^. 1 1 q 0 gSianm^llStlS s ^satsmiBll PER LA SICILIA Tom, XX. Anno FU. (S^mmU ^Mmo < 55?regiatissimo vino del Faro, del quale un utile commercio in- trodusse; a lui la invenzione dei tini di legno cui donò la forma conica in alto, ed entro ai quali ser- bava il mosto colla vinaccia , e dopo nove giorni ne tirava il vino già maturo; a lui fin«dmeule dovessi 27 38 la precauzione di vendemmiare le uve perfettamente mature allorquando i grappoli per la influenza de' rag- •<"i solavi rasciuj^ati fossero dalla rugiada e dalle piog- ge. Saverio Scrofani tutto che lontano dalla sua patria avca sempre, con l'animo alla sua stessa pa- tria diretto, cercato di farla per quel che potea più prosperosa colle sue cogniziorii, ammaestrandola di quello che avrebbe dovuto ella tenere in prezzo. Tra le opere sue, a cotanto commendevole scopo consacrate , è da ricordarsi il suo corso completo di agricoltura che avea cominciato a scrivere allora quando stanziava in Venezia , ed avuta avea da quella repubblica la elezione a soprintendente ge- nerale dell'agricoltura e del commercio degli stati di quella serenissima dominazione col Levante. Il solo primo volume avca di tale opera veduta la luce, e sin dal millesettecento novautadue, spe- ravasi che tutte avesse mostrale le sue conoscenze in fatto di agricoltura; ma certo dorrà a chiunque ha caro il pubblico vantaggio , che Scrofiuii non fosse andato più oltre di quel primo volume, jier- chc fu mandato da quel governo in Levante ailine -di scrivere , dopo di averlo esattamente osservato da presso , lo stato agrario economico e coamier- ciale di quelle venete possessioni. Ed allora nella occasione di dover pubblicare la descrizione della Morea delle sue arti de' costumi dell'agricoltura con le tavole del commercio d'importazione ed espor- tazione , aggiunse due separate memorie sopra la coltura dell' uva passa e del tabacco, le quali usci- rono alla luce in Firenze colle stampe del Pagani nel mille settecento novantacinque. Fisica Ogni utile scienza a queididava mostra voler purgarsi tra noi dei falli, che le menti aveano te- nulo inceppiate , e parca voler divenire più bella mercè delle vantaggiose riforme. Di latto la lisica e la chimica anch'elìe per la parte loro ivano pro- sperando, e se già tempo avanti Io studio loro era più teorico che pratico, se quello delle cose fisiche alle sole e principali esperienze ristrignevasi, che operare soleansi colla macchina elettrica e pneuma- tica, se quello delle cose chimiche, di molto dalla scienza discostandosi, meglio intendeva a comporre bevande farmachi ed antidoti, non piiì trovavansi il dì primo del secolo presente in quello stato ve- ramente abbietto. A ciò avea contribuito la sco- yerta de' palloni aerostatici, perciocché allora quando in questa isola suonò il celebrato nome di Mont- golfier 5 scossi furono i dotti a volerne uguagliare la pruova, ma indarno, e videsi che assuefatti non erano alla pratica, e solo Michele Ercole Branci- forti principe di Pietraperzia potè per naturale in- gegno svolgere il gas idrogeno e dare al popolo Io spettacolo maraviglioso della elevazione de' palloni. Conosciutosi pertanto il difetto della fisica tra noi era stato chiamato da Napoli il padre Eliseo della Concezione, dia colla copia degli strumenti e delle macchine che seco condusse, mise vaghezza nell'a- nimo degli studiosi di sottoporre ogni cosa ad espe- rimento. In conseguenza di questo piii gran numero di coltivatori, che pria non era stato, corse alle scuole che quella scienza insegnavano, i ritrovamenti dello ingegno de' fisici più prestanti di quella età vennero generalmente sottoposti alla conoscenza di ciaschedu- no; ma non aveva ancora veduto Sicilia comparire alla luce opere sull'assunto che avessero potuto ono- rare il nome siciliano. Lo slesso padre Eliseo che fu di vantaggio allo avanzamento scientifico in questa isola jìer la pratica, non riuscì dell' istessa guisa pei suoi elementi di fisica, che privi di metodo, e di falsi principi riboccanti, presto caddero nell'obblio. Senza molto onore erano slati altresì gli elementi 4 39 3o del Zappala, i quali tutto che di ordine tnanclie-^ voli, pure lo slato presentavano ia cui pervenuta era la fisica di quel tempo. Al comparire però della prima luce di questo secolo compiva il set- timo lustro dell' età sua, e da qualche anno sedea, sulla cattedra della università degli studi di Pa- lermo a far le veci del professore di fisica, Do- menico Scinà, e bello era allora ai buoni il poter concepire speranze sulle qualità egregie dello inge- gno suo, a vederlo com' era innamorato fervida- mente della scienza, tutto internarvisi investigando i. più ascosi misteri della natura, e cercando di pe- netrare fin dove umana forza può giungere. Ma certo non tutto poteva antivedersi qual sommo van- taggio portar doveva allo insegnamento della sici- liana gioventiì lo Scinà, che con la sublimità della mente varie discipline comprese , e in tutte ebbe il plauso dell' Europa, più singolarmente donando alle cose della fisica ed esattezza ed ordine e ])re- cisione; e noi che ora dolorosi lo piangiamo sic- come il massimo letterato siciliano che abbiam per- duto neir età nostra, con maraviglia rimembriamo il merito del chiarissimo trapassato. Chimi- A maggiore altezza che la fisica era allora per- venuta la chimica; e più , e prestanti ingegni vi attendevano con solerzia, cercando di propagare per tutte le siciliane città le utili e conosciute espe- rienze, ed altre studiandosi di portarne nuovamente alla luce. La dottrina del flogisto già tempo avanti con calore da' nostri chimici sostenuta, e più s|)e- zialmente allo esempio del Cra-wford, era caduta del tutto; posciachè per la prima volta Giovanni Meli tolse ad ammaestrare la gioventù palermitana alla chimica del Lavoisier. A lui per altro lato siam debitori della conoscenza allora diflùsa delle mi- gliori opinioni de' dotti francesi , perchè essendo stato proposto allo insegoaménto di tale scienza nella università di Palermo de' più eccellenti libri cercò fornirsi, ed alla Francia appositamente richie- seli. A compagno per la pratica de' processi chi- mici ebbe per ventura Stefano Clùarelli, dal quale molto oppoitunamente fu aiutato il Meli, e fu Sicilia in molte utili cose ammaestrata, siccome intorno ai modi di trarre dalle bacche dello spino cervino i colo- ri giallo verde e violelto,a far valere la terra di Bron- tè per le vetrerie e pei saponi, a trarre dai nostri fun- ghi il blu prussiano, a conoscere in somma quali conchiglie nei nostri mari fossero atte a sommini- strare un color porporino da stare a fronte a quello degli antichi. Per opera di Giuseppe La Pira prò-, fessore nella università di Catania, e autore di un discorso sulle arie artificiali, si erano cominciate ad apprendere sulla fine del passalo secolo tra noi le belle teorie dei gas, che erano di fondamento alla nuova chimica, e queste colle esperienze del Prie- steley. Gaetano La Pira di costui figliuolo, e bene dalla dottrina del padre a quella scienza educato, dalla Sicilia avea trasportato , e primo fatto co- noscere in Napoli la novella dottrina pneumatica, essendo stato chiamato a legger chimica in quella città, ove jjoscia in guiderdone alsuo merito fu ad- detto alla reale e generale amministrazione dei nitri e della polvere. Vantava allora Catania un sapiente chimico, Giuseppe Mirone , che nella sua stessa città natale avea molto egregiamente operato per- chè le cose chimiche in miglior guisa si fossero in- segnate. Valevasi egli prima per lo insegnamento degli elementi di chimica e di farmacia dello Sco- poli, che con sue annotazioni e con le tavole del Bergman avea in due volumi pubblicati. Ma to- stochè si avvide che non bene erano acconci que- gli elementi a fare apprendere la chimica filosofica 3i Cina 3a tolse a spiegare la filosofia chimica o verità fon- damentali della chimica moderna del Fourcroy, che in due altri volumi mise in istampa con aggiunte ed illustrazioni. Medi- Q[j^ diremo però noi della medicina , di quel- r arte salutare, che riggettando gli astratti e spe- colalivi sistemi, intender dovrebbe alla più esatta e profonda conoscenza delle cagioni che perturba- no io slato di sanità, degli effetti che sulla mac- china animale producono, e de' più sicuri e più pronti mezzi alfine di allontanare lo stato di mal- sanìa ? Ricordava Sicilia le glorie che per tal ra- gione avea colto per opera di prestanti ingegni o nelle vetuste o nelle meno rimote età, e i nomi diErodico, e di Acrone e di Empedocle di Agrigen- to, di Filistione Siculo, di Filonide di Cataniaj di Eraclide, e di un Alcadino, e di un Alaimo, e di un Ingrassia, e di un Galeano, iva con piacere ri- membrando. Ma nel tempo di che io ragiono era ella ben paga dello stato cui era pervenuta la me- dicina e dei suoi preclari maestri a buon dritto gloriavasi. Già si era rotta quella barbara invec- chiata costumanza per la quale non più si vedeano in questa isola comparire alla luce le osservazioni, che i nostri medici ivano nella cotidiana pratica notando. Si erano anzi veduti già pubblicati molti tra discorsi e trattati che una o un' altra parte im- portante di medicina riguardavano, e si era con ciò venuto a conoscere, quanto utile riesca allo avan- zamento della scienza lo scambio dell' esperienze, e de' pensamenti degli studiosi. I nostri medici stavano allora rivolti a tutto ciò che in Italia e fuori produceasi, amavano instruirsi nelle moder- ne opinioni, ma non tutte ne sì tosto accoglievanle, perchè pria di seguitare le orme altrui voleano e giustamente persuadersi se quel sentiero racrilava 33 di essere battuto. Tenevano sempre alle mani e pro- fondamente studiavano le opere de' più celebrati antichi, siccome quelle che sono fonte di soda sa- pienza, e servir possono di norma nel discernere r utile o il dannoso delle moderne scritture. Ippo- crate, Galeno, Sjdhenam, Stoll erano i principali maestri che allora studia vansi, e come saldo pro- pugnacolo della scienza opponevansi contro le spe- ciose, e stolte innovazioni dei moderni. Per ingegno per amore allo studio e per profon- dità di sapere alzavansi tra tutti i medici siciliani i due Scuderi, Francesco, ed il di lui nipote Rosario, i cui nomi sono di così alta celebrità, che il far qui di essi soli onorata ricordanza, Jjasterebbe senz' altro a sostenere il decoro della medicina siciliana di quel- la età. Era venuto in fama Francesco Scuderi per l'o- pera sul vainolo pubblicata nel mille settecento ot- tantaiiove, in due volumi in Napoli, ove trattando della origine e cagione del vaiuolo, e de' morbi con- tagiosi, era di parere che il vaiuolo nato nell'Etiopia fu da quella regione con altri mali contagiosi intro- dotto in Europa, e che proccurando di spegner l'uno con buoni j)rovvedimenti, gli altri poteano parimente appoco appoco estirparsi. Questa opera gli concitò contro la nimistà di Michele Sarcone napolitano che apponevagli nota di plagio, e l'invidia di Santoro Pa- pa medico non volgare da Modica, che levossi a com- battere le sue opinioni, dicendo: potersi curare il va- iuolo e non estinguere: dalle accuse de' quali seppe lo Scuderi maestrevolmente difendersi. Ad onore dell'autore diremo che a quella opera, subito che fu pubblicata, tributarono laudi i giornali d'Italia e d' altronde, e fecer plauso i principi di Spagna, e di Prussia, cui fu mandala in dono; e che ad esem- pio suo il Gii in un discorso messo a slampa in Ispagna veniva de' mezzi ragionando di estirpare 34 il vaiuolo, e Haygarth manifestato avea il suo sen- timento per iscacciarlo dalla Gran Brettagna. Fran- cesco Scuderi medico filosofo con sommo vantag- gio insegnando quella scienza in Catania , tì più presto ponendo 1' animo alla lettura dei libri, che alla pratica, faceva concepire speranza che si avesse potuto avere qualche altra opera frutto della sua mente. Diflatto parecchi anni appresso cioè nel mil- Jeottoccnloquindici Scuderi gli elementi pubblicava fisiologici e patologici secondo i principi d' Ippo- crale, di cui non avea mai intralasciato lo studio. Ei dalla cattedra di Catania oppugnava il sistema di BroAvn, che, come in Italia da Rasori e da altri, era stato da taluni siciliani sul finire del passato se- colo nell'isola nostra diffuso, e seguitato con calore per r appariscente splendidezza e semplicità dei principi e dell' ordinamento loro. Ma se lode deesi perciò a Francesco Scuderi , più alta è da laigirsi al di costui nipote Rosario Scu- deri che in giovanile età di anni ventisette tanta per- spicacia ed ingegno appalesalo avea neli' esporre il browniano sistema, e tanto frutto ne trasse che mo- stratine gli errori e la debolezza avealo to>to fatto- cadere in discredilo. Il Cattaneo però contrastando le sue dottrine, e ponendolo accanto al Vacca famoso medico pisano, che avea scritto contro il sistema di Brown, e il Riccobelli con lusinghevoli lodi ade- scandolo, si adoperavano a farlo compagno loro in quella dottrina. Rosario Scuderi slette fermo, e il suo nome chiaro suonava per le opere non solo che a tal' uojio scriver dovette, ma più specialmente per la sua Introduzione alla storia della medicina nel millesettecento uovanlaqualtro j)ubblicala in IVapoli, la (|uale come in un quadro* presenta i diversi sistemi, e con tanto ordine con tanta copia di sapere e con tanto discernimento li esamina , 35 che come classica opera è stata clai più dotti uo- mini della penisola e della Francia commendata, e in più lingue tradotta. E per dir più particolar- mente lodolla il Ga)lini,il Tommasini; e Pietro Mo- scati invitavalo a tiasferirsi in Italia. Non ristava intanto lo Scuderi dalla meditazione, e già iva per la mente rivolgendo un sistema di medicina teorica, ordinato secondo i principii del metodo analitico di cui poscia pubblicò il programma: ma questa opera che presentar dovea un sistema di tisiologia di pato- logia di materia medica e di terapeutica, bene ordi- nato, per danno della scienza non vide la luce. Bernardo Serio. Proposizioni cliniche e patologiche '^ul Cholera \asia' ■ tico, (i). • ' Divideremo in due parti le seguenti proposizioni: la. prima si darà nel presente fascicolo; seguirà nell'al- tro la seconda. Proposizione I. Un'uragano pestilenziale surto sulle sponde del Gange, percorrendo l'intiero globo, è già venuto fra noi, recan- doci desolazione e morte. Esso ài pari della peste, del (i) In ciascun' fhrto dell'umano sapere è stato sempre necessario stabilite elementi generali ck-dotti dalle ]iiù attente investigazioni sulle principali, ve- rità. Non v'ha parte di patologia, ove le opinioni de' mcflici siano si intl- nitamentc svariate, clic la scienza Atti eh ohm asiatico. Utile quindi rende- .vasi offrire una liillg'eote disamina di tuttopiò cHc. sull'' assunto si è dotto, scevre quelle vciità clic dalla indagata naiura del male sembrano emanare, e presentare in un breve prospetto i principii generali che la conoscenza rj- sguai'dano del medesimo. Ciò per quanto mi è .stato possibile ho 'Cercato (^ fare in queste proposizioni coli' aggiunta di alcune psservazioaii com^ il Pr, Pandolfini Jo' La fallo rfoprtlo alla vaccina. >-j'i-,. .•^''. 36 vajuolo, della sifìiiile è sommamente contagioso: i falli il comprovano, e l'autorità di medici ingenui e valorosi il contesta. Basta scorrere la storia de' progressi di que- sto flagello per convincersi , eh' è stato mai sempre il commercio quel mezzo, che lo ha alle varie nazioni co- municato. Fu la malignila degli uomini, che per mezzo del conlrobando l'introdusse nella nostra isola, e furono le comunicazioni colla penisola italiana infetta, che la no- stra patiia privarono della piìi bella parte de' suoi abi- tatori. E più ingenuo confessare la verità del contagio, che ricorrere ad influenze cosmiche, telluriche, magne* tiche, e coniar voci di simil fatta, che nulla esprimono. Prop. II. Il cholera-morbus assale ogni sesso , ogni età , ogni condizione; ma con particolarità la gente sudicia, mal- sana, che abita in luoghi umidi, e non ventilati, che nulresi di cibi cattivi, e che s'abbandona alle gozzoviglie, agli eccessi di Venere, e ad ogni sorta d'intemperawza. Più d'ogni altro fa d'uopo di quella ignota disposizione che fa sovente cadere al suolo l'uom forte, e rispetta il ■valetudinario. Adunque di leggieri scorgesi che la puli- tezza nelle vestimenta, la fuga dell'umidità, del freddo, del calore eccessivo, e delle passioni depriuìenti, la re- gola del vitto, la scelta di cibi sani e fàcili alla dige- stione, la moderazione nelle fatiche, la continenza sono condizioni, che lontana tengono la così detta opportunitas. Il coraggio è il principale mezzo profilattico che neutra rende la potenza del virus coleroso. Ciò fa nolo il per- chè in una famiglia alcuni sono dal morbo assaliti e al- tri rispettati, e generalmente molti presi dal contagio e pochi esenti. Prop. III. Vari sono i gradi che a seconda .dell'individuale dis- posizione e della resistenza degli organi oflie il cholera^ e se ne possono distinguere quattro principali , i". la semplice diarrea, 2*. la cholerina^ 3°. il cholera grave, 4". il cholera fulminante. 37 Prop.lK E stato un fatto generale nelle città colte dal male, che la massima parte degli abitanti ha sofierto disturbi intestinali, lassezze spontanee, e profluvio alvino per lo spazio di giorni indeterminati. In molti si è veduto il carattere del fluido coleroso simile a decozione di riso. Tali diarree non procedono dallo spavento, come taluni supposero; ma sono diperjdenti dall'infezione generale, che ovunque circola ; perocché non appaiono in simili assalti di altro male contagioso , e ne' disastri delle guerre che non meno spav.entano i popoli. Prop. r. Un grado maggiore del precedente consiste in diarrea colliquativa, borborigmi, vomito, o vomifurazione, su- dori spontanei, lassezze, inquietudine, sete, lievi doglie intestinali, leggieri crampi, raffreddamento dell'eslremitìi, svenimenti. A tale slato dassi il nome diminuiti vo di cholerina^ che suole per l'ordinario precedere il cholera grave. Prop. FI. Del cholera grave i sintomi sono vertigini, svenimenti, sudori freddi al fronte, fisonomia avvilita, occhi incavali colla congiuntiva injettata, ch'esprimono un non so che di particolare , faccia triiangolare , respirazione laboriosa , polsi piccioli irregolari e quasi insensibili, palpitazione di cuore, sete inestinguibile, senso di calore interno, vo- mito e diarrea di materie dapprima biliose, poscia bianco- sierose somiglievoli alla decozione di riso, in cui natauo fiocchi albuminosi, di odore specifico "simile a quello del joduro di potassa, atroce cardialgia, e tal fiata un dolore morsicante che proj)agasi per tutto l'addome, sospensione di urina e paralisi della vescica ;raffiedda mento delle mem- bra toraciche e addominali, cianosi intorno alle orbite, alle labbra, alle mani e ai piedi, e che spesso si estende irregolarmente per tutto il corpo, unghie delle mani li- vide j crampi dolorosissimi in vari muscoli del corpo , 38 oppressione, angosce. Indi cecità, minoranza di udito, senza perdila d'intelligenza, voce spenta, raffreddaménto universale, colìapsus^ morte fra lo spazio di poclii giorni'. Presso alcuni mancano i crampi, le doglie, il vomito, le macchie turchine , e dopo poche scariche alvine fra; l'avvilimento e il treno de' più terribili sintomi perdono essi l'esistenza. Prop. FU. I succitati sintomi sopravvenuti all' improvviso, o do- po qualche profluvio, conducendo alla morte gl'indivi- dui fra pochissime ore, costituiscono il cholera fulmi- nante. Prop. VJII. ■■ ■ . .m;^ V. i Avvi un'altra forma morbosa ài cholerina e-àv cHo^ /er«, da me osservata, la quale oltre a' vari de' men- tovati fenomeni offic un vomito convulsivo continuo eoa senso di fiamma alla regione epigastrica, e d' un globo quasi istorico che dal ventricolo salisce alla.- gola , còit desiderio di bevande acide. Suole attaccare tuttadue . i sessi, e r età tutte, ma a preferenza le donne. -'•;■• _ • Prop. IX. ••.■■; ' 'li fluido singolare alle volle nianca , e viene invece sostituito da fecce nere, o biliose, o sanguinose. Prop. X. ' Il'principale fenomeno patognomdnico, che il cholera indiano distingue dallo sporadico, e la cianosi. Ove ia un soggetto trovinsi legati insieme cianosi e raffiedda- mento del corpo, si può, al dire dai Paccinotti, eon- chiudere l' esistenza del morbo esotico. Ben si avverte però che le sole unghie livide non sono sufficienti a pa- lesarlo, poiché lo sporadico, e le febbri peruiciose cho- leriche Io mostrano ancora. i ^- ' Prop. XI. ' Coloro che non toccano 1' universale algidismo, pos- sono passare allo stadio detto di reazione., il quale noii suole essere mcn funesto. In generale tre periodi pos* 39 sia in noverare nel cholera grave, invasione^ algidismo^ reàzioìie. Prop. XIL Un leggiero rossore delle guance, 1' elevazione del polso la cessazione del rafTreddaniento , lo scomparire della cianosi, la. cefalalgia sono gli ordinari sintomi , che il terzo periodo annunziano. Da quel che mi fu dato di osservare, posso conchiudere, che allora giusta le cir- costanze individuali sogliono per lo più venir fuori la febbre tifoide, e di rado la febbre infiammatoria. Romae scribo^ et in aere romano. La cefalalgia, la tifomania , il coma, la difficoltà del respiro, 1' anoressia, il meteo- rismo non sono in questo caso un effetto di processo flogistico, siccome comunemente opinasi, ma più presto annunziano 1' esistenza di congestioni passive dovute al- l'alterala crasi del sangue, alla sofferenza del sistema nervoso, alla debolezza degli organi , e collettivamente considerati esprimono quello slato morboso che tifo ap- pellasi e che guari s' appressa alla peste. Presso alcuni ih cui il sangue già denso avea formato ingorgamenti in alcune parti del corpo, ivi nel periodo di reazione si stabiliscono protessi gàngrenosi dovuti alla stase dei fluidi e all'atonia de' tessuti vascolari, che sono le con- dizioni principali per la formazione della gangrena. Pres- so altri si manifestano vere infiammazioni, come ence- falitiili, pleuro-pneumonie, enteritidi; ma quanto non so- no rari questi casi in confronto di que' di lebbre tifoide, simile alla peste, che viccideva una gran parte di quegli esseri sciagurati? Il corso del tifo è vario, ora compie i suoi stadi fra lo spazio di quindici e di venti giorni, ora fra due solamente mena la vittima al sepolcro, oiti in coloro che sopravvivono estendési sino al termine di- giorni vent' uno e anche più. Prop. XIII. Durante 1' invasione cholerica veggonsi fallaci rim- balzi di azione vitale, che a' men cauti sembrano segni 4o di vera e costante reazione, e che dopo pochissimo tem- po vengono dall' algidismo seguiti. Per lo che il Puc- cinotti affermar volle, che il periodo di reazione non esiste nel parosismo, non essendo die passeggieri i feno- meni che l'annunziano. Ma non sono piuttosto, a dir vero, un' effetto di azione organica , che non potendo lungamente sostenersi per la debolezza de' tessuti, can- giasi bentosto in un profondo collapsus? Ho guarito una donna di età avanzata, la quale malgrado le assidue cure che le si prestassero, per ben cinque volte offrì questi risalti di reazione organica seguili poi per due fiale dalla cianosi e dal raffieddaraento dell' estremità , e per tre da questo solamente. Una monaca mia parente dopo uà cholera grave venne colla da sintomi di grave encefa- litide, delirava, balzava dal letto, volle affacciarsi alla finestra per respirare 1' aria libera, da alcuni medici in- sistevasi sopra il salasso generoso; ma io considerando il lenor suo di vivere, la sua età, le infermità prece- dute, e varie circostanze individuali, mi limitai alla pre- scrizione di un bagno lepido , delle scarificazioni alle spalle, e delle migualte alle terapia. Or se tale infer- ma sottoposta solo a siffatti semplicissimi rimedi, dopo ore quasi diciotlo di reazione, precipitossi nell' algidi- smo universale con maccliie cianoticlie , sarebbe stala forse salvata dal salasso? Prop. xir. Non sempre il morbo spiegasi colla stessa serie dei sintomi descritti: però off\e non poche varietà, giusta le mille condizioni organiche e igieniche de' soggetti, quali mostrano soltanto estremità fredde, polsi impercettibili, moto e sensi aboliti; quali cefalalgia , sete , raffredda- mento parziale, febbre dopo pochi giorni. Talora il male consiste in un algidismo generale con fisonomia altierala e paralisi delle menjbra; e tal fiala unitamente agli or- dinari sintomi apparisce un tetano universale. Ho pure osservato un' acuta febbre infiammatoria dopo uno o due 4« colpi di vomito. Esso, avvenuto senza vonaito e diarrea, dicesi cholera secco, quasi sempre mortale. Tali va- rietà mi fu dato di osservare nell' invasione di Cam- marata, mia patria. Prop. xr. Riguardo al pronostico , la cholerina generalmente uon suole essere fatale; ma qualche volta 1' ho veduto seguita da grave febbre imfiammatoria , che il malato conduceva alla tomba. Il cholera fulminante è sempre funesto, e sovente lo è il grave; in questo, quanto meno è r inquietudine, la cianosi, il rafTreddamenlo, quanto più naturale è la voce, tanlo meglio avvi speranza di guarigione. Però se l'angoscia opprime, la cianosi e il ratFredda mento occupano gì' interi arti, e sinanche por- zione del tronco, 1' alito è freddo, la voce è spenta, po- ca speranza rimane ali* infermo di sopravvivere, ma deb- ile attender suo fine o nell' algiclismo o in una gravis- sima febbre tifoide. La sola afonia completa può deci- dere, a mio avviso, dell' indubitata morte. Il pronosti- co della reazione è relativo a quello delle infermità , che durante la slessa possonsi sviluppare. In generale però quanto più profondo è il coma , maggiore la dif- ficoltà del respiro, più manifesto il meteorismo, che sono i fenomeni i più ordinari in così fatto periodo, più certa rendesi la sicurezza della morte. Prop. Xf^I. Il cholera può assalire più volte lo stesso individuo e la medesima Città, siccome dai fatti è palese. Prop. XFIl. E slata operazione costante che ne' paesi meridio- nali il male ha cagionalo stragi assai maggiori di quelle avvenute nelle regioni del nord; anzi in quelli ha avuto durala minore, avendo in pochissimi giorni immolato immense vittime. che avrebbe al più per un lungo trailo di temqo ucciso nelle gelide piagge del settentrione. 4^ Prop. XVIII. Molto si è disputato sulla natura del morbo, ma si è ancora ben lungi di averla pienamente investigala: tanto è vero, come s' avvisa il Condillac^ che molle cose non si dicono che quando non si ])arle da falsi principi. L' ipotesi dell' illustre Boniva (i) abbracciala da molti bravi siciliaiii(2), e da me precedentemente accennata (3), sembra idonea a porgere la retta spiegazione de' feno- meni morbosi, volendo conoscere qual Ibsse la sede e la natura del cholera asiatico, possiamo pervenirvi ragio- nando a priori^ e tutto applicando alla forma, all'an- damento, e alla terapia del male. Esso sembra attac- care primitivamente il sistema nervoso, e in ispecial modo il sistema de' gangli, e quel luogo della midolla allungata, onde ha origine il nervo ])neumagastrico, che le sue ramificazioni distribuisce al laringe, al faringe, al polmone, al cuore, e allo stomaco. E legge fisiolo- gica, che per avvenire in modo regolare le funzioni dei princij)ali organi, è mestieri 1' attività di quelle rami- ficazioni nervose, che da' gangli e dall' encefalo parten- do, vanno a condurvi la loro influenza, e ne sono con- dizione essenziale per 1' esercizio de' loro atti vitali. Prop. X/X Tagliando o legando i nervi ricorrenti e i laringei che dal pneunia- gastrico procedono, si osserva la perdila to- tale della voce, come gli sperimenti del 3Jagendie ne fan fede. Ciò avviene pel manco della potenza nervosa necessaria ai moli del laringe; e il clangor cholericus sembra procedere dalla medesima origine. Prop. XX. Il nervo pneumagastiico suoi rami rende all' esofago e al faringe. In parecchie paralisi vicn meno la deglu- (i) Trattato delle varie specie del cholera. (2) Aedi Al^cri-Fogliaiii — Trattato conij'lcto sul cholera. Parlatore: Trat- tato sul rìmlerii di P;i'cj-mo. (0 ^- IJjeniev.di Ciciliane n. ^S. tizione per la cessata attività nervosa; parimenti sup- ponghiamo diella disfapfia che accompagna il cholera. Prop. XXI. Dalle osservazioni di Dumas^ di Wilson PJiilìpp^ di Magendiè-, e di altri, risulta l'importanza del nervo va- go ossia pneuma-gastrico nell' esercizio della respirazio- ne. La scienza anotomica dimostra, che parecchi rami di esso vanno a distribuirsi al plesso polmonare, e al- tri pure ne partono per riunirsi al plesso cardiaco. Or dagli esperimenti del valoroso barone Dupiiytren è chia- ro sospendersi 1' emalosi per lo tagliamento di siflàlti nervi; e da quei del Majer instiluiti colla legatura ap- pare, il coagulamento del sangue in tutto l'apparecchio circolatorio. Con ciò di leggieri spiegasi che sospesa l'in- norvazione sul polmone e sul cuore per la soflerenza del cennato nervo, manca ne' cJiolerici in trasformazione del sangue venoso in arterioso , si rallenta la circolazione, il polso si fa languido e quasi insensibile, il sangue non ossidato si addensa, la cianosi successivamente s' afìac- cia, e va ad estinguersi la calpricilà, che in gran parte dipende dalla respirazione, della circolazione, e dalla in- novazione. Si formano quindi congcsiioni ne' visceri i più essenziali alla vita, le quali dan luogo a quel bru- ciore interno che soflrono gì' inlernu. Da ciò quelle mac- chie livide o quelle specie di ecchimosi che moslransi nella membrana mucosa del tubo gastro-enterico, le quali non possono unquamai procedere da infiammazione pie- cedenfe; perocché manca, a dir vero, il tempo necessa- rio per costituirsi un tal protesso patologico e degene- rare in gangrena, e non osservasi quella scomposizione di tessuto alla flogosi dovuta, siccome risulta dalle bel- le esperienze del Magendiè^ il quale injetlando l'acqua tepida nelle arterie mesenteriche vide quelle ma. ole vio- lacee scomparire. Mal si avvisò dunque /' Of/rtwV/nf nel supporre una rapidissima infiammazione pronta a ridursi ia cangrena. Ai Prop. XXII, Il vomito par che ne venga dalla medesima fonte. // J^nhaha tagliando il vago, che al ventricolo rende- isi, osservo vomito e pervertimento di digestione. Brch- - ugthoii vellicandolo soltanto mosse ne' cani il vomito. Pari risullarnenti dalla legatura dell' ottavo pajo ebbe- ro e Legallois^ e Dupiif^ e Breschet. Grande è l'in- flncnza dell' encefalo nella produzione di un tal feno- meno: coloro che non assuefatti viaggiano in calesse, che salgono sili elevatissimi, che si abbandonano a una procel- losa navigazione vengono colti da vertigine e quindi da Vomito. La semplice nausea, che ha sede nel cervello è stata bene spesso alta a produrlo per li pervertiti moti allo stomaco comunicati dal preuma-gastrico; ed os- servazioni patologiche e chirurgiche mostrano che lo se- gue ordinariamente le ferite del capo, l'apoplessia, l'en- cefalilide. Coloro che hanno la sventura di venir tocchi dal contagio cholerico vengono dapprima a soffrire ca- pogiri, nausea, e poscia vomito. Prop. XXIII. Il Brodie ha reso palese l' influenza dell' ottavo paio sopra la secrezione de' follicoli mucosi dello stomaco. Alterata la vitalità del sppradetto nervo, ne segue nel cholera il pervertimento della secrezione ceunata, e quel fluido somiglievole alla decozione di riso. * Prop. xxir. Il sistema de' gangli soccorre il tubo digerente Del- l' esercizio di sue funzioni. Il plesso solcare sembra no- tabilmente offeso nella innervazione delle parti , cui si distribuisce. Privati gì' intestini di sua normale vitalità, gli umori v' affluiscono in gran copia: le glandole moc- ciose lasciano uscir via, quasi meccanicamente quel sie- roso fluido, e dan luogo a un profluvio atonico. La gra- nulazione miliare da alcuni scoperta nella membrana in- testinale interna, attribuita a flogosi, è piuttosto un' in- grossamento delle glandolo linfatiche o de' follicoli mii- 45 tosi forse procedente da quell'afflusso e da quel lavoro sofferto nel passaggio degli umori. Le diligenti ricerche del Czennart istituite con microscopio per dilicate inie- zioni palesano ad evidenza la prima opinione, e varie osservazioni di medici francesi comprovano la seconda. Esaminate tali granulazioni, non si ritrova il menomo indizio di vera infiammazione nel fondo su cui esistono, e mirate col microscopio solare da valenti osservatori {Ballf Panvini) ^\on. hanno offerto niuna alterazione di tessitura. Prop, xxr. Le acerbe doglie intestinali che tormentano i miseri cholerici impropriamente giudicate sintomi di grave flo- gosi sono più presto gastro-enteralgie, aventi lor sede ne' nervi addominali, e dipendenti da pervertita sensi- bilità, come avviene nelle coliche delle donne isteriche e delle gravide immediatamente dopo il concepimento, e nella colica de' pittori. Non sempre il dolore è sin- tomo di azione flogistica, è sovente 1' espressione di una particolare sofferenza del sistema nervoso, come in va- rie specie di nevralgie. Prop. XXVL La sete, quell' interna sensazione potentissima che an- nunzia il bisogno de' fluidi , ha sua sede nel nervoso sistema. Vero è che tal fiata accompagna le irritazioni interne, ma non in tutti i casi è delle medesime un se- gno, siccome prelendesi dal Rostan. Noi la osserviamo in alcune infermità che irritazione generalmente non sono nel diabete, in molte specie d' idropisie, che tutt' altro metodo richieggono, anziché l'antiflogistico. Nel cholera la sete esprime il coagulamento del sangue e il bisogno de' fluidi, ed è un fenomeno puramente nervoso. Prop. XXVII. E chiaro adunque che il cholera ha sua sede prin- cipale nel sistema de' nervi, e precipuamente in quel luogo della midolla allungata, onde ha origine l'ottavo • 5 4<3 paio, e nel plesso solcare. Propriamente avvi una para- lisi di queste parti, e non poche sezioni vi hanno sve- late notabili elterazioni. Prop. XXFIIL Coloro che nel cholera ravvisano uno stato infiam- rnatorio mancano di mezzi onde comprovarlo là dove il progredimento de' sintomi riceve facile spiegazione nell'ipotesi per noi sostenuta. Prop. XXIX. La soppressione della bile e dell' urina e. un fatto se- condario. Le leggi fisiologiche mostrano, che varie fun- zioni corrispondonsi in gran parte in ragione reciproca: divenuta la mucosa intestinale centro principale di flus- sione, uopo è che i reni e il fegato sospendano le loro funzioni, per la legge di sinergia organica. Prop. XXX. Il terrore, le malattie precedenti, l'atonia del tubo digestivo, e altre circostanze particolari sviluppano nella maggior parte de' cliolerici una buona quantità di vermi, i quali sono piuttosto una complicazione , anziché ca- gion principale del malore; percioccliè non rendono s[)ie- gazione di tutto l' apparato morboso,, e le autopsie ca- davericlie non gli haa fatto rinvenire in tutti gl'individui. Da ciò rilevasi quanto s' ingannino a partito il Sem- mola e non pochi medici napolitani nel sostenere, clie una cacochimia verminosa intestinale sia nel cholera la sorgente di ogni disturbo morboso. Dr. Luigi Castellana. Sopra alcuni dipinti esistenti in varie chiese di Lipari. I perfetti giudizi son si rari — Petrarca. Di Giovanni Biirbera da Eavccllona in Sicilia, e di un suo dipinto già parlai; ma debbo qui ancora ricordarlo, 47 altro essendoccene di non minor valore di quello clie de- scrissi (i). Nella chiesa dedicata alla Immacolata Goncezioii di Maria, una tela osservai lunga 3 palmi per 2 e mezzo raffigurante il martirio di S. Bartolomeo, situata sull'uscio di quella sagrestia. Tuttoché essa non presenti il nome del pittore , pure il colorito , il disegno , ed il difetto notabile nella estremità dei figurati mi fanno concludere senza tema di errare esser lo stesso pennello, e l'autore lo stesso. Il quadro è composto di 5 personaggi, il pri- mo che interessa lo spettatore è l'Apostolo strettameute legato ad un tronco , vicino quasi a spirare lo estremo anelito di vita ; e qui l' artista volle tutti significare i moti, che sul viso si affacciano di colui , che soffre le agonie della morte; moti che ci presentano sempre quel- l'armonia, che suol regnare nelle dipinture del Barbera; e con tutto ciò addimostra il Santo quella indifferenza nei tormenti , che suole il sentimento della Religione solamente ispirare. — Truci e fieri vi si appresentano tre carnefici, e l'orribile aspetto di colui, che con infaticabil mano sta crudelmente il martire scorticando , desta orrore spavento e dispetto. Essi insieme con varietà nella positura, e con diverse gradazioni di affetto, nel volto dipinte, appalesano la durezza del core, la ferocia , la ostinazione, e l'empia gioia di tormentare la innocenza. Ma cessano di un colpo tali tristi afletti, lorchè alzato lo sguardo , vedesi sulla testa di Bartolomeo vago un puttino, che raggiante di luce, e pieno di quella propor- zione, di cui mancano tutte le figure, e primamente il protagonista nella bassa parte del corpo, viene a coronai-e il S. Martire. Aliala destra di quel tempio vedesi un'altra tela lunga palmi 8 per 5, raffigurante S. Giovaimi Ne- pomuceno; opera del valente Ciccio Solimena, come ne fan fede la maestà di quei panneggiamenti, la gagliardia e naturalezza delcolorito,la grazia e il vezzo di quei volti, (1) Vedi il N. 14 del Muurolico di Messina al i.Scinesfre. 48 caratteristiche che il destinsero sempre. Il Santo è ve- stito con cotta e mozzetto tenente in mano un Cristo, su di cui à fiso lo sguardo. Nel fondo del quadro è il suo martirio ; ed è bella la movenza delle braccia di quei che lo sfanno per precipitare nel fi urne. A pie di esso sta un confessionile, ove egli si asside, avendo di- nanti a lui la regina Giovanna, donna dell'empio Wen- ceslao genuflessa. Bellissima è ancor la gloria formata da due cherubini , che alla sua testa sovrastanno , ed ammirabile (jueli'Angelo che del suo martirio gli presenta di già la palma. Allo entrare 1' uscio del tempio , sacro al Principe degli Apostoli, a man sinistra l'occhio s'imbatte in una tavola lunga palmi 6 per 6 , la quale è invero opera di mano maestra , rappresentante alla manca un San Giovanbattista , in mezzo la Vergine ad una seggiuola assisa col bambino (lesìi sul seno, il quale con la de- stra benedice S. Niccolò, di riccbi abiti episcopali ve- stito, che sta alla sinistra del quadro; a pie della Ver- gine avvi un puttino, che à gli sguardi al pargolo Gesù rivolti. Tutto è grande qui, e nella Vergine evvi gra- zia , e bellezza. E sì la grazia dee diriger la mano dell'artista ispirato, grazia che debhe unire allo impasto, onde dolce si renda; al colorilo, perchè addivenga soa- ve; al contorno, acciò facilmente ondeggi, ed il soggetto, che qui si trattava dal pittore, tutte richieclea le grazie, le quali al dir del Delfico rifuggono da dove non siede l'amore (i); e se il panneggio, se quel manto di color celeste non fosse stato da un infame pennello ritoccato, si vedrebbe bella, quale dalla mano uscì deireccellenle artefice. E ancor bello il Battista che ci oflìe ingenuità, e calma. di animo ci addimostra nel suo bel volto; ma le rosee guancie del bambino incantano, e mi fanno, quasi direi, risovvenire de' più famosi artisti della romana scuo- ci) Nuove ricerche sul Bello jag. 78. .49 la. II S. Vescovo composto a pietà è finito nella clipuilura, e tutto il quadro offre nell'insieme un ordine mirabilissimo, si che r artista si nutrì allo studio delle scuole elleniche. Ed i Greci facean tesoro dell'armonia, e poleano bene ot- tenerla; poiché al dir di Roquenio, e del Renfeschein altri colori non adopravano, che il rosso, l'azzurro, ed il giallo; combinazione, che riposa, ove sta beltà ed armonia; e a siffatti colori seppe l'artista in questo quadro attignere il felice accordo. Sotto vi si legge un' iscrizioncella in corrotto idioma italiano, la quale ci dà a divedere esser l'opera di un napoletano, dipinta nell'anno i565 senza designarne il nome. In su del quadro avvi altra tavola che descrive un semicerchio, ove si vede l'Eterno padre con nella destra il mondo. Sotto di esso sta una tavola bislunga palmi 8 per I e mezzo, la quale raffigura dalla parte sinistra la decollazione del Battista, e già si vede il fiero carnefice, che stringe nella manca mano, ancor fumante di sangue, il ferro micidiale, e .nella destra il venerando capo del- l'innocente, tronco dal busto, che stilla del sangue nella tazza, che tiene in mano una donna. E resta a terra il busto del Battista con le mani alzate a tenere quel capo di già tronco, e qui si ammira la naturalezza, e l'arte del Pittore, volendo egli significare quella naturale mo- venza di braccia, che porta ogni felice a quella parte, nella quale soffre l'acerbo dolore. In mezzo della tavola suddetta si alza un Crocefisso adorato da -jjìù donne, e da molti confrati vestiti di sacco; ed alla destra si scorge un miracolo operato da S. Niccolò. Nell'Oratorio della sudelta chiesa pende da un muro una tela larga palmi 5 per "7 e mezzo circa, rappresen- tante S. Pieiro sciolto dalle catene, ed abbracciato ad un angelo che il conduce, vedendosi all' insù una vaga -gloria, ed a j)iedi tre soldati dormienti. Di tutte le cin- que figure bellissima è quella del san Pietro, il cui volto e fra il conlento ed il timore; e l'iacerlo suo passo ci 5o dipinge al pensiero lo spavento di uno die fuggendo vuol sotliaisi alla vigilanza dei custodi; qui sono d'ammirarsi e colore, ed armonia, sebbene venga l'occhio ofleso dalla sproporzione delle altre quattro ligure. D'incerta patria è l'autoie; non di manco nella parte inferiore del qua- dro a sinistra leggesi in una cartella: MOLETI PINXIT ANNO DM 1716. . Nella chiesa dicala a Maria dfille Grazie avvi un qua- dro in tela mal conservato, palmi 5 largo per 4 e mezzo. Esso rappresenta Maria del Rosario su di un gruppo di bianche nuvolette assisa da più angeli sorrette, dalle cui mani pende un Rosario. È dessa sotto un baldacchino ornato di oro sostenuto d'altri quattro angeli; alla de- stra è S. Rosa , e S. Douienico , ed alla sinistra tre donne genuflesse che preganla , ed un putlino che pie- tosamente la guarda; a piedi leggesi: G. R.F. 1744. A chi non conosce le cose della patria sua sarebbero inestricabili quelle cifre; ma pure spiegansi — Giuseppe Biisw fece — del quale artista non pochi miei concitta- dini ne conservano per tradizione la inemoria. Fu egli eziandio che nella cupola maggiore di quella chiesa dipinse un a fresco, raffigurante l'a.ssunzione di Ma- ria, ove si contano 18 ligure; ed ivi si vede franco e scor- revole il maneggio dei colori , tra quali primeggia il trasmarino , perizia nel trattizzare la luce nei colori locali, nei riflessi, negli sbattimenti, ne di quei colori ivi si vede l'abuso abbagliante, dei quali servivansi i di- scepoli del Barozzi (i). L'autore però par che qui si fosse (r) Il Barozzi spiccava spezialmente nyii'quadri di devozione. Egli dipin- geva le sue Vergini sotto la figura di sua sorella; ed il Bambino Gesù sotto quella del figliuolo della medesima sua sorella ( Ladvocal). Ed il Belleri, e r Algarolti gli addicono il difetto di usar molto dei cinabri, e di azurro, fa- tcndo livido le carnacioni. 5i nel suo divisameoto ingannato volendo in un punto spo- sare due misteri. In un tempio sacro alla Vergine delle Grazie, avrebbe dovuto piuttosto rappresentare nella cu- pola di cui è parola, l' Altissimo, che riversa su della Madre il Calice delle sue grazie , ed a Lei porgere il dolce incarico di dispensarle a' fedeli: allora il tutto coor- dinava a quel fine, a' cui mirò la devozione di coloro che vollero erigere quel tempio. Crt«. Carlo Rodriquez. Memorie delle Tipografìe calabresi compilate da P^ito Capialbi con un appendice sopra alcune Bibliote- che di Calabria, ed un Discorso sulla Tipografia Montelionese — Napoli i 835-1 836. — Dalla Tipogra- fia di Porcelli. L' Egoismo morale si è tra gli uomini introdotto da quei che credonsi nati solamente a se stessi, e non ave- re nel loro nascimento parte alcuna la patria, ma chi non è un mostro morale è spinto da natura a scambie- voli afielti: e la mutua benevolenza fa che l' amore di tutti ad un istesso fine cospiri, eh' è il bene comune; ed un bene comune è quello di conoscer ciascuno le cose antiche della patria sua. E ciò à prodotto, che ogni popolo e ogni città hanno avuto i loro propri storici (i). Or nel Capialbi forte gridando la voce del sentimento ad illustrare il trasse le varie anticaglie della sua terra natale : ed un Cenno suU' antica Ipponio ; e le Memorie sulla Chiesa Miletese si le' a distendere, pria che questo volume presentato cortesemente ci avesse; e fu Cadmo il primo che si propose d' illustrare le antichità delia sua Mileto (2). L'Autore consacra la prima parte del (i) Bartlielemy Yiag. cV Anac. T. g. p. 244- (u) Svida. 52 suo volume alle Calabre Tipografie; e sebbene di esse ne avessero fatto parola di già 1' Aceti, il Fiore, il Ma- rafioli, il Toppi, il Nicodemi, il Scria, il Chioccarello, il Tafuri, 1' Amato, il Zavarroui, lo Spirito, l'Afflitto, il Signorelli, il Lombanli, il Giustiniani; non tutti però furono accorti nel significare quanto di grande d'interes- sante e purgato ci dà tra calabri autori il Capialbi a divedere. JN'iuno difatto prima di lui seppe fissare una verità per quanto certa, altrettanto serbala nelle più an- tiche profonde storie; quella cioè di aver veduto in Reg- gio la luce la prima edizione Ebraica nel mese di Aoler dell' anno 5225 della Creaziotie; cioè tra il Febbraro ed il Marzo dell'Era Cristiana i^'jS; e su di ciò renderne dobbiamo laude ai Calabri, i quali tre anni prima dei nostri Siciliani seppero trovare il modo , onde presso di loro stabilire le Tipografie, essendo tra noi nel 1478 uscito in Palermo pei tipi di Andrea di Wormaica il libro delle consuetudini di quella città scritto da Giovanni Na- sone, come si rileva dal Mongitore (1), dal Marchand(2), dallo Schiavo (3), dal di Blasi (4) e da Pseaume (5). La più parte di quei paesi trascorre da poi il nostro A. e là conoscere, come in Cosenza altre fiate detta Val di Grati fuvvi al secolo XV una tipografia donatale da Ferdinando, o Ferrante I.° d'Aragona; ed egli, stampate per quei tipi, annovera ben settanla edizioni, delle quali quattro sin dall'anno i47^5 ^ due erano quasi incogni- te, e solo dall' Audifretli riferite, e 1' ultima .del i'^i3. Reputa come finta la edizione del Tasso in lingua co- sentina, che sebbene con la data di Cosenza, V A. eoa critiche ragioni la crede in Napoli stampata. In S. Nic- colò di Valle longa aver Giovangiacomo de Martino la (i) Bibliothcc. Sicul. T. 1. p. 255. (2) Hist (le r Imprimerie N. LXII. (3) Memorie per servire alla Storia Letteraria di Sicilia T. I. p« 4* • '99 (4) Storia del Ragno di Sicilia T. 8. Lib. J2. C, 14. (/i) j:>iclionN. bibliogr. ce Ch. i3. p. 66. 53 slampa introdotta nel i634: in Montelione sua patria aver 1' Ofiìcina tipografica avuto principio nel i635. In Soriano mercè di Fra Domenico de Sanctis da Filogaso nel 1664 ; ed in Scigliano ci ricorda M. G. Giacomo Palemonio che reduce da Roma seco condusse i torcili, e gli stabilì nell' episcopal palagio a sue spe- se nel 1680. E qui 1' Autore la fa da biografo; e ben a ragione : giacche del Palemonio poco o nulla ne dissero il Coleli , ed il Fiore (i). E coraechè tra gli stampatori addetti a quella tipografia fa egli menzione nel 1692 di Cristiano dei Vos di Bruxel- les , ricorda ben anco essere stati in Montelione i due pittori Fiamminghi dei Vos celebri frescanti; i quali un volume pubblicarono di delicatissime incisioni che possiede nella domestica libreria l' egregio Capial- bi, e nel quale si osservano l'ÒQ figure in cinque libri classificale. Nel primo di essi si veggono 25 rami indi- canti la solitudine delle anacorete donne, ciascuno dilu- cidalo con due distici da Cornelio Chiliano famoso cor- rettore di slampa, ed inciso da Cornelio Galle Seniore, e da Giacomo, ed Adriano CoUaert. Nel secondo 3o, i quali rappresentano la solitudine degli eremitici padri, stampati da Giovanni, è Raffaele Sadeler. Nel 3 la Selva Sacra in 3i rami delineati, e dedicati nel i594 in Monaco a Cuglielmo Conte Palatino del Reno, e Duca di Baviera. Nel 4? 26 rami nei quali è raffigurato il trofeo della solitaria vita. Nel 5 finalmente 1' oracolo degli Anacoreti figurato in n'j rami. Siegue questa prima parte dell' opera un appendice sopra alcune biblioteche di Calabria, ove non poche no- vità ci presenta l'A: e provvidentissimo è stato tal di- visamento. La necessità di £sse è presso ciascuno rico- nosciuta, perlocliè rimonta ad un'etade antica. E di vero antichissima è la invenzione delle stesse , e nata forse (i) Della Calabria Sacra. 54 . . . con le lettere sì pressa i Greci , come appo i Latini; e Pisistrato si era formato una biblioteca che avea resa pubblica , che Cu poscia rapila tla Serse , e trasportata nella Persia (i) ; e LucuUo che favoriva le lettere, ed era di libri curiosissimo ne ammassò un grande numero, non risparmiò danaro per procurarsi i migliori esem- plari; e le sale dove i libri riposti si eratto, ed i giardini ai quali quelle corrisponcleano, ed i gabinetti di studio erano aperti a qualunque persona. I Greci che in Roma trovavansi vi correano a folla ; la sua casa , dice Plu- tarco, era l'asilo , ed il Pritaneo (2) di tutti i Greci. L'amor delle lettere indotto avea Cesare ad incaricare ridotto Varrone a raccorre numerose librerie di autori Greci, e Latini, che destinava all'uso del pubblico, ma una morte troppo pronta, aggiunge Svetonio (3), terminò la esecuzione di un tal disegno , come di tutti i vasti progetti, che questo capo del grande Imperio raggirava nel suo spirito. La prima pubblica libreria che si vide in Roma (4) fu quella che Asinio Pollione stabilì nel tem- pio della Libertà sull'Aventino, e Plinio (5) encomiando l'invenzione di Asinio si esprime elegantemente dicendo —fece gl'ingegni degli uomini cosa pubblica — ,E come che poca cosa degl'ingegni calabresi distintamente sape- -vasi , il Capialbi si iie' con ogni ddigenza a narrare quanto si erano le biblioteche in quella terra, ch'è pure terra antica , e di grandi memorie generosa madre , e di quegl'ingegni le sagge produzioni e dotte. La prima, e la più celebre, è quella del Monistero Vivariense con 1' annesso Cenobio Castellense vicino Squillace da Magno Aurelio Cassiodoro fondata , nelle Epistole di S. Gregorio Magno sotto il nome di Castel- , (i) Aulo Gellio Lib. 6 e. 17. (a) Pi-ylàiicuin, luogo in Atene, ove i Maestrali faccano giustizia, e dove si alimoiitavano a spese del pubblico coloro che aveano servito lo stato. (3) In vita Cacsar. L. 44- (4) Plinio Hist. Nat. L. 35 C. a. (5)) Loc. cit. 55 lense ricordalo, nella quale numerosissimi libri e Codici ci presenta. Quella poi dell' Archimanditale Monislero di S. Giovanni Teresti in Stilo dal Montfaucon (i),cliia- niato Caput Monasteriorum ordini sS. Basila in Calabria ove molle pergamene dei secoli XI XII e XIII si con- servano, e non pochi mss. oggi nella Vaticana esistenti, fu una delle più grandiose e celebri. Il Pirri (2) parlando del fondatore del Monìstcro di .S*. Pietro Spanò o Spina della Motta di Ciano dice di lasciarne la delucidazione a' Siciliani, e Calabresi; e pure dovendo parlare il Capialhi di quella biblioteca, mentre il Fiore, e 1' Agresla stabiliscono per fondatore S. Pietro Spanò; egli, dietro diligente e critico esame, mostra ad evidenza essere l'Ab. Gerasimo, il quale donò fra tanti altri oggetti non pochi mss. dei Monasteri di S. Adriano, e S. Mercurio di Rossano, non riferisce , che quanto dissero il Montfaucon , ed il Canonico Bandi ni. Il Barone di Riedefel (3) scrisse nel Cenobio Certo- sino di S. Stefano del Bosco nuli' altro contenersi che carte antiche, contenenti le donazioni, ed i privilegi, di cui i Sovrani del regno di Napoli aveano gratificati quei doviziosissimi monaci; ma il Capialbi più accurato istorico fa conoscere molte opere di Morale, Teologia, Scrittura, santi Padri, e specialmente di Diplomatica e di Storia contenersi in quella Biblioteca, e non pochi mss., dei quali ne è ora il nostro autore possessore. Scorre l'autore tutte le altre pubbliche biblioteche. Sulle quali, come che non siano delle più rinomate, punto non mi fermò a presentarne un quadro: ne questo è lutto, che egli percorre ancor quelle dei privati. Celebre la rac- colta dei libri di Giano Parrasio, del Cardinal Guglielmo, di Monsig. Marcello, Tommaso, e Fabrizio Sirleto , df (1) Paleog. Graec. fac. 388. (2) Sicilia Sacra fac. 386.. (3) Viaggio ia Sicilia. 56 Domenico Plzzimenti-, amico di Paolo, e di Aldo Manu- zio, molti rass. del quale esistono nella Reale Biblioteca Borbonica, quella di Carlo Francesco Spinelli Principe di Tarsia ; e sebbene della di lui biblioteca scrivendo il Winckelmann al Conte Biinau, disse — il Tarsia non possedere, che una biblioteca, le cui indorature costano assai più dei libri; pure considerando tali parole come meri sarcasmi in un momento di bile d'ira e di dispetto, rileviamo dalle memorie degli scrittori napolitani (i), che la di lui libreria trasportata in Napoli fu aperta a tutti ; e la sua apertura ne celebrò il Principe Ferdi- nando Vincenzo ai 22 luglio 1747^ e vi ebbe a biblio- tecari Nicolò Giovio, e l'abate Domenico Antonio Ma- larbi celebri letterati dello scorso secolo. Parla della Taiconiana : ma che dire più di quanto ne scrissero il Kotzbue(2), Giustino Marcuncelli(3); 1 fVaielli Méola(4), il Poli, ilD'Angincourt, il Marchese Ardili, Lorenzo Giu- stiniani (5)? Ma puossi ad onore del Marchese Fraucesco Taccone aggiungere , che alla sua biblioteca ricorse l'abate Jacopo Morelli per ristampare il Musaruni Pa- nagjris ad Jlbertum Pium di Aldo Manuzio; e l'abate Urbano Lampredi per un rass. di un trecentista della sua biblioteca, onde pubblicare il sogno di Scipione di Cicerone , e gli opuscoli delle quattro virtù morali di Lucio Anneo Seneca ; e Onofrio GargiuUi ornò la sua traduzione della Cassandra di Licofroné Calcidese con un frammento ricavato da un Codice mss. della di lui bi- blioteca ; e Paolo Luigi Courier nel 1807 scrivendo a M. de Sainte Croix (ti) disse: « nella JBibliuleca del Taccone tradussi Senofonte , e quel eh' è più — egli (i) Pag. 462. (a) Viaggio d'Italia. (3) Nella Dedica al Taccone del a' Tom. degli Elementi di Medicina Pra- tica del Cullen. (4) Dctlica della Gramm. Ital. di Giov. Vino. Meda— Napoli 1807. (5) Dizionario Geograf, del Regno T. 6. p. 35i. (6) Memoires Corrispoadcnce, et opuscules T. i. pag. 004. 57 possiede tutti i libri possibili^ intendo tutti quelli^ che voi ed io sapremmo desiderare ^i. È la sola Diplomalica die ci fa apprendere, e render cara la storia, i costumi, gli usi, i particolari statuti di un popolo, di una nazione, di un paese. A questa scienza nutrito il Capialbi molli codici, e mss. arabi greci la- tini (dei quali è lungo darne un completo catalogo) inve- stigò, frugò nelle pubbliche e private calabri bibhoteche; ne fé' acquisto, ne volle tradurre, ed illustrare. Si fé' di fat(o a tradurre un istrumento dal greco, che origi- nalmente in pergamena serbava nella sua domestica bi" blioteca simile all'altro che si legge nel Montfaucon (i), con la data del Gennaro ii65, cioè tre lustri posteriore a questo di cui è parola. Esso contiene una donazione, che Dionisio fìplio di Pietro Cerice fa al Convento di S. Giovanni Teresti della sua eredità paterna, e dei beni posti nei campi di Mipilino, Cuzorino, e Aristanico, no- mi, che tuttora conservano alcuni poteri nel territorio di Siilo. E perchè e>si servono principalmente ad elar- ga r€ la sfera delle storiche conoscenze, speriamo che il Capialbi si faccia tutti (|uelli a tradurre, che a tale no- bile fine mirano. — Lo stile, in cui è scritto questo volu- me, è confacenle ad un' istoria; e di vero a cose iste- riche stile piano si ricerca; e l'Oratore Romano ci ri- corda Nihil in liistoria pura et illustri brevitate dulcius; ed è di poco senno chi nelle storie cerca il prestigio dello stile, avventure soprannaturali, e servili (2). In questo volume insomma non si vede l'autore dar tortura ai suoi periodi per rotondeggiarli, o per evitare il concorso delle vocali (3); ne deturparli con espressioni ignobili, ed or- namenti posticci. Can. Carlo Rodriquez. (1) Paliog. Graec. L 4» f^c, 4' 3. (2) V. Isocrate Panalen. T. 2. pag. 180. (3) Dionisio di Alicarnasso Lcllcia a Pompeo T. 6. pag. 786. — Quinti- liano Lib. 9. pag. 593. 58 La rassegna notturna— 'libera traduzione di una bal- lata tedesca di Sedlitz per Giuseppe Ceva Grimaldi. Napoli iS3y. Gentilissimo pensiero deesi reputar quello di far co- noscere in nostro linguaggio i leggiadfi componimenti degli stranieri. Il bello, ovunque si trovi, deesi apprez- zare e stimar sempre, avvegnat;liè non debbasi da tutti indistintamente imitare. Quell'alto ingegno del marchese di Pietracatella , sì cliiaro nella storia delle lettere dei nostri tempi, diedesi, in un momento degli eruditi suoi ozi, a liberamente tradurre la rassegna notturna^ bal- lala di Sedlitz , che levò in Germania grandissimo ru- more. Certo fra noi non può [)iacere come ai Tedeschi piace. Ciò non pertanto il traduttore vi ha messo dei legami che la rendono più naturale, più gentile, e più propria del gusto italiano. I versi scorrono facilmente; e le idee si succedono con assai minore imbarazzo e dis- ordine del tedesco: nel che particolarmente è da lodarsi il nostro autore, essendo l-inno germanico alquanto confuso e saltellante. Ci è caro poi rilevare a maggior laude di lui, che quella unzione propria del subbielto è con molta arte trasfusa nella traduzione si che sembra originale. Il marchese di Pietracatella maneggia l'italiano verso con grande maestria; ed e uno de' pochi poeti d'oggidì che la nobile espressione al nobile pensiero congiungano. Ma cgnun sa non esser questi i soli titoli, per cui sarà tra- mandato glorioso alla posterità il nome di questo illustre scrittore. Intanto avraimo i nostri lettori carissimo certamente il veder riprodotto nelle nostre pagine quel leggiadro lavoro. I. Quaiulo"I.i 'noltc bruna, È olla mela del tacito Corso, la smorta li):m Di mesta luce irradia Le nubi: il vento laco, Tutto e kìleiuio e [ev r interesse morale delle nazioni; onde la verità dci^r si in tai fatti indagare con scrupolosa coscienza; e lon'- tano dee star sempre lo spirito di passione o di parte. Verrà un giorno ( ne sarà fprse lontano ) in cui il v^rp si manifesterà più aperto; e meglio consideralo lo statò di quel tempo, con più maturo consiglio, e più latitu- dine di cose e di parole, sarà tramandata ai posteri la tremenda storia dell' anno 1837. i ' •' V. 'Vi \ìj o«A'\a\u\ Intanto noi lodiamo di vero cuore tutti quelli the per carità di patria si diedero a scrivere una pagina sul flagello che venne a sterminarci: abbandonando al- l' odio e all' esecrazione pubblica qne' miserabili che 'scrissero o scriveramio per vili o maligni interessi." F..M.. 63^ Funebre elogio di M, Francesca Pignatelli Princi- pessa di Campo/ranco scritto dall' Jb. Emma- nuele Vaccaro — Pai." Tipografia di Filippo SoUi 1837 un voi. in foglio di pag. 18. Ecco un libro che ci richiama una patrizia vittima del morbo desolatore. Si perdcroiio in quella fatale ca- tastrofe le donne più gentili e più cospicue: la presente, dall' ab. Vaccaro deplorata, non può non richiamarci al pensiero la Duchessa Samniartiuo, spenta anch' essa dal furore di quella tabe infernale: donna rara , e de- gnissima di stoiia, per la santità de' suoi costumi; per la tempra del suo nobile e virile carattere ; per quel •buonsenso profondo, e quella rettitudine di sentire ch'era niaravigliosa; per la sua cultura sì solida e sì vera che pareggiavate migliori del nostro tempo. E pure (bel- lissimo a dirsi ) non mai ebbe alcuna ombra di orgoglio, mai nessun fasto, mai pretenzioné veruna. Donna vera- xneule singolare, specchio delle malrone più illustri: chi la conobbe solo da vicino potrà scorgere se le mie pa- role sien vere; e se sia dovuto alla memoria di qucl- r anima santa è nobilissima questo ricordo di stima e di riverenza. Ma dove mi son portato col pensiero ? Qualora ricordo le perdite , qualunque elle sieno , di queir epoca fatale, non posso non ricordare la morte di quella magnanima donna. ' L' Ab. Vaccaro ci descrive con purità di linguaggio £ in bello stile i pregi della sua elogiata: ce la dipinge affezionata all' illustre consorte, cara ai figli, buona coi domestici, intenta [alle familiari faccende , modello di prudente e veggente padrona. Egli con pompa di ora- toria eloquenza esordisce nel suo subbietto, e cerca d'in- nalzarlo colla dignità del dettato: correda quindi le sue mrole con descrizioni, inamagiai, e apostolica erudizione. F, M. ISCRIZIONE (*) ANTONINO MALVICA. CONSIGLIERE DELLA CORTE SUPREMA DI GIUSTIZIA IN SICILIA DEGLI OPPRESSI E DEGLI INFELICI DIFENSORE FORTE E GENEROSO PADRE DI FAMIGLIA SANTISSIMO, MAGISTRATO INTEGERRIMO ne' vari casi di FORTUNA immobile: moriva di anni 66 il 13 luglio i837 DAL tremendo MORBO INDIANO colpito: un estimatore delle vlrtu' di lui A conforto DEL SUPERSTITE FERDINANDO DOLENTISSIMO FIGLIO QUESTO FUNEBRE OMAGGIO ALLA MEMORIA DELL* INCLITO SICILIANO SPONTANEAMENTE CONSACRA Sac. Ant. d'Alù. (*) Laudatur Itorao, et amatur abscns. S. Aug. Confcts. lib. V. cap.XIV. EFFEMERIDI SCIENTIFICHE E LETTERÀRIE PER LA SICILIA ibuiM. 6(5— V'tvviMo /o3o qUADRO DELLO STATO GENERALE SCIENTIFICO E LETTERARIO DELLA SICILIA AL I.° DI GENNAIO 180O. (V. DUIU 5a. genn. i838.) P A r't e SECONDA Scienze ideologiche morali economiche e studi sacri-. Mjo studio delle naturali scienze però assuefacendo Ideo- gli uomini a investigare minutamente i fatti, a pa- "S'*' ragonarli tra loro ed a cavarne non conosciute ed utili esperienze, suole evidentemente influire a per- fezionare tutl' altre ragioni delle umane conoscenze, sgombrando le speciose astrazioni, e maggior soli- dità e decoro somministrando. Ma pur tuttavolta le scienze dell' uomo, quelle che particolarmente ri- guardano la mente ed il cuore, quantunque aves- sero fatto quelle mutazioni che i tempi stessi portavano, in basso stalo piuttosto giaceano, e mo- stravano che altre circostanze in quella condizione I 66 tenevanle, e che bisognava rimuovere ogni ostacolo per poter liberamente prosperare. Soperchiata Sici- lia dalla scolastica filosofia lunga pezza tlorniì fra ^ le astrazioni, e fra quelle appariscenti e strane for- me che invece di proccurare che semplice e schietta si trovi la verità, con la illusione conducono al falso. Conosciuto era a quel tempo Cartesio ma da pochi, che si fecero scguitatori della sua filosofia. In mezzo ali' urto ed alle opposizioni passò Sici- lia al Wolfio al Leibiiizio, ed iva già appoco ap- poco in disuso la -scolastica filosofia , a malgrado degli sforzi di quei pochi, che, tenaci com'erano alle vecchie abitudini, con ogni possa voleauo sostener- la. In tale stato erano le nostre scuole quando le opere degli scrittori francesi ed inglesi, e del Con- dillac e degli Enciclopedisti e dell' Hume , v' iu- troduceano la filosofia lokiana, come introdotta l'a- ' veano per tutta Italia. Ma cosiflàtta filosofia il dì primo del secolo presente era però degna appo di noi dell'eccellenza dell'autore inglese ? Produceva quei l'rutti, che raccolti ne aveano la Francia l'In- i ghilterra la Germania, ove assai tempo innanzi era stata diffusa? Con dolore dobbiam dire che la fi- losofia che dominava nell' isola era sterile in po- testà de' nostri, i quali ravvolsrendosi in mezzo a lungtie e noiose mstituzioni, non si attentavano non che di combattere, ma nemmeno di modificare, le dottrine che erano già stabilite, o di dipartirsene alcun poco; e non curavano di rinvenir nuovi e più agevoli e più sicuri modi onde internarsi a inve- stigare i fenomeni tutti della intelligenza. Nò so no- tare qui quale opera sia di quel tempo uscita alla luce che tutte o parte delle ideologiche discipline riguardando, meritevole sia di ricordanza. Antor vivea Tonmiaso Natale, carico di anni, autore di una bella ed elegante esposizione in versi della filoso- ' fia leibniziana, che concitalo aveagll contro lo sde- gno della Inquisizione, e i dispiaceri e le condanne; con far nascere un altro tra' mille esempi della scia- gura di quei dotti che per giovare alla patria ad ogni persecuzione volentieri si sottopongono. Natale met- tendo in non cale i suoi danni privati cercato avea di migliorare lo stato della filosofia siciliana: ma con tutti 'i suoi sforzi ella non aveva ancora acquistato dignità confacente a quella che avea già ottenuto nelle altre •nazioni, e in qualche guisa ancora in Italia. In tanto 'avvilimento era solo permesso di sperare che gli ostacoli si fossero allontanati, che con più solleci- tudine avessero i siciliani posto V animo a (juelle discipline , non più studiandole su i libri e ad essi soltanto restandosi , ma con la scorta dei sapienti passati cercando di addentrare e spiare a singolo tutti quei movimenti che nell' interno loro verifi- cavansi, facendo in fine altrui conoscere i ritrova- menti della loro ragione. -''Ma quegli intoppi die nella nostra allora nascente ^'!°'°" civiltà contribuivano ad arrestare i progredimenti monile della ideologia, parimente opponcvansi allo studio delle cose morali. Non è d' uopo che io discorra i mali die all' isola nostra venivano da cosifiiitla negligenza ; perciocché a chiunque con vero senno Tagiona è abbastanza chiaro che la morale filosofia, quella che (a conoscere precisamente la sensibililà e i suoi fenomeni, i naturali bisogni e le partico- lari tendenze, i dritti e i doveri, che appresta le norme per operare secondo giustizia, e i modi per ridonare la sanità all'animo travagliato, è la vera sorgente di ogni più pura felicità, perchè su di essa si possono gitlar le fondamenta a formare onesti uomini ed utili cittadini. La filosofia morale era stata più universalmente coltivata tra noi verso la metà e sul declinare del passato secolo. [Professori del natura- 68 le diritto erano stati, in Monreale ed in Palernao Vin- cenzo Fleres che pubblicate ne avea le inslituzioni, e che ancora onoratamente vivea il di primo delpresen-- te secolo , e Francesco Cari che nella sua casa in Palermo avealo insegnato. Oltre a questi son da nominarsi Vincenzo Caglio di Girgenti celebrato dai giornalisti di Berna pel suo saggio sul dritto della natura delle genti e della polilica , Agostino Giuffrida per la sua filosofia morale, e Gaetano Sarri che mise in luce un' assai erudita e dotta dissertazione ove e la morale degli antichi sapienti esamina , e nota i princi{)ali scrittori moderni di dritto naturale giusta il loro merito, ed espone gli umani uffici, che, originandosi dal naturale diritto, tutti tra loro si annodano. Ma col finire del secolo passato iva in decadimento lo studio cotanto ira- portante della morale filosofica, e solo l'ottimo mon- signor Gioeni, che più volle mi è mestiero che io rimembri con lode , non portò in pace che Sicilia fosse stata priva di cotanto manifesto be- ne, e di animo benefico come era pensò d' insti- tuire nella università di Palermo una cattedra di morale filosofia, e la gioventù desiderosa di ap- prendere fu per la forza dei premii stimolata a laudevole ed efficace gara. Se colle stampe di Pa- lermo vedevansi allora nuovamente pubblicate le Massime filosofico-politico-morali per formale lo spi- rito ed il cuore scritte dal conte Ceslerfield, ed il Mondo riformato nella istituzione ed educazione dei fanciulli, e gli elementi di morale del conte Carli, io credo potersene rimeritare la memoria del Gioe- dì, che avea le menti destate ed a quelle occupa- zioni utilmente dirette; per lo che era nato il bi- sogno della diffusione dei libri a tale scopo gio- vevoli. Non importava the non vi fossero stali al- lora scrittori di morale sapienza : bastava sola- ^9 niente il vedere che avea comlaciato ella ad aver culto e riverenza. Ma in tanta povertà di scrit- tori polea notarsi the Carmelo Controsceri da IVaso eletto professore dallo stesso Gioeni avea liei milleseltercntottantotto pubblicate le sue iu- stituzioni di giurisprudenza naturale , che ebbero in seguito più edizioni , le quali trattano del- l' uomo e delle sue principali fuioltà, della legge naturale e di tult'altro. Un catechismo aveva al- tresì messo alla luce dell'uomo e del cittadino ossia ristretto de' nostri doveri naturali adattato alla co- mune intelligenza, e ciò d'ordine del Gioeni, che, non pago ciie la morale considerata come scienza si fosse insegnata nella università , volle che dal professore fosse composto un catechismo da distri- buirsi a' vescovi del regno, di guisa che adattando < alla capacità di ogni classe del popolo le massime dell'onesto e del giusto si fosse potuto ottenere il conseguimento della pubblica educazione. Tra le njorali scienze il dritto pubblico in gene- Dritto rale non era trascurato , e se molte opere vaiitarP"^''*'' non potea, era senza dubbio molto in amore dei sapienti di r|uella età, che chiara mostra ne davano nelle scritture ad altre materie relative. Esso nella Università di Palermo insegnavasi congiunto all'etica ed al dritto di natura , e colla gravità delle dot- trine iva appoco appoco migliorando la coltura di Sicilia. Carmelo Controsceri nel terzo volume delle sue istituzioni di naturale giurisprudenza avea com- preso il dritto pubblico e delle genti, già con tanto plauso iiisegtiato. Questa può dirsi la parte migliore delle sue istituzioni, e meritò l'elogio dello Scinà per la scelta e sodezza delle sentenze, e per l'or- dine e facilità con cui fu distesa. All' infuori del Controsceri io non saprei cjual altro siciliano avesse scritto su tale scienza. E se pure un solo merita }0 qui di essere ricordato per lo insegnamento del dritto pubblico siciliano non è da dolerci perchè solo bastò col suo senno a crearlo quasi dal nulla , e a mo- strarlo tosto nella sua perfezione; rarissimo esera- pio nella umana sapienza ove tutto a grado a grado procede; dovendo gli uni aiutarsi delle fatiche degli altri, ed essendo a soli pochi privilegiati ia- tellelti conceduto di poter tutto che vogliono, e po- terlo ottimamente e per le sole forze loro. Ciasche- duno si accorge che mio divisamento è di favellare di Rosario Gregorio, delle patrie gloiie zelatore ar- dentissirao, ed abbastanza, ma non mai quanto il suo merito lodato. Ei nella università di Palermo fu professore di pubblico diritto siciliano , e con quanta sollecitudine e con quanto giudizio e successo si fosse intorno a ciò adoperato non può senza ma- raviglia disaminarsi- Avea dappiù tempo conosciuto che le parti tutte che il dritto pubblico dell' isola costituiscono erano slate stranamente neglette, e la istituzione della pubblica autorità ne' diversi tempi, e gli ordini dei magistrati, lo stabilimento e il pro- gresso delle leggi, la pubblica economia, gli ordini civili, gli usi pubblici, gli studi, le arti, il com- mercio. A quali l'onli attigner siffatte notizie se i nostri storici i giureconsulti i diplomatici nelle ri- cerche e fatiche loro tutt' altre cose aveano avuto in iscopo , che quelle che poteano far conoscere lo stato politico e morale della nostra nazione? Gli fu d'uopo jìcrciò rischiarare e pubblicare primamente e storie e vecchie cronache e diplomi ed altri mo- numenti, dai quali avesse potuto ritrarre gli usi e i costami de' tempi, e tutte le memorie che il nostro nazionale diritto riguardavano. Venne così a sup- plire al difetto che sperimentavasi , e con que- ste sue particolari ricerche e con quelle che gli era possibile di fare su gli scrittori passati, iva la grande opera clelineaiiclo; e considerava i falli e le vicende , 1' una cosa con 1' altra streltaraente annodava paragonava , filosofiche considerazioni ne ritraeva, e lo stato e i progressi della nazione sta- biliva. In mezzo a tante fatiche gli fu d'uopo pri- mamente mandare alle stampe la Introduzione al diritto pubblico di Sicilia, nella quale mentre da un canto ci mostra lo stalo infelice di tale studio, es- sendosi o assai poco o nulla fatto per esso, le sor- genti ci fa conoscere dall'altro, onde sono all'uopo da ritrarre le nostre più sicure memorie; e come a sorgenti ci appalesa le costituzioni i capitoli del regno le prammatiche, le consuetudini delle città, i diplomi e tutti i monumenti. Delle vicissitudini ragiona, alle quali pel tempo e per la fortuna sono andate quelle carte soggette, e della particolare loro autorità , della riprovevole non curanza dei nostri archivi , del guasto che hanno essi in vari tempi sofferto, della perdita ultimamente delle fatiche degli eccellenti siciliani , e della povertà delle nostre memorie. Disamina i nostri storici e giureconsulti, e il merito particolare di ciascheduno appalesa; dei metodi favella che sinora si sono adoperati da co- loro che del diritto pubblico di una nazione si sono intrallenuti, e quello che più gli pare d(wersi se- guitare stabilisce, esponendo l'età diverse nelle quali lo studio del nostro dritto dev'esser compreso, a cominciare dai Normanni. Sicché alzandosi nella nazione siciliana il Gregorio i suoi cittadini ammae- strava intorno acciò che far si dovea per avere il loro pubblico diritto , gli animi a vaghezza spro- nava di quella importantissima scienza , e quando il decimottavo secolo cadeva, questo sapiente nella nostra università continuava le sne lezioni, ch'egli al dir dello Scinà , rendca più gravi e piacevoli colla dignità della persona, colla urbanità delle ma- 7» . niere , e colla eleganza del bello e pulito dire. La gioventù per questo in molta copia vi accorrea, e di quelle sane dottrine facea tesoro. Gregorio non aveva ancor pubblicata la sua grande opera delle Considerazioni sulla storia di Sicilia , che il nostro pubblico diritto dovea racchiudere; dì e notti vi lavorava, ne ostacoli si tramezzavano che la sua valenzia non superasse. Ma quando questa opera pochi anni appresso apparve alla luce da tutti fu tenuta di altissimo magistero, e l'autore venne a cielo commendato : ed ora al ricordare la gravità del giudizio e l'amore alle cose nostre, che ador- navano il Gregorio, ci duole ch'ei non scrisse la nostra storia civile che avrebbe potuto esser degna della nazione ch'era diretta ad illustrare. p?'*' In moltissimo onore era di quel tempo tenuto lo studio delle leggi ed in gran numero e con ogni cura i Siciliani vi si consacravano. Il nostro diritto civile allora altro quasi non era che l'antico diritto romano, perciocché i re di Sicilia successivamente venuti dopo nelle varie straniere dominazioni vi aveano solo recato modificazioni riforme, adattandole spesso alla condizione propria della nostra cittadi- nanza. In tanta moltiplicità di leggi particolari, e soventi fiate l'una all'altra contrarie, e qualche volta ancora di non agevole intelligenza, generata si era una confusione eh' era bisogno di esser tosto dile- guata. A tal uopo da un canto moltiplicavansi gli scrittori del nostro dritto civile, che siccome in so- stanza era quello di Roma antica , le istituzioni che venivano alla luce, ed i giovani che andavano nelle nostre scuole ad apprendere, del romano dritto principalmente s'intrattenevano; dal quale come da sua fonte il siciliano originavasi. Nicola Amedeo Balsamo avea pubblicato le istituzioni di Giustiniano cavandole dal dritto di natura e delle genti ; Aq- fonino Garaio avea pubblicato le sue ìnstituzionì del dritto romano siculo, per uso della univcrsitìi ' di Palermo, nella quale era professore, come pari- mente Francesco Candini, raccogliendo ed ordinando le nostre prammatiche le consuetudini le leggi ci- vili criminali amministrative e [^litiche, le mise in luce in una opera latina col titolo di codice del dritto siciliano , e Francesco Belfrano barone di s. Niccolò, che morì nel 1802 pubblicato avca gli elementi del nostro diritto privato per l'ordine e per la chiarezza lodato. Dall'altro lato poi vi eran di quei che le nostre leggi raccoglievano, e da qualche tempo Domenico Mana Giarrizzo in Palermo avea messo a stampa il Codice siciliano, ove le constiluzio- ni i capitoli le prammatiche ed altre leggi com- prcndea con l'ordine dei titoli disposte, e con Ja giunta di talune dissertazioni istoiiche e legali tendenti tutte ad illustrare le materie particola- ri. Ed a questo luogo è da ricordarsi la compi- lazione delle prammatiche del nostro regno fatta sulla fine del passato secolo da Francesco Paolo Di Blasi d'ordine di re Ferdinando III Borbone, per- ciocché essa è la più completa raccolta delle pram- inatiche, e tulle secondo l'ordine dei tempi presen- tale correggendo i difetti delle precedenti edizio- ni, e recando quelle prammatiche le quali tutto che disusate, non dimeno poteano considerarsi come monumenti per la storia e per la legislazione dei tempi. Fra gli altri compilatori di leggi che all'ap- parire del presente secolo Soriano potea notarsi lo avvocato Francesco di Paola Avolio, che trava glia- vasi a ricercare le leggi siciliane intorno la caccia, e la pesca che in due separati opuscoli non guari dopo mise alle stampe. Già da qualche tempo si era conosciuta la ne- cessità della riforma della legislazione tra noi. Vin- r-S 7Ì ccnzo Caglio nel suo saggio sopra il dritto della natura avea manifestato questo bisogno, dicendo: es- ser cosa desiderabile che mercè dell' autorità del sovrano qualche riforma si facesse di tante opposte opinioni che nei libri rinvengousi dei nostri legi- sti, per lo che potesse venirsi a stabilire in quai casi procedeano o no le infinite e scabrose quistioni che tuttodì si agitavano nei tribunali con dispendio de' litiganti. Ne meno del Caglio desiderava la ri-? forma della legislazione Francesco Paolo Di Blasi palermitano che in un suo saggio scritto con forza e concisione molti pensieri sull'assunto presentava. Quello però che sopra tulli alzossi fu Tommaso Natale, che accompagnato dal plauso dei dotti e dalle benedizioni della umanità, era pervenuto alla vecchiaia quando cominciava il nostro secolo. Di lui è d'uopo che io qui più estesamente favelli dap- poicchè le opere sue aveano tanto bene arrecalo alla Sicilia, quanto portato ne aveano all'Italia quelle del Beccaria. Vide Natale il bisogno che vi era di riformare la legislazione di ogni maniera, ma piii gli parve meritare la considerazione de' filosofi la parte criminale, conciossiachè, frutto essendo di eia bar- bare, non potea più in molti siali di Europa adat- tarsi ad un tempo che facea forza da se stesso contro l'ignoranza e la barbarie , e mutava coslnmi per divenire più civile. Se Milano vide sorgere il Bec- caria, che spinto da fervido amore per lo bene della umanità, colla purezza delle dottrine, contenule nel- r opuscolo de' Delitti e delle Pene, cercò sottrarla .dai mali cui per gli antichi pregiudizi e per la mal- vagità degli usi era sottoposta, Palermo vide pari- mente sollevarsi il Natale a batter l'istesso sentiero e a dar opera perchè corretto si fosse il codice pe- nale e migliorata la criminale giurisprudenza. Le &\xc Riflessioni Politiche intorno alla eflicaciu delle pene dalle leggi minacciate, intitolate al giurecon- sulto Gaetano Sani, furono, è vero, pubblicate dopo l'opuscolo del Beccaria, ma sicuramente divisate e scritte pochi anni prima, e in ciò ci è testimonio quello che l'autore istesso solca dire, di averle com- poste nel 1709 mentre in Napoli stanziava, e nou averle potuto mettere a stampa perche jjersagliato da gravi circostanze di famiglia, lutto che gli amici a far ciò lo avessero stimolato. Ma senza questo i nostri giornalisti l'assicurarono, e l'autore delle Notizie de' letterati di Palermo nel 1772 disse di aver egli con altri dotti lette ed ammirale le riflessioni po- litiche del Natale, assai tempo prima di comparire alla luce l'opuscolo de' deli Ili e delle pene. In qua- lunque modo ciò sia stato a noi gode 1' animo che due sapienti italiani, e l'uno più particolar- mente nato in un' isola e lontano dal conlinente', in tempi avversi concepirono utili riforme, colla se- rena luce del vero stenebrando le menti ofiuscate dalla ij^noranza, e colser gloria vedendo riuscire pro- ficue le fatiche loro , sebbene quella del milanese avesse più grido levato perchè avanti, e nel con- tinente pubblicata, e l'altra meno universalmente conosciuta perchè uscita di un'isola, e perchè frutto di un dotto, il quale, comechè amante della gloria, non sapea da se cercarla colla diffusione delle sue scritture. Sicilia a quel tempo potea vantare Antonino Pepi per pochi cenni riguardanti la legislazione civile e criminale, contenuti nel suo celebrato opuscolo sulla ineguaglianza degli uomini; Francesco Paolo Di Blasi che oltre al suo saggio per la riforma della legis- lazione compose un libro sulla disuguaglianza degli uomini; il conte Sebastiano di Ayala da Castrogio- vanni che scrisse della libertà e della uguaglianza degli uomini e dei cittadini con riflessioni su di 7^ 76 alcuni nuovi dommi politici, ed altri autori di minor peso. Ma al cominciare di questo secolo del suo Na- tale allegravasi e a suo decoro ed ornamento addita* vaio quale eccellente criminalista di quella età* Noa fìa perciò discaro che le dottrine, nelle sue politiche riflessioni contenute, rapidamente e in pochi tratti discorra. Principale suo scopo fu quello di mostrare che ne la troppa severità delle pene, ne il frequente uso di esse può farle efficaci , ma il saperle solo adattare e dispensare , quantunque meno severe e meno frequenti elle fossero. Favellò della neces- sità delle leggi penali, della retta maniera di dis- pensare le pene , perchè fossero efficaci ; stabilì che il loro fine è la emendazione dei delinquenti e lo esempio degli altri, che debbono essere pro- porzionate alla costituzione del governo, alle in- clinazioni ed indole del popolo, alla diversa classe di persone, ed alla natura dei delitti. Con la espe- rienza e con la ragione addimostrò che alla severità e frequenza delle pene gli uomini si assuefanno, e non più sono spinti dalla idea dell'onore e della virtù, ma dal solo timore, che l'invilisce guastandone il cuore; disse che più vagliono le pene dolci e pro- porzionale, seguite da una pronta e sollecita esecu- zione. Mostrò i principali vizi delle leggi e delle pratiche criminali che di quel tempo in Napoli ed in Sicilia erano in vigore. JNon negò alla società il dritto di punire con la pena della morte , ma volle che fosse serbata a più grandi e rari misfatti, anzi al solo caso che la presenza del reo portasse danno alla repubblica. Volle che alla pena capi- tale si sostituisse il condannare i rei ad una vi- ta infelice, come all'amputazione delle membra ed altro simigliante , ma ciò ne' delitti atroci, e nei leggieri volle che i rei siano dannati a' pubblici travagli ed alla marca di obbrobrio nelle parti più 77 esposte del corpo , perchè fosse agli altri di vi- vissimo e continuato esempio. Dell'uso della tor- tura ragionando, come pena Io approvò, ma gagliar- damente lo condannò come mezzo di strappare la prova del delitto. Bei pensamenti manifestò a far co- noscere i mezzi indiretti di prevenire i delitti eoa estinguere le sorgenti dei reati, e a tal uopo additò la politica educazione, svelando i vizii della educazione ordinaria, e proponendo le maniere di riformarla. Sì vede da ciò 1' ottimo scopo che si propose il IVatale, il miglioramento della legislazione criminale e della pubblica educazione. Quanto benefico scopo fu questo, altntlanlo dannoso dovea riuscire quello dell'avvocato catanese Vincenzo Malerba, the si levò a difendere la legittimila e l'uso della tortura, se al plauso che fecero i dotti allo ingegno dello scrit- tore, noa fosse tosto il libro caduto nella dimen- ticanza. Se Natale con le sue riflessioni politiche intorno Econo- alle pene, e con la sua lettera sul sistema del Bec- ,,iyiie caria in riguardo alla pena capitale, e sugli opposti sentimenti del Linguet, facea l'onore della criminale legislazione in Sicilia, Vincenzo Sergio, Paolo Bal- samo e Saverio Scrofani a decoro fiorivano della civile economia. Tale scienza venne più in voga neir isola nostra allora quando il viceré marchese Caracciolo nel l'ySS mise alla luce le sue riflessioni sulla economia e l'estrazione de' frumenti della Si- cilia, che alla cura de' governanti lasciavano la tratta de' grani, e lo stabilire il tempo della loro espor- tazione e tult' altro. Allora fu che levandosi parte de' dotti siciliani a lodare a difendere a propagare le dottrine del viceré, parte a combatterle, nacque la occasione di esaminare importantissimi oggetti economici: e messi in quegli sludi pros?gulrono a cercare i mezzi della nazionale ricchezza di Sicilia. 73 Da quel tempo attesero i dotti a proporre il modo di sollevare l'agricoltura dallo stato abbietto in cui giaceasi, e di animare le arti ed il commer- cio. Le opere degli stranieri economisti si ristam- paA^ano, e quelle principalmente di Melon di Ber- trand di Giorgio Rose del conte Donaudi delle Mal- lere correan per le mani di tutti, e le dottrine vi si attingeano più esatte, e si cercava di rivolgerle tutte in prò della siciliana economia. Così che finia quel secolo che ci precesse e lo studio della poli- tica economia era divenuto universale nell' isola e già conosciuto si era il vantaggio e de' prati artifi- ziali e di un seminario di conladini congiunto ad un apposito campo di esperienze , e di un' accademia di agricoltura arti e commercio, di cui fu presentato nel raillesettecento novantatre un piano per la isti- tuzione in Palermo dal barone Giusi-ppe Maria Gug- gino allora consultore della suprema giunta di Si- cilia in Napoli. Ma perchè i voti de' buoni, diretti a prò di questa isola sfortunata, non sono stati sem- pre coronati da un prospero siiccesso , e gli utili divisamenti che hanno i dotti proposto in ogni se- colo sono rimasti per lo più senza frutto non solo, ma senza esecuzione? Per colai iruisa era venuto in nore lo studio della economia, senza che avesse re- cato alcun bene alle cose nostre, perclic tutto che si proponea non era mandato ad eftollo. Alla diffusione degli studi economici avea mOlto contribuito Vincenzo Sergio da Palermo , cui giu- stamente si debbe una corona di gloria e la rico- noscenza de' buoni per essere stalo il primo a scri- vere su tale materia in Sicilia. Da lui resero nor- ma i suoi concittadini , da lui avviali furono alla politica economia che sino alla metà del: secolo passato era in fjuesto suolo del UUto ignorata, mentre che in Europa, e sì anco in Italia,] avea fatto dei progressi, da lui finalmente furono diffuse le opere degli stranieri colla ristampa delle loro traduzioni. Da solo afiétto per lo bene della nostra comune patria fu spinto a quelle occupazioni, e non dallo esempio degli altri, e pertanto cominciò scrivendo intorno il nostro commercio, al quale tutte si limi- tavano allora le idee di economia. Oltre alla dis- sertazione storico-politica sul commercio di Sicilia, avea scritto una lunga memoria die presentò al magistrato del commercio in difesa di un progetto del marchese Caracciolo, allora ministro in Inghil- terra, in cui diede una rapida storia delle siciliane manifatture da documenti pubblici ricavata. Avea mandato alla luce un piano del codice diplomatico del commercio di Sicilia, nella quale opera, che non ebbe esecuzione e che sarebbe stata utile alla patria e di onore allo scrittore, divisava di presen- tare una raccolta di tutti gli atti della suprema au- torità intorno alla nostra pubblica economia. Per migliorale la nostra marina nn saggio sopra di essa puijblieò: a mostrare i vantaggi che porterebbe là costruzione delle strade , mandò alle stampe una lettera sulla pulizia delle strade, e tutto inteso come era al vantaggio della Sicilia pubblicò un piano di una nuova casa di educazione per la gente bassa, una memoria per la riedificazione di Messina , ed alla giunta eretta allora in Palermo allo arrivo del re, per pro[)orre i modi di migliorare le cose di Sicilia, presentò nel 1799 una memoria che un piano comprendea di fortificazioni littorali , e un saggio di economia civile per riformare la pubblica am- ministrazione. Chi volesse portar sincero giudizio delle opere del Sergio, certo non potrebbe dire di esser tutte di utili verità ricolme , che spesso gli errori a quelle congiunte vi campeggiano. Ma non nascono, ne s'introducono primamente in una na- 79 8o zione le scienze, senza esser necessariamente accom" _ pagriate da errori, e la economia che per la prima iiala introduceasi tra noi non polca essere sgombra
  • . il fase. 52. /?<2g. 35.) parte seconda Proposizione XXXI. La terapia del cholera nasce immediatamente dalla co- gnizione della natura di lui, o da quel principio inconcusso regolato a juvantibus et caedenlibus. La fuga di ogni si- stema, e un filosofico eccleticismo esser drbbono le due stelle polari che illumineranno il medico. L'età, il sesso, il temperamento, la costituzione il clima e simili sono cir- costanze die rendono bene spesso individuali le malat- tie, e reclamano un metodo curativo da modificarsi ia ogni caso al bisogno particolare dell' infermo. È precet- to ippocratico, che le medicazioni universali dedotte dar- gli svariali sistemi sono il flagello dell' uman genere, e che la tattica del medico sta nel sapere al letto dell'am- malato applicare i principi giusta la bisogna peculiare. Prop. XXXII. Il metodo antiflogistico con sommo ardore proclama- . ^7 to dalla scuola fisiologica che ovunque noii ravvisa , se non gastro-enterite, in generale considerato, e sempre funesto; poiché una trista esperienza ci ha convinto, che r inerzia e 1' aspettazione, in cui fatalmente riduconsi i diluenti, e che tutta la serie de' rimedi minorativi , e micidiale ai cholerici; che 1' emissioni sanguigne s' op- pongono direttamente alla natura del male , e che la speranza della gnarigione è in ragion composta della pron- tezza e dell' efficacia de' rimed . Prop. XXXIII. Consistendo il male in una adinamia del sistema nervoso, ben si comprende che i tonici e gli eccitanti esser deggiono 1' àncora di salvazione, cui dovrà il me- dico ricorrere, che voglia al felice porto menare l'uma- nità afflitta, iiono da raccomandarsi a preferenza la de- cozione di cortice peruviano, il solfato di chinina, e gli eccitanti diffusivi, come 1' etere solforico , 1' acqua di cannella, 1' alkerraes liquido, 1' alcool canforato , il li- quore anodino di Hoffman^ l'acetato di ammoniaca, e simili- La dose e la prescrizione di siffatti medicamenti dee al bisogno particolare deU'infermo proporzionarsi (i)* Si applichino contemporaneamente vescicatori alla nuca e alfepii;astrio per eccitare la pelle e rimediare in qual- che guisa alla paralisi dell' ottavo paio de' nervi cere- brali e a quella del plesso solcare. Se il raffreddamento invade le intere membra superiori e inferiori, se la eia-; nosi occupa buona parte del corpo, e il collapsus è im- minente, si porga tale mistura a periodi più ravvicinati e vi si aggiunga dell' alcool e della canfora: nel tempo istesso s' inietti un lavativo composto di once due di vi- no generoso e oncia una di alcool con mezza dramma o^ (») Io soleva servirmi della seguente mistura ;». di Etefc solfòrico dram-- ma mezza, di acqua di cannella once due, di alkernies liquido oncia- una f di sciroppo di scoi-za di arancio oncia una, cui aggiungei'u qualche dosit di acqua teriacule per togliere la complicazione vciTttiiiosa, e focea berne osili mezz' ora una cuccldajala. 88 di canfora; si applichino pure i ferri caldi ai piedi , e ai maximum di energia del morlio si ricorra alla pra- tica del Petit, di situare lungh' esso la colonna verte- brale una doppia lista di flanella insuppata di alcali vo- latile, e sopra strisciarsi un ferro da stirare ben caldo, ad oggetto di scuotere e destare una forte reazione del sistema nervoso. Io ho veduto con tali mezzi parecchi infermi già joervenuli ad uno stato d' imminente colla- psus, salvati dall' algidismo; ma ingenuamenle confesso che allorché toccavano il primo periodo in modo assai grave e pericoloso, poca speranza eravi di guarigione , perocché dal primo scoglio campati, ne inciampicavano in uno maggiore , pel tifo che nel terzo periodo svi- luppa vasi. Prop. XXXIV, Il vomito può sopprimersi coH'uso interno della neve, del gelato di scorsonera, dell'acqua gelida presa a sorsi, della pozione anti-emetica di Riverio \ i quali rimedi oltreché estinguono la sete urente , ristorano i miseri cholerici, che con anzietà gli tracannano. E per fermar- mi un po' suir ultimo, chi non conosce sul proposito le felici osservazioni del Parkin ottenute dal bicarbona- to di soda o di potassa sciolto nell'acido citrico, o tar- tarico , e bevuto prima della fermentazione ? Lungi dalla sua fallace teoria sull'utilità dell'acido carbonico gratuitamente asserita, sembra, che tale farmaco agisca qual semplice tonico, e snspe.ida sol que' moti convul- sivi del ventricolo, che dal manco d' innervazione pro- cedono. Nella mia pratica io me ne sono con profitto giovato, anche per le diarree. Prop. xxxr. La diarrea è da combattersi coi tonici e cogli astrin- genti amministrati e per bocca e per l' ano, i quali so- vente sospendono lo sviluppo del cholera da quella per 1 ordinario preceduto, (i). (i) A tal uopo ho a prcEercnza prescritto la decozione di china-china ogni I 89 Prop. XXXVI. Il ra(rre(5damenlo della pelle si può allontanare coi bagni aromatici a vapore, colle frizioni secclie , e coi senapismi alle eslremilà. Ippocrate conobbe di qual mo- mento sia ne' profluvi alvini slimolare la pelle e atti- vare la sua funzione, e ci lasciò quel detto fondato sui principi di una sana fisiologia: ahi laxitas^ cutis den- sitas^ cutis raritas, ahi densitas. Si avverta però di fuggire i bagni semplici di acqua tepida, che se possa- no in parte giovare per la diaforesi die destano , sono sommamente uocevoli per lo stato di languore che de- terminano. Prop. XXXVII. I crampi si calmano, se sono troppo molesti , colle fomentazioni di ac(|ua tepida dì lattuga. Prop. XXXVIII. La gastro-enleralgia può calmarsi cogli anzidetti ve- scicatori suir epigastrio , e coli' applicazione delle mi- gnatte, le quali minorando gì' ingorghi , sonosi speri- mentati proficui. Prop. XXXIX. Nel cholera secco, o in quello sopravvenuto dopo po- cliissime deiezioni alvine e degenerato in quasi improv- viso collapsus con cianosi pressoché universale, si può praticare impunemente il salasso generale, il quale gio- va non come mezzo antiflogistico, ma per legge idrau- lica minorando la massa del sangue aggrumato e ravvi- vando meccanicamente la circolazione. Esso si è veduto proficuo per le circostanze summentovate ne' soggetti pletorici, e sotto i climi meridionali. tre ore nella dose di una dramma, e una delle seguenti pillole />. di radice di ratania due dramme, di gomma kino una dramma , di gomma arabica una dramma, mescolale a siijficiente quantità di giuleppe di cotogno, e di- videte in dieci ioli da prendersene uno ogni ora. Nello stesso tempo s' in- iettino clisteri di carbone yegetabilc. Raccomando moltissimo l'uso d«l ta»- iiino puro internamente. 9<5 Prop. XL. Generalmente fuggasi 1' oppio come la peste. Gli espe- rimenti di Alston sulle rane confermati da que' del W^ightt haa fatto conoscere che dopo 1' amministrazione di esso vien meno la velocità del moto del sangue; e non poche osservazioni fisiologiche mostrano ancora con- tro la scuola di Brown^ che allora per lo ritardo dei mot» del cuore e della progressione de' fluidi il polso rendesi pieno, e che ingorgamenti formansi in varie parti dell' organismo, principalmente nell' encefalo. Dunque rileverassi facilmente di qua' tristi successi potrà venir seguito r uso dell'oppio nel cholera^ in cui pel manco d' innervazione avvengono i fenomeni di generale col" lapsus. Prop. XLI. Ma nella spasmodia della forma morbosa descritta nella prop. Vili, gli eccitanti inaspriscono vie più l'in- quietudine e il vomito convulsivo. Allora, oltre i bagni a vapore le limonèe e gli eccitanti della pelle, ho ado- perato con profitto gli oppiati e i calmanti (i). Prop. XLII. L'ipecacuana da molti lodata, di nocuménto esser po- trebbe in una malattia, nella quale il fenomeno che quella muove, è spontaneo. Ma se il soggetto ne' prin- cipi dell' invasione offra sintomi di reale imbarazzo ga- strico, con qualche utilità si potrà per mezzo dell' arte provocare vie più il vomito. Prop. XLIII. L' uso generale del protocloruro di mercurio è inte- ramente empirico. Si commenda sotto il falso pretesto di eccitare la già sospesa secrezione della bile ; ma ol- treché un tale medicamento aumenta lo scolo intestinale, (i) Cioè la seguente mistura, p. di acqua distillala di lattuga e di acqua teriacalc once due , di laudano del Sydenam dramma una , di gomma hino mezza di-amma, di diacodio oncia una; della quale se uè dia mia CUC' chiajata ogni mei/.' ora sino alla cessazione del vomito. inutile è ogni tentativo che su ì fenomeni seconclari si dirige per istabilire l'integrità fisiologica delle funzioni. ^ ^ Prop.XLIF. La polvere di carbone vegetabile cotanto maravigliosa allorché per clistere si usa, è di poco , anzi pericoloso efFelto amministrata per bocca giusta il nietodo del Biett volto a neutralizzare il principio deleterio. Avvengachè non solamente non cagiona giovamento alcuno, ma vie- ne invece seguita da dolori e da incordatura de' visceri addoniinali, siccome 1' osservazione mi ha fatto cono- scere. Prop. XLV. Il cloro, r acido carbonico, il mercurio e tutta la se- rie de' pretesi rimedi specifici diretti a distruggere il virus coleroso non si commendano se non da coloro , che le leggi ignorano del sistema vivente. Egli è vero, che riduconsi in ultima analisi nelle leggi generali della materia; ma la chimica inorganica è bene spesso insufticiente a render ragione de' lienomeni organici ; e dalle pretese affinità, mercè i sopradetti farmachi, non si è niun successo particolare ottenuto, siccome non si è sinora rilevato dalle sostanze cosiddette littoutritiche volte a spezzare i calcoli del corpo umano. Prop. XLFI. Le bevande ordinarie siano le orzate la decozione di riso i brodi di pollo o di vitello, se pur lo stato con- vulsivo dell' infermo gli permetta; se no , 1' acqua ge- lida, il gelato di limone o di scorsonera, e anche il bro- do zuccherato gelato sarebbero le uniche bevande che potrebbero ristorare i miseri cholerici. Prop. XLVn. Il trattamento della reazione dee modificarsi a teno- re de' sintomi che si manifestano, e che collettivamente presi esprimono una infiammazione, una febbre infiam- matoria o adinamica. Nel primo caso giovano gli anti- flogistici regolati secondo i principi dellascienza, ma nel se- 9* tondo sarebbero Jel massimo nocumento. Grande è stala la slragge dai medici operata, quando il coma e la dispnea, sintomi tifoidi nella maggior parte de' casi, han voluto con replicati salassi combattere; e io medesimo sono stato testimone di fatali avvenimenti sopra que' sciagurati che a larghe emissioni sanguigne erano stati sottoposti. Xaddove la cura è in sifTalti casi da restringersi solo all' applicazione delle mignatte sulle tempia, e qualche scarificazione sulle spalle, porgendo internamente la de- cozione di riso, i brodi di vitello, qualche dose di vale- riana silvestre, e, se maggior bisoj^no lo richiede, la canfora, le polveri di James, e altri rimedi voluti nel tifo. Prop. XLFIIL Essendo il contagio cholerico dovuto ad ignoto prin- cipio deleterio , chiaro appare di quale utilità siano i disinfettanti, fra cui occupano il primo posto il cloro e la canfora. Prop. XLIX. Tutto l'odio che il genere umano nutre contro que- sto maledetto morbo, si è ovunijue scagliato contro co- lui, che saldo ne' suoi principi ne ha primiero annun- ziato r invasione. Laddove i cerretani che lo hanno con altre malattie confuso, ed hanno lusingato il volgo, sono Stati di caduca gloria colmati. Lr. Luigi Castellana* Sul Colera di Palermo cantica di Ugo dei Bassi Bar' nabita — Palermo Tip. Roberti 183/. Canti 3. JLi amor del vero dà qualche fiata incitamento a ma- nifestare cotali opinioni, che fruttano, a chi vi si accinge dispiaceri non pochi. Né io perchè talun mio pensamento espressi sulle prediche di Ugo dei Bassi Barnabita (i) me la scapolai intatto (2): imperocché fui detto maligno, e di cotal tempera da non saper nutrire in seno verua sentimento generoso. Die peso a cotesla taccia il pessi- mo Colera, che avendoci travaghato con quella tempe- sta orribile , da cui fummo quasi disfatti , ed impedì al mio articolo di veder la luce a tempo, ed apprestò materia al B;issi, onde gratificarsi altrui. Ma poteva io disfare ciò ch'era fatto? Certo che no: anzi ove fosse stato a me il potere, non mi ci sarei arreso , che nel- r animo h»io non entra, d'onde nasca la taccia d' ingra- to, la quale mi fu così appiccala addosso. Conciossiac- chè vuoisi, e non v' ha dubbio, a chi veramente o ap- parentemente ti benefica rimaner grato, e puossi in fatto di letteratura seguire opinioni, che da quelle del bene- fattore discordino assai. Il contrario mi è paruta sem- pre strana dottrina, e però avendone cerca la sorgente, colpa del mio corto ingegno, non mi è slato concesso ritrovarne il vero: dimoilochè non ci vedendo aperto, e sapendomi tuttavia d'amaro colgo 1' appoitunità presente, onde dare al Bassi la dovuta lode per la filantropia, di che fii' mostra tornando, all'udir della nostra sciagura, da Napoli in Palermo, e dire insieme alcune mie idee sulla Cantica da lui stampala. Non metterò in disamina se sia Romantico, o Clas- sicista: nomi da' savii avuti a sdegno, sendochè una vuol essere la poesia, come uno è il vero, ed il bello. E co- mecliè la nuova scuola abbia in Italia prodotto colali opere, di cui possa a buon diritto lodarsi, pure le stra- vaganti produzioni, a die ha dato il nascimento, basta- no a scoraggiare i più ardenti settatori di lei. Laonde sembra, che coloro i quali han fior di senno, vogliano oramai avvicinarsi Ira loro, e sbandendo ciò che nel- l'una parte rinviensi di strano, e di pedantesco nell'al- (1) Vedi Effemeridi sci.ent. fase, di Maggio 1837. (2) latorno ad Ugo Bassi Parole di FiUpfO Minolfi presso F. Lao 1837. 94 tra prender quella via di mezzo, che sola può ricondurre la fioesia a quel bello e grande scopo, da cui pare sviata. È da sperarsi almeno , che ove questa unione non sia ancora avvenuta, in alcun tempo si avveri. E bensì opportuno andar divisando il piano di questa Cantica del Éassi per far avveduto chi ci vorrà leggere, che nulla in essa di nuovo ritrovasi nel concepimento, e nemmeno nell'esecuzione. Daj)oicliè ne sembra che il nostro poeta abbiala distesa filillo seguendo le orme del Monti, fattivi altresì taluni njutamenti , che bastano a darle aspetto di novità. Eccone l'argomento. Un Astolfo morto dell' asiatico morbo è da un An- gelo condotto in un luogo, che non si sa dove sia, ed ivi fra le molte anime congregale s'avviene in un Ca- valiere appellato Giovanni Fardella , che descri vegli il Colera quale esso l' avea veduto in compagnia della spenta Maria Cristina già sovrana di Sicilia. Da ciò chiaramente si scorge avervi nel poetico lavoro del no- stro Autore un Angelo , che prende con seco Astolfo siccome 1' ebbe il Basville. Questi è menato a girar tutta quanta la Francia, onde vedervi le iniquità, che vi si commelteano, e scontare in cotal modo le sue, mentre quegli è condotto in cotal luogo da cui passar dovea a farsi bello. E cotesta una novità, che il nostro Poeta v'in- tromette, la quale quantunque non sua perchè presa dal purgatorio dell' Aligliieri , non dimctio è sempre una novità, che rimula in qualche parte le idee del Monti. Ne vi pensate, che il nostro A. voglia a pezza trascu- " l'are quel bel partito, onde sembra per poco dimentico, che se ne ricorda benissimo, e metlelo altresì in opera. Dapoichè introduce, come fa l'Alighieri, quasi un altro Casella, il quale narra al suo Eroe d'aver nudo spirto, accompagnalo dalla donna reale, visto Palermo, e Sicilia tutta. Ma non potendo il Bassi ritrarre delitti di slrc- iinle gelili, e mannaie, e morii di re, come il Monti, abbandona di nuovo la scorta sua, appigliasi al Varano, I 95 e traendo da costui la materia^ che gli si affa, metlesi a descrivere il Colera dei nostri dì quasi coi colori rae- desimi, con che quegli cantato avea la peste negli an- dati tempi in Messina avvenuta. Ritorna quindi al pri- miero concepimento, e perchè il cantor di Ferrara mette in isceiia gli spiriti di quei filosofi , die preparando la francese rivolta allora faceano festa alla vista del san- gue, e delle stragi, egli con buon senno fa, che il suo Fardella con onore ricordi il nome di quei magistrati, che visto avea adoperarsi in altrui prò. Ardeva tuttavia il Bassi di mettere anch' esso in poesia tutte quelle o furie, o demonii , che vogliansi dire, che il Monti in uno dei canti suoi descrive, ma non trovando modo agevole, ne immagina uno, che ben lo rifacesse della fatica. Toglie dal Varano la bella descrizione , che fa della morte , questo idolo veste di nuove forme, combina e mischia le immagini dell' un poeta con quelle dell' altro, e ne ricava una terza cosa, che non essendo di verun dei due tutta sua diventa. Detto così brevemente del piano generale parmi tem- po da venire a' particolari riscontri, i quali da un canto daranno fede alle mie parole, e dall' altro mostreranno tutta la fantasia del nostro autore nel contraffare, e nel tradurre i pensieri altrui. All'incominciar della cantica ci si presenta col Monti, che avea scritto w Allor timide V ali aperse^ e scos- se rt L' anima d' Ugo alla seconda vita w «. fuor delle membra del suo sangue rosse >3 « e la mor- tai prigione ond^ era uscita w « subito indietro a riguardar si volse w c< tutta ancor sospettosa e sbi- gottita». Ed il Bassi cantava: «E prima come pavida e smarrita » « guatossi intorno, e si conobbe ignuda ì) « perchè s'accorse della sua partita >i « poscia alla car- ne di che morte cruda » c< va qui superba ritorcendo il guardo » « mirò lo spirto la mortai sua druda w. Osserveremo in primo luogo , che mentre T uno ai 96 primi versi ti pone innanzi agli occhi il subbietto, di cui vuol far parola, T altro per ben sette lunghe terzine la- sciati col desiderio di sapere chi sia V uomo , di cui « Alfin dal corpo squallido discinta w « con tristo guaio s' involò la vita » « d' aQ'anuo in vista, e di disdegno tinta w e ti conduce sino all'ottava terzina, ove serven- dosi di uno di quegli appicchi, di che usava 1' Ariosto in quella intricata tela del suo poema, ti dice « poiché a saper naturalmente invoglia etc. Che questo partito, di cui in picciolo componimento volle servirsi, sia inop- portuno assai per non dirlo sconcio , ciascuno sei vede da se, uè vi abbisognano molle parole. Ma le incertez- ze, o amfibologie, di cui mostrasi vago, e che sono col- pa gravissima in qual si sia scrittore, vivgliouo essere no- tate con diligenza , ed osservate. Egli scrive , che la morte va superba della carne. Or domanderei di qual carne ? della nostra, della sua propria, o di quella di Astolfo ? Sarà questo un dubbio , che spontaneo affac- ciasi alla nostra mente, o vorrà essere una tro|)po sot- tile ricerca? È bensì brutta metafora chiamare il corpo drudo dell'anima. Oh! e perchè non si contentò dirlo col Monti « già suo consorte in vita ? Volendo, come sopra è detto, che al suo Astolfo ap- parisse pure un Angiolo, ei prende le mosse da quelle due terzine del Purgatorio di Dante « Ed ecco qual sul presso del matlino eie w « Colai in appan'e s' io ancor lo vcggia >j « un lume per lo mar venir sì ralto*> « che il muover suo nessun volar pareggia » Le (juali in questa forma vennero dall' A. nostro tramutale. » Sic- come allor che plesso iwì ciel tuona eie. » « tal vide r alma negli aerei campi » un raggio allora balenar so- vr' ella » « si che la palma per le cij'l.a aciampi w. Non e una espressione da secentista questo accampar la ma- no per le cifrila, e che appena slarehle hene all' Achil- lini ? E pure ella fu tratta di peso dal XV del Purga- torio, e trasmutata come già vedeste ; ecco le parole 97 dell' Alighieri « Ond' io levai le mani in ver la cima » M delle mie ciglia^ e fecemi V solecchio m. Indi prosiegue il Bassi » poi rimirando tremula una stella w « veder le parve e quindi a mano a mano » » si ravvisò la creatura bella w. Ed in Dante sta scritto « come pia e piti verso noi venne w /' uccel divino più chiaro apparve». Da qui, come vedesi, altro non prese se non se l' immagine dello appressarsi dell' angelo, ma non gli bastando, ed avendo l' A. bisogno proprio delle parole con cui espresse la sua idea, le andò rifrugando dentro I' Alighieri , e per avventura trovoUe belle, e fatte, uditele: « A noi venia la creatura bella >j « biaìi- co vestita, e nella faccia quale » « par tremolando mattutina stella. Giunge Analmente « L' Angel di Dio, che di fattezze umano » « raggiava dell' angelica natura , » « e cara- mente a lei porse la mano » e ogni uomo s' accorge, che va qui riprodotto il Monti, il quale avea cantate » Dolce con un sorriso la raccolse,^ e confortolla l'Engel di Dio beato. Ma per dirla nettamente, a noi pare che un Angelo di fattezze umano, cioè con umana forma che presentisi ad uno spirito, non crediamo che sia ben pen- sata immagine; ne ci pare esatto il farlo umano, e rag- giante dell' angelica natura, poiché se non siamo in in- ganno, la crediamo una contradizione, od una cosa tanto fuor di natura da non potersi di facile ben concepire. Se poi per umano di fattezze intendea cortese, in tal caso sarà una frase di freschissimo conio. Innanzi tratto, e prima che si proceda avanti, vuoisi por mente, che fin ora non mi son ito raggirando qua, e là per li tre canti del lavoro del Bassi, ma l'ho seguito quasi di terzina in terzina senza essere ancora dal primo uscito, e che lo stesso tuttavia farò, mentre mi basterà la pazienza, e non crederò di recar noia a' miei lettori. Dico adunque seguitando, che nella Basvilliana 1' ani- ma d' Ugo « alla sua scoria dietro » « con volto s'av- 3 98 viò pensoso^ e basso» «di ritroso fanciul seguendo il metro » E nella cantica del Bassi 1' anima d' Astolfo >» siccome i' uom cui subita paura » « agghiaccia, e al grido son le voci estinte » « tal seguia Astolfo con la mente oscura n. Qui giova ripetere, che strana è la ma- niera del contraffare, la quale nel nostro autore riluce, e r artificio, eh' egli adopera per far si, che altro colore prendano le immagini altrui, cosa al dir del Foscolo (i) agevole assai, ne di troppa fatica. Ma l'anima d'Astolfo perchè seguia 1' angelo con la mente oscura, forse per- chè camminava al bujo, o perchè non intendea cosa signi- ficasse quello stender di mano dell' Angelo ? Se ciò era, avrebbe pur dovuto muovergli una parola , chiedergli dove il portasse, ma il nostro Poeta non prendesi cura di somiglianti dubbi, e corre il suo stadio senza darsi briga delle minutezze, che potrebbonsi affacciare altrui. Se volessi esser rigido scrutatore d'ogni verso del Bassi direi, che la terzina appresso, la quale incomincia « Aquile altere dal desio sospinte etc: t'ossegli stata sug- gerita da quella dal Divino Poema « Quali colombe dal desio chiamate etc. e da quella del Monti « indi veloci in men, che noi so dirti etc. Ma io all'incontro dico, che f)iacemi , e che le altre tutte camminano coi pie fin à dove pentitosi di far da sé ripiegasi suU' Alighieri. Difatti ei scrive: « Eranvi d'alme generose e sante » ce che alcuna pecca dal mortale ostello w « lunge ritiea dal desialo amante ». Terzina oscura perchè avrebbe dovuto dire alcuna pecca contratta nel mortale, o tutto al più del mortale ostello ». Quindi soggiunge « Eran pur salve dall'eterno avello, » « e li attendevan varco oltre a queir onde, » » ove lo spirito uman poi si fa bello » « ogni terra del mondo ivi risponde, » « e l'an- geliche mani ad una ad una >j c< le posaa tutte alla ma- (i) Fosc, sui versi di C Arici Milan, V. i. 99 rina sponda » « mentre l'ignudo popolo s'aduna » et di un cedro verde in ben polita scorza »3 « ricde il noccliier della fatai lacuna. » Confrontinsi ora con questi versi di Dante, e se ne ricaverà la stessa sentenza w. « OiidHo cìiera alla marina volto w « dove Vacqua di Tevere s insala « « benignamente fui da lui ricolio >j « a quella foce ha egli or dritta l'ala, » « peroccliè sempre quivi sì raccoglie » « quale verso Acheronte non si cala ». ce Arroge il verso » « quasi obliando dire a farsi bel- le » et e l'altro o « ove rumano spirito si purga » e la terzina « Similmente il mal seme d'adamo » « giUansi di quel lito ad ufia ad una w « per cenni etc: e 1' altro « il nocchier della livida palude » e quanti vi si tro- vano su e giù raccozzali , e poco al Bassi reslerà del suo. Ma questa terzina, die vien dopo w « nò v'Iia di ve- lo, ne di remi forza w « l'Angelo è in poppa, e alle do- rate piume » ce governa il vento non per poggia ed or- za » « pareggia iu tutti i modi a ciò , che nel secondo del Purgatorio si noia « Vedi che sdegna gli argo- menti umani w « si che remo non vuol ne altro velo, » « che l'ali sue tra liti si lontani » « f'^edi come V ha dritte verso il cielo >-> « trattando l'aere con /' eterne penne etc. Leggesi poscia « 1' anime liete di quel dolce lume » « venute a piaggia leva la barchetta » « e guatan quello nell'estrauio fiume w « ove, quantunque // liete di quel lumey riescami molto oscuro, parrai, se mal non m'appon- go di ravvisarvi un non so che dei versi qui trascritti « la turba, che rimase li, selvaggia >? « parca del luogo rimirando intorno » « coiìie colui che nuove cose assaggia ». E qui taluno potrà credere che il verso di Dante « e '/ sen gi come venne veloce w abbia ap- prestato materia al nostro poeta di dettar questa simi- litudine c< qual lieve fugacissima saetta w « f^uindi di cozzo suir acuta prora » si parte , ed altra iulla ivi lOO l'aspetta, ma quanto non andrebbe fallito nel suo pen- siero? Giacche l'ottavo canto dei dannati con quei ver- si, che suonano « corda non pìnse mai da se saetta » « che sì corresse, via per l'aere snella » « coni' io vidi una nave piccioletta » « venir per V acque verso noi in quella » con 1' aggiunta di quell' altra « anche di qui nuova schiera s'aduna., » svegliarono la fantasia di lui, e diedero a quella terzina il nascimento. Pare , che il fin qui detto sia bastante a sdebitarmi della mia parola, poiché i passi da me recati son tali, e tanti da soddisfare i più schivi ancora. Ma se vi sia pur tale, che brami altri riscontri, abbia egli un pò di pazienza, e colla cantica del Bassi in mano percorrendo la Divina Commedia , e gli altri due per me cennati rinverrà molto da spigolare anzi da mietere, che io con- sultando la ragione della brevità, e non volendo riuscir ' noioso, qui metto termine al mio dire. È bello intanto andar notando una sentenza dal Fo- scolo in simile occasione pronunziata (i) « esser, cioè, difiicìlissimo a chiunque imprenda di scrivere lo scegliere uno stato d'animo corrispondente alla tempera del pro- prio cuore, ed alle forze del proprio ingegno, e dipen- dere assai volte da quella scelta la triste o felice riu- scita di un'opera ». Imperocché una volta, che l'uomo accingesi al lavoro e non rispoìide la mente agli sforzi della volontà, agevolmente per iscampo di fatica ai pen- samenti altrui s'appiglia, e però invece di un originale lavoro una copia talor mediocre e talor trista ne nasce. Pregio anche di questo articolo sarebbe fare un cenno delle minori poesie del Bassi , che vanno alla cantica congiunte, e della predica, che dai mille fiori s'intitola. Ma comechè io vegga la ragionevolezza di tal pensiero, tuttavolta per alcuni motivi, che bello è il tacere, me ne rimango. E però credo miglior partito andar signi- (0 FoKoIo loc. cit. 101 ficanclo alcuna verità, che di presente F animo mi sug- gerisce. È cortesia e generosità far buon viso a quell' estranio, che portasi in questo suolo ospitale, e dargli ricetto, ed onorarlo ; ed e bello esser larghi di applausi a chiunque metta piede tra noi , e ne dimostri il suo valore. Ma questa stessa generosità , ma questa cortesia vorrebbe avere i limiti suoi; che non è bene prodigar lodi, ove non sieno opportune, non è bene ammirar tutto, che veu" gaci dai forestieri, e spregiar sempre le nostre cose , e stando con le orecchie tese ricevere qual tesoro ogni ob- bietto, che da loro ci sia recato. E questa una ve- rità , che a molti parrà dura , ad altri vecchia , ed inutile; ma comunque sia , 1' ho voluta dire ; acciocché ^a suggel che ogni uomo sganni^ che io, poiché non fo professione di critico, che non ho in me tante forze, ne di maldicente, che non mi sarebbe a grado, ne pri- ma ne ora mi sarei impacciato dei fatti altrui. Ma che altri, perchè estranio sia, senza giusta estimazione leva- to a cielo, e ad altri senza averseli meritati tocchino dei buoni rimproveri, non era da tollerare; e però son disceso alla seconda prova, desiderando, che pure una volta ci sia tolta dal volto quall'antica macchia, per cui è detto, che qui si san nutrire gli altrui figliuoli, e cac- ciansi via i propri. iV". Camarda. Sulla riforma dei pesi e delle misure nei reali domi- nidi qua dal faro. — Considerazioni di Giuseppe Ce- va Grimaldi. — Napoli 1837. - I dadi gittati a tempo proprio, dicea un antico, sono i migliori, e mostrano il consiglio e l' intelligenza de- gli uomini. Così il marchese di Pietracatella, volgendo sempre i suoi sguardi ai bisogni più gravi della nazione, 102 che si sono a seconda dei varii casi più o meno forte- mente agitati, ha cercato di coglier scinpvt; il punto mi- gliore per annunziare le sue idee, e favoreggiare i veri interessi del paese. Difatti varie memorie, piene di eco- jioiiiica sapienza, pujjblicate da lui nei momenti piìi op- ])orlnni convalidano questa verità, e colmano d' immor- tale onore il valentissimo uomo. A questi tempi «cri- vacchian lutti: fansi i torchi travagliare facilmente: vi è, a così esprimermi, una specie di tipo-mania. Ma oli Dio ! (juanlo pochi son coloro che possan dii'e : io ho scritto pel bene degli uomini; ho cercato di lar progre- dire la civiltà della mia patria; non peritura sarà la mia fatica; ai posteri verrà il mio nome raccomandato. Il primo elemento che apprestano gli scrittori per far conoscere il loro ingegno, e T animo loro è il subbietto su cui han rivolto i loro pensieri e i loro studi: il mo- «lo come viene poscia trattato caratterizza i gradi del loro giudicio, e della loro dottrina. Perciocché se quello primieramente è futile o vano si potrà dire vano e fu- tile essere l' ingegno dell' autore; siegue poscia 1' altra idea che risguarda la sapienza o insipienza di lui. Gli ar- gomenti pensati dal marchese di Pictracatella sono stati sempre di sommo momento, e i più opportuni: il modo come gli ha volti e considerati non poteva essere più nobile, ne più sano e più erudito. JSoi abbiam fatto sempre conoscere ai nostri lettori la più parte delle fa- tiche di questo esimio scrittore, sia cennandole, sia ex- professo parlandone. Quindi ci gode immensamente l'a- nimo, in tanta penuria di veri sapienti , ragionare di uomini che alto si elevano, e che onorano senza orpelli r età nostra. Il potere alla sapienza e alla giustizia con- giunto è rarissimo spettacolo , ed il jiiù bello per av- ventura, che, in mezzo a tanta corruzione e a tante mise- rie, ci possano ofTerire le civili società. La moneta, i pesi, le misure sono obbietti di gran- dissima considerazione: ne' due ultimi secoli il disordi- io3 ne delle monete era immenso, ed infestava gran parte della Germania, e, più che ogni altra contrada di Eu- ropa, gli Stati Veneti, quelli della Chiesa, la Toscana, la Lombardia, il regno di Napoli , la Sicilia ; onde si videro sorgere mano mano da ogni luogo dell' Italia scrittori filosofi, che considerarono la moneta da ogni banda, parlando del suo uso, del suo valore, della sua circolazione, delle materie con che si fabbrica, e di quan- ta importanza sia negli umani consorzi. La voce degli scrittori fu finalmente udita; ed il sistema della moneta fu rettificato, risentendone ogni j)aese , che prima forte deplorava il suo stato, piij o meno i benefici effetti. Così a questi tempi si è credulo non avere i pesi e le mi- sure del regno di Napoli uniformità ne esattezza , che sono i due caratteri, che dovrebbero assolutamente di- stinguerli. Quindi ne son nati i lamenti de' commer- cianti, i desideri dell' onest' uomo, gli avvisi dei consi- gli provinciali, quello della Direzione di ponti e strade, il parere della Consulta, le opere degli scienziati. Egli è certo che gì' interessi privati, le private abitudini muo- vono gli animi, e guidano spesso i pensamenti degli uo- mini: le passioni sono la molla delle società umane: quindi nacque che ogni Consiglio non solo, ma ogni uo- mo eziandio proponesse le desiderate modifiche a secon- da de' propri affetti, o dei bisogni particolari del suo paese. Ma sì facendo veniva meno quella uniformità tanto reclamata dalla ragione, e che dovrebbe essere base di un sano sistema di pesi e misure. Il Piazzi, il generale Escamard, il colonnello Viscon- ti, il Capocci, il Flauti, ed altri scrissero più o meno dottamente, ed annunziarono con franchezza le loro idee, proposero i loro sistemi: viene oggi il marchese di Pie- tracatella, che fu già uno dei primi ad elevare la voce in tanto bisogno, e col connato libro, agitandosi ora viva più che mai 1' importante contesa, esamina le opinioni di tutti, i sistemi di tutti espone, e con quella vera- io4 conda libertà, che sì caratterizza il vero sapiente , an- nuncia le sue idee, non altro avendo in mira che il vero e la giustizia. Noi non siamo, egli dice, più a' tempi nei quali la scienza aveva i suoi Ercoli , i suoi Tesei dell' intelligenza, e nei quali poteva dirsi credete e non esaminate: in quistioni di tanta importanza ognuno vuol vederci chiaro. In selle paragrafi è diviso tutto il libro : nel primo si espongono idee generali sull' assunto, e si danno ai lettori cognizioni chiare e precise dell' argomento, pre- parandosi le fila della discussione in cui l' autore si av- volge: nel secondo si dà un cenno delle varie riforme dei pesi e delle misure progettate nei reali domini di qua dal faro: nel terzo si discutono le basi del sistema metrico francese: nel quarto si fa una breve analisi delle opinioni del Piazzi sul sistema decimale, e di quelle della Consulta, e del Visconti: nel quinto si ragiona del sistema metrico aragonese: nel sesto si fanno alcune os- servazioni sul progetto del medesimo "Visconti: nel set- timo finalmente si chiude 1' opera facendo delle osser- vazioni, non so se più giuste o più vere , sull' attuale metrico sistema. Noi crediamo che non possa questo argomento trat- tarsi con più giudicio, e più sobria erudizione di quello che ha fatto il nostro autore: divisa la materia nella maniera che abbiam veduto, egli pianta la quistione di- cendo che in tre modi può aversi una riforma dei pesi e delle misure di uno stato: i.° inventando un sistema nuovo, indipendente affatto da ciò che esiste, e che ab- bia tutti i requisiti della perfezione: 2.° ritenendo co- mune all' intero stato il sistema metrico della capitale, o di qualunque parte di esso: 3.° facendo precedere que- sto fatto dalle correzioni che si stimeranno convenienti per renderlo più o meno perfetto, secondo le circostan- ze. Io credo che volendo formare un sistema di pesi e misure non vi sia alcuno che possa allontanarsi dai mo- io5 tli indicali dal nostro autore. Certamente il miglior mez- zo sarebbe il primo, perchè, potendosi , si verrebbe a formare un sistema novello confacente agli usi , ai co- stumi, e ai bisogni di una nazione. Ma questa nazione dovrebb' essere, secondo me, giovine e vergine; poiché, vecchia essendo, i suoi pregiudizi le sue abitudini i suoi usi le sue stesse reminiscenze contrasterebbero e fareb- bero guerra a una riforma cardinale. Onde si è costretti seguire il secondo mezzo, che è quello di correggere il sistema là dove si reputa più acconcio. Io però stimo che il render comune ad un intero stato il sistema metrico della capitale sia il miglior di- visamento, ed insieme il più sano ed il più utile: per- ciocché riducendo ad un punto solo le misure ed i pesi si verrebbe ad ottenere quella uniformità si reclamata dal buon senso, e dal progresso dei lumi; quindi si ver- rebbero nell'istesso tempo a cacciare in bando le varia- zioni e le anomalie tra provincie e provincie, e tra pro- vincie e capitale. La qual cosa non sarebbe alla line gran fatto malagevole; poiché non potendo le differenze, nelle varie parli di un medesimo stato, essere ne car- dinali ne di grande momento; ed essendo i popoli delle provincie in continuo commercio con quelli della capi- tale, nasce che pienamente sono intesi della nomencla- tura , e del valore effettivo dei pesi e delle misure di quella; poiché hanno imparato per secoli, e per tanti le- gami civili morali commerciali , a riconoscere come pro- prie le cose che ivi sono. Laonde credo che non solo non verrebbero a soffrirne gran fatto, ma vi si potrie- no facilmente assuefare: anzi per quel sentimento pro- fondo , che forte domina in tutti i popoli provinciali , d' imitare quelli della capitale , e gareggiare con loro , sì perché stimano le cose di lei sempre migliori, sì per- chè naturalmente le invidiano e le desiderano, si per- ché credono d'ingentilirsi adottandole, avviene che lo fa- rebbero senza diflìcoltà e senza stento; poiché nelle loro io6 menti non potrebbero allora sorgere pensieri di sospetto o d'inganno, ma di miglioramento, e di brama pel loro progresso avvenire. Ciò fatto , qualora il sistema della capitale, adottato già in ogni paese, merita di correggersi, si dovrebbe a parer mio scendere ad una seconda operazione: onde avere, dopo dell' uniformità, l'esattezza. Primieramente egli è certissima cosa, per la natura degli uomini e delle nazioni, che le provincie di un regno veggcndo esser le proposte riforme per tutti i popoli del medesimo , co- minciando da quelli della capitale, non solo non muo- veranno alcun lamento , ma le adotterranno tranquilla- mente, e con occulta sì ma grande compiacenza ; poiché i popoli delle provincie amano di vedersi accomunati , e livellati, ove più il possano, ai popoli del paese che centralizza gli affari, e li dirige. Le riforme però , a quel che io penso, non dovreb- bero fiarsi ad un colpo, ma a poco per volta, e a non brevi intervalli: ed in tal guisa appena sensibile sarebbe ad una nazione la grande opera che si va escogitando; colla certezza che lo sconcio la confusione il danno, che dovrebbero sorgere naturalmente da un' estesa e diretta riforma dei pesi e delle misure, non si risentirebbero gran fatto. Ciò non pertanto , malgrado di queste opinioni, io credo eziandio ( nel che mi accosto interamente al pa- rere del nostro autore ) , che quando pessimo non è il sistema in uso nei vari luoghi di uno stato, allora sag- gio consiglio sarebbe quello di non alterarlo affatto , bensì cercar di accompagnarlo dall'indicazione dei rap- porti, che passano fra esso, e le misure analoghe di un sistema che sia generalmente conosciuto fra i popoli della colta Europa : e questo , per consentimento universale, dovrcbb'essere il sistema metrico francese, che è quello adottato da tutti, come, secondo si esprime il nostro au- tore, termine di paragone delle misure delle altre na- zioni. Or questo appunto è l'avviso che nel presente la- voro luminosaraenle si sostiene. I07 L' autore crede esagerate in parte, ed in parte false le querele che si sono mosse dai vari putiti dei domini continentali contro il metrico sistema in uso: onde vor- rebbe che non si alterasse, e solo qua e là, secondo il bisogno maggiore, si andasse rettificando. Egli prova ciò che asserisce: con esempi e con fatti correda le sue dot- trine; scende ad esaminare i progetti di coloro che mct- teano innanzi le varie modifiche , che ognuno, secondo il proprio interesse o il proprio giudicio, credea doversi apportare al sistema metrico della capitale; robustamente le confuta; con forti ragioni ne trionfa, ed i suoi pen- samenti con una progressione sempre crescente di sottili giudici appieno consolida. E per vero gravissimo sarebbe il danno che verrebbe non solo al comune commercio , ma alla civiltà e alla morale dei popoli, da una innovazione o sensibile alte- razione al sistema metrico di un paese, quando un po- tente ed urgente bisogno, come sarebbero errori ine- sattezze frodi confusioni, non vi costringessero a farlo. Il popolo avvezzo da secoli ad una data maniera di pe- sare e di misurare i vari obbietti della natura e della vita civile, si vedrebbe smarrito ed immerso in un caos, d'onde non potrebbe sorgere che con grandissima pena, e senza certezza: quindi gli errori i malcontenti le frodi: la mala fede dominerebbe tutti gli animi ; si arresterebbero le intraprese commerciali ; e nascerebbero un' immensità di mali di grau lunga maggiori di quelli che si sono voluti evitare. Onde non si potrebbe certo biasimare colui che volesse in cosa di tanto momento cammi- nare con pie lento e con maturo consiglio; ed a me sem- brano indubitate le seguenti idee che dall'autore con som- mo giudicio si sostengono: » se si volesse, ei dice, adottare un sistema metrico scientifico,qual è il francese, ed adottarlo con severità puritana^ senza riguardo alcuno al passato, senza la menoma concessione agli antichi nomi , alle anti- che misure, agli antichi pesi, alle costumanze ed abitu- io8 dilli nostre eli quattro secoli, allora potrebbero i van- taggi essere bilanciati coi danni. Ma invece si pro- pone un sistema misto di principi scientifici e di con- cessioni, e pare che i principi entrino quasi furtiva- mente tra le tante concessioni, che pure chiaramente si definiscono come assurde e mostruose ! ».Onde qualora il sistema metrico di uno stato è plausibile si lasci, che altrimenti volendosi migliorare si peggiora. E qui bellis- simo torna il ricordar pure le gravi parole, che l'autore per convalidare l'obbietto del suo libro riceve d' altrui: « un sistema metrico del tutto nuovo, che niente o poco coin- cida colle cose preesistenti è senza dubbio una delle più grandi vessazioni che possa darsi ad un popolo. Tutto deve essere riformato, i regolamenti dell'amministrazione pub- blica, i calcoli delle arti, delle scienze, le applica- zioni che ne risultano. Le differenze che deve incon- trare questo avvenimento , obbligano di ricorrere a leggi coercitive, che in fatto si trovano dirette a rom- pere violentemente gli usi , i costumi , le abitudini, e punire per mancanze di per se stesse indifferenti. Questa circostanza rende inefficace l'effetto, raffreddando lo zelo delle stesse autorità, cui è dato di applicarle, o di curarne l'esecuzione ». Dunque alle napolitane cose da presso ritornando, veg- gendo il nostro autore che l'uso p. e. della doppia ca- raffa produce dei disordini vuole che si abolisca , e che si conservi solo quella legale di once 24 "> quindi propone che si aboliscano eziandio le varie capacità del barile , e si ritenga quella di 60 caraffe solamente. Prova poscia all'evidenza l'errore di coloro che vorreb- bero accrescere il moggio napolitano da 900 a mille passi; e chiaramente dimostra i guasti che nascerebbero da un'alterazione di tal natura, correndosi il pericolo di non avere più, siccome saggiamente egli dice, alcuna proprietà territoriale determinata, come la era. E stu- pende a tal proposito mi sembrano le sue osservazioni. « Sarebbe questo (ei soggiunge) il vero espediente di prò- durre litigi infiniti, dar nuova larghezza di arbitri e di frodi agli agrimensori ed eslimatori, e di questa ruinosa merce di liti noi siamo per isventura il popolo più ricco dell'universo. Noi permetta Iddio! Il povero colono che per tradizione è avvezzo a misurare ad occhio il cam- picello che prende in fitto, la parte che vuol seminarne, come si adatterebbe a queste nuove misure che gli sono ignote ? Ne tampoco vi ha bisogno o vantaggio di ri- durre tutti i terreni del regno alla novella sconosciuta misura di mille passi, annullando tutte quelle altre uni- tà di misure agrarie maggiori che nelle diverse provin- cie si hanno, e che per avventura derivano dalla varie- tà de' prezzi de' terreni in diversi luoghi, quasi più te- nendosi riguardo al valore che all' estenzione .» E così egli va ragionando di tutte le misure dei liquidi e degli aridi, dimostrando col raziocinio, e con cento nozioni di fatto, la necessità che non dee rifor- marsi il palmo, e non dee alterarsi il turaolo ; che lo staio dee rimanere cora' egli è ; eh' e necessario aver sempre il rotolo 1' attuale peso di once 33 i/a, e così via discorrendo, viene ad esaurire dottamente il propo- stosi argomento. Non veggendo adunque 1* egregio autore nel presente sistema tutto quel male che altri vi ha credulo scorgere vuole che, non essendovi necessità, restin le cose come sono: ne a ciò s' induce per incerto timore di peggio, o perchè sia attaccato alle vetuste usanze , ma perchè r esame particolare delle cose, i bisogni della nazione, lo stato della sua civiltà, non che la longeva esperienza manifesto rendono il suo principio, e lo iuducon del pari a sostenerlo con quella forza che ha fatto. Perlochè egli ha annunziato quell'aurea massima e profonda, che do- vrebb' essere a caratteri di ferro scolpita nelle fronti dei miseri utopisti de' nostri giorni, cioè che i fatti sono la verità delle cose economiche; i sistemi ne sono la poesia e la favola. F. Malvica. 1 IO Elogi dì XL uomini illustri italiani , dettati da Melchior Missirini. — • Ediz. seconda. — Firenze, Ciardelti, 1837. » A te, o diletta Patria, intitolo pochi cenni sul me- rito sublime di alcuni illustri tuoi figli, e veggendo in questi la tua grandezza, te saluto con ammirazione , e t'offro i fiori, coi quali il Baido d' Albione tessea co- rona alla tua fronte. » — O Italia, che un dì colla tua grande ombra co- privi la terra: Giardino della natura: Conio, ove Teterna mano impresse la stampa degli eroi, ogni oggetto è bello in te! » Nati sotto l'inspirato tuo cielo quattro soli de' tuoi Geni maggiori , quasi vitali elementi , sariano atti alla creazione d'un nuovo mondo! — w Con queste ed altre belle parole rivolto all' Italia il signor Missirini ci fa scorgere il suo nobile pensamento di rappresentarci una galleria d' illustri italiani , il cui solo nome basta ad infondere un fremito di vita cele- stiale in chi non è affatto uno sterpo in questo diletto ed invidiato Giardino della natura. Dicendo pochi cenni l'autore spiega abbastanza il genere de' suoi elogi, brevi, rapidi , che toccano , direm così , i punti più saglienti delle glorie d'ogni uomo illustre, e concentrano come iu un fuoco r ampia luce di cui ciascuno di essi brilla. La forma è quasi epigrafica, il dettato grave, maturo, felice. Se ne vegga un esempio: Ili GIO; BATTISTA VICO MENTE VASTA TENACE PROFONDA BACONE DELL'ITALIA ALTRO de' prodi CHE SCOSSERO l'iNERZIA dell'umana RAGIONE CON SISTEMA ORIGINALE UNA SCIENZA NUOVA CREO INVISCERATO Ne' PRISCHI GIURECONSULTI ne' FILOSOFI dell'equità' NATURALE ne' principi del dritto universale RIDUSSE l particolari AD ASSIOMI LE PERFEZIONI INDIVIDUE DELLE FACOLTÀ' INTELLETTUALI IN UN UNICO CENTRO CONVERSE E TUTTO l'edificio DELLO SCIBILE RICOSTRUÌ INNALZATA l' ERUDIZIONE ALLA DIGNITÀ' DI UNA SCIENZA E TRATTA LA LUCE DALLE TENEBRE DELL'ARCHEOLOGIA I LAVORI de' GRANDI PUBBLICISTI CHE MATURAVA LO INSPIRATO CIELO PARTENOPEO POSSENTEMENTE AITO DALLA POSTERÀ GRATITUDINE all'immortalità' CONSACRATO. Baldassare Romano. iia Necrologìa del Cav. Antonio di Giovanni Mira* or mi diletta Troppo di pianger più elio di parlare Dante. Pochi, anche fra' Siciliani, lo ebbero dimestico, lutti Io amarono per fama, subita, universale. — Frequente nel silenzio della popolata biblioteca del Senato vedeasi un giovane spender su i libri molte ore, ma con tale contenzione di spirito da sembrarti astratto ; frequente intorno ai banchi de' libri, in vendila esposti, scorgeasi l'istessa figura scegliere, acquistare, e se vi ponevi oc- chio scoprivi investigar solo le sepolte glorie siciliane , non rado mira vasi al teatro, e più se il nome di Alfieri, Goldoni, o Bellini vi chiamava la gente; nell'Accademia Io scorgevi sempre operoso; nella grande aula dell'Isti- tuto d' Incoraggiamento taciturno , pensante, promotore dell'utile pubblico, più con la forza del suo suffragio, che con la favella ; rado scorgeasi percorrer Toledo o il foro Borbonico, ma sempre o tutto solo o accompa- gnato ai migliori della nazione , non mai col volgo di qualsiasi classe; la sua figura cogitabonda, i suoi piccoli occhi cerulei lampeggianti elettrici sguardi, quella testa alquanto inclinata, madie si rialzando scopriva non umile fronte , il moto della persona di uomo che prematura- mente abbia varcato mezzo il cammin della vita, il suo gestire energico, il colorito vivace delle guance, i biondi capelli, quella sua barba traente all' orato, la voce so- nora , la dolce favella , gli atti cortesi ma risoluti , il riso gioviale sincero, spesso nella gran calca della capi- tale fermavano l'attenzione di alcuno, e segnava l'ignoto come uomo distinto senza indovinare se per nobiltà di lignaggio, per uflizio pubblico, per letteraria rinomanza. Se qualche amico richiedeva dell'ignoto contezza, come ii3 a me avveane parecchie fiale, dovea sempre cominciare col verso di Dante: // nome suo ancor molto non suona. Egli sanamente non ebbe, ne volle pubblici uffizi, nou insuperbì per i luminosi natali, nou mai si tenne in conto di sapiente. Se in miglior secolo , o in miglior popolo nato egli fosse , avrebbe meritato la cittadina beneme- renza non meno de' più illustri de' nostri padri , che redensero Sicilia Il suo massimo pregio è forse il più oscuro nella nostra abbietta e tralignata età: nou è enarrabile quaut'egli amasse la patria, erano suoi nimici quanti essa ne aveva, e maravigliava come quel mite giovane instautaneamente irrompesse violentissimo contro chiunque non te ne mostrasse e nou ne fosse fervido amatore. Tutte le sue passioni rcstringevausi ad una , l'amore, ed era questa radice di mille all'etti , che va- riamente con diversa indole e pari forza modificavasi nel cuor generoso: gli erau però sacri nomi i congiunti, gli amici 5 la patria. Tale si fu Antonio di Giovanni Mira. Gl'infausti e gloriosi ricordi di sua famiglia, il pro- fondo studio fatto degli antichi , 1' esser nato nella na- zional floridezza, cresciuto col crescere della miseria co- mune, l'essersi imbevuto delle massime e degli esempi e delle reminiscenze de' nostri sapienti del varcalo se- colo, composero l'animo del Di Giovanni a virtù di tanto nerbo e di forte tempera da non trovare chi lo vincesse. Il suo core fu tutto mio, io leggeva nella sua mente come in un cristallo, anzi come nella mia stessa, però lo conobbi intero. Quel suo core era ingenuo quanto quel d' una vergine , maschio quanto quel d' un eroe ; egli ne avea fatto tempio ed ara, anzi dono alla patria. Quindi difensore di ogni antica giurata regalia, abbor- riva le novità, le strane idee di oltremare, gli anarchici, gli utopisti, i visionari di ogni fazione; quindi ammira- tore lodatore come appunto lo siamo, in pace sof- frissimo l'onta che ci vien da un francese, il quale im- pavonato di nostre penne crede involarci impunemente una gloria che è siciliana : infelici sì ; ma codardi o indifferenti agli oltraggi non mai, dove spezialmente la Francia istessa abbia prima plaudito alle nostre inven- zioni..... Avea sin dal i834 l'esperto chimico sig. Gioacchino Romeo fissata V attenzione del nostro reale Istituto di incoraggiamento con la sua cassa di sicurezza -per gli asfissi, decorata da quel dotto consesso della prima me- daglia d' oro , e nella esposizione solenne degli oggetti di arti nazionali e d'industria non a torto allora dall'uni-* versale encomiala. 167 D'ordine del Governo fattosi intanto di pubblico dritto dall' Accademia reale di medicina il manuale pratico del modo di soccorrer gli asfittici, egli, il Romeo, al- tamente maravigliava leggendo in questo libro all'arti- colo soccorsi agli asfittici per moferismo che « nel caso » disperato dove tutte le precauzioni sono impossibili » od inutili a tirar fuori dalla mofcta il corpo dello asfit- M tico, e gli stromenti mancano , ovvero il loro uso e M incompatibile con le circostanze particolari del luogo » mofetizzato, si lasci la vittima al suo fato w. E sarà dunque vero, profondamente addolorato escla- mava (i), che fumano ingegno modo non trovi onde un uomo penetri impunemente nelle tombe, nei cimi- teri, nei pozzi a secco, nelle fogne molto ampie, nei cavi delle miniere e perfn nel più alto delle cisterne dei laghi dei fumi del mare per estrarre la vittima dal suo fato? Si resterà dunque spettator dolentissimo e involontariamente inutile di sì tragica scena? L'in- felice fratello non avrà dunque soccorso da chi vive per divider secolui la sua vita? Assorto in sì tristi pensieri ed in così miserando spet- tacolo tutta volse sua mente ad una ingegnosa inven- zione, e dopo ventidue mesi di ben sudati e non mai lavori interrotti , là pervenne dove appunto mirava la sua filantropia; costruì secondo la scienza un apparecchio per la cui mercè può impunemente un uomo introdursi nei luoghi mofettizzati respirando sempre l'aria vitale; dal che Pncumacatoforo lo intitolò, e per senno dell'abate Vaccaro , segretario generale dell' Istituto anzidetto, a questo corpo lo presentò il 29 aprile del i836 accom- pagnato da esaltissima descrizione e minuta , che poi vide la luce nella raccolta de' travagli del corpo islesso (2). (i) Vedete il Giornale «lei Ti. Tsliluto d'incoraggiamento di agricoltura flrtj (E inanifallurc per Ja Sicilia, f'clibraio i836, «uni. ii,'pag. g\. (2) Loc. citi jiag. 93 e scg. i68 E qui mentre l'Istituto lungi di liberarvi il premio, decideva al contrario lo esperimento dell' apparecchio , lo Fneiunacaioforo guadagnava un posto fralle onorate menzioni^ e con altri infiniti oggetti vedevasi nella grati sala di esposizione pel 3o maggio del medesino anno. Romeo iiaditanto movendo quasi contemporaneamente per Parigi a perfezionarsi nella Chimica applicata alle arti, fu sollecito, ivi giunto, sottoporre la sua invenzione al giudizio di quei Sapienti, e l'Accademia delle Scienze lì^ico-chimiche ed arti agricole ed industriali di Francia, previo scrupoloso ed imparziale esame, e sopra rapporto dei dottissimi Robertson e Julia de Fontanelle decorò a 28 maggio del iSS^ con la prima medaglia d' oro di 400 fr. il Pneumacatoforo, e a voti unanimi proclamò di Lei membro il Romeo (i). Se questo fatto però prova meglio, come altrove, più che fra noi, siano senza spirito di parte estimate le cose nostre, e come appo lo straniero primeggi sempre Si- cilia, un'altro fatto anche prova che al di là de' monti sonvi pure degli invidiosi , de' malcontenti del nostro nome , de' ladri. E siano dessi involontariamente tali, gli è certo, che nella stessa buona fede è di giusto re- clamare sempre la proprietà di ciò che ne spetta , di ciò che ad arte o di buona fede ci si vuole a man franca rubare. In uno de' numeri del Journal des connaissances mécìicales praiiques y et de Fharmacologie che si slampa (1) Eccone il documento che esiste originale pi'csso eli lui. - Paris le 28 » mai i83^. - Le Segretarie pèrpetuel de la Sociètè des Sciences Pliysiqucs, 3j cliimiques, arts agricolcs et industricls de Frauce. - A M. le Professeur 5> P.OMEO. - J' ai l'iiouncur de vous annoncer que la Sociètè, d'après le rap- j> port ù elle fait par M. Robertson et nioi, vous a adjugè la niediiille d.'en- j> courageniciit de I.'^ classe pour volre apparoil Piieumacatnfrre, dont elle « a reconnuc l'utilité, et vous a admis au noiiibrc de scs nienibre associès. 3> Je suis licureus, Monsicur, d'etrc son orgauc, ]iarccque ]' ai clè a jiortèc » de rcconuaitrc tout le droit quo vous avicz à cel honneur et à ce titre. 51 J' ai 1' honneur d' ciré, avec le seiitinieut de la plus parlaile cstimc-' » Le Secretaire pcrjicluel de la Societè-JuLiA de Fo>TE^ELLE ». i6g a Parigi, e •proprlamenle ia quello di agosto 1887, a pag. 344 così sta scritto — Académie des Sciences , >ì Séaiice publique du 21 aoùt iSò'j. —' Prix relatif M ali niofen de renare un art oii un métier moins » insalubre. Commissaires, MM. Gay-Lussac, Dolong, » Chevreul, Savart, Dumas, rapporteiuvLa Commissioni » a accordè un prix de 8,000 fi-, à M. Paulin, colonel » des sapeur-porapieres , iuventeur d' un appareil qut » permei à uii homme de pénétrer dans un lieu dont » l'air est devenu inrespirable par la combustion cu toute » autre cause, sans crainle d' ètre asphyxié. C est sur M tout , dans les feux de cave , si fréquens et si dan- » gereux, que l'emploi de cet appareil rend de grands » services. Il consiste en une -blouse de peau qui cou- » vre la lete et le corps^ et s'arréte au dessus des han- » ches par une ceinture; elle est munie d'un masque » en verre et l'on peut piacer une lanterne sur la partie w qui couvre la poitrine; un tnjau, mis en communi- M cation avec ceux de la pompe à incendie, permei de » lancer de fair sous la blouse^ tant pour alimenter » la respiration^ que pour enlrelenir la flamme de la M lanterne w. Or, r apparecchio del signor coloncllo Paulin, pre- niiato dall'Accademia delle Scienze di Parigi, ai 21 ago- sto 1887 , non è forse il Pneumacatoforo del nostro Romeo, descritto presentato esposto nel nostro Istituto a 3o maggio i836, e dalla Società delie Scienze fisico ciiimiclie della stessa Parigi quattro mesi prima, clie e quanto a dire ai 28 maggio 1837, premiato? Lo si provi col l'atto. Se con voi, troppo da me venerato signor Malvica , si farà ogni buou siciliano a riandare il citato giornale del nostro Istituto, troverà certo a pag. gS e seg. così descritto il Pneumacatoforo di cui si favella. « Il Pne- « umacatoforo (vi si dice) consiste nel chiuder la testa >-> di un uomo in una visiera di cuojo verniciala co» 170 » resina , la quale poggiando sugli omeri ricuopre it » tronco ed è fissata allo addome da due foglie di » pelle camoscio bagnate prima nell'acqua ed alternate » da legature che rispettivamente si uniscono nella parte » anteriore dell'epigastrio (ecco a un di presso il s'ar- » re'te au dessiis des hcinches par une ceinture del M signor colonnello) Porta la visiera in corrispon-' » denza degli occhi una lente piana e rotonda di dop- M pio cristallo (non è forse il masqae en verte del si- » gnor colonnello? ); nella parte che è superiore e an- » teriore alla testa offre un'apertura circolare del dia- >j metro di due pollici in cui s'imbocca un tubo dello » stesso cuojo e diametro, il di cui uso appunto si è » quello di stabilire per mezzo della sua libera estre- » mità una sempre nuo^a corrente di aria atmosferica » a portata di mantenére la respirazione (ecco il tujau >* del signor colonnello, que permei de lancer de Vair » sous la blouse pour aìimenter la reSpiration ec. «« Al che arrogi, l'apparecchio del nostro Romeo andar più dovizioso di aggiunte che non è qnello supposto del signor Paulin; poiché questi circoscrive l'azione del suo mezzo ai soli luoghi mofetizzati e di cui l'a/r, siccome egli scrive, est devenu inrespirable par la combustion ou tonte autre cause; laddove il nostro abile concitta- dino lo estende assai più sino ai letti profonai dei fiu- mi-) ai laghi, al mare perchè le scienze naturali^ il commercio , la navigazione ne traggano i convenevoli profitti; a qual uopo con un meccanismo lutto partico- lare aggiugne egli al suo Pneumacatoforo una crociera di ferro con un letto di tavola bianca , che il signor colonnello, commessa l'impudenza del plagio, non curò affatto di apporre al suo premiato Jppareil. Con gli accennati documenti a me pare bello e buono disvelato un furto scientifico, e rivendicata a Sicilia la proprietà d'una invenzione che onora semprepiù questa terra, ed il professore Romeo* Io son sicuro non aver 171 mai costui portata la menoma doglianza per un plagio di simil fatta, contento oltremodo di avere il primo in- ventato in Palermo ciò che, anche prima del colonnello, gli si coronava di premio a Parigi. E se i dotti della Jccademia delle Scienze ignorarono il fatto anteriore della Società delle Scienze Fisico-chimiche^ qual de- litto per essi? Accordando i loro suffragi all'apparecchio del signor Paulin impartirono nuovi onori al Romeo , ed il suo Pneumacatoforo fu in questo modo premiato due volte a Parigi. Il signor colonnello però è sempre reo di plagio sia che di buona fede abbia agito o di mala. Uomo consagrato alle scienze , qual egli vuoisi dare a vedere, non dovea nel primo caso sconoscere ciò che sulla materia erasi dai dotti di Europa e pensato e messo ad effetto, e ciò che nel luogo di sua dimora aper- tamente sancivano i suoi concittadini e compagni. Nel secondo poi si è condotto non so in che guisa, inten- dendo a far nome e fortuna con lavori non suoi. In ambi i casi egli è degno di pena , e questa pena ho voluto io dargli reclamando in queste celebrate Effeme- ridi la priorità della invenzione, e la preeminenza dei siciliani concetti. Ne godranno i presenti, ne sarà gra- devole la rimembranza ai nostri uepoti. State sano. In Palermo li 3i Marzo del i838. // vostro ammiratore ed amica GAETANO ALGERI-FOGLI ANJi> 173 Le antichità della Sicilia esposte ed illustrate per Do- menico Lo Faso Pietrasanta Duca di Serradifalco — socio di varie Accademie —^ voi. III. Palermo tipografia e ligatoria Iloberti mdcccxxxvi. un voi. in fol. di pag. no» e con 5i tav. Questo terzo volume è consacrato ad Agragante: così venne chiamata Agrigento pria della romana domina- zione. Quante idee il suo nome non isveglia ! quanti la- menti non muove! Oh come i resti della sua pristina grandezza soggiogano il pensicre, ed a lagrimare v'in- vitano ! Venga qui lo straniero, venga, e pieno di re- ligiosa osservanza dirà, come Dupaly dicea camminando sulle romane reliquie: ogni pietra che si calca racchiu- de un ampio discorso di dottrine, interrogala che ti ri- sponde. Interroghiam noi dunque gli agragantini avan- zi, e di guida ci sia questo aureo volume. Diodoro ci lasciò scritte di Agrigento parole che ci fan chiara testimonianza della bellezza e potenza di lei. Polibio dice precisamente eh' essa per le stabili fortifica- zioni, per la magnificenza delle opere, e per la bellezza sorpassa molte città; imperocché essendo lontana sola- mente diciotto stadi dal mare, viene a godere di tutti quei comodi, che questo elemento suole apportare. Il di lei circuito(soggiunge) è dall'arte, e dalla natura egregiamente munito, nella sommità della rupe vicn ella ad avere un muro naturale composto di nudo e durissimo sasso, ed il rimanente della città coli' arte e coli' industria degli uomini è reso inaccessibile. Le quali parole di quel grandissimo storico, piene di verità e di candore, coni' ei solca in tutte cose, ci danno un' idea precisa e nobilissima della suljlime patria di Empedocle. Riguardo poi a Diodoro ninno fra gU an- tichi polca meglio di lui lasciarci memorie di Agrigento che fossero ezlanclio più sicure e più certe: egli che avea viaggiato per trent' anni nelle varie parti del mondo, e- saniinaiulo monumenti, studiando i popoli, raccogliendo notizie e tradizioni, consultando i filosofi potea stabilire confronti fra le città del tempo suo, e formare giudizi, che durassero. Quindi è indubitato che non cedesse A- grigento in bellezza e magnificenza alle più grandi città del mondo antico. La storia rischiara i monumenti , i monumenti dau fede alla storia. I resti di quella famosa città sono co- tanto imponenti, e maravigliano sì fattamente i posteri che ne IJalsa ne strana sembrerà mai ad alcuno l'asser- zione degli storici, cioè ch'ella abbia contenuto nei tempi della sua maggior floridezza circa 800 mila cittadini. Questo terzo volume della grand' opera del Duca di Serradifalco ci schiera innanzi al pensiero tutta la gran- dezza di Agrigento: ai monumenti conosciuti altri no- velli ne aggiunge; i volgari nomi corregge; sulla storia e su i fatti limda le sue congetture; le vecchie idee pog- giate sopra false tradizioni, e sopra errori smaschera; e con potente giucìicio rivendica quelle verità, che furono tradite dall'ignoranza 0 dalla mobile e vana fantasia degli archeologi. Siegue r autore in questo volume gli stessi principi, e le slesse norme dei precedenti. È desso diviso in due parti; nella prima della storia particolare di Agragante, nella seconda dei suoi monumenti si ragiona : sieguono quindi moltissime note piene di antica erudizione, e di filologiche ed archeologiche dottrine. Nasceva Agragante, e, nascendo, glttava le basi del- l' aristocratico potere. Falaride, da privato cittadino, col- le ricchezze e coli' astuzia la soggiogava, il supremo do- minio usurpandone, ed un governo di terrore fondando; e così r agraganiina dominazione di tiranno in tiranno per più secoli trapassò: solo , reggendo Terone , ih, prospera e felicp, perchè buono e virtuoso cittadino egli 174 ,. _ era; diguisachè in tre lustri e poco più, che tanto durò il suo governo, crebbe la città a meraviglia, e progredì 61 fattamente in civiltà ed in forza che il nome di quel Principe è tuttavia in venerazione presso le genti. Tanto è sublime la virtù nei dominatori dei popoli! Ma i figli di lui che gli successero nel trono si allontanarono dalle paterne vestigia, in modo che vide Agragante rinnovare le scelleranze de' passati tiranni. Laonde il popolo tra- vagliato da tanti mali si sollevava , e pel consiglio , e per la morale potenza di Empedocle a libertà si ridu- ceva: ed odiando del pari l'aristocrazia, e la democrazia come fatali alla felicità de' popoli, perchè l'una in tiran- nide, l'altra in licenza suole degenerare, venivasi istituen- do dal filosofo un temperato governo, che stesse in mezzo al potere dell' oligarchia e del popolo, dando agli otti- mati e ai popolani parte attiva nel reggimento, che sa- rebbe crollato senza il concorso di entrambi. L' epoca più florida di Agragante fu dopo la famosa battaglia d'Imera, nella quale vinto e distrutto l'immenso esercito degli Africani, quella a grande altezza s' innal- zava; e templi sontuosi, piscine , sepolcri ammirabili, acquedotti, chiaviche sotterranee di maravigliosa costru- zione, strade, edifici immensi sorgevano. Agragante emula di Siracusa , ricca e celebrata per ogni dove del mondo, fu in lotta con essa; onde si vide Sicilia parteggiare e per l'una e per l'altra, e fu tutta di- visa fra le due potenti città. Battuti però gli Agragantini chieser pace, e a tranquillo e lieto vivere si abbando- narono. Ma il lusso era tale, tale la corruzione di tutti gli ordini della società, che più molle e più effeminata di Sibari era ella divenuta. Quindi nella guerra die po- scia imprese coi Cartaginesi si colmò di onta e di ver- gogna; poiché assediata da quelli il terrore la compre- se, e si videro , truce spettacolo ! 200 mila cittadini vilmente e senza consiglio abbandonare la patria, la quale indifesa cadeva in mano dei nemici, e periva. Ritorna^ 175 va poscia, dopo svariate vicende, a risorgere; ma nella invasione de' Romani , vinta Siracusa , Agragante dopo lotte sanguinose nei ferri dei Consoli era trascinata , e giacque misera per sempre ; poiché nelle dominazioni posteriori il suo nome più luce non ebbe, e la storia t9cque per essa. Bellissimo pensiero adunque, e degno del cedro, e della pubblica riconoscenza fu quello del nostro egregio Serra- difalco: senza di lui non avremmo oggi un' opera, che racchiude tutti i tesori dell' antica gloria siciliana, il- lustrati descritti ristorati. I rami che adornano questo aureo volume sono, come i precedenti , di esimia bel- lezza: essi vi presentano le varie parti dei monumenti, e questi non solo come oggi si trovano, ma bensì per intero, e com' esser doveano nella loro primitiva esisten^ za> dimanierachè non si può acquistare dell' antica Agra- gante idea più vera e più completa di quella clie vi porgono queste pagine. Quindi sarà certamente glorioso all'età nostra il tra- mandare ai posteri in cinque o sci tomi di questa mole e di questo valore tutta rinchiusa 1' antica Sicilia. E qual cosa potea farsi ai nostri giorni migliore di questa? quale ne è più degna e più bella? ninna certamente. E che le forze intellettuali dell'autore abbiano poscia corrispo- sto al buon volere di lui, in brevi parole il dimostre- remo per Agrigento, sicco^ne già lo dimostrammo per Selinunte e per Segesta. L' autore ci presenta pria di ogni altro la corografia di Agragante, chiara ed esattissima; discute dottamente dell' Àgras e dell' Ipsa, i due fiumi che circondavano la città, e che il Fazello il Cluverio l'Arezio il D' Amico discordando fra loro gli aveano o in uno confusi, o er- roneamente appellati. Seguendo Polibio , evidentemen- te dimostra essere 1' Agragas quello che noi oggi S, Biagio appelliamo , e 1' Ipsa il Drago: seguendo po- scia Diodoro chiaramente là vedere che la città di Co- .76 calo fu da Dedalo sojìia il Gamico fabbricala, e là do- ve precisamente nei secoli posteriori sorse Agraganle. E cosi viene a battere il Cluverio, il quale pretese che la dedalea città fosse stata diversa da quella che sulla rocca del Gamico fu innalzata. Quindi volgendo il suo pensiero agl'immensi Ipogei, che sotto quella rocca esi- stono, trae un argomento maggiore, per dimostiare che sendo essi opera di Dedalo sì per 1' antichità rimotissi- sima che manifestano, sì per esser condotti a guisa di laberinto, ivi sulla vetta del camico esister dovea la città dedalea. E così apresi egli la via a ragionare di quegl' immensi sotterranei; i quali , secondo che saggiamente opina , non sono stati sepolcri , perchè non vi si è mai trovato alcun vestigio di loculi di sarco- fagi di colombari di vasi d' iscrizioni , e di ogni altra cosa che vaglia ad indicare quell'uso; e d'altronde vera e saggissima a noi sembra l'osservazione di lui, cioè che l'antichità non ci offre veruno esem])io di un sepolcre- to costrutto sotto il suolo di una città: e così molte altre cose su quesl' obbietto , con sottile giudicio, ra- gionando, a me sembra che più dubbio non cada nell'e- gcludere que' sotterranei dall' idea che fossero potuti servire agli estinti. * La descrizione che ne fa il nostro autore è sì chiara clie ti par di vedere quell'opera bizarra, ti par di scen- dervi entro, e agirarti fra quelle innumerevoli gallerie, che fra di loro comunicano irregolarmente, e di cui ta- lune sono centro a molte altre , ed altre dirigonsi in diversi sensi entro alle viscere della rupe. Dalla descri- zione medesima dell' autore, formandosi ognuno precisa idea della forma di questi immensi ipogei, viene a rigetta- re da se medesimo l'opinione ch'eglino servir potessero ad uso di pozzi o di cisterne. Perlochè attentamente osser- vandoli, e studio profondo sulla natura del macigno , e sulla loro forma e sulla loro costruzione facendo, viene a stabilire eh' essi siciio già stali le cave d'onde si 177 estraevano i materiali bisognevoli alla costruzione del- la città, siccome appunto furon da principio quelle tutte dell' Egitto, secondo che ne pensano, siccome 1' A. dice, il Jomard ed altri valentissimi uomini. Ma egli , con molto giudicio e moltissima erudizione , mentre crede essere stata questa in principio la destinazione di que* sotterranei, non lascia di osservare, secondo si è osser- vato in tutti quelli dell'Egitto medesimo, ch'eglino sieno poscia serviti ai bisogni del popolo, e si sieno ingranditi a misura che crescevano questi bisogni medesimi. E qui per meglio far conoscere i pensamenti del nostro autore ci conviene riferire le sue medesime parole. >j Egli è però molto probabile che uell' eseguire quel lavoro abbiasi voluto mirare a condur V opera in tal modo che i vani che si andavan formando servir po- tessero a qualche altra bisogna, come quella di nascon- dervi nelle cittadine vicissitudini, i tesori e i più pre- ziosi arredi; e nei casi di assedio, rinchiudervi ezian- dio le mandrie, o conservarvi le provvisioni necessarie alla sussistenza degli abitanti, siccome avvenne pi'oba- bilmente allorquando dopo la morte di Minos, fu la città assediala dai Cretesi per lot spazio di cinque anni. Ar- rogi che nella rocca di Agrtigante non trovansi, all' in- fuori di queste grotte, altri pozzi o conserve destinale al cennato obbielto, siccome veggonsi in Selinunte , in Egesla, in Solunto, ed in tante altre antiche città. Ne la difficoltà di estrar le pietre da quegli aditi ristret- tissimi, pei quali si discende oggidì negl'Ipogei sarà di ostacolo all' ipotesi che abbiam formata ; imperciocché comprendesi agevolmente, che verso le falde della roc- ca, o almeno in luoghi posti allo stesso livello dei sotterranei, esser potevano ingressi più facili, e conve- nevoli ad un tal uso, siccome a nostro senno danno a divedere quelle grotte che osservansi fuori porta di Ponte, e vicino ai bagui, ove il suolo giace più basso, le quali doveauo iudubilataiiieate mettere agi' Ipogei, di che ru- 4 178 gioniamo; essendo cV allroucle manifesto, che le buche, per le quali oggidì vi si scende, altio non sieno che gli aditi d' onde loro veniva l' aria e la luce w. E qui arroge altra osservazione, che a noi sembra di niollo peso, per consolidare la sua sentenza, cioè che la rocca nella quale sono tagliate le cave è di tufo cal- care concliiliare, similissimo a quello di che sono co- strutti i monumenti di Agragante. Or l'autore, pria di parlare ad uno ad uno di questi, ci avverte che 1' odierna loro denominazione fu imma- ginata dal Fazello; e che all'infuori dell'^olimpico, e dei tempi di Esculapio, di Ercole, e di Giove Polieo che colla scorta degli antichi possono non indurci ad errori, la denominazione degli altri è priva di ogni storica ve- rità, perchè fondata o sopra tradizioni, o sopra interpe- trazioni di qualche antico passo, che ben non conviene al monumento cui si è voluto forse riferire. Per la qual cosa noi, lasciando di parlare del tempio di Giove Ata- birio e di Minerva, di cui non restano che poche vesti-» già; e ponendo da parte quello che voleasi dedicato a Cerere e Proserpina, e sulle rovine del quale venne poi fabbricata la chiesa di S. Biagio ; nulla dicendo delle antiche mura, che mostrano soltanto pochi informi fran-» tumi; e trapassando eziandio i tempi di Escubpio , di Castore e Polluce, e di Vulcano, non che V Oratorio di Falaride, e i bassi rilievi del Sarcofago di marmo bian^. co, che si osserva nella Cattedrale della moderna città, convertito iti fonte battesimale, e che rappresenta gl'in^ felici amori di Fedra per Ippolito; trapassando noi queste cose , che sotto la penna dell' autore hanno tuttavolta acquistato gran luce, diremo soltanto dei tempi di Giù-» none Lacinia, della Concordia, di Ercole, di Giove Olim- pico , e del Sepolcro che prende il nome di Terone; nei quali r autore ha mostrato sommo giudicio, ed ha su- perato sé medesimo. li tempio di Giunone Lacinia fu dal Fazzcllo Torre ^79 delle Pulzelle cognominato, come da villici si noma- va, credendosi di essere stato consacrato alla pudicizia. Di esso non restano che le colonne, alcune delle quali sorreggon tuttavia 1' architrave, e un avanzo del fregio: bellissima, secondo osserva l'autore, è la forma dei ca- pitelli , ed il tutto vi offre caratteri di somma vctuslù. Ma egli, prendendo argomento del nome di esso, eiu- ditamente discorre della famosa tavola di Zeusi, e pro- va, che questi, seguendo i propri principi, due ne formò r una in Crotone l'altra in Agragaute, servendosi, per modello dell' Eletia che dipingeva , di cinque donzelle crotoniate in quella, e di cinque agragantine in questa: e cosi viene a distruggere l'opinione di coloro che stima- vano fallace l'asserzione di Plinio, che chiaramente ra- giona della bellissima tavola fatta da Zeusi per gli Agra- gantini , onde nel tempio di Giunone Lacinia si collo- casse; ed appoggiandosi al contrario a ciò che riferiscono Cicerone e Dionigi d'Alicarnasso, che parlano solamente di quella che il sommo artista fece per Crotone sopra cinque bellissime crotoniate fanciulle. Quindi 1' autore distrugge l'idea dell' ex- voto di Mejer; accorda gli an- tichi scrittori fra loro; e prova all' evidenza esser vero ciò che Plinio da una parte, e Tullio e Dionigi dall'altra asserivano. E passando al tempio della Concordia ci è caro primieramente il dire ch'esso è il monumento che me- glio si conserva fra tutti quelli di che va fastosa la Si- cilia. Imperciocché esistono tuttavia per intero le sue colonne, i frontespizi e le mura della cella; laonde , o\- V infuori della copertura, nulla manca perchè possa dir- si dell'intuito compiuto. Il nome della Concordia gli venne assegnato dal Fa- zello, fondandosi sopra una latina iscrizione, che si cre- de essere a quel sublime edificio appartenuta, ma the portando il titolo di prò Console ricorda l' epoca del- l' Impero. Onde l'autore fa vedere quanto sia gito fuor i8o di ragione quello storico; poiché il tempio e di una grandissima vetustà, e dell' epoca più fiorente di Agra- gante. Il che dimostra coli' autorità degli antichi, e coi principi dell'arte; e poscia spiega con antiveduto consi- glio che là dove Diodoro parla dei Cartaginesi che ridus- sero,siccome quegli ci lasciò scritto, in cenere i templi, e devastarono la città in ogni sua parte, non debbonsi le parole dello storico prendere alla lettera , poiché egli volle soltanto accennare il gravissimo guasto , a cui in quella fatale catastrofe soggiacquero gli edifici di lei. La qual cosa è mirabilmente provata con Diodoro me' desimo; diguisachè più dubbio non resta che quei gran» di monumenti sieno appartenuti all'epoca migliore della siciliana potenza. Bellissima è la descrizione che 1' A. fa di questo tem- pio. Egli mostra come sia exastilo-perìptero^ come ap-»- partenga al genere dorico, come ne sia maschio e sublime il carattere, come sia una delle nostre più belle e più magnifiche glorie. Le osservazioni artistiche con cui cor- reda la sua descrizione sono spesso sottili , e sempre giudiziose e vere ; e dalle sue erudite discettazioni si traggono lumi novelli e importantissimi su i particolari dell' ellenica architettura, e sul modo onde i Greci i loro edifici dipingessero. Siegue il tempio d' Ercole. Per le cure dell' A. ven- ne a scoprirsi la pianta, e varie parti se ne alzarono. Con la scorta degli antichi scrittori consolida l'opinione del Fazello, e del Dorville; che furono i primi a dar cotal nome a questi ruderi , i quali per esser vicini alla porta che guardava il mare, faceano che la opinio- ne di quelli maggiormente si rassodasse. Imperciocché di cendo Cicerone che il tempio di Ercole era in Agri- gento non lunge dal foro, e sapendosi da Vitruvio ( es- sendo colà interamente sparite le vestigia del foro antico) che poco lontano dal mare solcasi nelle città marittime ergere il foro, ne nasce che il tempio d' Ercole, raen- i8i aìonato da Cicerone, dovea essere nel sild, di cui si ra- giona. Ecco come colla scorta degli antichi scrittori, e col senno, non mai dfsgiunto dalle archeologiche osservazioni, viensi a portar luce in mezzo alle tenebre più profonde dei secoli. Alle quali cose si aggiunge le dimenzioni del tem- pio, il carattere grave e maschio di esso, la sua somma vetustà. Ed è bello il pensare con rautore,che ivi, secondo Marco Tullio ci lasciò scritto, veueravansi due stupende opere, di che il mondo antico si vantasse, e che ricordano due grandi nomi di Grecia, Mirone e Zeusi; cioè il fa- moso simulacro in bronzo del primo, che fu dai cittadini a spese del proprio sangue contrastato ai satelliti dell'ini- quissimo Verre; e la divina tavola del secondo, rappre- sentante Alemena, la quale essendo stata [dal sovrano ar- tista inapprezzabile giudicata, venne da lui medesimo offerta in dono agli Agragantini. Vedete dunque come nel riandare i vetusti monumenti sa l' autore con sa- gace pensiero congiungere preziosissime idee, e ricordare splendide glorie: nelle quali cose vi ha sempre uu con- cetto morale e profondo, eh* è quello di svegliare sen- timenti non muti, e far che su quei ruderi eloquenti , che rinfacciano la codardia e la miseria dei posteri, la- grime di vergogna si versino, e della vile ed impotente alterigia, nel generale naufragio, si arrossisca. Siegue il tempio di Giove Olimpico. E desso il più grande che fosse in Sicilia, e forse il più magnifico ed il più maestoso, di cui gli antichi scrittori, fra' quali Polibio e Diodoro, facessero bella ed onorevole menzione. Esso trovasi oggi distrutto, ma nelle sue medesime rovine fu obbietto delle meditazioni de' più grandi archeologi mo- derni. Bellissimo quindi torna il cosiderare che dai fran- tumi che restano di mole sì gigantesca, e da tutto ciò che nelle antiche pagine trovasi registrato, vedesi il no- stro tempio sorgere a vita novella. Diodoro e Polibio guidano il nostro autore ; il quale considerando , con sottile giudicio, la gradinata la base e pochi informi tS2 residui, che si sono rinvenuti in mezzo a congerie in- finita di massi fa che in magnifica figura , ritorni nel pristino stato il maraviglioso Olimpèo. Le guerre, nelle quali s' ingaggiarono gli Agraganti- ni, furon causa eh' essi finir non lo potessero; ma quan- tunque non compiuto egli fosse, la maraviglia eccitava delle genti. Esso era fabbricato in guisa che prendesse lume dal mezzo, onde Ipetro addimandavasi, ed avea tal forma che apparteneva a quel genere che pseudo periptero era dagli antichi nominato. Dal che scaturi- sce bellissima idea, che tutta ridonda a gloria della Sicilia. Perciocché l'A 4 fa manifesto, coni' ella desse alla Grecia e a Roma nel gran tempio di Selinunte, secon- do a suo luogo fu dimostrato , 1' esempio più vetusto del genere pseudo-diptero; ed in questo di Agragante quello de' pseiido-peripterì . Prima di Sicilia non si co- nobbero que' generi dell' arte architettonica; ond' ella creò i tipi di monumenti che in Atene e in Roma furon poscia solennissirai. Or questa parte del volume, al- l' olimpico dedicata, puossi dichiarare una stupenda difesa di Diodoro. Imperciocché essendo stato questi dai moderni scrittori in un modo e in un altro battuto là dove di quel- r edificio ragionò, il nostro autore dimostra che il si- ciliano storico giudizioso ed esattissimo fu tanto nel de- scriverne la forma, quanto nel darne le misure; e quin- di senza verun fondamento riputarsi debbono le impu- tazioni che gli si son fette. Il Fazello narra che nel ì^ox rovinarono gli ultimi avanzi dell' Olimpico, che poggiavan su tre giganti, e riporta alcuni versi di sincrono poeta che quell' avve- nimento cantò. Oltredichè negli scavi che si fecero nei tempi posteriori si rinvennero de' resti di questi mede- simi giganti, i quali possono appartener sinora al nu- mero di undici. Intanto nulla dicendo Diodoro di una particolarità di tanto momento, sono nate molle e dispa- rate sentenze. Alcuni pretesero che i giganti sorrcggcs- i83 scro gli architravi, legati a due a due per la schiena ad un muro comune; altri vollero eh' essi venissero ad- dossati ai pilastri, aderenti alle mura del tempio; ed ultimamente si sosteneva che fossero stati incastrali nella fronte interna de' pilastri della cella. Il nostro autore manifestando primieramente la ra- gione, per cui Diodoro nulla dicesse de' telamoni, e ra- gionando da critico sulle annunziale opinioni, finisce con parteggiare più per 1' ultima che per le allre, poiché quella si fonda sopra molti esempi dell' antico Egitto, d' onde derivarono le arti elleniche. Ciò non pertanto egli non crede aflàtlo che la quistione sia decisa, e de- sidera che più copiosi elementi vengansi a riunire ; e quindi novelle idee acquistando si possa pronunziare piii maturo giudicio su di un obbietto, che ha fatto sorgere tante varie congetture, ed un sì lungo, e spesso sì fortd ed accanito battagliare. Finalmente parlando l'autore del Sepolcro-che di Te- lone si appella, mostra da principio quanto mal si con- venga a cotesto edifìcio sì falla denominazione; poiché esso è lontano le mille miglia dall' essere la tomba di quel gran principe. Diodoro dice che il Sepolcro di Terone era di mole e di struttura magnifica ; onde 1' autore, prendendo le mosse de' suoi raziocini, dalle parole del siciliano storico mostra che per questa medesima ragio- ne non può essere quel monumento il sepolcro di cui è parola: perciocché egli è semplice (così l'autore si espri- me ) e di proporzioni sì modeste , che non oltrepassa r altezza di palmi 36; ne d' altronde (soggiunge) vi si scorge alcun vestigio de' guasti che la caduta del ful- mine, la mano de' barbari, ed il trasporto de' mate- riali avrebbe indubitatamente dovuto recarvi. E met- tendo da parte eziandio l'opinione del Dorville, il qua- le vorrebbe gratuitamente attribuire quest' edificio ad un cavallo di Fallari , quasiché fossimo tornali ai tempi, ne' quali buoni si iaceano tulli i delirii archeo-' i84^ logici, r autore discende a provare, e lo fa con dottrina e con verità, i.° che questo monumento anziché all'e- poca greca alla romana appartiene; 2." ch'ei non è mi sepolcro, bensì un cenotafio. E con questi due argomenti egregiamente dimostrati si pone termine al fantasticare degli antiquari. Quindi con moltissime osservazioni arti- stiche ed architettoniche, che spargono nuova luce sul modo con che i Greci e i Romani i sepolcri e i cenotafi fabbricassero, chiude l'autore il suo giudizioso ed eru- dito ragionare, facendoci vivamente desiderare la conti- nuazione di cosi bello ed importante lavoro. F. Malvica. Su i concimi — Alla Società Economica di Catanzaro. Era antichissima idea la sterilità progressiva dei ter- reni doversi senza eccezione alcuna ai riposi, ed a' la- vori su falsi principi fondati, ma i ragionamenti di uo- mini in agricoltura peritissimi , e la speranza di saggi proprietari à già mandato in bando tal pregiudizio de- gli antichi. Le terre fertilissime quali che fossero, su- biscono spesso è vero dell'alterazione, e sovente invec- chano; ne ciò per difetto di riposo; che già, il dissi, i riposi rendono sterili i terreni, e li fanno mancar di valore. Un esempio lucidissimo ce ne apprestano i boschi, gli orti ed i giardini, che sono terreni meno riposati. A far che non isterilissero adunque le terre , ed i campi, è mestieri provvederli di quantità sufficiente di concimi , e valersene in beneficio delle ricolte ; allora essi s'impingueranno di nuove fertilizzanti particelle con la stessa sollecitudine, con la quale erano stati per le precedenti raccolte spogliati. E dei concimi voglio io parlare in questo articolo, perchè da ciò torni utile a questa carissima Lipari, oggetto dei miei voti più fervidi. Sotto quattro generali divisioni gì' ingrassi naturali possono comprendersi e dei quali fa uso ogni saggio , iSS ed accorto agricoltore. La prima abbraccia tutte le pra- terie a putrescenza disposte , che direttamente proven- gono da sostanze costituenti gl'individui del regno ani- male, come il cornuzzo, le penne, i peli, ed altre si- mili alle quali arroger conviene la fuligìne dei cammini per la sua efficacia, quantunque dal fumo prodotta, che in massima parie dai vegetabili che bruciansi , deriva. Alla seconda gli escrementi pertengono dei volatili do- mestici, tra quali tiene il primo rango di bontà la Co' lombina, ed il secondo la Pollina^ e GalUnaccia\ alla terza i concimi formati di materie escrementizie degli altri animali uniti con quelle sostanze vegetabili , che secondo le rispettive opportunità dei luoghi vi vengono mescolate. Tra questi annoveransi la scopatura delle case, delle piazze , e delle strade ; le rimondature dei cortili, e dell'aie; i fanghi pingui di fossi, di scoli, e fiumi con ogni altra sorta di materie putrefatte; come ancora li calcinacci e materiali calcinosi ridotti in polvere, e minuto tritume, e le ceneri, e terreni erbosi bruciati. La quarta finalmente comprende tutti i vegetabili, che seminansi per beneficare le terre, come il Trifoglio, i Fagiuoli, la Fava lovina, e diverse altre piante per lo più leguminose. Tutte le accennate materie entrano uella classe gene- rale dei concimi, e s'impiegano per impinguare le ter- re , e per rendere più ubertosi gli orti e i prati , e così far prosperare le piantagioni di viti , di gelsi , di ulivi, e di altri alberi, non che le specie tutte di pro- duzione coltivabili. Delle materie stesse fanno uso gli agricoltori comprensivamente considerate; e quantunque moltissimi non si servono , che dei concimi loro som- ministrati dalle proprie stalle , e pollai ; i più indu- striosi però non mancano di proccurarsi e di raccorre tuttociò che può servire d'ingrasso. Molti sono poi i concimi artificiali, che da proprie- tari scienti di agricoltura sogliono adattarsi. Ed ora la i86 feccia dell' uva, die per lo più sì getta via, cavata che sia dallo strettojo combinala col sangue degli animali che si scannano nei macelli, e tre quarti di terra nuo- va formano per le viti il miglior concime, che imma- ginarsi possa. E per le stesse viti le ceneri di Carboa fossile mescolate a buona terra di orto fanno per tre anni di seguito triplicare il prodotto senza stancar le piante. Or per la Canape, ed il Lino un mescuglio fatto artifiziosameute di calcina viva, di varie materie quasi simili al Cornuzzo; e di Pollina^ di Fuliginc, di Leta-* me di Stalla, e di Gazone, o cotica erbosa di prato bruciata giovano moltissimo. Deve però qui avvertirsi, che tali materie stratificatamente unite , ed umettate , poscia confuse debbono restare per un conveniente tem- po accumulate, ed indi sparse sulla Canape, ed il Lino* I concimi naturali uniti agli aitifiziali sono necessa- ri per quei terreni ove sta il Formentone, che anzi per ristorare la terra della somma estenuazione, eh' esso vi induce debbe seminarsi per entro alcune piante impin* guanti: vi si spargano dunque i lupini, ed in mancanza i ravizzoni, come praticano gli Americani, tra di loro» La creta, le pietre calcaree, il gesso polverizzato sono gì' ingrassi per i prati naturali, giacché i letami dome- stici essendo prontamente decomposti dalla eccessiva u- midità, rendono 1' erba anco più agra. Le frondi delle viti e degli alberi caduti dopo la ricolta nei campi ser* Vono ad essi ancor d' ingrasso. II letame di pecore però è stato sempre fin da tem- pi antichissimi conosciuto il più efiìcace durevole ed uti- le tra tutti quelli degli altri quadrupedi; difatto nell'a* grò romano lo stabbiato delle pecore è 1' unico conci- me, che quei villici sogliono dare ai campi. E del le- tame di capre, pecore, e bovi , e somari usano questi contadini per letamare i campi e le vigne sebbene non siano stati mai accorti in usare un' agraria eco- nomia. Dovrebbero essi lasciare per tutto quel tem- 187 no, c!ie i campi sono in riposo, e ài giorno di lici- te quegli animali^ i qnali nel mentre consumano l'er- ba dei campi stessi, ingrassano il terreno , e cosi non avrebbesi la spesa di trasportare il letame da un luogo ad un altro. Or in quante maniere debbe darsi lo stab- bio ai campi? Io credo non conoscersene altro che tre; cioè sparso, a solchi, a buche. Il primo si dà al cam- po, spargendolo avanti 1' ultima aratura della semente^ e seminandovi poscia i semi di Orzuola, di Orzo, e di Uve , e ricoprendo detti semi col metodo ordinario. Si dà il secondo al campo, facendo con l'aratro i sol- chi fitti e profondi un palmo , gettando nel fondo di detti solchi i semi di Fave, di Faggiuoli, e di altro. Lo stabbio a buche si dà aprendo con la zappa le bu- che nel terreno in convenienti distanze 1' una dall'altra, ponendo in ciascuna un poco di stabbio macero nel fon- do, ed al disopra di esso i semi del Granturco, Fave, Meloni, Cocomeri, ed altri, ricoprendoli da poi con le zappette. iLe due ultime maniere di stabbiare non si conoscono punto in questo mio paese; spero però, che la debole mia voce arrivi a penetrare e scuotere gli ani- mi, e così togliere i pregiudizi antichi , che stanno fitti nelle menti di tutti. Or quale sarebbe il modo di arricchirsi ciascuno di buona copia di letame? Sarebbe mio pensiero sceglier primamente il sito in un luogo fresco ed ombrato , acciocché nel perfezionarsi perda meno del volatile, che sia possibile. Lislenderei un letto di terra alto quattro dita, e lungo e largo quanto credesi poter es- sere di area , e fondamento alla massa discretamente che spererei potervi sopra innalzare: procurerei inoltre formar questo ])rimo letto con delle terre vergini, e di sufficiente qualità, poco calendomi, se fossero anche state di una natura assorbente, benché men pingui, purché ben trite, e disciolte; e piuttosto asciutte, che umide, aflin- chè al soprapporvisi un suolo di quattro dita di letame, i88 poi altri suoli, e filtranclosi a traverso ài essi l'umor delle piogge, o degl' inaffiamenli necessari, potesse quel letto imbeversene, ed offrire una base, sulla quale co- me assorbenti si ribattessero gli acidi, ed i sali sciolti per r umido, e soffermarsi la loro penetrante fugacità, Senza die si perdessero nell* intimo suolo stabile, dove il letamaio viene constituito. Alternerei dunque i suoli di queste terre coi letami ricavati dalle stalle con sì di- screta proporzione, che si potesse credere fin da prin- cipio una materia con l' altra equabilmente rimescolata ; avvertendo perciò, che se la terra nel suo volume era come uno, fosse il letame, come due, essendo che quel- lo non scema di mole, e questo moltissimo nel mar- cirsi, e nel ravvicinare parti a parti, che finche erano ancora rozze, lo tenevano gonfio. Vi getterei delle pa- glie trite e rifiutate, delle scopature dei cortili , delle polveri delle strade, dei raspi tolti dal torchio, o della cantina dopo la pressura, o bollitura dei vini, ma que- sti a strati men alti, siccome quelli ricchissimi di un alcali più potente. E ciò perchè viensi così a formare un corpo solo, e che la massa restando in ogni sua par- te densa e rara, unita e sospesa avrebbe dato accesso a qualche respiro di aria interna, ed esterna, principio necessarissimo, ed indispensabile per ottenere qualunque fermentazione, e che venendo nel tempo stesso in con- tatto r una materia con 1' altra avrebbe il fermento e- sercitato con più efiicacia la sua attività alla dissolu- zione di tutti i componenti della massa , e sprigionare i principi fissi, che vi si trovassero in qualunque mo- do combinati. La terra allora farebbe le veci di spu- gna, perchè non si perda la umidità necessaria, anche questa per macerare e stemprare e scomporre la tessi- tura delle materie vegetabili; e il caler del letame far come di lievito per avvivare quel fuoco che forma nelle materie animali la putrefazione. Spargerei parcamente sopra le ceneri miste alla calce sfarinala che si racco- glie forbendo e scopando i fondi delle fornaci, mcltcn- do mezzo piecle di terra per uhlmo coperchio del qua- dro monte, a fine di arrestare in essa i' alcali volatile che si fosse sollevato nel fermento dell'ammassata com- posizione. Acciò poi si umettassero le parti aride de- gl' ingredienti se non fossero bastate le piogge oppor- tune, sceglierei dell'acqua di fosso stagnante e morta, siccome quella, che accelera la fermentazione per esser priva del suo acido naturale, ed aereo che ha la facoltà di preservare piuttosto i corpi di quello che di spinger- li alla corruzione. E cadendomi in acconcio di aver le acque lisciviali che si raccolgono dal bucato , lo spar- gerei sopra il mio ammasso più facilmente, che le ce- neri stesse che restano quasi corpo fatuo. Che se al- cuno avesse una raccolta di urine in qualche serbatoio di stalla depresso in terra inferiormente al declive del naturale stillicidio di queste animali secrezioni si avreb- be un mestruo dei più acceleranti la dissoluzione dei vegetabili, e la putrefazione delle parti animali. Composte così le cose, abbandonerei il tutto alla vir- tù della natura fino a Dicembre ; nel qual tempo in giorno nubiloso farei ripassare tutta la massa per ta- gliarla da due uomini con le zappe, e pali di ferro, e mutar luogo di quattro piedi , tanto che si potessero muovere nell' intervallo del nuovo ammasso, e del vec- chio. Questa operazione porterà in conseguenza una più fina e svariata mescolatura, e un ravvicinamento dipar- ti, che si sarebbe fatto, assettandosi ancor più aderen- te, e una dissoluzione di ogni ingrediente ancor più per- fetta in brevissimo tempo a segno da poter poi dispensare sul campo, ove si più abbisogna di questo tesoro, che di- venta per cotal modo non so se più utile per bontà, o per la copia che se ne aduna con poca spesa. Queste cose non sono di lieve importanza, e spero ch'es- sendo utili a miei concittadini , ed a villici di questa mia terra natale, possano esser bene accette da ogni eulta e gentile persona. Can. Carlo Rodriquez, 19*^ VARIETÀ' La MAGÌA DEL CREDITO del sìg. Giuseppe De TVelz, Ci gode moltissimo vedere che uà foglio francese ren- da le dovute lodi ed encomi ad un opera scritta da un .egregio, e benemerito italiano , il signor Giuseppe de Welz. Anzi crediamo di far cosa grata ai nostri lettori il riprodurre l'articolo stesso tal quale lo troviamo nel Moniteur Pansien\ non senza aggiungere che non sono esagerate le lodi espresse per un' opera che dovrebbe essere letta e ponderata da tutti coloro che della scienza economica si occupano. » La MAGIA DEL CREDITO applicato al commercio ed al- l'industria. Tale è il titolo di un libro estremamente curioso, pubblicato saranno dodici anni a Napoli, L'au- tore il signor Giuseppe de Welz, antico negoziante di Milano, ha consacrato una parte della sua vita a riunire tutti gli elementi sparsi di economica politica relativi al suo subbietto, pubblicati dai più celebri autori. Quest' o- pera, in pari tempo teorica e pratica, sfuggita per sì lun- go tempo, aveva non pertanto ricevuto gli onori di una compiuta analisi, dal principe degli economisti, il ce- lebre Gioja. Ma siffatto era L' impero deli»; vetuste idee e r abitudine del vecchio metodo finanziario, quei tutti, ammirando la pazienza e l' erudizione dell' autore, non osavano affrontare la lettura della sua opera, che risguar- davano pressoché come una chimera. Finalmente il cre- dito pubblico si estese in ogni angolo del globo, lo spi- rito di associazione comparve a fecondarlo. Fu in allora che non si vide senza stupore che un pensatore profondo aveva da lungo tempo riunito 1' ammasso completo di una teoria che si poteva applicare con successo tanto così bene al commercio e all' industria, quanto ai fondi pubblici delle nazioni. Il siguor de Welz ha per se il prezioso vantaggio di scorgere ancor vivente, il suo lavoro apprezzato al agi suo giusto valore, ed il suo nome collocato fra gli uo- mini coraggiosi che, dominati da un pensiere trascen- dente, si riposano su 1' avvenire per vedere sviluppata un' idea vera ed utile. Deve rincrescere che il libro del signo de Welz, ele- gantemente scritto in lingua italiana, non sia ancora , con una buona traduzione in francese posto a portala di qualsiasi lettore. In ogni modo 1' estimazione dell' ope- ra una volta stabilita dagli uomini studiosi che si de- dicano alla scienza economica, non dubitiamo che un libraio conscienzioso non si occupi di pubblicarne una traduzione, la quale non può essere che bene accolla.» DEL TOMO VENTESIMO Avviso del Direttore • pag. 3 TT-» Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo decimonono — Ca- pilolo J.° — Quadro dello stato generale scientitico e letterario della Sicilia al i." di gennaio iSoo. ^Bernardo Serio.. , , pag. 5 Parte prima ►- Matematiche^pure e miste, e scienze naturali. . » 9 Matematiche «.«...i.,,.»i3 Astronomia . ..<....... »i5 Navigazione «..,.. ..»i8 Storia naturale , • . . n ig Mineralogia ,.»20 Zoologia . »... 3> 21 Orittognosia . . . • , j> 22 Botanica . ,.3>23 Agricoltura . . . . ' . jj aS risica 3> 28 Chimica >> 3o Medicina «32 Parte Seconda m Scienze ideologiche morali economiche. Ideologia „ 65 Filosofia morale 3> 67 Dritto pubblico '> 69 Legislazione » 72 Economia civile ^ „ _„ Statistica 3> 82 Studi sacri •....» 84 Parte Terza -1 Archeologia Storia e Belle Lettere. Archeologia « i3o Diplomatica » i35 192 Lingue dotte » iZ-j Storia civile ; »l3(} Storia letteraria n lAi Stato del gusto italiano . . . , » i^\ Lettere greche e latine » 148 Eloquenza >» i4o Poesia. „ ,52 Conchiusione >> i55 Proixjsizioiii cliniche e patologiche sul cholera [asiatico del Dr. Luigi Castellana.-. Parte Prima «35 Sopra alcuni dipinti esistenti in varie chiese di Lipari — Can. Carlo Rodriqucz ....,.....,> /S - Memorie delle tipografie Calabresi compilate da Vito Capialbi con un appendice sopra alcune biblioteche di Calabria, ed un discorso sulla tipografia montelionese. Napoli 1835-36. - C. R. . . » 5l La rassegna notturna — libera traduzione di una ballata tedesca di Sed- litz per Giuseppe Cova Grimaldi— Napoli 183; F. M. . » 58 Del cholera di Palermo nel 1837. — Cenno isterico scritto per Ottavio Lo Bianco.— Pai. 1837. un voi. in-8'' di pag. 18. - F. M. » 61 Intorno al cholera morbus sviluppatosi in Palermo nel Giugno del 1837. >— Ragionamento storico dell'avv. Antonino Zerega. ►- Pai. 1837. un voi. in 8.° di pag. 24 — F. M. . . . » ivi Funebre elogio di M. Francesca Pignatclli Principessa di Campofran- co scritto dall' ab. Emra. Vaccaro. Pai. 1837. -. F, M. . « 65 Iscrizione funebre per Antonino Malvica. — Sac. Ant. D' Alù . » 64 Proposizioni cliniche e patologiche sul cholera asiatico del Dr. Luigi Castellana. —Parte Seconda » 8G Sul cholera di Palejino cantica di Ugo dei Bassi barnabita. — Palermo tip. Roberti 1837. — N. Camarda . . . . . » 9^ Sulla riforma dei pesi e delle misure nei reali domini di qua dal Fa- ro. — Considerazioni di Giuseppe Ceva Grimaldi. — Nap. 1837. — F. Malvica. . . . . . . , . . 3> loi Elogi di XL uomini illustri italiani, dettati da Melchior Missirioi cdiz, seconda Firenze Ciardctti 1837. — Baldassare Romano . . . jj no Necrologia pel cav. Antonio di Giovanni Mira. — Lionardo Vigo . >> iia Necrologia pel sig. Giovanni Ardizzone Faraone — Avv. Salv. Scminara » 119 Annunzio di un'opera che sarà pubblicata m Germania intorno le belle arti siciliane, ouninciaudo dai primi secoli fino all' epoca di Mi- chelangelo e RutTaello_— del Dr. Guglielmo Eurico Schulz sassone. — Paolo Giudice . . . . . . . . n 110 Varietà — Medaglia di bronzo coniata a Parigi allusiva al Monte Seta in Milano « 12I In funebre cquit. Dominici Scinà inscriptiones Dominici Avella clerici reg. scoi, piarum • » 123 Farmacopea teorico-pratica di G. C. Del-Buc. Piacenza 1 835-36, 2 voi. il» 8." il i.° di pag. 704; il 2.° di pag.440.-' Luigi Castellana » i5S Istituzioni di fìsica di Michele Milano — toni. 1° Napoli 1837 in 8." di pag. 367 con tavole — Prof. Carlo Giachcri. . . « 162 A Ferdinando Malvica sul Pneumacaloforo del Prof. Romeo 1— Reclamo ■— Gaetano Algori-Fogliani. ....... 166 Le antichità della Sicilia esposte ed illustrate per Domenico Lo Faso Pietrasanta Duca di Scrradifalco. — Voi. Ili." Pai. mdcccxx.wii in fol. (li pag. ito, e con 5i tav. — F. Malvica. . . » 172 Su i concimi— I Alla Società Economica di Catanzaro —< Can. Rodriqucz >» 184 Aaiicfà — La magia del credilo del sig. Giuseppe de AYclz. . . jj 190 .i: lS!lISStS3:?:t£Sl3 1 SilSSllEaMlS PER Là SICILIA Tom, XXI. Anno FU. %f^nU ^rt03to e ^mgno «S3S. aUrmo TIPOGRAFIA DI FILIPPO .SOLLI l838 EFFEMERIDI SCIEIVTIFIGHE E LETTERARIE PER LA SICILIA iwum. 5 5 — CCpttie / 8ò8 Prospetto DELLE scienze e della letteratura NEL SECOLO DECIMONONO ' JN SICILIA. CAPITOLO IL" DeW agricoltura siciliana dal 1 800 al 1 SSy. PARTE PRIMA JLfileguate eraDsi in Sicilia al cadere dello scorso se- colo le tenebre del peripato, e delle scolastiche sotti- gliezze, e succeduta era ad esse la sfavillante luce delle fisiche, e naturali discipline. Il Governo sull' esempio delle grandi nazioni europee recavasi a pregio di pro- muoverne gli avanzamenti, e con singoiar sollecitudine stava inteso ai progressi dell' agricoltura. Di suo ordi- ne r ab. Paolo Balsamo di Termini erasi già conferito tra i più colti popoli di Europa, onde osservare i me- todi sperimentali de' loro campi di modello, fornirsi delle più scelte cognizioni della scienza , ed acquistar dimestichezza co' più insigni agronomi di quei tempi. 4 Ritornalo in Palermo, cominciò il Balsamo le sue le- zioni dalia cattedra con molta affluenza di uditori. Do- tato di solido ingegno, egli esprimeasi con precisione , e chiarezza, ne mai dipartivasi dalla costante guida del- l' osservazione. A' precetti teorici accoppiava sul prin- cipio gli esperimenti pratici con istromenli, e macchine agrarie, che avea recato da Londra. Indi a maggiore istruzione del pubblico diede in luce un volume di Me- morie Economiche ed Jgrarie riguardanti la Sicilia. Le prime otto di queste aggiransi intorno ad inve- stigazioni, ed a dottrine economiche. Ci atterrem dun- que alle altre, e noterem come questo insigne profes- sore trattò in esse con mirabile profondità di cognizio- ni i temi più rilevanti della sicola agricoltura. Egli di- mostrò in primo luogo, che la sementa influisce sopra la qualità delle raccolte^ e i -prezzi da' grani di Sicilia; espose i principi^ e le pratiche colle quali dovrebbero seminarsi i grani in Sicilia, per averne un buon ricolto; ammaestrò i nostri proprietari, e coloni che i semina- tori, e somiglianti macchine, e maniere adoperate nella seminagione de" grani in molti terreni, e circostanze non si possono lodare; enunciò i metodi poco prati- cati in Sicilia per la buona coltivazione dei grani, e la loro conservazone dopo il ricolto; e s' intrattenne sulla volpe, e la ruggine dei grani, e su i mezzi di ri- pararvi come meglio si può. Traluce in tutte queste Me- morie nitidissima nettezza di idee, gagliarda forza di ra- gionamento, e finissima sagacia nell'indagare e scoprire i veri difetti della nostra agricoltura, e nel proporne i rimedi (i). Uno scarso ricolto di grani avvenuto in Sicilia nel i8o4 a cagion della ruggine gli somministrò 1' occasio- ne d' indirizzare una Lettera al Principe Belmonte so- (i) Memorie Econoinichc ed Agrarie riguardanli il Taglio tli Sicilia del- l'Ab. Paolo Ualsarao ce. — Palermo della Reale ULainycvia idoì. 5 pra questo argomento (i). In essa andò egli in cerca meno delle cagioni, che de' mezzi atti a prevenire que- sta malattia de' cereali. Quanto alle prime , inclina a supporle nelle straordinarie pioggie di quell'anno, le quali accompagnate da nebbie, e da altre sinistre meteore , alterarono i sughi vegetabili del grano , e gli spinsero sulla sua epidermide, ove aggrumandosi in sostanza mor- bosa diedero occasione ad una specie di eflorescenza pa- rasita, che distrusse la sua buona fruttificazione. Circa ai rimedi, egli insiste con molto senno sulla necessità di ben preparare i terpeni con accurati lavori, di met- terli in iscolo, e concimarli, di porli ad opportune ruote di raccolte, e di anticipare per quanto si può la semi- nagione. Venne in mente al botanico Blvona di oppugnare nel Giornale 1' Iride 1' opinione del Balsamo sull' essenza della ruggine, asserendo di essere piuttosto una pianta denominata uredo Unearis^ ed appoggiandosi all' autorità «li Tozzelti, e di Fontana. Provò il contrario Nicolò Palmeri nel Calendario per 1' agricoltore siciliano. Ma quand'anche l'esperienza non ismentisse il pensamento del Bivona, non verrebbe perciò meno 1' opinione del balsamo, sendochè la ruggine sarebbe appunto la pian- ta parasita da lui indicata, la quale proviene dalle ca- gioni eh' egli espose. Un' altra Memoria di questo illustre professore sul- V agricoltura di Fiandra pubblicata negli Annali di Agri- coltura di xVrthur Joung, ed in Francia da Broussonct, fu indi riprodotta nel Giornale scientifico di Sicilia. Si id egli in questa a riandare eoa cenni rapidi sì, ma di- ligenti le più essenziali pratiche agrarie di quel paese, ed aggiunge in fine alcune politiche osservazioni sulle l<^ggi agronomiche de' Fiamminghi, e la grandezza dei loro poderi (2). (1) Sopra la ruggine, e il cattivo ricolto de' grani rlnl corrente anno i8o4 in Sicilia, lettera dall' Ab. Paolo Balsamo. — Palermo i »■ } dalla lUalc blai»!). (■J) Giornale Scicnlifico di Sicilia N. 8. 6 Soleva il Balsamo dettare le sue lezioni così a voce, che in iscritto. E però molli dei suoi allievi ne conser- varono manoscritte la più parte. Alcune di queste, già uscite in luce nelle nostre Effemeridi scientifiche e let- terarie, mostrano come egli ponea sempre mente all'ap- plicazione delle dottrine geoponiche alle circostanze par- ticolari della Sicilia. Prende egli a dimostrare in una di esse che la Sicilia nel i8o3 , in cui scrivea , era pile ricca-, e meglio coltivata ^ che ne' passati tempi , ossia un secolo addietro. L' incremento del fìtto, e del prezzo de' terreni, e delle vettovaglie, il dissodamento di nuove terre incolle, e piià che altro 1' accrescimento della popolazione; dapoichè ^ come assennatamente ri- flette, ella è cosa per se stessa chiara che in uno stato aumentare non si può in una considerabile proporzione il numero degli abitanti senza un no- tabile incremento di ricchezza., e di agricoltura sono le prove, con cui egli convalida il suo soggetto. Metle e- gli in pieno lume in un' altra che la Sicilia era allora meno ricca., e meno ben coltivata degli altri stati di Europa. Ed istituisce un confronto tra la prima e i secondi, rispetto alle principali condizioni economiche, ed agrarie, nel quale la Sicilia tien sempre un rango inferiore. In altre due Memorie s' intrattiene sulle ca- gioni dei pochi progressi dell'agricoltura siciliana di quel- r epoca. GV incagli nella vendita de frulli della ter- ra., i dritti privativi., e i regolamenti nella vendita., e né* prezzi di essi prodotti ne sono a suo avviso le pri- marie cagioni. Laonde discorre de' divieti dell' asporta- zione del grano, e delle grasce da un territorio ad un altro, delle terze parti, degli appalti annonari, e delle assise: argomenti, di cui crasi occupato nelle Memorie di anzi accennate, e che ora non haimo più quella me- desima coincidetiza colla nostra amministrazione civile già in tutte le sue parli riformata. In un' altia final- mente fa vedere che le proibizioni sopra /' esportazio- 7 ne della moneta dalla Sicilia non sono lodes'oU (i). // viaggio per la Contea di Modica da lui pubbli- cato nel 1809, benché non concerna propriamente l'a- gricoltura, contiene pur tuttavia utilissime indagini sullo stato agronomico dell' interno dell' Isola, ed in ispecia- lità di quella Contea (2). Accinto erasi egli finalmente a dare in luce un Corso elementare di agricoltura^ e pubblicato ne avea il pri- mo volume, quando colpito da apoplessia nel luglio del i8i4i cessò di vivere con grave danno di quei rami scientifici, che avea cotanto illuminato. Il rinomatissimo Saverio Scrofani di Modica , mentre dimorava in Italia, eseguendo il divisamente del veneto Governo, proposto erasi ancora di scrivere un corso ele- mentare di agricoltura. Mandatone però alle stampe il primo volume, non potè proseguirne la continuazione a cagione delle circostanze politiche di quell' epoca. Ri- condottosi poscia in Sicilia negli ultimi anni della sua luminosa carriera, ebbe a core di giovare a' suoi com- patriotti, istruendoli delle regole più convenienti alla buona cultura del granone, o zea mays., il quale altro- ve alle classi operose del popolo somministra ottimo cibo così solo , che mescolato col grano (3). Se con efiicacissimo zelo promoveasi in Palermo la scienza agraria, con uguale attività tendeasi in Catania al medesimo fine. Promosso nel 1809, alla cattedra di Economia Commercio ed Agricoltura di quella Università Salvatore Scuderi di Catania , pose questi ogni opera neir inspirare alla studiosa gioventù la viva brama di questo genere di studi, e nel rivolgere l'attenzione dei proprietari di qudle fertilissime contrade verso una scien- za, che recar loro potea infinito giovamento. A conva- (1) Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia n. 3. j. it. i3. 18. (2) Giornale del Viaggio fulto in Sicilia e particolarmente nella Conica di Modica dell' Ab. Paolo Balsamo. — Palermo per la stamperia Reale 1809. (.J) Eircaieridi Scicnt. e Lett. n, 26. 8 lidare indi vie maggiormente le sue lezioni, diede alle stampe nel 1812 un volume di Dissertazioni Agrarie riguardanti la Sicilia. La prima di queste ha per og- getto // metodo di studiare, e di trattare V agricoltura teorica. Divide egli la scienza in anatomia, e fisiologia vegetale, ed adduce poscia metodicamente tutto ciò che spetta alla descrizione degli organi delle piante , e al- l' esposizione istoiica de' loro fenomeni , e tutto quello eziandio, che ha per iscopo di scoprire i grandi rapporti, che han fra loro gli organi delle piante, e il nesso uni- versale de' loro fenomeni, a iin di ben conoscerli, e fio anco se fia possibile spiegarli. La seconda dissertazione versa sulla maniera di perfezionare V agricoltura prati- ca-, e particolarmente la siciliana. Tre sono a di lui parere i principali mezzi onde riuscirvi: istruire i pro- prietari, e tutti coloro che sono addetti alla coltivazione delia terra ; avvezzarli ad accudire personalmente alle faccende rusticane ; raddirizzare , e correggere tutte le pratiche di agricoltura comunemente m uso che sono difettose, ed erronee: del che va facendo una particolare applicazione alla Sicilia. I più accurati metodi con cui des>esi coltivare il frumento in Sicilia è il tema che egli si prefigge nella terza Dissertazione , nella quale dinU»- saraente ragiona di tutti i precetti, che s'inculcano ò,(ìì dotti geoponici intorno alla perfetta coltivazione di questo prezioso cereale. Le patate e la maniera di ben colti- varle in Sicilia son da lui prese di mira nella quarta Dis- sertazione, che tutte espone le regole sulla propagazione, cultura, raccolta, e conservazione di queste piante. L'ul- tima Dissertazione finalmente riguarda i mezzi di melio- rare le razze de^ bestiami : soggetto che egli svolge in tutti i suoi aspetti relativamente ai cavalli, ai buoi, ed ai merini (1). Portarou favorèvol parere di queste Dis- (1) Dissertazioni Agrarie riguardanti il Regno di Sicilia. Catania dalia stam- peria li rapile a noi. 25 tulli i pregi e di mente , e di mano, che vorrebbero mostrarci in quelle opere; ch'io ribelle all' autorità loro rimiro quelle tele insozzale , que' muri imbrattati , e grido ai giovani, si guardino, gli tengano quai testimoni dell' umano traviamento. Dechinava dalla sua mela il secolo decimottavo, e la follia delle arti era al supremo grado pervenuta. Perdutasi financo la rimembranza degli studi necessari al buon pittore, posta giù la prospettiva, la geometria, l'ottica, l'anotomia, bastava avere un po' di pratica nel disegno, e nel colorire per esser maestro, e chi fra tutti era più ardimentoso , e a dir proprio , più sfrenato, teneasi maraviglioso nelle arti. Quindi non esattezza di contorni, non proporzioni, non espressione, non modo alcuno di comporre, aggruppare, e disporre le figure ; ma speditezza , gagliardia , furia di mano. Tristo colui, che avesse un poco pensato sopra ciò che fare intendeva, tristo chi non avesse saputo piegheggiare a cartocci, a svola/zi. Tutto, e perfino gli affetti interni si esprimevano secondo convenzione, quindi un incrocic- chiare di gambe, uno stendere , o intrecciare di mani, un volgere e rivolgere di teste, uno squilibrio di corpi. I signori , cui la feudale potenza ( non ancora abro- gata, ma in pieno vigore coli' atroce mero-misto) dava grandezza di pensieri, ritiratisi nelle capitali città del- l'Isola, largheggiando plaudivano, e incoraggiavau gli ar- tisti , i quali erano tuttodì impiegati a ornare le am- pie sale baronali. Aveano perciò esercitazione ad ac- crescere la pratica , materia a mostrare la loro bravura, e sicuro mezzo di arricchirsi. Gli architetti (i) aveano (i) A pruova chiarissima di quanto riferisco si osservino gli aPTreschi della Chiesa dei PP. Olivetani. Manne, che dipingevali» quantunque fosse licenzio- so oltremodo, non volca fare quell'aria azzurrissima: fu minacciato di per- dere il lavoro. Ciò fu bastevole a far tacere un uomo, che avea poca cura, o falsa idea della propria fama. Ei dipingeva le figure, e I' architetto Mar- Tuglia facea colorire il campo da un tintore. Quindi quella discordanza be- stiale, e quell'aria inconcepibile. Parecchi anni dopo un giovine di molto in- gegno facea i pattini nei tonili degli archi, iic sap«udo acquietarsi a quel ino- 3^ sopra l pittori, e scultori assunto tono eli superiorità, dellavano Icg^gi storte, scapvicciavansi, traendo tjue' mi- seri ciechi in un precipizio , clie o per ventura, o per lo poco vedere, che loro rimaneva, avrebbono scansato: però vidersi la pittura , e la scultura adoperate Me- gli edifizì , come adorni servili a quel modo , che è la drammatica poesia nella musica moderna. Da qui quelle pesanti cortine, che si veggono in fronte a o- gni quadro anche di paese , da qui quelle colonne, quegli archi e cornicioni di nuova foggia, e que' tanti deliri, che i pittori, benché stravaganti, non avrebbon sognato. Le belle tavole del raflfaellesco Vincenzo Anemo- lo erano stimate fredde, grette, insipide, e poco meno che alle cose gotiche paragonate; le produzioni migliori del- l' aureo secolo si redipingevano, e si sformavano dai ma- nieristi. Il Monrealese, che solo potea trarli alla natura, guardavasi con orrore, nulla avendo da piacere a quei inatti, col contrasto piccante, colla sobrietà, e armonia del colorito, colle attitudini riposate, e la composizione ordinata. Ci volea ben altro spirito, ci voleano ben altri salti di fantasia , ben altro torrente ( mi sia lecito qui usare del linguaggio di que' tempi) di personaggi, altro fracasso di rossi, e turchini, e gialli, e bianchi, e neri, e paonazzi, ci voleva in somma altro brio, altra festa, altro romore. Pittura era quella, ch'io assomiglio a una carnevalesca mascherata di popolo. III. Così volgeva il secolo allorché nacque in Palermo Vincenzo Riolo nel febbraio del 1772. Il di lui padre Rosario era uno agiato mercatante, cui non mancavano do in un tempo più ragionevole) osò chiedere pei'messo a dipingere i fondi secondo ragione, rurchiteltosopraintcndcnte, che tuttora vive a onore delle arti bicdianc, il garrì aspramente dandogli dello sciocco, e |>rcsuntHoso, addnccn- doi^li l'esempio di lìairacle) il quale foce azzmri i fondi in alcune volle della Farnesina, Si può l'are nia^'giore oltraggio all' autorità iù insolenti menzogne ? Stolto! non capiva cIk^ Rafliiele con sano ac- corgimento tinse (piellc pitturo come sopra tappeti ci lestri attaccati alle volte; dii'alti oltre i chinili agli ilngoli, alcuni lembi
  • aiono «li «iicnioiia ben degni. >> vantlo fortuna a se discorde, come ogni allra semente, posta fuori di sua regione, fa mala pruova. Ma io tauto veggo scriversi da moltissimi, e odo ripetersi da tutti, e praticarsi da pochissimi, o da nessuno: dunque ai mol- ti giova il non operare secondo il vero, e la coscienza, o hanno essi mestieri di un indovino, che gli muova a guisa d' animali sragionanti ? Fu allora al Riolo ( e di tre anni avea passati. i due lustri ) conceduto di seguire l' arte , purché attendes- se agli studi delle lettere. K dopo di avere speso poco tempo alla scuola del Sozzi, era posto sotto la disciplina di Antonino Manno, che sopra tutti i pittori dell' Isola avea la piena dittatura. Felice egli di tanta libertà di fare, plaudito ed accarezzato da' parenti, i quali sempre gli andavan ripetendo 1' augurio dell' indovina, animato di grande amore, instancabile ne' lavori, fé' sotto il mae- stro rapidissimi progressi così, che dopo due anni dipin- geva celeremenle accademie^ e dopo altrettanti condu- ceva interi quadri, e spesso era di aiuto al Manno, il quale per l' opera de' suoi allievi appestava più facilmeu- tutta r Isola co' propri dipinti. Ia Villa de' PP. dell' Oratorio in Palermo, nella quale Vito d' Anna dipinse a fresco il nuovo testauiento, cui (morto questi) il Manno aggiungeva parecchie istorie , era ai pittori Siciliani ciò, che è oggidì agli artefici di tutte le nazioni, il Vaticano. Riolo gran parte copiò, e ricopiò di quelle pazze pitture. Il Manno prognosticava in lui un secondo Giordano, un altro Solimene, un tro- vatore di cose nuove, e bizzarre, che tale mostravanlo le sue argute, e strane invenzioni. Queste parole, come pruove delle speranze del primo augurio, mossero il pa- dre a mandarlo in Roma, e perchè stretto dal bisogno di lavorare per vivere non si sviasse in altre cose, che potessero rilardare gli studi di lui , assegnavagli suffi- tenti emolumenti. . IV. Era egli venuto agli anni veutidue di sua eia. 3o Sapea molto di mitologia, conosceva le storie romana, e greca , ed intendeva un po' di latino, che più non po- teva apparare in quell' epoca, ove insegnavasi la lingua del Lazio col Donato, e col P. Emmanuele. Era della sua bravura nell' arte sì convinto, che pensava dovere recarsi ili Roma non come discepolo, ma come gareggiatore coi più celebri maestri, non per istudiare , ma per essere onorato. Fida vasi nella facilità d' improvvisare sopra qualunque soggetto, di colorire secondo la moda più re- cente, di sapere inventare nuove fogge di vesti, e pie- gheggiarle con bei scherzi di lembi, d' inchinare, stor- cere, e scortar le figure maestrevolmente; fare ( senza a- ver Ietta mai Vitruvio e Palladio) colonne, e pilastri, e nicchie, creare ordini architettonici mai visti neppure nei due volumi del P. Pozzo, eh' egli avea studialo come il codice santissimo "d' Architettura. In questa maniera sentendo di se, giungeva in Roma. La vista di que' magnifici monumenti dell'antichità, che da' loro ruderi venerandi impongono rispetto alle anime più franche, sorpresero il Riolo, il quale sentiva tramutarsi in altr' uomo. E meno presumente di se, an- zi per la prima volta dubitoso delia sua scienza temeva di essere schernito spacciandosi pittore. Si avvenne in un giovine artista tedesco, che con dolci maniere gli si ofierì a guida per osservare le cose peregrine della Cit- tà; e posciachè costui era michelangiolesco, primamente il condusse alla Cappella Sistina dinanzi al terribile Giu' dizio del Buonarroti. Il Siciliano immoto, accigliato, ra- pito da' sensi stette lung' ora come assorto in alte con- templazioni, ne sapea da quella vista partirsi. Repente, quasi scosso da un sogno strano, e spaventoso , rivol- tosi al compagno interrogoUo più fiate se quel desso fosse Michelangelo, e con voce rauca quasi prodotta da • represso cordoglio soggiunse: — Amico io non so nulla, mi accorgo di essere stolto pur troppo! w E come se gli si scoprissero nuovi misteri dell' arte , e gli fosse pur 3i li conceduto il beneficio della vista, conobbe ch'egli era fuori via, e sebbene non si confortasse del tulio, sbal- danzito della primiera fiducia siciliana , giurò eh' egli sarebbe ito a studiare in Buonarroti. E ])er fermo era in lui lo ingegno, il quale se mal coltivalo avea dati cattivi frutti non avea perduta l'antica forza, di modo che capace non fosse di novella cultura. Era esso come un terreno, cui 1' erbe malefiche, i dumi, e gli sterpi aveano affralita la vigoria naturale, ma spenta non n)ai. Gravi erano i vizi del suo modo di concepiie, e di ese- guire i concetti, gravissima, e durissima cosa era svez- zarsi dagli abiti cattivi, che erano in lui quasi divenuti natura: nondimeno 1' età fiorente di ventidue anni il con- fortava alla intrapresa di nuovi studi, e il l'antasma delia gloria, che lo mosse nella fanciullezza prima , e lusin- gollo dappoi, ed ora vestitosi di nuuve forme si era ma- gicamente allontanato da lui, gli accresceva la naturale solerzia. Ed ecco Riolo novellamente tornato fanciullo, risoluto, fermissimo a cominciare, ove lòsse mestieri, dai primi dintorni del disegno. V. Le arti lungi dal loro scopo per più di un secolo e mezzo vagabonde, erano in Italia risorte col sorgere di Canova. 1 monumenti de' Papi Ganganelli e Kez- zonico, il Teseo, le Psichi, e le altre prime opere del Canova aveano chiamati gì' ingegni alla ragione. Quella mente divina tornando sulle orme de' Greci operò solo la riforma delle buone arti, non che delle lettere. La statuaria usci dalle sue mani sì perfetta, che coloro, i quali sono venuti poscia, benché di novità vogliosissimi, in lui mirarono, ne la meta da lui toccata raggiunsero. La pittura ebbe un riformatore in Raffaele Mengs, il quale, artefice jnù di studio, che di genio, non potè coi suoi dipinti mostrare eccellentissimi esempi, ma ne' suoi scritti diffuse sana filosofia, e buoni precetti. Essa per- ciò faceva più lento il cammino. Avea voce di primo a queir età Antonio Cavallucci, lo stile di cui non andò 3a a sangue al Riolo, perchè gli parve, clic quailtuoque pen- desse alla nuova maniera, vedea le cose in modo assai lontano da natura; alla quale egli bramava ridursi: e ti- rato dal Tedesco, die sopra nominammo, venne a studiare sotto Wicar, che tra' migliori tenevasi.Era il Wicar tutto francese nell' arte, le di lui opere erano sfornite di quei pregi, che andò poscia acquistando colla lunga st-anza, che egli ebbe in Italia. Ma a lui non ispiacque il Riolo, il quale traevalo a maraviglia colla pertinacia, con che inten- deva a' lavori, e con quel disinteressamento, e non cu- ranza del mondo , onde vivea solo assorto ne* piaceri dell' arte. Alla quale il Wicar non gli potè essere scorta infallibile, eh' egli medesimo bisognoso d' imparare, iva ora in questo, ora in quel maestro posandosi. Non rimet- teva bensì dal suscitare , ed alimentare il fuoco nella mente del giovine. Il quale come dopo un anno sì vide abile a tentare qualche cosa, e libero in gran parte dei vizi antichi, si sentì fermo da potere andar solo, si die tutto, sciogliendo il giuramento, a studiare Michelangelo. Più volte disegnò il Moisè, il Cristo, e la Pietà, mol- tissimi nudi del Giudizio disegnò , ed alcuni colorì , e tutte copiava le opere del Fiorentino , che gli veniva fatto di vedere o in pubblici luoghi, od in privati. La impressione, che a lui lasciò Michelangelo fu così pro- fonda , ed indelebile , eh' ei sempre fu la. sua norma inalterabile a vedere, o imitare le opere di ogni artista. Mai seppe scuoprirvi difetti; le bizzarrie , gli urti , le selvatichezze di quella austera, ed indomita mente gli parevano grazie; quella espressione qualche lìata smor- fiosa, e feroce de' nudi era per Riolo il grande della espressione. Ei parlava di quello ingegno gigantesco compreso di alto rispetto, ed io lo udii anco negli anni, che conducendolo a vecchiezza, lo avrebbero dovuto sgan- nare dalle giovanili illusioni, ben io lo udii, infiamman- dosi di collera, maledire al nome di Francesco Milizia, il quale (grande filosofo beuefattorc delle arti) con troppa 33 severità, o siccome egli diceva tra portato dall' iva, con rabbia calabrese avea giudicato il sommo autore del Moisè. Codesta riverenza gli durò per tutta la vita; co- sichè avendo egli ritratta fedelmente una picciola Pietà del Buonarroti, faceala copiare a' suoi allievi quale perielio modello di stile. E se avvisò, che ne' jianneggiamenti, nel cliiaro-scuro, nei fondi colui fosse inferiore a non pochi artisti di minor fama , diceva essere quelle inezie da sprezzarsi in vantaggio delle parti principali del dipinto, cioè delle figure: ma erano parole di labbro, avendo egU pòsta sempre moltissima cura in quelle cose ; lauto e vero che il fanatismo è contrario agi' intimi sensi libe- rissimi del cuore. Sentiva altresì il bisogno di studiare in altro maestro l'arte di colorire: imperciocché i hes- clii della Cappella Sistina non potevano in ciò aflatto soddisfarlo. E buon per lui , che non seguì , o forse ignorò le massime indegne, colle quali il maestro mor- deva Tiziano supremo colorista. Ei conobbe, che il bel colorito è uno dei mezzi più efiettivi a esprimere le proprie idee, è lo stile armonioso, ed espressivo d'una bella poesia. Scelse per esemplare le opere di Pier Paolo Rubens, il quale, grande maestro nell' arte de' colori , avente un ingegno facile, ed ampio, piacque al Riolo più che il principe dei coloristi Vecellio. Però oltre la ra- gione del colorito col frequente copiare le opere di Ru- bens acquistò un certo che di fiammingo nelle forme , che gli chiuse ogni varco a conseguire il dilicato dell'arte. A cui, quantunque poco disposto , lo studio delle cose de' Greci, o de' nostri lo avrebbe potuto avvicinare. E pure a que' tempi aveva il Canova non solo in Italia, ma nel mondo tutto suscitato 1' amore per la vera bel- lezza! Amò non per tanto Raffaele, e ne' grandi com- posti di lui guardò : perciocché ne il secolo, ne la ra- gione permettevangli, che si acquetasse alla simmetria del Buonarroti, che pute d' antico, e di gotico. Per la qual cosa disegnò , ma non dipinse il Consiglio , e il 34 . . Convito degli Dei, e gran parte delle Logge, ma allor- ché volle copiare una bella Madonna dell' Urbinate la- sciò l'opera a metà; imperciocché la grazia ingenua, il riposo, il candore delle Vergini di Raffaele non erano per r austero ingegno di lui : e qualora il copista non sente appieno 1' originale , di sola pratica non si po- trà far bene, ma quanto è difficil cosa cogliere il senti- mento d' un autore ! perciò rarissimi i copisti prege- voli di grandi originali, come rarissimi i buoni tradut- tori de' sommi poeti. Coll'assiduo studio de' primi tre anni venne il Riolo in fama di artefice distinto Ira' giovani. VI. In quel tempo memorabile era Roma in mise- rando stato. Inganni succedenti a lusinghe , a minacce de' francesi sovvertitori di Europa ; spavento continuo di maggiori sciagure ; partiti aizzati , odi accaniti , e quindi ad ogni tratto timore di nuove perturbazioni ; spogliati i musei, sfiorate le biblioteche, timorosi i cit- tadini delle proprie fortune, avvilito, e a se discordante il Governo, negata, e poi cara venduta una pace igno- miniosa: in tutti spavento del presente, spavento dell'av- venire misto a incertezza, a timore di scegliere. Le cose di Roma insomma erano a tale stato ridotte , che già vi si provavano, come dice lo Storico Italiano, gli estremi di una guerra lunga e disastrosa. E voce che dipingesse alcune tragedie di Alfieri , e in grazia di Monti , che instantemenle nel richiese , il Cajo Gracco , e l' Aristodemo, che noi vedemmo incisi ad acqua forte per lui medesimo cun un fare poco grato, ma gagliardo e pittoresco. E con amore , e forza di animo somma trattò il figlicida di Messene, ch'ei vide rappresentare nel domestico teatro di un Cavaliere Ro- mano, e sosteneva il poeta la parte del protagonista, e la bellissima Pichler di lui consorte quella di Cesira. Questo dipinto, secondochè appare dall' incisione, avea grandissimo sentimento di espressione ( che il Riolo fu sommo maestro nel presentare soggetti di apparizioni ); ì 35 le forme n'erano scelte, essendo quelle della Teresa ili. Monti, le quali ei stimava perfette. Di quest'opera sem- pre si piacque come unico tributo reso all' amicizia di quel grande; che essendo il più efficace promotore della poesia dantesca, di quell'altissima poesia, che i codardi rapsodi de' miei giorni profanano, usandola fino nelle frottole e cicalate da taverna, inspirò all' amiro pittore l'amore di Dante, spianogli i reconditi sensi de' luoghi principali , gli spose il mirabile edificio della grande Commedia; onde gli fecondava, e invigoriva lo ingegno. Tale studio produsse la dipintura di Caronte cogli oc- chi di braggia, con estro sommo cominciata, e a lorni- nimento non condotta. VII. In questo andare Riolo faceva scorrere gli anni immemore del futuro , beato nel perpetuo movimento delle proprie passioni. La ventura infra tanto, che è capricciosa donatrice, e ladra crudele de' beni, spesso seconda a' tristi, ed a' buoni sinistra, un colpo gli preparava, con che strappan- dolo alle care illusioni, cominciava a rovesciargli addosso quel grave carico di sventure, che per tutto il tempo di sua vita non gli tolse mai più. Il padre moriva, mutarou faccia le famigliari bisogne, però era costretto egli a ri- tornare in patria, sì per la cessazione de' conceduti emo- lumenti, e sì per dirigere le domestiche cose. Partito egli adunque da Sicilia sfrenato manierista , riformossi in Roma, studiando pertinacemente nel Buo- narroti, guardando in PiafTaele, e in Rubens. Avea per- ciò acquistata molta scienza di disegno, arte di com- porre ragionato, e non poca pratica di colorire. Eran queste le sue virtù; i vizi, disegnare esagerato, ed au- stero, colore in tutte le variazioni piccante , espressio- ne alcuna fiata teatrale. Del già detto ci e lecito rac- cogliere, che se egli con miglior metodo di studi , con più amore di lavoro, in tempo meno tem{icstoso fòsse più a lungo dimorato nella mci'ropoli delle belle arti, 36 ^ sarebbe divenuto più valoroso. Ma così come egli era con quel corredo di meriti potea primeggiare nella pa- tria, che ancor non era bèu desta dal sonno ignominio- so, in che lasciavala. Non pertanto sapea determinarsi a partire da quella terra di eterna grandezza: pensava, che venuto in Si- cilia gli si sarebbe chiusa la fonte de' veri diletti, che era solito cogliere nella contemplazione delle opere dei grandi. Cotal privazione fé' alla sua mente lampeggiare il disinganno, che ne' momenti più forti della vita del- l'uomo viene a soccorrere, o a punire. Riolo guardò se stesso, misurò le sue forze, pesò il frutto raccolto da cinque anni di studi, e conobbe pur troppo, che rima- nevagli molto di salire per ridursi a quella cima, la qua- le era scopo al suo ardente sperare. Ondeggiò tra mille opposti pensieri, ma le lettere, e i preghi della amoro- sa genitrice, che invocava lui a reggere 1' orba famiglia, oppressero nel suo cuore ogni passione. Si sentì arma- to da tanta fortezza, che potè sacrificare la sua gloria, la cosa più cara, e sospirata, eh' egli ebbe. Lodossi pe- rò di questo sacrificio, e tra acutissimo dolore provò il vivo diletto di avere adempiuto a quel sacro debito di natura. Pochi dì innanti di dare a Roma 1' addio doloroso fu visto affaccendato scorrere per tutti i luoghi, ove stava- no le opere più famose delle arti, ivi sostarsi lunga pez- za, e or trasognato, or lacrimoso quasi togliesse com- miato da quelle, faceva innanzi a' muti marmi, e alle dipinte tavole azioni da far sospettare gli astanti , che in lui fosse alcuno sviamento di ragione. Fu quell' epo- ca infelicissima della sua vita, ed ei rimembra vaia sem- pre come cosa strana, e memorabile. Poiché sparve da- gli ocelli suoi la deliziosa scena del mondo: da' giardi- ni della vita passò ne' deserti di quella, in cui l'uomo, conosce la nullità, e sente gravissimo il peso della sua misera coudizione. 37 E' volle veder Napoli, dove posatosi parecchie setti- mane, visitò quanto era di bello in quella cospicua città. Osservò i piìi famosi dipinti dello Spagnoletto , che ei chiamava insigne naturalista, ma atroce ingegno. Quivi gli avvenne cosa, che produsse nelle sue idee se non mutamento, novità per certo. Con indifferenza avea guar- data in Roma la celebre cupola di S. Andrea della Valle dipinta da Giovanni Lanfranco, giammai però gli era surlo il pensiero di torlo a- imitazione : e per vero, ove è copia di cose bellissime chi bada alle men belle? In Napoli i freschi di quel macchinoso non possono an- dare inosservati, che tra tanto di Giordano, e di Soli- mene i giganti lanfrancheschi devono tener luogo delle storie del Vaticano. Nacque a Riolo il desiderio di fare sulla maniera del bolognese frescante. Oltrecchè quel gagliardo, anzi subito lavorare liberavalo dalla lunga fatiga, a cui per naturale inclinazione fu sempre indis- posto, credeva di aver trovata altra via di trafficare r arte sua ( l'essere divenuto capo di famiglia il rendea sollecito di ciò , onde prima fu immemore ) però che in queir età, come sopra toccammo, molto in Palermo dipingevasi a fresco. Provossi perciò in quel fare novel- lo, e conobbe potere averne onore: fu questa 1' ultima volta, che Riolo vacillò ne' suoi principi artistici, o, a dir meglio, riformolli, e da quinci innanzi fu in quelli sempre stabilissimo. Paolo Giudice. Imitazione di Orazio. — Ode di Giuseppe Ceva Grimaldi. Napoli 1837, ^^' fjHi è stato nudrito alle fonti del bello antico, che è sempre bello , perchè tratto dalla natura dell' uomo e delle cose , può solo creare componimenti cosi leggia- dri , come quelli di che 1' illustre autore della cennala 38 ode, lia spesso arricchito l'ilallano parnaso. E com'egli sappia mellcrc il suggello del proprio guslo , puro e splendidissimo, in ogni subbietto che maneggia, sia ori- ginale, sia da' romantici o da' classici imitalo , lo mo- stra da una parte qucU'aureo volume di poesie nel i833 pubblicato, non clie dall'altra la traduzione della ballata di Sedlitz in queste Eflbmeridi, non è guari, riprodotta, e la presente nobilissima imitazione di Orazio. Là s'in- dustriò il poeta a concatenare le idee, ad annodarle, a riordinarle, minorando, per quanto possibile fosse, quel losco e misterioso stile de' Tedeschi: qui egli jiieno la meiite ed il cuore dei sublimi concetti del Venosino, e maestro di quello stile, che italico viene per eccellenza nominato, e che sarà in onore, finche l'Alighieri, il Pe- trarca, l'Ariosto, il Tasso gloria dell'Italia si reputeran- no, schiudesi la via a deplorare con cetra oraziana, la fragili là della vita, e le miserie di essa. Lo spirito del sovrano lirico latino domina nella poesia: e l'autore ne Jja con tanto magistero eseguita l'imitazione che si sa- rebbe questa a primo tratto conosciuta, se pur egli non l'avesse nel titolo indicata. Per poco poi che si è fami- gliari con Orazio se ne scoprono tutte le parziali imi- tazioni ; in modo che caro torna il considerare le im- magini, le figure, e taluni concetti medesimi del Veno- sino sì fattamente sviluppati, che vengonsi a presentare sotto forme novelle, e tutte italiane e bellissime. E per discendere ai particolari, prese l'insigne autore ad imitare più odi, e precisamente la quarta del primo libro a Publio Sestio console ; la deciraaquarla del se- condo a Postumo; e la settima del quarto a Lucio Manlio Torquato, in cui si considerano, per la descrizione della primavera, le vicissitudini delle cose umane. ISoi ri- porteremo il latino e l' italiano insieme , onde ognun vegga quanto felice ne sia stata non la traduzione, che traduzione non è, ma l' imitazione, com' ei saviamente indicò: 3g Fuggoii le nevi: già di mille fiori S'ammanta il prato: già la selva è adorna Di nuove chiome: tra i compagni Amori Aprii ritorna. Ride natura: col mancar dell'onde L' ira depone l'orgoglioso fiume: D'Adria placato baciano le sponde Candide spume. Le nude Grazie che il nemico gelo Di Cipro all'are timide rattenne, Or che Favonio l'auree spiega in cielo Tepide penne, Di vaghe Orcadi l'agili carole Guidan giulive; mentre più ridente Le foglie d'oro schiude l'alba al Sole dell' Oriente. Tutto è mortale: preda al tempo è tutto: Di cune e tombe l'anno che rinasce Confonde i fati; con funereo lutto Giulive fasce. Zefiro a Borea le fredd'ali scioglie, Zefiro e Flora Sirio ardentp incalza, E tosto il verno d'autunnali spoglie Nuda ogni balza. Ma nuove lune dei celesti danni Volano a scampo: noi se morte ingombra D'eterna notte, non più lornan gli anni; Siam polve ed ombra. 4o Chi sa di quante rinascenti aurore Benigna Parca ci prolunga il dono...! Se a noi concesse queste rapide ore L'ultime sono — ! In ogni istante la trinacria scure A noi sul capo minacciosa pende: Il vano frutto di penose cure Da un crin dipende. L' onda di Stige valicata appena, Sordo è il Nocchiero di quel guado estremo; Mai per gli estinti riede all'arsa arena L'avaro remo. Ne il fasto allora di prosapia avita, Pietà, ricchezza, gloriosa fama All'aure dolci d'una nuova vita L'ombre richiama. Di Teti al pianto non e reso Achille; E non consola di sua morte acerba Cassandra schiava, Pergamo in faville L'ombra superba. Di Teseo a scorno un triplice adamante A PJritoo prolunga eterne pene: Stringono eterne d' Ecate l' amante Cento catene. DifTugere nives; recleunt jara gramlna campis, Arboribusque comae: Mutat terra vices, et decrescentia ripas Flumina praetereunt: Gratia cum Njmphis gerainisque sororibus audet Ducere nuda cboros. Immortalia ne speres, monet annus, et almum Quae rapit bora diera. Frigora mitescunt Zephyris; ver proterit aestas, Interitura, sìmul Pomifer autumnus fruges effuderit; et mox Bruma recurret iners. Damna tanaen celeres reparant caelestia lunae: Nos, ubi decidimus Quo pius Aeneas, quo Tullus dives, et Ancus; Pulvis et umbra sumus. Quis scit, an adiiciant bodiernae crastina summae Tempora Dì superi? Cuncta raanus avidas fugient heredis, amico Quae dederis animo. Quum semel occideris, et de te splendida Minos Fecerit arbitria; Non, Torquate, genus, non te facundia, non te Restituet pietas: Infernis ncque euim tenebris Diana pudicura Liberat Hippolytum; Nec Lelhaea valet Theseus abrumpere caro "Vincala Pirithoo. 42 Ognun vede, confrontando l' Italiano col latino, quan- ta eleganza e quanta vivezza , tutte originali, abbia il nostro poeta versate nella sua medesima imitaziouc. Ora- zio a Publio Sesto diceva: Solvitur acris hiems grata vice veris, et Favoni, Traliuntque siccas machinae carinas; e soggiungeva que' sublimi versi: Pallida mors aequo pulsai pede pauperum tabemas, Regumque turres. O beate Sexti, Vitae summa brevis spera nosvctat inclioare longara: ed il nostro autore afferrandone lo spirito nella stupenda sua ode li mesceva. Orazio lamentando con Postumo la brevità della vita annunziava que' concetti: nec pietas moram Rugis, et instancti senectae Aflèret, indomitaeque morti. Non, si treccnis, quot quot eunt dies, Amice, places illacrjmabilem Plutona tauris; qui ter amplum Geryonen, Tityonque tristi Compescit unda, scilicet omnibus, Quicumque terrae munere vescimur Enaviganda; sive Reges, Sive inopes erimus coloni; ed il Pictracatella traendone un bel partito li fece qua e là ne' suol carmi con grande studio ricordare. Orazio s' innalzava a gran volo nel genere patetico: ei fin ri- dendo cogli amici, ed invitandoli a godere vita lieta e beala , non mai trascurò la filosofia e la morale , che guidarou sempre la sua penna, e dominaroii potenli nel- l'animo suo. Egli mira a svolgere il cuore umano; nei suoi più cupi recessi s'insinua, l'analizza, lo corregge, e tutto fa volgere a questo fine ; ed essendo il vero - poeta dciruouio, delle umane passioni ragiona, l'animo sorprende, e la mente innalza ed infiamma; e mentre annunzia eterne verità, scuote lo spirito, e sviluppa profonde dottrine. L'arte e l'industria in ciò fare sono in lui maravigliose ; e tanto più singolari , quanto che portano un'aria tale di disinvoltura e di negligenza, clic sono l'opera più bella dell'oraziano senno. Per la qual cosa Quintiliano dicea ch'ei fra Lirici era quasi il solo degno di esser letto; cliè terso purissimo, e nel notare i costumi degli uomini singolare: soggiungendo che in- surgìt aliqiumdo^ et plenus est jucunditatis^ et gratiae variis Jtguris^ et verbis felicissime aiidax. E degno di altissimo animo è parulo a me sempre quel pensiero dello Scaligero, che volea piuttosto essere autore dell' ode a Melptmiene (i) , e del Dialogo con Lidia (2), che Re di tutta la Spagna Tarragonese. Tanto era egli preso alle grandi creazioni di quel su- blime intelletto! Quindi se è difficile tradurre Orazio, perchè i liriqj diflicilmente si traducono, che tradurre non si possono gli slanci del genio, i salti della fantasia, il concitament» dell'anima; e si dissipa nel passaggio di una lingua ad un'altra quel sublime che vi dà spesso la collocazione delle voci, e in che la lirica poesia principalmente consiste; I se è difficile, dicevo, tradurre il Venosino, làcile non è j certamente 1' imitarlo. Laonde stupenda laude tocca al Marchese di Pietracatella, che una sì magnifica e sì leg- giadra imitazione di quello ci donò. Clementine Vannetti insegnò nel passalo secolo il modo come tradur si dovesse questo sovrano filosofo ; ed ei medesimo aggiunse ai suoi precelti solennissimo esempio nel volgarizzamento dell'Epistola settima a Mc- (1) La 3. del 4. libro. (•^) La y. del 3, 44 ' , cenate. Io credo che quelle gravi e dotte osservazioni siano state di sommo vantaggio per conoscere tanto gli inorpellaraenti de' moderni corrompitori, quanto il cam- mino che dovrebbon tenere coloro che a sì difficile e scabra fatica si accingono. La più parte dei volgarizzatori di Orazio ne diedero, chi più chi meno , il corpo del gran lirico, senza lo spirito , o come disse 1' acuto os- servatore, parlando del Corsetti, l'ossatura senza la polpa ed il sangue. Difatti tradusse costui le odi di quel sommo con eleganza, ma quasi sempre senza verità ed energia; e comparve soltanto più felice nelle satire e nelle episto- le, che parimente traslatò in italiano. Giuseppe de Necchi Aquila si diede a volgarizzare anch' egli le odi oraziane , ma spesso non comprese il senso del poeta, fu pedestre là dove Orazio spigne maestoso il suo volo, ed impuro nel linguaggio, che clo- vea essere dell'oro più bello dell'italica favella. Fran- cesco Borgianelli tradusse le odi, ed il carme secolare prò imperìi romani incolumitate ; ma fu soventi volte falso ne' concetti , e sempre senza grazia , stentato nel l^erso, e volgare. Anton Maria Salvini, che, con una pazienza più che umana , diedesi a tradurre tutto ciò che produssero di più grande i secoli di Cerone di Pe- ricle di Augusto, non ebbe in tutte le sue fatiche che un sol pensiero, e una sola guida, quella di far succe- dere alla greca o latina parola l' italiana: quindi pede- stre freddo insulso, senza esser fedele: difatti le satire e la poetica da lui volgarizzate non ismeutiscono quel che per noi si asserisce. Fra tutte le opere di Orazio la sola poetica enu- mera più traduttori che non ne contano le altre unite insieme: poi vengono le epistole ; poi le odi ; poi i sermoni. Io però credo che si possa seguire il Van- nelti , senza errore , là dove dice che le poesie di- dascaliche di Orazio posson meglio gustarsi nella ver- sione di Stefano Pallavicini; perciocché pare che abbia 4^ questi saputo ritrarre non rade volle le vive immagi- ni, e gli acuti sali di quello. Egli è però certo che le didascaliche poesie non presentano tutte quelle difficoltà delle liriche, in cui il poeta parla il linguaggio dell'en- tusiasmo, che non si può ritrarre se non da colui che è all' unisono coU'anima del poeta originale: il che av- venendo si reputa gran fatto, e si celebra. Il secolo XVIII ci offre una selva di traduttori, che lungo e noioso sarebbe il nominar tutti: solo diremo che pochissimi sono stati quelli che abbian saputo ac- cendere appena una scintilla dell'immensa luce, che span- de il principe della lirica latina. L'Accademia della Crusca coronò nel i8ri la tra- duzione che avea fatto il Pagnini delle epistole e dei Sermoni di quel sommo. Il Vannetti passando a rasse- gna le traduzioni che delle Odi avean fatto il Cassoli, il Venini, il Caprio, il Jerocades, il Savelli s' intertie- iie su quella del Cesari, la colma di supreme lodi, e le dà r esclusiva preferenza sulle altre. Io però credo che tanto la Crusca nel coronare la prima, quanto il Van- netti nel celebrar la seconda sieno giti oltre la verità* Perciocché il Pagnini non sentì le fine grazie del Ve- nosiuo; ed il Cesari, avvegnaché puro e nitido nel lin- guaggio, non attinse mai o quasi mai i difficili voli ora- ziani; poiché spesso non tradusse ma parafrasò 1' origi- nale; e fu ora freddo ora oscuro. Ed egli è certo che quando nella lirica spontanea non è la castigatezza dello btile, allora il soverchio studio nelle parole e nelle fra- si, per render quello migliore, fa guerra alle cose, e spe- gne r entusiasmo delle menti: ed il Cesari traduttore non fu diverso di Cesari scrittore originale ; ma se il soverchio studio nelle parole rese talvolta le sue scrittu- re senz' anima ed evirate, non potea non produrre un maggiore e più grave guasto alle sue traduzioni. Ma chi è dunque colui che abbia saputo trasfondere noli' italia- na favella le arti le sottigliezze la dottrina il movimeu- 4^ . . .... to il genio poetico del grande lirico latino? chi è que- gli che si assise in l'accia a lui , e fece all' Italia cosi splendido e magnifico servigio ?....Io noi so. E sebbene alcuni dei viventi avesser dritto certamente più de' tra- passati alla pubblica riconoscenza nel volgarizzare Ora- zio; pure il parlarne a minuto sarebbe segnale d' ira- mensa lite; ed io ho il cuore troppo pieno di doglia per non ingaggiarne alcuna; e spregio troppo queste italiane iTiiscrie per non curarmi di esse. Mi ricordo, e ricorda ogni onesto uomo fremendo, le vili censure, e i vili ol- traggi che si sono scagliati contro di me da gente im- brattata d' ogni lordura, per la mia Memoria sul ca- botaggio fra Napoli e Sicilia-, che, nessuno offenden- do, e a nessuno mirando, e solo un' innocente opinione economica difendendo, come mille prò e contro tutto- dì se ne difendono, si attacca e si lacera con armi sì abbiette, e con tanti errori, e tante falsità , e tanti quadri statistici sciocchi e bugiardi, che, leggendosi la ri- sposta, si resterà (se pure il giudicio non erra) non so se più sdegi ati per l'infamia e l' ignoranza di costoro, o più maravigliati per l'inaudita loro impudenza. Vedi tempi! vedi uomini! nessuno io offesi, materie economiche gra- vissime dibattei, generosa e franca discussione scientifica sostenendo coli' egregio Mauro Rotondo, che sotto Tano- nimo avea provocato la nobile contesa. Quanto non si scrisse ( e quanto diversamente! ) pel Tavoliere di Pu- glia? quanto non si è scritto per la Conversione delle rendite pubbliche; quanto pel dazio su i libri ; quanto per la riforma dei pesi e delle misure? Le quali quistio- ni di pubblico e generale interesse sono state con tanta forza e tanta libertà trattate, che somma gloria ne è ridondata al napolitano Governo, e nome di sapiente gli si è dalle nazioni straniere a gran ragione tributato. Dun- que sicura la mia coscienza sotto l' usbergo del sentirsi pura, lascio di ricordare più oltre in questa pagina co- tali miserie, che fanno vile il nostro secolo, ed acero- 47 scono il pondo della bassezza e della tristizia umana. Quindi ritornando là d'onde mi dipartii mi piace il sog- giungere clie fra i traduttori di Orazio il Gargallo si è ele- vato a gran fama, e senza dire se abbia raccolto i maggiori suffragi o i più universali, egli è certo che superò nell'insie- me tutti coloro che nell' ardua impresa lo precessero; ma r aringo non era chiuso, ne chiuder si poteva: laonde corso da altri qua fu vinto , e là in dubbia bilancia gli ri- mase la palma; ma merita sempre la pubblica ricono- scenza sì per aver superato in massa tutti i traduttori passati, sì per avere insegnato ai successori il modo di far meglio, e di scansare gli errori suoi. Sicché gran- dissima ingiustizia a me par quella del Brambilla (r) là dove dice che la musa gargalUana ha disformato Orazio con tante e sì gravi magagne , che non fa maraviglia che molti giudiziosi uomini pospongano ( la sua traduzione ) a quella del Pallavicini; soggiun- gendo che il Gargallo ne fa quasi sempre sentire il rimbombo^ che dal nome di chi lungamente gli orec- chi italici ruppe e squarciò, suol chiamarsi frugonia- no e che egli è spesse volte prosaico , spes- sissiììio disadorno, e sempre digiuno di quelV attica nutrltura con cui primamente il Chiabrera la poesia, e il Giordani la prosa invigorirono. Finalmente (soggiun- ge ) ad Orazio non fallisce mai quella splendida bre- vità che si conviene ad un lirico; il Gargallo all'op- posito stempera i concetti di lui con tante circonlocu- zioni, epiteti e altri suoi ghiribizzi, che toglie loro o la vivezza od il nerbo. Io non credo che si possa formare un giudizio più crudele di questo; poiché 1' opera del Gargallo viene in sì fatta guisa spogliata di ogni pregio, e gittata al fon- do; il che a me sembra errore da una parte, ed iugiu- (i) SopM le OJi di Orazio hadollc da Mauro Colonnctti — Lettera del- 1' ab. Giuseppe Brambilla a Giovamii Adorni. — Como dai lii'i di Ostinelli ib38. 48 stizia dall' altra. E siccome ho tenuto sempre falso il giudizio di coloro che vedevano eccellentissima la gar- galliana lraduzione,e stimavano affare disperato il vincerla; così non posso non deplorare l'errore de' contrari. Le quali opposte sentenze io credo che derivino dall' essersi poco O.-azio studiato e conosciuto. E sebbene io opini che il Colonnetti nelle due Odi, dal Brambilla riportate, resti, salvo poche eccezioni, superiore al Gargallo; tuttavia que- sti a parer mio , pur che venisse interamente supera- to, mai non perderebbe la gloria acquistata; perciocché il Colonnetti non avrebbe saputo far quel che ha fatto senza l' importante opera di quello. E malgrado che lo stile del Santucci, altro moderno tra- duttore di Orazio, pecchi talvolta di durezza, e mal si adatti all' attica venustà oraziana, tuttavia dir non saprei se abbia pur esso vinto il Gargallo. NuUadimeno, facendo un sottile esame sul lavoro di lui, vedesi com' egli, tradu- cendo, abbia avuto sempre il Gargallo alle mani; e come gli sia stato questi di duce e maestro. Perciocché il San- tucci non si volge sul latino solamente , e non si ab- bandona alla propria inspirazione: egli mentre traduce guarda il siciliano traduttore, e pone tutto lo studio ad evitare che s' imbatta anche nelle minime espressioni da costui adoperate; ma mentre vuol comparire tutto nuovo, lascia travedere, a coloro che in dentro mirano, lo sfor- zo del suo pensiero, e 1' andamento gargalliano in tutto il componimento. Ciò non pertanto egli ha fatto un la- voro die gli ha proccuralo plausi da uomini riputalissinii, e non potrà esser mai dimenticato nell'italiana letteratura. A noi dolcissimo torna il manifestare, ed il tributare encomi alla virtù degli scrittori. In questa terra d' ingiustizie e di angosce non altro tocca a coloro che onorano il na- tio paese, e spingono innanzi la civiltà delle nazioni , che una sterile voce che grida di aver essi ben meritato dal pubblico: voce sterile sì, ma consolante e caia. Noi non conosciamo uè il Colonnetti né il Santucci, ^9 conosciamo bensì il Gargallo, a cui siam legali per pa- tria e per altri vincoli di amicizia e di riverenza. Vo- gliamo clie dopo tante fatiche non si defraudi questo va- lent'uomo della gloria che gli è dovuta: desideriamo che il valore dei moderni non insulti quello dei passati; e che l'ira degli afFelti non offenda la santità de' giudizi. Noi non abbiam la coscienza di aver tradito mai la verità: siamo stati colpiti dalle ingiustizie più crudeli della fortuna , e dalle viltà più basse degli uomini ; ma in quella abbiam trovato sempre dolce conforto alle am- basce della vita. Laonde miseramente lagrimiamo l'aspra e fiera tenzone che si è oggi attaccata fra il Gargal- lo, il Santucci , il Colonnetti, e i partigiani degli uni e degli altri: la quale triste coudizione delle lettere ita- liane non è r ultima certamente delle italiane miserie. Onde essendo così violenti le passioni, e così strani ed esagerati i giudizi convien tacere, ed attendere tempo più riposato e tranquillo, per iscriver cose, che più utili tornino, e più sicure. Il che mi è piaciuto accennare, per mostrar sempre più r immensa diflicoltà di tradurre il sovrano lirico del Lazio, e per consolidare nel medesimo tempo un' idea che reputo necessario che s'imprima in ogni mente, cioè che una nazione non dee mai credere di possedere un' opera qualunque perfetta, e quindi assonnarsi , e non calcare novelle vie, per vantaggiar se stessa, e miglio- rar la cosa sua. Onde, senza torre a nessuno quella par- te di lode che gli è. dovuta, è mestieri che sempre più si studii quel grande poeta, e novelle vie si tentino per dare alla patria un volgarizzamento, che meglio appa- ghi i desideri degP Italiani, e meglio le loro speranze conforti. Dal che nasce che qualunque lavoro che ci richia- mi al pensiero lo studio di quel poeta-filosofo non può non arrivarci gradito: tanto più che noi abbiam forte bi- sogno ai dì presenti in Italia di onorare i classici, e far che ritorni sempre raggiante di novella luce la gloj ia degli 4 5o anticlii maestri. Alla qual cosa potrà molto influire P i- mitazione delle orazione poesie; in guisa che nuovi com- ponimenti vengansi formando su quel tipo, e si renda- no originali , siccome il Fantoni adoperò. Laonde di co- stui ragionando bene e saviamente si avvisò chi disse che le odi di lui possono chiamarsi altrettante variazioni di temi oraziani; della qual cosa convien compiacerci , poiché lavori di tal natura cooperano maravigliosamente a render famigliari ì modi latini, e farne alla lingua e all' italiana poesia pregiatissimo dono. Ci auguriamo noi dunque che il fresco esempio del Marchese di Pietracatella si rinnovi, ed abbia seguita- tori, che, pari a lui, possano colla dottrina e col nome influire a mettere nell' antico onore la lingua de* padri nostri, e lo studio de' classici. F. Malvica. Corso elementare dì Medicina pratica per Ignazio POTI dottore in Filosofia e Medicina, ec.-^ Valer ~ mo presso la Reale stamperia 1 838, voi. P. in 8°. di pag. 393. IGNAZIO FoTi non è il medico sconosciuto a chi , per sollievo della umanità inferma ed a bene della scienza, professa l'arte d'Igea. Circoscritto a se stesso; non avido di titoli che in alcuni servono delle volte ad oscurare un nome per se poco valente; dello studio sofTerentissirao e quantomai laborioso, ha in ogni epoca mostro al vivo Io amore per le mediche discipline; che or di un modo, or di un altro si è prodotto nei pubblico ad ammirazione certissimo non volgare. Persuaso egli, ed è la persuasione dell'uomo onesto, appieno istruito nella materia, di non aver toccata la meta dei suoi desideri con le Istituzioni di clinica j da me (i) e dallo straniero (2) orrcvolmente (i) Vedete il mio Giornale di Scienze mediche per la Sicilia anno I. voi. I, ' (2) Vedete la Bibliolcca Italiana. 5i giudicate , volle ora di un altro libro sulla itiedicitia pratica regalarci,anzi di un'opera die dal Corso elementare s'intitola, e di cui si favella. E ben doveva egli farlo, che chiamato sia dal iSS-j a legger da sostituto alla cattedra la pratica medicina nella R, Università degli Studi in Palermo , trovò la scolaresca sì sviata dai moderni principi, e per l'avanzala età del Professore proprietario dai sistemi in voce, tanto esclusivamente dominata e sedotta, conobbe sì meritevoli di modificazione circa al metodo ed alle conoscenze attuali di Patologia fisiologica i pensamenti racchiusi nel libro d' istituzione, che altr' ordine ed altro metodo gli era d'uopo seguire, altro impasto alle materie pur dare; e senaacchè derogato si fosse iu menoma parte al merito sublime del Frank, un' o[)era appositamente comporre, jjella quale la osservazione degli antichi dai più inconcussi ragionari de' moderni afforzata assieme e schiarii^, potesse di guida servire ai discenti la più sicura almeno, e lu più plausibile nell'intrigato sentiero in cui metton piede. Quindi il libro che qui si annunzia, se uou è ricco di invenzioni e scoperte^ non lascia intanto a desiderare alcun che di giovevole agli scolari, se noi si voglia dir nuovo quanto allo esatto legame che oSre di materie disparate fra loro, e di pensamenti pe' quali hanno gli scrittori sì spesso deviato dal retto cammino. Che se questa è l'opra eccelsa degli ingegni quando aggiscono ii» un paese in cui la mancanza di pubbliche scuole di clinica sensibilmente li aggrava, non v'ha, son sicuro, alcun dubbio che abbia Fon ben satisfatto al debito suo giugnendo là dove ad uomo colto è dato arrivare. Per il che io brevemente dirò, che comunque esclusivo sembrar potesse a taluno, anzi un po' sentito di sistema e di parte lo aver egli seguito il metodo del Boisseau nel descrivere lo slato normale degli organi , pur nondimeno con tanto senjio egli il fa, così spertamente dai pensieri dello stesso scrittore dipartesi, die non lascia eli appiccarvi delle postille modificando la classificazione delle funzioni , credendo alcuna doversi avvicinare ad un'altra^ lo che non fa quel dotto Pratico della Senna. E con tali vedute l'A, nel suo Corso si avanza, che a non poche e giuste idee preliminari sullo stato della pratica medica dagU antichi sinoa noi, tiene immediatamente dietro la descrizione dei morbi, che divide per classi j sponendone in questo primo volume tre solamente: nella prima delle quali delle malattie degli organi digerenti viensi occupando; di quelle degli orinari nella seconda; e delle altre àé' genitali ueWsi terza. Così tu ravvisi in sette capitoli discussa e trattata la materia nella prima classe ; i quali tutti della flogosi delle labbra , gingia , bocca , tonsille , faringe , esofago , ventricolo , intestini tenui ed intestini crassi, della febbre intermittente, della peritonite , epatite e splenite ofiiono ben delineate la produzione, le cause, i sintomi, la prognosi, il trattamento. Appartengono alla seconda classe le infiammazioni dei reni, degli ureteri, della vescica, dell'uretra; non che la disamina dell'urina come indizio o criterio medico nella diagnosi delle malattie. Nella terza classe comprendonsi le affezioni del membro virile e dei testicoli nell'uomo, della vagina e dell'utero nella donna. Nel libro del Foti non profusione inutile si scorge di erudizione antica e moderna; ma della pratica la più solida degli antichi e dei moderni ti si offre lo scorcio. Potrebbe alcuno tassarlo di esclusivo Jìsiologismo da che egli spesso la dottrina sulla gastro-enterite ed i suoi partigiani li più fermi vien ricordando. È però a dire che Fon non è quel cieco brusseista che pare; anzi a mio avviso , ove i più inconcussi principi dell' antica scuola metta a paro con quei della nuova, più formale a questa dà il crollo, senza recedere dalle massime che di questa alla scienza, come di quelle più vanlaggiose, son dono. L'autore insomma presenta ai discepoli il vero 53 stato iti cui si dèbbon eglino collocgre in fatto della pratica medicina. Se non che , giova sinceramente qui dirlo , molto a me duole che non abbia egli tenuto proposito dei successi de' morbi per la sezione del cadavere.. Era questo uno studio da non trasandarsi per nulla ; che comunque l'anatomia patologica non dia sempre chiara a vedere la etiologia delle uman^ infermità , ne è ciò malgrado splendentissima face degli esiti o terminazioni, è non di rado sicurissima guida a, sceverar le idiopatiche o primitive dalle malattie complicate, gli epifenomeni da' fenomeni prirnigenii; è a dir breve la scienza che oggi in Europa non y' ha libro di pratica medicina che vegga la luce senza esserne dovizioso abbastanza. Ma questtj mie parole non varranno gran fatto a jdefraudare il Fox^ dai giusti elogi che gli si denno per avere il primo a dì 60 ^ ! . ^ . ;; .: :,.,,.,.; nostri cominciato nell'Isola a raccorre in un libro per usò degli scolari il meglio che trovasi qua e là nelle qpere degli antichi e dei moderni rac(;Jiiuso; a comporrp un tutto che ad essoloro è giovevole, mentre reca gloria ed onore a lui che giudiziosamente, v* intese e da pi;obo. Possa egli asseguii'e la line per c^i io vergò, e pOssano i giovani alunni' cavarne alla Università degli studi e più solida istruziione e compiuta, che non vi hanno avuta Gaetano Algeri-Focliani. • Della Cassa di Risparmio che si fonda in Bologna y e de vantaggi che questa istituzione è per arrecare ed consorzio civile —Bologna iSSy. in 8." Consiglio grande e generoso fu quello dagli economi- sti annunciato, di fondarsi banche di risparmio onesta- mente amministrate, ove il minuto popolo potesse de- positare il soprappiù de' suoi guadagni , e, tenendolo in serbo, accumularvi col progresso del te^npo una medio- eie sómma die possa cjorrispondere ai pui urgenti biso- gni della vita. Gravi sono i mali che la povertà afflig- gono, e gravissimi viepiù riescono, allorché non si ha un mez20 sicuro, onde provvedere nella più rigida sta- gione alla più dura cosa, la fame. Le banche di rispar- mio conservando quel tenue guadagno che agl'industrio- si avanza, gli spingono alla parsimonia, gli allontanano dalle azioni viziose, e gli pongono in istato di potervisi stabilire un capitale che li giovasse nell' età cadente, in cui invece di venire dall' indigenza dolorosamente ob- bligati al chiedere, ivi ritroverebbero un mezzo di aita e di conforto. GÌ' inciviliti paesi di Amerka furono i primi al cadere del secolo scorso a sentire la santità di cotanta istituzione: e Tinghilterra, la Francia, l'Alema- gna, r Italia ne seguiron poscia il nobile esempio. La prima nello spazio di venticinque anni ha fondato me- glio di cinquecento banche, e la seconda al di là di censessanta in diciassette anni: le otto casse di risparmio della Lombardia hanno in meii di quindici anni raccolto un deposito di circa selle milioni di lire; e dai rappor- ti inviati dalle casse filiali alla centrale di Toscana ^ì ravvisa che fra cinque anni si sia messo in serbanza un deposito di circa mi milione e quattrocento mila fio- rini, essendosi ai soci restituito il capitale impiegalo per la fondazione; in Parigi il totale de' fondi depositali ascen- de a cento sci milioni di franchi. Qual bene dunque non risente la società intera, e qual compiacimento non si prova nel vedervi a mano a mano depositate somme che sarebbero sfate vanamente scialacquate in vani di- vertimenti ? qual contentezza non prova l' artigiano, la vedova, il pupillo nel trovare a capo di parecchi anni un mezzo che lenisce il dolore ne' più tristi giorni di loro sventure ? La ciilta Bologna progredendo in civiltà ha conosciuto di qual momento sia l' istituzione di una cassa di risparmio; e quindi con nn aihore santissimo, e con un zelo degno di somme laudi ha dalo oj)cra alU 55 medesima. Essa, come quella di Roma , possiede una dote di cinquemila scudi, che si costituisce colle sov- venzioni di cento agiate persone, le quali a fin di con- correre al pubblico bene han dato cinquanta scudi per ciascuna. Chiunque potrà recare alla Cassa la somma che vorrà dal mezzo paolo siuo a sei scudi: il danaro de- positato diverrà fruttifero, e pagherà il quattro per cen- to, e Yolendovisi lasciare il frutto , ancor questo sarà fruttifero. Un libretto si darà a colui che rechi il da- naro alla Cassa , e presentandolo avrà restituita la somma del deposito. I fruiti saranno pagati due volte r anno, nei mesi di luglio e di getmaio. La Cassa starà aperta due fiate la settimana sino alle due ore pomeri- diane, nella Domenica per ricevere i depositi, e nel mer- coledì per renderli. Ogni anno mostrerassi al pubblico colla stampa il rendimento de' conti , acciocché ogni classe di cittadini sappia lo stato della Cassa, la quan- tità de' depositi e degli avanzi. Alla fondazione sono concorsi personaggi insigni, e all' amministrazione pre- siedono uomini probi e onestissimi. Dall' opuscolo che abbiara letto, scritto in ottima dizione, e di cui abbiam sopra posto il titolo, si rilevano i vantaggi che tale sta- hihmento sarà per arrecare a Bologna, ed ivi si porge un prospetto del modo, con cui lo stesso è regolalo. La fondazione dunque delle banche di risparmio è di sommo giovamento alla classe degli operai, mostra i progressi della civiltà in un paese, e fa cangiare l' aspetto della società ! Il Presidente della Cassa di Parigi, il sig. Delassert nel suo rapporto, sclamando, esorta tutti coloro CUI sta a cuore l' uman genere , che un tale beneficio estendessero, e con la voce e le opre la salutare azione ne mostrassero-, talché noi lodando il pio divisamelo degli egregi Bolognesi, facciam caldissimi voti, che Si- cilia non ultima tra le eulte nazioni, la quale mal- grado della sua avversa fortuna s' inoltra per la via del civile perrezionanienlo, fosse di siffatti stabilimenti or- 50 nata, e che la provvidenza del Governo stendesse sua mano possente e benefica a promuoverli e a proteggerli* L. C. Orazione in commemorazione del tremuoto del i8a3 recitata nel Duomo di Palermo il giorno 5 mar^ zo i838 dal P. Domenico Avella delle Scuole Pie R. Revisore e Direttore degli Studi nel Real Col- legio Calasanzio. — Palermo stamperia di Antonio Muratori i838. in 4." Se mancò all'Italia, da qualche secolo a noi, eserci- zio di civile eloquenza , e andò sconcia di barbarismi l'altra del foro, non fu mai almeno in essa penuria di sacri oratori che dal pulpito ora tuonarono le minacce orribili e i piìi terribili effetti dell'ira celeste, ora confor- tarono gli animi de' fedeli delle divine misericordie, ed ora persuasero i salutari dettami della cristiana morale. La Sicilia, comechè non ultima fra gli stati italiani in ogni al- tra di sci pi in a, ebbe anche i suoi grandi nell'arte di predicare con efficacia la parola di Dio; ma, salve poche eccezioni, più studiosi del latino i nostri sacri oratori che della patria favella, non furono generalmente tersi ed eleganti dicitori, e il maggior numero di essi, non so se per ac- comodarsi alla intelligenza del volgo, o per nascondere l'ignoranza de' modi italiani, amarono meglio valersi del siciliano dialetto che della lingua volgare. Ciò fu ca- gione mentre per ogni parte altrove veggonsi dati a luce pregevoli volumi di quaresimali e di prediche, raro av- viene che si possano profferire per noi in questo genere opere che valgano a sostenere il siciliano decoro. Se più rari però tanto più commendevoli sono da reputarsi quei pochi che con bello studio d'arte e di lingua dettarono qualche bella orazione da non temere il confronto delle migliori. Merita tra queste luogo onorato e distinto quella ^7 tlel P. Avella recitata nel nostro Duomo in commemo- razione del tremuoto del 5 marzo 1823. Nulla in essa trovi a ridire intorno alla disposizione delle parti , al grave ed armonioso andamento dello stile, alla proprietà del linguaggio, al discreto ed opportuno innesto delle massime eterne de' sacri libri. L'esordio divide in due parti r argomento; tratterà nella prima delle cause che mossero l'ira di Dio a scagliare sulla terra il terribile flagello ; tratterà nella seconda della intercessione della nostra Vergine Romita e del placato sdegno del nume. Prorompe difatti l'oratore nella prima parte contro l'or- goglio della novella filosofia degli atei sorvertitrice d'ogni cittadina morale, e con immagini forti, tratte opportuna- mente dalla Bibbia, descrive gli effètti disastrosi della terra commossa, e la furia degli elementi, e le case e i palagi e i tempi manomessi o distrutti, e le vite spente, e il gemito e lo spavento del popolo ; quadro dipinto alla maniera risentita del Michelangelo. Nella seconda parte preso il pennello dell' Urbioale ti vien poi a de- scrivere la pietà di Rosalia nostra, e ti ripete le parole di preghiera che valsero a placare la concitata ira del- l'Altissimo; in modo che l'orazione, una nell'argomento, ti alletta , ti persuade e commuove per quella varietà che forma gran parte del bello di tutte le arti; e men- tre qualche critico pedanle con in mano la crusca ti va pescando in vano una paroluzza che vi manca, e si scan- dalizza di talune immagini figurate ed ardite, the pur sono della sacra. Scrittura , il plauso universale dà le lodi di valente oratore, e ben meritate, all'Avella, ed aspetta anzioso di rivederlo : sul pergamo, franco annun- ziatore della parola di Dio, e modello imitabile di sacra eloquenza. DI Marzo e Ferro. 58 NECROLOGIA Salvatore Terranova Tra le più atroci sventure die ultimamente questa nostra Sicilia dilaniarono, è al certo da annoverarsi quella di essere in poco tempo ad essa in maggior parte man- cati, gli uomini i più utili alla nostra cultura ed al no- stro incivilimento, e che alla patria comune non picco- lo onore e non peritura gloria arrecavano. Così la per- dita di uno Scinà, di un Bivona, di uno Alessi, di uu Palmeri, di un Pisani, di un Fodera, di un Raimondi, di un la Rovere, di un di Giovanni-Mira, si è tale, die il voto da loro prodotto nella patria letteratura, a stento, dopo secoli e secoli, si potrà rimpiazzare. Fra cotali di cui attualmente compiangiamo la inreparabile perdita è si- curamente da ascriversi Salvator Terranova , uno dei più culti e svegliati ingegni che in questi ultimi tempi fossero sorti tra noi, e che per tanti anni con indefesso impegno ed ardore, dalle pubbliche cattedre della nostra Regia Università, diffuse i veri principi delle scienze ma- tematiche e naturali. E noi in queste poche linee dicen- do alcunché su di lui, intendiamo non solo, per quan- to alle nostre forze è possibile, tributare omaggio di meritata stima ed onore all'uomo culto che non è più, ma di pianger ben' anco con animo riconoscente e sin- cero, il nostro più tenero amico e maestro, che sin dai primi anni ci condusse e guidò nella via del sapere, e coi suoi consigli sorresse la sdrucciolevole gioventù, onde eterna ed incancellabile sarà la di lui memoria nel no- stro cuore. Nato Egli in Palermo a dì 7 Maggio dell'anno 1797» sin dalla prima età addimostrò un animo caldo ed ap- passionato per gli studi, e per le discipline severe. Av- 59 viato eli fatto dai sUcri genitori alla vita cLiésiastica (i), suo primo impegno fu quello di erudirsi non solo iu quella parte del sapere che un tale stato riguarda, ma più ferventemente nelle scienze fisiche e matematiche , alle quali per naturale inclinazione innanzi a ogni altro si dava. Quindi non fu tardo, compite le istruzioni pri- marie ed elementari, a rivolgersi allo studio di colali scienze, che primieramente nel Seminario dei Chierici di questa nostra Capitale intraprese. Malgrado però delle buone e naturali sue disposizioni, si sarebbe Egli allontanato da tali studi , poiché iu breve tempo ven- ne a disgustarsi e del metodo e della poca esattezza di chi in quelle scuole professava le matematiche. Se non che per così dire rifuggiatosi nelle pubbliche scuole della Reale Università degli studi, venne ad apparare sotto la guida di Alessandro Casano i principi deli' Alge- bra e della Geometria. Questo egregio scienziato cono- sciuta la mente e il matematico ingegno del Terra- nova, lo animò e più invaghì negli studi da lui intra- presi, e somministrandogli i sodi e veri principi della scienza, 1' amò e protesse costantemente. Laonde seguen- do le vestigia di lui, e in tal modo preparato e dispo- sto, potè tutti percorrere i vari rami che costituiscono sì le pure come le matematiche miste, e in particolare gli elementi della fisica sperimentale sotto la scorta del celebre Domenico Scinà, e sempre, riportandone no» pic- cola lode ed onore, vedeasi primeggiare ed elevarsi su- gli altri, per acutezza di mente e quindi facilità som- nia di concepire. Dimodocchè cresciuta cogli anni la sa- gacità del suo ingegno, e trovandosi ricco ed adorno di non volgari cognizioni, batteva con inistancabile impegno ed alacrità la carriera che erasi dato a percorrere (2), (i) Vestì l'abito chiericale nell'anno iSia. (2) Le lunghe e frequenti malattie dei ((enitori del Tcrranorva , aveanli ridotti alla mediocrità e decadenza dei loro beni di fortuna; poco dopo, con- tando il quarto lustro della età sua, rimase privo del padre; quindi sin d» ({uei piuito a suo peso una numero&a faiuiglia, pure uoii ui4Ì cc^ò dalle »ue fatiche e dai prediletti suoi Mudi. 6o ^ finché un' occasione gli si appresto nella quale poter ri- cavare alcun fruito delle sue indefesse fatiche , e delle notti vegliate in mezzo ai codici dei Newton e dei La- grange. Vacava nel iSaS la pubblica cattedra degli Ele- menti di Aritmetica e di Algebra (i) , e i più culti e svegliati giovani concorrevano ad acquistarla. Si mosse il Terranova tra loro, non da altro assistito ed accom- pagnato, che da uno spirito riflessivo e sagace, e dalle sue non poche cognizioni, ed al certo non lieve onore ne venne al suo nome, allorché tra il numero di nove concorrenti ne riportò Egli la palma, e di unanime voto quella pubblica cattedra si acquistò (2). Ne l'essere Egli Professore di matematiche, dispensavalo dal coltivare le scienze fisiche e naturali, dimodoché più volte sostituì il Gasano, che, ritiratosi lo Scinà, tenea la Cattedra di Fisica sperimentale, nelle pubbliche lezioni di una scien- za cosi nobile ed importante. Nel i836 era da provvedersi la cattedra di Geome- tria e Trigonometria, fu allora che il Terranova si ot- tenne il trasferimento dalla Cattedra che occupava a quel- la surriferita, laddove parlar dovendo a giovani più pro- vetti ed adulti, e già educati nel linguaggio esalto della scienza, poteva più liberamente estendersi nelle sue le- zioni, e con maggiore comodità variarle e diffonderle. Era scritto però nei decreti del Cielo, che poco il Ter- ranova avesse a godersi di quel nuovo suo posto , che con tanta dignità ed onore Egli occupava, poiché la morte lo colse nel giorno 6 Luglio del 1837. Era jn queir epoca infausta devastata Palermo dal feroce mor- bo Lidiano che dovunque spargea la strage e il ter- rore, e cogliendo mille e mille vittime in un sol giorno, ognor più di energia e vigore accrescevasi. Oh ! quanti perderono in quei terribili giorni o i teneri genitori , o (i) Giubilato il Vtof. Dalmassi fu eletto il T. interino della Cattedra d Aritmetica e di Algebra nel Novembre del i8a5nel i8"j6; fece il concorso, (i) Furono esaiuinatori i Prof. Gasano, Muzio, e G«utile. 6i i loro congiunti e parenti , o le persone a loro più care per vincoli di cordialità e di amicizia, e di quante fa- miglie si arrivò in un sol giorno a perdersene il nome e la discendenza ! Salvatore Terranova unico sostegno di numerosa famiglia, e di una tenera madre, da lui più che ogni altra cosa riverita e tenuta in pregio , e con pari amore ricambiato , Salvatore Terranova in meno di 12 ore cadde anch' Egli vittima di un male tanto micidiale e terribile, ne valsero le cure dell' ottimo suo amico dottor Nicolò Cervello, a distogliere dal suo capo la fulminante energia del cholera. Le sue ceneri giaccio- no miste e confuse in una sola fossa, tra gli innumere- voli corpi mietuti dal predominante contagio, e invano la pietà dei congiunti e degli amici di lui, cercherà una pietra che dagli altri lo distinguesse. Piccolo Egli era della persona ma svello e ben fatto, e nel suo volto leggevasi la dolce espressione dell' ami- cizia, e della virtù, e di un' indole più che buona ed umana. Non godea però della facoltà di esser felice par- latore, anzi benché chiara ed aperta si fosse la sua pro- nunzia, pure in tal modo era mandata fuori che a lungo parca impicciata e confusa. Un tale svantaggio però a mille doppi era ricompensato, dalla chiarezza delle sue idee , dalla maniera esatta e precisa con cui esponea quello che dovea dimostrare, e dalla veramente mate- matica sofferenza con cui ripeteva e tornava a ripetere le medesime idee, per bene imprimerle nelle menti dei giovani. Vestia trascurato e negletto, e come nei suoi costumi esteriori, il suo modo di vivere molto era sem- plice e regolare , poiché ne avido era ne ambizioso, e della sua mediocrità si chiamava oltremodo contento. , Senlia più che ogni altro la forza dell'amicizia che sem- pre benediva e lodava, ed i giovani suoi discenti acco- gliea come figli, e candidamente ed affettuosamente della loro compagnia compiacevasi. Chiamavasi molto obligato a coloro che primieramente avcanlo istradato nella via tifi sapere, e ripelea i loro nomi con venerazione e ri- spello. Egli poi per naturale suo sentimento avverso era alla iacilità, di cui oggi a dir vero si abusa, per cui è ognuno in pretensione , sol per aver dettato qualche «aggio, o arlicoio da giornale , per essere annoverato 0 distinto tra il numero degli autori. Ei dicea noa doversi aflallQ apprezzare chi per tai mezzi pretende onore e fama letteraria , poiché ha di bisogno la crestenle cultura dei nostri, e il nostro stato sociale, di libri ed o[)erc meditate ed utili ai dotti ed alla so- cietà. Ed avendolo per molti anni avvicinato, e tratta- tolo con non ]x)ca familiarità , ci siamo accorti questa e non altra essere stata la cagione, per cui fu sempre restio a comparire tra il numero degli scrittori, dal che la sua naturale modestia e ritrosia anco allontana vaio e respingevalo. Sebbene è da dirsi, che posto mente al- l'ancor giovine età in cui Egli morì, e alle insinua/ioni e premure dei suoi amici e discepoli, e più di ogni al- tro ai non pochi stimoli di alcuni dei suoi maestri, ten- ghiamo per fermo che avrebbe Egli in appresso man- dato fuori qualche cosa del suo, per ciò clie riguarda le scienze da lui coltivate e seguite- Nè in ciò mal si appone il nostro sentimento riflet- tendosi, che avendo noi con non poca diligenza svolte e ricerche le scritture e le carte tutte che tra i suoi libri si rinvenirono, sperimentato abbiamo più forti e sentite ragioni di querelarci deU'inreparabile perdita di un uo- mo alla patria cultura sì benemerito (i). Sa ognuno di- fatto la teoria delle parallelle dai Geometri in colai modo venire esposta , che sempre suppone ed è bisognevole di teorie avanti dichiarate , e di non pochi principi e premesse verità geometriche , sicché viene a risultare comunemente monca e imperfetta , uè da se sola può (i) Oltre a diversi incarichi che la Commessioiic di piibhlica istruzione conferi al T. il Governo più e più volte dell' opera sua si servi, per esami- nare e dare giudizio di opere da pubblicarsi, o farla da esaminatole in VOi'l |)ubblici Concorsi da intraprendersi. 63 porsi come isolata ed indipendente dottrina. Il Terra- nova avea principalmente rivolto la sua attenzione su tale notevole mancamento delle Geometriche disci- pline, e di già, come Egli alcune volte ci disse, era riuscito nelle sue idee , ed erasi proposto di tracciare una sua memoria sulla teoria delle parallelle che se la vita gli fosse bastata avremmo veduto al certo publicata, e sparsa per le roani degli scienziati, e di tutti che bramano meglio conoscere e approfondire questo ramo ìntessantissimo dell' umano sapere. Siccome quegli che tanto profondamente conoscea le scienze che profes- sava, il Terranova mirando sempre al bene dei giovani e al maggior vantaggio dell'istruzione, solea non poche dimostrazioni variare ed a suo modo svolgere e rinno- vare , affinchè o più agevoli riuscissero all' intelligenza dei suoi discenti, o si spogliassero di alcun che di falso o superfluo che potessero contenere. Tali sue dimostra- zioni difatto riguardano diversi rami dell'Algebra e del- la Geometria, e si ritrovano tra' suoi manoscritti e dai più dei suoi molti discepoli si posseggono. Rammentiamo in ultimo luogo 1' orazione inaugurale da lui delta per gli studi del 182-7, innanzi alla Commessione che pre- siede tra noi alla pubblica istruzione ed educazione, e ad una eletta riunione di bennati giovani, e culti e rag- guardevoli personaggi. In essa che inedita da noi si con- serva, si fa egli a provare come le matematiche disci- pline rendono più perfetta la mente umana, di massima utilità sono a tutte le scienze naturali ; quindi ad esse con premi ed onori è principalmente da indirizzarsi l'ani- mo degli adolescenti, ed in esse con ogni studio e se- dulilà è da versarsi chi nella istruzione vuol primeg- giare ed ottimo divenire. Soggetto è questo, egli è vero, trito e da non pochi trattato, pure in delta orazione si ammirano i modi semplici e chiari , e cavali dal seno delle scienze medesime con cui si arriva allo scopo, la pura ed elegante latinità sparsa qua e là di grazie ove ^4 il subbietto il permetta , e la non piccola conoscenaa anzi profondità di dottrina per ciò che le sopradette scienze riguarda. Tale fu Salvator Terranova; non brillò di chiare vi- cende e di celebri avvenimenti nella sua vita privata , non si hanno di lui opere gravi e di polso, e tali da rendere il nome suo ditfuso e ripetuto; ma tal come l'ab- biamo descritto , ci fa bramare nelle nostre circostauze che uomini così fatti sorgessero a mille tra noi, che la cultura ed il patrio incivilimento fosse del pari amato e promosso , e ognor più ci esorta a collacrimare l'iu- reparabile ed immatura sua perdita. Domenico Ragora-Scinà'. EFFEMERIDI SCIENTIFICHE E LETTERARIE PER LA SICILIA louu*. 5é"-— iTòaaato /oSo PROSPETTO DELLE SCIENZE E DELLA LETTERATURA NEL SECOLO DECIMONONO JN SICILIA. DelV agricoltura siciliana dal 1800 al i83y* (V. il fase. ^5.) PARTE SECONDA fjORREVA l'anno i833 , ed il benigno nostro Sovrano pensava di stabilire ne' suoi domini di Sicilia, in con- formità di ciò che in Napoli esisteva, un Reale Istituto d'Incoraggiamento, e le Società Economiche Provinciali. Ecco un avvenimento assai memorabile negli annali dei progressi del nostro travaglio produttore. Perciocché si sa pur troppo che per tal via si può prontamente venire a capo di scuotere gl'ingegni dal letargo, eccitare le no- bili gare col forte pungolo degli onori e de' premi, aprire nuove sorgenti d'istruzione; ed ajulanclo tulli i produt- 66 tori con opportuiù presidi legislativi, assodarne, ed ac- crescerne i lavori. Portando uno sguardo indagatore in tutto il complesso dell'agricoltura siciliana, e scoprendone le parli erronee, difettose, e manchevoli fu l'Istituto instancabile nel di- svelare ai Siciliani, e nel suggerirne loro le riforme e i rimedi. Molti de' suoi soci attivi elaborarono in si lo- devole disegno dottissime memorie, che leggevano nello loro periodiche adunanze, e 1' Eflèmeridi Scientifiche e Letterarie, ed il Giornale dell'Istituto, divulgavano per tutta r isola. Indolenti e inattive non rimasero a tanto invito di utilità, e di onor nazionale le Società Econo- miche delle Provincie , le quali con fervido ardore si accinsero a percorrere l'illustre aringo*, eh' e rasi aperto innanzi a loro. Le classi agiùcole di lutti i nostri mu- nicipi conoscono ormai per via delle Commissioni Econo- miche Comunali tutto ciò che a quest'uopo si è scritto, ed operato. Noi però slam limitati a dover soltanto epi- logare gli scritti, che sonosi resi di pubblica ragione per via delle stampe. Perchè le micidiali cavallette , e le esalazioni , che svolgonsi dallo bruciamento dello zolfo tornano a sommo danno, e quasi a totale rovina degli agricoli prodotti, principal cura dell'Istituto fu quella di esimere i nostri campi dalla loro funesta influenza. Alle sue efficacissime spinte molle erudite memorie recaroiisi in luce , e più ingegnose macchine inventaronsi. Le une, e le altre però non spettano propriamente all' agraria scienza ; ma se un utile immediato e diretto ne promana senza alcun dubbio all'agronomia, non è fuor di luogo toccar di volo che assai degne sono di commendazione le Memorie sul- l'estirpazione delle cavallette, che pubblicaronsi dal dot- tor Biaggio Crescimene, dal dottor Paolo Zanghì, e dal Canonico Giuseppe Alcssi, e che fra tutti gli ordegni che costruironsi per sciogliere lo zolfo dalla matrice senza svolgimento di gas danooso alla vegetazione riportò il ^^7 singolap Tanto della primazia quello di Benedetto Bar- Lagallo da Catania in un pubblico esperiniculo eseguito in Palermo sotto l' ispezione dell' Istituto , e del Go- verno. Non è giammai superfluo ricalcare le orme da altri segnate nel difficil sentiero che conduce alla pubblica prosperità. Avean già , come si è detto , due scrittori nazionali impugnata la penna per accreditare, ed esten- dere in Sicilia la coltivazione, e l'uso delle palate. Mosso da patriottico zelo il Piincipe di Villafranca vi^ cepresidenle dell'Istituto, diedesi ancora a comporre una elaborata memoria su' particolari vantaggi di questo bulbo, farinaceo, sull'accurata coltivazione, e raccolta di esso, e su i rapporti che ha con l'uomo (i). Il Barone Bivona inoltre mise insieme sommariamente, e in pochi rapidi cenni a foggia di pratiche istruzioni le regole principali che ne concernono la piantagione, e la coltura. Indi in un brevissimo Cenno sulla coltura dell albero della manna, fece altrettanto per quest' altro prodotto (2). Più dilìu- samente però s'intrattenne sopra siflàtta coltura, e coti pili attenzione e diligenza ne svolse tutte le particolarità Lorenzo Finazzo da Tcrrasini in una Istruzione praùca da lui a tal'uopo pubblicata (3). Non ometteva intanto Luigi Oddo da Sciacca di par- tecipare al pubblico gli esperimenti da lui tentati per la piantagione, e cultura della rabia tinciorum (4)- Ri"' tracciava con molta sagacia Michele Giarrizzo le varie cagioni del poco pregio de' nostri vini , e i mezzi più acconci a meliorarne la condizione in un Esame sulle ca- gioni che sono di ostacolo al perfezionamento deivini in Sicilia, e sopra il modo di migliorarli^ nel quale en- trava iu oltune investigazioni circa alla coUiua delle vili, (i) Effemeridi Scicnt, e Lett. N. 2G. (2) Wciii N. 3i. (3) Idem N. 40. (/,) Idem N. 37. 68 iilla raccolta delle uve, alla manipolazione, e conserva-» ziouede' vini(f). Emanato essendosi addì 2 ottobre i834 da S. A. R. il Conte di Siracusa, allora Luogotenente Generale di S. M. in Sicilia, un regolamento pel bru- ciamento delle stoppie , il Barone Giuseppe Palmer! esaminava la questione se mai l'incendio delle stoppie, e delle praterie secche giovi, o nuoccia a' campi salivi, e facendo osservare che la costumanza di appiccare in- distintamente il fuoco alle stoppie dia luogo a molti ìur- convenienti , faceva avvertiti i nostri coloni di regolarsi in ciò a seconda de' diversi casi particolari, e de' diversi terreni (2). Accingevasi il dottor Emmanueìe Sinatra da Granmichele in un suo Discprso suU' agricoltura, arti, e manifatture di Sicilia a schierare nella prima parte di esso sotto gli sguardi de' nostri proprietari le piante più utili che venir potrebbero in aumento delle loro fortune (3). Avea il Governo sin da più tempo creato una com- missione per comporre un Catechismo di agricoltura per la Sicilia. 11 dottor Ignazio Sanfilippo , profes- sore di Economia Civile nell'Università di Palermo si diede la cura di compilarlo, e lo rese di pubblico dritto nel i836. Va egli in esso percorrendo le parti più essenziali dell'arte di coltivare le piante, e gli alberi di umano giovamento, ed annunzia qualche idea intorno la pastorizia, la scelta del podere, l'economia degli edi- fizi rustici, e le chiusure (4). Veramente il Governo avea, con un zelo degno di altissimo encomio, promosso que- sto lavoro , e speso delle forti somme per esso ; onde comune era il desiderio con cui si attendeva. Il Prof. Scigliani però letto il libro si diede , per amore della » (1) EfTcmeridi scìent. « \M. N> 29. (2) Idem N. 3i. (3) Idem N. 84. (4) Catechismo di Agricoltura per la Sicilia compilato per ordine del Gon 'VCfno, Palermo dalla Reale stamperia i836. Ili ^9 Scienza e del paese , a darne un minuto e ponderato saggio nel Giornale scientifico di Sicilia. Egli ha osser- vato che cotesto Catechismo contiene bene spesso regole é precetti generali, che non sono partitamente applicabili alle diverse provincie e ai diversi territori, essendosi in esso proceduto senza pria chiamarsi a rassegna i parziali usi e le consuetudini de' nostri agricoltori, i precisi fatti e i fenomeni vegetali delle piante coltivale nel nostro suolo, le particolari imperfezioni, e gli errori della nostra cam- pestre economia. Per lo che desidera che si corregga , si riformi, e si riempiano le non poche lacune che vi' s' incontrano j affinchè l'echi a' nostfi villici quell' utile positivo ed evidente ^ al quale cogli scritti di tal fatta SI vuol provvedere ; e cOsì non rimanga tradito il fine che il Governo con tanta saviezza si prefisse (i). In questo frattempo non ha mai l'Istituto d'Incorag- giamento desistito di avvivare cogli scritti, e coU'esempio 1 diversi rami della nostra agricola produzione. I temi di agronomico argomento contenuti ne' programmi, che ha pubblicato per la distribuzione de' premi, le ec- citative indirizzate per via di offici, e di discorsi ia istampa agli agricoltori, alle Società Economiche Pro- vinciali, ed alle Ecoiiomiche Commissioni Comunali ne fan bellissima prova. Tra queste ultime è da fare ono- rata menzione di quella della Piana, che stese con buon metodo una Relazione topografica, agraria^ ed economica di quel territorio, nella quale dà distinta contezza di tutto ciò che a questo uopo havvi colà di pm rilevante e degno di più nobile osservazione (2). Uno però de' più dotti e zelanti Soci Ordinai! del predetto nostro Istituto, l'egregio sig. Ferdinando Mal- -vica avea già fin dall'epoca in cui diede contezza (3) delle prime Esercitazioni agrarie della Società pesa-' (0 Giornale scient. di Sicilia N. iG?. (2) Effemeridi Scient. e Lelt. N. 3o (3) Giornale Arcadico. Roma 1829, rese rivolte le mire al progresso dell' agricoltura sici- liana, conio primo elemento della prosperità nazionale; e così egli, standone antlie lontano, cercava di rendersi utile alla diletta sua ])atria, Inipcrcioccfiè facendo cono- scere tutti i vantaggi dell'Accademia agraria di Pesaro^ e quanti beni doveano quelle italiche provincie ricavare da tale istituzione volgeva il suo pensiero alla Sicilia, descriveva i inali della sua agricoltura , ne lamentava r abbandono, i pregiudizi, le vecchie pratiche; piedica- va che si dillbntlcsse 1' istruzione ira gli agricoltori, e cercava di scuotere le menti dal letargo in cui giaceva- no, facendo confronti, e presentando nobili esempi. Ed egli fu il primo in Sicilia, che ragionò della fondazione del lì. Istituto d'incoraggiamento (i) , ed in tal modo che gli Annali Universali di Statistica., diretti allora dal celebre Romagnosi; egregia giudicarono la sua fati- ca, dicendo, il benemerito Maidica colta V occasione (Iella fondazione fatta in Sicilia di un Istituto d' in- coraggiamento nazionale., per V economia rurale e per V economia civile , fece magistralmente conoscere i bisogni economici pia urgenti della Sicilia, e i mezzi abilitanti che stanno in mano dell' Istituto per poterli se noTi tosto soddisfare, almeno prepararne la prossi- ma soddisfazione. Le vedute dell autore sono coi formi alle ìiuove dottrine economiche che rendono l Italia tanto superiore in questo ramo di studi! a tutti gli al- tri pae.ii di Europa (2). E senza ricordare ])er minuto vari altri scritti , che al medesimo sco[)o tendevano, e che qua e là vennero dal Malvica pubblicati, parleremo soltanto del suo più recente lavoro, il quale, tuttoché breve, è assai prege- (i) Inforna il R.* I^filiHo d' Iiicoragniiimcnto di agi-lcolfura arli e mestieri per Ja Sicilia — ('.onsidcnrzioiii di Ferdinando Malvica, Palermo dalla tipo- grulia di Fiii|)|o Solli i832. (2) Ariti.ili Univeisali di statistica, economia jmbblica, storia, viapfji, e com- mercio.—A ol. /ji. — Lu};Uo agosto e settembre i834.— Milau« jwesso la So- «ictà dejjli editori ee. i834- 7' vole sulV uso del sale^ del sangue ^ del nitro, del gesso in agricoltura. Egli si propone con ammirabile filantro- pia di rendere popolari i principi e le esperienze , che sonosi adollate dalle altre nazioni ad istruzione e van- If^ggio de' proprietari e de' coltivatori. Appoggiandosi alle osservazioni, ed agli esperimenti diLomeni, Delacbambre, Vallemont, Dacrc, Johnson, ed Hogg, fa evidente l'in- fallibile utilità dei sale adoperato per concime de' vege- tabili. Dietro i replicati saggi di Derosme, e Payen, egli fa conoscere che il sangue degli animali, al quale non erasi data fino a questi ultimi tempi la menoma influenza in agricoltura, disseccato, e ridotto in polvere giova in im modo diretto e meravighoso a fertilizzare qualsisia terreno, e dà conto della gran fabbrica di Derosme eretta a questo fine. Il nitro poi è da lui addotto come utilissi- mo ingrasso specialmente ne' giardini; e siccome agisce stii^nolando i terreni, così fa che si ottengano frutti pre- maturi e copiosi, del che sono garanti le esperienze di molti agronomi, ed in ispecialità di Delacbambre, Lo- meni, e Gautieri. ]\Ja il concio più fecondo ed attivò nella preparazione de' campi, è, come egli dimostra, il solfalo di calce , o gesso. Non vi ha difatti scrittore di agricoltura, e di fisica vegetale, che non ne faccia menzione: Mayen, DecandoUe, Chaptal, Davy, Barrois, Del Re, Melandri, Moretti, e più altri. Il nostro au- tore però volendo distruggere su questo punto i pre- giudizi de' nostri agricoltori, ed invogliarli col fiitto più che colle teorie ad adoperare il gesso per concime, de- sidera che si faccia in Sicilia quello che Franklin fece ne' contorni di Wasington; scrisse cioè in caratteri gran- di formati dalla polvere di gesso sopra un campo di tri- foglio: questo è stato concimato con gesso. Aggiunge indi il metodo di concimarlo, e di spargerlo sui terre- no, ed accenna i resulbmenti favorevoli delle proprie esperienze, avendolo spfìrso in polvel'c sopra una pra- teria di foraggi arlifiziali già sbucciati , le cui foglie , 1^ , . e steli acquistarono rapidamente un prodigioso incremen- to. Possano i buoni nostri agricoltori giovarsi dell' e- sempio, dei precetti , e delle insinuazioni di questo no- stro insigne scrittore, e corrispondere alle sue vive bra- me, dirette sempre al vero, all' utile, e alla prosperità della siciliana industria ! Le società Economiche Provinciali dall' altro canto hanno più o meno corrisposto all'espettazione, che avea- si di loro. In quella di Catania si pose mente pria di ogni altro all' introduzione degli aratri Ridolfi, e Gran- gè, de' quali si fecero reiterati esperimenti. Indi si re- sero di pubblica ragione, come pocanzi si è detto , il Discorso inaugurale, e le due Memorie sulle rotazioni agrarie, e sull'aratro Grange del Presidente di esso prof. Scuderi. Il suo Vicepresidente prof. Antonino di Gia- como pubblicò un Discorso sul miglioramento delle specie delle piante indigene^ e sulla introduzione delle piante esotiche le più utili. Questo esimio scrittore va in questo discorso enumerando con profonda erudizione e dottrina più maniere di piante non ovvie , e di no- velli alberi fruttiferi e boschivi, le quali accrescer po- trebbero le nostre agricole ricchezze, e variare i mezzi di soddisfare i nostri bisogni e piaceri (i). Il socio or- dinario ab. Salvatore Portai di Biancavilla, assai bene- merito delle scienze naturali, e per le accurate, e dotte illustrazioni che ha fatto a vari rami di esse, e per il suo Orfobotanico assai rinomato in Europa, condusse a pubblica utilità per via delle stampe il metodo più cer- to, da lui sperimentato più confacenle ai nostri terreni in- torno al massimo prodotto delle nostre risaje in un Pro- getto sulla meliorazione della coltura attuale del riso inriguo, e sul modo di metterlo a scanso delle misure sanitarie: lavoro non solo bene accolto, e commendalo in Sicilia, e in Napoli, in cui ne die favorevole saggio (i) Giornale Lo Stcsicoro Voi. i.. 73 r Industriale, ma clneslo eziandio dalla Societh Econo- mica di Abruzzo Citeriore, per istruirne tutti quei colti- vatori (i). Sta ora inteso quest'ottimo scienziato con in- stancabile attività a compire le sue esperienze sull'estir- pazione òeWOrobanche, pianta perniciosissima alle fave, e sarà questo un novello titolo eh' egli acquisterà alla pubblica considerazione che ampiamente si è meritato, e che conserva appo tutti i viaggiatori, e gli scienziati di Europa, i quali non lascian mai di consultarlo sopla vari punti di fisico argomento. Il prof. Alessio Scigliani, conce- pito avendo il disegno di applicarsi alla compilazione di una Pomona Etnea, ne diede un primo saggio pub- blicando la Monografia del ciliegio, del quale descrisse le diverse varietà tiel senso così botanico, che agrario^ la coltura , gli usi e le proprietà dietetiche , farma- ceutiche, ed economiche (2). Indi si fece ad esporre co- me sommamente giovevole riuscirebbe a' progressi del- l' agricoltura della Provincia di Catania la eslesa e di- ligente coltivazione delle patate, de' gelseti, della rub- bia , dello zaffarano , e di vari altri prodotti in pochi Cenni sopra alcuni rami principali d industria degli abitanti del traile di Catania (3). Diresse in fine una lettera al suUodato signor Malvica, nella quale poneva insieme alcune Notizie intorno l* agricoltura siciliana (4). Con pari attività e fervore l'abate Gina- chino Geremia collaborando alla utilissima iuìpresa del- la Pomona Etnea, prese di mira i vigneti in alcune sue Osservazioni geognostiehe, ed agronomiche sui vi- gneti etnei^ de' quali fé' conoscere la qualità e l'esten- sione de' terreni, e le diverse coltivazioni secondo i di- versi mesi dell'anno (5). Credette poscia util cosa sccu- (i) Effemeridi Srient. e Lelt. N. 27. (2) Atti dell' Accademia Gioeiiia Tom. 8. (3) Cenni ec. del Dr. Alessio Scigliani letti alla Società Economica di Ca- tania ec. Palermo Tipografia del Giornale Lellcrario ib33. (4) Effemeridi Scicut. e Leti. N. 4^- (j) Gioriiiite Scicnt. di Sicilia N. 134. 74 clere a più minute pnrlicolarità in Alcune idee stati- stiche sui vini del Distretto di Catania^ e sui meliof ramenti che riguardano l'economia enologica con avere anche aggiunto il (juailio della superlicie di terra di tutto il Distretto di Catania destinata alla coltura delle viti. Il curato Giase|)pe Cosentino Irsciar non volle in- osservalo e negletto il gelso delle Filippine novellamente introdotto fra noi^.e in un apposito Cenno ne divisò accuratamente la specie, la coltura, e Tuso (i). Venne fatto al dottor Marcello Garzia di scoprire in alcune parti incolte delle falde orientali dell' Etna una nuova specie di lino che sta fra mezzo al lino alpino o perenne, e al lino ordinario, per lo che ne diede in una Memoria la descrizione botanica da altri non mai data, gli assegnò il nome "di lino siculo, e ne indicò la coltivazione, e lusO che potrebbe estendersi non diversamente di quello del lino comune (2). 11 dottor Placido De Luca si attenne al partito di istruire praticamente i villici , e i coloni con alcuni Consigli pratici sul vielioramento della col- tivazione de' grani in Sicilia , e con un Metodo pra- tico di piantare gli ulivi per rami^ onde ottenerne frutta Speditamente (3). Il Canonico Carlo R.odriquez tenne in ristretto parola di alcuni articoli di agronomia in una sua breve jMenioria sull'arie di coltivare le viti in Li- pari^ e in Jlcnne idee per assicurare slahilmente la coltivazione delle terre (4). Fmalmenle anche Luciano Fiorentino e Leto diede al pubblico in pochissime pa- gine l'annunzio sommario di un Prospetto di un corso di agricoltura , e pastorizia in rapporto alla Sicilia. jMa quanto alle lodevoli fatiche dettate dalla Società Economica di Catania nel quinquennio corso dalla sua fondazioiic, se ne ha un chiarissimo attcstalo nelle cinque (1) Ginrndlc Lo Stcsicoro Voi. ?.. (.'.) <;iniiialc ) (;i()i:i.il<' 1.0 StcNicnio N. I e 3. (',) LirtiiK-ndi Sciiiit. «-• Leti. ]N. 3], o !fG. 7^ Relazioni Accademiche già cìate in luce, e pronunziale nel dì 3o maggio di ogni anno, dopo i due discorsi del Presidente, e di un socio ordinario, dall' oUimo Segre- tario perpetuo di essa dottor Alfio Bonanno , a cui at- tribuir si deve il singoiar merito di un esimio saj)erei nelle scienze economiche ed agrarie, e di uno zelo in- fatigabile nell' adempimento delle importantissiaie cure che gli sono state allidale. Ne guidata da principi men luminosi in vantaggio della prosperità siciliana è stata la Società Economica di Messina. Conobbe con molto accorgimento l'egregio suo Presidente Cavalier Paolo Cumbo che facea mestieri de- ferire più agli esperimenti, ed a' fatti , che alle astra- zioni e teorie. Esibì quindi a' suoi Soci un podere ad uso di campo sperimentale per lo corso di un decennio. Propose oltracciò' un premio a sue spese di una medaglia di oro di cento ducati a chi scritto avesse la migliore Monografia degli agrumi trattata relaVn'amenle alla bo- tanica^ aW agricoltura^ ed alla economia commercialet Quel socio onorario dottor Francesco Arrosto conseguì questo premio. La sua Memoria adempì egregiamente tutte le condizioni del programma. Egli la divise in sei sezioni. Trattò nella prima del singoiar pregio in che gli agrumi furon tenuti da' popoli antichi sin da' tempi •eroici e favolosi, e come dalla Mauritania furono tras- portate nella Media, e di là in Grecia, in Sicilia, e nel- r Italia ; nella seconda delle loro diverse varietà , alle quali ne aggiunse alcune da altri non descritte, e forse nuove; ragionò nella terza de' diversi modi d'innestarli, nella quarta della loro potatura, ed accecamento, allin- chè sonmiinistrassero maggior copia di frutti; nella quinta delle loro malattie e metodi di guarigione, e nella sesta degli olì essenziali che se ne spremono , e della loro migliore preparazione ed attitudine al commercio , ed alle lunghe navigazioni (i). AUri intelligenti e laboriosi Soci tll quella ej;iegia adunanza si resero eziandio degni della pubblica estimazione per essersi cooperali ad in- trodurre in quella Provincia alcune piante novelle, co- me la vitis apirena di Linneo, il cui frutto è conosciuta" nel commercio col nome di wa passa dì Corinto, e l'altra denominata m- paliere, in cui ha vita qirest'animale, e per la loro con- servazione, rinnovamento, e malattie (2). Quel socio at- tivo poi signor Vito Mannonc , convinto dalle proprie osservazioni fatte in Corinto , Atene , e Patrasso della rara qualità dcll'uva-passa di Corinto, ed indotto dalle sue conoscenze commerciali a presagire 1' estero coni- n>ercio che la Sicilia potrebbe lame colle diverse na- zioni di Europa ne ha raccomandalo la colliva'/ione in (1) KfiVninridi SciciK. o T.rlt. N. ■>.C> r "ìi. (a) (iioi-.ialc Scie-Ili.
  • tui\«l«. Dal chiarissimo Monsignor Balsamo Piesid» di quella CommÌMÌo- «« «i « l»«it« sperare, che lutto verrà rip^irato. ... ^7 rio carattere delle figure, non 1' armonia di corrispou- denza, e l'unità nelle forme, non la varietà, e la gra- zia de' contorni, non s' imparava a distinguersi le parti crandi dalle picciole, non le necessarie dalle superflue; non scgnavasi con leggi fìsse il chiaro-scuro; però non vi venga in meraviglia se cadendovi sotto 1' occhio i di- segni di quel periodo vedrete in una medesima figura un braccio descrivere il contorno soave della Venere, e r altro i muscoli sentili, e alterati del Laocooiitc; i ca- pegli essere un per uno meccanicamente sfilali; il volto di un Padre Eterno, o di un Giove zeppo di grinze, e solcalo di rughe; i corpi non stare, cosi che tracambiati in uomini cadessero; non capirsi il puntò, dal quale si volle che sgorgasse la luce. Imperochcè è balordo ufficio del precettore il dire soltanto al giovine, la bocca essere più ampia del vero, la mano più picciola, e altre simili inezie, ufficio che ho non poche volle veduto esercitare a' pescivendoli, e a' ciabattini. E dovere del precettore artista ammaestrare gli scolari nelle grandi teorie del- l' arte, anzi trattarla iu quelle guisa, che gli antichi fa- cevano, scientificamente. Ma il Velasques vacillante nelle sue fondamenta iacea da pratico, quindi pessimo insti- tutore. E a moltissimi pare un problema, che tien del pa- radosso, come costui quasi a tastoni sia giunto a pro- durre l'Assunzione, la S. Cristina, il trionfo di Venere, ed alcuni altri nobilissimi dipinti, che tra' pregevoli mo- numenti delle arti siciliane staranno gloriosi. Il qual dub- bio rimarrebbe pienamente soluto, ove ogni riguardante potesse fornirsi dell' occhio di un artista, il quale, mi- rando per entro le ragioni delle cose, accanto alle più gravi difficoltà superate s' imbatte bene spesso in parec- chie mende, che quel nobilissimo ingegno, non veden- dole, evitar non potè. Per le quali còse gli addiscenti, che non avevano le forze intellettuali di lui , ne il di lui amore instancabile a' lavori, intristivano, viziavansi, e deviavano dallo scopo, al quale l'Accademia intende condurli. Riolo spaventato da tante magagne ad un estremo op- poneva un estremo. Stimava Ibitissimo bisognare il ri- medio a un male ingrossato. Uomo di acre sensibilità, soggetto ai trasporti della flmlasia, vedendosi capo di una brigata di giovani pendenti dal suo cenno, levato a un grado, che la iniqua ventura non concedevagli sperare, sentì colla sua superiorità ridestarsi nell' animo l'antico spirito Michelangiolesco; s' infiammò di modo più con- venevole alla sua giovanile età , che alla matura. Co- minciò a predicar Michelangelo, a spiegarne lo stile, e descriverlo in mille modi; ma ei parlava a ciechi, i quali udiano quelle maraviglie,, come un contadino ascolta un fatto d' incantesimi. Ove sono tra noi le opere del Buonarroti , o di alcuno de' suoi più rinomati discepoli j? i giovani adunque capivano la maniera del grande fiorentino come si può sentire la soave mu- sica del Bellini dalla descrizione di un gazzettiere. Ed ecco da un fare ritondo, e polputo passare ratto a un disegnare rigidamente anatomico; ostentare la esage- razione della natura, e venire in voga nuovi modi di 1 1 T deturparla. Ignari delle principali , e indispensabili co- hoscenie, poco profitto, se non nocumento, traevano dalle dottrine dell' egregio professore, il quale ( non si taccia) avrebbe dovuto mostrare maggior cura a crescere tante speranze, che la patria afiidavagli, cura molesta in vero a un ingegno, che sente l' impulso, e quindi il bisogno di fare, ma congiunta all' ufiicio. Éi, che sentiva la ne- cessità di una cattedra di Notomia pittorica, e di Pro- spettiva, del cui difetto spesso doleasi in secreto a' suoi amici, egli avrebbe dovuta promuoverla più francamen- te, poiché l'autorità sua avrebbe persuaso ciò, che il fi- losolo indarno ha voluto persuadere agli uomini di questa età ragionatrice. Ma Riolo non era più quell'uomo ope- roso degli anni suoi primi, strascinavasi all' Accademia con noia mortale, ed ove non fosse nota la candidissi- ma indole sua, diresti, che il solo guadagno era il suo I 89 primario movente. Sciagura dell' uomo grande il noti serbare indomito, e saldo 1' animo nell' atroce viltà dei tempi! Intorno a quell' epoca era decorato del titolo di Ca- valiere dell' ordine di Francesco I." XII. Richiamavasi in Palermo la usanza di ornare di pittui'e trasparenti i fuochi artificiali per le feste di S. Rosalia, che con immenso spendere ogni anno verso la metà di Luglio si celebrano. Questa usanza è detta di remota origine, ma ristabilivala il Riolo, che in quelle occasioni avea campo di potere adoperare il suo stile macchinoso. E qui il nome di Macchinista potria ès- sere di grave scandalo a coloro, che lo fan sinonimo di Cortonista, e Giordanisla, e taluno potria riprender noi che vogliamo cavare argomenti di laude da uu genere di pingere strapazzato, e manuale. Ma si consideri come il Riolo, raro esempio a coloro, che dal cattivo si stu- diano tirare lodevole partito, in questi lavori cercava di conciliare due sette, che moventi da un medesimo prin- cipio, e tendenti a fini oppostissimi, aspre lottarono di modo, che il mondo reputavane incompatibile il con- giungimento. Egli non perdendo mai di mira quel ri- sultato, che chiamasi effetto destinato ad appagare gra- devolmente r occhio soltanto con gruppi ben annodati, contrapposizioni di contorni, e di colori, masse di om- bre, e bei compartimenti di luce, badava sopra tutto a parlare allo intelletto, e al cuore, al primo non lussu- reggiando, non strabbondando in figure, al -secondo at- tenendosi a quel modo di comporre , che vien detto espressivo. Perciò quell' ampie tele venivano condotte con moltissima riflessione. Ed ecco la causa, per cui Riolo sovrasta a tutti i nostri pittori di simil genere, ecco la fonte di que' di- letti, che destava nel petto de' saggi, che riguardavano colla mente, del pari che in quello de' volgari, che ve- devan coli' occhio quelle storie, le quali per lo più era- ijo di patrio argomento. È indelebile nella memoria ci rimarrà quell'anno, allorclìè volle effigiare i primi per- sonaggi, e le gesta più illustri della Greco-Sicola gran- dezza.— Nel quadro di centro era Archimede, che coi suoi specchi miracolosi incendiava le navi nemiche. A destra vedevasi Empedocle grande amatore della patria, virtuoso rifiutatore del sovrano dominio , che dava le leggi agli Agrigentini; più in là Cicerone, che scuopri- va il sepolcro del matematico siracusano. A mano stan- ca presentavasi Caronda tra' Catanesi suoi, predicante sapienza e giustizia, con leggi santissime; da costa Zeli- si, the insegnava pittura a' Siciliani. Spettacolo subli- me ! Il sapiente oltraggiato setitiva un istante lenirsi le piaghe, il popolo compreso di riverenza ammirava quelle ricordanze iamose, e fino il più vile plebeo mandava un sospiro su que' chiari tempi di grandezza fuggita ! XIII. Riolo fu pronto nel comporre ; avendo molta fiducia nel disegno con facilità esprimeva le idee: senti- va più che le dolci passioni, le forti, e quando creava il Cajo Mario, e l'Alessandro da Fere, il suo viso spi- rava terrore sì, che i suoi famigliari lo evitavano. Ma" non è da negarsi, che dava tal fiata nel teatrale (il che noi notammo nelle opere della sua giovinezza), cioè ban- dita la parsimonia dell' attitudine, la quale fu agli an- tichi cotanta cara, furiosamente moveva le sue figure: questo avveniva quasi sempre ove il suggetto significasse tumulto, o sorpresa. Del quale uso era cagione lo stu- dio in Michelangelo , e più propriamente la giovanile pratica della scuola patria , da cui trasse anche quel modo cattivo, che usò in alcuni dipinti, di allontanare gli oggetti imbrunendoli: Di questo vizio, eh' ei conob- be, giammai si liberò; poiché forse noi potè, e ho udito dire a' filosofi, che le prime impressioni mal si cancel- lano dall' anima; però Mengs consigliava gì' insegnatori de' giovani, ad essere scrupulosissimamente esatti nelle pi'itiiiere inslituzioni, reputandosi cosa più facile acqui- stare molte virtù, che lasciare un vizio contratto nella età tenera, e quindi radicalo nell' indole stessa dell'uo- mo.— Il Riolo tenea fermamente , che V azione delle immagini dipinte ( le quali hanno a considerarsi persone mute) debba essere modellata sopra quella de' pantomi- mi, i quali per non avere 1' aiuto della parola ban bi- sogno di moltiplicare, e caricare la espressione de' ge- sti. Ma chi dirà mai, che un pantomimo, il quale pre- senti un personaggio serio, debba storcersi, chinarsi co- me un buffone ? I Greci, che sentivano megUo di noi, come son sobri, ed espressivi ! Nella parte inventiva de* suoi composti rade volte mirò alla delicatezza, ed alla novità, e sembra, che si sia fidato nella espressione individuale delle sue figu- re. Ciò nulla ostante, molto di onore si coglie da parte della invenzione, che è la poesia della dipintura; gli al- tri pregi ci fan conoscere lo studio , lo esercizio , la franchezza dello artefice, ma quella è la misura certis- sima dello ingegno. Dipingea, per esempio, un S. Tom- maso apostolo intento a palpare le piaghe di Cristo. E chi de' più ordinari cervelli non avrebbe potuto imma- ginare altrettanto? Io soglio guardare come volgari , e barbari coloro , che di un soggetto presentano, a dir così, 1' atto mate- riale, cioè il più comune punto della storia. Quei santi Stefani mal conci, e lapidati tra una turba di schifosa plebaglia, que' martiri colle squarciate pance , e i capi mozzi mi fanno or;-ore anche usciti dal pennello di Ti- ziano. Le belle arti non nacquero a ritrarre, e celebrare il brutto, ne soggetto vi ha in natura, il quale non possa adornarsi di grazia. E quanta grazia nella S. Cecilia spi- rante di Domenichino? Non pertanto io torrò al Riolo la gloria d'ingegno in- ventore. Che se in molti suoi quadri venali tenne una maniera di pratica , ne' bellissimi bozzetti suoi fu pro- fondo poeta. Di questi uno mi corre al pensiero colia 92 memoria de' giorni spariti della mia prima gioventù , allorquando con vanità fanciullesca io scriveva in lingua straniera ciò, che non vorrei avere scritto giammai (i). Era il buono artista soggetto a dolori reumatici, che ina- cerbandosi la notte gli si rendeano insoHiibili. La notte era per lui odiala Deità. Egli inprecavala , garrivala ; lei chiamava tiranna negli istanti del suo patire. Ebbero tregua i suoi mali, e a sfogo dell'animo suo volle dipin- gere qualdie cosa sopra il soggetto. Figurò un uomo giacente , il quale storcendo il viso da una spaventosa figura, che nel silenzio delle tenebre gli appare, mette un grido di orrore , e colla destra distesa rispinge lei, che gli avventa le serpi. Una frotta di geni maligni in forme fanciullesche con ale da nottola velteggiano, tu- multuano, apprestandosi alle opere crude di quella tre- menda apparizione. E questa l'allegoria: somma espres- sione, belle altitudini, sveltezza di corpi, disegno puris- simo, colore perfetto, piegheggiare facile, e largo, om- brare secondo le leggi dell'ottica, tutto è armonia, spon- taneità, vita, moto, affetto. Avesse egli tutte le cose sue in quel modo condotte, starebbe ora tra' primissimi de- gli artefici nostri. XIV. Cotali assunti furono spesso materia al suo pen- nello. Ne chi scrive la storia dell'arte potrà lasciare in- osservato il modo, onde trattava i, soggetti allegorici, e mitologici, modo tutto suo, che vorrebbe essere proposto alla imitazione di chi cerca dipingere filosofando. Ei co- nosceva come l'allegoria, prodotto sforzalo della imma- ginativa, sia poco atta alla dipintura, la quale perde il merito a misura, che si dilunga dalla chiarezza. Per lo che abbandonati tutti gli emblemi , di che la infra- scarono le teste bizzarre di certi poeti, non era più per l'ingegno di Riolo un enigma tormentoso, ma un cristallo (?) Vedi la mia — Letter to Samuel Niahiand on the picttire of the Night by A/o/o — gtaiupata ia Edimburgo nel ib3-2. 9^ che chiare faceva ;ipparire le sottoposte cose: quindi non allontanandosi dalle stabilite opinioni degli uomini, tro- vava alcune nuove , ma vicinissime analogie ; mai mi- schiava i reali agli ideali personaggi , mai le scene ce- lesti colle terrene ; verità grandissima degna di essere solennemente annunziata a coloro, i quali specchiandosi nelle opere de' cinquecentisti , senza discernere ciò che è dell'arte, e incangiabile, e ciò che è proprio del secolo, e sì spegne col secolo, ciechi scimmiottano, e barbareggiano nella civiltà dell' ottocento copiando ciò, che quegli ar- tisti sovrani, non volenti fecero, e di che in tempi di- versi anderebbono vergognati.— Così il gregge ozioso, e imbecille canterà svenevolissime cantiche, descriverà bol- ge, e gironi, e viaggi di spiriti, e d'angeli, e globi ro- teanti, riprodurrà la ruggine scolastica, e i sogni astro- nomici, ma non giungerà mai a imitare ne un solo verso della Divina Commedia. Teneva ultimo sforzo dell'arte la perfetta intelligenza del corpo umano: ma e' fallava nel significato della voce perfetto , ponendolo nella maggiore ostentazione della scienza anatomica , e se qualcuno ne lo avesse voluto avvertire, o pungere, rispondeva senz' altro : Michelau- giolo! — Perciò spesso scarnava, o spiccava un po' sover- chiamente l'osso jugale, i malleoli, le clavicole, i mu- scoli mustoidi. Stimavasi primo tra tutti nell' anatomia (ed eralo di fatto), ne vi ha dipinto ove non ponesse il uudo, e sovente con danno della convenevolézza. E perchè quel suo bel David quasi nudo colla testa del gigante nelle mani? era foi'se ito a pugnare in quel modo ? perchè quei suoi eroi antichi in gran parte svestili? perchè quella Giuditta in camicia (r) , la quale non che nude le (i) In questo quadro il Riolofc uso ]iiù della umana, che della divina fi- losotia. Ecco il suo sillogismo. E invcrisimilo, secondo clic dallo andamento dell' umane cose iacco;;liesi, che Oloferne si fosse addormito pria lU avere sfo- gata l' ai-dentissima voglia. Quindi Giuditta svincolandosi dalle braccia del- l' ebro soldato , poco a lei importando ricoprirsi delie sue ricche vesti , in- 94 poppe, e le braccia dimostra, ma nudo il ventre, nude le gambe? É periglio di cangiare in ridicolo il soggetto più serio. Non mi si adducano gli esempì di cento an- tichi, e di cento mila moderni. Ove la ragione noi con- sente, l'esempio è un delirio, il quale ciecamente se- guiranno le pecore, e. i pecoroni, che quel, che fa l'uno, gli altri fanno. L' umano inlelletlo è ragionevole , cioè libero. Ma basta una sola passione posta in movimento a informare tutte le umane facoltà. E se avvenga che la ragione si spiegasse dominatrice delle nostre azioni, non può del lutto cancellare una vecchia impressione. Per cangiare il corso a un grosso fiume è mestieri un Ercole, uè la maggiore delle intellettuali facoltà è ercu- lea. Perciò principi retti, e casti ci potranno menare a ot- timo fine, ma sin dove debbano le naturali facoltà es- sere affrenale da queste savissime leggi è difficile co- noscere. XV. Nel i83o. Salvatore Io Forte, che come si è detto , era stato fanciullo alla scuola di Riolo , tornava da Roma, ove studiando debitamente i capolavori dei grandi maestri, dimenticatosi della patria maniera, era divenuto artefice di nuovo stile. Esponeva costiy al pu- blico giudicare il ritratto di un giovine scultore, e rac- cogliendo applausi straordinari mise in confusione gli ar- tisti tutti. Il Rioio vide r opera di colui, che conoscea fanciul- dossa appena una camicia, e tronca la testa al nemico. Oltre la irriverenza, « la inliiiucia nella sacra istoria, i' Artista forse sentendo la influenza di un secolo scettico, e incredulo, tolse tutto il m:ira\>igUoio al soggetto , maravi- glioso, che altamente coglieva il celebre Vcr.iet nel suo insigne composto. Egli immaginò, che per miracolo di Dio, Oloferne l'osse stato vinto dal sonno, per- ciò Ugurollo, come era naturai cosa, sognante di Giuditta , abliracciarsi, eil illudersi del guanciale. Da costa la donzella col ferro brandito, la quale con orrore, e disprezzo guardando lui, già già compie la virile intrapresa. Dal- l' aria scende sul capo di lei un raggio di luce a signiQcarc la potenza divi- na, operatrice primiera in quel fatto memorabile. In tal guisa questo snggctto da raigliaja di pittori mostrato come in una beccheria, fu dal francese, scn. ti tradnc la verità della storia, adornat^i, ingentilito , e da orrido tracam- ¥iato in bello. 95 letto, e dubitò della propria maniera, si attristò novel- lamente sopra i tempi suoi , e mirando la sua età co- nobbe quella non essere piiì stagione di riforma. Volle, non di meno, provare a stenebrarsi, dipingendo alcuni ritratti, fra' quali notabilissimo era quello di uà commediante nomato Canova. Qùest' opera riusciva di comune gradimento, ed egli trovò ragione a quelle lau- di. Colsi io una di queste occasioni per tirare aperta la sua sentenza sul merito di Salvatore lo Forte, del quale egli aveva per innanzi parlato in modi ambigui, e quasi inintelligibili. Io quelle parole riporterò valendo esse più , che i sogni de' filosofi , e le voci di un popolo , clie non ha occhio veggente, a fermare le diverse opi- nioni. «Si apre, dicea , per la Siciliana Pittura epoca nuova , la quale per me giunge quando il mio tempo non è più. Mi allegra la speranza di vedere abbattuto l'orgoglio de' miei ojipressori, smentita la impostura, e la malattia de' ciarlatani scrittori , i quali, lusingando, hanno chiamata la sciocca opulenza in sostegno della loro balordaggine: l'arte così si è iufeminita, depressa, diso- norata, ed io, che non seppi invilirmi co' tt-mpi, fui la vittima de' tempi: quella speranza accolgo in core; e se la patria poco si loderà delle mie opere , serberalle come testimoni de' miei sforzi ostinali, co' quali volli opporrai alla corruzione. Poca fu la lode, e incerta resa alle mie fatiche, e a' miei incolpali costumi, ma la com- passione, di che onoreranno la mia memoria coloro, che in età migliori saran per vedere la luce del vero , ap- pagherà l'anima mia, che rammaricandosi sopra la umana ingiustizia, si parte sdegnosa da questa vita mortale. Ne ora posso appieno gioriarnii di questo valentissimo giovane, io poco gli insegnai sì che vestigio alcuno del mio lare non veggo nelle opere di lui. Gli porsi bensì colle massime de' f^randi artefici salutari consigli , dei quali ei seppe più, cli'io non feci, giovarsi. Io il primo gli feci udiic il linguaggio artistico , che allora nello 9^ studio de' pillori, e nella scuola elei nudo era favella Ja trivio. Auticonosco iti lui cose sopirne , purché ami di più forte, e instancabile amore l'arte nostra; nato per la grazia non mi pare, ma ei sente moltissimo, e crea im- magini maravigliosamente naturali, però io lo esorterei a lasciare le storie leggiadre , ed applicarsi alle forti. Fin da' suoi primi anni conobbi in lui acume di non ordinario gindicio, ond'io scaltramente, e a modo scher- zevole interroi^avalo intorno a' miei quadri. Lodavami egli, ma rimembrami, che disgustato delle masse di onl- brare, ch'io leinii, assomigliasse que' (|uadri, (e modesta- mente, e a voci mozze il dicea) a botlcglie di carbonai. Ora mi avveggo, che egli guidato dall'intimo senso del- l'anima sua diieva il vero. I suoi dipititi, che sono del più robusto stile , mei provano- Pure io studiavami di porre argine alla sguaiataggine, e al languore de' miei contemporanei, e per eccesso di zelo caddi ove non sarei caduto, se non avessi trasmodato in virtù. Io amo svi- sceratamente l'arte mia da me seguita per instinto; tutto avrei fatto per lo bene di lei, ne l'afiètlo di me tanto mi accieca , ne il timore cotanto mi stringe da infiam- marmi confortando colle mie parole la conosciuta men- zogna.»— Con questi sensi magnanimi ei rendeva alto te- stimonio al merito del giovine artista , che dopo lui , mercè la sovrana munificenza, sedea sulla Cattedra del- l'Accademia. A IO Aprile i834 cessò il Riolo di vivere all'arte. — Finito il desinare ei rimaneva seduto al desco tra l'a- mata famiglia: jiarlando co' suoi figli delle guerre, che allora travayliavan le Spagne, e chiacchierando di cento altre novellette giornalistiche alleggiava un' istante lo spirito gravato dalle doniesliche cure. 1 figli poco do- po si sviano per le stanze , ed ei , solo restato, si abbandona sul divano: torna la consorte , e miratolo col viso pallido , io chiama j)cr nome , non ris[)ondc alle iterate voci di colei , area perduta la facoltà del- 97 la favella: uà colpo al apoplessia lo colse , che ma- nifestandosi con violentissimi accessi fé' alzare le grida alla smarrita famiglia. Le cure della quale serbaronlo in vita, ma vita peggiore di morte, ch'egli neppure potè acquistare la parola, e l'uso di quella mano esecutrice de' suoi peregrini concepimenti. Fremono gli animi sulla causa, che lo spinse a quel passo doloroso, ma la storia prudente non osa indagarla contenta di notare, ch'ei sen- sibilissimo fu , e non si piacque di qualcuno de' suoi In questo stato deplorabile il provido governo seguì a dargli intero il soldo della cattedra, campandolo così d'inevitabile miseria. Non perde il bene dello intelletto, che anzi eragli stromento di doglia più acerba, la quale acutissima gli era , quantunque volte miravasi corpo inerte , e privo di que' piaceri , che sol nello esercizio dell'arte sua trovava dolcissimi. Volea spesso vedere i lavori degli studenti nell'Accademia, e cogli atti espri- meva sopra quelli il suo giudizio, ingannando la sua mi- seria collo stimarsi per anco valevole ad alcuna cosa. Ne' dì festivi di S. Rosalia e' si fece condurre a guar- dare i dipinti de' fuochi artificiali. E vedendo in un edificio gotico-chinese certe tele , che erano proprio insegne da teatro, pianse amaramente il buon professore, e gli astanti mosse a pietà. Membrava la sua valentia in quel genere di pitture, membrava il tempo del suo fiorire , gli ricorreano alla memoria i suoi soggetti , e mostrando ansiosamente quella tela, ove era figurato un feretro con fetido , ed orrido carcame per significare il ritrovamento delle sacre reliquie verginali, cercava negli Sguardi altrui conferma alla propria sentenza, e tornava a più dirotto pianto: egli volea dire: e queste son cose da dipingersi? cotanto strapazzo si fa delle arti divine fino a presentare teschi, e scheltri sventrali, e corrotte iiieuibra? 98 A 5 luglio del fatale anno 1887 Rlolo morì. — Il suo cenere è confuso a quello di molte migiiaja di uomini nel Camposanto. La patria da lui onorata non gl'innalzò una pietra, per ricordare eli' ei fu ! XVI. Le cose per me narrate, e raccolte dagli amici, da' parenti, dalle opere, dalla bocca dello illustre estinto, ho credute necessarie al mio scopo. Io non ho potuto più oltre, che la mal ferma salute, e le angosce dell'animo mio mi fan repugnanle anco alla dolce voluttà de' miei studi carissimi. Compiei un sacro debito di amicizia ese- guendo i voleri di colui, clic di tanto specialmente pre- gavami; compiei onesto ufiicio di cittadino appo la pa- tria, celebrandola , appo voi , gentili artisti , scrivendo verità di voi non indegne. Le quali da voi accolte , e riposte neir animo, ove fruttassero alcun bene a vostri studi, o alla vostra morale, io benedirei l'ora, in che mi diedi alle arti. Niente di meno se alcuno fosse tra voi, cui giovi lo antico andar delle cose, costui non mi legga, dappoiché gli parrei rigido, molesto, e forse per- turbatore di pace. Paolo Giudice. LETTERA del cavaliere Salvatore Scuderi alV egregio signor Ferdinando Mahica direttore delle Ejffemeridl scien- tifiche e letterarie per la Sicilia. chiarissimo' SIGNORE Jc^ER dare a queste mie poche linee la massima pub- blicità, non trovo altro espediente se non quello di farle inserire nel nostro Giornale di scienze, lettere, ed arti, e nelle nostre Effemeridi Scientifiche e Letterarie. Abbia Ella adunque la compiacenza di secondarmi. 99 Nella Relazione Accademica per gli anni terzo e quarto deirAccacieniia degli Zelanti di Aci Reale, uscita di re- cente in luce, si è dato il sunto di una censura fatta alla prima sezione della mia opera de' Prìncipi di Civile Economia ia uu discorso di turno del socio attivo fon- datore Leonardo dott. Leonardi. Veramente dopo essere stata la mia opera accolta eoa assai favore dai primi Economisti dei secolo, e massimamente dal celebre Say, che la sanzionò dirò cosi col suo suflragio, conosco che non mi è necessario di difenderla dalle censure del dottor Leonardi. Pur tuttavia, menlr'io mi avveggo benissimo che il mio contegno in tal circostanza esser dee quello del silenzio, non so astenermi dal palesare solamenle al pubblico una verità di latto , che non è da aversi per picciola bagattella : vale a dire che questo mio critico 11)1 ha criticato senza avermi assolutamente capito. Ciò non parrà verisimile, poiché non vi ha al mondo giu- stizia più sacra di quella di doversi capire un autore, che si vuol criticare. xMa io lo proverò ad evidenza , facendo un rapido esame del solo principio della sua cri- tica , che è indirizzato contro il primo capo della mia Opera. Da questo sarà indi facile argomentare il rima- nente. Li tal guisa giungerò presto al mio scopo, e nou consumerò vanamente il mio teujpo , e quello de' miei lettori. Nel primo capo della mia Opera io mi propongo di dimostrare che la richiesta degli equivalenti l'un l'altro permutabili sia lunico incentivo del travaglio. Fo quindi osservare che i'uomo spinto dalla natura a conservare, e a nieliorare se stesso, non può in ciò riuscire, senza intraprendere, e sostenere tutto quel travaglio, che gli è a quest'uopo necessario. Per travaglio io intendo (come avverto espressamente) tutto ciò che fassi dalla mano , e dall'ingegno dell'uomo con senso penoso, e con islento più o meno. Dal che segue che le idee preliminari del mio argomento , quelle idee che formano propriamente lOO le nozioni elementari della civile economia, concernono tutte quelle azioni umane , che tendono alla conserva- zione, ed alla meliorazione degli uomini, laddove tutte quelle altre azioni umane, che non tendono a questo fi- ne, e che non recano una sensazione penosa neli' eseguirsi, non van comprose nel mio argomento , come non van comprese nella massa delle economiche cognizioni. Pro- sieguo indi il mio ragionamento con espone che ogni uomo in particolare non può giammai occuparsi in tanti travagli diversi quante son diverse le derrate, e le opere personali, che deggiono soddisfare tutti i suoi bisogni; ma che tutti gli uomini riuniti in società, con occuparsi ciascun di loro in un solo travaglio, e permutarsi il su- perfluo del lox'o travaglio rispettivo, possono agevolmente venire a capo di procacciarsi tutte (juelle diverse derrate, ed opere personali, di cui han d'uopo. Il mezzo quindi di rendere utile il travaglio all'individuo che lo fa è quello di permutarlo col travaglio degli altn individui. Intanto nel senso implicito della permuta si contengono i due oggetti, o i due valori , che si permutano , e si equivagliono l'un l'altro. La permuta inoltre non può al- trimenti manifestarsi, ed eseguirsi se non per via della richiesta. Segue adunque evidentemente che la richiesta degli equivalenti l'un l'altro permutabili sia quella, che dando al travaglio un valore di permuta, lo rende utile a colui che lo fa, e perciò è l' unico incentivo, che lo fa nascere. Stabilito questo principio, egli è conseguente che non vi sia in generale nella civil società alcuna jiioduzione, o valore, che non tragga la sua cagione efliciente dalla legge universale del cambio. Ma dato pure che sievi in particolare qualche produzione, o valore, che si eman- cipi da questa legge, ho avvertito che rispetto alla scienza economica non è da calcolarsi. Ciò che si fa (ecco le mie precise parole) e .si produce in modo da servire al proprio uso, senza permutarsi coi prodotti dell'ai- lOt imi travaglio , non è econòmicamente parlando da aversi in alcun conto. Difatti , se un fabbricante di cappelli a cagion di esempio , il quale ne fa due mila in un anno , provvede a tutti i suoi bisogni cambian- done iggg co' prodotti dell'altrui travaglio, e ne fa poi servire un solo al proprio uso , ponendoselo in capo , senza cambiarlo cogli altrui prodotti , questo cappello economicamente parlando non è da aversi in alcun conto. Se il proprietario di un latifondo feitile in granaglie produce in un anno mille sahne di grano, e cambiandone salme ggg e tumoli quattro co' prodotti dell'altrui tra- vaglio) mantiensi in ottimo stato di agiatezza, e se ne mangia poi dodici tumoli nel corso dell' anno istesso , questi 13 tumoli di giano , clie servono al suo uso , senza dipendere dalla legge universale del cambio, non sono economicamente parlando da aversi in alcun conto. Se ristesso dott. Leonardi finalmente qual proprietario di vigneti produce in un anno tre cento salme metriche di vino , e cambiandone salme iQ<^ e mezza co' prodotti dell' altrui travaglio, provvede al suo mantenimento, o intanto se ne beve mezza salma nell'anno istesso, questa mezza salma di vino da lui consumala , senza essersi cambiata cogli altrui prodotti , non è economicamente parlando da aversi in alcun conto. Ma perchè mai questi prodotti, o valori non sono nella scienza economica da calcolarsi? i°. Perchè tanto rispetto al semplice individuo che li crea, quanto rispetto all'intera società sono tenuis- simi, ed incalcolabili. 2". Perchè siccome la civile eco- nomia si occupa della produzione della ricchezza nazio- nale, e la considera ne' grandi e generali rapporti, che La coir intera nazione , così non può, ne dee occuparsi di una minuzia meramente personale , che e di lievis- simo momento , e che non tira a veruna conseguenza suscettibile di scientifico riflesso. Questo è dunque il senso netto, preciso, e chiaro di ciò che io ho dimostrato nel primo capo delia inia Opera. Vediamo ora come 105 1' ha capito, e come ne lia jiarlalo il mio critico. Non ])osso riferire le sue stesse parole, perchè il suo discorso V inedito. Wa verrà bene a farne le veci il sunto, che se n'è pubblicato nella P dazione Accademica. « Con senno » ( così il relatore si esprime) 1' autore de' principi di M civile economia nel capo primo della ricchezza dei » corpi politici favellando , muover vuole da un fatto » primitivo, da cui gli altri tutti dipendono, ed a trat.» w tare incomincia della richiesta degli equivalenti 1' un >j l'altro permutabili considerata come l'unico incentivo » del travaglio. w II N. A. Leonardi poca esattezza filosofica scorge » in queste espressioni , in cui si predica la richiesta « degli equivalenti essere Vunlco incentivo del travaglio; >j poiché 1°. la richiesta medesima degli equivalenti im- » portare travaglio, e di non lieve specie: da che duu- >j que questo travaglio è prodotto? Diremo che produrrà se » stesso? 2." non di tutti i travagli della società n'è causa w la richiesta degli equivalenti: il soddisfacimento de' bi- » sogni della vita, il procurarsi de' piaceri, il mangiare, » il camminare, e molto di quello insomma,,che s'imprende >j alla conservazione propria , al proprio miglioramento » non si fa al certo per cambiarli con altro equivalente. »j Scuderi conosceva questi fatti , ed iti una nota nel ■^i capo in esame dice che economicamente j>arlando w non sono da aversi in conto alcuno. Ma il Leonardi >j avvisa in contrarlo che queste non sono cose da poco " calcolo , elle ad esse gli uomini tutti molte di loro >i azioni consacrano, e nella scienza della economia sono w da curarsi moltissimo, e senza riferire tuttaltre ragioni w poste in campo dal Leonardi di maggiore o di minore >j ricchezza derivate per esse nella società , per quella >j potissima del consumo del tempo che nell'esercizio si » ha di colali travagli. M Scurleri in questo cnpo vuol sostenere, come si cen- » nò , che i travagli non produttori economicamente io3 »3 parlando non sono da tenersi in conto alcuno ; ma >i poi al capo quinto sembra che di ciò dimentico, fra » gli ostacoli diretti de' trava!»li produttori , vuole che » una censura pubblica si stabilisca a carico di coloro, y> che accumulando de' lavori per se soli li ritengono , M e vuole che persone colali siano all'ignominia condan- w tiale come nocive alla società. Vuol dunque che molto » calcolo si tenga di simili travagli non produttori , e » non bene consentaneo a se stesso si spiega così nei » due capi primo, e quinto. » Il Leonardi pria di chiudere l'esame del capo pri- » mo, sul secondo paragrafo così espresso » Più uomi* » ni permutandosi scambievolmente il superfluo del w loro travaglio rispettivo, possono agevolmente venire wa capo di procacciarsi tutte quelle derrate, ed opere w personali di cui han d'uopo « osserva che questo age- w volmente è contro verità. Se cosi non fosse , non si » vedrebbe nelle nazioni tanta povertà quanta se ne ve- » de , ed il mondo , in vece di una vaile di lagrime , M dirsi dovrebbe un paradiso di delizie w. Mi mancano le parole per esprimere l'erroneo, inco- erente , falsissimo senso , che si è dato al primo capo della mia Opera, o a dir meglio il grande strazio, che se n'è fatto. Ho io dunque detto che la richiesta sia la stessa cosa del travaglio in atto, mentre ho espressamente provato, che ne sia l'incentivo, ovvero la ragione, per cui r uomo può determinarsi ad intraprenderlo ? Ho io confuso la disposizione, la tendenza dell'uomo al travaglio coi prodotti del travaglio già eseguito ? Ho confuso la richiesta , che spinge alla produzione degli equivalenti, coir acquisto efìietlivo degli equivalenti istessi ? Ho con- fuso le azioni umane , che servono ai mezzi di conser- vare, e di meliorare gli uomini, e che recano una sen- sazione di pena , e di stento con tutte le altre azioni umane , che non tendono a questo fine , e che sono o indifierenli, o piacevoli? Ho confuso l'alto materiale del io4 soddisfacimenlo de' bisogni della vita, e il godimento mate- riale de' piaceri colla produzione de' valori, che danno i mezzi di soddisfare questi bisogni, di procacciarsi questi piaceri? Ho confuso il mangiare col camminare? Ho detto che nel mangiare , e nel camminare vi sia cambio di equivalenti? Ho detto che il soddisfacimento de' bisogni della vita, i godimenti, i piaceri, il mangiare, il cam- minare non sono economicamente parlando da aversi in alcun conto? Pio chiamato travagli non produttori tutti i prodotti, o valori, che servono al proprio uso, senza cambiarsi coi prodotti dell'altrui travaglio? Ho confuso i travagli non produttori coi travagli produttori? Ha sup- posto che in civile economia si ammettano travagli non produttori? Ho chiamato travagli non produttori gì' in- genti tesori accumulati da un sudicio avaro, che vorrei condannato alla detestazione de' viventi? Ho confuso co- lui, che porgendo ad allri con una mano un valore per- mutabile, gli stende l'altra per riceverne agevolmente^ e a buon dritto l'equivalente, con colui che non avendo alcun valore da oflrire dee soltanto limitarsi a deside- rare gli oggetti dell'altrui produzione, o a chiederli co- me dono dall'altrui generosità? Ho confuso il contralto del cambio de' valori equivalenti , che è il più giusto, legale, facile, immediato, od ovvio degli umani contratti, col mestiere del pitocco? Ma questa scena comica è or- mai stata assai lunga: giù il sipario. Non si veda come in progresso si vada sempre di male in peggio. Non si dia a noi stessi, e agli stranieri un'idea così deplorabile della nostra cultura intellettuale. E non si dica che questa scena si è ra[)presenlata in una adunanza accademica , e mentre un socio attivo fondatore faceva il suo discorso di turno. Faccia pure il dott. Leonardi i suoi turni ac- cademici come meglio vorrà. Parli pure in essi di me, e della mia Opera a suo grado. ]Ma sappia ch'io non darò mai più da qui innanzi alcun pensiero alle sue cri- tiche, dalle quali non altro potrà venirmene che lode. E chiunque leggerà queste carte sappia ancora cli'io nou abuserò mai più da qui innanzi della sua sofferenza, eoa invitarlo ad essere spettatore , e uditore di somiglianti accademici turni. Mi conservi Ella intanto la sua pregiata amicizia, mi onori de*^ suoi comandi, e mi creda immutabilmente, e per sempre Catania if giugno i838. Suo div""* obi""" serv" am" Salvatore Scuderi. Analisi delle acrjue minerali di Porretta^ del profes^ sore di Chimica farmaceutica nella Pontijìcia Uni- versità di Bologna Gaetano Sgarzi, Bologna iS38. Sommi sono i vantaggi che la medicina ricava dai bagni in generale, e febei sono i risultamenti che dalla retta amministrazione degli stessi hanno in ogni tempo i cultori dell' arte salutare ottenuto nella guarigione di non poche infermità ; dimodoché oso francamente asse- rire che un grande capitale perderebbe la terapia e molto retrocederebbe dallo stato di perfezione cui ten- de, se di tali efficaci mezzi venisse spogliata. I Greci e i Romani solcano con maestosa magnilìcenza costrurre i bagni pubblici che a Deità tutelari consacravano, quasi volessero dimostrare la loro salutare azione sul sistema vivente. Ippocrate , Areteo, Galeno commendarono sin dalla più rimota antichità i bagni, e buoni insegnamenti lasciarono degni dell'attenzione dei posteli. Omettendo di far parola delle varie specie di bagni, chi non conosce l'utilità die alla salute dell'uomo pos- sono arrecare que' minerali termali, che dalla mano be- nefica della natura sembrano creati per alleviare i mali che l'umanità affliggono. Un pretto e mal regolato em- io6 pirismo spingea gli antichi a porgli ia pràtica: laddove noi assistiti dai lumi che mercè l'analisi han sommini- strato i progressi della chimica , e illuminali da sode osservazioni fisiologiche possiamo più francamente dirig- oerci nell'uso di questi salutari mezzi. I quali non sono solamente giovevoli in rapporto alla loro temperatura, ma molto più per le sostanze che in combinazione con- tengono , e che possonsi regolare per indicazioni parti- colari su quelle affezioni, cui l'esperienza mostra di ve- nir da tai rimedi combattute. Se le acque artificiali di Tivoli di Bareges, di Plombieres si sono sperimentate profìcue contro non poche malattie cutanee e altre cro- niche rubelli, quanto migliori non sono pe' loro elletti le acque minerali dateci dalla natura, che l'osservazione di tutti i secoli altamente commenda? Saggio divisamento è sfato quello de' nostri bravi chimici di off'iirci un' accurata analisi delle ottime acque termali di che la Sicilia abbonda; e noi lodando que- gl' insigni professori non desistiamo di raccomandarle. Ma non minor laude merita il riputato prof. Sgarzi da Bologna per averci presentato un'analisi completa delle acque minerali di Porretla esistenti negli stati di Ro- ma. Era per offerirsi al pubblico un opuscolo in tre parti diviso, di cui la prima contener dovea la descri- zione della strada che colà conduce e delle fabi)riche dello stabilimento; la seconda avrebbe dato l'analisi delle cennate acque, ed osservazioni fisico-chimiclie sulle me- desime e su di altre materie e fisse e volatili che vi si ritrovano ; la terza infine dnvea aggirarsi a stabilire la loro azione sull'economia animale, le indicazioni, i modi d'uso, le dosi insieme al miglior metodo dietetico e igienico che ne accompagni l'amministrazione. Ma sic- come imprevedute circostanze hanno di tale opuscolo ri- tardato la pubblicazione , così il signor Sgaizi interes- satosi dell'utilità somma de' mentovati bagni, imprende a far partecipe ora il pubblico del frutto delle sue rieerclie 10^ intorno alla loro composizione e all'uso relativo, il cui sunto era stalo già consegnato nel Bulletiino delle Scienze mediche della Società Medico-Chirurgica di Bologna. Quanto alla composizione bisogna rilevare, che i prin- cipi i pili attivi che ivi si rinvengono, sono r acido idro- solforico e il joduro di sodio oltre parecchie altre so- stanza, e vari sali come il cloruro di sodio, il carbonato di magnesia, di calce, di soda, di ferro. Otto sono Je sorgenti cli'esistono alla Porretta: dalla varia proporzione e natura di principi combinati si ottiene una varietà nel- r indicazione per la cura delle malattie ; e siccome Je preparazioni solforose e jodurate sono state utilmente amministrale e da Alibert , e da Rotier , e da Biott , e da Lugol, e da cento altri ne' mali della pelle e in vari ingorgamenti glandolari, e da altri valentuomini ia diverse afFezioni, chi non conosce quali buoni elFetti non arrecherebbono le terme su citate, che conlenyono altre sostanze attive per la cura di bastevol numero d'infer- initadi; molto piìi che in qualità di temperatura olirono una differenza progressiva e una notabile scala di gradi? E mestieri ancor notare che ne' serbatoi di sì fatte acque si deposita una materia -pseudo-organico^ volgar- mente detta albumina, ma che secondo l'autore ne dif- ferisce per li caratteri , che è creduta una congerie di molecole organiche trasportale dalle acque , e che ])0- fendo dar nascimento ad animali e a piante è da lui appellata Zoqfìtogene. Tale pensamento dello Sgarzi viene pur confermato da sue particolari osservazioni, dalle generazioni spontanee, e dalle scoperte fattevi dal prof. Alessandrini riguardo al regno animale , di due specie di Vibrioni^ una rassomigliante al Vibrìo anguil- laia del Muller , l'altra al Vibrio Coluber dello stesso- di un Jnelide dorsibranchio del genere delle Lombri- narie del Blainville; e rispetto al vegetabile dalla sco- perta fattavi dal Savi, di una specie di Palmella del- l'ordine delle Tremellarie e della famiglia delle caodinee del coloiniello Borj de Sainl-^^incent ec. io8 Noi dunque ammiriamo il senno, il sapere, e la perizia dello Sgarzi, e non tralasciamo di raccomandare le termo Porreltane abbastanza salutari per serbar fama di so medesime. Luigi Castellana. E sperimenti del cJiolera-morhus ^di Agostino Cappello. Roma tipografia delle belle arti i838 in 8°- Sempre caro alla repubblica medica torna il nome del romano Agostino Cappello, ogni qualvolta si leggono i suoi dettali- cliè di molti e gravi lavori ha saputo egli la scienza mirabilmente arricchire; e, se non altro, perchè dal i83i quando quasi d'ogni dove in Italia del contagioso morbo indiano parlavasi , con troppo sano nccorgimcnto nell'Arcadico dichiarava che sarebbesi esso universalmente diffuso^ e fatto anche indigefio non meno per la ignoranza che per la umana malizia (i). Cosi non avesse queste parole egli scritle come, sgrazia- tamente per Italia, ne sortiron lo eflettói E sì che l'autore dopo di essersi appieno istruito nella pratica del eholera e di aver pubblicato un ben accetto libro sopra quello che regnò in Parigi nel i833, scri- veva ad un tempo gli argomenti dimostrativi per la estirpazione del eholera indiano dappresso V isiorico suo andamento negli stati romani^ e cinquanta zecchini d'oro, per, mezzo della commes sione straordinaria d'inco- lumità, a 5 settembre del iSjy in Roma olleriva a chi r esperienze da lui additate , per provare se il morbo delle Indie fosse o no contagioso, scrupolosamente man- dasse ad efibtto. (i) Vedete il Giornale Arcadico ili Roma , foni. ';4 » <^ £■' l' spcrimeiui cilati pag. 3. logi Di tali esperienze e del modo di praticarle, non es- sendosi ancora pubblicati gli argomenti , che, al dire dell' illustre Pietro Odescalchi, faranno luminosamente vedere il compiuto trionfo dell italiana sapienza (i), si occupa r autore nell' opuscolo che per noi qui si an- nunzia. E prima fra esse vuol egli instituita nei conigli quella col sangue de' colerici innestato non solo come fu pra- ticato all'ospedale della Carità di Parigi dal chiar.RAYER, ma eziandio da Namias in Venezia; la di cui osservazione di aver visto morire i conigli per il sangue de' cole^ vici ad essi innestato (2) intende 1' autore vie meglio e con maggiore esattezza mettere a pruova , stantecchè vide egli in Parigi anche il sangue di uomo vivente e non colerico innestato nei conigli produrre la morte presso a poco cogli stessi fenomeni ed identici rind- tamenti necroscopici; senza che indizio di cholera siasi mai colà manifestato nei conigli inoculati col sangue colerico (3). Essendo il predetto uno de' punti decisivi della na- tura contagiosa del male , propone in secondo luogo il Cappello che risultando lo esperimento favorevole ai concetti del Namias, bisogna ancora non abbandonarsi ad un tratto all' opinione di lui ; ma proseguire le co- minciate esperienze inoculando a galline, polli d'India, piccioni, cavalli, vacca nostrale, giovenca svizzera, capre, pecore, cani e gatti, il sangue dei conigli ammorbati di cholera. Ai medesimi animali, e specialmente alle capre, alle pecore ai cani ed ai gatti, intende poscia che sia vicino al letto di un colerico inoculalo A-vapore da lui espi- rato nel più alto stadio dellalgidisrno e trovandosi quasi moribondo. (0 Loc. cit. pag. 4» (2) Vedete la Biblioteca Italiana niim. 142. pag. 168. (3) Verlctc la di lui Storia medica del c/iolem indiano osservate a Parigi, Boma i833, pag. 2O9, e seg. no Ed appena che sarà morto un coleroso, e trapassato dopo dieci ore almeno di periodo algido, vuole il Cappello ciie sia ben presso il cosi òello Jl nido colerico dalle pustole die trovansi nel canale enterico per inocularlo agli animali prenominati. Ha sentiamola meglio colle di lui slesse parole. e. Pralichorassi allreltanlo col fluido bianchiccio che esiste talvolta nella vescica orinaria de' morti pel cho- lera algido m. ce II medesimo sarà tosto eseguito co' fluidi colerici emessi in detto stadio per Tornito e per alvo , vivente l'ammorbato w. et Passato il cholcra nello stadio di reazione, si pren- deranno sul corpo vivo le diverse materie eruttive rac- colte in piij tempi per innestarle innuedialamente come sopra ». « Le inoculazioni saranno non solo fatte sotto l'epi- dermide, ma taluna eziandio aelle labbra e nelle mara- inelle ». « Se in alcuno de* suddetti animali pe' praticali ten- tativi si svolgesse l'indiano cholera, si dovrà subito cogli stessi materiali nel medesimo raccolti ripetere la inocu- lazione nelle altre specie ». « Perchè le cause esteriori concorrano a facilitare la riproduzione, e se fosse possibile la modificazione del morbo, sarà cura di un veterinario istruito di sorvegliare al nutrimento piuttosto nocevole, capace cioè di svolgere malaria, e di riscaldare il canale digestivo degli animali in discorso ; racchiudendoli inoltre in luoghi umidi e poco ventilati ». Così disposte le idee del Cappello intorno alla piiì ragguardevol parte della medicina che oggi interessi tutta quanta 1' Europa , chiude egli la sua proposta col dire che c< malgrado di ciò che verrà all'evidenza dimostrato » nell'annunciato lavoro per la estirpazione del cholera » indiano, difficilmente per la umana malvagità raggia- Ili » gncrassl a' nostr i dì l' importantissimo scopo. Vede M quindi ognuno la importanza, o piuttosto il necessario » bisogno di mettere a prova replicate volte in più tempi, » in regioni diverse, gli esposti tentativi diretti da' me- » dici espertissimi e filantropi, sotto i quali molte cir- M costanze possono insorgere per ritrarne al fine alcun » salutevole risultameuto (r) ». Ammirevole la sapienza e la filantropia del romano Professore: oh quanto segnalati sarebbero verso 1' afflitta e desolata umanità i favori del cielo, se piij al mondo non comparisse quel flagello sterminatore, di cui per sempre ricorderemo tristissimi i danni! Gaetano Algeri Fogliani. Sulle vicende delle Scienze snere in Sicilia nel seco- lo XIX. Memoria dell' ab. Cesare Pasca prof, dì Jilosofia nel Seminario di S. Rocco^ e socio di va- rie Accademie nazionali , e straniere. — Palermo dalla tipografia Spampinato i838; in (S.° di pag. 37. Essendoci alle mani pervenuta questa memoria non possiam fare a meno di rallegrarci coll'autore, per ave- re illustrato un ramo interessantissimo di nostra lette- ratura. Imprende in essa a dimostrare lo stato presen- te delle scienze sacre fra noi, e i mezzi che a farle [)ro- gredire abbisoj^nano. Egli con sommo accorgimento ti fa in un quadro vedere come le sacre dottrine siansi ma- no mano perfezionate in quest' isola; perciocché l'uma- na ragione, rotti i ceppi dell'antica barbarie delle scuo- le, i suoi dritti reclama; la retta via del filosofare smar- rita, ubbidiente si rende ai voleri di lei ; ed ecco in breve Sicilia altamente distinguersi nelle sacre discipline. (i) Loc. cit. pag. IO, nella noia I. I 13 E primamente Francesco Cari, piena la mente di teo- logico sapere per le rette vie conduce la dommatica teo- logia, dallo scolasticismo allor dominante spogliandola, ad un metodo semplice e divisivo ridacela. I buoni me- lodi altresì inlrodolti nei pubblici licei, e nei seminari dei Vescovi non poco inlluirono al progredimento di essa. Qui mi cade in acconcio rilleltere che parte di questa lode a Nicolò Spedalieri si deve, il quale, ferventissi- ino d'ingegno com'egli era, concepì la riforma di que- sta scienza negletta in allora, e schiuse il varco al Cari a renderla pcrletta. Né so mica persuadermi come al nostro A. sia sfuggito un tant' uomo, che fu il primo anello dell' ecclesiastico sapere. Paolo Filipponi, dotto nelle cose teologiche, sull'orme del Cari uu corso dettò di dommatica teologia; ivi gli errori del suo secolo e i sistemi schivando, alle verità di domma solamente si attenne. Attinse dai teologi pro- testanti la maggior parte delle sue dottrine, e partico- larmente dal Ì3ruchero , dal Moseraio e dal liuddeo, e servendosi dei loro stessi argomenti fé' vie più rilu- cere le verità della religione. Un' opera del medesima genere in italiano scritta dal can. Michele Stella vide la luce in Catania: la quale per l'ordine irregolare delle dottrine, e pel linguaggio estranio al soggetto fu poco apprezzala. Parecchi storici lavori sul dritto ca- nonico furono pubblicati da Giovanni d'Angelo negli o- puscoli siciliani del i8ao. Sorge il Dichiara e coi suol supremi lavori leva altissi- mo grido. Questo insigne Canonista, rivolto ad illustrare le prerogative della Corona, diede alle stampe un discor- so storico-critico sulle chiese maggiori e cattedrali tli Palermo, ed altra memoria storica sulla fondazione di una chiesetta appellata S. Maria di Troina; le quali per l'immensa erudizione, per la profonda critica, per l'e- leganza dello stile, e la elevatezza dei pensieri merita- no essere con sommo onore ricordate. ii3 Nel i832 apparve una memoria del sac. Nicolò Bii- scemi, ove faceasi a provare che il Giovanni, e il Filaga- to congiunti al nome di Cerameo eran lo stesso che Teo- fane Cerameo antico scriltor siciliano, autore di novantu- iia omelie. Pubblicatosi nell' anno slesso in Napoli un discorso di Luigi Gian)pallari sulle sacre insegne dei Re di Sicilia, il citato Bu^cemi, in una lettera inserita nel Giornale ecclesiastico mostra gli abbagli presi da costui facendo conoscere, che non vide nel wtto V cmiore di. questo discorsola Giampallari cioè, allorché disse avere il Grande Conte Ruggiero assunta la Dalmatica,la Mi- ira, la verga, V anello, ed i sandali per concessione di Lucio, ad indicare sacro potere; ma al contrario li prese per suo proprio dritto, per indicare parimenti un potere eguale agli augusti di Oriente (in pag.18.). Riprodottasi la quislione tra il Martorana, e il Busce- mi, trattata una volta dal Mungitore e dal Messinese lo Piccolo, se la religione nostra fos.se stata ai tempi dei Saraceni in parte, ovvero del lutto distrutta; il Pa- sca nel suo bel lavoro espone con chiarezza e brevità le discrepanti opinioni dei due contendenti scrittori. Mostra quindi l'autore con copia di cmdizione, come non fosse stato mai negletto fra noi lo studio de' sacri canoni. 11 Dichiara in dritto Canonico dottissimo fé' di pubblica ragione una memoria sulla consagrazione dri Vescovi; ed un' altra memoria d' ignoto scrittore appar- ve alla luce circa la proprietà de' beni ecclesiastici. Pe- ricolando i beni della chiesa , parecchi canonisti contra il parlamento levaronsi, e con molte ragioni si misero a provare 1' inalienabilità di essi. Il Faro, il Ventura, e il Costanzo furon di quei che con zelo i diritti della chiesa sostennero. Taccio finalmente altre opere canoni- che del Lamanlia, Dichiara , e Giampallari dal Piisea riferite, poiché mi basta 1' accennarle. Ragiona poscia il nostro autore dell' oratoria, eh' eb- be dei pari in Sicilia i suoi coltivatori. 11 Di-ÌNlaria, il 4 ^^ Lenzi, il Monti, il Sanfilippo, il Cali , il Campisi , il Salita, il Tognini, il Nasce nel cominciar di questo se- colo furono in molta voga. Il Pasca con giudizioso di- scernimento i pregi e i difetti di ciascun di loro ti ac- cenna, ed in quel posto che gli è dovuto li colloca. Con- chiude finalmente il suo ragionare con ricordare i nomi dei sacri Oratori che al presente primeggiano. Questo è in ischizzo il quadro del Pasca, ov'egli lo stato ti mostra delle scienze sacre fra noi pel corso di tren- traquattr' anni; e se qualche lacuna non si rinvenisse sarebbe un eccellente lavoro (i). Ne intendo per que- sto scemargli la lode che gli è dovuta, ed i pregi di cui va quest' operetta fregiata. Prosiegua egli intanto a col- tivare col suo ingegno le sacre scienze, e ad esser di sprone all' infingardo stuolo di que' prelazuoli e di que' frati, che avendo tanto tempo per coltivare le ulili discipline, marciscon pure con tanto disdoro del secolo, in che sia- mo, neir o^io e neir inerzia. F. B. JYeu-Jlftpsodia ovvero nuovo ordinamento dell' Epistola di Orazio Fiacco ai Pisani con la corrispondente tra- duzione in verso libero italiano e con note, accompa- gnato da un confronto con l'arte oratoria ed una ia- vola sinottica di tutta la poetica— del Canonico secon- dario Gioachino Geremia^— Napoli i83'j un voi. ia 8.° di pag. qQ. Quand' anche nuU'altro si fosse detto di questa assai u- tile operetta, se non quello che ne divisò il eh. Ui'- bauo Lampredi, che di recente con nostro dolore è stato (i) Non poca meraviglia mi ha recato il veder preteriti i Perniisi, i Te- ^•esi, i Marnilo, i Cavallari ecc. i tjuaU molto influirono al perfczionanenta tifile scienze sacro fra noi. "5 tolto ai vivenli, e che menò tanta fama in fatto di clas- sica letteratura; e ciò che ancor ne pensò il celebre Borghi (i), basterebbe solo a farci persuadere che il la- voro dei canonico Geremia è non solo utile ma prege- volissimo; poiché r opinione di qaei valentissimi non può non aver peso sul giudicio dei migliori. Ma perchè dicessimo ancor noi l'opinione nostra intorno- all'opera del Geremia, il quale per altro si è acquistato onorata fama per varie altre fatiche, degne di molto encomio , non possiamo non palesare a primo tratto aver egli fatto o- pera assai utile alla studiosa gioventiì colla sua JVeu-Ra- psodia: e trapassando delle cose che riguardano la ca- stigatezza del linguaggio da lui adoperato, e la giudi- ziosa sceltezza delle erudizioni delle note, che il suo la- voro accompagnano, non che la bontà del verso con cui la poetica di Orazio venne volgarizzata, non è certamente da stimarsi cosa di legier conto 1' aver egli, dopo 1' Hein- sio ed il Petrini, ricomposto quel codice della poesia, il quale assai inordinato, nel suo medesimo ordinamento, giaceva; ed averlo in così chiara luce esposto, e con tal ordine che tu lo vedi ad un sol colpo d'occhio, secondo- che quel classico autore una volta forse il meditava , siccome dal suo esordio apparisce. E veramente non era uno scandalo, come dice il medesimo ordinatore, il vede- re un precettore d' arte cadere in quegli errori eh' egli (i) Lettera del prof. Giuseppe Borghi al prof. D. Gioacchino Geremia. Mio pregiatissimo signor Canonico— Favorito da un esemplare della Poelica di Orazio nuovamente da lei ordinata e tradotta, le ne rendo i dovuti ringra- Ziamenti e le mie sincere congratulazioni. Intendo liberarmi col primi delle obbligazioni m che mi ha posto la sua gentilezza; quanto alle seconde seb- bene abbia Ella tal nome che non abbisogna delle mie lodi, tuttavia degnerà gradirle pel sentimento di persuasione con cui son fatte. Certo, quantunque in cose di questa natura i contradittorl sogliano esser molto ostinati, nessuno tuttavia potrà negarle grandissimo acume nel riordinamento dell'Epistola, e assai di disinvoltura eleganza e fedeltà nella traduzione. Accetti le proteste di stima e di riconoscenza colle quali mi dichiaro JJj lei pregiatissimo signor Canonico Palermo i5 ottobre 1837. Devot. ebbi, servidore GlL'SBl'l>B B0HGHI. 1x6 medesimo intendeva correggere , scrivere senza unità quello eh' esser doveva modello di ogni buona scrittura, e fare un piano di poetica dopo di avere già scritto molte cose della poetica ? Questo è veramente, secondo lo stesso Orazio, dipingere il delfino nelle selve, e il cignale che nuota nel mare; per non dire di tanti altri andirivieni, che rendevano quell' aurea Epistola confusa ed inviluppata ol- tremodo. Noi adunque raccomandiamo caldamente un cosi utile lavoro ai giovani studiosi, che ncll' arie poetica di Orazio troveranno la ragione più sentita della letteratura; ed incoraggiamo nel medesimo tempo 1' egregio istitutore a rendersi viepiù benemerito delle jtatrie lettere, se sco- rato, come noi, dalla calamità de' tempi attuali , non ci facesse temere quel rimprovero: umico, serbate a inìglior uopo i i'ostri consigli, di conforti non abbisogniamo, di premi s}. A. I. Sul No\yenario per lo Spirito Santo. — Lezioni del Ca- nonico Emmanuele Leone un voi. in 8. — Palermo tipografia Muratori iS38. Tanto che possa cou gli occhi levarsi Piìj alto verso 1' ultima salute. ' Dani. Par. Cani, xxxin. Il Canonico Emmanuele Leone, noto alla nostra let- teratura per l'Isagoge al dritto Canonico siculo, dopo un silenzio di molti anni die alla luce il suo novenario per la festa dello Spirito Santo in nove lezioni diviso. E l'A. da lodarsi sì per V opera in se stessa , e sì pel modo , in che la condusse a termine. Imperocché rivolto il no- stro Clero a studii , che in niun conto si affanno alla condizione propria, poco dei sacri si piace: cosicché vuoisi nual miracolo riputare quell' uno , che le forze del suo "7 ingegno a questa guisa di sluclii indirizza; di che sia pie^ nissiraa prova la decaduta eloquenza del pergamo , e la scarsezza di libri ecclesiastici ^ che appo noi si stam- pano. Con ciò non intendo dar la mala voce al Sacer- dozio nostro, che di uomini dottissimi in ogni genere di bella letteratura, e di scienze è fiorente, ma solamente è mio avviso far notare, che delle sacre discipline non si diletta gran fatto. Ne la colta gente altresì, perchè questo libro su cose di religione si versai, vorrà fargli mal viso: conciosiac- chè mi penso, che dal Clero bene istruito nelle dottrine sue gran prò debba all'ititeia società derivare, e danni infiniti dalla ignoranza di lui. Quantunque possa a ta- luno sembrare, che l'amor proprio in questa congiuntura faccia velo allo intelletto mio, nondimeno mi pare, che la bisogna vada proprio così. Imperocché l'ecclesiastico degnamente addottrinato di necessità addentrasi meglio nei suoi doveri j meglio mantiene il decoro di sua per- sona, e meglio alla istruzione del popolo consacrasi. E però quanto maggiore sarà l'influenza morale^ che su quello esercita, tanto meglio lo farà capace degli obbli- ghi, a cui la religione l'astringe, ed in tal forma renden- dolo nei costumi più assegnato, nei lavori più onesto ed operoso , con più di agevolezza il terrà lontano dal delitto. Senzachè 1' opera di cUi ragionasi è tale da meritar 1' attenzione d'ogni buon cristiano. Dapoichè quantunque essa non appartenga ne al dogmatico, ne al mistico, ne all' oratorio , ma di tutti e tre questi generi partecipi^ tuttavia grandissima è la teologica sapienza ivi raccolta, ed è sì fattamente distribuita, che il dotto, e l'indotto può ricavarne frutto non tenue. In essa i più sublimi misteri di nostra religione, iu essa le speranze, gli aiuti, le ricompense, in essa in fine i tesori tutti dogli eterni consigli ne pare , che sieno in beli' ordine disposti , e racchiusi. Andicnio noi seguendo il venerando vecchio ii8 nell'orditura del suo lavoro, e toccandone i sommi capi dimostreremo insieme il legame, che tante, e sì dispa- rate cose congiunge, e colla riverenza, che dee il disce- polo (i) al suo maestro, noteremo quelle lievi mende, che ci parve di ravvisarvi, in tutte le sue parti frugan- dola; e se non fosse il timore di comparire forse adula- tori le avremmo taciute, tanto ci parvero facili ad essere in altra edizione scansate. Le verità della cristiana religione sono in cotal modo collegate fra loro, che ove di una sola vogliasi far pa- rola, tutte se ne risentono; anzi allorché lo scrittore stu- diasi ad arte di tener le altre lontane, elleno più volon- terose corrono a fargli corteggio, e tanto spesso vengongli innanzi agli occhi , clie pure è mestieri un tratto va- gheggiarle. Se poi nel concepimento dell' opera abbiasi in animo volerle tutte riunire in un sol punto di vista, perchè di tutte si parli, e si ragioni, allora così benigna- mente arrendonsi , che non si può con voci esprimere. E questo difatti al nostro autore addivenne: dapoichè de- siderando egli di scrivere dello S. S. in quella maniera, che più altamente eragli dato di fare, e volendosi altresì innalzare sulla turba di chi in lavori di tal sorla ad umili argomenti appigliandosi striscia bassamente sul suo- lo, di tulle quasi le verità religiose ebbe agio tener ra- gione. E comechè abbia prese le mosse da quello schietto e semplice principio, che fu G. C dallo S. S. glorifi- cato, pure nel dargli il suo sviluppo trovollo di sublimi cose fecondo assai. Udiamolo. Iddio, ei scrive, ogni obietto creò per la gloria sua, e l'uomo sortito a tal ventura, se non rompeva l'im- posto non duro comando , ottennio anch' esso avrebbe così alti destini. Ma non fu nella fortuna rea abbando- nato , che Iddio rifar volendo con istranrdinaria opera di pietà la prediletta creatura, purché salvi rimanessero (i) L' A. .studiò sotto di lui divinità. i diritti della sua giustizia, accettò di buon grado l'ot- ferta del Verbo eterno , che per dar gloria al Padre vittima volontaria a nostro prò si offriva. E difatti Venne poscia il Verbo ; e qual sacerdote e re, qual profeta e capo istruì 1' uomo sui fati suoi , diedegli vera idea di Dio, e della virtù, e dispiegando i tesori della sapienza divina gli umani in solo un corpo riuniva , e per glo- rificare il Padre congiungevali nell'amore, e nella carità. Nondimeno era d'uopo, che pure G. G. fusse nel mondo glorificato, ne per far ciò aveavi altro modo, se non se la conoscenza del Nome di lui per gli Apostoli divulgato. Ma costoro uomini di grossa pasta avrebbero fatigato in- darno, e nulla stata sarebbe l'opera loro senza lo Spi- rito Santo, che ricolmando ad essi la mente ed il cuore di costante virtù non avesse operato in modo da ottenere al figliuolo di Dio un'adorazione giusta e degna. Or co- me ciò avvenne ? formando, santificando, e glorificando la chiesa. Dopo queste prime idee, che sono come le basi del- l'edifizio intero introducesi il Canonico allo sviluppamento delle sue lezioni traendo da ciascuno dei tre modi , di che usò lo S. S. onde dar gloria a G. C. feconda ma- teria pel suo assunto. E fattosi a delinear rapidamente le operazioni, che alle tre divine persone vengono par- litamente attribuite, e fermandosi su quel principio, per cui al Paraclito la glorificazione addicesi, dà opera a di- mostrare, in che guisa disposto da esso lui il mondo alla venuta del riparatore, untolo re e sacerdote, e fattolo rico- noscer tale agli uomini tutti, venne a formar la Chiesa. Con simile mezzo l'A. apresi l'adito a poter dire delie figure, e delle profezie, che o adombrarono, o predissero la venuta di^G. C. delle virtù, e della fede dei giusti antichi, che ne precedettero il nascimento, delle varie fortune degli Ebrei, che disseminandosi per l'universo dinòndcviuio^lt? 120 speranze, e le credenze eli loro (i), e delle niónnrclile die ne determinarono il tempo: di che malurali i gior- ni, ed avvenuta l'incarnazione fu 1' uomo Dio unto Re, e Sacerdote. Misteriosa unzione per lo S, S. avverata , die lomunicandosi alla natura umana da quello assunta cbbclo arricchito di tutti i doni, ond' egli è dispensa- tore insieme col Padre. Ne ciò senza le buone ragioni: imperocché 1' economia della redenzione ricliicdeva, che fossevi in G. C. tanto di grazie, che versandole bastas- sero a tutta r umana progenie. E percliè questa unzione non rimanesse occulta volle lo S. S., che sin nell' ute- ro della Madre l'osse da Elisabetta riconosciuto, e quin- di da' pastori, e dalla Sinagoga, e dagli Ebrei , e dal mondo intero. Era innanzi tratto necessario, che questo capo già unto Re, e Sacerdote avesse le sue membra, e non potendovisi accostar da se vennero dalla S. S. in- vitali, ed ovunque come pulcini sotto le ali della ma- dre raccolti i cjedcnti alla nuova religione. Ei sa, che muti d' aspetto la terra, pianta non ostante la politica degl' imperatori, la dottrina dei filosofi, e la corruzione del cuore umano la predicata credenza, e toglie ai Nu- mi gli assurdi adoratori. Ma cotesti membri senza i pa- (p.) Volle in ciò il dotto Canonico seguire la vecchia opinione dei Teologi» rlie uffiTiniiroiio essere dagli Ebrei venuta la oscura, e svisala credenza, che della venula di un riparatore ehhero tutte le genti. Sembraci questa opinione mal ferma, impcroccliè nella religione dei Cinesi, e degli Indiani ])opoli, che seir/.a dubbio non videro mai alcun Ebreo, vi si rinvengono tanti riti , f tante cerimonie, le quali a tal fede si riferiscono, che nulla puossi desi- derar di meglio : però alcuni Francesi risalendo più alto 1' hanno dalla tra-» «li/.ione del |iiinio uomo dedotta. Ed in vero avendo Adamo incontanente dono la col- a avuto questa solenne proniess.i dovette di necessità comunicar- la lì' disccmlenti suoi, ipiesti a' propri, e così mano mano da' primi a' secon- di tramandata s'ebbe a divulgar fra tutti. Né perchè mostrasi in mille modi svisala e guasta, ci è lecito rigettarla, o dagli Ebrei rijieterla, che la costan- te esperienza e' insegii.i guastarsi tutte le tradizioni dei popoli, allorché non sono o alla scrittura o ad altri monumenti affidate, e poi ove si andò a per- ilere la sincera conoscenza di ]3io, ivi fu mestieri tutte le altre credenze tra- mutarsi, ed intristire. Perirci niollrc aggingnere, che colai princij)io è gravi- do di inlinlti risullanieiili felici nel diinosirare l'origine di certe verità mo- rali o conUailelle, o negale, e di cento altri falli di gravo momento, ma per uoii esser Inuj^o o; porluno uii conlento di averne fallo un cenno. 121 stori, cui data fosse la facoltà di ritrarli dal pascolo no- civo, e della corrotta dottrina, non avrebbero a pezza perduto, ed il Paraclito confermando agli apostoli altre^ sì, ed ai successori di loro la ricevuta missione li costi- tuisce a dignità, e scegliendo come fior da fiore or uno, ed or un altro fa, che il Sacerdozio continui, e sino al finir dei secoli quel corpo perduri, che ha in G. C. il suo mistico capo. Che se nei formati membri si discovrisse cotal forte varietà col capo, o per dir più chiaro, se la santità dei membri non isse all' unisono con quella del suo capo , che Cliiesa avrebbe lo S. S. composto? che accordo , che ordine avrebbe quest' opera sortito ? Anzi un mo- struoso impasto ne sarebbe venuto indegno non che di Dio, ma del più meschino fra' mortali. E però 1' A. prosegue a sviluppare quell' ammirabile intreccio già mes- so in opera, onde l'uomo fosse a tanto di santità innal- zato da stare in certo cotal modo a petto del suo capo G. Imperocché vien l'uomo rigenerato dalle lustrali ac- que, che rifacendo la natura dalla colpa d' origine cor- rotta ritornano in lui la perduta immagine divina, e re- stituisconlo alla innocenza, ed alla celeste eredità. E per- chè a tanto bene non si rimane egli avvinto, e sviasi, e sì rovina, ecco presta la grazia, che fortifica, che pre- viene, che accompagna, ecco la penitenza, che accoglielo nelle braccia sue già rinsavito. Né ciò sufiicieiite sem- biando, ed acciocché la santificazion della Chiesa per- venisse alla santità del capo vedesi 1' anima sollevata ad un cotal mistico, sponsalizio, ad un cotale inesplicabil sacerdozio di grazia, onde sentonsi paghi quegli spiriti prediletti, che vivendo la vita dell' innocenza, e della carità ricopiano quel trionfo d'amore, e di merito, che in esso loro i caratteri del Sacerdozio di G. C. rinnova. Nò era bene , che questa santificata chiesa restasse senza un jiremio , e che i membri fossero sempre dal suo capo disgiunti. Laonde lo S. S. ridestando gli spenti 112 in santità, e ricomponendo nel giorno estremo le scora* poste fila simili al corpo di G. C. rialzerà i membri non recisi, e nella gloriosa salita li metterà al possedi- mento di quel regno , in cui più che altrove la gloria di Dio si mostra. E qui compiuti i disegni del Para- clito verrà l'intelletto umano di tanta chiaieiza fornito da conoscer Dio ed amarlo ; imperocché indiato quasi , od in lui cambiato ne conoscerà la natura, e le perfezio- ni, conoscerà le create cose in ogni aspetto di loro ed il perche furon dal nulla (i) estratte , e la redenzione, ed i pili reconditi misteri, per cui di presente l'animo nostro si confonde, e poco men, che non tentenna, già non reste- ranno senza un pienissimo rischiaramento. Ma non solo Dio in Dio, che pure negli altri beati, negli Angeli, in Maria ed in G. G. stesso sarà dai fortunati amato , e conosciuto. Di che ne sorgerà un cotal vincolo di amore_ e di carità, per cui congiunte le membra al proprio ca- po secondo i voleri dello S. S. si darà gloria in per- petuo al Sacerdote eterno. Queste lezioni scritte dal venerando vecchio con tanta unità di scopo, e di principii, arricchite di tanta, e sì grande dottrina mancano di quella eleganza di lingua , che a' nostri di richiedesi in tutte le opere d' ingegno scritte nell'italica favella, e che ove vi si rinvenisse, da- rebbe masreior lustro alle contenute dottrine. Ma di ciò potrebbe andare scusato se considerasi esser elle indi- (i) A questa verità insegnataci dalla fede dar si potrebbe una niclafisica spiegazione. Iddio solo essere vero, e perfetto, centro universale, ed cssenzial mo^ dello di tutte le cose contemplandosi vede, e conosce se stesso , ed insicnìC il rapporto, clic hanno seco lui gli obbietti esterni; sicché quale di questi manca di coUd rapjiorto, vorrà essere una conlradizione un nulla. Dapoirlié fa d' uo|io, che prima, che qualunque obbietto venga chiamalo a vita, si ri-i trovi nnir Idea, e nella voloulà di Dio, e però chi vede lui dovrà ancor ve- dere gli esseri, che sono, ed i possibili insieme. E perchè neil' essere jier- fctlo non operasi cosa veruna senza le buone ragioni, ne nasce altresì, che vedendo lui conoscersi dovranno le; determinazioni del suo volare, e le cause che a cotale scella lo mossero. Ecco, a mio avviso, perchè i beati in cieli) vedranno le create cose, ed il perchè furon dal nulla estraHe. 1 33 ritte a gente, clie non sente molto innanzi nella scienza dell'idioma comune, e che nella gioventù del nostro Ca- nonico non erasi appo noi a pezza introdotto il gusto del bello stile , laonde egli ha pagato il debito suo al secolo, in che fu allevato ed instruito. Ma che diremo di una certa ridondanza di dottrine, che qualche fiata vi s' incontra , e che tolta di mezzo metterebbe queste lezioni in lutto qnel lume, che al- tronde si meritano? Che risguardate in se medesime so- no utili e sane, e che altro di male non sanno se non se raffreddare, ed impedire il naturale andamento delle idee. Tale può risguardarsi quella dottrina sui caratteri della fede , e della santità , che nella seconda lezione rinviensi. Dapoichè avendo il Canonico fatto vedere l'im- potenza degli Apostoli, onde operare con le sole proprie forze la conversione di se medesimi, e quella del mon- do , scende a dimostrare essere stato lavoro tutto dello S. S. la fede, che ad essi comunicò, e per essi a tutta quanta la chiesa. Ma qual bisogno eravi di minutamente descrivere i caratteri di questa fede e di questa santità? Ove egli non avesse avuto talento di trasandarli, sarebbe stato a sufficienza farne un lievissimo cenno. E superfluo ancor mi sembra nella quinta lezione quel racconto dei gradi della penitenza pubblica, di che usavasi negli an- tichi tempi in tutta la chiesa, e che la barbarie de' secoli e più le numerose famiglie dei mendicanti secondo af- ferma il Fleury, del tutto mutarono , giacche ciò sem- bra adatto ad un libro di erudizione più presto, che a lezioni di questa fatta. Nella sesta poi quell'errore dei Chiliasti innestato ad un luogo, che ha molto calore, e misticismo non poco, raffredda in un istante il lettore, e lo disgusta assai; questa almeno fu la senzazione da me provata. "Vorrebbe pure essere di ridondanza notato quanto nella settima delle lezioni si legge sulla visione di Ezechiello, o meglio sulle interpetrazioni, che ne fe- cero i padri, e quanto nella nona sui dubbii, che prò- 124 vansi qui eia noi, quante volle uom si fa a meditare la perdita di tanti bambini, i quali non giungono ad esser rigenerati, e la rovina del maggior numero dei mortali malgrado gli aiuti, di che fornisceli la religione, ma non bisogna essere troppo schifiltosi, e slimo che il dotto A. abbia su tal riguardo avuto le sue buone ragioni. Non dimeno è mio avviso, che non si possa con agevolezza giustificare la superfluità, che ritrovasi nei terzo punto dell'ultima lezione, allorché meltesi ad esporre la dot- trina dei Teologi sulla natura, e sulla favella degli An- geli. Imperocché non se ne ritrae utilità veruna, e poi dopo molte parole nulla v'ha di certo da insegnare sui linguaggio di questi spiriti, non raccogliendosi al postutto, che opinioni ed ipotesi. Non ostante coleste superfluità, e qualche altro neo, che altri pii!i severamente giudicando ritrovar potrebbe, r opera è di somma utilità ad ogni guisa di cristiani ; giacche quasi 1' intero corpo delle teologiche dottrine ^ e non dico cosa oltre misura esagerala, nnviensi in essa raccolto. Ne un trattatista qualunque , purché vengano sceverate tutte quelle disquisizioni, o inutili o superflue, che i Teologi spesso prendonsi briga andar registrando nei loro volumi, die allora non saremmo a gran pezza uguali, potrebbe sulla incarnazione, sulla grazia, e sulla beatifica visione dir più vero, e sodo di ciò, che il ca- nonico scrisse, E se per fermo non si obliano tutte quelle altre verità che va egli qua e là disseminandovi dentro, come per afforzare i suoi assunti , poiché anche queste accrescono pregio all' opera, chiaro emergerà rinvenirvi r.'ecclesiastico materia moltissima onde senza andar trop- po frugando libri sofistici o noiosi arricchire le sue ora- zioni , ed il laico posalamente leggendola potersi ricol- mare la mente dei principi della scienza teologica , e V animo delle più belle spcrawze , e dei più dolci con- forti. Nrc(X)LÒ Cam ARDA- I2J PER LA MORTE DI BELLINI qAMZONK INEDITA di Giuseppa Maria Guacci Nobile, 0> 'h armoniosa Luna Che r empia tema di dolcezza vesti, E solo amor, sola pietà ragioni; Odi qiiest' aura come dolce suoni Di note emulatrici alle celesti , E delle umane preci odi qucst' una! Te, casta diva, in mezzo all'ora bruna Prega una casta mente innamorala. Cui spense invida Morte infaticata Quanto vorace piia tanto digiuna. Oh se favilla alcuna Della tua vu'ul^ favoleggiata Splend^^sfi mai ver la terrena guerra, Or fra noi discenilèvi, e questa torrg A virtù disavvezza Armonizzavi d' immortai bellezza! Come lucida riga Corre il ^ebclo al mar poveramente Per noi d' pnor diserto e di trofei; Pur fra suoj colli iu chiari tempi o rei S'apre di melodìa largo torrente Ch' Europa tutta e le sorelle irriga; Qui come sorge la non colta spiga Sorge ogni sjjirto. ad alte cose intento, Cui del par che le messi agita il vento Fortuna matrignevole gastiga. Ma il fiarameggijjnte auriga Lascerà di se cieco il Firmamento Pria eh' uccida il tuo norae,o santo petto! Fosti quaggiù soave angelo eletto JP tosto al vago velo La luce tua ridomandava il cielo, D' unq nube leggera pu r Oriente il lume tuo s' avvolse Cui vulgo errante in poco pregio tenne; Poi d'amor orse ed in chiarezza venne(2) E tutto a nova meta il cammin volse. Tutto si diparti dall'altra schiera IVrò di te sen già Sicilia altera Come nel di che fra sue limpid' acque Prima la Musa Italica si piacque Poi die discese dalla terza sfera; Ma innanzi vespero, a sera Giuguesti, e il loco ove il tuo lume nac- (que Inamarir la sua dolcezza vide; Ivi oi.'ni donna cui dolor conquide E ali' Occideiite intesa, Obbjiator dell' Angioina offesa.— Sperò Sicilia (ahi frale Speranza umana!) a te stringersi intorno E sentir 1' aura dell' amato ingegno ! Or vedovata di si caro pegno Sta il simqlacro tuo di fiori adorDOf Desiosi^ di tua spoglia mortale, Deposta la ghirlanda trionfale Quell'Armonia ch'ogni odio indietro tira Su r urna in che tu dorrai e su la lira Pensosa il capo inchina e queta 1' ale; Forse pensier 1' assale Del tempo pnde tua Fama al mondo spi- (ra, Quando alla tua virili, celeste raggio Si richiamò d'un luminoso oltraggio,(3) E tu mostravi in pria Ch'era una cosa amore ed arnaonia.^ Cpsi fra noi lampeggia (i) Bellini nel principio della si^a carriera musicale, innanzi che scrivesse Bianca e Gernando era teuitto da alcuni de' suoi maestri, come poco abile com- positore. (2) Bellini per una donna cominciò a studiare attentamente. (3) Si allude, a' tempi in che si levò Bellini , ne'_ quali la musica era più pomposa che non si convenia. I ?.6 Ancor la Veronese ira fraterna, K caritailc ogni anima percote Quiindo scioj;lie Romeo tue raoiU note L s' abbandona alla quiete eterna Si eh' ala di pensier non li pareggia, (^)iicl suon che gì' intonelti signoreggia Onde traesti, al tuo Pirata alfiso, Al qual è stella il ('isiato riso Che le procelle di sua vita alleggia ? K colei che la reggia Mutò in romito albergo, ove reciso Ebbe r ultimo fil della speranza, Sol per te, lamentando i cigni avanza Kd ogni gentil core Stringe di soavissimo dolore. — Vola per te divina Su per 1' onda brittanna una virtulc the le nebbie disperge e chiama il Sole; Amorosa è di vergini viole Queir aspra rena, e van quell'aure mute ISIclodiando 1' annonia latinaj Quando il fervor de' petti e la ruina IJi civil pugna, ove il miglior più geme. Cantando pingi, e pingi amore insieme Che fa d' ogni poter dolce rapina. Ma l'Alba pellegrina Vision ti schiari d' aerea speme Quando per te 1' Elvetica donzella Dall' ombre del sospetto usciapiù bella, E quei monti vivaci Risonavan dolc' ire e dolci paci. — Un di Grecia solca. Veneranda di senno e di ventura. Le sacre leggi irradiar di canto; Or,poi eh' è nostra legge amore e pianto Riedi, o spirto beato, e 1' età dura Delle tue note angeliche ricrea ! Virtù per iliille rivi in altra idea D'una fonte medesima rampolla. Ma da te solo amor che i sassi immolla Melodiosamente discorrea, Nutre le cose e crea II Sole, or vien che 1' una or 1' altra ( estolta E variando ogni stagion colora> Ma la Luna di perle i campi irrora E con voci seconde Alla pietà dell' anima risponde.— Bello il vederti a riva Coronato d' allòr le bionde chiome ! Bello il posarti in su la via lìorita! Altri miri oscurar sua stanca vita K lento declinar la mente e il nome, Ma te rapì d' Amor la lìamma viva} L' anima intatta e d' ogni lidio schiva, E' ricca d'amistà confortatrice, Se ne parti con 1' aura creatrice Onde r alto concetto si deriva, Oh male incanutiva L' infermo padre e la madre infelice, Clic nell'ora dell'ultimo riposo Baciasti col pensier volonteroso, E poi lasciavi il mondo ^ In su l'alba d'un secolo fecondo! Cosi la bionda testa Un altro lior di leggiadria piegava, Dopo il merigge di una età superba; Cosi cadeva in sua stagione acerba , Di che r umile Urbino ancor si grava. Sfiorata per italica tempesta; E si moria fra gente amica e mesta, E su r ora che a' tristi orrida tuona. Trasparia dalla pallida persona La divina scintilla manifesta; E alcun la fronte onesta A lui cingea di florida corona, Il volto avea di lacrime cosperso Altri all' eterne tele sue converso, Ove a mortai pujnlla Una parie di cielo anco sfavilla.— Canzon, questo gentil che Italia perde Che già con la sua lira a quando a quan- ( do I dispaiati spirti affratellando, E pianta che giammai non si rinverde; Ma nos'.ra sempre e vcrtlc Fia sua virtulc in questo umano bando, Inimitata all' emulo straniero E dall' Alpe dorrà forse(o eh' io spero!) Oltre all'ondo tirrena ForniiU' una dolcissima catena. — 12 annunzio della morte del dott. Mariano Dominici , e iscrizioni funebri del prof. Baldassare Romano pel medesimo. Bl dì 9 luglio del corrente anno è cessato di vivere in questa capitale Mariano Dominici^ uno de' primi lunai- nari della medicina iu Sicilia. La sua spoglia ebbe gii onori funebri nella chiesa de' pp. di S. Maria di Gesù, ed è ivi deposta. Diamo qui per ora le iscrizioni dettate da Baldassare Romano, che leggevansi fuori e dentro di quella chiesa, riserbandoci d'inserirne un cenno biografico iu uno dei venturi fascicoli. I. ESEQUIE DI MARIANO DOMINICI TERMITANO PROF. EMERITO E PROMOTORE NELLA R. università' DEGLI STUDI IN PALERMO SOCIO DEL REALE INSTITUTO d'iNCORAGGIAMENTO CAV. DEL REAL ORDINE DI FRANCESCO PRIMO. VISSE ANNI LXXXVIII. 128 II. MEDICO DOTTO, INSIGNE: PER ACUME d'ingegno, PER PROFONDITÀ' DI SCIENZA ammirato: per diuturna e sicura perizia dell'antico VECCHIO DI COO QUASI EMULO SALUTATO. FU LA SUA MORTE all'arte salutare IN SICILIA IRREPARABILE DANNO. III. PARI ALLE virtù' DELL'iNGEGNO ebbe quelle dell' animo: cogl'indigenti benefico co' congiunti amorevole cogl'infermi amico, sollecito, generoso. VALE anima buona! godi in altra vita migliore IL RIPOSO non conceduto IN QUESTA di' SVENTURE E DI LAGRIME. EFFEMERIDI SCIENTIFICHE E LETTERARIE PER LA SICILIA 7^ lAvw. 5 7 — ' Gmauo / 838 PBOSPPTTO DELLE SCIENZE, E DELLA LETTERATURA- DEL SECOLO DECIMONONO IN SICILIA. CAPITOLO III. Mineralogia, e Geologici PARTE PRIM4 AL secolo XVIII nel suo declinare lasciava in Sicilia i fecondi semi dello studio del regno minerale negli ori- ginali sforzi del vecchio Recupero (i), nelle applicazioni del Mirone (2) e del Gioeni (3), e nel campo d'investigazio- ni che aprivano coi loro ragionamenti Carelli da Paler- mo (4), e Vassallo da Viziini (5). Ampia collezione mi- (i) Storia generale dell'Etna M. S. « dell' incendio dell'anno 1755. (a) Sopra uu' acqua minerale nelle vicinanze di Catania 1786. Doicrizioac dei fenomeni osservati nell'Eruzione dell'Etna ec. 1787. (3) Relazione dell'eruzione dell'Etna nel mese di Luglio ì';^'J- (4) Uiscorao che serve di prclimiuare alla storia di Sicilia. tlc....Palc»ni<» 1789- (5) Saggio preliminare per serrire di prospelln all'opcva periodica (sag- gi di «toria sicola rii antiquaria, di Fisica et>:.) di Lorenzo Va?fal!o , e della cleltricita nitfalllca di Carmelo Maravigna «li Calaiiia ì'òi i. (■ì) Memorie sopra il Iago, Naftia nella Sicilia nieridionale so] ra 1' aiiAi* siciiiaua eie. ctc. Palei juo iSò"). i34 contarsi fra gli ultimi nel rispellabile numero degli eruditi archeologi. La seconda memoria clie dell' ambra ragiona può ri- guardarsi come un breve ma assoluto trattato, se si ri- flette clie fu scritta nel i8o5. Nelle nozioni generali so- pra questo bitume il Ferrara spiega una vasta erudizio- ne suir antichità dell' uso di esso, su i diversi suoi la- vori e sulla topografia ; ofTic in seguito un catalogo delle varietà dell' ambra siciliana tratte da 82 pezzi difliirenti, e curiosi per moltissimi accidenti, dovuti al mescolamento di resti organici ed inorganici. Un intero paragrafo è destinato all' analisi dell' ambra, ed un al- tro alle opinioni diverse sulla di lei origine; ove egli, iV accordo con Cronstat la crede una combinazione dì petroleo ed un acido; ed entra a far delle riflessioni geo- logiche sullo stato dei terreni di Sicilia quando forma- vasi r ambra. E qui non è a maravigliare se a quel- l' epoca ragionamenti di tal natura non potessero ben sostenersi ! siccome non è da far molto caso della no- ta alla pag. i52, ove V ambra grigia^ a proposito del- le ambre vere, è nominala. Venuti a mani del canonico Agatino Recupero da Ca- tania, nipote dcil vecchio Plinio dell' Etna, gli obliati scritti di costui, lo mossero a rivolgersi alla mineralo- gia, nella parte principalmente che i vulcani risguarda. Il cugino Girolamo Recupero , gli porgeva assistenza , ed egli intraprese de' viaggi nelle varie regioni dell'Etna doviziandosi di cognizioni topografiche e fisiche di que- sto vulcano. Ricevè il manoscritto della storia dell'Etna di suo zio, corredandolo di note e di tavole, ed aspet- tava una opportunità per pubblicare l'opera intiera. Nel 1809 una eruzione avvenne ne' fianchi dell'Etna, dalla parte di Linguaglossa. Ella fu descritta dall' ab. Chiavetta da Messina [(*) , ma questa descrizione fu (*) Memoria dell' ultima eruzione dell'Etna accaduta.il di 27 Marzo i8o5 scritta da Lcncdetto Chiavetta ab. Basiliuiio.— Mcssiua 1809. i3r> meramente storica ed incompleta. Mario Gcmmellara assiduo scrutatore de' fenomeni dell' Etna stampò in Messina 1' anno stesso una sua Relazione su quell' in- cendio (**), ove fa la più fida storia dell'avvenimeuto e la più estesa relazione dei vulcanici fenomeni, manifestando nelle itole le sue idee sul modo con che le correnti delle lave vengono dai fianchi del Vulcano: idee che reputar debbonsi originali, e sono state dopo di lui adottate da molti scrittori nazionali, ed esteri, che dell'Etna han dis- corso. Egli prova con felici argomenti, e con moltissimi fatti, che la materia fusa della lava viene spinta dal foco- lare nella gola del Vulcano, e da qui, per le fissure pro- dotte nei lati dai tremuoti, che accompagnano la eruzio- ne, o per antiche sotterranee gallerie, la lava s' introduce nei fianchi del monte, e viene a sgorgar fuori. L'avvocato E. Ortolani da Palermo, ritornato in pa- tria dai suoi viaggi fatti in Italia, in Svizzera, in Francia, ed in Inghilterra amò molto lo studio della Mineralogia, e pubblicò in Palermo un opuscolo (i) intitolato pros- petto dei minerali di Sicilia, diviso in due parti, di cui la prima della Mineralogia tratta in generale, e la se- conda è addetta a quelli di Sicilia in particolare, di cui rapporta i caratteri distintivi, e le località di giacitura. Ma più grandioso ed interessante lavoro era già por- lato a compimento dall' ab. Ferrara, e sotto gli auspi- ci del Generale Stuart pubblicavasi in Messina (2), pei torchi dell'armata brittannica, che ivi allora stanziava. Il titolo che r opera portava si era: » I campi Flegrei « della Sicilia e delle isole che le sono intorno, o de- » scrizione fisica, e geologica di queste Isole >j. L'aspet- tazione era grande: ed un opera di tal natura riguar- davasi come la prima che uscisse alla luce in Italia nel (**) Memoria dell' Eruzione dell' Etna, avvenuta nel i8og — di Mario Gem - nifi laro — Messina 1809. (1) Prospetto dei minerali di Sicilia di S, E. Ortolani avvoealo palermi- tano. (2) Stampato in Messina nel 1810. i36 secolo XIX, dopo che le naturali scienze tanto progne^ divano, ed erano per le mani di tutti le opere dei più elassici naturalisti di nostra età. I campi Flegrei del Ferrara però, forse per troppa fretta di uscire alla luce, non erano abbastanza maturi; ed una più attenta revi- sione, ed una più estesa consulta di moderne opere geo- logiche avrebbero lor dato un valore corrispondente alla grave importanza dell' impresa. Il tener discorso dei campi Flegrei della Sicilia era lo stesso che riandare l'e- poche geologiche, e i cambiamenti straordinari cui que- st' isola era andata soggetta. Una cognizione geognostica dei suoi tempi era quindi necessarissima ; una allenta disamina poi delle condizioni di loro giacitura rendevasi indispensabile. Ma Ferrara riaccozzando le osservazioni fatte da lui molto tempo innanzi ragionò della geologia di Sicilia, come si sarebbe fatto nel secolo passato. E quest'opera in tre parli divisa: la prima comprende la descrizione di tutta la estensione che V autore ha studiato; la seconda la spiegazione di tutto ciò che è stato detto nella prima; e la terza comprende la storia fisica cronologica della Sicilia^ e delle sue Isole (pag. xii e ix). Un discorso preliminare che precede 1' opera spiega il piano che sarà per seguire l'autore; ed egli si spazia in vari ragionamenti geologici sulla Sicilia , che sono poi più a minuto rimaneggiati nell'ultima parie. La più interessante, sarebbe a dir vero, la parie prima, perchè tutta quasi comprende la geognostica strultura di nostra Isola; ma in questa descrizione la vera giacitura delle rocce non resta chiaramente spiegata; e la nomen-> datura dei terreni, e delle rocce non corrisponde a quella jieneralmente conosciuta, per cui di raro possonsi le roc- ce , e i terreni riferire a' tipi loro normali. La carta però mineralogica della Sicilia , abbenchè abbisognasse di molle correzioni, fa d'uopo confessare ch'è tutta d'in- venzione dell'autore, e certamente la prima che si fos.sc mai delineata di Sicilia , iu tempo che si coniavano a ... . . ^^7 clito , se pure può dirsi, le carte geologiche elei paesi. La seconda parte destinata alla spiegazione di quanto si era detto nella prima , viene appellala Vulcanologia; e sebbene nella prima si fosse parlalo di nettuniche for- mazioni, di acqua etc. tuttavia la parte die piij inte- ressava l'autore era il dimostrare lo stato dei campi Flegrei. In questa vulcanologia sono trattali molti ar- gomenti , che dar possono bastante lume a questo par- ticolare ramo di Geologia, e l'autore fa ben conoscersi per un antico osservatore dei Vulcani, il quale ne stu- dio , ne osservazioni trascurato aveva per rendersi pa- drone della materia , e trattarla con molta franchezza. La terza finalmente ci appalesa come il Ferrara in tempo die i neltuiiisti erano padroni del campo, in tempo che non si parlava ancora in Europa di sollevamenti, ed il sistema plutonico era confinato e depresso, egli palesava al mondo francamente le sue idee, e vedeva quasi sor- gere la Sicilia colle dipendenti sue isole, dal fondo del mare, per la potenza di vulcanica azione. La eruzione dill'Etna del 1811 descrisse, fra gli altri, il professore di fisica dell' università di Palermo abate Domenico Scinà, noto sin d'allora per il dotto e forbi- tissimo suo trattalo di fisica sperimentale. Recatosi a bella posla su i fianchi del Vulcano ne osservò diligen- temente i fenomeni, e li descrisse in varie lettere dirette ai Palermitani (i). Questo modo non parve soddisfacente a tutti coloro che avversi erano a trattar lé cose vulca- niche sotto le medesime vedute. Ma la descrizione ddlf> Scinà non manca ne di verità, ne di precisione, ne di dottrina ; ed è a dolersi che in fogli periodici volanti fosse slata pubblicata. Il Professor Maravigna intanto, con un piano tultii nuovo, pensò di riduj re la storia dell'Etna in una serie di dieci Tavole siointichc, che incise in rame pubblicò ìm (1) Da Caiani» Ì. NovtiuLre iSii. » ì^i\Mn. i38 Catania (i). Comprende la prima la origine del Vulca- no, e la topografia: la seconda la temperatura, la vege- tazione , ed i fenomeni delle eruzioni : dalla terza sino alla nona, sette tavole sono addette alla storia delle eru- zioni; tratta la decima delle rtiaterie eruttate. Con que- sto lavoro die a divedere l'autore che nel 1811 era alla giornata delle chimiche nomenclature, e che tentava di applicare la Chimica alia spiegazione dei Vulcanici fe- nomeni, e dalla conoscenza dei loro prodotti: se vi fosse riuscito ognun sei vede. Quelle tavole però che servono alla storia degl'incendi dell'Etna sono state reputate utili a coloro che in picciol quadro vorrebbero riunite le più rilevanti circostanze che rendono interessante questo fa- moso vulcano. JNel 181 2 il Canonico Agatino Recupero incominciò la slampa della storia generale dell'Etna dal di lui zio la- sciata manoscritta. Divisa in due grossi volumi in quarto, si conleneva nel primo la topografia, e la storia diffusa delle eruzioni; e nel secondo della natura dei vulcanici prodotti davasi conto. Arricchita di dotte, ed utili anno- tazioni del nipote, portava anche un seguito di storia di eruzioni dall'epoca del vecchio autore, sino all'ultima del iSii, dal canonico Agatino, testimonio oculare, dili- gentemente descritta; ed a render l'opera più completa la Flora aetnensìs del Rafinesque vi sta annessa in ap- pendice. Pubblicata nel 18 15 (2), un'opera scritta prima del 1780, non poteva riuscir più di grande utile, nella se- conda parte principalmente, e, quel che più monta, dopo la storia dell'Etna del Ferrara, che in più succinto modo la parte storica , e topografica avea trattato, e con più (1) Tavole sinottiche dell'Etna ctc. etc. del Dr. Carmelo Maravìgna pro- fessore di Chimica etc. — Catania 1811. Antonio Zacco incise. (:?) Storia naturale, e generale dell' Etna del Cnnonico Giuseppe Recupero, con note del di lui nipote tesoriere Agatino Ikcupero >-< Tomi 3. iu 4" ^^' tanta i^^:^. i3q recenti teorie la parte litologica presentava. Nondimeno fu molto ricercata, e gradita un'opera che veniva dalla penna del più zelante osservatore dell'Etna, dell' uomo originale in questo ramo di naturali scienze, e che sarà sempre stimala classica per la esattezza delle storie che gl'incendi dell'Etna risguardano. Non lasciò pertanto il nipote Recupero, di lagnarsi di plagio, che suppose essere stato fatto a quell'opera in tem- po che era manoscritta: ma non si è molto atteso a questa lagnanza , e si è fatta attenzione più tosto alle ottime note da lui apposte all'opera originale, e che riguardar lo faranno come uno dei buoni mineralogisti di ouel tempo. ^ ^ Infaticabile l'abate Ferrara, portava a termine e pub- blicava sotto gli auspici di Vincenzo Paterno Castello, Principe di Biscari, la promessa opera della Mineralogia di Sicilia (2), che più tosto Orcologia avrebbe dovuto appellarsi , perchè delle rocce siciliane, più che dei suoi minerali ella tratta. Molte preziose notizie racchiude quest'^opera riguar- dante le miniere metalliche siciliane, e le rocce che ser- vir possono ad uso di costruzioni, e decorazioni archi- tettoniche e di manifatture d'industria; senza lasciar di dire che sono scritti collo stile del BufTou molti interes- sa iiti siti naturali di Sicilia, e la introduzione dell'opera. Tali grandi intraprese mentre da un canto dimostra- vano ad evidenza il genio del Ferrara, ed il commen- dabile zelo di lui , manchevoli resultar dovevano nei minuti ragguagli ; che sproporzionato lavoro è per un solo la completa oritlognosia di un isola come Sicilia. JJa tal venta sospinto l'insigne ab. Domenico Scinà, e lerventissimo d'illustrare le patrie cose, imaginò di pro- muovere un' opera assoluta di sicola topografia , dando scir'sl ™ TTI- ''•'"^ ^^^''' ^''^ comprende la Mineralogia con un di- 34o egli lo esèmpio con quella paniate ilei contorni di Pa~ lermo. Ali fosse stato egli secondato in questo uobil prog- getto! oh avessero, mossi da ugual zelo, lavorato parti- lamente i doUi di Sicilia , per differenti distretti del- l'Isola! Si sarebbe a quest'ora portata forse a buon fine quella impresa che gli sforzi del solo attivissimo Fer- rara non furono baslevoli a terminare. La topografia di Palermo (i) nella parte che risguarda il regno inorganico, presenta rilevantissimi obbietti. La descrizione dei monti e della pianura di Palermo possono riguardarsi come il primo lavoro geognostico , minera- logico, e geologico che presentasse del positivo e dello scientifico sin' allora in sicilia. Gli oggetti vi sono di- stinti e consitleraù al posto rispettivo: tutto quello che si asserisce è provato dagli speiimenti, e dai fatti, che si rapportano in note nel fine del libro per non inter- terrompere, a pio di pagina, il filo del ragionamento. Verità di osservazioni , chiarezza di idee , dottrina , e cognizione profonda, giudiziose induzioni, sobrie e pro- babili ipotesi distinguono quest'opera pregevole^ Le altezze di tutti i monti palermitani sono barometri- camente calcolate , e non si rapportano senza le corri- spondenti prove. Non reputa vasi forse essenziale sin'allora, per taluni lo assicurarsi della vera altezza delle montagne, nel trat- tarle geologicamente ; ma lo Scinà tutta ne conosceva r importanza, e volle stabilirla prima di dare sfogo ai suoi ragionari. Nel considerare la natura delle montagne, egli inco- mincia da quella roccia che riguardar dcbbesi come la piìx antica della intiera formazione. La riconosce nel calcano secondario stratoso che costituisce la massa dei Monti palermitani non solo, ma di tutti quelli eziandio (i) Toi-.ografia rli P;iIci-ino e dei ialini eonlorrii alilio/iita ria nomriiliii ^r\- wà, ^>rorussoru di {Anna tpici'iuscutulc nella Uiuvejvsita «i ^ultriuw - - l^a'iii.i>) eli€ s'incatenano con essi. Di questo calcario, dà i autore tutti i caratteri fisici, e vi distingue l'arenario, quello fetido, e quello a grana semicristallina. Discorrendo per incidenza sopra talune proprietà di quello adoprate per pietra da calce , trova la vera causa delle svariale ve- trificazioni, che offrono le fornaci ove calcinasi , nella proprietà che ha la potassa di fondere, e vetrificare la selce che al calcario va mescolata in granelli. Sopra le cristallizzazioni nelle vene calcaree presenta i veri ca- ratteri delle varie forme cristalline con quella semplicità, e precisione, che son proprie di chi conosce questo ra- mo di Fisica sin' allora poco coltivato, o trascurato in Sicilia. Delle stalattiti, ed alabastro bianco, e cotognino indica i principali siti , ne novera le tante varietà , e non lascia di descrivere la grotta di quattesarie presso monte Cuccio, colpe- una delle ammirabili caverne stalat-r titide che han sempre attirato, ed attirano lattenzioue dell'osservatore. Non trascura di dar minuto ragguaglio della terra di Biiida un tempo stimata grande rimedio per mali interni , ed esterni, e dietro la fisica descrizione , e la esatta analisi chimica che ne dà, fa conoscere che essa tutta debhe la pretesa virtù medicinale alla combinazione della magnesia al carbonato calcare. Oggi lo Scinà chia-. mato avrebbe la terra di Baida uiia dolomite sporgiosa o terrosa: ma nel 1818 in Palermo dovevasi dar minuto conto della composizione di una terra che dicevasi, da chi ne faceva spaccio, mescolata a zolfo , e ad occulte altre sostanze medicinali. Si tien ragionamento delle, selci focaie, delle agate, e dei diaspri di Monte Caputo, come quelli che in abbondanza ivi riavengonsi , e che tanto han servito ad uso di architettoniche decorazioni j e finalmente di un carbonato calcare terroso si paila , che riposa sui fianchi delle calcaree inonlagne di Pa- lermo» Non è meno distinta la descrizloiic ^eognostlca della l42 pianura di Palermo, ove e tufo calcareo , ed arena , e conchiglie, e poi ciottoli, argilla e terreni di trasporto indicano le alternative di marine deposizioni , e di al- luviali trasporti. Si sarebbe desiderata però una più esatta ed estesa osservazione sopra il calcarlo di acqua dolce , la di cui giacitura, ed estensione forma interes- sante oggetto nella geognosta di quella pianura. Non può certamente impedirsi a chi con tanta accu- ratezza ha trattato della struttura del suolo palermitano, lo entrare in elevati geologici ragionamenti. Lo Scinà vi si introduce qual fisico che è in pieno possesso della natura delle rocce, e della giacitura dei terreni, di cui imprende a concepire la formazione. Con uno sguardo indagatore abbraccia la intiera catena calcarea delle mon- tagne di Madonia, di Cefalìi, di Palermo, e di Erico, ne riconosce la medesimità di natura, e di circostanze; VI ravvisa le relazioni del gres compagno, e la sovrap- posizione del calcareo arenario, che non si è mai in- nalzato sulla metà dei loro fianchi. Le puddinghe , le arenarie conchigliari e le argille posto ancor più infimo VI vatmo evidentemente occupando. Egli rimonta allora alla antica origine del suolo sici- liano, e rinunziando agli aiuti che il plutonismo poteva prestargli vede ragunare a poco a poco i materiali, che sotto lo impero dello acque formavano le rocce, e che al loro ritiro graduale, ora come tanti isoletti, ora co- me isole più estese , e finalmente come la più grande delle mediterranee si vennero a stabilire. Ma filosofo quanto profondo osservatore egli confessa come poco è da fondare sulle ipotesi; e passa più tosto agli evidenti effetti delle acque e degli ageilti meteorologici sulla for- ma attuale del suolo di Palermo. E qui si fa a considerare i fiumi , le vallate , le colline di calcarlo conchigliare, e i terreni di trasporto che dopo il ritiro delle acque, e per la forza meccanica di esse sono stati evidentemente formali. IS'ella topografia di Palermo non si trattava della i43 sola geognosia del paese; l'aria, le acque, la coltivazione, i vegetabili, e simili occupar dovevano l'autore più che altro. Ma se tali sono le prove di valore che egli dava anche in questo saggio non era da scorgersi in Scinà quell'insigne scienziato che primeggiava in Sicilia? Il Monte Etna non ha lasciato mai di richiamare a se gli sguardi dei Fisici pei grandiosi fenomeni che pre- senta. Nel 1818 Ferrara ne ristampò in Palermo la sto- ria, con aggiunte, e correzioni, col titolo di Descrizio- ne dell' Etna (i). Ma se i tremuoti sogliono o prece- dere o accompagnare le eruzioni, quello del 1818, e che così fortemente scosse i villaggi e le città delle falde dell' Etna, più che il resto della Sicilia, potrebbe con più ragione attribuirsi a questo vulcano, molto più che il tremuoto fu seguito l'anno dopo da una grande eruzione. Il professore Agatino Longo (2) e l' abate Baldas- sare Spampinato (3) da Catania ne scrissero la storia , ed indagandone le cagioni tutte passarono in rivista le teorie, sino a quell' epoca emesse dai Fisici sull' assunto, ed alle più recenti appigliaronsi. Lo Spampinato però volendo rendere più utile il suo travaglio si diffuse di vantaggio sul modo di ripararare effètti funesti di quel terribile fenomeno; e molte sagge regole di costruzione promosse. I tremuoti che scossero anche le Madonie sul mese di Marzo dell'anno stesso, richiamarono 1' atten- zione del Governo ; e 1' ab. Scinà vi fu spedito, onde , verificare quanto andavasi spargendo sull' apertura di uu vulcano in quelle montagne. L' egregio fisico ivi recatosi, e dopo attenta disamina topografica e fisica di quel gruppo di monti , presentò (1) Descrizione dell'Etna colla storia delle eruzioni ed il catalogo dei pro- dotti. Palermo 1818. (2) Memoria storico-fisica sul tremuoto del 20 febbraro 1818 del dottor Agiitiuo Longo etc. etc— Catania i8i8. (3) Osservazioni sui tremuoti, in occasione del tremuoto che scoste orri- bilmente la città di Catania la sera del 20 febbraro 1818 dell' Ab. Baldas- sarc Spampiualo. Catania 18 j 8. i44 un rapporto all' lulendeute di quel Valle (i), che fuiu- serito nel Giornale Lelterario per la Sicilia. Questo rapporto contiene una distinta, e precisa de- scrizione gcognoslica delle Madnnie, ed i terreni vi sono sì ben classificati dai caratteri di struttura, e «giacitura, Cile può questo lavoro riguardarsi come perfetto anche ni di nostri da risparmiare, a chi vuol conoscere la co- stiluzion fìsica di quelle montagne, la pena di. recarvisi in persona. Misurate sono barometricamente tutte le al-^ tezze dei punti principali; ne per questo solo riguardo quell'opuscolo di -44 pagine è pregevole, ma nella parte che il clima riguarda, la vegetazione, e la vivenza ani- male, è degno compagno della topografia di Palermo. Nel iSrg ebbe luogo un'imponente eruzione dell'Etna. Mario Gemmellaro si portò ripetute volle sulla faccia del luogo, e sul cratere maggiore: ed attentamente osservando, come suo costume, ne scrisse la storia (2) sotto il mo- desto titolo di giornale dell' Eruzione dell' Etna del 18 19. Non così il professor Maravigna: egli non curò molto il circonstanziare minutamente gli ordinari fenomeni vul- canici, e si rivolse più tosto ad indagar la causa delle vulcaniche accensioni. Pubblicò quindi, unitamente alla breve storia delf incendio, in Catania l'anno 1819 i di lui pensieri sul focolare dei vulcani (3), ed immaginò dietro le prime spinte date dal celebre Sir Humpluy Davy, che i metalli delle terre, e degli alcali brugiando a con- tatto dell' acqua esser potevano la vera cagione delle eruzioni vulcaniche. Viaggiavano di quel tempo in Sicilia i naturalisti Brocchi, Lucas, e Maruschini ; e facevan dovizia delle naturali produzioni di quest' isola. Il Brocchi non man- cò di pubblicare nel n. xix. e nei seguenti della Biblio- (1) Rapporto del via;;gIo alle Madonie ctc. etc. n. i'o5, pag. 9.4 1- (a) Giornale «k-ll' Eruzione dell'Etna avvenuta al 37 Maggio 1819 di Ma- rio (Jcnimcllaro -. Catania 1819. (3) Istoria dell' incendio dell' Etna del mese di Maggio i8ig di Carmelo M«- j-avii;na ctc. eie. — . Cataaia 1819. . M9 teca Italiana le sue geognostiche e geologiche osservazioni sulla Sicilia, e queste servirono di appoggio al barone Bivona da Palermo, onde rinfacciare al Ferrara molti er- rori, da lui tali creduti, nel giornale siciliano V Iride , che nel 1822 incominciò a pubblicarsi in Palermo (i), e di cui egli era il Direttore e il principale estensore. Ma vaglia il vero, per 1' onor siciliano, il barone Bi- vona nel n. V. dell' Iride (2), dà troppo peso alle ine- morie del Brocchi, quando giunge a chiamarle « la gui- M da, la quale per prima non si era mai veduta, e la » migliore che in sino a questo punto offrir si possa a w tutti coloro che bramerebbero istruirsi in siffatto stu- » dio etc. etc. w Non si starebbe al certo molto bene in fatto di siciliana geognosia se si andasse dietro a quel solo che il Brocchi ne scrisse; e non si sarebbe mai al fatto uè sulla sua calcaria di transizione , ne sulla sua grawacca, o sopra i blocchi del granito, e del porfido che non sa da dove potessero procedere , o da quelle eminenze di granito che trova presso Melazzo ( u. vii. Aprile 1822 ); o infine sopra quegli strati di selce pi- romaca nel calcario di Judica. E se non ha voluto per- donare al Ferrara, il quale spinto dal solo genio, sen- za tutte le qualificazioni, i viaggi, e gli aiuti del Broc- chi aveva pubblicato delle opere interessanti per la Si- cilia, se non ha voluto perdonargli , io diceva , alcuni sbagli pubblicati dicianove, sedici anni prima della ve- nuta del Brocchi, non doveva al certo ammettere poi quelli assai più madornali dell' italiano geologo , e che maggiori divenivano, dietro che tanti anni le scienze na- turali erano più ricche divenute di lucidissimi fatti. Le memorie del Brocchi sulla Sicilia debbono considerarsi come una raccolta di osservazioni fatte in quest' isola, passeggiata per le strade ordinarie, e non in tulli i di lei siti principali; e quindi lieve aiuto prestar possono (i) L' Iride giornale di scienze; lettere, ed arti pei Ih sicilia — Palermo 1813 l'i) Marzo 1822. |5q 3 chi vorrebbe con quelle sole, formarsi un'idea cìie fossp fjlmeno soddisfacente, della coslituzion fisica dell' Isola uqstra. Dimorando in Caltanissetta il P. D. Gregorio Bar- naba La Via Cassinese, cultore assiduo delle scienze na- turali , ne fece e pubblicò una descrizione };eo,gnosti- ca (i). Egli vi distingue tre epoche di formazioni, la transizione, cioè, il periodo terziario, ed alluviale. Uu Calcario, e la Grawacca situa nella prima , aggiungen- dovi altresì delle argille figuline, ed un antracite. Alia seconda epoca rapporta un calcarlo terziario a conchi- glie, la calce soliata , lo zolfo , il salgemma , e due Vulcanetti di gas idrogene alla Palomba ed a Terrapi- lata; alla terza epoca riferisce un sabbione calcareo con- chiglifero, e dà fermine all' opuscoletto facendo menzio- ne di pochi minerali, e di varie acque dei contorni. Os- servazioni più attente han dovuto in prosieguo far ret- tificare al Padre La Via qualche passo di questa sua pri- ma memoria. In un appendice egli accenna alcuni feuo- nieni osservati nel vulcanelto di Terrapilata, in tempo del tremuoto, del 5. Marzo i823, che fu sì veemente in Palermo, e non lievi danni produsse. L' abate Ferrara stabilitosi da molti anni nella Ca- pitale, dacché ottenuto aveva in quella Università la Cattedra di storia naturale , descrisse in un pregevole opuscolo (f) i fenomeni non solo di quel tremuoto , e la storia dei loro effetti in Palermo e nel rimanente del- l' Isola, ma con viste geologiche, degne di chi è al latto della fisica costituzione di Sicilia, si volse ad indagare le cause che io produssero e ad esaminare qual rappor- to aver potessero fra loro lutti i punti vulcanici spor- genti dal mare che attornia Sicilia, con quelli che nel- fO Descrizipnc geologico Mineralogica dei contorni di Caltanissetta etc.elc. fanissetti i823. (j) Memoria sopra i minerali della Sicilia, in Marzo i8a3. dell' ah. Fer- rai-».— Palermo 1823. i5t I' Isola stessa si osservano: e quindi da Pantellaria ver- so la estrema Stromboli fra le Eolie, una linea egli sje- gue nel mare di Sciacca, nelle stufe della montagna di S. Calogero, in varii siti di acque termali del Val di Mazzara, poi nelle Isole vulcaniche di Alicuri, Filicuri, Vulcano, Lipari e Stromboli, tal che non molto distan- te ne resta Palermo per Ponente. Predisse quasi la pos- sibilità di formarsi un' isola vulcanica fra Pantellaria e S. Calogero, che apparve poi in effetto nel i83i; e mol- te altre vedute geologiche egli presentò , che riandarsi non possono senza interesse, Il Giornale di scienze, lettere ed arti per la Sicilia nei primi suoi numeri (i) portava tre Memorie vulca- nologiche, La prima nel n. in. avev^ per oggetto la causa dei iKulcani dei loro fenomeni e delle sostanze eruttate. In essa il professor Maravigna, che n' è l'au- tore, insiste suir accensione dei metalli degli alcali e delle terre al contatto dell' acqua, come vera causa de- gl' incendii vulcanici. La seconda dell' istesso autore , inserita nel n. VII. è assai più ipotetica della prima ; e nou può accettarsi, che come parto di accesa fantasia, r idea che la terra era formata una volta di puri me- talli di alcali e di terre; che questi brugiarono a con- tatto di un' acqua, ed allora la terra era tutta in uno stato di combustione, e splendeva nello spazio di luce propria come fa oggi il Sole: questo astro istesso è cre- duto dall' autore essere attualmente nella circostanza me- desima di combustione metallica, che la terra, formata- si una crosta e spentosi il fuoco, restò opaca, come lo sarà un giorno il Sole, ma vi rimasero dei metalli non brugiati, sparsi di qua e di là nella sua massa, e sono poi questi che a contatto dell' acqua formano i vulca- ni Basta cosi. Nel n. VII1.° dello stesso Giornale, e nell'anno stesso (i) N. III. VII. Vili, anno i8a3. )1 Professore Agatino Longo pubblicò anch' egli una me^ moria sul principio motore dei Vulcani; nella quale pò» co scostasi 1' autore dall' antica teoria della decomposi^ zinne dell' acqua a contatto dei solfuri; le proposizioni però sono appoggiate ad argomenti sobri di moderna chimica. Neil' anno stesso Carlo Gemmellaro da Catania, aU lievo di Girolamo Recupero, restituitosi in patria dai suoi lunghi viaggi, rinvenne fra i massi eruttati dal cra- tere dell'Etna, nel piano del Lago alcuni pezzi di gra- nito incrostati di scoria vulcanica, che contenevano dellq stagno ossidato. Una memoria egli ne pubblicò in Ca- tania (i) , nella quale presentò una minuta descrizione dei pezzi rinvenuti, e passò in seguito a trarre da quelle osservazioni delle geologiche conseguenze sulla profondità del focolare vulcanico. Ma cosa mai aspettar puossi da ragionamenti fondali su minime circostanze, e sopra li- mitate osservazioni? Quanto scrisse infatti lautorq sulla antichità della roccia granitica da lui esaminala, meri- tava esser corretto, se, come egli credeva allora, il gra- nito riguardar dovevasi come nettunica roccia. Trovandosi intanto in Catania il padre La Via, i pro-r fessori Scuderi, Di Giacomo, Maraviglia, Longo, Alessi, e Cosentini, a cui univansi Rosario Scuderi, Mario e Carlo Gemmellaro, ed essendo quasi ognuno di costoro, in posr sesso di qualche collezione di oggetti naturali; vivendo tuttora Girolamo Recupero professore di storia naturale nella Begia Università , ed essendo aperto sempre il Gabinetto Gioeni, poteva dirsi che ivi erano raccolti in maggior numero i Siciliani Naturalisti. Si animaron co- storo a fondare un'Accademia di scienze naturali, ed eb^ bero il bene di trovare nel Commendator Fra Cesare forgia, un socio zelante che proccurò loro dal Governo (i) Sopra alcuni pezzi di granito, e di lave anticlip, trovati presso alla cir Jfaa dell' Etna — Osservazioni tisiche del Dr. Carlo Gcroniellaro. — Caiani^ 15S là desiclerata ahnuenza. Ad onorare la memoria del fa- moso naturalista catanese Gioeiii , Gioenia chiamarono l'Accademia che di trenta soci attivi fu allora composta j i quali elessero a lor Direttore il benemerito Borgia (i). La istituzione di questa Accademia riguardar debbesi^ e sia ciò dello per amor del véro , e senza spirito al- cuno di municipalità, come la vera epoca di positivo studio delle scienze naturali in Sicilia, e di utili lavori per la illustrazione del patrio suolo. Non sarebbe lieve impresa il riassumere ad una ad una le nteinorie^ anche quelle sole riguardanti il regno inorganico, che in dodici volumi finora si contengono : diremo di volo quali servizi abbia ella reso alla mine- ralogia, ed alla sieola geologia coi suoi travagli l'Acca- demia Gioenia. Siccome però tanti travagli sono siali continuali sin'oggi da questa società senza interruzione, noi ne faremo parola a parte, dopo che di altre opere separate, ed uscite alla luce in questo tempo, avrem tatto ceimo. Due valenti uomini nella mineralogia^ e nella geologia^ Vennero a visitare nel 1824 la Sicilia: il professore Dau- beny da Oxford, ed il Conte Francesco Beffa Negrini da Mantova. Il primo pubblicò in Inghilterra , nell' anno dopo, un abbozzo della Geologia di Sicilia (2), e l'altro trattenutosi per più anni in quest'isola, potè a suo bel- l'agio osservarla: ed alcuni suoi lavori regalò alla Gioe- nia di cui terremo conto a suo luogo. L'Abate Salvatore Livolsi da Caltanissetta inserì nei Giornale letterario per la Sicilia (3) una memorici sul vulcano aereo di Terrapilala presso Caltanissetta; e quel zelante fisico, vi riportò gli sperimenti da lui istituiti a provare che il gas idrogeno è uno dei principali agenti di quel vulcanetto* (1) Eretta nel mese di maggio 1824. (2) Sliotch of the gcology of SicUy etc. Oxfoìd i9i3s (3) N. 3«. 154 Una interessaiile osservazione fatta dal Conte Beffd j e comunicata per via di lettera al Dr. Carlo Gemmel- laro, è stata da questo pubblicata nel medesimo Gior-"^ naie letterario (i). Trattasi in essa dell'evidente cangia- rnento di struttura , prodotto nella roccia del calcario terziario di Melilli, dal passaggio della roccia basalticai nello stato di fusione. Il Conte Beffa indica il sito nel Piallone di Me- lilli, ove il calcario a contatto della pirogenica roccia è cangiato intieramente in saccarvide. Di quanto rilievo si fosse in geologia una osservazione di tal fatta ben lo comprende chiunque è versato in questai scienza. Il celebre Dr. Buescland venne; anch' egli nel 1826 a visitare i terreni di Sicilia. Ma sé il siio viaggio aiutoUo neir arricchire viemagglormenté lef di lui clas- siche opere, non lo persuase però a scrivere in partico- lare di Sicilia. In questo anno stesso il professor Leonardo Sammar- tino pubblicava in Palermo un saggio sul monte Efice (3), ove la topografia ne forma uno dei principali obbietti; ma l'autore avrebbe dovuto meglio maturarlo, e non esser troppo sollecito a darlo alla luce. poco profitto recò del pari alla Sicilia la stampa delle prime linee della Chimica inorganica (3) del professor Maravigna' imperciocché in qiiella compilazione di ca- ratteri distintivi di un gran numero di minerali, non fa menzione alcuna di qitelli che in Sicilia rinvenir si pos-* sono, e che tanto facilitato avrebbero i giovani siciliani nello apprendimento di questa scienza; ed in due volumi in? cui r opera è divisa accenna solamente trovarsi nel- TEfna l'idroclorato di rame (voi. P, pag. 26), lo zolftf (pag. 46) ed il carbonato di soda (pag. I08). (0 N. 55. _ ..... ..■.'. (.u) Siiggio Storico statistico mineralogico, meillco-bofanico su) monte Erice,- mie città, e suoi dintorni di Leonardo Saramartino e Salerno etc. eie. — Pa- lermo 1827. (.5) Prinip liner Ai chimica inorganica applicata alla medicina, ed a!la far-' DiM'ia di Carmelo Maraviglia ec. ec. Catania ida6. i55 , All'Accaclemla reale delle scienze eli Palermo il Dr. Filippo Fodera presentò dotta ed erudita memoria sopri l'asbesto (i), nella quale die pienamente a divedere es- sere egli in possesso delle più recenti conoscenze mi- neralogiche; come esser lo doveà chi era, come lui, pa- drone di ima estesa mineralogie^ Collezione. Il rinvenimento della grotta di Si Ciro in Monte Gri- fone pressò Palermo aveva spinto il chiarissimo Barone Bivond a far diligènte ésanie delle ossa fossili che vi sì cdntentii'aiio; e si vide per la prima volta in Sicilia trat- tato come dovevasi uri tale argomento, per mano di quel nostrd naturalista (2): e poco appressò l'abate Scinà ne scrisse dotta ed elaborata memoria (3). Parte èssenzialissimà della modèrna geologia si èra la ricerca delle ossa fossili, che dopo la scoperta dpi Foujas de Sainlfoud in Maestricht , dopo quelle più rimarche- voli del Buchlsind , e dopo 1' opera classica dèi Cuvicr sull'assunto avevano tirato a se gli sguardi dèi più assi- dui e zelanti Geologi di Europa. La memoria dèli' illustre Scinà presenta la storia di quella bréccia ossesi, e diligentemente e con estrema e- sattezza sono poste in disamina tutte le circostanze geo- gnostiche,» e geologiche, che l'accompagnano. Una e«altd misura di distanza dal mare , e di elevazione sopra il sUo livello di ogni punto principale della grotta e dei contorni: una concisa! istoria del rinvenimento delle ossa f)S,sili: una critica a quanto si era detto sopra di esse n-^lle società è nei pùbblici fogli di quell' època: là in- trapresa- del discavo ed il minuto rappòrto di quanto* aiiciavasi discoprendo, precedono il lungo catalogo delle ossa raccolte e conservate nella Università di Palermo. Di esse le più abbondanti sono quelle di Ippotamo , di (1) Discorso sull'asbcslo. — Del Dr. Filippo Foriera. — Palcnno i8aj. (i) Ijc-i Cerere, giornate officiala n. a6. — Palermo i. Apri. e jiJSrf. (3) Giornale letterario per la Sicilia n. 99. — 183(>". i56 cui inascellc, denti molari, difese ed ossa della spina e degli arti riferisconsi con diligeuli misure. Sieguono quel* le di Elefanti che riduconsi a soli molari. Di bove so" novi dei molari e qualche astragalo; di Cervo dei mo- lari, delle corna ed uu osso del metacarpo; qualche dente canino finalmente che al genere canis può riferirsi. Co- me in appendice si rapportano pure talune ossa di Ippo- potamo rinvenute in Billiemi; e couchiude 1' opuscolo con breve ragionamento e sobrio sulla catastrofe che po- tè dar nascilo a quella breccia ossea. Circa quel tempo altra breccia fu rinvenuta in Sira- cusa nel sito dello grotta santa {ì). D'onde una gran- de quantità di ossa elefantine e d' Ippopotami fu tratta, e die argomento ad altra erudita memoria del canonico Giuseppe Alcisi. Carlo Gemmèllaro. Della proprietà letteraria: ragionamento di Carlo Me» le — Napoli i83y. Della proprietà letteraria e de' suoi giusti coj\fini^ di Matteo de Àugustinis ec. La proprietà letteraria oggidì riconosciuta dalle na- zioni le più incivilite sembra veramente fondata nella natura medesima, ed è non solo vantaggiosa al progre- dimento delle scienze e delle lettere, ma utile all'intero corpo sociale. Se riflettasi che le Oj.ere dell'ingegno sono figli immediati di colui che le compóne, che un guider- done gli è dalla società dovuto per avere a di lei prò lo- gorato la vita; e che appo non poche nazioni l'uomo di lettere altra rimunerazione non trova che la vendita degli esemplari, quale utopia e quale alienazione di spirito non è mai quella di coloro, i quali amando porre una làlsa (i) Notiiia sulle ossa Tossili di Siracusa, ricavale dalle relaiioni del jig. cay.Mario Landolina Nava.— Gioruale letterario per la SiciJia/N.ioo. iWi. '^7 appìicaiione di generale libertà ti gridano a più noa posso, che la proprietà letteraria, onde si assicura agli autori e loro eredi la privativa della vendita delle proprie opere , disonora gli autori medesimi , è di ostacolo ai progressi delle scienze, e di nocumento alla società intera? Se la proprietà viene dalle leggi concessa sopra oggetti che non hanno rapporto alcuno colle individuali facoltà del- l'uomo, se la comune utilità ne vuole guarentito il libero possesso, ragion bastevole non avvi, percliè ella debba escludersi da quelle opere che sono intimamente legate alle facoltà umane e immediatamente ne dipendono. Co- lui che ha impiegato i suoi giorni nella coltura del suo spirilo, che ha erogato non lievi somme a costo d*infi* nite privazioni per lo acquisto di libri, che ha durato fatiche e profuso sudori per la composizione d'un'opera utile, che ha infine speso un capitale per la stampa, da quale smania non sarebbe commosso, allorché senza aver ricolto ancora ninna mercede mira un ingordo libraio, au- torizzato da una malintesa libertà, spacciare le opere di lui e strappargli il frutto de' suoi lavori? E più grave si renderebbe il corruccio e la disperazione d' un autore massime italiano nel non trovar più premio ne speme di conforto ne presso il corpo socievole ne presso i mode- ratori de' popoli? Il difetto della protezione de* grandi ia Italia lascia i letterati ne' bisogni e nell'oscurità, qua e colà sparpagliati ; talché giovandomi del bel detto del celebre Barone di Ferney, dirò che qua i dotti bisogna esser dissotterrati per conoscersi. La gloria, nome vuoto di senso, vana lusinga qualora non reca seco il benessere dei viventi , potrebbe al più ammaliare e sedurre uà uomo, che gode sufficienti mezzi di sussistenza, e s'abban- dona alla meditazione per conforto unico del suo animo; ma nuda non avria certamente veruna presa sopra co- loro che dai voli deirintelletto e dallo studio attendono un dolce ristoro ai mali che gli affliggono. La storia dei più grandi uomini, che ha avuto l' Italia^ dalla società 1^3 abbandonati a se stessi e alle loro sciagure , mostra ^ ciliare note, che senza que' soccorsi materiali che men penosi fan divenire i mali della vita e il consorzio di «juaggiù, la gloria è tal nome che quaraura si dissolve. L' interesse personale e il desiderio di vivere una vita meno infelice sono la molla principale delle urtiane azio- ni; e colui che studia profondamente l'uomo morale non può fare a meno, se gidsto e sincero egli è, di ammi- rare e seguire Elvezio e Bentham; cosicché togliendosi ai' dotti la speranza d'un lucro, dainio gravissimo ne ri- donderebbe alla società e alle scienze pel torpore che invaderebbe i dotti, e per U riduzione delle produzioni dell'ingegno umano. Io non so in niun modo comiprendere che un autore facendo pubblica un'operai abbia già perduto il diritto della proprietà, che dal pubblico si sia a se appropriato; imperocché questo può acquistar diritto a leggere i pen- sieri che vi SOrio Contenuti, non riiica alla forma mate- riale; e comprandola intende dare una specie di merce- de per la sola Concessione di leggerla, ma non gli è un- quemai tornata quella di ristamparla a suo conto. E poi- ché 1' impiego d' un capitale arrecar debbe un guadagno relativo, questo nella vendita d'un' opera,- fattasi per lau- tore, men si addice a contraccambiare i travagli della mente, che la somma impiegata a tale oggetto" da lui medesimo. Ne la vendita del manoscritto, diificilissima in Italia, e poi da lauto nei nostri paesi, qualora possa verificarsi, che larga rimunerazione largisca all' autore. Lode quindi sia resa all' egregio sig. Mele per avere con sode dottrine e convincenti ragioni difesa valorosa- mente la proprietà letteraria , e combattuto i sofismi degli avversari nel suo bello e dotto Ragionamento da noi sopra citato. In quèsf opuscolo egli premette una breve introduzione, e in due articoli divide il suo lavoro: nel primo sostiene, che le opere dell'ingegno e più propriamente quelle che si divulgano per le stampe Sono naturalmente e moralmente capaci di cosllluiré Una proprietà dell' uomo individuo che le ha create , e nel secondo mostra , die questa proprietà garentitai dalle leggi non nuoce all' interesse dell' universale. Ma non possiamo parimente laudare nello scopò cui mira , l' altro opùscolo del sig. Matteo de Augustinis sulla proprietà letteraria e silòi giusti confini , nel quale poggiandosi a congetture e ad analogie, che a noi vere non sembrano, grida con tutta lena la croce su que- sto sacro diritto, dicendo , che trasformasi in abuso di proprietà, in proprietà usurpatrice, che distrùgge ogni sana teoricai delld sua natura, disonora le lettere, le scien- ze, e coloro che le professano^ e le coltivano, e che in- finiti danni ne deriverebbero alle società civili e all'u- manità in generale. Io osservo in contrario eh' essendo bensì possibile e libera a chiunque la lettura de' libri, ì cittadini ne ritrarrebbero sempre i desiderati vantag- gi, ammessa o no la suddetta proprietà. Intanto ci duo- lei neir osservare che Uno scrittore stimabilissimo, e piè- iio per altro di grave sénno ei di dottrina, dopo avere mostrato i danni immensi, a créder suo, prodotti dd co- siffatto diritto^ quasi dimentico di se stesso cònchiude, che dal fin. qui dettò nort tirerò io già la rigorosa tonseguenza, che durante la vita dello scrittore non debb" essere rispettata la proprietà delle sue opere. Al far dei conti il sig. de Augustinis non travede la verità, thè la verità traveder non si può da un uomo sì va- lente qual' egli è, ma fa voti che una legge provvida degl' illuminati governi assicuri agli autori delle grandi opere ricompense ed onori. Noi, senza ulteriori parole, abbiamo emésso il riostro pensamento, ch'è quello stesso già portato dal sig. Màlvica, che c'invitò a dar giudizio di cosi grave materia; abbiam lodato di accordo il saggio consiglio del Mele; onde vor- remmo che almen fra gli stati che parlano una medesima lingua fosse per trattati particolari garentita la proprietà klleraria. Luigi Castellana. i6o Sopra un' argilla smettica siciliana Una interessante memoria fu già letta con general gradimento dal cav. ab. Panvini nel Reale Istituto d' In- coraggiamento, versante su d' una argilla smettica dei dintorni del Comune di Santa Caterina, di cui fa co- noscere le belle qualità, l'analisi chimica, e gli usi. Caldo di patrio zelo 1' autore viaggiando per i più colti paesi di Europa con 1' animo sempre inteso a far tesoro di tutte le conoscenze, the potrebbero essere utili al nostro paese, osservò che in Francia, in Inghilterra, ed altrove è in commercio una terra così detta di la- iiajuoli terra fullofium, alla a digrassare le lane dall'o- lio che si è dovuta mischiare alle lane grezze, onde cardarle e filarle. A tale obbietto sono in gran pregio, e recano gran lucro le argille di Brick-HiU in Inghil- terra; in Iscozia quelle dell' Isola di Skye; in Francia quella di Chòteauroux, di ViUeneuve; ed in Germania sono ricercate per le fabbriche de' tessuti di lana quelle di Rossvs^ein, e di Schomberg* Il sig* Panvini ci fa conoscerCj che tutte le mentovate argille sono più o meno impuie e quasi mai in quelle buone condizioni che si richiedono nelle fabbriche , e che hau di mestieri di una o più preparazioni, con dis- pendio e con perdita di tempo, prima di essere adope- rale. Di più, che una tale argilla pura, e perfetta ri-* trovasi in più siti del nostro benigno suolo, e partico- larmente ne' d' intorni di S. Caterina di lui patria, nel- r ex-feudo detto Barbarrio di proprietà dell'Albergo dei poveri di Palermo, sotto un terreno marnoso di trasporlo poco favorevole alla vegetazione, e di origine straniera ai vicini colli di calce carbonata terziaria, ed è appel- lala volgarmente liiidda^ e potrebbe più propriamente dirsi sapone minerale Essa giace a grandissimi strati in masse dure, di color bianco latteo, di spezzatura con- i(5i coide, come le selci, di grana finissima , sparsa di al* cuni punti luccicanti , morbida al tatto , dolce sotto il taglio del coltello; aderisce fortemente alla lingua , e strofinata sul vetro lo scalfisce leggermente; coli' azione del fuoco perde una porzione di acqua , e prende un color giallo carico per 1' ossido di ferro che contiene ; messa nell'acqua vi si distempra tosto, e intieramente ( d' onde il nome di smettica) e non lascia ne sabbia, ne altro grossolano sedimento; non lia alcuna plasticità , e col riposo si precipita sotto forma di polvere impalpa- bile; r acqua ove si è fatta bollire questa terra , col mezzo della soluzione di prussiato di potassa e di ferro si colora in blu, e finalmente cogli acidi non fa che po- chissima effervescenza. Dall' analisi chimica che il sig, Panvini ha fatto di quest' argilla ne risulta che essa con- tiene fra cento parti, quarantuna di allumina, quaran-- totto di silice, sei di calce carbonata, due di magnesia, e due di ferro. L' allumina, possiede tale affinità per l'olio, che quan- do a questo si avvicina, lo toglie lìnanco dai saponi i più tenaci, e da questa proprietà nacque il pensiero di ap- plicare quest' argilla a quel ramo d' industria. In Santa Caterina difatti, e ne' vicini Comuni è impiegata come sapone per la bucata di tutti i painiilini, e per togliere le macchie di olio su di qualunque stoffa si trovassero. Riesce anche benissimo, dislemprala nell'acqua, ad am- inorbidire e raffrenare la pelle, perchè possa servire mi- sta a sostanze aromatiche per la toletta. Il sig. Panvi- ni avendone fatta lavorare una certa quantità ad un pro- fumiere, che la ridusse in tavolette, e la vendeva come pervenuta dall'estero, gli fece guadagnare in breve tempo una buona somma. Egli dunque propone a bene del no- stro paese che gli speculatori facciano venire in Pa- lermo questa preziosa terra, eh' è presso la via conso- lare, ne spediscano delle mostre con dettagliato avviso in quelle piazze, ove sono delle fabbriche di tessuti di i6a lana, e così attireranno un lucroso commercio, d' onde molta gente trarrebbe di che vivere, e il sig. Panvini senza mirare ad interesse si reputa pienamente contento nello stato lagrimevole , in cui sono rivolte le nostre industrie, di aver presentato ai suoi concittsdini nuovi elementi di riccliezia, e di prosperità. B. 0. Elogio del prof. Laromìguiere pronunziato da J^itto- rio Cousin neW Istituto di Francia. Il signor Laromiguiere, nome caro alla filosofia, di cui fu pubblico professore primo nella scuola normale e quin- di nella facoltà delle lettere di Parigi, non poteva aver dopo la sua morte migliore elogista del prof. Vittorio Cousin già suo discepolo , e con lui molto stretto ili amicizia. Il discorso scritto da questo sommo scienziato, e detto addi 14 agosto dello scorso anno 183-7 "^^^I^^ti" luto rea[le di Francia a nome della sezione di filosofia, ed inviato, con altri scritti, dallo stesso Cousin al nostro profj Mancino, con cui è in letteraria corrispondenza , viene tradotto e pubblicato in queste Efllemeridi, come cosa bella ed importante. Ciò servirà a prestare un omaggio all'illustre estinto, non che a quel grande che lo dettava, Istituto Reale di Francia Accademia reale delle scienze morali e politiche* Perdonatemi, o Signori, se vi trattengo ancora un mo- mento suir orlo di questa toniba; ma la sezione di filo- sofia, che una più stretta confraternita di studi univa a colui che noi lutti piangiamo, ha desiderato che il suo dolore fosse particolarmente contrassegnato nel lutto co- qmne dell' Accademia; ed in suo nome io vi dimando il permesso di aggiungere qualche .molto alle toccanti pa-. fole che avete teste ascollate. I i63 La vostra sezione di filosofia non è stata risparmiata iielle perdite crudeli che voi avete fatte iu così poco tem- po. Avete veduto sparire dal mezzo di voi in un subito } più splendenti luminari dell' Accademia , quei grandi pubblicisti, i cui nomi dureranno mai sen^pre nella sto- ria della libertà e della legislazione in Francia, e qtje- gli uomini che avevano saputo trovare una gloria diffe- rente, ma eguale nello studio severo dello spirito uma- no. Allorché Sieyes andava a raggiungere Mirabeau, al- lorché Roederer andava a ritrovare ed attendere i suoi immortali compagni dell' Assemblea costituente , e del consiglio di stato dell' Impero, il sig, de Tracy era ra- pito alla filosofia, ed ecco che al giorno d'oggi noi ve- niamo a rendere gli ultimi onori al sig. Laromiguiere. Così seu vanno a poco a poco, e cadono, per così dire, gli uni su gli altri i gloriosi avanzi dpllc) forfè genera- zione del l7^S9. O miei collegbi ! e voi tulli, voi so- praltuito giovani, che assistete a questa triste cerimonia conserviamo pietosaniente queste nobili memorie, e pie- gamoci con rispetto innanzi le tombe di coloro che hanno latto tulio ciò che noi siamo. Tracy e Laromiguiere succedonsi nella scienza come si seguono nella morte e nel vostro cordoglio. Amendue appartengono alla medesima famiglia fili^sofica , ed in- tanto ciascuno ha i suoi tratti particolari. Essi rassomi- gliansi molto, differiscono ancora più: 1' uno strascina seco la filosofia di un gran secolo, 1' altro comincia quel- la del nostro tempo. Il secolo decimo ottavo aveva stabilito e quasi consa- crato la celebre massima: ?iiente avvi neW intelletto che non vi sia entrato per i sensi. Non potendo adunque inventare questa massima dopo Condillac, non restava al signor di Tracy che di tirarne il sistema il più regolare ed il più completo che ella avrebbe ancora prodotto nelle mani di qualunque filosofo: ed è ancora ciò che fgli ha fallo , o Signori , con una severità di metodo i64 , ^ che non è slato ne sorpassato uè uguagliato. Di là quel corpo di dottrine ove la nettezza e precisione dei detta- gli la disputano con la stretta connessione delle parti , di cui l'uiiilà fa il grande. JNJa quando uno spirito di tal tempra si applica ad una dottrina, 1' esaurisce, e non lascia a coloro che ven- gou dietro di lui se non che l' alternativa di ripeterla ovvero di separarsene. Laroraiguiere seppe trovare il segreto d'essere origi- nale senza abbandonare la filosofia del suo illustre pre- decessore. Come Tracy, egli riconosce, proclama che i primi materiali di tutte le nostre idee sono efièllivamen- te nelle impressioni sensibili. Questo principio è il le- game fedele che unisce Laromiguiere a Tracy ed a tutta la filosofia del secolo decimottavo. Ma se le sensazioni sono gì' indispensabili materiali delle nostre conoscenze, per metterle iu opera, per convertire le sensazioni in idee, uopo è di uno strumento differente dai materiali a cui si applica, uopo è d'una potenza indipendente dalle sen- sazioni sulle quali travaglia, uopo è d'una intelligenza d' un' anima. È l'anima, o Signori, è 1' attavità, e l'e- nergia di cui ella è dotala, che tira dalle sensazioni , aggiungendovi un marchio particolare, tulle le nozioni primitive, i cui sviluppi e le combinazioni comporranno tutta la scienza umana. La reabililazione dell' intelligenza nell' attività, nella indipendenza, nella dignità che le appartengono , tale è r opera alla quale è unito il nome del Laromiguiere. Altri forse dopo di lui han camminato con un passo più ardito o più temerario in questa strada una volta aperta; ma non gli si può contrastare V onore di esser- vi entrato il primo, d'essere slato il primo ed il più cospicuo interpetre della novella filosofia, almeno nello insegnamento pubblico. L'insegnamento! questa parola, o signori, non vi ri- corda la parte più popolare della gloria di Laromiguiere? i65 0 bei giorni ilclla filosofìa alla scuola normale, alla fa- coltà delle lettere dell'accademia di Parigi, allorquando il Laromiguierc insegnava con tanta gloria ed attrattive in quella medesima cattedra, ove subito dopo il signor Royer-Collard doveva insegnare, a posta sua, con tanta autorità ed elevazione ! È là , o signori , è alla scuola normale, ed alla facoltà delle lettere, che ne' primi anni del secolo decimo nono, tra il i8io ed il t8i5, è stata fondata la nuova filosofia. Di poi in un' altra tribuna , la Francia lia spesso inteso, e sentirà lungo tempo an- cora, io lo spero, la forte parola la dialettica severa ed insieme così viva del signor Royer Collard. Ma chi ci ridonerà d'oggi innanzi l'eloquenza di colui, che questa tomba va a ricoprire? Chi ci ridonerà quegl'improvvisi, il di cui stile sì felice non offre ancora che una imma- gine debole, quelle incomparabili lezioni, dove con una suprema chiarezza si univano senza sforzo le grazie di Montaigne, la saggezza di Locke, e qualche volta ancora la soavità di Fenelon? Laroraiguierc rischiarava, incan- tava, trasportava. La sua parola esercitava una vera fa- scinazione. Io ho veduto degli uomini invecchiati in queste meditazioni, immaginarsi, udendo lui, che il loro spirilo si apriva, per la prima volta alla luce , mentre che al loro fianco i più semplici , ingannati per questa meravigliosa lucidezza , credevano comprendere perfet- tamente i più profondi misteri della metafisica. Se un piccioì numero tra voi, o signori , avrà assi- stito ai trofei del professore, almeno voi tutti avete co- nosciuto l'uomo, e l'amenità del suo consorzio avrà po- tuto darvi qualche idea dell'incanto della sua parola. La bontà di Laromiguiere era divenula proverbiale. Egli amava teneramente gli uomini , e sopralutto la gioventù ; ma non amava meno lo studio ed il ritiro , e vi si compiaceva. La vita di lui ha traversato, inno- cente e pacifica, le tempestose vicissitudini dell'epoca no- stra, ed egli si è estinto pieno di giorni, nel seno dellu o pubblica venerazione , in potere d' una bella e parsi ri- iiomanza. Addio, o il più indulgente degli uomini! o il più ama- bile dei filosofi! Fin tanto che il gusto della sana filo- sofia e della vera saggezza dureranno tra noi, all'Accade- piia , alla facoltà delle lettere , all^ scuola normale, il tuo nonie non sarà giammai profierito che con rispetto e con amore; e se è permesso a colui che qui parla di fare scorgere per un momento la sua commozione per- sonale nell'espressione del dolore degli altri, o tu, che dopo venticinque anni io sono avvezzo a chiamare il mio maestro; o mio buono mio venerato maestro, mio vec- chio amico, caro Laromiguiere , le tue lezioni , la tua dolce saggezza, la tua amicizia mi saranno sempre pre- senti, e la ricordanza di te farà sempre battere il mio cuore, come nel primo giorno in cui ti ascoltai, e come in queir ora fatale in cui la tua mano moribonda strinse per l'ultima volta la mia! addio!..... addio!..... Catalogo dei minerali esotici della collezione del ca- valier Monticelli — Napoli i838. Il regno di Napoli diede nel passato secolo uomini di sì eminente ingegno, e di tanta sapienza, che è ma- ravigliosQ nella storia delle lettere. Il Vico, il Genovesi, il Giannone, il Galiani, il Filangieri, che posson formar soli la gloria di un secolo e di una nazione , eran di quel tempo, e trapassarono l'uno dopo l'altro, come la metà del secolo trapassò. Le funeste vicissitudini del 99 tolsero al mondo uomini, figli di quel secolo stesso, clic formavan di TNapoli il più splendido seggio dell'italiano sa- pere: e si vider cadere sotto la scure di que' giorni ese- crabili Cirillo , Mario Pagano , Conforti , Baffi ed altri insigni. In mezzo alle agitazioni e alle vertigini di quel- 167 l'epoca medesima viveano altri sublimi inlelleltl, in altri svariati rami di sapienza eccellentissimi, che la fortuna nostra più che la loro volle che fino a' giorni della nostra vita vivessero. Cotugno, Gapecelatro, Ricciardi, Signo- j-elli, Mazzarella, Ciampitti, Scorza, Tondi, Monticelli, ed altri valentissimi , parte sono sotto gli occhi nostri venuti meno per gloriosa vecchiezza, parte vivon tutta- via, e sono come i resti preziosi di un delubro magni- fico , innalzato in un secolo famoso , e che non è pii!i. Uno di questi egregi uomini , che appartengono ai passato e al presente secolo, e svilupparono la forza del loro pensiero in tutti e due, è il venerando Teodoro Monticelli, che coli' illustre nome, colla purità de' co- stumi antichi, coU'amore grandissimo per le scienze della natura sostiene il vetusto decoro della patria. Quindi carissimo torna al nostro cuore ragionare di questo ge- neroso rampollo del secolo che sparì. Ei vivrà perpetuo nella storia delle italiane scienze: tutti sanno con quanta chiarezza e nobiltà avesse dettalo la bella memoria in- torno r efficacissimo metodo che del governo delle api si fa in Favignana: sua è la celebrata scrittura inserita nella biblioteca universale di Ginevra sul Tafelspath, rinvenuto nelle balze orientali del Vesuvio sotto varie forme cristalline : ei scrisse dell' economia delle acque da ristabilirsi nel regno di Napoli ; stampò con senno erudizione e sapienza un libro sulla origine delle acque del Sebeto di Napoli antica, di Pozzuoli, e di altri luo- ghi di quelle superbe contrade: pieno il petto di carità di patria si applicò alla pastorizia di quel fecondissimo regno, e bellissimo discorso ne pubblicava. Non vi ha po- scia chi ignori con quanto e quale ardore abbia sempre seguito i movimenti del famoso Vesuvio. Egli ne ha os- servato con coraggio, e con magistrale perizia tutti gli sva- riati fenomeni , ne ha descritto le grandi eruzioni ; ne ha raccolto i prodotti vulcanici, diguisachè la vulcanica collezione da lui adunata e sorprendente, e la pia clas- i63 sica clic sia mai esistila cìi quel monte ignivomo, lauta pel numero dei saggi, (juanlo per la bellezza elei cristalli, è per molte sostanze nuove, e nuove varietà di specie fonosciule. Ne quella stupenda collezione racchiude i soli pro- flotti del patrio vulcano; poiché ricchissima copia con- tiene eziandio di rocce straniere, e di j)atrii e stranieri petrificali; ed essa è tale che si repula a buon dritto uno de' più begli ornamenti della napalitana civiltà; poi- ché attentamente osservandosi e studiandosi può molto influire ai progressi delle due predilette scienze de' no- stri giorni la mineralogia e la geologia. Dilalli questa collezione non è mai servita a vana pompa o a lusso , ma ha infiammato le menti allo studio del Vesuvio, e ja chimica, e la mineralogia vulcanica ne hauno parti- colarmente tratto grandissimo vantaggio. Ne vi ha uomo in Napoli di bella mente e di generoso animo, che non confessi questa verità, e non ne dia laude al venerando vecchio che l' ha creata. Perciocché unitosi egli nel 1821 col nou mai abbastanza lagriraato Nicola Covelli si diede- ro ambidue con una pazienza ed un amore indicibile a soggettare a chimica analisi gli svariati saggi di quella ricca collezione, onde distinguere le specie e le rarità non conosciute: dal che nacque un' opera , che i"u stu- pendissima giudicata, e venne tradotta in più lingue a onore degli autori e del paese. Ma la collezione di quest' uomo insigne non si ridu- ce alle vulcaniche produzioni orittognosliche , che ven- ner comprese nella cennata opera, sibbenead infiniti al- tri saggi orittognostici de' paesi stranieri, i (jutdi dispo- sti e classificali col metodo di Haùy vanie a formare una separata collezione di minerali e>otici , di cui presenta oggi il catalogo: promcllcndo di làr lo slesso delle col- lezioni geologiche e de' pelrificali, onde lanla scicnlilic^ ricchezza venisse in varii volumi raccolta , e a foggia di quadri presentala agli studiosi della natura. Così di^- Vise egli iiV Ire classi lultc le sostanze di clic ragiona: in metalliche cteropsidi; ili metalliche autopsidi; ed in tombusiibili non metalliche. Racchiuse sotto ogni classe varii generi; sotto ogni genere Varie specie; e sotto ognu- lia di queste annoverò utì gran nuniéro di varietà. Il si- stema non poteva essere ne più chiaro ne più semplicd ne più logico. Perciocché comprendendosi sotto ciascu- na classe tutti i corpi che si rassomigliano per proprie- tà costanti e generali^ e che formano il carattere di que- sta prima grande divisione ; e compartendoli poscia irt generi., die racchiudotio ognuno quei corpi che si distin- guono [lèv proprietà comuni a loro stessi; e suddividen- doli quitidi in specie^ le quali contengono tutti gli altri che hau fra loro diretta analogia, e che differendo pei* sole modificazioni legiere ed accidentali vengono a costi- tuire il prodigioso numero delle varietà', nasce che lo* spirito percepisce con chiarezza le idee liei corpi rappre- sentate; ne nota i caratteri particolari; ne trattiene a me- moria con facilità la nomenclatura. Quindi, ne sorge age- vole r osservazione e il confronto, per cui si migliora^ no e perfezionano le descrizioni e le cìassifi e azioni degli esseri della natura, che compongono 1' insieme del glo- bo che abitiamo. Nel catalogo del nostro esimio autoi'ìe non compreh- dilamo però bene la ragione, per cui il genere si sia soventi volte, invece di esprimersi, sott' inleso. In effetto Sotto le sostanze metalliche eteropsidi si pone di slancio L'i cal- ce carbonata, la calce carbonaia ferro hianganesiffcra, lai calce carbonata magnesiferia, che sono tutte spfecie del genere calce non fespresso. La strpnziana solfata , e la stronziana carbonata sono specie dello strohziò ossidato j ossia dcìh stronziajia^ c\ì!e; sott' intese ptirc: T allumina solfata, sussolfata, l'allumina fluàta selcioSal (topazio), l'al- lumina fluata alcalina ec. sono specie dèi genere allii- mina-, che non si esprime. L' autore lia risguarda'to, cori sapiLiilc consiglio, tutte queste specie dal latd dell' os- t'jO sidazione, per cui fece la bella distinzione nelle cennalé tre classi. Egli nell' egregio Prodromo della mineralogia vesuviana seguì il sistema di Berzelius, classificando le sostanze in famiglie, specie, sotto specie, e varietà. Le famìglie qui stanno in luogo de' generi, ma a vero dire elle non sono nelle classificazioni che gli ordini; i quali comprendono gli esseri , che si rassomigliano per pro- prietà più particolari di quei delle classi, ma meno gene- rali di quei dei generi, mentre questi hanno per carat- teri proprietà comuni ai corpi, che in loro si compren- dono. Difatli ei fa del calcio la XVIII. famiglia, e dalla varia combinazione della calce cogli acidi ne forma la specie. La calce solfata p. e. nella sua classificazione è la 42." specie; la calce Jliiala la 43.' la calce car- bonata la 44** ^ c^' ^^ succedere tre sotto specie, oltre le varietà. 11 sistema però seguito nella sua esotica collezione fu, co- me dicemmo, quello di Haiij; ond'egli riunì sotto un ge- nere, e sotto una specie tutti i saggi che vi corrispondono. Quindi nella prima classe sotto i generi o espressi, o sot- t'intesi di calce, barile, stronziana, allumina, potassa, soda, e suoi composti (come la soda muriata , il topazio , il vavellito, o allumina idro fosfala) pone le varie specie, e sotto ognuna di queste un gran numero di varietà. Nella seconda classe racchiude varii generi di metalli, come il platino, r oro, l'argento, il piombo, il niccolo, il rame con i suoi composti (ferro solforato magnetico, ferro calcarlo selcioso, rame arseniato, rame solfato), e quindi le specie, e le varietà di esse. Nella terza classe finalmente colloca i generi di zolfo, diamante, antracite, bitume, carbon fossile, lignite, succino ec. con alcune loro combinazioni, come sarebbero lo zolfo con gesso e calce carbonata, il bitume con sostanze estranee ammas- 5ale, o con zolfo e calce carbonata, il gesso bituminoso ce. colle loro specie, e le loro varietà in quantità però di gran lunga minori delle precedenti. Imperciocché le iclassi le più copiose di numero, e le più ricche di pre- ziose sostanze sono le due prime le eteropsidi^ e le au- topsidi. Certamente la distinzione è la classificazione dei cor- pi del regno inorganico offrono difficoltà maggiori di quel- le che offre il regno della zoologia, e della botànica: per- ciocché in quislli non è rriolto agevole il cornprendere gli occulti rapporti che iiniscoho i caratteri esterni ai carat- teri interni^ cangiando in iiiille e mille guise, sènza che la specie càngi; nientrie le proprietà esteriori le più ap- parenti dei corpi del régno organico formano ^ perchè iion soggetti a sensibili variazioni, i caratteri distintivi delle specie; tn effetto (siccome savianienté botò un il- lustre naturalista * ) la struttura delle foglie d'una pianta, o la figura dèi denti di uh animale bastano talvolta per far conóscere una parte dfellà loro interna Organizzazione. Quindi a hié bellissima è semplicissima è sempre par- sa la divisione che iii tre grandi classi si è fatta dèi re- gno minerale, cioè in classe di sostanze àcidifere o pie- trose, classe di sostanze metalliche, classe di sostanze infiammabili, che sori le classi delle pietre, dei metalli, dei combustibili; Là qual distinzione fu presènte al no- stro autore, allorché si diede a volger nel pènsièrè qual sistema dovesse tener nella sua. Or chiunque sia alquanto iniziato nei misteri della iialura conosce che il quarzo, il feldispato, la mica, il talco, là diallaggià , l' ànfibolò, il pirossènej il calcare, la dolomite, è il gesso sono le sostanze, che divèisaraenle fra loro combinale compongono le rocche le più cono- sciute, e che hanno avuto più parte nella struttura del globo. Quindi bellissimo tortià il vedere que' minerali schierati nel gabinétto del napolitano filosofo sotto le loro specie, e con un numerò prodigioso di varietà. Cosi del pari di tulli i a8 metalli, conosciuti sinora <*.) G; Dclafosse. *'7^ . . nel regno inorganico , trovanscne colà 23 : il fèrro iit cento forme, e cento combinazioni, il piombo, il raraCj lo stagno, il mercurio, l'argento, l'oro, il platino, l'an- timonio, il bismuto, il cobalto, l'arsenico, il manganese, il niccolo, Turano, il titano, il tellurio, il tantalite, il cerio, il croma, il cadmio, il moliddeno: mancano per- ciò, a quel che ne sembra, il tungistene, Vosmo^ il pal- ladio , il rhodio , r iridio^ per completare quella serie tanto importante nel regno inorganico , e che tanto in- teressa i cultori delle naturali scienze. I Greci ed i Romani non conoscevano die sette me- talli, e pochi altri dei così detti semi metalli: dal se- colo XVIIIan poi, facendo la chimica de' salti prodigio- si, se ne incominciarono molti altri a rinvenire, e dopo ie sublimi scoperte del Lavoisier sulla calcinazione dei metalli, furon questi portati a mano a mano sino al cennato numero di ventotto. Ma non pare che qui si resti; e vi ha speranza, che di altre metalliche sostan- ze possa arricchirsi il regno inorganico della natura. Intanto lautore nel suo catalogo ha distinto, con bel consiglio, per mezzo di un asterisco que' saggi, che sono o più rari, o più preziosi, e con due e con tre quelli che indicano in grado più eminente cotali qualità* Così tu osservi nella prima classe il quarzo triasaedro con galena di Boemia, quello di Siberia, quello brunastro di Calc- rinemberg , quello bianco con isplendore margaritasco : il calcidonio bianchiccio mammellonare d'Islanda: 1' an- tibolo primitivo verdiccio nel talco di Svezia: il talco laminoso verde- scuro di Sahlberg nella medesima Sve- zia: lo smeraldo primitivo verdiccio di Siberia: quello primitivo compresso nello scisto micaceo della stessa Si- beria: l'altro massiccio, turchiniccio di Filadelfia: l'eu- clazia turchiniccia : la tormalina equidill'crente verde sulla dolomite di S. Gottardo: quella bacillare verdiccia e rossa nel quarzo di Roscna in Moravia : 1' culaiidilc rossa primitiva nel basalle di Scozia ; e cento e cento . '7^ altri saggi tutti di gran valore per rarità e per intrin- seco pregio. Nella seconda, classe sono da osservarsi l'oro lamelliforme sulla grawaccia di Transilyania : quello granuliforme di Nigrizia: l'argento dentritico nel quarzo del Messico : quello filamentoso con galena di Frejberg : quello in fili ammassati e in fili liberi del Perù : il mercurio solforato cristallizzato e massiccio di Idria: il mercurio argentale con cinabro 6 mercurio mu- riate del Ducato dei due Ponti', il J)iombo solforato eoo ferro piritoso e fluorina di Corn-vVal: quello cristallizzato bruno con galena d'Inghilterra: quello tungiistato ih cri- stalli bipiramidati sul quarzo di Zinwald: il rame OsSi- dulato primitivo con quaritì , rame, e rame carbonato verde di Cornwall: quello carbonato vel-de laminare di Moldavia: quello carbonato blu variamente cristallizzato di Chessy: qUello con la malachite nel gres di Pietro- burgo; e r altro di gran lUngà più raro e più prezioso di Caterinemburg. Il ferro fibroso CohCréziònàto nericcio dei Pirenei, e d'Inghilterra: quello massiccio e lentico- lare con bellissimi riflessi violetti di Baviera : quello solforato primitivo Cou rame piritoso e quarzo di Harz: la grafite scistosa di Norvegia: quella massiccia di Rode- Island, di NuoVà Yorck, e di Olivadi, ch'è preziosissi- ma , e di cui se ne osservano quattro gtossi saggi , e sette piccoli. Nella classe delle sostanze combustibili non metalliche si osserva lo zolfo equivalente con calce carbonata contrastante, ch'è in Sicilia rarissimo: quello equivalente in cristalli mollo depressi che prendono la figura di tavole: queUo giallo-rossiccio con calce carbo- nata inversa: quello in grossi cristalli con calce carbo- nata e gesso: il diamante primitivo; quello cuiieifonne; e quello binario del Brasile: il bitume di Norberg so- lido resinoso nella calce carbonata ; quello elastico di Derbjshire; il carbon fossile di Gifiimi; la lignite sfo- gliosa di Toplitz in Boemia ; il succino opaco bianco- gialliccio di Prussia. »74 Insomma in tutte e tre le classi, jii cui l'egregio Mon- ticelli divise i Siiói esotici saggi si rinvengono sostanze preziosissime , è di sómmo* valore: diguisachè tutto il sUo magnifico gabinetto deèsi reputare, per la parte in- organica degli esseri disila natul-àj un obbictto di gran- dissimo pondo. Imperciocché vi apre il sentiero a cono- scere le proprietà generali e i caratteri particolari di quelli; poi l'uso a che servono nelle arti e nei bisogni della vita; il fine a cui tendono nella hatUra; le leggi di simpatia che li regolano; la parte clie occupano nella formazione del globo; i fatti singolari che vi presentano per la storia della terrà; Sarebbe perciò sommarhenlé desideràbile che ogni po- polo civile fdssé ricco di soniigliànticolleziòtii: le quali onoratici il paese, e non sono solamente di sprone allo studio della mineralogia; ma fan Sorgere desidèri per le scienze sorèlle ; è per quelle che della mineralogia son pàt-té principàlissirnà, come la geologia o ^eògnosia. Quindi lumi novelli si creano , novèlle dottrine che fan guerra dirètta a molti pregiudizi, e a mólte umane imbecillità si acquistano, è le nazioni si migliorano , e crescono in ónórè e in dignità. F. Malvica. Polemica — Risposta ad un articolo di anonimo caccamcse inserito nel voi. 6a del Giornale di scienièi lettere ed arti. Leggevo non è guari, nel giornale di scienze,- IcÙere, ed arti per la Sici- lia, un articolo di N. N. caccamese, il quale, invaso da una matta voglia; icriveva contro una memoria di Paolo (ìiudice ," pubblicata t'in anno e mesi addietro in queste medesime Effemeridi al num. 4^. sopra un dipinto Hi Malico Skimmer in Caccamo esistente. Scriveva colui Jacèndo il suo' nome, dando' forse a divedere verecondia o indifferenza,' ma verecondo non era chi stém- pratamente molto garriva, ne indifferente era chi di amara bile spargeva' le sue carte fanciullesche e sragionanti} che anzi timoroso raoslravasi colui , che, mordendo a sangue fredda, fuggiva occultandosi qual serpe strisciante. Il signor N. N. lungi di censurare a Giudice le teorit pittoriche, in parte nuove, nell'insieme vere, interessanti, ed all'arte utilissime, gli si gilta ardi- tamente addosso," pé^thé ffàti disse Caccamo oscuro vil'lagjjio , e perché, se- .175 Éonflo egli pensa, Giudice non indovinò il suggello. Un profondo silenzio do- vrebbe rispondere alle ciance di lale scriltore, se ci avessimo animo sì freddo da sopportar con indifferenza l'oltraggio che si fa alle arti bolle , e agli uo- mini di valore. Ma se il signor N. N. ducisi che la sua terra fu detta oscura, doveva fornirci di argomenti ben forti, onde innalzarla negli antichi tèmpi tra Sira- cusa ed Agrigento.... Caccanio fra Siracusa ed Agrigcntoii.. Vedi teste umane!! Le fredde induzioni che si frugano e si traggono contorcendo il senso degli ■scrittori antichi, mal si adattano a stabiljre ipotetica grandezza iri una terra che non l'ebbe mai. E vere le ricerche dello Invegcs, molte sdnó le terre in Sicilia, ncir Italia, e nella Grecia mpilissime , che sorgendo óve furono città fiorenti e famose , or giacciono oscurissime e senza nomie , còlile per l'opposto , ove non più popoli , ma tra i silenzi! e la vastità de' caitipi sor* gono ruderi venerandi, la fama gli addila al mondo, eternando qUai preziosi nionumenti le rovine di Selinunte , Segesta , Tebe -, e Paltùii-a. Ci voglion chiare gesta, edificii vasti e sorprendenti, magnifici avanzi d'antica gràtidez- za, splendore di lettere, incanto di arti belle, perchè una città fosse ctiiara, non tre conventi, Un mónastei'o, chiesa a tre navi con ti e porte in faccia ^ con lato piano... col coro adorno di marmoreo pavi/héiUó.i, é t'àdhrii in terso légno; non reliquie di santo, aere aperto, catnpestre scena -, pienti di maestà e di delizia, che solleva gli animi da nera mestizia opprèssi, è stfap- pa a forza sazievoli sospiri. — E Giudice dicendo Càtcanio oscurò lo il- lustrava; ma perdoneremo al caccamese il non sapere nel lingViaggio oltre il senso letterale esservi 1' oratorio. Giudice chiamando quel villaggio litteral- mente oscuro j intendeva certamente dire , esscire indegno di tanta oscurità, per lo quadro di Stommer che possedeva, meritevole dell' ammiraiidne del- l'estero e del pittore. Ne si scrivendo Caccamo ontava; che quegli nel pub- blicare la sua memoria solo facevasi a precisare il tempo in cui Stommer visse , la cui esistenza nel succennato giornale di scienze lettere ed arti , se non fallo al n: i5o, era posta in dubbio; ed a tale dubbio crtiditù cqn genti- lezza e modestia rispondeva, pari alla propósta, per la storia, delle arti cici- liane tanto giovevole. Ed a noi che cale, volgendo all'altra parte, signor N. N; se Giudice non indovinò il suggello del quadro ? Itì non ho osservato il dipinto , però non posso giudicare, ma non è fanciullaggine il menar vampo pctfchè non s'in- dovinò ciò che faceva il santo in quella tela ? Voi del pari che Giudice ri- feriste un miracoloj del pari che quegli un suggellò di stùpòté, su cui ben si accorda la maraviglia che si vede ne' personaggi^ che è l'affetto dominante nella composizione ; che importa quindi se S. Isidoro facesse scatuHre le acque al sitibondo suo padrone da una pietra, o se questi che intbndeVa gar- rire Isidoro , rimanesse stupefallo in vedendo due Angioli j che aravano in luogo del suo contadino? Andiamo al fermo: leggeste, comprendeste , approfò'ndlsfe le vedute arti- stiche per quella memoria sparse? pesaste le teorie siilla luce, sulla prospet- tiva , su i colori? Non basta parlando del quadro di Stommer dire , che le mosse, i lineamenti, le ^figure sono al piti alto gi-add ben atteggiate, ed ina- vamahili per la naturalezza e leggiadria: i dmtornt dolcemente sj amati , i lumi ben compartiti, le Vesti con morbida gii-o piegate. Questo è parlare A* laico col linguaggio dell'iperbole j con parole generali spesso inadattabili , e non vedendo o non conoscendo il quadrò. A' riostri giorni a qualsivoglia di- pinto, di qualunque scuola, che mostrasse qualtihque pregio o difetto, pur- ché ci cacciamo in testa d'illustrarlo; tosto copiando da un diiionarictio pil- ioiico che Icnghiamo a lato, adattiamoi a torto o a diritto le succcimate co»e. i76 . . Ma per giudirarc con senno, bisogna conoscersi la pittura per pnncipii, con- sumare iuns^ìii anni snile scienze che la riguardano, studiarla profondamente, se no pk-olì'erirenio contro Apollo colle orecchie di Mida. Ed il signor N. N. sfornilo del tutto, come ci pare, di siffatte conoscenze, malamente attaccava le osservazioni di Giudice sul fatto di luce (e Ginilice conosce la pillurà praticamente e più pct pHncipiJ ; e sbnte molto avtinti nelle scienze che quell'arte perfezionano). E nói avendo osservato i dite dipinti di Stonimet* presso il signor Principe di Villtifranca cHe piir sono h luce di giorno, vi abbiam trovate tutte quelle verità da Giudice nel quadro di Caccaino osser- vate. Ma che aridiamo piìi oltre toccando di si fatle cose ? E (la biasimarsi ne! Caccamese l'ardire di Vaicir disputare di cose che non conosce; e ci scm- Ì)ra inverecondo l'affeMnare stoltamente che Slonlmer uon sempre seguiva il Gherardo fcd il Caravaggio. E laude devfc tornarne a Giudibc i tlon già disdòro (siccome il Caccamese, con vanità anelava) se unitamente al pregi, additava i difetti di tal quadro, che qui nOn tloVeva iiribrattarsi di turpe adulazione; Ed oh quale avvilimento e quanto male alle arti belle arreca lo scrivere degli adulatori , i quali in ogni figura de' ])iù ordinarli artigiani, san trovare le gtaxie del Correggio, il colore di Tiziano , la forza del Buonarroti , Che sono oramhi divenuti i luoghi comuni degli stòlti. Mercato di viltà intcrecorida! dpporta onta a colui che si lodaj H frutta biasimo pénalissimo a chi scrive^ La critica è tutt'altro: ò un'arte libtfrdlc e gentile j è l'cfletto del hlion senso e del buon giisiò , è tiii giudicare retto. Sarete voi corretto e dilicato? indicherete allora i pregi ci difetti d'uria pittura, le.fagioni da cui sorge cièche osservaste; appliche- rete il caso iti particolare ai tanoni generali, vi riferirete al gran tàmpionc del gustò; e con animo franco animando gli apprendenti ,*id am'hiirare e stu- diare ciò che è bclld j farete che 1' animo loro friggisse gli cruori e i difetti da voi indicati. Cosi giovasi alla patria ed alle atlì , così acquistasi il nome di critico non di adulator mendace; non già provocando alterchi, e malme- nando i valenti scrittori che onorano le scienze e la ]>atria; co'mfc è uso nei tempi nòstri vigliacchi dalla gente abbietta e di fango. Giuseppe Mabcuesi. Florilegio di eloquenza italiana — Pistoja 5 Maggia i83S. Lo stato della presente civiKà italiana esige cltc .s end ])()sli in mano della studiosa gioventìi esemplari ove apparare le buone massime di tutte viriti religiose , e «ivili insieme col bello e vero stile conveniente alla cul- tura e all' amore che da noi si debbo alla nostra nobile e artTKiiiin.sa favella. Considerando 1' importanza di questo vero la Società Tipografica denominala da Cino in l'istnja de; idei osa di giovare i buoni sludi non pur nella propria pali ia, sib- ^77 bene ancor nelle altre principali Cillà della bella Peni- sola, si è dclerminata a compiere questo dovere citta-, di no, e soccorrere a questo bisogno,. Ciò ella ha avvi-t sato di fare, dando al pubblico una edizione che com- prenda di ciascuno de' migliori autori della nostra epo- ca di tutte le italiche provincie , ornai assicurati nellct universale opinione, uno dei lavori più eslimabili sì per la dignità, ed eleganza del vero siile italiano, e sì pe^ gli ottimi insegnamenti di sana morale, che ii^di ne e- mergono; che è quanta a dire gli Elogi venduti da que' sommi ad alcuni de' più prodi, e più riguardevoli uo- mini che all' Italia nostra crebbero gloria per ogni ma- niera di alte imprese, e di niagnanime azioni. Per l^l modo i Giovani bramosi di apprendere avra,nno in que- sta Collezione u^i modello non tanto a meglio cornpor- re la vita loro agli esempli luminosi di que' buoni ivi commendati, quanto a bene scrivere nel natio linguag- gio, seii/a il pericolo, che di leggieri s' incontra, tiella servile imitazione leggendo un solo autore. E quelli del Clero principalmente , cui forse più che ad ogni altra condizione di persone è aperto spazioso campo ad eser- citarsi neir arte della Eloquenza , troverai» quivi pure belle norme ad intessere ed ornare decentemente loro sacre Orazioni. I nomi degli scrittori, che figurano in questa Colle- zione, col coi\senso dei cjuali essa si è intrapresa, si leg- geranno neir indice di ciaschedun fascicolo per ordine di tempo in cui morirono i loro laudali. Questa edizione sar^ eseguita colla massima esattezza e precisione tipografica, dicevole a sì dignitoso subbietto, e in carta e caratteri eguali a quelli del Manifesto , a sarà divisa in quattro distribuzioni , ciascheduna delle quali racchiuderà cinque Elogi; e siccome i volumi noq possono riuscire d' egual mole per riguardo all' inegua- glianza della somma delle materie, non pertanto si pro- ducile che tutta insieme la edizione non eccedeià il ni\-. ,-8 mero di 5q fogli di stampa al modico prezzo di cetilo- sime 13 di fioritio toscano per ogni foglio, e così ìq tutto la spesa non oli repasserà fiorini 6. Le associazioni si riceveranno in Pistoja presso la So- cietà Editrice, e nelle altre città d' Italia presso i prin- pali librai. Le spese di porto, e dazio sono a carico degli asso- ciati, de' quali resta a benefizio la legatura ia brocheii- re e le coperte stampate. Saggio Storico delle Pestilenze Perugine e sul governo sanitario di esse^ dal secolo XIP''Jino ai tempi jiostri del dottor Cesare Massari, ec. ec. — Perugia tipo- grafia Baduel i838. La storia delle pestilenze, e del sanitario loro governo -si è creduta valevole a sempre più dimostrare quanto il progressivo incivilimento e sapere degli uomini abbia favoreggiato la più colta e soddisfacente convivenza di essi: da ciò nacque il pensiero dell' Opera. Ne sì vuol credere che delle pestilenze perugine parlando ad eru- dizione ocl interesse del municipio nostro debba unica- mente tornare; imperciocché trovandosi la storia civile e letteraria di Perugia , per molte cose e da più lati , a quella congiunta di tutta Italia, lo è pure delle coa- tagioni. Così le une con le altre unite (quanto più spesso si potè fare) a più vasto fine venne diretto il lavoro. Mirando poi questa Storia alla onoranza e riconoscenza verso que' dotti medici che tanto per la salute degli uomini si adoperarono , verso que' buoni Principi che saggi benefattori de' popoli meglio ne tutelarono con provvide leggi la incolumità, verso que' veri sacerdoti del Vangelo che a prò di tanti infelici zelarono instan- cabili ne' casi tristissimi di conlagione , speriamo che •79 qVìestQ scritto debba essere accolto col maggior gradU pianto dal pubblico. Ne lo scrivere di pestilenze a d^ giostri sconviene dacché tutt'ora per alcuna di esse noa poco si soffre, o si teme. Questo SciggÌQ Storico-, ab^ bracciando sei secoli , in altrettanti Capi sarà diviso. Ogni capo conterrà i". Un Cenno sul secolo e sulla medicina politica. 2°. La Narrazione o indicazione delle "singole pestilenze, e di ciò che si fece onde impedirne la venuta, o menomarne la ferocia. 3°. Alcune Rifles- sioni o considerazioni speciali sulle cose narrate. Poi un Appendice con documenti; una Tavola generale delie pestilenze perugine ; ed un Indice termiuersunq il vo- lume. Trovatosi l' Autore d^ yent' otto gnrii a questa parte in ogni Ufficio di Sanità , ed in oggetti di pubblica Igiene non poco occupato , dagli archivi municipali , da più manoscritti e storici patrii , da molte notizie e cronache perugine, le quali dal eh. archeologo, sigpor Cav. Gio. Battista Vermiglioliy con ogui urb?»nità di maniere, gli furono partecipate, ha potuto rqccorre buona messe di cose per la esecuzione dell'opera. La edizione sarà fatta in 8°, cou ogni correzione e nitidezza. Il prezzo resta fissato a bajocchi tre per ogni foglio di stampa, avvertendo però che i fogli ascenderanno «^ circa venticinque. Orazioni Forensi dell' Avvocato Raffaele Savelli di Senigallia. — • Firenze a3 giugno i838. Nel desiderio che vivo, e sorto in Italia, oggi fiorente per ogni gentil disciplina , di posseder modelli anche nella materia della eloquenza forense , Luigi Pezzati tipografo fiorentino si è determinato di dare in luce yarie scelte orazioni dell' illustre avvocato Raffaele Sb^~ i8q velli di Senigallia. A questo (lìvisanienlo si è iiulotto (Jopo aver consideralo, che nell' Antologia di Firenze, primo trimestre i(S32, vennero commendate e proposte gppunto quai tipi dfl bello; che come esemplari se ne vanno oggi inserendo alcune nella Raccolta di prose italiane antiche e moderne compilata in Bologna dal professor Gaetano Lenzi^ e distribuita per tutti i ge- neri dell" Eloquenza.] e che recentemente ne sono stati eoa sottil critica rilevati i sommi pregi dal preclaro qvY- Giuseppe Pellegrini nel suo filosofico celebrato Ragionamento sulla Eloquenza Forense ; nel quale héi acclamato il Savelli come restauratore della oratoria giudiziale: sicché il suddetto editore nutre fondata spe- ranza, che la sua fatica sia per riuscire durevole ed ac- cetta a lutti i sapienti Italiani. Verri^ 1' opera stessa distribuita in tredici fascicoli contenenli dodici orazioni civili, ed altre dodici crimi- nali edile e inedite , novellamente rivedute e corrette dpU' autore. Ogni fascicolo sarà composto di circa otto fogli di slampa al prezzo di paoli quattro per ciascheduno. Se qe pubblicherà uno al mese incominciando da set- tembre venturo, e distribuendo per primo il lodato Ra- gionameuto del Pellegrini, clic servirà di prefazione al- l'opera, alla quale sarà unito il ritratto dell'Autore. Necrologia — : Costantino. M. Costantini, Ofov àitoi'^oi/.é'iioi')) «V- 5f(£y Siix.iTCf.v [ji.ci.y\)èi X«t' \oyiois PlND. PyTH. 1, Folcile al tornar dei clì,nell'afranno e nell'angoscia' trascor-i si, ridestasi pure la rimembranza degli spenti dalla cliole-., rica lue ; e poiché molti valorosi già ben meritando della patria nostra, e degli illustri estinti perernie mo- numento di gloria cittadina ad esso loro alzarono , non vo starmene tuttavia neghittoso. Imperocché se taluno dopo le molte vegliate notti a studio di sapienza, e di virtù non lodato si muore (i), incontanente va a cader licll'oblio, e quella poca dolcezza, che gustò nel condurre a termine alcun suo lavoro; ove siavi difetto di laude, si vizia tosto, e si corrompe. Di che andrò pur io spar- gendo un fiore sulla tomba di Costantino M. Costantini Presidente del Tribunal Civile in Palermo, uomo d'in- tegri costumi , di grande letteratura , e di molta legai sapienza ricolmo, che l'indico malore tolseci nel fior degli anni, e della gloria sua. Costantino M. Costantini in Piana de' Greci nel no-. vembre del 1^82 spirava le prime aure di vita. Nò adonta- yasi egli di esser nata in questa Albanese Colonia già per l'ospitalità bella, che quei nostri avi in Sicilia rin- vennero, sin dal i443 dai commilitoni di Giorgio Ca- striolto fabbricata , e che d' ingegni , onde le tornasse onore, non ebbe mai pentu'ia: che anzi adombrando iri alcun lungo delle opere sue il nascimento della sua terra natale di appartenerle si gloriava. E però scrivea, « io coinechè tragga 1' origine dalle belle contrade, ch<ì w già iurono del greco impero , reputo a mia ventura w l'esser nato iu questo suolo fecondo d'ingegni felici ",, (i) Pind. olimp. io. i8a Il Coslantini sortì molto clvil condizione, ed il padrci suo con ogni più squisita cura infendeva in Palermo dargli una educazione giusta, e degna. Dal Nasce, mentre co- stui leggeva nelle scuole dell'arcivescoyal seminario, ap- parò per tre anni continui 1' arte dei retori ; ne di ciò contento ascollò lezioni di eloquenza da Michelangelo Monti, che dettavale nell'Accademia degli studii di Pa- leimo, e dal Vesco apprese la lingua greca. Addettosi quindi allo studio delle legali discipline udiva le civili, e le canoniche leggi dal Garaio, dal Bisso, e dall'abate Drago, imparava da Sergio economia politica , e dal Gregorio la sicula storia. L' fu della poesia vago assai, e coltivolla con sì sol- lecito studio, che poi ne venne in fama. Erangli molto gradite, e care le muse latine, e qualche epigramma da lui scritto per una sua figliuola mortagli in Trapani di fresca età lo addimostra del bel numer' uno de' latinanti nostri; ma la favella, e la poesia d'Italia erano il suo prediletto amore. Nella gioventù del Costantini l'andazzo d' ir dietro ai iVugonisti vani , ed alle bizzarre fantasie del Cesarotti non erasi del tutto dileguato; sicché dibaflevansi gl'Ita- liani tra il mal vezzo introdotto, ed i conforti di quei savii, che afliiichè si ridonasse all'italiana lingua l'antico lustro, e la vigoria perduta, allo studio del Trecento li ritornavano. I£gli per avventura si avvenne ad insegna- menti buoni, e ne fu sì fattamente tocco, che leggendo con grande ardore gli scrittori antichi fortemente resta- vane preso. Fu costante in questo suo amore, e come se l'anima di qualche vecchio cruscante fosse in lui passata, contro r immortai cantore della Gerusalemme a sentire un tal poco di avversità si accostumava. Frattanto avvegnacchè o per iscella propria , o per comandi paterni, o perchè le sole , e nude lettere non danno a pezza di che poter vivere, l'animo suo (come è detto) applicasse alle leggi, tullavolla non intralasciò giammai nutrirsi del j)uro latte dei classici scrittori , e vi si addentrò cotanto, da spiccare ancor giovine un volo ardito , e dettar con ogni guisa di eleganze toscane un i83 didascalico poema. È questo in quattro libri diviso , e peicliè canta dtl sacro augel^ che negli EspericTorti r(f conduce eli frenare le ruote, l'intitolava il Colombaio (r). In esso il Costantini discorre del sito, iii che vuoisi locare il nido alle colomber acciocché difese dal freddo tempo, e non turbate da verun rumore, che bastasse a spaventarle, su d'un collo facile, e solatio contente e liete vivessero in pace. Ma il topo, la dounoja , ed il cor- nuto scarafaggio danneggiano i uidiaci , allorché o non sono bene aperti i gusci genitali, o non li ha la calug- gine coverti^Ei pure ci addita i mocli, onde cessar quelle nocive bestie , e come vincere la maggior guerra , che le diverse schiere dei rapaci augelli moveranno alle pa- vide colombe. Muri bene intonacati , puleggio disleso accanto dei nidi, finestre tutte munite di ferro, ed altri molti argomenti propone per mettere un argine a tanto danno , e disfar le vecchie pratiche del volgo ignaro. Né vuole, che con meno di accurata diligenza si allon- tanalo dalle sue ben amate colombe e galli , ed oche , ed altri animali assai di simil fàita, , poiché elleno ne fuggono la compagnia, e farebbonsi acerba , e continua guerra. Dati questi documenti, e detto dei mille modi diversi onde esse i loro nidi s' intrecciano con una vi- sione vagamente ritratta, si fa a noverarne le varie fa- miglie, e le migliori; e qua t'insegna, che i colombi sal- vatichi per molto, che vengano nella stia rattenuti non adusansi mai ^lla domestica vita; e là qual sia la più fe- conda razza, da cui nasce ordin lungo di numerosa gente. Avvisasi nel secondo libro poter distruggere la vana presunzione , di chi ki fida discernere il maschio dalla fémmina , che se non sono al binar dei nidiaci con- sorti le nature invan li guata, chi d' entra,tnbi vuol dar giudizio intero. Beato bensì appella colui, che di- stinse il tempo, in cui si consigliano atl amare, sparse larga copia di biade nei suoi cortili, e vietò ad esse il varco per venti giorni almeno; poiché solo così vedrà la pia colomba nicchiarsi accovacciata nel soflice nido. Né (i) SUmp. in Palermo nel i8i5, e riprodoUo nel 1837 per Barcellon,», |84 ^ sono esse così caste come altri estima, che gelosie grandi tra loro avvengono , e guerre assai per amor si fanno. In tal forma egli distrugge 1' antica favola della fedeltà delle colombe, e ne avvisa, che da lussuria invase amansi a vicenda le femmine, e talvolta il figlio non bene dalla muda uscito viene dal proprio padre calcato, e pesto. Abbatte quindi con forti detti la superstizione, di chi si argomenta con filtri, ed altri segni di animali uccisi avvincer sempre le colombe al nido antico , quando a ciò solamente coll'abbondanza de' buoni cibi si perviene. Prende così l'abbrivo per dir delle varie biade, ond'esse prendono diletto , e per andar ritraendo con parole la tramoggia, la quale, parte perchè porge loro il cibo a misura, che lo van consumando, e parte jìcrchè lascia pura , e scempia k» colombina , vuol essere di somma utilità stimala. Ne tace dell'acqua, che brama d'aigeuto, e senza fango, ne del truogo dalle strett€ labbra; giac- che, se la colomba bagnasi il petto nel tempo, iij cui è dalla febbre del parto divorata , può per, difetto di ca- lore uccider dentro la buccia l'embrion concetto. Studiasi nel terzo libro descrivere la stagione, in che nidificano le colombe , ne disvela gli arcani amori , il binar degli uovi, ed il soave avvicendarsi, e le sollecite cure, e I' ansia del maschio, pejchè anche essa la fem- mina vada al pasto usato. Ma mirabile parmi quel trat- to, in cui al vivo dipinge ed il formarsi del feto den- tro r uovo , e lo schiudersi , ed il nascer dei piccioni , ove tanta maestria dispiega la natura , che inarcherai le ciglia niaravigUando i nuovi mostri. Nel quarto libro in fine del modo d'ingrassare i pic- cioni discorre, allineile tenuti almen per mi mese nella stia, e ben saginati vendansi dal diligente castaido, e sì il rifacciano delle spese, e delle impiegate sollecitudini. Ne però avvi necessità di rompere ad essi le gambe , come taluno barbaramente adopera, che per tor loro va- ghezza del volare, e venire a capo del bramato intento, basta avere ad essi mozzaloil remeggio dell'ali. Impcu-occhè,,^ quando i piccioni non sono iti molto innauù nei mjesi, . i85 Vàiìnó è\ un manicar delicato , ed ogni guisa di gente assai di buon grado ne usa. Ma che dire delle infermila, onde sono travagliate le co- lnrnbe?Qijesto principale obbietto del suo canto non oblia il Costantini, ed a lungo ne ragiona, ed i rimiedii addita^ the le tornano a sanità. Riserbasi sul terminare del suo lavoro di far veduta l'utilità della colombina, e l'igno- ranza altresì dei contadini nostri, che beffandosi di chi con suo vantaggio se ne serve, vedono ricadere su loro la beffa; poiché ride lui chi iiiido al vento^ e scalzo— j abbronzato le mani^arso la fronte ^—scinto l'ispido crin, le guance smorte — vedelo errar per ogni villa intorno. Tante, e sì utili cose da lui cantate con istile natu- rale, converso rotondo, rotto, facile, armonico, non senza spruzzi di erudizione valsero a procacciargli fama di scrit- tore terso, elegante, e dotto, come colui, che in umile ar- gomento affaticandosi, dopo fiugate tutte le biblioteche, che han libri anticiii , e nuovi sulle colombe , è dopo aver depredato i fiori di tanti prati letterarii, accrebbe la gallerìa italiana degli scrittori di poetica agricoltu- ra (i), Senzachè le dottissime note di storia naturale , e di altre molte svariate conoscenze, onde il poema del Costantini va a dovizia fornito , accrescon pregio alla opera. Mentre egli scriveva il suo Colombaio agilavansi grandi destini. L' Italia lacerata dalle guerre napoleoniche era! scopo alla pietà, ed al compianto dei buoni, e la Sicilia nostra oppressa ancora dal baronale feudalismo tentava mercè gli sforzi di alcuni spiriti generosi romper le ca- tene, ed affrancarsi. Ma già la guerra toccava il termine suo, il feudalismo rovinava, ed il Costantini , che nel .suo poema dolorava i mali dell' una , e levava a cield i valorosi, che si erano a prò dell' altra adoperati,- go- deva nell'animo suo di sì avventurosi eventi. Intanto \à caduta di Bonaparle, e dì Murat con lui , ed il ritor- no di Re Ferdinando al soglio di Napoli grandissiini «nuldmenli nella nostra legislazione recavano, imperocché (i) Rt?bhi Toiri. 4'> dt!la Ictlenifuia Itrili.ìna; JS6 ....... >3 la gloria (i) del regno, e la felicità dei popoli rido» j> mandava, che le leggi si emendassero , e si riparas- » sevo per ovviare all'incertezza, ed opposizione dei prin- w cipii sparsi nel corpo del dritto civile, e nella infinità » serie delle nostre costituzioni mdnicipali ». Le leggi criminali richiedevano altresì Una rifoi-ma ; che voleva esser difesa l'innocenza, e la liberta del cittadino onesto, voleano poggiar le prudve: dei misfatti a basi sicure, e certe, uè altri rimasùgli di bàrbari costumi afiàcevansi più all'indole delle nazioni incivilite^ Ma di quel tèmpi le novità in Sicilia succedevansi come flutto a flutto, e non in sole le leggi, che anzi nel- l'amministrazion civile, nella forma dei giudizii, ed in lutto il rimanente grandi cambiamenti si avveravano. Videsi allora l'isola nostra già ab antiquo in tre grandi valli divisa partirsi incontanente in sette, altre città al- zarsi a capo delle nuove divisioni ^ e tribunali nuovi stanziarsi, ed intendenze, e magistrature d'ogni maniera. Ed avvegnaché fion fosser venuti meno gli antichi giu- dici, e la pili parte di essi ottentito avesse un luogo nei nuovi collej;!, nondimeno eravi difetto di personaggi, che seder potessero con dignità iiei banchi di ragione. E però molti dagli avvocati togliendosi non fu il Costantini dai go- vernanti trascurato: ma perchè Re Ferdinando a' 12 di a- gosto del i8ig creavalo giudice del circondario di Monrea- le, reputando a disonore sedersi in quello umile banco, noni vi si recava w Allorché in alcun popolo un corpo di nUove leggi si pub- blica, sendochè risecansi gli abusi, e distruggonsi gli odiosi privilegi, e le nocive parzialità, 1' universale ne gode, ma qualche parte dei particolari, e talora intere città ne restano gravemente offese. Or similmente in quella congiuntura ac- cadde agli Albanesi di Piana. Eglino da che gli avi loro in Sicilia si ficovrarono, e prima di fondar la colonia, col- l'Arcivescovo di Monreale, cui appartengono gli sterilì ter- reni, che furono ad esso loro concessi, vennero a j)alli. Di che nella solenne scritta fermavasi: doversi da un c;inlo gli esuli illustri (a [iena di esserne scacciati, e perdere ogni i'a- (0 CoiUDt. Cora, su i decreti nella prefazione. 1S7 tica duratavi clenlro) adoperare in modo, che in Ire anni atto ad abitarsi il comune, e colte, cnine in sì breve sjmziò poleasi meglio, si rendessero leterre;e l'Arcivescovo Barone dall'altra parte giurava di non violar mai quel patto, per cui dicevasi, doversi tutti i magistrati del njunicipio eleg- gere tra soli i seguitatoi'i dei greci riti. Sanzionarono i Mo- uarclii di qiiéi dì il contratto, rassodoUo il lungo girar di tre secoli, e meglio: ma minavanlo le nuove leggi, e rab- battevano. Laonde trattandosi in Napoli con grande studio la causa fu il Costantini colà dai suoi spedilo, fe quantunque nel patrocinarla vi si affacendasse indarno, ebbe lion ostante il destro di entrar nell'animo dei ministri, e dello stesso Re ottenendo in tal niodo a' 6 di ottobre del 1819 un luogo lia i giudici del civil tribunale in Trapani; Passati ajipena sei anni di sua dimora colà, ove era ito licogliendo tutti i decreti, e le ministeriali ordinanze, clic sujipliscono alle lacune lasciate dal nuovo codice, fu a' 36 di ottobre del iSaS alzato a giudice di G. C. criminale in Siracusa. Ivi il Costantini die mano alla pubblicazione del suo Commentai'io a' decreti, ed atti ministeriali in assai li- bri diviso (i). Questo suo lavoro come quello, che le tante leggi qua e là vaganti in solo un corpo riuniste, ad ogni guisa di forensi fu di somma utilità. Imperocché se l'ob- bietto delle lèggi (2) è 1' uomo, il fine,i costumi, ì premi,- è le pene sono di mezzo; se le leggi noii distruggono l'u- mana libertà, anzi l'impero di e^se fa l'uomo più libero di quello, che nello stato di natura fiori è* e se, intendendo es- se a prosperare in generale la sorte degli uomini, deono es- sere certe, ed invariabili per aversi quella guarentia perso- nale, e reale, che sola può dar guardia, e salvezza da un volere sfrenato; èra savio consiglio, che le leggi conseguen- ti, le quali sono supplemento (3) al gran vuoto del nuovo codice, con modo, e diligenza raccolte, fossero per le mani di tutti. Ma sterile ed imperfetto sarebbe stato il lavoro del Costantini senza un commentario delle cose notabili; (i) Cosfant. Com. cinque v. in 8. in Palermo presso Filippo So'li !83c «ino al i83a. (3) t^ostaiit. Com. nella prcfiizioue. ^i) Cosìtfnt. Com. nella dedica. quinrli egli vi appose In concordanza della ragion civile^ canonica, e statutaria; aggiunsevi le osservazioni al testo, é talora le decisioni dei casi emergenti. E perchè risguarda- va il nuovo codice r|ual ruscello da un real fiume disceso: e vano e frivolo riputava colui, die si pensa poter aspirare alla perfetta cognizione della legai facoltà senza l'apparec- chio di ciò, cl-.c prima si è detto, e poi scritto dai padri, e maestri della legge, iva a bella posta mettendo innanzi i confronti del diritto romano, e municipale, ed iva altresì notando non esser il nuovo codice se non se il compendio, e gli elementi della ragion civile esposti senza il mistero delle ombre, che vi erano diffuse (i). Applaudirono i giuristi ad un opera, clie interessa tanto la giustizia, ed il foro; un'opera in cui oltre gli articoli più importanti della legislazione succeduta al novello codice ap- positamente trattati, e le transitorie quistioni a bella posta intarsiate nei luoghi più opportuni, e come l'occasione da- vane agio, vi si rmviene quella eleganza, e proprietà di lin- gua, in che tanto il Costantini valeva. Ed in ciò è assai piii da lodarsi, perocché le opere dei legisti vanno per la mag- gior parte con tale una trascurag^ine dettale, e con linguag- gio sì disadorno, e barbaro da muovere lo stomaco,a chi ab- bia pure da lungi salutato il santuario della Italica venustà. Non è mio pensiero seguirlo nelle tante svariate dottri- ne, di che trattano i suoi cinque volumi: giacche ove dei fideccommessi, e dei maggioraschi, ove delle servitù, e dei dritti promiscui, e di quant'altro mai nei tanti libri, e nei moltissimi titoli tiensi ragione, venissemi talento una qual- che porzione andar notando, opera infinita fìirei. E però credo miglior partito dire con lui: ma la più accurata dili- genza impiegata (2) potè garentirlo dalla pecca di noa avere assoluto da capo a fondo la materia della compila- zione, che volle pubblicare? E peculiar destino di tutte le opdre, che escono dalla mano dell'uomo non toccar mai la perfezione: sicché pa- gando anche esso il suo tributo alla natura umana qualche (0 Nel dar conto di qiicsf opera del Costantini mi sono scrvKo del suol stcsw iinguaggio. ' ^ '^osfant. Cora, nella conclnsione r. '■ i89 ìégge interessante obliò, a che dipoi con un appendice rei- cava opportuno rimedio, e qualcuna v'intromise od inutile, o superflua, ed anche estranea alla materia. Ma è poi vero quel disordine nel disporre, e nel ravvicinar le leggi, quél . Mancamento di chiarezza, e d'unità di scopo, per cui fu chiamato in colpa da qualche rigido giurista? (i) Ma è poi vero, che il Costantini non adoperò disegno cerio e stabile, allorché dettava questo suo lavoro? Delle discipline legali io non mi conosco tiè poco ti è molto, e però non mi è dato su tal riguardo, emettete sentenza veruna, ma se vi sup- pongo un tal che di esagei'azioue, e di rigidità, non crèdo di andar fallito. Ne v'ha dùbbio altresì, che la natura dell'opera por- tasse doversi venir notando, Ove le nuove disposizioni al- l'intero sistema legislativo si acgordiuo, ed oVe no; ove esse dieno schiarimento alla legge promulgata, ed ove modifi- candola, abrogandola, derogandola, abbian portò nuovi co- mandi; e finalmente richiedere, che dal commento fòsse dichiarata la legge, e con fermezza l'occtillo intendimento di essa piantato, e che secondò il bisogno fossero sviluppate insieme le varie quistio;ii,che vifanno parte; ma sono vere Je colpe che anche al commento del Costantini si appongo- no? JNon è fuor di natura il credere, che talvolta le chiose ìnvecedi chiarir le disposizioni novelle, divagandosi tròppo, avviluppilo il lettore fra le \>ìh riposte qùistioni della giu- risprudenza, poiché era questo uno dei disegni di lui^ ma che vogliànsi nelle osservazioni del Costantini ritrovar co- tali dottrine, cui facciano contrasto e la ragion legale, ed k altresì la medesima legge, non è gran l'alto credibile. Non- dimeno, sieno vere sieno dubbie o false le mende appostegli egli è certo che sarà qutesta lavoro il testimoriio perènne della sapienza del Costantini nelle discipline del foro, e gli i resterà eterna la gloria di aver egli il primo dato opera alla compilazione delle leggi dopo ilnovello codice pro- mulgate. Come con tanto plauso dei giuristi iva méttendo in luce cotesto commentario suo la tremenda invidia adunavngli sul capo una furiosa tempesta. Ben ei presenli il ìmìian'y (i) V. Efftin, scient. Marzo ed Aprile i8j3. rumoreggiar del fulmine, e per cessarne il rovinio cbiedevai poter abbandonare i siracusani lidi. Lieto i governanti fa- ceanlo dell'onesta dimanda (i), e nei tribunali di Caltanis- setta si lo stanziavano. Or volendo il Costantini lasciar quivi un durevole segno di sua dimora riuniva insieme tre pastorali poesie, un satirico poemetto, e due novelle in pro- sa, che in un volume di picciola mole pubblicava colà (2). E comecliè i dolorosi lai di Anapo non ostante le molle mitologiche allusioni, ed il bello stile ornaménto principale delle opere di lui, non destino interesse veruno, e nulla al nome di lui aggiungano, pure le altre due egloghe vogliono per la novità dell'argomento attirar senza fallo gli sguardi del letterato, e del poeta ancora. Iiliperocchc la ninfa, che nella seconda delle selve lamenta con teneri versi l'usi- gnuolo mortole dopo un dì, che cogli unti rami tolto avea- gli la hberlà; ma che per averle dato lungamente diletto di mattina, e di sera col soave canto, ejale assai caro, e che, se fosse in lei, avrebbe di buon grado fatlo tornare in vita; oltre di èssere una felice imitazione del carme catul- liano, molto di novità in tutto randanienlo dimostra. E soprattutto in quel tratto, in cui un pastore uditone il pian- lo sovragiugne improvviso, e per daile conlento la regala d'un altio preso da lui nel nido, quando ancor non era be- ne delle piume' vestilo, che con grandi cure allevato avea, e che non calevasi della non conta libertà. Ne men bello, e nuovo riesce quel luogo in cui à maggiore alleggiamento della vezzosa ninfa documenti le dà su i cibi, onde quello animaletto gentile vuol èssere nutrito. Quando non altro, apprendèsi da questa poesia, che i vermi, di cui brulica la terra, e quei che nascon dalla crusca, ovale mosche depon- ganvi le loro uova, ed il cuor di capra,© d'agnello preciso, e mozzo, ed il fior di cece abbrustolito, ed intriso nell'uo- vo sodo, sonò acconcio nutrimento, onde a nostro diletto crescere gli usignuoli, ed allevarli entro la gabbia. NÌ3 novità, e diletto minore nell' ultima delle selve rin- viensi: conciosiacchè dopo aver dello della cacciaggione , che con reti, con panie, e con altri argomenti di tal ma- (i) Nel i83a fu traslocalo in Caltanissctla. (■j) Itiinc e prose ili Co»t. un Y- "> t>. CalUiuissclta i833 Tij ogr. Lij ouiii- hiH-a degli uccelli si fa, e come l'astuto uccellatore riede nella sua capanua carco di preda, e cupido di t^og/Ze, met- tasi a dipingere un'altra malizia, clie per accalappiarli an- che di nelle adopera. Canta adunque, che sull'imbrunire, avendo pria cenalo in povero dtìsCo,dà di mano alla selce, ne trae i vivi espressi semi del fuoco, i quali implicati tra le aride foglie, e soccorsi dal fiato destano una languidet- ta fiamma, con cui accende il suo frugnuolo. E quindi tutto chiuso nel mantello, e nascosta in seno la lanterna, va con un siiò compaguo,che porta il s£ Ne Sferizà un occulto satirico intendimento uscirono dal- la penna del Costantini le avventure di Gino delle Brachei e del Ferrarese Omero, che sono tema alle due novelle, ed ultima porzione del volume, di cui si fa parola; poiché ìq ciò secondava il naturai talento, che alla satira il sospin- geva. Ma olezzano di sì cara eleganza, ed imitano sìfclice- mente lo stile del beato trecenlo,che poste a pelto delle no- velle antiche le vincerebbero dal lato dell'intreccio, e non perderebbero nulla da quello della grazia, e della venustà; Le quali cose tutte per la varietà degli stili, per la pro- prietà del linguaggio, per li proverbi , ed i modi toscani, onde: sono ripiene, apertamente dimostrano e la scienza, e lo studio grande, che il Costantini nell'opera della Imgua impiegato aveavi. Ma Trapani colle marémme sue, 6 con gl'incantevoli fantasmi, di che quel cielo si veste al tramontar del sole, era forte stimolo alla fantasia di lui. Ivi egli caldo di dolce affetto pagava un tributo di amicizia a Francesco di Paola Sampolo buoni giurecoiìsulto, e dettandone il funebre elo- gio cara ed onorata rendea la memoria dell'estinto amico. Ed in Tra pani, ove a' aS Luglio del i834 ritornava col- l'allo ufficio di presidente al Tribunal Civile, ispiravasi la niente di lui, colà scendeva nelle tombe degli avi, interro- gavene gli spiriti, e meditava il poema sui fatnosi vespri siciliani. Ne al Costantini era dato eleggere argomento , che meglio si affacesse ad un epico poema. Imperocché grande era l'azione, che volea cantare, nobile, illustre, magnifica l'impresa, in cUi eccelse virtù commiste ad atro- cità senza pari ebbero luogo, in cui cortesia, e valore, in cui avvenimenti pietosi, e teneri, in cui affanni e pericoli a vicenda s' intrecciarono, e si successero. Ed un eroe rin- viensi di gran cuore, e di gran mente, che giganteggia Ira i molti, che con esso lui covarono Si lungamente il tremen- do disegno, e diedervi mano. Vi appare ancora un ma- gnanimo popolo, che balestrato nel fondo di tutte mise- rie dà un forte slancio, e Scuote quel ferreo gioco , che le mal combattute battaglie di Ceperano, e di Tagliacozzo a- Teangli imposto. Inoltre, e perchè l'avvenimetito è vero, e ))erciiè in si remoti, u lontani secoli avvenne, nL' il vcrisii.ri- 193 |p, ne il maraviglioso sarebbegli potuto mancare: che anzi come quello, che va per le bocche di tutti in mille guise svisato e guasto, dava agio al poeta di ornarlo di tutte macchine naturali, e sopranaturali, e di fiamettervi secon- do le opportunità episodii di ogni maniera. L' argomento in fiue era tale, che di nodo bello, di scioglimento migliore e di eccelsa fama sarebbegli stato assai fecondo. Di questo lavoro, in cui era sua mente cantare il giusto sdegno, che tolse a Carlo il siculo reame; e come Roma, e l'impero piegaronsi alla santa voglia;e qual fu il segno del- l'ira^cUe ruppe il vii servaggio, e d' infinite ostie il gran giorno fé' devoto a Dite, tre soli canti videro la luce. In esso d(jpo la proposizione, e dopo invocate le anime dei valoro- si morti in quella congiuntura, che quai presentissimi nu- mi gli porgessero aita, apre la scena del suo raccontp. cou l'assedio, che l'esercito francese capitanato da Monfofte mette attorno le mura di Messina. Apparecchiasi l'uua parte, e 1' altra all'assalto, incoraggia il francese i suoi , perchè presto si rechino in mano questa porta principale, dell' Isola; ne Galvano e Pervicallo dall' altra trascurano di dar animo cogli accenti, e coli' esempio a' cittadini di per se animosissimi, e che difendevansi tanto valorosamen- te, da fdr mordere a più di un guerriero la polve. Menlro ferve la mischia un colpo di pietra stende morto al suola il prò Stendardo; di che Monforte caldo d'ira chiama l'uc- cisore a singoiar tenzone. Sorge allora Elimo vecchio pru-; dente, e savio, che riprovando l'indiscreto ardore del ca- pitano audace propone, che sette francesi con altrettanti siciliani combattano. Accettasi da amendue le parli il prov- vido consiglio, mettonsi nell'urna benedetta i numi dei guerrieri, ed un piccino mi piedi ergesi ritto, ceda il' braccio nel fondo e trae lo scritto. S«elti coiì a sorte i campioni, e preparatoci luogo si dà cominciamento al cer- tame con una sola coppia di guerrieri, Varii colpi a vicenda licambiansi, ma finalmente il Siciliano disegna una gran botta nel camaglio al francese, e morto a' piedi suoi lo sten-i de. Era in Messina lieto il popol tutto per la vittoria ri- portata dal suo campione, sola Larina figliuola di Man- fredi alla nuova della morte del francese Furamondo per la,^ 194 . . ■ . , gran tlogliq sviene, e semiviva cade in terra. Accorre tosta la madre, accorrono le ancelle, ma dopo averla con grave sleiilo richiamata a vita, ella colla man fa cenno, die si rilirino tutte, e cbe sola, mejitre dà calma alle membra, resti la sna fedele Aleria. Poiché vide partirsi tutte, si fé' ella a narrare la causa de| suo dolore. E qui al nostro poeta cade in taglio di accennar (jualclie parte degli eventi pria successi mettendo in bocca della innamorala donzella il racconto della fuga dei Pugliesi, la costanza, e fedeltà dei Luceri, e l'eroica morte di Re Manfredi: quindi come ella, e la madre sua trovandosi assediate in un castello, e venendo a patti col nemico si partirono tenendo quale sta- tico lo spento guerriero i'rancese: come al guadar di un fiume, oy'ella smarrita cadde neirac(jua,per lui fu salva, e con assai pericolo: come se ne innamorò, e tenne chiuso in petto il lungo, ed infelice amore; come al vederlo tor- nato ad oste in Messina se 1' era ridesta più forte di pri- ma la fiamma antica; come la misera sperava divenire spo- glia opima del suo amante; e come le speranze vane erano ite preda al vento. Dopo le quali parole vinta dal grave affàinip nasconde in bianco lino la fàccia, e muore (i). E questa la somma delle cose, che nei suoi tre canti il Costantini ci narra; ma da ciò qual giudizio ne porteremo noi ? S' indovinerà firse il piano del lavoro di lui? avrem- mo noi avuto un epico poema, che star potesse al parago- ne dei tanti, di che l'italiana poesia si loda? Né a noi uè ai posteri nostri sarà concesso portare sentenza di tal maniera, ma solo a Dio, che celo ritolse nel più bel fiore di sua età. Ardentemente il Costantini l)ranìava d' essere in Paler- mo stanziato, perchè così dopo sedici anni, e più , da che ivasene per le varie città dell' isola vagando, si riposasse a canto dei suoi più cari, e godesse aneli' ei dei comodi della Capitale. Di ciò alla fine il contentavano, ed ai 25 di Febbraro del i836 neitribqnali di Palermo dal Re chia- malo allegramente vi si conleriva. Ma fu suo danno, da- poichù il rinascente vortice delle interminabili cause, ch'e- ragli mestieri aver per le mani, e districare , rubavagU quel poco di tempo, che altrove a' piaceri togliendo assai (i) V. Giorn. (li Scicnz. let. fase. i32. i36. i45. \ ,19^ ppportunaraenle negli studi suoi impiegava, e però non gli fu dato proseguir tuttavia il suo poema. E fu ancor suo danno; conciosiacchè scoppiato nel Giugno del fatale iSS^ il tremendo cholera, egli per ubbidire 3gli ordini del Mo- narca, e per non mancare al debito suo fuggepdo, veniva dalla furia dell' indico malore, toccato a pena 1' anno 55 di sua età, sospinto al sepolcro, ed a io di luglio l'infame car- retta traspòrtavalo colla vii plebe confuso al campo di morte Così moriva il Costantini lasciando desiderio di se alla consorte, a' figli, <ìd a' fratelli; così moriva, e, senza onore di tomba, giace con altri molti la sua spoglia mortale. Ma dopo se rimangono le opere per noi pennate, tre altri canti sui vespri SiciÌiani,un poemetto intitolato l'Archiloco, che ebbe la malaventura di non veder la luce del giorno, ed altre molte prose, e poesie minori, che serban con grande cura i suoi. Pur nondimeno le opere che di lui ci restano, fanno chia- ramente veduto, di che facile vena, e di che ferace ingegno fossegli stata donatrice larga la natura: imperochè malura- vane(i) la più parte spendendo i momenti, che sono dati alle noie dello spirito. Costantino M. Costantini ebbe corta la persola, breve il collo, larghe più che lunghe le mascelle, e fortemente colo- rite; ebbe occhi neri, grandi, vivacissimi; naso adunco, mento sporto innanzi, e ricurvato. Fu di portamento qiode- sto, di miti costumi, di modi dolci, e di animo pio; ebbe assai vaghezza della satira, e gli fu gioco forza venire a con- tesa con nemici polenti aspramente da lui toccali e punti. Amò di grande affetto la consorte, i figliuoli, la patria. A questa, allorché fu richiesto difi-ndcrla dalle ingiurie degli uomini, e de' tempi, non ricusò mai i lumi, e l' autorità, di cui non a torto godeva: poiché ed appo i governanti, ed appo i ministri del re, or colla voce, e talora cogli scrittile diede in ogni congiuntura soccorso ne tenue, ne senza prò. Fu assiduo nel ministrar l'uilicio suo, ne in diciotto an- ni di magistratura di nulla accrebbe le sue fortune; e se ia tante liti di varie guise, che furongli porte innanzi, la mal- dicenza alcuna fiala non si chiamò gran fatto contenta, non (1) V. una delle dediche apposte alle sue Rime, e Prose. a malignità dell'animo,, ma più presto agli scaltrimentì al- trui se ne vuol dare la colpa. E però ove i detrattori ini- qui, che con bramose voglie addentano quale ad essi viene incontro, amassero un tal poco disaminale i fatti, terreb- bero nella chiostra de' denti la mordace parola, e nei falli degl'ingegni illustri si passerebbero agevolmente assai. Niccoi-ò Gamarda. INDICE DEL TOMO XXI. prospetto delle Scienze e dellalelteratviia del secolo decimonono in Sicilia — Capitolo 1I.°— 7 Dell' agricoltura siciliana dal 1800 al iSS;. — Cav. Prof. Salvali re Scuderi — p^rte prima e seconda. ..... pag. 3 e 65 Vita dei cav. Vincenzo Riolo dirett. dell' Accad del INWo nella R. Uni- Versila dcRli Sludi di Palermo — Paolo Giudice—parie I. e parte il.» 22 e 795 Imitazione di Orazio — Ode di Gius. Ceva Griiualdi. Napoli, ibS/j — ^F.M.j» Sj Corso elementare di medicina pratica per Ignazio Foti doli, in filof. e Med. ec. Palermo i838. — Gaetano A l^eri-Fogliani . . . » 5o Della Cassa di Risparmio che si fonda in Bologna e de' vantaggi che questa istituzione è per arrecare al consorzio civile. — L. C. . » 53 Orazione in commemorazione del tremuolo del iSaS: recitata nel Duomo di Palermo il giorno 5. mano i838. dal P. Domenico Avella delle Scuole Pie R. Revisore e Direttore degli studi nel Real Collegio Calasan- zio. — Palermo 1 838.' un voi. in 4 •" — L)i Marzo e Ferro ...» 56, Necrologia per Salvatore Terranova — Domenico Ragona-Scinà . . » 58 Lettera del Cav. Salvatore Scuderi al Direttore delle Efleraeridi scien- tifiche e letterarie per la Sicilia . . . . . . » 9° Analisi delle acque minerali di Porretla del prof, di chimica farmaceutica nella pontilìcia Università di Bologna Gaetano Sgatzi. — Luigi Castellana» io5 Esperimenti del cholera-morbus di Ajiosluio Capi elio. Roma tipografia delle belle arti 1 838 in 8." — Gaetano Algcn-Fot;liani . •. » '^^ Sulle vicende dqlle scietrze sacre in Sicdia nel secolo XlX. Memoria del- l' ab. Cesare Pasca jrof. di filosolia nel Seiiiiiiano di S. Rocco, e socio di varie Accademie ce. Pai. dalla ti(). Si^anipinato i838. ni 8.° F. B. » 1 il Keu-Rapsodia Qyvero. nuovo ordinanieulo dell'Epistola di Oraz.o Fiacco ai Pisoni con la corrispondente traduzione in verso libero it;diano ec. » li^ Lettera del prof. Giuseppe Borghi al prof. D. Gioachino Geremia sulla Neu-Rapsodia del medesimo. . • jj il5 Sul Novenario per lo Spirilo Santo. —Lezioni del can, Emmanucle Leone un voi. in-8 ° Pai. tip. Muratori i838. — Nico.ò Camaiila. • • » "^ Per la morte di Bellini — Canzone inedita di Gi.yseppaM- Guacei Nobile » ia5 Annunzio della morte del doti. Mariano Dominici, e iscrizioni funebri del prof. Baldassare Roinano pel niedcsiino . » 127 Prospetto delle Scicnac e della letieraluia nel secolo XlX in Sicilia-Capito- lo 111.° — Mineralogia e Geoloj;ia — Parie prima — Cai lo Gi'miiiellaro » 129 Della proprietà letteraria — Ragionamento di Carlo Mele — Napoli 1837. Della proprietà letteraria, e de' s.uoi giusti conlijii di Malico De Au- gusliuis — Luigi Castellana ......•» '56 Sppra un' Argilla Smellica siciliana — B. 0. . • • " . " '^° Elogio del prof. Laromiguicre pronunziato da Vittorio Cousin nell'Istituto di Francia •. • " '^^ Calàlago dei minerali esotici della Collozione del cav. Monticelli — F.1\I. » itì6 Polemica — Risposta ad un articolo di anonimo Caccamesc iiiserilp nel voi. 62 del Giornale di Scienze lettere eil arti — Giuseppe Marchesi » 174 Florilegio di eloquenza llaliana — Pistoia 5 nuiggio 1 838. . . » 176 Raggio storico delle pestilenze perugine ce. tlel dolt. Massari. . » 178 (Jjfazioniforenzi dell' a\'v. Ralfaclc SavcUi di Senigallia » 179 ^ecribgia — Coilanliiio M. Costantiui — scritta da N iccolò Cainarda. >i i8.v. SBiaaaajjaiiiais as «.saaisiBaBiiiB PER TjX SICILIA Tom, XXII. Anno FU, niellaro vi fu spedito dalla Unir versila di Catania, e ne scrisse al ritorno una disliulJA (i) Qioniale Letterario per la Sicilia n. loi. 4 relazione (;), alla quale aggiunse le s^e geologiclie ri- flessioni, e la spjega degli svariati non ordinarii feno- meni che quel vulcano, già sorto dalle onde, offriva agli sg^ardi dell' osservatore, appoggiato alle più accredita- te teorie geologiche che le formazioni vulcaniche riguar- dano. Quell'isola fu variamente denominata; gl'Inglesi appellaronla Graham, ed Hosham; Gemmellarp la disse Isola di Ferdinando II., altri Ferdinanda, ed il sig. Costant Pevol , che vi giunse dopo essersi estinta la vul- canica azione, ed il cono andava ad esser distrutto dalle onde, come il Gemmellaro predetto aveva (3), denomi- nolla Giulia. In questo medesimo Giornale (3) se ne die preciso ragguaglio da forbito, e dotto scrittore; il quale ancor- ché taciuto abbi^ il suo nome, lascia pur troppo a, di- vedere di qual polso egli sia, quando dà la fisica spie- gazione dei meteorologici straordinarii fenomeni , che accompagnarono quella eruzione. Da Trapani il sig. Sal- vatore Russo Ferrugla scrisse anch' egli la storia di quel ■vulcanico avvenimento (4). Nel i832 il padre D. Gregorio Barnaba la Via ri- produsse le sue geognostiche osservazioni su' contorni di Caltanisselta (5). Nelle quali trovansi corretti e rischia- rati taluni equivoci corsi nella prima memoria di sopra enunciata. Più distinta vi è rapportata la serie delle for- mazioni, ed un ricco catalogo di organici fossili vi sta iscritto, fra i quali una cancellarìa da lui scoperta, ed a lui dal professore Hofimann dedicala col nome di Cancellarìa la Vie. (1) Relazione del nuovo vulcano sorto fra la costa meridionale di Sicilia e l'Isola di Pantellaria — del prof. Carlo GcmmcUaro, — Catania i83i. (2) Relazione citafa pag. 44- (3) Breve ragguaglio del novello Vulcano. Effemeridi scient. e lett. per la Sicilia tom. i." Palermo i832. (4) Storia dell' Isola Ferdinanda sorta dalla costa meridionale di Sicilia da $aWatore Russo Ferrugia. —Trapani i83i. (5) Geognostiche osservazioni fatte nei dintorni di Callanissetta dal Padre D. Gregorio Barnaba la Via Cassincte ec Caltani^sctU i833. ,,,.,. , , , , , ,5 i.' Etna in questo anno apri i suol fianchi ad una eru- zione che minacciò seppellire la città di Brente. Fu essai descritta, fra gli altri, dal basiliano D. Paolo Vaglia- sinni da Raudazzo, e pubblicata in Palermo nel i833. Essa cominciò a t ,° novèmbre i832; ed iti dicianove giorni si estinse. Il Vagliasinni ha dato a conoscere eòa Questa siia descrizione diligènte e precisa , che il fisico vaso dei fenomeni vulcanici non si arresta alla sola nar- razione storica del coi-so della eruzione, ma tutte rac- coglie le circostanze che giovar possono allo spieganaen - to della vulcanica azione. Le Effernehcli scientifiche per la Sicilia comparivano con un nuoVo lavoro sopra la conchiologia fossile e ma- rina. ,L' egregio Barone Bivona noto per le sue produ- zioni botaniche nort che per altri saggi di mineralogia e palcontografia, cominciava la pubblicazione dei carat- teri di molti generi é specie di coiichiglie fossili, di cui tion erasi fatto cenno da altri in Sicilia (i), e ci duole che tale utilissimo è pregiato lavoro non si sia conti- iiuato sul piano dall'autore propostoci Nel tomo quarto di quel Giornale, il professói* Car- lo Gemmellaro inserì una Lettera, in cui daiva spie- gamento della formazione dei rognoni silicei nel cal- carlo secondario (:^); Credè I' autore che non essendo tutte nello stalo di carbonato di calce delle grandi for- inazioni secondarie, e trovandosi in esse quasi sempre Inista dèli' arenaf-ia, la calce disciolta! dalle acque di fil- trazione serve di sovente alla silice dei granelli del quar- zo dell'arenaria, é seco la trascini nello stato di solu= zione o gelatinosa nei Vani che esistono fra imo strato è r altro del carbonaio calcare secondario; ed ivi accu- mulata giungono ii formare i rognoni silicei, i diaspri,' le agate étc. Qaesla; opinione egli appoggia S. dèi tàlli (i) Effcinerifli Tom. i.° i832. . . , . . (-i) Sul iiioJo di foriniiionc dei roo;noni silicei nella roccia caìcare" I.'ef * tira del pigi'. C. Geinincllaro otc. Effemeridi toni, 4. l83a» 6 inconlrastablli che provano lo slato tli fluidità^ 0 almC' no di consistenza gelatinosa della selce piromaca, della iJilcedonia e dell'agata, in cui non solo dei resti di con- cliiglic di fuchi di alcioni rinvenutisi sono^ ma sin' an-s che oggetti di umana industria, come chiodi, medaglie,- e simili. Lo stesso professor Gemmellaro irtiraagin?) nel i83:i un nuovo metodo di disporre le carte geologiche, perchè più facile ne resultasse la intelligenza nei giovani che stu- diano la geologia. Egli sovrappose quattro carte che ri- tagliale a seconda dell' andamento delle varie formazio- ni disegnavano tulle insieme la superfìcie dei terreni di Sicilia: in modo però che togliendo la prima, la quale le ultime formazioni indicava, quella che scoprivasi ve- der faceva le terziarie formazioni nei siti appunto che esse vanno occupando: tolta quella seconda il terreno secondario nella sua estensione si scopriva , e tolta la terza finalmente 1' antico suolo primitivo , in continua- zione di quello di Calabria reslava disegualo sopra l'ul- tima carta. La descrizione di queste tavole fu inserita* nel giornale letterario per la Sicilia (i), ed interessò vi- vamente la società geologica di Francia (2) in Strasburg, ove fu dui Gemmellaro presentata in Settembre i834} non che l' assemblea dei fisici tedeschi in Stultgard nel- l' anno istesso. 11 professore Agatino Longo atendo eseguilo delle im- portanti osservazioni geognostiche sopra la rupe basalti- ca della motta, e sopra la costa di Aci Castello e Trez- za, pubblicò nel Giornale del gabinetto dell'Accademia Gioenia in Catania (3), alcune sue osservazioni che ser- vono a rischiarare taluni dubbi ed equivoci sopra le formazioni basaltiche e la natura di molti minerali, che (i) Tom. XLV anno XII. nmn. i34. (2) bulrlin (le la socittò geologiqiic de Fraiicc. — Tom. 6, iS.I.'i. p.iR. ig'. (3) Ossii vazioni gcologiclio e(Ì oiittognosliclu' fatte nel littorale di Ati Trez- za, e Castello del juof. A^jatino Lungo — Gurniak del gabiiiello giocnio ii. 4- _ Aprile i854' i . . • • •. . . . 7 ivi si rinvengono; di mòdo che quelle memorie lion so- tio da trascurarsi per chi ama conoscere quanto sopra quelle rocce è stato detto (i). Nel 1834 il sig. Ch. Lyell da Londra nella sua opera insigne di geologia (2) trattò diffusamente dei terreni terziari di Sicilia, ove qualche anno prima era stato ad osservare. Parve ad lin tal Franco siciliano che non an- davano esatiamentè descritte le formazioni, e le roccie di nostra Isola ih quell'opera pregiatissima per molti iitoli, e ne pubblicò uno esame critico nel Giornale let- terario per h Sicilia (3), in cui fa conoscere l'autore, che Ih sieda geognosia non èra stata trattata come dovevasi dal dotto geologo inglese (4)- Tanti pregevoli separati lavori hanno molto influito al progrètliiiiento della stìènza mineralogica patria. LÒ Unite fatiche però di un corpo di scienziati sono quelle da cui maggior ùtile si debbe aspettare. L' Accademia Gioenia sin dal 1824 indefessamente ai questo scopo lavora. Trascurando i non pochi travagli, fché il rèsto delle naturali scienze riguardano, noi pre- senteremo in succinto quadro quel che si è fatto nella geologia, nella geognosia, nella mineralogia, ed in altre separate branche di questi rami di storia naturale. Quattro memorie considerar possonsi come dirette ad articoli di geologia in generale; tali sono, una del pro- :. (i) La sessione generale della società economica del Valle di Catania del 3o niaf,'nio i835 fu illustrata da un discorso del Canonico Alcssi sulla sco- perta della magnesia solfata in Sicilia (*): fu essa rinvenuta nel nionte di Buonconsiglio jiresso Raraniàcca in piccole masse fibrose fra gU strali di ar- gilla scistosa, e di calce solfata. (*) lìiscorso della Soc. ccon. dej Valle di Catania ctc. — Catania i83.'). (2) Princiiiles of Geology éfc. by Charles Lyell etc. T. i3. 5. art. 3. za cdit. — London 1884. (3) N. i56.— 1836. ,. . , , (4) L>cl ferro spccolarc di Biàncavilla pubblicò un cenno iniiieralogico il t)r. Placido Portai — ove i caratteri fisici, mineralogici e chiutici ne presenta^' éòn delle notizie sulla sua giacitura (*). ■ (*) (JsMrvazioni sojira il ferro spccolarc vulcanico trovato iicU' Etna di P,' Portai'. — Opus'colctto senza dàt;i. fessor Maraviglia sulla teoria dei vulcani; un' altra del* lo stesso autore sopra 1' azione del fuoco nella produ- xione di alcuni membri della serie geognostica; una ter- za «ulla profondità del focolare vulcanico del sig. Sè- Lastiano Culli; e la quarta del prof; Gemmellaro da lui letta alla società geologica di Francia in Strasbourg, sulla formazione della crosta del Globo* Nella prima memoria (i) il professor Maravigna reclama la priorità di sue idee sulla causa dei vul- cani, esposte sin dal 1819 (vai tanto a dire otto anni dopo i primi cenni dati in questa teoria dall' immor- tale Davy ) dietro di essersi accorto che i signori Gaydussac, D'Aubisson, e Payen avevano adottato si- mili j)ensamenti, senza nominarli neppure. E se ta- ciuto erasi per molti anni l'autore, dacché da' dotti d'I- talia a quella teoria non si era fatto buon viso, collap- pogglo ora di tre autori francesi, tìgli riprende coraggio nel sostenere i suoi argomenti, e pretende dimostrare come più facilmente si possa attribuire la formazione delle lave ftlla fusione degli ossidi di quei metalli^ che eccitarono e manlemiero gl'incendi; e non solo a quella delle rocce pirogeniche, ma alla soluzione di altri geologici fena- meni tenta applicarla. Nella seconda Memoria (2) entra in disamina del mo- do di formazione delle rocce pirogeniche , appoggialo sempre alla sua prediletta teoria, e si raggira di conlinù© su gli slessi argomenti. Sulla Trachite , e sul Basalto egli pensa poter essere probabile avere avuto quelle roc* ce un cratere, ed anche delle correnti, come i moder- ni vulcani; ed in appoggio rapporta come conenti le lave (1) Memoria sui miglioramenti clie le srojierte diimiche hanno apportato alla soluiioae di alcuni peologici fenomeni; e partirolarnientc alla teoria dei Tulcani eie. ctc. Alti dell'Accademia (iioenia voi. VIU. (2) Alcune idee sull'azione del fuoco nella produzione di alcuni membri delia serie geopnoitica, su' rapporti del terreno trachitico con quello dei vul.' «■ani estinti ed attivi, ed avvicinamenti di Geyser, e dei Tulcaui idtvuryillodi cou t vokaui ignivomi ce. Atti ce. voi. Vili. J)rlsmatlcl)e de' contornì dell' Etna, ed anche i gruppi dei basalti de' dintorni degli scogli de' Ciclopi; non fa- cendo distinzione alcuna fra queste due rocce. Colla stessa teoria spiega lo sgorgo de' Geyser, i vulcani idiogillosi, ed i terreni àrdenti. Sopra pochissimi dati, e saldi qudnto l' attuale Stata della Geologia può prestarli, il signor Sebastiano Gulii seppe architettare un felice ragionamento sulla profon- dità del focolare vulcanico, ove le accensioni si elabo- rano (i). Seguendo la teoria del La Place considera egli la terra come formata da sostanze fluide ema- nale dal Sole, gradatamente condensate, e disposte in varie zone concentriche ; fra le quali potevano intro- dursi le acque che ne coprivano la superficie; e questa a causa del loro peso poteva sprofondare e dar luogo ad un ritiro di acque , che apparir fece le montagne. Da questo abbassamento delle acque del mare ha ten- tato il Gulli poter dedurre approssimativamente quanto gli strati pietrosi del globo si fossero abbassati; e dopa un ben diretto matematico ragionamento conchiude che la misura di 3'].55'j piedi dee riguardarsi come un li- mile in fra del quale non cade la minima profondità della crosta del globo, al di sotto di cui pare che l'ar- dente focolare dei vulcani abbia la sua sede. Il professor Gemmellaro essendosi nel settembre del 1834 recato in Strasbourg alle sessioni della Società geohj- gica di Francia, vi lesse nella terza tornata (2) una Memoria sulla formazione della crosta del globo , che fu inserita per intiero nel bulleltino di tj nella Si;- cietà. Non potendo ammettere l'autore che tulle le ca- tene di montagne del globo si fossero elevate per solle- (1) filfcrclie sulla prof'oiiflilà de' vulcani. Giugno 1834. Alti deU' Accade- mia Gioèiira eie. voi. XI. ('.) Mr. Gciiiinclluro ili le ineinoìre suivant , iiititulc « Iilèes sur la for- itidiiou de la croilt du giobc « Bulctin d'c la sociclè geolo^ifjuc de FianTe. Tom. 6. j'ag. aS. vamento, sccbriclo il parere dèi toodèrni gfeològi francési fece presente alla Socielh, clib se la crosta del Globo èra una volta stillo Stato d' ignea fusione , al graduale suo rafli'eddaniGitto doveva formarsi una spècie di scoria alla isuperficie, e quésta per l'appunto costituir doveva quelle ineguaglianze di globo che montagne e vallate primitive Si appellano: che la inclinàxione degli strati delle rocce iiettuniche secondarie, più che al sollevamento attribuii potrébbesi alla subitanea evapiotàtione dell'acqua a con- tatto della sotto posta infocata massa della terra , ove èrasi ptecipitata per Id sprofondamento della prima scoria! nei punti meno resistenti ; e tale evapoiaziorie era ca- pace di rompere la sovrapposta scorza del^Globo^ e farld inclinare in varie direzioni contemporaneamente. Egli J)rova infatti che dopo il periodo secondario tali avve- nimenti soiio rarissimi. La Geologia in particolare riguardano le memòrie dello stesso Gemmèllaro sopra il Basalto , sopra i vulcani estinti del Val di Noto , sullo zolfo , e sulla valle del Bove. JNella prima (r) assume 1' autore di provare la( dillérenza posilii'à che passa fra il basalto e le vére la- ve vulcaniche: trova la struttura del primo più terrosa, più vetriftcatal quella delle seconde; quello in gruppi che vengono dal basso in alto, queste in corrènti calale da un cratere di eruzione ei^idente e marcato : in quello i prismi sono regolari ed uniforfni, sfiticolati per lopici, irregolarissihii e senza articolazioni nelle lave. Esamina' poscia il terréno proveniente dalla decomposizione di' amendue , e diQèrenlissimo lo addimostra. Ricorre per ogni proposizione a degli esempr tratti dalle rocce del- l'Etna e del Val di Noto, e degli scogli de' Ciclopi; e dopo uno stretto esame del basalto nello stato di coin- pallezza semplice , di quello a superficie vetrosa, e di quello nello sialo di decomposizione, conchiudé che que- (i) Sopra il Ik-isalto o gli tffcUì drlla sua » — Atti deU' accademia Gioenia voi. XI. (2) Sulla costituzione Gsica della Vaile del Bove — Dicembre i835. Att^ acdad, voi. XII.? ... »4 . . jdella giacitura di quel solfo utili notizie cavar s\ possono da quei breve ceune (i). Delle alternative del calcarlo terziario di Mililello , colle correnti sottomarine di qqei vvilcani ^stinti , die psatto ragguaglio il professor Pi Giacomo iq altra me- moria (a), nella quale , oltre alle precise circonstanze topografiche, delle specie oriltognosticlie dà scelto cata- logo , senza trascurare le conchiglie fossili di quei ter- reni, distinti in calcari, iu layg, in treccie, in tufi, ed in suolo di trasporto. L' egregio canonico Giuseppe Alessi accuratamente descrisse i campi e le montagne del territorio Ennese (3), noverando i fiumi, ed i colli che gli servono di limiti; considerò quindi la geognosticq relazion» delle rocce di pui si compone, ed un' arenaria secondaria vi riconobbe che ne forma la base, sopra di cui le terziarie rocce di argille di calcarie e di gesso si van disponendo seconda l'epoca di loro rispettiva formazione. Ricco è il catalogo delle rocce dei minerali e dei fossili dal dotto autore compilato, e che riuscirì\ sempre utilissimo a chi bramii formarsi adequata idea di quel vasto tratto di terreno. Il Geramellaro favellando del tratto terrestre dell'Et- na (4) ne presenta le geologiche, e geognostiche condi- zioni, e distingue uell'Etna cinque terreni, cioè i°. 1^^ carriera basaltica indipendente dal Vulcano; 2°. la for- mazione terziaria di gres ed argilla; 3\ il terreno di trasporto della piana di Catania ; 4"-. ^ 5°. la parte (i) Osservazioni gegnostiche sulla Contea^ di Sammartiao « io Giogno 1824-», Ani accademici vai. 1.° (2) Breve relazione geognostica dei con,lorni di Militello in Val di Noto. a3 Agosto 1824 Attiaccad. voi. i.° — Un estratto di questa memoria in tedesco trovasi nel primo volume sul Basalto del cav. Leouhard da Hcidel-. berg. pag. 337. , (3) DescrÌ2.ione fisico mineralogica di Enna et. Novembre 1834. — Att^ accad. voi. i." — Menzionala nel Bullettino di rerniac. voi. 28 pag. 4'9,-> « ^clla Biblioteca Italiana n. i43. ctc. (4) Condiiioni geologiche del tratto terrestre dell'Etna. Gennaro i8;25. ^Iti accad. voi. i.° pntica e moderim dell'Etna, ossia la orientale e 1^ oc- cidentale. Questa memoria però dovrebbe corrpggprsi ia più di un luogo: come ha già cominciato a farlo l' au- tore stesso, quando glie n' è venuto il de§tro. Dalle osservazioni geognostiche dei contorni di N^cot sia (i) del padre J^a Via, può conchiudersi che la cal- caria di transizione? serva di basp alle terziarie forma- zioni di calcarla marnosa a piccioli strati, alternante cor straticelli di selenite, di argilla con arenaria rossa e gri- giastra; di argilla bituminifera scistosa , e di gessi cor zolfo e sai marino. Quivi pure rinvengonsi 1' ambra, lo, asfalto, e le piriti marziali. Precise sono le osservazioni fatte dal Contp Beffa in Contessa, "Val di Mazzara, e comunicate al Gemmellaro, che ne presentò una memoria (2) all'Accademia Gioeni^ unitamente all'annessa collezione geognostica. Quel va- loroso geologo trovò che la massa montagnosa di quella parte di Sicilia non offre che formazioni secondarie; le terziarie non vi occupano che i bassi terreni, e le valli inferiori. Di queste l'argilla è la roccia principale; e fra le subordinale la calcaria occupa uno spazio maggiore, perchè stendesi per gran tratto nei contorni di Sciacca, Caltabellotta, e Girgenti. L'arenaria abbonda nella val- lata, di cui Contessa forma il termine meridionale: il gpsso collo zolfo si mostra scoverto in piccolissimi strati. Il confine marittimo dell' Etna è di passo in passo geognosticamente descritto dal medesimo professor Carlo Gemmellaro in un' altra memoria (3). Questo e quasi interamente vulcanico, se se ne eccettui la costa argillosa della Trezza co' basalti, che fan seguito agli scogli dei Ciclopi, e la spiaggia di arena quarzosa di Catania sino ^lla foce del Simeto. (i) Osservazioni geognostiche dei contorni di Nicosia. » Marzo i825. » Atti accad. voi. i.° (2) Breve descrizione geognostica dei contorni di Contessa, Val di Mazzara. ctFebbraro i8a6. » Atti accad. voi. 2.° (3) Sopra il cenane marittimo dell' Etna. « Aprile 1828. » Alti accad, voi. 4''* ' .»....- Uu' altra produzione slmile , di questo professore , è dedicata a j^escrivere 1 caratteri fisionomici delie monta- gne di Srtilia; (i) e questo accurato lavoro può conside- rarsi nel tempo stesso come uq saggio compendiosq dell^ Geognosia siciliana. Se le isole che attorniano la Sicilia debbono riguar-? darsi come ad essa appartenenti, il conte Beffa ha reso alla Sicilia un altro servigio recandosi ad osservare geo- logicamente l'Isola di Pantellai'ia. Per mezzo del prof. C. Gemraellaro egli donò alla Gioenia una scelta coir lezione delle principali rocce di quell' isola vulcanica , con degli schiarimenti che si pubblicarono dal Gemmel- laro negli Atti di quella società (2). Quell'isola, abben- chè tracliitica nella base , mostra però due epoche di- stintissime ; e la parte settentrionale è fuor di dubbio la più recente: mentre le elevazioni trachitiche (Domes), la trachite che passa alla domite, l'assenza del pirossene, caratterizzano per più antica la meridionale. Interessanti sono le rocce vulcaniche che vi si raccolgono; ma di più rilievo sono le acque minerali che vi contengono in so- luzione un carbonato alcalino , e disciogliendo la selce la depositano in forma di calcedonia, di ossale di selce piromaca, e final mente anche la trattengono in soluzione, come le acque del Geyser d'Islanda. Distinta descrizione geognostica e topografica de' cour torni di Catania ricavasi dal saggio sopra il clima di quella città, presentato alla Gioeni.! dallo stesso (jem- mellaro (3). Quel suolo è quasi interamente costituito di correnti di lava dell'Etna, a riserba di quel picciol tratto della formazione di gres e d' argilla dalle slesse lave risparmiato, ove si coltivano gli orti ed i giardini palanesi a N. 0. dall'abitato. (i) Sulla fìsQQomia delle montagne di Sicilia Novembre 1828. Atti accad. yo!. 5-° . ' (2) Sopra l'Isola di PantcUarla cfc. Aprile 1829. Atti accad. voi. 5.. (3) Sopra il clima di Calania, «aggio etc. Geuaaro id3o. Atti accad. yol.G) \ ^7 La costa meridionale del Valle di Messina dal Faro sino airotiobola è descritta geognosticamente dal prelo- dato autore (i). Rapidamente ei la percorre in primo per considerare l' insieme delle sue lormazioni : ma di- stintamente poscia va esaminando come allo gneiss delle montagne di Messina si appoggi il micascisto sino alla scaletta ed a questo lo scisto argilloso sino ad Ali. Quivi il calcario di transizione apparisce, non che qual- che filone di Grawacca. Siegue il terreno antracilero , dal Gemraellaro la prima volta nominato in Sicilia , col gres grigio, la calcarla bluastra a grana semicristal- lina, lo scisto carbonaio, ed il carbone di Limina. Ap- poggiato a questa formazione è il piano inferiore del terreno Giurassico di Tauromina,a cui succede la ter- ziaria formazione del calcario del mitoscio e Caltabiano, quindi le torrenti dell'Etna ed il terreno alluviale. A questa descrizione un'altra ne aggiunse il Gemmel- laro del terreno giurassico di Tauromina (2), nel quale le seguenti rocce va noverando: 1". l'argilla plastica che si estende da Pietra Oolite lungo 1' Onobola , per levante ; 2°. 1' argilla dei Giardini , che sembra uno scisto argilloso in fatiscenza; 3°. la marna bianca delle colline di Tauromina e Giardini; 4**- il calcario grigio superiore, il quale costituisce tutta la massa di tutte le montagne della formazione; 5°. la marna blu, o calca- ria, e quindi lastroni, alternante coll'arenaria bruna con- chiglifera; 6' il Calcario rosso a belemniti di S. Alessio e capo S. Andrea; ■y". il calcario grigio ad entroclii di Capo S. Andrea, K Volendo riferii-e queste rocce al tipo normale d' In- Wk ghilterra, trova una sola del piano inferiore, ossia il cal- ^ cario grigio ad entroclii , che alla inferiof oolite possa riferirsi. Del piano medio, il calcara rosso a bolemniti (i) Descrizione geognostica della costa meridionale de! Valle di Messina. Mario 1834. Atti accad. voi. io. {■i) Sopru il terreno giurassico, di Tauroiuina. Mano i836. Atti arcad. voi. i» a • i3 coir alternante Marnablù, ed il calcario grigio superiore appartenere al Foresi Marble il primo, ed al cornbirish il secondo; ed in seguito poi ali Oxfordclaf la marua bianca, al coral ray il calcario ad encriniti e coralli , ^l Kimmeridge day V argilla di pietra oolite , ed al Porltandstone finalmente il calcario colitico biancastro del piano superiore. Il signor Pompeo Interlandi principe di Bella prima, die all'Accademia Gioenia una relazione geognostica del terreno di Avola (i) : e cominciando dalla roccia infe- riore distinse il calcario ibleo, come base di quel ter- reno, e continuamento della gran formazione del Val di Noto: il calcario grossiere; il calcario brecciato del lit- ^orale di Avola formato in gran parte del tritume delle rocce precedenti, carico di conchiglie, di cui dieci specie Ile accenna, appartenenti tutti a' testacei abitatori attuali del nostro mare. Un terreno fluviatile, un altro a ter- riccio , ed infine le formazioni stalattitiche della grotta di Maretta. Questo abilissimo giovane produsse poco tempo dopo Vin altro geognostico lavoro sopra il terreno terziario^ della Fossa della creta presso Catania (2), corredato di profonde geologiche riflessioni. Di non minore importanza sono da reputarsi i lavori dei Gioenii nella mineralogia. Uno dei più dotti e zelanti di quei socii , V esimio cavalier Can. Alessi, possessore di scelta collezione mi- neralogica patria , scrisse una memoria sopra i silicati appartenenti q Sicilia (3), ia cui oltre la mineralogica (1) Relazione gcof;nostica del terreno di Avola. — Mario i836, atti accadc- niici voi. 12. (2) Sul terreno della fossa della Creta presso Catania ec. Atti accademici voi. 12. (3) Sopra gli ossi di silicio ed i silicati appartenenti a Sicilia, e suH' utile che trar se ne possa ec. — Gennaro i^y.^- — Atti accademici voi. 5. Memoria encomiata negli Annali di Storia Naturale di Bologna yol. 2., ael Progresso delia Scienza iu Italia voi. i. fa^cic. iU, eie. eie. '9 descrizione di ogni silicato di quest' isola si accenna la ^■ispettiva giacitura , e 1' uso cui potrebbe impiegarsi. Siegue l'autore la classificazione de' piìi recenti sistemi, e principalmente quella di Hauy , giovandosi spesso di quanto ha contribuito all' aumento della scienza quella di Berzelius. Nel primo genere , ossido di silicio sem- plice, novera le varie specie di quarzo, e le varietà del- le agaie e dei diaspri siciliani, non che l'atalite e la fiorite peli' opale. Fa cenno sin dei recenti minerali scoverti neir Etna, la Herchelite cioè e la philipsite ne' silicati alluminosi, a cui unisce la turraalista il mica e simili, che nello, gneiss rinvengonsi: e delle varietà di argilla ragionata, facendo conoscere la utilità che ricavar si possa da questi minerali prodotti. Un' altra non meno rilevante fatica si è quella pro^ dotta dallo stesso autore;il quale ha trovato la vera origine del succino , come si fa a provare in questa elaborala memoria (i). Nei pezzi d' una lignite, che la forma di tronco conserva ancora,^ tratta da taluni scavamenti nei contorni di Caslrogiovanni, trovò l'autore fra la cortec- cia . ed il liber , che ben distinguevansi , una sostanza di apparenza resinosa e mineralizzata , ma che dietro chimica analisi veritì^cò essere ambra pura com'ei la cre- deva. Da ciò l'autore non porla più dubbio che questo minerale abbia origine da una resina vegetabile, ed os- servando attentamente la lignite ha trovato essere vici- nissima ad un tronco di pinus:- tal che rende le giuste lodi al vecchio Plinio , il quale credeva che l' ambra nascesse dalla resina del Pino. Fra le rocce dei vulcani estinti di Palagonia il pro- fessor Mara vigna potè caratterizzare alcuni minerali cri- stallizzati, non prinaa da altri descritti. Nella nota che (i) Sulla vera origine del succino ctc. — Giugno 1829. — Atti accademici voi. 6. Questa memoria applaudita dalla rivista di Perugia anno i833, sta intic- ramctile inserita nel Journal de Pliarmacie— Paris i8.3'|, ed uu estralto in te- desco se ne legge negli A'»nali di Miaeralogia del sig.tìloper.— Voi. i,pai;. 3<)3. so ne presentò alla Gloenia (r), egli descrive mineralogica-r mente la varietà cubo-ottaedra , e la trape/àodale della analcime , la nefelisca , la sodalite , e la retinite iu inassa. Più esteso lavoro e più commendevole si è quello però della oritfognosia etnea, che rivendica all'Etna un iiumero di minerali maggiore di quello che si era cre- duto sino a pochi anni addietro da tutli coloro che poco attentamente sotto questo riguardo studiato 1' avevano. L' autore professor Maravigna seguendo la classifica- zione del Beùdant presenta iri v.irie memorie un ragio- nato catalogo dei minerali del nostro vulcano (2). Della famiglia degli Antraciti descrive il Nafta , nei bitumi il gas acido carbonico, nei carbon-ossidi F idrocarbonaio di soda ed il carbonato di calce con ben sedici varie- tà di forme e di composizione. — ■ Della famiglia dei solforiti, descrive Io zolfo in ottaetri e quello polveru- lento.— Poscia il quadrisolfuro di ferro magnetico. Nei suffurossidi pone l'acido solforoso, e nei solfati tre va- rietà d'idrosolfato di calce, il solfato di Potassa, l'idro- solfato di soda, il solfato di ammoniaca, l'allume, e l'idrosolfato di ferro. Della famiglia dei sideriti rinviene nei siderossidi, il perossido di ferro, il feneologisto , il magnetico, e l'idrossido di ferro. Di quella dei Cicloridi, pone fra i cloruri l'acido idroclorico, e poi gli idroclo- rati di soda, di ammoniaca , di ammoniaca e di ferro, di ammoniaca e di rame, di ferro di calce e magnesia, di rame, ossia atakamitc. Il gas idrogeno, l'idruro di zolfo, e l'acqua apparten- gono alla famiglia degli Idrogeuidi. Ma più estesa quella dei Silicedi, contiene la salite, la Tomsonite con 6 for- me diverse, con altrettante l' analcime , con quattro la (1) Sopra alcune specie di minerali di rulcani estinti ctc. etc. — Novembre ih-ì-]. Voi. 4. (1) Materiali per servire alla compilazione della Orittogno&ia Etnea. — Atti acatdcinici voi. 5. 6. 7. 8. 9. 2Ì Ihesotipe, la cabasia, il felspato con due forme diverse, coti tre il mica ; le argille o marne argillose , il Peri- doto, il Pirosseno con 6 forme, 1' anfibole, la Gismon- dina , due nuovi minerali la Beffanite e la Borgianite ^ e la Herschelite. Il fosfato di ferro finalmente è la sola specie della famiglia dei fosforiti. Tutti questi minerali sono distintamente descritti: le località sono indicate e delle osservazioni fisiche vi vanno annesse , nelle quali molte utili conoscenze si trovano sparse. Questo lavoro in somma riguardar debbesi cò- me uno dei più completi e dei più ragionati che siansi mai eseguiti in Sicilia in questo ramo di naturali scienze. Di una nuova sorgente di petroleo, scoperto in Sicilia y scrisse il zelante Padre La Via (i) : egli rapporta che il sito di tale sorgente è a tre miglia di Nicosia, e di- cesi S. Agrippina. Ivi il petroleo stilla da una roccia arenaria , che simile trova l' autore a quella dei colli subappennini da lui visitali altra volta. Il dottor Bartolommeo Rapisardi tenne ragionamento dell'asfàldo da lui osservato in Bocca J'urso (2); e sebbene questa memoria sia interessante per le geognoslit he os- servazioni dei contorni di Leonforte, Nissoria ed Arte- sinoj ha tuttavia per oggetto principale lo asfalto: della di cui giacitura e caratteri , presenta l' autore precise notizie. Kelle geologiche conseguènze che ne ritrae dà a divedere il Rapisardi essèro al fatto delle più recenti teorie sulla formazione dei terreni. Sul carbonato di soda nativo delle Lave dell' Etna , una dotta memoria (3) presentò all' accademia Gioenia il dottor Salvatore Platania, nella quale della storia na- (1) Sopra una nuova sorgente di petroteo etc. — Novembre i83o. Atti ac- èatleinici vói. 6. (2) SuU'asfalto di Boccad'urso etc. etc. — Atti accademici voi. io. — Geuna» re 1834. (■3) Sul carbonato di soda nativo etc— GennatO i83j. — Atti aCcadeitfid? voi; 8'. 23 turale di questo saÌ6 , della sua giacitura nei contorni dell' Etna, dei caratteri fisicici comparati con quello ar- tificiale ampiamente ragiona: e dopo di aVferne dato una esatta analisi chimica , le sue opinioni anche propone sulla origine di esso nelle lave dei vulcani. Di Palcontografia e Gonchiologia fossile trattano talu- ne memorie nei volumi degli alti della Gioenia. Il canonico A lessi avendo ottenuto una ricca collezione delle ossa fossili rinvenute a Grotta-santa presso Siracusa ne scrisse una erudita e dotta memoria (i). Comincia egli dal far menzione di tutte quelle ossa fossili qui rin- venute sin dai più remoti tempi, ed in vari punti del- l' Isola ; perchè concatenando insieme tante località , e tanti resti di difierenti animali , meglio servir possa il suo lavoro alle grandiose vedute della geologia applicale alle formazioni di Sicilia. Si rivolge in seguilo alla esatta descrizione di quelle di recente scoperte in Sira- cusa, che sono nella massima parte d' Ippopotami , al- cuni di Mamut , altri di Elefanti, a cui ha di recente! aggiunto pochi altri d'Orso e di Cavalloi Quella memoria inoltre è arricchita di geologici ragio- namenti che più pregevole la rendono. Il sito di questa grolla di ossa fossili fu visitalo nel i83i dal celebre professore F. HofTmanM , ed in una lettera da lui diretta al prelodalo canonico A lessi tulle rapporta le più minute geognosliche coudizioni di quel suolo. Yi novera cinque piccioli strati da lui esaminali sulla faccia del luogo, e riduconsi i°. ad uno strato di terriccio grasso che contiene molti avanzi di conchiglie terrestri; 2". ad una terra rassomigliante alla precedenle ma un poco rossiccia , senza vestigio di resti organici; 3". ad uno strato di argilla mista ad arenaria e-trilume touchiglione, fra cui distinguonsi una serpula, un dentale, (i) Sulle ossa fossili trovate in ogni tempo in Sicilia de. ctc. — Aprile i83i. Atli accuilemici voi. r. é talune lenllcollsi; 4°- ^^ ""^ strato eli calcano gros- siere detto giurgileìia; e 5°. ad un terreno di ciottoli della grossezza di un pugno , di calcario de' contorni ^ impastato in argilla n°. 3. Or questo terreno così distinto dal professor di Ber- lino vuole il prof. Maravigna (i) ridurre a tre strati soli, appoggiato a nuli' altro che ad un rapporto avu- tone da persona di Siracusa, e da pochi sàggi che involti in carta, da quel sito gli furono spediti , senza essersi mai trasferito sul luogo. Uno dèi caratteri, per cui distinguesi là terziaria for- Inazione dell' argilla e del gres della plaga meridionale dell' Etna quello si è del numero delle Conchiglie fos- sili che racchiude, è che tutte quasi, alle viventi spe- cie si riferiscono. Molle di queste rinvenute ne aveva il professor Gemmellaro nella collina argillosa della Trezza, ancora più il sig. Filippi da Berlino, talché net i83i, non meno di 55 specie ne descrisse dell'argilla di Cefali , presso Catania , lo stesso Gemmellaro , frai le quali qualchèduna nuova, o non descritta gli venne fatto di annunziare. Ben altre spècie dopo qùèll' epoca i'invenute si sono, e nòli mancherà chi nuòvo catalogo sarà per formarne. Lavori particolari sopra il Monte Etna si sono intrapresi dai Soci Gioeni. Sin dal primo sor- gere dell' Accademia C. Gemmellaro presentò un pro- getto di una Topografia fisica di quiel vulcano (a). Il Canonico AleSsi con straordinaria erudizione intraprese; e portò a fine in otto discorsi, che un buon volume co- stituiscono, posti insieme (3), tutta la storia crìtica delle (i) Sopra le conchiglie fossili del poggio' dì Cifali.— Aprile i83i. — AftJ voi. 7. (2) Progetto di una topografia fisica dell'Etna. — Giugno 1824.— Atti acca- demici voi. 1. . (?>) Stcìiia critica delle eruzioni dell' Etna.— Atti accademici voi. 3. 4- 5. 6. 7. 8. 9. sonimanicntc applaudita dall'antologia di Fireuxe voi. 3. u". a. — dal pi'ofessore delle scienze italiane voi. 2. 3. 5. eruzioni dòli' Etna, di cui rfisla tnemoi'ia non solo, ma di quelle eziandio che dalla Mitologia, dalle favole , o da separate sentenze di autori lia saputo raccorre. E questo lavoro non è meramente storico , ma pieno di dottrine fisiche e geologiche forma una vera storia ge- nerale dell' Etna. Il sig. Mario Musumeci scrisse la storia dell' eru- zione del i832, quella stessa che minacciava di sepellire la città di Bionte (i). Di un'altra particolare descritta da Orosio, ragionò r ab. cav. Ferrara (2), per determinare quale in effetto ella si fosse, perchè a suo credere è appunto quella che tutt' ora incolta osservasi fra Catania e lo scalo di Lo- gnina, detta Sciara del Crocifisso , riferita da alcuni all' anno i38i , Tali sono stati sino al i836 i lavori dell'Accademia Gioenia riguardanti il regno minerale. Sieguono essi con pari attività sin' oggi; ed è da sperare che positivo au- mento sarà per isperimentarne la scienza. A vista di tanti scientifici travagli dei Siciliani sulle diverse branche della Mineralogia, non è più a temersi, cred' io, che altri tacciarli voglia di poco studio e zelo pel patrio decoro scientifico. Trattata può dirsi la Geologia se della formazione della crosta del globo e della sua prima costituzione si è ra- gionato in generale; e poscia sul basalto , sullo zolfo , sopra i vulcani estinti del Val di Noto, sopra i campi flegrei della Sicilia e sue isole adiacenti, sulla Valle del Bove e sulla geologia tutta di Sicilia pubblicale si sono memorie^ ed interessanti opere. Poco resta a delucidare della sicola geognosia, quando di quest' isola descritti sono i contorni di Palermo , di (1) Sopra 1' eruzione apparsa nella plaga occitlentale dell' Etna la notte del 3i ottobre i83a. — Atti accademici voi. g'. (1) Sopra 1' eruzione segnata da Orosjo nell'aiioo laa avanti G. C. — No- vembre 1834 — Alti accadeuiict voi. io. ■ 2^ Ei'ìce, delle Madonle, di Contessa, di Callanlsseltàj di Enria, di Nicosia, dell' Etna, dei Contorni di Catania , di Tauromina, della costa meridionale del Valle di Mes- sina, di gran parie della N'alle di Noto é di Avold. I minerali nostri é le rocce sono stati illustrati nella Mineralogia di Sicilia, nell' opuscolo sopra i minerali di essa, nei silicati che le appartengono nei Minerali di Palagoni, nella Orittognosia Etnea, nelle monografìe sul- r ambra, sullo stagnò ossidato, sulle sol-genti di petroleo, suir asfalto, siiir asbesto, sUi rognoni silicei, sul carbo- nato di soda-nativOj suU'oligisto. Descritte sono le breccie ossee di Sicilia, ed in parti- colare quelle di S. Ciro e Grotta Santa , e del pari si è tenuto conio delle conchiglie ibssili di Palermo , di Cifali, e del Val di Noto. Alle quali aggiungiamo, che sopra la teoria dei -vuUani molte memorie sono state prodotte: altre appoggiate alla Chimica, altre alla Fisica ed altre alla Malemalicai Delle eruzioni dell' Etna poi, oltre alla particolare storia di quelle avvenute in questo secolo, le tavole di tulle le precedenti, ed una assoluta storia critica di esse sono venute alla luce. Sul nuovo vulcano sottomarino si sono scritte delle accurate memorie, e dei vari tremuoli iu quest'epoca avvenuti quattro vaiolosi fisici han ragionalo. Ma sono questi nostri lavori da paragonarsi a quelli delle altre colte nazioni dell' Europa ? Non tocca a noi il deciderlo. Avuto riguardo però ai tanti mezzi, ed agli incoraggiamenti di cui godono gli stranieri, lutto ciò che il solo genio ed il zelo per la scienza produce in Sicilia, riuscir debbe ammirevole, se non altro, e degno di lode. CAftLO Gemmellaro. N.B. Se di qualche mineralogica profluzioiie si troverà non essersi qui fatto cenno, non ad altro aftribilir ciò si dobbc se non che al non esser venuta a conoscenza dell'autore di questo articolo. In quanto poi a' giudizii portali sulle opere è da sperare che gli egregi scrittori non vorranno oflcndcrsi delle critiche, se dovute stimeranno le lo di : per altro dal modo col quale 1' autore ha trattato le proprie memorie , '• lui imparzialità dovrnbb»- rendersi inanifosta. 26 Discorsi pronunziati dal Presidente ^ dal Socio Segre- tario perpetuo, e da un Sòcio ordinario della So- cietà Economica della Pialle di Catania nell adu- nanza generale del 36 Maggio i83y faustissimo^ giorno onomastico . di S. R. M. Ferdinando II: Re del Regrtó delle due Sicilie un voi. iti 8.° di pag. 84- — Catania presso i fìatelli Scinto i&58. Iti occasione che l' economica Società Catanese nella sédtìfà del 3o Maggio dèi passslto anno, come è di ù- sanza solennizzò l' onomastico giorno dell' augusto So- vrano, ebbero luogo tre discorsi che , per 1' importan- za del soggetto meritano essere particolarmente com- mendati^ Il prìttio che si agira suW' aratro Grange ap- partiene al prof. cav. S«flvatoréScuderi; il secondo sulle produzioni del quinto anno dell'economica società di Ca- tania è del Dr. Alfio Bonanno^ 1' ultimo' finalmente che volge stilla ricerca è sullo scavo' delle miniere metalli- che in Sicilia è lavoro del Canonico Giuseppe Alessi. Utile divisamento fu quello a cui lo Scuderi si rivol- Èéj e merita primieramente grandissima lode per l'im- portanza dèi subbietto che imprese a trsfttare. È cosa! fuor d' ogni dtibbfo che i mezzi onde far che l' industria t 1 agricolttfrtì fioriscano sono gli strumenti, i quali oltre il considerevole risparmio del tèmpo , delle braccia , e dèlia spesa altri grandissimi vantaggi producono: ed es- sendo la prima base dell' agricoltura 1' arare le terre è coltivarle; e l' aratro essere lo strumento il più neces- sario per tale operazione, il nostro autore da questo' principio partendosi stabilisce esser la coltivazione delle' terre il principal fondamento dell' agricoltura, w Lavo- » rar le terre, sono sue parole, equivale in buona agro- M nomia a capovolgerne la' parte superiore, ed elevarne' » la inferiore alla superficie, sì che s' indjcva dei prin- w cipi gassosi dell' almosl'era, stritolarle in minute mo- tó lecole, struggerne 1' erbe nocive, sterminarne i male- i> fici insetti, facilitare la decomposizione de' conci , lo » scolo delle acque, l'azione dei raggi solari, favorire >j lo sviluppo delle sementi, la diramazione delle radici, » la pronta nutrizione delle piante nu'ali w (pag. 7.). Ciò posto narra i vantaggi della vanga, e singolarmente della doppia; quelli della marra semplice, del bidente, e dell'aratro. Di quest'ultimo ignorasi qual fosse stalo il primo maestro, poiché su di ciò gli antichi dissento- no fra i quali Diodoro, Ovidio, e Virgilio. Neil' aratro più che in altri strumenti ripóneano gli antichi la buo- na coltivazione di Un terreno. Ed i moderni conoscen- do una tal verità sonosi occupati a variarne la struttura secondò richiede la bisogna del luogo; e tutte le dotte geoponiche accademie presentemente si studiano ad in- ventarne dei nuovi e dei più perfetti. Posti a rassegna dall' illustre professore i raigliori ara- tri di Europa, ed i particolari pregi mostrandone, scen- de in fine ad osservare il recente aratro Grange, e con salde e forti ragioni, com'è suo uso, prova esser questo sopra di ogni altro adatto a poter lavorare i nostri campi sativi. Sciolti poscia i dubbi e vinti gli ostacoli che dai contrari gli si possono apporre conchiude mostrando con Saggissimo consiglio che non havvi più degna ocCUpa- iione per un proprietario di quella di vegliare, e diri- gere la coltivazione del suo poderie. w lliandiam fra noi w stessi ( egli dice ) che dalle grandi nationi l' eserci- iì zio dell'arte agraria è staio sempre tenuto ia altissimo i) pfegio. Immagluiaraci pressoché di vedere gli uomini iì sommi nelle lettere, e nelle armi della Grecia, e del M Lazio aggirarsi fra le agèradevoli scene delle apriche M campagne, ed assumere le giocondissime cure^ che al i> loro soggiorno si confantio. Ne quelle mani medesime, >i che striugean gli acciari sterminatori dt-.' nemici della to patria, che a note indelebili compilavano i codici *i coordinatori de' destini de' popoli , che segnavano i ») sublimi precetti della filosofica sapienza, e le non dub- M bie manifestazioni de' recondili arcani della natura ^ »i sdegnava» d' impugnare gli agrari strumenti e di col- » tivare la terra. Senofonte, e Focione della coltura oc- « cupavansi de' loro piccioli campi, inesausta sorgente »> per essi d' inesplicabile diletto. Curio Déutato, Atti- >j iio Serrano, e Fabricio davano agli oii campestri il » tempo, che lor sopravvanzava dalle gloriose imprese mi- » litari. Cincinnato lasciava il voinero, per ascendere dai >j Dittatore il Campidoglio , è provvedere alla salvezza >5 di Roma; e Scipione Africano assideasi sovente all'om- » bra de' pacifici boschetti delle sue ville, cinto lai fronte » di trionfali allori ». Questa è in breve la tela del bellissimo discorso del nostro egregio auloreuiè sapremmo noi qual cosa iri esso più commendare se il giudizio, l'erudizione, o la filantropia che vi si scorge. Voglia il cielo che le parole di un tanto uomo , gran lume delle economiche scienze , non sieno sparse al vento, e che ben presto si veggano eflTettuiti i di lui consigli pel bene della patria, e della nostra agri- cola ed economica industria. Nel secondo discorso il dolbY Alfio Boiianno presenta in iscorcio e con sugosa brevità i diversi lavori dei soci dell' economica società di Catania del quinto anno/ Egli con adecjuato gludicio pesa il valore di ciascuno autore, e con somma imparzialità ne giudica. Conchiude poscia con la necrologia di Benedetto Barbagallo ^ ove valente fisico, chimico, e botanico il dimostra. Semplice e piano è la stile del Bonamio, qual si conviene alla sua narra- zione; ma avrebbe forse meglio meritato se avesse con più studio di lingua, come ha fatto altre volte, dettato il suo lavoro. Imprende l'Alessi,di cui piangiamoamaramente la morte,- nel terzo discorso ad illustrare un ramo della no.^tra na- zionale ricchezza oggigiorno negletto , quello cioè delle luinicre metalliche e della ricerca e delh) scavo di esse- li nome dello Alcssi suona caro ad ogni siciliano per le I ''9 sue svariate eà importanti fatiche.Iii questo discorso mostra da un canto l'ignoranza della maggior parte dei siciliani sull'esistenza delle miniere metalliche, e l'infingardag- gine dall' altro delle società economiche , onde porre a profitto un tanto bene. Passa a rassegna le migliori mi- nière dell' isola, e paragonandole a quelle di Germania, di America e d'altrove ti fa vedere essere elle del pari ricche di rame, di piombo, di ferro, di argento e d'oro. Mostra sotto quali Governi siansi cavate, e quali risul- lamenti abbiano avuto; mostra che la stessa legge ^bir lita i proprietari a cavare e a far cavare le miniere; in- coraggisce i neghittosi di porre mano all'opera; e le im- mense difficoltà che gli si paran d' innanzi spiana ed agevola, onde riattivarsi in Sicilia siffatta industria pre-r ziosa . Queste sono le cose che il nostro autore espone con zelo, dottrina, e carità di patria; e noi non facciamo che eco alle sue parole, facciamo voti altresì che le economi- che società di Sicilia s' impegnino a tutta possa a porre ad effètto i savi divisamenti dellillustre scrittore, ^ far che questo misero suolo riprenda il suo antico splen» dorè per via del commercio e dell'industria, foute pririr cipale di ogni ricchezza. F. B. Delle opere di Belle Jrti del disegno esposte velia R. Università di Palermo il dì 3 o di Maggio i 838. A Ferdinando Malvica Sinc ira et studio, quorum caiisas procul habeo. Corn. Tacito Ann. 1. i. Avete voluto, Malvica chiarissimo, che lo annodando», p conciliando le diverse opinioni, raccogliersi il giudiciq 3o che ì\ pubblica pronunziava sopra le produzioni degli allisci, le quali p^r la prima volta espouevansi nella Sala delK^ palennilaua. Università. E tuttoché gravissime ra- gioni mi faceano repugnante a toccare un soggetto, che mostra per ogni lato molestie, sento ora nascermi uel- r animo quel desidei'io, che non ebbi dapprima. E me Jo avete suscitato ben voi, che a me, scusantemi la me- diocrità, e il piccio]La numero delle opere esposte, per- suadevate essere i gominciamenti di ogni cosa, comechè lievi, degnissimi di encomio, e la storia ne' suoi fasti no- tarli; essere la pubblica approvazione il più valido in- citamento a levarle sublimi. Quella mia ripugnanza ua- scea non da timore, non da circospezione, perocché lon- tano dallo, sperare, mi veggio lontanissimo dal temere o dall' infingermi, ma dalla tranquillità della mia vita, che non vorrei a sì poco costo mi venisse attoscata. Ma trat- tasi, ripetete, di rendere un servigio aJla patria; si ren- da, che fu sentimento dei generosi, che ove parla, l'o- nore del paese natio dee cessare il proprio vantaggio, e la sicurezza privata (i). Il che provate voi che, nella incertezza e miseria de' tempi, tacilo cooperate con altri pochissimi a mantener vegete le patrie lettere, e serba- re onorato il nome di questa sveiituratissima terra , e stimate me degno di seguirvi nella intrapresa magnani- ma, spingendomi a mostrare a nostri, od agli stranieri quel che qui si può nelle arti. Laonde da ciò, che mi appresto a dire, non si con- cluda, che la presente Esposizione sia quasi la. bilancia che ponderi il valore degli ingegni siciliani: essi molto più poteano di quel che mostrarono, perciocché la bre- vità del tempo, la rimembranza de' mali atroci , che. ancora ci fan lacrimare, tolsero a tali l'agio, a tali la. baldanza di fare. E invano cercavamo i nomi di alcuni de' più illustri, perch' essi giustamente gelosi della pro,- pria fama si astennero di mostrare ciò clic lulcrabiic u,<^' (i) Macchiavclli. 3i giovani, potria per avventura essere stato da meno della pubblica aspettazione. Onde sono doppiamente da Iq-r darsi Valerio Villareale, e Carlo Giacliery, i quali senza brama di premio invitati esposero le loro opere. Ma sia questa come un arra del tempo cbe vprrà , si^ 1' albi^ tremolante, che ci annunzi luminosissimo il giorno, Sul primo entrar nella Sala dj esposizione vi si af- faccia alio sguardo un vago giovanetto in così amabile atteggiamento, che v'invita ad essere ti;-a ogni cosa con- templato il primo, e v'interessa, e vi ti^a a se di mo- do, che lo spettatore, che sente, direbbe, benedetto lo ingegno di lui che producea creatur/j sì bella ! Egli è il Paride di Nunzio Morello. Siede sovra un sasso. È concepito nel momento, che dopQ una inquieta riflessione, fluttuante tra sì, e no per sì importanti pro- posti di tre potentissi^ie Dee, già si è deciso per la nel- lezza. E quindi appena appena solleva la guancia, che riposava sulla destra palma, della quale il gomito pog- gia sul destro ginocchio. L' altra mano, che cade ab- b^iidonatamenle sulla coscia mancina , stringe un po- mo. Di sotto ha il manto, a fianco il vincastro, a pie- di la zampogna. Il volto al garzone è animato di gioia, e di voluttà; la bocca è socchiusa per lo estremo con- cento, ed esprime l'atto del respiro. Le altre memb^-^ sono in riposo , ma da |aluni muscoli in azione si ri- conosce che la parte superiore della figura comin- cia a muoversi. Punto difficilissimo di esecuzione , pja eseguito assai bene; onde nelP opera è quel grande sentimento di vita, sicché 1' uomo a stento evita la il- lusione del marmo. In generale il corpo è di belle for- me, le quali stanno mezze tra l' ideale , e il n^ituralp; sono quel naturale ingentilito, e corretto di tutte le im- perfezioni, addolciti i muscoli, e meno sentiti di quello, che si vede sul vero, bene ondeggiati i contorni così che escano, e rientrino soavemente; le ossa non son ri- gidamente trattate, ma segnate in modo che spuntando 3a a dir così, gli angoli, si distinguono tulle specialmente pelle giunture, che hanqo sveltezza, ed espressione. Si os.oervino difatti le rotule del destro ginocchio, e del sinistro, le quali, tuttoché in diverso movimento, man- tengono perfettamente il carattere. I capegli sono tra- scuratamente trattati, ottimo consiglio per vantaggiare il viso, il quale appare dilicatissimo , trasparente , splen- diente, ed [)a 1' etFctto del più tenero colore. Taluni avrebbero voluto nel Paride più franchezza di mano, più ardire ne' panni (e pure il lembo che cade non può desiarsi migliore) più maestria insomma di scal- pello, ma che perciò? Non isceman punto di pregio tali cose inevitabili nella prima opera di un giovine, che an- cora non tocca i treni' anni, e die coli' assiduità del la- voro, colla riflessione dell' età più matura , ac(|uisterà quella facilità, e quella amabile negligenza difficilissima a usarsi non afTettata. Vorrei bensì, die l'artista ritor- nasse colla vaspa sulla spalla sinistra, onde diminuita la massa carnosa sopra la scapula, determinar meglio i mu- scoli infraspinati, e passare di)lcemenle sul deltoide. Se SDII questi i primi frutti del suo ingegno, abbiam ragio- ne di augurarci le grandi cose di lui , e congratularci coir egregio artista Valerio VilUireale, che educavalo al- la scultura. A lui torna parte della lode, che il pubbli- co meritamente tributava al Morello, il quale par che si voglia peculiarmente, in quanto a' pensieri, ed alla composizione, mettere per arringo diverso da quello , su per lo quale il maestro si è costantemente tenuto. E di ciò gli facciam plauso, poiché qual bene all'arte, qual gloria alla patria, ed a se, ove cieco scimmiottasse anco quei di priiu' ordine ? Siegua ei dunque animoso, sostenga Ja severità degli studi più gravi, ci dia opere di tal merito, e posi securo sull' unaniuie suffiagio della nazione, che già comincia a inorgoglirsi di lui, noman- dolo novello ornamento alla sua gloria. l^e produzioni de' grandi ingegni, benché serbino sem-. 33 pre 1' irapronla della mente che crea vale , dipeiuleiido dalle esterne, e interne posizioni dell'artista non possono avere un grado medesimo di eccellenza. Grande ammi- ratore del VUlareale non temerò di couìparirlo meno adesso, che noterò quel, che manco piacque agli intel- ligenti nelle statue di lui, la Baccante, e l'Arianna: nò sospetterò eh' ci se ne corrucci (l'anime grandi si sde- gnarono sempre di chi ingiustamente loda) sì perche egli, esponendole, ha dato a ciascuno il dritto di giudicar Iran- co, sì perchè l'arte salutare tlella critica ha da esercitarsi soltanto intorno le opere degli uomini, che hanno un nome. Inoltre, benché le mie fossero ragioni , che hat» fìsica certezza, perchè sottoposte a oculari , e manuali misure, sempre dubitando di me, come opinioni lo scrivo. Nella Baccante danzatrice è viva l'espressione, vivisi simo il movimento, la lesta è parlante e graziosa, gli occhi son tutti brio. Maestria ij ci panneggiare, varietà nelle pieghe, ardire, e franchezza di mano, giustezza nel tocco. Son pregi in sommo grado posseduti dal V^illa- reale, nò vogliamo mal ripetere ciò , che Sicilia tutta conosce. Ma in questa figura non è generalmente man- tenuta l'armonia, o unità di carattere nelle forme, pe- rocché la tosta sa di moderno , il busto di antico ( e considerato come un torso è di perfetta bellezza), e le gambe son d'uomo. Le natiche sono scarne (ci' è una giovinaccia allegra, lasciva, dilettante di vino , perciò uecessariamente naticuta, che tali i Greci (i) facevano i satiri, e le donne esprimenti voluttà): difalti non è bea intesa la elevazione carnosa de' muscoli ascendenti , e discendenti, e della sommità dell' osso ilio per tutto il uiembranoso. Era massima degli antichi, raccolta dagli andamenti immutabili della natura, che i muscoli po- sti in attività debbono essere più pronunziali dcgh oziosi. La bellissima Baccante stando equilibrata sopra (t) Miliiiiia Diaiouaiio delle Belle Aiti, e iVlciigs opcic. 34 . il lato diritto, i muscoli vasti interno , ed esterno , il ietto, il sartorio dovrebbero indispensabilmente essere più sentiti di quelli dell' altra coscia, la cui gamba ci pa- re alquanto più corta. Le braccia oltre di essere, con- tro il costume de' Greci della beli' epoca (i), elevate sulla testa, pajono poco combinati col busto. In somma in una Dafne quell' atteggiamento, e quelle membra così fatte, e composte starebbero assai bene. Le quali picciolissimc mende mal si possono notare nell'Arianna abbandonata, che par tratta dal vero, quindi di assai buone proporzioni. L'idea ha molta proprietà, l'attitudine è graziosa, il movimento è singolare. E po- sciachè r autore dovrà ancor lavorarla , ardiamo consi- gliarlo, che la spolpi un poco, perchè è senz' ossa, an- zi è gonfìa nelle membra; e così tenendo sempre come norma il pensiero, che Arianna non è una Dea, iugui- sachè possa pretendere allo ideale nel grado supremo, fatte manifeste le ossa, individuati i muscoli, variate le forme convesse, 1' Arianna diventi opera assai bella da accrescere jJuova gloria all' ottimo autore. Il gesìQ che è posto vicino è lavoro di un valoroso allievo del Villareale. Giuseppe PoUet nel suo Filollete ha voluto ( ed è degaissimo di lode il cammino , che calca) imitare il Laocoonte: però V opera sente nel nudo del gusto greco, ne possiamo altro che inanimirlo a ono- rare la patria in mezzo agli artisti fiamminghi, appo i quali adesso dimora. Non dimeno se vuole, che il Fi- lottete divenga più bello, allunghi il torso , che è no- tabilmente corto, tratti meglio i muscoli retti dell' ad- dome, affinchè il ventre topdeggi alquanto, (in cui quello linee quadrate non potrcbbono giustificarsi dalla più vio- lenta contrazione), e si capisca meglio l'unione del pube, leghi più convenevolmente una delle cosce e in manie- ra più larga, e varia piegheggi il panno. (i) Vctli Dizionario «Ielle ArU del disegno. 35 Queste quattro statue, e poche altre picciole cose cliiu- deano lo elenco delle opere di scultura. Delle pittoricbe era maggiore il immero. , ;. , . i;,. Michele Panebianco da Messina ci darebbe molto a parlare di se, ove la natura di questo scritto non chie- desse la massima brevità. Tra le diverse opere, che e- spose, a me pare bellissimo il disegno della Gonipagnia de' Verdi, che difende l' eucaristico Sacramento. E colto il difficile momeuto di un tumulto popolare: il riguar- dante II' è così tocco, che non può non prender parte alla importantissima causa. Bei gruppi, belle attitudini, mo- vimenti non afiettati, calore, passione ( che tumulto di all'etti muove queL campione ferito e moribondo !),, bei compartimenti di luce. La qual cosa in quest' opela ò strettamente osservata secondo le leggi dell' arto a pre- ferenza del Vespro Siciliano, il quale in questa parte sembraci troppo artitìcioso. Perchè non è naturai modo, uè uso de' migliori artisti quello imbrunire non che sbat- tere tutte le figure, che vogliono allontanarsi per farne trionfare bea podhe. E in vero quali propri accidenti possono giustificare il gruppo ombrato dietro Procida? Assai lodevole è .il bozzetto colorito, che presenta l'Im- peratore Arcadio in Tessaldnica liberato dai Messinesi. Ma iodevolissimo è il quadro del Samaritano, ove l' au- tore ha voluto dar saggio degli studi, che sudò in Roma, poiché mostra gran diligenza di pennello, armonia di colorito, studio nel nudo, e attenzione grande iu tutte le parti anco minime. Nou errano forse coloro, che stir *naudo espressivissimo il piagato (^sebbene troppo inca- daverito) vorrebbono maggiore espressione nel Samari- tano: ini perciocdiè non avendo parola le figure dipinte, l'artefice dee senza equivoco supplire al difetto colla espressione; il collerico, il traditore , il vigliacco-,.' il magnanimo, e. tutte le umane passioni vogliono chiara- ;ma h te leggersi iw' visi, negli atti.! E noi tali coso -ab- biaiu, dette in paragone della Compagnia de' Verdi 'so- 36 praccnnata, ove h somma la espressione. Questo com- ponimento fa dimenticare tutte le opere del Panebianco, dal quale attendiamo vederlo eseguito in grandi dimen- sioni, e siara certi, che i colori accresceranno alle di- segnate figure vivezza, e malia. E bello è il colore, e sobrio nel Prometeo legato di Andrea di Martino. È una academià^ che da paite del capo, e del petto si vede in iscorcio. Grandiose le forme, di bel carattere il disegno, T azione convene-> vole, il tutto eseguito con franchezza, e coraggio tali da produrre mirabilissimo effetto. Il che chiaro dimostra come r artista abbia saputo guardare nelle opere insigni di Pietro Benvenuti, e profittarne. Alcuni sottili critici crederono aver trovata ragione di biasimo dicendo, che 1' avvoltoio ( il qui^le a cagion del coUo quasi rotto sti- mo di essere copiato da qualche avoltoio imbalsamato) sfiora appena la pelle, ne può giugnere al fegato. Ma l'artista, credo, risponderebbe a questo modo. Le arti chiamansi beHc, perchè lorp oggetto vinico, e principa- lissimo è il, b^llo, dunque mostrare il, brutto è uflicio totalmente a quelle stranieifo, dunque cura priniissima al professore deve essere di presentare il soggetto da quella parte d' onde il beilo possa risultare. E il Mar- tino considerando, che cosa schifosissima, ed orrida era dipingere un petto squarciato, e sanguiuenle, un fegato roso, ha immaginato con lodevole accorgimento, che le- gato appena Prometeo, scenda l'avoltoio, e gli conficca gli artigli nel petto, e già gli ha dati i primi colpi del becco. Dipinse, a dir tutto in breve, il primo atto della storia, e così giustificò il moto, che ha la figura, il ca- rattere anatomico, e il grado del colore, che parrebbo- no incompatibili in un corpo rifinito dallo estremo tor- mento. Al nome glorioso del Benvenuti torna opportuno qui iavellare di un artista, che fu alla scuola di lui. Egli V Saverio Marchesi poco conosciuto a- Siciliani, poiché Hlirflto sotto il cielo ridente di Enna sua patria vive allegra la vita in compagnia delia pacifica libertà. Ci appresentò tre quadri esprimenti feste nazionali; de' qua- li sì per soggetto, còme per concepimento, ed esecuzione di laude degnissimo è quello, che presenta la festa della Madonna della Visitazione, festa, chejsi celebra nel me- se di luglio quando ne' campi biondeggianti di biadò Spiega la natura tutta la dovizia di questo feracissimo suolo. E a quel mese appunto festeggiavano gli antichi a Cerere protettrice di Enna; Le quali solennità se per lungo e vario volgere di secoli furon cambiate nell' og- getto, e lìdi fine, noi furono di certo nella forma. Im- perocché vedi immenso popolo in universale tripudio , Vestito a bianco, coronato di spighe portare" in trionfò la statua di Maria, e condurre grossi ceri accèsi, e grosse fiaccole; diverse corone di putti intrecciare carole ; la città tutta in gioioso movimento. E tal movimento e mirabilmente espresso nel dipinto del Marchesi, non c'è figura^ che paia straniera al fine^ non una oziosa^ vi si vede la turba del popolo ondeggiar come mare. Ondò Stimiamo, che l' egregio artista abbia colto il punto più dillicilc dell' opera, la verità, cioè, della composizione. I piani son benissimo distinti, la prospettiva aerea os- servata con grande rigore, cosichè rimane inconcepibile come egli, che possiede le parli piìi grandi dell'arte, e le più difficili a possedersi, egli che ha visto tanto, si attenga a un disegnare, poco piacevole, e ad un dipin^ gerc, che non Soddisfa del tutto. Ciò non ostante, dotto come egli è, nelle lettere, nel costume, nella stona, nu- (hito alla lettura de' poeti va nella Pittura Sicilia- na segnando un niiovO cammiiiO , e sòrba la memo- ria di certe usanze , che verranno avidamente cercate dagli archeologi, cui sarà antica l'età, che viviamo: che il tempo liamuta, e dislbrnia ogni cosa , e le arti stan- tio vendicatrici dagli oltraggi del tempo! 38 Dell'altre (lue tele, una presenta la festa medesima, veduta per altro punto, ove il Marchesi mostrò più di quanto può l'angolo delia visuale abbracciare direttamen- te, e, per dir proprio, disegnando il soggetto uoa tenue fermo il capo, ma girello (i). . ,• Seguitando, secondo che andiam facendo, a scorrere là Galleria, ci attrae un ritratto di Giuseppe Meli. Verità, riposo, sommo sentimento di vita. Questo artista , che dal suo modo di fare ci significa la dolcezza dell'ani- mo, sente nella più giusta misura il colore, e conosce lo effetto dell' aria sopra gli oggetti, e però ne' ritratti ove urtano le esagerazioni di ogni sorta, quella sua ma- niera è opportuna, e piacevole, infatti, il diciam franca- mente, que' ritratti sono i più belli tra gli esposti. Par che non operi con celerità, ma la sua diligenza non h studio, o minuzia, anzi possiede l' arte di ascondere la fatica, che ha posta nelle parti anco non primarie, con una certa negligenza, che innamora. Non ama un aere splendiente, che produca troppo sentiti gli effetti della luce, o piccanti i contrasti, ma finge il cielo come om- brato; e, a dir tutto, la soavità non mai si scompagna da lui. E se molto encomio ei merita ne' ritratti, mol- tissimo gli si debbe per la Comunione di S. Girolamo suir originale di Domenichino, e soprapiù per la co- pia della Madonna di Fuligno di Raffaele. Essa è con- dotta con profonda riflessione. Esattezza nel disegno , soavità ne' passaggi delle tinte, giustezza ne' toni , ani- (i) Non vuoisi tacere che nella Esposizione il Marchesi è slato indegna- mente accomunato alla plebe degli artisti ordinari. Acutissima puntura a un cuore caldo di gloria, e di amore pe' buoni studi, i quali, mal rimeritati, si deprimono, si annullano! Conoscendo la onestà de' nostri professori crediamo, che il loro errore sia stato in gran parte involontario: perocché tra noi ( e non sarà mai bastevole ripeterlo le mille volte ) poco, o nulla conoscendosi le gravi, e profonde leggi dell' arte, che ne formano la parte scientifica, non è a maravigliare se ne' quadri ilei Marchesi si capissero le mende soltanto, i giaiiili pregi (che pur sono molti) non si capissero punto. Si conforti non- diinpiio r egregio arlelice, e colla nostra liberissima lodi; riceva la benedizione ile' dotti, ehe è il vero, e più nobile premio agli ingegni. 39 mate le figure ( e peculiarmente la testa di S. France- sco, che è lo scoglio ove rompono i copisti di quel qua- dro). E comechè a copiare Raffaele sarebbe stato d' uopo maggiore ardire, e franchezza, il Meli in nulla ha tra- dito il suo esemplare, dimodoché l'opera sua conserva intera l' aria dell' antico^ Non vogliamo dimenticato il giovine Giuseppe Carta, il quale ci ha fatto ammirare la favola di Diana, e At- teone, assunto sovranamente trattato dall' Albani. L' ar- tista siciliano ha scelto il punto medesimo della storia^ che scelse il bolognese maestro, cioè Tatto della metamor- fosi. Ei si condusse con molto ardire e calore, le figure aggruppano bene, nella composizione e chiarezza e viva- cità, i contraposti sono introdotti ali* uopo , e con par- simonia, ed ascondono l' arte. Ma vorremmo 1' autore tenesse avanti agli occhi le seguenti osservazioni» Pri- mamente bisognava darsi attitudine meno furiosa alle figure, perchè Diana è una Dea, ne ha da mostrarsi co- me femiuetta da trivio; le ninfe son troppo spaventate: Atteone ha soverchia sfrontatezza, e sapea di appressarsi a una Dea, perciò non islà bene sul davanti del qua- dro. Le quali cose ritornano a lode del giovine artista, il quale, poiché dimostra vivace ingegno, vuoisi inani- mire a più profondi studi, potendo da lui 1' arte augu-' rarsi vantaggio, E se egli, che in pochissimi giorni con- cepì, ed eseguì si importante soggetto, e perciò non po- tè, come avrebbe voluto, aggirarvisi sopra, ha ottenuta la pubblica approvazione, non dubitiamo di ammirarlo mag- gioiniciile in altre sue opere più pensate. Rammentisi anche con onore il nome di Giuseppe Ba- gnasco, il quale pose un ritratto, e due storie , la ia-^ miglia di Anchise nell'ultima notte di Troja; ed Enea dalla Sibilla guidato alla stigia palude. In quest'ultimo dipinto si nolano particolarmente certi nudi, come quel vecchio, che siede a capo chino, e il putto da costa ^ disegnali, e comix)sti con grazia. Ma nello insieme lo esortiamo a dipingere più largo, e pastoso; lasci quello impasto, che Ih, massime nel ritratto, comparire i suoi lavori come dipìnti sopra porcellana, sia più temperante neir uso delle lacche, e ponga meno di belletto. Il P. Arcangelo da Palermo cappuccino è l'autore d un assai pregevole paese. Ha scelto 1' ora del nascere del sole, ed ha visto quella scena in natura, perciocché son vere le disposizioni, veri gli accidenti ; ne' primi piani, che van degradando con vago efietto, si sente l'u- midilà, e il fresco dell' erbette, le quali ammantano la campagna di una massa uniforme di verde, perche l'au- tore dipinse un mese di primavera. Non si nicghi, che questo verde è poco variato, cosicché tutta la estensione di terra, che abbraccia quel paese, sembra sparsa di un seme solo (almeno dal punto di veduta tale ne risulta lo effetto); ne si nieghi, che 1' ultimo sfondo , il mare lontano, e 1' aria sanno di crudo. Armonizzate queste parti, variati i siti e animati da qualche macchietta ana- loga, i pregevoli dipinti del buon P. Arcangelo acqui- steranno nuova bellezza. Erano parecchi altri quadri di paese, di frutta, di uccelli, e un interno di edifizio, i quali meritano riguardo, ma a tutti farebbe d' uopo un colore più bello (il colore in questi generi è cosa pri- missima) tranne a due quadri di pesci di Andrea Mar- tino, il quale è da reputarsi eccellente, e per la verità, la varietà, la disposizione, la trasparenza delle tinte, e l'arte di nobilitare con opportune allusioni quegli oggetti di morta natura. Ma non possiam cessare il discorso de' Pittori senza far memoria distinta della signora Teresa Marott, tanto più che la Sicilia scarsa di donne pittrici un anno ad- dietro vedeva nella morte di Carobna INIartino rapirsi una fresca speranza. La signora Marott palesa non ordinario ingegno, mas- sime nel paese, poiché i partili, che ha scelti, fan ve- dere, che sente la vera bellezza campestre. A' Le procluibnl die ha esposte meritano ogni conside- razione sol che si pensi, eh' esse vengono da una per- sona, che ama l'arte per diletto; peccato! che, cornea noi pare, sia stata ammaestrata da poco buoni precetto- ri, i quali le hanno insegnato un modo poco lodevole di trattare i pennelli. Nò dubitiam guari di tribuire a costoro simile pratica, poiché è incompatibile colle virtù della mente, che dimostra. E vorrei tributarle le più sincere lodi, onde rimeritarla dello esempio, che ha dato al suo sesso, esempio sì bello, che voglia il Cielo di- venti gara nelle siciliane donzelle, cui lo ingegno sovra- bonda, la cultura manca totalmente, dico la nobilissima cultura massiccia delio intelletto (perciocché toccare ra- pidamente il cembalo , intrecciar danze , balbettare il francese, stemperarsi nelle tenerezze de' romanzi, è li- scio, è vernice, che ad un soffio sparisce), la quale cul- tura varrà a perpetuar loro quella felicità , che fugge colla fugacissima bellezza. L'arte dalle loro mani potria derivare incanti novelli, poiché chi più del bel sesso ha senso squisito pel bello? (i). Cose molte, e diverse mi sarebbe mestieri qui rife- rire, e allontanarmi dalla propostami brevità se il nome (i) Toccanclo di donne pittrici non possiam tacere della cnltissinia donzella Si},'. Annetta Tnrrisi, che per il vigor della mente, e più per l' istancabile amo- re all' arte, e per la non interrotta profondità negli studi ci fa di se concepire altissime speranze. Tuttoché alcuna opera di lei avrebbe potuto sostenere il paragone di molte tra le sopra descritte, la natia modestia, che mai si scom- pagna dagli animi nobili, lo amóre di urta gloria Verace , il disdegno di un freddo encomio, e i suggerimenti del maestro la resero renitente ad esporre ciò, di che restò nel cuore del pubblico forte desiderio. Noi che abbiamo accu- ratamente esaminati i suoi lavori in ordine progressivo siani riiTl.lsti sorpresi di una dell' ulinie sue produzioni, b il ritratto della sorella minore, donna ( se la educazione agli studi seconderà la nostra preveggcnra) donna, io dico, nata a grandi cose. Il movimento del capo, il volgere degli occhi la borea atteggiahi al rc»piroy il nuovo intrecciar delle mani rendono la figura com- posta con grazia tale, clic il guardante la crede ispirata. VorrcLbesi più scru- polosa somiglianza ? E cosa è mai questa eitcrim similitudine delle j i rl« lui- nimc in un ritratto, cìic ha il merito di un quadro? 4^ . . ' di Tommaso Aloysio non godesse quella fama, di che a dritto si adorna; mi sarebbe d'uopo narrare come in Si- cilia non siano mai stati incisori, che si applicassero al gran genere, e come costui qui degnamente il sostenga, quai pregi adornino i suoi lavori, come possegga franchissi-' mo il bolino, e ne conosca gli effetti del meccanismo, qual sia lo arringo che corre, e di queste, ed altrettali cose mi taccio, che riesce ingratissimo secondochè dissi sopra , a chi narra , e a chi ode ripetere il comune- mente noto. Ma tacere non posso, che V egregio artefi- ce nella presente Esposizione ci ha fatto ammirare ta- lune produzioni, che gli guadagnano il nome di valente compositore; non intendo de' due ritratti a litografia del Gargallo, e del Conte Statella, non dell' altro ad acqua- rello di Ferdinando I." bastevoli soli a onorare un buon disegnatore, ma voglio dire dell'Ambasceria de' Messi- nesi alla Madonna. In questo mirabile composto alla più nobile semplicità del tutto vedesi congiungere disegno bellissimo, belle attitudini, gravità ne' caratteri, grazia ile' volti, dolcezza, e maestà nella Vergine, modo natu- ralissimo di disposizione. Ci è lecito sperare che questo spertissimo artista, il quale possiede tutte le doli neces- sarie a cogliere lo spirito degli autori, e a mantenerlo, ci dia opere di grande importanza simili alla esposta Ma- donna del Camuccini, la quale ha guadagnato la univer- sale meraviglia. E posciacnè le produzioni de' nostri tut- tora giacciono ignotissime a' forestieri, ed a noi mede- simi, i quali non siam chiusi da un muro stesso di mu- nicipio, imprenda egli a rendere un tanto beneficio alla patria sua, e nostra. Messina è ricca delle opere de' cin- quecentisti immeritevoli della oscurità, a cui condannolle la sventura siciliana, scelga egli le più belle, le più utili alla Storia delle arti, e all' onor nazionale, e le divul- ghi; e noi che l' ammiriamo ora come sostenitore del- l' arte dell' intaglio, gli farem plauso come illubiralore delle patrie glorie. . 43 Gli egregi architetti Carlo Giacliery, e Giovanni Be- nigni hanno arricchita la Esposizione di due componi- menti architettonici, ch'essendo importanti, meritano di essere particolarmente descritti. Il Professore Giachery imprese a formare un Cam- posanto così disposto, che sia capace di 600 tombe, e circondato di portici, i quali comunichino con quattro monumenti dedicati a quattro ordini primari dello Stato, cioè Governativo, Militare, Letterario, ed Ecclesiastico. La Chiesa isolata, e le abitazioni de' sacri ministri , e de' custodi fuori il ricinto da parte del prospetto. È que- sta la sua idea, la quale venne da lui in tal modo ese- guita. L' ingresso principale ripartito in tre vani, che è decorato di colonne doriche con basse proporzioni, e basso frontispizio, e parte del tempio, e de' monumenti , che appaiono, formano il prospetto. L' interno è un vasto rettangolo, il cui lato minore, che risponde al fondo dell' edifizio termina in un gran semicerchio, nel cui mezzo si eleva maestosa una colonna dedicata al fondatore. In cadauno de' lati maggiori a due terzi di estensione si innalzano due de' monumenti. Da tergo vi girano i portici in linea curva , che , rompen- do la monotonia delle rette frequenti, fan bellissimo ve- dere. Le arcate de' portici son decorate da pilastri do- rici sovra unico basamento continuo, i quali sostengono un cornicione a melope, e a triglifi. Alcune feuestre si aprono a dar lume a' sotterranei. A mezzo il Campo è piantato il tempio, che ha per avan-corpo un vasto por- tico ionico sormontalo da frontespizio. L' interno è a croce greca, ed ha due file di. colonne ioniche, che lo dividono in tre navale, e sostengono il cornicione solto- messo alquanto alla imposta della volta maggiore Ibr- mata a botte. Le minori sono a soflìtlo retto. Le mura divise in diverse nicchie destinale a contenere statue aiia- logb.e, e bassirilievi. Quattro j)iloni nel centro con pi- lastri sostengono la cupola emisferica, dal cui vertice si 4< . . . ottiene parte di luce nccrcsciuta da ll'e liicernàU nelle Volte de' presbiteri!, e da una gran fenestra aperta sul muro d'ingresso. Il maggiore altare molto elevato è così posto, che s'immagini quanto si voglia la folla del po- polo, ogni individuo possa vedere il sacerdottì officiante. Dietro l'abside principale, e le due laterali sono le sa- crcslie^ e tutti i luoglii all' uopo convenevoli. I monumenti di foJ'ma ettagona vengono sormontati da un tempietto ionico raonoptero, che con un portico dorico ne fa il prospetto. La interna capacità è divisa in cinque corpi, cioè da uno spàzio circolare diramansi quattro sale rettangolari terminate in semicerchio nei lati minori. Ciascuna di esse riceve luftie uniforme dal- l'alto in vantaggio di effetto per le statue. Bella architettura greca, maestà, semplicità, varietà, contrasti , convenienza, carattere generale di mestizia allegrato in parte da' prospetti del tempio, e de' monu- li menti, è tutto in fine condotto con sanissima ragione. Non vogliamo lasciare inosservato il mòdo , con che son lavorati i disegni, qual diligenza, ed esattezza di li-» nee, qual giusta gradazione di ombre unite a un colorire assai pittoresco: poiché, quantunque privi naturalmente di effetto siano i disegni architettonici, questi del Già-* cher}^ hanno la prospettiva, cosichè ò visibile il degras damenlo delle tinte secondo i piani, e le distaize. Ma se di lode sincera si deve rimeritar lui , che ha immaginato un pubblico cdifizio destinato alla religione de' sepolcri, (e non ha guari la Sicilia fulminata dalla più atroce sciagura sentì il bisogno di quello edifìzio), ovtì alle sacre reliquie di clii lasciò agli uomini splendido esemplo d' immortali virtù e concesso luogo onorato, e distinto, egualmente si debbe a Giovanni Benigni per averci presentato il componimento di un altro edifizio pubblico, cioè di un grande teatro, ove 1' uomo traendo sollievo alle angosce della vita raccoglie sublimi precet- ti di condotta* 45 Maestoso, ed imponente il Prospetto poggia sopra uno • zoccolo elevalo alquanti palmi sul terreno, e forma un avan-corpo nella parte, che dirittamente risponde al Tea-- tro: il fiancheggiano due ale rientranti, e corrispondenti a certe sale destinate alla musica , e alla danza pubi blica. Dal prospetto si perviene al centro per alcuni gradi ornati di statue rappresentanti la Commedia , la Tragedia, la Danza, la Musica ecc. La parie di mezzo, che forma un porticato vieu compresa da nove grandi archi terminati a' fianchi da grandi sodi, ove è un an-» dito con architrave piano, e sul quale un bassorilievq adorna lo spazio interposto alla linea della imposta de-s gli archi, e la fascia ornata alla greca, e che corona lo intero basamento trattato a bozze di carattere corintio. Su questo s' innalza un falso attico , sopra cu poggia un ordine corintio , che fa ut» loggiato corrispondente al corpo interiore, e nelle estremità, che rispondono a' sodi dello imbasamento vedesi fra due colonne da uà lato la statua di Metastasio, e dall' altro quella del Pai- siello. Finalmente termina in un attico, sul quale è ìs^ epigrafe tratta da Orazio: Omne tuUt punctum^ qui miscuit utile dulci^ e sopra cui si vede a mezzo un ge-r nio, che corona la virtù tenendo dietro il vizio, che ab- hracciando l' idra si rode; negli angoli stanno parimeu-^ te due geni. Il basamento delle due parli laterali vien composto da tre anditi, e sei fenestre, ed è ornato dalle slesse leggiere bozze, e fascia alla greca uniformi all' a-s vancorpo, e la parte superiore vien terminata da pila- strata corintia. Rettangolare è la pianta dello interno terminante nel lato opposto al pro;>pelto in un vasto semicerchio. Un porticato mena a una gran sa^a a duo ordini di colon- ne ioniche, e corintie, da questa si va alla saia dell' \x-. ditorio, la quale vien preceduta da altra corintia difor-f ma rotonda ornata di statue, e bassirilievi. Questa cOf manica colle scale nobili, Iq quali goi^ducono sì a tutte 46 . . k precinsioni del Teatro, e sì alle sale da Danza, e Fi- larmonica, sebbene a queste anco si può venire per gl'in- gressi de' laterali, ove è luogo py' cocqhi. La forma del- l'uditorio ornato alia cinquecentista è ; a ferro di cavallo a sei ordini di palchetti. Il proscenio tagliato a porta- voce è di grande estensione, ove per due androni fian- clieggìanti si possono introdurre carri e cavalli. Un am- pio arsenale circonda l' intero palcoscenico per ri porvi le macchine, e gli oggetti necessari alle rappresentazioni. Contigu» al quale è il porticato, che comunica con tutto r edifizio, e serve alla interna circolazione de' cocchi. Siegue poscia un cortile di figura mista, in cui sono vari magazzini per uso del teatro, e rispondenti alla parte seniicircolare di dietro. E cosi via via trovansi in tutta la fabrica, diverse stanze, diversi locali publ)lici, e pri- vati, cioè pertinenti a tutte le persone, che possono avere relazione qualunque col Teatro. Del che una più lunga descrizione sarebbe inopportuna al nostro assunto. Vasta adunque è la idea del Benigni, complicato per sua natura l' edifizio, nondimeno è mirabilissima la ma- niera, onde ei seppe sciogliere un nodo cosi vai-io, e ri- durlo a tanta facilità, e convenienza, che non e mem- bro, quanto si voglia separato e riposto, che non comu- nichi coir altro al coverto. Alla maggior solidità della fabbrica unì il maggior comodo, e la bellezza \)m scelta. Ha fuggita ogni bisbeticheria, a che alletta vaio la stessa natura dell' opera, ha evitati i capricci , ha variate le parti, insomma tenendosi sulle orme de' classici, e in- sieme mirando alla novità ha con molta filosofia operato. La qual cosa ci si accende via più nell' animo il desiderio di ammirare alcuni saggi di ornati , pprocchè sappiam senza fallo, eh* ei tiene uno stile peregrino con specia- lità ne' capitelli corintii, che in varie Esposizioni di Ro- ma gli guadagnarono coli' universale encomio il premio maggiore. ■ Oltre a queste duo opere descritte osservavansi alcuni disegni di Giuseppe Martino, cioìi un Arclielipo in le- gno per orcheslru di musica nei foro Borbonico di Pa- lermo.— Idea di uno Spedale. -r- Pianta di uno Spedale con orto botanico. — Disegno di una Zecca, I quali basta avere accennati, poiché sarebbe noioso descriverli parti- tamente, E qui mi taccio, o egregi artisti , e pieno il core di riconoscenza ringraziovi dell'onore , cl«e fatto avete alla patria. La lode, che il pubblico per bocca mia vi ha largita, lode non vile, o bugiarda vi conforti nei vostri amenissimi studi, e v' incili a opere di piìi alta eccellenza. Le mende, che, sempre provando, ho nota- te'nelle vostre produzioni vi faccian più accorti, e vi ac- cendano di volere più forte, e vi misurino le difiicoltà delle arti, che vi rendono più illustri quanto più coraggio- samente superate, E se per avventura avvezzi ad essere svergognatamente lusingati da gazzettieri, o da inetti poe- tastri le mio franche parole vi recassero acre sapore, non vi sdegniate, prego, che anzi toglietele dette al bene di voi. Perocché gli è tempo che Sicilia anch' essa nello arti sorga dall' umile stato ove molle cause polenti, o mal cercate l' hanno finora travolta, gli è tempo, che si mostri degna, e possente da pareggiare le più eulte nazioni della terra, e che si lascino le vecchie bar- bare pratiche, e si abbracci la novella cultura. O Si- ciliani, qual paese più del vostro fu prediletto dal Cielo, qual popolo più di voi ha lo ingegno scaldato dal fuo- co creatore, di voi che nelle stesse miserie, e nella bar- barie, e nella indigenza, e nella viltà stessa serbale ben vostro il carattere? Ed è pur vero, che la felicità di natura ci torni più oltre funesta ? ed è pur vero, elio volgendo lo sguardo imparziale a noi stessi rimarrem- mo spaventati dal nostro squallore, e uscendo da que- sto picciolo scoglio, sopranàlli dalle straniere grandezze, ci vergogneremo della nostra vanitosa dappocaggine? Sgan- natevi dunque, capile una volta, the in voi è la potea« 48 za dello ingegno, ma la potenza solamente, che voi stessi intorpidite, e che nel fatto voi siete nulli al cospetto di que' popoli, che erano barbari mentre in voi spiendea chiarissimo il lume degli studi. Però solerti operate, vi spoltri , e vi accenda la gloria vera, che sta; e sopra- tullo non fate eh' io chiedendo alle opere vostre ragio- ne più stretta di quella, che oggi non ho chiesta, ram- maricandomi, mi vegga forzato dal vero, che non ho mai tradito, a rimproverare con parole egualmente franche la vostra vigliaccheria. Paolo Giudice. Sopra le memorie premiate del R. Istituto d'Incorag- giamento di Sicilia nel i838. — Lettera di Gaetano Barili al Signor Ferdinando Malvic a — Direttore delle Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia. Signore Ella rammenterà mio zio, che fu già nelle sue Effe- meridi ricordato con onore. Egli oggi non è più tra vivi; il colera Io trascinò al sepolcro. Spero che la stessa cortesia fatta verso lo zio non si nieghi al nipote; e cominci ad usarmela con far buon viso alla presente lettera. Ella è uno dei 3o socii ordinari!, che la saviezza del Governo elesse nella fondazione del R. Istituto d' Inco- raggiamento. Ella fu il primo, ed il solo , che facesse conoscere all' estere nazioni questo stabilimento, da cui sperava la Sicilia ottenere de' vantaggi non efimeri, per migliorare la sua economica condizione: e noi vidimo con gran piacere divulgata ed onorala la di lei mono- ria^ che tanto illustrava il paese, dalla maggior parte dei Giornali di quel tempo, e da due uomini grandi 49 il Conte Leopoldo Cicoguara, e il prof. Giancloinciilco Roniagnosi negli Annali di statistica di Milano e nel Giornale di belle arti e tecnologia di Venezia. Ella permetterà che io queste cose rammemori perchè e giusto che il faccia, e mi preme il farlo. Ella è stata uno dei Soci più utili più laboriosi e più benemeriti, di cui possa menar vanto l' Istituto; e che ciò sia il pub- blico lo dice, e i fatti lo comprovano. Ella per quattro anni e mezzo occupò la carica di Direttore della classe di civile economia , ed ognun sa in qual modo laudevole avesse in questo lungo periodo sostenute tante gravi e molti plici fatiche. Ognun sa che le cose le più interessanti furono a lei affidale. Ella scrisse sull' istituzione del Gran Libro del debito pub- blico; scrisse sul Cabotaggio fra Napoli e Sicilia; scrisse il progetto pel brugiameuto dei zolfi; scrisse sul sifone idraulico per estrarre le acque dalle miniere della Sicilia senza opera di uomini o di animali; scrisse sul parere rassegnalo dal console di Tunisi a S. M. per promuovere il commercio fra la Sicilia e gli stali tunisini; scrisse per- chè r Istituto proccurasse i mezzi onde evitare la distiu- zione dei boschi nazionali colla barbara estrazione della così detta scorcilla; scrisse sulla Compagnia agraria e com- merciale, che doveasi stabilire in Sicilia; scrisse poi cento e cento altri rapporti interessantissimi sopra le varie di- mando dei speculatori, che si presentavano , per intro- durre nuovi rami d' industria ora favoreggiandoli, ora op- pugnandoli, secondo la giustizia ed il bisogno dell'indu- stria e r utile pubblico dimandavano. Ma che ne ha ot- tenuto da tante fatiche prestate con tanto zelo, e tanto amore? 1' ingratitudine la più vile. Permetta questo sfo- go del mio animo, eh' è lo sfogo dei buoni. Ella però si è oggidì ritirala dall'Istituto, e sono oramai selle mesi che la sua voce non si ode più in quella sala , e non si ode più il suo consiglio. Ella si è ritirala , e si è ritirato seco qualche altro ottimo, ed hanno fat- 4 5o to tutti cosa da loro pari, ed hanno agito con quella prudenza e quella saggezza, che sì le distinguono, e le sono sì proprie. E sappiano per loro consolazione, che non vi e stato saggio, e non vi e onest' uomo che non li abbia nell' intimo dell' animo applauditi ed ammirati. Ella dunque , signor Malvica, ignora quel che si fac- cia ora all' Istituto. Sappia che non si fa più niente, e eh' è divenuto una vera illusione. Chi dice il contrario mentisce per proprio interesse; ma nella sua coscienza sente la verità di ciò che scrivo. Si è fatta lìerb una cosa di moltissima importanza , per cui mi appello al suo voto; e reclamo di unita la giustizia non presente, ma la giustizia degli uomini av- venire. Ella sa bene che V Istituto dovrebbe in ogni biennio premiare tre memorie, che si sarebbero scritte sopra que' temi che il raedemo Istituto avrebbe proposti con apposito manifesto. L' Istituto per la esposizione di maggio i836 propose tre temi, che furono: » I.** A migliorar la condizione della Sicilia convie- » ne, far capo delle arti e del commercio cogli stranieri, » o del miglioramento della sua agricoltura ? Neil' uno « e nell' altro caso quali sono i principali ostacoli eco- »> nomici da rimuovere, e quali i mezzi da mettere iu » opera per ottenere la nostra industria ? » 2." Quali sarebbero i mezzi da praticarsi in Sici- » lia per accrescere i più utili e varj rami dell' agri- » coltura; e quali sarebbero nelle attuali circostanze i » più proprj ed adatti al vantaggio dell' Isola ? m >j 3." Come attenuare la spesa della produzione dei u nostri grani duri, tanto accreditati in commercio, in » modo che non si tema più la concorrenza degli slra- » nieri, e si goda dello aumento della ricolta e della M migliorata condizione della derrata ? u Scrissero 26 dotti di varj luoghi della Sicilia; Ire sul primo quesito; cinque ó sei sul secondo; ed il restante 3i sul lerio; ma fra loro non fuvvi alcun socio dell' Isti- tuto. Fra le 23 memorie rurali eranvene alcune di sommo inerito, e che furono lodate particolarmente dalia classe rurale, e dall' intero Istituto. Anzi alcuni socj di que- sto giudicarono eccellente quella che portava per epi- grafe Dall'Etna^ e degna del premio 1' altra col molto Satis Ceres. Ne certo mi vieterà che io manifesti al pubblico, die fra questi Ella fu il primo, e tanto fu preso dell' ulti- ma memoria^ che per amore della giustizia e della ve- rità apertamente la difese, e per essa votò. Ma qui noa mi lagno del giudizio dell' Istituto. I corpi morali sono rispettabili, e l' Istituto rispettabilissimo. E l'Lstiluto non accordò il premio, gicicchè nuovo in simili cose, (essen- do questo il primo premio che da tempi immemorabili la Sicilia concede per cose scientifiche ) si era mosso dal principio di volere la prima volta coronare una cosa di grande eccellenza: per cui Ella ed altri furon di contrario parere. L' Istituto nella sua sapienza ritrovò certo nella detta memoria dei difetti che non la facevano arrivare a quel pnnto di suprema eccellenza, che ei desiderava, per essere premiata. Sia pure. Le opinioni son varie; e forse la memoria Satis Ceres bisognava l' ultima mano del- l' autore; onde l' Istituto nella severità della sua giustizia non credette di conferire a nessuna il premio. Egli però nel suo rapporto ne colmò di lodi parecchie, e Satis Ceres elevò con particolarità maggiori: tanto dotta e bella era quella scrittura ! Ma questo corpo pieno di saggi e dotti uomini che avevano letto ed esaminato tanti scritti, ed avevano veduto le gravi fatiche che aveano gli autori so- stenute, deliberarono che bisognava fare in modo che la dottrina e i talenti dimostrati da quei valent' uomini uon restassero senza il dovuto guiderdone; e fu stabili- to sin d' allora che per la ventura esposizione si dove*- 53 sero dare i medesimi quesiti; e così quelli stessi, scan- sando i difetti che nelle loro memorie si erano notati, aves- sero potuto scrivere con minori difficoltà ; anzi avendo piti agio e tempo, accomodando qua e là (ed in alcune non c'era molto da accomodare) ed abbellendo le memorie fatte, avessero i migliori tra loro potuto ottenere quella gloria e quel premio, che per le fatiche fatte, e pel pregio intrinseco delle loro scritture meritavano. Non si poteva certamente bramare di meglio da un corpo di scienziati onesti, che amavano la Sicilia, e voleano ri- meritare i bravi uomini. Dodici furono le memorie che si presentarono per concorrere al premio dell'ainio i838; tre di esse riguardano l' economia civile, e nove la ru- rale. Ma che ! Si crederebbe? e pure è così. 11 premio si prende oggi da un uomo, che sebbene avanzato di età non si è mai conosciuto per uomo di scienza , perchè non ha fatto mai niente in questo mondo; ed esce ora tutto ad un tratto scrittore, e scrittore coronato. E co- stui il baron D. Giuseppe Palmeri, socio ordinario del- l'Istituto d'Incoraggiamento; ed è costui pieniialo per una memoria scritta sopra altre diciannove memorie simili, giacche diciannove scrittori, senza che l'uno sapesse del- l'altro, le avevano con tanti sudori meditate scritte ed in- viate in buona fede all' Istituto nel primo concorso; ed ora veggono che altri, a man salva, avute innanzi al pensiere e agli occhi le loro moltiplici e laboriose fati- che, non che tutti gli esami, e tutte le osservazioni e discussioni fatte dalla classe rurale, e dall' intero Istitu- to, venga nel bujo a rapire 1' onore del premio. Chi avrebbe mai creduto che vi sarebbe stato socio onesto dell' Istituto che con tanti vantaggi sugli altri a- vesse posto mano a scrivere su quel tema già battuto da tanti valorosi? E certo fu un inganno, ed un tradi- mento anche per questi ultimi scrittori, che si presen- tarono oggi in buona fede, e fra cui non so. se ce ne 53 sia anche qualcuno de' passati. Essi certo non avrebbero scritto, se avessero potuto sospettare che si fosse presen- tato al concorso un socio dell'Istituto, che aveva letto le memorie passate che stavan tutte a sua disposizione; e che sapea gli esami fatti dalla classe rurale su di esse, e le opinioni che 1' Istituto portava su quelli temi, e su i pregi e i difetti delle memorie. Indipendentemente poi che i Socj dell'Istituto non sono più sicuri giudici della me- moria di un altro socio, che ogni giorno li vede, li of- ficia, li stringe la mano, li si raccomanda. Ne si dica che quesla è una falsità ( me ne appello ad ogni one- sto uomo del medemo Istituto) per non sapersi le me- morie a chi appartengono , distinguendosi ognuna col motto che porla; giacche questo finisce quando si ha im- pegno di far sapere l'autore della memoria. E poi potrebbe più facilmente verificarsi per le memorie che si mandano di fuori, ma non mai per quelle di Paler- mo, e tanto meno poi per quelle dei socj dell'Istituto. In effetto assai prima che l' Istituto dasse il suo giudi- zio si sapeva che fra le memorie presentate ve ne era una di Palraeri, socio ordinario dell' istesso Istituto. Tutti rimasero sbigottiti a tale notizia, ed aspettavano 1' esito di questa scena, che fu precisamente, come moltissimi r aveano preveduta; cioè che Palmeri, socio dell'Isti- tuto, uomo non conosciuto mai per uomo di lettere , avrebbe defraudalo tanti valorosi, e rapito a man salva la gloria, l' onore, il premio che ad altri apparteneva- no, e ad altri appartengono. E che tempi son questi ? che uomini vi sono? Non scriva più dunque nessun siciliano per l' Istituto d' In- coraggiamento. Stampino ognuno per se quei bravi i loro discorsi, onde vedere apertamente il fatto che si deplo- ra. Si stampino parlicolarmcnle le memorie, portanti il motto Satis Ceres, e dall' Etna; acciò veda il pubblico ed il R. Governo quali memorie furono allora per nei •rigettale, e quali oggi jnciniatc; e così venga smascherata Si V impostura, ornai divenuta vergognosa ed insopportabile. Son Siciliani tutti quelli che scrissero la prima volta ; scrissero invitali dall' Istituto; scrissero sotto la tutela delle leggi; sotto lo scudo sacro del Governo. Stampi dunque ogni scrittore il suo Discorso, e si vedrà qual messe di cose aveva il Palmeri sotto li occhi, e si ve- dranno così meglio i tempi, a cui siamo arrivati. Si ab- bia pur egli li loo ducati, che di questi l'ultimo di co- loro che scrissero gliene fa un dono ; ma conosca il pubblico r intrigo e la cabala; conosca la saggezza e la giustizia del Governo gli uomini e le cose. I dotti siciliani sono scoraggiati, e nessuno avrebbe mai creduto, che vi fosse stato socio dell' Istituto, che avessd scritto dopo aver letto e pesato tutte le fatighe degli, altri, ed avere tanti materiali, e tante idee da po- ;lérsene vestire all'oscuro. E però qui giusto che si palesi, che molti socj del- l' Istituto, e i più intemerati, furono, perchè la memo- ria del Socio Palmeri, ralFazzonata sopra le memorie passate, non si premiasse in nessun modo; giacche la so- la coscienza doveva proibire ad un socio dell' Istituto di scrivere in questa circostanza. Ma perchè il Palmeri non scrisse egli la prima volta ? perchè non si cimentò al concorso con tutti gli altri bravi, quando eran tulli nel- r istesso caso vergine, quando l'uno non sapeva delTal- tro, quando le materie non si eran discusse da nessuno, quando nessuno aveva scritto, e nessuno sapeva le idee del' Istituto, che doveva essere il giudice delle memo- rie? In qual laberinto siamo noi ! Il primo premio che SI da in Sicilia si dà pei raggiri, si dà nel modo che Tediamo! E che e' è da sperare fra noi? che e' è da spe- rare quando gli ottimi, quando i valent' uomini restan sempre vittima dell' intrigo, e sono perseguitati e calun- niati? che e' è da sperare quando nelle cose pubbliche i pochi ottimi finalmente si stancano e si ritirano sdegnati? Ma qui giova ripetere, ad onore dei buoni, che l'I- 55 stltuto non fu uniforme: cosa consolante sì, ma sterile; consolante perchè ci piace sapere che quel corpo rac* chiude molte brave ed ottime persone; e ne racchiude certo per tutti i versi; sterile perchè le ingiustizie si fanno e si fanno senza rimedio. Io parlo con rammarico, perchè sono amico di molti di quei valent' uomini che scrissero allora, e che hanno scritto oggi, e sono stato testimonio del loro sdegno iii questo fatto, che voglio lasciare agli altri il chiamare con quel nome che si merita. Perdoni questo sfogo, signor Malvica, ma è dura co- sa il vedere i buoni trascurati, e avviliti; è dura cosa vedere defraudati gli uomini di vaglia che hanno logo- rato la loro vita negli studi, e veder rapire gli onori e i premi da quelli che non hanno fatto mai nulla , e chd hanno tanto dritto al titolo e agli onori di uomini di scien- za e di lettere, quanto ne ho io a quello d' Imperatore di Marocco. Io son sicuro, signor Malvica, che il suo Giornale così riputato non solo in Italia, ma in Europa, che ha dato tante prove di difendere la giustizia, gli uomini di me- rito, e le cose nazionali, non rifiuterà di farlo in que- sta mteressante occasione. Si è per questo appunto che mi sono diretto a lei a preferenza di qualunque altro* Stia sempre sana, e viva sempre ad onore delle let* tere e della Sicilia^ Suo umilissimo servo Gaetano Barili. 56 Osservazioni del P. Domenico avella intomo al giù-' dizio proferito da Bernardo Serio per Michelange- lo Monti. Si è preso in quest'Effemeridi (i), come ognun sa,' a tratteggiare uu quadro dello stato generale scientifico e letterario della Sicilia pigliando incominciamenlo dal 1800 sino all' età presente. Quanto a nne lodo un sì no- bile divisamente, e protesto di tenere in grandissima stima coloro, che si danno pensiero di recarlo ad effet- to. Ma non posso a verun patto approvare il giudizio intorno a Michelangelo Monti proferto, ne in tale cir- costanza tacermi , perchè il silenzio sarebbe per me un delitto. Laonde verrò in questo articolo , come io meglio mi sappia, rifutando l'opinione di Bernardo Se- rio giovane di buona indole, di colto ingegno, e fervido amatore delle amene lettere. Per le quali commendevoli doti sebbene io non abbia mai colto per avventura il de- stro di avvicinarlo, pure lo ammiro ed apprezzo; e con- fidando pur troppo nella bontà del suo carattere, porto ferma opinione che il torto da lui fatto al merito sin- golare del Monti ebbe a procedere da un errore inno- cente, e non mai da maligno animo, o da qualche vi- tuperevole passione, onde avviene che si veggon talvolta i vili mordere e svillaneggiare gli uomini più esimi. Sof- frirà dunque il Serio che io mi faccia contro il suo ad espor- re il mio sentimento e per amore del vero e per sacro dovere di gratitudine. Arroganza e bassezza non avran- no luogo in questa, per così dire, amichevole controver- sia, ne potrebbono averlo nell' onorato Giornale, soste- nuto per le vigili cure di un Ferdinando Malvica. Intento il Serio a ragionare sullo slato del gusto ita- (1) Num. 54. Marzo i838. 5; liauo dopo eli avere intorno a ciò molte cose toccalo eoa giudizio, erudizione, e conetto linguaggio , non dubitò punto di affermare che al rigeneramento del buon gu- sto, e all' imitazione del bello e forbito scrivere del to- scano idioma » nocevole era lo esempio di Michelange- li lo Monti, il quale , comechè lodatissimo Professore » di Eloquenza in Palermo, cercava meglio seguitare le » orme dell' Algarotti e del Cesarotti che 1' aurea sem- » plicità de' trecentisti (i). » Mi dica pria di tutto l' autore di questa opinione gra- tuita: sarebbe forse mestieri per iscrivere secondo il buon gusto tener dietro a' soli trecentisti? Beata io chiamerò mille volte quell' età del trecento, quantunque poste a disamina le ragioni addotte in contrario dal celebre Mu- ratori chiaro si scorge il secolo illustre per Dante, Pe- trarca, e Boccaccio non essere stalo per la italiana favella il secolo veramente aureo, come per la latina fu quello di Tullio, Fiacco, e Marone. Ma deggio io credere che la natura madre in ogni tempo benigna di qualche alto e peregrino ingegno tutte allora esaurì le sue dovizie ? Che il nostro linguaggio nato appena venne in breve a tutta perfezione? Che lo stile prese per qualunque ge- nere di composizione ogni forma ed attitudine la più bella e decente? Che 1' uno e l' altro non dovevano al progredire delle scienze, e delle arti viemaggiormente ar- richirsi, nobilitarsi, e dell' istessa luce risplendere onde la filosofia veniva semprepiù rifolgorando? Io lascio stare una tal quistione da letterati dottissimi exprofesso trat- tata, pago di toccare soltanto che il Foscolo nelle sue Lezioni di Eloquenza riprova sensatamente per diverse ragioni la scuola del Boccaccio, del Bembo, del Casa, e parimenti quella di Roberti, di Bettinelli, e la gallica, o cesarottiana. Sarà poi vero che Michelangelo Monti si diede a se- (I) Pag. ,49. 58 guitare le orme dell' Algarolli e Jel Cesarotti ? Certo che nò . Sanno i meno istrutti nella nostra letteratura che al Conte Algarotti procacciò rinomanza il Neutonia- nismo per le Dame dettato con gentilezza e senza pe- danteria; e che dopo questa le sue opere principali non contengono se non saggi e lettere sopra la Pittura, sopra l'Architettura, e mostrano, al dire del Maflei , quanto squisito fosse il suo gusto e sicuro il giudizio nelle ar- ti del disegno. Delle quali cose non avendo il Monti al- cuno interesse, non potea sentir vaghezza d' imitarne gli scritti. Ne mi si rammentino i versi sciolti; essi non ven- nero mai dall' egregio nostro Professore proposti a mo- dello; e poi non sou tali che argomentino un gusto cor- rotto neir Algarotti, il quale venerava immensamente 1* Alighieri, e si dolse moltissimo che i suoi versi uniti a quelli del Frugoni e del Bettinelli pubblicati si fos- sero colle pazze lettere virgiliane. Era il P. Michelangelo, io noi niego, pieno di ammi- razione per il dottissimo Cesarotti. E come non ammi- rare uno scrittore tanto fecondo, un filosofo, un lettera- rato di sì vasto e profondo sapere ? Il traduttore di Os- sian vivrà nella sempiterna ricordanza de' posteri; l'a- vere in fatto di lingua non di rado abusato del suo al- tissimo ingegno mica non isminuisce la debita laude alla immensità della sua dottrina, alla filosofia della sua cri- tica. Ei diede all' Italia una biblioteca omerica ; la fé' ricca ed ornata del più bei fiore della greca letteratura, e colla sua versione ossianesca educò il grand' animo dell' Astigiano al vero stile della Tragedia, Monti però lo avea giustamente in venerazione; ma come sdegnavasi coi pedanti, flagello della letteratura, che punto non istanca- vaoo di gracchiare audacemente insultando a quel sapien- tissimo, così mal volentieri soffriva la di lui licenza per quanto risguarda la maniera di scrivere; in fatti noi se- guì egli mai, nìì mai consigliò i suoi discepoli d'imi- S9 tarlo. Alle mie parole fanno indubitabile tcslimoiiianzu le sue prose e poesie piene di classico gusto; la fanno altresì le belle produzioni di coloro, che da lui furono in eloquenza e poesia scnnatamente istituiti. E qui mi cade in acconcio rimemoiare qual saggio metodo il mio rinomatissimo Professore usava con ogni cura e diligenza nell' istruire in questa regia Università degli studi gli eletti giovani siciliani. Dettava con chiarezza e precisione aurei precetti sul- la scorta precipuamente di Tullio, Quintiliano, ed Ora- zio non tralasciando giammai di unire al precetto 1' e- sempio scelto con finezza di gusto ne' lii)ri de' Classici. Il Venosino tra' Latini era 1' autore per lui prediletto. Avendo egli un'alma sublime, ed un cuor dotato di squi- sita sensibilità sim[)alizzava naturalmente con quel Liri- co divino , le cui sovrane bellezze a fondo penetrava , sentiva, e con grazia ed energia dalla cattedra esponeva. Quindi sempre intento a rendere, il più che per lui si potesse, proficua 1' istruzione a' suoi carissimi allievi, ne accendeva di nobile emulazione gli animi generosi, e scor- gevali a dichiarare con elaborati scritti quanto di bello venivano essi nelle più eccellenti Odi osservando sia in- torno all' ingegnoso magistero nel disegno e liella con- dotta, sia intorno alla filosofia delle sentenze e degli e- piteti, o all'eleganza de' modi, alla convenienza delle immagini, alla vivezza del colorito, alla espressione del sentimento, e al dolce incanto dell'armonia. Sludiavasi a questo modo Virgilio, a questo modo pur Cicerone: tutti i pregi dell' Epopea nell' uno , tutti i pregi della Eloquenza nell'altro erano con mente discernitrice os* servati, ed esposti nelle più convenevoli forme. Così mentre Vesco tenuto per valente latinista non insegna- va che da grammatico. Monti da filosofo istruiva; e men- tre Salvagniui non intendeva che a formare freddi imi- latori del Petrarca, Monti facea di tulio per inspirai-c r ardore poetico, e trasfondere le sensazioni del bello 6o sotto gli auspici della ragione , e la guida sicurissima del buon senso. Conobbe sì gran senno del mio insigne Maestro il benemerito Francesco Nasce, il quale, come tosto gli successe nella cattedra onorata, seppe giovarsi del metodo, che quegli fu il primo ad usare con utile sommo della gioventù studiosa. A' buoni insegnamenti dalla cattedra aggiungeva il Monti r esempio, assai più de' precelti eOicace , delle bellissime poesie ed orazioni che di tempo in tempo re- citava nelle accademie e dal pergamo, e mandava alcune volte alle stampe. Mi trovi il Serio chi sapesse, tra noi mentre vivea il Monti, meglio di taluni giovani alla sua scuola educati mettere insieme pochi versi, o periodi che potessero passare in Italia con decoro delle nostre lettere. Essendo colla latina strettamente connessa la italiana letteratura, divengono in questa più eccellenti coloro che in quella più sanno. Per la quale opinione venne con sen- natezza il Muratori considerando che i meglio istrutti, ed eruditi nelle opere di quegli uomini privilegiati, on- de il secolo di Augusto salì a fama immortale, furono i più illustri scrivendo con maggiore accuratezza ed ele- ganza la lingua vulgare. Monti conosceane profondamen- te le ricchezze, l'indole, il genio, ed ogni forma venu- sta, che da madre bella ereditò questa figlia leggiadra. Per lo che si diede sempre pensiero di non bruttarne giammai con barbariche tinte le natie fattezze. La in- segnò nella sua purità, ma senza superstizione , e fece sì che i suoi scolari l' adoperassero proseggiando e poe- tizzando con tutta proprietà, ma senza pedanteria. Rac- comandava di svolgere dì e notte i migliori esemplari , e persuaso che quelle si hanno per opere le più classi- clie, dove si trovrano meno difetti, voleva che tutte si studiassero coli' aiuto de' Critici più sennati, e che si sfiorasse nobilmente imitando in qualunque autore venisse fatto di scernere e vagheggiare il bello. Ne- mico delle fazioni letterarie, perchè lasciando incerti 6i specialmente in materia di gusto gli animi de' giova- ni studiosi ne ritardano i progressi , non parteggiò , come fanno i pedanti , per alcuna scuola; ma ebbe ia venerazione gli antichi senza sacrificare suU' ara del fa- natismo colla ragione il buon senso, e tenne in istima i moderni, senza però applaudire alla licenza di alcuni. Attignete, soleva egli dire, alle pure sorgenti del tre- cento, che altamente si onora di quel celeberrimo trium- virato Dante, Petrarca, Boccaccio. Chi non medita lun- ga pezza nel divino poema dell' Alighieri non sarà mai buon poeta. Giovatevi di tanti bei modi, onde nel suo Canzoniere vagamente ornò la patria favella il gentile cantor di Laura; ma non vogliate ascrivervi alla schie- ra di coloro , i quali non accesi della viva fiamma , che nel di lui cuore nudrivasi per un subbietto idoleg- giato, mal si avvisarono di potere laudevolmente se- guirlo. Un tesoro di lingua vi forniscono le prose del Certaldese; ma non è giusto che vi attenghiale a quel- la troppo afiellata trasposizion di parole, a quelle sen- tenze ingombre di molti incisi, a quel troppo lungo e mal costrutto periodo. La chiarezza sia principale dote de' vostri discorsi. Raccomandava medesimamente di porre diligentissima cura e studio ne' poemi dell'Ariosto padre della eleganza, e del gran Torquato, forte sdegnandosi delle ingiuste persecuzioni che i Cruscanti mossero vilmente all'emu- lo di Omero e di Virgilio. Fra gli altri poi, non di sì alta riputazione, che vennero di mano in mano fioren- do, commendava moltissimo il Parini, l'animoso Chia- brera, il Conte Varano, che unisce, diceva egli, nelle sue visioni alla sublimità di Dante la venustà di Pe- trarca, e Vincenzo Monti, che fece ne' suoi carmi rivi- vere ingentilita e colta la poesia Dantesca. Mi sovvie- ne che una volta richiesto da me ancor giovinetto per lettera della sua opinione sul merito de' più rinomati, che reso aveano italiano il dignitoso cantore di Enea , 63 in tal guisa risposemi. » Ho sempre avuto in sommo pregio r Aiinibal Caro malgrado tanti traduttori a lui po- steriori. » Edera egli di questo avviso, perchè risguar- dava i' Eneide del Caro, siccome io poscia, standogli per avventura vicino, 1' udii più fiate asserire, qual perfet- to esemplare di verso sciolto, e quale riposto tesoro d'o- gni eleganza della lingua Italiana. In una parola insegnò Michelangelo quelle dottrine letterarie che aveano dato all' Italia un Vincenzo Mon- ti, sprezzò quelle che alimentavano le sonnifere baje dell' Arcadia. I buoni ammaestramenti nelle materie di gusto debbono camminare col secolo. Giovarono gii Ar- cadi a metter freno alla gonfiezza del Seicento; giovò il Cesarotti, e quei che gli tennero dietro, a rianimare, per ^osì dire, i aervi della italica poesia. L'opera dei pedanti sarà sempre necessaria, perchè da' giovani si apparino le lingue; ma se si aspettano da' pedanti insegnamenti di gusto, addio lettere, addio speranze di alte cose nella iervida gioventij; chi sa quanti belli e svegliati ingegni, si vedrebbero immiserire, paurosi di muovere un passo più in là de' semplici e gretti grammatici ! Quanto io ho finora ragiorianto basterà , se pur nou m' inganno, a chiaramente dimostrare che il Serio an- dò fallito in quella sua già sopraccennata sentenza. Per- ciocché un uomo, il quale pensava ed istruiva nel mo- do, che ho detto, amante de' classici, e classico egli stes- so nelle sue composizioni, ne' suoi insegnamenti, ben lun- gi dal nuocere al buon gusto, che fra noi rigeneravasi, contribuì sovra qualunque altro a farlo rinascere, e diede a mantenerlo in fiore studiosa opera, quando più signo- reggiava il francesismo. Se ora volessi ciò confermare coli' altrui giudizio, mi gioverei ben volentieri di quello pronunciato dal Serio stesso , dimentico forse di ciò che aveva egli pocanzi asserito. » Francesco Vesco e Michelangelo Monti nella »" Università di Palermo, Biagio Caruso succeduto al | 6S >3 Murena nella scuola del Seminario di Morreale ec. « con onore guidavano la gioventù all'Eloquenza, e qual » più qual meno maestrevolmente aprivano i fonti, on- w de potersi attignere le più sane norme del retto scri- >i vere, (i) » Fra i valorosi Professori qui ricordati quegli, che venne in maggiore stima e rinomanza, fu certamente Michelangelo Monti. E quando anche si volesse questa innegabile ve- rità rivocare in dubbio, non io mi vi opporrei, perchè tenendosi fermo che il mio Professore insegnava bene al pari di tutti gli altri, ne trarrò di leggieri favorevo- lissimo argomento. Guidava egli con onore la gioventii all' Eloquenza: dunque la educava secondo i più giusti principi; altrimenti non poteva il nostro Critica attri- buirgliene onore. Maestrevolmente apriva i fonti , onde potersi attignere le più sane norme del retto scrivere : dunque proponeva le opere più scelte de* Classici, tene- va in esse i giovani esercitati perchè potessero, con pur- gato linguaggio, e convenevole stile , e sopra tutto eoa buon senso comporre: perocché Scribendi^^recte sapere est et principium et foDs. (2) Mi dica di grazia il sig. Serio : era forse un altro quel Monti da lui prima nominato che, seguendo il Ce- sarotti e l'Algarotti, si rendeva nocevole a' progressi del gusto e della classica letteratura? Io nulla più soggiun- go: il Critico ha confutato se stesso. Toccando in seguito dell' oratoria detta propriamente accademica, le prolusioni rammemora , che i Professori delle Università solevano, al ricominciamento degli studi fare a vicenda su qualche bello ed utile argomento delle proprie loro discipline, e vi aggiugne un suo giudizio espresso colle seguenti parole.» L'usanza portava a scri- » vere in tale occasione più sovente in Ialino, ed Anlonio (i) Pag. 149 — Eloquenza (2) Or. De Art. Poet. 64 M Trarerso Professore di Eloquenza nell'Accademia Pelo- » ritana di Messina, ed il Vesce son da nonaiuarsi so- X» pra tutti per tal riguardo (2).» li nostro Serio ha di buona fede passato ìq silenzio Michelangelo Monti: non sapeva , deggio io credere , <]uanto eccellesse colui latinamente scrivendo in qualsi- voglia metro e nelle iscrizioni d'ogni specie, ne qual me- rito si avesse nelle sue dotte ed eloquenti prolusioni. Potrebbe, se pur non vado errato, un giudizio compa- rativo stabilirsi tra Monti e Traverso; ma costoro nel predetto genere di Eloquenza latina per filosofia, lette- ratura, e gusto ciceroniano avanzarono di gran lunga il Vasco. Veggo in progresso, favellandosi dell' oratoria sacra, essere a ragione con massima onoranza ricordato Camil- lo di Maria, il quale veramente sostenne in tutta digni- tà e splendore I' eloquenza del Pergamo. Disgrazia che tanti commendabili scritti di quell' egregio caddero in mano di chi devotissimo al nume del ventre non poteva non farne a vii prezzo mercato. Professo intanto nj^olta ob bligazione al Serio per una certa quasi parzialità, che sem- bra egli avere per l' ordine mio concedendo incogniti pregi a Carlo Maria Lenzi. Nelle costui funebri Orazioni il nostro Critico ha ravvisalo gravità di concelti: eppure spesse volte una pagina intera non contiene che un sen- timento comune stemperato in tanti periodi tutti compo- sti secondo la moda, che a que' dì regnava del france- sismo. Che se in qualche tratto di orazione si conten- gono alcuna fiata gravi concelti, essi non sono che un plagio del dotto Flechier. Sia ciò detto per santo amore del vero! Non posso egualmente all' erudito giovane sa- pere buon grado allorché facendo egli di bel nuovo pa- rola dell' incomparabile mio Maestro, proferisce una cen- sura, per come io la sento, poco ragionevole. >■> Mi- (1) P«g. i5o. 65 »> clielangelo Monti ( ecco le sue parole ) maestrevol-. )3 mente trattava gli argomenti sacri, e pì6 era tenuto »j in prezzo per le orazioni funerali; ma quantunque ab-» » bia saputo muover l'animo agli ascoltatori , e con" » ciso e pieno di forza sia stato il suo stile, pure a mio »j parere quella regolare conformazione italiana non vi M si trova, ne al tutto purità di vocaboli ». Confesso di non sapere che cosa io debba precisamente intendere per quella regolare conformazione italiana^ che si desidera, giusta l'opinione del Serio, nelle bel- lissime prose di Monti. Che se questa per avventura consiste nel modellare lo stile su quello de' trecentisti, cèrto non si trova nelle Orazioni di Michelangelo Monti; e se ogni parola, che nel trecento non fu generata, non dee per pura tenersi, è ancor vero che non vi scorge al tutto purità di vocaboli. Ed allora povera Italia ! Poveri voi dotti e forbiti Scrittori, che in etadi a queU la posteriori fioriste ! Ma io prego il modesto Critico a riflettere un poco d'ora, che avendo egli di tutto senno conceduto allo stile di quel preecellente Oratore concisione, forza ed elegan" za, si mostra da se stesso discorde , censurando, come ha fatto, sia 1' ordinamento delle forme, sia le parole. Senza purità e proprietà di vocaboli non può darsi ele- ganza; dov'essa brilla e risplende restano essenzialmen- te esclusi e solecismi e barbarismi ,6 tutti i modi non pro^- prì della favella in che si scrive. Tre gradi di eleganza di- stingue con retto giudizio il dotto Pallavicino (i), C tutti e tre hanno per loro fondamento la buona grammatica , i vocaboli sempre puri e propri, le più o meno sceite locu-» zioni, e quella forbitezza, che la varietà de' ^oggetti va- riamente richiede. Così la pensano i più grandi Maestri del»- r arte reltorica; della cui autoritade io pc amore di bre- vità mi passo, tenendomi pago di far calere a mio prò quella del Blair, w L' eleganza (ei d^^e) esprime un pii^ ?j alto grado di ornamento, che lascia nitidezza; ed è il w termine che si applica allo &i^ì quando possiede lutti (i) Ali. dello stile e. \x, % 66 _ » i pregi dell' ornamento senza alcun eccesso o difetto, fià >i quanto si è ragionalo fin (juì agevolmente s' intenderà » che 1' eleganza perfetta i icliiede somma perspicuità , e- M satta purità, e proprietà nella scelta delle parole, e mol- jj tà cura e destrézza uell' armònica lor disposizione; ri- iì chiede inoltre! che vi si spargan lei grazie dell' immagi- ni nazione per qiìdntò il soggetto può comportarlo, e vi si >i dggiiingjl lo Splendore del linguaggio figurato impiegato M OppOriUndmènié. In und parola elegante scrittore è >i quelloj clid piace! alla fantasia e all' orecchio, mentre w istruisce r intelletto; e che offre le sue idee vestite di » tutte le bellezze della espressione, ma senza Icziosaggi- » ni o caricature (i). w E ormai tempo di por fine al mio discorso; perocché par- ini di avere già detto valevoli cose a sostenere la causa di tìn Professore chiarissimo, a cui Palermo dovrebbe saper grado, rammentandosi che la sua florida gioventude fu pre- cipuamente da quello educata al gusto della classica lette- ratura ; Spero io dunque che il Serio sia per correggere il suo giu- dizio. Chi ama veramente le lettere rispetta la fama illu- stre de' sommi, che, professandole con grande onore viven- ti, seppero a perfezione insegnarle; I più dotti vanno tal- volta errati specialmente nel giudicare dell'altrui merito; ma quando eglino, conosciuto Terrore in che si son caduti,- prendono volentieri ad emendare i loro giudizi, danno ad un tempo argomento certissimo di sapere, di probità, e di saggezza. Spero che il savio giovine sia per fare buon viso a questi miei detti: quanto a me gli consacro candidamen- te ia mn amicizia. Annunzio intorno le opere di Pietro Ranzano fiori- lo sotto il Regno di Alfonso il magnanimo. Conoscendo qua*4to ai nostri compatriotti stiano a cuo- re le avite glorie, e quanto À'A loro si tengano in pre- gio i nostri preclari SMittori, mi affretto a dar contcz- (i) Isl. di lUll. t ili belle Iclt. - v-. I . Trad. di Vi. Soave. 67 ita di due opuscoli, che vedranno di corto la Idcé^ e che servono a rendere vie più chiara la fama di un no- stro antico autore. Paolo Giudice e Bernardo Serio, giovani prestantissi- mi, e di chi non fa mestieri, che dica più oltre, cia- scuno non ignorando di quanta carità cittadina sieno spin- ti, si sono dati entrambi ad illustrare le opere di Pie- tro Ranzàno, lettet'àtò é nostro valetitissinio storico del secolo décimoqiiinto, da cui Tòmoidso Fàzzello cavò non poche notizie per la sua storia di Sicilia, che rinomato lo rese déntro e fildri Italia. È per dire innanzi tratto di Paolo Giudice, quésti viene occùpaikloisi degli aiinali di Pietro Hanzano fin' ora non pubblicati, ed i quali si conservano pur tuttavia mano- scritti nella bibliolècà de' ppi di S. Domenico in Pa- lermo, avvegnaché mancanti di un volume, che non si è potuto mai trovare ne in Sicilia, né altrove ad onta di diligenti e minute ricérche fattene* Il lavoro di Paolo Giudice, che pei* avventura mi è toccato leggere pria di Venir posto in Ilice, dico, essere egrègiamente condotto, è tengo per férmo dovérgli fruttare grandissima lode. Giudice discorre in esso del mètodo tenuto da Ranzano nel tèssere i suoi annali, e poi si arresta ad un esame critico de' principali avvéniménti sinCt-oni all' autore, e dà questo narrati, il che reputo stupendo pensiero: tra pei'chc splcudentissimà fU 1' età in cui visse Pietro Ran- cano, e copiosa di fatti, che offrono subbietto di lungo meditare agli occhi del filosofo, sendo allora Sicilia go- vernata dal magnanimo Alfonso, d' ingegna nòbilissimo, per imprese illustre; trd perchè là stoHca celebrità di uno scrilloro, si può con ispezialità ritrarre dal racconto de* fatti contemporànei, i (jUali può dipignere coii vivezza di colori, e con forza ed energia , sì per èsserne Stato testimone, come per àvemè dovuto sperimentare in va- rie congiunture i buoni, o i tristi effetti- Paolo Giudice adunque per ogni verso fece buon senno di fermarsi allò esame critico degli avvènirtìènli sincroni ripottàti dà Pie- tro Ranzano ne' suoi annali, dapòichè solo quelli potran- no darci a divedere la costui valentiaj ne conlento GiU" 68 dice di avere si fàttnmonte praticato, per darci meglio ad intendere qual fu Kanzano iraparzialissimo nelle storiche narrazioni, alla fine del suo lavoro trascrive un intiero capitolo degli annali, e quest'esso è quello in cui l'in- signe scrittore con franchezza senza pari ci apprescnta jl quadro de' costumi del magnanimo Alfonso, e della sua Corte. Dico da ultimo l'opuscolo di Paolo Giudice venir preceduto da una dotta prefazione , nella quale prima iiene discorso del secolo di Alfonso, e poscia segna il fio-? rente slato a cui pervenne Sicilia in quella stagione. Bernardo Serio battendo altra via si è fatto ad illustrare Pietro Ranzano come poeta, ed abbenchè molli pria di lui il vantarono per tale, nulladimeno alcuno non venne mai provandolo con sodezaa di argomenti. Epperò Bernardo Serio avendo raccolto nel suo opuscolo non poche poesie che danno luminosa prova del merito poetico di Ran- zano, ha fatto cosa fin' ora da altri non tentata , e noi che abbiamo avuto soli' occhio in gran parte un colai lavoro, teniamo per certo, che dovrà a tutti riuscire gra- ditissimo. Isè volendo Serio perder di vista tutta la vita e tutte le letterarie fatiche del Ranzano, ha inteso a scri-r vere di queste, e di quella in un' opera a cui pose mente da parecchi anni, e che porta per titolo -r— Storia delle scienze e delle lettere in Sicilia nel secolo decimoquinto. Fu Pietro Ranzano uomo dottissimo, di mente enciclor pedica, molte ambasciate vennero a lui affidate da poten- tissimi principi, a ventotto anni fu eletto provinciale del- l' ordine di S. Domenico, e poi Vescovo di Lucerà, ìa-. traprese lunghi viaggi per l'Luropa, fu politico e storico eccellentissimo, elegante poeta; molti autori parlarono di lui, ma exprofesso nissuno, se pure non voglia eccettuar- si un certo Barcellona, che nel 6^ voi. degli opuscoli Siciliani cenno de' costui viaggi, e delle costui opere (i). La memoria adunque di Pietro Ranzano meritava au-r Cora di essere illustrata, e Paolo Giudice e Bernardo So» TÌQ avendo su loro toltone il carico , noi ardentemente desideriamo di vedere presto pubblicali i loro importan- ti lavori, Salvatore Costanzo^ ^i) A'ctli voi. tj. digli ojmsc, sic. raccolta iiuovs^, EFFEMEBim SCIENTIFICHE E LETTERARIE PER LA SICILIA Ihviin. ò 9 — CLaojto / oSo PROSPETTO DELLE SCIEXZE, E DELLA. LETTERATURA DEL SECOLO DECIMONONO IN SICILIA. CAPITOLO IV. Botanica (i) PARTE PRIMA ilon vi ha, fuor di dubbio, tra lelnaturali disciplino una scienza che possa vantare maggior successo in Si- cilia, quanto la botanica, ne di questo dovremo mara- vigliarci, poicliè siccome bene scrive il eh. cav. 7.^e- nore w la facilità che allo studio di essa offrono le pian- te clie da per tutto ci circondano, la dolce emozione on- de s' inebria 1' anima in mezzo ai ridenti campi smal- tati di verdura o tra il maestoso silenzio delle foreste, r asilo di pace che il soggiorno di flora ofìVe all'uomo in mezzo alle ineguaglianze della vita, i moltiplici usi a cui sono consagrale le diverse famiglie delle piante sono altrettanti possenti motivi che impegnano 1' uomo ad un particolare commercio con queste figlie predilette (i) Questo lavoro sarà diviso In tre parli: la prima si darà nel preseiile fascicolo: seguiranno inimcdiatauicntc le atlre nti due uumeri che sicgiio;io. 7° . tiella creazione (i)". In questa terra poi in cui vi ^ un clima beato e ridente, ed ove regna per così dire una eterna primavera non possono i Siciliani resistere alle attrattive delle deliziose campagne. Lo scienziato quindi è portato naturalmente ad aver contezza di quelle pian- te con le quali è tuttodì in rapporto e di cui egli forma r pbbietto de' suoi piaceri: in tal guisa la Sicilia ha in ogni tempo vantato botanici insigni, e se dessa con som- ma soddisfazione rammentar può difatto i chiarissimi Boccone., dipani^ Bonanno, Ucrìa^ che tanto lustro recarono nelle trascorse età alla scienza delle piante, va in questo secolo superba di potere come sommi botanici vantare il barone Antonino Bivona Bernardi ed il cav. Vincenzo Tinèo. Si deve ai travagli ed alle opere di questi insigni professori lo avanzamento di quella scien- za in Sicilia, ed il decoro della patria sostenuto per que- sto ramo presso le straniera nazioni. Pria dunque che dell' esam^ circostanziato de' progressi della Botanica in Sicilia nel corso di questo secolo io m' in- trattenessi, èmmi gioco forza ricordare, benché di volo, le fatiche di que' botanici oltremonlani che più tempo dimorando in queste am^ne contrade hanno illustrato in questo corso di tempo le nostre piante, e pubblicate ap- positamente talune opere che le stesse del tutto riguar- dano. E già ben si concepisce che io qui intendo pari-are de' signori Bq/lncsque-Schmaltz, Presi, Gussone,e Ga~ sparrini, i di cui nomi son cari a chi delle cose patrie si prende pensiero (2). Americano il primo, venuto in Palermo nel 1804, er- borizzò nelle nostre campagne, percorrendo vani punti (1) Vedi rintroJuzionc al prodromo della flora napoUtana di qucslo c«{lebre botunico, (2) Indispensabile cosa ho stimato dover tenere conto di questi botanici di ultreuiare, che tanto hanno contribuito ai progressi delia bolaniea in SiciUa, siccome giustamente se ne lece parola l'aTellaiido della Siciha nel ^«ó'o'" ^"''^ stalo (Iella bolanica in Italia al cadere dell' o in 8°. (3) l'iora .sicida, exhi'hens pianlas vasculosas in Sicilia aut spante iKuceiitri ani frequentissime cidtas, sccundum sysleina naturale digestas. Pragae l8i(), toni. I. in 8". , (4) S'inlralliene ugualmente il Presi della dcjirizionc di piauic sicule ne!,- l'allra sua opera intituiula: Dcliciac pragenscs ad historinin na(urd'-;:i <:p:.'ct.iuti:s, Pragae _ 1812 in 8°. (f)) E al prcscnlo direttore de' giardini e Sili reali in ?jai)o!i. 73 zio di molti anni la Sicilia non trascurando, per quanto ad un sol uomo sia permesso, luogo alcuno di visitare. Keduce da tante erborizzazioni, pubblicò varii Catalo- ghi delle piante dell' Orto regio di Boccadifalco (i), e qualche indice delle semenze di quest'orto fatto in diversi anni (a); nelle quali opere annunziò non poche scoverte di vegetabili ed alcune osservazioni egli fece su talune piante rare. Era riserbato però a questo illu- stre botanico di fornire un esatto prodromo della Jlo- ra siciliana {Zy, ben degno frutto di tanti onorati sudori: il quale è sommamente da ammirarsi per l' esattezza delle frasi specifiche, per lo numero delle scoverte non che di specie ma di un genere della famiglia naturale delle ombrellifere (4)56 per Taccuratezza delie osservazioni (5). Questa opera però pubblicata sin dal 1828 non ha ve- duto sinora il compimento nel 3° volume, la qual cosa piuttosto che a difetto dell' autore, devesi a certe cir- costanze attribuire, che possono facilmente da molli co- noscersi. Ricca però di due supplimenti, (6), li descri- ve in questi quelle piante che nascono nelle isole ag- giacenti alla Sicilia, e molte ancora novelle della nosfia bella isola. Speriamo però che una novella edizione, sic- come mi ha promesso il celebre autore, venisse a termi- nare questa opera d'altronde assai pregevole e dotta. Discepolo ed ajulante del Cav. Gussone nel giardino reale di Boccadifalco il Dr. Guglielmo Gasparrini da Na- (i) Catalogus planlarnm quae asservantur in H, R. Scr. Francisci Borboni eie. in Boccadifalco prope Panortnum. Neapoli 1821. (j) Index seminuin II. R. in Boccadifalco 1825. 1826. 1828. (3) Florae siculae prodioinus sive plantarum in Sicilia ulteriori nascentiutn eniimeralio secundum sj'stema Liiincaimm disposila voi, i. et a, Neapoli c.\ regia lypogralia anno 1827. e 1828, (4) E questo il gerinrc Petagnia stabilito sovra caratteri bellissimi e rico- nosciuto ogi;i da lutti i primi botanici europei. (5) Vedi particolarmente a qaeslo proposito l'elogio datone nel giornale dei letterati di Pi!sa voi. 17. ])ag. 222. anno 1828. (6) Supplcmcntuin ad florae sirulae prodromum, quod, et specimen florae iniularum Siciliao ulteriori adjacentiiini auctore Joaniic (iussone iasciculut l'riraus et iccundus. \'ò'if. — 1833, Neapoli cu regia lypographia. J)oli, oggi professore ìli vetcrenarla iti quella capitale , accompagnò il suo maestro in molte escursioni per la Sicilia ed alcune altre da se solo egli lece , da cui ri- portò numerosa copia di piante , alcune delle quali o novelle o non trovate pria di lui iti Sicilia l'edelmentc registrate si veggono nel sopradetto prodromo del Gus- sone. Talune di esse in un catalogo delle piante dell'or- to di Boccadifalco il Gasparrini descrisse (i). Questo botanico però ha in quésti ultimi tempi peregrinato iu Varii punti del i*egno napolitano, ed ha oggi di nuovo scoverte arricchito la scienza, in modo che occupa uno de' distinti posti tra i cultori della scienza delle piante in Italia (2). ' Ecco i travagli de' principali botanici stranieri, i quali hanno colle loro opere fatto tra noi progredire la bota- nica, e sebbene io non ignori che altri viaggiatori sieno venuti in Sicilia (3), ed abbiano talune nostre piante sco- verto, pur tutta volta, siccome han questi poco dimorato tra noi e non pubblicato o[iere che espressamente aves- sero delle cose nostre trattato, inoppurtuno mi sembra il doverne qui tener conto. Obbiettó essendo di questo mio prospetto il trattare de' progressi della botanica in Sicilia nel secolo dcci- monono necessaria cosa anzi tempo io credo di richia- mare alla mente del mio lettore quale di questa scienza lo slato si fosse nella fine del secolo trascorso, del the s' intrattenne il eh. abate Scinà pel suo prospetto della Storia letteraria del secolo passato (4). Scorso era qualche tempo da che la Sicilia non polca piìi all'estere nazioni additare un Boccone, un Cupaiii e (i) Culaloi^us plantarum II. R, in Boccadifalco anno i83o. (a) lo iiou'iii' interesso degli altri opuscoli del Gasparrini come ne ant ha di quelli del Gussoiie perché nou lijjuarclano dircltaiijentc i vegetabili di Si- cilia. (3) Fra questi deggionsi annoverare i ChiariaMini Jussicu, Link, Richard, Sjidtz^erber, Jan, Lchniann, ce. ec» (4) Prospetto dflla slnriii Ietterai ia di Sicilia rei secolo cccimotlavo. Ta- leiuiO j res-ii) Loren/.o ]!nio i 8j4 toin. 3. p. lo.i. e seg. 74 due Bonanni, quando dopo tanta trascuranza sorse fi- nalmente in sul declinare del secolo decimottavo Miche- langelo Aurifici religioso de' Padri francescani osservanti conosciuto col nome di padre Bernardino da Ucria. Il chiarissimo naturalista di Upsal empieva allora di am- mirazione tutto il mondo col suo sistema nuziale delle piante e riduceva a vera scienza la botanica. Lo species plantanini di questo genio immortale corrévai da per tutto nelle mani de' dotti e si riguardava come il co- dice da consultarsi. Di esso appunto servivasi il padre Bernardino, che con sommo impegno coltivava la bota- i)ica , ma persuaso di una falsa ideai che quella operai tutte le piante del mondo descrivesse ^ volea quelle da lui in Sicilia raccolte nel linneano lavoro ritrovare: per lo che dovette bene spesso inciampare in errore, di cui in parte si deve ascriver la cagione alla brevità delle frasi specifiche lasciateci dal Linneo^Il suo Hortus re- gius Panormitanus (i), che tratta delle piante coltivate nel R. Orto Botariico di Palermo^ avvegnatcchè per molti titoli pregevole^ ciò non di meno è ripieno di errori in- torno alla determinazione delle piainte^ Non ostante però di questa opinione: dell^ Ucria da me poc^anzi detta un opuscolo assai caro alla patria! ci lasciò il nostro bota- nico in cui talune piante descrisse che stimava da ag- giungersi all'^opera del Linneo (a).* Molte novelle piante difatti si nota'uo in questa operetta, attcstato verifico del- l'amore per la botanica e de' suoi indefessi travagli in questa scienza* Ed egli con sommo onore sin dal lySG sostenne la carica di dimostratore di botanica nel nostro Rcal Orto, ed i primi botanici europei con gran plauso lo elogiavano nelle opere loro. Morto nel i ngG il Bernardino^ successe al posto di (i) Jìortits regius ptiiwrmitanus. P.inorini 1788. Typis rcgiis. (a) l'LiiiUte ad Liiitìcaiium opus addendue et secunduin Liunnei systemd nuiuitr dcsvripute: iiiscrilu nella nuoi,'a raccoUu di opuscoli di autori siciliani loca. VI. jiug. .i45. e stg. i-y3. 1^ dimostratore Giuseppe Bartoloita da Palermo, che con gran fervore studiava allora la Botanica. Fece egli, co- me ben dice lo Scinà (i), molle peregrinazioni in vane parti della nostra isola, da cui ricavò non poche piante che disseccò e riunì in un'erbàrio (s). L'Orto Botanico intanto che si era nel 1779, la merce del viceré principe di Caramaiiico, stabilito in Palermo Sul baluardo della città accanto porta di Carini (3), fu nel 1789 trasportato nel luogo, ove tuttora ritrovasi a lato della Villa Giulia lungo le mura della cillà verso sciròcco (4). 11 professore Giuseppe Tinèo reduce già dagli studi! delle scienze naturali e della botanica spe- cialmente, fatti in Italia, ove era stato spedito a beila J)osta dalla cothunè di Palermo occupava sin da' i5 geu- najo 1786 la caiicdra di botanica , uè di talenti he di zelo mancava perchè fjùèirorto venisse grandemente ad arricchii'si di nuove piànte^ molte delle quali avea egli da lontano tràsportatdi Pubblicava difatti un catalogo delle piante (5) di cui 1' orto avea fallò tesoro , molto più che questo ajtipliavasi d'una magnifica stufa (6)j de- gno dóno di Maria Caroliua regina del regno delle Due Sicilie, e della dòte àiinUa di once 400. Tale èra lo stato della botanica Ira di noi nel prin- cipio di questo secolo, ed i giovani lutti erari da l'orti inmgoli stimolati per coltivare la dolce scienza delle pian- (i) Vedi opera citata lotn. 3. pag. lofi; (2) Questo erbario iòrnialo di 11 fascicoli di piante sccct)c indigene ed eso- tiche, talune delle quali sono già tarlate e distrutte, esiste presonlelnciile jiresso la sorella del dilUntò Bartolbtla. (5) Vedi Scinù opera citala toni. 3. pag. 3. (l\) "\ cdi la (lescrizione di quest'orto nei disròhi intornò alla Sicilia di Be' sano Gregorio voi. 1: pag. 44- e segu. interiti nella scelta colle-^ionc di bpcìc ìtalmiie vifi;uarclUi,li. laòii-ili'a. Palertoò ]iressb la lìcale Slain])eria i83i ; , (5) Vedi la sua synopsis plaiilaruin Ilòrti Botanici «ccadéiiiiae legiae Paiior- hiiUnac doctòris Joscplii Tineb. Panornii 1802; (()) Questa stufa fabricala in Iiighilteiia era slata d'àposla per l'orto regio fli Clasertà in INapóli; ma portatasi quindi la Eeal faniii^lia m }'alerii(o tran- Jibrtò secò fra gli altri oggelli di rilieTo questa stufa clic di recente era per* Tfcntita ili JVaiòli, siccliè, attese le rnre del citalo prof. 'linc( j vcisne daila 1«. ' jjina doiiala a quelito lieal Orto Botunio).. 7^' . te ; ne fu lardo a risentirli Antonino Bivona Bernardi barone di alla Torre (i) nato ia Messina, ma venuto sin dalle fasce in Palermo, il quale dotato di vivo amore per le scienze naturali imprese in quel torno a studiar la bota- nica sotto il professore anzidetto, ed il dimostratore Bar- tolotta. Ricco di talenti mostrò sull' alba que' fiori che in maturi frutti doveano a sera cambiarsi. Fornito di mezzi che gli agi apprestavangli non lasciava di dispendiarsi grandemente per escursioni botaniche, per libri, e bene privatamente soddisfacendo il Bartololta, benché dallo stesso con mistero questa scienza portandosi, erangli a caro prezzo le cognizioni botaniche comunicate, del che molto il Bivona meco di frequente dolevasi. Ma qui non doveano le sue brame arrestarsi ; affari particolari il chiamavano in Napoli nel i8o4: da questa occasione il destro egli colse di congiungersi in amicizia coi professori Vincenzo Petagna, e cavaliere michele Te- nore, ottimi luminari di botanica di quella città. Tale amicizia divampar fece nel di lui seno quella fiamma , che seco per la' scienza di flora portava; talché a perfe- zionarsi nella stessa, di cui avea tra noi bene apparato gli elementi, i più cospicui giardini d'Italia visitare, ed ascoltar volle le lezioni de' migliori botanici di questa bella penisola. Portossi dapprima in Bologna di unita al signor Aldini , col quale avea in Napoli stretta amici- zia, ma dopo alquanti mesi trasferissi a Pavia, ove per la dappocaggine del prof, di botanica ebbe dalla catte- dra a sentire le dotte lezioni de' chiarissimi Professori Volta, Confìgliacclii , Brugnatelli e Jacopi. Impertanto non tralasciò di fare varie gite a Padova ed a Milano, i rispettivi orli botanici visitando, e sempre di piante facendo acquisto: ed è piacevole il ricordare come il Bi- vona rifiutato avesse gì' inviti fattigli per vedere la in- coronazione di Napoleone in MilanOjOnde non dislorsi dai (i) NaeToe ne! 177IS. profondi sludil e dalle sue oiborizzazioui. Da PaTÌa passù poscia a Genova , iu cui principalmenle divenne, amico del rinomato professor Vivjaui e dimoiò in seguilo qual- che tempo in Pisa, dove strinse particolare, amistà coi professori Santi e Savi, e con cjuest' ultimo molle pere- grinazioni botaniche in (|uelle contrade egli fece , non trascurando in fine di visitar Sarzana per conoscere il celebre Bertoloni clie poscia suo amico divenne. Ritornato dall' Italia piena la mente di nuove cogni- zioni e seco trasportando un buono erbario di piante italiane da lui particolarmente nei dintorni di Pisa, di Genova e di Sarzana raccolte, molti luoghi della Sicilia diedesi a percorrere e con ispecialilà dapprima i contorni di Palermo. Acquistale non poche piante di questa parte, si avvide egli il Bivona che ai botanici tutti ignote erano talune di esse , per cui nel settembre del 1806 la sua prima centuria delle piante sicule (i) pubblicò , di- mostrando così agli stranieri di coltivarsi una volta tra noi la dilettevole scienza de' vegetabili, e di non andare deluse le speranze che aveano quelli per lui con- cepite (3). Non contento il Bivona di queste sue prime scoverte fatte nei dintorni di Palermo pertossi nel iSoT ad er- borizzare in Catania e particolarmente nell'Etna, dimo- rando "y mesi circa in varii villagi di questa gigantesca montagna. Con grande accuratezza diedesi a raccogliere (i) Sicularum plantarum centuria prima. Panormi apud Philippnra Barra- vecchia 1806. Questa centuria che cento piante descrive, abbraccia quelle tifi contorni di Palermo, e specialmente de' monti cosi detti di S. Maria di Gesù e di S. Marlino. In essa vengono annunziate le seguenti undici novelle specie di piante, cioè il dianthus rupicola, reuphrasia rigidifolia, l'eupborbia fruticosa, il lichen pseudo-pulmonarius, la lobelia tenella, l'orchis longibiacteata, l'ophrys dislhoma, l'ophrys ciliata, il senecio vernus, la sileno dccurabcns, il thlaspi lu- teum. Cinque tavole iu rame delineate con grande csattc/.xa secomlo il me- todo di Fachs adornano questa centuria, le quali sono destinato a far cono- scere alcune delle anzidette piante, una delle quali tavole pelò lappreseiiU l'ophrys speculum di bcitnloni, oirbidea a quell'epoca non molto cmiosciula. (a) Vedi il yiudizi<\ d«loiic ri#l giortuiic dei IvUcititi di Pisa lom. 7. j a- jiiia 345. anno 1807. ?8 le piante eli tutte quelle contrade ed a studiarle, sicché venne ritornato in Palermo verso la line dell'anno stesso a far di pubblico conto una seconda centuria (i), nella quale principalmente queste piante e qualche altra ritro- vata in Messina, ove era stato al ritorno da Catania, di- ligentemente descrisse. Avvenuta quindi nel 1809 la morte del dimostratore JBartolotta, toccati appena gli anni 36 di sua vita (5) si perdettero per essa le sperante che la Sicilia avea giustamente in lui riposte, ma ci fu solo, come ben si esprime lo Scinà (3), alla morte di lui di conforto il Bi- vona. Vacato quindi il posto di dimostratore rivolgeansi in lui gli sguardi per occuparlo, ciò non ostante venne questa carica affidata al signor Vincenzo la Cavara (4), che tuttor la possiede, sebbeiic ancora si fosse voluta oc- cupare dal dottor Giovanni Fruiti. E qui mi gode 1' a- nimo, giacche là matèria me lo suggerisce, di far conoscere quanto a quell' epoca il Fruiti^ il quale oggidì si è a tanto nome tra noi elevalo nelle scienza mediche , e special- mente nella clinica, era delle cose botàniche infervorato, noli tralasciando di erborizzare in diveisi luoghi delle vicinanze di Palei-itìo per raccogliere le piante indigene che riunite avea in un erbàrio. Per lo che non possiamo che lodare il cavaliere Tineo attuale professore di Bo- tanica, di cui avremo occasione di parlare in apprèsso, in dedicargli una pianta siliculosa delle Madoniè , che chiamasi Iberis Fruiti; Non iscoraggito perei il Bivonà da questo primo csta- (1) Sicidarum plantarurii ccnttirid scawda. Panorrni 1807. Cinque nuove piciutc vi si descrivono, l'antlicnus secuiidirainea, cioò, la niarchantia glauca,' r orcliis undaiatifoiia , la seriola uniflora , e la seriola alliatae, alcune delle quali rappresentate sono iti 7 tavole, di cui tre inoslrano piante tiicule rare j cioè l'anllieinis fuscata, e l'oplirys tenlliicdinifera, e la lutea. (2) Questo giovane botanico nulla, eccetto l'erbario, ci lascio da poter li- tlnaniare ai posteri la di lui memoria, se non che a stabilirgli un nome iit Lotaniea volle il cavalier Vincenzo Tineo dedicji'gli la siia arenaria BaitoloUi/ (3) Vedi opera citata tom. 3. p.lg. loS. (4) A «picslo j)0sto l'u eletto con mini>leriale de' ?> ollobrc del 180.). .79 Colo , e ben conscio che in me2l:io a triboli camminar fa d'uopo in questa vita di miserie piena seguì colla scorta del genio le piante sicule con mjiggiore esattezza a stu- diare, comecché ad affari domestici dovess' egli provve- dere. Si fu per ciò che diede alla luce una Monografìa delle tolpìdi (i), genere della famiglia delle composte, poco studiato dai botanici, in cui fece vedere che alcune di esse situate innipropriameute fra le crepidi apparten- gono eziandio al gènere tolpis^ cui di una nuova specie arricchì ; per lo che riformando e con ben di ragione il carattere dello anzidetto genere^ non piij una sola spe- cie ma cinque sotto lo stesso racchiudea. Questa mono- grafia è un'ottimo lavoro ed ha portato una giusta rifor- ma nel genere tolpis eh' è venuta cori piacere accettata dagli esteri botanici^ Fraditanto pet' là morte del professor Giuseppe Tineo avvenuta nel 1812, vuota rimase la cattedra di botanica nella R. Università degli studii. Sperava! il Bivoiia di occuparla : ma il Tineo lasciava morèndo il figliuolo Vincenzo, cui aveà egli stesso insegnato Id botanica. Co- stui nato nell'orto, allevato nel medesimo non potea in seno del padre sentir d* altro che di piante, ed infatti erasi da qualche tempo alla botanica applicato. Compito il corso medico nella università avea sostituito il geni- tore nella càttedrai di botanica , ed erasi bastantemente inoltrato nel soggiorno di Flora. Fu questi il successore alla cattedra anzidetta alla morte del paidre, benché in giovanile età egli fosse, sicché un novello ostacolo nella scienza che con tanto onore coltivava il Bivona, venne (ij Monografia delle tolpìdi. Palermo 1809, per le stampe di SanGlippo, iit foglio, ornata di 5 tavole. In essa oltre della tolpis barbata di Gacrtncr, ch'era pria del Bivona l'uuica specie a questo genere appartenente, altre quattro ininutanicutc ne descrisse,' cioè la tolpis quadriaristata^ la sexaristata, la virgata e la coronopifolia, delle quali la prima e nuova e dovuta al nostro aUtòtc e le altre si conoscevano siccome Crepidi. Di tutte e cinque queste specie dà egli delle esattissime figure che rappresentano la pianta iutcra, e le parti del- l'iuflorescenza e della fruttificazione in tutti gli stadii che desse percorrono* 8o a questo moslraiKÌosi , ostacolo , che il privava di una cattedra pur troppo a lui degna, e che avrebbe indotto chiunque ad abbandonare della botanica le profonde ap- plicazioni. Ciò non di manco ne la cattedra venne a sof- frire che volgendo gli anni ben degno professore addi- inostrossi il Tineo da occupare oggi un posto distinto tra i botanici moderni ; ne il Bivona seppe per queste opposizioni dal prediletto studio ristarsi, cosi profonde radici avea l'amore delle scienze naturali nel suo petto gittate. Eppcrò tradirei la gloria del Bivona se trala- sciassi di dire, che sebbene a lui non fu accordato salire la cattedra di botanica in Palermo, pure mancato verso quei tempi il professor di questa scienza in Bologna, il chiarissimo Sebastiani, professore di botanica nella Uni- versità di Roma scriveva al mio diletto maestro, che ove avesse voluto occupare quel posto , avrebbe dato opera di farglielo conseguire: il che però fu gentilmente ricusato dal Bivona perchè non si confaceva ai suoi in- teressi, ed all'amor suo per questa patria terra. E sempreppiù caldo il petto per le scienze die col- tivava, nuove scoverte e novelle osservazioni sulle piante indigene riuniva in taluni suoi opuscoli, che di quanto genio di osservare e di quanta esattezza nella parte de- scrittiva delle piante andava esso fornito, chiara mostra ti danno. Sono queste sue opere appunto i manipoli di piante rare siciliane , a vari) intervalli pubblicati , dei quali i due primi (i), che videro la luce nel i8i3 e (i) Stirpium rariornm mìnusque cognitarum in Sicilia sponte provenientium descriptiones nonnullis iconibus auclae etc. manipulUs primus in /f. Panornii typis regiis i8i3. e manipulus secundus in 4- fanornii typis Laureiitii Dalo 5814. Il primo di questi manipoli abbraccia 6 piante trovate «ci dintorni di Palcnno, cinque delle quali sono novelle, ed una poco nota: le prime sono il carduiis argiroa, la vicia leucanlba , 1' orchis Braiiciforti , I' authoxanlhuni j;facile , e la bark.auiia byeinalis , e \ altra é T orobanche l'oetida di Potrei. Tre delle anzidette 1' authoxanlhuin cioè, 1' orchis e la barkausia «ono brìi li;;iirale ntlle tavole che accompagnano questo manipolo. 11 secondo contiene altre sei pia:ile tutte novelle, cioè a dire il niarrubiuin rii|)eslre, il cynoglc^a- suni coluiiiiiai', l'hegaea |)olycar(oides, l'aparyin fasciculata, lo spartiuni aet- nense e la saponaria depressa, di cui le tre ultime «ojio i»ative dell' Etna. Le dat- tavole di que.to uiauipolo rapprcsciduuo il luarruhiuiu, e l'aparjjij. 8r nel 1814? *^i varie piante fanerogame o a fiore visibili, nuove o poco bene studiate, le diligenti ed esatte de- scrizioni racchiudono. Ma approfondendosi il Bivona nello Studio quanto bello altrettanto difficile, e solo da pochi coltivato delle piante crittogame o a fiori invisibili, pubblicò nel 1816 un terzo manipolo (i) , clie più ricco riuscì e ad un tempo più degno dell' ammirazione dei botanici per le bellissime osservazioni fatte sui movimenti spontanei del nostoc. Tali movimenti stati sono da lui osservali col micro- scopio composto di Naerne, e Blunt nelle tre specie pres- so noi volgari del nosloc cioè il comniune^ il verrucosum^ e Io sphaericum , nei quali osservò che i filamenti di queste piante sono, al contrario di quanto ne pensava il signor Girard- Chantrans, mobili , che eseguono questi movimenti in diverse direzioni, che alcuni di tali fili si distaccano da un punto per trasferirsi ad un altro, che altri presentano oscillazioni ec. ec. Parla egualmente in questo manipolo della jungermannia pusilla, crittogama già nota ai Botanici, nella quale scoprì la struttura de- gli organi genitali pria di lui sconosciuta, e che serve ad illustrare la fruttificazione del ^^cnere jungennannia. (1) Stirpium rariorum eie. nianijmlus III. in 4*- con tavole in rame. 'Panormi typis Viucentii Lipomi i8i5. Si descrivono in questo rnaninolo aa specie rii piante, la niaj;gior parte delle quali si appartengono ai lunghi pa- rasitici che nascono a preferenza sulle foglie di taluni yegelabili. Cinque spe- cie soltanto di fanerogame vengono in questo manipolo accuratamente de- scritte, cioè la cineraria ambigua,- la scabiosa coronopifolia birsuta , i' begaea alsinaefolia, il crocus odorus , 1' ambrosinia Basis , talune nuove, altre poco note, e per riguardo all'ultima di questa osserva il Bivona ciie molte varietà presenta nelle lòglic, varietà che tutte ottcngoiisi colia cullnra. Le crittogame poi descritte in questo manipolo sono le seguenti. Ureclo ricini, — bliti, — con- vol.'ulis; spliaeria tiknn, — niraicola, — ccliinus; puccitua jilatani, — lewcrii, ma- nilia cellis; cusipbe clandestina; bippoderma aurantii, (lolle quali piante, ec- cetto della uredo riuui e bliti, dà im'esatta figura. Olire di tali crittogame de- scrive ancora la raarchantia circumscissa, che dubita se sia la stesua dell' ou- droggna di Linneo. .So Il quarlo ed ullimo manipolo (i) finalmente (2) del pari contiene la descrizione di nuove specie di piante ci'illogaDie e fanerogame. Da CIÒ ben si vede quanto il Bivona erasi nello stur dio delle piante crittogame inoltrato , ma questo a tal segno si eia della sua mente impadronito che più non pgteva traspuraisi, per io clie rivolgendosi il Bivona alU tiiUogamia più attentamente, e con ispecialità alle crit- togame marine cosi alle alghe, ai fuchi, che abitano il mare che ci bagna^ venne a preferenza studiandone la notomia con una esatezza degna di lui. Un nuovo ge- nere difatti egli scopre e diligentemente descrive nel 1822, genere che in onore del eh. Abate Domenico Sci- nà fu dello Scinaja, di cui 1' unica specie portò il no- me di Jbrceltata. Un altro genere ancora di alghe ma- nne fu da esso scoverto e pubblicalo nel i832 che per la struttura anatomica del vegetabile fu dello bicellu' lari a. Le fatiche e le scoverte del Bivona (3) non lasciavano intanto di attirare sopra di se l'ammirazione ed il rispet- to dei botanici stranieri. L'europa già ed eziandio l'A- (i) Slnyium rariorum etc, manipulus IV. Pariormi tjpi» Laurcntii Dato 1816 in 4"- coii" 7. tavole in rame. Questo inani|)oIo contiene 18 ])iantc fa- nerogame (li cui 11 sono nuove cioè il panium comjircssuin, la festuca bul- bosa , la carcx longearistatc , la carcx scrrulata , la saxiiiaga ])arviflora , la peonia Russi , il trifolium alatum, la critraca grandillora, la fiassico villosa, il galicira aetnicum, e la barbausia purpurea. Racchiude a dippiù questo ma- nipolo una esatta descrizione del Saccharuni toueriffae di Linneo trovalo dai Bivona in Messina e rappresentato in una figura con una esattezza e chiarezza insuperabili. Fece conoscere nello sfesso che le due specie di Seriola da Linneo descritte sotto nomi di Seriola urens e cretensis non sono e e varietà d'ima stessa pianta. Dicci crittogame novelle sono descritte ancora in questo quarto non solo tutte rappresentate in figure cioè a dire lo sclerotium lolorum, — - nicdicaginuu), l'ascobolus trifolii, glabcr, — furfuraccus, l'aegidium valerianellae, — bunii, l'acgerita parasitica, la jiuccinia sniyrnii, e la s|)liaeria trifolii. N. B. talune piante, siccome nuove tlescritlc dal Bivona, sono state non come tali riconosciute da altri botanici. (2) Trovasi inserito nell'Iride: Giornale di Scienze, lettere ed arti per la Sicilia fase. V. jwg. aSa. Palermo i5 marzo 1823 per le stampe del Solli con una tavola m rame. (3) ^'c(li P^fl'emcridi scientifiche e letterarie per la Sicilia n. 5. pag. 91. iPf neamente i primi botanici d'Europa , i chiarissimi De Candolle, e Sprengel , non che 1' amerjcaoo Kaiiuesque Schmaitz e sin dal Messico i botanici Mociiio e Sessè vollero il nome del nostro compalriolta a diversi gene- ri imporre, attestato non equivoco del rispetto che. per li meriti dello slesso nutrivano. Oud' è che il genere Bi- yonaea (3) di uno di questi botanici dififerisce da quel- lo dell' altro, e così via dicendo, sebbene oggidì per evi- tare la confusione che portar potrebbe la slessa deno- minazione per generi diversi, siasi abbracciato quello del teslè citato De Candolle. Non trascurava Iradilanlo il Bivona di occuparsi degli allri rami delle scienze naturali quasi avido di lullo gu- stare il nettare delle stesse, ed in special modo alla zoo- logia rivolgeva le sue più serie applicazioni, nella quale ad alla fama il levarono le sue scoverte di novelli ge- neri e specie di molluschi (4). I suoi travagli però in questa scienza sostenuti, come betjsì nella mineralogia, nella geologia e nella agricoltura dqq deggiouo interes- (i) Son queste le parole del principe de' botanici moderni Augusto Piramo De Candollf (regni vcgctabihs systeiiìa naturale' yol. 2. pag. 545. (2) Abbiamo la ricia Bivoiiae di De Candollo e di Smith, il colchicum ed il trifolium Bivonae di Gussone, la lobelia Biypnqe di Tineo, la malva Bivouiana di Presi ec. ec, (3) Vedi De Candolle opera citata voi, 2. p. 554. ^ 555., ed il prodruinus sysleinatis naluralis regni, vegetabilis part. 3. p. 3^2. (4) Vedi i diversi articoli in questo soggetto pubblicati nelle Effemeridi scienliliche e letterarie per la Sicilia tomo i: pag. 55^ c seg. Palermo l83a, e tomo a. p. 3. e seg. con varie tavole litogratiche. »4 ,, . . . Sire questo lavoro, cuè slranicn riescono ad un prospet- to di botanica. Ma cpli tanto avea nella geologia preso diletto che più alla botanica non rivolgeva i suoi sludii,e forse avreb- ijeii trascuralo per sempre se cou forti sproni stato non fosse da me pila volte eccitato per ripigliare le sue appli- cazioni botaniche. In tal guisa sentì di nuovo nel i833 il bisogno di ritornare alla diletta scienza delle piante, e così a fare delle erborizzazioni in varii luoghi della Sicilia egli imprese, in cui ebbi io l'onore di seguirlo. E già novelli frutti raccoglieva da suoi tanti sudori; una pianta non bene studiata, l'orc/z/i" ^ec««f///Zorrt di Berto- Ioni, nativa presso Palermo, agio gli dava di pubblicare un nuovo genere della famiglia delle orchidee che dedi- car volle all' attuale professor di botanica Vincenzo Tineo, per cui il novello genere si chiamò Tinaea{i). £ negli ultimi tempi dt sua vita con somma pazienza ì muschi ed i licheni de' nostri dintorni avea egli rac- colto ed accuratamente studialo e descritto sì che alla pubblicazione di una museologia e lichenografia sicule le «uè tiiire dirigevansi. Ed oltre a che un' ottima raccolta possedea di tutte le specie di querce native di Sicilia, delle quali taluna novella e non ancor conosciuta, medi- tando di pubblicare una monografia delle querce sici- liane. Un quinto manipolo ancora egli avea in mente render di pubblico conto , in cui descrivesse alcune piante novelle: ma tanti lavori e di si utile nsultamento non doveano lui vivente veder la luce (2), che l'asia- tico morbo, da cui vedemmo in un baleno 1 più bei fiori delle siciliane lettere atterrati, ancor dovea colle sue armi abbatter colui che di tanto lustro era tornalo alla patria. (1) Vedi il Giornale di Scienze lettere ed Arti fjsc. di maggio i83;). (2) Io ho redatto un catalogo dell'erbario del Barone Bivoiia, il quale ver- rà tra non j^uari pubblicato. Esso racchiude molte specie novelle di piante, ed intcressautinime osservazioni sopra talune altre, ed appresta i materiali per la compdazionc di una flora Siciliana. Il figlio Andrea Bivoua ha per la parte tiella concliiologia cominciato a pubblicare le scovcrfc del padre in questo Miiit) dcllr sricn/.c nalarali. 85 Da tutto ciò ben si raccoglie quanto alla illustrazione de* naturali prodotti e specialmente de' vegetabili di Si- cilia influito avesse il Btvona colle sue numerose sco- verte e con la esatta descrizione di quelle ch'erano poco note agli stranieri botanici. Di quanti elogi adunque non va meritevole costui che spinto da vero zelo per le scienze naturali seppe tanto bene colle sue opere onorare la patria , e molto più che dovette bene spesso sottrarre qualche comodo alla sua numerosa famiglia per coltivare queste scienze, poiché privo sempre di qualsiasi incoraggiamento. Possa egli dunque servir di esempio per dimostrare qual' è la via che dee battersi nello studio delle scienze naturali! Filippo PalarLore. Sul mandato di comparsa' -— pensieri di Antonio Galani. Non debet, cui plus licef, quod minus est non licere. Ulpiano. All'ombra di una legge, anima della quale son la giu- stìzia, e la filantropia, spiacevole cosa è davvero lo scor- gere a quando a quando pratiche siffatte, che degeneri dalla purissima fonte, da cui promanano, storcono, o a meglio dire intristiscono le più provvide sanzioni, fro- dando in tal modo la società di quelle inviolabili ga- renzie, clie la sapienza dei suoi moderatori le concede. A correggere quindi cotesto perniciose deviazioni, e ri- condurre sul retto cammino i deviati, non saran mai soverchi gli sforzi del giureconsulto ; che dove le sue lucubrazioni giungeranno a smascherare un pregiudizio legale, opra egli compie non di privato, ma di pubblico interesse. E qui da coleste idee prendendo le mosse , piacemi 3 8(5 far parola di una teoria, che io credo erronea non solo, naa pregiudizievole ben anco all'alto scopo dell'inquisizion penale ed in urto alla legge; di quella cioè, per cui si proclama da taluni esser dal codice vigente interdetta la spedizione de' mandati di comparsa, a carico dei pre- venuti di misfatto; massima, all'oppugnazione della quale mi accingo, penetrato degl'incovenienti non lievi, ai quali può dare, e tutto giorno dà luogo. Per lo articolo 104 della procedura penale provvida- mente la nostra legislazione ha sancito potersi dal ma- gistrato compilatore delle istruzioni per misfatti spedir mandato di deposito contro quegl'imputati, la di cui reità non manchi di qualche elemento di prova ; e dopo di aver co' due numeri seguenti di quella parte del codice, prescritto delle regole intorno gl'interrogatori, possa coU ì'articolo 10-7 ad estendere la stessa misura di sicurezza e di repressione a danno degl' indiziati di delitto , che porti almeno a pena di prigionia ; in seguito di che im- mediatamente soggiunge, che per tutti altri imputali di reati minori potrà il giudice competente spedir mandato di comparsa. Che di questa ultima specie di mandato nelle cennate disposizioni si faccia soltanto motto a proposito di cou- travvenzioni, o di delitti punibili con j>€ne, che non ec- cedano r esilio correzionale , è indubitalo ; e chi sopra questa unica ragione fondasse il proprio divisamento di doversi proscrivere dalle istruzioni criminali l'ordine della comparsa si mostrerebbe servilmente attaccalo alle pa- role, anziché allo spirito della legge, la quale per altro non avendo esplicitamente vietato , che la ceunata mi- tissima misura si adottasse dal giudice nelle inquisizioni, che reati di più grave momento riguardano, darebbe per ciò solo occasione al prudente e sagace magistrato d'in- dagare se impUcitamcnte almeno l'enuncialo divieto nella ragion della legge si ascondesse: interniamoci dunque in tale esame, e scorgiamone i rcsultamcuti. 87 Io non ricorro alla procedura soppressa , ed a quel, veniat corani^ die nel mandato di comparsa fu in se- guito dalla sapienza del secolo 19'. trasfuso; ma limi- tandomi alle riportale sanzioni degli articoli 104 e 107 osservo soltanto, clie in mancanza di un preciso divieto, che interdica al giudice una facoltà , debbe valere il principio santissimo , che tutto ciò che la legge non vieta è permesso , segnatamente quando non è questo assioma filosofico-legale proclamato ad invadere , o a vulnerare l'altrui diritto, sibbene ad assicurarlo, e cu- stodirlo scrupolosamente sotto il valido usbergo di quella verità, che si propone far segno delle sue tendenze, e sopra tutto allorché avendo la legge un' attribuzione maggiore a taluno dei suoi ministri concesso , dà per tal concessione, senza bisogno di molta dialettica, per se stessa a divedere, avergli voluto concedere anche la facoltà minore ; essendo dall' intelligenza comune , che nel pili si comprenda il meno. Se dunque il Legislatore nei delitti portanti a pena di prigionia , e nei misfatti òi qualunque peso, permise all' istruttore la spedizione del mandato di deposito , misura severa , e di rigore , per la quale suo malgrado un cittadino indiziato di al- cuno degli anzidetti reati vien tradotto innanti l'autorità giudiziaria, e costituito irretrattabilmenle (i) in carcere, chi oserebbe negare a questo medesimo magistrato l'ado- zione di una misura piì» mite, come quella del man- dato di comparsa , per lo quale invitato il prevenuto dee presentarsi all'autorità, che ha bisogno di lui, e gli elementi apprestargli , che della di lui reità od inno- cenza debbono convincerla? A questo punto però la calca dei barbassori militan- ti nella jialestra del foro sotto l' insegna del più specio- so liberalismo, crederà di avermi colto nella flagranza (i) Diciamo irrctrattabilincnte contemplando il mandato di deposito dal lato di colui, che per iuquisiiioBe criminale lo spedisce. del mio delirio, e ricacciandomi in gola la spiegata in- terrogazione si aflaccenderà a rompermi addosso le mille lance. Scontriamoli dunque cotesti paladini filantropi, e misuriamo coi loro i nostri mezzi di difesa. Essi opporranno, e sarà questa la loro Durindana: il mandato di comparizione non è che il rappresentante di quello di deposito , nei reati la di cui mitezza è tale da non impegnare molto da vicino la libertà individuale dei presunti colpevoli; esso dunque non può essere spic- cato se non nel concorso d'indizi; e poiché concorrendo questi nelle infrazioni più gravi vuol la legge , che al mandato di deposito l'istruttore si appigli, implicita, è per loro la conseguenza , che in f^ode di questo man- dato, ed in urto alla legge la comparsa potrebbe adot- tarsi soltanto. Ne contenti di ciò, incalzando i loro con- traddittori , come farebbe il bacchettone invocando la croce, soggiungono che ai principi liberali ckìl secolo si larebbe onta ove si facultasse il magistrato ad attignere dalla bocca stessa del pacifico cittadino gli elementi di prova della reità, che gli si appone, ed a vessarlo con un interrogatorio, che gli addosserebbe l'assisa d'impu- tato, malgrado il difetto di quegl'indiz'i, che al deposito di lui, e quindi alle sue leggittimazioni potrebLero dar luogo. Grave apparirà forse a taluni cotal diceria, oud'è che a notomizzarla imprenderò volonlieri, ed a mostrarne la forza effettiva. Che il mandato di comparsa presso a poco uu surrogato sia di quello di deposito è fuor di dubbio^ ma che gli stessi elementi sì all' uno , che al- l'altro debbano indistintamente servir di base sarebbe, a nostro avviso, un'anatema, un eresia legale ii soste- nerlo. Fino a quando sarà credibile , che si vorrà che i magistrati siano de' filosofi, e non degli automi non si potrà loro negare la valutaziou degl' indizi secondo il loro criterio, anziché colla squadra, e la stadera; di piodo che quegli clementi, che sarebbero in uu caso atti k ^elerinitìar l' Istruttore alla spedizione del mandalo di deposilo nou lo saranno in un altro, che per lo piij è quello in cui la comparizione reputar si deve adottabi- le; avvegnaché la mitezza di questa misura non esigo nella coscienza del compilatore quegli energici sostegni, the al mandalo di deposito si addicono, in conferma di che r autorità slessa della legge mi piace invocare. E il ripetuto articolo loy, che facendo eco al io4, esige concorso d' indizi per la spedizione del deposito, mentre occupandosi poi della comparsa cosi si spiega. M Ne' delitti non portanti a pena di prigionia, e nelle » contravvenzioni può il giudice competente spedire un » mandalo di comparsa contro 1' imputato w. Or mi sia permesso richiederlo: che altro j, nella più discreta pre- tenzione, che altro il legislatore ha voluto significare , sopprimendo nel riportalo inciso dell' .articolo 107 le pa- role » pel quale siansi raccolti indizi » se non che ne bastano mollo meno per ordinarsi la comparsa, che non per disporsi il deposilo? Di più, se la legge non incul- ca, ma permette ne' reati più rilevanti la spedizion del deposito, ed il giudice può del pari senza violarla spe- dirlo, e non spedirlo, secondo che la sua coscienza gli suggerisce, chi oserà interdirgli, quasi che fosse una in- frazione, che r enorme s[)azio che s' inlromelle fra la libertà, e la detenzione dell" imputato si ravvicini, e si riempia in taluni casi mercè l'ordine della comparizio^ ne? Ma i principi liberali del secolo, l' inconvcnieiittr di esporsi i cittadini a vestir la divisa d' impulali, ed a somministrare essi stessi gli elementi della loio icilà, la vessazione alla quale si esporrebbero i prevenuti o\e il maj^idalo di comparsa si ammettesse non sono alhel-« tante insormontabili ragioni per la sua espul>ioiie dalla .pratica giudiziaria? Oibò, ne conchiudcranno anzi sem- pre più limpidamente 1' ammissibilità; vediamolo. Da quanto abbiam sostenuto fin qui chiaro abl.flslaii- te rilevar si dovrebbe non esser noslro divi.anicnlo, cl.tf alla cicca , e ncll' assoluta mancanza di ogni elemento indiziario all'ordine della comparsa si ricorra, ma cou- correndovene alcuni, comunque deboli , ed insufficienti ad attentarsi per essi alla libertà del cittadino col man- dato di deposito. Svanisce dunque, ciò posto, il millan- tato scandalo di sottoporre gì' imputati a somministrare eglino medesimi le armi, che debbono ferirli; che anzi apparirà di leggieri esser l' invito, che lor si fa giungere essenzialmente diretto al santissimo fine di chiarire il \ero, smentendo, od avvalorando quegli indizi , che il magistrato nella integrità della sua coscienza avrà cre- duto da tanto, da autorizzarlo alla spedizione di quel- r ordine. Né i principi liberali del secolo verranno per questo menomamente compromessi, ma festeggiati, e pro- mossi; conciossiachè, se non è arcano , che il maggior benefizio, che alla sicurezza, ed alla libertà individuale i nuovi codici han recato , consiste nella pubblicità dei giudici, debbe altresì convenirsi, che tutto ciò che di siffatta pubblicità partecipa, liberale e filantropo quanto la fonte, da cui deriva dee riputarsi. Or se così è chi accuserà di vessatorio e duro un mandato per il quale, mentre la istruzione potrebbe progredire fra le tenebre si pone dessa iu aperto agli occhi dell' accusato facen- doglisi conoscere la colpa , di cui è accagionato , ed i sospetti, benché lievi, che contro di lui si son concepiti, e r adito gli si appresta di dissiparli potendolo l Avvi forse qualche sanzione, che vieti gì' interrogatori degl' im- putati di misfatto, o de' più gravi delitti , ove contro di essi non si fosse spedito mandato di deposito? Si a- sconderebbe mai in quel paterno esame il carattere d'im- putato di un cittadino? Non è egli tale dal momento stesso iu cui la giustizia lo adocchia come antorc di un reato qualunque, sia che fosse, sia che non fesse iiilerroga- to? Perchè dunque cotanta ripugnanza, o avversità piut- tosto agi' interrogatori, ai quali il mandato di comparsa può dar adito? Ma la licenza dei giudici? Kcprimetela io 9* rispondo; reprimetela in chi ve ne dà il motivo, consi- derando, che se di freno ha bisogno una rilasciatezza di cui è scopo la semplice comparizione del cittadino , e quindi il suo interrogatorio, a maggior repressione sot- toporsi dovrebbe l'esercizio di quella facoltà, che a prez- ito della libertà di lui alla comparsa, ed all' interroga- torio, perviene. Desistiamo però da questa, oramai no- iosa confutazione, e rivolgiamoci in vece a confortare il nostro assunto chiamando a contributo, in sostegno della spiegata opinione, talune altre disposizioni del diritto che ci governa. Base e scopo supremo di ogni legge e la giustizia ; ad impartirla però fa di mestieri, che il magistrato sia certo, che colui, che la reclama, o contro cui si recla- ma nel caso della legge si trovi. Lo stato adunque di tal certezza è quello , cui principalmente mirar deve il magistrato; e quello non meno , all' attingimento del quale, cooperando efficacemente il legislatore , parecchi mezzi ai giudicanti ha fornito. Quindi le prove scrittu- rali, ed orali; quindi le visite, i riconoscimenti, le [)e- rizie; quindi i giuramenti; le comparse; gì' interrogato- ri. Posti però i primi da banda , occupiamoci di volo degli ultimi, e contemplandoli come organi di civil pro- cedimento, vedremo rafforzarsi per essi la nostra opinio- ne. Ed in vero, che altro sono gli enunciati mezzi istrut- tori se non degli espedienti atli a porre in chiaro la ve- rità per la bocca stessa dell'interessalo ? E se questo in- teressato nelle materie civili può dal Giudice, o dai suo medesimo avversario esser costituito nella posizione di chiarire quel vero, di cui si va in traccia; perchè nelle penali inquisizioni, il giurì, l' investigatore del fatto, non potrà ricorrervi ei pure per lo stesso fine ? Non son for- se la libertà, la fama , la vita patrimonio più interes- sante, e sacro pel cittadino, onde più mezzi al magistra- to debbano apprestarsi, per non esporle alla benché me- noma ingiuria ? A che dunque mentre le leggi civili per- 92 mettono, che per disposizione del Glodice, o per voto della parte, un interessato, in qualunque giudizio, offra degli schiarimenti, a che, ripeto, le penali sanzioni, an- xichè giovarsene, dovrebbero vietarlo ? Ma non sono que - ste sanzioni medesime , che autorizzano nelle istruzioni concernenti falsità la contraddizione delle parti ? ( art. 453 PP. ) di modo che, se non il solo prevenuto, ma il querelante anch' esso sono, la sua mercè , per regola di penai procedimento nelle accennate processure prov- vidamente invitati a comparire, ed a concorrere simul- taneamente entrambi allo scovrimento del vero sull' in- violabile altare della giustizia , quale [stranezza non vi sarebbe, che ove necessità lo esigesse, contro l'assioma che grida, che in parità di ragione, pari esser deve l'ap- plicazione della legge, s' interdicesse crudamente al ma- gistrato, senza sapersene il perchè a danno di quella ve- rità, per cui si affatica, di ricorrere al mandato di com- parsa ? Non riduconsi però a sole ragioni di congruenza quel- le che la mia opinione sorreggono , delle altre pur ne concorrono più interessanti, e dirette, che le servon di scudo. Né si tarderà guari a eonvincerseue , per poco , che si rifletta, alla classe numerosa de' reati esservene di quelli , la di cui caratteristica è talvolta incerta , finché il prevenuto non sia messo nella circonstanza di palesare al magistrato, ciò che suU' appostogli fallo del proprio interesse egli stima. Quante volte in effetti, non è accaduto, che un avvenimento dipinto dal querelante coi più neri colori del furto, e tale forse anco dall' istru- zione a primo aspetto mhostrato, al sentirsi poi l' inter- rogatorio del prevenuto cangia natura, ed al più un uso privato dei mezzi della pubblica autorità, ovvero un im- pedimento al libero esercizio degli altrui dritti diviene? Di quanta utilità nei reati di frode Y interrogatorio del querelato non si rende per assicurarsi del concorso d'i tutti quegli elementi che la costituiscono ? E finalmen- te qual parte quasi sempre non ha la dicljiarazione del- l'accusato per determinare nelle frodi qualiiicale per la persona ( art. 439- LL. PP* ) la competenza, o per lo manco la intensità di quel dolo, che suol tanto influire alla irretrattabile spedizione dei mandati di deposito ? Astrazion però fatta di queste idee, qual funzionario, che nella compilazione processuale siasi versato, non si e qualche fiata scorto nella penosa situazione di non po- tere spiccare un mandato di deposito per mancanza d*in- dizii concludenti, e di conoscere intanto utilissimo al suo scopo sorprendere l'imputato ne' primi momenti della sup- posta sua reità per raccoglierne i detti, ed in vestigare su di essi alla scoverta del vero, pria , che all' impuni- tà propria dal sospettato , il tempo che gli si accorda si consacrasse ? In tale angosciosa titubanza si asterrà forse a spese del pubblico interesse, il solerte e pruden- te magistrato, come dalla misura del deposito , che lo sbigottisce, anche dall' altra da noi suggerita , gli efTelti della quale nulla, che possa dar luogo ad un tardo, ed inutile pentimento, comprendono ? Si dirà che l'imputato, che abbia dei rimorsi, avver- tito a comparire fuggirà; ma non fuggirebbe ancora dal- la sua coscienza incalzato ed allettatovi dal tetnpellamen- to altrui, se quell'avvertimento non ricevesse '? Fuggis- se però: non sarebbe la sua fuga un elemento urgentis- simo per determinare 1' incertezza del magistrato a sj)ic- car quel mandato di rigore per cui prima titubava V ed il profugo nella sua stessa fuga, nella latitanza, i» cui dovrebbe tenersi, nella persecuzione della giustizia" non comincerebbe a sentire il peso della legge fulminatrice de' rei, apprestando intanto alla società un inizio del ri- sarcimento dovutole per la riportata offesa, ed insieme' una energica lezione, che impunemente il patto sociale non s' infrange ? Ma sento saettarmi 1' orecchio da una voce, che gri- da; allo scandalo, all'insidia, al tradimento! quasi che g4 . sia eli essi V emporio il mandato di comparsa , ove il giudice in seguito dell' interrogatorio dei prevenuto alla misura del deposito si avvisi sottoporlo. Questa speciosa risorsa de' tartuffi. della scienza del dritto, che così ad- dimandarli ben deggio, non può essere attinta, che dal- la sozzura dell' anime loro; avvegnacchè essi soli sareb- bero capaci di trar nell* agguato con mezzi bassi, indi- retti, e dell' augusto carattere del magistrato non degni que' cittadini, che comunque invisi alla legge hanno ciò non ostante un dritto alla buona fede di chi nell' inte- resse pubblico li persegue. Ma V integro, il prudente , lo scrupoloso magistrato non si appiglierà giammai al vile ed inconseguente ritrovato di adescar chicchessia a presentarglisi sotto la larva di ottenere da lui gli ele- menti delia sua innocenza, mentre cova cupamente nel petto irretrattabile il pensiero di mandarlo prigione. Egli quindi «on interpellerà qualunque imputato a compari- re, che quando T anima sua candidissima sentirà di a- Tere un urgente bisogno delia di lui presenza per fu- gare quelle tenebre, di cui talvolta la verità si circonda, ed ove questa verità istessa alla fin fine, sui schiarimen- ti attinti dalla bocca stessa dell' accusato , si mostrerà tale da doversi adottare a danno di lui la misura del deposito allora senza rimorso, o ribrezzo vi si appiglie- rà 1' istruttore, come lo farebbe contro chicchessia, che confidentemente baldanzoso presentandosi in giudizio, ed anche appiè degli altari, dimentico delle proprie colpe, si trovasse debitore alla giustizia della sua libertà. Tac- ciano dunque colesti miei oppositori, e sappiano una volta, che per le anime probe e bennate, scandalo, in- sidia e tradimento vi sarebbe, qualora un agente dell'or- dine giudiziario, ripugnando da quei mezzi, che la leg- ge non gli vieta, e che la sua coscienza reclama, pie- cipitasse delle misure, che metterebbero sconsigliatamen- te in repentaglio la libertà altrui, senza poterle i[i me- noma parte, emesse appena, ritrattare, o si costituisse nel degradante slato d' inaiione cotanto pregiudizievole •1 pubblico interesse. Dopo questi pensieri, così rapidamente srilappati, che ne dedurremo noi ? Che al mandato di comparsa, an- che nelle istruzioni criminali può l'inquisitore ricorrere, ma non intendo per questo , che in tutte le processure appigliarvi si debba, che di soverchio scetticismo cosif- fatto sistema sentirebbe; è però mio divisaraento , che tutte le volte che la coscienza del giudice trovasi flut- tuante, perchè fondatamente, c prepotentemente (i) com- battuta da qualche dubbio, che nei casi gravi il silen- zio del prevenuto^ o il difetto d' indizii concludenti gl'i- spirano, allora è secondo il rito, ^ prudente , è legale valersi del mandato di comparsa, ed anche di quello dì accompgnamento, ove il caso lo esigesse (pi). Pratica somigliante tenderebbe da un lato a fugare ogni sinde- resi dell' istruttore , ed a scuotere e far cessare quella perniciosissima inazione, che nell' andamento delle inqui- sizioni di qualunque specie è il maggior male , che pos- sa frapporsi a neutralizzare le salutari vedute della leg- ge, e spargere la diffidenza, ed il timore nella società; (i) Tengano mente sopra tutto i giovani mngistrati a queste nostre ])3- role, acciò per mal concepita idea di lilanlrojiia non incorrano in uii aLuso che sarebbe reprensibile quanto la pratica stoMia da noi condannata. ('jì) Il Cliiarissimo Nicolini cominentando l'art. 107 della procedura pe- nale al §. 719 della seconda parte della pregiatissima opera sua iCrive cosi-: j> Non v' è dunque alcun dritto di spedire mandati di deposito per diclini » che possono portare a conlìno, ad esilio correlionalc ) ad interdizione u » tempo, o a semplice ammenda. Per questi può spedirsi solo un mandato » di comparsa. Questo equivale ad una citazione. Se però il reo in questi n casi al mandato di comparizione non ubbidisce, il magistrato, che può spe- n dire un mandato di accompaijna mento contro i testimoni renitenti , può » ben spedirlo contro i rei renitenti. Ex quo retinens ducalur coram.» Se dunque , mi si permetta soggiungere, se dunque avverso i delinquenti non soggetti a pena di prigionia, ove citati a comparire non si preseritino e adot- tabile, giusta r inserta dottrina, il mandato di accompagnamento, pcrcbè po- tendosi spedirlo a carico dei semplici testimoni, con piti di drillo si ]iuò a- dottarlo contro i rei renitenti) con quanta maggiorità di ragione, siccome poco prima io «liceva, non se ne trarrà l'illazione forse più convenevole ed nrfi- ressante, cl»e se avverso i sospettali de' meno gravi delitti e lecito il man- dato di comparsa, dcbb' esserlo mollo pili contro i creduti misfaltori , U di cui libei-tà a misure di rcatriiione maggior jjotrebbe aixUre sottoj>)5ti*. 9^ . mentre disperderebbe d* altra banda tutte quelle indù* striose, e degradanti frodi, alle quali, per soverchio ze- lo inquisitorio, talvolta con proprio disdecoro ricorrono gli uffiziali della Polizia giudiziaria ad eludere un di- TÌBto, che la legge, sapientissima qual' è, non ha mai so- gnato di tuonare^ Lettera (i) inedita di Domenico Scinà al celebre ar-* chitelto Marvuglia^ onde preservare la Chiesa del- l'Olivella di Palermo dai frequenti colpi del fulmine. Essendo stata la chiesa de' padri dell' Oratorio di que- sta città percossa nello spazio di 3o anni tre volte dal fulmine , e ultimamenle nel passato ottobre; vi siete de- gnato domandarmi quale ne possa essere stala la causa e in qual modo si possa per lo innanzi preservare la so- pradetla chiesa dai danni di questa meteora. Intorno al primo articolo non occorre di mollo dilun- garmi; poiché ciascun conosce, e si persuade, che l'al- tezza della cupola di quella chiesa; la croce di ferro col- locata sulla cima della medesima ; il rame che ricopre tutta quella cupola; 1' oro che internameiile 1' adortia; i campanili eie. sieno le cagioni , per cui ìa materia del fulmine si determina a piombare più tosto sopra quellai chiesa, che in alcuno de' luoghi circoslanti. Solamente ho r onore di avvertire, che la frequenza de' fulmini ca- duti sulla medesima nasce dalla frequenza dello stessa vento che spinge le nubi cariche d'eletlriciìà verso l'an- zidetta chiesa ; di modochè ogni qual volta ritorna lo stesso vento e lo stato dei nuvoli si trova elettrico cone pericolo di essere fulminata col vento di Kst. (i) Qursta scrittura del sommo Scinà ri venne don.ifa rial Inion ni polc di lui Domenico Kagona, piovincllo coltissimo, clic stiirlia con rnvorc le scienze fisicliej etl è degnissimo della slima de' buoni, € della cwisidefazio^w' del Governo. 97 Intorno poi al secondo articolo permettetemi, che io vi rassegni, qualmente la fisica non conosce né suggeri- sce altro rimedio per preservare le case da' fulmini se pou i parafulmini. E a voi ben noto, che il parafulmi- ne è un' asta aguzza di ferro , che isolata si pianta sul tetto delle case, la quale per via di fili di ferro va co- municando con qualche fogna, o chiavica, o pozzo o aU tro luogo umido: ed è parimente noto a voi, che il me- todo con cui s' isola sì fatta asta , è quello di rico- prirla nella parte, che tocca la fabbrica, di vetro, e di resine , e di tutti que' corpi , che diconsi coibenti del fluido elettrico. Mi pare cosa soltanto convenevole di qui additarvi 1' ultimo metodo, giusta cui si costruisco- no 1 parafulmini, che è appunto quello di Boyer. Sic- come la punla dell' asta, esposta all' aria, si suole ossi- dare e ossidata attira meno l' elettricità; così Bojer ha pensato di formare la punta dell' asta di ferro, di quel metallo che chiamasi Platina^ che di sua natura difli- cilmente si ossida; e in difetto di Platina la punta aguz- za del parafulmine si suole indorare. Adopera in secon- do luogo per conduttori una specie di corde , formate di fili di ferro tra loro intrecciati, e unte d' una mano di vernice grassa. Prolunga in fine questa corda si- no alla sommità d' un pozzo, e quivi la lega a un filo di ferro, che ha 1' ultima sua estremità posta e fissa den- tro l'acqua del pozzo. In questo modo la croce della cupola della chiesa de' PP. dell' Oratorio si potrebbe ri- durre a un parafulmine. La croce che dovrebbe esser semplice e a corte braccia dovrebbe portare 1' estremi- tà superiore aguzza ; inferiore isolata nella parte della cupola, in cui è collocata; oltre ciò si dovrebbe all'a- sta della croce legare una corda di fili di ferro intrec- ciati tra loro, e questa corda condursi sino a una chia- vica, o a un pozzo, o altro luogo umido. Ma in que-> sto modo sarebbe custodita e difesa la sola cupola; e oon la chiesa, i campanili, e la casa de' PP. dell'Ora- 98 ' torio. É da sapersi che qualunque parafulmine ha uno spazio delerroiiiato dentro cui opera. La sua sfera d'at- tività è definita dall' esperienza, e questa si computa per Mn raggio Hi 3o piedi parigini, che corrispondono presso a poco a 3^7 palmi e ip di nostra misura. Per Jo che posto il parafulmine nella croce della cupola veirebbe , custodendosi sino alla disianza di 3^ palmi e i[2 dalla croce medesima senza più, e reslerebbero così esposti la casa, i campanili, e gli altri luoghi. Dovrebbero quin- di multiplicarsi i parafulmini e j)orsi a una distanza tra loro di ^5 paln>i per preservarsi dal fulmine così quella casa, come la chiesa. Ne posso io pretermettere d' av- veilirvi, che come sarebbero inutili i parafulmini , ove si |>onessero a una distanza maggiore di ^5 palmi; così parimente sarebljero inutili ove si collocassero a una di- stanza minoi-e, secondo che insegnano i principi della fisica e più d'ogn' altro l'esperienza. Jn secondo che at- tualmente la chiesa è una specie di parafulmine in ri- guaixlo alla casa dei Padri dell'Oratorio. Difficile mi pire, che i PP. dell' Oratorio volessero adoperare i parafulmini. Poiché non volendo eglino, o non potendo andar contro la pubblica opinione in Pa- lermo che non approva, anzi condanna simili strumenti, (i) debbono certamente esser timidi e incerti, o almeno non essere i primi a metterli in esecuzione. In difetto a- dunque de' Parafulmini si potrebbero usare alcuni rimedi, che renderebbero quella chiesa meno esposta ai danni del fulmine. Siccome la croce, e il rame della cupola, 1' oro che internamente I' adorna, 1' aste e le banderuole de' cam- panili invitano le nubi soprastanti a scaricare la loro elettricità sulla chiesa; così è chiaro , che tolte sì fatte cause, venga a diminuirsi il pericolo della scarica del fulmine. Tra queste cause sono da considerarsi come (i) L'autore scriveva qucsia lei (era verso la fine del scculo )>a»Mto. 99 principali: la croce come quella eh' è più eminente, e perchè di ferro, e perchè fitta com' e nella cima della cupola, la penetra, e va e comunica nell'interno; e in se- condo luogo 1* oro dell'internojche sopra ogni altro corpo ricerca 1' elettricità , come quello che più facilmente la conduce. Si dovrebbe quindi levar 1' oro dall' interno del- la cupola, e sostituire in luogo del medesimo un colore che mentisse i' oro, e formasse quell' ornamento che si desidera. Oltrecciò , o si dovrebbe del tutto levare la croce, o almeno sostituirsi in sua vece una croce di le- gno, che non abbia alcuna punta , ma sia rotondata in ogni senso e per maggior cautela si potrebbe inverni- ciare e isolare nel luogo della cupola, in cui si figge. In questo modo tolto 1' invilo dell* oro e del ferro , e la comunicazione, che attualmente ha la croce coli' oro, verrebbe in parte a rimediarsi all'attuale inconveniente. In quanto poi all' aste , e banderuole de' campanili , queste si potrebbero del tutto levare ; come quelle che restando, potrebbero attirare fulmini, e tolte non reca- no alcun incomodo, o difetto alcuno d' ornamento. Si dovrebbero in secondo luogo levare i grastoni di {)ielra che ornano quella parte più eminente della cupo- a, che chiamasi il Lanternino. Poiché sporgendo in aN to, e assottigliandosi in cima potrebbero determinare su di essi la scarica del fulmine. Come pure levar tutte le punte , e tutti gli angoli a quella parte esterna di fabbrica, che forma il lanternino ; giacche tutti gli an-» goli e tutte le punte attirano con gagliardia il fluido elet' tri co. Resta in terzo luogo a considerarsi il rame che co- pre e fodera la cupola. È vero che il rame è un con- duttore dell' elettricità; ma per la sua figura rotonda e circolare, e ove fosse bene e perfettamente inverniciato, potrebbe con difficoltà fare 1' uffizio di perfetto condut- tore. Per altro dovrebbe farsi, che 1' elettricità si spar-^ gesse intorno intorno a tutto il rame della cupola, e sparsa ^00 « diffusa Terrebbe per corto a mancare la forza del ful- mine. Ma ciò non ostante è da riflettersi, che la verni' ce Hon è durevole, e che le laminette del rame, trovan- dosi col Icnjpo in alcun luogo per avventura scucile, se- parate offrono delle punte in aria, che attirerebbero, e determinerebbero la scarica dell' elettricità. Oltreché es- sendo tutta la chiesa fregiata d'oro; ne potrebbe avve» iiiie che il fulmine gittandosi prima sopra ahuna punta del rame poi l' abbandonasse per portarsi verso l' oro cti' è un conduttore più perfetto del rame. Aggiungasi a tutto ciò che tolta la fodera di rame della cupola ver- rebbe a guarirsi la fantasia di tanti, che credono essere una tale fodera la causa , la quale determina i fulmini sopra quella chiesa. Non dovrebbero perciò i PP. del- l' Oratorio incontrare alcuna diflicoltà a levare il rame della cupola, molto più che sagrificando questa magni- licenza a un grado maggiore di sicurezza potrebbero ritrarre un prolitto non indiflerente dal medesimo rame. Debbo infine soggiungervi che ridotti ad effetto tutti i rimedi, sopra descritti, quella chiesa sarebbe meno esposta ai fulmini, ma non esente dai medesimi. Basta l'al- tezza della sua cupola , e de' suoi campanili per sotto- porla alla pen;ossa de' fulmini. L' elettricità, che dalle nubi si suole scaricare sulla terra, eh' è il suo serbatojo, sceglie i luoghi più alti , per giungervi. Difatto osser- viamo che sono spesso fulminati i monti, le torri, i cam- panili etc. Fra due luoghi alti sceglie la via più lacile qual' è quella de' migliori conduttori, come sono i me- talli. Perciò spesso si scarica sulle croci, sulle ban- deruole, su i corpi aguzzi etc. Ma in difetto de' migliori conduttori si scaglia sopra le fabbriche più eminenti per giungere più presto alla terra. Ora per preservare quanto più si può quella chiesa mi viene in mente di formare una specie di parafulmine d'acqua. Siccome lac- qua è un coudullore dell' elettricità ; così penserei di lOI mettere alcuni canali, i quali partendosi dalla cupola vadano scaricando i' acqua ne' luoghi umidi come ac- quidotti , chiaviche eie. Poiché d'ordinario piovendo quando tuona , può benissimo accadere che scarican- dosi il fulmine sulla cupola e trovando l' acqua ne' ca- nali, che comunica sino alla terra, possa imprendere il cammino dell' acqua, ch'è conduttrice, e così in luogo di recar danni alla chiesa possa andarsi scaricando negli acquidolti. Sarebbe questo, a mio credere, un preserva- tivo di più, ma non perciò si renderebbe del tutto esente da' fulmini quella chiesa. Potreste pure insinuare a que' buoni Padri che nel tempo, in cui dura la tempesta, non illuminassero molto la chiesa, ne facessero sonare le cam- pane , perchè il suono la fiamma e il calore sono non ellrimenti che 1' oro, conduttori dell' elettricità. Questo è ciò che vi posso dire su i proposti quesiti, e nel caso ricercate ulteriori illustrazioni io son pronto a som^ ministrarvi i miei pochi lumi così per servire quegli ot- timi Padri che tanto venero, come per servire voi , che siete un architetto di tanta rinomanza, e di cui mi pregio di essere etc. // ventotto Giugno — Poemetto del Marchese Guise p-' pe Ri{/fo — Napoli dalla Stamperìa dell'Iride i i838, di pag. 3g. in 8. Con vero dolore dell' animo nostro non possiamo la- cere, che oggi è quasi al tutto smarrita la dignità della destinazione e dell' uffizio delle nobili arti , e special- mente della poesia. Qualunque esser possa la scuola , alla quale noi siam legati, certo è che crederem sempre e terreni patto a questa credenza; cioè che la morale sia il primo, anzi l'unigenito ed essenziale elemento dell'arte. Ove questa sia un individuale trastullo, ove l'uffizio del- l'artista non sia altamente civile e reliirioso , che sarà 3 102 allora se non un psercizlo di vanità e di pompa? peggio poi, se le lettere, come in Francia , saranno anche fra noi pittura leggiera, e spesso micidiale, di IJamiglia; di- verranno allora, come pur troppo son divenple oltra- monle, olocausto alle furie , piuibolo ed espressione di assassini o sbrigliatissimi inverecondi; e noi rifuggendo per troppo orrore dalle cene tiestce, e dagl' iul'ami dcr lirì di Medea accaneggiata per tradito amore , quanto a dire da ciò che ha di più atroce il classicismo, non isdegneremo poi di assuefarci con le Lucrezie Borgie, e con gli Angeli di Padova. Da questi imbratti di san- gue e di vergogne solleviamoci piuttosto per ritornare alla severa e schietta dignità di certi principi, da' quali dipenderà sempre l' arte che non tradisce la coscienza ed il vero. Ed è altro jl bello ^ se non il vero che com- muove? E può la commozione e l'emozione risvegliarsi, quando l'animo h fieramente chiuso e stretto da cruenti spettacoli, da uomini perdulissimi e al mal fare rotti, da viste di sgherri, ò,\ raffi an barcata e simile lor^lura^ da patiboli da assassinamenti da amori meretrici e tur- pissimi? E pure questi amori diverranno santi, quando non saranno ne cantati ne rappresentati tra infumi or- gie; ma come le creazioni di Sofocle spireranno la più jmmaculata p verginal purità; ijuando si ricorderanno le Telesille di Sparla, e le Senocrite di Cuma ; e così. le affezioni saran virtuose, l'artista non perderà la coscien- za, e il lettore o l'ascoltatore uscirà colf anima bella di un rimorso, o gioconda di novelle virtù. A queste e ad altre riflessioni ci ha condotto 1' attenta e ril'osata lettura da noi falla del Poemetto dei* eh. Marchese Giu- seppe Piuffo, grazioso ornamento delle patrie Muse. Il quale rifuggendo da una poesia scarmigliala e lasciva, ha sapulo mirabilmente dolersi d' un dolor pubblico, q lamentare in assai gravi versi la sventura umana. Bene egli e direttamente lia compreso esser la poesia subbiet- liva del dolore , la più accomodata al bisogno ed allo I io3 aflèlto del secolo, eh' è secolo eli malinconia e di lagri- me. Questa sì, questa malinconia vivrà forse della let- teratura dell'epoca nostra; mentre tante altre leggerezze ed impudenze svaniranno. Al nostro Autore un tempo « apparivan virtudi pel- legrinc » la possanza ed il fasto. Oggi però Della vita Corso ha l'arco a metà: di rose tinto Piij non pargli il creato, maraviglia Raro lo prende, e solo il savio ammira. Giovine non nato al dolore, e pure capace di profonda- mente sentirlo ! Seguiremo noi ad ogni pie sospinto la gita dell'egregio Poeta al Camposanto dei colerosi in Napoli^ da quell' ora eh' egli prese a tarde orme la via, che dà nel Campo di Marte^ e che sopraslà al Cam- posantdì La notte stendea le sue ombre, e, come dice jl th. autore. Sorrideva natura, ma 1' interno Duolo lo genti dipignean sul volto; ed egli intanto mellevasi a quel pietoso cammino; allor che gli diedero agli occhi dense fumate , che andavano in volta per l'aria; ed eran quelle le vampe dei cada- veri di quei meschini,che travagliarono e finiron di colera. E qnale io grido Genio maligno questa valle abbrucia? Quel frastuono perchè? Diceva, e un uomo Eccomi innanzi bello di persona, Inoltrato negli anni. E qui comincia , e si accalora a grado a grado un commovente dialogo fra il poeta, e il suo Duca, nel quale, come egli fa aperto nella ricisa, ma nobile Prefazione, ha voluto simboleggiare la saviezza la quale in verità non giugne cogli anni maturi^ ed è nel mondo morale ma- raviglia delle cose leggiadre. A noi basterà mostrare 1' alta filosofia , colorita coti leggiadrissimi versi, ed espressa nelle parole del vecchio, io4 cioè della prudenza velata d' umanità , trascrivendo qui pochi versi di quel dialogo; Giorno è la vita nubiloso e corto, Corto mai sempre! Appo 1' Eterno solo Durano eguale indiscernibil punto L' alle moli di Menfi, e il vile insetto. Agni gli uomini son tratti al macello In un mcdesmo dì: quel clie la sera Nella strozza lanuta il colici s' ebbe Anzi che all'alba, chiamerai felice? Pensiero espresso in forma veramente originale. Io jion terrò modo di servile critico nel ritrarre con paca-t ta e quasi fredda analisi tutti i concetti del nobile au-. tore; nò i parlari della Matrona^ di cui il Sacerdote be~. nedice tremante gli avanzi^ ne dei sei cadaveri dei quali il Duca pietosamente si fa a narrare le civili virtù. Dirò sì generoso e santo il pensiero che mosse il geui tile autore a favellare delU sua cara Sicilia , nelle cui belle contrade tramutossi orrendamente l' indico male , e ne spense le più chiare luci. Jntanto non e a tacere, che la poesia, oltre di essere eminentemente filosofica, tanto che può ben dirsi del Ruffo, ciò che Foscolo di-; cea di se stesso nell'Inno alje Grazie— r sdegna il verso che suona e che non crea — oltre di essere impressa ad ora ad ora di tenerissimo affetto di malinconia, è segnai^ pure delle più accettate e liiupidc forme dei classici; e il Poeta, sia detto francamente, ha saputo essere origi- nale, ed elegantissimo al tempo istesso. Felice Bisazza. Il Goticismo — Roma -^838. in 8.° In questa poesia il Sig. G. G. Belli| imprende a dir leggiarc i romantici, che vogliono [)er delle novità pre- ppntqrci le più tristi immagini, Costoro vauuo siffattur td5 tamènte orgogliosi di non seguire alcuno esempio, e poi imitano i moderni, anziché i classici antichi. In quc- iste ottave il nostro A. paragona il romanticismo alla go- tica architeltuia, che per la sua stravaganza non appar-" tiene a veruna arte che ha nome di bella. Non unità ne verisimigliatiia vi si scorge, ma una sconnessione ia tutto e per tutto. Così è non altrinienti il romanticismo il quale schivando ogni regola, ed ogni precetto si lascia guidare dalla cieca fantasia; che priva dell'arte non è .capace che a produrre il mostro descritto dà Graziole mo- stri in vero han partorito tanti sfrenati modèrni. Pas- sioni esagerate ed eccedenti, atrocità di delitti, e mille Scempiaggini campeggiano nelle poesie di oggidì, non che gusto depravato e corrotto, che invece d' ingentilirci ci educa al sangue, é alle stragi ! Il Belli ha dipinto iil vivo un sì barbaro gUsto, nei seguenti versi: Giostra e cacce dovunque e Oscene treschie Nelle rocche feudali e ne' castelli, Muniti di scherani e di bertesche, Di ponti levatoi, fosse e cancelli; E le sirventi e i lazzi e lemoreschd Di trovador, giullari e ministrelli; Ed in tutti i boschi e per ogni osteria Cavalieri che torndn di Soria. Miser colui che nelle sue ballate O neir odi sue sdrucciole e a bisticcio Non cantasse tortura e pugnalale Da rizzarci i capei per raccapriccio! Oggi a mercarsi il titolo di vate A'^uulsi un Chichibìo che faccia un pasticcio, Vuoisi un pennel che abbozzi una pittura Di vizi e di virtii fuor di natura. Or le soavi scene di famiglia Per le grandi arpe son melodia vieta: D' Onesto pianto inumidir le ciglia Non degna il n"*tfo bel mondo di selaj to6 Ma deve il padre incatenar la figlia^ E d' un paggio ella poi druda segreta Fuggir seco dal career die la serra, E svergognata svergognar la terra. Lo attinger oggi a limpido ruscello Par di talento inutile dispendio; Ma si deve tufiiir cuore e cervello Dove sia più sozzura e vilij)endio: E non è insigne un carme e non è bello Se non lo chiude spaventoso incendio, O un vespero-siciliano, o un terremoto, Che non ci resti più chi appenda il voto, CI congratuliamo di tutto cuore col nòstro autore, per' avere spiegato sì fervido zelo per la patria letteratura , e disprezzo grandissimo per quei pazzi innovatori che ci assordano con le loro fole. Ci auguriamo altresì che questa poesia possa stenebrare la mente di alcuno, onde far che torni in vigore lo studio dei classici, e le romantiche frenesie restino sepolte uell' onda irrevocabile dell obblio^ F, D. B. Annunzio intomo la Storia d^ ogni letteratura di Gio- vanni Andres bre^^iata e annoiata per A. Narbone etc. — Palermo pei tipi di Giovanni Pedone. II nome di colui che si accinse ad abbreviare ed an- noiare la grande fatica dell' Andres è tale che ci fa giu- dicare a priori dell'opera sua. Pelciocr.hè il P. Narbo- ne per la maturità del gmdizio e per la dottrina onora la patria e le nostre lettere* Egli ha già compiuto il suo lavoro , ed il tipografo Pedone si affretta a pubblicarlo. Desidereremmo perciò che l'opera si dtduiidcsse, e venisse in mano di tutti i cultori delle buone Ietterei che così acquisteranno un'i- ^eà esatta* e compiuta dei progressi che ha fallo lo spi- rito umano in' tutte le nazioni del mondo. L' opera dell' Andres è appieno conosciuta; uè a noi qui tocca rilevarne i pregi e i difetti: quello di clie vogliamo assicurare il pubblico si è che l'i ^'itica durata sopra quell'opera dall'egregio nostro autore, uicntre recide il superfluo, e diminuisce la mole dei volumi origi- nali, non trascura nulla cosa che possa essere utile ed importante per la cognizione delle Varie materie che si trattano e delle vicissitudini, a cui son soggiaciute nei. corso di tanti secoli. E siccome il P. Narbone si è in tante sue gravi scritture mostrato nobile e castigato scrit- tore; così compendiando quell'opera ne ha migliorato la lingua, e ne ha reso lo stile più scorrevole e più italiana. Le giunte eh' egli vi ha poi l'atte sono tutte impor- tantissitue, E siccome noi conosciamo pienamente i' in- gegno e l'animo del valenl' uomo, così sia m sicuri che ciò ch'egli ha promesso si dee avere per l'atto che non cade sotto verun dubbio. Le cose aggiunte si riducono alle seguenti : 1. Molli autori AaW y4ndres preteriti verranno allo- gati ai posti che loro si aspettano ; e sono d' ogni na- zione e d' ogni età. 2. Degli autori medesimi, di cui V Andres favella, si soggiugneranno a luogo a luogo delle opportune con- tezze. 3. Delle principali opere d'ogni facoltà verranno in- dicate le più pregevoli edizioni, le versioni più stimate, i comcnti più utili: con che si avrà supplita la parte bi- bliografica che al tutto manca nell'opera andrc5Ìa;ia. 4- Al cominciar la trattazione d' ogni ramo delle sin- gole scienze e delle lettere, si farà rass(>gna di quegli scrit- tori che compiute storie ci lasciarono delle niedesi;ne: a fine che chi ami penetrare più addentro negi' intimi fecess; di quell'arie o scienza, sappia dove far capo. 5. Per Somigliante cagione verranno nel corso della io8 narrazione additale le fonti di tutto che dall'-autore ori- ginale parcamente si accenna, né poteva dirsene più alla stesa, senza ringrossare in uno e addoppiare i volumi. 6. Ove, cammin facendo, t' incontri o in alcun giu- dizio da rettificare, o in oscurità da togliere, od in con- troversia da dirimere, si farà or di sporre il parer pro- prio, or d'interporre l'altrui. "j. Si è pur pensato di dar succinta notizia degli ul- teriori avanzamenti che le scienze e le lettere hau fallo iu questa età nostra, indicando gli autori e le opere po- steriori all' Andres^ e continuando co^ì la sua storia per insino ai giorni nostri: di che forse sapran grado i leg- gitori. 8. Da ultimo, acciocché non soffra il testo dell'autore alterazione ne mutamento di sorla, tutte le indicate giunte verranno poste a pie di pagina per via d' annotazioni ; essendo pur convenevole che non si travisi e difformi il sembiante delle altrui produzioni, ma sappia ciascheduno quello che dall' autore fu scritto, e quello che dal com- pendialore fu aggiunto. Belazione del viaggio del prof. Carmelo 3/arai'igna al congresso scientifico di Clermond Ferrand. — Let- tera del P. Antonino Fas.sari Minorità al sig. Dr. D. Pietro Carbonaro dà Catania. Mi gode r animo di potervi annunziare di avere avuto il piacere di rivedere in questa Capitdle il professore Carmelo Maravigna di ritorno dal suo viaggio-. Esso, come sapete, fu invitalo al congresso scientifico di Francia che iu questo anno si unì a Clermond Fer- rand neir Alvernia , ed ha ivi sostenuto mirabilmente r onore scientifico della patria. Qui è stato festeggialo, ed accollo con piacere non solo dalla maggior parte dei professori di questa Università, ma dai dotti in gè- nerale , e molte dlmostiazioni Ji ^tlnia parlicolare ha ricevuto: tra le altre il sig. Bivona, figlio dell' estinto barone D. Antonino, gli ha dedicato un testaceo del ge- nere Pleurotoma chiamandolo Pleurotoma Maravignae (Genere^ e specie di Molluschi ec. Palermo 1808.) Per ciò che appartiene al di lui viaggio molte cose avrei da dirvi, ma meglio le sentirete dalla sua bocca ritornando in patria, e nella relazione che esso ne scri- verà , ed in particolari memorie , mentre sarebbe cosa lunga , anzi impossibile per me , non esercitato nelle scienze naturali, esatlatameote discorrere delle osserva- zioni latte nel suo viaggio. Quindi mi limito a dirvi qualche cosa di ciò che può interessare 1' onor nazionale, e che è più a portata della comune intelligenza , parlandovi cioè dei risultauieiiti della sua scientifica missione in Francia- Il nostro professore messo il pie in quella regione non s'incamminò diritto per Clermond Ferraiid, luogo delcon-^ gresso scientifico, ma si diresse per Parigi, con l'idea d' osservare i principali stabilimenti letterali di quella classica città, e per publicarvi tre sue opere scientifiche. Arrivato in Parigi il giorno ay Luglio i838 ebbe il piacere, ed il grande onore di sedere il 3o Luglio tra i membri dell'Istituto di Francia (Accademia Reale delle scienze ) invitatovi dal celebre Cordier. Indi pre- sentata la suo Monografia de' Zolfi alla reale Accade- mia delle scienze di Parigi tie intese leggere il sunto in piena adunanza nella seduta del giorno 6 agosto dal segretario perpetuo sig- Arago , e nella seduta uiedesi- ma furono scelti per commissari i professori Brogniart, e Gordier per farne il rapporto all'Accademia. Così di^ fatti avvenne, mentre nella seduta del giorno 20 Ago^ sto il sig. Cordier in nome suo, e del sig. Biougniart lesse un rapporto favorevole sulla memoria del nostra professore, in cui sono degne d'osservazione le seguenti parole « Il testo della memoria ( dicono i Con.missari ) ito e accompagnato da- figure proprie a facilitare 1' iutelli-' genza delle descrizioni. Col loro soccorsosi riconosce fa- cilmente die porzione delle modificazioni descritte sono nuoVe: e finiscono dicendo, che « questo lavoro presenta per ogni riguardo un reale interesse, e die l'autoi-e me- rita gì' incoraggiamenti dell' Accademia ». Questo rapporto, e 1* estratto delia memoria letti dal signor Arago furono inseriti in parecchi giornali fran- cesi, e nel giornale delle sedute dell Jccadeini a Reale delle scienze e ue\ foglio periodica titolato L' Inslitut. In Parigi il Professore Maraviglia oltre le accoglienze di quei sommi scienziati, come di un Brongniart, di un Cordier, di Kiener, di Lcfehure ec. ricevè pubidiche pro- ve della slima in cui e tenuto pel di lui sapere' nelle scienze naturali ; difalti appena arrivato in quella Ca- pitale della Francia fu ascritto come socio fondatore alla novella Società Cuvierienne^ ed alla Società delle scien- ze Fisiche, Chimiche, ed Agricole di F'rancia. Il sig. Julia de Fontanelle, che lo colmò di somme gentilezze, e r accompagnò in molti stabilimenti di Parigi, dovca proporlo all' Accademia di Chimica medica di quella Capitale preseduta dal celeine Orfila, ed a quest' ora vi è stato ammesso. Il sig. Guerin de Meiicville, au- tore della Iconografìa del regno animale di Cttvier e di tante altre opere applaudite, gii dedicò un nuovo coleot- tero col nome Plaifpus Maras'ignae [Revac ZoologiquG per la Societò Cm'ierienne n. 8. Aoùt i838 p. i6o). Nella sua breve dimora in quella Capitale il professore Maraviglia stampò un'opera col titolo Menioires ])our ser- vir a r Histoire JSaturelle de la Siede-, le Tavole Si- nottiche dell' Etna , e le Memorie di Oritlognosia Etnea e dei vulcani estinti della Sicilia. Sebbene la dimora del nostro professore in quella Città fosse stata di giorni 34, e quindi brevissima, piu- nondiineno non solo visitò i princi[iali stabilimen- ti, ma ancora volle fare una scorsa geologica , nei con- Ili - torni di Parigi, e specialmente nella collina di Montinar- . tre, in cui il celebre Cuvier ritrovò gran quantilà di quelle ossa fossili descritte nella sua classica opera; Pria d' abbandonare Parigi il professore Maravigna consegnò al sig. professore Cordier due altre sue menio- rie manuscrilte per passarle in potere del Segretario del- l' Accademia, cioè la Monografìa della Celestina di Si- cilia^ e la soluzione della qidslione sa i r apponi che esistono tra il Basalte^ la Tefrina^ e la Traciutè del- V Etna. Di queste memorie, dopo la partenza del nostro professore da Parigi, niente altro si sa, per quanto gli è stato scritto dei sig. Guerin de Meneville, se non che le memorie furono presentale all' Accademia, e che erano stati eletti per Commissari relatori i signori professori Cordier, e Berthiér. Sentiremo da qui a poco quale si fosse stato il rapporto dei cennati Commissari; Ma se ignoriamo il rapporto di quelli Commissari, co- nosciamo però il parere del congrc^sso ScientifKO di Fran- cia emesso sopra le cerniate memorie del nostro professore, e sopra altri lavori scientifici presentatigli. Il primo lavoro letto dal professore Maravigna nel Con- gresso Scientifico di Francia fu la Memoria titolata « Cyont- peiidio di Orittognosicl Etnea ». Dopo la lettura il sig; Bouillet, uno dei Segretari del Congresso ne dimandò r impressione. Questo lavoro cotanto interessante, pro- seguì il sig. Bouìllfc't, lo addiverrebbe maggiormente se vi si unissero i confronti della giacitura delle medesime sostanze nei terreni dell' Jlvernia. L' impressione della memoria fu deliberata con le aggiunte ptoposle dai signor Bouillet. Jl secondo lavoro letto dal nostro Professore fu la me- moria portante il titolo « Soluzione della quistione pro- posta dall'autore al congresso sopra i rapporli che esistono tra il Basalte, la Tefrina, e la Trachite dell' Etna «. Il Secretario genenerale sig. Lecoq dopo d'avere parlato sulle teurie^ e de' fatti contenuti in questa memuna, i;el 112 rapporto letto al congrèsso conchiude nella seguente manlé-^^ ra; » Questa opinione non è adottata da tutti i Naturalisti: In questi ultimi tempi un dotto Francese ha tirato dalla struttura della Valle del Bove una conclusione con- traria a quella del Professore di Catania, ed ha veduto nella soprapposlzione delli strati die ivi sono allo scoverto la prova d' un sollevamento che gli ha slocati. Ma quali si fossero le teorie, i tatti sono conosciuti, e noi dobbiamo riconoscenza verso coloro che ce gli hanno fatto conoscere con precisione w. Il terzo ed il quarto lavoro letti al Congresso dal 1 professore Maraviglia furono la Monogrctfia dello Zolfo, e quella della Celestina di Sicilia. Il sig. Lecoq segre-, lario generale del Congresso s' esprime in questo modo nel rajqìorlo che gli presentò « Abbandonando la regione vulcanica della Sicilia il sig: Maraviglia giugne allo esa- me dei terreni secondari, e continuando le sue pazienti licerche sulle due sostanze la di cui giacitura nella Si- cilia sono celebri, sulla Celestina, e lo Zolfo, esso com- pendia lunghe fatiche, e ci descrive tutte le forme e tutte le modificazioni, che presentano i cristalli brillanti di questi due minerali, dei quali, ne descrive un grande nu- mero che erano fuggiti alle ricerce di Haiiy, e che sono interamente nuovi • ed afllnchè nulla manchi alla loro istoria esso ci espone con chiarezza la sola teoria che sia ammissibile sulla loro formazione w. Il quinto, ed ultimo lavoro letto al Congresso del professore Maravigna fu il Catalogo metolico dei mol- luschi della Sicilia, pel quale il Secretarlo generale del Congresso ha detto. c< Si potrebbe credere che occupan- dosi di due scienze cotanto vaste quali sono la Chimica, e la Geologia, il sig. Maravigna sia straniero alle altre scienze: ma si resterebbe ingannati, pei'chè ai di lui la- vori sulla Flora medica di Catania bisogna unirvi gli studi fatti sopra i molluschi della Sicilia. 11 catalogo che cjiso ci ha communicato prova che ha saputo aggiunger* ii3 del suo al lavoro del celebre Poli, ed ha reso più po-^ polare lo studio di questi animali singolari, che Iq na- tura ha prodigato sulle spiagge della Sicilia ». » Noi pensiamo Signori (conchiude il Segretario) cho il Congresso deve approvare i lavori del sig. Prof. Ma- ravigna, e manifestargli tutta la sua riconoscenza per le sue interessanti comunicazioni, cosichè per i saggi dei minerali dei quali gli ha fatto omaggio ». Il Congresso intesa la lettura del rapporto sulle me- morie e su i lavori del sig- professore Maravigna ne adottò la conclusione »». Non contento il nostro professore della sola descri- zione dei minerali cennati nelle sue memorie portò al Congresso una raccolta mineralogica dell' Etna per fargli osservare la realità delle cose descritte, ed una collezione di cristalli di Zolfo, e di strontiane della Sicilia in ap-r poggio delle due monografie. È bello l'estratto del pro- eesso verbale della seduta del giorno 5 settembre i838 così espresso » Il sig. Lecoq Segretario Generale an- nunzia che il sig. Carmelo Maravigna prof, di Chimica in Catania e membro di molte dotte Società, presento alla seduta, aveva fatto omaggio al Congresso d'un certo numero di saggi di minerali di Sicilia, e principalmente dell' Etna; vi si rimarcano soprattutto dei magnifici cri- stalli di Zolfo, le di cui forme variate debbono essere descritte in una memoria destinata dal dotto prof. Sici- liano alla Sezione di scienze naturali ; che molli saggi di lave analoghe a quelle dei vulcani moderni della Fran^ eia facevano altresì parte di quella collezione, ed erano dei pezzi in appoggio d' una memoria , che lo stesso prof, doveva leggere sull' Oriltognosia dell' Etna, e che questi diversi pezzi, interessantissimi sotto molti punti di vista, erano destinati al Museo di Clermond Ferrand» » Il sig. Presidente di Caumont propose d' indirizzarsi al sig. professore Maravigna i ringraziamenti del Con-» gresso, che li votò all' unanimità «. ''4 • . ,. Il nostro professore per viemeglio fare onore non clic al suo nome, ma a Catania ed alla Sicilia presentò al • Congresso le sue Tavole Sinottiche dell' Etna^ e le sue Memorie di Orillo^nosia Etnea ^ e dei f^idcani estinti \ (Iella Sicilia stampate in Parigi. Queste opere furono ■ riuiesse ad una Commissione per farne rapj)orto al Con- gresso, composta dai signori Cavaliere Taiihand, Conte di Laizair, e Lecoq. Il sig. Gay. Taiihand in nome dei C'iuimissari, nella tornata del giorno ii settembre lesse il rapporto, e dopo d' avere analizzato le Tavole Sinot- tiche dell' Etna dice: » Le definizioni, le spiegb.e, e le osservazioni sono ciliare, precise , ed esatte. Vi si tro- vano molte sostanze che non erano state prima osservate neir Etna; ve ne sono altre che ci sembrano interamente nuove. — Le tavole sono disposte con accuratezza, ordine, chiarezza, ed esattezza, e ci seuibrano essere la migliore ' opera descrittiva che tratti dell'Etna w. Il medesimo relatore parlando delle iiye/wor/e <:// Oni- tognosia Etnea., e dei f^ulcani estinti della Sicilia , del nostro prof, finisce il suo rapporto dicendo: » In que- ste diverse Memorie il dottor ftlaravigna ha sviluppato una grande conoscenza della scienza: tutti gli autori gli sono noti; esso li cita a proposito, e con discernimento. Queste due opere addiverranno un oggetto di studio per tutti coloro che vorranno conoscere le sostanze vulcani- che, ed essi ritroveranno nella collezione, di cui il dt)ttor ^Maravigua ha fatto dono alla cillà di Clcrmond i mezzi di verificare la sua teoria , e le sue classificazioni: è questo un grande complimento che ha fatto alla nostra città; esso è benemerito della scienza, alla quale ha tatto lare un gran passo. L) propongo al Congresso di votare nuovi ringraziamenti al sig. Maraviglia ; qiicsl' omaggio gli proverà che noi apprezziamo, ed onoriaiuo i lavori dell' uomo dotto, e che ci approlittiamo dei risultati delle sue vigilie, e dei concepimenti del suo genio w. Il Consircsso adottò le conclusioni dei relatori. Ter- u5 fninato il Congresso il professore Maravigna si porlo da Clcrmond a Nimes, indi in Marsiglia, Genova, Livorno, e poscia in Napoli per avere l'onore di presentarsi alla Maestà del Re nostro Signore, onde dar conto alla M. S. dei risultati del suo scientifico viaggio, Ritrovandosi però l'augusto Monarca in Sicilia, il professor Maravigna trasferitosi in Palermo ha avuto 1' onore di presentarsi alla M. S. , che lo ha accolto con quella clemenza che la distingue, avendo presentato le sue opere stampate in Parigi all' Eccmo Ministro Cav. D. Nicola Santangelo, pnde desinarsi di umiliarle a S. M. Da ciò chiaro si vede che il prof, Maravigna ha so^ slenuto con sommo dpcoro la nostra letteraria riputazio- ne, e gliene dobbiaipo sincera gratitudine, Ciedetemi iiilanlo (|uale ho l'inoro di dirmi etc. La Sposa del cantico de' Cincinnato Barazzi. — ti (i). DoniKi, o d'arcana Iiiìrnagliic Qiial clic lu l'osSi allora tonando ascendevi il Liliaiio Pari a sor£;ente aurora; Quando l'onor cedevano A la tua fronte bruna E di bella la Luna, E di purezza il Sol; Quando di mei stillavano Tue labbra ppi-porinc, E mirra, e iiardo, e cinnamo Spandea lucente il crine; Quando nei gaudio estatico De' tuoi pensier soavi Col tuo diletto erravi Per lo deserto suol; cantici scolpita Ode di Giovanni dcd cav. Marc /i et- Figlia gentil di Solima, Deh qiial favor celeste, Deb qual virili le vergini Bellezze ti riveste? In te l'arder medesimo Yiiibilmeute asconde, ]n te la stessa infonde Soavitade Amor. Oli date fiori, 8h fatemi (*) Letto di poma al fianco, Cb'io |ier dolcezza in;>olita. Sentomi venir nianco: Con la sinistra il debile Mio capo egli jicinga, E caramente stringa Me con la destra al cor. (i) Questa bellissima Ode fu stampata non è guari in Milano pei torchi eli Biavetla- e non essendosene tirati che pochissimi esemplari è non solo fra noi sconosciuta, ma è anche poco diffusa nella stessa Itali'i.Ondc i nostri lettori ci saran grati cerlaniente per aver fregiato queste pagine di un lavoro, in cui il Conte Marchetti, sempre uguale a se stesso, ha sapulo mirabilmente con- jjiungere alla bontà de' pensieri la splendidezza delle immagini e dello stile, (*) Lo scultore rappresentò la Sulamitidc dicenfe: Fulcitc me flovibui, sti" paté me malis, quia amore langucs. Caut. de' Cant. e. IJ. ii6 Dici; e il vagante spirilo Là per lo Engaddi aprico, Sul cetile ermo de' balsami Orca il diletto amico: L'amico tuo, fra' giovani Qual nella selva il hk^Io, O quel che d'arduo stclp Cedro siipcrljo e più. Ma nel languir dolcissiniq Di tue sembianze care Qual pqro ed ineffabile ^cuso di ciel traspare?..... Non fu tcrren quell'unico De' tuoi sospiri obbletto, No, quel cbc t'arse il petto Foco luorlal -non fi». Leva il pensier de' mistici Tuoi vclamenti il lembo, Tu raccoglicsli al nascere L'umati leguaggio in grembo: Te del giardin fé' profuga Gran messacgier di sdegno: Te nel natante legno Serbò dall'acque il ciel. Captiva a' Babilonici Fiumi sedesti ^ccfinto, Muta appendendo al salice L'arpa conversa in pianto: Te del Giordan rividero Lieta le sante sponde; P il tuo purgasti all'ond? CpQt^minato vcl. Riparator benefico, Consolator pietoso Scese a' tuoi lunghi gemiti L'innamorato sposo: Fu l'empio colle il talamo^ La face il Sol che langue. Lustrai lavacro il sangue. Orride spine i tior. Le avvivataci piovvero Fiamme su te d'Amore, E tu gridasti agli uomini Per cento lingue, amore: Spiegò l'iitro avversare 1 furibondi artigli; Dal sangue de' tuoi figli Ebbe vittoria amor. Tu nel divin segnacolo Secura a noi venisti; Tu crescerai ne' secoli De' tuoi sublimi acquisti: Cadran gl'indegni vincoli D'antico pianto aspersi. Se in ogni cor tu versi Amor, Speranza, e Fé. Ove trascorro? Artefice, L'alto lavor m'accende: Qual nell'eterno Cantico, Viva costei qui splende. Quanta largì recondita Virtude Angiol spirante Al coronato amante. Tanta l'ingegno a te, 1 1' Su di un articolo di Lisia Etneo inserito nel n. 186 del Giornale lett. per la Sicilia. — Lettera di Do- menico Randazzo al suo amico Giovanni Masnada. Mio ottimo amico Non so se ti sia caduto più in mano, il Giornale let- terario per la Sicilia , non so se leggi gli articoli che Lisia Etneo ^Argesindo Metoneo^ V abate Giuseppe Ful- vio ed altri di simil tempra di tanto in tanto vi spar- gono.— Tu riderai per certo al sentir nomi sì oltremon- tani; ma che ne vuoi? questi poveri sventurati ci sono entrati senza saperlo, e volerlo, e mancherei di coscen- za se così non pensassi. — La critica riesce in cotal guisa più facile, e può slanciarsi senza riguardi; essa che pren- de uno stile più eccedente, e frizzante di quello dello stesso Ba retti, non tocca più le cose, ma le persone. Ed essendo su questo proposito non posso astenermi dal dire alcun che di replica ad un articolo di Lisia Etneo, debito nato da un giusto riguardo, e da un do- vere, che in me sento vivissimo. — E per venire al sog- getto: dopoché facea mia madre celebrare 1' Esequie del suo zio abate Domenico Scinà nella chiesa delle scuole Pie , aggiungeva ai tratti della prima gentilezza ricevuti da quel Provinciale, il Padre Garofalo, i voti di una seconda cortesia, e questa derivata da un gene- ral desiderio. — A mali;rado quei demeriti , che oggi vi si sono incontrati, letterati esimi, uomini di alto riguardo chiedevano, e ardentemente, che il funebre Elogio si fosse dato alla luce. — Resisteva il Padre Garofalo, pre- sagiva, che il sig. Etneo lo attendeva a braccia aperte per criticarlo, ma cortese, come è in se stesso, non sep- pe alfine negarsi, e secondò il comune volere: — -che egli non si fosse fatto giammai! Si aspettava lo Elogio, prepa- ravasi la censura, ed ignoravasi intanto quale esser fosse. Ecco per conseguenza quel bellissimo articolo nel 4 n8 11. i86 fase, (li giuguo i838 del succennato giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia. — Si tassa in esso il Garofalo, perchè nella prima parte della sua Orazione abbia nello Sciiià 1' uom sapiente mostrato, ciò che, se- condo il critico, può formare il soggetto piuttosto di un discorso Accademico. Qual dettato, quali precetti, io chie- derei, vietano appunto, che in un funebre arringo non possano esporsi i ineriti del defunto anche presi sotto il riguardo della sapienza, e delle dottrine ? Cadder forse per lo innanzi in abbaglio sommi oratori, che orazioni di simil sorla in siffatto modo condussero? Saranno essi ■profani questi argomenti ? Io non so come il sig. Lisia gli abbia potuto tali appellare. — Ma che dico? Egli non discorda che possan trattarsi, ma bramerebbe, che ciò principale scopo non fosse. Io però non so iu qual modo comprendere questa tal quale sua voglia. Lo studio delle •scienze, e delle lettere è quello, che raffinando, e in- gentilendo i costumi torna in vantaggio diretto della virtù e della morale. E se questi sono i cardini fondamentali del cristianesimo, chi non vi rileverà chiaramente lo sco- po di presentare nello Scinà il buon cristiano? E come potersi questa essenziale veduta obbliare ? quindi ove materialmente si vuol sempre Religione in un discorso, che ha la ventura di esser detto in chiesa (ciò che non dovrebbe richiedersi) ecco in questa prima parte il più santo scopo di essa, — E il Garofalo ove ciò non avesse preso di vista, avrebbe trattato in altro modo il sog- getto, e ben lo poteva sì per il largo campo , che gli si offeriva, come ancora per il suo ingegno, per i suoi talenti, che conosciuti appieno, non aveano uopo di tale Elogio perconfermarsi. — Doveva però, soggiunge lo Etneo^ — ragionar con giudizio delle opere dello Scinà, Con conoscenza di fatto y e con sapere, il che non gli sa- rebbe molto costato dopo tanti Elogi , e tante belle Biografìe pubblicate. Comprenderà ognuno ben di leggieri, che nello sco- po onde il Garolàlo delle opere dello Scinà avca ragio- 1^9 nato, era pur troppo quel poco, cne sennatatnente egli tic disse. Il darne esteso conto, analizzare le opere isles- se, portarvi stretti giudizi ne a lui addicevasi , nò era il punto di farlo. — Ma domanderei al sig. Etneo quali Elogi, quali Biografie poteva il Garofalo tener presenti laddove avesse voluto ciò praticare ? Egli era obbligato a star solamente alle proprie idee, perocché nel punto in cui scrisse non eransi ancora ne begli elogi, ne belle Biografìe dati alla luce. La seconda parte poi, prosegue il Critico, che enun- cia rapidamente le virtù religiose dello Scinà po- •trebbe anco adattarsi a qualunque altro individuo , di tango qualsia.- — Ma direi allo arguto, e pungente signor Etneo cou quanta morale prolFeriscc Egli questo giudi- zio? Potrebber forse guerrieri o prelati^ sapienti o in- dotti recare in generale tanti vantaggi [)er quanto arre- conne lo Scinà alle aujministrazioni particolarmente dal Governo commossegli ? Pari a lui sostenere onorale, e scrupolose incombenze, tanto bene alla Patria recare? E se queste son cose da mettersi nel Comunia Sancto- rum^ io non so quali altre allo Scinà potevano addirsi? Concliiude la par.e del Garofalo col fargli conoscere il cattivo uso di talune esprissioni, col dare in somma a costui lezioni di parole. Egli però in ciò fare non tenne presente il vero senso, in cui tali parole eransi usate, e con ciò prese un altro granchio a secco, — Non place a lui infatti la espressione dettagliato conto^ e pre- tende che quel dettagliato, che nel senso letterale del di- scorso vai quanto esalto e minuto , fosse rappresentato dalla parola preciso; — che in vece di ventiuate mura avesse il Garofalo lelto venturose mura, e venturate^ pa- rola uiala sovente da scrittori di merito, perde per esso il suo significato. T'Incigno^ il miglior detto per indicare lo aggruppa- mento sotterraneo dei canali, che voleano alcnni che esi- stesse tra le Madonie, e T Etna, viene questa bella voi e ancor essa dannata. lu somma ad ogni punto un giudi- zio, ad ogni parola una sentenza , sentenze , e giudizi profferiti colla maggiore importanza , e sai tu qual ne sia il Magistrato? 11 sig. Etneo. Manco male che non si tratta di un giudice supremo, ed in appellabile. Ad ogni conto io il compatisco di tulto cuore, il Garofalo generoso, e pacifico per natura non'sc ne è menomamente adontalo. Ma egli prosegue incalzando, e si la a dileggiare le iscrizioni latine del Padre Domenico Avella, che ven- gon dietro alla funebre Oiazioue. — Sventurato tributo reso da mia madre alla memoria del di lei zio ! Le iscri- zioni avean veduto da qualche tempo la luce in queste riputate Effemeridi, e non se n' era ne punto, nò poco parlato; oggi che sotto sì umile aspetto appresentansi, si è lor bandita la crore, si è lor gridato in contro un cru- cifigge il più disperato. A me non tocca entrare in que- sta materia, ne mi ero prefisso di larlo. Anzi mi accorgo essermi dilungato di troppo, quantunque molte altre co- se, a risparmio di tempo, ho trascurato. — Quindi finisco* Conservami, Masnada mio, nella tua memoria, e mi credi quale ho il vantaggio di dirmi Palermo 27 di agosto i838- Tutto tuo Domenico JRnndazzo. Lettera di Stefano Riolo all'egregio P. Paolo Giudice intorno la vita di Vincenzo Biolo scritta dal medesimo, —-lioma 25 di agosto i838. La patria da lui onorata non gì' innalzò una pietra a ricordare eh' ci fu ! Giudice — Yita di Biolo. Signore, S'egli è un ufficio di cortese, e gentile cittadino ce- lebrar la memoria degl'illustri trapassali, che meritarono appo la patria, e se delle promesse si sdebita chi per gli uni [ìpovò amistade , e sente in petto 1' onore per l'altra; è ben anco obligo infrangibile di animo grato il manifestare, come per lui si può;. meglio, le più sincere 121 grazie a quei, che tra lanla ignavia di tempi, ed invi- dia di uomini alzano la voce a rammentare ne' loro ono- revoli scritti alla patria, che se ne scordava i prediletti suoi figli benemeriti. E quell'obbligo, più che ad altri, tocca, perchè si adempia , a' superstiti che per vincolo di natura, e di sangue stretti furono a' defunti memo- rati. Uno di essi mi son' io, o Signore, io figlio tra tulli il più diletto, il più rispettoso allo illustre artista Vin- cenzo Riolo, che sebbene lontano dalla mia madre terra, e dalle care affezioni di parentado, e di amicizia, seb- bene inesperto nella nobilissima arte di scrivere, mi ap- parecchio nondimeno a manifestarvi , a nome della in- tera mia famiglia, i più cordiali e sentiti ringraziamenti, penhè avete nella vostra dottissima scrittura porto sulla tomba incolpata del mio ottimo genitore un onorevole serto di belle memorie. Cosi la sorte, avversa ben di so- vente a migliori desiderii degli uomini, mi avesse cou- ceduto il più caro bene , di prestare con amore filiale 1' estremo ufficio di carità al padre mio , ed accogliere a questo seno inconsolabile gli ultimi respiri di lui! Ma Vuoisi cesi lassù dove si puole Ciò che si vuole, e sommetto rispettoso la fronte a' voleri del Cielo! Giungevami non ha guari in Roma il vostro elucu- brato scritto, eh' io lessi e rilessi più volte coli' ansietà e soddisfazione di chi sente pe' suoi cari tra la mera- viglia che Dascevami in cuore vedendovi ritrarre, come se foste stato presente, parecchie scene di mia famiglia, godevami 1' animo in trascorrendo quelle pagine dettate certamente da stima verace, e non imbrattale dal lezzo di adulazione, ne tampoco, a mio credere, tinte dal fiele d' invidia e di malignila: che altamente verace deve es. sere uno scrittore, the francamente palesa le mende così come le virtù di colui al quale inlesse le più sincere lau- di. Persuaso io di queste due condizioni principali dello scritto , perchè chi le versava non polca mentire a se stesso, ^lla verità , all' amicizia^ alla patria , io \e ise 125 SO buon grado a mo' di beneficato verso il suo benefat» tore! Che se l) Sciii;i, toc. cit. EFFEMERIDI SCIEIVTIFICHE E LETTERARIE PER LA SICILIA iwuvM. ó"o — òetteiwbte /ooo PROSPETTO DELLE SCIENZE, E DELLA LETTERATUua DEL SECOLO DECIMONONO IN SICILIA. ( Ved. nura. Sg.) Botanica. RTE SECONDA Cfonlemporaneo al Bivona era Vincenzo Tineo, di che abbiam nella prima parte fatto cenno: il quale succe- dendo alla cattedra del padre, cercava ogni mezzo, on* de il lustro ne mantenesse. Caldo, com' egli era, della scienza che professava, e il cui insegnamento gli veniva affidato , si diede sìa da principio a mostrarsene degno, per cui cominciò da queir epoca istessa ad arricchire 1' orto botanico di un considerevole numero di piante esotiche, che per semi a lui venivano da' botanici d' oltremonte comunicate. E già la Reale Università degli studi i mezzi appre- stavagli per eseguire escursioni in varie parti dell'isola, da cui riportando numeroso stuolo di piante e di semi, questi facea vegetare nell' orlo per accrescere semprc- piìi il numero delle piante dello stesso. A questo solo obbietto però non miravano i suoi travagli e le sue cr- i3o l)orizzazìoni, esse ad un fine del pari bea degRO accen- navano , a quello cioè d' illustrare le piante sicule non conosciute. Un pugillo di piante tare difatli pubbli- cò nel 1817, in cui si videro talune novelle piante de- scritte (1). Epperò mentre 1' orto per le cure e lo zelo del Tinèo accrescevasi di vegetabili s\ esotici che indigeni, e menile un ricco erbario racchiudeva quasi tutti quel- Ji che nascono in Sicilia, ecco il tutto nel i8ao di- strullo, ed in balìa al furore della plebe. Chi tra noi ignora le vicende di quella epoca, e chi non sa quale obbielto di sdegno e di commiserazione ad un tem- po non divenne allora il real Orlo Botanico ? Ogni cosa fu posta a socquadro, si dispersero insieme e piante fresche ed erbario. Or chi non si sarebbe scoraggilo nello scorgere tulio il frutto di tanti sudori così malvagiamente dìslrullo? Ma I' amore per la scienza di Flora che erasi impadronito della mente del Tineo nel mentre che forte dolore nel suo animo scolpiva un così funesto accidente, non lo ritardò mica a cominciare sin dalle più volgari piante a rinnovare l'orto, ad accrescerlo, a perfezionarlo. Le sue corrispondenze coli' estero, le numerose sue er- borizzazioni il provvedevano continuamente di piante di cui l'orto mancava, ed in poco tempo si osservò que- sto giardino acquistare 1' antico lustro, e così riogiove- nilo mostrarsi. Di questo risorgimento infatti lode non poca si dee tributare al Direttore dell' orto istesso prof. Tineo, il quale ha oggi a tal segno abbellito e perfe- zionato un sì magnifico stabilimento, eh' è in questo ge- nere uno dei migliori d' Europa. Ne lo studio degli indigeni vegetabili da lui si tra- scurava; da ogni dove egli portavasi per aumentare il suo (i) Pugillus plantanim rariorum. Panormi 1817. In questo pugillo si de- scrivono numero i5 specie di piante, eli cui molle sono novelle: queste piante sono l'alyssuin nebrodcnsis, l'Iberis Fruiti, il carduus gigas, la lavatela agri- gentina, la viola paivula, il hiomus lenuis, il brouius pentastachjos, il Irilo- iiuni Cupani, il trifoliuni Havcsccns, l' arenaria BarloloUi davcus Siculus, la seriola albicans, la seriola glauca. i3i novello erbario: ogni parte della Sicilia e delle isole ag- giaccati visitava, perchè meglio le piante nostre si co- noscessero, e già sì ricco di vegetabili mostravasi il suo erbario che degno dell' ammiraziouede' botanici stranieri venuti tra noi si rendeva. E da questi suoi studi e da lauti travagli raccoglieva novelle scoverte che dava alla luce nel 1827 nel suo catalogo delle piante del real orto Botanico (i). Nel quale catalogo mostrasi egli a li- vello dei travagli recenti dei botanici oltreroontani, ed un'esatto giudizio sugli stessi ti appalesa , non che fa chiara mostra di quanto erasi arrichito il nostro giar- dino di rare e costose piante, e delle novelle da lui tro- vate in Sicilia o che provenienti da lontani paesi erano dagli stranieri sotto altro nome erroneamente conosciute. Una novella occasione però presentavasi al Tineo per rendersi vieppiù degno della riconoscenza de' Palermi- tani; giacche levatosi nel i83i il R. Orto Botanico di Boccadifalco diretto sia allora dal Gussone, vennero per la cura del Tinèo portate in pochissimo tempo le piante nel nostro orto, ed ivi trapiantate han vegetato e vege- tano tuttora assai bene, e copiosamente moltiplicate si sono (2). Seguitando egli sempre lo studio delle piante siculc e visitando di frequente quei luoghi della Sicilia che erano stati poco o niente osservati, novelle scoverte ne ricavava, le quali al Gussone comunicate, fedelmente pubblicate in gran parte si veggono nei supplementi al prodromo della flora siciliana di questo botanico. Possa (i) Catalogai plantarum horti regii panormitani adannum 1S2J. Fanormi ex rogali typographia in 8. Tredici piante novelle vi si descrivono , delle quali dodici sono indigene ed una esotica. Speriamo che qucst' opera sia ar- ricchita di qualche supplemento per conoscere quali piante da quell'epoca in poi ha acquistato il R. Orto, e che racchiuda le descrizioni delle piante re- centemente scoverte dal Tinéo. (2) Tra le piante che furono trasportate nel nostro orto, e che hanno tanto bene vegetato meritano di essere qui annoverate siccome principali il pon- danus odoratissiraus , la magnolia grandiflora , la littaca filamento^ja ec. ce. oggidì assai propagate uel nostro orto botanico. l32 alfine la Sicilia da tanti travagli degnamente dal Tioèo sostenuti avere una volta una flora siciliana completa (siccome dallostesso da più tempo prometlesi,)che riunisca alle tante descritte dal Gussone nel suo prodromo le altre scoverle, ed in Sicilia solo dal Tineo ritrovate. E nes- suno meglio di lui direttore di un orto cosi magnifico, e padrone di un erbario indigeno esalto, numeroso, e di un altro esotico , potrebbe a questo scopo più perfetta- mente riuscire (i). Ma qui, per amore del vero, è da soggiungere, che il Tinèo veniva tanto nelle sue peregrinazioni , quanto neir interno dell' Orlo, ajutato possentemente dai suoi discepoli Guglielmo La Farina, Francesco Greco, e Ste- fano Coppoler, che sugli altri eccelse, ed un oHimo bo- tanico del tempo nostro sarebbe divenuto, se non fosse immaturamente perito. Era egli nato in Palermo nel 1799 , e dietro aver apparato la giurisprudenza, in cui era divenuto doltore, applicossi allo studio delle scienze naturali e con parti- colarità alla botanica che con ardore coltivava dietro gì' insegnamenti avuti dal Tineo: seguì il suo maestro in diverse peregrinazioni botaniche ed un buon erbario di sicule piante, accuratamente raccolte, aveva egli forma- to, talune di esse ed altre esotiche in un suo giardi- no botanico posto in una villa presso Malaspina coltivan- (i) Ho io intrapreso un lavoro soltanto per quelle piante che nascono nei dintorni di Palermo, per cui verrò tra breve pubblicando la Flora paler. mitana, opera cbe mi è costata tanti sudori, poiché riunisce quasi due terzi di tutte le piante indigene di Sicilia : tanti e sì svariali di natura sono i luoghi de' contorni di Palermo! Una flora siciliana sarebbe superiore alle mie forze, dappoiché sebbene in molti luoghi di Sicilia io avessi erboriz- zato, pure uè rimangono ancora altri da me non visitati. Sino a questo ]>unlo nuir altro ho io pubblicato per cose botaniche che i seguenti opuscoli. Nova serapia dis species ex naturali orchideurum familià, inserita nel giornale di scienze lettere ed arti Nova lathyri species ex Icguminosa- rum familià, e nova ophrydis species ex orchidcarum faniilià, entrambi nel giornale anzidetto In serapiarum species propc jtanorrauni pro- vcnicntium observationes nel giorn. citato oltre di diversi altri opuscoli, de' quali avrò occasione di parlare in appresso. x33 do. Il Tineo perciò , attesa la slima che professavagli per tanti meriti di cui andava adorno il suo degno disce- polo, gli dedicava un alUum nativo de' dintorni di Pa- lermo e di varie parti di Sicilia, che il nome porta di allium Coppolleri. Né il Coppoler ozioso si slava in pubblicare qual- che cosa, che dimostrar potesse i travagli che sosteneva per lo coltivamento della botanica; e specialmente per lo studio delle indigene piante; sicché avendo di mira singolarmente di rendersi utile nello slesso tempo agli studiosi della anzidetta scienza per lo acquisto delle co- gnizioni elementari di essa si dica compilare, e pubblicò dif'atli nel 1824, il suo dizionario elementare di Bota- nica (1), la quale opera riguarda l'organografìa e lu tassonomia e la fìsiologia vegetabile, ed in cui la spie- gazione de' termini viene illustrata da giusti esempii, e quel che pììi cale per noi, son questi da' corrispondenti nomi siciliani, qualora ne hanno, accompagnati. Mentre però con zelo proseguiva lo studio delle scien- ze naturali, e a preferenza della botanica , il Coppoler venne nel gennaro del i83o suU' aprile dei suoi anni a lasciar la sua spoglia mortale con gran dolore di quei che ne conobbero i meriti, e ne ammirarono le prò- duzioni (2). Quasi contemporaneamente al Coppoler Francesco Greco da Militello di Val di Noto ricevuto nel no- stro Orto Botanico, nel quale era ajulante del prof. Ti- neo percorrea con questo una gran parte della Sicilia , e tal fiata anche solo, e diligente niostravasi nella rac- ()) Questo dizionario latino ed italiano del Coppoler è in 2 volumi in 12 pubblicato in Palermo pei torchi della reale stamperia. Oltre di questa opera fece di pubblico diritto una sua memoria sulla coltivazione del tìco d'india, un'altra sul governo delle api, e diversi altri articoli di Botanica inseriti nel giornale Ape, e nel giornale di scienze lettere ed arti di Palermo. (2) Maggiori dettagli ritrovar si possono sulla vita e le opere del Coppo- ler negli articoli necrologici dello stesso inserito nel Giornale sicolo delle scien- ze niodiclic II. 2." Febbiiijo i83o j). i25. e nel Giornale di scienze lettere ed arti toni. 3i pag. 109, i34 colta e nello sdulio delle piante indìgene , per Io che non senza ragione fu dal Tineo allo stesso dedicata quella pianta che col nome di atriplex Greci si conosce. Ma la stessa sorte , e forse peggiore di quella del Coppoler toccò al Greco (poiché questi nulla pubblicò che richiamar possa nei posteri la di lui ricordanza) imperciocché la parca fatale venne nel i83r a recidere Io stame di sua vita, e troncò così in un colla stessa i suoi ielici progressi nello studio della botanica. Servano questi discepoli del Tinee di onore al mae- stro nello insegnamento di quella scienza, che egli pro- fessa, e per la quale gode il più alto rispetto presso gli esteri botanici ! Del che fauno fede ed i dovuti elogi inseriti nelle opere e nei giornali stranieri, e le piante a lui da quei botanici dedicale. E tra queste principalmente è da no- tarsi quel genere a lui dal dottissimo Sprengel dedicato, cioè a dire la Tiuèa, di cui la ubica specie è distinta coi nome di triplinervia.(ì), ma siccome questo genere non venne dagli altri botanici ricevuto, non tardò il no- stro Barone Bivona di dar il nome dei suo concittadi- no al suo novello genere della famiglia delle orchidee, che come dicemmo superiormente fu detto Tinea. Lo studio della Botanica non era solo in Palermo ri-^ serbato al Bivona^ al Tineo e a' discepoli di quest' ul- timo, poiché dessa del pari da qualche altro coltivavasi, e specialmente dal padre D. Gioachino Russo Cassi- nese in S. Martino delle Scale vicino Palermo, il quale dimorando in questo luogo assai ferace di buoni e rari vegetabili ed infiammato per lo studio della dilettevole scienza delle piante diessi a coltivarla, e numerose er- borizzazioni egli facea in quei contorni, dalle quali riceveva tuttodì de' vegetabili che riuniva in un erbario tuttora (i) Vcil. Sprengel systcma vcgetubiliuni. i35 esistente nel museo di S. Martino (i). Non contento però delia raccolta di quelle piaute che nascono presso quel medesimo monistero , portavasi il padre Russo a visitare altri luoghi e particolarmente la Pizzuta ( monte che sovrasta dalla parte del nord alla Piana de' Greci ^ e che e ricco di piaute ) Castrogiovanni ec. ec. Egli a dippiù in S. Martino coltivava alcune piante rare in un giardinetto appartenente ai Padri Cassinesi, e che iurmava la sua delizia. Di talune piante da lui raccolte qualche esemplare egli trasmettea al Bivona suo intimo amico, che alice pub- blicava le sue centurie ed i manipoli, nelle quali opere però fedelmente il Bivona notava quelle piante che ve- niangli dal Padre Russo comunicate, anzi a questo de- dicava una pianta assai vaga per i suoi fiori , nativa di Monte Cuccio presso Palermo,che dicesi Peonia Russi e ad onore dello slesso Busso fu dal Presi intitolata saxi fraga Russi. 11 Padre Russo in somma cercava in mezzo agli ob- blighi che soddisfar dovea per la sua monastica profes- sione , di coltivar la botanica per quanto questi glielo permettevano, e sebbene egli nulla abbia di se lasciato tranne il suddetto erbario, pur nondimeno è mio dovere di qui farne conto, poiché contribuì mercè delle sue fa- tiche a far, comunicando de' materiali al Bivona^ tra noi progredire la botanica. Coltivava egualmente questa scienza in Palermo Fran- cesco Canzoneri, farmacista peritissimo: in un suo po- dere nei dintorni di questa capitale avea egli un buon orto botanico, nel quale ancor travagliava il Dr. Pruiù di cui ho io sopra fatto parola, e nome crasi per questi suoi studii botanici di già acquistato nell'estero, tal che la Società Linneana di Parigi lo ricevea, siccome socio (i) Questo crl)arIo da me osservato nell'anno i835 conlcnea molte piante aliliracoiaudo i Sei il cautaio: un mogjjio di gelsi ben tenuti (ve uè i8o '* capono 109) può rendere per Io meno ducati cento " per anno. M Rimane Y altro dato, cioè la spesa e la durata del '* tempo improduttivo. La spesa consiste nell' acquisto '* del territorio, nella piantagione degli alberi, e nella '^ costruzione della bigattiera. Il territorio può acqui- '^ starsi al 5 per 100 dell' attuai rendila netta: la quale ^^ se si spendè con giudizio, con economia ed in tempo '^ opportuno, può supplire alla spesa della piantagione '^ ed allo stabilimento della bigattiera. Questa non è '^ opportuna se nou quando ì gelsi sieno vestiti di fo- '' glie sufficienti al nutrimento de' filugelli: non prima ^ del quarto o quinto atmo la danno tenera e scarsa ; *' non conviene coglierla prima del settimo o ottavo anno, " ed allora l' edifìcio rurale che va annesso al territorio '^ da acquistarsi, darà comoda stanza ai filugelli, e po- '^ che e semplici macchinette per trarre la seta bastano, " secondo il metodo usato nel Piemonte, che dopo ac- ^* curati sperimenti si è trovato il migliore *. Le foglie '' de' gelsi all'età di 12 anni danno una seta assai buo- '* uà, migliore nel progresso dell' età degli alberi, per- '* fetta dopo i 20 anni. Nou prima dell'ottavo anno >^ sarà necessario costruire una bigattiera nella forma >^ inventata dal valeute chimico signor d' Arcet ed ese- » guita in tre contrade della Francia con maraviglioso » successo**, e che forse col progresso dell'arte verrà » anche migliorata. » Rimane la spesa della piantagione , la quale do- " vrebbe farsi nel pruno anno. Se si volesse acquistar >* piante già innestate, e metterle a dimora in tutto il w territorio, sarebbe molta la spesa per la compra delle » piante e pel trasporto, e si perderebbe per parecchi • V. Osservazioni ed esperienze intorno alla parte meccanica della trattura della seta nel Piemonte, del Professor Giacinto Carena oc. ec. Turino iSSy. ** V. Description d' une Magnanérie salubre au moycn de la quelle on pourra toujours procurcr aux vers à soie le dègrés de ventilation, de teinpe - ralurt et d' liuuiiditc le plus convenable pour la rcussitc de leur èducation; et d' un appareil pour sèclicr les fcuilics de niurier luouillccs oii huinides , par RI. d' Arcet, menibre de l' Acadèuiie des Sciences et de la Sociétè Ko- jiale et centrale d' agricolture, suiyic Uc dtuA' lìai>portb de M. Soulangc I3o- » anni la rendita del terreno. La buona economia dee » far preferire il mezzo della seminagione, la quale ol- » Ire il grande risparmio, produce alberi più vegeti « più robusti e di più lunga durala. Il semenzaio non » occuperebbe che un piccolo spazio che converrebbe » chiudere: fuori di questo recinlo il terreno darebbe » la rendita attuale, o maggiore migliorandone I' uso » siccome^ dirò. Nel secondo anno a primavera le pian- M ticelle s innestano; non tutte, giacche alcune specie » pregiatissime che abbiamo non han bisogno d' innesto. w L altra spesa è della preparazion delle fosse uell' a- » gosto che segue, per trapiantare i gelsi in ottobre e M novembre. Or questa spesa e tutte le altre delle quali M ho parlato, sarebbero largamente e prèsto compensate, »j se SI piantassero con giusta misura, ed in modo da » non perdere il frutto del terreno sottoposto, siccome » SI pratica m Terra di lavoro ed in altre contrade del » Kegno. « De' terreni che si ha il progetto dì acquistare, il >^ raen pregiato, perchè non più di tre anni è in riposo, « ha I estensione di versure 248 corrispondenti a mille » arpens di Parigi. In questo terreno dall' estremo dei » iati che il cingono, e via rientrando verso il mezzo, » SI dovrebbero piantare gelsi a filari, ciascun de' quali " fosse distante dall' altro almen cinque passi, e cia- >^ scun albero distante dall' altro tre passi *: e pur de- « dotti palm, 7 1,2 da ciascun lato sino al limite , vi .3 sarebbero bene allogati 5goZ2 alberi **: e negi' inter- Wais''dfnrl!°"l '^''•''''^ " f'' ^''''' "» '835 et ,836 par M. Camillo deTsòes oar M «.?"''« Ì" ^T""""' P°"^ l' iudistrie de la pròducLu ucs soies par JVJ. Henri Bourtlon, Paris i836. .. p J"*^° ''' ^°8g'a contiene sette palmi, n^ A.\ f'''.,^°^'>.°° '" si piantano in esagono, ii quale dà i5 «opra loo che ne darebbe ,1 q.unquangolo. Y. il Pollini e 1" Armellini. ^ n,... " f ■'=^'-*?f'° ' g«^'si nani, si avrebbe il triplo o il quadruplo del nu- l"l a "nino" 'Ir''"?''''' '!''"''"l' ^-^-o-'^di ciò clL ha vTdut nel- a col u^s ' ''''f:'f'J '"-/"'•are i frutti. Qui il sistema è Li rovescio: re iròccleTr^ 1' ."fcnore dà foghe: il ris.iltato è assai m.glio- lon Wchn'L^ %1'c. crescono egualmente bene all'ombra che al sole. I gelsi soa vic.n.ssimi gli un. agi, altri: s. putano contantemente , e così si forzano ti valli tra un filare e l'altro, lasciando quattro palmi M di difesa ad ogni filare, potrebbe agevolmenle passar >3 r aratro, e coltivarsi men di frumento orzo ed avena, ti i quali in Puglia, si hanno a minimi prezzi, che di y> altre specie di gramigne alternativamente colle piante » leguminose, e quelle di qualunque altro genere , di M cui manca la Puglia, per vitto degli uomini e degli » armenti; ed anche negl'interstizi tra un albero e l'al- » tro lasciando a ciascuno tre palmi di difesa , si pò-* » irebbero coltivare a mano molte piante e le più utili M sia per alimento sia per soverscio. I gelsi vivono bene '» in compagnia di piante erbacee annue e perenni: le » difendono dall' ardore del sole estivo, non le adug- >j giano, non le privano del beneficio della rugiada, ed »j attenuano gli effetti delle meteore malefiche * . La- M sciando, siccome ho dello, ad ogni albero poco più » poco meno della metà di un passo libero dal lato della » cultura, rimarrebbero sgombre e coltivabili versure 'i*ì 335, le quali polendo dar più di un sol prodotto nel- Jm Y anno col mezzo di un ben inteso avvicendamento, .ì» darebbero maggior rendila di quella che si ha pre- '■":ii sentemente dall'intero, coltivato all' uso di Puglia. » Ed assai crescerebbe il profitto se coli' industria i'te de' gelsi si unisse quella delle vacche. Cominciando i*> dal poco per progredir gradatamenle secondo le regole » della buona economia, basterebbero 5o vacche ( le » quali a' prezzi correnti non costano più di ducati 2600) » per consumare il foraggio verde e secco che polreb- M be fornire il terreno anzidetto nell' annua rotazione a - » graria, oltre i prodotti vendibili**. Le vacche tenute a dar molti rami senza clcrarsi. Quesli alberi nani producono mia quantità enorme di foglie che si colgono con facilità. — Voyagc dii Due de Ragiise , T, li. p. 141. • La cultura delle piante annue o biennali negli intervalli tra gli alberelli giova a questi perchè il terreno ne viene smosso ed ingrassato. Alcune tra le piante perenni nuocerebbero; soprallulto la medica, la quale fa perire O almen deteriorare gli alberi fruttiferi Ira' quali sia frappoòtaj ed oltracciò non vegeta o vi>gcta male all'ombra degli alberi. ** Quattro o cinque versure di prato artificiale bastereblM-ro a mantener 5c> vacche alle quali appena ne bastano ottanta di prato naturale. Y. la memo- ria del signor Conte, vecchio coltivalore, nel 4-° voi. degli Atti dell'Istituto i83 » il più del tempo nella stalla darebbero uo letame ab- M bendante: ed a dispetto del pregiudizio de' pastori » del Tavoliere, più che l'erba naturale, i prati arti- » fìciali, e spezialmente i pomi di terra, le bietole ra- >j pe, il trifoglio, il lupinello ( sainfoin ), la sulla {he- » djsarum coronarìum ) , la codinella ( phlcuni pra- » tense), le foglie del mais, dell'anice {pimpinella » anisum)^ il melianto, W poterìum sanguìsorba, coii- » feriscono all' abbondanza ed alla qualità del latte, il » quale manipolato con buon metodo potrebbe dare uu » cacio non inferiore a' più vantati di Lodi, di Milano, >j di Chester ed anche di Stillon *. » Dopo le quali cose si dà 1' autore a battere 1' errore di quegli scrittori, che bau creduto non esser la Puglia favorevole alle piantagioni degli alberi, e che la natura l'abbia fatta soltanto pe' cereali e per 1' erba naturale. La materia ch'egli ragiona pure su questo riguardo, con gran senno, sorretto da peregrine erudizioni, è tale agli occhi nostri, che quell'errore viene completamente battuto. Al che aggiungerem solo, che le autorità eh' ei riporta di Ruggiero e di Federico non poteano essere più elette né meglio calzar poteano al suo bisogno. Perciocché il primo veggendo che i pastori erano vilipesi e malme- nati dai custodi dei baroni, pensò per reprimere la loj-o baldanza, in quel tempo di miseranda licenza , di mi- nacciare i Fore^f ari della pena capitale. Il secondo, che governò il regno di Puglia per più di 5o anni, ove possedeva estesissimi campi, ricchi di ogni coltura , ia una lettera iudirizziata all' amministratore delle sue mas - serie, e conservataci da Pier delle Vigne ,, suo famoso ed infelice Cancelliere, gli raccomanda di prender uoli- d' incoraggiamento. Il celebre Arturo Youiig osservò che venti acres ( corri- spondenti a 12 versure) bastavano a nudrir per sei mesi cento vacche. V. F'uì'ineis Kaleiidar-Mwf 'Lucerne. Vero è ciie la grande- umidità del chma inglese supplisce in qualche modo all' inrigazione: ma è pur vero che il ri- gor dell' inverno d' Inghilterra non è favorevole alla riproduzioii biella me- dicu, pianta indigena di climi caldi. * Quanto i frutti degli albeii selvaggi sono inferiori a quelli che l'arte ha ingentiliti; altrettanto 1' erba naturale é inferiore alle piante sative. L'ah* bondanza del latte e la squisitezza del cacio delle vacche in^lc:>i e della Sviz- zera e della Louil)urdia è dovuta a' prati artificiali. .i84 zia dai fillaiuoli, se i poderi fossero provveduti abba- stanza di legna e fieno, se vi fossero api a sufficienza, od abbondanti provvigioni di sorgo, di avena, di mi- glio, di panico, di spelta, di legumi, di bambagia e di canapa; di tutti i quali generi ordinò che non si tra- scurasse la semina: di più che prendesse conto delle piantagioni fatte e da farsi di viti, olivi, ed altri alberi fruttiferi; se delle penne de' molli volatili domestici i fattori facessero uso pei loro letti. Dunque nel medio evo, conchiude 1' autore, la Puglia era fornita di alberi forestali e fruttiferi, e di prati artificiali; e la mancanza presente è da attribuirsi non mica alla natura del suolo e del cielo; ma al malfatto degli uomini, e più di tutto alla istituzione del Tavoliere con tutti i suoi eccessi , cou la giunta di molti altri vincoli feudali e fiscali, che lungo e noioso sarebbe 1' aqdar noverando. Ne si cre- da che r autore, tanto pieno del suo sovrano concetto di fecondare con gelsi gli estesi campi pugliesi, trascuri gli altri alberi che utilissimi potrebbero anche tornare a quella sinora così negletta e calpestata contrada. Egli in somma svolge con mano maestra tutti gli elementi della prosperità di quel paese: e bellissimo reputiamo ciò che ragiona intorno all' ulivo , e alla necessità di estenderne ivi la coltura; e così per le viti, per gli al- beri da bosco, e per tutte quelle piante, che sarebbe- ro, com'ei dice, nuove in Puglia, e più utili ivi, o più ricercate dagli esteri. Nei quali gravissimi ragionamenti si mostra a vicenda agronomo, botanico, economista, e statista valentissimo. Ne il suo pensiero è circoscritto dalle belle immagini che vagheggia,, e che sono tanto eflicaci e polenti, poiché dell' utilità del pascolo s' intertiene e- ziapdio; e considerando, come ha fatto, la diversa com- posizione de' terreni, e la loro diversa attitudine alle piantagioni diverse, ha sapiculcniente indicato quali terre di quelhi immensa contiada vi si dovrebbero destinare; e così tutto ripaitilo, e migliorato per 1' industria pri- vata, implora la valida mano del Governo, onde rive- sta di alberi le pendici dei monti, regoli il corso delle i85 acque, purghi i terreni invasi da malefici stagni, e con cotesto mezzo, unico e grande, provveda alla sanità de- gli abitanti; e restituendo alla coltura ed alla fertilità vastissime terre farà crescere la popolazione e 1' opulen- za, e nel tempo stesso la rendita dello stato: opera più gloriosa e più utile di ogni conquista. La qnal senten- za, che racchiude le più grandi verità, e la più subli- me filosofia de' tempi nostri, è bas-levole per se sola a far conoscere qual sia lo spirito che domina in questa scrittura, e 1' animo e la mente dell' insigne personag- gio che l'ha vergata. F. M. Antichità Tenniiane esposte da Baipassare Romano. Paler. tip. di Frane. Lao iS38. un voi. in 8.° di pag. i'j5 con tav. in rame. Caldo di vero amor patrio il prof. Romano investi- gando, esponendo le Antichità Termitane innalzava alla sua città un monumento di gloria, che sarà gradito ai contemporanei non meno che a' posteri. I quali, come il tempo andrà sperdendo quanto rimane di memorie vetuste, le vedranno mai sempre durabili nel bel libro del termitano scrittore. Egli coli' opera sua intendeva rendere a Termini quel servigio, che il Duca di Seria- difalco va rendendo alla intera Sicilia. E veramente stri studii noi che siamo e ci gloriam d'essere Sici- w liani. Indagar ciò die fummo, conoscere ciò che sia- » mo, meditare ciò che potremo essere. L'Archeologo w e il Filologo uniti sono i primi, che elevando lo sguar- i88 M do investigatore su i grandiosi monumenti non solo, » e su i classici più sublimi, ma abbassandolo con pa- w zienza nelle più minute reliquie dei nostri maggiori M e nelle pagine degli antichi scrittori men rinomati , » offriranno i veri documenti allo storico, perchè possa M narrare con verità, con sicurezza, con senno ciò, che M già fu, la Sicilia. Il politico, e il filosofo insieme scru- » tatori sinceri di ciò che siamo, confronteranno il pre- >j sente ben col passato, e lanciando lo sguardo acuto, M e profondo neir avvenire, additeranno ciò che potrem- » mo essere un giorno ». . E noi colla più candida effusione dell' animo benedi- cendo all'opera, ed onorando 1' ingegno del professore Romano, bramiam caldamente, che lo esempio di lui di- venga nobilissima gara a' desti intelletti di cadauna delle antiche città di questa a noi cara e sventurata patria, Surga dunque e .si svegli ne' nostri cuori l'amore [dell' an- tichità in modo che squarciato il velo, che una lunga serie di secoli ha steso sopra le glorie de' nostri maggiori, ci accenderemo di forte ardore a mostrarci al guardo dello straniero, il quale insolentito della propria fortuna ci deride, e e' insulta , che è nostro retaggio la vetusta sapienza. Paolo Giudice. Il Propagatore Svizzero delle utili notizie^ giornale di Scienze^ Arti^ e Commercio. TI Propagatore Svizzero ha per iscopo di formar una beninlesa raccolla delle più utili notizie pertinenti alle scienze^ alle arti ed al commercio. In (anta varietà di materie , il Propagatore Svizzero avrà priucipalmenle cura d'intrallenere il pubblico: a) Delle invenzioni e scoperte che si vengono tulio dì facendo ne' più importanti rami dell' industria agri- cola., manifatturiera e commerciale; b) De miglioramenti e vantaggi c\\& ne seguitano nelle arti e ne' mestieri., e più parlicolurmenle iw\[\igricoltura; e) Delle leggi e ordinanze più interessanti , chq si pubblicano, partioolarmeute ne' convicini Siali d'Europa, colla mira di agevolare e proraovere il commercio o un ramo qualunque deWindustria nazionale; d) Delle pia lodevoli istituzioni di pubblica educa- zione, di carità, di risparmio e previdenza, che o iu- troduconsi o prosperano con notevole vanlaggio de' popoli; e) Delle nozioni di chimica e di fisica applicale alle arti; e della medicina pratica o igiene; f) E quindi dell' economia pubblica , rurale e do- mestica; (g Della Statistica. Per rotlenimenlo di tulio ciò il Propagatore, lasciate da banda le discussioni astruse o troppo sotlili, avrà di mira /' applicazione della teorica alla pratica; e sarà tutlo iuletjlo a far diligente e coscienziosa ricerca e di- samina de' fatti. Ogni nuniero di lui conterrà alcuni articoli originali; e ne conterrà degli altri , tolti ai migliori periodici di Svizzera, Francia, Italia e altri paesi. Sua importanza pel cantone Ticino. Il Propagatore Svizzero , che viene alla luce in uno de' capiluoghi ticinesi, e per cura di una direzione ti- cinese, non perderà mai di vista gì' interessi economici e industriali del paese natio ; i quali al presente ci sembrano desiderare moltissimo la comparsa di un pe- riodico che loro dia sufficiente e adattato sviluppo. Olio anni fa /' Osservatore del Ceresio si prometteva bene di esibire al pubblico ticinese i vantaggi propri di un, repertorio di nozioni agrarie e industriali; ma a poco a poco le discussioni politiche giunsero a escludere quasi, affatto dalle di lui colonne ogni trattazione di. tal na- tura. Altri fogli cantonali hanno pur promesso di dar frequenti ragguagli al fine di promuovere nel paese no- stro la prosperità delle arti e del traffico ; ma il più delle volte la prepotenza degli interessi politici e la vi. vacità delle polemiche non lascianvi punto di spazio agli argomenti che spellano all'industria. IJ Istruttore del pò- »9« polo e r y//;e delle cognizioni ùtili , due periodici che SI |irf)('«ssavatto «stranei élla politica^ ^ gi^ "') pezzo che ^otio cessali, il pi imo soccotiiLeudo a dolorose vicende, il secondo con essere trasferito nella capitale della Lom- bardia. Ola il Ticino manca di un periodico che con accuratezza e regolarità ci tenga al fatto de' moltiplica e incessanti proj^iessi delle arti costitulite il sociale iiiciviliiuento. AI qual difetto non si supplisce se non da coloio che si associano a giornali stampati all'estero; ma non sono se non quei pochissimi che ad abbondanza di mezzi pecuniari accoppiano un insolito amore della scienza. Suo interesse pel resto della Svizzera. Il Propafjatore sarà Svizzero non solamente di nome, ma anche di fatti: lo sarà per lo schietto impegno con cui coniuniclierà alla nazione svizzera le buone istituzioni che prosperano, e le utili invenzioni e scoverte che si effettuano di qua delle Alpi nella bella Penisola. Anche oggidì l'Italia ha provincie molto avanzate nell' ordina» mento sociale, e sia quanto alla industria, sia quanto ai Iraffichi merita di essere conosciuta assai più che non lo sia per la scarsa diffusione di giornali italiani di là delle Alpi, e per le sovercliie inesattezze di cui riboc- cano per rispetto alle cose italiane quelli d' oltremonte. Per quanto sia fattibile, avrà il Propagatore ad essere scritto in buono italiano: e per tal modo potrà tornare di non lieve vantaggio ai moltissimi svizzeri che questa lingua imparano o coltivano, siccome quello che porgerà loro il comodo di esercitarsi intorno a materie svariate, e su cui occorre frequentemente nel civile consorzio di doversi intrattenere o a voce o [)er iscritto. Perciò non si dubita di raccomandarlo a' direttori di [>ubblici e pri- vati istituti di educazione, pei quali è illustre la patria dei Pestalozzi , de' Fellenbersr , de' Girard e dei fFehrlj. E viceversa suo interesse per r Italia. Il Propagatore, stampandosi nella Svizzera Italiana, e mirabilmente a portala di ricavare da' giornali sviz- »9' zeri e dagli altri che io grandissimo pumero si pubbli- cano oltr'alpe, il meglio che spelta alla pubblica e pri- vala economia, e di recare a sollecita couosceuza degli Italiani il molto che si fa in Isvizzera , in Francia, in Germania ecc. per il proraovimento dell'educazione po- polare, le migliori istituzioni caritatevoli , e i mirabili progressi industriali. Quasi tutto ciò, per quanto s' ap- partiene alla Svizzera, non si legge pel solito se non in fògli })olitici o in opuscoli, che o non giungono se non di rado io Italia , o non vi sono ammessi del tutto ; quindi io questo paese la nissuna, o tarda e imperfetta notizia delle cose e istituzioni svizzere le più degne di essere sapute e imitate. Avvertenze generali. Il Propagatore Svizzero non ammetterà nelle sue co- lonne la politica propriamente della. Esso fa la formale protesta di serbarsi estraneo allo spirito di parte, a qual- sivoglia sistema politico, a qualunque controversia reli- giosa, e in generale alle polemiche discussioni. Non mirerà a pascere la curiosila de' lettori cou ame- nità di racconti e simili. Anch'egli avrà le sue varietày ma queste tenderanno tutte a qualche scopo di verai utilità. Non sarà un giornale scientifico., ma pratico. Non vorrà aver un posto fra i così AtU'i fogli popolari ^ che pretendono iniziare alle scienù^che ieorie chi appena sa leggere. Ma bene procaccerà di rendersi utile a tutti co- loro che non sono usciti dalla scuola aQutto digiuni dei scientifici rudimenti. Esso il sarà specialmente agli agri collorì , a' negozianti , agli artegiani istrutti e a' colli possidenti; — ai curati di campagna; — a' precettori e maestri; — agli amministratori di cantone e di provincia,, e a quelli di comunità e municipio. Le rettificazioni e le utili notizie che gli saranno trasmesse , il Propagatore Svizzero le aggradirà molto, e le pubblicherà gratuitamente; ma è d'uopo che il lutto soggiaccia all'esame e al giudizio della Direzione. Stefano Fransciki. 192 INDICE DEL TOMO XXII. Prospetto «Ielle' scienze e della letteratura ra le memorie premiate dal R. Istituto d' Incoraggiamento di Sici- lia nel i838. — Lettera di Gaetano Barili. >> l\S Osservazioni del P. Domenico Avelia intorno al giudizio proferito da Bernardo Serio per Michelangelo Monti ,....« 56 Annunzio intorno le opere di Pietro Ranzano fiorito sotto il regno di Alfonzo il magnanimo. — Salvatore Costanzo » 66 Prospetlo delle Scienze e della letteratura del secolp decimonono in Sici- lia.— Capitolo IV': Botanica — parte I. e lì. — Filippo Parlatore » 69 e 129 Sul mandato di Comparsa -r- Pensieri di Antonio Ga latti »> 85 Lettera inedita di Domenico Scinà al celebre architetto Marvuglia, onde preservare la chiesa deli' divella di Palermo dai frequenti colpi del fulmine . , g6 11 ventotto Giugno — Poemetto del Marchese Giuseppe Ruffo — Napoli dalla stamperia dell' Iride, i838 di pag. Sg. in 8.° — Felice Bisazza n 101 Il Goticismo — Roma i838 in 8. — F. D. B >> 104 Annunzio intorno la storia d'ogni letteratura di Giovanni Andres hreviata e aimotata per A. Narbone etc. Palermo pei tipi di Giovanni Pedone jj 106 Relazione del viaggio dei Prof. Carmelo Maraviglia al Congiesso scienti- lieo di Clermond Ferrand. — P. Antonino Fassari Minorila » 108 La Sposa del Cantico de' Cantici scolpita dal cav. Cincinnato Baruzzi — Ode di Giovanni Marchetti » u5 Su di un articolo di Lisia Etneo inserito nel num. 186 del Giornale let- terario per la Sicilia. — Domenico Kandazzo « 117 Lettera di Stefano Riolo all' egregio P. Paolo Giudice intorno la Vita di Vincenzo Riolo .scritta dal medesimo — Konia aS di Agosto i838. » 120 Protesta del Conte Domenico Paoli — Pesaro 26 agosto i838 » 122 Question )iroposèe et rèsoiue au Congrcs scientifique de France sixièrae session — par Mr. Philippe Cordova' membre du Congrès-» Naples i838. — S.Costanzo » i23 Sopra r annunzio delle opere di Pietro Ranzano illustrate da Paolo Giu- dice, e Bernardo Serio. —■ Barone Placido Arena-primo » 126 Biografìe e ritratti d' illustri siciliani morti nel cholera l'anno 1837. — Pa- lermo presso Giuseppe Alleva libraio editore i838 un voi. in 8.° di ])ag. 2 ir). — Filippo Miiiolli • « i38 Oss(fi-vazioni di Bernardo Seiio in giustificazione della censura appostagli dal P. Domenico Ai-eila pel suo giudizio di Michelangelo Monti ( v. il fase. 58. di questo tomo. ) . . . , » iTiC) Sul progetto di una pi.intai^ioae di gelsi in Puglia Napoli 1 838 in4.°-F.M.)> 174 Antichità Terniitane caiioste da Baldassare Romano. Palermo tip. di Francesco Lao i;>38. un voi. in 8." di pag. 1^5 con lav. in rame — Paolo Giudice » i85 Il Propagatore Svizzero delle utili notizie , giornale di scienze arti e commercio » »S8 iSiaaaaaasata a aaaaaiiiiBtti PER LA SICILIA Tom. XXIII. Anno VII. ^floki '^mxéti ^\^mhi i838, PALERMO TIPOGRAFIA DI FILIPPO SOLU x838 EFFEMERIDI SCIENTIFICHE E LETTERARIE PER LA SICILIA PROSPETTO DELLE SCIENZE, E DELLA LETTERATURA DEL SECOLO DECIMONONO IN SICILIA. ( Ved. nnm. 5g e 60) Botanica. PARTE TERZA 1 ali sono state fra noi le vicende dello studio della bo- tanica, ma sebbene essa non abbia nelle altre partì della Sicilia sortito il medesimo successo, pur non di meno è stata da taluno con buon profitto coltivata, specialmente in Catania. Questa città in effetto non è stata tarda ad apprezzare della botanica il bello ed i vantaggi ad un tem- po, e già nel principio del secolo in che siamo aveano il P. Cassiuese D. Emiliano Guttadauro in un suo pre- gevole giardino coltivato una buona collezione di piante, e Ferdinando Cosentini pubblicato il suo saggio di bo- tanica (1), il quale altro non è, come ben si esprime il (1) Saggio di Botanica del Dr. in tìlosofia e medicina Ferdinando Cosen- tini coli' aggiunta della nomenclatura di Linneo per evitare gli abbagli delle forniacopcc e facilitare la esecuzione delle ordinazioni medicinali in vantag- gio dell'umanità. Catania i8o3. Per Francesco Pastore in 4< 4 chiarissimo Scinà (i),che un nudo catalogo de' semplici, ossia delie piante medicinali coi rispettivi lor nomi lio' neano e farmaceutico. Avveratasi quindi nel i8o5 la morte del Professore di Botanica sig. Matteo di Pasquale ottimo farmacista venne a rimaner vuota la cattedra di questa scienza in quella Università degli studi , che fu al citato Cosentini conferita. Divenuto egli Professore diessi con grande zelo a per- fezionarsi nella scienza delle piante; e siccome la Uni- Tersità di Catania mancava , come tuttora manca, di un' orto botanico, proccurò il Cosentini di supplire a tanto difetto mercè di un suo privalo giardino, che seb- bene piccolo racchiude tuttavia delie piante di molto pregio; e duoimi davvero il dire che Catania non ab- bia un pubblico giardino di piante, mentre è dessa una città molto avanti nella sapienza, atteso il gusto per le scienze naturali generalmente fra i suoi cittadini diffuso. E sperabile però che quesl' orto una volta veggasi fon- dalo, onde così meglio riuscir l' insegnamento di una di- sciplina, la cui utilità è di non poco momento. Egli e perciò che non trovando in un punto raccolle tutte quelle piante, che servir deggiono per la istruzióne dei giovani studiosi, è di mestieri in ciascun giorno di le- zione andar pria cercando per le vicine campagne i vegetabili necessari per le dimostrazioni , la qual rac- colta è affidata al farmacista D. Giovanni Ronzivalli; mentre il Privilera dell'ordine de' Carmelitani occupa siu da molto tempo il posto di dimostratore di botanica. JN^on ostante questi inconvenienti, e la mancanza di un pubblico orto, ha il Cosentini ben coltivato la sua facoltà, e non ha tralasciato di percorrere tutti i dintorni di Ca- tania, specialmente il tanto rinomato vulcano che so- vrasta a questa città; e così diversi opuscoli ha egli in va- ni tempi pubblicato, che le piante di quei luoghi di- (i) Opera citiita t. III. p. io;. 1*611311)6016 risguardano. In un suo saggio di. topografìa botanica della campagna detta V arena di Catania (i), ed in un altro suo opuscolo che delle piante etnee s' intrattiene fa), fa egli il Cosentini vedere come si dà opera all' illustrazione de' vegetabili che nascono sponta- neamente presso Catania ; e promette egli specialmente di pubblicare una flora etnea che sarebbe assai deside- rabile, attese le rare piante, che in quel maestoso monte s'incontrano; la quale opera alle piante dal Bivona, dal Gussone, dal Tineo ec. scoverte e rinvenute nelle varie regioni dell' Etna, verrà ad aggiungere -tutte le altre da esso lui osservate; molto più che, per la vicinanza di quel vulcano alla sua patria, agio egli ha avuto il prof. Cata- nese di portarsi continuamente ad erborizzare in tulli i punti dell' Etna: ne la cloris aetnensis del sig. RaTines- que, di cui superiormente ho fatto cenno, può, come be- ne ha fatto in un suo opuscolo (3) osservare il Cosentini, darci una esatta idea delle piante dell'Etna; perchè altro non è che un semplice catalogo delle stesse, di qualcho errore per altro non scevro. E sotto questo scopo tiene presso di se il prof. Cosentini un' orto secco non ispre- gevole, che una gran parte abbraccia delle piante etnensi. Questo botanico inoltre diverse altre produzioni ha di pubblico conto ancor rese, che tendono ad illustrare le piante indigene di Catania, e tra queste principalmenle annoverar si deggiono una sua memoria sull' acroslioum catanense (4), ed un' altra sulla zostera oceanica (5). La (i) Que»to saggio trovasi inserito negli atti dell' Accademia Gioenia delle scienze naturali di Catania anno 1825 tom. i. pag. 149 e scg. (2) Colpo d' occhio sulle produzioni vegetabili dell'Etna, e sulla necessità di un esalto catalogo delle stesse di Ferdinando Cosentini. Trovasi negli atti anzidetti voi. 4- p^g- 124 e seg. (3) Ved. il sopracitato colpo d' occhio, ec. (4) Memoria suU' acrosticum catanense, pianta ultiitianiente scoverta nei contorni (li Catania dal socio Ferdinando Cosentini letta all'Accademia, Gior^ nia (li Catania nella tornala de' i3 Aprile 1826, inserita negli atti dell' Ac- cademia voi. 2. pag, 207 e seg. (5) Nuove osservazioni e ricerche sulla Zostera occa.iica di Ferdinando Cosentini negli alti citati voi. 5. pag. 23 con n. 11 tavole in ranie,^ 6 prima riguarda una crittogama dell' ordine delle felci da lui trovate fra i crepacci della lava, che fiancheggia per levanteCatania) e sebbeue questa piaata non fosse nuo- va, comoda lui si sostiene (i), ciò non dimanco devesi al Goseotioi una buona descrizione ed una esatta figura della stessa. P^ella seconda descrive la zostera, il mo- do di sviluppo dei suoi fiori, e del frutto; non che della fecondazione della stessa ivi parla, dimostrando aver que- sta luogo sott'acqua ad eccezione di tutte le altre piante acquatiche. Ne son da tacersi due altre memorie del Cosentini , r una che i caratteri , le alterazioni patologiche , e le proprietà descrive dell' hedysarom coronarium (a) , e che sembra piuttosto mirare alla coltura di questa tanto utile pianta da foraggio; 1' altra che una novella critto- gama dell' ordine dei funghi si fa a descrivere, la quale da lui vien detta agaricus dendroides (3). Finalmente il Cosentini con una sua memoria letta il 39 agosto i833 (4) presentò all'Accademia Gioenia due nuove piante, della famiglia naturale delle legumi- nose da lui scoperte nei dintorni di Catania, che sono (1) L' acrosticum catancnse non è una nuora specie, ma e l'acrosticum vcl- leum di Willdenow (spec. plant. t. pag. ) ossia 1' a. lanuginosura di Des- fontaines ( f . i.art. 2. pag. 400) siccome il Bertoloni, il Tineo han fatto giu- diziosamente osservare, e siccome il Gujsone in una sua lettera mi ha assicu- rato dietro il confronto da lui fatto della pianta^ del Cosentini con un saggio datogli dall' autore stesso della Flora atlantica. È da sapersi inoltre, al con- trario di quel che ne pensa il Prof. Catanese nel suo colpo et occhio delle produzioni vegetabili dell' Etna voi. 4 pag- i. degli atti dell' Accadèmia, che oltre di essere stata rinvenuta questa felce dal Gussone nei siti vulcanici di Pantelleria 1' ho io trovato nelle fessure delle rupi meridionali di Monte Pel- legrino, che inviata da me al sopradetto Prof. Gusione , è stata da lui tro- vata la stessa degli esemplari avuti dal Cosentini. (2) Memoria sopra hedysarura coronarium letta nella tornata ordinaria de' IO Giugno 1825 inserita negli atti dell'Accademia t. a. pag. i. (3) Descrizione di una nuova specie di agarico seguita da un cenno so- pra le qualità de' funghi del prof. Cosentini letta nella tornata ordinaria del di a6 aprile 1826: sta nel voi. 8. pag. 253 degli atti di sopra menzionati. (4) Vedi V Erice giornale politico e letterurio di Palermo anno i833 , 17 Novembre, ove si dà conto di queste due nuove specie di piante dal Sig. Ab. D. Lorenzo Coco e Graiso, uno degli amatori delle scienze naturali. 7 slate ben accolte dal cav. Gussone nel suo prodromo della flora siciliaDa. Nel tempo stesso però che il Prof. Cosentini cercava d'illustrare i vegetabili che nascono nei dintorni di Ca- taoia, e di portare in questi luoghi i suoi allievi ad er- borizzar con esso lui, il di lui fratello Giuseppe Maria Cosentini prendeva diletto allo studio della botanica, uè lasciava di coltivare in un suo giardino un buon nu- mero di piante : ma le occupazioni del suo miuistero, essendo egli dottore in teologia, non permettevano eh' e- gli si fosse a tutt' uomo nella botanica versato ; sicché non abbiam di lui, per quel che io mi sappia, che un solo articolo sopra il gelso detto comunemente delle Fi- lippine, in cui vuol provare che sia il morus tatarica di Linneo (i). Non sol però nella famiglia dei Cosentini lo studio della botanica limilavasi, che da qualch' altro era del pari apprezzato, e tra questi particolare ricordo si debbe al Cav. Cesare Borgia uno dei soci dell' Accademia Gioe- nia, che sebbene non abbia reso di pubblico dritto su questa scienza cosa alcuna, che richiamar possa nei po- steri la sua memoria , pur non di manco ha in varii luoghi dei dintorni di Catania fatte delle erborizzazioni che gli han fruttato il ritrovamento di parecchie piante, anzi lui non osservale da altri botanici: delle quali sue fa- tiche qualche c^nno ritrovasi nel più volte nominato pro- dromo della flora sicula di Gussone; ne senza ragione volle il Cosentini notare in botanica il nome del di lui illustre compatriotta dedicandogli la sua vicia Borgia. Le piante native di Catania servono agli usi della me- dicina, diligentemente scriveva col ligguaggio della scien- za medica il chiarissimo prof, di Chimica di quella città, (i) Sopra il gelso «letto corauneinentc delle filippine cenno ratleri botanici , la così detta cannoccia dell' arena di Catania non esser altro che il Saccharum Ravennae (a). In Catania in somma la botanica sebbene in qualche modo coltivala non ha fatto però quei progressi che ha ricevuti in Palermo sotto Bivona e Tineo; della qual cosa può forse incolparsi a giusto diritto la mancanza di un pubblico giardino di piante, senza di cui non si j)Otrà mai ben concorrere al progresso della scienza. Ma se da Catania per poco rivolgiamo lo sguardo (1) Suir amido che ricavasi da una specie d' Iride non ancora descritta, memoria letta alla società economica del valle di Catania nell' adunanza dei 22 Maggio i835; trovasi inserita in queste EfFemeridi n. 36. dicembre i834 pag. 286. Questa iris, annunziata sotto il nome d'involuta, l' iris sisyrinchium di Linneo, ora descritta malamente e con erronei caratteri, siccome si è ben fatto osservare da altri. ( v. il Progresso di Napoli nel prospetto delle scienze na.'-jrali). Ed anche qui l' istesso può dirsi di quell'anonimo autore catancse per una supposta scoverta di una specie di lino (v. giornale del R. Istituto d' in- coraggiamento per la Sicilia anno i836 num. 1." pag. 440> «'ccome ho io fitto osservare in una mia lettera diretta allo stesso autore, ed inserita nel Giornale di scienze mediche per In Sicilia anno 2." u. 7. Luglio 1 836 pag. igy: il quale hno è l'angustirolium di Smitth. (2) Cenni sulla cosi detta cUnnoccia dell'arena di Catania, che si prova essere non 1" annido phragmites, ma il saccharum Ravennae, di Michelangelo Bonaccorsi — inseriti nello Stesicoro di Catania n ^a^. 127 e stg. dui volumi: 2. anno i." 5 agosto i83j. Il agli studii botanici nelle altre partì della Scilla , noi avremo poco da consolarci, generalmente parlando, per- chè poco o niente è stata questa scienza coltivata ; se eccettui taluno che nello studio della slessa si è con amore versato. In Messina Antonino Arrosto professore di storia naturale nell'Accademia Carolina di quella città, ha molto contribuito all' illuslrazione delle piante patrie , raccogliendole da varii luoghi. Egli pcri> si è contentato riunirle in un orto secco, e mostrare agli altri botanici quelle da essi non ritrovate, come al Bivona, al Gussooe, ed al Presi, i quali ne fanno onorata. men- zione nelle opere loro. E quest' ultimo gli dimostrava il rispetto e la gratitudine ad un tempo dedicandogli il novello genere Arrostia; mentre che il Gussoue talun' al- tra specie di piante fregiava del di lui nome. Oltre del prof. Arrosto ci resta a far parola del di lui nipote Francesco Arrosto oggi professore di chimi- ca nella sovracitata Accademia , che del pari ha volulo nel soggiorno di flora innoltrarsi, ed ha mostrato quan- te che io questa materia egli innauti sentisse iu una ottima sua monografia degli agrumi (i) , in cui si veggono esattamente descritte le varie specie del gene- re crtmj colle loro numerosissime varietà, delle quali si fa egli a descrivere talune che da altri erano scono- sciute. Questa monografia è un ottimo travaglio, tal che riportò il premio fondato dall' egregio Cav. Paolo Cum- bo, Presidente della società economica di Messina (2). (i) Monografia degli agrumi trattata relativamente alla botaBica, airacri- coltura e ali economia commerciale di Francesco Arrosto dottor in medicina. Messina. Stamperia Pappalardo 1834. (I) 11 Professore Anastasio Cocco, zoologo di Messina propose in una sua ora^.one( Per lo stabilimento della flora messinese di piante artiliziafi orazione d. Axiastasio Cocco Prof, in Medicina. Messina iSaJ. in 4.° presso Pappalardo) al Senato d, quella città, perche deliberasse a far eseguire j^ cera le piant* messinesi, siccome per la Francia e l'Inghilterra crasi pra- ticato dai Signori Henres e Pincon celebri artisti di piante rilevate in cera a CIÒ spinto da taluni saggi fatti dai signori Pasquale Principale ed Fmma'- nuele Calamita: ma una tal pro,ìosta quand'anche avcs»e avuto eHetto di niun utile sarebbe riuscita alla scienza , poiché , come ben fece osir^aré Ì2 Tranne ì dotti di questa città noi solo possiamo qai far parola dell' Ab. Salvadore Portai da Biancaviila, ottimo cultore della botanica, che a preferenza di qualsiasi al- tro privato ha in uu suo giardino pregevolissimo un gran numero di scelle piante coltivalo, siccome puossi rilevare da un catalogo delle piante del suo orto da lui pubblicato nel 1826 (i). Questo giardino però è oggi grandemente arricchito di una gran quantilà di altri ve- getabili , che gareggiar può con un pubblico orto. Il> Portai inoltre ha in quelle contrade di sovente erboriz-' 2ato , e con particolarità nell' Etna, sicché tiene presso di se un buon orto secco di piante indigene. Egli ha inoltre data una descrizione del laurus nobìlis di Lin- neo (3), additandone i luoghi di nascila in Sicilia, e gli usi cui viene impiegato questo sempre verde ed onore- vole vegetabile. Eccoci adunque al fine dell' intrapreso Prospetto, pel quale può di leggieri desumersi che la botanica ha presso noi mollo progredito nello spazio di 87 anni , special- mente mercè le cure e le opere di Bivona , Tioeo e Cosentini, ai quali va superba la Sicilia di aver dato i natali. Servan dunque questi illustri intelletti di spro- ne e d'esempio a coloro, che nella utile ma malagevole scienza delle piante vogliono rivolgere i loro studi. Filippo Parlatore. il Coppoler in un suo articolo inserito nel Gioi'nale di scienze lettere ed arti t. XII. pag. 35 Pai. 1825 quelle piante molto sofirirebbcro sotto i calori estivi, atteso il clima nostro piuttosto caldo; ed il colore poi non che le parti le più delicate delle piante non potrebbero cosi bene eseguirsi come nei vege- tabili istessi si osservano. (i) Catalogus plantarum borii botanici Salvatoris Portai Albacvillae Phi- losopbiae et Mcdicinae doctoris ac plurinrum academiarum socii , qirae mu- tua commufatione cxhibentur. Catanae ex typograpliia Fraucisci Can. Longo. anno MDtCCXVI. (a) Sul!' alloro comune articolo di botanica dell' Ab. Salvatore Portai inserito noi tom. 8. del giornale sopracilalo di se. lett. ed arti p, ay; Pa- Jermo iSij. i3 Elogio di Giovanni Meli scritto da Bernardo Serio. Se, dovendo noi dire di Giovanni Meli, avessimo vo- luto tenere con quelli, che nelle cose più oltre della vol- gar turba non veggono, pur non dicendo di essersi a- doperalo in puerili trastulli, siccome qualche italiano ma- lignamente ha detto, avremmo potuto concedergli il poco fruttuoso vanto di aver sapulo colla dolcezza dei poetici numeri rallegrare la terra che gli fu patria; ma la lode sarebbe stala non degna di lui, ne dei tempi che vivia- mo, e da questa rammemorazione ci saremmo forse aste- nuti. Volendo però, siccom' è debito, estimar gli uomi- ni e le umane cose pei molli rispelli di utilità che appor- tano al civile consorzio chiaro si scorge che sacro è il minislerio del poeta sulla terra, sia che intenda a di- lettare o ad ammaestrare separalamente, sia che il du- plice scopo unitamente propongasi; e che perciò Meli ^ che a questo ulìicio compiulamente mirò, di futi' altra e più eccelsa lode è meritevole, e deve aver luogo di- stinto fra' più benemeriti cittadini, che colla poetica va- lenzia al decoro della patria, e colla istruzione al suo miglioramento cooperarono: per la qual cosa, come spe- rimentò lo amore de' contemporanei, a speciale ornamento di questa isola sarà sino a' più tardi posteri riguardalo. E certo è uno di quei sapienti che non tanto nelle vi- cissitudini del viver civile, quanto nelle scritture si rav- visano, frutto prezioso della mente^e del cuore, e per- ciò di lui poche cose diremo, lasciando il descrivere a singolo i fatti della sua vita a chi è vago di andare in- sino rintracciando la balia, la lavandaia del tale o tale altro scrittore , siccome disse scherzosamente Gaspare Gozzi. Tosto che ebbe cuore per sentire e mente per ragio- nare amò la patria, e di caldo amore 1' amò, dappoiché, oltre al dovere di cittadino, forte sprone giungevansi le «4 mille glorie, che da questa isola mossero, e che nissu- iia invidia ci potrà mai contendere; e le antiche storie riandando vedea che fummo seropreroai come di campi anco fecondi d' ingegni, fallisi splendidi per elette in- venzioni; che qui la pastorale poesia fu tra le selve pri- inamente cantala, quando Dafni pastore avvezzava l'eco a ripetere il nome della sua bella Ninfa Xenèa; che qui la comica pria che altrove si conobbe , e fu adoperata ad infrenale i costumi, che qui 1' eloquenza prese de- bita forma, allorché furon lungi discacciati i tiranni; che qui finalmente nuove scoperte si fecero nella filosofìa > uella medicina , nelle matematiche nell' astronomia , nella musica, e strumenti novelli inveutaronsi. Ne solo tanta floridezza sotto a' Greci scorgeva, ma sì bene nei secoli posteriori, e più in quelli che veonero dopo alle barbaresche incursioni, che il bel suolo italiano guasta- rono, quando Sicilia primiera sollevossi dallo stato di servitù, ed ebbe nazionalità, primiera mandò un rag- gio a disgombrare le tenebre dell' ignoranza , primiera usò scrivendo il nobile idioma che suona dalle Alpi al- l'Etna, e die a' Toscani esempio d' ingentilire il par- lar proprio, primiera fé' sentir canti in ritmo volgare, primiera lavorò per la civiltà del popolo. Tutte siOatte reminiscenze, che non a pompa sono rimaste alla po- chezza de' moderni, infiammandolo ogni dì più , nella brama de' generosi raccendevanlo di farsi strumento atto a giovar più che potesse alle letterarie e morali con- dizioni degli amati suoi concittadini. E ben gli era me- stiero di secondare i tempi, i quali, vero è che giunti non erano a soddisfacente grado di civiltà, pure da una cotale barbarie spogliavansi, che e col lungo giogo stra- niero, e con la falsità de' metodi, e con la ostinata per- severanza negli antichi pregiudizi, avvilita aveano Sici- lia: ed ora mercè della munificenza di Carlo III, e del suo successore, ^li ordini civili si riformavano, le buone cognizioni si diÒbndevano, i diritti copsiociavano ad es- i5 «er sacri, Y inquisizione abbattevasi, utili provvedimenti sancivansi per le industrie, pe' Gommerei , per ia pub- blica salute, e tranquillità, ed ogni altra cosa a miglio- ramento era volta. Tutto ciò era seme d'onde fruttifi- care dovea la futura prosperila nazionale, e per le opere dello ingegno, e per più bello rifiorire jI costume pub- blico, e privato; ma Giovanni Meli , vedendo che Si- cilia per la mutala condizione de' tempi polca in qual- che modo gloriarsi per le lettere, e ancor mollo per elle promettersi dell' avvenire, per la morale pubblica do- levasi, e come dall' un canto propesesi di partecipare in quelle nobili speranze, dall'altro studiossi di richiamare a costume la sua diletta nazione. Era il quattro marzo del millesettecento quaranta quando in Palermo, cillà capitale dell' isola, nascea da onesti genitori Giovanni Meli, i cui primi anni non fu- rono come una bella aurora che di ;UU chiaro giorno ci accerta, ma passaron si oscuri, che a' fanciullelli suoi pari si tenne sempre addietro negli studi elementari, ai quali più che mediocri gramalici lo avviarono. Non era la lui difetto di natura, anzi quelle felici disposizioni vi si chiudeano, che l' uomo a grandezza sublimano. L' ing«gno del Meli, piuttosto che ricevere vilal nutri- mento, per ben sette anni, come egli stesso poscia con- fessò, rimase aggravato soffogato al peso delle intiiiite baie gramaticali , che appresso alle gesuitiche scuole andò a fornire; imparando poi la retlorica, e la filoso- fia, con tanto fastidio delle usate scolasticherie, che non potè tirare a fine la logica , e ritrallosi a casa apparò da se le cose filosofiche , giovandosi della sostituzione che a quei dì si era falla del wolfianismo alla sco- lastica. In quel tempo stesso molto guslo prendea nella lettura de' romanzi, che un affezionalo suo zio ivagli somministrando, e fra di essi furono i Reali di Francia il primo libro che si pose in mano. Della fanciullezza ap- pena usciva, e le prime e veementi inspirazioni sentiva i6 neir auimo, allorquando il legger le opere dei classici ita- liani, e più spezialmente dell' Ariosto, che dinanzi a tulli lesse e prezzò, ammonivalo di poter essere altr' uomo di quello eh' era stato; e, rompendo i legami che la sua iinmagiuativa inceppavano, dalla non naturale indolenza SI levò. In una età così tenera non poteva appunto mi- surare r importanza di quell' arte , che senz' averne ac- corgimento cominciava a far sua, seguitando la semplice naturale inclinazione, e pur grandemente in essa pia- ceasi. L' Ariosto formava il suo dolce pascolo, il suo maestro, il suo tutto; le belle e forhile stanze dell'Or- lando Furioso con felice memoria ripetea, non solo uella veglia ma nel sonno, e a somiglianza di esse al- tre sognando componeaue, che solo al destarsi accorgeasi di esser sue: il che fece argomentare che natura di vi- vace fantasia avealo abbastanza fornito, di modo che gli organi della sua persona con tanta agilità , e in ogni istante eraa mossi, che la di lui virtù creatrice anche nel sonno lavorava. Dopo i' Ariosto e' mollo predilesse il Metastasio, e via via tutti gli altri buoni italiani; e le lor orme segui- tando avea qualche nome nell' italico poetare procaccia- to , sì che Antonio Lucchesi-Palli principe di Campo- fraoco e poeta, e delle lettere fervido incoraggiatore, o- norare volendo il merito del giovanetto, piacevolmente lo accolse nelf accademia che in sua casa assembrava , chiamandovi il Cari il Controsceri il Cento il Natale e tutto il fiore della palermitana sapienza. Quella radu- nanza al dir di uno Scinà particolarmente rimembrasi per avere ivi ricevuto i primi onori, e tolte le prime corone la musa allora timida e sempre leggiadrissima del Meli, che innanzi tratto una italiana anacreontica lessevi sul far del Rolli. Voglion taluni che le lau- dazioni al gìovin cantore largite da tutti gli ascoltatori avessero desta una interna gelosia nel principe mecenate, che solo aver lode bramava in quel genere di scrivere, . . '7 e che di ciò accortosi Meli, per non dispiacergli, aves- se prudentemente tramutata l'italiana favella nel vol- gar siciliano , non ascoltando le contrarie persuasioni degli amici che a proseguire lo incoraggiavano. E quan- do Meli, non ancor toccando il quarto lustro si fece a leggere fra que' dolli la Fata Galante , quel principe al plauso degli altri ammiratori il suo congiunse , e in più stretta dimestichezza sei tenne , e nel suo palazzo abitazione e desinare gli profferse. Così iva a grado a grado crescendo: e sia qualsivo- glia la ragione della trasmutata favella, ed o perchè me- glio consultò 1* indole dei due linguaggi, o perchè il voi - gar siciliano reputò più che 1' altro da poter esser com- preso dalla universalità del suo popolo, e più perciò atto a produrre quel tanto di bene che proponessi, cosa certa si fu che il parlar nativo cominciò a studiare nella sua semplicità e naturalezza per le pubbliche vie , e dove avea da raccogliere più propri e leggiadri modi soventi volte ci traea. £d ora studiavalo più colto nelle opete degli scrittori, che in gran numero sono stati , e come che motti siano da aversi in istimat pure la maggior parte sconosciuti rimangono. Leggeva perciò con affetto le cose che net secoli decimosesto e clecimosetlimo si scrissero, in tempi cioè che la siciliana poesia appresso a tutti i dotti e nei palazzi dei principi «ra cara, e si videro composte canzone trotiche «oulbrmantisi al gustr» della scuola petrarchesca, a pregiale più per lo colorito proprio dello stile, e per un cotal senso di patetico amo- roso, d'onde risulta una novità tutta siciliana, che a giu- dicio del Signorelli 1' istesso Angelo di Costanzo ritrasse; ed oltre a ciò ed egloghe e poemi e commedie si scris- sero, e fa iraslatata 1' Eneide di Virgilio io ottava ri- ma, le quali cose dovrebbero fsre ricordare con onore ai posteri i nomi di un Eredìa di un Vallegio di un Giudice di un Aversa di un Galeano di un Montagnu di un Ballo di un Triolo di un Puglisi di un Catania, i8 e di cento altri, sopra i quali tutti staopo lodati An- tonio Veoeziano, che per lo stile e per gli aOetti è sta- to detto particolarmente il Petrarca siciliano, e moosi- gnov Simone Rao, che pure nell' italico, poetare ebbe fama. Da tutti andava Meli, e più o meno ritraendo quel ipeglio che potea, e spezialmente, com' egli stesso confessava, da Veneziano e Rao, che fu^poO: i sj^QÌ; v.^" zierati modelli. , ^, ,..;;,]; y.-.: ..ji Con tal favella, con tali maestri, e maggiormente col proprio ingegno e' riuscì grande, a cotanta altezza la poe- tica siciliana sollevando, che se da un canto mise altrui vaghezza di seguitarlo, tolse dall' altro speranza di po- terlo non che vincere, ma ne agguagliare, e fé' tosto di- menticare gli stessi suoi maestri. Parve però innanzi tratto che quel fuoco poetico che lo scaldava avesse do- vuto se non totalmente ispegnersi, restare almeno alcun poco soffogalo per 1' asprezza e severità delle scienze alle quali attendeva, alla botanica, alla chimica, ed alla me- dicina, che a consiglio della madre, e non per propria elezione avea presa ad esercitare. È a compiangere la sciagura di quei grandi che, forti stimoli sentendo ad uscir della condizione degli altri uomini, sono rattenuti lottando con una fatale necessità che ad accattare il proprio sostentamento gli astringe. Più che a se stesso dovea Meli procacciare un pane ad una povera famiglia che solo in lui sua speranza affidava. Mal però si con- trasta alle inspirazioni delle muse, e lo studio delle gra- vi discipline, anziché nuocere, valse a fare eletto teso- ro di cognizioni alla mente del poeta. Meli tutta la sua vita consacrò scrivendole idilli ed egloghe e sonetti ed odi e canzone e capitoli ed elegie e satire e ditirambi e favole e poemi, sopra i quali egli alzò npn perituro monumento al suo nome. Difficile sa- rebbe il far conoscere il suo vero merito, lungo l'anno- verar gli elogi che da forestieri e da nazionali ha rice- vuto. Le sue slesse poesie sono la sua più perfetta lode; '9 le favole il proclamano il La Fontaine, le satire 1' Ora- zìo della Sicilia; il ditirambo pieno di vivacità , ricco di tanti idiotismi, che stupendamente il linguaggio ed il far de' beoni rappresentano, mostra che V autore tien quasi da presso al Redi ; sono esempio di sublimità le odi, e tra loro quella al cav. Luigi de Medici, l'altra al viceré principe di Caramanico, e l' inno a Dio; esempio di maestà le canzoni, e più quella per la morte del Cari; di brio e festevolezza i capitoli berneschi; i gravi e 1' e- logie, e tra tutte il pianto di Eraclito, il Polemone, pale- sano quanta filosofìa nutriva chi le scrisse, quant' arte possedeva a vestirla di belle forme, e farla agevole a chiunque, e specchio sono del suo compassionevole cuo- re; i poemetti fan vedere eh* e* fu primo a conformare le ottave siciliane alla usanza delle italiane , doppiando cioè la rima degli ultimi due versi, mentre che dappri- ma con quella degli altri sei alternavasi; e per dire par- ticolarmente quello della creazione del mondo h un com- posto di scherzoso e d' instruttivo, e in esso tutti i prin- cipali sistemi dei filosofanti discorronsi, e con nuove e piacevoli fantasie le assurdità se ne disvelano; prodotto di gaia immaginazione è quello delta Fata Galante ; e il Don Chisciotte finalmente eroicomico poema in dodici canti mostra che se Meli trasse 1' eroe della Mancia dalla vita che lo spagnuolo Cervantes ne compose, seppe tro- var di sua fantasia mille tra avventure e descrizioni, e dipinger tutto vivamente, conlroponendu i due princi- pali caratteri dell' eroe e dello scudiere. GÌ' idilli l'egloghe e le altre pastorali poesie, che la sua Buccolica compongono, fanno miglior testimonianza dello ingegno del Meli, per cui parve a Sicilia riavere il siracusano Teocrito. Fu ventura l' essere stato chia- mato a Cidisì, terra non mollo da Palermo discosta in qualità di medico appresso al monastero de' benedettini, p^jTciochè in quella cara solitudine chiusosi, cinque anni stanziò, e più che agli obblighi della professione, agli ao amati studi potè liberamente abl?andonarsi. L' inspirato poeta a ciascun dì nelle amenità della natura delizia- vasi, e colla incantevole positura di quella terra, cui so- prastù da un lato alta montagna, e circostanno sentieri vaghissimi, e con la balsamica aria, e con Tarmonia de- gli augelletli, col bel verde rigoglio delle piante, col va- rio colorito dei fiori, col mormorar di limpidi ruscelli, con l'azzurra volta del cielo | ed ogni suo sentimento li' era tocco, e a dolce commozione era 1' anima sua sol- levata. A tutl' altri queste ridentissìme scene sarebbon parute di non molta importanza, a Meli parvero oggetto di contemplazione continua , e cercò sempre veder la natura nel suo migliore aspetto, e l'alternar delle sta- gioni studiava, e i fenomeni che in ciascheduna di esse lian luogo, e il mite aleggiar de' zefiri, e 1' imperver- sar della bufera, e gì' innocenti amori de' contadini e delle forosette, e il vario modo di goderli , le du ezze le gelosie loro, ed altri tanti campestri usi , da' quali ritraendo ciò che più vivamente avesse potuto rappre- sentare la bella natura, tolse a cantar delle stagioni, onde mostrò che se 1' aaima sua era così fatta da poter acco- gliere quelle campestri bellezze, capace avea 1' ingegno ad esprimerle appunto; e che se poco avanti avea la Sco- zia per simil subbietto celebrato un Giacomo Thompson, potea lodarsi Sicilia del suo Giovanni Meli. Ma l'uno e l'altro uguale hanno l'argomento, par- ticolari ed originali i caratteri, sì che tanto discordano quanto posson tra loro discordare un settentrionale ed un siciliano. Thompson ad entusiasmo si leva, ed amando il grave ed il terribile, del suo furore investe i leggi- lori, Meli vago del semplice e del dilicato, la dolcezza dell' animo suo rolla dipintura delle tranquille amenità campestri mescolando, desta le più soavi impressioni ; Thompson l'ispida natura della Scozia, Meli la ridente natura di Sicilia descrive; Tompson a quando a quando lascia dal suo poetico furore trasportarsi via dal sub- 21 bietto a visioni e ad altri episodi non confacenli, e spes- so morali sentenze introduce e paragoni , Meli sempre al subbietto inteso ci dà semplici e compiuti quadri, di cai le parti al tutto rispondono, ed alla natura di quel tutto gli episodi si confauno; Thompson di vivaci colori usa e di figure e di adornamenti, e nella magnifìceuza trascorre, Meli di sobrie tinte si serve, che oppoiluna- ineote adoperate dan vaghezza alle immagini, e leggia- dria allo stile. Quel genere però nel quale non può tra moderni poeti di ogni nazione aver pari furono le anacreontiche. Giu- diziosamente Francesco Salfi, che una certa grazia tutta propria nel siciliano linguaggio riconoscca, e non agevole ad imitarsi dallo stesso toscano, non sono già molti anni, dando in uno dei migliori giornali della Francia un qua- dro dello ingegno degl' italiani e dello stato presente della loro letteratura, primo per merito esalta tra' lirici il Meli, ed agli stessi Savioli Bertola e Gherardo de Rossi lo antepone per «ver piij che tutl' altri saputo imitare A- nacreonte, e per avergli financo disputata la corona di rose. Chi per questo riguardo mette Meli sopra ad Ana- creonte, e gli concede tutta la perfezione, chi a fianco, e chi immediatamente al di sotto, apponendogli a difetti qualche espressione piuttosto bassa , e sebben di raro qualche immagine in tulio non vera. Il merito dell'uno e dell' «Uro poeta è diverso: Anacreonte più per l' espres- sioni, Meli più per le immagini dev'esser lodato. L' unani- me consentimento ha conceduto al Meli quella facoltà naturale di sentir le cose tenui semplici e gentili , e di significarle con immagini semplici, e leggiadre, colle quali si U sempre strada, trovando ora che Venere rompe l'arco a Cupido che sei rifa tosto con un ciglio di vaga fan- ciulla, ora che siano in sommossa quindicimila amorini per poterli fare io gastigo cateuare a biondi capelli, ora che una pìcciol' ape sul far d«ir alba va cercando mele pei prati allìne di potorie additare un labbro ove ogni dolcezza è riposta. Si direbbe» come per 'ailtri si è fatto, che una simile ape avesse in sul nascere iostillatogli il mele su' labbri , o che a soprannome fosse statò ap- pellato Meli: tanta è la dolcezza la leggiadria la grazia i vezzi che in riguardo a' pensieri per entro alle ana- creontiche campeggiano, oltre al dilicato sentimento pari a quello d' innamorata fanciulla, che soltanto i nati da questa isola del sole attinger possono facilmente, come alliato avea nel secolo dccimosettìmo il concittadino Balducci, dal savonese Chiabrera per ciò ad Alceo di Mitilene agguagliato. Generalmente parlando Meli ripulì la patria favella, e le ignoranze ammaestrando, e le maligniladi abbat- tendo, virilmente mostrò; non esser da lasciarsi alla gen- taglia il volgar siciliano, potere star bene io qualunque più grave o amena scrittura, e spesso non esser difello dei parlari quando solo è di chi li adopera. Il siciliano linguaggio, che tanto ritrasse del carattere del popolo che lo creò e che Io parla, nelle maui del Meli die chiare ripruove della signiflcanza propria ed espressiva dei vo- caboli, della ricchezza e varietà dei modi, dell'argutezza de' popolareschi motti, della nativa dolcezza, e delle altre veneri sue proprie, che sopra ogni credere lo fanno am- mirevole , e capace a conformarsi all' armoniosa giaci- tura de' versi, ed a toccare con successo il semplice il dilicato r affettuoso il grave il burlesco. Il suo stile in qualsivoglia componimento ha tanta semplicità na- turalezza e spontaneità che non par frutto dell'arte, e pure difficile è più di qualunque studiato artifizio; e per questa facile e naturale collocazione di espressioni venu- ste e proprie , e particolarmente di copia di vezzeg- giativi, che alla grazia del dire han molta parte, alla dilicatezza catulliana conformandosi, ricevon più forza e più lume i ritrovamenti della sua immaginazione , sicché paiono lucidissime perle incastonate in oro. Per tutto lasciò l'impronta della sua creatrice fantasia, e il 23 bello ideale al bello di natura sposò, porlando parere che WD uomo d* ingegno può farsi avanti più colla contem- plazione della natura, che co' libri; e che pure tre sono i libri principali che consultare si deggiono, cioè »a liber scripturae» e sono sue parole, d' onde si trae la rive- lazione « libar nalurae » da cui la natura promana « libar coscientiae » da cui la morale risulta. Ragionevolmente destò maraviglia in popoli differenti d'indoli di favelle di usi: ed a sì alto merito fecero plauso e Arrigo Bartels della società di Gottinga, e Giuseppe Renfues di Tubinga, ed il conte Borch, e M. Agher, ed altri molli stranieri, quale in lettere quale in gior- nali quale in viaggi; e tra più prestanti italiani un Al- fieri, che difendevalo per avere scritto io siciliano, ed un Cesarotti un Metastasio un Denina un Rezzonico uà Pananti un Casti. E sta qui bene il dire che quest'ul- timo, mosso dal grido universale, pria di mettere in luce i suoi Animali Parlanti e le novelle, a bella posta re-' cossi a Palermo per sottoporle al giudicio del Meli, ed a lui che modestamente scusavasi, dicendo: non esser per- messo di giudicare di cose scritte in italiana favella a scrittor siciliano, rispose: la bella poesia non istar nella lingua ma nelle immagini, esser egli il poeta di tutte le nazioni, e per tanto il più adeguato giudice di tutti i poeti. Di lui cercavano i viaggiatori; addomandavase- fiedi là dai mari il ritratto per conoscer le fattezze del sembiante; a lui fu dato il piacere di sentire a leggere nelle patrie accademie, come per tutte quelle della pe- nisola faceasi, da italiani italianamente le sue poesie, che tradotte incontanente si videro altresì in francese in in- glese in tedesco in greco in latino, e per più gustarne originalmente le grazie in più parli di Europa scuole di volgar siciliano s' inslituivano. Non era e non sarà conceduto agli stranieri che l'as- saporare in parte il bello di siffiille poesie; non polendo elli entrare appieno nello spirita delle voci , il pregio ^4. dell cspressioDÌ perdevano e perderanno, e con esso in qualche modo quello delle immagini. Le traduzioni an- che fatte da ud nazionale, per non trovarsi nelle altre favelle una perfetta corrispondenza di voci e di modi , saranno maisempre manchevoli. Più che il plauso dei forastieri, quello della patria attestala vera eccellenza del Meli, di quella patria che ha comune il parlare, il ca- rattere, e che, o per invidia o per isfrenato amore di pro- dotti non suoi, non suol' esser tanto benevola co' viventi suoi figli. La vera grandezza ogn' invidia raflfrena , e perciò i poeti siciliani tutti nelle radunanze loro al prin- cipal grado di onore lo sublimarono. La voce della in- colta massa del popolo, eh' e quella della natura e della verità, in di lui lode suonò, e non più ne' soli colti e piacevoli ritrovi, ma sì nelle più umili casupolette le sue belle produzioni si lessero; nelle pubbliche piazze a can- tare sentironsi» come quelle di Omero di Euripide in Grecia, di Ariosto Tasso Metastasio in Italia; con grande amore ccrcavansi, con gran fervore lodavausi: e questa Sicilia, come già non è molto vedemmo, alle celestiali melodie bellioiaoe, tempo innanzi a' celestiali caati del Meli a pubblica esultanza si mosse. Tutta questa uni- versalità di lodi, come in onore del poeta , in vantag- gio insensibilmente riusciva della civilizzazione di tutta quanta Sicilia, la quale, mercè delle immagini, e delle poetiche armonie, scossa dallo imbarbarimento , ove o i travedimenli o meglio le malvagità degli uomini i'a- vean perduta, era assuefatta alla dolcezza ed alla genti- lezza del sentire, e soccorsa a svestire la rusticità dei modi, ed a riprendere la nativa amabilità, l'antico co- stume. Ed o perchè i salutari effetti non sempre coro- nano le intenzioni benefiche de' cittadini, che di quando in quando sorgono pietosamente a riscuoter Sicilia dallo avviliuieulo, e a porgerle la destra per ritornarla alla mae- stà primitiva ! I^OQ ristette Meli però tutto che poderosi ostacoli si 35 tramezzavano; e, amico degli uomini e della patria , la satira in benefìcio loro rivolse , • non come Arcliiloco l'amaro giambo vibrò, non come Giovenale le avvele- nate saette dall' arco dello sdegno sfrenò , ma con ora- ziana lepidezza il lusso smodato le vanità donnesche le superbie de' grandi il fanatismo letterario le appariscenti ippocrisie, ed altre tali colpe del secolo, smascherando^ colla sferza del ridicolo battè; di guisa che i trasviatt, vedendo se stessi dipinti, avessero potuto rinsavire, e sul. dritto sentiero rimettersi. Sullo esempio dell' antichità, di ogni più savia cosa insegnatrice, la morale reputò la moderatrice de* popoli, e fé' senno il vestirla in isplen- dida 0 leggiadra maniera , sicché le più lucid* verità ^ e le più pure dottrine civili e morali, divennero come un latte, nutrimento «g«vole • dirigersi da qual siasi per- sona, ed or sotto la score» dell« favola, or sotto altri poe* tici fiori, nascoste furono. Con Fenelon, ed altri mora- listi, le massime salutari a ben vivere inculcò; sempre da poeta filosofo insegnò l'aristotelica moderanza; e la semplicità del viver privato lodando, mostrò le rotte am- bizioni di ricchezze di onori di poteri conturbar gli ani- mi, star anale all' uomo il perdersi dietro alle fallaci il- lusioni, che abbacinando la mente dalla sospirata felicità lo allontanano. Gli onori le dignità il potere, disse, esser covili di vipere tra' fiori ; le ricchezze un gastigo una condanna, che più a bramare sospinge , ed a moltipli- care e le usure e le angarie e i delitti e i timori e lut- t' altro, che al sepolcro trascina; esser l'avaro inutile al pubblico a se; doversi 1' oro risguardare come un mezzo a soddisfare a' bisogni della vita ; esser somigliante a quel fiume che discorrendo tra mezzo a' prati li rin- verde e li feconda, e in un luogo ristagnando all'erba stessa è nocivo. Fé' vedere per quante vie, ma indarno, si cerca felicità; la virtù sola, se non a farci, felici valere almeno ad infrenare le riottose umane passioni ; ben- ché privala e dimessa di sua semplicità appagarsi ; e 26 della pace esaltò^ pregi , che clìscacciaDclo desideri e dolori, qualunque più seroplice cibo condisce, fa dormir grati sonni, i più solitari luoghi rabbellisce, e fa pro- sperar le nazioni. I canti in somma che Meli alzava nella capitale erano a pubblico ammaestramento voltati di tutta l' isola , e per la sua mansueta indole degli ozi beati della pace giovavasi, dissomigliante da quei Bardi che la patria loro servivano, le più grandi guerresche intraprese di gloria magnificando, e fortemente a marziali cimenti l'animosa gioventù stimolando. Più che la peste odiava i timori della guerra, e pur gli fu d'uopo, sebben da lontano, sentirne roraoreggiare il fatai nembo, che come torrente dalla Francia traripò ad allagare le più tranquille con- trade. Il magno conquistatore dalla cima delle Alpi nella bella penisola discendeva, le condizioni politiche tramu- tava, le menti a novità concitava, le passioni sfrenavansi, la militar licenza alle sostanze altrui portava il sacco , r onor delle famiglie conlaminava, per ebbrezza di gioia tripudiava, e i monumenti dell' arte e dell'ingegno, quasi dal santuario loro, erano barbaricamente rimossi per fe- condare in terreno neii proprio. Giovanni Meli, pacifico sacerdote delle muse, a cotanto strepito sgomentò, ed ebbe paura che a preservar la sua diletta nazione dalla stra- niera cupidità sufticienti non fossero stati i mari che ri- cingonla; e più quando la prossima Parlenope c'ftH' oste nimica ìnradeasi, e correa voce che divisassesi d' inva- der parimente Sicilia. Facea sempre suo voto che la be- nignità de' cieli avesse voluto ravviare gli umani al giu- sto ed all' onesto, e la sconvolta Europa in pace ricom- porre. Minacciando ad ogni ora il pericolo di esterni nemici mal tollerava di vedere scissi tra loro i suoi cit- tadini, divampare in isdegni, dilaniarsi,. Iravoli^endo la patria a sicura rovina; e la civile concordia, come saldo propugnacolo contro di ogni straniero assalto predicava, dicendo: dall' amore del ben privato derivarsi le anar- 27 cbie, dalla idea del ben pubblico, e dalla obbedienza alla legge, la verace liberti. Ma gli occhi suoi non serba- vansi a veder consumare il sagrifizio della sua diletta nazione; e quando, sotto al peso del settagesinioquinlo anno dell'età, all'estremo sonno cbiudevali il dì venti dicembre del milleottocentoquindicì, finiva tranquillo e pago di essere stato utile a' suoi fratelli, perchè i semi delle future avversità non a tutti allora manìi'estavansi. Ebbe ingegno presto a veder le cose in modo chiaro, e dal lato piìi efficace , presto a trovar venuste fan- tasie; l'anima dolce affàbile, quale la dicono le poesìe, non fatta a invanirsi, non a sentir le invidie, non a muo- versi a sdegno, non a prostrarsi alle bassezze. Fu faceto nel conversare, e condì sempre con arguzie i suoi discorsi. Se appagò i grandi che di sua piacevole compagnia il richiedeano per romper la mortale ignavia, che tormeu- tavali, non li adulò, che il suo petto era sacro al vero, la sua parola alla virtù al merito ; e la virtù in alio celebrò, e i sapienti perduti lamentò. Era fatto per le impressioni più sacre e tenere, facile a commuoversi agli infortuni de' simili, alle più belle e durevoli amicizie, all'amore. Contento del poco e del viver quieto fu spec- chio di quella moderanza, di cui s'era fatto maestro; e della generosità godendo che principi e prelati lafgiron- gli, fu loro riconoscente, e di sentila lode li esaltò. Fu basso della persona, pingue più tosto; gli occhi vivaci rivelavano il fuoco sacro che lo infiammava; la fronte larga rugosa era l' impronta dello immaginoso scrutator della natura; avea grosso il naso le labbra il mento, e tutte le forme, di color bruno il sembiante. Il pubblico compianto lo accompagnò al sepolcro; fu magnifico nella sua semplicità il mortorio; i poeti concordemente lo pian- sero; il suo cener freddo sta chiuso in un monumento, che la pietà degli amici gli destinò nella chiesa a s. Francesco di Palermo, ove la elfigie, che di lui si vede scolpita in marmo, e le parole latine di Michelangelo a8 IMonti, ricordano Tuomo dì soavi costumi ed integro di vita, r amore la delizia Y onore delle siciliaue muse, il secondo Teocrito ed ÀDacreonle. E' coltivò le gravi discipline; ne si creda che per lo esercizio della poesia da' pensieri delle cose mediche era distollo; perciocché bene tra loro polca comporli, e gli sciocchi soli arrebbon potuto dargli la mala voce se in ciò seguitava le orme di un Heller di un Elvezio di un Campailla di un Fracastoro di an Redi. Il brawniano sistema oppugnò; sul meccanismo dellt natura meditò, e in parte le sue meditazioni mist in luce, iotitolaudole a monsignor Sanseverioo, che gli ottenne la cattedra di chimica nella università di Palermo; t questa chimica dalle mani degli alchimisti e degli speziali, tra noi a grado di scienza sollevò, e gli elementi secondo il di lei successivo mutamento tre volte ne scrisse, che rimasero a penna. A lui si dovette la propagazione delle migliori e più recenti dottrine, e delle moderne esperienze e sco- perte; a lui r essersi nelle nostre scuole conosciuti pri- mamente i principi della chimica pneumatica, posciachè col senno di Lavoisier la dottrina del flogisto fé' ca- dere in discredito. Giustamente per cotanti meriti fu uno di que* rari esem- pi di pubblica estimazione, che viventi han Veduto comin- ciare la posterità, la quale sembra vol»r|lisi prolungare più che si può riconoscente. Se in fila ebbe 1' onore di una medaglia, fattagli coniare in Germania dal principe Leopoldo Borbone, i superstiti haii sentito il bisogno di più diffondere le opere sue con eleganti edizioni; e la comunanza palermitana gli decretò un maestoso monu- mento, che lo scarpello del prò Valerio Villareale ha condotto a compimento, storiandovi in basso rilievo il poeta seduto in allo di esser coronato da Apollo , cui fa seguito il coro delle muse, tra le quali Erato ed Eu- terpe condolte per mano di amore, slaudo ad un tron- co di alloro incatenato il tempo, che quasi a dispetto 3Q rompe la sua falce. Questo monumento, se da un lato ad attestare a' futuri la riverenza dei presenti, varrà dal- l'altro a' più gentili per inspirarsi alle belle virlìi, che tanta dolce e salutare malinconia si tramanda da' sepol- cri, e più da quello che chiuderà il mortale avanzo di lui, che ci fa pregio il dirlo la prima gloria della mo- derna civiltà siciliana. Festibulo alla Teoria dell' Universo di Michele Mi- lano. — . Napoli Stamperia di Nicola Mosca i838. uu voi, ÌQ 13. di pag. 77. Il Conte Michele Milano dopo aver donato al pub- blico un suo bel trattato di fisica, del quale fessi ono- rerei» ricordo in queste EfTemeridi d. 54., viene adesso ad offrirci altro lavoro diretto a poter servire d' intro- duzione allo studio di quella scienza. Esso porta il gra- zioso litolo: festibulo alla teorica dell'universo. Aflln di comprendere qual sia il sistema teorico del- 1 autore giova io primo luogo accennare, che sebbene «la ligio ai fatti e alia esperienza , che il dominio for- mano delle naturali discipline, nel preliminare tiene nul- lameno opinione, che » quando mancano le prove di- » rette, • dalle sperienze si mettono io vicinità od ia » analogia fenomeni, o si suggeriscono opinioni che con- » dur potrebbero a scoperte, giova ed è lecito la gran- » de scienza aiutar di congetture, soprattutto se queste >» SI presentano come applicazioni di ammesse teoriche. Fatti e congetture sono dunque gli elementi, sopra i quali ama l'autore coslrurre il grande edificio della scienza. E di vero i fatti ne sono il principal capitale, l'espe- rienza è il vero vestibulo , onde entrasi nei penetrali della natura, e solamente ci è lecito stabilir considera- zioni generali, allorché diritto procedano qual legittima illazione di dati sperimentali. I filosofi dell' antichità ab- òo bandonandosi ai prestigi di loro immaginativa, amando studiar la natura entro al proprio gabinetto, perderoosi nel caos delle ipotesi le più stravaganti e delle speculazioni le più chimeriche; ma chi voglia interrogarla, e piena- iianiente scrutinarne gli arcani, debbe sempre aver fìsso in mente quel savio consiglio di Carlo Bonnel; cher- cìions les faits: vojons ce qui en resuite: voilà notre philosophie. Nella prima parte del suo p^estibulo il eh. Conte Milano s' intertiene intorno le sostanze eteree, il calorico, la luce, il fluido elettrico, il fluido magnetico, e l' etere propriamente detto; le quali con impropria espressione sono slate appellale fluidi imponderabili, poiché tale ag- giunto indica più presto il manco de' nostri modi di ])esare, o per dir meglio l' imponderabilità di essi ai mezzi ordinari. Ma perciocché 1' Hachette e il Melloni hanno con esperimenti conchiuso, che il calorico e le correnti elettriche possono dirsi ponderabili , e il cele- bre Becquerel nella descrizione della sua bilancia elettro magnetica, annunziala all' Accademia Reale delle scienze di Parigi, ha pur dimostrato con numerosi esperimenti con tale mezzo istituiti, che le intensità delle mentova- te correnti così a debole come a forte tenzione possono a peso sottoj)orsi, egli, il Milano, si è egregiameitte con- dotto nel seguire il Davy circa la sostituzione dell'epi- teto eteree a quelle sostanze sin oggi dette impropriamente imponderabili. Indi parla delle proprietà di sì fatte so- stanze, e delle leggi generali che presiedono alla mani- festazione de' loro sorprendenti fenomeni e con tutta lena dà opera a provare, che la luce, il calorico , il fluido elettrico, il magnetico, S'ano modificazioni d' un fluido istesso. Tale sentenza, ammessa da un lungo stuolo di fisici e chimici moderni , e palesata da lunga serie di sperimenti e di osservazioni, corrisponde mollo bene al- l' andamento generale della natura e al piano di sem- plicità, onde con pochissimi mezzi si perviene ad otte- 3i nere svariali fini. E il metodo seguilo dall' autore nella dimostrazione di questa opinione è, con molta ciùarcz- za e con luminoso criterio , tratteggiato ; imperocché dapprima pone innanzi quasi in prospetto generale i punti di contatto, che uniscono la luce e il calorico eia ge- nesi de' lóro fenomeni; poi mette in rivista le analogie evidenti che passano tra il calorico, il fluido elettrico, la luce; stabilisce la similitudine della fosforescenza col- r elettricità, di questa col magnelismo, e finalmente dassi a riunire il magnetismo, il calorico, la luce. Le osser- vazioni dello Stalli, del Berlliollet, del de la Roche , del Thenard, del Biol, del Nobili, e lo stato del calor raggiante, tendono a render chiara l' identità fra il ca- lorico e la luce. Le esperienze del Pictet, dell' Achard, .del Davy, i fatti della turraalina, del diamante, del gra- nato, dell' aiialcimo, dello zolfo, del quarzo, dell' assi- nite, dell' ossido di zinco ec. che elettrici divengono per riscaldamento; i fenomeni della pistola di Volta , delia pila galvanica, dell'ago magnetico, le vedute del Ber- zelius, del Marianini, del Thenard, analogie stabiliscono tra il calorico, 1' elettrico, la luce. Dalle osservazioni del Dessaignes risultano i notabili rapporti, che 1' elet- tricità legano alla fosforescenza. Saggi sperimentali del Peltier, del Faraday, del Botto, del Nobili ec. e il modo di produzione delle aurore boreali mostrano la somiglian- za dell' elettricità col magnetismo. Pur finalmente gli strumenti di acciajo, che per istrofinamento riscaldansi e divengono magnetizzati; le barre di ferro, che site nel meridiano magnetico riscaldate quasi fino al rosso , e subito raffreddate .pur si magnetizzano; le osserva- zioni del Zantedesclii e di altri fan pur chiari i rapporti che sonovi fra il magnetismo,, la luce., e il calorico. Troppo lungo fora tutti per esleso qui porre avanti i fatti che alla dimostrazione di sifi'atta teorica ci con- durrebbero; ma ci è d' uopo ingenuamente confessare che la natura è tuttora avara nel palesarci j suoi segreti ,6 mal- 33 . • grado della stretta analogia, clic sembra esistere fra le suddette sostanze eteree, avvi fenomeni , che alla san- zione di una tesi si oppongono. Così veggiamo che il fluido elettrico si comunica per conduttori, e il magne- tico rimane sempre imprigionato; quello opera lo scop- f>io, questo noi produce; e non ostante i punti di simi- itudine tra i fenomeni della turroolina e U calamita , osserviamo che avvicinandosi quella iu istato elettrico ad un ago magnetizzato esercita sopra di lui la forza attrattiva come sopra qualsivoglia altro corpo. La elet- tricità, scrive r illustre Nobili, può circolar dentro ì corpi di due diverse maniere^ cioè tanto intorno alle singole molecole y come in circuiti , che abbracciano tutta la massa. Le correnti che si sviluppano dentro i metalli magnetici non appartengono alla massa; ma a ciascuna delle molecole intomo cui compiono il gi- ro. Fa inoltre a tal proposito riflettere , che il cloro^ gli ossidi de* metalli, i vegetabili sviluppano in copia ossigeno, essendo tlla luce esposti, t nulla ne sprigio- nano per r azion del calorico. Quindi è mestieri con- fessare, che ulteriori oascrvaxioni ancor si desiderano, on- de non riconoscere una mera ipotesi sebben fondala nella credenza die i fluidi imponderabili siano nodificazioni d* un sol principio, e combattere le valorose opposizioni che una contraria esperienza ci somministra. Appoggiato alle opinioni degli antichi filosofi, alla re- sistenza di un fluido che osservasi nel molo delle co- mete, all' impossibilità di spiegare il così detto dal Young principio delle interferenze colla ipotesi del Newton suir emission della luce, il Milano ammette insiem col- r Herschell un fluido singolare etere chiamato, col quale nella seconda parte ingegnasi poi di dimostrare una gran quantità di fisici avvenimenti. Or tulio ciò che su di esso si dice dai moderni non può considerarsi, come appresso redremo, che qual mera supposizione nell' allualc stato di conoscenze naturali. 33 Nella seconda parie si espongono parecchie distinzio- ni d' idee cosmologiche, come dire, composizione e de- composizione che di continuo avvengono nell' universo, attrazion molecolare^ forza disgregante. Essendo le so- stanze eteree, secondo l'autore, una modificazione d'un flui- do, le relazioni di somiglianza tra gli eOetti che il chimico esprime colla denominazione d' imponderabili riunisconsi neir idea di una forza universale disgregante, riscaldante, che va a bilanciare l'attrazione molecolare, che si manifesta in ciò cogli stati di luce, di elettricità, di magnetismo, e eh' è una risultante neutra dell' azione positiva e del- l'azione negativa; dimodoché sciogliendosi lo stalo neu- tro si divide nelle due componenti, le quali si palesarlo con funzioni elettive. Il calorico è la risultante, le elet- tricità vitrea e resinosa ne sono le componenti. Lo stalo neutro dell' elettricità, giusta sifTalli principi, è distinto dallo stato neutro, di cui è composto il calorico. L'au- tore considera il primo stato come una meccanica fissa- zione de' due fluidi positivo e negativo, cagionata dalia disposizione rispettiva delle particelle ponderabili in certe circostanze di loro equilibrio : quindi 1' elettrizzamenlo de* corpi dipende da uno squilibrio molecolare promosso da cagione esterna. Egli suppone il secondo stato, una combinazione de' due fluidi sparsa generalmente per gli corpi ponderabili, indipendente dalle circostanze moleco- lari de* medesimi, calorifica e disgregante; ma per le circostanze di sun modificazione indecomponibile, e solo per mezzo di vari gradi di condensazione, capace di ef- fetti coi quali ad altri imponderabili somigliasi. Dacché il Faraday ebbe dimostrato la rotazione delle calamite per 1' influenza della pila voltaica, e r Arago sotto l' azione d' una calamita fé' girare un disco metallico, si potrebbero sol per analogia spiegare con questi mezii gli effetti della forza centrifuga. Ag- giungiamo , che il cennato Faraday ha pure osservato che un disco metallico girando per l' influenza d' una ca- 3 34 , ]amita può dar luogo a numerose correnti elettriche sì "veeraenli da farlo divenire una vera maachina elettrica. Qui pare, che l' elettricità e il magnetismo si trasfor- mino a vicenda nella rotazione, fenomeno che dinota le forze centrali. Malgrado de' soccorsi, che la teorica elet- tro-magnetica porge a quella del sistema planetario, l'au- tore inclina a volere spiegare la forza centrifuga col mezzo del calorico, fluido disgregante, e la centripeta per l'a- zion dell' etere. Qualunque sia però la causa primitiva della rivoluzione della terra nell' ecclittica, ricorrendo al- le leggi del moto osservasi, che ogni movimento che si in per una curva riconosce certamente due opposte po- tenze, di cui una spigne il mobile giusta la direzione rettilinea ( prima legge del moto) , e 1' altra influendo sul medesimo 1' obbliga a lasciare tale direzione , per fargli descrivere un poligono d' indefiniti lati. La ten- denza, che tutti i corpi nel rivolgersi in una curva han- no a muoversi secondo la direzione di una linea retta tangente a' mulliplici punti della curva, e la propensione che ritengono verso il centro, dan luogo alla conside- razione delle due forze centrifuga e centripeta, dalla cui ammirabile armonia sorge la rotazione de' pianeti, della quale conosciamo il fenomeno, eh' è un fatto primitivo, e la cui vera cagione si è lunga pezza involata all' in- vestigazione dell' uomo. Avea il Cartesio immaginato nella terra due correnti opposte d' un fluido sottile, delle quali una circolando nelle viscere di quella pel suo polo corrispondente , e uscendone 1' altra, ne risulterebbe una continua circola- zione intorno al globo terrestre nella direzione del me- ridiano. Tale fluido nel suo internarsi trascinerebbe seco gli aghi calamitati , e farebbe dirigergli ai poli ; talché in questo trasporto ne farebbe inclinare la punta corri- spondente. Era opinione di Halley, dietro Cartesio, che il globo terrestre fosse una grande calamita. Gilbert vo- leva ch'ella fosse stata magnetica, e cou l'azione sua volea diriggere lago magnetizzato: dalle osservazioni di Gay- Lussac, di Nobili, di Antiaori chiaro apparisce la virtù magoelica della terra. E A Milano su tal particolare non si allontana punto dai progressi che la fisica Iia fatto oggidì. Porge egli poscia una breve e generale esposizione del sistema solare, ne detta le leggi che vi presiedono , e ingegnasi a spiegare i fenomeni di gravità per mezzo dell' etere. Questo, al dir di lui, è il fisico animatore della natura^ la causa della gravità universale e della coesione. Nuota in esso tutta la materia ponderabile, m questa è esso contenuto. Come Jluido differisce dalla materia sottile di Cartesio, che voto non ammet- teva: tra le sottilissime molecole sue sono interstizi... Una sfera di etere Jluido gravi/i co, involge il sole i pianeti i satelliti: essa è una onda dell' oceano del- l universo. Strati concentrici la compongono.... Il sole e il centro della sfera eterea che lo contiene. In esso, sin dalla sua creazione, raccolsersi, come in un fuoco, le estremità de raggi gravi ftci che partono dal- l uMmo strato della sfera eterea, e che nel punto dove coincidono un centro gravifico formano. Così pure del- le altre stelle.... U etere è una sostanza elasticissima isolante, soggetta a rifrazione. Libero e vertical nello spazio, contrasta con la causa disgregante, ed^ qui- vi rifratto. Egli inoltre inclina a supporre, che 'questo fluido universale ricevendo scosse vibratorie dai corpi luminosi per l' immensa sua mobilità le propaga agli oc- chi nostri, e costituisce il fenomeno della luce e della visione al modo istesso della propagazione del suono; cosicché le oscillazioni delle particelle de' corpi luminosi neir etere producono onde, somiglievoli a quelle sonore. Ma CIÒ fia vero ? tutto è possibile nella natura; ma noi noi sappiamo. La teorica delle ondolaziotii , e il feno- nietio delle interferenze xmta a tale ipotesi. Or che di- lassi dell' etere considerato qual fluido graviiico ? Egli 36 e ben vero che il sommo Newlon dubitava se la cagio- ne della mutua gravitazione de' corpi celesti e delle loro parti fosse a quel fluido dovuta; però della gravità ei conlentossi di sanzionare le leggi costanti e vero, anzi- ché sublimarsi nel campo delle speculazioni, cui toccare all'investigatore della natura non si addice. E comechè r esistenza dell' etere sospettata da Epicuro e da Aristo- tile; voluta dal Cartesio, dall'Eulero, dal Galilei^ rìco» nosciuta da alcuni moderni, dia la spiegazioue di molti fatti naturali, e in primo luogo di quello delle interfe- renze e della difrazione, che colla teorica deli' emission della luce non si son potute sinora dimostrare, non può però negli effetti che gli si attribuiscono involarsi alte armi che valorosamente oppone lo scetticismo. Io con- chiudo, che quantunque vera fosse l'esistenza dello stesso, di ulteriori ricerche ancor si abbisogna, perchè, come prodotto di una tesi, si possa a lui concedere il fenome- no della gravità e delle onde luminose. Si accennano poi alcuni particolari sul calore solare, sulla luce, e sul sistema dell' emissione, e fermandosi ai fatti del sistema solare, chiudesi il lavoro con una ri- capitolazione, nella quale si parla nuovamente dell' etere di cui il Milano è un forte riproduttore. Tranne le poche riflessioni che ci siam dati la libertà di aggiungere, il f^estibulo dell' egregio nostro autore è, a dir vero, pieno di sagge e dotte considerazioni intorno a vari capi della fìsica, e mostra a chiare note lo stato attuale in cui trovasi la scienza, e i progressi che ha ella fatto sino a noi. Luigi Castellana. Sopra /4nna Fortino — Lettera di Annetta Turrisi Co- lonna a Niccolò suo fratello. proverai nelle stanze nostre un s. Giovanni, una figura ispirala, un'opera degna dello stesso Gagiuij uù so cspri- .^7 raertì con parole le bellezze tutte di questa piccola im- magine di cera; che sicuramente era creata nel princi- pio del cinquecento. Io 1' avrei subito ritratta in tela, in modo indegno al certo ma caldo; se non fossi gran- demente occupata in quel dipinto, die sai. E uno di quei simulacri, che bastano a nobilitare l' intelletlo di chi li ammira , a eternare la memoria d' un artista: tuttavolta è affatto ignorato il nome di chi lasciava al mondo sì caro miracolo , ricompensa troppo amara alle dolci vigilie degli ingegni sublimi! Altrettanto accadrà d' una giovane palermitana, la quale va fra i migliori artisti che trattarono la molle cera; dico, fratcl mio, di Anna Loforte (i), volgarmeiìte chiamata La For- tina. Le figure di costei sono sì belle, sì vere, che gli artisti, meravigliati di tanto ingegno, fra i modellatori perfetti la vantano. E tu saprai, che mentre i manieristi prevalevano col loro magistero in Italia, i discepoli del Novelli serbavano in Sicilia la scuola di lui, che se i miglioramenti sempre giunsero tardi, la corruzione delle belle arti qui fu pur tarda a giugnere. Ma dilatatosi il traviamento, poi s'introdusse quello stile falso, quel gusto per le stranezze che giunse al delirio nel secolo decimo settimo: quando Giacomo Serpotta seguendo il vero nei suoi bellissimi modelli di stucco, si allontanava dai vi- zii predominanti, sì per l'ingegno, e sì perchè la scul- tura siciliana serbava ancora vivi i precetti del som- mo Gag ini. Questo punto di storia artistica verrà illustrato da un nostro valente scrittore, e potrai restar persuaso alle calde parole, all' erudite dimostrazioni di lui. Ser- potta senza dubbio per la necessità di formare imma- gini allegoiichc, studiava la figura muliebre , e Iraspa- (i) Naia nel iG^S morì nel 1749 chiaDiossi volgarmente Fortina, perclié era esile, o gentile nella persona, t'u consanguinea del Praf. Lol'ortc, il quali! in grafia della sua illustre antenata non trovò il padre rcpii^nante allordiii sili da fanciullo mostrò hi i)iìi decisa vocazione all' arti-. Tanto .giovano iti Ijuoii destino dcgl' indegni gl'illustri esempi degli avij^! 38 re dalle sue statue quell' incantevole atteggiamento del vero, quel respiro che e' inganna talvolta , facen- doci slimar vive tante angeliche fìsonomie , tante care bellezze che parlano al cuore; lo che mostra che se molti fantasticano, i sommi però mai non travolgono, e sanno sollevarsi dalle miserie degli uomini e dei tempi. Pare impossibile come egli potesse arrivare a tanto in quel secolo, nondimeno colla forza dell' intel- letto, vinse tutti gli ostacoli , respingendo gli eccessi , o moderandoli. Anna era discepola di lui, e ben profit- tava degli alti insegnamenti, e gli serviva da modello nella bellezza, della persona: ond' è che doveva sentire la forza dell' azione , doveva avere un' animo tale da star lì per concorrere nella piìi gran parte dell' opera; nel sentimento. Sì può ben credere, che grato a lei di tanto, forse il maestro pensava mandarla ai secoli ven- turi, simboleggiata in una di quelle statue famose, l'ap- presenlanti le virtù, che adornano la Chiesa della com- pagnia del Rosario : chiesa ove la divozione dei con- fratelli formava un Museo il piìi santo , il più utile, ricco di quadri stupendi, e del capo lavoro di Van-Dyck. Ecco, fratello mio, sotto qual maestro imparava a mo- dellare quella cara giovinetta; e che non possono i pre- cetti dei Grandi? Frutto degli ardenti studi, era un gruppo di s. Stefano, ed una s. Famiglia in bassorilie- vo; opere prime, e sole eh' ella facesse di stucco, per- chè amando ugualmente il colore ed il rilievo, prese a trattare la cera, nella quale Zumbo siciliano aveva scol- pito a maraviglia. E forse dovette alle opere di costui r essersi ispirala di più nell' arte; a lui la semplice ele- ganza delle forme; a lui ed al Serpolla quel gusto so- brio, vero, italiano. Possano o no le donne arrivare al più alto valore, abbia o no questa fanciulla superato il maestro nelle fi- gure di bassorilievo, nel muovere delle mani, nel trat- teggiare i capelli, nelle fisonomie , non presumo de- 39 ciderlo io: il gusto di lei cerlamente formato nel con- templare la natura, si perfezionava togliendo il buon colorito da' dipinti del Novelli. Crescevano però le sue fatiche nell' imitare in cera le magnifiche com- posizioni di quel grande; e quando suppliva le parti, che nei quadri stanno incerte fra V ombre; e quando riduceva gli scorti, allora mostrava quanto conoscesse il disegno; allora faceva il primo passo per meritare gii elogi dei maestri. Elogi molto rari ad ottenersi, che se un artista fosse vantato dagli amici, e qualche trat- tato elegante lo nominasse, e un canto fosse tutto in lo- de sua; poco gli gioverebbe tutto ciò, se le opere non avessero un merito reale; perchè lasciato nella sua po- vertà, altro conforto sperar non potrebbe, che di es- sere dimenticato. Ma non credere così di questa giova- ne, non era persona ai suoi tempi, che non pensas- se aver ella e cuore , e mano di Angelo, che non le ricercasse una sacra immagine; tanto è vero che fra le miserie ed i bisogni della vita, le anime si rivolgo- no sempre con piacere ad ammirare le opere dell' in- gegno, a confortarsi in quelle arti benefiche, consolatri- ci, interposte quasi per abbreviare 1' infinita distanza che fra il Creatore e le creature esiste. Ti parrà forse che donna, che giovane, che bella, si ebbe in vita elo- gi al di là del merito? Ma puoi dubitare, che la morte severissima dispensatrice di lode, non 1' avrebbe fatta scendere da quel posto ove il solo amore dei contem- poranei sollevata 1' avesse? Due bassirilievi, dei quali non so ben dirti l'eccellenza, stanno fra i bellissimi di- pinti raccolti dal Duca Corrado Ventimiglia, quel ca- valiere egregio, che sa fare il miglior uso delle ricchez- ze: i volti, i panni, i capelli, tutto è finito coli' anima. Una giovine madre è quivi effigiata, cui mollemente po- sa sul grembo un pargoletto , che sola può conforta- re, nei primi dolori, nei primi bisogni che vengono colla vita: sia il padre di ihmiglia a quietare due uilri 4« fanciulli. Nel secondo bassorilievo e una donna in quel- r età, che declinando compatisce altrui, ama, consola: ella par viva, e ritratta da persona, che Anna predi- ligesse; ti dico ciò , perchè la si trova nelle migliori composizioni di lei , e sempre in luogo tale da essere ben osservata: questa donna forse era la dolce sua ma- dre; forse intendeva serbarsene le forme, rappresentan- dola più e più volle: quindi è che ponevala in alto di far carità a due ragazzetti, uno dei quali cieco: e pren- deva r idea di questo lavoro, se pur non erro, da un dipinto dello Schidone. Se tu vedessi quelle opere, ove sì scorge 1' abbon- danza ch'ella ebbe d' immaginativa, di senno, di affetto, o fratcl mio, rimarresti caldo encomiatore della brava modellatrice: tanto soavemente animava le figure, sce- glieva le attitudini, e adattava il paese. Credo non fossero quelle imitazioni, ne aveva modelli altrui in talgenere; e neir invenzione sappiamo che gli artisti son messi alla prova, e non vi riesce ehi chiamato non è dalla natura al semplice , al bello: e tu spesso mi dicevi, che solo chi sente il bello può stamparlo nelle opere. E che dirai vedendo un' altra bellissima figura che mi venne fatto di acquistare dopo il S. Giovaimi ? È una giovane incatenala nel collo e nei polsi; ella piega dolcemente la testa sulla spalla dritta, soffre acerbo spasimo per le piaghe del petto; bella nell' istesso do- lore, non chiede soccorso ne vendetta come sicura d'im- minente guiderdone: è una S. Agata; lavoro il più fi- nito di quanti ne uscirono dalla mano di Anna. L' at- titudine della Martire è nobilmente scelta, e ricorda l'Andromeda del Van-dyck (i): qui e passione verissima, non delirio: ella sofTre; ma non contorce il volto, non perde la calma dei Santi; schiude la bocca, e non un lamento ma par che metta un dolcissimo sospiro: nei (i) Si ammira nella Calici ia Jtlla Università di Palermo. Zi 4' languidi occhi poi è tutta 1' anima. La trovo pur ma- ravigliosa paragonandola al S. Giovanni: in questo il fare sobrio, sublime di Raffaello è imitato colla fermezza dell' uomo profondo nell' arte; in quella è molta ele- ganza, squisitezza, verità: pure vi manca quella scienza di tutte le parti, nel che divino sarà chiamato chi mo- dellava il rapito Evangelista di Patmos, divino nel moto interiore, che seppe esprimervi, divino nelle pieghe se- gnate largamente, nei piani, e nei rilievi che proprio fanno scorgere il pensiero, e il respiro. Vorrei che la de- gna artista formando le parti così quadrate, e decise, mostrata avesse più intelligenza, ed un occhio meglio educato; ma perdono a questi lievissivi mancamenti, in grazia del magico effetto dell' insieme, della morbidez- za delle tiepide carni, dei ben raggruppati drappi, di quelle infinite bellezze, che dalle donne sono più imi- tabili che imitate. Sulla vita di questa valorosa io non saprei che dir- mi, giacche il tempo 1' ha coperta di tale un velame, che bisogna fidarsi d' incerte tradizioni per dirne alcun che; abbi per certo poi, che visse consolata nei suoi cari studi, che r opere sue valgono un tesoro, e spirano gli affetti più santi; che morendo lasciava di se memoria splendida, ed illibata. Ma e forse sufficiente la viva vo- ce per attestare ai posteri il merito degli ottimi artisti? D' una lapide, d' un tripode, d' una lucerna, quanti disegni non si cavano, quanti volumi non si scrivono, e a che ? Panni che la fragile cera non valga del tutto a salvare da una eterna dimenticanza Anna Fortino; pe- rò desidero sorga alcun degno scrittore, che ne illustri le opere e la vita; e accresca i vanti della patria no- stra, la quale poche donne può nominare allo straniero; mentre è madre fecondissima d'uomini illustri in ogni genere di scienze, e d' arti. Desidero costui tempri ad alti sentimenti, tutti quelli che sentono, (e clii non lo sente? ) troppo misera esser la vita, troppo bugiarde le 42 lusinghe del mondo, per non avere bisogno d'una utile e santa occupazione , a gollevarsi a viver bene, conso- lati nella speranza di lasciare un monumento, che fa- velli ai futuri. Ma il valore di questa donna, m' ha fatto protrarre la conversazione nostra, e tu, mio Niccolò, amantissimo delle belle arti, e dotato dell' animo più gentile, spero mi saprai grado dell' averti fatto conoscere una genero- sa, e ammirerai commosso il mio bel S. Giovanni, ri- tornando agli abbracciamenti dell' amorosa famiglia. Addio. Appendice A questa utilissima lettera, che noi, repugnante 1' e- gregia autrice, abbiam pubblicata in queste Effemeridi, per inanimirla a più seri lavori, aggiungiamo le se- guenti considerazioni sopra alcune cose, le quali da lei solamente cennate domandano maggiore chiarezza. T. Il s. Giovanni, che le diede impulso a scrivere intorno Anna Fortino è un model Ietto di cera colorata mezzo piede di altezza. La semplicità dell' azione, la maestà, il riposo delle membra , la purezza e grandio- sità del disegno, la sobrietà de' colori, quell' aria di candore, che si manifesta nel tutto, 1' annunziano per un opera del cominciare del cinquecento, così che subito ci ricorre alla memoria il Giona di Raffaele. La fami- glia, che possedcalo, il tenea come produzione del la- raosissimo Zumbo; e avvegnaché di questo celebre mo- dellatore non esistano, a quel che io mi sappia, tra noi opere, le quali potrebbero liberarci da ogni dubbio, non- dimeno con lermezza sostengo, che il s- Giovanni col carattere di sopra descritto non poteva esser fatto da colui, che ne' suoi lavori sentì tutta la influenza del seicento. Anzi an'crmo, clic dimostrato come indubita- tamente certo , quesl' opera appartenersi a ZuuiIjo, la 4^ storia tutta delle Arti piglierebbe aspetto diverso. I Sici- liani, che lian 1' occhio avvezzo alla contemplazione di Ga- gini, si presentino al pensiero questo modellelto semplice quanto le opere del palermitano Scultore, ma più largo, e più soave nelle pieghe, in cui Gagiui manca di va- rietà, e di scelta nella disposizione. In quanto a me lo estimo come monumento rarissimo, e il più perfetto, che ho finora veduto, o di che houdito intorno a lavori di cera. E posciachè si sa con certezza, che nel cin- quecento quest' arte, che oggi è puramente manuale, e destinata al diletto de' ragazzi, o alla divozione delle femminucce dabbene, era tra noi sostenuta da ingegni non volgari, si muovano i raccoglitori delle produzioni artistiche a pregiare le opere di quel genere, che, fuor di dubbio, la bizzarria de' due secoli susseguenti, e la stolta non curanza dell' ultimo hanno neglette, o disper- se; si studino gli artisti ad indagarne il magistero, im- perocché la freschezza de' colori, il loro accordo, la loro naturalezza dopo trecento anni di pugna colla pol- ve, e con ogni strapazzo, fan desiderare che quel modo si richiami oggimai al pi liniero fiorite. 2. Non so con quanta impudenza l' autore delle Memorie per servire alla Storia Letteraria di Sicilia^ e i copisti di lui facciano Anna Fortino discepola della figlia del Novelli. Il mallo, e barbaro pensiero, che una donna non può essere istruita se non da un' altra donna facevagli registrare quella notizia falsa per ogni Iato, di modo che chi non avesse viste le opere di quel- la esimia modellatrice la riporterebbe alla scuola de' natu- ralisti^ della quale in Sicilia fu capo T illustre Novelli. E comechè alcune opere della Fortino in quanto al co- lore sembrano modellate sul Monrealc.se, perchè la pit- tura per tutto il decimosettimo secolo serbava i pre- cetti, e il metodo di lui, nondimeno, sccondochè attc- stano taluni vecchi, che conobbero coloro, i quali furano da Anna ammaestrati nell'aite, essa fin da' primi .in- 44 ... , ni si avvicino al Serpotta: inoltre quasi tutte le opere ultime di lei sono imitate, e sempre guardate negli stucchi del Serpotta. Il quale nel finire della sua car- riera artistica Icvossi a tanta l'ama , e cotanto potea colla opinione, che le Arti dipenderono dal talento di lui. E se non fosse stato dnlla natura fornito di un sen- tire sì retto, e delicato, che lo serbava immune delle stranezze della sua età, Serpotta prevalendo alla spi- rante scuola del Novelli, e trascinato dall' architettura, che tra noi fu la prima a corrompersi delle tre arti sorelle, avrebbe potuto non che accelerare il travia- mento seguito dappoi, ma travolgere le arti belle, e fare in Sicilia, nazione estremamente vivace, ben altri prodigi, che i Cortoneschi, e i Borromineschi, e i Ber- nineschi non fecero nel resto d'Italia. Poste le quali cose,se si esamini appositamente il Serpotta, in lui si troverà il secondo scultore, che abbia finora avuto la Sicilia; ed i veggenti più addentro nelle arti scorgeranno grande somiglianza fra lui, e Canova. Tra tanta furia di azio- ne, tra tanto scontorcimento di membra, tra si strano inviluppo di panni, che a quell'epoca deturpava le ope- re de' migliori artisti, chi non faria le più alle mera- viglie al riposo, alla grazia, alla maestà, alla delica- tezza delle immagini del Siciliano modellatore? Pure il Serpotta è stato finora poco curalo. Le sue belle opere sepolte in mezzo agli stranissimi, e grotteschi ornati de' tempi del seicento non hanno affatto quel lustro, di che son meritevoli. Il Siciliano cieco alle cose peregri- ne, e ignaro delle patrie glorie non le conosce, e lo straniero ributlato dalle incoerenze, e dalle falsila dei luoghi ove stanno, appena le degna di un guardo, e va via. Cenlinaia di artisti, che nacquero al grande^ ma che al grande non giunsero per l'atroce destino delle nostre perpetue miserie, ebbero la sventura di questo grand' uomo! Paolo Giudice. £ Orazione funebre per la nobile donna ^ Eleonora Sia- tella^ Duchessa di Sammartino^ recitata né di lei funerali nella chiesa delle raccomandate in Paler- mo il dì a8 giugno iii38 dai P. Domenico J velia delle scuole pie^ direttore degli studi e maestro dì spirito nel Collegio Carolino Calasanzio , Piegio Rìvisore e componente ordinario aggiunto della Com- missione per le iscrizioni lapidarie — Tipografia del gioroalo letterario uq voi. in \. di pag. i8. Pai. i838. 11 P. Demeoico Avella delie scuole pie abbastanza fra noi conosciuto pe' suoi sacri sermoni, per varie poe- sie elegantemente dettate, per le molte sue iscrizioni la- tine, ha ora posto in luce una orazione da lui recitata ne' solenni funerali celebrali per l* anniversario delia morte di Eleonora Stalclla, duchessa di Sammartino. Il P. Avella in questa Orazione ci dà a divedere la illustre defunta adorna di quelle virtù, che poterono ren- derla cara e pregevole non che ai più stretti congiunti, ma agli estranei. Quella nobile donna ti mostra dagli anni teneri aprir l'aDimo suo ai sentimenti di nostra religione, e senza ostentala seferilà lutti rivolgerli in soccorso ed amore del prossimo. Più tardi te l'addita già fatta moglie , e pronta ad affrontar gravi perigli, armato il pello di maschio ardire, per confortare lo sposo, che collocato in eminente poslo in lem pi diUi- cicili , ebbe bisogno di consiglio e di circospezio- ne per serbare illeso 1' onore e la carica (i). Poco dopo te la propone a modello di filiale aCetto, che Eleonora Slatclla con meraviglia de' più cari amici e parenti ab- bandonò ogni sorte di piaceri e tutta si consacrò ad aU iegerire le angosce della povera genitrice, quando que- (0 Si allude alle vicende politiclic di Sicilia nel 1820, che allora il Du- ca di Summarlino trovayasi lutcìidciitc in Catania. 4^ sia per crudo morbo perde il senno. Ed in fine gii eslre- lui nioijienli ci descrive dell' egregia donna , Ja quale ))rosiesa sul letto di morte , e trambasciata non teme 1' avvicinarsi dell' ora fatale, ma sta piuttosto pensosa per la desoiaxioue in che vede caduta la patria, e perchè già e fuori speranza di poter più sollevare i poveri, a cui lega come segno di ultima carità parte del suo; e così innalza per sé il più bel monumento , che le renderà luni;a fama, e le chiamerà benedizione dai futuri. Questa orazione del p. Domenico Avella è condotta con semplicità e leggiadria, è cosparsa di tenerezza e di aHetto, è fornita di massime scritturali, ed il suo au- tore taluna fiata con somma arte adopera anche scri- Tendo le stesse parole delle sacre carte. In effetti vo- lendo darci ad intendere alla p. 6. che le benedizioni del Cielo erano state per lungo correr di età concesse alla famiglia Statella ^così dice oc Cui la provvidenza >ì superna avea da remotissimi tempi largheggiate le w sue benedizioni e nella rugiada del Cielo e nella pin- M guadine della terra » queste espressioni di rugiada celeste e di pinguedine terrestre adoperate per ségtiare la copia de' beni concessi ad una famiglia da Dio, sono le stesse della Genesi quando ci si rapportano le bene- dizioni date da Isacco a Giacobbe (i). Taluni brani poi della Orazione del p. Avella meritano di venir con plauso qui sotto trascritti, e per la vaghezza del dettalo e per la forza de' concetti. Così alla p. ii quello in cui 1' autore con una delle più belle antitesi ci mette in vista tutte le virtù della illustre defunta, ed ecco le sue parole » fu religiosa, ma senza ipocrisia , grande ma senza alterigia , umile ma senza bassezza , splendida ma senza fasto, compassionevole, officiosa be- nefica, ma senza ostentazione conservò maiserapre il suo pregiato caraltare m. Alla pag. i6 ci fa vivissima pit- (i) De rorc Codi et de piiigiiediiie Icrrac Genesi Gap. XVII. v. 28. 47 tura dello stalo di miseria e dì squallore in che venne questo nostro paese, regnante 1' asiatica lue, epperò pia- cemi anche qui fedelmente rapportare quanto ne dice. » Ahi! patria sventurata! T animo al rimembrarlo si >j raccapriccia, e per lo duol rifugge! Io li vidi nel col- » mo di tua sciagura, e quando un gelido tremore rai M ricercava di una in una le fibre, ecco dicea fra me, >i ecco è dessa la città dominatrice, cui posta in estre- M ma desolazione lamentò Geremia. Non erasi al certo >■> in alcun' altra stagione veduta fra cotanto lutto e spa- M vento r inesorabil morte insultare barbaramente al- » l'angosciosa umanità che derelitta languiva ». Il rav- vicinamento artificiosissimo che fa qui il p. Avella tra due idee di per loro medesime lontaaissime, qual è l'an- tica profezia di Geremia per la distruzione di Geroso- lima, e le stragi arrecateci dal cholera, è un tratto as- sai felice, e da oratore eccellente. Intanto per non parere parziali lodatori di questa ora- zione, vogliamo notare esserci qualche volta imbattuti in alcune spressioni o metafore forse un po' troppo ardite, le quali non trascriviamo per isfuggire ad ogni co- sto la taccia di pedanteria, che potrebbe venirci data. D' altronde poi i piccoli nei non offendono mai un bel viso, e noi che ci siamo fatti con molta attenzione a leg- gere r orazione del p. Avella , la reputiamo per ogni verso bellissima, e degna di esser proposta a modello in tal genere di scrittura. A questa orazione sieguono cinque iscrizioni latine del bar. Vincenzo Morlillaro, vergale in onore della stessa Duchessa di Sammartino. Il p. Avella ed il Morlillaro congiunti ab antico con legami dolci strettissimi di fralernale e non mai interrotta amicizia, hanno voluto anche ora comparire assieme nel pietoso ufficio di lodare un' illustre defunta. Le cennate iscrizioni hanno mollo sapore di buona latinità, e noi mentre di tutto cuore ne diamo lode a ■48 . r autore, crediamo far cosa a lui gradita, ed ai nostri iettori^iiportando la penultima di esse, la quale sembraci più commendevole e pel concetto che racchiude, e per la eleganza e la semplicità delle forme: RELIGIONEM. COLUIT SOGIASQUE. VIRTUTES AC. UT. AB. ALIIS. COLERENTUR ADLABORAVIT Salvatore Costanzo. Elogio storico del Tenente Generale Francesco M. Milano Duca di Santo Paolo per Nicolò Candia ' canonico della Cattedrale di J'aranto — Napoli ti- pografia San Giacomo i838. un voi. in 8. di p. gS. In questo giornale si tornerà sempre a parlare con amore e con riverenza del canonico Nicolò Candia tanto per lui, eh' è fiore di ogni virili, quanto perchè il suo uome andrà sempre congiunto a quello di Monsignor Ca- pecelatro, che vivrà eternamente nei cuori di tutti co- loro che amano ed ameranno 1' umanità e la patria. Il Candia fu segretario, allievo, amico di quel som- mo Arcivescovo, e torna caro il pensare cora' egli due volle che abbia dato al pubblico , dopo la morte del vecchio di Taranto, saggi del suo valore , tulle e due volle ricordi parimente quell* anima generosa e sublime che trapassò; poiché il primo libro contiene l' elogio di lui, e questo che oggi annunziamo è dedicato alla sua sacra memoria. Benedetto il Candia le mille volte! Queslo nuovo elogio ricorda le virili domestiche e cit- tadine di un bravo militare , appartenente ad una co- spicua famiglia, feconda di uomini insigni, fra cui no- mineremo parlicolarmenle il Conte Giuseppe Milano , 49 uno degl' ingegni più forti che onorino Napoli a' giorni nostri, e decorino le scienze della natura. 11 Tenente Generale , di cui il Candia imprende a narrare la vita, fu uomo probissimo, filantropo, religioso, buon militare, culture non che delle fisiche e malemati' che discipline, ma anche delle buone lettere, amando a preferenza la musica e la poesia; in modo che di que- st' ultima erasi talmente invaghito che indusse il padre ad istituire un'Accademia in Polistena, a cui diede no- me dei Placidi. Passò per tutti i gradi della milizia ; sostenue con molto zelo diflicili incarichi; eletto Governatore di Gaeta e Tenente Generale, fu insignito commeddatore dell'or- dine di San Ferdinando; finalmente giunta 1' ultima sua ora, s' infermò a Gaeta, e nel giugno di questo anno in Napoli trapassava. Questa è in iscorcio la prima parte della vita del Ge- nerale Milano descritta dall'egregio canonico. Nella seconda si studia l'autore a mostrare il defunto fregiato^ com'ei dice, f/e/ lauro dei (lotti. \ì^ sebbene questa sia una parte ben dinìcilo a sostenersi, poiché in fama, non dico di vero sa|)iente, ma di semplice dotto, non si giunge che a passi lenti, e con grandi sudori, e gran- dissimo stento, poiché le picciole cose non han mai por- talo a quest'arduo fine; pure il Candia si è destreggiato in modo, che, senza tradire la verità, iia presentato il suo INIilano, se non dotto e sapiente, che noi fu mai, uo- mo culto certamente. Quello però che noi, per amore di questa medesima verità, non possiamo tacere si è che l' illustre estinto non JU Miai poeta; ne i sonetti che riferisce il Candia son tali da raccomandarlo ai posteri, e da fargli cingere le ono- rate tempia della poetica fronda. !NJa, checché sia di tutto ciò, egli è certo che il Can- dia ribocca in questa scrittura, come in ogni altra, di alletto, di nobili sentimenti, e di quel candore eh' è sì proprio delia bellissima anima sua. M. 4 5o In morte di Mariano Minneci — Versi di Michele Minneci — Palermo stamperia Console i838, Mariano Miimeci fu vittima del cholera. Il giovane figlio imprende io questi versi a descrivere le paterne virtù. In essi scorgesi un tenero sentimento misto ad un santissimo afl'etto verso cui dev' egli lavila: perlochè merita tanto per la bontà de' suoi versi , quanto pel suo nobile e virtuoso sentire particolare ricordo. Egli ha uno stile ed un verseggiare vibrato, e fortemente animato; ma vi sparge spesso delle fosche tinte, pro- prie degli scrittori del nord. Neil' insieme però leggia- dro e ben condotto è il suo componimento ; il quale mostra da se medesimo di aver 1' autore familiari i canti di Ossian , le lettere dell' Ortis, e i Sepolcri del Pin- demonte e del foscolo ; poiché vari pensieri di questi gli ha riportali nelle sue pagine : bello fra gli altri ci è sembrato quello dell' Ortis, cioè che in questa gran valle t umana specie nasce vive muore si riproduce , si affanna^ e poi torna a morire senza saper come ne perchè. Tenera ed affèUuosa, non che facile e gentile, ci è sembrata quella canzone posta dal poeta in bocca della sorella, la quale suU' urna dell' estinto genitore al suo- no dell' arpa scioglie lamentevole canto: Cara speme ove sei ita ? Lieto sogno ove sei tu ? Ogni gioia è già fuggila, Con te, padre, non son più.— Era notte, e tcco io sola— E dal letto del dolor, Lo rammento, una parola Mi parlasti, e venne al cor. 5i Parto o Jìglia — ed un addio La tua voce volea dir; Ma noi disse — e sol ne uscio Languidissimo un sospir. Ah ! ti veggo!.,. — alma diletta Dove mai rivolgi il piò? Padre amato, arresta, aspetta , Non andar lungi da me ! La tua sposa a trar di pene Vieni, e i figli per pietà: Tu 1' amor, tu sei la spene, Se ci manchi. ...che sarà! Il duol nostro, il pianto amaro. Ti commuova, e il mio pregar: Torna o padre, o padre caro Torna i figli a consolar. Ma non m'odi!.... al pregar mio Non rispondi o genilor ! Ahi t'involi ! e lasci, oh Dio! I tuoi figli nel dolor !.... I quali versi ricordan pure il canto dell' innamorata Sulraalla uel poema di Teraora del celtico poeta (can- to IV). Per le quali cose conoscendo noi bene il valore del giovine autore, e come potrebbe avanzarsi sempre in meglio, battendo il sentiero, quello che non potrà mai venir meno, e che fu dai classici indicato, desideriamo sinceramente ch'egli si abbandoni in avvenire alla sola propria ispirazione; poiché sì facendo darà ai suoi compo- uimeuli più vigore, ed una fisonomia più originale. F. D. B. 52 . Cenno sulV attuale eruzione dell' etna letto alla Real presenza di Ferdinando II. nostro augusto Monarca -— dal professore Carlo Gemmellaro — Catauia per Pietro GiunUni j838, L' Etna il più vetusto fra i vulcani del globo, ed il più famoso, per la greca mitologia, e per gli svariati feno- meni che presenta, è stato sempre oggetto delle osserva- zioni e delle indagini più minute dei nazionali e stra- nieri naturalisti più celebri. » Vecchio e famoso vulcano, dice l'A., che rammenta i favolosi tempi mitologici; i ro- vesciati e sepolti Enceladi; la stabilita fucina di Vul- cano; gli accesi pini e di perenne fuoco brugiauti della desolata Cerere che va in cerca della rapita Proserpina; rammenta le oscure epoche istoriche, quando impauriti i Sicani da' suoi fuochi devastaturi abbandonarono il lito orientale di Sicilia. Vecchio vulcano, che ha veduto oc- cupar le sue falde amenissime e ridenti da' Sicoli , e dalle calcidesi Colonie; ed è stato per lunga serie di an- ni'spettatore dei contrastati suoi terreni da' Greci, da* Cartaginesi, da' Romani, e nel progresso de' tempi dal- l' impero greco e dai Saraceni, sino alle assodate sici- liane dinastie; ed ei signoreggia sopra le nettuniche mon- tagne, tra i feraci terreni di questa felice parte dei do- mini dC Ferdinando II. ( pag. i3)». Il Gemmellaro ha saputo, da quel sommo maestro che egli è, con brevità e chiarezza mostrarci gli effetti del- l' ultima eruzione dell' Etna, e corredare il suo lavoro di savie riflessioni e dottrine. Egli ci dà la topografia del Vulcano narrandoci la storia degli avvenimenti e dei fenomeni cagionati dalle diverse eruzioni avvenuto nel passato secolo, e ne analizza le vomitate materie, ra- gionandone con giudizio, erudizione, sapienza. Insomma il nostro A. io poche pagine «saurisce mirabilmente il suo subbielto. F. B. 53 L' INNAMORATA DEL SoLE Iscrizioni di Luigi Mazzi Sono ornai cinque anni, che morì a Parigi una gio- vine d'illustre casato, molto avvenente e graziosa, che per alienazione mentale durò lungo tempo innamorata del Sole. La sì delicata fattura di quell'anima andò sog- getta a questa sola alterazione , a questa sola innocua follia. Era slata mandata a Montmartre nel celebre ospizio del dottor Bianche sanatore indefesso d' ogni sorla de- menze^ il quale cura gì' inferrai colla dolcezza co buoni trattamenti co' diporti e la libertà, a ritroso di chi si affida guarirgli con ceppi e sferzate, colle docciature, la carcere e la miseria. E il non esser guarita la suddetta donzella non istenua già 1' importanza della benemerita filantropia di quel rinomato ; questo anzi caso singola- rissimo l'aumenta dando giusta cagione a congettura che con r opposto metodo in cambio di viver dieci anni sa- rebbe morta nel primo. Il fatto parve degno di com" memorazione e fu riferito ne' giornali francesi di quel tempo. E comecché 1' argomento d' uno spirito, da cui fé' devorzio la consueta umana ragione, potesse per avven- tura sembrar disprezzabile a chi va superbo di possederla o per lo meno parer frivolo e inetto a far nascere dolci moti in un cuore, specialmente coll'ufficio di brevi iscri^ zioni, non ostante per geniale esercizio mi piacque tea" tarlo colle seguenti: I. A NINETTA DELILLE IN PRIMAVERA DEL MDCCCXXllt VAGHEGGIANDO LA FACCIA DEL SOLE SI CHIUSE LA. MENTE PER LE COSE TERRESTRI E VISSE DI LUI SPASIMATA FIMO all' estremo SOSPIRO OH INASPETTABILE AMORE OH SUBLIME DEMENZA 54 2. GIOVINEZZA VENTENNE SOLEGCIANTE CHIOMA. PUPILLA SORRISO INVOLATORE DE QUORI soavità' d' INGEGNO DI VOCE DI virtù' DI MANIERE TUTTO ERA IN LEI VERAMENTE COSA DI CIELO 3. DATE LAGRIME A CHI NELLA TERRA AFFIGGE I DESIRI NON A COSTEI CHE L ANIMA INONDATA DI LUCE SIN LA DOVE FORSE TIEN SUO TRONO L ONNIPOTENTE CON ISLANCIO IGNOTO FIN QUI s' INALTISSIMA 4. QUANDO IN MIRARLO CON OCCHI PRIMAVOLTA AMOROSI UN NUVILETTO LO RICOVERSE PARVE A LEI CORTESIA SQUISITA D AMANTE CHE TEMÈ DI ABBAGLIARE COLL IMMENSO SPLENDORE LA SUA DILETTA 5. NEL CARO ENTUSIASMO CHE TUTTA L* IMMORTALITÀ* LE INVESTITA NULLA D UMANO LASCIANDOLE FUOR LE PACIFICHE MEMBRA E I TENERISSIMI ACCENTI GIOIVA NEL CREDERSI RIAMATA QUANTO ERA AMANTE 55 6. A POETI E ARMONISTI CHIEDEVA CANTICI E NOTE CON CUI SALUTAVA IL SOLE NASCENTE COME GLI AUGELLI PAIONO SALUTARLO COL CANTO LE ACQUE COL MORMORIO COLLE FRAGANZE IL GESMINO LA VIOLA LA ROSA 7- A SOL RIMEMBRARLE CHE IL SUO SPOSO IMMORTALE FEA BIONDE LE SPIGHE SAPOROSE LE ERBE MATURE QUELL UVE RUBICONDI QUEI POMI ALLORA SOLAMENTE PRENDEVA CIBO E BEVANNA 8. IN CONCAVO SPECCHIO FACEA TESORO DE RAGGI CHE LO INDIADEMANO E ALLA SURGENTE FIAMMELLA INVASA DI GIUBILO TUTTI CHIAMAVA A MIRARE IL PRONUBO BACIO DEL SUO DILETTO 9- SOVRA OGNI RICCHEZZA TENEA CARO IL CRISTALLO RIFLETTENTE L IMMAGINE DEL SUO BENE GLI RAGIONAVA DA PRESSO I più' TENERI AFFETTI SERRAVALO AL QUORE E MILLE BACI v' IMPRIMEVA OGNI DI 56 10. IDOLEGGIANDO NEL VETRO SUA RARA VENTURA CADUTOLE A TERRA FU PER MORIRNE POI VISTE NE FRAMMENTI LE COPIE dell' ADORATO SEMBIANTE RIVENNE E STIMOLLI PREZIOSISSIME DONORA II. VlAVA COL GUARDO PEL FIRMAMENTO COME IN TEMPIO E PALAGIO DEL FIAMMANTE SUO SPOSO OVE GLI ASTRI ERAN GLI UOMINI IN TERRA FAMOSI DA LUI CHIAMATI APPO MORTE A SCINTILLAR COLASSu' 12. GODEVA SPONSALMENTE ADORNARSI d' alba SERICA VESTE SFOLGOREGGIANTE DE PIU' VAGHI LAPILLI PER ESSERE OGNI MANE SOLLECITA all' ARRIVATA DEL SUO FEDELE l3. negli estivi ardori schermo non voleva ne rezzo mostrandole il quore amoroso rusticità' ingratitudine respingere o attenuare l emanazione del vitale suo fuoco i4. assisa sovente": su florido collicello vestito della bionda luce segni dei dodici alberghi e nobili altre celestialita' in agopintura vaghissima elaborava i5 QUANDO IL GRAN LUMINARE COMPIEVA IL TRAMONTO BELLE BRACCIA FEA CROCE SUL PETTO E IN MISTICO TUONO SOAVEMENTE DICENDOGLI ASPETTAMI ASPETTAMI BATTA IN CELLA CHIUDEVASI A PREVENIRE LO SPOSO l6. APPARSI IN CIELO Piu' SOLI ATTONITA ESTATICA CERCAVA INREQUÌetA IL SUO VERO E SOLO ACCHETOLLE I SUSSULTI dell' ANIMA IMITATO ARTIFIZIO CHE A LEI DISASCOSE LA CAGION DEL FENOMENO CREDETTE RIVALE UN AEREA NOCCHIERA POI RAVVEDUTANE TENERISSIMA EPISTOLA CHIUSA COI» LO STEMMA DEL SUO DIVINO A QUELLA PER LUI CO più' KUOVI SOSPIRI RACCOMANDÒ 57 58 i8. il di che mirollo haggiante d iridata corona parsole annunzio d' OLIMPICA FESTA SOLENNE PER LE BRAMATE NOZZE IN MILLE GUISE MOSTRAVA . ANGUSTO IL CORE A TANTO CONTENTO NON VrVEA LA INNOCENTE CHE PER VEDERLO IL GIORNO ASPETTARLO LA NOTTE CANTARLO A PRIMAVERA NELLA STATE AMMIRARLO BENEDIRLO IN AUTUNNO DI VERNO COMPIANGERLO AMARLO A TUTTE VISCERE SEMPRE 20. IN SI DOLCE DELIRIO IN ESTASI COSÌ AMABILE ERA LA CREDUTA MISERA GRANDIOSAMENTE FELICE E I VANI RIMEDI INSEGNARONO CHE ESTREMA SVENTURA E FELICITA' SDEGNOSE TERRIBILI TRIONFANO QUALUNQUE POTENZA ai. ERA FELICE NINETTA AMAVA IL SIRE DEGLI ASTRI SI TENEVA LA SUA FIDANZATA IN LUI COME AQUILA POTEA FISSAR LE PUPILLE MA NINETTA ERA TERRESTRE E NIUNA quaggiù' CONTENTEZZA INTERA O DUREVOLE STA 59 22. SE AMORE E DEMENZA VANNO SPESSO CONSORTI E FARFALLA ANELANTE ALLA FIACCOLA * IVI S' ABBRUCIA AH FORSE LE GIOVINETTE APPRENDERANNO PERIGLIO A TROPPO ALTO SEGNO ESTOLLERE IL CyORE 23. L ECCELSA A MATRICE IL XVII DI LUG. MDCCCXXXIIl NELL ORA D ECCLISSE IGNARA OVE ANDATO E s' EI TORNEREBBE LO CHIAMAVA AHI LASSA CON INFOCATI SOSPIRI DI GELOSA PIETOSA DISPERAZIONE MANCAVA UN ISTANTE A RICOMPARIRE EI RICOMPARVE NINETTA ERA MORTA 24. SU QUEST OBELISCO SON LE CENERI DI NINETTA DELILLE PER ASTRAZIONE DI MENTE DUE LUSTRI INNAMORATA DEL SOLE CHE FUR DEGNE RESTAR SOPRATTERRA QUI FRA I CIRCOSTANTI ELITROPI DOV EI DARDA SUOI RAGGI INNO A SOFIA Del Cav. Salvatore Scuderi i Ispiratrice di sublimi affetti, 1 Onde all' alta si eleva indol divina ) Quasi un mortai, di puri almi diletti \ Prima fonte, se a te di peregrina i Lode fu il canto largitor, che fca \ Un di d' Ascra echeggiar l' erta collina, 6o Questa ancor non t' incresca, eccelsa lieti f Lode, che indirizzarti io tento appena, 10 cui fausta non s])ira aura febea. Tu che pria 1' acre sguardo alla terrena Mole volgendo, i vari obbietti esplori, E gli arcani portenti ond' ella è piena^ Che scopri, e fai visibili i tesori Occulti di natura, e la sorprendi Ov' ella i suoi nasconde ardui lavori, foscia animosa un voi rapido prendi, I del èiel sugli azzurri immensi campi Alteramente a contemplarli ascendi. Ivi come di luce i vivi lampi Folgoreggia del sol, come ogni stella Di fulgido splendore adorna avvampi^ Come il turbin si svegli, e la procella, E con quale armonia tutto il creato Le sue leggi conserva, e rinnovella Indaghi, e scerni. A te sovente è dato Ire innanzi al fiifuro, e con ardita Man la tremenda aprire urna del fato. Pur, mentre scorgi ognor 1' umana vita Ad infausti soggetta aspri destini. Timida non ti arretri, e sbigottita. Ma intrepida in te stessa oltre cammini E per profondi abbissi, e balze orrende 11 pie dal tuo sentier giammai dechini. Quindi fermo cotanto animo prende Teco ognun , che con saldo immoto viso Tutti a compire i suoi doveri intende. Quindi un tuo solo accento, un tuo sorriso Bacconsola i mortali, e loro ispira Dolce soavità di paradiso. Fagge, né a te venirne osa la dira Parca, rea fabbra di sciagure estreme, Perchè infranti i suoi dardi a un punto mira< E tu, come colui, che quando freme II mar dai venti sollevalo, e slansi Salvo ei sul lido, il guarda, e nulla il tcmcj Così sul nembo che imperversa abbassi Le serene pupille, e la furente Ira ne guardi impex'turbata, e passi. Forte invitta favelli, ed il possente Tuo linguaggio in udir 1' uom dal diletto, Che Io invoglia a virtù, rapir si sente. Sì, de' tuoi vanti il primo egli è nel petto Uman la sfolgorante accender face, Che d' ogni saggio, onesto, ed alto affetto Serbi l'ardore. E a te comj)orre in pace Uop' è le genti, A te le lor si adilicc Brame a gloria drizzar pura, e verace. Fa tu sul mondo dominar vittricc La ragion, che con tempre eque e benigne Sia dell' util comuii promovitncc. 6[ Rendi saldo quel nodo aureo, che strigne Il ben (li ognuno al ben di tutti. Ai vero Fin dell' ordin civil così si attigue. Acuto allora aflìnasi il pensiero Ciò che più giova rintracciando. Allora Mirabil frutto se ne coglie, e intero. E già oTunque stupendi opransi ognora Prodigi, e molte vie s" aproii di grandi Ritrovamenti incogniti tinora. Già tu le forze vaporose espandi, E sulle stupefatte onde marine 11 pino a sorvolar celere mandi Pei chimico fornel tu con le line Arti la grave salma alzi mortale Sin r etereo a toccar sommo confine. Forse avverrà che un di con docili ale Spiegandosi tal volo, avrassi ingente Giovamento da questo, e un ben reale. Più non scorron per te penose, e lente L'ore: tu già sui solidi metalli Sospingendo la rapida corrente Ruota per ampie arene, ed ime valli, Per alpestri dirupi, e densi sassi Apri agevole varco a brevi calli. Ma sempre il vero, o Diva, omaggio fassi A te dovunque ? Al fin, cui tu sci volta, Sempre da tutti i tuoi seguaci vassi ? Nessuna a te ricchezza ha giammai tolta L' audace error ? Recato offesa alcuna Mai ti ha la dotta tracotanza stolta 2 Qual dell' uman sapere è la fortuna In man di chi le carte empie di fole, O tetra oscurità sovr' esse aduna ? pi originale ingegno il vanto vuole Talun, cui fa mestier che senno pigli, E che ritorni a frequentar le scuole. Par che una strana illusion scompigli GÌ' intelletti oggidì. Par che sedotto Al falso perchè nuovo ognun si appigli. Par che assai lievemente ognuno indotto Vane larve, e chimere a carpir sia, Onde la fama conseguir di dotto. Jnesplicabil quasi una malia Pi un dottrinai fa pompa alto progresso , Che gli spirti raen ferrai adesca, e svia. Scisso giacesi intanto, e svolto il nesso Di quel vero, onde fer gli scopritori Suoi primi un ammirabile complesso. Senza norma, e ritegno i novatori Tante scienze architettando vanno Quanti sono i lor capi, e i loro umori. Al poetico bello assalto danno, £ dai covili boreali a stuolo Sbucar l' èmuri, streghe, e mostri fanno A riempir d't lai, di nubi, e duolo Il vago italo ciel, mentre abbuiato L'orrido romorcggia artico polo. Cosi da lor deriso, e calpestato E tutto quanto ognor formò le raic Delizie de' viventi, e l' anelato Giorno attendono altin, che al suol mirare Tra la polve giacenti, e le rovine Dovran de' prischi sofi i templi, e l'are D' aspri sterpi coverti, e d' irte spine. jinnunzio di una nuova edizione delle opere di Gio- vanni Meli. Se santa e geoerosa sia 1' opera alla quale Michele Boberti, tipografo palermitaao, tutto dì si travaglia per portare a compimento la quarta edizione , la più com- pleta ed elegante che può, delle opere di Giovanni Meli, gli stranieri amatori della bella letteratura, e più ogni ben nato siciliano abbastanza lo sentono; onde noi nell'an- Duuziarla l'incoraggiamo nella bella impresa, sincera lode tributandogli. Riescono opportune le cose del Meli, in tempi specialmente che giova sempre più tener desto l'amor na- zionale. Riunire tulle insieme le poesie e le prose già dal- l'autore pubblicate, le cose postume e quelle sparse in giornali e in periodici fogli, e qualche componimento ine- dito sì bene, a raffronto della buccolica allogar la tradu- zione latina del Raimondi, a fronte di talune anacreon- tiche quella greca di monsignor Crispi , ornar la edizione e del ritratto del poeta delineato da Salvatore Lo Forte, inciso dal Wancher, e di un apposito elogio, e di una picciola grammatica siciliana che, le differenze dalla ita- liana notando e talune particolari norme fermando, faci- liti r intelligenza del siciliano linguaggio agli stranieri , Dou che di un dizionarietto in line che tutte le .voci e i modi oscuri rischiari, e trovando X equivalente espres- sione italiana, o quanto più e si può cercando di mo- strarne lo spirito, è tutto ciò che immaginò promise ed ollerià il suddetto editore. E in fatto , avendo propo- 63 slo di pubblicar l'opera in tre fascicoli, parte delle poesie han veduta la luce, e la edizione noo andrà guari sarà compiuta. Particolarmente ci piace riflettere che giu- dizioso peusameuto fu quello di levare di sotto ai testo le annotazioni, e a modo di dizionario ricoglierle, per- ciocché elle sarebbero stale contrarie alia nitidezza dell' o- pera, inutili a' nazionali, non comode a' forastieri non potendo, iterarsi lo schiarimento ogni Hata che la voce, o maniera oscura dall' autore si replicava. Noi intanto, perchè meglio si diffonda la conoscenza dell'ingegno e del cuore di Giovanni Meli tra gli stranieri, che lo de- siderano, abbiam riportato in queste pagine l'elogio che da uno dei più valenti collaboratori delle Effemeridi se ne è oggi a bella posta scritto, onde onorare sempre più il nostro insigne poeta. Bigattiera Uabilitu dal barone Sciacca nella Scala di Patti. Il barone Emmanuele Sciacca da Patti, uomo fornito di buon sapere, amantissimo della patria prosperità , e della industria del suo paese, intende continuamente a dar prova col fallo di questa sua bella ed ammirevole disposizione. Kicco possessore di un villaggio che s' in- lilola dalla Scala di Patti ha quivi introdotte molte pratiche agrarie, e vantaggiando sé slesso ha cercato di far vivere e rendere doviziosa lulla la povera gente che ivi abita. Fra le altre cose, lenendosi egli alla eslesa cul- tura che si fa de' bachi da seta in lullu il Yaldcmone, ha volto r animo alla migliore educazione di questa prezio- sissima larva; che a dir vero ioiperfcUo è fra noi il me- todo di allevarla e crescerla. Ond'egli j)er oUenerne pieno il successo ha con molto senno cominciate le sue ope- razioni dal locale in cui desse denno compiutamente aver luogo. Di modo che in silo elevalo e battuto da tutti i venti ha già fatto costruire nella sua Scala una bigat- tiera secondo le più noie e plaudite norme de' classici ^4 . ngronoml sulla materia. È dessa bellissima a vedersi, e a prima vista t' inoaroora e li alletta. Lunga 174 P^'' mi della nostra misura, e larga 36, offre ventiquattro a- |)trture risultanti da la balconi e da altrettante finestre. Undici ventilatori a rincontro clie sono nella tettoia ser- vono alla rinnovazione dell' aria tosto che il bisogno lo esipe. Oltre alla stufa centrale sono all' interno 8 cam- mini laterali, e da quattro palmi fra loro tre registri di n palmi per ognuno, i quali possono a un dipresso con- tenere un 3oo graticci. Non manca di Termometri e di Barometri, e pensa munirla al pari d' Igrometri: of- fre nel primo piano diversi magazzini fra quali anche quello per riposlare la fronda de' gelsi ; ha compagne di lato una stanza ben grande così delta camera calda necessaria allo scavamento del seme de' bachi , ed un' altra pel setificio cosi detto di organzini; non manca in somma di nulla , e non ha il filantropo possessore ri- sparmiata spesa che all' uopo utilmente e con molto lusso conduca. La sua bigattiera riscuote elogi da chi la osserva, e tulli t culti viaggiatori che passano per quel distretto vanno a visitare lo stabilimento dello Salacca, e ne ri- mangono compiaciuti ad un tempo e maravigliati. Noi quindi non possiamo che laudare il brav' uomo della sua nobile impresa, e far voti ond'egli perfezioni l'ope- ra sua con la costruzione degli Orsòs e con istallarvi i telai pei drappi da seta: e sì facendo avrà insieme al miglioramento delle sue cose le benedizioni comuni, come generoso ed utile cittadino. Qui intanto ne lorna caro il soggiungere eh' egli a far progredire sempre più questo ramo d' industria nel suo villaggio , sì che ammaestra- n)ento e lucro ne torni a tutto il distretto, a' libri sulla materia acquistati finora de' nuovi ognora ne aggiunge, e tutti classici e scelli. E perciò che riguarda la pra- tica della bigatlica duolsi amaramente che per questo anno non abbia potuto avere un ottimo Direttore stra- niero che farà venire da fuori , e che pel venturo rac- colto certamente si avrà. Possa 1' cseu)pio di lui trovare imitatori! EFFEMERIDI SCIENTIFICHE E LETTERARIE PER LA SICILIA louvi». o« — Twovemuie /ooo PROSPETTO DELLE SCIENZE, E DELLA LETTERATURA. DEL SECOLO DECIMONONO IJf SICILIA. CAPITOLO V. Scienze mediche PARTE p r'ói a ±Ja\V ÌDizio al trentesimosettìmo anno del secolo riandar senza menda, e con la certezza di non offendere alcuno, lo stato della nostra medica civiltà , 1* è cosa ed ardua pel soggetto e un po' difficile per i tempi : che mente elevata a vastità di tema fa d' uopo, e la verità nuda e sciolta dalla prepotenza dell' amor proprio dee nel suo bello aspetto mostrarsi, ciò che per V uu verso e per l'al- tro non sarà così tosto asseguito. Pur nuUadimeno do- vendo sul proposito trattarsi la penna, vuoisi primamente qui dire che quegli il quale e mezzo dotto degli uomini e dei tempi in cui scrive, non dee far cosa die a quegli spiaccia ed a questi affatto disdica. E con tali principi, che da ora son capo dei nostri giudizi, intendiamo non passarcela della verità, o nar- 5o rare degli uomini e delle cose con rettitudine d* animo e con critica riposata che di onesto scrittore son proprie. Sarà quindi detto per modo, che se altrove, quanto alle scienze mediche , sonosi gli Europei mirabilmente giovati dei lumi del secolo, Sicilia in così nobile arin- go non compaia da sezzo, che laboriosi in lutti i tem- pi stati sono i Medici siciliani, e perspicaci , e istruiti. In ordine al nostro scritto verranno i' un dopo 1' al- tro tanti articoli ben divisi quanti del medico sapere sono i rami diversi. Saranno in simil guisa più meto- dicamente le materie trattate e lungi le mila miglia da quella confusione d' individui e di obbietti per la quale taluni Prospetti sonosi già resi poco soddisfacenti e stuc- chevoli: si vedranno insomma non di qua e di là, ne quasi a salti, ricordati per singolo gli Scrittori; anzi ogni cosa ben allogata al suo posto, compirà meglio un tutto re- golare, uniforme ai voti del nostro rispettabile amico Fer- dinando Malvica, cui molto deve ogni buon Siciliano e per lo amore immenso ch'ei nutre a veder in ogni ra- mo di scienze lettere arti ed industria sovranamente fio- rire questo suolo ubertoso, e per 1' opera degna che ha fatto nel continuare a sue spese la nostra Storia lettera- ria del secolo XIX, dopo la cominciata e compiuta del secolo precedente dall' illustre Domenico Scinà. ARTICOLO PRIMO Chimica {i). Se per poco volgeremo attento uno sguardo al secolo XVIIP. resteremo ben persuasi come Giovanni Meli , (i) Sarà da noi trattata nei vari suoi rami sia che direttamente o no ab- biano rapporto con le mediche discipline^ poiché oggi la chimica è riguar- data parte precipua della storia naturale, da cui sarebbe stoltezza il separare la medicina. Per altro dai rami istessi della chimica ai quali vorrebbcii non ligia la medicina, e ormai provato dalla esperienza cavar questa non poche volte i suoi significanti e particolari profitti , siccome vedremo nel corso dell' op«ra nostra. 5i cui per compenso di dolcissima vena erasi data la eal- tedra di chimica oella Uni versila di Palermo, sia stalo primo fra noi ad arricchirsi delle migliori opere fran- ce»i ed a stenebrare con esse la scienza dal galenismo e dalle delirine del Crawford, nelle quali miseraraenle giaceva. E checche ne sia del Chiarelli» o d'ambo i La Pira padre e figlio, e del Mirone medesimo, dei quali con meritati onori giustamente dice nel suo Prospetto Scinà , è fuori dubbio dovuto sempre al Meli lo aver egli dirizzati nella scienza i giovani siciliani, e lo aver così aperta la strada al miglior iosegoameuto della ik- coltà che davvero si proponea scrivendovi su di continuo e sperando un giorno di felicemente arrivarvi, siccome può rilevarsi dai suoi MM. SS. che son tuttora con di- ligenza custoditi dal nostro benemerito letterato sig. Ago- stino Gallo. Al Meli dunque siamo noi debitori del nou più essere stata in Sicilia la chimica patrimonio esclu- sivo e misterioso di pochi cultori che subbietlo uè fe- cero di commercio e di private speculazioni. E mano mano poi diffusa per l' isola ebbe ella a se tanti buoni ingegni attirati che ora, per tempi e circostanze migliori di quelle in cui visse il Padre della poesia siciliana , a vantaggio comune è nei vari suoi rami stupendamente no- bilitata ed estesa, anche le osservazioni dei più famosi chimici stranieri corregendosi , e talvolta su le di lei basi nuovi sistemi particolari di medicina innalzandosi. Che se di tulli i chimici siciliani qui si volesse alla spicciolata dar conto, non basterebbero carta ed inchio- stro: tanti ne abbiamo che cosi bene intendono nella scienza. Sol diremo che fra quegli i quali non sonosi ancora fatti conoscere per la stampa e godono intanto fama di buoni, debbono annoverarsi Vincenzo Canzoneri, Isidoro Scoma, Ottavio Villanie, Giuseppe Nobile, Vin- cenzo Monleforle e Giambatlisla Cangemi da Palermo, Angelo Sangiorgi da Morreale, Michelangelo Grazia da Calalafimi, Francesco Balera da Vicari, Giuseppe To- Sa lorael da Trapani, Saverio Olivcri da Naso, Luigi Fran- china e Francesco Raimondi da Ucria, Andrea Campisi da Monlalbano, Antonio Giamboi da Messina, Tonàmaso Ciraulo da Randazzo, Alfio Campisi da Militello Val di Nòto, ed altri mille che sarebbe nojoso qui filfilo ad- ditare. Chimica filosofica — Ma della chimica filosofica que- gli i quali hanno contribuito molto ai progressi le due scuole di Catania e di Palermo illustrando, sono per vero dire Carmelo Maravigna ed Antonino Puritano da Ler- cara de' Freddi. Prima però che si dica di essi, ci sia dato di ricordare Gioacchino Arrosto da Messina come quegli per di cui senno fu nel 1802 aperta ivi una scuola di chimica filosofica, nella quale sì egregiamente diresse gli allievi e così bene sperimentò il galvanismo su' corpi della natura, che in quell' epoca di entusiasmo universo per la scoperta di Galvani, qual una delle ire Società galvaniche di Europa fu l' Accademia Ptloritana digni- tosamente salutata dagli stranieri (i). Maravigna ed il Furitano che dotati erano di genio e d' ingegno, ordinatamente in questo frattempo, ed in età posteriore, educavano i siciliani alla scienza. M« quando entrambi conobbero in mezzo ai di costei progredimenti sensibili e generali e fra' non pochi libri elementari che dall'inizio del secolo aveano l'Europa inondata uno più conciso e più atto alla capacità dei discenti esserne in Sicilia pur d' uopo, ad altre imprese voltarono gli ani- mi e di tuttaltri lavori scientifici si occuparono. Così Maravigna, il quale nel i8o5 avea guadagnata al con- corso la cattedra nella Università di Catania, e non mac- chine ritrovatevi, non apparecchi o stromenti, ne dice- vole un gabinetto alle necessarie esperienze , geloso della sua fama e proclive ad un tempo alla gloria di quel celebralo stabilimento, vi ebbe donato il suo fisico- (1) Vedete Libcs Fisica generale e spcriincntalc. Venezia i8oj. 53 chimico gabinello (i), ed inlese la necessilà di leggervi la filosofia chimica del Fourcroy, i cui comenli, da Giu- seppe Mirone pubblicati fin dal 1797 , furono da lui compiuti con altri comenli ed aggiunzioni al terzo vo- lume di quella opera , che ivi appunto stampò l' anno 181 1 in un tomo piccolo in 4"- Contemporanea alla pubblicazione di questo libro fu quella del Trattato del galvanismo e della elettri- cità metallica., dal Maravigna dopo dodici anni prodotto nuovamente a luce in Catania. Scritto a bella posta per i suoi allievi , bisognò nel Trattato il dotto professore far capo dalla storia della scoperta galvanica e dalla teoria del Galvani , il quale ammettendo una elettricità pro/>nVi negli animali, e pa- ragonando il nervo coli' annessovi muscolo ad una bot- tiglia di Leyde, riguardava in conseguenza la superficie interna del muscolo come positivamente elettrizzata , e negativamente la esterna. E poiché le osservazioni in- torno a questa materia venivano di passo crescendo nella colta Europa, così Maravigna , a non lasciarne digiuni gli allievi, con beninteso accorgimento poscia ti dice delle contrarie esperienze di PfafF e di Volta, i quali tenendo i metalli e gli altri conduttori ad elettro-motori, volevano in essi riposta la elettricità; ed il piliere, e lo apparec- chio a corona di tazze., e la teoria di quesl' ultimo Fi- sico italiano analizza. Accenna dopo agli opposti esperi- menti di Galvani e di Aldini falli o con un sol metallo o senza di esso, ed altri non pochi apparecchi descrive allora inventali da Fourcroy e Gay-Lussac , da Pc- pys e Wollaslon. Così procedendo, ben si ravvisa com'e- (2) Ricco di oggetti al sommo utili e necessarie questo gabinetto, |ilaudi(o non poco dai nazionali clic si fanno a visitarlo e dagli stranieri. Altro simile conviene per verità che ne sia nella Università degli studi in Palermo, e lice sperare clic gli attuali componenti la Commessioac di pubblica Istruzione , fra quali lo egregio cav. Tinco clic da Cancelliere di essa ha già spiegata la più ammirevole energia pel bene delle scienze e delle lettere siciliiiuc » vogliano provvedervi secondo il bisogno. ^4 , . - gli ponga la gioventù in uno slato di perfetta conoscenza delle dottrine dei tempi sopra quella interessante scoperta e come a grado la meni a poter un giorno gloriarsi delle medesime. Ma ciò che forma la più essenziale ed utile parte del di lui lavoro, è con eflètto lo esame delle azioni dei fluido elettrico somministrato dagli apparecchi di Volta. Divise queste azioni io ^siologica , in chimica ed in medicinale^ tu non trovi alla prima assegnati se non i fenomeni di contrazione offerti dagli animali o dalle varie lor membra sottomesse alla corrente elettrica degli apparecchi, il sapone acido od alcalino, ed il così detto lampo galvanico'^ laddove alla seconda riporta l'A. i fenomeni della combustione, della decomposizione del- l'acqua degli acidi dei sali; ed alla terza le guarigioni di non poche infermità dell' animale economia. Final- mente ragiona egli della teoria dei pilieri , e dopo di aver esposto quanto all' uopo erasi detto e pensato dagli Autori, si ferma quindi sulla opinione di Volta analiz- zandone il merito e la eccellienza. Però è da riflettere che mentr' egli adotta le idee di questo valentuomo cioè, di doversi al contatto la elettricità dei suoi apparecchi, liberamente soggingne una porzione della elettricità degli elettro-motori venire dalle chimiche azioni che vi succe- dono e specialmente dalla decomposizione dell' acqua e dell'aria, o a meglio dire da una combustione che ivi ha luogo e per cui si sviluppa un elettrico, che unito a quello svolto per contatto, coostituiscono entrambi il poter dei pilieri. Né pago ancora di aver molto giovato agli allievi , comprende il sommo chimico di Catania essere mano mano a tal venuta la scienza per le fatiche d' uomini riputati, da dover egli in modo diverso disporre lo in* segnaraento della sua facoltà, e soprattutto di farla ve- dere, come realmente la era , a doppio filo legala con la mineralogia. Si mette perciò in corrispondenza coi più famosi naturalisti d'Europa; si fa padrone d' una scelta 5S collezione di minerali esotici che attentamente studia con la scorta del Beudant (i), e vedesi poscia la chimica alla medicina applicare alla farmacia ed alla mineralogia (2). E poiché dovea questo libro mirare agli elementi delia chimica inorganica, il suo autore per conseguenza si fa in esso ad esporre, minutamente descrivendole, le varie specie dei minerali tuttequante sieno che si rinvengano nelle regioni del globo, dando loro il nome scientifìco ap-. propriato, e precisandone la formazione , la confìgura- zioue, i caratteri fisici e chimici, gli usi. Dietro di che noi con effetto ignoriamo se rettamente e con imparzia- lità sieno librati i giudizi di quegli i quali non videro per questa opera alcun profitto ritrarre l'Isola nostra (3). E a non patir detrimento l'onor nazionale appo i dotti stra- nieri, sol ci permettiamo qui dire, che se tanta inutilità fu, come vuoisi, prodotta dal che Mara vigna in quella compilazione di caratteri distintivi di un gran numero di minerali non fa menzione di quelli che in Sicilia rinvenir si possono^ e che tanto facilitato avrebbero i giovani Siciliani nello apprendimento della Minera- logia (4)» non è questo un peccalo da imputarsi con tanta franchezza all'Autore. Il suo libro difatti fu stam- pato ad uso della scuola, ed ogni fedel cristiano conosce come nei libri d' instituzione quel tutto debbasi conte- nere che i più inesperti istruisca nelle materie e dirozzi. Fu perciò laudevol consiglio del Professore lo avervi come in un quadro riuniti i caratteri distintivi di tutte le specie minerali onde a tal modo gli allievi , piena la mente di aggiustate notizie, avesser potuto a suo tempo, lasciato il banco delia scuola, applicare diritto T animo (1) Traile de inineralogÌG. (■2) Prime linee di chimica inorganica applicata alla medicina ed alla far. macia ec. Messina per Giuseppe Pappalardo 1826-37-28. Corretta poi qui;- sl' opera ed accresciuta ebbe nel i834 una seconda edii^ionc in Calauiu iu tic voi II mi in-S." (3) Vedete 1' Effemeridi siciliane anno i838. iiuni. j^. pag. i54. (() Elfcmcridi loc. cil. 56 alla esalta conoscenza e più giudiziosa descrizione dei mi- nerali iodigeni di Sicilia, che per altro non sono la dio- mercè minerali diversi dai minerali di tutto il mondo. Furitano da canto suo, tolti a modello i divisamenti di Mojon Davy Morelot e di Thènard , quel libro poi pubblicava (i) che in Italia scritto con molta dottrina e con sufficiente eleganza e chiarezza e non man- cante di nuove vedute che attestano sapere e genio in chi lo compose fu oramai giudicato (a). Pur di ciò non conlento, e come a grado iva nei suoi lumi avanzando ]a scienza, volle poi per gli allievi alcune teorie ricom- porre, miglior metodo alle materie anche dare , e più esalta descrizione tessendone di quella che i chimici suoi contemporanei fatta ne aveano, altro libro stampare (3) in cui non saprebbesi se più il genio al sapere, o que- sto a quello cedesse. Gli è ben vero che oggi in più di due lustri ha la scienza vantaggiati di molto, in parte corretti e smen- titi in parte i giudizi del Furitano; ma non per questo non devesi a lui somma lode impartire, che quando egli scrisse a tal di fatto si era la chimica qual egli appunto la espose. ì^e consentir dobbiamo di buona voglia al parere di Andrea Zinno, Professore nel Liceo di Trapani, il quale mentre dice da un verso che il Furitano confutò la teo- rica di Davy intorno all' attrazione chimica dipendente dall'azione del fluido elettrico, ti soggiugue dall'altro di aver egli diviso questo sentimento, che tutto per ve- rità costituisce il grande dell' opera sua , coi signori (i) Istituto di chimica-farmaceutica del dott. Antonino Puritano Professore interino di chimica nella R. Università degli studi di Palermo. Presso Lo- renzo Dato 1819. volumi due in-8.° (a) Vedete la Biblioteca Italiana Tom, XX. pag. 277. (3) Corso di chimica filosofico-pratica ce. Palermo presso Lorenzo Dato 1828. volumi quattro in-S." ^7 Haily Scinà Lancellotti Pozzi e Mojon (i). Imperoc- ché (per digressione convenevole alla bisogna) riducen- do noi in memoria del Zinoo, e di quanl' altri aves- ser potuto o potessero pari a lui egualmente scrivere e dire, come gli anzidetti Autori quando enunciarono eh? la elettricità è la causa delC attrazione e della repul- sione dei corpi, non intesero affatto iìeW attrazione chi- mica o molecolare, della Jisica piuttosto anziché no , ci sarà di leggieri accordata la conseguenza, che per ciò stesso non si reser eglino piti originali degli scrittori dai quali furono preceduti nel secolo XVIII. od ai quali furon essi contemporanei in quello che corre. Passando però gran differenza tra le due specie di attrazione, e- sercitandosi V una fralle grandi masse dei corpi ed in ragione ai quadrati delle distanze, laddove T altra le mo* lecole integranti di essi corpi riguarda ed è in ragione della loro divisibilità ec, ec; a quest' ultima certamen- te, sulla quale basò il Puritano la sua dottrina correg- gendo quella di Davy, non applicarono la elettricità ne Haiiy, ne Scinà, uè Pozzi, nò Lancellotti o Mojon. Il Fisico siciliano di fatti, a darne prova ai suoi di- scepoli, di esperimenti si serve che nemmanco di volo ricordano 1' affinità chimica esser tutta subordinala al- l'azione del fluido elettrico (2). L' istesso Mojon, per tacere degli altri e non raddop- piare le citazioni senza bisogno, al fluido elettrico, sic- come vorrebbesi, quell' attrazione chimica non ascrive; ina invece alla a Jorza che esiste tra le parti integranti e nelle costituenti ciaschedun corpo in particolare , in virtù della quale si attirano reciprocamente, si uniscono insieme e si mantengono unite finche una forza supe- (i) Lettera da servire di supplemento ai cenni di necrologia biografica io lode del Professore Puritano scritti dallo ab. Einmanuele Vaccaro Segretario del R. Istituto d'Incoraggiamento diretta al Prof. sig. Alessio Scigliani. Sta nel Giornale di scienze lettore ed arti per la Sicilia agosto e settembre i8j7 uum.. 176-77. (2) Vedete Scinà Elementi di Fisica sperimentale. 5« riore non le disgiunga (i). » Da ciò chiaro emerge co- me non persistesse il Puritano nella sentenza medesi- ma dei citati scrittori. Vi è dunque diversità di opi- nione fra r uno e gli altri: e che sia così vediamolo uà po' più netto. Pria di Davy e di Berzelius, forza era parola usata di consenso dai fisici e dai chimici per intendersi fra loro soltanto, ma non per dinotarsi con essa il feno- meno dell' attrazione molecolare. Puritano sostituì a que- sto vocabolo r altro proprietà (2); e combattendo i pen- samenti del Davj, stabilì con effetto due esser le leggi le quali presiedono allo esercizio dell' attrazione mole- colare, cioè: I. ce Quando le molecole dei corpi s' incontrano per ì poli di elettricità contraria: » 3. « E tosto che il contatto di tali molecole cam- bia lo stato del loro elettrico di capacità (3). » Or se tanto non leggesi nelle opere di quei bravi , eoo qual buono accorgimento potè conchiudere il Zinno che se- coloro dividesse Puritano il parere ? £ veggasi appunto in che debba riporsi il grande della teoria elettrica del Puritano. Posava egli a prin- cipio l'attrazione chimica esercitarsi fralle molecole dei corpi, non fra le masse, per mezzo dei conduttori elet- trici e col contatto e a distanze impercettibili delle mo- lecole istesse. In massima quindi elevava queste tre in- teressanti condizioni dipendere: 1 . Dall' ultima divisione meccanica dei corpi perchè ciascuna molecola venga a conlatto di ciascun' altra dis- simile: 3. Da' conduttori elettrici i quali rarefacendo una parte dello elettrico delle molecole di maggior capacità Io trasportano in quelle di minor capacità elettrica: (1) Vedete Mojon Corso analitico di cliiraica. (i) Vcflttc Furitano Corso di chimica liloaolico-pralica voi. I. pag. ^0. (3) Furitano Op. cit. voi. I. pag. 46. e seg. 59 3. Dalla concentrazione onde le molecole si possau mettere in cantatlo od almeno in quelle distanze per le quali rimangano comprese nell'atmosfera elettrica già esistente per l' avveratasi rarefazione dello elettrico di capacità (i). Ma quale tra corpi non pochi della natura ofTrivagli insieme le suddivisate tre condizioni? l'acqua ed il ca- lorico. « Queste due sostanze, opportunamente scriveva il granduomo, dividono le masse in molecole , respiu- gono l'aria d'interposizione fra una molecola e l' altra, la quale aria isolando le molecole dei corpi dissimili impedirebbe lo esercizio dell' attrazione chimica. Dip- più r acqua ed il calorico siccome son buoni condut- tori elettrici, mettono nello stalo di rarefazione una parte dello elettrico che trovasi condensalo nelle molecole di maggior capacità e lo conducono al di fuori; cosi que- ste molecole divengono circondate da una eslesa atmo- sfera elettrica, la quale come incontra le molecole di corpi dissimili e di minore capacità elettrica, in ragione della loro prossimità le attraversa ed alle prime le mette io combinazione (s). m Me che il Puritano si limitasse ai lumi soli della ra- gione, volle anzi darne prova col fatto nel combinarsi che fanno tra loro 1' acido tartarico concreto col carbo- nato di potassa sciolti nell' acqua, il piombo con lo sta- gno per via della fusione, ed in ciò pure che i corpi tutti combustibili immersi alla temperatura ordinaria nel gas ossigene o nell' aria atmosferica non bruciano, a menochè non sia la lor combustione dal calorico soste- nula e protetta (3). Con tali principi un' altra massima sulla maggiore o minor forza dtW attrazione mo/eco/rtre stabilmente lan- civa nella sua teorica il Puritano. « Il calorico libero, (i) Oper, cit. pag. 54- (a) Itì nel voi. 1. pag. 54- e 65. (3) Ivi. 6o egli diceva, penetrando i corpi ne rarefa lo elettrico di capacità in ragion diretta del suo grado ed in ragione inversa dello slato di condensazione in cui l'elettrico si ritrova nei corpi: 1' elettrico come si va rarefacendo ma- nifesta la sua elBcacia sino ad un certo limite, dal qual punto in poi essa decresce in ragione delia sua maggior estensione. Per questa proprietà il calorico libero cam- bia in alcuni corpi le fòrze dell' attrazione chimica, on- de in alcuni tali forze per esso si diminuiscono, ed in altri si accrescono (i). >> £ gli esempi che il Purita- no adduce in sostegno del suo principio son troppo belli ed interessanti per non venir messi da costa nello ribat- tere le osservazioni del Z'inoo, o di chi secolui potesse tuttavia pensare 1' istesso. Esempio I — Il sorlo elettrico, o tormalina, non of- fre alcun fenomeno di elettricità nello stato suo naturale perchè il suo fluido elettrico si trova già condensato: se però convenevolmente riscaldasi, una delle sue stre- mila si elettrizzerà negativamente e l'altra positivamente, esse allora attrarranno i corpiceiuoli leggeri: ma se in continuazione sarà scaldata ad un grado molto maggiore la tormalina, non attrarrà più i delti corpuscoli perchè il suo elettrico ha già acquistato uno stato di maggior estensione. Esempio // — Il fosforo scaldato sino ai 4o.° di Reau- meur si combina all' ossigene dell' aria manifestando una viva infìammaxiooe e cambiandosi in acido fosforico , laddove il carbonio alla stessa temperatura di 4o° non vi si combina per nulla. Dal che si deduce il calorico arrivato a quel grado e«sere sol capace di rarefare lo elettrico del fosforo sino al punto che è d' uopo per combinarsi il fosforo all' ossigene dell' aria; ed a quel- 1' istesso punto non rarefa lo elellrico che è nel carbo- nio perche in questo trovasi in uno stato di condensa- (i) lyi p:!-;. i23. 6i zionc maggiore di quello in cui si trova nel fosforo; ia conseguenza il fosforo a quella temperatura tende a cona- Lioarsi più con l' ossigeno dell'aria e meno con il car- bonio. Esempio UT — Se ad un fuoco rovente ed in una storta di gres si esponga il mescuglio di acido fosforico e polvere di carbone, la decomposizione del primo ha luogo perchè lascia il suo ossigene al carbonio ed il fosforo si sviluppa. Questo esperimento prova che il carbonio alla temperatura rovente ha per l'ossigena un' attrazione maggiore di quella che ha per il fosforo; e ciò appunto perchè il calorico a quel grado dilata lo elettrico del fosforo che sta nel suo acido al di là dei limiti dell'at- trazione e ne scema in conseguenza la forza quiescente mentre al pari tempo rarefa lo elettrico del carbonio in modo da lasciarlo nei confini dell' attrazione , per cui decompone l' acido fosforico assorbendone 1' ossigc- ne(i). Che se quella che abbiamo finora esposta e non altra e la teoria del Puritano, potrebbe di grazia non al Zinno richiedersi ma al più celebrato fra viventi europei di additarci io qual modo, e presso quale nazione prima o dopo del benemerito Lerearese siasi emessa opinione che quanto si è da noi dolio racchiuda ? È dunque nella soggetta materia originale il Furitano ; e non dividen- do egli con alcuno i suoi pensamenti , non potè nean- che persistere nella opinione di Hauj^ Pozzi, Scinà, Lancelloiii, Mojon: « £ questo fìa sugel che ogQ'uomo sganni.» Ora dallo anzidetto ricavasi che mentre in Europa, cadute le galeniche teorie, la chimica pneumatica sde- gnava nelle mani di Blake le glorie del flogisto, e per senno di migliori intelletti i Lavoisier ed i Fourcroy de- (i) Opcr. cit. voi. I. jiag. i23 e 124. 62 ' cliiiiavano alquanto dui primiero splendore, in Sicilia le due scuole di Palermo e Catania ambivano il prezzo della eguaglianza con le compagne d' Italia, ed unifor- mi nel j)ubblico itJseRnamenlo procedevano a tale, che di buodi ed ottimi allievi non potevano non fornirci, sì che ora di essi nou è ])enuria in tutti quasi i comuni del nostro regno. A quel torno del pari fama di bravo anch' ei levò nella scienza Agatino Longo da Catania , che di commende- voli idee si ebbe fregiata una di lui Memoria sopra la corobustioiie (i)» A. lui difatti dobbiamo la più giusta hìodifìcazione della teoria termossigena del Brugnatelli, che lantu rumore avea sapulo muovere in Europa. E perchè cotesto pensiere abbiasi quella prova che un po' meglio palesi come fra noi non si resti mai abbacinati dal bagliore di ciò che non è siciliano , epilogheremo brevemente le più essenziali riflessioni del sig. Longo. Ben si conosce da tutti che la combustione per Bru- gnatelli in termossigena fu divisa e in ossigena. II po- tassio ed il sodio han tale affìnità per l'ossigene che non solamente lo fissano nello stato solido, ma similmente lo decompongono divenendo deutossidi di potassio e di sodio, ovvero soda e polassa. La combustione del potassio e del sodio nel termossigene è una combustione ossigena. Air incontro V idrogene bruciando a contatto del termos- sigene non fa che semplicemente condensarlo ; il ter* mossigene rimane nello stato di combinazione in cui tro- vasi col termico, e l' acqua , ossia il protossido d' idro- gene, non è che un caso della combustione termossi- gena. Risulta da queste idee che nella combustione ossi- gena dev' esservi maggior evoluzione di calorico che nella termossigena, e che più dilTicile sarà la separazione del- l' ossigcne da un corpo bruciato di quaoto la separazione (i) Ricerche sopra Ja coMbustione. Memoria del Professore Agatino Lon- go. SU nel Giorualc di sciciue lettere ed arti per la Sicilia anno 1824. pag. i3i. 6S del lermossigene. Ed in vero più facile è la decompo- sizione dell'acqua, o la separazione dei suoi principi co- stituenti, idrogene e lermossigene, che la decomposizione della potassa e della soda, o la separazione dell' òssigene dal potassio e dai sodio. Quanto piìi è ossigena la com- hustione, tanto è più difiìcile la decomposizione del com- posto. Ed ecco la ragione per cui nell' atto che si soa ottenuti i metalli delie sostanze alcaline , non si cono- scono ancora quei delle terre, e solamente si ammettono per analogia. Or la teorica dei Brugnateili suppone che il calorico abbia affinità per 1' ossigene, ed alla maniera delle so- stanze ponderabili vi si combini. In effetto i principi co- stituenti il termossigeue perdono, nel combinarsi, le ior proprietà e non le riacquistano se non quando recedono dalla loro combinazione: così niuna diflerenza passa tra ]' ordine delle afHuità di un alcali con un acido e quel dell' ossigene col termico, ciò che importa materializzare il calorico e ridurre le cose all'estremo. Premesse cotali idee , non saprebbesi dire con qual acume d' ingegno e per quali fatti i' A. della Memoria ribadisca il chiodo contro il rinomato Italiano: sen per- suaderà meglio chi avrà vaghezza di leggere il suo det- tato, bastando per noi lo aver fin qui esposto i principi dai quali muove ed ai quali riducesi nei di lui parti- colari argomenti. Che se la chimica filosofica non potè con efTetto in guisa alcuna fiorire nelle mani di Liouardo Sammartaoo e Salerno da s. Giuliano , purnondimanco il libro da lui pubblicato nei 1827 (i) buoni encomi sortì da Gae- tano Mondini nel giornale la Cerere, e poi da altri nei Mercurio Sicolo, e da altri ancora nel num. 47. tlel Gior- nale di scienze lettere ed arti per la Sicilia. (i) Programma ad un corso clcmciilarc di chimica teorctico-pratica appli. cata alle scienze ed alle arti per la Sicilia.Palcnuo presso Lorenzo Dato mi voi, iu-S." ^ Né per ventura sia giusto che qui non ricorclisi Cario Gemellaro , il quale in chimica filosofica si mostra, in- teso al pari degli altri. Serva di prova la Lett^rasul triodo di formazione dei rognoni silicei nella fQCQÌa calcaria^ dà lui scritta e stampata neli' EQèmeridi si- ciliane (i). . .-:, Se non che per amor del vero intorno a questa let- tera ci si conceda il notare, die senza darci la i)riga di esaminare a fondo la geologica asserzione di essersi rin- venuti obbietti di umana industria nella icalce piroina,ca esistente nel calcare terziiario , il che ci porterebbe a cónchiudere per la negativa, stante in quell'epoca , in qui l'uomo non era ancor venuto sulla superficie terrestre non è affatto (possibile il supporre obbietti di nostra specie, pare a noi deltutto erroneo lo stabilirsi che la forma- zione dei rognoni silicei del terreno terziario provenga da ciò che la calce disciolga la silice deli' arenario con cni si trova unito il terreno. Imperocché oggi appunto sap- piamo che nei carbonati calcari non v' ha colce;Così detta libera, ed in conseguenza non può chimicamente aver luogo la pretesa soluzione. E per questo, ninno fra' chimici di tutti i tempi ha sognato o preteso attribuir^ , come fa il sig. Gemellaro, alla calce sciolta dall' acqua la soluzione della silice ed in conseguenza i rognoni si- licei, i diaspri, le agate che ne dipendono. D' altrx)pde si conceda per poco che la calce nei carbonati anzi- detti trovisi in uno stato da realmente disciorre la silice; in questo caso noi siamo sempre nel diritto di chiedere allo egregio naturalista di Nicolosi, a che mai non un silicato calcare, come 1 dovrebbe, ne risulti; ma piut- tosto un rognone siliceo? ed in termini più precisi; qual esser possa il corpo necessario alia precipitazione della silice che nel caso nostro la facci da principio elettrico negativo ? Noi crediamo non potersi dare principio elet- (i) Anno i832. Tom. IV. P'^S- '^i. 8i (rico negativo più ài quel che sia la silice istessa o r acido silicico di cui ci occupiamo. Diremo in fine di Pasquale Patamia da Giarre, che le sue osservazioni sugli acidi ingegnosamente sqrivendo beue poscia nel i835 avvisava , le lor proprietà non doversi come generali ne come essenzialmente legate, alla esistenza degli acidi riguardare (i). Chimica analitica — Il primo in Sicilia, che questo ramo della scienza al cominciare del secolo coltivasse , fu alcerto il mentovato Gioacchino Arrosto , il quale in molta piova giallo-rossiccia cascata in Messina nel marzo del i8o3 riconobbe una marna di terra calcare alquanta allumina ed ossido giallo-rancio di ferro (3), per cui egli non poco valse a metter calma nei paurosi e a dileguare issofatto la stolida superstizione del volgo. Ana- lizzava pure nel 1804 la essenza di bergamotto, alla cui decomposizione e disossigenazione la metallica elettri- cità da maestro impiegava (i)iFu per lui che nel 1819 il francese naturalista M. Lucas allogò fra gli acidi la sostanza scoperta nell' Isola di Vulcano , e per lavoro sif- fatto ebbesi il nostro chimico approvazione ed onori negli Annali di fisica e chimica di Parigi (4)- — A lui del pari è dovuta 1' analisi dell* acqua sorgiva nel molo del Teatro marittimo di Messina e giusto in mezzo alla pe- scherìa e la dogana. Per quest'analisi infatti nel 18 23 si conobbe T acqua suddivisata mantenere disciolta una sostanza formata in gran parte dal cloruro di calcio , io minor parte dal solfato di magnesia , io picciola pro^ (1) Pensieri sopra alcune proprietà degli acidi di Pasquale Patamia. Stan- no nel Giornale di scienze mediche |>er la Sicilia anno i833. num. 7. pag. 30 1. Precedentemente erano stati presentati xlall' A. all'Accademia gioenia di Catania nella seduta del aS agosto 1834. ed ignorasi perchè non furono pubblicati nei di lei Atti. (a) Vedete Cocco Elogio di Gioacchino Arrosto detto all' Accademia Pelo- ritana. Sta nel Giornale di Messina intitolato dal Faro. (3) Vedete Calabro Memoria sopra le rirlù mediche della essenza di Ber- gamotto. Messina per Letterio Fiumara 1804. in-S." (4) Tom. II. anno 1819. pag. 443» 82 porzione dal cloruro di sodio ed apparteDere in conse» gueuza alle acque fredde solforate con poca quantità di Sostanza salina utili nelle malattie linfatiche e della pelle (i).— Fu per lui lìnalroente, pel P. Barnaba La Via e per una Commessionc eletta dall' Accademia gioenia di Catania che nel i83i sui giornali messinesi le(!gem-<- mo i principi mineralizzanti delie acque termali di Ali, secondo le analisi alle loro sorgive instiluite, non altro offrire che sale, ferro, ìodo , "acido carbonico ed acido solforico. Se poi il valoroso Giuseppe Ricci da Na|ioli, che per volontà del Decano-cellerario cassioese P. Onor frio Granata ebbe anch' egli queste acque ad analizzare, usò di un processo a di lui dire tutto diverso da quello che ogni altro Analista avrebbe tenuto (52), e giunse a credere che le materie predette erano più numerose di quelle che i nostri riputati chimici vi avevano dinotate sì che a lui parve di] esistervi ancora il gas idrogene sol- forato il gas acido carbonico il bicarbonato di soda di calce di magnesia e tracce di quel di ferro il solfato di magnesia l'idrojodalo di potassa il muriato di potassa di soda di calce e di magnesia (3), noi veramente fummo condotti a non lasciare disgradati appo i chimici i famosi nostri Gioeni Arrosto,La Via, le nostre terme medesime. E di fatti osservammo su quella Lettera non potersi mai dare bicarbonato di ferro in un'acqua epatica qual- sivoglia, che r acido idro-solforico contenuto da essa pre- cipita da tutte le sue combinazioni il ferro in solfuro: ed il Ricci istesso, quasi senza avvedersene, a pag. 7. avea dichiarato che « la soluzione di ferro-cianuro rosso di potassa versata nelle acque bollile non v' indusse alcun (1) Vedete La Farina (Carmelo) Sopra una scaturigine di acqua sulfurea die si trova in Messina ed analisi di essa acqua. Sta nel Giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia anno i8a3 Tom. 11. pag. 8'i. (a) Vedete llicci Lettera analitico-chimica intorno le acque termo- ni inorali di Ali esistenti lungo il littoralc messinese ce. Napoli Tipograiia di France- sco Masi i833. in-8.° (3) Lettera cit. pag. la. ... *** cambiamento. n E se delle soluzioni acide arrivò appena a tramutare in verde il colore , ciò non ad altro ebbe luogo che pel cinauro di ferro, il quale come parte co- stituente del reattivo impiegato non pur precipitavasi , libero eziandio rimanea secondo cliè la potassa ivasi sa- turando deli' acido delle soluzioni sulle quali il Rtcci operava. Dato poi di trovarsi nelle acque di Ali i' idrojodato di potassa^ come mai del muriato di potassa polersì in questo caso pienamente dare contezza ? L' idrocloralo di platino avendo in esse prodotto un precipitato di color giallo ( pag. g. ), indica fuori dubbio la potassa e l'am-f monìaca, ma non fa con precisione conoscere a quali acidi si combinino; per cui le nostre acque ponno il primo ed il secondo sai contenere. Ne per quanto cercammo a noi venne fatto di po- tervi ammettere la esistenza Ae\ fosfato di c«/ce:stantec- chè i c< rimasugli insolubili dietro la svaporazìone a sec- chezza delle prime soluzioni muriatiche ( pag. 7. )» dallo scioglimento di alcuni muriati terrosi ben potevano pro- venire, e l' ammoniaca fluida altronde è un reattivo che sebbene non interamente può nondimaoco tant'altre ma- terie precipitare dalle lor muriatiche soluzioni. Finalmente osservammo che le acque nelle quali rin- viensi il bicarbonato di soda non possono affatto per leggi chimiche mollo noie contenere solfato di magnesia e muriato di calce., o 'muriati di calce e di magnesia giusta r asserzione del Ricci. Imperocché questi muriati sono sempre decomposti dal bicarbonato di soda (1). Dal che chiaro emerge come ben si avvisassero i dotti chimici siciliani nelle loro analisi sulle acque termo- minerali di Ali, e come il Ricci all' apposto sia cespi- cato in errore. (1) Vedete la nostra Rivista bibliografica inserita nel cit. Giornale di scien- ze uediclic pei- la Sicilia da noi compilato e diretto aimu iS35. num. 1. FS- 49- 84 Memorie sugV illustri sventurati del i83y in SieiUa (*), Chi non sente la doidczza delle lettere, e della Tirlù, sapere ancora non può U gloria, così lungamente da : esse conservata. , 6AI.DASSARB Ca I08. ARTICOLO PRIMO I. Fisici e Isella luttuosa strage arrecataci dal morbo asiati- Matema- . i ° , .. ..... liei, co, noi perdemmo molti uomini chiari per senno, per dottrina, per filantropia. Primo si presenta V Ab. Domenico Scinà di cui la fama altamente levossi, e come fisico e matematico eccellente, e come naturalista egregio, e come sommo letterar to. L'elogio del Maurolico (i), le memorie di Em-r pedocle (2), i frammenti di Archestrato (3), la in- (•)Diam luogo nelle nostre pagine a queste memorie in una serie di arti- coli che si Ttrran succedendo, perchè serviranno un giorno alla storia nou solo letterari* ma civile di quell' epoca infortunata e famosa ; "poiché _ elle lion ricorderanno solo le virtù dei grandi, ma di tutti coloro che meritano bìamo la bella stu& , che tuttora si vede nel nostro orto botanico, e la quale serve ad alimen- tare con forte calore piante esotiche, che non po- trebbono vivere altrimenti sotto questo cielo; ed alle sue nobili e generose cure dobbiamo gran do- vizie di rare opere, e specialmente di libri in lingue straniere, acquistati dalla Biblioteca del no- stro Comune in tempi che veniva egli reggendola qual deputato degli studi , da ultimo dobbiamo allo Scinà il bello anfiteatro anatomico che ac- cresce decoro alla nostra Università. Chi vorrà poi singolarmente e meglio conoscere la vita e le opere di questo uomo insigne, potrà leggere quanto (1) Di questa introduzione se ne fecero due edizioni a solo, una al i8o3. l'altra ai i8i4' ma. poi fu noTellamente ristampata al 1828. e riunita al i. voi. dell'opera di fìsica dello stesso autore. (2) Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo XVIII. dell' Ab. Domenico Scinà regio storiografo voi. tre Pai. tipografia R. di guerra 1827 (3) La topografìa di Palermo, e de' suoi contorui abbozzata da Domenico Scinà professore di fisica sperimentale nella regia università di Palermo dalla stamp. R. 1818. (4) L' Ab. Domenico Scinà avendo pubblicato l' introduzione alla storia letteraria grcco-sicul.i e le due prime epoche della medesima lasciò rultima epoca comechè fornita pure manoscritta , epperò noi esortiamo gli ei'edi a presto renderla in luce unitamente ad altri lavori, dallo Scinà lasciati inediti, che fare altrimenti saria un defraudare la patria de' parti dell' ingegno di un suo illustre figlio. L' Ab. Domenico Scinà nacque 1' ultimo febbraio del l'jGJ. e mori nel i3. luglio del 1837. 86 ne scrissero i sigg. Vincenzo Mortillaro(i), Fer- dinando Malvica (2), RaQaele Liberatore (3). Tra i buoni matematici è da conlare il Canonico Diego Muzio , che per lunghi anni occupò in questa Regia Università degli studi la cattedra di fisico- matematica. E comechè di lui altro non ci rimane, che un solo discorso su i vulcani ed i loro fenomeni (4), argomento che trattò più da natu- ralista che da fisico, nuUadimeno per le sue lezio- ni, che dalla cattedra dettava si die sempre a di- vedere per uomo di non volgare intendimer\to , e di molto perito nelle matematiche discipline si pure che miste (5). Rammentiamo qui anche Benedetto Mondini, bravo nelle scienze fisiche e matematiche , ver- sato in varie lingue, e scrittor forbito nell' idio- ma di Tullio e di Livio, come chiaramente ap- pare dal suo elogio per Francesco Nasce (6). In- nanzi tratto venne fra noi // Biondini in bella no- minanza per avere onorevolmente supplito nella cattedra di fisica Domenico Scinà. E a dir vero egli riusciva valentissimo nell' esercizio di questa (1) Sulla vita e sulle opere dell' Ab. Domenico Scinà discorso del barone Vincenzo Mortillaro Palermo 1837. (2) Elogio di Domenico Scinà scritto. da Ferdinando Malyica — Palermo l838. Questo stesso trovasi inserito nelle Effemeridi scientiliche e letterarie per la Sicilia n. 5i, e poi compendiato e ridolto piuttosto a vita , che ad elogio trovasi nella raccolta delle biografie e ritraiti d' illustri Siciliani morti nel cbolera del 1837, fatta per cura de' fratelli Linares Palermo i838. (3) Vita di Scinà di RafTaele Liberatore nel Poliorania pittoresco di Na- poli pag. 261. i838, (4) Dissertazione suU' origine de' fuochi vulcanici, e de' loro fenomeai del sac. Diego Muzio recitata nell'Accademia del buon gusto l'anno 1800. Essa trovasi inserita ne' safjgi della stessa accademia voi. «i.pag. 309. (5) 11 Can. Diego Muzio nacque nel 1772 e mori nel 5 luglio del iSSy. (6) Questo elogio trovasi sfanijialo nella raccolta di orazioni e poesie del Nasce pubblicata al i833. e che porta per titolo — Francisci Nasce in Pa- normitano atlienaeo eloqnenliae profcsboris, Francisci i . ordmis cijuitis, iu- scriptiones carmiua ci oiationes — Panormi ex. typographia Laurentii Dato i833 — È da avvertire, che di questo elogio «e ne tirarono gli estratti , e però venne anche dÌ8tril>uito a solo. ^7 facoltà, talché sempre colli volla con felice risulta- menlo, e se non si fosse lasciato vincere da una colai freddezza riprovevole in tulli gli affari della vita civile , e particolarraenle nelle lettere, ci a- vrebbe arricchito per certo di talune osservazioni, da lui diligentemente fatte suU' elettro-magnetismo oggi tanto in voga, e ci avrebbe instruito sull' uso di alcune novelle macchine, ch'egli credea, con spmiua utilità, potersi sostituire all' azione del va- pore, ma dopo la sua morte del tutto si annui-? larono tante belle speranze (i). IVon vogliamo tacere tra i buoni matematici di Michele Busacca, Marchese di Gallidoro, uno de' più diligenti alunni del Direttore di questo Reale Osservatorio Cav. ISicolò Cacciatore. Il Bu- sacca compilò per parecchi anni il nostro calen- dario con somma accuratezza, ed indefesso come egli era nello studio delle matematiche discipli- ne grandemente di se promettea (3). Merita ben anco di venir raccomandato ai po- steri r Ab. Salvatore Terranova, che occupò con onore nell' Università di Palermo , prima la cattedra di aritmetica e di algebra, e poscia quella di geometria , e di trigonometria. Il Terranova abbenchè non ci lasciasse alcun parlo del suo in- gegno, forse per esser finito di vivere in verde età, pure coltivò sedulamente gli studi ed abile si mo- strò sempre nell'instruire la gioventù. Ghi vorrà poi più particolari notizie della sua vita, potrà leggere quanto ne scrisse il sig. Domenico Ragona Scinà nelle Effemeridi (3). (1) Il Mondini nacque il di 8. Novembre del 179:. 0 morì negli 11 Luglio del 1837. (2) Michele Busacca Marchese di Gallidoro nacque nel 10 Agosto del 180 3 e mori nel 4. Luglio del ìSSt, Ved. Effemeridi sciiiitiliche e letterarie n. 55 A|.r. i838. (3) L'Ab. Salvatore Terranova nacque nel 7 Maggio del 1797 e mori nel 6 Luglio del 1837: 88 ^^^ '■IL Naturai' ^" g^ve perdita quella del bar. Antonino Bì- cti. vena Bernardi già socio del Reale Istituto d'In- coraggiamento, e Direttore in esso della Classe di economia rurale. £i fu rinomato botanico, ed ot- timo cultore di tutte le scienze naturali; viaggiando per la bella Italia iè largo tesoro di elette dot- trine, e si strinse in amistà con molti chiari uomi- ni. Fu il Bivona dapprima in Bologna con il sig. Aldini, e poscia a Pavia ove dalla cattedra sentì le dotte lezioni degli egregi professori Volta, Confi» gliacchi, Bruguatelli e Jacopi , fece in seguito molte gite a Milano, e si portò anche a Geuova ove divenne molto amico dell' illustre professor Viviani. Il nostro egregio Bivona fu scopritore di novelle specie, e di nuovi generi di piante, có- me i generi Scinaja (i) Bicellularia (2) e Ti* naea (3), e novelli generi, e novelle specie di mol- luschi fé' conoscere , e dottamente descrisse (4): le sue centurie (5) i suoi manipoli (6) e la sua monografia delle tolpidi (7) son tenuti in gran conto, e lo danno a divedere per degno successore dei Bocconi, e de' Cupani (8), però i più famosi (i) Sciiiaja algarum inarinarum novum genus-^Irìde giornale— i Saa n. 5 pag. 282. (a) Bicellularia noTum genus — EOemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia i833. fase, di Maggio. (3) Tinca mirabili orchidearum familia noTum genua i8a5 giornale di scienze lettere arti per la Sicilia fase, di Maggio. (4) Effemeridi per la Sicilia fase, di Febbraio i83a. (5) Sicularum plantaruro centuria prima Antonini Bivona Bernardi -~ Pan. apud Philippum Barra vecchia 1806 et secunda 1809. _ (6) Slirpium rariorum miuusque cognitarum in Sicilia sponte provenien- tium descriptiones nonnullis iconibus auctae auctore Antonino Bivona Ber. nardi Manipohw I. i8i3. II. 1814. III. i8i5. IV. 1816. (7) Pai. 1809 per le stampe di San Filippo. (8) Il Bivona nacque ai 24 Ottobre del 1778, e morì negli 8 Luglio del 1837.^ — Il barone Bivona lasciò vari pregevoli manoscritti di storia naturale i quali si sono già cominciati a pubblicare dal figlio barone Andrea Bivona. Del resto nel nostro catalogo posto in fine a questo lavoro si troveranno tulli notati gli scritti lasciati da Antonino Bivona, e pubblicali dal figlio Andrea. 89 naturalisti come il de Canilolle , il Breislak, lo Smith se 1' ebbero in gran riverenza. Il principe di Granateli! ed il Dr. FilippoParlalore ne Iwnno di recente pubblicato l'elogio (i). Ed essendo in sul dire de' cultori delle scien- ze naturali non tralasciamo di rimembrare an- che con lode V Ab. Gioachino Santoro Cremona, di cui ci abbiamo una pregiata memoria suU' a- sfelto o bitume giudaico, sostanza che suole con utilità impiegarsi a vari usi nella fabbrica degli edifizi (2), Il Santoro a quando a quando suppliva con onore tiella cattedra di storia naturale della nostra Univei-silà l'ottimo ab. Ferrara* IIL , Le scienze economiche fra noi non patiroiio nie-- no delle naturali per la morte di Nicolò Palmeri misti. sulla cui tomba spargiamo lacrime sincere di do^ Jore,. Trovavasi il Palmeri in Palermo tutto inten- to a compiere la pubblicazione degli ultimi due volumi della sua storia di Sicilia, quando per di- fetto di. carta (3) non potendone proseguire la stam- pa, ritornò in Termini sua patria, ove scoppialo il cholera , tra tante care ed illustri vittime fu anche egli tolto di vita. Il Palmer! venne [fra noi ia voce pel suo libro sulle attuali angustie di (1) Biografia di Bivona scritta dal principe di Granatelli nella nicrnlta di biografie e ritratti degli illustri Siciliani morti nel cholera l'anno 16^"], lutUi per cura de' Linares — Palermo i838. pag. 5i. Sulla vita e sulle opere del barone Antonino Bivona-Bernardi breve cenno del dottor Filippo Parlatore giornale di scienze lettere arti per la Sicilia n. 180 Die. 1837. questo cetano venne anche pubblicato a solo. (2) Memoria sopra l' asfalto, o bitume giudaico del Sac. Gioachino Santoro Falernio 1836. Il Santoro nacque nel 1785 e morì nel 7 Luglio del 1837. (3) Apparso il cholera in Napoli restò chiuso il commercio, de' Reali do- mini al di qua e al di là del faro, per cui noi soffrimmo grave carestia di molti generi che da I^apoh ci pervenivano, e con ispezialitii di caria. 9» nostra agricoltura (i) per taluni opuscoli di va- rio argomento (2) , e per la storia di Sicilia te- sté menzionata (3), la quale speriamo ciie verrà in appresso pubblicata per cura di alcuni amici dell' illustre trapassato, i quali mai sempre serbe- ranno di lui amatissima e calda la memoria (4). Del resto chi vorrà notizie più particolari e pre- cise del Palmeri e delle sue opere potrà leggere quanto ne scrisse Baldassare Romano nel gior- nale di scienze e lettere per la Sicilia (5), e Fran- cesco Paolo Perez nella raccolta di biografie e ri- tratti fatta per cura de' fratelli Liiiares (6). Tra gli economisti egregi dobbiamo collocare il sig. Antonino della Rovere, magistrato d'integer- rimi costumi, che ci lasciò un eccellente trattato sulle nostre zecche, e sulla moneta bassa di Sici- lia (7), trattato, di cui fa onorata memoria l'Ab. Scinà nella sua storia letteraria di Sicilia del se- colo XVIII., comechè di passaggio per non es- sere stato desso pubblicato nel periodo da lui per- (i) Saggio sulle cause ed i rimedi delle angustie aUuali dell' Economia agraria di Sicilia di Nicolò Palmeri. Pai. dalla reale stanip. 1826. * (2) Le sue memorie più pregevoli sono: Considerazioni sul decreto dei- Parlamento di Napoli. Pai. 1821 dalla tipografia di Francesco Abate, quon- dam Domenico. Cenni suU' agricoltura di alcune campagne di Sicilia e sulle rovine d' imera Pai. nella reale Stamperia i833. Memoria sulle antichità agri- gentine di Nicolò Palmeri con una lettera sugl'Ipogei di Girgenli di Lionardo Vigo Pai. dal gabinetto tipografico all' insegna di Meli i832. (3) Somma della storia di Sicilia di Nicolò Palmeri voi. i°. 1834. voi. 3°. i835. stamperia Francesco Spampinato. (4) Nicolò Palmeri nacque nel giorno io. Agosto del 1778. e morì nel giorno 18 Luglio del 1837. (5) Sulla vita e sugli scritti di Nicolò Palmeri. jGenni di Baldassare Ro- mano giornale di scienze lettere arti per la Sicilia n. 178. 179. pag. ^G. 1837. (6) Vita di Nicolò Palmeri per Francesco Paolo Perez vedi Biografie e ri. tratti d'illustri Siciliani morti nel cliolera l'anno 1837, pag. 36. (7) Memorie storiche ed economiche sopra la moneta bas>a di Sicilia di Antonino della Rovere soprintendente generale delle monete. Pai. |>nshO Li- pomi 1814. Il sig. Antonino della Rovere nacque nel 14. Settembre del 1771 e mori ai ai Luglio del 1837. corso. Di Antonino della Rovere lungamente scrisse il sig. Antonio Buonafede (i). Il consigliere Gaspare Vaccaro, dotto come egli era nelle cose economiche ed agrarie, tramandò alla posterità un opera di non lieve momento , divisa in due volumi, sulla coltivazione della can- ima zuccherina in Sicilia (2). E sebbene non sia questo il luogo di particolarmente tenenip ragio- ne, nulladimeno vogliamo dire ch'ella si meritò gli encomi de' dotti, e che fu con ispezialità com- mendata dal sig. Gussone nel Dizionario ragiona- to ed universale di agricoltura stampalo in Na- poli nel i832, e compilato su quello di Rosier con riforme ed aggiunte. Scrisse pure il Vaccnro un'ela- borata memoria sulF utilità di coltivare fra noi la rubia tinctorumQ). IV. Il nostro foro restò orbato del suo miglior lume Giure- consulti* in Filippo Foderàj il quale non fu solo egregio giureconsulto, ma esimio cultore delle scienze na- turali, poeta, fihdogo, erudito. Tra le sue opere quella che più gli die fama porla per titolo sui principii della legislazione criminale^ e sulla ri- forma dei codici ec. (4), opera che gli procacciò gran credito, abbenchè venisse cavata in parte dai libri di Bentham; e ciò per essere stala posta in (1) Raccolta di Biografie e ritratti d'illustri siciliani morti nei cliokra l'an- no 1837. fatta per cura de' fratelli Linarespag. loi. (2) Sul richiarno della canna zuccherina in Sicilia, e sulle ragioni che lo esigono di G. V. e P. voi. due il i". in Pai. presso Filippo Scili i835; il 2°. in Girgenti presso Vincenzo Lipomi 1826. 11 Vatcaro nacque nel 19. maggio del 1757 e morì nel 21 I,uglio del 1837. (3) Vedi Elfcniehdi .scientiliche, e letterarie per la Sicilia an, i834. (4) Principi della legislazione Criminale e della riforma dei Codici cri- minali deU' avvocalo Filippo Fodera tomi due. Palermo anno 1811 — Filippo Fodera nacque nel 1793 e mori nel 6 Luglio del iSS;. 92 luce prima che i libri del giureconsulto inglese })en si conoscessero per tutta Italia. Ma le fati- che letterarie e forensi di Filippo Fodera furono a lungo trattate dall' avvocato Emmauuele Viola, che ne vergò l'elogio (i). Qui dobbiamo pure rendere tributo di lo- de al fu presidente Costantino Maria Costantini, il quale quantunque venne in voce piuttosto co- me filologo e poeta, che come giureconsulto, nulla di manco e pel ,suo comentario su i decreti e su gli atti ministeriali di ragion civile (2) , e per lo luminoso posto che occupava in magistratura, fu con ispezialità dai più tra i forensi annoverato. Ma non perciò vogliamo noi tacere grandemente essersi distinto il presidente Costantini pel suo poemetto didascalico del colombaio (3), il quale ▼enne così dilicatamente e forbitamente scritto, e così vagamente condotto , che si meritò sommi plausi dalla Biblioteca Italiana , e da tutti i più accreditati giornali d' Italia , che lo collocarono accanto dei più famosi poemi didascalici che può la bella penisola vantare. E finalmente voglia- mo avvertire che il Costantini si aveva in pen- siero di pubblicare un suo poema epico intitola- to il Vespro Siciliano, lavoro per cui non avea risparmiato ne tempo ne fatica , ma sendo ora l'autore morto (4) forse quello non vedrà più la luce perchè rimasto incompleto; e però ci piace di (i) Vita di Filippo Fodera per Emmanuele; Viola vedi Biografie e ritratti d'illustri Siciliani morti nel cholera Tanno 1837. pag. 161 (a) Commentario su i decreti e sugli atti ministeriali di ragion civile ad uso del foro con le osservazioni di Costantino Maria Costantini. Palermo ti- pografìa di Filippo Solli i83o. (3) Il Colombaio poema didascalia» con le note di storia naturale dell'av- Tocato Costantino Maria Costantini lib. due .— Palermo per la tipografia di Lorenzo Dato i8i5. (4) Il Presidente Costantino Maria Costantini nacque nel i^Ss e morì nel ij^ luglio del 1837. 93 essercene testati come saggio tre soli canti falli dall'autore stampare nel giornale di scienze let- tere ed arti per la Sicilia (i). Ma diciamo ora di Antonino Malvica bravo giu- reconsulto e che morì consigliere di questa Supre- ma Corte di Giustizia: ancora giovanetto viag- giò non poco, ed approdando in Corsica conobbe il famoso Pasquale Paoli, che allora pendeva per le guerre dell' Isola tra il parlilo di Francia , e d' Inghilterra. Con questo celebre Capitano restò j Antonino Malvica sì legato in amistà , che delle virtù di lui spesse fiate tenne memoria coi suoi figli che tenerissimamente amava. Il Malvica ap- partenne air antica nostra Accademia del buon Gusto, e vi lesse con infinito plauso importanti ragionamenti, in cui si die varii argomenti ad il- lustrare della siciliana Monarchia, ed in tempi piii vicini a noi sedendo qual P4-ocuratore del Re in^ questa Gran Corte Criminale, vi lesse, secondo suo ufficio richiedea, all' apertura delie camere do- po le ferie di ottobre, alquanti discorsi vertenti sulla buona amministrazione della pubblica giu- stizia; ma di essi ne stampò un solo che volge sulla seusibilità del magistrato (3). Argomento che venne dall' autore trattato, e da giureconsulto fi- losofo e da cittadino. Ma delle virtù di lui me- glio si tenne ragione nel Siciliano n.9, e in que- ste medesime Effemeridi (3) dal eh."" Ferdinando Malvica figlio dell' estinto, il quale con vero af- fetto, e con la sua solita eloquenza seppe far co- noscere come questo illustre magistrato fu seve- rissimo coi rei , e proteggitore degl' innocenti, (1) V. tom. XLIIIan. ii.tom. XLVI. an. |3. (a) Delia sensibilità del Magistrato Discorso pronuDziato nel primo giorno giuridico dell'anno i83i da Antonino Malvica primo sostituto Procurator generale del Re presso la Gran Corte Civile di Palermo— Palermo presso Lo- renzo dato i83i. (3) Fase. 5i. 94 e come noii risparmiò mai ne sollecitudine ne da- naro per la educazione de' propri figli, saviamente pensando esser più pingue eredità per la prole una solerte educazione che gli accumulati tesori (i). In tanta pubblica calamità essendo periti noti pochi altri giureconsulti, i quali quantunque dot- ti, perchè di gravissime faccende di lor carriera occupali, non poterono lasciare dopo morte alcun parto del proprio ingegno, nulladimeno per esser- si distinti nelle virtù cittadine, e nel sapere che gli ornarono, meriterebbero per fermo che alcun togliesse briga di commendarne la memoria. Ep- però noi facciamo plauso a Giuseppe Scibona, per aver pubblicalo nel iS/c///rt^2o n. 6. la necrologia di Salvatore Batolo, suo degno suocero, ed integerrimo magistrato, che preferì sempre la giustizia ad ogni qualsivoglia umano riguardo. Ne noi trascuram- mo di parlare nello stesso Siciliano num. 8. del sig. Eramanuele D' Ajala Consigliere al seguito in questa Suprema Corte di Giustizia, perchè dota- to di sufficiente dottrina, ed adorno di belle vir- tu (.). /«' Egoismo e V Amore — Pensieri economico-politici di Mauro Luigi Rotondo. Napoli dalla tipografia del Gultemberg i838. — voi. unico in 8. di pag. 182. Mauro Luigi Rotondo autore di parecchie filosofiche ed economiche scritture viene oggi col cennato lavoro ad (i) Antonino Malvica nacque nel a8 gennaio del 1771. e morì ai 12 di luglio del 1837. (a) Eninianuclc D'Ayala nacque negli 11 novembre del 1789 1 morì nel 24 luglio del 18.37. Tra gli avvocalclli perdemmo il sif;. Andrea Perez de Vera , giovane di non volgari speranze e collaboratore assiduo al giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia — Audrca Perez de Vera nacque uel 1806 e moii nel ij luglio del 1837. . . 95 ornare di nuovo lustro il suo nome. L' opera sua volge intorno ad uno de' più interessanti obbietti che risguar- dano i bisogni della civile società, e i mezzi i più ac* conci a riparargli, onde tergere le lagrime e lenire il dolore del povero , e purgare in parte il corpo sociale di quegl' inconvenienti che ne turbano il reggimento. La beneficenza, virtù santa e cittadina, che Y uomo buono e sensibile distingue dal tristo egoista, muove la gratitu- dine di colui die lo riceve, riempie d' inelTabile godi- mento chi neir espansione di lei bea il suo spirito, e trae seco le benedizioni del popolo. Due opposte sen- tenze agitano oggidì 1' impero della politica filosofia circa i mezzi da impiegarsi per isbarazzare dalla società i po- veri: avvi chi pretende soppressa per intero la carità privata, e tutta dare al governo la cura della sussistenza de' miseri; avvi all' incontro taluni che amando questa virtù pubblica, senza di cui ogni cuore sarebbe indui-ito, e luridi diverrebbero i vincoli sociali, danno tutta 1* o- pera loro a sostenere il contrario, e a mostrare i mali da tale pratica cagionati alla società civile. Il sig. Rotondo dopo una prefazione , in cui espone il soggetto che è per trattare e le svariale opinioni emesse presenta quattro problemi, ai quali risponde in separali articoli corrispondenti, seguiti in fine da una generale ricapitolazione. In primo luogo apre la quistione , se mai un go- verno può dell' intutto far disparire la povertà ; e se noi pub, quai mezzi adottar dee pel soccorso degl' indi- genti. Si vuole da taluni che sia dovere del governo ali- mentare tutti i miserabili e provvedere alle loro indi" genze ; e da altri si pretende che dal seno d' una ben ordinata società debbe la presenza importuna rimuoversi de' mendici, siccome gli oggetti laidi e sozzi sgombransi dalle città. Che sia ne' doveri d' uti buon governo prov- vedere ai bisogni della miseria incolpabile; che i bam- bini esposti, i l'anciulli abbandonati, i vecchi imbecilli e 96 cadenti al)blano alleviamenlo, educazione e villo; icic- clii, qli storpiati, grinfermi ricovero nutrimento aita; ma che tulli gli altri che poveri appeliansi siano al la- voro asfrelli, o pure vengano nelle case di correzione le* nuli e forzali alla fatica. / consigli della morale teo- iogiit^ dice appositamente il Bielléld', possono talvolta ordinare e proibire certe cose, laddove la politica dice tutto il contrario. La chiesa ci raccomanda come una ])riticipale virtù la distribuzione delle limosine ad ogni sorta di poveri, la politica e' insegna che il più pic- colo eccesso di carità può esser di nocumento allo stato, poiché nulla è più proprio ad incoraggiare la mendicità vagabonda e la poltroneria, e a distruggere V industria- Il buon Enrico IV. nelle sue conferenze col duca di Sully, vorrei, diceva, che anche 1' ultimo de' miei sudditi potesse nel giorno di festa mettere un pollo nella sua pentola. Ma è voce che Sully stringendosi nelle spalle e alludendo ai tristi momenti dopo le giornate di Jarnoc e di Moncontour, Sire, rispondesse, dovete ram- mentarvi quante volte voi ed io non abbiamo avuto da mettere in pentola ne anco una fetta di manzo ! Tali eventi però straordinari per essi, sono comuni alle altre classi sociali: mille disastri inaspettati sovente l' ordine cansjiano delle famiglie, e mille vicende sconvolgono le famigliari aziende. Qualunque sia la legge coattiva che si sanzioni per 1' estirpazione de' miserabili, non si per- verrà mai allo scopo di sfrattare i poveri dal consorzio ivile. Imperocché è nella natura istessa della società e degli ordinamenti civili che sianvi poveri e miseria; tanto che il sommo autore de /' Esprit des lois si fc' a con- siderare le vicende di fortuna come conseguenza neces- saria dell'espansione dell' industri». Ciò posto, conviene che un governo provveda generalmente ad ogni sorta di poveri , e si prenda l' intero incarico di mantenergli ? Coir aprire indistintamente i pubblici stabilimenti ad ogni richiesta, col rendere agiati tutti i vecchi, col ri- 97 -durre ^btllca la carità, s'- in lentie, a dir vero, aprire il cuore ad azioni veramente umane e generose, ma nes- tJùrìo nel fior della vita volgerà più un pensiero alla par- simonia e ai dì avvenire: quindi dissolutezze , dissipa- zioni, scialacqui. Allorché il governo inglese volle ad- dossarsi il dovere di provvedere a tutti i poveri con er- gere stabiliménti di pubblica carità, il numero degli ac- cattoni crebbe a dismisura, e le tasse corrispondenti si ridussero esorbitanti. Da ciò è venuta fuor di dubbio presso alcuni 1' usanza di riguardarsi il povero come un nimico della società, di deplorare la diffusione de' pomi di terra qual pubblica calamità a motivo del nutrire un maggior numero di gente , predicare V interdizione del matrimonio non solo a tutti gì' indigenti o agli afflitti da mali di corpo , ma sì bene a tutti gli operai , agli apprendenti di arti, raenocchè non provino di poter man- tenere una famiglia, e finalmente di pretendersi l'abo- lizione delle ruote. Che altro manca , scvivea l'im- mortale Romagnosi, per adottare il pia speditivo mezzo degV isolani di Tucopia , i quali affinchè la popola- zione non cresca a dismisura , strozzano tutti i loro Jìgliuoli dal terzo genito in poi ? Quale scena più la- grimevole che sopprimere le ruote ed accettare al più que' bambini solamente che si trovassero esposti nella via ? Qual cosa più truce e più inumana della dottrina di Malthus pubblicamente sostenuta nella camera de' De- putati di Parigi, se pur non si sopprime la voce dell'u- manità e si imitino gli abitatori di Tucopia ? Ecco le conseguenze funeste d' una amministrazione governativa troppo vigilante. Iddio liberi la mia patria, esclamava il grande Filangieri, da due estremi ugualmente peri- colosi, la liberi da una amministrazione di soverchio ne- gligente , e la liberi da quella che vuole in lutto mi- schiarsi. » Col divenire opera del governo la limosina delie »• parrocchie, son parole del nosto Rotondo, degenerar 3 # , ., » dovca dalla purità della sua primitiva istituzione non » solo pel limosiniere, ma sì bene pel limosinante. Di- y» venuta quindi la limosina pel primo non più una spon- » tanea espansione dell' amor del prossimo, non più un >i debito che la religione impone di soddisfare, ma un » coattivo balzello; e pel secondo non più un dono gra- » tuito della pietà da implorarsi con verecondia ma uu » dritto da chiederne V adempimento legale ; non dee M far rtaraviglia se daU'jInghil terra partissero le più esa- » gerate declamazioni per parte di quei forzati elemo- ?> sinari, e l'impudenza , e diremo anche, 1' audacia di » que' tanti che speculatori chiamar potremmo di quel te legale limosinare: quindi assurde querele ed assurdi » spaventi da un lato, e dall'altro canto pretensioni non » meno assurde, ed assurdi attentati. E tante assurdità » non senza molta aggiustatezza da ambo le parti nelle » loro logiche deduzioni. Gli assurdi perciò sono nei » principi, se le conseguenze logicamente discorrono. M Chi vede nel povero non 1' occasione di esercitare » un atto di beneficenza, un' azione meritoria , ma la » cagione d' un forzato scemamento alle sue rendite; non >j di una largizione volontaria del suo superfluo, ma di » una incomoda diminuzione del suo necessario , spe- » cialmente per la classe più numerosa e più vicina al- » r indigenza qual' è quella de' piccioli pro[irietari, non » è possibile, che nel povero più ravvisi il suo simile, >» il suo prossimo, il suo fratello, ma un essere sostan- » zialmente malefico, una pubblica calamità da dover M far disparire, o ridurre al minimo anche con mezzi M crudeli. Ma le crudeli leggi di Dracene e di Solone col man- dare a morte alcuni miseri non giunsero a tor via la povertà. Egli è il vero che le leggi deggiono in parte provvedere ad estinguere 1' oziosaggine , massime 1' ac- cattoneria oziosa ; e sono da reprimere i mendicanti di mestiere. Ma si badi a non ergere a presunzione . 99 legale , che il solo pensiero di vagare inoperoso deler- mini un mendico a quella abbiezionc, qui non senza^ molto sacrificio dell'amor proprio si può discendere. c< Con gigaulesclii progetti , scrisse il sublime ingegno >* del Vico, la filosofia si accinse all' impresa per dira- » dicare il paujjerismo; formò asili , ove il lavoro de' » ricoverali dovea somministrare il loro alimeuto; cerc^ »J di eccitare l'amore della fatica e restò delusa; guardò V di rigenerar la morale e le mancò l' influenza ; fondò w colonie agricole per sostituirle a quelle dell' industria " e i terreni restarono infruttiferi ; distribuì per torno » gl'individui poveri alle diverse famiglie de' cittadini, >* e furono questi un semenzaio d' indolenza , di disor- ?^ dine, esemplari di corruttela che tutti cercavano di » .sfuggire: si ebbe ricorso per ultimo rimedio alla forza »^€d essa produsse i suoi frutti. Si manifestò allora ne' " poveri quell'abbattimento d'animo, quello stato d'i- " nerzia in cui essi non fanno più imlla. Questi mali » furono sempre il flagello di ogni possibile disciplina w che siasi cercata d' introdurre nel nuovo sistema. Si " adoperarono le pene e furono inefficaci pur esse : si " chiamò il concorso degli uomini illuminati, e l'espe- >* rienza loro, ed il prestigio d' uu nome non furono di « bastevole giovamento. Si passò a gravosa imposizione >» di tributi per bandire la mendicità, e questa divenne » ogni volta più minacciosa, più eslesa. Ne' chiostri in- w vece ove si lasciò alla privata carità la cura di rime- » diare a questo male, dove nessun pubblico carico s'im- » pose giammai; senza un sistema di legge coattiva, senza w misura di stato , la miseria fu ed è sollevala; nò vi » è da temere pur anco , die l' umanità si abbandoni. M Tanto è vero che al di sopra di tutte le leggi posir » tive e iatlizie dell' uomo veu'ha una d' un ordine i«i- « perscrutabile alla quale 1' opprarq i piì^ splendidi pri^- » stigi non costa pur nulla». . ,' ,,; ..* , • *a JLo paterne cure d' uu gaveru9Ì}ttPuqjì./Il4it^i'flJKJ.*ij uomini migliori, correggere i vizi, e trattar le sven- M ture come malattie morali. Intanto la carità cristiana >i è la sola che prestar ne possa il farmaco ed am-* » piamente provvedere al sollievo dell* indigenza: essa M sola offrir può que' mezzi pei quali tutte l' escogita- la zioni della filosofia non valsero , ed offrirli in tanta » abbondanza che se ne deplori V eccesso non il di" » fello »>. Nel secondo articolo V autore esamina quali stabi- limenti di carila esser deggiono a cura del goveruo, e quali rilasciarsi all' esercizio della privata carità e delle {lie associazioni. Coloro che condannano le società fi- antropiche privale, e le liniosine delle parrocchie come dannose e immorali, che spente le vorrebbero qual cagione di politici disturbi, e qual esca della miseria, tradi- scono i sensi delle loro conscienze, e non ravvisano i fatti che in contrario avvengono. Appo la nazione in- glese le soscrizioui volontarie in bene de' poveri sono stale numerose e splendide nelle dolorose vicende del 1826; ma la protezione esclusiva del governo ha ade- scato i bisogni e aumentato il numero de' miserabili. Il Rotondo dopo avere passato a rassegna i vari stabili- menti che di quest'obbietto esistono in Napoli, e le mul- tiplici congreghe che si dan la briga di soccorrere i loro soci indigenti, rileva quali beni da' primi e dalle seconde ne ottiene il corpo civile, e i danni che nascono dalla assoluta protezione del governo. Fa conoscere insieme quanta distanza avvi perciò fra il pauperismo di Napoli e quello che avvi in Francia e in Inghilterra, e vuole che r azion governativa non debb' essere che di mero supplimento. Gonchiude alla fine che sì falla azione esser dèe permanente^ vigilantey tutelare senza posa^ e di' l'oli rettrice indiretta della carità prii>atà> È pur mestiero però che questa privata virtù cotanto desiderata dalla* religione fosse nell' animo di ogni persona vìepiìi dif- fusa, e che i ministri del vangelo invece di aìlàticarsi a declamare di continuo su certe pratiche religiose inu- tili al bene della società, spiegassero tutto il loro zelo a rammollire que' cuori sordi alla voce della pietà e vi scolpissero profondamente sensi di commiserazione verso il prossimo; aflinchè la limosina divenga così virtù d' imitazione e di moda, e il ricco ingordo deponga al fine la sua avarizia, apra la sua anima alla misericordia e stenda sua mano benefica in sollievo dell' innocente svetituratOi Ma in ciò non solo la voce del Ministro dell* altare ma 1' educazione privata, l' esempio pubblico dee conconere. Il terzo problema che 1' autore si pro-r pone di risolvere nel terzo articolo, si è il vedere sino si qual punto la carità de' privati esser dee favorita, in- coraggiala, e talora diretta e anche corretta e frenata da un buon governo. A ciò premette una dimanda indispensabile, cioè, in qual maniera potrà mai un go- verno ben discernere qual sia il luogo speciale , ove rivolgersi per supplire alla carità privata qualora questa si trovi in difetto. Pretende che le statistiche sulla povertà non possono somministrare dati per pretendere utili spedieiiti, onde occorrere a tutti i bisogni dell' in- digenza. Cadon qui in acconcio quelle saggissime parole del Piomagnosi, che il pauperismo non è un fatto cal- colabile^ come la vita e la morte, che assumendo una serie di parecchi anni di osservazioni colla massima diligenza eseguile, non sarebbe possibile giungervi nCrrt'^ meno approssimativamente. Espone che gli stabilimenti caritativi va» rendendosi a mano a mano meno proficui a misura che alle classi superiori se ne ailìdi l' am- ministrazione , finché si giujiga alle cure dirette del governo, perchè le classi superiori non possono giani- luai pervenire a ben conosuere ì precisi bisogni delle inferiori e gli somiglfaiio ai propri ; anzi avencb ak* lora ogni cosa magnifico apparato, si fa sovènte a spes© delle necessarie sussistenze, e riducesi simile ai sepolcpì imbiancati. Se però il trattamento corrisponde alla ma-- gnificenza esteriore, allor la mendicilà sarà una spectt»- lazione e un mezzo di sussistenza da preferirsi age- volmente ad ogni arte industriosa. Si commetta adun- que il tutto alla carila privata, ai benefici delle con- greghe e alle particolari associazioni, si arricchisca la nazione, si fondino banche di risparmio, tutto ciò s'in- coraggi e si protegga. Ecco 1' opera d' un buon governo che voglia se non disparili, ciò eh' è impossibil cosa, almanco minorati i casi possibili di mendicità. Nel quarto articolo il Rotondo si fa ad investigare se fosse espediente cosa, politica e giusta inibire af- fatto all' indigenza d' implorare un atto di pietà, fuorché dai pubblici ufficiali del governo e della religione. L' accattoneria che sì grave ribrezzo suole ordinaria- mente muovere in colui che per avversità di fortuna vi è a malincuore trascinato, non può essere provocala in generale, che da idee fittizie, idonee a superare quella innata ritrosìa figlia dell' amor proprio, il quale rende vile e abbominevole così fatto mestiero. Se questo atto di pietà fosse di pertinenza del governo solilmente, si crederebbe da tutti gì' indigenti di aver un diritto al chiedere, e via si torrebbe il mentovato sentimento di opposizione all' accaltoneria. Gli annali del popolo in- glese ci attestano, che, dopo che si cancellò per opera d'un ministro la idea di viltà e di obbrobrio dal vi- vere a spese del governo, i poveri in Inghilterra bruli- cavano per ogni dove, e la tassa rispettiva si accrebbe fuor di misura. Il numero di essi è stato sempre in pro- jìorzione de' soccorsi e non della calamità jìubblica. Al- lorché 1' imperatore Costantino mosso da cristiana pietà prolesse la mendicità vagabonda, tutto il romano ini- i pero fu di accattoni riempiuto. Allorché nelle insensaHJ' ro4 gpedizioui delle crociate si dissipatano sostanze copiosis- sime,, l'oste intero era ripieno di mendicanti; e Mo- dena che al pari della Spagna abbondava di istituti caritativi comprendea settemila poveri fra 4o. mila abi- tanti. L' autore dichiara esser fuori di senno i pensamenti del Vasco e del Petitti intorno a tal subbietto, e con considerazioni economiche e filosofiche, seguendo le orme del Ricci, opina che non sarebbe cosa politica, giusta , e convenevole implorare dai soli stabilimenti del governo r atto di pietà. £ tenendo dietro ad un moderato egoi- smo, ossia battendo una via fra l' amore e 1' egoismo , vuole che gli istituti, caritatevoli non sono aperti a chicchessia, ma a colpro che degni siano veramente di esservi ammessi, che i fanciulli ivi si educassero al la- voro, e che i vecchi e gli storpiati si rendessero iu parte utili ancora cogli esercizi. Quanto all' improba mendicità e al vagabondaggio r autore stabilisce per primo dato , che legalmente uu vero vagabondo , un vero improbo mendico non possa definirsi in modo da ottenere tal pmova che nelji' animo dell' ufficiale di polizia induca pieno convincimento. Giu- dica al pari del nostro codice penale, che non la men- dicità in generale, ma quella improba esser dee degna di correzione; che improbo è da riputarsi un mendico non per ire qua e colà mendicando, ma colui che vada vagando contro i regolamenti; e che 1' azione correzio- nale contro i medesimi non può esser provocata , se non da quella prudenziale magistratura eh' esercita le dilicate funzioni di ufliciale di giustizia. Ecco le principali. quistioni, tlie r autore ha con sagge considerazioni e con copiosa erudizione agitalo nell'opera di cui abbiam tenuto discorso: la quale sì pel fine sì pel modo è tale the non fa rilevare qualche neo ch'ella per avventura contiene , come qualche trascuranza nel linguaggio, e qualche ripetizione delle medesime dimo- io5 strazioni, sé pur non vuoisi ciò ascrÌTcre alla natura del soggetto ìstesso, il quale esseodo capace di vari e continuati sviluppi dovea seco condurre un' analisi chiara e ben condotta. Ma ciò è nulla, e nulla toglie ai merito dell' autore, di cui sinceramente lodiamo il senno e la dottrina. Luigi Castellana- Sugli uragani — traduzione dall' Inglese del Prof. Alessio Scigliani (i). Il sig. Reid Tenente-colonello dei Genio lesse alla Società inglese tenuta in Newcastle un rapporto che spiega il progresso fatto per isviluppare la legge delle Tempeste, ed uno slato di ciò che si desidera ancora per progredire sul soggetto. » Avendo ricevuto l'ordine (egli dice) di recarmi per il mio servizio militare alle Indie Occidentali nel i83i, arrivai alle Barbadoes immediatamente dopo il grande uragano di quell'anno, che nel breve spazio di sette ore uccise più di i^oo persone in quel!' isola soltanto. Fui per due anni e mezzo giornalmeute impiegato come of- ficiale ingegnere fra le fabbriche rovinale, e così fui na- turalmente condotto a rifleltere sui fenomeni degli Ura- gani, e con tutta premura andai in cerca d* ogni specie di notizie che potrebbero somministrarmi materia per la spiegazione. La prima ragionevole spiegazione in cui m'imbattei si fu quella che rinvenni in una piccola memo- ria estratta dal Giornale scientifico americano, e scritta da W. C, Redfìeid di Nuova Jork. — Credo di riuscire di qualche interesse T esposizione del progresso graduato fallosi sul soggetto delle tempeste. — Le tempeste del Nord- est sulla costa degli Siati Uniti dì America aveano alti- rato r attenzione di Franklin. Uno di questi temporali (i) Gazzetta IcUeraria di Londra— Aeotto i839. io6 aveodogli proibito di osservare un' ecclisse d^lJa Luna a Filadelfia^ fu mollo sorpreso nel sapere che l'ecclisse era slata visibile a Boston città situata al Nord-est di Filadelfia. Era questa una circostanza da non perdersi di vista per uno spirito illuminato ed investigatore qua- r era quello di Franklin. A forza di ricerche si assicurò che la tempesta di Nord-est proveniva dal Sud-oveslj ma egli morì prima che avesse potuto inoltrarsi d' un al- tro passo in questo esame. Il Colonnello Capper al ser- vizio della compagnia delle Indie orientali , dopo uno studio meteorologico di venti anni nel territorio di Ma- dras,scrisse un'opera su' venti ed i Monzòni nel 1801. Egli ammette la sua opinione » gli Uragani altro non essere che grandi turbini », e che il posto di una nave in caso di siffatti turbini può asssicurarsi; poi- ché il vento girerà tanto più presto per quanto è più vicino al vortice, e le ricerche ulteriori hanno provato che r opinione del Colonnello Capper era giusta. Il sig. Bedfield seguendo le osservazioni di Franklin, senza co- noscere probabilmente quella del colonnello Capper, si assicurò che mentre le tempeste del Nord-est soffiavano sulla spiaggia d'America, il vento con egual violenza soffiava un temporale di Sud ovest nell' Atlantico. Se- gu«ndo la traccia di Franklin sulle tempeste del Sud trovò nel loro corso, che il vento in lati opposti soffia- Ta in opposte direzioni; e che di fatto esse erano turbini; la loro maniera di rivolgersi essendo sempre nella stessa direzione. Combinando le osservazioni sul Barometro col movimento progressivo delle tempeste il sig. Redfìeld sembra d' aver dato la prima spiegazione soddisfacente- coli' alzamento ed abbassamento del barometro ne' lem-' porali, e le mie ricerche confermano le di lui vedute." Il primo passo che ho dato nel proseguimento delle ri- cerche si fu di stendere mappe in grande,- onde far ve- dere |e osservazioni del sig. Redfield, e così poter for- mare uu miglior giudizio sul modo d' azione dell'almo- • . . -. ..... '<>7 sffer^al' Queste Mappe, clie sono slate incrse''pèr pubbli- catsijSono le carie I. e li. di quelle presentate alla Società. H vento è marcato da frecce; alla drilla dei circoli si vedrà che le frecce hanno la direzione dalla parte del Sud, alla sinistra ritornano dal Nord. — 11 campo di ricer- che che si schiude può qui soltanto indicarsi. — Onde pro- cedere nello studio io una maniera soddisfacente, essendo nuovo, si richiede chele prove vengano esibite di passo in passo; questo ho fatto stampando ciò che ho raccolto ed ordinato. Le deduzioni tirate da' fatti sembrano molto importanti, e l'ulteriore proseguimento della ricerca me- rita 1' attenzione d' uomini assai più abili di me. Là ma» niera con cui mi sono inuollrato nelle ricerche si è stata di procurarmi copie degli attuali Giornali (^log-books^ de' bastimenti per combinare le loro informazioni con tutte quelle che poteva ottenere in terra, e così parago- nare osservazioni simultanee su tracce estese. Nella car- ia VIL vi sono trentacinque navigli nella stessa tempe- sta, le rotte di vari di essi navigli che attraversano il sentiero della tempesta, ed il vento come viene rappor- tato da' navigli, corroborato dal rapporto di terra. Le osservazioni de' navigli, posseggono questo gran vantag- gio per la ricerca meteorologica, che i ( log-books ) giornali de' legni mercantili rapportano lo stato del tem- po ogni due ore, mentre quelli di guerra fanno le loro osservazioni d'ora in ora. Dopo d'avere avuto sotl' oc- chio una varietà di tempeste avvenute nella latitudine settentrionale fui sorpreso dall' apparente regolarità coti cui appaiono di passare al Polo del Nord, e perciò fui condotto a conchiudere che di accordo coli' ordine della natura le tempeste sulla latitudine meridionale si trove- rebbero rivolgersi ìu una direzione precisamente contra- ' ria a quella che prendono nell' emisfero del Nord. Colla liiassima ansietà andai in traccia di fatti onde assicurar- mi se questo era realmente il caso, ed ottenni delle no- tizie bastanti a confermare la verità di eSiO, pritua di io8 sapere che il ai'g. Eedfield avea congetturato la steisa cosa, lenza aver egli tracciato alcuna tempesta nella la- titudiae meridionale. La carta Vili, rappresenta il corso d* un uragano molto severo' incontrato dalla flot- ta delle Indie Orientali in conveglio nel 1809, e serve ad illustrare apertamente la verità di questo fatto im- portante. Se le tempeste obbediscono a leggi fisse, e possiamo assicurare quali sono queste leggi , la cogoi» ziooe diverrà utile alia navigazione; ma per applicare praticamente i principi è d' uopo che le persone di mare li studiassero e li capissero. Il problema di cui si desi- dera da Si lungo tempo la soluzione, cioè da quale bauf, da si dee mettere alla cappa un naviglio nella temj>e-^ sta, credo che ora resta spiegato. Stando attenti al gì<^. rare del vento può ossicurarsi la direzione in cui va a piombare un temporale. L'oggetto richiesto si è che il \eato girando venisse in poppa invece di essere a prua, in modo che un naviglio potesse mettersi all' orza, in- vece di dovere appoggiare. Per far ciò bisogna che il naviglio si situasse a bordi opposti alla burrasca, ma i limiti di questo foglio rendono impossibile di darne una spiegazione particolareggiata. Le ricerche fatte a tal uo- po neir emisfero meridionale somministrano una spiega- zione molto interessante alle osservazioni del Capitan Kmg nelle sue direzioni veliere per 1' estremità meridionale di America, cioè, che l'innalzamento e l'abbassamento del barometro nelle forti bre'zze meridionali corrisponde coir alzata e caduta nelle alte latitudini del Nord ; le posizioni di Oriente ed Occidente restando le stesse, ma quelle del Nord e del Sud cambiando di posto. Que- ste esservazioni servono a corroborare grandemente ciò. che confido d'aver teste provato. Cinque temporali con- nessi che avvennero nel iSÒ']^ e seguirono 1' un 1' altro nella più stretta successione, presentano un interesse e della novità al tempo stesso, poiché ci sotnministratio materiale per spiegare i venti variabili. Poiché questi *09 turbini s' aggiraoo con legge invariabile, e sempre nelU stessa direzione, ogni nuova tempesta cambia ii vento. Così r uragano della metà di Agosto 1837, tracciato nella Carta VII., era appena passato verso le Àzores, col vento nella parie meridionale di esso sotiìaiido con violenza all'occidente, quando un altro temporale, provegnente dal mezzogiorno, portante seco il naviglio Castries alla ragione di sette ad otto nodi 1* ora, rovesciò il vento air oriente. Le tempeste espandendosi in volume, e dt^ minuendo in forza come si avanzano verso i poli, ed i meridiani allo stesso tempo avvicinandosi l'uni' altro, le brezze si rimescolano; e quindi la vera causa apparen» te della natura molto complicata de' venti nella la<^ litudine del noslro paese.->Poichè le grandi tempeste nello altre latitudini eslendousi spesso su d' uno spazio cir^ colare di mille miglia, la lunghezza e larghezza delle isole inglesi esibiscono una sfera di gran lunga troppo limitala per ii loro studio ; ed ecco la principale ra« ^ioue che m induce a presumere d' indirizzarmi a que- sta Società. Le nazioni dovrebbero unirsi per isludiaro le leggi atmosferiche. Facendo un cambio delle osserva- zioni istituite ne' fari (tight houses) di differenti paesi, si otterrebbero notìzie lungo 1' intiera costa del mondo incivilito. Se i giornali de' legni mercantili invece di essere distrutti, come frequentemente avviene alla gior- nata, si conservassero in depositi, ogni gran porto com- merciale tenendo il suo deposito, sarebbero di grande aiuto a fornirci osservazioni relative al mare ed alle co- ste. Dello stesso modo potrebbe farsi un cambio dei rapporti meteorologici ottenuti nell' interno delle diffe- renti nazioni, ed allora saremmo tosto abilitati a fissare le tracce delle tempeste sopra quasi 1* intiero globo. Quando io avea ottenuto prove soddisfacenti che le tem- peste nell' emisfero meridionale si rivolgono in direzio- ne opposta a quella che prendono nel settentrionale, e Veduto r ago magoeticO| ognoracchè trovavasi in congiua- I IO zìone can la baUerìa di To1ta,esibire simile fenomeno, far, cehdo delle rivoluzioni coiilrarie ne' due poli, esso mi fornì nuovo e maggiore inlcfesse per la ricerca. Ho pò-» scia con r assistenza di M. Claike óA Lowther Jrca" (le (i) ( coti, cui situai una palla vuota di 84 Ib. per oggetto di esperimento) trovato che le rotazioni possono ancora esibirsi coli' ago distaccato da' poli, ma non bo avuto ancor tempo da tentare ulteriori esperimenti co^ (questa palla disposta a norma de' globi magnetici di Barlow.' — -Nel tempo ^di questa ricerca, ho procurato aO' cora d' avverare la legge per mezzo della quale si muo< yoao i nembi, poiché essi senza dubbio sieguono qual- ct^e legge fissa. Dopo molle inutili ricerche ho ottenuto due e^sempì; uno de' quali è da parte del capitano Bec- cliey, perlocxhè non vi è ragione a dubitare che 1q spiegazioni date non sieno corrette. Edegno di osservazione che in questi due esempì, i quali occorrono negli emisferi opposti, le rivoluzioni sono in direzioni opposte , ma amendue in direzione contraria alle grandi tempeste. I doppi coni in un nembo, l'uno che si dirige in su del mare, 1' altro in giù dalle nuvole, lo marcano come un fenomeno di un'altra specie; e dobbiamo osservare se mai la nuvola sopra,, ed il mare di sotto s'aggirano nella stessa direzione. Sarebbe interessantissimo ancora l'assicurare i loro stati elettrici, e ciò non sarà dillicile a praticarsi dietro che il grande idrografo Horsburgh fece recentemente passare il suo naviglio a traverso di piccoli fenomeni di tal sorta, ( nella sua navigazione per r Oceano indiano), ed egli azzardò questo passo all' og- getto di esaminare la loro natura. jU' apparente accordo della forza delle tempeste con la legge dell' intensità ma* gnctica, come fu esibita dal rapporto del Maggiore. Sabino (i) Il fMwlhcr jlvcade è una fabbrica in Londra chiamata così e dcsiinala ver una specie di Musco o esihÌ2.ione di una grande varietà di oggetti, die nainio rapporto soprattutto alle arti e scienze ed a;Ua spiegazione di vari fc» 1 1 1 a questa Società, è ancora mollo meritevole di osserva- zione; ed io ho mostrato il massimo interesse che foss^ stampato, onde poterne fare il paragone. — Spesso viene osservato con meraviglia che non avvengono tempeste a S. Elena. Provai perciò molta curiosila per sapere il grado d' intensità magnetica di quell' isola , e non fui poco sorpreso nel trovare che là era la minima fra tulle le parti del globo saggiate finoggi. Le linee isodinamiche del Maggiore Sabino per esprimere meno deli'uuilà,si tro- vano là soltanto, ed esse sembrano , come lo sono dt fallo, di marcare il vero oceano pacifico del mondo. Le linee della più grande intensità al contrario sembra- no corrispondere con le latitudini de' Tifoni ed Uragani; poiché troviamo il meridiano del polo rnagiiclico ame- ricano passar non lungi dal mare delle Caraibe, e quell^ del PoloSiberico allraverso del mare della China. Alle car- teho aggiunto riocìsioiie d'una tavola meteorologica, come è registrata a Birmingham dall' anemometro del sig. Osler ed ho procurato di render assai più, noli gli sforzi dei signori Whewell ed Osler, onde misurare la forza del vento. E molto a desiderarsi che questi belli istrumenti si portassero al di là de' nostri conllni, particolarmente nelle Lidie occidentali, ed ai Capo di buona Speranza, ove possono misurare la forza d' una tempesta tale a cui con può resistere alcuna vela; — quella che riduce il na- viglio ad andare (colle semplici antenne) a secco. Non solo per misurare la più gran forza del vento è a de- siderarsi che si moltiplichino questi anemometri, e che vengano situati in varie località, ma aOiuchè possiamo procurare per mezzo di essi di sapere qualche cosa di più delinilo relativamente alle bufere e turbini, che av- vengono nelle grandi tempeste w. L' articolo fu ascoltalo da tulli con molta attenzione, e fu ricolmato di applausi, e quacido tcrmitiò la lettura gli applausi furono espressi con mollo entusiasmo. — -I no- stri lettori possono formarsi uà idea, mollo familiare del Ita soggetto facenclo circolare l' acqua in un bacino che rap- presenterà il movimento circolare violento del turbine con una calma nel centro del vortice. Suppongasi ch6 il bacino abbia un movimento progrrssivo, «Ila ragione, non più di sette miglia l'ora, si avrà tostt> una ito/jooe esatta del risultato della osservazione del Colonnello -Reid. Vicino l'equatore la legge è più costante; ma quando un setjuilo di tempeste giunge alle latitudini setteutrio- iiali o iricndionaii, al di là de* tropici (come nel luogo ove noi siamo situati) la loro miscela è la causa della maggiore variabilità de' nostri venti. £ da osservarsi che i nembi in ambo gli emisferi ob- bediscono a leggi intieramente opposte, e che i loro giri procedono in direzioni perfettamente opposte a' giri de- gli uragani. Il Professore Bache s' indirizzò alla seduta, ( dopo aver complimentato il Col. Reid sulla maniera cortese con cui avea attribuito cotanta lode al suo concittadino M. Redfield, mentre atrrbbe potuto con tanta giu- stizia appro|)riarsela),e fé' manifesto che le opinioni del ■ig. Redfield erano slate oppugnate dal sig. nipsy di Filadelfia, le di cui carte erano pubblicate nelle Trari' sazioni filosofiche Americane, ed in quelle dell' Istitu- to Franklin. Il sig. Epsy sosteneva che le tempeste era- no creale da venti che soffiavano ad un centro fatto dalla condensazione dell' atmosfera , ed egli stesso era stato spettatore del corso d' un tornado di terra in cui tutti gli alberi, le case ec. erano cadute alla parte io- terna, come se ciò fosse la vera esposizione del fenome- no. Egli opinava che dal centro T aria si lanciava in su, e così continuava la tempesta. Il Prof. Stevelly spiegò le sue vedute e comparò il movimento del fenomeno aereo a quello dell' acqua che scorre da un tino, nel fondo del quale si è praticato un piccolo buco. — Il sig. Giovanni Herscliel parlò mollo in lode dell' articolo del Colooello Reid, e delle importanti ii3 conseguenze a cui condurrebbero g!i ujieriori esami del soggetto, e l'accumulo di dati^ Egli fece all'uopo uua piacevole allusione a Fratiklin, il quale, allorché venne con dispreAo. domandalo da un uomo di mare: Cosa mai han fatto gli abitatori della terra in ricerche di simil sorta? rispose: essi hanno fatto una cosa, poiché gli a- bitalori della terra inventarono la navigazione! Uua co- gnizione dell'attuale soggetto insegnerebbe a' marinala saper regolare i loro navigli e salvare migliaia di vite. Il sig. Giovanni Herschel suggerì l' idea che la corrente del Golfo (Gulf stream ) può aver rapporto con la teo- ria racchiusa in questa investigazione, ed ancora <:he i monsoni ((rade "winds) possono gettare un lume su i fe- nomeni che presentava. Alluse ancora alle macchie os- servale nel Sole, che per analogia potevano condurre a tal considerazione, riguardandole senza dubbio còme a- perture superiori di grandi uragani che passano sopra il disco di quel luminare, l'atmosfera movendosi analoga- mente a' nostri monsóni, ed essendo disturbala da certe cause precisamente, come può esserlo 1' atmosfera della terra. Annunzio di alcune nuos^e Incisioni di Tommaso Aloisio. Scrivendo in queste Effemeridi n.58 intorno la prima esposizione di belle Arti invitammo l' egregio Tommaso Aloisio a incidere le più insigni opere artistiche siciUane. Le nostre parole, eh' erano il voto unanime de' veri ama- tori della gloria patria , bastarono a spingere quel no- bile ingegno alla impresa. Ci affreltiarao però ad an- nunziare al pubbWco, che 1' Aloisio fa capo a' suoi la- vori dalla celebre presentazione di Girolamo Alibrandi, e da un altro de' più bei dipinti di Messina. Egli ci scrisse, non ha guari, che della prima opera è finito il 4 ii4 disegno, il quale è delle dimensioni de' più grandi ra- liii che siansi mai pubblicati finora in Italia. E quindi da desiderare, che il Governo gli agevoli quello scabroso cammino, che è uno de' «lezzi reali a iar conoscere agli stranieri lo stato delle aiti nostre. Le quali, comecché mal ci presenlerebbono gli uguali a' Capj-scuola d' Italia, non meritano per Dio, quella nul- lità slorica, nella quale a nostra vergogna si giacciono. IVieutre Giulio Romano, e il Fattore, e Luca da Salerno adornano le più splendide gallerie di Europa , perchè Vincenzo Anemolo neppure si conosce per nome? Mentre il Caravaggio, il Van-Dyck, lo^ Spagnolette sono cele- brati vigorosi coloritori, perchè il Momealese nostro si rimane lutto chiuso nella sola Sicilia? Chi sa di Ga- gini, chi di Scilla ? Han posto, noi nego, certi uomini dabbene alla tortura i loro cervelli ad accatastare un mucchio d'inezie biografiche la [)iù parte mal Tondale: SI son fatte delle guerre più sanguinose della Balromio- machia di Omero, ma i loro volumi, ne' quali tra venti moggia di parole non trovi pur dramma tli buon senso hanno più del silenzio stesso conlribuilo a screditare la oicilia , la quale per colpa di questi impudenti mono- polisti letterari si guadagnò appo moltissimi il nome di stolta. Non so se fosser vere le censure del Capitano Smith, ma è pur certissimo che le cose di critica let- teraria a que tempi erano, com' ei chiamolle, pasqui- nate^ Ma, grazie a quello eletto numero di giovani au- tori, i di CUI scritti si fan leggere con avidità dalle più incivilite nazioni, comincia per noi una nuova era let- teraria; perdonisi quindi a quegli immaturi studenti, i quali oramai latti canuti vanno traendosi sotto le spa- ziose ale dell' oblio; e deplorando la beata epoca loro si volgono indietro, e brontolano, e bestemmiano per le jiiazze il nome di que' generosi , che hanno svelata la loro impostura. E pero l'accia m plauso all' Aloisio, e lo iuviliaino per- u5 che, dopo questi primi lavori intrapresi, inciti^ la Depo- sizione di Ànemolo, la quale basta sola a fdr cooosce- re questo grande cinquecentista come uno de' più ce- lebri, ma il più delicato discepolo di RatTaele, I^è lasciani di avvertire, che se 1' egregio Artista vo- lesse pubblicare queste sue incisioni per associazione il pubblico ne sarà particolarmente avvisato. Paolo Giudice t Mezzobusto e Biografia per Pietro Pisani. La civile sapienza dei popoli, di qualunque nazione od età, ci ammaestra di non volersi far cadere in ob- blio le immagini e le memorie de' sommi trapassati , perciocché mettendo elle incitamento a virtù, col desi- derio delle cose egregie danno argomento di progredirsi in civiltà. Tutto che per tal riguardo > ed è bella ca- gione di sperare, non abbia molto a dolersi Sicilia, de' nostri dì, pure si è dato sinora un esempio di non usata trascurauza da potercene certo fruttare infamia eterna nella posterità, se non si ponesse mente ad ammendare il fallo. E piucchè un anno andato che Pietro Pisani giace in un sepolcro fra plebei e ladroni confuso, 1' u- manità soflerente dal dì della sua morte dolorosa lo piange, disperando di vederlo un' altra volta adoperarsi in suo prò, e noi sconoscenti 1' abbiam quasi dannato alla di- menticanza debita a chi scioperatamente solo visse a sé stesso , se togliamo un generoso che in un brevissimo cenno 1' eccelse virtudi ne magnificò. Essendo vivuto in lunghissime vigilie per lo altrui be- ne, nissun compenso ebbe da una patria non riconoscente, e solo godendo di quello che la interna coscienza del bene oprare largisce, potea promettersi almeno una co- rona al suo sepolcro intrecciata da' dolenti concittadini: e pure questa dolce ed utile illusione, che rafforza gli ii6 umani nelle viiiù loro, al sommo filantropo che perdem- mo venne fallita. Che diranno di noi gli stranieri , e tM di essi gì' inglesi i francesi i tedeschi gli ameri- cani , che non lasciaron vivendo di tributargli i do- vuti onori , e più di tutti quello di averlo consultato siccome a massimo sapiente, ohe in fatto di guarire la mentale alienazione era primo in Europa ? Che diranno eglino mai? Muore un Pisani, e Sicilia neghittosa rimane? e non i-ompe in lamenti a testimoniare il dolore che profondo avrebbe dovuto sperimentare a perdita cotanta? E se non sono pregiate per essa le virtù del cuore, di quale altro merito fa stima? E però venuto il tempo che Sicilia si scuota, e che quei canti clie sono stati consacrati a celebrare il vile il superbo il potente, tutti ad onorare riv»lgansi la me- moria di Pietro Pisani, eh* .è una gloria che non potrà oscurarsi con tutti gli sforzi dei malevoli. Ci gode l'ani- mo potendo qui dire che già gli si appareccliia 1' onore di un mezzo busto, che d' ordine del governo sarà col- locato lel magnifico stabilimento, che Pisani quasi dal rulla creò a gloria del suo nome e di Sicilia ; così i do- lentissimi figliuoli vedranno appagato un Inr desiderio, e volentieri concedono il marmo che appo di loii^ serba- vano, effigiato al "vivo dal valsroso allievo del Canova, Valerio Villareale. Questo mezzo busto era quello che la persone addette al servigio dello stabilimento aveano fatto innalzare senza sua sapula al grande institutore, e che costui, non permettendo la sua modestia un tanto onore, appo di se lasciò sconosciuto, dopo di aver sod- disfatto allo scultore il prezzo del lavoro. Dacché trapassò Pisani, meco stesso proposi, che ad attestare quella venerazione nella quale io teiievalo, fosse })aslato r adempiere al sacro uiìicio di cittadino, racco- gliendo liilte le memorie della sua vita, che per me si poteano, ed in un' apposita biografia dislendendule. Vero li che molto tempo è trascorso, ma, anziché averne io *'7 colpa, dee donarsi alla sollecitudine di non tralasciar cosa che avesse potuto contribuire a far meglio conoscere il Pisani. Ora però una tale biografia è vicitia a veder la luce, e qui innanzi tratto debbo confessarmi obbligato a' figliuoli che tutte le carte del lor genitore mi han fatto avere alle matft, e le lettere da' sapienti stranieri diret- tegli, dalle quali ho ritratte le amicizie le opinioni i disegni le lodi. Questa biografia piucchè ad altro tende a render utile altrui lo esempio di un virtuoso, ed i^^ essa tutto minutamente discorresi, e come i tempi eh' e visse furon tali da condurlo a quel sentimento di filan- tropia- che ardentemente nutrì, e il nascimento e la pri- mitiva educazione e tult' altro che serve a far conoscere la sua vita dapprima che si fosse sottoposto all' alto, in- carico di provvedere alla casa de' Malti; in quale con- dizione trovò questo luogo; quali sforzi ei fece per por- tarlo ad esser primo fra quanti simili stabilimenti esi- steano in Europa; quali furono le sue osservazioni sopra i matti; quale opinione e' tenne della pazzia; quali av- vedimenti usò per alFezionarsi quei poveii sfortunati; e il principio della cura morale discorresi , già da altri ])rima adottato, e da lui ad ogni caso esteso, sbandite avendo totalmente le medicine ; si vede come tutte le sue fatiche da un esito felice venivano coronate, e dalle lodi e dalla fidanza de' suoi cittadini; é come l' esempio suo dalle principali nazioni fu seguitato; quello che scrisse si esamina, quello che divisava di scrivere si annunzia, cioè un' opera nella quale tutte volea manifestare le sue osservazioni, e tutte le opinioni sue; si vede come tutti i viagt^iatori cercavan di visitare quel luogo; e le benedi- zioni che air institutore largivansi, e le lodi che da tutta Europa gli proveniano si mettono in pieno lum*; discor- ronsi gli studi suoi sulla musica sull' archeologia sulla storia naturale, il carattere la fisionomia, le circostanze della sua m»rte, ed altre molte particolarità si veggono, <:hc credo non saranno in Sicilia e fuori discare adii iii8 la memoria tuUavoIta riverisce dell' illustre trapassato. A meglio convalidare la mia narrazione ho creduto con- veniente di recare in fine tutti quei documenti che ho slimato necessari, e spesso anche nella originale lingua in cui furono scritti. Valga com' ella siasi questa bio- grafia a mostrar se non altro la buona intenzione che nutro a magnificare un genere di virtù che più delle marziali intraprese e della sapienza stessa tende a gio- vare alla umanità, e possano, quando altri il voglia, ser- vire le materie che il mio libro conterrà per potersi più deguamente scrivere l'elogio dell' ottimo Pisani. Bernardo Serio. Prosa e versi in morte di Marianna Mira Castelli Principessa di Torremuzza — Palermo Tipografia e legatoria Roberti i838. in-12. Ahi! sugli estinti Non sorge fiore ove non sia d' umane Lodi onorato e d' amoroso pianto. Foscolo. Onorare anche la memoria di coloro che hanno sve- glialo morendo iln sentimento di dolce pietà egli è cer- tamente lodevolissimo uflicio. Così l' iniinalura morte di Marianna Mira Castelli desiò in ogni petto compassione sincera, e tal che ognun mosso dalle virlù di costei , volle sulle sue ceneri spargere una lagrima e un fiore. Ma quel che meraviglia ci reca si è in vedere come ta- luno, anche negato a far versi, volle in sì dolorosa cir- costanza toccare la cetra; poiché taluni compouimenli di questa raccolta sono assai infelici, mentre altri non man- cano di molti e cari pregi. Precede alle poesie una prefazione ed un cenno ne- crologico: r una di Vincenzo Albani, i' altro di Melchior- »»9 re Lo-Faso-Mira: entrambi scritti con garbo e con giu- dizio, e senza entrare nei particolari della biografia del Lo Faso possiamo assicurare ch'ella nell' insieme è det- tata con semplicità e gentilezza di modi e di afTelto. Il primo poetico componimento, che si presenta, è una romanza di Michele Minneci, temprata sulla scuola del Grossi, tuUa sentimento. Spontanei ne sono i versi, e se originali immagini non si rinvengono , ha però una fàccia propria; né vi sono lambicchi, ne stento. Siegue altra romanza di Giovanni Schirò , il quale descrisse l'amore dei due germani, e in quanto duolo immerso, per sì cara perdila, il fratello restasse, Leggonsi appresso talune ottave di Riccardo Mitchell scritte con garbo e con gusto. Una canzone di Vincenzo Navarro palesa chiaramente r Anima poetica dell' autore, per la IVanghezia e la fa- cilità dei suoi versi, e com'egli fosse sempre padrone della rima. Anche il bel sesso ha voluto in questa circostanza coronarsi di allori. Emilia Fagan-Pagano mostra nelle sue terzine esser ella di animo ben gentile , e molto versata nella lettura dei classici, che prese a modello. Felice Bisazza con una elegia lamentò anch' egli la morte della Marianna. Graziose immagini e delicati pen- sieri vi campeggiano poeticamente vestiti. Siegue un'ode di Pompeo Insenga, il quale sebbene ti ricordi in pochi versi alcuni punti della vita dellestinta, e faccia una leggiadrelta allusione del Fiore, pur tuttavia egli ha condotto in guisa sì saltellante il suo componi- mento, che ha fatto perdere all'ode tutta la sua gravità, e ti ha composto un madrigale. Sieguooo alcune terzine di Cristina Anselmo, le quali scritte con molto garbo, e con linguaggio poetico, fanno concepire sempre più belle speranze di questa culla e leggiadra donzella. Una elegia di Domenico Pavone e piena di buoni I30 sentimenti; ma romantici ne sono i pensieri, romantico lo stile: quindi foschi gli uni, tortuoso 1' altro. Grazio- sa è però r ode di Gifiio Genuino, e degna di essere fra queste particolarmente ricordata. Sieguono alcune ottave di Cesare Malpica, nobili nella frase, facili nel verso, e non privi di buoni concetti, Filippo Villari comparisce sempre colla sua veste d' i- mitatore del Foscolo. Egli con un carme indiritto al Prin- cipe di Torremuzza, si studia d' imitare i modi, le frasi, e lo stile di quel maschio poeta. Ma senza propria inspi- razione non si può fare ne si farà mai cosa buona, e che stia da se. Guardisi quindi 1' A. dal soverchio imitare, che chi imita con tanta minutezza cade spesso nel furto, e piomba nell' obblio senza riparo. Un' ode di Antonino Zerega diretta al San Giacinto è piena di tenerezza e di nobili affetti : sono 1' espres- sione del sentimento di chi scrive. Viene Agostino Gallo anch' egli con un' ode a lamen- tare la perdita dell' ottima donna. Lo stile e la maniera del sig. Gallo sono fra noi conosciuti; che da lungliis- mi anni scrive in poesia; perciò non è mestieri dir nuo- ve parole per questo suo nuovo componimento. Baldassare Romano intento a più severi studi mostrasi *nel suo sonetto non solo buon poeta, ma nobile amico della patria, ed ammiratore ed eccitatore di generose virtìi. Le cinque ottave di Leopoldo Tarantini, lo addimo- strano versato nel linguaggio dei classici e seguitatore de' buoni esempi. Viene una canzone di Giuseppa Turrisi Colonna; co- stei ammaestrala dal Borghi nel bello dell' italiana let- teratura fa di giorno in giorno voti rapidi e maravigliosi. Questa poesia e una delle migliori che racchiude questo libretto. Forte e maschio n' è il verseggiare , nobili e poeliche ne sono le frasi, tersa e (orbila la lingua. Viene in seguito un sonetto di Laura Beatrice Oliva, non privo di pregi, e commendabile. I2t Sicue un' anoRÌma poesia intitolata^ // dì dei morii. Questo romantico componimento è temperato sulla scMola del Manzoni. L' autore mostra aver 1' anima piena di nobili sentimenti. Vaghe immagini miste a fosche tinte ti campeggiano, le quali per altro non sono disadatte al soggetto che imprese a trattare. Finalmente chiudono questi poetici componimenti al- cuni sciolti di Nicola Cirino. Egli è .sempre facile nel maneggiarli. Vi si scorge sempre la stessa vena feconda ed il iDuon linguaggio poetico, proprio dell' autore. Ciò basti per dare un'idea generale di questo libro. Da parte nostra non abbiamo tralasciato di dire quello che per noi si è saputo: se non siamo andati a versi di tutti non per questo siam degni di rimprovero, poiché non abbiam tradito la nostra coscienza ne la verità , che non si può ne si potrà mai tradire in questo Giornale. F. D. B. // 6 Settembre (*). ODE DEL PROF. ANTONIO MEZZANOTTE Perdonò: da tutta Italia Vivo uscì di gioja un gridoj Che da l'Alpi corse a V ultimo pi Trinacria ondoso lido: L' alto suon ne udì Parigi} De la Neva e del Tamigi Pur le rive n' echeggiar. S' irradiò di luce eterea Dei Potenti lo intelletto, Mentre un pio soave palpito Né commosse il forte petto} E conobber la grandezza D' un re padre, e la dolceiza Del benigno perdonar. (*) Quesl' ode fu composta dall' egregio prof. Mezzanotte in occasione del famoso Dccl-eto ch'.cniaiiò 1' Thiperatore d' Austi-ia ai 6 settembre (838, giorno della sua incoronazione a Milano; ed essendo non è guari a noi jiervenuta crediamo far cosa cara ad ognuno inserendola nelle nostre pagine. Decretò Ferdinando che tutti gl'imputati e condannati per politiche opinioni fossero liberati, e ritornassero alle loro Patrie, alle loro famiglie, nel possesso asso- luto dei loro beni. Volle il saggio Monarca ciiandio che venisse inlernHiente cancellala ogni idea di delitto nei traviali, ordinando the se anche tornaisero a fallire non si dovessero mai punire conife recidivi nella col] a. Tonto esteso, tanfo magnanimo lu quel sublime Decreto, jicr cui le benedizioni accompa- gneranno sempre il nome del buon Principe, e lo colmeranno di gloria che non sarà mai peritiu'a. Ah non è il rigore non è la vendclt:i, e la cicuienza ed il perdono che disariuano gli uoiuini e conquistano i cuoii !...... 133 3 Perdonò: di molti caddero Sciolte al pie 1' aspre calenej Inatteso fin por videro Altri molti a le lor peoej Desiato il caro giorno Del lietissimo ritorno A mesti esuli appari. 4 D' ogni colpa la memoria Pronto cstinsc oblio verace} Consolati fur quo' miseri Dal sorriso do la pace: Il sospetto, ed il tiniore, Di ciascun da l' ansio core Del perdono al suon fuggi. 5 Bello, al dolce annunzio, liberi Veder già qucgl' infelici Esultar tra spessi aneliti Stretti al sen de' fidi amici Al gran Sir benedicendo; £ le mani al ciel tendendo Bingraziarne la pietà. 6 Bello udirli augusta immagine Lui chiamar del Nume in terra Che a crudeli sdegni, e a torbide Gare, e a stragi empie di guerra Non creò le umane genti. Ma le volle in foco ardenti Di fraterna carità. 7 Perdonò; lieti sclamavano Per età Vegli canuti; Poi ccdean del sommo giubilo Al grave urto, oppressi e muti} Sol di gaudio lagrimando Gian la interna alleviando Violenza del piacer. 8 Ma iterate al ciel s' ergeano De la Insubre Giovenlule L' alte voci; in se rivivere De la sua ))risca virlute Senlia fiamma generosa, Onde in campo un di animosa Potè palme ardue ottener. 9 Perdonò: s' udian ripetere, Lei mirando, itale Madrid E qual padre lo additavano Ai lor parvoli leggiadri: Lui de 1' alme ausonie Spose, Non più timide, o dogliosei Grato il plauso salutò. IO Ei frattanto procedea Benedetto, ed in regale Vestitncnlo in fronte avea La Corona trionfale Cui gli die voler superno, Che per Lui con vanto eterno Or più chiara sfolgorò. 1 1 Su la vetta del Cenisio Luminosa apparve un' In Che annunziò ior meta attingere Tutti i pubblici desiri; Da lei mosse con accese Ali un raggio che disce»e Le sicane onde a lambir. 12 Quel balen di luce insolita Vide Italia, e si compiacque A r antico onor sorridere; Bella speme in sen le nacque Per favor del SiR possente Che si volse alla Dolente Racchetandone i sospir. i3 Oh Ferkakdo ! a regi e popoli Di virtù model sublime, Tu nel tempio della Gloria Mcrti or ben le sedi prime: Altri amò sanguigni allori} Tu nomarti ami dei cuori 11 clemente regnator. •4 Stupiranno i tardi posteri E diran: grande il Guerriero Cui temè 1' Europa attonita; Ma più grande Ei eli' ebbe impero E fé il suo sccol beato, Re di pace salutato D' ogni popol dà 1' amor. Ic33 Società reale degli antiquari del Nord a Copenha- gue -T- Nuove opere pubblicate dalla Società — An- tiquilates Americanae sive scriptores se|jletitnonale3 rerum ante columbiaiiarum ìa America. Il sig. Alessandro de Humboldt , che il miglior fra tutti ha fallo conoscere non che lo sialo fisico ma la storia della scoperta dell'America , ha osservato che i navigatori ài quali deesi reaknente la scoperta di que- sta imova parte del mondo, erano Scandinavi, che questo fatto sia stalo o interamente negato, o niesso in dubbio da parecchi autori distinti de' tempi moderni. Intanto quello illustre investigatore aggiunge che le relazioni e le ricerche fatte sin oggi su questa epoca memorabile del medio evo sono assai incon>plele, ed esterna il de- siderio che sia pubblicata da dolli del Nord, la colle- zione di tutti i documenti relativi a questo sUbbietto. L» Società degli Antiquari va ad appagare questa brama: e perchè si spanda nuovo lume sulla storia, perchè si per- petui la gloriosa rimembranza de' nostri antenati , essa rivendica 1' onore che loro a buon dritto si dee nella . storia dell'universo, in quella della scienza del com- mercio e della riavigazione. Sembra che le ullime ri- cerche abbiano dimostrato sino all' evidenza che allor- quando Colombo visitò r Islanda nel i477' *^S'^ ^^^ ''^^" contar la scoperta dell' America dagli Scandinavi, e che questo fu uno de' più forti molivi che lo indussero a intraprendere il suo viaggio. Ma questo fallo non dimi- nuisce in nulla la gloria the si è acquistato per I' alta intelligenza e per lo zelo infaticabile col quale egli su- però tutti gli ostacoli e tulli i perigli, onde portare a termine questa nobile intrapresa che ci svelò una' no- vella parte del mondo, e la pose immediatamente sotto la protezione e 1' influenza sempre crescente delle uà- 134 zioni possenti e civilizzate dell' Europa. La memoria di quest' uomo illustre vivrà mai sempre fra le generazioni presenti e future, ma noi altri abitanti del Nord, noa possiamo obbliare i suoi degni predecessori , eh' erano nostri antenati, e che non aveano ostacoli meno diflicili a sormontare allorché, senza alcun soccorso, con poche conoscenze matematiche , e ignorando 1' uso della cala- mita, della bussola, delle carte, s' imbarcarono nei loro fragili navigli e osarono avventararsi sul grande oceano per andare a rinvenire altre terre. Essi scoprirono e oc- cuparono successivamente l' Islanda nel IX secolo , la Groenlandia nel X, e poscia molte isole e coste dell'A- merica sul finire del X secolo, e al principio dell' XI. A quest' epoca ultima si rimarchevole nella storia uni- versale ma ancora sì poco nota coincide 1' opera , che sarà pubblicata. Il dotto Torlàson (Torlaeus) è sinoggi il solo che siasi occupato di questa materia, ma il suo libro, edito nel 1707 ed ora assai raro , non contiene le relazioni originali sulle quali si fondano le ricerche; gli estratti che vi si trovano sono pochissimi, e pochis- simo completi. Ma la raccolta che noi annunciamo è del tutto nuova, e completa per quanto è possibile. Essa è redatta sopra gli eccellenli e numerosi manoscritti depo- sitali nelle nostre biblioteche, e accompagnata di tradu- zioni in danese e in latino, d' introduzioni , di disser- tazioni archeologiche e geografiche, e di osservazioni cri- ticlie che sono tulle in latino. Darem qui un prospetto delle principali materie che comprende. Primi sono i ra«cconti storici di Erik il Rosso e de' Groenlandesi, pubblicati e redatti per la pri- ma volta sopra il libro ben noto nella storia delle nostre antichità sotto il nome di Flatejarbùk. Questo libro tratta principalmente della prima scoperta delle isole e delle coste d'America fatta da Biorke heriulfsone lkif erikson, • di più viaggi che vi lecer» i consanguinei di Leil. viene poscia la Saga di TnouiiNiN Tuorusom , ohiauìalo Karlsefne, clie discende da progenitori irlandesi saozzesi norvegi , svedesi e danesi, o re, o ligali alle famiglie reali. Questa saga è pubblicata secondo due antichi ma- noscritti in pergamena , che sino a' nostri giorni sono stati interamente incogniti ai dotti , e di cui il primo sembra essere stato scritto dallo stesso Hauk Erlendson funzionario d'Islanda, eh' è celebre per avere Keda>lto una delle migliori critiche dell' opera detta Landnama. Questa saga sì rimarchevole contiene delle relazioni particola- rizzate su i viaggi che Thorfinu Karlsefne e i suoi com- pagni fecero per 3 anni in America e sul loro soggiorno nel nuovo mondo: essa spande nuova luce su questo sog- getto altre fiate sì poco conosciuto. Tori'ason la credeva perduta , egli la conosceva per gli estratti mutilati di alcuni copisti nelle notizie sulla storia dell'antica Groen- landia trovale dopo Biòrn Johnson, compatriotta di Skardso in Islanda . Kssa comparisce ora per la prima volta in intero, e i raggiragli che ofirirà al mondo letterario sono nuovi e pieni d' interesse. L'opera contiene ancora tutto ciò che la Società ha po- tutto raccogliere sulla conoscenza che avevano i nostri antenati del nuovo mondo, per le scoperte e i viaggi de- gli Scandinavi. Eccone i principali capi: i*. Le relazioni sul paese chiamato Vinland in America scritte nell' XI. secolo da Adamo di Brema che le avea inteso raccon- tare da Svend Estridson re di Danimarca, e da più Da- nesi. Queste relazioni compariscono ora per la prima volta impresse suH' eccellente codice conservato nella biblioteca della Corte imperiale di Vienna, e di cui il conte Dietri- chstein, o«po della biblioteca si è compiaciuto proccu- rare un facsimile alla Società. 2°. Relazioni sul Vin- land scritte per Are Trode nello stesso secolo o nel se- guente. 3°. Relazioni dello stesso autore su Are Mar- SON, fomoso capo d' Islanda e uno de' suoi consanguinei che verso 1' «n. g83, fu sbalzato sulle coste di un paese im America presso di Vinland chiamato Hvitramanna- land 0 la GRANDE IRLANDA. Gli abitanti di origine Irlau- 136 tlesc, che V aveano preso in afTezione lo impedirono di riloriiarsene. 4". Anliclii rapporti su Biorn Asbrandson die nel 999 si porlo sul lilorale dell' America. Gì' in- digeni lo ritennero come Are Marson , ma egli si alzò tosto al rango di capo del paese, e vi visse per quasi 3o anni. 5°. Rapporti su Gudleif Gudloegson navi- gatore islandese che nel i02n fu gettato sulla slessa costa, e salvato di morte o di prigionia dal suo compatriotta Biòrn Asbrandsou. 6°. Diversi passaggi che concernono l'America negli annali d'Islanda del medio evo come i rapporti scritti dai contemporanei sul viaggio fatto dal Vescovo Erik al paese di Vinland nel 1121; sulla sco- perta di nuovi paesi fatta dagl' Islandesi nell' oceano oc- cidentale nel 1385: quindi su i viaggi di commercio im- presi dallaiiticarolonia di Groenlandia al paese di Mark- LAKD nell'Auierica l'an. iSi-y. "j". Anliclie relazioni sulle contrade settentrionali di Groenlandia e dell' America , visitale sopra tutto dagli abitanti del Nord per farvi la caccia o la pesca, tra le altre una descrizione assai curiosa di un viaggio di scoperta fatto da alcuni preti del Vescovo di Gardar di Groenlandia nel 1266 a traverso gli stretti di Lancaster e di Barrou sino alle regioni clic non sono state conosciute a nostri dì per gli sforzi reiterati di Par- ry, di John, Ross e di Giacomo Clark. Ross, e di altri navigatori inglesi. Una osservazione astronomica fatta da- gli antichi viaggiatori ha aiutato a rinvenire le tracce della loro via. 8°. Estratti di antichi trattati geografici degli Islandesi con un abbozzo rappresentante la terra divisa in quattro parti abitate. 9°. Un antico poema dell' isole di Fèroe, nel quale si fa menzione di Vinland. La raccolta dì «lueste saghe e di queste antiche re- lazioni è accompagnala: (rt) da descrizioni, vedute, e di- segni di parecchi monumenti e iscrizioni del medio evo, trovati in Groenlandia e nello slato di Massachuselis e di lìocle-Island nell' America del Nord. Queste in- scrizioni e questi monumenti sono in appoggio de' rac- 127 conti contenuti nelle Saghe clic li rischiarano: (b) da dìs" seriazioni Geografiche , nelle quali le situazioni delle contrade e dei luoghi menzionati nelle saghe e gli an- tichi aniiali, sono ricercate e indicate coi nomi che por- tano oggidì cioè Newfound Cand il Golfo di S. Lo- renzo, la Nuova Scozia , gli stati di Massachusetts e di Rode Jsland e di altre contrade più meridionali, sopra tutto nella J^irginia la Carolina del JSord e la florida, che si crede la regione più meridionale delle sa- ghe più autenticiie, quantuucjue più geografi scandinavi del medio evo sembra clie avessero innanzi agli occhi la parte settentrionale della costa orientale dell' Ame- rica meridionale. Queste ricerche si appoggiano su i rap- porti degli antichi manoscritti e principalmente sulla spie- ga delle indicazioni astronomiche^ nautiche, e geogra- Jìche che vi si contengono, spiega comprovata dal rap- porti dei dotti di America con i quali la Società è in relazione, e che dopo più viaggi lalti a questo scoj)o nel Massachusetts e Wiode-Islund , hanno comunicalo alla Società dei documenti esalti sulla natura, sul clima sugli animali e su i prodotti di questi paesi con descrizioni e di- segni di vetusti monumenti, che vi hanno trovato: (e) da tavole genealogiche che lànno conoscere le linee discen- denti degli esploratori più importanti dell'america esciti dalla Scandinavia. Si prova per queste tavole che soa continuate sino a' nostri giorni, che più uomini viventi in Islanda, in Norvegia, e in Danimarca, come Thorvald- sen celebre scultore in Roma, discendono da questi uo- mini che hanno scoperto 1' America , o da uomini che sono stati capi degl' indigeni del nuovo mondo, e che vi sono nati son già 8oo anni. L'opera eh' è impressa in carta sopra-reale si com- pone di XI, e 486 pagine in 4"« g''- con 18. tavole, cioè 8 fac-simili , 4 earte e 6 altre incisioni. I làc-si- mili presentano pagine intere o passaggi dei migliori mss. per darne idea chiara ed esatta. Si è riuscito a ri- produrre con grande esattezza i colori delle diverse mera- ia8 hrane, e i tratti dì lettere che sovente erano usatissime e dilficili a riconoscere. Delle 4 carte la i." rappresenta /' antica Islanda colla sua divisione republicana verso l'an.iooo. Questa carta composta dai sigg. Biòrn Gunu- locgsoii, geografo d' Islanda, Finn Maguasen e più dotti d' Islanda è la prima die ci presenta il paese a (juell'e- foca. La 2/ è una carta spctiale del dislrctlo di Ju- lianehaob in Groenlandia^ probabilmente 1' antica con- trada della Eystribjgd. Essa è stata composta per la Società da Graah, capitano di vascello, secondo le os- servazioni e i disegni latti da lui sopra luogo. Vi s'in- dicano le numerose mine conosciute delie chiese e delle case costruite dagli antichi coloni. La 3.* è una carta generale delle terre liltorali del mare atlantico e del mare glaciale del N«rd. Essa serve a indicare i viaggi e le sc(){)erte de' nostri antenati. Vi si vede la parte orientale dell' America Settentr. coi nomi dati dagli an- tichi Scandinavi alle contrade, ai promontorii, alle isole e ai golfi visitati da es^'x àAio stretto di Lancaster sino alla Florida. La 4' carta ci olire l'antico f^inland colie antiche denominazioni scandinave. Le altre sei incisioni presentano le vedute degli antichi monumenti groenlan- desi e americani, dei quali si questiona nell'opera. Fra le altre, parecchie rocche cariche d' iscrizioni assai rimar- chevoli trovale nel massachusetts e in Rhode-Island per lo più incognite. Secondo le ricerche menzionate nei- r opera, questa pietre sembrano aver servito a provare r occupazione del paese dagli antichi Scandinavi. Come si tratta di un opera che merita l' attenzione generale per la luce che spande sulla storia del mondo, e specialmente su quella dell' antica Scandinavia, e che deve ancora essere considerata come un monumento eretto alia memoria de' nostri anticlii antenati , la Società ha credulo nulla trascurare per Tesatlezza della impres- sione e dei disegni. Il prezzo è di ilandesi sei (72 franchi) e |)cr gli esem- plari impressi su carta velina di ducati io (120 ir.), {Estratto dagli atti della Società) EFFEMERIDI SCIENTIFICHE E LETTERARIE PER LA SICILIA lOiim. 60 — Ooictmvte / 838 PROSPETTO DELLE SCIENZE, E DELLA LETTERATURA DEL SECOLO DECIMONONO IN SICILIA, Scienze mediche ARTICOLO PRIMO Chimica ( Continuazione del num. 62 pag. 83. ) Alloghisi pure ìa questo Piospello lo esimio Dome- nico Scinà, il quale, versato eziandio nella chimica ana- litica, tolse di mezzo lo errore di essersi dai nostri risguardata come terra sulfurea la terra di Baida, che al far dei conti non è altro se non un composto di calcano carbonato e di magnèsia carbonata in istato di com- binazione non glàdi miscuglio, siccome il valentuomo ci lasciò ricordato (i) con quella esaltezza profondità e chiarezza d' idee, che onorarono un secolo della di lui non comune sapienza. (i) Nella Topografia di Palermo e dei suoi^diutorni. i3o E nou che alla istruzione pubblica solamente tìiiras- sere e Furìtano ed il Maravigna, della chimica anali- tica apprezzarono anch' essi i vantaggi , ne calcolarono la importanza, e del pari che appo le colte nazioni s'im- pegnarono entrambi a farla prosperare fra noi. Così Puritano d' ordine del Governo dal 1818 al 18 25 le acqoe termali di Termini Imerese analizzando quelle di Sclafani e di altri luoghi della Sicilia, un libro poi ti metteva alla luce (1) da cui Ferussac l' intera analisi delle acque termitane estraeva per decorarne a Parigi il suo plaudito Bulletin universel des Sciences (2). Il che forse accecò tanto la mente di alcuni chimici na- politani, che vi si levarono contro con acrissima bile e senza neppur sospettare che il Puritano avrebbeli quindi con altra stampa di strafalcioni così badiali tassati da uon sapersene più distrigare (3). Maravigna da canto suo, che quasi da palmo a palmo visitando le lave degli estinti vulcani del Val di Noto per la prima volta osservava e coli' analisi a mano vi descrivea 1' analcime cubo-ottaedra e la trapeziodale, la nefelina e la sommile nella forma sua primitiva giacente sopra uno strato di calce carbonata terrosa o globuli- forme o miscugliata a questa ed all' analcime, la renite e la sodalite, che il naturalista Govelli dopo minuto esa- me volea chiamar Maravigniie (4), non mancava in se- guito dal declamare io quella Gioenia lavoro (5) per cui mostra la sua versatezza e grande abilità néll' analisi. (1) Analisi delle acque termali di Sclafani di Cefalà-Diana di Termini e di quelle non termali d»l Bevuto. Palermo presso Lor«nzo Dato i8a5. in 8. (2) Vedete il tom. XU. di questo Bullettino. (3) Lettera di Antonino Furitano professore di chimica nella r. Univer- sità di Palermo al «ig. barone di Ferussac sulle osservazioni fatte da Fran- cesco Lancellotti e Niccola Covelli all' analisi delle acque termali di Termini. Palermo presso Lorenio Dato 1819. (4) Vedete Di-Giacomo Relazione accademica. Sta negli Alti della Gioenia di Catania anno i83i. toni. V. pag. 9. (5) Cenno suir idro-solfato di calco che formasi uell' interno del craterv dell' Etna ec. Sta negli Atti precitati. / i3i Che se il governo, conseguente sempre a se slesso y ha cercato in tutti i modi di utilizzare le cose nostre per noi medesimi, niuno al certo meglio di Pietro Ugo marchese delle Favare ne ha dato chiaro lo esempio. Così è che in mezzo a tante opere d' industria nazionale e fra' non pochi stabilimenti da lui protetti alloraquaudo reggeva la somma dei nostri pubblici affari, tuttavia si debbono ricordare le provvidenze che emise perchè tulle fussero chimicamente analizzate le acque termali di Si- cilia, e fra esse più di ogni altra le celebratissime di Se gesta. Per Lui di vero l'ottimo Giovanni Daniele da In- tendente di Trapani ai 17 dicembre del 1827 quel chi- mico Giacomo Adragna-P^iorentino all' analisi precitala invitava; e questi, di accordo al doti. Giuseppe Lom- bardo-Giacalone mandatala scrupolosamente ad effetto , ai i5 aprile del 1828 ne Iacea rapporto all' Inleadeiite, l'Intendente al governo, ed il governo chiedeane del pa- rere la Gommessione di pubblica istruzione. Alla quale sentenza chiamato di drillo il Puritano , perchè professore di chimica nella Università degli studi di Palermo, egli con rapporto del 1829 alla Gommes- sione diceva che quanto sembravagli regolare il saggio chimico dei signori Adragna e Lombardo , allrettanlo erano spesso erronee le chimiche analisi di quelle acque; e venia provando ogni cosa a di lui posta e col ragio- namento e co' falli. Si fu allora che per potersi rettamente pronunziar sulla lite, uscì da' torchi del Mannoue e Solina un li- bro nel quale già compiuti si slavano i lavori di am- bidue i trapanesi , ed una discolpa leggevasi degli er- rori precisati dal Furitauo (i). A questo intanto coni- raettevasi dal governo di rettificare sul luogo quell'ana- lisi; ed egli nel i83o, satisfatto prima l'incarico , ne (i) Ricerche analitiche sulla natura delle acque termali di Scgcsta e loro medicinale applicaiione. Trapani presso Maniioiie e Solina i83o. in 8." i3a stampava in poche pagine i risultam eoli, e le ragioni di Aclragna e di Lombardo contraddiceva a un tempo e smentiva (i). Ma non perciò quei due bravi si riposarono dalla cri- tica; anzi dopo trenta mesi nuovamente si produssero al pubblico con un dettalo per essi più acconcio a ri- badire le osservazioni del Puritano (2). E sia che in modi un po' lipiovevoli dai contendenti si trascorresse, sia che nei particolari delle analisi ragione o torto ri- spettivamente si avessero, fatto sta che per esso loro è nella medica storia dato luogo eminente alle terme di Segesta, le quali perchè tengono io dissoluzione 1' acido idrosolforico ed il carbonico libero, il carbonato di cal- ce e di magnesia, il solfato e l' idroclorato di magnesia di soda e di calce, la silice od acido silicico , impor- tanti si rendono alla terapea di non pochi mali , e a preferenza delle paralisi o rigidezza delle membra di- pendente da lesione locale , de' dolori articolari invec- chiati, dei morbi cronici delle viscera addominali e del petto, delle malattie cutanee, e così via dicendo. Posto di onore qui similmente è dovuto a Gioacchino Komeo da Carini, che le acque potabili della sua pa- tria nel 1825 analizzando, buon guiderdone dall' Inten- dente di Palermo traevane; e si facea quindi dal pubblico altra volta ammirare per la sua analisi del ferro oligi- stico scaglioso di Haùy dal prof. Placido Porla! nelle falde dell'Etna rinvenuto sul così detto Calvario di Bian- cavilla (3). Né sono andati ancora in dimenticanza i suoi saggi pei quali conobbe come composta da carbo- (1) Analisi delle acque termali segestane eseguita da Antonino Furitano D. M. professore di chimica nella r. TJniversità di Palermo. Presso Lorenzo Dato i83o. in 8." (a) Suir analisi delle acque termali segestane eseguita da Antonino Flui- tano lettera critica di Giuseppe Lombardo-Giacalone e Giacomo Adr«gna-F io - Tentino. Trapani Tipogralia di Pietro Colajanni i833. in 8.° (3) Sta nel Giornale enciclopedico di Napoli anno jlv. num, i. i33 nato di calce e da sotto-carbonato di magnesia e di ferro una pietra supposta da taluni areolUe da lui però dopo queir analisi appensalamenle definita spato magne- siaco (i): intorno al quale vari articoli di polemica e di altercazione scientifica nello Slesicoro (3) e nella Cerere (3) noi leggemmo e di modo, che alla fine restò dal Romeo suU' autorità del Brochant (4) fino all'evi- denza giustificato il di lui buon sentire nella materia. Francesco Dotto da Palermo, appena compiuti i suoi medici studi pubblicò una Memoria (5) per la quale, se con lunghe osservazioni ci permettemmo dire alcune cose intorno al subbietto che egli discorre (6), noti per questo non è da non ammirarsi la di lui bramosia di aver inte- so a vantaggiare con altri un ramo della scienza cosi delicato che dei moderni chimici d' Europa ha saputa fissar l'atteazione, e non perciò non è in lui da non ri- porsi fidanza che bravo chimico non addivenga scado egli di talenti fornito e dello studio pazientissimo ed a- moroso. Chimica farmaceutica — Intorno a questa branca della scienza, comunque il pubblico insegnamento siasi fra noi mantenuto quasi abbietto e abusivo fino a che l'illustre Antiquario sig. duca di Serradifalco da Direttore generale dei Rami e Dritti diversi per 1' /4periatur delle officine che gli spettava accordare agli aromatari non vi avesse in parte riparato e '1 governo dappoi non vi «vesse del pari condisceso con la legge del triennio tanto a (i) Vedete la Cerere anno i835. num 38. (2) Anno i835. (3) Anno cit. num. T17. e l56. (4) Elementi di mineralogia. Milano j8a3. voi. i. pag. 247- (5) L' Analiai chimica arricchita di un nuovo mezzo di sc|iarazIone. Di- scorso di Francesco Dotto »eguitato da due nuovi metodi per sejiararc taluni ossidi nietaUici. Palermo per Federigo Garofalo i836. in 8." (6) \'cdete la nostra Rivista bibliogratìca nel citato Giornale di scienze me- diche per la Sicilia anno i836. i34 cuore del Maraviglia (i), pure dacché i nostri studi far maceutici si ricomposero, ed anche prima per alcUni pri vati individui, può con certezza stabilirsi di aver in essi così noi progredito che le altre nazioni, con le qual possiam ora dividere il prezzo di aver anche noi Siciliani corretti ed innovati non pochi processi. Alla qual fìne, e indipendentemente dall' enunciate ri- forme, non che noi qui volessimo intertenerci di quella Farmacopea messinese neX i8i5 compilata dal eh. An- tonino Arrosto, la quale, hene o mal eh' abbia dato nel segno, è tuttavia da tenersi lavoro non breve di appli- cazione e di studio: ne che far tentassimo troppo lun- ghe parole sulla Prolusione di Anastasio Cocco letta alla cattedra di materia-medica nell'Accademia carolina, oggi Università di Messina, la cui mercè dottamente egli prova il bisogno dello studio delle scienze fisiche e naturali per l'altro della farmacologia; diremo piuttosto di quell'a- cutissimo ingegno di Giuseppe Indelicato da Palermo ; il quale, ormai sono anni, la necessità di un codice far- maceutico addimostrò con tanto senno a Sicilia (2). Lad- dove Romeo l'anno i8ai nella spezieria d' Isidoro Sco- ma i solfali di chinina preparando e di cinconina, alla magnesia calcinata la calce stemperala nell'acqua se- condo i dettami della scienza sostituiva, e quei nuovi allora ed importanti rimedi nello slato della maggior (1) Lettera su di alcuni articoli di Polizia medica per la Sicilia. Sia nel cit. Giornale di scienze e lettere anno 1825. num. 3o. pag. 263, Questa legge è stata non ha guari abolita, potendo chiunque con un rego« lare esame innanzi al professore della facoltà ed ai collegi medici rispettivi delle nostre Università essere nel caso di approvazione autorizzato allo eser- cizio pratico della chimica farmaceutica. Un tal esame suppone per legge clie il candidalo debb' essere a pieno giorno delle materie, e la legge istcssa taci- tamente inculca ed estremo rigore nello esperimento, e condotta imparziale ed onesta da canto dei giudici nel pronunziare. Intanto non e concepibile come quei giovani che «on oggi riprovati nella Università di Palermo debban potcia dimani eisere approvati in un'altra della Sicilia (2) Vedete il suo Discorso preliminare al forniolario mngistrale e farma ceutico del cav. Cadet-de-Gassicourt. Palermo Tij>ogia(ia Abate qm. Dome- nico 1819. i35 purezza otteneva il primo in Palermo e nell' Isola tutta smerciavali con significante risparmio (i). Se non che ci si conceda pur dire aver egli il Ro- meo consegnala ai fasti della scienza una formola tutta nuova (3), per la quale il concino si è da noi con pro- Sito usalo nei mali venerei senza produrre alcun danno, siccome sogliono taluni medicinali, e compiendone più spedila piìi sicura e men dispendiosa la guarigione (3). Allo slesso chimico finalmente noi dobbiamo la eslra- rione della creosota dal catrame con un metodo e piìi economico e più abbreviativo di quanti mai n esistes- sero dalla scoverta di Reichenbach sino a quando egli scrisse (4). Ed è appunto in un tal processo che egli ad onore del nostro paese tassa giustamente di errore quei chimici stranieri, i quali vollero il catrame per se composto di acqua, degli acidi acetico idrocianico stea- rico ed oleico, di ammoniaca eupione paratìna nafta- lina e di una sostanza capace specialmente ad assorbire r ossigene. Imperochè questi principi lungi dij esistere, secondo si vuole, nel catrame , sono pel Romeo vice- versa un prodotto dei vari gradi di temperatura cui si espone il materiale della seconda distillazione per aversi la creosota (5). Ne in minore stima del Romeo è da tenersi Gaetano Mirone da Catania il quale in travagli di tal fatta è compiutamente istruito (6). Ne passarcela qui dobbiamo (1) Avviso ai medici di Palermo. Sta nell'Iride giornale di scienre leUere ed arìi per la Sicilia anno 1822. num. a. pag. 236. (a) Pozione balsamica di concino. Sta nei nostri Archivi di Medicina pra- tica per la Sieilia anno i834. fase. i. pag. 24- e seg. (3) Osservazioni pratiche sul concino dei dottori Giovanni Salemi e Fer- dinando Tomonicllo. Sono nel cit. Giornale di scienze mediche anno i835. num. 2. pag. 82. e seg. (4) Processo per ottenere la creosota, È nel cit. Giornale di scienze medi- che anno i835. num. 4- pag» 261. (5) Ivi pag. 263. (6) Sulla preparazione sofisticazione e decomposizione del solfato di chini- na. Memoria di Gaetano Miroiic. Catania dalla Tipografia del canonico Lon- go 1324. ni ìi.*" 136 del di lui compatriota Salvadore Fiatatila che sotto no- me di Giuseppe Rapisarda, suo allievo , il processo di Henry ad aversi lo zolfaio della chiniaa per nuove spe- culazioni ed esperimenti immegliò davvero e corresse (i). A lui d' altronde encomiar si deve il processo che ne tramanda sul gallalo della chinina (a). Nella stessa Catania, or già son più di tre lustri, gran fama levava Pietro Zuccarello nel preparare eccellente magnesia, di che provvedevasi chiunque e dentro e fuori la Sicilia abitasse. Quindi avvenne che Alessio Scigliani trovala una sostanza bianca nelle lave di Villarascusa presso la parte meridionale di quel litlorale, suppose di essere un sotto-carbonato di soda, e come più puro di quello ottenuto dal brugiamento della salsula soda in- vitò Zuccarello a sperimentarlo negli usi della farma- cia. E lo sperimento di fatti ebbe luogo e ben tornò r operato, a menochè la sostanza ingrassando la carta succhianle ne ritardava un poco la manipolazione in allo che gran compenso ti offriva nella intera di lei solubi- lità a paro all' altra di commercio che sempre racchiude eterogeneo miscuglio. Dietro di ciò, forniti da Scigliani i convenevoli materiali, compilò Zuccarello una Memoria pubblicata nel giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia, e cagione in conseguenza di un' allra inserita dal Platania negh Jtli di quella Gioenia. O suscitate a ca- priccio o per diritta ragione composte in pace le gare tra' farmacisti catanesi, è sempre un fallo che Scigliani trovò il primo il sotto-carbonato di soda in quelle lave (0 Lettere »ul solfato di chinina e sulla scelta della china di Giuseppe Eapisarda studente di farmacia nella spezieria dello «pedale di s. Marco in Catania pubblicate per uso dei suoi collegbi a spese di Giuseppe Dei-Giudice e Tosto anche studente nella sfessa spezieria. Catania dai Torchi di La Ma- gna i8a5. in 8.° (a) Sul gallato di chinina Lettera scritta da Salvatore Platania speziale in capo nella farraacia dell'ospedale di s. Marco in Catania al valoroso ed e- rudito medico Domenico Orsini. Sta nel Giornale cit. di scienze lettere eil arti luim. 35. pag. lao. , »^7 della parie meridionale , e dopo di lui anche Plalania r osservò ben crislallizzalo per entro alle grotte dei lato occidentale; ma facevasi polvere esposto all'aria. Niccolò Prestandrea da Messina, i cui lumi gli frui- rono al concorso un orrevole posto in quella Università degli studi, ha nobilmente coltivato il ramo della scienza di che ci occupiamo. Quindi è che le sue produzioni sull'oppio indigeno di Sicilia e sulla ottenutane morfi- na (i) se meritarono i suffragi dei chimici italiani vi- venti e furono a cielo incoraggiate e protette (a), denno maggiormeate esser da noi riverite : che per esse gua- dagno fton lieve potrebbe venirci ove i nostri farmacisti, ponendo cura allo esperimento, si mettan di accordo ad abolire nell' Isola le imporlaiioui dell'oppio straniero (3). Chimica organica — Nella chimica organica nuovo campo d' investigazioni ci sembra di aver aperto il Pla- tania con le sue dotte slampe (4) a chi da scienziato crasi degnamente mosso a di lui competitore in Cata- nia: cosichè se da una banda egli conchiuse le transu- dazioni morbose della quercia doversi ritenere sostanza particolare che chiamar si potrebbe quercina o varietà di ulmìna che qualche doserella di concino racchiuda (5), il di lui oppositore sig. Alirone dall'altra, disposti in più filosofica maniera i processi, distrugge prima col fatto la opinione di Smithson che dice la uUnìna un composto di potassa e di sostanza estrattiva partico- lare, e quindi in faccia ai chimici europei stabilisce esser la ulrnìna un prodotto organico anziché chimico ed artifiziale, poiché risulta sempre con le medesime proprietà quantunque vari mezzi s' impieghino ad otte- (i) stanno nei cit. Giornale di sciente lettere ed arti, e nei nostri Archi- vi di Medicina pratica per la Sicilia anno i834. (2) "Vedete la Gazzetta «cleftica di chimica tecnologica e di economia do- mestica e rurale. Verona 1834. anno a. num. a. (3) Vedete gli Archivi suruiuentovati. (4) Sopra una essudazione spontanea della quercia. Sta nel predetto Gior- nale di scienze anno i835. mini. 3o. pag. a66. (5) Ivi. i38 nerla. Perciò vuole tutte le transudazioni doversi in ge- nerale considerare un composto di sostanze diverse, ed in quelle della quercia e di alcuni alberi esservi spe- cialmente la iilmìna resa solubile dal sotlo-carbonato di potassa (i). E perchè non si arrestino ai finor cennati i lavori dei nostri dotti connazionali, ci è duopo dir di nuovo del Maravigna come di colui il quale da senno ed a tutta lena coltiva in ogni ramo la scienza. Meutr' ei di fatti nel gabinetto fìsico-chiraico della Università di Catania nel iSsS le chimiche azioni della elettricità metallica su' vari corpi che vi si sottopongono dimo- strava agli allievi, credè di esporre egualmente al di lei potere alcuno dei nuovi sali a base alcaloide, onde persuadersi dello stato lor naturale dinotando nel mede- simo tempo se pari agli alcali inorganici immediatamente verso il polo negativo si dirigessero. Prescelto adunque r ossi-solfato di chinina, e fattevi sii le necessarie spe- rienze con un piliere di 'j^ coppie di rame e di zinco, si convinse alla fine che la metallica elettricità decom- pone r ossi-solfato di chinina il cui radicale, non altri- meati che gli ossidi di potassio e di sodio, si porta al polo negativo; dal che dedusse doversi la chinina nel di lei stato ordinario avere a positivamente elettrizzata in riguardo ai corpi che vanno al polo opposto degli elet- tro-motori (2). Questo esperimento figlio d' una fervi- da fantasia trasse 1' A. a particolarmente ancora dedur- re come mal si avvisasse Bonastre nello avere icn- (i) Ricerche ed osservavazioHÌ chimiche di Gaetano Mirone da Catania su di una nuova transudazione morbosa vegetabile. Stanno negli Alti dell' Ac- cademia gioenia di scienze naturali in Catania anno 1829. toiu. 111. pag. i33 e seg. _ ■ (2) Nola sulla decomposizione dell' ossi-solfato di chinina col fluido elet- trico metallico letta dal socio attivo Carmelo Maravigna all'Accademia gioe- nia di Catinia nella tornata ordinaria dei 17 Icbbraro iSaS. Sta negli Alti della stossa Arcadcniia. i39 impugnato con taola forza i caratteri alcaiici della chi- nina (i). Che se di scoperte nel ramo della chimica che trat- tiamo occupar volessimo i leggilori, noi dovremmo qui darci peso della eicu//na di Francesco Ganzoneri da Pa- lermo (a). Potentissimo però sorge il dubbio di aver egli battezzato per alcali ciò che altrimenti potè venire dalla chimica combinazione della enorme quantità dei reattivi impiegati. ]Nè molto conto crediamo doversi fare dell' atractilinn del Furilano, che lungi di aver egli me- nato a buon fine delle replicate esperienze onde deter- minarne le proprietà^ siccome piacque al Zinno di dire (3), non altro iu buona logica noi troviamo da rispon- dere all'uopo se non che X A tractilis gammi fera di Lin- neo, nel nostro vernacolo masticogna^ non essendo stata analizzata da alcun chimico sino al momento in cui Pu- ritano scriveva, perciò egli suppose dover contenere un principio alcalico che cUìamo atractilina. Ma frugando per entro al voi. 3." dell' opera succennata di chimica teorico-pratica ove a carte 56- nella nota i. per la pri- ma ed ultima volta si parla di atractilina , nò accen- nate sono, ne leggonsi le replicate esperienze volute da Zinno; e noi Siciliani se rinunziamo a tale scoperta, non facciam onta a noi slessi, ed altri motivi ci abbiamo ad encomiare più positivamente il professor Furilano, — Di- ciamo intanto che Salvatore Furuari da Novara dimo- rando a Parigi per esercitarsi nelle mediche discipline l'anno i833 nel marrubio bianco rinvenne la marra- bina per la quale ebbe in premio da quella Società delle scienze fisico-chimiche ed arti agricole ed industriali una (i) Vedete il Journal de Pharmacie de Paris janyier iSaS. (5) Saggio sul castagno d' India con 1' aggiunta della scoverta d' una sostanza trovata nel frutto da Francesco Canzoiicri, Palermo dalla Tipografia di Fi- lippo Scili 1823. in 8." (3) Giornale di scienze e lettere cit. anno 1837. nuni. 170-77. pag.117. i4o medaglia in oro di 4oo franchi (i). Ed il Romeo fra di noi, quasi coutemporaueo al Furuarì per altro capo^nel Lvcium europeum la licìna scopriva (2); sostanza al- calica, la cui medicinale virtù offre ai clinici un meizd efficace contro le nefralgie prodotte da calcoli del siste- ma renale. Chimica medica — Se in questa parte della scienza vantar non possiamo ne molti ne buoni scrittori , dee eoa effetto valere per tutti quel Puritano il quale, non pago della istruzione pubblica e dell' analisi, intese pur la chimica alla medicina applicare, e su di essa eriger nuovo un sistema (3). Intorno a che, se la chimica si- ciliana segna un passo glorioso in Europa perchè di ac- cordo alla fìsica ci dà nelle mani deil'A. precisa e chiara contezza dei fenomeni vitali e morbosi rìducendo ambo i sistemi fisiologico e patologico a quella unità di prin- cipio che in ogni tempo si è indarno cercata , noi sti- miamo debito nostro lo esporre in questo Prospetto l' a- naiisi dei Pensieri siccome femmo una volta in queste medesime Effemeridi, onde il fatto chiarisca meglio ciò che per noi si asserisce. Non è al certo T opera del momento sì bene il frutto di sudate meditazioni e di penose vigilie quello di aver r A. non seguito i fisiologi di lui predecessori ed i pa- tologi tutti per dimostrare da se nel libro in esame^ che il corpo unaano può ben somigliarsi a macchina elet- tro-chimico-vitale con i suoi corrispondenti apparecchi, di cui servesi la natura a mantener lo esercizio delle funzioni nelle diverse specie di vita che da noi si cono- (1) Giornale di scletiie mediche cit. Vedete pure il Journal de» connaù- «aiices iDcdicaIcs pubblicato a Parigi e di cui e fra gli altri collaboratore an> che il Furnari. (2) NuoTa sostanza alcaloide scoperta nel Lyciuin cui'opeum o Spina santa dal professore Gioacchino Romeo. Sia nel nostro cit. Giornale di scienze me • diche anno i835. nuin, 5> pag. 44* (3) Pensieri fisico-chimici sulla vita. PaUrmo presso Lorenzo Dato i8ai. volumi due in 8.° x4i scono. I nervi quindi non son per lui ad altro addetti che a produrre degli svariali fenomeni vitali e morbosi eguali a quei che dipendono dalla carica dalia scarica e dall'arco elettrici: per lo che questa macchina nella nuova teoria del Puritano e dal cervello rappresentata dal cervelletto dai midolli alluDgato e spinale d' ambo i nervi gran-simpatici. I punti dove si anatomizzano Te- stremilà dei non pochi vasi del corpo son da lui chia- mati coliaretti; ed avviene in tal modo che V estremità nervose e le lor filamenta o rami, le quali si sparpa- gliano alla superfìcie dei vari tessuti dell' animale eco- nomia, e che destinate sono a ricevere le impressioni di uu agente qualunque, costituiscono i nervi caricatori^ e l'insieme delle loro funzioni ciò che dìcesi vita sensitiva. L' estremità di quei nervi i quali si perdono nei tessuti muscolari, i rami o fili di esse, non sono propriamente che i nervi scaricatori^e le lor funzioni producono la così detta vita motrice. Finalmente l' estremità dei nervi che metton foce nei collaretti anzi espressi formano gli ar' co-nervei del nuovo apparecchio elettro-chimico-vitale, ])rovcngono dal sistema ganglionare, e le lor funzioni dau luogo alla vita vegetativa o potenza del chimismo vi' tale esistente nei collaretti, che tutte presiede le funzioni non solo ma la nutrizione degli organi. Segue insomma dall' opinare del Puritano che la carica di un tal appa- recchio e lo esercizio degli alti del volere dipendono dalla impressione che ricevono '\ nervi sensitivi: la sca- rica dello stesso dal movimento dei nervi motori. E siccome gli elTetti dei nervi quando sono nello slato na- turale non si ponno ripetere che dal fluido impondera- bile detto nerveo od elettrico., perciò tali nervi mirano a serbare nello stalo normale le funzioni delle tre nominate specie di vita i . per le lor connessioni col midollo encefa- lico, 3. per lo equilibrio dell'azione reciproca tra' nervi caricatori e gli scaricatori, 3. per la normale circolazione l43 nervea ocainruino pereiìacdeìf laido nerveoàaì ganglÌDer- vosi nei nervi positivi, da questi nei negativi e da quest'al- tri nei primi, 4- per lo slato di circolazione sanguigna del sistema nervoso, 5. per quello di nutrizione e di net^ tozza di tutti gli organi che ad una tal famiglia perten- gouo.E per le medesime ragioni inverse succede che non counettendosi i nervi col midollo encefalico , discordi fra lor nello agire i caricatori con gli scaricatori, anor- mali per poco che siano la circolazione nervosa la san- guigna e la nutrizione degli organi stessi, non può non derivarne all' opposto che uno sconcerto notabile nelle funzioni del corpo: nel che realmente consiste lo stato morboso. A parie di che i nervi, dice l'A., siccome sono sotto l'influenza della nutrizione, così le lor funzioni normali oltre che dipendono dalla lor comunicazione con la mac- china eleltrocliimico-vitale son sottoposte allo slato nor- male del nutrimento di essi e della loro nettezza. E siccome i processi di nutrizione e di depurazione sono subordinali alle funzioni dei nervi sensitivi e motori, così le funzioni di questi nervi dipendono dalla nutri- zione e dal processo depurativo. Sotto questo iutendi- luenlo è facile a capirsi che sebbene, a nostra maniera di vedere, i fenomeni normali della vita sensitiva della vita motrice e della vita vegetativa sieno diversi fra loro; pur nondimanco essi risultano dallo equilibrio di quelle funzioni che appartengono alle tre suddette vite diverse: per cui i fenomeni normali della vila sensitiva e della vita motrice dipendono dalle normali funzioni della vita vegetativa, ed i fenomeni normali della vita vegetativa, oltreché diperidouo dalle funzioni dei nervi ganglionari nei collaretti delle anostomosi dei diversi vasi, anche sono dipendenti dalle funzioni dei nervi sensitivi e motori. A comprovare il suo detto 1' A. cita le osservazioni i43 di Santorio e Seguin sulla perdita di materia fa nello stato di salate ud adulto io 2^ ore eguale a quella di cui si era sudlcieuteoientc servito di bevande e di cibi, non che 1' altro fenomeno pur costante in fisiologia spe- rimentale che ogni qualvolta 1' uomo si cibi immetta nella sua circolazione una tal quale quantità di chilo equivalente alle perdite che fa il sangue arterioso nel nutrire l'intero organismo. «Queste due operazioni, conchiude 1' A., cioè nutrimento da una parte e non ac- crescimento di peso neir isttjsso tempo dall' altra, ci ren- dono sicuri che dentro di noi nello stato di salute si esercitano senza interruzione ed in tutti i punti dell'e- conomia due processi diametralmente opposti. Uno dei quali dipende dalla vita vegetativa, e l'altro lo crediamo con fondamento dipendere dall' attrito della vita o dal consumo prodotto dallo esercizio di tutti gli or^^ani della nostra economia. Dal primo dei sudetti processi risulta 1' animalizzazione di quella materia che proviene dai cibi e dalle bevande, 1' altro processo opera l' alterazione della materia animalizzata per cui essa diviene eterogenea alla nostra economia. Quindi riesce facile a concepirsi che il primo processo indica la nutrizione , ed il secondo marca tutto ciò che si va alterando a causa dell' attrito della vita.» Ciò premesso, egli il benemerito Puritano collegando sotto unico punto di esame e sotto lo stesso principio da cui muove ciò che è sparso in vari luoghi dell' o- pera sua, crede che la nutrizione con certezza dipenda 1.° dai nervi positivi le cui funzioni servono a farci av- vertire il bisogno di nutrirci e di riparare le perdite nostre ond' è che cerchiamo e prendiamo gli alimen- ti appropriati al nostro organismo , 3.° dai nervi mo- tori le cui funzioni servono a far succedere quei mo- vimenti che sostener denno varie funzioni , 3." dalla funzione dei nervi gangliouari nei collaretti del|e ana- M4 siomosl dei vasi diversi per la quale il Jluido nerveo Tnetteiidosi it) corrente, ossia formando arco-nervei nello ellraversare il sangue, ne fa produrre varie secrezioni , delle quali talune si addicono alla funzione degli organi, altre a realizzare la nutrizione di tulli i tessuti , e vi son per fine di quelle che deggion esser eliminate dagli organi a tal obbiello destinati dallo natura, altrimenti in- ducono grave danno alle normali funzioni della vita; 4" dalla digestione che cambia i cibi e le bevande in chimo e questo in chilo ed in materia stercoracea, 5.** dalla circolazione onde il chilo possa mescolarsi alla linfa «d ai sangue venoso e così liberamente tranare ne' conve- nevoli vasi, 6.° dalla respirazione che cambia il chilo in «angue arterioso ed io venoso e purifica questo dal guasto che vi è senza interruzione portato dai linfatici intersti- ziali e di superfìcie. E tale guato o cambiamento sen- sibile della materia animalizzata in materia eterogenea dice I' A. esser prodotto dallo attrito summentovato, e che assorbita essa dalle boccucce dei predetti linfatici e trasportala nel sistema venoso è fuori espulsa dalla espi- razione al momento che nei collaretti arterio-bronchiali vien cambiata dall' ossigene dell' aria in gas acido car- bonico ed in acqua. Una simil funzione dei linfatici es- sendo perenne preserva gli organi dai sinistri efTelti della materia eterogenea , e col Puritano si può conchiudere che questo processo depurativo dipenda da tre funzioni cioè, dalla forza assorbente dei linfatici di superfìcie in virtù della quale rimangon purgati tutti gli organi d'una materia che è straniera alle lor funzioni ed alla lorvita, dalla vita motrice per di cui mezzo si mantengono eser- citate le funzioni dei bronchi e dei loro rami , dalla funzione dei nervi ganglionari nei collaretti arlerio-bron- chiali. Il benessere adunque non solo, secondo 1' A., ri- sulta dallo slato normale dei nervi, si bene dallo equi- librio tra le funzioni nutritive e quelle del processo de- i45 purativo. E sullo squilibrio di queste fuazioni poggiando lo stato patologico^ con maturo giudizio perciò va egli in prima discorrendo di esse fìsiologicamente , disamina quindi sotto quali cause possano sconcertarsi, ed in sif- fatto stato patologico in quali rapporti si mettano i di- versi tessuti, quali malattie scaturiscano,e con quali mezzi al primiero lor posto ritornino le pervertile funzioni. Da questo sol cenno sulla fisiologia del corpo umano può chiunque avvisarsi come 1' A. abbia saputo più che delle ipotesi profittar vice-versa e della fisica e della chimica nella spiegazion dei fenomeni. Cosi è che le se- crezioni cutanea urinaria e biliare, l'emalosi islessa non par che si leggano nel suo libro ma che veggansi real- mente .«lotto gli occhi nostri aver luogo leggendo. Ne più soddisfacente esser poteva la spiegazione di lutti i morbi, e specialmente quella dei sintomi precur- sori la febbre, e àjolto più intermittente^ del sudor che ne segue e dell'apiressia, che facendo egli il Puritano giocar in modo più plausibile di quello, che finora non haa trovalo i fìsiologisli, lo accumulo del guasto, le cor- renti nervee, V azione insomma dei nervi caricatori e scaricatori. Nò le secrezioni patologiche potrebber meglio concepirsi con altro sistema che non fosse quello dell'A. Ma un tal sistema, ci si direbbe in contrario è ipote- tico: chi può vantarsi però, noi risponderemo alle prime di non camminar a tentoni nel regno delle ipolesi quale quello della fisiologia, e della patologia del corpo uma- no ? Qual sistema ci abbiamo dacché si conosce medi- cina che vero sia ed infallibile? E chi può d'altra banda asserire che il Puritano non abbia quasi riempiuta la lacuna che per mollo tempo occupò indarno i migliori intelletti d' Europa? Noi non sappiamo intorno ali* enunciata dottrina che mai si dicano o pensino i nostri leggitori chiunque essi siano. Ma dove scorgiamo ad unico e sol principio di i46 fìsica e chimica ridotte la Fisiologia la patologia e la materia- medica islessa: ove i Pensieri si sieno già co- miaciati a voltare nella liagua del Lazio e ad essere co- mentati dai professori tedeschi (i): ed ove la Medicina eleltro-patica, spoglia del misticismo aleraanoo e rischia- rala dalle moderue ricerche italiane e francesi sul sistema, dei nervi, mirabilmente richiama l' attenzione de' sorami in vari luoghi d' Europa (a); non dobbiamo noi forse col Puritano allegrarci per aver pubblicato un sistema che se vuoisi tuttavia ad una ipotesi circoscrivere, è uon- dìmanco ingegnoso ben sentito estesissimo e forse del tutto vero nella immensità degli abbietti che abbraccia? ■ r. Gaetano Jìgeri-Fogliani. Memorie sugi' illustri sventurati del 1 83y in Sicilia. (V. il fascicolo 63. ) ARTICOLO SECONDO IV. . Volendo ora parlare de' medici teniamo ra- gione innanzi tratto del dott. Pietro Polara mo- dicano, il quale apparò medicina in Napoli sotto Cirillo , e Sementini celebri medici del varcalo secolo; e poscia venuto fra noi salì in bella fama esercitando sua onorata professione. Conoscendo in- tanto il Polara di quanta importanza si fosse allo incremento delle mediche dottrine lo studio della clinica , con sedulità cooperò a promuoverlo in questo nostro ospedale civico, di cui era medico (1) Vedete la Lettera di Eugenio Furitano allo Ab. Emmanuele Vaccaro. Trovasi in iìne del di costui elogio di Antonino Furitano letto al r. Istituto d" Incoraggiamento d' agricoltura arti e manifatture per la Sicilia. Palermo Tipografia di Filippo Solli 1837. in 8." (2) L' agente immediato del movimento vitale svelato nella sua natura e nel suo modo di agire nei vegetabili e negli a>iiiiiali. Opera pubblicata a Pa. rifJi'iWU' anno i8a8. dal sig. Outrochct, «juanto a dire setto auiii dopo la pijjblicaxionc dei Pensieri fatta iu Palciiuo dai Furilauu. i47 ed un giornale mensile v'insllluì nell'anno 1822 che lutto di clinica si occupava, ma questo durò poco tempo, e solo uno scarso numero di fasci- coli vide la luce. Oltre le molte osservazioni cliniche in esso inserite vi si leggono parecchia importanti ed eruditissime memorie del Polara che vertono sopra varii argomenti di medicina. Al- tri opuscolelti medici (i) ed alcune poesie ei ci la- sciò stampate a solo, ma di queste farà meglio me- moria, chi vorrà accingersi a tesser di lui come pietà biografia. E Xìoì solo diciamo , che quello che altamente tra i medici lo distinse, si fu una vasta e profonda lettura dei classici autori delia facoltà, e che dopo tutte le sue onorate fati- che venuto fra noi in bel nome, si attirò la pub- blica ammirazione ed il comune plauso. Laonde la sua morte tennesi da tutti in conto di grave perdita (2). Rimasero pure addolorati i buoni per la morte di Domenico Greco, uomo dotato d'immensa fa- condia , di vastissima erudizione e di una gran penetrazione di mente, anch' egli scolare in Napoli del Sementini e del Cirillo. Domenico Greco sog- giacque a varie vicende nel corso di sua vita, ed ancor giovane fu in Trapani sua patria avvinto in ceppi, perchè imputato di partecipare alle no- velle idee allora ferventi della rivoluzione francese del 1789. Nelle angustie delle prigioni per disfo- gare il suo dolore, imprese a cantare lamentevol- (i) Dello sviluppo della vaccinica e dal vajiiolo naturale osservazioni di Pietro Polara medico diretta al nobile uomo si;». D. Carlo Rizione patrizio modicauo e socio di varie Accademie Napoli i8o3. Vogel de Curandis hominum morbis opus indice locupletissimo cura et studio Petti Polara aduioduiu siculi muticonsis — In questo inilicc il Polara da il sunto di ciò che 1' autore tratta in ogni capitolo. Questo indice è assai pregevole e latinamente scritto secondo il testo del Vogel. (a) Il dott. Pietro Polara nacque ucl 1768. e mori nel giorno 2.5 luglio del 1837. i48 mente in versi, un poema a cui die il nome di prigioneide, e che si rimase inedito. Ma da indi a poco discoperta la sua innocenza, fu messo in libertà, e nel pieno esercizio di sua professione, e poscia fu pure destinato a medico di Maria Ca- rolina Arciducliessa di Austria , e regina di Na- poli e Sicilia; la quale seco lei sei condusse nelle sue lunghe peregrinazioni; e quella fu 1' epoca più luminosa pel nostro Domenico Greco , dappoiché egli tì ebbe 1' agio di far tesoro di belle cono- scenze , e di vivere in dimestichezza coi medici più celebri di Europa. In effetti a Vienna i più cari amici di lui furono Sprengel , Giuseppe Franck ed altri famosi dottori che allora erano sommamente in voce. E qui vogliamo rammen- tare a sommo onore dello illustre defunto, che egli in tutte le domeniche interveniva in casa del prelodato Giuseppe Franck , ove si riunivano i più dotti medici in quella stagione residenti a Vienna; e ove si discuteano importantissimi ar- gomenti di medicina, e si leggeano dottissime dissertazioni. Dopo i suoi viaggi , morta Carolina di Austria, Domenico Greco fra noi rimpatriò, e qui intraprese novellamente 1' ecercizio di sua professione, che il portò in altezza di fama. Ed il cor- so contmuò di sue lezioni in questa università, in cui prima venne dettando fisiologia, e poscia occupò la cattedra di Patologia, cattedra ch'era stata con im- mortai gloria occupala da Rosario Scuderi, sommo per la sua introduzione alla storia della medicina. Però fu di non poco onore al dott. Greco essere stalo ammirato d' assai in quella cattedra in cui alto grido levato aveva uno Scuderi. Il nostro Domenico pochi opuscoletti, die in luce tra i qua- li rammentiamo quello sulle cause producenti la scarlatina cc.ec. (i), e la memoria sulle febbri ti- foidee regnanti in Trapani nel i833 (2). Di que- sto medico ne scrisse biografia il dottor Pasquale Pacini (3). Ma avendo abbastanza detto di Domenico Greco veniamo al dott. Antonino suo figlio, giovane di belle speranze, squisitamente virtuoso, e dotato di alto intelletto. Egli dopo avere studiato medicina nella nostra università di Palermo , intraprese lunghi viaggi per l'Italia, la Francia, la Germania, e l'Inghil- terra, ove fece senno di meglio instruirsi nei vari rami della medicina , e frequentando tutto dì i più famosi ospedali si die ad apparare la clinica, attentamente osservando tutti i vari fenomeni degli ammalati che gli cadevano sott' occhio, studio pe' medici principalissimo, ed il quale una fiata tra- scurato negli anni giovani , diffìcilmente potrà compiersi nell' età matura. E per darci pieno sag- gio delle sue fatiche, Antonino Greco non avendo ancora toccato il quinto lustro , pubblicò in Na- poli un suo cenno di viaggi medici, in cui die a divedere essersi grandemente informato delle mo- derne teorie, e con ispezialità della teoria del con- trostimolo tanto messa in voga dal celebre Gio- vanni Rasori (4)- Quindi ritornato fra noi An- tonino fu da tutti caramente accolto, e dandosi (1) Nota iuUe cause producenti la scarlatina, e sulla opinione che fosse con- tagiosa, e di precauzioni sanitarie meritevole quella che sin dal mese di ago- sto regna in questa capitale — Domenico Greco Palermo 1816. (2) Sulle fchbri tifoidee regnanti in Trapani discorso di Domenico Greco. Palermo i833 , cstiatto dalle EtTemeridi scientiiiche e letterarie per la Si- cilia t. VI. (3) Vedi raccolta di biografia e ritratti d'illustri siciliani morti nel cho- lera del i83^ fatta per de' fratelli Linares, Domenico Greco nacque a i5 feb. 1769 e morì nel i4 giugno 1837. (4) Cenno di viaggi medici a Vieiìna a Parigi ed a Londra preceduto da qualche rillcssione sulla teoria (5i:l controstiniolo jier Antonino Greco di Pa- lermo dotlorc della facoltà modica chirurgica di Bologna diretto all' erudito Giovanni Caiuillu CayuUi Pieaioiitcse — JNapoli dalla stamperia francese 162^. i5o al nobile esercizio della medicina si acquistò gran nome , scorgendosi in lui un degno successore del padre, ma la morte in un momento ogni bella speranza ci rapì (i). Oltre del cenno su i viaggi medici, ci restano altri pregevoli opusco- lefti di Antonino Greco inseriti ne' vari giornali dell'isola, e tra i quali merita particolar men- zione la sua statistica del nostro ospedale de' matti, lavoro comecliè incompleto, per certo importante, sì per non essere stato da altri tentato prima di lui, come |>er essere ricco a dovizie di utili no- tizie (2); del resto tutta la vita , gli studi e gli scritti di Antonino Greco , sono stati compiuta- mente illustrati neir rctaziona da darsi alla voce assisa iu alcuni de' nostri diplomi. Palermo tipog. del Giornale letterario i836. (4) V. Elf, )ier la Sicilia n." 38, gennaro i836. (i) V. Eli', per la Sicilia da dicembre a gennaro voi. unico 1837. (6) Vedi raccolta di bio'^ralie e ritratti d'illustri Siciliani morti nel cho- Icra del 1S37 filla per cura de' fraK;lli Linares. (7) U beuciiciulc Lui;;i Garofalo natipie nel i^y'-S e morì nel 6 luglio del i83;. i5j Spiccava, pure come versato nello studio de' clas- sici greci e latini, e come pienamente perito nella conoscenza del romano ed ellenico idioma, il can. Gio. Battista Castiglia , professore di eloquenza latina nella nostra Università. Ei dagli anni verdi consacrossi alla istruzione della gioventù, mestiere nobilissimo, ed assai proficuo alla patria, quando per esso sa trovarsi modo d' infondere ne' petti de' discenti il vero amore della sapienza e quello delle sociali virtù, che oggi l' una dalle altre saria gran delitto scompagnare. Tra i lavori dal Casti- glia pubblicati merita di venir citata la raccolta de' suoi versi latini dettati con vero sapore di clas- sicismo (ij, e non indegni per certi riguardi di es- sere posti a paragone con le molte poesie Ialine scritte dai nostri cinquecentisti (2), Ma tra i bravi latinisti, che pure perdemmo, stava a tutti primo l' abate Vincenzo Raimondi antico alunno, nel seminario arcivescovile di Mon- reale, del celebre Murena, il quale nell' ultima metà del varcato secolo vi leggeva umane lettere. Noi abbiamo del Raimondi una collezione di squi- site poesie latine, ma toltone di queste alcune originali , tutte le altre non sono che una sem- plice, comechè elegantissima, traduzione di alcu- ne poesie siciliane del nostro ab. Giovanni Meli (3). Il Raimondi apparso fra noi il cholera, volle ri- tirarsi in Monreale sua patria, ma il morbo asiati- co venne anche colà a raggiungerlo e lo avvolse nella comune sciagura (4). Il can. Stefano Pipitene che occupava la catte- (i) Joanny Bapt. Castiliae carmina. Panortni typis Philippi SoIIi i83o. (2) Gio. Battista Castiglia nacque nel 1780 e mori nell' 11 luglio del 1837. (3) Joannis Meli caiiniua sicula latine retldita a Vincentio Baiinundo. Pa- normi 1817 di queste paesie ne fece il Raimondi una seconda edizione al i83o iti cui SI ritrorano le sue poesie originali. (4) Viucenzo Raimondi nacque nel 1768 e morì nel 9 luglio del 1837. i58 , dra di storia ecclesiastica in questa Università de- gli studi. Ei fu di costumi purissimi e nelle sa- cre disci[)line perito, talché se la morte non lo a- vesse colto alla sprovista (i)avremmo presto vedu- to pubblicato per le stampe un corso di storia eccle- siastica, che quasi intieramente lasciò compiuto. Un tal lavoro oltre la somma utilità che arrecato a- vrebbe alle nostre lettere, e maggior lume cospar- so alla storia ecclesiastico-sicula avrebbe per certo contribuito a far teucre Stefano Pipitone in nomi- nanza, non avendo egli nulla guadagnato in cre- dito per la sua opericciuola bibliograiica che diede in luce (2). Il benef. Antonino Romano finì di vivere nel medesimo giorno in cui era stato già scelto a canonico del duomo di Palermo. Egli lavorò sem- pre, ed indefesso com'egli era ed instancabile alla fatica, ci lasciò gran copia di manoscritti sopra ma- terie di vario argomento cioè filosofia, storia, eco- nomia politica, letteratura;ci lasciò poi interamente finito un compendio dell'opera di Smilit sulla ric- chezza delle nazioni. L'avvocato Antouino Romano nipote del beneficiale ne scrisse 1' elogio (3) e nudre pensiero di depositare tutti i manoscritti del defunto zio nella biblioteca del nostro comune , credendo così di onorare la memoria del parente, e di rendere servigio al pubblico. Non pertanto diciamo del beneficiale Romano rimanerci sola- mente edito un opuscolo, die si agiva interamen- te sul gusto dell'eloquenza (4), ed il quale venne (i) II Pipitone nacque nel i. del i:;93 e mori nel 5 luglio del 1837. (2) Discorso bibliografico ossia prof;ctto di un nuovo piano di classificazio- ne di libri nella pubblica libreria del comune i8aG voi. unico. (3) Elogio dell'ai). Antonino Romano scritto dall'avvocato Antonino Ro- mano Palermo i838. (4) Discorso sul vero gusto dell'eloquenza diretto ai piovani studiai! delle belle lettere del sac. Antonino Romano 1798. In Palermo presso la staiilpe- na del Solli. li Romano nac(jue nel 1700 mori a 5 luglio 1837. '^9 dall'autore vergato in ànticlù tempi, quando ancora fra noi si pregiava uno scrivere leccato, e pieno di franceserie. Del canonico Giovanni Ragona professor di lin- gua ebraica nella nostra Università ci rimane solo un discorso preliminare apposto ad un ragionamen- to di Francesco Pasqualino sulla lingua degli an- tichi ebrei, dall' autore^lasciato inedito, e pub- blicato dal Ragona (i). A dir vero ne 1' uno uè r altro di questi due discorsi sono gran fatto, ma pur tuttavia servono a dimostrare die appo noi si sono anche tenute in pregio le lingue orientali, a cui si sono rivolti parecchi de' nostri, epperò ci spiace di aver perduto un di costoro in Giovanni Ragona (2). , Cadde spento dal fatale morbo il cav. Antonio Di Giovanni Mira, giovane di liete speranze e caldissimo di amore di patria: in effetti tutti, i suoi lavori furono sempre volti ad illustrare le cose nostre. Il principe di Granalelli , amico del caro giovane, nudrc il bello e geoeroso pensiero di voler raccogliere in un voluuielto solo tutti gli articoli , ed opuscoli del di Giovanni, stampati o inediti. Questo sarà per certo il più grato flore, la più dolce lagrima , che potrà spandere il vi- vente amico sulla toml)a che rinserra le ossa spol- pate dell' estinto. Tra tutti i lavori dall' ottimo Di Giovanni pubblicati è da pregiarsi . con ispe- ,?;Ì^lità il suo opuscolo sugli autori siciliani, .che latinamente scrissero nel secolo decimosesto (3) ed (i) Discorso sulla antica poesia degli ebrei opera postuma dt Francesco Pasqualino con discorso preliminare e note dell' ab. Giovanni Ragona pro- fessor (li lingua ebrea nella R. Università di Palermo. Palermo presso Lo- renio Dato i^-ì!^. (a) Giovanni Ragona nacque nel OUóbre^dcl 1770 e mori nel i4 Luglio del 1837. (3) Ragionamento su i migliori storici e poeti latini del secolo XVI. in Si- cilia. Palermo presso Filippo Scili i832. ■■• >■'-' •>..v.:|iìì,..i«-W. i6o il quale fu assai plaudito dai più rinomati gior- nali di Italia. La memoria di questo nostro con- fratello si cancellerà dal petto dei buoni col finir della tita , e partorirà sempre rimorso eterno a chi non lo tenne in debita stima. ]Sè potendo dir più oltre di lui pe' stretti limili propostici iu questo cenno, rimandiamo i nostri lettori, quan- tunque volte ne volessero più particolari notizie, a leggere la necrologia che ne scrisse il sullodato Principe di Granalelli nel 9.° n.° del Siciliano{i). Marcantonio Scribani, che fu di costumi affet- tuosi non tralasciò mai congiuntura onde pianger suir avello degli estinti parenti ed amici dettando qualche lugubre pagina, e fra di tanto finora con ingratitudine non si è mosso alcuno a piangere di lui morto. Fu Marcantonio Scribani amantissimo delle arti belle, e del polito ed elegante scrivere. Di lui ci rimangono vari articoli sì nelle Effemeridi per la Sicilia come nel giornale di sciente lettere ed arti, ma tra questi merita a preferenza di venir mentovato quello fatto per illustrare una Baccan- te dormente ritratta in marmo dal nostro egre- gio scultore Valerio Villareale (2). Ci lasciò anche lo Scribani ne' suoi manoscritti una illustrazione pel busto di Giovanni Meli eseguito dallo scalpello dello stesso Villareale , ed un dialogo sulla vita di Fuxa nostro siciliano e traduttore delle egloghe di Tito Calpurnio (3). L' Ab. Nicolò Scovazzo merita pure una lacriraa, ed intento com' egli era alla direzione delle scuole , Jancastriane,ed alla prima educazione letteraria della gioventù, ci lasciò due pregevoli memorie, una che (1) Antonio Di Giovanni Mira nacque il 14 ^dicembre 1809 e morì nel 3 Agoilo del 1837. (2) Vedi gior. di te. k-t. an. i836. (3) Marcantonio Scribani nacque nel ì-^fjij e niuii ncll' n luglio 1837. i6t verte sull' introcluzlone delle scuole pubbliche pel- le donrve , e gli asili d' infamia , e l'altra sul metodo di mutuò insegnamento applicato al dise^ gno lineare, alla lingua italiana, ed al progresso dell' aritmetica (i)- ; Giambattista Svegliato padovano essendo statò da Monsignor Balsamo arcivescovo di Monreale invitato ad accettare la cattedra di belle lettere in quel seminario arcivescovile, lietamente vi as- sentì. Ma per sua disavventura pochi mesi dopo il suo arrivo in Sicilia , sopragiunse il cholèra neir Isola, ed avendo invaso prima Palermo , e poscia Monreale, lo Svegliato in questa ultima città perde la vita. Egli fu un valoroso latinista, ed educato all' aurea scuola de' classici del buon secolo, talché polca per fermo rinnovellare nel Se- minario di Monreale il vero gusto delle lettere la- tine, altra fiata ispiratogli dal gran Murena, ma tanto non gli fu concesso (a). Filippo Sciarat giovane di non mediocre intel- letto fu sempre biecamente guardato dalla sorte, e finalmente cadde vittima del tremendo flagel- lo (3). Tutto quello che ci rimane di lui edito e un dramma per musica ed un carme letto al- l' apertura del Tulliano: stabilimento in cui lo Sciarat occupava la cattedra di belle lettere. Bernardo Monreale de' Conti Gravina poco tem- po innanti il cholera pubblicò una prima parte di notizie storiche sulla Russia e su i principi mo- scoviti (4). (i) L' Ab, Nicolò Scovaizo nacque nel 1787 e morì agli 11 luglio «837. (a) Giambattista Svegliato nacque nel 1791 e morì il 4 settembre del 1 63/ (3) Filippo Sciarat nacque nel 1804 e morì il 6 luglio del 1837. k**^^ (4) Notizia storiche sulla Rutsia « sui Principi moscoriti del cav. Bernar- do Monreale Gravina Pai. i836.— Bernardo Gravina nacque nel 1796 e mori il I. luglio del 1837. l63 Tra le donne per sapere illustri sola venot meno in Catania la Baronessa Barcellona, poetessa di merito distinto, legata in amicizia con Miche- langelo Monti, educata in Roma, e socia di quella Accademia degli Arcadi. Giian parte delle sue poe- sie edite sono così rare diventate che quasi se ne ha perduta memoria, e sole poche ce ne riman- gono, perchè inserite iu alcuni de' nostri gioruar U(i). Sulla necessità et una Sorgente discorso pronunziato nella, Società Economica di Girgenti'-'da Raffaele Politi socio ordinario della medesima.' , „,^. ,5,-^ ' ■;.' IvTtl bJJU » Antecede populum, et sume tecum de scniorìbus Israel: » et TÌrgam, qua percussisti ilurium, tolie in manu tua, M et vade ». Esodo C. XVII., y. 5. E a Toi ben noto, o soci, com' io sin dal novembre del i832 lessi a voi prima il mìo discórso sulla neces- sità di una scuola di Belle Arti nel Capo Valle, e come poscia pubblicandolo lo dedicai al nostro degnissimo In- tendente commendatore Daniele ; ma al certo ignorate come per effetto di fascino o altro mal* occhio non solo neir oblio si rimase, ma ne anco al libi'o delle nostre tornate registrossi : e quel eh' è più strano di tixl mio scritto e della mia lettura, trascurandosi uno de' prin- cipali articoli del nostro statuto, nessun molto al reale Instituto fatto ne venne; pur non dimeno a mie spese stampatolo, a quel corpo, allora fiorentissimo, più copie rassegnando, approvazione e lode ne ottenni con cilicio de' 21 di Aprile del i833. (0 La Baronessa Agata Barcellona nacijue nel Ì777 e morì inCataaiaael mete di agosto del 1837. iNoto e a VOI, come per incarico del iiostpo Presidente fatto prima diligentissinio esperiniculo, scrissi verbale ue- gptJMo.sn ij^pzjioli delle cavalietti} pon mangiali da' porci, ctirn:e:dllr$. Società Economica. 4' agricoltori avev^i il con- ti^rip ,so5teuuto; ma qu.el roiov^rbalp, perchè dettato con verità apostolica, sfcirnito d'orpello, privo delle sloma- chevch mcensate ch*j, ^ g.uis^. di messa solenne, si di- spensan' oggi gli, scrittorux?i , non pachi dispiacej'i ca- gioHcmmi: tai^lo il vero stampato poscritto , dice Bul- garin, offende, gli oqcbi già ifi(mni .del genera umano : SI Glie mettendo insiemq gli. scrittori c^^ orarono dire il vero in faccia alla cieca.ujijanifà yed^qi. dQver' ^s§Uà loro celebrità ,più. alle sventure clip, iJ^lleppere.L. .7,." Sono più mesi che,., a voce a .vói; .esposi i' onorevoli soci, altro mio progetto di .[comunale beneficenza , di prima necessità in Qirgqnti; ma pei- influsso di maligna stella credulo frustraneo allo scopo di nostra istituzione alcunp spaccio non ebbe.I ma egli q appunto di lai mio pro- getto che voglio oggi intrallenervi , interessarvi, e vie- più animare il, vostro santissimo, amoi; patrio; tanto più che VOI tutti, uniti all' egregio ., nostro' Presidcntari e l-apida sparisci!..... ma bando ai poetici slanci, un calcio ai sogni, e torniamo a bomba, ' Or dunque pria che da «òi o^ da aHiiicUi si appartiene si projKJngano i mezzi da far fronte a .Spesai enorme, egli 167 è giusto assicurarci per via della livellazione se tal sor- gente sovrasti Girgenti e a non più ipoteticamente cal- colare su favolose e popolari tradizioni. Abbiamo tra noi un Architetto provinciale , versatissimo nella livel- lazione, da incaricar prestamente per una tale perizia : noi e non altri! noi pagarne la tenue spesa su i fondi alla Società assegnati per compre di libri, che non ne abbiamo pur uno ! ad acquisto di macchine non viste ancora ! fondi non so se per nostra fortuna o sfortuna tuttora intatti ! A che mendicar dall' Instituto autoriz- zazione se questa abbiamo per via di fatto in nostro po- tere? Inchinevoli e pronti a quanto lo Instituto regolar- mente viene incaricandoci, non esser servi o schiavi noi dobbiamo! quindi pria 1' esecuzione, poscia il permesso: e questo e non altro il modo di agire per colui che vuol fare: non timidi, sospettosi, inconcludenti trovare il pelo neir uovo, interpetrare alla lettera, sofisticar da pedanti, fare scorrere il tempo, e mai non far nulla ! ne certo havvi tra voi eh' ignori » Che mentre il can si gratta il lepre fugge »^'ii'' Il secondo mezzo a non più piatire per 1' acqua la povera gente , averla noi a buon mercato , più in ab- bondanza, con più facilità , consistere nello avvicinare per quanto è possibile a Girgenti l'acqua del Fonte Bo- namorone. Costantemente assicurasi potersi condurre sino al se- dile a cerchio tra porta di Ponte e il convento de' pa- dri Cappuccini: qual vantaggio non sarebbe questo ? £ perchè tuttora così vilmente trascuralo ? Una spesa di nessunissimo momento si è questa a fronte di tanta uti- lità pubblica! ma siamo noi certi poterla condurre a (juel posto? abbiamo gli analoghi documenti? sonosi fatle le convenienti perizie? Niente di tutto questo! e perchè ciò? Per non essersi giammai ordinata la livellazione e lo scandaglio! Ecco dunque la seconda incombenza da darsi i68 contemporaneamente alla prima, allo Arcliitetto Provin- ciale, onde assicurarci una volta della possibilità o im- possibilità della cosa. Se questo mio salutare progetto vien da voi o Soci benignamente accolto, oggi stesso^ e da voi, e dal sig. Presidente si scuota il segretario nostro a sciorre officio allo Architetto Provinciale, contenente le due livellazioni da eseguirsi al più presto possibile: non cavilli, non dub-« bì, non dilazioni sempre nocive e tendenti allo eterno sopimento d' ogni più bella intrapresa: s' incominci, e se noi noi possiamo, i nostri posteri finiranno. Son queste le materie che debbon tenerci occupati: che macchine 1 che osservazioni meteorologiche proposteci dal chiaris- simo Cacciatore! che nuovi strumenti da migliorar l'a- gricoltura! Ci vuol' altro che teloscopii , micrometri e meteoroscopi per curarci il nostro interno meteorismo! Ci vuol' altro che pomi di terra e taratuffoli dall' Insti- tuto regalatici per servir di muschio e polvere di Ja- mes allo già smunto Agricoltore, all' esangue artigiano, allo scoraggiato Artista! » Messo t' ho innauti, ora per te ti ciba ». Sulla competenza da' giudici regi ad istruire processi di falsità — Pensieri di Antonio Galatti. Non è guari noi discorrevamo in queste medesime Effemeridi ( num. 5^.) con quel calore che investe 1' a- nimo di chi è pieno di una verità, o di principi, che veri egli estima per ismascherare un pregiudizio lega- le accovacciato in quella massima da taluni ritenuta, per la quale si è creduto escludere dalle istruzioni cri- minali il mandato di comparsa, ed avevamo appena deposto la penna, che per ragione del nostro ministero eravamo nella circostanza d' imbatterci in altra opinio- ne, che a nostro giudicio, quanto quella è perniciosa ed inesalla. Intendiamo della credenza, che le istru- zioni di falsità , che formano il soggetto degli articoli 439, e seguenti della quarta parte del codice, debbano compilarsi esclusivamente dai giudici istruttori. Noi dun- que ci faremo a persuadere 1' errooeelà di questo divi- samento, e confidiamo, che mercè i raziocini , che sa- remo per isviluppare porremo in aperto potersi da' giu- dici regi ancora per delegazion deli' istruttore processi di falso compilare. Elevali i giudici di circondario ad uffiziali di polizia giudiziaria si è propriamente con ciò inviscerata in essi la missione santissima quanto importante di cooperare all' ordine ed alla tranquillità pubblica, investigando per lo scoprimento de' reati, e de' rei, e raccogliendo in con- formità delle regole di rito gli elementi di prova sì de- gli uni, che degli altri, onde non sottrarsi alia vigilanza, alla persecuzione, ed alla vendetta delle leggi chi si at- tentò violarle. Questo canone è inconcusso, generale, illimitato; sì che dalla contravvenzione più lieve al piìi atroce mis- fatto non dovrebbe esservi infrazione , sulla quale non fosser tenuti i giudici regi esercitare le loro invesliga- trici, e persecutrici. attribuzioni, a meno che una ecce- zione espressa ne li dispensasse; ma poiché nel deposito delle leggi ninna se ne trova, che questa restrizione in- torno ai reati di falsità contenga, chiara ed indubitata abbastanza dee raccorsene la illazione, che nelle falsità ancora i giudici regi sono obbligati inquirere per innata tendenza della loro carica. Ma si dirà: sian pur essi ca- paci di raccorrò le prime indagini nei reati di falsità; la continuazione però non a loro , sihbene ai giudici istruttori debb' esser commessa: sentenza questa non meno della prima sconcia e malfondata; perciocché se illimi- tato è il potere del giudice istruttore nella delegazione ITO ;' delle istruzioni criminali ai giudici regi che da lui di- pendono, non si potrebbe creare una eccezione a que- sta sua facoltà , che in pernicie delle sue attribuzioni, ed in pregiudizio del provvido fine , che ebbe in mira la legge allorché gliene diede il dritto. Alla sempli- cità, ed alla speditezza però di questi raziocini , noq mancherà per certo chi vago di pugnare colle parole, in vece che col senno , ingarbugliandosi nelle vesti di quella legge, di cui mal comprende lo spirito, ricor- rerà agli art. j{^o. e 455. della quarta parte dei co- dice, alla importanza del procedimento nelle materie di falso , e finalmente alla inviolabilità de' formulari per oppugnare l'opinione da noi professata: esaminiamo dun- que di uno in uno cosiffatti ostacoli all'adozione de' no- stri divisameutì, e scorgiamone le conseguenze. L' articolo 44^» dicon essi , litteralmente sancisce , che ove il documento attaccato di falso presso un pub- blico ufHziale esista, ovvero ancora appo un particolare, il Proccurator generale dee ordinarne 1' esibizione , ed immediatamente dopo soggiunge, che un giudice istrut- tore può disporre anch' egli altrettanto. Ecco dunque, a sentir loro, l'esclusione di qualunque altra autorità, che quelle espressate nella cennata prescrizione, dalle inqui- sizioni per falso. Ma buon Dio! chi- non iscorge la fal- lacia di questo argomento , ove pure sacramentalmente alle parole di quell' articolo star si volesse, per poco , che si farà a considerare, the se intenzione del legisla- tore fosse stata di attribuire esclusivamente al proccu- rator generale ed al giudice istruttore 1' ordine di l'ar depositare il documento arguito di falso, da quest' atto soltanto, e non mai dall'intera istruzione dovrebbero gli altri ufiiziali di polizia giudiziaria essere esclusi. INon intendiamo però su questa osservazione fermarci ; toir- ciòssiachè l'ordine ancora , di cui è motto nelT enun- ciata disposizione dell' art. 44*^' erroneamente si creile- rebbe essere una esclusiva altribuzione delle autorità , che vi si cennano per la ragione che servendosi la legge del nome d' istruttore, altro non intese che indicare quel magistrato che istruisce, quegli che per tacita od espressa delegazione l'istruttore rappresenta, quegli infine, di cui neir articolo precedente avea più propriamente , ed ia termini più generali parlato, dicendo: w Tanto il docu- » mento attaccato di falso , quanto il processo verbale >i> saranno sottoscritti , ed in tutte le pagine conlrose- M guati dal magistrato che istruisce il processo , e dal » cancelliere >i. A qual altro magistrato quindi se non à questo può il nbme d' istruttore riferirsi dopo il ri- portato inciso dell' art. 439, che immediatamente lo pre- cede? E se col linguaggio ulteriore della legge fa di me- stieri rafforzare viemaggiormente il nostro assunto, noi faremo osservare i, che indipendentemente dell' invocato articolo 439- anche nel 447* si usa la frase » 1' istru- zione per la falsità sarà proseguila w, ed intanto nel 4^0 si annuncia che le scritture di confronto saranno sotto- scritte dal giudice, senza precisare in lui caratteristica alcuna, e nel 453. con indolerminatezza uguale si ag- giunge: » che il giudice ne' processi di falsità potrà nel principio, o nel corso della istruzione chiamare le parli ia contraddizione » finalmente diremo che se il nome ge- nerico d' istruttore dovesse interpctrarsi nel senso che i nostri oppositori si avvisano, e risolvere come essi cre- dono la quistione, sarebbe imbarazzante davvero il do- versene raccorrò, che standosi alla parola dell' art. 92. » negli atti di ricognizione mancondo per morte , per assenza, o per altro impedimento uno de' testinioni, non altri che il giudice istruttore fosse tenuto disporne la surrogazione, e iiei casi degli articoli io5. e to6. della stessa parte del codice altri che colui che istruisce le- gittimamente il pi'ocesso ])cr istruttore, o giudice d' istru- zione concepir si dovesse, D^po sifTalle considerazioni vorremo noi interessarci dell' altra Jisposizioii di legge oppostaci, dell' art. ^55. riguardante il caso della fal^ sita delle monete, ed in particolare un atto , die non può esser compiuto, che in unica località? Oibò, sarebbe puerile il farlo; avvegnaché gli stessi essendo i raziocini di chi lo invoca, le stesse riflessioni già da uoi raggra- nellate saran sulTicienti a smaltirli. Assicuratici, a nostro intendimento, che 1' espression della legge non è di argine all' abilità de' giudici regi di compilare istruzioni di falsità, vediamo se l'impor- tanza del procedimento nelle materie di falso possa far sì , che il solo giudice istruttore debba esclusivamente impadronirsene. Duplice esser potrebbe la buccinata im- portanza, vai quanto dire: essa potrebbe derivare o dalla gravezza del fine, cui tende , o dalla delicatezza degli atti, che debbono comprovarla. Or nei reati di falsità, se togli quelli, che riguardano le monete, e le fedi di credito, di banco, di cedole, di decisioni delle autorità, di suggelli, e di bolli dello stato compresi nelle sezioni prima e seconda del cap. i . del titolo 5. delle leggi penali, reati, ne' quali spesseggia 1' inflizione dell' erga- stolo, ed in due soli casi la pena di morte è irrogata, per tutte le altre falsificazioni non v' ha pena , che il terzo gradi) di ferri sorpassi; ma ove pure capitalmente tutte le falsità fossero punite ; d' onde potrebbe argo- mentarsi, che interdetta ne fosse la istruzione ai giudici regi, se posti da banda i misfatti contro la religione, e lo stato, facullati son essi ad inquirere ed istruire anche nel misfatto gravissimo, che il parricidio costituisce, così severamente in Roma fulminato, ed oggi colla morte, e col terzo grado di pubblico esempio perseguitato fra noi? Quanto poi alla scrupolosità delle forme negli atti, cho il procedimento per falsità concerne, nulla noi fi scor- giamo , the possa dar luogo all' esclusiva competenza istruttoria; ed a convincerne chi ne dubitasse, seguiremo •75 passo passo la norme dalla legge segnate nella quarta parte del codice, dorè del giudizio di falsità si occupa. Queste norme son dirette o ad assicurare lo jtafo del documento prodotto ed arguito di falso, tutte le volte elle fosse in potere di clii ìie avanza querela; o a ri- chiamarlo perchè se ne impadronisca la giustizia, lad- dove altri ne fosse il possessore , o finalmente a cliia- rirne la falsità pretesa. Quindi il processo verbale dèlio stalo materiale circostanziato; quindi 1' ordinanza per la presentazione del documento impugnato, e 1' intima con- templata dall' art. 44^ delle leggi suddette per le scrit- ture private; quindi in fine la perizia di confronto , e la contraddizione fra le parti. Ma che altro mai son questi cinque atti, se non presso a poco delle sparutis- sirae formule nelle quali, per cosi dire, d'ordinario non può, che assiderarsi la mente del compilatore, anziché accendersi, e spaziare ne' campi inquisitori! Noi non ci faremo il torto di parlare ne dell' ordine di esibire il titolo impugnato , ne della intimazione a dichiarare ai termini del ccnnato art. 44^» essendo questi alti presso- ché invariabili e talmente triti , che non v' ha cancel- liere inesperto, e dirò pure emanuense, od usciere, che non sia abile a disporli; interloquendo però sul ver- bale contestante la materialità della scrittura irtipuguata sulla perizia, che di essa comparata con quelle di con- fronto dee stendersi , e suU' atto in fine di contraddi- zione, osserveremo nulla su i medesimi contenersi, che per difficoltà ad importanza la vinca sopra tanti altri, che nel rito penale s' incontrano. Ed in vero che altro mai potranno questi tre atti istruttori" contenere, chiuii- que fosse il giudice, che ne dirigesse lo andamento , meno di ciò che il corticc del documento attaccato of- fre, meno di ciò che inseguito di scrupolosa ispezio- ne sulla coscienza de' periti calligrafi, all' impressione fisica del senso è soggetto, meno di ciò in fine che sopra 174 , ben direitotlialogo le diverse dicliianiioui degl'interessati concliiudono ?:E non sarebbe umiliante per la classe v'ir spettabile de' giudici regi non die per l'crdine intero della magistratura, cui apparleugqn costoro-, che si lsitì» istryiscono , sibbeqq acoomunarsi ai documenti .tpltv ,, cjijelj;, processo .comj-, pongono di qualunque grave reato, efi ove distinzione o gradazione ammetter si volesse oseremmo avanzarle, che se per attribuire, o togliere ai giudici regi nelle, materie criminali il dritto d' inquirerfj, di teruiome^rft servir dovesse la importanza del fine ,,^., degli eSeJtj possibili de' tre atti suddivisati appartenenti alle isLrur zioni di falsità, non vi sarebbero,, pressoché più mi- sfatti, la persecuziou de' quali potesse loro aflìdarsi. Ed in vero tolta ad essi per ragion d'importanza la capa- cità d' inquirere contro i (alsari, qhi, oserebbe commet- ter loro di cooperare alla vendetta della rapila proprietà, del sangue versato, dell' ordine sociale compromesso ,i di ogni altro reato in sonmia , che uguagliasse , o, Siiii^ perasse per ragion di pena la più mite fra le falsità? Di quante gelose, delicate , ed iraporlantissiirie conse- guenze, conseguenze fatali, non è d' ordinario sorgente ogni, atto, che processure di quella soi;la riguarda? Mar gistrati, criminalisti, .filantropi, un sol momento di.nip-^ ditata conceutraiione, su questo nostro, pensiere , ,ed.,il vostro partito sarà preso. Ma l'autorità de' formula r,^ Noi non degniamo di risposta chi a questa, risorta si 175 appiglia: egli non può essere un giureconsulto, egli de- ve anzi appartenere alla classe abbietta di quegli auto- noi, ai quali natura non per altro un' anima concesse, che all' oggetto unico di non marcire, e noi non abbia- mo sognato giammai di venir con essi alle prese. Giunti a questo segno potremmo por fine a questa nostra diceria nella lusinga, di aver dileguato le ombre che si tenterebbe spargere per distorre i semplici dal- l' adozione del nostro divisamente sulla discussa materia; ipa. ponendo pure da banda il fin qui dejto, suppongliia- luo per un istante, che flultuar si potesse sul partito da prendersi; supponghiamo anzi adottato quello per la, di cui espulsione abbiam ragionato, e. scorgiamone rapida- mente gì' inconvenienti, e gli assurdi. v!ji);i '.Ahiì ì-jm , La falsità non è sempre un misfatto: gli art. ago^ 393. §. a. 297. e 298. delle leggi penali lo dimostjra- no; perciocché son quelle sanzioni irrogatrici di pene correzionali in materia di falso. Or se il giudicio di cosiffatti reati ai giudici regi appartiene, ad essi indu- bilatamente deve altresì appartenere la compilazione, di quegli atti, che della pretesa falsità può far loro con- cepire la dovuta idea. Eglino dunque nei casi dell'enun- ciate quattro sanzioni , sulle norme segnate dagli arti- coli 439 e seguenti del rito penale , non essendovene altri per loro, stenderanno il verbale contestante lo stato materiale del documento impugnato , ordineranno, pcr correndo, il deposito di questo, presiederanno alla pe- rizia, r atto di contraddizione eseguiranno, e finalmente udite e discusse le prove profferiranno la loro sentenza. E non sarebbe stranissimo, che quegli atti che sono essi abilitati a redigere, per servir di base alle loro pronun- ziazioni, non si potessero dai medesimi solennizzare, per- chè la corte sugli stessi decida , quando questa corte medesima per tutti gli altri reati criminali, senza eccezio- ne alcuna, e condanna ed assolve su i resultamenti delle loro istruzioni? Diciamo di più noi abbiam già reduto che dall' art. ^39. al 4^6. della quarta parte del codice, cinque atti appena si enunciano come propri del procéditnento di falso, e poiché questo di moltissimi altri può abbiso- gnare per lo scoprimento del vero , provvidamente la legge coir art. 4^7 ha prescritto, che nel i*esto si pro- cedesse come per gli altri reati. Sarebbe quindi veri- simile, clic fosse slata intenzione del legislatore , che quel magistrato, che leggittimamente può compilare uu infinito numero di alti, che il procedimento di falso in- teressar possono, non fosse capace d' istruire quei sparu- tissimi cinque propri' dello stesso ? Ma crediamolo pure, crediamo incompetenti i giudici regi nelle istruzioni di falsità: quali ne saranno le con- seguenze? Si ammohticchieranno nei giudicati d' istru- zione centinaia di processi riguardanti falsità di ogni spe- cie, di ogni valore, di ogni grado d'imputabilità, e l'istrut- tore da quella che all' interdizione soggiace , fino alla falsità che di morte è punita sarà tenuto occuparsene indistintamente malgrado delle mille ragioni, che pel bene della giustizia potrebbero persuaderlo a far uso della facoltà di delegare. Ecco quindi distolto questo magistrato dalle cure più gravi del suo ministero, e vo^ lendo a queste consacrarsi ecco rimaner negletto e pol- veróso il deposilo enorme di quelle querele spettanti fal- sità, che da tutti i punti del suo distretto gli piovono. Lo stagno di esse quindi incoraggirà da una banda i fal- sari a non recedere dal campo della loro perfidia, e la immoralità, e la malizia adescherà di non pochi a mol- tiplicar le querele di falso, per arginare il corso rego- lare degli esperimenti a loro danno iniziati, o da ini- ziarsi, mentre disanimerà d' altro canto i buoni dal chie- der vendetta di una infrazione, che o non vedranno pii- nila, o la vedranno a costo di sacrifici immensi , che irhmenso e il fastidio di dovcV piatire presso un giù- 177 dice il più delle tolte le cento miglia lontano , e non di rado col rischio, che la lontananza ed il tempo dis- perdano la prova del reato. E non basteranno questi soli inconvenienti a dimostrare la erroneetà e la per- nicie deli' opinione combattuta da noi? Ne rimettiamo il giudicio ai nostri stessi contraddittori. Saggi sulla scienza della storia — di Cesare della F'alle Duca di Fentignano. — Napoli i838. Dalla tipo- grafìa Plautina. Scopo principale della scienza della storia si è quello di scoprire le cagioni perenni de' fatti del genere umano; rifruslare i motivi della formazione delle società; inve- stigare le ragioni del loro progredimento, della loro de- cadenza,^ degli avvenimenti che han luogo fra di esse. L' esame dell* origine de' culti, de' governi, delle leggi, delle scienze, delle arti, delle istituzioni sociali è quindi una parte interessante di così fatta nobilissima scienza. Da ciò chiara ne sirende l'utilità: ella passando a rasse- gna le primitive cagioni de' fatti umani , elevando la ménte dalla semplice narrazione storica a cose più grandi, porge il bel piacere di render conto di tutti gli elementi e principi motori delle umane azioni. Fra le mila opere che nel secolo trapassato videro la luce vari concetti di svariato tenore leggousi qua e colà sparsi intorno alla scienza della storia. 11 famoso Bos- suel vi consacrò i suoi Discorsi^ ma le sue ristrette mire, dall' interesse religioso non si scostaro , ne tampoco si csteser oltre ai quattro imperi. Giambattista Vico, uomo dotato di pellegrino intelletto e di profonda sapienza, af- facciossi dappoi col suo libro, che oscuro a' suoi tempi, gli fruttò troppo tardi la meritata rinomanza. Egli nella scienza nuova, scosso il giogo de' pregiudizi, mira nella provvidenza divina la cagione architettonica del mondo 4 umano, nella libertà dell' uomo gli elemenli dell' edificio sociale, e i bisogni uè risguarda quai niolori della vo- loulà; dislingue due specie di sapienza , la volgare e la riposta^ che il duca di Ventignano amò più presto intitolare naturale e ragionata^ e insegna in qual modo 1 uomo ponendo in opera la prima , creò le società, i culti, i governi, le leggi, le scienze, le arti e simili. L' alemanno Herder fé' poi di pubblico confo le sue Idee sulla Jilosofìa della storia dell' umanità , e se- guendo un cammino diverso dal filosofo italiano, dassi a contemplare il nostro globo nel rapporto astronomico nella sua geognostica formazione, e nella sua attitudine alla generazione della varia catena degli esseri organici, esamina 1' organismo umano e i di lui rapporti col pia- neta che abita, e dalla fìsica struttura di lui fa scaturire la sua proprietà di essere ragionevole, sociabile, religioso e capace di concepire la speranza dell' immortalità. INella considerazioue'della scienza storica, nella contemplazione dell'uomo, Vico ed Herder tracciarono un piano distinto; il filosofo italiano amò nobilitare il genere umano, ri- spettarne la ragione, sollevarne le facoltà; il filosofo ale- nuanuo non volle allontanarsi dalla natura , considerò r uomo quale essere organizzato, e tutte le facoltà e lutti 1 pendi ne fa precedere dall'organizzazione, dal clima, e dai rapporti di lui colla terra. In somma Vico riguarda 1 uomo da filosofo e da religioso, Herder da naturalista e da fisiologo. Non fa al mio istituto entrare nella di- samina esatta e completa de' loro sistemi; il lettore ne giudichi a sua posta; ma giova di trascrivere in questo luogo il parallelo, che 1' illustre Michelet ne stabilì nelle annotazioni alla sua . Introduzione alla storia univer- sale. « Dans Vouvrage du pìtilosophe italien a lu pour la premier fois sur rhistoire le Dieu de tous les siec- les e de tous les hommes^ la Provvidence. Vico est superieur méme à Herder. Z' humanilè lui apparait non sous V aspect d'une piante qui par un develop- '79 pernent organique fleurit de la (erre sous la rosee da Ciel , mais come sjrstétne harnionique du monde civil. Poar voir lliomme^ Herder s est placò dans la nature: f'^ico dans l' homme méme^dans thomme shu- manisant par la societé. Allri due filosofi Schelling ed Hegel hanno pur vo- luto immaginare altri sistemi sulla storia dell' umanità; ma tedeschi di nazione e allevati alla tedesca filosofìa, la quale, giusta il bel detto del Niccoliiii, sempre all'e- sperienza ripugna, e nella sua rigida sterilità non mai coi sensi maritasi al mondo , altro non haa fatto che imitare il Kant, sublimarsi coi voli di|loro imaginativa, perdersi fra le nuvole e coprire di foltissima nebbia i loro pensieri; tantoché il celebre Romagnosi non temè di nominare il sistema di Hegel UUro-MetaJìsica Jìlo- sofìa della storia. Vico quantunque intelletto originale e trascendente molto pur sa delle opinioni e de) gusto scientifico che in voga erano a' suoi dì: allevato nel secolo XVH, nato in una regione, in cui ancor dominavano lo scolastici- smo e le filologiche lucubrazioni, egli non potè resistere al peso de' tempi, e rimase sopraffatto dal giogo di quelle dottrine, che formavano il principale ornamento dei dotti. "Versato più nella grecha e nella latina che nell' italiana favella, espose i suoi pensamenti con veste male acconcia e tal fiata oscura; veneratore delle greche e delle romane antichità, circoscrisse il mondo umano in Grecia e in Roma; amatore della giurisprudenza concesse alla legge delle dodici tavole una importanza pressoché generale. Il volger del tempo prepara altra forma alla filosofia e un secol nuovo appare apportatore di novelle opinioni. Alla credenza religiosa si oppone lo scetticismo, alle di- mostrazioni psicologiche tien dietro il materialismo: ecco i lavori della mente sulle antiche basi costrutti per l'in- tero sprezzati; ecco la Scienza nuova giacente sotto la polve e r obblivione. i8o Ma persuasi fìualmente dopo nna trista esperienza gli spirili che una mal intesa libertà h di nocumento piut- tosto alle umane società, e che una religione è indispen- sabile alla tranquillità de' popoli, tentano ma troppo tardi di opporsi al torrente delle innovazioni e alle lusinghiere idee che ovunque circolavano. Il materialismo si com- batte un' altra volta, il cullo si ripone sulle are infrante, r ideologia si rellifica secondo le norme platoniche, la fdosofìa assume aspetto diverso, e una luce splendida , qual simbolo di novella reslaurazione rifulge sull'oriz- zonte di Europa. Quanto è forte la potenza de' tempi sulla mente dell' uomo ! Ciò «be prima si sprezza poscia si coltiva; ciò che oggi per tutti si crede sarà un giorno posto in obblio; come volgono i secoli , avvicendano i pensieri: tale è 1' indole dello spirito umano! L' Alema- gna ingegnasi di far argine al gallico materialismo , e battendo una strada opposta , studia l' intendimento in modo ignoto, si sublima fra un nuvoloso vortice, e cade in un eccesso peggiore. La scuola di Cousin dassi a con- ciliare le opposte opinioni, e ponsi in mezzo alle fazioni ove sovente sta la ragione e la verità: qual ape dili- gente succhia il mele da svariate piante, e dà, dietro la mossa di Reid, nascimento al moderno ecletlicismo: il quale segue mai sempre il trambusto delle mulliplici fazioni filosofiche. Così avvenne in Grecia, cosi successe in Roma, e così pure ebbe luogo in Europa nel secolo in cui siamo (i). La Scienza nuova e già ritolta dalla dimenticanza in cui da lunga pezza giaceva: il secol nostro eclettico seppe troppo tardi buon grado al creatore della scienza della storia , e lo pose meritamente fra que' pochi in- telletti che sono surti ad istruire il mondo» La Scienza nuova già smozzicala entro le opere di Montesquieu di Filangieri di Pagano è venuta a risorgere con grande (i) V. la mia Analisi della Filosofia del dolt. Pasquale Galluppi, inqu«. «le medesime £iteiaeridi n. 4' ^ 4^- i8i splendore in Italia per le cure de' napolitani Giuseppe de Cesare e barone Gallotti, e si diffonde nella Francia per r alta voce del Michelet , il quale rimeritando il Vico di queir omaggio , cui uiun sapiente può lorgli , ha, eclettico pur egli, non poco fatto progredire colai dottrina nella sua Introduzione alla storia universale. Saggio consiglio è stato adunque quello dell' egregio Cesare della Valle, duca di Ventignano, nei pigliarsi la nobii cura d'illustrare l'opera del Vico; e di presen- tarlo nel migliore aspetto che si potesse per un ingegno così colto, com'egli è. L' autore fa alla sua opera pre- cedere un discorso preltnfinare, ove con sommo criterio e pari erudizione espone i progressi della scienza della storia, la diversità di lei dalla filosofia della storia , i pregi e le magagne della grand' opera del Vico, e i mo- tivi che lo hanno spinto a coraentarla eil esaminarla. Il disegno n' è il seguente, i ."« Transumere i principi >3 della scienza nuova, agevolarne la intelligenza, discu- M terli accettarli, o ricusarli ove occorra. 3.° Coordinare » i principi accettali al nostro proprio concetto, dedu- M cendoue ed aggiungendovi tulio ciò che forse lo stesso » autore ne avrebbe dedotto, o aggiunto vi avrebbe, se M viveva più tardi 0 più a lungo. 3.° Applicare i pre- M stabiliti principi alla storia universale ponendo a pro- » fitto gli ultimi eventi e le più recenti discoverle. Ecco » i tre stadi, eh' è nostro proponiraenlo il percorrere, » ed i quali possono ragionevolmente intitolarsi: Pre- » parazlone^ Introduzione ^ e saggio sulla scienza della » storia. Cesare della Valla ha preferito transumere la scienza nuova sulla edizione del i -725, ed ha creduto necessario premeltervi i capitoli della sapienza., de^Vi elementi , de' principi, del metodo che furono dal Vico aggiunti nella sua seconda e più diffusa edizione. Così si ha la tota- lità de' concelli di lui, raccolta nella maniera la più breve e più ristrella che dalla vastità del soggetto potea venir conceduta. l82 Cesare della Valle dunque ha cercato nel miglior modo possibile di diradale l'oscurità de' concelli del Vico, e vi è felicemenle riuscito: Io ha spogliato di tutte quelle ri- petizioni, che fastidiosa ne rendon talvolta la lettura, e lo ha, coti miglior edizione, presentalo Dell'aspetto il più chia- ro e il più conciso che si potesse. Ne chiosa i pensieri, vi aggiunge osservazioni, contrasta talora con grave senno il testo, e ben diversamente da quel filosofo non ristringe le sue vedute nella Grecia e in Roma, ma ricorre alla storia universale delle genti, e mostra che i buoni glo- salori possono così bene partecipare al merito dell'ori- ginale autore. E tuttoché a taluno sembrar potesse che parecchie sentenze dell' osservatore siano dal vero lon- tane, ciò nulla osta al pregio dell* opera ; perocché il peculiar modo di concepire e la varietà de' pensieri sono retaggio d' ogni autore. Pur finalmente ci è mesliero conchiudere, che Cesare della Valle, educato alle otti- me discipline, inclinato alle gravi e scientifiche lucubra- zioni si è tenuto dietro alla corrente filosofica del se- colo, ha scritto la scienza storica alla maniera di Vico e non di Herder e di Hegel, ha palesato ammirabile sa- gacità, erudizione copiosa e congruente, ed è uno di quei pochi che ai vani ed inetti pregi della prosapia, spesso bugiardi, soslituiscono quei veri ed immutabili dello spi- rito. Luigi Castellana. Strangolamento di un carcerato. Difesa dell' avvocato Raffaele Savelli per Domenico Fabbri coinquisito con Bocconi e Flamier Senigalliesi al Tribunale Cri- minale in Pesaro — Senigallia dalla Stamperia Laz- zarini i838. in 8.° di pag. 2^. L' eloquenza forenze ha acquistato a' di nostri molto lustro pei lavori dell' avvocalo Raffaele Savelli di Sini- gallia. Le sue orazioni furou già commeudate dall' An- i83 tologia ò[ Firsnze, e raccomatidatc quali esemplari del bello. L' avvocato Giuseppe Pellegrini in un discorso suir eloquenza del foro gli tributa anche somme laudi, e qual restauratore dell'oratoria giudiziale lo riguarda. Non sarà, perciò discaro far conoscere in Sicilia 1' ulli- ina orazione scritta da questo valcul' uomo per un caso miserando di strangolamento di un carcerato. Imprende l'autore a difendere il suo imputalo dalla taccia di sver- tebralore, e con salde ragioni il comprova. La qual cosa pei testimoni non integri, per 1' inverosomigliauza, e per l' impossibilità di sverlebrare un uomo non appiccato pel collo, anche coi feroci squassi del boia, vien compro- vata ad evidenza coli' autorità dei più accreditali patolo- gi. Quindi ti fa vedere e palpare che il Cecchi fu a corpo morto sverlebrato. » E per ultimo, ei dice, se l'innocenza distenebrata abbisognasse eziandio di credenziali per essere ricono- sciuta, qui abbiamo V agoqia del Gecchi escludenti la subila morte degli svertebrati ; abbiamo il teschio del cadavere ritto sul muro , escludente la rottura del suo perno, e perciò la morte degli svertebrati; abbiamo ia fine la battitura del capo , trovala dal chirurgo nella prima ispezione, battitura provante che il Gecchi non mori la morte degli svertebrati ». Tutte queste ragioni esposte con chiarezza e preci- sione, contestano 1' innocenza del Gecchi , ed il trionfo del valente oratore. Egli si dislingue particolarmente per uno stile vibralo e conciso , per non poca erudizione , per grande perspicacia, e per un linguaggio tutto pro- prio , sparso di quei fiori che 1' eloquenza richiede: i quali pregi che non sono certamente comuni raccoman- dano ai presenti, come ai futuri raccomanderanuo, l'o- noralo nome del Savelli. F. D. B. i84 Nechologia Marchese Giuseppe jéniinori Annunziamo la perdila di uno de' più esimi letterati d' Italia, il TNIarchese Giuseppe Antinori da Perugia, soa- vissimo traduttore di Gesnero , ralente filologo , poeta de' più eleganti e de' più castigati dell' età nostra. Egli seguì al cominciar di questo secolo la forte scuola, che pel Monti, guidato dal genio dell'Alighieri si schiudeva novellamente all'Italia; e sempre più in essa perseverando si rese colla voce e coli' esempio benemerito delle no- stre lettere. L' eletto volume delle sue poesie pubblicato dal Capurro in Pisa nel 1821 consolida questa asser- zione,e tramanda a' posteri caro ed onorato il suo nome. Egli era professore di letteratura italiana nell' Uni- versità di Perugia , e dalla cattedra di quella cospicua sede di sapienza, decorava insieme al Mezzanotte , al Vermiglioli, al Bini, e ad altri valorosi la sua patria ed il senno italiano. Mori compianto da tutti, che per le rare virtù della mente e del cuore non era alcuno che in riverenza non l'avesse. Il Prof. Mezzanotte pro- nunziò neir Accademia perugina 1' elogio del suo illustre collega; ed avendoci fatto dono di una tenera Elegia che il cuore nella piena del suo dolore àrll'estinto amico scio- glieva, ci facciamo un pietoso dovere d' inserirla nelle nostre pagine, onde meglio per noi si onori la memoria del valentuomo perduto. ELEGIA Quanta, o mortai progenie, Te vanitade ingombra ! Che Siam? de l'uomo è immagine Fuggevol giorno, o sogno di lieve ombra. Piw DARÒ— Pitie— Ode FUI. -L'iinque di buoni impoverir la terra l'ià ognor vcdrassi, e a lungo starvi i tristi Aspra incontro a que' jiocbi a muover guerra? Italia mia che bruno vcl vestisti, Oiba di tanti e Sofì e Vati egregi Che di morte cader preda fur visti; i85 E tu, mia Patria, di più chiarì fregi AhiiDc! spogliata al dipartir funesto Di molli che splendean d' incliti pregij Non mai dovrete, serenando il mesto Ciglio, aver tregua ne 1' amaro duolo, E lutto ognor a' aggiugnerà più infcslo ? Ahi che or spiegò ver la sua stella il volo Un altro Spirto infra i più illustri eletto, Lasciaudo in pianto Italia « il patrio suolo ! Dove or sei tu, colmo la mente il petto D' alto saver, d' ogni virtude il core, E d' amichevol fé model perfetto, Dolce Antinori, a me frate! d' amore, Ove or sei tu? ti colse il duro strale Di lei che sperde di bontadc il fiore! Sacre dir laudi al tuo nome immortale Se non potei senza eh' io pur d' acerba Doglia spirassi sul tuo muto frale: Non tacerò, poi che si disacerba Il duol cantando, e d' ascrei fior mia mano Spargerà 1' urna che il tuo cener serba. II folleggiar dei secol guasto e vano Te non sedusse mai; te ognun dicea Veritier, giusto, moderato umano. Infra i seguaci suoi te non vedea Ambition, che di mal compri onori Fregiasi, e sprezza d' onestà 1' idea: Lungi da te 1' orgoglio, che de' cuori Fassi tiranno e a la ragion fa velo, £ tutti estima innanzi a sé minori: Lungi fraude che fiera asconde il telOf E in volto amica altrui lo immerge in seno» Né la vindice teme ira del cielo: E la maligna invidia che ripieno Ha di lusinghe il labbro, ma crudele Si pasce in cor d' csizial veleno. De la Patria amator saggio e fedele, Non parteggiasti in rei tempi spietati Tra perigliose torbide querele. Cauto solevi ricordar, che nati D' amor fraterno ai palpiti soavi, Noi cosi volle il Ciel quaggiù beati. Ed illibate rispondeano ai gravi Tuoi sensi l' opre; che da te non mai S' udirò accenti uscir dannosi e pravi. Con te Fortezza, che angosciosi lai Raffrena, e in sé sol tacita sospira De lo avverso destili mai,'gior d' assai: Tcco Prudenza, che d' un occhio mira Le andate cose, e l'altre a le future Volge, e del ben si assenna, e a quello aspira. i86 Marito e padre, nel tuo amor sccurc Fruir festi a' tuoi figli ore tranquille, D' essi a prò vigilando in ardue cure; Orfano stuol che da 1' egre pupille , Benedicendo a te, dogliosamente Versar dovrà perenni amare stille. Ricco di tante e tai virtù, la mente Volgesti de le Muse ai cari studi, Cultor felice di giardin ridente. Sapienza e virtiì sol ponno i rudi Costumi ingentilir; senz' esse, ingrate Rime tessendo, fìa che indarno uom sudi. Dello Alighier di rettitudin vate Tu lo esemplo seguisti, onde i tuoi versL Al bea fur guida in tralignata ctate; E sì d'amabil yenustà cospersi Movean de la tua cetra e dolci tanto, E si virtude ad insegnar conversi; Che a noi di tuo candido cor quel cauto Fu chiaro speglio, in suo fulgor serbando De la natia pura favella il vanto. O che nostre alme al Ciel volgessi, quando Scioglier sacri f udimmo inni a 1' Eterno, De' Profeti la grave arpa temprando; O che dettassi, a" rai del Ver superno Che r error pone in fuga e '1 vizio infrena, Provvide norme di mortai governo; O di virtude in rischi ardui serena, Fossi tu caldo lodator sincero, Altri invitando a gloriosa arena; O che col tenerissimo Gesnero De la ingenua rural vita innocente Ogni affetto invaghissi, ogni pensiero, Schietta ne' carmi tuoi soavemente Natura sorridea; però tue carte Del Tempo vinceran 1' edace dente. Cieco delira ornai chi d' ogni parte Il Bel falseggia, e sì ritrarlo crede, Ond' oggi ha il secol biasmo e rossor 1' Arte. Ma il bramoso mio cor te indarno chiede. Diletto Amico, a cui sta densa intorno L' ombra di Morte che i migliori flede. Muto è il tuo labbro d' auree grazie adorno, Non più palpita il sen, che a 1' amor mio Con bei moti d' amor rispose un giorno ! Qual colombo che 'n riva al noto rio Cerca il compagno, e piange il proprio danno. Vedovo mormorando in suo disio; Con gemebonda ohimè! voce d' affanno Tal te rapito i' chiamo; e i miei lamenti P«r volger d' anni niun conforto avranno. Del buon Melpiro (i) i' tùU in pria già spenti I cari lumi: or le ricerco invano, D'amici esemplo in fido amor ferventi. Sol un men resta, ed ahi ! da me lontano, De la Patria e d'Italia onor novello, Ne l'arte d'Armonia Genio sovrano: (2) Quest' Un serbami, o Dio ! sì che al mio avello Ei vegna sospiroso in duol verace, £ una lagrima e un fior versi su quello, A le stanche ossa mie pregando pace. 187 (i) Il eh. Prof. Niccola Brucalassi concittadino del- l' Autore. (2) Il celebre cav. Francesco Rlorlacchi , perugino , primo Maestro nella R. Cappella di Dresda. Avvertenza intorno i quadri statìstici-cronologici delle Accademie e dei Giornali di Sicilia. Crediamo far cosa utilissima stampando nel nostro Giornale vari quadri statistici-cronologici delle Accade- mie di Sicilia dai tempi più antichi fino a' giorni no- stri, e del Giornali politici letterari e scientifici che si sou pubblicati eziandio nelT Isola dal primo' momento in cui se ne conobbe il bisogno. Questi quadri segnano varie epoche della cultura si- ciliana, e prestano importantissimi elementi per la sto- ria generale delle scienze e delle lettere fra noi. Perlochè ne diara laude ai signori barone Arena-pri- mo, Salvatore Costanzo, e ab. Gaspare Rossi, che at- tesero a compilare 1' uno i quadri delle Accademie , e gli altri quelli dei Giornali. Intanto noi daremo ora i primi, e nel prossimo numero i secondi. i88 QUADRI STATISTICI CRONOLOGICI Di tutte le Accademie antiche e moderne della Sicilia» HOME DELLE ACCADEMIE LUOGO ANNO della FONDAZ TEMPO in cui FIORIVAMO Sveva Sohtarii ». Solleciti da' Solitarii. . . . . Cavalieri d' armi ...... Accesi ....'...■ Risoluti Sregolati. Curiosi Opportuni Curiosi . Spregiati Alati Stravaganti D'incerto nome. , Agghiacciati Addolorati . Della Lima, poi Della Civetta, poi Degli Occulti ... « . . Chiari ..... ^ ... . Begl' Ingegni ,'•,*''". *l . . . Riaccesi . . ,■ . . . . . . Della Notomia Inviluppati Abbarbicati Della Fucina Offuscati Animosi d'Oreto JatroUcici, e poi Medica. . . . Ebri Sviluppati Difficili Rischiarati OfTuscati Assodati Arcadi Lilibetani Elevati Offuscati Palermo . . Palermo . . Palermo . . Palermo . . Palermo . . Palermo . . Palermo . ■ Ganci . . . Palermo . . Castelbuono Palermo . Palermo . Palermo . , Palermo nel palaz. Bvan- ci forti . Palermo Palermo Trapani Catania. Palermo Palermo Palermo Scicli. . Mcssma. Messina. Mazara . Palermo Palermo Siracusa Nicosia . Erice , monte s. Giuliano Girgenti Girgenti Marsala. Marsala. Catania . Palermo I23l i554 1567 i568 1670 i588 1600 i6i5 161J 1620 1621 1621 1622 1623 i63o i636 1639 1642 1645 i65o 1660 iG6i i66( 1667 Sec. XVI i6o3 i6o6 1606 1606 1612 ignoto ignoto 1660 i665 iSg HOUB DELLE ACCADEMIE Mutabili. Squinternati Zelanti Informi . . Informati ........ Incogniti Etnei Affumicati o Infocati . . . . Sregolati Di S. Nicolò l'Arena Redivivi Ecclesiastici Canonisti. . . . . Sementina Intricati Raffrontati ........ Incogniti Incerti Redivivi Clizia Di Teologia morale . . . . . Buon Gusto . . Geniali Colonia oretea d' Arcadia . . . Ciustinianca Notturni e Pastori Imerei poi E- rcini Imerei . Vaticinanti . J Accorti , . Rassodati Gioviali . , Peloritani dei Pericolanti . Ereini Argonauti Ereini Ereini Ereini Dell' Obblio Raminghi .<...... Arctusci Di Storia ecclesiastica Del Collegio dei Medici. . . . Sfaccendati , , Pescatori Oretei Sprovveduti. ....... LUOGO Girgcnti Palermo Aci-Reale Catania. Noto . . Catania. Catania . Modica . Catania. Catania. Scicli. . Palermo Regalbuto Aci . . Palermo Ganci. . Milazzo. Milazzo. Messina Messina 'nel palaz. JRti/fi Palermo . . Palermo . . Palermo . . Palermo . . Caltanissetta Marsala. Messina. Palermo Catania . Messina. Palermo Palermo Cefali! . Milazzo Tusa . . Messina. Messina. Siracusa Palermo "Trapani Ganci . Palermo Ganci . ANNO della FONCAZ 1667 1671 1672 167Q 1673 1675 1688 .691 169I 1700 1700 1701 1702 1718 «7'9 1721 1723 1723 1725 1728 1728 1729 1780 1731 1733 1733 1733 1735 1735 1740 1743 1743 1743 TEMPO in cui FIORIVANO Ignoto 1672 1673 Sec. XVII. Sec. xvii. Sbc. xvii. ignoto ignoto ignoto ignoto igo ANNO TEMPO NOME DELLE ACCADEMIE LUOGO della FOKDAZ in cui IIORIVAKO A IVI pei ..... Siracusa. 1750 Delle arti 0 scienze. . Palermo. . 1752 Agricoltori Orclei . • Palermo. . 1753 Cauloniana ..... Pietra|)erzia 1756 Cionversazionc galante . Palermo. . 1760 Civetta diìi^U OccuLli . Trapani. . 1760 Seliniintinn. .... Mazzara. 1762 Eremi Iiiiercsi .... Termini. . 1765 Eurocci Termini. • 1765 Audaci , . . .' . Naso. ignoto Teologi morali . . . Palermo. . 1766 Scientifici agricoltóri . . Palermo. • 1766 Accaileiiiia siciliana. . Palermo. • 1790 Scientifici ajjncoltori della mon- lagiia ..... Palermo. . '794 Accademia Lanza. ... Palermo nel pai. Trabia 1796 Candidati Pelorltani. . . Messina . . 1S06 Gioenia. ..... Catania . . 1834 A. Peloritana di scienze , IcglsL, storia, Ictter., e beile arti da quella de' Pericolanti . Meisina . . 1827 A. di scienic e belle lettere da quella del Buongusto . Palermo. . i83a Istituto d' iucoraggiaaieato per la Sicilia ..... Palermo. . i833 Società Economiche , In tute i sei Gupovalti. i833 1 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO Di tutte le opere che sì sono pubblicate in Sicilia nelV anno i838. ORAZIONE su i dolori di Maria del P. Giuseppe Leohe de' chierici re- golari ministri agi' infermi. Paler- mo, stamperia d' Antonio Murato- ri iS38 in 8° di pag. 2,/. ELEMENTI DI CANTO-FERMO per ubO (Iella lloal Cappella Palatina. Pfl- lermo dalla tipograjia di Filippo Soia i83S. in 4° di pag. ìQ. TRAGEDIE dell' avvocato vINCE^zo m-MAnco. Palermo tipografia e Ic- gatoriii Roberti i8d8. fase. 1. fo- ca di pag. 100. fase. 2. 1 CATALOGÒ de' baggi d' induslria^iia- zlonalc , pressntati neHa solenne e- sposizionc fatta dal R. Istituto d' Iii- coraggiaincnlo d' Agricoltura Arti, e i;)anirutture per la Sicilia nel dì 3o Maggio i838. giorno onomastico di S. M. Ferflinarido li. Re del Regno delle due Sicilie. Palermo tipogra- fa di Filippo Solli iS38 in 4. di pci^. 27. VERSI LATINI ed ISCRIZIONIdel Sac. Niccolo' di Carlo professore di lettere greche nell' arcivescovile seminario di Palermo. Palermo ti- pografia e legatoria Roberti iS38. in S. di pag. ij2. ANTICHITÀ' TERMITANE esposte da Baldassare Romano. Palermo tipografìa di Francesco Lao iS3S in .>»..» 49 e Elogio (h Giovanni Meli scritto da Bernardo Serio , , , » Veslibulo alla Teoria dell' Universo di Michele Milano— Napoli stam- peria di Nicola Mosca i838 un voi. in la di pag. 77. «-Luigi Ca- stellana -.,,,,,,,,,« Sopra Anna Fortmo — Lettera di Annetta Tunisi Colonna a suo fra- tello Niccolò ,,,,,,,,,» Appendice alla suddetta Lettera— Paolo Giudice ,,,:,, Orazione funebre per la nobile donna Eleonora StatcUa Duchessa di 29 3G 4^ ^^^ . . - . Sammartino, recitata ne' di lei funerali nella cbicsa delle Racco- inaiidale in Falcrino il di a8 giugno i838 dal P. Domenico Avel- la ce. — Tijio^ralia del Giornale leltcìario un voi. in 4-" »S38. — Sai valore Coslanzo ,,,,,,,» 4^ Elot;if» storico del Tciieiilo Generale Francesco M. Milano Duca di San- to Paolo per Niccolò Cnndia canonico della cattedrale di Taranto. — Naimli lipog. San Giacomo i838. — M. , , , » » 4^ In Morie di Mariano Minncci — Versi di Michele Minneci -^ Paler- mo stamperia Console i838 — F. U. B. , , , , « 5o Cenno bull'alinale eruzione dell' Etna letto alla R. presenza di Feixiìnan- do 11° ce. dal prof. Carlo Genimellaro —< Catania per Pietro Giua- tini i838. — F. E. ,,,,,,,,}> 5^ L' Innarnoiala del Sole— Iscrizioni inedite di Luigi Muzzi. , « .53 Inno a Solìa del cav. Salvatore Scudcri > « • t i " ^9 Annunzio di una nuova edizione delle opere di Giovanni Meli. , >> Gu lìigatticra slahilita dal Barone Sciacca nella Scala di Patti. , >> 63 Memorie su;^!' illustri sventurati del 183^. in Sicilia. — Articolo pri- mo, e .secondo.— Salvatore Costanzo > > > i pag- ^4^ '4^ Nota jicr le dette Memorie. , , i > « > > " ^4 L' Egoismo e I' Amore — Pensieri economico-politici di Mauro Luigi Ro- tondo. Napoli dalla tipografia del Guttemherg i833 voi. unico — Luigi Castellana . , , , ».».»..» » 94 Sugli uragani — traduzione dall'inglese — Prof. Alessio Scigliani , » io5 Annunzio di alcune nuove incisioni di Tommaso Aloisio — Paolo Giudice n 1 13 Mezzobusto e biografia per Pietro Pisani — Ijernardo Serio, , » ll5 Prosa e versi in morte di Marianna Mira Castelli Princijiessa di Tor- remuzza — Palermo tipografia Roberti i838 — F. U. B., , » ii8 Il 6 Settembre — Ode del prof. Antonio Mezzanotte. , > > » '^i Avvertiuiza per la detta Ode p , , , , , , ■ » ivi Società reale dc^li antiquari del Nord a Copeiihagueii — Nuove Opere pubblicale dalla Società — Antiquitates Americanae sive scriptores se- ptcntrionales rerum ante columbianarum in America , , « ia3 Sulla necessità d' una Sorgente discorso pronunziato nella Società Econo- mica di Girgenti — da Raffaele Politi socio ordinario della medesi- ma , , , , , , , , , , , « 162 Sulla competenza de' giudici regi ad istruire processi di falsità — Pensieri di Antonio Galatti ........ j> 16S Saggi sulla scienza della storia di Cesare della Valle Duca diVentigna- no — Nap. i838. tipog. Flautina — Luigi Castellana. . . » 177 Strangolamento di un carcerato. Difesa dcU' avv. Ralfacle Savelli per Doni. Fabbri coiuquisito con Bocconi e Flamier Senigalliesi al trib. Criminale in Pesaro. — Senigallia dalla stamp. Lungarini i838. — F. D. B » 182 Necrologia —Marchese Giuseppe Antinori . . . . . » 184 In morte del marchese Giuseppe Antinori — Elegia del Prof. Antonio Mezzanotte .......... ivi Avvertenza intorno i quadri statistici-cronologici delle Accademie e dei Giornali di Sicilia ........ ■>■> 187 Quadri statistici cronologici di tutte le accademie antiche e moderne della Sicilia ....... pag. 188. l8y. 190. Bollettino bddiogralico di tutte le opere pubblicate in Sicilia nell' auno i838. ........... 190 .-.c.Vv