e i reatini; e quindi Cicerone fu eletto da'reatini per loro di- fensore nella causa stessa. Sembra però che due fossero le ville reatine di Q. As- 6Ìo: una nella Tempe stessa di Rieti, de- nominata Rosea (su questo vocabolo si può vedere Galletti , dicendo così chia- mati questi campi fertilissimi per la ra- gione che ne assegna Feslo, quod in eo arva rare hurnida semperferiinltu-)j l'al- tra in un angolo del lago Velino. Nella I.' albergò Cicerone, nella 2.' l'augure Appio. E infalli presso Varrone ad una interrogazione falla dallo stesso Assio, ri- sponde Mencia , che deve dirsi villa an- che quella che non ha pregevoli ornati, come appunto Assio chiamava villa non solo la deliziosissima e magnifica che pos- sedeva in Rosea, ma anche l'altra sem- plice e disadorna che avea ad Angtiluin /^(c/mi. Pare che questa ultima fosse de- stinata al nutrimento delle varie e nume- rose razze di giumenti che Assio qui pos- sedeva. Ivi al certo manlenevasi con ogni riguardo quell'asino famoso, che Q. Assio comprò per l'enorme prezzo di 400,000 setterzi. All'opposlu la villa Rosea era e- lrg«nli«sinia,(ul<)rnnla di pi'czio<ii legni ve- nuti did remolr) Atlnnle: l'oro vi splende- Tn profuMi; nellt pareti nmtniravnnsi va- ghe pitture, fra' cui colori dislingucvausi

RIE il vivace minio di Spagna e il bell'azzurro d'Armenia. Ovunque superbi pavimenti d'istoriali musaici, per non dire di altri ornamenti. Sembra che la nobile villa Ro- sea fosse nell'odierna contrada di Rosele, nel campo Secenale; l'altra destinala al- la pastorizia, nelle vicinanze delle grotte di S.Nicola, così denominate da una chie- sina ivi eretta ne'bassi tempi; altri dico- no in quelle del lago Velino, ora detto lago di Piediluco. Dice Calindri, Saggio statistico dello stalo pontifìcio p. 6 1 , che Virgilio lo chiamò lago di Diana, per un tempio dedicalo a questa dea, i cui avan- zi Irovansi sopra un monte che signoreg- gia il lago. Gira all'intorno metri 1 6,yo5. Di fianco a questo bacino, ed a pie del monte Caperno è 1' eco piìi rinomato , giacché ecometricamente riscontrasi che dopo 4 secondi er/4 di secondo ripete da 1 1 a 20 sillabe con tutta chiarezza e pre- cisione, pria da taluno già proferite, co- me pure le musicali melodie, un esame- tro latino, un marlelliano italiano, due endecasillabi proferiti con celere e conti- nuala emissione di fiato. Ciò accade dal suono riflettuto o riverberato nel corpo solido e concavo, che da quello ripetuto è rinnovalo all'orecchio. Ne'conlorni del lago s'incontrano frequenti ruderi d'an- tichi edifizi, egli ameni poggi che lo co- ronano erano essi stessi coronati da vil- le romane per la sua incantevole posizio- ne. Una di queste apparteneva alla fami- glia degli Oppi, la cui memoria tuttora vive nel monte dell'Oppio e in due lapi- di situate in casa Pianciani. Vedasi Al- dus Manutius, Dissertatiiincula epistoli- ca de Reatina urbe, agroque^Sabinaque gente. Extat in Noif. tlies. antiq. roma' nar. 1. 1 . Le acque del Velino impaluda- vano ab antico sul territorio di Rieti, ed incontra vasi un impraticobilestagno pri- ma di giungere al lago Velino. La città fu quasi minacciata deircstremo eccidio, allorché i romani atterriti dalle lìcquen- ti inondazioni del 7t»r/r (/''.), divisaro- no di serrare le foci de' fiumi, che dui-

RIE r A pennino v'influivano. DiaiosUarono i i-ealini, che col deviare il corso prescrit- to dalia natura al Velino, le campagne sarebbero rimaste intieramente sommer- se. Le slesse rimostranze fecero i terna- ni, che eguali danni temevano dalla re- trocessione del Nera, ed annullala restò la proposizione. Quanto però si fece circa alla palude, vado a narrarlo, se non che ricordo qui, che continui furono intorno alle acque i motivi di dissapore tra'rea- tini e ternani popoli confìnanti, a' qua« li però posero fine gì' inalveamenti e ca- nali posteriormente praticati. Avendo il Velino occupata l'attenzione e la penna di gravi scrittori e pel complesso de'suoi pregi e conseguenze, non riuscirà discaro il premettere le nozioni sull* origine del famigerato fiume e corso che si fa ascen- dere a 65 miglia.

Il chiarissimo d. Salvatore Proja, già professore di filosofìa e matematica nel- le pubbliche scuole del venerando semi- nario e convitto di Rieti, nelle /?/ce/c/ie sul lago di fucino, di cui parlai nell'ar- ticolo Pescina, corregge Massonio e Cor- signani sulla vera provenienza e corso del celebre e importante fiume Velino, che descrive elegantemente, il quale ne'mo- numenti farfensi è detto costantemente Mellino. Apprendo dunque da lui, che alle falde d' un colle contiguo al monte Scaiealla villa Varroni presso Torri ta, un d'i territorio sabino e oggi castello della provincia d'Aquila nel regno di Napoli, si vedono zampillare due ruscelletti, l'u- no de'quali scorrendo al nord verso Ac- cumoli si mesce col Tronto, l'altro diri- gendosi verso il sud, scorre al di qua di Torrita, attraversando la selva Meta , giunge a Val Falacritie rinomata pei na- tali di Vespasiano. Qui si riunisce ad al- tro ruscello che scaturisce sotto Civita Regale presso la chiesetta della Madon- na di Capo d'acqua, e dove i due ruscel- li, accogliendo nel loro corso da' vicini monti altre correnti, formano il bel fiu- me Velino. Indi radendo sempre Tanti-

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ca via Salaria, passa sotto Vacunioo Ba- cugiio, d'onde s'interna fra gli orridi sco- gli di Sigillo e dove l'imperatore Traia- no fece una mirabile soslruzione per im- pedir la rovina del monte. Uscito dagli aspri dirupi di Sigillo, lambendo l'abba- zia premostratense de'ss. Quirico e Giu- litla de Introduco, va a bagnare le mu- ra d'Antrodoco già Interocro,ove riceve un piccolo tributo d'acque sulfuree. Ol- trepassati quindi i villaggi Borghetto e Canetra, trascorre quelle terre già palu- dose, con corrotto greco vocabolo chia- male Velia e dalle quali il Velino desun- se probabilmente la denominazione. Qui sorgea Colila oCotilia,Ia più famosa cit- tà de'reatini, per ove passò Annibale; qui è il lago sagro di Paterno ove Varrone pose l'umbilicod'Ilalia (varie sono perciò le sentenze, e tra'luoghi designati quale umbilico d'Italia, molti ritengono che sia Rieti, deducendolo da un manno coni- scrizione de'bassi tempi posta in una piaz- za di tal città, come riferisce Calindri), ed ivi fu la selva errante, ed il bello spet- tacolo dell'isole galleggianti ammiraleda Seneca e cantate da Tasso ; qui sono i copiosi e diversi fonti d'acque nitrose a- cidulate tanto famose e ora derelitte, per cui il dotto medico cav. Cappello più vol- le fece voli pel ristabilimento de'saluti- feri bagni di Cutilia ; qui sur.se la delizio- sa villetta delia gente Flavia, e sonovi le ignobili tombe di Vespasiano e Tito. Ab- bandonate il Velino tali celebri spiaggia e salutale le mura di Civitaducale, entra nel territorio reatino. Ivi subito riceve nel suo seno e s'ingrossa colie acque del Sal- to, fiume che ha scaturigine nella Mar- sica presso Tagliacozzo, ove si chiama N mele, come notai nel voi. LII, p. 21 1, de- scrivendo Tagliacozzo e i principali luo- ghi della regione, compreso Magliano, stanza d'illustre e virtuosa reatina della nobii famiglia Severi. Inoltratosi il Ve- lino verso Rieti, lambisce rispettosamen- te le mura di questa città principessa deN l'antica e modernaSabiua, siccome la qua-

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lifica l'encomiato prof. Proja; la divide dal borgo, ne percorre tortuosamenle la fertile Teinpe, e accogliendo sempre nuo- ve acque, come del Torauo, si avvicina quasi per naturai simpatia al delizioso lago di Piediluco, nel quale si credette che soggiornasse la ninfa Velinia e ove al dir di Pope : Ronioreggia la cupa E- co, e rimanda- Clamorosa il bel suonj forse pel dolore d'aver dovuto abbando- nare questi luoghi incantevoli, il Velino che sino a quel punto corse placido e tranquillo, s'interna tra legoie d'opachi monti, e comincia a fare un fragore che assorda. Chiuso poscia fra gli argini del petroso canale aperto da Marco Curio Dentato nell'anno 48 1 di Roma, dopo a- ver soggiogato i sabini, e ripristinato nel 1600 dell'era nostra da Clemente Vili, va a formare presso Terni [V.) il mae- stoso e sorprendente spettacolo della Ca- duta dellf. MarmorCjchc destò e desterà in ogni ten)po lo stupore de'dotti e colti viaggiatori, descritta anche dall'Erbinio, nel suo rarissimo libro, De admirandis mundi cataracùs. In quel profondo ba- ratro si mescolano velocemente col copio- so volume delle sue acque le poche acque sulfuree del Nera, che a lui togliendo in- giustamente il nome, come tributario del Tevere a questo si unisce, il quale ha fo- ce nel Mediterraneo che tante acque as- sorbe. Nicolai, De' bonifica menù Pontini |i. 84, attribuisce i versi d' Orazio alla palude di Uieti, che dice asciugala nel- l'anno 464 ^^1 Dentato, di cui Cicerone scrisse ad Mt\co, Epist. 1. 4> i4' ^^t-""* Vclinus a M. Curio emissus interciso monte, in Nareni dv/luit , ex quo vallis siccatatCt luwiida tantum ntodìce. Que- sta Valle avca il nome di Rosea, fudi'cit- circoodatu, e dopo essere asciugata di- ventò fertilissima. Fatteschi parlando del Velino, formante i fumosi laghi e le pa- ludi realine, ricorda che in virtù di que- ste scrisse Plinio : Sabini f'vlinos acco- lunt lacu$, le quali, aggiunge, vanno a scaricarsi nel fìuuie Nera per l'emissario

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dilatalo da M. Curio Dentato. Aggiunge- rò col Cabrai , che le acque del Velino hanno la proprietà di generare la pietra spongiosa o il tartaro, e che essendo cre- sciuta per questa ragione ed alzatasi sem- pre più la cresta o soglia per cui le acque . del Velino si precipitavano anticamente nella Nera, rimase perciò inondata e con- vertita in orrida palude la valle e pia- nura reatina. Cosi rimase sino a che M. Curio Dentato nel 48 1 pensò a diseccar- la e la diseccò, tagliando profondamente la soglia di detta valle (e del monte dice Galletti, pel quale taglio fece cadere il lago nel fiume Nera) quanto era neces- sario, perchè le acque del Velino potesse- ro liberamente precipitarsi giù nella sot- toposta Nera. In seguilo i ternani si la- gnarono per la troppa abbondanza del- l'acque che loro calava dalla valle reati- na, e per la gran quantità di grossi sassi che la medesi ma acqua Velina a vea avuto forza di svellere e precipitare nel letto della Nera. Nuovi rumori insorsero a'tem- pi di Tiberio contro le acque del Monte delle Mai more nel fiume Nera, allorché fu proposto per diminuir le inondazioni del Tevere in Roma, di deviare altrove tutti i fiumi e tutti i laghi che si scaricano in esso, ma prevalse in senato il parere de'reatini e degli altri popoli interessati. Nel i4oo i reatini, senza il consenso de'lernani, inco- minciarono ad aprire un nuovo scavo ia vece del Curiano nel territorio di questi ultimi , onde si venne alle mani da una parte e dall'altra, e preso lilialmente nel 1417 per arbitro Braccio da Montone pe- rugino, tiranno di buona parte dello sta- to, si stabilì che i reatini potessero bensì aprire un nuovo emissario in luogo del- l'individuato,a condizione peròche i ter- nani vi avessero sopra una torre da custo- dirsi da persone fidale, le quali avessero cura di regolare le acque in modo che non potessero recare danno alle sottoposte campagne di Terni : architeltodclla tor- re fu Aristotile Fioravanti, celebre inge- gnere bolognese. Poco vantaggio ritrasse

RIE la valle reatina da questo nuovo scavo, che fu dello ora Reatino, ora Gregoriano,forse perchè principiato da Gregorio XII, e che andava a far capo nel mezzo dell'anticoCu* riano ; molto maggior profillo ricavò da quegl'incili checouducevanoa que' vo- raginosi pozzi, ond'è tutto ripieno il pia- no delle Marmore, formati probabilmen- te dalla forza delle acque, le quali prima che si aprisse il cavo Curiano, inondaro- no e' ricoprirono per lungo tempo tutto quel piano. Quindi non cessaiono i ricor- si de'realini, ed a tempo di Paolo 111 es- si ottennero che si ordinasse ed eseguisse «in nuovo scavo, detto perciò Paolino, in- feriormente ai primi. InollreNicolai a p. 1 57 riporta quanto riguarda l'accenna- ta operazionedi Clemente Vili. Dice per- tanto, che considerando Clemente Vili che la felicità dello stato pontificio dipen- de principalmente dall'aver molle feraci campagne, tra le primecure del suo pon- tificato ebbequella di asciugar la delizio- sa valle reatina, che infrullifera e palu- dosa rimaneva sempre coperta da acque molto profonde. Laonde nel 1596 spedì in Rieti il cav. Ciò. Fontana , il p. Gio. R.OSSÌ gesuita, messer Antonio Cappucci- ni e Carlo Maderno , ingegneri di gran fama, alTinchè trovassero e eseguissero la maniera di porre ad elfetto la sua non men bella che grande idea. Cominciaro- no adun(|ue gli oppoituni lavori nel me- desimo anno 1596, e dopo grandi fatiche, egravi ma ben impiegati dispendi, giunse- ro felicemente al termine del lavoro nel maggio 1 602 con gran plauso del popolo realino, il quale vedendo fuggir le acque dalle sue campagne in un punto, mercè la sovrano munificenza, si trovò obbondan- temente arricchito. il di lui godimen- to fu minoralo da alcuna letale epidemia, che lo infestasse o nel tempo dello scavo, o mentre porzione delle acque rimasero stagnanti ne'seni finché furono esitate per mezzo di scavi subalterni , come alcuni supposero, poiché rilevasi il conlrario ne- gli esalti libri della cancelleria priorato

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intitolati /?//òrwJrt/zze. In queste non si fìi punto menzione della pretesa epidemia, a differenza delle altre seguile in diver- si tempi, dellequali nelle medesime si ha piena contezza, come di quelleche infesta- rono Rieti negli anni 1482,1 485, i494> 1498, dipoi neh 523, 1527, efioalmenle nel 1 656 comune a tutta Italia, come de- scrissi a Pestilenze. Olire a ciò, in vece del produrre malaltie lo scavo delta ter- ra e lo scavo delle acque,risultò positiva salubrità. Io che rilevasi dai registri par- rocchiali de'morti. In falli, dopo quell'o- perazione sommamente si aumentò la popolazione di Rieti, mentre essendone! tempo della cava disole6,3oo anime, nel 1800 sorpassavano lei 0,000, alle quali ora si possono aggiungerne quasi altre 2,000. La medesima operazione aveauo tentato con esilo men felice, prima M. Cu- rio Dentato, poi il popolo reatino, quin- di Paolo HI, e finalmente con gloria Cle- mente Vili , mai trovansi notizie di esalazioni epidemiche, tranne qualche mortalità tra'cavalori nell'agosto 1 546, tempo iu cui eseguivasi la cava Paolina, pel troppo caldo. Immediatamente fiu'o- no poste a colturale terre asciugale, do- po la grande impresa di Clemente Vili, e produssero abbondante fruito, per cui neìi6o3 fu afTitlnta la tenuta comunale, sebbene in bassissima giacitura. CIen)en- le Vili obbligò i reatini a pagai e annual- mente per la festa di s. Pietro una laz- za d' oro di mezza libbra alla camera a- postolica. Apprendo dal gesuita p. Ronan- ni, NiiVìismata Ponùficum t. i , p. 229, che Paolo III dopo aver aperta coll'ope- ra di Antonio di s. Gallo (il quale non vide compilo il suo lavoro, perché mor- to in Temi a'29 settembre 1 546), la fos- sa reatina, dal suonouie chiamata FoS' sam Paiilinam, e di avere perciò com- posti i dissidi fra i romani, reatini e ter- nani, fece coniare una medaglia cunle- pigrafe : Unilae Menlts Uniiint, con che si volle esprimere la pacificazione de- gl'iuleiessali, e rappresenlaule la Cada-

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ta delle Marmorc. Nel t, 2 , p. 497 l'i* porla la medaglia di Clemenle Vili, col- ia leggenda: J'^dino Eniisso Anno MDC^ ili cui si vede il corso del Velino nell'e- spurgato ed ampliato canale con 2 5 pal- mi di profondità, col gran ponte d'un so- lo arco eretto con solida opera sulla ca- Ta Clementina dal celebre cav. Gio. Fon- tana, per le quali operazioni da Clemen- te Vili s' impiegarono 75,000 scudi ; e siccome presso il ponte si rifugiavano dal regno di Napoli de' malviventi, Urbano Vili vi costruì un validissimo muro nel 1640, essendo governatore di Terni Ot- loboiii poi AlessandroVlll. Altro ponte Fontana lo costruì sulla cava Paolina di due archi. Reso alla coltivazione l'agro reatino, produsse una feracità indicibile, onde sono celebratissime e di squisito sa- pore le sue frutta, e specialmente i deli- ziosi meloni , non che gli eccellenti er- baggi che hanno uno sviluppo prodigio- so, come i selleri, i gobbi, le rape, ec, una pianta de' quali erbaggi corrisponde a molte di quelle che producono ordina- riamente gli altri terreni. La quale sin- golare uberlà si trova anchecelebrata da- gli antichi storici, ed in Plinio, che i vi- cini campi Roscellani preferì a qualunque altro d'Italia. Cabrai fa autore dello sca- vo di Clemente Vili, Domenico Fontana fratello di Giovanni peritissimo nell' i- (Iraulica; ma avendo riscontrato Milizia, Le vile de più celebri archilelli , trovo che soltanto Giovanni si occupò della re- golazione del Velino, per le contese im- memorabili tra Terni e Narni. Cabrai pe- rò osserva, che il Fontana prima conten- tossi di riaprire il cavo Curiano, allargan- dolo e profondandolo secondo l'ordine ri- cevuto; poi innamonilosi della linea per- fettomente retta, abbandonò l'antica di- rezione del Curiano, mandando a sboc- care il suo, che fu detto dementino, al- quanto superiormente. I reatini e gli ng- giaccnti al Velino furono d'allora in poi Mmprequieti,ma cominciarono a Ingnar- *i gli nggiaceuli ullu Nciu supcriore. 1

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molti sassi caduti dal ciglio delle Mar- more nel letto della Nera, ed il luogo del- l' impedimento, cioè dove sulla sponda destra della Nera si alza a piombo un sas- so vivo, impedirono grandemente il cor- so di questo fiume, eie sue acque incon- seguenza ristagnanti e ringorganti diven nero fatali ai piani superiori. Sin dal pon* tificato di Clemente Vili incominciaro- no i lamenti de'paesi danneggiati, e mol- ti ingegneri vi furono spediti in diversi tempi per trovarvi riparo, ma sempre i- nulilmente. Si ricorse dai danneggiati a Pio VI che vi mandò Rapini, che cele- brai a Paludi Pontine, il quale fu di pa- rere, che si dovesse rimuovere il Velino dall' emissario dementino, per torcerlo inferiormente al Paolino preventivamen- te allargato e profondato; ma Terni vi si oppose per molte ragioni, onde vi furono spediti il Cabrai, ilFacci e altri ingegne- ri, per cui si pubblicarono le seguenti ope- re. D. Stefano Cabrai, Ricerche istoriche e fisiche, ed idrostatiche sopra la cadu- ta del Inclino nella Nera, Roma 1768. Ragioni per ispiegare e riparare i danni del fiumeNera combinale nel v 783, Ro» ma I 786. Francesco Carrara, La caduta del Felino nella Nera, Roma 1779. Di questo libro ne abbiamo un estratto di Stefano Borgia, Topografia degli emis- sari scavati per deviare il già siagnan- le lago e fiume Felino. Prima di que- sto tempo il famoso ponte esistente sul Velino presso Rieti, avendo soflerto no- tabili danni , fu mandato a riconoscerli l'architetto Bracci , il quale attribuì la causa del guasto all'ineguale distribuzio- ne dell'acqua, la quale divisa da un'iso- letta in faccia al ponte in due rami , in maggior copia investiva l'arco e il pilo- ne , supponendo che perciò avesse cor- rosa la platea del ponte; laonde propose di scavar de'solohi nell'isoletta, per por- tar l'acqua nella luce di mezzo del pon- te. Un tal parere soggettalo all'esame del prof, di matematiche tleiruniversilà io- uiunu p. Fraucc^ico M." Gaudio di s. Re-

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mo Jelle scuole pie, come egregio idro- statico, fu di diverso sentimento, e risa- lendo alle vere essenziali cagioni del pe- ricolo del ponte, e delle piene ancora che allagavano la valle reatina,ritrovò il fon- do del fiume notabilmente interrito,scon- certo che disse ripetere la cagione dalla tortuosità dal Velino acquistata per l'al- lungamento della linea, la quale egli pro- pose abbreviare con opportuni tagli, o- pinamenlo che non solo si credeva che avrebberimediato ai mali particolari del ponte, ma altresì a lutto il disestamento del fiume. Perciò il Bracci pubblicò in Ro- ma neh 772 : Riflessioniidroslaliche sO' pra il ponte di Rieti. Ma gli fu risposto con due ragionati articoli, neW Effemeri- di letterarie di Roma del i 772, n.° 36 e 4o. Dovendo riparlare di questo fiume a Term, dicendodel Nera conaltre eru- dizioni analoghe, mi limiterò ad accen- nare , colle belle Ricerche del cav. Rie- cardij che nella lotta de' diversi pareri, finalmente i professori idraulici Gorelli e Sonali diFerrara, dimostrata la veiacau- sa de'mali, restrinsero doversi protrarre la confluenza del Velino sul Nera in un punto inferiore, ed a fronte della discre- panza del p. Gaudio, Pio VI con inolo- jiroprio de'7 luglio 1787 fece cessare le gare, ordinando il taglio progettato da- gl'idraulici marchesi Gorelli e lionati, e COSI terminarono i danni alla valle Ne- rina^ e prosciugale quelle campagne, ga- reggiarono ne' primi anni colla fertilità dell'Egitto. Anche il lodato scrittore è di parere, che le acque del Velino non aves- sero sbocco avanli che Gurio Dentato fa- cessescavare l'emissario, dicendo che non potevano averlo da altra parte che da questa, per lainsuperabilecalenadi mun- ti dai quali è cinto il bacino pel quale scorrono. 11 Galindri parla del Ripasot- lile, lagodi Rieti, dicendo che il suo lem- bo ha metri 85oo, e nell'interno vi sono due isoletle stabili, ma senza abitanti, coltivazione. Conduce da Roma a Rieti la comoda »U'uda Salaria, la quale se giù-

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sta i progetti a' nostri tempi rinnovali potesse riunirsi,superandoi monti diGn- scia, alla marittima via Salaria, che ri- montando il Tronto giunge alle mine- rali scaturigini d' Acquasanta, ne ritrar- rebbero immenso vantaggio quelle pro- vincie costumale a notabili trafiicidi per- n)utazione col limitrofo regno napoleta- no. Scrisse Pompeo Angelolli, Descrizio' ne della città di Rieti, Roma 1 635. Que- sto rarissimo libro fu tradotto in Ialino, e con note dall' Avercampo fu posto nel t. 8, p. 1 1 1 della Gollezione del Burman- no ; inoltre nel 1.8, par. 3.' e 4.'del Te- soro delle antichità dtì Grevio. In Rieti nel 1829 da Luigi Schenardisi pubblica- rono : Antiche lapidi reatine dilucidate. Dell'origine d' //tìt//a (f^-), come di quella de'sabiui trattai a quell'articolo, a Lazio, ed a Sabina. A direalcune opi- nioni dell'origine di Rieti, Sperandio, Sa- bina sagra e profana, p. 6, narra che a- vendo Noè popolato una gran parled'I- talia, specialmente co'discendenti del fi- glio Jafet o Giapeto, alcuni si fabbrica- rono delle città, e fra queste Rieti o Rea- le, che da Rea moglie diNoè fu così de- nominata, quando ribellatosi aGus o Sa- turno figlio di Gam, il suo figliuolo Nena- brot, Gusfu obbligato co' suoi ad abban- donare l'oriente recandosi in Italia, ove fu benignamente accolto nel paese per lui dello Lazio, mentre quello dello Sabino fu assegnalo ad un figlio di Uegma nipo- te di Gus. 11 Galindri parlandodi Rieti la chiama città de' sabini, anzi dice essere opinione che sia dcrivaloil nomedi Rie- ti dalla dedicazione della città fatta alla dea Rea madre di tulli gli dei, e che dai suoi figli primi abitatori d'Italia venisse- ro i veri antichi umbri, popolazione nu- merosissima, la quale trailo trailo forma- va delle colonie che si portavano qua e nella stessa Italia, una delle quali sot- to la condotta di Medio Fabidio occupò la nuova Sabina. Si vuole ancora che questa città fosse fondala da Oenolrio o Luotriouel i52o prima dell'era nostra.

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il che non concoidoiebbe con quelli che asseriscono Eoolrio venuto in Italia nel i^ ig di detta epoca. Aggiunge, che Rieti fu fatta città circa il3oo, e nel suo territo- rio furono gli aborigeni. Il Marchesi, Gal- leria dell' onore, t. 2, p. 345, dice che narrano gli sciiltori essere stata Rieti edi- ficala prima della guerra troiana nel cuo- re o centro d' Italia, da Sabatio Saga e da Sabo suo figlio re de' sabini, dall'ul- timo de'quali il paese prese il nome,eche ne' secoli vetusti si governò con proprie leggi. Il Nibby, nel Discorso preliminare i]e\\'yinalisi de' dinlorni di Roma, crede che Oenotro sia emigrato di Grecia dalle terre paterne diLicaone re d'Arcadia dopo il diluvio di Deucalione, che coincide al- la venuta in Italia de'pelasgi, riconoscen- do in Oenotro lo stipile della popolazione e dell'incivilimento della contrada, come degli osci e degli aurunci, oenotri 0 abo- Ji-ìgeni e peucezi, varie essendo 1' epoche assegnate a detta disastrosa inondazione, tra ili 527 e il i53o avanti l'era nostra, ossia pochi armi dopo l'inondazione ter- ribilecuì soggiacque l'Italia e soprattutto la campagna presso cui In poi fabbricata Roma. Diceche gli umbri furono lo sti- pile dc'sobini, comedi altre potenti e bel- licose tribù, che ([uanto dire che gli um- bri per mezzo de'sabini loro discendenti furono lo stipite delle popolazioni più bel- licose d' Italia , che cuoprirono i gioghi dell' Àpeunino. Ritiene per fermo, che al- la venuta d'Oenotro col fratello Peucezio in Italia, gì' indigeni che per la soprav- venuta inondazione eransi ritirati suldor- sodeirApennino,furonoquelli che poscia vennero designati col nome di unibri e di sabini nella parte più vicina olla cam- pagna romana; se non che va avvertito, che gl'indigeni diccvansi und)ri verso set- tunlriont', ausoni verso mezzodì. Dopo la venuta d' Oenotro u di l'ciicezio fu un guerreggiar continuo fru' coloni e gl'in- digeui : quelli però pervennero ad e!>lcn- dersi a travcrnu Iclcrrcde'Ioro rivali sul- le munlngnc purticului mente del dislrcl-

RIE te reatino, come si apprende da Dionisio, e dopo la venuta d'altri coloni posterio- ri vennero designati col nome di aborige- ni, quasi si dicessero gli originari, questa essendo la etimologia più naturale fra le tre indicate da Dionisio, a preferenza di quella di aberrigeni o vagabondi, e di a- borigeni abitatori de'monti. Essi fonda- rono nel distretto sopra indicato molte città, delle quali Dionisio ha conservato il nome e la posizione: cioè Palatium 2 3 stadiidaReate,Trebula 60 stadiidadet- la città, Vesbola a egual distanza, Suna 4o stadii distante da Vesbola, Melila 3o da Suna, Orvinium tla Mefila, Cor- sula 80 da Reale, Issa entrouna palude, Marruvio presso Issa, Balia 3o stadii da Reale, Tiora altrettanto, Lista 24daTio- ra, e Cutilia yo da Reale. Frattanto eb- bero guerre continue contro gli umbri, a'quali prima apparteneva il paese, e coi sabini, i quali occupavano i monti sulle rive del fiume Aterno; questi una notte usciti in l'orza da Amilerno presero d'as- salto Lista, metropoli degli aborigeni, i quali non polendo più ricuperarla la con- sagrarono insieme col territorio ai numi. Non contenti gli aborigeni d'essersi for- malo uno stalo sulle montagne realine a spese degli umbri, sopravanzando di genie, la mossero contro i siculi, che oc- cupavano le filde de'monti più prossimi alla pianura, oggi Campagna romana, e cominciarono a snidarli. Eratlanto parti dalla Grecia un'altra emigrazione, nota con)unemente col nome di pclasgica, la quale in parte occupò alcune borgate de- gli umbri, ma questi con un esercito li cacciarono. Allora i pelasgi si rivolsero agli aborigeni , che essendo della stessa origine ottennero ospitalità, nuche pera* verli in aiuto contro gli umbri ci siculi, ed assegnarono a'pelasgi terre intorno al lagodi Cutilia; facendo |)oi conquiste su- gli umbri, in guisa che divennero cogli a- borigeni padroni dcll'Etruria marittima e del Lazio, finché i pelasgi parie furono cslcrminali dai liguri, tirreni o etruschi

RIE e dagli umbri, e potili si fusero cogli n- hoiigeni. Con qualche difreienza (peste origini sono indicate dal eli. Castellano, Lo sialo pontifìcio, p. 2 76, che riferisce. Si riguarda Rieti qual seggio principale degli aborigeni, che vennero discacciali perle armi sabinedagli aviti possedimen- ti. Quella contrada poi , per essere rin- chiusa fra' sabini , sanniti e umbri, tro- vasi or nell'uno or nell'altro de'territorii confusa mente compresa. Spesse città e ca- stelli, de' quali rimane il solo nome, ed incerte sono le vestigio, rendeano la re- gione assai popolosa. Era Lista capitale degli aborigeni, occupata per sorpresa dai sabini, che conducevansi ad Àmiterno. Colpiti da simil tratto di malafedeabban- donarono i cittadini quel luogo natale, ed ebbero da'reatini la più ospitale accoglien- za; ma vedendo di non poterne ricuperare il possesso, restarono nella patria d'ado- zione, scagliandoanatemi contro gli usur- patori. Trovavasila metropoli aborigena poco meno di due leghe all'est da Rieti, rimontando il Velino, del qualeoccupava la destra riva. Dell'antichità di Rieti trat- tano Dionisio d'Alicarnasso, Silio Italico, Catone ed altri.

Avendo in seguito Rieti pressoché co- muni le vicende colla iSizi/Viar, come di- chiarai, a tale articolo le riporterò, fa- cendo cogli altri sabini gran figura in Ro- ma nel governo politico^ dopo gli accor- di di Romolo e Tazio, ed i suoi cittadini Strabene cXwaiwo: Eeatinorum multoruni geniis mi rum in modani nobile. Non si può dubitare del suo municipio, onde T. Fla- vio Petronio venne distinto da Svetonio, Municeps Rentinus,e però scrisse Dioni- gi, che Municìpiiun haec civitas fuit ro- manoruni, utasserit Svetonius Tranquil- lus in Fespasian. Malgrado la parteci- pazione alla romana cittadinanza, Roma signoreggiò i reatini, ed i sabini che ne seguirono le guerre, i trionfi ed i desti- ni. Caduto l'impero romano, caddero pure con esso le reliquie della sabina gran- dezza, e furono segno alle barbarichein-

VOL. LVII.

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vasioni, massime dei goti e de'Iongobar- di, e fu aque'tempi che incominciarono a sorgere le numerose castella della re- gione, ove i potenti nel general disordi- ne si procurarono sicurezza. Delle città sabine non restò che Rieti, la qualedopo l'erezione del ducato di Spoleto, incomin- ciato circa il 570, fu per lo più annove- rata nell'Umbria. Nella Sabina il dominio temporale de' Papi cominciò coi Patrinto- ni della s. Sede (^.), già esistenti nel VI secolo e che governa vano col rettore. Nei pontificato di Adriano I il principato del- la romana chiesa si aumentò colla Sa- bina e con Rieti, imperocché travaglialo quel Papa da Desiderio re de'longobar- di, ricorse all'aiulodi Carlo Magno re dei franchi nel 772; onde narra Ijorgia,/l/e- mcrìedi Benevento 1. 1, p. 34)Che prima che Desiderio si portasse a difendere le frontiere del regno italico alle chiuse del- l'Alpi, contro l'esercito de'franchi che gli moveva contro Carlo Magno, alcune per- sone di Spoleto edi Rieti andarono a sog- gettarsi al Papa Adriano I. Nel 778, dopo che l'esercito longobardo fu posto in fu- ga, l'università del ducalo di Spoleto ri- corse a Roma, pregitndo il Papa di pren- derli al servizio di s. Pietro e di farli to- sare alla maniera de'romani, siccome to- sto fu eseguito, a vendo pure il Papa con- fermalo lldebrandoda loroeletto per du- ca. Leggo weW Historia di yer/i; d'Ange- Ioni, p. 77, che dopo la rotta di Deside- rio, colla quale terminò il regno de'lon- gobardijgii spoletini, i ternani ed i reati- ni, al ducato di Spoleto congiunti, anda- rono a Roma, se stessi e le proprie facol- tà commisero alla fede dei Papa , come seguì di molti principi de'Iongobardi re- stati in que' paesi, i quali tagliatisi la bar- ba ed i capelli , dierono presso la loro nazione infallibile segno di veroarrendi- mento. Altre città ne seguirono l'esem- pio, essendo di soverchio stanche de'dan- ni sostenuti. Indi Cario Magno confer- mando le donazioni del padre e dell'avo, ne aggiunse altre e il ducato di Spoleto i5

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col Icnitorio di Sabina. Cos^i Jivenulo A- driano I signore di buona parie d'Italia, Tolle che i popoli codi prendessero , che non sollo tiranni, ma in libertà viveva- no, e lasciò elle ciascuna città a propria vo- glia si governasse, salva la sovranità del- la s. Stde e dell'impero, colia riserva di alcune tasse; e quando insorgevano di- scordie, 1 «correvano al Papa o ai suoi rap- presentanti nelle provincie, i quali colla loro autorità tutto componevano. Osser- va Borgia , che non durò molto questo domìnio pontificio nel ducato di Spole- to, tuttoché Carlo Magno ne facesse do- no alla cliiesa romana, giacché quel du- calo continuòad essere subordinato al re- gno italico, soggetto però a certo tributo alla s. Sede', finché questa ne conseguì pienamente il reale possesso ne'secoli se- guenti. Anche Marchesi dice che Rieti ri- conobbe per sovrani gl'imperatori di Ger- mania, quali re d' Italia, ed i Papi. Nel IX secolo patì Rieti, come la Sabina e le altre circostanti contrade, le infeste irru- zioni de'saraceni. Nel i oS-j Enrico IV im- peratore, prima di portarsi in Roma per fare oltraggio a s. Gregorio VII, ed a ri- cevere la corona imperiale dall'antipapa Clemente III, ne'primi di marzo si fermò in Rieti, come si ha dal placito riporta- to da Galletti, nelle Memorie delle ere ati' fiche chiese di Rieti, ove ripovla altri do- cumenti riguardanti la città e la chiesa reatina. Dalla cronichella di Rieti pub- blicata da Galletti stesso nelle citate .'^/c- Vìorlcy p, 126, ricordata da Marini e igno- rata da Maroni , si rileva che nel i i43 Ruggiero I re di Sicilia dopo lungo asse- dio distrusse la città, ciò che l'Uspergense ri|)orlR all'annoi i5i: nota Galletti, ch'è osservabile l'epoca, poiché nel i i/jB l^"©' giero I si trovava in guerra control mo- ri dell' Africa. Dalla stessa cronichella si lia, che nel 1 1 .TG lieatefuit rcparatiim rum adiutorio romanorum, notando poi In <li»lru7.ionc Milano operata da Fe- derico I inq^cnitoir, che sparso tanto ter- rore per tutta Italia , onde ognuno tre*

RIE mava al suo nome. A'iS agosloi i85 il suo primogenito Enrico VI col mezzodì ambasciatori conchiuse in Rieti gli spon- sali con Costanza figlia postuma di Rug- giero I , di che se ne legge la memoria nell'atrio della magnifica sala vescovile, cum maxima mullitudine principttm et haromim. Che nel 120 1 Reale fuit com- buslum in festa s. Laurenlii lotiun. Che nel I 207 Reale fuit siiccensum plusquatii in medictale. Marini dice che nelle cala- mitàdi tali dueiricendii,non neandò pun- to esente la cattedrale e se ne trovaro- no i segni de'tristi elTetti, oltre il guasto e l'eccidio di tante carte diesi conserva- vanonegli archivi della chiesa e della cit- tà^ ondesi perderono preziose notizie. Nel voi. XI, p. 254,coirautorità di Cecconi, // sagro rito di consagrare lechiese, dis- si che Innocenzo III in Rieti consagrò quelle di s. Eleuterio e di s. Gio. Evan- gelista. Da Fcrlpne, Viaggi de* Pontcfì' ci, si conosce che Innocenzo III nel i ig8 di persona visitò il ducato di Spoleto, che ricuperò alla Chiesa, come notai alla sua biografia, cmanan<Io provvedimenti par- ziali alle sue città, ed a Rieti fu guaren- tita la facoltà di tenere per se la metà di certe tasse, governandosi a comune: In- nocenzo III restituì alla chiesa romana anche la Sabina , luoghi tutti invasi da- gl'imperatori. Nuovamente Rieti soffiì nel 1217 altro terribile incendio, yi^if coni- buslum quasi per lotunt, scrive la croni- chella; con questi replicati iucendii, cer- tamente restarono distrutti i monumen- ti antichi della vetusta città.

Nel 12 K) si portò in Rieti Onorio IH, e mentre vi dimorava impose line alle controversie, che vertevano Ira Pietro vescovo di Sobina e il celebre monaste- ro di s. Salvatore maggiore nella diocesi reatina, determinando qual sorte di giu- risdizione esso vescovo ilovesse avere su alcune chiese soggette al monastero: Gal- letti riporta la bolla degli Hsetlembrea p. i/){). A PnESRpio ne raccontai l'origi- ne avuta in Grccio nel i 22 3 ila s. Fran«

l'i 1 £ cesco, il quale lo celebrò peli.", avendo- gli somministrato l'occorrenle Giovanni Vclela signore del castello di Grecio nel contado di Rieti; poiché in questo vene- rando santuario e ritiroil santo nella not- te di Natale ricevè con ineffabile gioia fra le sue braccia il s. Bambino Gesìx. Il con- vento fu in parte fabbricato da s, Fran- cesco, ed in parte da S.Bonaventura: nel refettorio esiste una bellissima Cena del Signore, che si attribuisce al gran Leo- nardo da Vinci. Nel I225 fu celebre la consagrazione della caltedraledi Rieti fat- ta da Onorio III, che ricordai nel luogo citato; dicendo Ferlone, the il Papa per le sedizioni di Roma in (jue'lempi se ne assentava. Riferisce Marini che la consa- grazione ebbe luogo a' 9 settembre, coi vescovi d'Ostia, Albano, Palestrina, Sa- I)inaeu!tricardinali,edaltri vescovi par- tinnì universa rum /\n occasione della qua- le Onorio III collocò sotto l'altare inag- gioreil corpo dell'inclita s. Barbara, par- te di altri sagri corpi e molle altre reli- quie sante, come si esprime ncU'istromen- to esistente nell'archivio capitolare e ri- prodotto da Ughelli. Mentre Onorio III dimorava in Rieti emanò a*2o novem- bre I 225 quella bolla in favore della di- gnità cardinalizia, di cui parlai nel voi. X, p. 5. Leggo in Galletti, che nel 1226 H'26 settembre risiedeva ancora in Rieti, ed essendo egli contentissimo della fedel- tà de'realini e de' buoni servigi che ave- vano ne'tempi più scabrosi prestati alla chiesa romana, con onorificentissima bui la data in Rieti, riportata a p. iSg, rin- novò i privilegi già loro concessi da Ce- lestino 111 e Innocenzo III, che si erano perduti nell'incendio della città, dichia- rando e confermando, che questa fusse della condizione medesima, ch'erano le città della provincia di Campagna ; per averci reatini difesi i Papi intrepidamen- te anche contro gì' imperatori , con di- vozione stabile e fedeltà costante, rico- nobbe e confermò » civitalem vestram CUOI districtu ci jurisdiclione et aliisbo-

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nis veslris, ad manus nostras et per uos ecclesiae romanae in poslerura duximus relinendos in piena liberiate qua tcnemus ipsas Campaniae civitates quae romanae ecclesiae nullo medio sunt subjectSe. , .. Districliusinhibentesne vostamquam ro- manaeecclesiaedevotosflliosetitumedia- tesubjectos quisquamaudeatsinesedisa- postolicae speciali mandato de celerò mo- lestare, sed vos et vestra sub uostrae de- fensionis clipeo libera de celerò maneant et quieta. Sane prò iis quae de proventi- bus pontis et nialeficiorum judiciì curia percipere consuevit triginta libras sedis apostolicae annis singulis persolveris." A Gregorio IX narrai il soggiorno che fe- ce in Rieti in diversi tempi, e Ferlone di- ce che non trovandosi sicuro in Rotna, nell'aprile i228,passòinRieti. AncheBor- gia, Memorie di Benevento t. 3, p. 200 e seg., riferisce che Gregorio IX, dopoa- vereevitati suspecta aestatis incendia, dì' nioiòorain Rieti, ora in altre città; quin- di ripullulando in Roma la fazione che voleva distrutta Viterbo, presto nepaiti con ritirarsi nel 1 2 34 '" l^^'^li ^ di passò a Perugia, per cui usciti in campo i romani pieni di rabbia, pretesero il giuramento di fedeltà dai popoli del Patrimonio e di Sabina, e di esigerne i tributi. Prima di questo tempo e nel i23i per testimo- nianza di No vaes, già Gregorio IX era ri- tornato in Rieti, partito da Roma a cagio- ne d'uno spaventoso terremoto e per go- dervi aria più pura, indi vi fece la 3.* pro- mozione di cardinali (in settembre con Ciacconio dichiara Cardella) Pccoraria e Sommercote : nel seguente anno, secon- do Ferlone, a'20 luglio da Rieti il Papa scrisse a Federico II di venire a soccor- rerlo contro le fazioni, massime de'roma- ni,forse dissimulando il fomento che l'im- peratore stesso dava all'insurrezione di Roma; poscia Gregorio IX si trasferì a Spoleto. Alla detta biografia riniarcai che Gregorio IX nel 1234 dimorando in Rieti e nel luglio vi fu visitato dall'iui- peralore Federico II, dopo essersi paci*

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ficaio con lui, ricevendolo con reale ma- gnificenza ; e che a' 5 agosto colla bol- la Fons sapientiae^ presso il Bull. Rom. t. 3, par. I, p. 282, solennemente vi ca- nonizzò s. Domenico fondatoredell'ordi- ne de'predicalori. Dimorando Gregorio IX in Anagni, pubblicò una bolla, mi hai. juliiPontlflcatiis anno rir, il cui o- ligiuale con altredi moltodecoro si con- serva nell'archivio segreto della comu- nità di Rieti, nella quale questa città vie- necommendata come l'unica,che nel pon- tificato d'Innocenzo III si mantenne ub- bidiente ai tempi dello scomuniciilo Ot- tone IV imperatore, fi'a tante chealla s. Sede si ribellarono, prompta in fide, et conslans in devotione. Dalla cronichetla ha, che nel 1241, quando già erano ricominciale le guerre e le invasioni di Federico II a danno della s. Sede, quel- l'imperatore assediò Rieti, ma non lo pre- se perchè resistette, soffrendone però gra vissimi danni. Nella medesima si registra nel 1254 l'edificazione della città d'A- quila eseguita daCorrado re di Sicilia, se- condo l'idea del defunto Federico II suo padre, raccogliendo insieme in essa i po- poli de'terrilorii di Aniitcrno e Fnrconio \f^-)j poscia distrutta e rifabbricata da Manfredi bastardo di detto iniperatore. Si legge pure, che nel i 258 fu il terre- moto per tutta Italia. Agitata Roma da perturbazioni, Nicolò IV si ritirò a Rieti nel 1 289 per vedere se si calmavano nel- la sua assenza, non avendo ciò potuto ot- tenere colle sue amorevoli maniere. Dice Ferlone che a'3o aprile era in Roma e che a'G maggio già si trovava in Rieti, vi celebrò la Pentecoste, ed a'2qn)aggio co- ronò solennemente il nuovo re di Sicilia Carlo li, che fece al Papa l'omaggio per Pmveslitura del regno e il giuramento di fedeltà colle medesime condizioni del pa- dre. Altri dicono che Nicolò IV a mezzo di un legato fece coronare in Rieti Carlo Il c<^lla moglie Maria, il quale donòalln CDltcdrale (> oncie cl'oro. A ConoNAziONE Dc'rb, colla tcalimuniunza del Novacs,ct-

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tando egli quella dell'annalista Rinaldi, notai che in detto giorno Nicolò IV co- ronò Carlo 11 nella basilica Vaticana, e non in Rieti che tuttavia il re beneficò; ina ora avendo riscontrato Rinaldi trovo l'abbaglio dell'accurato Novaes: tutti er- riamo 1 Che anzi, scrive Rinaldi, fu coro- nato » non in Roma, come alcuni si so- no divisati, ma in Rieti, ove Sua Santità dimorava, come dimostrano le lettere a- postoliche e i pubblici islroroenti; "quin- di aggiunge: » Dopo la real unzione, Car- lo 11 a perpetua memoria del beneficio ricevuto dal Papa, fece il dono alla chie- sa di Rieti, ch'egli medesimo espresse scri- vendo al governatore d'Abruzzi con que- ste parole: Volendo noi venerare colia dovuta gratitudine la chiesa diRieti, nel- la quale unti prima con olio santo abbia- mo ricevuto di mano del sommo Ponte- fice il real diadema, acciocché la memo- ria della nostra coronazione, a laude del nome divino, quivi perpetua sia, abbia- mo assegnato graziosameute un'entrata perpetua di 20 oncie d'oro da prendersi dalle rendite de'nostri diritti del nostro dominiodi Sulmona, e da distribuirsi nel- la medesima chiesa di Rieti al vescovo e a'canoniui ec."E vicendevolmente la chie- sa fece al re molte grazie e molti doni, e grandi presentì di gioielli e di moneta, e di sussidii di decime per aiuto della guerra di Sicilia. Anche la cronichetta aiferma che fu coronato Carlo II, ma nel 1288. Cer- to è che in tal anno e mese il Papa era inRoma,cioèa'i 5 maggio vigilia di Pen- tecoste, in cui creò () cardinali. Galletti commenta con queste parole la cronichet- ta. »> Carlo 11 venne a Rieti, poiché vi era la corte pontificia. Nicolò IV ne! 29 maggio festa della Pentecoste lo coronò solennemente colla regina Maria sua mo- glie in re di Sicilia, Puglia e Gerusalem- me, investendolo di ((uanto avea goduto il re Carlo I suo padre. Il Muratori met- te (piesto fatto all'anno i2H()." Racconta Ferlone, che il Papa dimorò in Rieti in tutto il 1 28r), e nel seguente tornò in Ro-

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ma, (love morì a'4 apiile.Che a'a i ago- sto 1289 Nicolò IV era in Rieti, lo dissi pure nel voi. XXI, p.iiS. Apprendo da Benoflì, Storia ininoritica p. 1 o3,che nel 1 289 in Rieti si celebrò alla presenta del francescano Nicolò IV il capitolo gene- rale del suo ordine, cui assisterono due cardinali del medesimo, ambi di Acqua- sparta, Bentivetighi e Matteo; accrebbero poi ornamento ai comisii Carlo li redi Napoli e Maria sua consorte, genitori del francescano s. Lodovico vescovo di To- losa, e cadde l'elezione in ministro gene- rale sopra il p. Raimondo Gaufrecli fran- cese. Anche Marini fa testimonianza che la coronazione seguì a'29 maggio 1289, come dell'annua oblazione del re a favore della cattedrale, riportandone il diploma dato in Aquila a'24 giugno. Avendo in- oltre esaminato il novero delle corona- zioni degl'imperatori e de' re, eseguite nel- la basilica Vaticana e descritte dai bene- ficiati della medesima Sidone e Martinet- ti, Della s. basilica dis. Pietro Ijb. i, p. 1 23, non si fa alcuna menzione della co- ronazione di Carlo II, onde ne rimaqe incontrastabilmente tutto l'onore a Rie- ti. Nel 1297 dimorando Bonifacio Vili in Rieti, ed al modo chedissine'vol.XlV, p. 282, LI, p. 36, scomunicò e depose i cardinali Pietro e Giacomo Colonna, i quali simulando pentimento nel settem- bre 1 298 si portarono vestiti da peniten- ti a Rieti, ove furono assolti. Il Ciacco- iiio crede che Bonifacio Vili a'4 dicem- bre 1 298 facesse la sua 2.' promozione di 6 cardinali in Rieti, ma Ferlone e Pan- vinio la dicono eseguita in Roma.

Anche Rietisoggiacque alia rabbia dei guel/ie i;hibellini,epaù molto pei discor- di cittadini, riferendo Marchesi, che es- sendo poi oppressa dalle armi de'secondi, nemici del Papa, Pietro de' Vecchia rei li chiamate in soccorso le genti del re di Na- poli, probabilmente Roberto, trucidò gli usurpatori del potere, per restituire alla cillìi il suo libero reggimento. Dice la cro- nicholta, che ucl i348 vi fu mortalità

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generale in loto orbe, che nel 1 349 '' ^" terremoto per tutta Italia, e che nel 1 356 siarseinRieti das. Nicola fino a s. France- sco, con mezzo paese. Aggiunge, che nel i36o il popolo romano distrusse il ca- stello di Pozzaglia, compreso nella massa Torana; che nel i363 vi fu altra mor- talità; che nel i365 vi fu fame genera- le, valendo il frumento sette libbre quar- tus et spella et riibeum libras tres : iteni vìniim valtiit 20 libbre somma massima, ed in quel tempo vi fu mortalità maxi' ma inter adolescenlulos. Nel i365 inol- tre registra la cvoincheiia, fuerunt grilli et salippuU che rovinarono tutti i frutti; quindi che Gregorio XI venierunt privi' legii in Reale scilicet, quod repomit et affrancavit civitalem Realinam ut in pri- mo.... Gregorio XI respositit civilateni Rtatinam in primo stata scilicet decrecta librede dee sopro anno. Riporta il rista- bilimento della residenza pontifìcia inRo- raa,fattodaGregorioXInel gennaio 1377, dopo che per 6 predecessori era stata ia Avignone, coi cardinali. Chea'2 1 marzo d'ordinedel Papa fu assediato Rieti e si po- se il campo a s. Mario e dopo nel collegio Remondato. » Gens fuit aquilana et pars regami, et in festo B. Mariae Annuntia- tae accessit et fuerunt quing'ce de milia homines cum quatuor milia centum ho> mini da cavallo, et steterunt sex dies.Ia isto tempore fuit defractata turris de pe- de pontis in Reate, quae erat magis alta quam alia pasa plus quam tres. "Narra ancora la cronichetta l'elezione del succes- sore Urbano VI nel 1 368 (de ve direi 378) e dello scisma dell' antipapa Clemente VI I, per la quale occasione la corte e i car- dinuli furono nella massima discordia et Italia inbria remase principale el terri- torio romano. Che nel 1379 a'3o otto- bre a Piediluco d'ordine d'Urbano VI fu ucciso il Auc!i,qninquaginta proniisit a- marani morteni in diversas terras ecclc' siae. Sempre fedeli i reatini alla romana chiesa ed ai Papi, nel burrascoso ponti- ficato di Bonifacio IX, che ucl 1 389 era

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siiccessoaUibanoVIjgIi ofTrirono la gen- ie d'arme, ed il Papa con lettera data a- pud s. Pctriim 4 id. rìtaii Pontif.au. a, ordiiìò ai reatini di tenerla pronta per in- \iaila a Benedetto vescovo di Monte Fcl- lie duca o rettore di Spoleto. Riporta il Marchesi,che divenuto Rinaldi Alfani be- nemerito della Chiesa, per aver difesa e conservala la patria Rieti nella fedeltà pontifìcia, nelle guerre e scisma che so- stenuto dal falso Benedetto XI II lacerava- no l'Italia, fu in mercede di fallocosì glo- rioso costituito vicario perpetuo della me- desima nel i4o8 da Gregorio XII. Rilevo dall'encomiate/i/cerc/ie del ca V.Riccardi, p. 27, che in quel secolo di discordia, l'a- narchia e la violenza reggevano le cose con mano ferrea. Avendo i reatini neli4oo, per togliere l'inondazione della valle rea- tina, incominciato ad aprire un nuovo ca- nale per sostituirlo al Curiano, senza con- cordarsi coi cittadini di Terni di cui è pro- prietà il distretto delle Marmore, che per- ciò veniva danneggiato, il grido di guer- ra risuonò fra'reatini ed i ternani. Quelli invasero la rocca di questi, che ora si chia- ma s. Angelo, e che semidiruta dalla ci- ma del monte rammenta ancora che fu custode degl' interessi di Terni. Il popolo di questa città animato dalla vendetta, dalla utilità propria, e dal desiderio di respingere la forza ingiusta, corse a quel luogo colle armi, e con intrepido corag- gio, dopo aver risoluto nella pubblica a- dunanzade'i 7 agosto i^i'j,eunclumpor- Inni Marmornm ad rnoriencluni. Allora i reatini invocarono l'interposizione di Braccio da Montone, ed i ternani ne ac- cettarono il compromesso. Esaminale Braccio le ragioni de'due popoli, decise quanto narrai di sopra, cioè che i reatini desisteisero dal l'opera cominciala in luo- go apparleiicnlc n Terni; conoscendo poi la necessità d'un nuovo emissario ne stn- IjìFi rdtro, che fu aperto e si chiama an- cora Realino, ma ripieno e nel principio ridollo a coltura: contluccvu l'acqua fi* ito al mezzo della cava Curianu, Da ul-

RIE cuni si nomina ancora emissario Grego- riano, forse perchè principiato sotto Gre- gorio XII, dovendosi tener presente che rinunziò il pontificato a'4 luglio i^i5, ovvero per qualche lavoro nuovo che vi fece poi Gregorio XIII. Non molto dopo il Tevere inondò Roma, per cui si leva- rono alti clamori contro le innovazioni fatte da Braccio nelle Marmore, e si pre- tese che fossero derivate dal suo sdegno control ternani da cui fu espulso; ma l'in- colpazione fu smentita dalla infelicità del- lo scavo, che fra pochi anni divenne in- capace di raccogliere le acque, e si co- nobbe del tutto inutile alla salvezza della valle reatina, di cui la maggior parie fu nuovamente laguna. Calisto 111 nel i/^^S volle prendere cognizione delle differen- ze che passavano fia'lernani e reatini per cagione delle Marmore, ma pel suo bre- ve pontificato nulla fece. Compresa Ro- ma da pestilenza, cagionata da smisurata inondazione del Tevere, Sisto IV parti da Roma nel i47f>con diversi cardina- li, e si recò in vari luoghi: agli 8 otto- bre fu a Piediluco e vi si trattenne due giorni, a* i o entrò in Rieti e vi rimase pei' ben 9 giorni, quindi a'iq ottobre si tra- sferì a Poggio s. Lorenzo in Sabina, a'2 I in Monte Lebete, a*2 2 ioMomentano, ed a'23 si restituì in Roma. Nel pontificato del successore Innocenzo VI l I,per la guer- ra con Ferdinando I re di Napoli, questi fece occupare Rieti, e dal duca di Cala- bria invadere la Campagna romana, on- de il Papa Io dichiarò nel 1 489 decada- lo dal regno. Abbiamo da Angeloni p. 1 58, che nel i4*.)9 ^^ comunità di Rieti inviò un ambasciatore a' ternani, pregan- doli a togliere dalla cava delle Marujoro, dove il Velino fa la sua caduta nella No- ra, alcune pietre giltatevi quattro anni primo, riuscendo di notabile danno ai reatini, ed il pubblico di Terni nell'ago- filo li compiacjpie. Leggo nel Nicolai, tho Paolo III n' 28 agosto i 54f' di persona hi portò in Rieti u veder la cava da lui ordinata^ accompagnato da tutta la su.i

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fiiiiii^lin, da 4 cardinali, dairaiiiLasclalo- rc di Spagna e da molli vescovi. Aggiiin- i;o col Riccardij cli'èfama aver facilmen- te Paolo 111 accordalo il nuovo emissa- rio ai realitii per mezzo dei Farnesi suoi iiipoli signori di Canlalice e Civiladuca- le, perchè anche i loro lerrilorii soffri- vano gravissimi danni dal rigurgito delle acque Veline. Nel iSyS i reatini volendo eseguire l'esca vazione delle Marmore, ne don»andarono il consenso a Terni, ma non ehbe luogo. Gregorio XI 11 nel iSy 6 fon- dò in Rieli un con ven lo ai frali piedica- lori, come luogo ov'era stalo canonizzato il loro istitutore.Dal citato Nicolai sono istruito, che Clemente Vili a'i6 aprile I 598 volle recarsi a Terni per vedere i lavori da lui ordinati nel i5c)6 per di- seccare la valle reatina, che solcata da 3 emissari era sempre paludosa poco meno che prima; e montato in barca per poter megliogirareper tulio, prese in sua com- pagnia i cardinali Passeri suo nipote, Far- nese, Montallo, Sforza, TVIonti, Cesi, Bor- romeo, Bianchetti, Baronie, Arigoni, Bor- ghese poi PaoloV,rudilore generale del- la camera, insieme a molli altri prelati e signori del corteggio. Dice Riccardi che il Papa vi si portò recandosi a Ferrara (F.), e si trattenne in Piediluco, e vide la prima mossa delle acque nella nuova cava; e che Fontana fu il direttore e l'ap- paltatore dello scavo. Nel pontificato di Paolo V insorse guerra tra Rieti, e Can- lalice luogo del limitrofo regno, ed a se- darla il Papa vi mandò Domenico Zi/i'a- rola {V.), poi cardinale. Rieti restò som- mamente danneggiata dal terremoto del 1785, e ne soffrì anche la cattedrale per cui si operarono riparazioni. Dopo l'in- vasione de'repubblicani francesi, questi comandati dal generale Lemoine, nel di- cembre 1 799 presso Rieti sconfissero l'e- sercito napoletano composto di4ooo fanti e di 800 cavalli, e loro presero 33 can- noni, molte munizioni e prigionieri. Toc- cai di sopra le vicende politiche della do- minazione imperiale francese, e del rista-

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biliu)enlo del governo pontificio, come dell'erezione della delegazione apostoli- ca di Rieti. A' 7 marzo 1821 nelle vici- nanze accadde il combattimento tra gli austriaci conjundati da Geppert e VVal- nioden, ed i napoletani carbonari capi- tanati da Pepe. Nell'insurrezione de' li- berali deli83i, di gran parte dello sta- lo pontificio, Rieti non smentì l'epigra- fe eh' è nel suo slemma: Sempre fede- le. Ed infatti si legge nel n.° 1 o delle Nq' tizie del giorno di Roma i83i. « Rie- ti 9 marzo. Jeri al primo albeggiare coni parve a tiro di cannone da questa città una numerosa orda di ribelli condotta da Sercognani, ed intimò la resa. Co- me esigeva il dovere, ne fu negativa la risposta. Alle ore i5 cominciò il fuoco, alla quale questa prode guarnigione ri- spose con vigore. Esso durò per ben 3 o- re, al termine delle quali Sercognani fe- ce nuove intimazioni di resa alla città, ac- compagnatedapiù gravi minacce. Il luo- gotenente Impaccianti, siciu'o del valore di questa brava guarnigione e del suo co- mandante il tenente colonnello Bentivo- glio, non che del buono spirito degli abi- tanti, rigettò la proposizione con indigna- zione ancor questa volta, e si diede prin- cipio nuovamente al fuoco, che non cessò se non all'imbrunir della notte. I ribelli hanno spedito in Terni su di carri coper- ti oltre a \o fra morti e feriti. Noi non abbiamo a deplorare che la perdita d'un reatino colpito da una palla di cannone. 11 nemico sia ritirandosi." Nel supplemen- to del n.° 20 è detto, m Rieti 12 marzo. Tutta la nostra pianura è stata sgombra- ta dai ribelli, che si sono diretti a Terni ritirandosi in fretta". Nel n.° 2 5del Dia- rio di Roma i83i si loda il valore e la fedeltà del conte Bentivoglio, la pruden- za deiravv. Impaccianti, lo zelo paterno di mg.*" Gabriele de'conti Ferretti vesco- vo di Rieti, come quelli che ruppero sot- to le mura reatine le minacciose orde dei rivoltosi, per l'opera e per la mana di po- chi bravi soldati e di molti cittadini ve-

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lonlerosì di spargere il sangue per la re- ligione, pel trono pontificio e per la pa- tria, cui liberici vera è di esser fedele ad un governo veramente paterno e bene- fico. Papa Gregorio XVI si dimostrò gra- tissimo con Rieti e coi nominati perso- naggi in promuoverli a maggiori onori, ricolmando la città ed i cittadini de'più giusti e ineritati, afTetluosi e solenni en- comi, il perchè, riferisce il n." i4 delle Notizie del giorno 1 83 i , che a'4 aprile la deputazione della città di Rieti, com- posta de'raarchesi Adriano Canali gon- faloniere, cav. Angelo M." Ricci, conte Giacinto Vincenti Mareri presidente e de- putato della nobiltà, Filippo Rosati de- putato della cittadinanza e del popolo reatino, fu presentata a Gregorio XVI dal reatino mg.r Cappelletti governatore di Roma. Fu lo stesso prelato accolto dalla Santità sua con tal degnazione, e i di lui benemeriti concittadini ricevuti con tal distinzione di sovrana clemenza, che que- sta sola dimostrazione sarebbe loro ba- stata di glorioso e dolce compenso a'pas- sati pericoli. Delle vicende politiche del 1 849 dello slato ecclesiastico, che furono comuni anche a Rieti, ne trattai all'arti- colo Pio IX, dicendo ancora della guar- nigione spagnuola e del ristabilimento del governo pontificio e del prelato de- legato, dopo l'infelice e breve repubbli- ca, il i."peroperadi mg.'Girolamo d'An- drea ora cardinale, il 2.° nella persona di mg.' Tancredi liellà.

Sulla predicazione del vangelo in Rie- ti, ed origine della sua sede vescovile, ec- co quanto dichiara YU^wW'ìylialia sagra I. I , p. 1 t ()4: lìealini episcopi^ la cui se- rie però si vuole inesalta e mancante di liiolli vescovi per testimonianza delp. Ma- runi, del p. ab. Gallelli e di mg.' Mari- ni. » Post romani imperli dcclinationem (Reale) rouianorum Pontiiicum imperio |MU'UÌt. Ejukdom uiiti(|ua ecclesia est, at- «]ijc iiutucdiutu unum romunurum Poti- lilicuin reverctur, in suUiiiguneisRoma» iiaeproviiicMC, ccLtcfciuci|nc cuuuumcra-

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la (tuttora è immediatamente soggelto alla s. Sede il vescovato di Rieti, detto anche di s. Maria). Primi ejus civitalis episcopi nomen intercidit, sive scripto- rum injuria, si ve inj uria temporum, quae clarorum virorum monumenta debellai: constai tamen, idque ex salis firuìa con* jectura, jam inde ss. Apostolorum prae- dicatione christianis sacris Reatina in ci- vitateaì fuisse initialam, nipote llomae propriorem. Celebrai lameii traditio a- pud realinos populos s. Prosdocimuui primum Palaviuae civitalis episcopum , ipsi evangelium inlulisse, in cujus rei ar- gumentum has conjecluras allerunl, ali- quos urbis Reatinae antiquos nummos, illius sancii effigie percussos reperlos, ec- clesiam Apostolorum principi ab ipso cou- secratam, Iradilionem vìgere a patribus traductam ad posteros, eum sanclum rea- tinos fide Christiana imbuisse, primuni' que episcopum fuisse. Ecclesia cathedra- lls B. Virgìnis Assumptae cousecrala est, Paschalisque II temporibus cum injuria ' temporum collaberelur instaurala. Fa- ma est, illam a s. Prosdocimo inchoalam, ac postea an. 1 ii^ ab Ilonorio 111 die 1 i seplembris cohonestantibus pompam ali- quotcardinalibus, consecratam ". All'or» ticolo Padova, parlando di s. Prosdocimo, dissi che greco di nazione ne fu i ."vescovo, per avervi promulgato il vangelo d'ordi- ne di s. Pietro che l'ordinò nell'anno 46, dopo aver fondata la chiesa di Rieti, dice rUghelli. Abbiamo FuusU Aut. liJuroni excler. reg. schol.piaruin,Coniincnlarius de Ecclesia et Episcopis Realinis in quo Ughclliana series emcudatiir, conlinua' lur,iliustralur,l\.onvMii'jC)Z. Riferisce che s. Prosdocimo costituito da s. Pietro 1.° vescovo di Rieti, innanzi che fondasse la chiesa di Padova, è antica tradizione con- testata,sebbene da un sigillo di Rinaldo vescovo di Rieti del li.To, si veda l'elli- gìe di R. Prosdocimo vestito pontificai-* niente, con intorno l'epigrafe: s. Prosdo- ciinus Eccl. Hcul. Fuiid. Nou pertanto avverte il vescovo di Rieti mg.' Alunni,

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Memorie dis. Barbara^. 1 07 e a 1 3, che <lcllti tt'iulizionì popolati, priiicìpalmen* le se sono di fatti limaiciievoli e costan- ti, deve farsi sempre gran conto, per le l'iigionl che adduce, hicominciando dalla cattedrale, egli opina, che chi pretende es- sere la parte inferiore, che dicesi la Grot- ta, de'tempi di s. Prosdocimo discepolo di s. Pietro, prende abbaglio, perchè o- pera del vescovo Benincasa. Non inten- de recar pregindi/.io alla sua chiesa, alla tradizione per cui s. Prosdocimo è veneralo in Rieti per primo suo vescovo, mandato da s. Pietro a predicarla feda di Gesù Cristo, sebbene passasse poi a Padova. Non sa indursi però a credere cui p. Maroni favolosa la tradizione, qua- lora si voglia intendere la cosa nel senso debito, cioè nel modo(dichiarato dal ce- lebre Scipione Malfei e allegalo dal p. Ma- roni a p. 4)) con cui dagli apostoli era- no spedili i discepoli ad annunziar 1' e- vangelo alle genti, e come questo comin- ciò ad abbracciarsi, e per qual ragione i primi banditori si possono considerare in alcune città pei [)rimi loro vescovi. Certa - niente alle nazioni, non alle città partico- lari, molto meno a quelle di non gran no- me, venivano spediti i discepoli, questi aveano il ristretto oggetto d'una sola po- polazione, come notò Tomassini, De. vel. et noi'. (ìiscip.j sebbene le provincìe e le città capitali non isfuggivano dagli occhi loro. Ciò supposto, molto meno potea da s. Pietro o da'suoi discepoli rimanere tra* scurata Rieti, che oltre l'esser capo di tut- ta la Sabina, è città celebre presso lutti gli scrittori, ed a Roma tanto prossima. Se dunque si è serbala in Rieti la tradizio- ne di venerare s. Prosdocimo come suo i.° pastore, non deve riputarsi una fa- vola; tradizione che fu reputata assai dal ven. e dotto autore di tante opere, mg.' De Vita vescovo di Rieti, la cui chiesa di s. Prosdocimo ne celebra la memoria con messa, uflizio proprio di rito doppio e la diocesi l'anniversario. Avendo s. Alarco discepolo di s. Pietro e diverso dall'evali'

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gelista predicalo il vangelo agli equicoli e marsi confinanti, onde considerato i ° vescovo di Marsi, cosi può ritenersi per Rieti s. Prosdocimo, ad onta che passas- se a Padova. Aggiunge Marini a p. 2i5. « Anzi se avessimo documenti dimostra- tivi, che di que'primi lumi che mandò Dio agli equicoli per mezzo di s. Marco, furono precisamente partecipi e resero frutto in quelle popolazioni, che in Cico- li (paese degli antichi equicoli) sono sem- pre state oves paschuae meae, come può credersi, perchè appunto confinano eoa i marsi; non sarebbe da riprovarsi il sen- timento di chi credesse, che dopo o pri- ma di s. Prosdocimo, fu questo s. Marco o a.°oi.° vescovo di Rieti. In tal caso, co- me il lodato Baronio lo dice vescovo de- gli equicoli, e la Reggia Marsicana lo di- ce dì Marsi, cosi dire polrebbesi anche di Rieti. " Altra cosa è fondazione di chie- sa o sia di vescovato col ripartimento e confini della Diocesi (^.), altra cosa è principio di vera religione e di culto del vero Dio in una popolazione. In questo secondo senso non sembra fuor di pro- posito e da reputarsi favola, che o s. Pro- sdocimo, o forse anche s. ìMarco si deb- bano considerare pei primi vescovi diRie» ti, con avervi gettato il mistico seme del- la fede.

11 p. Maroni, dopos. Prosdocimo noa registra s. Probo del 33o secondo Ughel- li, ma egli lo reputa floritocirca la metà del V 1 secolo, per concordare quanto di- ce s. Gregorio I,nel pontificalo del qua- le e verso il SgS fu vescovo Albino, di- verso dal cardinale contemporaneo di tal nome. Laonde il p. Maroni ecco come de- scrive la seriede'primi vescovi: s. Prosdo- cimo, indi Probino o Probiano, Orso, s. Probo, Albino, Gaudioso che nel GSoin- tervenneal concilio di s. Agatone, Adria- no, Teuzone del 753, di cui parla anche Galletti a p. iZi , essendo nominato in molti documenti farfensi.Isemondoolser- mondoi." è nominato in una donazione fultu alla chiesa di Rieti daTcudicio oTea«

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(ìoiico duca di Spoleto del 772 circa. Agio tbbe a successore Sinuakio del 776, poi piobabilmente per di lui rinunzia Gui- berlo o Guicperlo del 778, e quasi nello slesso tempo Pietro, nel 780 altro Gui- ))erto, sui quali due ultimi va letto quan- to ne scrive Galletti, a p. 20 , ed anche Falteschi, p. 146. Lungo sarebbe se do- vessi riportare i minuti dettagli di tali storici su cir.scuno de'primi vescovi, per gli alti cui intervennero, o per qualche chiesa o beni di cui facevano acquisto, o permute, o cessioni, ovvero ricevevano in donazione , nella maggior parte riguar- danti l'abbazia di Farfa,da duchi, re e im peratori, non senza molte incertezze, ra- gionando di tanti diplomi e antiche car- te talvolta con date Jubbie; mentre il det- to Pietro dal Maroni si vuole vescovo di Sabina o di Foronovo (/^.). Alefrido del 794, Isemondoolsermondo2.°neir8 I i, dopo il quale cvvi un vacuo almeno dal- 18 iG air853, in cui sedeva Colo o Colo- no i.°, della quale vacanza fa testimonian- za anche Angeloni,siccomecomunea Ter- ni; esempi clie nel secolo IX s'incontrano eziandio nelle circostanti sedi vescovili, a motivo delle frequenti incursioni e de- vastazioni de' saraceni, per cui i pastori restavano dispersi o non si provvedeva alle vacanze per tante calamità. Neir877 viveva Teuderado o Teudardo, nel qual teinpo fa confuso un Giovanni Arclinus con Reatiims, essendo vescovo d'Arezzo. ìi' dubbio Riccardo deir887, altro Colo hi ha nel 922. Con questo subentra a ret- lifìcarc le serie d'Ughelli e del p. Alaro- iii, ed anche correggendo Galletti, il ve- scovo Marini, riordinandola così a p. 228 e »eg. Colo 2." nel 922, Tofo 924, Pie- tro 928, Tebroldo c)\'ì, Anastasio q\^, Alberico 9G9, KUlebiddo 975, Giovanni 982, Giocondo nctio33 morto sul prin- cipio del io5o, s. sedis Realinae cecie- tùie venerabili rf>iscopn , Gerardo già ve- scovo nell'aprile di detto anno, in cui in- tervenne e <ii Holtoscrifvc ni concilio re- mano tenuto da s. Leone IX. Oiteitti e

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quel vescovo che consngrò o commise la consagrazione della chiesa di s. Maria di Anlrodocoa'2G ottobre i o5 1 al pirele del- la medesiniaTeubaldo e non vescovo rea- tino. Nel 1 094 Raniero, dopo il quale Be- nincasa. Questo benemerito e muninoo vescovo nel 1 1 09 cominciò dai fondamen- ti l'attuale chiesa cattedrale, tanto infe- riore che superiore , fuori delle cappelle e poche addizioni, fabbrica disegnata in modo che comprendeva la costruzione doli' una e dell' altra, che vengono a for- inarcuna solafibbrica, come ocularmen- te si conosce. Inoltre avverte Marini, che quella chiesa pubblica che esisteva in Rie- ti, qualora stata vi sia prima di Costan- tino o sotto di lui, non è quella che oggi esiste e dicesi Grolla o Chiesa inferiore, anzi neppure quella cheuQìciavasi nel se- colo in cui la città ebbe la gran fortuna di avere il corpo di s. Barbara. Bensì l'odier- na cattedrale nella parte supcriore non restò compita , se non quando fu consa- grata nel 1225, e forse non fu resa atta ai divini uffizi fino a quel tempo, ritardo provenuto dalla sua estensione e magni- licenza, come dalle narrate disgrazie pa- tite da Rieti. La chiesa inferiore poi as- sai ristretta , si conqiì alquanto prima , cioè verso il 1 i 57, quando Dodone potè consagrarla, dedicando il maggior altare alla B. Vergine ed a s. Bartolomeo apo- stolo, oltre altri santi. 11 titolo di s. Barto- lomeo può credersi derivatodall'oblazio- ne che nel i i i 2 fece al vescovo Benin- casa , certo Bonomo di Monte Gamba- ro. De'3 ultimi vescovi Gerardo, Ranie- ro i.° e Benincasn, lascia in dubbio il p. Maroni sotto di chi seguisse 1' unione a Rieti della diocesi A'Ainilerno (/^.), di cui non si trovano più i vescovi dopo Lodo- vico, che si sottoscrisse col nominato Ge- rardo nel concilio romano del 1 09^ di Ni- colò II. Una carta però del 1094 ripro- dotta du Marini fa certi che l'unione se- guì u'iempidi Baniero, come del penti- mento del conte Gentile usurpatore del- le decime the pel contado d'Ainilcruo si

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(loveanoal vescovo di Ridi; loccliè prova clic la giurisdizione episcopale di Ridi si estendeva colà jìiima ancora di lale epo- ca. Vedasi Giovanni Marangoni, Ada s. f^iclorini ep. Amilcrnl et in., alqne de e- jusclcni 83 sanclorum I\1M. Antilerneii' siani coenielerio prope Aquila in Feslinis hist. dlssert. cimi append. de Coenielerio s. Saturnini via Salaria, et monurii. ex codeni aliisque s. coerneteriis Urbis nu- per tffbssisj^omae i </ ^o. Successivamen- te furono vescovi di Rieti e A «ni terno, Teuzo, Colo 3.°, Gentile, e Dodonecister- ciense, al quale nel i 1 53 spedì amplissimo ])iivilegio Anastasio IV, che si ligge nel- rUghelli,ov'è descritta l'unita diocesi d' A- miteruorqui noterò, che dipoi ad Aquila Alessandro IV unì Furconio, e Clemente IV Amiterno. Questo è il celehre Dodone consagraloie della chiesa inferiore della cattedrale r/;)''^/rtw;,che nel i i 70 consagrò le chiese di s. Vittorino e di s.Pietro d' A mi- terno, che neh i 79 intervenne al concilio generale diLaterano III, e che ottenne am- pio privilegio dall'imperatore Federico I perse e successori. AI suo tempo morì ilb, Bulduinode'tonti disiarsi monaco cistcr- ciense e amico di S.Bernardo che gli scris- se parecchie lettere, e fu sepolto in catte- drale. Dopo furono vescovi Settimio Qua- rini bolognese, indi Benedetto deli 182, poi AdinolfoSecenari nobile reatino.sotlo del quale erroneamente il p. Maroni, seb- bene ne dubiti, riporta l'assedioedistru- zione di Rieti eseguita da Ruggiero I, ciò che rimarcò pure il Marini, mentre A- dinolfo governò dal I iqS ali 209, laonde sembra anche erroneo il codice prodotto da Ughclli su questo proposito a p. 1202, Kel voi. XXXil, p. 257 notai, cliel'An- gelotti, citando l'archivio capitolare, pre- tese che il cardinal Ugolino poi Grego- rio IX, fosse stalo vescovo di Rieti, ed io credendo esatto Ughelli in questa serie, gli opposi il silenzio d' Ughclli stesso , e qui vi aggiungo quello dogli altri scrit- tori reatini. Dopo Adinolfo, fiorì nel 1 2 i 5 Rinaldo I. "benedettino, che a'sGscttein-

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bre consagrò la chiesa di s. Sebastifino «li Monte s. Giovanni : il p. Maroni e al- tri ritardano il suo vescovatoali2 iG. Nel I 227 Odone, secondo Ughelli, e al dire /.lei p. Maroni nel 1 233 Raniero 2.°, Gio- vanni del i236,iodiRaniero3.°delquaIesi ha l'istromento del 1 249 per la lite agitala con Bono Comes Reatinae urbis praetor intendit de equo cuiRaynerius insederai, cuni prìinuni urbeni ingressus est: quein sibi debiliini ex antiquo more idem prae- tor contendebal. Segue Rinaldo 2.'', per testimonianza del p. Maroni; Ughelli po- ne nel i25o fr. Domenico de'predicato- ri, nel I252 Tommaso correttore delle lettereaposloliche, neh 2G5 Goffredo giù di Tivoli, neh 278 Nicolò III vi Iraslalò da Sora Pietro Gerra di Ferentino , poi arcivescovo di Monreale. Nel 1286 An- drea già di Sora, al quale e al capitolo Nicolò IV diresse quel diploma che U- gheili a p. 1206, in memoria d'aver coronato nella cattedrale Carlo II e la re- gina Maria. Nicola cistcrciense nel i 296 rinunziò a Bonifacio Vili, il quale nel 1299 sostituì Giacomo Pagani relloredi diverse Provincie ponlificie.ov vero secon- do il p Maroni dev' essere preceduto da Berardo; quindi neIi3o2 Bonifacio Vili vi trasferì da Nepi fr. Angelo, che mor- to neir islesso anno, subito il Papa fece occupar la sede da Giovanni Muti Pap.iz- zurri nobile romano, sotto il quale Car- lo II confermò i beni che la chiesa rea- tina possedeva nel suo limitrofo regno. Nel 1 32G Raimondo vicario di Roma per Giovanni XXII, il quale ricevette in A- vignone il processo da lui compilato con sacerdotale coraggio e senza temere il ri- seutimenlo di Lodovico il Bavaro, contro l'antipapa Nicolò ^'(^.)da Corvaro dio- cesi di Rieti. Giovanni vescovo morì nel i33q, ed il capitolo elesse Tommaso ca- nonico della cattedrale , che Benedetto XII confermò. Nel i 392 Raimondo d'Or- vieto vicario di Roma. Neh 347 ^^ ^*' ccnza passò a questa chiesa fr. Biagio dei minori di sommo iclo. Nel 1378 Bario-

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lomeo Mezzavacca (A^.), poi cardinale; nou lo fu Pietro de' Tar^rtri (A'.) suppo- sto anche cardinale dall' Angelolli e da altri scrittori. Lodovico Teod ora ni de AU i'aui di potente famìglia reatina nel 1897 fu fatto vescovo da Bonifacio IX e perì infelicemente vittima d'una congiura; gli successe neli4oi Lodovico Cicco di Co- la de Bonaventura Teodorani, che visse sino al 1436: il p. Maroni corregge U- ghelli e de'3 Lodovichi riporta e ricono- sce i detti due soli.

Eugenio IV neli 438 traslatò da Man- fredonia Mattia de Fusci governatore del- l'Umbria. Nel 1450 Angelo Capranica (/^.) già d'Ascoli e poi cardinale, ottimo vescovo, costruì il portico della cattedra- le. Nel 1468 Domenico Lutani reatino, governatore dell'Umbria, di Perugia e di Cesena. Giovanni Colonna [F.) cardi- nale nel 1480 amministratore perpetuo, in teinpo del quale Alessandro VI nel i5o2 smembrò dalla diocesi di Rieti Ci- vita Ducale (/^.)con immenso rammarico del cardinale e l'eresse in vescovato. Morto il Pupa, il cardinale ricorse a Giulio II, il quale nel 1 5o5 reinlegròRieti de'suoi di- ritti, ma essendo morto il cardinale nel i5o8 Giulio II ripristinò la sede di Ci- vita Ducale e il vescovo. A Rieti nominò Pompeo Colonna(F.) poi cardinale, che ribellatosi al Papa, questi a' 29 ottobre l5i2 lo spogliò di tutte le dignità e die Rieti in amministrazione ni cardinal Re- nalo Pria o Piic(/'.)j però Leone X nel 1 5 1 7 reintegrò il Colonna anche della se- de reatina, cheneliSao rinunziò con re- gresso al nipote, Scipione Colonna. Nel iSlc) Mario Aligerio reatino prolegato di Bologna e preside di altre provincie e città, nunzio a Carlo V, sapìcutemen- te governò. Neh 555 Gio. Battista Osio rumano, fu ul concilio di Trento: per le bue luvide luaniere, alterigia e per altri molivi che si |>OK'<Qnu leggere in Ciirdob lu, Memorie storielle de canlinaU l. 5, |i. iHe seg., hencht; datario e scgretariu du'mcruuriulidi Paole/ IV, venuto u quc-

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sti in sospetto lo tenne 4 ^^ni prigione in Castel s. Angelo, come narrai ne' voi. XIX, p. j34, XLIV, p. 189, XLIX, p. 259, correggendo il p. Carrara che nel- la l^'ita di Paolo IF ì' avea confuso col celebre cardinal Osio. Marc' Antonio A- nitdio (/^.) cardinale nel i562 beneme- rentissimo, principalmente pel seminario ch'egli fondò il i.° fra'vescovi, dotandolo ancora co'suoi capitali d'un fondo di scu- di I ODO in tanti luoghi dimonte. Nel i S'jl s. Pio V vi trasferì d' Amelia Mariano Vettori reatino nobile e insigne, di mol- ta dottrina e vasta erudizione , restituì alla loro lezione tanti testi di s. Girolamo stati adulterati, nelle illustrazioni delle sue opere, autore del mss. De antiquiia- tibus Italiae, et urbis Reatisj ma poco la patria potè goderlo, morendo nell'istes* so anno, in cui gli successe Alfonso Gio. M."" Binarini bolognese, traslato nel 1574 a Camerino. Gregorio XIII gli surrogò il comune concittadino fr. Costanzo Vin- cenzo Bargellini conventuale, che passa- to a Foligno neh 583, gli successe l'altro bolognese Giulio Cesare Segni che gover- nò sino ali6o3. Gio. Contede Desideri di Norcia morì nel 1 6o4; iudi fr. Gaspa- re Pasquali di Monreale conventuale pio e integerrimo, già di Ruvo. Nel iGii il cardinal Pietro Paolo Crescenzi (F.); nel 1621 da Tivoli fu traslato Gio. Battista Toschi di Reggio di Modena; nel iG33 il cardinal Gregorio iVb/'o(/'''.)j neliG35 da Cervia qui passò il cardinal Gio. Fran- cesco Guidi Z?(Zg'/io(/^.) benemerito e di- ligente pastore,che rinunziando nel 1689, Urbano Vili nominò Giorgio Bolognetti nobile bolognese, già d'Ascoli in regno , nunzio in Francia ; fornito di gran pru- denza, celebrò il sinodo, costruì l'archi- vio, ridusse in miglior form;i e ornò l'e- piscopio, ampliò il giardino. Nel 1 6G0 il cardinid Oilourdo / ecchiarelli (f^ .) vttX' tino, ottimo vescovo; [)er sua morte nel iG(>8 amministratore il cardinal Giulio Guhridlt (A.) vescovodiSabina.Nel 1G70 Ippolito Vinceutiui nobile di lliuti, loda-

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lo vescovo; nel 1707 Francesco M.* Ab- bati nobile pesnrese, liaslato nel 17 io a Cnrpentrasso, onde neli7i i gli successe Bernardino Guinigi nobile lucchese, già iiimtio apostolico e preside, lodalissimo pastore, che celebrò il sinodo, trasferito alla patria per arcivescovo: con questi neirUghelli termina la serie de' vescovi, che proseguirò col p. Maroni. Genedelto XI II neh 724 elesse fr, Antonino Camar- da di Messina domenicano , celebre per dottrina profonda e per le opere, massi- me suir Elezione del Papa j tenne due sinodi, rinnovò alcuni monasteri di reli- giose, ampliò con magnificenza il senìi- Dario, restaurò e abbellì l'aula vescovi- le, fondò l'orfanotrofio delle donzelle che poi costilm suo erede, e pianto da'poveri mori nel 1754. Benedetto XIV vi pro- mosse Gaetano Carli nobile di Comac- chio dotto e prudente, vigilante pastore, ristorò il monte di pietà con ottime leg- gi. Clemente XIII nel 1761 die alla pa- tria per vescovo Girolamo de' marchesi Clarelli encomialo, e col quale il p. Ma- roni termina la serie che compirò colle Notizie di Boma.\']Q>^ Giovanni de Vi- ta di Benevento, santo e dottissimo, au- tore dì diverse opere, il cui nomee inbe- nedizione per gli esempi lasciati di virtù e di beneficenza. Nel n." J\^f}iQ\\'Ej[fe.me' ridi letterarie di Roma del 1 778, si loda la sua profonda e vasta erudizione nel darsi conio delle pubblicate Omelie ed al- tri sermoni pastorali predicati da mgS Gio. ec, Romaei772. Meglio dal n.°47 del I 774 si encomia l'illustre prelato nel parlare de'suoi Soliloqui a Clementi XI f'^ f//rrt^ff,Romae 17 74, riportando l'elenco di 2 I opere stampate e di 7 mss. Tra le prime noterò: Istituzioni de' rhierici con- viventi ne' seminari vescovili^ De origine, et /lire decimarnm ecclesiaslicariunj The- saurus antiquitalum Beneventana rum t. j j-yEpi stola pastoralisj Notificazione per lo stabilimento della cong. degli ecclesia' stiri chiamati Amanti di Di o^ ed erezione della nuova cong. de' giovanetti secolari

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chiamali fanciulli di Gesìi e Maria nel- la città di Rieti, ivi per Gaspare Orsini, il qualestampò ancora altresue opere. E- ditto per la riforma delle confraternite ed altre pie radunanze della città e dio- cesi di Rieti; Regole di vivere per le per- sone ecclesiastiche j Regole del semina- rio Reatino j Regole per il conservatorio delle orfane di Rieti. Abbiamo, Fita dei servo di Dio mg. Gio. de Vita vescovo di Rieti, ivii83r. Gli successe nel 1775 Vincenzo Ferretti nobile anconetano. 177C) Saverio Marini di Pesaro zelante pastore, autore di opere pregiate. 18 14 Carlo Fioravanti nobile romano. 18 18 Francesco Saverio Pereira romano, Iras- lato daTerracina, Sezze e Piperno. Leo- ne XII nel 1824 elesse il suo degno a- mico il dottissimo p. Timoteo Maria A- scenzi carmelitano calzato di Contiglia- no diocesi di Rieti , professore di teolo- gia morale e membro del collegio teolo- gico dell'università romana, quindi nel concistoro de'2 I maggioi827 lo trasferì a Osiino e Cingoli, ove assai compianto mor"» nel seguente anno con dolore del Papa, che avea stabilito di premiarne le virtù e la profonda scienza colla dignità cardinalizia , come dichiarai nel voi. X, p. 58. Di fatti leggo a p. 5 della Ulemo- ria 13.' del marchese Bruti Liberati, ch^era stalo destinato a portargli la no- tizia e il berrettino, in un al cardinal Riid- nay, il cav. Neroni di Ripalransone, ma r illustre prelato morì alcuni giorni pri- ma del concistoro. Lo stesso Papa e nel medesimo concistoro gli die in successo- re mg. "^Gabriele de' conti Ferretti tl'y^^- cona {V.)y che Gregorio XVI in premio del suo zelo pastorale e per avere gran- demente contribuito alla difesa di Bieli contro i liberali ribelli, successivamente fece nunzio di Napoli, vescovo di Monte Fiaseone (/^.),arcivescovo di 2^?rmo (f.) e cardinalejdal Papa legnante suo paren- te fitto segretario de' memoriali, legalo d'CJrbinoePesaro,e di Ravenna, segreta- rio di statole da ultimo penitenziere ntag-

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giorc. Inolile Gregoiio XVI nel 1 833 fe- ce vescovo il reatino cardinal Iknedelto Cnppellelti [F.)j e neh 834 '"S-' f^'''p- tie'conli Curoli di Faenza, già udito- re delle nunziature di Baviera, e di Li- sbona nel Portogallo {f"-)- l'er sua mor- te Pio IX nel concistoro di Portici de'28 settembre 1849 dalla chiesa di Forlì, in cui l'avea promosso Gregorio XVI, tra- sferì in cpjesla l'attuale mg/ Gaetano Car- letli di Feirara, saggio, zelante eottimo pastore. Ampia è la diocesi, poiché si e- stcnde per circa 80 miglia di territorio, conlenendo 22 5 luoghi, come leggo nelle proposizioni concistoriali de'due penulti- mi vescovi, essendonell'ullima detto per i.>baglio 25. In essa vi sono i(ò^ parroc- chie, e 4 chiede collegiate. Fuori di Rie- ti è rinomato, oltre il santuariosummen- tovalodi Grecio, quello di Fonte Colom- bo de'minori riformati, dove è tradizio- ne che s. Francesco d' Asisi ricevesse la s. regola dal Signore pel suo meraviglio- so ordine Francescano [F .). Ogni nuovo vescovo è tassato in 3oo fiorini, essendo le rendite della mensa circa scudi 25oo. RIEUX, Rh'i, Rhenae, mia de Rivìs. Città vescovile e antica di Francia nel- l'ulla Linguadoca, dipartimento dell'al- ta Garonna, circondario e capoluogo di cantone, a più d'8 leghe distante da To- losa et 85 da Parigi, sulla sinistra spon- da della Reze,che poi si scarica nella Ga- ronna. Non ha di osservabile che il cam- panile della Sila vetusta cattedrale della lì. Vergine, di stile goticoedi straordi- naria altezza. Vi si trovano f.ibbriche di panni grossi, maiolica e mattoni. Ne'din- torni si ammira bella cascata d'acqua, ed min grotta che sorprende per rdcvazio- ne e la profondità. Non era che un ca- ^lello circondato d'alcune case, quando («iovoiuii XXII nel i3i 7, elevando hi par- rocchia in cattedrale, lo dichiarò città e il paese ducato, erigendolo in vescovato sullnigaiico della metropoli di Tolosa , con resiileu/a del vescovo in Itieux. Per i."fciM;ovo il Piipn ufò Pcloforlodi Ra-

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hasfcnx {F.) che poi creò cnrdinrilc, cui successero i ii[)orlati dalla GnlUa Chri- stiana: ne furono ultimi Gio. M.'\le Ca- slellan di Tolosa del 1748, e Pietro Gin- sep[)e de Laslic di s. Flour del 177 ij il quale rinunziò nel 1 801 in conseguenza del concordato per cui Pio VII soppres- se il vescovato. 11 capitolo era composto di 5 dignità, di 12 canonici e di diversi altri ecclesiastici assistenti al coro. I do- menicani ed i francescani vi aveano con- venti, nella diocesi essendovi un rinoma- to monastero di cistcrciensi foglianli, ca- po d'una congregazione dello stesso no- me. La diocesi conteneva go parrocchie, ed il vescovo godeva 18,000 lire di ren- dita, pagando 2 5oo fiorini per la tassa delle bolle.

RIEZ, Reti. Città vescovile e antichis- sima di Francia nella Provenza, dipar- timento delle Casse-Alpi, circondario e capoluogo di cantone, a più di 7 leghe da Digne e 180 da Parigi, fra due ruscelli, sulla sinistra sponda del Colostre. Rlalo distribuita e di aspetto melanconico, al dire d'alcuni geografi; altri dichiaran- dola piccola, n)a bella, come posta in a- mena pianura. Ila fabbriche di corde, concie di cuoi e birrerie; traflica di vini pregiali e di frulla eccellenti. È patria di Gaspare Abeille autore drammatico. Riez è l'antica Alebece capitale de' reii,che fd abbellita dai romani, e chiamata Colo' nia Reiorum Apollinnrium ,con parecchi monumenti, de'cpiali rimane ancora unn rotonda, composta di 8 colonne corintie, convertita in chiesa, 4 altre colonne del medesimo stile e bel musaico. Vi sono pure diverse iscrizioni. La cattcdraleèsot- to l'invocazione della !>. Vergine, ed averi il capitolo composto di 4 dignità e di al- tri 8 canonici: vi erano i francescani e la orsoline. La sede vescovile fu eretta nel V secolo, sulfraganea della metropoli di Aix. Venne chiamata con diversi nomi latini : Rcj'hs , Allia Rcjanini , Alhcsa Re- j'onini, /Ipolliiuirium dal cullo che vi si rendeva ad Apollo, Rcgiiini. Ili."vcsco-

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vo fu s. Prospero del V secolo, che al- cuni credono quello d'Aquitania, il qua» Je fu vescovo di Reggio di ]Modeun; altri Jo dicono diverso. Gli successe s. Massi- vw[F.) monaco e abbate di Lerins, di- scepolo di s. Onorato : fu ordinalo nel 433 o 434» Gtl intervenne a' concilii di Riez, d'Orleans nel 44'» sottoscrisse nel 45 1 la lettera sinodale a s. Leone I, fu al concilio d' A ries del 4^4>e mori nel 462. Indi s. Fausto che la chiesa di Ricz ono- ra per santo, già abbate di Lerins, che intervenne al 4-'' concilio d'Arles, ed a quello di Roma del 4^2, morto verso il 485. Ugone Raimondi legato apostolico contro gli albigesi, presiedette al concilio d'Avignone per condannarli. Cardinale Pietro Desprez, trasfei ito ad Aix. ÌNIarco Lascaiisde'contidi Venlimiglia. Antonio Lascaris fratello del i)recedente e di O- norato conte di Tenda. Antonio Lasca- ris nipote dell'antecessore, poi trasferito a Beauvais. Simone Barlhel scrisse la Sto- ria de'vcscovi di Riez: di molli sono le nuti^ier)el t. /\.i\e\ìe 3fomimenta hisl. pa- tviaej la Gallia Christiana ne riporta la serie nel t.r, p. 38q e seg. sino a Luigi Phelypeaux d'Herbaull del i 7 1 3: ne fu- rono idlinii vescovi, Lucrezio de la Tour du Pin de Lachau Montauban di Alais, fatto vescovo neliySijCui nel 1 772 suc- cesse Francesco de Clugny d'Autun, in tempo del quale Pio VII col concordalo del 180 (Soppresse la sede. La diocesi con- sisteva in 54 parrocchie; il vescovo avea I 5,000 lire di rendita, e pagava 85o fio- rini per le bolle. Nel 439 vi fu tenuto un concilio a'2g novembre da s. Ilariod'Ar- les con I 3 vescovi circa, per rimediare ai disordini della chiesa d'Ambrun per l'e- lezione d'Armentario, fatta da una fazio- ne di laici, onde fu dichiarata nulla, per- chè era stato ordinato da due vescovi e senza il consenso de' vescovi della provin- cia, né il permesso del metropolitano s. Ilario. Il concilio vietò a'consagratori di assistere ad altre ordinazioni ed a'conci- lii provinciali. Quanto ad Armentario,

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gli fu permesso di ricevere in governo una parrocchia in qualità di corepiscopo, senza ordinare alcun chierico , polendo amministrare la confermazione e consa- grare le vergini nella sua chiesa. Lo sles- so concilio accordò a'preti il permesso di dare per tutto la benedizione quando ne fossero richiesti, tranne nelle chiese. Di più stabilì che terrebbero 2 volte l'an- no concilii provinciali, secondo la costi- tuzione del concilio Niceno. Arduino t. I. Nel 1285 vi fu tenuto un altro conci- lio sopra la disciplina ecclesiastica. Mar- lene, Thesaiir. t. i .

RIFORMATI.Minori osservanti, eMi- nori riformati di s. Pietro d'Alcantara, religiosi francescani. Vedi il voi. XXVI, p. «49 6 s'^S- Negli articoli degli ordini religiosi si tratta delle altre riforme.

RIFORMATI o Pretesi Riformati. Così sono appellati i Protestanti {T^.), i Calvinisti (/'.) e altri eretici, cioè quelli che si ritirarono dall' unità della chiesa cattolica, come V Inghilterra (^'.), colla prelesa di riformare i supposti abusi del- la s. romana chiesa, tanto intorno alla fe- de, che alla disciplina. I sedicenti riforma- ti chiamano riforma in generale, il cam- biamento ch'essi capricciosamente han- no fatto nel culto e ne'dommi della ve- ra Religione [V-), per formare le loro in- felici selle. Quindi i cattolici ben a ragio- ne, parlando di siffatta riforma e di tali riformati, sempre dicono \a prelesa rifor- ma, i pretesi riformali, per quanto dif- fusamente trattai ne'citali ai ticoli e in tul- li gli altri che vi hanno relazione. A tulli gli autori riportati a detti articoli aggiun- gerò : De la Foresi, Metodo d'istruzione per condurre i pretesi riformali alla chic - sa romana , e cotfermare i caltoUci nella loro credenza, Roma 1 825. G. A. Boost, Storia della riforma d' Alemagna dal i5i7 al 1845. Storia della riforma di Francia dal 1 5 1 7 ali 844- Storia della r forma d' Inghilterra daliS l'j al \ 544» Ausburgo 1846. Gaspare deviano oiL calvinismo in Trcveri neh 55^. Memo-

a4o R 1 F

rie ria servire alla storia della riforma in Àlemagna di J. Marx prof, del semi- nario vesco\>iledìTre{'eri,Mi\^oì\ia i 846. RIFUGIO o ASILO. F. Immunita

ECClEStASTICA.

RIGA, Riga. Città vescovile e forte con porlo di Russia, capoluogo del go- verno di Livonia e di distretto, distante 1 1 5 leghe da Pietroburgo e 1 00 da Dan- r.ica, sulla destra sponda della Dwiua del sud, a 3 leghe dalla sua foce nel golfo di Livonia. Residenza delle principali auto- rità del governo, sede della corte ti' ap- pello e di parecchi altri tribunali, d'un concistoro superiore e d' una soprinten- denza luterana. Giace in terreno basso, sabbioniccioe arido, ed esposto alle inon- dazioni del fiume; le sue fortificazioni, senza essere regolari, sono numerose e di gran difesa , ed il forte di Diinanulnde, situato alla foce della Dwina, la proleg- ge perfettamente dal lato del mare. I sob- borghi posti alla sinistra del fiume, e che a veano molto sofferto nel 1 8 1 2 , sono rial- zati con magnificenza, esseiidovisi pratica- te vie larghe, dritte e guarnite di belle case e vasli magazzini ; e stabilite pure grandi piazze e passeggi, per modo che presentano un aspetto più gralodella sles- sa cillà, che però ricevette anch'essa di- versi abbellimenti. Gli edifizi pili nota- bili sono il palazzo vastissimo della città, quello degli stali, la borsa, l'arsenale, l'antico castello de'gran maestri dell'or- dine 7V»/to//iVo(^.) recentemente restau- ralo, una delle cui torri è stata conver- tila in ispecola, e davanti alla quale fu nel 18 14 eretto un monumento di gra- nito sormonlato dalla figura della Vitto- ria in lìronzo; le nuove carceri decorate d'un peristilio celie contengono le corti di giustizia; l'ospcdaledi S.Giorgio, quello ilclla marineria, il nuovo ospizio costrut- to nell'antico giardino imperiale, la cat- tcdralc, la Calerinca, la chiesa di s. Pie- tro colla Kun bollii torre, diiH' allo della c|iinle gode*ii d'una vista superba sino so- pra la rada; il teatro, In dogana, ilgiar-

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dìno vecchio, nel (piale si osserva un ol- mo piantato da l'ielio I e dove si è co- struito un nuovo castello residenza del governatore generale, giardino eh' è di- venuto il più bel passeggio della città. La Dwina si valica in estale sopra un ponte di battelli lungo 2600 piedi, che offre pu- re un passeggio amenissimo, ma nell'in- verno si leva e si cammina sul ghiaccio. Contiene 6 cliiese greche, 4 chiese lute- rane, ed una chiesa cattolica fabbricata da'caltolici che ora sono circa 5ooo, e fu solennemente consngrala nel 1781 da mg.*" Boneslawoski coadiutore del vesco- vo di Mohilow: i cattolici prima erano assistiti da'francescani riformali. Vi è li- ceo,collegio, scuola di reciproco insegna- mento, gran scuola di donzelle, scuola di veterinaria, società livoniesed'ulililà pub- blica e d'economia rurale, due società let- terarie, biblioteca di più di i5,ooo vo- lumi con rari rass., gabinetto di storia naturale. Vi si trovano alquante fabbri- che, si costruiscono navigli costeggìalori e si ftìnno ancore : vasti sono gli arsenali e ben provveduti. Prima dell' erezione iV Odessa {f.), Riga veniva considerata come la 2." città di Russia sotto il rap- porto del commercio; la navigazione con- tinua sul fiume, il gran movimento che scorgesi sulle riviere, per le vie, non me- no che nelle botteghe e ne'magazzini an- nunziano la grande attività tlel suo traf- fico. La larghezza della Dwina e la distan- za da questa cillà al mare, rendono il porlo insieme spazioso e sicuro, ma non e abbastanza profondo per accogliere na- vi di grande portala ; dall'altro càuto la rada che Riga possiede nel golfo, si colma spesso di sabbia e sforza le navi a recarsi nella liulder-Aa. I dintorni producono un lino rinomalo. Gli abitanti superano i 5G, 000. Riga Rifondala, secondo la co- mune opinione, nel 1 200 dai vescovo Al- berto I, il quale in seguito la cinse di mu- ra. Si crede che il .suo nome derivi da «piello del liumicello lUgi'e, oggi canale tli llisingjch'ern un tempo un braccio del-

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laDwina e del (jiiale rimangono appena nlctine Iraccie. Ma della vera origine di questo città, come del suo norne ne parlerò Irallando della sede vescovile. Nel i56r Riga si sottopose al re di Polonia (/^.) che le lasciò tutti i suoi privilegi. Gusta- vo li Adolfo re di Svezia la conquistò nel 1621, e Carlo XI ne fece la capitale del ducalo di Livonia {f'.), le die il i. "grado sotto Slocolma, e concesse a lutti i mem- bri della magistratura, come ai loro suc- cessori, titoli di nobiltà per lutto il tem- po che rimanessero in carica. Molto eb- be a soffrire la città da parecchi incendi! e vari assedii, i memorabili tra'quali fu- rono impresi dai russi nel 1 656, dai sas- soni e dai polacchi neliyooj i russi sene impadronirono V r i luglio i 7 1 o e l'han- no poi conservata. Nel 1768 la maggior parte del sobborgo di Pietroburgo diven- ne preda delle fiamme; nel 18 12 i fran- cesi arsero la maggior parte de'suoi sob- borghi. Nel 1814 solfr'i molto per l'im- provviso scioglimento dei ghiacci della Dwina. Questa città gode piivilegi rag- guardevoli, che Caterina li confermò.

A LivoNiA parlai della propagazione del vangelo nel i 1 58, per opera del i vescovo di Livonia Mainardo , e succes- sivamente la diffusione , e che Bertoldo vescovo di Livonia principalmente fab- bricò Riga, furlificata e aumentata dal successore Alberto l, il quale chiamò in suo aiuto i cavalieri Porla Spade {^V.) ^ de' quali parlai anche a Prussia. Narra Hurter, Storia d' Innocenzo III, 1. 1, p, 3?,7,chenavigondocerti mercanti di Bre- ma e altre città della Sassonia, per ten- tare il traflìco colle popolazioni pagane in riva al Baltico, furono gettati alla foce della Dwina, ovedopo alcune zuffe in cui restarono vittoriosi, stabilirono con quel popolo vantaggiose pratiche di commer- cio. 1 rapaci abitatori di queste contrade appena conoscevano i primi elementi del- l'ordine sociale; veneravano o temevano nelle fiere, ne' boschi, nelle fonti altret- tanti simboli della divinità, e raccapnccia-

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vano pensando ai demonii che misterio- samente operavano sulla natura. Dopo che i mercanti ebbero fondata una fat- toria e fatto per più anni de' guadagni, andò con loro il monaco Mainardo, vir- tuoso e pio, ivi tratto dal desiderio di annunziar agli abitanti 1' evaugelo. Stu- diata prima la favella, cominciò a predi- car il nome di Gesù, edificò una cappel- la in mezzo alle possessioni degli aleman- ni, e si fece consagrar vescovo della co- lonia dall'arcivescovo di Brema. In segui- lo fermò la sede nella chiesa di s. Maria che fondò in mezzo una contrada riden- te e tutta rigata fonti, onde appunto la chiamò Riga^ da cui 1' onda corrobo- rante della fede cristiana, della cultura inlellctluale e della scienza ecclesiastica venne in breve ad irrigare e a feconda- re lutto quel suolo; e Pietro di Riga po- se in versi la Bibbia ne'primi5o annidel secoloXIII.Uno de'compagni di Mainar- do intanto, siconduceva attraverso mil- le pericoli nell'Estonia per dedicarsi al- la slessa missione, ove già Alessandro III avrà inviato banditori delia fede. Con gra- vi diflicoltàMainardoconservò la sua co- lonia, e dopo la sua morte l'arcivesco- vo di Brema mandò a occuparne il luo- go il monaco di Locco Bertoldo. Ve- dendo questi che te affabili maniere e i doni non riuscivano a guadagnare i pa- gani, ricorse alla forza. I livonii aiuta- ti dagli estonii corsero all' armi contro i luoghi soggetti alla nuova dottrina, dove il vescovo trovossl in persona fra 'suoi cri- stiani, che animati d'insolito coraggio per amor della nuova fede ne restarono vit- toriosi, colla perdita però del vescovo, che tratto dal focoso suo cavallo in mezzo ai nemici fuggenti, dovette scontar colla vi- ta l'ardore del suo zelo. Ciò a v veti ne o nel 1 198, o nel 1201, o neli2o4, secondo i diversi pareri degli storici. Gli successe Al- berto I canonico di Brema, e mentre oc- cupava la sede vescovile seppe Innocen- zo I li la morte del predecessore, ondesol- lecito soccorsi dalla Sassonia, Westfalia, 16

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Schiavonia e dai paesi di dell' Elba a vantaggio de'cristiani di Livonia. Essen- dosi portalo l'abbate di Locco in mezzo ai pagani per liberare alcuni de'suoi mo- naci prigionieri, evistoqual copiosa mes- se prepara vasi pel vangelo in quelle con- trade, supplicò il Papa d'inviarvi nuovi operai, e Innocenzo III l'esaudì, eccitan- do anche i vescovi di Polonia a dar loro aiuto. Ma il vescovo Alberto I fece quel che più importava per la consolidazione e propagazione del cristianesimo in quel- le regioni, col crearvi nel 1204 l'ordine cavalleresco sulla forma di quello de'tem- plari, il quale ebbe per professione di di- fendere e ampliare la chiesa in Livonia, Aettode'Porta Spade, daqueWe vermiglie di cui i cavalieri portavano ornalo il loro bianco mantello; indi pel loro manteni- mento gli donò il 3." delle rendite di sua chiesa. Altri fanno originare il principio dell'ordine da Bertoldo. Innocenzo III approvò l'operato da Alberto I, Io noti- ficò all'arcivescovo di Brema, e ad istan- za d'Alberto die licenza agli ecclesiastici crociati per Gerusalemme di condursi in vece in Livonia a propagarvi il nome cri- stiano, commutando anche il voto ai cro- ciati laici. In breve tempo molti si aggre- garono all'ordine e Vinno ne fu!.° gran maestro. Il paese andò debitore all'ordi- ne di sua tranquillità e del sicuro buon esito della dilTusionedel cristianesimo, non che delle vittorie sui livonii, estonii , li- tuani e russi, e finalmente alla creazione dell'ordine Teutonico, al quale i Porta Spade si unirono 33 anni dopo. Di mano in mano che i cavalieri penetravano nel paese de'pagani, le conquiste che faceva- no erano loro ; ma già nel 9.° anno di loro origine ebbero controversie cogli ec- clesiastici e coi laici intorno a certe pos- letsioni, e anche col vescovo di Biga. In- nocenzo III die all'ordine in prolettori al- cuniabbalidi Svezia e gli confermò il pos- «CMO de'beni. Inoltre avendoli Papa spe- dito in Pruhsia il cistcrciense Cristiano , il Tangclo vi gillò profonde radici , poi-

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che da gran tempo il paese avea accol- to missionari. Anche il p.lìe\yol, Storia degli ordini militari, parlando di quello de' Porta Spade o di Livonia, riconosce Alberto I per edificatore di Riga verso il 1 202, e che le die questo nome per es- sere una città irrigata da una nuova fe- de, (jiiasi novaFidt Rigata.y\èc\na\c\ìe probabilità, che l' imperatore Filippo di Svevia accordasse al vescovo di Livonia e principalmente di Riga , l' investitura della Livonia. L' erezione di questo ve- scovato si fa risalire ali 186, ed in arci- vescovato neli2i5 per autorità d'Inno- cenzo HI, e fu metropolitano di tutta la Livonia, della Prussia ove i cavalierifon- darono 4 vescovati, e della Curlaodia; ma il vescovo propriamente di Livonia fu sulFraganeo di Gnesna. Commanville an- ticipa di molto il principio del vescova- to, il che non è verosimile : gli per sufTraganei i vescovi, di Derpt nella Li- vonia, eretto pei danesi nel 1 2 iq; di Re- vel capitale dell'Estotiia provincia di Li- vonia, eretto neli23o sotto la metropo- li di Lunden della Danimarca, e nel 1374 lo divenne di Riga; di Hapsel in Estonia, eretto ne' primi del secolo XIII, con re- sidenza ad Arnsberg; di Venda, eretto da Sisto V neli586, ma a quel tempo Riga non era più cattolica; di Curlandia in Po- lonia , eretto pei danesi nel i2iq sotto Lunden, finché i cavalieri di Livonia im- padronendosi del ducato loassoggeltaro* no a Riga , ed il vescovo faceva la resi- denza a Pillen. Quando i cavalieri nel 1223 tolseroa Valdemaro II re di Dani- marca le conquiste fatte, assoggettarono le sedi vescovili noniinate alla metropo- litana di Riga, la quale secondo il p.Iielyot ebbe questa dignità da Innocenzo IV nel 1254 , ed Alberto li 5." vescovo di Li- vonia ne fu il i.° arcivescovo.

L'arcivescovo di Riga divenne pntcn- tissimo,imperocchè oltre il dominio tem- porale della città, esercitava pieno diritto di giurisdizione sopra 20 foltezze o ca- stelli e fu la rovina dell'ordine, per le gucr-

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re che raccontai a Prussia tra l'arcive- scovo e i teutonici, con sanguinose e fre- quenti battaglie. Dal 1292 ali34i ebbe- ro luogo ostinati combattimenti tra'ca- •valieri ed i vescovi di Livonia, Bruno maestro provinciale avendo voluto assi- stere all'elezione dell'arcivescovo di Ri- ga, ed essendosi opposti il clero e i citta- dini, vennero alle mani e si accese lunga guerra in Livonia. Da una bolla di Cle- mente V deIi3o5 si rileva che l'arcive- scovo avea i4 vescovati siitTraganei e che i cavalieri ne aveano desolati 7 , intru- dendosi negli allri.UrbanoV s'interpose nelle differenze tra l' arcivescovo Blom- berga, e i teutonici i quali esigevano che coi canonici vestisse l'abito dell'ordine ; Bonifacio IX contentò i cavalieri, dichia- rando che l'arcivescovo di Riga dipen- desse dall'ordine; e perchè non si lagnas- se l'arcivescovo, lo dichiarò patriarca di Lituania (^.), ma gli altri vescovi non vollero sottoporsi a tal decisione , indi nuove guerre. L'arcivescovo Enrico nel 1 4^9 tenne in Riga un concilio, il quale mandò a Martino V 16 preti deputati per esporre le doglianze contro quelli cheop- primevano la chiesa di Riga; però essen- do stati arrestati ne'conlini della Livonia dal governatore del forte di Goswin, ca- valiere teutonico, questo barbaramente co' piedi e mani legate li fece gettar nel torrentegelato, dove que'miseri innocen- ti restarono affogati. In questo concilio non si trattò di cose riguardanti la disci- plina della Chiesa. Concilior. 1. 1 2. Nuova controversia insorse neli453 per l'abito dell'ordine, di cui i vescovi volevano spo- gliarsi, ch'ebbe sollecito termine, perchè l'arcivescovo di Riga Silvestro si obbligò co'canonici, a nome pure de'successori,di non lasciar mai l'abito teutonico. Nel 1487 i ciltadinidiRign riportarono vittoria sui cavalieri. Il gran maestro Alberto diBran- deburgo abbracciò gli errori di Lutero, e s'impadronì di quanto l'ordine possedeva in Prussia. Fatalmente, anche l'arcive- scovo di Riga Guglielmo di Brandebur-

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go nel 1^22 si dichiai'ò aperlameule pel luteranismo, ed il popolo mosso dall'e- sempio del metropolitano, ne abbracciò colla pretesa riforma glierrori.il perchè nel 1557 •' S''3" maestro Furstemberg assediò nella fortezza di Kockenhausen, Guglielmo col suo coadiutore Cristoforo di Meckletiburgoeli fece prigionieri, fio che per mediazione del re di Polonia e dell'imperatore Ferdinando I furono li- berati. Così terminò l'illustre sede arci vescovile di Riga.

RIGANTI Nicola, Cardinale. Nacque in Molfella a' 2.5 marzo .1 744 > e reca tosi in Roma spiegò ben presto il suo ra- ro talento nella rapida carriera degli stu- di e specialmente di gius pubblico. I do- mestici esempi de'suoi zii Giambattista e Nicola Riganti, autore il i."deiCo///mc«/a- lii sulle regole della Cancelleria, d'iciiWn tanti luoghi parlai, come a Dataria C^.), e ragguai'devole il secondo per le lumi- nose cariche egregiamente sostenute, fu- rono stimoli vivissimi a lui per emular- ne la gloria. Non deve quindi recar me- raviglia, se decorato da Clemente XIII della qualifica d'abbreviatore di parco maggiore, corrispose poi felicemente al l'espettazione della curia romana. Istrui- to profondamente in ogni ramo di giù risprudenza, pronto a penetrare le con troversie e ad applicare ai fatti le analo ghe teorie a se dicontinuo presentijcau lo in pronunziare solo dopo maturo esa me, chiaro nelle idee, felice nell'esporle con ampio sapere e non ordinario senno, meritò la comune ammirazione non solo de'romani, maeziandiodellestraniere na- zioni, perlocchè godevano iforastieri più rispettabili in udirlo allorché pronunzia- va giudizi dal tribunale. Impiegato pri- ma nella congregazionedel buon governo col titolo di ponente, passò poi alla carica d' uditore del tribunale dell' A. C. Met, quindi all'uditoratodi segnatura,epoi alla luogotenenza del medesimo tribunale del- l'A. C, e fu in queste magistrature ch'e- gli si acquistò la riputazione di giudice

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sommo, la quale ne conserverà chiarissi - Ilio il nome. Un magistrato di tanta va- glia risenti gli eiFetti delle pubbliche vi- cende, le quali negli ultimi tempi di Pio Vie ne'primi di Pio VII più volte deso- larono Roma; pure immobile nel sentie- ro della virtù, meritò che in Venezia ap- pena eletto Pio VII se ne servisse qual pro- uditore, indi lo scelse a segretario della congregazione di consulta, nella quale, benché fosse allora involta in maggiori cure e perciò responsabilità maggiore im- ponesse, i talenti del prelato meraviglio- samente si distinsero a fronte delle mol- le diflìcollà. Leggo in Artaud, Storia di Pio J^IIi t. 2, p. 1 1 3, che in conseguenza del decreto di Napoleone invasore dello stato pontificio de*2 aprile 1 8o8,col quale richiamava tutti i sudditi italiani dimo- ranti in Roma, ovvero per aver il prelato spedito l'enciclica di PioVII a' vescovi del- le provinciedairimperatoreoccupate,ed anche per averadoperato espressioni po- co circospette nelle sue corrispondenze ofllciali co'governi delle provinciee città dipendenti dalla consulta, alcuni oOìzìali francesi a' 1 6 giugno a questo prelato di- stinto per ingegno e dottrina, suggella- rono tutte le sue carte, lo posero sotto la sorV(!glianza d'una guardia e gì' intima- rono l'ordine di abbandonar Roma in24 ore e di recarsi in Ancona, ove conosce- rebbe l'ulteriore sua sorte e quanto for- mava il soggetto della sua colpa. Nel se- guente annoanche a Pio VII toccò la de- portazione, dalla quale tornato trionfante iieli8i4) ed il prelato restituitosi in Ro- ma, lo reintegrò nella carica , indi creò cardinale prete e vescovo d'Ancona e U- niana l'H marzoiBiG, conferendogli per titolo In chiesa de' ss. Marcellino e Pie- tro, e le congregazioni de' vescovi e rego- lari, concilio, esame de' vescovi in s. ca- noni, e consulta. Apprendo da Leoni, An- cona illustratay p. 43'), che il cardinale TI giuoie a' 1 3 »etteinbrec malato ne par- ti a'So aprile 1 8 k), morendo poi in Ito- Ola, e Jaiciaudo alcuni doni oUu callcdra-

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le e collegiata, citando la Cronotnssi dei vescovi della chieda Anconitana j pubbli- cata neh 8 1 8, In fatti rilevo dai n.i 70 e 73 òe Diari di Roma 1822, che il car- dinale mentre faceva risentire ad Anco- na gli effetti delle sue cure pastorali, do- po 3o mesi un fiero colpo d' apoplesia l'obbligò ad assentarsene onde cercare in Roma un clima più mite, esercitando le funzioni episcopali in A ncona mg."^ Fran- cesco de'conti Pichi anconitano e vesco- vo di Lidda in partibus, ora arcivescovo d'Eliopoli. Rimasto senza offesa nelle po- tenze intellettuali, benché sentisse il pe- sodelle tribolazioni con cui piacqueal cie- lo provarlo, fu sempre rassegnato al di- vino volei'e e non lasciò d'agire pel go- verno della diocesi colla prudenza e dot- trina di cui era fornito. Logoro da abi- tuali indisposizioni, dovè finalmente soc- combere alla forza di lunga malattia de- generata in febbre gastrica nervosa con convulsioni epilettiche. Egli vide avvici- narsi il momento estremo co'senlimenli ispirali dalla religione nell'uomo giusto, e munito de' sagramenti diede placida- mente fine a'suoi giorni il 3 1 agósto 1822 d'anni 78. I funerali furono celebrati in s. Maria sopra Minerva,dove esiste la tom- ba de'suoi parenti, ed ivifusepolto. Pie- tà singolare, spirito di religione, attacca- mento filiale alla s. Sede, corredo perfetto delle sociali virtù, cuore generoso e solfe- rente,integrilà,disinteresse, felice ingegno coltivatore di scienze, furono i caratteri del compianto amplissimo porporato.

RIGAUD DE ROUSSI Ecmio, Car- dinale. Francese nato inBessiaco diocesi diLimoges,benedetlinoeabbatedi S.Dio- nisio di Parigi, ad istanza di re Giovanni I, Papa Clemente VI a' 1 7 o 18 dicembre iS'iio in Avignone lo creò cardinale pre- te di s. Prassede, e perché il re non si po- teva privar di lui por ultimare alcuni af- fari gravissimi, con singoiar distinzione gli mandò il cappello cardinalizio, che ricevè in Parigi alla presenza del monar- ca, dui vescovi di Laon, Churtrcsc Pu-

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rigi. Ivi dopo 33 mesi la morie gl'invo- dignità e vita neh 353. Alla sua me- moria fu eretto un avello in s. Dionisio, a cui avea vivendo compartito segnalati benefizi, e tra le altre cose fabbricato una infermeria per uso dei monaci infermi, alla quale assegnò rendite sulficienti.

RIGAULT Odone oREcmALDo, Car- <:/mfl/e.Fraucese religioso de'minori, chia- ro egualmente per nobiltà di prosapia, che per illibatezza di costumi, per cui fu denominalo specchio e norma de'prela- ti, e meritò gli encomi di s. Antonino nel- la sua storia , siccome oratore di gran pregio e fama. Contro sua volontà fu pro- mosso nel 12470 1248 da Innocenzo IV all' arcivescovato di Rouen e consagrato dal Papa nel giorno di Pasqua , poscia nel dicembrei252 01 253 Io creò cardi- nale prete. Si condusse con s. Luigi IX alla concpiista di Terrasanla, avendo pri- ma celebralo un concilio provinciale in Pontaudemer per accomodar le cose di sua chiesa, in cui frequentemente predi- cava il vangelo a! popolo. Morto il re , che lo nominò tra' suoi esecutori testa- mentari, si recò inLione e intervenne al 2." concilio generale , ivi morendo nel 1275 o 1276 con credito di santa vita: venne trasportalo il suo cadavere e sepol- to nella metropolitana, ove fu eretto un magnifico avello, che poi fu manomesso e rovinalo dal furore e rabbia degli e- relici ugonotti. Scrisse alcune opere mo- rali, ascetiche e scolastiche che non vi- dero la luce della stampa , alcune delle quali mss. si collocarono nella biblioteca di s. Francesco d'Asisi, altre nell'archivio della metropolitana di Rouen. Non man- cano scrittori che lo escludono dal car- dinalato, e in fatti ne'4 conclavi celebra* ti a suo tempo non si trova descritto il suo nome fra gli elettori.

RIGOBERTO (s.), vescovo di Reims, dello da alcuni Roberto. Abbandonò il mondo per ritirarsi nel monastero di Or- bais, di cui fu poscia abbate. Tratto dipoi dalla sua solitudine, gli venne affidato il

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governo della chiesa di Reims, ed adem- pì ai doveri della sua dignità con zeloa- postolico. Ingiustamente bandito sotto Carlo Martello, soffrì con pazienza que- sta sciagura; ma Pipino, mosso dal con- cetto (li sua santità, si adoperò per far- lo richiamare. Tornato dall' esilio trovò la sua sede occupala daMilone, eperclò ritirossi nel villaggio di Gernicourt, 4 o 5 leghe distante da Reims, ove menò u- navita affatlo oscura negli esercizi del- l'orazione e della penitenza, finché mo- rì verso r anno 740 , e fu sepolto tiella chiesa di s. Pietro, ch'egli avea fatto co- là fabbricare. Non tardò Iddio a glorifi- care il suo servo con vari miracoli che furono operati alla sua tomba. Si fecero varie traslazioni delle sue reliquie , una porzione delle quali si serba nella chiesa di s. Dionigi di Reims, ed un'altra nella cattedrale di Parigi. Ora il suo corpo è nella metropolitana di Reims. La sua fe- sta si celebra a'4 di gennaio.

RIMINALDI Giammaria, Cardinole. Patrizio ferrarese, nacque a'4 ottobre 1718 in Ferrara, portatosi in Roma fio- rì nelle facoltà legali, fu ammesso in pre- latura e fatto uditore del camerlengato; indi Clemente XIII nel 1760 lo nominò uditore di rota, ed il cardinal Caraccio- lo vicario della sua diaconia di s. Eusta- chio. Fu benemerito primicerio dell'ar- ciconfralernila e Ospedale di s. Rorco {^.)j come tale curò che nel cortile del sodalizio coperto di tenda, per la festa del santo si facesse decorosamente una mo- stra di quadri scelti e di rinomali auto- ri antichi e moderui, disposti simmetri- camente con belli arazzi; esposizioni ce- lebrale da Cancellieri nel Mercato , p. Q>5, ove riporta erudite notizie del Rimi- naidi e delle cose da lui operate pel pio luogo, riproducendo le iscrizioni marmo- ree perciò erette. Divenuto decano della rota , finalmente Pio VI ne premiò la lunga carriera prelatizia a' i4 febbraio I 785, creandolo cardinale pretedi s. Ma- ria del Popolo, donde poi passò al titolo

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di s. Silveslio in Capile e prese pri- valo possesso a'y febbraio 1787, per cui Carlelli nelle Memorie di s. Silvestro in Capile ^^.1 1 o, parla di questo olii mocar- diuale. Essendo presideute della ponli- ficia università di Ferrara, quando fu e- levato alla porpora, in quella città fu re- citata da d. Girolamo Baruffaldi vice-bi- bliotecario. Orazione per la promozione alla s. porpora del card. ec. , Ferrara 1785. Di questa ne trovo un sunto a p. i3i deW Effemeridi letterarie di Roma del 1785. Promozione che Gio. Cristofo- ro Amaduzzi solennizzò con VElogium J. M. Riminaldi , Ferrariae 178?. Inoltre Pio VI lo annoverò alle congregazioni dei s. uffizio, concilio, esame de' vescovi econ- cistoriale, dichiarandolo prefetto di quel- la della disciplina regolare, non che pro- tettore e visitatore apostolico dell* arci- confraternita di s. Rocco, sua chiesa eo- spedale delle partorienti ; di quella del ss. Sagramentodi Loreto; e di quelle di s. Carlo, di s. Nicola, di s. Leonardo per la redenzione degli schiavi di Ferrara, come riportano le Notizie di Roma del 1789 a p. 60. Leggo nel n.° 1 544 <lel Diario di Roma del 1789, che il cardinale trat- tenendosi nel convento di s. Maria degli Angeli presso Asisi per luogo di villeg- giatura, fu sorpreso da forte catarro de- rivato da tocco apopletico, per cui volle essere trasportato in Perugia nella casa de'signori della Missione, ove aumentan- dosi il male poco dopo a* 1 1 ottobre 1 789 passò all'altra vita, in età di 7 i anni com- piti. Fu esposto nella cattedrale, e dopo i funerali vi restò tumulato in luogo di deposito. L'università di Ferrara, rega- lata da lui della domestica libreria, ne celebrò la memoria con funerale ed elo- gio funebre; laonde abbiamo: Zecchini e Amati , Memorie del funerale celebralo nirfùn. Riminaldi dalla poni, universi- tà di Ferrara, 1790. Annibale Ma» liotti, Orazione funebre del card. G.M. Riminaldi, l'crugia 1 790. Antonio Viln, J. fli. Riminaldi cardinalis laudalio ,

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Feirariaei 790. Di questo libro trattasi con encomio a p.i33 deW EJfeineridi Cl- inic del 1790. Con tanti elogi facile è il comprendere di quali virtù e di quale dottrina fosse doviziosamente fornito il cardinale, e quanto amara ne riuscii la perdita. Si hanno: Belisarii Cristaldi(poi ottimo cardinale ), Decisiones s. Rolae Rom.j corani R. P. D. Jo. M. Riminaldo ejusdem s. R. Dee, mine S. R. E. Card. , Romae 1789, t. 8.

RIMINIo RIMINO [Arimìnen). Cit- tà con residenza vescovile celebre, bella e antica dello stato pontificio, nella le- gazione apostolica di Romagna [f'.), go- verno distrettuale, distante 34 poste da Roma, 4 d^ Ravenna e io miglia dalla repubblica di s. Marino (^•). Giace in amena e fertile pianura, iu dolce e salu- bre clima, presso il mare Adriatico, nel quale ha foce il Marecchia (Ariminuni), presso la cui destra sponda sorge,bagnaa- done il lato orientale, il torrente che di- scende dalle rocche sanmarinesi. Fu già mela dell'antica via Flaminia, e vi si en- tra per la Porta s. Giuliano sopra mi su- perbo ponte costruito del più bel mar- mo bianco sotto gì' imperatori Augusto the lo cominciò, eTiberioche lo condus- se a termine , nel luogo appunto in cui si riuniscono le due rinomatissime vie consolari, la Flaminia che vi conduce da Roma, e l'Emilia che ivi comincia e si estende sino a Piacenza. Questo ponte e- dilìcato con re^il magnificenza, lungo 220 piedi, è diviso in 5 larghissime arcate, le quali in Se congiungono l'eleganza con la solidità, poiché conta ormai xi\ secoli, scorrendovi sotto l'impetuoso fiume Ma- recchia : vero è però, che nel 5!ji essen- do stato rotto dai goti per impedire il passaggio di Narsete, venne restaurato, e rifallo più volte, come nel iliHo che venne ridottoal modo che si vede. Si ha d'Agostino Martinelli, 7Vb//cf<; e delinea- zione del ponte di Ottavio Augusto in Rimini, Roma i(>7(). La lunga via che traversa questa gran città, si denomina il

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Corso che conduce a Porla Ruma na cal- la via per Pesaro, abbellita da un esleiv no alberalo pubblico passeggio, e si pas- sa scilo Io splendido arco Irionfale crei- lo nel bel secolo delle arli in onore di Ollaviano Auguslo, in benemerenza del- la reslaura/ione da lui falla delle più ce- lebri vie d'Italia. Sembra che l'arco nel- la sua erezione avesse altri due fornici, come principalmente rilevasi dalle me- daglie,ecomeasseriscono alcuni scrittori. Ne'bassi tempi vi furono unite le mura, allorché si eressero le due torri rotonde e già ollagone. La pietra di questo arco è calcare apennina, delta pietra di mon- te. 11 lavoro nelle sue particolarità è di quel purissimo stile greco-romano che non lascia a desiderar meglio, avendolo descriUo con figure Tommaso Teman- za, Dell' antichità di Rimino , Venezia 174'' Inoltre abbiamo di d. Luigi Nar- di, Descrizione antiquario -architcttoni' ca con rami dell'Arco di Augusto , Fon- te di Tiberio, e Tempio Malatestiano in Rimino, ivi 1823 , stamperia Marsoaer e Grandi. Neil' ultima Illustrazione lo- dala del prof. Drighentij ed in quella pur bella del eh. Mancini dell' Arco di Au- gusto in Fano, si legge un' eruditissima lettera al march. Antaldi intorno ad es- so, del celebre Bartolomeo Borghesi. Ne fece ancora l'illuslrazione il valente ar- chi tetto Rossi ni, nella sua opera degli Ar- chi. Le strade della città sono ampie e decorate di sontuosi edilìzi , e di molti palazzi anche di marmo d' Istria, molli de'quali decorali di pitture descritte da Marcheselli : fra essisi osserva quello dei conti Gambalunga, ove l'insignee copio- sa biblioteca omonima è aperta a pub- blico comodo, ed è uno de'più belli del- la città. Non solo vi si ammirano coU'e- legnuza dell'edifizio in bell'ordine i scel- ti libri, insieme a gran parte de'preziosi mss. del cardinal Garampi [V.) , ma e- 'ziandio la collezione d' iscrizioni e altri oggetti di antichità. Ne fu a'noslri tem- pi bibliotecario il benemerito delle lette-

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re, il dollissimo can. d. Luigi Nardi di Savignano , autore di molte opere pre- giatissime, e di cui leggo un giusto elo- gio nel n.° 56 àe\ Diario di Roma i'è:>j , neir annunziarne la grave perdita. La piazza del Mercato di forma ovale, con- tiene quasi nel suo mezzo un pezzo d'in- forme colonna, che un'iscrizione accenna di aver servito di tribuna a Giulio Ce- sare perarringarei suoi commilitoni, do- po il memorando passaggio del Rubico- ne. Ma se quello non fu propriamente il seggcstum su cui ascese il dittatore roma- no, si deve avere in molto conto e qua! testimonio della famosa perorazione in Rimini veramente accaduta, donde de- rivarono le conseguenze de'grandi avve- nimenti che la storia registrò. Nella stes- sa piazza si eleva un tempietto ottagono sotto r invocazione di s. Antonio di Pa- dova, in memoria de'suoi miracoli ope- rali in Rimini, cioè della predica in cui operò il miracolo chiamare i pesci del marea udirlo, per cui sollevarono il ca- po dalle acque, prodigio che scosse i ri- minesi ad ascoltarlo con riverenza, per- chè gli eretici aveano deviato il popolo di assistere alle sue prediche. Inoltre s. Antonio per virtù divina operò sulla piaz- za di Rimini altro stupendo prodigio, quando per confondere gli eretici che ne- gavano la presenza reale Gesù Cristo neirEucaristia, l'ulTr] per cibo tra la bia- da ad un'alTamata giumenta, la quale in vece di mangiare si prostrò genuflessa ad adorarla, per lo che si convertirono non pochi alla credenza del domma. Ricor- da questo miracolo l'iscrizione che il car- dinal Rospigliosi pose nella chiesa, seb- bene non manchino scrittori che lo di- cono accaduto in Tolosa : i riminesi ve- nerano s. A ntonio tra'loro protettori. Nel- la piazza maggiore adorna del magnifi- co palazzo municipale, guarnito di gran» diosi portici e costruito a spese de'cilla' diui nel secoloXVI, avvi pure quellodet governatore, e si vede su piedistallo di marmo la statua in bronzo di Paolo V,

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assai benefico co' riminesi che gliela in- nalzarono , opera lodata di Nicolò Coi'- dieri detto Franciosino. Accresce la de- corazione di questa piazza, la vaghissima fontana eretta nel pontificato di Paolo ]il. 11 locale della pescheriaove si vende il pesce è rinomato per la sua comodità, e per l'abbondanza delleacque, che scor- rendo agevolmente sulle larghe pietre, ne mantiene la nettezza. 11 castello o for- tezza fabbricata da Sigismondo 1 Pan- dolfo Malatesta coi disegui del riminese Roberto Valturio, va continuamente ro- vinando per mancanza di riparazioni. Le mura della città rimangono però intat- te, benché di anteriore costruzione , es- sendo il circuito della medesima circa 3 miglia. Vi è un teatro moderno eretto nel 1843, ed un circo pel giuoco del pal- lone. Dentro il recinto de' cappuccini si vedono gli avanzi dell'antico anfiteatro, opera laterizia de'romani.

La cattedrale è sotto il titolo di s. Co- lomba vergine e martire di Sens, la qua- le patì sotto Valeriano : divenuta diru- ta per l'ingiuria de'tempi, le fu sostitui- ta la chiesa di s. Francesco, ove si fa l'uf- fiziatura. Essendo insorte questioni se la cattedrale fosse sotto l'invocazione di s. Colomba italiana o d'Aquileia, e se per s. Colomba debbasi intendere lo Spirito santo, amotivod'unadonazionefaltanel I oi5 dal vescovo Uberto ai canonici, in onore dello Spirito santo che appellasi i. Colomba, e ad onore de' ss. fratelli Fa- rondino, Gioventino, Pellegrino e Fcli- eila martiri riminesi , l'encomiato can.° Nardi , sostenendo essere s. Colomba di Sens la patrona della cattedrale ( come della città e diocesi ), diceche può inter- pretarsi la carta d'Uberto : ad honorem Spiritus sancii ets. Columba», come me- glio si può vedere nel suo opuscolo : Di- fesa del titolo della chiesa cattedrale di /^'mmi, Rimino 1808, nella stamperia di Giacomo Murfioner. MacKlo^o era il pru> ^>cltO Citeruu dell'antica eh iena cattedra- ÌCf (i si vuulu che ricoptauossu 1' uuticu

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tempio di Castore e Polluce, nondimeno sembra più probabile che il tempio fos- se di Ercole: la chiesa era inoltre gran- de e magnifica nelTmlerno. Avendo Si- gismondo I erettoli nominato grandioso castello per miglior sicurezza della sua si - gnoria sulla città, e vedendo ch'era troppo dominato dalla cattedrale, dal suo cam- panile e canonica, risolvette di demolire tutte queste fabbriche e ricostruirle in altro luogo. Però fece soltanto atterrare il campanile e la canonica , e prima di demolire la cattedrale nel 1 44^ incomin- ciò la grandiosa chiesa di s. Fi'ancescoe per memoria fece coniar medaglie. Non avendo effettuato l'altro suo proponimen- to, restò la cattedrale, che venne poi ro- vinata dal terribile terremoto del 2 4 ve- nendoli 25dicembrei ySGjiecando altre- sì gravissimi danni ad altri edìfizi e chie- se della città, come pure a vari paesi vi- cini, onde l'arciprete e rettore del semi- nario d. Giuseppe Vannucci pubblicò , Discorso istorico filosofico sopra il tre- muoto ec, ediz. 3.'' Cesena 17B7. 11 ve- scovo Ferretti fu quindi obbligato a tra- sportare l'ufiìziatura del capitolo , nella bella chiesa perticata di s. Francesco Sa- verio già de'gesuiti, edificata con disegno del rinomato architetto riminese Gio. Francesco Bonamici verso ili724> e di- poi venne fabbricato il contiguo e magni- fico collegio con disegno del celebre Tor- reggiane Mentre il zelante vescovo avca restaurata e abbellita la cattedrale di s. Colomba con molta spesa, e vi aveva re» stituito il culto e il capìtolo, avendo i repubblicani francesi occupato lo stalo pontificio, soppressero il ca[)ilolo egl'in- limarono prima di recarsi nella chiesa di s. Gio. Evangelista e comunemente det- ta dagli agostiniani di s. Aguslinoj ivi re- starono tuttavia i canonici senza insegne, ud eseguirvi V ulliziatura del coro. INcI 1809 hi cll'elluò il decreto di Napoleone pel trasferimento della cuttedinle e suo capilulOfda s. AgO!>tiuo al magnifico teni- più di b. FiaDUCSco, riputalo uuu du'piu

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celebri d' Ilnlia , come affermano molti scrittori e s|jecialaieiile Vasari nella de- scrizione del suo modello, bellissima fac- ciata e altre esterne parli. Nondimeno rarchilelto fu il famoso Leon Battista Al- berti, il cui disegno partecipa del cosi det- to stile gotico, essendo l'edifizio riputato di segnalala memoria per le arti , come uno di quelli che additò il principio del rinascimento della buona architettura do- po la barbarica sua decadenza. Lo com- pongono ottimi marmi d'Islria^gran par- te de' quali si crede traila dagli avanzi dell'antico' e sontuoso Porto; fabbricato dai romani tra'fiumi Ausa e JVIarecchia. Grande e considerabile è la quantità di marmi e statue che sono in questa chie- sa, ed i magnifici mausolei della princi- pesca famiglia Malalesta che dominò per tanto tempo in Riinini e nelle circonvi- cine citlà, lene e castella. Le statue ed i bassorilievi furono scolpiti dai più va- lenti artisti di que'tempi, tranne alcuni più antichi bassorilievi esislenti nella cap- pella di s. Anna, trasportati d'altre parti daSigismoudoL Vi sono diversi pregiati quadri, e nell'altare maggiore il s. Fran- cesco che riceve le stimmate è di Vasa- ri; un altare è dedicalo al b. Roberto Ma- lalesta. Ivi è il Ionie battesimale, ed è l'unico della città, amministrando la cu- ra d'anime pel capitolo, unode'suoi ca- nonici. Di questo tempio, oltre il Nardi, trattarono diversi scrii lori. Marco Batta- glia, Lettera in cui si ragguaglio del- l' apertura degli avelli, che sono dentro e fuori la chiesa di s. Francesco di Ri- mino, spettanti alla famiglia de Mala- tcstigìà padroni della città, Milano i ySy. Contiene anche un saggio di que' lauti valentuomini che fiorirono in Rimini al tempo de'Malalestl. Francese' A nloniol\i- chini. Relazione d'apertura d' avelli di uomini per lo piii insigni, o per dottrina o per dignità, esistenti in s, Francesco, presso il t. i8, p. 262 delle Nov. letter, di Firenze. Giambattista Costa, Il tem- pio di s. Francesco di Rimino, 0 sia de»

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scrizione delle cose più notabili in esso contenute, Lucca 1 yGS. Giuseppe Garulfi Malalesta, Lettera apologetica in difesa del tempio dis. Francesco eretto in Ri- mini da Sigismondo Pandotfo Malale- sta, nel t. 3o del Giorn. de'leller. d'Ita- lia. Il capitolo si compone delle dignità del preposto ch'è la 1 .' e dell'arcidiacono, dii4 canonici con)prese le prebende del teologo e del penitenziere, di 6 mansio- nari cantori chiamati di massa, di 8 be- neficiati e cappellani , e di altri preti e chierici addetti al divino servizio. Dalle eruditissime opere di Nardi si rileva, che Ile' primi secoli come gli altri il capitolo fu chiamalo Presbiterio (/".) epresbytcri i canonici , i quali come quelli di varie catledrali andarono fregiali del titulodi cardinali, essendovi nell'archiviu capito- lare i diplomi del 1070, 107 3, 1081, io85 ed altri che di ciò fanno testimo- nianza. Il dottissimo riminese cardinal Garampi nelle Memorie ecclesiastiche ap- partenenti ali istoria e al cullo della b. Chiara di /ì/mt/w", Romai755, vera mi- niera di erudizione,anche ditultoquau- to riguarda Rimini , cosi del capitolo e canonici ci preziose notizie, come del- la vita canonica e comune de' medesimi in claustro, ove ogni canonico avea asse- gnate le propriestanze. Dice ancora del- l'antichissimo privilegio goduto dal capi- tolo della cattedrale , fino alla metà del secolo XVI, di poter liberare un reo dal- le carceri e dalla pena della galera, nel- le solennità di N. S. Gesù Cristo, e nelle feste di s. Leonardo a'6 novembre, e di s. Colomba, i quali rei inter missarum so- lemnia facevano oblazioni al capitolo. Clemente XIF[F.) Ganganellicomechè nato a s. Arcangelo, ove fu per memo- ria eretto un arco marmoreo di assai e- legante architettura, che forma parte del- la diocesi e del governo distrettuale di Rimini, in segno di particolare benevo- lenza, con breve de' 16 ottobiei 77 1 con- cesse al capitolo de'canonici di s. Colom- ba l'uso della milia uclle suleuuità e nei

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pontidcali vescovili; ed inoltre l'uso del- la stessa mitra, della croce, de'sandali,dei guanti, dell'anello, della dalmatica, del- ia tonicella, del luldisloiio, delia paliua- toria e di tutte le altre insegne prelati- zie in alcune determinale solennità al ca- nonico celebrante. 11 vescovo fece la so- lenne benedizione e impose ai canonici le mitre con gran pompa a'3o dicembre vigilia di s. Colomba, in presenza del ma- gistrato e di numeroso popolo, onde in Ce- sena neh 772 si stampò: Relazione della benedizione delle mitre fatta dal capitolo della cattedrale dìRiniini. Dipoi Pio VII con breve de'5 dicembre 1817 concesse ai canonici il privilegio dell'uso della cro- ce pettorale, edel fiocco paonazzo al cap- pello. Altre chiese degne di speciale men- zione, sono quelle di s. Giuliano già dei cassinesi, uno de'protettori della città e ildicui marlirioèdipiuto nell'allar mag- giore da Paolo Veronese; e di s. Chiara delle francescane per quanto dirò. Oltre la cattedrale e compresi iEorglii delia cit- tà, Rimini contiene altre io chiese par- rocchiali. Si può vedere. Pitture delle chie- se di Rimino descritte da Carlo France- sco fllarcheselli patrizio della medesima città, ivi 1754 nella stamperia Alberti- tùana.^eW Osservatore romano de] 1 85o nei n.i 61, 62, 63 e i o i si legge quanto qui brevemente riporterò. A'12 maggio nella chiesuola di s. Chiara de'missioua- ri del Preziosissimo Sangue , una sagra immagine della B. Vergine della Mise- ricordia, dipinta a olio sulla tela in atto di tener gli occhi rivolti al cielo e posta ili una cappella della medesima, prodi- giosamente chiuse e aprì gli occhi, alzan- doli e aIii)assandoli , e svolgendo le pu- pille in modo visibilissimo frequentemen- te, per cui molte persone tuttuciò am- mirarono ripetersi fino a 5 volte per o- giiiio minuti. Immenso fu il popolo ac- corso, onde per nppagarnc la divozione fu collocala sull'altare maggiore. Dall'o- tlicrno vescovo furono rigorosamente pruliculc lullcledtligcuzcper u^bicurur-

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si della realtà del portentoso miracolo, anche con levare il cristallo anteriore e la tavoletta posteriore, per lar cessare o- gni più sottile dubbiezza; formalmente verificò il gran prodigio del movimento degli occhi, per cui lo confessarono gli stes- si increduli, A'iB la venerabile immagi- ne solennemente fu trasportata nella va> sta chiesa di s. Agostino , per dar sfogo alla generale divozione degli accorrenti dalle vicine città e parti, e poi ancora da luoghi lontani, in uno alle autorità civi- li ed ecclesiastiche, non menoche di per- sonaggi distinti, continuando la veneraa* da immagine ad ogni istante a muovere evidentemente gli occhi, ciò che tutti vi- dero con religiosa sorpresa e commozione, venendo calcolati gli estranei a ben 5o,ooo e quasi tutti lagrimanti di tenerezza. Quin- di numerosissime offerte di denaro , di cera, di voti e altre oblazioni, massime delle donneche si spogliarono de'loro pre- ziosi ornamenti per farne dono alla Ma- die di Dio e delle Misericordie. Quindi n)oltissime guarigioni miracolose, ciechi illuminati , cancrene sparite istantanea- mente, sordi che riceverono l'udito. Vari peccatori compunti dierono segni di rav- vedimento , scossi da una sola occhiata di quel volto celeste, gridando con fede, misericordia e pietà; i freddi s'infervora- rono, r edificazione riuscì efilcace e mi- rabile. I missionari con ubertosi frutti nella chiesa di s. Agostino predicarono gli esercizi spirituali; ma la predica più e- lo(juente e persuadente, quella che pro- dusse immenso bene, la fece la Madon- na: la bestemmia sparì per incanto ne- gli abituati del basso popolo. Il vescovo e il clero riminese ornarono di corona d'o- ro las. Immagine con solenne festiva po(n- pa a'i5 agosto, ed il vescovo fece la fun- zione in nome del Papa Pio IX , che lo f'ucoltizzòcon breve apostolico, conceden- do l'indulgenza plenaria. Inoltre il me- desimo prelato pontificò la messa ^ pro- nunziò analoga omelia, ed impose l'au- rcu curouu ullu su. Madre delle Miseri-

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cordie. Tullociò e meglio si può cono- scere neiropuscolo di d. Casimiro Rossi : Cenno islorico interessantissimo intorno al miracoloso dipinto rappresentante la l'ergine Maria Madre di Misericordia, venerata nella chiesa di s. Chiara di Ri- mini, Romai85o. Nel l. g, p. 556 della Civiltà cattolica, celebrandosi la conti- nuazione del prodigio, si contezza del libro intitolalo : Relazione del prodigio avvenuto nella s. immagine di Maria V. in Rimi ni, estratta dall'autentico proces- so appositamente compilato dalla eccle- siastica curia di detta città, Riraini 1 85a. L'episcopio è alquanto distante dalla cattedrale, con elegante facciata e con- veniente fabbricato. Anticamente era il palazzo de'Malatesta signori di Piimini, cioè quello detto del Cimiero, poi vi fu collocato il seu^inario , fìncbè venne ri- dotto a residenza del vescovo, con atrio fabbricatodal Buonamici d'ordine del ve- scovo Guiccioli. L'antico episcopio era presso la cbiesa di s. Innocenza, concit- tadina e patrona di Rimini, atterrato da Sigismondo I per fabbricarla rocca onde tenere in freno la, città. Dice Nardi, cbe prima in Rimini eranviiG tra nionasle- ri e conventi d'uomini, e 6 monasteri di religiose ; quasi altrettanti nella diocesi. Al presente vi sono in città i minori os- servanti, i mìnimi, i cappuccini, la con- gregazione de'missionari del preziosissi- mo Sangue, le Vergini di Gesù chiama- te celibate, che abitano l'antica casa dei teatini, ed hanno la chiesa di s. Antonio di Padova, diversa dalla sunnominata, godendo ancora l'antico monastero e luo- go delizioso de'cisterciensi, la cui chiesa di s. Gaudenzio primario protettore del- la città fu demolita dopo la fatale sop- pressione degli ordini regolari. Delle re- ligiose fondate dalla ven. Giovanna Le- stonnac, parlai ne' voi. XLVllI, p. i 19, LUI, p. 3 I : Pio VII col breve Pastora- lem sollicitudinem, dti-j febbraio 1 82 i , Bull. coni. 1. 1 5, p. 375, autorizzò la fou- dazione di questa congregazione in Rimi-

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ni, a vantaggio dell'educazione morale e religiosa delle donzelle. Inoltre vi sono: l'orfanotruflo fondato nel 18 18 pegli or- fani, e di cui furono benemeriti dell'O- mo e il can. Brioli; il conservatorio per le orfane, originato nel 1829, che vanta per benefattore il can. Conlessi; diverse confraternite, due ospedali , il monte di pielà, ed il seminario con alunni. In ogni tempo fiorirono in Rimini un gran nu- mero di uomini illustri in santità di vi- le, nelle dignità ecclesiastiche, nelle armi e massime tra'Malatesta, nelle arti e nel- le scienze, che assai lungo sarebbe il no- verarli, anche per le tanl'e famiglie no- bili e illustri che vanta. Solo mi limite- rò a indicare, oltre quelli che vado ao- ccnnuiido in questo articolo, che tra'san- li gli ultimi che furonoelevati canonica- mente agli onori degli altari, sono : il b. Gregorio Celli agostiniano per decreto di Clemente XIV, il b. A malo Ronconi fon- datore dell'ospedale de'pellegrini in Su', ludeciu per decreto di Pio VI , ed il b. Giovanni Gueroli canonico diacono rimi- nese per decreto di Pio VII. Senza no- minare i tanti vescovi e prelati, de'quali almeno per molti a' luoghi loro parlai , ricorderò i cardinali che Rimini die al s. collegio e di cui scrissi biografìe : Gozio Battaglia 0 Battaglini, Uberto Belmonte delle Caminate, Francesco M.' Banditi, Giuseppe G arampi , i quali due ultimi cardinali essendo slati vescovi di Monte Fiascone, a questo articolo ne riparlai. Per gli altri moltissimi illustri riminesi suppliranno i seguenti scrittori e quelli che rammenterò in fine, mentre pei Rla- lalesta, oltre quanto dirò di loro, poi no citerò i biogi-afi. Pietro Belmonli , Ge- nealogia dell'antica famiglia detta del- le Cantinate de' Belmonti e Ricciardelli^ Rimini pel Simbeni 166 1. Francesco Al- garotti. Notizie de'pillori riminesi, Luc- ca 1 7G6. Angelo Battaglini, Saggio diri- me volgari di Gio. Bruni de Parcitadi riminese, con le notizie storiche e lettera- lie di lui e del suo casato, Riraiuii 783

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presso Nicola Albei-tini.Gio. Ballista Co- sta, Notizie dt /jìtlori riiniiiesi, nel t. 7, p. 85 delle Rliscdlante di Lucca. Vit- tore Silvio Grandi, La vita del cristiano posta al paragone d'alcuni santi e bea- ti religiosi, come secolari venerati nel- la citlàediocesiArintìnese,Txnn\no 1 702 pel Ferraris; Memorie sagre ariniinesi^ proseguimento del libro, La vita del cri- stiano ec. In queste opere si contengono le vite de'sanlie beati riininesi legate col- la storia sagra e profana di Riniini stes- so, e molto si parla eziandio de'principi Malatesta. Il Grandi era di Rimini e scris- se molte altre opere di storia sagra e pro- fana pubblicate colle stampe. Marchesi, La galleria dell'onore, t. 2, p. 346 e seg. ]3ioe Marcheselli a p. 62, che il luogo o- ve sorgeva l'anteriore teatro, anlicanien- te era una gran sala nella quale si radu- nava il gran consìglio, quando la città prima de'Malatesta si governava a modo di repubblica popolare, battendo allora moneta coU'immugine di s. Gaudenzio e con quella di s. Giuliano protettori del- la città. Di alcuni medaglioni de' Mala- insta parla Muratori nella Dissert. 1, p. 55o. Su questoargomeiiloscrissero, Gae- tano Battiiglini, Memorie storiche di Ri- mino e suoi signori artatamente scritte ad illustrare la Zecca e la moneta rimi- nese pubblicata e corredata di note da Guido Zannettiy Bologna 1 789. Con que- sta bella e dotta opera Battaglitii supplì alla uiaucanza degli storici e allascarsezza delle notizie riguardanti le varie muta- '/ioui de'governì e specialmente della fa- miglia Malatesta, innestando ingegnosa- mente all'argomento monetario ciò che Ila trovato avere relazione colie medaglie, bigilli e imprese de'Malutesti, con figure, li aitando pure de'sigilli del comune. Vin- cent) Bellini, De monetis Arimini, nel- l'opera De monetis Italia^. Da Girolamo Sducini Heli5i5 in Rimini furono \\\x\ì- ÌMcalCfRiformazioni, limitazioni cstatuti lùUla città di Rimino. Com'erano traila - li i luUili, lo uuUiitt MnacAMTE. Quanto

RIM riguarda il suo governo municipale at- tuale, comechè uniforme a quello delle altre città dello stato pontifìcio, come del governo civile, ne parlai a Gonfalonie- re, Priore, Delegazioni, e nel voi. LIIF, p. 22(), dicendo comePio IX nel novem- bre 1 85o comprese Rimini e Forlì sua le gazione, nella legazione di Romagna. Al- l'articolo FurlI trattai compendiosamen- te del governo distrettuale di Rimini e sue comuni, come de'governidi Coriano, s. Arcangelo, Saludecio che comprende in uno alle comuni dipendenti dai me- desimi. Ri mini avea un celebre porto sontuosamente edifìcato dagli antichi ro- mani e lutto circondato di marmi. Teo- dorico re de'goti vi teneva de' dromoni, ove poi nel 40 1 imbarcò una numerosa armala colla quale assediò Ravenna ; e Carlo Magno vi tenne navi a guardia: nel 187 I era ancora bellissimo, e fu chiama- to lìcWAusa o Apisae e Mariculae. Ap- prendo da Calindrijche il fiume Maree- chia costituisce l'attuale porto che chia- ma nautico fabbricato, che rovina con la ghiaia che vi conduce, e che neh 2 5ocoa bolla de'7 maggio Innocenzo IV lo chia- mò dementino. L' antico divenuto inu- tile pel ritiramento del mare, e pei mol- li sedimenti che vi recava la Marecchia, venne abbandonato e fu demolito nel se- colo XV, adoprandosene i materiali a e- difioazione di chiese. Neh 546 si ordinò che per canne 2 5 da ambe le sponde del Alarecchia, e per la mdntala di 3 miglia non si coltivasse il terreno, per togliere al porto ulteriori atterramenli. Nel 1 6 1 5, al dire di Calindri, fu fabbricalo l'altro porto detto dell' Ausa dal fìumicello di tal nome, già Aprusa, con la direzione dell'architetto Rinaldi, e munificenza di Paolo V. Leggi) in Marcheselli , che se- guitando il camminodalla chiesa di s. Ni- colò del Porlo, lungo il porlo slesso, si giunge al molo, il quale era stato a suo lem edificato con grossi marmi traspor- tati dall'Istria. FiSsendosi sul molo aulico ne'buiisi tempi làbbricula una torre per

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servire ili fanale e difesa al porto, il fa- nale ed il molo furono poi distriitti nel 1807. Nelle Memorie, del porto di Pesa- ro,A\ Olivieri, questi sostennech 'era mag- giore di quel di Rimino, ma ntWEffeme' ridi letterarie di Roma del 1 7 74, p. 22 1 , si dice, die il porto di Rimino è in lutto più largo, più lungo e più comodo,come posto su d'un fiume più grande, più co- pioso d'acque e più impetuoso, qual è il fiume Arimino oggi Marecchia, di quel- lo che non è l'Isauro oggi Foglia, cos'i det- to per avventura da una certa donna ri- niinese. Nondimenosi confessa, clieil por- lo di Rimino pei gran detrimenti soffer- ti, in qualche tempo può essere slato più cattivo e imbarazzato di quel di Pesaro, tuttoché questo sia posto su d'un fiume minore. Riferisce ilCaslelIano,che in mez- zo a' campi si vedono gli avanzi dell'an- tico faro del suo già celebre porto; e che un artificioso canale serve ora di porto assai più lungi per le piccole navi mer- cantili e per le barche pescareccie che ol- tremodo vi abbondano, facendosi del pe- sce copiosa esportazione pe'luoghi mon- tani. Abbiamo diversi scrittori sul porto di Rimini. G. Antonio Battarra, Duedi- scorsi sopra la fabbrica del porlo di Ri- mini, nel t. IO degli Opuscoli CiAoge- là. Serafino Calindri, Memorie sopra il porlo di Rimini j con note di Marco Chil- lenio, Pesaro i 765. Gio. Bianthij Parere sopra il porto di Rimini, Pesaro 1 765. M. Chillenio, Lettera che serve d'appendice al parere dato dal d. Bianchi sopra il porlo di Rimini. Porlo di Rimini, lettera d'un riminese ad un amico di Roma col- l'appendice de' documenti, Roma 1 768. Ruggero Giuseppe Boscovick, De/ por/o di Rimini, memorie, Pesaro 17G5: Del porlo di Rimini, che comprende i voti dei matematici, che sono stali consultali sui mali del porto medesimo e sui rimedi da appreslarglisi, Roma 1769. I matemati- ci consultati furono Bianchi , Jacquier , Seur,Fantoni,Lecchi, Gaudio. Ragguar- devole è il commercio di Rimini in gra-

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no, e lodasi la perfetta manipolazione del pane, seta, salee altro; ferace e ubertoso è il territorio, ed eccellenti ne sono i co- piosi funghi, sui quali il detto Battarra nel 1 7^9 pubblicò in Faenza, Fungoruni agri Ariminensis historia , edizione 1* perchè opera di molto pregio pei funghi in generale. Le conchiglie del lido rimi- nese furono illustratedaGio. Bianchi, De concili s minus notis liber, Venetiisi 739. Raffaele Adimari ci die. Silo riminese, dove si tratta della città e sue parti, dei suoi confini, e di tutte le chiese e cose ce- clesiaslichej della feriili del paese, del' l'antichità della città e degli uomini illu- stri, Brescia 1616. Ora venendo a parla- re brevementedelleprincipali notizie sto- riche della città di Rimini , quanto alla sua origine, alla sua colonia romana e fino al principio di nostia era, preferirò di sfiorare la beli' opera compilala con saggia critica ed erudizione dal eh. d.^* Luigi Tonini benemerito della patria sto- ria riminese, col medesimo ordine da lui tenuto. Riminiavanti ilprincipio deWe- ra volgare, ovvero, \ Ricerche sull'ori- gine di questa cillàj 2.° Memorie slori- che della medesima, dalla venula di Un colonia de' romani fino al cominciar del- l' era cristiana j 3.° Illustrazione della città o sia dell'antica sua pianta e delle opere pubbliche d'epoca non fìssa, de' va- ri ordini df^ cittadini, de' collegi e delie arti, delle famiglie j 4." Raccolta dell'an- tiche sue lapidi. Rimini 1848, tipi Or- fanelli e Grandi. Le prove dell'asserto dall'encomiato scrittore, massime contro l'esagerazioni ed errori di altri storici pa- trii, si possono riscontrare nell'opera sua, non potendo io per imponente brevità accennarle, laonde mi limiterò a indica- re le cose principali.

Rimini, Ariminum , divenne colonia de'romani l'anno di Roma 48G ossia .>G8 anni circa avanti l'era nostra, quando già era grande e cospicua;costumando i romani anche d'inviar colonie inclita già fondate, anzi nelle migliori, più illustri e

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più fortificate che avessero conqiiislafe, come fecero con Rimini quando vinti i galli senoni occuparono il paese, cioè dal fiumeEsi no sino all' Utente, ch'èquan- todire da Ancona a Sinigaglia fino a For- lì presso il quale è il fiume Utente ; ciò accadde nell'anno di Roma 4? i , per ope- ra o di Manio Curio o di Dalabella, do- po aver devastala la regione.! senoni fu- rono gli ultimi galli die calarono in I- lalia circa il 2.° secolo di Roma al di- re d'alcuni, o verso il 358 al dire di al- tri ; laonde stando a questa seconda sen- tenza, essi avrebbero dominatosul paese fra il 378 e 481 di Roma, nel qua! tem- po guerreggiarono più volle cogli etru- schi contro i romani, e condotti da Bren- no penetrarono nella stessa Roma nel lu- glio e l'incendiaronOjindi tennero per 7 mesi assediata la rocca. Profittando di loro assenza i confinanti eneti o veneti, invasero e depredarono questo loro pae- se, perciò sembra che più per cacciare gl'invasori, che per l'opera di Camillo i galli si ritirassero da Roma. Crede inol- tre il d.*^ Tonini, che Rimini fosse allora possente in terra einmare,sede diRren- no e de'regoli che gli successero, capita- le de'senoni, con zecca propria de'galli e cominciata con loro, riproducendone con illuslruzìoni Vacs grave ossia moneta li- brale UalicOy e le monete riminesi con Te- pigra Arimn.j opinando che la zecca ad onta della leggecontrariade'romani, du- rasse lungo tempo dopo che i romani fe- cero di Rimini colonia capo della Gallia Senonia, residenza del pretore, o del suo questore, non che frequente stazione di eserciti che mandavano nella provincia. Queste terre prima della venuta de'gal- li erano state campo e sprone a lunga lot- ta di maggioranza, fia gli umbri e gli e- truschi, uno de'ipiali popoli esisteva nel- la contrada all'in vokione de'galli boi, poi- ché iebbene gli etruschi spogliarono in gran parie della regione gli umbri, pare che questi tcguitaMcro ad abitare il pae- •e logtjio^ulu iu (|uulilù iòibc di popolo

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tributarlo. La conquista degli etruschi su- gli umbri, vuoisi ritenere avvenuta 4 o 5 secoli avanti l'era romana , sicché do- minarono su queste terre fino alla venu- ta de'galli per più di 8 secoli.Unode'Io- ro re fu Arimno, la cui somiglianza del nome con A rimino fa congetturare che possa in qualche modo appartenergli, ed alcuni lo credettero suo fondatore, co- stumandogli etruschi dare il nome de'lo- ro re o capitani alle città che fondavano. Arimno probabilmente fiorì a' tempi di Romolo o di Numa, per cui se a costui si volesse attribuir la fondazione di Ri- mini, sarebbe contemporanea a quella di Roma; ma non potendosi stabilire l'origir neetruscadi Rimini, perchè agli umbri la cedettero quelli che l'abitavano, per sot- trarsi dalTingiurieche riceveano dagli e- truschi, ne viene di conseguenza, che non si è certi se Arimno fu re o lucomune in Rimini e che dasse il proprio nome al- la città, potendo invece egli averlo rice- vuto da essa, trovandosi altri simili no- mi prima di lui. Si può ritenere pertan- to, che Rimini ripeta la suaprimitiva o- rigine dagli umbri, di cui certamente fu colonia come Ravenna, più che da qua- lunquealtro popolo. Tutti gli scrittori an- tichi convengono, che gli umbri fiorisse- ro prima degli etruschi, e della loro ori- gine parlo a Umbria, signorcggianti mol- ta parte d' Italia, avendo tolto il Piceno [V.) ai siculi ed ai liburni , finché sog- giacquero agli etruschi loro potenti riva- li, perdendo 3oo città o luoghi abita- ti: pretende ilcav. Cleuìentini fare risa- lire la venuta degli umbri a Rimini l'i secoli avanti l'era cristiana, quindi fu n loro anteriore e solo colonia; ma perché preesisteva, avendo l'Olivieri attribuita In fondazione di Rimini ai precedenti si- cidi, il dott. Tonini lo contrasta, e piut- tosto fia' popoli abitatori della regione prima degli umbri, vi pone i sabini, che però da loro derivando, eranogli umbri stessi, i quali riconosce e conferma ch'es- si furouo i primi u tener la contrada, nel

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cui ngi'O furono trovali vari oggetti di antichità d'eia remota e de'tempi roma- ni che descrive. Pertanto chiama quin- di favolosi racconti, e ne rende ragioni e prove, che la fondazione di Rimini si deb- ba ripetere da Ercole egizio, o da Gia- no creduto uno de' figli di Noè, o dagli aborigeni. Circa il nome ed etimologia di Riraini, Ariminum^ lasciate le bizzarre e curiose interpretazioni , conviene per la derivazione dal propinquo fiume; e con una voce umbra oetrusca osabina antica- mente la città fu appellata Arimnus o A- rimniim, e così fu detta per qualche tempo anche sotto i romani, essendo probabile che il nome sia stato prima imposto al fiu- me per qualche sua caratteristica, indi al- la città. Allorché i romani nel memorato anno 486 di loro era vi dedussero la co- lonia, come luogo di frontiera immedia- ta contro i turbolentissimi galli boi, sem- bra che la componessero da 4 a 6000 buoni soldati, oltre le donne e i servi, per meglio confermarsi nelle terre tolte a'se- noni , ripopolarne 1' agro e farsi scala a nuove conquiste sui boi e sugli umbri. Ignorandosi la condizione della colonia se romana o latina, pare bensì che nel- l'acquisto del Piceno a questo i romani unissero l'agro già de'senoni, al quale si estese il nome di Piceno: ed in falli leg- go nel Compagnoni, Reggia Picena, chìa- malo Rimino colonia primiera del Pice- no. Prima delle calamità patite da Rimi- ni nella conquista romana, dicesi da Cle- mentini che il recinto murato fosse più rislielto del piesente, ma estesissimi n'e- rano i 4 borghi originati dagli umbri, e denominati, Borgo Orientale che si con- giungeva col fiume Ausa; Borgo Meridia- no unito alla Porta omonima e poi di s. Donato; Borgo di Mezzo edificato in mez- zo ai precedenti , poi di s. Spirito dalla chiesa e spedale ivi eretto ; Borgo Occi- dentale, ristorato d'Augusto e chiamato Gallico. A questa narrazione di Clemen- tini , diverse rettificazioni aggiunge To- nini , che ammettcado l'esistenza degli

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antichi borghi, dichiara propriamente i- gnorarsene l'origine d'estensione, come di quella de'confini dell'agro o territorio antico riminese, per mancanza di docu- menti, riproducendo in vece la carta to- pografica dell' attuale diocesi di Rimini (depoche Pio VI ne tolse vari paesi e parrocchie per estendere la diocesi di Ce- sena sua patria), riporta l'opinamento di Olivieri, che il territorio riminese d' al- lora non sarebbe stato che poco più 0 po- co meno della diocesi presente. Indubi- tato è poi che r agro riminese finisse al Rubicone in tempo di Cicerone e di Ce- sare, quando cioè quel fiume era il con- fine dell' Italia e della Gallio , avendo i romani fatto italico il territorio di Ri- mini. L'importanza politica e la celebri- tà che acquistò il Rubicone, fece nascere non lieve gara archeologica, anzi clamo- rosa, tra le comuni, sui fiumi o torrenti Pisciatello, Fiumicino e Z7jo. Nell'artico- lo Forlì, ossia nel voi. XXV, p.i 96, par- lando di Savignano , riportai diverse o- pere che sostennero la questione, cui qui aggiungerò, in favore dell' L^50 e pel qua- le si dichiarò il dotto mg/ Marini nelle molto \oàa\.dM emorie di s. Arcangelo sua patria, Giacomo Villani, ^rmj/>je«*/.y/{H- bicon in Caesenam Claraniontii, Arimi- ni apudSymbeniumde Symbeniisi64r. Tenne pel Pisciatello, Basilio Amati, L'i- sola del congresso 2'riumvirale, la selva Liiana, e d fiume Rubicone, ricerche. Ve- sarò 1828. Tonini, esaminata la questio- ne ed i pareri degli scrittori sul Rubicone, propende per l'odierno Urgoneo Ruga- ne, sensibile storpiatura di Rubicone, e- sistente sui monti di Cesena e contine di quella diocesi e della riminese, ponendo- si così d'accordo coi passi di parecchi gra- vi scrittori , sui diversi corsi tenuti dal Rubicone e la confluenza de' fiumi. Ri- getta poi r opinione, che pretese di ap- plicare al fiume Uso il nome di Ausa o Aprusa che bagna Riraini da levante, quindi comincia a riportare le memorie storiche di Rimini, principìaudio dal 483

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di Roma. Dopo Icconquisfc fnlte sui se- noni, i romani si provnrono cogli umbri de'monti, e due trionfi in detto anno ri- portarono suisarsinati umbri, che perciò li riceverono in dedizione, ed i due con- soli che li riportarono probabilmente coi loro eserciti si fermarono in Rimini. Nel 5i6i galli boi dimentichi della pacegiìi implorata e ottenuta da'romani, forti del- l'aiuto de' transalpini, con esercito ven- nero a Rimìni che lo respinse; indi i ro- mani nel 5i8 furono a Rimini, impedi- rono che i galli che la domandavano vi j^enetrassero, e mediante combattimenti di varia fortuna, si confermarono nel pos- sesso di queste terre e altre ne ottenne- ro dai boi. Nel 522 per avere i romani diviso ai soldati l'agro gallico romano, posto tra quelli diRirniniedi Sinigallia, i galli se ne olfesero e con l'aiuto degl'in- subri accesero nuova guerra, onde i ro- mani nel 529 mandarono a Rimino il console L. Emilio con esercito perchè im- pedisse l'avanzarsi de' nemici. In vece i galli con 70,000 uomini inviandosi per l'Etruria e riportata vittoria sul pretore, occorse Emilio, li fugò e con altro sopra v- venuloconsole li sconfìsse, assoggettando nel 53o i boi , indi parte del territorio degl'insubri, con che vennero in potestà de' romani il trattodella Gallia che si te- neva dai boi, insieme all'Insubria calla Ligtu'in, formandone la provincia di Gal- lia col nome d'Arimìno, onde Rimini ta- lora ne fu la città principale. All'artico- lo Galliv ne parlai in tutta I' estensione che comprese, itjsiemc alleconquistedel- le Provincie d'Italia che ne [wrtaruno il fioine con quelle aggiunte secondo le re- gioni. Da principio la Gallia conosciuta anche col nome di Ariininuin, fu la Gal- lia /o^r//rt e comprendeva lutti i paesi ch'e- rano allora tenuti dai romani nelle re- gioni de' boi , insubri e liguri, la (piale c-bbe inngiittrnti particolari con imperio ordinario aloienu (in dui 536. La città principale di es«a, ove ebbe ordinaria re- sidenza il preiiidc roinuuu, spcciuhncntu

RIM da detto anno (o meglio dal 53/| i" cui mise capo a Rimini la via Flaminia) fi- no al 567, fu Rimini, pel cui nome s'in- tese l'intera provincia, riportando il d.* Tonini il novero de'magi strati mandali a governarla. Ampliate poi le conquiste e data nuova forma alla provincia, la re- sidenza ilei preside si trasfer"i a città più centrale. Non ostante però questa restò parte della pi'ovincia medesima , finché l'Italia dall'Esino non fu protratta al Rubi- cone. Nel 536 i romani nel romper guer- ra a'cartaginesi, che fu la 2."" punica, man- darono nella Gallia il pretore L. Manlio, con circa 26,000 armati e duecolonieper contenere i galli, iquali tumultuarono al- l'approssimarsi del duce cartaginese An- nibale. In questa guerra più volte i capi convennero a Rimini, in uno al console C. Flaminio, dal fatto del quale è mani- festo che Riminiera la capitale della pro- vincia, ove egli prese i fasci a dispetto di Roma, accogliendo anche l'altro console con altro esercito. Munita di tanti arma- ti, non soggiacrpie a' quei danni cui fu- rono segno tante altre città in s"i furiosa lotta, poiché ne'Iuoghi in cui passò il vin- citore Annibale tutto fu strage e rovina. , Ribellali i grilli per le vittorie de'caiia- ginesi, fu mandalo nella Gallia con eser- cito L. Postumio Albino pretore, che pe- rì con 25,000 solflati nella vasta selva Li- tana per stratagemma de' boi, presso il Rubicone e Cesena. Arsero di sdegno i romani, ma per allora si contentarono di tenere un presidio sino a Rimini, ove fe- ce residenza il pretore Pomponio che lo comandava nel 53() e nel 54o. Nel se- guente anno Rimini ossia la Gallia ebbe » pretore P. vSeujpronio Tuditano, a cui fu prorogatoli comando t\v\\n provincia Àriininuni , a motivo d' Annibale che si avnnrò a 3 miglia da Roma. Perla mici- diale guerra, delle 3() colonie tributarie de'romani, 12 colonie negarono di som- niinistrare ai romani uomini e denari ; fra le 18 restate fedeli vi fu Rimini colo- nia niuriltiina, cui soccorso dello quali il

RI M popolo romano potè sostenersi e se ne mo- strò grato; seml)ra che l'onorevole ecci- tamento dato a tali coionie, si debba ad un fregellano in nome diFregelIeoraPo«- te Coivo (/^.) : la vittoria de'romani sul Metauro e l'uccisione d'Asdrubale fratel- lo d'Annibale, compensò a Roma la di- sastrosa rotta di Canne. Non pare che quei due capitani passassero per Rimini , co- mechè ben guardata dai romani. Nel 549 A rimino ossia la Gallia fu commessa al pretore Spurio Lucrezio, con l'esercito a prcsidiod'ltalia che ancora terminava al- l'Esino. Nel 55 1 due magistrati ebbero in governo la provincia, uno proconsole col nome di Gallia, l'altro pretore col no- me d'Arimino, coi loro eserciti. 11 d.*' To- nini continua a riportare i presidi e le guerre della provincia, secondo ilsuopro- ponimento, cessando dopo che il console M. EmilioLepidouel 56^ ridusse in nuo- va forma la provincia Gallia, e facendo la nuova via Emilia, altra città più cen- trale divenne capo della medesima, per cui più scarse sono le successive memo- rie di Rimini, chetuttaviacontinuòa (tu* parte della provìncia delta anche GuUia Cisalpina.

Nel 576 r esercito contrasse la peste in Rimini, onde restò sciolto. Fervendo nel 667 la guerra civile fra Mario e Sii- la, il console L. Cornelio Cinna, avendo tentato di richiamare il 1 ."dall'esilio, fu cacciato da Roma, per cui volendo trat- tare la propria causa colle armi, e sem- pre più unitosi con Mario, venne all'oc- cupazione di Rimini, acciò nessun eserci- to si recasse dalla Gallia a Roma; allora i romani vedendosi privi d'ogni soccorso si pacificarono con Cinna e richiamaro- no Mario. Nel G72 lacerata Roma da nuo- ve guerre civili tra Siila e Mario, il i vin- se co'suoi (autori una battaglia suU'Esi- no, senza che l'esercito di Rimino seguace di Mario potesse giovarlo, che anzi pres- so Faenza il suo partito perdette altra san- guinosa battaglia; fu allora che Rimini per tradimento fu data a Siila, e come cit-

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principale della provincia fu seguita dalla Gallia. Caduta Rimini in potere di Siila, fu soggetta agli elFetli funesti della sua ira feroce, e quindi miseramente sac- cheggiata e guasta. Nel 676 narra Plinio che nel territorio parlò un gallo ; ciò si riporta da altri scrittori ancora. Quanto al prolungamento dell'Italia dalTEsino al Rubicone, ciò avvenne fra gli anni di Roma 678 e 695, anzi prima di questo ultimo anno, come epoca in cui le Gallie furono assegnate a Giulio Cesare, e per- ' ciò Rimini fu compreso nel suolo italico, che se già non fosse stala colonia romana avrebbe conseguito il diritto di cittadi- nanza ; il Rubicone cessò d'essere termi- ne d'Italia dopo pochi anni e probabil- mente verso il 714 •' limite del Rubico- ne era stato prohnigatoal Formione lun- gi 6 miglia da Trieste. La romana tribù, cui si trovano ascritti più frequentemen- te i riminesi, è l'Aniense; lo furono pure alle tribù Palatina, Lemonia, Stellatina, Quirina. Prima che il Rubicone cessasse d'esser limi te d'I talia, insorta gelosia d'im- pero fra Pompeo e Giulio Cesare, pre- tendendo questi di ritenere il governo delle Gallie, e di esser designato console, Pompeo sostenuto dal senato preparò e- serciti per opporsi al competitore, ed a tale eftetto nel 704 mandò un presidio a Rimini o vi si recò egli stesso comesi ri- cava dalla lettera di C. Rufo a Cicerone, Piegando ormai la repubblica romana al- la monarchia,aspiravano al supremo pote- re Cesare, e Pompeo pel quale parteggian- do il senato ordinò al 1 ." che lasciasse l'e- sercito e le Provincie e si ponesse in sua potestà. Cesare rispose che avrebbe ub- bidito se Pompeo avesse operato altret- tanto. Insistendo il senato a volere che Cesare si portasse in Roma in qualità di privato, fu allora che questi si diede a tra tiare la propria causa colle armi. Quin- di da Ravenna, dopo aver esplorato la volontà de' soldati, passò i confini della provincia delle Gallie e si recò a Rimini colla legione I 3.'^, dove radunò i tribuni '7

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della plebe, chea lui erano nccorsi,e chla- luate leallre legioni comandò loro di se- guirlo. Nell'avviarsi alla volta di Rimini sul cominciar di novembre, giunto che fu al Rubicone, fiume che allora separa- va la Gallia Cisalpina dal resto d'Ilalia, agitato l'animo dalla grandezza dell'ini* presa, ravvolto e perplesso in moltissime deliberazioni, calcolando le immense con- seguenze che sarebbero derivate dal pas- saggio di quel limite, finalmente abban- donatosi in seno dell'evento, e dicendo: gittalo è il dadoj varcò il fiume e occu- pò Rimini di notte, con che die il primo segnale della guerra civile. Saputosi ciò da Pompeo, mandò a Rimini L. Cesare, e il pretore L. Roselo, per trattare un ac- comodamento amiche\ ole; ma Giulio Ce- sare ripetè quanto avea scritto ; laonde i consoli ed il senato gl'intimarono ritor- nasse in Gallia, partisse da Rimlni, licen- ziasse l'esercito, e Pompeo andrebbe nel- la Spagna. Queste condizioni certamen- le non piacquero a Cesate, che da Rimi- ni mandò M. .Antonio con 5 coorli ad oc- cupare Arezzo, ed egli con due rimnsto a Riroini cominciò a far leve di soldati; quindi prese Pesaro, Fano, Ancona, cia- scuna con una coorte. Poi giunto a Ro- ma, trovò la città quasi deserta, ma egli seppe cattivarsi gli animi de'cittadini, e vinta la fumosa battaglia di Farsaglin, gli fu tolto con Pompeo ogni ostacolo al supremo potere. Di tutta questa guerra pertanto, dalla (juale fu spenta la repub- blica romana, e ne emerse l' impero, il principio ed il segno fu dato a Rimìni. Lucano co'suoi versi descrisse il passag- gio di Cesare sul Rubicone, ed il tuiba- inenlo de' rìmincsì, dicendo ancora che Bimini fu sempre a parte delle fatiche e de'pericoti de' romani in tutte le guerre che sostennero in ({ueste parli. Ucciso iti Roma nel 710 (ìiidio Cesare, M. Anto- nio restato kulu nel consolato tentò di ti- rare a se ogni autorità , ed ottenne dal popolo in governo la Gallia Cisalpina , dirigendo le sue legioni lungo il lido dvl-

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l'Adriatico, da Brindisi a Rimino. Ma in- tanto Ottaviano nipote e figlio adottivo di Cesare, gli suscitò in Roma una con- traria fazione e raccolse soldati. Perciò An- tonio In vece di recarsi a Rimini passò in Roma, ove giunto seppe che due legioni delle spedite a Riminl erano passate a Ot- taviano. Laonde Inviato un donativo al- le altre, e raccolto quanto esercito potè, con Isplendido seguito si portò a Rimi- nl,allora posta sul primo adito della Gal- lia, conducendo seco più di 4 legioni; in- di Intimò a D. Bruto di cedergli la pro- vincia della Gallia, Il quale coli' appog- gio del senato si fortificò In Modena, lice- yendo 11 soccorso d'Ottaviano dichiaralo pro-pretore, che colle legioni incominciò a muoversi contro Antonio. A questi il senato comandò di abbandonar l'assedio di Modena, di lasciar la Gallia a Brulo,- edl trasferirsi di qua dal Rubicone e por- si in sua potestà. In seguilo Antonio fa dichiarato nemico pubblico e successero le note guerre. Volendo il senato depri- mere Ottaviano, avendo passato queslo il Rubicone con 8 legioni, si portò in Ro- ma e ottenne nel 71 ili consolato. Frat- tanto Lepido che avea la Gallia Narbo- nese,si congiimse ad Antonio, e altrettan- to pensò fare Ottaviano, per rendersi più forte contro il senato e Bruto , il quale dipoi venne fatto uccidere da Antonio. Allora fu chesegjù il formidabile trium- virato di Ottaviano, Antonio e Lepido, i quali convennero in un'isolelta formata da un fiume Ira Modena e Bologna; ivi si divisero l'impero e le proscilzioni, ce- dendo n'Ioro soldati 18 delle principali città d'Italia, fra le quali Arlmino, cui fa destinata una colonia militare nel 712. Avendo Ottaviano, vinto Antonio, resta- to solo signore e denominato Angusto dal senato, riparafo la via Flaminia, Io slesso senato gli eresse nel •jij il gran- dioso arco in Rimini, dicendosi che il su- perbo monumento terminasse colla sta- tua d'Augusto su d'una (juadriga. le- sta di bue è l'insegna ilellu ct)lonia,od i

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4 medaglioni di Giove, Nettuno, Vene- ro, Marte o Pallncle si credono deità fu- tel.iri del municipio. I merli alla tedesca co'quali fìiiisce è opera di secoli infelici. Rimasto solo Angiislocol titolo d'iojpe- latorc al governo della repubblica, man- dò nell'Italia 28 colonie n)ilitari, ed una n'ebbe Rimini col titolo d'Augusta, in- di nel 754 e I. "dell'era nostra o cri'^tia- na, Caio Cesare figliuolo adottivo d'Au- gusto, fece lastricare di selci tutte le stra- de di Rimini. Insorta la guerra contro le ribellate Pannonia e Dalmazia, perme- glio dirigerla nel 76 r Augusto si portò in Rimini; forse fu alloia cbe Augusto, munifico con questa colonia, pensò a do- mar la Mareccliia col superbo ponte det- to di Augusto e di Tiberio, ed anche di s. Giulinuo, perchè per esso si unisce alla città il borgo occi<lenlale che prende no- me dalla chiesa eretta a tal santo Qui pas- sando il eh. Tonini all'illustrazione del- la città, dell'antica sua pianta e delle o pere pubbliche d'epoca non fissa; de'va- ri ordini de'cittadiui, de'collegi delle ar- ti edelle antiche f uniglie; iosoltanlo toc chcrò le cose principali. L'antica pianta della cillà presenta due giri di mura ur- bane ; il giro delle mura odierne fu fat- to tra il cadere del Xlll secolo e il prin- cipio del XIV. Le antiche porle di Rimi- ni si chiamarono Orientale; Meridiona- le o Montanara, poi s. Donato e s. An- drea; Occidentale o Gallica; Porta al Ma- re o s. Tomeo; del Galtolo, così delta dal piccolo forte ogatlolo eretto incontro nel secolo XII ; Porla o Portello de' duchi, oltre le quali forse ne furono altre due, Porta al ponte Gemboruto, e Porta Ga- iana. Interessanti sono egualmente le no- tizie de' 7 anticliissimi vici o rioni della cillà : il can. Nardi nel 1824 pubblicò nel Giornale arcadico: Sui vici antichi del- le citlàj e segnatamente della splendidis- sima Arìmino. Si conoscono i nomi di 4 de'7 vici, cioè Aventino, Dianese, Ger- malo e Velabro. Il porlo di Rimini fu di qualche nome con aiolo econfiuiale, ma

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è di/Ticile Io stabilire che fosse formato e- sclusivamente da nn seno di mare, ose invece vi concorresse pure la Marecchia, impossibile è poi il tracciarne la sua ve- ra figura. Del nobile monumento dell'an- fiteatro, restano ancora notabili avanzi, in parte visibili e in parte sepolti sotter- ra : era ovale e di forma elitlica con por- tico e 4 fontane. Oltre la descrizione che ne fa l'accurato d.^' Tonini, in anteceden- za ne pubblicò la Relazione con \.a\o\e. In Rimini furono innalzati templi a'nu- mi che si adoravano, come a Giove, Net- tuno, Marte, Minerva, Apollo, Diana, Bacco, Ercole, al Genio custode della cil- là, alla Salute. Finalmente vi fu in Rimi- ni un Panico o Panteon, tempio sagro a tutti gli Dei, che credulo il tempietto de dicalo poi a s. Michele in B'oro, dello vol- garmente s. Michelino, fu argomento di questioni e delle seguenti opere. Gio.Rian chi , conosciuto anche sotto il nome di Jano Planco che fu archialro di Clemen- te XIV, come dissi a Medico : Lettera ad tin suo amico di Firenze intorno alla de- scrizione, del Panteo sacix) di Ariniino, nel l. IO di Calogerà p. 3{i5, Nuovarac- colla degli opuscoli, Venezia 1 763, ove sono la Raccolta delle dissertazioni in- torno la descrizione del Panteo. Parere, dello spazzacamino di Porta s. Ange- lo di Perugia, ossia Appendice alla Rac- colta di dissertazioni intorno l'iscrizione del Panteo di Rimini. Inoltre dal d.' To- nini si parla di altre opere pubbliche dei lempi romani, comedel granaio, del ma- cello, della fontana, di vari acquedotti, del ponte dell'Ausa, sopra il quale ne fu- rono eretti due altri meno larghi; di va- rie torri,alcuue delle quali ancora esisten - li, onde fu chiamata turrita questa cit- tà, oltre altre fabbriche pubbliche e pri- vate; de'inusaici, di alcuni ipogei e di al- tri luoghi sepolcrali. Indi il d.' Tonini tratta degli ordini civili e sacri dc'cilla- dini della colonia aiiminese, come del se- nato, de' decurioni, de' duumviri qui/i- (jaennaUj da' duumviri juridicundo, od

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anche semplici duiimvlH,^e'trhimviri,àe- gli edili, de'qnestori, del cmntore, de' pa- troni de'vici, de' cavalieri ; de' pontefici, auguri, flamini, magistrature e dignità sacerdotali. Delle varie arti esercitate in Bimini, e de' loro collegi ; delle antiche famìglie della colonia, in numero di 1 08, oltre altri nomi gentilizi. Termina il d/ Tonini la sua elaborala e imparziale o- pera, con riportare l'interessante raccol- ta delle iscrizioni antiche della colonia d'Ariraino, lapidi che di vide in due classi: la 1/ è di quelle che si conservano anco- ra in n.°diio5; la 2/ di quelle che non esistono più e in n.° di 86 sono ricavate dagli storici e collettori rirainesì. Segue un'appendice con le lapidi peregrine, che riguardano la storia riminese ; le lapidi riminesi spurie e non antiche^ le lapidi peregrine intruse fi a le riminesi, che non appartengono alla città , alla sua storia. Il lodalo scrittore d.r Tonini, spe- ra d'intraprendere fra pochi mesi la stam- pa del 2.° voi. di storia patria, che inti- tolerà : Rimini dal principio dell'era vol- gare fino /7/1200, e comprenderà anche la storia sagra : mi dispiace che non po- trò giovarmene, per precedere questo mio orticolo alla pubblicazione di tale lavoro, che non potrà riuscire che importantis- simo. Essendomi fin qui alquanto diffuso nel riportato estratto, in proporzione del mio sistema, sarò breve nelle notizie del- la storia civile sino alla dominazione dei Malatesta, per un tratto di tempo in cui quasi tutte le storie municipali sono rav- ■volle nell'incertezza de'fhtti.

Itimini facendo parte dell'impero ro- mano ne seguì i destinile gli l'iuono pres- soché comuni le vicende politiche cui sog- giaa]ue la provincia d'Emilia, di che par- lai a' relativi articoli, come a Pesaro, FoBLi, ed Imola. Nell'anno 6() dell'era corrente Cornelio Fosco del pai ti lo di Ve- ipasiano stringe por terra e per mare que* dell' imperatore Vilellio, che tre- tnniido stavano inlUutini, per cui la cit- tà (u lacchcggiala duUv truppe di Vespa*

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siano, come riferisce Tacilo. Manca di provela pretesa distruzione della città at- tribuita aDemostene re de'liburni ribella- tosi all'impero nel 262, di cui si narra che con armata navale si portòa danno di Ri- mini, atterrandone le mura, bruciando e distruggendo l'anfiteatro e molli edifizi: di conseguenza non pare credibile la riedifi- cazione della città operata nel dfclinar di tal secolo da Diocleziano e Massimiano imperatori. Dopo il deplorabile trasferi- meritodella sede imperiale in Costantino- poli, e la di visione dell'impero in orientale e occidentale, a questo secondo apparten- ne Rimini e la regione, divenendo Raven- na (F.) residenza dell'imperatore d'occi- dente. Allora presero ardire le nazioni straniere per invadere l'abbandonata Ro- ma loro antica dominatrice, ed Alarico re dei goti vi si recò nel 409, dopo aver da- to il guasto alla provincia, onde anche Ri- mini ne patì molto; poiché Alarico e Ai- talo co'loro goti si fortificarono in Rimini contro r imperatore Onorio, eh' era in Ravenna, e dopo si recò in Rimini. Altri guai soffrì la città nel 45>5 per l'irruzio- ne tremenda di Genserico re de' vandali. Avendo nel 4?^ Odoacre re degli eruli anche presso questa città disfatto l'eserci- to romano, fece abdicare Momil lo Augu- stolo ultimo imperatore (roccidentc, s'im- padronì di Ravenna ovestabih la sua re- sidenza, e dominò ancora sulla provincia e su Rimini. Però nel 4o3 avendo Teo- dorico re de'goli preso Ravenna e ucciso Odoacre, a lui dovette ubbidire Rimini. Volendo l'imperatore d' oriente Giusti- niano i ricuperare le provincie tenute dai goti, dir principio alla famosa guerra go- tica. Nel 537 il console Giovanni Vita- liano fu mandalo a Rimini con 2000 ca- valli da Belisario, che in Roma era asse- dialo da Vitige. l'cr cui questo re de'go- li, lasciato r assedio di Roma, passò a quello di Rimini, che intraprese con tut- te le forze; per il valore di (»iovanni e la bravui'a de'rimincsi, vi durò finche ven- uc in Italia anchcNarsetc, altro capila-

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no imperiale. Nel 549 ' 8°^' nuovamente s'impossessarono di Rimini, e nuovamen- te nel 553 la riprese IVarsete, dopoché i goti nel precedente anno per i:npedir- gli il passo ruppero il ponte sulla Marec- tliia da una sponda all'altra, come narra Pi-ocopio. Secondo altra versione, il ta- glio fu eseguilo nell'ullima arcata dalla parie del Borgo, perchè Narsele lo passò nel condursi premurosamente a Roma, nella qual circostanza avendo fatto una sortita i goti, vi restò ucciso Usdrilla co- n)andantedelpresidio|di Rimini. In qual- cuno di questi fatti deve essere avvenu- to il murarsi della città anche dalla par- te del mare, ed un generale ristauro alle mura più antiche; opera forse tumul- tuaria, a cui servirono i materiali dell'an- fiteatro rovinato, quelli di vari templi, e persino le statue ed i marmi posti ad o- nore e memoria de'benemeriti cittadini : quasi altrettanto si fece da Belisario in Roma, ed in Pesaro ove per eguale ma- niera furono impiegati marmi di pregio, lavorati e scritti, come riferisce Olivieri. Dopo le conquiste fatte dagl'imperatori d'oriente o greci su'goli, istituirono l'Zi- iiarcato di Eavennai^f^.) dove fissò la sua residenza l'esarca, del quale esarcato fe- ce parte Rimini , come della Penlapoli (^.) Annonaria o Gallia Marittima, a cui era annessa porzione del Piceno, quando la istitnì l'esarca Longino: Con)pagnoni dice che Rimini fu capo di questa Peu- tapoli. Kel 568 Alboino re de'longobar- di , occupate diverse provincie, formò il possente r^no {\q Longobardi {V.) in I- talia, ed anche Rimiui dovette sopportar- ne il giogo, almeno inlerrottamenle. Ub- bidiva all'impero greco sotto l'esarca I- sacio del 6 19, cbe nel sollevare dalla ca- restia le Provincie del Piceno , fortificò Ilavenna, Rimini e Fano per garantirle da ogni sorpresa de'longobardi: quel du- ce dimorò per alcuni giorni in Rimini. JNcl ponlilìcato di s. Gregorio II l'impe- ratore Leone III risaurico dichiarò guer- ra ailes. immagini, e fece di lutto perchè

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fosse ucciso il Papa che le difendeva. A- vendo inutilmente s. Gregorio II tentato il ravvedimento dell'iniquo principe, in- sinuò a tutti i cistiani di difendere la fe- de cattolica e la chiesa romana, anche colle armi. Quindi tutta la Pentapoli ri- gettò i magistrati imperiali e si elesse cia- scuna il proprio duca: in Ravenna pre- valendo la parte divota al Papa , in un tumulto restò ucciso nel 728 circa l'e- sarca Paolo, ed i longobardi suoi alleati minacciarono di vendicarlo, per cui nel- rE!<arcatoe nella Pentapoli si temeva un imminente eccidio. Per avere s. Gregorio II scomunicato Leone e sciolti i sudditi dal giuramento, quasi da per tutto furo- no cacciati i ministri imperiali, e ciascu- na città elesse i magistrati di proprio ar- bitrio, governandosi a libero reggimen- to. Roma e il suo ducato con altre 7 città della Campania spontaneamente si die- rono a s. Gregorio li e alla romana chie- sa, dando principio alla sovranità tempo- rale di essa. Inoltre le milizie del Piceno, dell'Emilia, dell'Esarcato e della Penta- poli si dichiararono per la difesa del Pa- pa, vivendo sotto la protezione di s. Pie- tro eda'propri magistrati governate, con- tro l'esarca Eutichio, che co'longobardi voleva vendicarsi di Gregorio II. L'im- peratore a tale elTetto mandò in Italia una flotta, che appena giunta alle altu- re di Rimini, di Pesaro e di Fano, da fu- riosa tempesta fu ingoiata. Ne volle pro- fittare Luitprando re de'longobardi, oc- cupando nell'autunno del 728 Rimini e le altre convicine città. Il Papa prese le difese de'popoli minacciali da'greci e op- pressi da'Iongobardi, ricorrendo all'aiu- to di Francia e della repubblica di Ve- nezia; fece anche pace co'longobardi, on- de tra le città che evacuarono vi fu Ri- mini. Ma Luitprando ad insinuazione di Eutichio, il cui potere erasi ristretto al- la sola Ravenna, e per le istanze dell'im- peratore Leone, cui premeva ricupera- re gli stati d'Italia, nuovamente si armò contro il resto dell'Esarcato e della Peu-

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Lipoli, ed occupò Himiiii e<l aliti luoghi ucl 780 , devastando il Piceno. Questa guerra nell'Umbria durò parecchi anni, e costrinse s. Gregorio III ad invocare il soccorso di Francia nel 788, perchè spe- disse in Italia il suo esercito, avendo i longobardi usurpato i PrtZ/m/o/»' della s. Sede (f\). Frattanto l'esarca Eutichio, per la partenza de' longobardi verso la Lombardia, prese l'occasione di ricupe- jare l'Esarcato, la Pentapoli ed altri stati datisi alla protezione dis. Pietro, piglian- do per assedio le città peutapolilane, cos'i Ilimini. TornatoLuitprando, ben presto riprese le città dell'Esarcato e della Pen- tapoli. Nel 74 1 Papas. Zaccaria colla sua energia ricuperò alla Chiesa molti domi- uii,e contemporaneamente l'Esarcato e la Pentapoli di nuovo si sottrassero da'Ion- gobardi, i quali nel 743 tornando a op- primerle colle armi, l'Emilia, l'Esarcato, la Pentapoli e il Piceno ricorsero a s. Zac- caria, perchè impetrasse la pace. Questo benefico Papa si portò a Pavia daLuit- prando ed ottenne 20 anni di tregua. Di- ce l'Amiani ne\ìe Memorie di Fano, che non e da dubitarsi che la chiesa romana a questi giorni, e per essa s. Zaccaria, a- ▼esse il dominio delle città dell'Esarca- to, della Pentapoli e di Roma. Nel 749 quando s. Zaccaria si recò a Perugia per frenare Rachis re de'longobardi dalle o- btilità che commetteva contro gli stati ad- detti a 8. Pietro, il principe promise di tornare a Pavia: in questa occasione TE- «arcato, la Pentapoli, il Piceno, 1' Um- bria e le Provincie aggiacenti a Roma, per ine/zo de'Ioro deputati si conl'ertnnrono nell'ubbidienza del Papa, e giurarono le- della alla chiesa romana. Da'(|uali bra- ni d'istoria si rileva l'antico sovrano do- minio della 8. Sede anche su Rimini. Suc- cesso a Rachis il fi afelio Astolfo, subilo mosse guerra aH'Ksnrcato, e molestò la romana chiesa nel y^nì. Send)ra verosi- mile, che in questa epoca i Papi in ogni città dc'lorudominii ansegnassero de'giu- dici; ultrctlaQlo larii slata praticalo con

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Rimini. Nel 752 essendo Papa Stefano li detto III, re Astolfo rivolse il feroce ani- mo suo contro i romani, cinse d'assedio e prese varie città dell' Esarcato, indi si inoltrò nella Pentapoli, occupò Rimini e le altre di essa, soggiogò il Piceno, mi- nacciò Roma. S'interpose il Papa, ed ot- tenne una pace di /\.o anni, quando alcu- ni mesi dopo il fedifrago Astolfo nuova- mente si mosse sui luoghi occupati per conformarsi nel dominio della Pentapoli e del Piceno, ed avvisò i romani di pre- pararsi a riceverlo per sovrano. Slimo- lato Stefano III dalle angustiate città di ricorrere a Francia , partì nel 753 per essa, passando per la Pentapoli e per Ri- mini, ossequiato profondamente da per tutto, quale loro padre, signore e protet- tore. Giunto a Pavia per muovere l'ani- mo d'Astolfo, avendo questo saputo che le sue milizie a veano occupato l'Esarcato, non volle pacificarsi, agognando d'avan- zare il suo dominio su Roma, e tenendo l'esercito a quartiere in Rimini, Pesaro, Fano e Cesena. Allora il Papa progred"! per Francia, ricevuto da re Pipino come si sarebbe accolto s. Pietro, ed ottenne il poderoso suo aiuto. Calato il re in Italia due volte, costrinse Astolfo a restituire al Papa l'Esarcato, da dove avea caccialo Eutichio ultimo esarca (altri dicono co- stretto alla fuga dai ravennati), e diede alla s. Sede le ricuperate terre, oltre tut- te le città dell'Emilia, della Flaminia e del Piceno appartenenti all'Esarcato, che Anastasio Bibliotecario novera, compre- so Ri mini, Ari/niiiurn,(ì\tìa\lrii olili del- le due Pentapoli e della regione, le cui chiavi furono mandate sul sepolcro di s. Pietro, in si^nuin veri ci perpelui doininii, secondo la solenne proiuessa in preceden- za falla daPipino,^)/o remissione peccalo' ruinineorum impctranda Exavcalum et PcnUipolim rcipublicae romanae adciii' ptab. Petto, et successoribusejus tradita- rum perpetuo possidcnda , ec. D'allora in poi, tranne il tempo delle ribellioni e delle btraniereiuvasioui, iPapi esercitarono il

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lìomiiiio assoluto sulle cose civili, su Ri - mini e sul resto dell'Esarcato. Per qual- che tempo Riinini e la Peiitapoli gode- voiio pace, e sotto la Chiesa procurarono di stabilir leggi e forma di un ottimo go- verno. Divenuto però re de' longobardi Desiderio, per opera di SlerinollI, ben- ché promettesse con giuramento di non molestare gli stati di s. Pietro e di resti- tuire altri suoi patrimoni , nulla man- tenne e aspirò al dominio di Roma. Oc- cupò nel 759 (juasi lutto l'Esarcato egli impose contribuzioni. Rimini e Pesaro fe- cero resistenza lungo tempo, ma poi fu- rono superate, onde i longobardi deva- starono il resto del paese, eccettuata Fa- no comechè ben forliHcata. L'incursione essendo giunta sino alla Campagna roma- na, s. Paolo I ne scrisse a re Pipino, di- cendogli che Desiderio era anche provo- calo segretamente dall'imperatore gre- co. L'autorevole interposizione di Pipino fece sospendere il proseguimento della guerra, ma con prelesti i longobardi ri- tennero l'occupato, insieme a Rimini. In- tanto nel maggio 764 si vide nell'Adria- tico l'armala navale de'greci, onde i ra- vennati, i riminesì e altri popoli suppli- carono il Papa a spedire il suo esercito a difenderli esollecitare il soccorso di Fran- cia in favore della Pentapoli e dell'Esar- cato. Non solo s. Paolo I ne scrisse a Pi- pino, ma per aver contratto amicizia con Desiderio lo sollecitò a rinforzare colle sue truppe le città marittime dell'Adria- tico, mettendo presidii in Ancona, Rimi- ed altre città contro i greci. Desiderio per riavere gli ostaggi ch'erano in Fran- cia si piegò, e fece guarnire Rimini egli altri luoghi, proseguendo i greci a co- steggiare l'Adriatico in lutto l'estate, con gran costernazione de' limitrofi popoli, finché si ritirarono quando seppero che si erano collegati contro di loro i longo- bardi duchi di Benevento, Spoleto e To- scana soggellialta protezionedi s. Pietro. Non ritirando Desiderio le truppe da Ri- luini e altri luoghi presidiati, nel 769 ve

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lo costrinse Pipino per le calde istanze di Stefano IV. Il successore Adrianol, co- noscendo le trame de'greci e de' longo- bardi, fece munire tutte le città confinan- ti coi secondi, ed il fatto giustificò la sua previdenza; imperocché ciò dispiacendo a Desiderio, più non curando la conve- nuta pace, con formidabile esercito occu- pò molte terre dell'Esarcato ed altri do- minii della Chiesa. Rimini nel 772 fu sac- cheggiato insieme con Cesena e Pesaro, il Ravennate devastato, estendendo le de- vastazioni e invasioni nelle altre proviu- pie e designando l' assedio di Roma. A- driano I inutilmente lo pregò a cessare di perseguitar la Chiesa, onde invochilo l'aiuto di Carlo Magno figlio degno di Pi- pino,egli si recò in Italia coll'eàercilo nel 773, fece prigione Desiderio e die fine al regno longobardico. Portatosi in Roma, ratificò le restituzioni e donazioni, com- prendendovi le due Pentapoli e Rimini, ed aggiungendovi altri stati. In questa oc- casione gran parte dell'Esarcato si nomi- nò provi ncia Romana, poi Romania o Ro- magna.

Con l'Influenza de'francesi in Italia, fi- no da Adriano I le città della Pentapoli si erano sollevale, non volendo più rico- noscere i giudici che loro assegnava la s. Sede, e ricusando di dar conto al Papa di loro affari, per cui Adriano I sene la- gnò acremente con Carlo Magno, onde si convenne che non avrebbe ricevuto iu corte i sudditi della Chiesa, senza le let- tere del Pontefice, il quale avrebbe altret- tanto praticalo coi franchi. Siffatta pre* tensione si rinnovò sotto s. Leone III nel- r8o4, dopo ch'egli avea ristabilito l'im- pero d'occidente in Carlo Magno, volen- do le città pentapolee eleggere il proprio conte o giudice delle medesime, senza di- pendenza alcuna dalla s.Sede; laonde li- cenziali i loro giudici, altri n'elessero sen- za il consenso di Roma : ma il Papa re- stituì all'ubbidienza della Chiesa tutta In provincia, come rileva Amiaui. Ncir84S Rimini in un alle altre città mariltime

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fu saccheggiala dalla flotta de* saraceni dell'Africa, comandati dall' ammiraglio Sabba. Neli'8i)3 i saraceni annidati nella Spagna, penetrando in Italia fecero fre- quenti scorrerie in Lombardia. La pro- vincia di Romagna temendo d'essere sac- cheggiata da que'barbari, convocò un par- lamento in Rimini, dove intervennero i deputati di Fano e delle città del Pice- no: fu risoluto di ricorrere ai romani, per- chè insieme con Papa Formoso accudis- sero alla difesa de'propri stati; ma per le discordie di Roma non fu possibile ripor- tarne alcun soccorso. Nondimeno il Pa- pa chiamò l'imperatore Arnolfo con l'e- sercito, ed in qualche parte furono assi- curate queste contrade dalle incursioni de'saraceni. Poco dopo sopravvenne l'in- vasione degli ungari, che tanto danneg- giarono l'Italia, e poterono essere respin- ti da Berengario I re d'Italia nel 904, il quale obbligò le città della Chiesa a rim- borsarlo delle spese fatte, massime quelle di Romagna e del Piceno. I popoli di que- ste [irovincie essendosi armati , nel 91 1 poterono valorosamente obbligare gli un- gari, ch'erano ritornati a intestar l'Ita- lia, a passare in Toscana. 1 saraceni pro- filandone, comparvero con una flotta nell'Adriatico; ma le milizie di Rioiini e di altre città marittime, portatesi in An- cona, impedirono il saccheggio che di lo- ro si erano proposto i barbari. Nel 980 tornali gli ungari, scorsero per la Roma- f;na e pel Piceno, esigendo da ogni città grossi tributi. Vuole Rubbi, contro il pa- rere di Muratori, che ne' tempi longo- bardici ogni città fosse retta con titolo di ducato e avesse la zecca particolare, colla prerogativa nc'duchi di coniar moneta. Cerio è che Rimini in tale c[)oca ebbe i iuoi duchi che la governarono, e Io fu- lono al IcDipo di s. Gregorio I, Maurizio o Maut'iciu del 7G9 circa, infeblo al clero raveDonleocllu libera elezione del loroor- civcfcovo, e quelli costituiti dai Papi al leiiipodi Carlo Mngnn: Cuiiilianogiù iiioi'' tu iicll'H I 2 tM;liiiiiuuto^/«(V/^'/c(/7(;vor/'^>

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rimino j Orso visse nel 919; e in un di- ploma dell'antipapa Leone III del 964 si apprende che ancora esisteva il ducato riminese, mentre l'abitazione de'duchi e- ra nella parrocchia di s. Maria in Corte. Si vuole che tal corte fosse stata anche residenza de'proconsoli. Indi Riiuini eb- be i conti che successero nel governo ai duchi, e la ressero per la s. Sede; tale fa quel Rodolfo che godendosi ingiuslnmen- te buona parte de'beni del vescovato, [)er lo che e sebbene morto il vescovo Uberto nel 996 ricorse a Ottone III, che qual di- fensore della Chiesa volesse prendere la tutela de'beni della sua; il conte viveva nel 970, era riputato signore della città, e teneva per moglie la contessa Ingelra- da ; forse gli successe il fratello lldepian- dodel looG. Si fa menzione di altro con- te Rodolfo già morto nel io46, ch'ebbe a moglie Sibilla, ed a figlia Marozia che sposò Everardo conte d'Ancona e pare anche di Rimini, contado che sembra a- vesse ricevuto da s. Leone IX, giiicchè i Papi anche allora, oltre il supremo do- minio di Rimini, ne aveano pure l'utile possesso. Un 3.° Rodolfo è credibileche avesse il contado da Benedetto Vili nel 101 i,indi Ugo. Di cpiesti duchi e di que- sti conti ne tratta Batlaglini. Il suo fra- tello Angelo neWe Meìiiorie di Ciò. Bru- ni deParcitadi, opina che i conti di Ri- mini del secolo XI non fossero governa- tori, ma semplici conduttori de'proventi del contado riminese, appartenenti alla camera pontidcia. Pretenderebbe Mar- chesi, che Rimini divenisse verso (piesto tempo vassallo di Malatesla tedesco stipite della celebre stir[)e, il (pialefu nel looa istituito da Ottone 111 vicario imperiale, i cui magnanimi discendenti estesero noi Piceno i conlini di loro signoria, si resero tributaria quella provincia, una gran par- te di Romagna, ed in Lombardia le il- lustri città di Brescia, Bergamo e Crema; ma de'Malatcstu [)arlerò a suo luogo, non essendovi siciii e proveche in(|iiesto tem- po incoiuiiiciasscru a dominare. Anche

KIM Amiani, citando Sfuisovino e Saraceni, «lice ciie nel 969 i Ma la testi possedesse- ro alcune lene in Fano, e die Raniber- (o (Jylio di Malalesta il Pacifico avesse la signoria d'Ancona. Il Sigonio narra, che Ottone IJI dopo il g83 o più tardi, venuto in Italia e fermatosi in Ravenna, concedè infeudo alcune terre di Roma- gna aMalatcsta suo gentiluomo che avea condotto di Genuania, e dal quale usci- rono i Malatesli di Riutini, di Fano, di l'esaro e di altre cil'à. Quest'imperatore collocò porzione di sue truppe in Rimiui. Ivi a'4 aprile 1047 *' t'^vava l'impera- lore Enrico II! col l^apa Clemente II, e vi emanò la fan)osa costituzione, Dcju- rainenlo calutnniac ciericorumj questo alto di giurisdizione e qualunque altro giudicato fallo dall'imperatore alla pre- senza del Papa, si deve intendere fatto da lui come difensore della Chiesa e come giudice superiore delegalo dall'autoritìi ponlifjcia, esercitando l'avvocazia attri- Ijuita agl'inìpeiatori dalla s. Sede, come dichiarai a Placito e in altri relativi ar- ticoli ; essendo nel 1 o47 Riniini in titano <Icl Papa che vi esercitava reale possesso. IN'el IOÒ3 s. Leone IX si recò in Rimini, e vi consagrò il nuovo arcivescovo di Ra- venna Enrico, secondo Nardi, Cronolassi p. 78, ed il novello vescovo di Le Puy, Pietro deMercoeur, al diredi Chenu,£'- piscop. Galline. L'imperatore Enrico IV lùvorcndo l'intrusione dell'antipapa O- Dorio II, contro Alessandro 11, ruppe la concordia tra il sacerdozio e l'impero. Il Papa ricorse all'aiuto di GolFredo polen- te duca di Toscana e di Lorena, marito della gran conlessa Matilde eroina della Chiesa, affidandogli in guardia e in am- ministrazioneRimini e altre ciltùde'con- tedi marittimi, che guarnì di soldatesche pel Papa, anche per essere l'arcivescovo di Ravenna partigiano imperiale; allora solendosi fare distinzione della Romagna in marittima e terrestre o montana, co- me si faceva per le due Penlapoli. 11 Pa- pa continuò u doti)inarc Riuiiui, almeno

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fino al 1081, nel quale anno essendosi chiamato da s. Gregorio VII, contro En- rico IV che lo perseguitava anche colle armi, il duca de'normanni Roherto Gui- scardo, ed avendolo questo disfatto nel- l'assedio diRoma,rimperatore pose quar- tiere in Fano, Ravenna, Pesaro e Rimini, e vi passò l'inverno. Per mantenere l'e- sercito alemanno, la carestia aiìlisse la provincia e immensi furono i debili per- ciò contratti dalle comunità. Rimini fu forzatamente obbligata ai voleri di En- rico IV, il quale dal vescovo Opizone fece con altri consagrare l'antipapa Cle- n)ente II I, in che non conviene Nardi per- chè si confuse il vescovo Aretino con l'A- riminese, e per lungo tempo Rimiui ed i contadi marittimi soggiacquero all'im- peratore ed al suo marchese Guarnieri, giovò dopo la pace a Pasquale li di reclamarla ad Enrico V, il quale come il padre Enrico IV si mostrò nemico del- la s. Sede. Ad onta del solenne accoido fatto nel i 122 tra Calisto II e l'impera- tore,il quale si obbligò di restituire quan- to da lui e dal genitore era stato usur- pato alla chiesa romana, tuttavia Rimini non fu da questa ricuperato che dopo la sua morte, accaduta nel i i25, onde O- uorio II costituì un marchese e duca vi- cario pontificio, a governare il paese com- preso Rimiui; prima Alberto, poi Corra- do dii>ina gralia Ravcnnatuin (lux. In- sorto nel I 1 3o nell'elezione d'Innocenzo II l'antipapa Anacleto II, questo scisma non alterò la divozione di Rimini e di Romagna verso il legittimo Papa. Dopo il I 182 è oscuro a chi ubbidisse la città, e forse per concessione o tolleranza pon- tificia vi avranno esercitalo autorità, in uno al resto della provincia, Lotario I[ e Corrado HI imperatori, ma sotto la pro- tezione de' vescovi, ch'è quanto dire della Chiesa, i quali sostenevano i comuni ìu istalo di moderata indipendenza, acciò poco potesse gravarli la soprintendenza de'ministri imperiali, il che rilevasi da BattagHni; sommo poi era il potere che

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sul principato di Romagna vi esercita- rono gli arcivescovi di Ravenna, in forza d'investiture e privilegi pontificii e im- periali. Verso il II 57 dall'imperatore Federico I con diploma, Rimini ottenne le prerogative della zecca, l'investitura d'ogni diritto regale, l'amministrazione e il governo della città e contado, anche per tenerla ferma alla sua divozione con- tro il partito del Papa, ed ancora per- i\ìè gl'imperatori greci sempreaspirava- no a riprendere il dominio delle città ma- rittime di Romagna e Marca. Cosnlco- mune assicurò una forma di repubblica indipendente da ogni ministro imperia- le, potendosi governare pei consoli o pel podestà, restandogli il solo peso dell'an- nuo censo all'imperatore e straordina- riamente il fodro regale, ossia l'obbligo di alimentare i soldati, l'imperatore e la sua corte in passando pel paese. Al dire di Battaglini, Rimini non fece uso della regalia e diritto delia zecca, ma solo fu intenta ad ampliare la propria giurisdi- zione, e ad assoggettarsi quanto territorio sembrò dovesse comprendere nel contado riminese, per cui atfacciò pretensioni su quelli di Cesena, e Pesaro principalmente, donde provennero dilferenze e guerre pei confini e giurisdizioni. Pare cheiriminesi dovessero fare buone olferle allimpera- torc,ilqualelargheggia va concessioni per impinguare il suo tesoro, e secondo Cle- nientinì accordò pure a Rimini un istro- mento, col quale estese il contado sino alla Foglia. Nemico della Chiesa, Fede- rico I, nell'eiezione di Alessandro 111 col- le armi sustennegli antipapi che uno do- po l'altro s'intrusero nella cattedra apo- stolica: per proteggere il pseudo Pasqua- )elll,nel 1 1 67 si portò con l'esercito ncl- l'Emilia e da ogni città che si reggeva co'propri magistrati esigette tributi, in- cendiando e multando le avverse; ed é perciò che Uimini specfi ambasciatori a Cesena per sottomettersi ad ogni suo de- siderio, ad esempio di l''ano e Pesaro, i quali luoghi con Riinini in tutta la qua-

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resima dovettero alloggiare resercilo. Per quanto Federico I avesse fatto per obbli- garsi il comune riminese, nondimeno pre- valse il partito pontificio, quando l'im- peratore divenuto insoffiibile agl'italiani, ed esecrabile alla Chiesa per alimentar- ne lo scisma, la maggior parte delle città italiane fedeli ad Alessandro HI si confe- derarono contro di lui: si crede che que- sto Papa fosse in Rimini, allorché trave- stito e incognito fuggiva dalla persecu- zione dell'imperatore. t\l congresso tenu- to a tal fine in Modena nell'ottobre 1173, tra gli altri consoli deputati delle città italiane, si trovò Seplivivi consul Arimi- niel rector cii'ilads. I riminesi furono soli e primi tra gli altri popoli finitimi di Mar- ca e Romagna, ad accedere alla confede- razione dell'indipendenza, dichiarandosi alla scoperta contro l'imperatore. Sicco- me però nel i 174 un Traversari fu per Federico I conte di Ri mini, pare che fosse tornato alla sua soggezione, e continuasse sino alla pace fatta col Papa nel i 177, e tale ancora si conservasse fino al 1 183 quando fu prima in Piacenza stabilita la pace da'legati imperiali colle città italia- ne, in uno ai deputati riminesi, e poi ra- tificata in quella famosa di Costanza da Federico I, pcM- assicurare la moderata indipendenza che le città aveano acqui- stata sotto idi lui predecessori. Pensa Dat- taglini, che Rìniini per l'animosità dimo- strala nel I 173 contro Federico 1, deca- desse dall'amplissima in vestitina di tutto ilcontado, die non ricuperò, perchè nella pace furono statuiti vincoli di dipenden- za dai vicari o nunzi imperiali. Aggiun- ge inoltre, che per essere i riminesi uniti ni ravennati, ne preferirono le monete e si astennero di usare la propria zecca e moneta, diritto di cui però avanti ili2o5 se ne fece qualche uso, per cui descrive la più antica moneta riminese; ma non accettandosi le loro monete dagli stessi a- mici ravennati, ne sospesero la battitura. Rens'i ritiene, che dacché i Papi spediro- no in Romagna rettori, non si potè dai

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I avcnnali impediie ai nininesl che le lo- ro luuticte si s[>endessei'0 iti (jUciliiiique luogo; se non che si conteggiarono secon- ilo le monete di Iiai'cnua[r.) (lueììe lliniini. Preziose poi sono le notizie che lialtaglini sulle monete riminesi e dei Malatesli, come di Romagna ed altre.

Continuando le antiche dilFerenze Ira i fanesiie pesaresi, a'quali i riminesi avea- no mosso guerra per motivo di giurisdi- zione e pretensioni reciproche sopra dei castelli, i riminesi nel 1207 dubitando che Fano si unisse a Pesaro, rinnovaro- no la confederazione con quelle coudizio- ni che si leggono in Amiani : iu questa occasione molli riminesi, forse malcon* tenti del governo, passarono a stabilirsi in Fano, col godimento de'privilegi dei cittadini; ma quando più tardi altri ri- minesi vollero furealtrettanto, il comune di Ivimiiii lo impedì. Nel iai6 vennero a gran contesa Cesena e Rimini per cau- sa de'ioro confini e per s. Arcangelo, ed i primi col favore de'bologuesi marcia- rono contro Rimini, che avea il campo fuori di Savignano, e s'impadronirono di s. Arcangelo, superatane la fortezza colla prigionia di 1800 nemici. Coi loro colle- gali la guerra si accese maggiorntente tra le due città, inviando i bolognesi contro Rimini il carroccio. Onorio 111 scomuni- cò Visconti podestà di bolugua, e pro- mulgò r interdetto alle citlù collegale d'ambo le parti. La guerra prosegui colla peggio de'riminesì, fìncliè s'inlerpose il vescovo Ventura per la pace e per l'as- soluzione a tutti delle censure pontifìcie. Per tale guerra volendo il comune raf- forzarsi, nel medesimo 1216 ammise al cittadinatico Gio. Malatesla, eMalalesta, u condizione ch'essi avrebbero di concer- to guerreggiato i cesenati colla Itirza di lutti i loro cuslellani, affidando loro le ca- stella e i luoghi di giurisdizione rimine- se, acciò potessero valersene nella difesa. Qualunque sia l'origine de'JMalatesla,che i più dicono venuti in Italia con Ollone IH e dolali di feudi in Romagna , è ia-

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dubitato che in questo tempo essi erano costituiti in non ordinaria potenza e ta- le da poter comodamente offendere i ce- senati. Oltreché l'esenzione accordala lo- ro da ogni imposizione, come non pagata mai in avanti dai loro maggiori, e il pos- sesso di case e torre nella città, fanno a- gevolmenle comprendere quanto già la famiglia fosse possente e temuta in Ri- mini. In questa epoca il comune, sebbe- ne godesse non lieve hbertà, nondimeno era subordinato all'impero che vi tene- va i suoi conti e la camera imperiale o fisco, dove colavano buona parte de'pro- venti delle giudicature, e di quegli altri che si reputavano d'imperiale diritto. Per cui buon numero di cittadini erano mal- contenti di questa soggezione, in opposi- zione all'intiera amministrazione e giu- risdizione accordala in perpetuo da Fede- rico 1 sopra tutto il contado; nsenlre in vece la tollerava la fazione aderente ai Parcitadi gran signori di Rimini, i quali partecipavano del viscoulalo o ammini- strazione della giustizia. A questa domi- nante fazione imperiale faceva contrasto altro potente corpo de'cilladini, e gli ec- clesiastici che aveano palilo spogli e vi- li[)endi; laonde smisero nelle città due fa- zioni, ecclesiastica e imperiale, che a te- nore della generale denominazione si dis- sero Guelfi e G/i/ie//m/ (A'.). Questi mi- rando ad accrescerei proventi, pretende- vano tenere tulli a loro soggetti, inclusiva- mente ai castelli dell'arcivescovo di Ra- venna, e al vescovo e canonica di Rimini, e così credevano disporre degli uomini loro ede'beni, imponendo tributi e gra- vezze come fossero sudditi del comune. Gli ecclesiastici o guelfi non potevano di- fendersi dalle loro violenze che conisco- muniche e interdetti, che di continuo e- ranocoslrelli in» plorare dal la s.Sede.Leg- go iu Amiani, che nel 122C) i riminesi collegati con altre città erano favorevoli alla Chiesa, per cui a'cì settembre fu con- vocato in Rimini un generale parlamen- to, ove iulerveuuero i sindaci delle città

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collegale, e si stabili una lega perpetua contro i ghibellini. Nel 1218 il comune si collegò coi conti di Monte Feltro, on- de quando Buonconte i.° conte d'Urbi- uo volle insignorirsi di questa città, do- inandòl'aiutode'rirainesi cheavea soste- nuti nella guerra di Cesena. Rimino volle prinsa tentare la persuasione, ma non es- sendo vi riuscito unì le sue forze a quelle del conte e del rettore di Romagna per l'impe- ratore. Allora gli urbinati pregaronoii ret- tore a uon guerreggiare contro una città tanto di vota di Federico 11, e piuttosto si venisse ad accordi; su di die tenuto nel 1234 un congresso in Rimini col vesco- vo, col podestà e altri principali, in uno ai capitani dell'esercito, si stabili la pace e le condizioni, e gli urbinati si assogget- tarono al Feltresco, come riporta Repo- sati, DelUì zecca di Gubbio p. 72. Non cessando l'imperatore Federico li di per- seguitare la s. Sede, nel 1289 fu scomu- nicalo da Gregorio IX, lo che fu di sti- molo a'guelfl di dichiararsi difensori del* l'ecclesiastica libertà contro la tirannia de'niinistri imperiali, onde il Papa prese questi riminesi sotto la prolezione della b. Sede : per la parte che tennero i Ma- latesti in silFalte discordie, può asserirsi che sempre furono per gli ecclesiastici, ed un Malatesta nel i23()ebbela pode- steria della città. Ncll'agusto del seguen- te anno venuto in Romagna Federico 11, e avendo ricuperalo Ravenna e altre cit- tà, probabilmente Rimini si voltò al par- tito ghibellino e nulla sollrì ; certo è che Del 1243 ubbidiva ai ministri imperiali che si studiavano vincere la contrarielà del clero. I nobili che inclinavano al Pa- pa furono esposti alle accuse ilc'ghibel- liui, così la fazione guelfa detta dai loro capi Comanzern e de'Gnmbacerri, fu e- spuUu dulia cillà d'ordine di Federico il, prevalendo lu fazione contraria de'Par- ciladi. Mo dopo che nel 1 24H l'esercito iiiipeiiiilc fu diifulto sotto l'arma dagli ecclesiastici comandali dal cardinal Mon* (cloiigu, Mulalcdu il giovane du Vcruc-

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chio, figlio del già podestà, spalleggiato dal legato pontificio della Marca, ricon- dusse ui patria i nobili guelfi, li fccs trion- fare, ne cacciò il vicario imperiale e fu riconosciuto capo della làaione ecclesia- stica, dopo avere ricuperato la città alla Chiesa a' 16 aprile, superate non poche difllcoltà e imprigionati 20 nobili ghibel- lini o di parte Omodea, i quali poi aven- doli liberati promosse tra le parti una du- revole pacificazione. Così Malatesta da Verucchio salì in gran credito presso i cit- tadini, e i n gran merito presso la corte [jon- tificia. Nel 1 249 s. Pietro martire domeni- cano colla sua zelante eloquenza pose in pace le discordanti comuni di Romagna, operando il simile in Rimini, altrettanto facendo Filippo arcivescovo di Ravenna coi guelfi, e coi ghibellini che ricovrati in Monlefellro e in s. Marino infestando il Riminese, erano cagione di dissapori tra il comune e il vescovo Feltrino. A tener quiete le fazioni, fu reputato prudente da Innocenzo IV di dillerire le sue ragio- ni sulla Romagna, dacché appena ridot- ta all'ubbidienza del cardinal Ubaldini, i\\ dominata da Guglielmo il'Olanda re tle'ronwiui, il quale coi suoi diplomi con- fermò a'riuìinesi la concessione di Fede- rico I, e costituì rettore e conte della pro- vincia Tommaso di Reggio nipote e ma- resciallo del Papa, il »piale la resse per l'impero col beneplacito della s. Sede. In pari tempo Rimini ricercò a Innocenzo IV d'essere confermala col patrocinio del- la chiesa romana nella sua libertà e go- dimento tie'privilegi già impetrati da Fe- derico I, ed il Papa aderì con bolla ilei 17 aprile 1 2 )o, e fia gli altri diritti che confernu) vi fu la coniazione della pro- pria moneta. A quest'epoca pertanto si deve credere, come vuole Rattaglini, che i riminesi riaprissero con miglior esito lu loro zecca e coniassero dc'Iiiiniucxi del peso di i3 grani e denari 9, a guisa dei l\a\' tannili V. yIiigol(ini{(.\\ Ravenna e An- cona), giacche queste due monete erano unifórmi e già eguuimeulc valevano iu

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r>imlni. Alessantli'oIV ronflrmò la bolla del predecessore. F^are che Tommaso go- •vernasse fino alia ')f), ed essendo in que- sto tempo risorta l'animosità delle fazio- ni per la venula da Francia di Carlo I d'Angih alla conquista del legno di Na- poli, contro ^^anfredi bastardo dei definì to Federico II e capoparte ghibellino, si apri nuovo campo a Malatesta da Veruc- chiodi dimostrarsi vero campione di par- te guelfa in Romagna, che divenne divo- ta ai francesi, non però qual capo del co- mune di Rimini, del quale fu podestà ne- gli ultimi 6 mesi del r 3.63, come lo era stalo Taddeo conte di Montcfeltro e nuo- vamente nel 13.65 ritornando in pace la città, siccome altro campione guelfo. A- vendo ambedue gareggiato colla loro po- tenza in sostenere l'Angioino, Carlol di- Tenuto re di Napoli e di Sicilia per in- vestitiu'a di Clemente IV, a questi il re fece grandi elogi di Malatesta che ado- però per suo vicario in Firenze. Le osti- lità passate tra Malatesta e Guido daMon- tefellro capo ghibellino, per la signoria di Ghiaggiuolo nella diocesi di Sarsina, si composero nel i 269 col maritaggio di Paolo il Bello figlio del i.°, con Orabile naia da Uberto ultimo conte di Ghiag- giuolo , di cui lo sposo divenne conte e rettore, ed in seguilo fu ucciso dal fra- tello Giovanni il Zoppo in quel tragico e memoiiibile modo che poi narrerò. Ri- tornato Malatesta in Rimini con aumen- to di credilo e autorità, conservò la città nel partito di Carlo 1 vicario di s. Chie- sa, e u)ililando co'suoi figli alla lesta dei guelfi ne sostenne l'autorità nella pro- vincia, il che contribuì alla solenne ri- nunzia che di essa fece Rodolfo I nel 1 278 a Nicolò III, al nunzio del quale Duran- do, nel duomo il capitolo, gli abbati, i re- ligiosi, ed il comune giurarono fedeltà e ubbidienza, riconoscendo Rimini e suo contado al Papa temporalmente sogget- to, senza pregiudizio de'privilegi e con- suetudini della città, che dal successore Martino IV furono confermati insieme

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nlln protezione pontificia. T rettori o con li (a R\vHr*\A ne riportai la serie, così de'Iegati) spediti dai Papi in Romagna, talvolta per elevarsi o per inclinazione, predilessero i ghibellini, e umiliarono i guelfi, la cui siqjeriorità dava loro gelo- sia. Malatesta fu preso di mira a fronte delle sue benemerenze, polenti parentele e la podesteria di Rimini esercitala nel 1282, nel 1286 e seguenti anni, per e- lezione del comune, in vigore de'privile- gi pontificii e imperiali: il rettore Colon- na lo multò col comune di grossa som- ma e sottopose al bando, con pretesto di aver assalilo la rocca di Cervia, sospen- dendo al consiglio di Rimini la facoltà di eleggere il podestà; ma nel 1290 fu im- prigionalo in Ravenna dai Polentani, e servì di lezione ai successivi rettori co- me era pericoloso cozzare col Malatesta. Però l'Arnioni diceche furonosenlenzinti ribelli alla Chiesa Malatesta, ed i suoi fi- gli Giovanni il Zoppo, e Malateslino che avea occupato Monte Sculolo, onde i ri- minesi allora videro di mal'occhio i Ma- latesta, almeno erano odiali dai loro e- moli. Nel 1295 pel prudente rettore Du- rando, introdotta nuova forma di magi- stratura nella città, dopo la strage e cac- ciala de'Parcitadi e della fazione ghibel- lina, Malatesta fu eletto podestà, ed an- che difensore del pacifico slato de'cilta- dini e del comune, delle cui forze diven- ne dispotico, e continuò ad esserlo senza la podestei'ia : i molivi pei quali fu por- tato Malatesta al potere, .si leggono an- cora in Garampi a p. 5 e 17. Da questo tempo i Malatesta ottennero in Rimini assoluta preponderanza, ma per allora non presero alcun titolo che indicasse si- gnoria. Lo spirilo di fazione che vieppiù dominava in Italia, teneva divisa ogni città in due parli, i guelfi seguaci de'fran- cesi e quasi sempre favoriti dai Papi, od i ghibellini fautori degl'imperatori, on- de il maggior numero de'nobili cittadini seguiva il più potente, com'era in Rimi- ni Malatesta da Verucchio, che non solo

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resse il comune a s«a voglia, ma spesso quelli delle altre limitrofe città, figuran- do qiialcapo de'gnelfi romagnoli. Boni- facio Vili Io premiò nel 1299 con feu- di, spoglio de'Bandi nobili pesaresi ade- renti de'CoIonna; questi passati in Fran- cia guadagnarono la coricai proprio par- tito ghibellino. Nel iSo.oPandolfo figlio di JMalatesta sottomise Pesaro, Fano e Fossomhrone (F^-). Dopo che Clemente V stabilì la residenza in Provenza e in Avignone {f^.), i guelfi furono maggior- tnenle travagliati, così il Malatesta e suoi seguaci, finché Roberto re di Napoli fatto dal Papa vicario di Romagna, come gian fautore de'guelfi rassicurò lo stato di Ma- latesta, il cui figlio Malatestino sopran- nominato dall' Occhio e il Cieco perchè lo era da uno per averlo perduto nella fanciullezza, fu quasi sempre podestà di Rimini, e per la sua moderazione, buon capitano, guelfissirao e dellecosedi gover- no peritissimo, fu stimato come il padre. Malatesta pieno di gloria morì nel i3i2, amato e onorato dai cittadini, che gli a- ■veano fabbricalo un gran palazzo, for- nendolo di cavalli e di famigli. De'suoi figli Pandolfo, Malatestino, Giovanni il Zoppo e Paolo il Dello, \ soli due primi vivevano; del 3.° nacquero Tino, Guido e Ramberto, del 4-° Uberto : a tutti rac- comandò l'unione e diede utilissimi pre- cetti.Di sua eredità fece tre parti eguali, ni due figli superstiti, ed a (piclli del tic- funto Giovanni, perchè il nipote Uberto lo credè bastantemente provveduto colla contea di Giiiaggiuolo. Malatestino cPan- dolfo osservarono gl'insegnamenti pater- ni, si successero uno dopo la morte del- l'altro nella difensorìa della città, ed ch- inerò a se obbligali e concordi gli animi de'cilladini.

Prima di progredire nello narrazione compendiosa e cronologica de'principali brani istorici di Uintini e de'Àlalatesta, diiò qui in poche parole, altre serban- dole in fine, della infelice morte di Paolo il Dello figlio di Malatesta da Vcrucdiio,

RIM e della sventurata Francesca da Rimino sua cognata e moglie del fiatello Giovan- ni, ricavandole dalle critiche, erudite e importanti Memorie storiche intorno a Francesca da Riniini, raccolte dal (loft. Luigi Tonini ad illustrazione del fatto narrato da Dante nel canto V dell' In' ferno, con appendice di documenti, Ri- niini tipi fratelli Ercolani i852. Mala- testa da Verucchio ebbe da più mogli 8 figli, ma da Concordia Giovanni, Paolo e Rlalatestino; quest'ultimo fu il 3.° non il I ."de'fiatelli come altri scrissero. Pao- lo per l'avvenenza del volto e pel bel gar- bo della persona fu detto il Dello, e fu il 1.° cui il padre procurò moglie e par- ticolar signoria, di che già parlai. Paolo piuttosto che cavalleresco, fu dato piùal- l'ozio, che alla fatica, si mostrò caldo delle brighe cittadinesche. Giovanni al- l'incontro, oltre essere bruito e sozzo del la persona, fu anche zoppo, e perciò ebbe i nomidiG/fl!«c/o^^o, Lancellolto, Lanciot- to e fu anche dello il Zoppo e Io Scianca- to. Non ostante fu uomo atto alle armi, come buono alle cose di governo. Fu alla lesta di sue genti in più fazioni e podestà in più luoghi, morendo nel i3o4-Kl»he due mogli, Francesca e Ginevrasinn. Dal- la I.* nacque Concordia; dalla 2." Tino, Guido arciprete, Ramberto, Margheri- ta e Ringiirduccia. Francesca moglie di Giovanni fu di alto animo e di beltà non comune. Nel 127^ Guido di Lamberto da Polenta (di cui e potente famiglia trat- tai a Ravenna), per giungere a dominar la patria Ravenna ricorse in Rimini a RIalatesta, come il più reputalo guelfo della provincia, con l'aiuto del quale ven- ne a capo del suo desiderio. Guido per gratificare il Malatesta, e farsi più forte all' appoggio di esso, si dice che cedesse allora la bella figliuola ni valoroso Gio- vanni. Pare che molivi tli nimistà pree- sistessero tra le due potenti famiglie; non ostante si unirono col vincolo di paren- tela. Come Francesca innamorasse Pao- lo, u viceversa; come la ntutttn (iamuia

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«livampnsse improvvisa all' imprudente lettura degli amori di Lancillotto e di Gì* nevra moglie d'Artù re d'Inghilterra; e come poi questa li menasse al doloroso passo, lo descrisse il divino poeta Dante con canto mirabile e singolare che im- mortalò per sempre l'acerbo e triste av- venimento, ed egli slesso dice che dopo averne udita la narrazione: Caddi, co- me il corpo tuorlo cade. Lo descrisse il Boccaccio nel Commenlo. Noterò che il eh. Filippo Mordani nella Eaccolla di prose e poesie ec, Bologna i836, questi lagrimevoli casi elegantemente descrisse, ed eccone l'ultimo e fatale episodio.» Ma Paolo, a cui amore aveva presso che tolto il debito conoscimento, aspettando posta di tempo e di luogo, colse il. momento di entrare nella camera di Francesca, che v'era sola: vi fu appena entrato, che accoltosene colui the slava in ispia,lo fé' sentire a Giovanni; il quale senza essere da alcuno veduto fu subitamente all'uscio della camera della moglie,eposesiin luo- go che non visto lutto udir potesse e ve- dere. Stavasi Francesca seduta, e dinan- zi le era Paolo, che le veniva dicendo pa- role da mutare il cuore. Le quali parole come udì Giovanni, non si può dire che accesa collera gli entrasse subilo nell'a- nimo, perchè mosso dall' onta alla ven- detta, corse colla inanoalla spada che a* veva a lato, e giltatosi dentro, fu loro ad- dosso quasi prima the se ne avvedessero, a gran voce gridando : Anime ree. E'I co- s'i dire e'I passare ad entrambi d'un col- po con la spada il pello fu tutta una co- sa. Essi caddero e in poco d'ora moriro- no". Il eh. d.'' Tonini riferisce, the il della dithiaiazione amorosa sia stato an-> che il della sorpresa e della morte, e* scindendo con ciò la lunga pratica diso- nesta, secondocliè allri opinarono. I Ma- latesla e i Polenlani, dopo il tragico fine de'miseri cognati, a cuopriie lauta ver- gogna enicacemente si adoperarono, laon- de la maggior parte degli scrittori non stabilirono l'anno in cui seguì, che pare

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ilia83, ed inlliminì, non in Pesaro, in s. Arcangelo ; riportando l'encomiato storico un erudito corredo di prove, con la particolarità che il Colonna nuovo con- te di Romagna, inorridito in Rimini pel fiero caso, passò in Cesena. Opina che l'abitazione di Francesca e il luogo della terribile sorpresa, fosse in una delle case atterrate nel piantarsi la rocca, combat- tendo le altre opinioni su Pesaro, e su s. Arcangelo, ove si dissero colti all' im- pensala i mal cauti cognati dalla bollente vendetta di Giovanni. Non lascia ilsavio scrittore di produrrediverse opinionisui molivi dei fallo e sulla realtà della col- pa, atti'ibucndo alcuni a tult'allra cagio- ne il fiero caso ; forse che per gelosia di comando si scagliasse Giovanni contro il fratello, e l'uccisione della donna potersi apporre a disavventura, come se postasi ella in mezzo a coloro , contendenti per ragione lutl'allra di quello che ne fu cre- duto, restasse con esso cognato ferita e moria. Scrisse il Boccaccio, che Paolo e Francesca con molte lagrime la mattina seguente della loro uccisione furono sep- pelliti in una medesima sepoltura. Altri dicono che Giovanni veduta mortala mo- glie e il fratello, ponesse modo alla sua ira, e gl'increscesse di coloro cheavea tol- ti di vita e li facesse sotterrare ambedue onoratamente in s. Agostino di Rimiiii , come riporta il citato Mordani. 11 Cor- succi poi asserì, che neh 58 i nella chie- sa di s. Agostino di Rimini furono tro- vati in un'arca di marmo i corpi di Pao- lo e Francesca, iuvolli in drappi di seta conservatissiini.

Nel i3o8 uno spa ventoso lerremolo,nel giorno della conversione di s. Paolo, aprì e diroccò molte delle torri ond' era fol- tissima Rìmiui, altri lo dicono avvenuto a'25 aprile, aggiungendo, che 1' arco di Augusto, spoglialo degli ornamentiedel- le iscrizioni, rimase tronco sino a tanto che da Ma\a\esi\no dall'Occhio fu fatto restaurare : Ballaglini dubita di questa particolarità dell'arco. Malalcstino s'im-

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padroni di Cesena, ed in pregiudizio del suo figlio Ferranlino, il fratello Paudol- fo assunse le redini del governo di Rimi- ni. Pandolfo con barbaro tratto di perfì- dia si disfece del nipote Uberto contedi Ghiaggiuolo ghibellino einimicissimodei suoi parenti, iuRoncofreddo, ove a men- sa l'avea invitato. Nel i 820 Federico con- te di Monte Feltro capoparte ghibellino e capi tale nemico de' Ala la lesi a, designò di levaigli la signoria diRiraini: essendo essi potentemente protetti da Papa Giovanni XXII, questi scomunicò il Feltresco che ■voleva assediare Rimini, la quale essen- dosi posta in difesa gli lece abbandona- re il divisamenlo. Nel i32i Ferranlino fece strage de'ghibellini in Fano, pero- pera de'cittadini guelfi che aveano avu- to molti uccisi in un'insurrezione, quin- di s'inipadrom della città col pretesto di tenerla per la Cliiesa, Galeotto neh 323 con piacere di Giovanni XXII sposò in Rimini Elisa nipote d'Almerico o Ame- lio marchese della Marca e rettore di Ro- magna, onde fu fatta nella città corte sontuosa e onorata da tJitli i guelfi d'I- talia, che vi condussero da 1 5oo tra giul- lari, giuoca tori e commedianti. Nello stes- so tempo per premiare solennemente i IVIalatesta de'scrvigi prestati alla Chiesa, Giovanni XXII per mano d'Almerico fe- ce vestire dell'abitodel nuovoordine dei cavalieri di disio in Rimini, Fandolfo, (ialentto e Malatesta suoi figli, Roberto figlio del Zoppo j Giovanni di Tino, Fer- ranlino dall' Occhio, Ferranlino detto JVovtllo figlio dell' altro Malaleslino di Ferranlino, Dandino di Paolo di Ghiag- giuolo, (iuido di Carignnno di Fano e al- Iri, con tanla pompa e apparato che in liimini non si vide maggiore, accorren- do i limitrofi popoli, lutti trattati inula- mente da PnndoKò. Questi per gratitu- dine ricomposto l'esercito l'iun al retto- re, contro gli urbinati ghibellini, i quali avendolo difcfiilto si die PaiidoU'o a risto- rari; le furtificii7.ioui di Uiuiiui, Galeotto quelle di l'etiiro, Ferranlino (piullc di

RIM Fano; ma Pandolfo morì nel 1 826 e con sol(Mine pompa 1\ì se|)olto in s. France- sco : allora cessò la concordia tra'Mala- testa di Ivimini. Dopo la morte di Pan- dolfo Malatesta, insorta gara tra Mala- testa GuaslnfamigUa e Galeotto suoi fi- gliuoli per una parte, e Ferranlino r/^z/- V Occhio figlio di Malaleslino dall'altra, non senza un 3.° partito di Giovanni il Zoppo, ognuno de'qnali mirava d'avan- zarsi sopra degli altri due, fu presto la cit- tà divisa in altrettante fazioni. l'uno de'cugini si tenne |)iù sicuro dalle insidie degli altri, finché tanlod'aulurilà rimase ne'consiglieri.ln un lauto pranzo IMalate- sla GuastafaniigUn con tradimento fece prigioniFerran ti no,Rambeito, Malalesli- no,Ferranti noNo vello eGaleollo: Ferran- lino e gli altri uscirono presto dal carce- re. Nel 1827 Rimini fu assediato dall'e- sercito de'ghibellini condotto da Guido Tarlali, già vescovo d'Arezzo, per rimet- tervi Parcitadinode'Parcitadi es[)0gliar- ne i Malatesta. Il coraggio però col quale essi riceverono Guido,presto l'obbligaro- no a sloggiare, dopo aver saccheggiato il borgo di s. Gibligollo. Indi Galeotto, an- ch'esso liberato, si recò a Fano, donde fuggirono i ghibellini; e Malaleslino di Ferranlino uccise a tradimento Raoiber- to figlio del Zoppo, con di'«piaceredel Pa- pa, che ordinòal cardinal llerlrando Pog- gello legato di levare dal potere l'ucci- sore e Ferranlino. Pertanto neh 33 1 il ledalo chiamò in aiuto Galeotto e suo ni- potè Pandolfo figlio di ìMalalesta,per co- slritigere Ferranlino a rendere Rìmini col suo contado alla Chiesa, dichiaran- doli capitani di s. Chiesa, onde Ferranli- no per mancanza di fòrze cedette. Il le- galo volle libera per la Chiesa la signo- ria della città, avendovi costituito suo vi» cario l'arciprete di s. Giovanni in Persi - ceto, dandogli ad abitare la casa di Fer- ranlino. Inoltre pose nella città <p)al ret- tore per la Chiesa, il nobile Dondacino di Malavicino. Militando poi perii lega- lo contro i marchesi d'Este, Malatesta e

RIM GaleoUOj furono falli prigioni, ma subi- to liberali, a condizione che occupassero di nuovo Rimini e Pesaro. Narra Arnio- ni, che nel seguente anno il legato nel pnriamenlodi Faenza a nome della Chie- sa dièa'fì-atellìMalatesla e Galeotto, Fos- sombronee Pesaro, i quali aiutarono Fer- rantino a riacquistar le castella e Rimi- ni neh 333. Nondimeno volendo Mala- testa regnar solo con Galeotto, e distrug- gere la sua casa, per cui fu denominato Gitaslafomìglia, con tradimento fece im- prigionare Fenantiuo e il figlio Mala- testino, e Guido; poscia col fratello Ga- leotto s' introdusse in Rimini, il popolo del quale li acclamò per suoi signori. Per- ciò Malatesta e Galeotto, a fine di affor- zarsi nella città, destramente studiaro- no, che in loro soli si riunisse tutta l'au- torità della pubblica magistratura e del consiglio generale, ond' ebbe origine il dispotismo de'Malatesta sul comune, fa- cendo in modo che il dominio divenisse ereditario ne'Ioro discendenti, ed intaa- lo a Malatesta maggior fratello fu com- messo il dominio libero della città con am[>ia facoltà. Battaglini nondubila,che anco ogni arbitrio della moneta fosse at- tribuito a'fratelli Malatesta, e così tras- portato in loro per fatto del comune quel diritto legittimo di coniarla, che in esso fin allora era risieduto; e ciò non senza oltraggio de'sovrani diritti della s. Sede, che tutto r arbitrio e ogni autorità del comune, anzi il dominio della città, fos- se trasfuso e posto in balia d'una privata famiglia. Avendo i Malatesta nella ricu- pera del contado fugale le genti del le- galo e fatto illustri prigioni, insorse poi pel primato in Rimini fiera animosità tra Malatesta e Galeotto, contro Ferranli- no, che per altro venne sopita per Umo- re di quanto aveano fallo al legalo, scu- sandosi colla corte d' Avignone pel suo mal governo ; doglianze che ripeterono nel parlamento di Pescara nel 1 334) co- me si legge in Ratlaglini. Il cardinal Ber- trando processò i Malatesta e li dichiarò VÒL. tvii.

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incorsi nelle censure ecclesiastiche, che Giovanni XXII avea fulminato contro gli usurpatori delle terre della Chiesa. Il cardinale ritornò in Avignone ed i Ma- latesta conservarono le signoriedi Rimi- ni, Fano, Pesaro e Fossoujbrone, in onta della s. Sede. Malatesta profittando del- la commozione de'riminesi, a lui favore- voli, fece decretare per legge municipale l'esenzione per se e discendenti dall'os- servanza d'ogni statuto ; indi si rafforzò con polenti alleanze romagnole , che straniere come Firenze. Nondimeno fu di frequente molestalo dalle armi di Nollii di Monte Feltro che avea ricovrato Fer- ranlinoinUtbino,ordinarioasilode'mal- contenti riminesi, per cui dovette chiu- dersi nelle mura della città. Sembra che i Pupi secondassero le operazioni di Nol- fo e del suo alleato Ubertino da Carra- ra, promosse da Ferrantino. Nel i338 Fano die il suo principato a Galeotto e gli prestò ubbidienza. Neh 340 Lodovi- co il Bavaro, nemico della s. Sede e pre- tendente all'impero, dichiarò signori di Rimini, Fano e Pesaro, i fratelli Mala- testa e Galeotto, ed altri signorotti di al- tre città, onde farsi un partito formida- bile nello stato ecclesiastico. Adunque col braccio imperiale i Malatesta si divisero il principato: Pesaro l'ebbe Pandolfo, Fano Galeotto, e Rimini lo ritenne Ma- latesta. Contro di questi si sollevò il po- polo nel settembre 1342, ad istigazione di Ferranti no e Malatestino suo figlio. Al- lora le genti del rettore, occupata la roc- ca presso la marina, s' impossessarono della città ; ma sopraggiunto Pandolfo prese d'assalto la rocca e nel dicembre Ma- latesta costrinse i cittadini ad arrendersi. Nel seguente annoGaleotlo, Malatesta e suo figlio Pandolfo, consolidatisi nel do- minio de'Ioro stati, scrissero a Clemente VI in Avignone, di ritenerli in nome del- la Chiesa, cui in luogo di censo intende- vano di compensare colle spese fatte nel conservare gli slati di Romagna e della Marca nell'ubbidienza della s. Sede. Ma- 18

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latestino odiando Malalesta suscilò una sollevazione in Rimìni, come negli slati del figlio e fratello, senza conseguenze, aiimenlandosi sempre più la loro possan- za con nuovi dominii. Nel r 343 il cardi- nal Almerico Castroluce legato con be- neplacito della s. Se(\e rimise il comu- ne di Rimini dalla lunga ribellione, e co- sì iMalatesta e loro fautori processati dal cardinal Bertrando, dando a lutti I' as- soluzione, dopo aver fissato alcune capi- tolazioni. Il cardinale mandò il rettore di Romagna a Rimini, ove Pandolfo gli presentò le chiavi della città, e passò nel palazzo del comune ove ricevè il giura- mento di fedeltà, e in ammenda la pro- messa di 3ooo fiorini d'oro, e di riam- meltere i fuorusciti, fra' quali probabil- mente i due Ferranlini. Non andò guari che i Malatesta e il comune ricaddero in disgrazia de'rettori pontificii nel i346. Nel seguente anno i Ma la testa ricevero- no con grandissimo onore Luigi I re di Ungheria, cui aveano somministrati ar- mali per l'impresa di Napoli. Il secondo- genito di Malntestn fu fìitto cavaliere , onde poi fu dello V Ongaro. Col motivo di questa guerra i Malatesta occuparono Sinigaglia , Osimo, Recanati, facendosi chiamare signori dagli anconitani, asco- lani e jesini ; laonde nel i 34B anche qua- si tutta la Marca venne in potere di Ga- leotto, come dirò a Ripatransoxe, indi imbarcatosi si recò a sciogliere un voto al s. Sepolcro, donde ritornò in Rimini chegli fece pubbliche allegrezze. In que- sto tempo ì Malate.sta,abbandonato il par- tilo ecclesiastico^ si collegarono col Vis- conti di Milano. Nel i3')i cnll'uccisìone di Ferrantino Novello presso il Ingo Tra- Rimenoooll'assediodi Beltonn,terrainò la discendenza di Mahitestino r/rt//* Occhio, per cui il vecchio Ferrantino dall' Oc- l'hio luo avo si riconi;iliò coi cugini. Ad iftlignzionedi Ordeliidl da Forlì e di (ien* file dn Fermo, porlo negli stali de'Ma- lalettla il fumoso l'Vn Monreale colla sun compagnia di venturo , csigcudu grosse

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conlribuzioni e ponendo tulle le castella e ville a sacco con ogni scelleratezza. Ma- lalesta Guastnfarniglia non potendo re- sistere all'improvvisa invasione, per al- lontanare Fra Monreale da Rimini e da- gli altri suoi slati gli promise 65,ooo fio- rini d'oro, dandogli per ostaggio il figlio Malatesta Ongaro: questa somma fu ri- partita a carico di tutti i luoghi soggelli ai Malatesta, non escluse le ville. Frat- tanto da Innocenzo VI, dopo avere rin- novalo le censure contro gli occupatori de'dominii della Chiesa, nel 1 353 fu spe- dito nello stato pontificio con esercito e somma autorità il celebre cardinal Egi- dio Albornoz , per togliere a* Malatesla ed agli altri tirannetti e signorotti le cit- tà e luoghi ch'eransi usurpati nella lon- tananza della sede papale; ed il cardi- nale col suo valore raggiunse pienamen- te lo scopo di sua legazione. Deliberala la guerra contro i INIalatesta, e posto il campo e residenza in Gubbio, pieseloio Ancona, Fermo e altri luoghi della Mar- ca, ed in un gran fatto d'armi presso Re- canati fece prigioniero Galeotto, mene tre si ribellarono molte terre del conta- do di Rimini e la stessa città fece la sot- tomessione al legato nel i 355. Vedendo Malatesta impossibile il resistere, inviò Ongaro suo figlio n Gubbio per tratta- re col cardinale convenienti accordi e la liberazione de) fratello,munilo(lellecom- mendatizie dell'iuiperatore Carlo I V^,dcl re di Napoli Luigi I e de'fiorenlini, es- sendo riuscite infruttuose le premuie fat- te alla corte d'Avignone, la quale avea pubblicato rigoroso monitorio per tante usurpazioni. Il cardinale condiscese su- bilo ad una tregua, per trattare una pa- ce stabile e ferma dopo aver consultato il Papa. Appianate tulle le dinìcoltà e re- stituito alla Chiesa Ancona e Sinigaglia, con (juauto nella Marca possedevano i Malatesta, d' ordine d' Innocenzo VI il cardinal Albornoz investì Malatesta cGa- leotlo a IO anni del vicariato, ammini- strazione e rclloriu di Rimini , l'c^aro,

RIM Fano e Fossombrone, loro contadi e di- sfreni, sì che in quell' investiliu-a acca- dendo la morie loro venissero a succe- dere, pel rimanente del decennio, Pan- dolfo e Malatesla VOngaro figli di Ma- latesla. Che le città e annessi loro reg- gessei'o a norma de'Ioro particolari sta- tuti, ove non si opponessero all' immu- nità della Chiesa; che ogni anno pagas- sero alla camera apostolica Gooo fiorini d'oro di stampo fiorentino ( i ooo erano stati ofTerti per Rimini), a titolo di cen- so; e cos'i per 3 mesi d'ogni anno sommi- nistrassero a loro spese a richiesta del Papa I oo uomini d'arme a cavallo: il qua- le servigio, se per qualche triennio si a- vesse voluto permutare in contribuzione di contante , sarebbesi computalo ogni paio cavalli con un ronzino a fiorini I 5 d'oro ogni mese, e 2 i fiorini ogni me- se la provvisione di 5 connestabili. Così con esito felicissimo i Malatesta evitata una pericolosissima guerra, furono assol- ti da ogni pena della lunga ribellione, e fatti neh 355 per lar." volta legittimi vi- cari di s. Chiesa e rettori d'un ragguar- devole slato di 4 città, divenendo legale quell'autorità che il consiglio di Rimini già avea loro confidata sopra il comune, il quale accedette a tutti gli accordi, di che ne fu lietissimo Malatesta Giiastnfi- miglia principa!mente,che nel governodi Rimini faceva la principal comparsa. Ne d'altro abbisognarono i Malatesta a man- tenersi in legìttima signoria e insieme in diritto di coniar moneta, che procacciar- si successivamente da' Papi conferma e proroga di tale vicarialo, il che felicemen- te avvenne a' discendenti di Galeotto e Pandolfo, che ultimo signoreggiò in Ri- mini a tutto il secolo XV , il che si ap- prende dall'accurato riminese Battagli- ni e da Amiani.Qui noterò che persisten- do nella ribellione Forlì, Cesena, Faen- za e altri luoghi, l'arcivescovo di Raven- na Vaselli poi cardinale, nella cattedrale di Rimini pubblicò formalmente la cro- ciata contro i cittadÌDÌ delle numinate

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città e luoghi, i quali sottopose all'inter- detto.

Ai desideri! d'Innocenzo VF corrispo- sero come conveniva i novelli vicari, im- perocché Galeotto eletto poco dopo dal le- gaio (che onorò di sua presenza Rimini nel I 356, e nel i 357 pubblicò in Fano le sue famose Costituzioni Egidiane) a ca- pitano generale delle genti ecclesiasliche e della crociata contro i ribelli, non che gonfaloniere di s. Chiesa, avendo preso la croce, con Malatesta e con Malatesta Ori' garo, forzò prima con lunga guerra, che terminò nel i36o, OixlelafTì a restituire alla Chiesa Cesena, Forlì e Forlimpopoli, e assicurò poi al legalo la signoria di Bo- logna conlro gli sforzi di Bernabò Visconti, che dal Papa era slato privato del vica- riato, mediante la segnalala vittoria dei 1 8 luglio I 36 1 , nella quale spiccò il vaio - re di Galeotto, e l'accorgimenlo di Mala- testa Glia sta fami glia che ideò un sagacis- simo strattagemma. Morto quest' ultimo nel I 364 restò il vicariato a Galeotto suo fratello, ed a Pandolfo e Malatesta Onga- 10 suoi figli. Pieno di gloria e di meriti, Malatesla Ciiastafa miglia prima di mo- rire domandò perdono alle cillà delle of- fese e aggravi loro recati, fece liberare tut- ti i carcerati e dispensare a'poveri tulli i suoi grani. Urbano V per rimunerare i meriti di questa illustre famiglia, proro- gò il vicariato a un nuovo decennio. Ga- leotto per la sua saviezza e maturità di con- siglio, per l'esperienza e prodezza ne' fat- ti di guerra, fu sempre desiderato vicino dai legati apostolici, percui neli 372 Gre- gorio XI lo dichiarò di nuovo capitano generale delle milizie ecclesiastiche e con- federate contro i Visconti; comprò Borgo s. Sepolcro, con patto di tenerlo a dispo- sizione della Chiesa; perde il nipote Ma- latesta Oiìgaro che fu sepolto con mollo onore in Ri mi ni, e poco dopo Pandolfo che lasciò il figlio Malatesta , onde Ga- leotto assunse il governo di Rimini. Nel 1 375 riportò da Gregorio XI nuova in- vestitura del vicariato e rettoria a vita sua.

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de'suoi figli e del pronipote Malatesla , colla condizione che fino alla sua morie niuDO potesse parteciparne. Nel iSyy Gregorio XI, dopo che 6 predecessori a- Teano risieduto in Avignone con tanto danno d'Italia, restituiaRomalaresiden- za pontificia , ove nel 1 878 gli successe Urbano VI, contro il quale insorse l'^/i- tìpapa Clemente FlI [P'.). Urbano VI per la fiducia che avea in Galeotto, l'in- viò in Anagni per persuadere l'intruso a dimettere il nome assunto di Papa , ma inutilmente; quindi a conto di quanto era creditore dalla camera apostolica per pre- stanze fatte, gli die in vicariato Cesena, che occupò insieme a Bertinoro, cacciate le genti dell'antipapa, e nel 1879 lo co- stituì rettore; di venendo anche Sinigaglia di sua giurisdizione, come Cervia tolta allo scismatico Polentano qual rettore di Romagna. Mori Galeotto ne' pritni del i383 piamente in Cesena , sebbene in- defesso nel governo di Rimini; ove por- tato il corpo, in s. Francesco gli furono celebrati magnifici funerali, e lodato con eloquentissima orazione. Per togliere o- gnidissensione, a esempio del fratello Ma- lulesta, divise in antecedenza i suoi stati a Carlo, Pandolfo, Andrea Malatesta, e Galeotto Novello detto anche Bellore , suoi figli legittimi , ed a Malatesta suo pronipote, riportando prima da loro giu- ramento che sarebbero stati contenti e quieti. Amiani dice che Carlo ebbe Ri- mini, con diversi luoghi della Marca, nel- l'Umbria; Pandolfo Fano e altre città; An- drea Cesena, Fossombrone e Rertinoro; e Galeotto Novello Cervia, Meldola, Bor- go s. Sepolcro, il Piviero di Sestino , il Sasso e Monte Fiore. Di Malatesta proni- pote non ne parla; bensì loda la mirabile armonia tra Carlo , e Pandolfo il (jualc come minore era assistilo dal fialello nel governo di Fano, come paria della nimici- zia tra Pandolfo e Andrea pel dominio di FoMOUibrunc dcvolutoal ?.. "Carlo fiico- me il padre tuo pio e rispettoso verso la Cbieia, e fido Uilcasorc del suo vero cu-

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pò, durante il lagrimcvole lungo scisma sostenuto in A vignone dal falso Clemente VII e poi dal successore pseudo Benedet- to XIII (/'.). Urbano VI lo costituì ben presto rettore di Romagna per gli affari temporali, e gonfaloniere di s. Chiesa j non meno il Papa confidò in Pandolfo al modo narrato da Amiani, che tante bel- le notizie ci de'Malatesta, sia per la signoria di Fano , che degli altri domi- nii. Carloesattamente diportandosi nelle sue cariche, fu da Bonifacio IX a'5 gen- naio i3gi confermato ne' vicariali di Ri- mini, Fano, Fossombrone e altri luoghi, insieme co'fratelli che concordemente se* guivano il buon partito, dopo avergli a'a affidato perg anni il governo e dominio di Cesena, Sinigaglia, Meldola, s. Arcan- gelo, Pergola, ec. per 1' annuo censo di 7000 ducati, al dire di Battaglini. Que- sti inoltre osserva, che la menzione che si fa nelle bolle di Bonifacio IX a favore di Carlo e fratelli del vicariato di Fossom- brone, e ilsilenzio del vicariato di Pesa- ro, mostrano che male asserì Clementi- ni, anche dal diligente d."^ Tonini quali- ficato inesatto storico, Pesaro e Fossom- brone essere state assegnate dal defunto Galeotto a Malatesta suo pronipote. Al- l'incontro Bertinoro, che non si vcilecom- presa nel dominio di Galeotto, comcchè Clementini la riponga nella porzione da lui assegnata ad Andrea Malatesta, fu da Bonifacio IX impegnata a Carlo e fratel- li a'i4luglioi 3c)4 per22,ooo lire, ch'es- si improntarono dopo avere assai ben di- feso quella città conlrogli OrdoUifft : ma Amiani dice che il Papa vendè ai fratel- li Malatesta Bertinoro, per 22,000 fio- rini. Aggiunge Battaglini, che Galeotto Belfiore godè parte di Cervia, altra spet- tandone al conte d' Urbino, e pare che dei sali ne partecipassero gli altri fratel- li. LeggoinoltreinNovaes,<SVor/rt dìBo- nifacio L\, che questi neli3<)2 condiin- e costrinse a chiedere perdono Ma- latesta de'Malalesti (forse il pronipote di Galeullo ) usurpuloru di Todi, che poi

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gli die in prefellura perro anni,coiran' iiuo censo di 3oo scudi d' oro : ribella- tosi nuovaraente nel 1894 con impadro- nirsi di molte città , il Papa lo disse in- corso nella scomunica , Io privò di tulli i beni e lo dichiarò schiavo di chiunque lo potesse prendere. D'allronde appren- do da Amiaiti , che in detto anno Boni- facio IX concesse Todi ad Andrea Mala- testa signor di Pesaro, e che confermato poi in quel vicariato, acquistò la rocca di Orle, e Narni ; ma sollevatesi contro di lui alcune terre dell'Umbria, gli conven- ne rinunziare quanto in quella provincia avea acquistato dal Papa, il quale in ri- compensa de' servigi che preslava alla Chiesa Pandolfo, gli confermò il vicarialo di Todi e di Orle. Nel 1 898 Bonifacio IX dimorando in Asisi per la ribellione dei romani, soltanto tornò in Roma quando accettarono per senatore Malalesta da lui nominato e figlio di Pandolfo signor di Pe- saro; il quale porlòa difesa del Papa con- tro i Colonna, soccorsi di Fano, Pesaro e Rimini. Dice Compagnoni, che con Mala- testa il popolo romano rinnovò negli stra- nieri, per compiacere il Papa, la dignità senatoria ; Malalesta pos§ in fuga i Co- lonnesi. Pandolfo pei servigi prestali al duca di Milano , per le paghe che gli si dovevano, e pel denaro improntato nelle sue guerre, ebbe in compenso le città di Brescia e Bergamo. Neh 898 gli morì la moglie Paola Bianca, cui fece celebrare splendidi funerali, ed in s. Francesco le eresse un sontuoso monumento, qual si doveva alla sua celebrità, siccome d'ani- mo più che virile, miracolo di bellezza e di virtù, chiamata dai fanesi in riverenza la gran signora de' Malalesta. Sagace e maturo politico fu Carlo , e il più delle volle compreso nella confederazione ita- liana per frenare l'ingordigia di Gio. Ga- leazzo duca di Milano, contro l'esercito del quale nel 1 897 , qual comandante del- la lega, liberò dall' assedio di Mantova Francesco signore di essa e suo cognato. Avendo continua cura di sostenere colle

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armi le ragioni della Chiesa, poste in con- fusione dal perniciosissimo scisma, aiu- tò a ricuperar Bologna al cardinal legato Cossa, cui divenne accettissimo, ma non ne seguì le parli quando successe ad Ales- sandro V col nome di Giovanni XXIII {!.), ambedue eletti contro il legittimo Gregorio XII {P'.) ^ la cui giustissima causa avea da principio abbracciata con tanto onore del suo nome, per cui lo ce- lebrai in tulli i relativi articoli; giammai cedendo alle insinuazioni e offerte di Gio- vanni XXIII , ricusandosi di assisterlo. Imperocché Gregorio XII nel bollore del- le sue tribolazioni, mentre si ordiva il concilio di Pisa[F.) per deporlo, nell'ot- tobre i4o8 con 8 cardinali e molli ve- scovi si recò a Rimini, accollo dagli of- ficiali di Carlo assente con tutti i possibili onori, e vi passò tulio l'inverno, secondo Ferlone, De\>iaggi de Pontefici, che di- ce averlo Carlo invitato. Il Papa spera- va grandi aiuti da' suoi amicissimi Ma- lalesta, ma Pandolfo era tutto inlento al conquisto del Milanese. Andarono a in- chinarlo gli ambasciatori di Fano e delle altre città e luoghi a lui fedeli, e poco dopo vi giunse Carlo stesso dalla Lom- bardia, per servirlo con ogni riverente a- morevolezza, e promettendogli energica eaiFetluosa assistenza. In Rìmini conven- nero moltissimi personaggi a venerare il Papa e tratiare di sua causa principal- mente sostenuta da Carlo; quindi nel 1409 Gregorio XII partì da Rimini, e si avviò per Cividale (^^.) a celebrare un concilio, onde opporlo al Pisano da al- cuni chiamalo conciliabolo, e nel quale fu appunto eletto il suddetto Alessandro V. In questo tempo giunse a Rimini Polis- sena figlia di Ladislao re di Napoli, che Carlo avea procurala ivi isposa al fratel- lo Andrea, per cui si fecero grandissime feste, giostre e tornei, anche per lo spo- salizio di Paola figlia di Malalesta signor di l'esaro, col Gonzaga signor di Man- tova. Mentre Gregorio XII e Alessandro V eccitavano i popoli all'ubbidienza prò-

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pria, il 2/ inoiì nel i4io in Bologna e gliitUccesseilmeutovatoGiovaiini XXIII, aderendo costantemente i Malatesta al vero Gregorio XII, tranne Malatesta da Pesaro che militava per l'eruolo. Carlo operosamente conservava i maceratesi al- la divozione di Gregorio XI I, il quale fu abbandonato da re Ladislao già suo gran- de appoggio, per seguire l'avversario na- poletano e perchè agognava il pieno con- quisto di Roma. Adunque Gregorio XII nel declinar di marzoi4i2 o verso la fine di ottobre, costretto a fuggire da Gaeta su due navi venete che ivi aveano appro- dato, ed accompagnato dai nipoti cardi- nali Corraro, Carbadigo, e Condulmieri poi Eugenio IV, giunse a Rimini dopo aver scansato diverse insidie, ed essere stato in Arezzo secondo Amiani, ricevu- to nobilmente dal generoso e incorrut- tibile Carlo. Amiani dice che il Papa ar- rivò in Fano a'22 dicembre con pochi prelati e cardinali, accollo da Pandolfo e da Galeazzo suo figlio, magnificamente Irallaloperdue giorni dal pubblico, pas- sali i quali proseguì nella vigilia di Na- tale il viaggio per Uimini, servilo dal po- destà di Fano e da tutti gli ufilciali del comune di Rimini, con regi onori e feste da Carlo trattato, ad onta delle contra- rie rimostranze di Giovanni XXIII, che Amiani chiama antipapa, il quale perciò dimostrò il suo disgusto anche coi fanesi, e col far dare il guasto alle terre de'Mala- tesi! da Braccio Fortebraccio. Però Nardi racconta che Gregorio XII solcando il Mediterraneo e l'Adriatico, dopo lunga navigazione, e ben pericolosa per gli ag- guati del partito contrario, a'22 dicem- bre sbarcòal Porto Cesenatico (di cui nel voi. LI V,p. ic)3) con 3 cardinali. Ilgior- nu appresso purlV accompagnato da Car- lo Mulaleitta, che lo condusse al di lui pa- lazzo di campagna di Belluria, e nel se- guente giorno 24. vigilia di Natale, es- sendogli anilatu incontro il clero e po- polo di Rimino, entrò ncllu città. Nel 0 genooio i/\ì3, giuiou dell' Lpifùuiu,

RIM per la prima volta dopo il di lui arrivo, il Papa disse messa in cattedrale. In me- moria di queste cose, Gregorio XII di- slese un breve de'24 marzo, che conser- vasi neir archivio capitolare, nel quale racconta tutto e concede una plenaria in- dulgenza a lutti quelli della città, terri- torio e contado di Rimino, i quali dai primi ai secondi vesperi dell'Epifania, ia perpetuo visiteranno ia cattedrale, ch'e- gli appella ipsi rornanae ecclesìae iiiinie- diale suhjecla. Mentre il Papa stava ia Rimini, andò sovente a villeggiare a Mun- te ScudoloeMonte Fiore castelli del rimi- uese. Stando a MonteFiore, Gregorio XII a' i3 giugno i4i 3 concesse per io anni a Malatesta il vicariato di alcuni castelli della chiesa Ravennate. Frattanto men- tre pacificamente Gregorio XII dimorava in Rimini, si convocò il celebre concilio di Costanza (T^.), per dar fine allo sci sma turbolentissimo. Gregorio XII che sinceramente amava la pace della Chie- sa, vi spedì il cardinal Domenici arcive- scovo di Ragusa per farlo aprire cano- nicamente, eCarlo lo confortò ed otten- ne dui Papa la libera rinunzia del pon- tificato, per la quale si dice che contri- buisse s. Vincenzo Ferreri che stava nel convento de'suoi domenicani, ove già in- segnò pubblicamente la filosofia e la teo- logia il dottore s. Tommaso d'Aquino: anche il cardinal Domenici concorse a persuadere Gregorio XII al grande atto. Benché dai Malatesti si fosse dato il ca« fico di eseguirla a Pandolfo, come più a portata di trasferirsi in Costanza, con- vennenondimenoa Curio sul finir di mar- zo di passare al concilio come procura- tore e plenipotenziario di Gregorio Xlf, e quindi nella sessione 1 4-' elfetluò il suo mandato amplissimo, con l'eroica e .so- lenne abdicazione a'4 luglio i4i S>'>:ditu sopra un trono come fosse il Papa: dopo avere esaurito l'atto, non rappresentan- do più il Papa, scese dal trono e andò a collocarsi in una sedia ordinaria. I padri del concilio per rimunerare lauta mu-

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gnauimilà, lo coufermarono nel canlina- lalu e ii primo in dignità dopo il futuro Papa, e gli conferirono la legazione della Marca, con amplissime facoltà, con quelle distinte prerogative die narrai nella bio- grafia di Gregorio XII; venendo rico- nosciuti i cardinali da lui creati, ed ap- provate le cose operale nel di lui pon- tificato. Saputosi dal Papa il praticato nel concilio, in Rìmini adunò il concisto- ro, in cui compari per l'ultima volta co- gli abiti pontificali, approvò quanto il [irocuratore suo rappresentante Carlo a- vca fatto in suo nome, depose il triregno e le altre insegne, e tornò ad essere car- dinal Corraro.Dice Amiani che nel prin- cipio di settembre i^\5 giunsero in Ri- mini gli ambasciatori del concilio di Co* stanza al cardinal Corraro, col quale pas* sarouo per Fano, andando a Macerata ))er istallarlo legato della provincia, ed cimministratore di quella chiesa e di Rt- canati {F.), ove si stabilì, mori e fu se- polto. Avendo Curio senta risparmio di cure sempre agito per restituir la pace alla Chiesa, non rimase priva di premio dal concilio la saggia e zelante sua con- dotta, imperocché avendo ottenuto da Gregorio XII il rettorato della Marca, il concilio lo confermò, accompagnando nella medesima il detto legalo. Ne'3 anni circa che Gregorio XII dimorò in Rimi- ni, quivi morirono diversi cardinali, ve- scovi e prelati, per cui si fecero in diversi tempi decorosi funerali. 11 concilio depo- se Giovanni XXIII e l'antipapa Benedet- to XIII e nel i4i7elesseMartinoV. Per le guerre che dovette sostenere nel ret- torato, si dimise e ottenne in cambio nel 1420 da Martino V,a titolo di vicarialo perpetuo, Osimo e suo distretto, con al- tri vicariati e con mero e misto impero, da conseguirsi dopodiluidalfralelioPan- dolfo e da' nipoti; altri dicono che Pau- dolfo fu in Roma a venerare Martino V che avea splendidamente alloggiato in Rrcscia, che lo fece capitano generale di s. Chiesa, che morì nel i4'^7> e che gli

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furono celebrali magnifici funerali. Carlo due vulle fu fallo prigioniere, nel i4i6 e nel i424> *!' Braccio sotto Perugia e Irallato con alto riguardo, e del duca di Milano in Zagunara per riconquislareaglì OrdelaflI Furlì. Senza prole e discenden- ti, fuori di 3 naturali di Pandolfo, nel 14^8 si portò in Roma da Martino V, ed ottenne che ne sanasse i natali e gli abilitasse a succedere ne'vicariati, tranne Osimo, Cervia, Sinìgaglia, Borgo s. Se- polcro, Mondavio, Pergola e Salire terre che il Papa volle alla sua morte tornas- sero alla Chiesa. Morì nel 1 4^9? ^^^ gran lode di somma pietà, senno e valore, col quale difese sempre i diritti della s. Se- de. Rese Rimini vieppiù ubertosa e fio- rente, proteggendo l'arte della lana che vi aveano introdotta nel 1261 i religiosi umiliati, e vegliando alla conservazione del porto sulla foce del Marecchia, come due sorgenti ricchezze, non che ad al- tre manifatture in cui facevasi vantag- gioso commercio, laonde si dice che la cit- tà gli rendeva 44><)<^<^ scudi d'oro annui, avea 5 borghi ognuno popolalo da 4 t) 5ooo anime, e teneva al suo servigio 4^ navi di mercanzie.

II nipote Galeotto Roberto, di dolce e virtuoso carattere, gli successe nel gover- no di Rimini, anche a nome de'fratelli Sigismondo I, Pandolfo e Malalesta No- vello, e di Fano, Cesena e Fossotnbrone. Ma Martino V fece dal vescovo intimare a Galeotto la devoluzione degli stati alias. Sede nel gennaio i43o, indi gli riuscì ot- tenerne la conferma. Avendo Galeotto Roberto rimosso i consiglieri lasciati dal- lo zio, uno di questi, Giovanni Rauiber- lo Malalesta discendente dal Zoppo e di molta autorità, sollevò i riminesi e fu vi- cino a impossessarsi della signoria, se Si- gismondo tuttoché di 1 3 anni non aves- se richiamalo il popolo al dovere. Galeot- to Roberto fu alieno da ogni cura monda- na e dedito ìntieramenlc alla preghiera e alla contemplazione, per cui Eugenio IV l'esoilò a moderarsi e ad occuparsi

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del governo. Laonde e per le ribellioni accadute in Fano e Cesena, risolvè di ri- tirarsi e di cedere il potere ai fratelli. À- vendo nel i432 risoluto Eugenio IV di togliere Pesaro ai Malalesta, che per vin- colo di parentela aderivano ai Colonna suoi nemici, non aveano pagato i censi ed aveano fomentata la sollevazione di Rimi- ni, spedi con l'esercito il famoso Vilelle- schi vescovo di Recanati e Macerata, Ga- leotto Roberto s'interpose col Papa, e li rimise in grazia. Nella sua pietà Galeotto Roberto fu benefico colle monache di s. A- gostino, ed a'girolamiui del b.PietroGam bacorta die la chiesa di s. Girolamo col contiguo convento, che divenne celebre per la santità di molti di quelli che l'a- bitarono: a questi religiosi ne'primi del seguente secolo fu data ancora la chiesa della B. Vergine della Colonna nel su- burbio della citlà, celebre per Io strepi- toso prodigio col quale difese l'innocen- za d'un pellegrino che si dovea impicca- re. Non potendo Galeotto Roberto tolle- rare gli ebrei che in gran numerosi era- no stanziati nel suo dominio, per privile- gio di Martino IV,eche vivessero confusi coi cristiani, ricorse al Papa che vi prov- vide anche con far loro portare un segno con sua gran consolazione. Indi si ritirò a vivere tra'religiosi, vestendo l'abito fran- cescano, e consunto dalle astinenze e ma- cerazioni, in s. Arcangelo mori in odore <li santità a'io ottobre i43a; onde tras- portato il corpo a Rimini incontrato dal vescovo e dal clero, poscia la sua sepol- tura fuori della porta maggiore della chie- hade'franccscanidi Rimini, fu lungotem- frequentata dalle di vote persone e te- nulo per beato, per le guarigioni di molti reputate miracolose. Sigismondo I di alti «piriti e bellicoso, succede nella signoria indivisa con l'altro fratello Ahdatesla, ri- chiamando parecchi nobili dal bando: si congiunte in matrimonio con Ginevra d'Lkte, ma innaniorutusi poi di Polisse- na Sfcjrzd, cornc iiima che le propinasse il vdc-uu. A'3 fti'llvuiU'c 14^2 riceve iu

RIM Rimini con gran pompa l'imperatore Si- gismondo cheritornava-ne'suoi stati. Am- bizioso fin da principio d'ampliare il suo stato, o ricuperar quello che il fratello GaleoltoRobertoavea resti tuitoallaChie- sa, profittò della gran ribellione e conci- liabolo di Basilea che tenevano angustia- to EugenioIV, e riprese Cervia. Nondi- meno nel 1435 militò pel Papa qual ca- pitano generale , vicario di Romagna e gonfaloniere di s. Chiesa, e per essa ricu- però ed entrò io Bologna. Indi incomin- ciò la fabbrica della rinomata fortezza, per cautelarsi da qualunque sedizione dei cittadini, ed allora fu lodata opera mi- rabile, prendendo il suo nome: la descri- zione la riporta Battaglini, colle opere ag- giunte. Perseverò con brillanti successi in tal servigio papale, finché nel 144® in seconde nozze avendo sposato l'avve- nente Polissena figlia del conte France- sco Sforza, si trovò impegnato a seguirlo, e sostenerlo colle armi nella signoria del- la Marca d'Ancona, anchepermired'in- grandimento, a dispetto d'Eugenio IV e combattendo contro le sue milizie, dopo avere per precauzione diviso col fratello Malalesta gli stalle la signoria, cedendo a lui Cesena e Cervia, ritenendo per se Ri- mini e Fano. Dipoi dall'alleanza del suo- cero si ritirò, quando Francesco contri- bm che la signoria di Pesaro passasse nel fratello Alessandro Sforza, mentre egli la vagheggia va, e restando inconsolabile pel perduto dominio. Pertanto contro di lui si collegò col Papa, con Alfonso V d'A- ragona e col duca di Milano per toglier- gli quanto avea conquistato nella Mar- ca. Nel i44^ espugnò Rocca Contrada, che fu reputata gloriosissima impresa; questa ed altre in favore della Chiesa co- me suo generale e contro lo Sforza, fu- rono celebrale con belle mednglic e n»o- daglioui, alternando i suoi fasti militari, siccome perito e valoroso capitano, in ser- vigiodella pussentercpubblica diVenezia. 11 Papa lo accolse in Iluina coi piìi gran- di onori, egli donò lo Stocco e bcircUonc

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henedettì [F .), qual campione di s. Chie- sa; i cardinali e i magnati romani fece- ro a gara in dimoslrargli la loro estima- zione. Parole di lode si devono pure al valore militare di Malatesla Novello, che avendo quasi perduto l'uso d'una gam- ba, distolto da ogni esercizio guerresco, dipoi volse l'animo intieramente alla pie- tà, alle lettere e alla prosperità de'suoi sudditi. Aicesenati principalmente restò grata la sua memoria, per la rinomata biblioteca di codici che collocò ne'fran- ccscani, pei molini pubblici e per l'ospe- dale da lui fondati, avendosi anche di lui medaglie incise come quelle del fratello dal valentissimo Pisanello. IN'el i447 S'" gisniondo I si pacificò con Galeazzo Mala- testa alìenatore di Pesaro, e col suo an- tagonista Federico conte d'[Jrbino,essen- do stali i Feltreschi sempre avversi ai Ma- latesla, e col suocero Francesco. Passato nel 1 44^ 3gli stipendi della repubblica fio- rentina, liberò la Toscana da re Alfonso V d'Aragona, che gli decretò la corona d'alloro, colla quale è rappresentato nel- le medaglie; indi nel i449 g^'^^''^'^ <^^' veneti lor guadagnò Crema, tornando poi per le mene dell'emolo Feltresco al ser- vigio de'fiorentini con grave dispiacere dei primi, ed assai mirabilmente si distinse nella difficileespugnazionedi Vada. Altre medaglie monumentali resero immor- tale il magnifico tempio da lui eretto in llimini, in cui l'Alberti fece trionfare l'ar- chitettura romana sulla tedesca che era in decadenza; in questo tempio Sigismon- do I eresse un monumento magnifico al genitore Pandolfo, e voleva trasferirvi la cattedrale. Leggo in Novaes nella Storia di Nicolo Fy che questi a' j 4 giugno 1 449 die a Sigismondo! in vicariali Eertinoro, BTeldola e altri luoghi con censo annuo, condonando quelli che non aveva soddi- sfatti alla camera apostolica; quindi a'29 agosto 1 4^0 confermò a Sigismondo! il vicariato di llimini, Fano, Cesena, Derli- noro, S.Leo, Pergola, Mondavio, l^enna- biili e altre citlù e luoghi, con dclermi-

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>nato annuo censo, che da 6000 ridusse a 4000 fiorini,condonandogli di nuovo quel- lo che fino allora non aveva pagato. Nel- lo stesso giorno legittimò i suoi figli na- turali lioberto, e Malatesla detto Sala- f//o, al quale conferì in vicariato Cervia (che nell'anno precedenle avea confer- mato in Sigismondo! e suoi figli legittimi e naturali, nella (òrma cui era stala con- cessa da Bonifacio VII! a'suoi antenati); poscia nel i 453 concesse a Pandolfo Ma- latesla, Monte Marciano e Monte Cassia* no, col tributo annuale d'un piallo d'ar- gento di 6 oncie. Da Amiani apprendo che tuttoquanlo Sigismondo! conseguì, quando di persona si recò in Fabriano ad ossequiare Nicolò V, dal quale fu al- loggiato nel proprio palazzo principesca- mente, e onorato d'incontro della corte e in altri modi. Tante glorie furono of- fuscale dalla sua sregolata condotta li- bidinosa, e dall'impudico amore che Si- gismondo I contrasse con Isotta figlia di Francesco degli Atti nobilissimo rimine- se, il quale produsse il suddetto Malate- sla, mentre dalla fanese Vanetla o Van- nella di Galeotto di Toschi avea avuto Roberto, ambedue legittimali da Nicolò V in mancanza di prole legittima. Sigis- mondo I appassionato per Isotta, volle ri- muovere l'ostacolo per sposarla, e fin dal giugno 1449 ^^^^ strangolare la bella o giù da lui tanto bramata Polissena, co- me alfermano con Amiani diversi stori- ci; il quale riporta ancora il nefando ca« so, che invaghitosi Sigismondo I delle bel- lezze d'una gran dama borgognone, e non potendo vincere la virtuosa sua pudici- zia, barbaramente l'uccise e con ripro- vevole eccesso saziò le scellerate sue bra- me nel cadavere. Ciò narra Pio I! ne'suoi Comenlari, aggiungendo che di tre sue mogli Sigismondo !, d'una si liberò col ve- leno, dell'altra col laccio, della 3.° col ri- pudio, ancorché tutte pudiche e savie. Forse per 3.^ moglie si designò quella che gli partorì Valerio, che da Pio II otten- ne col prolonolariato la commcudu del-

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l'abbazia di s. Gaudenzio, poiché ad !• fiotta restò afiettiiosissiiiio. 1 poeti che la' generosità di Sigismondo I e il suo genio per le lettere avea tratti a vivere alla sua corte, da indegni cortigiani non altro can- tavano vivente Polissena, che i suoi amori con Isotta, così trovando di dovergli pia- cere e fomentandone l'acceso trasporto, onde poco dopo la morte di Polissena la prese per moglie. Vuoisi che Sigismondo 1 non solo fosse tratto ad amare perdu- tamente Isotta per la singolarissima sua beltà, ma ancora per l'eccellenti doti del suo ingegno da lei coltivato in ogni ma- niera dì studi, sublimandosi nelle con- templazioni della filosofia, nutrendosi del continuo pascolo dell'istoria, e feliceuien- le dalla poesia traendo diletto. I quali ornamenti poterono dominare nell'ani- modi Sigismondol,come qtielloche nel- le memorate facoltà fu altrettanto eser- ritatoe valente. Ad incentivo della fiam- ma e filma di questo amore, Sigismondo 1 adottò per sigle del suo sigillo S. I., im- piegò il pennello e l'incisione del vero- nese Malleode Pasti, e gli fece coniar me- daglie, tuttoché vivesse l'infelice Polisse- na, cijll'epigrafe: Isote Arimìnensìfornin et virlHleltaHae decori. Ma da questa ap- parente felicità, per la quale sembrava ch'egli potesse tranquillo riposarsi in brac- cio a un amore divenuto onesto e legit- timo, nacque appunto il disfacimento di sua grandezza, siccome privo di parente- le che avrebbero potuto sostenerlo. Dap- poiché il potente Alfonso V re d'Arago- na e di Napoli, non avendogli mai per- donato che si traesse dai suoi stipendi, e inasprito dalle guerre combattute contro di lui e il suo figlio bastardo pei fioren- ti ni, ne voi le prendere vendetta. Nel 1 4 ''6 gli mandò contro il celebre Jacopo Pic- cinino, e nel i-j''? Federico conte d'Ur- bino, che gli avrcbl>ero tolto tu stato, già devastato da loro col taccheggio e col fuo co, se non moriva airìm|)rovviso il re, b'i7 giugno i4'>y| nientre il figlio natu l'ale FerdiuaDdo 1 divcnuc redi Napoli.

RIM Calisto III invitò tutte le potenze a cac- ciarlo dal trono, quale spurio e indegno della pontificia investitura. Per mala ven- tura ili Sigismondo I, o buona per quelli che lo ritenevano a lui avverso, a'6 ago- sto di detto anno anche il Papa passò al- l'altra vita e gli successe Pio II [F.), il quale propenso al Feltresco, riconoscen- do e imparentandosi con Ferdinando I, l'investì del regno e fece coronare, con- tro le pretese degli Angioini, sulla venula de'quali Sigismondo 1 confidava d'essere sostenuto; laonde portatosi nell'assem- blea tenuta nel i4'>9 tla Pio II in Man- tova {y.), per ottenere pace, dovè accet- tare delle condizioni per soddisfare Fer- dinando I de'4o,ooo alfonsini che dovea al padre,ed altre durissime; in conseguen- za delle quali restò spogliato di Siniga- glia, di Monte Marciauo,Mondavio ePer- gola, questa data al Fellrcsco,gli altri luo- ghi ai commissari pontificii. Non è a dire quanto ne restò dispettosamente afflitto Sigismondo I contro Pio II, che già si era proposto di levargli anche Fano,che se il Piccinino non gli avesse usato riguardi nella guerra, se pine non fu guadagtiato con l'oro, avrebbe prima peiduto tutti i suoi stati. Pertanto Sigismondo I allettato dalla rivolta insorta contro Ferdinando I, si gitlò nel partito degli Angioini du- chi di Lorena, reso ormai possente nel regno di Napoli, contro la promessa fatta al Papa di astenersi dalla guerra per io anni. Allora Pio II, cui erastatoSigismon- do I accusato di eresìa, non volendo lui- lerareche un suo feudatario contro le sue mire e interessi adoperasse la spada (A- rniani dice che Sigismondo I gli dichiarò presuntuosamente guerra), nel i4(>i im- pugnò contro Sigismondo i e Mala testa eh' era a lui unito, le armi ecclesiastiche e temporali, scomunicandolo in s. Pietro, (lomantla te le sue milizie dal cardi nalFur- liguerra h'galo,e da Federico conte d'Ur- bino, in due anni occupi) a Sigismondo I, che volle fare energie.» resistenza e ribel- luudusi i rimiucsi cuu ultraggi a Pio 11,

R I M quanto avea nel Monte Feltro, Fano e li suo contado, e pressoché tutto quello di Rimini, salva la città che per assedio non potè vincere, e soltanto quando nel 1463 fu conchiuso accordo di pace tra gli Angioini e Ferdinando I, appena ad istanza della repubblica di Venezia e dei francesi polcSigismondoI aveiluogo,cou cedere tutto il perduto, e rimanergli a sua vita il solo vicariato della città di Ri- mini con poche miglia di paese all'intor- no, alla cui morte doveva riunirsi imme- diataniente al dominio della s. Sede. Go- dendo sempre riputazioue grandissima nel mestiere delle armi, il senato veneto l'oppose agli avanzamenti de' turchi in IMorea, capitano generaledella sua arma- ta, non senza approvazione di Pio 1 1 tutto intento ad abbassare l'orgoglio ottoma- no, il quale morendo nel 1 4(^4 ^ limpi'e- sa restando senza appoggio, dopo pruvo di valore Sigismondo! tornòa Rimini. Di- venuto Papa Paolo li s'ingelusl che i suoi veneti tenessero guarnigione in Riiuini, onde fece intendere a Sigistnondol di vo- lerla libera nelle sue mani, compensane dolo con altro stato, Tuttavia riuscì di continuare Sigismondo I nella limitata si* gnoria, restando a guisa di statico al ser- vigio del Pontefice, impiegato a sedare alcuni tumulti di Norcia, dicendo Batta- glini che gli donò la Rosa d oro bcnedella (^.) per l'impresa di Morea. Divenuto infermo della persona, si licenziòda Paolo II per chiudere gli occhi in Rimini, ove dopo pochi mesi con sincero pentimento de'suoi trascorsi fini di vivere a'9 otto- bre i46y, avendo mostrato quanto po- tesse ancora sul suo cuore Isotta, a cui fa- vore e di Mulatesta loro figlio lasciò tut- to, senza far motto di Roberto nato dalla fanese. Il suo corpo fu tumulato ins, Fran- cesco, nella cappella pur da lui edificata in onore di s. Sigismondo suo protettore. Lesue monete furono le ultime della zec- ca di Rimini, perchè Pio II nel i463 ne proibì l'uso. Lasciò quella città in pessima condizione per tante guerre e profusioni.

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vantandosi di discendere la sua stirpe dui Scipioni,e si reputò d'essere giunto a po- tenza reale, Fr. Leonardo chiamò Regft' /e la sua Storia de Malalesla, e Basiuio ncir intitolargli il suo poema epico, lo chiamò Ariininensinin Rcgein. Si narra che Isotta lo rimettesse nel sentiero della virtìi, governando saggiamente per lui al- lorché si assentava per le guerre dai suoi stali, e che scarseggiando il marito di de- naro per sostenersi, impegnò le sue gioie. Isotta mirava a sostenersi con Mala- testa suo figlio signora delia città, noti ostante la disposizione di Pioli che do- vea subito tornare alla Chiesa, facendosi forte del presidio veneto; ma scorgendo che molti principali cittadini erano pro- pensi per Ruberto e che non avrebbero tollerato di vederlo escluso dalla signo- ria, sagacemente ne chiamò a parte il fi- gliastro, come dell'eredità. Intanto Paolo li avendo saputo la morte di Sigismon- do I, dichiarò a Roberto ch'era a'suoi sti- pendi, di voler togliere a Isotta Rimini per suo mezzo e ricuperarla alla Chiesa, promettendogli in compenso Sinigaglia colcontadodi Mondavioedi volergli da- re in isposa una sua nipote. In vece Ro- berto diede orecchio al Papa e alla ma- trignaperdeludcre entrambi, e impadro- nirsi della signoria. Portatosi in llimini ben accolto dal fratello e da Isotta, e con- cesso da loro il 3." dell'eredità, si colle- gò quindi con Ferdinando I,col duca di Milano e la repubblica fiorentina, per poi reggersi scopertamente colla forza; aven- dolo giovato il conte d'Urbino che pel suo gran valore lo designava suo genero,ed anche per tenersi unito a lui a cagione delle mire che avea la corte di Roma sul- le signorie di Romagna. Fu singolare il vedere l'Aragonese e il Feltresco intenti a conservar le reliquie de'dorainiide'Ma - latesla, dopo che aveano contribuito a tanta diminuzione. Rotta la guerra dal re di Napoli, Paolo II mandò ad assedia- re Rimini, per aver conosciuto le inten* zioni di Roberlo,il quale u'3 1 agosto r 4t>9

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con l'aiuto tle'collegati riportò strepitosa vittoria sugli ecclesiastici,con che si sciolse l'assedio, nel quale Malalesta fece la parte sua onoratamente, al modo che raccon- tano Aniiani, e Ileposati il quale narra i particolari di questa guerra. Roberto fu detto il Magnifico, ricuperò tutto il vicarialo di Rimini, e quelli di Monda- vio e di Fano ad eccezione della città. Il re si pacificò col Papa e s" introdussero accordi per comprendervi i Malatesla, i quali vedendoli Roberto ritardare e cre- dendo autore delle diUìcoltà il fratello e Isotta che se la tenevano coi veneti, agli 8 agosto 1470 crudelmente fece uccidere M.datesta e gittare in un letamaio pres- so i Marcheselli, acciò se ne credessero autori i fratelli della sorella vagheggiata dal defunto, facendo mettere nella loro corte una spada insanguinala. Dalle quali apparenze ingannato il popolo, massacrò (Giovanni fratello della donzella e ne ar- sero il corpo, fuggendo il resto della fa- miglia. Poco dopo Roberto commise al- tro fratricidio, con far trucidare Valerio, qual complice di voler introdurre in Ri- mini le genti del Papa. Si vuole che po- co dopo morisse Isotta di febbre lenta ca- gionatale dal veleno, ma Batlaglini pro- va che viveva nel i474' Vedasi Giam- maria Mazzucchelli, Notizie intorno ad Isotta da Riinini, Brescia i yGc). Ma giù senza della sua morte era rimasto Rober- to solo arbitro dell'usurpata signoria, non bastando però gli udici interposti dal re di Napoli a fargliene legittimare dal Pa- pa l'investitura finché visse Paolo II, seb- bene si fusse pacificato con Roberto. 1 1 suc- ce«sore Sisto IV amicissimo del re e ade- l'onle del conte d'Urbino, nel i473 ri- unse R()l>erto in grazia della Chiesa, l'in* feudo di Rimini e di gran parte del suo contado, gli confermò il distretto di Mel- dula che avca ottenuto dal predecessore vivente il padre, ed a'iG settendjrc ns- folvcttc Rimini dall' interdetto cui da 4 unni era sottoposta. Mei i/17/j Roberto si pose agli blipcndi del Pupa e andò cui con-

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te Federico, divenuto suo suocero, intor- no a Città di Castello, costringendo i Vi- telli a dimetterne la signoria per volere di Sisto IV. Ad onta di che e delle pa- rentele contratte col Papa, perchè la co- gnata ne sposò il nipote, si assoldò co'fio- rentini,e battè nel 147^ le milizie della Chiesa al Trasimeno, onde Sisto IV ful- minò l'interdetto a Rimini. S'interpose il suocero fatto duca, e venne eletto ca- pitano generale de' veneziani, co'quali fe- derandosi Sisto IV, fu ribenedetto colla multa di 3ooo ducati. L'alleanza essen- do diretta contro il duca di Ferrara e Fer- dinando I, mentre Roberto combatteva con successo nel Ferrarese, Roma e la cor- te fu presa da spavento, perchè Alfonso duca di Calabria ne campeggiava le vi- cinanze; laonde a'i3 giugno 1482 parli dal campo e si recò in Roma minacciata di saccheggio a sollecitazione del Papa per difenderlo. Giunte le sue genti d'armi e venete, a'i5 agosto uscì in campo, ri- cuperò Castel Gandolfo, AlbanoeCaslel Savello, ed a'2 r con 7 squadroni presso Velletri presentò battaglia al duca. Dopo 9 ore di accanilo combattimento scon- fisse totalmente il nemico, salvandosi il duca colla fuga a Nettuno sulle galere, e fece molti illustri prigionieri. Per la grande strage, il luogo fu detto Campo mortOyCome narrai nel voi. XI 1, p.3i5. Il prode Roberto tornato in Roma con gran trionfoa'29, ammalò di violentissima dis- senteria cagionata dalla soverchia fatica e dal cocente sole nel dell'azione guer- resca, e morì a' i o settembre nel palazzo del cardinal IVardini (/'.j suo parente, ove fu a visitarlo Sisto IV che gli som- ministrò l'Eucaristia e l'olio santo. 11 Pa- pa ne fu dolentissimo, e in memoria delia vittoria poi edificò la Chiesa di s. Maria della Pace (^^). Non mancò chi incolpò il conte Girolamo Riario nipote del Pa- pa di avvelenamento, per gelosia di glo- ria o per brama dolio stato suo per non over figli legittimi. Ma Sisto IV a speso dcllu camera fece seppellire onorevolm co

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te il cadavere in s. Pietro, in nobile monu- mento di marmo ove fu rappresentalo a cavallo, celebrandone l'epitafRoil rapido trionfo. Quindi rimunerò ne'figli il va- loroso genitore, inviando a Rimini il car- dinal legato a legittimarli comechè na- turali a' iQ settembre. Pandolfo fu inve- stito di Rimini e legittimato co' fratelli Carlo e Raimondo, nati daElisabettad'O- bizo Aldobrandini di Ravenna, che il pa- dre lasciò in tutela alla madre e ai con- siglieri discendenti di Giovanni Malate- sta il Zoppo j fra'quali Sisto IV preferì Galeotto, forse per le scoperte trame colle quali si dovea dar la rocca ai veneziani, contro i quali fu rivolta la guerra per- chè dopo la pace continuavano a guer- reggiare il duca di Ferrara. Pandolfo fu unito alla lega colla provvisione di 1 6,000 ducati l'anno, e Galeotto per difendere il dominio dai Rovereschi e Riari nipoti del Papa, fece alleanza con altre vicine signorie, qual governatore di Rimini, di cui fu assai benemerito. Fortificò il porto di nuova muraglia, fece livellare cselcia- re la città per diminuir la strage delle frequenti pestilenze, edificando coli' as- senso d'InnocenzoVlIIedel vescovo, me- diante l'unione de'beni di diversi speda- li, un lazzaretto o gran spedale detto della Misericordia entrole mura della città, ma in luogo appartato; e fu zelante delia bi- blioteca de'francescaui, arricchendola dei codici di Sigismondo e della libreria Val- turi. Tutlavolta Galeotto congiurò con- tro Pandolfo e incominciò colla uccisione del fratello Raimondo governatore gene- rale delle armi nel 1492. Scoperto il tra- dimento. Galeotto ed i suoi figli furono falli morire: si dice che avendo Galeot- to con fasto e dispotismo esercitato il po- tere, gli rincresceva di doverlo cedere a Pandolfo fatto adulto. Ma non tardò a insorgere tal turbine, che dovea privarlo della signoria. Entralo nella lega del du- ca di Milano e di Alessandro VI contro Francia, per cui Pandolfo si trovòallafa- mosa battaglia del Taro, egli con altri

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feudatari di Romagna e Marca furono poi bersaglio della vendetta francese e dell'ambizione di Cesare Borgia. Impe- rocché essendo questi figlio del Papa e fatto da Luigi Xil duca di Valenlinois, indusse il padre a confederarsi col re per impossessarsi del Milanese, mentr'egli l'a- vrebbe aiutato a conquistare i vicariati ecclesiastici dell'Umbria, Marca e Roma- gna, che già privatine diversi con diffe- renti pretesti aveali Alessandro VI con- ceduti a Cesare con titolo di ducato. Il quale provocò dal padre scomuniche e monitorii contro i vicari di Romagna e di Rimini, quindi recatosi coU'esercito sotto la città, profittando dell'odio che i nobili aveano concepito contro Pandolfo, e col pretesto che da gran tempo non avesse pagato il censo, fu subito ridotto a capi- tolare, cedere la rocca, ed ebbe la ven- tura di ritirarsi da Rimini a' io ottobre 1 5oo, fuggendo col meglio di sue sostan- ze alla volta di Ravenna per passare in Bologna, giacché dalla repubblica di Ve- nezia non avea potuto ricevere que'soc- corsi, che fino allora avea sperato di ot- tenere. Cesare vi entrò più come signo- re pacifico che vincitore, forse perchè la proleggevano i veneti; pose in opera tut- ta l'arte per guadagnarsi i nobili disgu- stati da Pandolfo stoltamente, fece erige- re il monte di pietà, die opera a ridurre in miglior perfezione la chiesa di s. Fran- cesco,lasciala imperfetta da Sigismondo I, propose la demolizione della cattedrale troppo vicina alla rocca, e riedificarla al- trove a piacere della città; e siccome eb- be pensiero di fermare in Rimini la sua residenza, v'introdusse una Ruota simile a quella di Roma per comodo de'litiganti, formata di 7 giudici col nome di udito- ri, che doveano somministrare Riinini, Fano, Pesaro, Cesena, Faenza, Forlì, I- mola, e la quale dovesse conoscere e giù- tlicare tulle le cause non solo della città e territorio, ma di tutta Ron)agna di cui era duca: ma Amiani dice che gli udi- tori doveano risiedere per due mesi in

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ciascuna di delle città. Cesare parfi a'4 noveoibre da Riinini per Faenza, che prese più tardi. Nel i5o3 morto Ales- sandro VI, ed eletto Giulio li, fu spo- gliatoCesaie degli usurpali dominii, nar- rando Reposali che Guid'UI)aldo duca d'Urbino, colle artiglierie di Fano volle battere la rocca di Rimìni a favore di Pan-- dolfo. Sotto le mura di Rimini seguiro- no yarie scaramuccie tra'Fellreschi e le genti di Cesare, nondimeno i icuperò la citlù coll'aiulodì Bartolomeo d'Alviano. Pundolfo rientrò in Rimini e nella signo- ria, per parte del Papa, col favore di Ma- schi senatore di Roma già suo nemico, col palio di non vendere le sue ragioni ai veneziani, a seconda del trattato in- tavolato da Guid' Ubaldo duca d'Urbi- no. I nobili però inaspriti da sospetti, nu- trivano l'idea di ritornare la patria in li- bertà, e già ne aveano dato saggioa'20 gennaio i49^ nella fazione e congiura degli Adimari, cui erasi unito il fanese Gio. Antonio Nigu.santi. Riflette Calla- glini che i demeriti di Pandolfo e quelli del padre, strascinarono la nobiltà slan- ca dall'oppressione a quella congiura, che scoppiò nella chiesa di s. Agostino, per la quale doveano essere spenti tutti i Ma- latesla: che se Roberto fu pieno di glo- lia per militari e generose imprese, (au- tore esimio delle lellere ede'letterali,fu principe rapace e libidinoso. I Marche- sellì, gli Angolanti e gli Adimari prin- cipali congiurati conlro Pandolfo, ne ri- ccvellerodal crudele conlegno di suo [)a- dre i primi gagliardi impulsi, narrati da liattaglini e dagli altri storici riminesi, che si leggono con ribrerzo. Per questa nlienazione di n(jbili, per l'aspro e duro contegno serbato verso loro da Pandol- fo, divenuta irreconciliabile, e vedendo irnpossibde mantenersi nella signoria, ai 16 dicembre i.'JioS venne all'estremo e vile portilo di eHeltuar la vendita di Ri- mini a'vcne/.iani, i (|uali olire la casa di a- bitaziunc in Venezia epruraessa 1 0,000 ducali d'uru oll'anno^ e d'onorevole con*

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dotta di genti d'arme, e d'annua prov« vigionea Violante Aldol)randÌMÌ,a lui ed a Cario suo fratello la signoria con mero e misto imporo della grossa terra di Citta- della nel Padovano da passare a'fìgli lo- ro primogeniti. Pandolfo si recò a Citta- d^ella, risarcì i luoghi difettosi, regolò il governo, e prestò servigio alla repubbli- ca di fido e valoroso condottiero d'armi. I veneti avendo occupato Faenza, si pre- j>ararono a mantenersi nel possesso colla forza. Giulio II subito sidiè a domandare alla repubblica l'evacuazione Rìminì e degli altri luoghi da loro invasi; nel 1 ^oy dopo avere dai Bentivoglio ricuperalo Bologna, tornando il Papa in Roma per Cesena e pel Cesenatico, passò pel con- tado Riminese, entrando in s. Arcangelo il i.° marzo con tutta la sua curia, a' 2 passò a Monte Fiore, ed a'3 pervenne ad Urbino. Dipoi Giulio II replicò ai veneti le sue istanze, per la restituzione di Ri- mini,unitamente agli altri luoghi, finché entrò nella funosa lega di Cambray a danno de'venrziani, che vinti a'i4uiag- gio I 5o9 a Ghiarra d'Adda, domanda- rono perdono e restiluironoRimini a'26 e poi gli altri luoghi, perchè al Papa stava più a cuore tal città, portandovisi il car- dinal Alìdosi legato. Pandolfo compreso di timore dall'infortunio della repubbli- ca, che Cittadella potesse cader nelle ma- ni dell'imperatore Massimiliano I, la re- stituì ai Sanseverino suoi primi signori, e si die a seguire le bandiere imperiali per mediazione del generale uìarchese di Mantova. Accolto graziosamente da Mas- similiano I, ne riportò a'2 i agosto l'usu- fruito di tutti i beni che i veneziani pos- .sedevano nel territorio di Cittadella. Il senato all'incontro dichiaratolo ribelle, e scaduto dal dominio di quella terra ne lo cacciò; quindi alla moglie e ai due fra- telli di Carlo Malalcsta, morto nell'espu- gnazione di Cadore per la repubblica, concesse la medesima provvigione che 11 lui pagava. Nel 1 5 1 1 Pandolfo riprese Cilludclla, che poco dopo riperdclle. Ri-

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ferisce Marcheselli, che in memoria di a- vere la Chiesa riacquistalo Rimini, dopo la dominazione veneta, fu eretto un ar- co d'architettura di siile gotico avanti il Borgo s. Bartolomeo già s. Genesio: fu ornato degli stemmi gentilizi de'presidi di Romagna e della città di Rimini, e chiamato l'Arco di Giulio II. Questo Pa- pa addoloralo per l'uccisione seguitapres- so Ravenna [f^.) del cardinal Alidosio, narra Gallico, /écta caeremonalia p. yS, che a'24 maggio i5i i da della città sei\- za aver preso cibo, si recò a Rimini e vi giunse la notte, abitando presso la chie- sa di s. Francesco, ove a'28 con suo di- spiacere furono adissi due cartelli o due citazioni d'intimazione per l'apertura del conciliabolo di Pisa (f^.) contro di lui. Afflitto ancora pel dolori di podagra par- tì da Rimini a' 1 o giugno in lettiga per Pesaro, Fano e Sinìgaglia ove s'imbarcò approdando in Ancona. Intanto Fandol- fo privo di stato e di denaro, e ridotto in Verona al servigio di Massimiliano I, spedì nel 1 5i 3a Leone X, mentre sitrova- va infermo, il suo figlio Sigismondo II per essere ripristinato nella signoria, ma sen- za effetto. Frattanto avendo il Papa pri- vato degli siali Fra ncescoM.' duca d'Ur- bino nipote di Giulio II, con un esercito si diede esso a manomettere molli luoghi de'dominii pontificii, e nel 1 5 1 7 i suoi fe- roci soldati non scio dierono il guasto al territorio rin)inese, ma saccheggiarono il vicino castello di Mulazzano, e vi com- misero tante iniquità che la penna rifug- ge in ricordarle. Pandolfo essendo ritor- nato in Venezia, e quasi mendicando il pane, andava aspettando l'opportunità di rientrare in Rimìni, lenendo caldi alcuni cittadini suoi aderenti. Questi in fatti al- lorché l'eletto Adriano VI si trovava nel- la Spagna, con l'appoggio d'alcuni con- tadini a'2 5 maggio i5"22 introdussero Si- gismondo II nella citlà,e impadronitisi del governatore ebbero la rocca. In questa oc- casione Rimini perde molti antichi ricor- di, perchè i conludiui dalle cancellerie

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del comune e del governatore prese le scritture le bruciarono sulla piazza. Pan- dolfo e la moglie tornarono in Rimini co- gli altri figli, e confidando nel cardinal Salviati a lui si raccomandò a'29 mag- gio, perchè volesse favorirlo col s. colle- gio e col Papa con farlo mantenere ia questo tenue slalu, senza andare più e- sule e mendico colla famiglia. Ma il car- dinale e gli altri della congregazione di slato, già aveano scritto al duca d'Urbi- no che colle armi cacciasse i Malatesla da Rimini, venendo a questa minacciato l'interdetto se in 24 ore Pandolfo non veniva espulso. Vedendo questi che noa si poteva sostenere, impetrò dal cardinal de Medici legalo di Bologna e poi Cle- mente VII un (jualche provvedimento per vivere e per dotare la figlia, ed a- vrebbe ceduto la città. Il cardinale gli permise di ritenerla sino all'arrivo in Ro- ma di Adriano VI, e che fusse ubbidien- te ai suoi ordini. Ma inviato alla ricupe- ra di Rimini coll'esercito il celebre mg.' Nicolò Bonafede, coadiuvato dal duca d'Urbino, ne occupò tutto il contado, permise che Pandolfo co'figli si recasse in Roma a trattare la sua causa col Pa- pa, e Sigismondo II consegnata la rocca restasse a guardia della città. Parfi Paa- dollò a'9 febbraio 1 523, e passando per P^ano tentò di furia insorgere, per cui fu- rono puniti colla forca i capi; giunto ia Roma, ivi perorando con Adriano VI, questi ne restò commosso e fece esami- nare la sua causa, da cui risultò deca- duto dall'investitura e incorso nella pe- na del taglione. Volendo il Papa usar mi- sericordia, ordinò che si lasciasse da Si- gismondollla città, si restituissero le ar- tiglierie tolte e le armi, che si dichiarasse a suggestione di chi fosse venuto all'in- vasione. Sigismondo II partì per Roma, e mg.^ Bonafede costituito governa tore,en- trò in Rimini. Pandolfo fu costretto per vivere, di vendere i pochi beni slabili re- statigli nel Riminese. Assediato poi nel 1 527 Clemeule VII in Castel s. ADgelo,ai

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i4sit'onoSigis!nontlo II ne profittò e rien- Irò in Riniiui, e vi si tenne sospettoso, violento e tirannico, intitolandosi col pa- dre e col fratello Malatesta, vicari per s. Chiesa, confiscando ecommetlendo inau- dite crudeltà e vessazioni. Finalnienle Clemente VII nel i528 commise al vi- celcgatodi Romagna nig/Del Monte poi Giulio III l'occupazione di Rimini, che con l'esercito avendolo circondalo, a' 17 giugno concesse aSigismondo II di ritirar- si colla famiglia,e ricuperandola persem- pre alla Chiesa vi fece il suo ingresso, on- de Rimini segm le vicende e i destini del- lo slato pontificio, che descrissi nelle bio- grafie de'Papi ed altri articoli loro ana- loghi. Pandolfo terminò privatamente i suoi giorni in Ronia^ e fu sepolto in s. Alaria inTraslevere.Sigismondo II tenne per lungo tempo in timore la città, ma il dello cardinal Del Monte legato gliene troncò alfatlola speranza, e poi nel i543 morì poveramente in Reggio, lasciando Roberto e Ercole suoi figli. Gli altri fra- telli di Sigismondo II, datisi allearmi, mo- rirono in diverse parli. Della discenden- za di Carlo stabilita a Venezia, la super- slite Cristina nel i 7 1 3 sposò Nicolò Boi- dìi senatore veneto. Baltaglini inoltre tratta come si spensero in Riniini gli al- tri rami de'Malalesla non dominanti, non che quelli de'signori di s. Mauro e Gio- vidia, quelli di Ghiaggiuolo, quelli di So- gliano, quelli de'marchesi di Roncoiied- <Jo, quelli di s. Giovanni in Galilea. Scris- berodi questa famiglia: Pietro Frulli, Cro- nologia dell' a mica j nobile e potente fa- miglia de Malatesta signori della città di lUiniiti, di Cesena, di Fano, di Mace- rata, di Pesaro, di Fossonibrone , di Bei- forte, del lìorgo s. Sepolcro e di Bergli' ma, Siena 1 79.4. Sunsovino, Origine del- le famiglie illustri d' Italia. Marco Rat- inai io, CVx/ o/i {co/i IJIJ. de Mdlatesliscutn continualione Tobiae f'eronensis , nane prinidin in lucent rtlitiun, et a Jo. Uapt. Contareno notis dlnstralmn : nel l. 41) I». y7 d<yli Opuscoli di Culugcrà. Sci-

li 1 ìM f;neurs de Rimini, de Cesena, de Pesaro, et de Fano, de la maison de Malatesta: nelle Généalogies hisl. t. 2, p. 507.

Paolo III reduce nel i54i dall'abboc- camento tenuto in Lucca con Carlo V, onorò Rimini di sua presenza. In questa occasione fu tolta la deformila delle due arcate rozze che a guisa di portico sta- vano imi te all'Arco d'Auguslo dalla par- te interna di Riniini, e ne toglievano il prospetto migliore. Essendo la città gra- vata di molle imposizioni, il comuneini- plorò la benignità di Paolo III, il quale le diminuì, avendo già fin dal 1 534 con- cesso che per la riparazione delle mura edel porlo s'impiegassero le multe crimi- nali. Recandosi Clemente Vili nel i5(j8 in Ferrara ricuperala alla Chiesa, nell'a- prile si fermò in Rimini, ove furono a ba- ciargli i piedi Cesare duca di Modena e- spulso ila Ferrara e suo fratello Alessan- dro, insieme a Sigismondo Malatesta fi- glio del suddetto Ercole, che viveva du virtuoso cavaliere nella corte Estense, e col quale si estinse la linea dell'ultimo Pandolto: il Papa era precedutodalla ss. Eucaristia^ ed il vescovo lo ricevè sulla porla della cattedrale pontificalmente vestito e col pastorale. Per la guerra che Urbano Vili sostenne contro il duca di Parma, fortificò varie fortezze dello sla- to, ed in quella di Rimini nel iGaS ne demolì i merli, rifece in molte parti, ne accrebbe le fortificazioni, eresse nell'in- terno un'elegante cap[)ella sotto l'invo- cazione di s. Giuseppe, essendo governa- tore generale delle armi pontificie in Ro- magna ccaslellano della medesima Ales- sandro Sacchetti. Siccome pel suo fonda- torechiamavasi Castel Sigismondo ,\\ Pa- pa col proprio nome la denoniinò Castel- lo Urbano. Nel suo pontifica lo e nel i()3() si cstinsc con Leonida il ramo cadetto de'Malalesla di Sogliano diocesi di Rimi- ni nella provincia di Forb, del ramo dei marchesi di Roiicoficddu e Montiamo, per cui Hiniini reclamò i luoghi di suagiu- lisdiziuur; ma c:>scudu Claudia primogu-

RIM iiita di Leonida accasala nella famiglia Spada, questa venne investita del mar- chesato, e gli altri luoghi furono assog- gettati all'iiTiniediato governodellas. Se- de. Non niàncanosciittori che fanno deri- vare i rami de'Malatesta di Verncchio, i due casati di Sogliano e di Rimiui pei due fratelli ZanneeMalatesta procedenti da un medesimo ceppo, probabilmente da Ugo Malatesta. Altri fanno discende- re i Malatesta di Sogliano da un Mala- testa detto il Minore chie sposò Berta di Pietro Traversari ravennate nel 1184. Altri dicono che ne fosse stipite un IMa- lalesta che comprò da Ugo di Maltaleo- neriminese, considerabile quanti di ter- reno tra il lido del mare e Sogliano, con tutte le ragioni che quello avea nel ca- stello di Scorticata. Certo è che Sogliano ritornò al dominiodi s. Chiesa ne'primor- di del 1640. Circa il qual tempo i Ma- latesti cugini del conte di Sogliano ven- derono ad. Cam ilio Pam philj ni potè d'In- nocenzo X per 55oo scudi il feudo di Ta- lamcllo. Leggo in Novaes, Storia d'Iti' nocenzo X, che nel 1646 colla morte di Sigismondo Malatesta essendosi estinto il suo ramo, il Papa ordinò che si pren- desse possesso de' feudi che dalla s. Sede avea ottenuti, cioè s. Giovanni in Gali- lea, s. Martino in Conversato, Stigaria, Sogliano ealtridi minor nome. Nelle bel- le notizie che somministra Battaglinì sul- le monete di Rimini, rilevasi che nel i GSg fu soppressa la lira riminese, che fino al- lora avea avuto corso e conteggio in Ri- mini. Si loda Clemente X dallo Scilla, delle Monete pontificie p. 273, di avere risarcito anzi riedificato la città quasi af- fatto distrutta dal terremoto. Ed in fatti leggo pure in Amiani, che terribili e spa- ventose memorie lasciò nel 1G72 il ter- remoto, cui simile non s'era forse mai pro- vato nella Romagna e Marca. Il maggior male lo patì Rimini, dove perirono circa 80 persone rimaste sotto le macerie delle case, dei palazzi e delle chiese. Accadde la maggior scossa nel giovedì santo 1 4 a-

VOL. LVII.

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prile, in tempo della visita de'ss. Sepol- cri : caddero più case, le torri di s. Fran- cesco e di s. Agostino, e di funestissime conseguenze fu la rovina della torre del duomo ridotta a campanile, che il volgo credeva fabbricata a'iempi di Belisario, di forma rotonda e fortissima struttura pei muri di grossa mole; rovinò nella parte superiore, spezzò le campane e uc- cise.piìi persone, massime nobili, che si trovavano all'adorazione del s. Sepolcro presso la cappella poi del ss. Sagramen- to. Si fecero diverse processioni di peni- tenzae mollissimeorazioni pubbliche, ed in tutte le chiese l'esposizione del ss. Sa- gramento. Dell'altro disastroso terrecno- to avvenuto sotto Pio VI, parlai in prin- cipio, dicendo il Novaes, che essendo Ri- mini nella più gran desolazione, Pio VI procurò sollevare gli abitanti; ma 100,000 scudi che gl'invio appena servirono per pagare le perizie degli architetti, essendo la città divenuta un mucchio di sassi e poche fabbriche erano restate in piedi. Prinia di questo tremendo disastro il Pa- pa nel 1781 investì del feudo di Val- doppio i fratelli Atnadori quali eredi di Elisabetta Malatesta, in cui terminò la discendenza di Paolo il Bello signore di Ghiaggiuoto. Egualmente avanti la sud- detta infausta epoca il Papa recandosi a Vienna consolò Ri mini di sua presenza; pertanto apprendo dal Diario del viag- gio p. 6 e 60, di mg.*' Dini, che Pio VI a'4 marzo 1782 proveniente da Pesaro e dalla Cattolica giunse in Rimini a ore 22 e portatosi nella chiesa di s. Marino de'canonici regolari lateranensì^fu rice- vuto dal cardinal Valenti legato di Ro- magna, dal vescovo mg."" Ferretti, dal p. ab. generale di detti canonici, dal ma- gistrato e da tutta la più distinta nobiltà della città. Compite le particolari pre- ghiere nella chiesa, che si vide tutta or- nata, passò nelle camere del contiguo monastero preparate per prendervi ri- poso nella notte, ed ove ammise all'u- dienza ed al bacio del piede chi lo bra- •9

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mò. Nella seguente malliua, dopo avere ascoltato la s. messa, ascese in carrozza e con lutto il suo seguilo si porlo al col- legio o monastero delle celibate, ove ri- cevè al bacio del piede tutte le convit- trici del luogo, e si trattenne inparlico- Jare discorso con d. Olimpia Brasclii sua degna sorella, la quale ivi viveva religio- samente, con iscambievoli dimoslrazioni di afielto che mosse a lagrimare gli astan- ti, come si esprime il n.° ySa del Diario di rwnia, il quale parla ancora dell'in- contro del vescovo e de'nnbili, come del- le illuminazioni della città. Proseguen- do il viaggio, giunse a Cesena sua pati ia. R'el ritorno in essa ebbe il conforto di trovarvi d. Olimpia , cui avea permes- so di recarvisi da Rimini, e l'altra sorel- la d. Giulia; quindi a'3 giugno arrivò do- po le ore 23 in Rimiiii, scendendo al no- minato monastero di s. Marino, accolto dal p. ab. generale e canonici regolari, dal magistrato e dal corpo di tutta la no- bdtù, e vi passò la notte. Nel seguente ammise nel coro delia chiesa al bacio del piede ì detti canonici, le dame e la no biltà, e passato al palazzo pubblico die de dalla loggia la benedizione allimmen so popolo adunato nella gran piazza; scia partì per la Cattolica ove venerò il ss Sagramento nella chiesa parrocchiale continuando il viaggio per Pesaro e Si nignglia. Nel declinar del secolo proda mata la repubblica in Francia, le sue ar mate inondarono l'Italia e s'impadroni rono di gran parte dello stato pontifìcio neh ycjG, e nel seguente anno d'allra por- zione compreso Rimini, che seguì la sorte di Forlì e di Ravenna {r.) fino al 1 8 1 5, ruccndo prima p<U'te della repubblica Cis- padana o Cisalpina, poi del regno d'Ita- lia, nel dipartimento del Rubicone, e fu «ede d'una vice-prefettura. Avendo Pio VII, come il predecessore, sollerto duris- sima deportazione, p«rò Irionfarite potò tornare nel i8i4 a Roma sua .sede, pas- sando perCe.u-na sua patria, ove si fermò alcuni giorni di oprile e di maggio, a'j

RIM del quale giunse alla tripudianle Rimi* ni, che lo festeggiò con ogni maniera di ossequio, allora essendo in manode'na- polelani, che l'aveano ricevuta dagli au- striaci dopo l'evacuazione de'lrancesi nel- l'epoche che noto a Roma, Ravenna e For- lì. Partito Pio Vlla'c) maggioda Rimini, col celebre cardinal Consalvi che ivi era- si a lui riunito, tra le acclamazioni, per la Cattolica si condusse a Pesaro. Di nuo- vo gli austriaci occuparono Rimini e la Romagna, dalla quale si dovettero riti* rare nel marzo 1 8 i 5 per l'insurrezione di Murai re di Napoli che l'invase. Quindi dal quartiere generale di Rimini a'3 i mar- zo, eccitò italiani a sedicente libertà e all'indipendenza italiana, manifestando gli occulti suoi disegni d'ingrandire il suo potere, distrutto il quale per la battaglia de'4 maggio, vi ritornarono gli austria- ci, che poco dopo la restituirono a Pio TU. Nel medesimo anno, come ne assi- cura il doti. Tonini, l'antica cattedrale di s. Colomba fu demolita. Contempo- raneamente all'esaltazione del gran Papa GregorioXVI, scoppiò nella maggior par- te dello stato finibonda rivoluzione, cioè iie'piimi di febbraio i83i, e vi fu stra- scinata anche Rimini, ove i sollevati re* duci da Forlì {^^.), dopo esservisi un mo- mento difesi, furono costretti ad abban- donarla agli austriaci, chiamati in aiuto dal provvido Pontefice. Nel voi. XLV, p. i34 dissi quando le milizie pontificie col Bentivoglio successero agli austriaci. Si legge nel n.° 8o del Diario di Roma i 84^, che a'23 settembre avvenne in Rimini un tumulto, in cui un'orda di faziosi armati uscita dal palazzo Lettimi, percorrendo le vie si fece per minacce più nunierosa e s'impadronì di vari punti della città, non essendo la truppa in quantità di fargli resistenza. L'orda era guidata da Pietro Renzi, che si spacciava per capo del go- vernoprovvisorio. Occupate le porte lid- ia cillà non si permise 0 veruno la sor- tita, che a condizione proprie di veroos- sedio. Indi si d illusero proclami e scritti

R 1 AI incendiari, tanto dentro la citlà chefuo- ri, per eccitare gli animi alla rivolta. Ma- nomessi i buoni e fedeli sudditi riminesi, si sollevarono in ogni modo i tristi, a- prendosi le pubbliche carceri. Rotta così ogni legge, si die di piglio al denaro delie pubbliche casse, ed imposta una grave contribuzione al comune, con minaccia di saccheggio, si promisero favori e soc- corsi. Per ben 3 giorni gemè Rimini sotto le cupide e crudeli voglie della masnada, solo intenta a rapine, dissennati nella im- potenza degli esecrandi mezzi cui si ap- pigliarono. Vedendosi ilRenzi deluso nel- le speranze di aver altri seguaci, e venen- do a conoscere che da Forlì a gran passi si avanzava una forza considerabile, nella inezzanotle del^G fuggì co'suoi, liberando dall'anarchia la cittùj che per altro non tardò a ricnperarel'ordine, il qualesi con- solidò dopo giunte le milizie papali di va- rie armi, accolte dai saggi abitanti con festevoli dimostrazioni, oltre quanto si può ap[)rendere nel luogo citato. Su que- sito movimento rivoluzionario, e sue gra- \i conseguenze, si possono leggere i se- guenti 3 opuscoli pubblicati nel medesi- mo anno. Commento a due opuscoli poli- tici stampati a Parigi nel settembre i S^^, Italia novembre i ^^5 .Riflessioni sul l\J a- nifesto pubblicato a Rimino dai ribelli. Slati Poiitijlcii. Di recente il eh. A. Coppi, annali d'Italia t. 8^ p. Sig e seg., narra gli assassini! politici fatti in Ravenna ai i4 gennaio iS^5, e la condanna de'rei, olire la sentenza del io settembre e la mitigazione della medesima; la congiura de'profuglii in Toscana, formala dai ri- minesi Renzi e Celli con altri, in uno alle precauzioni adottate dal governo di Gre- gorio XVI; il manifesto de' cospiratori compilato da Ferini, diretto ai principi ed ai popoli d'Europa; sollevazione di Ri- mini, movimenti parziali e scaramuccie; rifugio de'sollevati nel territorio toscano. Quanto poi alle vicende politiche chepre- cederono, accompagnarono e seguirono la repubblica del 1849, si veda l'articolo

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Pio IX. Oltre i citati autori sulla storia di Rimini, ricorderò ancora: Chronicon ^riminense ab anno circiter 1 1 88, usquc ad annum i 385, auctore anonymo, et deinde continuatum per alterimi anony- mum usque ad annum i4^2, nunc pri- mum prodiit ex niss. Cod. Arinimensì: nel t. i4 di Muratori, /?en//« hai. script. Cesare Clementini, /irtcco/j/o istorico del- la fondazione di Rimino e dell'origine e vite de'JMalatesti, distinto in 1 5 libri par. I , Rimini pel Simbeni 1 6 1 7: in iìne,Trat- tato de' luoghi pii,e de' magistrati di Rimi' «o,aggiunto dal medesimo, par. 2, 1627 per lo slesso. Jo. Chr. Amadutius, £"^1- stolam ad Janum Plancum, qua Inscri- pliones nonnullae Ariminenscs a falsità- tisnota,quam eis Scipio Majfeius inussc' raty vindicantur: nelle Miscellanee ò\. va- rie lettere.Franciscus Modestus, £/og/MW« urbis Arimini genio natum , impressum in inclita urbe Arimino in officina Era- smi Urginei, Julii III P. M. anno 3°, i552.

La fede cristiana d'ordine di s. Pietro suo maestro, fu predicata nella regione da s. Apollinare d'Antiochia, inviatovi da Roma. Riporta la tradizione e concorda- no gli storici nell'assicurare, che s. Apolli- nare prima d'entrare nell'Emilia si fer- mò in Rimino poco lungi dall'Arco d'.^u- gusto e pomerio della città, in un luogo che dai vescovi successori fu poscia in o- ratorio convertilo, indi in basilica e al medesimo santo intitolata. Quivi restò perqualche tempo, vi disseminò con frut- to la dottrina del vangelo, vi operò dei prodigi e vi soffrì ancora persecuzioni. Dopo avervi fondato la chiesa riminesc verso l'anno 46, passò in Ra\>ennu {^•), e per tutta l'Emilia propagò il cristiane- simo, ed in quella celeberrima citlà vi fondò l'illustre chiesa arcivescovile, di cui la sede vescovile di Rimini divenne suf- fraganea e lo è tuttora. Inoltre dalla tra- dizione si conosce, che varie scorse apo- stoliche fece da Ravenna s. Apollinare nell'agro poi diocesi Riminese, per cui in

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essa e colla di lui invocazione furono e- rette 7 chiese, mostrandosi in Monte Gallo una celletta ove s. Apollinare si trovava sovente a fare orazione, laonde è tenuto peri. "vescovo di Rimini, come ne assicu- ra anche il dottissinao can.d. Luigi Nar- di, e coll'autorità della sua pregievolissi- nia,erudita e critica opera procederò com- pendiosamente, nelle notizie di maggior importanza, a parlare de'successori: CrO' notassi de pastori della s. chiesa Rimi- neseaumenlala e corretta, Rimini dai ti- pi Albertiniani 181 3. Vantando dunque la chiesa riminese la sua origine dai lem- pi apostolici, per mancanza di memoi'ie, perdute nelle vicende politiche della cit- tà, registra per suo 2.° vescovo N. ordi- nato da Papa s. Dionisio circa l'anno 26 1 o 262, che alcuni chiamano Uberto, pri- ma del qual tempo già erano fioriti i ss. martiri che ricordai parlando della cat- tedrale, e la nobile riminese s. Innocen- za vergine e martire; come pure tra il 244 6 il 249 presso il Boigo Aureo, era stata edificala una chiesetta, ove sino dai tempi di s. Apollinare si radunavano i cristiani, liiogo che fu detto Confessione e poi S.Gaudenzio. Nella persecuzione in cui perirono i nominati e altri rimiiiesi campioni della fede, quasi tulle le chiese di Rimini furono atterrate e tulli i libri sagri dannati al fuoco, d'ordine del cru- delissimo Diocleziano. Stemnio, 3.° ve- scovo di Rimini del 3oG, fu consagralo da s.MarcelloPapa,ed inlervenneai con- cilio di Lalerano tenuto in quel palazzo da l'apa s. Mcichiade nel 3i i,anno sa- lutifero per la pace data alla Chiesa da Costantino: questo vescovo fabbricò la chiesa di s. Gregorio nel Borgo di s. Rar- tolomco, di cui |)e'suoi musaici, forma e onlichilà,cume di quella di s Michele in Foro, ne pubblicò il disegno d'Agincourl nella Storia liell'artrj aumentò lacliii-sa tlellaCunfe(i>ione,e si vuole che ottenesse (la (><jslHntinu il tempio proiiino de'pa* giiiii che dedicò alla ci-lcbie s. Colomba. Indi e prima del 340 Ciriaco vescovo, che

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sgraziatamente fu favorevole agli Ariani (/^). In detto annosi crede gli succedesse il glorioso s, Gaudenzio ordinalo prete da 8. Silvestro I, quando i legati della chiesa riminese gli domandarono di provvede- re in luogo del morto pastore. Nella bio- grafìa di Papa s. Liberio narrai, che es- cendo in esilio per volere di Costanzo im- peratore, in castigo della difssa ch'egli prese di s, Atanasio vescovo d'Alessan- dria contro gli ariani, si celebrò il con- cilio di Sirniio [^ ■), in cui condannato s. Atanasio, si compilò una forinola di fede dagli ariani, che alcuni pretendono avere approvala s. Liberio,.ciò che altri valida- mente negano come dichiarai, o almeno come si debba spiegare il suo contegno. Ivi inoltre trattai del concilio nel SSg tenuto in Rimini nel luogo detto Gaja- na, su di che non conviene Marcheselli, incominciato ecumenico, come lo chia- mano alcuni, e fatalmente terminalo in conciliabolo, per l'inganno de' vescovi a- riani che fecero adottare la formola di Sirinio , perciò fulminalo di scomunica das. Liberio, onde di nuovo l'imperatore lo cacciò da Roma. Oltre quanto indetto articolo notai su questo famoso concilio e conciliabolo, e degli autori che ne trat- tarono, qui aggiungerò. Per ordine del- l'imperatore Costanzo nel SSg fu con- vocato il concilio di Rimini, non gene- rale comescrisseroalcuni, al quale vi fece intervenire tulli i vescovi dell'occidente, somministrando loro le vetture e quanto era ad essi necessario al mantenimento: ma que'delle Gallie per meno dipendere dall'imperatore, vi si recarono a proprie spese.Si trovarono quindi in Rimini piìi di 4oo vescovi dell'llliria, Italia, Africa, Spa- gna, Gallie e Iiighillerra,però tra essi circa 80 erano eretici ariani. I vescovi cattolici, il piùcelebrede'qualiera RestitutodiCar- lagine, avendo proposto di anatematiz- zare l'eresia ariana in una alle altre, tutti cntrai'ono in tale opinione, tranne (|uei della liiziune di Ur.sacio e Valente capi degli ariani. Questi tenlaronu di sorprcn-

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dere i vescovi cattolici con diversi artifi- zi, rappresentando che la parola Conso' stanziale era inutile, e meglio il dire Ge- sù Cristo, simile al Padre in tulle le cO' se.GW ortodossi che componevanoii mag- gior numero, risposero non essei'vi più questione per al tra nuova formola; si que- relarono altamente degli ariani, e dichia- rarono che non erano venuti per impa- rare ciò che dovevano credere, ma per opporsi a quelli che impugnavano la ve- rità e introducevano delle novità nella fede ; che bisognava condannar la dot- trina d'Ario e ricevere cliiaramente la fe- de del concilio di Nicea (f^.)- Si dichiarò pure, chela professione presentata da Ur- sacio e Valente era del tutto contraria alla fede della Chiesa e che non si poteva approvarla, quindi si confermò quanto era stato fatto a Nicea, e si dichiarò ezian- dio che non vi si dovea aggiungere nep- pure una parola. "Valente e i suoi fazio- nari non vollero acconsentire a questa ri- soluzione del concilio; quindi il concilio li condannò come furbi ed eretici, e li de- pose di viva voce. Sottoscrissero il decre- to 320 vescovi , anatematizzando Ario , come pure gli errori di Fozio e di Sabel- lio, facendo trionfare la fede cattolica. Tutto a'2 I luglio con lettera partecipa- rono a Costanzo, al quale già gli ariani aveano spedilo a Costantinopoli deputati sottili e astuti istruendolo di tutto, onde restò dispiacentissimo che vi fosse slata rigettata la formola ariana; quindi si ri- cusò ammettere a udienza i io deputati del concilio, scrivendo ai padri di voler terminare gli ailliri dello stato prima di quelli della Chiesa, e con indugi volle an- noiare tutti i vescovi con farli slare lun- gamente in Rimini separali dalle loro chiese, per guadagnarli alla sua volontà. Intanto gli ariani avendo fallo andare in Nicea di Tracia i deputali del concilio, e avendoli intimoriti e indeboliti, con mi- naccie e violenze, a' io ottobre gli obbli- garonoad acconsentire ari'abolizione del- le parole Sostanza o Ipostasi e Censo-

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stanziale nuovamente introdotte, e a ri- cevere una confessione conforme a quella fatta in Sirmio: che il Figliuolo era si- mile al Padre j secondo le scrilUire, non di una sola Ipostasi nella persona del Pa- dre, del Figliuolo e dello Spirito santo, dicendo anatema a tultociò ch'era con- trario alla dottrina espressa nella formo- la ; inoltre gl'impegnaronoafare un atto di riunione cogli ariani e a lasciar tut- tociò ch'era sialo fallo a Rimini. Intan- to l'imperatore impose al prefetto Tau- ro, di non far separare i vescovi del con- cilio, finché tulli avessero sottoscritto questa formola di Nicea di Tracia, in- giungendo egli ai vescovi di sopprimere le parole di Sostanza e Consostanziale^ poiché Ursacio e seguaci dicevano sola- mente che il Figliuolo era simile nella sostanza al Padre, laddove gli occiden- tali o veri cattolici, lo riconoscevano del- la stessa sostanza del Padre. Laonde gli ariani procurarono persuadere i cat- tolici furbescamente, che la soppressione della parola Sostanza riunirebbe la Chie- sa, sotto pretesto che non si trovava nella Scrittura e che scandalezzava i semplici colla sua novità. Vinti i vescovi dalla de- bolezza e dalla noia, cedeltero alla vio- lenza, e sottoscrissero ìa formola di Ni- cea, che perciò fu anche detta formola di Rimini. 11 numero di quelli che ricu- sarono costantemente di sottoscriverla si ridusse a 20, tra' quali s. Febadiod'A' gen (/^.) e s. Servazio di Tongres[V.) si mostrarono i più costanti, ma non po- terono disimpegnarsi dai lacci tesi loro da Valente e Ursacio con fallaci ragio- namenti, permettendogli di aggiungere alla forinola ciò che volessero, se non gli pareva abbastanza chiara. I cattolici ac- cettarono la proposizione con allegrezza, ma circuiti dai raggiri degli ariani, sem- plici come colombe e non accorti come il serpente, caddero nell'agguato; indi sottoscrissero per sorpresa una formola che conteneva il velenodell'eresia ariana, i.^in questo, cbe non esprimeva ciò che

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allora era essenziale a dire; 2.° in que- sto, che condannava tutlociò che gli era contrario, e per conseguenza la dottrina cattolica; e se ne tornarono ai loro pae- si, senza accorgersi ch'erano stati ingan- nati, essendo il conciliabolo terminato nel 36o, come vuole il p. IMassari nella Dìssert. sopra il concilio di Rimini. Ol- ire a ciò gli ariani ebbero l'impudenza di pubblicar la vittoria, spiegando in sen- si eretici le parole più cattoliche, delle quali si erano serviti a Riinini per in- gannare gli altri. Frattanto questa for* mola fu inviata dopo il concilio di Rimini nell'impero, con ordine di esiliar quelli che non volessero sottoscriverla; ma il maggior numero la sottoscrisse per timo- re, per interesse o per ignoranza, indi la persecuzione contro gli altri fu generale, e deposti i ricusanti, altri in oriente Ur- sacioe Valente sostiluirono.Tulto il mon- do gemette di questa sorpresa e stordì d'essere venuto ariano, al dire di s. Gi- rolamo, espressione che non va presa a rigor di lettera, giacché i vescovi che non si trovarono al concilio di Rimini non ne sottoscrissero la formola e rigettarono il concilioquando furono informati del mo- do come procederono le cose, e venne presso gli ortodossi in orrore e di deplo- rabile ricordanza. Non solo i vescovi che si ricusarono sottoscrivere il concilio o di riconosceilo lo detestarono, ma la mag- gior parte de'caduti nelle trame ariane presloconobbero la gravezza del loro fallo quando ne videro le conseguenze funeste. Con edificazione furono veduti correre a piède'santi confessori e protestare pel Corpo del Signore ch'erano sempre re- stali nella purità della fede, solo mancato tli prudenza, pronti a coiidnnnaie tutte le bestemmie d«*gli ariani; <piclli di Fran- cia a)nie«Kni'ono il loro erroie in un con« ciliodiPa^i^i,(* dovunque la |)rofessionedi fede iiriaiia tli iVicea di Tracia e di Rin>i- ni fu nnatcmatizzala e sottoscritto il sim- bolo del concilio di iNicea di l>itinia;non pertanto gliariaiii cagionarono gru ve con*

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fusione nella Chiesa, e piovocarono cru- deli persecuzioni contro gli ortodossi che vollero fedelmente custodire il deposito della fede. Seguendo la comune senten- za, nel voi. XXV, p. 200 ed altrove par- lando del luogo detto la Cattolica (WiìaW' le 1 3 miglia da Rimini, lo dissi così chia- malo per esservisi ritirati e nascosti i 20 vescovi che. si separarono dal concilio di Rimini, come seguaci della dottrina cat- tolica e ortodossa; dice Nardi che ciò può essere, ma da altri si crede chela borgata prendesse quel nome da una rotta ch'eb- bero i cattolici dai Patarini^y.) eretici nel secolo XI JI. Battaglini a p. i4o ri- ferisce che nel 1371 gli uomini de' ca- stelli di Fogara, di Mezzo, di Granarolo si posero sotto il patrocinio de'riminesì, insieme a fjuelli di Castel Ligabicio,il qua- le si obbligò di edificare una Terra mu- rata col nome/rt Crt/o//crt. Non debbo ta- cere, ch'era intenzione di Costanzo, per togliere ogni dissensione nella Chiesa, di fiir convocarein un concilio generale tutti i vescovi dell'oriente e dell'occidente, ma Ursacio e Valente che tanto potevano sul suo animo, temendo che dovesse riu- scir filale all'arianesimo per l'unione di tanti vescovi, lo indussero a dividerlo ia due, scegliendo Rimini per l'occidente, e per l'oriente Ancira, a cui poi fu sosti- tuita Sdencin (/'.). Si possono vedere i collettori de'concilii, Regia t. 4, Labbc t. 2, Arduino 1. 1. Papas.Damaso I nel con- cilio di Roma del 869, riprovò quello di Rimini.

Segno delle persecuzioni degli ariani fu anche s. Gaudenzio, comechè loro in- festissimo, onde gli convenne ritirarsi in Forh. Non essendo ancor sedata la tem- pesta del concilio cui avea assistito, seb- bene parliti gli eretici da Riliiini, quivi ritornò e radunato il />r«i/Vmo condan- nò il conciliabolo, scomunicando prete Marziano che ne seguiva gli errori. Ma j)er essere questi parente del .proconsole di tal nome, i sUoi fautori cacciarono il vescovo fuori di Rimini, e lo n)arlirizza-

rono cftn bastoni e pielre, nascondendo il cadavere in una fossa a' i4 ottobre del 3Go. Antonini nescrisse \e Memorie, eBat- laglini a p, i4' e seg. riporta la leggen- da di questo s. inartu'e, dell'invenzione ilei suo corpo, e parla della sua abbazia, che chiama i ." monastero della diocesi, come delle reliquie, .delle monete e come fu fatto comprotettore della città. Gli suc- cesse nel 366 Giovanni i.°, discepolo del predecessore, che aumentò il luogo della Confessione; indi nel 3c)7GiovannÌ2.°che rinvenne miracolosamente il corpo di s. Giiudenzio,e ottenne daGalla Placidia,re- sidente inRavenna divenuta sededegl'im- pcratoi i d'occidente, che magnificamente ne rifabbricasse il sepolcro e tempio. Dopo una lacuna di quasi 24 anni, nel 462 tro- vasi il vescovo Gennaro che dicesi prene* stino e cardinale, tnaCardella che io seguo nonio conobbe: intervenne acconci! ii ro- mani, come il successore Giovanni 3." del 4c)8, fallo da s. Gelasio I o meglio da s. Anastasio II. Nel 55 1 Stefano i.° dopo lungo intervallo, il quale seguì Papa Vi- gilio a Costantinopoli e vi sotloscrijise il Costituto; poscia Giovanni 4>° •' Grande morto nel 5go. Secondo la consuetudi- ne, il clero col suo voto e il popolo colla postulazione elessero Odeatino, che non piacendo a s. Gregorio I, questi nel 5g ( nominò Severo forse vescovo limitrofo. Nell'istesso anno divenne vescovo Casto- rio, coRsagralo in Roma a tenore della consuetudine da s. Gregorio I, che per la sua infermità cagionatagli dai rimine- si, e per la quale prese paterno interes- se, gli sostituì nel 5g3 il vescovo d'Ur- bino Leonzio per visitatore vivente Ca- storio; altri visitatori furono Leone del 599, ed Agnello del 6oo,avendo Casto- rio rinunziato nel 599, essendo allora la chiesa di Rimini soggetta immediatamen- te alla s. Sede, e. vi durò per molli secoli fino al 1604 al modo narrato da Nardi: ad Agnello s. Gregorio 1 ordinò creare il preposto de'canonici, allora dell'i fra- tres e viventi in vita comune, che uian-

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tennero fin dopo il secolo XIII. Dopo se- de vacante fiorì il vescovo Callionisto che intervenne nel 649 al celebre concilio romano; indi nel 67 8 Paolo, nel 7 io Nar- ciso cardinale, non però riportalo da Car- della,e seguì Papa Costantino in Costaa* tinopoli. Agnello 2.° fu nel 743 al con- cilio di Papa s. Zaccaria, e fu forse il i.° vescovo eh' ebbe qualche ingerenza coi magistrati di Rimini sul temporale del- la città in nome del Papa. Tiberio sotto- scrisse nel 769 il rinomato concilio di Ste- fano III detto IV; Stefano 2.° dell' 800 fu presente al concilio d'Eugenio II; Ni- colò i. "dell' 85o; Giovanni 5.''si recò nel- 1*86 1 al concilio di Roma; Dellone del- 1*876 che da Papa Giovanni Vili fu im- piegato in giavi e gelosi adari; Nicolò 2." deir887; Natale nel 930 fece la 2.' tra- slazione nella cattedrale de' ss. Martiri fratelli rìminesi; Giovanni 6." del 946 intervenne ai concilii di Roma e Raven- na, e nel 96 1 trasportò nella chiesa de'ss. Pietro e Paolo, oggi s. Giuliano (pare che per qualche tempo servisse di calledrale) il corpo di s. Giuliano martire che pro- digiosamente era approdato nel lido del mare, del quale ne riporta le notizie Bat- taglini p. 128 e seg; così del suo culto, di quando fu fallo patrono diRiinini,eJ a p. 1 55 della sua abbazia e reliquie. A. tempo di Giovanni 6.° insorse nel 9GG con denaro o 900 lire pavesi, il pseudo vescovo Uberto 1 .°, il quale non divenne legittimo pastore che alla sua morte o cessione, verso il 980. Gli successe nel 998 Giovanni 7.° di molta lode; quindi nel I oo5 Uberto 2.°,in tempo del quale mo- rì il b. Arduino di Rimini, ed il vescovo ne fece depositare il corpo nella chiesa di 9. Gaudenzio. Gli successero progres- sivamente, nel I025 Sergio, nel 1028 Monaldo, nel i o4 1 Giovanni 8.", nel i o53 Uberto 3.° cardinale, dignità di cui non è persuaso il diligente Nardi. Aggiunge- rò che siccome vuoisi poi vescovo di Pa- leslrinayed avendo io a quell'articolo for- mato la serie con Ughelli, e con Cecconi

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e Pelrini storici palrii , trovo nel io58 Uberfode PodiisoPog-g'/o(^.),enel loyS ilriniinesedelle Caininale Btlmonle[F.); ignoro .poi se il i.° sia stato vescovo di Riaiini, bensì Ughelli, secondo gli autori che cita, dice che dal vescovato riminese il Belmonte passò al Prenestino. Certo è che Uberto 3.° venne lodato per virtù e santità di vita. Dopo di lui nel 1069 si registra Opizone i.° egualmente enco- miato per dottrina e pietà, tanto rare in que'secoli, e talmente generoso che fu detto Elemosinario, avendo fatto diverse donazioni al suo capitolo: Battaglini che lo credette fautore dell'antipapa e di En- rico IV imperatore, a p. 125 ciò narran- do, sospetta che quel principe perciò gli dasse l'assoluto governo della città, do- minio che avrebbe avuto corta durata. Egli s'intitolava ne'diplomi: Dei graliam Ariniinensis Episcopus, Servits servorwn Dei, ad imitazione de'Papi, ma a Servus dirò di altri vescovi che usarono questa formola. Nel imo Nicolò 3.°, al cui tem- po Enrico V prese sotto la sua tutela i beni dellachiesariminese;dipoi nel i I23 Rainieri i.°, nel i i36 Opizone 2.°j nel I 143 Rainieri 2.° Uberti o CJbertini ze- lante, sotto il quale Papa Lucio II con- fermò alla chiesa riminese il diritto so- pra una porzione del lido del mare, e so- pra la metà di una delle porte della cit- tà, e l'intiero diritto sopra un'allrn: Bat- taglini vi aggiunge la conferma de'mo- nasleri, pievi, chiese, corti, masse e altri terreni, per cui grimpose di pagare al palazzo fMteranense annui 3o dcnarios soUdo.ij in vece Eugenio III stabilì una libbra di ptiro argento, e lo ratificò In- nocenzo 111. RainicrÌ2.°a'i 3maggiot i54 consagrò con solenne pompa la cattedra- le, e vide donati dall'imperatore Fede- rico I all' arcivescovo di Uaveima i rao- nnstcri di s. Tommaso e di s. Eufemia dulia città di Hiinini,con altri luoghi. Gli successe nel 1 i58 AlbcricochevuolsiooD- Mgrnto dii Ales<>an(lrn 111, e dovette so* «tenere colle armi In sua giurisdizione

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conlroil vescovo di Cesena, prendendone le partii riminesi, finché si vennea pacifi- ci accordi, pei quali in appresso i due po- poli si aiutarono scambievolmente. Dopo fiorì nel 1 1 77 Opizone 3.°, che si trovò ai prodigioso acquisto che fece la chiesa di s. Lorenzo d'un braccio dis. Nicolò di Mira, onde ne prese il nopie. In detto anno lo fu pure Jocellino canonico diacono della cattedrale, che si trova intervenuto nel 117931 concilio generale di Laterano, e nel 1 184 ricevè degli ordini da Lucio incontro i palarini, cioè che radunasse gli abbati e il clero, e rinnovasse contro tali eretici e fautori la scomunica, do- vendo ammonire il podestà e i cittadini che dentro 3o giorni li cacciassero, altri- menti interdicesse le chiese, e vietasse la celebrazione de'divini uilìci, imperocché ad onta de'giuramenti i rettori aveano trascutato di espellere quella setta, co- me apprendo da Battaglini. Da questi rilevo ancora, che Malalesta da Veruc- chio appena ebbe la defensorìa e il pri- mato nel comune, si fece co'figli e nepoti aggregare tra gli ufiìziali dcli'inqiiisizio- ne, contro siffatti eretici; e che Alessan- dro IV nel 1259 commise ai Francesca- ni gl'inquisitorali di FaenzaeBimini per la Romagna. Si può leggere l'erudita dis- sertazione del cardinal Garampi m\ Pa- tenni, a p. i65delle citate /IM/ion'e. Nel 1 185 divenne vescovo RufJìiio[F) poi cardinale, indi nel i 193 Ugone 1..° Cor- sablini. Nel \ 204 Ventura Trissino di Vi- cenza, cui Innocenzo III confermò i beni della chiesa , che dichiarò soltanto sog- getta alla santa Sede; come persona di merito il Papa gli commise d'intimar la scomunica all'arcivescovo di Ravenna e agli osimani se non terminavano le fiere loro questioni, e se ne servì in altre de- licate commissioni; dovette sostenere il capitolo contro il comune e lo beneficò, per cui o per alcuni statuti contro l'ec- clesiastica libertà, Onorio III nel i223 scomunicò il podestà e i consiglieri, e sot- topose la città airinterilello, da cui non

RIM fu prosciolta che 3 anni dopo, a condizio- ne di sopprimere gli statuti. Inoltre Ven- tura difese i propri diritti nelle signorie da lui dipendenti, ed eresse o restaurò l'ospedale di s. Spirito fuori della città, dato in cura agli agostiniani. Rinunzian- do nel 1 23o, otteiuie per successore Ben- nocanunico rimineseche fu in grande sti- ma, onde venne adoperato in diversi af- fari dal Papa Gregorio IX, e nella pace tra Rimini e Urbino. Successivanjente fu- rono vescovi nel i 243 Gualtieri, nel 1^44 Rainieri 3.°, nel 1 245 fr. Ugolino dome- nicano, nel 1249 il cardinal Ottaviano Vbaldini[F.) amministratore, nel 1200 fr. Algisio domenicano poi traslato a Ber- gamo sua patria, penitenziere del Papa e predicatore egregio. Nei i25i Giaco- mo i.°, ch'ebbe differenze coll'abbate di s. Giuliano, col capitolo, e col comune per diritti signorili tanto in città, quanto so- pra alcune castella del contado, con tut- ti componendosi; benevolo coi religiosi, concesse ai francescani la piccola chiesi^ di s. Maria in. Trivio, poi ampliata e di- venuta il duomo; die la parrocchia di s. Cataldo ai domenicani, ed agli agosti- inani quella di s. Gio. Battista. Wel 12G3 Ugo 2.° eletto dai canonici, per gratitu- dine confermò i beni e ne aggiunse, da una caria del quale si leggono i soliti 4 annui pranzi da darsi dal vescovo al ca- pitolo, per Pasqua, Pentecoste, Natale e s. Colotifba, e che il preposto teneva il vicario. Non essendo piaciute a Clemente IV le elezioni di due vescovi fatte dal ca- pitolo, comechè viziose, nel 1 265 nominò fr. Ambrogio domenicano fiorentino, che fual concilio generale di Lione II, lodato per zelo ed erudizione: in tempo del suo vescovato e nel 1286, si riporta la pro- digiosa traslazione d'un'immagine della B. Vergine da Rimini a Venezia nella chiesa di s. Marziale. Nel i 2 78 Guido i." delle Caminate d'una delle primarie fa- miglie di Rimini e mortodotto; nel i3oo fr. Lorenzo Ballocchi domenicano; nel i3o3Federicoi.''elettodaBonifacioVllI

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e fratello del precedente, che d'ordine del Papa Clemente V, benché esente, fu al concilio di Ravenna nel 1 3 i i , inti o- dusse in Rimini i serviti e ne consagrò la chiesa. Da Sinigaglia Giovanni XXI 1 nel i32i trasferì a questa sede Francesco i.^deSilvestris nobile di Cmgoli,in mol- to credito presso il Papa che lo trasferì a Firenze; nel 1 323 surrogandogli fr. Girolamo I." de Fiscis riminese domeai- cano, suo cappellano e penjtenziere, con- fessore della b: Chiara da Rimini, pio e dotto, che pubblicò le lettere apostoliche contro Lodovico il Ba varo. Nel 1 328 Fe- derico 2,° già di Sinigaglia, che slaliù col capitolo, che i redditi del i ." anno de'nuo- vi canonici si dovessero alla cattedrale. Nel 1 329 da Reggio vi fu traslato Guido a.'deBaisiodi molto merito, assai dotto e celebre giureconsulto, cheaiutò lab..Chia- ra pel nuovo ritiro o monastero che fece in Rimini per se e compagne, indi tra- sferito a Ferrara. Nel i 332 Alidosio d'I- mola, sotto del quale il cardinal Batla- glini riminese fondò in duomo due cap* pellanie, fabbricando la cappella di s. Pri- sca ov'era slato battezzato. Verso questo tempo volò al cielo la b. Chiara Ango- lauti riminese, e fu tumulata in s. Maria degli Angeli. Neil 353 Andrea i.°,nunzio in Toscana e nel Genovesato, visitatore de'camaldolesi, che fece la legge che non potesse aver qualsivoglia benefìcio eccle- siastico chi non era della diocesi. Nel 1 363 Angelo i.° Toris consagrato in Avigno- ne da Urbano V; gli successe nel i 366 Geraldo riminese de'conti Maschi, e forse prima di lui e per poco Gualdo Gnaldi nobile riminese lodalissimo, se pure non è il medesimo soggetto, eletto ad istanza de'canonici; nel medesiuìo anno essendo morto, gli fu sostituito Bernardo de Bo- na valle bolognese, già diSpoleto.Neli 37 r fr. Ugolino 2.° agostiniano, patriarca di Costantinopoli, amministratore, forse dei Malabranca d'Orvieto, pio e dotto.

Gregorio XI neh 374 traslalò da Pe- saro Leale .^lalalesta figlio spurio di Ma-

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lalesta Malalesta e di certa Giovanna, lo- dato per pietà, onde fece pii legati, e al- la callediale un beiroslensoiio d'argen- to doralo di finissimi lavori per la pro- cessione del Corpus Domini, e nel quale fu poi collocata la s. Spina, dono del re di Francia Enrico III al vescovo Castelli, il quale potè ottenere in Sens una costa e due denti di s. Colomba che si venera- no neir odierno duomo, tratti dal corpo che riposa in,delta cillà: Leale fece savie leggi, fu impiegato da'Papi in importan- ti aifari, si adoperò indarno per pacifica- re la principesca sua famiglia Malatesta; morì nel 1 4oo in Castel Leale, luogo del- la diocesi nella pieve di s. Savino, che da lui edificato e fortificato prese il nome. Bonifacio IX subito lo fece succedere dal suo vicario generale Bartolomeo Barbati beneventano, che ottenne dalPapa un bel diploma in conferma de'beni di sua chiesa, il quale poi confermòNicolòV. Nel 1407 Gregorio XIl fece vescovo Benedetto de Bandelli (f^.), traslato da Città di Ca- stello, che poi creò cardinale^ nella qual dignità non fu riconosciuto dalla chiesa universale, se non nel concilio di Costan- za a'4luglioi4i 5, quando ilPhpa rinun- ziò il pontificato, perchè con altri l'avea creato cardinale contro la promessa fatta di non crear più cardinali per più facil- mente estinguere il deplorabile scisma. Gregorio XI 1 inoltre lo inviò legato nel dominio de'suoi veneti e nella provincia di Romagna, fu in carteggiocol Papa, che dimorando in Gaeta gli die facoltà di di- spensare nel detto domii»io fino al4''gia- do : il cardinal morì prima del (liceu)brc l4i^<il concilio di Costanza, mentre nel- la biografia con Cardella esattissimo dis- si n^l i4>7> nuche per vederlo asserito dal celebre Novaes. Nel di lui vescovato Carlo Malatesta fondò un monastero coti chiesa pei religiosi di s. Paolo 1 ." eremi- ta, cui fu data con autorità di Gregorio XII l'abbazia di s. Gregorio istituita da S.Pier Damiani, non che lo spedale dello S[iu'ilo santo : ma questi religiosi cssen-

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do nella maggior parte ungheresi, dopo pochi anni ripatriarono. In principio del 1 4 1 7 il concilio fece commendatario del- la chiesa di Riuìini il cardinal Condul- niieri nipote di Gregorio XII e poi Eu- genio IV, indi laconferìpure in commen- da al cardinal Antonio Corraro, altro ni- pote di Gregorio XII. 1 canonici di Ri- mini dopo la morte del vescovo volendo riacquistare il diritto di eleggere il pro- prio pastore, elessero Girolamo 2.° Leo- nardi riminese generale degli agostinia- ni, che ne fece domandare la conferma al concilio, che in vece nominò i detti commendatari, o forse a ciò procedette i- gnorando tale elezione, od avrà poi riti- rata probabilmente la commenda. Certo è cheMartinoV a' 1 o gennaio i4i 8 con- fermò l'elezione de' canonici. Girolamo 2.° approvò le rinnovate costituzioni del capitolo, donò al vescovato de'proprisuoi beni il casino posto sull'ameno colle di Covignano con terreni all'intorno lungi 2 miglia dalla città, per villeggiatura dei successori che tuttora lo godono, e dove i minori osservanti hanno il convento. I Malalesta nel 14^5 lo deputarono per trattar la pace col conte Montefeltre; per- mise l'istituzione del monastero delle ca- nonichesse lateranensi , e coi vescovi di Fano e di Cesena assistè a' magnificeu- tissimi fimerali di Carlo Malatesta in s. Maria in Trivio, poi s. Francesco o tempio Malatestiano, oggi cattedrale. Eugenio IV nel 1435 fece an)ministratore il sud- detto suo cugino cardinal Corraro in ot- tobre, indi dopo giorni e nel novem- bre nominò vescovo Cristoforo vicenti- no già di Cervia con grandi elogi, come stato suo uditore; V onorò con diverse commissioni, fu al conciliogeneraledi Fi- renze e fu trasferito a Siena. Nel 1 44** Eu- genio IV gli surrogò Darlolomeo 2. "Ma- latesta de'signori di Rimini, il (juale a'3 t ottobre 1 44''o'^^*' '" •"^^ietra nel famoso e superbo tempio Malatestiano di s. Fran- cesco. Nel 1448 Nicolò V elesse Giacomo 2.''Vannucci di Cortona, chierico di ca-

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mera, che poi Iraslalò à Perugia, ed in sua vece dichiarò vescovo nel 1 44*3 Lo- dovico i ."di Garsiis uditore della camera aposlolica, indi «611450 Egidio Guidoni di Carpi, mentre il capitolo procedeva all'elezione, o per raccomandare alcuno: pare che si trattasse del cardinal Barbo poi Paolo II, e nipote di Eugenio IV, il quale essendo vescovo di Cervia dimora- va sovente in Kimini conferendogli assai il clima. Malalesta Novello signor di Ce- sena aveva fatto premure al capitolo pel p. Francesco da Rimini provinciale dei minori. Egidio consagrò la cappella dis. Sigismondo nel tempio Malatestiano, eoa 5 vescovi viciniori, e nel 1472, riserban- dosi una pensionedi 3oo ducati, rinunziò a Bartolomeo 3.° Cocapani di Carpi, vi- ce-legato del Patrimonio, che celebrò nel i477 •' sinodo come zelante pastore, per cui proibì l'uso delle carni e de'latticini nella quaresima, sotto pena di scomuni- ca e di 10 soldi d'applicarsi metà alla ri- parazione del porto, l'altra melàa'poveri, e tenne anchecura pastorale del vescova- to ili Cervia. Neh 485 da Elenopoli Si- sto IV vi trasferì Giovanni 9." Rosa di Terracina, e gli successe nel 1488 Gia- como 3.° Passarelli cesenate, Iraslato da Imola per volere d'Innocenzo Vili, che lo fece pure governatore di Cesena e poi di Romagna ; quindi l'inviò nnn/.io con facoltà di legatoaEurico Vllred'Iiighil- terra, che lo fece suo consigliere e gli per- mise nel suo inquartare il proprio slem- ma; col consiglio de'canonici statuì che fossero privati del beneficio se scura li- cenza del vescovo stassero lontani, l'ar- ciprete, il preposto, il rettore , ec. Ales- sandro VI nel i495 per sua morte nomi- nò amtninistratore il cardinal Oliviero Caraffa ('Z^.), che nel 1497 con regresso rinunziò in favore del nipote Vincenzo i." Caraffa (f.) poi cardinale col nome diGio. Vincenzo, come pur fijce neli5o5 della sede di Napoli, laonde riprese l'am- mitiislrazione di Rimini , ottenendo da Giidio II che.il decaduto monastero ca-

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maldolesedl s.Teonislo co'beni fosse in- corporato »'IIa mensa capitolare. Per sua morte Giulia li fece avvisare i cajìonici, forse perchè n >n procedessero all' elezio- ne del successo.e, che avea nominato il vescovo d'Imola Simone Bonadies nobile roinano,iI c|uale compose la comune con Saludecio che voleva sottrarsi dalla giu- risdizione di Rimini e passar a quella di Fano; intervenne al concilio generale di Laterano V, fu vicelegato della Marca d'Ancona e fece diverse leggi lodevoli pel clero, restaurando col capitolo la catte- drale.'Leoiie X nel i5i8 elesse Fabio Or- sini di Cesi de'contid'Anguillara, fratelli! del rinomato Renzo, di cui parlai in più luoghi, a Milizia e Roma; venne impiegato in gelosi affari, e nella vicelegazione della Marca ; sotto di lui la città fu minaccia- ta d'interdetto per essere stata rioccupa- la dai Malatesta, onde il vicario del ve- scovo e il capitolo s'interposero per dimo- strare che la colpa era di pochi, e dell'u- surpatore che soverchiava coHe sue for- ze. Clemente VII successivamente fece nel marzo I 5^8 amministratore il cardi- nal Franciotto Orsini (/'.) col vescovo Belinensepersu(ìraganeo;a'7 aprilei 529 il cardinal Antonio del Monte (/^.) che rinunziò a'?. 4 niaggio; ed in questo gior- no vescovo Ascanio Prtmrt/^/ (/".) già di Caiazzo poi cardinale, e perciò dello il cardinal di Rimino : pare che prima e dopo il i533 ne fosse nuovamente ammi- nistratore il cardinal del Monte, forse pefl regresso ; io però nella serie ^\q Maggior- domi nel i534 dissi Parisani vescovo di Rimini, e tale lo trovo nel Renazzi che mi precedette nella Storia de' maggiordomi ch'io compilai come lui, e con miglior e- silo, colle schede dell'archivio del palaz- zo apostolico. Nel sinodo del i54<3 Pari- sani era assente come quasi seuqire, per cui il suo vicario probabilmente era de- corato della dignità vescovile; neli549 persua morte gli successe il nipofecoadiu- tore Giulio i.°,operl'elà nedivenneam- Miinistratore, indi eliettivo vescovo, por-

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tandosi al concilio tli Trento, dopo il qua- le tenne due sinodi nel 1 564 e nel 1 572: nel 1 568 apn il seminario, e nel 1 5^3 in- trodusse i carmelitani nella chiesa di s. Gio. Battista. Nel iSj^ Gregorio XII l fece vescovo Giovanni io." Castelli bolo- gnese, che celebrò 3 sinodi, fu visitatore di Lucca e Parma, indi nunzio di Francia, o- ■ve operò bene in più cose, e vi morì, dopo aver istituito nella sua cattedrale 6 man- sionari a'quali ottenne dal Papa lealmu- zie nere di pelle d'agnello, avendo anche rimodernato la cattedrale. jN^eli583 Vin- cenzo 2.° Torfanini bolognese; nel 1 591 Giulio 2.°Salicini bolognese, che intro- dusse i teatini in Rimini, pose le prime pietre nella chiesa della B. Vergine della parrocchia di s. Andrea,e in quella e con- vento de' cappuccini nel i6o5, i quali perciò abbandonarono quello sul monte Fronte, eretto neh 564, ed al nuovo die- lono il titolo della ss. Concezione in me- moria di altro già da loro posseduto : il vescovo fu'anche vicelegato di Romagna. !Neli6o6Berlinghiero Gtss}(^f^.) poi car- dinale (di cui fu ablegato per la berretta rossa A. Ballaglini), consagrò il nuovo ci- miterio della cattedrale, fu nunzio di Ve- nezia e nel 16 ig governatore di Roma, onde rinunziò nel 1 6 1 g, e Paolo V sosti- tuì Cipriano Pavoni riminese abbate o- livetano, che visitò la diocesi, e tenne il sinodo nel 1624. Urbano Vili nominò «eli627 Angelo 2.° Cesi romano de'du- chi d'Àcquasparta,di moltissimo merito e gran letterato, celebrò il sinodo nel 1 ()3o, governò con saviezza, ebbe eccellenti par- rocchi e fu nunzio di Venezia. Nel 1646 il cardinal Federico Sforza (A^.) , quasi riedilicò la cattedrale rovinala dal ter- remoto del 1(572, benché non fosse più ircfcovo, le donò (> grandi e ben lavora- ti candcllicri d'argento colla croce, che gli costarono più di 1000 scudi, avcn<lo tenuto il sinodo neh 654, che >'> t'*' '*"* Ito fu stampalo dal Simbeni -.. per salute rinunziò, e in morte lasciò a della chiesa tulli gli arredi di sua cappella ricchis&i -

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ma d'argenti, compreso il calice d'oro, co* me rilevo da Ratti, Della famiglia Sfor- za t. i,p. 338eseg., il quale avverte che la riedificazione l'incominciò neh 668, ed essendo rimasta considerabilmente dan- neggiala dal terremoto, contribuì pel riat- tamento scudi i6oo,essendoseneriserba- ti i4oo di pensione nel dimetterla. Nel 1 656 Tommaso de'conti di Carpegna ro- mano e teatino, bravo teologo, ma visse i 5 mesi. Dopo più di altri 1 5 di sede vacante nel I 659 Marco i Galli (F.) poi_ cardi- nale, nunzio di Colonia e poscia di Na- poli, per cui lasciò raccomandata la chie- sa al vescovo d'Urbania,tenne il sinodo nel i674> e consagrò la cattedrale nel 1676, visitando la diocesi. Morì nel 1 683, e il preposto governò la diocesi fino al 1 687, in cui Innocenzo XI nominò il cardinal Domenico M." Corsi [P'.) legato di Pio- magna; tenne il sinodo e lasciò legali al- la chiesetta della B. Vergine da lui edi- ficata, e unita alta cattedrale. Nel 1698 Giovanni i i.°Z^rti'/rt(/'.) bolognese già di Tebe e nunzio di Polonia, poi di Vien- na e cardinale: rinunziò dopo aver cele- brato due sinodi, e nel 1726 Benedetto XUI gli surrogò e consagrò Benato Mas- sa napoletano che tenne il sinodo.

Benedetto XI Vnel 1 745 elesse Alessan- dro Guiccioli nobile di Ravenna, il cui ar- civescovo suo fratello lo consagrò, reduce dal governo di Carpenlrasso, aveniloe- saurilo importanti missioni co're di Spa- gna e Portogallo : fabbricò la superba scala e facciata dell'episcopio, e fu ottimo pastore. Nel 1752 Marc' Antonio Zollo nobile riminese, con (ripudio de'concilta* diuF; nel 1 757 Gio. 1 Battista Stella bo- lognese, morto neh 758; onde successeli cardinal Lodovico 2." ralenti[F.) pel qua- le prese possesso il con." Garampi poi car- dinale, ed il vescovo fece il solenne ingres- so con l'antico cercmoniale,col venerare nella chiesa di s. Gaudenzio le relìtpiie, lasciando in olFerta la veste viatoria e il cavallo, implorando tanto predeces- sore il suo pulrocinio nel .governo delle

RI IVI anime a se' commesso, come leggo in 13at- taglini : rifabbricò il bel seminario vicino all'attuale cattedrale, ed in questa occa- sione ottenne dal Papa iltitolo sineredì arciprete a tutti i parróchi della diocesi, per non pregiudicare i pievani che lo a- vsano dal secolo Vili e il i.° prete del- la cattedrale che lo gode dai primi seco- li della Chiesa. Teneva un'accademia ec- clesiastica fioritissima, ove furono recita- le belle dissertazioni e alcune stampate nella/?«cco//<7diZaccaria. Clemente XIII nel 1763 da Tivoli trasferì Francesco 2." dc'conti Castellini di Forb; neliyyy Pio VI vi Iraslatòda Fellre Andrea 2." Rli- nucci di Serravalle, pienodi dottrina e di spirito pastorale , fu amato, protesse le lettere e i letterali , poi arcivescovo di Fermo. Lo stesso Papa nel l'j'ji) elesse Vincenzo 3.° de'conli Ferretti d'Ancona, già vescovo di Rieti, che ollrequanto no- tai di sopra, nell'anticamera dell'episco- pio fece dipingere in tela la serie de^ve- scovi, e sul muro nel casino di Covigna- no, ove fece anche dipingere tutti i pae- si della diocesi : in occasione del funesto terremoto del 1786 dimidiò la grandis- sima sala del vescovato eretta dal cardi- nal Sforza, formando colla metà 4 came- re. Visitò più volte la diocesi, donò alla cattedrale vari arredi sagri e 4 busti di argento. Mori nel 1806, e dopo i5 mesi di sede vacante, Pio VII nominò Guai- fardo Ridolfi nobile di Verona, fatto da Napoleone con tutti gli altri vescovi del regno italico barone di esso e cavaliere della corona di ferro ; avendo trasferito la cattedrale nel celebre tempio Malate- stiano de'francescani," che ricevè con ciò un nuovo lustro e fu restaurato in mol- te cose essenziali, ne consagrò di nuovo il marmoreo altare maggiore nel del- la festa di s. Pietro del i 809. Indi nel 181 I fu al così detto concilio nazionale di Parigi ^f^.), e neli8i2 fudichiaratocon- te del regno. Inoltre Pio VII dopo sede vacante, nell'agosto 1819 traslatò da A- teue a questa chiesa Gianfrancesco Guer-

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rieri di Fermo, che richiamnlolo in Ro- ma nel 187.2 a rinunziare la dignità, no- minò vicario apostolico Giovanni Mar- chetti arcivescovo d'Ancira e dottissimo autore di diverse opere. Leone XII nel maggio 1824 vi trasferì da Pesaro, ad onta di quanto dissi a quell'articolo, il ri- minese Ottavio ZoUio, lodatissimo pasto- re. Gregorio XVI nel i832 nominò mg."^ Francesco Gentilini di Spoleto facondo e valente predicatore, già canonico della pa- tria metropolitana, col titolo di arcive- scovo di A micia in partibiise di ammi- nistratore apostolico , quindi nel conci- storo de'i 5 aprile 1 833 lo dichiarò vesco- vo : dipoi nel concistoro de'20 gennaio 1 8451 lo trasferì all'aici vescovato in par- tibtis di Tiana, e lo fece canonico vali- cano e segretario della s. congregazione della visita apostolica, ed il Papa che re- gna lo nominò segretario di quella del- l'esame de' vescovi. Nel medesimo con- cistoro Gregorio XVI vi traslatò da Mon- te Fcltre (T'.) r attuale ottimo vescovo mg.'" Salvatore Leziroli d' Imola, in cui prima che quel Papa lo nominasse al- l' altra sede era canonico penitenziere e decorato delle primarie cariche ecclesia- stiche. Ogni nuovo vescovo è tassalo in fiorini 4o^^> ascendendo le rendile della mensa a circa 4ooo scudi. La diocesi è grande e per molte miglia si estende con 90,000 abitanti, nonaginla mille incol/is dice r ultima proposizione concistoriale. In Savignano vi è la collegiata con ca- pitolo, così in s. Arcangelo, ed in Veruc- chio ove sono gli agostiniani e le bene- dettine, de'quali luoghi parlai nel già ci- talo articolo FoblÌ; come ancora di Sa- Indecio che ha i girolamini, di Mondai- no che ha le Clarisse, di Soglianoche ha le agostiniane. Mi duole l'animo, che per r imperiosa legge de' ristretti limiti tlel mio sistema, de'memorati e altri illustri luoghi io non possa dire altro , e molto più per la cospicua s. Arcangelo che me- ritò d'essere elevala al grado di città da Leone XII nel 1828, col breve /n/er ce-

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Itbrìora j approvando i rcgolamenli per le aggregazioni ai celi nobile e civico ; e di avere a ben degno storico il nobile suo concittadino, ornauienlo benemerito del- la patria, mg/ Marino Marini canonico valicano, segretario della s. congregazione deirimniiinitù ecclesiaslica e prefetto de- gli archivi vaticani (de' quali e in parte coi celebre zio mg/ Gaetano benemeren- tissimo, per averli cogli altri della s. Se- de ricuperali dalla Francia, in uno ai co- dici della biblioteca Vaticana e altre co- se, con)e rilevandoservigi così importan- ti ricordo a Roma, T'.), essendo egli sles- so un archivio di vasta e profonda eru- dizione, come si ammira nellesue opere, in moltissimi articoli da me citate con vantaggio, mentre a ricordare soltanto le jiìlcmorie is lo fico- critiche, della città di s. Arcangelo, Roma 1 844. queste giusta- mente furono grandemente lodate dal dotti$simo e benemerito autore di pie- giate opere il p. AgostinoTlieiner dell'o- latorio, per quanto pubblicò nel t.20, p. 93 degli Annali delle scienze religiose, stampato anche a parte, oltre quanto ne dice il bell'articolo che si legge nel 1. 12, j». g3 dell' Album di Roma. Anche per queste illustrazioni con pena solo mi li- initerc) a far eco condire, che a buon di- ritto l'encomialo prelato, per le illustri memorie di cui va superba la città di s. Arcangelo, con mirabile amor patrio ad essa rivendicò l'antico splendore e la sua vera e antichissima origine, sul cui lem- pio di Giove sino dai primordi del cristia- nesimo fu eretta la pieve e chiesa ma- trice, non che insigne collegiata, dedica- ta a Dio sotto r invocazione del principe della celeste corte V Arcangelo i. Michele, donde trasse la denominazione il comu- ne e la città, pel di lui culto introdotto in Iliminie dinlorni dnl glorioso s. Gau- denzio, che ridusse il ten)|>io in chiesa , o dui vescovi ui'ientali intervenuti al fa- inigernto concilio di cui tenni stq)crior- incute proposito. (!lics. Arcangelo fu tal- volta (ioiDinoloduipolculi I]ulacchi,'ra'

RIM velli e Passarelli suoi cittadini; tale altra dal vescovo e dal comune di Rimini, ed anche dal comune di Cesena, e da altri, ma precariamente. Bensì per la s. Sede ne furono vicari i Malalestacoll'annuocen- so di 700 fiorinijconservando però i pri- vilegi e le istituzioni municipali, siccome vicarialo separalo e indipendente , con giurisdizione su diversi castelli e ville. Vi fu Federico I imperatore; il vescovo di Rimini vi ebbe palazzo;! rettori di Roma- gna qualche volta vi fecero residenza, e quello del 14^4 " abitòstabilmenle. Si narranoancora le lolle valorosamente so- stenute dal comune di s. Arcangelo tan- to contro Rimino, quanto contro la pre- potenza de'Malalesla, sottraendosi al do- minio or degli unijOr degli altri, cercan- do sempre di manlcuersi indipendente , cioè soggetto immediatamente al soave dominio della s. Sede e de' Papi, finché Giulio II la ricuperò all'assoluto e pieno dominio della medesima. Si dice di sua rocca e magnifica struttura, e degli as- sedi che sostenne come inespugnabile; dei privilegi del comime, dei suoi vicari, ret- tori ecastellani; de'di versi storici che van- ta la città, distante da Rimini 7 miglia, e situata sopra la strada corriera, in va- go e dilettevole colle, già uno de'più for- ti castelli della contrada. Vi sono i con- ventuali, l'ospedale, il monte di pietà, la congregazione della carila o beneficenza, le scuole di filosofìa e quelle elementari, un elegante tealro,una pubblica fonte con loggia. Si descrivono i monimienli di ar- chitettura e pittura esistenti in s. Arcan- gelo; si fa il novero delle bolle e de'bre- vi coi quali i Papi la onorarono. Con mol- te ricerche storiche si racconta il tragico ed eclatanteepisodio di Francesca da Ri- mino, di tanto infelice e tetra rinomaa* 7a, ch'egli vuol dimostrare ch'ebbe cau- sa in Rimino ecompimenlo in s. Aicun- gelo, per le prove che produce nelle cir- costanze che ptecederono, accompagnii* lono e seguirono il de[)lorabile avveui- mento; e ciò siccome punto isloricu in-

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leicssanle la Romagna, pei reclami che ne furono allora fatti, sia dal rettore del- la provincia, sìa dal marchese d'Ancona, sia dai Polentani di Ravenna, sia per es- sere stati dichiarati ribelli della s. Sede i Malatesta dal parlamento di Forlì, sia in fine per la pace stabilita allora in s. Arcangelo fra il comune di Rimino e i Malatesta, fra questi e i Polentani colla mediazione di detto rettore. Prolesta però mg.^ Marini, da prudente storico, ne! suo discorsopreliminare,di non voleresu que- sto fatto stabilir cationi, che escludano as- solutamente ogni probabilità che possa essereavvenutoallrovejeallap. 1 12 scri- ve, essere questa opinione, che in s. Ar- cangelo fosse morta Francesca, così fon- data , quanto possa esserlo in tanta di- stanza di tempo e contrarietà di pareri. Un comune così ragguardevole come s. Arcangelo, non polca rimanére scarso di monumenti d' arie; ciò che dimostra la molla coltura de'suoi cittadini e l'esservi gli accennati e altri istituti , religiosi, che scientifici e di pubblica utilità;avea- do perduto nelle vicende politiche delie l)ibliolechc, manomesse perchè proprietà de'conventi,ed il museo di storia naturale Anche ella è prova di mollo incivilimen to il presentare la città una serie ono revole d'antiche e nobili famiglie, chea numera e illustra, molti individui di cui si resero insigni nella repubblica lettera ria e nella Chiesa; pel vanto d'aver dato i nalali al Papa Clemente XIV, già ram mentato in principio, ai bb. Simono Ba lacchi, e Galeotto Roberto Malatesta per che ivi visse di frequente e morì ; alla ven. suorM.' Cavallifundalricedellecap puccine di Bagnaca vallo; come a tanti in signi guerrieri, i -quali sostennero guer re e più volle afforzarono gli eserciti del le milizie di s. Chiesa di propria gente non meno di molti letterali e artisti. Ira quali primeggiano, Guido Cagnacci pit tore ; Francesco Michini celebre anato mico e fisico fiorilo nel 1 53o; Giuseppe Enea Garatoni sommo astronomo e ma-

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tematico ; Gaspare Garatoni, versatissi- mo in ogni genere di letteratura; Costan- tino Ruggieri classico letterato. Mas. Ar- cangelo può principalmente gloriarsi del relebratissimo mg. "^Gaetano Marini pre- fetto degli archivi segreti della s. Sede, 1 ." custode della biblioteca Vaticana e mi- nistro rcsidentein Roma del duca di Wur- temberg, zio del lodato storico patrio, la di cui fama è imperitura pe'molleplici e classici suoi lavori archeologici e diplo- matici, che in tanti luoghi ho ricordato coi dovuti encomii e giovandomene, egli es- sendo noto ai cultori del sapere, massime a tutta Europa; mentre delle sue beneme- renze colla s. Sede ne feci cenno ne' vo- lumi ricordati di questo imo DizionariOf avendolo celebrato diverse dotte penne, fra le quali mi limiterò a rammentare lo stesso prelato nipote , il quale colle sue notizie ci diede il catalogo di sue opere edite e de'suoi mss. nell'opera intitolata : Degli aneddoti di Gaetano I\Jaiini,com- menlario di suo nipote Marino Marini^ Roma I 82 2 e dedicata a Pio VI I. Egual- mente meritando ricordo la bellissima biografia del prelaloGaetanoMarini scrit- ta dal eh. forlivese d."^ Giovanni Roma- gnoli, e stampala in Forlì nelle Biogra- fie e ritratti di uomini illustri di tutto lo stato pontificio, il quale dice, che olire i molti dolti viventi, si contano 5o uomi- ni illustri ch'ebbero a pati-ia s. Arcange- lo. Nel 1847 si pubblicarono i CennibiO' grafici dell' avv. Pietro Giaggioli da San- t' arcangelo scritti da Adeodato Fran ce scili ^Vi.'\m\m, tipi Orfanelli eGrandi.Da ultimo il comune, dai concittadino e va- lente scultore Gaetano Lombardini, al- lievo del sommo Canova, decretò un bu- sto benché vivente, all'altroilluslre con- cittadino p. Rodolfo Borsarelli minore conventuale e già ministro provinciale, profondo teologo, facondo e dotto predi- catore. Terminerò col dire ,■ che la cit- tà di s. Arcangelo, eziandio pel suo fab- bricato di oltre a mille e più case ur- bane, molle fra le quali di assai decente

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nspetlOj per l'ampiezza e dovizin del suo territorio sparso di eleganti casini da vil- leggiature, come ancora per la salubrità dell'aria, pel numero de' suoi abitanti e per la gloria di possedere il Rubicone, pri- meggia dopo Rimini, su lutti i comuni della vastissima diocesi. Ritornando ai ve- scovi di Rimini e alle memorie ecclesia- stiche di sua città e diocesi, oltre i citali autori, si possono leggere. Ughelli,//rt/(a sacra t. 2, p. 4oq: Arimìnenses episco- pi. Jo. l'auli Oliva, Observalioiits ano- ìiynii de Arimiiiis ad annales ecclesia- sticos H enfici Spondani , i656. Julius Caesar Ricciardelii, Synopsis episcopo- rum A rimini, et de ejusmet cìvitalis cele- bri antiqidtale ,etoriginc , Àrimini 1704= Synopsis praerogntii'arnni civitatis A- rimini, et ejusdem virorum, sanclorum, aliorunìque in dignitale ecclesiastica con- sliliitoriun. Giampaolo Giovenardi di s. Arcangelo, Sinodi riniine.si ne^ quali si esprime l' indole, la natura e la forma de pleh a nati della diocesi, e sonoindica- te le prerogative die hanno le chiese pie- Lane, e le preminenze e i diritti che com- petono agli arcipreti o pievani, con note critiche e appendice, Cesena lyyS.

RINALDO, Cardinale. Si trova sot- toscritto in una bolla di Celestino III spe- dita in Lalerano a favore della basilica Liberiana a'5 gennaio i i 9 1 : l^go Renal- lUiss. fltariae Novae Diac. Card.

RINCHIUSI. F. Solitari.

RINUCCINI Giovanni, C'rtr^/We. No- Lilissimo fiorentino di antica e chiara fu- miglia , nacque in Fuenze a' 11 luglio I 743. Ricevuta l'educazione civile e scien- tifica con veniente al suo grado, e bramoso di servire la s. Sede, fu ammesso in pre- latura, acquistando un prolonolariato a- poslnlìco ()artecipantc, del quale cospicuo collegio divenne sutlodccano nel I775>. Succcsnivamculc esercitò le cariche di vi» celegnio di Jiolognn, di ponente di con- sulta, di cliiericu di camera colla presi- tlen7.a della grascia, ne'ijiiali incarichi a- vcudo dato saggio di molla capacità ne»

R!N gli affari, attivila e prudenza, nieritJjcIic l'io VI nell'aprile 1789 lo promovesscal- la distinta dignità di governatore di Ro- ma e vice camerlengo di s. Chiesa, quin- di ne premiasse i servigi resi alla setle ai 21 febbraio i 794, col crearlo cardinale diacono di s. Giorgio in Velabro, Inoltre l'annoverò alle congregazioni di propa- ganda,de'riti, di consulta, dell'immunità, del concilio e di Loreto. Lo nominò pro- tettore de' vallon>brosani , dell' ospedale di s. Gallicano, del conservatorio della Di- vina provvidenza, e delle università dei padroni cappellari,e de' macellari. Nel- l'invasione dello stato pontificio, operata dai repubblicani francesi nel 1797 e com- pita neh 7f)8,so(ìrì come i suoi colleghi, e dovette partire da Roma. Adunatosi il conclave nel 1799 in Venezia, vi si recò per concorrere all'elezione del Papa, e nel marzo 1800 lo di verme Pio VII, il quale lo fece prefetto dell'economia di propa- ganda//V/f?, visitatore apostolico della s. Casa di Loreto e del mecuorato ospedale, non che protettore dell' ordine de' servi di Maria, dell'arciconfialernita e ospizio della ss. Trinità de'pellegrini, e della con- fraternita di s. Giuseppe di Palombara ins. Sabina, con)eil tutto rilevo dalle iVb- tiz'ìe di Roma. Leggo inoltre nel n.°io4 del Diario di Roma del i 80 i , che ivi mo- rì a'28 dicembre per im colpo apopleli- co, che quasi subito lo tolse ai viventi , senza aver potuto ricevere alcun soccor- so, neir età di 59 anni. Nel n.° io5 del Diario di Roma 1 802, sono descritti i so- lenni Hmerali celebrati nella chiesa di s. Marcello, in cui pontificò il cardinal Ca- lacciolo come camerlengo del sacro col- legio, coll'assistenza di Pio VII che in fi- ne della messa fece la solita assoluzione sul cadavere. Collocalo (piesto in luogo di deposilo nella cappella ili s. Filippo Rc- nizi, nella sera de' 9 luglio 1 80 i fu tra- sportalo con conveniente decoro nella Chiesa di s. Giovanni de' fiorentini {l''.), e tumulalo nella cappella di s. Francc- Hco d'Asisi nello tomba gentilizio, ove il

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fratello marchese Alessandro gli eresse un iioljile epitaflio, che ne celebra l'integri e le virtù che lo fregiarono, il quale è riportato nel n.°i6o del Diario di Ro- ma di detto anno. Nella mattina seguen- te furono celebrale un gran numero di messe. La famiglia possedeva in Roma il Palazzo Rlnuccinì (^.), che acquistò la madre di Napoleone; in Firenze poi pos- siede la celebre cappella,cheLapodiPvi- nuccino 11 fondò prima del iSSa nella sagrestia di s. Croce, che messer France- sco fece dipingere da Taddeo Gaddi il prediletto discepolo di Giotto. Abbiamo, La cappella de' Rinuccini in s. Croce di Firenze descritta e illustrala da G.Aiaz- SI, con tavole.

RINUNZIA, r. Rinunzia al pontifi- cato.

RINUNZIA ALPONTIFICATOeRe-

NITENZA IN ACCETTARLO. 11 solo SOmnioPou-

lefice può rinunziare la sua suprema di- gnità, come fece, e vadoa narrare, s. Cele- stino V, senza autorità e permesso d'al- cuno, non avendo pel suo Primato [V.) alcuno sopra di se. S. Celestino V colla costitu'/.ione emanata avanti la sua ri- nunzia, stabilì che Romannm Pontifìcem posse libere resignare, maxime cum se in - sujficientem agnoscit ad regendam uni- versalem Ecclesiamj indi fu approvata da Ronifacio Vili, ed inserita IraleDe- cretali, cap. i, Quoniam de Renunciatio- ne, in 6, come meglio poi dirò. La rinun- zia in genere è il permesso e la libera ri- chiesta fatta in iscritto al legittimo supe- riore d* un proprio diritto, ed anche pel motivo, che è un officio pubblico ineren- te al beneficio de'chierici. ìieW'Episl. 5j del 111). 7, dice s. Gregorio 1, di non va- lere alcuna rinunzia ancorché fatta al le- gittimo superiore, se none richiesta me- diante libello o supplica in iscritto. Di- cesi di un diriltoproprio, mentre non può rinunziarsi un diritto che spetti ad un terzo. Deve farsi al legittimo superiore, che se si tratta di vescovo non può rinun- ziare se non con l'autorità pontificia, e-

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gualmente il cardinalato come descrissi a Porpora, ove riportai le rinunzie di tal dignità, ed a Rerretta cardinalizia no- tai che alcuni la ricusarono. Nella pri- mitiva Chiesa appena si trova vestigio di rinunzie, perchè allora i Beneficii eccle- siastici {^F.) dipendevano dalla sagra or- dinazione, per la quale come s' imprime neir anima l' indelebile carattere, così i beneficii erano perpetui. Alessandro III dell iSg, per giuste cause permise le ri- nunzie. La rinunzia si deve fare libera- mente, poiché se si facesse con violenza o timore sarebbe nulla ed irrita di suo diritto. Si veda Vermiglioli, Lezioni di diritto canonico t.i, lez. 9: Della rinun- cia, che distingue in tacita, ed espres- sa la quale si fa semplicemente o sotto condizione : le riserve di accesso, recesso ed ingresso furono espressamente proibi- te dal concilio di Trento e da s. Pio V. Può non solo ilcardinalee il vescovo ri- nunziare, ma qualunque altro in eccle- siastica autorità costituito, non solo per se stesso, ma anche col mezzo di procu- ratore, tanto ecclesiastico che laico, mu- nito di speciale procura. Emessa e appro- vata la rinunzia non puòesservi luogo a pentimento, e tutti 1 diritti del beneficio rinunziato cessano, possono riacqui- starsi, se non che con una nuova elezione e collazione. può vedere nel citato ar- ticolo Reneficio ecclesjastico, i IV./'rt- canza de' beneficii; xi. Rassegna de' be- neficii, ch'é la libera e spontanea rinun- zia o restituzione del beneficio. I canoni- sti trattano della rassegnazione in gene- rale o cessione di un beneficio ecclesia- stico, che si può fare per rinunzia pura e semplice, o per rinunzia condizionata e reciproca, ciò che si chiama permuta- zione; le quali rassegnazioni voglionsi o- riginate in Avignone, nel secolo XIV. Trattano ancora i canonisti, de' benefizi che si possono rassegnare, delle persone che possono rassegnare, di quelli che pos- sano ammettere le rassegnazioni, di quel- li ai quali si può rassegnare, delle for- 20

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malità che devono piecedeie e seguire la rassegnazione. A Deposizione la dicliia- lai coi canoiiisli, pena inflitta dalla Chie- sa a un ecclesiastico, che Io priva dell'of- fizio o del beneficio, e che difTerisce dal- la Sospensione {^■), come dalla Degra- dazione (^.). Nel voi. IX, p. 283, o ar- ticolo Cardinali, toccai i casi, del Papa assente, o infermo ossia inello al governo dellaChiesa.Quanlo alia rinunzia del pon- tificato, nel voi. XV, p. 3 i Sragionai del consenso onninamente necessario dell'e- letto Papa ecomegli si domanda, dappoi- ché egli propriaaienle contrae spirituale matrimonio colla Chiesa universale, per cui è d'uopo il suo pieno e libero consen- so, come ancora perchè egli si addossa molti e gravissimi obblighi nell'ammini- strazione della stessa Chiesa, i quali ri- chiedono indispensabilmente il consenti- mento esplicito dalla parte di chi si ob- bliga, come provano benissimo i due dotti domenicani, Camarda, De elect. Pontìf. dissert. 4^)?- 278,6 Passerini, De elect. Papae, quaest. 3 i , p. 1 54- Vedasi Bona- cina , De Pondficis legittima clectione, disp. I, quaest. i,punct. i, n. 11. Che il pontificalo a cui il s. collegio ha elevalo l'eletto si possa rifiutare e rinunziare. Io dimostra la slessa formola che il cardi- nal decano pronunzia al medesimo, Ac- ceplasne Pa pa tu ni? coWa quale si ricerca dall'elello il suo consenso. Quindi è, che se l'eletto si trova fuori del conclave, l'e- lezione non è compita finché egli ^on vi dia il suo consenso. Così fu praticato nel 19.65 nell'elezione di Clemente IP' (F.), scrivendo Tolomeo da Lucca, Hist. caci. lib. 22, cap. 3o, trovandosi esso in Fran- cia, ed essendo eletto Papa, il sagro cob Ipgio.ritenuto lo scrutinio, ne fa prendei'e il consenso^ Fra i Papi eletti assenti dal conclave, noterò il b. Gregorio X, s. Ce- Irtlino V ^ Clemente V e Adriano VI (r',); pel governo dell» Chiesa in questo tempi), fti può vedere Sudk vacante. A. qiiftto consenso possono i cardinali co- ilringerc l'eicllo con suppliche e cou la-

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gl'ime, non già con precetti econ minacce» come avvertono i due lodati domenica- ni : V. Elezione DEL Papa. E' verobens'i che ricusando /«/ioce«zo //( V^ nel 1 1 3o di accettare il Po;it/y?cato(F'.), fu costret- to a riceverlo per le minacce della sco- munica fattegli dai cardinali, come rac- conta Arnolfo diacono di Seez, Tract. de schismate orto post Honorii Papae. Gii inlimarono i sagri elettori : Exhibcnius ohsequinm : si recusas, exìgìntus de ino- hedientia poenam. Y, delta, parabant exconwmnicalionispraeferresenienliant. Ma non è quesloescmpio bastante a giu- stificare tanto rigore , sebbene in molte occasioni vi sarebbe stato luogo ad usar- lo, perl'ostiuata ripugnanza di molti Pa- pi nell' accettare il peso del pontificalo, al quale in tulli i tempi hanno ben mol- ti resistito. La solenne rinunzia di s. Ce- lestino Vj dopo aver governalo la Chiesa 5 mesi e 8 giorni, diede motivo a mol- li di scrivere sopra la di lei validilà, ese fosse lecita al Papa, come con diversità di ragioni, se il Papa {F.) possa rinun- ziare il papato, si può vedere in Berniuo, Hist. dcireresic,t. 3, p. 398, che ne riporta gli argomenti; laonde mi contenterò dire. Chi fu di contrario parere, con libro mss. n.°5, esistente nella biblioteca Vaticana, proveniente da Avignone, col seguente e simili argomenti, presso Ciacconio, Flisl. Pont. Rovi, in Caelestinu /^', credè di pro- varne l'assunto. Papatus a solo Deo est, et quae a Deo, velab alio superiori com- miltuntur,a nullo possnnt inferiori remO' veri posse videtur, Q chesit i'inculuni dì- vinum connectens Papam cuni Ecclesia. Quali obbiezioni per insussistenti , con forti ragioni vennero riprovate dal celebre giureconsulto Gio. Andrea bolognese, /u Comment. in 6 Dccret. de Renunciat. e. i; e da Pietro da Palude oPaludauo do- menicano francese, teologo di Parigi di gran dottrina e poi patriarca di Gerusa- lemme (che dichiarò e difese la dottrina di s. Tommaso), il quale con l'opuscolo, De Ecclesiastica polestalc , inss. che e-

gualmentesi trova nella biblioteca Vatica- na n.°4io9, ecco come concluse. " Papa polest Papalus cedere, et cedeus desine- re esse l'apa, si Cardinales acceplent, a- Jias non sunt euim in acceplioue Papa- tus duo, unum est jus suuui, quod acqui- ritur; aliud est jus Ecclesiae, cuiobiiga- tur : cuilibet auteiu licet renunciare juri suo in omni eo, in quo non est alteri sub- ditus, nec obligatus. Ergo Papa Papa- tui tx parte quideiu sua renunciare pò- test; sed quia semel obligavit se Eccle- siae, ex illa parte renunciare non potest, nisideassensuCardinalium,qui in omni- bus, quae ad Papam spectaut, vicera Ec- clesiae repraesentunt". Ma lo scrittore e maestro massimo del cristianesimo. Papa s. Celestino V, convalidò rallo,anche in- nanzi che lo facesse, decretando, come ho già rilevato, valida la rinunzia del Pa- pato, come espresse nella pur citata de- cretale Bonifacio VII I,ch'è del seguente te- nore. » Quoniamaliqui curiosi disceptan- tes dehis, quae non multum espediunt, et plura sapere, quum oporteat , contra doctrinam Apostoli, temere appetentes, in dubitationem solici tant, anRomanusPon tifex ( maxime cum se insunicieutem a- gnoscit ad regendam universalem Eccle- siam et summi Pontiflcatus onera sup- porlanda) renunciare valeat Papatui, e- jusque oneri, et honori, deducere minus provide videbantur : Caelestiuus Papa Quintus praedecessor noster, dum ejus- dem Ecclesiae regimini praesidebat, vo- lenssuper hochaesitationiscujuslibet ma- tcriani amputare , deliberatione hubita cum suis fratribus Ecclesiae romanae Car- dinalibus (de quorum uutnerum tunce- ramus), de nostro, et ipsorum omnium concordi Consilio, et assensu, auctoritate apostolica statuit, et decrevit, Romauum Ponlificem posse libere resiguare. Nos i- gitur, ne statutum hujusmodi per tem- poris cursum oblivione dari, aut dubita- tionem eamdeni in recidivai!) discepta- liouem ulleriusdeducit conlingat: ipsum iuler cooslitulioucs alias, nd perpeluum

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reimemoriam,defratrum noslrorura Con- silio duximus redigeudum ". Come e in qual modo s. Celestino V elFetluò la ri- nunzia del pontifìcatu, lo dirò in appres- so al suo luogo. Ora vado a parlare dei Papi che ricusavano accettare il pontifi- cato o ripugnanti lo assunsero, de'cardi- uali che si rifiutarono piegare gli omeri u tanta gravezza di peso e di somma re- sponsabilitàj e se altri Papi, oltre s. Cele- stino V spontaneamente, e Gregorio XII per l'estinzione dello scisma, volevano ri- nunziare o realmente riuunziaroao il su- premo pontificato.

II 3.° Papa fu s. Cleto [F.), eletto con- tro sua voglia nell'anno 80 : il p. Lazze- ri sostenne , contro quelli che facevano erroneamente di s. Cleto e di s. Anacleto [F'.) un Papa solo, che s. Cleto nell'esilio avuto da Roma, per la persecuzione con- tro la Chiesa, rinunziò il papato e gli sue cesse s. Clemente I [F.), il quale venendo pure esiliato, anch'egli rinunziò il ponti- ficato a s. Cleto già tornatooccultamen- te in Roma, per cui fu detto Anacleto, cioè ri vocato, o v vero itcruni Clelus. Certo è che Cleto e Anacleto furono due Papi diversi. Per questo grave punto di con- troversia storica, oltre le 3 citate mie bio- grafie, si può vedere quanto in proposito dissi a Cronologu o voi. XVIII, p. 3 1 1 e 3 1 7. Di Papa s. Cornelio [F.) del 254, scrive s. Cipriano, Epist. Si ad Antonia- num, che non ut quidam vinifecit^ulE- piscopuy /ìeret, scd ipse vini passus estj ut Episcopatum coactus exciperet. Con- fessa di se stesso S.Liberio Papa del 352, nv\\' Epist. 2 ad Conslantium,pvessoha\i- bé, Concil. t. 2,p. 746, e Constant, Epist. Boni. Pont. t. I, p. ^i5,c\ìe ad istuduni offìcinm [lestis est milu Deus) ins'itus ac- cepi. Nel 4'8 s. Bonifacio I fu acclama- to Vi-nerabilem vcteiem presbyteruni^ in lege doclissimum^ ac bonis moribus com probatum,et [quod euni magis oniubut) inviluin, come si legj^e in libdluin sup' plici presb.romanor.ad Jlonor. /j pres- so 13urouio airauuo4'i). ^°^- Abbiamo

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di s. Gregorio /( F.) del ^go , che licei loti viribus renitenlem y clerits, senaUis, pò- ■piiliisque romanus sibi concordiler Poti- tifìcem delegerunlj egli però fece di tutto per non accettare e si nascose ove loscuo- prì una colomba, tutto e meglio aven- do detto nella biografia. Di s. Pasquale I deli'817 si hadaBaronio a tal anno, n." 4, che licei invitiis j ac renitens. Così s. Gregorio IF [F.) òe\VS2'j,apprime e- rudilns, invitus, et lalebrasquaerens,in l'emana sede coZ/ocfl^^r, scrive Sandini, Fil. Pont, 1. 1, p. 324. Narra Bario, A'b- tit. Rem. Poni. p. i3o, di Benedetto ì\l deir855, che din reluclatus, plorans, et Denni ac Sanclos tesles faciens ^ se ne- (juaquaai dignum esse , qui tantae sedi praefìceretnr, Ponlificium mwius tandem suscepit. Del successore s. Nicolò I, si ap- prende da Sandini, p. 326, omnia agenSy ne Ponlifex fìeret, omnium siimma t'o- Ululale pontificali munere praeponilicr , ti lalebris exlractus consecraiur, affer- mandolo Burio, p. i3o. NeirSGy gli suc- cesse Adriano II (F.), di cui Baronioa tal anno riferisce che Adriano Wponlifi- catnm, quem semel atque iterum abnue- rat, ingenti tolins Urbis gaudio susce- pit. Scrive Lambecio nella Bibliot. Cae- sar. t. 2, p. 35G di Stefano V detto VI, che fu tanto invilusconsensu, quanto quis- quam nlìus ante , Ponti/ex declaratus. A Leone Flldcì c)o'i, abnuenti, rccusan- tique Ponlifìcatus honus mandatus est, notò Flodoardo presso Muratori, Script, rer. Italie, t. 4> par. 2, p. 324 '• ''C fu fat- to rinunziare dn Cristoforo, \ei\im la bio- grafia d'ambedue, al 2.° avendo reso la pariglia Sergio ///(^.). A Giovanni XH narrai che nel gGSfudepostonelconcilia- ìmlo di Jìoma, poi ripristinato non avendo vigore siffatta deposizione,sulla quale pure notai alcuni autori che la discussero. Nel- le biografie degli Antipapi ragionai del- le loro intru&ioni e scismi, per cui furono imprigionali, esiliati e colla forza deposti dnircscrcizio della dignitii non pochi le- Ijittiini Papi. Secondo alcuni Giovanni

RIN XriII, hllo XIX (F.) del I oo3, rinun- ziò il pontificalo per la vita monastica, co- me pur notai nel voi. XII, p. 228,013 noa pare. Bensì diversi scrittori attribuirono questa rinunzia (forse al precedente da al- tri creduta perla somiglianza del nome e del numero controverso) a Giovanni XIX detto XX del 1 024, fi'atello di Benedetto VIII,perquella visione ch'ebbe il vescovo di Porfo, come narrai nel voi. LlV,p. 222, per cui rinunziò il vescovato e si fece mo- naco. Altri scrivono che il vescovo fosse quello di Capri, come con s. PierDamia- mneìì'Epist. ga NicolòII riportò Ughel- li, Italia sacra I.7, p.i 58, che ignora il nome del vescovo, il quale perciò diceche riuunziasse e prese l'abito di s. Benedet- to. Si può vedere Novaes nella Storia di Benedetto FUI, che citando altre opere di s. Pier Damiani , non parla della ri- nunzia del fratello al pontificato; però in quella di s. Celestino F sembra conve- nirvi. Benedetto IX (/^.)del io33, prima deposto, poi ristabilito, rinunziò a Gre- gorio FI [F.) per interesse il papato , fin- ché si fece monaco in G rolla/errata [F.), ed ivi morì sembra penitente : a Grego- rio VI convenne rinunziare al pontifi- cato nel concilio di Sutri[F.), ed in Clu- ny fece penitenza de' suoi falli. In vece nel 1046 fu eletto Clemente II, sebbene ueWEpist. prcssoGretsero, DeDivìsBani- berg, 1. 1 o, cap. i G, cunclis nisibits refra- garelur. Nel 1049 Io ùìs. Leone IX {F.), di cui Muratori, Baronio e Pagi negli Au' «(7//, scrissero im'itns ac repiignans Pon- tifex des'ìgnafus, che domandò 3 giorni di tempo a pensarvi, dopo i quali ripu- gnante ancora ad accettare, colla speran- za di schivare questo pesante onore, fece in pubblico la confessione de' suoi mancamenti, ma indarno, perchèstcttero tutti costanti a volerlo Papa. Nel voi. XXXVIII, p. 283 narrai , the nell'ele- zione sua o del predecessore Daniaso II, che visse 23 giorni, era stato eletto Ai- lardo arcivescovo di Lione, ma non vol- le uccellaie il pontificalo. Di Vittore li

RliX tie! I o55, scrissero Sandini, Baronie e Pa- gi , invilus Roniam dediictusj ingenti o- '••'linrn gaudio susceplus est. Eletto nel 1061 Alessandro H, si legge nel relativo dea eto in Labbc, Condì. 1. 1 o, p. 6, cum altiorem graduili nullalenus appeteret. IVel 1 07 3 gli successe il gran s. Gregorio VII [F.), leggendosi nella Chron.CaS' sin. lib. 3, cap. -66 , di Leone Ostiense, inviluni , moerenleque consentione una clerus populusqne inÀ lexandri 1 llocuni cooptarunt. Dichiara Muratori a tal an- no, che resistè egli quanto potè, ma bi- sognò cedere al quasi furore del popolo, che non ammise dilazione; poiché co- me in seguito il Papa scrisse a Guiberlo o antipapa Clemente ìli arcivescovo di Ravenna, con VEpi.iL 3, lib.jr, in Ardui- no, Condì, t. 6, par. i , p. 1 1 97, nil dicen- di, nil consulendifacultalis, violentis ma- nibiis me in locuni apostolici regiminis, cui longe impar suni, rapuerunf. Fitto- re III, che dopo di lui occupò la catte- dra di s. Pietro, al modo che dico nella biografia , rinunziò dopo aver accettato ripugnante, e vi volle un concilio per co- stringerlo a ripigliare le pontificie inse- gne; ivi pure dichiaro non vero che poi abdicò nuovamente. Il successore Urba» noi I del 1 088, neir^jpw^ adepiscop.Sal- zuburens. presso Martene, Vet. mommi. t. I, p. 52 1, confessa di se medesimo, che i cardinali a lui, omnium indignissimo, cantra omne votimi et desiderium, Deus sdt, et plurimuin renitenti regimen sedis apostoUcae pomniisere. Pasquale II [V.) del 1 099, lociim vel invitus tenerecogitur, scrissero Baronio e Pagi, oll'annoi 100; il di più lo dissi nella biografia. Dopo questi e nel I I 18 Gelasio II fu anch'e- gli eletto im'itusac renitens, come riporta Pandolfo da Pisa , in Muratori , Script, rer. Italie, l. 3, p. 384; avendo pure no- tato nella biografia, che per la concessio- ne àeW'Iin'estiture ecclesiastiche {/''.) ad Enrico V, voleva rinunziare il pontifica- to. Repugnante lo fu pure neh 1 19 Ca- listo II, il quale neir^w/. all'arcivesco- VCL. ivii.

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vo di Magonza, riprodotta da Baronio, gli protesta essere stato eletto Papa invi- timi, penitusquerenitenteni. Neh 124 per sua morte fu eletto il cardinal Teobaldo Boccadipecora ( V.), malgrado la sua vir- tuosa contrarietà;alla nietàdel Te Deiim il prepotente Frangipane entrato ne'co- mizi proclamò Onorio II [F .): stava per iscoppiar lo scisma, quando avendo Teo- baldo rinunziato il pontificato, altrettan- to fece l'altro, finché fu costretto Onorio II riprenderlo dall'eroica virtù di Teo- baldo. Contro Innocenzo II, che ricusava la suprema dignità, insorse l' Antipapa Vittore IV detto /^ (/^.) che poi rinun- ziò: di altre simili rinunzie di y^/////Jrt^i, a questo articolo le riportai. Nel ii5g scrisse di sua esaltazione Alessandro III, in Epist. ad Gerard, episc. Bonon. presso Baronio n.° 38, invitus renitensque. Al- trettanto econpiùdi costanza fece il car- dinal b. Enrico di Marsiaco {V.), il quale neh 187 i cardinali lo elessero Papa, ed egli non solo non volle accettare, ma con- tribuì perchè gli fossesostituito Gregorio Vili {V.). Neh 198 da IO cardinali fu eletto il salernitano cardinal Giovanni [V.) , ma egli per soffocare uno scisma ch'era per nascere, per parte di quelli che gli davano \' Esclusiva (V.), con magna- nimo atto rinunziò al diritto cheavea ac- quistato, anzi avendo guadagnato i suoi voti \\tv Innocenzo 1 1 1 [V .), cooperò alla sua assunzione al pontificato,di cui però riporta l'annalista Rinaldi, plorans , ac renitens suffìcilur. Così pure di Gregorio IX nel 1227 notò Sandini, Vit. Pont.X. 3, p. 5o2, magnoconsensu invitus sub rO' gatur a Onoiio IH. Parlando della sua elezione Alessandro IVdeh254,neirj&- pist. I presso il citato annalista Rinaldi, n."4j che spedì ai vescovi, dice loro, che avendo egli pregalo i cardinali perchè im- ponessero ad altri questo carico, essi in- sistendo più saldi nel loro proponimen- to, non ammisero in modoalcuno lesue preghiere, il suo rifiuto, ma anzi con certa violenza lo sforzarono, tuttoché ri- 20*

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pugnante- a quietarsi, e stese ie mani ver- so ili lui, iu coslrinsero pertinacemente ad acconsentire a' loro desiderii. Longi- no, Iliator. Polon. iib. ^jp. 776, all'anno 1 265, registrò che Clemente 1 V siin) men- tovalo, vix lum lacrymis cardiiialiiun vinci poluil, ut PapaUiin assumerei. Per sua morte il s. collegio voleva sublimare al ponlitìcato s. Filippo Benizi de' servi di Maria, celebre pe'suoi miracoli, il qua* le avendolo saputo, fuggì a nascondersi nel monte Tuniatoe non ne uscì Hncbè non fu eletto Gregorio X, come rilevarono Sponda no all'anno 127 i,n.°5, eLamber- tini, Deseiv. Dei bealif. Iib. 3, cap. 21, 1).° 3. Racconta Sandini a p. 53 1 , che Martino IV Ecclesiae iwilus praeponi' turj per modo tale, che rifiutando egli le insegne papali , i sagri elettori di santo zelo accesi, levandogli le vesti cardinali- zie, gli fecero forza ad accettarle, come all'erma Rinaldi n.° 3. Questi riporta VE- pisl.i di Nicolò IV del 1288, il quale in ta- le lettera enciclica, in cui die partea' vesco- vi di sua elezione, ecco come si espresse. « Abbiamo ripugnato colla maggiore re- sistenza, che ci è stato possibile, negando apertamente di voler prestare a tale ele- zione il nostro consentimento, e rinutan- do espressamente tutto il diritto da noi per essa acquistato. Pur nondimeno i no- stri fratelli cardinali , opponendosi eoa maggiori islauzealla nostra resistenza, ri- ihtta parimenti d'un animo l'elezione, in- sìstettero ancor più ferventemente dieci arrendessimo, e ce l'ingiunsero in virtù d'ubbidienza ". Ed eccoci nuovamente a ». Celestino V o Pietro da Morrone o Mo- rene, giù fondatore ClvÌ Celestini (^.).

Wella biografia di s. Celestino A^ rac- contai che senza essere decorato della di- goilù cardinalizia, principalmente pero- pera delcelebre cnviX\na\ Frangipani { A^.) fu eletto Papa u'7 luglioi294, dopo 27 mesi e 3 giorni di sede vacante, come del- la tua ripugniin/.a in uccetturc il pontifi- cato, dicendo »Sandini,p. ')3 lydclutani si- Li Ui^uitatan sumtuain, cuin dm rccusans

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nfhll profecisset, fessus precibiis suscepit invilus. L'annalista Rinaldi riferisce che al giungere de'uuiizi del s. collegio o due protonolari apostolici col decreto di sua elezione, Pietrocadde per terra didlo stu- pore e si die poi alla fuga, finché ferma- to dal popolo e per le minacce de'nunzi e di altri uomini pii del giudizio divino, per la calamità che soifriva il cristiane- simo, si sottomise: noterò, che lo costrin- sero ad accettare, Carlo II re di Napoli, e Andrea IH re d'Ungheria. Per umiltà nel possesso che prese in Àquila (P'.) caval- cò un asino, sul quale doposiuontato un padre ci pose il figlio zoppo d'ambo i pie- di e restò sanato. La promozione che fe- ce de'cardmali, uno de'quali a cena, per cui fu costretto dimettersi dalla dignità che poi riebbe col consueto rito, e 7 fran- cesi, come notai a Concistoro e altrove, olfese grandemente il s. collegio, il quale vieppiù si esacerbò quando rinnovò i ri- gori di Gregorio X per evitare la lunghez- za delle sedi vacanti. Gli dispiacque an- cora che invece di stabilirsi in Roma, si portasse a Napoli, ov'era inOueiizato da re Carlo II, per cui i cardinali comincia- rono a mormorare , dicendolo cresciuto e vissuto fra le selve (a Pontificato ho trattato, che non è impedimento la bas- sa origine, e quali Papi ne derivarono), insullìciente a tanto uHìcio. Venuto l'u- mile s. Celestino V in cognizione di sif- fatti lamenti e malcontento, sospirando ed essendo bramosissimo dell'antica quie- te e vita contemplativa, per essere mor- to poc'anzi il cardinal Malabranca pre- cipuo sostegno del suo governo, come lo era stato de'suoì antecessori, si risolse di rinunziare la dignità papale; indi per ri- muovere ogni ambiguità fece di consen- so de'cardinali (|uellacostituzione, di cui feci parola in princi[)io, cioè di potere il Papa abdicare liberamente il pontificato. Adunato il concistoro inCastelnuovo di Napoli da lui abitato (ne parlai nel voi. XLVII, p.i7oei7C), dicendo della s.ila ov'cbbcluogo),u'i31i'yliorji94^u"4"^^'

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la forinola (se ne crede autore il cardi- nal Gaelaiii poi lionifacio Vili) che ri- portai neliu |jiogriiÌja,ed in latino si può leggere in IJernino, dichiarate le ragioni che lo movevano a lasciare il pontifica- lo, solennemente lo rinunziò, non senza pregare i cardinali, che rimosso ogni in- dugio dovessero sostituirgli il nuovo Pa- pa , perchè la lepuhblica cristiana non venisse in qualche pericolo. Questo su- premo atto, e il momento in cui deposti gli ornamenti pontificali con)paive ve- stito d'abito irsuto e arricciato, mosse a molto pianto i cardinali, indi con mode- sto portamento si mise a sedere a' piedi loro. Cotanto iimsitalo rifiuto, dice s. An- tonino in Chroii, par. 3, tit. 20, cap. 8, alcuni lo attribuirono temerariamente a bassezza d'animo, altri all'amore della so- litudine, altri a profonda umiltà. Gior- dani disse nel niss. vaticano n.° i960: E' diede esempio d'huiniUà stupenda a tutti, ma imitabile a pochi. Molti attri- buirono alludere a questa rinunzia i fa- mosi versi di Dante, nel canto 3.° del- l'Inferno: Guardai, e vidi l'ombra di cO' lui ' Che fece per viltade il gran rifiuto. A difesa del sommo poeta, seguirò l'in- gegnoso Comento del celebre p. Lom- bardi, ove mostra di credere, che Dante piuttosto di qualche suo potente concit- tadino volesse fare allusione con que' ver- si. Che Dante non parlasse di s. Celesti- no V, lo dimostra ancora Benvenuto da ìiììola,Conunentar. in Coniaediain Dan- tis circa an. Chr. l'ò'j^ compositis , ut est in Excerptis apud Muratoriuni^An ti- <pdt. Italicar. meda aevi, t. i, p. io38, ove anzi prova, che s. Celestino V fu ve- ramente magnanimo prima del papato, in esso e dopo. La qual sentenza è ab- bracciata dal Vitturellii'rt Addii. ad da- con. t. 2, p. 2 76; dal cardinal Petra, in Commen'ar. ad Const. Apost. l. 3 , p. 329; e dal p. Barcellini abbate de' cele- stini, neir Industrie filologiche , Milano 1 70 1, dove mostra essere molto più pro- babile che Duute parlasse di Diuulcxiuuo,

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della cui rinunzia all' impero parlo a Ro- ma, la quale provò quella del suo collega Massinìiano.Loda ancora l'umiltà di que- sto sunto, e la purità di sua coscienza il ce- lebre poeta Francesco Petrarca, De vita solitaria lib. 2, sect. 3, cap. 18. Ma (|uello ch'è più rilevante, fu che Dio mostrò ap- provare la rirmnzia, operando per inter- cessione di Pietro da Morrone non po- chi miracoli lui vivente e dopo morto j indi venne aì»sai encomiata (|uale esem- pio singolare di virtù , da Clemente V che poco dopo lo canonizzò nel 1 3 1 3. JNello slesso Castelnuovo fatto il concla- ve, a' 24 dicembre 1294 fu eletto Boni- facio Pili (f^.), che accettò non senza ripugnanza e lagrime, come scrisse il car- dinal Egidio Colonna, nel cap. 23 del libro: De renuntiatione Papae ,.cÌìì: sta nella Biblioteca Pontificia di Roccii berti t. 2,p.i. Bonifacio Vili stesso nella let- tera colla quale die parte di sua elezio- ne a Oduardo Ire d'Inghilterra, gli dice: attendentes insuper nostrae siinplicis ini' perfectionisinstantiamexpavimus, ethae- sitavimus veliemcnter, niuiiocjue concus- suni extitit stupore cor nostrum. A que- sto Papa,s. Celestino V predecessore a- veva predetto il papato, e lo stesso restò alquanto in corte per confessare le sue colpe al novello Pontefice, ma poi tedia- to dallo strepito di essa, ritornò nella so- litudine. Se non che Bonifacio Vili, sia per timore che alcuno abusandosi della semplicità di Pietro da Morrone avesse potuto eccitar de' torbidi e degli scismi nella Chiesa, sia perchè non ne abusas- se qualche proprio nemico, o per altra cagione che non è dato conoscere, gli as- segnò per dimora la rocca diFumone e costituì prefetto della medesima e suo custode Marco Tullio Longhi (i cui di- scendenti marchesi, tuttora la posseggo- no, al modo che descrissi nel vul.XXVlf, p. 27 I, avendo parlato del castello anche nel voi. XXXll, p. 260). Quivi il santo di- morò rinchiuso, con eremitico tenor di vita, ea' 1 9 maggio 1 296 vi fiuì saulamcu-

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te i suoi giorni; nairantlosi che in tutto il «11 della beata sua morte, avanti la cella apparve sospesa in aria una Croce risplen- dente, forse per testimoniare all'universo la gloria eterna cui era asceso per la spi- nosa via delia croce, pei patimenti in cui languì dimorandone! carcere della rocca, pel resto rimettendomi alla mia biogra- fia. In quella di Novaes si legge, che Pie- tro d' Ailli, in Vila s. Caelestini lib. 2, cap. I 7, fortemente rimproveraBonifacio Vili, perchè contro il parere de' cardi- nali fece arrestare il sant'uomo, e met- terlo in una disagiata prigione colla guar- dia di 96 soldati, avendo cuore di con- dannare un innocente, il quale poco pri- ma era stato Vicario di Cristo, e padre comune de'principi, de' re e di tutti i fe- deli. Ma un anonimo appresso Papebro- chic, in Propylaeo par. 2 , p. 66, loda per questo Bonifacio Vili, poiché in tal guisa prevenne qualunque scandalo che potesse accadere nella Chiesa, se Celesti- no V fosse stato da alcuni riconosciuto ancora per Papa, ciocché era facile a se- guire, tanto perché Bonifacio Vili si era incominciato a rendere odioso per la for- tezza del suo animo elevato, quanto per- chè molti dubitavano, che il Papa non po- tesse rinunziareal pontificato. Ed in fatti, i cai dinali Jacopo e Pietro Colonna pub- blicarono quel manifesto o libro, riferito da Rinaldi, in addendis ad 1. 15, in cui spacciarono, che Celestino V poteva rinunziare al papato, in vece di lui kolteutrarvi Bonifacio VI li (confutato dai ricordali Gio, Andrea, Paludano, ed E- gidio Colonna), onde si appellarono ad un concilio generale. Cristiano Lupo, in a." proemiali Disserl, de Simon. crini, par. 4i cop. 2, p. 4^><^ (^li sentimento che non fuCclebtino V ili. "annunziare il papato, ma che prima di questo l'avea fatto Gio- vanni Xl.V dello \ X, mosso a ciò da una terribile minaccia che gli fece Benedetto Vili suo fratello defunto, siccome narrai di soprn.

11 b. Uiucdcllo XI dcli3u3,rimanou-

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do quasi attonito e fuori di se, per esse- re stato eletto Papa, come umilissimo e virtuoso, fece molta resistenza in accettar gran dignità; ma finalmente per non lasciar la Chiesa fra le tempeste delle se- dizioni, vinto dalle preghiere de'cardina- li, diede il consenso; e come osserva Ri- naldi a detto anno n.° 4^ > per esse so- lamente, Calholicae ecclesiae re"cndae. praefecUts est, cani prìusresistissel,ac re- pugnassei ne praefìcerelur^ comeW Papa stesso scrisse all' arcivescovo di Milano, presso Rinaldi n.° 48. Onore sempiter- no al cardinal Giovanni Raimondi (/^.) de'conti diComminges, il quale nel 1 334 eletto Papa in Avignone , ove era slata stabilita daClemente Via residenza pon- tificia, colla condizione di non riportarla in Roma, eroicamente rifiutò il pontifi- calo a indegno patto. Nell'altro con- clave d'Avignone nel i362, il cardinal Ugo Roger o Ruggiero fratello del defun- to Clemente VI, per l'elezione d'Urba- no V generosamente ricusò il pontificato, pel quale ebbe 1 5 voli de'2 i cardinali e- lellori; rinunzia che riporta Lenglet, Prin- cipii della storia l. 8. Nel 1.^70 di Gre- gorio XI scrive Sandini, p. 568: Ponùfex conslilulus est miro cardinalinni omnium consensH. ìpse nnus , disentics fnit, ab- nuitque Ponli/icatnni maximum: cum de- munì ideo se professus acci pere y ut vohia- tati divinae obtemperaret. Gregorio XI ebbe la gloria di restituire la residenza papaIeinRoma,ma nell'elezione del suc- cessore Urbano VI insorse il grande sci- sma d'occidente, sostenuto in Avignone dagli Antipapi Clemente Vile Benedet' to XIII (V.),menUe nella cattedra apo- stolica sedettero ancora Bonifacio IX, In- nocenzo VII e Gregorio XII. Innocenzo yil del i4o4fu censuralo, perché essen- dosi in conclave obbligatocon giuramen- to, come fecero gli altri cardinali, di ri- nimziare il papato qualora ciò fosse ne- cessario per dar fine al deplorabile sci- sma, fece poi quanto dissi alla sua biogra- fia. Neil 4^6 ucl conclave per sua mor-

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le, (ulti I cardinali fecero solenne giura- mento, sebbene il precedente non avesse avuto efielto, che chiunque di loro fosse eletto, sarebbe pronto a rinunziare il pon- tificato, qualora ciò potesse servire all'e- stinzione dello scisma e render la pace alla Chiesa, ed eletto Gregorio XII lo ratifi- cò; quindi scrisse all'ostinato e falso Bene- detto XIII e agli anticardinali di sua ub- bidienza, ch'egli era pronto a deporre il pontificato, ogni qualvolta avesse lui fit- to eguale rinunzia , aflìnchè eleggendo- si da ambedue i collegi un sol Pontefi- ce, fosse estinto il perniciosissimo scisma che crudelmente lacerava la Chiesa. Il ca- parbio pseudo Benedetto XIII, cercò di illudere Gegorio XII con fargli credere che si sarebbe recato al bramalo abboc- camento. Avendo Gregorio XII contro i giuramenti creati nuovi cardinali, i vec- chi si ribellarono e nel concilio di Pisa [r.) o conciliabolo elessero Alessandro V, cui successe Giovanni XX 111. In tid guisa, mentre si voleva un solo Papa, ad un tempo se ne trovarono 3, trattando- si ognuno per tale e riconosciuti da par- te de' fedeli. Finalmente si divenne alla celebrazionedel concilio di Co5/rtrtzt/(A^.), ove Giovanni XY/7/(F.) con simulato giuramento promise di rinunziare il pon- tificato, ([uando altrettanto facesseroGre- gorio^Y//(f^.) e Benedetto XIII; ma Gio- vanni XXIII fuggi, fuanestato e depo» sto; Gregorio XII da Riniini[f^.) inviò il procuratore a fare la solenne rinunzia, e poi si ritirò a Recanati (f-), fregiato di quelle dignità , con cui il concilio rime- ritò azione cotanto eroica ed edificante ; ranti|)apa Benedetto XIII pine fu depo- sto e scomunicato, quindi eletto neh 4' 7 Martino /^{/^.). Tutto dillusamente nar- rai a'citati articoli eaglialtri relativi, Mor- to l'antipapa, gli successe il pseudo C/e- mrnte FUI ^P'.), che poi rinunziò e fu fatto vescovo di Majorca. Il conciliabolo di Basilea dipoi neli43g elesse l'antipa- pa Felice F{F.)^ contro EugeniolV,al quale neli447 ^^ dato in successore Ni-.

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colò V, di cui notò lo Spondano , roga- tus,etrecitsans sumniam in terris digni' tatem inivit,e(\ ebbe la gloria di ricevere nel 1 449 1^ rinunzia del pseudo Felice V amatore della pace e dell'unità cattoli- ca, per cui lo creò cardinal decano, eoa alcune insegne pontificie, come si può ve- dere in dettaglio nella biografia. Come nel 1 458 fu eletto Pialle cosa disse, Io riportai nel voi. XV, p. 283 e 284. Nel conclave del i484 il cardinal Marco Bar- bo ricusò il pontificato, che molti cardi- nali gli aveano offerto, onde sostituirono Innocenzo Ylll. Ilsuccessore Alessandro VI i^V.) per rimorsi delle male arti colle quali sali al pontificato, e pei tragici av- venimenti de'suoi figli Borgia (^.), se- riamente pensò a rinunziarlo, e ne scrisse appositamenteaFerdinando Vre di Spa- gna, il quale lo consigliò a maturar me- glio un affuredi tantaconseguenza; laou- desi raffreddòenonfece altro, continuan- do bensì ad arricchire i suoi figli, e fo- mentar r ambizione del famoso Cesare Borgia. Neil 555 fu eletto per adorazio- ne il virtuosissimo Paolo IV ottuagena- rio, che ripugnante preferiva l'esempla- rissimo giovinetto cardinal Nobili : nel suo pontificato, il potentissimo Carlo V abdicò all'impero ed a tutti i regnidi cui era sovrano, con quell'atto strepitoso di cui parlai nel voi. XXXIV, p. i34- Al- tri Papi che virtuosamente furono reni- tenti ad accettare il pontificato, li celebrai alle loro biografie, ed in quelle de' Pon- tefici di cui ho qui parlato riportai altre notizie sulla loro lodevole ripugnanza. Al- l'articolo DiGMT A ECCLESIASTICHE ripro- dussi alcune belle sentenze de'Papi, cir- ca la responsabilità gravissima del pon- tificato, massime di s. Pio V, per dimo- strare il suo stupore, ripugnanza e tre- pidazione. Merita leggersi cosa fece Cle- mente FUI nel 1592, prima di dare il consenso. Neil 655 eletto Alessandro VII, fece orazione prima di risolvere; quindi rammentando la sentenza di s. France- sco di Sales: L'uomo ecclesiasùco nulla

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deve cercare, e nulla rifintare ^ accettò il triregno. NeliGyo venneelevato al pon- tificato Clemente X, il quale mettendo in vista a'sagri elettori l'età sua ottuagena- ria, ed esorlandoli a considerare ch'egli non era in alcun modo abile al governo della Chiesa universale, quindi con erti- caci suppliche e dirotte lagrime resistè nel dare il consenso, finché fu costretto dal parere di accreditati teologi ad ac- cettare la suprema dignità, come narra Guarnacci, fltaePont. t.i, p. 4* Allusi- ve alla sua età furono battutele monete del testone, e doblone col molto: NeproìJ- dai me in tempore senectulisj come pu- re alla renitenza fu allusivo il testone, con l'epigrafe : Satiabor gloriatila, come osserva Bonanni, Numisin. Pont. \.i. Il successore Innocenzo Xf [f^.) ebbe un te- nero contrasto col s. collegio, questo fer- mo neir esaltarlo, ed egli costante a ri- fiutar la dignità, mettendo in vistai suoi demeriti, come rimarcò Muratori , negli zinnali all'anno 1676. Clemente XI del 1700 fu mirabile per la resistenza du- rata 3 giorni in ricusare il pontificato , rimproverando i cardinali di troppa du- rezza, dicendo che nell'ultimo giudizio li avrebbe accusati al tribunale divino, del- l'enorme peso a cui l'aveano sobbarcato, per non essersi piegati alle sue preghie- re. Fu poi coniata una medaglia, rap- presentante Gesù Cristo caduto sotto il peso della croce, con allusione alla sua resistenza in ricusare il pontificato, e al corrispondente peso assunto, coll'epigra- : Factus est Principatas super hnnie- rum rjus. Nondimeno dispiacque a Cle- mente XI, che ilp. Cf\s\n\ predicatore a- postoUco , lodasse pubblicamente la sua gran ripugnanza in dare il consenso pel pontificato. Siccome poi tra'4 teologi che consultò, senza che uno sapesse dell'al- tro, i quali lo minacciarono d'incorrere in colpa gravissima se più n lungo por- tasse la sua resistenza, vi fu il b. Tomma- ti, quando poi creò <picsto cardinale, il quale virtuusamcutc si licusavu, il Papa

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gl'impose d'accettare per precetto d'ub- bidienza, adducendogli le stesse ragioni che in conclave avea a lui esposte per fargli accettare il pontificato. Di ciò feci menzione anche a Porpora, nel riportare il novero diquelli che furono renitenti iu accettarla, oltre le rinunzie e deposizio- ni. Di questa ripugnanza di Clemente Xr, Gomechè degna del maggior elogio , ne fecero menzione, Lamberlini, De canon, ss. lib. 3, n." 8 e 12; Guarnacci t. a, p. 3; Ottieri, Storia cT Europa 1. 1, p. 4^3; Polidori, De geslis Clern. XI, lib, i, p. 46. Ne' voi. V, p. 9, e LV, p- 91, narrai che per un giorno intiero Benedetto XIII fu resistente ad accettare la somma di- gnità, non ostanteche il gesuita cardinal Tolomei principale suo promotore, po- nesse in opera tuttala sua celebre facon- dia per convincerlo con ragioni teologi- che e colla minaccia del pericolo d' uno scisma se fosse invincibile la sua resisten- za; ma propriaenente fu determinalo ad accettare il pontificato, quando portatosi al conclave il p. generale del suo ordine de'/'/'6v//crt/or/, gl'inlioiò il precetto del- l'ubbidienza, come rilevarono Muratori all'annoi 724jOllieri,iS'to/iVz t. 8,p.i26; Guarnacci p. 4' > tutta volta prima di chinare il capo al manifesto voleredi Dio, Benedetto XIII si fece assolvere dal car- dinal penitenziere maggiore , della pro- messa fatta a Dio di non ricevere digni- tà. Noterò, che negli articoli degli ordi- ni religiosi, parlo diquelli i cui individui fauno voto di non cercare accettare veruna dignità, fuori del proprio ordine. Il Pistoiesi nella Storia di Pio TU, 1. 1, p. G4, lodò la renitenza di quel Papa pel pontificalo , e le ragioni che addusse ai cardinali , per rimuoverli dal proponi- mentodi esaltarlo al pontificato(comepoi fece inutilmente Gregorio XVI colla vo- ce e ne fui testimonio, e collo seri Ito che posseggo, come dimostrerò se a Dio pia- cerà che io scriva i fasti del memorabile suo pontificato, avendone gli elementi > c iu luc stesso (juclli della prufutulu ve-

RIN ncrazione e della indelebile gi'atìludine), venendo persuaso dai ragionamenli del cardinal Fabrizio Ruffo, e del prelato poi celebre cardinal Consalvi. Queste asser- zioni vanno modificate, per quanto ripor- tai alla biografia di Pio FU. Ivi inoltre narrai, checaduto in abbattimento quan- do Napoleone lo pregò di coronarlo im- peratore in Parigi , e temendo qualche

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violenza, prima di partire sottoscrisse re- golare abdicazione e rinunzia al pontifi- cato, e per sicurezza ne fece depositario il cardinal Francesco M." Pignallelli [F .). Soleva dire Pio VII : Se pel pontificalo si dovessefarc il noviziato^ certamente po- chi professerebbero!

RIO JANEIRO. F. s. Sebìstiano nel Brasile.

FINE DEL VOLUME "tilNQUANTESlMOSETTlMO.

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Moroni , Gaetano,

1802-1883. Dizionario di erudizione

storico-ecclesiastica AFK-9455 (awsk)

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